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Full text of "Bollettino della Società geografica italiana"

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Parbard College Librarp 


FROM THE FUND OF 


CHARLES MINOT 


(Class of 1838). 


Received ‘o RAG VO) , 








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4} 


Pe _— . Di 
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74 


BOLLETTINO 


DELLA 


SOCIETÀ GEOGRAFICA 


ITALIANA 





SERIE II — VOL. III. 


(Anno XXIV — Volume XXVII) 


MIOSPISSSISSOINSTI 


2 ROMA 


Presso LA SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA 


— 


1890. 


er 22_z@z .__.a_ a _ {_5@ a... 





Roma, Stas, G. CiveLri, Via INcuRABILI AL Corso, N. 54 E 5° 





MEMBRI 
DELLA 
SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA 


NEL GENNAJO 1890 








PRESIDENZA 


DELLA 


SOCIETA GEOGRAFICA ITALIANA 


Presidente onorario — S. M. UMBERTO I. Re D'ITALIA 


Presidente fondatore — Nucor barone Cristoforo 


Presidente effettivo — NoBrLi-VITELLESCHI marchese Francesco, senatore 


Vice-Presidenti 
Apamou dep. Giulio MALVANO comm. Giacomo 
Baratteri colonn. Oreste RaccHÒia dep. Carlo Alberto 

Consiglieri 

ALLIEV! senat. Antonio HOFFER cav. Guglielmo 
Biasmrna prof. Pietro LUPACCHIOLI avv. Scipione 
Bop:o prof. Luigi MARTINORI ing. Odoardo 
CaxtAani duca Don Onorato MESSEDAGLIA senat. Angelo 
Carpon avv. Felice PeLLOvx dep. Luigi 
CavALIERI cav. Enea PicorINI prof. Luigi 
CerrUTI viceamm. C. Cesare PoRENA prof. Filippo 
Garra cap. Luigi PozzoLini dep. Giorgio 
Giorpano ing. Felice SALVATORI comm. Fedele 
GrazioLi duca Don Mario Taccuini prof. Pietro 





— 6 — 


SOCI INSIGNITI DELLA GRAN MEDAGLIA D'ORO 


ARMINJON contrammiraglio Vittorio (1871), Genova. 
Raimonp! dott. prof. Antonio (1871), Lima. 
+ Yue colonnello Enrico (1871). 
NEGRI barone comm. Cristoforo (1873), Torino. 
Beccari dott. Odoardo (1874), Firenze. 
| Pragcia Carlo (1874). 
SCHWEINFURTH Giorgio (1874), Berlino. 
$ Gessi Pascià Romolo (1876). 
D’ ALBERTIS Luigi Maria (1878), Genova. 
SAVORGNAN di BrazzA conte Pietro (1879), Roma. 
NORDENSKJOLD prof. bar. A. E. (1880), Stoccolma. 
+ CHiariniI ing. Giovanni (1881). 
Massari A. M., Ufficiale della R. Marina (1881), Napoli. 
{ MATTEUCCI dott. Pellegrino (1881). 
| Nacuticat dott. Gustavo (1882). 
Serpa Pinto maggiore A. A. (1882), Lisbona. 
+ ANTINORI marchese Orazio. (1882). 
ANTONELLI conte Pietro (1883), Roma. 
CeccHI cap. Antonio (1884), Pesaro. 
D’ ORIA marchese Giacomo (1885), Genova. 
| PRscEvALSKI colonnello Nicola (1885). 
RICHTHOFEN (von) barone Ferdinando (1889), Berlino. 
JUNKER dott. Guglielmo (1889), Pietroburgo. 
STANLEY Enrico M. (1890), Banana. 


MEDAGLIA D’ARGENTO 


Kraac P. F. (1874), Batavia. 

Camosso Michele (1874), Chartum. 

Spapa Lorenzo (1874), Chartum. 

Arnoux Pietro (1878), Parigi. 

MARAINI PANDIANI Adelaide (1883), Roma. 
WEITZECKER Giacomo (1888), Leribe. 
TassaMA Ghencio (1888), Massaua. 


— ] —— 


MEDAGLIA DI BRONZO 





TORELLI ing. Enea (1871), Milano. 
Garrou Ippolito (1874), Lima. 
SERRAVALLO Jacopo (1874), Trieste. 
Ramorino Giovanni (1874), Buenos Aires. 
PeLLas Giuseppe (1875), Firenze. 

Ficari Luigi (1875), Lima. 

+ RuBatTINO Raffaele (1875), Genova. 
LAVARELLO Gio. Batta (1875), Genova. 
Ficari Tito (1875), Cairo. 

+ Pereyra Gabriele (1875), Alessandria d'Egitto. 

j VANETTI Virginio (1875), Genova. 

Corte Pasquale (1875), Montevideo. 

+ Capurro Domenico (1875), Montevideo. 
PizzamigLIo Clemente (1875), Codogno. 
Panceri Paolo (1875), Napoli. 


aw § — 


MEMBRI D’ ONORE 


. M. Leopoxpo II, Re dei Belgi — Bruxelles. 

M. MENILEX, Imperatore d'Etiopia — Antoto. 

A. R. m Principe Tommaso, Duca di Genova — Torino. 

A. I. e R. L'Arcipuca Lopovico SALVATORE — Vienna. 

A. iL PRINCIPE ROLANDO BONAPARTE — Parise. 

A. R. Ismar, Pascià, ex-Kedive d'Egitto — Mafoli. 

. A. IL PRINCIPE DI JOINVILLE — Parigi. 

ABERDARE (Lord), F. R. S. — Londra. 

Atcock Sir Rutheford, K. C. B. — Londra, Great-Queen-Street, 14, 
Westminster. 

ALTAMIRANO M. Ignazio, primo segretario della Società Messicana di 
Geografia e Statistica — Messico. 

ANTONELLI conte comm. Pietro — Roma. 

BarBoza DU Bocace J. V. — Lisbona. 

Bastian prof. dott. Adolfo, ex-Presidente della Società Geografica di 
Berlino. 

Bates E. W. Esq., F. L. S., segretario della Società Geografica di 

Londra. 

BECCARI cav, prof. Odoardo — Mirense. — 

BELTRAME ab. prof. cav. Giovanni — Verona. 

BENNET dott. Giorgio — Sydney (Australia). 

BoNGHI comm. prof. Ruggero — £oma, Via Vicenza. 

BORGHESE principe Don Giovanni — Xoma, Palazzo Borghese. 

BourGEo!s vice-ammiraglio Simone — arie; Rue St. Dominique, 27. 

BOUTHILLIER DE BEAUMONT Enrico, ex-Presidente della Società Geo- 
grafica di Ginevra. 

Burton capitano R. F., console di S. M. Britannica — TZréeste. 

CASATI cap. Gaetano. 

CHESNEY maggiore generale O. Rawdon — Londra. 

CogLLO DE PortUGAL colonnello Don Francesco — Madrid, Serrano, 23. 

D' ABBADIE Antonio, Membro dell’ Istituto di Francia — Parigi, rue 
du Bac, 120. 

D'ALBeRTIS Luigi Maria — Genova, Piazza Campetto, 8. 

Daty P. Carlo. — Nuova York. 

DE CanpoLLE prof. Alfonso — Ginevra, Cour St. Pierre, 3. 


ONNNN MA 


— 9g — 

De Lesseps conte Ferdinando, Membro dell'Istituto, Presidente della 
Società Geografica di Parigi. 

De QUATREFAGES DE Breau Giovanni L. Armando, Membro dell’ Isti- 
tuto di Francia — Parigi, Rue Buffon, 2. 

De Sarnt-Martin Vivien — Versailles, 7, rue de la Bibliothèque. 

De SroLipiy Demetrio, gentiluomo di camera di S. M. l'Imperatore di 
Russia — Vi/na. 

DE VeCcCcHI nob. generale Ezio — Milano. 

Diaz generale Porfirio, ex-Presidente della Repubblica Messicana — 
Messico. 

D’ Orta marchese Giacomo — Genova, Via Peschiera, 18. 

Eun pascià (dott. Schnitzer). | 

Forresr Giovanni — ferth (West Australia). 


Freemont generale Giovanni C. — Nuova York. 

Gatton Francis Esq., F. R. S., M. A. — Zondra. Ruthland Gate, 
42, S. W. 

Garcia-Cusas Antonio — Messico. 


GicLioi H. prof. cav. Enrico — Firenze. 

Grant colonnello J. A., C. B., C. S. I, F. R.S. — Zondra, E. India 
U. S. Club, S. W.; Upper Grosvenor Street, W., 19. 

Gravier Gabriele — Rouen. 

Goszrz.DT Paolo — Seritno, S. W. 26, Kéniggritzer Strasse. 

HarrrssE avv., Enrico — /arigi, 30, Rue Cambacérés. 

Hooxer dott. Giuseppe, F. R. S., F. L. S. — Xew (Inghilterra). 

HusLey prof. T. H., F. R. S. — Zondra, Marlborough Place, 
St. John's Wood, 4, N. W. 

JurieN DE LA GrAviERE, vice-ammiraglio — Parigi. 

Kmprrt dott. Enrico, Membro dell’ Accademia delle Scienze — ZPerlizo. 

Kmwc Clarence — Washington. 

Levasseur E., Membro dell'Istituto di Francia — /arigi. 

Lornz (the most hon. Marquis of) — Zondra. 

MarxHam Clemente — Zondra, Eccleston Square, 21, S. W. 

Mippzwporr (von) prof. A. Th., Segretario dell’ Accademia delle Scienze 
— Pietroburgo. 

MurLrer (von) barone dott. Ferdinando, F. R. S. — Melbourne (Vic- 
toria, Australia). 

Nargs cap. Sir Giorgio, K. C. B. — Zondra, St. Philip’s Road, 23, 
Surbiton. 

Neumayer prof. Giorgio, Direttore dell’ Osservatorio Marittimo — 
Amburgo. 


NORDENSKJOLD barone prof. A. E., K. Wetenskaps-Akademien — Stoccolma. 

PALGRAVE W. Gifford, console di S. M. Britannica — Trebisonda. 

Puitippr dott. Rodolfo Armando, Direttore del Museo Cileno — San- 
fiago (Chile). 

POWELL maggiore S. V. — Washington. 

Ramonoi prof. don Antonio — Zima. 

Rawtinson Sir Enrico, maggior generale, K. C. B., F. R. S. — Zon- 
dra, 21 Charles str., Berkeley Sq. 

RecLus Eliseo — Clarens (Svizzera). 

RICHTHOFEN (von) barone prof. Ferdinando — Sonn. 

RoaLrs dott. Gherardo — Weimar. 

ROpPEL dott. Edoardo — Francoforte. 

SAVORGNAN DI Brazzà conte Pietro, Commissario generale della Francia 
al Congo francese, Africa. 


SCHWRINFURTH dott. Giorgio — Zerlino. 
SEMENOF Pietro, Vice-Presidente della Imp. Società Geografica Russa 
— Pietroburgo. 


SeRrPA Pinto maggiore A. A. — Lesbona. 

SranLEYy Enrico M. — Londra. 

STONE Pascià, ex-Presidente della Società Geografica Khediviale — 
Boston. 

STRACHEY gen. Riccardo — Londra, 69, Lancaster Gate W. 

STUBENDORF prof. Ottone — Pietroburgo. 

Supan prof. dott. Alessandro — Gotha 

TCHIHATCHEF (DE) Pietro — Parigi. 

Tompson Giuseppe — Londra. 

ToRREL prof. Ottone, Direttore dell'Istituto Geologico Svedese — 
Stoccolma. 

Vocr prof. Carlo — Ginevra. 

WAGNER dott. prof. Ermanno — Gottinga. 

WALLACE Alfredo Russel, Presidente della Società Entomologica — 
Londra, Waldron-Edge, Duppas-Hill, Croydon. 

WauweRMANNS colonnello Enrico, Presidente della R. Società Geo- 
grafica di Anversa. 

WHEELER capitano Giorgio M. — Washington. 

WILCZECK (von) conte Giovanni — Vienna. 

WISSMANN cap. Ermanno — Berlino. 


_ 


MEMBRI CORRISPONDENTI 


AmaT di S. Filippo cav. Pietro — oma. 

BIENENFELD Rolph cav. Giuseppe — Zyrieste. 

BoreLLI Giulio, 7 rue de la Darse — Marsigiia. 

BONOLA bey avv. cav. Federico, Seg. Gen. della Società Geografica 
Khedivale — Cairo (Egitto). 

Brau de Saint Pol Lias Saverio, 47, rue de Passy — Parigi. 

Camperio cap. Manfredo — Za Santa (Monza). 

Cora prof. cav. Guido, Corso Vittorio Emanuele, 74 — Torino. 

CortEsE ing. Emilio, Ufficio Geologico, via S. Susanna, 1 — Roma. 

Corrzau Edmondo, 4 rue Sedaine — Parigi. 

Dat VERME conte Luchino, colounello di Stato maggiore, Ministero 
della Guerra — oma. 

De Amezaca cav. Carlo, Corso Solferino n. 22-9. — Genova. 

De Gogje D." M. J., prof. all’Università, Vliet, 15 — LZeida. 

De Foucautp visconte Carlo, 50, rue Miroménil — Persei. 

De Hesse WARTEGG cav. Ernesto — Nuova York. 

De Luca comm. prof. Giuseppe, R. Università — WVafpoll. 

De Rensis cav. Alberto, ufficiale di Marina — MVagoli. 

Fea Leonardo, Museo Civico — Genova. 

FerRERO comm. Annibale, Magg. Generale, Direttore dell'Istituto Geo- 
grafico — Zirense. 

FiorINI prof. cav. Matteo, via Stefano, 34 — Bologna. 

Geixie arch., Geol. Surweys Dir. Gen., 28 Jermin Street — Zondra. 

Gumi prof. cav. Ignazio, Piazza Paganica, 17 — oma, 

Hann prof. dott. Giulio, K. K. Hofrath, Director d. Meteor. Cent. 
Anstalt, Hohe Warte — Vienna. 

Horus dott. Emilio — Vienna. 

Hucuzs prof. avv. Luigi — Casale Monferrato. 

Lenz dott. Oscar, prof., nell’ Universita di Praga. 

Lux Antonio, K. K. Artill. Hauptm., Lehrer an der K. K. Mil. Unt- 
Schule — Zisenstadt. 

Matrartt prof. cav. Bartolomeo, Istituto Superiore di Studi — Firenze. 

MARINELLI prof. cav. Giovanni, Via Schiavino 1479 — Padova. 

Maunoir Carlo, Seg. gen. della Società Geografica di Parigi. 

MESSEDAGLIA comm. Giacomo — Cairo (Egitto). 


— 12 — 

MopigLIANI dott. Elio, Corso Vittorio Emanuele, 16 — Firenze. 
PauurrscHKE D.' Filippo, Fiinfhaus Neubaugiirtel 14 (Westbahnhof) — 
Vienna. . 

PECILE cav. Attilio — Udine. 

RatzeL dott. Federico, R. Università — Lipsia. 

ScHLAGINTWEIT dott. Emilio — Zwerbrilcken (Baviera). 

ScHOLTEN T., Keizersgracht, 497 — Amsterdam. 

SoMmmMIER Stefano, Lungarno Corsini, 2 — Firenze. 

STRADELLI conte Ermanno — Piacenza. 

SCHWATKA luogotenente Federico — Nuova York. 

TRAVvERSI cav. dott. Leopoldo — Firense. 

VipaL Gormaz ing. F. — Santiago (Chile). 

Vincent Francesco J., 180 Fifth avenue, New-York City — MWuova York. 
Vincicuerra dott. Decio, via Viminale, 38 — oma. 

Von DEN STEINEN dott. Carlo, 110, Kurfiirstendamm — Seriin W. 
WEITZECKER cav. Giacomo — Zeride (Basutoland). 

. ZEBALLOS E. Stanislao, via Belgrano, 1130, numero nuevo — Buenos Aires. 


Num. Num. 
di di 


ordine 


1415 
3°55 

765 
327° 
2088 


2147 
1158 


335! 
229 


yo | 1240 


20 


2907 
1559 


3327 
3375 


2792 
2779 
6 


573 


2285 
3029 
3358 
2959 

10 
2419 
2407 
2177 
2042 


a—Pn —r_——— 


2635 


> è _o»o 


SOCI ORDINARI 


NEL GENNAIO 1890 (1) 


Adamoli ing. comm. Giulio, deputato, Besozzo (Como). 

Adriani nob. Filippo, Fermo. 

Aghemo comm. conte Natale, Torino. 

Aguglia avv. Francesco, Corso, 481, Roma. 

Albano cav. Aureliano, segretario al Ministero della 
Marina, Roma. 

Alcon cav. Ramon, console d'Italia, Cadice (Spagna). 

Alessandri conte Alessandro, Verona. 

Alexander dott. E., Dunedin (New Zealand). 

Aliotti barone Antonio, Smirne (Turchia d’ Asia). 

Allatini cav. dott. Moisè, Salonicco (Turchia d’ Europa). 

Allen Guglielmo, direttore della « Gaceta Financeira >, 
Rua do Instituto Industrial, Lisbona (Portogallo). 

Allievi comm. Antonio, senatore, direttore della Banca 
Generale, Roma. 

Almagià ing. Edoardo, Via Agostino Depretis, 86, Roma. 

Almagià cav. Alessandro, Corso Vittorio Emanuele, 51, 
Roma. : 

Ambrosetti cav. Tommaso, Calle Piedad, 571, Buenos 
Aires (Argentina). 

Anau avv. Flaminio, Via Venti Settembre, 18, Roma. 

Anderloni ing. cav. Faustino, Via Volturno, 48, Roma. 

Anfora cav. Giuseppe dei Duchi di Licignano, Mi- 
nistro d'Italia, Vicolo Belle Donne a Chiaja, 28, 
Napoli. | 

Angelini avv. Giuseppe, Via del Pozzetto, 122, Roma. 

Annoni Antonio, Cassa di Risparmio, Milano. 

Ansaldo Francesco, Cap. mar., Nav. Gen. Ital., Massaua. 

Anselmi Anselmo, Arcevia (Ancona). 

Antinori prof. marchese Raffaele, Perugia. 

Antonelli conte Paolo, Via Alessandrina, 84, Roma. 

Antonelli conte comm. Pietro, id. id. 

Antongini avv. Alessandro, Via Cervia, 44, Milano. 

Appellius cav. Emilio, Colonnello capo di Stato Mag- 
giore del 5° corpo d'esercito, Verona. 

Arbib dott. Eugenio, Tripoli (Barberia). 


(t) I nomi dei MeMBRI A VITA sono preceduti da un asterisco. 


Num. 
ordine 


30 


40 


50 


60 





N um, 


iscrizione 


2473 
1324 
365 


1412 
461 


1831 
2869 
2886 
2150 
1445 

565 


3106 


612 
2527 
2402 


1163 


3009 
3154 
1759 


2926 
2215 
3228 

982 
2772 


3370 
2658 


2104 


3338 
2977 
2373 
2568 
1868 


2356 


3357 





— 14 T 


Arbib cay. Salvatore, Venezia. 

Arborio Mella cav. Federico, Vercelli (Novara). 

Arduin comm. Ludovico, Direttore della Società. di 
Credito Mobiliare, Strada fuori Porta Medina, 17, 
Napoli. 

Argento cav. Andrea, agente consolare d’Italia, Algeciras 
(Spagna). 

Arminjon comm. Vittorio, contrammiraglio, Via Assa- 
rotti, 36, Genova. 


*Arnaboldi conte Bernardo, Via Monforte, 2, Milano. 


Arnaldi ing. Giacomo, Via Sistina, 48, Roma. 

Arrivabene conte Silvio, Mantova. 

Artaria (ditta), S. Margherita, Milano. 

Artimini prof. Filippo, Via della Pace, 1, Firenze. 

Artom comm. Isacco, senatore, inviato straordinario e 
ministro plenipotenziario, Asti (Alessandria). 

Assicurazioni Generali di Venezia, Sezione Trasporti, 
Venezia. 


*Ateneo di Brescia. 
*Audinot cav. ing. Alfonso, Via Convertite, Roma. 


Avanzini cav. Baldassare, Direttore del « Fanfulla >, 
Roma. 

Avet comm. conte Enrico, generale, Corso Vinzaglio, 17, 
Torino. 

Avirovic Costantino, Buenos Aires. 

Avogadro di Collobiano cav. Guido, Novara. 

Baccelli comm. prof. Guido, Monte della Farina, 50, 
Roma. 

Bacchelli avv. Giuseppe, Bologna. 

Bacci comm. Andronico, maggior generale, Napoli. 

Bagozzi Federico, Villa Cogozzo, Brescia. 

Bajnotti cav. Paolo, console d’Italia, Chicago (S. U. A.). 

Balbi di Robecco conte Carlo, Sestri Levante (Ge- 
nova). 

Balbis Edoardo, Ministero della Guerra, Roma. 

Baldini Raffaele, Loreto Aprutino (Teramo). 

Balestra dott. Pietro, Via Ss. Apostoli, 49, Roma. 

Balli Raffaele Colla Marini, Via Carbonella, 2, Bologna. 

Balzani conte Ugo, Via dei Mille, 1x, Roma. 

Banti Tommaso, Castiglion Fiorentino (Arezzo). 

Baracco comm. barone Giovanni, Corso, 160, Roma. 

Baratieri comm. Oreste, colonnello comandante il 4° reg- 
gimento bersaglieri, Genova. 

Barattoni C. Augusto, 852, Broadway near Union Square, 
Nuova York (Stati Uniti). 

Barbini dott. Vincenzo, Via Cavour, 13, Firenze. 


70 


80 


90 


742 
2367 


1349 
561 


1072 
18 


3272 
2524 
2585 
3054 
2133 
2160 


2436 


1590 
2761 
20 


21 


1379 


2759 
2805 


3023 
3279 


2669 
3131 


2793 
1637 


3977 


> ——<wp ———————_———_————  ————r  —————————— ——_—_——————_—_——————————— > 


— IS— 


Bargoni comm. Angelo, senatore, Venezia. 

Barilari comm. Pacifico, Roma. 

Bariola comm. Pompeo, tenente generale, comandante 
il II° Corpo d’esercito, Alessandria. 

Barker cav. Federico, 63, Boulevard Haussmann, Parigi. 

Baroli nob. Pietro, R. Consolato d'Italia, Budapest. 

Barozzi nobile avv. comm. Niccolò, S. Maria Formosa, 
5192, Venezia. 

Bartolucci Godolini march. Gaetano, Castro Pretorio, 28, 
Roma. 

Barzellotti avv. cav. Pier Luigi, Via del Castellaccio, 3, 
Firenze. 

Barzilai cav. prof. Carlo, Ponte Ca’ Balbi, Casa Dal Fiol, 
Venezia. 

Basilisco avv. Giuseppe, Rovigno (Istria). 

Basso comm. Luigi, console generale d’Italia, Lione 
(Francia). 

Bastogi conte Giovan Angelo, Via Cavour, Firenze. 

Beccari cav. nobile Giov. Battista, Castelfranco di Sopra 
(Arezzo). 

Belgrano prof. Luigi Tommaso, Via Palestro, 14, Genova. 

Bellincioni Filippo, Ministero delle Finanze, Roma. 

Bellio prof. Vittore, R. Università, Pavia. 

Beloch prof. Giulio, R. Università, Roma. 

Beni avv. Carlo, Stia (Arezzo). 

Benini Giuseppe, Borgo S. Croce, 6, Firenze. 

Bentivoglio Middleton conte Enrico, Via Principe A- 
medeo, 9, Roma. 


*Benvenuto Tommaso, Montevideo (Uruguay). 


Berardi marchese Adriano, Via del Gesù, 61, Roma. 

Berchet comm. Guglielmo, Fondamenta Arsenale, 2169, 
Venezia. 

Berio cav. avv. Bernardo, console generale d’Italia, Corfù. 


*Bernasconi cav. Giacomo, Lugano per Serocca (Svizzera). 


Bernini avv. Amos, Melara (Rovigo). 

Bersani Andrea, Bologna. 

Bertacchi dott. Cosimo, R. Istituto Tecnico, Roma. 

Bertino Eugenio, Via in Lucina, N. 16 B, palazzo 
Fiano, Roma. 

Bertolini barone Luigi, Piazza dei Signori, Padova. 

Bertone di Sambuy cav. Federico, contrammiraglio di- 
rettore generale R. Arsenale, Venezia. 

Berutti Felice, Buenos Aires (Argentina). 

Betocchi comm. prof. Alessandro, Piazza Montecito- 
rio, 127, Roma. 

Bettoni Angela, vedova Haimann, Via Volturno, 48, Roma. 


Num. Num. — 36 — 
di di 
ordine | iscrizione 


356 Bettoni conte Francesco, Brescia. 

354 Riagi comm. Giuseppe, console generale a riposo, Poggio 
Imperiale, 12, Firenze. 

1998 Bianchi march. Alessandro, Riva di S. Biagio, 2146, 
Venezia. 

100 | 2476 Bianchi Costanzo, S. Antonio, 20, Milano. 

1120 | *Bianchi Giuseppe, Lima (Perù). 

3269 Bianchi avv. Giulio, Via Spiga, 1, Milano. 

2247 Biasiutti prof. dott. Antonio, Collegio Camerini, Pa- 


dova. 
1209 Biblioteca .Civica, Bergamo. 
3155 Id. Civica, Novara. 
1718 Id. Comunale Classense, Ravenna. 
3181 Id. Comunale, Imola. 
1567 Id. Comunale, Verona. 
1833 Id. del Corpo di Stato Maggiore, Roma. 
110 | 3067 Id. della Camera dei Deputati, Roma. 
3145 Id. della Corte dei Conti, Roma. 
1986 Id. della R. Università, Cagliari. 
2773 Id. della Società Unione e Benevolenza, Buenos | 
Aires (Argentina). | 
1464 Id. Liciniana, Termini Imerese (Palermo). 
1556 Id. Militare, Comando del Distretto, Caserta. 
1528 Id. id. Bologna. 
2358 Id. id. Firenze. a 
2754 Id. id. Milano. 
1533 Id. id. Napoli. 
120 | 1534 Id. id. Padova. 
1347 Id. . id. Palermo. 
1536 Id. id. Piacenza. 
1537 Id. id. Roma. 
3229 Id. id. del presidio di Ravenna. 
3342 Id. id. Cagliari. 
3344 ‘Id. id. Capua. 
2917 Id. Nazionale della Repubblica dell’ Uruguay, 
Montevideo. 
3144 Id. id. di Brera, Milano. 
2753 Id. id. Marciana, Venezia. 
130 863 Id. id. Napoli. 


2704 Biolchini avv. Francesco, S. Eufemia, 19, Roma. 
3325 Bisi Francesco, Buenos Aires. 
748 | Blanc barone comm. Alberto, Ambasciatore di S. M. 1! 
Re d’Italia, Costantinopoli. 
1454 Blaserna comm. prof. Pietro, Istituto Fisico, Pani- 
sperna, Roma. 
2794 | Blosi avv. Annibale, Buenos Aires (Argentina). 





Nem | Num. — — 
di di 17 


ordine | iscrizione 


1261 | *Bobone Ricci Giuseppe, Albenga (Genova). 
2969 Boccanera Pietro, Via del Pellegrino, 75, Roma. 
381 Bodio comm. prof. Luigi, Direttore generale della Sta- 
tistica del Regno, Roma. 
2481 Boeri dott. G. Antonio, Buenos Aires (Argentina). 
140 | 3244 Boggiani Guido, pittore, Roma. 
1466 Bolgiani dott. Pietro, Piazza del Carmine, 4, Milano. 
3149 Bombrini cav. Carlo Marcello, Genova. 
3166 Bompiani avv. Adriano, palazzo della Scimmia, S. An- 
tonino de’ Portoghesi, Roma. 
1003 |' Boncompagni Baldassare, principe di Piombino, Roma. 
1618 Boncompagni Ignazio, principe di Venosa, Roma. 
2656 Bondi Vittorio, banchiere, palazzo Polverosi, Roma. 
1097 Bonin-Nievo contessa Maria, Vicenza. 
2598 Bonola bey cav. Federico, Segretario generale della So- 
cietà Geografica Khediviale, Cairo (Egitto). 


2921 Bonomi prof, Celso, Pavia. 
150 | 2940 Bonvicini comm. avv. Cesare, Corso Genova, 12, Milano. 
530 Borea d’Olmo comm. march. Giambattista, Ministero 


degli Esteri, Roma. 
2600 Borghese principe D. Giov. Battista, Piazza Borghese, 
Roma. 
3373 Borruso Giuseppe, Via Pier Luigi da Palestrina, palazzo 
Borruso, Roma. 
2593 | *Borsari prof. Ferdinando, Largo S. Giuseppe dei Nu- 
Î di, 77, Napoli. 
2263 Boschi march. Tommaso, Bologna. 
397 Bosio Giustino, Piazza di Pietra, 63, Roma. 
2271 Bossi avv. Carlo, Foro Bonaparte, 56, Milano. 
2724 |. Botta cav. Augusto, Genova. 
2688 | *Bozzala Antonio, industriale, Coggiola-Castagnea (No- 
vara). 
160 | 3346 Bozzetti comm. Romeo, Magg. Generale, comandante 
sup. dei Distretti del 1° corpo d'armata, Torino. 
1254 | Bozzo Giuseppe, Pontegrande per Roletto (Novara). 
2716 | . Bozzoni cap. Francesco, agente della Compagnia Gen. 
di Navigazione Italiana, Bombay (India Inglese). 
402 Boyl di Putifigari comm. Gioacchino, contrammiraglio, 
senatore, Via Carlo Alberto, 31, Torino. 
1099 Branchi avv. Gio., console d’Italia, Corso dei Tintori, 50, 
Firenze. 
603 | Breda comm. ing. Vincenzo, Via Nazionale, 288, Roma. 
1824 | Breganze comm. Luigi, Via Torino, 7, Roma. 
2849 | Briganti-Bellini conte Giuseppe, deputato, Osimo (Ancona). 
2642 | Brin (S. E.) comm. Benedetto, Ministro della Marina, 
Roma. 





Num. Num. — —_ 
di di 18 


ordine | iscrizione 


205 | Brioschi comm. prof. Francesco, senatore, Via Se- 
nato, 38, Milano. 
170 | 2256 Brunelli-Bonetti nob. Vincenzo, Via S. Nicolò, Padova. 
544 | Brunenghi avv. cav. Domenico, console d’ Italia, Fi- 
nalborgo (Genova). 
414 | Brunetti Giuseppe, Via Baroncina, 149, Faenza. 
1350 Bruni avv. Francesco, console d’Italia, Denver (Colo- 
rado, S. U. A.). 
1521 | *Brunialti comm. prof. Attilio, Via Boucheron, 4, Torino. 
638 Bruno comm. avv. G. Domenico, Corso Vittorio Ema- 
nuele, 68, Torino. 
654 | Budden cav. R. Enrico, presidente della Sezione fioren- 
tina del Club Alpino Itahano, Via Gregoriana, 5, 
Roma. 
1438 | Buono Felice, tenente di vascello, Via Solitaria, 39, 
Napoli. 
2341 Buonomo ing. Giacomo, Via Nilo, 17, Napoli. 
2468 | Burzio cav. Emilio, colonnello, comandante 29° reggi- 
mento d'artiglieria, Capua. 
180 | 3013 Buzzetti Luigi, Palazzo Andreini, Via Taddea, 2, Firenze. 
29 Cadolini comm. ing. Giovanni, Via Rasella, 145, Roma. 
3193 | Cadorna (S. E.) cav. Carlo, presidente del Consiglio di 
Stato, Via Monserrato, 25, Roma. 
380 Cadorna comm. Raffaele, tenente generale, senatore, 
Via della Rocca, 35, Torino. 
2575 Caetani donna Ada, duchessa di Sermoneta, Via Bot- 
teghe Oscure, 32, Roma. 
527 | *Caetani Dom Onorato, duca di Sermoneta, Via Bot- 
teghe Oscure, 32, Roma. 
2689 | *Cagiati cav. Filippo, Corso, 249, Roma. - 
2108 Cahen conte Edoardo, Marchese di Torre Alfina, Via 
Mario de’ Fiori, 16, Roma. 
1775 Caimi-Toscar ing. Carlo, Via S. Vittore al Teatro, 17, 
Milano. 
2162 | Calamassi prof. Luigi, Via Volturno, palazzo Rossi, 
Roma. 
190 | 2798 Calciati conte Galeazzo, deputato, Piacenza. 
1603 | Calderoni ing. prof. Giacomo, S. Ercolano, Perugia. 
1887 | Callegari Ferdinando, Treviso. 
2362 | Callegari Giuseppe, Via Teatro Concordi, Padova. 
3064 Calzone cav. Ettore, Roma. 
2740 | *Camera di Commercio ed Arti, Bari. 


2722 Id. id. Bologna. 
2693 | * Id. id. Firenze. 
1988 Id. id. Mantova. 


1709 Id. id. Parma. 


200 


210 


220 


230 


2697 
2725 
2219 
3008 


571 


33 
2409 


‘ 1967 


1118 
2023 
301 


348 
2615 


2885 
2127 


2842 
2968 


1079 


262 


I 2368 


2496 
2528 
2002 


3318 


3151 


3364 


3206 
2924 


3°93 
3353 


2989 


* Camera di Commercio ed Arti, Roma. 
Id. id. Trapani. 

Camera Leandro, Via Firenze, 7, Torino. 

Camere Emanuele, Buenos Aires (Argentina). 

Camozzi-Vertova comm. nob. Giovanni Battista, sena- 
tore, Bergamo. 

Camuzzoni comm. dott. Giulio, senatore, Verona. 

Canali avv. comm. Francesco, Capo Divisione al Mi- 
nistero delle Finanze, Via Principe Amedeo, 2, 
Roma. 

Canevari comm. ing. Raffaele, Piazza Borghese, 110, 
Roma. 

*Canevaro conte Bernardo, Via Micheli, 4, Firenze. 

*Canevaro conte Carlo, id. id. 

*Canevaro conte F. Napoleone, contrammiraglio, palazzo 
Angarap, Venezia. 

*Canevaro conte Giuseppe, Via Micheli, 4, Firenze. 
Cannizzaro prof. comm. Stanislao, senatore, direttore del- 
l’Istituto chimico, Panisperna, Roma. 

Cantarutti Federico, Udine. 

*Cantoni Salvatore, P. O. Box, 1910, Nuova York (Stati 
Uniti). 

Capacci ing. cav. Celso, Via Valfonda, 7, Firenze. 

Cappelli marchese Raffaele, deputato, Camera dei De- 
putati, Roma. 

Capranica march. Stefano, Via del Teatro Valle, 20, 
Roma. 

Caramagna cav. Giovanni, cap. di vascello, villa Ire- 
nita, 580, Castello, presso Firenze. 

Carcano nob. Landolfo, Due Macelli, 97, Roma. 

Carcano nob. cav. Silvio, console generale d’Italia, Co- 
stantinopoli. . 

Carcassoni cav. Achille, Trieste. 

Cardon avv. Felice, Via Quattro Fontane, 41, Roma. 

Carlotti march. Andrea, Ambasciata d'Italia, Costan- 
tinopoli. 

Carnelli cav. dott. Ambrogio, Capo Divisione Ministero 
Finanze, Roma. 

Carruccio prof. Antonio, R. Università, Roma. 

Casalino Ambrogio, Acary (Perù). 

Casana Severino, ingegnere architetto, Via Principe A- 
medeo, 34, Torino. 

Casanova comm. Giuseppe, Roma. 

Casati cav. Giuseppe, colonnello comandante 30° reggi- 
mento fanteria, Genova. 

Casino Civico, Rimini. 


Num. 


ordine | iscrizione 


240 


250 


Num. 
di 


2829 
1400 
3331 
2690 
1417 


2179 
2778 

391 
2580 
1518 


3291 
1985 
2426 
2173 
2095 


775 
2404 
3052 
2036 
2906 

518 


43 
1563 


QII 
165 
166 


1487 
2985 


3319 
3205 


1999 


3379 
1239 
3148 
3135 

44 


Casino di conversazione, Senigallia (Ancona). 
Id. di Società, Breno (Brescia). 
Id. di Società, Reggio Calabria. 
*Castellani cav. Augusto,. Piazza di Trevi, 86, Roma. 
Castelli cav. Cesare, Comandante territtoriale del Genio, 
Roma. 
Castelli ing. dott. Filoteo, Vasto per Carunchio (Chieti). 
Castelli dott. Guglielmo, Merate (Brianza). 
Castelli cav. Pietro, console d’Italia, Santiago (Chile). 
Castiglione ing. T. Vittorio, Via Galata, 37, Genova. 
Castracane degli Antelminelli conte abate Francesco, 
Piazza Coppelle, 50, Roma. 
Castro Giacomo, Alessandria d'Egitto. 
Caturich Slavo, Smirne (Turchia d’ Asia). 
Cavalieri cav. Enea, Via Palestro, 12, Roma. 
Cavalli cav. Francesco, colonnello, Via Nerino, 3, Milano. 
Cave ing. Eugenio, Piazza del Gesù, palazzo Bolognetti, 
Roma. 
Cavriani march. Antonio, Mantova. 
Cecconi Carlo, Corso, 173, Roma. 
*Celesia Nicolò di Giuseppe, Lima (Perù). 
Celoria ing. Giovanni, Osservatorio di Brera, Milano. 
Centanini dott. Domenico, Venezia. 
Centurioni march. cav. Enrico, console generale d'Italia, 
Nizza Marittima (Francia). 
Ceramelli ing. Enrico, Via del Fosso, 5, Firenze. 
Cerboni comm. Giuseppe, Ragioniere generale dello Stato, 
Via Farini, 5, Roma. 
Cerroti comm. Filippo, tenente generale, Via Farini, 17, 
Roma. 
Cerruti comm. Carlo Cesare, vice-ammiraglio, Via Na- 
zionale, 288, Roma. 
Cerruti comm. Marcello, senatore, Via Davide Chios- 
sone, 11, Genova. 
Cerulli-Irelli cav. Giuseppe, deputato, Teramo. 
Cesati barone Massimiliano, colonnello comandante 20° 
reggimento cavalleria, Napoli. 
Cheape Grace M., Via Serpenti, 39, Roma. 
Chiarella Ernani, Calle Arica, 142, Lima (Perù). 
*Chiellini Arduino, tenente di cavalleria, Scali d’ Azeglio, 
Livorno. 
Chigi (dei principi) don Agostino, Roma. 
Chiozza-Luppis Giuseppina, Corso Giovecca, 35, Ferrara. 
Cicala cav. Ernesto, Piazza Raibetta, 1, Genova. 
Cima Giuseppe, Buenos Aires (Argentina). 
Cini Giovanni Cosimo, Piazza d’ Azeglio, 19, Firenze. 





3374 | Circolo Bernini, palazzo Ruspoli, Fontanella di Borghese, 
Roma. 

3007 Id. Commerciale Italiano del Callao, Calle de Lima, 
Callao (Perù). 

2749 Id. degli Artisti, Via Bogino, 9, Torino. 





2747 Id. del Gabinetto di Lettura, Teatro Vittorio Ema- 
nuele, Messina. 

1476 Id. dell’Unione, Via Tornabuoni, 7, Firenze. 

2827 Id. di Marina, Spezia (Genova). 

3377 Id. Filologico Milanese, Via Silvio Pellico, 12, 
. Milano. 

1651 Id. Italiano di Buenos Aires (Argentina). 

1773 Id. Sociale di Trento. 


: 1325 Cirillo ing. Biagio, Corso Vittorio Emanuele, 432, Napoli. 
| 3226 | Civelli cav. Antonio, Firenze. 

3349 Civelli Desiderio, Roma. 

2324 Claricini conte Nicolò, al Santo, Padova. 


280) 3175 Clementi comm. Bartolomeo, Vicenza. 
1935 Ciub Alpino Italiano, Sezione di Firenze. 
3224 Id. Id. Sezione Ligure, Via S. Sebastiano, 
15, Genova. 


3076. | *Cobianchi Brielli Luisa, Intra (Lago Maggiore). 

3069 Colini dott. Giuseppe Angelo, Museo Preistorico ed 
Etnografico, Roma. 

2309 Collegio Militare, Via della Scala, Firenze. 


3103 Id. Roma. 
2814 | Colombi Giovanni, maggiore 28° reggimento fanteria, 
Aquila. 


2084 | Colombo cav. Giuseppe, Via della Vite, 71, Roma. 
3065 Colonna Fabrizio, principe d'Avella, Roma. 
290} 725 | Colonna don Marcantonio, duca di Marino, Piazza 
Ss. Apostoli, Roma. 
47! Colucci Pascià dott. comm. Antonio, Via dei Mille, 17, 
Roma. 
670 Colucci' cav. Enrico, console d'Italia, Bastia (Corsica). 
3386 | Colucci cav. Gustavo, Suez (Egitto). 
3234 Comboni cav. ing. Eugenio, Piazza Stazione Centrale, 2, 
Milano. 
2357 | Comitato delle Armi di Artiglieria e Genio, Roma. 
786 | Concini nob. cav. Domenico, Conegliano (Treviso). 
702 | *Congregazione Armena Mechitarista, Isola di S. Lazzaro, 
Venezia. 
735 Contini avv. Cesare, Via Morone, 1, Milano. 
2577 Corbelli avv. Francesco, Via Palermo, 36, Roma. 
300) 3347 Cordero di Montezemolo march. Adriano, maggiore ge- 
nerale Genova. . 


Num. 
di 


ordine | iscrizione 


33° 


Num. 


1227 
2367 
2952 
204! 


720 


1194 

382 
3221 
2554 

468 
1108 
3188 
1612 
2105 


2833 


2158 


3328 
1223 


3320 
1902 


3231 


2227 
2126 
249 
2681 
3360 
3289 
881 
263 
207 
1685 
3238 


2887 


3378 
2314 
66 
3124 


Corini avv. Mariano, Piazza S. Lorenzo, Genova. 

Corona cav. Giuseppe, console d’Italia, Boma (Congo). 

Corradi Livio, maggiore nel 3° fanteria, Napoli. 

Corsi cav. Carlo, tenente generale, comandante la Scuola 
di Guerra, Torino. 

Corsini principe Andrea Neri, marchese di Giovagallo, 
sul Prato, 68, Firenze. 

Corsini principe Tommaso, senat., sul Prato, 68, Firenze. 

Corte avv. cav. Pasquale, console d’Italia, Galatz. 

Cortese prof. Vincenzo, Casoria (Napoli). 

Cortesi Decio, Via Crociferi, 44, Roma. 

Cosenz comm. Enrico, tenente generale, senatore, Roma. 

Cosenz cav. Francesco, Termini Imerese (Palermo). 

Costa march. Alessandro, Macerata. 


*Costa comm. D. Francesco, Via Assarotti, r2, Genova. 


Costa Giulio, S. Francesco a Ripa, 75, Roma. 

Costa Torquato, ufficio della Navigazione Generale Ita- 
liana, Genova. 

Cotta Francesco, segretario della Legazione d'Italia, Li- 

| —sbona (Portogallo). 

Cristani ing. Giulio, Via Garibaldi, 66, Messina. 


*Cristofoli dott. Pietro, Via Fieschi, Genova. 


Croci Cesare, Mendrisio (Canton Ticino). 

Crosbie nobile Annina, Via Nazionale, palazzetto Ro- 
spigliosi, Roma. 

Csudafy Wunder nob. di Wunderburg cav. Michele, 
maggiore generale, Via Nazionale, 243, Roma. 

Cucchi Fausto, Via Piatti, 8, Milano. 

Cucco Giacomo, Via dei Serpenti, 20, Roma. 

Cuccoli Fiaschi cav. Guido, Via de' Servi, 10, Firenze. 

Cumbo Diego conte di Guido, Velletri. 


*Currò barone Rosario, Trieste, 


Cuzzeri avv. Giulio, Alessandria (Egitto). 

D'Albertis Domenico, Piazza Campetto, 8, Genova. 

D' Albertis Enrico, id. id. 

Dalla Vedova dott. prof. Giuseppe, Roma. 

Dall’ Orso Francesco, presso i sigg. Arpe e C., Genova. 

Dalmayda Enrichetta, vedova cont. Fogazzaro, Via S. Gio- 
vanni, Padova. 

Dal Verme conte Luchino, colonnello di Stato Maggiore, 
Ministero della Guerra, Roma. 

Da Mosto nob. Andrea, Via dell’ Anima, 59, Roma. 

D’ Ancona Giacomo, rue de Lisbonne, 62, Parigi. 

D'Ancona senat. ing. Sansone, Piazza d’Azeglio, 20, Firenze. 

D' Angrogna Pallavicino marchese Carlo, Corso Vittorio 
Emanuele, 80, Torino. 


340 


350 


360 


379 


2978 
2997 
2477 

484 
1365 
1979 
3293 
3237 
3115 
3319 
1371 


2057 
1768 
2308 


1946 
2320 


680 
2954 


‘3202 


684 
1989 


710 
3199 


438 
62 


63 
3168 


3356 
2677 
2640 

998 
2864 
2046 


2508 


Danzetta barone Nicola, senatore, Perugia. 

Darashaw Sorabjee, Bombay. 

D' Arco conte Antonio, deputato, Roma. 

Da Schio conte Almerico, Vicenza. 

De Albertis David, Buenos Aires (Argentina). 

De Andreis Luigi, Buenos Aires (Argentina). 

De Benedetti cav. Iacopo, Piazza S. Silvestro, 56, Roma. 

De Bianchi dott. Alessandro, Corso V. E., 1817, Brescia. 

De Bondini Gaetano A., Via Boccaccio, 8, Roma. 

De Bono ing. Edoardo, Cairo (Egitto). 

De Brandt cav. Massimiliano, Ministro di Germania, 
Pekino (Cina). 


*De Breganze dott. Giovanni, Breganze (Vicenza). 
*De Camondo conte Nissin, rue Monceau, 61, Parigi. 


De Carvalho e Vasconcellos (S. E.) Mattia, Ministro del 
Portogallo, Piazza S. Silvestro, Roma. 

De Castrone march. comm. Salvatore, rue Jouffroy, 88, 
Parigi. 

De Cesare comm. Raffaele, Via Sistina, 118, Roma. 

De Combi Cesare, Squero Nuovo, 4, Trieste. 

De Falkner bar. cav. Alberto, Via Venti Settembre, 14, 
Roma. 

De Ferrante Michele, Libreria Bocca, Roma. 

De Franceschi dott. Gio. Battista, Seghetto (Istria). 

De Frescobaldi nobile Giuseppe, Via S. Spirito, 17, 
Firenze. 

Degli Alessandri conte Carlo, Borgo degli Albizzi, 15, 
Firenze. 

De Goyzueta (dei Marchesi di Toverena) nobile Ferdi- 
nando, Singapore. 

De Gresti nob. avv. Oddone, palazzo Toscanelli, Pisa. 

De Hierschel Miperbi avv. conte Oscarre, R. Ambasciata 
d'Italia, Londra. 

De Larderel conte Florestano, Livorno. 

De Laude Luigi A., Calle de la Vireina, 176, Lima 
(Perù). 

Del Bono conte ing. Alfredo, Pescheria Vecchia, 22, 
Parma. 

Del Drago principe Giovanni, Quattro Fontane, 20, 
Roma. 

Del Giudice comm. Giacomo, deputato, Roma. 

Della Bianca avv. Luigi, Via Nazionale, 36, Firenze. 

Della Rocca principe Michele, Napoli. 

Della Somaglia conte Gian Luca, Piazza dell’ Indipen- 
denza, casa propria, Roma. 

Della Valle Dionisio, Via Serpenti, 65, Roma. 


Num. Num. — i 
di di 24 


ordine | iscrizione 


1765-| Delle Sedie cav. Enrico, rue de St. Petersbourg, 30, 
Parigi. 
2073 | - Dell’Oro Luigi Giosuè, Via Silvio Pellico, 12, Milano. 
1764 | Del Moro ing. Luigi, Piazza del Duomo, Firenze. 
3000 | Delucchi Celestino, Buenos Aires (Argentina). 
2678 | De Maffutiis Gerardo, Auletta (Salerno). 
3300 De Manfroni nob. cav. Mario, Ministero dei Lavori Pub- 
blici, Roma. 
531 De Mari march. Gio. Maria, Via Venezia, 8, Firenze. 
1842 | De Martino prof. Antonio, Trinità Maggiore, 33, Napoli. 
380] 317 | De Martino comm. Giuseppe, console generale d'Italia, 
Cairo (Egitto). 
210 De Martino comm. Renato, Ministro d'Italia, Tokio 
(Giappone). 
3123 De Parente cav. Emilio, palazzo Cenci Bolognetti, Roma. 
208 | De Puppi conte Luigi, Udine. 
2470 | De Riseis Giuseppe, deputato, Roma. 
2664 De Rossi prof. cav. Michele Stefano, Piazza Aracoeli, 17, 
Roma. 
2994 | Desideri Giuseppe, Via Foro Trajano, 25, Roma. 
2790 | De Siebold barone Alessandro, Schloss Kolmberg bei 
Ansbach (Baviera). 
2009 | De Stefanis prof. Luigi, Montevideo (Uruguay). 
983 De Toni dott. Carlo, S. Moisé, 1475, Venezia. 
390) 2657 De Vecchis Francesco, Piazza Capranica, 95, Roma. 
3222 De Vito Lodovico, capitano di Stato Maggiore, Divi- 
sione militare, Padova. 
1551 | *De Vollant Giorgio, Ministero degli Affari Esteri, Dipar- 
timento asiatico, Pietroburgo. 
3127 De Zerbi Rocco, deputato, Roma. 
3341 De Zettiry Arrigo, professore di matematica, Buenos Aires. 
67 De Zigno barone Achille, Padova. 
2048 Dezza comm. Giuseppe, tenente generale, Bologna. 
1220 Di Bagno march. Galeazzo, senatore, Mantova. 
2668 | Di Belmonte Granito principe Gioacchino, deputato, 
Napoli. 
Boccard nob. cav. Giulio, tenente colonnello di Stato 
Maggiore, Padova. 
‘ 400] 1499 Di Calice bar. cav. Enrico, Ambasciata d' Austria, Co- 


=e 


3110 D 


stantinopoli. 

3073 | Di Cellere contessa Giulia, nata dei marchesi Capranica, 
Roma. 

3098 | Di Collobiano conte Luigi, Inviato straordinario, Mini- 


stro plenipotenziario d’ Italia, Lisbona. 
Dienheim Sczawinski Brochocki conte Alessandro. 
Corso Venezia, 61, Milano. 


me 


2813 D 


Nem 
di 
ordine 


420 


430 


Num. 
di 


492 


1503 
1401 


2812 


447 
209 


3380 
1397 
1296 

798 


3369 
633 
425 


2344 


77° 
1228 


3311 


3310 
1206 


1025 
1749 
2930 

277 
1570 


3294 
2118 
2515 
2210 
3087 
2507 
2719 
2334 


2850 
3288 
883 


— a5 — 


Di Falicon conte Emilio, capitano di fregata, Via Prin- 
cipe Amedeo, Spezia. 

*Di Fortis conte Tancredi, Ruffieux (Savoja). 

*Di Monclar march. Francesco, console di Francia, Fi- 

renze. 
Dini cav. Ranieri, Colle di Val d'Elsa (Siena). 
Di Prampero conte Antonino, Udine. 
*Di San Germano march. Casimiro, Corso Vittorio Ema- 
nuele, 12, Torino. 
Di San Giuliano marchese Antonino, deputato, Catania. 
Dolcini Gino, Mantova. 
Donalisio cav. Aniceto, Fossano (Cuneo). 
Donarelli dott. comm. Attilio, S. Nicolò Cesarini, 3,. 
Roma. 
Donati Alessandro, Roma. 
D'Oria march. Andrea, Via Nuova, Genova. 
*D'Oria marchese comm. Giacomo, Via Peschiera, 18, 
Genova. 
D'Oria marchesa Laurina, nata Durazzo, Via Peschiera, 18, 
Genova. 
Dornig Antonio, Via Niccolò Macchiavelli, 18, Firenze. 
Duhayon Van Duyn cav. Augusto, agente consolare 
d' Italia, Gand (Belgio). 
Dumolard Luigi, Corso Vittorio Emanuele, 21, Milano. 
Dumolard Pompeo id. id. 
Durand de la Penne comm. march. Luigi, maggiore ge- 
nerale, Roma. 
Duranti ing. David, R. Prefettura, Firenze. 

*Ellauri dott. don Giuseppe, Buenos Aires (Argentina). 
Emiliani dott. Antonio, Monte Giorgio (Ascoli Piceno). 
Emo-Capodilista conte Giovanni, Castelfranco (Veneto). 
Faa di Bruno contessa Agnese, nata Huddleston, Solero 

(Alessandria, Piemonte). 
Fabrello cav. Giuseppe, Piazza Mazzini, 32, Livorno. 
Fabris cav. Francesco, capitano, Collegio Militare, Napoli. 
Fabris nob. dott. Riccardo, Cassa di Risparmio, Milano. 
Fadiga cav. Giuseppe, Ministero Agricoltura, Roma. 
Falconi conte Gaetano, Fermo (Marche). 
Falzacappa conte Vincenzo, Piazza Esquilino, 10, Roma. 
Farina dott. Luigi Emanuele, deputato, Genova. 
Farini (S. E.) comm. Domenico, Presidente del Senato, 
Roma. 
Farinola march. Paolo, Firenze. 
Fasana prof. Bartolomeo, Via Carlo Alberto, 40, Torino. 
Fava barone comm. Saverio, Ministro plenipotenziario 
d'Italia, Washington (Stati Uniti). 


Num. 
di 


440 


450 


470 


Num. 
i 


ordine | iscrizione 


2947 
2310 
1046 

292 


3063 
427 
2991 


2956. 


3395 
2595 
3025 
2413 


1500 
2820 


2078 
1666 
2079 
1244 
2700 
3227 
1129 
3183 


2780 
2825 
1903 
1480 
3337 
2614 


3129 


221 
3217 
3308 
3352 


764 
2280 


1478 


2294 
2988 


— 36 — 


Faverio Gio. Battista, Maslianico (Camo). 
Favero ing. cav. prof. Giovanni, Via Farini, 17, Roma. 
| *Fazzari cav. Achille, Serra S. Bruno (Catanzaro). 
Fé d’Ostiani comm. conte Alessandro, Inviato straordi- 
nario e Ministro plenipotenziario, Brescia. | 
Feliciangeli Dino, R. Liceo, Padova. 
Ferrari barone Giulio, Gozzano (Novara). 
Ferrari Pietro, Via Leccosa, 54, Roma. 
Ferrari Trecate cav. avv. Pietro, Vigevano (Pavia). 
Ferrario Luciano Francesco. 
Ferrati comm. Angelo, Via Rasella, 6, Roma. 
Ferri dott. Francesco, R. Liceo, Lucca. . 
Ferruzzi cav. Francesco, ragioniere capo della Società 
di Navigazione Generale Italiana, Roma. 
*Festa comm. C. Stefano, console generale in ritiro, Brin- 
disi (Lecce). 
Fiaschi dott. Tito, Sydney, Nuova Galles del Sud (Au- 
stralia). 
*Figari Bartolomeo fu Giovanni, Lima (Perù). 
*Figari Giovanni di Stefano, Montevideo (Uruguay). 
*Figari Giovanni Giacinto fu Giovanni, Lima (Perù). 
*Figari Luigi, Calle Ica, 33, Lima (Perù). 
Filippi conte Lorenzo, Velletri (Roma). 
Filonardi cav. ing. Angelo, Roma. 
Finzi avv. Vito, console d’Italia, Scutari d’ Albania. 
Fioravanti Onesti barone Francesco, S. Agostino, 2018, 
Padova. 
Fiorioli della Lena avv. G. B., Padova. 
Flantini Filippo, S. Giustina, Venezia. 
Fochi Clelia, Via del Gesù, 89, Roma. 
Fogazzaro dott. Luigi, Vicenza. 
Folchi Vici conte Filippo, Via Pozzetto, 117, Roma. 
Fontana Luigi Giorgio, Buenos Aires (Argentina). 
Fonte-a-nive avv. Rodolfo, Ministero Pubblica Istruzione, 
Roma. 
Forti dott. Eugenio, Via Torricelle, Padova. 
Fortini Luigi, Via Condotti, Roma. 
Fossa Mancini contessa Marianna, Iesi. 
Francesconi cav. Daniele, colonnello comandante il 26° 
reggimento fanteria, Genova. 
Franchetti cav. Giulio, S. Maria Maggiore, 1, Firenze. 
Franchetti cav. Giuseppe, Camera di Commercio, Mantova. 
Franchetti cav. Leopoldo, deputato, S. Maria Maggiore, 1, 
Firenze. 
Frascara avv. Giuseppe, Via Pilotta, Roma. 
Frassineto (de’ conti) Alfredo, Via Curtatone, 1, Firenze. 


480 


490 


500 


iscrizione 


2644 
2835 


2976 
3089 

987 
2847 


3225 


3195 
2180 
3146 
3382 
3975 
3333 
2336 


3282 
2786 


2933 
2387 
ZIII 


1977 


3330 
1812 


1916 
2431 


77 
799 


3°79 

524 
3150 
1482 
3376 
3116 

g16 


S10] 3136 


Fratellini avv. Giuseppe, Spoleto (Perugia). 

Friedlinder comm. Ettore, direttore dell'Agenzia Stefani, 
Roma. 

Fritzsche Guglielmo Enrico, Via del Quirinale, 3, Roma. 

Furchheim F., Piazza dei Martiri, 59, Napoli. 

Gabinetto di lettura di Mantova. 


id. id. scientifico-letterario Vieusseux, 
Via Tornabuoni, palazzo Fer- 
roni, Firenze. 

id. id. Sott’ufficiali 4° regg. bersaglieri, Ge- 

nova. 

id. id. Ufficiali 12° id. artigl., Capua. 

id. id. id. 250 id. fant. Genova. 

id, id. id. 15° id. fanteria, Roma. 

id. id. id 51° id. fant., Verona. 

id. id. id. 29° id. fant., Savona. 


Gabotto dott. Ferdinando, Via S. Massimo, 42, Torino. 

Gagliardi march. comm. Enrico, senatore, Monteleone 
(Catanzaro). 

Gagliardi Federico, c/o Mc Lean Bros and Rigg., Limd., 
Sydney (Australia). 

Gagliardi avv. Ferdinando, Beachmount Esplanade San- 
dringham, Melbourne (Australia). 

Gallarani dott. Carlo, Buenos Aires (Argentina). 

Gallardi Rivolta avv. Siro, Porta Pinciana, 10, Roma. 

Galletti de’ principi di S. Cataldo cav. Ruggero, capi- 
tano nel 13° reggimento cavalleria, Palermo. 

Gallian comm. Carlo, console generale di Turchia, Via 
Nazionale, 208, Roma. 

Gallina Francesco, Corte dei Conti, Roma. 

Gamba ing. Cesare, Via Assarotti, palazzo Croce, Ge- 
nova. 

Gambino prof. Giuseppe, Via Polacchi, 32, Palermo. 

Gandolfi cav. Antonio, maggiore generale, comandante 
la brigata Parma, Bologna. 

Gargantini-Piatti Giuseppe, Via del Senato, 14, Milano. 

Garneri comm. Giuseppe, tenente generale, Ispettore 
dell'arma del Genio, Roma. 

Garollo prof. Gottardo, Istituto tecnico, Milano. 

Garovaglio Alfonso, Via del Pesce, 18, Milano. 

Gasco cav. dott. Francesco, R. Università, Roma. 

Gatta cav. Luigi, capitano, Via Cavour, 194, Roma. - 

Gatti-Casazza Giulio, Via Giovecca, Ferrara. 

Gaudenzi Augusto, Via Urbana, 12 C, Roma. 

Gazola conte G. Battista, Latisana (Udine). 

Gerosa Michele, Buenos Aires (Argentina). 


Num. Num. < | 
di di 28 — 


ordine | iscrizione 


3057.| Gerra Davide, ufficiale della R. Marina, Via Monser- 
rato, 29, Roma. 
1565 Gessi conte cav. dott. Tommaso, Faenza (Ravenna). 
2381 | Ghera prof. Pasquale, Sassari (Sardegna). 
206 Giacomelli comm. Carlo, Via Nazionale, 114, Roma. 
2112 Gianni dott. Carlo, Lucca. 
3058 | Giardina prof. Francesco Saverio, Aci S. Antonio (Ca- 
tania). 
620 | Gibezzi cav. Bartolo Enrico, colonnello 16° reggimento 
fanteria, Roma. 
3335 Gigante Achille, Roma. 
3316 | Gil de Uribarri Ramiro, primo segretario della legazione 
di Spagna, Tangeri (Marocco). 
.§20| 650 Ginanni-Corradini conte Giovanni, Ravenna. 
2694 | *Ginori-Lisci marchese Carlo, Firenze. 
1696 | Gioja avv. Lodovico, console d’Italia, Trebisonda (Tur- 
chia d’ Asia). 
919 | *Giordano comm. ing. Felice, Piazza S. Bernardo, 109, 
Roma. 
1645 | Giorgi Pietro, Largo dell'Impresa, 123, Roma. 
2428 Giorgini comm. prof. Gio. Battista, senatore, Massa 
(Massa Carrara). 
3192 | Giorgis Bernardo, Domodossola (Novara). 
3095 Giuliani avv. Camillo, Via Muratte, 66, Roma, 
3056 Giuliozzi dott. Giuseppe, Via Veneto, 51, Roma. 
1355 Giunta Provinciale, Parenzo (Istria). 
530| 2803 Giusti del Giardino conte Vittore, Padova. 
3114 | Giustiniani-Bandini principe Sigismondo, Via de] Ge- 
sù, 94, Roma. 
2862 Gonzaga principe capitano Ferrante, Volta (Mantova). 
1063 | *Gozzani di San Giorgio marchese Evasio, Piazza Castel- 
letto, Pisa. 
1382 | *Granara Giovanni, Savona (Genova). 
2601 Grazioli Don Giulio, Via del Plebiscito, gi, Roma. 
2602 | Grazioli Don Mario, duca di Magliano, Via del Plebi- 
scito, gi, Roma. 
268 | Greppi conte comm. Giuseppe, Milano. 
2695 | *Grondona comm. Felice, industriale, Milano. 
3260 | Grossi prof. Vincenzo, Pollone (Biella). 
540| 2941 Grotta Tommaso, capitano, Scuola d'applicazione Arti- 
glieria e Genio, Torino. 
422 Guarini conte Giovanni, Via Fra Bartolomeo, 40, Fi- 
renze. 
2993 Guarnieri Edoardo, Via Montanara, 25, Roma. 
449 Guastalla cav. Enrico, colonnello, Via Monforte, 30, 
Milano. 


Num 
ordine 


| 


560 


$70 


Num. 


iscrizione 


ZIOI 
2425 


2949 
2727 
737 
3109 
82 


2841 

855 
2909 
3207 

921 
3313 
2164 


I90I 
3164 

741 
3236 
3133 
2867 
2865 


3°33 


3232 
3285 
3194 
1319 

572 
2166 
2345 
3255 
2596 
3326 


895 
2662 


Guastalla Michele, Via Nazionale, palazzo Marotti, Roma. 

Guerrieri-Gonzaga marchese Carlo, Via Venti Settem- 
bre, 4, Roma. 

Guerrieri prof. Leopoldo, Firenze. 

Guglielmi marchese Giulio, Civitavecchia (Roma). 

Guglielminetti Secondo, capitano di vascello, Spezia. 

Guglielmotti Giuseppe, Via Prefetti, 26, Roma. 

Guicciardi comm. nob. Enrico, senatore, Ponte di Val- 
tellina, Sondrio. 

Guicciardini conte Francesco, Via Guicciardini, 15, 
Firenze. 

Guiccioli marchese Alessandro, Via Nazionale, 114, 
Roma. 

Guli prof. Giovanni, Piazza S. Francesco di Paola, 8, 
Palermo. 

Guy cav. Giuseppe Giorgio, colonnello comandante reg- 
gimento artiglieria a cavallo, Milano. 


*Hakim cav. Giovanni, presso il sig. Clemente Cabib, 


Genova. 
Hermanin di Reichenfeld cav. Ferdinando, Via Vimi- 
nale, 22, Roma. 
Hof-und Staats-Bibliothek Mtinchen (Monaco), presso la 
Libreria Ongania, Piazza S. Marco, Venezia. 
Hiiffer cav. Guglielmo, Roma. 
Hiiffer H. C., Via S. Basilio, 13, Roma. 
Incontri marchese Carlo, Via Laura, Firenze. 
Isola cap. Gio. Battista, Calle S. Jacinto, Lima (Perù). 
Istituto Geografico militare, Firenze, 
id. Industriale e professionale, Sondrio. 
id. Nautico, Riposto (Catania). 
id. Nazionale di Geografia, Rue des Paroissiens, 
Bruxelles (Belgio), 
id. Tecnico, Bari. 
id, id. Bologna. 


id. id. Cuneo. 
id. id. Firenze, 
id. id, Forlì. 

id. id. Piacenza. 
id. id. Teramo. 
id. id. Torino, 
id. id. Udine. 
id. id. Parma, 


Jacini conte comm. Stefano, senatore, Via Lauro, 3, 
Milano. 

Jago Giovanni, Via Pallone, 3, Livorno. 

Jung Maurizio, Via S. Nicola da Tolentino, 21, Roma. 


Nun. 
di 


ordine 


5 80 


590 


Num. 
di 
iscrizione 


2801 
542 


847 


QI 
1283 
718 


3336 
3266 
2979 
3184 

245 
1171 
2397 


Kraus comm. Alessandro (figlio), Via Cerretani, 6, Firenze. 


Lambertenghi nob. avv. cav. Francesco, console d’Italia, 
S. Francisco di California (Stati Uniti). 

Lamberti di Castelletto contessa Paolina, nata Bettoni, 
Brescia. 

Lampertico comm. dott. Fedele, senatore, Vicenza. 

Lanza Ferdinando, Via Silvio Pellico, 24, Torino. 

Lanza di Scalea principe Francesco, palazzo Trabia, 
Palermo. 

Lanzoni dott. Antonio, Lugo. 

Lanzoni prof. Primo, Scuola. di Commercio, Venezia. 

Lavaggi marchese Ignazio, Roma. 

lLavalle ing. Giuseppe, R: Università, Roma. 

Lawley cav. Enrico, Via S. Caterina, 4, Firenze. 

Legnazzi nob. Alessandro, Via Garibaldi, 5, Firenze. 

Legnazzi prof. E. Nestore, R. Università, Padova. 

Lemmi Adriano, Via della Scala, 50, Firenze. 

Leonardi di Casalino conte Luigi, Casalino (Novara). 

Lessona comm. prof. Michele, R. Museo, Torino. 

Levi avv. Bonajuto, Riviera di S. Giorgio, Padova. 

Levi cav. Cesare Augusto, S. Vitale, Venezia. 

Levi dott. Ernesto, Via Strozzi, 1, Firenze. 

Levi dott. Guido, Archivi di Stato, Roma. 

Lignana prof. comm. Giacomo, Via Urbana, 158, Roma. 


*Locatelli Luigi, Stradella (Pavia). 


Locchi Domenico, Via S. Massimo, 4, Torino. 

Lodi Emanuele, notajo, Vicenza. 

Longo comm. Giacomo, tenente generale, senatore, Via 
del Babuino, 107, Roma 

Lonigo nob. Lorenzo, Via Maggiore, 230, Padova. 

Lops Luigi, S. Giuseppe Maggiore, 24, Napoli. : 

Loria dott. Cesare, Mantova. 


*Loria Lamberto, Via Magenta, 7, Firenze. 


Lovera di Maria conte comm. Giuseppe, Vice-ammi- 
raglio, Via Zecca, 15, Torino. . 

Lucchesi-Palli conte Edoardo, Strada di Chiaja, 216, Napoli 

Lucchesini ing. Alessandro, Via de’ Renai, 17, Firenze. 

Lucci prof. Gaetano, Collegio Militare, Napoli. 

Luciano cav. Gio. Battista, tenente. colonnello 40° fan- 
teria, Rimini. 

Luigioni Odoardo, Via in Aquiro, 70, Roma. 

Lupacchioli avv. Scipione, Corso Vittorio Emanuele, 8, 
Roma. 

Luzzatti ing. Angelo, Piazza S.Maria alla Posta, 1, Milano 


-Luzzatti Michele fu Marco, Moncalvo (Alessandria, Pie- 


monte). 


muna 


Num. Num. — ni 
di | di 3% 
ordime | iscrizione 


2031 | Luzzetti ing. G. Pietro, Buenos Aires (Argentina). 
1193 Macbean G. Reginaldo, Piazza S. Silvestro, Roma. 
2558 | *Maccary dott. Giuseppe, S. Remo (Porto Maurizio). 
620) 701 Macchiavelli cav. avv. Gio. Battista, console d' Italia, 

Tunisi. 

978 | Macciò avv. comm. Licurgo, Ministro di S. M. il Re 

| d'Italia, Cairo (Egitto). 
689 | Madonizza ing. nob. Pietro, Capodistria (Trieste). 
3315 | Magawly-Cerati conte di Calry, Corso Vittorio Ema- 
nuele, 20, Firenze. 

| 1013 | *Magliano cav. avv. Roberto, Savigliano (Piemonte). 
1219 | Magnaguti conte cav. Ercole, Mantova. 
| 


a 


3159 | Magnalbò rag. Filippo, agente di cambio, Via di Pie- 
tra, 84, Roma. 

1972 } Magnanini avv. Luigi, Buenos Aires (Argentina). 

3321 Magni dott. cap. Ampelio, Stabilimento Civelli, Roma. 

3261 Maigrot cav. Desiderato, console d’Italia, Tamatava 
(Madagascar). 


630! 2937 | Maissa avv. Felice, console d’Italia, Rosario di S. Fé 
(Repubblica Argentina). 

1402 | *Malinowski ing. Ernesto, Lima (Perù). 

1545 Malmusi cav. Giulio, console d’Italia, Trieste. 

2762 | Malpeli dott. Giuseppe, notajo, Bagnacavallo (Ravenna). 

299 Malvano comm. Giacomo, Consigliere di Stato, Via Ago- 
stino Depretis, 86, Roma. 

2861 Malvezz de Medici conte Giuseppe, cap. regg. Guide, 
ufficiale d'ordinanza di S. A. R. il Principe Eredi- 
tario, Roma. 

2318 | Manassei ing. Alberto, Via Due Macelli, 66, Roma. 

3118 Mancini ing. Alessandro, Via della Scrofa, 117, Roma. 

1338 Manno cav. Efisio, tenente, Via S. Chiara, 20, Torino. 

2980 | Mantovani prof Roberto, Saint Denis (Isola della Riu- 
nione). 

640 1683 | Manuel Gismondi cav. Vincenzo, S. Remo (Porto Mau- 
rizio). 


| 
| 
| 3265 | Manzoni prof. Beniamino, Via Monte Tarpeo, 50, Roma. 
104 | *Maraini ing. Clemente, Via Agostino Depretis, 86, 
| Roma. 
' 1745 | Maraini ing. Giuseppe, Buenos Aires (Argentina). 
3119 Maranesi prof. Giulio, R. Scuola Tecnica, Via Circo, 4, 
Milano. 
2819 | Marano dott. Vincenzo, agente consolare d'Italia, Sydney 
(Australia). 
3017 Matazzani-Visconti-Terzi conte Lodovico, Piacenza. 
1428 Matcacci Cesare, tenente di vascello, R. Accademia Na- 
vale, Livorno. 


Num 
di 
ordine 


650 


660 


670 


680 


Num. 
di 
iscrizione 


2144 
3147 
1307 
1203 


3339 
3108 


1540 


3354 
2910 
2384 


176 


1455 
3372 
1753 
1899 

537 


776 
177 
3046 
2671 
713 


352 
2423 


3197 
3051 
2706 
2506 

109 
3085 

393 


3366 
662 


14580 


I9I0 
2804 
1596 


Marchetti Carlo, Cremia (Como). 

Marchiori ing. comm. Giuseppe, deputato, Roma. 

*Marcone Pietro, Via della Croce, 74, Roma. 

Marcopoli cav. Andrea, vice-console di Portogallo, A- 
leppo (Turchia d’ Asia). 

*Marelli G., Calle 36 entre, 377, La Plata. 

‘ Marenesi Enrico, maggiore nel 76° reggimento fanteria, 
Padova. 

*Marengo cav. dott. P. Emilio, S. Luca d’ Albaro (Ge- 
nova). 

Maresca Francesco, Almeria (Spagna). 

*Marescalchi conte Antonio, Via Asse, 5, Bologna. 

Margaria cav. Augusto, capo-sezione al Ministero degli 
Esteri, Roma. 

Mariani ing. Luigi, Direzione governativa delle ferrovie, 
Genova. 

Marietti dott. Angelo, Piazza S. Sepolcro, 12, Milano. 

Marignoli marchese Giacomo, Roma. 

Marini ing. Pompeo, Via Finanze, 13, Torino. 

Mariotti Giovanni, Parma. 

.Marrocchetti bar. cav. Filiberto, capitano di fregata, 
Chenailles par St.-Dénis Jargeau (Loiret). 

Marsich abate Angelo, Capodistria (Trieste). 

Marsich ing. dott. Pietro, S. Felice, 4113, Venezia. 

Marson dott. Luigi, Istituto Tecnico, Piacenza. 

Martelli cav. Alessandro, Via Cernaja, 44, Torino. 

*Martin-Lanciarez cav. Eugenio, Piazza Carlo Alberto, 1, 
Nizza Marittima. 

Martinelli dott. Jacopo, Mantova. 

Martini comm. prof. Ferdinando, Via Monterone, 69, 
Roma. 

Martini conte Francesco, Cremona. 

Martini don Gennaro, Beinasco (Torino). 

Martinori cav. ing. Edoardo, Via Poli, Roma. 

Massa barone Andrea, Padova. 

*Massa cav. Niccolò, Milano. 

Massara cav. Antonio, Via Quattro Fontane, 33, Roma. 

Massari comm. Michele, maggior generale, comandante 
superiore dei distretti, Milano. 

Massoni Adolfo, Corte dei Conti, Roma. 

Matteucci Giulia, nata Ramirez di Montalvo, Borgo de- 
gli Albizzi, Firenze. 

Maveroff Achille, Buenos Aires (Argentina). 

Mayor avv. cav. Edmondo, Ministero Esteri, Roma. 

Mazzacorati march. Augusto, deputato, Bologna. 

Mazzei dott. Ernesto, Firenze. 


Num. 
erdine 


690 


700 


710 


Num. 
di 


iscrizione 


3016 


452 
2020 


2049 


39079 
2974 
2836 


2538 
1826 


117 


3393 
2752 
112 


3329 
744 


3214 


2487 
3047 
4335 
3137 


2297 


2081 
870 
828 


714 
827 


2855 


2966 
2970 


866 
2922 
3365 


1997 


Mazzetti cav. Carlo, agente consolare d'Italia, Zagazig 
(Egitto). 

Meazza Ferdinando, Via Unione, 18, Milano. 

Medici ing. Giovanni, Buenos Aires (Argentina). 

Medici dei marchesi di Marignano cav. Carlo, maggior 
generale comandante la 6° brigata cavalleria, Bo- 
logna. 

Meditz cav. ing. Bartolomeo, Roma. 

Melani Pietro, Buenos Aires (Argentina). 

Melloni avv. Muzio, Via Saragozza, 18, Bologna. 


° Melotti dott. Giulio, Via S. Felice, 47, Bologna. 


Menabrea conte Carlo, addetto all’Ambasciata d’ Italia, 
Parigi. 

Menabrea (S. E.) conte L. Federico, marchese di Val 
Dora, tenente generale, senatore, Ambasciatore d' I- 
talia, Parigi. 

Mencarelli prof. Narciso, R. Istituto tecnico, Foggia. 

Merlani Adolfo, Bologna. 

Messedaglia comm. prof. Angelo, Senatore, Roma. 

Miari conte Giacomo, Via S. Giovanni, Padova. 

Migliorati march. comm. Giovanni Antonio, senatore, 
Via dei Serragli, 13, Firenze. 

Mignone cav. Giuseppe, tenente colonnello 6° reggi- 
mento bersaglieri, Torino. 

Milanoli Bernardino, Buenos Aires (Argentina). 

Millosevich prof. Elia, Roma. 

Minelli dott. cav. Tullio, Rovigo. 

Minerbi ing. cav. Leone Massimiliano, Via S. Mar- 
tino, 4, Roma. 


*Minetti avvocato Carlo Michele, Crevola d'Ossola (No- 


vara). 
Miniscalchi Erizzo conte cav. Marco, Verona. 


*Ministero d’ Agricoltura, Industria e Commercio, Roma. 


* id. dei Lavori Pubblici, id. 
id. della Marina, id. 
id. della Pubblica Istruzione, id. 
Minoglio cav. Giovanni, Moncalvo (Alessandria, Pie- 
monte). 


Minutilli prof. Federico, Via Cavour, 71, Roma. 

Miraglia comm. avv. Nicola, Ministero d’ Agricoltura, 
Industria e Commercio, Roma. 

Missaghi cav. prof. Giuseppe, R. Università, Cagliari. 

Mocenigo Windischgritz contessa Olga, Venezia. 

Mocenni nobile comm. Stanislao, maggiore generale, 
Roma. 


*Molfino Domenico, Lima (Perù). 


Num. 


di di 
ordine | iscrizione 


730 


740 


Num. 


1335 
2775 
3105 


3239 
976 


842 


1584 
2450 


2443 

864 
3280 
2027 
1253 
1463 

778 
2943 


2541 
2323 
777 
401 
2896 


3307 
2764 


19I 


118 


3253 
3246 
880 


519 
119 


Molinelli avv. dott. Paolo, Rovigo. 

Monari Celestino, Via Pietrafitta, 3, Bologna. 

Mondino Camillo, Ministero delle Poste e dei Telegrafi, 
Roma. 

Monterumici ing. A., Società veneta di costruzioni, 
Padova. 

Monterumici dott. cav. Domenico, consigliere delegato, 
Treviso. 

Monti baronessa Luigia, nata nobile Trezza di Musella, 
Brescia. 

Montirolo Elisa, Via Leoncino, 32, Roma. 

Monzilli comm. Antonio, Ministero d’Agricoltura, Indu- 
stria e Commercio, Roma. 

Mora ing. Francesco, Via Due Macelli, 66, Roma. 

Morandi pascià cav. Enrico, Alessandria (Egitto). 

Morelli prof. Enrico, Roma. 

Moreno cav. prof. Francesco, Buenos Aires (Argentina). 

Morigi Eugenio, Giannina (Albania). 

Moriondo cav. Giuseppe, Alessandria (Egitto). 

Morpurgo barone cav. dott. Emilio, Trieste. 

Morra di Lavriano e della Montà cav. Roberto, tenente 
generale, primo aiutante di campo di S. A. R. il 
Principe Ereditario, Roma. 

Mortera comm. Angelo, Piazza Campo Marzio, 3, Roma. 

Moschini Vittorio, S. Nicolò, Padova. 

Mrac avv. Egidio, Pisino (Istria). 


*Mylius Federico, Genova. 


Nahman Enrico, presso i sigg. R. Rolo figli e C., A- 
lessandria (Egitto). 

Nappi conte Gioacchino, Scalone Nappi, 6, Ancona. 

Nast-Kolb Adolfo, console di Germania, Via della Mer- 
cede, Roma. 


*Negri cav. Candido, console generale, Via Cernaja, 34, 


Torino. 


*Negri barone comm. Cristoforo, Ministro plenipoten- 


ziario, primo presidente fondatore della Società Geo- 
grafica Italiana, Corso Vittorio Emanuele, 44, Torino. 

Negri dei conti di Lamporo nobile Enrico, R. Conso- 
lato d'Italia, Tolone (Varo-Francia). 

Negri Leopoldo G, 8, Queen's Insurance Buildings, 
Liverpool. 

Negroni-Prato donna Giuseppina, nata Morosini, Corso 
Venezia, 26, Milano. 

Nervegna Giuseppe, Brindisi. 

Niccolini Alamanni marchese Luigi, Via Tornabuoni, 9, 
Firenze. 


5 oe 8 è 





768 Niccolini marchese Carlo, Via de’ Fossi, 16, Firenze. 

420 Nicotera barone comm. Giovanni, deputato, Via del 
Gesù, 55, Roma. 

1014 | *Nigra (S. E.) comm. Costantino, ambasciatore d’Italia, 
Vienna. 

750| 1078 Nobili-Vitelleschi march. comm. Francesco, senatore, 

presidente della Società Geografica Italiana, Piazza 
Aracoeli, palazzo Massimo, Roma. 

2316 | Nocilla Giuseppe Maria, Caltanissetta. 

1148 Noseda Emilio, Vicolo Brisa, Milano. 

2566 Novellis ing. barone Alfonso, Ministero di Agricoltura e 
Commercio, Roma. 

2696 | *Ocampo-Samanes comm. Emanuel, Buenos Aires (Ar- 


gentina). 

1170 Occhini dott. Francesco, Via Collegio Capranica, 4, 
Roma. 

2175 Oddino cav. Girolamo, colonnello, Acqui (Alessandria, 
Piemonte). 


3384 | Oldrini Alessandro, 442, Lexigton Avenue, Nuova York. 
2513 Onelli Alessandro, Banca Nazionale, Via de’ Barbieri, 
Roma. 
1294 | Oneto Giuseppe, Piazza Rovere, Genova. 
760} 1888 | Ongania Ferdinando, librajo editore, successore Fratelli 
Miinster, Piazza S. Marco, Venezia. 
IQII Operti avv. Bartolomeo, Via Condotti, 21, Roma. 
470 | *Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, detto di Malta, 
Via Condotti, 68, Roma. 
488 | Orlando ing. cav. Luigi, costruttore navale, Livorno. 
1877 Ormezzano avv. Giuseppe, Piazza Vittorio Emanuele, 14, 
Torino. 
2035 Orsini avv. Emilio, Via del Casone, 7, Livorno. 
2517 Orsini cav. Luigi, direttore capo di ragioneria al Mini- 
stero delle Finanze, Roma. 
2449 | Orsini cav. Pasquale, Capua (Caserta). 
762 Ottoboni don Marco, duca di Fiano, senatore, Piazza 
S. Lorenzo in Lucina, Roma. 
3138 | Ottolenghi avv. Israele, Piazza Fiammetta, 11, Roma. 
770] 2270 | Ottolenghi Leonetto, Asti (Alessandria, Piemonte). 
2748 | *Paccagnella Ugo, capitano, Ponte della Guerra, Venezia. 
3322 Pacella prof. Pietro, Corso Vittorio Emanuele, 547, Napoli. 
2192 Pacoret di Saint-Bon comm. Simone, vice-ammiraglio, 
Spezia (Genova). 
3292 | Padova Mario, Alessandria (Egitto). 
2807 | Padovani Ernesto, Bologna. 
2815 | Pagani prof. Giuseppe, direttore del Collegio Dolci, 
Milano. 





Num. 
di 
ordine 


79° 


Num. 
di 


iscrizione 


2393 
2992 
1358 
3170 
3130 


838 
3200 


3281 
1066 


3249 
3300 
184 
183 
274 
2892 


1638 
801 
723 
130 

2955 

1159 

3364 

1890 
248 


2201 
298 


1336 

510 
2599 
3126 


1377 


502 
2512 
824 
3348 


Paganini G. B. fu Antonio, Spezia (Genova). 
Paladini dott. Leone, Via del Gesù, 58, Roma. 
Paladini cav. prof. Stetano, Montedidio, 54, Napoli. 
Palazzo dott. Luigi, Ufficio Centrale di Meteorologia, Roma. 
Paliacio di Suni marchese Gavino, contrammiraglio, 
Napoli. 
*Palumbo avv. Domenico, console d'Italia, Havre 
(Francia). 
Pandolfini conte Roberto, Via S. Gallo, palazzo Pan- 
dolfini, Firenze. 
Panelli Alessandro, Melbourne. 
Pansa cavaliere Alberto, Ministro d'Italia, Reggio 
Emilia. 
Pantaleoni ing. Raul, Via Ripetta, 102, Roma. 
Pantanelli prof. Dante, R. Università, Modena. 
*Papadopoli conte Angelo, S. Maria Formosa, Venezia. 
*Papadopoli conte Nicolò, id. id. 
Papafava dei Carraresi conte Alberto, Padova. 
*Parella Catalano sac. Achille, parroco a Santa Maria da 
Bocca do Monte (Rio Grande do Sul, Brasile). 
Parodi Domenico, Buenos Aires. 
Pasini Costanza, Vicenza. 
Pasini cav. dott. Eleonora, Vicenza. 
Pasqui ing. Alessandro, Via Alfani, Firenze. 
Pavesi prof. cav. Pietro, Pavia. 
Pecchioli Cesare, Via Fiesolana, 1, Firenze, 
Pedotti cav. Ettore, maggiore generale, Piacenza. 
Peirano cav. Enrico Amilcare, Via Nuovissima, Genova. 
Peiroleri nob. avv. comm. Augusto, Ministro Plenipo- 
tenziario, Berna. 
Pelacani cav. Federico, ispettore di ragioneria al Mini- 
stero delle Finanze, Roma. 
Pelizzari comm. prof. Pietro, Via della Colonna, 2, 
Firenze. 
Pellas cav. Luigi Alberto, Banca Nazionale, Firenze. 
Pellegrini prof. don Francesco, Belluno. 
Pellini ing. Felice, Via Merulana, 33, Roma. 
Pelloux comm. Luigi, maggiore generale, Ispettore degli 
Alpini, Roma. 
Pelucchi avv. Carlo, vice-console d’ Italia, Ministero 
degli Esteri, Roma. 
*Penco Giuseppe, Montevideo. 
Pennesi prof. dott. Giuseppe, R. Università, Palermo. 
Perera dott. cav. Enrico, Salonicco (Turchia d' Europa). 
Peretti cav. Giacomo, colonnello comandante il 33° fan- 
teria, Brescia. 


Nom. — 37 — 


2873 Perpetua prof. comm. Giulio, Tunisi. 

2915 | *Perrod avv. Enrico, console d'Italia, Batum (Turchia 
d' Asia). 

2874 | Perrupato Domenico, Buenos Aires (Argentina). 

2605 | *Pertica Tommaso, armatore, Finalmarina (Genova). 

3273 Pertile Gino, Singapore. 

220 Pesaro-Maurogonato comm. dott. Isacco, deputato, S. Ma- 
ria del Giglio, 2491, Venezia. 

2295 Pestalozza cav. Giulio, R. Agenzia diplomatica d’Italia, 
Cairo (Egitto). 

820| 495 Petich cav. Luigi, console d'Italia, Messico 

2845 Petitti di Roreto Angelo, capitano, Comando del Corpo 
di Stato Maggiore, Roma. 

1469 | *Petraccone Pasquale, vice-console d’Italia, Muro Lucano 
(Potenza). 

1614 | Piacentini cav. Giuseppe, Via Poli, lettera z, Roma. 

3350 Piacentini Tito, Via Nazionale, 158, Roma. 


2298 Perozzo ing. cav. Luigi, Ministero delle Finanze, Roma. 


252 Pianciani comm. conte avv Luigi, deputato, Roma. 

2634 | Piella conte Agostino, Bologna. 

2625 Pierantoni avv. comm. Augusto, senatore, Roma. 

645 Pietrasanta ing. cav. Giovanni, Intendente di finanza, 
Sassari. 


1936 Pigorini prof. comm. Luigi, direttore del Museo Prei- 

storico, Collegio Romano, Roma. 
830| 1320 | Pino cav. Francesco, colonnello, Germignaga (Como). 

407 | *Pinto cav. Michelangelo, console d' Italia, Pietroburgo 
(Russia). 

2742 Piovanelli cav. Emilio, revisore alla Camera dei Depu- 
tati, Roma. 

3099 Pirotta prof. dott. Romualdo, Roina. 

2587 | Pirrone avv. Giuseppe, console d’Italia all’ Avana (Cuba). 

732 Pisa avv. Ugo, Via del Gesù, 8, Milano. 

3368 | Pisani-Dossi cav. Carlo Alberto, Roma. 

3312 Pitteri dott. Riccardo, Trieste. 

694 | Pizzarello dott. prof. Antonio, Liceo Leopardi, Macerata. 

2932 Podestà barone Andrea, Genova. 

840] 1790 | *Podestà Gio. Salvatore, Montevideo (Uruguay). 

2469 Poggi Giovanni Paolo, Via Filodrammatici, 5, Mi- 
lano. 

3034 | Pogliani Alberto, Via Rossini, 3, Milano. 

3004 | Polto ing. Paolo Alfredo, Buenos Aires (Argentina). 

3332 Pomba cav. Cesare, Via Carlo Alberto, 33, Torino. 

3100 Pontani Costantino, Via Panisperna, 240, Roma. 

2731 Ponte avv Francesco Aurelio, Banca Nazionale, Via dei 
Barbieri, Roma. 





Num. 
di 
* ordine 


850 


860 


870 


Num. 
di 


iscrizione 


2007 
3187 


2352 
3153 
664 


387 
1914 
3317 


3324 


3343 
124 


1210 


575 
879 
494 


3203 
3252 
3202 
2497 

534 


3°94 
2395 
2707 


2051 
702 
1609 


3220 
go2 


1259 
251 


1069 
3190 


Ponti A. e H. (Ditta), Via Bigli, 11, Milano. 
Ponza di S. Martino conte Coriolano, colonnello, Capo 
di Stato Maggiore del IX Corpo d'Armata, Roma. 
Porena cav. prof. Filippo, R. Istituto Tecnico, Roma. 
Possidoni Giuseppe, Via Pastrengo, 1, Roma. 
Pozzolini Gesualda, nata Malenchini, Via dei Pilastri, 31, 
Firenze. 
Pozzolini cav. Giorgio, tenente generale, Livorno. 
Praga Cesare, Cairo (Egitto). 
Prinzivalli prof. Virginio, Piazza Foro Traiano, 30, 
Roma. 
Prochet cav. dott. Matteo, Via Nazionale, 107, 
Roma. 
Protonotari dott. Giuseppe, Corso, 466, Roma. 
Pugni cav. Camillo, direttore della Banca Nazionale 
Succursale, Ancona. 
Quattrini G. Giacomo, Bergamo. 
Racagni cav. C. Felice, maggior generale, comandante 
la brigata Savona, Roma. 
Racchia comm. C. Alberto, vice-ammiraglio, deputato, 
Roma. 
*Raffo comm. avv. G. Battista, console generale d'Italia, 
Genova. 
Raffo Luca, Calle Azenzaro, 43, Lima. 
Ragazzi ing. Niccolò, Ufficio del Catasto, Pontremoli. 
Ragazzi dott. Vincenzo, Let Marefià (Scioa). 
*Raggio avv. Edilio, deputato, Genova. 
*Raimondj prof. Antonio, Calle de Junin Pena Hova- 
dada, 333, Lima (Perù). - 
Raineri cav. Salvatore, Zattere, 787, Venezia. 
Ranuzzi conte Cesare, ambasciata d'Italia, Londra. 
Raseri dott. Enrico, Ministero d’Agricoltura, Industria e 
Commercio, Roma. 
Rasini di Mortigliengo conte cav. Angelo, maggior ge- 
nerale, comandante la brigata Napoli, Padova. 
*Ravenna Domenico, Montevideo (Uruguay). 
*Ravenna cav. Giovanni, Cagliari. 
*Ravenna Giuseppe Uberto, Rovigo. 
Razzetti cav. Domenico, direttore della Banca Nazionale 
Succursale, Parma. 
*Recagno Gio. Battista, Via SS. Giacomo e Filippo, 35-3» 
Genova. 
Ressmann comm. Costantino, Inviato straordinario € 
Ministro Plenipotenziario, Ambasciata d'Italia, Parigi. 
*Reuther Ernesto, Livorno. 
Rezzadore Piero, Ministero della Marina, Roma. 





ti . DI ione" 


1748 Riccardi ing. Pietro, Corso Vittorio Emanuele, 1540, 
Brescia. 
880 3371 Ricci Ettore, Istituto tecnico, Roma. 
2744 | Rinaldi avv. Pietro, Castelfranco Veneto (Treviso). 
3290 | Rinaldoni cav. Ugo S., Alessandria (Egitto). 
990 | Ripa di Meana nob. comm. ing. Luigi, Ispettore gene- 
rale delle strade ferrate, Via Convertite, 5, Roma. 
3122 | Ripa nob. Nicola, Rimini. 
2493 Ripari Pietro, Buenos Aires (Argentina). 
370 Riva avv. cav. Alessandro, Ministro d’ Italia al Brasile, 
Via Bigli, 12, Milano. 
3050 | Rivabella dott. Tommaso, Salè (Alessandria). 
2891 | Rizzardi conte Giuseppe, S. Fermo, 21, Verona. 
1348 Rizzi Nicolò, Pola (Istria). 
890) 2448 Rizzo Filomeno, Vicolo Travaccari, 1, Napoli. 
730 | Robboavv. Giuseppe, Società delle Ferrovie Sicule Occid., 
Palermo. 
707 Robecchi avv. comm. Cristoforo, console generale d’I- 
talia, Via Meravigli, 7, Milano. 
2897 Robino Augusto, Alessandria (Egitto). 
1421 | *Rocca conte Felice, Odessa (Russia). 
1566 | Rodriguezcomm. prof. Francesco, Via S. Martino, 2, Roma. 
2551 Roesler cav. F. Alessandro, console d’Inghilterra, Piazza 
S. Claudio, 96, Roma. 
2617 | *Roggeri barone Alberto, Via Assarotti, 14, Genova. 
3381 | Roggero cav. Giuseppe, capitano nella Riserva, Bastioni 
Porta Genova, 18,. Milano. 
i 2299 Romanelli comm. Alessandro, Via della Consulta, 50, 
Roma. 
goo| 2863 | Romanin-Jacur comm. ing. Leone, deputato, Padova. 
733 | *Romano avvocato Cesare, console d’Italia, Bordeaux 
(Francia). 
2736 | Romano Virginio (ditta Virginio Vanetti), Genova. 
2735 Romiati Gaetano, banchiere, Via Teatro Concordi, 
Padova. 
2262 | Ronchese prof. Angelo, R. Liceo, Treviso. 
3235 Ronchi ing. Gio. Antonio, Breno. 
3278 | Rosaglio Federico, tenente Novara Cavalleria (5°), Pe- 
rugia. 
2281 Roselli avv. Beniamino, Via P. Umberto, 23, Roma. 
779 Rosenzweig Ferdinando, Trieste. 
941 | *Rossetti.ing. Emilio, Via Meravigli, 12, Milano. 
910| 2234 | *Rossi comm. Alessandro, senatore, Schio (Vicenza). 
3383 Rossi Enzo, fuori porta S. Stefano, Bologna. 
3263 | Rossi cav. Giulio, maggiore nel 73° reggimento fanteria, 
Vercelli. 


we oe elo is 


ow - 


- —— 


Num. 
di 


ordine 


920 


930 


940 


Num. 


iscrizione 


2665 


3357" 


3355 


1870 
1834 


3216 
3140 
3361 

648 


2539 


3182 
3090 


1760 


3201 
2902 


915 
2666 


3176 
2683 
1380 
2376 
3930 


2203 


3245 
2856 


1577 
2437 
2094 
3340 

780 


2379 
587 


— 40 — 


Rotondi ing. Giacomo, Via Milazzo, 14, Milano. 

Roversi ing. Odoardo, Mirabello (Ferrara). 

Rughi cav. ing. prof. Edoardo, Via Saluzzo, 27, To- 
rino. 

Russo don Carmine, Piano di Sorrento (Napoli). 

Ruvolo-Ospedale professore don Leonardo, Alcamo 
(Trapani). 

Sabatucci Cesare, Via Gallinaccio, 8, Roma. 

Saccomani Domenico, Via Frattina, 52, Roma. 


*Salem cav. Vittorio, Trieste. 
*Sada ing. Luigi, Piazza Belgiojoso, 2, Milano. 


Sallier de la Tour conte commendator Vittorio, inviato 
straordinario e ministro plenipotenziario d’Italia, 
Roma. 

Salvadego conte Francesco, Padova. 

Salvadori conte professor Tommaso, Regia Università, 
Torino. 

Salvatori comm. ing. Fedele, Piazza di Spagna, 26, 
Roma. 

Salviucci cav. Vincenzo, Via Nuova, 53, Roma. 

Samonini Angelo, 2, Rue des Feuillants, Marsiglia. 

Sampolo avv. cav. prof. Luigi, Palermo. 

Sandonnini Enrico, Via Faloppia, 19, Modena. 

San Martino Raimondo, Duca di S. Stefano, Corso Ca- 
vour, 119, Messina. 

Sanseverino-Vimercati contessa Giulia, Palazzo Prefet- 
tura, Napoli. 

Sansoni comm. avv. Eugenio, Scali delle Farine, 2, 
Livorno. 

Santoni Licurgo, vice-direttore delle Poste Egiziane, As- 
siut (Egitto). 

Santoponte Goffredo, Livorno, 

Sardè Augusto, Direzione degli Omnibus, Firenze. 

Sartori-Florio Florindo, tenente 29° fanteria, Savona. 

Sauli marchese Francesco, senatore, Genova. 

Sauli marchesa Teresa, nata Littardi, Crosa del Diavolo, 


Genova. 

Savorgnan di Brazzà conte Lodovico, Via Umiltà, 86, 
Roma. 

Savorgnan di Brazzà conte Pietro, Via Umiltà, 86, 
Roma. 


Scalabrini prof. Angelo, Como. 

Scampicchio avv. Antonio, Albona (Istria). 

Scannavino Francesco, Montevideo (Uruguay). 

Scanzi cav. avv. Giuseppe, Monte Napoleone, 28, Mi- 
lano. 





3313 | Scarenzio comm. Pietro, Via Principe Amedeo, 56, 
Roma. 
3211 | Scarpa Guglielmo di G. B., Venezia. 
2083 Schiaparelli prof. Celestino, Accademia dei Lincei, Roma. 
456 | Schiaparelli comm. prof. Giovanni, Osservatorio di 
Brera, Milano. 
891 | Schiaparelli cav. prof. Luigi, Piazza Vittorio Ema- 
nuele, 18, Torino. 
950| 3136 Schwartze cav. Rodolfo, Livorno. 
2627 | *Schweinfurth Alessandro, Roma. 
395 Sciolla avv. Casimiro, Via della Vite, 7, Roma. 
2782 Scioldo Grato, editore, Corso Re Umberto, 6, Torino. 
2226 | Scoccini Giuseppe, Via del Tritone, 27, Roma. 
2787 | Scuola Militare di Modena. 


3203 Id. Reale di Commercio, Bari. 
1886 Id. Reale Superiore di Commercio, Palazzo Foscari, 
Venezia. 


2136 | Segato Girolamo, Belluno. 
3091 Segre cav. Davide, Incaricato d’affari d'Italia, Lima 
(Perù). 
960! 185 | Seismit-Doda (S. E.) comm. Federico, Ministro delle Fi- 
nanze, Via Nazionale, 204, Roma. 
2326 | Selvatico marchese Giovanni, Padova, 
2823 | Sempronio conte Luigi, Porto S. Giorgio (Ascoli Pi- 
ceno). 
3048 | Sensini Pietro, Istituto tecnico, Bologna. 
3158 Serafini Giuseppe, Via Cesarini, 11, Roma. 
2755 Serego Alighieri conte Dante, Venezia. 
3165 | Sergi prof. Giuseppe, Via Pastrengo, 1, Roma. 
3020 | Serra conte Carlo, Roma. 
3005 Serra Gio. Battista, Calle Constitucion, 17, Callao 
(Perù). 
Serra prof. Giulio, Istituto tecnico, Pesaro. 
970| 109g! Serragli cav. Luigi, console d'Italia, Ragusa (Dalmazia). 
832 Serravallo cav. Jacopo, Piazza del Sale, Trieste. 
1460 | *Serravallo dott. Vittorio, Piazza del Sale, Trieste. 
I711I Sessa Antonio, Via Renna, 21, Milano. 
2163 Sforza Cesarini duchessa Vittoria, nata Colonna, Via 
Banchi Vecchi, 118, Roma. 
3230 | Sidoli Giovanni, Via Belfiore, 4, Reggio Emilia. 
3385 Silvestrelli cav. Giulio, Roma. 
659 Silvestri ing. Girolamo, Corso Venezia, 16, Milano. 
Simondetti avv. cav. Melchiorre, console d’ Italia, Mar- 
siglia (Francia). 
2411 | Sinigaglia Angelo, Via Viminale, 8, Roma. 
*Sivori cav. Leopoldo, Montevideo (Uruguay). 





> 
da 
da 


980 


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00 


POI a —@ = efet — 


Num. 
di 
ordine 


890 


IO0O 


IOIO 


Num. 
di 
iscrizione 


3185 
2726 
2877 
2828 
2808 
2934 

375 
1970 


3367 

144 
1485 
1084 


2039 
170 
820 


1156 


2511 
2675 
3284 

943 


3160 
1132 
2311 

579 


2830 
IOIO 
3304 
3363 
1978 

230 
3212 


757 
3286 


2818 


3276 
2870 


2708 


| 


Società Alpina Friulana, Udine. 
Id. Ceramica Richard, Milano. 
Id. del Casino, Spoleto (Perugia). 
Id. del Gabinetto di lettura, Pesaro. 
Id. d’Incoraggiamento per l'Agricoltura, Padova. 
Id. Nazionale Italiana, Buenos Aires (Argentina). 
Sola conte Andrea, Corso Venezia, 32, Milano. 
Solanelli dott. cav. Gaetano, console d'Italia, 
lemme (Turchia d'Asia). 
Sollak Hans, capitano nel 58° fanteria, Kolomea (Austria). 
Sonnino bar. Sidney, Via Tre Cannelle, 1 A, Roma. 
Soranzo nob. Girolamo, Campo Ss. Apostoli, Venezia. 
Sormani-Andreani conte Lorenzo, Corso Porta Vittoria, 2, 
Milano. 
Sormani-Andreani conte Pietro id. id. 
Sormani-Moretti conte comm. Luigi, senatore, Venezia. 
Sormani- Verri contessa Carolina, Corso Porta Vittoria, 2, 
Milano. 
Spagnolini cav. avv. Giuseppe, console generale d'Italia, 
Corso Vittorio Emanuele, 29, Livorno. 
Spallanzani ing. Angelo, Reggio Emilia. 
Spalletti conte Venceslao, senatore, Reggio Emilia. 
Spaventa comm. avv. Silvio, deputato, Roma. 
*Speluzzi cav. dott. Bernardino, Via Agostino Depre- 
tis, 86, Roma. 
Speranza avv. Giuseppe, Grottammare. 
Spicacci prof. Vincenzo, Largo Carita a Toledo, Napoli. 
*Spigno Alessandro, Piazza Campetto, Genova. 
Spinola marchese comm. Federico Costanzo, inviato stra- 
ordinario e ministro plenipotenziario d’ Italia all’ Aja. 
Spinola marchese Ippolito, Roma. 
*Stagni Giovanni, Alessandria (Egitto). 
Stampa Umberto, Roma. 
Statella conte Enrico, Siracusa. 
Steele dott. cav. P. Giacomo, Corso, 504, Roma. 
Stefanini cav. dott. Enrico, Smirne (Turchia d'Asia). 
Sterpone comm. Alfredo, maggior generale, comandante 
territoriale d'artiglieria, Torino. 
Stibbert Federico, S. Reparata, 77, Firenze. 
Stich ing. Tommaso, Roma. 


Gerusa- 


, *Stoppani. Onorio, Buenos Aires (Argentina). 


Stradelli conte Ermanno, Piacenza. 

Straulino cav. Giovanni, Biblioteca comunale di Tol- 
mezzo (Udine). 

Stringher, comm. Bonaldo, Ministero delle Finanze, Dire- 
zione Generale delle Gabelle, Roma. 





2783 


2925 
1020} 3345 


695 
2889 
39043 
2628 


2673 


1913 
585 


3251 
2033 
1030| 2343 


2022 


2322 

705 
2526 
1197 
2161 


3080 
3028 
2686 


1040| 1688 
2188 


1779 


2187 
2553 


3208 
1185 


1182 


3362 
3169 | 
1050) 3036 


so 43 = 


Tacchini prof. comm. Pietro, direttore dell'Ufficio Cen- 
trale di Meteorologia, Roma. 

Taddencci cav. Pietro, Via Volturno, 48, Roma. 

Taffini d’Acceglio march. Luigi, ten. generale, comand. 
la Divisione militare, Genova. 

Taglierini dott. Giuseppe, Breno (Brescia). 

Tamaro dott. Domenico, Isola d’ Istria. 

Tamaro dott. Marco, Parenzo (Istria). 

Tamburini ing. Francesco, Buenos Aires (Argentina). 

Tanlongo Giacomo, negoziante, Via Nazionale, 327, 
Roma. 

Tanzi Palmiro, S. Pietro all’Orto, 18, Milano. 

Taverna cav. conte Rinaldo, Monte Giordano, Palazzo 
Gabrielli, Roma. 

Tedeschi dott. Enrico, presso S. di V. Tedeschi, Trieste. 

Tedesco Moisè, Corso Umberto, 3, Livorno. 

Teixeira de Mattos cav. Giuseppe, console de’ Paesi 
Bassi, Venezia. 


*Telfener conte ing. Giuseppe, Villa Ada, fuori Porta Sa- 


lara, Roma. 
Tellini Emilio, Udine. 


*Temple-Leader Giovanni, Piazza Pitti, 14, Firenze. 


Tenerani cav. ing. Carlo, Via Nazionale, 354, Roma. 

Tesi avv. cav. Giulio, vice console, Pistoja. 

Todaro comm. prof. Agostino, senatore, Orto Botanico, 
Palermo. 

Todesco Elio, Viale Principe Amedeo, Firenze. 

Todesco Vittorio, Venezia. 

Tomacelli Giustiniano Capece duca della Torre, Santa 
Caterina a Chiaja, 19, Napoli. 

Tommasi-Crudeli comm. prof. Corrado, Via Balbo, Roma. 

Torlonia Clemente, Via Torino, 64, Roma. 

Torlonia duca Leopoldo, Via Bocca di Leone, 78, 
Roma. 

Torlonia don Stanislao id. id. 

Tornaghi Angelo, George Street, 312, Sydney (Au- 
stralia). 

Torre cav. Mario E,. colonnello di artiglieria..... 

Torrigiani march. Pietro, senatore, Piazza de’ Mozzi, 6, 
Firenze. 

Toscanelli Vittorina, nata Altoviti, Borgo degli Albizzi, 
Firenze. 

Tosi dott. Alessandro, Rimini. 

Traverso Giacomo, Calle Plateus San Agostin, 2, Lima. 

Trefogli Riccardo, Calle Salta, 511, Buenos Aires (Ar- 
gentina). 


Nam. Num. —44—- 


2494 Treves Angelo, Via Nuova, 13, Genova. 
2562 | Trevisani prof. marchese Cesare, preside del R. Liceo, 
Fermo (Ascoli Piceno). 
1947 Tuminello cav. Ludovico, Via Condotti, 21, Roma. 
2516 | Turchi dott. Ferdinando, medico primario, Ancona. 
1885 Ufficio Scientifico dell'Arsenale, Venezia. 
569 Ulisse Barbolani comm. conte Raffaele, Inviato Straor- 
dinario e Ministro Plenipotenziario d'Italia, Palena 
(Chieti). 
1467 | Ungarelli prof. Luigi, Bologna. 
3139 Ungher Jupiter, P. O. Box, 1096, Sidney N. S. W. (Au- 
stralia). 
154 | Uzielli prof. Gustavo, Via Goito, 3, Torino. 
1060| 2795 | Valcavi Pietro, Buenos Aires (Argentina). 
1993 Valenziani prof. avv. Carlo, Via dei Burrò, 151, Roma. 
3301 Vallardi Cecilio, Corso Magenta, 48, Milano. 
1631 | *Vallenzuela dott. Teodoro, presso Raffaele Garcia, Cité 
Rougemont, 6, Parigi. 
2938 | Valsecchi Giuseppe, ingegnere navale, Arsenale, Ve- 
nezia. 
3132 | *Vanini ing. Oreste, Cremona. 
2583 | Vanossi ing. cav. Giuseppe, Chiavenna (Sondrio). 
1983 Vanzetti ing. cav. Augusto, Vescovado, Padova. 
2157 Varagnolo prof. Alessandro, S. Felice, 3716, Venezia. 
3210 Vedovelli cav. Carlo, Cremona. 
1070| 3271 Velez Gioacchino F., generale, Inviato straordinario e 
Ministro plenipotenziario presso la S. Sede, Roma. 
2817 | *Venerosi-Pesciolini conte Pietro, Via de’ Rustici, 9, Fi- 
renze. 
1408 | Venino nob. don Giulio, Borgo Nuovo, 20, Milano. 
2510 Verga comm. Carlo, senatore, Vercelli (Novara). 
3174 | Verson prof. Enrico, Padova. 
781 | Vianello Leopoldo, Trieste. 
2699 | *Vidi ing. Domenico, industriale, Napoli. . 
2846 | Vieusseux cav. Eugenio, Via Tornabuoni, palazzo Fer- 
roni, Firenze. 
2840 | Viezzoli prof. Francesco, Istituto tecnico, Parma. 
3189 Vigliardi cav. Carlo, Via Garibaldi, 23, Torino. 
1080] 1399 Vignolo Angelo, Via Nazionale, 102, Roma. 
386 Vigoni nob. Giulio, capitano, Via Fate-bene-fratelli, 21, 
Milano. 
1290 | Vigoni nob. ing. cav. Giuseppe, Via Fate-bene-fratelli, 21, 
Milano. 
156 Villa-Pernice Angelo, Via Cusani, 13, Milano. 
956 | Villari prof. comm. Pasquale, Borgo Pinti, 93, Firenze. 
3309 | Vinciguerra dott. Decio, Via Viminale, 38, Roma. 








Nom. Num. — 45 — 


ordine | iscrizione 


2273 | Viola Carlo, capitano, Società di Navigazione Gen. Ita- 
liana, Tunisi. 
2086 |*Viola conte Giovanni Battista, Campo S. Stefano, 2951, 
Venezia. 
3218 | Virili dei conti di Farfa dott. Pietro, Via Crociferi, 25, 
Roma. 
2374 | Visconti cav. Felice, Via Cavallini, lett. D, p. 3°, Roma. 
1090| 157 | Visconti-Venosta march. comm. Emilio, senatore, Via 
Monforte, 35, Milano. 
965 | Vitto avv. Enrico, console d’Italia, Aleppo (Siria). 
3359 | Vivante cav. Fortunato, Trieste. 
2715 | Volpicelli cav. Vincenzo, Port'Alba, 20, Napoli. 
2434 | Wagnère Federico, Piazza Capranica, 78, Roma. 
3081 | Walther Maurizio, ditta E. Loescher e C., Roma. 
450 | Weill-Schott Cimone, Via S. Andrea, 6, Milano. 
3141 | Weill-Schott Gustavo, Via Monforte, 44, Milano. 
2957 | Zanetti Eugenio, Vigevano (Puvia). 
1121 | *Zannini conte Alessandro, Inviato straordinario, Ministro 
plenipotenziario d’ Italia, Stoccolma (Svezia). 
xI1Io) 543 | Zerboni avv. cav. Francesco, console d’Italia, Beirut 
(Turchia d’ Asia). 
875 | *Zucchi-Pecoroni avv. Francesco, Corso Venezia, 13, 
Milano. 


Ultimi inscritt:. 


3387 Visconti Venosta Cesare, Camera di Commercio Italiana, 
Buenos- Aires. 

3388 Colombo Viscardi Michele, Via Genova, 30, Roma. 

3389 Sinimberghi Augusto, Via Condotti, 64 a 66, Roma. 

3390 Ricchieri conte Giuseppe, prof. nel R. Istituto tecnico, 
Milano. 





I. — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL ConsicLio DIRETTIVO. 


(Estratto dei processi verbali). 


Seduta del 5 dicembre 1889. — Presenti il presidente, march. Wobii:- 
Vitelleschi, il vice-presidente Ma/vano, i consiglieri Cardon, Cavalieri, 
Cerruti, Gatta, Lupacchiol e il segretario generale. Invitato dal presidente, 
interviene pure il socio d'onore, conte Pietro Antonelli. 

Si partecipa la corrispondenza avuta col sig. D. Cocorda, intorno ad 
una sua proposta di esplorazione nell’ Africa Australe; e coi signori Costi, 
Baudi di Vesme e Hiesterz, intorno ad una esplorazione a S. dell’ Harar. 
In vista di altri progetti di viaggio, di cui presentemente si occupa la 
Società, si delibera di non poter accogliere per il momento le nuove 
proposte. 

Essendo recata dai giornali la notizia che gli esploratori Stanley, 
Emin Pascià e Casati giunsero alla costa del Zanzibar, e che il Casati 
particolarmente si trova in grandi bisogni, il Consiglio delibera di spe- 
dire oggi stesso il seguente telegramma: 

« Consolato Italiano, Zanzibar. — Società Geografica Italiana saluta 
« e felicita il reduce capitano Casati, pregando di mettervi in nostro 
« nome a sua disposizione per ogni sua occorrenza. — Vitelleschi »- 

È approvato che sia spedito al prof. Balzan, nel Paraguay, un sup- 
plemento di provviste di lastre fotografiche e un istrumento che egli 
richiese per i suoi studf. 

Il socio cav. Rubbiani, benemerito rappresentante della Società in 
Bologna, insiste nella rinunzia a quest’ ufficio, già altre volte presentata, 
e propone in sua sostituzione il socio dott. Giulio Melotti. Il Consiglio, 
dolente della rinuncia, accetta la proposta sostituzione. 

Sono annunciate le ultime lettere ricevute dal dott. Ragazzi, con 
con cui dà notizie sulla prossima incoronazione del Re Menilek; e la 
partenza, da Roma per Assab, del dott. cav. Traversi. 

Sono presentati i ringraziamenti del signor L. Fea per la sua nomina 
a membro corrispondente, e sono inscritti come nuovi socî il nobile 
sig. Andrea Da Mosto, Roma, e il Circolo Filologico di Milano (prop. 
Cardon e Dalla Vedova). 

Seduta del 20 dicembre 1889. — Presenti il presidente, march. Wodili- - 
Vitelleschi, i consiglieri Allievi, Cardon, Cavalieri, Gatta, Grazioli, Hiffer, 


— 48 — 
Lupacchioli, Martinori, Pigorini, Porena, Poszolini, Salvatori ed il segre- 
tario generale. Interviene pure il membro d'onore, prof. E. H. Giglioli. 
In conformità all’ articolo provvisorio dello Statuto Sociale, appro- 
vato il 5 febbrajo 1888, si procede al sorteggio di un vice-presidente 
e di cinque consiglieri, in vista delle elezioni da indirsi nel prossimo 
gennajo. Sono estratti i nomi del vice-presidente Ma/vano, e dei con- 
siglieri Bodio, Cerruti, Grazioli, Hiffer e Cavalieri. 

È data lettura del bilancio preventivo per l’anno 1890, che si 
pareggia in attivo e passivo con lire 86,462. 46. Dopo alcune spiega- 
zioni domandate dai consiglieri e fornite dalla presidenza sui vari capitoli, 
il bilancio è approvato. 

È partecipato il dono, fatto alla Società dal sig. Luigi Zan di Ve- 
nezia, di una .lettera autografa del celebre geografo Adriano Balbi, 
un’ altra del figlio del medesimo, prof. Eugenio Balbi, un ritratto in 
fotografia, epigrafi e scritti commemorativi riguardanti l'illustre scrit- 
tore. Il Consiglio delibera un ringraziamento all’ egregio donatore. 

Sono presentati i ringraziamenti dei sig. Conti Statella e Da Mosto, 
del sig. E. Balbis e del Circolo Bernini di Roma per la loro iscrizione 
tra i Socî; del Gabinetto di Geologia dell’ Università di Roma per il 
dono ad esso fatto dalla Società di alcuni minerali brasiliani. 

Nei soliti modi sono inscritti i nuovi soci Chigi (dei principi) 
don Agostino, Roma (prop. Nobili-Vitelleschi e Antonelli); di San 
- Giuliano marchese Antonio, Catania (Hiiffer e Pozzolini). 

Sono pervenuti alla Società i seguenti doni: 

Lettera autografa di Adriano Balbi al figlio Eugenio, da ‘Vienna, 
29 gennajo 1848. — Lettera autografa del prof. Eugenio Balbi al cu- 
gino Luigi Zan, da Pavia, 8 settembre 1881. — Ritratto fotografico di 
Adriano Balbi, tratto da antica incisione in Berlino. — Fotografia di 
copia d'una medaglia del Morghen, incisa a Parigi nel 1842, in onore 
di Adriano Balbi. — Fotografia della lapide commemorativa collocata 
dal Municipio di Venezia sulla facciata della casa, ove morì A. Balbi, 
in Campo San Polo. — Della vita e delle opere di Adriano Balbi: 
commentario. Venezia tip. dell’Immacolata, 1881. Op. di pag. 27 in 12° 
(doni del sig. Luigi Zan). 

Fazio Lorenzo: Memoria descriptiva de la provincia de Santiago del. 
Estero. Buenos Aires, comp. Sudamericana, 1889. Vol. di pag. 638 in 
4° con fotolitografie e carte (dono dell’ Istituto geografico argentino). 

Annual Report of the Commissioner of labor; 1886, 1887, 1888. 
Washington, tip. del governo, 1887-1889. Vol. 4 di pag. 496-612-1172- 
631 (doni del Ministero dei lavori pubblici degli Stati Uniti). 

Conder major C. R.: Palestine. Londra, G. Philip et J., 1889. Vol. di 
pag. 270 con 7 carte ed illustrazioni nel testo (dono degli editori). 

Massaja card. G.: I miei trentacinque anni di missione nell'Alta 
Etiopia. Volume settimo. Roma, tip. Poliglotta di P. F., 1889. Vol. di pa- 
gine 227 in 4° con illustrazioni nel-testo (dono continuato per disposizione 
- tra’ vivi di S. E. l’autore), 

Savio prof. E.: Delle imagini nelle descrizioni storico-geografiche > 








" eta. Ege. 


wevi note. Milano, tip. Bernardoni, 1889. Op. di pag 44 in 12° (dono 
del comm. L. Bodio). 

Meinecke G.: Koloniales Jahrbuch: das Jahr 1889. Berlino, C. Hey- 
mann, 1890. Vol. di pag. 312 con 7 carte (dono dell'autore). 

Direzione Generale della Statistica: Emigrazione italiana dal 1° gen- 
najo al 30 settembre 1889 ecc.. Roma, Gazzetta Ufficiale, 1889. Foglio 
estratto (dono del Ministero d’ agricoltura, industria e commercio). 

Marinelli G.: La Terra: trattato popolare di Geografia universale. 
Disp. 205-206, 207-208, 209-210. Milano, F. Vallardi, 1889. Fasc. 3 
di pag. 32 ciascuno (dono dell'editore). . 

Robecchi-Bricchetti L.: Viaggio all’Oasi di Giove Annone. Milano, Tre- 
ves, 1890. Vol. di pag. 374 in 4° con 164 incisioni e grande carta geo- 
grafica (dono dell’ autore). 

Busin prof. P.: Le temperature in Italia; studio. Torino, tip. Ar- 
tigianelli, 1889. Op. di pag. 18 a 2 colonne (dono dell’ autore). 

Rossi Egisto: La istruzione pubblica negli Stati Uniti. Roma, Si- 
nimberghi, 1889. Vol. di pag. 144 in 8° grande (dono dell'autore). 

Mc Coy Fred.: Prodromus of the Zoology of Victoria. Decade XVIII. 
Melbourne, Brain, 1889. Fasc. di pag. 36 con tavole (dono della So- 
cietà Reale di Vittoria). 

Academie des Sciences de Cracovie: Comptes Rendus d’octobre et 
novembre. Cracovia, tip. dell’ Università, 1889. Fasc. 2 di pag. 33, 28 
(dono dell’Accademia delle Scienze di Cracovia). 

Afartelli Ugolino: Rivista monografica del genere « Androsace » in 
rapporto alle specie italiane. Firenze, Ricci, 1890. Op. di pag. 38. — 
Sulla « Taphrina deformans » nota preliminare. Firenze, Boll. Società 
Botanica, 1889. Foglio di pag. 3 (doni dell'autore). 

Lumholtz Carl: Au pays des cannibales: voyage d’exploration ecc.. 
Traduzione dal norvegese. Parigi, Hachette e C., 1890. Vol. di pag. 498 
con 2 carte e 154 incisioni (dono dell' autore). 

Ufficio centrale meteorologico e geodinamico italiano: Annali. Vol. III, 
parti 1%, 2° e 3°. Roma, Metastasio e Bontempelli, 1889. Vol. 3 di 
pag. XI-243, 374, 125. — Annuario meteorologico italiano 1898. To- 
rino, Loescher, 1890 (doni della Direzione dell’ Ufficio meteorologico cen- 


. trale). 


Pantanelli D.: Note geologiche sullo Scioa. Firenze, Società To- 
scana di Scienze naturali, 1889. Foglio pag. 4. 

Pollonera Carlo: Molluschi dello Scioa e della Valle dell’ Hauash. 
Pisa, Società Malacologica italiana, 1888. Op. di pag. 40 (doni del sig. 
D. Pantanelli). > 

Medina J. T.: Ensayo acerca de una Mapoteca chilena ecc.. San- 
tiago del Chile, Ercilla, 1889. Vol. di pag. 254 (dono del sig. V. Gormaz). 

Hommel dr. prof. fr.: Eduard Glasers historische Ergebnisse aus 
seinen stidarabischen Inschriften. Monaco di Baviera, Cotta, 1889. Op. di 
pag. 12 (dono dell’ autore). 

Santa Ana Nery ed altri: Le Bresil. Parigi, Delagrave, 1889. Vo- 
lume di pag. 699 con grande carta cromolitografica, tavole, carte, ecc. 
(dono del sig. Manoel Maria de Carvalho). 


— 50 — 

Brusseli G.; «Le Hejasdan >» ecc. N. 5-6. Londra, Associazione Ar- 
mena, 1889. Foglio di pag. ro con carta (dono della Direzione). 

Tacchini prof. P.: Calendario dell’ Osservatorio Astronomico e del- 
l'Ufficio centrale meteorologico del Collegio Romano. Anno XI-1890. 
Roma, Botta, 1889. Op. di pag. 63 (dono dell’autore-direttore). 

Cruls L. ed altri: Revista do Observatorio: outubro e novembro 
de 1889. Rio Janeiro, Lambaerts, 1889. Op. di pag. 16 (dono della 
Direzione dell' Osservatorio astronomico e meteorologico di Rio Janeiro). 

Ghisleri prof. A,: Testo-Atlante di geografia storica generale e d'Italia 
in particolare. Medio-Evo. Disp. II. Bergamo, Fr. Cattaneo, 1889-90. 
Vol. di 43 tavole ecc. (dono degli editori). 

Reale Accademia Lucchese di Scienze, lettere ed arti: Atti. Tomo XXV. 
Lucca, Giusti, 1889. Vol. di pag. LI-485 (dono della R. Accademia 
di Lucca). 

Modigliani ing. dott. Z.: Un viaggio a Nias. Milano, Treves, 1890. 
Vol. di pag. XVI-726 in 8° grande, con 195 incisioni, 26 tavole e 4 
carte (dono dell’ autore). 

Martinez Al, B.: Boletin mensual de Estadistica municipal, octu- 
bre 1889. Buenos Aires, Comp. Sudamericana, 1889 (dono del Municipio 
di Buenos Aires). 

Guidi prof. /.: Grammatica elementare della lingua amarigna, Roma, 
Accademia de’ Lincei, 1889. Op. di pag. 63 (dono dell'autore). 

— « Districto de Lourenco Marques » periodico, N. 49. Lorenzo 
Marques, 16 novembre 1889. Foglio (dono della Direzione). 

Kreidel W.: Untersuchungen iber den Verlauf der Flusswellen in 
den Ozeanen. Francoforte, Reitz e Koehler, 1889. Op. di pag. 44 (dono 
dell’ Università di Kiel). 

— The Post Office Guide. Vol. di pag. 292 in 16° (dono del cav. 
G. Weitzecker). 

Carroll D. Wright: A report on mariage and divorce in the United 
States, 1867-1886 ecc. Washington, tip. del Governo, 1889. Vol. di pa- 
gine 1074 (dono del Ministero de'lavori pubblici degli Stati Uniti del- 
l'America Settentrionale). 

Relazioni sul Rendiconto e bilancio ecc. della Navigazione Gene 
rale Italiana 1888-89. Roma, Bontempelli, 1889. Op. di pag. 30 (dono 
della Società Florio-Rubattino). 

Moris von Déchy: Itinerary of a Tour in the Central Caucasus. 
Londra, Alpine Journal, 1884. Fasc. di pag. y. — Le Massif du Kin- 
chinjunga, ecc.. Parigi, Club Alpin Frangais, 1881. Op, di pag. 6. = 
La Svanetie libre, ecc. Budapest, Fanda, 1886. Op. di pag. 20 con 
carta. — The first Ascent of Adai Choch. Londra, Spottiswoode e C., 
1886. Op. di pag. #8 (con carta e tavole). — Zur Geschichte der Er- 
steigungen des Elbrus. Salisburgo, Pustat, 1886. Op. di pag. 15. — 
Das Massiv des Adai-Choch im zentralen Kausasus. Gotha, Perthes, 1889. 
Op. di pag. 25 con carta. — Neuere Forschungen und Bergreisen 1m 
kaukasischen Hochgebirge. Vienna, Unione dei Club alpini tedesco ed au- 
striaco, 1889. Op. di pag. 12. —- Mittheilungen tiber Bergreisen im Kaukasus, 

1884-1887. Vienna, Holzhausen, 1889. Op. di pag. 19 (doni dell’ autore). 


— La Question du Zaire. Lisbona, Rodrigues, 1883. Op. di pa- 
gine 30. — L'incident anglo-portugais: motion votée ecc.. Lisbona, tip. 
portog., 1889. Copie 2, di pag. 5. — Importation abusive en Afrique ecc. 
Lisbona, tip. portog., 1889. Op. di pag. ro. Copie 2. — O Lubuco: 
algumas observagoes ecc. (in portoghese e inglese). Lisbona, tip. na- 
zionale, 1889. Vol. di pag. 116. — Notes chronologiques sur les An- 
ciennes Missions Catholiques au Zambése, Lisbona, tip. franco-port., 1889. 
Op. di pag. 76. — Mémoire sur l’abolition de l’esclavage ecc. Lisbona, 
Min. della Marina, 1889. Op. di pag. 98. — Politica portugueza na 
Africa ecc.. Lisbona, tip. nazionale, 1889. Op. di pag. 32. — Os Por- 
tuguezes na regiao do Nyassa. Lisbona, tip. nazionale, 1889. Op. di 
pag. 42 (doni della Società Geografica di Lisbona). 

Borelli J. : Divisions, subdivisions, langues et races des régions Am- 
hara, Oromo et Sidama: communication ecc. Parigi, Quantin, 1889. Op. 
di pag. 68 (dono dell’ autore). 

Divisione Industria e Commercio: Bollettino di notizie sul credito, ecc. 
VII-10. Roma, Botta, 1889 (dono del Ministero d’ agricoltura, industria 
e commercio). 


B. — ADUNANZE DELLA SOCIETÀ. 
Conferenza del giorno 15 dicembre 1889. 


Rizsetto cav. R.: Alessandrina Tinne, viaggiatrice africana. 


Presiede il consigliere Cerruti, il quale con opportune parole pre- 
senta al mumeroso uditorio il conferenziere, che già altre volte ebbe a 
parlare innanzi ai soci. A destra del banco della presidenza sono spie- 
gate due grandi carte dell’ Africa, sulle quali il cav. Rizzetto indica, di 
mano in mano che se ne presenta l'occasione, le regioni esplorate dalla 
celebre viaggiatrice olandese. Egli parla dei primi anni e dei primi 
viaggi della Tinne, degli esploratori che ebbe talvolta a compagni, e 
di tutti i particolari, diligentemente raccolti, sulle vicende. incontrate 
dalla medesima fino alla ribellione della sua scorta e all’ assassinio, di 
cui essa e il suo servo furono vittime. 

La conferenza, che in seguito sarà pubblicata nel BOLLETTINO, fu 
vivamente applaudita. 


I. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — IL PERÒD E LA SCIENZA ITALIANA. 


Lettera del barone Crisrororo NEGRI, Presidente fondatore 
della Società Geografica Italiana, al giornale « La Riforma » (1). 


« Il signor duca Giuseppe Canevaro, Ministro della Repubblica 
del Perù in Italia, mi ha testè diretto, con lettera da Parigi, il signor 
ingegnere Edoardo Habich, delegato del Perù a quel Congresso delle 
strade ferrate. 

« Questo signore, già a me noto da molti anni, e generalmente 
stimato, è direttore della Scuola degli ingegneri (costruzioni e miniere) 
a Lima, ove ha già eseguito assai importanti lavori, che vennero rime- 
ritati da più Governi. Ora ha intrapreso un viaggio di studio delle 
industrie che sono o sarebbero più confacenti al Perù, suscettive di 
vasto sviluppo e di ricchezza, a vantaggio di quel paese e dell’ emigrazione. 

« L'ingegnere Habich era accompagnato dal nostro caro amico, 
ingegnere Agudio, che deve avviarsi con lui al Perù per l'applicazione, 
desiderata, del suo sistema funiculare. Colà grandi linee di ferrovie già 
sono in pieno esercizio, e fu raggiunto l’ altopiano che separa il Perù 
occidentale dall’ orientale, ma finora non fu eseguita la discesa dai ter- 
ritorî versanti al Pacifico a quelli che raggiungono |’ Amazzoni ed i 
tanti affluenti del Rio. 

« Sarà per gli ingegneri peruviani ed italiani una gloria il porre 
in comunicazione i paesi dei due fianchi delle Cordigliere, ed immenso 
il beneficio economico che ne risulterà. A ciò tendono le mire del Go- 
verno peruviano; e da quanto già fece, abbiamo argomento a porre fiducia 
nell’ esito dell’ immensa intrapresa. 

« È un adagio, che fu ben applicato in più casi, che non tutto if 
male viene per nuocere: il Perù ha sofferto nella scorsa guerra grandi 
sventure, ma esso ha scosso la indolenza, che sembrava generata dalla 
facile ricchezza del commercio del guano. 


(1) Vedi Ze Riforma del 19 dicembre 1889. 


« Scematasi, ma non ancora esausta questa ricchezza, il Perù ha 
confidato, e ben poteva, e può confidare, nelle infinite risorse che offrono 
l'agricoltura e la montanistica e la quantità de’ fiumi suoi, se possibile 
diventa di stringere in amplesso fra loro le due parti di un paese, che 
furono considerate totalmente estranee ad ogni possibilità di contatto. 

e Per tale ferrovia il Governo del Perù calcola pure sulla emigra- 
zione italiana, ingente ed opportuna in quella zona elevata, che la fer- 
rovia discensiva percorrerebbe nella maggior parte della sua lunghezza. 

« Il Governo peruviano, per animare l' intrapresa, offre ai costruttori 
per ogni chilometro di percorrenza una fascia di terreno larga 6,000 ettari. 

« A ben conoscere dove sia meglio il condurre i lavori, già si 
fecero per molti anni studi diligenti da persone d’ alto merito scienti- 
fico. — Fra questi studi basti accennare a quelli eseguiti dal nostro 
connazionale Raimondi, che gli acquistarono fama ed onori da tutti i 
Corpi scientifici d' Inghilterra, del mondo, e che venne anche dalla 
nostra Società Geografica italiana insignito della medaglia d’ oro. 

« Egli vive a Lima, dove ricevette da quel Governo attestazioni 
ripetute di lodi, e fu provveduto d'uno speciale Museo. 

« Saranno però necessari sempre nuovi studi; e così da Raimondi, 
come.da Habich e da altri, si possono attendere fatti non inferiori ai più 
mobili, che si fecero in ogni parte d' Europa e del Nord-America; ma 
le forze materiali e l'ampio concorso di mezzi sono tuttavia impari a 
tanta impresa. 

« Venne però a nostra cognizione che il sentimento del progresso 
ha invaso adesso il Perù: due Società si formarono e si strinsero per 
I’ azione unitaria ed un perseverante pensiero. Esse sono: la nuova 
Società Geografica, e la Società Transandina di Lima. 

« A queste Società si ascrissero le persone più illustri e più dovi- 
ziose, e mercè lo spirito del progresso e |’ amore della patria, il sorgere 
a grandi destini dell’ America meridionale è vicino e sicuro. 

« Saluto dunque di gran cuore, a nome mio e della Società Geo- 
grafica italiana, |’ avvenire di questo paese interessantissimo. Noi lo 
amiamo già da vari: decenni, noi stimiamo questo slancio di patriottismo, 
ed auguriamo alle due Società sorelle un’ epoca luminosa di gloria. È 
l'aurora per |’ America meridionale: ne prevediamo il meriggio, come 
come già lo vediamo nel Settentrione. 

« Possano i nostri voti esser coronati dal successo; e giorno verrà 
che dalle sofferte disgrazie nascerà pel Perù la potenza del merita >. 


B. — ITINERARIO IN ETIOPIA (1885) 


del dott. CESARE NERAZZINI, medico di 1° classe nella R. Marina 


Continuazione (1). 


BELES-BacaRA. — Chilometri 18. Ore di marcia 4. 


La strada più comoda e più comunemente percorsa dalle carovane 
che da Beles si recano a Gondar, è quella che traversando tutta la re- 
gione dello Scirè, ricca di abbondanti prodotti agricoli, soprattutto di ac- 
qua e di pascoli, quindi facile al mantenimento delle bestie da soma, 
sfugge alle asprezze montagnose che da quella parte coronano la valle 
del Tacazzè, e poggiando più verso O., cerca il guado di quel fiume 
in luogo più pianeggiante ed aperto. Il paese è molto ricco di vegeta- 
zione naturale e di coltivazioni agricole: tutto quivi spira un maggior 
benessere di quello che non sia nelle altre regioni dell' Abissinia, e la 
natura stessa sembra più atteggiata a un carattere di eterna primavera. 
Tale sorridente apparenza fece scrivere al viaggiatore Bruce, che la cam- 
pagna in quei luoghi ha un’aria di gajezza e di vita superiore a tutto 
quello che fino allora aveva veduto; ed il Poncet, con maggiore esage- 
razione di linguaggio e d’impressionabilita, paragonava quei luoghi alle 
più belle e ricche parti della Provenza. È un fatto che la facilità colla 
quale i Re di Etiopia possono tenere riuniti per lungo tempo nume- 
rosi eserciti nei territort di Adua e di Axum, regioni di per sè non 
molto produttive, dipende dalla vicinanza dei ricchi mercati che si tro- 
vano nella provincia dello Scirè. 

Ma noi non potemmo proseguire per la strada comune e godere 
di quei vantaggi, giacchè a poche miglia più avanti di Beles un capo, 
ribelle all'autorità dell'Imperatore, si era dato alla campagna, e sac- 
cheggiando e bruciando villaggi e svaligiando le carovane, che percor- 
revano quella regione, rendeva il paese mal sicuro per la vita e per le so- 
stanze. Fummo perciò costretti a prendere difficilissimi sentieri per giun- 
gere al passo del Tacazzè, in regione molto lontana dal più comune 
luogo di guado, per poi riprendere la strada carovaniera in Adercai, co- 
steggiando il lato N.-E. della Catena del Semien, e traversando tutto 
quel paese selvaggio e diffitile, che prende il nome di Tselemt. 

Partiti da Beles la mattina del 7 aprile 1885, prendemmo a seguire 
in cresta uno dei contrafforti, che scendono al Tacazzè, regione ove non 
può dirsi che esistano veramente delle strade, ma piuttosto ardui sen- 


(1) Vedi BoLLETTINO dicembre 1889, pag. 968. 


tieri, che seguendo per la massima parte il letto di torrenti tagliati quasi 
sempre fra strettissime gole, si rendono al basso ed hanno pressoché 
tutti il medesimo carattere topografico. 

Il paese, veduto in massa e dal punto più elevato, si presenta come 
un piano leggermente ondulato, con declivio da N. a S.: l'orizzonté che 
chiude la nostra prospettiva dal lato di mezzogiorno, ossia nella dire- 
zione della nostra rotta, era formato dai più alti picchi delle montagne 
del Semien, che già cominciavano a delinearsi nella loro speciale con- 
formazione. Le prime ore di marcia non offrono difficoltà; la strada se- 
gue l'andamento naturale di quelle ondulazioni, fra collinette e valli 
molto aperte: anzi il paese per il primo tratto non perde il carattere 
di vivacità primaverile che sopra ho accennato, è ravvivato dal verde 
e dall’ olezzo di grossi e frequenti arbusti di gelsomino, e in molti punti 
da piccoli boschetti di palme e di aranci selvatici, che tolgono col loro. 
verde perpetuo la monotona uniformità delle terre incolte: le acque es- 
sendo al principio del loro decorso verso il fiume, non si riuniscono 
ancora in grossi e precipitosi torrenti, che si rendono difficili al guado, 
specialmente in alcune epoche dell’anno, scavando il loro letto in pro- 
fonde fenditure, fatte dall’ azione violenta delle acque; ma si riuniscono 
invece in piccoli corsi a fondo sassoso, che trovammo in quell’ epoca 
per la massima parte asciutti. Si arriva così a un'ampia valle, percorsa 
da un torrente, sulla cui sponda sinistra sorge un piccolo villaggio su 
di un’ altura, chiamato Bacarà. Questo villaggio, che non è segnato in al- 
cuna delle carte di Etiopia esistenti, resta a poche miglia dal paese di 
Iavandaro, fissato geodeticamente nei piani del d’ Abbadie e indicato 
anche nella Carta di Abissinia e coste adiacenti alla scala di 1: 1,750,000, 
riprodotta dalla corrispondente dell’ Ufficio d’informazioni britannico, per 
cura del nostro Istituto Geografico militare. Ponemmo il campo nel basso 
della vallata per la maggiore vicinanza ad un corso d’acqua e per es- 
sere nel mezzo di copiosissimi pascoli, che per lungo tratto coprono 
tutta la valle. 

Da Beles a Bacarà impiegammo 4 ore di marcia non faticosa, per- 
correndo circa 18 chilometri di strada. 


BacarÀ-TocoLti. — Chilometri 17. Ore di marcia 4 '|,. 


Proseguendo la via verso Mezzogiorno, si abbandona subito la pia- 
nura, per guadagnare con facile salita di oltre un'ora il livello di un 
altopiano, dove facemmo un piccolo alto presso un villaggio, che per 
quanto non ne ricordi il nome, deve essere il villaggio di Dabracavi, 


segnato nel piano del d' Abbadie. Da questo punto la via diventa un dif- 
ficilissimo e tortuoso sentiero, che scende per una strettissima gola e va 
a guadagnare il letto di un torrente, il quale per la secolare azione 
corrosiva delle sue acque corre in una profonda spaccatura. 

Il luogo è aspro e selvaggio, coperto di vegetazione boschiva 
per la massima parte formata da intralciatissimi arbusti di spine: tra i 
fianchi di quelle gole si trovano dei piccoli villaggi o meglio dei miseri 
gruppi di capanne, ricovero di poca gente, dedita per la massima parte 
alla pastorizia. Tutta la popolazione di quelle vicinanze, temendo gli 
assalti e le rapine di quel capo ribelle, che scorrazzava nei dintorni di 
Beles, si era raccolta in armi per difendere il passo di quelle difficili 
gole: e tenendosi in un'imboscata al nostro passaggio, per uno strano 
equivoco e per avere in nostra compagnia molta gente armata condotta 
da un Barambaras, cui la sorella dell'Imperatore, residente in Beles, ci 
aveva affidati fino al passo del Tacazzè, suppose che la nostra scorta 
fosse un’ avanguardia del ribelle, e poco mancò che non aprisse il fuoco 
contro di noi, che marciavamo con sufficiente imbarazzo dentro uno 
stretto deflé ed eravamo perciò in difficilissime condizioni di difesa. La 
marcia dentro quella gola durò per circa 3 ore; poi il paese si fa più 
facile, perchè il torrente si apre la via in una valle molto ampia, ricca 
di vegetazione boschiva, e sopratutto di pascoli buoni ed abbondanti. 
Tutto il vasto dominio visuale, che si aveva nelle prime ore di marcia 
dopo Beles, era perduto, essendo oramai discesi molto al basso, in luoghi 
non troppo salubri, ragione forse della scarsità di abitanti che trovam- 
mo in quella zona: solo dal lato del Semien qualche picco di maggior 
altezza si levava nel circolo estremo del nostro limitato orizzonte. 

Dopo circa 4 ore e mezzo di marcia arrivammo al villaggio di 
Tocolé, che così sentii chiamare da tutti gli abitanti del luogo che ci 
accompagnavano, e che in tal modo chiama anche il d’Abbadie nella 
sua Carta d'Etiopia; e non Tecla, come sta scritto nella Carta, ram- 
mentata, dell'Istituto Geografico militare. La distanza effettiva da noi 
percorsa non superava i 17 chilometri. 


TocoLtg-Tacazzt. — Chilometri 16. Ore di marcia 5. 


.La strada continua per poco tratto, presso l'asse della lunga e aperta 
valle di Tocolé; poi, lasciando il fiume e la valle a sinistra, sale sul 
contrafforte di diritta e s'impegna per una salita lunga sì, ma non dif- 
ficile per il transito di una carovana, Il paese però è molto più nudo 
e selvaggio, e tutto fa vedere la deficienza della mano coltivatrice del- 











l'uomo;. anche l'acqua comincia a farsi molto. scarsa e i pascoli sono 
rari ed insufficienti. 

Dopo oltre un'ora di salita si trova uno dei soliti miserissimi vil- 
laggi, che pur troppo riflette la povertà del paese circostante; Seguitando 
ancora a salire, e abbastanza dolcemente, la strada continua sul dorso 
di una montagna, che scende con dolce e uniforme inclinazione verso il 
Tacazzé. Tutta la catena delle montagne del Semien comincia a pararsi 
dinanzi agli occhi, ed essendo già al medesimo livello dei primi gradini 
di quella catena, sembra di dovervi giungere in breve tempo e con la 
massima facilità; ma però tutt’ ad un tratto sparisce la gradita illusione, 
quando, procedendo avanti, si apre improvvisamente il grande abisso, sul 
cui fondo scorre il Tacazzé. 

La natura dei luoghi cambia immediatamente; tutto si fa orrido 
e selvaggio; non si trovano più casolari e capanne, nè altra qualsiasi 
apparenza di luogo abitato. Solo di quando in quando si incontra qualche 
piccolo casotto, piantato molto alto fra i rami degli alberi, a cui si accede per 
una scala o per i branchi dell’ albero stesso, riparo che si fabbricano 
ì pastori e i viandanti per fermarsi specialmente la notte e porsi al 
sicuro dalle insidie dei molti animali felini che abitano quelle regioni. 
La causa di tale abbandono, dovuta in parte alla natura deserta del 
luogo e alla poca salubrità dei terreni bagnati dal fiume, trova anche 
il suo coefficiente nell’ essere quello un territorio di confine fra le regioni 
del Tigrè e dell’ Amara, continuamente devastato e saccheggiato per 
lunghe e sanguinose guerre, che da secoli hanno desolato quella pro- 
vincia, specialmente quando il Tigrè e l’ Amara erano regni indipen- 
denti e antagonisti fra loro. La discesa da quelle alture, fino al letto 
del fiume, può dirsi a precipizio: è quasi una lunga e tortuosa scaglio- 
nata che s impegna di roccia in roccia, immensamente più difficile di 
quello che non sia la discesa di Guda-Guddi, descritta nell’ itinerario da 
Moncullo a Beles. Fortunatamente il terreno non è nudo, perchè sopra 
un imbasamento, per la massima parte trachitico e basaltico, vi è tanta 
terra fertile da dar vita ad alberi fitti di alto fusto, vegetandovi lo stesso 
baobab, che è l'albero più colossale dell’ Abissinia. L’ ultima parte 
di questa discesa, per la cui totalità impiegammo un'ora e mezza di 
tempo, è una vera originalità geologica. Sembra di affacciarsi a un 
altissimo terrazzo, dalla cui sommità si scorge il letto serpiginoso del 
Tacazzè, scavato come in una grande spaccatura, d’ onde si vedono a 
scala microscopica gli uomini e gli animali che sono giù nel basso del 
fiume. Qualunque voce, qualunque rumore è ripercosso potentemente 
dagli echi di quei dirupi, e l'impressione che se ne riceve è tanto 


straordinaria e imponente, che poche ne ho avute paragonabili a quella, 
pur potendo dire che in altri miei lunghi e precedenti viaggi abbia 
avuto largo campo di poter ammirare tanti e imponenti spettacoli della 
natura. — I muli della carovana generalmente scendono tutti scarichi 
del loro peso, giacché debbono saltare di roccia in roccia, e se carichi, 
sono sostenuti da uomini che li tengono e li ajutano, prendendoli per 
il morso o impedendo loro di cadere, per la spinta che dà loro il carico, 


tirandoli per la coda. Passammo il Tacazzè il 9 aprile; nel punto del 


nostro guado 1’ acqua saliva solo sopra il ginocchio dei muli, correva 
Nmpida e con poco impeto, lasciando più della metà del letto del fiume 
a secco e passando sopra un letto sassoso, coperto di minuta ghiaja, 
qua e là interrotta da grossi macigni, travolti dalla rapida corrente nel- 
I’ epoca delle piene. Le sponde essendo quasi del tutto a picco, dovemmo 
porre il campo nello stesso letto del fiume nel luogo più aperto e più 
elevato che ci fu concesso di trovare. 

La strada percorsa taglia il Tacazzè in un punto situato un poco 
più a O. del luogo detto Mai-Garambai, o solo Garambai nelle carte 
moderne, che io ho interesse di rammentare per riferirmi a una Sta- 
zione geodetica nota, onde rendere meglio intelligibile la rotta tenuta 
nel mio itinerario, il quale da Beles al Tacazzè percorre una zona di 
paese molto più a O. dell'itinerario seguito dal d’Abbadie e più ad E. 
di quello percorso dal Parkyns, dal Lefebvre, e dal Lejean. Lungo il 
letto del fiume, che io esplorai per qualche miglio, rimontandolo e poi 
discendendolo oltre il punto guadato, trovai per tutto uniformità di carat- 
tere topografico: il fiume serpeggia sempre dentro una profonda spac- 
catura con pareti di montagne tagliate a picco: anzi questo carattere 
speciale lo trovai ancora più saliente, come dirò in seguito, nel mio 
viaggio di ritorno, nel quale ebbi occasione di costeggiare il fiume per più 
lungo tratto. 

L'altezza normale delle acque, che in quest'epoca dell’ anno st 
mantiene a un livello oscillante fra un mezzo metro ed un metro, è 
interrotta da profondi serbatoi o laghetti, creati certamente dai po- 
tenti vortici della corrente, nell' epoca delle piene e nei luoghi dove 
il terreno limaccioso e sabbioso può essere eroso dalla forza della 
corrente. ° 

Queste vaste piscine sono il rifugio, durante le calde ore del giorno, 
di un numero grandissimo di coccodrilli e d’ippopotami, i quali di 
sovente con la loro enorme testa vengono a respirare alla superficie 
delle acque, oppure emergono per istintiva curiosità quando certi spe- 
ciali ululati, che fanno gl’ indigeni a bella posta per dar loro la caccia; 


rompono I’ eterno silenzio di quelle solitudini. Appena giuntala notte, 
gl’ ippopotami abbandonano questi fondi melmosi e freschi del fiume, 
per pascolar avidamente tra i folti canneti o fra le alte erbe che cre- 
scono lungo le rive, lasciando in certi punti profonde traccie dei loro 
piedi, che si affondano per il peso del corpo in quelle fanghiglie. Gli 
indigeni studiano accuratamente i passaggi più soliti e più prossimi al 
punto d’.onde essi escono dalle acque, giacchè quivi 1’ orme sono più 
evidenti, per tendere degli agguati e scavar dei trabocchetti, dando così 
una facile caccia a questi enormi mammiferi, dei quali sono ricercatis- 
simi i denti ed il cuojo. 

Lungo tutto il corso del Tacazzè, almeno per quel tratto che passa 
traverso |’ Etiopia e prima di entrare nelle aperte valli del Sudan, la 
temperatura durante il giorno è elevatissima e soffocante, come pure 
l'aria è da tutti ritenuta come perniciosa e malsana, tanto è vero che 
difficilmente le carovane indigene, per tradizionale esperienza, fanno il 
loro campo sul letto del fiume. Anche l’acqua è probabile che con 
facilità possa trasmettere delle infezioni, per sostanze vegetali in putre- 
fazione che tiene disciolte, come si verifica per un altro fiume etiopico 
che circoscrive a S. lo Scioa, voglio dire per il Fiume Hauash, le cui 
acque sono ritenute molto pericolose a beversi, specialmente in alcune 
epoche dell’ anno. 

Del resto queste tradizionali notizie sul Tacazzè, per quanto possano 
essere anco esagerate, sì confermano e si ripetono da anni per non dire 
da secoli, sia dagli indigeni, sia dai viaggiatori europei; ed anche James 
Bruce, che ha lasciato un prezioso e voluminoso ricordo dei suoi viaggi 
in Abissinia dal 1768 al 1773, dedicando un capitolo speciale al Ta- 
cazzè, così si esprime in un punto della sua opera: « Per quanto bello 
« e delizioso sia il Tacazzè, esso ha, come tutte le altre cose create, i 
« suoi inconvenienti: da dopo il mese di marzo fino al novembre, nei 
quali mesi cadono le piogge, è pericolosissimo |’ addormentarsi sulle 
sue sponde. Tutti. gli abitanti, che non sono che dei ladri e degli 
assassini, si ritirano nei villaggi di montagna, d' onde pur non ostante 
discendono per saccheggiare i viaggiatori, malgrado le pene, ecc. ecc.. 
Il pesce che abbonda nel Tacazzè, vi attira una grande quantità di 
coccodrilli; e questi animali sono così audaci e così voraci, che 
quando il fiume alza un poco, non si può passare che sopra zattere 
e con delle pelli ripiene d’aria: le persone che si azzardano al nuoto 
sono ordinariamente divorate. Vi è pure una grande quantita d' ippo- 
potami, chiamati in paese gomari: noi non li vedemmo, ma nella 
notte li sentimmo ronfiare e muggire in più luoghi del fiume. Mentre 


f f A A A A AA A a A 


— 60 — 
« questi. mostri ne popolano l’ acqua, i leoni e le. jene riempiono i 
«. boschi: noi passammo le notti col timore di quegli animali, perchè 
« l'odore dei nostri cavalli e dei muli ne attirava un gran numero 
« vicino alle nostre tende. » 

Il Tacazzé in certe epoche dell’ anno, cioè dal luglio al settembre, 
in cui le sue acque vorticose si alzano molti metri dal livello ordinario, 
trascinando seco alberi intieri e frammenti di roccia, che precipitano 
dalle montagne, è una barriera insormontabile che divide il Tigrè dal- 
l’ Amara. 

Con tuttociò le condizioni politiche interne dell’ Abissinia sono 
state sempre tali, che nessun Imperatore ha mai concepito l’idea della 
costruzione di un ponte, benchè durante il periodo dell’ occupazione 
portoghese se ne fossero su. altri fiumi costruiti alcuni, dei quali ne 
rimangono tuttora le traccie. Ma ogni vantaggio commerciale e qua- 
lunque idea di benessere sociale è rimasto sempre subordinato al quesito 
strategico della difesa, perlochè nessuno ha mai voluto neutralizzare 
I’ influenza di quelle solide barriere, che la natura ha offerto a quel 
paese, come fortezze incrollabili e durature, per le quali l’ Abissinia 
sente la propria forza e la più valida garanzia contro rapidi movimenti 
di eserciti nemici. 

Generalmente le gonfie acque del fiume sospendono ogni comuni- 
cazione fra il Tigrè e l' Amara dalla fine di luglio alla fine di set- 
tembre: qualche. ardimentosa carovana o qualche corriere, costretto 
dalla necessità, tenta il passaggio del Tacazzè, anche durante l’ epoca 
delle piene, e gettandosi coraggiosamente a nuoto in un punto dove 
la corrente sia meno violenta, q per mezzo di una zattera. Le zattere 
sono costruite là per là, ma molto solidamente, e sono rese ancora 
più galleggianti da pelli di bue, conciate alla maniera del paese, rigonfie 
d’aria e fissate nella periferia. La zattera viene raccomandata a una 
robusta corda, che un abile nuotatore fa passare prima all'altra sponda 
del fiume: ma tale pericolosa maniera di passaggio può solo sperimen- 
tarsi eccezionalmente e diviene molto rara: un corpo di truppe non lo 
tenterebbe mai, se non a rischio di rimanere decimato. 


TACazzE-MICARA. — Chilometri 23. Ore di marcia §. 


Abbandonato il letto del Tacazzé, la strada s’ impegna subito nelle 
sovrastanti alture per montare sull'altopiano del Semien, seguendo il 
dorso di una catena di monti, i quali però non sono dirupati e difficili 
come nella discesa; perciò la salita resta proporzionatamente più co- 
moda per una carovana. Il terreno. seguita ad esser coperto di folte 


— 6I — 

erbe e di grossi alberi, ma si mantiene sempre disabitato e deserto. 
Appena montati di qualche centinajo di metri dal livello del fiume, 1’o- 
rizzonte, come è naturale, si fa più aperto e tutto il panorama del 
Semien si svolge nella sua grandezza. Per quanto si guadagna di livello 
montando, altrettanto il paese si fa più arido e più povero di erbe e 
di pascoli. Quello che soprattutto fa difetto è l’acqua, e benchè molte- 
plici sieno i torrenti che per i fianchi della montagna scendono al 
fiume, questi durante sei mesi dell’anno sono completamente asciutti ; 
nè si ha lungo la via indizio alcuno di sorgenti naturali e perpetue, 
come generalmente sì trovano dopo avere guadagnato la maggiore al- 
tezza dell’altopiano. Dopo tre ore circa di marcia, sempre in salita, tro- 
vammo un piccolo villaggio, e nei dintorni di quello vedemmo dei campi 
arati e coltivati per la massima parte a frumento. A questo punto l’a- 
scensione vera può dirsi terminata, e mentre la strada va pure gradua- 
tamente salendo, ciò si fa per una maggiore alternativa di piani e di 
colline, seguendo la strada le ampie ondulazioni del terreno. 

Restano come unica prospettiva le grandi alture del Semien, delle 
quali alcune si levano al cielo, mantenendo la forma conica e a punta 
come le montagne di Adua, ma molte invece sono foggiate a veri mu- 
raglioni, irti e ripidissimi, ai quali mal si comprende per qual lato sia 
permesso di accedere. Queste alte barriere sono nude e brulle, sono 
veri bastioni rocciosi, dai quali l’azione delle acque ha strappato il ri- 
vestimento di terra sciolta, e quindi ogni sorta di vegetazione vi è im- 
possibile, rimanendovi solo l'ossatura rocciosa a fondo granitico e ba- 
saltico. Questa ossatura si mantiene più facilmente nelle sue forme acute 
e di bastioni irti e dirupati, come se fossero muraglie artificiali, giac- 
chè manca in queste zone alpine l’azione disgregatrice. dei ghiacci 
eterni e dei geli, che nei nostri sistemi orografici rompono molto po- 
tentemente le forme primitive, dando alle montagne un più largo im- 
basamento ; e l'azione vivace delle acque torrenziali serve soltanto a 
portar via in veemenza il rivestimento terrestre, ma non vale o almeno 
vale poco a disgregare le masse. Forse tale è la ragione geologica di 
questa specialissima e originale formazione che hanno le montagne del 
Semien: la mancanza cioè di nevi e di ghiacciai perpetui. Alcuni viag- 
giatori sostengono di aver veduto la neve nelle maggiori altezze, altri 
negano in modo assoluto, e sono i più, la presenza di questo fenomeno 
meteorico. Quanto a me debbo dire che nel mese di aprile, nel viaggio 
di andata, costeggiando il Semien da N. a S.-O. fino all’ altissimo 
passaggio di Lamaîmon e-molto vicino al eeritro della catena mon- 
tagnosa, non ho mai ‘veduto tn tal fenomeno; nel viaggio di ritorno 





— 62 — 
invece, agli ultimi di maggio, dall'accampamento di Fenaroa dominando 
tutto il fronte E. e S.-E. della suddetta catena, vidi benissimo uno 
dei più alti picchi coperto di bianco; ma ignoro se fosse per l'effetto 
di neve propriamente delta o per una forte tempesta di grandine, che 
molto di frequente cade in Abissinia. 

La strada dopo una serie di ondulazioni, come di sopra ho accen- 
nato, comincia nuovamente a salire per guadagnare l'altezza di un vasto 
‘e pittoresco altopiano, nel cui fondo si drizzano i primi bastioni del 
Semien; e il luogo dove mettemmo il campo si chiama Micara. 

Essendovi in vicinanza un villaggio, trovammo il terreno alquanto 
coltivato e vedemmo pure errare degli armenti, giacchè ai piedi di 
quegli altissimi monti si trova qualche sorgente d'acqua. Dopo una fa- 
ticosa marcia di oltre 5 ore, in distanza effettiva percorremmo poco 
più di 20 chilometri, giacchè per montare all’altopiano dal fondo del 
letto del Tacazzè si serpeggia molto sul dorso dei monti; e la distanza 
effettiva percorsa da un punto a un altro risulta minore del cam- 
mino fatto. 


Micara-Taccari, Chilometri 7. Ore di marcia 3. 


Per l’ascensione dell’altopiano, dal nostro accampamento sul fiume 
fino a Micara, dovemmo impiegare gli uomini per il trasporto dei no- 
stri oggetti di carovana e del bagaglio, onde guadagnar tempo e ri- 
sparmiar le bestie da soma per il resto del viaggio. Questo sistema di 
trasporto a spalla di uomo è molto usitato in Abissinia, in vista delle 
difficoltà stradali e soprattutto della deficienza di viveri e di foraggio, 
giacchè in molti luoghi diventa un imbarazzo gravissimo per una caro- 
vana il trovar acqua e il mantenere un numero rilevante di animali 
da soma. E ciò basterebbe di per sè solo a dimostrare quanti e diffi 
cilissimi problemi logistici si presentano al muovere e al fare avanzare 
in quel paese, alpestre grossi reparti di truppe, specialmente se equipag- 
giate alla maniera europea, e quanto un simile stato di cose, che pure 
offre gravi difficoltà alla mobilitazione dell'esercito indigeno, sia per un 
esercito invasore un serio ostacolo alla libertà dei propri movimenti e 
alla rapida esecuzione di problemi strategici. 

I viaggiatori europei, specialmente rivestendo una forma ufficiale o 
come ambasciatori, o come scienziati che studiano il paese con permesso 
del Negus e dei Capi, dovrebbero con facilità requisire fra gli abitanti 
‘un numero considerevole di portatori indigeni, giacchè gli ordini dei 
Re sono perentori e ogni distretto è obbligato a fornire gente da tra- 
sporto ‘e viveri per le carovane europee, andando questa maniera di 


— 63 =< 

servizio a seconda degli annuali tributi, che Ja gente di quel distretto 
è costretta a pagare ai Ras e ai Capi. Ma ciò generalmente non ac- 
cade, e tutti i viaggiatori concordano nel narrare la poca ubbidienza 
delle popolazioni nell’eseguire tali ordini e i ritardi eongiderevoli che 
si hanno nei viaggi per difetto di portatori e per lungaggine nei tra- 
sporti e per seri imbarazzi, che si hanno da parziali ribellioni di gente 
che si oppone © resiste agli ordini reali. È certissimo che reclamando 
al Re contro quella gente e quei Capi, che in qualsiasi modo hanno 
fatto ostacolo al rapido procedere del viaggio, si finirebbe col vedere 
una esemplare punizione dei eolpevolij ma ciò non porta rimedio al 
cuno al tempo perduto e alle difficoltà già superate, perlochè è molto 
raro che recriminazioni di questo genere giungano per parte degli Ey- 
repei fino al Re. Del resto questi fatti, se in parte trovano ja loro ra 
gione di essere nella miseria delle popolazioni e nella istintiva rilat: 
tanza a disfarsi delle cose proprie per darle in mano altrui, in parte 
e forse maggiormente dipendono dalla poca onestà dei capi dei soldati, 
che scortano le carovane e che sono incaricati di far rispettare gli or- 
dini del Re. Generalmente i soldati prendono dal Capo del villaggio 
uo compenso per prestarsi a ordire una menzogna e persuadere i viag- 
giatori che per requisire la gente da carico bisognerebbe attendere 3 
O 4 giorni, essendo i paesani impiegati in lontani lavori; che poi i 
viveri di tributo non si possono ottenere se non in minima parte di 
quelli che furono ordinati, perchè i raccolti di quel paese sono stati 
distrutti, o perchè un'epidemia ha ucciso quasi tutto il bestiame: fa- 
cando così largo uso di simili artifiziose invenzioni. La miglior cosa 
viaggiando, e volendo viaggiare bene e presto, è di fare poco assegna- 
mento su questa apparente munificenza reale, facendo invece spargere 
la notizia che buone regalie e danari compensano la premura della 
gente, che viene con sollecitudine a portare quanto i Capi e lo stesso 
Re ordinano di offrire alla carovana. Allora questa cortese prodigalità 
e munificenza di quei tali viaggiatori europei vola prestissimo sulle ali 
della fama, per i racconti dei servi e della gente già beneficata, e così 
il pessaggio della carovana non è più considerato come un disastro 
dalle popolazioni dei paesi che si traversano. 

Noi non potemmo partire da Micara levando il campo, come di 
solito, ai primi albori; ma dovemmo attendere fino alle ore pomeri- 
diane l'arrivo dei contadini di quel distretto, che al Tacazzè avevano 
avuto in consegna tutto il nostro bagaglio. 

Il luogo dell’accampamento era dei più incantevoli per la vastità 
dell'orizzonte e per la mitezza del clima, anche nelle più calde ore della 





— 64 — 
giornata, e si godeva tutto il benessere fisico che si manifesta respirando 
il puro ambiente che si ottiene a tali altezze. Si pud dire che il trac- 
ciato del viaggio nostro da Micara fino al Passo di Lamalmon abbia 
seguito l’andamento di una grande curva, che avendo per centro il 
gruppo più elevato della Catena del Semien, ne toccava ad uguale 
distanza la periferia, scavalcando i numerosi contrafforti e i profondi 
avvallamenti, che s'irradiano da quelle montagne verso la grande vallata 
del Tacazzé e di Ualdebba. 

Il territorio da noi percorso è chiamato provincia di Tselemt, men- 
tre il nome di Semien si dà più specialmente al versantè S.-E. della 
catena omonima. Dopo tre ore di marcia si atriva a un accampamento 
in‘ luogo detto Taccari, situato in un piano inclinato, dove avevamo per 
spalliera uno dei bastioni più elevati di quella catena montuosa, che 
sorgeva quasi perpendicolarmente dietro di noi, come un frammento 
diroccato di una grande muraglia. La roccia era nuda e brulla e non 
tanto meravigliava per la forma quanto per il secolare equilibrio che 
pure aveva saputo mantenere, mentre a vederla sarebbe sembrato che 
la più piccola oscillazione terrestre dovesse bastare a crollarla dalle sue 
basi. La distanza da noi percorsa, benchè il terreno fosse quasi tutto 
pianeggiante, fu di poche miglia, dovendo prima di notte porre il campo 
e riorganizzare il carico della carovana 


Taccari-Socorà. — Chilometri 12. Ore di marcia 4 e '/;. 


Il paese attraversato e quello che seguitiamo a percorrere fino a 
Debevaquar (Debevahar, Debevar), è forse il più deserto e selvaggio, dopo 
la regione di Belesa, fra tutti gli altri che ho trovati in Abissinia. Si può 
dire che, dopo abbandonato lo Scirè, non si trova più un vero centro di 
popolazione, ed anche quei piccoli gruppi di capanne, che ogni tanto 
traversando il Tigré rompevano la solitudine della campagna, in questa 
zona di paese fanno assolutamente difetto. Si direbbe che siamo in un 
deserto, se tratto tratto la presenza dell’uomo non si annunziasse con 
qualche piccolo fweué, costruito fra le incrociature dei rami dei più ele- 
vati e grossi alberi, piccolo, ma sicuro riparo dei pastori, che temono 
nella notte l'assalto di bestie feroci. 

Tanta solitudine e tanto difetto di vita, in sì vasti tratti di Abis- 
sinia, mi hanno più volte indotto a fare a me stesso ripetuti quesiti sulla 
popolazione etiopica, e dico francamente che ogni qual volta leggo nelle 
geografie e nei racconti dei viaggiatori le cifre a cui fanno ascendere la 
popolazione totale del regno abissino, mi sento istintivamente portato a 
decimarle. Fra le molte opinioni emesse mi sembra che il Reclus sia 


— 65 — . 

il geografo che maggiormente si attiene al vero, giacché mentre assegna 
due milioni circa a tutta l’ Abissinia ed un milione e mezzo allo Scioa, 
paragonando la popolazione ai chilometri quadrati, quotizza |’ Abissinia 
a io abitanti per chilometro, assegnandone invece 37 per lo Scioa. Io 
eredo che in mancanza di dati più certi e positivi, convenga non ec- 
cedere i numeri ammessi da questo autore, tenendosi sempre più razio- 
nalmente al meno che al più. 

Subito dopo aver lasciato il luogo detto Taccari, la strada, costretta 
a valicare un dorso montagnoso, s'impegna prima in una forte salita, 
alla quale precede immediatamente una fortissima discesa, ambedue assai 
difficili per il passaggio delle carovane. 

La temperatura assai mite e quasi primaverile permette di viag- 
giare in questa regione anche nelle alte ore del giorno, senza che i 
forti calori affraliscano le forze degli uomini e degli animali, perchè anche 
nel fondo delle gole e nelle più strette valli non si sente quella penosa 
oppressione, come in massimo grado si prova viaggiando durante le ore 
meridiane nel fondo del Tacazzé. 

Dopo questa forte accidentalità di terreno la via corre per molto 
tratto proprio alla base di una grande montagna, tantochè subito dopo 
il passaggio del sole al meridiano, si rimane gradevolmente ombreggiati: 
l'orizzonte va mano mano restringendosi, perchè chiuso da ogni lato 
dalle circostanti montagne, e il paese prende quel solito aspetto di va- 
ghissimo anfiteatro. Dopo circa 4 ore e mezzo di marcia si accampa 
sulle sponde di un ruscello con acqua fresca e corrente, a rive erbose, in 
luogo detto Socotà: grossi alberi ricoprono ed ombreggiano le sponde 
del fiume, il quale traversa un terreno pianeggiante con molte praterie, 
disseminato di zone acquitrinose, tutto coperto di abbondanti pascoli; 
e per tali condizioni topografiche trovammo, come di solito, riunita in 
questo luogo qualche mandra di bovi, che veniva qui a pascolare dai 
lontani villaggi, chiusi fra qualche gola delle montagne. In questi ac- 
campamenti godevamo di una tranquillità perfetta, giacchè la scarsità e 
la lontananza dei villaggi era tale, che difficilmente venivano a noi per- 
sone del luogo, come di solito succede quando si accampa nelle vici- 
nanze di luoghi abitati; nelle quali circostanze, se da una parte sì ha 
il vantaggio di potersi rifornire di viveri e foraggi per il mantenimento 
della carovana, si ha pure l'inconveniente di visite frequenti. e spesso 
importune, e non è raro che nascano nojosi contrasti per l'avidità dei 
capi e per questioni fra gli abitanti e i soldati di scorta. Per quanto la 
nostra marcia fosse superiore a 4 ore, pure in vista delle accidentalità 
del terreno, non possiamo avere percorso un tratto maggiore di 12 chilometri. 


5 


— 66 —~ 
SocoTA-SEMIEN (contrafforte). — Chilometri 14. Ore di marcia 5. 


Appena abbandonato il letto del torrente, si entra in un grande 
altopiano, coperto di erbe folte ed elevate, per il quale sembra che la 
via debba proseguire uniformemente facile e piana: ma dopo 2 chilo- 
metri di marcia, un profondissimo abisso, rappresentato da un’enorme e 
dirupata spaccatura, rompe la continuità dell'altopiano, e la via è co- 
stretta a volgere bruscamente a levante, quasichè tornasse indietro, e si 
dirige di nuovo alla volta del gruppo del Semien. 

Questo conformazione del terreno è molto solita a verificarsi in 
Abissinia, di perfette pianure cioè ad un tratto dimezzate e interrotte 
per molti chilometri da una profonda e insuperabile spaccatura; per la 
qual cosa una distanza da un punto ad un altro, che si potrebbe per- 
correre in breve lasso di tempo, esige la perdita di molte ore e richiede 
un giro immenso per pater traversare lo spazio interrotto, che nei paesi 
nostri molto facilmente potrebbe essere superato da un semplice ponte 
o viadotto. 

Le mie scarse cognizioni geologiche e il nessun tempo avuto per 
studiare la natura del terreno, la sua maniera di stratificazione, e se vi 
sia o no continuità fra le roccie primitive, che ne formano l'imbasa- 
mento, non mi permettono di pronunziarmi se un tal fenomeno tellu- 
rico, abbastanza frequente, sia dovuto all’azione delle acque o piut- 
tosto a forti commovimenti terrestri per attività vulcanica, o all'una € 
all’ altra di queste cause riunite insieme. La profondità degli abissi, la 
regolarità dello spaccato, la sua grande estensione, e l'armonia comple 
mentare delle due linee di separazione, mi farebbero credere insufficiente 
l'azione sola delle acque, mentre tutta questa zona di paese ha con- 
trassegni evidenti di un’azione vulcanica, che in epoca geologica non 
remota si spiegò molto potentemente. Anzi lo stesso Semien si compone 
quasi per intero di roccie eruttive, trachiti, basalti, pietre pomici, tanto 
che rivela a grandi caratteri la sua natura vulcanica. 

Il nostro sentiero cambiò dunque assolutamente direzione, e rimon- 
tando da prima un lieve piano inclinato, che ha l'aspetto di una vera 
landa, dopo poco tratto entra serpeggiando fra gole strettissime di monti, 
dove ogni orizzonte è perduto. Dopo avere percorso così circa 4 miglia, 
si volge di nuovo bruscamente a dritta, lasciando alle spalle la parte 
più elevata della montagna, e seguendo il letto di un piccolo torrente 
corre per un terreno coperto da altissime e folte erbe che arrivano alla 
testa dei muli; e così si cammina per un certo tratto nascosti gli uni 
alla vista degli altri, come se fossimo fra le pampas americane. 


— 67 — 

Poi la strettissima gola si distende in più aperta vallata, fiancheg- 
giata da montagne, dove, per quanto può dilungarsi lo sguardo, non 
si vede mai nessun casolare. L’acqua corre fresca e limpida per il tor- 
rente e in alcuni punti fa delle graziose cascate. Finalmente dopo aver 
fatto due o tre miglia circa di un terreno molto accidentato e con fatica 
nostra e delle nostre bestie da soma, dovemmo mettere il campo in 
un luogo che in linea retta era ben poco lontano da quello che avevamo 
abbandonato al mattino, mentre effettivamente avevamo fatto oltre 
quattordici chilometri. 


SEMIEN-REGIONE DI Auza. —— (Chilometri 15. Ore di marcia 5 */,. 


Il territorio che dobbiamo percorrere si presenta maggiormente ac- 
cidentato e con caratteri spiccatamente selvaggi e deserti. La strada è 
un piccolo sentiero dove lentamente si sfila uno per uno, nè presenta 
tracce di frequenza di carovane; anzi durante tutto questo giorno di 
marcia non incontrammo mai alcuno e raramente vedemmo qualche 
armento in pastura. Anche in questo tratto, dovendo scavalcare un 
aspro dorso di montagna, siamo costretti ad una lunga e faticosa 
salita per poi scendere di nuovo quasi a precipizio e riguadagnare il 
livello primitivo. Dopo questo passaggio la strada si fa abbastanza pia- 
neggiante e, costeggiando da lontano altri picchi del Semien, comincia 
a lasciare a sinistra tutto l'ammasso di quel sistema montagnoso, tra- 
versando ogni tanto qualche corso d’acqua, che trovammo per la mas- 
sima parte a secco, ma che durante la stagione delle piogge deve ren- 
dere quella via difficilissima e malamente praticabile dalle carovane. 
Dopo cinque ore e mezzo di marcia traversiamo il letto di un fiume, 
il più grande di tutti quelli incontrati dal passaggio del Tacazzè, a fondo 
sassoso, con acqua che correva limpida e abbondante e di una tem- 
peratura veramente piacevole. Guadato il fiume, accampammo sull'altra 
sponda in un luogo abbastanza elevato, coperto di fitta vegetazione ; 
posizione piacevolissima ed originale per l’amenità che offre un corso 
d’acqua limpida e chiara, rumoreggiante perennemente nei gorghi silen- 
ziosi del fiume, in luoghi dove, per regola generale, l’acqua fa sempre 
difetto: posizione amena sopratutto per il panorama delle montagne, le 
quali per essere oramai più lontane si levavano all’orizzonte ad altezze 
svariate con tinte più azzurre e con profili più fantastici e originali, 
tanto fantastici che da un certo punto del campo scorgendosi una gu- 
glia che sorge al cielo nuda ed isolata, dava a noi un caro ricordo del 
paese nostro, somigliando perfettamente con gigantesca riproduzione alla 





— 68 — 

Torre degli Asinelli in Bologna. Non verificandosi nella vallata dr quel 
fiume i pericoli che per lunga dimora si potevano incontrare nel Ta- 
cazzè, potemmo sotto l'ombra di grossi sicomori bagnarci tranquillamente 
nelle sue acque, e dare lo stesso sollievo a tutte le bestie della nostra 
carovana, oramai abbastanza estenuate per la scarsità dei foraggi freschi 
e per le difficoltà della strada percorsa. Il paese di una qualche im- 
portanza, che unico poteva dirsi più vicino, ma che non si vedeva 
perchè situato più a S. in mezzo a quei gruppi di montagne, era 
quello di Auza, una volta città popolosa e di massima importanza stra- 
tegica, ora abitata da poca gente e comandata da un piccolo Capo 
(Scéum) che, venuto alla nostra tenda, voleva ad ogni costo dissuaderci 
dal proseguire per la strada di Adercai al Passo di Lamalmon, perchè 
tutta quella zona di paese era sterilizzata e immiserita dal passaggio 
delle truppe egiziane che si ritiravano dal Sudan e che per ordine del- 
l'Imperatore, scortate da numerosi soldati abissini, si dirigevano verso 
il Tigrè per essere accompagnate fino a Massaua. Il capo di Auza vo- 
leva persuaderci a tentare un difficilissimo passo per sormontare la vera 
catena del Semien e raggiungere poi quella strada che tenendosi tutta 
più verso oriente, riunisce l’Amara col Tigré, traversando il più alto 
della catena montagnosa, strada militare più volte percorsa dall’ [mpe- 
ratore medesimo : ma, nato il dubbio che un ribelle avesse distrutto un 
piccolo ponte in legno che riuniva le pareti di un enorme abisso e che, 
arrivati in mezzo a quei monti, privi di ogni risorsa e senza sufficienti 
provviste di viveri, ci trovassimo in grave imbarazzo per quel difficile 
passaggio, preferimmo di affrontare la carestia, che avremmo incontrata 
per due o tre giorni di marcia fino a Lamalmon, piuttostochè avven- 
turarci con maggiore perdita di tempo verso maggiori incertezze. 

I miseri avanzi del corpo di spedizione egiziano, scortati dall'esercito 
dell'Imperatore, che passò come un flagello in mezzo a quelle popolazioni, 
erano accampati a poche miglia da noi nel letto dello stesso fiume dove 
avevamo posto il nostro attendamento: e sentivamo nella notte (14 a- 
prile 1885) le loro grida e il suono monotomo e cadenzato dei loro 
tamburi e strumenti, coi quali probabilmente inneggiavano a un ritorno 
in patria tanto poco sperato fino allora. Intanto anche il Capo di Auza, 
col pretesto più o meno attendibile che per il passaggio degli Egiziani 
tutto era stato requisito dai soldati del Re, non concesse a noi, nep-. 
pure pagando, alcun rifornimento di viveri; e dovemmo così cominciare 
a sentir subito l’effetto della carestia, poco sensibile per noi che pote- 
vamo sempre trovar soccorso nella caccia abbondante, ma sensibilissima 
per i nostri muli, che per le fatiche sostenute e per quelle da doversi 


ancor sostenere, avevano bisogno più che dell’erba fresca dei prati, di 
buonissime biade. 


Auza-Mar TacLè. Chilometri 12. Ore di marcia g. 


Appena partiti dal nostro accampamento, abbandonando il letto 
del fiume che con una direzione prima a S.-E. e poscia a N.-O. 
corre per affluire al Tacazzè, dopo qualche chilometro di marcia en- 
trammo in una strada molto più ampia ed aperta, dove chiaramente si 
vedeva che con frequenza era percorsa da carovane. Il terreno alquanto 
ondulato era però molto facile e generalmente pianeggiante: la catena 
del Semien, oramai tutta sulla nostra sinistra, si faceva mano a mano 
più lontana, e già nell'estremo orizzonte dinanzi a noi si vedevano le 
cerulee vette del Passo di Lamalmon, con tutto il profilo dei monti che, 
quale prosecuzione del Semien, formano la catena degli Uogherà. Da 
per tutto fumavano gli avanzi di estesi fuochi serpeggianti per i con- 
trafforti di quelle montagne, artificialmente provocati dagli agricoltori 
che incenerendo tutta la vegetazione naturale, nei luoghi più rigogliosi, 
preparano così il terreno e lo rendono più atto alla cultura dei cereali. 
Questi fuochi, che per lunghe striscie s'intersecavano da ogni lato, fu- 
rono per diverse notti uno spettacolo nuovo che non mancava di ori- 
ginalità e di un vero effetto fantastico. Lungo la via incontravamo 
squadriglie di contadini, i quali, per ordine del Re, trasportavano di 
distretto in distretto i bagagli degli Fgiziani, e ogni tanto vedevamo 
abiti, o meglio logori stracci, dei soldati khediviali, i quali per essere 
più leggieri abbandonavano per la strada il superfluo, specialmente cal- 
zature all’europea, oramai non più adatte a sostenere la marcia. 

La strada, dopo un certo tratto, comincia a traversare un terreno 
assai più accidentato per salite e per discese, ma peraltro mantenendosi 
sempre aperta e ben battuta, non offre alcuna difficoltà. Il suolo è co- 
perto di vegetazione rigogliosa, che sempre va aumentando quanto più 
ci si avvicina a Mai-Taclè, ciò che produce un'ombra deliziosa e pia- 
cevole. Si traversano varî corsi d’acqua, torrenti tutti che scendono 
dalle montagne e che in questa parte non sono asciutti, ma solcati da 
vene di acqua limpida e perenne. 

Finalmente dopo un ultima salita si arriva in un piccolo ripiano, 
completamente ombreggiato da una vera foresta di palme, di aranci e 
timoni selvatici di altissimo fusto, con un limpido ruscello, ricchissimo 
di acqua, che scende in basso rumoreggiando di cascata in cascata. Il 
verde di un graziosissimo prato è coperto qua e là da piante di gel- 
somini in fiore, che riempiono l’aria di un grazioso profumo: tutto spira 





una soavità primaverile; e nessun accampamento può paragonarsi a questo 
di Mai Taclè per l'amenità del soggiorno. 

Il fiume scende da un’ alta montagna tutta coperta di fittissima 
vegetazione e, dopo avere traversato questo piccolo ripiano, precipita 
nella valle sottostante da una nuda roccia basaltica; drappelli di scimmie 
di grandi e di piccolissime dimensioni giuocano per quegli alberi, scen- 
dono e salgono dalle roccie della cascata per venire ad abbeverarsi nel 
fiume. L'acqua limpida e fresca, che corre perennemente per quelle 
roccie, è di una temperatura assai inferiore a quella dell'ambiente. Tutt 
i nostri servi impiegarono la giornata a lavare i loro indumenti, acqui- 
stando dalle genti del paese quelle radici di erbe che sono usate in 
Abissinia per lavare la biancheria. 

A tutela delle nostre bestie da soma fummo avvertiti dagli abitanti 
di accendere molti fuochi nella notte, giacchè quella regione è infestata 
da leopardi, e nella stessa notte precedente al nostro arrivo era stato 
divorato da quegli animali un bove, che si abbeverava alle acque del 
fiume. Lasciato il paese di Adercai abbastanza lontano alla nostra dritta, 
oltre alla metà del cammino percorso, non ci fu possibile di fornirci 
di cosa alcuna. Lo stesso governatore di Adercai non mandò al nostro 
campo nè viveri, nè foraggi, avendoci fatto sapere che marciava in com- 
pagnia degli Egiziani e che tutto aveva consumato per provvedere al 
mantenimento di quei soldati. Ricordo che il giorno stesso in cui not 
abbandonavamo il campo dell’ Imperatore, quel Capo, giunto ad Amba- 
ciarà, fu legato e punito severamente per non avere in nessun modo 
ajutato il nostro passaggio da Auza al Passo di Lamalmon: ma, come 
al solito, il tardo rimedio non fu per noi di alcun benefizio. 


Mar TACLÈ-ZAREMA. — Chilometri 20. Ore di marcia 6. 


Oltre Mai-Taclè la strada si fa molto difficile, malamente tracciata, 
aspra per salite e per discese, tantochè non potemmo compiere una 
lunghissima marcia, come avevamo progettato, fino ai piedi della catena 
di montagne che dovevamo valicare, e colà prenderci una giornata di 
riposo, per rinfrancare le nostre bestie da carico e avventurarci po? 
al difficilissimo Passo di Lamalmon. 

Il paese del resto è così deserto e tanto disabitato che, anche 
molto al largo, non si incontra alcun villaggio importante da poter trovar 
modo di rifornirsi almeno di biade, che per noi erano in quella cir- 
costanza l'elemento più interessante. Un poco per la natura dei luoghi, 
un poco perchè quelle regioni montagnose furono fino dai tempi piv 
remoti sempre ricettacolo di ribelli e di masnadieri, e delle più fiere 





— 71 — 

rapine e rappresaglie per parte degli Sciangalla, che furono popoli fieri 
e selvaggi, a confine con il paese di Ualdebba, anche oggi tali regioni 
si mantengono deserte e disabitate come lo erano un secolo prima, 
quando questa stessa regione fu percorsa dal Bruce, il quale in alcune 
zone, e soprattutto in questa, segui lo stesso mio itinerario e ne ricevè 
una eguale impressione. Rammenta egli di fatto, che dopo di aver passato 
il Tacazzè non aveva incontrato che campagne selvagge, condannate 
ad esserlo, è vero, per la loro natura, ma che lo erano maggiormente 
aliora per la guerra civile che le desolava. E lc guerre civili in quella 
regione e i sicuri rifugi contro |’ azione dei ribelli, non sono certamente 
cessati in Abissinia dai tempi del Bruce venendo ai nostri. 

La direzione delle gole e delle vallate essendo rotta perpendico- 
larmente dalla direzione della strada, che cerca di guadagnare il centro 
più elevato dei Monti degli Uogherà, ossia la continuazione della 
catena del Semien, fa sì che la strada stessa non può pianeggiare o 
salire dolcemente, seguendo l’asse di una valle o il corso di un fiume, 
ma deve di necessità scendere o salire per tagliare tutte le linee di 
displuvio, e scavalcare i dorsi della catena montagnosa. Di fatti la via 
dopo di avere traversato qualche letto di torrente, scende poi con 
difficoltà fino al guado del Fiume Inzo od Onzo, che nel territorio di 
Ualdebba si unisce al Zarema per sboccare poi nel Tacazzè. Il letto 
dell’ Inzo corre fra gole di monti con andamento molto tortuoso e tra- 
scina con le sue piene grossi macigni, tantochè in certi mesi dell’anno 
il suo guado deve essere pericolosissimo. Noi lo passammo quasi all’asciutto, 
avendo solo un filo di acqua appena corrente: ma per larghezza di 
letto è un fiume abbastanza importante. Le sue sponde sono coperte 
di alberi rigogliosi e di fresche erbe 

Passato |’ Inzo, la strada sale nuovamente per guadagnare un vasto 
altopiano che separa l’ Inzo dal Fiume Zarema, sul quale altopiano sorge 
un elevatissimo picco, che nudo e roccioso ha pareti quasi perpendi- 
colari, alla cui base passa la strada. 

La montagna resta verso il mezzo dell’ altopiano; ma avendo noi 
fatte varie ore di marcia per sentieri difficili e scabrosi, nè volendo 
essere sorpresi dal calare della notte in una strada mal tracciata e così 
poco sicura, dovemmo forzatamente fare il campo ai piedi di questa 
montagna dietro la cui cima il sole si era già nascosto, benchè fossimo 
appena alle tre ore dopo il mezzogiorno. È vero però che la parete 
del monte dal lato dove noi ci accampammo, era un vero muraglione 
a picco, per cui molto presto doveva projettare la sua ombra sopra di 
noi, che costeggiavamo il suo lato S.-E.. Resta difficilissimo per una 


— 72 — 
simile strada poter dare un esatto conto delle miglia percorse, giacchè 
mentre da un punto a un altro sopra una carta a piccola scala sembra 
di aver fatto pochissimo tratto, effettivamente poi il cammino vero è 
di gran lunga maggiore. 

In quel giorno non possiamo aver fatto meno di 20 chilometri 
di difficilissima strada in 6 ore di marcia. 

Appena fatto il campo, mandammo servi in ogni direzione per 
acquistare in qualche vicino villaggio quante biade ci fosse possibile 
per i nostri muli, onde il giorno appresso proseguire per Lamalmon: 
ma tutti ritornarono a mani vuote, ed uno solo che si spinse fino a 
Debevahar, non potè tornare la sera in vista della distanza e della diffi- 
coltà della strada, e lo trovammo l'indomani a mezzo cammino. 

In quella notte avemmo il solito spettacolo dei grandi incendi, 
che col loro chiarore rompevano le tenebre; e più che esser meravigliato 
dei fuochi, mi sorprendeva la grande estensione dei medesimi che illu- 
minavano fantasticamente tutte le valli sottostanti fino ai contrafforti 
degli Uoghera. 


ZAREMA-DEBEvAHAR. — Chilometri 15. Ore di marcia 7. 


Dall’ altopiano dove eravamo montati fino al letto del Fiume Zarema 
la discesa è lunga quasi un'ora, la strada è molto bene tracciata, girando 
a zig-zag per i dorsi del monte e mantenendosi sempre abbastanza 
agevole e piana. Il terreno è tutto coperto di boschi, salvo per qualche 
grande tratto o meglio per lunghe striscie dove tutto è stato bruciato, 
e dove solo rimangono le ceneri degl’ incendî. La vallata del Zarema 
è molto più aperta di quella dell’ Inzo, e nel punto dove noi scen- 
demmo, il fiume riceveva altri due affluenti, perlochè il letto era 
larghissimo: ma, anche a parte questa speciale circostanza, il Zarema 
è molto più grosso dell’ Inzo. Si può dire che, dopo il Tacazzè, sia 
il corso d'acqua più importante che abbiamo trovato in questo tratto 
di paese. La valle era chiusa a mezzogiorno dai Monti di Lamalmon, 
dai: piedi dei quali ci separava un buon tratto di paese appena appena 
ondulato, e tutto coperto di terreni o coltivati o atti alla coltura. 

Lungo le sponde del fiume vedemmo molti campi coltivati e anche 
al momento del nostro passaggio trovammo dei contadini, i quali aravano 
la terra con buoi appajati come si usa tra noi. I campi erano qua e là 
disseminati di grossissimi alberi, fra i quali notai dei sicomori e dei 
baobabd. Il fiume ha il suo letto roccioso e ghiajoso, e si passa in quella 
stagione senza alcuna difiicoltà, essendovi appena un filo di acqua, lim- 
pida e corrente. Facemmo sulle sponde del fiume un alto di circa un'ora 


per dare un po’ di riposo ai nostri muli e uh migliore assettamento 
al carico, nell’ imminenza di cominciare la difficile ed aspra salita della 
catena di Lamalmon. o 

Subito dopo traversato il Zarema, si costeggia uno dei suoi affluenti 
che scende direttamente dalle montagne, prima lungo un tratto di ter- 
reno molto aperto e pianeggiante, poi per una valle più serrata, che 
presto diventa una gola strettissima. Il fiume ha pochissima acqua ed è 
con fondo molto ghiajoso, come sempre si verifica quando un corso di 
acqua è vicino alla sua sorgente. A un certo punto la strada diventa 
un semplice sentiero, che si confonde col letto di questo torrente, che 
dovemmo traversare 47 volte prima d’impegnarci nella salita della mon- 
tagna. Nella Carta del nostro Istituto Geografico militare, tratta dall’ originale 
inglese (Ufficio informazioni presso il Ministero della guerra), questo tor- 
rente è solo tracciato, ma però senza nome: in quella di Gerhard Rohlfs 
vi è tracciato il torrente stesso col nome di Arbeve o Ardere; ma il 
vero nome del torrente è Mai Agam. Anche il Bruce, che per montare 
il Passo di Lamalmon ha seguita la medesima strada, traversando il Za- 
rema, dice di aver trovato subito dopo un torrente, che per un certo 
tratto è costeggiato dalla strada; ma poi aggiunge farsi la valle così 
serrata, che non vi resta altro sentiero che il letto stesso del torrente. 

Ad un certo punto si abbandona il letto del fiume, e comincia al- 
lora una salita molto aspra, che serpeggiando sui dorsi della montagna 
sale uniformemente con una inclinazione presso a poco sempre uguale, 
ma non a scalinate o a sbalzi, come in altre salite, ciò che costituisce 
un grave imbarazzo per il passaggio delle carovane. 

Dopo sette ore di faticosissima marcia arrivammo sopra un alto 
ripiano, un vero pianoro ad anfiteatro, chiuso e circoscritto dal resto 
delle montagne la cui più alta vetta è il Lamalmon. 

Il ripiano è coperto di erbe ed è formato di un terreno solcato 
da spaccature e crepacci, con una sorgente d’acqua non abbondante, 
ma tale da potervi benissimo dissetare una numerosa carovana. Appog- 
giato al fianco del monte sorge l'abitato di Debevahar, con una chiesa 
tutta coperta dall’ ombra di grossi alberi; villaggio con molti abitanti ed 
assai importante, dove trovammo da rifornirci di tutto il necessario e 
dove lo Scium ci fu prodigo delle massime cure. Su quell'alto- 
piano, dal lato non chiuso dai monti, il nostro sguardo dominava un 
orizzonte vastissimo, giacchè si vedeva tutta la provincia di Ualdebba con 
le sue asprezze montagnose e deserte, le quali’ poi finivano con pianura 
ondulata a vista d'occhio nella direzione del paese di Uolcait. Avendo 
trovato nella città di Debevahar ogni maniera di rifornimento, sia per 


— 74 — 

noi che per la carovana, stabilimmo di fermarvici anche il giorno se- 
guente, perchè le condizioni dei nostri muli erano tali che per le fatiche 
sostenute nelle marcie passate e per quelle che avrebbero dovuto soste- 
nere nella marcia dell’ indomani, erano assolutamente necessarie 24 
ore di completo riposo. Credo che in pochi luoghi dell’ Abissinia vi possa 
essere tanta salubrità di clima, come quella che si gode a Debevahar: 
le notti erano freddissime, tantochè dovevamo accendere molti fuochi per 
correggere il rigore della stagione; pel giorno invece la temperatura era 
molto piacevole. Quello poi che più mi sorprendeva, era la secchezza 
dell’aria e il nessunissimo segno di umidità atmosferica, benchè fossimo 
nel mezzo di tante montagne. 

La prateria dove eravamo accampati era ombreggiata qua e là da 
grossi alberi; i soliti arbusti di gelsomini in fiore mandavano un gra- 
zioso profumo. Il paese deve certamente godere di un certo benessere, 
essendo un luogo di transito necessario per le carovane, e quindi facili 
e numerosi debbono esservi gli scambi commerciali. Quasi tutti gli abi- 
tanti possedevano della buona birra, che in parte ci fu donata, in parte 
comprammo a buon prezzo per i nostri servi i quali, durante la marcia 
per il Tselemt, non avevano, come noi, bevuto che sola acqua. Com- 
prammo pure dei buoi, trovandosi per i fianchi della montagna buo- 
nissimi e gustosi pascoli; e difatti ci parve la loro carne molto migliore 
di quella avuta in altri luoghi. Continuamente transitavano dei mercanti 
con le loro piccole carovane, che montavano al Passo di Lamalmon. 

Questa posizione deve essere di una importanza strategica eccezio- 
nale, giacchè per andare a Gondar il valico delle montagne non si fa 
che da quel punto, e la via di comunicazione commerciale fra Gondar 
e lo Sciré, è forse delle più importanti che si abbiano in Abissinia. Il 
Bruce chiama questo villaggio Dippebaha, ma ciò dipende al solito dal 
modo come ciascuno nel proprio idioma può pronunziare il suono della 
parola indigena : il Rohlfs, invece, scrive e nel suo libro e nella sua 
carta Debewahr e noi potremmo dire Debevar. 


DEBEVAHAR-DgparRca (Passo di Lamalmon). — Chilometri 10. 
Ore di marcia 5. 


Dovemmo, per proseguire, ricorrere a portatori del paese, onde sca- 
ricare del tutto i muli più deboli e fiaccati e diminuire il carico ai muli 
sani. Subito dopo partiti da Debevahar (al mattino del 19 aprile), la 
strada non ofire difficoltà: procede sempre verso la direzione della grande 
altura scavalcando qualche contrafforte, impegnandosi per qualche stretta 
gola. 





S’incontrano due piccoli villaggi, di cui non ricordo il nome, e si 
perde l'ampia visuale che si godeva dal villaggio di Debevahar. 

Giunti poi ai piedi del picco riù elevato di quella catena e pas- 
sati alcuni torrenti, che trovammo dcl tutto ascit:tti, sembra impossibile 
che vi possa essere una maniera di uscit. da quella profonda bassura. 
Comincia allora il sentiero a serpeggiare pel dorso del monte, perccr- 
rendo una scalinata difficile, pericolosa, giacchè in molti punti il pas- 
saggio è scavato nella dura roccia, appena sufficiente per il transito di 
un mulo, avendo da un lato la parete rocciosa della montagna, dall' al- 
tro nessun parapetto che impedisca di vedere o di precipitare cadendo, 
nel profondo abisso, e sembra assolutamente di camminare per un corni- 
cione artificiale. L'acqua durante la stagione delle pioggie scendendo 
impetuosa dai fianchi del monte, scava dei profondi crepacci, molti dei 
quali si è costretti a passare, lasciando i muli a loro stessi, giacchè in 
quei difficili e pericolosi momenti la mano dell’uomo non può essere una 
guida migliore dell’istinto proprio dell’ animale. 

Giunti in mezzo a tutte quelle difficoltà e profittando di un suf- 
ficiente allargamento di sentiero a un angolo della strada, nessuno di noi 
rimase a cavallo e preferimmo continuare l’ascensione a piedi. In alcuni 
luoghi le difficoltà per le bestie da soma si fanno maggiori, perchè il 
sentiero è interrotto da scalinate sulla dura roccia, liscia e levigata, dove 
le bestie scivolano con facilità e difficilmente sormontano gl’ irregolari 
dislivelli degli scalini: in quei casi gli uomini della carovana ajutano il 
passaggio dei muli, sollevandoli per la coda e per i loro quarti posteriori 
con una abilità e con una pratica tutta speciale. 

L’inconveniente più serio che può avverarsi in queste diflicili ascen- 
sioni, è l’incontro di una carovana che venga in senso inverso, giacchè 
non essendovi possibilmente lo scambio o il baratto fra due animali, ne 
succederebbe necessariamente un arresto. Si usa perciò di mandare avanti 
qualche servo più agile per avvertire reciprocamente i viandanti e si 
grida sempre a voce molto elevata per dare questo medesimo avviso, affine 
di dar tempo a chi sale o chi scende di fermarsi in un punto ove lo 
scambio sia possibile e non pericoloso. 

Dopo oltre due ore di faticosissima marcia si trova un delizioso e 
vasto ripiano, coperto di un prato morbido e verde, dove tutte le caro- 
vane sogliono fare un lungo alto e dove sorge pure un gruppo di casolart 
e una chiesa. Il luogo è quanto di più pittoresco si possa immaginare: 
una sorgente d'acqua freddissima interseca il piano, di una tale limpi- 
dità e purezza, che mai in Abissinia mi fu dato trovare una simile. 

Bisogna al solito usare la massima precauzione nel berla, spe- 


cialmente se il corpo è affaticato dalla grande salita, perchè la tempe- 
ratura di quell'acqua è molto bassa; e gli stessi indigeni aspettano 
sempre per berla che si sia alquanto riscaldata. Dicono gli abitanti che 
il prato su cui scorreva quell'acqua si mantiene sempre verde, ed era 
infatti verdissimo al nostro passaggio, mentre nella prateria di Debevahar 
trovammo l’erba per la massima parte arida e secca. 

Il panorama che si gode da questo punto, è molto più vasto di 
quello che si ha dalla cima propriamente detta del paese di Lamalmon, 
perchè questo ripiano è come un terrazzo donde si spazia per mezzo orizzonte. 
E così per tanto spazio quanto ne può abbracciare lo sguardo, si vede tutto 
l' Ualdebba, il Semien, fino ai piani del Sudan e alle acutissime cime 
a pan di zucchero dei Monti di Adua : tutto apparisce come un piano 
leggermente ondulato, traversato qua e là da striscie spirali e bianca- 
stre, che tali sembrano i letti dei fiumi e dei torrenti, i quali vanno a 
riversarsi con lungo giro nel bacino del Tacazzé. La temperatura all'ombra, 
anche nell’ ora di mezzogiorno, era molestamente fredda : invece a pieno 
sole si stava benissimo, perchè una fresca brezza ne smorzava il calore. 
In questo punto si ha tale differenza di clima con la massima parte 
del resto dell'Etiopia, che una specialità della flora ivi incontrata può 
darne prova eloquente. Vidi in questo terrazzo molte varietà di conifere 
e di licheni, e sopratutto arbusti di felci, come nella flora dei nostri 
Appennini, nè ricordo se altri viaggiatori abbiano notato una particola- 
rità di tanto interesse scientifico. Del resto il trovarmi a quell’ altezza, 
oltre 3 mila metri sul livello del mare, in una regione tropicale, dopo 3 
anni di non interrotta dimora sulle infuocate coste del Mar Rosso, 
dove la fibra del corpo e la tempra dello spirito non possono che gra- 
datamente infiacchirsi, dava a me un sentimento di benessere ancora 
più accentuato, e respiravo a pieni polmoni quella inaspettata aura 
montana, che mi rammentava il fresco clima dei miei monti nativi. 

Dopo quasi due ore di riposo proseguimmo la nostra ascensione!‘ 
ma da questo punto si può dire che non si trovino più nè pericoli nè 
dificoltà; la strada monta sempre, ma si mantiene larga e senza essere 
tagliata sul ciglio da precipizî, come lo era finora. 

Dopo un’ altra ora di marcia eravamo sulla cima del Monte di 
Lamalmon, la cui altezza è con precisione indicata nel dizionario geo- 
grafico del Reclus, e appena valicata la cresta più alta, che dal basso 
del Fiume Zarema scorgevamo tre giorni prima come una punta acuta 
tagliata dalle nubi, vedemmo subito sparire l'orizzonte montagnoso ed 
entrammo in un immenso altopiano, pochissimo accidentato, con piante 
ed alberi abbastanza rari, disseminati qua e là, e grossi alberi di cusso 





(Brayera antelmintica),i quali, essendo in completa fioritura, con grossi 
fiori di color giallo arancio, davano un più grazioso risalto a quella 
regione. Il pianoro si eleva leggermente fino al villaggio di Debarca, 
che rappresenta il dorso dello spartiacque fra la valle del Tacazzé, 
quella del Nilo Azzurro o Abai nella sua prima origine, e la pianura del 
Lago Tzana. Il terreno circostante è tutto coltivato ed arato, e da que- 
sto punto comincia il terzo e più elevato altopiano di tutta 1’ Etiopia, 
alto circa 3 mila metri sul livello del mare. 

Tre grandi strade pongono in comunicazione la regione così detta 
dell’ Amara con il Tigré: la più occidentale e quella maggiormente fre- 
quentata dalle carovane commerciali, perchè ha la sua partenza da 
Gondar e dai mercati più meridionali del Sudan e della provincia di 
Dembea, è quella da noi percorsa, la quale deve sormontare due bar- 
riere naturali e difficilissime, la catena dei monti cioè che formano il 
passo così detto di Lamalmon, e la valle del Tacazzé per guadagnare 
l'altopiano dello Sciré, la quale valle si può traversare in più luoghi. 

Un altra strada, detta strada del Semien, più montagnosa e diffi- 
cile, ma alquanto più breve, supera nel suo mezzo la catena dei Monti 
del Semien, passa il Tacazzé in un meridiano molto più vicino ad Adua. 

Finalmente, una strada più a oriente di tutte è quella che traversando 
il Tacazzé molto più vicino alla sua origine, passa le Montagne del Lasta 
al difficile valico di Lalibala, e giunta a Socota prosegue oltre per ter- 
reni molto più facili e giunge in Adua, percorrendo tutta la regione 
del Tembien. 

L'attuale Imperatore di Etiopia (1), dopo le frequenti ribellioni dei 
Vollo Galla e per una ragione strategica imposta dalle poco rassicuranti. 
attitudini dello Scioa, avendo dovuto riunire più volte il suo esercita. 
nelle campagne di Burmieola, nelle vicinanze di Anciaro, ha mosso poi 
per il Tigré, seguendo una linea che costeggia il limite estremo e più 
orientale dell’altopiano etiopico nella zona di displuvio verso il paese 
Dancalo e il mare: e seguendo sempre questa linea, la quale sfugge al 
passaggio di grossi fiumi e non ha nè grandi dislivelli nè elevate catene 
di monti da sormontare, giunge per Zebul e per il Lago di Ascianghi 
fino a Macallé. 

Questa via fu percorsa dal Re Giovanni anche nel dicembre e 
gennajo 1887-88, quando mosse con tutto il suo esercito contro di noi. 

Io veramente non comprendo come un numeroso esercito abissino 
possa vincere le difficoltà di chi trovasi impegnato, con tanta scarsezza di 
risorse locali, nel passaggio del Semien e in quello degli Uogherà: bisogna 


(1) Si ricorda che queste note furono scritte nel 1888. 


assolutamente che il sistema di provvista personale sia specialissimo e 
bene organizzato, e che la parsimonia del soldato abissino in marcia sia 
spinta al massimo grado, tantochè questo esercito possa raggiungere quella 
prestezza e quella mobilità che sembra a tutti impossibile. E questo fatto 
tanto particolare per l’esercito abissino deve essere tenuto in massima 
considerazione, perchè lottando con quella gente, non si debbono subire 
spiacevoli sorprese nel veder che riparti numerosi di quelle truppe vin- 
cono pur troppo con facilità e con prestezza quelle naturali barriere, dove 
un esercito europeo troverebbe, almeno per alcune armi, difficoltà in- 
sormontabili, e sì avverano ammassamenti di truppe e coesione nelle loro 
operazioni militari con marcie rapide e con spazio di tempo spesso non 
calcolato, facendo previsioni con criterì troppo europei. 

Nella nostra ultima operazione militare a Sahati, l’esercito di Ras 
Area Selassié, figlio del Negus, forte di oltre 25 mila uomini, si mosse 
_ dalle provincie di Gondar e di Dembea, traversando tutto il Semien, e 

giunse senza ritardo nel Tigré per operare un congiungimento coll’ eser- 
cito del Negus e con quello di Ras Mikael, i quali avevano percorso 
una strada al confine opposto dell'impero; senza che questi eserciti 
durante la loro marcia avessero maniera d’intendersi e di comunicare 
l'uno coll’ altro, se non a mezzo dei corrieri, che percorrono a piedi 
così grandi distanze. 


DEBARCA-DACUA CHIDANA MIRHAT. — Chilometri 12. 
Ore di marcia 3. 


La città di Debarca sta su una delle molte elevazioni di quell’ al- 
-topiano che, veduto dall’alto del nostro accampamento, sembrava 
un’ immensa pianura lievemente inclinata a mezzogiorno. 

Nell’estremo orizzonte si delineavano appena appena le cime più 
elevate di Gondar, di Ambaciarà e del Beghemeder. Soltanto a Debarca 
potemmo finalmente sapere dove si trovava il Negus, ciò che finora non 
avevamo potuto conoscere con sicurezza, avendo udito sempre notizie 
vaghe e contradittorie: e per quanto a Debarca fossimo solo a 4 gior- 
nate di distanza, pur tuttavia dicevano che insieme all’ Imperatore si 
trovava anche il Re Menilek di Scioa, ciò che poi non fu vero. Tutto 
il paese intorno a Debarca è sprovvisto di piante di alto fusto, la terra 
è nuda e brulla salvo la presenza di qualche albero di cusso; e sic- 
come eravamo nell’ epoca della siccità, anzi vicinissimi alla futura stagione 
delle pioggie, così non vi era nessun frumento in cultura, ma tutti 1 
contadini erano intenti a preparare la terra, rompendola in grosse zolle 
col mezzo di piccoli aratri, che venivano tirati da coppie di buoi molto 





atti e docili al lavoro. Nel paese si trovava tutto il necessario a pochis- 
simo prezzo, cioé farine, biade, buona birra; e tutto vendevano con piacere 
e si davano premura di portare fino al nostro campo. Lo stesso Capo 
del paese volle unirsi alla nostra carovana per accompagnarci fino a due 
giorni di marcia, nel caso avessimo avuto qualche bisogno attraverso 
al distretto da lui comandato: ciò che chiaramente ci dimostrava la 
vicina presenza del Re e il timore di qualche nostro lamento contro i 
capi, quando l'Imperatore ci avesse accolti con segni di piacere e 
con manifestazione pubblica di buona ospitalità. La strada era fa- 
cile e piana con lievissime ondulazioni di terreno, senza passaggio nè 
di fiumi nè di torrenti di un qualche rilievo, giacchè eravamo proprio 
su di un nuovo spartiacque, e l’inclinazione del terreno era ancora 
tanto mite, che le acque piovane non potevano avere massa tanto grande 
da rompere violentemente gli strati terrestri, scavandosi forzatamente il 
letto con precipitosa corrente. 

A 4 0 5 miglia da Debarca facemmo alto a un piccolo bosco, 
situato in un piano perfetto, alla cui ombra ci riposammo volentieri, 
giacchè, per quanto la notte passata a Debarca fosse stata freddissima, 
e la temperatura si mantenesse anche qui assai bassa fino a tanto che 
il sole era a pochi gradi sull’orizzonte, verso mezzogiorno invece si fa- 
ceva molto elevata, anche per la maggior irradiazione calorifica che si 
aveva da quei terreni nudi e scoperti. 

Con marcia spedita, e senza alcuna particolarità degna di nota, arri- 
vammo nel fondo di una piccola valle, coperta da un prato e solcata 
da un rigagnolo che serviva benissimo per abbeverare e noi e la no- 
stra carovana: accampammo a qualche miglio oltre l'abitato di Dacua- 
Chidana-Mirhat, 0, come pronunziava qualche nostro servo, Daquachi- 
dandret, che nelle carte è scritto solamente Dacua. 

Il villaggio è circondato da alberi di alto fusto, e più specialmente le 
chiese, alcune delle quali sono abitate da monaci che, secondo la loro 
abitudine, non mancarono di far la loro visita al nostro campo, chie- 
dendo soccorsi per inviar un loro fratello alla visita del sepolcro di 
Gesù Cristo in Gerusalemme. Da Debarca al nostro accampamento ave- 
vamo percorso oltre 12 chilometri in tre ore circa, di marcia facile e 

Dacua CHipana MiIRHAT-AREG MaRIAM. — Chilometri 36. 
Ore di marcia 7. 


La regione che traversiamo, per quanto di apparenza molto 
sterile, perchè priva di piante e di alberi di alto fusto, pur nonostante 


— 8 — 

è molto più popolata delle altre e soprattutto poi coltivata a grandi tratti. 
Ovunque vediamo contadini intenti a lavorare i loro campi, animando 
con fischi e grida speciali i buoi al lavoro e spronandoli con una lun- 
ghissima sferza di cuojo o d'ippopotamo o di bove. Tutti, quanti face- 
van parte della nostra carovana, servi e soldati, si divertivano a dileg- 
giare quei buoni agricoltori, contraffacendo le loro grida e ciò per quel- 
l'ingiusto spirito di disprezzo che i soldati hanno per gli agricoltori. 

Ma di fronte a quelle vaste estensioni di terra coltivabile, ben poche 
ed insufficienti erano le braccia dei coltivatori. Questa sproporzione fra 
gli abitanti e la terra che potrebbero sfruttare, è da per tutto rilevan- 
tissima, tantochè si può ritenere che in quelle regioni, anche quintu- 
plicandosi la popolazione, il lavoro forse non sarebbe sufficiente a to- 
gliere dalla terra quel frutto che potenzialmente sarebbe capace di dare. 

La strada si mantiene sempre buona e battuta, ma il terreno co- 
mincia a farsi molto più accidentato, avendo le acque un corso varia- 
bilissimo perchè, mentre alcuni fiumi volgono a N.-O. per correre tutta 
la regione del Uolcait e diventare affluenti del Tacazzé ai confini del- 
l’Abissinia col Sudan, molti corsi d’acqua invece si volgono in direzione 
opposta, ad E. cioè e a S.-E., formando le multiple sorgenti del Mennà 
e del Balagas o Balagez, che sono due dei più importanti rami del 
Tacazzé. 

Traversammo qualcuno di questi torrenti e scendemmo in una valle 
assal aperta, ma relativamente all’altopiano molto in basso, per giungere 
sul letto di un grosso torrente che corre in vicinanza del villaggio di Cam- 
bildgé. In questa discesa incontrammo una sorgente di acque termali 
rinomatissima in Abissinia, dove convenivano malati da ogni parte del 
regno per godere i benefizi di quell'acqua benedetta, che il popolo rie 
tiene sia sotto la protezione di un santo potentissimo e grande. 

Il luogo è molto ameno, coperto da grossissimi alberi, ha nelle 
sue vicinanze un convento; e l’esercizio di quelle terme è sotto la di- 
rezione e come monopolio materiale e morale dei preti. 

La valle sottostante, solcata dal fiume, è molto amena e popolata: 
1 campi sono tutti coltivati, i pascoli abbondanti, e alberi di alto fusto 
ombreggiano e rendono più ridenti le sponde del fiume. Una salita 
‘abbastanza forte, ma tracciata sul monte con agile sviluppo, porta nuo- 
vamente al primitivo livello dell’ altopiano, dove si trova il villaggio 
Cambildgè, scritto nelle carte più comuni Tambeljè o Tambelgiè, villaggio 
importantissimo per i grandi mercati che vi si tengono. Noi appunto 
dovemmo traversarlo nell’ ora di mercato, fra una moltitudine di uomini 
e di animali che occupavano la strada e tutto il piano circostante, ciò 


— 8: — 
che non era senza qualche inconveniente per la nostra carovana. Do- 
vemmo percid, prima di traversare il mercato, riunirla e mantenerla 
compatta e serrata, per evitare confusione e smarrimenti di muli e di 
bagaglio. Passati oltre al piano di Cambildgé, la strada per Gondar, che 
é la strada principale, poggia leggermente a destra, mantenendo una 
direzione S.-O., mentre la via che prosegue per Ambaciarà diviene 
secondaria, e tenendosi più a sinistra, volge direttamente a S. Però 
ogni ostacolo materiale che poteva esservi o di alberi o di pietre, era 
stato preventivamente rimosso per cura degli abitanti, essendo il Re di 
Etiopia passato di recente per quella strada, diretto ad Ambaciarà, senza 
toccare Gondar. Quando il Re di Etiopia è in marcia, è legge severamente 
eseguita nel paese, che gli abitanti della regione per la quale è annunziato il 
passaggio reale, oltre portare il tributo di viveri che loro viene imposto, 
e oltre il trasporto dei bagagli dell’ esercito reale, debbono prima pre- 
parare e rendere relativamente comoda la via che sarà percorsa dal Re. 

Continuammo rapidamente la nostra marcia oltre Cambildgè alla 
volta del villaggio di Areg Mariam, dove eravamo certi di trovare acqua 
e pascoli, e traversando una regione disseminata di collinette e di pic- 
cole valli, credemmo bene di fare alto a una prateria, qualche miglio 
prima di arrivare al villaggio, perchè luogo adattatissimo a un accampa- 
mento per la presenza di buoni pascoli e soprattutto di un'acqua discreta; 
giacchè in questa regione e in epoca così lontana dalla passata stagione 
delle pioggie, l’ acqua si era fatta abbastanza rara, e in quei luoghi dove 
si aveva la fortuna di rinvenirla, era troppo frequentata e resa immonda 
dai numerosi armenti. In sette ore di marcia percorremmo oltre tren- 
tasei chilometri. (continua). 


C.- ESPLORAZIONE DEL SIG. TIETKENS NELL AUSTRALIA CENTRALE. 


Relazione letta alla Sessione Sud-australiana della Società Geografica 
di Australasia (1). 


« In una breve memoria che ebbi l'onore di leggere a questa Sezione 
nella adunanza del 30 agosto 1886, io rivolsi la vostra particolare at- 
tenzione sulla opportunità di organizzare una Spedizione per esplorare 
le regioni sconosciute a N. ed a O. del Lago Amedeo. La Sezione Sud- 
australiana della R. Società Geografica non era in grado di mettere as- 


(1) Dobbiamo alla cortesia di un egregio nostro Socio la presente versione dal- 
l'originale inglese, inviatoci gentilmente dalla Società Geografica di Adelaide. 
(N. d. D). 


— 82 — 
sieme una Spedizione per mancanza di mezzi, ma la Sezione di Vittoria 
generosamente offerse di ajutare il progetto di esplorazione nella regione 
che sta intorno al Lago Amedeo. In tali congiunture le decantate sco- 
perte di rubini attiravano l’attenzione di capitalisti e di altri sulle sup- 
poste ricchezze ancor nascoste nel centro dell'Australia; e la Sezione 
Sud-australiana, ansiosa di promuovere |’ esplorazione della regione, a cui 
alludevo nella mia Memoria, concepì l'idea di fondare una compagnia, a 
base commerciale, allo scopo di esplorare e studiare l' Australia centrale, 
al quale progetto avrebbe prestato ogni appoggio che fosse in suo potere. 
Ciò condusse alla creazione della « Central Australian Exploring and 
Inspecting Association », principali oggetti della quale furono « l'orga- 
nizzare, equipaggiare, allestire e mantenere spedizioni e squadre a 
scopo di esplorazioni e di studio in ogni parte d’ Australia ». 

« La prima Spedizione limitò il suo studio ad oriente della linea te- 
legrafica, e fu indi richiamata ad Adelaide. La seconda venne formata 
sotto la mia direzione. 

« Nel 14 marzo scorso la comitiva, composta di me, di Davide Beet- 
son, Federico Warman, una guida negra (Billy) ed un ragazzetto indigeno, 
con dodici cammelli, lasciava la linea telegrafica ad Alice Springs e rag- 
giungeva Painta Springs. La distanza percorsa non fu che di quindici 
miglia ; era piuttosto una corsa di prova, intesa a riconoscere come 
funzionassero i carichi, e come marciassero i cammelli, nè si aveva il 
proposito di fare in quel giorno un lungo cammino. Ogni cosa appariva 
perfetta e solida; arrivammo sull’ imbrunìire al bivacco notturno senza 
inconveniente alcuno ; però era completamente bujo prima che avessimo 
finito di scaricare i cammelli. Intanto il ragazzetto Uezi erasi messo alla 
ricerca di legna da ardere, che appariva alquanto scarsa attorno alla 
sorgente dove stavamo. Finalmente potè accendersi il fuoco ed in breve 
fummo a cena, discutendo i meriti dei vari cammelli, assegnando ad essi 
i nomi, e parlando di altre minute cose. La prima parte della giornata 
non era stata calda, 102° (Fahrenheit) all'ombra; però nubi e parecchi 
tuoni avevano reso più piacevole il pomeriggio. 

« Painta Springs aveva dovuto essere, io penso, in origine un pozzo 
di indigeni; è situato ai piedi del versante N. della Mac-Donnell Range. 
La piccola provvista d'acqua era esuberante per la popolazione nativa; 
con l’ajuto di materie esplosive, una parte della roccia fu rimossa, e si 
potè così formare un serbatojo permanente per un limitato numero di greggi. 
La pianura di Burt è qui assai abbondante di pascoli; non è dubbio che 
altri serbatoj nelle vicinanze ripagherebbero largamente la spesa occorrente 
ad aprirli. L’ estremo lembo occidentale di questa pianura riesce attraente 


° — 83 — 
€ piacevole all'occhio per lussureggiante vegetazione di campeggio e di — 
eritrina, che danno al paesaggio una ricca e quasi tropicale apparenza. 

« Da Painta Springs camminammo verso occidente per ottanta miglia 
sopra un sodo suolo sabbioso, avendo a sinistra una parete a picco, di 
mille e più piedi, della catena sovrastante. Fui alquanto contrariato di 
fton trovare possibilità di varcare la catena verso S., e fui sorpreso di 
imbattermi m tale ostacolo che assolutamente mi precludeva qualsivoglia 
modo di penetrare nel paese. Verso N. la pianura di Burt estendevasi 
a perdita di vista. La temperatura mantenevasi assai calda, ed i cammelli, 
essendo assai carichi, erano alquanto abbattati per mancanza d'acqua. 
Fu per me una novità di viaggiare per circa cento miglia, a’ piedi di 
così nobile e magnifica catena, senza trovare nè un corso d'acqua, nè 
un pozzo indigeno. Io non avevo preveduto un così lungo tragitto senza 
acqua al principio del viaggio ; e siccome ogni punto di probabile scoperta 
era stato infruttuosamente visitato, così io cominciavo a disperare che 
sorgente alcuna si potesse rinvenire lungo codesta catena. A Billy 
venne affidato l'importante incarico di frugare gli alvei disseccati, e con 
grande ansietà io aspettavo la sua relazione, mentre lentamente percor- 
revasi questa orrida ed inospitale regione. 

« Nel mattino del quarto giorno Billy trovò una pozza d'acqua a capo 
di un creek (alveo asciutto). Confesso che provai un grande sollievo quando 
codesta piccola gemma fu ritrovata ; perocchè, quantunque la regione 
di cui parlo non sia inesplorata, è sconosciuta tranne che per pochi 
pionieri allevatori, che si discostano oltre il consueto dalle loro stazioni 
con la speranza di rinvenire acqua per i loro greggi. 

« Dopo il mio ritorno ho esaminato la mappa del signor Winnecke, 
ove è tracciato il suo viaggio in quelle vicinanze e nella zona che sta 
a N.. Una copia di questa mappa mi sarebbe stata di una grande utilità, 
se io l'avessi posseduta. 

« Riposammo pochi giorni presso codesta pozza ; continuando verso — 
occidente, l’ardita parete, elevantesi a guisa di barriera, gradualmente 
declinava, finchè, a N. del Monte Zeil, noi cì imbattemmo in un ab- 
bastanza ampio alveo di torrente, defluente verso settentrione. Risalendolo 
verso S. fino alla sorgente, mi inoltrai entro colline poco elevate ed in- 
tersecate da vallate erbose, essendo del pari erbose le colline stesse. Così 
si continuò per otto o nove miglia, e mi trovai allo spartiacque. Qui 
mutava, ad un tratto, l'aspetto del paese: le prime apparenze semst-tro- 
picali cedevano il campo a macchie di cespugli disseccati; più sodo il suoto, 
con indizio di substrato argilloso ; ampie e riccamente erbose le valli; 
pianure e vallate intersecate tutte da corsi d’acqua, affluenti in direzione 


— 84 — - 
di S., verso i creek di Arambara o di Davenport. Si fu da questo punto 
che potei vedere, per la prima volta, ciò che la gente di Glen Helen 
chiama |’ Haast's Bluff (Promontorio di Haast). Il nome indigeno è Nyurla. 
Da qualsivoglia punto lo si guardi, il profilo ne è strano, aspro e fra- 
stagliato in sommo grado. 

« Poche miglia più innanzi incontrammo del bestiame ; nel dì suc- 
cessivo (1° aprile) arrivammo a Glen Helen, e ponemmo il campo a 
qualche centinajo di yarde dalla Stazione, che è posta sul Davenport 
Creek, alquanto a S. del Monte Razorback, senza dubbio un soprannome, 
mentre il Monte Sonder trovasi circa sei miglia, ad E., dalla Stazione. 
Il suo ardito profilo è di un'imponente apparenza. 

« Trovandomi in vicinanza delle annunciate scoperte argentifere, sti- 
mai mio dovere soffermarmi ed investigare la circostante contrada. Non con- 
standomi che fosse mai stata fatta l’ ascensione del Razorback o del Sonder 
con lo scopo di misurarne l'altezza, decisi di tentarla. I miei due aneroidi 
erano stati confrontati coi barometri-tipo a mercurio ad Alice Springs, 
e se ne erano notate le differenze orarie; e poichè le loro variazioni si 
sono anche dipoi manifestate costanti, così io ritengo che i risultati 
possano riguardarsi approssimativamente corretti. Mentre il Sonder risultò 
di 2,495 piedi, Monte Razorback ne misura 1,831 sopra laStazione di Glen 
Helen ; ascesa e discesa pigliarono 3 ore e mezza. (Nel ritorno ebbi la sfor- 
tuna di rompere lasfera dei minuti del mio orologio). La vista, dalla sommità 
del Sonder, abbraccia le circostanti catene e le vallate in esse comprese. 

« La più notevole cima, nella Catena Mac-Donnell, è il Monte Giles, 
la cui più alta vetta deve superare di parecchie centinaja di piedi il 
Monte Sonder. Alle falde del Sonder, in una bellissima gola, alla sua 
estremità occidentale, nasce il Redbank Creek, che in realtà è una delle 
sorgenti del Finke. Dalla sua sorgente fino al punto in cui si unisce al 
Davenport Creek, il Redbank misura circa cinque miglia di lunghezza. 
Sarebbe diflicile trovare un più bello scenario, alpestremente selvaggio, 
attorno a più deliziosa valletta. Il torrente ha un ampio letto pietroso, 
nel quale, all’ estremità della gola, stanno lussureggianti alberi di gom- 
ma; intagliato nel monte, v’é un grande e profondo laghetto, circoscritto 
su tre lati, da pareti perpendicolari di roccie alte parecchie centinaja di 
piedi. Da questo ampio serbatojo naturale l’acqua scorre sussurrando per 
circa tre miglia, sopra un fondo roccioso. Dopo un paesaggio così bello 
e grazioso, sarei stupito di trovare penetrando nelle regioni interne e 
sconosciute, consimili meraviglie di natura e così incantevoli luoghi di 
riposo. Come la maggior parte dei laghi profondi nella Catena Mac-Donnell, 
questo era ricco di pesci; uno che è stato preso dalle gru e che trovammo 


— 85 — 
disteso sulla roccia, doveva pesare almeno 2 libbre. La domanda che 
sorge spontanea, è: come mai questi pesci si trovano qui? Personal- 
mente, non ho alcuna soluzione da offrire, ma credo che si possa ac- 
cettare il fatto, come prova abbastanza sicura della permanenza delle 
acque, nelle quali essi vivono. 

« Prima di abbandonare questo magnifico luogo, lasciatemi prender 
nota dei nomi indigeni di alcuni tra i punti circostanti, 

« Il Sonder si chiama Oorachipma; il Monte Giles, Umbatthera; il 
Monte Razorback, Ooratunda; il Monte Zeil, Vallatrica; Redbank Creek, 
Ooradriipilla. « Cora » è la parola con cui gli indigeni indicano il fuoco, 
ed è la prima sillaba nei nomi indigeni del Monte Sonder, del Monte 
Razorback e di Redbank Creek. Ad eccezione del Monte Giles, il Monte 
Sonder è, a mio parere, il più alto punto della catena; quantunque il 
nome indigeno di esso indichi fuoco, io non vidi traccia alcuna di roc- 
cia vulcanica, o di altre forze eruttive, e neppure trovai simili traccie nel 
Monte Razorback; ma non è impossibile che la famosa montagna ardente 
della Australia Centrale, di cui udimmo parlare varie volte, sia una inven- 
zione degl’indigeni, nei quali la fantasia e l’amore del meraviglioso hanno 
potuto ingenerare la credenza nella esistenza di montagne di fuoco. 

« Ad occidente di Glen Helen, il viaggiatore percorre ampie vallate 
di buoni pascoli, in mezzo a basse colline di arenaria e quarzite; però 
chi si diriga al S. od alS.-O., deve prepararsi a cercare la via attraverso 
una catena, avente forma di parete, altrettanto formidabile quanto quella 
che sta al N.. Il signor Mac-Donald, amministratore di Glen Helen, prov- 
vede ad una comunicazione mensile col mondo esteriore; la via scende 
da Glen Helen lungo uno dei tributarî del Finke, che si è forzato il passo 
attraverso la catena. Questo passo, o gola, è il solo punto pel quale 1 vei- 
coli possono accostarsi alla linea telegrafica. Siccome codesto varco era 
troppo lontano, a E., per me, decisi di proseguire verso occidente, finchè 
mi si presentasse il modo di attraversare la catena, o in difetto, di pro- 
seguire ancora, sempre verso occidente, finchè la catena finisse addirittura. 

« Lasciammo Glen Helen, il 15 aprile, accompagnati dal signor Mac- 
Donald e da uno dei suoi negri, che si supponeva conoscesse il miglior 
punto, e forse l’unico, per attraversare la catena. Ponemmo, quella notte, 
il campo presso il parco di bestiami sull’ Arambara Creek. L'indomani 
ci aggirammo, entro e fuori, lungo la catena, accampando a’ piedi d’ una 
alta e ripida catena, che gli indigeni chiamano Mareena. Nel giorno suc- 
cessivo, dopo aver percorso un più ripido, aspro e roccioso cammino, 
che costò non lieve fatica ai sovraccarichi cammelli, giungemmo alle 
falde meridionali della catena ed alla pianura dei Missionarî. Quivi ci lasciò 


— 836 — 
il signor Mac-Donald. Come, a bordo d'una nave, tocca al capitano di 
cavarsela alla meglio, quando il pilota se ne va, così dovevamo oramas 
cercare di far la miglior via verso l'ignoto occidente, ora che il signor 
Mac-Donald aveva lasciato la comitiva con ogni cortese espressione di 
augurio per un lungo e propizio viaggio. 

« Camminammo, un cinquanta o scssanta miglia, lungo le falde me- 
ridionali della catena. La regione vicina alla catena è assai erbosa, ma 
sono pure assai densi gli strati di erbe edi cespugli disseccati. La tem- 
peratura era calda, nè mi pareva prudente inoltrarmi nella regione di 
colline sabbiose, verso Glen Edith, senza avere prima abbeverato i cam- 
melli; però l’acqua non si potè trovare se non dopo parecchi giorni d'ansietà 
e di grande preoccupazione, non essendomi punto piacevole l’idea di 
dover tornare ad Arambara Creek. Il 24 aprile, avendo i cammelli riposati, 
diressi la carovana verso Glen Edith, che, essendo io sprovvisto dell'itinera- 
rio di Giles, trovai meno ad E. di quel che io calcolassi. Però al mio giun- 
gere al pozzo, trovai che appena v'era di che abbeverare due cammelli- 
Riusciva assolutamente indispensabile che tosto se ne trovasse assai più. 
Partimmo quindi, Billy ed io, pigliando con noi tre robusti cammelli, 
col proposito di inoltrarci per parecchi giorni verso S.-O. nella speranza 
- di trovare nuova provvista d'acqua. Accampammo nella prima notte, a 
piedi delle colline d’ arenaria, circa venti miglia da Glen Edith. La 
mattinata era stata calda e il tempo appariva minaccioso; fortunata- 
mente io aveva preso meco la mia piccola tenda. Sull’imbrunire crebbe 
talmente la minaccia, che io allestii la tenda. La notte fu nera come 
pece, con dense nubi e brontolio di tuono in distanza. A intervalli 
caddero goccie di pioggia. Il silenzio e la atmosfera afosa, dopo che 
ebbe smesso di piovere, avevano un effetto stranamente deprimente 
sopra di me. Verso le dieci cadde un’acquerugiola rada, come a 
spruzzi; dopo di che, avendo sostato, io avevo quasi dimesso ogni 
speranza di pioggia, quando un grosso e fitto acquazzone sopraggiunse 
a dileguare ogni mia apprensione. Verso mezzanotte la veniva giù a 
torrenti. Questa splendida pioggia continuò quattro giorni e cinque 
notti, quasi senza interruzione. I piccoli rigagnoli e canali spumeggia- 
vano recando fiumi di stupenda acqua alle sitibonde sabbie. Nel mat- 
tino del quinto giorno ripigliammo la via di Glen Edith, giungendovi 
nel giorno stesso, e trovammo che il pozzo erasi interamente riempito. 
Le provvigioni e gli effetti erano stati messi sotto tele incatramate, che 
però apparvero di così cattiva qualità da lasciar passare l'acqua in 
ogni direzione. I miei compagni eransi stimati fortunati di trovare un 
rifugio asciutto sotto una roccia largamente sporgente, a ridosso del 


pozzo. Conveniva oramai mettere ogni cosa ad asciugare sopra le 
roccie. 
« Glen Edith fu scoperta da Ernesto Giles il 3 ottobre 1872. Ben 
si può immaginare quanto sia stata provvida e propizia scoperta, per 
un viaggiatore provvisto solo di cavalli ed in posizione così critica 
qual’era la sua, lo aver trovato acqua in codesto punto. Esplorare con 
cammelli queste regioni sconosciute è già cosa abbastanza arrischiata ; 
ma la meravigliosa e paziente pertinacia di una comitiva fornita solo 
di cavalli, può soltanto comprendersi da chi siasi avventurato a viag: 
giare in codeste latitudini. Nel successivo anno, Glen Edith venne vi- 
sitata dalla Spedizione comandata dall’ ex-deputato, Ispettore generale, 
signor W. C. Gosse, non che dal signor Chewings. Come saggio della 
vegetazione che quivi si svolge, descriverò gli alberi segnati, che vi 
trovai. Il signor Gosse aveva scelto una pianta della famiglia delle 
Acacie, detta White Gum (gommifera bianca), avente circa tre piedi 
di diametro ; e l’aveva segnata, in caratteri aventi la lunghezza di cin- 
que pollici, con le lettere G. C. S. e coi numero 6 del suo depo- 
sito. La marca era oramai scomparsa, salvo parte della lettera G., 
ed in pochi altri anni tutto sarebbe completamente scomparso sotto la 
nuova vegetazione. Federico Warman, con la massima precauzione, 
tagliò tutt’ attorno la marca originaria del signor Gosse, e con molta 
abilità tolse la escrescenza in un sol pezzo da ambo i lati, così che 
i posto del segno è ora ristabilito com'era dapprima tagliato, ed 
abbiamo qui i blocchi con le iniziali impresse. L'iscrizione < Glen Edith », 
con la data, fatta dal sig. Giles su un’altra pianta, era quasi indecifrabile. Il 
tronco, essendo stato ferito nel fare i piccoli caratteri, erasi decorticato, 
così che non aveva potuto fissarvisi la impressione. La pianta marcate 
e Car Mitchael » era in uno stato di buona conservazione, soltanto le due 
prime e l’ultima lettera essendo scomparse sotto la nuova vegetazione. 

« Lasciammo Glen Edith, il 10 maggio, ponendo il campo su una 
collina sabbiosa coperta di spinifex. Mentre appunto stavamo sedendoci a 
cena, scoppiò sopra di noi un violento temporale, e cadde la pioggia 
a secchie durante due ore, seguita da un fitto acquazzone fino alle tre 
del mattino. Le coperte e tutte le robe nostre, che avevamo pigliato tanta 
pena ad asciugare, furono di bel nuovo inzuppate, così che in sull’ alba 
presentavamo lo spettacolo d’ una solenne bagnatura. Nello allestire i 
cammelli, la mattina seguente, trovammo che tre erano sofferenti per aver 
mangiato d’una pianta velenosa, essendone sintomi la schiuma alla bocca e 
un tremito delle membra. Essi stavano così male che dovemmo mutare iti- 
nerario piegando verso il punto dove ero stato sovraccolto dai quattro 


. — 88 — 
giorni di pioggia, e dove sapevo potersi trovare dell'acqua. Un giorno di 
riposo e semplici rinforzanti rimisero i cammelli in grado di camminare. 

« Proseguendo a occidente oltre le colline sabbiose, coperte di spé- 
nifex, apparve una linea di colline a poche miglia a N. del nostro cam- 
mino, Queste colline formano una linea di dirupi, ossia un pendio fa- 
cente fronte verso S., e così prossimo alla nostra via, che io stimai 
valesse la pena d'una visita. 

« Ci avvicinammo al dirupo e lo seguimmo per parecchie miglia 
verso occidente, finchè incontrammo un letto di torrente con vegeta- 
zione di acacie gommifere, defluente dalla catena in direzione del S.. 
Accostandomi alla gola o valletta, d'onde si diparte dalla catena, 
trovai che esso è di formazione arenaria e che vi scorreva un po- 
tente volume d'acqua. Era codesta una bellissima località, dove po- 
tevano impiegarsi utilmente alcuni giorni. Furono scaricati 1 cam- 
melli, ed io con Billy mi inoltrai su pel torrente per esplorarne le 
particolarità. Trovammo che |’ alveo si separava in tre distinti canali. 
Seguendo il principale, scorgemmo che il torrente correva attraverso 
una gola con pareti perpendicolari di oltre 30 a roo piedi da ambo 
i lati, e ciò per non meno di tre miglia in lunghezza. Tornammo 
tardi nel pomeriggio al nostro campo così pittorescamente situato. I 
cammelli avvelenati si sarebbero giovati di un riposo di pochi giorni: 
ed io avrei impiegato il mio tempo a fare osservazioni, a riordinare il 
bagaglio, a pigliare fotografie ed a fare escursioni nelle varie vallette 
vicine. Posi a questo fertile luogo il nome di Gill's Creek, in onore 
del tesoriere della Sezione Sud-australiana della Società Geografica; ed 
alle colline, d’onde il torrente discende, diedi il nome del dottore W. L. 
Cleland di Park Side. Non sempre si troverà corrente codesta acqua ; 
ma nella gola a capo del torrente, alla quale io posi il nome di mia 
sorella Emilia, si troveranno sempre ampie e profonde pozze, lunghe 
quattro o cinque chains (di 61 piedi ognuno) e profonde da 10 a 15 
piedi, e talmente difese dalle roccie contro il sole, che ben sì possono 
considerare come permanenti. 

« Dopo una piacevolissima sosta di tre giorni ripigliammo il nostro 
viaggio verso occidente. Da una linea di basse colline, a poche miglia 
ad O. da Gill's Creek, potemmo godere di una estesa veduta della con- 
trada verso occidente. Non era visibile ondulazione veruna, in qualsi- 
voglia direzione. Ben potevano vedersi i « Cleland hills » verso N.-O. ; 
l'orizzonte finiva in un fosco e assai poco promettente deserto. Poichè 
non vi era in realtà scelta alcuna, diressi la carovana francamente verso 
occidente, e, senz'altro, ci inoltrammo nelle colline sabbiose e coperte 


— 85 — 
di spinifex. Queste colline continuano per 80 o 90 miglia, nel qual 
punto altre colline si osservano in direzione di occidente, le più vicine 
essendo a non meno di 20 miglia. Però io diressi la nostra rotta a 
certe roccie giacenti in basso, verso il S., dove trovai acqua in un pozzo 
indigeno ed abbondanza di nutrimento per i cammelli. 

« Da queste roccie l'orizzonte era ancor più interessante e più favo- 
revole che non dalle colline presso Gill’s Creek. A S., e circa a 60 miglia 
di distanza, osservavasi una lunga ed assai promettente catena. Ritengo 
che questa sia la « Blood’s Range » della Spedizione di Giles nel 1874. 

« Lontano verso occidente, e con l’apparenza d'un enorme promon- 
torio per la grande distanza, elevavasi un'altra catena, approssimativa- 
mente nella direzione da E. ad O.: una collina assai prominente, della 
altezza di circa 1,000 piedi, sorgeva a circa 30 miglia verso N.-0.. A 
questa diedi 11 nome del dottore Rennie, dell’Università di Adelaide. 

« A certe basse collinette, ad occidente di « Rennie Hill », diressi 
quindi i passi della comitiva. Attraverso quelle collinette, in un'ampia e 
pittoresca vallata, correva un torrente di bellissima e limpida acqua : la 
vallata era quasi completamente ricoperta di spinifex, ma lungo il piccolo 
torrente, avente un percorso di due miglia, trovavansi erbe kangaroo ed 
altre somiglianti ruvide erbacee. 

« Cadendo in quel giorno il natalizio della nostra graziosissima Regina, 
facemmo festa; e come nel di precedente avevamo avuto la fortuna di 
trovare un nido di ems con sei od otto ova fresche, anche questo fu 
consacrato al festeggiamento. 

« Io non posso per nessun verso considerare codesta acqua come 
una sorgente perenne, benchè vi sia indizio che attorno alla medesima 
talvolta si riuniscano indigeni in numero considerevole. 

« Questa fertile valletta ebbe da me il nome di « Laure Vale », in 
onore della figlia d’uno dei miei compagni, Davide Beetson. 

« Ci dirigemmo quindi a N.-O., verso le alte montagne, vedute dalle 
roccie presso il già ricordato pozzo indigeno. A misura che io mi ac- 
costavo a quell’ imponente colosso, speravo che dalle sue falde potesse 
dipartirsi un corso od un sistema di acque defluenti verso il Lago Ame- 
deo, che io m'immaginavo trovarsi in direzione di S.. Sul finire del 
secondo giorno, dopo la nostra partenza da « Laura Vale », ci trovammo 
accsmpati ai piedi della imponente catena; però fu amaro il mio di- 
sappunto nel trovare che non esisteva, alla sua base, traccia alcuna 
anche d’un solo corso d’acqua. Tutto attorno crescevano spinifex, e 
solo in un punto, una stretta zona di circa 20 acri, potemmo trovare 
nutrimento per i cammelli. Durante la nostra sosta fummo visitati da 


— go — 
tre giorni di fitta pioggia; e fu vera fortuna, chè altrimenti non avremmo 
potuto esaminare così diligentemente le vicinanze, da dimostrare 1’ inu- 
tilità della ricerca di minerali. Non trovammo alcun corso d’acqua de 
gno di nota, o sorgente, o punto qualsiasi dove le acque possano 
raccogliersi. L’ imponente catena ebbe da me il nome di S. E. il Go- 
vernatore Lord Kintore, e le sue cime più alte, torreggianti a 1500 
piedi sopra la pianura, furono da me nominate « Monte Leisler » e 
_« Monte Strickland ». | 

« Dalla sommità di quest'ultimo godevasi un esteso panorama della 
contrada circostante. Osservavasi, a circa 60 miglia in direzione N. E., 
un’ altissima ed imponente montagna, che io dedicai all’onorevole dot- 
tore Campbell, presidente del Consiglio Direttivo dell’ Associazione, sotto 
i cul auspicî la Spedizione erasi allestita. Verso oriente scorgevasi una 
lunga catena di colline che denominai « Magarey Range » in omaggio 
all’onorevole Segretario della Sezione Sud-Australiana della Società Geo- 
grafica, dando al picco più elevato il nome di « Lyell-Brown » in onore 
del Geologo governativo. A_N. scorgevasi una linea di colline che de- 
nominai « Dufaur Hills » in onore del signor Eccleston Dufaur, di Sydney, 
che per parecchi anni si adoperò senza successo a chiarire la sorte toccata 
al povero dott. Leichhardt. A S.-O., e circa a 25 miglia, giaceva una 
larga estensione di lago salato, che io denominai « Lago Mac Donald » in 
omaggio all’ onorevole Segretario della Società Geografica di Vittoria. 

« Sulla più alta cima della Kintore Range, Monte Leisler, fu da noi 
eretto un massiccio uomo di pietra, che può vedersi da 60 a 70 miglia 
in ogni direzione. Peccato che in luogo di offrire propizio riposo e conforto 
allo stanco vaggiatore, debba invece ravvisarsi come un ammonimento, nella 
stessa guisa che il faro addita al marinajo i punti pericolosi! Così il solo 
| pratico risultato della mia visita a codesto luogo è che la montagna ser- 
virà ad allontanare il futuro viaggiatore dalla inospitale regione. 

« Nel venerdì, 31 maggio, partimmo nella direzione del lago che 
avevamo scorto dalla sommità della catena e che io pensavo potesse 
essere 1’ estremità occidentale del Lago Amedeo. Dopo due giorni di 
cammino raggiungemmo la sponda del lago. Era una limpida e chiara 
giornata, e tali erano gli effetti del miraggio che il lago pareva proten- 
dersi indefinitamente verso il S.. Da entrambi i lati sorgeva una catena 
di attraente aspetto che appariva a circa 25 miglia di distanza. 

« Procedendo verso occidente, e seguendo il contorno del lago, giunsi 
alla sponda meridionale quattro giorni dopo che ne avevo per la prima 
volta toccato il margine. Colline sabbiose, spinzfex e quercie stendevansi 
innanzi a noi fino al suo orlo estremo. Poche pozze argillose trovavansi 


presso al lago, e da queste dipese la nostra salvezza. Ci eravamo di 
tanto inoltrati verso occidente che il ritorno per la stessa via riusciva 
affatto impossibile. L’ ultima acqua perenne era stata rinvenuta a Gill’s 
Creek. Le scarse pozze erano, nella maggior parte dei casi, prosciugate, 
così che eravamo tutti, mentre si camminava, impazienti di scorgere 
dell’ acqua. 

« Sulla sponda meridionale del Lago Macdonald trovasi, per parecchie 
miglia, una regione erbosa, con strati di erbe e di cespugli disseccati, 
e con segni manifesti d' una numerosa popolazione indigena. 

« Con rincrescimento dovetti, a questo punto, ritorcere i miei passi 
verso oriente. La mia missione, le mie istruzioni non mi consentivano 
di inoltrarmi più innanzi verso occidente; ma, quando pure avessi 
voluto continuare in quella direzione, non avevo ragione di farlo. La 
stessa contrada sabbiosa stendevasi innanzi a me fin dove giungeva la 
vista. La più vicina accidentalità d’ un certo interesse, da me visitata, 
era |’ attraente catena che io avevo osservato dal Monte Leisler e dalla 
riva settentrionale del lago. Ad essa posi il nome del signor J. L. Bo- 
nython, consigliere della Società Geografica Sud-Australiana. 

« Qui di nuovo mi incolse un grande disappunto, per non avervi 
trovato acqua od erba; fui ben lieto quando l'alba sopraggiunse a darmi 
licenza di allontanarmi dalla più infesta tra le tappe del mio intero 
viaggio. | 

« Dalla sommità della catena il lago si può scorgere a otto miglia 
verso N., ed alla sua riva io diressi la carovana. Era una fosca gior- 
nata, senza sole; essendovi minor rifrazione, poteva approssimativamente 
valutarsi |’ effettivo contorno del lago. Stimai che le sue dimensioni 
fossero di circa 15 miglia (km. 24) da E. a O. e di forse 100 12 mi- 
glia (km. 16.20) da N. a 5.. 

« Da questo punto diressi il nostro cammino in guisa da dovere 
intersecare il Lago Amedeo, così come questo figura nelle nostre carte. 
Dopo avere attraversato la pianura sabbiosa fino alla latitudine del 
Monte Unapproachable (inapprossimadile), senza incontrare verun lago 
salato, mi trovai a poche miglia dalla Blood's Range di Giles. Questa 
catena presentava una fiera ed attraente apparenza; epperd wolli visi- 
tarla, ponendo alle punte più alte i nomi di Monte Harris e di Monte 
Carruthers, dai due funzionarî del Dipartimento dei rilievi trigonometrici. 
Dalla cima di Monte Harris, a 1,400 piedi sul livello della pianura, è 
distintamente visibile ii Monte Olga, e lo sono del pari la Petermann 
Range e gli alti picchi della Tomkinson Range. 

« Di qui proseguii tre giorni verso oriente e raggiunsi la riva di un 


lago salato. Alla estremità occidentale e sulla sponda settentrionale cor- 
reva una catena di colline d’ arenaria, che io chiamai Long's Range, 
dal nome di mio cognato, signor John Long di Sydney. Due lunghi 
rami del lago si estendevano verso N. fin presso ai piedi della catena. 
Camminando verso oriente, lungo la sponda settentrionale del lago per 
circa venti miglia, si incontrarono parecchie basse colline di arenaria, 
le quali si spingono fino a due miglia dalla sponda. Dalla sommità di 
queste colline potevo scorgere il lago protendentesi verso S.-E. al di 
là del limite visivo; non essendovi altre colline in quella direzione, 
diveniva manifesto che l' estremità della Long's Range era il Monte 
Unapproachable di Giles. Il Lago Amedeo può quindi definirsi un lungo 
e stretto canale, |’ estremità del quale, verso occidente, per altre venti 
miglia ha una larghezza non mai maggiore di cinque miglia. 

« Diressi indi i miei passi verso Monte Olga e Ayers Rock. Questi 
monti sono stati visitati, naturalmente, dalle Spedizioni dei signori Gosse 
e Giles. La enorme estensione, il meraviglioso profilo, la maestà di co- 
desti monoliti, la loro stupenda apparenza in qualunque condizione di 
luce o d'ombra, debbono formare oggetto di altro scritto. Qui dirò solo 
che da nessun altro punto, in tutto il viaggio verso l'interno, ad occi- 
dente, 1’ esploratore riporta così piacevole ricordo come da Monte Olga 
e Ayers Rock. 

— « Mentre stavo presso al Lago Amedeo, due dei mici cammelli man- 
giarono piante velenose. Speravo che con una settimana di riposo avrebbero 
potuto riaversi dagli effetti del veleno, ma uno dei due venne gradual- 
mente deperendo e morì; l'altro, ancora inabile al viaggio, fu colà 
lasciato. 

« Da Ayers Rock io diressi la carovana ad oriente verso Monte Con- 
nor. Billy, la guida negra, seguì le orme dei nativi e giunse così ad un 
pozzo indigeno, che mi parve una poderosa sorgente; preziosa e fortu- 
nata scoperta. Fu alquanto tentato di deviare dall’ originario programma 
e di muovere da codesto punto per visitare la Musgrave Range, che 
mi pareva così seducentemente vicina; però mi decisi invece a visitare 
una catena assai promettente che giaceva a circa trenta miglia verso N.. 
Queste colline furono da me chiamate Kernot Range, dal nome del 
prof. Kernot, dell’ Università di Melbourne. Ad E., e a distanza di circa 
trentacinque miglia, sorgeva una catena di colline, che io chiamai col 
nome del sig. Basedov, membro del Parlamento di questa città. Dopo 
due altri giorni di cammino, giungemmo alla Stazione di Erldunda, 
proprietà dei signori Warburton e Tomlin, che ci fecero calda e cor 
diale accoglienza. 


« Le circostanze mi costringevano oramai ad accostarmi alla linea 
del telegrafo. Perd, siccome la posizione di Goyder Springs non era mai 
stata determinata, e la contrada a S.-E. di quella posizione non era 
mai stata rilevata, stimai che ancora un piccolo campo di attività mi 
stesse innanzi e che si potessero ritrovare altri punti dotati d’ acqua. 
Procedendo da Erldunda verso S.-O. toccammo Goyder Springs. Vi si 
trovano fonti riparate con argini alla estremità di lagune salse, defluendo 
acque fresche e limpide, con forte corrente, giù dai piccoli argini dove 
le fonti sono situate. I nomi indigeni di queste fonti sono « Elinburra » 
e « Koolida ». La quantità di acqua fornita da esse è praticamente 
illimitata, e la regione tutta attorno è splendidamente rivestita di vege- 
tazione. 

« Da questo punto camminammo attraverso una bella regione per 
sei giorni, dopo 1 quali arrivammo alla Stazione di Eringa, proprietà 
del sig. J. J. Duncan, membro del Parlamento. Il nostro breve soggiorno 
fu reso piacevole ed ameno dalla ospitalità dell’ amministratore, signor 
Treloar. Eravamo, in quel punto, a poche miglia di distanza da Char- 
lotte Waters, stazione del telegrafo. La esplorazione era finita. 

« Colgo questa opportunità per manifestare la mia gratitudine per la 
cortesia ed il gentile appoggio del Direttore e del Segretario dell’ Asso- 
ciazione per la esplorazione e lo studio dell’ Australia centrale. Scopi 
del viaggio erano esplorare e studiare. Mi stimo fortunato se vi parrà 
che io abbia raggiunto uno di questi scopi. E nel chiudere questa mia 
comunicazione, rendo un tributo di stima ai miei compagni per la loro 
cooperazione e la loro assistenza in ogni intrapresa connessa col nostro 
viaggio, che fu interessante, ma scevro di incidenti ». 

La relazione del sig. Tietkens è stata letta nella adunanza del 
25 ottobre 1889 della Società Geografica di Australia, Sezione di Sud- 
Australia, in Adelaide. 

In quella stessa adunanza, la Relazione suscitò da parte degli inter- 
venuti, osservazioni varie. Queste sono le principali: 

I prof. Tate notò che le roccie riportate dal sig. Tietkens non 
promettevano gran che, quantunque dimostrassero che la regione era 
in gran parte di carattere metamorfico. Ricche erano le collezioni bota- 
niche recate dall’ esploratore, rappresentando circa trecento specie; esse 
rivelavano, nondimeno, il tipo di una vegetazione desolata di deserto. 
Anche senza conoscere la provenienza, ben si scorgeva, dal loro aspetto, 
da qual genere di contrada provenissero. Mercè quelle collezioni si aggiun- 
gevano alla flora di Sud-Australia parecchie nuove specie, originarie 
certo della contrada asciutta del N.-O.. Le stesse specie raccolte sulla 


— 94 — 
Mac-Donnell Range, catena che scende più basso di parecchie cime 
prossime ad Adelaide, e dove sarebbesi potuto presumere di trovare 
traccie d'una flora alpina o sud-alpina, hanno invece il tipo del deserto. 
. Gli specimen di Monte Sonder escludono che, almeno in tempi recenti, 
quel luogo abbia mai goduto clima migliore dell’ attuale. 

Il Surveyor General, sig. G. W. Goyder, osservò che, se pure Ia 
esplorazione del signor Tietkens poteva dirsi relativamente fallita dal 
punto di. vista dello sperato incremento di risorse minerarie o pastorizie, 
l itinerario da esso tracciato avrebbe certo servito come utile base pet 
ulteriori escursioni. Il viaggio del sig. Tietkens ha inoltre dimostrato 
che, contrariamente alla speranza che se ne aveva, nessun grosso fiume 
si getta nel Lago Amedeo, riconfermando del pari che I’ interno dell’ Au- 
stralia consiste di una serie di basse montagne e di bacini poco profondi, 
formanti laghi nella stagione piovosa ed evaporantisi nella secca. 


O 
D. — GERARDO MERCATORE E LE SUE CARTE GEOGRAFICHE 


Ne attr 
per M. Fiorini professore all'Università di Bologna (1). 


I. 


& 1. Nascita ed adolescenza del MERCATORE; suoi studt all’ Université di Lo- 
vanio. — § 2. Speculazioni filosofiche sulla cosmogonia. — $ 3. Deliberazione di 
darsi alla matematica per divenire costruttore di strumenti geografici ed astronomici e 
compositore di carte geografiche. — $ 4. Progressi nei nuovi studî. — § 5. Predile- 
zione per la geografia e la cartografia. — § 6. Carta della Palestina del 1537. — § 7. 
Mappamondo del 1538. — $ 8. Sfere terrestri e celesti. — $ 9. Strumenti costruiti 
per CarLo V; opuscolo che li accompagnava; copie manoscritte che ne esistono in 
Italia. — & 40. Carta di Fiandra del 1540. — $ 44. Imprigionamento del Mer- 
CATORE e sua libertà. — 42. Emigrazione a Duisburgo. — $ 13. Carta d'Europa 
del 1554. — $ 44. Elevazione alla dignità di cosmografo del duca di Cleves; pub- 
blicazione della Cronologia. — § 15. Officina del MERCATORE dotata di stamperia. 
Suoi viaggi a scopo geografico. — $ 16. Carta delle Isole Britanniche e Carta della 
Lotaringia, ambe del 1564. — $ 17. Carta universale od usum mavigantium del 1569, — 
$ 18. Tavole di ToLomro edite nel 1578. — § 49. Intorno all’opera intitolata: 
Atlas. — § 20. Tavole della Gallia e della Germania del 1585; dell’Italia, Schiavonia 


(1) Nella prima parte di questa Memoria si tratta brevemente delle varie carte 
geografiche, dei globi celesti e terrestri composti dal MERCATORE, delle riforme geo- 


grafiche da lui operate; nella seconda delle projezioni impiegate nella composizione 
delle carte. 


e Grecia del 1590; preparazione di una terza pubblicazione. Morte avvenuta nel 1592. 
Pubblicazione fatta dal figlio RumoLpo. — § 24. Vicende dell’ Atlante dopo la morte 
di RumoLpo. — § 22. Altre opere del MERCATORE. — § 23. Correzione degli er- 
rori di ToLomeo. — § 24. Del primo meridiano. — § 25. Magnetismo terrestre e 
polo magnetico. — § 26. Abilità per procurarsi i dati necessarî alla composizione 
delle carte. — § 27. Cultore della geografia matematica, storica, politica e fisica. 


§ 1. — Le grandi navigazioni, le maravigliose scoperte di nuovi 
mari, di nuove isole, di nuovi continenti, fatte in sullo scorcio del se- 
colo XV e nel primo quarto del XVI, diedero alla Geografia novello e 
potente impulso. Numerosi sorsero allora i cultori degli studi geografici. 
Sopra tutti si elevò GrrARDO De CREMER che cognominossi MERCA- 
TORE (1). 

Nato nel 1512 a Rupelmonde in Fiandra, figlio ad un calzolajo, 
preso a proteggere dal suo grande zio GisBERTO, fratello dell’avo e 
curato dell’ospizio nel paese nativo, dopo di avere fatti i primi studî 
di latinità sotto la direzione del suo protettore, fu da questo mandato 
a compierli e ad iniziarsi nella dialettica a Bors-LE-DUC (Buscoducum), 
nel cui ginnasio ebbe a maestro Giorgio MACROPEDIO, persona dotta 
e rinomato istitutore (2). 


(1) Il primo biografo del MERCATORE fu il suo contemporaneo ed amico GUAL- 
TaRO GHIMNIO. La Vita Gerardi Mercatoris a Gualtero Ghymnio conscripta è nella 
prima e nelle successive edizioni, escluse le ultime, del Gerardi Mercatoris Atlas, sive 
cosmographica meditationes de fabrica mundi et fabricati figura ; è ancora nella decima, 
manca nelle posteriori. Dissero ultimamente di lui, per non citare altri, il LELEWEL, 
il VAN RAEMDONCK, il BREUSING ; il primo nella Géographie du moyen dge. Bruxelles, 
Tom. II, 1850; il secondo nel gran volume: Gérard Mercator, Sa vie et ses oeuvres. 
S.t Nicolas, 1869, dove ne fece un'estesa biografia, ed in parecchi opuscoli, come in 
quello intitolato : Gérard de Cremer ou Mercator, géographe flamand. S.t Nicolas, 1870, 
dove seguita a tratteggiarne la vita; l’ultimo nella conferenza: Gerhard Kremer gen. 
Mercator, der deutsche Geograph. Duisburg, 1869. Veggasi pure la recensione del nominato 
opuscolo del VAN RAEMDONCK comparsa in Petermanns Mitteilungen, 1869, p.438,e l'altra, 
che riguarda il volume citato del VAN RAEMDONCK e l'opuscolo del BREUSING, pubblicata 
dal BERTRAND nel Journal des savants, année 1870, pp. 86-98. Ogniqualvolta citeremo 
il van RAEMDONCK senza indicare l’opera, s'intenderà citato il gran volume. 

(2) Le ricerche del VAN RAEMDONCK portano a conchiudere che gli antenati di 
GERARDO MERCATORE erano originarî di Rupelmonde, che l’avo, in cerca di migliore 
fortana, si trasportò a Gangelt, villaggio del ducato di Cleves in Prussia; che, dopo 
la sua morte, l'uno dei due figliuoli, UBERTO, pensò di ritornare, insieme alla fami- 
glia, al paese paterno, dove giunse colla moglie incinta, la quale diede ben presto alla 
luce GERARDO, sesto ed ultimo genito, nella casa del curato GISBERTO, zio paterno, 
che provvisoriamente aveva dato alloggio al nipote. E però GERARDO, come conchiude 
il VAN RARMDONCK era, da parte degli antenati, oriundo di Rupelmonde, dove nacque 
e vi passò la puerizia e l'adolescenza. 


— 96 — | 

GERARDO, in meno di un quadriennio, terminò gli studi ginna- 
siali. E, quando stava per compiere i diciannove anni, si recò, a spese 
del curato GISBERTO, all'Università di Lovanio; vi si immatricolò col 
cognome di MERCATOR (1) nella Facoltà delle Arti, dove s’ insegna- 
vano logica, fisica, metafisica, filosofa morale ed eloquenza, ed al ter- 
mine del biennio ottenne il grado finale di magistero. 

§ 2. — L'alunno di Lovanio, piena la mente di filosofia, fece 
ritorno a Rupelmonde. Ma ben poco vi si trattenne. I nuovi ideali lo 
richiamarono a Lovanio, dove fissò la sua dimora per darsi intieramente 
alla filosofia naturale. Gli studi che più l’attraevano erano i cosmogo- 
nici. Con ardore immenso si mise a ricercare la soluzione del problema 
della genesi del mondo. Tanta era la passione con cui attendeva alla 
grande questione che, per isfuggire le noje degl’importuni ed i sar- 
casmi dei malevoli, lasciò Lovanio e si portò ad Anversa per meglio 
meditare nella solitudine domestica. Là ha potuto creare la sua cosmo- 
gonia, andando bensì incontro ai precetti. di ARISTOTELE, che allora 
regnava sovrano nelle scuole, ma non mettendo in urto, ciò che a lui 
moltissimo importava, la ragione colle sacre carte. 

§ 3. — Tornato a Lovanio, continuò nelle ricerche filosofiche, a 
lui cotanto care. Ma non era ricco, non avea la minima rendita. Lo 
zio GISBERTO, anch’esso non ricco, sibbene agiato, seguitava ad ajutarlo. 
Fiducioso, da prima, di potere trarre qualche vantaggio pecuniario dagli 
studî filosofici, si accorse, di poi, che ai filosofi, come ai poeti, non di 
rado sta l’esclamare: Carmina non dant panem. Per lui poteva anche 
avverarsi il detto: Povera e nuda vai filosofial Doveva egli vivere sem- 
pre a spese del buono zio GissERTO ? Che, sarebbe stato di lui quando 
si fosse scelta una compagna ad infiorargli un poco la vita? Alla 
mente agitata da tali pensieri tornò la calma. L'uomo che fino allora, 
immerso nelle speculazioni filosofiche, aveva continuamente meditato 
sulla cosmogonia, prese una ferma risoluzione. Lasciati gli studî predi- 
letti col proposito di non abbandonarli per sempre, di sospenderli sol- 
tanto temporaneamente, volle consacrarsi ad altre occupazioni, le quali, 
pur non cessando di dargli soddisfazioni intellettuali ed essendo, in 
certo qual modo, una dipendenza delle anteriori ricerche, potessero sor- 
reggerlo nelle necessità della vita. E così pensò d’ istruirsi nelle matema- 
tiche per prepararsi a divenire costruttore di strumenti geometrici, ge0- 


(1) È la versione latina del cognome CREMER che in fiammingo significa met- 
ciajuolo. Il fratello GisBERTO, vicario a S. Nicolas, imitò GERARDO nella latinizsa- 
zione del cognome. Tutti gli altri fratelli e parenti, continuando ad essere artigiani, 
conservarono l’antico cognome CREMER (VAN RAEMDONCK; op. cit., p. 315). 


el ae ee — - 


grafici ed astronomici e compositore di carte geografiche, che avrebbe 
disegnate, incise ed alluminate di propria mano, proponendosi anche 


d’imprimerle nella propria officina. 

Il bisogno acuisce la mente. Con tanto ardore si accinse ai no- 
velli studi, con tanta intensità coltivò la nuova scienza, con tanto in- 
geguo e tanta destrezza di mano attese alle nuove discipline, che di- 
venne primo fra i primi nella costruzione degli strumenti e dei globi 
celesti e terrestri, sommo nella composizione delle carte geografiche, e 
che fu proclamato, per consenso universale, il principe dei geografi. Se il 
filosofo Rupelmondano non si fosse trovato faccia a faccia colla miseria, 
(se non presente, futura, chè, morto il curato, cessavano i soccorsi) non 
avrebbe, per certo, dato un addio alle meditazioni filosofiche, alle ri- 
cerche cosmogoniche. Le opere nate dalle sue speculazioni ed ossequenti 
alla Bibbia avrebbero forse avuto un po’ di fama nel secolo XVI, ma 
presto sarebbero cadute nell'oblio; poco o nessun vantaggio ne sarebbe 
venuto all'umanità; il nome suo giacerebbe dimenticato; la Geografia 
avrebbe forse dovuto aspettare ancora per molto tempo il suo riformatore. 

§ 4. — Fra i docenti che nella prima metà del cinquecento il- 
lustrarono l'Università di Lovanio levò alta fama di sè GemMA FRISIO (1). 
Fu medico illustre, matematico celeberrimo, costruì globi e strumenti 
astronomici, compose ed incise di propria mano carte geografiche, e 
coltivò, in particolare guisa, la Geografia matematica dandone prova col 
commentare la Cosmografia dell’Aprano (2). Sotto tanto maestro studiò 
il novello alunno, non ascoltandone le lezioni all'università, ma priva- 
tamente e nel fine di essere ammaestrato nelle matematiche e nella co- 
smografia. I suoi progressi furono sì rapidi che la Facoltà delle Arti, 
dopo poco tempo, gli concesse d’insegnare in privato le discipline ma- 
tematiche. Intanto, per le minervali che gli procacciava |’ insegnamento 
e molto probabilmente per la vendita degli strumenti che avrà fabbri- 
cati, cominciarono a migliorare le sue condizioni economiche. E ciò è 
sì vero che lo vediamo, all’età di 24 anni, ‘condurre in isposa una gio- 
vane di Lovanio, la quale, come afferma il suo biografo ed amico, il 
Ganmio, era di costumi purissimi, istruita per bene nell'adempimento 
delle faccende domestiche ed adatta al suo genere di vita (3). 


(1) Ramizro Gemma, nato a Dockum in Frisia, morì a Lovanio nel 1555. 

(2) Pietro AriANO (BIENEWITZ), nato a Lipsia nel 1495, professore di mate- 
matica nell’ Università di Ingolstadt, morto nel 1552, pubblicò il suo Cosmographicus 
hier a Landshut nel 1524. 

(3) Il nome della sposa era BARBARA SCHELLEKENS, dalla quale ebbe tre figli e 
tre figlie, ARNOLDO, BARTOLOMEO, RUMOLDO, EMERANZIA, DOROTEA, CATERINA. 


7 


— 98 — 
8 5. — Nello stesso modo che fra gli studi filosofici, a cui da 
prima era intento, prediligeva la cosmogonia, così nelle nuove discipline 
pose amore speciale alla Geografia che con quella ha tanto legame e 
per cui ebbe sempre una vera passione, la quale mai lo abbandonò. 
Jupoco OnpIio, che gli sopravvisse, di lui ha: Jam vero in geographicis 
quantus ardor è puerum ferunt dies noctesque tanta animi contentione istud 
studit genus tractasse, ut saepe neque cibum interdiu, neque somnum nocte 
caferet. E, detto che in lui, divenuto vecchio, tale ardore mai sminuì, sog- 
giunge che gli si può, anche meglio, applicare ciò che di GALLO, ap- 
presso CICERONE, riferiva CATONE: Mori illum videbamus in studio di- 
metiendi pene coeli atque terrae. Quoties illum lux noctu aliquid descri- 
bere quoties non oppressit quum mane coepiîsset (1) ? Il MERCATORE stesso, 
detto come avesse concepita un’opera geografica divisa in tre parti, la 
prima delle quali doveva contenere la più recente pittura delle terre 
e dei regni, la seconda le Tavole Tolomaiche restituite secondo la mente 
dell'autore, la terza la Geografia antica castigata ed ampliata, e come 
infine volesse perlustrare la genesi del mondo, così descrive la sua at- 
trazione per tali discipline: Quibus pulcherrimis, utilissimis simulque 
difficillimis studis licet totus sim addictus, amice lector (ut paulisper di- 
grediar admitte quaeso), nec sit in toto rerum humanarum numero quo 
magis delectet, ita ut molestae pene sint alia etiam necessariae occupa- 
tiones, ecc. (2). Così, poi le elogia: Sic tandem de universa geographia, 
magno Principum et tottus orbis commodo absolveretur, quae usque adeo 
est necessaria, ut neque mercatores ad nobilissimas ditissimasque regiones 
accessum habeant, ut cum gentibus undique contractent, et christianis 
omnes terras familiares faciant, neque Principes de suis ditionibus aliquid 
certi et solidi statuere possint, nisi operose et parum fidelibus subinde 
ministris, quia desunt tabulae, oculati totius ditionis et situum te- 
stes (3). 
Sì celebre divenne nel comporre, disegnare, incidere ed alluminare 
le carte geografiche, che tutti i suoi contemporanei lo dichiararono 
primo fra tutti i geografi e cartografi. L'’OrteELIO lo proclama il To- 


(1) Vedi la dedica dell’Onpro al lettore in Claudii Ptolemaei Alexandrini geogra- 
phiae libri octo, primum recogniti et emendati cum tabulis geographicis ad mentem aucto- 
ris restitutis per Gerardum Mercatorem, jam vero a Petro Montano iterum recogniti 
et pluribus locis castigati. Francofurti 1605. 

(2) Praefatio ad lectorem in Chronologia, Hoc est temporum demonstratio exactis- 
sima, auctore Gerardo Mercatore. Colonia Agrippinae 1569. 

(3) De mundi creatione ac fabrica liber, caput I nel Gerardi Mercatoris Atlas. 


— 99 — 
lomeo del suo secolo, il corifeo dei geografi (1). L’ ONpI0 lo loda per 
le molte doti, spesso negate ai dotti, delle quali era adorno e che rendono 
sommo il geografo (2). Prerro BERTIO, geografo e storiografo di 
Lurci XIII, pone in rilievo la sua abilità nel disegnare ed anche più 
nell’ incidere (3). E BERNARDO FuRMERIO lo dice: ingenio dexter, dexter 
et ipse manu (4). Nel fine, poi, di curare sempre più la produzione delle 
carte geografiche dotò la sua officina di una stamperia, affinchè perfetta 
riuscisse la loro impressione (5). 

$ 6. — La prima opera geografica del MERCATORE è la carta di 
Terra Santa (Amplissima Terra Sancta descriptio), in foglio grande, de- 
dicata a FRANCESCO CRANEVELD, consigliere al Gran Consiglio di Ma- 
lines, e pubblicata a Lovanio nel 1537. Nè è da stupire che abbia 
esordito con tale tavola. La descrizione dei Luoghi Santi ebbe sempre 
grandi attrattive; fin dall’ epoca delle crociate erano ricercate le carte 
della Palestina. MARINO SANUTO, in sul principio del trecento, ne ador- 
nava il suo classico Liber secretorum fidelium crucis, che presentava al 
papa ed ai più potenti principi d’ Europa per indurli a cacciare gl’in- 
fedeli da Gerusalemme, dalle coste della Siria, dall'Egitto e dagli altri 
luoghi abitati da cristiani (6). Vivo, prepotente era pure, nel se- 
colo XVI, nel fervore delle lotte religiose e dello studio dei vangeli, il 
bisogno di conoscere i luoghi percorsi da Gesù, i luoghi dove si com- 
pirono i meravigliosi avvenimenti narrati dalle sacre carte. 

Di quel primo saggio geografico, che riscosse |’ universale ammi- 


(1) Vedi il Zheatrum orbis ferrarum A. Ortelii. Antuerpiae 1570, dove il 
MercaTORE, nel Casalogus auctorum tabularum geographicarum è denominato mostri 
saeculi Ptolemacus, e dove, nella notizia che precede il 7ypus orbis terrarum, si ha: 
Gerardus Mercater Geographorum nostri temporis coriphaeus, 

(2) L’OnD10, nel luogo citato nella quart’ ultima nota, dice che nel MERCATORE 
al valore nella scienza geografica accoppiavasi singularis guaedam et doctioribus fere 
megata scribendi eleganter pingendigue, praeterea et caelandi peritia : quod illi potisss- 
mem fesfari possunt qui alatem omnem in hisce artibus consumpserunt. 

(3) Nella prefazione al 7heatrum geographiae veteris, edente Petro Bertio, Lug» 
duni Batavorum è: Sed descriptiones Ptolemaci in charta primum delineans, postea 
ari (mam et hac arte ad miraculum usque excelluit) incidens.... 

(4) Nei versi per l'effigie del MERCATORE, la quale ne adorna |’ Aflante. 

(5) Vedi il successivo § 15. 

(6) Il libro del SanuTo fu stampato, per la prima volta, ad Hanau nel 1612 
dal Boncarzio nel tomo II della Raccolta: Gesta Dei fer Francos. Intorno al quale 
libro, di cui si hanno più codici, e di gui dissi in Ze froyessoni delle carte geografiche, 
Bologna, 1881, pp. 654-664, si consulti: /storno a Marino Sanuto il Vecchio. Stud? di 
E. Simonsfeld, versione del Conte C. Soranso, nell’ Archivio Veneto, Tom. XXIV, Parte II, 
Venezia 1382. 


— 100 — 
razione (1), nessun esemplare, per quanto si sa, è a noi arrivato. In- 
fruttuose furono le ricerche instituite nelle principali biblioteche d' Eu- 
ropa per trovarne qualche copia. Eppure molti debbono esserne statì 
gli esemplari posti in vendita. Il solo librajo PLANTIN di Anversa ne 
acquistò 121, nel corso di quattro anni, dal 1568 al 1572, ciò è dire, 
trent'anni dopo la pubblicazione della carta (2). E chi sa dire quanti 
esemplari si saranno venduti prima che il MERCATOR® entrasse in re- 
lazione col PLANTIN? Quanti se ne saranno esitati, anche dopo, senza 
. l'intervento del librajo di Anversa? 

§ 7. — Altra carta composta dal geografo di Rupelmonde venne 
in luce a Lovanio nel 1538, un anno dopo la pubblicazione della Ta- 
vola di Terra Santa. È un mappamondo a doppio cuore composto in 
base alle projezioni del WERNER (3) e secondo il sistema del Finto, 
che uno ne aveva pubblicato nel Movus orbis (4). I due cuori sono 
attraversati dal meridiano centrale rettilineo e si toccano in un punto 
dell'equatore che fa parte della loro curva terminale; l’ uno comprende 
l'emisfero boreale, l’altro l'australe. Di tale carta fino a pochi anni fa 
non si conosceva alcun esemplare; e, ciò che è anche più strano, 
s’ignorava affatto avere essa esistito. Nè lo stesso MERCATORE che 
spesso cita, nelle sue opere, i proprî lavori cartografici, nè il GHIMNIO 
che, essendogli stato amico, ne fu il biografo, nè l ORTELIO, pure suo 
amico, estensore del catalogo di tutte le carte geografiche che gli 
erano cognite (5), nè altri scrittori contemporanei o posteriori mai vi 
hanno posto mente (6). È soltanto da pochi anni che ne fu scoperto 


(1) Il Gutmnio (op. cit.) ha: ZArorsus est Lovanii a descriptione Terrae Sanctae, 
quam deinde multorum cum admiratione anno Domini trigesimo seplimo absolvit et 
“sn publicum prodire curavit — ANDREA MASIO, rinomato erudito del secolo XVI, ricor- 
reva al MERCATORE ed alla sua carta per risolvere alcune questioni sui Luoghi Santi. 
Vedi: Za glographie ancienne de la Palestine. Lettre inédite de Gbrard Mercator è 
André Masius (Extrait du Bull. de l Ac. d'Archéologie du Belgique, 1883.) 

(2) Relations commerciales entre Chr. Plantin et Gér. Mercator, par le D. IL VAN 
RAEMDONCK (Extrait des Bull. de la Soc. de Géog. d’ Anvers), Anvers, 1880, p. 29.- 

(3) Delle projezioni del WERNER ho trattato in Le projestoni delle carte geogra- 
fiche. Bologna 1881 p. 472 e 520 e in Le projezioni quantitative ed equivalenti della 
cartografia, § 9 (Boll. della Soc. geog. ital., Ottobre e seg., 1887). 

(4) Novus orbis regionum ac insularum veteribus incognitarum, una cum tabula 
cosmographica. Paristis MDXXXI. 

(5) Catalogus auctorum tabularum gtographicarum quetquot ad nostram co- 
ausifionem hactenus pervenere nel Theatrum orbis terrarum Abrahami Ortelii, Antuer- 
pia, £570. 

(6) Recano stupore il silenzio degli scrittori intorno alla mappa cordiforme del 
MERCATORE e l'ignoranza della sua esistenza, durata sino al 1878, quando si pensi 


— 101 — 
un esemplare legato insieme alle tavole di ToLomeo pubblicate dallo 
stesso MERCATORE (1), il cui volume, acquistato da un dotto americano, 
fu da questo donato, a motivo della sua importanza e per sicurezza di 
conservazione, alla Società Geografica di Nuova-York. La quale segnalò 
nel suo BOLLETTINO del 1878 |’ importante scoperta. 

La stessa Società, che nel 1879 aveva pubblicata in piccola scala 
una riproduzione della Mappa Mercatoriana, non ha esitato, in grazia 
anche delle preghiere del van RAEMDONCK, cotanto benemerito per le in- 
defesse ricerche intorno alla vita ed alle opere di GERARDO MERCATORE, 
a riprodurla nel 1886, alla stessa scala dell’ originale (2). Con tale atto 
ha reso accessibile a molti un’ opera importante del grande geografo e 
provveduto a che per qualche eventualità non venisse totalmente perduta. 

§ 8. — L'officina che il MERCATORE aveva creata a Lovanio 
produceva e carte e strumenti. Fra questi tenevano posto importante 
1 globi terrestri e celesti. Di una sfera terrestre si ha precisa notizia. 
È quella dedicata a NICOLA PERRENOT, signore di Granvelle, amico e 
cancelliere di Carro V, la quale fu pubblicata a Lovanio nel 1541 (3), 


che il numero degli esemplari stampati doveva essere non piccolo, poichè ora si sa, 
e ciò da poco tempo, che l'autore ne aveva ceduti cinquantanove nel 1567 al li- 
brajo PLANTIN di Anversa (Relations commerciales entre G. Mercator et Chr. Plantin. 
Anversa 1880, p. 29. 

(1) Zabulae geographicae CI. Ptolemaci ad mentem autoris restituta et emendatae 
per Gerardum Mercatorem. Coloniae Agrippinae MDXXXVUI. 

(2) Photolithographal Copy of Gerard Mercator's Mapamonde of 1538 from an 
original Engraving in the library of the American Geographical Society. 

Vedi : Orbis image. Mappemonde de Gérard Mercator de 1538 par F. Van 
Raemdonck (Ext. des Annales du Cercle archéologique du Pays de Waas. S. Nicolas 
4886), e la mia Memoria: Ze projesioni cordiformi della cartografia nel Bollettino 
della Società geografica italiana. Serie III. vol. II. Luglio 1889, e precisamente a 
pag. 461-467. Ivi è detto che del mappamondo del MERCATORE fu stampata un’imi- 
tazione, una copia genuina, a Roma dal LAFRERI, senza indicarne il vero autore; che 
di tale contraffazione esiste un esemplare a Torino nella biblioteca dell’ Archivio di 
Stato ed altro se ne ha a S. Nicolas in Belgio nella biblioteca del Cercle archéolo- 
degique du Pays de Waas; e che a Venezia, nella Marciana, si ha una copia della 
ristampa della contraffazione, col nome, non più del LAFRERI, ma del SALAMANCA. 
Ora debbo aggiungere che altro esemplare del LAFRERI è pure nella biblioteca .mu- 
nicipale di Breslavia, come mi scriveva, non è molto, il signor ALFONSO HEYER, 
il quale attende ad uno studio sulle carte geografiche che in gran numero sono pos- 
sedute da quella biblioteca; e che ultimamente ho potuto constatare come in Roma 
sieno tre esemplari dell'edizione del LAFRERI, posti in tre volumi di carte incise del 
secolo XVI, posseduti dalla Biblioteca Vittorio Emanuele. 

(3) I fusi di rivestimento della sfera, incisi di mano dell’ autore, avevano I’ iscri- 
zione : Edebat Gerardus Mercator Rupelmondanus cum privilegio Caes Maiestatis ad 
an. sex, Lovanii 1541. 


— 102 — 
e forse accompagnata da un piccolo trattato che ne spiegava l’ uso e 
la differenza dalle sfere di altri autori (1). 

Si ha pure esatto ragguaglio di una sfera celeste edita a Lovanio 
dieci anni dopo la comparsa della terrestre e colle stesse dimensioni 
di questa. È la sfera da lui incisa, costruita e dedicata nell’ aprile 
del 1551 a Grorcio bp’ AUSTRIA, principe e vescovo di Liegi, dotto pre- 
lato e parente di CarLo V. Anche questo globo era probabilmente, come 
forse il terrestre, accompagnato da un opuscolo che spiegava il modo 
di adoperarlo (2). 

Delle due sfere, la terrestre e la celeste, parla in modo esplicito 
il GHIMNIO (3). Alla prima accenna il RUSCELLI, il quale, detto come « le . 
palle a stampa » si debbono fare piuttosto pitcole, soggiunge: « Tut- 
tavia io ne ho pur vedute alcune, che avevano da tre palmi e mezzo 
di diametro, come è una, che me ne mandò gli anni a dietro a ve- 
dere AURELIO PORCELLAGA, donatagli da Monsignore di GRANVELLA, 
stampata in Allemagna e dedicata a suo padre, o a lui, chè non bene 
mi ricordo questo particolare, ma so bene che la palla era molto 
bella, e molto giusta, ed intagliata da persona molto rara, per quanto 
se ne vedeva nella bellezza del disegno e delle lettere (4). » 

Non è molto che la Biblioteca reale di Bruxelles ha potuto ador- 
narsi di un esemplare dei fusi di rivestimento delle due nominate sfere, 
la celeste e la terrestre. Essa li acquistò nel 1868 alla vendita pubblica 
dei libri di Benoni VERELST in Gand. In grazia, poi, delle insistenti 
preghiere del dottore J. van RAEMDONCK e della munificenza del Go- 
verno belga, il prezioso esemplare fu riprodotto in fotolitografia (5). 


A ff AA ASÒSAMO SA 


(1) In uno dei fusi di rivestimento della sfera leggesi : Ubi ef quibus argumentis, 
lector, ab aliorum descriverimus editione libellus noster indicabit. Con che è significata 
l' intenzione dell’ autore di scrivere un opuscolo per spiegare la sfera. 

(2) Conf. van RAEMDONCK, op. cit. p. 32. 

(3) Op. cit. 

(4) Espositioni et introduttioni universali di Girolamo Ruscelli sopra tutta la 
geografia di Tolomeo, In Venetia MDLXI. Cap. III Del modo di fare la descrittione 
del mondo in carta piana da potersi stampare et accomodare poi giustamente sopra il 
corpo tondo della palla materiale, 

(5) Sphere terrestre et sphere céleste de Gérard Mercator de Rupelmonde bdittes à 
Louvain en 1541 et ISSI. Edition nouvelle de. 1875 0 apròs l'original appartenant a 
la Bibliotheque Royale de Belgique, Bruxelles 1875. La quale edizione fu accompagnata 
dall’ opuscolo: Les spAdres terrestre et céleste de Gérard Mercator (1541 et 1551). 
Notice publiée & loccasion de la reproduction à Taide du fac-simile des leurs fuseaux 
originaux, gravés par Mercator et conservés à la Bibliothéque Royale a Bruxelles, par 
le D. F. van Raemdonck. Saint-Nicolas, 1875. 


— 193 — 

Nè mai cessò da parte del MERCATORE la produzione di globi ce- 
lesti e terrestri. Si hanno documenti che ne attestano la fabbricazione 
di sei paja dal 1574 al 1578, cedute al dottore GioacHIiNno CAMERARIO 
di Norimberga (1) e di altre ventiquattro paja acquistate dal 1566 al 
1582 dal librajo PLANTIN di Anversa (2). Ciò mostra che l'officina Mer- 
catoriana deve avere prodotto un gran numero di tali globi. Ultimamente 
di alcuni fu constatata |’ esistenza. A Vienna, nella biblioteca della Corte 
imperiale, sono una sfera terrestre ed una celeste; a Weimar, nella 
biblioteca granducale, havvene un altro pajo; altro a Parigi nel Museo 
astronomico deli’ Osservatorio ; ed a S. Nicolas nel Belgio il Circolo ar- 
cheologico del paese di Waas possiede pure una coppia di sfere Merca- 
toriane acquistate nel 1881 a Madrid (3). 

§ 9. — Altri strumenti, oltre i globi, fabbricava il nostro autore. 
Si sa che il Signore di Granvelle, NicoLa PERRENOT, al quale era stata 
dedicata la sfera terrestre del 1 541, lo presentò a CarLo V, e che questi, 
intelligente delle discipline matematiche, a cui in gioventù erasi appli- 
cato, quando frequentava 1’ Università di Lovanio, gli diede l’incarico di 
fabbricare parecchi strumenti geometrici per servirsene nelle sue cam- 
pagne militari. La prova che l'Imperatore li portasse seco quando guer- 
reggiava sta in ciò, che nella guerra sassone il nemico, invaso, per 
una improvvisa sortita, il campo imperiale, mise in fiamme gli at- 
tendamenti e che per tale modo andò distrutta la collezione degli stru- 
menti del MERCATORE. Al quale fu tantosto rinnovato l’incarico di co- 
struirne altri, poichè a CARLO V pareva di non potere bene eseguire le 
operazioni militari quando ne fosse stato privo. 

Qui non si arrestò l’opera sua in pro’ dell'Imperatore. Nel 1552 
gli offerse un sistema di due sfere, una celeste di cristallo, ed una ter- 
restre di legno di minore dimensione e posta nel centro della prima, 
accompagnato da un ago calamitato, da un gnomone sferico e da un 
quarto di circolo ; e gli presentò pure un altro maraviglioso strumento, 
l'anello astronomico. L'impiego di cotali strumenti non era tanto facile. 


(1) VAN RAEMDONCE, G. Mercator, ecc. p. 139 e 246; vedi pure I’ opuscolo 
indicato nella nota precedente, p. 21 e 64. 

(2) Relations commerciales entre G. Mercator et Ch. Plantin, p. 29. 

(3) VAN RAEMDONCK, Ordis imago. Mappemonde de Gérard Mercator, S. Nicolas 
1886, p. II., e dello stesso auture: Spheres connues de Mercator (Extrait des Annales 
du Cercle archtologique du Pays de Waas, Tom. XII, ame livr., 1889); vedi pure la 
Memoria del Wieser: Der portulan des Infanten und nachmaligen Kinigs Philipp II 
von Spanien, inserita in Silsungsberichte der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften, 


phil, hist. Classe. Marzo 1876, p. 547; vedi inoltre |’ APPENDICE in fine di questa 
Memoria. 


— 104 — 
E però scrisse per l'Imperatore un opuscolo a fine di spiegarne l’uso, come 
attesta il GuimnI0, dal quale si ha che verso il 1551 (meglio 1552) con- 
seripstt libellum de usu globi ad Carolum quintum Imp., ttem de usa annuli 
astronomici tractatulum. Di questo opuscolo, contenente i due accennati 
libelli e non mai stampato, è perduto |!’ originale. 

Al LELEwEL, che fu grande ricercatore delle opere del MERCATORE 
e che scriveva verso la metà di questo secolo, o ad altri, per quanto 
si sa, non era giunta notizia che ne esistesse copia manoscritta in 
qualche biblioteca. Ora la cosa è bene in altri termini: è risaputo che 
l'’ Ambrosiana di Milano ne possiede un esemplare. È questo inserito nel 
codice segnato 107, FR. suferiore, contenente parecchi manoscritti di 
vari autori, nel cui indice è notato il titolo: L’opuscolo ai Mercatore. 

Il signor RUELENS, venuto nel 1866 in Italia a ricercare, per in- 
carico avuto dal governo belga, i vecchi manoscritti che potessero 
interessare la storia del Belgio, di ritorno in patria segnalò, fra le altre 
rarità, l'opuscolo Mercatoriano esistente all’ Ambrosiana ed intitolato : 
Declaratio insigniorum utilitatum quae sunt in globo terrestri, coelesti, et 
annulo astronomico, ad invictissimum Romanum Imperatorem Carolum Quin- 
fum. Il quale è diviso in tre parti che trattano, rispettivamente, dell’ uso 
del globo terrestre, del globo celeste e dell'anello astronomico, ed in- 
comincia coll’ invocazione all'Imperatore : /nvichissime Cesar e termina 
colla sottoscrizione: Sacratissimae Majestati tuae Gerardus Mercator 
Rupelmondanus servus humillimus. 

Al Dottore van RAEMDONCK, come quegli che allora stava prepa- 
rando una completa biografia del geografo di Rupelmonde, fu dato 
avviso, in modo speciale, del Manoscritto Ambrosiano. Fu per lui una 
insperata fortuna. Avuti dall’ abate GATTI, bibliotecario dell’ Ambrosiana, 
tutti i chiesti schiarimenti che lo persuasero non ispettare il manoscritto 
alla mano del MERCATORE ed essere una copia fatta da penna italiana 
in sul principio del secolo XVII, egli rese un reale servigio alla scienza 
geografica facendone una pubblicazione, dottamente illustrata ed anno- 
tata, comparsa nel 1868 a S. Nicolas nel Belgio (1). 


(1) Il N° § delle Publications extraordinaires du Cercle archéologique du Pays 
de Waas contiene: Declaratio insigniorum utilitatum, quae sunt in globo terrestri, coe- 
lesti, et annulo astronomico ad invictissimum Romanum Imperatorem Carolum Quintum. 
Opuscule inédite de Gérard Mercator, publié et annoté par le D. van Raemdonck. 
S Nicolas 1868. . 

e Le manuscrit en question (scrive il VAN RAEMDONCK a p. 5) qui figure en hui- 
e titme rang dans le Codex et n'y occupe que quatorze pages, n’est pas, au rapport 
« de M. Gatti, de la main de l'illustre géographe de Rupelmonde: l'écriture, dit-il, 


— 105 — 

Il vanto che ha I Italia di possedere, nell' Ambrosiana di Milano, 
una copia manoscritta del celebre opuscolo Mercatoriano non è unico. 
In Venezia ne esiste altra copia che fa parte di un volume contenente, 
come si dirà in appresso, un manoscritto di altro autore e spettante al- 
l’erudito dottore FERDINANDO JAcOLI, professore alla scuola dei macchi- 
nisti di Marina, oculato raccoglitore di libri scientifici rari, il quale lo ac- 
quistò in Milano, sette od otto anni or sono, dal librajo Pietro 
VeRrGARI. « Ignoro, egli mi scrive, a chi appartenesse prima di passare 
« in proprietà del VerGARI (ora defunto), nè il detto manoscritto ha 
indicazione alcuna, dalla quale si possa desumere l'anteriore proprie- 
tario ». E soggiunge: « Il carattere poi, in cui è scritto 1’ intiero 
volume, è tutto di una stessa mano. Ha molte abbreviature; e dalla 
uniformità in generale della scrittura, all'infuori di alcune pagine scritte 
in un carattere più o meno largo, e dalle ragioni che dirò in seguito, 
a me sembra trascritto da un amanuense della seconda metà del se- 
colo XVI ». A tale riguardo debbo aggiungere che, il nominato pro- 
fessore avendomi gentilmente mandata la fotografia della terza pagina 
del posseduto manoscritto, della pagina cioè, dove incomincia il testo, 
la comunicai all’ abate Cerrant, l'illustre bibliotecario dell’ Ambrosiana 
di Milano, il quale, colla più squisita cortesia rispondendo alle mie do- 
mande, mi significò come il manoscritto, di cui aveva sott'occhio la 
fotografia, debba ritenersi scrittura italiana del secolo XVI, od anche del 
principio del secolo seguente, e come questa, benchè più elegante, sia 
dello stesso tipo che ha la scrittura del già nominato Manoscritto Am- 
brosiano. 


A A A AA A A 


en est italienne et posterieure d’environ un demi-siècle, comme l'indiquent le papier 
et la conformation des lettres. Pour decider ce point avec plus de certitude, nous 
avons fait parvenir au bienveillant bibliothécaire de l’Ambrosienne un fac-simile de 
Yécritare et de la signature de Mercator, avec pritre de le confronter avec l’opu- 
scule. Confrontation fait, M. Gatti nous écrivit: que le Sac-simile est une écriture 
toute différente de celle de Mercator, et qu'il n'a plus le momdre doute que le ma- 
nuscrit de Milan ne soit qu’une copie ». 

Il dotto abate CERIANI, l'attuale bibliotecario dell’ Ambrosiana, mi ha confermato 
e spiegato con maggior precisione quanto il suo predecessore, I’ abate GATTI, scri- 
veva al VAN RAEMDONCK. In una sua lettera mi dice che la detta copia manoscritta 
dell’opuscolo del MERCATORE è scrittura italiana della seconda metà del secolo XVI 
e che « appartenendo ad una Miscellanea che era nella biblioteca PINELLI non po- 
« trebbe essere posteriore al 1601 ». 

Il PINELLI, a cui qui si accenna, non è altri che il celebre GIAN VINCENZO, 

sommo erudito, morto a Padova nel 1601, la cui biblioteca, trasportata a Napoli, fu 
dagli eredi venduta al Cardinale FEDERICO Borromeo fondatore dell’Ambrosiana. 


> 106 e 
Il professore JacoLI si compiacque pure mandarmi un'ampia de- 


scrizione del suo manoscritto, accompagnata da non pochi schiari- 
menti. Quella e questi, per la grande importanza dell’ Opuscolo Merca- 
toriano, qui trascrivo : : 


€ 
€ 


A A AA O A N 


A A AA AA A AA AA A A 


a A rh A A A 


« È un volume, egli scrive, legato in pergamena, e si compone di 
tre quinterni di 12 carte ciascuno, preceduti da due carte di guardia 
e seguiti da un pari numero di carte bianche parimenti di guardia, 
ed ha perciò in totale, comprese le quattro di guardia, 40 carte in 
gran parte intonse colle barbe e le cui dimensioni sono di circa 
mm. 250 X 140. Non ha numerazione alcuna, e solamente i tre quin- 
terni portano rispettivamente le segnature A, 8, Cin fondo a destra 
del recto della prima carta di ciascun quinterno; e dette segnature 
sono ripetute nel fondo a destra del verso dell’ ultima carta parimente 
di ciascun quinterno. | 

« Nel dorso in alto trasversalmente, in carattere minuto, ed ora 
quasi illeggibile, trovasi scritto il titolo del manoscritto, ed in basso 
longitudinalmente il N. 637, di carattere però diverso e di epoca 
posteriore ». 

Indi soggiunge : « Il recto della prima carta, ‘quella cioè portante 
la segnatura 4, ha solamente il seguente titolo: Declaratio insigniorum 
utslitatum que sunt in Globo ferrestri | coelesti, et annulo astronomico, ad 
Invictissimum Rom. Impera- | torem Carolum Quintum | Gerardi Mer- 
catoris Rupelmondani | Rogerii etiam Bachonis de lapide Magnete | h- 
bellus. — Fa d’uopo però avvertire che un precedente ignorante pos- 
sessore del manoscritto ha cancellate (in modo che restano perfetta- 
mente leggibili sotto le linee della cancellatura) le parole Gerard 
Mercatoris Rupelmondani, e superiormente ad esse .ha scritto Rogerii 
Baconis. Così pure ha fatto alla parola Rogerii della 5° linea, sopra 
la quale ha scritto ¢jusdem; per cui nell'assurdo concetto del detto 
possessore alle tre ultime linee del riferito titolo dovrebbero essere 
sostituite le seguenti: ogerti Bachonis | ejusdem etiam Bachonis de 
lapide Magnete | libellus. 

« Nel verso della detta prima carta leggesi solamente in alto: 
Explicatio praecipuorum et magis difficilum quae sunt in globo fer- 
restrî. Questa intitolazione manca nella edizione dello scritto del 
Mercatore, procurata dall’illustre dott. Van Raemdonck secondo il 
manoscritto dell’ Ambrosiana. Nella quale edizione si legge invece: 
De usu globi terrestris; e l'illustre editore, in una nota apposta pre- 
cisamente a questo luogo soggiunge: Quoique, sur la copie que nous 
avons recue de Milan, les sept premiers chapitres qui suivent, n’aient 


— 107 — 
point de titre général, nous avons cru cependant pouvoir leur. donner 


« pour titre: De usu globi ferrestris. 


anrenhnannaenaa 


« Nel recfo della 2° carta comincia il testo della aeclaratio, che 
seguita senza interruzione fino al verso della 17°, in fondo alla quale 
trovasi la sottoscrizione: Gerardus Mercator Rupel — mondanus servus 
humilus (1). 

« E poco dopo ha: Il testo della Declaratio del Mercatore, in- 
serto nel manoscritto, presenta alcune varianti d'importanza al testo 
edito dal dott. Van Raemdonck ed in generale ha una lezione, a 
mio credere, più esatta e sincera, a parte la punteggiatura, che è 
alquanto trascurata; il che sarebbe, a mio avviso, un criterio per 
dedurne che lo scrittore fosse un amanuense, che copiava da altro 
esemplare. Sarebbe fuori di proposito il segnare qui tutte le varianti 
che esistono fra il testo del manoscritto in parola ed il testo edito 
a S.t Nicolas. Ne accennerò alcune soltanto per darne un saggio, le 
quali, se non erro, correggono il testo edito. 

« A pag. 17 (lin. 25) della edizione stampata a St. Nicolas leg- 


« gesi: coque ibi fixo serico, mentre nel manoscritto, nel recto della 
e carta 4° (lin. 5) si ha: coque ibi fixo servato. 


« A pag. 21 (lin. 6) il testo stampato ha: Antonium Pium, mentre 
il manoscritto, nel vano della carta 6° (lin. 15-16) ha: Anfoninum 

« A pag. 21 (lin. 15-17) il testo stampato porta: ..... ubi Caput 
Finis terrae est, ad 20 graduum longitudinis retrahuntur, quae Pto- 
lemeus ponit in gradu 5 cum 1/4; item caput Sancti Vincentit habeat 
in longifudinem graduum 2 fere, quod Ptolemeo est in 3 gradu..... Il 
manoscritto invece ha nel recéo della carta 7° (lin. 11-16): ..... ubi 
caput finis Terrae est ad 10 graduum longitudinis retrahuntur quae 
Ptolemeus ponit in gradu 5 cum 1/4. Item caput S.ti Vincentit habeat 
in longitudinem graduum II fere quod Ptolemeo est in 3 gradu..... 

« A pag. 22 (lin. 15-17) il testo stampato dice: ..... quare in 


(1) Il professore JACOLI, seguendo la descrizione del volume, ha: « immedia- 
tamente nel recto della successiva carta 18 ed in alto (1° e 2* linea) leggesi: 
Rogerii Bachonis de lapide Magnete | libellus, il testo del quale scritto continua 
senza interruzione fino al verso della 35° carta. — Lo scritto in discorso ivi ter- 
mina (lin. 10-11) alle parole Actum in Castris in obsidione | Luceriae. Anno Dni 
1269 Viij die Augusti. La 36* ed ultima carta del manoscritto, escluse le già no- 
minate carte di guardia, è perfettamente bianca, meno la segnatura C nel verso e 
nel fondo a destra della detta carta. Ogni pagina piena del manoscritto ha 17 
linee. » 


€ 
€ 
€ 
€ 
€ 


— 108 — 
Insula Corvi erit in longitudine gr. 349 1/2, est enim littus proximum 
Olissiponae in gradu longitudinis 2 fere. Tt manoscritto all'opposto 
porta nel recto della carta 8° (lin. 7-9): Quare Insula Corvi, erit 
in longitudine, gr. 349 1/2, est enim littus proximum Ulissiponae in 
gradu longitudinis 11 fere. 
Dopo ciò, il professore JACOLI esprime desiderî ed augurî, ai quali 


intieramente mi associo. 


A A AÀ AAA A a 


« Sarebbe forse » egli ha nella chiusa della lettera « desiderabile 
una nuova edizione della Declaratio, fatta tenendo presente il testo 
del manoscritto dell’ Ambrosiana, nonchè quello del manoscritto da 
me posseduto, e si avrebbe così il vero testo dell'importante lavoro 
dell’ illustre cartografo fiammingo. Auguriamoci quindi che una florida 
salute e lunghi anni di vita ancora permettano all’illustre dottore 
Van Raemdonck, che tanto operò per la gloria del Mercatore, di 
occuparsi ancora di questa nuova edizione, come a lei ed a me ha 
promesso di fare » (1). 

Il vAN RAEMDONCK, in riguardo ai due manoscritti dell'opuscolo 


Mercatoriano che son”) in Italia, ultimamente scriveva: « En 1866 M. Rue- 


a Aa A AA A A A 


lens, conservateur à la Bibliothèque Royale de Bruxelles, découvrit a 
Milan une copie de l’opuscule de Mercator relatif à l’anneau astro- 
nomique et au système des deux petits globes de bois et de cristal 
que Mercator offrit à Charles-Quint en 1552, et, grace è l'inter- 
vention de M.r Fiorini, professeur a l’ Université de Bologne, nous 
venons d’obtenir une copie d’un autre exemplaire du méme opuscule 
appartenant à M.r le professeur Jacoli de Venice, qui a bien voulu 
nous le transcrire » (2). 

§ 410. — Il geografo di Rupelmonde, dopo la pubblicazione della 


(t) Ecco ancora un’ importante aggiunta fatta dal Professore JAcOLI alla descri- 


. zione del suo manoscritto : e Aggiungerò ora alcune parole intorno al secondo scritto 


inserito nel manoscritto di cui le tengo discorso ; voglio cioè dire dello scritto ivi 
intitolato : Rogerii Bachonis de lapide Magnete libellus. Questo scritto così erronea» 
mente intitolato, non è altro che la celebre Epistola di Peregrino di Maricourt. La 
lezione della medesima è buona e si accorda molto al testo edito dal Bertelli, nel 
magistrale lavoro che questo illustre scienziato ha dedicato a tale epistola (Bollet- 
tino di Bibliografia e Storia delle Scienze matematiche e fisiche, pubblicato da B. 
Boncompagni, Roma 1868), Evidentemente però l’amanuense del manoscritto da me 
posseduto, e che copiava da altro manoscritto, non mostra avere avuto conoscenza 
dell'argomento, giacchè vi sono molti palmari errori, dovuti certamente alla sua igno- 
ranza. Le quattro figure, poi, che corredano detta epistola sono tutt’affatto primi- 
tive e pur queste mostrano la poca perizia di chi le disegnava ». 

(2) Così nella nota: Sphéres connues de Mercator (Extrast des Annales du 


Cercle archéologique du Pays de Waas, Tom. X, 2me livr., 1889). 


carta della Palestina e del mappamondo cordiforme (1), si accinse a 
comporre la Tavola della Fiandra. Nella brama di fare un’opera che 
restasse come monumento d’arte e di scienza offerto da un cittadino 
alla sua patria, percorse, munito di strumenti, tutto il paese per lungo 
e per largo e ne rilevò la pianta dopo di avere visitate le città e le 
castella e presa cognizione di tutte le strade e di tutti i fiumi e canali. 
Così potè delineare, incidere e pubblicare a Lovanio nel 1540 la 
Exactissima Flandria descriptio, dedicata a CarLo V, la quale composta 
di quattro fogli, misura, entro il quadro, 1 m. 100 sopra o m. 806. Le 
iscrizioni sono in fiammingo; ben poche se ne devono eccettuare, ad 
esempio la dedica e la menzione del privilegio (2). 

Credevasi perduta la gran carta di Fiandra. Nessun esemplare se ne 
conosceva, Il van RAEMDONCK che ne lamentava la perdita (3), ha potuto 
più tardi apnunziare come in Anversa, al Museo PLANTIN-MORETUS, se 
ne conservi un esemplare acquistato da quella munifica Amministrazione 
Comunale alla vendita pubblica dei libri che erano appartenuti al ca- 
nonico C. B. De Ripper di Malines, morto nel 1877. 

La città di Anversa sempre mostrò come tenga in gran conto tutto 
quanto torna a lustro della patria. Superba di aver dato i natali al 
sommo geografo ABRAMO ORTELIO, alla cui memoria tributò, non è 
molto, grandi onoranze, non lasciò sfuggire l'occasione di onorare l’altro 
grande geografo fiammingo, l'immortale MERcATORE. Dopo aver dato il 
nobile esempio dell'acquisto dell’ unico esemplare esistente della carta 
di Fiandra, volle, aderendo alle premurose domande del dottore van 
RAEMDONCK, rendersi anche più benemerita con un atto saggio e ge: 
neroso, facendone eseguire la riproduzione alla stessa scala dell’ origi- 
nale (4). Per tale modo, nell’opinione che l'esemplare posseduto dal 
Municipio di Anversa fosse unico, fu assicurata la esistenza della carta 
di Fiandra e reso a tutti ostensibile un sì prezioso monumento carto- 


(1) Dopo la composizione di tali due carte il MERCATORE delineò una carta 
delP Europa che rimase inedita e che più tardi deve avergli servito per formare la 
gran carta d’ Europa di cui si dirà fra poco. Vedi nell’opuscolo Mercatoriano citato 
nel § precedente il Cap.: De longitudine Europae castiganda. Cfr. VAN RAEMDONCK, 
Gb. Mercator ee. p. 79 e Orbis imago p. Ve v. 

(2) La dedica è: Carelo V, Romanorum Imperatori semper Augusto, Gerardus 
Mercator Rupelmondanus devotissime dedicabat. — Pel privilegio si ha: Cum gratia 
et privilegio Catsareae Maiestatis. 

(3) Gérard Mercator ete., p. 49. 

(4) Za grande carte ds Flandre dressée en 1540 por Gérard Mercator, Repro- 
duction phototyfique de l'exemplaire conservé au Muste Plantin-Moretus, extcuthe d’ apres 
les ordres de Administration Communale d Anverse par For. Maes, photographe, et pré- 
cidle dune notice explicative par le Docteur F Van Raemdonck. Anvers 1882. 


— 110 — 
grafico. Al Municipio di Anversa si debbono le massime azioni di 
grazia pel rispetto all’antichita, di cui ha dato prova conservando alla 
carta del MERCATORE la naturale impronta secolare e mantenendola 
religiosamente intatta come cosa sacra, per la munificenza della ripro- 
duzione e per la generosa distribuzione dei fac-simile (1). 

Recentemente fu rinvenuto un altro esemplare della Lxactissima 
Flandriae descriptio. Il fortunato scopritore, quegli che ne annunziò 
l’esistenza, è il signor ALFONSO Heyer, il quale la ritrovò nella gran- 
diosa collezione di carte geografiche antiche posseduta dalla Biblioteca 
municipale di Breslavia e ne diede notizie pochi mesi or sono (2). 

La carta della Fiandra non è graduata in latitudine e longitudine. 
Fatta in vantaggio del commercio ed a comodità dei Fiamminghi, non 
aveva bisogno di tale apparato scientifico. D'altra parte, l’autore spinto 
da’ suoi compaesani e particolarmente dai mercatanti, che pei bisogni dei 
loro commerci la reclamavano, non poteva protrarne la pubblicazione 
come avrebbe richiesto la determinazione delle posizioni geografiche di 
un certo numero di luoghi della Fiandra (3). Ma quando si accinse 
all'edizione dell’ At/anfe e vi riprodusse in scala minore la FPlandriae de- 
scriptio, non ne ommise la graduazione. 

La gran carta del 1540 fu riprodotta, in scala minore ed in un 
solo foglio, da MICHELE TRAMEZINI a Roma nel 1555, da DOMENICO 
ZENO! a Venezia nel 1559; altra riproduzione ne fu fatta nella Descrit- 
fione di tutti i Paesi Bassi pubblicata in Anversa nel 1567 dal Gurc- 
CIARDINI, che la dedicò al Gran Re cattolico Filippo d'Austria, e nelle 
due opere di Gzrarpo De Jone: Germania geographicis tabulis illustrata 
e Speculum orbis terrarum, pubblicate ad Anversa, l'una nel 1569, I’ al- 
tra nel 1593. Anche I’ OrTELIO, nel Zheatrum orbis terrarum pubblicato 
la prima volta ad Anversa nel 1570, la riprodusse pure in scala mi- 
nore, giovandosi dell’autografo posto generosamente dal MERCATORE a 
sua disposizione (4). (continua). 

(1) Mi permetto di rendere pubblicamente grazie all’ illuminato Municipio di 
Anversa, al suo illustre Borgomastro L. DE WAEL, pel grazioso dono fattomi di un 
esemplare della riproduzione della carta di Fiandra, che mi giunse graditissimo e che 
conserverò con religioso amore. . 

(2) Vedi la nota: Drei Mercator-Karten in der Breslauer Stadt-Bibliotek von 
Alfons Heyer inserita in Zestschrift fir wissenschaftliche Geographie, Band VII, Heft 
2 und 3. Weimar 1889, p. 379. 

(3) Za granae carte de Flandre par Gérard Mercator. Notice par le D. F. van 
Raemdonck (Extrait des Annales du Cercle archéologigue du Pays de Waas), pa- 
gine 7 e 8. 

(4) Id.. pp. 17-22. 


HI. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


LA PARTERZA DEL CONTE P. ANTONELLI. — Il giorno 28 dicembre 
p- p., partiva da Roma per Massaua il nostro socio d’ onore, comm. 
conte Pietro Antonelli. Giunto a Brindisi, dove s'imbarcò, egli ricevette 
tra gli altri i nuovi saluti della nostra Società, per mezzo del rappre- 
sentante, comm. S. Festa, che essa a questo fine aveva preavvisato del 
suo passaggio. Questi, eseguito il suo incarico, mandò alla Società il 
seguente telegramma: « Ieri (29) giunse qui il conte Antonelli. Nella 
« breve fermata fu visitato dal Sindaco e dal Sottoprefetto e dal vostro 
rappresentante. Il sindaco comm. Consiglio ossequiò a nome di Brin- 
disi il fortunato viaggiatore, pioniere degli interessi italiani in Africa. 
Il sottoprefetto, cav. Ferri, profferse le sue felicitazioni e i suoi 
auguri. Il vostro rappresentante gli augurò a nome della Società 
felice viaggio ed ogni successo nella sua missione. Il conte rispose 
ringraziando e pregando fosse ringraziata la Società stessa. Stamane 
all'alba il piroscafo partiva >. 

« Rivista DI TopPocraria E CATASTO. » — Con questo titolo vede 
da parecchio tempo la luce in Roma e a Firenze una nuova pubbli- 
cazione periodica mensile, in supplemento al Giornale dei Lavori Pub- 
blici e delle Strade Ferrate del Regno. Essa si occupa di geodesia e di 
topografia in principal modo; poi anche dei processi per la stima dei 
fondi, del catasto nei rispetti giuridici, e fa la cronaca di quanto può 
interessare tali materie e chi le coltiva o ne ha pubblico ufficio. Questa 
Rivista ha per principali collaboratori uomini della materia, cioè inse- 
gnanti di topografia e di geodesia, d' agraria e d’ estimo. Molta parte 
nell’ indirizzo del periodico vi ha 11 cap. C. Marselli, dell’ Istituto Geo- 
grafico Militare di Firenze. Fra gli articoli finora pubblicati ve ne sono 
parecchi che trattano di rilevamenti del suolo, generali o parziali, del- 
i’ Italia e di terre straniere, e dei metodì usati per la riproduzione dei 
disegni cartografici. Notevole la monografia scientifica sulla Zofotfofo- 
grafia in Italia dell’ ing. P. Paganini, il quale trattò già del medesimo 
argomento in questo BOLLETTINO (1). D’ importanza pratica poi sono molte 
note e studî sulle triangolazioni antiche e nuove di questo o quel ter- 


A A A A A A A 


(1) Vedi BoLLETTINO, v. XVIII (1881), p. 492. 


ritorio italiano, e su strumenti e metodi adatti a tali lavori. Le pubblica- 
zioni sono sempre accompagnate da belle tavole e carte. La Aivista az 
Topografia e Catasto ha già riscosso le lodi autorevoli delle Petermann's 
Mitteilungen (XI-1889, pag. 277), in cui Th. Fischer, nostro socio cor- 
rispondente, fa conoscere in Germania |’ esistenza e il valore di questa 
pubblicazione. 

TESTO ATLANTE GHISLERI. — Di questo Atlante di Geografia sto- 
rica sono finora uscite due dispense, che contengono carte e note illu- 
strative di quel periodo medioevale, che va fino all’età delle crociate 
e dei comuni lombardi (1). 

SUI PRECURSORI DI CrIstoroRo CoLomBo. — Il prof. dott. Vin- 
cenzo Grossi aperse il suo corso libero di Etnologia Americana, nella 
Università di Genova, trattando dei precursori di Cristoforo Colombo 
in America, ed esponendo le sue opinioni sulle tradizioni delle an- 
tiche spedizioni e immigrazioni dall’ Asia e dall’ Europa nei secoli pre- 
cedenti a quello della scoperta (Colombo, 6-7 dicembre 1889). 

L. Fea ED E. MODIGLIANI, nostri soci corrispondenti, furono in 
questi giorni insigniti della croce di cavaliere della Corona d' Italia, 
per i servigi resi alla scienza nei loro viaggi in Asia. A questa lieta 
notizia ci duole però di aggiungerne una triste: il dott. E. Modigliani, 
mentre s’ accingeva a partire da Firenze per |’ Africa, fu offeso nella 
faccia dall’ accensione accidentale d’ una scatola di polvere, che aveva 
tra le mani. Fortunatamente ebbe salva la vista ed ora la convalescenza 
procede regolarmente. 

CONGRESSO INTERNAZIONALE MEDICO. — Quest’ anno a Berlino, il 
giorno 4 agosto, si aprirà il X Congresso internazionale medico. Lo 
scopo di esso è esclusivamente scientifico; e le 18 sezioni, in cui esso 
verrà diviso, daranno largo campo alla discussione di tutte le questioni e le 
materie attinenti alla medicina. Due delle sezioni annunciate nel pro- 
gramma aggiunto allo statuto, richieggono attenzione anche dai cultori 
della nostra scienza e dai viaggiatori; e sono quelle dell’ igiene e della 
medicina geografica e climatologia. 

NEcROLOGIA. — Dott, L. Wolf, il valoroso compagno del Wissmann 
nella esplorazione del Cassai e poi capo della Spedizione scientifica nel 
Togo, moriva, colpito da febbre perniciosa, il 26 giugno p. p., mentre 
dirigevasi nell'interno del Camerun tedesco. Non aveva ancora quaran- 
anni (Deutsche Kolonialscitung, n. 39, 1889). 

J. Jj. v. Tsthudt, antico esploratore e naturalista, filologo e storico 
americanista, moriva a 71 anno in Jakobshof (Bassa Austria), il 7 otto- 
bre 1889 (Geagraphische Nachrichten, n. 20, 1889). 

Maggiore P. Egerton Warburton, esploratore australiano, che s' era 
meritata la Gran Medaglia della R. Società Geografica di Londra per la 
sua traversata da Adelaide al Fiume De Grey (1873), morì il 5 novem- 
bre del 1889 a Beaumont (Adelaide), nell'età di 76 anni (Mature, 
n. 1,051, 1889. Deutsche Rundschau f. G. u. S., n. 2, 90). 


(1) Vedi BOLLETTINO, -ostobre-novembre 1889, p. 938, dicembre 1889, p. 1040. 


B. — Europa. 


LE COSTRUZIONI FERROVIARIE IN ITALIA. — N el 1889 furono aperte, 
in tutto o in parte, le seguenti strade ferrate: 1° categoria: Palmi-Pe- 
trace sulla linea Reggio-Castrocucco, per km. 6,5. — Fornovo-Berceto 
sulla linea Parma-Spezia, per km 21. — Succursale dei Giovi, km. 24. — 
Vallo-Pisciotta sulla linea Battipaglia-Castrocucco, per km. 17,5. — 
2° categoria: Messina-San Filippo sulla linea Messina-Patti-Cerda, per 
km. 28. — Robilante-Vernante sulla linea Cuneo-Ventimiglia, perkm. 9. — 
3° categoria: Argenta-Ravenna, Cesenatico-Rimini, Lavezzola-Massa Lom- 
barda sulla linea Ferrara-Rimini, per km. 69. — Ponte S. Pietro-Usmate 
sulla linea Ponte S. Pietro-Seregno, per km. 17,5. — Ceva-Priola sulla 
linea Ceva-Ormea, per km. 18,6. — Crevalcore-San Felice sulla linea 
Bologna-Verona, per km. 11. — Valsavoja-Scordia sulla linea Valsavoja- 
Caltagirone, per km 13, 8. — Ferrovie Sarde: linea Isili-Sorgono, per 
km. 83,3. — Sassari-Alghero, per km. 23,9. — Tirso-Onniferi-Nuoro, 
sulla linea Macomer-Nuoro, km. 31,6. — Ferrovie private: Napoli-Poz- 
zuoli-Cuma, per km. 19,6. — Verona-Caprino, per km. 34,3. — Roma- 
Albano, per km. 29 (/ogolo Romano n. 9, 1890). 

SCHIZZI ORO-IDROGRAFICI DELL'ITALIA. — Secondo il concetto del 
prof. cap. G. Roggero, il topografo e cartografo Pio Galli, dell’ Istituto 
geografico militare, disegnò su 27 tavole altrettanti schizzi oro-idrografici 
dell’ Italia per uso della scuola. Essi hanno due edizioni: una coi soli schemi 
planimetrici e altimetrici, più le strade ordinarie e i punti delle città 
principali; l’altra contiene inoltre la denominazione geografica, sì fisica 
che politica, relativa allo sviluppo del disegno. Quest'Atlantino, che rap- 
presenta divisamente le varie parti dell'Italia, è destinato tanto ad av- 
. vwezzare i giovinetti alla delineazione di brevi contorni e schemi, quanto 
allo studio della materia secondo il metodo topografico. 

BANCHI DI SPUGNE furono scoperti recentemente al di là dell'Isola 
di Lampedusa. Essi si estendono per 80-100 chilometri e distano dalla 
costa S.-E. dell’isola pure un centinajo di chilometri, verso Linosa. Il loro 
fondo, che trovasi in media a 35 metri, è in parte roccioso, più sotto 
sabbioso (Marina e Commercio, n. 52, 1889). 

Punta CIATAGNERA DEL Norp fu denominata una vetta nel Gruppo 
del Pelvo tra le Alpi Cozie, che finora non era mai stata misurata con 
ascensione. La si stimava di circa 3,145 metri, e non era nemmeno 
menzionata tra le cime più notevoli di quella catena. Ora una prima 
ascensione fatta dal sig. C. Ratti, e determinazioni ottenute da varie 
osservazioni condussero il valente alpinista a conchiudere che essa 
supera la Punta Ciatagnera Sud, con la quale non va confusa, come 
pure il Roc de Boucher, che le è vicino; e che ha ‘una quota di circa 
3,290 metri (Boll, Club Alpino Italiano, n. 12, 1889). 

I GHIACCIAI ALPINI DEL GUSLAR E DEL VERNAGT furono visitati nei 
passati mesi di agosto e settembre 1889 dal dott. J. Finsterwalder e da 
altri membri del Club alpino austro-germanico. Essi poterono ultimare 
certi lavori di misurazione, che erano stati incominciati dal prof. dott. 


E. Richter di Graz. I due monti sopra detti furono misurati colla trian- 
golazione e con calcoli fotogrammetrici, e il Ghiacciajo centrale fu cir- 
cuito e determinato in modo così evidente, mediante colonnette colorate 
nella circonferenza, da permettere d'ora in poi una esplorazione gene- 
rale e particolare (Peterm. Mitteilungen, n. XII, 1889). 

PARIGI PORTO DI MARE. — Come è già noto, da molto tempo si 
agita in Francia la questione di riunire Parigi al mare, mediante un 
canale navigabile. In un documento del 1789 si trova scritto che « la 
« Senna sarebbe un fiume d’oro, se la nazione intera realizzasse il 
« progetto, oggi possibile ed indispensabile, di fare approdare le navi 
« dagli estremi punti della terra nel cuore di Parigi ». Fin dal 1825 
il Consiglio Superiore dei Ponts ef Chaussées avea dichiarato che il pro- 
getto era facilmente realizzabile. Ora pare che la questione abbia fatto 
un passo innanzi verso la sua risoluzione. — Un progetto presentato alla 
Camera dei deputati francese dal sig. Bouquet de la Grye, membro del- 
l’Istituto, e dal vice-ammiraglio ‘Thomasset, venne esaminato da una Com- 
missione parlamentare, la quale concluse assai favorevolmente al progetto 
stesso. Ecco alcune notizie tolte dalla relazione presentata alla Camera 
francese dal deputato sig. Gomot. — Il canale progettato si estenderebbe 
da Parigi a Rouen, seguendo il corso della Senna, con un percorso di 
180 chilometri; nel letto esso avrebbe una volta e mezza la larghezza di 
quello di Suez. La sua profondità sarebbe di metri 6,20; tuttavia le 
opere d'arte verrebbero stabilite per una profondità di 7 metri; il prin- 
cipale lavoro da eseguirsi sarebbe 1’ escavazione del porto fra Saint-Denis 
e Clichy, a monte di S. Denis. Cinque porti secondari verrebbero creati 
agli Andelys, a Vernon, a Mantes, a Poissy-Achères e ad Argenteuil. — 
I materiali provenienti da questi differenti lavori potrebbero essere molto 
utilmente adoperati. Il demanio dello Stato possiede alcuni isolotti, di cui 
la Società assuntrice chiederebbe la concessione, allo scopo di rialzarli 
e sottrarli così alle piene. La pianura di Gennevilliers e quella di Achères 
ne risentirebbero pure vantaggio, perchè verrebbero rialzate di alcuni 
metri. Il progetto contiene anche indicazioni per la difesa militare del 
canale ed altre opere di utilità generale. La realizzazione di esso pro- 
durrebbe poi un abbassamento del pelo d'acqua di piena e renderebbe 
quindi meno dannosi gli effetti delle inondazioni. — Le ragioni sulle 
quali la Commissione, d'accordo anche col Ministro dei lavori pubblici 
della Repubblica e con le rappresentanze tecniche ed amministrative di 
Parigi, dei dipartimenti e dei comuni interessati, si fonda per sostenere 
il progetto, sono le seguenti: 1° il canale aumenterebbe l'attività commer- 
ciale della Francia intera, ponendola in più diretta comunicazione con 
la sua capitale, e mettendo Parigi in relazione immediata con tutti i 
centri produttori del mondo; 2° esso permetterebbe alla Francia di lot- 
tare contro la concorrenza straniera, così viva su parecchi punti, e spe- 
cialmente contro. Anversa, il cui movimento mercantile aumenta d’anno 
in anno a scapito degli interessi francesi; 3° esso assicurerebbe il benessere 
delle classi lavoratrici, sopprimendo gli intermediari e facendo di Parigi 
un mercato senza rivali; 4° favorirebbe la difesa nazionale, poichè, mentre 
ora Parigi può essere facilmente presa per fame, il canale, fortemente 


difeso, renderebbe assai più facile il vettovagliamento, in guisa tale che 
fu da uomini competenti dichiarato che, costruito il canale, Parigi diver- 
rebbe imprendibile; 5° non furono opposte difficoltà insormontabili alla 
realizzazione del progetto, nè d’ indole tecnica, nè di natura finanziaria. — 
Il costo dell’opera sarebbe, al massimo, di circa 200 milioni; ma i frutti 
di essa, dice la Commissione, compenserebbero largamente |’ impiego del 
capitale. La relazione tien conto anche delle non poche opposizioni sorte 
contro il progetto, opposizioni del resto inevitabili, quando sia minacciato 
un notevole spostamento di interessi; ma la Commissione non le ritiene 
tali da poter indurre, in qualsiasi caso, all’ abbandono del progetto, 
(Chambre des diputés, séance 9 juillet 1889). 

LA POPOLAZIONE DELLA GRECIA, secondo il censimento del maggio 
1889, sommava a 2,187,208 abitanti, sopra un territorio di 64,689 km. 
quadrati. Nelle provincie nuovamente annesse, nelle nomarchie di Arta, 
Tricala e Larissa, su 13,370 km. q. v’è una popolazione di 344,067 
abitanti; nella Grecia Centrale 701,090 abitanti su 24,078 km. q. Nel 
Peloponneso 771,760 abitanti su 22,201 km. q.. Le Isole Cicladi contano 
131,508 abitanti su 2,695 km. q. e le Isole Jonie 238,783 abitanti su 
2,345 km. q. Perciò la densità massima della popolazione è nelle no- 
marchie delle Jonie, cioè complessivamente di 102 per km. q., anzi nel- 
1’ Isola di Corfù si hanno 105 abitanti per km. q.; la minima nelle 
momarchie della Tessaglia, con 26 per km. q. Notevole è però che se- 
paratamente si presentino più spopolate e vadano spopolandosi di con- 
tinuo le nomarchie circostanti: al Golfo di Corinto, come Acarnania ed 
Etolia, con 19, Corinto con Argolide, che con 20 abitanti è in perdita 
di 6, negli ultimi 10 anni, ed Acaja con Elide che, pur avendone 29, 
ne perdette già 7 per km. q. nello stesso spazio di tempo. Abbastanza 
rapido è l'aumento nella capitale e intorno ad essa, in Attica e Beozia, 
cioè di 12 abitanti per km q in 10 anni; tuttavia la popolazione re- 
lativa presente è appena di 41 abitanti per km. q.. La media generale 
della popolazione relativa del Regno è di 34 abitanti, con un aumento 
del 4 per 100 nell’ ultimo decennio (Peterm. Mitteilungen, n. XII, 1889). 

IL TERREMOTO IN GRECIA. — Il 25 agosto p. p ebbe luogo nel Golfo 
di Corinto e lungo le due coste un terremoto, notevole per intensità ed 
estensione. Ne furono colpiti maggiormente i centri di Patrasso, Misso- 
lungi ed Etolico. Fu però osservato che, tanto in mare che in terra, la 
scossa ebbe maggiore violenza e durata in determinati punti, mentre in 
altri, vicinissimi, non fu quasi avvertita. Sul fondamento di questi ed altri 
dati si fecero molte congetture intorno alla causa, vulcanica o meno, 
remota o recente del fenomeno. Mentre il signor G. G. Forster, diret- 
tore della Società inglese per i cavi sottomarini in Grecia, pretende che 
si tratti di un crollo del letto marino a maggiore profondità di parecchie 
centinaja di metri, il dott. A. Philippson, che da alcuni anni studia 
la geologia di quelle contrade, oppone che mancano assolutamente le prove 
scientifiche a tale asserzione, tanto più che non esistono affatto mate- 
riali nè fenomeni vulcanici nelle zone colpite dal terremoto, e che d’al- 
tronde nel principale centro sismico di Patrasso non si verificarono in 
mare le solite ondate, che avrebbero senza dubbio tenuto dietro ad uno 


— 116 — 
sprofondamento repentino e considerevole. Sicché, mancando del resto 
scandagli ed altri dati, conviene arrestarsi all'idea d'un effetto locale 
e straordinario di una lenta corrosione del sottosuolo nel Golfo di Co- 
rinto ovvero ricercare altre cause (Peterm. Mitteilungen, n. XII, 1889). 


C. — ASIA. 


Un viaccio A Nias, — Il dott. ing. Elio Modigliani pubblieò in 
questi giorni i risultati delle sue esplorazioni nell’ Isola di Nias, in un 
grosso volume di XV-719 pagine, illustrato da ricche e numerose inci- 
sioni e fotolitografie originali, ed accompagnato da più carte, tra le 
quali una speciale, che rappresenta l'isola alla scala di 1:250,000. 
L'autore, fatta a modo di introduzione una breve storia delle antiche 
relazioni fra l'Oriente e l'Occidente, per quanto può interessare il suo 
argomento, si ferma in particolare sull'Isola di Nias, recando citazioni 
e ragguagli sulla Geografia e sulla Storia della medesima, Nella seconda 
parte del libro troviamo la narrazione del viaggio, svolta con molta 
proprietà ed efficacia, e corredata di descrizioni scientifiche di varia 
maniera e tutte d'importanza non comune. Così le notizie geografiche, 
che toccano l’idrografia e l’orografia, le coste, gli scogli e banchi, 3 
vulcani, il clima, la struttura geologica dell’isola. Poi osservazioni e 
studî antropologici ed etnologici sugli abitanti, come nel capitolo « sui 
caratteri fisici intellettuali e morali » e nelle « ricerche sull’origine dei 
Nias ». Viene inoltre descritta: la costituzione sociale, la vita pubblica 
e privata dell’uomo e la condizione della donna; e notizie speciali sì 
hanno pure sulle arti, sull'industria, l'agricoltura, il commercio, sulla 
lingua e sulla religione di quel popolo. Di non minore importanza sono 
le appendici, che in gran parte illustrano la fauna, le carte minori che 
rappresentano l'Isola di Sumatra e di Nias su disegni antichi, e l’iti- 
nerario dell'autore dall'Italia alla Malesia. Splendide e di grande inte- 
resse scientifico sono le collezioni da lui fatte e nell’ opera riferite in 
cataloghi posti in fine, e che furono già descritte partitamente negli 
Annali del Museo civico di Storia naturale di Genova da lui e da altri 
valenti naturalisti. Degne di particolare attenzione sono, fra l'altre, al- 
cune nuove specie di uccelli e d’ insetti, come tra i primi il Ca/ornis 
altirostris, la Gracula robusta, la Cittocinela melanura, la Terpsiphone 
insularis, la Macropygia Modiglianit, ecc., e tra i secondii coleotteri fi- 
tofagi Lema Modiglianit, Chactocnema Gestroi ecc., e di rettili pure una 
nuova specie, |’ Aphaniotis acutirostris. Di questo libro i nostri socî hanno 
già avuto un saggio nel capitolo inserito nel BOLLETTINO (1), Conchiu- 
deremo questo breve cenno limitandoci a constatare che la presente 
pubblicazione fa molto onore al suo autore e si raccomanda anche per 
la ricchezza dell’edizione, 

IL MoNTE Ziarot-DAGH IN ARMENIA (vilajet di Erzerum, distretto 
di Tortum) dopo parecchi rombi sotterranei, crollò, e da una spacca- 


(1) Vedi BOLLETTINO, agosto 1889, p. 763. 


tura di circa 100 metri mandò nella sottoposta valle un fiume di fango, 
seppellendo il villaggio di Cantzorik, che vi sorgeva all'altezza di m. 1,600 
sopra il livello del mare (Ausland, n. 39, 1889). 

FERROVIA TRANSIBERIANA. — Si annunziano dalla Cina grandi pre- 
parativi che la Russia sta facendo a Vladivostok ed a Stretensk (?) per 
incominciare nella prossima primavera la costruzione della grande strada 
ferrata attraverso la Siberia (Popolo Romano, n. 9, 1889). 

La SPEDIZIONE Russa Pievzov. — Informazioni giunte in Europa 
mel p. p. dicembre 1889 recano che il colonnello Pievzov, continua- 
tore dell’ opera del Prscevalski nell’ Asia Centrale, trovavasi verso la 
metà d'ottobre a Nia. Egli, con gli altri membri della Spedizione, aveva 
già determinata la posizione geografica di 10 punti, l'altitudine di 25, 
e gli elementi magnetici di altri 4 luoghi. I rilievi sull’ itinerario si 
estendevano già su 1,600 chilometri. Intanto il sig. Bogdanovic, uno 
dei compagni del Pievzov (1), ha fatto parecchie esplorazioni geologiche 
nelle valli del Raskeme-daria e d'un suo affluente, il Tiznav (Compte- 
rendu, n. t, 1890, della Società Geografica di Parigi 1889). 

IL GOVERNO DELLA BornEO BRITANNICA. — Con Atto Reale del 
2 maggio 1889 Sua Maestà la Regina d'Inghilterra riconobbe l'auto- 
nomia governativa della Società inglese della Borneo settentzionale e 
concesse a questa il Protettorato Britannico, includendovi Brunei e Sa- 
rauak (2). I territori dipendenti dalla Società sono quelli stessi ad essa 
assegnati nel 1881, più gli altri che essa venne o sta acquistando nel- 
l'isola; e sono divisi nelle nove provincie di Alcock, Cunliffe, Dent, 
Dewhurst, Elphinstone, Keppel, Martin, Mayne, Myburgh. Quantunque 
il Governo della Società goda piena autonomia nel suo esercizio, nes- 
suna modificazione può essere fatta alle leggi, nè alcun patto con 
altri Stati, che non sia prima approvato dal Governo Inglese. Però. la 
vendita dei terreni ai privati, e qualunque altro contratto con questi 
sarà affatto libero dall’ intervento dell'Inghilterra. Il dott. Posewitz, che 
conosce a fondo quella costituzione, osserva che 1’ Atto recente faciliterà 
d'assai l'incremento della potenza britannica in Borneo. Intanto vi si 
mota un aumento d’immigrazione europea: nel 1887 era stata di 1,756 
persone, nel 1888 salì a 4,930. Si sviluppa assai la cultura del suolo a ta- 
bacco, ed incomincia abbastanza bene anche quella del caffè e del pepe. 
L’ esportazione dei legnami cresce sempre più; e le industrie minerarie 
dell'oro ¢ del carbon fossile vi sono sempre più incoraggiate dai mi- 
gliori sistemi di scavo e di trasporto, e dai maggiori risultati che se 
ne ottengono (Feterm. Mitteilungen, n. X, 1889). 

PoPoLAZIONE DELL'IMPERO GIAPPONESE. — Il censimento eseguito 
ael Giappone al principio dell’anno 1888, ed ora pubblicato, diede una 
popolazione totale di 39,069,007 abitanti; di cui 19,731,354 maschi e 
19,337,653 femmine, con un aumento di più di 600 mila persone nei due 
ultimi anni 1886-87 (CEsterreich. Monatsschrift f. d. Orient, n. 8, 1889). 


(1) Vedi BoLLE!TINO, gixgno 1889, p. 499, dove si deve leggere come qui 
Pievzov e non Pevzov. 
(2) Vedi BuLLETTINO, dicembre 1889, pag. 1018. 


— 118 — 


D. — AFRICA. 


I POSSEDIMENTI E PROTETTORATI ITALIANI NEL MAR Rosso, con Reale 
Decreto del 1° corr., furono costituiti in una sola colonia col nome -di 
« Eritrea >», e nel Decreto stesso furono fissate le norme con cui è 
dato stabile assetto alla organizzazione di essa. Il decreto è preceduto 
dalla seguente relazione: — « Sire, L’ estensione che hanno preso i 
nostri possedimenti d' Africa e |’ importanza degli interessi che si sono 
creati e più si creeranno in futuro in quelle regioni, rendono ormat 
necessario di dare un assetto, se non definitivo, almeno stabile e nor- 
male, a quella nostra colonia. Occorre che alla legge stataria, ai prov- 
vedimenti eccezionali che -ne regolarono fin qui l'andamento, subentri 
il regime della legge comune, che al governo militare succeda una 
amministrazione civile, la quale, senza invadere il campo dell' iniziativa 
privata, garantisca all’ individuo la sicurezza cui ha diritto e incoraggi 
lo sviluppo delle industrie e dei commerci. Se non che, lo stato poli- 
tico attuale dell’ Abissinia da una parte, e del Sudan dall'altra, non 
è tale da consigliarci a deporre quella vigilanza che détte così buonì 
frutti in passato, e che può di nuovo, da un momento all' altro, tornar 
necessaria. Noi abbiamo, è vero, patti di amicizia e di protezione che ct 
legano tanto alle popolazioni cristiane quanto- alle musulmane di quei 
paesi. Confidiamo quindi che nulla verrà a disturbare questi buoni rap- 
porti; ma non per questo dobbiamo e possiamo ancora considerarct 
come in piena pace. Resteremo quindi con |’ arma al piede, pront? 
agli avvenimenti, gelosi guardiani, in ogni caso, di quel vessillo, che in 
Africa, come ovunque, dev’ essere simbolo di pace e di libertà, ma che 
al tempo istesso non teme offese, da qualunque parte ci vengano. A 
questo scopo occorre quindi conservare ancora la direzione suprema 
delle cose nelle mani di un capo militare. Il governatore, essendo con- 
temporaneamente comandante supremo delle forze di terra e di mare, 
potrà meglio garantire la sicurezza del paese, e dare a tutti i serviz¥ 
quell’ unità di impulso e di direzione, che loro mancherebbe, se in 
due ne fossero divise le attribuzioni. Come funzionario civile però, egli 
dovrà ricondurre la colonia sotto |’ impero del diritto comune e do- 
tarla di un' amministrazione puramente civile. Per coadiuvarlo in questo 
difficile còmpito, io propongo oggi alla M. V. di volergli concedere 
l'ajuto di tre funzionari, i quali, scelti fra le persone più competenti, 
regolino, sotto la sua alta direzione, ciascuno un ramo speciale di ser- 
vizio della cosa pubblica: riuniti insieme formeranno un consiglio di 
governo, che a guisa del Vostro Consiglio dei Ministri, discuterà e ri- 
solverà le più importanti questioni della politica e dell’ amministrazione 
coloniale — Sire, Con questa semplice organizzazione, io nutro 
speranza che la nostra colonia possa presto prosperare di vita propria 
e tornare anche di lustro e di profitto alla madre-patria ». — Il De- 
creto Reale che, come si disse, porta la data del 1° gennajo corrente, è 
del seguente tenore : — « Art. 1. I possedimenti italiani del Mar Rosso 
sono costituiti in una sola colonia col nome di « Eritrea ». — Art. 2. 


La colonia avrà un bilancio ed tina amministrazione autonomi. Il co- 
mando generale e |’ amministrazione della medesima sono affidati a un 
Governatore civile e militare. — Art. 3. Il governatore ha il comando 
di tutte le forze di terra e di mare che sieno di guarnigione nel Mar 
Rosso. —. Art. 4. Per tutto ciò che spetta all’ amministrazione civile 
della colonia il Governatore dipende dal Ministero degli Affari Esteri. 
Per tutto ciò che concerne i servigi militari egli dipende dal Ministero 
della Guerra. Per ciò che concerne il naviglio dipende dal Ministero 
della Marina. — Art. 5. Il Governatore nell’ esercizio delle sue funzioni 
sarà coadiuvato da tre Consiglieri civili, uno per l'interno, uno per le 
finanze ed i lavori pubblici, ed uno per l'agricoltura ed il commercio. 
— Art. 6. I tre Consiglieri saranno nominati da Noi su proposta del 
Ministro degli Affari Esteri. Essi debbono essere cittadini italiani e non 
possono esercitare il commercio. — Art. 7. I Consiglieri coloniali sono 
equiparati nel grado e nello stipendio ai prefetti del regno. Saranno a 
carico del bilancio coloniale. — Art. 8. Le attribuzioni del Consigliere 
coloniale per l'interno comprendono: a) l'amministrazione civile; 4) 
Y amministrazione della giustizia ; c) la polizia e la sicurezza pubblica; 
d) \ istruzione pubblica; e) la polizia sanitaria; f) le prigioni e gli 
altri luoghi di detenzione o relegazione ; g) i rapporti con le autorità 
dipendenti da governi esteri, che hanno possedimenti nel Mar Rosso o 
nel Golfo di Aden. — Art. 9. Le attribuzioni del Consigliere coloniale 
per le finanze e i lavori pubblici comprendono: a) |’ amministrazione 
finanziaria, le dogane, le tasse e contribuzioni diverse ; 4) i lavori pub- 
blici e la viabilità ; c) i porti, la costruzione e la manutenzione dei 
medesimi, la sorveglianza delle spiaggie, dei fari o segnali, l'iscrizione 
marittima, gli uflici di porto; 4) le poste, i telegrafi e le ferrovie; e) 
le casse governative. — Art. ro. Le attribuzioni del Consigliere colo- 
niale per l’ agricoltura ed il commercio comprendono: a) il demanio 
pubblico; 3) la direzione e |’ incoraggiamento del!’ agricoltura, delle in- 
dustrie e del commercio ; ¢) la sorveglianza delle strade carovaniere, 
il transito a traverso le differenti tribù; 4) le relazioni con gl'indi- 
geni ed i loro capi, tanto all’ interno che all’esterno della Colonia, la 
scelta e conferma in ufficio dei sultani, naib, sceik, cadi, scium, can- 
tibai, le trattative politiche con |’ Etiopia. — Art. 11. I tre Consiglieri 
riuniti insieme e presieduti dal Governatore costituiscono il Consiglio 
di governo. — Art. 12. Questo Consiglio è convocato dal Governatore. 
Sono di sua competenza tutti gli affari più importanti che concernono 
la politica e |’ amministrazione della colonia. — Art. 13. Il Consiglio 
coloniale delibera a pluralità di voti. In caso di parità, prevale il voto 
del Governatore. Nelle materie di grave interesse politico o amministra - 
tivo, il governatore può sospendere le deliberazioni del Consiglio, rife- 
rendone al Ministro degli Affari Esteri, il quale deciderà. — Art. 14. 
Ogni disposizione anteriore contraria al presente decreto è abrogata. — 
Art. 15. Il presente decreto avrà vigore a partire dalla sua data ». 
PROTETTORATO ITALIANO SULL’ Aussa. — Il Governo italiano, con 
Atto del 7 dicembre p. p., notificava alle potenze firmatarie dell’ Atto 
generale di Berlino l' esistenza di uno speciale articolo del trattato fra 


—— 120 — 


I’ Italia e il Sultano di Aussa, quale capo di tutti i Danakili. Per que- 
sto articolo, che è il 5°, il Sultano di Aussa dichiara di porre sè, i 
suoi Stati e popoli sotto il protettorato italiano, e si obbliga ad inal- 
zare la bandiera d’ Italia, opponendosi ad occupazioni, in caso che al- 
tri tentasse di farle nell’ Aussa (Za Xiforma, n. 342, 1889). 

ImPerRo ErIoPIco. — Da notizie spedite per corriere ad Aden 
dal dott. V. Ragazzi, e destinate al Governo d’Italia, apprendiamo che 
il Re Menilek fu solennemente incoronato a Negus Neghest in Antoto 
il giorno 3 novembre 1889. Con messaggio del successivo 23 novem- 
bre il nuovo Imperatore annunziava al Re d'Italia la sua incorona- 
zione, ed insieme la prossima partenza per il Tigrè, allo scopo di 
rimettervi l'ordine e la sicurezza (Za Riforma, n. 356, 1889). 

LA SpepIZIONE Perers, di cui più volte era stata annunziata e 
poi smentita la strage, pare sia veramente salva e diretta dal M. Kenia 
al Lago Baringo, come già aveva una prima volta fatto sapere un 
membro della Spedizione medesima. La nuova rassicurante fu ricevuta 
a Berlino dal Comitato di soccorso per Emin Pascià con lettere dello 
stesso Peters da Oda Boru Ruva, in data 28 settembre 1889, e poi da 
Heidt, in data 8 ottobre 1889 (Deutsche Kolonialseitung, n. 1, 1890). 

GLI UseHUGA furono completamente debellati dalle forze del 
Wissmann ; e già verso la metà di novembre erano stati ripresi i ter- 
ritorì circostanti a Pangani, dopo avere per la quarta volta riconquistata 
Saadani, il g novembre 1889 (Deutsche Kolonialseitung, n. 38, 1889). 

Picco DELL’ IMPERATORE GUGLIELMO fu denominata la suprema 
punta del Kilimangiaro, che finalmente è stata toccata, nella sua ul- 
tima ascensione, dal dott. H. Meyer, accompagnato dal prof. Purtschel- 
ler. Il giorno 6 ottobre p. p., dopo lunghe ricerche, ma senza grandi 
difficoltà, riuscì fatto alla Spedizione di salire sul picco centrale, che 
s' inalza m. 5,983 sopra il livello del mare. Di lassù si ammira il 
cratere del Kibo, del diametro di circa 2,000 metri e della profondità 
di m. 200 (WNVature di Londra, n. 1,051, 18809). 

LA CARTA DI USAMBARA, che riassume i risultati della penultima 
Spedizione Meyer nell'Africa Orientale, comparve testè nelle Peterm. Mit- 
tetlungen, ad opera del dott. O. Baumann, membro della Spedizione. Essa 
fu compilata sui documenti prima rapiti alla Spedizione dai soldati di 
Busciri e poi riacquistati per mezzo del console inglese di Zanzibar. 
Questi documenti sono: determinazioni astronomiche, itinerari azimu- 
tali colla bussola Cater, osservazioni trigonometriche e schizzi, quote 
barometriche e trigonometriche di altitudine e determinazione della 
declinazione magnetica. La carta è alla scala di 1:400,000, e si col- 
lega a N. con quella della Spedizione Teleki sull’ itinerario Maurui a 
Pare-Maboga nella valle superiore del Pangani (Peterm. Métteilungen, 
n. XI, 1889). 

IL cap. TRIVIER, partito dallo Stato Indipendente del Congo verso 
la metà del 1888, si volse prima alle Stanley-Falls, e di là verso la 
regione dei Laghi. Accompagnatosi sempre a carovane, gli riuscì di 
compiere felicemente il suo viaggio e di arrivare verso la metà di di- 
cembre p. p. a Mozambico (ature di Londra, n. 1,051, 1889). 


E. — AMERICA. 


Gut Strati UNITI DEL BRASILE. — In seguito alla rivolta militare del 
15 novembre p. p. a Rio de Janeiro, in luogo dell'Impero fu inaugurata 
la « Repubblica federale degli Stati Uniti del Brasile ». Intanto a Rio 
de Janeiro si formò un Governo provvisorio, che durerà fino al 15 novem- 
bre 1890, quando vi si riunirà l’ Assemblea Costituente (77 Brasile, 
n. II, 12, 1889). 

L& ESPLORAZIONI DEL CAP. J. PaGE, della Marina argentina, diedero 
risultati favorevoli alquanto per la colonizzazione del Gran Chaco. In 
molte parti, finora inesplorate o mal conosciute, delle valli del Bermejo 
e del Pilcomajo s'incontrarono estesi tratti di terreno ricco di vegeta- 
zione, e a N.-O. grandi boschi. Resta però sempre la difficoltà delle 
comunicazioni naturali, essendo ivi i fiumi poverissimi d’acqua nella 
stagione asciutta, rigurgitanti in quella delle pioggie, e quindi poco o 
nulla navigabili (Peterm. Mitteilungen, n. X, 1889). 

LA POPOLAZIONE DI MONTEVIDEO, per il censimento avvenuto il 
18 novembre 1889, fu calcolata provvisoriamente in 214,682 abitanti. 
Nel 1884 Montevideo toccava poco più di 164 mila abitanti, mentre 
più addietro, nel 1860, ne contava soltanto 57,913. Della popolazione 
attuale quasi metà è costituita da stranieri, e precisamente sono tali 100,104 
sui 214,682 abitanti. Pare poi che tra questi stranieri siano prevalenti 
per numero gl’ Italiani, che oltrepasserebbero i 40 mila (Za Riforma, 
n. 354, 1889). 

IL Cuite NEL 1888. — Il cav. Luigi Pagnoni, cancelliere della 
R. Legazione italiana in Santiago, ha in una sua recente comunicazione 
fornito alcune notizie statistiche e geografiche sulla Repubblica del Chile, 
togliendole in parte da una relazione dell' Ufficio centrale di statistica in 
Santiago, relativa all'anno 1888. Non sarà inutile spigolare qualche ap- 
punto da tale comunicazione, che per la sua data recente e per le vi- 
cende attraversate dal Chile negli ultimi anni non è priva di interesse. 
Ii Pagnoni divide fisicamente il paese in quattro zone che sono: «) la 
minerale, che si estende dal parallelo 18° al 27°, e comprende le provincie 
di Tacua, Tarapacà, Antofagasta, e la metà settentrionale di quella di 
Atacama; 4) la minerale ed agricola, che comprende la metà meridionale 
della provincia d’Atacama e le provincie di Coqueinbo ed Aconcagua; 
©) la zona propriamente agricola, tra i paralleli 22° e 33° 30’, che ab- 
braccia le provincie di Valparaiso, Santiago, O'Higguis, Colchagua, Cundò, 
Talca, Ducajes, Maule, Nuble, Concepcion, Bio-Bio, Arauco, Malleco, 
Cantin, Valdivia, Slanquihue e Chiloè ; e finalmente 4) la zona di /e- 
gnami e pescherie, che va dal 43°30’ al 57° di latitudine australe. La 
estensione totale della Repubblica è ora di 753,216 chilometri; e la po- 
polazione, secondo il censimento del 1885 e compresivi gli indigeni, era 
di circa 2,956,412 abitanti. — Gli stranieri inscritti farono 87,077, di 
cui 48,047 peruviani e boliviani, residenti specialmente nelle provincie 
di Tarapacà e Tacua, e quindi 9,835 argentini, 6,808 tedeschi, 6,303 
inglesi, 4,198 francesi, 4,114 italiani, 2,508 spagnuoli, ecc.. Calcolando 


— 122 — 


l'aumento della popolazione dal 1885 al 1888 sulla base di quello verifi- 
catosi dal1875 al 1885, gli abitanti del Chile sarebbero ora circa 3,115,815. 
L'attuale presidente, Josè Manuel Balmaceda, ha poi dato un grande 
impulso alla colonizzazione. Le entrate della Repubblica nell'anno 1888 
furono di circa 144 milioni di lire italiane e le spese di circa 120 mi- 
lioni. Il commercio di esportazione fu in grande aumento nel 1888, 
ammontando a circa 219 milioni di lire. L'Italia vi figura, dopo l'In- 
ghilterra, la Germania e la Francia, per sole L. 330 mila circa; ma è 
da osservare che molte merci partono dal Chile per l’Italia sotto ban- 
diera straniera e che quindi nella statistica chilena il loro valore è com- 
putato fra le merci di altre nazioni. Riguardo all’ importazione, i cui dati 
si riferiscono al 1887, l'Italia vi è rappresentata, nelle stesse proporzioni 
e salvo la medesima avvertenza, per circa un milione e mezzo di lire 
su una importazione totale di circa 135 milioni. Le strade ferrate in 
esercizio nel Chile, fra governative e private, si estendono per chilome- 
tri 2,756; ne è già concessa la costruzione ad un sindacato nord-ame- 
ricano per altri 982 chilometri; ed a queste è da aggiungersi la grande 
ferrovia, i cui lavori furono iniziati nello scorso anno, che dovrà con- 
giungere attraverso le Ande la linea che da Valparaiso e da Santiago 
mette alla città de Los Andes nel Chile, coll’altra linea che da Buenos 
Aires conduce a Mendoza nella Repubblica Argentina.«Concludendo il 
suo scritto, il cav. Pagnoni osserva, che la Repubblica del Chile cam- 
mina a gran passi verso il suo perfezionamento civile, economico e politico, 
trovandosi in grande prosperità finanziaria grazie alla conquista recente- 
mente fatta dalla provincia di Tarapacà, ricca in special modo di sal- 
nitro. Altro elemento del progresso civile di quello stato è senza dubbio 
lo straniero che, operoso ed incivilito, ha destato l'emulazione nel paese; 
il governo. locale, avendo ciò riconosciuto, promuove possibilmente l'im- 
migrazione di artefici, precettori, ingegneri, ecc. (Bollettino degli Affari 
Esteri, n. 5, 1889). 


F. — OCEANIA. ° 


La SPEDIZIONE FAvENC compì le sue esplorazioni lungo i Fiumi 
Gascoyne ed Ashburton, scoprendo una serie d' importanti affluenti, mas- 
sime a questo secondo corso d'acqua dell’ Australia Occidentale. Però, 
tranne alcune zone di prati, il suolo è in generale poco adatto alla 
colonizzazione e poco o punto ricco di minerali utili (Peterm, Mittei- 
lungen, n. XI, 18809). 

OCCUPAZIONE INGLESE DELLE ISOLE UNIONE E FENICE. -— Nei giorni 
17 e 18 giugno 1889 si compiva la presa di possesso dei due Gruppi 
d’Isole Unione e Fenice dal comandante della nave inglese « Egeria >, 
ed 1 rappresentanti degl'indigeni raccoltisi nell’ Isola Atafu riconoscevano 
la sovranità britannica. Il Gruppo delle Isole Unione è in generale fer- 
tile e popolato. L'altro delle Isole Fenice è ricco di guano, ma deserto. 
L'Inghilterra occupò queste isole per assicurarsi un punto d'appoggio 
al gran cavo telegrafico sottomarino del Pacifico, che congiungerà la 


Nuova Zelanda coll’Isola di Vancouver, nell’America inglese del Nord 
(Peterm. Mitteilungen, n. X, 1889). 


G. — REGIONI POLARI 


L’IPROGRAFIA DELL'ISLANDA viene a subire considerevoli correzioni 
per le nuove esplorazioni fatte in quell’isola dal Thoroddsen, durante 
l'ultima estate. Egli percorse la zona montuosa posta intorno all’ Ecla, 
e più particolarmente quella compresa tra il Torfajécull e il Vatnajé- 
cull, tutta costituita di strati di palagonite e di tufo. In essa si rin- 
vennero bensì numerosi laghi, ma più circoscritti di quello che non 
metta la carta del Gunnlaugsson. Invece, di molto maggiore estensione 
è 11 Thorisvatn, tanto da potersi annoverare fra i maggiori dell’ isola. 
Tutti questi laghi hanno la sponda alta e ripida, e non appartengono, 
come altri, a formazione glaciale, ma quasi tutti alla vulcanica. I tre 
grandi fiumi Scaptà, Hversfisfijòt e Tunghnaà non hanno punto comuni 
o vicine le sorgenti. Il Tunghnaà nasce per due sorgenti da un grande 
ghiacciajo, che piega a S. di Vonarskard verso i Monti di F]jotshverfi, 
Invece le sorgenti dello Scaptà trovansi circa 15 km. più a S., e le due 
valli superiori dei due fiumi restano divise da tre massiccie catene di 
montagne, che ininterrotte procedono dal Vatnajécull al Torfajécull. Così 
pure il Fiume Hversfisfijòt nasce distante dagli altri due forse 15-22 km.. 
In mezzo a quelle catene intermedie, e precisamente tra la media e la 
meridionale, il Thoroddsen scoperse un lago, finora sconosciuto affatto. 
Esso è molto stretto, ma ha la lunghezza di 38 km. e va a toccare il 
piede del Vatnajécull. Contiene acque glaciali, quasi bianche come latte. 
Il valente naturalista islandese, dando queste notizie, conferma la sua 
opinione, che la carta dell’isola sarà completamente innovata al N.-E. 
dell’ Ecla in seguito a queste sue scoperte (Pelerm. Mitteilungen, n. XI, 
1889). 


IV. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


REALE ACCADEMIA DEI Lincer. — Roma, 24 ottobre, 17 novembre 1889. 
Testi somali, di ZL. Bricchetti-Robecchi. — Gli antichi confini del Golfo di Spezia, 
di G. Capellini. 
Nuova ANTOLOGIA. — Roma, 16 dicembre 1889. 
Sull’ indirizzo degli esploratori italiani nel secolo XIX, di F. Cardon. 
CLus ALpino IrALIANO. — Torino, 30 novembre, 25 dicembre 1889. 


Punta Sommeiller in Val di Susa, di C. Colomba. — Sopra un’ascensione del 
Gran Paradiso da Cogne. — Prima ascensione della Punta Ciatagnera Nord e il 
Roc del Boucher, di C. asti. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


— 124 — 
Società AFRICANA D'ITALIA (Sezione Fiorentina). — Firenze, 8 dicem- 


bre 1889. 

I Somali dell’ Occidente (cont.), di /. Paslitschke. — La Missione etiopica. — 
Estensione dei dominî italiani in Africa. — La nuova carta topografica della colonia 
di Massaua, di 4. Mori. — Le possibili industrie nei possedimenti italiani del Mar 
Rosso, di Z. Bricchetti-Robecchi. — La Conferenza internazionale di Bruxelles per 
la soppressione della tratta degli schiavi, di 4. M.. 


SociETA D'EsPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, dicem- 


bre 18809. 
Il capitano G. Casati, di . Vigoni. — Da Tripoli di Barberia, di Z£/. 7radelsi. 
— I possedimenti francesi di Grand-Bassam e Assinie, di C. G. Zorzi. — Cinque 


anni in Birmania, del magg. cav. 7. Sarberis (con carta e illustrazioni). 
R. Comrrato GeoLocico D’ITALIA. — Roma, settembre-ottobre 1889. 


La conca terziaria di Varzi-S. Sebastiano, studio geologico del dott. Fed. Sacco 
(con carta). — Il lago pliocenico e le ligniti di Barga in Val di Serchio, del profes- 
sore C. De Stefani. — La sorgente termo-solforosa di Sermione sul Lago di Garda, 
del prof. A. Piatti. 


SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI ED ARCHITETTI ITALIANI — Roma, otto- 
bre 1889. 
Il viadotto di Paderno sull’ Adda. — Condizioni edilizie e demografiche di Roma. 
GiorNaLE LicustIco. — Genova, novembre-dicembre 1889. 
Colombo e la Corsica. 
MARINA E Commercio. — Roma, 8, 15, 22, 29 dicembre 1889. 


Colonie italiane nell’ America settentrionale. — Il Canale di Amsterdam. — La 
apertura dell’ Alto Jangzekiang alla navigazione. — Navigazione del Danubio. — 
La produzione del petrolio. — Nuovo progetto inglese di Canale tra il Forth ed il 
Clyde. — I! Canale di Panama. — Statistica della immigrazione in America. 


Rivista MARITTIMA. —- Roma, dicembre 1889. 


I porti di Liverpool e di Birkenhead sul Mersey: note di viaggio dell'ingegnere 
ZL. Luiggi (fine). — Le stelle, di G. G.. — Le Isole della Società e gl'indigeni 
della Polinesia: note del viaggio sulla « Caracciolo », del dott. /. 4d (fine). 


BoLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, settembre- 
ottobre, novembre-dicembre 1889. 


Commercio e navigazione di Lattakie, 1888, di A. Guys. — Movimento com- 
merciale di Damasco, 1888, di A. Medana. — Commercio e navigazione dell'Irlanda, 
1888, di G. L. Aveszana. — Commercio di Riga, 1888, di N. Kamarin. — Noti- 
zie statistiche e geografiche sulla Repubblica del Chile, di Z. Pagnoni, — Commer- 
cio esterno della Russia nel 1888, di V. Deciani. — Commercio d’ importazione e 
d’ esportazione del Guatemala, 1888, di £. Felice, — Statistica del 1888 ed informazioni 
sul commercio egiziano, di G. Venansi. — Movimento commerciale del Vilajet di 
Giannina nel 1888, di G. Afillelire. — Movimento marittimo e commerciale negli 
stabilimenti dello Stretto di Malacca nel 1888, di /. de Goysueia. — Movimento 
commerciale della Serbia, 1888, di 4. Nobili. — L'avvenire commerciale di Massaua, 
di A. Cecchi. — Movimento commerciale, industriale e marittimo di Anversa nel 
1888, di Z. de Gubernatis. — La schiavitù nel Marocco, di A. Galletti-Cambiagi. 
— Statistica del commercio d’ importazione ed esportazione della Repubblica del Sal- 
vador nell’anno 1888, di £. Felice. — Commercio e navigazione di Fiume nel 1888, 
di F. Rogeri di Villanova. — Esportazione ed importazione, e movimento di navi- 
gazione dall'estero nel Giappone (1887-88), di £. Durand de la Penne. — Rapporti 
commerciali fra l’Italia e il Distretto di Zara nel 1888, di G. Pio di Savoja. — 
Commercio esterno di Bombay, 1888-89, di /. 4. Zossomi. — Commercio e naviga- 
zione della Birmania (1888-89), di V. Manassero di Costigliole. — Navigazione, agri- 
coltura e commercio delle provincie del Gran Parà e dell' Amazzoni, di £. Schivasappa. 


— 135 — 
PATRIA ITALIANA. — Pavia, 17 dicembre 1889. 
1) « laboremus » in Africa, secondo il viaggiatore ing. LZ. Bricchetti-Robecchi. 


La PROVINCIA DELL’ Istria. — Capo d’ Istria, 1 gennajo 1890. 
Quarnaro o Quarnero è, di /. 7. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Socitté DE G&oGRAPHIE. — Parigi, Bollettino, X-2, Compte-rendu n. 
15-17, 1889. 

Considerazioni sulla struttura e la genesi dei Banchi di Terranuova, di 7. Thoulet. 
— Le rovine kmere del Cambogia siamese (con carta), di ZL. Fourngreau, — Nota 
sull’Abissinia (con schizzo), di du Paty de Clam. — I Monti di Cong, note di 7. Dw- 
veyrier. — Sulla sorte del cap. Trivier, di Z. Bauson. — La questione del meri- 
diano iniziale dal punto di vista diplomatico, di C. 7ondini de’ Quarenghi. — De- 
scrizione sommaria delle provincie dell’ Annam, di C. Paris. — Viaggio tra gli 
Ambara, Oromò e Sidama, conferenza di G. Borelli. 


SOCTETE DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE. — Parigi, XI-4, XII-1, 18809. 


N Sud della Tunisia (con carta), di £4. Blanc. — La provincia indiana nella 
Gujana francese (con carta), di HY. Coudreau. — Hanoi e i suoi dintorni, di C. Ha- 
fais. — La Repubblica Argentina nel 1880, di Z. Daireaux. — Quattro anni di 
soggiorno nel Tonkino, di 8. Balansa. — La cultura dell'arachide in Tunisia ed il 
sistema Van den Bosch, di Pellerin. — Alcuni cenni sulla Cina, di £. Frandin. — 
La Provincia di Quang-Binh (Annam), di P. Ory (con carta). 

Le Tour pu Monpe. — Parigi, 7, 14, 21, 28 dicembre 1889. 

Due campagne nel Sudan francese (cont.), del colonn. Gallseni. 

Revue pes Deux Monpes. — Parigi, 15 dicembre 1889. 

Amsterdam e l'Olanda verso il 1630, di Em. Michel. 

La GtocraPHIE. — Parigi, 5, 12, 19, 26 dicembre 1889. 

Conferenza Binger. — Al Sudan francese. — Il Protettorato italiano sull’ Etiopia. 
— Spedizione Stanley: suoi risultati geografici. — A proposito del Porto d’ Havre. 
— La Conferenza di Bruxelles. — La cartografia all’ Esposizione Universale. — Il 
cap. Binger. — Di chi il Congo? — Stanley e i suoi compagni. — Stato indipen- 
dente del Congo. — Il cap. Joubert al Gran Lago Tangagnica. — Viaggio in Africa 
del cap. Trivier. — In Indocina. — Il confine franco-italiano. — Il cap. Binger al 
Sudan. — Diego Suarez. — Congresso coloniale nazionale. — La linea ferroviaria 
da Argentenil a Mantes. 

Revue FRANCAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, 1, 

15 dicembre 1889. 

Islamismo e civilizzazione. — Al Sudan francese, di Z. Sevin-Desplaces. — Co- 
lonizzazione e trasporto, di 4. Rividre. — Congresso panamericano di Washington. 
— Associazione geodetica internazionale. — Parigi a Tombuctt, di 4. d Avril. — 
Risorse minerarie e agricole del Messico. — Ritorno di Stanley ed Emin. — Let- 
tera del Bonvalot dall’ Asia Centrale. — Lo Stagno di Berre, di A. de Zasre de 
la Brosse. 

Revue MARITIME ET COLONIALE. — Parigi, novembre 1889. 


La marina mercantile italiana nel 1888, di 4. Garrcau. — Lo spopolamento 
dei mari, ecc., di A. Busson. — Oceanografia (statica), di 7. 7Aou/es. 


SOCIETE DE GEOGRAPHIE DE Lyon. — Lione, novembre-dicembre, 1889. 


Lavori scientifici dei missionari, conferenza di V. Groffierr. — La parte della 
Francia nella civilizzazione del Globo, conferenza di £. Mickel. — Esplorazione allo 


— 126 — 
Scioa, conferenza di G. Borelli, — Le missioni cattoliche in Oceania, Memoria di 
monsig. Lamaze. — La Nuova Caledonia, di /. Oratnaire. 
SociétÉé DE GEOGRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 
4, 18 novembre 1889. 
Sudan francese ecc. (fine), del luogot. X. (con due carte). — Canali in Inghil- 


terra, di 4. Manier. — Pronunzia e terminologia geografiche. — Dal Senegal a 
Tiaret in Algeria per la via di terra, del luogot. &.. 


Socigt& LANGUEDOCIENNE DE GEOGRAPHIE. — Mompellieri, XII-3, 1889. 


Storia delle contestazioni per il disseccamento delle maremme e per la costru- 
zione del Canale di navigazione tra Beaucaire e Aigues-mortes (1738-1746), di G. 
Viguier. — I nostri Stabilimenti della Costa della Guinea (con carta), di Rides. — 
Per lo studio delle erosioni marine contemporanee sulle coste della Francia e della 
Algeria, di P. Casalis de Fondouce. — Madagascar, di X.. 


Société DE GEOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, 7-8, 1889. 
Canale marittimo dall’Havre a Marsiglia, di Laromiguitre. — Notizie dalla Cina 


e dal Giappone, di Fougues. — Una valle dei Pirenei, di Fontes. — Il commercio 
del Giappone, di G. Routier. — Sistema di pesi e misure del Giappone, del dottore 
Maurel. — La colonizzazione nella Francia continentale, del colonn. Blaxckot. — 


Lo sbarramento del Fiume Vyrnwy in Inghilterra, di Fontés.— A bordo della e Djem- 
mah », di G. Ladit. 
SOcIETE DE GitocraPHIE DE LILLE. — Lilla, ottobre 1889. 

Discorso funebre per il gen. Faidherbe, di P. Cressy. — Gli scavi di Bulla 
Regia, del dott. Carfom. — Il Mar Rosso e l’Abissiaia (cont.), di £. Guillot. — 
Notizia sulla Tunisia (fine), del cap. V. Duraffourg (con tavola), — La Mongolia, 
di P. Clerbeau. 

Le MouveMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 1, 16 dicembre 1889. 


Stanley in soccorso di Emin Pascià (con carta). — Tre lettere dello Stanley. — 
Lettera del dott. Emin a Sir W. Mackinnon. — La Spedizione Stanley a Kitata. — 
L’ Alto Congo tra le Stanley-Falls e Niangue. — Le scoperte geografiche della Spe- 
dizione Stanley: prima lettera dello Stanley a Grant. — Altra lettera dello Stanley alle 
Società Geografiche di Londra e di Edimburgo. 

L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISEE, — Ginevra, dicembre 1889. 

Cronaca della schiavith. — Stanley ed Emin Pascià. 

SOCIEDAD GEOGRAFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, VII-69-70, 1889. 

Congresso internazionale delle Scienze Geografiche. — Descrizione scmmaria 
del Territorio Nazionale del Rio Negro. — Notizie del Governatore del Neuquen. 
IL BRASILE. — Rio Janeiro, novembre 1889. 

Piante utili del Brasile. — Costituzione politica provvisoria della Kepubblica del 
Brasile. — La nuova bandiera. 

PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, 4 dicembre 1889. 


Delle anomalie della temperatura sulla superficie terrestre in gennajo e iu luglio, 
di A. Spitaler. — Considerazioni sulle ipotetiche zone isolate, prive di vegetazione 
durante il periodo glaciale, nel clima temperato dell’ emisfero settentrionale, del prof. dott. 
O. Drude. — Il terremoto in Grecia nel 25 agosto 1889, del dott. A. Philippson. — 
La popolazione della Grecia, del prof. dott. 4. Sugar. — Il clima della Penisola di 
Malacca, dello s/esso. — Viaggio d’esplorazione di Tietkens nel centro dell’ Australia, 
di H. Greffratà. 


DEUTSCHE RUNDSCHAU FUR GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
gennajo 1890. 
Stanley ed Emin Pascia nell’ interno dell’ Africa (con ritratto e carta). — Le 
dune di sabbia continentali ossia le « barhane », di F Mushketov (dal russo in tedesco). 


— Una visita a Sapaja, isola del Danubio, di A. Aematmiiller. — Un viaggio du- 
rante le vacanze alla Nuova Zelanda, del dott. A. Héusler. — La Valle del Sutlege 
da Cotgar a Scipca (fine), di G. 7. Reichelt. 


CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FOR DEN ORIENT. — Vienna, di- 
cembre 1889. 


Le Filippine nel 1889, del prof. 7. Biumentritt. — Dalla Neva a Samarcanda, 
di Fr. v. MHellwald. — l'esplorazione dell’ Usambara. — Le industrie metallurgiche 
del Nepal, del dott. Af. Haberlandt, — Catacombe sul Monte degli Olivi. 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 1, 15 dicembre 1889. 


Stanley ed Emin Pascià. — Viaggio d’ esplorazione alle Luisiadi ed alle Isole 
d’Entrecasteaux (fine). — Le grandi vie di comunicazione sud-americane, di G. Car- 
rasco. — Nell’Altai. 


DeuTscHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 7, 21 dicembre 1889. 


Il Libro bianco sulla Compagnia Reale del Niger. — Stanley ed Emin Pascià. 
— Della Spedizione teiesca per Emin. — Tsaobis ora Willhelmsfeste. — Contro la 
tratta degli schiavi. — Ancora della Spedizione tedesca per Emin Pascià. — Inglesi 
e Portoghesi nell'Africa Australe. — Altre notizie dal Sud dell’Africa, di C. Blind. 
— Statistica dell’ Africa orientale. — La caduta della dominazione portoghese nel 
Territorio di Zanzibar (1698), di Gr.. 
Das AUSLAND. — Stoccarda, 2, 9, 16, 23, 30 dicembre 1889. 


Ai confini del Curdistan. — Le esplorazioni dello Stanley, di /7. Becker. — Le 
miniere di rubini del Barma. — Gabon. — Schizzi di viaggio dall'Egitto, di Z. 
Schrecker. — Nelle Alpi della Nuova Zelanda (cont.), di A. v. Lendenfeld. — Il 
pianoro di Cumberland nel Tennessee (fine), di O. Plimacher. — Vita agricola in 
Cina, di Adele Fielde. — Erberto Ward, viaggiatore africano. — Creta (Candia) e 
la sua importanza politica, di C. Spielmann. — Una repubblica lilipuziana (San Marino), 
di 7. Okié. — Qualche cenno sul paese e sugli abitanti del N.-O. dell’ Africa. — 
Sul progettato ponte tra Francia e Inghilterra. 


ExPORT. — Berlino, 3, 10, 17, 24 dicembre 1889. 


TI commercio d'esportazione del Messico. — Il commercio marittimo tedesco nel 
1888. — Scoperta di sorgenti di petrolio a Zante. — Industria della pesca negli 
Stati Uniti d’ America. — Il commercio della Svizzera nel 1888. — Il commercio 
esterno del Belgio. — Una nuova: strada ferrata nella Russia meridionale. — Una 
nuova Società coloniale agricola tedesca a Borneo. — Un nuovo progetto coloniale 
al Perù. — La rete ferroviaria nel Venezuela. 


VEREIN FUR ERDKUNDE zu HALLE. — Annuario, 1889. 


La colonizzazione del distretto del Fiume Saal e del Lago di Mansfeld (con 
carta), di Af. Gércke. — Le tempeste nella parte settentrionale del Saal e del Lago 
Mansfeld, di G. Sckwes. — Dalla Francia meridionale (con schizzi di carte), di £. 
Weyke. — ll distretto di Helme (parte seconda), di C. Meyer e R. Rackwits. 


RoyaL GEOGRAPHICAL Society. — Londra, dicembre 1889. 


Cipro (con carta), del luogot. gen. Sir A. Biddulph. — Lettere di E, M. Stanley 
sul suo viaggio dall’Alberto Nianza alle rive meridionali del Vittoria Nianza. — La 
ascensione del luog. Stairs sul Ruevenzori. — Il tentativo di Rockhill di penetrare 
in Lhassa. 

THE Scortisa GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, dicembre 1889. 


La costa meridionale dell’ O. di Giava, di HW. 2. Guppy. — L' Isola di Cadavu 
(con carta), di 7. P. Thomson. —- Statistica commerciale della Sardegna. — Lettera 
di E. M. Stanley. 


Nature. — Londra, 5, 12, 19, 26 dicembre 1889. 
La Fauna dell’ India britannica. — La fisica della crosta sub-oceanica, di 7 


Starkie Gardner. — Area del suolo e profondità dell'Oceano nei primi periodi, di 
T. Mellard-Reade. — Distribuzione di animali e piante per opera delle correnti 


— 128 — 


oceaniche, di /. Camdboué. — Un aborigeno tasmaniano superstite, di AY. Ling-Roth. 
— Meteora, di P. A. Harris. — Relazione sui risultati magnetici del viaggio della 
nave inglese « Challenger », di £. W. Creak. — Sulle supposte grandi precipita- 
zioni di meteoriti nel Deserto di Atacama, di Z. /.. — Le scoperte geografiche 
dello Stanley. — La teoria dei venti di Ferrel, di H. 7. Z.. — La massa delle 
acque oceaniche è una quantità fissa ?, di A. 7. Fukes-Browne. — Escursione geolo- 
gica ai vulcani attivi ed estinti dell’ Italia meridionale. — La Flora di Suffolk, di 
S. G. B.. — Sulla creazione e struttura fisica della Terra, dell’ Harrison. — Attra- 
verso gli afoll e le isole del Gran Mare Australe, del Moss. — La permanenza dei 
continenti e degli oceani, di 7. 7. Murphy. — Crescerebbe la massa delle acque 
oceaniche ?, di 7. Mellard-Reade. 
SCIENCE. — Nuova York, 8, 15, 22, 29 novembre, 6 dicembre 1889. 
Le varie scoperte del Lago Mistassini, di %. W. Redway. — Il periodo di 
Champlain nella Valle del Susquehanna, di Harvey 8. Bashore. — Il Territorio del 
Niassa e le sue capacità commerciali. — Ancora sulle varie scoperte del Lago Mi- 
stassini, di A. P. Low. — Stanley ed Emin. — L’ Oceania: linguistica ed antropo- 
logia. — Le Isole Bermude. 
ACADEMY OF NATURAL SCIENCES OF PHILADELFIA. — Filadelfia, maggio- 
settembre 1889. 


La Botanica delle Bahama, di C. S. Dolley. — Le dune di sabbia di Lewes, 
di 7. 7. Rothrock. 


SOCIÉTÉ DES ÉTUDES INDOCHINOISES. — Saigon, 1° semestre 1889. 


Viaggio nell’ Annam ed al Tonkino (1888-89), di S. Rafegeaud. — La cultura 
dell’ adaca, lettera da Manilla. 


SociETA IMPERIALE Russa DI GEOGRAFIA. — Zapiski (Memorie), Pietro- 
burgo, XII, 1889. 

Osservazioni meteorologiche rurali in Russia nel 1887, di A. 7%. Vocicov. — 
Sulla distribuzione geografica altimetrica della popolazione maschile in Russia, com- 
parata a quella d' altri paesi (con carte), di 4. N. Asucin. — Programma per la 
raccolta delle consuetudini giuridiche nazionali. — Lo strato di neve, sua influenza 
sul terreno, sul clima, sul tempo, ecc., di A. ¥. Voeicov. 


FoòLDRAJZI KÉZLEMENYEK (SOCIETÀ GEOGRAFICA UNGHERESE). — Buda- 
pest, XVII-9, XVII-10, 1880. 
Sito di Blandia, una delle Stazioni daciche della Tavola Peutingeriana, di G. 7e- 
glas. — Sul Sahel, di 7. 7ank6. — Le escursioni scolastiche dal punto di vista del- 
l'insegnamento della Geografia, di 4. Serecs. — Dell’ interpretazione dei nomi di 


luoghi geografici, di A. Lauko. — Relazione sul Congresso internazionale di Geo- 
grafia, di MW. de Dechy. 
Kon. DANSKE VIDENSKABERNES SELSKABS (Bollettino dell'Accademia Reale 
Danese). — Copenaga. 
Contribuzione alla conoscenza dell’ aurora boreale, di A. Paulsen. 
YMER: BoLLETTINO DELLA Società SVEDESE DI ANTROPOLOGIA E GEO- 
GRAFIA. — Stoccolma, 1-2, 3-4, 1889. 
Sul Messico antico e moderno, in occasione di una vecchia carta di quella città 
e dei dintorni, di £. IV. Dahigren. — Viaggio dal Congo lungo la costa d’ Angola, 
di P. Miller. — La Terra di Re Carlo ad E. delle Spizberghe, di A. Pettersen 
(con carta). — Camerun, di A. Arsutson. — Le sorgenti d’acqua calda di Hvera- 
vellir in Islanda, di 7%. 7%oroddsen (con carta). — La ripartizione primitiva dei 
Lapponi, ecc., di G. Storm. — La vita sociale degli abitanti del Congo, di FP. U/f 
— La storia della Cartografia antica, di A. £. Nerdenskjold. 
SociETE KHEDIVIALE DE GEOGRAPHIE. — Cairo, III-4, 1889. 
Le spedizioni egiziane in Africa, Documenti: Ricognizione geologica a Zeila e 
a Tagiura, di 7. A. Mitchell. 


oO 





I — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL Consiccio DIRETTIVO. 
(Estratto dei processi verbali). 


Seduta del 18 gennajo 1890. — Presenti il presidente, march. Wodi/i- 
Vitelleschi, il vice-presidente Ma/vano, i consiglieri A/lievi, Bodio, Cardon, 
Cerruti, Gatta, Hiiffer, Lupacchioli, Porena, Salvatori e il segretario Vac- 
chieri. 

Sono presentati il bilancio consuntivo e quello patrimoniale della Società 
per l’anno 1889 e si dà lettura della relazione che li accompagna. 
Dopo alcune dilucidazioni, i bilanci stessi sono approvati nella somma 
di L. 91,414. 56 per il consuntivo, tanto in attivo che in passivo, e 
nella somma di L. 239,337. 79 per il patrimoniale, egualmente in pas- 
sivo e attivo. 

Dovendosi procedere alla aggiudicazione delle grandi medaglie d’ oro 
ed alla nomina dei soci d’ onore e corrispondenti, il Consiglio invita il 
presidente ad eleggere una Commissione, che presenti ad una prossima 
riunione le proposte da discutersi ed eventualmente approvarsi. 

. A membri di questa Commissione il presidente elegge i consiglieri 
Blaserna, Lupacchioli e Porena. 

È comunicata dal presidente la seguente lettera di ringraziamento, 
a lui diretta dal cap. Casati: 

« Zanzibar, 16 dicembre 1889. — Ringrazio per le felicitazioni 
« che la S. V. Ill.m2, a nome della Società Geografica Italiana, mi invia 
€ in occasione del mio arrivo a Zanzibar. Sensibile alle cortesi esibi-- 
€ zioni, porgo i miei sensi di gratitudine alla S. V. Ill.™* non che all’ ono- 
« revole Consiglio della Società. — Della S. V. Ill. dev.™° Casati. » 

Dopo alcune altre comunicazioni di trattative in corso, sono inscritti 
nei soliti modi i nuovi soci: Roggeri cav. Giuseppe, Milano (Bertacchi 
e Dalla Vedova); Gabinetto di lettura del 51° fanteria, Verona (Cerruti 
e Gatta); Rossi Enzo, Bologna (Monaci e Padovani); Oldrini Ales- 
sandro, New-York (Baratieri e Porena). 


Seduta del 27 gennajo 1890. — Presenti il presidente, march. Nob:/- 
Vitelleschi, il vice-presidente Malvano, i consiglieri Cavalieri, Cardon, 
Cerruti, Gatta, Giordano, Lupacchioli, Pelloux, Porena, Salvatori, Tac- 
chini e il segretario Vacchieri. 


— 130 — 
Il presidente da lettura del telegramma spedito a Torino nella 
luttuosa circostanza della morte di S. A. R. il Duca d’ Aosta, nostro 
socio a vita. Il telegramma è il seguente: 
« Commendatore Rattazzi, Palazzo Reale, Torino. — Prego pre- 
« sentare a Sua Maestà i sensi di vivissimo rimpianto e di profonda 
« condoglianza della Società Geografica Italiana per la irreparabile 
« perdita fatta dalla Maestà Sua e dalla intera nazione. — VITEL- 
« LESCHI, presidente. > 

A questo telegramma fu data la seguente risposta: 

« Senatore marchese Vitelleschi, presidente Società Geografica Ita- 
liana. — Le condoglianze di codesta illustre e benemerita Società 
furono accolte con grato animo da Sua Maestà il Re, che esprime 
a Vossignoria vivi ringraziamenti, pregandola a rendersene interprete 
presso l'Istituzione della quale è degno presidente. — Per il Mi- 
nistro, RATTAZZI. > 

Nello stesso tempo 11 presideute aveva inviato il seguente tele- 
gramma al conte professore Salvadori, rappresentante della nostra Società 
a Torino: . 

« Prego rappresentare Società Geografica al funerale di S. A. R. 
« il compianto Duca d’ Aosta, nostro socio a vita, aggregandosi possi- 
« bilmente qualche altro membro della nostra Società. — VITELLESCHI, 
« presidente. » 

A questo telegramma il conte T. Salvadori rispose con lettere dei 
giorni 20 e 22 gennajo 1890. | 

La seconda di queste dice: « A compimento dell'incarico ricevuto 
mi faccio un dovere di significarle, che il cav. Alessandro Martelli ed 
io abbiamo rappresentato la Società Geografica Italiana ai funerali 
di S. A. R. il Duca di Aosta. Come Ella avrà appreso dai giornali, 
le Società civili non intervenivano ufficialmente: il cav. Martelli si 
incaricò d'inscrivere la Società Geografica Italiana presso il Muni- 
cipio e di annunziarne |’ intervento alla Gazzetta Piemontese. — Ho 
.l’ onore di rassegnarmi, suo dev. T. SALVADORI. » 


A A A A A 


f A A AA A A 


Il relatore della Commissione eletta per proporre 1’ aggiudicazione 
delle onorificenze sociali legge la relazione approvata dalla Commis- 
sione stessa, secondo cui è proposto il conferimento della grande Me- 
daglia d'oro di S. M. il Re all’ esploratore E. M. Stanley, e la no- 
mina a membri d'onore del cap. G. Casati e di Emin Pascià. Le 
proposte della Commissione sono approvate. 


È data lettura di una lettera del Municipio di Perugia, colla quale 
si domanda che la Società Geografica interponga i suoi buoni ufficî 
presso il Governo, perchè il Governo stesso promuova e curi a proprie 
spese il trasporto, da Let-Marefià in patria, delle ceneri del marchese 
Orazio Antinori. Esistendo su tale argomento una deliberazione presa 
dal Consiglio parecchi anni addietro, la Presidenza è invitata di far 
ricercare e di presentare ad una prossima adunanza del Consiglio la detta 
deliberazione, per procedere quindi ad una risoluzione. 


— 13I —. 

Nei soliti modi è inscritto il nuovo socio, cav. Silvestrelli Giulio, 
Roma (prop. Vitelleschi e Salvatori). 

Sono pervenuti alla Società i seguenti doni:. 

Istituto Geografico Militare: Carta d'Italia, alla scala di 1:100,000 
— Monte Rosa, Brescia, S. Casciano in Val di Pesa, Isola d' Elba, 
Piombino, Grosseto, Orbetello. Firenze, Istituto Geografico Militare, 1889. 
Fogli 7 in zinco-litografia (dono della Direzione dell’ Istituto Geografico 
Militare). 

— Stanley’s Explorations (1868-89) in Africa: a new Map ecc.. 
Londra, G. Philip e F., 1880. Foglio in tipollitografia (dono del- 
l editore). 

— Bollettino trimestrale ‘n. 4, 1889, della Associazione Nazionale 
per soccorrere i Missionarî cattolici italiani. Firenze, M. Cellini e C., 
1889. Op. di. pag. 56 (dono dell’ Associazione). 

Cruls L. ed altri: Revista do Observatorio: dezembro de 1889. 
Rio de Janeiro, Lombaerts e C., 1889. Fasc. di pag. 24 (dono della 
Direzione dell’ Osservatorio di Rio de Janeiro). 

— Stanley-Emin-Casati : Supplemento illustrato al Corriere della 
Sera. Milano, Tipografia degli operai, 1889. Foglio (dono del signor 
Dabbene). 

Barberis magg. T.: Cinque anni in Birmania: note. Milano, F. 
Vallardi, 1889. Vol. di pag. 201 con carta ed illustrazioni nel testo 
(dono dell’ editore). 

Ministero del Fomento del Venezuela: Annuario Statistico degli 
Stati Uniti del Venezuela. Caracas, Stamperia del Governo, 1889. Fo- 
glio con carta, ritratto e pag. 9 di testo (dono del signor Emilio 
Olivieri). 

Costi ten. E.: Il capitano Casati. Novara, Tip. Rizzotti e Me- 
rati, 1890. Op. di pag. 24 con cartina (dono dell’ autore). 

Rohifs dott. G.: Tripolitania — Viaggio da Tripoli all'Oasi di Ku- 
fra. Edizione italiana per cura del prof. G. Cora. Milano, F. Vallardi, 
1889. Vol. di pag. XI-242, con una carta e numerose illustrazioni 
(dono dell’ autore). 

Atadtmie des Sciences de Cracovie: Bulletin internationale: décem- 
bre 1889. Cracovia, Tip. dell’ Università, 1889. Fasc. di pag. XXIII 
{dono dell'Accademia delle Scienze di Cracovia). 

Assmann doc. K.: Das Wetter: meteorologische Monatsschrift fiir 
Gebildete aller Stinde. VII-1. Brunswick, O. Salle, 1890. Fascicolo di 
pag. 24 (dono dell’ autore-editore). 

Marinelli G.: La Terra: trattato popolare di Geografia univer- 
sale. Disp. 211-212, 213-214. Milano, Vallardi, 1890. Fascicoli 2 di 
di pag. 32 ciascuno (dono dell' editore). 

Martines A. B.: Boletin mensual de Estadistica municipal, no- 
viembre 1889. Buenos Aires, Comp. Sud-americana, 1889. Vol. in 8° 
{dono del Municipio di Buenos Aires). 

Direzione generale dell'agricoltura: Annali, 1889. Atti ecc., per la 
filossera. Roma, Botta, 1889. — Il forno rurale cooperativo. Roma, tip. 
Aldina, 1889. — Divisione industria commercio e credito : Bollettino, VII-II. 


Roma, Botta, 1889. — Direzione generale della statistica: Popola- 
zione, Movimento dello stato civile; Anno XXVI-1887. Roma, Tip. El- 
zeviriana, 1889. Vol. di pag. XLV-276. — Annali di Statistica. Sta- 
tistica industriale. Fasc. XIX. Industria della macinazione dei cereali. 
Roma, Tip. Botta, 1889 (doni del Ministero d’ Agricoltura, Industria 
e Commercio). 

Rho dott. P.: Le Isole della Società e gl’ indigeni della Polinesia ; 
note d’un viaggio sulla « Caracciolo ». Roma, Forzani, 1889. Opusc. di 
pag. 81 (dono dell'autore). 

Hann prof. ].: Beitrige zur arktischen Meteorologie. Vienna, 
Giornale Meteorologico, 1889. Op. estratto di pag. 9. — Die meteorelo- 
gische Ergebnisse der Lady Franklin Ray Expedition 1881-83. Vienna, 
Giorn. Meteor., 1890.. Op. estratto di pag. 18 (doni dell'autore). 

Magliano cav. R.: Interessi italiani nell’ America centrale, ecc.. 
Roma, Tip. delle Mantellate, 1889. Volume di pag. 193 (dono del- 
l' autore). 

Gansenmiiller doct. K.: Definitions of Geographical Names ecc.. 
Nuova York, American Geographical Society, 1889. Op. di pag. 10, in 
‘Bulletin della Società Geografica Americana (dono dell’ autore). 

Strafforello prof. | G. ed altri: La Patria: Geografia dell’ Italia. 
Dispense 18", 19°, 20° Torino, Unione tip. edit., 1890. Fasc. 3 di 
pag. 32 ciascuno (dono dell’ editore). 

Bricchetti-Robecchi ing. L.: Testi somali, nota. Roma, Tip. della 
Accademia dei Lincei, 1889. Op. di pag. 11 (dono dell'autore). 

Annoni A.: L' Avvenire delle lingue: studio. Milano, Società di 
Esplorazione, 1890. Op. estratto di pag. 12 in due colonne (dono 
dell’ autore). 

Brussali G.: « Le Hajasdan » periodico armeno-francese, n. 7-8. 
Londra, Gilbert et Rivington, 1890. Foglio di pag. 12 (dono della 
Redazione). 

Zucchinetti dott. V.: Souvenirs de mon séjour chez Emin pacha 
el Soudani ecc.. Cairo, Tip. propria, 1890. Op. di pag. 17 in 4°. Co- 
pie 6 (dono dell’ autore). 


B. — ADUNANZE DELLA SOCIETÀ. 


Adunanza generale amministrativa del 26 gennajo 1590, 


Presiede il marchese F. Nobili-Vitelleschi. 

Sono presenti i socî: G. Angelini con procura dei soci G. Buo- 
nomo, D. Civelli, F. Occhini, St. Torlonia); C. Bertacchi (A. Rossi) ; 
L. Breganze (Biblioteca d’ Imola, C. Monari, G. Pietrasanta, E. Reu- 
ther); R. H. Budden; F. Cardon (G. Adamoli, Istituto Industriale di 
Sondrio, P. Manfroni, F. Sacchi e figli); A. Chigi (Biblioteca del Pre- 
sidio di Padova, G. de Mafiutiis, L. Orsini, G. B. Recagno)7 G. A. 
Colini; G. Dalla Vedova (O. Baratieri); L. Dal Verme (B. Clementi, 
E. De Parente, G. Marchiori, G. Peretti); J. De Benedetti (A. Castel- 


lani, P. Ghera, G. Maccary, P. Scarenzio); A. Ferrati; R. Fonteanive 
(C. De Toni, L. Martinelli, F. Pellegrini, G. Segato); G. E. Fritasche 
(R. Antinori, F. Borsari, A. Carruccio, D. Feliciangeli); F. Gasco (L. 
Bertolini, F. Costa, F. Roesler, G, Romiati); L. Gatta (S. De Castrone, 
V. Finzi, M. Luzzatti, A. Peiroleri); F. Giordano (G. Fratellini, L. 
Pelloux, F. Sartori, E. Tedeschi); S. Lupacchioli; G. Malvano; E. Mayor 
(F. C. Giardina, V. Grossi, Istituto Tecnico di Piacenza, U. Pacca- 
gnella); L. M. Minerbi; F. Nobili-Vitelleschi (E. Cosenz, L. F. Me- 
nabrea, C. Negri, Ulisse Barbolani R.); L. Pigorini, (L. G. Dell'Oro, E. 
Orsini, T. Pertica, C. A. Racchia); A. Pisani-Dossi (P. Antonelli, G. 
Branchi); C. Pontani (G. Berchet, A. Biasiutti, Istituto Tecnico di 
Udine, L. Schiaparelli); F. Porena (G. Gambino, Istituto Tecnico di 
Torino, D. Locchi, E. Martinori) ; V. Prinzivalli; E. Raseri (L. Bodio, 
S. Carcano, F. Turchi); P. Rezzadore; V. Sallier de la Tour (E. Bur. 
zio, G. Cuzzeri, A. De Bianchi, C. S. Festa); F. Salvatori (T. Minelli, 
G. Nervegna, D. Pantanelli, G. Taglierini); G. Silvestrelli (G. B. Borea, 
E. Martin Lanciarez, G. Moriondo, C. Serra) ; ; P. Tacchini (E. Mil- 
losevich). 


Il Presidente, in conformità all'ordine del giorno pubblicato, invita 
il socio revisore G. Angelini a dar lettura della relazione sui conti del- 
l’anno 1888. | 

La Relazione è la seguente: 

Signori, 

« Facile compito si fu quello di verificare i risultati dell’ anno so- 
ciale 1888, che si chiude con un avanzo netto, passato nel conto pa- 
trimoniale, di L. 55,035. 03. 

L’ entità di questa cifra trova la sua spiegazione nel fatto dell’ as- 
segno di L. 50 mila, stabilito dal Governo del Re a profitto di questa 
benemerita Società. 

Però, indipendentemente da questa liberalità dello Stato, il bilan- 
cio si chiuderebbe sempre con oltre 5 mila lire di avanzo, somma . 
sempre maggiore (benchè di poco) alle rimanenze attive degli esercizî 
precedenti. 

Sul capitolo delle quote arretrate abbiamo avuto la soddisfazione 
di riscontrare che ben 97 quote furono incassate, rappresentanti 1,940 
lire, mentre altre L. 18,060 erano entrate in cassa per 903 quote 
dell’anno 1888. — 

Se ci portiamo ad esaminare partitamente i diversi capitoli del 
bilancio, troviamo che il BoLLETTINO ha richiesto qualche spesa di più 
per un più esteso lavoro di tipografia o di litografia, per maggiore copia 
di carte topografiche o di disegni, mentre le conferenze figurano per 
una spesa di un terzo minore dell’ esercizio precedente. 

Oramai le mutate condizioni di questa nostra Società, ed il suo 
stato di stabile floridezza permetteranno di impiegare in questo capitolo 
delle conferenze una somma alquanto più rilevante, perchè a queste 
venga data maggiore pubblicità e diffusione. 


Le spese generali di amministrazione hanno oscillato entro i limiti 
ordinari, ottenendosi anzi un risparmio di lire 727. 51 sul bilancio 
precedente. 

Nel capitolo Sussidi agli studi e viaggi, abbiamo trovato l'acquisto 
di molti istromenti ed oggetti, o per la nostra Stazione di Let-Marefia, 
O per viaggiatori che per speciali titoli raccomandavansi all’ attenzione 
della Società. 

Gli altri cespiti delle spese furono tutti trovati scrupolosamente 
giustificati, tanto per la convenienza del motivo, quanto per la loro 
esatta scritturazione. 

Non ci rimane, o signori e colleghi, che di proporre a voi 1’ ap- 
«provazione del bilancio, esprimendo il voto che i soddisfacenti risultati 
sinora ottenuti siano sprone alla Società Geografica Italiana di rendersi 
sempre più benemerita della scienza non meno che del paese, coope- 
rando alla giusta e ragionevole espansione delle forze nazionali su quella 
via di investigazione e di imprese, verso cui si è dapertutto determi- 
nata una decisa tendenza in tutto il mondo civile. 


G. M. ANGELINI 
G. SCOCCINI. 


Finita la lettura della Relazione sui conti del 1888, il Presidente 
avverte che, se non vi sono osservazioni, metterà ai voti la proposta 
di approvazione, presentata dai Revisori. 

Nessuno avendo domandato la parola, i conti sociali dell’ anno 
1888 sono approvati. 


Il Presidente invita quindi il vice-presidente Malvano, delegato al- 
l’ amministrazione, a dar lettura della Relazione, già approvata dal Con- 
siglio Direttivo, sui conti dell’ anno 1889. 

La Relazione è la seguente: 


« Abbiamo l'onore di presentarvi, Signori, il Bilancio patrimoniale 
del 1889 e lo Specchio delle Rendite e Spese dello stesso anno. 
Ecco i risultati della gestione 1889: 


Le Rendite si elevarono alla somma di . . . L. 91,414. 56 
Le Spese ammontarono a. . . . . . . > 52,985. 88 
D'onde un avanzo di. . . . . . . . L. 38,428..68 


Dal confronto di queste cifre con quelle dell’anno precedente ri- 
sulterebbe che mentre le Rendite nel 1888 furono di L. 93,186. 83 
nel 1889 si elevarono soltanto a. . . . . . > 9t,414 56 


——————@€ 





Minore introito nel 1889 . . . . . . . Le 1,772.27 
Le Spese nel 1889 ammontarono alla somma di L. 52,985. 88 
nel 1888 solamente a quella di. . . . . . . » 38,151.80 


Maggiore spesa nel 1889 . . . . . . . L. 14,834. 08 





‘ Per rendersi, giusto conto di questi risultati bisogna però esaminare 
le varie partite di cui è composto lo Specchio delle Rendite e Spese. 


ATTIvo.‘— Cap. I. Soc?. — Il totale introitato al Capitolo Soct nel- 


l'anno 1888 fu di . . . . . . . . . « L. 21,842.10 
nel 1889 di sole. . . . . . 2... « + ® 19,500, — 
Minore introito. . . . . . .. . . Le 2,742. 10 


Questa minore entrata deve ascriversi in parte a leggera diminuzione 
del numero dei Soci ed a mancato pagamento delle quote, ma per la mas- 
sima parte dipende dal ritardato invio dei rendiconti d’alcuni rappresen- 
tanti della Societa. 

Cap. II. Jnteressi. — Gli interessi di consolidato 5 °/, nel 1889 
furono di. . . . ~ © « « + + L 6,158. 46 
come nel precedente anno 1888. 

Gli interessi poi di conto corrente furono liquidati in . 
fine del 1889 in. . è 8 8 +. + 3 1,674.90 
mentre nel 1888 lo erano stati” mM. . . 6... 529. 30 


Differenza a benefizio del 1889 . . . . . L. 1,145. 60 





Questo aumento negli interessi dipende dalla somma accumulata in 
conto corrente. Questa somma insieme coi residui attivi delle varie ge- 
stioni sta a fronte delle spese incontrate ed eventuali, dipendenti parti- 
colarmente dalle imprese della Società. 


Cap. III Proventi di pubblicazioni sociali — Per tale cespite di 


entrata si sono realizzate nel 1888. . . . . . L. 874. 15 
e nel 1889 . 2. 2. 2 1 ew 0000066 759-95 
D’ onde un minore introito di. . . . . . UL. 114. 20 





Passivo. — Passiamo ora alle Spese : 


Cap. I. Pubblicazioni sociali. — Per questo Capitolo nel 1888 
si erano spese . «000000. 0 + ++ L. 17,696. 39 
nel 1889 la spesa fu di . 200000000... 3 15,359. 15 








Minore spesa nel 1889. . . . . «© . . >? 3337. 24 


Questa economia è dovuta all'essere occorso per il BOLLETTINO un 
numero minore di carte e illustrazioni in confronto dell’ anno precedente. 
In parte è pur dovuta alla minore spesa per la spedizione del 
BOLLETTINO. 


Cap. IL Conferenze. — Per le . Conferenze nel 1889 si sono 
Spese. - 0. ww lw le le le le le le + + Lo 461.39 
mentre nel 1888 tale spesa era stata di sole . . . > 395. 26 


D’ onde una maggiore spesa di. . . . . . L. 66.13 





di cui non mette conto occuparsi. 


— 136 — 
Cap. III Sussidì, ‘ncoraggiamenti ccc., =. Nel 1889 per questo titolo 
si sono spese . . . . . . . L. 17,736.02 
nel 1888 eransi. spese sole 0.0.0... + + > 5,668. 65 


Differenza in più . . . . ., . . . . L 12,067. 37 





Questa rilevante maggiore spesa ci fu consentita dallo stato fiorido 
della finanza sociale e fu principalmente erogata per compiere studî sul- 
l'ardua questione dell’ emigrazione, per provvedere di strumenti ed ap- 
parati alcuni viaggiatori, per rimborsare le spese sostenute dalla nostra 
rappresentanza al Congresso Geografico di Parigi, per il ricevimento del- 
l'Ambasciata etiopica venuta a renderci visita alla Sede della Società, e 
per il primo versamento alla Ditta Paravia per l'Atlante di Geografia 
Moderna, di cui la Società nostra si è assunta la pubblicazione. 


Cap. IV. Biblioteca sociale. — Nel 1889 si spesero L. 4,686.15 
nel 1888 invece. . . . . . » + + 2 4,094. 90° 


D'onde una maggiore spesa di. . . . . . L. 591.25 





Dato il florido bilancio sociale, ogni spesa tendente ad arricchire il 
patrimonio scientifico della Societa, quale appunto quella per acquisto di 
libri, apparirà sempre giustificata. 


Cap. V a XI. Spese d amministrazione. — Per questi varî ca- 
pitoli si spesero nel 1888. . . .. 0... L. 10,296. 60 
nel 18890... ww ew > 10,243. 17 





Minore spesa . . . .0.0. +... L 53. 43 





Il Conto Rendite e Spese si chiude con un avanzo di L. 38,428. 68 
che abbiamo passato al Conto Patrimonio disponibile. 


Passando ora a discorrere del Bilancio patrimoniale e cominciando 
dal Caricamento, troviamo che la Società possiede, oltre al Ca- 
pitale intangibile (Cap. II) elevantesi (compreso il Premio conte Ca- 
nevaro) a L. 93,016. 97, oltre le pubblicazioni in magazzino, le 
suppellettili e la Biblioteca sociale, un Patrimonio disponibile (Cap. I) 


dG. ee ee ee ww L.127,047.58 
Cap. III. Quote Soc? — Al 31 dicembre 1888 rimanevano ad esi- 
gersi . . Prt 
al 31 dicembre 1889 2 ee ele el 4,240. — 
Minore rimanenza di debito . . . . . . UL. 260, — 


«= 


Car. V. RENDITE VINCOLATE. Premi Re Umberto e Conte Canevaro. — 
Questo conto presentava al 31 dicembre 1868 una ri- 


manenza attiva di. . L.- 3,151. 50 
Nel 1889 si accrebbe (Premio Re Umberto L 500; ; 

Conte Canevaro L. 173. 60) di. . . . . +» L. ' 673.60 

e così in totale ascese a. . L. 2,825. 10 


Conferite due medaglie d'oro, di cui una al Barone di 
Richthofen e l’altra al dott. Junker, che costarono . » 1,021. 34 


il fondo si residua ora in . . . . . . . . Lo 1,803. 76 


Esaminati così sommariamente i risultati dell'esercizio 1889, che 
veramente appariscono assai soddisfacenti, a noi non resta che pregarvi 
di addivenire alla nomina dei Revisori dei conti, i quali, presa in esame 
la Contabilità sociale, ve ne proporranno a suo tempo, è nostra fiducia, 


I’ approvazione. 


Terminata la lettura della Relazione finanziaria, e nessuno avendo 
chiesto la parola, il Presidente osserva che l'Ordine del giorno reche- 
rebbe la nomina dei Revisori per i conti del 1888; ma propone per 
semplicità di esaurire prima gli argomenti che non richiedono vota- 
zione. 


Tale proposta essendo approvata, il Presidente proclama innanzi 
alla Assemblea le onorificenze da ultimo conferite dalla Società, Nella 
seduta del 23 corrente, il Consiglio della Società Geografica Italiana 
accolse le proposte fattegli dalla Commissione all' uopo da lui nomi- 
nata, e deliberò di conferire la suprema onorificenza della Medaglia 
d'oro ad ENRICO STANLEY. 

Più che dar ragione di tale conferimento, il Consiglio vede ne- 
cessario dar spiegazione del perchè questo non venisse prima d' ora 
deliberato. 

Fin dal 1878 era nell’ intendimento e nel desiderio di tutti 1 
Consiglieri |’ onorare, nel modo migliore che loro fosse concesso, 1’ in- 
signe esploratore, reduce allora dal suo epico viaggio, in cui egli avea 
risoluto il problema capitale dell’ Africa interna, col riconoscere tutto 
il corso del Congo. Ma la Società Geografica fu prevenuta dal Gran 
Re Vittorio Emanuele, che di mofu proprio e in proprio nome decretò 
allo Stanley una straordinaria Medaglia d’ oro, insieme alla quale avrebbe 
avuto troppo minor pregio la nostra. Ma, ora, dopo il nuovo trionfo 
riportato da questo principe de' moderni viaggiatori, il Consiglio è lie- 
tissimo di compiere quel che per esso era, può dirsi, un voto: il tribu- 
targli, cioè, il più alto attestato della sua ammirazione. Al quale attestato 
va congiunto anche un sentimento di gratitudine, per aver Egli salvato 
e restituito all’ Italia il suo valoroso figlio, capitano Casati. 

Inoitre il Consiglio medesimo nominò a Soci d'onore: 

Emin Pascià (dott. Edoardo Schnitzer) e il capitano GAETANO Ca- 
SATI; i cui nomi vanno ora indissolubilmente congiunti, perchè vollero 


— 138 — 
ambedue con mirabile costanza essere uniti nell’ impresa di mantenere 
per tanti anni alla civiltà quell'importantissima regione nilotica, intorno 
alla quale avranno a compartirci un tesoro di notizie, come possiamo 
presumere da quelle che andava somministrando l’Emin, finchè rimase 
in comunicazione col mondo civile. 


Proclamate le onorificenze, dovendosi procedere alla elezione di un 
vice-presidente, di cinque consiglieri, e di due revisori per i conti, il 
presidente invita ad assumere I’ ufficio di scrutatori due fra i più - gio- 
vani dei socî presenti. Accettano |’ ufficio i soci Bertacchi Cosimo e Chigi 
Agostino. 


Procedutosi alla votazione per appello nominale, e quindi allo spoglio 
delle schede, si ottengono i seguenti risultati: 


Soci presenti 32 
Socî rappresentati per procura 84 
Totale dei voti 116 

Astenuti 4 
id. con procure 6 





Totale dei votanti 106 

Votazione per i Revisori dei Conti Sociali 1889: 
Eletti: Scoccini Giuseppe con voti 100 
Angelini Giuseppe > 96 


Votazione per un vice-presidente: 
Eletto: Malvano Giacomo con voti 105 


Votazione per cinque consiglieri: 


Eletti: Bodio Luigi con voti 105 
Dal Verme Luchino » 100 
Monzilli Antonio > 83 
Cavalieri Enea > 80 
Grazioli D. Mario > 66 





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Mariam Hoa-AmBaciarÀ. — (kilometri 26. Ore di marcia Ss. 


Partiti dal nostro accampamento, vagammo per quasi un'ora ri- 
montando senza alcuna traccia di sentiero una valle, prima di raggiun- 
gere la vera- strada. 

Il terreno è molto accidentato e irregolare a cagione, al solito, 
delia grande irregolarità nel decorso delle acque, le quali muovendo da 
un medesimo nodo di alture seguono poi direzioni diversissime e asso- 
lutamente opposte. 

È questa la ragione per la quale non trovandosi alla massima ele- 
vazione dell'altopiano, si perde con facilità l’orientamento, come per 
un.certo tratto di tempo ci accadde. . 

Guadagnato di nuovo |’ altopiano, la strada scende sul letto del 
Fiume Gumara a sponde amenissime, perchè ricoperte di ricca verdura 
ed ombreggiate da alberi altissimi e ricchi di fogliame. 

Percorse poche miglia, si entra in un vasto pianoro e, giunti ap- 
pena alla maggiore altezza del medesimo, si comincia a scoprire tutto il 
panorama di Gondar, che rimane quasi alle spalle o sul lato destro della 
via che sì percorre. 

A occhio nudo si scorgono benissimo i dettagli della città, che 
tale può dirsi, giacchè ne conserva tutte le apparenze: con una buona 
lente si vedono molte chiese ombreggiate da alberi secolari; e ciò che 
maggiormente sorprende, in un paese dove le costruzioni sono tanto 
lontane dal tipo europeo, è la vista di ruderi dei vecchi castelli e 
delle antiche mura con torri, costruiti al tempo della spedizione porto- 
ghese; tantochè solo questa città può dirsi che meriti un tal nome, fra 
tutte le altre che sorgono in Abissinia. Per quanto Gondar sia costruita 
sopra un'alta collina e resti a una certa elevatezza di fronte alla pia- 
nura di Dembea, pure, osservandola dal luogo dove noi eravamo, sem- 
brava molto in basso e posata sopra un terreno appena ondulato, ab- 
bastanza sterile e nudo tutto all’intorno. 

Credo che poche regioni dell’ Etiopia rammentino tante guerre e 
tante stragi, quanto tutto il paese circostante a Gondar, essendo stata 
questa provincia la sede prediletta degli Imperatori, il teatro di guerre 
accanite fra l'elemento cristiano e l'elemento musulmano, e, quel che 
è peggio, il più desolato campo di guerre e gare intestine per lungo 
volgere di anni. 

L’altopiano da noi percorso, ‘coperto per la massima parte da grossi 
alberi, si avanza verso S., ed appena perduto il panorama di Gondar, 
dà luogo ad un altro spettacolo, ancora più grandioso ed imponente, il 


— 143 — 
panorama cioè della pianura di Dembea, conla vista graziosissima delle 
acque azzurre del Lago Tsana. 

Il lago resta visibile per molta parte della sua estensione, giacchè 
l'altopiano si affaccia fino al bacino del lago, come un ampio terrazzo, 
a un'altezza molto maggiore di quello. 

A parte le favorevoli posizioni di questa altura, come luogo adatto 
a rinfrancare lo spirito con un superbo spettacolo visuale, l'altopiano 
domina perfettamente la grande strada che pone in comunicazione Mc- 
tegma (1), ossia la capitale del Galabat, con |’ Abissinia; domina per la 
stessa ragione la grande via, che partendo da Celga, nella provincia di 
Dembea, si connette, custeggiando il Lago Tsana, col Beghemeder e va 
direttamente a Debra Tabor; e domina tutto il territorio sottoposto a Gon- 
dar. Tali condizioni topografiche danno ai contrafforti e all’altopiano di 
Ambaciarà un’importanza strategica di primo ordine, importanza che il Re 
Giovanni sapeva apprezzare convenientemente, tanto più che l'altopiano 
di Ambaciarà, propriamente detto, è sempre ricco di acqua buona e 
corrente, per cui, anche nelle stagioni più secche, si può in quella re- 
gione sopperire ai bisogni di un esercito e di numerosi quadrupedi. 

La strada scende da questo primo altopiano per traversare il letto 
di un piccolo torrente, che lambisce la montagna di Ambaciarà; quindi 
sale di nuovo, lasciando dietro di sè la catena dei Belessen. La salita 
di Ambaciarà è abbastanza lunga, ma comoda e facile; l'altopiano è 
poco regolare ed ha una lieve inclinazione verso E., tantochè le acque 
non volgono verso il Lago Tsana, ma scendono alla pianura di Belesa, 
per riunirsi a quei corsi molteplici che si gettano poi nel Tacazzè; mentre 
a poche miglia a O. di Ambaciarà, giunti proprio al più alto livello di 
quel pianoro, il terreno s'inclina verso il bacino del Lago Tsana e le 
acque volgono il loro corso in quella direzione. Tutto il terreno è 
coltivato a prati e a pasture e dal lato che guarda i sottostanti piani 
di Belesa è molto boschivo: l’acqua corre limpidissima e abbondante 
per diversi rivi, con sponde ricoperte di graziosa verdura. Appena en- 
trati nell'altopiano di Ambaciarà, si osservano alcuni monticelli per la 
massima parte spogli di alberi, e che emergono di qualche centinajo 
di metri dal livello comune. Il più isolato di questi coni, e quello che 
ha maggiore altezza sugli altri, era fissato per la residenza reale. 
Tutto biancheggiava di tende e formicolava di piccole capanne o fucwl, 
ogni sentiero riboccava di soldati a piedi e a cavallo e tutto accennava 
alla più grande animazione. La tenda del Negus e due grandi #ucu/ 
per la sua residenza erano piantati nel punto più culminante del 

(1) A questa città si dà anche il nome di Metemmeh, Metemma, ecc.. 


— 144 — 
monte ed intorno stavano accampati i soldati della sua guardia: un 
grande recinto in muro a secco chiudeva lo spazio riservato alla dimora 
dell’ Imperatore, e in linea più eccentrica a quel recinto una grande 
seriba ne limitava l’accesso. Gli altri Capi ed i Ras erano accampati a 
varie distanze, per cui l'insieme dell'accampamento prendeva grandis- 
sima estensione. Dietro il recinto di pietra, e proprio tutt' all’ intorno 
della residenza del Negus, erano in batteria otto pezzi di artiglieria da 
campagna, disposti in modo che avevano campo di tiro a completo 
circolo di orizzonte. 

A 4 chilometri più a O. del campo reale, cioè verso il Lago 
Tsana, era accampato il Re del Goggiam, Tecla Haimanot con un piccolo 
esercito di poco più che 3 mila soldati, fra i quali molti a cavallo: ma 
la posizione occupata da Re Tecla Haimanot era più bassa di quella tenuta 
dall'Imperatore e tutte le vie, che dal campo di Tecla Haimanot portavano 
alla residenza di Re Giovanni, erano sotto il dominio delle artiglierie, 
che coronavano l’altura ove era piantata la sua tenda. 

La natura di questo scritto non mi permette di narrare tutto 
quanto si riferisce alla nostra permanenza di 20 giorni presso la resi- 
denza dell'Imperatore Giovanni. Dirò solo che durante quel tempo 
cercai per quanto mi fu possibile di prendere cognizione dei terreni 
circostanti, e dedicai una giornata a una ricognizione del Lago Tsana, 
osservando tutto il panorama del lago dalle maggiori alture che sono in 
vicinanza di Amba Mariam, alture che formando un terrazzo prospi- 
ciente sul lago, permettono di abbracciarne con la vista la maggiore 
estensione possibile. Mentre l'estremità N. del lago si perde nelle 
pianure di Dembea, a S. e ad O. esso rimane chiuso da un'alta catena 
montagnosa, rappresentata dalle elevate cime delle montagne del Gog- 
giam,. le quali rimanevano in gran parte nascoste da grossi nuvoloni, 
primo annunzio dell'avvicinarsi della stagione piovosa. 

Sua Maestà il Re Giovanni discusse molto premurosamente cop i 
suoi Capi la via per il nostro ritorno, dovendo egli conciliare la pre- - 
mura sua con la nostra; quella cioè di portare con la massima solleci- 
tudine le sue risposte al nostro Augusto Sovrano; e di più con il 
desiderio da noi espresso di visitare la residenza di Macallé e di non 
percorrere nuovamente e in senso inverso la strada già fatta. Dapprima 
l'Imperatore accennava all'idea di farci percorrere la strada del Semien; 
ma il piacere di cose nuove ci fece insistere per una via molto secon- 
daria, traverso tutta la regione di Belesa fino alla confluenza del Tacazzé 
col Menna, via poco frequentata dagli Abissini stessi, perchè pericolosa 
per febbri e scarsa di risorse per vettovagliamento, essendo tutta quella 


regione pochissimo abitata e con molta scarsità di acqua. L'idea della 
brevità, e soprattutto il desiderio di percorrere un paese nuovo, non es- 
sendo quella strada conosciuta da nessun Europeo prima di noi, anzi 
figurando tutta quella regione, nella carta del Rohlfs, con la denomina- 
zione di ferra incognita, fece raddoppiare le nostre insistenze presso il 
Negus, e così ottenemmo da lui la desiderata autorizzazione. 


AMBACTARA-BELESA. — Chilometri 8. Ore di marcia 2. 


Raccolte tutte le notizie possibili sulle condizioni dei luoghi che 
dovevamo traversare, prendemmo le maggiori cautele per non dover ricor- 
rere che minimamente alle risorse locali, almeno per dieci giorni di 
marcia, e cercando di subordinare la nostra carovana alle esigenze di 
due soli fattori, cioè la scarsezza dell’acqua per gli accampamenti, e la 
sollecitudine nel traversare i luoghi di maggiore malsania. 

I nostri muli per il lungo riposo e per la bontà dei pastoli di 
Ambaciarà erano tornati in buone forze, e noi avendo inoltre lasciato molte 
casse alla residenza reale, il carico si era ridotto a minori proporzioni. 
Anzi potemmo caricarne qualcuno esclusivamente di farina e d’ orzo, che 
con facilità e a buon prezzo avevamo acquistato ai mercati di Amba- 
ciarà, e lasciarne 4 0 5 assolutamente scarichi, come riserva nel caso 
di bisogno per i luoghi più difficili, precauzione che dovrebbe sempre 
esser presa organizzando una carovana per quei paesi. 

Avevamo con noi 10 bovi da macellare, avanzo delle provviste 
che l’Imperatore ci donava durante la nostra residenza al suo campo, 
e che dovevano formare la base della nostra alimentazione nei luoghi 
più deserti. Onde evitare di bere durante il viaggio la sola acqua, e 
molto probabilmente corrotta, dovemmo ricorrere all'acquisto di qualche 
bottiglia di assenzio, unica sostanza alcoolica che facilmente si può ac- 
quistare nei mercati di Abissinia: liquore che porta, è vero, il nome di 
assenzio, ma che veramente ignoro di quali sostanze sia composto, e 
con quale confidenza possa essere usato, giudicandolo dal prezzo a cui 
si può comprare. Questo. assenzio si fabbrica generalmente da commer- 
cianti greci in Alessandria d’Egitto e costituisce uno dei maggiori ar- 
ticoli d'importazione che da Massaua passano in Abissinia. 

Se all’accampamento del Re in Ambaciarà si potevano acquistare 
con un tallero anche tre bottiglie di quel liquore, io m'immagino quello 
che una bottiglia debba costare a Massaua, e giustamente ne desumo i 
criteri per giudicare sulla qualità di questo genere di bevanda, a cui 
pur troppo dovemmo ricorrere per assoluta necessità. 


— 146 — 

Così preparati al nostro nuovo viaggio, e con una buona scorta di 
soldati, che l'Imperatore ordinò ci accompagnassero fino alla residenza 
di Ras Alula, lasciammo Ambaciarà nello stesso giorno in cui l’esercito 
del Negus faceva tutti i suoi preparativi di partenza per Debra Tabor. 
Percorremmo per un certo tratto l'altopiano di Ambaciarà, che ha una 
regolare e dolce pendenza verso levante; e in tutto quel percorso tro- 
vammo rigagnoli d’acqua buona e corrente, con ottimi prati, dove pa- 
scolavano i molti cavalli e muli dell'esercito reale. 

Tutto ad un tratto, e sulla via da noi percorsa, l'altopiano si ar- 
resta, e scende quasi a picco nella sottostante pianura di Belesa. Quella 
discesa non è molto lunga, ma assai precipitosa, girando con difficile 
sentiero il dorso della montagna, dove non solo il passo è scabroso 
per l’asperità della roccia, ma per i molti alberi e per le piante che 
s'intrecciano insieme e che rendono anche più incomoda la via. I muli 
carichi malamente si aggirano nelle sinuosità della strada e soprattutto 
rimangono impediti dai rami degli alberi: è questo un segno evidente 
che quella via non è stata mai percorsa nè dall’ Imperatore nè da qual- 
che Ras importante, perchè allora la mano dell'uomo avrebbe rimossi 
quei naturali ostacoli per rendere meno imbarazzante il passo al 
Sovrano. 

Dopo circa un'ora di discesa si arriva sul letto di un torrente, che 
raccoglie tutte le acque del versante orientale dei monti di Ambaciarà 
per portarla al Tacazzé: il torrente è quasi asciutto e le sue sponde 
sono coperte di grossi alberi, specialmente di tamarischi e di sicomori. 
Passato quel corso d’acqua, si procede addossati a una catena di 
monti alla cui base corre sempre il sentiero, proseguendo per una vasta 
pianura appena appena ondulata, ma che non si può dominare con lo. 
sguardo, perchè tutta coperta di fitta vegetazione arborea, rappresen- 
tata per la massima parte da grosse acacie, vegetazione che ricorda i luo- 
ghi bassi e caldi della costa eritrea. Di fatti anche climatologicamente 
è sensibile subito la differenza con la temperatura che sì ha nell'altopiano, 
perchè in questa pianura essa è calda e soffocante, nè viene mitigata 
dalle fresche brezze che si godono nelle alture. 

Essendo partiti da Ambaciarà in un'ora molto tarda, e per essere 
questo il primo giorno di marcia della carovana (ciò che significa con- 
tinuo assestamento del carico, e minore regolarità nell’andamento dei 
muli) facemmo alto dopo due ore, in un punto dove quel bosco di 
acacie presentava una certa radura, e ponemmo ‘il campo in vicinanza 
di un villaggio che rimaneva nascosto in una insenatura di collinette, 
villaggio detto Belesa, forse dal nome della regione che percorrevamo. 


aw I 47 — 
Passammo la notte con una temperatura molto soave, a differenza delle 
notti passate in Ambaciarà, dove il freddo intenso si faceva sentire con 
molestia : per buona fortuna, per quanto il calore fosse aumentato, eravi 
pochissima umidità e anche al sorger del giorno, abbenchè il luogo fosse 
boschivo, non avevamo segni di rugiada. 


BeLEsA-EnDIB — Chilometri 13. Ore di marcia 3. 


Seguitammo la nostra marcia al mattino seguente, sempre per una 
grande pianura montuosa e uniforme, coperta di acacie e di grossi al- 
beri da gomma, vera fiora delle regioni basse e sabbiose, come si tro- 
vano lungo il Deserto dancalo e molto più nel paese somalo. 

Il sentiero da noi seguito, serpeggiando per questa pianura, ogni tanto 
trovava qualche ostacolo di fronde e di spine, di guisa che la marcia 
era molestissima tanto per noi, quanto- per le bestie cariche. Non si 
aveva che un orizzonte limitatissimo: solo voltandoci alle spalle, vede- 
vamo sorgere la montagna di Ambaciarà. Seguitando per quasi tre ore 
su questo terreno, che manteneva costantemente tali caratteri, po- 
nemmo il campo in ur luogo alquanto più diradato ed aperto sulla 
sponda di un largo torrente, dove per fortuna trovammo acqua buona 
e sufficiente, con qualche piccolo prato, e dove l'ombra di due o tre 
grossi sicomori ci difendeva dalla molestia dell’intenso calore solare. 
Questo accampamento era nelle vicinanze del villaggio di Endib: la 
distanza percorsa non poteva essere maggiore di 13 chilometri. 


Enpis-ArLBasca. — Chilometri 12. Ore di marcia 4 */,. 


Sia perchè il nostro sguardo dominava pochissimo paese, sia per 
la mancanza assoluta di villaggi di una qualche importanza, la vasta 
pianura per la quale era impegnata la nostra marcia non mi ha offerto 
riente di speciale che esigesse una particolare descrizione topografica. 
Hi paese pur troppo è improntato a una nuda e nojosa monotonia: per- 
altro, non facendo difetto in questo primo tratto due cose assolutamente 
essenziali, cioè l’acqua e i pascoli, esso potrebbe facilmente ridursi a 
più comoda viabilità, quando la strada venisse un poco meglio tracciata 
e fossero rimossi gli ostacoli fatti dalla vegetazione fittissima e molto 
spinosa : ciò che si potrebbe ottenere con un lavoro di pochi giorni 
e di pochi uomini. Piuttosto 1itengo molto pericoloso il forte calore e 
assai probabile la perniciosità del clima, di cui molto chiaramente ci 
parlò lo stesso Imperatore, per la frequenza di febbri, che in Abissinia 
si chiamano febbri della regione della cvol/a, e di cui gli abitanti temono, 
ed a ragione, moltissimo. © 


— 148 — 

Ritengo anche che il soggiorno prolungato in queste vaste bas— 
sure, dove l’aria rimane quasi stagnante, perchè poco mossa dai venti e 
dalle brezze, quindi meno rinnovata, e per il forte calore assai più ra- 
refatta e quindi relativamente meno ricca in ossigeno, sia causa ap- 
prezzabile di morbosità, che si manifesta in certe ore del giorno con 
un senso di abbattimento e di oppressione e di poca resistenza alle 
fatiche e alle marcie, fenomeni che per una colonna-di truppe a piedi, 
affaticate e stanche, potrebbero prendere proporzioni maggiori. 

Seguitammo per qualche ora in quella vasta pianura, fino a un 
punto in cui il terreno comincia a farsi più accidentato ed aperto: la 
strada traversa un corso d'acqua, dove noi facemmo un piccolo alto, 
invitati dalla fresca ombra di alberi altissimi e dal lieto gorgoglio delle 
acque, che in luoghi aridi e secchi è generalmente il sollievo più gra- 
dito, che adeschi a una fermata una carovana in marcia. Prendemmo 
poi la sponda dritta del torrente, che per qualche miglio viene costeg- 
giato dalla strada, e facemmo alto in una grande praterìa, vasta ed 
aperta, situata sull'altra sponda del fiume, e dominata da un’altura donde 
finalmente scorgemmo un villaggio di qualche importanza con un tem- 
pio eretto nella parte più elevata. 

Il villaggio si chiama Ailbasca, nome che però non mi è riuscito di 
rinvenire in nessuna delle carte di Etiopia che ho avuto in esame. 
Molti armenti venivano a pascolare intorno al nostro campo, irrigato 
da un ruscello, che scendendo dal monte immetteva nel fiume. La 
notte fummo sorpresi da una di quelle speciali burrasche d’acqua e 
di grandine con moltissimi fenomeni elettrici, che sono le prime avvi- 
saglie della prossima stagione delle pioggie. 

La quantità d'acqua trovata a questo accampamento nell’ epoca 
dell’anno più secca ed asciutta, l' abbondanza dei pascoli e la vastità 
di quella vallata mi fanno credere che in questa regione potrebbe 
accampare un forte nerbo di truppe, giacchè le più essenziali risorse 
per il mantenimento di uomini e di animali non vi fanno difetto. 

Ma pur troppo una permanenza in questi luoghi potrebbe essere 
pericolosa per la infezione miasmatica. 


AILBASCA-ZURB\. — Chilometri 14. Ore di marcia 4 */,. 


Terminata quella zona piana e completamente boschiva, dove la 
vista non poteva dominare alcuno spazio di paese circostante, il ter- 
reno sì fa, come di solito, molto accidentato e la strada si aggira fra 
insenature di valli e di colline, passando varî corsi di acqua per la 
massima parte asciutti. Le montagne di Ambaciarà, delle quali si vanno 





— 149 — 
mano a mano perdendo i dettagli, rappresentano una massa di un bel 
colore azzurro, che chiude l’ orizzonte alle spalle. Un'altra catena si 
volge sulla nostra dritta, ossia in direzione S.-E.: son queste le mon- 
tagne della provincia di Lasta; anzi si cominciano di già a vedere 
sull’ estremo orizzonte le vette più elevate dei monti di Socota. Un 
primo contrafforte, che si alza isolato in forma di tronco di cono e 
di una regolarità di linee perfetta, rappresenta per la nostra rotta come 
il centro di una grande circonferenza, ed è quello il punto a cui, per 
due giorni di marcia, si riferisce tutto il nostro studio di orientamento. 
Questa montagna è stata quotata dal d’Abbadie a 2,632 metri, e natu- 
ralmente, sorgendo dal basso ed uniforme piano di Belesa e non es- 
sendo fiancheggiata da nessun contrafiorte, rappresenta il punto più 
saliente e più spiccato di quell’ orizzonte. Il monte si chiama Asca, 
ma non è segnato nelle altre carte, eccettochè nei piani del d'Abbadie: 
invece tutto il pianoro nelle nostre carte è marcato Zos Amba: ma 
per la maggiore intelligenza del mio itinerario, come punto più facil- 
mente riconoscibile, richiamo l’attenzione su questo picco isolato del- 
l' Asca, che sorge presso a poco nel mezzo di Zos Amba. Si può dire 
che in questa vastissima zona di paese il Monte Asca sia l’unico punto 
noto, che può servire di orientamento; giacchè, essendo la regione 
completamente deserta o quasi, non è possibile, tracciando una strada, 
riferirsi, per la maggiore intelligenza, a qualche città o villaggio o a qual- 
che importante corso di fiume. Man mano che si procedeva innanzi pur 
la mostra via, il terreno si faceva più accidentato, coperto sempre 
della solita vegetazione, nella quale avevano predominio |’ acacia, le 
mimose e gli alberi della gomma. | 

Marciammo così per quattro ore e mezzo, e ponemmo il campo 
in un luogo detto Zurbà, in mezzo ad un bosco, vicino ad alcuni ser- 
batoi d’acqua poco abbondanti e di non buona qualita. Il Monte Asca, 
distante da noi appena 5 chilometri, veniva rilevato per S.-E.. 


ZURBA-DuDUBBA. — Chilometri 28. Ore di marcia 6. 


Abbandonato il campo di Zurbà, dopo circa un’ ora di marcia, co- 
minciamo a salire alcuni contrafforti, e a discendere sul letto di tor- 
tuosi torrenti, privi affatto di acqua: l'orizzonte si fa più spazioso. ed 
aperto, ma per quanto poteva dominare il nostro sguardo, non ci fu 
dato di scoprire nè villaggi nè capanne, nè alcun altro segno di luogo 
abitato. 

Dovevamo avere sulla nostra sinistra il villaggio di Addesa o 
Adisa, una volta mercato frequentatissimo.: ma non ci accorgiamo della 


sua vicinanza, nè possiamo scorgerlo neppur da lontano, perchè forse 
rimane nascosto fra gole di monti, ed il terreno è coperto di folta ve— 
getazione boschiva. Il Monte Asca ci rimaneva oramai quasi completa— 
mente alle spalle, e dopo essere saliti sopra un elevato altopiano, po— 
temmo scorgere una parte dell’ alta valle del Tacazzé. 

Non si dominava il letto del fiume, ma si vedeva la profonda 
spaccatura che rompe la continuità dell’ altopiano, attorcendosi in larghe 
volute; e nel fondo di quell’ immenso crepaccio corrono le acque del 
fiume. Non un pastore, non un armento, non un casolare in tutta que- 
sta vasta regione che abbracciavamo col nostro sguardo. 

Abbandonato questo terrazzo, il sentiero s’ingolfa in una serie dt 
valli strette, seguendo il letto di torrenti, nel fondo dei quali sparisce 
ogni prospettiva e comincia un vero labirinto, da cui non si comprende 
come si possa uscire. Finalmente un corso d'acqua più ampio e più 
importante ci traccia in modo definitivo il cammino, e seguendo le om- 
brose e pittoresche sponde di questo torrente, ci accampiamo in un 
luogo detto Dudubba o Bdeddebbà, sulla riva stessa del fiume, che 
correva con acqua limpidissima. 

Numerose mandre di grosse antilopi, chiamate dagl’indigeni aga- 
sen, vagavano per quelle lande per venire a dissetarsi al fiume; e 
alla vista insolita delle nostre tende e al rumore del campo fuggivano 
precipitose, nascondendosi fra le gole di quelle montagne. 

Marciammo per oltre 6 ore, percorrendo più di 28 chilometri di 


aspra e difficile strada. 
DUDUBBA-MENNA. — Chilometri 44. Ore di marcia 9 */,. 


Le maggiori difficoltà per il nostro cammino furono da noi in- 
contrate nel traversare questo vastissimo territorio, che corre fra il 
campo di Dudubba e il Fiume Menna: e molto razionali ed oppor- 
tune erano state le precauzioni prese alla partenza dall’ accampamento 
dell’ Imperatore, perchè altrimenti, priva di ogni risorsa, lontana da 
ogni commercio umano, la nostra carovana si sarebbe trovata nel più 
serio imbarazzo, traversando queste regioni inospitali. 

E tanta è la rinomanza di questo paese, per essere fra i più di- 
sabitati e difficili di tutta 1’ Abissinia, che gli indigeni lo chiamano 
col dispregiativo di Abbacciaguar, ciò che, tradotto letteralmente, vor- 
rebbe dire « quaranta rigidi peli », il che con metafora molto tirata viene 
a dire paese abitato da animali selvaggi. Partiti dal campo di Dudubba, 
perdemmo il letto di quel torrente per ‘trovarne poco dopo un altro - 





— 151 — 
di maggiore importanza, ma con rive nude e deserte, che corre ai 
piedi di una grande montagna, sulla cui più elevata sommità si stende 
un vastissimo altopiano. Cercammo su questo torrente qualche filo di 
acqua, ma solo con molta difficoltà ‘ci fu dato di trovare un piccolo 
serbatojo, nascosto dentro una spaccatura di pietra, per cui, mentre ci 
fu possibile dissetare i nostri uomini e noi, non potemmo ugualmente 
abbeverare i nostri muli, stanchi per il difficile viaggio e assetati per 
il forte calore. i ) 

Traversato il fiume, che era completamente secco, si comincia a 
salire la montagna per un sentiero, che tracciato da prima nel fondo 
di una gola, guadagnava poi il dorso del monte e saliva arditamente 
seguendo un andamento a spirale. 

Dopo una faticosa marcia, arrivati sulla sommità dell’altopiano, si 
presentò al nostro sguardo il più splendido e interessante panorama. 
Vedevamo alle nostre spalle, nell’ estremo orizzonte, le azzurre monta- 
gne di Ambaciarà, coll’ intermezzo di un’immensa pianura ondulata, 
ossia di tutta la regione di Belesa: avevamo sulla nostra dritta tutta 
la catena del Lasta, e si scorgevano benissimo le montagne di Socota : 
la nostra sinistra era chiusa all'orizzonte dalle alte giogaje del Se- 
mien, del quale vedevamo tutto il versante opposto a quello che 
percorremmo nel nostro viaggio di andata: dinanzi a noi erano i 
monti di Antalo e di Macallé, nella cui direzione era volta la no- 
stra rotta. 

Quasi al centro di quell’altopiano sorgevano le rovine di un’ antica 
chiesa in muratura, che, formando un culmine isolato ed alto in mezzo 
al circostante terreno, nudo affatto di alberi, più che logorata dal tempo, 
deve essere stata il bersaglio di bufere e di fulmini, che ne hanno 
rotte e dirupate le muraglie. Camminando a quell’ altezza e in un piano 
quasi perfetto, si tornava a respirare un'aria fresca e pura, nè più era- 
vamo molestati, come nei giorni indietro, dai caldi raggi del sole. Avendo 
oramai trascorse oltre 6 ore di marcia, si sentiva il bisogno di porre 
il nostro campo prima di discendere da quell’altopiano; ma per quanto 
avessimo ordinato ai nostri servi di esplorare intorno intorno il paese, 
per la ricerca di un corso d’acqua, non ci fu dato trovarne, per lo che 
con un supremo sforzo dovemmo proseguire la marcia. 

Quanto fu aspra la salita a quell’ altopiano, altrettanto fu difficile 
la discesa. I fianchi del monte, dirupati e scoscesi, erano però coperti 
di foltissimo bosco, e più si scendeva nel basso più si trovavano fittis- 
sime e incolte erbe, fra le quali serpeggiava il sentiero da noi percorso 
con difficile passo e per noi e per i muli carichi, e con somma faci- 


— 152 — 
lità di smarrire qualche animale della carovana. Serrammo più che ci 
fu possibile la lunga fila della nostra colonna, marciando compatti 
quanto più si poteva, inabissati dentro quelle gole, dove regnava un 
silenzio profondo, interrotto ogni tanto da qualche grido della nostra 
gente che si ripercuoteva lungamente, echeggiando per quelle solitudini. 
Dopo oltre due ore di discesa, il forte rumore di acqua che correva 
con impeto ci fece accorti che eravamo nelle vicinanze di un fiume. 
E difatti, usciti da quella gola, ci trovammo sulla sponda del Menna, 
uno degli affluenti più importanti del Tacazzè. Le sue acque erano lim- 
pide e chiare, e rumoreggiavano spinte da forte corrente fra rotondi 
macigni di granito e di basalto, che ne formavano il letto. Questo fiume, 
a pochi chilometri più a monte, riceve il Balagez, altro importantissimo 
corso di acqua, che raccoglie tutta quella del versante orientale e me- 
ridionale del Semien, mentre il Menna, che ha la sua origine dopo il 
valico di Lamalmon, raccoglie tutte le acque di quell'altopiano vastis- 
simo che corre fra Debarca e Gondar, avendo altri rami di origine 
fino sulle montagne di Ambaciarà. Per quanto fossimo nel periodo più 
secco dell’ anno, il Menna aveva una forte massa d'acqua, ed entrati 
nel suo letto sentimmo che la corrente era abbastanza rapida, e il 
livello dell’ acqua rasentava la pancia dei nostri muli. 


MennNA-Tacazzi. — Chilometri 20. Ore di marcia 4. 


La bellissima e pittoresca valle del Menna è completamente disa- 
bitata, come lo è quasi per intero il bacino del Tacazzé. La ragione 
di tanto abbandono deve essere ricercata massimamente nella pernicio- 
sità del clima, affermata concordemente da tutti gl’ indigeni. L' aria 
difatti era pesante e grave, grosse nuvole scendevano dalle gole di 
quelle montagne, e nella notte scoppiò uno dei soliti temporali, carat- 
terizzati dalla grande violenza con cui cade Ja pioggia, da un continuo 
scroscio di fulmini e da un rombo di tuono che si ripeteva sinistra- 
mente negli echi della montagna. È questo un carattere climatologico 
costante, che si verifica in tali regioni durante i mesi di maggio e giugno, 
nei quali scoppiano questi temporali periodici, e generalmente nella sera, 
come precursori dello stabilirsi delle vere piogge, periodo incerto nella 
intensità e nella durata, che prende il nome di piccolo 4erempi. Il cielo 
durante il matlino si mantiene limpido e sereno, ma poi nelle ore po- 
meridiane grossi nembi salgono all’ orizzonte dentro i limiti del terzo 
quadrante, e sulla sera o nelle prime ore della notte si scaricano in 
piogge violente, accompagnate dai più imponenti fenomeni elettrici. 
E noi, che col nostro viaggio di riterno procedevamo nella stessa direzione 


— ee ee ee ee eg ee: . - 


—~ 153 — 
dalla quale si avanzano le piogge, fino a che non fummo giunti oltre la 
provincia dell’ Enderta, quasi ogni sera avemmo di questi molesti 
acquazzoni. 

La strada che dovevamo percorrere per giungere al Tacazzè, costeg- 
giava sempre la sponda sinistra del Menna, e serpeggiando tra le gole 
di non troppo alte colline, si manteneva sempre piana in mezzo a un 
terreno alluvionale, dove la vegetazione era rigogliosissima, ma dove, 
per difetto di lavoro umano, non si aveva traccia alcuna di cultura. 
La confiuenza del Menna col Tacazzè è rappresentata da un larghissimo 
delta, dove le acque del Menna si suddividono in moltissimi rami, e 
facendo una grande curva a ritroso della regione del Tacazzè, si gettano 
m quel fiume. Noi, mantenendoci sempre sul lato sinistro, ci trovammo 
così sulla sponda sinistra del Tacazzè, per la quale, più che una strada, 
uno stretto sentiero segue il corso del fiume, rampicandosi sulle aspre 
scarpate delle sue rive. Percorsi circa 3 chilometri dal punto d’ affluenza 
del Menna, ponemmo il campo sul letto stesso del fiume in un luogo 
coperto da un fitto bosco di acacie e di tamarischi, e passammo il 
resto della giornata a percorrere una sponda del Tacazzè senza gua- 
darlo, per dar la caccia ai molti ippopotami che frescheggiavano tran- 
quillamente in quelle gore e lagune, della stessa formazione di quelle 
che osservammo nell’ altro punto dove traversammo questo fiume nel 
viaggio di andata. Peraltro, dovendo porre un campo alle sponde di 
questo fiume, dove tanto raramente passa qualche piccola carovana o 
qualche viandante, e dove per conseguenza sono maggiormente spiccati 
i caratteri di luogo deserto e selvaggio, non conviene mai rizzare le 
tende in mezzo agli alberi che ivi si trovano, giacchè il pericolo per 
le fiere durante la notte si fa più accentuato, e così pure le esigenze 
di una guardia attentissima e raddoppiata, mentre la gente stanca 
non garantisce spesso la sicurezza degli animali della carovana, che 
possono essere aggrediti più facilmente nel folto della foresta. Se in 
questa vasta zona di paese disabitato e selvaggio non avessimo avuto 
la precauzione di portare con noi viveri, foraggi e buoi per macello, 
la nostra carovana si sarebbe trovata nel più grave imbarazzo. 

La marcia percorsa in quel giorno fu di oltre 20 chilometri. 


SPONDE DEL Tacazzk. — Chilometri 25. Ore di marcia 5. ° 


Seguitammo la nostra marcia sulla sponda sinistra del fiume, per 
un certo tratto mantenendoci sul piano stesso delle acque; ma poi, 
correndo il fume in mezzo a due sponde tagliate a picco sulla nuda 
roccia, dovemmo risaliré a livello del grande altopiano per un sentiero 


— 154 — 
aspro e difficile, che fortunatamente non fu di molta durata. Il corso 
del Tacazzè in questa regione ha i medesimi caratteri geologici, che 
furono da me osservati nelle vicinanze di Socota, caratteri geologica 
che presso a poco sono identici dalla sua origine fino a tutto il tratto 
che traversa gli altipiani etiopici. Una grande spaccatura che rompe 
l’ uniformità di un piano roccioso, regolare nei suoi contorni e nella 
sua profondità, presso a poco rassomigliabile alla spaccatura di un 
grande ghiacciajo, è questo il carattere più saliente che domina il corso 
del Tacazzè. 

Appena che fummo montati sull'altopiano, trovammo un ter- 
reno nudo e deserto con poche erbe incolte e aride, senza un tugurio 
umano: il silenzio di quelle solitudini non era interrotto che dal canto 
di numerosi stormi di faraone e di francolini, e dal ruggito di qualche 
ippopotamo, che si ripercuoteva con eco sonora nei profondi abissi 
del fiume. 

La scena di quel passaggio tanto era orrida, quanto imponente 
nella sua originalità. Marciammo per parecchi chilometri, costeggiando più 
o meno da vicino gli abissi del fiume e in alcuni punti giungendo all'orlo 
di quel precipizio per poi allontanarcene di nuovo, giacchè il sentiero 
segue quasi una linea retta, mentre il fiume si svolge in molteplici spire. 
Finalmente dopo un percorso di qualche chilometro, passata una serie 
di valli e di piccole colline, ci avvicinammo di nuovo al letto del fiume 
e prendendo il corso di un torrente che scendeva dalle montagne cir- 
costanti con una discesa difficilissima, e saltando quasi di roccia in roccia, 
come per una scalinata fatta dall’ azione delle acque correnti, guada- 
gnammo di nuovo il letto del Tacazzè e lo traversammo quasi normal- 
mente in un fondo d'acqua limpida e corrente, che arrivava alla pancia 
delle nostre cavalcature. 

Ponemmo il campo gull’ altro pendio della sponda, in mezzo a uno 
di quei soliti boschetti di tamarischi e di altre piante arboree, allo scopo 
di rimanere meglio riparati durante il giorno dai cocenti raggi del sole, 
ma commettendo una di quelle imprudenze che dovemmo poi scontare 
nella notte seguente. 

Fu questo l’ accampamento dove ci occorsero le maggiori emozioni, 
che la fauna del paese potesse procurarci. 

Durante il giorno, scendendo e rimontando il corso del fiume, 
potemmo ripetutamente tirare dei colpi sugl’ ippopotami, dei quali ne ve- 
demmo alcuni completamente fuori dell'acqua addormentati e quasi per 
metà immersi in una poltiglia fangosa, come fanno i nostri animali suini 
nelle ore più calde dell' estate. Traversando quei fitti canneti che coro- 


= = duel eee we — cun 





mano le sponde, vedemmo con enurme salto guizzare nell’ acqua due 
grossi coccodrilli, per due volte svegliati dal rumore dei nostri passi; 
anzi avendo mandato i nostri muli ad abbeverarsi, uno di essi fu affer- 
rato improvvisamente da un coccodrillo che si teneva nascosto, e fu 
trascinato dentro una di quelle gore, di dove potè uscire, perchè le 
forti grida dei nostri servi disturbarono l'aggressore; ma il poveto ani- 
male usci dalle acque mutilato di tutte le parti molli di una coscia, 
e con un’ enorme ferita al ventre, tantochè lo dovemmo abbandonare 
in quella regione. 

Verso sera, seguitando la nostra caccia agl’ ippopotami e percorrendo 
il fitto di quei canneti, vedemmo sbucare dinanzi a noi un enorme 
Boa constrictor; atale vista i soldati che avevamo di scorta non vollero 
più accompagnarci oltre in quelle escursioni. Finalmente giunta la notte, 
e mentre tutti nel nostro campo erano immersi nel sonno, salvo i pochi 
soldati del Re che facevano la loro guardia, un leone potè silenzioso 
introdursi nel mezzo del nostro campo; ma mentre si slanciava per affer- 
rare uno dei nostri muli, emise un ruggito fortissimo e saltò subito fuori 
dal recinto, perchè tutti i soldati avevano scaricate le loro armi, cagio- 
nando una gran confusione e un vero parapiglia di servi, che correvano 
ad armarsi, e di bestie che, rotti i legami, fuggivano per lo spavento in 
ogni direzione. Ristabilito un po'd’ordine, comincianfmo a colpi di 
ascia ad abbattere tutti gli alberi che erano nel mezzo del recinto del 
campo ed, accesi moltissimi fuochi, potemmo a poco a poco ritrovare 
tutte le nostre bestie; nel resto della notte, metà della gente fu desti- 
nata alla guardia e ad alimentare i fuochi, mentre l’altra metà si 


riposava. 
Tacazzk-MuCHERA. — Chilometri 23. Ore di marcia 6. 


Ai primi albori levammo il campo e rampicando per la sponda 
destra del fiume, dopo una salita faticosissima e difficile per le nostre 
bestie da soma, riguadagnammo, il livello del vasto altopiano, perfetta- 
mente uguale a quello che avevamo percorso il giorno avanti sul lato 
sinistro. Per circa 2 ore di marcia il sentiero prosegue sempre pianeg- 
giante e molto prossimo al fiume, che finalmente si abbandona, segui- 
tando esso il suo corso in direzione di tramontana. 

La strada cessa di esser piana e s' impegna sul dorso di varie 
colline, tutte coperte di fitte boscaglie, dove numerosi stuoli di grosse 
scimmie si agitano e fuggono al nostro passaggio, guadagnando le più 
alte cime dei monti od arrampicandosi sui rami più elevati degli alberi. 

Così la strada sale sempre con più o meno difficoltà, mai compa- 


— 1 56 amo 

rabile però a quella incontrata nel salire le sponde del fiume. Il paese 
che traversiamo è detto il Cualiu, ed è fra i più orridi e selvaggi dell’ A- 
bissinia. In tutta questa zona fa massimo difetto l’ acqua, salvo quella 
che sì trova perennemente nel Tacazzè e nel Tsellari: difatti, benchè 
su queste montagne non esistessero le ragioni di malsania che si hanno 
lungo il bacino del Tacazzè, pure non trovammo mai nè un armento 
a pascolo, nè una capanna da pastori: tutto era squallore e deserto. 

La nostra marcia era diretta per un luogo detto Mucherà, dove era 
segnalata dalle nostre guide un'abbondante sorgente d’acqua: resta 
questa località sopra la cresta di una catena di monti, che segnano lo 
spartiacque fra la vallata del Tacazzè e quella del Tsellari. Vi arri- 
vammo dopo circa 6 ore di marcia e ponemmo il campo da un lato del 
monte che guardava la sottostante valle del Tsellari. 

Oramai avevamo esaurite tutte le provviste di biade e foraggi per 
i muli: noi pure eravamo agli estremi delle nostre risorse alimentari, 
per cui quella stazione fu per noi penosissima : dovemmo mandare tutti 
i servi in esplorazione per tagliare qualche erba, giacchè nei dintorni del 
nostro campo non ve n'era neppure un filo per far pascolare 1 muli 
affamati. 

Solo potevamo ricrearci con lo spendido panorama che si godeva 
da quelle alture, specialmente per la vista delle montagne del Semien, 
le cui più alte cime biancheggiavano non so se per neve o più facil- 
mente per grossi strati di grandine, che cadeva nei frequenti acquazzoni 
della notte. E anche durante la notte passata a Mucherà avemmo un 
temporale violentissimo, accompagnato da raffiche impetuose di vento, 
che ci costringevano a prendere sulle spalle tutta la pioggia, per tener 
ferme le corde delle nostre tende, che minacciavano continuxmente di 
essere divelte dalla bufera. 


MUCHERÀ-TSELLARI. — (kilometri 14. Ore di marcia 4. 


La discesa da quella catena di monti nella direzione del Tsellari 
non è molto difficile, e il sentiero è molto ben tracciato e di facile adito 
anche per le bestie cariche: ma, giunti a un'ora circa di marcia da 
Mucherà, la strada ad un tratto si affaccia all’ orlo di un profondo 
baratro, nel quale si discende per un solco tracciato quasi esclusiva- 
mente dalle acque. La discesa, oltre ad essere difficilissima, cagionò anche 
un’ emozione molto viva, giacchè più si discende e più l'orizzonte si 
chiude fino a che non si scorge altro che un lembo di cielo sopra la 
testa, ed enormi macigni, come tante gigantesche stalattiti, che sem- 
brano pronti a distaccarsi da un momento all’altro dalla loro poco 





— 157 — 
solida base, inabissando ogni cosa. Ritengo che tale strada durante la 
stagione delle piogge sia assolutamente impraticabile, non tanto perchè 
il sentiero diventa il letto di un precipitoso torrente, quanto perchè 
debbono certamente manifestarsi dei movimenti tellurici e dei forti 
distacchi di roccia, dei quali si vedevano tracce recentissime. La mas- 
sima parte di quelle formazioni rocciose sono calcari, elemento geologico 
non abbondante in Abissinia. 

Arrivati nel fondo di questa profonda spaccatura si comincia 2 
percorrerla in piano; e,cosa meravigliosa e forse unica a raccontarsi, 
per quasi due ore si seguita a marciare chiusi dentro questo profondo 
spaccato, dove da nessuna parte ha modo di penetrare un raggio di 
sole. Finalmente in direzione perpendicolare a questo baratro si apre 
una gola, che in relazione a quella percorsa sembra piuttosto un’ ampia 
vallata: pur non ostante è sempre tanto stretta e con orizzonte così 
limitato, che è impossibile di là dentro orientarsi sulla posizione in cui 
uno si trova, ed una tale-strada non sarebbe praticabile senza esper- 
tissime guide del paese. La gola si apre poi maggiormente, e dopo 
altre due ore circa di marcia, seguendo il letto di un torrente che 
trovammo a secco, si giunse sulle amene sponde del Fiume Tsellari; le 
cui acque limpidissime e mosse da rapida corrente, scendono dalle 
montagne del Lasta, dai più meridionali contrafforti dell’ Enderta, e si 
versano poi nel Tacazzè, poche miglia a valle del luogo da noi ulti- 
mamente traversato. Tutta la valle del fiume è coperta di ricchissima 
vegetazione: le sponde sono rivestite di alti canneti, il letto è ghiajoso 
e in parte roccioso, e per quanto fossimo nel mese di maggiore siccità, 
pure l’acqua toccava la pancia dei muli. Traversammo quel fiume con 
sufficiente attenzione, perchè la corrente era anche più forte di quella 
che incontrammo sul Tacazzè, e ponemmo il campo sopra una piccola 
altura, nuda affatto di alberi e di piante. Avendo le sponde del Tsellari 
la rinomanza di essere gradito asilo di molti animali felini, prendemmo 
tutte le precauzioni, nella disposizione del campo, per essere al sicuro 
da qualunque sorpresa notturna. Tutto il rimanente della giornata si 
passò nel procurarci una grande quantità di legna da ardere, che di- 
sponemmo circolarmentée intorno al nostro campo. Tutta la notte si fece 
una guardia attentissima, con metà della gente in piedi e con fuochi 
continuamente accesi; ma per fortuna non avemmo sinistra avventura. 


TSELLARI-FENAROA. — Chilometri 42. Ore di marcia 7. 


Oramai la regione inospitale e selvaggia, che con molti giorni di 
marcia avevamo dovuto traversare, era al suo termine, giacchè le vici- 


— I 58 —_— 

nanze di Fenaroa sono molte abitate, ed il villaggio stesso è grande e 
rinomato per i suoi ricchi mercati. La strada, facile assai, corre sulle 
sponde di un affluente del Tsellari, che più volte attraversa: solo per 
qualche tratto riesce faticosa, perchè il terreno non è resistente, ma 
molle e sabbioso per depositi alluvionali del fiume: ricca di acqua 
e di pascoli, ricchissima poi di vegetazione, per cui nelle ore più calde 
della giornata si trovano anehe fresche ombre per comodo ristoro. Dopo 
avere rimontato per molti chilometri il corso di questo affluente, la 
strada segue il dorso di una catena di colline per guadagnare l' altura: 
di Fenaroa: ma il terreno perde subito quel carattere di vivacità e di 
allegria, che ripeteva dalla vegetazione abbondante, e si fa di nuovo 
arido e secco. Giunti nell'ampia valle di Fenaroa, si trovano i caratteri 
soliti alle vicinanze di un luogo abitato, caratteri che da varì giorni 
avevamo dovuto quasi dimenticare. Lasciammo il paese di Fenaroa sulla 
dritta, allo scopo di fuggire i rumori e soprattutto le noje che si hanno 
sempre dagli abitanti e dalle autorità dei grossi villaggi, e facemmo il 
campo in un luogo più basso e lontano, rimanendo il paese sull’ alto 
di una collina. Potemmo finalmente procurarci qualche genere alimentare 
e, quel che maggiormente c'interessava, qualche foraggio per le bestie 
che erano pur troppo affamate e stanche per le fatiche dei giorni pre- 
cedenti. 

A Fenaroa fanno testa tutte le carovane di sale che risalgono l'al. 
topiano abissino dal mare, nelle vicinanze di Meder, fino a Macallè; e 
da Fenaroa proseguono per Socota nell’Abissinia più meridionale. L'essere 
poi questo paese nelle vicinanze della grande strada che da Senafé-Ma- 
callé-Antalo prosegue fino a Magdala, dà al medesimo un carattere d’ im- 
portanza commerciale e strategica assai rilevante. In quel giorno noi 
avevamo percorso senza molta fatica circa 42 chilometri. 


FENAROA-SAMRE — Chilometri 28. Ore di marcia 6'/, circa. 


Con la stazione di Fenaroa si può dire che abbia termine quel- 
l'immenso tratto di paese, che partendo da Ambaciarà fino a oltre il 
Tsellari è uno dei più deserti e sconosciuti di tutta l’ Etiopia, e che 
non essendo stato percorso se non parzialmente e mai per intiero da 
viaggiatori europei, poteva avere un interesse maggiore di descrizione. 
La strada che da Fenaroa porta a Samre, sebbene frequentatissima da 
carovane, cariche specialmente di sale, e in massima parte composte 
di cammelli che vengono noleggiati nel paese dancalo e precisamente 
nelle pianure di Harù, non è troppo pianeggiante, come dal Tsellari 
a Fenaroa, ma è molto accidentata per vari corsi d'acqua per lo più 


guadabili anche durante la stagione delle piogge, e per una serie 
continua di colline, che gradatamente si elevano fino all’altopiano di 
Antalo e di Macallé. La massima parte del terreno è alluvionale e sab- 
bioso, di maniera che il paese ha un aspetto di povertà e di tristezza 
e, per quanto molto popolato, è scarso di zone coltivate e fruttifere. 

Solo molti armenti pascolano per quelle lande deserte e sono forse 
l’unica risorsa, oltre gli scambi commerciali, che hanno quelle popola- 
zioni. Nelle vicinanze di Samre la strada si fa più difficile per maggiore 
ripidità di salite e più pronunziati dislivelli fra collina e collina, ma in 
ogni modo vere difficoltà stradali non esistono; e di fatti l'essere quelle 
vie percorse da carovane di cammelli è la prova più convincente che 
esse hanno una praticabilità maggiore che le altre strade di Etiopia. 

Samre è una città molto popolata, che giace sopra una collina ab- 
bastanza elevata sul territorio circostante, e dove settimanalmente si ten- 
gono mercati, come in Adua, nei quali il sale è l’articolo di scam- 
bio più importante: a questi mercati convengono anche molte popola- 
zioni del paese dancalo e si riscuotono dal governo abissino forti dazî, 
specialmente per i carichi di sale che proseguono per l’interno. L ter- 
reni circostanti sono poco coltivati, e ciò in parte dipende dalla natura 
del suolo, in parte dall’ essere quegli abitanti più inclinati al commercio 
che all’ agricoltura. 

Ponemmo il campo a un miglio circa dal villaggio, sulle rive 
di un piccolo torrente, dove i nostri muli potevano più facil- 
mente abbeverarsi e pascolare. Potemmo anche a Samre comprare 
foraggi e generi alimentari per noi, tantochè le nostre condizioni di 
viaggio si erano grandemente migliorate; e, a migliorarle maggior- 
mente, fummo raggiunti a Samre da un corriere del signor Naretti, pro- 
veniente da Macallè, il quale, oltre alle lettere, portava una cassetta di 
vini e di liquori, opportunissimo ristoro per noi, che dopo partiti da 
Ambaciarà avevamo sempre bevuto acqua, e molte volte anche impura. 
La distanza da Fenaroa a Samre è di circa chilometri 28, che percor- 
remmo in quasi sei ore e mezza di marcia. 


SAMRE-ANTALO. — Chilometri 22. Ore di marcia 5 */s. 


Il territorio che noi traversiamo conserva caratteri geologici molto 
somiglianti a quelli descritti nel giorno di marcia precedente: la strada 
è buona e pianeggiante, buona soprattutto per essere sopra un terreno 
molto battuto, dove il passo degli animali e degli uomini ha un effetto 
utile molto maggiore: e di fatti la nostra marcia, e per queste ragioni 
e per essere la strada in linea retta, si fa d'ora innanzi molto più ra- 


— 160 — 

pida e sicura. A pochi chilometri da Antalo la serie di colline si fa 
più elevata, dovendosi gradatamente raggiungere l’altezza del vero alto- 
piano, che costituisce la regione dell’ Enderta, altopiano che vien traver- 
sato nel senso longitudinale, in direzione cioè da N. a S., dalla strada 
che da Macallé va fino al Lago di Ascianghi, strada che nello scorcio 
dell’anno precedente era stata traversata dal corpo di esercito che il 
Re Giovanni conduceva contro le nostre posizioni a Sahati, e da tutte 
le orde galla condotte da Ras Mikael, e nel 1868 dall'esercito inglese 
sotto il comando di Lord Napier. 

Tutta questa vasta zona di paese fra Samre e Antalo ha un aspetto 
presso a poco identico a quello osservato nelle vicinanze di Adua, cioè 
con pochissime zone coltivate, con quasi mancanza di foreste e di al- 
beri di alto fusto: il terreno è incolto, con poche erbe ingiallite ed 
aride per la siccità e per i forti calori del sole. Il villaggio di Antalo 
ha perduto molto dell’ importanza che aveva negli anni addietro, per la 
vicinanza di Macallé, dove la frequente dimora del Negus Giovanni 
di Abissinia ha portato maggiore accentramento di popolazione e d’'in- 
teressi. Ma anche altre ragioni, riferibili a guerre civili o a guerre d’in- 
vasione per parte delle tribù dancale e galla limitrofe, debbono avere 
prodotte tali condizioni di abbandono e di desolazione in questo paese, 
che nei secoli scorsi aveva rinomanza di fertilità e di ricchezza, come ne 
fa testimonianza anche il portoghese don Francesco Alvarez, nella sua 
importante e minuta relazione di un viaggio nell’Etiopia alla corte del 
Prete Janni, compiuto da esso nel 1° decennio del XVI secolo (1). 

Lasciammo il villaggio di Antalo, eretto sopra una delle più alte 
circostanti colline, sulla nostra destra, e proseguendo qualche chilome- 
tro più avanti, ponemmo il campo in un luogo vicino a una sorgente 
d'acqua, dove vedemmo la possibilità di far meglio pascolare i nostri 
armenti. Come più volte ho avuto luogo di sperimentare, accampando 
all’Asmara, anche in questo accampamento dovemmo aspettare oltre 
un'ora per avere un piccolo carico di legna secche per accendere il fuoco. 

La distanza da noi percorsa in questa marcia era di circa 22 chi- 
lometri. 


ANTALO-MACALLE. — Chilometri 38. Ore di marcia 8. 
Proseguiamo la nostra marcia per lungo tratto lungo un piano leg- 


germente ondulato e di facilissima viabilità: ma siccome il pianoro di 


(1) Vedi la detta Relazione, con sommario, note ed aggiunte del cap. D. STASIO, 
in questo BOLLETTINO, ottobre-novembre 1889, pag. 803 e segg. 


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-— 161 — 

Macallé resta perfettamente isolato da quello di Antalo, per esservi fra 
mezzo un fiume e una valle abbastanza aperta, così la strada è costretta 
a discendere per un lunghissimo tratto, fino a raggiungere il letto del 
fiume. La natura del suolo, a mano a mano che si discende verso questa 
valle va migliorando, e l'ombra di giganteschi alberi, specialmente di 
verdeggianti sicomori, fa un singolare contrasto con la squallida nudità 
che avevamo osservato finora. Nella discesa verso la valle sottostante 
all’ altopiano di Macallè s'incontra sulla sinistra un grosso villaggio, ri- 
momato per una chiesa, che resta nascosta in mezzo a un bosco fittis- 
simo di alberi sempre verdeggianti. Questa chiesa è sacra in ispecial modo 
alla memoria dell'Imperatore Giovanni, giacchè secondo quanto le guide 
nostre ci raccontavano, quella chiesa fu molto beneficata dalla madre di 
lui, e anzi ci assicurarono che dentro quella chiesa si conservavano le spo- 
glie della defunta madre dell’ Imperatore. Arrivati nel fondo della valle, 
traversammo un torrente che corre fra due sponde ricoperte di fresche 
erbe : il torrente è ricchissimo di acqua limpida e buona, e tutta la 
valle ed il piano del fiume sono disseminati di belle praterie, dove pos- 
sono pascolare moltissimi armenti. L’altopiano di Macallé è più elevato 
di quello dal quale eravamo recentemente discesi, e per guadagnarne la 
massima altezza la strada serpeggia a zig-zag per i fianchi del monte, in 
parte dirupati, in parte coperti di piccoli arbusti di una pianta simile 
ai nostri lentischi. 

La salita seguita per un’ora e anche più: si entra quindi in un 
immenso altopiano leggermente ondulato, e non si scopre la città di Ma- 
callé se non essendovi molto vicini. Si trovano vari corsi d’ acqua, uno 
dei quali abbastanza ricco, per essere nel mese di maggiore siccità. Il 
terreno è in parte coltivato a pastura e si presta benissimo per accam- 
pare molti soldati, e per tenervi a pascolo molti quadrupedi. 

La città sorge sopra un gruppo di colline, le più alte delle quali 
sono coperte di fittissimi alberi, alla cui ombra si trovano chiese e abi- 
tazioni di monaci e di preti. È fama che queste chiese possiedano tesori 
nei loro sotterranei, oltre a libri ecclesiastici e documenti antichi scritti 
în ghes, tutti in pergamena, con legature in pelle interessantissime per 
il lavoro e per l'epoca remota in cui furono fatte. A me fu concesso 
di visitare queste antiche librerie, ma, come era naturale, niente mì fu 
fatto vedere dei tesori imperiali, giacchè il tesoro che maggiormente 
mi interessava conoscere, che erano le munizioni da guerra, viene per 
ordine dell'Imperatore tenuto nascosto anche agli stessi abitanti del 
luogo. A breve distanza dall'abitato sorge una collina. più elevata e 
completamente nuda, che ha l’aspetto di un campo trincerato, per esservi 


3 


— 162 — 

dei residui di murì a secco e di zeribe: nel centro di questa collina tor- 
reggia un castello, nuovo per costruzione, antichissimo per stile, ed è 
il nuovo palazzo che ha costruito per la residenza imperiale il nostro 
concittadino Giacomo Naretti. Mi risparmio ogni descrizione, perchè il 
piano e il disegno di quel castello furono spediti dal Naretti al nostro Go- 
verno: dico solo che quella costruzione solidissima è molto imponente, 
ed eccezionalmente monumentale, per quello che di costruzioni in pie- 
tra si può osservare in Etiopia, fatta eccezione degli antichi obelischi 
che sono in Axum. Il castello costruito da Naretti con due torri nel 
fronte somiglia molto alle costruzioni portoghesi che si osservano in 
Gondar. Le fatiche e le difficoltà superate dal Naretti per una tale co- 
struzione potrebbero formare soggetto di una leggenda, se si pensa che 
il Naretti ha dovuto cominciare col costruire gli scalpelli per tagliare 
le pietre, col cercare i calcari per fare la calce, eseguendo tutto assolutu- 
mente da sè, dalla prima pietra fino alle serrature delle porte e delle 
finestre. 

Il signor Naretti e la sua signora vollero gentilmente offrirci la 
loro ospitalità durante la nostra permanenza in Macallé, e noi ponemmo 
il nostro campo dentro il recinto in pietra che circoscrive la casa Na- 
retti, e sedemmo sempre alla sua mensa, gustando dopo varî mesi di 
privazione una buona e succulenta cucina italiana. 


MacaLLE-GHEvÀ o Gova. — Chilometri 24. Ore di marcia 5. 


La strada che dall' altopiano di Macallè porta in Adua, traversando 
la regione così detta del Gheralta, è piena di difficili accidentalità, tan- 
tochè si può considerare come una mulattiera delle più aspre, nè atta 
al passaggio delle carovane montate su cammelli. Questa strada ha un 
percorso di circa 120 chilometri; prima non era molto praticata, ma 
da pochi anni ha acquistato un'importanza commerciale e strategica 
di qualche rilievo, per avere cioè l'Imperatore Giovanni scelta con fre- 
quenza per sua sede estiva la città di Macallè. 

Partendo da Macallè, si percorre per oltre un'ora e mezzo di 
marcia un terreno appena appena inclinato verso O., con strada co- 
moda e spaziosa, giacch’ essa si sviluppa sempre nel centro del grande 
altopiano sul quale sorge la città. Il paese è poco ricco di alberi, e 
conseguentemente spogliato di verdura, con apparenza arida e brulla, 
salvo durante i mesi che seguono la stagione delle piogge, nel qual 
tempo i frumenti in erba rompono con bel verde la monotonia del 
paesaggio. 

Dopo circa 12 chilometri di marcia facile e piana comincia la di- 











— 16 3 — 

scesa dall’altopiano per giungere a livello del fiume Ghevà o Gova, il 
qual fiume prende da moltissimi rami tutte le acque delle provincie 
di Enderta e del Gheralta per versarle poi con rapido corso nel Tacazzè. 
La discesa dall’ altopiano di Macallè fino ai primi rami del Ghevà è 
molto accentuata, e la strada si svolge con frequenti angolosità lungo 
il dorso di quei contrafforti, dominando sempre la sottostante vallata 
con ridente ed ampio panorama. Per giungere al primo braccio del 
Fiume Ghevà s’ impiegano due buone ore di discesa. 

Nl fiume, o meglio questo primo affluente che pure porta il nome 
di Ghevà, è ricco di acqua limpida e buona, ombreggiato da altissimi 
sicomori e da diversi alberi di alto fusto, ed ha le sue sponde coperte 
di abbondanti pascoli, tantochè |’ apparenza del luogo è amena e de- 
liziosa. 

Per quanto la marcia da Macallè a questo punto non avesse ol- 
trepassato le 5 ore, pure, invitati dalla freschezza dei pascoli, dalla ric- 
chezza delle acque correnti, vi facemmo il campo fino al mattino 
seguente, tanto più che la gentile famiglia Naretti insieme col signore 
Scimper avevano voluto accompagnarci per questa prima marcia. 

Lungo le sponde del fiume avrebbe potuto un naturalista racco- 
gliere importanti collezioni botaniche, specialmente in fiori che vi 
erano abbondantissimi e speciali per vivacità di colori e soavità di 
profumo. 


Gova-ALasà. — Chilometri 22. Ore di marcia 5. 


Un’ accidentata serie di alture separa questo primo ramo del 
Ghevà dal vero letto del fiume. Queste alture, alternate da avvalla- 
menti, sono quasi tutte incolte e disseminate qua e là da terreni 
boschivi e radi e piccoli arboscelli; ma tutta questa zona di terreno di 
uniforme struttura geologica sarebbe atta a cultura. 

La strada per parecchi chilometri seguita queste naturali ondula- 
zioni con salite e discese, di facilissimo percorso, ed entra poi nella 
vera ed aperta vallata del Fiume Ghevà. Come succede in tutti quei 
terreni, dove ricchi e abbondanti corsi d’acqua escono durante il pe- 
riodo delle piene dal loro letto normale e inondano le campagne cir- 
costanti, fertilizzandole con i loro depositi alluvionali, tutta la vallata 
del Ghevà, per quanto se ne poteva discernere con lo sguardo, era 
coperta di alberi verdeggianti e disseminata qua e là di piccoli 
spazi, in parte tenuti a praterie, ove pascolavano numerose mandre, in 
parte tenuti a cultura. 

Quantunque il fiume raccolga una forte quantità di acqua, pur 


— 164 — 
nonostante non è tale, anche durante la stagione delle piogge, da 
interrompere permanentemente e per mesi le comunicazioni con Adua, 
ma solo temporariamente e per poche ore durante il mese di agosto, 
quando cioè le piogge cadono con maggiore intensità e violenza. Ap- 
pena abbandonato il Fiume Ghevà, la strada comincia a salire il dorso 
di un’ elevata montagna, la quale presenta i medesimi caratteri di nu- 
dita, come l'altopiano di Macallè : la salita è uniforme, non alternata 
cioè da una successione di colline e di corsi d’acqua, e dopo varè 
chilometri si guadagna quasi la sommità dell’ altura, dove sorge una 
specie di parco formato da alberi secolari e verdissimi, il qual parco 
ombreggia una vecchia chiesa con annesso monastero, che ha sulle 
valli e sui piani sottostanti un'ampia ed amena visuale. Il luogo è 
chiamato Alasà e tutta la regione viene denominata Gheralta : il parco 
è celebre per una ricca sorgente d’ acqua limpida e pura, che scatu- 
risce da una roccia, e poche sorgenti di uguale purezza e abbondanza 
sì trovano in tutta |’ Abissinia : l’ aria è sommamente salubre, il clima 
è quasi sempre primaverile; e come succede per altre località, le quali 
godono di tali eccezionali vantaggi, così anche questa fu scelta a di- 
mora di religiosi. È distante circa 10 ore di marcia da Macallè, cioè per 
oltre 45 chilometri. 


ALaSA-AFAGHIE, — Chilometri 15. Ore di marcia 4 *].. 


Il grande parco, dove noi facemmo il campo, giace sul fianco E. 
della montagna, e la strada che prosegue per Adua, facendo ancora 
un'ultima spirale, monta fino a guadagnare una specie d’ insellatura, da 
dove si scorge nel suo bell’ insieme tutto il panorama delle montagne 
del Semien non solo, ma eziandio si vedono all’ orizzonte gli alti e 
acuminati coni delle amde, che sorgono nelle vicinanze di Adua. 

Dopo aver proseguito per qualche chilometro su quella cresta 
di alture, il sentiero si restringe scendendo verso la valle del Fiume 
Afaghiè e s'impegna in un passo strettissimo, indicato in alcune carte 
col nome di Passo di Atbara, dove i muli trovano moltissima difficoltà 
a scendere col loro carico, giacchè l'azione delle acque correnti ne 
altera continuamente la viabilità, e il sentiero medesimo scende ser- 
peggiando fra alti e minacciosi macigni, ed in alcuni punti passa sotto 
una vélta di vecchie formazioni stalattitiche, che sembra debbano ad 
ogni istante staccarsi dal loro imbasamento per precipitare sulla testa 
dei viandanti. 

In mezzo a tanta accidentalità di terreno è difficile farsi un’ idea 





— 16 5— 
esatta e precisa dell’ andamento delle valli e del corso dei numerosi 
torrenti, che raccolgono le acque di quelle alture. 

Anche sul nome dei fiumi e dei luoghi vi è una sufficiente confusione, 
giacchè, in mancanza di paesi e villaggi lungo la via, il nome delle 
stazioni viene dato generalmente col nome dei fiumi, i quali quasi sem- 
pre sono chiamati col medesimo nome tanto nel tronco principale, 
che nei numerosi affluenti; di maniera che sopra una carta resta molte 
volte difficile il precisare il luogo vero dove è segnata una stazione di 
carovane, quando non si voglia o non si possa fissare con dati geode- 
tici indiscutibili il punto medesimo. Così, per esempio, nella prima 
marcia da Macallè al Ghevà si può incorrere in un errore di molti 
chilometri, giacchè diversi sono 1 rami del Ghevà che, come le stecche 
di un ventaglio, vanno a formare I’ unico tronco che si getta poi nel 
Tacazzè, e tutti questi rami sono ugualmente chiamati Ghevà o Gova. 

Usciti dal difficilissimo Passo di Atbara, seguitando a scendere per 
an terreno privo di qualsiasi cultura, e dopo 4 ore e più di marcia, 
facemmo alto sulle rive di una delle diramazioni del Fiume Afaghiè, 
chiamato con tal nome anche in questo ramo secondario, dove tro- 
vammo acqua sufficiente e qualche pastura per i nostri animali. La 
valle, formata dal torrente, era molto stretta, e lo spazio per l’ accam- 
pamento sufficiente appena per una carovana poco numerosa. 


AFAGHIk-Sapial, — Chilometri 16. Ore di marcia 5. 


Partendo da questo accampamento, la strada non segue la piccola 
apertura della valle formata dal fiume, ma invece, valicata perpendico- 
larmente questa specie di gola, s' impegna per parecchi chilometri in una 
serie di contrafforti, sempre leggermente salendo. L'orizzonte è sempre 
molto ristretto, e il terreno quasi tutto boscaso: percorrendo queste 
regioni si prova, al solito, una penosa impressione di solitudine e di de- 
serto, quasi mai trovandovi nè gruppi di capanne nè alcun piccolo vil- 
laggio, ma soltanto scarsi e magri armenti condotti da pochi guardiani; 
impressione che si può dire la nota fondamentale del paesaggio etiopico 
e che significa in genere un grande difetto di abitatori. Grandissime 
zone di terreno, come questa da me percorsa, sarebbero capaci di ricca 
produttività, giacchè la natura non vi si mostra avara degli elementi 
più necessarî ai prodotti del suolo; ma la terra resta, si può dire, allo 
stato di sola potenzialità produttiva, senza che la mano dell’ uomo 
venga a dimandare a questa potenzialità i suoi effetti. Ed è forse per 
questa ragione che i prodotti agricoli dell' Abissinia sono appena suffi- 
cienti per il consumo locale, senza che niente avanzi e quindi senza 


— 166 — 

che si accentui quella ricchezza privata e individuale, che costituisce 
poi il benessere economico di una nazione. È così che nasce nel viag. - 
giatore in Etiopia un sentimento intimo di miseria e di squallore, come 
impressione principale, mentre in realtà se la popolazione indigena fosse 
almeno quadruplicata, o se alla popolazione indigena si accumulasse un 
nuovo elemento d’ immigrazione, questo aspetto generale desolato e po- 
vero dovrebbe essenzialmente cambiare. 

Terminata la serie di queste piccole giogaje, incomincia una lunga 
discesa non precipitosa, perchè il sentiero si svolge con molta arte, 
fiancheggiando i dorsi del monte, per la qual ragione la discesa stessa 
rimane sempre abbastanza agevole: il terreno è tutto a boschi e con 
alberi di alto fusto; e dopo un lungo cammino, disimpegnandosi la via 
dai fianchi della montagna, si entra in una grande ed aperta vallata, 
solcata da vari torrenti, i quali si riuniscono poi in fondo alla valle per 
formare un grosso fiume, da alcuni chiamato col nome del suo princi- 
pale affluente, il Sadiai, da altri, e credo più giustamente, chiamato il 
Fiume Ueri. 

La grande vallata, che chiameremo dell’ Ueri, è apertissima, ricca 
di molti pascoli, bagnata perennemente dalle acque del fiume: in quei 
fertili terreni di pianura si vedono qua e là piccole zone coltivate a 
frumento, specialmente a orzo e dura. In questa grande valle potrebbe, 
credo, comodamente accampare e far sosta un numeroso corpo d’ar- 
mata. Noi ponemmo il campo sulle sponde del Torrente Sadiai, dove 
trovammo acqua sufficiente, per quanto fossimo nei mesi di massima 
siccità. Avevamo percorso circa 16 chilometri dal campo precedente. 


SADIAI-SIESA. — Chilometri 28. Ore di marcia 8. 


Dalla grande valle dell’ Ueri fino in Adua termina la vera regione 
aspra e montagnosa, € la strada riesce di più facile percorso. La mag- 
giore abbondanza di acque correnti, e le ampie valli irrigate da queste 
acque danno a tutta questa vasta zona di terreno un carattere di più 
spiccata fertilità, di maggiore vita, che tutto ridonda a vantaggio della 
città di Adua, la quale può dirsi che ritragga da queste regioni uno 
dei coefficienti più notevoli all'importanza strategica di cui gode. 

Ho detto precedentemente come la vallata dell’ Ueri è capace di 
contenere buon numero di truppe, in special modo per i molti pa- 
scoli che vi trovano i cavalli e le bestie da soma: lo stesso può dirst 
dell'altra valle che prende il nome dal Fiume Siesa, valle attraversata 
dalla strada che prosegue per Adua. Ma di tutti questi vantaggi, e in 
proporzioni molto maggiori, gode la vallata o meglio la pianura di Fares 





_— 167 — 

Moi, situata a N.-E. della nostra rotta per Adua, la qual pianura ha 
inoltre il benefizio di essere tanto più vicina a quella città. Esami- 
nando le storie di Abissinia si vede come in questa regione è stato 
sempre possibile ai Re ed ai Ras di passare con grosse armate e di 
mantenervisi; e per parlare dei tempi nostri, ricorderò come nel- 
l'ultima marcia fatta dall'Imperatore di Abissinia verso il Tigrè, 
nei mesi di gennajo e febbrajo dei 1888, egli si mantenne lungamente 
con quasi la totalità del suo numeroso esercito nella vallata di Faras Moi 
fino a che non decise di portarsi più avanti sulla linea stessa del 
Fiume Mareb. 

Partendo dal nostro campo sulle sponde del Torrente Sadiai, se- 
guitammo per qualche ora la valle con strada facilissima e piana, 
trovando qua e là molti campi che venivano preparati dagli agricoltori 
per la futura semente. La pianura che noi percorrevamo . viene dopo 
un lungo tratto interrotta da una elevata catena di colline, che sepa- 
rano la valle del Sadiai da quella, si può dire parallela, del Siesa, 
verso la quale si dirige la strada che prosegue per Adua. Tutte quelle 
colline, framezzate da molteplici torrenti, sono molto uniformi e con- 
seguentemente monotone, tutte per la massima parte incolte; nes- 
suna di queste alture raggiunge considerevole altezza, ed il cammino 
seguita ad essere, benchè a salita e a discesa, abbastanza comodo e 
facile. Giunti al più elevato livello di quella cresta si comincia poi 
a discendere lievemente verso il Siesa, e in tal percorso si trovano 
con frequenza gruppi di case con qualche villaggio, numerosi armenti 
bovini che pascolano su quelle pendici, tutta insomma una espressione 
di maggior vita e di maggiore attività umana. Noi ponemmo il campo 
a un livello superiore al torrente, sopra un terreno un poco declive, 
ma tutto coperto di un verdissimo prato, sotto l’ ombra di vetusti sico- 
mori; oramai eravamo a poche ore da Adua, dove non volemmo giun- 
gere lo stesso giorno per evitare l’arrivo nella sera, in ore cioè non 


troppo opportune per le consuete visite e presentazioni alle autorità 
del paese. 


Sresa-Apua. — Chilometri 12. Ore di marcia 3. 


Per quanto la valle del Siesa sia vicinissima ad Adua, pure questa 
vicinanza non viene rivelata che dalla vista di quelle tali montagne, 
con formazione geologica così caratteristica, da essere sempre ricono- 
sciute anche molto da lontano; ma la città di Adua, chiusa anche da 
questo lato da una serie di alte colline circostanti, non si scorge altro 
che a poche centinaja di metri dalle mura. Abbandonata la valle 


— 168 — 
del Siesa, che si prolunga e si svolge in direzione S.-O., comincia 


‘subito una serie di colline aride, quasi tutte nude di alberi, interse- 


cate da torrenti che in questa stagione dell’ anno, cioè pochi giorni 
prima delle grandi piogge, sono completamente privi di acqua. La 
strada sale e scende di continuo seguendo le ondulazioni varie di questa 
serie di monti, tantochè, sia per la natura arida e deserta del suolo, 
sia per la grande accidentalità del terreno, l'accesso alla città di Adua, 
anche da questo lato, non è sotto il punto di vista militare troppo 
facile, perchè spesso. il sentiero viene dominato dalle alture circostanti, 
in modo che una colonna in marcia potrebbe facilmente essere il bersa- 
glio di truppe solidamente e preventivamente collocate su quelle alture. 

Dopo poche ore di una marcia faticosa e monotona, resa per me 
anche più pesante, giacchè dalla vallata del Fiume Ueri fino in Adua 
dovei a gran fatica sostenermi sulla mia cavalcatura, perchè colto da 
febbre altissima, arrivammo sull’ ultima cresta di alture, sotto le quali 
improvvisamente si apre il grazioso panorama di Adua, ed entrammo 
in città dal lato opposto a quello di dove si entra giungendo dalla via 
dell’ Asmara. 

Passati alle falde del piccolo monte che serve di residenza al Go- 
vernatore, ponemmo il campo lungo le sponde di quel torrente che 
quasi circoscrive la città, tenendoci molto in alto, onde evitare il caso 
di rimanere sotto corrente in quei luoghi ove di solito masse di popolo 
si accumulano, sia per attinger acqua per il consumo della città, sia 
per lavare le biancherie, o per abbeverare gli animali. 

Rimasti un giorno in Adua, riprendemmo la via di Massaua, per- 
correndo lo stesso itinerario fatto nell’ entrare in Abissinia, e che è 
stato da me già precedentemente descritto. 


OSSERVAZIONI GENERALI. 

Riassumendo in poche parole i più essenziali caratteri topografici 
delle regioni percorse, e specialmente in relazione alle strade principali, 
che traversano una così vasta e importante zona di Etiopia, si possono 
desumere i corollarî seguenti. 

Tutto il paese è essenzialmente montagnoso, oscillando le al- 
tezze maggiori, per cui le strade s’impegnano, fra i 2 e i 3 mila metri. 

Il dislivello dalla regione del littorale al primo ceppo di monta- 
gne etiopiche nasce bruscamente: essendo l'altezza media del primo 
‘altopiano a circa 2 mila metri, e la differenza di longitudine fra l’alto- 
piano e il mare non superiore a 30 miglia, ne viene di conseguenza 


— 1 69 — 
che da qualunque lato si voglia salire, le difficoltà dell’ascensione sa- 
ranno sempre grandi e inevitabili. Si noti ancora che nella strada più 
comune Massaua-Saati-Ailet-Ghinda-Asmara, le oscillazioni fino ad Ailet 
sono lievi, e la salita vera si può dire che cominci dal piano di Ailet 
di poco superiore al livello del mare: quindi lo sviluppo della scala 
per l’ascensione all'altopiano è molto più limitato e la differenza in lon- 
gitudine minore assai di 30 miglia. 
Vere strade non esistono in tutta l’Etiopia, dove è assolutamente 
sconosciuto l’uso dei veicoli a ruote; le strade sono semplici sentieri 
lungo il letto naturale dei torrenti, le creste dei monti, il fondo delle 
gole ecc., ed in pianura, lungo la linea che più direttamente la percorre. 
In molti tratti di paese, specialmente fra Sciket e Abducala e 
dopo Adua verso Beles, anche l’attuale strada potrebbe facilmente ren- 
dersi rotabile; e così a grandissimi tratti potrebbe divenire tale, come 
sarebbe da Debarca a Gondar, in tutta la grande pianura di Belesa, 
nel tratto dal Tsellari ad Antalo; ma di fronte a tali porzioni di paese, 
dove la rotabilità di una strada sarebbe facilissima e anche praticabile 
nelle condizioni attuali, rimangono poi barriere così frequenti e così dif- 
ficili, che rendono perfettamente inutilizzabili anche i tratti buoni, per la 
precipua ragione di assoluta discontinuità fra un tratto buono ed un altro. 
Come strada mulattiera, la via da me descritta fino a Beles è tutta 
praticabile, avendo però l’avvertenza di non fare il carico superiore ai 
60 chilogrammi, se debbono essere usati, come è da consigliarsi, i muli 
del paese. | 
Procedendo da Massaua per tutto l'itinerario da me percorso, i 
punti veramente difficili sono i seguenti: 


1° la salita di Ghinda . . . Ore di marcia 2 
2° id. di Arbaroba. . . > I 
3° id. di Mahenzi. . . . > 2'f, 
4° la discesa di Guda Guddi. . > 1 '/, 


5° la discesa al Fiume Tacazzè e il pas- 
saggio del fiume (impossibile, a meno 
di gravi rischi, durante la stagione 


delle piene) . . > 2 
6° dal letto del Fiume Zarema fino oltre 

il Passo di Lamalmon . . > 10 
7° da Dudubbà al Fiume Menna . > 9 
8° la discesa da Mucherà al Fiume Tsel- 

lari . > 2 


9° la discesa al Fiume Afaghié . > 


— 170 => 

In tutti questi difficilissimi passaggi:(x), quando ci si attenga scru- 
polosamente a non superare il carico dei muli del peso sopra citato, 
sì può star certi di non essere costretti a scaricare e a dover traspor- 
tare il carico a braccia d'uomo, ciò che in certe speciali circostanze 
potrebbe recare un grave imbarazzo per mancanza di portatori. Peraltro 
è cosa prudente di non avventurarsi nel Passo di Lamalmon con i 
muli carichi. 

La descrizione minuta di certi passaggi e quanto graficamente 
viene espresso nei piani e nelle carte esistenti, può alle persone com- 
petenti fornire un criterio esatto per giudicare i luoghi dove la sicu- 
rezza di una colonna in marcia potrebbe essere più o meno compro- 
messa; e così pure dove il terreno dia maggiore o minore agio a un 
servizio di esplorazione e di fiancheggiamento, e quali sieno i luoghi 
più opportuni per gli accampamenti, 

Fatta eccezione dei mesi di novembre e dicembre, che seguono 
immediatamente la stagione delle piogge, è importante di sapere che 
in qualunque regione dell’Abissinia, salvo lungo il corso di certi fiumi, 
l'acqua fa sempre difetto. Si trova in genere raramente, scarsa e di non 
buona qualita, perchè resa impura dagli armenti e dagli abitanti 
stessi. 

Peraltro nei luoghi dove sono segnati o pozzi o sorgenti naturali, 
e per la massima parte in quei terreni torbosi, da me tante volte de- 
scritti, scavando il terreno, l’acqua si trova sempre. In un tratto di 
territorio aridissimo, che è quello circostante a Saati, Ras Alula, prima 
della giornata di Dogàli, trovò acqua per tutti i numerosi suoi soldati, 
scavando nel letto sabbioso del torrente. 

L'Abissinia tutta, e specialmente il Tigrè, ha un grande aspetto 
di povertà e di miseria. Mancano risorse agricole, per quanto il terreno 
in molte zone sia fertilissimo e facile a coltivarsi. 

Il frumento e le biade bastano appena per i consumatori del 
luogo. I pascoli sono generalmente abbondanti sino al marzo, ma dopo 
questo mese tutto è arido e secco. Mandrie intiere di animali, macilenti 
ed affamate, vagano di regione in regione cercando da pascolare, e non 
è questa una delle ultime ragioni delle frequenti epizoozie, che in Abis- 
sinia fanno spesso delle vere stragi. Nelle forti agglomerazioni di soldati 
indigeni, si può far sempre assegnamento, per l'acquisto di generi di 
prima necessità, sui mercati quotidiani che si stabiliscono; ma in altre 
condizioni è sempre difficile, anche pagando bene, il trovare forti prov- 


(1) Occorre rammentare che l’autore scriveva queste note prima che le truppe 
italiane aprissero la nuova strada da Saati all'Asmara. 


— 171 — 
viste di cereali e biade tanto per gli uomini che per gli animali. Una 
risorsa locale, su cui si può più sicuramente far calcolo, è quella del 
bestiame bovino, che si vende a bassissimo prezzo e in grandi 
quantità. 

Salvo in qualche località bassa o sul letto dei fiumi, dove la tem- 
peratura è molto alta e l’aria non troppo salutare, in tutta l’Abissinia 
è più facile ripararsi dal caldo che dal freddo. Le differenze di tem- 
peratura fra il giorno e la notte sono forti, e le notti sono general. 
mente molto fredde, in special modo sull’altopiano di Asmara, nel Se- 
mien e nell’ Uogherà; per cui viaggiando è indispensabile una tenuta 
estiva tropicale per il giorno, e coperte di lana per la notte. 

Come precauzione assoluta per garantire la salute dei viaggiatori, 
è da imporsi il più attento studio nella ricerca delle acque potabili, col 
più largo uso dei mezzi più generalmente dettati dalla scienza, onde 
migliorare o rendere più innocue le acque inquinate d’ impurità (filtri, 
bollitura, ecc.). 

La celerità delle carovane che viaggiano in Abissinia è in ragione 
diretta del minor numero di muli, che rimangono fiaccati dal carico. 
L’evitare queste fiaccature è il più arduo problema di chi viaggia. Ciò 
dipende massimamente dal peso e dalla disposizione del carico; dal 
modo come il carico è fissato sul basto; soprattutto poi dalla struttura 
del basto medesimo. La questione del basto per il mulo abissino, da 
molti studiata, non è per anco risoluta, e quasi tutti i viaggiatori fini- 
scono col caricare i muli, coprendone il dorso con pelli di montone 
o di bove conciato all'abissinese e fissando il carico con fortissime cor- 
regge di cuojo, alla maniera del paese. 

Al massimo per ogni tre muli di carico occorre un servo condu- 
cente, e per ogni gruppo di dieci muli un capo caricatore; così anche 
grosse carovane possono caricarsi in meno di due ore al mattino nel 
levare il campo, e quel che più importa, la carovana può essere man- 
tenuta compatta e serrata, senza che i muli carichi, per difetto di 
guardiani, si mettano a scorazzare per conto loro rovinando sè e il 
carico. 

In quelle poche zone dove è permesso di usare il cammello, oltre 
la solita questione del basto, che tanto e così bene è stata discussa e 
studiata dagl’Inglesi nelle ultime campagne del Nilo e di Suakin, bi- 
sogna ordinare in modo assoluto ai conduttori, specialmente se europei, 
di non forzare il passo dell’animale, che nel cammello da carico è 
lentissimo, giacchè col passo leggermente accelerato il cammello molti- 
plica le ondulazioni dei suoi movimenti naturali, le oscillazioni si fanno 


— 172 — 
più sentite nel carico, e così l’animale rimane presto fiaccato nella 
gobba e nei fianchi. Con i muli e coni cammelli fiaccati, in mezzo ad 
un paese privo di facili comunicazioni e di risorse, può una carovana 
trovarsi in imbarazzi gravissimi, che fa d’uopo ad ogni costo prevenire. 

L'impressione più fondamentale che si riceve nell’Etiopia è la grande 
scarsità di abitato e di abitatori, e di conseguenza la vista di vastis- 
sime regioni incolte, squallide e selvagge, per difetto di lavoro umano 
più che per mancanza di potenzialità produttiva nei terreni. 





B. — L'ANTICA E L'ODIERNA ABISSINIA 


di EDOARDO GLASER (1). 


In questi giorni il telegrafo ha sparso nel mondo un’ importante 
notizia : il Negus di Abissinia ha convenuto di servirsi della media- 
zione del Governo italiano nelle trattative con potenze straniere; in 
poche parole: I Abissinia ha riconosciuto il protettorato e la suprema- 
zia italiana. Tale è stata già altra volta in secoli da lungo tempo tra- 
scorsi, la relazione fra Axum (così chiamavasi l’Abissinia nei primi secoli 
dell’ éra volgare) e l' Impero Romano, e su ciò ci proponiamo di ra- 
gionare. 

Poichè non debbo supporre che il pubblico, il quale legge un’ap- 
pendice di giornale, sia meglio informato e ne sappia più di celebri e 
perfetti orientalisti, non sarà male che innanzi tutto io dica quel che 
posso sull'origine di quell’ importante popolo montanaro dell’Africa. E 
a che per un decennio avrei percorso i paesi sulle rive del Mar Rosso 
« a scopo di studio » se non fossi in grado di rischiarare l’ oscura ori- 
gine e tutta la vita, in una parola, i destini dell' individuo osservato? 
Che io mi occupi non di un individuo ordinario, ma, per così dire, di 
un individuo-popolo, è natural conseguenza del compito che ha colui 
che fa viaggi di esplorazione. 

Gli Abissini, 0, siccome essi stessi si chiamavano, gli Axumiti o Geez, 
non sono una popolazione originariamente africana. Due dei tre nomi 
accennano ad origine straniera : poichè la parola Abissini palesa chia- 
ramente il nome Habesh o Habascia dell’ Arabia meridionale, col quale 
si designano ancora e l'attuale Abissinia e numerose tribù e paesi del- 
l'Arabia meridionale ;. mentre Gees, siccome gli Abissini anticamente 


(1) Dalla Neue Freie Presse, del 30 ottobre 1889. Versione cortesemente favo- 
ritaci dal socio corr. prof. I. Guidi, 


4 — 173 — 
chiamavano sè medesimi in Africa, vuol dire addirittura emigrant. Si 
davano poi il nome di Axumiti dalla capitale Axum, ora in ruina, non 
lungi dall’odierna capitale Adua; nella quale ultima Re Giovanni so- 
leva tuttora risiedere, e che, secondo ogni apparenza, anche il Re Me- 
nilek abiterà. 

Se il nome Habesh ci dice che il popolo debba essere originario. 
dell'Arabia del S., tale ipotesi diviene piena certezza, allorchè i monu- 
menti dell’ Arabia meridionale ci menzionano, migliaja d’anni fa, e più 
secoli avanti la nascita del Redentore cristiano, un popolo col nome 
Habascia. Essi c’ informano che questo popolo con re proprî, i quali 
fecero anche alleanze coi potenti sovrani di Saba, abitava sulle spiag- 
gie meridionali della penisola arabica, e propriamente colà dove le no- 
stre carte segnano il misterioso paese di Mahra, il cui notevole dialetto, 
non è punto arabico. Uno di questi re habascia di Arabia chiamasi 
Gadarat o Gadaròt, ed è notevole che il medesimo nome figura, in forma 
un po’ corrotta è vero, nelle leggendarie liste di re che gli Abissini 
di Africa hanno conservato, siccome un debole riflesso di luce di una 
potenza e grandezza da lungo tempo sparite. La memorabile iscrizione 
che nomina il re Gadarat, la più antica testimonianza di vita politica 
abissina (incirca del IV secolo avanti l'èra volgare), da Ryàm, che era 
uno dei principali santuarî dei Sabei pagani, fu da me portata in Austria, 
ove giace dimenticata così come era già prima in Arabia. 

In tempi anteriori, e propriamente prima del 1000 av. C. quella 
spiaggia, come l’Hadramét dipendeva dall’antico Regno Mineo: le parti 
che componevano questo regno si sono conosciute dalla tavola bi- 
blica dei popoli (Gen. X), la quale, come io ho fatto vedere, fu scritta 
molto dopo la caduta del Regno Mineo. Esattamente lo stesso si può 
affermare del celebre Ophir, la salomonica terra dell'oro, la cui posizione 
io ho ricavato nella mia storia dell'Arabia antica che è sotto i torchi. 

Adunque gli Abissini vengono di Mahra, dalla regione fra Hadra- 
mòt e Oman. In questa costa, la costa dell’incenso propriamente detta, 
essi abitarono assai lungamente, occupandosi certo soprattutto del com- 
mercio degli aromi e della coltura dell'albero dell’ incenso. Quest'ultimo 
ha nome, in quella regione, mghairot. | 

L’ unico esemplare del meraviglioso albero sinora portato in Europa, 
io l' ho deposto nel giardino botanico dell’ Università di Vienna. Gli 
Habascia o Abissini di Arabia debbono per i primi aver trapiantato 
l'albero dell’ incenso nella Penisola Somali, ove all'interno trovasi quasi 
dappertutto nella varietà mahritica, ed è sparso fin dentro l'attuale 
Abissinia. Non lungi dalla baja, ora francese, di Tagiura lo si trova in 


— 174 — 
grandissima copia; i Francesi sanno essi ciò? Certo gli Habascia o Abis- 
sint di Arabia avevano da lungo tempo messo piede stabilmente nel paese 
dei Somali, specialmente però sulla costa orientale, ed abbastanza ad- 
dentro nell'interno. E infatti noi sappiamo che anche oggi tutte le isole 
che giacciono dirimpetto alla costa di Mahra, compresa la celebre Socotra 
che propriamente può già contarsi come appartenente al paese Somali 
orientale, tutte, dico, appartengono per la lingua al Mahra, ed anco 
politicamente furono sempre in connessione con questa regione. Pure 
gli antichi ci informano che il paese Somali orientale, allora chiamato 
Azania, e che oggi si disputano Tedeschi, Inglesi e Italiani, era nel 
primo secolo dell’éra volgare una dipendenza dell’ Jemen. Innanzi tutto, 
questo lembo dell’ Africa orientale appartenne evidentemente agli Habascia 
o Abissini di Mahra, e caduto il regno degli Habascia, passò da questi 
agli Himiariti (Jemeniti) congiunti a loro di razza; la qual cosa deve 
essere accaduta molto tempo innanzi la composizione dell’ opera Peripius 
Maris Erythraei, cioè poco dopo la metà del primo secolo dell’ éra vol- 
gare. Adunque negli ultimi secoli av. Cr. gli Habascia di Arabia nell'A- 
frica orientale hanno fatto esattamente ciò che oggi fanno gli Arabi di 
Mascate. E il propagarsi dell'elemento arabo-meridionale dentro l'Africa, 
e il mescolamento di sangue che ne fu cagionato, e che può osservarsi 
fin nei Galla e anche più all’interno, è dunque di data assai più antica 
che non si suppone generalmente. I Saw&hili, Somali, Galla e Abissini 
tutti, questi meticci delle razze arabo-meridionale e negra, dimostrano 
ciò anche al giorno d'oggi. 

Ma qual cosa ha spinto gli Abissini di Arabia a volger le terga 
ai monti di Mahra odorosi d' incenso? 

Nel IV secolo avanti l’ éra volgare li abbiamo trovati ancora, sic- 
come potenti alleati dei Sabei. Ma nei secoli posteriori, specialmente 
dopo la celebre spedizione indiana di Alessandro il Grande, nemmeno l’A- 
rabia fu salva da conquista straniera. Sappiamo in particolare degli Arsa- 
cidi o Parti, (il cui regno durò dal 249 av. Cr. al 227 d. Cr.) che 
traversando il Golfo persiano conquistarono estese regioni dell’ Arabia 
orientale. Anzi al tempo del citato Peripius Maris Erythraei, (il quale 
secondo che ho esposto nella mia storia dell’ Arabia antica," non potè 
essere scritto se non fra gli anni 56-71 d. Cr.) apparteneva ai Parti 
buona parte dell’ Arabia meridionale, cioè tutto 1’ Oman fino ai confini 
dell’ attuale Hadramét. A quel tempo pertanto non vi era più un regno 
di Habascia o Abissini nell’ Arabia del S.. Le sue province erano già 
venute in potere di altri dominatori: Eleasos, il re della così detta 
regione dell'incenso (ciò che per questo tempo si deve intendere del 


Regno di Hadramét) possiede Socotra, e I’ Isola degli aloe, mentre il 
paese Somali orientale, }’ Azania, era sottoposto al governatore di Ma- 
faritis, e perciò al Regno Imiaritico, o se si vuole, Sabeo, e Mahra, la 
regione dell’ incenso propriamente detta, era incorporata al Regno Parto. 
Secondo il Periplus, la dipendenza di Azania dall’ Jemen era già di 
antica origine; perciò la distruzione del Regno Abissino di Arabia deve 
aver avuto luogo molto tempo innanzi la composizione del Periplo; 
e certamente quindi nel II o, al più tardi, nel I secolo dell’ éra volgare. 

Ma il medesimo ferip/as c’informa che al suo tempo esisteva in 
Africa un piccolo regno degli Axumiti, amici dei Greci e della civiltà, 
e proprio nella regione dell'attuale colonia italiana di Massaua: essi 
erano allora sotto il Re Zoscales, il cui dominio si estendeva appena 
notabilmente più oltre della regione oggi sottoposta al generale Baldis- 
sera. Adunque gh Abissini avevano emigrato in Africa; colà assunsero 
il nome di Axumiti o Geez, quantunque anco l'antico nome d'Abissini, 
come dimostrano i monumenti Sabei, rimanesse ancora in uso per secoli. 

Non appena sentirono abbastanza fermo il terreno sotto i piedi, 
pensarono essi certamente a riconquistare i paesi già una volta di 
loro razza, in Arabia. E così da Pausania, che scriveva nella prima metà 
del II secolo dell’ éra volgare ci è conservata la notizia, che l’ Isola 
Abasa nel profondo seno del Mare Eritreo (quindi probabilmente Socotra) 
apparteneva agli Abissini, ed anco il molto più tardo Uranio conosce il 
popolo degli Abaseni, cioè degli Abissini, sulla costa meridionale di 
Arabia. 

Senonchè con questi tentativi di conquista, gli Abissini dovevano 
mecessariamente venire in conflitto col regno Sabeo, il cui intento era do- 
minar solo in tutta l'Arabia meridionale. E difatti la susseguente storia 
del Regno Abissino consiste da ora in poi in lotte che durarono fino 
al VI secolo, col Regno Sabeo Imaritico. Poichè anche i Romani, dopo 
l’infelice spedizione di Elio Gallo (24 av. Cr.). erano fra i nemici 
di Saba, così gli Axumiti trovarono sempre da parte della mondiale 
potenza romana, profittevole ajuto; e tal relazione fu continuata anche 
sotto i Bizantini. 

Solo ora per le scoperte fatte nei miei viaggi nell’ Arabia meridionale 
queste lotte sono state rischiarate e storicamente esposte nel mio « Schizzo 
della storia di Arabia dai più antichi tempi fino al profeta Maometto >. 
Ivi ho dimostrato che le poche iscrizioni axumitiche che, ci sono con- 
servate, debbono tutte assegnarsi alla metà incirca del IV secolo, nè si 
deve spartirle in un periodo di più che 5 secoli, come finora si è fatto. 
Le nominate iscrizioni sono: quella di Adulis, incisa sopra un trono, e 


= 1 76 — 

tramandataci da Cosma; l'iscrizione greca di Axum, copiata da Lord 
Valentia e riveduta da Salt, e le due iscrizioni gees di cui andiam de- 
bitori al bravo Riippel di Francoforte. Parimente io ho provato nel mio 
« Schizzo » che nell'epoca di lotta dal 300 al 525 dopo Cr. esisteva 
nell'Arabia del Sud, per dir così, un regno giudaico e che il cristia- 
nesimo, affatto concordemente alla tradizione nazionale, fu introdotto 
in Abissinia verso la metà del IV secolo, dal qual tempo in poi è ri- 
masta la religione dello Stato fino al giorno d’ oggi. 

Ora si deve dire brevissimamente delle lotte fra Abissini ed 
Imiariti. 

Nei più antichi tempi, certo anteriori a quelli di cui dà notizia la 
Bibbia, i dominatori dell’ Arabia si chiamavano Re di Maîn (paese dei 
Minei). Il loro regno si estendeva su quasi tutta l'Arabia meridionale, com- 
preso Hadramét, Mahra, Ophir, Saba e Himjar, le quali province dopo 
il disfacimento del Regno, divennero quasi tutte indipendenti. I più po- 
tenti furono i Sabei. I loro dominatori chiamaronsi dapprima « Maqarib, 
ovvero, Sacerdoti-Re di Saba » quindi ebbero il governo i « Re di Saba, » 
poi venne il periodo dei « Re di Saba e Raidan » ed infine, cominciando 
dal 300 dell'E. V., i governanti portarono il titolo di « Re di Saba, 
Raidan, Hadramòt e Jemen » talvolta anco con questa aggiunta « e delle 
loro tribù sui monti e nella TihAma » (pianura verso la costa). Questa 
ultima aggiunta ricorre nelle iscrizioni solo nella prima metà del IV e 
nel V secolo. Da ciò deduciamo che la Tihàma anticamente non ap- 
parteneva punto al Regno Sabeo, e posteriormente vi appartenne solo 
per tempi determinati. In fatti, non ostante le numerose iscrizioni sco- 
perte nell’ Arabia Meridionale, circa 1,700 — delle quali io solo ne ho ri- 
portato 1,032 — finora neppur una se ne è potuta trovare nella TihAma. 
Ma allora a chi apparteneva la Tihàma ? La risposta a questa domanda 
ce la danno le iscrizioni, almeno per il tempo dopo |’ éra volgare. 

Secondo l'iscrizione greca, scritta sopra un trono, in Adulis, e traman- 
taci da Cosma, il Re Axumite (Abissino) oltre molte regioni africane 
conquistò anche alcuni territorî di Arabia, fra i quali Tiamo o Tiama, 
nel qual nome è facile riconoscere la TihAma, Kelaa (il paese di Ibb, 
Udein, ecc.), e condusse la guerra da Leucocome (al Nord di Janbo) 
fino al paese dei Sabei. Nell'iscrizione pure greca, di Axum, che è del 
tempo dell’ Imperatore Costanzo, e quindi della metà del IV secolo, 
il Re abissino Aizanas porta il titolo di « Re degli Axumiti, degli 
« Himiariti, di Raidan, degli Etiopi, dei Sabei, di Salehene, di Tiamo, 
« dei Bugaiti e di Kasa. » In questi titoli, ad eccezione del primo e 
degli ultimi due nomi, si intendono chiaramente paesi arabici; compresa 


i’ Etiopia, col qual greco nome si designava il paese arabo donde era 
la stirpe abissina, compreso l'Hadramét e il paese somali orientale 
{Azania). Allo stesso modo (solo tralasciando l'Etiopia) si nomina il Re 
zena be-se Halen, figlio di Ela’-Amida, nelle iscrizioni di Riippel. Gli 
Abissini erano adunque allora signori di tutta |’ Arabia meridionale. E 
«siccome noi sappiamo da altre fonti che fin verso il 360 d. Cr. questi 
territorì erano in potere dei re sabei, e poichè per l’anno 378 io ho 
trovato di nuovo un re sabeo che porta il titolo di Re di Saba 
Raidan, Hadramét e Yemen, per tali ragioni, dico, è chiaro che nel 
frattempo gli Abissini avevano conquistata |’ Arabia, è vero, ma non 
avevan potuto conservarla per lungo tempo. 

Adunque il Re ..zena be-se Halen, del qual nome, per disgrazia 
incompleto, io ho dato la restituzione evidentemente giusta, Aizéna 
(Aizanas) (1) be-se Halen, conquistò l'Arabia meridionale, ma la per- 
dette ben presto: solo la Tihàma restò in possesso degli Abissini. In 
compenso egli fece grandi e certo anche durature conquiste in Africa, 
poichè l’iscrizione di Riippel ci descrive una spedizione assai fortunata 
di questo re nelle regioni superiori del Nilo. 

Ma anco la Tihàma non dovea rimanere dominio indisputato degli 
Abissini, poichè già di nuovo nel V secolo noi troviamo il nome di 
questo territorio nel titolo dei re sabei. Ma sembra che fosse sempre 
oggetto di lotte ostinate, finchè nell’anno 525 riuscì al re abissino 
Kaleb Ela Asbab, ajutato dai Bizantini, di sottomettere per la seconda 
volta } Arabia meridionale, nella quale occasione il celebre re ebreo 
degli Imiariti, Dhu Nuwàs perdette trono e vita. Ma siccome già prima 
dell’ gra cristiana, i dominatori della Persia, i Parti, scacciarono di 
Arabia gli Habasha o Abissini del Mahra, così del pari sulla fine del 
VI secolo gli Arabi meridionali oppressi si rivolsero per ajuto alla 
Corte di Persia, ai Sassanidi; e questo ajuto fu loro dato con pieno 
successo. Da quel tempo in poi non vi più, è vero, alcun grande regno 
indipendente nell’ Arabia meridionale, ma solo piccoli Stati maomettani; 
ma anco gli Abissini cessarono da allora e fino al giorno di oggi, di 
rappresentare una parte nelle vicende di Arabia. Da allora in poi re- 
starono confinati in Africa, ove essi dai loro monti dovevano difendere 
il cristianesimo contro le onde, da ogni parte invadenti, dell'Islamismo. 
Anticamente regno potente e che decideva delle sorti dei paesi bagnati 
dal Mar Rosso, e dell’ Africa N.-E., 1’ Abissinia è stata per opera del- 


(1) Finora si riteneva identico con il Re Tazena, che è di molto posteriore. (Cfr. 
DiLLMannN, Berlin, Akad. Ber. 1890, I, — Nota della Redaz.). 


— 1 78 — 
l’ Islamismo sempre più isolata dai paesi della cristianità, e la sua storia 
successiva nulla offre di importante. All’opposto, questo isolamento 
produsse un regresso di civiltà, per modo che gli Abissini decaddero 
sino a divenire un popolo barbaro, del quale nulla restò da ammirare, 
se si eccettua l’eroismo e la costanza, colla quale esso difese la propria 
indipendenza e la propria fede. 

Solo al nostro secolo sembra assegnato di trasformare la Svizzera 
africana, di nuovo come altra volta, in baluardo di civiltà; e tal ono- 
revole e benefico compito è toccato anche oggi, come in tempi anti- 
chissimi, ai Romani. Il regno romano è risorto, Roma è un'altra volta 
la sua capitale, e, almeno per ciò che riguarda |’ Africa, gl’ intendiments 
della nuova Roma sono i medesimi che quelli dell’antica: Axum e 
Roma s'incontrarono e guadagnarono il dominio sul Mar Rosso. Roma 
diede allora ad Axum il cristianesimo, e l'ajutò dove e come potè. 
La Roma moderna non ha bisogno di portar il vangelo alla moderna 
Abissinia, da lungo tempo cristiana, ma ben può arrecarle i benefict 
della coltura e della civiltà europea. Per quanto io ho conosciuti gl’in- 
termediarî di questa coltura, voglio dire gli Italiani che si adoperano 
in quelle regioni, a Massaua, come a Hodeida e Sana'a, non posso dire 
altro se non che tutti sono accesi di entusiasmo per la gloria e la 
grandezza della loro patria, e potrebbero servire di modello del come sia 
possibile guadagnarsi le simpatie di popolazioni straniere con assidua 
attività e ragionevole condotta. Con uomini tali quali Luigi Caprotti, 
disgraziatamente troppo presto rapitone, Augusto Perera, Tagliabue, che- 
dal niente hanno creato posizioni e mirabili relazioni commerciali, il 
Governo Italiano, che dispone anche di un eccellente corpo di uffi-. 
ciali ed impiegati, può trasformare |’ Abissinia in un fiorente. stato com- 
merciale, alla cui benefica influenza anche i paesi circonvicini non po- 
tranno alla lunga sottrarsi. Di questo, il rimanente dell’ Europa non può: 
non essere contento. i 


c. — La CASCATA DEL MALETSUNIANE. 


Da una lettera del socio corrisp. cav. G. WEITZECKER. 


(con una illustrazione). 


Proprio nel centro del Basutoland, e più precisamente a 28° 5’ long. E. 
Greenwich per 29° 45’ lat. S., trovasi questa bellissima cascata. Essa è 
formata dalle acque del Maletsuniane, un affluente del Fiume Orange, 
il quale affluente scorre quasi direttamente dal N. al S.. 


— 181 — 
spaventoso, che gli indigeni, i quali hanno qualche idea delle dottrine 
cristiane, chiamano quel luogo /he/e, cioè |’ inferno. E difatti nè l'imma- 
ginazione del nostro sommo poeta, nè quella del Dorè, quando si provò 
ad illustrare, colle sua matita, le bolgie dell’ inferno dantesco, poterono 
inventare più adatta dimora per la « perduta gente ». 

Per guardare dall’ insù il fondo di quel tetro abisso, bisogna disten- 
dersi boccone sulla roccia sporgente, facendosi tener saldo per i piedi 
da due compagni, e con tutto ciò non sei sicuro di sfuggire ad un 
capogiro, che ti solletica d’ imitare la massa d’acqua che, al tuo fianco 
destro, si precipita senza interruzione nello spazio. | 

Primo fra gli Europei a vedere quella cascata, ed a parlarne, fu (se 
non erro) un missionario cattolico francese, che, anni sono, aveva corag-. 
giosamente tentato di penetrare direttamente da quella parte nella Colonia 
di Natal. Quindi nel 1884 la visitò il Residente inglese del Basutoland; 
e, pochi giorni dopo lui, cioè nell’ ottobre di quell’anno, vi furono 
alcuni missionari evangelici insieme ad un altro bianco, con una scorta 
d’ indigeni. Facemmo la gita, che non ho tempo di raccontare, partendo 
dalla Stazione di Morija ed impiegando, per arrivare alla cascata, due 
giorni di cavallo, attraverso due grandi e parecchie piccole catene dei 
Monti Maluti, ossia Alpi del Basutoland. 

D’ allora in poi si trovò così bene stabilita la fama di quella 
cascata, che non passa anno senza che ci si rechi qualche comitiva, 
e non più di signori soltanto, ma pur anche di signore. Cosicché « la 
gita del Maletsuniane » sembra oramai essere « il viaggio della Mecca » 
degli abitanti bianchi del Basutoland. 

La fotografia che ho l'onore di offrire alla Società Geografica fu 
fatta dal bravo e gentilissimo fotografo di Ficksburg, sig. Barraud. Si 
aprano bene gli occhi per scorgere, se non lui, almeno i suoi compagni, 
sur una roccia, vicino al fondo della cascata. 


————_———— ————————— —_—— _ +—_———_ 


— 182 — 


D. — GERARDO MERCATORE E LE SUE CARTE GEOGRAFICHE 


per M. Fiorini professore all'Università di Bologna (1). 


(continuazione). 


§ 14. — In mezzo ai grandi lavori di strumenti, di globi, di carte, 
in mezzo a tante occupazioni, accresciute dai servigi prestati alle abbazie, 
ai signori, ai vassalli col rilevare i piani dei loro dominî, delle loro 
proprietà, una sventura colpì Gerarpo. Recatosi, nel febbrajo del 1544, 
a Rupelmonde nel fine di raccogliere !' eredità dello zio che tanto aveva 
contribuito alla sua educazione, fu là arrestato ed incarcerato sotto l’im- 
putazione di partecipare alle dottrine della riforma. I giudici dell’ inqui- 
sizione dovevano decidere della sua sorte. Il processo non terminava mai. 
Vana tornava la supplica del Rettore dell'Università di Lovanio, vano 
il reclamo del conservatore dei privilegi universitarî, vano il certificato 
del curato della sua parrocchia, che attestava come il processato avesse 
sempre professata con esemplarità la fede cattolica. La base man- 
cava a qualsiasi procedimento. Da ultimo, i giudici non potendolo con- 
dannare, nè volendolo assolvere, dopo quattro mesi di prigionia lo la- 
sciavano in libertà per mancanza di prove. 

Tornato a Lovanio in seno della famiglia e rimessosi a lavorare, 
col consueto ardore attese alla costruzione degli strumenti, alla compo- 
sizione ed incisione delle carte. Fu appunto poco dopo quel doloroso av- 
venimento che si pose a fabbricare il globo celeste per il principe 
Grorcio D’AustRIA (§ 8). Altro lavoro che intraprese fu la gran carta 
d’ Europa in sei fogli, dei quali alcuni incominciò ad incidere. 

$ 12. — Frattanto la inquisizione seguitava ad infierire. Mosso a 
sdegno per tante nequizie che si commettevano in nome di una religione 
di pace, di quella pace a lui cotanto cara e necessaria a’ suoi studi, ti- 
moroso di cadere di nuovo, benchè innocente, sotto gli artigli di quei 
giudici inumani, si appigliò al partito di emigrare dalla sua cara Fian- 
dra. Dato un doloroso addio ai parenti di Rupelmonde, agli amici di 
Lovanio, si portò nel 1552, colla famiglia, in Germania, a Duisburgo, dove 
regnava GUGLIELMO IV, detto il Ricco, duca di Juliers, di Cleves e di 
Bery, attiratovi dalla tranquillità che lA regnava, dalla certezza di go- 
dervi la massima quiete in mezzo ai seguaci della riforma, dei quali era 
piena la città, e dalla speranza di trovare una geniale occupazione nella 


(1) Vedi BOLLETTINO, gennajo 1890, pag. 94 e segg. 





— 18 3 

Università che il duca vi voleva creare e che soltanto più tardi, dopo 
la sua morte, fu inaugurata. 

$ 43. — Instaurata la sua officina nella nuova dimora, pose mano 
alla costruzione degli strumenti da offrire a CarLO V, al quale furono pre- 
sentati (§ 9) nello stesso anno 1552. Ben tosto, poi, terminò d'incidere la 
carta d’ Europa, cominciata a Lovanio e che, pubblicata a Duisburgo nel 
1554, col titolo: ZAxrofe descriptio, dedicò ad ANTONIO PERRENOT, signore 
di Granvelle, vescovo di Arras, presidente del Consiglio privato dell'impe- 
ratore Carro V e figlio di NicoLa, al quale l’autore aveva dedicato ($ 8) 
la sfera terrestre. Ai cultori della Geografia piacque tanto la nuova carta 
che, esauritasi la prima edizione, l’autore fu costretto a farne una seconda 
nel 1572, spintovi anche dal desiderio di recarvi opportune emendazioni, 
richieste in gran parte dalla conoscenza dei vari luoghi, resa più esatta pei 
lavori dei geometri e per le relazioni dei viaggiatori di terra e di mare. 

La Zurofae descriptio, di cui tanti elogi si erano fatti nel secolo XVI 
ed anche posteriormente, e che, superate di gran lunga le anteriori pro- 
duzioni, aveva stabilita sopra salde basi la fama dell’autore (1), si poteva, 
poco tempo fa, dire perduta. Non si aveva notizia di alcun esemplare, nè 
della prima, nè della seconda edizione. A nulla avevano approdato le ri- 
cerche fatte nella massima parte delle biblioteche d’Europa per rintrac- 
ciarla. Ed era tanto più da meravigliare della creduta perdita od ignoranza 
degli esemplari di tale carta, in quanto che ben grande doveva esserne 
stata la tiratura e nella prima e nella seconda edizione. Il solo librajo 
PLANTIN di Anversa dal 1558 al 1571 aveva acquistati 530 esemplari del- 
l'edizione del 1554, e 72 della seconda edizione dal 1572 al 1574 (2). 

Una bella ed insperata fortuna toccò al chiaro Hever, che rinvenne, 
nella collezione di carte geografiche conservate nella biblioteca munici- 
pale di Breslavia, un esemplare dell’edizione del 1554. Della quale scoperta 
fece edotti gli amatori delle rarità cartografiche in una sua recente 
Memoria (3). Questa ci servirà di guida per darne alcuni cenni. 

È una carta di grandi dimensioni. I lati meridionale e settentrio- 
nale misurano un metro e cent. 59 ed i lati orientale ed occidentale 
sono lunghi un metro e 32 centimetri (4). 


(1) Nella biografia del GHimNIO leggesi: Quod opus tantis laudibus a doctissimis 
quibusque viris passim efertur, utvix simile in geographia in lucem unquam prodiisse 
pideatur. 

(2) VAN RAEMDONCK, Relations commerciales entre G. Mercator et Ch. Plan- 
din, ecc., pp. 29 e 30. 

(3) Drei Mercator-Karten in der Breslauer Stadt- Bibliothek von Alfons Heyer in 
Zeitschr. f. wissensch. Geographie, Band VII, Heft 2 und 3. Weimar 1889, p. 379. 

(4) L’ esemplare, al dire dell’ Hzver, è stato disteso da gran tempo sulla tela 


— 184 — 

La carta consta di 15 sezioni rettangolari distribuite tre a tre in 
cinque zone o colonne parallele ai lati orientale ed occidentale. 

H van RAEMDONCK colle sue congetture si era avvicinato al vero di- 
cendo che le dimensioni della carta erano m. r.27 e m. 1.50; se n'è 
allontanato affermando che la carta componevasi di sei sezioni (1). Come 
pure aveva sbagliato il Breusinc nel crederla di otto sezioni composta (2). 
Del rimanente doveva riuscire difficile e quasi impossibile fissare il nu- 
mero delle sezioni non avendo per base altro che l'affermazione deb 
Garmnto, il quale, nella biografia del MERCATORE, dice che questi aveva 
allestite in Lovanio tre o quattro tavole prima della partenza per Duis- 
burgo e che ivi compose le rimanenti (3). 

Il MERCATORE, ad evitare che si eseguissero contrafiazioni della 
carta dell'Europa com'era accaduto ($$ 7 e 10) pel mappamondo cor- 
diforme e per la carta di Fiandra, si procurò due privilegi per 10 anni, 
l'uno imperiale, l’altro rilasciato dal Senato di Venezia. E ben si ap- 
pose; chè per tale modo i poco coscienziosi editori di quel tempo non 
si diedero al turpe mestiere di ristampare e contraffare l'opera del geo-- 
grafo fiammingo, come s'era fatto per altre sue carte. 

Fra gli scrittori, contemporanei al MERCATORE, che discorsero della 
Europae descriptio annoverasi TOMMASO BLUNDEVILE, che la descrisse o- 
credette di descriverla, nel trattato che ne’ suoi ZAxercises (4) nomasi: 


da mani sì inesperte, che le grinze e le piegature sono in gran numero: come mostrano 
le sue infelici condizioni, è stato appeso ad un muro, per cui sofferse molto; a ren- 
derle anche peggiori contribuì il taglio della carta in due parti da ponente a levante, 
eseguito dopo che erane stato effettuato |’ incollamento sulla tela. Vi fu anche data 
una mano di vernice. Attualmente la carta è conservata in un astuccio. 

Le esposte condizioni della carta ne rendono disuguali i lati paralleli. Ed ec- 
cone le reali dimensioni. La larghezza misurata sul lato Nord è metri 1.583, sul lato- 
Sud metri 1.590. Per avere le dimensioni degli altri due lati bisogna avere riguardo 
al taglio fatto da levante a ponente in sul mezzo della carta. Ciò dà: Altezza misu-- 
rata sul lato occidentale uguale a metri 0.658+0.661, ossia metri 1.319; sul lato- 
orientale si ha metri 0.664-+-0.660, ossia metri 1.324. 

(1) VAN RAEMbONCK, Gérard Mercator. Sa vie et ses ceuvres, p. 79. 

(2) Breusinc, Leitfaden durch das Wiegenalter der Kartographie bis sum Fakre 
1600. Franckfurt a. M. 1883, p. 20. 

(3) Ecco le parole del GHIMNIO: Priusguam autem Lovanio discederet, auspi- 
catus erat Europa descriptionem, tabulasque tres vel quatuor ibidem perfecerat, caeteras 
(allatis secum aeneis tabulis) cum hic (Duisburgo) Aabitatum veniret, biennii spatie 
scilicet quinquagesimo quarto anno, mense Octobri, absolvit et evulgavit. 

(4) Exercises contayning eight Treatises....: which Treatises are very necessary 
to be read and learned of all young Gentlemen.... desirous to have knowledge as well 
in Cosmographic, Astronomie, and Geographic, as also in the Art of Navigation. The 
sixth edition corrected and augmented. London 1622. La prima edizione è del 1594. 





— 18 5 — 

di brief description of unwersal maps and cards, and of their use, all'articolo 
intitolato: Master Blundevile his description of an excellent good Map of Eu- 
rope, made by Mercator in the yeere of our-Lord 1554, st which description 
is ferst showed the manner of making the sayd map, and then the use therzof. 

Quando discorreremo, nella seconda parte di questa Memoria, del 
sistema di projezione seguito dal MercatORE nella delineazione della 
carta dell’ Europa, ci sarà data occasione di menzionare di nuovo il 
BLUNDEVILE. Ora ci basta notare come questi ne dica che la rappre- 
sentazione si estende dal parallelo di 30° a quello di 70° di latitudine, 
e come in tale asserzione non sia molta esattezza, perchè il citato HEYER 
afferma che le latitudini estreme sono di 28° 20' e 75°. 

$ 14. — Al duca GuoLieLMo, informato della dimora del grande 
geografo ne’ suoi Stati e dell'alto valore delle opere che pubblicava a 
Duisburgo, piacque elevarlo alla dignità di suo cosmografo e dotarlo ad 
un tempo di una pensione annua. 

La prima opera in cui compare inscritto il titolo di cosmografo 
del duca di Cleves è la Chronologia pubblicata a Colonia nel 1569 (1). 
Qui si para la ingiustizia delle vicende umane. Nel secolo XVI fiorirono 
due grandi geografi, ambi fiamminghi, l'OrtELIO ed il MERCATORE, que- 
sti a quegli di molto superiore, a giudizio, non solo dei posteri, ma 
anche dei contemporanei. Che anzi lo stesso ORTELIO dichiara ($ 5) 
principe dei geografi il MercATORE. Or bene, non fu forse cieca la 
fortuna ? Fiippo II creò il geografo di Anversa cosmografo della Maestà 
Sua, alla quale dignità si connettevano la massima considerazione e non 
pochi vantaggi. Al geografo di Rupelmonde, costretto ad emigrare in 
Germania, toccò la sorte di avere semplicemente il titolo di cosmografo 
di un duca oscuro; tale era quello di Cleves a fronte della gloria che 
circondava il potente re di Spagna, sovrano dei Paesi Bassi. 

$ 15. — Il nostro autore non solo componeva, delineava, incideva 
ed alluminava di sua mano le carte geografiche, ma le imprimeva nella 
propria officina. Ciò è mostrato chiaramente dalle relazioni commerciali 
che aveva con Crisrororo PLANTIN di Anversa. Questo celebre librajo 
si provvedeva, pei bisogni delle sue stamperie di Anversa e di Leida, di 
carta della migliore qualità. A questo riguardo il RoosEs, conservatore 
del Museo PLanrin-Moretus di Anversa ha: « Ce qui ne fit pas de 


(1) Chronologia. [oc est temporum demonstratio exactissima, ab initio mundi usque 
ed annum Domini MDLXVIII, ex eclipsibus et observationibus astronomicis temporum, 
sacris quoque Bibliis et optimis quibusque scriptoribus summa fide concinnata. Auctore 
Gerardo Afercatore, Illustriss. Ducis Fuliae, Cliviae, Bergis, etc. Cosmographus. Coloniae 
Agrippinac, MDLXIX. 


— 186 — 

« tort è l’ouvrage de Plantin, pas plus qu'è celui de ses meilleurs con- 
« courents, c’était l’excellente qualité de son papier. Nos pauvres livres 
e contemporains, imprimés pour la plupart sur du papier cotonneux et 
« d'une beauté apparente, auront, dans trois cent ans, un tout autre 
« aspect que celui que les livres du XVI siècle conservent encore ac- 
« tuellement et garderont longtemps après nous. Imprimés, sur du papier 
« ferme et souple, ils sont toujours aussi frais, aussi solides et aussi im- 
« maculés qu'au jour de leur publication : les siècles leur ont seulement 
« donné cette respectable patine, qu’ils répandent sur les objets d’art 
« anciens comme une douce auréole (1) ». Il Mercarore a lui ricor- 
reva per avere carta di qualità adatta all'impressione delle tavole geo- 
grafiche, a lui che aveva interesse a cedere parte de’ suoi migliori ac- 
quisti ad un cliente che gli apportava grossi beneficî nella vendita delle 
opere cartografiche. Il van RAEMDONCK, dedotte dagli antichi registri della 
libreria PLANTIN la natura e la qualità della carta ch'essa gli sommi- 
nistrava, conchiude : « Les comptes de Plantin établissent donc, sans 
« replique, que Mercator ne se contentait pas de composer, dessiner 
« et graver ses cartes sur cuivre, mais qu'il les imprimait lui-méme, et 
« qu'il avait par conséquent un veritable établissement cartographi- 
« que (2) ». 

Come geografo pratico, poi, imprendeva viaggi a fine di bene co- 
noscere i paesi dei quali voleva eseguire le mappe. Così fece (8 10) per 
la Fiandra, che, prima di farne la carta, tutta percorse per poterla 
esattamente rilevare. Così visitò gran parte del Belgio in compagnia del 
suo amico ABRAMO ORTELIO, come questi asserisce nel suo Jitnerarium 
per nonnullas Gallia Belgica partes. Cosi, accompagnato dallo stesso 
ORTELIO e da altri amici, viaggiò, nel 1560, in Francia (3). 

$ 16. — Frattanto da un amico d'Inghilterra gli fu inviata una 
descrizione delle Isole Britanniche, delineata con grande diligenza ed 
esattezza, e fatta preghiera di eseguirne l’incisione. Non osò opporre 
un rifiuto, sia per la deferenza all'amico, sia per la bontà della com- 
posizione e del disegno. Postosi al lavoro dell'incisione e condottolo a 
termine, impresse nel 1564 a Duisburgo la Brifunnscarum insularum de- 
scriptio. La quale, diversa dalle carte comprendenti le Britannica insula 
contenute nell’ 4tdante ed incise tra il 158¢ ed il 1595, è segnalata 


(1) Relations commercialis entre Gérard Mercator et Christophe Plantin, par F. 
van Raemdonck, ecc. p. 31. 

(2) Id. p. 33. 

(3) VAN RAEMDONCK, Gérard Mercator, etc., pp. 88 e 89. 





— 187 — 
dal Gamaso (1), dal Motano (2), dall’OrtELIO (3) e da altri contem- 
poranei. 

Come della gran carta dell’Europa ($ 10), così della Britansicarum 
snsularum descriptio, credevasi, fino a pochi mesi fa, non esistere più 
alcun esemplare, od almeno n'era affatto ignota l’esistenza. Ora, in 
grazia delle saggie e benemerite ricerche del sig. A. Hever, è consta- 
tato che la biblioteca municipale di Breslavia ha il vanto di possederne 
un bello esemplare (4). 

Reca davvero maraviglia la perdita dei tanti esemplari di tale carta 
messi in commercio (5). L’incuria degli uomini, l’ingiuria del tempo 
sono grandi distruttori dei documenti cartografici. 

Nello stesso anno 1564 il MERCATORE compose la carta della Lo- 
rena, Lotharingia ducatus, per incarico avuto dal duca lorenese Carro II. 
Ad istanza del quale il duca di Cleves autorizzò il suo cosmografo a 
lasciare il ducato per poter recarsi a rilevare, come già aveva fatto per 
la Fiandra, il piano di tutta la Lorena. 

Della carta della Lorena, che pare non sia mai stata pubblicata, 
è perduto |’ autografo. Le due tavole della Lotaringia che si trovano 
nell’ Atlante Mercatoriano sono riproduzioni in scala minore della gran 
tavola disegnata nel 1564. 

Il dottore van RAEMDONCK, in una sua recente memoria (6) e 
contemporaneamente alla citata pubblicazione dell’ Hrver, segnalava ai 
cultori delle scienze geografiche, ai bibliofili, le carte del MERCATORE, 
ritenute come perdute, cioè la Ampilissima Terrae Sancia descriptio del 
1537, la Europe descriptio del 1554, la PBrifannicarum insularum de- 


(1) Oblata est illi ex Anglia, a singulari quodam amico, Britannicarum insularum 
descriftio, magna diligentia, summaque fide congesta, rogans ut tabulis aeneis incideretur, 
quod amico suo demegare non fotuit, et tam absoluto, doctorumque hominum conspectu, 
digno operi manum subducere iniguum putavit. (Vita Gerardi Mercatoris a Gualtero 
Ghymnio conscripta). 

(3) Histoire de la ville de Lowvain, appr. il VAN RAEMDONCK, op. cit. p. 95. 

(3) Nel Cesalogus austorum tabularum geografhicarum inserito nel Theatrum 
orbis terrarum A. Ortelii, Antuerpiae 1570 sì ha: Gerardus Mercator Rupelmondanus 
excudit quoque Britannicae insulae tabulam ab alio quogue descriptam. 

(4) Vedi la Memoria del detto autore: Drei Mercator-karten in der Breslauer 
Stadt- Bibliothek inserita in Zeitschrif? fir wissenschaftliche Geographie, vol. III, disp. 2 
e 3. Weimar 1889, p. 379. 

(5) Il solo librajo PLANTIN di Anversa ha acquistati dal MERCATORE, per ri- 
venderli, 72 esemplari della detta carta, Vedi: Relations commerciales entre G. Mer- 
cator et Ch. Plantin ecc., p. 30. 

(6) SpAtres connues de Mercator (Extrait des Annales du Cercle archéologique 
du Pays de Waas, Tom. XII, 2me livr., 1889). 


— 188 — 
scriptio del 1564 e la Lotharingiae Ducatus .(probabilmente autografo) 
pure del 1564, affinchè venissero fatte ripetute e moltiplicate investi- 
gazioni per rinvenirle. Di due di queste, per merito dell’ Heyer, un 
esemplare è tornato all’ aprico. Non sona più ignote la carta dell’ Europa 
del 1554 e quella delle Isole Britanniche del 14564. 

& 17. — All’ Orbis imago del 1538 (§ 7) il MeRCATORE volle, più 
tardi, surrogare altro mappamondo che doveva riuscire un monumento 
del suo alto sapere geografico; volle comporre una rappresentazione della 
terra che ne fosse una vera descrizione universale, che mostrasse bene 
raffigurati e mari e continenti, che venisse in ajuto alla Geografia terrestre 
ed alla marittima, che riuscisse vantaggiosa ai viaggiatori continentali ed 
anche più ai naviganti. Ben presto si accorse che fra i sistemi di rap- 
presentazione non eravene alcuno atto a raggiungere lo scopo che sì 
era proposto. Dovendo rigettare le carte nautiche medievali, buone, 
anzi ottime, per le brevi, ma disadatte alle grandi navigazioni, trovando 
fallaci le altre carte nautiche che vi si erano sostituite, lavorate secondo 
le regole della projezione cilindrica equidistante, nè, fra i varì generi di 
rappresentazione usati allora nella cartografia, rinvenendone alcuno che 
potesse rimediare ai difetti delle menzionate carte navigatorie, pensò di 
modificare quelle a projezione cilindrica a fine di renderle utili alla 
navigazione ed inventò il sistema delle latitudini crescenti. Qui si mo- 
strarono la dottrina ed il genio del MercaTore. Il quale trovò un ge- 
nere di rappresentazione che ha la proprietà di essere, nelle piccole 
parti, simile alla figura rappresentata, e l’altra, che n’è una conse- 
guenza, di mantenere inalterati sulla carta gli angoli delle direzioni ob- 
biettive. La prima proprietà è vantaggiosissima quando si vuole comporre 
una carta universale che mostri i mari edi continenti e le loro minime 
divisioni senza che le forme di queste soggiacciano ad alterazioni; la se- 
conda, poi, è utilissima ai naviganti, imperocchè le corse delle navi gover- 
nate dalla bussola vengono ad essere rappresentate sulla carta da linee rette. 

Resi variabili i gradi latitudinali e trovata la misura con cui deb- 
bono crescere coll'aumentare della latitudine, compose la gran carta 
universale, a cui diede per titolo: MWova ef aucta orbis terrae descriptio 
ad usum navigantium emendate accomodata, e che, incisa tutta di sua 
mano e dedicata a GUGLIELMO, duca di Cleves, fu pubblicata a Duisburgo 
nell’ agosto del 1569 (1). 


(1) La data è: ZAdifum est opus hoc Duyisburgi an. D. ‘1569, mense augusto, 
E la dedica: Z//ustriss. et Clementiss. Principi ac Domino, D: Wilkelmo Duci Fuliae 
Clivorum et Montis, Comiti Marchiae et Ravensburgi, Domino in Ravenstein, opus 
hoc felicibus ejus auspiciis inchoatum atque perfectum Gerardus Mercator dedicabat. 


È un gran mappamondo in quattro fogli che ha due metri di lun- 
ghezza ed un metro e trentadue centimetri di larghezza. 

L’invenzione delle carte in projezione cilindrica a latitudini cre- 
scenti, fatta dal nostro autore, si può ritenere anteriore all'anno 1569. 
Invero nel 1546 scriveva al vescovo di Arras, al quale poi nel 1554 
($ 13) dedicava la sua carta dell'Europa, una lettera in cui, trattando 
l'importante argomento della declinazione ‘magnetica e della posizione 
del polo magnetico e mostrando i difetti delle carte nautiche a proje- 
zione cilindrica, intravvede che queste debbono bensì avere costanti le 
distanze dei meridiani, ma variabili quelle dei paralleli, i cui intervalli 
debbono successivamente crescere coll’ aumentare della latitudine (1). 

Il sistema delle latitudini crescenti vuole che i paralleli posti ad 
alte latitudini sieno grandemente distanti dall’ equatore, infinitamente, 
poi, quelli prossimi al polo. È per ciò che l’autore non ha potuto se- 
gnare nel mappamondo le terre polari. A rimediare a tale difetto e 
senza occuparsi delle regioni antartiche, terre incognite, rappresentò a 
parte ed in un angolo della tavola le regioni settentrionali estendentisi 
dal polo al circolo polare artico. Al qual fine descrive i paralleli per 
mezzo di circoli equidistanti col comun centro nel polo ed i meridiani 
coi loro raggi. 

La tavola ha numerose iscrizioni (2). Nella prima, posta sotto la 
dedica e diretta, in modo particolare, al riguardatore (Zasfecfori S.), sono 
esposti i motivi che l’indussero a comporre la nuova carta universale, il 
modo di delinearla, i vantaggi che la stessa offre ; in altre due intitolate: 
Distantiae locorum misurandae modus e Brevis usus organi direciorii, 
s’ insegna a trovare la distanza di due luoghi ed a risolvere i problemi 
nautici; in altre tre sono le indicazioni delle nuove scoperte (3); in 


(1) La lettera di GERARDO MERCATORE ad ANTONIO PERRENO7, vescovo di 
Arras, è datata da Lovanio a dì 23 febbrajo 1546. Fu pubblicata, per la prima 
volta, tradotta in tedesco, dal BREUSING nell’opuscolo: Gerhard Kremer, gen. Mercator, der 
deutsche Geograph. Duisburgo 1869. Il VAN RAEMDONCK riportò la traduzione tedesca 
nella Memoria: Gérera de Cremer ou Mercator, géographe flamand (Annales du Cer- 
le archéologique du Pays de Waas. S. Nicolas, Tom. IV, ire livr., 1870, p. 70). 

(2) Il LeLEWEL (Géographie du moyen-dge. Bruxelles, 1853. Tom. II p. 257) 
riporta, trascurando le minori, parecchie iscrizioni della gran tavola. 

(3) Si accenna, in un’iscrizione, al meridiano di separazione tra i possedi- 
menti spagnuoli e portoghesi stabilito nel 1493 dal papa ALESSANORO VI e portato 
più tardi dallo stesso papa di 30° verso occidente pei reclami sollevatisi quando i 
Portoghesi scopersero la Terra di Santa Croce, ossia il Brasile; in altra, alla scoperta 
del Capo di Buona Speranza ed alla circumnavigazione dell'Africa per opera di VA- 


tre altre trattansi argomenti di Geografia storica, i quali sono: De Pres- 
bitero Joanne asiatico et prima dominsi Tartarorum origine; Quod Niger 
in Nilum fluat; De vero Gangis et aureae Chersonesi situ; infine un' iscri- 
zione tratta del polo magnetico, dell'origine delle longitudini, ed un'al- 
tra riguarda la descrizione delle terre settentrionali (1). 

La lingua latina è generalmente usata nelle leggende ed iscrizioni 
della tavola. Ma, in memoria della patria lontana e forse a significare 
che ivi gli era sorto in mente il nuovo modo di comporre la carta, volle 
anche usare, benchè raramente, la lingua nativa, la fiamminga (2). 

Della carta del 1569, che è fra i maggiori titoli di gloria del sommo 
geografo fiammingo, che s'imbasa sopra una projezione la cui adozione 
ha resi tanti importanti servigi alla navigazione ed al commercio mon- 
diale, è conservato un esemplare nella Biblioteca nazionale di Parigi, 
proveniente dall’ acquisto fattone in Germania, per conto della stessa, 
dal KLaPROTH. Vi diede grande divulgazione il JoMARD, che n’ eseguì 
una riproduzione in fac-simile per adornarne i suoi Monuments de la 
Gtographie (3). 

Per molto tempo e fino a questi ultimi giorni si era creduto che 
nessun altro esemplare fossevi di quell’ insigne mappamondo. Certo è 
che se n’ era nella più completa ignoranza; e ciò malgrado le ricerche 
fattesi in miolte biblioteche d' Europa. È veramente da maravigliarsi 


sco DE GAMA che approdò a Calicut; nella terza, alla prima circumnavigazione del 
mondo per opera di FERDINANDO MAGELLANO, 

Altre iscrizioni, non riferite dal LELEW£EL, ricordano importanti scoperte e na- 
vigazioni. Così è detto che CRISTOFORO CoLomBo a di 14 Ottobre 1492 scoperse 
la Nuova India; che il Portoghese GASPARE CORTEREALE navigò nei mari settentrio- 
nali, sperando di trovare per quelle parti il passaggio alle Isole Molucche, che giunse 
al fiume Rio Nevado e che a cagione del gran freddo tralasciò d’ inoltrarsi verso set- 
tentrione e perlustrò il littorale verso mezzogiorno sino al Capo Razo; che i Bretoni 
scopersero il littorale della Nuova Francia, che nel 1523 GIOVANNI VERRAZZANI fio- 
rentino, partito, per mandato del Re di Francia, FRANCESCO I, dal porto di Dieppe 
il 17 Marzo, giunse al lido meridionale della Nuova Francia a 34° di latitudine circa, 
e quindi perlustrò tutto il littorale verso oriente fino al Promontorio dei Bretoni, e 
che finalmente nel 1534 Jacopo CARTIER di San Malò prese possesso della Nuova 
Francia in nome del suo re. Altre ed altre iscrizioni, che omettiamo di accennare, 
hanno importanza storica. | 

(1) Eccone i titoli: De /ongitudinum geographicarum oricine; de polo magne- 
tico ; In subiectam seplentrionis terram descriftio. 

(2) Sui margini della tavole e nell'Organum directorium, che vi è disegnato, 
compajono scritti in fiammingo i nomi dei venti. 

(3) Zes monuments de la Géographit, ou recueil dancienmes cartes publites en 
fac-simile. Paris. 





— 191 — 
come non ne venissero all’ aprico altri esemplari pensando alla grande 
quantità che ne fu posta in vendita. A migliaja debbono essersene stam- 
pate e vendute le copie. Il librajo PLANTIN di Anversa, che non era il 

solo a rivenderle, ne acquistò, in più volte, 20 3 esemplari dalla casa 
del MERCATORE (1). 

Ora, finalmente, per merito dell’ Hxyer che ne diede recentemente 
Y annunzio (2), si sa che altro esemplare di quella celeberrima carta 
conservasi nella biblioteca municipale di Breslavia. È tuttavia da no- 
tare che il direttore di quella libreria, il pro£ Markcrar, già ne co- 
nosceva l’esistenza. E quando seppe che il sig. HevEr si proponeva 
di fare ricerche nella grande collezione di-carte geografiche in essa 
radunata, si fece una premura d'’indicargli Ja grande carta del 1569, 
sulla quale già da qualche anno aveva apposta una nota per segnalarne 
l’importanza. . 

§ 18. — L autore della carta ad 1 IUSUIRE navigantium, dove aveva 
spiegato il suo gran valore nella. Geografia moderna, era pure versa- 
tissimo nella geografia antica. I profondi studî a questa dedicati, l’ave-. 
vano persuaso essere piene di errori le tavole delle varie edizioni del- 
l’opera geografica di ToLomeo. La sua attenzione sì rivolse particolar- 
mente alle ventisette antiche carte di AGATODEMONE, delle quali una 
era la mappa dell’abitabile, dieci spettavano all’ Europa, quattro al- 
Y Africa e le rimanenti dodici all’ Asia (3). Tutte le trovò errate, sia 
quelle appartenenti alle antiche edizioni, sia quelle che le nuove 
adornavano. 

Ecco in quale modo, nella prefazione delle tavole di ToLomro, 
della cui edizione si dirà fra poco, discorre di tali grandi e molteplici 
errori: Quisque in sua patria sibi nota loca ad veriorem a se mutuo 
distantiam reducere pulchrum putavit, interim vicinarum civitatum res- 
pectum et commensurationem negligens, ac subinde plurimum victans ; 
alii oscifanter exemplaria transcribendo numeras corruperunt, alii quae 
Piolemaeus ex observatione aliorum rudi lib. 8 annotavit, ex ipsius 
sumeris, famquam exactius quiddam reddituri, castigare aust sunt, ita 
femeraria in fam insigni opera lusit audacia, etiam ipsa certissima emen- 
dandae Geographiae fundamenta violans et corrumpens, ut nulla sit totius 


(1) Relations commerciales entre Gérard Mercator et Christophe Plantin par 7. 
Ven Raemdonck (Extrait du Bull. de la Soc. de Géog. ¢ Anvers, 1880, f. 30). 

(2) Drei Mercator-Karten in der Breslauer Siadt-Bibliothek von Alfons Heyer 
in Zeitschr. f. wissensch. Geographic. Weimar 1884. 

(3) Di AGATODEMONE e delle sue carte abbiamo detto brevemente in questo 
Bollettino, Serie III, vol. II, 1889 p. 554. 


— 193 — 
operis pars, quae non plurimis mendis stateat difficileque sit genuinum 
ab adulterino discernere. Accedit et nostro sacculo typographerum negli- 
gentia, ut duos tam clari operis editiones per omnia consentientes non 
inventas. 

Provvistosi delle migliori edizioni della Geografia di TOLOMEO (1), si 
accinse alla correzione delle tavole di AGATOpEMONE. Nel quale studio 
impiegò parecchi anni, perchè doveva attendere contemporaneamente a 
molteplici lavori ed era continuamente distratto da altre occupazioni. 
Finalmente diede alia luce il volume intitolato: Zadsulae geographicae 
CI. Pfolemaci ad mentem auctoris restitutae ef emendatac per Gerardum 
Mercatorem, Ducis Cliviae etc. Cosmographum. Coloniae Aggrippinae. 
MDIXXVITI, che comprende le nominate ventisette tavole di AGA- 
TODEMONE, con una prefazione (Praefatio in sequens Tabularum Pto- 
lemai opus) ed una dedica al principe GuGLIELMO, duca di Cleves, 
datata da Duisburgo nel mese di febbrajo del 1578 (2). 

Più tardi fece una seconda edizione delle Tavole Tolomaiche aggiun- 
gendovi il testo di ToLomzo, la quale comparve pure a Colonia nel 1584 
coi tipi del medesimo stampatore (Zypis Godefridi Kempensis) (3). 


(1) Le edizioni di cui si valse furono, com'egli afferma nella Prefazione alle 
sue Tavole Tolomaiche, in numero di cinque, quelle che giudicava migliori. Delle 
quali Ja più antica è la versione latina di frate IACOPO ANGELO da Scarperia, fatta dal 
greco, e dedicata nel 1409 al papa ALESSANDRO V, manoscritta e trascritta dall’auto- 
grafo stesso per mandato del cardinale NICOLA DE Cusa. Viene dopo l’' edizione di 
Roma del 1490 con tavole incise in rame, la quale contiene la versione di JACOPO 
ANGELO, emendata in non pochi luoghi, in base al codice di cui questi si era gio- 
vato, apparendo il castigatore fornito di molta dottrina e non mediocre criterio. La 
terza edizione è quella di Lione del 1535 che ha la versione di BILILALDO Pir- 
KEIMER, corretta da MICHELE VILLANOVANO, all'appoggio di antichi esemplari greci, 
e che differendo, in non poche cifre, dalle due precedenti edizioni ed essendo, per 
altra parte, impressa con molta cura, deve giudicarsi tradotta da altro codice greco. 
La quarta edizione, che è di Colonia colla data del 1540, contiene la traduzione di 
GIOVANNI NOVIOMAGO e deve provenire da un codice greco diverso dai precedenti 
perchè, quantunque sia molto incorretta, tuttavia troppo differisce, nelle cifre, dalle 
altre tre edizioni. Viene ultima l’edizione di GiusePPE MOLETI, comparsa a Venezia 
nel 1562, il quale, di nuovo e con diligenza, comparò la versione del PrrKtimarR 
con molti codici greci. 

(2) Un esemplare di questa rara edizione è alla biblioteca Universitaria di Bo- 
logna ed altro alla Comunale. 

(3) Eccone il titolo: C?. Pfolemaci Alexandrini Geographia libri octo, recogniti 
jam et diligenter emendati cum tabulis geographicis ad mentem auctoris vrestilutis ac 
emendatis, per Gerardum Mercatorem, Illustriss. Ducis Clivensis ete. Cosmographum. 
Coloniae Ayrippinae, MDLXXXIYV. Anche di questa edizione un esemplare esiste 
alla biblioteca Universitaria di Bologna ed altro alla Comunale. 











— 193 — 

In grande fama sahrono le Tavole Tolomaiche edite dal MERCATORE. 
Il più volte citato Gummo ha: Animum ad instaurandas et a mendis 
repurgandas Claudii Ptolemacs (qui sub Antonino Pio florust) olim editas 
fabulas, adjecit, veteremque geographiam ad mentem auctoris tanta dili- 
genfia restituit ac emendavit, ut hoc nomine eximiam commendationem 
optimo jure a liberalium artium ac mathematicarum cultoribus prome- 
ruerit. Ed il Macini, discorrendo delle tavole che aveva scelte per la 
sua Geografia Universale, dice: Non ignoramus potuisse quasdam illa- 
rum perfectiores ad hoc negocium eligt, ut faceam etiam correctio 
res et locupletiores esse antiquas Ptolemact tabulas a Mercatore e- 
difas (1). 

$ 19. — Le speculazioni sulla cosmogonia, a cui, terminati gli 
studî universitari, con grande ardore si era dato ($ 2) nei primi anni pas- 
sati a Lovanio e nella breve dimora ad Anversa, furono bensì interrotte o 
mantenute con minore lena in virtù delle grandi occupazioni procurategli 
dalla costruzione degli strumenti geometrici ed astronomici, dei globi ce- 
lesti e terrestri, e dalla composizione ed incisione delle carte geografiche, 
ma mai abbandonate. II filosofo, il geografo, entrando nell’ etd senile, 
sentiva il bisogno di raccogliere ormai le vele. Il piano dell’opera che. 
aveva meditata e che voleva compiere è così da lui stesso delineato: 
Ha et ego cum totius orbis. descriptionem meditarer, exigebat quidem. 
operis distributio et ordo, ut primum de mundi fabrica, dispositionegue 
partum ‘tn untversum, deinde, de coelestium corporum ordine et motu, 
tertio de corumdem natura, radiatione, et operantium confiuxu, ad vertorem 
astrologiara inquirendam, quarto de elementis, quinto de regnorum et tatius 
terrae descriptione, sexto de Principum a condito mundo gencalogiis, ad 
emigrationes gentium et primas terrarum habitationes, rerumque inven- 
larum tempora et antiguitates indagandas tractarem. Hic enim rerum 
naluralis est ordo, qui causas et origines rerum facile commonstrat, et 
ad veram scientiam sapientiamque optimus dux est (2). Ed il suo amico 
Gumnto, che ne fu il biografo, attesta come all'opera avesse imposto il ti- 
tolo: Atlas, sive cosmographicae speculationis libri quingue, titolo che mostra 
la vastità dell'impresa e la grandezza dell’ animo di chi la concepì. Invero 


(1) Geographiae universae tum veteris tum novae absolutissimum opus duobus vo- 
luminibus distinctum. In quorum priore habentur CI. Ptolemaei geographicae enarra- 
tionis libri octo, in secundo volumine insunt Cl. Plolemaci antiquae orbis tabulae 
XXVII et tabulae XXXVTII recentiores, Auctore Fo. Ant. Magino Patavino Mathe- 
maticarum in Almo Bononiensi Gymnasio publico professore. Venetiis 1590. 

(2) Così nell’ Epistola dedicatoria in Galliae tabulae per Gerardum Mercatorem, 
colla data del 1585. 


-—— 194 — 

il MERCATORE, nella prefazione all’ 4f/anfe, detto che ATLANTE, re di Mau- 
ritania e nato di sangue reale, ebbe un padre terreno, ossia indigeno, 
cognominato CIELO, per madre TITEA, di cognome TERRA, e per avo 
paterno ed insieme materno ELIO, ossia SOLE, re di Fenicia, ambi ver- 
sati in astronomia e nelle discipline naturali, soggiunge: usc Atlantem 
fam insignem eruditione, humanitate ac sapientia virum mihi imitandum 
proposui, quo ad ingenium et vires suppetunt, Cosmographiam veluti ex 
alta animi specula contemplaturus, si forte aliquid veritatis in rebus 
nondum percognitis mirari possim quod ad sapientiae studia confcrat (1). 
E quali sono i titoli, o se vuolsi, i contenuti dei cinque libri del- 
|’ Atlante? Lo stesso Guimnio ha: Jn primo descripsit opificium ac fa- 
bricam Mundi, quem etiam durante paralysi sinistri brachîi pro fallendo 
tempore absolvit; eundemque partum prae caeteris fota vita (ipso teste) 
parturivit. In secundo astronomica prosegui inceperat, sed non finivit: tn 
tertio Astrologica explicaturus erat. In quarto de creatione elementorum, 
de motu solis et lunac, item de situ et ordine planetarum, tractatum 
meditabatur. Quintum Geographiae totius terrarum orbis destinaverat, si 
illi vitae spatium concessum fuisset. 

§ 20. — Era tanta la mole dell’ At/ante che l’autore, temendo 
di non potere, per l'avanzata età, compiere tutto il lavoro, si decise a 
pubblicare la parte geografica, cominciando dalla geografia della Gallia 
e della Germania (2). 

La quale pubblicazione, divisa in tre sezioni rispondenti alla Fran- 
cia, al Belgio inferiore ed alla Germania, comparve a Duisburgo nel 
1585 colla dedica a Giovanni GUGLIELMO, duca di Cleves, figlio a 
GUGLIELMO, essendo nella prima contenute 16 carte, 9 nella seconda, 


(1) Al padre GERARDO fa eco il figlio RuMOLDO, il quale nell’ Epistola deds- 
catoria che precede |’ Atlantis pars altera, auctore Gerardo Mercatore, ba: Geraraus 
Mercator operi suo Novae Geographiae titulum Atlantem fecit, ut et ipso nomine regis 
vetustissimi memoriam celebraret, et suo operi gratiam conciliaret. 

(2) Nell’ Epistola dedicatoria in Galliae tabulae geographicae per Gerardum Mer- 
catorem leggesi: Verum quia in meos solius humeros haec fabrica incumbit, nec alio- 
vum opera (exceptis qui tabulas in aes incidunt) ad hanc perficiendam uti possum, 
practtrea nec sculptorum tanta suppetit copia, ut paucis annis institutum opus fer 
fici queat, necessitate adactus fui, ex medio operis edendi initium facere, neque porro 
Justum erat, etiamsi usque ad consummationem totius supprimere polwissem omnis, 
studiosos eius partis, quam nunc absolvissem, usu privare. Quam ob rem cas novat 
Geographiae quam mune paro, tabulas, quibus hac tempestate Reipub. me maxime ser 
viturum existimavi, nimirum Galliae et Germaniae, primum parandas cvulgandasque 


Judicavi..... 


— 195 — 
30 nella terza (1). Il van RAEMDONCK (2) cita alcune biblioteche che 
posseggono esemplari completi od incompleti di questa prima parte del- 
1’ Atlante. Posso aggiungere che la biblioteca Angelica, posta nell’ ex- 
convento degli Agostiniani in Roma, ne ha un completo esemplare. 

Cinque anni dopo pubblicò la geografia dell'Italia, della Schia- 
vonia e della Grecia, consacrando diciassette tavole alla prima, una alla 
Schiavonia, Croazia, Bosnia e parte della Dalmazia, una alla Valacchia, 
Serbia, Bulgaria e Romania, tre alla Grecia e una all'Isola di Candia. 
Le quali tavole, dedicate a FerDINANDO DE MEDICI, cardinale protet- 
tore di Spagna, granduca di Toscana, comparvero a Duisburgo nel 
1589. Anche di questa seconda parte dell’ Af/anfe havvi un esemplare 
alla biblioteca Angelica in Roma (3). 

Una terza pubblicazione geografica stava preparando, riguardante i 
paesi settentrionali dell’ Europa; che doveva comprendere trentadue carte, 
e cioè una per le regioni polari, una per l'Irlanda, una per la carta 
generale delle Isole Britanniche, tre per la Scozia, cinque per l'Irlanda, 
dieci per l'Inghilterra, una per la Norvegia e Svezia, quattro per la 
Danimarca, una per la Prussia, una per la Livonia, una per la Russia, 
una per la Lituania, una per la Transilvania ed una per il Chersoneso 
Taurico. La considerava come la prima parte dell’ Europa; e però si 
proponeva di farla precedere dal planisfero, dalle carte generali di 
Europa, Asia, Africa ed America, ed anzitutto dal trattato: De mundi 
creatione ac fabrica, e da una prefazione sul re ATLANTE, Il quale trat- 
tato, concepito e cominciato a Lovanio e ad Anversa verso il 1533, 
continuato a Duisburgo, annunciato nel 1592, fu compiuto due anni 
dopo, quando l’autore in età di 82 anni era malato di paralisi. Morte lo 
colse sul finire del 1594. Il figlio RumoLpo che da molti anni ajutava 
il padre nella officina geografica, data l’ultima mano al lavoro ormai 
pronto a venire in luce, ne fece la pubblicazione a Diisseldorf nel 1595 
col titolo: Atlantis pars altera. Geographia nova totius mundi. Authore 


(1) Ciascuna delle tre sezioni fa parte da sè, come mostrano i registri ed i ti- 
toli loro. La prima nel frontespizio ha: Galliae Tabulae geographicae per Gerardum 
Mercatorem Illustrissimi Ducis Fuliae Cliviae, Montis, etc., cosmographum, Duysburgi 
Clivorum editat. Cum gratia et privilegio. La seconda e la terza hanno lo stesso 
titolo, variato solo in ciò che, in luogo di Ga//iae, l'una ha: Belgii inferioris, l'altra: 
Germaniae, e che l'ultimo periodo, in ambe, è semplicemente: Cum privilegio. 

(2) Op. cit., p. 256. 

(3) Il titolo della seconda parte dell’ Atlante è: Zialiae, Sclavoniae et Graeciae 
tabulae geographicae, per Gerardum Mercatorem, Illustrissimi Ducis Fuliae, Cliviae 
Montis, etc. Cosmographum, Duysburgi editae. Cum privilegio. 


si 


— 196 — 
Gerardo Mercatore Rupelmondano, Illustriss. Ducis Juliae, Cliviae, ete. 
Cosmographo. Duisburgi Clivorum (1). 

RumoLpo dedicò l’opera ad ELISABETTA, regina d' Inghilterra e ad 
Enrico Ranzovio ; alla prima l’opera tutta ed in particolare le tavole 
delle regioni da lei governate, al secondo le carte della Danimarca, 
della Norvegia, della Svezia e di altre terre settentrionali, come con- 
sigliere del re di Danimarca e somministratore delle notizie sullo stato 
politico di tali contrade. La pubblicazione fu fatta a spese degli eredi 
della sostanza paterna, come mostra l'iscrizione che viene dopo l'/ndex 
in Anglia, Scotia et Hyberniae tabulam generalem e che è: Dusseldor- 
pit excudebat Albertus Busius, IMustrissimi Ducis Julia, Clivia, Montis, etc. 
Thypographus, sumptibus heredum Gerardi Mercatoris Rupelmondani. 
Anno 1595. Tutte le carte sono di GreRARDO MERCATORE, all’ infuori 
del planisfero che ha la data del 1587, della carta dell'Europa, ambe 
dovute a RumoLpo, delle tavole dell'Asia e dell’Africa, composte da 
GERARDO MERCATORE JUNIORE, e dell'altra dell'America, delineata da 
MICHELE MEKCATORE. Il volume ha, nel frontispizio, il titolo generale 
immaginato dal padre GerARDO: Af/as, sive cosmographica meditationes 
de fabrica mundi et fabricati figura. Gerardo Mercatore Rupelmondano 
Illustrissimi Ducis Julia, Clivia ete. Montis etc. Cosmographo Authore. 
Cum privilegio. Duyisburgi Clivorum ; contiene in principio la dedica 
di GERARDO MERCATORE a GUGLIELMO e GIOVANNI GUGLIELMO duchi di 
Cleves, il ritratto dell’autore, la biografia che di questi, a cui era amico, 
scrisse GUALTERO GHImnIo, alcuni versi e qualche prosa celebranti le 
lodi del gran GeRARDO, indi la Prefatio in Atlantem, seguita dall'al- 
bero genealogico di quel gran re, ed il trattato sulla genesi, intitolato: 
De mundi creatione ac fabrica liber. 

Il van RAEMDONCK nomina alcune biblioteche che hanno esem- 
plari della pubblicazione postuma dell'Affantis pars altera, fatta da Ru- 
MOLDO nel 1595. Ci piace osservare che tale vanto ha pure la biblio- 
teca Vittorio Emanuele in Roma. 

(continua). 

(1) Che la terza parte dell’ Af/ante, alla morte di GERARDO, fosse pronta per 
la pubblicazione si ha da ciò che il planisfero (Orbis terrae typus) è preceduto da 
una dichiarazione in cui leggesi: Hic primo nostrae geographiae ac septentrionalium 
ferrarum tomo, untversalem orbis terrae typum, efusque quatuor partes, Europam, 
Asiam, Africam et Americam, quo felicius rem prosequar, pratponere debui. Dal che 
si deduce come tali cinque tavole fossero già apparecchiate avendole fatte comporre, 
sotto la sua direzione, dal figlio RUMOLDO e da due suoi nipoti GERARDO e MICHELE. 


MI. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


Su Crisrororo CoLomso. — Il signor Enrico Harrisse, membro d’o- 
nore della nostra Società e benemerito illustratore di Cristoforo Colombo, 
pubblicò in questi giorni una lettera documentata, dirigendola all'abate 
Casanova di Parigi, che qualche mese fa aveva dichiarato infondate le 
asserzioni dell’abate Peretti sulla origine còrsa del grande scopritore 
dell'America (1). Nella sua lettera, ch'egli intitola « Christophe Co- 
lomb, les Corses et le gouvernement francais », 1’ Harrisse rifiuta asso- 
lutamente le affermazioni dell'abate Peretti, adducendo in prova della 
verità 52 atti notarili, autentici e a tutti già noti, dai quali risulta che 
non cérso e a Calvi, ma ligure e a Genova nacque Colombo. Di più 
mette brevemente in chiaro l'assoluta diversità del casato e dell’ origine 
dei Columbus, corsari. Nè si rattiene dal deplorare la facilità con la 
quale sì pensò fin dal 1881 all’erezione di un monumento in Calvi al 
grande Italiano di Genova. 

LA DIFFERENZA DI LIVELLO DEL MARE, — L'ing. Ch. Lallemant, 
segretario del « Comité du nivellement général », pubblica alcune cifre 
che rappresentano le differenze di livello delle acque a media marea nei 
principali porti delle coste occidentali d’ Europa. Prendendo Marsiglia 
quale 0,00 m., egli trova Nizza — 0,04 m., Genova — 0,05 m., 
Cette + 0,05 m., Porto Vendres + 0,07 m., La Socoa (Bassi Pi- 
renei) +- 0,25 m., Brest + 0,17 m., Santander e Alicante -+ 0,30 m., 
Amsterdam e Trieste + 0,18 m.. Si noti che, massime per questi ul- 
timi quattro porti, si è tenuto conto della correzione del barometro. 
{Petermanns Mitteilungen, I, 1890). 

L' « AU:LAND ». — Questo importante periodico di letteratura 
geografica, che conta oramai i suoi sessant'anni di vita, avrà, dal 
1° aprile 1890, per editore, il dott. Carlo von den Steinen, valente 
*tnografo, noto per i suoi viaggi nell'interno del Brasile. Da quel 
giorno in poi |’ Ausland comparirà a Berlino, invece che a Stoccarda, 
ed assumerà carattere più scientifico, pur conservando, fin dove è pos- 
sibile, una forma accessibile ad ogni persona colta. 

La SOCIETÀ FISICO-ECONOMICA DI KOENIGSBERGA festeggiò il suo 
primo centenario nel giorno 22 febbrajo corrente. Per la lieta occasione 


i 


(1) Vedi BOLLETTINO, febbrajo 1889, pag. 142. 


— 198 — 
erano invitate tutte le Società con le quali essa tiene relazioni di 
studi. 

LA SOCIETÀ GEOGRAFICA DI LISBONA NELLA QUESTIONE ANGLO-POR- 
TOGHESE. — Con un manifesto del 13 ed una circolare del 14 gen- 
najo p. p., la Società Geografica di Lisbona ha comunicato successiva- 
mente alle Società consorelle le sue considerazioni e proteste sulla 
questione dei confini e dei protettorati, inglese e portoghese, nell'Africa 
australe e centrale, e sulle fasi politiche e diplomatiche della medesima. 
Ma non sono questioni per le quali siano competenti Società dedicate 
a studî puramente scientifici. 

NECROLOGIA. — Sir Enrico Yule, il celebre illustratore di Marco 
Polo, morì a Londra il 31 dicembre 1889, nell’ eta di 70 anni. Fu 
membro d’ onore della nostra Società; e però ci riserviamo di pub- 
blicare nel prossimo BOLLETTINO una nota più diffusa sulle benemerenze 
di questo illustre viaggiatore e scienziato. ” 

Prof. Antonio Steinhauser, antico consigliere del governo austriaco 
nelle cose dell'istruzione, autore di. parecchie pubblicazioni geografiche, 
tra le quali il Manuale di Geografia matematica e delle projezioni, 
già vice-presidente della Società Geografica di quell’Impero, fini di vi- 
vere nell'età di 87: anni, a Vienna, il giorno 16 gennajo p. p. (Deutsche 
Rundschau fir Geog. und Stat., febbrajo 1890). 

Conte cav. Carlo di Waldburg Syrgenstein, nostro socio e membro 
corrispondente, noto per i suoi viaggi nell’Asia occidentale, moriva im- 
provvisamente dopo breve malattia nel suo castello di Syrgenstein il 
giorno 30 gennajo p. p., nell'età di 49 anni. 

Lord Napier, duca di Magdala, il famoso condottiero degli Inglesi 
nella guerre d' Abissinia e vincitore dell’ Imperatore Teodoro, moriva a 
Londra il 14 gennajo p. p. (Il Diriffo, 16 gennajo 1890). 


B. — EvROPA. 


I TERREMOTI IN ITALIA. — Dal supplemento al Bollettino Meteorico 
pubblicato dall’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma 
(n. 337, 3 € 17 dicembre 1889, 2 gennajo 1890), prendiamo qualche no- 
tizia sui terremoti che furono osservati in Italia negli ultimi mesi del 
passato anno. Prima fu Tolmezzo uno dei centri sismici più attivi. Fin 
dal 24 giugno s'erano avvertite delle scosse con rombi, ma di poca 
durata e forza. Però ai 21 d'agosto vi cominciò un periodo più agitato 
e che giunse al suo colmo il 26 dello stesso mese, con scoscendi- 
menti del M. Strabut e ripercossa a 10 km. verso E.. Il fenomeno si 
riprodusse il 12 ottobre, mutando però direzione da N.O.-S.E., ad 
O.S.0.-E.N.E. In questa occasione fu notato che le sorgenti del M. di 
Caneva, contro il solito, si fecero torbide e limacciose. Del resto le 
scosse e i rombi vi si rinnovarono quasi ogni giorno per tutto ottobre, 
e più volte in novembre. Intanto, continuando a intervalli le eruzioni 
di Vulcano, anche nelle zone meridionali di Napoli e Sicilia avvennero. 
terremoti, ma di poca importanza, fino a dicembre. Durante il novembre 


il fenomeno si venne allargando nel territorio napoletano e in quello ro- 
mano. Verso la fine dello stesso mese, il 25 novembre, le scosse furono più 
forti sulle coste e nelle acque della Sicilia orientale, massime nel territorio 
catanese, a Giarre. Poi fin dai primi di dicembre, il terremoto si diffuse 
in più regioni meridionali, ed anche nella settentrionale intorno al Lago 
di Garda. Il giorno 8, che fu uno dei più agitati, dopo parecchie 
. scosse intorno al Lago di Garda, il terremoto s’ accentuò in quel di 
Parma e di Reggio nell'Emilia. Contemporaneamente il vulcano di 
fango a Quercia di Salso, situato ad 8 chilometri da Reggio, diede 
segni insoliti d' attività, eruttando lava, pietre e ceneri. 

- LA SUPERFICIE DELLA MONARCHIA AUSTRO-UNGARICA. — In una delle 
ultime sedute della Accademia delle Scienze di Vienna il prof. A. Penk, 
fece conoscere il risultato dei suoi studi comparativi sui dati ufficiali 
del 1888, su quelli del catasto e quelli del gen. Strelbitzki. Secondo il 
Penk, l'Impero austro-ungarico si estende precisamente 625,556.77 km. q.; 
di cui 300,232.32 formano il territorio austriaco e 325,323.19 il ter- 
ritorio ungherese, senza tener conto d'una piccola zona (km. q. 1.26) di 
confine, contestata fra i due governi, austriaco ed ungherese. L'aumento 
di oltre 3 mila km. q. di territorio in confronto ai dati ammessi pre- 
cedentemente, appartiene nella massima parte ai domini della corona 
ungherese, anzi all’ Ungheria propriamente detta, che secondo le cifre 
ufficiali finora accettate, avrebbe 279,749.68 km. q., mentre secondo 
le misurazioni del Penk avrebbe km. q. 282,802.80. Le provincie del- 
l’Austria propriamente detta in totale risultano più estese di circa 
208 km q., che vanno attribuiti in maggior numero alla Gallizia (36), 
alla Stiria (32), alla Bassa Austria (30). (Deutsche Rundschau f. Geogr. 
u. Stat., febbrajo 1890). 


C. — ASIA. 


NOTIZIE DEL CAP. GROMBCEVSKI (1). — Una lettera del capitano 
russo Grombcevski, pervenuta al sig. Venucov in Parigi da Caindin- 
Auzi, colla data del 22 ottobre 1889, fa conoscere la situazione della Spe- 
dizione ed i progressi da essa fatti. L’esploratore era partito mesi 
addietro da- Calo-i-Chvumb, nel Darvaz, dirigendosi per la valle del 
Piangi alla confiuenza di questo fiume col Vangi. Inutilmente avendo 
insistito per ottenere il passaggio dai territori afghani, allora in guerra, 
ai confini del Caffiristan, il Grombcevski procedette allora ad esplorare 
le parti ancora mal note del Pamir. Per la valle del Vangi e il Passo 
di Sir Artci, potè salire alle sorgenti di Chintce-ab nel Vachia. Al 
Passo di Sir Artci la Spedizione dovette percorrere più di 11 chilo- 
metri sul ghiaccio con una temperatura notturna di — 10° e — 12° C.; ed 
era a mezzo agosto. Poi ai primi di settembre, cominciando le nevi, nè 
essendovi alcuna probabilità di poter penetrare con qualche sicurezza 
nell’Afghanistan, nemmeno da quella parte, |’ esploratore deliberò di muo- 
vere alla volta delle sorgenti dell’Acsu e verso il Pamir Tagh-dum-bah. 


(1) Vedi BoLLETTINO, febbrajo 1889, pag. 151. 


— 200 — 


Ivi ‘giunto; e fattevi le necessarie provviste di viveri e di mezzi di 
trasporto, si accinse a passare nella regione del Fiume Raskeme. Su- 
perate le alture di Ili-Su, entrò nella valle del Fiume Ili, affluente 
del Raskeme-daria. Là pose il campo, e vi si tratterrà probabilmente 
fino alla prossima primavera, in cui ha l'intenzione di rimontare fino 
alle sorgenti del Raskeme-daria nel Caracorum, per scendere poi nel 
bacino del Chotan-daria superiore. Nelle numerose sue escursioni, il 
Grombcevski ebbe cura di rilevare l'itinerario percorso e di prendere 
nota delle particolarità più importanti per le comunicazioni. Tra queste 
ultime si accennano due nuovi passaggi attraverso l’Inducush orientale, 
nella regione delle sorgenti del Vachan-daria e del Fiume Baicru: il 
Passo di Kelengi, che mena al Cangiut, e il Passo di Chudarpurt che 
mena al Citral. (Soc. Geogr. di Parigi, Compte-rendu, N. 1, 1890). 

NUOVE ESPLORAZIONI DEL CAP. YOUNGHUSBAND NELL’ ASIA CEN- 
TRALE. — Nella passata estate del 1889 il cap. F. E. Younghusband 
penetrò fra il Turchestan cinese ed il Cashmir nella valle del Scimsal, 
girando a N.-O. del Passo di Mustagh, e giunse ad Hunza per una 
via, che finora non era mai stata praticata da Furopei. Verso la metà 
del p. p. novembre egli era diretto a Gilgit. Presso il Passo di Scimsal 
fu costretto ad affrettare il viaggio da notizie poco rassicuranti sul 
contegno minaccioso dei Cangiuti. (R. Soc. Geogr. di Londra, Pro- 
ceedings gennajo, 1890). 

« CINQUE ANNI IN BIRMANIA. » — Con questo titolo il mag- 
giore T. Barberis, vissuto per cinque anni nell’ Alta Birmania, pubblica 
una relazione, ch’egli dice dettata alla buona, coll’intendimento che 
serva a chi senza pretese scientifiche nè letterarie, voglia conoscere, 
per la pratica altrui, il paese e gli abitanti di quella contrada indoci- 
nese. La parte propria dell’ opera, dopo una breve narrazione del viaggio 
d’andata, si compone d’un cenno storico sulla Birmania, della descri- 
zione della religione, degli usi e costumi, delle abitazioni, delle pro- 
fessioni ed arti, del governo e delle istituzioni pubbliche di quel popolo. 
Qualche cenno v'è pure sugli Scian. Poi segue la geografia, la meteo- 
rologia e una serie di notizie economiche e di dati statistici sui prodotti 
del suolo, le industrie, la navigazione e il commercio. Questi dati sono 
in parte riportati dalla Rangoon Gazefe, in parte ottenuti per approssi- 
mazione dall'autore, da calcoli che egli fece sulle informazioni prese in 
proposito. Per esempio, la popolazione della Birmania è da lui valutata 
in più che 6 milioni, senza contarvi l’Aracan ed il Tenasserim. La super- 
ficie è calcolata in km. q. 476,031. Terreni coltivabili circa 2 */, milioni 
d’ettari, coltivati circa 1 */, milione, a frutta 110 mila ettari, a palme 
24 mila, a banani 16 mila, a tabacco 10 mila, a legumi rr mila, a 
cotone quasi 7 mila, a boschi 12 mila e più. L'autore potè sapere che 
in tutta la Birmania si contano approssimativamente 2,500,000 bufali 
da lavoro, e 375 mila carri da trasporto. Infine viene una breve storia 
dell'annessione inglese della Birmania ed un’appendice sulla religione 
di Budda. 

UN VIAGGIO D’ ESPLORAZIONE NELLA CINA ORIENTALE. — Il signor 
W. W. Rockhill, già, segretario della Legazione americana degli Stati 








— 2015 — 


Uniti a Pechino, aveva intrapreso, mesi addietro, un viaggio nell’ Asia 
centrale, coll’intenzione di penetrare fino a Lhassa, la città santa del 
‘Fibet. Non vi riuscì, ma ebbe occasione di visitare, nel lungo suo 
itinerario d'andata e di ritorno, parecchie città e provincie poco note 
agli Europei. Da Pechino era passato per Taijiian nello Scian-si, poi a 
Ping-jang, a Lan-hau sull’Hoang-ho; poi per Can-su, girando a N.-O, era 
giunto sul Lago Cucu. Procedendo lungo le sue sponde, il Rockhill 
pervenne al monastero di Cumbum, ma ivi, mentre appunto s’accingeva 
a partire con una carovana per Lhassa, fu riconosciuto sotto le vesti 
tibetane, e respinto. Prima però di essere scoperto e quindi invigilato 
dalle autorità cinesi, egli aveva potuto con suo agio percorrere e stu- 
diare parecchi paesi circostanti; dove toccò i Laghi Alak, Tusun ed 
Oring, il Kinscia ossia l’Alto Jantze-kiang, e l'Alto Mecong a Tziamdo. 
Nel ritorno attraversò la provincia di Zit-shvan per Tatsien e Suit-sciu 
e, giunto a Sciung-king, scese per il Jantze-kiang a Sciang-hai. (Dest. 
Rundschau f. Geogr. und Stat., febbrajo, 1890). 


D. — AFRICA. 


STATISTICA COMMERCIALE DELL'EGITTO NEL 1888. — Il movimento 
generale del commertio egiziano, che ha per suo centro Alessandria, 
ebbe per l’anno 1888 un valore complessivo di lire 437,833,720. Que- 
sta somma va così ripartita : importazione, lire 165,574,342; esporta- 
zione, lire 265,483,112; transito, lire 230,662; riesportazione, lire 
6,545,604. Il primo posto nel commercio esterno dell’ Egitto è occupato 
naturalmente dall’Inghilterra, con un valore complessivo di L. 236,273,540. 
Poi vengono : la Francia, con lire 40,105,575; la Turchia, con lire 
36,120,090 ; |’ Austria-Ungheria, con lire 34,919,061; la Russia, con 
lire 33,060,063; l’Italia, con lire 22,105,068. Tranne la Turchia, la 
Germania, la Grecia, il Belgio e 1’ America, gli Stati che commerciano 
con l'Egitto hanno in generale l’ esportazione eguale o superiore alla 
importazione. L'Italia vi ebbe nel 1888 lire 5,847,215 d'importazione, 
e lire 16,257,853 d’esportazione. La navigazione nel porto di Alessan- 
dria ebbe nel 1888 il movimento seguente: bastimenti entrati 2,182 
di complessive tonnellate 1,587,558; bastimenti usciti 2,152 di com- 
plessive tonnellate 1,587,177. Con bandiera italiana entrarono 67 navi 
con tonnellate 57,277 ed uscirono 76 navi con 61,951 tonnellate. (Boll. 
uff. di notizie commerciali, n. 1, 1890). 

UNA RITRATTAZIONE ALLA SCIOANA. — Sulla nota accusa, mossa 
contro il conte Antonelli dal Superiore del Convento etiopico di Ge- 
rusalemme nel 1887, i giornali pubblicano la traduzione d’una lettera 
di smentita, ufficialmente rilasciata dall’ autore stesso di quella accusa, 
La riproduciamo, a titolo di curiosità e come documento etnografico, 
quale la troviamo nei giornali: — « Dalla santa città di Gerusalemme 
alla grande città di Roma. — Lettera di ritrattazione: A/l'on. sig. conte 
Pietro Antonelli. — Le mando i miei rispetti, pregando il Salvatore del mondo 
che Le conservi la buona salute. — Signor contel Allorquando il ben ono- 


—- 202 — 


rato ed amatissimo Degiac Maconnen è arrivato a Gerusalemme mi ha 
narrato le offese che io Le ho fatto, e come Ella era malcontento di 
me: ne sono restato addoloratissimo. Dal canto mio avevo fiducia che 
Ella mi avrebbe ajutato per il lavoro che faccio in Gerusalemme e mi 
avrebbe dato i mezzi per compierlo. Se non che, come dice David: 
prima d'errare nessuno se ne accorge, così io non credevo d’averla offesa, 
e mi sono poi trovato colpevole. Se sono colpevole, mi creda pure, è 
perchè io non mi trovavo la moneta per pagare il luogo, e col tempo 
avrei avuto un debito maggiore per pagare i frutti del capitale, e mi 
sono quindi diretto al Governo italiano per domandare se Ella aveva 
ricevuto questo danaro: ma non ho mai scritto che Ella s'era preso 
30,000 talleri che doveva portarmi; siccome la lettera non era scritta 
nella nostra lingua, così ritengo che il traduttore abbia errato nello 
scriverla. — Ora dunque io La prego in nome di Cristo di perdonarmi, 
poichè gli uomini sono destinati ad offendere e Dio a perdonare, e di 
non troncarmi per l'avvenire la sua antica amicizia. — Oltre a cid 
Degiac Maconnen mi ha detto non aver Ella ricevuto 1 30,000 tallen 
da S. M. l'Imperatore Menilek. Dunque io dichiaro che Ella non deve 
a me neanche un tallero, e non ho da domandarle niente. — Ciò che . 
faccio si è di pregare S. M. il mio Re d'Italia e S. M. la Regina e 
Lei che ho offeso, di ottenermi il perdono delle LL. MM. e quello per- 
sonale della S. V., in omaggio alla verità, essendo Ella che ha comin- 
ciato il lavoro per fondare l'amicizia e l'alleanza fra i due Governi ed 
essendo Ella pure nel numero di quei benefattori che lavorano per la 
pace, come dice il Vangelo. — Scritto il 10 dicembre 1882 (19 dicem- 
bre 1889 del calendario gregoriano) nella Santa Città di Gerusalemme. — 
Firmato: MAHMER UALDA Samaut, del Convento Etiopico ». — « Visto: 
Si certifica che la presente traduzione dell’annessa lettera di Mahmer 
Ualda Samaiit, superiore di questo Convento etiopico di Gerusalemme, 
venne dettata in questo regio Consolato alla nostra presenza ed a quella 
dei signori conte Salimbeni e cav. Nerazzini, al regio interprete signor 
Sala dal Grasmac Giuseppe Negussiè, interprete del Degiac Makonnen, 
capo della Missione Etiopica. — Gerusalemme, il 23 dicembre 1889. — 
Il regio Console, firmato: SOLANELLI 3. 

I Lacu Vitrorta E Urici. — In una terza lettera che lo Stanley 
scrisse da Mpuapua (11 novembre 1889) al Console inglese di Zanzi- 
bar, e che fu riassunta telegraficamente e pubblicata in periodici euro- 
pei, il grande viaggiatore annunzia, tra l’altro, una sua scoperta geogra- 
fica di molta importanza. Il Lago Vittoria, che finora secondo la carta 
dello Speke si credeva estendersi a S.-O. appena oltre il 2° lat. S, s'inoltra 
in realtà nella stessa direzione fino a 2° 48’ lat. S., avendo però anche. 
da quella parte, come a N.-O., una barriera d’ isole montuose sulla linea 
che prima era stata erroneamente segnata quale costa. Perciò l'estensione 
complessiva del lago, che si stimava esagerata in 64,700 km. q., datagli 
dallo Speke, risulta secondo i calcoli fatti dallo Stanley sullo schizzo 
da lui stesso ‘tracciato provvisoriamente sul luogo, della superficie di 
69,600 km. q.. Le isole nuovamente riconosciute dallo Stanley, a S -S.-O., 
sono grandi, montuose, vicinissime l’una all'altra, ricche di vegetazione 


e di popolazione. Un'altra notizia importante è la constatazione dell'esi- 
stenza del minore Lago Urigi, situato al S.-O. del Vittoria Nianza, un 
po’ a S. del 2° lat. S. e verso il 31° 30’ long. E. Green., nel paese 
dei Carague. Stanley, a differenza dello Speke, lo dice rispettabilissimo 
per estensione e disseminato anch’esso di isole abitate. (Mouvement 
Gtéog., n. 25, 1889). 

L’ASCENSIONE STAIRS SUL M. RUEVENZORI AL S. DEL LAGO ALBERTO. 
— Il luogotenente W. E. Stairs, uno dei più valenti compagni dello 
Stanley nell’ultima parte del viaggio testè compiuto attraverso l'Africa, 
salì sul gigantesco M. Ruevenzori fino al limite delle nevi. Partito dal 
campo della Spedizione il giorno 6 giugno 1889 con 4o Zanzibaresi, 
giunse lo stesso giorno all'altezza di m. 2,500, in mezzo a foreste di 
bambù, in basso, e ad alte felci, a monte, con una temperatura di 29 C. 
e col barometro a 22.36. Lungo questo tratto inferiore, la Spedizione 
trovò spesso capanne abbandonate e coltivazioni di fave e colocasie. 
L'indomani, 7 giugno, lo Stairs, assottigliata a bella posta la comitiva, 
si diresse verso il picco nevoso più vicino, che non era però il più alto 
del monte. Dopo tre ore di salita, egli fu arrestato da un primo bur- 
rone. Da quel punto potendo osservare il picco e misurare le difficoltà 
e il tempo necessario a superarle, per procedere alla vetta, lo Stairs de- 
sistette dal continuare l’ascensione. Tuttavia egli, prima di incominciare 
la discesa, rilevò con esattezza la parte del Ruevenzori, che poteva es- 
sere intravveduta, oltre quella che l'occhio e gli strumenti dominavano. 
Il picco avvicinato costituisce la parte sud-occidentale dei coni gemelli, 
che formano la grande vetta del monte. Sono roccie nude, nettamente 
determinate, qua e là soltanto coperte di poche erbe e felci. Intorno 
alla punta s’ergono delle roccie in giro, come un cratere. Per una breccia 
l'esploratore potè osservare, al di là di questo, un altro picco della stessa 
formazione ed altezza. Un esatto rilevamento, compiuto all'altezza di circa 
3,200 m., diede per risultato la quota di m. 5,000 per il picco osser- 
vato. Quanto alla forma generale del grande masso montuoso, lo Stairs 
opina che da tutti i picchi nevosi si partano, come da centri, delle di- 
ramazioni montuose a raggi. Una di queste, che chiudeva l'orizzonte 
verso E.-N.-E., si rannodava al picco osservato. Un'altra, verso S., pro- 
veniva da altri picchi più alti e più lontani. Dalla struttura dei mont 
dipende quindi il corso diviso dei molti fiumi, che nutriti dalle nevi 
scendono dal versante occidentale e, piegando ad O.-N.-O., vanno a get- 
tarsi nel Semliki, the ne conduce le acque nell’Alberto Nianza. Le nevi 
eterne sembrano limitarsi a circa 350 metri dalla vetta osservata, cioè 
am. 4,650 sul livello del mare. Però, dove gli avvallamenti sono più 
profondi, ivi trovansi qua e là dei letti di neve ad altezze anche infe- 
riori, e si estendono su lunghezze di 100 a 200 metri. Lo Stairs crede 
vulcanica la natura montuosa del Ruevenzori, che del resto desta qual- 
che interesse anche per i naturalisti. (Afouvement Géog., n. 27, 1889). 

IL poTT. O. BAUMANN E LA SOCIETÀ TEDESCA PER L'AFRICA ORIENTALE. 
— Considerata la grande importanza della perfetta conoscenza de’ luo- 
ghi per la colonizzazione e il progresso economico dei medesimi, la So- 
cietà tedesca per l'Africa orientale deliberò di mandare nei territorî, ch'essa 


possiede, il dott. O. Baumann. Il valente geografo tedesco è già partito 
alla volta di Zanzibar fino dai primi del mese di gennajo passato. (Pe- 
fermanns Mitteilungen, I, 1890). 

LE ESPLORAZIONI DELLO STANLEY IN AFRICA, — Con questo titolo 
è comparsa una nuova carta a Londra e a Liverpool, editori G Phi- 
lip e figlio. In essa trovansi delineati i principali risultati geografici e 
gli itinerarî con le date di tutti i viaggi, che l’eminente esploratore 
inglese compì dal 1868 al 1889. Sul rovescio della carta vi è un com- 
pleto riassunto descrittivo dei viaggi stessi e delle scoperte fattevi. Que- 
sta carta, che è lavoro del valente geografo e cartografo E. G. Raven- 
stein, torna oggi molto opportuna per valutare d’un colpo d'occhio la 
grandiosa opera di chi ricondusse alla costa Emin e Casati. 

NoTIZzIE pi STANLEY, Emin E Casati. — Verso la fine del 1889, 
Emin Pascià, il quale (com'è noto dai giornali politici) appena giunto 
a Bagamojo, era ivi precipitato da una finestra, riportando gravi ferite 
alla testa, sembrava entrasse in via di miglioramento. Intanto lo Stanley 
e il cap. Casati, che erano da qualche giorno a Zanzibar, si dispone- 
vano a partire per l'Europa. Dì fatti però, lo Stanley solo giunse al 
Cairo il giorno 14 gennajo, mentre il cap. Casati, forse per l'aggravarsi 
del male di Emin Pascià, ritornava a Bagamojo ad assisterlo. Poi giun- 
sero dispacci, che fecero rinascere la speranza della guarigione del 
.viaggiatore tedesco, e una lettera dal Casati, che promette di ritornare 
in patria nel prossimo mese di febbrajo. Finalmente nei primi giorni 
di questo mese un'altra sua lettera ci dava la certezza che egli partiva 
dall'Africa il giorno 3 febbrajo. 

Le Comore OccIDENTALI. — Il geologo dott. K. W. Schmidt 
esplorava le Isole Comore, Angasija e Mohilla, ancora durante il 1886; 
però soltanto in questi giorni si poterono conoscere 1 risultati geografici 
e cartografici della sua esplorazione. Essi comparvero nelle Petermann's 
Mitteilungen accompagnati da una tavola, in cui per la prima volta su 
sufficiente scala (1:333,333) trovansi rappresentate le due isole, e in 
maggiori proporzioni le parti più importanti di queste. Le Isole Comore 
occidentali, la cui estensione e configurazione erano fino ad oggi in 
gran parte ignorate, sono, secondo lo Schmidt, di natura eminentemente 
vulcanica; però, mentre il suolo della maggiore, Angasija (Grande Co- 
moro), è costituito in gran parte da torrenti di lava, quello di Mohilla 
(l'Isola Moali) e di altre piccole, a questa circostanti a S., è composto 
principalmente di tufo, alquanto decomposto, e di numerose e grandi 
augiti, e nelle parti più elevate anche di creta, sparsa qua e là. — L'Isola 
Angasija è attraversata da N. a S. da una grande catena di montagne, 
i cui due declivi formano, in basso dei versanti, occidentale ed orien- 
tale, parecchie valli. Queste però sono scarsissime d'acqua, quasi tutta 
piovana. Tuttavia il terreno è abbondantemente umido. Vi allignano 
frequenti gli alberi di alto fusto ed i cespugli, mancano i boschi pro- 
priamente detti. Il suolo è in gran parte formato di strati sovrapposti 
di lava, che giungono in più luoghi fino alla costa. Questa è ripida, 
scogliosa e poverissima di approdi, ad E. arzi del tutto priva di porti. 
Il punto più elevato dell’isola trovasi nel centro meridionale, tra la 


costa di Mroni, porto principale della costa O. e quella di Fumbuni 
ad E. Esso è il vulcano Cardalla, detto anche Sciungu o Vahanitsaha, 
che si eleva m. 2,250 circa sopra il livello del mare. Intorno al vul- 
cano s'incontrano eccezionalmente boschi alle falde e verso la metà 
della salita. La sommità è formata da tre punte, entro le quali giace il 
cratere, con un cono di ceneri e tufo. In generale il terreno è fertile; 
vi crescono la palma myifapu, la ukindu, i tamarischi, il cocco, le 
piante m/ama e basi, manioca, banani e la patata dolce. V’é anche 
qualche ricchezza di volatili, fra cui ben cinque specie di colombi. La 
popolazione indigena, che non sembra molto numerosa, è però intelli- 
gente, molto più della razza negra del vicino continente: il suo gusto 
artistico s' unisce all’ingegno nella costruzione delle case in pietra e 
nella fabbricazione di finestre, porte, ecc., in legno. Questi indigeni 
sono però bellicosi; quindi l’isola è divisa in più stati. Il Sultanato 
di Bajini (capitale Fumbuni) comprende quasi tutta la parte orientale 
di Angasija. Il Sultanato di Mroni ha sotto di sè, oltre il proprio ter- 
ritorio a S.-O., anche quelli di Hamumbu a S. e di Zanda a N.-0. 
Quantunque contestati da quello di Mroni, restano indipendenti altri 
due piccoli Sultanati a N.: quello di Budhe e meglio ancora il ricco 
Sultanato di Mizumihuli alla punta settentrionale dell’ isola. Poche sono 
le vie, ossia i sentieri, che conducono dall'una all’altra contrada del- 
l'isola; quindi scarsissimi i commerci. — L'Isola Mohilla s’estende appena. 
oltre un quarto della superficie della Grande Comoro, Angasijia. La per- 
corrono da N.-O. a S.-E. due catene quasi parallele: una più setten- 
trionale e più lunga ed elevata, fino a 2,000 m. verso N., l’altra più 
breve e bassa a S.-O., fino a 570 m. nel centro. Il suolo meno duro e 
più ricco di Aumus, percorso da numerosi piccoli corsi d’acqua pe- 
renne, coperto in alto di frequenti foreste, è in basso fertilissimo. Una 
vegetazione potente copre dappertutto I’ isola, di modo che è ben raro 
il luogo dove si scopra il nudo sasso, anche nelle parti più elevate del 
paese. Oltre le foreste e i pascoli ricchi di erda sanzibarese, vi si 
coltiva la canna da zucchero, il cocco, la manioca, il riso, la pianta 
miama, e poi anche il mango e qua e là numerosa la palma mfapu 
e quella «#14 (il dattero dell’ Africa orientale). Non vi mancano il 
mais ed il banano. A questa ricchezza di flora s’accompagna anche 
quella della fauna per i volatili. Non c’è la varietà dei colombi del 
Grande Comoro, notansi invece altri generi, tra cui il care volante, 
caratteristico della regione malgascia. Nemmeno questa Piccola Co- 
moro (Mohilla) ha buoni porti, appena qualche rada, ma anch'essa pe- 
ricolosa per gli scogli corallini sottomarini che la circondano, come 
quella di Niumascina. Il clima tropicale dell’isola è malsano, e la febbre 
di Mohilla gode una trista fama in tutte le regioni orientali dell’ Africa. 
L’ isola è divisa politicamente in due Sultanati: quello di Fumbuni, che 
ne occupa più di due terzi verso N. ed E., e quello di Niumascina 
che è ridotto a meno di un terzo dell’isola verso S.-O.. Gli abitanti 
del primo sono abituati alla guerra, mentre quelli del secondo sem- 
brano piuttosto inclinati all’ agricoltura ed imbelli. (Petermanns Mittei- 


lungen, I, 1890). 


— 206 — 

ESPLORAZIONE DELL'UBANGI SUPERIORE. — Al cap. Van Géle riuscì 
finalmente di superare le Rapide di Songo, finora unico intoppo alla 
navigazione dell’Ubangi. Poco a monte, e presso Moconanghai, al con- 
fluente del Bansi, furono fondate due nuove stazioni. Un'altra sorgerà 
nel territorio dei Bansi. Di là poi dovevano proseguire le esplorazioni 
nell'interno, sempre risalendo il fiume. Pronto e felice effetto della fon- 
dazione delle due prime stazioni, oltre le Rapide di Songo, fu I’ rstan- 
tanea cessazione della tratta di schiavi, che con audace rapina compi- 
vano indigeni contro indigeni su per il fiume con le piroghe. (A4fowve- 
ment Gtographique, 29 dicembre 1889, 26 gennajo 1890). 

IL VIAGGIO DEL DOTT. E. ZINTGRAFF DA CAMERUN AD ADAMAUA, — 
Il dott. E. Zintgraff, che fin dal dicembre 1888 era partito da Came- 
run per penetrare nell’Adamaua, trovavasi verso la metà di giugno 
1889 ad Ibi. Egli aveva visitato i Banianga ed i Bali, quasi dapper- 
tutto sfuggendo alle violenze degli indigeni o con le armi o con le 
astuzie. Siccome egli allora prometteva di ritornare a Camerun al più 
tardi in agosto, e invece non s'è ancora veduto, si incomincia ad es- 
sere in timore sulla sua sorte. (Petermanns Mitteilungen, I, 1890). 

IL VIAGGIO DEL CAP. BINGER DAL NIGER AL GOLFO DI GUINEA. — Nel. 
l'adunanza generale tenuta dalla Società Geografica di Parigi il 3 decem- 
bre u. s., il cap. L. G. Binger fece una sommaria relazione del suo re- 
cente viaggio dal Niger al Golfo di Guinea per Cong (1). — Per incarico 
ricevutone dal Governo francese egli partì il 20 febbrajo 1887 dali’ Eu- 
ropa, e per il Senegal e Bakel giunse a Bammaco, punto di partenza della 
sua esplorazione, seguendo la via protetta dagli avamposti francesi. Egli si 
diresse tosto, con dieci uomini di scorta e 18 asini per il trasporto del ba- 
gaglio, verso Cong, seguendo la via attraverso gli Stati di Samori, ove cre- 
deva di incontrare minori difficoltà che passando per il Segu. Senonchè 
Samori trovavasi allora in guerra con Tieba, e stava appunto assediando 
Sicaso, capitale dello Stato nemico, ed il Binger ebbe non poca pena ad 
avanzarsi attraverso popolazioni atterrite e diffidenti e su un territorio de- 
vastato completamente. Dopo otto giorni di marcia giunse a Sicaso, città di 
circa 4,000 0 5,000 abitanti cinta di muro, ove cercò di interporsi come 
paciere fra i due combattenti, ma inutilmente. E non poche difficoltà egli 
ebbe a superare per riuscire ad ottenere da Samori di poter continuare il 
suo viaggio verso Cong, per poter procurare il vitto necessario a sè ed 
alla scorta, e per varcare il confine che separa gli Stati di Samori da 
quelli di Tieba. Fu in questo tempo che sorse la voce della sua morte, 
portata dai negri alla costa e di là passata in Francia. — Fra Follona e 
gli Stati di Cong, il Binger incontrò il primo corso d'acqua defluente 
verso il S., rilevando più tardi ch'esso è il braccio occidentale del Co- 
moe, fiume che sbocca nel Golfo di Guinea a Gran Bassam. Questo 
fiume separa i paesi Senufu da una agglomerazione di popoli di otto 
razze differenti, che parlano pure diversi linguaggi. Il 20 febbrajo 1888, 
un anno preciso dopo la sua partenza da Bordeaux, il nostro viaggia- 
tore faceva. il suo ingresso a Cong, ricevuto con gran pompa dal re Ca- 


(1) Vedi BOLLETTINO, /e6brajo 1889, pag. 161, e giugno 1889, pag. 509. 


ramokho-Ulé e dalla popolazione. Quest’ ultima, prima sospettosa, divenne 
poi benevola verso di lui, in seguito alle spiegazioni date in una pubblica 
adunanza sullo scopo tutto commerciale del suo viaggio. — Cong, riferi- 
sce il Binger, è una grande città aperta, costruita molto irregolarmente, con 
strade strette e tortuose intorno alla grande piazza, di circa 200 metri di 
lato, che serve per il mercato. Gli abitanti, circa 15,000, sono tutti musul- 
mani, buoni, tolleranti in materia religiosa, e molto attivi ed industriosi. . 
Come moneta adoperano piccole conchiglie. L’ industria principale consiste 
nella fabbricazione di cotonati. — Da Cong il Binger, risalendo verso il N., 
sì diresse al paese di Mossi passando per Diulasu, il paese di Nieneghé, dei 
Bobo-Diula, dei Somo, di Uohabu. Questo tratto di viaggio presentò pure 
non pochi pericoli in causa della superstizione degli abitanti, e perchè per- 
corso da bande di briganti che approfittano della vegetazione foltissima e 
veramente selvaggia per tendere le loro imboscate. — Giunto a Vaga- 
dugu nel luglio 1888, il Binger, che contava di proseguire fino al Lib- 
taco, ove avrebbe potuto allacciare i suoi rilievi a quelli di Barth, fu co- 
stretto invece a retrocedere, dirigendosi a Salaga per il Mampursi. — 
Salaga, che conta circa 6,000 abitanti, è una città molto sudicia, priva 
d'acqua potabile, ed ha un clima pericolosissimo per gli europei, non 
meno che per i negri. Da Salaga, per la riva destra del Volta, il Binger 
sì diresse a Kintampo, attraversando un paese splendido per abbondanza 
e varietà di vegetazione. Kintampo si trova in mezzo ad un bosco, 
circondato da banani, e da terreni coltivati; ha circa 3 mila abitanti; 
poco commercio. — Di là l'esploratore francese raggiunse Bonducu 
(o Bitu), sito rinomato per il commercio dell’ oro fino dal XI secolo. 
Recatosi a visitare il re di Bonducu egli trovò issata la bandiera fran- 
cese, da un suo compatriota, il sig. Treich-Laplène, che comandava una 
spedizione inviata in soccorso del Binger, in seguito alle sinistre voci 
corse in Europa sulla sorte della spedizione. Il signor Treich-Laplène, con- 
cluso un trattato col re di Bonducu, e non avendo potuto avere notizie del 
Binger, era già partito per Cong, dove poco dopo fu raggiunto dal Binger 
stesso, che per le fatiche e i disagi sofferti si trovava ridotto in condizione 
tristissima. Anche col re di Cong i due viaggiatori stipularono un trattato, 
per cui quel vasto paese venne posto sotto la protezione della Francia. Da 
Cong il cap. Binger ed il suo compagno si diressero al Gran Bassam, se- 
guendo la riva sinistra del Comoe, e rilevando i vari corsi d’acqua incon- 
trati nel lungo percorso. Durante il tragitto anche il re dell'Anno si pose 
sotto la protezione della Repubblica francese, concedendo a questa il mo- 
nopolio della navigazione del Comoe. Da Gran Bassam il Binger fece 
ritorno in patria. — Di tutto il lungo itinerario egli fece rilievi che lo 
pongono in grado di stabilire il sistema orografico ed idrografico delle 
regioni percorse; notiamo poi che egli potè riferire alla Società Geo- 
grafica di Parigi come le alte montagne, che si asseriva si trovassero in 
quella zona dell’Africa, non esistano, mentre non ebbe ad incontrare 
che qualche montuosità di natura granitica, che co’ suoi picchi non su- 
pera in altezza 1,800 metri ed alcune colline di poca importanza. Il 
Binger pubblicherà tra breve una completa relazione (con carte, voca- 
bolari, ecc.) di questo suo viaggio, per il quale la Società Geografica . 


— 208 — 


di Parigi gli conferì la medaglia d’oro. (Soc. Geogr. di Parigi, Bodlet- 
tino, 3° trimestre, 1889). 


E. — AMERICA. 


GL'Inprani Opscisve del Minnesota settentrionale riuscirono a 
sfuggire la trista sorte toccata agli altri pelli-rosse dell'Oclahoma. Essi, 
obbligandosi a subire la civiltà dei bianchi, coltivando una piccola 
parte delle loro foreste o di altre terre, e cedendo il resto alla Repub- 
blica degli Stati Uniti, ne divennero cittadini, per trattato ultimamente 
conchiuso e sanzionato dal Congresso in Washington. Per quel trattato 
divennero proprietà degli Stati Uniti 19,246 km. q. di boschi di quer- 
cie ed abeti. Gli Odscibve godranoo la prutezione degli Stati Uniti, 
percepiranno per ora il compenso annuo di L, 481,500; in seguito poi 
alla vendita dei terreni stessi da parte degli Stati, sarà loro assegnata 
una rendita che s'avvicinerà a L. 800 mila. Intanto, nel territorio loro 
lasciato verso il Red Lake (Lago Rosso), gl'Indiani Odscibve potranno 
conservare i loro antichi usi, divisi in tribù (fefem), coi propri capi e 
consiglieri. Saranno forse poco più di 6 mila persone, miti e pacifici 
di indole, ma superstiziosi, come lo prova l’esistenza e la potenza che 
hanno tra loro i mide, specie di medici profeti, i quali vi costituiscono 
una casta coi suoi misteri e privilegi. (Petermann: Mitteilungen, I, 1890.) 

GLI STATI UNITI DI VENEZUELA. — Secondo |’ Annuario Statistico 
Ufficiale, pubblicato in Caracas nel luglio 1889, gli Stati Uniti di Ve- 
nezuela contavano al 1° gennajo 1888 una popolazione complessiva di 
2,238,922 abitanti. Essa era così distribuita: 


Distretto Federale (Caracas) . . . ab. 70,466 
Stato Guzman Blanco . . - » 517,508 
» Carabobo » 170,948 

» Bermudez . » 287,979 

» Bolivar (coi Territori Caura . e Delta) > 58,560 

» Zamora (col Territorio Armisticio) > 247,502 

» Los Andes (col Territorio Armisticio) > 327,798 

>» Lara > 254,431 

» Falcon. » 200,898 
Territorio Juruari . > 20,510 
> Alto Orenoco ed Amazonas » 38,850 

> Goajira . > 36,551 

> Colon > 43 
Colonia Guzman Blanco > 1,511 
>» Bolivar . >» 830 
Immigrati non ancora stanziati . . > 4,537 


Popolazione della Repubblica al 1° gen- 
najo 1888 _ . . . ab. 2,238,922 
L’ aumento della popolazione, che nel precedente anno 1886 era 
stato di abitanti 9,647 soltanto, fu nel seguente 1887 di ab. 26,418. La 
popolazione indigena tocca oramai 326 mila abitanti di cui 66 mila indi- 


pendenti. Anche l'estensione del territorio, per le ultime misurazioni e cor- 
rezioni, si presenta con aumento. Era prima stimata di km. q. 1,539,398; 
secondo gli ultimi calcoli risulta di km. q. 1,552,741. Questa superficie, 
divisa per bacini idrografici, dà le seguenti cifre: 


Bacino dell’ Orenoco. . . . km. q. 949,430 
» del Rio Negro . > > 100,359 
> >» Cujuni . . > » 158,109 
> » Golfo di Cariaco . > » 7,052 
> > > Paria > » 30,811 
> > versante marittimo >» > 124,981 
> » Lago di Valencia > » 4,615 
> » > Maracaibo > > 177,384 


Totale km. q. 1,552,741 


Dei terreni, ve n’ha km. q. 349,488 coltivati o coltivabili, 
km. q. 405,313 a pascoli, e km. q. 797,940 di zone vergini. — Il clima, 
secondo i dati ufficiali, è in generale buono. La temperatura non eccede 
che di rado e in pochi luoghi i 33° C. nella stagione calda delle 
pioggie (aprile-ottobre), nè scende mai, nei luoghi abitati, allo zero, ma 
s'arresta al minimo di 6° 75. Si notano però forti differenze tra luoghi 
vicinissimi, per cause terrestri; così Caracas ha un massimo di 29° C. 
e un minimo di 9° C., mentre il Porto La Guaira e Macuto hanno gli 
estremi di 32° go e 26° C.. La media generale della temperatura del 
Venezuela risulterebbe di 23° 75 C.. Quanto alla ricchezza territoriale, 
l'allevamento del bestiame progredisce sì che nel 1888 se ne conta- 
rono 17,680,665 capi, di cui 8,476,291 di bovini. Molte sono le mi- 
niere, tra cui quelle d’oro diedero nell’ ultimo biennio 1887-1888 
kg. 5,075. Vi abbonda anche il rame e il carbon fossile. Ricca è la 
varietà dei legnami da costruzione e da ornamento, come pure da tin- 
tura. Le piante e sostanze medicinali, le saline, la caccia, la pesca, e 
le piante tessili danno pure prodotti di qualche importanza e sempre 
în maggior copia. — Il movimento commerciale di importazione ed 
esportazione, addirittura raddoppiato negli ultimi vent’ anni, va ancora 
aumentando; nell’anno economico 1887-1888 l'importazione è stata 
di lire 78,963,288. 56, e l'esportazione di lire 90,210,128. 56, ed il 
cabotaggio fu di lire 90,700,953. 72. Questo commercio si fece la mas- 
sima parte direttamente per mare su 12,770 bastimenti, di cui 6,607 
venezolani e 6,163 stranieri (i più inglesi e nord-americani; d’ italiani 
8 soli e a vela). Il debito pubblico è ridotto in totale a lire 112,587,184. 50. 
L'istruzione pubblica è data in 1,979 scuole popolari, frequentate da 
oltre 100 mila scolari, in 57 collegi con 3,900 alunni ed alunne, in 
6 Istituti professionali, con 450 allievi, e in 2 Università, con 450 stu- 
denti. La Repubblica possiede parecchie biblioteche, tra cui quella del- 
l' Università centrale, quella dell’ Accademia Venezolana, ecc. ed un 
un Museo Nazionale. Molte sono le nuove opere pubbliche; negli anni 
1887 e 1888 si spesero lire 852,328. 90 per canalizzazione di fiumi 
ed altri lavori idraulici; lire 576,192. 95 in acquedotti; lire 4,018,753. 09 
per strade ferrate; lire 749,008 per altre vie di comunicazione; 


s* 


— 210 — 
lire 567,803. 49 in linee telegrafiche, con aumento di km. 514 di fili, 
che così ammontano a km. 4,783, serviti da 96 ufficì. Va ricordato 
il cavo sottomarino inaugurato già nel luglio 1888 e il servizio telefo- 
nico in Caracas, La Guaira, Valencia e Puerto Cabello. Quest’ anno 
sarà aperto un grande Ospedale nazionale, oltre i cinque già esistenti 
nel Distretto Federale, la Casa nazionale di beneficenza e gli Asili di 
carità. L’ esercito, alla fine del 1888, contava 250 mila uomini di mi- 
lizia cittadina, di cui circa 4 mila sotto le armi e roo mila inscritti 
nel servizio attivo. La flotta è composta di 5 navi e 5 golette. (An- 
nuario statistico del Ministero del Fomento, 1° luglio 1889, Caracas- 
Venezuela). 

VIAGGI NEL BACINO DELL’ AMAZZONI. — Il dott. P. Ehrenreich riferì 
ultimamente sui risultati geografici ed etnografici de’ suoi viaggi lungo 
l' Araguaja ed altri minori affluenti dell’ Amazzoni. Da Cubaja egli si 
era recato a Goyaz, poi a Leopoldina e per 1’ Amazzoni a Para. Molte 
sono le correzioni idrografiche portate per i rilievi da lui fatti sulle 
carte di queste regioni, come importanti sono anche le novità da lui 
riscontrate nel numero e nelle sedi degl'indigeni (Soc. Geog. di Berlino, 
Zeitschrift, 432, 1889). 

DIZIONARIO GEOGRAFICO DELLA REPUBBLICA DELL’ Uxucuay. — Il 
sig. J. Roldòs y Pons pubblicò recentemente a Montevideo un’ opera 
intitolata: « El Diccionario Geografico de la Republica Oriental ». Ora 
in una nota bibliografica, pubblicata nel periodico Za Razor (19 di 
cembre 1889) della città stessa ed a noi inviato dal nostro socio st- 
guor G. Figari, ivi residente, troviamo fatte, insieme a parecchi appunti, 
molte lodi all’ autore, che col suo lavoro diede per primo |’ esempio 
d’ una raccolta, che mancava affatto e che è tanto necessaria alla co- 
noscenza di quello Stato. 


F. — OCEANIA. 


NeLLA Nuova GUINEA GERMANICA si compirono nel passato anno 
molte escursioni e si condussero a termine parecchi lavori di rilievo 
topografico. Tra le primé va ricordata quella del naturalista botanico 
dott. Hellwig, che dalla costa s'internò fino al Sattelberg (M. Sella). 
Questo monte, che giace a circa 40 km. dalla costa, fu misurato del- 
l'altezza di m. 967. Intanto i risultati ottenuti dalle nuove misurazioni 
ed osservazioni trigonometriche permisero al barone von Schleinitz di 
delineare su grande scala una carta della regione costiera, Terra dell'Im- 
peratore Guglielmo, precisamente da Capo Cretin fino alle Isole Le- 
goarant, in vicinanza del Porto Hatzteldt (Das Ausland, n. 3, 1890). 

NUOVA ANNESSIONE TEDESCA NELL'OCEANO AUSTRALE. — Il 1° no- 
vembre 1889 fu recata a Sydney la notizia che sarebbe stata inalzata 
la bandiera germanica sulla grande Isola Isabel nel gruppo delle Salo- 
mone ed anche sulla Outong Java (Deut. Rundschau f. Geogr. u. Sta- 
tisttk, febbrajo 1890). 





a ——- — e —- 





— 21I = 
G. — REGIONI POLARI. 


PROGETTO DI SPEDIZIONE POLARE SVEDESE. — Il benemerito O. Dickson 
di Géteborg, mecenate della Spedizione Nerdenskjéld, ha offerto al 
dott. Nansen di fornirgli tutti i mezzi per una spedizione polare. Pare 
voglia occuparsene, e forse farsene promotore, il Governo norvegiano (Pe- 
termanns Mitteilungen, I, 1890). 


IV. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


REALE ACCADEMIA DEI LINCEI. — Roma, gennajo 1890. 


Sopra il terremoto nell’ Adriatico dell' 8 dicembre 1889, di P. Zacchisi. — L’at- 
tività solare e il magnetismo terrestre in Genova per l'anno 1889 e per il periodo 
1873-89, di P. A. Garibaldi. — Sopra un modo facile di studiare la rifrazione at- 
mosferica, di 4. Riccò. — Sul valore normale delle temperature medie mensile ed 
annua di Roma, di A. Cascani. — Sopra la correlazione dei terremoti con le per- 
turbazioni magnetiche, di G. Agamennone. — Ricerche sulle maree d' Ischia, di 
G. Grablovits. 

Nuova ANTOLOGIA. — Roma, 1, 16 gennajo 1890. 

Le origini di Firenze, di P. Villari. — Scoperta di una colonia etrusca, di £. 
Brisio. — Un viaggio all’ Isola Nias di Elio Modigliani, notizia, di O. Baratieri. 
— Roma, 1 febbrajo 1890. 

L’ Africa italiana, appunti di viaggio, di S. Sonnino. — La Società moderna in 
America, di ”. Porena. 

R. Comrrato GeroLocico p’ IrALIA. — Roma, novembre-dicembre 1889. 


Il lago pliocenico e le ligniti di Barga nella Valle del Serchio, rapporto del 
prof. C. de Stefani (con tavola). 
Società D' EspLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, gen- 

najo 1890. 

Lettera da Zanzibar, di Z. Zencetti. — L'avvenire commerciale di Massaua, di 
4. Cecchi. — I porti meridionali della Russia: note di viaggio (fine), di C. Flegel. 
— Le rovine di Copan nell’ Honduras, di C. G. Toni. — Il Canale di Panama. 
— Lettera del cap. Casas. 
Marina E COMMERCIO. — Roma, 5, 12, 19, 26 gennajo 1890. 


_ Dal Canale di Suez. — Il ponte sulla Manica. — Linee germaniche di naviga- 
Zone. — I miglioramenti del Canale di Suez. — Colonia Eritrea. — Venezia e la 
Plata. — Il commercio del Belgio nel 1888. — Il commercio della Francia coll’estero 
nel 1888. — Il bestiame argentino in Europa. — Il Canale di Panamà. — E. Stanley. 
— Ul commercio dell’India nel 1888-89. 

Rivista MARITTIMA. —- Roma, gennajo 1890. 


La frontiera marittima, di G. G.. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


— 212 — 
Soocietà METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, dicembre 1889. 


Relazioni tra i principali elementi meteorologici, di D. Ragora. — Di un baro- 
metro portatile, di C. A. Guadagni. — Terremoti a S. Josè de Costa Rica in otto- 
bre, di Biolley, — Del clima delle Alpie della sua influenza sulla vegetazione alpina. 
— Rapporto di due venti opposti che si urtano direttamente alla superficie del mare 
nell’ emisfero australe, di G. Aurlando. 


IL PoLrrecnico. — Milano, novembre e dicembre 1889. 
Due globi Mercatoriani della Biblioteca di Cremona, del dott. G. Ceradimi. 
R. Società Romana DI STORIA Patria. — Roma, XII-1-4, 1889. 
Della Campagna romana (cont.), di G. Tomassetti. 
Rivista DI TopocRraria E CATASTO. — Roma, dicembre 1889, gen- 
najo 1890. 
Sopra un problema di Geodesia: nota del dott, ing. Fed. Guarducct, — Istru- 
zione per i lavori trigonometrici. . 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Société DE GfocRaPHIE. — Parigi, Bulletin, 3°, 1880. 


Dal Niger al Golfo di Guinea per Cong, del cap. Z. G. Binger. — Il regime 
delle acque del Nilo in Egitto (con carta), di C. Grad. — Il Cunani e il Mapa, di 
E. Coudreau. — Da Seul a Quelpaert e viaggio di ritorno per Fusan, Vonsan e 
Vladivostok, del col. Chaillé-Long. — Studio sull’ origine dei Baschi, secondo i dati 
linguistici, di A. de Charencey. 

— Compte-rendu, n. 1, 2, 1890. 

Notizie su Bonvalot, lettera del prof. 4. Muller. — Sulla pretesa congiunzione 
antica del Tarim coll’ Hoangho, di Dutreuil de Rhins. — Sir Henry Yule, di £Z. 
Cordier. — Sul viaggio del sig. Fourneau, di C. Maunoir. — La Terra di Ke Carlo, 
di CA. Rabot. — Notizie su Grombcevski, di Venucov. — Letter: di H. Condreau 
al Ministro dell'Istruzione di Francia. — Sull’ opera « L'Asie Centrale », di Du- 
treuil de Rhins. 

REVUE FRANCAISE DE L'ÉTRANGER ET ExPLORATION. — Parigi, 1, 
15 gennajo 1890. 

Il conflitto anglo-portoghese in Africa: notizie e documenti, di Z4. Mardeen. 
— Scuola coloniale, di Z. Radiguet. — Congresso coloniale francese, di G. Deman- 
che. — Il paese di Cong: esplorazione Binger. — L'esplorazione Crampel. — Let- 
tera dello Stanley. — La tratta dei negri: sua origine e sue evoluzioni. — Viaggio 
del cap. Trivier in Africa (cont.). — Bilancio geografico del 1889, di F. Alexis. 
REVUE DE GEOGRAPHIE. — Parigi, ottobre e novembre 1889, gen- 

najo 1890. 

Le strette del Basso Danubio da Bazias ad Orsova, di A. de Gérando. — Le 
origini dell’ Impero francese nell’ Indocina (cont.), di 4. Faure. — L' Ovest e il Sud 
di Madagascar (cont.), del cap. V. Nicolas. — Il paese dell’Amur e dell’Ussuri (fine), 
di A. de Léanarde. — Le risoluzioni ed irresoluzioni del Congresso Geografico in- 
ternazionale del 1889, di Z. Drapeyron. — Il movimento geografico: Stanley, Emin 
Pascià e Trivier. — La città di Cong e la pretesa catena di Cong, secondo il capi- 
tano Binger. — I Cuzzovlachi. — Gli stabilimenti francesi del Golfo di Benin (fine), 
di A. L. D'Albéca. — Un viaggio tra i Mugogiar, di M. Venucov. — Studio geo- 
grafico sulla presa di Thala e sulla campagna contro Gafsa ai tempi di Metello 
e di Mario (con carta), di A. du Paty de Clam. 








— 213 — . 
REVUE GEOGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, dicembre 1889. 


La regione dei Babè al Tonkino (cont.), di G. Depuis. — Ritorno di Stanley. 
— Una visita al Gebel bu Edma e al Paese della Gomma (cont.), di A. du Paty de 
Clam. — Itinerario da Tamatava a Tananariva (cont.), di Le Fournier. — Monrovia, 
Axim e La Gose, di Z. Zambertin. — Viaggio nella Siberia orientale (fine), di G. 
Martin. — Le Sporadi dell’ Oceania (fine), di A. Allain. 


REVUE Des Deux MonDES. — Parigi, 15 gennajo 1890. 


Dal Danubio all’ Adriatico: la Chiesa Ortodossa. — Il Deserto di Gobi, di 
P. de Cihaccev. 


— Parigi, 1 febbrajo 1890. 
Il viaggio del cap. Binger nelle regioni del Niger, di G. Valbert. 


La GioGRAPHIE. — Parigi, 2, 9, 16, 23, 30 gennajo 1890. 

L’ ora universale. — Scoperta d'una foce navigabile dello Zambesi. — La Car- 
tograha all’ Esposizione universale del 1889. — Le peschiere di Terra Nuova. — 
Hi Portogallo e }' Inghilterra in Africa. — L’ Impero Coloniale inglese. — Il Fiume 
Muni. — L’ ora universale in America. — Congresso coloniale nazionale. — Con- 
gresso di Geografia nel 1890. — La colonizzazione alla Gujana. — Le grandi strade 
commerciali del mondo. — Le strade ferrate francesi. — A paesi francesi, nomi geo- 
grafici francesi. — Stato Indipendente del Congo. — A proposito del Dahomey. — 
Il meridiano iniziale e il Governo francese. — La Repubblica del Brasile. — Pae- 
saggio della Caledonia. — Dimostrazioni a Stauley. — Il cap. Trivier. — A pro- 
posito del Senegal. — Il ritorno del cap. Trivier, di Z. Sevin-Desplaces. — Il Senegal. 
— G. Richard. — Tippo-Tip. — ll Canale dei due mari e Parigi porto di mare. 
— Le popolazioni indigene dei possessi francesi nel Golfo di Guinea. 


Le Tour pu MonpE. — Parigi, 4, 11, 18, 25 gennajo 1890. 
Tre mesi in Irlanda, di M. Anna de Bovet. 
SOCIÉTÉ DE GfoGRAPHIE COMMERCIALE DE BorDEAUX. — Bordeaux, 
dicembre 1889, gennajo 1890. 
L’ irrigazione dell’ Egitto, di #. V.. — Le piante utili dell'India (cont.), di 
G. Grisard e M. Vanden-Berghe. — Fiumi del Sud del Senegal: il Dubreca e il 


Conacri, di 4. G. Z. 7. M.. — La Guinea francese, l'Assinie e il Gran Bassam, 
conferenza di G. Paroisse. 


Société DE GEOGRAPHIE DE MARSEILLE. — Marsiglia, XIV-1, 1890. 


Un’ escursione attraverso la Tunisia Centrale, di £. Fallot. — Viaggio alle Isole 
Marianne, di 4. Marche. — Le Bocche del Rodano, di A. Guérard. — Ferro e 
carbone del Canada, di Faucher de Saint-Maurice. — La conferenza di G. Borelli 
sul suo viaggio, di P. Armand. 


Société pe GfocrapHIE DE LiLLe. — Lilla, novembre e dicembre 1889. 
Il Mar Rosso e I’ Abissinia (fine), di £. Gwil/ot. — Studio economico sulla Gran 
Bretagna, di Merchier. — Cuba e Puerto Rico, di Castonnet de Fosses. — Da Hou- 
dain a Béthune, di # D.. — Escursione a Dunkerque e Furnes, di 7. Beaufort. 
— Gli oceani e i mari, di Gosselet. — A cavallo traverso la Turchia (con carta-iti- 
Rerario), del cap. Z.. — La lotta europea nella Nuova Guinea, di A. Rénonard. 


Socltré pz GEOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, n. g-12, 1889. 

Il Mudang, di Fortes. — Povera Islanda, di S. Guénot. — Emigrazione nelle 
colonie, di C. Vincent. — Regolatore solare universale, di Rey Pailhade, — Il com- 
mercio al Giappone, di G. Routier. — La colonizzazione nella Francia continentale, 
del col. Blanchot, — « La civilizzazione e i grandi fiumi storici » del Meshnicov, 
di Fonts, — Ricordi d'un montanaro, di £. Russe/l. — Risultati dell’ ultima Spe- 
dizione dello Stanley, di G. Depping. 


Société DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DU Havre. — Novembre e 


dicembre 1889. 
Relazione sul Congresso internazionale di scienze geografiche, di D. Guillot. — 


Viaggio in Cina, del gen. Scieng-ki-tong. — Notizie pratiche sul Messico. — Otto 

giorni in Cabilia, di Charvériat, 

Le MOUVEMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 12, 26 gennajo 18090. 
Lo Stato Indipendente del Congo: sguardo cronologico ai lavori del 1889. — 

Stanley in soccorso ad Emin Pascià: un libro del Wauters. — L’ esplorazione del 

Fiume Mongala. — Un capitolo del libro di £. Dupont. — L'esplorazione di G. Bo- 

relli nell' Etiopia meridionale. — Cenni storico-geografici retrospettivi sul conflitto 

anglo-portoghese in Africa, di A. 7. Wauters. — L'esplorazione del Mongala: altra 

lettera, di Hodister. — La strada ferrata del Congo. 

L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISEE, —- Ginevra, gennajo 1890. 


Cronaca della schiavitù. — Le ultime scoperte dello Stanley. 


SOCIEDAD ESsPANOLA DE GEOGRAFIA COMERCIAL. — Madrid, dicem- 
bre 1889. 
La questione del Muni. — Nuovo distretto militare di Itaves nelle Filippine. — 
La Spagna nei paesi della Plata. — Commercio esterno della Spagna nel 1888. — 
L’ ultima Spedizione dello Stanley e suoi risultati geografici. — Il Congresso anti- 
schiavista di Bruxelles. 
SOCIEDADE DE GEOGRAPHIA DE Lisgoa. — Lisbona, VIII-7-8, 1889. 
Al Cubango, del padre Lecomte. — Campagna nelle terre di Bire. — Relazioni 
del Portogallo col Siam. —- Campagne sullo Zambesi. — Il taglio dell’ Istmo di Pa- 
namà nel XVI secolo. 


SOCIEDAD CIENTIFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, ottobre 1889. 
Fisiografia e meteorologia dei mari del globo (cont.), di $. Z/erena. 
SOCIEDAD GEOGRAFICA DE MADRID. — Ottobre, novembre, dicembre 1889. 


Memoria sui progressi geografici, di D. M. Ferreiro, — Vademecum etnografico 
delle Filippine, di /. Blumentritt. — I libri di Colombo, di 4. M. de Arriola. — 
Atlante inedito di G. Oliva (1592), di C. #. Duro. — Memoria sulla Provincia di Nuova 
Ecija alle Filippine, di G. Rajal. — Geografia del mare (fine), di G. Z. Dyer. — 
Determinazioni magnetiche sulla costa occidentale del Mediterraneo. — Del livello 
medio del mare e della base generale di comparazione delle altitudini, nota di CA. 
. Lallemand. — Origine dell’ aurora polare, di 7. Luvin. 


TRANSILVANIA. — Cibino, XXI-1, 1890. 

Rumeni d' Istria, di V. MWicòra. 
IL Brasile — Rio Janeiro, dicembre 1889. 

Piante utili del Brasile. — Gli Stati Uniti del Brasile a volo d’ uccello. 
GESELLSCHAFT FUR ERDKUNOE ZU BERLIN. — Berlino, Boll. XXIV-5, XXV-1. 


Le repubbliche dell’ America centrale nell’anno 1889: Honduras, del dott. 7. 
Polacovski. — Gli antichi luoghi abitati ai piedi meridionali del Monte Ida (Asia 
Minore), di H. Aiefert (con carte). — I Vaniamuesi (fine), di P. Reichard. — Le 
quote barometriche d’altitudine del dott. A. Philippson nel Peloponneso, del dott. 4. 


Galle. — L' Istmo di Corinto (con carta), del dottore A. Philippson. 


— Atti, 7 dicembre 1889, gennajo e febbrajo 1890. 
La Spedizione sottomarina tedesca nell'estate del 1889, del prof. dott. Ariimme!. 
— Sull' ultima ascensione del Kilimangiaro, del dott. H. Meyer. — Sulla statistica 
dell’ abitato in Spagna, di A. Kiepert. 
K. K. GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN WIEN. — Vienna, 14 gen- 
najo 1890. 
Il viaggio in Africa del conte S. Teleki, del cav. Z.v. Hoehnel. — Il Congresso 


internazionale delle scienze geografiche a Parigi, 1889, del prof. dott. #. PamlitscAke. 
— Il globo gigantesco del Campo di Marte, di 4. Séteinhauser. 





Se te 


en = 


— 2 15 — 
PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, I, 1890. 


Per I’ Etnografia del Peloponneso, del dott. 4. PAslippson. — I viaggi del dot- 
tore K. W. Schmidt alle Comore occidentali: descritte e disegnate secondo il suo 
Giornale da /. Langhans (con carta e cartine), — L’ascensione del Kilimangiaro, 
del dott. AY. Meyer (con carta e tavola). — Notizia sul viaggio intrapreso dal signore 
W. Posselt a Simbabje, del dott. A Merenski (con illustr.). — I Berberi del Ma- 
rocco (con illustrazioni), di A. Atrc440fj. — Itinerario del capitano Binger dall’ Alto 
Niger alla Costa dell’ Avorio (con schizzo), del dott. H. Wickmann. — Un impor- 
tante trattato con gl’ Indiani, del dott. W. 7. Hoffmann. — La differenza di livello 
dei mari, corrispondenza del prof. A. de Lapparent. 


DruTtscHE RuNDSCHAU FUR GEOGRAPHIE. UND STATISTIK. — Vienna, 
febbrajo 1890. 


Il prosciugamento dello Zuidersee, di W. S. Andriessen. — GI’ Indiani negli 
Stati Uniti di America, di Emma Poesche. — Le frane nelle Alpi, 1886-1888, di 
di H. Becker. — Un viaggio in vacanze alla Nuova Zelanda (fine), del dottore 
R. Hiusler. 


DEUTSCHE GEOGRAPHISCHE BLATTER. — Brema, XII-4, 1880. 


Per la Storia delle scoperte e per la Geografia della Nuova Guinea, di A. Oppel. 
— Sulla agricoltura e la colonizzazione nel Giappone settentrionale, di P. Grakner. 
— La Repubblica del Chile nel 1889, del dott. A. Polacovski. — Salanga, di Z. 
Hartert. — Ricordi della Groenlandia, di S. Rink. — Il Mare di Barents, di A/ohn. 
— Le Isole Aru. — La Spedizione Hensen. 


K. K. GgrotociscHE ANSTALT. — Vienna, 13-14-15-16-17, 1889. 


Notizie su scavi di pozzi a Rudolfsheim e Untermeidling, di 4. Grave. — La 
sorgente termale di Turoszovca, di £. 7iefse. — Degli strati supereoceni ed oligo- 
ceni della Penisola di Crimea, di C. v. Wogdt. — Trapanazione per pozzi artesiani 
nel basso piano di Neubogdzov in Boemia, di H. Zergmann. — Rilievi geologici 
nei monti di confine tra la Moravia e |’ Ungheria, di C. Af, Paul. — Vedute foto- 
grafiche della zona dei dirupi pienninici nei Carpazî, del dott. V. UAlig. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, 6, 13, 20, 27 gennajo 1890. 


Sguardo retrospettivo di Geografia politica: l'Africa. — Dall’Oceano australe. — 
La vita degl’indigeni nella Borneo-Britannica. — Un cantuccio dell'India neerlan- 
dese, del capitano G. Langen. — Nell’ Oriente dell’ Asia. — La Colonia della Nuova 
Galles del Sud, di H. Greffrath. — La sabbia vulcanica nel bacino dell’ Eifel, del 
dott. £..... 7. — Comunicazioni fluviali colla Siberia, di G. W.. — Cansas. — 
Cettinje. — Sguardo retrospettivo di Geografia politica: l'Asia, l'America. — I Groen- 
landesi: dal Giornale d'un missionario. — I Campi d’oro dell’ Africa australe. — 
Dalla Nuova Guinea britannica. — I Giapponesi, di 2. Schiick. 


(ESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FOR DEN ORIENT. — Vienna, gen- 
najo 1890. 

Industrie manifatturiere nell’ India, di £. Schlagintweit. — I Protettorati e le im- 
prese coloniali dei Tedeschi in sul principio dell’ anno 1890. — Progetti di coloniz- 
tazione nelle Filippine, del prof. /. Blumentritt. 

GrocraPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 15 dicembre 1889, 1, 15 

gennajo 1890. 

Relazione del luogot. Stairs sulla sua ascensione del Ruevenzori. — La Terra 
del Fuoco. *- Alcuni cenni sui Tedeschi nel Brasile. — Il viaggio di W. W. Rockhill 
nel Tibet. — Viaggio d’ esplorazione nell’ Australia centrale. — Buenos Aires. — 
Dall’ Africa Sud-orientale. — La cartografia all’ Esposizione Universale di Parigi nel 
1889. — Viaggio del cap. Binger nell'Alto Sudan. — Una lettera del dott. C. Peters. 
DevrscHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 4, 18 gennajo 1890. 


Una lettera di Emin Pascià. — Della Spedizione tedesca in soccorso ad Emin 
ascià, notizie del dott. Peters. — Alcune proposte per la colonizzazione pratica nel 


— 216 — 
Protettorato tedesco della Compagnia della Nuova Guinea, del dott. R. Hindorf. + 
Attività coloniale in Inghilterra, del prof. JV. Schaefer. — Le Spedizioni per Emi 


Pascià (con carta). — Colonizzazione borghigiana dei Tedeschi in Africa, di &. v. Hak 
— I diritti del Sultano di Vitu. — Statistica dell’ Africa Orientale. 


WURTTEMBERGISCHER VEREIN FUR HANDELSGEOGRAPHIE. — Stoccardg 
VII-VIII, 18090. 
I Viirtemberghesi per il mondo. — Le emigrazioni, specialmente al Caucaso } 


nell'America del Nord. — Misurazioni e rilievi del suolo in Germania: cartografia tq 
desca. — Operosità geografica nel paese. 


Export. — Berlino, 1, 7, 14, 21, 28 gennajo 1890. 


Il commercio d’ esportazione degli Stati Uniti, del dott. Schizmann. — La con 
dizione di Rio Grande do Sul. — La Cina. — La questione dell’ oppio nelle Indì 
neerlandesi. — Costruzione di strade ferrate in Giappone. — Industrie fiorenti n 
Cashmir. — Sul commercio di Calcutta nel periodo 1887-1888. — La Geogra 











commerciale di Joruba nell’ Africa Occidentale. — Una linca di navigazione dal 
Germania al Marocco. — La Società tedesca delle Isole della Sonda. — L’ ascen 
sione del Kibo fatta dal dott. H. Meyer e dal prof. Purtscheller. — Il decreto 


naturalizzazione degli stranieri dimoranti al Brasile. — Nuove ferrovie in Cina. 
Notizie dal Brasile. — La Siberia. 


Kon. NEDERLANDSCH AARDRIJKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterdam 
VI-2, 1889. 


Un viaggiatore neerlandese al Congo (cont.), di /. de Bas, — Le Isole Samoa, 
di W. F. Andriessen. 


RoyaL GEOGRAPHICAL Society. — Londra, gennajo 1890. 


Le Isole Bahrein nel Golfo Persico, di ¥ Theodore Bent (con carta’. — Pro 


gressi della Spedizione russa nell’ Asia Centrale sotto il comando del colonnello 
Pievzov. 


NATURE. — Londra, 2, 9, 16, 23 gennajo 18090. 


Le Isole Bermude, del dott. /7. 5. Guppy. — Le piante utili dell’ Australia, di 

D. M.. — Il Monte Vesuvio. — Crescerebbe la massa delle acque oceaniche ?, di 
O. Fisher. — « Fra i cannibali », del Lumholtz, nota bibliografica (illustrata). — 
I terremoti in Inghilterra, di W. White. — I risultati zoologici della Spedizione 
. « Challenger ». — L’eclissi totale del 22 dicembre p. p.. — Uragani nell’ India set- 
tentrionale. — Cinque mesi di bel tempo nel Canada, negli Stati Uniti occidentali 
e al Messico, di Carbutt, cenno bibliografico. — Gli Stati Scian. — Le Piccole 
Antille, di D. A47.. — Il paese di un Sultano d’ Africa, dell’ Harris: nota bibliogra- 
fica. — Arcobaleno solare riflesso dal mare, di Sir M. Thomson. — Notizie d’ una 
recente isola vulcanica nel Pacifico, del capitano IV. #. L. Wharton. — La previ- 
sione delle tempeste, di A. AH. S.. — Nelle Alte Alpi, di 7. G. 2. — I « viaggi 
in Francia », dell’ Young. — L’ Africa crientale e le sue grandi caccie, del capitano 


7. C. Willoughby. — I banchi di corallo nel Mare di Giava e nelle sue vicinanze, di 
H. B. Guppy. 


THE SCOTTISH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, gennajo 1890. 


L’ Africa: campo d'azione britannica e di altre nazioni, discorso inaugurale 
del generale Sir Zewis Pelly. — Lettera di H. Stanley alle Società Geografiche di 


Londra e di Edimburgo. — Il Mar di Cara e la via al Polo Nord, del capitano 
A. Hovgaard. 


AMERICAN GEOGRAPHICAL Society. — Nuova York, XXI-4, 1889. 
Para e l’Amazzoni nel 1888, di /V. Butler-Ogden. — Le Repubbliche Sud-africane, 
di A. Russell, — Definizioni di nomi geografici ecc., del dott. C. Garnzenmiiller. 


— Il problema della comunicazione interoceanica, di AM. de Gogorsa. — Il Lago 
Meride e la Regione di Raijan, di Cope Whitehouse. 





Il 


I. — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL ConsicLio DIRETTIVO. 


(Estratto dei processi verbali). 


_Seduta dell'S febsrajo 1890. — Presenti il presidente march. Vo- 
bils- Vifelleschi, i vice-presidenti Adamoli e Malvano, i consiglieri A//ievi, 
Bodio, Caetani, Cardon, Cavalieri, Gatta, Giordano, Lupacchioli, Pelloux, 
Pigorini, Purena, Tacchini e il segretario generale. 

Il presidente annunzia che il vice-presidente ed i consiglieri eletti 
nell'adunanza generale del gennajo u. s. accettarono ringraziando, ad 
eccezione del socio, conte L. Dal Verme, il quale per gravi ragioni per- 
sonali è dolente di dover presentare rinuncia. Il Consiglio esprime il 
suo rammarico di vedersi privato della cooperazione di un socio così 
illustre e competente. 

Il presidente rammemora al Consiglio il progetto, annunciato già da 
molti mesi, di promuovere un viaggio di esplorazione nella penisola dei 
Somali, del cui territorio sono tanto scarse le notizie e perciò sono tanto 
necessarie, anche sotto l'aspetto dell’ utilità pratica, dopochè il protettorato 
dell’Italia fu stabilito su quasi tutta quella costa. Aperta la discussione 
su tale argomento, sono considerati i vari modi di azione, che dalla 
Società possono essere seguiti in tali imprese, cioè, di accordare sus- 
sidî d'occasione a viaggiatori che per proprio conto, e senz’ altro impegno 
della Società, si accingono all'esplorazione; ovvero di organizzare una 
spedizione propria per conto e con un programma della sola Socicta 
geografica, oppure per conto e con un programma stabilito d’ accordo 
con altri Sodalizi geografici italiani. Negli ultimi anni la Società erasi 
tenuta piuttosto al sistema di sussidi accordati a singoli viaggiatori. Ma, 
senza ripudiare per l'avvenire questo sistema, il Consiglio crede che la 
Società dovrebbe procedere anche all’ organizzazione di una impresa pro- 
pria, in concorso eventualmente di altre Società italiane, come la Società di 
Esplorazione Africana, che già fece in questo senso una domanda alla 
Società nostra. 

Rimanendo ferme in generale queste massime, è convenuto di ri- 
mandare ogni deliberazione più particolare ad una prossima adunanza, 
per dar tempo alla Presidenza di risolvere alcune questioni preliminari e 
di raccogliere alcune informazioni necessarie. 

Ringraziano per la loro ammissione i nuovi soci: Roggeri, di San 
Giuliano, Chigi e Silvestrelli. 


— 218 — 

Nei soliti modi sono inscritti i signori: Colucci cav. Gustavo, Suez 
(prop. Beccari G. B. e Malvano) ; Visconti-Venosta Cesare, Buenos Aires 
(Ambrosetti e Caetani); Colombo-Viscardi Michele, Roma (Gatta e 
Gallina); Sinimberghi Augusto, Roma (Cardon e Scoccini); Ricchieri conte 
prof. Giuseppe, Milano (Bertacchi e Dalla Vedova); Baravelli comm. Paolo, 
Roma (Malvano e Dalla Vedova). 


Seduta del 27 febbrajo 1890. — Presenti il presidente marchese 
Nobili- Vitelleschi, i vice-presidenti Adamoli e Malvano, i consiglieri .44- 
lievi, Bodio, Cardon, Gatta, Giordano, Grazioli, Pigorini, Porena, Pozzo- 
Jini, Tacchini e il segretario generale. 

Il presidente comunica la lettera, colla quale E. M. Stanley risponde 
a quella inviatagli dalla Società per annunziargli il conferimento della 
Gran Medaglia d’ oro. 

La lettera del presidente della Società allo Stanley, in lingua in- 
glese, era stata recapitata all’ illustre esploratore col cortese intermezzo 
del R. console Macciò, ed era del tenore seguente: 


Roma, 26 gennajo 1890. 
Illustrissimo Signore, 


Sin dal 1878, quando la S. V. ritornò dal meraviglioso viaggio, 
nel quale Ella scoperse l’intero corso del Congo, era desiderio della 
Società Geografica Italiana di conferire a V. S. Ill.m2 la più alta distin- 
zione di onore della quale dispone. 

Ma il rimpianto Re Vittorio Emanuele, con quell’ istinto che non 
gli venne mai meno nell’apprezzare i grandi uomini ed i grandi fatti. si 
degnò tosto di decretare, che una Medaglia Le fosse conferita n 
Augusto Nome: e la consegna Le fu fatta nell'anno appresso, ¢ 
era già avvenuta la morte del Gran Re, in occasione del passa; 

V. S. Ill.m® per Roma. 

Di fronte a tale dimostrazione di onore data a V. S. Ill.m 
tamente dal Re, non rimaneva alla Società Geografica che fare 
alle decisioni della M. S. 

Ora però, che Ella ha mandato a termine un'altra non meno 
bile impresa, per la quale V. S. ha ben meritato della scit 
dell'umanità, noi siamo ben lieti di soddisfare il nostro antico de: 
conferendole, coll’ approvazione unanime del Consiglio Direttivo 
l' Assemblea Generale dei Soci, la Gran Medaglia d'oro della 
Società, istituita da S. A. R. il Principe Umberto di Savoja, o 
d' Italia. : 

Mi è grato compito cumunicare a V. S. Ill.™ questa deliber: 
augurandomi prossima l'opportunità di poterle consegnare la Mi 
summenzionata. 

Ho I’ onore di dichiararmi 

. Deo Suo 
F. NOBILI VITELLESCHI 
Presidente della Società Geografica It 


La risposta dello Stanley, trasmessaci per cortesia dello stesso signor 
console Macciò, tradotta in italiano, è la seguente: 


Cairo, 14 febbrajo 1890. 
Eccellenza, 


Grazie alla cortesia e bontà del signor L. Macciò, dell'Agenzia 
diplomatica, ho ricevuto la vostra lettera molto lusinghiera, dalla quale 
vengo informato dell’ alta distinzione che mi è riservata dalla Società 
Geografica Italiana. 

Io ho già ricevuta dai Geografi Italiani una prova segnalata del- 
I’ interesse che i vostri connazionali prendono ad ogni scoperta, che 
arreca nuova luce nell’ ignoto, e sarò ugualmente lieto ‘ed onorato per 
ogni espressione, che Voi e gli Italiani crediate darmi della vostra stima. 

Permettetemi di richiamare alla vostra mente il vostro connazionale, 
capitano Casati, il quale, sebbene abbia avuta la disgrazia di non poter 
preservare dalla prepotenza e dal malvolere di capi indigeni le sue note 
e le carte relative ad una grande estensione di nuove terre, spero sarà 
più fortunato nell’ ottenere la riconoscenza della sua amata patria per 
la lunga e costante devozione alla scienza della Geografia ed Etnografia, 
e per i lunghi anni della miglior parte della sua vita spesi per |’ onore 
e Ja gloria dell’ Italia. Egli ha viaggiato, sofferto e lavorato nobilmente, 
ed i compatriotti di Colombo non dimenticheranno il nuovo Ulisse, che, 
durante una terribile decade di sofferenze, ha mostrato di che siano ca- 
paci gli Italiani nelle più critiche circostanze. 

Accettate, Eccellenza, le mie sincere espressioni di gratitudine, e 
fatemi il favore di comunicare l'assicurazione della medesima alla vostra 
illustrissima e dotta Società. 

Sono 

Vostro obbediente ed obbligato servo 


Henry M. STANLEY. 


È ripresa la discussione sul tema delle esplorazioni nella penisola 
dei Somali. | 

A questo proposito è ripresentata la domanda dell'ing. L. Bricchetti- 
Robecchi, il quale, di sua iniziativa e per proprio conto, intende di re- 
carsi ad Oppia e di attendere colà, secondo le opportunità, allo studio 
della regione. Chiede alla Società Geografica alcuni strumenti scientifici, 
un corredo delle opere e degli scritti minori che trattano della penisola 
dei Somali, un apparato fotografico speciale con le provviste necessarie 
ed una somma in danaro. 

Dopo varie considerazioni, il Consiglio delibera di concedere al 
Bricchetti gli strumenti, libri ed apparati, sulla base delle note e del 
preventivo di spesa da lui stesso presentato, e gli accorda inoltre un 
sussidio di L..4,000. 

Quanto al progetto di una esplorazione da intraprendersi per parte 
della Società, discussi varì programmi, presa in seria considerazione la 
domanda della Società d'Esplorazione commerciale residente in Milano, è 





— 220 — 


deliberato di conferire ad una speciale Commissione l'incarico di fare 
tutte le indagini necessarie, di trattare colla Società di Milano, e di 
formulare poi una relazione ed un programma particolareggiato dell’ im- 
presa, da presentarsi alla discussione ed alle deliberazioni di una pros- 
sima adunanza del Consiglio. La scelta dei componenti la Commissione 
è deferita al Presidente (1). 

Sono poi presentati i ringraziamenti della Biblioteca Riccardiana 
di Firenze per il dono di un'opera, fattole dalla Società, e del prof. G. Ric- 
chieri per la sua ammessione fra i soci. 

Nei soliti modi sono inscritti i nuovi soci: Ragnini dott. Romolo, 
capitano medico nel 3° reggimento bersaglieri, Roma (Saccomani e Dalla 
Vedova); Morpurgo prof. Alessandro, Trieste (Serravallo e Porena); Cor- 
ridi Eduardo, Livorno; Collacchioni nob. Marco e Rubin de Cervin 
conte Gustavo, Firenze (Adamoli e Modigliani). 


Pervennero alla Società i seguenti doni: 

Harrisse H.: Christoph Colomb, les Corses et le Gouvernement 
francais. Parigi, Welter, 1890. Op. di pag. 32 in 8° grande (dono del- 
l’autore). 

Acadimie des Sciences de Cracovie: Comptes-rendus de janvier 1890. 
Cracovia, tip. dell’ Università, 1890. Fasc. di pag. 34 (dono dell’Acca- 
demia delle Scienze di Cracovia). 

Marinelli G.: La Terra, trattato popolare di Geografia universale, 
disp. 215-216, 217-218. Milano, dott. F. Vallardi, 1890. Fasc. 2 di 
pag. 32 ciascuno (dono dell'editore). 

Direzione Generale delle Gabelle: Bollettino di legislazione e statistica 
doganale, ecc. novembre e dicembre 1889. Indici. Anno VI. Roma, 
Botta 1889. — Statistica del commercio speciale d'importazione e di 
esportazione dal 1° gennajo al 31 dicembre 1889. Roma, tip. elzevi- 
riana, 1890 (doni del Ministero delle Finanze). 

Nazari dott. V.: Della coltivazione dei territorî di Keren e di 
Asmara. Casale, Cassone, 1890. Op. di pag. 15 (dono dell’ autore). 

Danckelman dott. F.: Mittheilungen von Forschungsreisenden und 
Gelehrten aus den deutschen Schutzgebieten. II-s. Berlino, Asher e C., 
1890. Fasc. di pag. 16 con 3 carte (dono dell'autore). 

Simpson E.: Report of ice and ice movements in Bering Sea and 
the arctic basin. Washington, U.-St. Hydrographic Office, 1890. Op. di 
pag. 25 con cartina (dono del cap. idrogr. F. Picking). 

Laillet E. et Suberbie L.: Carte de Madagascar 4 1:1,000,000. 
Parigi, Challamel e C. 1889. Fogli 3 (dono dell'editore). 

Levasseur E.: Le Brésil. Deuxième édition, accompagnée d'un Ap- 
pendice et d'un Album de vues du Brésil ecc.. Parigi, H. Lamirault, 1889. 
Vol. di pag. VIII-100, in 4° a 2 colonne con carte, incisioni e tavole 
grafiche. — Album de vues du Brésil. Parigi, Lahure, 1889. Tavole 


(1) Il presidente chiamò a far parte di questa Commissione il vice-presidente 
Adamoli e i consiglieri Bodio, Giordano, Pozzolini e Tacchini. 








. — 221 — 
94 (dono del Commissariato generale dell'Impero del Brasile all'Esposi- 
zione Universale di Parigi, 1889). 

Dechy M.: A nemzetkézi féldrajzi Kongressus Pdrisban 1889-ben. 
Budapest, Società Geografica ungherese, 1889. Foglio estratto di pag. 12 
(dono dell’ autore). 

Divisione industria, commercio e credito: Bollettino di notizie, VII-12. 
Roma, Botta, 1890 (dono del Ministero d’Agricoltura, Industria e Com- 
mercio). . 

— Documenti presentati al Parlamento Italiano: l'occupazione di 
Keren e dell’ Asmara. Roma, Fibreno, 1890. Op. di pag. 1V-92 (dono 
del Ministero degli Affari Esteri). 

— Annual Report 1888 of the Department of mines. Sydney, Potter, 
1889. Vol. di pag. 233 con tavole (dono del Ministero delle Miniere 
della Nuova Galles del Sud). 

Direction des statistischen Bureaus in Dresden: Kalender und Stati- 
stisches Jahrbuch fiir das Kénigreich Sachsen auf das Jahr 1890. Dresda, 
Heinrich, 1889. Vol. di pag. 281. -— Zeitschrift des k. stchsischen 
statistischen Bureaus. XXXIV-3-4, supp. XXXV-1-2. Dresda, Teubner, 
1889. Fasc. 3 (doni del Ministero dell’ Interno del Regno di Sassonia). 

Cotteau E.: Une ascension au Pic de Ténériffe. Auxerre, Bonsant, 
1890. Op. di pag. 8 con tavola (dono dell’ autore). 

Martinez A. B.: Boletin mensual de estadistica municipal, diciembre 
1889. Buenos Aires, Comp. sudamericana, 1890. Fasc. in 8° (dono del- 
I’ Ufficio di Statistica del Municipio di Buenos Aires). 

Luciano G. B.: La tattica in Africa. Roma, Voghera, ‘1890. Op. 
estratto di pag. 78 (dono dell'autore). 

Rosetti ing. E.: Forlimpopoli e dintorni. Storia e descrizione. Mi- 
lano, Rechiedei, 1890. Vol. di pag. 180 (dono dell’ autore). 

Cruls I. ed altri: Revista de Oservatorio N. 1, 1890. Rio de 
Janeiro, Lombaerts, 1890. Fasc. di pag. 16 (dono della Redazione). 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — Un caso DI SAMUN a MASSAUA. 


Lettera del socio onorario A. D' ABBADIE 


al socio corrispondente cav. F. Bonola. 


Caro signor Bonola, 


Ho ricevuto i fascicoli 1-4 della III Serie del Bollettino della 
Società Geografica Khediviale e L’ avrei già ringraziato prima di oggi, se 
non fosse stata una recente malattia ad impedirmelo. 

Compiuto questo dovere, chiedo il permesso di fare qualche osser- 
vazione sulla pagina 103 del N. 2, dove il signor L. Bricchetti-Robecchi 
pare incolpi l'immaginazione dei viaggiatori della triste reputazione fatta 
al simun (1). 

Io ho grande rispetto delle opinioni e distinzioni che il volgo si 
fa dei fenomeni meteorici: la parola samuwn somiglia assai alla parola 
sumun plurale di sim, che vuol dire veleno. 

_ Presso Massaua, ma in terraferma, presso Addi-Hadib, il 22 set- 
settembre 1841, mi ero proposto di studiare il samuwn, che dovea 
ben presto sorgere, secondo una teoria più tardi abbandonata. Io vo- 
levo conoscere la temperatura di questo vento torrido ed a tal uopo 
mi ero seduto in faccia ad una pietra su cui avevo posto 1 miei ter- 
mometri. : 

Non avevo che ad allungare la mano per prenderli, ma appena 
il vento atteso cominciò, io perdei completamente ogni forza musco- 


(1) Le parole del Robecchi, a cui allude l'illustre Membro dell’ Istituto di Francia 
sono queste: 

« In questo Uadi il vento è pieno di una polvere soffocante, che oscura l’aria. Una 
pioggia di sabbia e di ghiaja sferza il viso e rende affannoso il respiro. Allora si 
avviluppa Ja testa, lasciando scoperti i soli occhi, che s’infiammano e diventano la- 
grimosi. È questo il solo danno che può fare il sim, questo vento del deserto, che 
fu tanto calunniato e che l'immaginazione dei viaggiatori ha reso così terribile. » 

Bull, Société Khédiviale de Géographie, INI Serie, N. 2, pag. 103. Excursion a 
Oasis de Stra, par L. Robecchi-Bricchetti. 





lare ed al punto di non essere in grado di prendere quegli strumenti 
leggerissimi. 

Non li potei afferrare che alla fine del samuwn. L'umidità non era 
che di 7/200 e la differenza tra il termometro a dol/a nera ed un altro 
a bolla nuda non era che di 1.7 gradi, tutti e due esposti al sole. La 
sabbia alla superficie dava 60 gradi e la velocità del vento non era 
superiore a quella di una brezza ordinaria. Il vento era sorto improvvi- 
samente e d'improvviso chetò, mettendo tosto fine all’ agonia delle mie 
forze. Un indigeno mi disse che essi chiamavano tale vento Zarmw e 
che se dura un quarto d'ora, nessun uomo o bestia può sopravvivere. 
In questi casi, il pastore, che sta di sentinella in cima al colle, capisce 
che il 4arww li ha tutti uccisi, quando, vistili gettarsi a terra per re- 
spirare, nessuno più ne sorge. 

Io posso affermare che quel samuwan, il quale non durò più di 
cinque minuti, non trasse seco polveri o sabbie. Erano circa due ore 
dopo mezzodì. 

Lo stesso indigeno chiamava Aarif un vento polveroso e soffocante 
che potei osservare un altro giorno dalle stesse parti. Uomini ed ani- 
mali se ne difendono voltandogli il tergo. Pare sia questo il fenomeno 
osservato dal signor Robecchi ed è, a quel che vedesi, assai diverso 
dal samuwn. 

Io raccomando a tutti i viaggiatori lo studio di questa meteora nei 
deserti che fiancheggiano la valle del Nilo, poichè una sola osservazione 
non basta per stabilire un fatto. Ho creduto. però di far conoscere 
questo mio esperimento per attirare l’attenzione sul vero samwwr, che 
non mi pare punto calunniato. 

Gradisca, ecc. 

Abbadia, 17 febbrajo 1890. 


ANTONIO D’ ABBADIE. 


sp. — I PortoGHEs!t A MASSAUA NEI SECOLI XVI E XVII. 
Nota del socio prof. F. GALLINA. 
Nella Revista das Sciencias militares (1), che si pubblica a Lisbona, 
il sig. F. Esteves Pereira pubblica certe sue ricerche su Os Portuguezes 


em Maguà nos seculos XVI e XVII, così accurate ed interessanti, che 
credo non dispiacerà ai lettori di questo BOLLETTINO conoscerne, sia 


(1) Fasc. 49, 50, vol. IX, /uglio e agosto 1889. 


— 224 -— 
pure brevemente riassunti, i risultati. Ai lettori questo riassunto sara, 
spero, più utile che una semplice recensiope. 

Le fonti su cui il sig. Esteves ha condotte le sue ricerche sono 
le seguenti: 

1. Cartas de Affonso d'Albuquerque. Lisboa, 1884. 

2. J. de Barros, Decadas da Asia. 

3. F. de Andrada, Cronaca del Rei Dom Joao III. 

4. Diogo do Conto, Decadas da Asia. 

5. F. Alvares, Verdadeira informagao das terras do Preste Joam, 
Lisboa, 1889. 

6. D. Ioào de Castro, Rofeiro de Goa a Suez. Paris, 1833. 

7. Notices et extraits des mss. de la Bibliothèque Nationale de 
Paris, Tom. IV. . 

8. B. Tellez, Misforia geral de Ethiopia, a alta. Coimbra, 1660. 

o. Cartas annuas dos jesuitas: ms. da Bibliotheca Real de Ajuda, 
Tom. II. 

10. Cartas annuas dos jesuttas: ms. da Bibliotheca da Academia 
das Sciencias de Lisboa, Tom. II. 

11. Archivo Nacional da Torre do Tombo, ms. Tom. VII, D. 

12. Fernam Guerreiro: Xelazam annual. Lisboa, 1605 e 1607. 

13. M. Almeida, “storia Geral de Ethiopia, a alta. 

14. Archivo Nactonal da Torre do Tombo: Dotumentos remetts- 
dos da India, Tom. 35. 

15. L' Esercito Italiano, 8 agosto 1888 e 27 gennajo 1889. 

16. Di Robilant, Memoria sull'ordinamento politico-amministra- 
tivo e sulle condizioni economiche di Massaua. Roma, 1886. 

17. Denis de Rivoyre, Aux pays du Soudan. Paris, 1885. 

18. D' Abbadie, Gtodtsie d'une partie d Ethiopie, Paris, 1873. 

1. — Comincia il lavoro del sig. Esteves con la spedizione del 
governatore dell’ India, Affonso de Albuquerque, il quale, partito da 
Goa con venti navi nel febbrajo 1513, ed entrato per Bab-el-Mandeb, 
si fermava a Camaran (Camaram) donde mandava Joao Gomes con una 
caravella a riconoscere le isole di Massaua (Macua, Maswa), Dalacd 
(Dalhak), e altre vicine, nelle quali si faceva la pesca delle perle, 
mentre egli, da un moro ivi fatto prigioniero, raccoglieva notizie sul- 
l’ isola e il porto di Massaua (Magua, Maswa) (1). 


(1) Da un altro lavoro dello stesso Autore (Mistoria de Minds, Rei d'Ethiopia, 
pubblicato nel Boletim da Sociedade de Geographia de Lisboa, 7° serie, N. 12), 
tolgo la nota seguente sul nome di Massaua: 

e L'etimologia della parola Maguf non è ben conosciuta. Secondo Bruce (Vo- 





— 225 — 

Raccontava questo moro d'essere stato sceicco di Dalhak e Massaua, 
ed esserne stato cacciato da un suo cugino che, ajutato dallo sceicco di 
Aden (Adem) s’era fatto sceicco di Massaua, mentre a governare Dalhak 
lo stesso sceicco di Aden aveva posto un suo schiavo. Di fronte all'isola 
di Massaua, in terraferma, era un porto chiamato da quei del luogo 
Zeila a velha (1), e dai mori Decand, abitato da cristiani soggetti al 
re d’Etiopia ; questi aveva più volte tentato d’impadronirsi di Massaua, 
ma invano. 

Il capitano di Dalhak riscuoteva diritti dalle ge/bas (2) che dalle 
coste d’Arabia e da altri luoghi venivano alla pesca delle perle, la 
quale si faceva intorno all'isola di Nura, prossima a Dalhak; venivano 
a prendere le perle a Dalhak e a Nura mercanti del Cairo, di Gedda, 
e di Aden. - 

Lo sceicco di Massaua e il capitano di Decana riscuotevano diritti 
dalle navi che venivano dall'India per trafficare; queste navi por- 
tavano spezierie, pepe, profumi, sete e broccati, cotonate e altri tessuti 
grossolani, che cambiavano con oro, avorio, cera, burro, ed anche 
schiavi. 

Alfonso de Albuquerque, ritornato nell’ India, scriveva al re D. 
Manuel essere sua intenzione recarsi l'anno seguente nel Mar Rosso, 


yege, Tom. TIT, pag. 68 e 102) Macuf è composta di due parole della lingua del 
paese : mai, acqua e suah, pastori — acqua o porto dei pastori. — Secondo Mun- 
zinger (Ostafr. Stud.) probabilmente deriva dal verbo géez, saw’a: chiamare: la di- 
stanza dall’ isola alla terraferma si diceva una medsas'a, che significherebbe la di- 
stanza dalla quale un uomo si sente chiamare da un altro, distanza che è appunto 
quella fra Massaua e Ja Penisola di Gherar. — Secondo il d’Abbadie (Bull. de la Soc. 
de Giogr. de Paris, VII serie, 3°, 1882, p. 489), Mugawwa è un participio arabo che 
significa secco, terrificato. — È notevole, intanto, l'affinità che esiste fra vart nomi 
di città del Tigrè, come Adud, Debarud, Magud. Secondo Dillman (Ueber die Anfinge 
des Azumit. Reichs, p. 195, 196) ddud deriva da ad (in tigrifio: città) e awd, che è 
P Aim dell'iscrizione di Adulis. — La parola Macuf si incontra nei testi etiopici 
scritta ora mZswac, ora mesta: ci sembra che il secondo elemento della parola po- 
trebbe essere awac: Ain; quanto al primo ci asteniamo dal fare ipotesi. (F. EsTRVvES, 
Historia de Minds, nota 40) ». 

(1) Probabile confusione con Zula, presso le rovine dell'antica Adulis — (F. 
ESTEvES). 

(2) Dalla già citata Historia de Minds tolgo quest'altra nota: 

e Nel secolo XVI i navigli usati nel Mar Rosso erano conosciuti fra i Porto- 
ghesi col nome di ge/éas, dall'arabo ge/ba « pequeno barco » (EQUILAZ. Glossario 
ethimologico de las palabras espanolas de origin oriental) «..... Se navega com estas 
jelbas piqenas ao remo e a vela » (Cartas de Affonso de Albuguergue. Lisboa, 1884, 
Tom. I, pag. 200) — F. Esteves, Historia de Minas, nota 29 ». 


— 226 — 
per occupare Massaua e farvi una fortezza; essendo buon posto per le 
navi, e potendosi da essa signoreggiare la pesca delle perle e il commercio 
con |’ Etiopia; nonchè agire, con l' ajuto del re d'Etiopia, sopra Gedda 
e Mecca, ed anche sopra Suez. 

Come si vede Alfonso de Albuquerque riconobbe tutta l’importanza 
di Massaua, così dal punto di vista commerciale, come da quello politico- 
militare : le imprese da lui progettate contro Gedda, Mecca e Suez 
avrebbero, molto probabilmente, recato un profondo colpo all’ Islamismo 
e ai progressi dei Turchi nel Mar Rosso; ma l’anno seguente egli 
non potè andare nel Mar Rosso, e l'occupazione di Massaua non ebbe 
effetto. 

| 2. — Diego Lopes de Sequeira, governatore dell'India, recavasi 
a Massaua ai 10 d’aprile (1) 1520 con 26 navi; ma prima ch'egli vi 
giungesse, gli abitanti erano fuggiti e s'erano rifugiati ad Arkico (Arquico) 
e in un luogo vicino, chiamato Decana. Diego Lopes fece fare scandagli 
nel porto, che trovò pulito e di buon fondo, e misurar l'isola. In essa 
le case principali erano di pietra e calce, le rimanenti di fango, co- 
perte di paglia; v' erano una moschea e quarantanove cisterne. 

Il governatore doveva sbarcare in terra gli ambasciatori che do- 
vevano andare in Etiopia, e costruire nell'isola una fortezza; questa 
fortezza per varie circostanze non si potè fare; partito per 1’ Etiopia. 
l'ambasciatore D. Rodrigo de Lima, la flotta fece ritorno all’ India. 

3. — Nel gennajo 1523 il governatore dell’ India D. Duarte de 
Menezes spedi da Goa D. Luiz de Menezes con sette navi a ripren- 
dere D. Rodrigo de Lima. Avendo aspettato inutilmente, fin quasi alla 
fine di aprile, che l'ambasciatore venisse ad imbarcarsi (2), D. Luiz 
de Menezes se ne partì e andò a svernare a Mascate. 

4. — Parimenti per riprendere D. Rodrigo de Lima, nel 1524 
venne a Massaua Heitor da Silveira con nove navi. Neppure questa volta 
l'ambasciatore, che era a venti giornate dalla costa, potè imbarcarsi, 
onde ai primi di aprile la flotta se ne ritornò nell’ India. 

5. — L'anno seguente 1525, una nuova spedizione, partita per 
lo stesso scopo, sotto il comando di Antonio de Miranda, avendo per- 
duto tempo per via, ritornò nell’ India senza esser giunta a Massaua. 

6. — Nel 1526 venne a Massaua per la seconda volta Heitor da 
Silveira. Al suo arrivo gli abitanti fuggirono quasi tutti in terra ferma; 


(1) Il Viaggio dell'Alvarez, pubblicato nel BOLLETTINO di ettobre-novembre 1889 
dal cap. Stasio, ha per questo arrivo la data 16 aprile (p. 805). 
(2) Viaggio suddetto, a p. 825 del BOLLETTINO offobre-novembre 1889. 





— 227 — 
ma poco dopo fecero amicizia coi Portoghesi, e stipularono con Heitor 
da Silveira un annuo tributo di trecento pardaos (1) per anno, fa- 
cendo subito il primo pagamento; e tremila pardaos pagarono gli abi- 
tanti dell’ Isola Dalhak. 

Imbarcati D. Rodrigo de Lima e Zaga-za-ab, ambasciatore del 
re d’ Etiopia al Re di Portogallo, alla fine d'aprile la flotta parti da 
Massaua, e andò a svernare ad Ormuz, dove allora trovavasi il gover- 
natore (2). 

4. — Zaga-za-ab era latore di lettere pel Re D. Manuel, nelle 
quali il re d’ Etiopia, Lebna Dengel, dava ai Portoghesi licenza di co- 
struir chiese e fortezze nelle isole di Massaua e Dalhak, e di tenervi 
mercati (3). 

8. — L'ambasciatore Zaga-za-ab tornò nell’ India con la flotta 
del 1539, e voleva esser ricondotto in Etiopia; ma il vice-re D. Gar- 
cia de Noronha credette meglio mandar prima un Abissino del seguito 
di Zaga-za-ab con lettere per il re d’ Etiopia, per avvisarlo che il suo 
ambasciatore era a Goa, aspettando imbarco per tornare in Etiopia. 

Portò l’Abissino a Massaua un cater (4) comandato da Fernào Farto; 
questi, quando l’ebbe sbarcato, si uni con Salvador da Costa, che in 
altro cafur era entrato anch’ esso nel Mar Rosso, e insieme andarono 
ds presas fino alla fine di aprile. Rientrati a Massaua, vi trovarono l’Abis- 
sino di ritorno con lettere, nelle quali il re di Etiopia chiedeva al vice-re 
soccorso contro il re di Adal. 

9. — L'ultimo giorno dell’ anno 1540 il governatore dell’ India, 
D. Estevam da Gama, partiva da Goa con 72 navigli, disegnando andare 
a distruggere le galee dei Turchi nel porto di Suez. Giunto a Massaua. 
vi lasciava le navi d' alto bordo, e proseguiva con quelle a remi; di 
ritorno a Massaua in maggio 1541, sbarcava suo fratello, D. Christovam 
da Gama, con 400 Portoghesi che mandava in soccorso del re di 
Etiopia. 

Comandava uno de’ galeoni di quella flotta D. Jo#o de Castro, 
che scrisse un Itinerario del viaggio, notando tutte le baje e le rade, 
da Bab-el-Mandeb a Suez, prendendo le altezze del sole, facendo scan- 


(1) Moneta d’argento, in uso nell’ India portoghese. 

(2) V. BOLLEITINO, offobre-novembre, p. 831. . 

(3) Queste stesse intenzioni erano state dal Re ripetutamente espresse all’amba- 
sciatore D. R. de Lima. V. BOLLETTINO oftobre-novembre già citato, p. 820 e seg. 
— Le lettere del Re d'Etiopia al Governatore dell’ India, a D. Manuel, a D. 
Jodo III e al Papa sono riassunte nei $$ 20 a 24 del Visggio dell’Alvarez suddetto, 

(4) Piccola nave da guerra. 


— 228 — 
dagli nei porti, e osservando le deviazioni della bussola. Dell’ isola e 
del porto di Massaua levò una carta, che è riprodotta nel lavoro del- 
Y Esteves, e ne fece una descrizione assai interessante. 

Data la giacitura, le misure e molti particolari del canale, dell’ Isola 
di Massaua e delle altre vicine (1) dice egli: « Quest'Isola di Massaua 
era poco tempo fa sotto la signoria del Preste Joam, con tutta la costa 
che va dal Capo Guardafui fino a quello di Guaquem (Suakin); ma da 
qualche anno in qua, l’ha conquistata il Re di Dallaqua (2), e vi risiede 
la maggior parte dell'anno per cagione del traffico che fa con gli Abis- 
sini.... Nei mesi di maggio e giugno, per esservi il clima assai caldo e mal- 
sano, il Re e gli abitanti ne partono e vanno all'Isola di Dallaqua, o in 
terraferma, ad Arquico, dove son molti pozzi d’acqua e coltivazioni..... 
In terraferma v’é gran quantità, e molte specie di fiere; elefanti, tigri, 
lupi, cervi, tapiri..... ed altri animali a noi sconosciuti..... e infiniti 
uccelli, cacciagione d'ogni sorta ». Dice poi, che nell’ Isola di Massaua 
fu anticamente edificata Phtollomaida das Feras, e avvalora la sua affer- 
mazione con la citazione di Plinio e di Tolomeo: riferisce la tradizione 
abissina che a Massaua prese imbarco Sabaa, regina d'Etiopia, quando 
andò a visitare il re Salomone; assicura infine che il porto e l'isola 
si potrebbero fare fortissimi con poco lavoro e piccola spesa. 

10. — Al cominciare del 1542 il governatore D. Estevam da 
Gama spedì cinque navigli comandati da Manuel de Vasconcellos, Manuel 
da Fonseca, Rafael Lobo, Christovan de Castro, e Affonso Pereira, a 
portare armi e munizioni a D. Christovan da Gama. Fatte giungere a 
destino le armi e le munizioni, e ricevute lettere pel governatore, costoro 
ritornarono in India. 

11. — Il governatore Martin Affonso de Sousa al principio del 1544 
spedi Diogo de Reinoso con una /wsta (3) a prender notizie di D. Chri- 
tovam da Gama. Diogo de Reinoso, dopo esser giunto fino a Suakin, 
andò a Massaua, dove trovò Manuel da Cunha e altri Portoghesi che 
aspettavano imbarcazioni per tornare nell’ India. A domandarle al go- 
vernatore parti con Diogo de Reinoso uno di loro, Miguel de Ca- 
stanhoso. 

12. — Il Pascià Ezdemir, circasso d’ origine, uno dei principali 
generali dell’ esercito che aveva conquistato |’ Yemen, propose al Sul- 


(1) Isole di Taulud e Sceik Said. I nomi di queste due isole, che non sono 
indicati nel Rofeiro e nella tavola di D. Joao de Castro, sembrano recenti. (F. ESTEVES), 
(2) Il lavoro dell’ Esteves toglie affatto ogni dubbio sull’ identità di Dallaquf, 
Dalacd, con Dalhak. — Vedi Stasio nel BOLLETTINO ottobre-movembre, pag. 819 nota (24). 
(3) Specie di bastimento lungo e di basso bordo che andava alla vela e a remi. 





— 229 — 
tano Selim I la conquista d' Etiopia. Avutane licenza, assoldò tremila 
uomini, coi quali si stabilì a Suakin, mandando distaccamenti ad occu- 
pare le Isole di Dalhak e Massaua e il porto di Arkico. - 

13. — Diogo Dias (soprannominato 0 do Prestes, per esser uno 
di quelli che con Christovam de Gama erano stati in Etiopia) fu scelto 
dal vicerè D. Pedro de Mascarenhas per portare le lettere, che il 
re D. Joao III aveva scritte pel re d’ Etiopia. Con Diogo Dias par- 
tirono il P. Gongalo Rodrigues e Fulgencio Freire, entrambi d. C. di G., 
per conoscere le intenzioni del re quanto al ricever la fede cattolica. 
Il messo e i religiosi s' imbarcarono in una fwsfe comandata da Fernao 
Farto, che partì da Goa in febbrajo 1555. Sbarcarono ad Arkico e 
partirono per I’ Etiopia, dove i religiosi si trattennero fino all’ anno 
seguente 1556, in cui ripresero imbarco sur una /wsfa comandata da 
Joao Peixoto, venuta a riprenderli. 

14. — Alla metà di febbrajo 1557 il governatore Francisco Barreto 
spedì quattro /wsfe, comandate da Manuel Travassos, Pero de Sequeira, 
Vasco Correia e Antonio Vaz, a portare in Etiopia il vescovo D. André 
de Oviedo, cinque religiosi della C. di G. e Gaspar Nunes, latore di 
lettere del governatore. 

Giunti a Massaua, non poterono sbarcare per esservi il gueguea (capi- 
tano) Ismael, con 25 Turchi; sbarcati ad Arkico, il vescovo, i religiosi ed 
il messo con alcuni soldati portoghesi partirono per Debaroa (Debarud), 
e pel campo del re d’ Etiopia, mentre le fwsfe tornavano indietro. 

15. — È subito dopo giungeva a Massaua il Pascià Ezdemir e sbar- 
cava ad Arkico con 500 uomini; internatosi, sconfiggeva il LSarzagess, 
entrava in Debaroa, e vi costruiva un forte; e forti costruiva pure a 
Massaua ed Arkico. 

16. — Nel 1560 il vicerè D. Constantino de Braganca spediva 
Christovam Pereira con tre fusfe a prender notizie dei religiosi andati 
in Etiopia; con lui si imbarcarono Fulgencio Freire d. C. di G. e un 
Abissino, che dovevano proseguire per l'Etiopia. Non poterono sbarcare 
nè a Massaua nè ad Arkico, impedendolo loro i soldati del Pascià Ez- 
demir. Nel ritornarsene, furono inseguiti da un Turco chiamato Gofar, 
capitano d’una galea e d’una /usza. La fusta dove si trovava Christovam 
Pereira fu raggiunta, e dopo aspra battaglia, presa; Gofar rientrò in 
Moca con tredici prigionieri portoghesi. 

17. — Il vescovo e i padri della C. di G. entrati in Etiopia nel 
1557, delusi nel loro intento di ridurre I’ Etiopia alla Chiesa cattolica, 
nel 1562 risolvettero di mandare uno dei loro nell’India, per ottenere dal 
vicerè D. Constantino de Braganga che mandasse in Etiopia 500 0 600 


— 230 — 
soldati portoghesi per ridurre gli Abissini all’ obbedienza della Chiesa ro- 
mana. Fu scelto per questo fine il P. André Gualdames, che con un 
altro Portoghese, chiamato Marcos Fernandes, si diresse alla costa; ma 
traditi al Pascià Ezdemir da un moro che loro si fingeva amico, furono 
dai Turchi uccisi presso Arkico. 

Nello stesso anno 1562 morì in Debaroa il Pasciî Ezdemir, e gli 
succedette nel governo di Suakin suo figlio Othman. 

18. — Dall’occupazione di Massaua da parte dei Turchi fino alla fine 
del secolo XVI nessun Portoghese potè più entrare in quell’isola. Frattanto, 
morti il vescovo e quasi tutti i religiosi entrati in Etiopia nel 1557, i 
cattolici di quel paese chiedevano instantemente al vicerè dell’ India, 
che mandasse loro qualche sacerdote. Un P. Abraham de Georgis, maro- 
nita, che tentò nel 1595 di passare in Etiopia travestito, scoperto cristiano, 
fu dal capitano della fortezza di Massaua, Xafer-ed-din, fatto decapitare. 

19. — Più fortunato fu un sacerdote Jramane, chiamato Belchior 
da Silva, allevato nel collegio dei PP. della C. di G. in Goa, che, non 
riconosciuto dai Turchi, riuscì a passare da Massaua a Fremont, nel 1598. 

20. —— Morto anche il P. Francisco Lopes, l’ultimo dei religiosi della 
C. di G. ch'erano entrati in Etiopia, i cattolici d’ Etiopia mandarono, per 
via di terra, in Europa, un Abissino di nome Tacla Mariam, religioso 
dell'ordine di S. Antonio, a significare al papa e al re di Spagna il 
bisogno, che v’ era in Etiopia, di sacerdoti. Questo Tacla Mariam recatosi 
in Portogallo nel 1598, si diceva inoltre incaricato dal re d' Etiopia di 
ottenere dal re di Spagna e Portogallo, che ordinasse all’armata del- 
l’India di andar nel Mar Rosso, a cacciare i Turchi dalla fortezza di Mas- 
saua e a presidiarla. 

Il re d'Etiopia concedeva al re di Spagna il possesso dell’ Isola 
di Massaua, e, volendosi fortificarla, era disposto a dare all’ uopo gli 
ajuti che erano in suo potere. I Portoghesi dovevano inoltre sbarcare 
sacerdoti destinati ai cattolici d’ Etiopia. 

Ma le condizioni del governo dell’ India non permisero d’ intrapren- 
dere la conquista di Massaua. 

21, — Durante circa quarant'anni i Turchi avevano impedito ai 
Portoghesi di entrare in Massaua e di passare in Etiopia; dopo, fu per 
mezzo degli stessi Turchi, che i Portoghesi poterono passare in Etiopia. 

Il P. Pero Pais (già stato prigione dei Turchi per avere un’altra 
volta tentato di entrare in Abissinia) s'imbarcò nel 1603 a Diu, in abito 
di cristiano armeno, con un certo Rezoam Agà, intendente del Pascià 
di Suakin, che il capitano della fortezza di Diu, Goterre de Monroy 
e i PP. della C, di G. avevano per mezzo di agevolezze, di doni, e di 








— 231 — 
onori, a sè obbligato. Giunto a Massaua, il P. Pero Pais ebbe dal queguea, 
che era amico di Rezoam Agi, licenza di andare dovunque volesse; e 
così potè passare in terraferma e rendersi a Debaroa, e quindi a Fremont. 

22. — Similmente, per mezzo di un Turco di nome Mehemed Aga4, 
favorito dai Portoghesi nel disbrigo dei negozî che aveva in Diu, i PP. 
Antonio Fernandes e Francisco Antonio De Angelis, in abito d'armeni, 
poterono nel 1604 giungere a Suakin, ove dal Pascià ebbero licenza di 
proseguire per l’Ftiopia; anzi furon dai Turchi trasportati a Massaua, 
e di qui scortati per una parte del cammino, finchè, raggiunti i Porto- 
ghesi che erano loro venuti incontro, proseguirono con essi per Fremona. 

23, 24. — In simil modo, con licenza e ajuti dei Turchi, passa- 
rono in Etiopia nel 1605 i PP. Luiz de Azevedo e Lourengo Romano, 
e nel 1620 i PP. Diogo de Mattos e Antonio Bruno. 

25. — Sul finire del 1623 giungevano a Suakin i PP. Manuel 
de Almeida, Francisco Carvalho e Luiz Cordeira; avutane dal Pascia 
licenza, si recavano a Massaua, donde partivano con scorta turca sui primi 
del 1624 per Debaroa e Fremond. 

Tl P. Manuel de Almeida ha lasciato di Massaua una descrizione 
dove, fra l’altro, è detto che v'era un daluarte na entrada da barra, 
e alcune cisterne; ma che ogni giorno vi si portava acqua, per mezzo 
di tre o quattro ge/bas, o barche, da Arkico o da Decanà, dove sono 
molti pozzi; nel 1623 ad Arkico non v'era alcun forte, ma solo una 
cinta in pietre e fango; ma nel 1633, quando l’Almeida vi ripassò, 
trovò una fortezza quadrata fatta vicino ai pozzi, per difenderli. 

26, 27. — Sempre con licenza del Pascià di Suakin partirono 
per Fremoni nel 1624 1 PP. Manuel Lameyra, Thomé Barnetto, Gaspar 
Pais, e Jacinto Francisco, e nel 1630 il vescovo di Nicea, D. Appolinar 
de Almeyda, accompagnato dal P. José Girocco d. C. di G. e da Manuel 
Magro, cappellano del Patriarca d'Etiopia. 

28. — Quando Fasiladas cacciò d'Etiopia il Patriarca cattolico 
D. Affonso Mendes, il vescovo di Nicea, D. Appolinar de Almeyda, e 
tutti i PP. d. C. di G., i primi che ne partirono cioè, i PP. Manuel de 
Almeyda, Manuel Barradas, Damiào Calaga e José Girocco, giunti a 
Massaua nel luglio 1633, ebbero a soffrire molte estorsioni dal queguea, 
prima di poter proseguire per Aden e per l'India. 

29. — Seguirono nel 1634, il Patriarca D. Affonso Mendes e nove 
Padri, i quali, dopo sofferte molte vessazioni ed estorsioni da parte del 
queguea di Massaua, furono imbarcati per Suakin, dove ebbero a pa- 
tirne altre dal Pascià, prima di esser tutti lasciati liberi di partire per 
l'India. L'A. riporta qui la descrizione di Massaua che D. Affonso Mendes 


— 232 — 
fece quando, dinanzi al governatore e al Consiglio dell'India, instava 
perchè fosse mandata una armata a scacciare i Turchi ed occupare 
Massaua. 

A suo dire, l'impresa era facile, per essere Massaua ed Arkico poco 
o punto fortificate, con piccoli presidi, pochissime munizioni. Ed invece 
era agevole tener questi luoghi dopo averli occupati, per esservi molta 
comodità di farvi fortificazioni, e di soccorrerli e vettovagliarli dall'In- 
dia; e a presidiarî potevano servire i discendenti dei Portoghesi entrati 
in Etiopia, che potevano allora dare più di mille soldati. 

L'occupazione sarebbe stata assai profittevole, perchè le carovane 
che venivano dall'interno e le navi che venivano dall’ India rendevano 
moltissimo alla dogana; senza contare la pesca delle perle, che era 
assai rimuneratrice. Da Massaua avrebbero, insomma, i Portoghesi potuto 
signoreggiare nel commercio e nella navigazione del Mar Rosso: ma, 
malgrado le istanze del Patriarca e dei PP., nè nell'India nè in Por- 
togallo parve allora conveniente )’ occupazione di Massaua, e i Portoghesi 
cessarono di frequentarla. 

30. — Ricorda quindi l’A., che, dopo lo Aatfe imperiale 7 luglio 
1856, con cui il Sultano Abd-ul-Medjd cedette l'Isola di Massaua col suo 
territorio al Khedive d’Egitto Said Pascià, e la conferma di questa cessione 
fatta nel 1866 col firma diretto a Ismail Pascià, sotto il governo 
degli Egiziani l'isola prosperò abbastanza: furono costruiti edifizî in mu- 
ratura, la diga-acquedotto, e alcuni forti in Massaua e Taulud ; e finisce 
constatando i grandi miglioramenti fatti e il rapido aumento della popo- 
lazione in Massaua, dacchè questa fu occupata dagli Italiani. 


c. — UN Nuovo Lavoro 
SULLA STORIA DELLA GEOGRAFIA MEDIOEVALE (1) 


Nota del socio corr. prof. G. MARINELLI. 


Ai lettori del BoLLETTINO non deve riescir nuovo affatto 1’ argo- 
mento su cui yerte lo studio del Kretschmer, cioè l’esame della Geo 
grafia fisica nel medio evo cristiano, non foss' altro per quanto noi stessi 


(1) KRETSCHMER KONRAD, Die physische Erdkunde im christlichen Mittelalter ; 
Versuch einer quellenmissigen Darstellung ihrer historischen Entwicklung, mit neun 
Abbildungen im Texte. È il primo fasc. del IV vol. delle Geographische Abhandlungen, 
herausgegeben von prof. doct. ALBR. PENCK i Wien. Wien u. Olmiitz, Holzel, 1889. 
Vol. di pag. IV-150, in ottavo grande. 





— 233 — 
ne dicemmo altre volte (1). Senonché male si poteva in quei lavori 
trattarne di proposito, per essere il primo fra essi una semplice re- 
censione, e per essere il tema del secondo esteso a considerare la 
Geografia patristica anche dal rispetto cartografico e da quello delle 
esplorazioni. 

Qui invece l’egregio Autore, limitando la considerazione al campo 
più determinato della Geografia fisica, presa, se si voglia, in largo senso, 
in modo cioè da abbracciarne anche la parte cosmografica, ebbe maggior 
agio di approfondire le indagini e di riescire esauriente in esse. Oppor- 
tunamente poi egli esclude dal suo tema le genti non cristiane, degli 
Arabi stessi non trattando se non in quanto, essendo stati intermediarî 
della diffusione di alcune dottrine (ad esempio, le aristoteliche) fra 
gli occidentali, abbiano esercitata una influenza sulla cultura geofisica 
cristiana. 

Quanto al tempo, egli prende ad esame anzitutto la Geografia pa- 
tristica, che fa arrivare fino all’ VIII secolo o poco appresso, ma poi 
penetra nel periodo di transizione fra essa e la scolastica, anzi entra 
in piena scolastica e s'arresta solamente con Rogero Bacone, Alberto 
Magno, Ristoro d'Arezzo e Dante Alighieri. 

' Dare una rassegna minuta e circostanziata del lavoro non è nostro 
intendimento, tuttavia non sarà discaro agli studiosi della storia della 
Geografia conoscerne sommariamente il contenuto. 

Precede un'introduzione (pag. 1-33), diretta anzitutto a chiarire il 
concetto della Geografia del medio evo, ad esporre quali fossero i futtori 
principali che esercitavano azione sulle menti e sul loro indirizzo, e 
quali le fonti, a cui l'Autore dovette ricorrere nel suo studio. 

Certamente non è da attendersi un concetto determinato di questa 
scienza in un'epoca che non avea trovato nemmanco la parola che ne 
esprimesse Ja corrispondente idea (per cui la Geografia poteva rientrare 
nella geometria o nella filosofia naturale e consisteva nel libro de natura 
rerum O de mensura orbis terrae od in altro simigliante), in un'epoca 
in cui le menti erano avvolte in una cieca caligine di misticismo, che 
impediva di scorgere le verità e la via per cercarle. 

Tuttavia anche in essa due sono le influenze che specialmente si 
contrastano il dominio delle intelligenze: la bibbia da un lato e le 
reminiscenze classiche dall’ altro. D'onde una lotta lenta, continua, nè 


(1) G. MARINFLLI, Zaforno agli studi del dott. Giinther sulla storia della Geo- 
grafia matematica e fisica, in BOLLETTINO dell’anno 1880; — Id. Za Geografia e i 
Padri della Chiesa, stesso BOLLETTINO, 1882, 


— 234 -—- 
rimasta soltanto nel campo tranquillo delle idee, ma pur troppo talvolta 
passata anche in quello della vita reale. Che se parve dapprima ch’ essa 
accennasse a un completo trionfo della fede e del misticismo, così non 
fu; poiche le dottrine immanenti dell'antichità, confortate e ingrossate 
da quelle trasmesse col tramite degli Arabi, già fra gli scolastici han 
largo seguito, preparando propizio il terreno al rifiorire degli studi e 
della civiltà nella feconda epoca del rinascimento. Nè valsero ad ar- 
restarne gli effetti le resistenze chiesastiche, delle quali, ad esempio, 
furono una curiosa manifestazione quelle bolle papali, che ancora in 
pieno secolo XIII (1209, 1215, 1231) ordinavano e confermavano mec 
libri Arsstotelis de naturali philosophia, nec commenta legantur Partsts 
publice vel secreto. | 

Interessante è ancora quella parte della introduzione che riguarda 
le fonti, alle quali l'Autore è ricorso pel suo lavoro. È una rassegna 
copiosa della letteratura medievale, riguardante direttamente o indiretta- 
mente un qualche soggetto attinente alla Geografia fisica, e vorremmo 
anche dirla completa, se non ci paresse ingiustificata in essa l’omissione 
di quell’ Aethicus Histricus, che ci sembra uno fra i più curiosi scrit- 
tori di cose geografiche che il periodo patristico annoveri. Che se il 
Wultke, il suo più completo illustratore, con frase singolarmente incisiva, 
lo chiamava: il Pitea del romanesimo tramontante; se da un punto di 
vista pare ch'egli riproduca gli echi delle dottrine che erano ormai o 
stavano per essere abbandonate; il senso del mistico, del maraviglioso, 
del paradossale nella sostanza, e quello del bisticcio, dell'oscurità e 
dell’indovinello nella forma, lo mostra un rozzo precursore del periodo 
medievale e cristiano. Più che geofisico, Etico è viaggiatore e geografo; 
ma, dalla traduzione, in parte compendiosa, che il prete Girolamo dei 
suoi scritti ha lasciato, possonsi trarre non poche delle idee cosmogra- 
fiche e fisiche che dominavano la sua come altre menti del suo tempo. 

Ad esempio, vi troviamo che Dio, tratto il mondo, non si com- 
prende bene, se dal caos primitivo e ordinando la materia, ovvero 
«ex nihilo », lo foggiasse in modo che delle parti migliori ne venissero 
costituiti il paradiso e i regni degli angeli. Questi regni sono in numero 
di dieci, e di essi nove sono occupati dagli angeli e il decimo, dopo 
la caduta di Satana, è divenuto la sede dei santi (cap. 4 e tro). Con- 
trapposto al cielo è l'inferno, di forma quadrata (/quaedrifarie), giusta 
l'idea di parecchi padri. 

Alla Terra, la cui natura è indicata colle seguenti frasi barbare: 
« Terram..... cum aere ut hemitica (emisferica?), carpaica (fruttuosa), 
sataica (seminabile), et sorectica (rocciosa?) ac humarrica (bagnata o 





terrosa), atque athomica torradicaque (bruciata), safargica, spuraca et 
brumaica..... » e al mare, sovrasta il cielo inferiore (cap. 8) « in si- 
militudine pellium extensum aequae membranae subpositum quasi velum 
velandamque ornaturam supernorum civium, ne illa agmina possint 
cerni, quia velamina teguntur peccatorum >, a somiglianza, adunque, 
di pelli stese di un’eguale membrana, quasi velo sottoposto, acciocchè 
gli sguardi dei peccatori non possano scorgere gli ornamenti degli abi- 
tanti di quelle superne regioni. 

Il cielo inferiore (coelus) abbraccia sole, luna e stelle e oltre la 
pelle si stendono i sei cieli, sede dei celesti. È noto che presso i primi 
cristiani il numero dei cieli non è uniforme. Cosma ne fissa due: uranos 
o cielo superiore, e sfercoma, firmamento o cielo inferiore; Beda 7, 
come Etico: aer, aether, olympus, spatium igneum, firmamentum, coelum 
angelorum, cotlum trinifatis. Etico chiama però firmamentum (cap. 8) 
l'assieme dei ses cieli superiori. Quindi, combattendo Jarca, filosofo e 
bramino indiano, ch’ei cita sovente, trova che il disco o la mensa del 
sole (mensa solis) non compie il suo giro intorno alla Terra, sia tuf- 
fandosi in mare a ponente e risorgendo a levante, sia percorrendo, 
come in Cosma, determinate regioni terrestri, ma usa « quasi densis- 
simam nebulam, vicinam coelo vel aquis, plagam meridianam circuire 
et ad ortum remeare (cap. 14). » 

Analogamente ci spiega altri fenomeni celesti. 

Siccome l’aria inferiore è trasparente, mentre la superiore è fitta 
e impenetrabile, eccetto se si raffredda, la luna, finchè segue il cam 
mino del sole, è visibile e luminosa; ma, come se ne scosta, diventa 
oscura, perchè celata da quella spessa atmosfera o immersa nell'ombra 
che la nube, da cui è avvolto il sole, projetta (cap. 15). 

Le stelle non son fissate nel cielo, ma per lo più mobili e quasi 
pendagli e appendici della mensa del sole, lo servono (notitiam submi- 
nistrent et appendices sint), perdendo poi del proprio splendore al suo 
sorgere, grazie alla luce emanata dai suoi raggi (cap. 16). 

Del pari Etico « et januas coeli binas dicit, orientis atque occi- 
dentis », accordandosi in ciò con Isidoro da Siviglia (III, 40). Per 
quella d’oriente « quasi ab arduo montis cacumine magno impetu 
egressum fecerit sol super faciem terrae » ed esce per quella di po- 
nente. La porta d'oriente, splendida e calda, da Jarca era chiamata 
titanica. Etico chiama l’una e l'altra merocleas (da merum), a motivo 
della loro purezza (cap. 18). E forse anche in questo s' adombrano 
dei riflessi indiani sulle montagne di levante (w4avagiri) e di ponente 


(asfagiri). 


— 235 — 

Ma Etico rammenta ancora i cardines mundi e le due plaghe che 
presentano la maggior forza, sì nel soffiar dei venti, come nelle altre 
varietà degli elementi fisici, cioè la settentrionale e la meridionale. In 
una v'è un gran freddo e l'oceano vi ha maggior movimento ed altezza 
(motionem..... et elevationem), che non nelle rimanenti plaghe terrestri 
(cap. 18). Aggiungansi gli alti monti (ubera aquilonis) che terminano 
a tramontana la Terra, e un'isola freddissima in quell’oceano, cioè la 
Rifargica, o la più remota, eppoi un'altra ancora, chiamata ZAtrisolide, 
dove il freddo e il vento son tali che nulla vi fiorisce, e il sole non 
si vede, se non come una piccola scintilla in giugno e in luglio, e se 
la neve e il ghiaccio per un momento si sciogliessero, immantinente 
rigelerebbero con tanta forza da non liquefarsi più. Quindi le colonne 
di pietra cristallina stragrandi, che quivi trovansi, e la formazione di 
gemme più dure che altrove (cap 19). ~ 

A tal isola si contrappone l'isola Ssrfinice nell'emisfero meridio- 
nale, isola che presenta uno speciale interesse ed è ampiamente illu- 
strata nell’operetta del nostro geografo. Il che now fu senza influenza 
sui geografi e sui cartografi posteriori. Essa sta oltre l'oceano, ed è 
occupata da un monte altissimo, chiamato Austronothus o il Meridionale, 
superiore in elevazione alle nubi, ecc., e quanto l'altra è povera e 
fredda, altrettanto questa è ricca, temperata, salubre, irrigata da piogge, 
occupata da animali d’ogni sorta (cap. 20). 

È difficile avere una chiara idea dei concetti di Etico sulla distri- 
buzione delle terre e delle acque sul globo, forse compresi nel libro VII 
andato perduto, e di cui la traduzione latina pare un magro compendio. 
Però, cercando in tale riassunto e qua e là nel lavoro, se ne può trar 
qualche accenno. Così al cap. 73, parlando del Mediterraneo o Maret 
magnum, egli avverte come « Mare magno plantationem et germen ac 
virgultum et piscinam regalem ac medullam intersecantem tri[pi]farie 
geminatam orbis planiciem esse. Oceano relicto in signis et portentis et 
ultra quamquam credi potest autumat mare magnum sorbitiunculam vel 
cloacam abyssi magni. » Non è dunque il Mediterraneo (se mal non 
intendiamo) una parte dell'oceano, quanto una derivazione dell’ abisso, 
di quell’abisso ch'egli (cap. 13) ricorda come sottostante ¢ in cavernam 
laci ad voraginem abyssi. » È da tale abisso ch'emersero le acque tutte, 
concordando in ciò col concetto di S. Agostino: « Omnes aquae sive 
torrentes per occultas venas ad matricem abyssum revertuntur. » 

Fra i mari collocati alla superficie e gli abissi delle acque (cap. roo 
e 112) è interposto il focolare terrestre, da cui provengono i varî fe- 
nomeni vulcanici (cap. 75), sollecitati dalla lotta del fuoco colle acque. 











— 237 — 
È poi anche in seguito all’assorbimento dell’ acqua marina attra- 
| rso la Terra, come attraverso una spugna, che detta acqha perde 
©gni propria salsedine pel caldo interno, e sgorga dolce dalle varie 
{sorgenti (cap. 112). 
E potremmo proseguire, cercando fra le oscure righe del vecchio 
geografo qualche altro accenno dei suoi concetti geofisici. Senonchè il 
già detto sembra sufficiente a mostrare come non sarebbe stato senza 
ragione il comprenderlo, esso pure, nella schiera delle fonti prese ad 
esame, sì per la copia delle idee che se ne potevano trarre, sia perchè, 
nonostante o, forse, a motivo, delle stranezze e dell'oscurità, corrispon- 
deva al carattere del periodo considerato come tema di studio. 

L'Autore poi passa alla parte speciale (pag. 34-147) del suo la- 
voro, nella quale è compresa l'esposizione delle dottrine professate nel 
medio evo cristiano in ordine a svariati problemi di Geografia fisica. Fra 
i quali egli opportunamente scelse quelli intorno a cui poteva racco- 
gliere un materiale illustrativo sufficiente, e li divise in quattro capitoli. 

Così nel capitolo primo, intitolato: // corpo terrestre (pag. 34-77) 
& tratta della Figura della Terra, e della connessa Questione degli Anti- 
i podi; della Grandezza della Terra, della Contrapposta posizione della sfera 
| acquea € della sfera terrestre, finalmente dell’ Origine della bussola. 

Il capitolo secondo, L'acqua (pag. 78-117), considera Ze correnti 
sotterranee in connessione coi Miumi del Paradiso; la Teoria delle fonti; 
I’ Oceano, rispetto alle sue Acque; finalmente la teoria del Flusso e riffusso. 

Il capitolo terzo, Za ferraferma (pag. 118-135) prende ad esame 
L'emergere delle masse continentali in connessione coll’ Origine delle monta- 
gue; 1 rilievi montagnosi nella regione boreale; da ultimo il Vulcanismo. 

Il capitolo quarto, Z’ aria (pag. 136-147), è una breve scorsa sulla 
Dottrina delle zone, sulla Climatologia e sui Venti. 

Gli argomenti vari vi son trattati con dottrina, coscienza e sana 
critica, tanto da far desiderare che alcuno fra essi avesse avuto più 
largo sviluppo e che qualche altro tema vi fosse compreso. 

Così, ad esempio, nel capitolo terzo noi avremmo veduto volentieri 
inserta una qualche pagina che toccasse del concetto riguardante la 
direzione, in genere la descrizione delle masse montuose, nonchè altra 
diretta ad illustrare il concetto d’a/fiiudine e di profondità nel medio 
evo cristiano. Parlare di misure di montagne in tale epoca è vano, 
nonostante che, fra gli antichi, Eratostene e Dicearco da Messina aves- 
sero posto già bene il problema. Tuttavia credo valesse la pena d'in- 
vestigare quanto delle antiche dottrine e degli antichi errori (e in 
proposito Aristotile stesso col suo falso concetto dell’altitudine del 





— 238 = 
Caucaso ne avea dato l'esempio) fosse rimasto, e come conservato o 
modificato. 

E quantunque il problema delle varie divisioni della Rosa dei Venti, 
sia stato in modo, si può dire, esauriente trattato in questo stesso BoL- 
LETTINO (vol. II, 1874, pag. 377) dal D’Avezac, non ci sarebbe stato 
sgradito un accenno alle fasi da esso traversate e ai varî sistemi e de- 
nominazioni prevalsi nell’ oscuro periodo studiato dal Kretschmer. 

Ma più che accenni a vere lacune, queste sono manifestazioni di 
desiderî personali, che possono forse derivare da semplice, per quanto 
legittima, curiosità scientifica. 

Invece è certo che il signor Kretschmer col suo lavoro illustrò 
degnamente sotto il rispetto geofisico la storia della Geografia medievale 
cristiana, portando agli studî un tributo tanto più prezioso, quanto il 
periodo da lui preso in esame fu sinora trascurato ed ignorato. 

Ottimamente fece quindi il Penck pubblicandolo nella sua prege- 
vole e importante collezione di memorie geografiche. 


D. — Sir HENRY YULE, K. C. S. I., C. B., L L. D., R. E. 


del socio onorario prof. C. H. GiGLIOLI. 


Il penultimo giorno dello scorso anno, nella sua residenza in Londra, 
moriva il più illustre fra i nostri Soci d'Onore. Il 30 dicembre si spe- 
gneva la nobilissima vita di Enrico Yule, lasciando un immenso vuoto di 
affetti e di cognizioni; ma, sino a che la scienza nostra avrà cultori, sarà 
vivissima la sua memoria e saranno feconde le opere che Egli ci ha la- 
sciate in retaggio. Fu amico sincero dell'Italia, ove visse e lavorò una 
diecina di anni; contava non pochi amici tra noi, e le sue opere mag- 
giori illustrano le peregrinazioni di insigni viaggiatori italici del Medio 
Evo; da un quarto di secolo io era unito a lui da caldissimo e quasi 
figliale affetto, ed oggi, chiamato a vergare queste linee per suo ricordo, 
mi sento ben insufficiente al doloroso còmpito e chieggo venia se l' acerbo 
dolore mi offusca il pensiero e se la penna mia s'intinge in lacrime. 
Reputo singolare fortuna l' averlo conosciuto, poichè egli era tale che 
chi lo avvicinava doveva con ragione sentirsi fiero di esser uomo. 

Enrico Yule nacque nel 1820 ad Inveresk, a poche miglia da 
Edimburgo; e in questa città passò gli anni giovanili e fece la sua 
prima educazione. Suo padre era stato ufficiale superiore nell’ esercito 
dell’ India; e nel 1837 egli entrò nel Collegio militare della Com- 
pagnia delle Indie ad Addiscombe. Un anno dopo venne aggregato al 





— 239 — 
Genio ed andò a Chatham, uscendo poi da quell’ Accademia militare 
col grado di luogotenente. S'imbarcò per |’ India, avendo in consegna 
gli strumenti per un Osservatorio magnetico e meteorologico da impian- 
tarsi in Aden, e giunse a Calcutta sul finire del 1840; e, fin dai primi 
tempi della sua residenza nell’ India si rese utile agli studì geografici. 

Incaricato di una missione speciale sulle Colline Casia nel Bengala 
orientale, egli fece le sue prime armi nella Geografia e nella Etnologia, 
pubblicò un importante lavoro su quel paese e sui suoi abitanti, inte- 
ressanti sotto molti rapporti; e spesso meco, anni dopo, amava ricordare 
quei primi stud? e quei montanari mongoloidi. 

Yule fu poscia inviato nella parte N.-O. dell’ India e passò diversi 
anni nei pressi di Carnal, 75 miglia a settentrione di Delhi, impiegato 
in lavori svariati, commessigli per la sistemazione dei canali d'irrigazione, 
che hanno tanta importanza in quei paesi Di là andò ad Ambala, 
So miglia più al N., ove per ragioni igieniche era stata trasferita la 
Stazione militare di Carnal. Nel 1845-1846 prese parte alla campagna 
del Sutlege, per tornare quindi ai suoi lavori idraulici come ingegnere 
della parte settentrionale dal Canale del Gange. Nel 1848-1849 prese 
parte attiva alla seconda guerra del Pengiab, e terminata questa tornò 
in Europa in licenza. Visse ad Edimburgo, e fu istruttore nell’ arte 
delle fortificazioni nell’ Accademia navale e militare della Scozia. Il 1852 
lo ritrova in India, ove fu subito inviato a fare i rilievi topografici dei 
passi nelle colline tra I’ Aracan ed il Burma; ciò ebbe luogo poco 
prima della seconda guerra birmana, che ebbe per risultato l'annessione 
del Pegu. Fatta Ja pace, il Re di Burma inviò una missione al Gover- 
natore generale dell’ India, che era allora Lord Dalhousie; questi volle 
ricambiare la cortesia e alla sua volta mandò una missione speciale ad 
Ava, e l’inviato fu il colonnello Phayre che ebbe per segretario il ca- 
Pitano Yule; questo fu nel 1855. Yule fu lo storiografo di quella mis- 
sione e diede ampia prova della sua vasta erudizione e del suo singolare 
talento descrittivo e di osservazione nello splendido e grosso volume: 
Mission to the Court of Ava, che vide la luce due anni dopo e la cui 
prefazione è scritta nella fortezza di Allahabad, in mezzo alle orribili 
vicende della tremenda ribellione del 1857. Quel libro è tuttora 1’ opera 
migliore sulla Birmania, e diede al suo Autore posto primario tra i 
cultori della Geografia ed Etnologia dell’ Asia; in esso sono ancora dati 
preziosi sull’ architettura birmana. Il Yule era dottissimo in quell’arte, 
e fece importanti pubblicazioni sull’ architettura indiana; nel corso del 
suo viaggio in Birmania visitò e studiò le grandiose rovine di Pagan, 
antica capitale; aveva pure la singolar fortuna di essere un disegnatore 


— 240 — 
di non comune abilità ed oltre le erudite descrizioni ci diede disegni 
e tavole bellissimi, illustranti quei ruderi meravigliosi. Posso aggiungere 
qui che il monumento che copre il funebre pozzo di Cawnpore, dove 
furono sepolte le donne inglesi orribilmente massacrate dagli insorti, e 
sul quale sorge una statua del nostro Marochetti, fu fatto su disegni 

del Yule; il quale molti anni dopo diresse pure su terra nostra I’ edi- 
| ficazione di un tempio, la elegante chiesa inglese a Palermo. 

Negli ultimi anni del suo soggiorno in India Yule fu Segretario 
del Governo pei Lavori Pubblici: durante una breve licenza egli andò 
a Giava, ove studiò le rovine maestose di Boro-budor e di Brambanan, 
visitando molte località di quell’ isola incantevole. Lasciò definitivamente 
l’ India nel 1862, prendendo il ritiro col grado di colonnello, e pei 
servigi importantissimi resi venne insignito coll’ Ordine del Bagno. Ra- 
gione precipua del suo ritiro fu la salute cagionevole della moglie, e 
ciò lo condusse con lei e coll’ unica loro figlia in Italia; io lo conobbi 
a, Pisa nell’ inverno del 1864. Sin d'allora egli aveva iniziato quella 
serie di pubblicazioni degli itinerarî di viaggiatori medievali, principal- 
mente italiani, nell’ Asia, con dottissime introduzioni, note illustrative 
e copiosi commenti, che lo hanno reso celebre e benemerito in grado 
eccelso della nostra scienza e del paese nostro. La prima, nella serie, 
fu la traduzione dal testo latino dei Viaggi di Frate Giordano (che fu 
nell’ Oriente e in India nel XIV secolo), col titolo: « Wonders of the 
East » e con copiose annotazioni; essa fa parte della splendida collezione 
della Hakluyt Society, per la quale Yule lavorò assai e della quale era 
presidente quando morì; e comparve nel 1863. Illustrò quindi le pere- 
grinazioni di Giovanni da Monte Corvino, Ibn Batuta, Benedetto Goez, 
Rashid-ud-din ed altri, ma principalmente del nostro Frate Odorico da 
Pordenone, riunendole in due volumi pure pubblicati dalla Hakluyt So- 
ciety, col titolo « Cathay and the way thither »; comparvero nel 1866 
e sono un monumento di sapere e di erudizione geografica. 

Per Yule queste opere, che avrebbero colmato la vita di un altro 
uomo, scegliendolo tra i più distinti, non erano che lavori preparatorî 
per la sua opera maggiore, una illustrazione dei viaggi di Marco Polo. 
Intanto egli si era stabilito a Palermo, ove, di ritorno dal mio viaggio 
intorno al globo, lo rividi nell’ autunno del 1869. Là, lontano dalle 
grandi biblioteche e dai grandi centri, i suoi studî e le sue ricerche 
non erano facili, dovette fare diverse gite a Londra ed a Parigi, lavorare 
in quelle biblioteche ed ancora nelle maggiori in Italia, principalmente 
a Firenze ed a Venezia; in Firenze, nella Biblioteca Nazionale, ricordano 
ancora la sua simpatica figura e le molte ore di assiduo lavoro ivi passate. 





— 241 — 
Colla sua singolare attività ed il suo raro acume seppe parare a 
tutto ; nulla sfuggiva e rari cimelii e manoscritti dimenticati vennero 
tratti a luce, letti e compulsati. Yule aveva il genio dell’ ordine nel 
lavoro e spesso dovette convincersi che ciò è virtù ben rara; molte 
volte discorrendo meco egli insisteva sulla grandissima utilità di un 
buon indice, che, diceva egli, raddoppia il valore di un buon libro; 
1 suoi sono davvero modelli eccezionali anche in questo. Fu per tale 
sentimento, che nel bel mezzo delle sue ricerche egli intraprese il lavoro 
ingrato ed ingente di fare l'indice della terza decade dei volumi degli 
Atti della Reale Società geografica di Londra, compiuto nel 1867. 

La illustrazione dei viaggi di Marco Polo, col titolo: Book of Ser 
Marco Polo the Venetian, comparve nel 1871 ed ebbe una seconda 
edizione nel 1875; sono due grossi e splendidi volumi, con luaga e 
saplentissima introduzione e annotazioni e commenti copiosissimi. Questa 
opera fu una rivelazione; chi la percorre rimane colpito da meraviglia; 
è perfetta nel suo genere e non credo errare dicendo che forse non 
sarà uguagliata, nè certo superata mai. Essa è dedicata a Margherita di 
Savoja, la nostra amata e graziosa Regina. 

Nell'estate del 1871 il colonnello Yule fu Presidente della Se- 
zione Geografica alla British Association, che si adunò quell’ anno ad 
Edimburgo Nel 1872 la grande medaglia « Fondatore » gli fu con- 
ferita dalla Società geografica reale di Londra pei meriti delle sue tre 
pubblicazioni culminanti: Ava, Cathay e Marco Polo. In quel turno il 
Yule scrisse un dotto saggio, annesso alla nuova edizione dell'opera di 
Wood « Yourney to the Source of the river Oxus »; e nel 1873 pubblicò 
negli Atti della Società Geografica di Londra una sapientissima me- 
moria sugli intricati problemi geografici che offre quella regione, por- 
tante il titolo Pagers connected with the Upper Oxus Regions. 

Nel 1875, dopo aver subìto l’acerbo dolore della perdita di sua 
moglie, il colonnello Yule lasciò Palermo; fu nominato Membro’ del 
Consiglio per l'India, rientrando così negli uffict pubblici, e si stabili 
necessariamente a Londra. Lo rividi là nel 1882, sette anni dopo, e 
già subiva i primi attacchi del male insidioso che poco a poco in altri 
sette anni di lotta doveva logorare e distruggere quel corpo, di cui la 
mente si manteneva limpida, grande e vigorosa, come rimase sino all'ultimo. 

Malgrado non lievi doveri d' ufficio e le forze fisiche scemanti, il 
Yule continuò sempre le sue ricerche erudite ed i suoi studi prediletti, 
Nel 1883, quando fui con lui ancora, scriveva una dottissima introdu- 
zione geografica alla seconda edizione dell’opera notevole di quell’ in- 
signe esploratore, il capitano Gill, assassinato pochi mesi prima dai 


— 242 — 
Beduini del Sinai insieme all’ orientalista Palmer durante la spedizione 
inglese in Egitto contro Arabi Pascià. La suddetta opera del Gill, in- 
titolata « Zhe River of Golden Sand >, è il resoconto di un’ ardita esplo- 
razione di una delle contrade sino allora meno note della Cina N.-E. 
Pure nel 1883, insieme col nostro Villari ed altri illustri, il Yule ri- 
ceveva dalla Università di Edimburgo, che celebrava il suo trecentesimo 
anniversario, il dottorato Aonoris causa. Nel 1886 pubblicò un grosso 
ed utilissimo volume col titolo « Glossary of Anglo-Indian Words »; in 
origine il Yule ebbe a collaboratore in questo lavoro, che è un erudi- 
tissimo repertorio generale di cose indiane, il compianto Arthur Burnell, 
ma mancato questi all’inizio del lavoro, il libro fu realmente fatto dal 
Yule Come aveva principiato la sua carriera di illustre scrittore e 
scienziato contribuendo ai preziosi volumi della Hak/uvt Society, così la 
concluse; e l’ultima opera -di Yule sono i tre volumi di quella raccolta 
intitolati « Zhe Diary of William Hedges », che comparvero nel 1889. 
Anche quì dotti saggi, copiose annotazioni e commenti eruditi superano 
assai in mole il testo originale, e fanno di quel lavoro una contribuzione 
preziosissima alla storia dei primi tempi della occupazione inglese dell'India. 

Troppo ci vorrebbe per dare anche un semplice elenco delle 
molte memorie scientifiche e militari pubblicate dal Yule, e non è 
questa l'occasione. Se ne trovano nel Journal of the Asiatic Society of 
Bengal, in quello della Xoyal Asiatee Society di Londra, della quale il 
Yule fu presidente, nei Proceedings della Royal Geographical Society, 
della quale fu consigliere e vice-presidente, nel cessato periodico Ocean 
Highways, nel Royal Engineers’ Journal ed altrove. In questi ultimi anni 
il Yule contribuì moltissimi articoli all'ultima edizione della Zncye/lo- 
paedia Britannica, fatti come lui solo sapeva fare. 

Da un bellissimo cenno necrologico pubblicato nel fascicolo di 
febbrajo della Società Geografica di Londra, scritto dal generale R. Ma- 
clagan e che mi ha servito moltissimo, tolgo quasi verbatim la seguente 
verace definizione del carattere del compianto ed illustre nostro Socio: 

« Yule aveva viaggiato e quanto aveva veduto lo aveva bene utiliz- 
« zato, ma non fu come viaggiatore che egli raggiunse fama. Era dotato 
« di raro talento geografico e di discernimento critico ugualmente raro: 
« possedeva grande ricchezza di sapere e una memoria sorprendente. Con 
« tali doti egli sapeva prendere giusto concetto dell’opera di altri viag- 
« giatori e discernere i veri risultati ed il vero valore dell'opera loro. 
« Con ricerche abilmente dirette egli sapeva trovare le soluzioni di pro- 
« blemi geografici intricatissimi, riguardanti terre lontane ed epoche re- 
« mote. In ogni suo lavoro egli mirava all’accuratezza ed alla perfezione, 








— 243 — 
« e nulla trascurava per raggiungere tale fine. Nella ricerca del vero 
e rovistava ovunque, e sapeva come ed ove cercare. Al Yule si poteva 
e assai bene applicare la frase del Bernier detta del suo contemporaneo 
« Thevenot: cet illustre curieux, qui nous donne tous les jours plus de 
« découvertes sans sortir de son cabinet, que nous n'en avons appris de 
« ceux qui ont fait le tour du monde >. 

Yule era tenace nei suoi affetti ed ebbe molti e carissimi amici, non 
soltanto tra i molti commilitoni e tra i compagni della sua giovinezza nella 
lontana Hind, o tra coloro i quali per comunanza di studi lo ajutarono o 
furono da lui ajutati; ma in molti che non avevano legami di carriera o 
d'interessi con lui. Egli li amava per ciò che trovava di nobile e di apprez- 
zabile nella loro vita, nel loro carattere, e caldamente era da essi riamato | 

Vidi Yule l'ultima volta nell’ ottobre del 1886; lo trovai ben de- 
bole e ben deperito di corpo, ma, come sempre, fortissimo di spirito e 
di mente. Al principio dell’anno scorso egli dovette rinunziare al suo 
seggio nel Consiglio per l’India e prese il ritiro; fu allora che divenne 
Str Henry, accettando a carriera compiuta, l'alta onorificenza che per 
eccessiva modestia aveva altra volta declinata. 

Continuò però ancora a lavorare, e « anche nel dicembre fatale » mi 
scrive l'illustre Clements R. Markham « conferii con lui per lavori che 
sperava di poter compiere ancora ». Colla data del 18 dicembre ebbi la 
sua ultima lettera; egli sentiva di essere presso la fine e con sereno 
affetto si accomiatava da me; non starò a dire quanto ne fui stra- 
ziato. Due giorni prima della sua morte giunse un telegramma da Pa- 
rigi annunziandogli la nomina a Membro corrispondente dell’ Académie 
des Inscriptions et Belles Lettres. La risposta di Yule caratterizza 
l'uomo: « Xeddo gratias, illustrissimi domini, ob honores tanto nimtos 
quanto immeritos. Mihi robora deficiunt, vita collabitur, accipiatis volun- 
tatem pro facto. Cum corde pleno et gratissimo moriturus vos, illustrissimi 
domini, saluto. » E così si è chiusa una delle più nobili esistenze, che 
siano passate su questa nostra Terra rialzando l'ideale dell’ umanità! 


E. — GERARDO MERCATORE E LE SUE CARTE GEOGRAFICHE 
per M. Fiorini professore all'Università di Bologna (1). 
(continuazione). 

& 22. — Morto nel 1600 Rumotpo, i tutori degli eredi 
minorenni fecero a Diisseldorf nel 1602 un'edizione delle tre prece- 


(1) Vedi BOLLETTINO, gennajo 1890, pag. 94 e segg., febbrajo, pag. 182. 


— 244 — 
denti pubblicazioni, mettendo prima quella fatta da RumoLpo nel 1595, 
poi quella della Gallia e Germania del 1585, infine l'altra dell’ Italia, 
Slavonia e Grecia del 1589 e mantenendole il titolo pensato dal grande 
GERARDO e già dato al volume messo in luce nel 1595. Il qual nome di 
Atlante fu conservato in tutte le successive e numerose edizioni e tanto 
piacque, in grazia di chi primo lo propose ed usò, che d'allora in poi 
fu applicato ad ogni sorta di collezioni di carte geografiche ed anche 
oggidì è universalmente adoperato, mentre altre denominazioni impie- 
gate da scrittori, da geografi di non comune valore e fama, cessarono 
ben presto. Così andarono in disusoi nomi di 7heatrum orbis terrarum, 
di Speculum orbis terrarum, di Hercules dati da ABRAMO ORTELIO (1), 
da GeraRDO DE Jope (2), dal siciliano Nicotosi (3), alle loro collezioni 
di carte geografiche. 

La pubblicazione della prima edizione dell’intiero Af/anfe, avvenuta 
nel 1602, fu fatta pure a spese degli eredi minorenni. Lo dice I’ iscri- 
zione posta in fine dell'/ndex in Anglia, Scotia et Hybernia tabulam ge- 
neralem, la quale è: Dusseldorpii excudebat Bernardus Busius, Ilustris- 
simi Ducis Julia Clivia, Montis, etc. Typographus, sumptibus haredum 
Gerardi Mercatoris Rupelmondani. Anno 1602. 

Il vAN RAEMDONCK menziona due biblioteche, l'una pubblica, l’altra 
privata, che posseggono l'edizione completa dell’ Atlante del 1602. Aggiungo 
che un esemplare n'è posseduto dalla Biblioteca Angelica in Roma (4). 


(1) Zheatrum orbis terrarum Abrahami Ortelii. Antuerpiae 1570. 

(2) Gerardi de Fudaeis Antuerpiani Speculum orbis terrarum. Antuerpiae 1593. 

(3) Hercules Siculus, sive studium geographicum, auctore Foanne Baptista Ni- 
colasio, — Editio secunda latina, Romae 1670. 

(4) L’esemplare dell’Af/zrte del 1602 che è alla Biblioteca Angelica, dopo il 
frontispizio di cui già si riferì il titolo, ha la dedica di GERARDO MERCATORE ai du- 
chi di Cleves, GUGLIELMO e GIOVANNI GUGLIELMO, padre e figlio, indi il ritratto 
dell'autore nell'età di 62 anni, col carme (in effigiem carmen) di BERNARDO FuRMg- 
RIO, poi un Zyifafhium seguito dai versi di GIOVANNI METELLO, cui segue un 
altro carme di LAMBERTO LITHOCOMO. Vengono dopo, la Vila celeberrimi clarissimigue 
viri Gerardî Mercatoris Rupelmundani a Gualtero Ghymnio conscrifia, un altro Zfi- 
taphium, due Epistole di REINARDO SOLENANDER e di JACOPO SINSTEDIO, un carme 
di GIOVANNI MERCATORE, la Prefatio in Atlantem, lo Stemma (albero genealogico) 
Atlantis, e finalmente il De mundi creatione ac fabrica liber, diviso in 19 capitoli. 
Dopo sono il planisfero, le tavole d'Europa, Asia, Africa ed America e l'avviso al. 
lettore, di RuMOLDO, il quale afferma la speranza di completare I’ Atlante con ulteriori 
tavole. Vengono quindi le varie parti dell’A#/azie comprendenti le tavole incise da 
GERARDO; prima quelle della Germania, poi le tavole del Belgio inferiore, indi le 
tavole dell’ Italia, Schiavonia e Grecia, dopo le tavole della Gallia, infine la A4//entis 
pars altera, dove sono le tavole delle terre settentrionali dell'Europa. 





— 145 — 

Frattanto l’amministrazione comunale di Duisburgo abbracciò la 
proposta dei tutori degli eredi e dichiarò che, nell’ interesse di questi, 
era meglio vendere le tavole in rame lasciate dal vecchio GERARDO e 
dal figlio Rumovpo, che conservarle invendute. GERARDO, uno dei tutori, 
figlio ad ARNOLDO, che era nato dal grande Gerarpo, le acquistò 
nel 1604 e nello stesso anno le cedette a Jupoco OnDIO, incisore ed 
editore di carte geografiche ad Amsterdam. i 

L’ Atlante edito nel 1602 era incompleto. Mancavano ancora alcune 
carte d'Europa, come quelle di Spagna e di Portogallo, mancavano le 
tavole particolari delle altre parti del Mondo, incoate da GERARDO e che 
RuMOLDO non aveva potuto compiere e pubblicare. Jupoco OnpIO si 
accinse all'impresa e nel 1606 fece di quello una seconda edizione 
coll’ aggiunta di cinquanta nuove carte, corredate, secondo l'uso del 
primo autore, delle descrizioni dello stato politico dei paesi rappresen- 
tati, fatte da Pretro Montano (1). In tanta fama salì l’opera del Mer- 
CATORE, tanta ne fu la ricerca, da indurre |’ ONDIO a pubblicarne nel 
1607 un'altra edizione, che effettivamente è la terza, o la seconda On- 
diana, e che ristampò nel 1608. Il titolo di questa nuova edizione è 
come nella precedente. L'unica differenza sta in ciò, che il frontespizio 
dell'edizione del 1606 ha in basso: Zaxcusum in adibus Judoci Ondii. 
Amsterodami 1606, mentre nell’altra del 1607 leggesi: ZEdifio secunda 
qua et amfliores descriptiones et nova tabula geographice accesserunt. 
Amsterodami 1607. La ristampa della seconda edizione nulla ha di mu- 
tato all'infuori della data; vi si legge 1608 in luogo di 1607. Il vAN 
RAEMDONCK cita alcune biblioteche che hanno l'edizione del 1607 ed 
una che ha la ristampa del 1608. Ci piace notare che un esemplare 
di quest’ultima è posseduto dalla Biblioteca Vittorio Emanuele in Roma. 
La voga per I’ Atlante Mercatoriano sempre andava crescendo. Alle nuove 
edizioni altre ne succedevano. Nel 1630 si era alla decima. Nè questa 
fu l’ultima. 

§ 22. — Il MERCATORE non solamente impiegò il suo grande 
ingegno nella Geografia, non attese soltanto alla composizione ed inci- 
sione delle carte geografiche ed alla costruzione di strumenti geometrici 
ed astronomici e delle sfere celesti e terrestri, ma ad altri studi volse 


(1) La seconda edizione dell’ Af/ante (prima edizione dell’ ONDIO) comparve 
nel 1606 ad Amsterdam col titolo: Gerard: Mercatoris Atlas, sive Cosmographiae me- 
ditatiomes de fabrica mundi et fabricati figura. Jam tandem ad finem perductus, quam 
plurimis aeneis tabulis Hispaniae, Africae, Asiae et Americae auctus ac illustratus a 
Fudoco Hondio. Quibus etiam additae (praeter Mercatoris) dilucidae et accuratae om- 
sium fabularum descriptiones novae, studio et opera Pet. Montani. 


— 246 — 
la mente. Già si disse delle sue speculazioni sulla genesi del mondo e 
della pubblicazione: De mundi creatione ac fabrica liber (1), come pure 
della sua Chronologia (2). Altra opera dovuta alle sue meditazioni sulle 
sacre carte è l’Harmonia quatuor Evangelistarum (3), che il van RAEM- 
DONCK (4) giudica potere stare a pari colla Zeodicea del LEIBNITZ, coi 
celebri Pensées del Pascat, colle opere religiose d'Isacco NEWTON. 

Altra opera, che si potrebbe dire minore, si conosce del nostro 
autore. È il libro che ha per titolo: Ziferarum latinarum, quas italicas, 
cursoriasque vocant, scribendarum ratio, pubblicato a Lovanio nel 1540. 
Egli fu tratto a fare studî sopra le lettere latine, dette anche italiche 
o corsive, dall’ impiego che doveva farne nelle carte geografiche per in- 
scrivervi i nomi dei luoghi e per le leggende da apporvi. L'opera piac- 
que tanto e fu giudicata sì buona, che ebbe l'onore di quattro edizioni. 

§ 23 — I geografi del cinquecento bene spesso pubblicavano le 
carte senza la graduazione della latitudine e longitudine, e quando di 
queste le adornavano, commettevano non pochi errori, sia che seguissero 
ciecamente TOLOMEO, sia che ne emendassero le cifre dei gradi latitu- 
dinali e longitudinali. Imperocchè si sa che ai tempi del geografo ales- 
sandrino pochi erano i luoghi di latitudine nota, la quale generalmente 
si rinveniva coll’ osservazione dell'ombra delgnomone ; pochissime, poi, 
o quasi nulle, le cognizioni delle longitudini, che si deducevano dall' os- 
servazione degli eclissi. 

Queste due coordinate geografiche dedusse ToLomeo, come già 
aveva fatto Marino di Tiro, dalla compulsazione degli itinerarî terre- 
stri e marittimi. Ma fosse causa l'insufficienza di questi o la poca cri- 
tica dei due geografi, certo è che anche ToLomeo, il quale pur volle 
correggere Marino, sbagliò di molto nel fissare le posizioni geografiche 
dei luoghi. Quando poi si volevano correggere le cifre tolomaiche, si 
camminava senza norme fisse ed altro non si faceva che aumentare la 
confusione. 

Il MERCATORE, nel comporre le carte moderne, tutte le graduava 
all'infuori di pochissime, che rappresentavano ristrette regioni. La gra- 


(1) § 20. 

(2) § 14. 

(3) Evangelicae historiae quadripartita monas, sive Harmonia quatuor Evange- 
listarum, in qua singuli, integri, inconfusi, impermixti et soli legi possunt, et rursum 
ex omnibus una untversalis et continua historia ex tempore formari digesta et de- 
monstrata per Gerardum Mercatorem, Illustrissimi Ducis Fuliae Cosmagraphum. Duts- 
burgi Clivorum 1592. 

(4) Gérard Mercator: Sa vie et ses oeuvres, p. 202. 





— 247 — | 
duazione era di gran lunga superiore, in bontà, a qualsiasi altra ado- 
perata in quel secolo. 

Consultati i più celebri geografi dell’ antichità, ERODOTO, STRABONE, 
Pumio, Meta, l'itinerario d’ ANTONINO, il periplo di ARRIANO, le de- 
scrizioni e le carte dei moderni naviganti e viaggiatori terrestri, fra 
i quali teneva un posto distinto Marco Poto, corresse le latitudini e 
le longitudini date da ToLomeo. Per avere un esempio degli errori sco- 
perti e delle correzioni fatte, basta leggere il capitolo che, nella Decda- 
ratio insigniorum utilitatum quae sunt in globo terrestri, coelesti, et an- 
nulo astronomico, di cui si disse al § 9, è intitolato: De Jlongitudine 
Exropae castiganda, et quod meridianus insulae Corvi non transit per 
Novam Indiam, sed sit orientaister (1). TOLOMEO credette, egli dice, che 
il littorale africano scendesse dalle Colonne d'Ercole in retta linea verso 
il mezzogiorno, come si ha dalla navigazione di ANNONE cartaginese ; e 
però, essendo alle Isole Canarie |’ inizio delle longitudini, fu costretto 
ad estendere di molto verso occidente la Gallia e particolarmente la 
Spagna, affinchè il lido d'Africa potesse seguirne la direzione verso mez- 
zodi. A chiarire tale errore ricorre alle navigazioni fatte, nei nuovi 
tempi, nel Mediterraneo, nell'Oceano settentrionale e lungo il littorale 
africano sino alle Colonne, e, giovandosi degli autori di geografia an- 
tichi e moderni e dei recenti itinerarî, stabilisce doversi la longitudine 
dell'Europa contrarre molto verso oriente in guisa che il lido occiden- 
tale di Spagna dov'è Finisterra, posto da ToLomeo a 5° 114, si trovi 
a 20° e che Capo S. Vincenzo, dallo stesso collocato a 3°, giaccia 
a 11° (2). Che in tale modo le cose si comportino, soggiunge, vedesi 
dalla carta dell’ Europa e delle regioni limitrofe, in cui i dati desunti 
dagli antichi autori, dai naviganti, dai viaggiatori, dalle tavole geogra- 
fiche e nautiche furono così conciliati, che ogni cosa trovasi nella mas- 
sima corrispondenza da non dovere dubitare della longitudine data alla 
Spagna. Ed in vero, nota ancora, nella nostra descrizione le longitudini 


(1) Il detto capitolo è a pag. 19 dell'edizione della Declaratio, fatta dal VAN 
RARMDONCK e ricordata al $ 9. 

(2) L'autore della Deciasatio dice che, facendo gli accennati studî, si trova: 
longitudinem Europae multum in orientem contrahi ita ut occidentalis Hispaniae lit- 
tera, ubi Caput Finisterrae est, ad 20 graduum longitudinem retrahantur, quae Pto- 
lomacus ponst is gradu 5 cum 114; item caput Sancti Vincentii habeat in longitudinem 
greduum 11 fere, quod Ptolomaco est in 3 gradu. Ci siamo adattati per la longitu- 
dine -di Capo S. Vincenzo, non alla cifra 2 del testo stampato, ma alla cifra 11 del 
manoscritto di Venezia, posseduto dal professore JACOLI e riferita nel $ 9, come a 
quella che più serba l'apparenza della verità. 


— 248 — 
dei luoghi non si scostano da quelle di ToLomro, se non andando da 
Colonia Agrippina e dall'Italia verso occidente, e ciò non molto in 
Gallia, così che I’ antica isola anglica conserva la longitudine tolomaica, 
ma grandemente ne differisce la Spagna, mantenendosi poi l'Isola del 
Ferro, l’ultima delle Fortunate, nella longitudine di ToLoMmeo. 

Il MERCATORE, quando scrisse il nominato opuscolo della Decle 
ratio, riteneva, per le avute relazioni e come si dirà nel $ seguente, 
che la declinazione magnetica fosse nulla all'Isola del Corvo, la più 
occidentale delle Azore, e che il meridiano della stessa isola, secondo 
le sue teorie sul magnetismo terrestre, passasse pel polo magnetico. Grande 
importanza attribuiva a tale meridiano che, badando alla latitudine del- 
l'isola ed alla sua distanza dalla costa del Portogallo e propriamente da 
Lisbona, trovò distare in longitudine dal Brasile per 1° r[2, mentrei 
seguaci di ToLomeo lo facevano, per una buona parte, attraversare 
l'America (1). 

Le carte nautiche del Mediterraneo, che da molto tempo andavano 
componendo i cartografi italiani, debbono avere giovato moltissimo al 
geografo di Rupelmonde nella correzione di certi errori di ‘ToLowro. 
Così la longitudine di 62° che questi dava al Mediterraneo egli ridusse 
a 53°; è in questa ultima proporzione che si presenta quel mare nelle 
carte Mercatoriane (2). Cosi alla penisola italica che, secondo TOLOMEO, 
è quasi nella direzione del parallelo, il MERCATORE dà un’ orientazione 
che si approssima a quella delle carte attuali, e la Sicilia, il cui ‘lato 
settentrionale era posto in direzione tra mezzodì e ponente, viene meglio 
rappresentata, sia per la sua forma triangolare, sia per la migliore orien- 
tazione, quantunque e l'una e l’altra non siano ancora come nelle mi: 
gliori tavole odierne. 


(1) L'autore della Dec/arazio, in fine del citato capitolo: De lomgitudine Ex 
ropae castiganda etc., ha: Supputemus quantum differat longitudine Insula Corvi ab 
extremo littore Hispaniae: quoniam autem Insula Corvi distat poo lencis «a proximo 
littore Portugalliae, quod Olissiponam circa est, id quod in parallelo latitudinis 39 
graduum fere, comprehendent ha 300 lencae longitudinem graduum 21 112, proximt, 
quare Insula Corvi erit in longitudine gr. 349 112, est crim littus proximum Olissi- 
ponae in gradu longitudinis 11 fere. Atqui Caput Sancti Augustini in Bresilia, pr° 
ratione distantiae ab Africa quam veriores quacque tabular habent, consistit in grada 
longitudinis 348: meridianus ergo qui per Insulam Corvi ducitur oricntaliter 4 
Bresilia 1 gr. cum 112. Per la longitudine di Lisbona (Olissifona) non ci siamo 
attenuti alla cifra 2 data dal testo stampato, ma alla cifra 1t offerta dal manoscritto 
di Venezia e riferita al $ 9, come a quella che ha tutta l'apparenza della vera. 

(2) Cfr. Géographie du moyen-dge par JOACHIM LELEWEL, Bruxelles 1352. Tom. 


II, p. 191. 


— 249 — 

- La graduazione delle carte lo portò a fissare le dimensioni della 
sfera terrestre; e però fece il grado della circonferenza massima uguale a 
60 miglia italiche, pari a 15 miglia germaniche, ao francesi e 18 ispa- 
niche (1). 

§ 24. — Grande importanza ha nella cartografia la scelta del 
meridiano dal quale hanno origine le longitudini. Il nostro autore, nelle 
prime carte che ha costruite, ricorse al meridiano iniziale degli antichi, 
adoperato da TOLOMEO, passante per le Isole Fortunate o Beate, ribat- 
tezzate nel medio evo, quando nuovamente si scopersero, col nome di 
Canarie. Così fece ($ 7) pel mappamoudo del 1538 ; così per la sfera 
terrestre ($ 8), costruita nel 1541, il cui primo meridiano transita per 
l'Isola Forte Ventura, la maggiore delle Canarie. Più tardi credette 
utile porre l'origine delle longitudini nel meridiano che passa: pel polo 
magnetico. E siccome nel 1552, per riferite testimonianze, riteneva che 
la declinazione magnetica fosse nulla all'Isola del Corvo (2), la più occi- 
dentale delle Azore, così sarebbe da presumere che dal meridiano di 
quest’ isola avesse contate le longitudini nella carta dell’ Europa pubbli- 
cata (§ 13) nel 1554. Devesi tuttavia osservare che il citato Hyer 
dallo studio fatto sull’esemplare della Ewurofae descriptio, scoperto nella. 
biblioteca di Breslavia, conchiuse l'origine delle longitudini essere al- 
l'Isola del Ferro, la più occidentale delle Canarie. E siccome il MeEr- 
CATORE aveva eseguita la delineazione della carta qualche anno prima 
a Lovanio e là incominciatane la incisione, la quale fu poi interrotta 
per l'avvenuta emigrazione a Duisburgo, così spiegasi come abbia se- 
guitato a mantenere l'origine delle longitudini all'Isola del Ferro ed 
abbia dovuto rinunziare a collocarla là dov'era indicata dalle sue in- 
vestigazioni. 

E nel planisfero del 1569, dove pose l'origine delle longitudini? 
Le ulteriori testimonianze procuratesi intorno ai luoghi in cui è nulla 
la declinazione magnetica lo indussero a mettere quella non al meri- 
diano dell’ Isola del Corvo, ma al meridiano delle Isole del Capo 
Verde, Sal, Bonavista e Mayo. Invero nella iserizione del plani- 


(1) Vedi la leggenda: Distantiae locorum misurandae modus nella carta ad 
usum mavigantiue del 1569, ed altra sulla sfera terrestre dello stesso MERCATORE. 
Vedi pure in Galliae tabulae geographicae per Gerardum Mercatorem la In usum ta- 
bularum admonitio. 1 

(2) Nellopuscolo: Declaratio ecc., di cui si disse al § 6, e precisamente al 
espitolo intitolato : Zagwisitio lengitudinis ac latitudinis poli magnetis, si ha:.... quia 
imtelligo quod magnes, sive acus magneti attrita, berum seplentrionem ostendit in in- 
sula Corvi..... : 2 


3 


sfero intitolata: De longitudinum geographicarum.. et polo magnetis si 
ha: Zestatur Franciscus Diepanus, peritissimus navarchas, volubiles 
libellas, magneti virtute infectas recta mundi polum respicere sn 18 
sulis C. Viridis, Salis, Bonavista et Majo, cui proxime astipulan 
fur qui in Tercera, aut S. Maria (insulae sunt inter Acores) id 
fieri dicunt, pauci in carumdem occidentalissima Corvi nomine id contin 
gere opinantur. Quia vero locorum longitudinis a communi magnetis et 
mundi meridiano justis de causis initium sumere oportet, plurium testimo 
nium sequutus per dictas C. Viridis insulas protraxi, et quum alibi plus 
minusque a polo deviante magnete polum aliquem peculiarem esse oporteat 
quo magnetes ex omni mundi parte despiciant, eum hoc quo assignavi loco 
existere adhibita declinatione magnetis Ratisbonae observata didici. 

E però, come mostra anche l'ispezione del planisfero, pose I’ origine 
delle longitudini al meridiano delle Isole del Capo Verde e precisa- 
mente a quello che passa per le Isole Mayo, Bonavista e Sal. Il quale 
attraversa le Isole Azcre, tagliando le Isole S. Maria e S. Michele, ra- 
dendo la costa orientale della Tercera ed avendo a ponente ed alla 
distanza longitudinale di 6° l'Isola del Corvo che è la più octidentale 
di tutte le Azore; ha poi a levante ed alla distanza longitudinale di 2° 
l'Isola del Ferro, la più occidentale delle Canarie. 

In qual punto del primo meridiano è il polo magnetico ? Sulla carta 
è segnato con una rupe altissima posta alla latitudine di 74° ed alla 
longitudine di 180°; è, dunque, sul meridiano delle Isole del Capo Verde 
oltre il polo ed alla distanza da questo di 16°. Ecco come si esprime 
l'iscrizione che è a lato della nominata rupe: Aiic polum magnefis esse 
ef perfectissimum magnetem qui religuos ad se trahat certis rationibus colli 
gilur, primo meridiano quem posut concesso. 

Quale, poi, è il meridiano iniziale nell’ Atlante Mercatoriano > Il 
LELEWEL, -che tale questione studiò in modo particolare, dice come ab- 
bia ricercato il meridiano iniziale paragonando le longitudini di molti 
luoghi e come abbia trovato l'origine delle longitudini essere, per le 
carte dell'Atlante, e quando nulla sia detto in contrario, all'Isola del 
Ferro, la più occidentale delle Canarie (1). 

§ 25. Il geografo di Rupelmonde fu tra i primi ad addentrarsi 
nella questione del magnetismo terrestre. Meglio degli altri seppe stu- 
diarla, stabilire alcuni principî e dare un modo di calcolare la posizione 
- del polo magnetico. Le linee generali del suo sistema sono nel citato 


- . (1) Gbographie du moyen-dge par Foackim Lelewel. Bruxelles 1852, Prolego- 
meni, num. 261. . 





{§ 9) opuscolo: Declaratio insigniorum utilitatum, ecc., e precisamente 
nei quattro capitoli: Esse folum aliguem magnetis et ubi sit; Inquisitio 
dongitudinis ac latitudinis poli magnetis; Inventio longitudinis per magne- 
Sem; Invenire magnetis declinationem quolibet loco per globum, ed anche 
meglio nella lettera (§ 17) al vescovo di Arras in data del 1554, ri- 
postata dal Breusinc (1). Nelle quali scritture è calcolata la posizione 
geografica del polo magnetico (2). Altri avevano già discorso della de- 
clinazione magnetica. Egli tutti li superò nello studio di tale fenomeno; 
nè fu inferiore ad autori posteriori. Dove, poi, ha la vera priorità è 
nella trattazione del polo magnetico. Finora tale merito si attribuiva a 
Martino Cortes che nella sua opera pubblicata nel 1556 discorre di 
punti di attrazione magnetica sulla superficie della terra (3). Ma le date 
rendono probabile che il Corres abbia avuta notizia e dell’ opuscolo e 
della lettera del MercaTORE e che dell’ uno e dell’ altra siasi giovato (4). 

§ 26. — Di grande abilità ha dato segno il MERCATORE nel procurarsi 
tutti i dati necessari alla formazione delle molte carte che ha composte, e 
di sommo criterio nel vagliarli, conciliarli e coordinarli. Le stesse stanno 
a significare com'egli possedesse tutte le doti di cui dev'esser fornito 
il geografo. Sopra tutte emerge ($ 17) la gran tavola universale del 
1569. È una figura così completa, così esatta della superficie terrestre, 
che fa stupire com’ egli sia riuscito a farla tale. Lascia, di gran lunga, 
dietro di sè, tutti i mappamondi venuti allora in luce, ad esempio, le 
mappe ovali del Munster, del Casoto, dell’ ORTELIO (5). Il Breusine, 
paragonando fra loro i due planisferi del MercATORE e del MUNSTER, 
giustamente osserva come questi, che pur fu un grande cosmografo, 
abbia fatta un’ immagine della terra molto sformata, e quegli siasi mo- 
strato meglio istruito delle più recenti scoperte e pieno d’ingegno nel- 
Y offrire una fedele rappresentazione dell’orbe. 

Aveva relazioni con molti chiari personaggi che potevano sommi- 
nistrargli ragguagli sui più recenti viaggi, sopra le navigazioni e scoperte 
ultime. Era in corrispondenza, in tutte le parti del mondo, con Italiani, 
Spagnuoli, Portoghesi, Francesi, Tedeschi ed Inglesi. In Asia corrispon- 


(1) Gerhard Kremer, gen. Mercator. Duisburg, 1569. 

(2) Vedi anche l'iscrizione: De longitudinum geographicarum origine et de polo 
maguetis, che è nella tavola ad usum navigantium del 1569. 

(3) Breve compendio de la sphera y de la arte de navegar..... compuesto por 
Martin Cortes... dirigido al invictissino Monarca Carlo Quinto.... Sevilla 1550. 

(4) Conf. BreusIxG, op. cit. o 

(5) Veggasi in riguardo alle mappe ovali dei nominati autori: Ze professioni 
delle carte geografiche per M. Fiorini. Bologna 1881; pp. 507-600. 


deva col fiorentino FiLiePo SassertI dimorante a Goa, dov'era soprain- 
tendente alla provvista dei pepi da spedirsi a Lisbona. 

È da maravigliarsi, nota il van RAEMDONCK, come abbia potuto essere 
così esattamente informato delle nuove scoperte, ad onta del mistero con cui 
Spagna e Portogallo tenevano coperti i risultati delle loro spedizioni e 
benchè in quei tempi non si pubblicassero, come ora, giornali e bol- 
lettini. 

§ 27.— Tutti i rami della Geografia furono da lui coltivati. Nella 
Geografia storica era versatissimo. Se ne hanno prove, ad ogni passo, 
nell’ 4¢/lante ed in particolare nella gran carta universale del 1569. Al- 
cune iscrizioni che questa adornano sono vere monografie di Geografia sto- 
rica. Tale la terza ed ultima parte della leggenda posta sotto la dedica in 
cui spiega quali sono le parti del mondo cognite agli antichi, e ciò affinchè, 
egli dice, non sieno ignoti i limiti della Geografia antica e si attribuisca 
tutto l'onore dovuto ai secoli passati. Tale la iscrizione: De Presbitero 
Loanne asiatico et prima dominti Tartarorum origine; tale l’altra: Quod Ni- 
ger in Nilum fiuat; tale infine quella intitolata : De vero Gangis et Aureae 
Chersonesé situ. Come pure sono da menzionarsi le iscrizioni intorno al 
meridiano di ripartizione tra i possedimenti Spagnuoli e Portoghesi, alla 
circumnavigazione dell’ Africa per opera di Vasco DE Gama, ed alla 
prima circumnavigazione del mondo fatta da FERDINANDO MAGELLANO. 

Della Geografia politica aveva un chiaro concetto. Ne fanno fede 
i testi che illustrano le varie carte e particolarmente quelli che ador- 
nano le tavole della Gallia (Francia e Paesi Bassi) e della Germania; 
dov' è ampia spiegazione dell'organismo dei governi, delle circoscrizioni 
amministrative dei vari Stati, dei privilegi e doveri dei vari ordini di 
cittadini, nobiltà, clero, popolo, plebe; dove appositi capitoli sono con- 
sacrati ai vari consigli, alle assemblee, alla milizia. 

La storia naturale e |’ etnografia delle varie regioni non sono tra- 
scurate. I discorsi illustrativi delle carte non mancano di darne oppor- 
tune notizie. Ben può dirsi che la Geografia fisica trova nel MERCATORE 
un valente cultore. L’ orografia e l'idrografia dei vari paesi sono sempre 
rese patenti, sia nelle carte, sia nelle loro illustrazioni. 

Dove, poi, emerge in modo sorprendente l'ingegno del MERCATORE 
è nella Geografia matematica. Che questa gli fosse famigliare, che per 
opera di lui da bambina siasi fatta adulta, risulta dalle cose fin qui dette, 
ed anche meglio apparirà da quanto si discorrerà nella seconda parte 
di questa scrittura, la quale sarà intieramente consacrata ai sistemi di 
projezione adoperati nella composizione delle varie sue carte. 


APPENDICE AL § 8° (1). 


Dei globi terrestri e celesti prodotti in gran numero, prima a 
Lovanio, poi a Duisburgo, dall’ officina di GeraRrDo MERCATORE ben 
pochi, per quanto si sa, a noi pervennero. Oltre le quattro coppie di 
sfere (terrestre e celeste) esistenti, come si è detto, a Weimar nella 
Biblioteca granducale, a Vienna nella Libreria della Corte imperiale, a 
Parigi nel Museo astronomico dell’ Osservatorio, a S. Nicolas del Belgio 
nel Circolo Archeologico del Paese di Waas, i cultori della Geografia 
storica altra ne venivano a conoscere, la coppia, cioè, conservata a Na- 
rimberga (2). Ora gli stessi hanno ben ragione di rallegrarsi, imperocchè 
di recente fu constatato come la Biblioteca di Cremona abbia il vanto di 
possedere due sfere Mercatoriane, l’una terrestre, l’altra celeste. Il fortunato 
scopritore di sì prezioso tesoro geografico è il dott. GruLio CERADINI di Mi: 
lano, che nel mese di novembre ultimo, attendendo in Cremona a certi suoi 
studi sulle vecchie edizioni della Geografia di ToLomteo, fu preso dal de- 
siderio di esaminare due globi che adornavano le sale di quella biblio» 
teca e che ben presto riconobbe essere opera del gran MERCATORE (3). 

IH CerapinI dava ragguaglio della sua importante scoperta in una 
Memoria uscita nel giornale // Podifecnico di Milano, fascicolo del di- 
cembre 1889, ed intitolata: Due globi Mercatoriani della Biblioteca di 
Cremona. Egli ebbe la bontà di comunicarmi le bozze impaginate 
della prima parte della sua pubblicazione; ed io approfittai di tanta 
cortesia per trascrivere in parte quanto riguarda la descrizione delle 
due sfere. A pag. 732 leggesi: 

« I due globi di Cremona sono elegantissimi per disegno, per 
« incisione e per ricchezza di colori, anzi persino di dorature. Hanno 
« entrambi le stesse dimensioni e, tranne alcune screpolature ed abra- 
« sioni e qualche fessura, si trovano in istato abbastanza buono di 
« conservazione. Sono montati identicamente sopra un piede di legno, 


(1) Vedi a pagg. 101 e segg. del fascicolo di geanajo a. c. 

(2) Allgemeine deutsche Biographie, Tomo XXI, pag. 385. 

(3) Il Dottore J. VAN RAEMDONCK (Annales du Cercle archéologique du Pays 
de Waas, Tom. XII, 3° livr., 1890) annunzia che era stato avvisato dal dott. Cr- 
RADINI con cartolina postale del 12 dic. 1889, come in Italia fossevi un esemplare 
abbastanza bene conservato delle due sfere Mercatoriane e che il Sig. J. BUONAUNO, 
bibliotecario della Biblioteca governativa di Cremona, con lettere del 18 e del 21 gen- 
najo 1890 lo informava che le sfere segnalate da Milano erano quelle della Biblioteca 
di Cremona. 


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— 254 — 

il cui lavoro però è così poco elegante in confronto di quello del 
globo stesso, che io dubito assai di poterlo attribuire all’ officina di 
Mercatore. Consiste in un anello orizzontale del diametro interno 
di 42 cm. ed esterno di 52 cm. o poco più, sagomato alla peri- 
feria e sostenuto da quattro colonnine tornite, tra loro equidistanti, 
che hanno per base altrettanti regoletti disposti radialmente in modo, 
da formare le estremità di una croce retta. Sulle estremità centrali 
di questi regoli o peducci, dentro la gabbia formata dalle quattro 
colonnine, riposa un disco massiccio, parimenti sagomato alla periferia, 
dal centro della cui faccia superiore sorge un cilindretto, che presenta 
nella sua base rivolta in alto un intaglio diametrale. In questo, e in 
due intagli simili, praticati in punti diametralmente opposti del lembo 
interno dell’ anello, che chiamano orizzonte razionale, passa il meri- 
diano, cioè un anello di ottone, spesso 4 mm., largo 18 mm. e gra- 
duato nel solito modo sopra una delle faccie piane. Il legno poi è 
coperto di una vernice bruna, quasi nera, meno la faccia superiore 
dell’ anello orizzontale, che è, o piuttosto doveva essere, bianca, per 
dar risalto alle scale, ai nomi dei mesi ed ai segni dello zodiaco, 
che vi sono rappresentati nel solito modo, ma del pari grossolana- 
mente (1). » 

« L'altezza totale di questo piede è di circa 32 centimetri, mentre 
é di 22 centimetri la distanza tra la faccia inferiore dell’anello oriz- 
zontale e la superiore del sottoposto disco. Quest’ ultimo porta poi 
incastrata a raso in prossimità della periferia della faccia superiore, 
in un punto equidistante da due colonnine contigue, una rosetta o 
piastrella di ottone, la quale presenta un’ apertura circolare nel cen- 
tro, dal cui fondo piano sporge una piccola punta. Io penso che 


(1) « Della storia di questi globi e delle pubblicazioni, che vi si riferiscono, 
io non ebbi, nota il CERADINI, ad occuparmi, se non dopo il mio ritorno da Cre- 
mona, dove prima non era mai stato e dove anche questa volta non mi trattenni 
che pochi giorni. Voglio dire che, non avendo conosciuto in tempo utile il libro 
di Raemdonck, non poteva pensare di assicurarmi se il bianco del circolo zodia- 
cale fosse un anello di carta in quattro pezzi, come dice I’ istoriografo belga nel 
passo, come sopra ne ho testualmente riferito, piuttosto che una mano di vernice, 
come io credetti. Ora per reminiscenza non sono in grado di rettificar nulla in 
proposito ; e questo il minor male; ma devo inoltre confessare che, al momento 
di redigere a Milano questo articoletto, mi trovo mancare parecchi dati, dei quali 
non avrei trascurato di prender. nota a Cremona, senza la circostanza che allora 
mi parvero di poco valore. Sicchè io prego il benevolo lettore di volermi perdo- 
nare le omissioni per avventura numerose e qualche eventuale inesattezza della 
presente descrizione. » 








— 355 — 
nel buco della piastrella e sopra la punta dovesse collocarsi la teca 
di un ago magnetico, la. quale si voleva forse allora che potesse 
farsi ruotare a piacere. Questa ipotesi, avvalorata dalla circostanza 
che un ago magnetico andava sicuramente unito al doppio globo 
Mercatoriano dell’ anno 1552, lo è poi anche dal fatto che appunto 
ama bussola si vede nella base del tripode, che sostiene sia il globo 
terrestre, rappresentato nel frontispizio dell'edizione della Cosmografia 
di Pietro Apiano curata da Gemma Frisio (1), sia la sfera armillare 
rappresentata nel frontispizio del Trattato della sfera di Taisnero (2). 
Del resto è noto che anche i globi, che si fabbricano oggidi, ap- 
pena non siano di dimensioni troppo piccole, sogliono munirsi di 
una bussola nel piede. » 

« I due globi misurano il diametro di circa 41 centimetri, che 
corrisponde quasi esattamente alla periferia di 128 centimetri, loro 
assegnata dal Raemdonck (3), e per questa dimensione sono abba- 
stanza leggieri, essendo costituiti da un’ anima vuota di cartone im- 
pestato, come pare, con gesso, o forse coperto di uno straterello di 
questa materia, sul quale è poi agglutinata la carta. Sono entrambi 
imperniati, ma equilibrati molto imperfettamente, entro l’anello me- 
ridiano per due punte di ferro, che sporgono dai poli; forse qualche 
deformazione, che ha subìto l’anima di cartone, ed un agio sover- 
chio creatosi nei tre intagli, che abbracciano I’ anello di ottone, li 
hanno resi eccentrici, rispetto alla montatura: e le abrasioni della 
loro superficie, come pure qualche altro guasto di maggior conto, 
dipendono manifestamente da questa eccentricità, cioè dagli attriti, 
che col tempo si sono stabiliti fra la superficie della sfera e il lembo 
interno dell’ anello zodiacale: se pure si vuole ammettere che nei 


A A A A A A A a AA A A 


A AR A A A A A A A AA A A 


(1) Cosmographicus liber Petri Apiant Mathematici, jam denuo integritati re- 
stitutus fer Gemmam Phrysium. [tem ciusdem Gemma Phrysij Libellus de Locorum 
describendorum ratione, et de eorum distantijs inveniendis, nunquam antehac visus. In 
fine: Joan. Grapheus typis excudebat Antuerpia, Anno MDXXXIII. La prefazione 
epistolica di Apiano al principe Matteo, Card. Arcivescovo di Salzburg, è datata Zx 
foelici Landisuta, Anno MDXXIIII. Sept. Cal. Febr. 

(2). Zoannis Taisnier Hannonij utriusque Iuris D. Poetae Laureati, Mathe. 
de usu sphara materialis, etc. Colonine excudebat Ioannes Bathenius, Anno a Chr. 
mato MDLIX. 

(3) IL van RAEMDONCK, in Zes spheres terrestre et céleste de Gérard Mercator 
(Fsgr et 1551). Notice publiée & [occasion de la reproduction de ces sphères à Taide 
de fac-simile de leurs fuseaux originaux, gravés par Mercator et conservés à la Bi- 
bliothègue royale & Bruxelles. Saint-Nicolas, 1875, p. 17, dice che la circonferenza 
della sfera terrestre è di m. 1,2905 e ciò afferma per dire cosa più esatta di quanto 
aveva altrove asserito, come ha riferito il dottor CERADINI. 


— 3 56 — 
« tre secoli e mezzo scorsi dalla loro costruzione, questi globi abbiano 
« così spesso avuto occasione di servire a studî cosmografici, da do 
verne soffrire tutta la montatura. » 

« La carta, di cui ciascun globo è rivestito, consta di 14 pezt, 
cioè di 2 circoli eguali applicati alle calotte polari e di 12 spicchi, 
che completano la rimanente superficie della palla (1). Calotte e 
spicchi sono poi velati da una vernice lucida: certamente la famosa 
vernice, il cui modo di preparazione era un segreto al tempo del 
Mercatore, rivelato però da Ruscelli nel C. IV sopra citato delle sue 
Esposszioni (2). Gli spicchi, tutti eguali fra loro, sono divisi ciascuno 
a croce in quattro parti dall'equatore e da un meridiano; ma i me 
ridiani sono 24, perchè altri 12 corrispondono ai lembi degli spicchi. 
I circoli polari, che potevano del pari farsi corrispondere alla com- 
messura fra le estremità degli spicchi e le due calotte sferiche, 0 
collocarsi presso la periferia di queste ultime, sono invece disegnati 
presso le estremità degli spicchi; su questi inoltre sono indicati i 
circoli tropicali e il circolo dell'eclittica, il quale interseca la lt 
nea equinoziale nei suoi punti comuni al meridiano dell’ Isola del 
Ferro..... > 

In seguito, il dottore CERADINI, che certamente si riserva di tt 
portare le leggende della sfera celeste, riferisce le principali iscrizioni 
del globo terrestre e saggiamente le illustra. Noi, per essere brevi, le 
tralasciamo insieme alle loro illustrazioni. Ci piace soltanto osservare 
che le iscrizioni riferite sono in perfetto accordo con quelle che si leg 
gono nella riproduzione fatta a Bruxelles dei fusi di rivestimento delle 
sfere, terrestre e celeste (3). 


A 


A A A A A A A A AA a al A ee a 


(continua). 


(1) Ciò che il CERADINI dice intorno alle due calotte polari ed agli spicchi 0 
fusi di rivestimento è affatto consono colla pubblicazione: Sphére terrestre et sphire 
céleste de Gérard Mercator de Rupelmonde, éditées @ Louvain en 1548 et ISSI: Eé- 
tion nouvelle de 1875, d'apròs Voriginal appartenant à la Bibliothèque royale de Bel- 
gique. Bruxelles, 1875, nella quale sono riprodotti in fac-simile, oltre le due calotte 
polari, i fusi originali di rivestimento delle due sfere, incisi dal MERCATORE. 

(2) Tali Espositioni del RUSCELLI sono quelle stesse citate al nostro $ 8. 

(3) Vedi la pubblicazione citata nella penultima nota. 


F. — LINGUE PARLATE SOMALI, GALLA E HARARI. 


Note e studì raccolti ed ordinati nell’ Harar 
dall'ing. Luici BRICCHETTI-ROBECCHI. 


I vocabolarî che qui seguono sono di tre diverse lingue che, colle 
altre del N.-E. dell’Africa, di recente hanno attirato l'attenzione degli 
orientalisti: cioè quelle del galla, del somali e dell’ harari. 

Quanto scarsi fossero fino a poco tempo fa i sussidî per lo studio del 
somali, si può vedere dall'articolo pubblicato dal prof. Praetorius nella 
Zeitschrift d. deut. morg. Geselisch. XXIV. 

Il Manuale dell’Hunter ha accresciuto di molto la nostra cono- 
scenza di questa lingua, ma esso è ben lungi dall’ aver esaurito il sog- 
getto, e molte aggiunte si possono fare al lessico da lui raccolto; non 
parlo qui della sua trattazione grammaticale, nè della introduzione del 
suo libro. Notisi altresì che per lo studio del somali, manca tuttora un 
altro sussidio, che si ha per tante altre lingue africane, la traduzione 
cioè della Bibbia o di qualche parte di essa. 

Maggiori ajuti abbiamo per lo studio del galla, vuoi nelle grammatiche 
del Tutschek, dello Schmidt, del cardinale Massaja e del Viterbo, e nei 
lessici di questo e del Tutschek, e vuoi nelle traduzioni dei vangeli, dei 
salmi, delle 255% Stories, ecc., date dai missionari. Ma il galla, sic- 
come è noto, conta parecchi dialetti, che è importante conoscere distin- 
tamente, mentre i documenti e testi fin qui pubblicati appartengono 
in gran parte al galla dei paesi limitrofi allo Scioa. Le note gramma- 
ticali ed il vocabolario, che qui io pubblico, sono del galla parlato nel- 
l'Harar, ed hanno perciò una determinazione dialettale. 

Quanto all’harari, esso è per più riguardi importante; si tratta 
& una lingua semitica, sorella, piuttostochè un dialetto, dell’ amarica, 
ma dalla quale si devono sceverare i numerosi elementi arabici e hami- 
tici che vi sono penetrati. 

Se non m’inganno, tanto le note grammaticali, come il vocabolario 
che ora pubblico, avranno importanza anche dopo i lavori recentissimi 
del Paulitschke (Beitrdge sur Ethnographie und Anthropologie der Somal, 
Galla und Harari). 

In questi ultimi tempi, grazie ai lavori del Reinisch e di altri, le 
lingue hamitico-etiopiche, e quindi anco il somali e il galla, hanno 
acquistato importanza filologica. Dell’importanza pratica e commerciale 

di queste due lingue e dell’harari, specialmente per gli Italiani, sarebbe 
Stperfito tener parola dopo gli ultimi avvenimenti. 


— 25 8. — 

Questo lavoro che oggi licenzio per le stampe non è che l'insieme 
del materiale raccolto con fatica, se non improba, certo lunga e paziente, 
durante il mio ultimo viaggio e soggiorno nell’ Harar dal mese di lu- 
glio 1888 al mese d'aprile 1889. 

Nell’ intraprendere questo viaggio io mi proponevo di studiare non 
soltanto i vari aspetti geografici dei paesi che attraversavo, ma anche 
le lingue od idiomi parlati dalle diverse tribù degli Isa Somali, dalle 
tribù Galla e dagli abitanti dell’ Harar. E questa seconda parte del 
mio compito era naturalmente più necessaria pel viaggio stesso, dovendo 
io intendere e farmi intendere da quei popoli. 

Mi misi quindi all'opera, raccogliendo giorno per giorno e notando 
dapprima i vocaboli più comuni e poi le frasi, i modi di-dire usati 
presso i vari popoli, con cui mi trovavo a contatto. Ed in quest’ opera 
fui dapprima ajutato da un giovane Isa-Somalo della tribù degli Abr-aval, 
che avevo preso meco ad Aden, e che mi accompagnò quale servo ed 
interprete da Zeila all’ Harar. 

Quivi poi, licenziatolo, presi un tale Abdi della tribù mista Somali 
e Galla dei dintorni d' Harar, che mi era stato raccomandato dalla 
Missione francese; un giovanotto maligno, testardo, impostore, ma sve- 
gliato assai, che parlava e scriveva discretamente il francese, ma in fatto 
di lavoro non sapeva che servir messa; ond'io lo occupai in un'opera 
poco faticosa a lui, ma ntilissima a me. Ogni giorno io gli assegnavo 
un buon numero di parole, frasi, modi di dire in francese, ed egli do- 
veva, giovandosi pure dell'ajuto dei suoi amici, portarmene la tradu- 
zione nelle lingue dei Somali, dei Galla e degli Harari. 

Il molto materiale, disordinato e confuso, raccolto in tal modo dalla 
viva voce degli indigeni, fu più tardi da me ordinato sul luogo stesso; 
e mentre da una parte era per me un validissimo ajuto nelle relazioni 
con quei popoli, dall'altra, appunto, in tali relazioni ebbi agio di ve- 
rificare da me stesso, confermare, correggere e completare quanto prima 
altri mi aveva dettato. 

Questo fu un lavoro per me assai lungo ed arduo; e chi si occupa 
di studî linguistici può farsi un'idea delle difficoltà, contro cui dovetti 
lottare nelle condizioni difficili in cui mi trovavo. 

Veramente mi decisi allora per questi studî, perchè mi mancavano 
colà ogni suppellettile scientifica e gl’ istrumenti necessarî pei lavori della 
mia professione d'ingegnere; sicchè, per allargare il campo materiale 
delle mie investigazioni filologiche, lavoravo a tutt'uomo coi sussidi 
che l’attività, l’astuzia ed il caso mi offrivano, sia conversando cogli 
indigeni, quasi sempre sospettosi ed avari di parole, sia mettendo a con- 





tribuzione specialmente la loquacità delle donne e la espansione e mi- 
nor diffidenza dei fanciulli, ch'io prendevo al mio servizio col pretesto. 
di qualche lavoro, ma in realtà perchè mi fossero di ‘ajuto ne’ miei studî. 

Ma, se raccogliendo questo materiale, io non avevo punto in animo 
allora di farne un volume per le stampe, più tardi pensai che come 
esso fu assai utile a me, così potrebbe diventarlo a quelli che avessero 
occasione di attraversare quelle regioni. Ed ecco la ragione della mia 
pubblicazione. 

Non pretendo di aver fatto un lavoro tutto nuovo e completo. 
Se potrà recare qualche utile ai viaggiatori od al filologo, che studia le 
lingue dei popoli, io sarò soddisfatto di non aver sprecato tempo e 
fatica. 


ITALIANO HARARI SOMALI GALLA 
Abbandonare mahdag dein, dainin lakisu, lakaciù, 
dissù 
Abbandono mahdag dafnin, dain lakisu 
Adbassare maudak ràrid, ossaissin gadibusu 
Abbasso (1) vaza hosta, gotti (2) gotu, gaddi 
Abbattere magora govra’a (3) gorrau 
Abbondanza mabzab badin, badan heddu, baje, danu 
Abbosare (4) tab moscia. dhamein goddu 
preparare qualche  hbahad tab moscia vah dhamein va goddu 
cosa 
Abissino ahmàra amhàra amàra 
Abisso cer - bain (varar) allaja 
Abitudine malmad barascié baru 
Abluzione vuissa moscia veissaisan — dikacciù 
Abolire mablal _ bain ballesu 
Aborrire - matlat naanin (saluguin) tuflacciù 
Accamparsi (5) matghebal fadhissi taù 
Accendere matlahad hurin capsisu 
Accidente massubo massubo raga 
Acciecare (6) iumathfa indhatir giamsù 
Accogliere malkam gurrin guru 
Accompagnare  marigîia makhona rafighnin miciomù 
Accompagnare (7) malkalaq iskumadh kindest 
Accordare maborad damein ballama 


(1) In già, a valle d'un fiume. — (2) Cascata d’acqua. — (3) Scannare. — 
(4) Preparare. — (5) Sedersi. — (6) Render cieco. — (7) Mettere insieme, appajare. 


ITALIANO HARARI SOMALI GALLA 
Accrescere (1) mabzah badin eddinnesù 
Acqua mi bijo bieciatt 
Acquavite mid dadi 
Acquistare maukhab ibin bittu 
Acquistatore baj } ibis bitta 
Acquisto maukhab ibsamai bittame 
Adagio hisciet hisciet ailar; kasti, catsi suta 
Addio (2) salamadin nagà damacciù 
Addolcire (3) or laduan vajesù 
Addomesticare (4) adab matescia —edbin ° adabsù 
Adorare ma' a bud abud, abudnin  irrefaciù 
Adulatore kis sosobdii sobdu 
Afferrare malhad qabasciò kabu 
Affievolire daif makhona — gile è lafisu 
Affilare mabla’ h lesmin caru 
Afogare (5) mibemaboa mokiran limacciù 
Aforisma (6) gorsa vano gorsa 
Africa agiam agiam habascia 
Agente vakil damin, vakil 
Aggravarsi (7) ulaissin ulfesu 
Agire jel, jellin goddu 
Agnello thai valdi barar ilmo cla 
Agosto hagai zulla hagai adolesa 
Agricoltore harasci _ harasc kottù 
Agrimensore mahandis dhulhusli 
Agrimensura faris dhulhuslin 

misurare terreni mahandisa dhulhuslin 
Ajutare gargar gargar gargaru 

ajutami gargar usciagii i gargar nagargari 
Albero juci ghed muka 

în altro albero alai iuci ghed kale muka bira 
Al momento (8) akka kolkaba, achtaba amma 
Altravolta (9) aval, nad horti duri 
Altrettanto (10) yi kes inta 8S 
Altrimenti (11) valov hadi kale jokan 

(1) Aumentare. — (2) Saluto, congedo. — (3) Pacificare. — (4) Rendere docile. 
col bastone e con altri brutti modi. — (5) Annegare. — (6) Sentenza, massima. — 


(7) Rendere più pesante. — (8) Tosto, subito. — (9) Anticamente. — (10) Parimente. 
— (11) In altro modo. 


ITALIANO HARARE SOMALI GALLA 
Altro alai ku kale cambirà 
Altrui alaiusu dad kale orma 
Amare maudad giail giaalacciù 
io amo uddakh van geélahai nan giala 
Ambisioso dam'à kortù 
quell'uomo è molte niukanni vu dam’A namni kuni kor- 
ini. badan jahai tuda 
Amichevolmente sahib nimo micioma 
Amicizia gallat, hakibo . gallad, abal miccioma 
Amico sahihib sahib micciù 
moi siamo amici sahibiutaua sahib bau nahai numiccit 
Ammirare ma’ 4 giab jabnin giaggiù 
Amore mandad gieal giaalala 
Andare maletha sood demu 
endare a un poste ahad ataibemaletha melt sood bakke takka demu ‘© 
Anello makhtar katùn, farati amarti 
mettere Tanelload makhtar esbile katùn è galis amarti kaù 
ansa donna 
Animare ruh margagab nolein giracisù 
Animosttà manna | hin, adaig giabba 
Annaffiare markas, massccia ghoin, varabin obasu 
Anno amat amad bara 
anne intero amat giamui amad idil ‘bara unda 
Annuncio (1) dignin dignin dignina 
Anticipare avalbe moscia —horraissin dursu 
Antico ziraga gumeis duré 
Aztro (2) gadu habal auvala 
Antropofago bulghu bulghi bulgù 
Apatia, apatico ssee zalta vahanan vah ehain 
Ape nagiat scinni cannisa 
Appajare (3) kindi m’ascia ghindijain kindesu 
Appear cechio makdagîia dahanti dahù 
Apparentare (4) hamaci-ghai hididov firomu 
Apparire (5) matraa mughascio mullacciù 
| ~Appartenere manara lahan kabbaciù 
Applaudire — igi mahmat babbaain arcadaù 
Applicare lasibe marad —duldbignin irra 


(2) Staffetta, corriere. — (2) Caverna oscura. — (3) Scegliere, mettere in- 
sieme a paja. — (4) Imparentare, dare parenti. — (5) Mostrarsi. i 


— 363 — 


ITALIANO HARARI 
Apprestare — mascia 
Approfondire 


Appropriarsi (1) mandaf 


Approvare (2) kodha moscia 

Aquila 

Arboscello titit inci 

Arbusto haram 

Arcata 

Archeggiare vandalla moscia 

Archibugio fatilat 

Archibugiere fatilatzat 

Arciere béu 

Arcione incikora 

Arcipelago gazira 

Arco (3) digan 

Arcobaleno gamela hancot 

Ardente mok 

Ardentemente fitanfitan 

Argento mahalag, mét 

Argentatore (4) sajakh 

Aria duf 

Arma thar 

Armata gaz 

Aromatico ji succzal 

Arrecare (5) madègia 

Arrestare makhtar 
arrestare qualcuno 

Arrivare makorar 

Arrogante fiz maklat 

Arrotonaire. ‘mandolal 

Arsenale mahava jasimzal 

Artefice lablal 

Arteria urao 

Articolazione birki 

Aspettare mékab 

Aspro mur 


* . (1) Appropriazione. — (2) Confessare una cosa. — (3) Arma per scagliar 
freccie. — (4) Orefice. — (5) Portare. — (6) Luogo ove si vendono le armi. - 


SOMALI 
samain 
dherain 
gadascio 
ghodhein 
bovbov 


gira, ghedjarjar 


haran 
gobaban 
ghalloin 
fatilad 
atiladlei 
midgau 
moghatin 
gazirado 
ghauso 
degàn 
kulul 
degdeg 
lhag, laag 
sajakh 
dabail 
hub 
ol 
ghed fidug 
kèunin 


dabfl elin 
vah elin 


gaduin, ghadhin 
harragobilase 


kusnin 
hublei (6) 
olol 
halbavola 
hubin 
suguin 
gillavo 


GALLA 


‘ ghodhù 


deresu 
fudacciù 
varegu 
risa 
cirra 
harama 
godde 


uata 
mocakora 


gobo 
anciufgari 
ona 

meta 


bubbe 
mia 
dula 
mukaurga 
fidu 
dorvù 

vah dorvà 


dùfu 


bona karamale 


‘kurfesu 
idemja 
belbella 
hidda 
humna 
afù 
sciacca 





Attaccare (3) 
Attaccare (4) 
Attenuare 
Attenzione 
Atterrare 
Attestare 
Attestazione 
Atticismo (5) 
Attirare 
Attitudine 
Atterno (6) 
Attribuzione 
Attristare 
Attualmente 


(1) Certezza. — (2) Entrare in società. — (3) Legare. +— (4) Sospendere. 


— 263 — 


HARARI 
magdal 
astha moscia 
galgheb 
hakibo moscia 
hakiba 
ji dalghizal 
gargar 
masserak 
dagagambe 
dagagam © 
ghima masta 
fitah 
maftah 
maklal 
kasbibe 
kafir 
makfarle 
duf 
helat 
hiraragiia 
tollhik 
tollhùk 
magad 
maskal 
makbal 
dagaggam 
mavkat 
raga makab 
raga 


mazmad 
amal 

scirti 

kibri 
madbat 
akka, hakàh 


= (5) Lingua pura diuna tribù. (6) Dintorno. 


SOMALI GALLA 
dillin agiesu 
asthein astesù 
fagara asava 
hagagin akibesù 
hagàg akibo 
iskèn oggiatù 
gargar gargaru 

| sciariguin daùvaù 
kulanka’a rejesù 
kulan raja 
ghima bahin figiabasu 
fur ikame 
furin iku 
fududain kallisu 
kuhidhan ittiggiro 
kafir galla 
kufrinimo galloma 
leidh killensa 
vahsi dible 
guraa decama . 
kudala 
kudalnimo 
hidhnin hiddu 
sudhnin fannissu 
inghin erisu 
sugnin ‘ ubata 
riduin gigstr. 
markhatti, giogsad dugahimù 
markhatti dugahima 
alai 
gidnin archisù 
amal — amala 
mersan nanno 
amar agiegia 
nahdin dibù 
agta amma 


— 264 — 


ITALIANO HARARI 
Audace geghna 
Audacia geghnanat 
Aumentare 
Aurora fagiar 
Ausiliario gargar 
Autunno mahdag 
Avant teri sestina 

taccina (sr?) 
Avanzato in età maborad 
Avere manàra 
Avvallare (1)  mavhath 
Avvantaggio (2) faida 
Avventar colpì nassu 
Avventura (3) assara 
Avventurare 
_ Avverare (4) hullu moscia 
Avvertire 
Avvertire (5) mathebar 
Avvicinare maborad lakam 
m'oscia 
avvicinare una cosa 
Avvilire (6) rakhis 
Azione baiti 

guest asione ku sida 

Bagaglio mahaùa 
fare i bagagli mahata moscià 
Bagnarsi (7) 

bagnarsi nell'acqua 

Balbettare (8) ciabaqa, mala- 
flaf (9) 

Balbusie (10)  ciabaga laflafa 

Balbusiente laflafam 

Balena has 

Balla rasas 

Ballo 


SOMALI 
sagiaa 
sagiaanimo 
darsan 
gududka 
gargar 

deir 

dorad 
scialai (serf) 
idla, ragai 
lahan 
lighnin 
faido 

ku varhelsin 
sugtin 
suguin 
rumein 
schiegnin 
veidin 
dhovain 


vah so dhovain 
rakhis 
ugied 

ugied va 
hamam 

hamam samain 
isghoin 

bia isqùghoin 
giabagh, ghingan 


giabagh ghingo 
jahas 
rasas 
saab 


GALLA 
giegna 
giegna 
edumesù 
diminissa 
gargara 
birra 
dengadda 
kallesa (ieri) 
ture 
kabbaciù 
lichimsu 
gatti 

rùkùtù 
sigaccia 

afu 

dugomsu 
imù 

imi 

diessù 


vau diessa 
gatticiabsu 
amala 

amala kana 
mescià 

mescia goddu 
li ‘at 

bisciannitti Hmeccit 


ciabaqù ciabaka . 


tijti, harari 
sirba 


(1) Ingojare, inghiottire. — (2) Vantaggio, profitto, utilità. — (4) Accidente — 
(4) Verificare. — (5) Informare. — (6) Deprezzare. — (7) Lavarsi. — (8) Pronun 
ciare le parole articolandole con fatica -— (9) Ingarbugliare la pronuncia. — 
(10) Vizio di pronuncia. ° 








ITALIANO 
Bamba 
Banana 
Banco (1) 
Barba 


Barbugliare (2) 


Barbuto 
Barca (3) 
Basso (4) 
Basso Tin} (5) 
Bastardo 
Bastonare 
Bastone 
Bettello (6) 
Battere 
Battitura 

' Bava 
Bavare (7) 
Bavoso 
Beccajo 
Beco (10) 
Becco (11) 
Beduino 
Bellessa 
Bellissimo 
Bello 


Benedîre 
Benedizione 
Benefattore 
Beneficare 
Beneficio (19) 
Benessere 


Benfare 


— 265 — 


HARARI SOMALI 
keizaran gheidaran 
MOUZ mus 
vambar . barki, gambadh 
dabana gadh - 

giagiabin 
ghedir daban oof 
doni sajad 
taai hés 
taaj moscia hossaissin, jaran - 
dikala veel 
mahmath — ulein 
barti ul 
markab markab 
mokath, mahmath tunnin, gara’ a 
mokath °° tunnin 
cirer — dharer 
ciereram (8) dharer 
cireram dharerre 
suguia sugni 
kottorru af-had 
thaj vau 
giabali giabalia 
kumas ghureh 
ghuruh badan 
makomas ghuruh 
dua s’agagna duaisan 
dua moscia duain 
duo 
koram jasezal vanagsamais 
ajanov 
ajan 
koram amribe nolol-ada 
koram moscia vanageamain 


GALLA 
scimala 
musa 
gabata 
areda 


ghiugou 


doni, laki 
gababa 


dicala, baua 
daù 
ulé 


tumù 


gorora 
gororu 


(9) 


kottorru 
ola 


midaga 
sonau midaga - 
midaga 
ebifama 
ebisu 

ebba 
garigodda 
garomsu 
ajana 

gari giracciù 
gari goddu 


(1) Sedile qualunque, sedia. — (2) Pronunciare, parlare male una lingua. — 
(3) Canotto. — (4) Non alto. — (5) Abbassare. — (6) Bastimento. — (7) Fare, man- 
dare bava. — (8) Aggiuntivo. — (9) I Galla non uccidono animali nei pubblici mer- 
cati, nè vi vendono carne e perciò non hanno voce per dire beccajo. — (10) Becco 


d'uccello. — (11) Montone, ariete. — (12) Fortuna. 


ITALIANO 
Benifondi 
Benigno (1) 
Bentosto 
Benvenuto 
Bere 
Bestia 
Bestiale (2) 
Bestiame 
Bianco 
Biancastro 
Biasimare 
Bilancia 

tutto è sulla bi- 

lancia 
Bilanciare (3) 
Birra 
Bisogno 
Bocca 
Bollito 
Bongiorno 
Bontà 
Bordeggiare 
Bordone (4) 
Borsa 
Bottiglia 
Bottonare 
Bottone 
Braccio 
Bragia 
Brandire 
Breve 
Briglia 
Brigliare 
Brillante 
Brillare 
Brodo 


— 266 — 


HARARI 


taibezal 


akkazo , 
didgkhi 
massccia 
url 

kalbi zalela 
lam 

nacih 


‘ narik 


mathema 
mizan 


mathbaq 
gohoj 

hagia 

af 

zi basala-basar 
aman 
koramnat 
tharaf maletha 
vabé 

kisc 

qarura 

maskal 

digalu 

igi 

ciohot 

math 

hacir 

hakama 
hakama mesab 
ji birnizal 
maberan 
marakh 


SOMALI 

hosugir 

kher 

agta 

maitimid 

dhannin 

bahal 

sibab 

holo 

ad 

bora 

hamascio 

misau 

dish taliba ciah 

misau 

hagin ishagin 

farscio 

hagio 

af 

ad korsamai 

nabad mija 

vanag 

gharghar sood 

vabé (5) 

kisciad 


. gharurad 


sudnin 
assala 
gaan 
dhuhul 
dufascio 
gaban 
hakkama 
hakkamein 
dhalala 
dhalal 
fàd 


GALLA 
andura 
ebifama 
amuma 
odufte 


<a 


dugu 
binensa 
goùva 
loou 

adi 

bora 
ammaciù 
mizana 


kagelù 
farso 


agia 

afan 

bilcio 
naganbultè 
garoma 
dari ademu 
bombi 
korgio 
birille 
kulfesu, kulficajò 
kulfi 

arca 

cile 

butu 
gababa 
cianciala 
ciancialu 
cialalacà 
cialalacu 
danfa 


(1) Indulgente. — (2) Bestialità, sciocchezza. — (3) Tenersi in equilibrio ~ 


(4) Calabrone. — (5) Specie d’ape nera. 


ITALIANO HARARI SOMALI GALLA 
Brunire nacih adein cjalalacsu 
Brunito manthah ad cialalache 
Brutto amala folhùn fullama 
Bue bara dibi sanga 
Barro issise subag dada 
camollare nelbuero issise madbal subagain dadaidan 
vaso pel burro surré gumba, dhitto, okos ditto 
Cabina (1) gogio gogio 
Caca (2) gaf har 
Cacciare masdad erin ariù 
Caccia mosche  cira daghsi dhabe titis dorrua (titisa 
” mosca = dorrua 
impedire) 
Cadavere ginaiz mijid refa 
Cadenza halaf-halaf maleta agghad-basar’a 
Cadensare halaf-halaf male- agghad basar’u 
tabe 
Caf? bun bun buna 
Calce nurat nurad barascia, barassa 
Calcolare mahela tirin lacavu 
Calsolajo ascin ji safizal koba tole 
Camera gar aghal mana 
Cammello gamela ghel gala 
Campagna badia badia kottu 
Campagnuolo © ‘ari-gatcs badia dida 
Campana bilbila ‘ bilbila bilbilla 
Campestre dirré bannan (3) 
Campo (4) harsol ber oru, Orru 
Campo di guerra adava-ataj mel-ol bacheddula 
Canaglia bén sab, midgan vata 
Canale magat masno managalana 
Candela sciami sciamaa ipsa 
Candeliere sciami-jasimzal = sciamaalé mia ipsa 
Cane buci ej sarè 
Canestro mòt saffi safi 
Centare fakar guh veddisu 


(t) Piccola camera. — (2) Escremento. — (3) Non esiste l'aggettivo. — (4) Giar- 
dino, 


ITALIANO 


Capacità (1) 


Capanna 
Capigliatura 
Capitale 
Capo (2) 
Cappella 
Capretto 
Capriccio 


Carabina 
Chrico (3) 
Cartolajo 
Cartonare (4) 
Cartuccie 
Cassa 
Cassatesta (5) 
Casseruola 
Catenaccio (6) 
Cauzione 
Caustonare 
Cavaliere 
Cavalla 
Cavalleria 
Cavallo 
Cedere 
Cenere 
Censura 
Censurare 
Cento 

Cera 
Cerimonia 


Certezza 
Certificare 
Cessare 


HARARI 
akilnat 


gogio 
hartu 
uruss dinat 
&kil 
tasbih 
ghighi, dauvaldi 
ukube tha jùkun- 
zal 
savari-nifthi 
mathena 
gulab 
gulal 
rasas 
sathan 
qùl 
disti 
maftah 
raga 
makeab 
farasagna 
inisti faras 
farasagiia 
hangùlla 
marohak 
hamad 
madgadal 
madgadal 
bakla 
gaga 
tascrif 


hullu 
hullu memad 


mahdag 


368 — 


SOMALI 


GALLA 


faridaimo, faridui- gamnoma 


mo 

gogio 
halab 
rasmal 
farid fatid 
tusbah 
vùaar 
isjeljel 


bundugh-faraslej 
rarr 

gillàd 

gillad 
dabur-Rarub 
satdugh 
gambal 
disti 

maftah 
markhatti 
markhattifa? 
faraslei 
ghegîo 
faraslei 
muskah 
foghein 
dambas 
dirir 

dirir 
boghol 
gaga 


gogio 
martu 
duroma 
garttere 


ilmoree 
cora 


caùve farda 
fea 

gonfà 
gonfa 


sateni 
girma 
ochte sibilla 
bana 

raga 
dugabassu 
varafarda 
fardadalla 
abbafarda 
surri 

gogu 

dara 

lola 

lolu 

dibba 
gaga 


tachrifad, tascrifad gammadda, gf 


run 
run scieg 
dein 


mada 
duga 
dugahimù 
lakisu 


(3) Intelligenza. — (2) Uemo che sa, abile. — (;' Fardello. — (4) Incutsr® 
— (5) Batticapo, mazza. — (6) Lucchetto. 


ITALIANO 
Chiarezza 
Chiaro (1) 
Chiave 
Chiodo 


HARARI 
birrizi 
birrigh 
maftah 
musmar 


Chiudere col fue- maftah 


chetto 
Chinsura 
Cicala 
Cicogna 
Cielo 
Ciglia 
Cinquanta 
Cinque 
Circoncisione 
Citazione 
Civile 
Crvilizsare 
Civiltà 
Coccodrillo 
Coghere 
Coifo umano 
Colare 
Colica 
Colla 
Collare 
Collina 
Collo 
Colorare 
Colore 
Coltivare 
Comandare 
Commediante 
Commercio 
Comprendere 
Conchiglia 


Concorrenza 


gambari 
kabcior 
amora 
sami 
barima 
khamsin 
hamisti 


havsuma moscia 


matkahal 
namus 

namus moscia 
namus 
namusnat 
nacia 

malkam 
malgad 


kilkai 
jithalkizal 
mathbak 
sari 
angat 
sibbakh 
giusi 
marhas 
amri 
gadhé 
musafir 
magarad 


hul od 
kabagian 
saratossija 
jr 

barrima 
konton 
scian . 
hangiaf-goin 


jedum, sciarad’u 


namus 
namissein 
namus 
namusnimo 
nacia 
gurrin 
vasnin 
darèr (2) 


 sciuban 


dhegdheg 
dhegin 
dàd 

ghòr 
sibbakh 
midab 
ghodnin 
emar 
gadhi 
massefir 
hubsascio 
gholof 
dhuni, samain 


(1) Opposto di scuro. — (2) Che cola, 


GALLA 


ciufiù 


ciuffa 
koroppisa 
allatifarde 
sami, guraotia 
gnariggia 
sciantam 
scian 
dagnamura 
vamu 

nassaba 


nacia 

gurù 

salu 

jaù 

albati 7 
matansa, matanne 
matansu 

tullù 

morma 

hallu 

bifa 

kottù 

agiagiu 


nagade 
ubaciù 
gurduman 
gattitinnesù 


ITALIANO 
Condizione 
Conferire 
Confondere 
Confratello 
Conoscere 
Conquistare 
Consanguineo 
Consanguineità 
Consigliare 
Consiglio 
Consultare 
Consumare 
Contare 
Continente 
Contradire 
Contrario 
Convenire 
Convenzione 
Convertire 
Convitare (1) 
Coperto 
Coprire 
Coraggio 
Coraggioso 
Corda 
Cordare (2) 
Corno 
Coronare 
Corpo 
Correggere 
Correggia 
Correre 
Corrompere 
Corrotto 
Corte 

Corvte 
Cospirare 


sciarthi 


iser valdi 
maka 

zi marakhu 
abli 

ahlinat 
hirghi moscia 


hirghi moscia 
mamagad 
mahelak 
ahli 

sinau matnavat 
isbalad 
matkahal 
matkahal 
maamau 
matkehal 
libsi 
malbas 
zighat 

zig 

fatidt 
maghad 
qarni 

ekat 

basar 

tab moscia 
mathan 
marotha 
mablal 

zi balala 
abad 
kootbe zalel 
kota 


SOMALI 
sciarath 
dorascio 
halmàm 
ilma adèra 
oghon 
olku hel - 
tol 
tolnimo 
arimin 
guddi 
arinsascio 
gubnin 
tirin 

tol, arlo 
hadal-doris 
kalagir 
hechis, hesciss 
hesciss 
salinsin 
ujedhnin 
hu 

huvin 
adeig 
adag 
hadhig 
sbhnin 
ghès 
boghor 
gidh 
vanagin 
sun 

rorrin 
bain 

baai 

ardà 
bilasc daghsad 
ghottin 


(1) Invitare. — (2) Legare con corda. 


GALLA 
ballama 
gorù 
dogongoru 
ilman adera 
beku 

moù 
firoma 
firomo 
mariacciù 
mari 
mariacciù 
gubu 
lacaù 
lammi 
adangiacciù 
gargar 
valtaù 
valtaa 
amansisu 
bulfacciù 
ufata 

uviso 
giabeghia 
giaba 
fugiio 

hidu 

gafa 

mart 

nafa 

tolciù 

tepa 

cacciù 
ballesu 
bade 
ardaga 
ghidisu 
kottu 











— 271 — 


GALLA 


ITALIANO HARARI SOMALI 
Costruire macekal dhisnin giarù 
Cotone tuth dun girbi 
Crafpula udma halis maciaa 
Creatura ummad ummad uma 
Creasione makhlak unnin umama, uma 
Credenza siamana anim amana 
Credere maaman anim amanù 
Credito mugòt ghau, dein degu 
Crescere madar veinan gudacciù 
Criblo manthaf manthaf ghinghilcia 
Crine cira sein cira 
Crudele kiva adeig giaba 
Cucire — masfa tollin hoddu 
Cugino ham&ci seddi, ghanin sodda 
Calo fuddi futto udu 
Cuocere mabsal bislein, carrin afelu 
(continua). 


G. — STUDÎ PER LA RACCOLTA COLOMBIANA. 


@ 


7) Lettera del Re Emanuele di Portogallo a Ferdinando e Isabella di 
Castiglia, sopra la navigazione di Pedro Alvarez Cabral, nel suo 
ritorno dal Brasile, alla costa d' Africa (1500-1501) 


pubblicata dal prof. L. F. BELGRANO. 


L'Archivio di Stato in Venezia possiede un apografo cartaceo (1) 


della lettera indirizzata ai re cattolici dal loro genero Emanuele il For- 
tunato (2), per ragguagliarli della spedizione di Pedro Alvarez Cabral alle 
Indie, incominciata nel marzo del 1500 e compiuta nell’ estate dell'anno 
SUCCESSIVO. 

Io ne ebbi cortese notizia dal compianto comm. Bartolomeo Cec- 
chetti; e rendo grazie al Ministero dell'Interno, il quale, accogliendo 
la proposta di quel dotto Sovrintendente degli Archivî veneti, permise 
che il documento fosse trasmesso temporaneamente all'Archivio di Ge- 
nova, affinchè io potessi studiarlo a tutto mio agio e cavarne copia. 


(1) Miscellanea maseoscritti: Busta: Pog-Pro. 
(2) Avena sposato nel 1500 Maria di Castiglia, figlia di Ferdinando e Isabella. 


Siffatto apografo, come ricavasi dall’annotazione che reca sul dorso, 
è quello stesso che Giovanni Pasqualigo, oratate veneto in Lisbona, 
ebbe modo di procacciarsi da quella Corte; e forse fu da lui spedito 
alla Signoria di S. Marco colle lettere del 19 settembre 1501, cui ao 
cennano i Diarî di Girolamo Priuli: « A di y9 dicto, per lettere da 
l'oratore veneto gionto a Lisbona in Portogallo a quello serenissimo Re, 
visto et honorato et acceptato cum ogni dimonstratione et cum parole 
molto large...., se intendeva la gionta di le caravelle a Portogallo ve- 
nute da Cholocut....» (1). 

Il documento, del resto, era già noto per la versione sincrona spa- 
gnuola, che ne pubblicò il Navarrete nel 1829 (2), da una copia ese 
guita per mano di D. Gioachino Traggia; ma non nel testo originale, 
che io stampo qui per la prima volta a fronte di essa, come contributo 
agli studî delle relazioni veneto-portoghesi. Si vedrà che la lezione del 
detto testo, se riesce in qualche parte più corretta e completa, non va 
però totalmente scevra da mende; le quali si voglisno senza fallo ri 
ferire al copista frettoloso o non abbastanza perito dell'idioma porto 
ghese. Oltre di ciò, corrono fra la versione ed il testo medesimo al- 
cune sostanziali varianti; e notabile singolarmente mi sembra quella del 
nome attribuito ai sudditi del Prete /ansi, i quali nell’ una si chiamano 
Coavixi e nell'altro Adechy (Abissini). Parimente è da osservare la dis- 
formità della data in calce alla lettera, la quale nell’esemplare spa 
gnuolo dicesi scritta il 99 di luglio in Santarem, e nel portoghese invece 
a Lisbona il 25 d'agosto, senza che si possa per ciò sospettare di un | 
semplice errore materiale; giacchè alla disparità delle date serve di esatto 
riscontro la durata del viaggio di Cabral, computata nel primo a sedici 
mesi e a diciassette nel secondo. Sebbene in questo particolare abbia 
ragione il traduttore, sapendosi in modo positivo che le navi erano tor- 
nate a gittar l’ancore al esfe/lo (Belem) « nella fine di luglio » (3). 

L'invio della lettera del re portoghese a Venezia era stato prece- 
duto nondimeno da altre precise informazioni, mandate direttamente 
dall’agente Matteo Cretico, recatosi a Lisbona alcuni mesi avanti del 
Pasqualigo e di là trasferitosi, appunto nel settembre, in Ispagna, per 
compilare un rapporto circostanziato sulle vie marittime di Calicut (4). 

(1) Archivio veneto, vol. XXII, pp. 164. 

(2) Coleccion de los viajes y descubrimientos, ecc,, tom, INI, num. XIII, pp. 94 
ror. « Existia en Zaragoza (nota lo stesso Navarrete) en el archivo de la antiqua Di- 
putacion de Aragon, destruido en la guerra de la independencia ». 

(3) Conf. Ramusio, Navigationi, I, 139. 


(4) Conf. Arch. ven., XXIII 155; Heyp, Histoire du commerce du Levant au 
moyen-dge, TI, 516. 





— 273 — 
Altri importanti ragguagli avea pure inviati l' oratore della Repubblica 
presso la corte di Castiglia, Domenico Pisani, comunicando al suo go- 
vermo quella lettera del negoziante Giovanni Affaitato, che il Sanudo 
Ci conservò, e che vedesi scritta di Lisbona il 26 giugno, cioè appena 
due giorni dopo che, con notabile anticipazione su le altre, era giunta 
al estello \a prima nave dell’armata di Cabral. « Questo navilio, scrivea 
l'Affaitato, è lo più piccolo de tutti, et è del signor Alvaro e tre altri 
waercadanti »; i quali egli nominava in questa guisa: « Bortolo fioren- 
tino, et Hironimo et uno genovese (1). Ora il ch. Heyd pensa, con 
ragione, che Bortolo sia da identificare con Bartolomeo Marchionni, il 
quale successivamente apparisce interessato .nella spedizione di Giovanni 
di Nova (1502) e nella seconda navigazione di Vasco di Gama (1503) (2); 
ed io esprimo a mia volta l'opinione che possano gli altri due ridursi 
ad una persona sola, il cui nome forse venne frainteso dall’autore della 
lettera, o abbreviatamente scritto in questa, secondo correva l’uso (così: 
sf%o0), o mal riferito dal « marinaro » che diede le « nove ». Propongo 
pertanto di leggere: « Bortolo fiorentino, et Hironimo Italiano genoese »; 
e conforto la mia supposizione, rammentando i non pochi membri di 
questo casato (che allora cominciava a chiamarsi anche Interiano), i 
‘quali nel secolo XV e ne' principî del XVI ci appariscono ingolfati 
appunto ne'traffici, negli armamenti delle galee ed in altre specula- 
zioni marittime (3). E sopra tutti ricordo quel Giorgio della stessa fa- 
miglia, che fu proclamato dal Poliziano rerum abditarum investigator 
expertissimus, che nella grave questione agitata da’ cosmografi, se il Mar 
Rosso si congiungesse o no coll’ Oceano, sostenne sempre |’ affermativa, 
e che stampò la bella relazione della vita degli Zick pei tipi dell’ amico 
suo Aldo Manuzio in Venezia, dove egli stesso, dicesi, nel 1501, avea 
prima d’ ogni altro portati i platani (4). 

Come del più de’ suoi concittadini, così anche va detto di Gero- 
rimo, figlio di Tommaso Interiano, che gli interessi privati non lo alie- 
nerono dai pubblici negozi: nel 1495 andò governatore generale in 
Corsica, e serbò l'ufficio buon tratto anche del 1496. Il 2 aprile 1506, 


(1) MARIN Sanuto, Diarii, IV, 66 segg. 
(2) Heyp, II, 512. 
(3) FepERICI, Abecedario delle famiglie mobili di Genova, ms. della Biblioteca 
della Missione Urbana, vol. II, fam. /»teriano. 
(4) GiusTINIANI, Annali della Repubblica di Genova, a. 1501 in fine; SFOTOR- 
NO, Storia letteraria della Liguria, IV, 164 segg. Il quale nota altresì, che « nelle Ge 
mealogie formate dal cav. Buonarroti non si vede il Giorgio ». Ma al difetto rimedia 


nn atto del notajo Giovanni de Luco, in data del 1488, citato dal Federici, laddove 
esso Giorgio è detto figlio del qm. Lionello. 


giacendo infermo, dettò in Genova il proprio testamento ne’ rogiti di 
Girolamo Loggia, dichiarando di voler essere tumulato nel sepolcro 
di famiglia in S. Domenico, e scrisse eredi i figliuoli; ma è vano © 
domandare a quell’atto ogni altra notizia che più importerebbe alla 


storia (1). 


(Extra) Para dar au ambaixador 
de Venesia. 

(Intus) + Zranslado de Carta que 
el Rey nosso Seftor escreveo a el 
Key de Castella seu padree da nova 
da Imoya. 


Estees djas pasados, despois que 
a primera nova da Indya cheguou, 
nom escripvuy loguo a Vossas Se- 
noryas as coussas delld, porque nom 
era aimda vinido Pedro Alvarez Ca- 
brall, meu capitaao moor da frota, 
que li tynha emviado. E despois de 
sua cheguada sobresyuy niso, por- 
que tambem non eram da Imda 
vinidas duas naaos de sna com- 
panhia, das quaaes huma delas tin- 
ha envyada a Gofalla, que lhe my- 
naa douro que novamente sachon, 
nom para resguatar, ssomente para 
aveer verdadera emfformacon das 
cousas de là; porque de duas naaos 
que passo habiam, huna delas se 
perdeo n6 mar, e outra sse apartou 
da firota com tempo feito, e nom 
foy 4 dita mynaa. E despois de 
cheguadas as ditas naaos, estando 


Carta del Rey D. Manuel de Por- 
tugal d los Reyes Catélicos, dan- 
doles cuenta de todo lo sucedido en 
el viage de Pedro Alvarez Cabral 
por la costa de Africa hasta el 
Mar Rojo. 


Muy altos y muy excelentes y 
muy poderosos Principes seniores 
Padre y Madre. 


Estos dias pasados, despues que 
la primera nueva de la India llegò, 
no esercibi luego 4 Vuestras Sefio- 
rias las cosas de alli, porque no 
era aun venido Pedro Alvarez Ca- 
bral, mi capitan mayor de la flota, 
que alli tenia enviada; y despues 
de su llegada sobresef en ello, por- 
que no eran aun venidas dos naos 
de su compafiia, de las cuales la 
una tenia enviada 4 Zofala, que es 
mina de oro que nuevamente se 
hall6, no para rescatar, sino sola- 
mente para hacer verdadera infor- 
macion de las cosas de alld; por- 
que de dos naos que para ello iban, 
una de ellas se perdié en la mar, 
é otra se apart6 de la flota con 
tiempo fortunoso, é no fué la dicha. 
Y despues de Ilegadas las dichas 
naos é estando para notificarlo todo 


(1) Archivio Notarile di Stato in Genova: tt di Girolamo Loggia, filza 6°, 


num. dell’ atto 314. 


para noteficar todo 4 Vosas Setio- 
Bias, Pero Lopez de Padilha (1) 
mne dise que folguariees de saber as 
movas de como as cousas delli sso- 
cederam ; as quaees de como todo 
ssomariamente pason som estas. 
O dito meet capitaao com treze 
maaos partié de Lixboa 4 IX di de 
mmargo de anno pasado; e nas ou- 
tavas de Pascoa seguyente chegnuou 
<i una terra que novamente desco- 
bri6, a que pos nome Santa + (2), 
em que achou as gemtes nuas como 
ma primeera ynocemcia, mamsas e 
pacificas ; a quall paregeo que Nosso 
Setior milagrosamente quijs que se 
achasse, porque he muy comviniem- 
te e necessaria 4 naveguacom da 
Imdya, porque aly coregeeo suas 
maaos e tomou aguoa; e pollo ca- 
mynho grande que tinha para am- 
dar, nom sse detene para sse em- 
formar das cousas da dita terra; 
ssomemte daly me emvjon hum na- 
vjo é me noteficar como lha achara, 
e feez.seu camynho via do Cabo 
de Boa Esperamca; e naquelle guoll- 
fao, amtee o cheguaar ao cabo, pa- 
sou gramdes tromentas, em que em 
hum ssoo dija jumtamente socobra- 
rom a sua vista quatro naaos de 
quee nom escapou persona algua; 
semdo jaa neste tempo desaparecida 
delle outra naao de qua see ora 


a VV. SS., Pero Lopez de Padilla, 
me dijo que folgdbades de saber las 
nuevas de c6mo las cosas de alld 
sucedieron; las cuales de cémo todo 
sumariamente pasé son estas. 

El dicho mi capitan con trece © 
naos partié de Lisboa a nueve de 
marzo del aio pasado. En las octa- 
vas de la Pascua siguiente llegé 4 
una tierra que nuevamente descu- 
brié, 4 la cual puso nombre de 
Santa Cruz, en la cual hallé las 
gentes desnudas como en la pri- 
mera inocencia, mansas y pacificas; 
la cual parece que Nuestro Seftor 
milagrosamente quiso que se hallase, 
porque es muy conveniente y ne- 
cesaria para la navegacion de la 
India, porque allf repar6 sus navios 
è tomò aqua; y por el camino 
grande que tenia por andar, no se 
detuvo para se informar de las cosas 
de la dicha tierra; solamente me 
envié de alli un navio 4 me noti- 
ficar como la hallo, é fizo su ca- 
mino la via del Cabo de Buena-E- 
speranza; en el cual golfo, antes de 
llegar 4 ella, pasé grandes tormentas, 
en que en un solo dia se anegaron 
juntamente 4 su vista cuatro naos 
de que no escapé persona alguna; 
siendo a este tiempo desparecida 
dél otra nao de que hasta agora no 
he habido noticia, y en la que en 


(1) Il navigatore, di cui si ha il Diario pubblicato dal Varnhagen. 

(2) 11 Brasile; la cui scoperta venne allora annunciata al re Emanuele da Pero 
Vaz de Caminha, colla nota lettera data in Porto Seguro il 1° di maggio 1500, e 
della quale va segnalata la più completa ristampa fatta dal Visconte di Porto Se- 
guro nella Revista Trimensal dell’ Istituto storico e geografico del Brasile, vol. XL, 


par. II, a. 1877, PP. 13-34. 


— 278 — 


arvorees e de seu fruito se fazem 
estas cousas que se seguem: acu- 
quar, meell, arzeite, vinho, aguoa, 
vinagre, carvam, cordoaliha para 
mavios e para toda outra cousa, e 
teiras de que fazem algunas vellas 
de naaos, e para outras muitas 
cousas; e o dito fruito, aleem da 
quello que dele se asy faz, lhe 
gramde mamtimento seu, principal- 
mente no maar. E despois do asemto 
asy feito com o dito Rey, poos meu 
feitor com toda a casa ordenada que 
para dita dita (sic) feitoria emviava 
em terra para dita feitoria (sic); 
e comegou loguo de trautar suas 
mercadarjas e de careguar as naaos 
de espiciaria. E neste meeo tempo 
vinnou o Rey de Calecut dizer ao 
meo capitaao que huna naao muyto 
gramde e muy armada doutro Rey, 
seu inimiguo, lhe tinha mandado 
dizer que pasava por ante seu porto 
sem nehum medo seu, a quali outra 
vez tinha anojado, e lhe roguava 
muyto que Ilha mandase tomar, 
emcaregemdolhe como cousa que 
tocava muyto 4 seu estado e omra. 
E o dito meu capitaao, vemdo o 
boo trauto que elle e asy o meu 
feitor comegavan de recebir, por 
mais confirmar mynha paaz e amy- 
zade, acordou de o ffazer; e por 
lhe mostrar a forca de nossa gemte, 
navios e arthellharia, mandou sso- 
memte nella o mais pequefio na- 
vyo que tynha, com huna bombarda 
grosa, ee lhe algonos demtro no 
porto doutro Rey seu vezino; e 4 
vista delle e toda sua gemte, a 


aceite, vino, aqua, vinagre, carbon, 
y cuerdas para navios e para toda 
otra cosa, é esteras de que hacen 
algunas velas de naos, é se sirven 
de ellas en todo lo al que les 
cumple; y el dicho fruto allende de 
aquello que de él asi se hace, es 
grande mantenimiento suyo, princi- 
palmente en la mar. Y despues del 
asiento asf fecho con el dicho Rey, 
puso mi fator con toda ordenada 
que para la dicha fatorfa enviaba 
en tierra; é comenzò luego de tratar 
sus mercaderfas, é de cargar las 
naos de especerfa. Y en este medio 
tiempo envié el Rey de Calecut 4 
decir 4 mi capitan que una nao muy 
grande é muy armada de otro Rey, 
su enemigo, le habia enviado 4 decir 
que pasaba por ante su puerto sin 
ningun miedo suyo, é que ya otras 
veces le tenia enojado, que le rogaba 
mucho que le mandase tomar, en- 
careciéndoselo como cosa que toca- 
ba mucho 4 su estado € honra. Y 
el dicho mi capitan, viendo el tra- 
tamiento que él y el dicho fator 
comenzaban 4 recibir del dicho Rey, 
por maz confirmar mi paz é amistad, 
acord6 de lo facer; y por le mo- 
strar la fuerza de nuestra gente en 
navios € artillerfa, envié solamente 
4 ella el mas pequefio navio que 
tenia, con una bombarda gruesa, € 
alcanzéla dentro en el puerto de 
otro Rey su vecino; é 4 vista del 
é de toda su gente, la tomo y la 
trujo 4 Calcut con cuatrocientos 
hombres arteros é alguna artillerfa, 
e con siete elefantes ensenados de 


tomou e a trouve 4 Calecut com 
iiij cientos omees archeiros e algua 
artelbaria, e com sete alifamtees 
emsinados de guera dentro nella, 
que la valeriam trjmta mill | 4 (1), 
porque por hum sco delles davam 
V myll + d°5, e com outra merca- 
deria de espiciaria; a quall naao 
Hae mandou e lha deu com todo 
lho que nella vinha; e elle a veyò 
ver 4 ribeira, por ser 4 eles muy 
gramde espamto tam pequeno navjo 
com tam pocos homees tomareni 
huna tamanha naao e com tamta 
gemte, e a recebir o recado que 
lho dito capitaao sobre ella lhe 
emviava, vimdo com todo seu estado 
e festa. E estamdo nesta concordia 
e amizade, semdo ja duas naaos 
careguadas de spiciaria, os Mouros, 
principalmente os de Meca que alf 
estam estantes por verem o grande 
dano que se le seguja, buscavan 
todollos modos que pudiam para 
poner em discordia emtre o meu 
festor e el Rey e que terem a terra 
con alvorogo por tornarem lho 
trauto; e porque todalas merca- 
domas eram as naaos dos Mouros, 
e escondiam nao e mamdavanas 
secretamente para outras partees. 
E sabendo esto, o dito capitaao é 
emviado dizer a el Rey de Calecut 
quemamdose e peedimdolhe que 
compise o que com elle tinha asen- 
tado, que era que demtro em XX 
diss se lhe daria mercaderia de 


guerta dentro de ella, que alld val- 
drian 30 mil cruzados, porque por 
uno de ellos solo daban 5 mil cru- 
zados é con otra mercaderfa de espi- 
cierfa; la cual nao le enviò 4 pre- 
sentar € se la diò con todo lo que 
en ella venia; é €l la vino 4 ver 
4 la ribera, por ser 4 ellos muy 
grande espanto tam pequefio navio 
con tan pocos hombres tomar una 
tamafia nao e con tanta gente, é 4 
recebir el recaudo que el dicho ca- 
pitan sobre ella le enviaba, viniendo 
con todo su estado ¢€ fiesta. Y estan- 
do asf en esta concordia é amistad, 
siendo ya dos naos {careguadas] de 
espicieria, los Moros, principalmente 
los de la Meca que alli estan estan- 
tes, por ver el gran daîîo que se les 
seguia, buscaban todos los modos 
que podian para poner discordia 
entre my fator y el Rey, pusieron 
la tierra en alboroto por estorbar 
el trato; y porque todas las merca- 
derfas estaban en manos de los Mo- 
ros, escondianlas secretamente para 
otras partes. Y sabiendo esto, el 
dicho capitan enviò 4 decir al Rey 
de Calecut quejéndose y pidiéndole 
que cumpliese lo que con él tenfa 
asentado, que era que dentro de 
veinte dias se le daria mercaderfa 
de que cargase las dichas naos é 
que hasta ser ellas cargadas no 
daria lugar que ningunas otras car- 
gasen. Y el Rey le respondié que 
toda la mercaderfa que hubiese en 


(1) Il crociato corrisponde a lire 3,50 dell'odierna moneta italiana. Confr. 


Herp, IL sar. 


— 280 — 


que careguase as ditas naaos, e 
que tee elas serem careguadas nom 
daria luguar a nehunas outras sse 
caeeguarem. E el Rey lhe respon- 
deeo que toda a mercadoria que 
ouvese na tera lhe mandarya loguo 
daar, e que se alguo careguase em 
seu porto ssem seeus oficiaees o 
saberem, que ele Ihe dava luguar 
o podeer para que a retenese atee 
lhe mandar os ditos seus ofigiaaes 
que niso ouvesen de proveer para 
_ lha emtreguar. È tamto quee os 
Mouros souberam, acordarom com 
gramde dyligemcia de careguar hu- 
na naao primieramente, damdo ajnda 
maior deligemcia em esconderem a 
mercadoria de que damtes suyam; 
e isto por darem causa a quee lho 
escamdollo se cometase, por que 
sam poderosos e a cidade lhe de 
muitas nagoees e de spalhada po- 
voracam, e em que o Rey male 
pode proveer a os allvorogos do po- 
voo. E vemdo o meu feitor como una 
nao se careguava, requereo ao dito 
capitaao que a retenese como con 
el Rey tinha asemtado; e lho dito 
capitaao, areceamdo o escamdollo, 
duvidou de o fazer; e o dito feitor 
tornou a lhee requerer que todavya 
a retenese, dizemdolhe que os prin- 
cipaes dos Mouros, e asy alguos 
gentyos, lhe dizian que se a dita 
nao se nom rettinha, em nehuna 
maneeira nom podeya careguar suas 
naocj e segumdo o que segujò, 
parece que o ffaziam a fin de da- 
rem causa ao dito escamdollo. E 
Oo meu capitaao, despois de duvidar 


la tierra le mandarfa luego dar, e 
que si alguna se cargase en su 
puerto ‘sin saberlo sus oficiales, que 
él le daba lugar €é poder para que 
la detuviese fasta que él enviase les 
dichos sus oficiales para que en ella 
hubiesen de proveer para se la en- 
tragar. É en sabiendo esto, los Moros 
acordaron con grande diligencia de 
cargar una nao publicamente, dando 
atin mayor diligencia en esconder 
la mercaderia de lo que dAntes s0- 
Han; y esto para dar causa 4 que 
el escindalo se comenzase, porque 
son poderosos y la ciudad es de 
muchas naciones y de extendida 
poblacion, y en que el Rey ma 
puede proveer 4 los alborotos del 
pueblo. E viendo mi fator como 
la nao se cargaba, requirié al ce 
pitan que la detnviese como con 
el Rey tenia asentado, y el dicho 
capitan, recelando el escandalo, 
dudò de lo hacer; y el dicho fator 
tornò 4 le requerir que todavfa la 
detuviese, diciendo que los princi: 
pales de los Moros, € asf algu 
nos gentiles, le decian que si la 
dicha nao no era detenida, .e2 
ninguna manera podria cargar sus 
naos; y segun lo que se siguio, 
parece que lo hacian 4 fin de dar 
causa al dicho escandalo. Y mi 
capitan, despues de lo dudar m® 
chas veces, recelando ‘lo que © 
siguid, envid 4 decir 4 la gente 
de aquella nao, por el poder que 
para ello tenia, que no se parties, 
y ellos no lo quisieron facer; Y 
entonces fué necesario de la mandar 


— 281 — 


muitas vezes, areceeamdo o que se 
sigguj6, mandou dizer a jemte da- 
quella naa0, por lo poder del Rey 
que para iso tinha, quee sse nom 
partise, e eles o nom quiseram 
fazer; e emtem floy neecegario de 
a mamdar reteer; e mamdou a08 
seus batees que a metesem demtro 
do porto, umde estevese segura de 
mom poder partyr em seu plazer. 
E tamto que os Mouros isto vejo, 
como era el fim que elles deseja- 
vam, naquello propio estante vieram 
loguo com todo lo outro povoo, 
que ja damtes tinham alvorogado, 
sobre lbo dito feitor e casa, e com- 
bateramlho; e ele com eses poucos 
que comsiguo tinha se defendeo 
por algun espaco, e se sayo da 
casa vimdosee recolhido ao mar. 
E o meu capitaao, que ao pre- 
semte estava doemte, tamto que 
Ihe foy dito do alvorogo que era 
em tera, mamdou a todos seus 
batees a socorerlhe; e posto que 
o mar fose muy bravo, todavya 
ajmda recolheo algua parte da 
gemte: mataron o feitor, e com 
elle se perderjan L.'* persoas amtre 
mortis e cativos. E nisto asy feto, 
vimdo o meu capitaao como el 
Rey a isto nom acudira, e via que 
nom lbe mamdava nehun recado, 
se provya d’allguos aparelhos are- 
ceamdo guera, e asy se tinho apo- 
derado da fazenda mynha que em 
tera ficara, sobre estamdo hum di 
para ver se Ihe fazia emmenda do 
dito casso. Quamdo vyo que nehun 
recado lhe emvjava, temendose dele 


retener; y mand6 4 sus bajeles 
que la metiesen de dentro del 
puerto donde estuviese segura de 
no poder partir sin su placer. Y 
luego que esto vieron los Moros, 
como era el fin que ellos deseaban, 
en aquel mismo instante vinieron 
luego con todo el otro pueblo, que 
ya antes tenian alborotado, sobre 
el dicho fator y casa, combatién- 
dolo; y €l con esos pocos que 
consigo tenia se defendiò por al- 
gun espacio, y se sali6 de la casa 
viniéndose recogiendo 4 la mar. 
Y el mi capitan, que entonces 
estaba doliente, luego que le fué 
dicho del alboroto que habia en 
tierra, envié todos sus bajeles 4 le 
socorrer; y puesto che la mar 
estaba muy brava, todavia recogié 
alguna parte de la gente: mataron. 
al fator, y con el se perdieron 
cincuenta personas entre muertos 
y cativos. Y esso asf fecho, viendo 
el dicho capitan como el Rey 4 
esto no acudia, é veiendo que no 
le enviaba ningun recaudo, antes 
se provefa de algunos aparejos re- 
celando guerra, y que asimismo 
estaba adoperando de mi acienda 
que quedé en ‘tierra, sobreseyendo 
un dia por ver si se hacia en- 
mienda del dicho caso. Cuando vi6 
que ningun recaudo le enviaba, te- 
miéndose que armase gruesamente, 
como despues fizo, para que le 
pudiese impedir la venganza que en 
aquel tiempo podia tomar, acordé 
de lo poner luego en obra, € to- 
méle diez naos gruesas que en el 


5 


— 282 — 


Rey margiosamente, como despois 
fez, para que le podese impedir a 
vimguamcga que naquelle tempo 
podya tomar, acordou de o poner 
loguo em obra, e tomoule dez 
naaos grosas que no porto este- 
vam, e mandamdo trazer nespada 
toda a gemte que nellas era, ti- 
ramdo algua que escapou escon- 
dida, que depois nom quiso mataar, 
e ma trouve catyva; e despois de 
tomadas, lhe mamdou todas quei- 
mar davante a porto, que foy a 
ele gramde espamto, nas quaes 
estavam tres alifamtes que ly mo- 
reram; e nisto despendeo todo 
aquele di; e tamto que foy noite 
se fuy com todalas naos, e se pos 
O mains em terra que podé ao 
lomguo da cidade; e tamto que 
amanehegeo lhe comecou a tirar 
com artalharja, e lhe tirou tee 
noute, principalmente as casas del 
Rey, com a quall lhe fez muyto 
dano, e lhe matou muyta gemte, 
como depois soube, e lhe matou 
hum homem principale que estava 
jumto com elle, polo quaee se sajé 
loguo fora da cidade, por le pa- 
recer que em todo ele nom estava 
seguro. E daly ffeez vella e se foy 
noutro porto seu, que se lhamava 
Famdaranet, em que tambem lhe 
fez nojo com artelharja, e le matou 
jemtes. E dally fez vella a via do 
reyno de Cochim, que Ihe aquella 
parte donde vem a espicierja, 
XXX leguoas alem de Calecut; e 
no caminho vehou outras duas 
naaos de Calecut, que tambem vi- 


puerto estaban, y mandò poner : 
espada toda la gente que en 
habia, salvo alguna que quedi 
escondida, la cual despues no quiso; 
matar, y me la trujo cativa; fi 
mandé quemar las dichas naos de 
lante del dicho puerto, que fué al 
dicho Rey é 4 la gente de tie 
grande espanto, en las cuales est 
ban tres elefantes que allf mt 
rieron; y en esto gastò todo aquel 
dia; y luego que fué noche, se fat 
con todas los naos, € se puso lo 
mas en tierra que pudo al luengo 
la ciudad; y en amaneciendo, le 
comenzé 4 tirar con artilleria, e le 
tirò hasta la noche, principalmente 
4 las casas del Rey, enla cualle 
fizo mucho dafio, € le maté mucha 
gente, como despues supo, é le 
mat6 un hombre principal que 
estaba con él, por lo qual d ® 
salié luego fuera de la ciudad, por 
parecerle que en toda ella 10 
estaba seguro. De alli fizo vela J 
se fué 4 otro puerto suyo, que © 
llama Fandarene, en que tambien — 
le fizo enojo con artilleria, ¢ deo 
maté gente. E de alli fizo vele li 
via del reino .Cochim, que © 
aquella parte donde viene la e$p° 
cierfa, treinta leguas mas alli de 
Calecut; y en el camino hall 
otras dos naos de Calecut, qu 
tambien tomé € mandò quem; 
é llegado 4 Cochim, despues de 
haber hecho saber al Rey lo 4% 
habia pasado en Calecut, fa¢ de 
él muy bien recibido, é asentò 008 
el su trato de la manera que ® 









— 383 — 


mou e mandou queimaar; e che- 
guando a Cochim, despois de teer 
feito saber a el Rey o que tinha 
pasado em Calecut, foy delle muyto 
bem recebido, e asemtou com elle 
seu trauto pela maneira que lho 
tynha asemtado em Calecut, e pos 
loguo meu feitor e certos homees 
com elle em terra, para o quall 
Ibe deram arafees (sic) dos muis 
omrados que lhe trouvesee, e lhe 
careguaron as naaos em XVJ dyas, 
e a mercadaria lhe traziam em 
seus batees a clas com tanto mains 
amor € seguramca, que parecee 
que Nosso Sefior prometeo (sic) lo 
escandollo de Calecut para se 
aceertar esto novo asemto, que lhe 
de muyto mains proveito e segu- 
ramca, porque lhe muyto melhor 
porto e de muyta mains merca- 
daria; porque casi toda a merca- 
daria que vai a Calecut muyta della 
Iha naquella terra, e as outras 
primeiro vem aly que vam a Ca- 
lecut. Na quall cidade de Cochim 
a muytas naos; e soube que dous 
mercadorees ssomemte tynham L.‘* 
naaos. E naquelle reyno a muitos Cri- 
stianos verdadeiros da convercasam 
(sic) de san Thomee; e os segeer- 
dotes dellee seguem a vida dos A- 
postollos com muita estreiteza, nom 
tenemdo propio se nom que lhe 
dam des smollas (sic) e guardamdo 
mteira castidade; e tem igresas em 
que dizem misas e consagrao pam 
asmo e vino que fazen de pasas 
secas com agua, por o nom pode- 
rem ontro; e nas igresas nom tem 


tenia asentado en Calecut, € puso 
luego mi fator é ciertos hombres 
con él en tierra, para lo qual le 
dieron rehenes de hombres hon- 
rados que le truyese, y le cargaron 
las naos en diez y seis dias, y la 
mercaderfa le traian en sus bateles 
4 ellas con tanto mas amor é se- 
guridad, que parece que Nuestro 
Senior permitié el escdndalo de Ca- 
lecut, porque se acertase este otro 
asiento, que es de mucho mas pro- 
vecho é seguridad, porque es mucho 
mejor puerto é de mucha mas mer- 
caderfa; porque quasi toda la mer- 
caderfa que va 4 Calecut mucha 
de ella hay en aquella tierra, y las 
otras primero van allf que no 4 Ca 
lecut. En la qual ciudad de Cuthin 
hai muchas naos; y supo que dos mer- 
caderes solamente teniam cincuenta 
naos. En aquel reyno hay muchos 
Cristianos verdaderos de la conver- 
sion de santo Tomîs, y los sacer- 
dotes de ellos siguen la vida de 
los Apéstoles con mucha estrechura, 

no teniendo propio sino lo que les 
dan de limosnas, y guardan ente 
ramente castidad; y tienen iglesias 
en que dicen misas, e consagran 

pan zenceno é vino que hacen de 

pasas secas con agua, porque no 

pueden hacer otro; én las iglesias 

no tienen imigenes sino la cruz; 

6 todos los Cristianos traen los ve- 

stidos apostòlicos, con sus barbas 

y cabellos sin los nunca hacer. Y 

alif hall6 cierta noticia donde yace 

& cuerpo de santo Tomas, que es 
ciento y cincuenta leguas de lif 


imagees sse nom a cruz; e todollos 
Cristianos trazem os vestidos apo- 
stolicos, com suas barbas e cabel- 
‘los, sem os numca fazeire. E ally 
vehou certa noticia domde jaaz o 
corpo de sam Thome, que lhe CL. 
leguoas de lhy na costa do maar, 
em huna cidade que se lhama May- 
lapur, de pouca povoragam, e me 
trouve terra de sua sepultura; e 
todolos Cristianos, e asy os Mou- 
ros e gemtios, pe los grandes mi- 
lagres que ffaz, vam a sua casa em 
romarja; e asy me trouve dous Cri- 
stianos, por os quaaes vieiram por 
seu plazer e licemga de seu prelado, 
para os lhe mamdar a Roma e a 
Jurssallem (Sic) e viesem as cousas 
da gresa de cà, porque tem que 
sam melhor regidas por serem or- 
denadas por sam Pero, e elles crem 
que foy a cabeca dos Apostollos, e 
elles serem enformados dellas. E 
tambem soube novas certas de gram- 
dees gemtes de Cristianos que som 
alem daquelle reyno, os quaes vem 
em romarja a dita casa de sam 
Thomee, e tem reis muy gramdees, 
os quaees obedecem a hum 800; e 
som omees bramcos e de cabelos 
louros e virdees pero fortes; e Ila- 
mase a tera Mallchina, domde vem 
as procelanas e alunferer e ambra 
e lenho loees, que trazem do rjo 
Gamse, que lhe aquem delles; e 
des proceelanas ahy vasos tam fi- 
nos, que hum ssoo vall li cem f°. 
E estamdo neste reino de Cochim 
com o trauto ja asemtado e as 
naos careguadas, lhe vejo recado 


en la costa de la mar, en una ciu- 
dad que se llama Mailapur, de poca 
poblacion, y me trujo tierra de su 
sepoltura; y todos los Cristianos, € 
ast los Moros € gentiles, por los 
grandes milagros que hace, van # 
su casa en romerfa ; y asf nos trujo 
dos Cristianos, los cuales vinieron 
por su placer é con licencia de su 
perlado, para que los enviasemos 4 
Roma é Hierusalem, é viesen las 
cosas de la iglesia de ac4, porque 
tienen que son mejor regidas, por 
ser ordenadas por san Pedro, que 
ellos creen que fué la cabeza de 
los Apòstoles, por ser ellos infor- 
mados de elias. Y tambien supe 
nuevas ciertas de grandes gentes de 
Cristianos, que son allende de aquel 
reino de Chochim, los quales vie- 
nen en romerfa 4 la dicha casa de 
santo Tomas, y tienen reyes muy 
grandes, los cuales obedecen 4 uno 
solo; y son hombres blancos y de 
cabellos loros, é habidos por fuer- 
tes; e llamase la tierra Malchima, 
de donde vienen las porcelanas é 
asimisle é Ambar e ligno aloe, que 
traen del rio Gange, que es acuen- 
de de ellos; y de las porcelanas hay 
vasos tan finos, que uno solo vale 
alli cien cruzados. Y estando en 
este reino de Chochim con el trato 
ya asentado y las naos cargadas, 
le vino recaudo del Rei de Cana- 
nor € del Rei de Colum, que son 
alli comarcanos, requiriéndole que 
se pasase 4 ellos, porque le harian 
el trato mas 4 su provecho; y por 
tener ya el asiento fecho, se escusò 


— 285 — 


del Rey de Cananor e del Rey de 
Colum, que sam lhi comarcaos, re- 
queremdolhe que se pase a elles, 
porque lhe farian o trauto a seu 
proveito; e eu, por teer ja o a- 
semto, se escusou disto. E neste 
tempo, estamdo para partir de Co- 
chim, Ihe mamdou o mezmo Rey 
dizer como huna armada grosa de 
Calecut vinha sobre elle, em que 
venrjam tee XV. mil homes; com 
a quali o meu capitaao nom pare- 
geo de pelejar, por teer suas naaos 
eareguadas e haver pouca jemte, e 
nom lhe parecya tempo nem nece- 
cidade de avemturar, por teer re- 
ceco dellhe matarem ou feyrem al- 
gua della, polla longura do caminho 
qué tinba d’amdar, que era III] 
mil leguoas daquy; pero fezese a 
vella com elles, nom leixamdo seu 
camjnho; e elles nom ousamdo de 
se alarguar no mar, sse tornarao a 
regeamdo de hir sobrelles. E de aly 
fiez seu camjnho, que era pollo 
reino de Cananor, hum daquelles 
reis que o mamdaram requerer: e 
em pasamdo tamto que da tera ou- 
verem vista delle, lhe mamdou ou- 
tro recado, roguamdolhe que pou- 
sase lhy, porque querja mamdar 
por elle aa mij seu meseseiro, lo 
qual me trouve; e em hum s00 
dija que lhy esteve, lhe mamdou 
trazer tamta espigiaria as naaos, 
que as careguara de todo se vie- 
ram vazias, e lhe davam que a trou- 
vese de gragca em presemte por 
cobrar en mjnha amizade; e asy 
vieram todos seus gramdes ao meu 


de ir. En este tiempo, estando para 
partir de Chochim, le envié el mi- 
smo Rey 4 decir como una armada 
gruesa de Calecut venia sobre él, 
en que venian hasta quince mil 
hombres; con la cual 4 mi capitan 
no la parecié bien de pelear, por 
tener sus naos cargadas y tener 
poca gente, y no le parecié tiempo 
ni necesidad de aventurar, por te- 
ner recelo que le matarian 6 heri- 
rian alguna della, por la largueza 
del camino que tenia de andar, 
que eran cuatro mil leguas de a- 
qui; pero fizose 4 la vela con el- 
las, no dejando su camino; y ellos, 
no osando de alargar 4 la mar, se 
tornaron recelando de ir sobre el- 
los. Y de allt fizo su camino por 
el reino de Cananor, uno de aquel- 
los reyes que lo mandaron requirir; 
e pasando luego que de tierra hu- 
bieron vista dél, le mando otro re- 
caudo, rogdndole que pasase por 
allf, porque queria enviar con él 4 
mi su mensagero, él cual me truj6; 
y en un solo dia que allf estuvo, 
le mandò traer tanta especierfa 4 
las naos, que las cargara del todo 
si vinieran vacfas; y se la daban 
que la trujese de gracia en pre- 
sente 4 mi por cobrarme amistad; 
é€ asf vinieron todos sus grandes a 
mi capitan, diciendo de parte del 
Rey que por allf veria que seria 
all{ de otra manera tratado que fué 
en Calecut, que le ayudarian é iria 
él en persona por tierra, é toda su 
armada por mar. Y despues de se 
lo mucho agradecer de mi parte, 


— 286 — 


capitaao, dezemdhole da parte do 
Rey que por aly veriam, que seriam 
aly doutra manera trautados do que 
foy em Calecut, afirmamdoselhe que 
se quiesiese fazer guera a Calecut, 
o ajudariam e hiriam nelle em per- 
soa por tera e toda sua armada por 
mar. E depoys de lho muyto agra- 
deger da mjnha parte, se espediò 
delle, dizemdolhe que nesta outra 
armada, que loguo avija demvijar, 
Ihe mandarja a minha recepta. E 
se veiò por seu caminho; e no 
meio da queela travesa tomou hua 
gramde naao careguada de merca- 
darja, pareemdolhe que seriaa das 
de Meca que emtam avija de vijr 
de Calecut; e achamdo que a dita 
naao era do Rey de Cumbaya, lha 
leixou, mamdamdo por ella dizer 
ao dito Rey que a leixava porque 
nom hia a fazer guera com nem- 
guem, ssomente a tjnha feita aa 
quelles que lhe faleceram da ver- 
dade que com elle em meu nome 
tynham asemtado. E segujmdo mais 
adiamte, se lhe perdeo hua das 
naaos que traziam careguadas, por 
de noute vijr dar em tera. Sal- 
vouse a gemte; e a elle mamdou 
queimar, por se nom poder tyrar 
saam. E desta parasem mamdou o 
navjo a ver novas da minaa de Go- 
falla, como ja otras diguo: o quall 
he vinido, e me trouve certa em- 
formacam della, e asy do trauto e 
maneira da tera, e da gramde cam- 
titade douro que lhi ha. E haly 
achou novas que amtre os omes 
que trazem ouro aly as costas, vem 


se despidi6 dél, diciendole que en 
esta otra armada, que luego habia 
de enviar, le inviaria mi respuesta 
de todo. E se vino por su camino; 
y en el medio de aquel traves tomé 
una muy grande nao cargada de 
mercaderfas, pareciéndole que seria 
de las ide Meca, que entonces ha- 
bian de venir de Calecut, é hallando 
que la dicha nao era del Rey de 
Cobaia, la dej6, enviando por ella 
& decir al dicho Rey que la de- 
jaba porque no iba 4 facer guerra 
4 nenguno, solamente la tenia fe- 
cha 4 aquellos que le faltaron de la 
verdad que con él en mi nombre 
tenian asentada. Y siguiendo mas 
adelante, se le perdi6 una de las 
naos que traia cargada, porque de 
noche fué 4 dar en tierra; y sal- 
vése la gente, y mandò quemar la 
nao porque no se podia sacar salva. 
Y desta parado... envi6 el navio 4 
haber nuevas de la mina de Zofala, 
como ya destras esti dicho; él cual 
es ya venido, y me trujo informa- 
cion cierta de alli, y asf del trato 
y mercaderfa de la tierra, y de la 
gran cantidad del oro que allf hay. 
Y allf hall6 nuevas que entre los 
hombres que traen el oro alli 4 
cuestas, vienen muchos que tienen 
quatro 0jos, dos delante y dos de- 
tras, y son hombres pequenos de 
cuerpo é bermeios, y diz que son 
crueles é que comen los hombres 
con quien tienen guerra, y que las 
vacas del Rey traen collares de oro 
gruesos al pescuezo. Y cerca de 
esta mina hay dos islas, en que co- 





— 287 — 


muitos que teem quatro ollhos, dous 
de amte e dous de traz, e som omes 
pequenos de corpo e rijos, e diiz 
que som omees que comem os ho- 
mes com que tem guera, e que as 
vacas del Rey trazem colares douro 
grosos ao collo. E veei qua desta 
minaa a duas ilhas, em que colhem 
muyto aljofar e ambre. E daly se 
vey6 o dito meu capitaao, e che- 
guò a Lixboa a tempo que fazia 
xvij meses do dija que de la par- 
tij6; e voto seja Nosso Setior. E 
em toda este viajem lhe nom 
moreo de doemca mais que tres 
homes; e todos outros vem saanos 
e com boa desposicam. E aguora 
me vej6 certo recado como hum 
dos navjos que hia para Gofalla, 
que tinha por perdido, vem e serà 
hum di deste aquy; o quali dizem 
que emtrou no mar Rujvo, e que 
traz de li algua plata e asy algua 
emformacam das cousas de Illi, po- 
sto que ja do dito mar Rujvo esté 
larguamente emformado polo dito 
meu capitao, diso foy emformado. 
As mais partiscou[lari]dades neste 
neguocio a Pero Lopez o remeteo, 
que a todo qua foy presente. 
Eecripta em Lixboa a xxviij d’au- 
guosto de 1501. 


gen mucho alj6far é imbar. Y de 
all{ se vino el dicho mi capitan, y 
lleg6 4 Lisboa 4 tiempo que hacia 
diez y seis meses del dia que della 
parti6; y bendito sea Nuestro Se- 
fior. En todo este viage no le mu- 
rieron de dolencia mas de tres hom- 
bres, € todos los otros vienen sanos 
é en buena disposicion. Agora nos 
vino cierto recaudo como uno de 
los navios que iba para Zofala, que 
tenia por perdido, viene é seri un 
dia de estes aquf, el qual dicen 
que entrò en la mar Bermeja, y 
que trae della alguna plata e asf 
alguna informacion de las cosas de 
alli, puesto que ya de la dicha 
mar Bermeja estibamos largamente 
informados por el dicho mi capitan, 
y por muchas vias fué de ello sa- 
bidor. Las otras particularidades de- 
ste negocio 4 Pero Lopez las re- 
mito, que 4 todo fué acd presente. 

Muy altos y muy excelentes é 
muy poderosos principes sefores 
Padre é Madre, Nuestro-Senor haya 
vuestra vida y Real Estado en su 
santa guarda. 


Escrita en Santaren 4 veinte é 
nueve de julio. 
EL Rey. 


III. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE 


LE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO. — Il Ministero degli Affari Esten 
ha pubblicato l’Annuario delle Scuole coloniali pel 1889-90; e dalle co- 
piose notizie che vi si contengono, si desume quali frutti si siano rac- 
colti da questa istituzione e la fiducia che maggiori se ne raccoglieranno 
in avvenire. Nella Relazione è delineata l’opera di riordinamento delle 
scuole italiane all’estero, principiata lo scorso anno e compiuta nel 
corrente. Il Collegio italiano in Alessandria di Egitto, che era uno dei 
più antichi ed importanti istituti scolastici, fondato col concorso della 
colonia e del governo, è stato riformato, e secondo il nuovo statuto, 
conservando la natura di ente morale, amministrato da un Consiglio 
composto in parte di eletti dalla colonia, ha preso il titolo di « Regio 
Collegio italiano », e dipende direttamente dal Ministero per l'ordina- 
mento, la direzione degli studî, la nomina degli insegnanti e la spess 
per l'istruzione. Per tal guisa la scuola tecnica e l’elementare, maschile 
e femminile, di Alessandria, da sussidiate sono divenute governative € 2 
carico completo dello Stato. Lo stesso fu fatto per la scuola tecnica € 
per quella elementare di Cairo. Ma oltre a queste cinque scuole, che 
da sussidiate divennero governative, altre ne furono fondate nel 1889. 
Una maschile unica a Fajum, altre consimili a Beni-Suef e a Suez; due 
a più classi, maschile e femminile, a Porto-Said, altre due maschili 4 
Filippopoli e a Galata, e un giardino d'infanzia ad Atene. Sono quindi 
state aperte nove scuole nuove nei luoghi dove erano reclamate dalle 
colonie, ed il numero grande degli alunni inscritti giustifica pienamente 
la loro istituzione. Per l'eccesso di alunni nelle elementari e nei giardini 
d'infanzia, alcune classi si sono duplicate, alcune scuole uniche si sono 
fatte a più classi distinte, e nuove maestre si sono aggiunte nei giardini 
d'infanzia. Tra le città dove fu portato tale aumento va notata Atene- 
le scuole italiane di colà possono gareggiare con le migliori della Gre 
cia. Paragonando il numero degli alunni nazionali con quello dei non 
nazionali, si vede come l'influenza delle nostre scuole si vada man mano 
estendendo presso gli indigeni. Dai prospetti statistici delle scuole 8° 
vernative risulta infatti, che gli alunni indigeni inscritti nelle nostre 
scuole supera di 1,281 il numero degli italiani. Quanto alle scuole 1# 
liane nei vari paesi d'Europa e d’ America, |’ ordinamento amministrativo 
non è punto mutato. Ed ora diamo alcuni dati per tutte le scuole. 


— 289 —_ 

spese fisse si dividono in tre categorie : per direttori generali L. 19,816; 
per le scuole sussidiate L. 101,606; per le governative L. 860,648: in 
totale L. 982,065. Le direzioni centrali sono tre: una per le scuole 
della Tripolitania e Tunisia; la seconda per l'Egitto; la terza per la 
Turchia europea e la penisola slavo-ellenica. Gli alunni delle scuole 
governative sono 12,109; quelli delle scuole sussidiate 8,711, in tutto 
20,820. Le scuole governative esistenti nelle colonie italiane sono 91 ; 
cioè in Egitto 16, in Tripolitania 7, in Tunisia 13, nella Turchia asia- 
tica 19, in Grecia 11, in Rumania 7, nella Turchia europea 18. Gli 
alunni inscritti nelle scuole coloniali sussidiate sono nel corrente anno 
scolastico 8,711; di queste scuole ne esistono nell'Argentina 6, nel 
Brasile 4, in Egitto 1, in Francia 2, in Inghilterra (compresa Malta) 3, 
nel Perù 2, in Rumania 2, in Spagna 1, negli Stati Uniti 5, in Svizzera 1, 
in Tunisia 1, in Turchia 4, e nell'Uruguay 2 (00% Romano, 1890). 

LA SPEDIZIONE TALASSOGRAFICA TEDESCA. — Il dott. prof. Kriim- 
mel, membro della « Plankton-Expedition », che la Germania inviò nel- 
1’ Oceano Atlantico, l’ estate scorsa 1889, ad esplorarvi le profondità e 
la vita del letto marino, ne fece per primo una breve relazione alla 
Società geografica di Berlino. La nave che era sotto gli ordini del pro- 
fessor V. Hensen, parti da Kiel il giorno 5 luglio, fornita dei migliori 
strumenti ed accompagnata anche da specialisti e da artisti, ammessi per 
ritrarre il maggior vantaggio possibile dell’esplorazione oceanica. Gli 
scandagli e la pesca incominciarono al confine tra il Mare del Nord e 
F Oceano Atlantico. Girato da lontano il Capo Farewell, la Spedizione 
seguì la corrente fresca del Labrador, lungo la quale, compiendo una 
serie di lavori importanti, giunse alle Isole Bermude. Il prof. Krummel 
descrisse nella sua relazione questo masso corallino delle Bermude, afo// 
ovale di 35 km. di lunghezza e 15 km. di larghezza, coi suoi prodotti 
naturali e coltivati. Di là la Spedizione attraversò con un lento viaggio 
di 16 giorni il Mar di Sargasso, e prendendo la corrente nord-africana 
si diresse alle Isole del Capo Verde. Nel tragitto osservò una trasparenza 
meravigliosa dell’acqua, vedendo gli strumenti immersi fino a 66 metri di 
profondità. Gli scandagli vi diedero risultati vari: i due più profondi fu- 
rono di m. 5,250 poco lungi dalle Bermude, alla posizione 31° 29’ lat. N., 
59° long. O. Green., e di m. 5,670 (la massima profondità osservata 
durante tutto il viaggio) verso E, a 28° 56’ lat. N., 34° 58’ long. O. 
Greenwich. Il cielo si mostrò quasi sempre calmo, in apparenza disposto 
a pioggia, che però era impedita dalla direzione dei venti. Intanto si 
fecero continue e sistematiche osservazioni al termometro, in relazione 
a quelle dello « Challenger », nel fondo dello stesso Mare di Sargasso. 
Toccate le Isole del Capo Verde e specialmente S. Antonio e S. Jago, 
furono gettate le àncore nel Porto Praya. Dal 6 al 7 settembre, pro- 
priamente al passaggio della linea equatoriale, l’aria si fece più fresca, 
la temperatura dell’acqua si abbassò da 26° a 23° 4 C. ed il suo colore 
apparve tendente al verde, mentre poco più indietro e più innanzi si 
mostrava del più bell’azzurro, Fu poi visitata l'Isola dell’ Ascensione, e 
dopo un breve soggiorno ivi fatto, la Spedizione riattraversò |’ Atlantico 
in direzione O., e rasentando l'Isola di Fernando Noronha andò ad 


ancorare a Para del Brasile. Poco dopo passando dal Tocantin nel Ca- 
nale di Breves, la nave tedesca, su cui viaggiava la Spedizione, arenò, 
subendo tali guasti da farle perdere un gran tempo nelle riparazioni. Si 
pensò quindi al ritorno. Con molta sorpresa il giorno 11 ottobre fu in- 
contrata la corrente della Guinea a 6° lat. N., 43° long. O. Green. circa; 
e perciò si dovette deviare alquanto dalla rotta, tenendo pii verso N., 
e giungendo al porto di Punta Delgado nell'Isola di S. Miguel. Di là si 
fece rotta direttamente per Kiel, dove fu toccata terra il 7 novembre 
p. p. 1889, avendo percorsi 28,900 km. in mare. I risultati di questa 
Spedizione, per quanto inferiori a quello che erasi sperato, sembrano ab- 
bastanza considerevoli, leggendo ciò che ne riferisce il prof. K. Brandt, 
per le ricerche biologiche in fatto di pesci, molluschi, piante, microor- 
ganismi ecc., in seguito alla Relazione del Kriimmel ed in apposita Nota. 
(Soc. geogr. di Berlino, Verhandlungen, XVI-10, 1889). 


B. — Europa. 


CosTuMI INGLESI. — Il prof. G. Ricchieri, nostro socio, diede alle 
stampe una sua bella conferenza, tenuta già nel gennajo 1889 a Livorno, 
sul tema « Costumi inglesi ». In generale egli mette in evidenza i pregi 
ed i difetti di quella nazione, come pure le condizioni ed il carattere 
dei popoli della Scozia e dell'Irlanda. Nel pubblicare la conferenza egli 
la ampliò in qualche parte e la fece precedere da una corrispondenza 
da Londra ad un giornale italiano; la quale veniva a confermare quanto 
egli aveva già esposto ai suoi uditori in argomento. 

Lo Scoglio DI MANFREDONIA, già esistente a circa 70 metri dalla 
punta del molo di quel porto, è stato recentemente distrutto, fino alla 
profondità che varia in quelle acque, da m. 4, 5 a m. 6. (Avviso ai nav 
ganti, n. 296, 1889). 

L’Istmo DI Corinro formò argomento di una importante monografia 
testè pubblicata dal dott. A. Philippson. Questa monografia, che è accom- 
pagnata da una carta alla scala di 1: 50,000, contiene la descrizione del- 
l’Istmo di Corinto sotto i vari aspetti, geologico, geografico e storico, 
tanto naturale che civile. Come in gran parte sono frutto di osserva: 
zioni personali dell'autore queste descrizioni, così affatto originale è la 
carta, che oltre d'essere, per le proporzioni, la più grande di quante 
furono finora pubblicate, rappresentanti l'Istmo di Corinto, è il risultato 
delle misure eseguite sul terreno dall'autore, e coordinate alla delineazione 
delle coste, come è nella « Carte de la Grèce » (Parigi, 1834) e nella 
Carta marina. (Soc. geog. di Berlino, Zeitschrift, 145, 1890). 

NUOVE QUOTE BAROMETRICHE D' ALTITUDINE DEL PELOPONNESO. — Il 
dott. A. Philippson, che da parecchi anni lavora assiduamente nella 
Penisola di Morea (Peloponneso) a scopo scientifico, tra l’altro vi comp! 
una diligente e numerosa serie di misurazioni di altitudine, determinate 
col barometro. I risultati ch'egli ne ottenne hanno, secondo il dott. A. 
Galle, un valore speciale, perchè furono controllati dallo stesso Philip 
pson, su due aneroidi verificati, in due viaggi, nel 1888 e nel 1889 
e poi scrupolosamente corretti. Le quote così stabilite differiscono 19 


amoltissimi punti dalle altitudini finora ammesse per la Morea, secondo 
la « Carte de la Grèce » della Expédition scientifique de Morte. Il Phi- 
lippson anzi adoperò alcune altitudini di questa Carta risultanti da ri- 
lievi trigonometrici, ma corresse quante altre erano state semplicemente 
stimate allora (1832-1834) con metodi molto imperfetti. Quindi le ta- 
vole delle altitudini del Philippson, pubblicate testè dal Galle, per gruppi 
topografici, secondo la mente dell'autore, torneranno di grande profitto 
a chi voglia occuparsi di tali studi nella regione peninsulare del Pelo- 
ponneso. (Soc. geog. di Berlino, ZeifscArifi, 143, 1889). 

Lz CARTE DEL Comarov. — Il cartografo russo Comarov, a quanto 

riferiscono i giornali, pubblicava verso la fine dell’anno passato alcune 
carte etnografiche sulla distribuzione dei vari popoli slavi nella penisola 
dei Balcani; su di esse i confini apparirebbero delineati diversamente 
da quelli che Serbi e Bulgari credono esatti. Questi, sospettando in tale 
pubblicazione un fine politico, se ne erano tanto offesi da impedire la 
diffasione di quelle carte nei loro Stati; ma il Comarov, a sua volta, 
dichiarò che avrebbe modificate le sue conclusioni, tenendo conto dei 
loro richiami. (Ze Riforma, n. 47, 1890). 
La Grotta DI Erminio venne testè ad occupare il primo posto fra 
le grandi grotte dell’ Harz presso Riibeland. Essa fu recentemente scoperta, 
dietro ricerche appositamente fatte da chi ne sospettava l’esistenza, ad 
un livello più elevato delle altre due, grandi e note, di Baumann e di 
Biel. Questa nuova grotta, diretta da E. ad O., misura m. 203, ed ha 
una galleria laterale, più ad E. d'altri 100 m., a cui aggiungendo un 
passaggio di 110 m., che s’apre a 70 m. dall'ingresso comune alle altre 
grotte e conduce a questa, si ottiene uno sviluppo lineare totale di 
m. 413. L'altezza della grotta varia dai 7 agli 8 fino a 10 metri. Biso- 
gnerebbe poi tenere conto di altre piccole diramazioni, ma numerose e 
quasi tutte accessibili. Oltre alle solite bellezze minerali, vi si rinven- 
nero resti animali di grande importanza per la Storia naturale. Mancano 
ossa od oggetti, che vi attestino la presenza dell’uomo, ma vi si trovarono 
scheletri dell’Ursus spelaeus e di altri mammiferi diversi da quelli propri 
della fauna diluviale. (Das Ausland, n. 3, 1890). 


C. — ASIA. 


LA COLTIVAZIONE DEL COTONE NELL’ ASIA CENTRALE. — Da notizie 
registrate nella Russ. Revue (p. 389) si apprende che nell’ Asia centrale, 
massime nella Valle di Ferghana, la coltivazione del cotone ha fatto, 
in poco più di tre anni, rapidissimi progressi. In quei territorî sì con- 
tavano già nel 1888 non meno di 51 mila ettari coltivati a cotone. 
D'altronde anche i primi tentativi di questa coltivazione nella Russia 
europea diedero risultati favorevoli nei Governi di Kiev, Cherson e Tau- 
ride, come pure nei Territori del Don, del Cuban e del Ter. (Soc. geog. 
di Berlino, Verhandlungen, XVI-10, 1880). 


— 292 — 


D. — AFRICA. 


IL TRATTATO FRA L’ITALIA E L'IMPERATORE D' ABISSINIA, ratificato 
da S. M. il Re d'Italia il 29 settembre 1889 è del seguente tenore: 
— Sua Maestà Umberto I Re d'Italia e sua Maestà Menilek II, Re dei 
Re di Etiopia, allo scopo di rendere proficua e durevole la pace fra i 
due Regni d'Italia e di Etiopia, hanno stabilito di conchiudere un Trat- 
tato d' amicizia e di commercio. — E Sua Maestà il Re d’Italia avendo 
delegato come Suo rappresentante il conte Pietro Antonelli, commen- 
datore della Corona d’ Italia, cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, Suo 
Inviato straordinario presso Sua Maestà il Re Menilek, i cui pieni poteri 
furono riconosciuti in buona e debita forma, e Sua Maestà il Re Menilek 
stipulando in proprio nome, quale Re dei Re d'Etiopia, hanno concor- 
dato e conchiudono i seguenti articoli: — Art. I. Vi saranno pace per- 
petua e amicizia costante fra Sua Maestà il Re d'Italia e sua Maestà il 
Re dei Re di Etiopia e fra i loro rispettivi eredi, successori, sudditi e 
popolazioni protette. — Art. II. Ciascuna delle Parti contraenti potrà es- 
sere rappresentata da un agente diplomatico accreditato presso l'altra e 
potrà nominare consoli, agenti ed agenti consolari negli Stati dell'altra. 
Tali funzionarî godranno di tutti i privilegi ed immunità secondo le con- 
suetudini dei Governi europei. — Art. III. A rimuovere ogni equivoco circa 
i limiti dei territort sopra i quali le due Parti contraenti esercitano i di- 
diritti di sovranità, una Commissione speciale, composta di due delegati 
italiani e due etiopici, traccerà sul terreno con appositi segnali permanenti 
una linea di confine, i cui capisaldi siano stabiliti come appresso: e) La 
linea dell’ altopiano segnerà il confine etiopico-italiano; 3) Partendo 
dalla regione di Arafali: Halai, Saganeiti ed Asmara saranno villaggi 
nel confine italiano; c) Adi Nefas e Adi Joannes saranno dalla parte 
dei Bogos. nel confine italiano; 4) Da Adi Joannes una linea retta, 
prolungata da E. ad O., segnerà il confine italo-etiopico. — Art. IV. Il 
convento di Debra Bizen con tutti i suoi possedimenti resterà di pro- 
prietà del Governo etiopico, che però non potrà mai servirsene per scopi 
militari. — Art. V. Le carovane da o per Massaua pagheranno sul ter- 
ritorio etiopico un solo diritto di dogana di entrata dell’ 8 per cento 
sul valore della merce. — Art. VI. Il commercio delle armi e muni- 
zioni da o per |’ Etiopia attraverso Massaua sarà libero per il solo Re 
dei Re d'Etiopia. Ogniqualvolta questi vorrà ottenere il passaggio 
di tali generi dovrà farne regolare domanda alle Autorità italiane, munita 
del sigillo reale. Le carovane con carico di armi e munizioni viag- 
geranno sotto la protezione e con la scorta di soldati italiani fino al 
confine etiopico. — Art. VII. I sudditi di ciascuna delle due Parti con- 
traenti potranno liberamente entrare, viaggiare, uscire coi loro ‘ effetti 
e mercanzie nel paese dell’altra, e godranno della maggiore protezione 
del Governo e dei suoi dipendenti. È però severamente proibito a 
gente armata di ambe le Parti contraenti di riunirsi in molti od in pochi 
e passare i rispettivi confini collo scopo di imporsi alle popolazioni e 
tentare con la forza di procurarsi viveri e bestiame. — Art. VIII. Gli 





| Jtaliani in Etiopia e gli Etiopi in Italia o nei possedimenti italiani po- 
: granno comprare o vendere, prendere o dare in affitto e disporre in 
qualunque altra maniera delle loro proprietà non altrimenti che gli indi- 

: geni. — Art. IX. È pienamente garantita in entrambi gli Stati la facoltà 
| per i sudditi dell’ altro di praticare la propria religione. — Art. X. Le 


ed — 2. 


“ ct 
oS ow: 


contestazioni © liti fra Italiani in Etiopia saranno definite daJl’ Autorita 
italiana in Massaua o da un suo delegato. Le liti fra Italiani ed 
Etiopi saranno definite dall’ Autorità italiana in Massaua, o da un suo 
legato, e da un delegato dell’ Autorità etiopica. — Art. XI. Morendo 
an Italiano in Etiopia o un Etiope in territorio italiano, le Autorità del 
luogo custodiranno diligentemente tutta la sua proprietà e la terranno 
a disposizione dell’Autorità governativa, a cui apparteneva il defunto. — 
Art. XII. In ogni caso e per qualsiasi circostanza gl’Italiani impu- 
tati di un reato saranno giudicati dall’ Autorità italiana. Per questo 
Y Autorità etiopica dovrà immediatamente consegnare all’ Autorità ita- 
liana in Massaua gli Italiani imputati di aver commesso un reato, 
Egualmente gli Etiopi imputati di reato commesso in territorio italiano 
saranno giudicati dall’ Autorità etiopica. — Art. XIII. Sua Maestà il 
Re d’ Italia e Sua Maestà il Re dei Re di Etiopia si obbligano a con- 
segnarsi reciprocamente i delinquenti che possono essersi rifligiati, per 
sottrarsi alla pena, dai dominî dell’ uno nei dominî dell altro. — 
Art. XIV. La tratta degli schiavi essendo contraria ai principî della 
religione cristiana, Sua Maestà il Re dei Re d’ Etiopia s'impegna d’im- 
pediria con tutto il Suo potere, in modo che nessuna carovana di schiavi 
possa attraversare i Suoi Stati. — Art. XV. Il presente trattato è valido 
im tutto l'Impero etiopico. — Art. XVI. Se nel presente trattato, dopo 
cinque anni dalla data della firma, una delle due Alte Parti contraenti 
volesse far introdurre qualche modificazione, potrà farlo; ma dovrà pre- 
venirne |’ altra un anno prima, rimanendo ferma ogni e singola conces- 
sione in materia di territorio. — Art. XVII. Sua Maestà il Re dei Re 
d’ Etiopia consente di servirsi del Governo di Sua Maestà il Re d’ Italia 
per tutte le trattazioni di affari che avesse con altre Potenze o Governi. 
—— Art. XVII. Qualora S. M. il Re dei Re d'Etiopia intendesse accor- 
dare privilegi speciali a cittadini di un terzo Stato per stabilire com- 
merci ed industrie in Etiopia, sarà sempre data, a parità di condizioni, 
la preferenza agli Italiani — Art. XIX. Il presente trattato essendo 
redatto in lingua italiana ed amarica e le due versioni concordando 
perfettamente fra loro, entrambi i testi si riterranno ufficiali e faranno 
sotto ogni rapporto pari fede. — Art. XX. Il presente trattato sarà 
ratificato. In fede di che il conte Pietro Antonelli, in nome di S. M. 
il Re d’ Italia, e S. M. Menilek, Re dei Re d'Etiopia, in nome proprio, 
hanno firmato e apposto il loro sigillo al presente trattato fatto nel- 
l'accampamento di Uccialli, il 25 mazzia 1881, corrispondente al 
2 maggio 1889. — Per Sua Maestà il Re d'Italia, PIETRO ANTONELLI. 
(L. S.) (Bollo Imperiale d' Etiopia) 
TRATTATO ITALIANO COL SULTANO DI Aussa. — Togliamo dal Libro 
Verde « Etiopia », testè pubblicato, il testo del trattato di amicizia e 
commercio fra il Governo di S. M. il Re d'Italia ed il Sultano di Aussa;, 


trattato che venne ratificato il 13 novembre 1889. — Il Governo di 
S. M. il Re d'Italia ed il Sultano Mohamed, figlio del Sultano Anfari, 
capo di tutti i Danakil, desiderando riunire in una sola le varie Con- 
venzioni conchiuse fra essi il 15 marzo 1883, 7 luglio 1887 e 10 
agosto 1887, ed allo scopo di rendere sempre più libera e facile la via 
Assab-Aussa-Scioa e viceversa: ed il Governo di S. M. il Re d'Italia 
avendo nominato quale suo rappresentante il conte Pietro Antonelli, e 
il Sultano di Aussa stipulando in proprio nome, hanno convenuto nei 
seguenti articoli: Art. I. La pace e la amicizia saranno costanti e per- 
petue fra il Governo di S. M. il Re d’Italia ed il Sultano Mohamed, 
figlio del Sultano Anfari e fra tutti i loro dipendenti. — Art. II. Il Sul- 
tano Mohamed Anfari, garantisce la sicurezza della via fra Assab-Aussa 
ed.il Regno di Scioa a tutte le carovane da o per Assab. Le navi da 
guerra di S. M. il Re d’Italia vigileranno dalla parte del mare alla si- 
curezza del littorale dancalo. — Art. III. Il Sultano Mohamed Anfari 
riconosce come possedimenti italiani tutta la costa dancala da Amfila 
fino a Ras Dumeira. — Art. IV. Ciascuna delle due Parti contraenti 
potrà nominare nel paese dell'altra un suo rappresentante pel disbrigo 
degli affari, con tutte le immunità ed i privilegi personali dovuti secondo 
gli usi internazionali ai rappresentanti di Potenze estere. — Art. V. In 
caso che altri tentasse occupare |’ Aussa od un punto” qualsiasi di essa 
o delle sue dipendenze, il Sultano Mohamed Anfari si opporrà e dovrà 
inalzare bandiera italiana, dichiarandosi e dichiarando i propri Stati con 
tutte le loro dipendenze posti sotto il protettorato italiano. — Art. VI. 
Allo scopo di facilitare il transito da o per Assab, il Governo italiano 
si riserva la facoltà di tracciare una strada per i cammelli da Assab al- 
l’Aussa. Il Sultano Mohamed Anfari fornirà manuali e cammelli alle au- 
torità italiane, dietro equa ricompensa da stabilirsi, per rendere facile 
la costruzione della via, e garantirà la sicurezza a tutti i lavoratori. 
Lungo la via si costruiranno, possibilmente, pozzi a due ore di distanza 
l'uno dall'altro. — Art. VII. Il Sultano Mohamed Anfari non permet- 
terà il commercio degli schiavi, e si obbliga a sequestrare qualunque 
carovana di schiavisti, che attraversasse i suoi territorî e dipendenze. — 
Art. VIII. Il Sultano Mohamed Anfari non tarà pagare alle carovane 
italiane nessuna imposta o pedaggio. Il Governo italiano dichiara libere 
da dogana tutte le carovane dancale, in arrivo o partenza da Assab. — 
Art. IX. Per sviluppare le relazioni commerciali fra Assab e lo Scioa e 
viceversa attraverso l’Aussa, viene stabilito il prezzo del nolo dei cammelli 
nel modo seguente: da Assab allo Scioa, talleri M. T. 25 per ogni cam 
mello; dallo Scioa ad Assab per il carico di avorio, talleri M. T. 20 per 
ogni cammello; dallo Scioa ad Assab per il carico di pellami e del caffè, 
talleri M. T. 15 per cammello. Nel nolo dei cammelli saranno comprese 
le paghe ai cammelieri, ai quali però si dovranno fornire le necessarie prov- 
viste alimentari. — Art. X. I corrieri da Assab allo Scioa e viceversa, ri- 
ceveranno talleri M. T. 30 di ricompensa se arriveranno entro il termine 
di 30 giorni dalla data della loro partenza, e di talleri 20 se avranno ol- 
trepassato quel tempo. — Art. XI. Il Governo italiano si obbliga di pagare 
al Sultano Mohamed Anfari la somma di talleri M. T. 18 mila, convenuta 











ow 295 ow» 
fra il Regio Commissario di Assab ed il Sultano Anfari. La prima rata 
di talleri M. T. 6 mila e la seconda di talleri M. T. 4 mila saranno 
sborsate all’ atto della firma del presente trattato, e le altre due rate di 
talleri M. T. 4 mila verranno pagate annualmente. — Art. XII. Il Sul- 
tano Mohamed Anfari concede al Governo italiano l’uso della terra di 
Gembo Coma per stabilirvi una stazione commerciale ed un punto di 
approvvigionamento per le carovane da o per Assab. — Art. XIII. Il 
Governo di S. M. il Re d'Italia per ricompensare il Sultano Mohamed 
Anfari della protezione che darà alle carovane e per il loro libero tran- 
sito, pagherà al Sultano Mohamed Anfari la somma annua di talleri M. 
T. 3 mila. — Art. XIV. Il presente trattato sarà ratificato dal Governo 
di S. M. il Re d'Italia, e la ratifica sarà spedita all’ Aussa il più presto 
possibile. In fede di che il conte P. Antonelli in nome del Governo di 
S. M. il Re d’Italia ed il Sultano Mohamed figlio del Sultano Anfari 
hanno il primo firmato ed il secondo posto il suo sigillo al presente 
trattato, fatto in Adelè Gubò (Aussa) il 9 dicembre 1888 — ossia il 
s rabi akher 1306 dell’ Egira. — Per il Governo di S. M. tl Re d'Ita- 
lia: PIETRO ANTONELLI. 
( Sigillo del Sultano di Aussa). 


LA LEGISLAZIONE ITALIANA IN AFRICA. — Facendo seguito e a 
compimento del Decreto Reale, che costituisce in « Colonia Eritrea » i 
possedimenti e protettorati italiani im Africa (1), il Governo del Re presentò 
al Parlamento un progetto di legge, col quale, comprendendo anche Assab, 
si provvederà all'applicazione della legislazione italiana in quelle con- 
trade. Ecco il testo della Relazione e del progetto di Legge: « Ssiezori! 
Con decreto del 1° gennajo 1890 il Re ha provveduto alla costituzione 
del governo locale nei possedimenti italiani in Africa. Or si rende ne- 
cessario dotare la nostra colonia d'una legislazione. Questo è lo scopo 
del seguente disegno di legge. Nel desiderio di far presto, sin dal 13 
dicembre 1889 io aveva proposto al Parlamento di estendere a tutta 
l'Eritrea le disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 della legge per 
Assab del 5 luglio 1882, n. 857. Alla Camera essendo mancato il tempo 
per discutere la mia proposta, ebbi agio a riflettere, dopo gli avveni- 
menti seguiti in Africa, che per la diversità di razza e di religione delle 
popolazioni indigene, e per le speciali condizioni delle località, non tutte 
le disposizioni contenute in quella legge avrebbero potuto applicarsi al- 
l'intiera colonia. Laonde invocai dal Re ed ottenni il decreto di auto- 
Nizzazione a ritirare quel progetto, e di presentarvi in sua vece l'attuale, 
studiato e formulato a nuovo. — Con l'articolo primo viene domandata 
la facoltà di scegliere e modificare opportunamente le leggi del Regno 
che verranno applicate in Africa. A ciò è proposto un limite nell’ arti- 
colo secondo, col quale si statuisce che si conservi agli indigeni lo statuto 
personale, con le stesse norme e restrizioni sancite per Assab nella legge 
summenzionata, le quali hanno dato un'eccellente prova in questi anni. 
Con l'articolo terzo abbiamo chiesto pei musulmani l'istituzione di un 
giudice nazionale; con l'articolo quarto, abbiamo proposto che siano 


(1) Vedi BOLLETTINO, gennajo 1890, p. 118. 


— 296 — 

accordate al Governo, siccome fu fatto per Assab, varie facoltà che lo 
mettano in grado di costituire la proprietà fondiaria, di sviluppare i 
commerci e di promuovere il benessere economico della colonia. Per 
tutti cotesti provvedimenti abbiamo invocato (articolo quinto) che il potere 
esecutivo si giovi dell’opera del Consiglio di Stato. Come complemento 
alla legge, crediamo sia utile obbligare il potere esecutivo (articolo sesto) 
a presentare, ad ogni sessione legislativa, una relazione sui provvedi- 
menti emanati, sullo stato dei pubblici servizî, sulle relazioni della co- 
lonia con le vicine popolazioni; e ciò allo scopo che il Parlamento co- 
nosca l’opera del Governo, e possa su di essa esercitare il suo sinda- 
cato. Non ho bisogno di rilevare l’importanza della legge sottoposta al 
vostro esame, e sono sicuro che la onorerete dei vostri sufiragi. — 
Art. 1. Il Governo del Re è autorizzato a pubblicare nell’ Eritrea le 
leggi del Regno con quelle modificazioni che crederà convenienti alle 
condizioni locali. — Art. 2. Nell'esercizio delle facoltà di cui all’ arti- 
colo precedente, il potere esecutivo rispetterà le credenze e le pratiche 
religiose degli indigeni. Saranno inoltre regolati colla legislazione con- 
suetudinaria tuttora vigente: lo statuto personale degli indigeni, 1 loro 
rapporti di famiglia, i matrimonî, le successioni e tutte le relazioni di 
diritto privato, in quanto però quella legislazione non si opponga alla 
morale universale o all’ ordine pubblico, e non vi sia derogato con espresse 
disposizioni di legge. — Art. 3. Nelle materie di cui all'articolo pre- 
cedente, i giudizi fra musulmani, sempreché non abbiano partecipazione 
od interesse diretto altre persone italiane o straniere, saranno profferiti 
da un magistrato dottore nella legge musulmana (c22?), il quale sarà 
nominato dal Governatore civile e militare della colonia. Il cad? ammi- 
nistrerà la giustizia nel nome del Re d’Italia. — Art. 4. È data facoltà 
al Ministro degli Affari Esteri: 4) di concedere nell' Eritrea a società ed 
a privati, italiani, indigeni o stranieri, terreni demaniali, o di qualsivo- 
glia altra natura, e determinarne le condizioni ; 4) di provvedere alle 
opere di pubblica utilità ; ¢) di decretare tasse ed imposte, ed ove sia 
opportuno per la condizione speciale dei luoghi e delle popolazioni, so- 
spenderne il pagamento per un tempo non superiore ad un decennio; 
d) di stipulare coi Sovrani o Capi delle regioni finitime o prossime 
all’ Eritrea convenzioni di amicizia e di commercio, e stabilire con essi 
patti di buon vicinato e per la sicurezza della colonia. — Art. 5. Per 
l'esecuzione delle presente legge il potere esecutivo provvederà con 
decreti reali, sentito il Consiglio di Stato. — Art. 6. Ad ogni sessione 
legislativa il Ministro degli Affari Esteri presenterà al Parlamento una 
relazione per esporre i provvedimenti emanati, lo stato dei pubblici servizî 
ed 1 rapporti della colonia colle popolazioni vicine. — Art. 7. Ogni 
disposizione, generale o speciale, contraria alla presente legge, è abrogata. 
— Art. 8. La presente legge avrà vigore a partire dal giorno della sua 
pubblicazione ». 

IL RITORNO DI EMIN Pascià E DI Casati. — Un telegramma da 
Zanzibar, con la data del 2 marzo corrente, annunziava che Emin Pascià 
e il cap. Casati entrarono in quel porto nel detto giorno, provenienti 
dalla costa del continente africano, dove s’ erano imbarcati a Bagamojo. 








Emin Pascià, secondo le notizie giunte nei giorni precedenti, è comple- 
tamente guarito della grave ferita riportata a Bagamojo. (Capitan Fra- 
cassa, 62, 1890). 

ILE COORDINATE GEOGRAFICHE DI CAMERUN. — Il cap. di vascello 
Faber, della I. Marina germanica, fece recentemente nuove osservazioni 
per stabilire meglio la latitudine di Camerun. Da tre consecutive osser- 
vazioni fatte in settembre 1889 risultò una media di 4° 2’ 32, 7” latit. N.. 
Quanto alla longitudine, calcolata sulla distanza del meridiano tra Ca- 
merun e S. Paolo de Loanda, Camerun si trova a 9° 41’ 39, 45” long. E. 
Greenwich (Afstth. a. d. deut. Schutsgebdieten, \I-5, 1890). 

IL dott. ZinTGRAFF, di cui s’ incominciava a temere, per il ritardo 
nel ritornare dalla sua seconda traversata del territorio di Adamaua (1), 
è rientrato felicemente in Camerun fin dai primi giorni di quest'anno, 
come annunziò un telegramma da S. Thomè. Egli s'era trattenuto pa- 
recchio tempo a Gashca, presso il potente ed intelligente capo Sambo, 
dal quale era stato generosamente ospitato (AMitth. a. d. deut. Schutzge- 
bieten, Il-5, 1890). 

I Francesi NEL DAHOMEI. — Dopochè la Francia, per le conven- 
zioni del 1885 colla Germania e del 1889 con l'Inghilterra, aveva 
assicurata la sua sfera di azione nel Dahomei, tra il Gran Popo ec Porto- 
Novo, parecchi piccoli capi s’ erano sottoposti al suo protettorato. Tra 
questi eravi, nel villaggio di Dangbo, sulle rive ‘dell’ Ueme, il capo 
Aguinin, ultimamente trucidato coi suoi dalle forze del re Glegle, capo 
supremo del Dahomei. Essendo stata anche insultata la bandiera fran- 
cese in quell’ occasione, la Repubblica mandò per chiederne soddisfa- 
zione il suo inviato Bayol; il quale però fu trattenuto prigioniero e 
dovette anche assistere alla esecuzione di altri protetti francesi Da ciò 
la spedizione del maggiore Terillon, in questi giorni annunziata dai gior- 
nali, e che finì con la sconfitta delle truppe di quel re e la presa di 
Cotonu, luogo importante di quel paese (La Géographie, n. 63, 1890; 
La Riforma, n. 55, 1890). 


E. — AMERICA. 


La Rapa pri Cera. — Lungo la-costa settentrionale dell’ Honduras, 
così povera d’ approdi, fu riconosciuta sufficiente ai bisogni della navi- 
gazione per quei paraggi una piccola, ma abbastanza sicura rada, cui 
fa dato il nome dell’ adiacente villaggio di Ceiba. Essa giace approssi- 
mativamente, a 15° 45’ lat. N. ed 86°56’ long. O. Green., e consiste 
veramente in una striscia di spiaggia che si prolunga ad O. della Punta 
Congrehay. Fino ad 800 metri dalla costa la profondità del mare si 
mantiene superiore a m. 7,5 e permette ai bastimenti d’ avvicinarsi e 
di ancorarsi, quantunque vi manchino affatto quelle opere e comodità, 
che sono solite ad aversi anche nei più piccoli porti. Il villaggio di 
Ceiba conta circa 600 abitanti, che commerciano soltanto in banane, 
scambiandole con merci ed altri commestibili d’ importazione. Per ora 


(1) Vedi BOLLETTINO, febbrajo 1890, p. 206. 


— 298 — 
i bastimenti non pagano diritti, obbligandosi però al servizio casuale 
della corrispondenza (Votice to Mariners, n. 6, 1890). 

ALLE FOCI DEL PARÀ (Brasile) furono riconosciuti due scogli a S.-O. 
delle Punta Pinheiro: uno nella posizione 1° 18’ 15” lat. S., 48° 30' 15” 
long. O. Green., l'altro a 1° 37’ 30” lat. S. e 49° 7’ 30” long. O. Green.. 
Il primo, di piccola estensione, è a pochissima profondità; il secondo, 
che rimane in più punti scoperto nella bassa marea, s' estende oltre 
due chilometri nella direzione della sua lunghezza (/Vofice to Mariners, 
n. 8, 18g0). 


F. — OCEANIA. 


SULLE ISOLE DELLA SOCIETÀ ED INTORNO AGLI INDIGENI DELLA POLI- 
NESIA pubblicò recentemente alcune interessanti note di viaggio il medico 
della R. Marina, dott. Filippo Rho. — Egli comincia col descrivere la tra- 
versata del Pacifico dal Callao, per la Corrente di Humboldt, all’Arcipe- 
lago Tuamotù, quindi con molta esattezza ed evidenza fa conoscere 
da lungi e da vicino I’ aspetto dell’ Isola Tahiti, la vita di quella popo- 
lazione. Dei Tahitiani riferisce alcuni dati antropologici ed etnografici 
e particolari notizie sull'amore e sulla cultura della musica da parte 
di quegli indigeni. Poi passa a descrivere |’ Isola Moorea, particolar- 
mente la Baja di Fajarè. Fornisce poi qualche informazione storica sullo 
sviluppo della civiltà europea in quelle isole. Studia inoltre il clima, 
le malattie locali; e, trattandone, osserva |’ alimentazione e gli altri mezzi 
di sussistenza che vi si usano, e conchiude in proposito riconoscendo 
il progressivo spopolamento dell’ arcipelago. Dà quindi un’ idea comples- 
siva dell’ etnologia di questa razza polinesiaca, seguendo le tracce del 
Prichard, del Moerenhout, del Quatrefages, ecc., ma aggiungendo anche 
di suo notevoli osservazioni. Si diffonde intorno all' Isola Norfolk ed 
alla sua famosa colonia pitcairniana. Tratta infine delle produzioni natu- 
rali, della fauna terrestre e marina, delle foreste, della geologia; poi 
della origine e della lingua di Tahiti e dell'arcipelago tutto. Chiude 
queste sue Note, commemorando il poco noto, ma valente ed ardito 
botanico e medico piemontese, Carlo Bertero, che nel 1830 aveva visi- 
tato quelle isole, e che dopo avervi raccolta ricca messe scientifica 
scomparve, probabilmente inghiottito da una tempesta dell’ Oceano. In 
parecchi luoghi delle sue Note, il dott. Rho fa conoscere più davvicino 
i fenomeni naturali delle isole visitate, fra cui citeremo la Cascata di 
Fautauha. . 

LA CONVENZIONE PER LE ISOLE SAMOA — Per la convenzione, con- 
chiusa l’anno scorso a Berlino, e pubblicata nel p. p. gennajo, le Isole 
Samoa costituiscono un territorio neutro, dove i sudditi delle tre potenze 
firmatarie (Stati Uniti dell’ America settentrionale, Inghilterra e Ger- 
mania) godranno eguali diritti. Malietoa è riconosciuto re indipendente; 
però in Apia, la capitale, è istituito un Consiglio municipale, secondo 
norme determinate d’ accordo con le tre suddette potenze, che ne 
designeranno il presidente. Così pure vi sarà una Corte suprema di 
Giustizia, ed anche per essa le potenze stesse nomineranno un Giudice 








— 299 — 

presidente. In caso di disaccordo su queste nomine, quella del presi- 
«dente del Consiglio municipale sarà deferita ad uno dei Capi della Svezia, 
«della Svizzera o del Brasile; quella del Presidente della Corte Suprema 
al Re di Svezia. (Popolo Romano, 21 gennajo 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


IL MOVIMENTO DEI GHIACCI NEL MARE ARTICO. — Da numerosi 
rapporti giunti prima della fine di gennajo p. p. all'Ufficio idrografico 
degli Stati Uniti dell’ America settentrionale, si apprende che quest’ anno 
il movimento dei ghiacci galleggianti verso S. incominciò molto pit 
presto del solito, cioè circa un mese prima degli altri anni. Questo 
straordinario fenomeno è dovuto in gran parte ai venti freschi del N.-E. 
del Labrador, in coincidenza coi venti O. che spirano lungo la rotta 
transatlantica in dicembre e in gennajo. (Science, n. 367, 1890). 


IV. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


REALE ACCADEMIA DEI Lincei. — Roma, 2 febbrajo 1890. 

La densità dell’ acqua del Mediterraneo, di N. Reggiani. ‘’ 

BOLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI Arrari EsTERI. — Roma, gen- 
najo 1890. 

Del commercio e della navigazione nel Porto di Boston (1888-1889), di HW. 
Thaon di Revel. — Commercio e produzioni della Provincia di Rio Grande del Nord. 
di C. Salvini. 

Società AFRICANA D'IrALIA. — Napoli, novembre-dicembre 1889. 


Il commercio di Aden, di Z. Pesnmaszi. — Il capitano Casati, di A. Dovera. — 
Gli Egiziani sul Giuba, del col. Ck. Chaillé Long. — E. M. Stanley. — Demografia 
di Tunisi, di 8. Berio. — Movimento commerciale allo Zanzibar. — Protettorati 
francesi in Senegambia. — Commercio della Colonia del Capo. 
— Sezione fiorentina della Società Africana. — Firenze, V-8, 1890. 


I Somali dell’ Occidente (cont.), di 7. Paulitschke. — L'avvenire commerciale 
di Massaua, di 4. Cecchi. — Assab al 1° gennajo 1888, di Af.. — Il Congresso 
coloniale francese : appunti, di G. C. 

Cosmos. — Torino, febbrajo 1890. 

Nuove esplorazioni danesi nello Stretto di Danimarca sul « Tylla » nel 1888, 
note di C. Ryder (con diagrammi). — Liberazione di Emin Pascià e di Casati per 
opera di E. Stanley. — Le eruzioni di Vulcano nelle Isole Eolie, di /. Salino. 
SociIETÀ D' ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, feb- 

brajo 1890. 

Il Canale di Panama, di /. Marassi. — Sviluppo coloniale, di A. Ferrero. — 
Note africane, del past. /. Longo. — « Un viaggio a Nias », di E. Modigliani: 
bibliografia del prof. £4. Porro. 

MARINA E COMMERCIO. — Roma, 2, 9, 16, 23 febbrajo 1890. 


Movimento del Porto di Cadice nel 1888. — Dal Canale di Suez. — I passi del 
Porto di Alessandria. — L’ uragano nell’ Atlantico. —. Ancora sull’ ultimo uragano 
nell’ Atlantico. — Il commercio delle spugne in Turchia. — Ripresa delle relazioni 
commerciali col Sudan. — La produzione agricola dell’ Italia nel 1889. 

Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, gennajo 1890. 


Il vento e i pendoli termometrici, del p. C. Afelsi. — Sulla straordinaria quan- 
tità di neve negli anni 1836 e 1888, di P. Plosser. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 





Rivista pt TopoGRaria E Catasto. — Roma, febbrajo 1890. 


Metodo grafico per ridurre le stazioni geodetiche azimutali al centro trigonometrico, 
del dott. F. Guarducci. 


| 
| 
) 
| 


Accapemia Gioenta. — Atti. — Catania, IV-1, 1889. 
} Le maggiori profondità del Mediterraneo recentemente esplorate ed analisi geo- 
| logica dei relativi sedimenti marini (con tavola), del prof. O. Silvestri. — Etna, Si- 


cilia ed isole vulcaniche adiacenti sotto il punto di vista dei fenomeni eruttivi e 
geodinamici avvenuti durante l’anno 1888, dello stesso. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


_ Socntré DE GtiocrarHie. — Compte-rendu. — Parigi, 7 febbrajo 1890: 


Escursione nei Monti Mugoggiar nel 1889, di P. Venucov. — Dell’ esploratore 
Camillo Douls: notizie ufficiali. — Itinerario del p. Magalli da Riobamba a Canelos 
nell’ Equador. — La carta ipsometrica della Russia europea del gen. Tillo, nota di 
Ventucoo. — Il viaggio del signor Fourneau nelle foreste del Congo, relazione rias- 
sunta da P. di Brassa. — Progetto di Spedizione antartica sotto la direzione del 
prof. Nordenskjold. — Viaggio in Corea, relazione di C. Varat. 


Revue DE GéoGRraPHIE. — Parigi, febbrajo 1890. 


Le strade ferrate del Giappone, di D. Bellet. — L' Ovest e il Sud del Mada- 
gascar (fine), del cap. V. Nicolas (con carta). — Le strette del Basso Danubio da 
Bazias ad Orsova (cont.), di A. de Gérando. — La situazione rispettiva delle po- 
tenze nel Pacifico, di C. Hackenberger. 


Socittt DE G£OGRAPHIE COMMERCIALE. — Parigi, XII-2, 1890. 


Transazioni, oggetti di commercio e moneta delle regioni fra il Niger e la Co- 
sta d’ Oro, del cap. Biager. — La Cirenaica (con carta). — La pampa centrale della 
Repubblica Argentina (con carta). — La navigazione sul Mecong. — La Spedi- 
zione in Africa, di 4. A. Dias de Carvalho. — Il Cansas. — Escursione al Mada- 
gascar. — Il Sndan francese. — La morte di G. Douls e il modo di viaggiare nel 
Sahara. — Coudreau nella Gujana. — Impressioni d'un emigrato nella Repubblica 
Orientale. 

Revue FRANCAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, 1, 
15 febbrajo 1890. 


La costa delle dodici colonie in Sumatra, di Brau de Saint-Pol Lias. — Viag- 
gio del cap. Trivier nell’ Africa equatoriale. — Il Canadà e la sua annessione agli 
Stati Uniti. — Le popolazioni del Madagascar. — Il paese degli Amatonga. — 
Haiti e gli Stati Uniti. — Dal Junnan al mare. — La Gujana e i suoi prodotti. 
La G8OGRAPHIE. — Parigi, 6, 13, 20, 27 febbrajo 1890. 


GI’ interessi francesi sulla Costa degli Schiavi ed al Dahomei, di H. Mager. — 

igi porto di mare, di P. Vibert. — A proposito del meridiano iniziale, lettera di 

C. Tendini de Quarenghi. — La Città della Plata. — Nuova carta parziale del Gabon 
e del Congo francese. 


Le Tour pu MonDpE. — Parigi, 1, 8, 15, 22, febbrajo 1890. 


Tre mesi in Irlanda (cont.), di M. Anna de Bovet. — Trenta mesi nel Tonkino 
(cont.), del dott. #. Hocguard. 
Revue Maritime ET COLONIALE. — Parigi, dicembre 1889, gennajo, 


febbrajo 1890. 
Le maree della Bassa Senna, dell'amm. Cloué. — La Missione del Capo Horn: 


magnetismo terrestre (cont.), del luogot. Ze Cannellier. — Uragani del marzo 1889 
a Samoa (dall'inglese), di /7. Garreau. — Oceanografia statica (continuazione), di 
S. Thoulet. 

— Gennajo 1890. 

I periodi meteorologici, di Delausey. 

Société DE (GfOGRAPHIE COMMERCIALE DE BorDEAUx. — Bordeaux, 
febbrajo 1890. 

Le correnti dell'Atlantico settentrionale nel 1889 (con cartina), — Prime notizie 
della traversata d'Africa, compiuta dal cap. Trivier, di Z. Zaxsen. — Voto per kl 
adozione di un’ ora nazionale. — Notizie sugli Stati Uniti del Venezuela, del dottore 
L. Vincent. — Conferenza marittima internazionale di Washington, di Hauétresex. 
Société DE GROGRAPHIE DE LILLE. — Lilla, 1, 1890. 

Gli oceani e i mari (cont.), di Gosselet. — Biografia del gen. Faidherbe, del 
cap. Brosselard. — Le coste della Normandia, di 4. Herland. 


Socigté RovaLE BELGE DE GEOGRAPHIE. — Bruxelles, n. 6, 1889. 


I monumenti di Samarcanda, di G. Leclercg. — Stanley in soccorso d’ Emin 
Pascià, di 7. du Zief. — Un'escursione nel Campine, di 4. Harox (con carta). 
Socigté ROYALE DE Gi#oGraPHIE D’ ANVERS. — Anversa, XIV-1, 1890. 

Il Queensland e I’ Australia, della signora Comureur. — Notizia su Haiti, di 
W. Serruys. — La provincia di Corrientes, di A. Bagwuet. 

Le MOUvEMENT G&OGRAPHIQUE. — Bruxelles, 7, 23 febbrajo 1890. 

Viaggio del cap. Binger dal Niger al Golfo di Guinea (con schizzo). — L’ un- 
decima traversata dell’ Africa Centrale. — L'esplorazione del F. Lomami compiuta 
dal governatore Janssen, — L'esplorazione del F. Lokepo, fatta dal luogotenente 
Bodson. 

Socrepap EspaNoL~a DE GEOGRAFIA COMERCIAL. — Madrid, gennajo 
1890. 

La questione del Muni. — L’ Isola di Elobei-Cico, di V. 2. Almasdn. — La 
Repubblica del Salvador, di 7. de Arellano. 

INSTITUTO GEOGRAFICO ARGENTINO. — Buenos Aires, X-10, 1889. 


Dati geografici della Provincia di Mendoza, di G. AvéLallemant. — Studî nella 
Cordigliera delle Ande, dello stesso. — Spedizione al Neuquen (con uno schizzo car 
tografico), dei dott. Kurts e Bodenbender. 

Ir BrasiLe. — Rio de Janeiro, IV-1, 1890. 


Il Brasile nel 1889. — Fine della quistione delle « Missiones » tra il Brasile 
e l'Argentina. — Immigrazione e colonizzazione del Governo brasiliano nella Gujana. 


GESELLSCHAFT FUR ERDKUNDE zu BERLIN. — Berlino, XVII-1, 1890. 

Sul viaggio all’ E. delle Spizberghe nel 1889, del dott. prof. A24estial. 

K. K. GrocRrAPHISCHE GESELLSCHAFT IN WIEN. — Vienna, XXXILII-1, 
1890. 

I territort di Scirvan, Chisan e Tatik: illustrazione del rilievo fattone dal pro- 
fessore G. Wilnsch (con carta). — Lo stato presente della cartografia ufficiale in 
Europa con speciale riguardo alle carte topografiche, di C. v. Haradauer. 
PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, II, 1890. 


Per I’ etnografia del Peloponneso (con carta), del dott. A. Philippsen. — La 
nuova carta della Penisola dei Balcani nell'Atlante-Manuale Stieler, di C. Vogel. — La re- 
gione montuosa di Ugueno ed il versante occidentale del Kilimangiaro (con schizzo), 
del dott. HY. Meyer. — Il viaggio del soprintendente C. Armotke nella regione dei 
Bonjai (con cartina). — Gli scavi del Flinders Petrie nel Fajum, del prof. dott. G. 
Schweinfurth. — Nuova Carta d’ Italia (1:500,000) dell’ Istituto geografico militare, 





— 393 — 
di C. Vogel. — La popolazione della Grecia, del dott. A. Philippson. — I terremoti 
della Grecia e della Turchia nel 1889, del prof. A Afifsopulos. 


DEUTSCHE RuNnDSCHAU Fiir GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
marzo 1890. 


La Cahfornia tedesca nell'Africa sud-occidentale, del dott. 2. Schwars. — L’av- 
venire dell Isola Helgoland dopo le ultime osservazioni fattevi, di O. Lehmann. — 
L’odierma questione cinese in America e in Australia, del dott. G Zacher. — Le 
predizioni sismiche di Rodolfo Falb e le sue divinazioni nell’anno 1888-89, di /7. 
 Habenicht. — Gl Indiani negli Stati Uniti d'America, di Emma Poesche. 
GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 1, 15 febbrajo 1890. 

Viaggio da Kjibar a Leh, neg!’ Himalaja occidentali, del miss. Redslob. — Le 
colonie comunistiche dei Tedeschi in America. — Viaggio del cap Binger nell’ Alto 


Sudan (fine). — Attraverso le terre dei Galla. — Dal paese degli Atzechi. — La 
Valle di Banga-Chandra e Trilognath, del miss, Reaslod. 


CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FUR DEN ORIENT. — Vienna, 2, 1890. 

I protettorati e le imprese coloniali dei Tedeschi al principio dell’anno 1890. 
— La Penisola di Malacca. — L'esposizione di Tashkent nel 1890. — Le poste in 
Cina. — Condizione delle coste settentrionali dell'Asia Minore. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, 3, 10, 17, 24 febbrajo 1890. 

i retrospettivi di Geografia politica: |’ Australia, le regioni polari (fine). — 
Remimiscenze della Nuova Guinea, di /. Grabovski (con schizzo). — La Colonia di 
Victoria d’ Australia nel 1888. — Attraverso il Messico meridionale e l'America cen- 
trale, di G. Pexli. — Schizzi di viaggio in Egitto: Dal Cairo a Luxor, di £. Schrecker, 
— L'oro in Australia, di A. v. Lerchenfeld. — Dal Nord della Scandinavia, di 
FI. v. Schénberg. — I figli degl’ Indiani dell’ America del Nord, di A J. Pajeken. 
DruTscHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 1, 15 febbrajo 1890. 

Uno scritto del prof. dott. G. Schweinfurth sui rapporti dei Tedeschi cogl’ indi- 
geni e cogli Arabi. — Viaggio di James nell’ interno del Paese dei Somali, di Z. Hirsch 


(con carta). — L'assicurazione della sfera degl’interessi tedeschi nell'Africa orientale. 
— Il mantenimento degli schiavi liberati, del dott. /. Back. 


Export. — Berlino, 4, 11, 18, 25 febbrajo 1890. 


Sull’ immigrazione nel Paraguay nel 2° semestre 1889. — Commercio e vie 
commerciali dall'Africa orientale tedesca nell’ interno, conferenza di P. Reichard. — 
La linea di navigazione nell’ Africa orientale tedesca in vista della concentrazione 


delle popolazioni, e la sua influenza per i commerci. — Il commercio esterno del 
Messico nell’ anno 1888-89. — Kibo e l’ascensione del Kilimangiaro, conferenza del 


dott. /7. Meyer. — Il commercio esterno della Francia nel 1889. — La flotta mer- 
cantile tedesca al 1° gennajo 1889. — La carta dell'Africa di R. Andree ed A. Scobel. 


RovaL GrocrapHicaL Society. — Londra, febbrajo 1890. 


La grande via commerciale del centro asiatico da Pechino a Cashgar, del colon- 
nello Mark. S. Bell. (con carta). 


Tue ScottisH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, febbrajo 1890. 


L'evoluzione del clima, del prof. ¥. Geskie (con 5 carte su 2 tavole). — La 
base fisica della Geografia politica, di 7. 7. Mackinder, — Azerbeijan. — Il colon- 
nello Sir Henry Yale: commemorazione (con ritratto). 

MANCHESTER GEOGRAPHICAL Society. — Manchester, V, 4-6, 1889. 


Alcune impressioni del Marocco e dei Marocchini (con carta ed illustrazioni), di 
J. Thomson. — Florida e gl'Inglesi, di A. Montefiore. — Sull’ insegnamento della 
Geografia commerciale elementare nelle scuole primarie e secondarie e nelle tecniche 
inferiori, di 7. A. Siléerback. — La Provincia di Taranaki nella Nuova Zelanda, di 
E. Gibson. — Strade ferrate indiane e commercio britannico (con carta), di Holt 


S. Hellet. — GY Indiani Cri di Calgary, di C. 2. Somerset. — Il limite delle nevi 
nei Monti Tatra, di C. Grissinger. 


Nature. — Londra, 6, 13, 20, 27 febbrajo 1890. 


Otto archibaleni visti contemporaneamente, lettera di Sir W. Thomson. — «La 
Nuova Zelanda » del dott. J. M. Moore, nota bibliografica. — I supposti terremoti 
di Chelmsford il 7 gennajo p. p., di C. Davison. — L'eclissi totale, del professore 
D. P. Toda. — Il periodo delle lunghe maree di Cracatao, di 7. C. Me Cosssel. 
SCIENCE. — Nuova York, 13, 20, 27 dicembre 1889; 3, 10, 17, 24 

gennajo, 7, 14, 21 febbrajo 1890. 

L'antica Arabia, di A. H. Sayce. — Il sig. Mackinder e l'insegnamento della 
Geografia — La carta dei confini del Massachusetts, di W. Af. D.. — Supposte 
pioggie di meteoriti nel Deserto d’ Atacama. — Gli ultimi Inca (bibliografia). — 
Le acque del Gran Lago Salato, di 7. £. 7a/mages. — Le esplorazioni dello 
Stanley. — La Società Geologica Americana. — Un grosso monolite di nefrite o 
giadeite, di 7. Zerry. — Sulle orme umane al Nicaragua, lettera del dott. . Ver 
— Il Bacino del Congo. — Le caverne del Vaitomo nella Nuova Zelanda. — Quello 
che Stanley ha dato per la carta dell’Africa. — Piante utili del Guatemala. — lL'or- 
tografia di « Alleghany », di G. W. Redway, — La Corrente del Golfo ed il tempo. 
— Gli archivi americani in Siviglia, lettera di D. C. Gilman. — L'’oscillazione di 
livello dei laghi, di W. 4f. Davis. — Osservazioni meteorologiche sul Picco Pike nel 
Colorado. 


THE CANADIAN INSTITUTE. — Toronto, ottobre 1889. 

Il bacino centrale di Tennessee, di W. Kennedy. — Gl’ Indiani Dene occider 
tali, di A. G. Morice, — Lettera sugli Indiani del Sascatscevan, di 4. 8. Perry. 
RovaL Society or NEw SouTtH WaLes. — Sydney, XXIII-1, 1889. 


Aborigeni d’ Australia, di W. 7. Wyndham, — Nota su una recente tempesta, 
di 4. C. Russell, — Sull’ alta marea del giugno 1889, di 7. Tebbutt. — Sorgenti 
delle acque del sottosuolo nei Distretti occidentali, di A. C. Russell. — Rocce erut- 
tive della Nuova Zelanda, del prof. A”. W. Hutton. 

FòLDRAJZI K6zLEMENYEK (Bollettino della Società Geografica Ungherese). 

— Budapest, XVIII-1, 1890. 

Discorso d’ inaugurazione dell'anno 1890, di G. Xantus, — Relazione sui le 
vori e la condizione della Società nel 1889, del segretario generale A. Lerecs. — 
Appendice : Tabella delle coordinate delle projezioni di alcuni gruppi di gradi geo- 
grafici, ecc., elaborata secondo il metodo esposto dall’ autore nella seduta del 26 
aprile 1888 e descritta nella Memoria inserita nel VII fascicolo dell'anno stesso, 
di A. Toth. 

YMER: BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ SVEDESE DI ANTROPOLOGIA E GEO- 
GRAFIA. — Stoccolma, 5, 1889. 


Relazioni. di ricerche e di esplorazioni nella Colonia di Camerun, II, di G. 
Valdau (con carta etnografica). — Le Bermude: relazione d’un viaggio, I, di C. 
Forsstrand (con carta). — Progetto d’una Spedizione antartica, di A. £. Nordenskyéld. 
Società IMPERIALE Russa DI GEOGRAFIA. Isvijestia (Notizie). — Pietro- 

burgo, XXV-4, 1889. 

L’ Asia centrale ¢ la sua attitudine alla colonizzazione russa (con due carte), del 


gen. M. N. Annencov. — ll viaggio di P. M. Delotkevic in Corea, di 7. 7. Ne- 
darov. — I Lapponi e le loro tradizioni, di D. NM. Ostrovski. 


ERRATA-CORRIGE. 


A pag. 220 del presente fascicolo, in nota, invece di Bodie, leggi Cardon. 





I. — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL Consiglio DIRETTIVO. 
(Estratto dei processi verbali). 


Seduta del 27 marzo 1890. — Presenti il presidente march. No- 


bile Vitelleschi, 1 vice-presidenti Adamoli e Malvano, i consiglieri 2/a- 


serna, Cardon, Cavalieri, Gatta, Giordano, Pozzolini, Salvatori, Tacchins 
e il segretario generale. 

La Commissione composta del vice-presidente Adamoli e dei con- 
siglieri Cardon, Giordano, Pozzolini e Tacchini, ed incaricata di studiare 
il progetto di una esplorazione nella penisola dei Somali, espone lo 
stato de’ suoi lavori e le proposte concrete nelle quali essa compendia 
le sue conclusioni. 

Dopo matura discussione il Consiglio riconosce di non poter de- 
liberare, su quelle proposte, in via definitiva, dipendendo la loro attua- 
zione dal modo con cui saranno risolte altre questioni indipendenti 
dalle proposte stesse. Frattanto però, ritenendosi che fra breve ogni al- 
tra difficoltà potrà essere tolta, il Consiglio approva le dette proposte, 
sub conditione, all'unanimità. 

È presentata al Consiglio una minuta e diligente relazione del si- 
gnor Cocorda intorno ad un viaggio di esplorazione ch’egli si propone 
d’intraprendere dal paese dei Beciuani verso il Nord. Il Consiglio de- 
libera di rinviarne l'esame ad una Commissione, che riferirà in una 
prossima adunanza. Sono designati membri di questa Commissione i con- 
siglieri Blaserna, Cavalieri e Gatta. 

La Società Geografica di Parigi domanda se altre città possano es- 
sere designate come sede del V Congresso Geografico internazionale, oltre 
quelle per le quali fu fatta già espressa domanda al Congresso di Parigi, 
cioè Berna per il 1891, Genova per il 1892 e Lisbona per il 1897. Il Con- 
siglio, confermando la risoluzione presa da molto, delibera che la nostra 
Società si adoperi con tutti i suoi mezzi, perchè sia assicurata la scelta 
di Genova. 

I Consiglio delibera che anche quest'anno, come nell’anno scorso, 
sia offerto al R. Ministero d'Istruzione un certo numero di esemplari 
di un’altra opera pubblicata dalla Società Geografica, perchè ne siano 
fornite gratuitamente le R. Biblioteche del Regno. Saranno messe a di- 
sposizione del Ministero le 150 copie disponibili degli Stud? dibliogra- 


fici e biografici sulla Storia della Geografia in Italia, pubblicati a Roma 
nel 1875, e degli Stud? sulla Geografia naturale e civile d'Italia, dello © 
stesso luogo ed anno. 

Sono presentati i ringraziamenti delle R. Biblioteche Angelica, Medi- 
ceo-Laurenziana e del Ministero degli Affari Esteri per doni di libri, € 
dei signori Sinimberghi e Oldrini per la loro iscrizione fra i socî. 


Nei soliti modi sono poi inscritti i nuovi socî: Severoni Antonio, 
Alicante (Argento e Malvano); Galeazzo dei Principi Ruspoli, Roma 
(Sermoneta e Frascara); Milanesi Pio Giovanni, Frascati (Virili e Giu- 
liani); Tellini dott. Achille, Roma (Pigorini e Blaserna); Cerroti cap. 
Ottavio, Roma (Guidi e Dalla Vedova); Ferrini Gioacchino (Tuminello 
e Salvatori). 

Sono pervenuti alla Società i seguenti doni: 

Commission europtenne du Danube: Mémoire sur les travaux d'amé 
Horation du cours du Bas-Danube exécutés pendent la période 1873- 
1886. Galatz, Schenk, 1888. Vol. di pag. 108 m 4°, con 4 carte, 37 te 
vole: e 28 quadri. — Cartes du Delta du Danube et plans comparatifs ece. 
du Bras de Soulina ecc. Lipsia, F. A. Brockhaus, 1887. Grande atlante 
di 78 tavole (doni della Commissione europea del Danubio). 

Not dr. F.: Geologische Uebersichts-Karte der Alpen mit Ezlin- 
terungen. Vienna, Hélzel, 1890. Fogli 2 in cromolitografia ed op. di 
pag. 27 (dono dell'editore). 

Zucchinetti dott. P. V.: Lettre à S. A. le Khédive sur la réforme 
judiciaire ecc.. Cairo, tip. propria, 1889. Op. di pag. 64. La dispari- 
tion, ecc. Foglio di pag. 6 (dont dell'antore). 

Direccion de Estadistica General: Annuario estadistico de la Reps 
blica Oriental del Uruguay. Aîio 1888. Montevideo, tip. Oriental, 288g. 
Vol. di pag. XXV-691 con tavole (dono della Direzione della Statistica 
generale di Montevideo). 

Martel avv. E. A.: Chemin de fer des Velber-Tauern, ecc. Parigi, 
Club Alp. Fr., r885. Foglio di pag. 3. — Karl von Sonklar. 1 
Club Alp. Fr., 1885. Op. di pag. ro. — Nouvelle Carte d’Italie an 
100,000. Parigi, Revue de Géog., 1885, Op. di pag. 8. — Carte d'Au- 
triche au 75,000. Parigi, Revme de Géog., 1886. Op. di pag. 6. — Deux 
ascensions dans le massif du Mont-Blanc. Berna, Staempfii, r888. Op. 
di pag. 16 con tavola. — Les aiguilles du Gouter et d’Argentière. Pa- 
rigi, Chamerot, 1858. Op. di pag. 49 con ìîmcistoni. — Sous terre: 
exploration des eaux intérienres et cavernes des Causses. Parigi, Che 
merot, 1889. Op. di pag. 59 con tavole. — Sous terre: exploration 
des abîmes des Causses. Padirac Brive, Roche, 1890. Op. di pag. 45 
con tavola. — Les Cévennes. Parigi, Delagrave, 1890. Vol. di pagine 
VIII-406 con 140 incisioni, 2 carte e 9 piante (doni dell’awtore). 

Porena prof. F.: Trois explorateurs du Continent africain: Stanley, 
Emin, Casati. Roma, Forzant, 1890. Op. estratto di pag. 24 (dono dell'autore). 

Morandi p. LZ.» Boletin mensual del Observatorio Meteorologico 
del Colegio Pio de Villa Colon. JI-1, 2. Montevideo, tip. della Scuola na- 
zionale, 1890. Fasc. = di pag. 16-8 con tavele (dono del redattore). 





= 397 n 
Straferello prof. C. cd altri: La Patria, Geografia dell'Italia. Disp. 


98, 22, 23, 24 Torino, Unione tip. edit., 1890. Fasc. 4 di pag. 32 


ciascuno (dono dell'editore). 

Divisione dell Industria, Commercio e Credito: Bollettino di Notizie 
tommsesciali, VII-8, g, 10. Roma, Botta, 1890. Fasc. 3. — Bollettino 
di notizie sul credito e prev., VIH-1. Roma, Botta, 1890. — Déiresione 
Generale del? Agritoltera: Coltivazioni sperimentali, ecc. I. Roma, Botta 
2890 (doni del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). 

Cortese ing. E.: Sulla formazione dello Stretto di Messina, nota. 


| Roma, Boll. Com. Gedlog., 1832. Op. di pag. 37 con carta geografica 


@ tavole. — Sull'origine del Porto di Messina e sui movimenti del 
mare nello Stretto. Roma, tip. dell’Accademia dei Lincei, 1889. Op. di 
pag. 9. — La interruzione dell'Appennino al Sud di Catanzaro. Roma, 
Boil. Com. Geolog., 1883. Op. di pag. 55 con 2 tavole. — Le row 
cie cristalline delle due parti dello Stretto di Messima, appunti. Roma, 
BoB. Com. Geolog., 1885. Op. di pag. 7. — Appunti geologici sulla 
‘Ferra di Bari. Ronis, Boll. Com. Geolog., 1885. Op. di pag. 12. — 
Ricognizione geologica da Buffaloria a Potenza di Basilicata. Roma, 
Bell. Com. Geolog., 1885. Op. di pag. 12. — Hi terremoto di Bisi- 
gmano del 3 dicembre 1887: memoria. Roma, Ann. Meteorolog. H., 
1886-88. Op. di pag. 8 in 4° con tavota. -+ L'eruzione dell’ Isola Vuf- 
cano veduta nel settembre 1888. Roma, Boll. Com. Geolog., 1888. 
Op. di pag. 11. —— Cortese ing. E. e Canavari M.: Sui terreni secon- 
dari dei dintorni di Tivoli, nota. Roma, Boll. Com. Geolog., 1881. 
Op. di pag. 16. + Nuovi appunti geotogici sul Gargàno. Roma, Boll. 
Com. Geolog., 1884. Op. di pag. 33 con tavole (doni dell’autore in 
gegnere E. Cortese). 

Marinelli prof. G.: La Terra: trattato popolare di Geografia uni- 
versale. Disp. 219-220, 221-222. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. dì 
pag. 32 ciascuno (dano dell'editore). 

Direzione Generale delle Gabelle: Statistica del commercio di im: 
postazione ed esportazione, 1889. Roma, Elzeviriana, 1889. Bollet- 
tino di legislazione € statistica doganale e commerciale, VI-10, 1889. 
Roma, Botta. -— Statistica d'importazione ed esportazione, 1 gernajo, 
38 febbrajo, 1889-1890. Rome, Elzeviriana, 1890. — Bollettino di le- 
gislazione ecc.. Anno VII, gentiajo-febbrajo 1890. Roma, Botta, 1890. 
«= Annuarfo dei Misisteri delle Finanze e del Tesoro del Regno d’I- 
talia, 1890. Parte aniministrativa. Roma, Elzeviriana, 1890 (doni deb 
Ministero delle Finanze). 

Collegio degli Architetti ed Ingegneri di Firenze : Atti. Anno XIV. 
Firenze, Carnesecchi e f., 1890. Fasc. di pag. 37 (dono del Collegio). 

Dingestedt V.: The Kirghis and Kara-Kirghis. Edimburgo, Scott. 
Geog. Magaziae, 1890. Op. di pag. 4 (dono dell'autore). 

Anstimi A.: c Naova Rivista Miseza » Periodico. Anno IH, n. 1, 2. 
Arcevia, Pierdicchi, 1890. Fasc. 2 (dono della Direzione del periodico). 

Tuminello L.: Abba Michele, inviato di Re Menilek a S. M. il Re 
d'Italia nel 1872. Roma, fotog. Tuminello, 1890. Ritratto da gabinetto. 
(dono dell’autore). 


— 308 pa 

Acadimie des sciences dé Cracovie: Compte-rendu, février 1890, 
Cracovia, tip. dell’Università, 1890. Fasc. II di pag. 22 (dono dell'A 
cademia delle Scienze di Cracovia). 

Dubrovine N.: Biografia del Generale Prscevalski (in russo, con 
sommario poligrafico in francese). Pietroburgo, tip. Voenna, 1890. Vol. 
di pag. XI-602 con 4 tavole di autografi « fac-simile, » 4 ritratti fotoli 
tografici, 2 tavole illustrative e grande carta generale dei viaggi di Pr 
scevalski (dono dell’autore). 

— Annuario Ufficiale della Regia Marina - 1890. Roma, Bencini, 
1890. Vol. di pag. XVII-612 (dono del Ministero della Marina). 

— Annuario Militare del Regno d'Italia - 1890. Vol. di pag. XII 
815 (dono del Ministero della Guerra). 

— I Miracoli di S. Michele Arcangelo : Codice manoscritto in lingw 
ghiz. Fogli 17 di pergamena in coperta di legno (dono del socio sg. 
Raff. Balli Colla-Marini). 

Paoli C : Il libro di Montaperti. Firenze, G. P. Vieusseux, 1889. 
Vol. di pag. LXIV-488 in 4° (dono della R. Deputazione di Storia Px 
tria per la Toscana, Umbria e Marche). 

Hugues L.: Manuali di Geografia antica ad uso delle scuole se 
condarie. Vol. II: La penisola Greco-illirica - gli altri paesi d'Europe 
Vol. III: Asia - Africa settentrionale. Torino, Loescher, 1889-1890. Vo 
lumi 2 di pag. 152-123 (doni dell'autore). 

Stassano E: Carta costiera e faunistica delle pescherie del Sahara 
occidentale, con profili su scala di 1: 4000. Roma, Ist. cartografico itt 
liano, 1890. Foglio. — La pesca sulle spiaggie atlantiche del Sahan. 
Relazione in Annali di agricoltura, 1890. Roma, Bottu, 1890. Pag. 59, 
con carta (doni dell'autore). 

Asmuss N: Dr. G. A. Schweinfurth. Riga, W. F. Hicker, 1873. 
Op. di pag. 32 (dono del prof. I. Guidi). i 

Ricchieri G: Costumi inglesi. Piacenza, G. Marina, 1890. Op. di 
pag. XV-98 (dono dell'autore). 

Service gtographique de ? Armte francaise: Carte de Tunisie. Échelle | 
1:800,000. Parigi, 1889. Fogli 2 in litografia. — Carte topographique de 
l'Algérie. Échelle 1:500,000. Parigi, 1889. Fogli 4. — Carte de France: 
Longwy. Echelle 1:200,000. Foglio (doni della Direzione del Serv 
zio Geografico dell'Esercito di Francia). 

—  « Districto de Lourengo Marques » periodico. N. 54, 55. le 
renzo Marquez, 21, 28 dicembre 1889. Fogli 2 (doni della Redazione 
del periodico). l 

— Annuario delle Scuole coloniali nel 1889-1890. Roma, pe 
grafia Mantellate, 1890. Copie 2 di pag. 243 (dono del Ministero de- 
. gli Affari Esteri). i 

—  « In alto » cronaca bimestrale della Società Alpina friulan4. 
Anno I, n. 2. Udine, 1890. Fasc. di pag. 32 (dono della Società Al 
pina friulana). 








» N o 


HI. — MEMORIE E RELAZIONI 


a. — Le Mure peLLA REPUBBLICA DI COLOMBIA (1). 


1) Lettera del socio dott. RomoLo RAGNINI 
al Presidente della Società Geografica. 


Til.mo Signor Presidente. 


Nel fascicolo 10-11 del BOLLETTINO della Società geografica ita 
diana, Serie 2, vol. 12, ottobre 1887, veniva pubblicato a cura dell’Ec- 
celimo Ministro di Colombia, Generale Joaquin F. Vélez, un cenno stori- 
co, geografico, politico della Repubblica di Colombia compilato dal Sig. A. 
Borda. I brevi limiti consentiti per un sommario non permettevano di 
fare più ampia enumerazione e descrizione delle incalcolabili ricchezze, 
specialmente minerarie, contenute in quella fortunata regione, che la 
i rendono incontestabilmente uno dei più preziosi paesi del nuovo mondo. 
, Molto opportunamente venne quindi alla luce nel 1888 un’opera 
del Sig. Vicente Restrepo, Ministro de Relaciones Esteriores, dal titolo: 
Las minas de oro y plata de Colombia, che ridotta da lui stesso a più 
modeste proporzioni in un fascicolo, venne tradotta dal prof. dott. Ro- 
dolfo Ragnini. Chi visitò l’ Esposizione Vaticana del 1888, e più re- 
; centemente quella di Parigi nel 1889, ebbe certamente agio di ammi» 
‘rare i ricchi esemplari di prodotti, sia delle miniere che della fauna e 
flora colombiana, ed: anche di apprezzare il notevole sviluppo di quella 
giovane nazione, già così rapidamente avanzata in ogni opera di civile 
progresso, da non temere il confronto di alcun altro Stato; e il Sig. D. 
Jose Triana, commissario generale dell'Esposizione colombiana, nel so- 
brio suo rapporto, fa bene risaltare le favorevoli condizioni della Co- 
lombia in comparazione a tutti gli altri paesi delle due Americhe, che 
presero parte alla Mostra universale di Parigi. Riuscirà quindi molto 
utile, colla pubblicazione del lavoro del Restrepo, richiamare l’atten- 
zione, specialmente degli Italiani, sopra questa regione dell'America me- 
ridionale cotanto favorita sotto ogni rapporto dalla natura. 


(tetta) a ein ii ceste Dei ia tit Litta “Kr co ses - 
a 


(1) La Direzione del BOLLETTINO non assume la responsabilità degli scritti firmati. 








Una malaugurata vertenza, che sperasi volgerà presto a buon 
mine, può forse aver influito a’ nostri giorni a mettere in mala vista 
dei più ospitalieri paesi del nuovo mondo, e non fare degnamente 
siderare agli Italiani quale ricca sorgente di prosperità potrebbero 
vare coloro che volessero colà applicare e ingegno ed attività personale. 
Ma chi giudichi spassionatamente e consideri guanto buona accogli 
hanno sempre ricevuto e ricevono tuttodì gli stranieri in Colombia, e 
come siano favoriti quelli che vi prendono stabile o temporanea dimora, 
saprà giudicare rettamente, senza lasciarsi fuorviare dalla vivacità di una‘ 
polemica di chi si trovò coinvolto in politici avvenimenti che funesta 
rono pel passato la Repubblica. 

Quando poi si pensi che, completati i lavori pel Canale di Pananmòà, 
sarà aperta finalmente la comunicazione interoceanica, e colà afffluiranno 
naviganti e commercianti da tutto il mondo, è bene che gli Italiani non 
siano ultimi ad utilizzare tale gigantesca impresa, e trovino nella Co- 
lombia interessi e commerci già stabiliti su più vasta scala; interest 
che sono garantiti dalle eque leggi vigenti nel paese, e tutelati dai 
democratico e forte governo stabilmente costituito. 

Facendo assegnamento nella Sua gentilezza, Le rivolgo preghiera 
acciò voglia dare pubblicità al presente lavoro, nella certezza di fare 
cosa utile ai connazionali e gradita alla Società di cui mi tengo som 
mamente onorato far parte. A questo lavoro non mio, spero farne se- 
guire altro da me compilato con dati ufficiali, se non di pari interesse, 
certamente importante dal lato etnografico e climatico, quando sia riuscito 
ad attraversare nuovamente l’oceano, ed attuare il programma di vist 
tare sia il litorale che l'interno della Repubblica di Colombia, programma 
dovuto alla lodevole iniziativa del Console di Colombia in Ancona, che 
si è proposto, quantunque in modeste proporzioni, di stabilire relazioni 
commerciali di reciproco interesse fra quella Repubblica ed il nostro 
litorale Adriatico. 

Gradisca, Sig. Presidente, i più vivi ringraziamenti dal 

| suo dev.mo 
Dott. RomoLo Racnit. 


2) « Le miniere d'oro e d'argento della Repubblica di Colombia > 
del signor VICENTE RESTREPO. 


INTRODUZIONE. 


La Repubblica di Colombia occupa il centro del continente nuovo. 
Le sue coste si estendono per 2,852 km. sull' Oceano Atlantico, per 


— 3353.— . 
5 km. sul Pacifico, ed aprono le porte dell'America Meridionale; il 
Istmo di Panama, che si calcola poter tagliare fra pochi anni, la 
© in rapida comunicazione col resto del mondo. La sua superficie, 
due volte e mezzo più grande della Francia, è popolata da 4 milioni 
bitanti sparsi nel suo vastissimo territorio. Il nodo formato dalla 
na delle Ande dividesi nel penetrare al S. del paese in tre di- 
giogaje o Cordigliere, che dominano le vallate, ed arrecano ovun- 
1 ricchi metalli e le pietre preziose, che ascondono nelle proprie 
La giogaja occidentale forma sulla costa del Pacifito un letto ster- 
mato d'alluvioni d’oro e di platino d’un valore incalcolabile, che co- 
le regioni dette del Chocò e di Barbacoas. Ad E. della giogaja 
trale ed in una linea parallela trovansi le ricche miniere d'argento 
Mariquita, Ibaguè e La Plata. Questa catena di monti poi entra nel 
partimento d’Antioquia, ove si divide e suddivide. Dalle sue dirama- 
mi hanno origine parecchi fiumi, nel cui letto ritrovansi grandi quan- 
tà d'oro; tali son il Porce ed il Nechf ed i loro numerosi affluenti, 
he mostrano sulle sponde visibili traccie di innumerevoli filoni auriferi. 
gran Fiume Magdalena separa la giogaja centrale dall’orientale. Que- 
l'ultima però è molto meno ricca delle altre due sorelle. Sonvi tuttavia 
arecchie terre d’alluvione dove l’oro abbonda, nel centro e nel S. 
dipartimento di Tolima: e nel dipartimento di Santander trovansi 
asti depositi a Giron e Bucaramanga, nonchè i celebri filoni d'oro e 
‘argento di Alta, Baja e Vetas, detti impropriamente miniere di Pam- 
Mona, 

La Colombia è ricca di prodotti del regno minerale; il ferro, il 
me, il piombo, l’antimonio, lo zinco, l’arsenico, il carbon fossile, il 
paigemma, lo zolfo, gli smeraldi, ecc. ecc. vi si trovano in grandissima 
abbondanza; l'oro però forma la principale ricchezza del suolo. Fu ap- 
punto l'oro lo sprone potente che spinse gli Spagnuoli alla conquista 
del nostro territorio. Per ricercare questo prezioso metallo essi supera- 
tono l'erme nostre montagne, penetrarono le nostre torride vallate, e 
Popolarono quasi tutte le regioni attualmente abitate. In ogni tempo è 
Mata decisiva 1’ influenza dell’oro nel progresso generale del paese; nel- 
l'epoca coloniale il prodotto delle miniere bastava a tutto: alle rendite 
Teali, al commercio, all'agricoltura, all’ industria nascente. Ma di questo 

le cifre diranno ben più d'ogni lunga dimostrazione. 
Il prodotto totale dei metalli preziosi estratti nella Colombia dopo 
Sta conquista, nel secolo decimosesto, può contarsi a 653 milioni 
di piastre (3,265,000,000 di lire). Considerando il paese come diviso 





| | —— 3% 2 — 
in due grandi zone tagliate dal Magdalena, corrisponderebbero 633 milioni 


di piastre alla parte occidentale del fiume, e 20 milioni alla parte 
orientale. Il prodotto totale può distribuirsi nel modo seguente secondo | 


i dipartimenti: 


Cauca . . . . . . p. (1) 252,000,000 
Antioquia . . . . . > 250,000,000 
Panamà > 74,000,000 
Tolima . . . > 52,000,000 
Santander . . . . . . ? 15,000,000 
Bolivar > 6,000,000 
Cundinamarca . . . > 3,000,000 
Boyacà e Magdalena . . . > 500,000 


In ragione dei secoli la produzione dell’oro va divisa a questo 
modo: 


Secolo decimosesto . . . Pp 51,000,000 
>  decimosettimo . . ‘ . > 166,000,000 
» decimottavo . > 193,000,000 
»  decimonono (sino al 1884) » 211,000,000 


La produzione dell'argento va distribuita con questa proporzione: 


Secolo decimosesto . . . . p. 6,500,000 
>» decimosettimo . . . . >» 9,000,000 
» decimottavo . . . . ? 1,000,000 
>  decimonono (sino al 1884) . > 15,000,000 


La produzione di questi metalli cresce gradualmente. Così, ad 
esempio, quella dell'oro, che arriva al suo punto culminante nel prin: 
cipio di questo secolo (a 3,100,000 per anno) discende, è vero, sino 2 
2,000,000 (nel 1861) a motivo della libertà degli schiavi (1851), della 
guerra dell’ indipendenza e d’altre guerre intestine: però in questi 
ultimi anni è già risalita a 2,955,000. 

Nel primo quarto del secolo attuale in tutta la Colombia non vi 
era una sola miniera d’argento in attività. Dopo il 1873 la produzione 
di questo metallo si è celermente accresciuta: ed ha raggiunto la cifra 
di 1,000,000 di piastre nel 1883, e di 1,250,000 nel 1884. 

Ci rimane a stabilire il posto che occupa il nostro paese nella 
produzione dell'oro dell'America, dalla sua scoperta sino al 1848, quando 
sì ritrovarono le ricche miniere di California. 

La seguente tavola riassume la produzione totale per ciaschedun 


(1) p.: pesos, moneta di lire 5. 


| 


— .313 — - 
: paese. Abbiamo all'uopo adottato le cifre somministrate dal ‘ profetsore 
tedesco Soetbeer. 


Brasile . . . . p. 684,456,750 
Colombia . . . . >» 681,339,500 

Idem (secondo i nostri computi) . > §31,000,000 
Bolivia . . . > 183,303,000 
Chile . . . . . > 175,839,750 
Messico . . . . . . > 153,507,900 
Perà . . ' » 106,717,500 


Secondo questa esposizione la Colombia occupa il primo posto fra 
tutte le antiche colonie della Spagna, ed il secondo in tutta l'America. 
Ma se si confronti la sua estensione con quella dell'immenso Impero 
del Brasile, può bene asserirsi che la Colombia gli è superiore in ric- 
chezza aurifera. 

Essendo stato scritto il presente lavoro per gli stranieri, noi teniamo 
a dar loro tutti quei ragguagli che sono atti ad agevolare il loro ap- 
prodo nel nostro paese. 

Tutto concorre, le leggi non meno dei costumi, a fare che nella 
Colombia si trovi «lai forestieri l'ospitalità più gradita. Essi sono ovun- 
que bene accetti, si stabiliscono come vogliono, e con facilità entrano 
in relazioni d'affari con gli abitanti. Come agli altri cittadini, incombe 
ad essi il dovere di vivere soggetti alla costituzione ed alle leggi, e de- 
vono obbedienza e rispetto alle autorità. Godono sempre degli stessi 
diritti che i loro rispettivi paesi accordano ai Colombiani, secondo i 
trattati pubblici: e vanno esenti da tutte le imposte di guerra, prestiti 
forzati, requisizioni o servizi militari di qualunque genere sieno. 

Il territorio della Colombia, attraversato in tre direzioni dalla Ca- 
tena delle Ande è quanto mai disuguale, frastagliato, ed insieme po- 
chissimo popolato: manca quasi totalmente di commode strade che fa- 
cilitino le comunicazioni. Non vi .esistono che pochi tronchi di vie 

ferrate. Quasi ovunque i trasporti convien farli a dorso di mulo e so- 
vente anche a spalle d’uomini. È ben difficile trasportare delle macchine 
là ove mancano i fiumi. È questa, a nostro giudizio, la principale ra- 
gione per cui le ricchezze minerali del paese sono sì poco conosciute 
tanto male sfruttate. 

Terreni auriferi sonvene quasi in tutti i luoghi e ad altezze diverse, ma 
esistono a preferenza nelle vallate e nella direzione dei corsi d’acqua; 
è dunque possibile far giungere delle macchine pesanti a molti dei più 
ricchi giacimenti situati sulle sponde dei nostri fiumi, come il Magda- 
lena, l’Atrato, il San Juan, il Cauca, ecc. 


— 314 — < 

I filoni d'oro e d’argento nelle montagne in generale sono situati 
in luoghi sani, soggetti ad una temperatura media e ad un freddo mo- 
derato. Si può dire pertanto che la maggior parte delle regioni metal- 
lifere godono di un clima salubre, e trovansi pure in favorevoli condi- 
zioni per la provvista di viveri. La più notevole eccezione a questa re- 
gola la dà il Chocò, dove il clima torrido, piovoso ed umido cagiona 
le febbri di palude. È bene anche notare che noi non abbiamo varietà 
di stagioni; ma nel paese domina una primavera continuata, dove, 
secondo i mesi, il tempo asciutto è alternato da quello delle pioggie. 

Gli stranieri possono acquistar miniere alle stesse condizioni degli 
indigeni, e giusta il codice dei singoli dipartimenti (1). In seguito alla 
costituzione recentemente sanzionata, appartenendo tutte le miniere alla 
Nazione, la legislazione per l'avvenire sarà uniforme su tutta la Repub- 
blica. Il Governo poi s'è proposto di promulgare una legge concepita 
nel senso più liberale, che faciliti l'acquisto e la conservazione delle 
miniere. Questa legge si fonderà sul principio che il sottosuolo appar- 
tiene allo Stato, il quale ne cede in favore di quelli che vogliono 
estrarne, i metalli che contiene. 

I diritti d’introduzione percepiti dalle dogane per ogni kg. sui prim 
cipali oggetti che servono all’escavazione delle miniere sono i se- 
guenti: 

Le macchine proprie pel lavoro delie miniere: un centesimo di 
piastra (uguale a 5 cent. di lira). 

I motori d'ogni genere: due centesimi e mezzo. 

Il ferro e l’acciajo in rotaje, in pompe e macchine idrauliche, in 
mazze per le triturazioni ed in arnesi per l'escavazione delle miniere; 
il piombo in piastre, verghe e tubi, e le miccie da mine: cinque cen- 
tesimi. 

La polvere pirica ordinaria per le mine: dieci centesimi. 

Il mercurio: venti centesimi (2). 

Diremo anche qualche parola sui motivi dei frequenti insuccessi 
di compagnie estere, che sono venute in diversi tempi nella Colombia 
a stabilirvi dei lavori di scavo nelle miniere. L’errore principale in cui 
somo cadute spessissimo è stato il non aver tenuto conto delle circo- 
stanze speciali del paese. Si principiava dall’inviare una gran turba di 


(1) Al di d'oggi la legislazione è una sola per tutta la nazione. (N. d. 7rad.) 

(2) Mentre il presente lavoro era sotto i torchi il Consiglio Nazionale ha emanato 
una legge che reca alcune modificazioni nelle tariffe doganali. Così la tassa da pagarsi 
su ogni kg. pel mercurio è stata ridotta a cinque centesimi di piastra, e pure a cinque 
centesimi è per la polvere ordinaria da mine e per il falmicotone. (N. 4. 7rad.). 


— 315 — 

Ipsegeti.ed operai, il cni trasporto, salario ¢ mantenimento costava 
caro. Quella gente poi, una volta stabilita nel paese, diveniva 
esigente, si dava all’ubbriachezza in gran parte, ed era nn im- 

per gii imprenditori. Poi, senza riflettere ehe il maggior numero 
falle neste stnade sono stsette, di un difficile accesso, e non hanno 

10 che a bagagli d'un peso limitato, si spedivano della macchine 

ti 1 cnì pezzi rimanevano incagliati sulle rive dei nostri fumi. 

ne trovano tuttora parecchi avanzi in diverse località: muti testimonî 

ì disastri causati solo dall'imprevidenza. Si commettera pure un'altro 

col far costrrire degli edifici costosi, per viverci con tutti i co- 

i della vita, senza badare che l'economia è un essenziale elemento 

riuscita negli affari industriali. 

Termineremo queste considerazioni con qualche consiglio utile agli 
eanieri che saranno disposti a venire ad utilizzare le nostre miniere. 

| Agevolmente si trovano nel paese degli operai che non esigono un sa- 

 \ario considerevole, docili, forti ed intelligenti. Nel dipartimento d’ Antioquia 

" whanno eccellenti lavoratori. Convien dunque limitarsi a far venire di- 

retton di lavori di miniere, che insegnino ai Colombiani tutte le ope- 

‘© razioni riferentesi a questa industria. Si rimarrà spesso meravigliati della 

facilità con cui moltissimi apprendono tutte le applicazioni della scienza 

e si perfezionano nelle arti, sino a poter dirigere delle vaste imprese. 

— Il nostro più grande stabilimento metallurgico, la fonderia di Zancudo, 

| È diretto da un Colombiano; un altro è stato per parecchi anni diret- 

, tore delle miniere della compagnia inglese di Frontino e Bolivia. 

| L'ordine, ]’economia, la previdenza devono presiedere a tutto, per 

| evitare l'impiego improduttivo dei capitali, e la ruina che ne è la con- 

| teguenza. Bisogna ben persuadersi che quando si abbandonano le agia- 
tezze ed i comodi della vita europea per cercar fortuna in un paese 
nuovo, è necessario adattarsi alle abitudini del luogo ove si va a sta- 
bilirsi, e non di rado conviene imporsi qualche privazione. 

Finalmente,. per fondare un'impresa industriale, sovratutto è neces- 
sario principiare da uno studio serio delle condizioni del paese e delle 
Particolari circostanze dell'affare. E solamente quando siasi tutto con 
Precisione determinato si potrà procedere a far venire le macchine e 
tutto il corredo necessario all’ impresa. 









DIPARTIMENTO DI ANTIOQUIA. 


I. Cenni storici. — Gli aborigeni di Antioquia scavarono la mag- 
ior parte delle miniere d’oro attualmente conosciute, sebbene essi per 


— 316 — - 
quel lavoro disponessero solo d’ imperfetti istrumenti di legno e pietra © 
Per estrarre l'oro dai filoni essi facevano dei pozzi verticali onde giua- 
gere a tagliarli, e discendevano talora così a grandi profondità. 

Quando gli Spagnuoli conquistarono il territorio di Antioquia, poi- 
chè ebbero fondate alcune città, s’imposero il compito vantaggiosissimo 
di bonificare i ricchi giacimenti auriferi; poichè, per servirci della frase 
di uno scrittore dell'epoca, la terra rigurgitava d'oro, e sembrava che 
non potesse più portarne nelle proprie viscere. Parecchi dei conquista 

* tori fecero subitamente enormi fortune. Così Diego de Ospina riuscì a 
fare estrarre dai suoi schiavi dalle miniere di Remedios per il valore 
di più di quattro milioni e mezzo di lire. Pietro Martin Divila cavò 
ingente quantità d'oro da una collina situata a mezza lega dal Nec 
e vide in pochi giorni ascendere la sua fortuna ad 800,000 lire. 

Le terre d'alluvione del Fiume Cauca, lavorate presso le città 
Antioquia e di Caceres, diedero abbondanti prodotti, come pure qu 
dei dintorni della piccola città d'Arma. 

Le vene aurifere della collina di Buriticé, la cui escavazione fu: 
bandonata sul principio del secolo decimottavo, erano così ricche, c 
la parte dell'oro destinata a pagare i soldati che facevano guardia a 
miniere, per difendere gli schiavi dagli assalti degli Indiani barbari ‘ 
dintorni, saliva in un’anno a 350,000 lire. Una signora, donna Ma 
del Centeno, vi fece un’ingente fortuna verso la fine del secolo de 
mosettimo. L'oro si trovava nelle vene di quarzo che veniva frantuma 
tra due pietre. Queste miniere varrebbero ben la pena d'essere nuov 
mente esplorate, cosa. che i paesani non hanno tentato per timore 
spendere la somma necessaria a condurre l'acqua alla collina. 

Quando il governatore d'Antioquia D. Gaspare de Rodas penet 
nella regione occupata dagli Indiani Yamécis, che abitano le sponde d 
Fiume Porce, i soldati spagnuoli vendevano loro una libbra di sale p 
trenta piastre d’oro (150 lire): un’ascia per settanta piastre, un ago p 
sei piastre, e gli altri oggetti nella stessa proporzione. Rodas vi fonc 
la città di Zaragoza nel 1581. Molti proprietari di miniere della provinc 
di Veragua, nell’Istmo di Panam4, stimolati dalla fama della ricchez 
delle terre di quella città, vi andarono con i loro schiavi. Ed ebbe 
di che trovarsene contenti, per la grande quantità d'oro che ne ritra 
sero. Il prodotto di queste miniere nei primi quarant'anni che furor 
in attività non fu minore di 23 mila kg. d'oro del valore di 65 milio! 
di lire. Del resto i sedimenti del Porce dall'epoca della conquista hant 
fruttato una enorme quantità di questo metallo. 

Arche i filoni della città di Remedios erano di una ricchezza fi 








volosa. Il numero degli Spagnuoli, proprietarî degli schiavi negri che vi 
ai stabilirono, non passava la ventina, ed aveano fra tutti più di duemila 
schiavi. Questi poi ricavavano almeno dieci piastre d'oro per settimana: 
molti però davano ogni giorno una tal somma; ed alcuni rendevano 
go, 40, Too e fino a 500 piastre in una sola giornata di lavoro. Vi 
avean dei luoghi talmente ricchi che le negre e i loro fanciulli bastava 
che si chinassero fuor delle case e prendessero fra due diti qualche 
presa di terra per estrarne da cinquanta centigrammi ad un grammo 
doro. Sicchè tutti aveano una qualche quantità di questo prezioso me- 
tallo; e si usava dire che la terra, avendo fatto testamento in favore di 
tutti, distribuiva così le sue grandi ricchezze fra tutti. 

Nei primi tempi della colonia i fortunati cavatori di miniere ne 
ritraevano quantità d'oro stragrandi. Fssi trovarono dei terreni così 
ricchi, che doveano solo ammucchiare la terra e lavarla nella dafea 
(vaso o truogolo rotondo di legno) per vedervi subito brillare il mine- 
rale prezioso. 

Durante il secolo decimosettimo il progresso dell’ industria mineraria 
fa molto tardo. Non v'era infatti che un piccolo numero di Spagnuoli, 
e il clima malsano di Zaragoza e d’altre località mieteva molte vittime. 
Insieme il numero degli indigeni era rapidamente diminuito, tanto’ che 
mancavano braccia per lavorar le miniere, poichè gli schiavi negri co- 
stavano carissimo. Si continuò tuttavia a coltivar con profitto le allu- 
vioni delle sponde del Cauca, del Porce, del Nechf e dei vari affluenti 
di questi due ultimi fiumi. 

Sul principio del secolo decimottavo gli abitanti d’Antioquia vol- 
sero l'occhio alle ricchezze del centro del loro territorio, che fino allora 
aveano trascurato. Alcuni esploratori andarono a San Pedro e poi a 
Belmira, trovando ricchi giacimenti da bonificare. Oro in gran quantità 
diedero pure i letti e le sponde dei Fiumi Rio-Chico, Rio-Grande, Gua- 
dalupe, San Andrés, ecc. 

Le ricerche fatte nell'alta vallata dell’Osos ebbero i più felici ri- 
sultati, e la città di S. Rosa, che visi fondò, divenne presto uno dei 
più ricchi centri d’estrazione dell'oro di tutto il dipartimento. Negli 
ultimi anni del sécolo decimottavo si principiarono a lavorare alcuni 
filoni auriferi a Titiribf, Amaga, Santa-Rosa e Dolores: ma ancora non 
Si faceva uso del mercurio, e si continuava a stritolare il minerale tra 
due pietre. 

Il lavoro delle miniere continuò durante la guerra d' indipendenza; 
benchè si rallentasse alquanto, per riprendere poi il movimento ascen- 
dette, che sembrava non doversi più fermare per l’avvenire. | Così la 


ne 318 come 
produzione dell’oro, che nei primi anni dé questo secolo ammiontava a 
L. 6,250,000, sali nel 1858 a L. 7,500,000 ¢ nel 1882 a L. 13,500,000, 

S’intraprese verso il 1824 a scavare alcune ritche mimiere di & 
Jon? 2d Anori, e furono allora costruite le prime macine per tritolese 
i minerali auriferi. Più tardi, verso it 1840, toccò la volta ad Amal, 
città fondata nel centro d'una regione irrigata da corsi d'acqua ricchis 
simi d’alluvioni aurifere. 

Nel corso di poch? anni si costruirono macine in tutta la provincia, 
ed i filoni di Anorf, Amalfi, Remedios, Santa Rosa, Titiribi, Concepciea, 
Santo Domingo, San Pedro, Abejorral, Sonson e Froatino diedero ot 
timi proventi. 

Nemmen furono trascurati i sedimenti aurifesi; e furono ricavate 
grandi quantità d'oro dal Porce e dai suoì principali affluenti, dal 
Nechf, dal Cauca, dal San Juan, dal Nare, dal Nus, ecc. 

Due stranieri resero allora importanti servigî all'industria delle 
miniere, un inglese, il signor Tyrell Moore, ed uno svedese, Carle 
de Greift. 

Moore principiò nel 1851 i lavori d'ana grande foaderin destinati 
ad estrarre l'oro e l'argento dai residui piritici delle miniere di Zancudo 
e di Los Chorros, situate a Titiribf. Questo primo stabilimento non pot 
prosperare, poichè i proprietart di Zancudo me fondarono un seconde 
sotto la direzione d'un metallurgista tedesco, Reinold Paschke. Quest'ub 
timo ebbe i più felici successi, e da molti anni le dirige un Colom 
biano che non è mai uscito dal suo paese, D. Ildefonso Gutierrez. 

Questo stabilimento, il cui valore è calcolato a 30 milioni di lire, 
conta più di duecento pestelli in attività pel trifolameato dei mineral, 
sedici forni a riverbero per la calcinazione, sette grandi fornelli Galles 
per la prima fusione, otto fornelli a manubrio per l'imbibizione e tre di 
coppella. Si macina ogni mese da 70 a 80 mila quintali di minetak, 
che danno un prodotto approssimativo di 200 nrila framchi im argesto 
aurifero, contenente circa il sette per cento d’oro. 

Una compagnia inglese The Frontino and Bolisia C° Lsmittà, 
comprò ne? 1852 la miniera di filoni di Frontimo, e diverse altre pure 
di filoni a Remedios. Queste miniere produssero nuolt'ero, ma andasdiio 
soggette a molti contrattempi sfavosevoli. °° 

Il progresso dell'industria mineraria fu sensibilissime a partire 
dal 1850. La ricca reginne del N.-E. si popolò, e malgrado il clima 
torrido € piuttosto malsano di parecchie località, m ventitrè arni ls 
popolazione vi fa raddeppiata. Si piantarono anche a Remedios delle 
macine per la lavorazione di ricchi fileni, che diedero cospicne rendita 








— 339 — 

Quello del Sucre diede in pochi anni ai suoi proprietari il provento 
d'un milione di lire; quello di Cristales produsse sino 2 40 kg. d’oso 
ank mese. Si scoprirono pure dei filoni che anche adesso si lavorano, a 
Cruces de Zea, Girardota, Andes, ed im altre località. 

I sedimenti auriferi del Nechi, come pure quelli del Caseri e del 
Teache suoi affluenti, diedero enormi quantità d’oro. I} Porce, durante 
ì lavori fatti nel periodo di secca, diede da 45 a 100 kg. d'oro. Da 
ano dei suoi affluenti, il Trinitacita, si giunse ad estrarre 65 kg. d'oro, 
che dopo un lavoro di due mesi lasciarono un prodotto di 155,000 lire. 

Dall'altro canto si perfezionarono i metodi per l'estrazione e bo 
mificamento dei minerali; e dovunque principiò ad introdursi un ordine 
migliore che per l’innanzi, nei lavori per aprire gallerie, forare dei 
pozzi, ecc. A Medellin nel 1858, fu eretto un laboratorio per la fusione 
ed esame dei metalli preziosi, come pure per l'esame d'ogni altro mi- 
merale. Altri laboratorî furono costrutti nel 1880 e nel 1881. 

Nel 1862 per decreto del dott. Marceliano Vélez fu aperta la 
Zecca, dove sino allo scorso mese d’agosto (1886) si coniarono 3,962,246 
piastre d’argento, € 2,453,035 piastre d'oro. 

Nel 1885 il sig. Pastor Retrepo fondò a Medellin un opificio pel raffma» 
mento dell’oro ed argento, dove applicò l’imgegnoso sistema dell'elettrolisia. 

Tutto fa credere che il dipartimento d’Antioguia, i cui abitanti 
sono così intraprendenti, coraggiosi ed atti alla fatica, dovrà rapida 
mente prosperare. Per questo basta solo che voglia trar profitto dalle 
sue copiose ricchezze minerali. 

Hi. Giacimenti anriferi. — Il suolo d'Antioquia, il più frastagliato 
di tutto il territorio della Colombia è ricco di miniere d’oro per tutta 
la sua estensione. Le sue montagne sono attraversate: da filoni senza 
wumero, ed i letti dei suoì fiumi formano una serie non interrotta 
d’alluvioni aurifere. Difficilmente si troverebbe un corso d'acqua le cui 
arene non contengano qualche parte di metallo prezioso. E potrebbe 
dirsi con ragione che questo dipartimento assomiglia ad un’immensa 
rete nelle cui maglie s’ascondono inesauribili depositi d'oro. Ma la re 
gione irrigata dal Force, dal Nechi e dai loro numerosi affluenti è in- 
contestabilmente la più ricca. La città di Santa Rosa sta in una altura 
alluvionale fertilissima d’oro, e rotta da numerosi franamenti formatisi 
nello scavar le miniere. Per le vie di Remedios si scorgono gli affio 
ramenti di larghi filoni di quarzo. Zaragoza, Zea, Cruces, Anort, Cam- 
pamento, Yarumal, Angosteura, Amalfi sono circondate da ricchissimi 
depositi che continuamente wengono bonificati. Pik della metà dell'oro 
che produce il dipartimento è estratta dalla regione del Nord. 


dl 320 i 

Il Porce potrebbesi considerare come il grande deposito aurifero 
d'Antioquia. Sarebbe difficile calcolare la quantità d'oro che ne è stata 
cavata dall'epoca della conquista del paese: ed ancor più difficile farsi 
un’ idea delle ricchezze che serba nel suo letto e nelle sabbie delle 
sue sponde. I suoi più ricchi tributarìî sono: il Rio Grande e suoi af- 
fluenti, il Rio Chico, il Guadalupe, il Vibord, il Riachon, il Trinita- 
cita, il Mata e i suoi affluenti, il Tinita ed il Pocoro. 

. Il Nechf nulla ha da invidiare al Porce. Robert B. White e molti 

altri hanno constatato e l’esperienza ha dimostrato che in più luoghi 
dove questi due fiumi mescolano le loro acque si ricava nella lavora- 
zione cinquecento grammi d’oro per metro quadrato. Fra i tributari 
del Nechî, l’Anorf, il Tenche, il Caserf sono quelli che arrecano maggior 
quantità d’oro. 

L'oro parimenti abbonda nei depositi del Cauca e dei suoi af- 
fluenti: il San Juan, il San Andres, l'Esperitu Santo ed il Valdivia, 
come pure nel Nare e suoi affluenti, il Samana ed il Nus. 

Le alluvioni del’ Murrf e del Rio Sucio, tributari dell’Atrato, sono 
quanto mai aurifere. La regione irrigata dai più ricchi affluenti della 
parte alta di questi due corsi d’acqua, sita all’O. del dipartimento è 
l'antica Dabaibe (oggi Dabeiba). La ricerca dei suoi favolosi tesori costò 
moltissime vite agli Spagnuoli. Ma se era una fiaba quell’Eden vagheg- 
giato, non poteva porsi in dubbio la sua effettiva ricchezza. Nel corso 
del secolo decimosesto si bonificarono con successo i depositi del- 
l’Urama, Uramita, Rio Verde, Herradura e Cafiasgordas, affluenti del 
Rio Sucio, come pure quelli di alcuni tributarî del Murrî, dei quali il 
più ricco fu il Namé. 

Quasi i due terzi dell’oro estratto dal dipartimento d’Antioquia pro- 
vengono dai terreni d’alluvione, e l’altro terzo è il prodotto di nume- 
rosi filoni, che vengono scavati per tutta la sua estensione. I distretti 
più ricchi di vene aurifere sono: Remedios, Titiribf, Santa Rosa, Anori, 
Amalfi, Cruces de Zea, Santo Domingo, Concepcion, San Pedro, Fron- 
tino, ecc. 

I filoni ritrovansi per lo più verticali; quelli di Remedios sono fi- 
loni colcati, come quelli della miniera di Zancudo. La loro larghezza 
varia generalmente tra venti centimetri e due metri. Le roccie ch’ essi 
attraversano sono: il granito, la sienite, le diorite o grunsteiz, il porfido 
sienitico, il micaschisto, il talcoschisto e lo schisto argilloso. In alcune 
località si scavano degli ammassi di vene che non hanno più di alcuni 
millimetri di spessore, ma che sovente sono ricchissime. Si rinvengono 
queste nel porfido feldspatico. Il quarzo è la ganga più comune del 








bh 


: l'oro. Spesso è associato a diversi solfuri metallici, che, per ordine di 
“ quantità, sono, il pirite di ferro, la blenda, il pirite di rame ed il pirite 
' axsemicale. Talora nella composizione delle ganghe entrano pure, il ga- 
lenio, il molibdato di piombo, i solfuri di rame, d’antimonio, di bismuto, 


@’argento, la dolomite ed il carbonato di calce. 

La ricchezza aurifera dei filoni è variabilissima, ed è raro che si 
scavino oltre ad una certa profondità; tantochè non v'è una sola mi- 
miera di tal genere in tutto il dipartimento, che possa dirsi definitiva- 
mnente esaurita. In nessun altro paese del mondo l’oro trovasi mesco- 
lato all’argento in proporzioni così variabili. Così l'oro proveniente dai 
terreni d’alluvione contiene da 3,5 a 31,1 per cento d'argento, e quello 
dei filoni da 8,3 a 59,3 per cento. 


DIPARTIMENTO DEL CAUCA. 


I. Cenni storici. — Questo dipartimento che nel suo vasto terri- 
torio rinchiude i ricchi paesi del Choc6, di Barbacoas e di Supfa, al 
principio di questo secolo produceva più della metà di tutto l’oro estratto 
dal Nuovo Reame di Granata. 

Durante la seconda metà del secolo decimosesto si traevano grandi 
quantità d'oro dai terreni d’alluvione di Anserma, Almaguer, Cartago, 
‘Toro, Buga, Cali e Caloto. 

Gli Spagnuoli scoprirono ricchi depositi presso la città di S. Vin- 
cente de Paes, fondata nel 1563 in prossimità del ghiacciajo di Huila. 
Aveano appena principiato a bonificarli, quando vennero sorpresi dagli 
Indiani, che li costrinsero ad abbandonare la città e le miniere; alle 
quali non si potè più pensare, visto che quelle contrade erano conti- 
muamente invase dagli Indiani, che vi menavano una vita indipendente. 

Nel 1600 fu conquistato il territorio di Barbacoas: e gli Spagnuoli 
che già aveano udito parlare di quelle ricchissime terre ne principiarono 
subito la lavorazione. 

Le tribù che popolavano il Choc6 erano feroci ed indomabili, e 
non sì riuscì a sottometterle che molto tardi. Nel 1654 i Gesuiti pe- 
netrarono in quella vasta regione, e vi stabilirono missioni fiorenti. Le 
alluvioni d’oro misto al platino di questo paese, ‘sebbene malamente 
sfruttate, diedero nel corso di questi tre ultimi secoli oltre a 600 milioni 
di lire. Nei primi anni del secolo decimosettimo furono bonificate le 
miniere di filone e d’alluvioni di Marmato. Nella seconda metà di quel 
secolo e nel seguente si scavarono miniere d’oro per tutta l'estensione 
abitata del territorio, che attualmente è il dipartimento del Cauca. Nel 
1749 venne fondata una zecca a Popayan, nella quale si coniarono 


— 322 — 
64 milioni di piastre in oro. Le ricche miniere d'argento di ‘ 
rono scoperte sulla fine dello scorso secolo. E ad onta che il t 
Humboldt e il metallurgista spagnuolo Angelo Diaz ne avesser: 
la ricchezza, se ne ritrasse poco profitto, causa l'ignoranza 
proprietarî nei lavori delle miniere. 

Sul principio di questo secolo i depositi del Choc6 pro 
annualmente 5 milioni di lire in oro; quelli di Popayan, B 
Iscuandé e Raposo 3,350,000 lire. La guerra dell'Indipendei 
però molto rallentato i lavori minerarî. 

. La casa Goldschmidt e C. prese nel 1825 in affitto dal 
le miniere d’oro di Supfa e di Marmato. Il signor Boussingau 
bilì delle macine, ed introdusse considerevoli miglioramenti n 
di escavazione. 

La libertà concessa agli schiavi nel 1851 diede un colpo 
alle grandi bonifiche dei giacimenti del Choc6 e di Barbacoa 
prietarî di schiavi doverono lasciare in abbandono le miniere; e 
continuarono l'estrazione dell'oro per loro proprio conto nei lu 
ricchi, e dove il fine che si proponevano, di sopperire ai loro 
bisogni, non esigesse che -leggere fatiche. Così il prodotto dei 
del Choc6 si ridusse ad 1,500,000 di lire all'anno. 

Fu solo verso il 1860 che le ricche miniere d'argento di Supa MI 
vennero formalmente riattivate. Il loro prodotto si è accresciuto d'anno 
in anno, e prima dell'ultima guerra civile (nel 1884) era salito a lire 
2,500,000. 

Il. Giacimenti auriferi ed argentiferi. — Quella porzione estesissims 
del dipartimento del Cauca che è irrigata dai Fiumi Atrato e San Jun 
e dei loro numerosi affluenti, ed è conosciuta col nome di Chocé, è 
senza fallo la regione per alluvioni aurifere più ricca in tutta la Co 
lombia. Qui noi non dobbiamo che scegliere fra le testimonianze d'in- 
gegneri e viaggiatori stranieri per dare una qualche idea della ricchezza 
di questo paese (1). 

G. Mollien nel suo Viaggio nella Repubblica di Colombia nel 1823, 
così scrive: « In generale le miniere del Chocé e di Barbacoas son0 
stimate per le più ricche... Nella provincia del Chocé il suolo, per così 
dire, è intieramente d'oro... Non solo alla sua superficie è fecondo delle 
piante più rare che danno legni di gran valore, ma si ritraggono dal 


(1) Sappiamo che recentemente si sono costituite alcune Compagnie per lavorire 
le miniere esistenti in Atrato e S. Juan, le quali hanno chiamato l’attenzione di molli 
Stati, specialmente degli Stati-Uniti. (N. d. Trad). 


waac> interno i più preziosi e copiosi tesori. Dovunque si scavi fra un 
Nemto ed ottocento metri d’elevazione, si ritrova oro in quantità. » 


John C. Trautwine nelle sue More d'una esplorazione per un canale 


I 
@eeferoceanico, nel 1854, scriveva: « Si trova l’oro presso la sorgente 


«<a tutti gli affluenti dell’Atrato, che vengono dall’E.. Contengono pure 
} maoltissimo oro gli altri che, come quelli del S. Juan, hanno origine 
oul versante O. della cordigliera occidentale. Se si tien conto dell’ im- 
mnensa estensione di questa regione, ove l’oro trovasi in tanta copia, e 

| «Regi incoraggiamenti dati dal Governo di Colombia agli immigranti, 
— deve ritenersi che quando il tempo avrà contribuito ad estendere la 
_ ©omoscenza di questi fatti, si muoverà una tale affluenza di stranieri sul 
* versante della cordigliera occidentale, molto maggiore di quella che 
seguì la scoperta della California e dell’Australia. » 

Il colonnello del genio Agostino Codazzi, capo della Commissione 
corografica della Nuova Granata, scriveva: « Il Choc6, per la sua po- 
sizione geografica, per il sistema dei suoi fiumi, per la natura delle sue 
terre, per le influenze climatiche e per le sue ricchezze aurifere merita 
uno studio profondo. Le terre d’alluvione del Chocé, quanto ricche 
altrettanto estese, trovansi dai 40 ai goo metri sopra il livello del mare: 
e sono alle falde della cordigliera occidentale. 

« Quasi tutti i corsi d'acqua che hanno origine da questa cordi-. 
gliera, o dalle sue diramazioni verso il bacino dell’Atrato, trasportano fra 
le loro sabbie dei pepiti o pagliette d’oro più o meno fine. Inoltre trovansi 
sulle colline l’oro e il platino disseminato nei letti e depositi di sabbia 
€ ghiaja, che talora sono a più di venti metri sopra la base dei colli. 

« Il medesimo può dirsi del bacino del San Juan: poichè la maggior 
parte dei suoi affluenti che derivano dalla cordigliera e sue diramazioni 
portano gran quantità di pagliette d’oro, in più luoghi misto al platino. 
Ma il prezioso metallo non trovasi solo nei letti dei corsi d'acqua, ma 
ancora in vaste distese sui colli e nelle vallate. 

« I terreni della parte alta del Chocé sono di formazione sienitica 
e di diorite porfidico. Più in basso si cambiano in argille schistose 
trasformati anche in grauwacke schistoso. Per questo trovansi molte mi- 
niere d'oro, che sono in alluvioni di porfido sullo schisto. » 

Finalmente citiamo il rinomato ingegnere di miniere Robert B. 
White: « Le grandi miniere alluvionali del Choc6 formano un estesis- 
simo deposito, di epoca post-terziaria, in cui vuol notarsi una somma 
regolarità di stratificazioni. E si compongono queste di strati d'argilla, 
di ghiaja, di sabbia, di conglomerato e di depositi di lignite... Conviene 
avvertire che almeno seicentomila metri quadrati della superficie che 


solca il Fiume San Juan sotto al punto ove si unisce al Sipf, sono co- 
perti di terre d’alluvioni. Tutti i corsi d'acqua che attualmente irrigano 
questa superficie recano ogni giorno un nuovo contributo d'oro al ca 
nale principale. Quando poi cadono le grosse pioggie tropicali, e quande 
per le bufere vengono sradicati gli alberi, si formano frane e fenditure 
che deviano le acque dai loro corsi naturali; e così per il lavoro idr. 
lico della natura si lavano giornalmente milioni di tonnellate di sabbia, 
i cui sedimenti dalle acque fangose son trasportati nei letti del San Jum 
e del Sipf, ove l'oro viene a depositarsi. 

« È superfluo parlare delle ricchezze di queste alluvioni. Dal tempo 
della conquista se ne cavarono milioni di lire sterline. E tuttavia » 
son persuaso, che quelle sabbie debbano contenere da una a du 
once d'oro per yarda cubica. I grandi conglomerati o strati, che gli 
Spagnuoli non bonificarono affatto, perchè trovarono o troppo compat 
o troppo poveri, contengono almeno un’ oncia d'oro per tonnellata. lo 
ho esaminato le sabbie del S. Juan e del Tamand in diversi luoghi, € 
le ho sempre trovate ricche abbastanza per compensare la lavatura alla 
batea. Nelle parti superiori di questi due fiumi ho trovato che le sabbie 
più grosse portano circa un’ oncia d’oro per tonnellata. Ma è naturale 
che l'oro non resti a lungo sulla superficie, e scenda tra la sabbia e 
le pietre nel fondo estremo del fiume. In seguito a mie particolari es 
servazioni ed a notizie prese del risultato dei lavori dei paesani, posso 
asserire che lo strato che riposa sulla roccia produce in media diea 
once d'oro per yarda quadrata. E ritengo certo che in diversi luoghi 
questo prodotto deve ascendere anche a cinquanta once... 

« Conchiudo col dire che i0 mon conosco in alcun paese del monde 
fuori della Colombia, dei fiumi che siano in condizioni tanto favored 
per dare ricchezze d'oro incalcolabili. » 

Sarebbe lungo e tedioso enumerare tutti i corsi d'acqua del Choc 
che portano oro; ci basti citare fra i più ricchi affiuenti dell’ Atrato, i 
Murrt, il Bebard, il Bebaram4, il Negua, il Quito, il Cabf e l’Andagued2, 
e tra quelli del San Juan, il San Agustin, il Sipf, il Cajon, il Tamané, 
il Condoto e l'Iro. 

Ciò che diciamo della ricchezza e della formazione dei depositi 
auriferi del Choc6 è applicabile a tutta la costa del Pacifico, che Sì 
estende dal Fiume San Juan sino al Mira, presso i confini della nost® 
Repubblica presso l’Equatore. Quasi tutti i fiumi che sboccano nel Pr 
cifico e le terre che li attorniano contengono oro. Fra i più ricchi ¢ 
tiamo i Fiumi Daguf, Anchicay4, Raposo, Yurumanguf, Naya, Mic), 
Timbiquf, Guapi, Patfa e Mira. 


— 325 — 

Entrando più verso l’interno, troviamo le alluvioni di Barbacoas, 
lhe sono state sempre quanto mai produttive. Una Società Americana 
meì 1866 e 1867 ritraeva dalla sola miniera di Cargazon goo kg. d'oro. 
È. naturale che nel Chocé ed a Barbacoas devano esservi dei filoni 
d@Gro; qualcuno ve ne fu trovato; però fino ad ora non ne è stato 
. Ba vorato veruno. 

Venendo al versante orientale della cordigliera o giogaja occiden- 
tale e dirigendoci al N.-E., troviamo nel sienite e porfido sienitico di 
MMarmato, filoni di pirite di ferro ricchissimi d'oro, e notevoli per le loro 

imensioni e la formazione regolare. Negli stessi terreni cavansi pure 
dei filoni d’argento, i cui minerali trattati per amalgama danno un con- 
tenuto medio di 0,39 per cento di quel metallo. Alcuni poi sono an- 
«he fecondi d’oro. 

V’ hanno delle alluvioni aurifere in quasi tutta la contrada irrigata 
«dal Cauca, ma la loro lavorazione è stata quasi ovunque abbandonata 
per diversi motivi. 

Scendendo verso il S., ci rimane solo a far menzione dei depo- 
siti d'oro di Caloto e Santander, che sono sempre stati quanto mai 
produttivi, come pure quelli d’Almaguer; dei filoni auriferi di Santan- 

| der, e delle miniere d'argento di Toribfo, antica Caloto, che sono state 
invero troppo trascurate. 


DIPARTIMENTO DEL TOLIMA. 


T. Cenni storici. — Il dipartimento di Tolima è limitato dalla cor- 
digliera centrale dall'orientale e dal Magdalena. Tutta l'estensione del 
suo territorio è ricca d’alluvioni aurifere ; i filoni «d’oro sebbene nume- 
rosì non vi hanno dato prodotti rimarchevoli, mentre quelli d'argento 
sono stati i più ricchi fra quanti se ne scavarono in Colombia. 

La città di Mariquita, fondata nel 1551, trovasi nel mezzo di un 
paese ove i depositi d’oro e le vene d'argento abbondano. Gli Spagnuoli 
non tardarono a metterle in attività. I minerali d’argento si riconob- 
bero ricchissimi: e diedero per via d’amalgama l'uno e l'uno e mezzo 
per cento. Quelli della miniera di Manta, il cui filone avea più di un 
metro di spessore, ne contenevano sino al due per cento. Un gran nu- 
mero di vene furono attivate nei quattro centri di giacimenti minerarî, 
di Santa Ana, Lajas, Bocaneme e San Juan de Cordoba: è superfluo 
darne qui i nomi. Il loro prodotto diminuì a partire dal 1620: e tut- 
tavia nel 1640 si lavorava ancora per l'estrazione in nove miniere a 
Santa Ana, in dieci a Lajas, in sette stabilimenti d’amalgamazione nel 
primo di questi due luoghi, ed in sei nel secondo. 


— 326 — 

A quindici leghe da Mariquita venne fondata la città di 
dove si bonificarono dei depositi d’un valore immenso. Le mi 
argento della montagna di San Anton, distanti parecchie leg 
città d'Ibagué, da principio erano molto più ricche di quelle 
quita : in parecchi luoghi si trovava persino dell'argento massi 
alluvioni aurifere di Miraflores, a una lega da Ibagué, erano 
piose che nello strappare le erbe o le radici degli arbusti s 
l'oro con le mani. I felici proprietart di miniere non erano 
se non quando ritraevano più di mille piastre d'oro (2,300 
per settimana, come risultato del lavoro di dieci schiavi od ir 
giunse talora al punto che un solo schiavo ricavava cento piast 
al giorno; ed una volta un solo negro ricavò in un giorno cin 
piastre d'oro. Questi depositi però non tardarono ad essere esa 
allora si menarono gli schiavi alle alluvioni di Venadillo e di 
jas. Ricchi depositi furono anche trovati presso il Fiume Saldan 
vallata del Neiva. 

Nel 1551 gli Spagnuoli fondarono la città di S. Sebastia 
Plata presso al Fiume La Plata, nell'intento di bonificare le ricche m- 
niere d'argento che si trovavano di lì a tre leghe di distanza. Con- 
dussero l'acqua sul versante della montagna di S Bartolomeo per rom 
pere un ricco filone colcato, contenente argento nativo e minerali di 
argento, che davano da 0;50 al ro per cento di questo metallo. Mai 
feroci Indiani dei dintoroi rapivano le mandre, incendiavano le case 
ed uccidevano quanti Spagnuoli incontravano. E li obbligarono così s- 
vente ad interrompere i lavori delle miniere. Verso il 1583 si aprirono 
un gran numero di gallerie per seguire il filone che penetrava nell’it- 
terno della montagna; ma pochi anni appresso gli Indiani riuscirono # 
cacciare definitivamente gli abitanti dalla città ch'essi bruciarono, e dalle 
miniere, le cui gallerie essi empirono di terra. 

Ultimamente si è formata in Bogotà una società per la riattiva 
zione di queste miniere, delle quali prima non s'era potuto precisare il 
posto. Si trovarono sulla superficie dei frammenti di minerali ricchi di 
solfuro di argento, contenenti dal 15 al 17 per cento di questo me 
tallo; e si trovò pure un filone colcato, dove si ebbe per saggio un 
1,100 lire di minerale per tonnellata. 

I ricchi depositi che diedero già l'oro a manciate si esaurirono 
presto; ma si continuò nel secolo decimosettimo e decimottavo a bo 
nificare le alluvioni aurifere in più luoghi, come ad Ibaguè, Chaparral, 
Coyaima, Neiva, Guamo, ecc. 

Causa dell'abbandono delle miniere di Mariquita fu l'ordine emt 


— 327 — 

* mato dal re di Spagna, proibente che gli Indiani fossero costretti per 
* forza al lavoro delle miniere. Erano però state lavorate malamente, e 
* non avendo i piloni di minerale necessarie a sostenere le gallerie, que- 
ste, come pure i pozzi, furono presto colmati dai franamenti, lasciando 
così sepolte enormi ricchezze che sarà ben difficile scoprire di nuovo. 

Nel secolo decimosettimo si scavò qualche miniera d'argento ad 
Ibaguè. Nel 1785 il vice-re fece mettere in attività per conto del go- 
verno spagnuolo le quattro miniere d'argento dette Santa Ana, la Manta, 
E1 Cristo e San Juan. Fu incaricato della direzione dei lavori un me- 
tallurgista spagnuolo, D. Juan Josè d’Eluyar. Le spese dello stabilimento 
salirono in undici anni a lire 1,163,000: e poichè il profitto non cor- 
rispondeva all’aspettativa, il re diede ordine di abbandonare le miniere 
nel 1795. Il governo della repubblica nel 1824 diede in affitto le mi- 
niere di Santa Ana e La Manta alla casa Herring, Graham e Powles 
di Londra. Questa compagnia e le altre che le succedettero coltivarono 
la miniera di Santa Ana per un mezzo secolo; e sebbene il ricavato 
superasse i 20 milioni di lire, pure fu quasi tutto assorbito dalle spese 
eccessive che si fecero. 

La miniera d'argento di Frias lavorata da una società inglese, Zhe 

° Tolima Mining Company, diede dal 1871 un prodotto lordo di 12 milioni 
di lire. Nella miniera di El Cristo, una delle più ricche fra quelle la- 
vorate fin dai tempi antichi, si fanno lavori per impianto di stabili- 
menti. Al N. del dipartimento alcune società colombiane ed estere 
coltivano parecchi giacimenti ove l’oro abbonda. 

Ad Ibaguè, sulle sponde del Fiume Combeima, si trovarono dei 
filoni di quarzo aurifero; vi si fecero recentemente dei lavori, ma con 
risultato poco proficuo, stante la formazione troppo irregolare del filone 
medesimo. 

II. Giacimenti d'oro e d'argento. — Il solo accennare alle località 
del dipartimento del Tolima dove si coltivano depositi auriferi basterà 
per dare un’ idea della loro estensione: queste sono: Victoria, Mari- 
quita, Ibaguè, Guamo, Ortica, Coyaima, Chaparral, Natagaima, Organos, 
Neiva, Yaguarà, Campo Alegre, Hobo, Nataga e Gigante. Il fiume, le 
cui alluvioni hanno reputazione più fondata di ricchezza, è il Saldana; 
anche le sabbie dei suoi affluenti recano oro in abbondanza, soprattutto 
quelle dell’Ata, Blanco, Anamichu, Negro. Fra gli altri corsi d'acqua 
del Tolima i più ricchi di metalli preziosi sono: il Sabandija, il Vena- 
dillo, il Coello, e i suoi affluenti il San Juan, l’Amaime e il Luisa. 

Filoni auriferi in buon numero sono a Manzanares: quello d’Agua 
Bonita fu trovato molto produttivo; ve ne hanno pure ad Ibaguè, ad 


he we ~ 
3. 


— 328 — 

Organos ed in altri luoghi. Molto numerosi sono i filoni d'argento nella 
regione di Mariquita. Il solfuro di questo metallo trovasi associato al 
galenio, alla blenda, al pirite di ferro ed al pirite arsenicale. Frequet 
tissimo è il solfuro nero d'argento, come pure l’argento rosso antimo 
niato e l'argento nativo. I filoni attraversano i micaschisti e talcoschi 
sti. Hanno uno spessore che varia generalmente da alcuni centimetri a 
un metro, e son formati a liste o striscie: fascie ricche di minerale tre 
vansi accanto ad altre di minor contenuto. 

Nelle montagne di Natagaima, San Anton, Guamo, Mola, ecc., po- 
ste nel versante orientale della cordigliera centrale, esistono filoni ar- 
gentiferi di bellissima formazione. Non essendo però d'una straordinaria 
ricchezza non vi ci siamo trattenuti. Quando sarà giunto il momento 
di stabilire fonderie in questo paese, allora certamente potranno divet- 
tare un elemento di futura ricchezza. 





DIPARTIMENTO DI PANAMÀ. 


I. Panamà. — I depositi auriferi di Veragua furono i primi ch 
diedero agli Spagnuoli notizia di questo paese. Subito che presero pos 
sesso dell’istmo, s’occuparono di sfruttarli. Poi quando le forze degl'it | 
digeni non bastarono più a questo sordido intento, presero al loro ser 
vizio dei negri robusti, e in numero si grande, che già nel 1570 nt 
avevano duemila occupati nelle miniere. La ricchezza di quelle terre 
andò diminuendo col tempo, ma non si è mai tralasciata in questa re 
gione la lavatura delle sabbie aurifere. Tra i fiumi che in maggior quan- 
tità recano oro vanno notati quelli di Santiago, Concepcion, Barrera ¢ 
Zapaterito. Tutto fa credere, scrive in proposito Alfredo G. Lock, che 
esista un immenso deposito aurifero nella parte bassa delle rapide del 
Fiume Santiago, poichè nel 1855 e 1856 vi si lavarono arene d'una ric 
chezza cospicua. 

Parecchi corsi d'acqua del dipartimento di Panama contengono 0M, 
e si vedono tuttora sulle loro sponde numerosi scavi, segno certo che 
in diverse epoche vi si lavorò per estrarne l'oro. 

II. Il Darien, — Col nome di Castiglia d'oro veniva conosciuto 
da principio quel territorio, tuttora quasi inabitato, che si estende #0 
oriente dell'Istmo di Panama, e che ora generalmente chiamasi Darien. 
Nell'ultimo terzo del secolo decimosettimo ed in parte del decimottavo 
si bonificarono ricchissimi depositi auriferi situati sulle sponde degli 2° 
fluenti del Fiume Tuira. Centro degli opifici di lavatura era il villaggio 
di Tucutf presso il Fiume Balsas, finchè non venne scoperto sulla bell 
pianura di Cana il filone di quarzo di Espfritu Santo, d'una ricche 





— 329 — 
evolosa. Per quel mezzo secolo, che durò la coltivazione di questa mi- 
aera, il suo prodotto totale di oro fu certo maggiore di 200 milioni 
di lire. Questo metallo d'una finezza superiore ai 22 carati, era così 
abbondante che si fu costretti a rivestire di tavole i piloni di minerale 
he si lasciava per sostenere le gallerie, per evitare che quanti entra- 
‘vano nella miniera non ne rubassero poco a poco tutta la terra. Ci è 
‘encora tramandato che gli operai nelle loro feste da ballo incipriavano 


‘i capelli delle donne ed aspergevano il suolo di polvere d'oro, di cui 


| portavano le bisaccie ripiene. 
| Dopo aver dato prodotti che si direbbero favolosi se non se ne 
fosse constatata la realtà, le miniere di Darien furono abbandonate in 
seguito alle frequenti scorrerie di filibustieri, e specialmente in seguito alla 
| ternbile rivolta degli Indiani nel 1726 e 1727. Questo avvenimento coin- 
| cise con la frana del pozzo di estrazione della miniera di Espfritu Santo. 
| Il paese fu abbandonato da tutte le famiglie che avevano una qualche 
| fortuna, le quali poi non osarono più tornarvi. La città di Cana che 
| già contava oltre a mille case fu incendiata: se ne vedono anch'oggi 
| Ye rovine fra mezzo alla foresta; e lì presso degli scavi, stagni, canali 
per condurre acque, e gallerie aperte ancora in qualche luogo. La mi- 
niera di Espirita Santo appartiene alla Compagnia del Darien, che ha 
sede in Bogotà. Procura questa di costituire all’estero una società che 
dovrebbe fornire i capitali necessarî per riprendere i lavori di scavo e 
| coltivazione già interrotti (1). 

Il celebre viaggiatore inglese William Dampier scriveva nel secolo 
decimosettimo che le miniere di Darien erano le più ricche di quante 

| fino allora si erano scoperte in America. 

I più recenti esploratori di questa regione tutti ne hanno vantato 
le ricchezze. Luciano Puydt assicura che quasi tutti i fiumi recano arene 
aurifere, specialmente quelli che hanno foce sul Pacifico. Edouard Cullen 
niferisce che nei ruscelli presso il villaggio Molineca trovò tanto oro e 
Quarzo così ricco, che egli ne ritrasse più di tre libbre di quel metallo, 
five per 12 carati, Armand Reclus dice che sono incalcolabili le ric- 
chezze geologiche del Darien. Citiamo infine il dottor Saffray, che così 
N esprime: « Nessun paese offre agli intraprendenti d'ogni genere un 
“ampo più propizio di questo lembo di terra. Tutte le ricchezze vi sono 


l (1) La società di cui qui vien fatta parola, si è formata recentemente con un ca- 
Pile È 5 milioni di lire, ed ha la sua residenza in Manchester (Inghilterra). Dopo 
di emere stati posti in luce vart filoni di gran ricchezza, le azioni, che si quoteggiano 

Pimcipali borse d'Inghilterra, sono giunte complessivamente ad un prezzo di più 
Che 25 milioni di lire. (N. a. 7rad.). 


accumulate: alberi preziosi nelle foreste, metalli utilissimi nel suolo, 
perle in fondo del mare. > 


DIPARTIMENTO DI BOLIVAR. 


_ Nei due ultimi decorsi secoli si lavorarono ricchi depositi aurifen 
a Simit{ ed a Guamoco, ed al S.-E. del dipartimento di Bolfvar. La 
piccola città di Guamoco venne fondata nel 611. Vi si trovarono delle 
terre d’alluvione, donde si estrassero grandi quantità d'oro d’un’ottima legi 
La fama se ne diffuse da lungi, e parecchi fra i proprietarî delle mi 
niere di Zaragoza vi andarono coi loro schiavi, malgrado le difficoltà 
che provenivano dalla mancanza di strade. Il successo però corrispose 
alla loro aspettativa. La favorevole postura geologica di Guamoco, salle 
sponde del Fiume Tigtii affluente del Nechf, e vicino alla più rica 
regione aurifera d’Antioquia, ci fa credere che l’oro in questo distretto 
debba abbondare. Disgraziatamente quella località trovasi in mezzo ad m 
paese spopolato, e lontano da ogni via di comunicazione; per questo 
le sue miniere sono tuttora quasi abbandonate. 

Il Fiume Sinù contiene oro in pagliette finissime. Ad Ayapél, 
villaggio sulle sponde del S. Jorge, si scavano miniere d’alluvione. Tre 
gli altri fiumi che portano maggior quantità d'oro sono l’Arisa, l'Ur 
ed il Norosi. 


DIPARTIMENTO DELLA PARTE ORIENTALE DEL MAGDALENA. 


I. Cundinamarca. — Il gran Fiume Magdalena attraversa il tert: 
torio di Colombia dal S. al N., tagliandolo in due parti, e servendo di 
linea di confine ai dipartimenti (ad eccezione del Tolima, che estendesi 
parzialmente ad oriente del fiume). Può dirsi generalmente che i dipar 
timenti posti ad occidente del Magdalena sono tutti auriferi, e che nti 
terreni degli altri ad oriente l'oro e l'argento trovansi, solo accidental: 
mente. Sulla metà del secolo decimosesto Juan Dfaz Jaramillo bonificd 
presso la città di La Mesa un deposito aurifero di straordinaria nc 
chezza. Coi prodotti di quella miniera fece costrurre un superbo palaz0 
a Tocaima, che poi uno straripamento del Fiume Bogotà distrusse in 
sieme a quella città. 

Nella regione bagnata dal Fiume Ariari si coltivarono depositi ric 
chissimi dal 1555 alla metà del secolo decimosettimo. Pure le alluvioni 
del Fiume Guaguaquf contengono oro. 

Ma la principale ricchezza minerale di Cundinamarca sta nelle sé 
miniere di salgemma di Zipaquiré, Nemocon e Sesquilé: in quelle di 
ossido di ferro: nei suoi ricchi filoni di rame e nei suoi abbondanti 


ow 3 31 — 
strati di carbon fossile. Nel 1818 si ebbe il privilegio di fondare la 
zecca in Bogota. Sino al di d’oggi vi si introdussero 116,307 kg. d’oro, 
e 287,413 kg. d'argento, che diedero poi 99,563,623 pesos in pezzi 
d’oro e 12,046,205 pesos in pezzi d’argento. 

II. Boyacd. — Questo dipartimento è molto scarso d’oro. Le sole 
località dove siasi estratta qualche quantità d’oro sono Guateque e 
Cocuy. Godono però d’una fama mondiale gli smeraldi che trovansi a 
Muzo; a Boyacà inoltre trovansi copiose sorgenti d'acque salse, cave di 
carbon fossile, d’ossido di ferro, di galenio, e buoni minerali di rame. 

II. Santander. — Poco tempo dopo la fondazione della città di 
Pamplona, nel 1551, gli Spagnuoli scoprirono dei giacimenti auriferi 
di straordinaria ricchezza nella vallata’ del Surat4, nel Fiume dell’Oro 
ed in un altopiano che si chiamò Pàramo Rico. In questa località tutta 
: la collina era sparsa di frammenti d'oro sino ad un venti centimetri di 
‘ profondità. Un gran numero di Indiani era occupato ad estrarre la 
| terra, ed un Indiano in un sol giorno potè estrarre dal suolo mille 
piastre d'oro (2,300 grammi). Ma un anno bastò ad esaurire questo 
tesoro, che fece ricchi gli abitanti di Pamplona. A poca distanza dal 
Péramo Rico furono scoperti i numerosi filoni d’oro e d'argento della 
Montuosa e di Vetas. La loro attivazione seguitò per più anni, rendendo 
ai proprietarîà quantità enormi di quei due metalli. Vedonsi tuttora a 
La Baja i ruderi di sette stabilimenti d'amalgamazione, costrutti per 
bonificare i minerali dell'argento. 

Il capitano Juan Gòmez de Villalobos trovò nella miniera di Pié 
di Gallo una massa d'oro, la più grossa e pesante di quante ne furono 
mai estratte in tutto il Continente nuovo. I minatori ne estrassero in 
poche ore 140 libbre (64 kg. e 400 gm.); avendo però trascurato di 
puntellare la galleria, questa crollò lasciando sepolta sino ad oggi gran 
parte di quella massa d'oro. 

I lavori di scavo delle miniere di Alta, Baja e Vetas furono ripresi 
in diversi tempi con esito mutabile. Il Governo della Repubblica nel 1824 
le diede in affitto alla Association Colombienne des mines de Londres. 
Questa Società principiò i lavori in sedici miniere d'oro e d'argento. Ma 
Del termine di venti anni furono tutte abbandonate: e causa primaria 
dell'insuccesso furono le spese eccessive che si vollero incontrare. 

I filoni trovansi in una roccia feldspatica alternata col diorite; quei 
che sono in altura attraversano il granito. Un quarzo di colore tra il 
bianco e il nero turchiniccio serve di ganga all'oro. Varia lo spessore 


delle vene da uno a quattro centimetri; ben di raro giunge a dieci o 
quindici. 


— 333 — 

Trovasi spesso in alcuni punti l'oro concrezionato. I minerali 
argentiferi poi danno sulfuri d’argento, di zinco, d’antimonio, di piombo 
e di ferro. Al Governo appartengono le miniere di Alta, Baja e Vetss, 
che però le concede in affitto. A Bucaramanga e Giron sonvi ricchissime 
alluvioni aurifere che sono sempre state sfruttate; ma la difficoltà di 
farvi giungere l’acqua ha sempre impedito di lavorarle in grandi pro 
porzioni. L'oro ne è finissimo, ha generalmente 22 carati (0,919). In 


alcuni punti giunge anche ad avere 966 e fino 998 millesimi, il più | 


alto titolo che si conosca di questo metallo allo stato naturale. 


IV. Magdalena. — Il dipartimento di Magdalena è il più scam | 


di minerali di tutta la Colombia. Tuttavia i Fiumi Tucurima, Sevilk, 
Dibulla, Don Diego, Palomino, Palencia, Achiote, ecc., i° quali derivano 
dalla Sierra Nevada, recano oro d'un titolo molto elevato. 

Questo è in riepilogo lo stato attuale delle ricchezze minerarie 
della Colombia. Nè occorre aggiungere parole per dimostrare gli mm 
mensi profitti che si dovranno ricavare da quanti intendono abilmente 
dirigere la propria industriosa attività in questa regione tanto privle 
giata dalla natura. 


B. — PITTURE DI BOSCIMANI 


del socio corrispondente cav. G. WEITZECKER. 
(con 4 disegui nel testo ed una tavola). 


Leribe (Basutoland), 13 gennajo 1890. 
Egregio signor Professore, 

Credo doverle mandare senza indugio le copie di alcune pitture di 
Boscimani da me visitate (e forse scoperte), otto giorni or sono, in una 
delle mie gite missionarie, e che mi sono affrettato di riprodurre sugli 
abbozzi presine sui luoghi stessi. 

Venerdì 3 corr. partivo in vagone con mia moglie per andare 4 
passare la domenica in una delle mie stazioncelle, quella di Thaba-Phz: 
tona (il Monte Bianco e Nero). Nel pomeriggio del sabato facemmo 
entrare nel vagone due indigeni della località e miei conoscenti, ché 
trovammo per la via, il vecchio consigliere e capo di alcuni vw 
laggi, Mogaeca, ed il giovane figlio, putativo, se non di fatto, del de 
funto re Moshueshue, Taueeathaba (nomi entrambi difficili a pronun 
ziarsi e più a spiegarsi, e di cui, per conseguenza, non garantisco l'or 
tografia). Mentre mia moglie conversava con Mogaeca, io interrogsv0 


— 333 — 

Taueeathaba (1) sul paese che percorrevamo, e che vedevo davvicino 
per la prima volta, essendo sempre passato per altre vie, nelle mie vi- 
‘ite precedenti a Thaba-Phatona. Scorgendo nei monti, che ci circonda 
vano, delle caverne, domandai se non ne conoscesse qualcuna, ‘che avesse 
pitture di Boscimani, ed egli rispose che ce n’era una sul versante meri- 
dionale del monte che ci stava di faccia, detto Maoa a Masubedu (le 
Caverne Rosse), e convenimmo che mi ci avrebbe condotto a cavallo il 
lunedì 6 corrente. Ma la sera, al villaggio di Thaba-Phatona, discorrendo 
della nostra progettata escursione, ecco altri uomini dire che delle pit- 
ture di Boscimani (Baroa) ce n'erano sul versante meridionale di Thaba- 
Phatona stessa, cioè molto più vicino, e mi decisi naturalmente ad an- 
dare prima a veder quelle, che nessun bianco pare abbia mai visitate. 
Il capo stesso di tutta quella regione, Khethisa Molopo, non le aveva 
mai viste e nemmeno conosceva la loro esistenza, ed all’ indomani venne 
con noi a vederle con altri suoi uomini, seguendo da vicino me, il mio 
catechista ed i due indigeni che ci guidavano. 

Trovammo in un luogo molto pittoresco, mezz'ora a piedi dal 
villaggio, e, come al solito, dominante una pianura, dove i Boscimani 
Potevano spiare la selvaggina, una grande roccia incavata, tutta coperta, 
ad altezza d'uomo, di pitture. Pur troppo, dovemmo constatare che 
molte di queste già erano del tutto, o quasi del tutto danneggiate, così 
dalla mano dei pastorelli, che dall'acqua scorrente lungo le pareti, in 
tempo di pioggia. Nondimeno alcune ve ne sono ancora conservatissime. 

Mando alla Società, che potrà poi trasmetterle al Museo Etnografico, 
le copie: 1° di una mezzo danneggiata ; 2° di tutte quelle ben conservate 
Sono in tutto cinque pitture, composte ognuna di due o più figure. 


Fio. 13 — L'uomo che munge. 


{?) Se questa è l'ortografia di quel nome, potrebbe significare: e Il leone si 
allege », 


— 334 — 
La fig. 1 rappresenta un uomo che munge un animale ; il quale, giudi: 
candone dalla parte posteriore, specialmente dalle gambe, credemmo, dap- 
prima, essere un elefante; ma il davanti, specialmente le gambe sono 
evidentemente di un bovino, o di un alce. Le proporzioni enormi del 
di dietro sono dovute probabilmente alla diffusione dei colori, sotto l'a 
zione dell’acqua corrente sulla roccia. 
La fig. 2 rappresenta uno schizzo di alce, sul quale e sotto il quale 


esl 


Fic. 2° — Alce e scimmie. 





sono dipinte quattro scimmie, ammirabili per fedeltà di espressione. Le 
gambe non sono finite, ad eccezione di una sola. 

Le fig. 3 e 4 rappresentano un gruppo di due alci, il primo dei 
quali pare a me, profano, una perfezione di forme. 

La fig. 5 (vedi la Tavola) è un gran quadro di 18 figure, più? 
teste di bambini. È una scena di fuga di donne boscimane davantiad 
alcuni Cafri-zulu (Matebele). Come al solito, i Boscimani sono rappresentati 
come pigmei e dipinti in colore chiaro, di fronte ai Cafri, dipinti grandi 
ed in colore oscuro. La scena è piena di vita, è un vero concetto artistico, 

. e nei dettagli ci sono molte cose importanti da notare: per cui ne unisco 
il calco colle figure numerate, affine di poter trasmetterle brevemente 
alcune annotazioni. 

Premetto che, trattandosi di donne, nelle piccole figure, conviene 
non prendere equivoco su quelle appendici anteriori, che si osservano, 
o che piuttosto colpiscono, in alcune di esse. Si tratta semplicemente 





_—_ 


— 335 — 
i copripudende delle donne boscimane, i quali erano fatti di un 
di pelle, e che svolazzano al vento. _ 

La figura n. 1 sembra essere di una donna in stato interessante, 
‘avanzato, e che, nella sua fuga precipitosa, ha perduto anche il suo 
mantello. Essa tiene in 
mano un mogope (spro- 
porzionato) cioè unazucca 
ad uso di bicchiere, come 
se ne trovano fra tutte 
le tribù, io credo, del- 

l'Africa Australe. 

La figura 4 oltre al 
mogope che tiene nella 
mano sinistra, porta via 
nella fuga, reggendolo, 
colla mano destra sul 
capo, un nkho (sesuto), 
vaso di terra cotta, dove 
si mettono le bevande 

: e di cui alcuni esem- 
i plari si trovano ora nel 


Museo Etnografico. An- 
che questa donna ha 
perduto ogni vestito, faor- 


chè il copripudende e 
pare gravida. L’ atteg- 
giamento di fuga, man- 
tenendo l'equilibrio, mi 
pare bellissimo. 
Le figure 3, 6, 7, 
8, 12, 13, e forse 10, 
sono di donne che por. 
tano i loro bambini sulla 
schiena, secondo l’uso in- 
digeno, nel così detto 
thari, pelle di montone 
. preparata in modo che 
la" possano stringere al loro corpo, e tenerli in modo sicuro, anche 
lavorando chine al suolo, o correndo. 
| Le figure 12 e 13 sono di donne che hanno gemelli, e forse giova 


Fic, 3% x 4° — Due ali. 


— 336 — 
l’osservare che il pittore le ha messe I’ ultime di tutte, ritardate come so 
da un doppio peso. 

Che fenomeno quei Boscimani! Così intelligenti ed abili in fatto 
di pittura, e con ciò così assolutamente riluttanti ad ogni incivilimentd 
e ad ogni progresso religioso! I missionarî non hanno mai ottenuto ne 
sun buon risultato con loro, e molto meno ancora hanno potuto re 
gistrare conversioni, per quanto io sappia, fra i veri rappresentanti 
della loro razza. 

La figura 3 sembra rappresentare una donna caduta nella fuga 

Le figure 5 e 9 rappresentano uomini, che per la loro statura pe 
trebbero credersi Boscimani, come pure per il colore che, per quanto 
ricordo, non è lo stesso che quello degli uomini arrivati che li ins- 
guono ed è piuttosto simile a quello delle donne (1). In questo ca» 
la figura 5 si precipiterebbe per sollevare la donna n. 3 che è caduta, e 
la figura 9 indicherebbe alle seguenti la via. Altrimenti, se si tratta di 
Matebele, il che è reso plausibile dal fatto che la fig. 14 (che rappresenti 
evidentemente un nemico) non è di statura superiore a quella di quei dee, 
la fig. 5 si precipiterebbe per rapire il bambino della donna caduta, ¢ 
la fig. 9 cercherebbe di raggiungere le due donne 7 ed 8, che faggireb- 
bero davanti a lui. | 

La fig. 10 non me lo spiego, se non per una diffusione di colore 
che avrebbe trasformato in qualche cosa d'irriconoscibile la figura dd 
bambino portato dalla madre, che sarebbe caduta come il n. 2. 

La fig. 11 sembra una rassegnata alla propria sorte, che si toc 
il collo colla mano sinistra, se pur quella linea che dico braccio, 00 
è l’abbozzo del “kar? col bimbo. 

La fig. 12 è donna che corre verso chi guarda. 

La fig. 13 rappresenta una donna che si è seduta, forse per megho 
mettersi nel ¢hari i suoi due gemelli, mentre per di dietro arriva, per & 
figgerla, il n. 14, con cui comincia, in modo sicuro, la banda dei nemia, 
di cui il n. 15 sembra essere il capo che comanda di piè fermo ke 
mosse. Ma questa figura dev'essere pure stata alterata dall’ acqua che, 
diluendo il colore del corpo, ne ha fatto quasi una veste. | 

Le fig. 16 e 17, mirabili di slancio e di minaccia, sono una tradu- 
zione in pittura del modo di dire: « avere le gambe lunghe per 00" 
rere presto >. 


(1) Ho preso nei luoghi stessi gli esemplari dei colori da. darsi alle figu™ Da 
ho dimenticato di notare a quale colore appartenessero quelle due figure. Nella copi 
le ho fatte di tinta alquanto differente, ma non troppo; verificherò quel dettaglio sub 
che lo potrò. 


— 337 — 
La fig. 18 @ anche un bel tipo di attitudine equilibrata nella 


@Qorsa. 


Faccia, egregio signore, quel caso ch’ Ella crederà di queste anno- 


- @mzioni, che sono il risultato dello studio che ho fatto, prima con gli 
fimadigeni che mi accompagnarono, poi da solo, di queste figure. 


Se trova che siano da pubblicarsi bisognerebbe non perdere tempo, 


F -Eperchè oramai la nuova dell’esistenza di quelle pitture si propagherà 


o 


nn nette 


Presto, e non mancheranno gli ammiratori reporters, che ne manderanno 


«copia a Londra, a Parigi, od altrove. Ho fatto un grande sforzo perchè 
giungessero prima a Roma che altrove, e spero che così mi riescirà anche 
per l'altre non ancora visitate. 
Spero pure che la mia del 15 novembre le sarà giunta. 
In fretta, ma sempre con affetto, devotissimo suo 
Giacomo WEITZECKER. 


c. — Joun BALL F. R. Ss. 


del socio onorario prof. E. H. GiGLioLi. 


Colla morte di questo uomo singolarmente egregio e distinto, av- 
venuta in Londra il 21 dello scorso ottobre nel suo 72° anno di età, 
le scienze naturali e geografiche perdono un appassionato e dotto cul- 
tore, l’Italia un caldo amico; anzi, come notò benissimo recentemente 
un suo biografo, il Ball poteva dirsi italiano quanto inglese; visse molto 
fra noi, la sua prima moglie era italiana, e contava in Italia molti e 
carissimi amici. Due tratti della sua grande amicizia pel paese nostro, 
e che dimostrano il vivissimo interesse che egli prese sempre nello svol- 
gimento dell'epopea che ci condusse alla libertà ed alla unificazione, 
non sono generalmente conosciuti. 

Alla fine del 1858 il Ball cessava di essere membro del Parla- 
mento e Sotto-segretario di Stato parlamentare per le Colonie, e ciò per 
la caduta del ministero Palmerston di cui faceva parte. Si presentò alle 
nuove elezioni politiche per Limerick; ma appunto in quel torno sor- 
geva la quistione italica, e i preti irlandesi, prevedendo forse quello 
che poi avvenne, vollero che i loro candidati si dichiarassero recisa- | 
mente per il Papato è gli antichi governi contro il Piemonte. Il Ball, seb- 
bene buon cattolico ed irlandese di nascita, non volle accettare quelle 
condizioni, ebbe il clero contrario e fu battuto; anzi la lotta fu così 
feroce che egli corse grave rischio pel furore della ciurmaglia aizzata 
dai preti. 


— 338 — 

Nel 1866 Garibaldi si trovava seriamente imbarazzato per impa- 
dronirsi del forte di Ampola in Val di Ledro; fu il Ball, che conosceva 
palmo a palmo quei luoghi alpestri, che fornì allo Stato maggiore ita 
liano un piano d'azione che, seguito, ebbe completo successo. Noi tutti 
poi ricordiamo il Ball a Venezia, durante il III Congresso Geografico 
internazionale; egli vi rappresentava la Società reale di Londra, e mi 
pare ancora di vederlo, quando con impeto giovanile sorse per felicitare 


il Magnaghi e me, a nome di quell’illustre Consesso, pei bellissimi n- 


sultati avuti nella prima, e disgraziatamente ultima, nostra campagna 
talassografica nel Mediterraneo. 

Come ho detto sopra, John Ball era valente ed appassionato cu 
tore delle scienze naturali e geografiche; la botanica e la geologia fr 
rono da lui specialmente predilette, ma egli contribuì validamente al pro 
gresso della Geografia in senso più ristretto. La sua « Guida delle Alpi» 
è, e sarà per lunghi anni ancora, il miglior lavoro descrittivo di quella 
catena che ci cinge; quei tre volumi, i quali dal Colle di Tendaa 
conducono al Semmering, videro la luce tra il 1863 ed il 1868 e sono 
il risultato di una esplorazione personale, minuziosa ed accurata, di 
studî, di fatiche e di indagini che occuparono non pochi anni € nei 
quali egli non ha nessun emulo; e nei casi in cui il Ball non pot 
esaurire il campo, dovrei dire la montagna, lasciò largamente tracciata 
la via per i suoi successori. Il Ball fu uno dei fondatori ed il primo 
Presidente dell’ A/pime Club di Londra; nel 1865 il nostro Gran Regi 


conferiva la croce dei SS. Maurizio e Lazzaro in merito alle sue esplo — 


razioni delle Alpi italiche; ed uno dei Picchi del Primiero porta ll 
suo nome. 

Nel 1871 il Ball accompagnò Sir J. D. Hooker ed il sig. G. Mar 
nel loro viaggio al Marocco coll’intento speciale di studiare la flora 
del Grande Atlante. Dalla interessantissima narrazione pubblicata di 
quella esplorazione noi sappiamo quale parte principalissima vi ebb 
John Ball. Questi poi, dopo varî anni di studi? e di raffronti, pubblicava 
il suo Spicilegium Florae Maroccanae, opera reputata classica dai pù 
illustri botanici. 

Nel 1882 il Ball fece il giro dell'America meridionale, pubblicando 
nel 1887 il risultato delle sue molteplici osservazioni in un aureo YO 
lume intitolato « Motes of a naturalist in South America », saggio dar 
vero sorprendente delle profonde e svariate cognizioni del dotto autore; 
opera che ben a ragione trova il suo posto accanto ai volumi di Dar 


win e Moseley. 
Oltre le opere già citate, mi piace rammentare del Ball i seguenti 


— 339 — 
‘Eavori geografici: Sulla Geografia della catena del Grande Atlante; Sui 
asvatteri fisici della linea costiera e le Ande dell'America occidentale da 
| Panama allo Stretto di Magellano, e dell'Uruguay e del Brasile meri. 
| afîonale; quindi molte memorie, specialmente orografiche, pubblicate negli 
atti dell’ Alpine Club. Va ancora ricordato che si deve a Ball la ben 
| mota Spedizione Palliser, per la esplorazione delle comunicazioni attra- 
verso le Montagne Rocciose tra il Canada ed il Pacifico: nel 1856-57, 
i mentre era al governo, Ball promosse ed organizzò quella Spedizione, 
° che ebbe importantissimi risultati scientifici ed economici. Molti e no- 
- tevoli sono i lavori da lui pubblicati, interessanti la Meteorologia, e ciò 
: 3 comprende pensando quanti anni della sua vita vennero dedicati allo 
studio delle montagne. Negli ultimi anni della sua vita operosissima il 
Ball si era vivamente interessato alla questione importante dei muta- 
menti di clima in relazione col tempo, cioè collo svolgersi delle epo- 
| che geologiche; su tale argomento, che fu molto studiato dal Croll, 
| €bbi col compianto Ball interessanti discussioni durante le sue visite a 
Firenze. Importanti ancora sono le contribuzioni del Ball alla Geologia, 
specialmente intorno ai ghiacciai; riguardo a questo ramo della scienza 
troviamo nei risultati pubblicati delle osservazioni fatte durante il suo 
viaggio in America una notevole ipotesi sulla origine delle pampas del- 
l'Argentina, od « Argentaria », come egli la chiama: quelle vaste pia- 
nure, coperte da un ingente strato di detrito, sarebbero risultate dalla 
disintegrazione di una grande regione di monti imponenti che coprivano 
una parte dell'odierno Brasile. 

Da noi John Ball era ben noto come distintissimo cultore della 
botanica, e tra i botanici italiani contava molti e carissimi amici. Assai 
numerosa è la schiera delle memorie botaniche da lui pubblicate, e sono 
specialmente notevoli, per originalità di vedute e di fatti, quelle che il- 
lustrano le flore alpestri, le loro origini, 1 loro rapporti. 

Per le rare sue qualità di mente e di cuore Ball era molto amato, e 
la sua cordiale genialità lo rese caro a molti i quali non avevano rapporti o 
comunanze scientifiche con lui; parlava e scriveva bene le principali lingue 
dell'Europa; e questa abilità e. l'alta posizione che ebbe lo avevano posto 
in relazione coll’¢##e della società europea. Ma soprattutto amava i gio- 
vani cultori della scienza e non era mai così felice come quando po- 
teva ajutarli e condividere il loro entusiasmo e spronarlo col suo, che 
sì mantenne nel culto delle scienze naturali caldo e giovanissimo sino 
all’ ultimo. Io lo conoscevo ed avevo imparato a stimarlo e ad amarlo 
da un quarto di secolo, ed oggi amaramente ne piango la perdita. 


O — 340 — 


p. — GerarDO MERCATORE E LE SUE CARTE GEOGRAFICHE 
per M. Fiorini professore all'Università di Bologna (1). 


—— 


' ‘(continuazione e fine). 


II. 


8 28. Projezione cordiforme adoperata nel mappamondo del 1538 e nella 
carta dell’ Europa del 1554. — $ 29. Projezione pseudoconica equidistante in talune 
carte dell’ Atlante ; impiego anteriore a quello fattone dal MercaTorE. — $ 30. Pro- 
jezione cilindrica a latitudini crescenti della carta universale ad usum navigantiam 
del 1569. Meriti del MERCATORE e del WRIGHT. — § 34. Projezione polare equi- 
distante della carta delle regioni settentrionali. — § 32. Perfezionamento recato alla 
projezione di TOLOMEO per la mappa dell’ abitabile. — $ S3. Projezione pseudoci- 
lindrica equidistante nelle carte particolari della Geografia di ToLoMEO ed in alcune 
tavole dell’ A#/zte. Raro uso della projezione cilindrica equidistante. — $ 34. Pregio 
in cui il MERCATORE teneva la projezione stereografica, della quale scoperse una 
importante proprietà. — § 38. Projezione sinussoidale adoperata nell’ Atlante. — 
8 36. Conclusione intorno alle projezioni impiegate dal MERCATORE, ed a’ suoi me- 
riti nella cartografia. 

28. — I cartografi che precedettero il MERCATORE ed anche molti 
che gli furono contemporanei o che vennero dopo, ben pochi eccettuati, 
non si curarono dei sistemi di projezione per la delineazione delle carte, 
non badarono alla loro migliore scelta e altro non furono che pedis- 
sequi imitatori; ed anche fra quei pochi furono pochissimi coloro che 
abbiano apportati reali perfezionamenti ai metodi di rappresentazione. 
Ben diversamente egli si condusse. Fu non solo il primo geografo, ma 
anche I’ antesignano dei cartografi dell’ epoca sua. Alle carte che andava 
costruendo adattava le projezioni più opportune; alcune modificava, altre 
perfezionava, ed altre creava di getto. 

Fra le prime carte pubblicate dal nostro autore è 1’ Orbis tmage 
di cui si disse al $ 7 ed in modo più largo in un precedente fascicolo 
di questo BOLLETTINO (2). Si valse della teoria delle projezioni cordi- 
formi svolta dal WERNER. Fra le quali scelse quella che conserva i gradi 
longitudinali della sfera sull’equatore e sui singoli paralleli e che, 
avendo per ciò la proprietà di conservare le aree obbiettive, ha il nome 
di equivalente (3). Ma, nel fine di evitare le enormi alterazioni lineari ed 

(1) V. BOLLETTINO, gennajo 1890, pag. 94, febbrajo, pag. 182 e marso, pag. 243. 

(2) Serie III, vol. II, 1889, pp. 563-567. 

(3) Ho esposta la teoria delle projezioni cordiformi del WERNER in Ze freje 
sioni delle carte geografihe. Bologna, 1881, Cap. VI, $ 4 e Cap. VIII, § 31, ed in 
Le frojesioni quantitative ed equivalenti della cartografia nel Boll. della Soc. geog. 
stal.; 1887, p. 882. 








— 341 — 
angolari che succedono nella rappresentazione dell’ emisfero austral 


_ quando il mappamondo, come proponeva il WERNER, è in un solo pezzo, 


È 


pensò di comporlo in due semicuori, consacrandone uno all’ emisfero 
settentrionale, |’ altro al meridionale, e così non fece altro che imitare, 
senza essere servile, il Fino che s'era pure appigliato a tale partito. 
Di questo metodo ch’ egli adoperò e del suo mappamondo pubblicato a 
Lovanio nel 1538 e, poi, contraffatto a Roma, prima dal LAFRERI, 
poi dal SAaLaMANCA, altro non diciamo avendone ampiamente discorso 
mel luogo citato (1). 

Fra le carte Mercatoriane riscosse, in modo particolare, gli applausi 
dei cultori della Geografia (ebbe, come dice il Guimnio, le lodi dei 
dotti) la Europae descriptio, pubblicata a Duisburgo nel 1554 (2). Prima 
che |’ Hever ne scoprisse l'esemplare posseduto dalla biblioteca di Bre- 

slavia, non essendovene altro noto, si era cercato d’ indovinare il sistema 
adoperato dal MERCATORE nella delineazione de’ meridiani e dei paralleli. 


°. Ma nessuno giunse a colpire nel vero. Il mistero ora è svelato dalla 


iscrizione, che leggesi sulla tavola, consacrata al benevolo lettore (Ze- 
mevolo letori), La quale ha: ZEuropam descripturi primum curavimus 
mi spacia meridianis parallelisque intercepta quam minimum a rectangu- 
‘ari specie, quam tn terrestri sphacra habent, distraherentur, quo partes 
shisus exteriores minimum quoque a sua figura deducerentur, id non me- 
diore via consequi potuimus, quam parallelis, ex polo circumductis, medio 
tabulae meridiano reliquos hinc inde juxta debitam distantiam subjungendo. 
Con ciò I’ autore viene a significare che, conservati i gradi di latitu- 
dine sul meridiano centrale rettilineo e descritti i paralleli con archi 
circolari aventi il comune centro nel polo, i meridiani sono le linee 
congiungenti i punti di divisione dei paralleli, sui quali sono conservati 
i gradi di longitudine. La projezione, dunque, è la cordiforme equiva- 
lente, quella già impiegata dall’ autore per la delineazione dell’ Ordis 
SMAZO. 

E però cadono le supposizioni del D’ Avezac e di altri scrittori 
intorno al genere di projezione seguito nella composizione della Zuropae 
descriptio, delle quali si dirà nel $ seguente e cade anche intieraménte 
quanto scrisse il BLUNDEVILE ne’ suoi Zxercises, il quale, detto rettamente 
della descrizione dei paralleli, prende un grosso abbaglio in riguardo 


(1) Al § 7 ho indicate le biblioteche a me note dove si trovano copie del 
mappamondo Mercatoriano contraffatto dal LAFRERI. Aggiungo che il Dottore G. Ma- 
RINELLI, professore di Geografia nell’ Università di Padova, ne ha pure una copia che 
fa perte di una collezione di carte geografiche incise del secolo XVI, da lui posseduta. 

(2) Vedi il $ 13. 


— 342 — 
ai meridiani che asserisce essere archi di circolo condotti pel polo e 
pei punti di divisione dei paralleli estremi, 1’ inferiore ed il superiore, 
partiti nei loro gradi di longitudine (1). Il Mercarore parla chiara- 
mente nella riferita iscrizione. Ma il BLUNDEVILE non l'intende. Ed è 
credibile che lo supponesse seguace in certo qual modo del metodo 
adoperato dal Frnzo per la descrizione dell’ ottava parte della sfera, 
ossia della quarta parte dell’ emisfero boreale od australe, dove i paral- 
leli sono archi di circolo col comun centro nel polo ed i meridiani 
sono pure archi circolari condotti pel polo e pei punti di eguale divi- 
sione del parallelo di 45° e del parallelo esterno che è l’equatore, sui 
quali paralleli tuttavia non sono conservati i gradi di longitudine (2). 
Il quale metodo egli descrive in alcune pagine antecedenti senza indi- 
carne il vero autore (3). 

Nessun esemplare si conosce dell’ edizione del 1572. E nulla dt 
sicuro può dirsi intorno al modo di delineazione de’ meridiani e paral 
leli che visi sarà seguito. Può ritenersi probabile, che, fatte le opportune 
emendazioni in riguardo alle posizioni di alcuni luoghi, le quali avrà 
dovuto correggere per le più sicure notizie avute dai viaggiatori, pe 
migliori dati ottenuti dai topografi, sia rimasto invariato il sistema di 
projezione. Altrimenti l’ opera sarebbe riuscita troppo laboriosa senza 
che vi fosse un reale miglioramento nella composizione; che anzi si 
correva il pericolo di deteriorarla cambiando il metodo di projezione. 
Non è tuttavia da nascondere che potenti ragioni esistono per fs 
cadere la bilancia dall'altra parte e produrre la credenza che nella nuova 
edizione i meridiani si sieno fatti rettilinei. Ma di ciò si dirà meglio 
nel $ seguente. 

L’ Hever, per le misure assunte sulla carta del 1554, conchiuse 
che il grado del meridiano rettilineo vale 26 millimetri e che quindi la 
scala è di 1: 4,281,023, o più semplicemente, per arrotondare le cifre, 
di 1: 4,280,000. 

Dov’ è collocata l'origine delle longitudini? Al $ 24, dove già 
n’ abbiamo discorso, rimandiamo il lettore. 

Il MERCATORE colla Zuropae descriptio, come osserva il citato HEYRR, 
ba stabilito un modello classico dell’elaborazione critica dei materiali 
esistenti per la composizione della carta. Reca stupore, nota il medesimo, 


(1) Ediz, 6* degli Exercises (citata al $ 13), p. 793. 

(2) Di tale metodo del Finro, esposto in Orontii Finei Delphinatis cosmogra- 
phia, Lutetiae Parisiorum, 1530, Lib. V, Cap. VII, discorro in Le frojesioni delle 
carte geografiche, Bologna, 1881, Cap. VIII, $ 30. 

(3) Vedi p. 786 degli Exercises, ediz. 6°. 





— 343 — 


| come abbia potuto trarre cotanto profitto dalle basi, di cui doveva servirsi 


e che erano piene di tante lacune. Alla voce di questi, all’ altra alzata 
recentemente dal van RAEMDONCK (1), aggiungiamo la nostra, pur troppo 
debole, affinchè dell’ esemplare posseduto dalla biblioteca di Breslavia 
sia fatta una riproduzione. Così sarà resa meglio nota |’ opera di quel 
grande geografo e s’imiterà nobilmente quanto s’ è fatto a Nuova 
Work per l’ Orbis imago del 1538, a Parigi per la mappa ad usum 
mavizantium del 1569, a Bruxelles pei fusi delle sfere, terrestre e ce- 
leste, ad Anversa per la carta di Fiandra del 1540. 

La projezione cordiforme adoperata per la Luropae descriptio fu 
adottata da altri cartografi per la descrizione di grandi regioni. Ne sono 
notabili esempi |’ Asiae nova descriptio nel Theatrum orbis terrarum 
dell’ OrTtELIO e le due carte dell’ Asia e dell’ Africa di GeRaARDO MER- 
CATORE JUNIORE che sono nell’ Atlante Mercatoriano. Le quali tavole, 
e per la grande amicizia che legava l’OrteLIO al MERCATORE e per 
gli ammaestramenti che il nipote GERARDO avrà avuti nell’ officina del- 
Y avo, si possono ritenere di comune origine in riguardo al sistema di 
projezione, ed è da credere che debbansi ai suggerimenti di chi nel 
secolo XVI cotanto fece progredire la cartografia (2). 

$ 29. — Il MERCATORE che sempre adattava i sistemi di proje- 
zione alle carte, a seconda della vastità delle regioni da rappresentare, 
degli scopi da raggiungere, semplificò la projezione cordiforme quando 
volle descrivere paesi di estensione bensì notabile, ma non tanto grandi, 
come sono le principali parti dell’ Europa, quelle che ora formano 1 
grandi Stati. La modificazione recata al sistema cordiforme sta in ciò 
che, nulla mutando nella descrizione dei paralleli, fece 1 meridiani ret- 
tilinei, conducendoli pei punti di divisione di due dati paralleli, equi- 
distanti e dal parallelo medio e dai paralleli estremi, sui quali conservava 
1 gradi di longitudine. 

Tale projezione, che abbiamo appellata pseudoconica equidistante, 
nel nostro trattato delle projezioni (3), egli impiegò in parecchie tavole 
dell’ Atlante (4), le quali sono: Galiia universalis ; Germania universalis ; 


(1) Annales du Cercle archéologique du Pays de Waas, Tom. XII, 3° livr. 

(2) Qui mi riferisco a quanto scrissi nel Boll. della Soc. geogr. ital., serie III, 
vol. II, p. 577. 

(3) Ze projesioni delle carte geografiche. Bologna, 1881, Cap. VIII, $ 37. 

(4) L'edizione che abbiamo sott'occhio è la decima, così intitolata: Gerardi 
Mercatoris Atlas, sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati fi- 
«wa: Primum a Gerardo Mercatore iuchoatae, deinde a Fudoco Hondio piae memo- 
riae ad finem ferductae. Jam vero multis in locis emendatae et de novo in lucem 
editac. Sumptibus et typis aentis Henrici Hondii, Amsterodami, 1630. 


— 344 — 
Italia; Graecia ; Anglia; Scotia et Hibernia; Anghae Regnum; Russa 
cum confinis; Taurica Chersonesus. Nelle quattro ultime tavole non song 
indicati i paralleli, sui quali mantengonsi le distanze. Tale indicazio: 
è bensì nelle quattro prime. Così la Gallia ha: medius meridianus i 
bulae est XXITI, reliqui ad hunc inclinantur juxta rationes XLIV 
XLIX parallelorum; 1a Germania: Medius meridianus 34, reliqui of 
eum inclinantur pro ratione 48 et 53 parallelorum; Y Italia: Medius no 
ridianus 36, ad quem veliqui inclinantur pro ratione parallelorum 44° 
go; e la Graecia: Medius meridianus 50, ad quem religui inclinastu a 
accedunt pro ratione parallelorum 38 et go. 

Altre carte sono nello stesso Aflante delineate in projezione psendo» 
conica equidistante, due dovute a Jupovo OnDpIO, la Nova Ewrofa: de 
scriptio e la Tartaria, la terza di autore anonimo ed intitolata: Tarad 
Imperii imago. Delle due carte dell’ Onpio soltanto la Zertaria ha B 
indicazione dei paralleli nei quali sono conservate le distanze, legge 
dovisi: Medius meridianus 120; reliqui ad hune inclinantur pro rate 
go et 70 parallelorum; \ altra n'è priva. La carta, poi, dell’ anonimo 
ha: Medius meridianus est 70; reliqui ad hunc inclinantur pro rate 
20 et 45 fparallelorum. 

Altra carta molto importante per molti riguardi, lavorata colk 
regole della stessa projezione, è pure nell’ Af/ante. È la carta dell’ Europ 
composta da RuMoLpO MERCATORE, figlio al grande GERARDO; inte 
lata: Europa, ad magnae Europae Gerardi Mercatoris P. imitation 
Rumoldi Mercatoris F. cura edita, conservato tamen initio  longitudas 
ex ratione magnetis, quod pater in magna sua universali posuit, e fornia 
di quest’ altra iscrizione: Medius meridianus 50, reliqui ad hunc itl 
nantur pro ratione 60 et go parallelorum. 

Il figlio RuMOLpOo, dunque, non mantenne I’ origine delle longi 
dini adottata dal padre GerARDO per la carta d’ Europa, ma, volendo 
uniformarsi alla carta universale ad usum navigantium del 1569 (8817 
e 24), la trasportò al meridiano che l’ autore di questa riteneva pa 
sante pel polo magnetico ed attraversante le Isole del Capo Verde, 
Sale, Bonavista e Mayo. Nell’ affermare la quale cosa è molto esplicito, 
come lo è pure là dove dice che i due paralleli conservanti i gradi di 
longitudine sono a 40° e 60° di latitudine. Ma la chiarezza cessa quando 
asserisce che compose la carta ad imitazione di quella del padre. Noo 
v’ ha dubbio che anzi tutto ha voluto dire come nulla abbia mutato 
in riguardo alle posizioni geografiche dei luoghi. Ma avrà anche voluto 
significare che ha seguito il padre nel metodo di descrivere i meridiani 
ed i paralleli? Certo è che non ha preso come modello la Zuropae deserit 










— 345 — 

‘del 1554, perchè in questa sono curvi i meridiani, rettilinei in quella 
;RomoLpo. Forse può dirsi che questi ha imitata I’ edizione del 1572, 
sta con meridiani rettilinei. Ma è poco probabile, come si è osser- 
nel § precedente, che nella nuova edizione il padre GeRARDO abbia 

il sistema di projezione. Del rimanente è inutile intrattenersi 
lormente sopra tale questione, la quale sarà risoluta soltanto quando 
la fortuna di scoprire qualche esemplare della seconda edi- 


Ad ogni modo credo che sia caduto in errore il D’ Avezac (1), 
me vi caddero altri scrittori che il seguirono, quando non essendo 
alcun esemplare della Europae descriptio, non solo s’ immaginò 
la projezione impiegata dal padre GERARDO fosse quella adoperata 
i dal figlio Rumotpo, ma ritenne che la stessa altro non fosse che 
j projezione conica impiegata più tardi dal De L'IsLe per la carta 
a Russia del 1745 (2). Ciò non è. Basta considerare che nella 
grojezione conica i meridiani ed i paralleli s'incontrano ad angolo retto, 
mentre nella carta di RuMOLDO il meridiano centrale seca bensì nor- 
“malmente i paralleli, ma questi poi tagliano tutti gli altri meridiani ad 
angolo diverso dal retto e che sempre più se ne scosta col crescere 
della distanza longitudinale dal meridiano centrale. Ma havvi di più. 
Ammessa |’ ipotesi del D' Avezac, la condizione del mantenimento dei 
, gradi di longitudine sui paralleli di 40° e 60° vuole che il co- 
“Mun centro dei paralleli sia, non al polo, come avviene nella carta 
:«@ì RumoLpo, ma a 7° 35’, oltre lo stesso, contati sul meridiano cen- 
; tale. 
| Le due tavole dell’ Onpio e l’ altra dell’ anonimo, superiormente 
, citate, come quella di RumoLDo, sono da attribuirsi virtualmente a 
GerARDO MERCATORE, il quale, colto da morte, lasciò, come già si disse, 
. incompleto 1’ Avante, terminato poi dal figlio RumoLpo, che già lavo- 
tava col padre, ed ampliato in seguito dall’ OnpIio che aveva acquistati 
_ tutti i fondi dell’ officina Mercatoriana. 
| Della projezione pseudoconica equidistante non può dirsi inventore 
Gerarno MERCATORE. Era già adoperata un secolo prima in una delle 
Mi antiche edizioni della Geografia di ToLomeo, in quella di Bologna 
colla erronea data del 1462, la quale, per ragioni che qui non è il 
Mogo di esporre, devesi cambiare nell’ altra del 1472. Le tavole parti- 









(1) Coup d’oeil historique sur la projection des cartes de Géographie (Extrait du 
Bull, de la Soc. de Glogr. Paris 1863), pp. 59-62. 

(2) Della projezione conica del DELISLE ho detto in Ze projesioni delle carte 
&tografche. Bologna, 1881. Cap. III, $ 12. 


—_ Oe ae 


— 3 46 — 

colari non vi sono lavorate colle regole della projezione cilindrica, usata 
nelle anteriori tavole Tolomaiche manoscritte e che ha i meridiani ed 
i paralleli rettilinei e fra loro perpendicolari, nè con quelle della proje- 
zione pseudocilindrica, adoperata nelle ulteriori edizioni e che ha i 
paralleli rettilinei ed equidistanti ed i meridiani pure rettilinei ed ind 
nati sul meridiano centrale, ma delineate col sistema della projezione 
pseudoconica equidistante. I paralleli vi appariscono descritti con archi 
circolari concentrici; i meridiani sono rettilinei, ma non s'incontrano: 
nel loro centro, nè in altro comun punto. Il meridiano di mezzo in 
contra ad angolo retto i paralleli, ma questi sono tagliati dagli altri 
meridiani sotto un angolo che sempre più si scosta dal retto a misura 
che si procede verso i margini laterali della carta.. Trarre altre conse 
guenze assolute dalla ispezione delle tavole non è tanto facile, essendo 
queste incise nell'infanzia dell’ arte. ‘Tuttavia è nostro avviso che i 
comun centro dei paralleli coincida col polo. Come pure riteniamo che 
i meridiani siano le rette condotte pei punti di uguale divisione da 
paralleli estremi, sui quali si vollero conservati i gradi longitudinali. Is 
tale opinione siamo confortati e dalle misure prese sulle tavole e di 
ciò che in non poche di queste sono adombrati, sui paralleli estremi, 
i segni della loro divisione in parti fatte uguali ai gradi obbiettivi di 
longitudine (1). 

Se il nostro GERARDO non può ritenersi inventore della projezione 
pseudoconica equidistante, ha tuttavia il merito di averla perfezionati 
Imperocchè non sui paralleli estremi, ma a due latitudini equidistant 


(1) Crediamo utile riportare qui la nota sul Tolomeo di Bologna inserita in 
Le projesioni delle carte geografiche a p. 633. — L'edizione di Bologna, come quela 
di Vicenza del 1475, contiene la versione latina di frate JACOBO ANGELO. In fis 
leggesi: Hic finit cosmographia Ptolomaci impressa opera dominici de lapis civis © 
moniensi. Anno MCCCCLXII, mense junit. XII. Bononiae. Le tavole sono precedute 
da un’ epistola al lettore dove, commendandosi la pubblicazione, è detto : Codice e 
perversas confusasque tabularum figuras nova corrigentis industria sincera fidi ad 
ipsius auctoris dignitatem, e soggiungesi: Opus utrumgue summa adhibita diligestis 
duo aestrologiae peritissimi castigaverunt Hieronymus Manfredus et Petrus bonus. Nec 
minus curiose correxerunt Galleottus Martius et Colla montanus. Extremam emendi 
tionis manum imposuit philippus beroaldus..... Chi fa l’autore delle tavole ? Non è i 
caso di attribuirle al BeROALDI di Bologna, al Marzio di Narni, a Nicola di 
Gaggio nella montagna bolognese, noti letterati di quell'epoca. Restano il MANFRED! 
ed il Bont, peritissimi in astrologia (astronomia), come dice l’epistola. Il primo Jess 
nello Studio di Bologna astronomia e medicina, ma, come mostrano le sue Oper 
stampate, più a questa che a quella attendeva. Perciò è da ritenersi il BONI, quale 
compositore delle tavole dell’ edizione di Bologna. 





— 347 — 

p dalle estreme e dalla media, conservò i gradi di Jongitudine, con che 
Wiminui le alterazioni lineari, superficiali ed angolari. 

La projezione pseudoconica equidistante ebbe ben poco seguito. 
Se ne trova un’ applicazione nella carta dei Mari'ed Isole settentrionali, 
pubblicata nel 1558 da Niccorò ZENo, molto tempo prima della pub- 
licazione dell’ Atlanie. NiccoLò la compose, egli stesso lo dice, traen- 
‘dola dalla carfa da navegar, lasciata da’ suoi antenati, Viccold ed Antonio 
fratelli Zeni, che furono in quelle nordiche regioni sul finire del 
‘secolo XIV. La carta navigatoria doveva, certamente, essere costruita 
secondo la pratica costante del medio evo, fatta cioè per direzioni e 
. distanze, lavorata sulla rosa dei venti e quindi priva di meridiani e 
‘| paralleli (1). Fu il discendente di Niccorò che compose la nuova carta 
| imbasandola sopra quella de’ suoi antenati ed adornandola, come nota 
iil contemporaneo RusceLLI (2), de’ meridiani e paralleli con tutte’ le 
‘misure che le si convenivano (3). È dall’ esame della stessa carta che 


(1) La detta carta, intitolata: Carta da mavegar de Nicolò et Antonio Zeni fu- 
yous in tramontarsa lano MCCCXXX, accompagna I’ opuscolo di NiccoLò ZENO: 
Dello sxeprimento alell'isole Frislanda, Eslanda, Engronelanda, Estotilanda et Icaria, 
Fatto setto il polo artico da due fratelli, M. Niccolò il K. e M. Antonio con un di- 
segno ferticolare dr tutte le dette parti di tramontana da loro scoperte. Venezia, 1558. 
Gli esemplari della edizione Zeniana sono rarissimi. Uno ne vidi nella Biblioteca del 
Re in Torino. Il detto opuscolo fa seguito all’ altro: Dei commentari del viaggio in 
Persia di M. Caterino Zeno il K. e delle guerre fatte nell'Impero persiano dal tempo 
& Ussuncassano irs qua. 

(2) Così nella Nuova favola settentrionale inserita in La Geografia di Claudio 
Tolomeo Alessandrino nuovamente tradotta di greco in italiano da Girolamo Ruscelli. 
In Venetia MDLXI. 

(3) Niccorò ZENO, autore dell’ opuscolo ha: « Di queste parti di tramontana 
* mi è paruto di trarne una copia della carta da navigare che ancora mi tro- 
€ vava avere tra le antiche nostre cose di casa; la quale con tutto che sia marcia e 
* vecchia di molti anni mi è riuscita assai bene; et posta davanti agli occhi di 
* chi si diletta di queste cose servirà quasi per un lume a dargli intelligenza di 
* quel che senz’essa non si potrebbe così bene sapere ». Con ciò egli non vuole 
significare che la carta pubblicata sia un fuc-simzile della tavola antica, ma piuttosto 
esere quella da questa dedotta. Alcuni vollero dare la taccia di apocrifa alla carta 
venuta in Ince nel 1558; crediamo erronea tale opinione. 

La carta Zeniana fu riprodotta in scala minore dal RuScELLI e dal MOLETI; 
dal primo in Za geografia di Claudio Tolomeo Alessandrino nuovamente tradotta di 
rico in italiano, In Venetia MDLXI, dal secondo nella Geographia CI. Ptolemaci 

Alezandrini, olim a Bilibaldo Pirckeimherio translata, at nunc multis codicibus graecis 
colleta, pluribusque in locis ad pristinam veritatem redacia. Venetiis MDLXII. Av- 
che il Rausio la riprodusse nella Raccolta di navigazioni e viaggi. Ed. 3° 1574, 
Tom. IL Ed una riproduzione in fac-simile fu fatta al principio di questo secolo 


— 348 — 
si conchiude come la projezione impiegata da lui, versatissimo, al dire 
dello stesso RuscELLI, nelle matematiche discipline, altro nom sia che 
la pseudoconica equidistante (1). 

8 30. — Dove ‘più rifulse il genio di Gerarpo MERCATORE è 
nella composizione del Mappamondo del 1569, di cui si disse al $ 17. 
Volendo egli formare, in un solo foglio, la mappa di tutto il mondo 
cognito per rappresentarvi tutti i continenti, tutte le isole, tutti i mari, 
e fatto in guisa che tornasse utile alla risoluzione de’ problemi nautici, 
ben presto si accorse che fra i sistemi di rappresentazione usati dai 
cartografi non eravene alcuno atto a raggiungere quanto aveva ideato. 


dallo ZURLA, il quale ristampò pure l'opuscolo Zeniano nella Dissertastone sreforno ai 
viaggi e scoperte settentrionali di Niccolò ed Antonio fratelli Zeni. Venezia 1808. 

La detta carta fu pure riprodotta unitamente al testo dal Mayor nei 7ie 
voyages of the Northmen in America before Columbus. London 1873. Sul qual libro 
il DesiMonI ha una nota intitolata: 7 viaggi e le carte dei fratelli Zeno in Arckhivie 
storico italiano, 4° serie, Tomo II, 1878, ed altra nel Tomo XXI, 1885. Altra ri- 
produzione si ha nell’ opera del NORDENSKJOLD: Studier och forskningar fdrantledds 
af mina resor i higa Norden. Stockolm, 188g. Vedi anche l'opera, a noi ignota, 
dello STEENSTRUP: Zest ernes Reiser i Norden, Copenhagen 1883. Si consalti: 
Studi biografici e bibliografici della Storia della Geografia in Italia (Ed. 2* Roma, 
1882) ger P. AmaT DI S. FiLIPPO, 

Molti dubbî si elevarono sulla veridicità dei racconti dei fratelli Zeno e della 
carta da navegar. Si giunse perfino a dichiararli apocrifi. Non pochi sorsero in lore 
difesa. Citiamo particolarmente il MAvoR ed il NORDENSKJ5LD, l'autorità del secondo 
in siffatto argomento non avendo rivali. Con ragione il MARINELLI (Venezia mella 
Storia della Geografia cartografica ed esploratrice. Venezia, 1889, p. 30), dice che 
gli studî di tanti dotti € mostrarono a quanta verità fossero informate le relazioni dei 
« due audaci e così a lungo misconosciuti navigatori, e come la loro carta fosse k 
« prima a riprodurre in forma esatta e giusta, gli arcipelaghi settentrionali e le co 
« stiere scandinave e groenlandesi, tanto da non poter essere vinta, in valore, se non 
« dalle carte di questo nostro secolo ». 

(1) Il citato RusceLLI ha: « Il disegno, o la descrittione di questa Tavola set 
« tentrionale, non è stato fin qui in alcuno degli altri Tolomei, così Latini come 
e Italiani, o ancora d'altra lingua che ne sien fatti, ed è tratto d’una carta di navi 
« care che fu di Nicolò e di Antonio Zeni..... Questo disegno, riformato come si 
e vede, s'è havuto da Nicolò Zeno, lor discendente per dritta linea. Ed egli stesso 
« questo gentiluomo con tutte le sue continue occupazioni nei maneggi della Repub- 
« blica ha adorno questo disegno de’ paralleli e meridiani con. tutte le misure che 
e gli si convengono, si per la conformità dell’ istorie, sì ancora per le regole e re- 
gioni della Geografia, essendo egli universalmente in queste due nobilissime pro- 
« fessioni, cioè dell’ istorie e della Geografia tenuto d'aver oggi pochi pari per tutta 
« Europa ». Ma l’erudito traduttore di TOLOMEO, di poco valore nelle matematiche, 
quantunque si sforzi di spiegare il metodo seguito dallo ZENO per tracciare i meri- 
diani ed i paralleli, tuttavia non riesce a chiarire la regola da questi seguita per 


tracciare il reticolato della carta. 
e 





— 349 — 

Zrovava inservibile per la descrizione di una grande distesa di terre e 
& mari il metodo di composizione delle carte nautiche medievali, in 
‘tui tanto eccelsero gl'Italiani, e che anche oggidi sono apprezzate per 
le esatte raffigurazioni dei mari allora percorsi, del Mar Nero, dell’ Ar- 
cipelago, del Mediterraneo, delle coste di questi mari interni e dei 
'¥ttorali posti oltre lo stretto di Gibilterra. Quelle carte, sprovviste della 
‘sete de’ meridiani e paralleli, erano come altrettante rappresentazioni 
| parziali fatte sul piano tangente, lavorate sulle rose dei venti ed imba- 
i gate sulle direzioni e sulle distanze (1); e però riusciva impossibile 
| formare, col loro metodo di projezione, la mappa di una grande por- 
\ zione della sfera terrestre e tanto meno di tutta la sfera. Se poi le 
stesse carte giovavano ai naviganti per risolvere certi problemi di nautica 
nelle brevi corse, risultavano, d'altra parte, poco meno che inservibili 
‘nelle traversate dell’ Oceano, nelle grandi navigazioni, perchè i grandi 
i tratti di mare non potevano considerarsi come piani (2). Vero è che 
| i piloti del cinquecento credettero di trovare un rimedio nell'adozione 
‘ delle carte così dette piane, composte in base alla projezione cilindrica 
equidistante, dove i meridiani sono rette parallele ed i paralleli pure 
rette fra loro parallele e perpendicolari alle precedenti e dove le di- 
| stanze sono conservate sull’equatore e sui meridiani (3). Ma questo 
genere di rappresentazione, che può, benchè in modo incompleto, va- 
lere alla composizione del mappamondo, non giova alla soluzione dei 

problemi di nautica e tale non tardò a manifestarsi. 
Le linee lossodromiche, ciò è dire, le linee che le navi, governate 
dalla bussola, descrivono sulla superficie oceanica, cominciarono ad es- 
sere studiate dopo la scoperta dell’ America, quando s’andavano intra- 


ni o - 


7 tw * 


(1) Delle carte nautiche medievali e particolarmente di quelle del secolo XIV 
ho trattato in Le projesioni delle carte geografiche. Bologna 1881, Cap. VIII, Art. V. 
Vedianche: Sammlung mittelalterlicher Welt-und Scekarten von Dr THEOBALD Fi- 
SCHER. Venedig, 1886. 
(2) Dove le carte nautiche per direzioni e distanze senza scale latitudinali e 
sprovviste della rete de’ meridiani e paralleli ebbero maggiore durata è nelle naviga- 
; oni del Mediterraneo, dell’ Arcipelago e del Mar Nero, perchè in questi mari le 
| distanse e le direzioni da luogo a luogo erano pienamente note. Pietro NONIO 
| (apro NUNES), rinomato scrittore di nautica, ha: Propter angustiam maris mediter- 
veneì tt quia frequenter in co fiunt navigationes, locorum invicem positiones et ine 
lrcafedines exacte sunt exploratae atque compertae, adeo ut navigantibus non sit opus 
astrolabii: aut latitudinis cognitione (Petri Nonii Salaciensis. De arte atque ratione 
nevigendi libri duo. Conimbrica, 1573). 

(3) Della projezione cilindrica equidistante ho trattato in Ze frojesioni delle 
certe geografiche. Bologna, 1881, Cap. IV, Art. III 


— 350 — 

prendendo le lunghe navigazioni (1). Molto si discusse intorno alla loro 
natura. Si credette perfino che fossero archi di circolo massimo della 
sfera terrestre. Della fallacia di tale opinione n’ebbero una prova pe 
tente i Portoghesi che, partiti dall' Europa nel 1530 vi fecero ritorm 
nel 1533. I quali erano grandemente stupiti di non poter arrivare alla 
linea equinoziale camminando verso levante e di progredire, invece, 
sopra uno stesso parallelo. Fu Pietro Nonio primo a determinare ls 
vera natura della lossodromia, a dimostrare che questa linea non è 
circolare, ma foggiata a guisa di elica, le cui spire, tracciate sulla sfera, 
non possono mai, benchè continuamente svolgentisi, penetrare nel polo. 
Il matematico portoghese divulgò le sue ricerche nell’anno 1543, ms 
soltanto nel 1573 le mandò a stampa in Coimbra (2). 

Il Nonro squarciò bensì il velo che copriva la natura delle curve 
lossodromiche, ma i naviganti erano sempre all'oscuro intorno al modo 
della loro raffigurazione sulle carte a projezione cilindrica quadrata, che 
usavano nei loro viaggi. Credendo essi che quelle curve dovessero it 
contrare, sulla carta, tutti i meridiani sotto l'angolo costante del rombo 
di vento in cui si camminava e delinearsi in forma di retta, rimanevano 
stupiti che la congiungente il punto di partenza col punto a cui si vo 
leva arrivare non fosse la corsa che si doveva seguire, poichè, così operando, 
sbagliavano di direzione. A chi, poi, partendo da un dato luogo segnato 
sulla carta, camminando in una data direzione e facendo un dato nt 
mero di miglia, credeva, in base a tali elementi, di essere arrivato il 
un luogo di certa posizione geografica, le osservazioni astronomiche gli 
mostravano l’errore in cui era incorso, sendo che la latitudine e la 
longitudine del luogo di arrivo erano ben altre da quelle indicate dalla 
carta. La confusione era giunta al colmo. Le carte, al dire delle persone 
giudicate allora più competenti nella materia, riuscivano inservibili. 

Quale era il motivo dell'inservibilità di quelle carte nautiche? Lo 
scoprì il MERCATORE che a fondo conosceva la Geografia matematica ed 








(1) La linea descritta sulla superficie sferica o sferoidica delle acque del mart 
dalla nave che governata dalla bussola cammina sotto lo stesso rombo di vento, lise 
che incontra i meridiani sotto lo stesso angolo, fu detta lossodromia dal geometri 
SNELLIO, il quale perfezionò la teoria delle linee dei rombi e diede la soluzione dé 
precipui problemi di nautica nell'opera: 7ifAis Batavus, sive Mistiodromiae. De né 
vium cursibus et re navali. Lugduni Batavorum, 1624. Vedi in Le projezioni dll 
carte geografiche per M. Fiorini. Bologna, 1881, gli autori che prima e poco dopo 
lo SNELLIO trattarono della lossodromia. 

(2) Petri Nonii Salaciensis. De arte atque rations navigandi libri duo. Coni 
bricae, 1573. È nei primordt del lib. I, ed ai Cap. 21 e 24 del lib. II che trattasi 
della nominata curva. 


— 351 — 
a esperto in tutto cid che riguardava la Cartografia. Egli si persuase 
he il sistema di rappresentazione a projezione cilindrica quadrata era 
le che le linee dei rombi, come allora dicevasi, non erano rette sulla 
arta, e ciò perchè, non essendo i quadrati della rete de’ meridiani e 
aralleli simili ai rispondenti quadrangoli della sfera, si manifestavano le 
gi grandi alterazioni angolari, le linee dei rombi non incontravano più, 
ulla carta, i meridiani sotto lo stesso angolo e non potevano venire 
appresentate con linee rette. E però trovò che la prima condizione a 
i deve sottostare una carta nautica in projezione cilindrica è che i 
quadrangoli fatti sulla sfera dai meridiani e paralleli siano sulla carta 
tefigurati da rettangoli loro simili affinchè si verifichi la conservazione 
degli angoli E siccome nelle carte a projezione cilindrica i gradi di 
longitudine sono tutti eguali fra loro qualunque sia la latitudine e pari al 
prado equatoriale, mentre sulla sfera, essendo costante il grado latitudinale 
del meridiano, vanno di mano in mano diminuendo i gradi di longitudine 
procedendo verso il polo, così conchiuse che le carte cilindriche in ser- 
vizio della navigazione, avendo costante il grado longitudinale, debbono 
essere fatte in guisa che siano successivamente crescenti i gradi latitudi- 
nali, € trovò la regola secondo la quale deve aver luogo questo aumento. 

Si accorse che una carta costruita in tale modo, oltre al rendere 

tn grande servigio ai navigaoti, i quali vi potevano ricorrere per la 
soluzione dei problemi nautici, sarebbe altresì riuscita vantaggiosa alla 
Geografia, e chei cultori di questa scienza avrebbero tratto molto giova- 
mento da una grande carta universale in cui le rappresentazioni delle 
Yane regioni terrestri, purchè di non grandi dimensioni, fossero simili 
alle figure rappresentate. E però si accinse alla composizione del Map- 
Pamondo ad usum navigantium in projezione cilindrica ed a latitudini 
crescenti, che pubblicò nel 1569, e di cui si disse al $ 17. 

La scoperta fatta dal MERCATORE intorno alle latitudini crescenti 
per le carte nautiche in projezione cilindrica è di molto anteriore 
al 1569. In vero, nella lettera scritta il dì 23 febbrajo del 1546 al 
cardinale GRANVELLE, vescovo di Arras, al quale dedicava ($ 13), più 
tardi e cioè nel 1554, la carta d’ Europa, esso diceva come volesse esami- 
nare più esattamente le cause degli errori delle carte nautiche e stu- 
diare il modo di correggerle e preannunziava il bisogno di fare le stesse 
‘arte in guisa da rendere crescenti i gradi di latitudine (1). 

Ma BarusING, che cotanto contribuì a mettere in vera luce il valore del 
RE come geografo e cartografo, dà, in Gérard Kremer gen. Mercator der 
denthe Geograph, Duisburgo, 1869, p. 13, la traduzione dal latino in tedesco della 


Ge lettera, Ja quale traduzione è riportata dal VAN RAEMDONCK nella pubblicazione : 
Grd De Kremer cu Mercator glographe flamand, S. Nicolas, 1869, 


— 3 52 — 

Fra le varie iscrizioni che adornano la gran carta universale & 
notabile quella posta sotto la dedica, in cui l’autore espone i moti 
che l’indussero a comporre il nuovo Mappamondo (1). Vuole rappr 














(1) La detta iscrizione abbiamo, in gran parte, riferita in Ze prosesioni 
carte geografiche. Bologna, 1881, p. 370. Qui, stante la sua importanza, la trac 
viamo integralmente nella prima e seconda parte e nel principio della terza, c 
tendone il rimanente. Eccone il testo: - 

Inspectors S. 

In hac orbis deseriptione tria nobis curae fuerunt. Primum sphaerae me) ie 
ita in planum extendere, ut situs locorum tam secundum directionem, distanti 
veram, quam secundum longitudinem latitudinemque debitam undeguague inter se puri 
spondeant, ac regionum figuratin sphaera apparentes: quatenus fieri potest, serventur: of, 
quod nova meridianorum ad parallelos habitudine et situ opus fuit, quae enim a geographit 
hactenus editae sunt conscriptiones, meridianorum curvitate et ad invicem inclinationta : 
inidonceae sunt ad navigationes ; in extremitatibus quoque figuras situsque regiona 
propter obliguam meridianorum in parallelos incidentiam adeo mire distorquent @ 
agnosci non fossint, nec distantiarum rationes observari. In marinis  nascilecrua & 
bulis gradus longitudinum per omnes parallelos usque in polum crescunt supra sphit 
ricam rationem, nam perpetuo aequales manent gradibus aequatoris, at gradu le 
fitudinum minime crescunt, quare ibi quogue distrahi enormiter figuras region 
mecesse est, et vel longitudines ac latitudines, vel directiones distantiasque a vero abr 
rare, et cum magni ea causa errores committantur, ille caput est, quod trium locerse 
inscriptione ex uno aeguinoctialis latere facta secundum triangularem aliguam dite 
sitionem, si medius quivis extremis gusta directione et distantia respondeat, impossibile 
sit extremos similiter inter se respandere, quibus consideratis gradus latitudinum of. 
sus utrumque polum paulatim auximus pro incremento parallelorum supra rations 
quam habent ad atquinoctialem, quo id consequuti sumus ut quomodocumgut ru 
duos, tres pluresve locos inscribat, modo ex his ¢: differentia longitudinis, differests 
latitudinis, distantia, directione, duo quaelibet in unoquoque loco ad alterum colli’ 
observet, recte se habebunt omnia in cuiuslibet loci ad quemlibet collatione, et nulla, 
uspiam error commissus reperietur, quem in vulgaribus naucleorum tabulis suli 
modis, potissimum in matoribus latitudinibus admitti mecesse est. Alterum quod © 
tentum fuit ut terrarum situs magnitudines locorumque distantias juxta ipsam var 
tatem quantum assequi licet exhiberemus, in hoc extremam diligentiam impendms 
marinas Castellanorum Portogallensiumque tabulas, tum inter se, tum cum plerisqu © 
vigationibus impressis et scriptis conferentes, ex quibus ommibus aequalibiter deter st cond 
liatis hinc terrarum dimentionem et situm damus, secundum ea quae hactenu sobservate sati 
et ad nostras manus pervenire potutrunt caStigatissimum. Tertium quod tractandum & 
scepimus fuit ostendere quae partis orbis et quousque veteribus innotuerint qui asti 
quae geographiae limites non ignorentur, et priscis saeculis summus honos db fer slat 
Dicimus autem tres esse distinctas continentes, primam e cujus medio create mull 
plicatumque genus humanum in omnem undique terrorum disseminatum est: sts® 
dam quod Nova India dicitur: terciam quae meridiano cardini subiacet. Horn fr 
steriores duae veteribus ignotae penitus permanserunt, nisi forte Nova India st quat 
apud Platonem est Atlantis. 

Tralasciamo la rimanente parte dell’ iscrizione, tutta consacrata alla Geograis 
storica. 


— 353 — 

e in piano la superficie della Terra per modo che le posizioni dei 
ghi si corrispondano, sia secondo le loro direzioni e distanze, sia in 
o alle loro latitudini e longitudini, e che, per quanto torni possi- 
siconservino le configurazioni delle regioni quali appariscono sulla 
; dice che fa d’ uopo ricercare altro metodo per la delineazione dei 
idiani e paralleli, imperocchè le projezioni finora usate dai geografi, 
la curvità de’ meridiani e la loro reciproca inclinazione, sono disa- 
ai naviganti ed, a cagione dell’obliquità dei meridiani sui paralleli, 
o notabili distorsioni nelle forme e posizioni delle regioni in 
odo da renderle irreconoscibili e da non potere dedurre le distanze 
di luoghi. E soggiunge che nelle carte nautiche i gradi di longitudine 
i paralleli, procedendo verso il polo, si manifestano crescenti in ri- 
ai gradi obbiettivi della sfera, sendo che si mantengono sempre 
1 ai gradi dell’equatore, mentre i gradi latitudinali si serbano co- 
Pant, che, per ciò, avvengono enormi deformazioni nelle configurazioni 
regioni ed alterazioni nelle latitudini, longitudini, direzioni e di- 
stanze; che, per tale guisa, si commettono grandi errori, fra i quali il 
‘precipuo è che, avendosi tre luoghi collocati dalla stessa parte dell’ equa- 
tore e triangolarmente disposti, se il luogo di mezzo corrisponde, per 
‘direzione e per distanza, giustamente cogli altri due, risulta impossibile 
che per questi due estremi abbia luogo la stessa corrispondenza. Ed 
‘aggiunge che, per tali considerazioni, fece, nel procedere verso i poli, 
y@uccessivamente crescenti i gradi latitudinali secondo il rapporto che il 
\gpado dell'equatore ha col grado del parallelo; che delle quattro quan- 
; tità, differenza di latitudine, differenza di longitudine, direzione e di- 
i tanza, riguardanti due luoghi, date due conformemente alla realtà, le 
altre si determinano esattamente, e non si commettono quegli errori 
i the nelle ordinarie tavole nautiche, particolarmente alle alte latitudini, 
| in più guise è necessario ammettere. 

Due cose indica l’autore in modo chiarissimo: primieramente, la 
proprietà di cui è dotato il suo sistema di rappresentazione e che con- 
| ate nel mantenere dovunque, nelle piccole parti, la somiglianza del- 













l'immagine all’ obbietto (ut regionum figurae in sphacra apparentes, quae 
ferus fieri potest, serventur); in secondo luogo, il successivo accresci- 
tento dei gradi latitudinali regolato secondo il rapporto che il grado 
dell'equatore ha col grado del parallelo (gradus latitudinum versus 
viriangu bolum paulatim auximus pro incremento parallelorum supra 
rattenm quam habent ad aequinoctialem). | 
l La questione enunciata nella riferita iscrizione in relazione alla 
Ncerca di due delle quattro quantità riguardanti due luoghi, differenza 


4 















— 354 — 
di latitudine, differenza di longitudine, direzione e distanza, quando i 
ne siano date, è trattata nella leggenda che ha per titolo: Brevis a 
organi directorit. 

Essendo la tavola, dove havvi mare, tutta ingombra d’'iscrix 
le quali coprono pure le parti continentali e le isole, I’ autore non gi 
teva giovarsi direttamente della carta per la risoluzione dei prob 
nautici, e però costruì in un angolo della stessa tavola |’ Orgesus 
rectorium, che è come un pezzo di carta a latitudini crescenti est 
dentesi, per 90° di longitudine, dall'equatore alla latitudine di 74°.{ 
che, servendo per tutti i luoghi del globo terrestre, vale, come inseg 
l'autore, a risolvere graficamente i nominati problemi. 

È pure importante l’altra iscrizione : Distantiae locorum misura 
modus. L'autore incomincia col definire le voci : plaga e direzione. Quel 
è sinonimo di orientazione (1), questa di lossodromia (2). Le distanti 
fra due luoghi distingue in plagali e direzionali. Plagale è la .reale @ 
stanza da un luogo ad un altro, ossia l'arco di circolo massimo € 
sulla sfera terrestre congiunge i due luoghi; direzionale è la distanza & 
i due luoghi misurata lungo l'arco lossodromico che va dall’ uno all's 
tro. Ed osserva come nelle grandi distanze ed, in particolare, nelle ps 
più settentrionali la distanza direzionale sia sempre superiore alla pt 
gale, e nelle mediocri e specialmente verso l’equatore non ne sia 
tabile la differenza (3). 

L'importanza dell'iscrizione sta specialmente in ciò, che l'autt 
mostra a trovare, per mezzo dell'organum directorium, le distanze 
rezionali, ossia le lunghezze degli archi lossodromici, che sono le cit 
delle navi. 

Bisogna riconoscere che l’autore, tanto in questa iscrizione, quia 
nella precedente, mostra di avere una chiara idea del triangolo los 


(1) Plagam vocamus nostri loci ad alterum respectum secundum declinatin@ 
circuli maximi per utrumque locum ducti ab aliguo 4 punctorum cardinalim. Sk 
dicimus locum aliguem nobis esse boreosephirium id est nordwestium quando circelat 
maximus a nobis per eum ductus 45 gradus in orisonte declinat a septentrionsl (&° 
dine versus occidentalem. 

(2) La linea che più tardi lo SNELLIO, come si disse in una precedente nol é 
questo §, chiamò lossodromia, il MERCATORE appella direzione. Directionem poss” | 
lineam ab uno loco in alium sic ductam ut cum quibus suis meridianis acquels © 
&ulos faciat. i 

(3) J magnis distantiis et potissimum circa borealiores partes distantia di echi 
nalis semper major est distantia plagali, in mediocribus vero, et maximum versus argue 
lorem sitis, non est notabilis differentia. 


| 


| 
| 


— 355 — 

ico e che i suoi dettati non sono empirici, ma appoggiati ad una 

e rigorosa teoria (1). 
Le scoperte, le invenzioni sono frutto di lunghi studi. Bene spesso 
ql loro germe è in opere anteriori. La rappresentazione piana della sfera 
Mol magistero delle latitudini crescenti, la cui invenzione cotanto con- 
ad elevare e mantenere la fama del MERCATORE e per cui i na- 
Mganti trovarono e continuano a trovare in modo sicuro la risoluzione 
problemi nautici, forse gli fu suggerita da quanto lasciò scritto Bi- 
WBALDO PIRKEIMER. Il quale, nel Tolomeo edito a Basilea nel 1525 (2), 
è precisamente nella dedica /Amplissimo principi ac reverendissimo Se- 
bastino Episcopo Brixinensi Bilibaldus Pirckeymherus S. D.) colla data 
Si Norimberga 1524, ha: Zg0 quidem, si Deus permiserit, novas aliquando 
éslas edere constitui, meridianis aequidistantibus, ut Ptolemacus jubet, et 
amquam inclinatss, quo longitudo recte ex utraque tabulae extremi- 
te, cum latitudine, conveniat: conservabitur et certa parallelorum ratio, non 
«solum cum meridianis, sed in vera quoque ab aequinoctiali distantia ac quan- 
| titate dici, tts locis pro fundamento positis, quae nostro etiam tempore dili- 
: gentiori observatione sunt rectificata..... quod si alter superis visum fuerit, 
‘| non deerent tamen qui his nostris insistentes vestigiis ca quae invida nobis de> 
| segarunt fata eventu absolvent feliciori (2). Forse egli s'ispirò a questo 
! scrittorela cui traduzione di ToLoMEO, come si sa, gli era molto nota (3). 
' Qualanque sia stata la genesi della sua invenzione, certo è che già nel 
1546, come mostra la sua lettera al vescovo di Arras, aveva intravveduto 













È principio delle latitudini crescenti, che poi esplicò nella carta pub- 
blicata nel 1569. In questa la legge di distribuzione dei paralleli è 
| Chiaramente esposta. Dicendovisi: Gradus latitudinum versus utrumque 
| Jolum paullatim auximus pro incremento parallelorum supra rationem quam 
habent ad aeguinoctialem, è significato il modo con cui debbonsi ottenere 
\ sulla carta i crescenti gradi latitudinali; si viene, cosi, ad esprimere che 
| 1 gradi latudinali debbono crescere colla stessa proporzione dell’ inverso 
del seno del complemento della latitudine, ossia della secante della la- 
(1) In fine della iscrizione, intitolata: Brevis sus organi directoriî, leggesi: 
+ Plena maioraque de hoc organo in geographia nostra, Deo volente, dabimus. Questa 
amerzione ci fa vieppiù deplorare che I’ autore non abbia potuto adempiere la. pro- 
te di comporre e pubblicare |’ annunziato trattato di Geografia. 
. (3) Cloud; Ptolemaei geographicae enarrationes libri octo Bilibaldo PirckeymAero 
Saterpret, Adnotationes Foannis de Regiomonte in errores commissos a Facopo Angelo 
Si Wersletione sua, Basileae 1525. 
(3) 1 MercaTORE nel comporre le tavole Tolomaiche si giovò (§ 18) di varie 
ai della Geografia di ToLo MEO, fra le quali era quella colla versione del Prr- 


— 356 — 
titudine, od anche, adottando il linguaggio odierno, che il grado lati 
tudinale uguaglia il grado dell'equatore, diviso pel seno del comple 
mento della latitudine, moltiplicato cioè per la secante della latite 
_ dine (1). 

Maggiori spiegazioni egli non ha date. Il suo amico Guimmo ox 
serva che la composizione del mappamondo è così eccellente, uf sshij 
deesse videatur, practerquam quod demonstratione careat, ut ex illius ort 
aliquoties audivi. 

Forse non volle a bella posta significare come avesse risoluto $ 
problema della costruzione della carta nautica e non si accinse a spia 
gare il metodo col quale trovò le latitudini crescenti, ossia le distanze: 
dei paralleli dall'equatore, nello scopo di evitare che altri si gu 
vasse de’ suoi trovati, e lo danneggiasse e moralmente e matera 
mente. 

In quale modo avrà trovato i valori delle latitudini crescenti? Dy 
sono le vie che può credersi abbia seguite per pervenirvi. Può pensattl 
che abbia risoluta la questione graficamente ed altro non abbia ft 
che rendere i rettangoli formati, sulla carta, dai meridiani e paralldi, 
simili ai rispondenti quadrangoli della sfera. Ma può anche creder 
che abbia calcolato il valore di ciascun grado latitudinale sapendo chi 
esso uguaglia, secondo la frase odierna, il grado dell'equatore dimm 
pel seno del complemento della latitudine, ed abbia per mezzo di ® 
cessive addizioni trovate le distanze di ciascun parallelo dall’ equator 
A tale fine poteva giovarsi delle tavole dei seni, le quali allora ™ 
mancavano, come quella molto rinomata del REGIOMONTANO (GIOVAE 
Mutter), in cui il raggio era diviso in 1,000,000 parti, od anche not 
rendo al MavroLico che aveva pubblicata una tavola delle secanti & 
grado in grado (2). 

Ciò che non aveva fatto il MERCATORE fece l'inglese Epoar 
WrIGHT. Questi all’omissione di quello rimediò, ed insegnò il modo 4 
comporre il planisfero nautico e di costruire la tavola che dà le distanst | 
dei paralleli dall' equatore. L' importanza dell’ argomento è tanta chì 
riesce pregio dell’ opera darne esteso ragguaglio a seconda di quanto 













(1) Ciò è perfettamente in accordo con quanto stabiliscono le moderne teorit, — 
imperocchè il rapporto d’amplificazione lineare uguaglia, nella projezione cilindia | 
isogonica o conforme, la secante della latitudine (Ze frojesioni delle carte geografiche, 
Bologna, 1881, Cap. IV, $ 22). 

(2) Il MauroLIco di Messina fu il primo ad introdurre nei calcoli trigonom 
trici le secanti di cui stampò una tavola nel volume: 7%eodosif sphacricorum bins | 
bres, 1558. | 


— 357 — 
ggesi nel libro che il nominato autore pubblicò nel 1599 (1), e pre- 
bamente nel Cap. II. 

Detto che, quantunque gli errori della comune carta marina in 
wojezione cilindrica quadrata (2), segnalati nel Cap. I, siano stati con- 
àderati da vari autori, come il Nonio ed il Cortes (3), ed il MERcA- 
tore sembri correggerli nella mappa universale col fare gl’ intervalli 
fei paralleli più e più grandi verso i poli, tuttavia niuno di loro insegna 
theun modo sicuro di porgervi rimedio, afferma che l'errore sta sem- 
glicemente nella divisione del meridiano, al che pure il Corres accenna. 
Ciò posto, l’ autore, per ispiegare il suo metodo, intende projettata la 
wnperficie della sfera sulla superficie del cilindro, circoscritto secondo 
fequatore, in guisa che i paralleli della sfera coincidano con quelli del 
Gindro e che in ogni singolo punto le particelle del meridiano e del 
parallelo conservino lo stesso rapporto che hanno sulla sfera. Il che 
agli esprime in modo molto immaginoso con dire che si suppone gonfiata 

superficie della sfera in guisa che vada ad applicarsi sulla super- 
Li del cilindro circoscritto, dovendo i paralleli della sfera coincidere 
@on quelli del cilindro, riuscire cioè uguali all'equatore, ed il gonfia- 
Mento delle sfere risultare eguale tanto in latitudine quanto in longi- 
‘tadine. La superficie del cilindro, poi, sulla quale trovasi projettata 
quella della sfera, s'intende sviluppata in piano per ottenere il planisfero. 
Sopra questo i meridiani ed i paralleli saranno fra loro perpendicolari, 
ndo i gradi longitudipali tutti fra loro eguali qualunque sia la lati- 
ine, ed i gradi latitudinali andando sempre crescendo, perchè è 
ato il rapporto del grado col meridiano. E noi aggiungiamo che 
linee dei rombi sono linee rette, perchè, essendo mantenuta la somi- 
nza dei piccoli quadrangoli della fitta rete dei meridiani e paralleli, 
del che è conseguenza la conservazione degli angoli, esse debbono 
: incontrare sulla carta i meridiani sotto lo stesso angolo secondo il 
quale li tagliano sulla sfera. E però |’ autore dice che, considerando i 
> anendiani, i paralleli ed i rombi, si ha una vera descrizione idrografica 
| di tuttii Inoghi nelle loro longitudini, latitudini e direzioni, e della loro 
| reciproca situazione. 

Infine, osservando che il raggio del meridiano sta al raggio del 









| 
| 
| (1) Ecco il titolo dell’ opera: Certain errors in navigation detected and core 
| std by Edw, Wright. With many additions that were not in the former editions. 
Londen, 1657. Questa è la 3° ediz.; la 1% è del 1599, la 2% del 1610. 
(2) Della projezione cilindrica quadrata ho trattato in Ze projesioni delle carte 
trafic, Bologna, 1881, Cap. IV, Art. III 
(3) L'opera del Nonto è citata in questo stesso §; l’altra del Contes al § 25. 

































— 358 — 

parallelo come la secante della latitudine sta al raggio del meridian 
e che nel planisfero i paralleli sono tutti eguali all'equatore, conchindg 
che le parti del meridiano debbono crescere nella proporzione del 
secanti delle loro latitudini e che quindi si ha un modo facile per 
‘costruzione di una tavola (coll’ ajuto del Casone dei triangoli) p 
mezzo della quale i meridiani della carta marina possono più facilmenté 
essere divisi, nella dovuta proporzione, in parti dall'equatore a ciascuse 
dei due poli, dalla quale cioè si hanno le distanze dei paralleli c 
I’ equatore, ossia i valori delle latitudini della carta (delle latitudini cl 
ora noi diciamo crescenti). 

L' autore, per costruire la tavola, trova, procedendo di minuto i 
minuto ed andando da o° a 90°, il valore di ciascun minuto di 
tudine e per mezzo di successive addizioni trova le distanze che han 
dall’ equatore i paralleli rispondenti alle varie latitudini che sono cor 
tate di minuto in minuto. La tavola è calcolata in base al mint 
equatoriale della sfera fatto eguale a 10,000 (1). 

Nella prima edizione del 1599 la tavola era costruita soltan@ 
di ro in ro minuti. E già alcuni anni prima, nel 1594, aveva com® 
nicata al BLUNDEVILE una tavola di latitudini della carta, procedente di 
grado in grado, in cui era assunto come unità il miglio nautico, ossa: 
il minuto del grado equatoriale (2). 

I WxicHT riconosce che il metodo seguito per la costruzione del 
tavola è soltanto approssimativo. Dice che ha creduto sufficiente tsa 
un’ esattezza tale che un errore sensibile potesse essere evitato nel segna 
per mezzo di essa, le linee del planisfero; che chi voglia essere [ 
preciso può fare una simile tavola a decadi o decine di secondi, na 
vandola dal Canon magnus triangulorum di Giorgio JoAacHim (3) (dell 


(1) La tavola, dice il WRIGHT, può essere detta: Tavola delle latitudini è 
ciascun minuto del meridiano della carta marina in, parti tali che ogni minuto && 
lequinoziale ne contiene 10,000. È divisa in tre colonne: la prima esprime i gi 
ed i minuti; la seconda dà le distanze dall'equatore; la terza la differenza dei © 
meri segnati nella seconda colonna. 

(2) L’ ultima nominata tavola è nell’ opera del BLUNDEVILE citata al 813€ 
precisamente nel trattato consacrato alla navigazione, al Capitolo XXIX, intitolato: 
« Tavola per mezzo della quale segnare i paralleli nella carta marina insieme alli 
« di essa in maniera più esatta di quelle disegnate finora, ed il suo uso », — Noe 
ancora che, nel trattato dei seni, delle tangenti e secanti, ne riferisce le tavole al 
colate di minuto in minuto e col raggio uguale a 10,000,000. 

(3) Il Joacutm, n. 1514, m, 1576, cominciò verso il 1540 ad occuparsi della 
sua grande Tavola trigonometrica per tutte le decine di secondo del quarto di dr 
colo, Calcolò tutti i seni a 15 decimali, che ridusse poi a 10; vi aggiunse le 


— 359:— 
KETICUS, come nativo della Rezia). Ed aggiunge che tuttavia non può 
essere soddisfatto il geometra che desidera raggiungere |’ esatta 
(1). - 
\ Adogni modo il planisfero, composto colla tavola procedente di 
in minuto, è sufficientemente esatto e tale che può servire alla 
ione dei problemi della navigazione. E l’autore, che si dimostra 
geometra e valente nella nautica, insegna appunto a risolverli (2). 
Alcuni vollero attribuire al WRIGHT, a scapito del MERCATORE, la 
ia dell'invenzione delle carte nautiche a latitudini crescenti. La ve- 
è che il reale inventore ne fu il MERCATORE e che il geometra 
con rara intelligenza perfezionò l’opera del geografo fiammingo. 
togliere l'errore in cui molti sono caduti, a dissipare ogni dubbio, 
l'affermazione dello stesso WRIGHT. Ecco quanto questi, che era 
accusato di plagio, ha nella prefazione nella sua opera: 
e Ma per venire a coloro che potrebbero forse opporre che io non 
faccio altro che acfum agere nel fare non più di quel che è già stato 









# fatto, molti anni fa, da Gerardus Mercator nella sua mappa univer- 
sale del Mondo e nel pubblicare qualche cosa già data, ora ulti- 
* mamente, alle stampe da /udocus Hondius nella sua mappa del Mondo 
e e d'Europa, io devo rispondere che veramente in grazia della mappa 
¢ di Mercator io pensai per la prima volta a correggere nella comune 


rs 


la 
' 


i e le secanti a 10 decimali. Aveva presa l'idea delle tangenti nell'opera di Re- 
te, che non fu il primo ad usarle, perchè l'arabo ABOUL WEFA ne aveva cal- 
una tavola con raggio eguale a 60. Ebbe anche da lui l’idea delle secanti, 
prima da MAUROLICO. Morte lo colse prima che avesse data l'ultima mano 
PARA gran Tavola, che fu terminata da un suo discepolo e pubblicata nell'Ofws pala- 
imm de triangulis, dove havvi il Magnus Canon triangulorum. 
__ Q) Più tardi si dimostrò che, addizionando i valori che le varie particelle del 
‘ tmeridiano, nel loro crescere, acquistano, si trova la distanza del parallelo dall’ equa- 
| re essere proporzionale al logaritmo della semicolatitudine del parallelo. La formola 
itmica che esprime la distanza del parallelo dall’ equatore fu trovata, per la prima 
| volta, da Ewnico Bounn, il quale la indicò, senza darne la dimostrazione, nel 1650 
n tn'addizione al trattato di navigazione del NoRWooD. Le prime dimostrazioni 
della detta proprietà della latitudine crescente furono pubblicate da GIACOMO Gre- 
CORY nelle sue Asercilasioni matematiche e da Isaac BARROW nelle sue Zechiones 
Srometricae, 
(2) Nel Cap. XII, intitolato: « Uso del planisfero ». Sono risoluti i seguenti 
i: 1° Trovare il rombo e la distanza di due luoghi noti per le loro latitu- 
Shi  longitndini; 2° Per mezzo della distanza e delle latitudini trovare il rombo e 
la diferenza di longitudine; 3° Per mezzo del rombo e delle latitudini trovare la 
distanza e la differenza di longitudine; 4° Per mezzo delle longitudini, del rombo e 
di una latitudine trovare la distanza e l’altra latitudine. 





















— 360 — 
carta di mare, tanti e così grossolani errori ed assurdità, come ho 
accennato e sono qui, in seguito, diffusamente mostrati; coll': 
scere le distanze dei paralleli dall'equatore verso i poli in modot 
che, a ciascun punto di latitudine nella carta, una piccola parte ¢ 
meridiano abbia alla simile parte del parallelo la medesima pro 
zione che ha nel globo. Ma il modo come questo dovesse essere fat 
nè da Mercator, nè da altri io appresi. Ed in ciò io vorrei 
stato come lui nel tenere ciò più nascostamente per me. Perchè a 
forse ne avrei tratto più profitto, nè avrebbe alcuno avuta cagione 
credere, al primo vedere il cap.IV di questo libro, che tutto ciò chi 
io vi ho esposto sia rubato da una delle predette mappe di /uda 
Hondius. Ma se fossi portato innanzi ad un giudice, io 
per mia assoluzione e condanna di /udocus, apparire il contrario,@ 
ciò per una propria confessione nelle sue lettere a me e ad un mi 
amico, le quali io ho da mostrare, scritte in latino di sua stesa 
mano (1) ». | 

Quantunque la gran carta del geografo fiammingo portasse scritta) 
ad usum navigantium, e possedesse reali vantaggi per la risoluzione & 
problemi nautici, ed il WrIGHT avesse pubblicata la tavola delle ls 
tudini crescenti per rendere facile la costruzione delle carte nautich, 
tuttavia i contemporanei non compresero il valore della nuova pro? 
zione, i naviganti non tanto presto l’adottarono e tardarono circa mes 
secolo a praticarla. Furono i piloti di Dieppe che per la prima va 
adoprarono in mare le nuove carte, che ridotte appellavansi. Fu il der 
pese GucLIELMO LEVASSEUR, rinomato costruttore di carte geografidé 
terrestri e marittime, che loro propose ed insegnò l'uso delle carte 


f A Aff A(T “AA A A AAA AA AA A A 


(1) La lettera scritta al WRIGHT suona così: 

« Sento che siete un po’ offeso con me perchè ho prese quelle poche cox # 
cavandole dal vostro manoscritto, mentre vi promisi che non le avrei pubblic, 
il che anch’io non farei saviamente senza il vostro permesso. Poichè la mis & 
scienza mi rimordeva, anche di pubblicare questo poco, se la distanza dei Juoghi 
avesse permesso che io vi mandassi opportunamente lettere. Io aveva intenzione di 
farne la pubblicazione sotto il vostro nome; ma temeva che voi ne foste disp 
cente, perchè non ho fatto altro che tradurlo rozzamente in latino ». 

E la lettera al signor Bricss, professore di Geometria al Collegio di Gresham, È: 

« Ho scritto al sig. Wright per iscusarmi. Sono assai dispiacente che egli St 
« inquieto con me per quel motivo. Vi prego d’informarvi del come egli sia imp 
contro me e scrivetemelo e scusatemi presso di lui come meglio potete. Io avrei 
pubblicato tutto il suo libro pel bene comune se avessi potuto farlo senza romper 
la promessa fatta. E sicuramente la mia coscienza mi rimordeva di pubblicare 81° 
che solo questo poco; ma il profitto che se ne poteva ritrarre, ecc., ecc. ». 


— 36 I — 

lotte, da lui costruite (1). Ed il RiccioLi scriveva: VASSEUR, adeo per- 
whe illas (chartas reductas) delineavit, ut peritissimi quique Franciae 
leri vix aliis utantur (2). 

Poco a poco le carte a latitudini crescenti detronizzarono le prece- 
ti carte nautiche, sia quelle ereditate dal medio evo, elaborate sulle 
dei venti ed imbasate sulle direzioni e distanze, sia le altre, che 
do i meridiani ed i paralleli rettilinei, portavano eguali fra loro e i 
i di latitudine e i gradi di longitudine dei vari paralleli, e finirono 
regnare sovrane. 
Il mappamondo del 1569 era non solo idrografico, ma altresì ter- 
ed in sommo grado continentale. Il Breusinc (3) giustamente 
rva come i suoi pregi siano grandi non solo in riguardo alla nau- 
ma anche considerandola come carta geografica, sendo che nella 
presentazione delle varie regioni terrestri sia superiore non solo alle 
contemporanee, ma anche a quelle pubblicate molti anni dopo. 
t. Del rimanente è bello notare come i meriti della nuova projezione siano 
È stati riconosciuti dagli scrittori del seicento. Il FOURNIER faceva rilevare 
: Come ciascuna regione del globo conservi la propria figura (4); ed il 
‘ Riccio scriveva : (5) Efsi enim primo aspectu absurdae (illae chartae) 
. Videantur, co quod non solum meridianos parallelos retineant, sed corum 
| quoque gradus maiores, ac matores habeant, ideoque regionum polarium, 
, Sugeant plus ftesto non solum longitudinis, sed etiam latitudinis differen 
{ fiam, hoc ipso tamen servant symmetriam illarum regionum, et figurae 
froportionem majorem. Ed anche prima che questi due scrittori consta- 
tassero l'importanza della projezione a latitudini crescenti per le carte 
| continentali e pei mappamondi, l'esempio dato dall'autore non andò 

perduto. Lo stesso Riccioli ha: Hollandi quoque itlis (chartis) utuntur, 

immo cas aerî incisas, et velis sericis impressas, magno practio diven- 









(1) Così il Fournier nella Hydrographie contenant la thiorie et la pratique de 
sevigatimm, Paris, 1679, p. 506. (La prima edizione è del 1643). Il quale aggiunge 
che il Levasseur, tessitore in prima gioventh, istruito in seguito da un certo Cossin, 
tomo ingegnoso e di abile mano, e dagli scritti di due preti dei dintorni di Dieppe, 
versati in Geografia, seppe trarre un gran profitto da eccellere nella composizione 
delle carte geografiche e particolarmente delle nautiche. Il LELEWEL (op. cit., Tom. II, 
P. 196) dice che a Dieppe, per la prima volta, nel 1630 si usò la projezione Mer- 
Cattrima per le carte nautiche. 

(2) Geographiae et Hydrographiae reformatae libri duodecim. Bononiae, 1661, 
WR. 478. 

(3) Girard Kremer gen. Mercator, 2* ediz. Duisburgo, 1878, p. 60. 

(4) Op. cit., p. 115. 

(5) Op. cit., pag. 478. 


— 362 —u 

dunt, ac distrahunt per Angliam et Galliam.. Al dire del BLUNDEVvIE, 
che scriveva sul finire del secolo XVI, BerNARDO PUTEANO pubblicò; 
nel 1579 una mappa universale, la quale non differiva in nessuna parte 
da quella del MercaTORE (1). Il JANSON incise e pubblicò nel 1606 
un mappamondo intitolato : JVova fofius ferrarum orbis geographica d 
hydrographica tabula auct. Gul. Jansonio e lavorato sulle basi della 
nuova projezione. E, poco dopo, troviamo altro esempio nella carta dd 
Kerio, la quale porta lo stesso titolo della precedente e che fu pub 
blicata nell’Atlante venuto in luce nel 1630 ad Amsterdam sumpfibus 
et fypis aencis Joannis Jansonii. Consimile carta più o meno modificata 
trovasi negli atlanti di Giovanni BLAEUW del 1647 e 1649 (2). 

Tralasciando di discorrere dei vart autori che scrissero intorno alla 
teoria e pratica della projezione Mercatoriana, sì nel caso della sfera 
che nell'altro dello sferoide (3), e dei molti cartografi che 1’ impiegarono 
nella Geografia continentale e marittima, ci limitiamo a ricordare 11 map 
pamondo dell’ Atlante edito a Berlino per cura di quell’Accademia con 
prefazione dell’ EuLERO (4) e l’altro dell’ Atlante geografico dell’ Ena- 
clopedia metodica francese dello scorso secolo e di cui fu autore il Bom, 
Venendo, poi, agli ultimi tempi si può dire che non havvi Atlante geo 
grafico il quale non abbia una o più carte universali a latitudini cre 
scenti. Citiamo, ad esempio, gli atlanti del Lapm (5), del GARNIER (6), 
dello STIELER (7). 

& 34. — Siccome i gradi latitudinali, nel sistema delle latitudini 
crescenti, vanno successivamente aumentando e diventano presso il polo 
talmente grandi che tornano impossibili la loro delineazione e la rappresen 
tazione delle regioni polari, così l’autore della carta ad usum navigantiza, 
non potendo spingere la rappresentazione della sfera terrestre sino ai poli, è 
stato costretto ad arrestarla in dati limiti. Dalla parte di settentrione lì 
fermò al parallelo di 80° e dalla parte di mezzodi, avuto riguardo all 
ignoranza delle regioni australi, non la spinse oltre il 66° di latitudine. 





(1) Vedi l'opera del BLUNDEVILE, autore pur troppo non molto esatto, citt 
al $ 13, dove, a p. 756, discorre della nominata mappa. 
(2) Cfr.: LELEWEL, op. cit., proleg. $ 262. 
(3) Vedi Ze projesioni delle carte geografiche. Bologna, 1881, Cap. IV, $ 29 
(4) Atlas geographicus omnes orbis terrarum regiones in XLI tabulas echibea:. 
Berolini, 1754. 
(5) Atlas universe! de Glographie ancitnne et moderne par M. Lars. Pe 
ris, 1829. 
(6) Atlas sphéroidal et universel de Géographie. Paris, 1882. 
(7) Hand-Atlas. Gotha, Fustus Perthes, 


— 363 — 
Avuto poi riguardo all'importanza delle regioni settentrionali ed alla 
satura della carta che doveva essere non solo nautica, ma anche con- 
‘tinentale, e servire non solo a scopi marittimi, ma riuscire altresì van- 
‘taggiosa ad ogni sorta di cultori della Geografia, pensò compire la ta- 
| wola e descrisse in uno de'suoi angoli la zona polare artica, a cui diede 
| per base il parallelo distante dall'equatore di 70°. A tale fine impiegò 
Îa projezione polare equidistante, in cui i paralleli sono circonferenze 
i equidistanti col comun centro nel polo e tali che le distanze sono con- 
| servate nella direzione dei meridiani. 
! La figura che rappresenta la zona polare è adorna della iscrizione 
| intitolata: Jn subiectam septentrionis descriptionem, la quale, e pet la 
. stta particolare importanza e per amore di curiosità, qui in parte si 
trascrive: Quum in polum extendi tabula nostra non posset, latitudinis 
gradibus tandem in infinitum excurrentibus, et descriptionis aliquid haud 
| quaequam negligendae sub ipso septentrione haberemus, necessarium puta- 
_.wimus extrema descriptionis nostrae hic repetere et reliqua ad polum usque 
ennectere. Figuram sumpsimus quae illi parti orbis maxime congruebat, 
quaeque situm et faciem terrarum in sphaera esset, redderet. Quod ad 
descriptionem attinet, cam nos accepimus ex itinerario Jacobi Cnoxen 
Buscoducensis, qui quidam ex rebus gestis Arturi Britanni citat, maiorem 
autem fartem. et potiora a sacerdote quodam apud regem Norvegiae, anno 
| D. 1364 didicit — Descenderat is quinto gradu ex îllis quos Arturus 
ad has habitandas tnsulas miserat, et referebat anno 1360 Minoritam 
guemdam Anglum Oxoniensem mathematicum in eas insulas venisse, ipsisque 
relictis, ad ulteriora arte magica profectum descripsisse omnia ef astro- 
labio dimensum esse in hanc subiectam formam fere, uti ex Jacobo colle- 
* gimus — Euripos illos 4 dicebat tanto impetu ad intertorem voraginem rapi, 
| art naves semel ingressae nullo vento retroagi possunt, neque vero unquam 
| fantum ibi ventum esse ut molae frumentariae circumagendae sufficiat. 

È noto che nella projezione polare equidistante le alterazioni li- 
neari, superficiali ed angolari, nulle al polo, crescono col crescere della 
colatitudine, che la massima dilatazione lineare, manifestantesi nella 
direzione del parallelo, vale 0,0206 a 20° di colatitudine e 0,5708 al- 
l’equatore, e che l'errore dell'angolo più sformato raggiunge 57° nel 
primo luogo e 25° 39’ nel secondo (1). Bene, dunque, si appose il 
MercaTORE che a base della zona polare da rappresentare pose un 
parallelo distante dal polo di soli 20° e così evitò le grandi alterazioni 
che si manifestano alle basse latitudini. 


(1) Projezioni della carte geografiche. Bologna, 1881, Cap. III, § 23. 


— 364 — 

L'esempio fu ben presto da altri seguito, dall'OrTELIO nella carta 
della Tartaria (1), dal PosreL nel mappamondo pubblicato a Parigi 
nel 1581 ed intitolato: Polo aptata nova carta universi (2), da GenaRDO 
DE JopE nelle rappresentazioni degli emisferi, boreale e australe (3). 

Il D'Avezac (4) dice che il PosreL fu primo ad introdurre nella 
cartografia la projezione polare equidistante; tale merito deve, invece, 
attribuirsi al MERCATORE che quella applicò dodici anni prima (5). Il 
quale pure l'adoperò per altre carte del suo celebre Atlante, tale la 
tavola delle Terre settentrionali (Septentrionalium terrarum descriptio) 
estendentesi dal polo al parallelo che ne dista di 30°, tale la tavola dî 
Svezia e Norvegia ((Svetia et Norvegia cum confinis) (6). 

La projezione polare equidistante, per facilità di descrizione, per 
esiguità delle alterazioni, trovò non pochi seguaci. Il FOURNIER ne da 
le regole nella sua Zdrografia ed osserva che non può applicarsi tale 
metodo di rappresentazione a regioni alquanto distanti dal polo « sess 
cadere in incommodt e sproporsioni notabilé (7) ». Il METELLO l'ap 
plicò alla carta dell'Europa (8). Altri, come il CoroneELLI (9) ed il 
CAGNOLI (10), se ne servirono per le carte celesti. Anche oggidi è usata 
per le carte delle terre settentrionali; tale la tavola della Russia asiatica 


(1) La Zartaria sive Magni Chami Regni Typus è nel Theatrum orbis terre 
rum Abrahami Ortelsi. Antuerpiae, 1570. 

(2) Il D'Avezac (op. cit., p. 63 e 64) dà ampli ragguagli biografici e hi 
bliografici sopra GUGLIELMO POSTEL e la sua carta. Dai quali si raccoglie che la pro 
jezione dell'emisfero boreale è in un circolo di 375 millimetri di raggio e che l'emi- 
sfero australe, diviso in due metà, occupa due semicircoli con raggio di 17 centi 
metri — Jacopo SEVERT che gli fu contemporaneo, nell’ opera: De orbis catoptria, 
seu mapparum mundi descriplione, discorre distesamente della costruzione e dell'uso 
della projezione polare equidistante e riproduce in scala minore la mappa Pe 
stelliana. 

(3) Gerardi de Fudacis Antuerpiani speculum orbis terrarum. Antuerpiat 159}: 

(4) Loc. cit. nella penultima nota. 

(5) Ciò diceva in Ze frojezioni, ecc., 1881, p. 260, senza che conoscessi l'ope- 
scolo del BREUSING: Gerhard Kremer gen. Mercator. Duisburgo 1869, dove (p. 38 
e 50 della 2° ediz., 1878) è la stessa cosa affermata. Vedi pure dello stesso autore: 
Leitfaden durch das Wiegenalter der Kartographie bis sum Fahre 1600, Frankfurt. 
a. M. 1883, p. 22. 

(6) Ambe le tavole hanno: Per Gerardum Mercatorem, Cum privilegio. 

(7) Vedi nell’op. cit. al lib. XIV, il Cap. XXXIV, intitolato: 7racciare was 
carta propria a descrivere le regioni polari. 

(8) Europa secundum rationes geographicas delineata. Coloniae Agrippinae, 1660. 

(9) Epitome cosmographica. Colonia, 1693. 

(10) Vedi ad esempio: Almanacco con diverse notizie astronomiche. Veron, 
1789; come pure: Notisie astronomiche adattate all'uso comune. Verona, 1798. 





well’ Atlante del GARNIER (1), tali le tavole delle regioni polari artiche 
ed antartiche in quello dello STIELER (2). 

S& 32 — Le tavole Tolomaiche, pubblicate nel 1578, stanno a 
dimostrare la dottrina ed il criterio del geografo di Rupelmonde, il 
quale le purgò (8 18) di tutti gli errori che vi erano, o per uno o 

‘per altro verso, infiltrati. Qui altro non vogliamo dire, se non del modo 
| li rappresentazione seguito nella loro delineazione. | 
Due metodi sono esposti nella Geografia di ToLoMEO per descrivere la 
mappa dell’abitabile. L'uno, appoggiato alla projezione conica equidi- 
stante in cui i paralleli segnansi con archi circolari concentrici ed i 
meridiani coi loro raggi, conserva le distanze lungo i meridiani e sul 
parallelo di Rodi e mantiene pei gradi dell'equatore e del parallelo 
° Gell’ ultima Thule, la moderna Islanda, il rapporto che ha luogo sulla 
sfera (3). L'altro vuole pure i paralleli circolari col comun centro 
posto nel meridiano centrale rettilineo, sul quale sono conservati i 
| gradi di latitudine, e distante dall'equatore di una certa quantità che 
i gli antichi commentatori, essendo in tale punto oscuro il testo, hanno 
giudicato essere, prendendo come unità il grado del meridiano, di 165° 50’, 
ed offre i meridiani disposti secondo archi circolari condotti pei punti 
di divisione dei paralleli di Thule, di Siene in Egitto e dell’ antiparallelo 
_ di Meroe, essendo mantenuti sopra questi tre paralleli, i valori dei gradi 
| Jongitudinali obbiettivi (4). 
Il secondo dei due metodi fu il prescelto. Ma volle modificarlo in 
guisa da ottenere una più perfetta rappresentazione. Nulla mutando 
nella descrizione dei paralleli, cambiò profondamente la delineazione 
dei meridiani. Non sopra tre, come ToLomeo diceva doversi fare, ma 
sopra tutti i paralleli della carta portò, seguendo in certo qual modo 
il Srrvano (5), i gradi longitudinali quali sono sulla sfera e pei punti 
di divisione così ottenuti condusse le linee dei meridiani. Ciò è chia- 
ramente espresso nell'istruzione annessa alla Unsversalis tabula juxta 
Ptolemacum, dove leggesi: Jn hac tabula parallelorum non unius alte 


(1) Op. cit.. 

(2) Op. cit.. 

(3) Per ciò che riguarda questo primo metodo vedi: Ze frojesioni delle carte 
geografiche, Cap. III, § 16. 

(4) Di questo secondo metodo ho discorso in Ze projestoni ecc., Cap. VIII, 
§ 14 e più distesamente nel Bollettino della Società Geografica Italiana, serie II, 
vol II, 1889, pp. 554-555. 

(5) Del metodo del SILVANO ho discorso in Le projesioni delle carte geogra- 
fiche, Cap. VIII, $ 15 e nel Bollettino della Società Geografica Italiana, serie III, 
vol. II, 1889. p. 555. 








— 366 — 
viusve (ut sufficere dicit Ptolemacus) sed omnium plane symmetriam ad 
circulum maximum servavi, quo sphaericae dispositionis formam quadra» 
guli quam proxime repraesentarent, et debita longitudinis ad latitudinem 
proportio in regionibus servaretur. Oculi tamen in medium totius conte 
nentis centrumque sphaerae directi rationem, quam lb. I, cap. 24 jubet 
Piolemacus, observavi, quod ea docte eleganter, accomodatissimeque ad 
opticae exigentiam excogitata sit. | 

La projezione Tolomaica, che il D’Avezac (1), adattandosi alla 
mente dell’ autore, chiamò omeotera, n’ebbe un reale perfezionamento. 
Havvi conservazione dei gradi longitudinali sui singoli paralleli, la quale, 
per essere pure conservati i gradi di latitudine sul meridiano centrale, 
rende equivalente la projezione, tale cioè che mantengonsi inalterate, 
nella rappresentazione, le aree obbiettive della sfera (2). L'autore non 
accenna a questa importante proprietà. Nè è da stupirne. Parecchie 
sono le projezioni, le cui proprietà furono note, soltanto in parte, ai 
loro inventori. 

§ 33. — Il metodo proposto da ToLoMEo per le carte partico 
lari è molto semplice. È quello della projezione cilindrica equidistante, 
in cui i gradi di latitudine sono conservati sui meridiani ed i longitu 
_ dinali sul parallelo medio della tavola (3). In ciò è molto esplicito il 
geografo Alessandrino il quale ha: « Nè si andrà molto discosti dal vero 
« se, come dicevamo in principio dell’opera, nelle tavole particolari 
« almeno, tireremo, in luogo dei circoli che vi capitano, linee rette € 
non curve, e se faremo anche i meridiani non convergenti, ma pa 
ralleli fra loro. Imperocchè i limiti della longitudine e della latitu- 
dine presi a grande distanza sulla superficie terrestre producono ben 
sì una differenza molto notabile, non così tuttavia nelle tavole par 
ticolari. E però secondo la proporzione del parallelo che divide per 
mezzo la tavola al gran circolo diciamo essere necessario istituire i 
confronti delle singole parti, affinchè non dobbiamo ricercare la man- 
canza (crescente) per tutta la estensione della tavola, ma sì dal mezzo 
di essa tavola alle sue estremità (4). » 


(1) Op. cit., p. 24. 

(2) In Ze projesioni delle carte geografiche, Cap. VI, § 6, è dimostrata la pro 
prietà della conservazione delle aree. Vedi anche Le projesioni quantitative cd equ 
valenti della cartografia, & 10, nel Bollettino della Società Geografica Italiana, otto 
bre e seg., 1887. 

(3) Della projezione cilindrica equidistante ho detto in Le projesioni delle corte 
gtografiche, Cap. IV, Art. TT. | 

(4) Così nella Geografia, lib. VIII, Cap. IL. . 


— 367 — 
In tale modo operò AGATODEMONE, vissuto in Alessandria nel 
V_ secolo, quando volle adornare la Geografia di ToLomeEo della tavola 
universale e di 26 tavole particolari (1). Le quali, poi, s’andarono ripro- 
ducendo di secolo in secolo nelle copie della nominata opera fornite 
dagli amanuensi. Tali le tavole Tolomaiche che i Greci di Costantinopoli 
portarono in Italia. E quando il volume di quell’ antico geografo fu 
tradotto di greco in latino nel 1405 da frate Jacopo ANGELO da Scar- 
peria e divulgato in Europa a centinaja di copie, queste erano gene- 
ralmente accompagnate da tavole riproducenti quelle di AGATODEMONE. 
Ma i cartografi, abituati all’ esattezza delle carte nautiche medievali, 
non tardarono a modificare quelle tavole, di cui erano patenti i difetti. 
Nel fine di evitare la sproporzione che manifestavasi sugli estremi della 
carta fra i gradì di longitudine e quelli di latitudine ogni qualvolta la 
regione era alquanto estesa in larghezza, seguitando a conservare i gradi 
di latitudine sul meridiano centrale steso in linea retta, ed a segnare 
pe suoi punti di divisione i paralleli con linee rette ad esso normali, 
modificarono la rimanente costruzione col mantenere inalterati i gradi 
di longitudine sui due paralleli estremi, e col tracciare i meridiani ret- 
tilinei pei punti così trovati. Con che si venne a stabilire un nuovo 
genere di projezione che altrove abbiamo appellata pseudocilindrica. 
Quali furono le prime applicazioni della projezione pseudocilindrica 
equidistante alle tavole particolari? Rimandiamo, per amore di brevità, 
il lettore alle poche pagine scritte in altro libro (2), dov’ è anche detto 
quali furono i principali cartografi che l’ usarono sino verso la metà del 
cinquecento. 
Il MERCATORE, volendo correggere e rifare le 26 tavole particolari 
di AGATODEMONE, pensò di adattarvi la projezione pseudocilindrica e 
di migliorarne, in pari tempo, la costruzione nell’intento di sminuire le 
alterazioni che vi si manifestano. E però stabili di conservare i gradi 
longitudinali, non sui paralleli estremi, ma sopra due ugualmente distanti 
e da questi e dal parallelo medio. Ciò spiega chiaramente nella Prefa- 
zione alle Tavole (3), dove leggesi: Za describendis meridianis latitudi- 
numque parallelis Piolemaci praescriptum seguutus non sum, jubet ille 
in unaquague tabula pro ratione paralleli, qui per medium ous incedit, 
ad meridianum sive circulum maximum, gradus longitudinis gradibus lati- 
fudin:is adaplare, meridianosque parallelos constituere, at quia sic suprema 
(1) In riguardo ad AGATODEMONE ed alle sue carte veggasi la prima nota 
del § 18. 
"O Le projerioni delle carte geografiche. Bologna, 1881, pp. 627-630. 
(3) Pracfatio in sequens tabularum Ptolemaci opus. 


tabulae quae versus polum sunt, nimium supra rationem sphaerae in longitu- 
dinem expanduntur, contra tima quae versus meridiem sunt, nimium con- 
trahuntur; alium concepi modum, tuxta quem meridianorum parallelorumque 
postius, et ad invicem latitudines, quam proxime ad cam rationem quae 
in sphaera est, accedant. Latitudine tabulae convenienti designata, cam ia 
fot partes divido, quot latitudinis gradus suscepta tabula requirit, et ad 
scriptis numeris parallelos per singulos latitudinis gradus duco, numerum 
deinde graduum latitudinis in quatuor aequas circiter partes divido, duosgu 
parallelos assumo, unum qui quartam circiter graduum partem supra st 
relinquat, alterum qui tantundem proxime in imo tabulae sub se concludat, 
ita ut dimidium totius latitudinis graduum intra duos hosce parallelo 
comprehendatur. Meridianum deinde medium tabulae ita duco, ut rectus 
utrique parallelo insistat, a quo in utroque parallelo, iuxta tllius ad meri 
dianum rationem, gradus longitudinis in utramque partem circino conse 
guenter designo, demum per utriusque paralleli correspondentia signo 
meridianos duco, qui hinc inde magis minusve ad medium illum meridiansm 
inclinabuntur, prout latitudo tabulae polo aut aequinoctiali propinquier 
fuerit. 

Indi le regole così date mostra come si applichino all’ Europa: 
Exemplum accipe in 10 tab. Europae, in qua gradus sunt latitudinis 8 1/2, 
nimirum extremi 34 et 42 1/2 ductis, ergo horum graduum assumo 36 
et go graduum parallelos, et ad rectos angulos his insistentem meridianum 
duco per medium tabulae, cui 50 numerum adscribo, quod is gradus 
longitudinis medio hutus tabulae competat, postea expanso circino in ternos 
aut quaternos gradus, qui îuxta rationem paralleli go graduum ad mert 
dianum acceptt sint, unum circini pedem in huius paralleli et meridiani 
medii sectione constituo, coque inde volutato, gradus longitudinis in utramqu 
partem signo, idem deinde in altero parallelo 36 suxta illius ad meridianua 
rationem, facio, duobusque his parallelis in gradus longitudinis sic déviss, 
a medio meridiano incipiens, reliquos meridianos signo in utroque fabula 
latere, in eorumque summis imisque extremitatibus, in limbo videlicet tabulat, 
convenientes longitudinis numeros adscribo, atque tla iuxta sphaericam fre 
xime rationem distributa area, inscriptionem regionum aggredior. Ed, 2 
significare i vantaggi della nuova projezione, così prosegue: Hac insert 
bendorum meridianorum forma id efficitur, ut quantum în summa imaque 
tabulae latitudine meridiani se supra sphacricam rationem expanivsl, 
tantundem in medio tabulae contrahantur, quod in exiguo graduum lat 
fudinis numero multum esse nequit, quantumcumque autem id sit, ea duorut 
parallelorum constitutione ila medialur, ut locorum distantis configurato 
nibusque, quas în sphaera fuerant habituri, quam minimum officiat. 





IL’ autore ha sempre cura d’ indicare quali sono i paralleli sui quali 


“avviene la conservazione dei gradi longitudinali. Così nella prima tavola 


particolare rappresentante l'Inghilterra e l'Irlanda (A/bson, Ibernia), ed 
avente le latitudini estreme di 51°e 63°, legesi: Medius meridianus 20, 
religui ad kunc inclinantur pro ratione 54 et 60 parallelorum. 

A tutte le tavole particolari applica la projezione pseudocilindrica, 
Ha fatto un'eccezione per la tavola VII dell’ Europa, comprendente la 
Sicilia e la Sardegna, e per l’ appendice alla tavola III dell’ Africa, con- 
tenente il gran delta del Nilo, le quali sono in projezione cilindrica 
equidistante, essendo le distanze conservate sul parallelo medio; la prima 
che si estende in latitudine da 34° 40’ a 40° 20’ ha: Meridiani distant 
pro ratione paralleli 37 1/2 ad circulum maximum; la seconda che va 
da 29°30' a 32° offre: Meridiani acquidistant pro ratione paral- 
keli 30 1/2. 

Anche nell’ Atlante fece largo uso della projezione pseudocilindrica 
seguitando a conservare le distanze sopra due paralleli ugualmente di- 
stanti e dagli estremi e dal parallelo medio della tavola. In tale maniera 
sono lavorate le carte della Bretagna e Normandia, dell’ Aquitania, 
della Francia e Piccardia, del Belgio inferiore, dell’ Ungheria, della Schia- 
vonia, della Valacchia, Serbia, Bulgaria e Romania, sulle quali sono 
sempre indicati i paralleli sui quali sono conservate le distanze. Così, 
ad esempio, in quella dell’ Ungheria leggesi: Medius meridianus 42° 30', 
ad quem reliqui inclinantur pro ratione 46 et go parallelorum ad cir- 
culum maximum. 

Altre carte, senza nome d'autore, sono nell’Atlante Mercatoriano 
composte in base alla projezione pseudocilindrica ; alcune’ portano la 
indicazione dei paralleli sui quali sono conservati i gradi di longitudine, 
altre ne sono sfornite. Benchè anonime, debbono attribuirsi, almeno le 
prime ed in modo virtuale, a GeRARDO MERCATORE, che (§ 20) aveva 
lasciata, per morte, incompiuta la grande opera, terminata poi, da’ suoi 
successori, 1 quali si valsero dell’ingente materiale cartografico loro 
lasciato. Havvi anche la tavola dell’ Andalusia composta nel 1606 
da Jupoco Onpio, continuatore dell’ opera del grande geografo, ed ela- 
borata secondo la projezione pseudocilindrica; i paralleli di 36° e 39° 
sono gli estremi delineati sulla carta che si estende da 35° 24’ a 39°. 38’ 
di latitudine; I’ iscrizione è: Medius meridianus est 15, reliqui ad hune 
inclinantur pro ratione trigesimi sexti et trigesimi noni parallelorum. 

Nello stesso Af/ante il MERCATORE usd pure la projezione cilin- 
drica equidistante per alcune carte abbraccianti pochi gradi di latitu- 
dine. Tali le tavole speciali di certe regioni spettanti alla Gallia, al 


5 


= 370 — 
Belgio, alla Germania, all’ Italia, alla Grecia, le quali portano sem 
notato il parallelo conservante le distanze e che è sempre il medie 
della carta. Così la tavola della contea di Boulogne ha: Afersdteni af 
rationem paralleli 50° 45° positi sunt; così nella tavola della Lotaringi | 
settentrionale leggesi: Meridiani distant pro ratione paralleli 48° 40' od 
circulum maximum. 

§ 34. — Il creatore dell’ Atdante nel prepararne le tavole aver 
divisato ($ 20) di farle precedere dal planisfero. Morte lo colse ad 
opera non finita. Il figlio RumoLpo, data 1’ ultima mano all’ apparec- 
chiato lavoro, ne fece la pubblicazione. Il mappamondo, lavorato sulk 
basi delle stereografia meridiana, è in due pezzi; dei due emisferi che 
vi sono rappresentati, l’ uno contiene i vecchi continenti, Asia, Afnca, 
Europa, l’altro il Nuovo Mondo; il titolo n'è: Orbis terrae comp 
diosa descriptio, quam ex Magna Universali Gerardi Mercatoris Dom 
Richardo Gartho, Geographiae ac caeterarum bonarum artium amatri 
ac fautori summo, în veteris amicitiae ac familiaritatis memoriam Re 
moldus Mercator fieri curabat A. MDIXXXVII 

La scelta del metodo stereografico per la composizione del map 
pamondo deve attribuirsi al padre, GeRARDO, il quale aveva stabilito, | 
in tutte le sue parti, il piano dell’ opera, non avendo Rumorpo fatto 
altro che terminare di eseguire quanto era rimasto incompiuto. È da 
credere che non si sia appigliato alla projezione cordiforme, come aver 
fatto (88 5 e 28) nel 1538, perchè ne conosceva le grandi alterazioni l 
neari ed angolari; nou al metodo delle latitudini crescenti, perchè not : 
vi poteva rappresentare tutta intiera la sfera e avrebbe dovuto del: 
neare,a parte le due zone polari; non al sistema ovale, allora cotanto 
pregiato e da molti praticato (1); non alla projezione a meridiani ar 
colari e paralleli rettilinei, di cui si faceva uso per comporre il mapp* 
mondo in due pezzi (2), perchè questi due ultimi metodi non godono 
di particolari proprietà e poggiano sopra basi convenzionali, e che, me 


(1) Il metodo di rappresentare tutta la terra in un’ ovale fu praticato per b 
prima volta dal BORDONE nel suo /so/ario del 1528, dopo da parecchi cartograf fra 
i quali menzioniamo I’ AGNESE, che I’ adoperd ne’ suoi numerosi Atlanti nautici, i 
MiNSsTER in varie edizioni della Geografia di TOLOMEO e nella sua Cosmografs d 
1544, il CABOTO (SEBASTIANO) nel celebre mappamondo del 1544, il GASTALDI 
Tolomeo del MATTIOLI, edito a Siena nel 1548 ed in mappe pubblicate isolatamente 
dal FORLANI, I’ ORTELIO nel Theatrum orbis terrarum, il PORCACCHI nelle /s0l #4 
famose del mondo (1572). Delle mappe ovali ho detto in Le projesioni delle cor 
geografiche, Cap. VIII, $$ 19, 20 e 21 e dirò più distesamente in una prossima pob- 
blicazione. 

(2) Le projesioni delle carte geografiche, Cap. VIII, $$ 22, 23 e 24. 


yn 


more (§ 4) degli insegnamenti di Gemma FRISIO, il quale era grande propu- 


. gnatore della projezione stereografica meridiana e colle regole di questa 


aveva costruiti rinomati astrolabì ed un mappamondo pubblicato ad 
Anversa nel 1540 (1), ne abbia seguito l'esempio (2). 

Della rappresentazione stereografica, di cui conosceva tutto il va- 
lore, scoprì una proprietà recondita, rimasta ignota ad IPPARCO, inven- 
tore della stereografia, a ToLomro che ne fu il divulgatore, a SINESIO 
che ne scrisse dottamente e ne adoperò le regole per costruire un 
astrolabio d’argento, a GIORDANO NEMORARIO che nell’ oscuro medio evo 
1° illustrò con novità di concetti, al WERNER, allo STOEFLER, al MAU- 
ROLICO, al D’AGUILLON che ne svolsero ampiamente la teoria e la pra- 
tica (3). Fu egli che primo conobbe come la prospettiva stereografica 
abbia il pregio di conservare inalterati gli angoli che fanno fra loro 
le direzioni tracciate sopra la superficie della sfera e di avere la rap- 
presentazione simile, nelle minime parti, alla figura rappresentata. In- 
vero nella istruzione annessa al planisfero, all’ ordis terrae compendiosa 
descriptio, detto che ha scelto il metodo adoperato da GEMMA, giudi- 
cato il migliore, soggiunge: Lf si enim gradus a centro versus circumfe 
ventianm crescani, uti în gradibus aequinoctialibus vides, tamen latitudi- 
sess longitudinisque gradus in cadem a centro distantia candem ad invicem 
proportiontm servant quam in sphaera, et quadranguli inter duos proximos 
parallelos duosque meridianos rectangulam figuram habent quemadmodum 
în a, tla ut regiones undiquaque omnes nativam ficuram obti- 
meant sine omni fortuosa distractione (4). Con che viene a significare 


(1) Il mappamondo di Gemma Frisio è menzionato da ORTELIO nel Casale 
gus tabularum geographicarum annesso al Theatrum orbis terrarum. 

(2) L'autore dell’ Atiante, nell'istruzione che precede il planisfero, ha: Scief 
lector mos cam complanandae sphaerae rationem secutos esse, quam Gemma Frisius im 
suo planisphacrio advenit, quae omnium longe optima est. Così leggesi nella prima edi- 
zione, non più nelle edizioni posteriori. 

(3) Vedi, intorno agli scrittori che trattarono della projezione stereografica, Ze 
projexioni delle carte geografiche, Cap. Il, § 16. 

(4) Crediamo utile riportare, nella massima parte, la istruzione annessa al pla- 
sisfero, la quale ha per titolo: De mundi creatione ac constitutione brevis instructio, 
che trovasi nella prima edizione dell’ A#ante comparso ($ 21) nel 1602, e che manca 
nelle successive e numerose edizioni venute fuori per cura di Jupoco ed ENRICO 
Onpio. In essa, dopo un accennb ai circoli paralleli ed ai meridiani, leggesi: Porro 
quia hi circuli in plane non coden modo quo in sphaera exprimi possunt, quod sphaerae 
superficies in planum servata cadem partium ad invicem habitudine depingi nequeat, 
sciet lector nos cam complanandae sphacrae rationem stcutes esse, quam Gemma Fri- 
sins in suo planisphacrio adinvenit, quae omnium longe optima est. Et si enim gradus 
a centro versus circumferentiam crescant, uti in gradibus aequinoctialis vides, tamen 


come i gradi di latitudine e di longitudine serbino sulla carta il rap 
porto avverantesi sulla sfera, e come i quadrangoli della rete formati, sulla 
carta, dai meridiani e paralleli siano simili alle figure obbiettive, in guisa 
che le varie regioni terrestri conservano nella rappresentazione le forme | 
originarie senza alcuna distorsione. L' autore, dunque, era pienamente. 
persuaso che la projezione stereografica ha l'immagine simile, nelle 


piccole parti, all’ obbietto. Dalla quale proprietà scaturisce immediata 
mente |’ altra della conservazione degli angoli. 


Può pensarsi che al figlio RumoLDo, il quale, com’ egli stesso di 


chiara, fece eseguire, nel 1587, il planisfero stereografico e ne scrisst 
la istruzione, si debba attribuire la scoperta della conservazione degli 
angoli. La probabilità che RuMoLDO sia stato il vero autore della 
istruzione cessa al considerare la erudizione che vi è sparsa in lama 
scala. e che può soltanto essere opera di GERARDO. A questi, non al 


figlio, devesi attribuire quella importante scoperta; al padre, che arera — 


appreso il metodo stereografico dalla bocca di GEMMA, citato nella stessa 
istruzione; al padre che, per arrivare alla invenzione delle carte 1 
latitudini crescenti, ha dovuto ricercare quali fossero le projezioni, n 


fra le note, che avessero la proprietà di conservare le forme native delle — 


singole parti e di mantenere, per ciò, inalterati gli angoli. Aggiung:s 
ancora che il titolo stesso dato all'istruzione: De mundi creation & 
constitutione significa il vero autore essere il padre GERARDO, imperoc 
chè questi aveva speculato in tutta la vita intorno alla cosmologia, ¢ 
che la divisione della Terra (accennata nella issfructio) in tre parti 








Mondo antico (Asia, Europa, Africa), Mondo nuovo (India Nuova, 0 


sia America) e Continente australe, era professata dal gran GERARDO. 


latitudinis longitudinisque gradus in eadem a centro distantia candem ad invicem pre 
portionem servant, quam in sphaera, et quadranguli inter duos proximos parallels 
duosque meridianos rectangulam figuram habent quemadmodum in sphaera, ta wrt 
giones undiquague omnes nativam figuram obtineant, sine omni tortuesa distractiom, 
crescente tamen versus exteriora magnitudine, propter graduum longitudinis latitudussy# 
incrementum, quod dixi, ex quo etiam fit ut paralleli qui in sphaera aeguatori sé 
aequidistantes, hic circulares afpareant, cum aeguator sit recta linea, per medium i 
misphaerii media inter utrumque polum distantia ducta, quae dividitur in 180 gros 
quippe dimidium tantum acquinoctialis in uno circulo, dimidium alterum in alters er 
tinetur, quia dimidium tottus sphacricae superficei tantum in uno circulo compressi 
potest, ne quaquam tota, ita uno circulo totam veteribus cognitam continentem OF 
prehendimus, nimirum Europam, Asiam et Africam, Novum autem orbem, sive Indo 
Novam altero circulo, Continente interim australi in utrumgne circulum incidente. 

Come è detto, le edizioni Ondiane dell’ A#vanfe non hanno più la riportata al 
sfructio. Si limitano ad accennare fugacemente la conservazione delle forme. Cosl 
edizione decima ha: guodgue partes habent ejusdem formae. 


— 373 — 

Well’ Atlante Mercatoriano havvi, oltre il planisfero, un'altra ta- 
wola lavorata in base alla stereografia meridiana. È la carta dell’ America, 
ottenuta ingrandendo la metà del detto planisfero dov’ è rappresen- 
tato il Nuovo Mondo. Fu delineata ed incisa da MICHELE MERCATORE, 
figlio ad ARNOLDO, a cui fu padre GERARDO (1). 

§ 35. — Nell’ Atlante Mercatoriano ha speciale importanza la 
carta dell'America meridionale. L’ispezione e le misure della tavola mo- 
strano che i gradi latitudinali sono conservati sul meridiano centrale 
steso in linea retta ed i longitudinali sui paralleli segnati da rette pa- 
rallele all’ equatore, incontrato ad angolo retto dai meridiani. 

Ciò è anche meglio significato dalla iscrizione che così suona: 
Medsus meridianus est 320; religui ad hune inclinantur pro ratione 
spiaerica. 

La projezione con cui è costruita la tavola e che appellasi sinus- 
soidale, perchè i meridiani si delineano a guisa delle curve dei seni, ha 
la proprietà di essere equivalente, di conservare cioè le aree delle fi- 
gure delia sfera. 

La carta è anonima, ma deve ritenersene autore, e quindi inven- 
tore della nuova projezione, GERARDO MERCATORE, il quale pure aveva 
modificata quella di ToLomeo per la mappa dell’abitabile, in guisa da 
conservare i gradi di longitudine sui singoli paralleli (2). 

L'esempio dato dal MERCATORE fu continuato alcuni anni dopo 
da NicoLa Sanson che intraprese le sue pubblicazioni cartografiche nel 
1627, da’ suoi figliuoli, nipoti e pronipoti, da GuGLIELMO DE L’ISLE, dal 
FLAMSTEED e da altri cartografi (3). 

& 36. — Il geografo di Rupelmonde fu il creatore della Carto- 
grafia moderna. Modificò, perfezionò le antiche projezioni, di altre fu 
l'inventore. Anche quando ricorreva a projezioni cognite senz’ appor- 
tarvi alcun mutamento, sempre vi apponeva qualche nota caratteristica 
che mostrava com'egli sentisse altamente l’ importanza della cartografia 
e come volesse dare ragione dell’ opera sua. Così le poche volte che 


(1) Ecco il titolo della carta: America sive India Nova ad magnae Gerardi 
Mercatoris avi Universalis imitationem in compendium redacta. Per Michaelen Mer- 
catorem Duysburgensen. 

(2) Della projezione sinussoidale e dell'invenzione fattane dal MERcATORE ho 
trattato in Le frojezioni delle carte geografiche, Cap. VI, § 13 ed in Le projezioni 
quantitative ed equivalenti della cartografia, § 29 (Bollettino della Società Geografica 
lialiana, ottobre e novembre 1887). 

(3) Nei luoghi citati nella. precedente nota sono menzionate le principali ap- 
plicazioni che si sono fatte e che si fanno della projezione sinussoidale. 


— 374 — 


adoperò ($ 33) la projezione cilindrica equidistante, mai tralasciò di. 


indicare la latitudine del parallelo sul quale conservava i gradi lon- 
gitudinali. 
Tre furono le projezioni compensative adoperate dal MERCATORE, 


la polare equidistante, la pseudoconica e la pseudocilindrica, ambe pure : 


equidistanti. Della prima si giovò ($ 31) per rappresentare le regioni : 


polari, della seconda ($ 29) per le carte delle regioni piuttosto ampie come 
la Gallia, la Germania, l’Italia, ecc., della terza ($ 33) per le carte par 
ticolari della Geografia di ToLoMEO e per certe carte di brevi regioni 
contenute nell'Afanze. La projezione polare, che può dirsi una su 
creazione, è della massima semplicità e per concetto e per costruzione, 
ed è pregiabile per la picciolezza delle alterazioni che si manifestano 
nella breve zona rappresentata. Le altre due projezioni, poi, la pseudoconica 
e la pseudocilindrica ricevettero, per opera sua, un vero perfezionamento, 


conciossiachè non alle latitudini estreme, come prima di lui facevas, | 


ma sopra due paralleli egualmente distanti e dagli estremi e dal pam 
lelo medio abbia conservati i gradi longitudinali. Con che veniva a cor 


trabbilanciare, nel nuovo sistema, le varie alterazioni lineari, superficiali 
ed angolari molto meglio di quanto ottenevano i suoi predecessori. 
Tre, parimente, furono le projezioni equivalenti di cui si valse il 
nostro autore: la cordiforme, che adoperò (§ 28) in uno de’ suoi prim 
saggi cartografici, ossia nel mappamondo a gemino cuore del 1538, ¢ 
nella gran carta dell’ Europa del 1554; l'omeotera di ToLOMEO, perfezio 
nata ($ 32) per la mappa dell’ abitabile degli antichi; la sinussoidale 
impiegata ($ 35) per la descrizione dell’ America meridionale. Se grande 
merito non gli si può dare in riguardo alla projezione cordiforme sendo 
che l'inventore ne fu il WERNER, 0, se vuolsi, lo STAB, e che la dispo 
sizione del mappamondo in due semicuori è dovuta al Fineo (1), de 
vesi, per altra parte, riconoscere che ebbe la felice idea di applicarla 
alla descrizione delle grandi regioni della terra. Come pure devesi com 
fessare, che la modificazione recata alla projezione omeotera di Tolo 
MEO, colla conservazione dei gradi longitudinali sopra tutti i paralleli 
della mappa, tiene luogo di una reale invenzione ; e ciò è si vero, che 
le aree della rappresentazione sono rese in rapporto costante colle arte 
obbiettive, e che anzi le uguagliano quando i gradi latitudinali del me 
meridiano centrale ed i longitudinali dei paralleli sono pari ai rispot 
denti gradi sferici. È, poi, da ammirarsi la sua perspicacità nel trovato 


(1) Vedi le Proyesioni quantitative ed equivalenti della cartografia nel Bolld- 
tino della Società Geografica Italiana, annata 1887, p. 882-887, e Le projezioni co” 
diformi della cartografia nello stesso Bollettino, annata 1889, p. 557 e seg. 


— 375 — 
Hla projezione sinussoidale, la quale fu riconosciuta di tanta bontà 
ke sempre si mantenne in alto credito, ed ancora oggidì è tenuta in 
regio ed adoperata in non poche tavole geografiche. 

Hanno posto eminente, in cartografia, le rappresentazioni che hanno 
ia proprietà di essere, nelle minime parti, simili alle figure rappresen- 
ye e che, conseguentemente, mantengono inalterati gli angoli obbiet- 
Wi N MercATORE fu primo a porvi mente ed a riconoscere tutta la 
loro importanza. Due secoli scorsero prima che cotali rappresentazioni 
© projezioni, che noi abbiamo denominate isogoniche (1), e che altri 
dissero ortomorfe (2), altri autogonali (3) ed altri conformi (4), richia- 
‘eassero l'attenzione dei geometri. Furono il LAMBERT, l'EuLeRO ed il 
Lacrancia che ne fecero oggetto delle loro elucubrazioni e le studia- 
tono in modo generale (5). Ma l'iniziativa è intieramente dovuta al 
Mostro autore che aveva scoperto ($ 34) come la prospettiva stereo- 
grafica sia una vera projezione isogonica, ed inventata (§ 30) la proje- 
zione cilindrica colle latitudini crescenti in modo da renderne le figure 
elementari simili alle obbiettive. A renderlo grande sarebbero bastate 
quella scoperta e questa invenzione. In vero, dai tempi d’Ipparco in 
poi la projezione stereografica fu bensì continuamente studiata dai geo- 
metri ed adoperata dagli astronomi per la costruzione degli astrolabi (6), 
ma nessuno sì era accorto della proprietà che ha di conservare gli 


(1) Le projezioni delle carte geografiche. Bologna, 1881. 

(2) D'AvezAC nell’op. cit.; GERMAIN nel Zrailé des projections des cartes gio- 
grephigues. Paris; CRAIG in A Treatise on projections, Washington, 1882. 

(3) Tissor nella Mémoire sur la représentation des surfaces et les projections 

| dts cartes géographigues. Paris, 1881. 
(4) Così i moderni scrittori tedeschi come il GRETSCHEL nel Lehréuch der 
Karte» Projektion, Weimar, 1873 e l HERZ nel Lehrbuch der Landkarten projektio- 
sea, Lipsia, 1885. 
(5) Il LAMBERT (Zeitrage sum Gebrauche der Mathematik, ecc., Berlino, 1772), 
trattando delle projezioni della sfera soggette alla conservazione degli angoli, al- 
largò il campo delle cognizioni intorno a simili projezioni, imperocchè allora, al- 
T'infaori della stereografica di TOLOMEO ‘e dell’ idrografica del MERCATORE, non co- 
Roscevasi altra rappresentazione dotata della proprietà di conservare gli angoli. 
L'Euugro (De repracsentatione superficie sphacricae super plano. Acta Acad. scient. 
Per l'anno 1777, parte 1", p. 107) risolse il problema della rappresentazione della 
in guisa che « le regioni minime della terra sieno esibite in piano da figure 
Smil » e ne applicò le formole alla projezione cilindrica ed alla stereografica. Il 
Lacrancia (Sur la construction des cartes de gtographie nei Nouveaux Mémoires 

The, des sciences, annata 1779, Berlino, 1781) ampliò la questione e trovd le 
formole che danno la rappresentazione piana di una superficie di rivoluzione simile 
all'obbietto nelle parti infinitesime e le applicò allo sferoide terrestre. 

(6) Vedi: Ze projesioni delle carte geografiche. Bologna, 1881, Cap. II, § 16. 


— 376 — 

angoli obbiettivi. Che dire poi della projezione a latitudini crescenti? 
Con questa rese ai naviganti sì utili servigi che ben può dirsi, a ca- 
gione della sicurezza dei viaggi procurata dalle nuove carte fatte sul 
tipo della tavola ad usum navigantium e del conseguente ampliamento 
dei commerci, averli prestati all’ umanità intiera. Cotali due projezioni 
più non furono abbandonate dai geografi. È ben difficile trovare un 
Atlante geografico il quale non imiti l'Atlante Mercatoriano nell’ offrire 
il mappamondo fatto di due pezzi delineati colle norme della stereo 
grafia ‘meridiana e non esibisca il planisfero composto col metodo delle 
latitudini crescenti. 

Il MERCATORE, a beneficio dei lettori e contemplatori delle sue 
carte geografiche, indica sempre quale sia la projezione adoperata nella 
loro composizione. Così ($ 32) nella istruzione annessa alla Unsversalss 
tabula juxta Ptolemaeum dice in quale modo abbia delineata la mappa del- 
l’ abitabile, come abbia modificate le regole Tolomaiche conservando 
i gradi longitudinali, non sopra tre, ma sopra tutti i paralleli della 
tavola. Jn hac tabula, egli ha, parallelorum non unius alteriusve (a 
sufficere dicit Ptolemacus), sed omnium plane symmetriam ad circulum 


maximum servavi. Così nella Praefatio in sequens tabularum Ptolemaa | 


opus spiega ($ 33) il metodo seguito nella delineazione delle tavole 
particolari e mostra come abbia modificata la projezione cilindrica ado 
perata da ToLomeo e resa la pseudocilindrica col conservare i gradi lor 
gitudinali sopra due paralleli egualmente distanti e dal parallelo medio 
e dai paralleli estremi. Ma havvi di più. Ciascuna tavola porta sempre l'in 
dicazione dei due paralleli sui quali sono conservati i gradi longitudinali. 
E ciò ha luogo e nelle tavole particolari di ToLOMEO ed in parecchie carte 
dell’ At/ante lavorate nella stessa projezione. Anche nei rari casi in cuiè 
applicata la projezione cilindrica equidistante, l’ autore indica sempre 
quale sia il parallelo sul quale sono mantenute le lunghezze dei gradi 
longitudinali sferici. Come pure nelle tavole costruite ($ 29) secondo 
le regole della projezione pseudoconica è un'iscrizione offerente le lati 
tudini dei due paralleli, sui quali sono conservati i gradi longitudinali. 

Chi osserva le tavole dell’ Atlante Mercatoriano non tarda a rv 
visarvi la projezione che ha servito alla loro descrizione. Così I 
planisfero si giudica subito composto (§ 34) in base alla prospettiva 
stereografica senza che si legga la istruzione che lo precede. Così la 
carta dell’ America meridionale viene, in modo facile, ascritta (§ 35) 
alla projezione sinussoidale dal riguardatore, ajutato dall'iscrizione dove 
è detto che i meridiani sono inclinati sul meridiano centrale fro 7% 


tone sphaerica. 


— 377 — 

La carta, poi, del 1569, la gran carta universale ad usum navt~ 
gantium, che fu l’opera più alta del geografo fiammingo, ha ($ 30) una 
ben lunga iscrizione, dove, dandosi ragione della sua composizione e 
dicendosi come le latitudini siano successivamente crescenti, e quale 

sia la misura della loro crescenza, è ampiamente illustrata la projezione 
assunta come base della sua composizione. : 

L’ esempio del MERCATORE è andato perduto; nessuno ne fece 
pro’. Anche oggidi è da deplorare che i cartografi, ben pochi eccet- 
tuati, non indichino sulle carte la projezione che ha servito alla loro 
delineazione. La quale. mancanza è tanto più grave in quanto che sono 
forse rari coloro che abbiano tanta pratica da ravvisare in una carta 
posta sotto i loro occhi la projezione che ha servito alla sua delinea- 
zione. Adunque anche per questo lato il MercaTORE ha lasciati splen- 
didi esempi e merita la gratitudine dei posteri. 


SECONDA APPENDICE AL $ 8° (1). 


S'è detto nella prima Appendice, posta in fine della prima Parte, 
come nella Biblioteca governativa di Cremona siano due globi, l’ uno 
terrestre, l’altro celeste, di G. MERCATORE; di cui ha data notizia il VAN 
RAEMDONCK per informazioni avute dal dottore G. Buonanno, Direttore 
di quella Biblioteca, e sui quali ha discorso e discorrerà il dottore G. 
CERADINI in una Memoria che si sta pubblicando nel Politecnico. 

A rendere l’opera più compiuta comparve, di recente, un opuscolo, 
in cui se ne dà ampia contezza, dovuto al detto Direttore (2). 

Il quale, come già io aveva conchiuso in base alle iscrizioni ripor- 
tate dal Cerapini, ha stabilito che i globi di Cremona sono fattura 
del MeERCATORE. « Senza dubbio, egli scrive, dopo le ricerche e gli 
« studi che vi ho fatti intorno, posso affermare l’autenticità merca- 
« toriana di questi due globi di Cremona, eccettuandone parte dei so- 
« stegni (supports), dei quali dirò in seguito (3) ». Lo stesso mostra 
come la descrizione delle sfere del MercATORE data dal van RAEM- 
DONCK (4) si adatti perfettamente ai globi di Cremona, sia per le loro 


(1) Vedi a pagg. ror e segg. ed a pagg. 253 e segg. dei fascicoli di gennayo 
e marzo s. C. 

(2) J due rarissimi globi di Mercatore nella Biblioteca governativa di Cremona. 
Notizia per G. BUONANNO, Direttore di quella Biblioteca. Cremona, 1890. . 

(3) Op. cit, p.5. — Vedi a p. 15, la lettera del VAN RAEMDONCK intorno 
alla montatura della sfera terrestre del MERCATORE. 

(4) Vedi nella prima parte il $ 8, p. 102, nota 5. 


— 378 — 
dimensioni, sia pel numero dei fusi di rivestimento, troncati verso i 
poli, e per le due calotte polari, sia pei caratteri, adoperati nell’ inci- 
sione, sia per la duplice lingua usata nello scrivere i nomi e nelle leg- | 
gende, sia pel tracciamento dei rombi lossodromici, cotanto utili ai na- 
viganti, la quale ultima cosa, mai stata fatta prima, imitarono i susseguenti 
costruttori dei globi. . 

Approfittando di una fenditura della sfera terrestre lunga, all’ in- 
l'incirca, 39 centimetri e misurante nella sua maggiore larghezza quasi 
3 millimetri, il dottore Buonanno ha potuto investigare il metodo ado- 
perato dal MERCATORE per costruirla e dedurne quanto segue: « Da 
« tutte queste osservazioni mi par lecito conchiudere che i globi dî 
e Mercatore sono costruiti di una palla vuota, formata, come diceva il 
« RUSCELLI (1), di stecche, ma non rade, e incrociate, e poi coperte 
di tela e stuccate, sibbene continue, cioè l’una aderente all’ altra, 
inarcate al fuoco, e intessute giustamente come i liuti, per dirla con 
le sue parole. E che questa palla è ricoperta di uno stucco, dello spes- 
sore di 6 o 7 millimetri, composto di gesso, corteccia d'albero o se- 
gatura di legno, e còlla: maniera d’impasto non conosciuta dal Ru- 
scelli. Su questo stucco sono incollati gli spicchi cartacei stampati su 
« lastre incise di rame, e poi diligentemente alluminati >. 

Altro argomento trattato dall'autore è l'origine, la provenienza dei 
globi di Cremona. Premesso che non esistono documenti per isciogliere 
la questione, che « i più vecchi siricordano d'averli (i globi) visti qu 
« sempre, su gli antichi tavoli della Biblioteca >, esso osserva che « la 
« Biblioteca di Cremona fu resa pubblica e governativa nel secolo scorso, 
« sotto l'imperatrice Maria Teresa, nelle stesse aule, e nell’ edifizio, e 
coi libri che sono stati dei gesuiti; i quali sui primi del secolo XVII 
avevano fondato questo Collegio cremonese » ; ed aggiunge: « Sotto 
il disco inferiore di quei globi ci ho trovato, in ciascuno, segnato un 
vecchio numero romano, i quali numeri sono simili ad altri, le cui 
vestigia ancora si scorgono in alcuni scaffali del tempo dei gesuiti 
che ancora si serbano in questa Biblioteca ». E però conchiude: 
Si dee, dunque, ritenere sicuramente, che questi globi erano qui dal 
tempo dell'antica casa dei gesuiti; e anzi, dall'essere molto più usato 


fn A AA ‘Aa A 


A A A ANA A ANA 


(1) Il RUSCELLI nelle Zspositioni, ecc., citate al $ 8, p. 102, nota 4, ha il cap. II 
intitolato: Del modo di fabbricare la palla materiale, per potervi segnare sopra È cir- 
coli, et scrivere i nomi e l'altre cose che si convengono, ed il cap. IV: Del mode di 
far la descrittione del mondo in carta piana da potersi stampare ect accomodare pot 
giustamente sopra il corpo tondo della palla materiale, dove sono descritti i vart me- 
todi per la costruzione della sfera. 





— 379 — . 
t il terrestre, che il celeste, s’induce facilmente, che un tempo furono 
« adoperati, per l’insegnamento della Geografia, nelle allora fiorenti scuole 
« dei Padri (1) ». 

L'autore, poi, considerando che CESARE SPECIANO, vescovo di Cre- 
mona, fu mandato nel 1592, Nunzio in Germania; che fu uomo assai 
colto, amantissimo dei libri e delle cose d’arte, ricco e generoso, pro- 
tettore ed amico dei dotti; che fu in relazione coi letterati e coi più 
illustri personaggi del Settentrione d'Europa; che ebbe a trattare deli- 
catissime faccende per la successione di GUGLIELMO, duca di Cleves, nei 
cui dommî allora viveva il MERCATORE, il quale in quella Corte era 
altamente stimato ed insignito del titolo di cosmografo ducale (2); che, 
ritornato, nel 1578, in patria, portò dalla Germania e libri ed oggetti 
d’arte, rioccupò la sede vescovile di Cremona, vi continuò la sua vita 
di mecenate e tutto si adoperò perchè venisse fondato ed arricchito il 
Collegio dei gesuiti, ai quali lasciò, per testamento, la sua cospicua li- 
breria gro servitio Patruum et etiam aliorum studiosorum commodo (3), 
e che difatti molti libri appartenenti allo SPECIANO tuttora si serbano 
nella Biblioteca cremonese, conchiude essere così trovato il modo di 
spiegare come i globi del MercaTORE adornassero la Biblioteca dei ge- 
suiti in Cremona. « Perchè, soggiunge, mi penso che un uomo colto, 
< come lo Speciano, e amantissimo d’ogni cosa che avesse attinenza 
« alle scienze, e per sei anni in quella splendida posizione in Germa- 
¢ nia, non poteva a meno di arricchire la sua libreria di quei globi, 
© che allora segnavano un così grande progresso nelle discipline geo- 
« grafiche ed astronomiche. E quando a piccole giornate, come narra 
¢ il Tapisi, ei fece ritorno a Cremona, li mend seco, come fece per 
« gli arazzi che pure erano di fabbrica fiamminga e gli furono donati 
« in Germania dall’arciduca Massimiliano ». Ed ha ancora: « Se di 
€ questi globi non si trova speciale menzione nel testamento, non è a 
€ meravigliarne ; perchè in esso non si specifica nessun capo, nè della 
« Biblioteca, nè degli arazzi, nè di molte altre cose che vi sono indi- 

« cate, come dicesi, in blocco ». 
Massima, dunque, è la probabilità che i globi della Biblioteca di 


(1) Op. cit. p. 31. 

(2) Vedi il § 14, dove si accenna a tale titolo. 

(3) Fra gli scrittori ed i libri che discorrono dello SPECIANO l’autore cita la 
Cremene literata dell’ Arist ela Vita di monsignor Cesare Speciano, Vescovo di Cre- 
mene. Bergamo 1786, di autore anonimo, che però si sa essere il TADISI. Il testa 
mento dello SPECIANI è nell’ Archivio notarile di Cremona, e, per copia, nell’ Archivio 
di Stato in Milano. 









— 380 — 

Cremona provengano dalla libreria del vescovo Specrano. Ciò essendo, 
al dotto prelato si deve grande riconoscenza, perchè ora l’Italia, al pari 
del Belgio, della Germania, dell’ Austria e della Francia, può vantarsi 
di possedere un esemplare delle due sfere Mercatoriane. 

Nel dare termine a questa seconda Appendice debbo notare come 
l’ illustre Direttore della Scuola nautica di Brema, il Dott. A: BReEusine, 
mi abbia cortesemente informato che a Weimar ed a Norimberga non. 
esiste, com’ è detto al § 8 ed all’ Appendice posta in fine della Partel,. 
una coppia delle sfere celeste e terrestre del MERCATORE, ma soltanto, 
e nell’ una e nell’ altra città, la sfera terrestre dello stesso autore, colla 
data del 1541. 


E. — LINGUE PARLATE SOMALI, GALLA E HARARI. 


Note e stud? raccolti ed ordinati nell! Harar 
dall ing. Lurcr BRICCHETTI-ROBECCHI. 


(continuazione) 

ITALIANO HARARI SOMALI GALLA 
Delicato mathema maau miaiiva 
Delizia mustarih sado kanani 
Dente sin ilig ilca ilke 
Denunciare memad sceggnin sceggh- 

nin imacciù 
Desiderio hamile moscia —havin aoùi 
Desolare mablal ‘ bain ballesu 
Desolasione mablal_ bain | bada 
Despota dhul-hissab offingira 
Destinare ajam magagîia avvov 
Destinazione .ajan avvo 
Destituire marfad raffadnin gigirro, irrafuddo 
Destituzione marfad raffad irrafudda 
Determinare maborad dhammein ravacciù 
Dialogare galgheb moscia hassavuin assaù 
Diavolo scejthan sceithan saitan 
Difendere makhtar elin dorvoù 
Diffamasione massadab aj amacciù 
Differire malaja kala madhnin, rag- 


gin tursisù 


Dormire 


— 381 — 


(1) Alla diritta, direzione. — (2) Indovinare. 


HARARI SOMALI GALLA 
taab, manos dhib diba 
baiti adhah giacciù 

hagag kagelo 
qagnit midig mirga 
tiz, fiz tds kagela 
mamrath furascio, hub ghad icaciù 
arda vidj ardo bartù 
galgheb moscia hassavnin assaù 
galgheb — hassana assauva 
makescia salug naanin gibbù 
falama maron dedebisù 
~ mablal baa ballesu 
laaj kor irra 
taaj héss gaddi 
bigii moscia firdhin ballesu 
madbalal, mamana manaa dorvù 
gutti kalakan giddu 
matlaja, matmala kala-madh foù 
sit-malaha kalakAn, kalama- 
dhmai foama 
magamal, maseat sorr irra 
mablal bain, dummin  gigsù 
finthir moscia _ kala bahin gargar basu 
athabigîia faro kuba 
mandara duvàn adarascia, mana- 
. mari 
matfekar ijar tapaciù 
kascif khascif saplisù 
samtagna, kora- 

musu suban gari 
giumrug giumrug karata 
mantata - madna- 

bad hanfin nasu. 
havas idau, sabijàn lole 
gumul laban, lah daccia 
magamal 
magîiea sehascio rafu 


ITALIANO 


Dosso 
Drappo 
Durare (1) 
Durîre (2) 
Ebbrezza 
Ebete 
Eccellente 
Eccidio 
Eccitare 
Eccitazione 
Ecco 
Eclisse 

Eco 
Economo 
Educare 
Egli 
Elefante 
Elemosina 


domandare elemosina 


Elevare (5) 
Elevare (6) 
Emancipare 
Emancipasione 
Emicrania 
Emozione 
Empio 
Energia 
Enfiamento 
Enfiare 
Entrare 
Entrata 
Epidemia 
Epoca 
Epurare 
Equilibrio 
Equipaggiare 


— 382 — 


HARARI SOMALI 
urdo (sonno) 
haci dhabar 
giukh giukh 
kalah baiti ragnin, durugnin 
matbach adkein 
biridjbiridj dirdir 
damajù dhamas 
ciolle fiau 
magdal lein 
kabadaran moscia kadarrin 
darandaran kadar 
vate vakau 
ir mamota (3) madobav 
hfincfftà dhavagh 
igi tabik jarjareiste 
maleka barrin 
azzo issaga 
dokhon marodi 
sadaga dhorto 
matokao dhorteisan 
affmoscia kain 
makerah korin, heerein 
mantaa bahnin 
mantaa bahnin 
filta madah-hantn 
matnavat dorson 
kafir kafir 
tabik adeig 
hambola barar 
hfibùt barar 
maboa gallin 
maboa galitan 
uluf jilzal nath udur daffa 
6aa scin 
nasif moscia nadifein 
fiz tos 
isstikeu 


kano 

i dottata adù 
ija (4) boùnah 
kussata 
gorsu 

isa 

arba 

kada 

kadacciù 

fudu 

guddisù 
lubabaù 

luba 

boùva 
giggirama 


ango 
ita 

ita 

sent 

asenna 
duccùba dabrù 
jogga 
kukulesu 
dirira 
vallifiidù 


(1) Continuare. — (2) Far duro. — (3) Sole morto.\— (4) Lamentazione 
— (5) Alzare. — (6) Alzare bestie od altro. 





ITALIANO 
Eeuivalente 
Erba 
Erede 
Eredità 
Eroe 
Errore 
Esagerare 
Esalare (1) 
Esatto 
Esca (2) 
Esclamazione 
Esclusione 
Esecrare 
Eseguire 
Esempio 
Esercitare 
Esercito 
Esercizio 
Esito 
Esortare 
Espatriare 
Esperienza 
Espiare 
Espiasione 
Esprrazione 
Esplicare 
Esplorare 
Exporre (3) 
Esportare 
Esportazione 
Essere 
Essenza 
Estinguere 
Estrarre 
Estremità 
Età 
Etisia 


HARARI 


sar 

jursizal 
mauras 
gattesa 
mahmalal 
ruh-mafalas 
koja-moscia 
atta] 
matlahad 
tasti 
mahdag 
makerah 
khana baiti 
baiti 
matlamad 
gaz 
taalima 
baj 

mahtaf 
mathamas 


athari katab baiti 


zagiamakfal 
zagiamakfal 
tinfatcsc moscia 
maslamad 
maskar 

gittibe magia 
tab baiti 

tab 

mokhona 


matfaa 


mocia 
taraf 
karni 
duf 


SOMALI 
iskù in 

OÙS 

niu dahal 
dahal 

lajan 

duscii hfin 
ubahsan 
unsascio 
hag 

olol 

farhad 
deinin-naanin 
iokd-girin 
jellin, samein 
jaani 

barrin 

ol 

taalin 

ibsan 

vano 
kudallin 
hasus-dambé 


ka magdhabascio 


kamagdhav 
nefsascio 
ogheissin 
ku vagiagh 


firfir li 


ghababàlin 
ghababal 
ahan 
dhalascio 
bakhtin 
bahin 
arada 

daa 

dabeil 


GALLA 
kitte 

citta 

nama dalu 
dalu 
giagna 
fokkata 
bahesaf 


hacca 

capsisa 
gammada 
lakkisù, gibbù 
lagacciù 
ravacciù 
gieccia 


dula 


gati 
gorsa 
firadisu 
jadda 
higiàbau 
higia 
hafùra basù 
ubacisu 
ubacciù 
mullist 
gheghesu 
gheghesa 
girù 
dallota 
damsu 
basù 
fiuta 

iria 
killensa 


(1) Emettere fiato. — (2) Scintilla. — (3) Mettere in vista. 


ITALIANO 
Eunuco 
Evitare 
Fabbricare 
Fabbro 
Facchino 
Faccia 
Facile 
Falcetto 
Falciare 
Falco 
Fallire 
Falso 
Fama 
Fame 
Famiglia 


Fanciullessa 


Fanciullo 
Fango 
Fare 
Farfalla 
Farina 
Fascia 
Fasciare 


Fascio 
Fatica 
Faticare 
Fava 
Favola 
Favore 
Faszoletto 
Febbre 
Fecondo 
Fede 
Fedele 
Fegato 


(1) Che non è.— (2) Dheg: onore. Aadal: parola. — (3) Gurra: onore, dele” 
ciò: parola. — (4) Frutti dal guscio, — (5) I Galla non usano fazzoletto. 


HARARI 
sulub 

maska 
maùkat 
tumtu 

hamal 

fit 

taabu malta 
kùltùm 
macucia 


marfad 

z'alta 

usun masenan 
rahab 
kabila-ahli 

ligi nat 

ligi 

cika 

moscia 
makhutut-hirad 
ficia 

magad 

magad 


cin 

dalag 
madlag 
atar bakela 
var 

hakibo 
mandil 
zihma 
tadhi maùlad 
sì amana 
amin 

kùd 


SOMALI 
goan 

boghon 
dhisnin-tunin 
tumal 
hammal 
hagag — 
dhibjar 
mangio 

goin 

bovbov 
dovlad-dorson 
an-ehein (1) 
dheg hadal (2) 
gagio 

tol 

jaran 

vil 

dhobo 
samein 
balambalis. 
daghigh 
gunti 
guntascio 


rar, dul 
dal 

dallin 
baghela 
Var 

abal 

karin goo 
ghandho 
tadhi-dhal 
amin 
amin 

ber 


GALLA 

muratu 

desù 

giarrù 

tùmtù 

batù 

fula 

hoggidio 

mancia 

hamù 

rissa 

goftima dabu 

soba 

gurra dubacciù(}) 

bela 

gosa 

tinnegna 

gurruba 

dokke 

godù 

billaccia 

dacù 

marto, ida 

martifacciù, hidac 
ciù 

ba’a 

daddabi 

daddabu 

bakela, atara (4) 

odu 

galata 

mandil (5) 

lagda 

tadi 

amana 

amana 

tirù 





- te oe — us 





Folgore 
Follia 
Fondo 
Forbici 
Forestiere 
Formare 


birat 
nudul 
daif 
lablab 
vadri 
tinfacc 
varansilla 
amin 


fit 
maftal 
tut 
sciundud 
eherei 
giammi 
maborad 
habari 
uf baiti 
zar 

buk 

kola 
kutti 


birag, birak 


ginamnat 
sir 
makracia 
nugda 


tab moscia 


SOMALI 
avvale (1) 
vanag 
dhiddig 
boghein 
dabballin 
bahal-adag 


bir 
dalol 
daif 
olol 
miska 
nef 
varansilla 
amin 
daar 
dog 
midab 
mighnin 
dun (3) 
kul 
dibaded 
idil 
idlein 
ubah 
afufnin 
tog 


gobeis fodhin 


gal 

alen 
hillaa 
valli 

gun 
manghass 
deris 
samein 


GALLA 
ajantù (1) 
gammaciu 
daltù 
madesu 
ajissù 
binensa giaba, bi- 
nensa hama gia- 
ba (2) 
sibila 
kaùva 
lafa 
belbela 
tafa 
afura 
varansille 
amanù 
adoftù 
okka 
fula, biffa 
irbù 
girbi 
cialle 
ega 
dùma 
fitù 
darara 
afufù 
laga 
ulule 
cola 
bala 
bakaka 
maratù 
hùnde 
markaccia 
madaco 
tolciù 


(1) Nome proprio maschile molto usato fra i Somali e fra i Galla — (2) Animale 


forte, cattivo, — (3) Nome del cotone. 


ITALIANO 
Formica 
Forno 
Forte 
Fortuna 
Forsa 
Freddo 
Fronte 
Frutto 
Fumo 

Fune 
Fungo 
Fuoco 
Fuori 
Furfante 
Furia 
Furto 
Futuro 
Gabella (1) 
Gabellare (2) 
Gagliardo 
Gajezza 
Galeotto 
Gallina 
Gallo 
Galoppo 
Gamba 
Gareggiare 


Garetto 
Gargarissare 


Garsa 
Gatto 
Gelosia — 


Un uomo geloso 


Gemello 
Gemere 
Genio (3) 


(1) Imposta. — (2) Pagare l'imposta. — (3) Intelligenza. 


HARARI 
ciùcc 
avalada 
tabik 
ajan 
tabik 
bardi 
kirra 
bissi 
tan 
fatit 
inatfa 
isat 
darga 
jihbablizal 
mabarag 
rogi 
athari 
asciur 
asciur moscia 
sagia, giagna 
raraga 
hidame 
atavak 
atavak korma 
garmama 
vadri 
matgafar 


kùb 
malaklak 


sciasse 


_adal 


makgfia 
lakku 


qarom 


SOMALI 
gudangio 
furun 
adag 
ajan 
adeig 
dahan 
fod 
midho 
ghigh 
hadhig 
hangùdaj 
dab 
dibad 


dabad, dabal 


anfarir 
tug 
dambe 
asciur 
asciurin 
gegna 
ragraga 
hasbismai 


luki, lukki 


dora 


galib, dhangalassa 


bovdo 
orotan 


ghòb 


ghadhghadhlein, 
lughlughascio 


sciasse 


dinnat, bascio 


hinassa 


nin hinassa 


mattano 
admin 
gharoma 


fugno 
condalle 
ibidda 
dida 
tullufo 
sasu 
hattu 
mahesa 
karata 
karatu 


bala 


andako 
korman dako 


gudeda 
doghomo , dog 
gomu 
gadjio 
lulukaccio 


sclasse 
adurré 
hinafa 


laku 
adu 
athoma 





ITALIANO 
Gentile 
Gentilezza 
Getiare 
Ghiotto 
Giallo 
Giorno 
Gita 
Giudicare 
Giudice 
Giudizio 
Giuocare 
Giuoco 
Giurare 
Gloria 
Glorioso 
Gobba 
Godere 


Gomma 
Gonfare (1) 
Gozzo 


Grande 
Grasso 
Gravida 
Gregge 
Grettessa 
Gridare 
Guadagnare 
Guancia 
Guardare 
Guarire 
Guastare 
Guerra 
Guerreggiare 
Guidare 
Guscio 
Gustare 


matfegar 
matfekar 


marezau 
rezau 
tulu 
matvadad 


mazmad 
qolloufe 
mathema 


SOMALI . 
suban 
suban 
turrin 
irvein 
dalas 
dharar 
scirscir 
hadal 
hakin 
hukum 
jiarin 
jar 
dhar 
uleis 
uluss 
tuluh 


isgieelau, isku fa- 


rah 
habag 
dibiro 
barar 
vein 
scillis 
ur 
loo 
bakhil 
ghailin 
hellin 
dan 
dainin 
bogsin 
bain 
dullau 
dullin 
gadhuvadnin 
gholof 
dhandhamin 


(1) Ingrossare (significato intransitivo). 


GALLA 


darbu 
ghattu 
dalacia 
gujà 


faradu 
aju 
firdi 
tapù 
tapa 
kakù 
ulfina 
ulfa 
tulù 


ofgammadu 
appe 
bokoku 
oddu, ita 
guddà 
gabbata 
ulfa 

lon 


daghna 
ijù 
argaciù 
malla- 
lalu 
dinsu 
ballesu 
dula 
dulu 
arkisu 
coloufe 
dandamu 


ITALIANO. 
Gusto 
Tdea 
Identico (1) 
Identità 
Idiota 
Tdolo 
Idoneo 
Idrofobo 
Ignavia 
Tgnominia 
Ignorante 
Ignoto 
Tgnudo 
Illuminare 
Imbarazzo 
Immaginare 
Immensità 
Impalmare 
Imparare 
Impasienza 
Impaszare 
Impedire 
Impedsto 
Impegno 
Impertinenza 
Impiantare 
Impiegare 


Impiego 
Impossibile 
Improprietà 


Improvvisamente 


Inabilità 
Incendio 
Incenso 
Incertessa 
Inchinare 


(1) Uniformità. 


mathema 
jada 
ahadbe 


hoda 
thihiu 


aldallaga 
eb 

raga 
scemag 
kof 
maberan 
baalala 
mamsal 
vasaa 
mafacia 
malmad 
madbalal 
ginam 


maktar 

figia 
massadabb 
macekal 
madlag, zala 


madlag 
tabik 
nagis 
dagagama 
raka 

si magada 
biscia 
zaloko 

sas baiti 


SOMALI 


dhandhama 


isku-vah 
isku-in 
sibob 
hoda 
dhabeil 
dhighis 
isgab 
eb 
doghon 
gharson 
ghavan 
iftimin 
tafararagh 
malein 
arlo 
donin 
barrin 
degdeg 
vùalan 
elin 
elin 
figio 

aj 
giogin 


mel samein, hets- 


san 
sciugul 
dhib 
nigiaz 
sugtin 
doghon 
gubtaj 
libanad 
ogascio laan 
rimdùdsascio 


GALLA 

dandama 
jada 
tokiccia 
kitte 


kantu 
dighisa 
diblé 

aibi 

gova 
iubekamne 
duva 


ipsu 
akesù 


kadacciù 

barsisu 
‘argiara 

maraciù 


doùva 

gati 

arraba 

dabu 
hoggiù, basu 


hoggi 


indiba, indandanò 


tun 


gouva 
gubate 
turaba 
kan inbekamia 
godgodaccit 





Infiammare 
Infiammazione 
Ingenuo 
Ingiuria 
Ingiusto 
Inaalsare 
Innamorare 
Insalubre 
Insellare 
Insetto 
Tasieme 
Insolente 
Insuperbire 
Istendere 
Intenzionare 
Intenzione 
Interesse 
Invecchiare 
Inviare 
Ievili 
Invidiare 
Involarsi (2) 
pocrisia 
Ira 
Irrasionevole 


vadalla 
matora 
mahbabal 
afija zalela 
kora (1) moscia 
tili 

giami 

zuruf 

mathfa 
masma 

qatab baiti 
zatab 

faida 

maraga 
maleka 
hinafa, kagna 


maska 
kisbagfia 
kui-baiti 
scemka 


(1) Xora: sella. — (2) Fuggirsene, 


SOMALI 
billaùv 
billaùvnin | 
kulmin 


dubba 


maghdhaù 
saho 

masluf 
garanvascio 
aj 

ubad-dil 
garàu 

nuafa 

ololin 

hur, kuleil 
ghuman 

aj 

ghalloan 
koro-u-ghadnin 
hodhodascio 
udurej 
korein 
deheri 

vada 

adiadle 
ghoghnin 
dhagheisi 
hassusan 
hasus 

faido 
gabogin 
dirrin 
hinassa, histi 
histin, hinassnin 
lullin, boghod 
benale 

dirir 

gharson 


GALLA 


gialcabù 
kùmamù 


kaffalla 

didda, abudda 
diblè 

vallala 

arrabba 


ugiolluma 
lafa 
bobesu 
ova 


gialla 
olfudu 
sosobaccio 
dukublé 
koresù 
ramu 
vagiu 
goga 
kocù 
dagaù 


‘ladù 


lada 
buà 
dullomu 
damu 
hinafa 
hinafù 
desu 


sosobdu 2° 


dekamsa 
kau inbeksisu 


ITALIANO 
Laborioso 
Lacerare 
Ladro 
Ladroneggio 
Lago 
Lagrima 
Lasdezza 
Lamentare 
Lampione 
Lana 
Lancia 
Lanciare 


Languidessa 


Larghesza 
Lasciare 
Latrina 
Latte 
Lavare 
Lavorare 
Lavoro 
Lealtà 
Legare 
Legge 
Leggere 
Leggiero 
Legname 
Legume 
Lentezza 
Lenticchia 
Leone 
Letto 
Libidine 
Licenza 
Lima 
Limone 
Limosina 
Lingua 
Lino 
Liquido 


HARARI 
harasci 


-makdad 
‘rogi 


sirogin 
kuri 
bikit 


mabka 
fanons 
bisti 
varam 
mahagia 
daif 
ghidra 
mahdag 
sagara 


mathatal 
madlag 
kasbi 
amiu 
magad 
sciarla 
makraa 
kafil 
juci 
nihmat 
iscet 


vanag 
dufau 


amr] 
mabrat 


sadaga 
arrat 
talba 


SOMALI 
harasc 
dilain 
tug 

tugo 

har 

ilmo 
fol-hum 
ohin 
tanous 
bisti 
ebo, varau 
varen 
gilee 
baladh 
dein 
sagaro 
ano 


meidhascio 


dalagnin 
sciugul 
amin 
hidhuin 
her 
akhrin 
fudud 
ghed 


ajar 
misir 
libah 
sarir 
dhilaj 
emar 
sofia 
lamun 
dhorto 
arab 
ghondar 
mid 


GALLA 


kottù 


hattu 
hattamte 
hara 
imiman 
fulama 
boa 


varo 
varaua 
varanu 
daddabi 


dissu 


anen 

diku 
huggiaccitù 
huggi 
amana 
hiddu 
carrau 
salpa 

muka 

rafu 


misseri 
lencia 


eggia 


tuto 


talba 
biscian: 








HARARI 


santagna 
moroma 
allamagau 
rubuk 
azzijù 


cumbursi 
birriq 
fatila 
claraga 
gadara 
ataj 
astira 
asaja 


391 — 
SOMALI 


subar 
moron 
galladin 
fog 
ijaga 
muftah 


garabildan. 


iftin 
fatilad 
dajah 
derer 
mel 
sado 
ver 


GALLA 


muciuciata 
fallamù 
galata-galfaciù 
fagò 


1sau 


buccaccia 
ifa 


derina 

irghe 

asaja 
(continua). 


II. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. —— (GEOGRAFIA GENERALE, 


LA REPRESSIONE DELLA TRATTA DEGLI SCHIAVI E L'IraLIA. — Un 
Libro verde, testà pubblicato, contiene una completa raccolta di docu- 
menti diplomatici relativi all’azione esercitata dal governo italiano in favore 
della repressione della tratta degli schiavi. Diamo qui qualche notizia 
in proposito. — Il principio della repressione delia tratta, proclamato 
al Congresso dj Vienna nel 1815, non si tradusse in un atto intera 
zionale che nel 1831-1833, mercè le convenzioni tra la Francia e la 
Gran Bretagna, cui accedette il Regno di Sardegna nel 1834. Il diritto 
di visita, che era stato lo scoglio insormontabile di tante trattative 
diplomatiche, fu limitato allora a parte della costa occidentale africana, 
alle coste delle Isole di Madagascar, di Cuba e Porto Rico ed a quelle 
del Brasile. — L'Italia, divenuta potenza coloniale, ritenne che in vista 
delle conseguenze che poteva produrre la rivoluzione del Sudan, fosse 
il caso di estendere la convenzione del 1831 alla costa orientale del 
l’ Africa, ed appunto con tale proposta fatta dal governo italiano a quello 
inglese si apre il Zibro verde che abbiamo sott’ occhio. — Rimandata 
ad altro tempo, per ragione di opportunità, la soluzione di tale questione, 
l’ Italia, su proposta del governo inglese, dichiarò di accedere alla con- 
venzione anglo-egiziana del 1877; e ciò fu stabilito con apposita con- 
venzione firmata al Cairo dai rappresentanti delle tre Potenze il 21 di- 
cembre 1885. Mercè tale convenzione il governo egiziano s’' era impegnato 
a proibire nei suoi territorî la tratta, e consentì il diritto di visita nel 
Mar Rosso, nel Golfo d' Aden lungo la costa dell’ Arabia e la costa 
orientale d’ Africa e nelle acque marittime dell’ Egitto e sue dipendenze, 
sulle navi con bandiera egiziana adibite al commercio degli schiavi nen 
od abissini. Eguale obbligo hanno assunto l'Inghilterra, ed ora anche 
l'Italia. — L'occupazione italiana, poi, sulle coste del Mar Rosso non 
mancò di produrre i suoi benefici effetti per la repressione, e se ne hs 
notizia in vari documenti contenuti nel Libro verde. In esso è pure pub- 
blicata la convenzione 7 luglio 1887, firmata per il governo italiano dal 
conte Antonelli, con la quale il sultano di Aussa si impegna a proibire 
la tratta degli schiavi nel suo territorio, verso un compenso, a titolo 
rimborso di spesa, di talleri 1,500 all’ anno, pagatigli dall’ Italia. Il nostro 
governo si fece anche premura di partecipare al blocco delle coste dello 
Zanzibar, stabilito nello scorso anno per iniziativa della Germania e della 





— 393 — 
Inghilterra col precipuo scopo di reprimere il commercio di schiavi, colà 
fioridissimo. — Cominciarono intanto le trattative per la conclusione 
di una convenzione fra l'Inghilterra e l'Italia, mediante la quale, non 
avendo più vigore il trattato del 1831, furono stabilite nuove norme 
per combattere più efficacemente la tratta. E tale convenzione fu fir- 
wmata a Londra il 14 settembre dello scorso anno. In essa è stabilito, 
@itre all’ obbligo delle due Potenze di proibire ogni commercio di schiavi 
per parte dei propri sudditi o sotto la propria bandiera, il reciproco di- , 
ritto di visita. Questo diritto però non potrà esercitarsi nel Mediterraneo, nè 
altrove oltre uno spazio che avrà per limiti, assettentrione, il 32° parallelo 
di lat. N.; ad occidente la costa orientale d’ America, dal punto ove 
il 32° parallelo di lat. N. tocca quella costa, fino al 45° parallelo di 
lat. S.; a mezzogiorno il 48° parallelo di lat. S., dal punto dove quel pa- 
rallelo tocca la costa orientale d’ America all’ 80° grado di longitudine 
orientale del meridiano di Greenwich; e, ad oriente dallo stesso grado 
di longitudine, dal punto dove è intersecato dal 45° parallelo di lati- 
tudine meridionale, fino alla costa dell'India. La stessa convenzione poi 
stabilisce le norme per la visita, le prove necessarie per riconoscere 
Y esercizio dell’indebito commercio, i provvedimenti da adottarsi contro 
i bastimenti sorpresi, ed i tribunali da cui dovranno essere giudicati i 
colpevoli, i quali saranno ritenuti responsabili di atto di pirateria. 
questo uno dei trattati più larghi che siano stati conclusi su tale ma- 
teria e sarebbe desiderabile che vi accedessero anche altre nazioni, 
rendendo così più efficaci gli sforzi tendenti ad uno scopo così umani- 
tario e civile. 

OnoRI AL cap. Casati IN Egirro. — Per l'arrivo del cap. G. Casati 
‘al Cairo, ivi si preparano a lui grandi accoglienze ed onori. La Società 
italiana cooperativa « Diritti e doveri » lo nominò per acclamazione suo 
Socio onorario; e 1’ altra Società italiana, dei Reduci dalle patrie bat- 
taglie, promosse presso le Società consorelle un ricevimento solenne con 
banchetto d’ onore (Dalla Riforma, N. 79, 1890). 

IL portor V. Ragazzi scrive alla nostra Società di aver lasciato 
Let-Marefià, per unirsi al seguito dell’ Imperatore Menilek alla volta del 
Tigrè. I telegrammi dei giornali ci annunciarono già il suo incontro 
col conte Antonelli, il suo arrivo a Massaua ed il suo imbarco per 
l’ Europa. Il dottor Traversi, che deve sostituirlo nella direzione della 
nostra Stazione, è partito da molto tempo da Assab verso lo Scioa. Le 
ultime notizie di lui lo dicono arrivato felicemente nell’ Aussa con tutta 
la sua carovana. 

Emin PASCIÀ NON RITORNA IN Europa. — Telegrafano al Zsmes 
da Bagamojo che Emin Pascià avrebbe accettato definitivamente le pro- 
poste fattegli dal maggiore Wissmann, abbandonando l'idea di ritornare 
in Europa. Egli, ove tale notizia si confermasse, entrerebbe al servizio 
della Germania, e lascierebbe verso la metà del corrente mese Baga- 
mojo per dirigersi alla volta del Lago Victoria con una carovana com- 
posta di varî ufficiali tedeschi e di 200 soldati sudanesi. La partenza 
di tale carovana, nella stagione meno propizia dell’anno, ed il proclama 
che il Console generale tedesco a Zanzibar avrebbe pubblicato per 


— 394 — 
proibire |’ entrata delle carovane nel territorio tedesco tra Tanga, Pan 
gani e Kilimangiaro senza previa autorizzazione, si considerano come 
sintomi dell’ accentuarsi di una certa rivalità tra la Germania e l'In 
ghilterra in quei paesi (Za Tribuna, n. 93, 1890). 

I MANUALI DI GEOGRAFIA ANTICA DELL’ Hucues. — In questi 
giorni vennero in luce il II ed il III volumetto di quest’ opera scola- 
stica del prof. L. Hugues. Il secondo volume, completando il primo (1), 
s’ occupa diffusamente della penisola greco-illirica, ossia slavo-ellenica, 


come si suol dire più comunemente; e poi degli altri paesi dell’ Europa | 


Fatta nei primi quattro capitoli la descrizione generale della penisola, 
nel quarto presenta |’ etnografia antica degli abitanti di essa. Net suc 
cessivi capitoli della stessa prima parte è trattata con giusta ampiezza 





la corografia e topografia delle singole regioni, che sono così divise: 


regioni del N.-O., Liburnia, Dalmazia, Illiria meridionale; regioni de 
N.-E., Tracia, Macedonia, Isole del Mare di Tracia; la Grecia set 
tentrionale, Epiro, Tessaglia; le regioni della Grecia centrale, le Isole 
del Mare Egeo, il Peloponneso, le Isole del Mar Jonio. Scientificamente 
giusta è l’idea di usare la forma originale classica nella nomenclature 


geografica delle regioni, dei monti, dei fiumi, e, fino a un certo punto, — 


anche delle città antiche, recando poi fra parentesi anche la forma 
moderna. Accuratissima poi, bene ordinata e con discrezione introdotta 
la materia storica nella geografica. — La seconda parte, che tratta degli 
altri paesi d’ Europa, è divisa come segue: la penisola iberica, Galli, 
Germania, i paesi del Danubio, l’ Europa orientale, le isole britanniche, 
Scandinavia. Anche qui è mantenuta una giusta proporzione nello sr 
luppo della materia; però l’autore ha esposto quanto di più certo € 
importante vi ha nella Geografia intorno a quelle regioni nei temp 
antichi. Due appendici sul nome « Ellade » e sul Ponto Eusino, ed un 
Elenco dei luoghi importanti sotto l’ aspetto storico compiono questo 
volume. — Il terzo volume finalmente contiene la Geografia antica 
dell’ Asia e dell’ Africa settentrionale. Nella prima parte trattasi dist 
tamente dell’ Asia minote — dell'Armenia — poi insieme dell’ Assiria, Me 
sopotamia, Babilonia e Susiana — della Siria — della penisola arabica — 
della regione iranica — dei paesi dell’ Oxus e del Jaxartes — dei pact 
del Caucaso — della regione indiana — in fine aggiungendo le notizie più 
accertate e importanti sulla Cina, la Serica e la Scizia. La seconda pare 
contiene quanto riguarda 1’ Africa settentrionale, cioè quanto gli antichi 
conoscevano con minori incertezze dell’ Africa. Esposti prima i line 
menti di questo continente, com’ erano noti ai Greci ed ai Romadl 
nei contorni esterni, nei rilievi del suolo, e nei sistemi idrograf@ 
I’ Hugues descrive in primo luogo e con maggiore ampiezza l'Egitto © 
le sue oasi, poi 1’ Etiopia; e toccata la Libia e il paese delle Sirt, # 
ferma all’ Africa cartaginese con la Numidia e la Mauritania. Un’ App 
dice sulle grandi famiglie etniche dei tre continenti ed un Elenco 
luoghi storici chiudono questo terzo volume, che per ordine € bontà 
non resta inferiore al secondo. 


(1) Vedi BOLLETTINO, agosto 1889, pag. 690. 


5 _{.... i _____ee____. 


— 395 — 

TESTO-ATLANTE STORICO GHISLERI. -— Seguita regolarmente la 
mbblicazione del Testo-Atlante di Geografia storica del prof. A. Ghi- 
ieri, editori i fratelli Cattaneo di Bergamo. L’ ultima dispensa, testè 
uscita, contiene una nuova serie di carte e la descrizione relativa, del 
primo periodo di Storia moderna, fino al Trattato di Vestfalia. Con- 
tinua ad essere, ed anzi diviene sempre più un lavoro accurato, quanto 
utile. 

BIOGRAFIA DEL GENERALE PRSCEVALSKI. — Il sig. N. Dubrovine ha 
testè pubblicato, per incarico di alcuni amici e colleghi del compianto 
generale Prscevalski, una accurata e diffusa biografia di questo illustre 
esploratore e scienziato, che la nostra Società annoverò fra i suoi Membri 
d'onore ed al quale conferì pure una Medaglia d'oro. — Il sig. Du- 
brovine compiè questo lavoro oltre che con affetto di amico e di col- 
lega, con I’ acume e |’ imparzialita di un biografo illuminato e diligente, 
traendo i dati e le impressioni da 600 lettere del Generale, da tutta la 
‘ua corrispondenza privata, dalle memorie di parenti e di amici, dalle 
pubblicazioni e dai documenti inediti che ebbe agio di procurarsi per 
mezzo della Società geografica russa e dal Corpo di Stato Maggiore. 
Lo scopo della pubblicazione, che 1’ egregio autore modestamente enuncia 
în una lettera con cui ebbe la cortesia di accompagnare un esemplare 
del lavoro, da lui donato alla nostra Società, si è quello « di conservare 
alla posterità l'immagine pura e simpatica del Prscevalski e di far cono- 
scere alcuni particolari della vita di lui che il tempo potrebbe far 
dimenticare >». Egli però dichiara di non poter dare un giudizio suffi- 
cientemente fondato sulle opere del Generale, dopo soli 15 mesi dalla 
morte di lui; e mentre soltanto da poco tempo è iniziata la pubblica- 
zione dei « Risultati scientifici dei suoi viaggi » a cura dell’ Accademia 
delle scienze naturali e della Imp. Società geografica russa. Comunque, 
non si può tralasciare di notare che dal lavoro biografico del Dubro- 
viee il lettore ha modo di formarsi un concetto quanto mai esatto della 
brillante figura del Prscevalski, del carattere, dell'ingegno, del coraggio 
dì lui e dei risultati di una attività quasi tutta dedicata allo studio ed 
al progresso del sapere. — Il volume in 4°, di una elegante edizione, 
è composto di 602 pag. con tre ritratti del Generale, alcune incisioni, 
ed una grande carta dove sono delineati gli itinerarî dei viaggi da lui 
compiuti. Esso è diviso in 16 capitoli, ai quali fanno seguito a guisa 
appendice alcuni documenti. Nei due primi capitoli, l’autore traccia 
brevemente l'origine della famiglia del Prscevalski, I’ adolescenza di lui, 
studi compiuti, il suo entrare nell’ esercito ed i primi passi fatti - 
nella carriera, per un periodo che va dal 1839 al 1866. Nel cap. III 
cominciano le notizie relative ai primi studi geografici, con la missione 
nella regione dell’ Ussuri affidata al Prscevalski con l'appoggio della 
mone siberiana della Società geografica russa. E tutta la carriera 
itare e scientifica di lui è poi tracciata con cura negli altri capitoli, 
Rel quali sono con speciale diligenza esposte le vicende ed i risultati 
1 Quattro grandi viaggi nell’ Asia centrale compiuti dal compianto 

e. 
NecroLoGiA. — Zyeich-LapRne, residente francese al Gran Bassam, 

















— 396 — 
noto per il viaggio intrapreso alla ricerca del cap. Binger sull'A 
Niger (1), moriva nei primi giorni di marzo, nella età di 27 anni 


B. — EUROPA. 





In CanaLe pr Corinto. — Lo scioglimento della Compagnia d 
Canale di Corinto, avvenuto in seguito ad una recente sentenza del t 
bunale della Senna, aveva fatto temere che la importante opera pote 
rimanere sospesa, e per lungo tempo. Ora da notizie pubblicate in ¥ 
giornali risulta invece che si starebbe trattando la costituzione di 
nuova Società, la quale si proporrebbe di ultimare senza ritardo 1 
del Canale. (Marina e Commercio, n. 10, 1890). 

« Les Civennes ». — Il valente esploratore dei « Causses > {4 
sig. E. A. Martel, ha testè pubblicato per esteso i risultati delle num 
rose sue ricerche nel sottosuolo dei dipartimenti del Lozère, del 
del Tarn e dell’Hérault. In questo suo volume col titolo « Les Cér 
nes », egli descrive i monti, le valli e le grotte oramai famose di gq 
paesi meridionali della Francia. Opportune tornano alcune spiegaziof 
preliminari, date in forma semplice e adatta, come introduzione a 
descrizioni del sottosuolo esplorato. Tale è quella geografica che ints 
duce nell’ opera; tale pure l’altra geologica, che precede l’idrog 
sotterranea dei Causses e delle Cevenne. La lettura di questo libro 4 
attraente, perchè il Martel intende di scrivere per un numero maggio? 
di lettori; narra anche con arte i rischi corsi e spiega i mezzi da lw 
adoperati per riuscire nelle sue scoperte. L'opera è riccamente co 
data di fotolitografie e di carte e schizzi rappresentanti i paesi e i sof 
terranei con le loro grotte, dall'autore scoperti o percorsi e visitati. 

IL SOLLEVAMENTO DELLE COSTE FINLANDESI, di cui si è income 
ciato uno studio più accurato fin dal 1858, è stato calcolato definitiva» 
mente in questi ultimi mesi da A. R. Bonsdorf, sulle diligentissime mi 
surazioni eseguite regolarmente per trent'anni. Dalle sue conclusioni i 
sulta che le coste della Finlandia sud-occidentale s’inalzano in propor 
zione di 55 cm. per secolo. Risulta pure che il modulo di sollevamento 
cresce da Utò (Isole Aland) verso N., e diminuisce cominciando al 
° là di Porcala (presso Helsingfors) verso E. (I. Soc. Geog. Russa, /saie 
stija, XXV-5). 

LE ASCENSIONI DEL Caucaso NEL 1889 furono parecchie. In primo 
luogo registriamo quelle dei fratelli Sella, figli del compianto uomo di 
, Stato, i quali toccarono le cime dell’ Elbruz e del Mala-tau (m. 4,660) 
di là portando con sè molti materiali scientifici e fotografie. Intanto ll 
Wolley fece l'ascensione del Dih-tau (m. 5,150), sali sulla cima oriea 
tale del Miscirghi-tau (m. 4,900), quella occidentale dell’ Elbruz ed al 
tre. Il Powell e il Freshfield giunsero sulla vetta del Leila (m. 4,050 
4,080). Più importante di tutte per la cognizione delle altitudini del 
sistema caucasico fu l’ascensione del bar. von Ungern-Sternberg sul!’ 


(1) Vedi BOLLETTINO. febérajo 1890, pag. 207. 
(2) Vedi BOLLETTINO, aprile 1889, pag. 312. 


‘ 


— 397 — 
Vi si eseguirono osservazioni e misure, dalle quali risulta che 
ezza della vetta occidentale raggiunge m. 5,630. Fu inoltre da lui 
bstatata l’esistenza del cratere, che il Groves affermò, sulla cima del 
= monte. (Peterm. Mifteil., n. II, 1890). 


C. — ASIA. 






















| ALTRE NOTIZIE SULLA SPEDIZIONE Pievzov (1). — Il luogot. Robo- 
i, che fa parte della Spedizione Pievzov, mandò ultimamente notizie 
puticolareggiate intorno ad essa. L'arrivo a Nia era avvenuto il 
mo 19 ottobre. Il 27 Pievzov con Bogdanovié, Coslov e Roborovski, 
per le montagne, che si elevano al S.-E. di Nia, per riconoscervi 
passi, circostanti alla tomba di Mongilik-Chanum, lasciando il grosso 
a carovana al campo e nelle buone praterie situate a 12 km. da 
p. Gli esploratori si avanzarono prima per 160 km. sulla nota via 
ed E. lungo le basse falde di quei monti, per poi procedere a 
e S-0. fino al luogo denominato Cara Sai, dove giunsero il 1° no- 
bre. Questo villaggio, abitato esclusivamente da indigeni, e di quando 
quando oppresso da avventurieri cinesi, trovasi a cavaliere d’un fiu- 
ello, che gli presta il nome. Tutti i suoi dintorni sono ricchi di 
oh, in cui prevalgono un Lo/ium, un Hedysarum, la Lasiagrostis 
| ed una specie di Sfiga, e crescono bene tra altre piante 1’r- 
a, l'Eurotia e i tamarischi. Molti gli uccelli, fra cui varie specie 
vvoltoi; numerose le volpi. V’é una quantità di piccoli rosicchianti, 
Foe batraci; mancano, a quanto pare, gl’ insetti. Il paese è bene irri- 
d dai piccoli ruscelli che formano il Cara Sai. La popolazione è tutta 
Mita alla pastorizia ed alle piccole industrie che vi si connettono. Le 
qpie € i fanciulli ajutano gli uomini nelle loro occupazioni, vivendo 
tit in gruppi di famiglie, ed emigrano regolarmente nelle montagne ai 
ageoli. Il commercio è in mano di mercanti del Ferganah. — Da Cara 
@ Pievzov e i suoi compagni si diressero a S. nelle montagne, per- 
Afrendo una lunga vallata tra due catene, ricche pure di vita vegetale 
@ snimale, somigliante a quella di Cara Sai, anzi più varia. Questa 
sta si stringe a forma di canale, ed a km. 6,5 dal suo ingresso questo 
ale si divide in due, uno diretto a N.-E., l'altro a S.-O.; gli esplo- 
on seguirono quest’ ultimo ed arrampicando su per un'erta erbosa 
èrono un passo, che per roccie a precipizio li condusse nel letto 
n torrentello, il quale scorre ad O., gettandosi nel Fiume Tolan-Cho- 
1 là passarono ad un'altra catena trasversale, sulla cui sommità 
dono scoprire un'infinità di massi montuosi. Una gran valle si pro- 
re di là a S., fiancheggiata dal contrafforte dell’ Usu Tagh, la cui 
4 biancheggiava di neve recente. In fondo al piano il letto del Fiume 

Pegilik Chanum, a S.-O. la valle Sarik Tuz col Fiume Tolan Chogia, 
eth sua destra la Catena Astuin. Anche qui la vegetazione è in ge- 
“wt nigogliosa, ed abbondante l'acqua. Un altro passo conduce da 
sommità al canale del Mongilik Chanum Su, che scorre per 2 


| 


(I) Vedi BOLLETTINO, gesnajo 1890, pag. 117. 


















km. attraverso banchi di conglomerati per entrare in un piccolo ripia 
dove le sue acque penetrando in un rialzo calcare di circa 15 m. g 
ducono fenomeni di colatura e di luce, che probabilmente fecero naso 
la leggenda della bellissima vergine musulmana, che diede il nome al @ 
— La Spedizione mosse da quel luogo, ancora frequentato da pellegrà 
ad esplorare la valle di Sarik Tuz; e i compagni del col. Pievzor, 
perate poche difficoltà di passaggi, poterono cavalcare per 80 km. tt 
cando il Fiume Aitulan-Chanum, che nasce dall'Uru Tagh. Esso si dira 
in più luoghi, formando vere isolette; poi le sue acque procedono | 
O. gettandosi nel Sarik-Tuz-Su. Seguito il corso di questo fiume per 
recchi chilometri, la Spedizione si avanzò ai piedi dell’ Astik-Tagh, che: 
dilunga a N.-O., mentre l'Uzu-Tagh conserva la sua direzione a S.-0. 
pastori del luogo asserirono al Roborovski che seguendo la catena dé 
l' Astik a N.-O. in sei giorni si arriva alla sorgente del Keria. L'Ast 
Tagh ha le sue più alte cime coronate di nevi eterne. Dopo aver fiz 
cheggiato per tre giorni |’ Uzu-Tagh la Spedizione riuscì in una sconfi 
pianura che s’estende a S.-E., non essendovi, per testimonianza di qi 
pastori, nessun monte in quella direzione a distanza grandissima. Il Rg 
borovski dichiara che la cavalcata da lui fatta lo convince della pas 
bilità di penetrare nell’ altopiano del Tibet con tutta la carovana. Giu 
allo sbocco della Gola di Jaaelik, gli esploratori fecero ritorno, e riuniti 
al col. Pievzov in Mazar-Mongilik-Chanum rientrarono nel campo & 
Nia il giorno 17 novembre p. p. 1889. Il Pievzov avendo deciso & 
svernare colà, fu piantato regolarmente il quartiere d’inverno fin dal 24 ste 
cessivo, preparandosi la Spedizione al grande viaggio per il Tibet. Intanto. 
i singoli membri attendono ai lavori d’ ordinamento delle raccolte fatte: 
Roborovski raccolse 430 specie di piante, 1,500 specie d’ insetti e de 
traci ecc., Bogdanovié una quantità di esemplari di minerali, ottenuti pelt 
sue molte escursioni geologiche. Pievzov intanto rilevò tutto l’ itinerari 
e fece numerose osservazioni astronomiche. Coslov e Telescev fecero um 
importante collezione di uccelli. Dai risultati ottenuti dalla suddetti 
escursione a S., l'esplorazione del Tibet promette delle vere scopert 
geografiche (R. Soc. Geog. di Londra, Proceedings, n. 3, 1890). 

La navigazione DEL MECONG, oltre le rapide di Prea-Patang, è 
oramai pienamente assicurata per l’esperienza fattavi, con navi 
lunghezza di circa 50 metri, dal cap. Heurtel verso la fine del passato 
anno (Soc. Geog. Comm. di Parigi, Bulletin, n. 2, 1890). i 

UN NUOVO LAGO SALATO, — Un giovane viaggiatore russo, figlio 
del generale Strelbitzki, il celebre autore della grande Carta della Russ 
e del calcolo della superficie dell’ Europa, è testè ritornato da un viaggio 
nella parte orientale del Chorassan e nel Seistan. — Percorrendo quest 
paesi egli fece la scoperta di un lago salato al S. di Haf, nella regione 
che le nostre carte indicano come un deserto. Nella città di Haf, egl 
osservò l'aumento del numero degli Indu, che si impadroniscono a po 
a poco di tutte le ricchezze del popolo (Soc. Geog. di Parigi, Compt 
rendu, n. 3, 1890). | 

Un nuovo VuLCANO NEL Giappone. — Il Monte Zu, vicino a Ft 
cuvama, nel distretto di Bingo (Giappone), fece improvvisamente 2 





— 399 — 

rima ertzione il giorno 16 gennajo p. p.. Si intese un'esplosione si- 
fle a quella della dinamite, e la sommità del monte, squarciata, mandò 
bbia e lapilli, che furono lanciati fino alla distanza di 10 km. a Mid- 
bomimura e altrove. (ature, n. 1061, 1890). 

UN OSSERVATORIO METEOROLOGICO sarà costruito nelle Isole Liu-Chiu 
i governo giapponese. La posizione è importantissima e per la scienza 
per la navigazione, essendo quelle isole il punto d’intersezione tra le 
i marittime da Scianghai a Manilla in una direzione, e da Hong-Cong 
Mokio dall'altra. Inoltre l’Arcipelago delle Liu-Chiu è forse il miglior 

o d'osservazione dei fenomeni che si connettono ai tifoni ed alle 
genti dei mari della Cina (/Vazure, n. 1061, 1890). 


D. — AFRICA. 


I NOSTRI VIAGGIATORI. — Telegrammi pervenuti testè ai giornali 
tici confermano che il dott. Nerazzini è partito il 29 marzo scorso 
Zela per l’Harar, insieme con una scorta di centottanta Abissini, 
Batagii incontro dal vice-governatore di Harar. Come è noto il 
ì. Nerazzini rimarrà all'Harar come residente italiano. Il dott. Tra- 
Mera il 12 febbrajo all’Aussa e proseguiva per lo Scioa; ed il 
Ragazzi parti, come già dicemmo, da Massaua per l’Italia, recando 
ratifica di Menilek alla convenzione addizionale al trattato italo- 
loi. L'ing. Bricchetti-Robecchi, di cui fu già annunziata la par- 
xa alla volta di Opia, fu per qualche giorno al Cairo, accolto con 
porta cordialità dal nostro Console e dalla colonia. Fu ricevuto da 
» Ail Vicerè, e ricevette particolari manifestazioni di simpatia dal 
pte Teleki, dal dott. Schweinfurth e dai rappresentanti la Società Geo- 
pica Khediviale. L’ing. Robecchi continuò poi il suo viaggio ed il 
marzo era arrivato in Aden. (Za Aiforma, n. 88 e 89, 1890). 
| LA NUOVA CIRCOSCRIZIONE MILITARE NELLA COLONIA ERITREA. — 
ì ordine del*giorno 14 febbrajo p. p. del Comandante generale 
pinca, il territorio della Colonia Eritrea è stato diviso nelle seguenti 
militari: 1° Zona estrema di occupazione, Asmara; 2° Zona di 
mata; 3° Presidio di Assab. La zona di Asmara è poi suddivisa in 
sotto-zone: 1° Sotto-zona del Mareb (Debaroa); 2° Sotto-zona cen- 
R (Asmara); 3° Sotto-zona dell'Anseba (Keren). La Zona di Massaua 
tddivide in due sotto-zone: 1° Sotto-zona del Golfo d'Ardfali (Ar- 
®): 2° Sotto-zona di Massaua. Alla sotto-zona di Massaua appartiene 
domando speciale di Saati,’ per il servizio delle tappe. Il Presidio di 
a), a quanto pare, dipende direttamente, ma separatamente, dal Co- 
Rdo generale di Massaua. (Capitan Fracassa, n. 72, 1890). 
L'ALToPIANO DEI Mensa. — Il cap. M. Camperio ha recentemente 
to al giornale Za Riforma, una interessante lettera, nella quale da 
nua di una escursione da lui compiuta durante lo scorso inverno 
' altopiano di Mensa. Togliamo da tale corrispondenza qualche ap- 
to d'indole strettamente geografica sulle località visitate. — Imbar- 
Rai a Genova, il cap. Camperio fece una breve sosta in Aden, durante la 
Visità l'oasi La Hagg, assai benevolmente accolto da quel sultano, 

























— 400 — 
il quale gli diede prova di particolare rispetto per gl’ Italiani. Toccandg 
Assab, notò 1 progressi compiuti da quella nostra colonia e giunto f 
Massaua, si pose tosto in cammino verso la méta della sua _ escursio 
La carovana che accompagnava il cap. Camperio era composta dé 
missionario svedese dott. Bergman, del fotografo Nicotera, d’un soldati 
indigeno, tre volontari dell'orda di Adam, un servo europeo, uno some 
la nota guida Salem ed alcuni ragazzi portatori. Partito da Saati, 
Camperio per la via di Ailet ed Assus giunse a Gomod dopo are 
quattro ore di marcia. Di là, attraversando la pianura deserta solcatg 
da molti saa, giunse nella valle del Laba, dove ha principio la gni 
provincia dei Mensa. Il Laba ha sempre acqua in estate, ma ne è ase 
scarso in inverno. Rimontando questo torrente si arriva a poca distang 
‘da Gheleb, ma nelle ultime ore di marcia si attraversa una gola assi 
‘ difficile, chiamata Shager-Bebit, e che nelle carte comuni ed in quella 
dello Stato Maggiore viene erroneamente indicata sotto il nome di 
Mogher-Bebit. Ii Camperio dichiara che non ritiene sia il caso di aprisé 
una via nel letto di quel torrente, perchè le acque irrompenti la distrog 
gerebbero ad ogni pioggia; egli crede preferibile da Assus passare pt 
la via cosidetta di Musot fra Beita-Crestian e Cansal. Ecco ora cat 
dice il Camperio del territorio dei Mensa: « L’altopiano dei Mensa & 
« il più vicino a Massaua fra tutti gli altipiani della nostra coloni 
Gheleb, suo‘capoluogo, si trova a circa cento chilometri a volo duc 
cello da Massaua, e per la strada da me percorsa 125 chilometri; 
I confini di questa regione sono: al N. la valle del Lebca; a N.-0.# 
Gesghesa, suo confluente; ad O. l'Anseba; a S. l’Hamasen ed a. 
E. la steppa dello Sceb. La sua superficie oltrepassa i 3 mila chilo 
metri quadrati, ma i terreni utilizzabili per la pastorizia o anche, ci 
tempo, per l'agricoltura, sono a N.-O. il grande altopiano Magraredg 
Bagus, visitato dall’Andreoli a parecchie riprese. Questo altopiano, 
circa 1,300 metri sul livello del mare, ha una sorgente d’acqua pe 
renne che va a perdersi nel Lebca. L'Andreoli, ‘che da 15 anm 
percorre quei paesi, avrebbe in idea di stabilirvi un grande allew 
mento di vaccine; ha il vantaggio della vicinanza alla valle del 
Lebca, per dove passa la via maestra Massaua-Keren; questa vii 
dovrà certamente quanto prima essere solcata da una ferrovia, ¢! 
prodotti del Magrareb Bagus potranno allora facilmente essere tr 
sportati a Massaua, evitando la gola di Shager-Bebit. A N.-O. 14 
Mensa si estende pure un altro ancor più vasto altopiano formato dii 
Monti Agaro. Ha un'altezza di circa 1,800 metri sul livello del mare 
e vi si coltivava già il frumento e la dura nei luoghi più bassi. Vi 
ho mangiato dei piselli comperati da indigeni alla stazione di Farhat, 
presso la quale ci fermammo a riposare. Questa regione comuna 
colla pianura di Uasentet, attraversata dalla via maestra Massatt 
Keren. Nel centro poi dei Mensa si trova una serie di altipiani & 
bosi, che furono visitati più volte dal missionario Bergman e son0: 
oltre alla gran pianura di Gheleb, più a N. quella di Baaltet, nea 
d'acqua e a N. di questa gli altipiani di Debat-beit-arbait e di Halibò 
« e Sciemabret. Questi territori coltivabili hanno una estensione di oltre 


f A A A A A A A A A A AAA AAA AA AHR A A AAA AAA A AA A 


300,000 ettari — La popolazione Mensa è scarsissima e non giunge 
feertamente ai 6 mila individui, dati dal Sapeto e da altri geografi, 
wendovi le orde di Ras Alula distrutto a più riprese i pochi villaggi, 
portando via tutto il bestiame. Ora la pastorizia indigena è in piena 
cadenza, causa anche l’epizoozia che devastò queste contrade. Da 
MjpSsicoli fatti in grosso modo, in queste regioni vi sono circa 1,500 
Mifgaca/. Si potrebbe introdurvi, meglio che in qualunque provincia 
Mella nostra colonia, l'allevamento dei cavalli per la cavalleria. leg- 
gera. Le pioggie vi son molto regolari d'estate e non unite alla 
fgandme devastatrice dei versanti orientali degli altipiani Habab. La 
lena posizione poi, fra Massaua e Keren, e la vicinanza colla grande 
via di comunicazione del Sudan con Massaua, è favorevolissima anche 
® una colonizzazione agricola. Le nostre truppe non hanno ancora 
occupato nessun posto di questi altipiani. Da Gheleb a Keren vi sono 
due marcie, di 12 ore la prima e di circa 8 ore la seconda. La via è 
buona e facile; si potrebbe con poca spesa ridurla per carri a bovi, e 
i l'unico tratto un po’ difficile è fra l’Anseba e Keren. I posti.abitati sta- 
‘bilmente in questi altipiani sono Gheleb, Ham-Ham, Belta, Nuret, Magra- 
reb e Farhat. Nella via da noi percorsa, fra Gheleb e Keren, abbiamo 
‘attraversato vaste pianure ricche di erbe, ma essiccate dal sole invernale, 
di modo che sembravano campi di frumento maturo. In molti posti 
nascondevano un uomo a cavallo di un mulo. È da notarsi che una 
grande parte di queste praterie vengono bruciate dai pastori, quando 
questi fanno fuoco per cuocere il loro pane e per tener di notte lontane 
È le bestie feroci. Non credo però che di queste vi sia grande abbon- 

danza, come si dice; noi non abbiamo mai sentito il ruggito nè del 
ime icone, nè del leopardo, e poche sono le vittime umane delle fiere, 

che probabilmente si sono allontanate per mancanza di bestiame. Gli 
stessi feeud non vengono circondati da seride di spine, a difesa delle 
fere. Avendo io chiesto agli indigeni il perchè di tanta indifferenza, 

ì mi risposero che così usavano i loro padri. Ciò non toglie che un 

mese prima della nostra visita un leopardo abbia portato via un ra- 

# * Sazzo uscito dalla capanna senza lume. I Mensa hanno un’ari- 
© stocrazia infingarda; stanno sempre accoccolati, coprendosi il viso col 

© klait (specie di toga). Vi sono molti antichi cristiani che vivono 

* in buon accordo coi musulmani; non mangiano però assieme, e cia- 
* scuno uccide il proprio montone. I cristiani portano in generale un 
€ cordone nero al collo, i maomettani una catenella di conterie ro- 
€ tonde nere. Il suocero fa tutte le spese nei matrimonî, e l’unico prete 
‘ che abbia trovato fra i Mensa, li benedice; chi può, tiene più mogli. 
* Ciascuna famiglia dell’aristocrazia ha un pezzo di terreno, che fa la- 
* vorare dal povero. Per il passato le guerre dei Mensa erano special- 
* mente contro le tribù degli At-Mariam; essi si razziavano a vicenda, 
* ma dopo l'occupazione italiana il generale Baldissera fece cessare 

* questo stato di cose. Nei monti di questa regione, si trova ferro, 
* tinco, rame ed allume (1). La calce vi è abbondante, specie al così 













_ 


(1) Tutte queste notizie le devo al dott. Bergman, 





— 402 — 

detto pozzo di Gheleb. Le donne fanno otri e cordami con una pi 
tessile chiamata sicca. Ovunque vi è abbondantissimo il c0/7u4/, 
dà una specie di gomma elastica, della quale però non si è ang 
trovato il modo di servirsi. L'unico prete cristiano delle tribù Mel 
una volta all'anno, porta i ragazzi al fiume, li immerge nell’acg 
li benedice. Credo che sia la sola volta che questa gente tocca 
qua; sono gli Africani più sudici .che abbia incontrati. A Nataid 
prete batte sopra un legno per avvertire i fedeli; ecco tutta la ¢ 
monia. Le donne musulmane e cristiane pregano assieme Iddio,| 
cendo processioni con palme in mano sulle falde dei monti. G 
ralmente si è per invocare la pioggia. Durante il mio viaggio 
Mensa ne ho visto una numerosissima; mi avvicinai, ma le dk 
fuggirono. La palma di questi altipiani si chiama in lingua tigrifi 
husianna, e in amarico osanna. Credo che abbia nulla a che { 
colla bellissima palma gedarra dell’Abissinia propriamente detta, ig 
semi furono portati per la prima volta in Europa dal rimpianto @ 
stavo Bianchi. > 

L’AFRICA MERIDIONALE ED IL COMMERCIO ITALIANO. — In un sug 
plemento al Bollettino del gennajo u. s. la Società di esplorazione a 
merciale in Africa ha pubblicato un interessante lavoro del sig. Gi 
D. Cocorda, col titolo: « Sud-Africa commerciale ed industriale >. @ 
scopo di tale lavoro, lo dice l’Autore stesso nella prefazione, è csseli 
zialmente commerciale, ed è diretto a far si che ai prodotti italiani & 
esportazione si aprano i ricchi mercati del Transvaal, Repubblica & 
africana, ed in generale dell'Africa australe, mercè un commercio dl 
retto, opportunamente e solidamente avviato. La conoscenza che il 9% 
Cocorda ha acquistato delle regioni di cui tratta è provata dalla lung 
dimora fattavi e dagli stud? accurati ch'egli vi compiè e di cui un # 
tevole saggio fu già pubblicato in questo BOLLETTINO (1). — Il lavore è 
diviso in tre parti. Nella prima è data una sommaria ma abbastan@i 
completa notizia sulle condizioni geografiche, commerciali ed economi 
che dei vari Stati e territorî che costituiscono l'Africa australe, dist 
guendo anzitutto gli Stati e le colonie sotto dominazione europea, di | 
territorî che ancora si trovano nelle mani delle razze indigene. E cal 
nella prima di tali categorie l’autore: tratta della Colonia del Capo, dd 
Natal, del Basutoland inglese, del Bechuanaland, dello Stato libero @ 
Orange, dello Swazieland, del Transvaal e dei possessi portoghesi 
Baja di Delagoa. Nella seconda categoria sono compresi: il Pondoland 
indipendente sulla costa meridionale, l’Amatongaland e 1’ Umzilla Gs 
Country sulla costa orientale, il Namaqualand ed il Damaraland su quell 
occidentale, e finalmente i paesi di Bechuana e di Calahari nell'interno 
Per ciascuno di questi paesi, e specialmente per quelli della prima & 
tegoria, il Cocorda fornisce numerosi dati relativi ai generi di import 
zione che vi trovano più larga richiesta. Chiudono la prima parte & 
lane notizie sulle linee postali, telegrafiche e di navigazione esistenù, 








A A A A A A AA AA A AX aa ASA A 


(1) Vedi BOLLETTINO /uglio 1889, pag. $79, agosto 1889, pag. 654 ed ottelet- 
novembre stesso anno, pag. 892. 


— 403 -=- 

e tabelle sulle distanze fra le principali città ed i porti di mare. 
FAfrica meridionale. Nella parte seconda è contenuto: 1° un elenco, 
fa articoli di produzione e di esportazione nazionale trattati nella 
bbcazione, e delle associazioni e degli industriali e produttori ita- 
fi a: quali essa è specialmente dedicata; 2° la proposta per la fon- 
sone di una società commerciale di esportazione di prodotti italiani 
gl'Africa australe e centrale. Nella parte terza poi è fatta una parti- 
Mareggiata esposizione dei principali articoli di produzione italiana da 

portarsi. Seguendo l’indirizzo assolutamente pratico prefissosi, l'Autore. 
po aver dato alcune norme per il condizionamento, imballaggio, ecc. 
be varie categorie di merci, suddivide questa parte in cinque spe, 
Mi paragrafi, comie segue: 1° prodotti alimentari, 2° vini, liquori ecc., 

articoli vari di sicura vendita, 4° articoli di speciale importanza: 
» introdursi, 5° articoli vari di buona vendita. Chiudono il lavoro 
B elenco dei libri e delle pubblicazioni in genere, in cui sono conte- 
gute notizie sull’Africa australe e centrale ed una carta geografico-com- 
merciale ed industriale di quelle regioni. 
a TRATTATO FRA L'ITALIA E LO STATO LIBERO D'ORANGE, — La 
era dei deputati ha testè approvato un trattato di amicizia e di 
‘&0mmercio fra il Regno d'Italia e lo Stato libero d'Orange, conchiuso. 
€ firmato îl 9 gennajo u.s. fra.il R. Console della Città del Capo 
(CapeTown) ed il plenipotenziario di quello Stato. | 

IL car. WisSMANN annunziò alla Cancelleria dell'Impero Germanico 

che fin dagli ultimi giorni del passato anno era riuscito a debellare 

& insorti del Busciri, dopo avere vinto e fatto prigioniero il loro capo. 

gi stava già allora provvedendo alla sicurezza delle coste, resa ancor. 

Più facile dal contegno amichevole degli indigeni dell'interno, nono-. 

stante lo scontro sfortunato avvenuto più tardi con gli Heris. (Deut. 

Kolonialseitune, n. 4, 1890). 

LA STRADA FERRATA DI Lorenzo MARQUES (1) è oramai compiuta 
sulla linea portoghese sino al confine tranevaaliano (Deut. Kolonialscitung,. 
D. 3,1 90). 

LA SPEDIZIONE SCIENTIFICA FRANCESE AL MADAGASCAR. — Il dot- 
tore Catat e il sig. C. Maistre percorsero nell'ultima metà dell'anno. 


Passato, 1889, una parte considerevole dell’ Isola di Madagascar a scopo 


‘entifico, Prima, in agosto, partendo da Antananarivo si recarono a 
Tamatava, per le valli del Mangoro e dell’Ivondro, attraverso le grandi. 
reste orientali; e di là giunsero alla Baja d’Antongil. Quivi essendosi 
ammalato gravemente il Maistre, il dott. Catat s'internò solo alla volta 
di Madritsara, e seguendo quasi sempre il 16° lat. S. toccò felicemente 
Majunga, dopo avere attraversato l'isola da E. ad O. In questa tra- 
Yersata il dott. Catat potè raccogliere ricca messe di documenti,. 
Cm alcuni teschi di veri Sacalavi, e farvi importanti osservazioni. 
‘060 maniera, specialmente etnologiche. Guaritosi poi il Maistre,. 
‘ due viaggiatori pensarono a ritrovarsi; e mentre il Catat ritornava 
ad Antananarivo per la via di Maevatana, il Maistre vi giungeva dalla 














t 


(1) Vedi BOLLETTINO, geanaje e febbrajo 1888, pag. 103 e 193. 


parte del Lago di Alaotra. Quest'ultimo, nel recarvisi, percorse la 
che da Fenerife conduce a Imerimandroso, nel paese degli 
hanaca. Imerimandroso è uno dei principali centri di questa po 
zione, benchè non superi gli 800 od al più i goo abitanti. Si trova 
60 metri sul livello del vicino Lago Alaotra, sul quale vi ha come g 
porto e sobborgo denominato Ambodisatrana. Questo lago s’allunga 
N.-N.-E. a S.-S.-O. per 38 km. circa, con una larghezza che varia 
s ad 8 km. Le sue rive del'resto sono poco bene marcate per fF 
stenza di molte paludi contigue; le sue acque sono ricche assai 
pesci e di uccelli acquatici. Il Maistre, esplorato il lago, seguendo 
costa N.-N.-E., giunse alle foci del Manangori, che s'internano 
5 km. fino a Ambatomafana. Poi, ritornando verso S., arrivò ad ] 
tondrazaca, capitale dei Sihanaca, con 3 mila abitanti, che commerctang: 
molto in bestiami, pelli ed ora anche in cauciù. Egli si diresse p@ 
verso S.-S.-O. per una pianura elevata, ma arida, oltre la quale trovati 
la valle paludosa del Mangoro, dove, egli asserisce, la zona boschir 
ad O. del bacino, non si prolunga oltre il 17° lat.S. e non appartie 
alla grande zona dei boschi, come finora si credette. Il Maistre fece § 



















sulle carte a circa 40 km. più ad O. Egli inoltre fece il rilievo dele 
coste, settentrionale ed orientale del lago stesso, con uno sviluppo di 
115 km., come pure quello del corso superiore del Manangori fino alk; 
prime rapide. Numerose poi sono le note da lui fatte su vario age 
mento, della provincia d’Antsihanaca. Incontratisi nei primi giorni di 
novembre i due esploratori francesi in Tananarivo, e trattenutivisi fino. 
al gennajo 1890, per ordinare i materiali raccolti nei viaggi precedenti 
si disponevano già ad una nuova escursione nel S. dell'isola, movendé ; 
da Fianarantsoa (Soc. Geog. di Parigi, Compte rendu,.n. 4 e 5, 1890 
IL Laco Rianza. — Il luogot. Bia, ufficiale dello Stato Indiper 
dente del Congo, recatosi per le sue missioni ad Issanghi, volle visitare 
e riconoscere il lago, che il cap. Van Kerckhoven aveva saputo (1) 
esistere al confluente del Lulami (Lomami) nel Congo, alla riva sinista 
di quello, e che si voleva identificare col Lago Iki o Lincoln, di cu 
avevano prima parlato il Livingstone e il Cameron. Tutte le ricerche 
fatte dal Bia presso il capo e gli anziani di Issanghi rimasero infr 
tuose; però negando tutti l'esistenza d'un lago, grande o piccolo, sulk 
sinistra, asserirono esservene uno abbastanza grande fra il Lomamie 
il Congo. Il luogot. Bia volle recarsi a visitarlo, ed accompagnato dallo 
stesso capo Rascid vi giunse in poche ore, rimontando il Congo lungo | 
la sua sinistra, poi sbarcato a Kituca, di :là procedendo a S.S.0. | 
attraverso a vaste pianure e paludi. Il Lago Rianza, così chiamato | 
indigeni giace a N.-O. di due villaggi, Balulu e Giautumba, e in dire 
zione generale O.-N.-O., km. 9 da Issanghi. È di forma ovoidale, cdl 
massimo diametro di km. 2,5 a 3, il minimo di km. 1,5 a 2. Esso© 
disseminato di piccole isole poste ad O., dense di popolazione com! 


(1) Vedi BOLLETTINO, offobre e novembre 1888, p. 1025. 


i del lago stesso. La sua profondità varia intorno a 6 metri. È 
adato di foreste. (Mouv. Géogr., n. 5, 1890). 
It sic. FOURNEAU, capo di una Stazione nel Congo francese, essendo 
$o dal suo governo incaricato di trattare coi capi di alcune tribù e 
g esplorare la regione compresa fra Asciuca (Ogouè) e Campo, ha po- 
Bo riconoscere l’esistenza d’una regione montuosa che si estende pa- 
lelamente alla costa, alla distanza di circa 200 km. da questa, e 
alza ad altitudini di 1,000 a 1,500 metri sopra il livello del mare. 
ieau dice che ivi il paese è fertile e ricco di boschi, in cui ab- 
dano la liana del cauciù, e molte piante balsamiche. La fauna si ri- 
me a poche specie, ma numerose d’individui: le grandi e le pic- 
ele antilopi, gli elefanti, le tigri, le scimmie. Pare che gl'indigeni 
Mio industriosi ed atti alla civilizzazione (Revue franc. de l'Étranger, 
B 88, 1890). 
"DALLA costa DEL DaHomeI. — Pubblichiamo volentieri l'estratto 
m una lettera, scritta da un bravo marinajo italiano ad un suo zio di 
ma, in data di Cotonu (Golfo di Guinea) 2 marzo 1890 e cortese- 
mie comunicataci : «€... Cosa dirle di questa parte d'Africa che si chiama 
seme? Poco davvero. Come clima, il paese in riva al mare è salubre; 
Wremandosi pochi chilometri s'incontrano moltissime lagune, formate 
dé quei due grandi fiumi, che sono il Niger ed il Volta, e dagli in- 
Bumetevoli loro affluenti, nonchè da allagamenti prodotti dalle pioggie, 
he generalmente da giugno durano sino a settembre, perchè il terreno 
, & bassissimo, ed in molti luoghi sotto al livello del mare. Sicchè in quei 
: luoghi s'incontrano febbri. Il prodotto principale e, si può dire, unico 
, è la palma, dal cui frutto prima si estrae l’olio di palma, e quindi l’in- 
i terno del frutto, grosso ancora come una nocciuola, si carica sui ba- 
{ sfimenti e si porta in Europa, dove ne ricavano un altro olio, che serve 
| per sapone, candele, per lavorare i panni, ecc.. Vi sono ancora il 
{ Cocco, l'ananasso, la banana, ma in piccole quantità, e servono per gli 
" Indigeni. Per intelligenza e civilizzazione questi popoli sono ancora molto, 
Ma molto indietro, specialmente internandosi un poco. Quelli che abi- 
tano alla marina, sono in migliore stato a causa del traffico che hanno 
| Qui molte case europee; però sono ancora idolatri fanatici. Vestono un 
Pezzo di cencio che lascia due terzi della persona scoperta. Una bel- 
lezza è che qui il capo di un villaggio dirige i suoi concittadini senza 
bisogno di segretarî, consiglieri municipali, ecc.. Qui non si conosce la 
scnitura, dunque non vi sono leggi scritte, non vi è stato civile...; na- 
scono e muojono come le piante: a quanti ho domandato, nessuno mi ha 
Saputo dire la sua età, la maggior parte non conosce i genitori, i fratelli... 
Chi ha qualche poco di conoscenza sono i discendenti dagli Europei, spe- 
Galmente dai Portoghesi. Essi sono tutti cattolici, e siccome vi sono 
‘parse sulla costa diverse Missioni francesi, che raccolgono tutti i ra- 
Bani e le ragazzine, essi possono andare a scuola, dove loro è insegnato 
Prima il portoghese e poi il francese, e a coltivare la religiorie dei loro 
padri. Whydak è uno dei più grossi paesi del Dahomei; è distante dalla 
SPlaggia un'ora di cammino. Avendo io dovuto toccare questa rada per 
Starcarvi delle mercanzie, l'agente della casa m'invitò a passare un po’ 



























— 406 — 

di tempo con lui; andai e vi stetti tre giorni, ed essendo capitata a 
domenica, andammo a sentire la S. Messa alla Missione, dove sono @ 
padri e cinque suore. È una piccola chiesetta; le ragazze nere cas 
vano ad un piccolo organo suonato da uno dei padri. Ora perdi 
questo regno di Dahomei i Francesi hanno sbarcato delle truppe, e-@ 
una diecina di giorni fanno guerra per pretensione di conquista. 
notte scorsa abbiamo assistito ad un attacco notturno: da bordo sì é 
deva molto bene il chiarore prodotto dai fucili e dai cannoni, giacd 
i Francesi hanno sbarcato dell'artiglieria. Sono affari loro!..... 

LA NAVIGABILITA DEL NIGER SUPERIORE. — Il luogot. Jaime, 
mandante la cannoniera francese « Mage », nel suo rapporto sal gl 
cente viaggio a Cabara, porto del Niger Dioliba, dichiara che questi 
fiume è navigabile con quasi piena sicurezza fino al Timbuctù. Qual 
tunque la cannoniera non corresse più di 4 km. all'ora, e molte dl 
coltà d'altra natura si opponessero, il Jaime potè fare in sole sei sei 
mane il cammino, che il Caron aveva compiuto precedentemente g 
quasi tre mesi. Egli dichiara che le osservazioni fatte darante il viaggi 
diedero prova dell'esattezza delle carte icrografiche costruite dal | 
stesso. (Soc. Geog. di Parigi, Compte rendu, n. 4, 1890). | 

IL GOVERNO FRANCESE NEL SENEGAL. —— Con decreto 15 gennejtf 
p. p. il Governatore del Senegal francese, in esecuzione delle delibere! 
zioni prese da quel Consiglio generale, dichiarava sciolti dall’annessione 
ai dominî della Repubblica i territor? del primo circondario senegalese 
e sottoposti semplicemente, fin dal 1° gennajo 1890, al regime del pro 
tettorato francese. Restano però eccettuati da questa trasformazione pe- 
litica i posti di Matam, Saldé, Podor, Aere, Dagana, N’ Diaen, M' Pal, 
Richard-Toll, Merinaghen, N’ Diago, Lampsar, certi terreni presso Diar 
dune e Tundtuli verso Dacar, l'Isola di Sor, il villaggio di Leybsr, 
l’ Isolotto di Babagueye, le saline di Cumette e Gandiole. Sarà presto 
provveduto con regolamenti ai rapporti esterni con la Francia, ed alla 
costituzione definitiva dei paesi sottratti all'antico governo. (Revue fram. 
de l'Étranger, n. 89, 1890). 


E. — AMERICA. 


PROGRESSI DELLA REPUBBLICA DI CoLomBia. — In questi ultimi 
anni il commercio ed i mezzi di comunicazione crebbero con grande 
rapidità nella Colombia. Le importazioni nel 1888 diedero un valore 
complessivo di lire 27,605,625 con un aumento di lire 5,124,125 sul 
l’anno precedente. Altrettanto le esportazioni, che sommarono a lit 
34,918,050, superando di lire 6,762,400 la cifra corrispondente del 1887. 
Nel commercio esterno l'Inghilterra tiene 11 primo posto, con il 49 pe! 
cento delle importazioni ed il 34 per cento delle esportazioni. Intanto 
la strada ferrata da Bogota a Facatativa è già in esercizio su tutta È 
linea; molte nuove strade comuni furono costruite, ed aperta una linea 
telegrafica dalla capitale a Villavincencio, centro dei Llanos della Co 
lombiu. (Scott. Geog. Magazine, n. 3, 1890). 

LA GUJANA CENTRALE. — Il viaggiatore francese E. Coudreau sciiss 


+. Bayle, redattore della « Géographie », una lettera in data del 15 
panajo 1890, dall’ Inipi, dov’egli allora si trovava nel corso della sua 
esplorazione della Gujana. Vi leggiamo ia convinzione del viag- 
francese che in quelle parti la carta della Gujana sia tutta da 
i; che la massima parte dell’orografia e dell'idrografia di quei 
loghi o non si conosceva ovvero era sbagliata. Il tracciato del Fiume 
mopi è inesatto, quello dell’ Inipi assolutamente falso. Risalito questo 
mmo per quattro giornate di viaggio, il Coudreau attesta ch’ esso' pro- 
de costantemente da O.. Il paese è spopolato e va spopolandosi sem- 
wie più, causa la dissenteria, malattia indigena, che uccide gran numero 
i quegli Indiani. (Za Géographie, n. 69, 1890). 

UNA ESCURSIONE AL BRASILE. — L'ing. Eugenio Sartori tenne testè, 
ì Circolo per gli interessi commerciali di Milano, una conferenza, nella 
fiale nferì sopra una escursione al Brasile, dando in riassunto le prin- 
bpali notizie storiche e geografiche di quel vasto paese sud-americano, 
a troppo poco conosciuto in Italia. Il conferenziere si intrattenne 
cialmente sui prodotti naturali del Brasile che potrebbero dar vita ad 
m largo commercio diretto fra l’Italia e quella Repubblica, e che ora 
favece giungono a noi per mezzo dell'Inghilterrà e della Germania. In 
&rista di ciò l'ing. Sartori fece voti perchè l’Italia possa mettersi presto 
fa relazione diretta col Brasile, conchiudendo con esso una opportuna 
feonvenzione commerciale. (// Diritto, n. 87, 1890). 


















F. — OCEANIA. 


i L’IsoLa DEL FALCONE, sorta dalle acque del Pacifico Australe 
fin dal 1885 per uneruzione vulcanica sottomarina, giace nella parte 
5.0. del Gruppo delle Tonga, vicina (km. 56) a quelle pur vulcani- 
. che e più elevate di Tofua, tra queste e la Cao verso N., ed Honga- 
tonga ed Hongahapai verso S. (km. 24). Essa dalla sua comparsa ad 
Oggi è mutata di molto, tanto nei contorni, che si vennero via via 

| alterando, quanto nella conformazione generale e nell’altitudine interna. 
Ora il punto più elevato dell'isola misura appena 47 metri. Essa è 

| Costituita da una collina, in origine conica, di cui non rimane che la 
| parte inferiore. Così anche i contorni di essa sopra il livello del mare 
| furono rapidamente corrosi; di guisa che ne rimane del tutto scoperta 
| %a sola costa settentrionale, dove appunto sorge la detta collina, mentre 
pha S. le onde coprono già un altro bel tratto dell'isola, compreso 
ll punto, dove si crede sia scoppiata l'eruzione. Perciò non v'ha dubbio 
che tra pochi anni l'Isola del Falcone sarà del tutto scomparsa, se 
Duove eruzioni non vengano a rialzarla. Tutto il suo suolo è di natura 
vulcanica: la collina è a strati di materiali granulosi, a diversi colori, 
verde, grigio, giallo, bianco, massime per l'azione dei sali cristallizzati 
superficie. Questi strati più densi nell'alto, si fanno più radi al 

+ La collina è disseminata di bombe vulcaniche, numerosissime 

verso la sommità, e formate di macigni bianco-grigi o conglomerati, 
rotondi. Anche la spianata che resta a S. della collina è costituita degli 
Sessi materiali; non vi sono però le bombe vulcaniche. L'aria vi è 



















— . 408 _ 
pregna di un forte odore di solfo, e a una certa distanza i luoghi si ve; 
dono avvolti d’una nebbia azzurrognola. Il suolo dell'isola è molto calk 
anche alla superficie. Praticati due pozzi, uno nel piano, l'altro st 
pendio, vi fu osservata la differenza del calore. Si trovò che sulla collina 
termometro, che all’ ombra sulla superficie segnava 23° C., alla pm 
fondità d’appena ro cm. segnava 25° C., e 33°-35° alla profondità d 
soli 2 metri. Sulla spianata poi, mentre alla superficie erano 29° 
se ne trovarono 41° C. a poco più di 2 metri di profondità Lung 
la spiaggia, in una depressione della spianata, prodotta dall'azione della 
marea, v'è un piccolo stagno, la cui temperatura varia da 45° a 49° G 
La ghiaja del fondo di questo lago è del colore rosso di ferro. In ua 
certo punto della costiera si osservano tre fiumajuoli, intorno ai quali 
biancheggiano depositi di sale. Tutto lungo la costa vi sono dirupi cl 
rendono pericoloso l'approdo. Il regno vegetale e l'animale vi soaglif. 
poverissimi. La collina è nuda affatto; nella spianata qualche noce 
cocco, una leguminosa, un’erbacea ed una candle-nut. Di animali, & 
solo uccello, una specie di beccaccino, ed un piccolissimo tarlo. Sulla 
spianata si raccolsero tre piccoli pezzi di corallo. In tutte le acque che 
bagnano quella costa hon fu possibile pescare altro che un'alga. Sa 
standosi alquanto dall'isola la profondità del mare varia da 18 a 3§ 
metri, ma quasi dappertutto, massime a N., è disseminata di scogli. Ep- #F 
pure nessun indizio s'ebbe dell'esistenza di corallo sottomarino (Soc. 
Geog. di Londra, Proceedings, n. 3, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


LA SPEDIZIONE POLARE ANTARTICA. — Si va facendo sempre pù 
sicura la organizzazione della spedizione nei Mari antartici caldegguts a 
dal Nordenskjéld (1). Appena se ne seppe in Australia, quella Società ay 
Geografica avvertì l'Accademia svedese delle Scienze, che metteva 8 
disposizione della Spedizione le 125 mila lire, già destinate a tale fine. 
Il benemerito Dickson ne diede altrettante; sicchè il Nordenskjéld, 
quantunque non ne assuma il comando, sta già organizzando Ja Sped 
zione, a capo della quale è possibile si metta il dott. Nansen, che part 
non vada più al Nord. (Soc. Geog. di Londra, Proceedings, n. 3, 1890). HP 

Una NUOVA SPEDIZIONE POLARE alle coste orientali della Groes 
landia pare assicurata col concorso del Governo danese. Essa sarà co 
mandata dal luogot. Ryder, ed avrà per principale impresa l’esplora 
zione della parte ancora sconosciuta di quella regione fra 67° € 
70° lat. N. sul Mare Glaciale Artico; e poi più in là tra il Fjord 
Francesco Giuseppe ed il Capo Bismarck, 73°-77°. Già si è fatta la pro 
posta dal Governo al Parlamento di stanziare nel bilancio dello Stato 
lire 350 a 400 mila per la spedizione stessa. (Deut. Geog. Blitto, 
XIIRM, 2, 1890). 


(1) Vedi BOLLETTINO, fesbrajo 1890, p. 211. 


. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 









Comrrato GeroLOGICO D'ITALIA. — Roma, n. 1 e 2, 1890. 
Asomalie della declinazione magnetica in rapporto con grandi masse serpenti- 
di S. Franchi. — Fossili dei terreni quaternarî alle falde del Gianicolo in 
di £. Clerici. . | 
O DEL MINISTELO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, feb- 
brajo 1890. 
La provincia di Bahia, di S. Podestà. — La città di Pelotas, di £. Acton. 
IL IusrraZzIONE ITALIANA. — Milano, n. 11, 1890. 

Harar, ricordi di Z. Bricchetti-Robecchi. — Ricordi di Sardegna, di A. Cionini. 
=~ Una gita alle rovine di Anuradhapura, di G. Gwastalla. 
»- Milano, n. 12, 1890. 
| - Dabomei, di 4. Brussialti. 
Mazma 2 Commercio. — Roma, 2, 9, 16, 23, 30 marzo 1890. 
La spedizione inglese contro i Somali. — I quarto centenario della scoperta 


| dell America, di G. B.. — Emigrazione a Massaua. — La questione delle ferrovie 
fa Cina — L' esposizione Colombiana a Genova. — Emigrazione alle Isole Havai. 


\ 


+ SOCIETÀ D'ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, marzo 
1 1890. 
__ Canale di Panama (fine), del magg. 7. Marassi — Il commercio al Ma- 
| tocco, di 4. Ferrero. — La nostra colonia in Africa. — Isole Comorre. — Il ri- 
. torno del cap. Casati. 

Società MerEoROLOGICA ITALIANA. — Torino, febbrajo 1890. 
| Il vento e i pendoli tromometrici isolati (cont), di C. Melsi. — Etna, Sicilia 

ed Isole vulcaniche adiacenti, sotto il punto di vista, ecc., nel 1889, di O. Silvestri. 
Sulla straordinaria quantità di neve caduta negli anni 1836 e 1888, di P. Plosser 
(coatinnazione). 
Rivsta DI TopoGRaFIA E CATASTO. — Roma, marzo 1890. 

Brevi notizie sul segnale geodetico di Monte Mario (Roma) e sua posizione ri- 

Spetto ai meridiani di Parigi e di Greenwich, di Z. De Stefanis. 


e 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


SOCIET DE GROGRAPHIE. — Parigi, Comptes-rendus, n. 4, 5, 1890. 
Dell'ingrandimento del Delta della Neva, di A. Verucov. — L'ascensione del 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 







Ce] 410 — - 


Kilimangiaro, di £. 4. Martel. — Unificazione delle ore, di de NordZing cd A. M. Qi 
(con schizzo di planisfero orario). — Una biografia di P. M. Diard. — Una letengi. 
di Bonvalot da Ciarcalikt. — Le dune e le acque sotterranee del Sahara, del cape 
tano £. Cowrbis. — Gli ultimi avvenimenti nell’Uganda, del dott. Rossre. — Notisigli 
della spedizione Catat-Maistre al Madagascar. — La strada ferrata transabariana, di 
ling. G. Rolland. 


SOCIÉTÉ DE GOGRAPHIE COMMERCIALE DE Borpgaux. — Bordeau 
n. 6, 17 marzo 1890. 

La esportazione algerina, di Z. Parquet. 

SOCIÉTÉ DE GEOGRAPHIE COMMERCIALE DU Havre. — Gennajo-fel 
brajo 1890. 

Le principali esplorazioni in Africa durante il 1889. — Poche righe su 
nambuco, di A. Baudoin. — Port Natal, del cap. Blondel. — Note di un viagg 
all’ Junnam. — San Domingo, del cap. Z. Bonnaud. — Note sul Gran Bassam, 
Husson. — La Costa degli Schiavi. 

Socitrt DE GtocRAPHIE DE LILLE. — Lilla, febbrajo 1890. 
- Gli oceani ed i mari (cont.), di Gosselet. 
Socitté pe GtoGRAPHIE DE Lyon. — Lione, fasc. 7°, 1890. 

La Russia nel presente, nel passato e nell’ avvenire, di Ch. Stuart-Merritt. 
SOCIETE DE GEOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, n. 1 e 2, 1890. 

Isola di Sci-cocu, di Mens de Menil. — Viaggio in Africa, di 7rivier. ! 
SOCIÉTÉ NORMANDE DE GEOGRAPHIE. — Rouen, gennajo-febbrajo 1890. E. 


Dal Niger al Golfo di Guinea per Cong., di Z. G. Binger. — Esame cri 
sulla scelta del meridiano iniziale di Gerusalemme, di C. Tondini de Quarenghi. 


La GtocRraPHIE. — Parigi, 6, 13, 20, 27 marzo 1890. | 
Il capitano Trivier. — Al Dahomei. — I confini anglo-francesi sulla costa oct 
dentale d’ Africa. — L'ora di Greenwich, di C. Tondisi de Quarenghi. — Cartogralià 
nazionale francese. — Lettera di £. Comudreau sulla Gujana centrale. 
REVUE DE G&OGRAPHIE. — Parigi, marzo 1890. 
I Portoghesi nell'Africa Australe, di G. Marcel. — La Lorena, di 2. Auertech @ 
Rivuz FRANCAISE DE L'ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, & 
15 marzo 1890. 


Viaggio in Russia (cont.), di C. Cowrridre. — Canada e Stati Uniti, di Casgras 
— Il Sudan francese (cont.), di Z. Sevin Desflaces. — La questione del Dabona 
di Z. Radiguet. — Lettera del principe Enrico di Orleans dall'Asia Centrale. 


Lz Tour pu MONDE. — Parigi, 1, 8, 15, 22, 29 marzo 1890. 
Trenta mesi al Tonkino, del dott. Hocguard. — Escursioni nelle montagne de 

I Aragona e della Catalogna, di 4. 7issasdier. — Viaggio nel Chaco boreale, di 

A. Thouar. 

L’AFRIQUE EXPLORÉE ET CIVILISEE, — Ginevra, marzo 1890. 
Livingstone ed il conflitto anglo-portoghese. 

Le MouvEMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 9, 23 marzo 1890. 
Gli Europei al Congo. — Omaggio a Speke. — L’ Aruhuimi. — Il Distretto 

di Bangala. — Il Lago Rianza, del luog. Bia. — Gl’ indigeni del Basso Congo, dd 

luog. Danfelt. 

GESELLSCHAFT FOR ERDKUNDE zu BERLIN. — Berlino, Atti, XVII-2, 1890. 


L’Ascensione del Kilimangiaro, del dott. H. Meyer. — Notizie del dott. db 
sui suoi viaggi nel Perù e in Bolivia, 


K. GrocrarzIscHe GESELLSCHAFT IN WIEN. — Vienna, XXXIII-2, 
1890. 


Un viaggio nell’ Asia russa, del dott. JM. v. Proscoves-Marstoru. — Delle Sta- 
i igieniche meridionali sulla costa austriaca, di £. GelcicA. — Antonio Steinhauser, 
logia del dott. O. Stag/. — Melchiorre Neumayr, necrologia del dott. X. A. 
ithofer. 

RMANNS MITTRILUNGEN. — Gotha, III, 1890. 


Notizie sulla spedizione alle Spizberghe orientali, inviata dalla Società Geogra- 

di Brema, del dott. prof. W. Kiikenthal (con carta). — Sulle distanze medie di con- 

‘ rappreseutazione aritmetica e geometrica e proporzioni di rapporti geografici, 

dott. C. E. AM. Rokrback (con tavola). — Sulla spedizione del dott. Peters: di- 

larazione del Comitato e replica di H. Wichmann. — Nuovi rilievi dello Stato 

lore russo nei monti dell’Alto Caucaso, di M. de Décky. — App. 97: Zone di 
dell’ Abissinia settentrionale, del dott. C. Dove. 


AUSLAND. — Stoccarda, 3, 10, 17, 24, 31 marzo 1890. 


Per il Messico e attraverso |’ America meridionale (continuazione), di G. Pauli. 
Il capo e il re in Africa (cont.), del prof. 4. V. Hubmer. — Dalla Scandinavia 
trionale (cont.), di G. vw. Schinberg. — Il viaggio d'esplorazione di Tietkens 
Australia centrale, di £. Grefrath. — Depositi di guano e di salnitro nel Chi- 
del dott. G. Zacher. — Notizie geologiche dallo Stato Washington, di C. Zud/of 
= Il dott. Mc Gregor nella Nuova Guinea Britannica. — L'antica Frislandia set- 
ionale. — Il Brandeburgo elettorale sulle coste occidentali d’ Africa dal 1683-1717, 
prof. dott. 7. Schot#. — La Russia nell'Asia centrale, di £. Altona. — Recessi 
i del Caucaso, di &. v. Seidlits. — Gli Slavi in Italia, di 7. Okie. — Dal 
: ascensione del Casbek, ecc., di C. Ajahn. — La nuova caverna naturale 
Brunndorf, di #. AFews. — I Senussi, di P. Asmussen, 


UTSCHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 1, 15 e 29 marzo 1890. 


_ La spedizione tedesca per Emin Pascià. — Missioni sanitarie nelle colonie te- 
@lesche. — La questione degli Arabi ed Emin Pascià. — L'importanza di Taboa 
Dai l'Africa occidentale tedesca, di P. Xeichard. — Il mio acquisto del territorio 
Uganda, di P. Reichard. 


‘Export. — Berlino, 11, 18 e 25 marzo 1890. 


_ L'Esposizione mondiale di Nuova York. — La California meridionale e la sua 
coltura. — Le strade commerciali in Romania, — La questione dell’ oppio nelle 
teole neerlandesi. — La Repubblica del Brasile. 
Davrscue GrocrAPHISCHE BLATTER. — Brema, XIII-1, 2, 1890. 
Notizie sulla spedizione ai mari polari europei, promossa dalla Società Geogra- 
fica di Brema, del dott. A'i&est4a!. — Cenni biologici e di Geografia animale dei 
Mari delle Spizberghe, del dott. A. Walter. — Viaggio del cap. Knudens alle coste 
onentali della Groenlandia nel 1889. — Nuovi progetti di viaggi d’ esplorazione po- 
— Ricerche scientifiche nel Mare del Nord. — Le Isole Kei. — Nuova York 
acl 1889. — Le spedizioni in Islanda ed alle Shetland fatte dalle città marittime te- 
desche settentrionali nei tempi antichi. 
GrocgaPHIScaE NACHRICHTEN. — Basilea, 1 e 15 marzo 1890. 


Attraverso i territori Galla. — La famiglia nel Giappone. — Nel Chubut. — 
» = Coca, di A. v. Scherser. 


DevrscaE RUNDSCHAU riin GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
marzo ed aprile, 1890. 

La geologia della Bulgaria: ad illustrazione d'uno schizzo cartografico geologico, 

| Prof. dott. #, Joule (con carta ed illustrazioni), — Spedizione Thomson alle 

ed alle Isole D' Entrecasteaux, di £. Greffrath, — La California tedesca: 

Protettorato tedesco nell’ Africa sud-occidentale, del dott. 4. Schwars. — Gl’ In- 


r negi Stati Uniti d'America, di Amma Poesche. — Le Filippine nel 1889, 



















«Ba ES 
























— 412 — 
CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FUR DEN ORIENT. — Vienna, 3, 1894, 


Il viaggio del capitano Binger nel Sudan. — I protettorati tedeschi al principig: 
del 1890 (continuazione). 

Roya, GEOGRAPHICAL SOCIETY. — Londra, marzo 1890. 

Il viaggio di J. R. W. Pigott al Tana superiore nel 1889. — Il Fiume Scinde; 
e il delta del Zambesi, di D. 7. Rankin. — Un recente viaggio nel Territorio oriee 
tale del Mashona, di /. C. Selous. — Un viaggio attraverso la regione posta fre le 
Scire e il Loangua, di 4. Skarge. — Una visita all'Isola Falcone testè emersa, dl 
5. 7. Lister. — La spedizione russa nell’ Asia centrale sotto il colonn. FPiepser. 
Nature. — Londra, 6, 13, 20, 27 marzo 1890. 

L'inaugurazione del ponte sul Forth. — Strade ferrate inglesi e scozzesi. = 
Un naturalista nel N. di Celebes, del dott. F. Gusllemard. — Il Trattato sui gioli 
di Hues, pubblicato da C. R. Markham: nota bibliografica. — Correnti terrestri 6; 
presenza dell’ oro, di G. Sutherland. — Scoperte zoologiche del Prscevalski. — Um 
carta geologica della catena delle Alpi, del prof. 7. Bonney. — Origine e compose 
zione della flora nelle Isole Keeling, di W. Bottag Hemsley, 

THE ScortisH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, marzo 1890. 

Su e giù per I’ Armenia, del colonn. Mark S. Bell. — Il contrafforte di Der 
bend, di 7. <Adercroméy (con carta). — Lo stato dei vulcani attivi della Sicilia nf 
settembre 1889, di H. 5. Fonston Lavis. — I Kirghisi ed i Cara Kirghisi. 
ScieNcE. — Nuova York, 21, 28 febbrajo, 7, 14 marzo 1890. 

Le peschiere della Nuova Zelanda. — Un trattato popolare sui venti, di W.Mj 
— Emigrazione ed immigrazione. — La causa della pioggia, di #. A. Velshov.* 
Asia, di Gardiner G. Hubbard. — La siccità nella regione delle Montagne rocgy 
durante il mese di giugno, di G. H. Stone. ! 
Kon. NEDERLANDSCH AARDRIKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterda 

VI-6, 7, 1880. 

Il progresso della conoscenza del globo terrestre durante il 1888, di 7. 
merman. — La congiunzione dell'Amu-Daria col Mar Caspio, di /. G. Xramp. 
Eruzione del M. Tandicat in Sumatra, di A. Martin. 

BATAVIAASCH GENOOTSCHAP VAN KUNSTEN EN WETENSCHAPPEN. — È 
tavia, Tijdschrift, XXXIII-2, 3-4, Notulen XXVII-2, 3, 1889. 

Le Isole Kei, di G. van Hoevell (con carta). — Tanimber e le Isole Timoria 
dello stesso. — Il distretto delle Isole Babar (con carta). — Le Isole Leti. — 
tributo. alla conoscenza dell'Isola Bali, di / A. Liefrinck. — Il Governo dell'indll 
dipartimento delle finanze e dell'agricoltura. — Scoperte archeologiche in Madras 
SocretA ImpPERIALE Russa DI GEOGRAFIA. — Pietroburgo, Isvijestia (M 

tizie). XXV-5, 1889. 

Sul terreno sempre gelato della Siberia (con carta), di A. Yacenski, — Ricer 
che fatte nel rilievo delle coste di Finlandia, di A. R. Bonsdorf. — Notizie dee 
spedizioni nell’ Asia centrale. — Catastrofe del 27 luglio 1889 nella Turchia asiatia, 
di Y. Y. Stebniski. 

— Sezione di Irkutsk, Isvijestia, XX-3, 4, 1889. 

Schizzo geologico dei giacimenti auriferi dell’ Amur, di Y. A. Makerov. — ll 
clima della Siberia nell’ epoca del Mamut. — La denominazione sor, lago, in Genne 
nia. — Relazione sul viaggio in .Mongolia e alle sorgenti dell'Orcon, di ¥. 4 
Fadrinzev. — Produzione dell’ oro negli Stati Uniti d’ America, di V. A. Obras. 
=————@t@@—@@@—T@r@1—1—@—@—111#@111113@(9@/(/.[1‘(./‘1‘19rr@(+@@@Ò@1—€@€@€——6—m—m—m—m—+——I);cc 


ERRATA-CORRIGE, 
A pag. 95 del fascicolo di gennajo ed altre volte in seguito, nélla Memoria del Prof 
M. Fiorini, intorno a Gerardo Mercatore, il nome di GHIMNIO va corretto in GHIMMIO, 





- ” ~. 


sn © Aprile 1690 


Leribe,6-11 Gennaio 1890- Giacomo Werlzecker. 





I — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL ConsicLIio DIRETTIVO. 
( Estratto dei processi verbali). 


Seduta del 29 aprile 1890. — Presenti il presidente march. MWodili- 
descki, il vice-presidente Adamoli, i consiglieri Cardon, Giordano, 
wel, Lupacchioli, Monszilli, Porena e il segretario generale. 
Sono partecipate le notizie procuratesi dalla Presidenza sul prossimo 
o in Italia del cap. G. Casati. Essendo conosciuto per mezzo dei 
final, che il valoroso esploratore era già arrivato in Aden, si telegrafò 
ito nostro console colà, il cap. Cecchi, domandando infor- 
moni sull’itinerario che sarebbe seguito nel rimpatro dal reduce il- 
re. ll console Cecchi rispose con un telegramma, annunciando che il 
ti arriverebbe al Cairo in principio di maggio e ne ripartirebbe 
so la metà dello stesso mese per scendere in Italia, a Napoli. Allora 
Presidenza provvide perchè il Casati, al suo giungere a Suez, vi fosse 
patato a nome della Società dal nostro socio nob. G. B. Beccari, ivi 
rante. Più tardi si aggiunsero alla rappresentanza nostra i socî 
- Figari Bel e colonn. Messedaglia Bei. Finalmente fu scritta e spe- 
a al Cairo una lettera, in tempo, perchè il capitano la trovasse al suo 
ivo in quella città. Eccone il testo. 


Roma, 24 aprile 1890. 
IMlmo Signore, 


La Società Geografica Italiana, che seguì sempre col massimo in- 
‘“samento le fortunose vicende delle esplorazioni compiute dalla S. V. 
Africa, e che più volte si teneva pronta (salvi i dovuti riguardi verso 
Società d'esplorazione commerciale in Africa di Milano) ad inviarle 
Corsi, apprese con soddisfazione vivissima la notizia, che la S. V. era 
a ta icemente, malgrado i gravi disastri del viaggio, alle coste di 


A Bagamojo Ella ricevette già per mezzo di quel R. Console 
Il saluto telegrafatole dalla nostra Società e l'offerta di quanto 

* Poteva occorrere. 

| Ed in attestato di plauso e di estimazione, la nostra Società, nel- 

seemblea generale tenuta in Roma il giorno 26 gennajo p. p., pro- 

la S. V. Il.ma, insieme all’illustre Emin Pascià, a suo Membro 








— 414 — 

Se tardammo fino ad ora a darle parte della onorificenza a 
decretata, ciò provenne dall’incertezza del luogo nel quale avrema 
dovuto dirigerle la nostra lettera ed il diploma originale. Intanto a 
vamo dato incarico al nostro socio nob. cav. G. B. Beccari, dimo: 
in Suez, di porgergliene, coi nostri saluti, la prima notizia. 

Ora però le informazioni richieste telegraficamente al sig. cor 
Cecchi ci fanno certi che al principio di maggio la S. V. si tre 
al Cairo e che al 17 dello ‘stesso mese Ella si metterà in viaggio alli 
volta di Napoli. Non tardiamo pertanto ad inviarle in quella città § 
presente lettera, per rinnovarle le nostre felicitazioni cordiali e per 
tificarle ufficialmente l'avvenuta nomina. i 

A tale partecipazione aggiungiamo una preghiera, quella cioè ¢ 
piaccia alla S. V. d'indicarci in tempo, se da Napoli Ella prenderà pi 
la via di Roma, quando Ella conta di arrivare in questa Capitale e 
si propone di farvi qualche dimora. 

Queste notizie ci torneranno gradite per poter disporre da pa 
nostra la consegna del diploma e quei doverosi atti di omaggio cheg 
S. V. ha, con tanti sacrifizî e con tanto valore, sì largamente meri 

In attesa pertanto di un suo cortese riscontro, colgo l’occasit 
per presentarle, insieme coi saluti della Società, le mie attestazioni p 
sonali di reverenza e di ammirazione. 

















Il Presidente 
F. NOBILI-VITELLESCHI. 


Ora nella previsione che l’egregio esploratore sia per trattenersi 
anche in Roma, il Consiglio delibera di recarsi in corpo a dargli @ 
benvenuto alla stazione, d’avvisarne i soci qui residenti, perchè possa 
trovarsi anch'essi a riceverlo, e di organizzare in suo onore un banche 
sociale. Alla consegna del diploma d’onore sarà provveduto dalla F 
sidenza nella forma che sarà consigliata dalle circostanze. 


Il Club Alpino Italiano domanda il concorso della Società Geogr 
fica per la costruzione di una capanna-osservatorio sulla vetta Gnifetti 
del Monte Rosa, ad una altezza superiore a quella di tutte le cost 
zioni esistenti di questo genere. La capanna deve servire non solo 
scopo di rifugio e riparo degli alpinisti, ma deve offrire anche la posi 
bilità di dimorarvi prolungatamente per compiervi intere serie di om 
servazioni meteorologiche, ecc.. A questo titolo la costruzione della dett& 
capanna avrà un'importanza anche scientifica molto notevole. Il Cos 
siglio pertanto delibera di concorrere nell'impresa con un sussidio € 
col raccomandarla ai propri socî. 


Dopo alcuni provvedimenti relativi ad affari in corso, sono pre 
sentati 1 ringraziamenti inviati dall’ ing. Bricchetti-Robecchi per i sussid? 
accordatigli, dal socio prof. G. Schiaparelli per libri inviatigli, e de: 
soci Ruspoli, Colombo-Viscardi e Milanesi per la loro ammissione. 


Nei soliti modi sono inscritti fra i socî i signori, Felice Scheibler, 
Milano (prop. Grazioli e Silvestrelli), Eugenio Pedrotti, Roma (Gigante. 
e Porena). 


Sono pervenuti alla Società i seguenti doni: 

Il principe “Rolando Bonaparte: La Laponie et la Corse: résumé 
e conférence. Ginevra, Le Globe, 1889. Op. estratto di pag. 15. — 
giacier de l’Aletsch et le Lac de Mirjelen. Parigi, Chamerot, 1889. 
è. di pag. 26 con 3 tavole. — Le premier établissement des Néer- 
blzis è Maurice. Parigi, Chamerot, 1890. Op. di pag. 60 con 5 ta- 
fe (doni dell'autore). 

Grouville A.: Viaggio di L. Fea in Birmania e regioni vicine: 
Wéalides. Prima Memoria. Genova, Sordo-muti, 1890. Op. di pag. 7 
pao del Museo Civico di Storia naturale di Genova). 

Pedrotti E.: Umberto I° Re d’Italia: poche pagine dedicate ai gio- 
Betti d'Italia. Roma, Pallofta, 1889. Vol. di pag. 194 con ritratto 

0 dell'autore). 

I Acadimie des Sciences de Cracovie: Comptes rendus: mars 1890. 
pacovia, tip. dell'Università, 1890. Fasc. di pag. 34 (dono dell’Acca- 
fa delle Scienze di Cracovia). 

Beccari O.: Malesia: raccolta di osservazioni botaniche ecc. Vol. 
£ 4-5. Firenze-Roma, Bencini. Vol. di pag. 112-152 in 4° con ta- 
& (dono dell'autore). 
| Mc Coy Fr.: Prodromus of the Zoology of Victoria. Dec. XIX. 
elbourne, Brain, 1889. Fasc. di pag. 32 con 10 tavole (dono del 
museo Nazionale di Melbourne). 

— Atlas de la Republica Argentina. Ciudad de Buenos Aires, 
omincia de Rioja, Provincia de Corrientes. Introducion. Buenos Aires, 
it. Geog. Argent. 1890. Carte 3 in cromolitografia e pag. 25 in fol. 
pono dell'Istituto Geografico Argentino). 
| Lyle Ed. B.: Sopra un metodo per investigare lo sviluppo delle 
stazioni sociali applicato alle leggi del matrimonio e della discendenza. 
Naduzione dall'inglese del dott. G. A. Co/ini. Firenze, Arch. per l’An- 
om ed Etnologia, 1890. Op. estratto di pag. 28 (dono del tra- 

Morand: L.: Boletin mensual del Observatorio Meteorologico ecc. 

famo IL n. 3. Montevideo, tip. de la Esc. Nac., 1890. Fasc. di pa- 
a vi con tavole (dono del Direttore del Colegio Pio de Villa 
° Ghisleri prof. A.: Testo-Atlante di Geografia storica ecc. Parte 
mima, dispensa terza. Bergamo, Cattaneo, 1890. Fasc. di pag. 16 con 
parte (dono dell'editore). 

Hugues prof. L.: L'Africa secondo Erodoto. Torino, Loescher, 1890. 

Op. di pag. 71 (dono dell'autore). 

Speranza avv. G.: Paolo Spinucci da Force. Ancona, Morelli, 1890. 

vp: di pag. 140 (dono dell'autore). 
| Danckelman bar. dott. A.: Mittheilungen von Forschungsreisenden 
| Wad Gelehrten aus den deutschen Schutzgebieten, III-1. Berlino, 1890. 
Op. di pag. 88 (dono dell’autore). 

, Crus L. ed altri: Revista do Observatorio: marzo 1890. Fasc. V-3. 
Rio de Janeiro, Lombaerts, 1890. Op. di pag. 16 (dono della Reda-. 
none della Rivista). 


—_— 416 — 

Perseus: The power upon the persian throne ecc. Londra. « 
blic opinion », 1890. Foglio di pag. 2 (dono del sig. Ed. St. John F, 
man di Londra). 

Padula A.: Numa Pompilio o il mistero della Ninfa Egeria ece 
Roma, Elzeviriana, 1889. Op. di pag. XXI-160 (dono dell’autore). 

Rossetto cap. V.: Memoria sulla bassa valle del Giuba e Tana 
Roma, tip. Gab. Min. Aff. est., 1890. Op. di pag. 44 in 4° con cart 
itineraria (dono del Corpo di Stato maggiore). 

Longo avv. B.: Le armonie della religione e della civiltà peli 
Nuova Pompei, programma delle feste di maggio 1890. Valle Pompa 
tip. ed. Longo, 1890. Op. di pag. 32 (dono dell'autore). 

— Commissio geographica e geologica da Provincia de S. Paulo: 
Boletim, n. 1, 2, 3. S. Paolo del Brasile, L. King, 1889. Fasc. 3 di 
pag. 26, 39, 24 (dono della Commissione geografica e geologica di 
S. Paolo del Brasile). 

Bompiani Sofia: Italian Explorers in Africa, nel periodico inglese 
« The Leisure Hour ». Londra, Stevens, 1888-1890. Vol. di pag. 85 
in 2 colonne con illustrazioni e tavole, annata 1888, e fasc. 2 di per 
gine 68 ciascuno dell'annata 1890, mesi di marzo ed aprile, con tin 
vola contenente i ritratti dei principali esploratori italiani in Africa 
(doni dell'autrice) | 

Grossi prof. V.: Guida pratica dell’emigrante italiano al Chili: 
notizie geografiche, ecc. Genova, Stab. artisti tip., 1890. Op. di pag. 30: 
(dono dell'autore). | 

— Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano: Bal 
garia. Roma, Fibreno, 1890. Vol. di pag. XXII-1 80 in 4° (dono ddl 
Ministero degli Affari Esteri). 

Diresione generale delle Gabelle: Statistica del commercio speciale 
importazione e di esportazione dal 1° gennajo al 31 marzo. Roma, E 
zeviriana, 1890 (dono del Ministero delle Finanze). 

Direzione generale dell'Agricoltura: Annali: La peronospora delli 


vite. Roma, Botta, 1890. — L'innesto della vite, istruzione popolre 
Roma, Botta, 1890 (doni del Ministero di Agricoltura, Industria e Com ' 
mercio). 


Divisione di Industria, commercio e credito: Bollettino di notizie su | 
credito, ecc. VIII-2. Roma, Botta, 1890. — Appendice al Bollettino n. 1. | 
Roma, Botta, 1890. — Bollettino di notizie commerciali, VII-11-12- 
13-14-1x. Roma, Botta, 1890 (doni del Ministero di Agricoltura, ecc.) 

— Carta idrografica dell’ Italia alla scala chilometrica di 1: 100,000, 
Amalfi, Gerace, Badolato, Napoli, Staiti, Cittanova, Vico equense, Bova, 
Palmi, Messina, Lucca, Gran Paradiso, Torino, Campiglia, Bergamo, 
Biella, Ancona, Volterra, Cesana Torinese, M. Rosa, Aosta, Ivrea, Se 
nigallia, Susa, Maniago, Conegliano, Venezia, Belluno, Tirano, Salò, 
Palmanova, Mercato Saraceno, Firenze, M. Falterona, S. Casciano, A- 
rezzo. Roma, Stab. cartog. Bruno e Salomone, Stab. cartog. Virano, 
1889. Fogli 36 in cromolitografia (dono del Ministero d'Agricoltura 
industria e commercio). 








II. — MEMORIE E RELAZIONI 


a. — LE EsPLORAZIONI DI GAETANO CASATI. 


1) Lettera del capitano AntoNIO CECCHI al professore G. Dalla Vedova. 


Aden, 30 aprile 1890. 
Egregio Professore, 


' Le mando quì uniti alcuni appunti di viaggio favoritimi dal bravo 
_ Capitano nei pochi giorni che fu mio ospite in Aden. 

| Da questi Ella avrà, benchè in via sommaria, un'idea dell’ ampia 
‘sete di itinerarî percorsi dal Casati nei suoi dieci anni di continua 
permanenza in Africa. 

+ Non potrei io qui rilevare gli aspetti più notevoli ed i momenti 
principali degli studi e delle scoperte del Casati. Mi basterà accennare 
ane estremamente interessanti riusciranno per la Geografia le molteplici 

Ritsioni compiute dal medesimo nel Mombutù, lungo i confluenti 
ali dell’Uelle-Macua e dell’Aruhuimi (Nepoco) spingendosi ad oc- 
peut fino a poche centinaja di chilometri dal Congo (Stanley-Falls). 

Hi Caseti e l’Junker sono i soli Europei che dal Bahr-el-Ghazal si 
fé inti sino presso l'equatore. Miani, Piaggia, Schweinfurth, Lupton, 
gees, Bobndorff non toccarono che al 3° parallelo, non oltrepassando 
Weeidente il 25° meridiano. 

“Ai Casati, prima ancora di Stanley, dava notizia a Emin dell’esi- 
, Mente delle famose montagne nevose. 

Durante il tempo in cui si trovava nell’Unioro, a Giuaja, presso 
Cabrega, per facilitare la corrispondenza fra la costa di Zanzibar e Ua- 
delai, il Casati ebbe a scrivere varie volte delle famose montagne 
nevose Ruvenzori, fatte conoscere poi dallo Stanley. 

In una di quelle lettere, datata da Giuaja 1° aprile 1887, il Casati 
segnalava ad Emin l’esistenza delle montagne sopradette, note però 
sotto il nome di Varimcampanga, situate a N.-E. del Lago Ruitan 
(Alberto Edoardo), abitate da gente di stirpe Vacongio di pelle chiara, 
la quale ha una lingua propria; e ne dava da Giuaja l'itinerario (1). 


Ì 
i 
| 












(1) L'itinerario è il seguente: 
Da Giuaja a Magangato, 3 giorni di cammino. 
Da Magangato a Moenghe, 2 giorni, 


— 420 — 

Il carattere cuspidale del Ruvenzori, che il Casati ha d 
nel suo album di viaggio, fa piena fede della sua natura vulcanica. 

Preziosa è la suppellettile di studi ed osservazioni che I’ Junker e $ 
Casati raccolsero in quella vasta regione; e le pubblicazioni che 
ne faranno, saranno un avvenimento geografico capitale per la luce 
apporteranno su tutta quella parte di continente, tanto più im 
ora che Stanley ritorna dall'aver compiuto quella sua meravigliosa 
versata dall'Aruhuimi alle prode occidentali del Lago Vittoria. 

È veramente un nobile spettacolo quello che ne si presenta oggidi 
nell'amore e nel culto delle discipline geografiche. Se avessimo difetto 
di altri argomenti, basterebbero quelli dei tanti coraggiosi esploratori, 
e del largo favore concesso alle loro imprese, per mostrarci che non 
sempre le generazioni presenti sono mosse dal solo impulso dell'utile. 

Per dire del nostro Casati, come esploratore, occorrerebbe un vere 
studio, ciò che io non potrei fare. Ricorderò che partito solo, seam 
l'appoggio di alcuno, senza scorte armate, con mezzi limitatissimi (cos- 
sisteva il suo bagaglio in alcuni strumenti tascabili e in pochi oggetti 
di scambio) colla sola fede in sè stesso e nella bontà della sua missione, 
è riuscito a compiere uno dei viaggi più importanti. 

Il Casati è ispirato dall’onore, dall’interesse del suo paese, dal- 
l'amore alla Geografia africana, per cui ha tanto sofferto. E bisogna poi 
amarlo non soltanto per quello che ha saputo fare, ma altresi per l 
sua bontà di carattere, per la sua inalterabile modestia e semplicità ne 
I’ eroismo. 

Egli ricorda presso noi le ardite imprese di Marco Polo e degli 
altri impavidi ricercatori di terre sconosciute. 

Se un giorno l’Europa, fatta ragione di ciò che le incombe, si 
accingerà a conquistare le regioni interne dell’Africa non alla cupidità 
commerciale e politica, ma al vero bene di tutti; essa negli studi e 
nelle scoperte del nostro valoroso concittadino avrà una guida sicura 
Non so quale altra maggior lode potrebbe darsi al Casati; in cui, meglio 
ancora del coraggioso esploratore, ammireranno ì posteri un pioniere 
della civiltà, 

Mi creda con sensi di sincera stima e amicizia 







aff.mo 


A. CrccH. 


‘ Da Moenghe a Toro, § giorni. 
Da Toro a Mrudi, 4 giorni. 
Da Mrudi a Macongio, (piede delle montagne nevose) 2 giorni. 
Da Mrudi al Lago Ruitan, 4 giorni. . 


3) Serie degli itinerari percorsi da G. Casati (1880-1889). 





Stazione Stazione È i Giorni Mezzo 
di partenza di arrivo aq di marcia {di locomozione 
P . 
Suakin Berber _ Io a cammello — 
Berber Chartum —_ 14 conbarca a vela 
Chartum Meshra er Rek | — 37 » (1) 
Meshra er Rek Vau (2) _ 7 a piedi 
Van Giur Gattas — 3 » 
i Giur Gattas Rumbek — 5 » 
_ Rumbek Ajak — — 2 » 
È - Ajak Amadi — _8 » 
5 - Amadi Gora ~ 8 > 
- Goza Batanga — 9 » 
_ Batanga Bongola — 2 » 
- Bongola Bescir — 2 » 
i fe Bescir Dongu —_ I » 
= Dongu Gambari — 2 » 
| - Gambari Gango — 5 » 
- Gango Tangasi (3) | — | 6 > 
Giugno ‘8; Tangasi Mbruo (4) — — _ 
- Tangasi — Sanga (5) _ 4 a piedi 


(1) Lango il Fiume Bianco col piroscafo e Sofia ». 

(3) Qui Casati incontra Gessi verso la fine di settembre 1880. 

(3) In ottobre 1881 presso Munza rinvenne la sepoltura di Miani, da cui estraeva 
alcune oma e la pipa appartenenti all’ illustre viaggiatore, con intento di riportarli in 
Yetta, Disgraziatamente però Re Cabrega dell'Unioro, avendo fatto prigioniero il 
@apiteno Casati, lo spogliò di questi preziosi avanzi e di tutte le sue note di viaggio. 

\4) Mbruo si trova un giorno di marcia ad E. del Fiume Uelle, e vi si giunge 
atdendo due giorni con barca e in un giorno di marcia. A Mbruo il Casati incontra 
i visegiatore Junker (giugno 1881). 

(5) Senga, paese dei Mege. 


— 422 — 





Stazione Stazione % Giorni Mezzo 

Data = 
di partenza di arrivo i 3 | di marcia [di locomosk 

i 

— Tangasi Bacangoi 110 6 a piedi 

— Bacangoi _ Acangoi (1) 35 2 . 

— Acangoi Bangue _ — — 

— Bangue Mbua — — — 

— Mbua Canne — — — 

— Canne Zebo (2) — 2 a piedi 

a Zebo Baudi 28 I > 

— Baudi Tangasi 40 2 » 

— Tangasi Dongu 180 8 » 

— Dongu Mundo — 75 21/2 2 

— Mundo Cabajendi 105 3 » 

_ Cabajendi Vandi 38 2 » 

Marzo ’83 Vandi Lado (3) | 158 6 » 

— Ladò Dufilè 190 7 a piedi, lag 
la sponda # 
nistra del Nile 

—_ Dufilè Uadelai 118 2 con piroscale 

— Uadelai Kibero 112 I 1/2 con vapore 

- | Kibero Giuaja (4) 35 2 a piedi 

o Giuaja N’paro — 1/2 > 

—_ | N’paro Mahaghi 

| o Tungoro (5) — — {ore 4 di vapore 


(1) Acangoi è sul Fiume Pocco, affluente del Bomocandi. 

(2) Confiuenza del Fiume Tellè col Bomocandi. 

(3) A Ladd il capitano Casati s’incontrd per la prima volta con Emin Psscà, 
ed era nel marzo 1883. 

(4) Giuaja è la residenza di Cabrega, re dell’ Unioro. 

(5) Mahaghi si trova circa all'estremità settentrionale della sponda occidentale 
del Mvuta Nsighe (Lago Alberto). 





-. 





— 433 — 





6 
Stazione Stazione i 5 | Giomi | Mest 
© 
A 
— Mahaghi | S.-S.-O. Msua (1) I 
- Msua » Njamsangi 2 vapore 
apr.'88f Njamsangi : Cavali (2) 3 
= Cavali O. paese dei Vavra 2 a piedi 
- Vavra S. paese dei Valeg- 3 
ga o Lendu 
(gente dell’ O- 
vest) » 
_ Valegga S.-0. |FiumeSemliki(3) » 
— |Fiume Semliki} S.-S.-0. | Vugarama (4) > 
= Vugarama S -S.-O. |paese ey Buco- |circa 79 5 
co (5) » 
- Bucoco S. 12° O.| Muciòra (6) 59 4 » 
- Muciòra S.eS.-S.-E. Catua (7) 69 » 
_ - Catua N. 58° E.| Amcongo (8) 22 » 
= Amcongo N. Nguli (9) 18 » 
= Ngoli N. 10 
— | » | S. Kiniaiavi (10) 7 > 


ti Msua è posta sulla sponda occidentale del Lago Alberto, 

(2) Sulle alture di Cavali s’incontrarono, il 28 aprile 1888, Emin, Casati e Stanley. 

(3) La popolazione che abita il paese adiacente al Fiume Semliki è detta Va- 
Nelle carte moderne di Perthes e di altri, il Lago Ruitan-Nsighe (e non Mutan 
come lo hanno nominato) da cui esce il Semliki è, almeno nella sua estremità 


. settentrionale, erroneamente collocato. Le sue sponde al N. non sorpassano che di 
poche miglia la linea equatoriale *. E il Semliki, dice il Casati, esce dal lago so- 


con una direzione N.-O., e dopo descritta un’ampia curva colla convessità 


volta ad occidente, entra nel Lago Alberto alla sua estremità meridionale, Il letto 
«del Semliki è alto dal livello del mare m. 665. 


(4) Vugarama è l'ultimo villaggio degli Uamba. È alto sul mare m. 830; e per giun- 
Beri si attraversa tutto il paese degli Uamba; paese piuttosto montagnoso, ricco di boschi. 

(3) Bucoco è alto circa m. 775 dal livello del mare. 

(6) Dal paese dei Bucoco si entra in quello di Ucongio che appartiene alla zona 
del Ruvenzori **. Il villaggio Muciòra è alto circa metri 1,128 sul mare. Da questa 
docalità la vetta più alta del Ruvenzori (meglio detto Virica) si vede tutta coperta di 
eve in direzione N.-E., mentre in direzione S. si estende la vasta pianura che mette 
al Lago Ruitan Nsighe. 

(7) Da Muciòra si varcano i contrafforti del Ruvenzori fino a raggiungere metri 
1,577 di altezza nel territorio chiamato Usongoro, e si giunge a Catua che è in pros- 
mità del Lago Ruitan. Gli abitanti dell’ Usongoro appartengono alla grande famiglia 
Vabame. Popolazione questa numerosissima, la quale si crede sia venuta dall’E.. I 
Vahuma sono quasi tutti pastori, e la ricchezza principale del paese è il bestiame, 

i e capre. Catua è a m. 890 dal mare. ; 

(8) Amcongo è posto di fronte all’ isola Frangara, sotto I’ equatore. In questo 
pao il Lago Ruitan stende un lungo braccio in direzione E.-N.-E. circa. Amcongo 

perte del territorio di Uniampaca. 

(9) Da Amcongo si entra nella regione chiamata Toru, abitanti Vatoru. 

(to) Kiniaiavi È parte del territorio di Mruri. 


® Di ciò i viaggiatori si sono resi sicuri determinando alcune latitudini astro- 


** Vedi su questo viaggio i particolari circa il Ruvenzori contenuti nella lettera. 


E 
. Stazione Stazione È | Giomi | Mero 
Direzione à : locomo 
di partenza di arrivo AS|di marcia) |: 
E | 


Kiniaiavi N.-N.-E. 


_ » S.-S.-O. (Fiume Ruroi (1) 36 a piedi 
— Ruroi S. Bucorungo (2) | 32 » 
— Bucorungo |S. 14° E.'Fiume Cagara ol 224 14 

Kitangole (3) » 
— Kitangole S. 9° E.'! Batenghe (4) | 137 » 
— Batenghe S.-S.-O. | Msemsera (5) | 65 » 
— Msemsera S. 11° E.| Niamogogiò (6)| 34 » 
— Niamogogid |S. 68° E.' Maranda (7) | 48 » 
— Maranda S. 17 
— » E. Umpeca (8) 62 » 
— Umpeca E. Usombiro (9) | 34 » 


e 


(1) Sempre territorio Mruri. 

(2) Il Fiume Ruroi segna il confine fra Mruri e Uniampaca, a cui appartiene 
Bucorungo. 

(3) Da Bucorungo si entra nel paese Ncole, soggetto al sultano Ntali. L’ de- 
mento predominante a Ncole è sempre Vahuma, il quale qui è chiamato Vagascra 
Hanno per agricoltori gente Vuuciesi, i quali una volta erano i padroni del paese. 
Il territorio Ncole è tutto montagnoso con elevazioni che superano m. 1,750. ll Fame 
Kitangole, al punto in cui lo guadò la nostra Spedizione, è largo m. 80 e in die 
zione N.-E. va al Lago Vittoria. Al fiume l’ipsometro di Emin dava un'altezza & 
m. 1,160. 

(4) Dal Fiume Kitangole si attraversa il paese Caragua; paese montagnon 
abitato sempre da gente Vahuma, mentre i vecchi padroni erano Uaniambo. Dopo i 
primi 35 chilometri dal Fiume Kitangole si trovano le sorgenti termali di Mtaguta, 
Batenghe è a m. 1,393 sul mare, e Mtagata a m. 1,388. 

(5) Da Batenghe si entra nel Thanghiro, regione del Lago Urighi. 

(6) Niamogogiò è a circa 400 metri ad O. del Lago Vittoria (territorio di &- 
signo). Da ciò appare chiaro che il Lago Vittoria, secondo che è collocato nella car 
moderna del Perthes, non è esatto. Esso ‘leve subire nella sua parte meridionale € 
precisamente in direzione S.-S.-O. ancora uno spostamento di almeno chil. 130, 

(7) Maranda fa parte del territorio Ucome. 

(8) Qui si rientra nel territorio di Usigno. 

(9) A Usombiro havvi la Stazione della missione inglese. Due chilometri a N. 
della missione vi è il Lago Vittoria. Usombiro è a m. 1,128 sul livello del mare. 


NOTE METEOROLOGICHE. 


La notte dal ro all'11 luglio a Catara nel paese di Ncole a 55 ant, il termo 
metro centigrado si abbassava fino a 10°. | 

In quella dal 14 al 15 dello stesso mese si aveva nella stessa stazione un mi 
nimo di 9° C.. 

A Ugomoro nel Caragua, nella notte dal 27 al 28 luglio un minimo di 9° C. 






-_ - e —— 





— 435 — 
B. — L'UauPES E GLI UAUPÉS 


del confe ERMANNO STRADELLI. 


(con un disegno nel testo). 


Il mio primo viaggio all’Uaupés fu nel 1881, e allora percorsi il Ti- 
l'Japò; il secondo, nel 1882, quando di ritorno dal Rio Branco, 
watai il fiume fino a Jauareté e quindi l'Apapury fino a Piraquara. 
L'Uaupés è uno dei più importanti e, nello stesso tempo, uno dei 
fest interessanti affluenti del Rio Negro, per quanto poco esplorato. Gama 
bo d'Almada ne visitò una piccola parte sulla fine del secolo scorso, 
ei sulla metà di questo, Wallace, di cui i vecchi si ricordavano ancora 
Javareté e poi, dopo di me, il sig. Coudreau, che per quanto vi facesse 
ba rapida corsa, ha saputo dirne tante belle cose. 
D'acque scure e sponde basse ed inondate, alternate con punti alti 
B elevantisi talora a guisa di piccole colline, rotto alla sua foce da isole, 
Enno si accorgerebbe, entrandovi, di aver lasciato il Rio Negro, di cui 
Jà che lo stesso fiume segue la direzione generale, e d’essere sulle acque 
pil Uaupés, se alla piccola ed antica popolazione di S. Joaquim, sita 
sua foce sulla riva destra, il pilota non vi dicesse: Caryua, aigue 
Mpeyory tomasdua: bianco, ecco la bocca del Cayary. Cayary è il vec- 
Wehio nome indigeno; Uaupés è nome dato più modernamente dai bianchi, 
ws chi pel primo non so, ed è dato tanto agli abitanti che al fiume. 
Numerose tribù col nome di Uaupés uscirono dal bacino idrografico 
i fiume nel secolo passato e nei primi di questo, e più di una popo- 
zione nel Rio Negro e nel Solimoes gli devono l'essere, come Coané, 
| o Quary, Ipurana nell’ultimo, S. Isabel, Marauid, S. Marcellino nel 
i, imo; causa forse questa che fece mutare il nome di Cayary in quello 
Bi Uaupés 0, come i più antichi scrivono, Rio dos Uaupés. 
Oggi non si incontrano Uaupés che molto lungi, secondo che mi disse 
4 il sig. Nîccolau Palheta, il negoziante che ha più di tutti rimontato il 
ume, dove ultimamente fu ucciso; essi abitano un piccolo affluente della 
Tegione montagnosa, già nelle terre dei Cobéua, fuggono il contatto dei 
civilizzati. Io non ne ho mai incontrato nessun rappresentante. 

Il fiume: che si getta nel Rio Negro pochi minuti a N. dell’equa- 
bere, con larga curva rivolta a S., oltrepassando di qualche minuto la 
Tinta nel suo massimo svolgimento per ritornare a N. al Taraquà, viene 
} dla questo punto da O. a E. e dal Taraquà in là sempre più da N, 
“Mato più ci si accosta alla regione delle rapide. 

La regione tutta si eleva insensibilmente fino ad Ipanoré, dove 



























un gruppo di colline di gr¢s in decomposizione sbarra bruscamente; 
fiume, facendo come un alto gradino colle due cascate di Ipanoré 


Fio. 1° — Zhacisloni esistenti stelle Pietre di Fauagreti (Cascata dell' Ueupde, "1/6 dal naturale). 





Pinti-pint : quindi segue una larga regione bassa ed inondabile, che si 
stende da quest’ultima cascata fino a Jujutti-arapecuma (promontorio del 


— 427 = 

fo) formando un vasto labirinto d’ isole, tra cui la principale è quella 
ominata Cassina, dove sulla bassa vegetazione che la ricuopre, 
ice la vainiglia in tal guisa abbondante, che quando agli effimeri 
fi succedono le bacche olezzanti, se ne sente l'acuto odore da 
gi Da Jujutfi-arapecuma a Jauaretè la regione si eleva ancora, e. 
fiume corre in un letto di roccie, formando rapide di piccola impor- 
a, per entrare in una regione dove le rapide, i salti e le cascate.si 
kedono quasi senza interruzione fino a che il fiume, a seconda che 
É Indini raccontano, corre un’ altra volta libero in una grande 
para, ove cresce alta l’erba ai piedi di una grande montagna e vi 
colano mancirie di buoi e di cavalli. 

Ipanoré e Pind-pini sono vere cascate. Nel rimontare si traspone 
jprima evitando il salto, che si corre invece nella discesa colla im- 
cazione completamente vuota; e lo si evita, seguendo il Pyrà-miry, 
piccolo braccio in molti punti allargato artificialmente, lungo la 
a destra, dove ciò non ostante bisogna scaricare più di una volta 
mabarcazione. 

La seconda non si può trasporre che per terra. Il fiume, largo a 
lonte più di 600 metri, qui diviso in due canali che sommati non 
ano 120 metri d'apertura, si precipita da un’altezza di quasi 4 metri, 
ugghiando e spumando, in un largo bacino tranquillo, in cui si rispec- 
fihiano le bianche spume della cascata e le piante contorte, che nel- 
isolotto di mezzo crescono tra le anfrattuosità dei massi ammontic- 
fiati quasi ad arte, per poi scendere e mugghiare ancora lungo i 
o metri di canale roccioso, che con rapido declive forma il salto di 
Tanto nell’una che nell'altra il trasporto dei carichi è fatto dagli 

i di Ipanoré e Pind-pind in cambio di mercerie. È una contri- 
€ a cui non si sfugge, anche se si abbia la gente necessaria per 
i eso. Il vostro equipaggio passerà la canoa, ma difficilmente si 
| à al resto. È un diritto di pedaggio che per uso appartiene ai 

vilagg è sacro e bisogna sottomettersi. Vero è che in questo 
™odo si guadagna non poco tempo, perchè gli uomini e, se occorre, 

€, ragazze e ragazzi, accorrono volonterosi senza nessuna difficoltà 

è ciò che è più, senza troppe esigenze. 

Numerosi sono i piccoli affluenti che da destra e da sinistra ali- 
Reitano il fiume; ma la maggior parte di poca o di nessuna impor- 
tanza nel tratto da me percorso, e se ne potrebbe forse appena eccet- 
lare Myrity, Icdua, Pituna e Pupunha già presso Jauareté sulla riva 
Sinistra, ¢ Embayua, Tucano, Tiquié, Apapury sulla riva destra, più 






















«n 428 — 
importanti spesso per la lunghezza del corso e per le comunica 
che facilitano coi bacini limitrofi, che per il volume delle loro 
Così il Myrity dà sfogo ad un intricato labirinto di laghi interni, 
tre |’ Icdua e il Pupunha sono contravertenti di affluenti dell’ Issana ¢ 
cui facilitano le comunicazioni. Il Tucano mette in comunicazione 
un breve passo per terra 1’ Uaupés con il Curycujary. Il Tiquié è, 
gli affluenti, forse il più notevole e per volume d'acqua e per imp 
tanza di comunicazioni. 

Esso mette foce nell’ Uaupés, un poco a valle del Taraqué, i 
mando alla sua confluenza una bassa isola detritica. Vi sbocca vene: 
quasi direttamente da S., obbligato ad una brusca svolta da piccole em 
nenze granitiche della riva sinistra; ma la sna direzione generale § 
O.-S.-O.; in mezzo a volte e rivolte, tendendo sempre più a ve 
dal S. fino a Pary, dove il suo letto si ripiega bruscamente ad O. fi 
a Tyiuca; e di là, dicono gli Indiani, sale un'altra volta verso il N., dow 
il fiume nasce in un terreno montuoso ed inospite. Il suo regime prese 
quasi i fenomeni del fiume principale, solamente le sue rive si elevano i 
presto formate nella quasi loro totalità di sponde alte morenti con @ 
breve ygafò (selva inondata) nel fiume. Corre libero d’ intoppi fino a 
cano e in questo percorso riceve due soli tributarî di qualche importana* 
l’Arara sulla dritta a quasi una giornata dalla foce, e il Pixuna sil 
sinistra; il resto non sono che ygarafe (torrentelli). A Tucano un fiom 
di gr¢s traversa il fiume con larghi lastroni, che affiorano ad acq@ 
basse lasciando tra i crepacci, ingranditi dall'erosione, uno stretto e ti 
tuoso canale. Da Tucano fino a Pary non vi è a trasporre che quale 
rapida di poca o nessuna importanza. Pary al contrario è una casca 
e delle più belle. 

Due colline rocciose chiudono ai due lati il fiume, ridotto, è vero, 
alla larghezza di una cinquantina di metri, se tanto, ma che si feti 
spumando per cinque aperture da una mostruosa balaustrata di massi © 
vrapposti. Di quì fino a Tyiuca le rapide e le cascate aumentano, e #4 
ogni passo, per quanto non si rimonti più che in piccole #52, bisogs 
scaricare e caricare per poter passare. Da Tyiuca in là (da quanto dicono 
gli indigeni, giacchè io non oltrepassai questo punto) le rapide si fanno 
ancora più numerose così che il fiume non è più navigabile a be 
acque. 

Nelle parti più elevate, rare camp~inas, ma sempre lontano dalle 
sponde, rallegrano e rompono la monotonia della foresta. Di queste @* 
pine ne ho ritrovate nell'Apapury e, per quanto brevissimo di co™ 
anche nell'Japò. Ciò parrebbe indicare una regione di camyos stendentS 












— 429 — 
Maltopiano che serve di spartiacque tra il bacino dell'Uaupés e quello 
if Japurà o Caquetà, che chiamare si voglia; ma le induzioni e dedu- 
mi in questa materia sono troppo facili, perchè mi ci lasci andare 
atierl. Se tutti non scrivessero che ciò che videro e constatarono, 
gebbe forse che si sapesse qualche cosa di meno, ma in realtà si 
prebbe ben più di ciò che non si sa oggi, perchè si saprebbe cid che 
a; e ciò che non si sa è meglio non saperlo, che saperlo male. 
La larghezza del fiume in tutto questo percorso varia dai 200 ai 
ge metri dalla foce a Tucano, più oltre dai 25 ai 50, essendo da 
my a Tyiuca spesso inferiore ai 25 metti. 
Da Tyiuca traversando il Dgy-paranà, affluente del Curycujary, vi 
a cammino, a quanto dicono gli indigeni, che passando pel terri- 
io dei Carapanà Tapuya mette nell'Japurà, p per meglio dire nel suo 
ente principale di sinistra, l'Apapury. Sempre secondo informazioni, 
pia maloca dei Barrigudo-tapuya, sita sulla riva sinistra del Pary, a valle 
pa cascata, parte un sentiero, che va dal Tiquié ad un altro Apapury, 
ate dell’ Uaupés, di cui parlerò più avanti. 
Oltre a ciò una rete di sentieri aperti nella foresta lega tra loro 
i sa/che che esistono lungo le rive, cosicchè senza ricorrere al fiume 
Nino queste fra loro in comunicazione. Non sono mai arrivato ‘in una 
gessoca senza che gli abitanti non ne fossero già stati prevenuti, e sì 
the alcune volte era impossibile che alcuno fosse andato per acqua più 
i presto di me che®navigava con una «54 remata da 7 vigorosi rematori; 
@lamente quando conobbi e percorsi queste comunicazioni terrestri, 
i una spiegazione dell’enigma. 

; ‘Questi sentieri non sono larghi, ma servendo continuamente, sono 
‘den conservati e danno comodamente passaggio ad una persona carica. 
, Seguono abitualmente la linea più breve praticabile fra i punti che 
| Bitniscono, ed è per ciò che, quando hanno da oltrepassare qua Iche ele- 

azione, seguono a preferenza le creste, per quanto siano spesso inter- 
Totte, sui declivî laterali, da profondi burroni; i quali, benchè tran- 
!#ìtbili con molto minor pendenza, domandano uno svolgimento di 
| tracciato molto maggiore. Le sole deviazioni sono dovute agli acquitrini, 
| «he in tempo di piena impediscono il passaggio; e qualche volta alla 
| tcerca di un luogo dove più facilmente traversare i corsi d'acqua, che 
Malvolontieri si passano a guado, ma si sopra tronchi d’alberi ad 
We abbattuti e spesso forniti di leggero riparo a guisa delle nostre 














L'pò è un piccolo affluente di destra, quasi insignificante; non 
lo rimontai che per la curiosità di conoscere il maggior fazé dell’Uaupés, 


— 430 — 

il Cristo Vicente. Ha la sua foce in un intricato ygapé, poco a 

della maloca di Jukyra, ma le sue rive presto si elevano, e il torrente 
corre incassato in fondo ad alte foreste, che spesso da lato a lato a 
fondendo le fronde, gli fanno una volta di verdura e riparano il veg 
giatore dal raggio cocente del sole. Il più interessante è un tratto d 
circa 400 metri, in cui esso corre tra rive scavate in un erès 
ginoso, che formandone il letto, determina una quantità di piccll 
cascate, descrivendo, a guisa di una scalinata, un’ampia curva, lungo W 
cui linea esterna si svolge un profondo e facile canale, che tale 
urta contro le sponde a picco, talora passa sotto piccole grotte dall 
volta pulita e arrotondata, dove l'acqua cristallina mormora appens Me 
tutto questo però sparisce nel tempo delle rapide piene, torbide e pas 
seggiere come tutte quelle di questi piccoli corsi d’acqua, il cui let 
corre in una regione più elevata che il livello del fiume in cui sì sal 
ricano. Il luogo è chiamato Payé-tenddua (terra del #a:) e nume 
sono le offerte che i passanti, che si recano a interrogare il Crs 
lasciano sulle sue pietre per propiziarsi l'immaginario abitatore. 
sistono però, come quelle già notate nel Rio Negro, nel Padzuiy 6 
altrove, in scorze di banane, stoppa, qualche pugno di farina e smi 
giacchè il paif pare sia di buona pasta e, seguendo una massima dé 
vangelo così poco seguìta, sopratutto in tale materia, dai suoi mini, 
si contenti dell'intenzione del donatore, non guardando alla cosa dw 
nata, che spesso non tenterebbe neanche un seguace“di Sant’ Antonia 

Più in là ogni traccia di grès sparisce e il fiumiciattolo corre 1% 
poco elevate colline di un terreno argilloso, fortemente colorato ¢ 
rosso dagli ossidi di ferro, disegnando col bianco delle arene, compo 
per la maggior parte di quarzo, il proprio cammino. È su queste co 
line che appajono già tracce di camfizas o praterie naturali, facendo 
come delle grandi chiazze nella foresta, che già ha perduta la maestà 
e grandezza propria, e pare tisica e prossima ad estinguersi. 

L'Japò non dà passaggio che a piccole #4, e anche queste 208 
lo rimontano che in certe epoche dell'anno, giacchè ad acque base 
resta completamente a secco. La sua direzione generale è da 0.N0 
a E.-S.-E. e il suo corso, fino alla maloca dove abita il Cristo Ve 
cente e dove già non è più che un filo d'acqua, è di 30 miglia gee” 
fiche al più. 

A monte di Jauareté Tua o Missione di S. Gerolamo, proprio od 
bel mezzo della cascata di Jauareté, formando alla sua foce una ser 
di rapide e di salti, l'Apapury, meno importante d’assai del Tiqué P! 
volume d'acqua, sbocca confondendo la propria furia con quelli de 













— 433 — 
upés. La sua direzione è quasi quella del Tiquié, inclinandosi però 
iormente a S. verso le sue sorgenti, cosicchè questi due fiumi 
irebbera l'uno poco lungi dall'altro. 
I Le sue rive sono alte e in alcuni punti vere colline argillose a 
e declivio e gli affioramenti di grèy numerosi. Nella sua parte su- 
lore, specialmente a monte di Jaudca, spesseggiano le campine e ta- 
esempio a Pyraquara, si stendono fino al fiume, formando piccole 
circondate d’alte scogliere di un effetto assai pittoresco su cui 
la vista in queste regioni ove domina signora la selva. 
In generale il paese è ricco, senza presentare però nessun pro- 
lotto speciale che non sia comune a qualche altra parte di questo gran. 
bacino amazzonico. Tra gli ornamenti che i capi portano appesi al 
, ho incontrato talora dei quarzi auriferi, il che farebbe credere che 
‘qualche filone potesse esistere nei luoghi dove questi furono tolti ;' ma 
ogni caso tali sarebbero le difficoltà di trasporto, che solamente una 
I ficchezza eccezionale della miniera potrebbe presentare qualche utile in 
"esplorarla. Per la sua posizione e il suo regime l’' Uaupés è condannato 
| ad essere uno degli ultimi ad entrare nelle vie del progresso e della 
. civiltà, : 
La sua larghezza media, è vero, è dalla foce ad Ipanorè di ben 400 
metri, sorpassando spesso nel lungo percorso il chilometro, e conserva 
da questo punto fino a Iauareté una media di 200 e più metri con una 
profondità più che sufficiente nel canale; ma oltre alle due cascate di 
Ipanorè e Pinù-pinù, ha a poche ore dalla bocca un largo cordone 
di pietre, che attraversa il letto da lato a lato non formando cascata, 
ma bensi un basso fondo assai pericoloso e in molte epoche dell’anno 
insuperabile e, quasi ciò non bastasse, la cascata del Rio Negro da un 
lato, quella dell’ Orinoco dall’ altro, rendono la via che conduce al fiume 
quasi impraticabile. Un giorno forse, ma questo giorno è lontano, se il 
vasto bacino delle Amazzoni divenisse fortemente abitato e alla aumen- 
lata popolazione occorressero nuovi sbocchi, potrebbe accadere che uno 
sforzo titanico sbarazzasse il cammino dagli ostacoli, che oggi lo pre- 
cludono; ma mi permetto di conservare dinanzi a questa probabilità 
tut i miei dubbî. Colonia latina, il Brasile, a cui si estese tutta 1’ in- 
dolenza della razza indigena, è capace di concezioni grandiose di slancio 
è di entusiasmo, ma gli mancherà pur sempre la costanza, vorrei dire 
la cocciutaggine, che tanto caratterizza le razze nordiche, per perseverare 
© nuscire, 
i I prodotti che nutrono il poco commercio dell’ Uaupés sono: la 
di mandioca, che si esporta per l'alto Rio Negro e talora fino 










— 432 — 

a Tomar; la gomma elastica, la cui raccolta è bastantemente impe 

nel basso Uaupés, cioè dalla foce fino al Tiquié, benchè ne esista {i 
bassa valle tra Pinù-pinù e Jujutù e nel Castanha, affluente dell 
Tiquié, dove però è poco o nulla utilizzata; e la salsa-pariglia che 
viene dalla regione delle cascate. Oltre a ciò possono notarsi, per gq 
rappresentino un commercio molto limitato, il fucar greggio e fi 
curauà filato, amache, ceste, crajurà ed altri piccoli nonnulla di c 
mi sfuggono i nomi. 

Questo commercio è fatto abitualmente da negozianti più o 
civilizzati, che vanno a recare agl'indigeni ciò di che più spesso non i 
bisognano, ingannandoli in ogni maniera e abusando della ospitalità, fi. 
il selvaggio offre allo straniero. | 

Varie, se non numerose tribù, vivono oggi sulle rive del fiu 
dei suoi affluenti e se ne dividono il dominio. Esse sono: 

I Tariana, la tribù dominatrice, il vivajo, per così dire, da 4 
il cui nucleo è a Ipanorè e Jauareté; 

I Tucana, che abitano il basso Uaupés, il Tiquié, Jukyn a. 
basso Japò; 

Gli Arapazzo sull’Jujutù-arapecuma, alto Japò, Pupunha-pararà, è 

I Dessana, nell’ alto Apapury fino al Tiquié, ecc.; 

I Pyra Tapuya, abitanti sui piccoli affluenti e nell’ interno, è 
regione tra il Tiquié e l’Ipanorè, eccettuandone il Matapy e Tipiaca, 4 
sono nei Tucana; 

Gli Uanana, a monte di Jauareté; 

I Barrigudo (Amorè) tapuya, sulla riva sinistra del Tiquié 2 5 
e nell’ interno; 

I Tyiuca tapuya, a Tyuca; 

Gli Acanyatara tapuya, nel Castanha; 

I Macù, nel basso Apapury, Arora paranà e un po’ per tutto, * 
maggior parte schiavi delle altre tribù. | 

E oltre a questi (di cui ho in gran parte visitate le mealocks € OR 
cui ho diviso il curadz e bevuto il cachiry) i Myrity Tapuya, che 4 
Myrity paranà dicesi che si estendano nell’ interno fino all’ Uass) P* 

‘ranà miry, i Cubéua, gli Uaupés, gli Umdua, scaglionati nell’ alto Usps & 
e lungo gli affluenti nella regione delle cascate fino, a quanto 0, 
alle praterie di Colombia, e i Carapanà tapuya che si confondono © 
confinano coi Miranha e si estendono tra il Tiquié e 1’ Apapury, affoc™ 
del Tapurà. 

Oltre di questi, secondo il sig. Coudreau, vi sono: i Sous Uaness () JI 
i Tatù mira, gli Jurupary mira, gli Arara e gli Arara tapuya e altri &% & 

| 











— 433 — 
dei primi, che sono una divisione cervellotica degli Uanana, devo 
che non li conosco, almeno, come abitanti l'’Uaupés; perchè 
pasa, per esempio, sono pur troppo ben noti dal Madeira fino al 
) dove talora spingono le loro escursioni, come pure non conosco 
se tribù i Coeuanna, Macucuena, Mamenya, Tunuanara e i Boa- 
che trovo citati come di quel fiume, nell’ « Amazònas de Sa », per 
o dei primi trovi citato il nome a proposito di uno degli stru- 
i dell’ Jurupary, la cui leggenda viene più avanti tradotta in tutta 
integrità. | 
da tutte le tribù oggi esistenti nell’ Uaupés e affluenti, differente 
}Hagua, per quanto la Tucana sia quasi universalmente intesa; ma 
fami sono identici, se ne eccettui i Macù che abitano la selva 
ggono, per quanto lo possono, il contatto e la convivenza delle al- 
jtribà, da cui son temuti in una vera cattività, « Essi » a quanto mi 
a Joîo, fmadua del Taraquà, che fu mio pilota nel primo viaggio 
fiquié, a proposito dei Macù di Arara paranà, « non lavorano la 
ae, non sanno pescare, malamente cacciano, si nutrono di frutta, 
9 dove possono, senza far case, hanno ancora scuri di pietra, non 
gentel » E ciò collo stesso disprezzo con cui doveva rispondere 
didelzo portoghese del tempo della conquista a qualche missionario 
) cercasse insinuargli che i poveri Indiani nop erano bestie, ma uo- 
i come Ini; cosa però che non pareva ben certa neanco a papa 
sodro VI, se non mi inganno, perchè nella sua famosa bolla di 
îsione, accompagna la dichiarazione, che erano uomini, con un sic 





















E questo disprezzo per i Macù va tanto lontano nelle tribù superiori, 
colpisce anche quelli che ne hanno già accettati i costumi e li imi- 
>, non solo, ma ricade anche sui figli, che altri Indiani abbiano con 
Macù, e che non sono considerati come tali, ma appena come 
hisvi che il padre cederà o venderà senza troppa difficoltà. 
_ Nell'Usupés furono più volte cominciate, riprese e abbandonate le 
doni, non solo, ma tutti i generi di missioni: religiose coi carmelitani 
He francescani, dal 1841 fino al 1853, o in quel torno, poi laico- 
Ni ari col tenente Jesuino,, morto che è poco tempo, e poco più ci- 
mmato che i civilizzandi. 
in casa di questo, che giungendo un giorno all'improvviso, incontrai 
Wal famiglia nel costume dei nostri primi padri; e quando mi scusai 
per “were giunto così inopportunamente, Jesuino mi spiegò la cosa colla 
naturalezza del mondo: « amico, ci vorrebbe troppo sapone se 
8 andasse sempre vestiti >. 





— 434 — 

Ma anche questo non durò molto, e l' Uaupés restò per molti: 
abbandonato a sè stesso. Nel 1879 furono riprese le missioni dai f 
cescani; e il primo ad andarvi fu un F. Venanzio Zolocchi, un m 
piacentino, a cui fu aggiunto nel 188: F. Matteo Canioni, un di 
cuore eccellente, e nel 1883 F. Coppi, che colla esposizione 
pulpito della maschera dell’ Jurupary, rischiò d’ essere massacrato @ 
-Ipanoré insieme al Canioni; e lo sarebbero stati se non se ne f 
venuti via più che di fretta. Lo stesso Coppi, col tentativo di riprenda 
possesso delle missioni, appoggiato dai soldati, rese questo molto di 
cile; e adesso, per quanto non siano soppresse, sono però abbandoss 

Tuttociò contribuì a modificare alquanto l’esteriorità degl’ mdigull 
del busso fiume e a portar loro qualche bisogno che prima non sé 
vano : ma poco influì in fondo, e quasi nulla, credo poterlo affermati 
sulle tribù dell’ interno. | 

Oggi è vero che chiunque giunga nell’Uaupés trova quasi tuti $ 
suoi abitanti vestiti, giacchè corrono ad abbigliarsi appena sentono ' 
.rivo del bianco. Il vestito però non passa che per un ornamento dit 
fanno pompa innanzi a quelli che loro insegnarono a portarlo, ma 
abbandonano appena il bianco sia passato. 

Nella stessa missione del Taraquà, dove quando vi stetti risiede 
il P. Venanzio, mi è accaduto più di una volta di incontrare entri; 
in una capanna, tutte le persone che l'abitavano in piena libertà; ¢™ 
cacciando giungevo in qualche campo lavorato, dove i cani conosos 
domi non abbajavano, potevo senza difficoltà apprezzare le belle: 
indigene, senza che alcun velo importuno loro facesse riparo. Per 
rare, il vestito e sopratutto la sottana è un incomodo. La seconda voli 
che’ rimontai il Tiquié, lo feci con F. Venanzio; per le donne che © 
nivano a farsi battezzare la sottana è di prammatica. Il frate, al pi 
cipio, stava con me che gli facevo da sagrestano all'altare, e le peoftt 
passavano ad una ad una a ricevere l’acqua lustrale; poche erano quell 
che per fare quel breve passaggio che le separava dall’ altare, non al2* 
sero le sottane raccogliendole in un fascio al disopra delle anche € ché, 
ad onta dei gesti disperati che loro venivano fatti, non si presentasse 
in tal guisa. Questo fece si che anche l’acqua lustrale fosse data senza fuk 
uscire dal posto dove stavano in fila per tutto il resto della cet 
monia. 

Ciò dipende dall’ uso che ha l’indigeno di andare nudo. Gh nomi 
colle parti pudende nascoste sotto una stretta fascia di scorza 0 di teli, 
che fermata davanti alla cintura, passa tra le gambe ed è rifermata die 
tro, da dove spesso ne pende qualche dito. Le donne vanno completam‘i* 






— 435 — 
pie (la Zausa non la portano tutte, che nella danza), colle grandi 
bra piegate in dentro e il monte di venere completamente sprovvisto 
peli, che si strappano facendo pinza con un pezzo di wambé, specie 
i ena, spezzata. Unico ornamento abituale degli uomini, che per la 
o posizione ne hanno diritto, è la sfà-fuxà%a, che fu già chiamata 
abetà, confondendola con un ornamento labbiale e che il signor 
xireau chiama ssuyrakitan, nome che non può essere accettato che per 
] la confusione; giacchè il voler trasportare questo nome, ac- 
oggi per gli artefatti di giadeite o nefrite, di provenienza, a quanto 
maestri dicono, asiatica, ad un oggetto d'origine assolutamente indi- 
è volere imbrogliare le carte e prevenire con una parola una con- 
îone, che forse potrà essere la vera, ma che lascia ancora molto a 
= Ad ogni modo I’ st2-fuxdua, che ha tanti nomi quanti sono 
dialetti delle tribù che la usano, è un cilindro di quarzo più o meno 
tamente cristallizzato, della varia lunghezza di 5 a 1$s centi- 
traforato nel senso del suo diametro, più veramente in quello 
Yella sua lunghezza; ed è portata appesa al collo, accompagnata qualche 
velta da alcuni semi durissimi e neri, e più spesso da uno o più denti 
Gi jaguar. Il quarzo, per quanto imperfettamente cristallizzato, è durissimo, 
€ ci vuole una pazienza da santi per ridurlo, coi soli mezzi che gl’ Indiani 
| possiedono, acqua e arena, alla forma di cilindro, e soprattutto per trafo- 
tarlo, come fanno, servendosi di una talla di una specie di urania, di cui 
fanno trapano aggiungendovi acqua ed arena. ar” 

Le donne portano fino da bambine al disotto del ginocchio ovvero 

al disopra del polpaccio, che è raramente sviluppato, una stretta legatura 
fatta con una striscia di un tessuto di curawà compatto, a disegni ele- 
ganti e dipinto in giallo con terra gialla. Questo tessuto, per compat- 
tezza e disegno, a giudizio di più di una signora, semplicemente meravi- 
glioso, è opera delle indigene stesse, ed è fatto collo stesso sistema con 
cai si lavorano i pizzi col guancialetto e le palluzze, ma invece di un 
disegno a traforo, è un disegno in rilievo sopra un fondo unito. Talora, 
Ma non sempre, portano delle conterie ai polsi e al collo, e il dorso e 
le mani spesso tinti di genipapo. 

Solamente quando si adornano per le feste, portano lunghe filze di 
conterie; a preferenza bianche e minutissime, se no nere, difficilmente 
d'altri colori, cui uniscono monete d'argento di tutte le provenienze, 

€ accuratamente pulite, e portano la fanza, essa pure di conterie 
® vari colori artisticamente disposti in greche più spesso che in losanga, 
ed oltre di ciò si dipingono con caraizrà il corpo tutto, ma con disegni 
differenti secondo la tribù cui appartengono. 













Per gli uomini invece variatissimi sono gli ornamenti che varit 
a seconda dell'importanza dell’individuo e della festa. 

I fuxdua oltre la pietra, impugna il muruck, uno scettro di i 
metri e più di lunghezza, di un bel legno flessibile e forte, rosso 
venature nere, ornato da un lato di due denti come due dardi d’ayaé, 
razza fluviale, incassati o legativi sopra con fucus tinto in rosso ¢ 
caraiurà, cui seguono due palmi, più o meno, di intagli o di ornati 
pennuzze di cotinga, disposte a disegno, e di fiocchi di penne vents 
| bianche di occo, terminando, dove comincia il bastone, con lunghe ci 
che di capelli umani, che sono tolti quando l'oggetto è venduto al biase 
Questi capelli, come la punta di lancia che, dopo un rigonfiamento # 
pieno di sassolini, termina dall'altro lato, ci dicono che lo scettro di 
oggi serve per guidare la danza, era in origine l'arma di guerra Gy: 
capo. Egli porta alla cintura una filza di denti di faswssò, specie ¢ 
porco selvatico, da cui cade davanti in modo da nascondere la legsteii 
della cintura, un grembiale di #rxsy, libbro di una pianta, accom 
mente arricciato a cannoncini e ornato con disegni bizzarri, fatti é 
caraiurà e più raramente col gensfàfo. Al braccio sinistro in alto, 
disopra del gomito, un braccialetto di corde tessute con peli di sci 
mia, da cui cade un fiocco di penne caudali di pappagallo, di jap}, 
tucano, o tutte insieme con pelli di piccoli quadrupedi, abitualmaltità 
di un piccolo sdentato dal pelo sericeo, cui attribuiscono effetti me 
vigliosi, o con intiere spoglie di fipra rupicola dal bel colore guilt 
In capo un diadema, acanyatara in nehengatù e mddm-pdari in tua 
fatto delle copritrici gialle dell’ali di vecchie are rosse, appositames® 
allevate nella ma/oca, sormontanti una striscia di penne ventrali bi 
che di occo, disposte artisticamente su un tessuto di fucun e finesd 
con lunghe cordicelle di pelo di scimmia e feu, con cui si asset 
il diadema stesso, legandolo alla testa. Le cordicelle servono anche PI 
sostenere il resto dell’acconciatura del capo, composta, in più, di ® 
osso di jaguar, posto a traverso ad uso pettine, che sostiene le lunghe 
corde di scimmia, macacaràua, grosse spesso due dita e che scendo0 
in quattro come lunghe trecce fino alla cintura, di un pennacchio d 
penne di airone più raramente di penne d'arpia, e di due pes™ 
o bastoncini ornati di pennuzze di cotinga e penne d’airone, che esci? 
come da due rose di penne gialle d'ara rossa e un dischetto di p® 
di fat, più raramente di cuia. Ha il corpo tutto dipinto di cers* 

I giovani portano grandi collane di conterie e monete, come le 
donne, il grembiule, i denti di fafussò, il braccialetto, ma non portano. 
murucù. Solamente in certe feste, come in quella del tapiro, bedha 





— 437 — 
gma, portano semplici bastoni variamente ornati ad intagli, ma non 
| penne, con una corona o frangia di penne anali di tucano, gialle 
pese, tenute fisse e montate su un cerchio di fibre di fucun 
da cui sporgono da 5 a 7 penne caudali d’ara rossa o 
e talora di maracana formanti aureola; completando in certi 
l'ormamento filze di mezzi gusci di frutti di varie speeie di 
pataud, legate al disopra della nocca del piede, e 
serrono a battere il tempo nella danza, come filze di campa- 
in certi luoghi, non dappertutto, portano una penna bianca al- 
come usano pure i giovani che nella festa servono il ca- 
. Questi però generalmente non portano che le file di conterie 
pettine, ornato alle estremità di penne o code di scimmie, posto 
di dietro, di traverso. Il fi non porta nessun ornamento: ha al 
un sacchetto, il mafiry, la testa coperta di cotone in fiocco e talora 
tn fazzoletto bianco. Egli presiede alle cerimonie delle danze, solenne- 
te, con una forchetta, che sostiene l'enorme zigaro (deff in tucana), 
Wnfitta a destra in terra innanzi al luogo dove è accoccolato, e il vaso 
‘del cofy accuratamente coperto fino all’ora della distribuzione, a sinistra. 
e grandi feste degli uomini, negli jurupary cioè, egli e il tuxdua vestono 
la maschera di capelli di donna, una specie di tunica senza maniche, che 
dalla testa viene fino a mezza vita, sormontata da un pennacchio bianco, 
Con tre fori, due per gli occhi e uno per la bocca, e tutta intiera di 
capelli di donna. Non ne conosco che una di queste maschere, ed è 
, ancora al suo posto o a meglio dire, sarà oggi più accuratamente na- 
scosta in Ipanoré ; le altre per la maggior parte non ne hanno che una 
Piccola porzione, la figura, il resto è fatto di peli di scimmia e di 
ager. Di tal fatta è, se non mi inganno, quella che trovasi costì a 
Roma e che provenne da Jauareté. 

‘ L'indigeno è indolente, è fannullone ». Chi non ha vissuto nella 
mala, chi non ne ha studiati gli abiti e i costumi che nei luoghi 
dove è già avvenuto il contatto dei civilizzatori, di qualunque specie 
emi siano, e che in fine volesse misurare l’attività degl’ Indiani coi 
nostri critert, lo può dire; altri no. 

Prima dell'alba la ma/oca è in movimento. Le donne si alzano e 
col casuty sotto il braccio, i fanciulli al collo o per mano, vanno 
è degnarsi al porto, non mai troppo lontano, e ne ritornano caricando 
sulla testa il proprio vaso pieno d'acqua. Appena di ritorno accendono 

co e preparano il primo pasto, intanto che gli uomini vanno a 

i alla loro volta. 


Quando il sole appare è già da molto finito questo primo bisogno, 






— 438 — 
e gli uomini mettono in ordine i loro arnesi da pesca o le loro 
da caccia ed alle otto già sono fuori. Poco dopo escono le donne 
coi bambini e un paniere sulle spalle vanno al campo dove il} 
è quotidiano, perchè quanto raccolgono, altrettanto piantano, in x 
che non mancano mai del necessario. Alle tre le donne tornano 
campo, lavano la mandioca, prendono un bagno e preparano il méeîò. 
fanno farina che per vendere o per vettovaglia di viaggio. Qt 
poco dopo torna l’uomo colla cacciagione o la pesca, in un colpe 
mano la preparano e, nel frattempo che questi va a prendere un bafi 
e torna, la stuoja è messa, le vivande bollite, arrostite e perfino in u 
vi fumicano su rozzi piatti di terra, con la salsa di peperoni in me 
Ogni famiglia vi si siede intorno, ed il vicino che non ha 
fortuna, vi ha sempre un posto. Ciascuno a sua volta prende 
pezzo di carne dal piatto comune, senza molte cerimonie, con due ¢ 
tuffa il suo pezzo di mbeiù nella salsa di peperoni, che arde of 
l'inferno nei primi momenti; ed è una gara, dove l’uomo sparisce € 
la bestia. L'ho pensato tante volte: è soprattutto dinanzi al cibo, ¢ 
si differenzia il selvaggio dal civilizzato, giacchè nel resto questo pt 
è superato da quello. 

La proprietà, assoluta, gelosa, non si estende al di là di ciò che 
opera delle proprie mani e acquistato col proprio sudore o i 
di questo, alla casa, all'amaca, agli utensili da cucina, da pesca © @ 
caccia ed al prodotto del proprio campo: non passa nè al suolo, nè fil 
resto, cosicchè una pianta fruttifera nata spontaneamente senza uni 
fatica non cessa di appartenere a tutti, come il territorio, il campo; ‘ 
aver servito ad uno, passa senza recriminazione alcuna ad essere 004 
pato da un altro, se invece di dissodarne un nuovo, trova ciò più or® 
veniente. Questo genere di vita non è alterato che dalla preparazionil 
del campo dalle emigrazioni temporarie e dalle feste. 

I campi, o ¢upixdua in nehengatù, si preparano al principio dels 
stagione secca, in luglio o agosto cioè. Scelto il terreno adatto, questo È 
prima sbarazzato dagli arbusti e dalle liane, poi a colpi di scure #80 
abbattuti gli alberi maggiori. In questa operazione gli uomini tutti dell 
maloca si assentano per turno, non restandone che un piccolo nue 
destinati a provvedere la caccia e la pesca ai lavoratori; ma qu®™ 
più delle volte non avviene, perchè il padrone del futuro campo 
in tempo, preparando carni e pesci mogueati in quantità sufficiente 
nito il lavoro lo festeggiano con un cachiry. Gli alberi abbattuti 5090 
lasciati seccare due o tre mesi, poi li accatastano e vi danno fa00o 
Ma è raro che questa prima operazione pulisca completamente # 





— 439 — : 
mo: sono ammucchiati quindi un’altra volta i tronchi rimasti, e vi 

0 fuoco. Poi, subito che si approssima la stagione delle pioggie 

mbre e gennajo), ai primi acquazzoni le donne e gli uomini che hanno 

la il loro lavoro, piantano la mandioca, che in sei mesi ha già radici 
ttto di essere raccolte; piantano pure banani e ananassi e qualche 
ponnulla, ma in piccola quantita. 

Gl'indigeni non abbisognano che dello stretto necessario di tutti i 

ì; ciononostante, oggi la raccolta della mandioca è molto superiore 

ssumo dei produttori; e sono questi fannulloni che forniscono la 

pr parte della farina, a prezzi spesso insani, a quasi tutti « gli at- 

ni >» abitatori del Rio Negro, e che insieme a quelli del Parà e del 

shao nutrono i sérimgeciros dell’intiero fiume fino al Venezuela. 
pt anno nel solo mese di gennajo uscirono dal Rio Uaupés 400 panieri 

mina, che impedirono che nell’ alto Rio Negro si abbandonasse la 

ione della gomma prima del tempo, come minacciavasi di fare per 

sanza di viveri; 400 panieri di farina, lo so, non sono gran cosa, 
}¥aato conto del piccolo numero di indigeni in contatto col mondo 
Be, sono anche molto. 

Certo che, soprattutto pei negoziantucoli, che non spogliano mai 
(@pettanza l’indigeno, egli non cessa con tutto ciò di essere indo- . 
we © fannullone, ed io sarò per essi un accanito indianofilo: e sia. 
gp4ndiano dinanzi a costoro ha un gran delitto: non avendo necessità 

B soddisfare e non sapendo cosa farne di tutti i fondi di magazzino 
lo speculatore gli porta e di cui da tanto tempo ha riconosciuta l'inu- 

non li accetta, e cede a malincuore un paniere di farina di so a 60 

Mogrammi più o meno, che gli costa tempo e sudore, in cambio 
ie * “evades (m. 1,60) di tela, di cui non sa che fare e che non usa 
Be per vanagloria quando giunge quello stesso bianco. Ho visto ven- 
coltellacci per 8 e ro panieri di farina, sottane per 4, ed altre 

mui trufferie ; e i venditori non erano i più accaniti al guadagno. 
E E quasi questo non bastasse, il negoziante tratta l’Indiano come 
altimo degli esseri, peggio di un cgne, perchè confidando sopra la sua 
Paziente, è certo di non esserne morso e, in ogni caso, sa che ne 
aia sempre a capo con un mezzo infallibile, la cackaga (acquavite), ultima 
vets, suprema tentazione a cui tutto cede. È vero che di tempo in 
¥upo qualcheduno si ribella e qualcheduno più imprudente e, come 
Srrtne spesso, meno colpevole e più disgraziato paga per sè e per 
gl alti, Quest’ anno pare le cose siano andate un po’ più avanti che 
al solito: Je vittime, a quanto consta, son tre; per informazioni di /- 
ste dita, l'Uaupés è interdetto ai bianchi. Nel tempo stesso che uno 





— 440 — 
mi diceva questo, ho avuto la soddisfazione di sentirmi soggiungere 
tale interdizione non si stendeva « ao Conde », che è come mic 
mano quando parlano con me; il Mayua rara o figlio del Gran W 
pente, come il sig. Coudreau dice che mi chiamano, non l'ho wi 
che una o due volte mentre riproducevo fotografie; ciò che forse ff 
trebbe spiegare come mi attribuissero il potere di far nascere gente, 
lamente battendo le mani (1). Ma torniamo a bomba. 

Il tempo che passa tra la preparazione del terreno pel cnr 
l'incendio degli alberi abbattuti, è impiegato in migrazioni da un luogo dl 
l’ altro. Tutta la famiglia si trasporta con armi e bagaglio o ad un punto di 
fiume o su qualche lago dell’ interno, dove la pesca sia abbondante e la vil 
più facile, o in qualche territorio più favorito per la caccia 0, sei 
a far visita a qualche maloca amica; e in queste peregrinazioni le dista 
non contano per nulla. L’ unica provvista che in questi casi portano aq 
sè è la farina. I Maci, che la maloca possiede come schiavi, e le don 
caricano le provvigioni, e seguono pronti alla caccia o alla difesa gli uoni 
atti alle armi. È in questo tempo che le tribù del centro vengom 
provvedersi da quelle che sono in contatto coi negozianti degli oggi 
che più loro occorrono, cioè armi e istrumenti di ferro, e portano 
cambio oggetti di ornamento, fucun, curaurà, myrity, ubà, caraierà è 
che so io. 

Le missioni hanno eretto lo stabilimento, in luogo ben in 
sulla riva del fiume, ma gl'indigeni dell’ Uaupés, come forse tutti gli am 
geni, sceglievano e scelgono ancora per stabilirvi le proprie abitaziot 
luoghi ritirati, per quanto sempre vicini ad un corso d’acqua, e nasci# 
di guisa che chi non sappia, soprattutto se straniero, passa senz: 
spettare neppure la quantità di occhi che lo spiano. La prima 
che rimontai il Tiquié il fuxdua Jogo che mi serviva di pilota, co 
scusa che il fiume era disabitato, mi fece arrivare in 7 giorni alla casa 
di Tucana senza che io pure sospettassi, che egli mi ingannava; € 008 bf 
che al ritorno, quando il fexèga Torquato mi ebbe detto che ciò © 
falso, e che un po' colle buone un po’ colle cattive decisi Joao a am { 
visitare tutte le maloche e che questo postovisi di buzzo buono mi f°? 
consumare ro giorni in discesa, che vidi quanto era lungi dal ve” si 
mia prima supposizione. Non vi era torrentello, piccolo affluente, 1° 






(1) Puis c'est l’histoire du C.t Stradelli, qui était ici il y a quatre 22% Os 
nous raconte qu'il était fils du Grand Serpent, et que dans le Uaupés, mea qa 
frappant des mains, il faisait nattre des hommes. — Voyages è travers ies Gesta 
et l'Amasonie, par H. A. CouDREAU, — Librairie Coloniale, 1887, Paris. t. 2, Pa: sl 


— 441 — 
poco elevata sul margine stesso del fiume, dove non abitasse qual- 
uno e, tranne poche realmente abbandonate dagli abitanti che si erano 
iipiti in qualcuna delle vicine missioni, nelle ma/oche vi era gente dapper- 
b; la maggior parte, è vero però, donne, fanciulli e vecchi, perchè 
omini erano nel basso Rio Negro ad estrarre gomma elastica od a 
la canoa del f9#%0. Ed era forse questa la ragione perchè il mio 
che ancora non mi conosceva, non aveva voluto in principio 
tutti quei veri nascondigli. 
La costruzione delle case non ha nulla di speciale. Nelle missioni 
Bi sono i tipi: o la capanna colle forme ridotte della maloca o la 
con muri di graticcio riempito di terra, il più delle volte composta 
Wa veranda e un’ unica sala, raramente due, una grande e una pic- 
m La maloca è un gran capannone, spesso di 20 o 30 metri di lun- 
wa su 10 O 12 dilarghezza, col tetto di paglia che viene spiovendo 
jp a terra e le pareti fino ad una certa altezza di scorza d'albero, 
po: di paglia di palma come il tetto: soprattutto quelle dell’interno. 
pesti muri a scorza d'albero sono vere e proprie fortificazioni e se 
we non difendono completamente da una palla, difendono da palline 
piombo, e soprattutto sono impenetrabili alle freccie, ciò che le pareti 
M paglia non sono; e non è raro incontrare dietro alla parete di scorza 
Ma vera e propria palizzata di difesa. Sono situate abitualmente sopra 
ma’ alta spianata, in mezzo a un piazzale tenuto pulito per misura di 
fifem un qualche centinajo di metri tutto intorno alla casa. Le pian- 
(Region sono lontane sempre: intorno alla maéoca non sorge abitualmente 
qualche elegantissimo gruppo di pupunha, di canne da zucchero, 
e piede di banano e l'indispensabile pianta del pepe. Ma se le 
“ante son poche, gli animali allevati e addomesticati sono moltissimi ; 
‘tai hanno fatto più di una volta ricordare ciò che il sig. Couto de Ma- 
puibic dice rispetto alle tribù dell’ alto Araguaja, se non m' inganno: 
«la maloca è spesso un museo vivente della fauna dei dintorni ». 
| Internamente poi la maloca è divisa, potrei dire, in tre parti. La 
Part riservata al Aexdw2, quella del popolo e una terza per i forestieri. 
entrando a sinistra, un riparto largo il doppio di quello destinato 
ad ogni famiglia è pel forestiero: dei pali espressamente disposti per- 
Rettono di legarvi buon numero d’amache. Di giorno non ve ne è 
due, una destinata al ‘xè della ma/oca, l’altra al visitante; per 
Ttsto della gente vi sono due lunghi banchi, se no la terra. Lo 
*0mpartimento, che resta di fronte, è chiuso con un graticcio e serve 
¥ deposito degli oggetti comuni. Nella parte di mezzo, della maloca 
Misegnata alla popolazione, lungo le pareti, come tante poste in una 


































| — 442 — 
scuderia, vi sono tante divisioni oblunghe di grandezza e numero @ 
riabile ; e cadauna è destinata ad una famiglia. In faccia a ciaschedi 
c' è il luogo per gli utensili di cucina e, all’ altezza di 2 metii 
‘ graticcio che è |’ armadio o la dispensa della famiglia. Nella parte 
steriore della maloca, che spesso ha una forma semicircolare, resta Î'{ 
partamento, si può chiamare così, del f“sxdua, separato per un grati 
che corre spesso da parete a parete e occupa l'area di 4 poste, 
per ogni lato. Dietro vi. è la cucina comune, ma fa corpo a parte. ¥ 
cucina, o per dire meglio, il forno è comune, ma il cibo è fatto qui 
sempre davanti ad ogni posta; in mezzo, tra due fila di colonne 
legno, sono i truogoli e i vasi per il cackiry. 

Appena giungete, vi è offerta l’amaca dal fuxdza, che viene ff 
sulla porta; quando vi siete seduto, gli uomini tutti sfilano ad uno 
uno, domandando come state, d'onde venite, dove andate, e passano { 
fare la stessa cosa con tutta la vostra gente; per fortuna, siccome 
più delle volte non li capivo, non avevo da rispondere che al pod 
che parlavano la lingua geral o nehengati. Quindi è il turno dell 
donne, tutte le madri di famiglia vengono portando cadauna in una cei 
mbei o curada (focaccie, la prima di mandioca, la seconda di tapoc} 
accompagnate colla immancabile salsa di peperoni rossi, 32, come @ 
cono loro; e depongono il tutto in terra davanti alla vostra amaca, * 
guite dalle ragazze e dai bambini che nelle missioni vengono a doma 
darvi la benedizione, che ricevono baciandosi le due dita della dest 
che vi hanno sporta. Allora la prammatica vuole che prendendo @ 
pezzetto di ognuna delle focaccie offerte, gustiate di tutte, intingendole 
nella famosa salsa. La prima volta che non la conoscevo, caddi a4 
laccio : intinsi coscienziosamente il mio pezzo di messi e credett d 
perderne per sempre il palato; poi mi contentai di farne le viste. Da 
quel momento l’ospitalità è data ed accettata, siete in casa vostri p> 
tete andare, venire, fare, stare, che nessuno se ne incomoderà Ma 
questa libertà dura poco: vinto dagli indigeni il primo sentimento di risp 
toso timore, voi divenite la vittima della loro curiosità: tutti come bar 
bini vogliono tutto vedere, tutto sapere, tutto toccare. E le donne ek 
ragazze, che in principio sono le più timide e riservate, sono quelle 
che più danno da fare. 

Questo però, se talora mi annojava, tal'altra mi divertiva, e 0P? 
tutto quando facevo veder loro al microscopio quegli animaluccì, che 
purtroppo numerosi, ad onta della caccia costante di cui sono l’ogg*!% 
popolano la loro folta chioma. Grandi erano gli atti di ammirazione 
animate le discussioni che ne seguivano, e dopo mi guardavano 0% 


— 443 — 
rispetto : ero cresciuto di grado. Un giorno in Tucana nel Tiquié 
pesi una curiosa spiegazione della mia potenza. Due giovani spose erano 
Be non lontane da me, una allattando un robusto bambino, l’altra 
mio con un pappagallo, che non mi aveva voluto vendere pochi 
lenti prima. Questa spiegava all'altra, che il pappagallo era pro- 
> e che per ciò non me lo poteva dare. « Ma fai male, il bianco 
prendersela con te. » « Il bianco è buono non se la prende. » 
Ja sì, hai visto come fa ingrossare le bestie? Se si adira, è capace 
krti ingrossare tutti i pidocchi che hai nei capelli e farti mangiare 
ro. » Pochi minuti dopo il pappagallo era mio, era un superbo 

non seppi ricusarlo. 

Colla fotografia fu più difficile; e se non era un caso fortuito che 
Fkce ottenere di poterli ritrattare, non vi sarei mai riescito. Mi ser- 
b ancora dell’incomodo processo al collodio e fissavo al cianuro. In 
Ifrete, dove ero giunto senza aver potuto tirare la fotografia di un solo 
ano, per quanto avessi fotografato i frati e i loro discepoli in tutte 
auiere possibili, montai la tenda che mi serviva di gabinetto oscuro 
Rno alla casa del fuxdua Mandi, e presi le vedute della cascata e 
lf villaggio. La mattina dopo il mio #uadua viene e mi domanda ve- 
im per le formiche. Protesto che non ne ho. Egli mi dice rotonda- 
grote che mento; m’inquieto, e allora lui mi conduce dove il giorno 
ema avero montato la tenda, e là sul luogo, con un gesto grandioso, 
melodramma, mi indica il campo seminato di morti. Dovetti cbinare 
Resta e dire: Cupi teen, è verità. Il caso aveva voluto che montassi, 
Ta accorgermi, il gabinetto scuro sopra un formicajo, e naturalmente, 
e. il cisnuro era giunto, aveva fatto il suo dovere. Avevo già fatte le fo- 
fraie che desideravo e non volevo privarmi di cianuro, di cui non 
Etro troppa quantità; quando mi balenò un'idea: « Hai ragione, 
i al exdua; ma questo veleno non è il migliore, perchè è fatto 
Vista delle piante e delle case, il buono è quello che si fa cogli 
mini colle donne. Vieni quì, mettiti fermo lì davanti alla macchina 
vedrai che buon veleno ». Mandt non se lo fece dire due volte ; ed io 
Gi diedi, uscendo dal camerino, una buona soluzione di cianuro, facendogli 
"atte le raccomandazioni possibili. Fu a provarlo accompagnato da tutta la 
ma gente; l'effetto fu straordinario. Da quel giorno egli mi procurava gente 
e. Quando non ve ne fu più in Jauareté, la fece venire 
da tro ¢ credo che senza muovermi di lì, avrei ben potuto fotografare 
Intero Usupés. In ultimo ero obbligato a far gruppi per non scon- 
i, Questo fu tutto lavoro perduto. Avevo posto tutti i c/schés in 
Mme cassetta ; i copins vi entrarono e non ne rispettarono uno solo. 


i 





— 444 — 
Le secrezioni con cui erano stati uniti i cristalli erano talmente ¢ 
rose che la superficie attaccata ne restò pulita, come se vi fosse pe 
lo smeriglio. 

Ora un rapido sguardo retrospettivo sui costumi finora descrà 
e poi passerò alla leggenda che è, posso dire, la causa di queste 
pide note. 

Il fuxdua è il capo della tribù, il fayf o meglio paié ne 
medico e il sacerdote al medesimo tempo. Il potere del /uxdse 
è, direi, patriarcale; ma per me non vi ha dubbio, originariamente é 
veva essere guerriero, e se oggi non presenta quasi più questo c: 
ciò si deve alle circostanze mutate. Le tribù dell’ Uaupés di origini 
provenienze diverse, per quanto le loro leggende ne parlino ga « 
indigene del Temi, piccola catena che si eleva tra l’ Uaupé e l'Isss 
non sono a mio vedere che discendenti da nazioni molto più numen 
che per ragioni, forse differenti, vi vennero a cercare un rifugio. Decia 
come sono oggi, sono rare le guerre fra di loro. I nomi delle at 
tribù in parte diversi dagli antichi poco possono influire a chiarime ff 
storia, perchè potrei quasi asserire che questi mutano col mutare Qi 
capi, soprattutto se questi lasciarono una forte memoria di sè; ¢ ul 
sono dovuti alla regione in cui le tribù vivono, cosicchè poca ™ 
ci possono portare. Della differenza di origine fa prova la lingua, meat 
parrebbe negarla l'eguaglianza di tradizioni e di usi. 

Di dove vennero? Ecco una questione a cui è molto difficile fi 
spondere. Certi usi e costumi, come mi faceva notare il sig. Barba 
Rodriguez, per esempio l’uso di un ritiro per le vergini, che a prg 
sito dei Bianc4s incontriamo nella leggenda, li affiglierebbe al Perù, | 
dove non sarebbe difficile fosse emigrata una parte composta W 
esclusivamente delle classi inferiori. Ma sarebbe difficile spiegare int 
caso l’assenza completa di monumenti. Il culto del sole, che pat i 
sultare dallo insieme delle tradizioni di Jurupary, non è tale, giacchè 
cima all’ astro che ne è quasi il rappresentante, vi è un essere 8 
conosciuto, indefinito se si vuole, ma un essere superiore, concetto € be 
non so se risponda a qualche cosa di simile alla religione degli [nc 
Nell’ornamento che portano i capi, c' è chi ha voluto vedere un 
di congiunzione coll’ornamento che la tradizione attribuisce alle Am 
zoni, un succedaneo, mi si passi la parola, alla pedra das ams 
nas, agli ornamenti in jadeite e nefrite, di cui il berillo verde, 0° 
sciuto col nome di amasone’s stone, sarebbe l'imitazione. Sarà, ma N° de 
bito, e dinanzi alla tradizione vera non so come lo si possa sostenert; che 
se invece qualche cosa fosse sostenibile, sarebbe un fatto assolutamto!* 





— 445 — 

o. La tribù di donne incontrata dall'Orellana non sarebbe refrat- 
alla legge dell’ Jurupary dai cui seguaci era fuggita? Di que- 
sodi ne incontriamo uno sulla fine della leggenda dell’Jurupary, e 
altro ben più definito nella leggenda del Naui-naui, che a quella fa 


















Sia come si sia, non mi impancherò ora in una discussione di 
to genere; è un fatto però che in epoca più o meno lontana 
upé sofirì una o forse più invasioni: i suoi abitanti sono là per 
starlo a chi osservi un poco. 
Da un lato vi sono i Maci, la razza schiava, l’antica signora della 
ga che dall’Uaupés si stende all'Jupuri ed al Marié, dove domina libera 
» al Rio Branco. L'altra, composta delle tribù dominanti, degli attuali 
ori, ossia Tariana, Tucana, Arapazzo, Dessana, ecc., di un colore 
metante, ma sempre abbastanza scuro, dal tronco forte e robusto, al 
confronto spesso sembrano esili sostegni le gambe, le mani e i 
bh ben fatti ma non troppo piccoli, la faccia decisamente prognata 
Mi zigomi accentuati e sporgenti lateralmente, la bocca larga, il labbro 
Men troppo carnoso e sporgente, il naso stiacciato e largo alla base, gli 
fichi piccoli, tagliati ad amandola, colle sopracciglia (quando esistono, 
va abitualmente si depilano) dritte e inclinate verso la radice del naso, 
tapelli di quel nero rossiccio tanto caratteristico a tutte le razze indi- 
gene (è il carattere che più resiste negli incrociamenti), lisci e ribelli a 
qualunque piega, ma non grossi e setolosi. La statura media di questa 
tazza è al di sopra di m. 1,68; nella razza stessa è forse da distin- 
Persi un sotto-gruppo che, pur mantenendo in generale gli stessi 
Sater » è composto di individui più bruni, più piccoli, e che, 
conserrando la medesima conformazione degli zigomi,: è in tale ri- 
‘guardo meno accentuato. Tra questi noterei volentieri i Pyrà-tapuya, i 
‘Barriudo-tapuya, i Tuyuca-tapuya e forse, benché ne abbia visti troppo 
‘ ochi per poterlo affermare, i Cubéua, mentre ascriverei gli Um dua al 
Buppo principale. 
I Macù, per quanto abbiano il colore generalmente più chiaro, non 
li vorrei prendere mai come base di distinzione, poichè il loro colore è 
*Ipre troppo variabile; e conosco Macù che sembrano neri, mentre 
Ped non lo sono; la faccia più di frequente ortognata, gli zigomi spor- 
gett, ma più verso l'interno, in avanti, la bocca regolare, il naso spesso 
dritto ed affilato; cosicchè all’infuori del colore si incontrane tipi di poco 
0 nulla differenti dal caucaseo ; più esili e delicati di forma, sono ancora 
meno robusti. 
È certo che nel basso Uaupés è difficile poter differenziare bene 


3 


questi due tipi, la civilizzazione ha troppo mescolate le razze, e il 
non vi è quasi rappresentato; ma nei luoghi dove questa non gi 
dove le donne cercano di spogliarvi per assicurarsi che siete fatto 
gli altri uomini, dove vi tirano i peli delle gambe per assicurarsi chi 
sono attaccati alla pelle e non finti, la cosa cambia figura. A questi 
proposito non so dove ho letto, ma certo in un accanito seguace di 
Darwin, attribuirsi l'assenza di peli all'uso delle vesti. Ma, o m in 
ganno, o l’indigeno deporrebbe in contrario. Tutto il suo corpo d 
sprovvisto di peli, se ne eccettui la faccia, le ascelle e le parti pu 
ed è coperto invece di una lanuggine fissa e fina, che dà alla pelk 
sensazione di una morbidezza straordinaria. 

In origine i matrimoni dovevano essere esogami e fatti per 
oggi ancora è molto generale quest'uso. Il rapimento della 
prescelta ha luogo al tempo dei grandi daéucury. Il rapitore conduce 
prescelta in un luogo lontano, già da lungo tempo preparato. I 
strepitano, gridano, ma non si muovono per quanto sappiano essttàr 
mente dove i fuggitivi si nascondono. Un anno dopo, più o men, gi 
sposi ritornano. Se la ragazza è incinta, lo sposo fa presente al 
cero di una cintura di denti di faiussà, oggetto molto apprezzato € 
cui attribuiscono una influenza sulla durata della vita del possessore; 
il paié soffia sugli sposi e il matrimonio è concluso senz'altra formalità; 
se no, è resa ai parenti che la riaccettano senza obiezione Ne & 
nosco alcune che in questa guisa sono state rapite tre o quattro vole 
e non hanno ancora trovato marito. Jurupary stabili l' indissolubilità dà 
matrimonio, ed è forse per questo che essi provano avanti se la spo 
serva. All'atto della copula per sè stessa non annettono una grande 
importanza: ciò che consacra il matrimonio è il dovere dei parenti di 
allevare i figli; quando questo non esista, l’unione degli sposi 100 be 
più ragione d’essere; ed è perciò che, anche quando non avvenne ritto, 
se da un'unione qualunque nasce un figlio, il matrimonio esiste ed ¢ | 
indissolubile, schiavi in ciò del proprio dovere. Jurupary stabili l'ec* 
zione della sterilità per i fvxdwa; oggi però è generale, ed è quest. 
idea, che hanno del matrimonio e della sua ragione d'essere, ché ha 
più di una volta fatto sì che, maritati dal missionario, dopo un 0° 
tempo alcuni ritornassero con un’ altra donna per essere rimaritati; ¢ als 
domanda, se la prima moglie era morta, quegli s’abbia udito rispondere 
ingenuamente: Vo, ma che ne ho da fare, se è sterile? I missionath 
è vero, li rimandavano senza sposarli, dopo un predicozzo di cui ™ 
capivano il più delle volte un ette. Ed essi se ne andavano, ms 202 
a convivere un’ altra volta colla prima moglie. Se il missionario 2° 




























— 447 — 
a voluti risposare, tanto peggio, ne facevano a meno; tutto al più, 
mo i casi più frequenti, le tenevano tutte e due. Mandù di Massi- 
mo Téua, il fexdua d'Oconory ed altri informino. 

Ebbene, ciò non si prevedrebbe dalla gelosia con cui sono cu- 
dite le ragazze prima che giungano alla pubertà. 

Ogni contatto coll’uomo è loro interdetto, e questa interdizione è os- 
ita tanto più rigorosamente, quanto più si va lungi dalle Missioni. 
Banta epoca della pubertà, la ragazza viene chiusa in uno stanzino fatto a 
pi uopo e inaccessibile agli uomini, dove resta un mese digiunando, 
ita solamente dalle donne. Se un uomo la vedesse, mi dicevano, la 
bbe. A quest'epoca è che le si tagliano i capelli. Quando i 
1 sono ricresciuti ed esse sono state presentate nel grande 4aby- 
o nel cachiry mensale, sono libere di avere amanti quanti vo- 
pono, però dove la così detta civilizzazione non ha ancora portata la 
istituzione, non ne abusano. 
Questo stato di cose farebbe credere, che l’infanticidio fosse sco- 
Biciuto ; disgraziatamente non è così. Dal commercio col regafio (ne- 
Wetiante girovago), che si procura con regali i favori delle belle del 
go, nascono i figli, che non hanno padre; il che per la donna, che 
won è notoriamente vedova, è un ostacolo ad ogni futura collocazione 
Ai suoì. Nel concetto generale essa è già maritata, quindi intangibile, 
ala l’infanticidio e la ragione forse per cui dopo tanti anni di 
È batto coi bianchi la razza si può, salvo rarissime eccezioni, considerar 
Spera. D'altre enormità, che son attribuite a loro, non so. 
"Non le sole ragazze sono soggette a digiuno, l’uomo lo è pure ed 
4 nza spesso. 
4 È sottoposto a digiuno tutte le volte che la moglie ha le ricor- 
yIenze mensili; e ciò, mi dicevano, a fine che l'uomo non abbia volontà, 
4* possa rispettare lo stato della donna. E vi è sottoposto pure quando 
#%a moglie lo rende padre; e ciò affine che il bambino, che - prende 
L forza dall'uomo, non dalla dorna, possa assimilarsi la quantità di 
È fone, che il padre perde in un mese di digiuno a cui l’uso lo con- 
£ danna 

Quando viene l'epoca che la donna deve dare alla luce, le 
; È preparata una baracca di paglia nella selva vicina, ed è là con- 

da una delle vecchie, che ha per missione di ammazzare una 

i SIMA nera, estrarne il grasso e con questo lubricare le parti per 
i Scittare l'uscita del bambino. Ma abitualmente la donna quando par- 
i Vorisce a sola, e da sè dà le prime cure al bambino, lo lava nel fiume 
Si lava essa pure, e lo consegna al padre che ha già cominciato 


per — 


— 448 — 
il- suo digiuno e che lo aspetta disteso nella propria amaca. Fatto questo, 
essa torna ad occuparsi, come se niente fosse stato, delle faccende do 
mestiche, mentre il marito digiuna e riposa secondo la legge di Jury 
pary. Uso che fu già notato dai primi missionarî in più di una parte 
del Brasile. 

Quando qualcuno è vicino a morire, le persone della famiglia le 
circondano e tutti ad alta voce, ma sopratutto le donne, ne dicono k 
virtù e ne rimpiangono la perdita, sperando che a quel fracasso e & 
quelle lodi la malattia, che non s'è potuto vincere dalla scienza del fel, 
si lasci iutenerire e lo abbandoni. 

Ma se muore fuori dei luoghi dove risiede il missionario (ché 1 
tal caso è portato in un’amaca al cimitero), il corpo è ravvolto se 
curatamente come un salame con una legatura di samdé e sotterrata 
nel luogo stesso dove era spirato, facendovi poscia fuoco sopra. 

In passato, 4 o 6 mesi dopo, il cadavere, era dissotterrato, le ome 
pulite col fuoco dalle ultime carni, poi pestate e riunite al capy, de 
doveva essere bevuto nel cac4:ry della prima luna piena. Quest'uso, per 
quanto per timore gli indigeni lo neghino, era seguito ancora di sot 
fugio nel territorio delle Missioni; almeno fui testimonio d'un fatto che 
mi autorizza ad asserirlo. 

Morì un vecchio Pyra-tapuya, di cui ora mi sfugge il nome, ¢ fu 
sotterrato nel cimitero come era l’ordine del missionario. Ma quale n08 
fu la mia sorpresa di incontrarne il corpo, all’alba seguente, disteso n 
una 254, coperto di foglie di banana, pronto ad essere trasportato nella ap 
xdua dall'altro lato del fiume. Sapevano che qualunque cosa vedessi not 
la riportavo, e seguirono la loro bisogna senza troppo incomodarsi dela 
mia presenza. Io però per averne il cuore netto fui al cimitero do 
incontrai realmente la sepoltura vuota. Pochi giorni dopo partii, se nt 


m’inganno pel Tiquié, ritornai, fui a Ipanoré e di qui un'altra voli. 
al Taraquà dove ciò era accaduto. Erano passati frattanto tre o quatto 


mesi, quando gli abitanti della baracca dove il poveretto era morto, 
tornarono ; ma invece di abitare nella propria casa, furono in ufa 4% 
vicina e prepararono il cachéry, come per fare la festa della prossima lun 
piena e per rientrare nell'antica loro casa. Nelle Missioni non si pote 
dar festa senza permesso dei frati; quelli vennero a chiederlo, ma fe loro 
negato prima; poi un po’ per intercessione mia, un po’ per condiscen* 
denza di F. Matteo, il permesso fu concesso. 

Fino dall’alba il fai Pedro andò con una canoa e sel rematori 3 
prendere il vaso del capy, che era restato nel ssffo; e verso le 5, quando 


fu visto da lontano, le donne disparvero, e tutti gli uomini, tra cui e0 


— 449 — 

anch'io, preceduti da 4 suonatori delle sacre passywa, lunghe un buon 
metro e mezzo, mossero fino al porto, incontro ai nuovi arrivati. Ap- 
jena raggiunti, il figlio del defunto, che veniva remando col fa#é, scese a 
terra, prese il vaso del cafy, lo coprì collo scudo di vimini intrecciati 
e si diresse, seguito sempre dal #a:6, che portava la forchetta collo zigaro, 
isi suonatori, poi dal fwxdua, da me e dal resto in processione, fino alla 
Rapanna, e vi depositò il vaso nel luogo dove stava legata l’amaca del de- 
finto mentr’era in vita. I suonatori restarono fuori e non entrarono che 
quando tutti ci fummo disposti in piedi lungo le pareti, io tra il fuxdua e 
il fail. Fecero allora tre giri suonando intorno al vaso, e sortirono e 
fentrarono tre volte per compiere la stessa cerimonia. Dopo questo ci 
accoccolammo -tutti nel luogo dove eravamo, io per speciale attenzione 
ebbi un banchetto su cui sedermi; e il vaso del cafy con una piccola 
esse fu posto, coperto dello scudo, a sinistra del p4i/, e lo zigaro infitto 
nella forchetta a destra. Il fuxdua battendo sulla spalla il muruck, che 
gli era stato presentato entrando e che riconficcò nel suolo alla sua de- 
stra, diede il segnale; e allora in silenzio furono distribuiti a ciascheduno 
gli ornamenti di penne, che furono indossati, conservando i calzoni, che 
tutti portavano perchè nelle Missioni; fu acceso lo zigaro che fece il 
giro degli assistenti, e dal figlio del defunto fu servita la prima cwia 
di cackiry. Allora, nascoste le passywa, furono chiamate le donne. Po- 
chissime erano dipinte e avevano tutte la sottana. Le cuie di cachiry 
si succedevano alle cue, e di quando in quando i suonatori di fas- 
gra fuori della capanna facevano echeggiare la foresta del loro suono 
monotono e profondo. 

La luna frattanto si alzava sanguigna nell'orizzonte, salutata dal 
suono delle passyua ; è l'ora in cui comincia la danza. 

Nel mezzo della sala un gruppo di suonatori di zampogna e di memby 
(piffero fatto colla tibia di cervo) intuonarono o a meglio dire stuona- 
TRO un monotono accompagnamento di danza, che più che altro somi. 
gliava a una nenia. Col fvxdwa, che alla testa brandiva il murucé, un 
tomo e una donna alternantisi, con la mano sinistra sulla spalla del vicino, 
eil meracd nella destra, con cui si accompagnavano, battendo il compasso, 
tominciammo ad andare da destra a sinistra con un moto lento e ca- 
denzato, rischiarati dalla luce tremolante di torcie resinose, che, accese nel 
mezzo della sala, vicino ai suonatori, projettavano fantasticamente le om- 
bre dei danzatori sulle pareti e sul tetto, anneriti dal fumo. Di tempo 
in tempo la danza si arrestava e il cachiry correva in giro, ma subito 
dopo, la danza riprendeva, accompagnandola un ritornello in lode del 
| defunto: e ad ogni libazione il maracà accompagnava più nervoso e la 


— 450 — 

danza si faceva più rapida e meno compassata. A un certo punto ìl circa 
si divide in due linee, che fanno vis-d-vis zompando e rinculando, 4 
lasciano il vaso nel mezzo; poi si forma il circolo un'altra volta, ma invece 
di seguire a sinistra, si segue a destra per ricominciare fino all'infinito, | 
vecchi intanto ad uno ad uno lasciando il circolo dei danzatori si ac 
coccolavano vicino al faif che in tutto questo tempo non ha lasciatg 
il suo posto, e le vecchie si sono accostate ai truogoli di cachsry e 
tano a servire. La luna intanto segue il suo corso e quando è pre 
allo zenit, le passyua, da lungo tempo silenziose, l'annunziano rumor 
mente ; allora il pasé scopre il capy, riempie la piccola cusa, vi soli 
la rimescola, beve e la passa al vicino; e così passa e ripassa fino 
che non ha fatto il giro di tutti gli uomini, e ritorna al paid che 
rimette al posto, per incominciare di lì a poco la distribuzione, giacck 
nulla deve restare nel vaso. Le donne non bevono cagy, e a mem 
ne vollero dare, dicendomi che non c'ero abituato e mi poteva fi 
male. Era tardi, e mi ritirai; la festa durò fino all'alba. 

Più tardi ebbi la chiave del perchè non mi vollero dare il ap: 
il mio collega in paiéria, il padre della Maria Taraqua gaié, di cuoa 
mi sfugge il nome, mi assicurò, che non mi vollero dare il cagy, perc 
vi erano polverizzate le ossa del morto, e io era straniero. Joaquis Li 
borio mi confermò, non è molto, la stessa cosa. Generalment Si 
crede che quest’uso non resti in vigore che fra i Cobéua; ma ¢@ 
errore. 

C'è qualcheduno che sostiene pure che l'antropofagia esista tra # 
Umaua, dove sarebbe però limitata alle giovani donne. La dò come ® 
l'hanno data, non ci metto nè sale nè pepe. 

A due altri cachiry assistetti nel Tiquié. Uno in Jauira, poco dopo 
l’altro in una maloca del Myrity ygarapè, per quanto l’uno fosse in onor 
del fagyra o a meglio dire in onore delle fanciulle che, entrate in pt 
bertà, avevano il permesso di rimangiare la prima volta di questa came. 
Le poche differenze furono queste. Di tempo in tempo interrompevano i 
monotono compasso della musica, imitando il fischio acuto del éapré: 
invece di marzcà aveva ciascheduno un bastone, e tutti, uomini e dont, 
non avevano che gli ornamenti d'uso e il corpo dipinto con bizzarri dist! 
Io stesso ero in perfetto costume di fuxdéua, e non mi avevano fatto g35 
neanche della pittura, il che m’incomodava non poco. L’indigeno noe ls 
peli sul corpo; e dove gli ha, il più spesso si depila; per cuii disegni ftt 
col carairz non l’incomodano affatto ; io non sono un Esaù, ma con tall? 
il carairò appiccicatomi sui pochi peli che ho in faccia, soprattutto nei 
primi movimenti, dopo diseccato il colore, vedevo tutte le stelle del im 


















— 4531 — 

mento, senza contare che l’ornamentazione del mio corpo, per quanto con- 
lignato nelle mani di due abili pittrici, non durò meno di un'ora di lupo. 
A mezzanotte circa un gran pezzo di fafyra venne posto dinanzi al 
pait che, dopo aver compita la cerimonia di soffiarci su, ne strappò colle 
mani tanti pezzi quante erano le iniziande, tre, distribuendone uno a ca- 
dina, che riceveva e mangiava ipso facto ciò che le era stato dato, mentre 
gi assistenti, battendo i lunghi bastoni in terra, imitavano uniti il 
fiachio del fapyra, e le sacre passyua suonavano fuori per l’ultima 
‘welta. Poi il cackiry seguiva ad essere distribuito largamente, interrotto 
'@i tempo in tempo per gli uomini da piccole cuse di capy. E la danza 
‘@guitava e il ritornello in onore del sagyra era ripetuto sempre con voce 
più roca, mentre i bastoni battevano più forte la cadenza e i fischi non 
‘@enavano più in pieno. L'ampiezza della malora, i mucchi di resina 
‘gecesi, che male giungevano a dissiparne le tenebre, l'ombra dei corpi, 
di pennacchi, dei lunghi bastoni che si disegnavano vagamente, in- 
‘gganditi nelle pareti e nel soffitto che si perdeva come nell’ infinito, 
vano alla scena selvaggia alcunchè di grandioso, che imponeva. Però, 
per effetto, quello del Taraquà non era che una meschina parodia; 
salvo ch'era d’ingd e che il bastone era sostituito al maracd e non vi 
eta iniziazione nessuna, non differiva in nulla dal descritto. 

Non ho mai assistito ad un dabucury, festa molto più grande e so- 
lenne del cachiry, giacchè se questo è per così dire una festa di fa- 
miglia o al più di tribù, che si ripete a tutte le lune piene, salvo in 
quelle in cui cade il daducury, quello è festa di tribù a tribù, di na- 
mone a nazione; e i grandi daducury non si danno che due volte all'anno 
in ogni ma/oca, nei solstizî; ma questa non è una regola molto certa. 

Una volta nel Tiquié e precisamente in Massimiano Tàua sono 

| attivato a dabucury finito, quando i Tucana di Pary si ritiravano. Il 
tsx4ua con l’intiera tribù, ornati e dipinti come per la danza, li ac- 
compagnarono solennemente fino al porto dove li aspettavano le loro 
| Rabarcazioni, promettendo il contraccambio per l'anno seguente. 

Ecco quanto mi consta intorno ai dabucury. Gli abitanti di una 

| mala, è il caso più comune, decidono di far visita a quelli di una 
altra, e mandano in antecedenza ad avvisarli. È cosa assolutamente neces- 
tria, perchè quelli che vanno a dare il dzbucury portano le vettovaglie, e 
quelli che lo ricevono, preparano le bevande. Nel resto, salvo nel tempo 
in cui la festa è assolutamente maschile e soprattutto nel terzo giorno 
in cui, escluse le donne, suonano le sacre fassyuz, da quanto mi dissero, 
le danze e le cerimonie poco differiscono da quelle usate nel cackiry. 
Mz non posso dar dettaglio nè asseverare, perchè non ho visto. 


—~ -4§52 — 

Però tanto il cachiry che il dabucury non sono pure e semplici 
sono cerimonie religiose, stabilite da Jurupary o a méglio dire conf 
da questo, che le trovò già, quando venne mandato dal Sole ad may 
gnare nuove leggi e costumi agli uomini, per vedere se in tal gui 
poteva ottenersi nel mondo una donna che fosse perfetta, ovven 
che al medesimo tempo fosse paziente, segreta e discreta; virtù ch 
si dice, non si trovano mai riunite insieme nello stesso individuo fm 
minino. 

Fino dal mio primo viaggio, il Jurupary richiamò la mia attenzione # 
fu oggetto dei miei studi, ma non potei venire a capo di nulla. L'esistea: 
delle maschere non era un segreto per me; ne ho vista una a Jauarett 
e una in Ipanorè; nel Taraquà non ne esisteva nessuna; ho ragu 
di credere, ne esistesse una nella maloca del tuxdua Joao del Taragii 
sulla foce del Tiquié, ma non potrei affermarlo. Questo e quell’episodi 
della leggenda mi erano stati raccontati, avevo fatto il viaggio al Cn 
Vicente quasi assolutamente a questo fine, ma non ne avera potsità 
ricavar nulla. L'unica impressione, che di tutto ciò mi si era fermata sd 
mente, è che la identificazione di Jurupary col diavolo era falsa, che Dag 
lungi dall'essere il mito cristiano, esso si accostava in caso al concetto Gy 
daimonion greco. Quando nel 1882 F. Coppi venne a Manaos dopo sq 
presentazione della maschera dell’ Jurupary e mi raccontò i segreti della 
« religione del diavolo », come diceva, ultimamente svelati, questi mì p& | 
vero per la maggior parte esagerazioni del fantasioso, ma non altrettanlt | 
coraggioso francescano che almeno era per nulla entusiasta del martitt 
Vi vedevo troppo quello stesso spirito prevenuto dei primi missionari, dt fl 
tutto ciò che usciva dall’orbita cristiana, che aveva un aspetto nuovo, @ 
per lo meno diabolico; e non vi prestai che un’ attenzione molto relati 
Era troppo chiaro che per lui tutto ciò era opera del diavolo; gi 
arrivava ad ammettere che Jurupary ne fosse una vera incarna508% | 
quindi non poteva esservi nulla di buono. Al mio ritorno qui trom : 
il lavoro del Coudreau, pubblicato mentr’ero ul Venezuela, e 988 
non poco maravigliato vedendo accettata come buona moneta li # § 
ria di F. Coppi, analizzata colla critica spenceriana. Volli avemt È 
cuore netto e cominciai a riunire i miei pochissimi frammenti ¢ cercare, if 
terrogando qualche Uaupés, di raccapezzarmi come stava veramentela 008%; 
allorchè parlandone col mio buon amico signor Massimiano José Rote" 
questi mi disse che il lavoro egli lo aveva già fatto e che, volendo, 5 
teva il manoscritto a mia disposizione: potete figurarvi se accetti! Is 
principio volevo farne un riassunto, ma poi mutai pensiero, € Jo tradi; 
ed è questa traduzione che aggiungo, in seguito a queste note, sensa 




















— 453 — 
ggiori commenti. Questa non è che la prima parte, a cui altre, dice 
tore, faranno seguito. Quando avrò spedito il lavoro completo, che giu- 
to abbastanza interessante per meritare di essere conosciuto, lo farò 
are di alcune poche osservazioni, riprendendo a chiarire più diste- 
mente alcuni punti addesso appena toccati (1). 
; E adesso, prima di finire, due parole sopra il sig. Massimiano J. 
joberto, che ha avuta la gentilezza di permettermi che vi mandassi le 
\rimizie: di un lavoro destinato a modificare profondamente tutto ciò che 
fconosce su questi indigeni ed a portare forse un'immensa luce sulla 
hep provenienza ; e sul metodo seguito nel raccoglierlo. 
Massimiano J. Roberto discende per parte di padre dai Mandos e 
parte di madre da una Tariana dell'Uaupés, sorella del #uxdua 
€ di Jauareté, che era ancora viva al tempo del mio ultimo viaggio 
i.quel inogo. Era quindi la persona più adatta, se non l’unica che 
fare questo lavoro. Aggiungasi a ciò che il suo sifio nel Taruman- 
, dove ancora vive l’ava materna, è il puntodi ritrovo di tutti gli 
i dell'Uaupés, che vengono come in pellegrinaggio a visitare la 
la parente, e considerano il nipote di questa come il vero capo 
delle loro tribù. Egli cominciò raccogliendo la leggenda dal- 
0 e dall'altro, confrontando, ordinando le diverse narrazioni e sot- 
toponendole alla critica dei diversi indigeni riuniti, cosicchè oggi egli 
| può assicurare di presentare la fedele espressione della leggenda indi- 
| &tma, dicui ha conservato quanto più ha potuto, perfino il colore della di-. 
zione; cosa del resto che non gli era difficile, non essendogli ignoti nè 
hl dialetto tucana, nè il tariana, e conoscendo a fondo la lingua geral, 
x) nehengatd che si voglia chiamare; ed anzi spero che prima o poi 
| pabblicherà come ha promesso il testo originale colla traduzione. Io 
| poi bo fatto del mio meglio per tradurlo il più semplicemente possibile. 








C. — SULLA EMIGRAZIONE E COLONIZZAZIONE ITALIANA 
SPECIALMENTE NELL AMERICA DEL SUD. 


Conferensa del socio prof. A. SCALABRINI. 
Signore, Signori, 
Sono tornato di recente dall'America del Sud, dove in 8 mesi di 


Viaggio ebbi campo di studiare le condizioni economiche della nostra . 
Snigrazione, 


(1) Pubblicheremo in seguito questa prima parte della leggenda (N. 4. D.). 


— 454 — 

Accettai di buon grado |’ invito fattomi di tenere qui una conf 
renza, non solo per adempiere ad un dovere di socio, ma anche nelig 
speranza di fare un po'di bene ai nostri fratelli emigranti, massime om 
che la politica coloniale pare additi loro una nuova méta. Ed io non avis 
potuto trovare altrove, e di ciò rendo grazie vivissime alla Società, adi 
tori più atti ad apprezzare ed a diffondere, nel caso fossero stimate 
buone, le notizie che io raccolsi visitando i centri popolosi ove fare 
il lavoro febbrile delle grandi città, le colonie che con un miracole: 
di attività e di costanza hanno trasformato in campi ubertosi il deserto, 
e l’umile casolare (il rancho) ove il nostro contadino, sentinella per: 
duta del progresso, conduce una vita semi-selvaggia, lontano da ogni 
consorzio umano, nelle solitudini della pampa e del Chaco o fra le ver 
gini foreste del Brasile. 

Ho interrogate le nostre autorità consolari e |’ esperienza di all 
patriotti che vivono in quei paesi da 20, 30, 40 anni, autori e spettitoti | 
di quella febbre di lavoro e di ricchezza, che dà a tutti vita e mot 
mento; e i dati della osservazione e della esperienza comparai om 
quelli scritti nelle statistiche ufficiali di quei paesi e nei libri dei my 
giatori che mi avevano preceduto. Il frutto di quelle indagini offro om 
alla vostra benevola attenzione. 

Visitando -quelle vaste regioni, ove il lavoro italiano è gran parte 
della vita intellettuale ed economica, provai spesso ira e pietà, per ingit 
stizie patenti fatte ai nostri connazionali, qualche volta 1’ alta soddsi 
zione di vederli apprezzati come elementi di benessere, onorati cont 
causa prima di ordine e di progresso, spessissimo orgoglio, mai vergog™ 
di essere Italiano. 

Ho assistito allo spettacolo di un patriottismo che si associa ¢ § 
istruisce, che non si affievolisce per lontananza di spazio e di tempo, cht 
non si spegne per oblio, che non conosce le restrizioni mentali dell'uomo 
di parte. Ho conosciuto uomini che dalla patria nulla speravano; ché 
non ne conoscevano nè la storia, nè la lingua, parlando a stento qui 
cuno dei nostri rozzi dialetti imbastarditi; che erano assenti da meo 
secolo, che avevano rinunciato alla speranza del ritorno, che dall 
patria nulla avevano avuto, neppure il pane, intenerirsi tuttavia al gr 
nome d’ Italia e spendere largamente i risparmî del mutuo s0c0®0 | 
per tener vivo nei figli colla lingua e colla storia nazionale italia i 
pensiero della patria lontana. E poi le magiche note degli innì, © le 
bandiere sventolanti ad ogni fausta ricorrenza patria, e poi !’ orgoglio 
di sentirsi e di dirsi Italianil | 

Signori, quando vi imbattete in qualcuno che senta vacillare la | 


— 455 — 

We nei destini della patria, in qualche patriotta ammalato o di atonia 
mile o di nevrosismo giovanile; in qualcuno che non ammette patriot- 
limo all'infuori di certe formole dogmatiche e sillogistiche, consiglia- 
leg per cura un viaggio in America, una visita alle nostre Società di 
Mato Soccorso e alle nostre scuole; ed io ho piena fede che allo spet- 
incolo di tanto amore operoso e disinteressato guariranno de’ loro mali: 
fil vecchio farà rivivere gli entusiasmi della giovinezza, ed il giovane 
ammassera il suo patriottismo morboso. 

,. I, o signori, a quei fratelli lontani, che in nome.della patria mi 
‘ealmarono di gentilezze e mi resero facili le mie ricerche, mando da 
pesta Roma, dove batte il gran cuore d’ Italia, saluti e ringraziamenti. 


La scienza della emigrazione, che solo pochi anni or sono era un 

supegato di fatti, forme capricciose della vita vegetale, animale ed 
| Sana, è ora una scienza rigorosa; e le sue leggi divinate da Goethe, e 
— luminosamente da Lamarck e da Darwin, sono ormai il pa- 
imonio di tutti. Mercé questi sapienti indagatori, quel che parea inte- 
| sante solo per la sua curiosità è divenuto unindizio della fratria 
| uiversale degli esseri; quel che parea forma capricciosa, è 1’ espres- 
‘sione rigorosa di una delle leggi più universali della natura, per cui 
+ gli esseri nati in una certa parte si propagano in tutto il mondo e 
| nell'adattamento si trasformano e si perfezionano. Forza operosa che 
| agita, mescola e fonde, ma non distrugge: pronuba di nozze infinite, 
| per cut il miracolo della creazione si rinnovella in ogni istante e in 
‘ Qgni punto dello spazio. 

Questo ci dice la corologia moderna, e questa luce di verità deve 
essere la guida di chiunque, economista, legislatore, filosofo, voglia 
studiare il fenomeno migratorio nella sua ricca varietà di forme. E giu- 
dicando secondo i dettami di questa maestra sapiente, il legislatore vi 
dirà, che la emigrazione è un diritto naturale inalienabile; Jo statista, 

| the è una valvola di sicurezza quando ristabilisce l'equilibrio tra, la 
Produzione del suolo e la potenza riproduttiva di un popolo; |’ econo- 
Mista, che è fonte di benessere per chi se ne va e per chi resta, 
*&rzvando il suolo del soverchio di una popolazione troppo densa e 
tpreado nuove vie agli scambi commerciali; e il filosofo, che è il fatale 
adare delle cose, che se può essere un bene o un male patriottico, a 
onda delle condizioni in cui si compie, è sempre un bene umano, 
hate di progresso e di perfezione delle razze. 


Come compie I’ Italia nostra questo importante fatto della sua vita 


— 456 — 
sociale ed economica, come potrebbe e dovrebbe compierlo, è quante 
mi propongo di dirvi ora. 

La emigrazione e la colonizzazione di un popolo assumono vare 
forme. 

Può essere una emigrazione interna; e sotto questo nome ne. 
intendo comprendere, come le nostre statistiche, quello spostamento 
giornaliero o annuale della popolazione che, se è un segno della w 
talità di un popolo, non lo è della sua potenza espansiva, quel flaws 
e riflusso d’ un mare di viventi, che alla fine lascia le cose al lor 
posto; ma intendo una vera emigrazione entro i confini della patria, una 
colonizzazione di quelle terre disabitate, che sovrabbondano in alcme 
provincie e scarseggiano in altre: abbondanza e scarsezza che hanno 
per risultante la povertà del paese, poichè la terra non lavorata è um 
parte del patrimonio comune sottratto alla comunità, almeno per gad 
tanto che le appartiene. 

E che una tale colonizzazione in Italia sia possibile non Y'h 
dubbio. La densità relativa della popolazione delle varie provincie d'Itla 
ce lo dimostra; poichè dalla Liguria che ha 165 abitanti per chilom. q. € 
dalla Lombardia che ne ha 152 si discende via via alla Toscana, che 
ne ha 92, Abruzzi e Puglia 77, 1’ Umbria 60, Basilicata 51 e la Sar 
degna, la già fertilissima Sardegna, 28. 

E luminosamente ce lo dimostra pure l’ inchiesta agraria, ordinati 
per legge dello Stato, e condotta a termine con vero intelletto d'amore 
da uomini eminenti per patriottismo e per intelligenza. Essa ci de 
perchè la Toscana è un giardino e l’agro romano quasi un desert; 
perchè i greppi della Valtellina si siano trasformati in vigneti e la + 
guria sia fertile e ricca, mentre i piani ubertosi di molte provind 
meridionali giacciono incolti e le terre della Sardegna si sono conve 
tite in centri d’ infezioni miasmatiche. 

Di tutto questo ci dice le cause; ma io mi fermo a constatare È 
fatto delle terre incolte come condizione essenziale di una colonizzazione 
interna. Non è molto, il Governo in una circostanza solenne prometter! 
su questo importante argomento un progetto. -Sia desso il benvenuto; 
e più presto è, meglio sarà, poichè sarebbe il più efficace rimedio oF 
tro questo doloroso fenomeno sociale della emigrazione e del ps 
rismo. Diamo al lavoratore il suo pane quotidiano abbondante; diamogi 
col diritto al lavoro la sicurezza dell’ avvenire; con una saggia legisla- 
zione sociale la possibilità di far valere i suoi diritti, e colla p i 
e coll’ interessenza avvinciamolo a questo suolo che egli avvalor 
suo sudore, alle industrie che egli fa prosperare colla attività intel 












— 457 — 
Ente, e così avremo’ soppresso questa errante’ miseria della patria, 
pesto fiotto di viventi che ogni dì più aumenta; simile alle acque di 
m fiume senza alveo, che invece di fecondare le terre circostanti, 
è perdono tra i sassi e gli sterpi, quando non travolgono i campi 
"i 

Le colonie politiche sono pure uno dei modi con cui un popolo 
gempie le sue funzioni migratorie: preparare, cioè, una maggiore esten- 
ione della patria al sovrabbondare della popolazione, nuovi territorî ove 
‘Ie bandiera nazionale sventoli da signora, ove'la legge patria sia la 

del diritto, e la lingua e i costumi tengano vivi il’ sentimento 

tà il dovere, che ci legano alla terra che ci ha visti nascere. Colonie 
politiche, ecco un modo veramente romano per risolvere la quistione 
, Migrioria, quando le patrie contrade avessero il massimo di densità 
| possibile. 

| La gelosa cura con cui le grandi nazioni europee custodiscono i 
‘taro possedimenti coloniali, l’ attività con cui spiano’ un lembo di 
| fem nuovo per impiantarvi la loro bandiera, ci siano di ammaestramento 
6 di guida. 

Il numero, o signori, fa la forza, e la forza è un elemento indi- 
spensabile nella lotta per la esistenza. L'italiano è uno dei popoli più 
prolifici di Europa. Aumenta in ragione del 10 per mille all’ anno e 
in questo è avanzato solo dall’ olandese, che ha una eccedenza dei 
nati sui morti del 13 per mille. 

Un secolo, che è la decrepitezza nella vita di un individuo, è un 
itante nella vita di un popolo, ed in meno di un secolo il popolo 
. italiano, aumentando ‘in ragione del ro per mille all’ anno, sorpasse- 

tebbe i 100 milioni. Un colosso fra i colossi | 

Signori, la patria non muore, ma può invecchiare e istetilirsi. Fac- 

. Gamo sì che la fecondità di questa terza giovinezza’ italica non vada 

_ (tt. a beneficio di altri popoli. Non imitiamo i libertini che mandano 

i figli all'ospizio, ma la buona madre che prepara la culla al nasci- 

. tiro. Prepariamo anche noi la culla, o le culle, in misura della nostra 
fecondità: è un dovere di previdenza. 

Poichè, o signori, non bisogna farsi illusioni sul possibile ritorno 
dei nostri connazionali espatriati. Malgrado il loro fervente patriottismo, 
i Valiani che in questi anni a centinaja di migliaja passarono |’Atlan- 
Neo (e lo passeranno per l'avvenire, se non si provvede) sono forze 
Ptriute. Tutti partono colla certezza di ritornare, quasi tutti vivono e 
Rtjono laggiù col desiderio del ritorno. La bella immagine della patria 











li richiama sempre col sorriso che il desiderio fa più bello; la lon 
nanza stende su molti, anche nel trionfo, un velo di malinconis, mm 
i bisogni della vita, gli affari, i legami nuovi, e in una parola tui 
quei vincoli che Darwin comprese nella definizione di /egee dell adatti 
mento, li avvince a quel suolo. I figli di Italiani poi, nati laggiù, o quit 
che vi si recarono bambini, sarebbero qui veri stranieri : e la legge sl 
reclutamento che li considera renitenti, contribuisce pure a tener ler. 
tani anche quelli che potessero essere spinti a visitare la terra dei} 
padri da un delicato sentimento poetico. 

Dunque, non facciamoci illusioni sul possibile rimpatrio dei nostttf: 
connazionali, e neppure sui vantaggi a tempo indefinito che la nostra 
emigrazione può portare ai nostri commerci, poichè l' infanzia dei po 
poli, come la loro servitù economica e industriale, non dura eterna, e & 
quelli che oggi sono tributarî nel campo dell’ industria, possono domssi 
diventare concorrenti fortunati. 

Visitando quei paesi ove il lavoro e l' ingegno italiano hanno & 
sciato traccie incancellabili io non poteva difendermi da un sentimento 
di tristezza; poichè mi pareva che la patria nostra non fosse così ricca di 
‘ braccia e di buona volontà da poterne fare getto con tanta prodigilità 
spensierata, e le augurava un lembo di terra ove l' attività dei suoi figli 
potesse fare le sue prove senza perdere neppure coll’ andare degli ami 
il suo carattere nazionale. 

Signori, uno dei fatti più grandi, compiuti dal secolo che muore 
è la conquista definitiva del mondo da parte della razza mediterranee 
— il trionfo della civiltà sulla barbarie. Senza questi fatti, le  fioresti 
terre americane e le australiane sarebbero ancora popolate da pel 
rosse, da Indiani e da Polinesî e da altre razze refrattarie alla civiltà 
Lasciamo piangere i piagnoni, e gemere la retorica, e inchiniamodi 
alla provvida natura e alla legge di espansione della civiltà; e appro 
fittiamone, in ragione delle nostre forze e dei nostri bisogni. 

In un avvenire non lontano si farà del continente africano quello 
che si è fatto dell’ americano, dell’ australiano e dell'Asia sudorientale. 

Se quegli avvenimenti ci cogliessero alla sprovvista, o impotenti 0 
sonnolenti, sarebbe un delitto di lesa patria, considerato dal punto di 
vista della nostra emigrazione, pur non contando i nostri legittimi i 
ressi e i nostri diritti come potenza mediterranea, e la dignità e li st 
curezza nazionale che riceverebbero un colpo mortale. 

Ma in attesa che il fato e la sapienza dei legislatori maturino tal 
eventi, che daranno alla patria potenza e ricchezza, e gloria all’ com 
di Stato che li saprà compiere degnamente, I’ Italia ha dinnanzi 2 gt, 


— 459 — 

pila protezione della sua emigrazione transoceanica, un vasto ed ar- 
iso lavoro, che è un dovere e potrebbe essere un grande ed utile 
Gare. 

» E dissi pensatamente un dovere per |’ Italia, anzichè pel suo go- 
fermo, poichè un popolo che abdica ad ogni iniziativa, che crede di 
fer compiuto il suo dovere, pagando le tasse, salvo il diritto di bron- 
| che fa il soldato, e va di tanto in tanto a votare, e dorme tra 
fine guanciali, non è il mio ideale: un popolo indifferente per apatia 
g@.scetticismo è vicino alla corruzione, se pure non è già corrotto; è 
ima morta gora, ove le acque in apparenza limpide imputridiscono ed 

0 miasmi che uccidono. 

È parimenti non è il mio ideale economico un capitale che si 
‘Basconde pauroso e si rintana nelle casse forti di una Banca, atten- 
fleado paziente, od anche attirando le vittime con lusinghe; o peggio 
Jen capitale che si appiatta come un tigrotto, per lanciarsi avido sulle 
ibeniture dello Stato e sulle opere pubbliche come a grassa preda. 

I Ma auguro alla nostra patria un popolo, che si agiti e discuta i 
spebblici interessi, come ciascun individuo quello della propria famiglia, 
vstascio che il bene di ciascuno sta nel bene di tutti; e come il savio 
iamtico, condannerei chiunque si astenesse dalla vita pubblica. E così 
“0 un capitale operoso e intelligente, che spia nel gran mondo degli 
‘ affari la conquista più facile e più lauta, e vi si lancia colla sicurezza 
| Che danno il coraggio e la prudenza, e facendo il proprio interesse fa il 


: bene della patria, memore che un dì l'Italia fu padrona dei mercati 
-fel mondo, 
| E dissi l'Italia pensatamente, non solo per questa mia idealità di 
‘ Vila pubblica, ma anche perchè un governo certe cose non le può fare 
€ Neppure dire, senza offendere legittime suscettività, senza tirarsi ad- 
| dosso un mondo di noje e talvolta senza provocare delle rappresaglie 
che tornerebbero a maggior danno, che non i mali che si vorrebbero 
| €mare, 
| Ma, a parte anche queste considerazioni, un governo non può es- 
_ te tutto dappertutto : e se anche duplicasse il numero de’ suoi agenti 
| © ne elevasse il livello intellettuale e morale fino all’idealità e ne ot- 
nese sempre una azione vigorosa e prudente e ispirasse a loro e ai 
sudditi la più assoluta confidenza nella tutela efficace della patria lon- 
Vita, quando il governo avesse ottenuto tutte queste cose (e sarebbe un 
vero Rezcolo), si avrebbero a deplorare molte ingiustizie di meno, si van- 
‘rebbe qualche riparazione di più, ma la tutela sarebbe ancora lontana 
“were adeguata ai bisogni ed agli interessi della nostra emigrazione. 


— 460 — 

Gli è, o signori, che i mali che la affliggono, sfuggono al contr 
delle autorità, perchè in gran parte sfuggono a quello della legge, p 
chè parte sono inerenti alla sua stessa natura, e sono i difetti della nosifi 
emigrazione che pure ha tante virtù; parte si devono all' indole de 
speculazione, che è dovunque senza viscere di pietà e laggiù più è 
altrove. 

Basta osservare come si compie da noi questo importante feno: 
sociale dell’ emigrazione, come e dove si dirige e con che preparanog 
questa ingente popolazione, che va montando di anno in anno, c dig 
in un decennio dal 1878 al 1887 è salita da 18 mila (nel 1878) a cit 
200 mila (nel 1888) per conoscere i disinganni ed i pericoli a cai a 
espone. 

Dei 200 mila emigranti del 1888, 30 mila saranno artigiani, com! 
messi, professionisti e generici, ossia gente quest'ultima che sa di tuti 
e sa di nulla, che potranno tenere i libri di una amministrazione © 
aprire una botteguccia se hanno qualche po’ di danaro, come far &g 
cameriere, il guattero, e se hanno buone spalle e muscoli di acciajo, # 
facchino. Lasciamoli andare, i pericoli per loro non sono molt. 

L'artigiano abile e che abbia buona volontà trova subito lavoro @ 
ben retribuito, due o tre pezzi al giorno (L. 10 o 15) e se lavn @ 
cottimo anche più: e se è economo e non è carico di famiglia, in bev | 
giro di anni potrà mettersi da parte un gruzzolo, per aprir di su 
bottega, e l'avvenire è assicurato. Per i generici la bisogna è più @@ 
ficile; ma se avranno lasciato in Europa le ‘fisime, se sapranno pm 
garsi alle circostanze, se la loro educazione e le loro abitudini nor Sm 
ribellano ad occupazioni troppo disformi da esse, se in una parola È 
sono subire la gran legge dell'adattamento senza esserne infranti, alla 
viene anche per essi il giorno del trionfo ; poichè la costanza, il lavo 
è una certa istruzione riescono quasi sempre vittoriosi nella lotta Pf 
l’ esistenza. i 

Ma i guai maggiori sono della massa ingente dei lavoratori d8 
campi, poco istruita e che si trae dietro il difficile bagaglio delli mo 
glie e dei figli. i 

Molti di essi hanno laggiù parenti, e fortunati loro; ma moltissimi 
non sanno neppure dove vanno: per loro l'America è un paese 0° 
lunque, dove si dirigono quelli che lasciano la patria. Al Sud 0 al Nord 
o al centro; nelle zone temperate o rigide o fra i calori tropicali; ® 
un clima sano o dove imperversano malattie, dove la terra è fertile 9 
dove è ingrata più di quella che hanno lasciato, essi non sanno; qu 
piuttosto che là non importa; vanno dove il caso li sbalestra, 0 dove 












| 


— 461 — 

i dirige l'agente di emigrazione, e, condizione aggravante, spesso con 
in contratto firmato in bianco, che abbandona la loro persona alla 
mercè di chi non conoscono. 

Le leggi che proteggono |’ emigrante dei vari Stati dell’ America del 
Sad sono sagge e liberali, ma ohimé, « le leggi son, ma chi pon mano 
id elle! » Non so chi disse che esecutori delle leggi dovrebbero essere 
fi angioli, e invece, a farla apposta, nel vecchio e più nel nuovo mondo 
lono i peggiori diavoli. 1 fatti che si leggono spesso sui giornali, di be- 
Riali trattamenti e di spregi e ingiustizie sanguinose fatte agli emigranti, 
è le società che si vanno istituendo per difenderli, mi dispensano dal 
titarne le prove. E così dopo mille peripezie di terra e di mare, eccoli 
fmalmente sul suolo che devono fecondare col lavoro. 

L'on. Berio, in un eloquente suo discorso tenuto quì alla Camera 
dei deputati sulle condizioni della nostra emigrazione al Plata, disse « di 
on voler parlare con tutto |’ entusiasmo sentito per quelle repubbliche 
‘per timore di concorrere ad aumentare l’ esodo dei nostri connazionali ». 
‘Benedetta retorica ! cosa poteva dire l’on. Berio di più efficace di questa 
specie di reticenza per invogliare la gente ad andare laggiù, se l’eco 
delle sue parole fosse arrivato fino a chi si agita tra il desiderio e il 
dolore di lasciare la patria ? 

Anch'io, o signori, mi propongo di dirvi, colla dovuta ammirazione 
per quelle giovani repubbliche, lo stato reale delle cose e di documentarlo 
colle cifre; ma non credo che la verità intera possa decidere alcuno a par- 
tire per quei paesi, anzi mi par più facile che riesca una doccia gelata sui 
bollori migratorî di tanta povera gente, ed anche sull’ammirazione di chi 
giudica le cose relative all'emigrazione dalla ricca colonia di Buenos Aires, 
€ trae dal passato argomento per il presente e l'avvenire, senza por mente 
alle mutate condizioni di quei paesi, almeno rispetto all’ agricoltura. 

Anch'io mi propongo di dirvi tutto il mio entusiasmo per quel gio- 
Vane popolo, nelle cui vene scorre tanto sangue italiano; il quale in meno 
di un secolo dalla conquistata indipendenza, fra lotte intestine e feroce 
tirannide e guerre esteriori, progredì sempre sulla gran via della civiltà, 
s non sempre per sua virtù intrinseca, per sapienza di legislatori e di 
governanti che seppero attrarre e nazionalizzare il lavoro europeo; 
che trasformò gran parte del suo deserto in campi ubertosi e rinnovellò 

le sue vecchie città e ne fondò di nuove, e proseguì animoso fra grandi 
ostacoli politici ed economici, che però non valsero a domarlo nè a 
togliergli o solo menomargli la fede nel suo trionfo finale. 7 

Anch'io credo che la Repubblica Argentina e la Orientale abbiano 

dinanzi a sè un grande avvenire, massime la prima, se la saggezza dei 


4 




















— 460 — 

suoi governanti e la pace interna, che da qualche tempo benedice e. 
prosperare quelle terre, durerà a lungo. 
Anch’ io sono persuaso che il clima mite e salubre, il suolo fet 

i prodotti svariati, le leggi liberali, le affinità di razza, le tradisi 
commerciali, un ben inteso spirito di progresso, che apre scuole e 
di comunicazione, la mancanza di altri sfoghi, almeno da parte m 
fino a ieri, tutto concorra ad indicare queste terre come mèta della ng 
popolazione emigrante, che trova colà una colonia intelligente, labors 
rispettata, che ha ora posti onorati nella pubblica istruzione e nelle; 
ministrazioni,- che tiene il monopolio di quasi tutto il piccolo com 
cio e novera a diecine le grandi case introduttrici, che ha Società 
mutuo soccorso e scuole, focolari di amor patrio, e giornali, che % 
veri cani di guardia dei diritti dei nostri connazionali. 


Ma da questo, all'essere tutto facile e roseo cola, all’ essere 
pre da preferirsi alla patria, anche da chi si agita fra le strette @ 
bisogno, ci corre. E lo proverò con fatti e cifre, che desumo da pay 
cazioni ufficiali della Repubblica Argentina, che è il paese dell’Amenc 
Sud che offre alla nostra emigrazione, fatta com’ è oggi, maggiori gar 
Dal meglio ci sarà facile indurre il peggio. 

Io, durante il mio viaggio, interrogai molti contadini giunti di # 
cente in quei paesi; e tutti con diverse parole mi diedero una s 
risposta : l'America non è più quella di una volta; e crollavano ll q 
come chi si ricorda di una delusione patita. 

Questa ingenua risposta adombra il fatto economico più importati 
quest’ ultimo ventennio della Repubblica Argentina, e che orasi va e 
dendo all’ Uruguay, al Paraguay e al Brasile, e cioè la valorizza 
della terra. Venti anni fa, le migliori terre della Repubblica, le megio 
tuate e le più fertili valevano quasi nulla, ed ai coloni si concederà 
gratis, quasi, e si anticipavano contro refusione, in due o tre anni, È 
vitto e i mezzi per arredare il podere. 

Nella colonia Esperanza, provincia di Santa Fè, fondata nel sha 
una concessione di 20 quadre (30 ettari, 300 mila m. q.) costava 4% 
a go pezzi boliviani (L. ‘100 a 200). 

A San Carlos, una delle Colonie più importanti di Santa Fa, s ini 
una concessione di 20 quadre per 600 pezzi boliviani (L. 1,600) 

Nella Colonia Corondina, fondata nel 1887 dal governo Santales® 
sotto l’amministrazione di Nicasio Orojio, si diede gratis ai colo b 
concessione di 20 quadre con un pajo di bovi, due vacche, di * 
valli e il materiale per la casa, e si anticipava il vitto del primo 100) 
da pagarsi nei tre anni successivi. 


Nella Colonia Cavour, fondata nel 1889 dal sig. Lambruschini, 
ma concessione di 20 quadre costava 112 pezzi forti (L. 560). 

A Villa Orquiza di Entre Rios e a San José si davano i terreni 
pratis dal generale Orquiza o con leggere somme. E lascio altre cita- 
tioni per non tediare. Ma questi dati appartengono all’età dell’ oro 
lella colonizzazione Argentina, ed i primi fortunati coloni ed i loro im- 
bediati successori ebbero il terreno gratis o quasi: e dopo aver com- 
lettuto vittoriosamente coi topi, cogli eserciti innumerevoli delle formiche 
è un po' anche cogli Indiani, che allora scorrazzavano a poche miglia 
falla città, e coi ladroni e con mille altre più dure necessità, si trova- 
bono padroni di una casetta, di bestiami e di un campo vasto, come non 
te lo erano mai sognato. E l'eco della loro fortuna passò 1 mari, cogli 
agenti di emigrazione, coi giornali, coi rimpatriati arricchiti, colle lettere 
dei beati possidenti: cose tutte che, aggiunte al malessere interno, de- 
terminarono su larga scala quella emigrazione che dura ancora e va 
‘erescendo di anno in anno. Ma un proverbio popolare dice: « chi tardi 
‘ùrriva male alloggia » e pur troppo i tardi venienti della emigrazione tro- 
Yarono la scena mutata. | 

La speculazione si è impossessata di quelle vaste contrade: potenti 
società e ricchi privati ebbero concessioni di g0, 100, 200 e più le- 
ghe di terreno: ed ora, e giustamente, bisogna fare i conti colla specu- 
lazione. La terra che valeva nulla, ora vale tesori: la immigrazione che 
aumenta, il facile fido delle banche, l'esempio degli Stati Uniti che la 
speculazione delle terre arricchì, le grandi promesse che l'avvenire serba 
è quei paesi, tutto ha contribuito a dare alla terra un valore che, pa- 
fagonato a quello di pochi anni fa, pare favoloso. Dire che ha centu- 
| plicato il valore è dir poco. Nelle città e loro vicinanze quelle terre 
Che costavano pochi anni fa 100, 200, 300, 400 lire, ora valgono 20, 
39, 49, 50, 100 mila lire. E a Buenos Aires e a Rosario, i due grandi 
centri della vita agricola e commerciale della Repubblica, questi prezzi 
Sono molto inferiori al vero. Molti si erano addormentati poveri, pa- 
droni di una casuccia e di un po’ di terra in giro, o di una vasta 
tenuta che non fruttava nulla, e si svegliarono agiati o ricchi. Mano 

mano che il deserto si va popolando, le terre aumentano di prezzo ; e 
quei poveri emigranti, che molti figli del paese guardano con disprezzo, 
Come straccioni da sfamare, o con odio come concorrenti alla gran 
lotta per l'esistenza, sono il primo coefficiente della loro ricchezza. Se 
Per tn certo giro di anni si arrestasse il gran concorso di emigranti, 
“ arrebbe nell’Argentina una catastrofe economica senza esempio nel 
Mondo. Gli è, o signori, che colà si è ipotecato l'avvenire e le terre 


— 464 — 
si pagano oggi non in ragione di quel che rendono, ma di quel ¢ 
renderanno. 

La Nacion, il più importante diario della Repubblica Argenti 
diretto da quell’eminente statista che è il generale B. Mitre, in un 
portante articolo in data 14 febbrajo 1889, studiava il fenomeno { 
valorizzazione della terra così disforme dalla sua rendita e se ne 
strava impensierito: 

« Las tierras, dice il citato giornale, ya sean destinadas à la 
cultura o a la ganaderia, han subido de precio enormemente en € 
ultimos tiempos. Donde hace dos aîios nadie hubiera pagado por 
legua quadrada de campo diez mil pesos oy se paga sesentay set 
mil nacionales. 

« Que causas concorren a este rapida y asombrosa valorind 
de las tierras? Y acaso son tan grandes las utilitades de la aggricali 
o las del ganadero para que ellas aumenten y centupliquen st 
de un mes para otro o la mas de un afio a otro? 

« Son los negocios reales, la poblacion que se extiende en tots 
recciones, la industria ganadera que se desenvuelve rapidamente y neces 
mas campo de aplicacion, las causas que realizan esa valorizacion: 

« Es quizà la fiebre de la especulacion la que crea ese vabrfi 
turo en la propriedad, el qual decrecera al asomo de las primers a 
ficultates que son frequentes en todos los negocios humanos? > 





E prosegue l'articolista a studiare le ragioni di un tanto rapt 
movimento del valore della terra; ma per noi, basta l'aver stabif 
l'esistenza del fatto con un testimonio di tanta importanza. 

Ora è naturale che, passando la terra di proprietario im prope 
tario, a cagione della speculazione, chi l’ebbe di seconda e di terza us 
cerchi rifarsi sui coltivatori; è naturale che essendosi dato alla ter 8 
valore superiore al suo reddito, i contratti coi coloni siano di afft? 
più che di vendita, o se di vendita, a prezzo relativamente alto; cd è 
naturalissima, in tali condizioni di cose, la esclamazione del povero ad 
lono: l'America non è più quella di una volta. Le concessioni eran 
20 quadre, (30 ettari) ora si fanno anche di 16, e il colono ke pod | 
comperare o avere in affitto. Una buona concessione, discretanent* | 
situata per rispetto ai centri popolati e alla viabilità fiuviale 0 fer 
viaria, vale, prezzo medio, 1,500 pezzi, ossia L. 7,500 piuttosto più de 
meno, massime nelle provincie di Buenos Aires e Santa Fé; e si pò * 
quistare con denaro contante, ovvero a credito, lasciando ipotec 
concessione e pagando il 10 o il 12 °/, di interesse annuo, 


— 465 — 
_ Chi poi non volesse comperarla, può avere con maggior facilità in 
Mito una concessione come mezzadro, e con maggior difficoltà, come 
peairo, un terzo al padrone e due terzi al colono. Comperata o af- 
Rata, la concessione bisogna arredarla. Farci su una casetta (un rancho), 
Wyaistare 4 buoi, due vacche, due cavalli, aratri, zappe ed altri uten- 
È necessari alla coltivazione, e soprattutto procurarsi la sussistenza in 
besa del primo raccolto. Tutte queste cose che, da un calcolo che 
figo al diario la MWacion, posscno ammontare al valore di duemila pezzi 
-10,000, il colono le può avere qualche volta dal proprietario della 
ee pagando |’ interesse annuo del 10 o del 12 °/,, più spesso 
perrendo al credito dell’ a/masinero, della ferretteria, ecc. ecc., e allora 
} suo interesse lo paga, e lautamente, nel rincaro dei generi dati a cre- 

Dunque, se il colono compera la sua concessione, avrà questa sua 

età gravata di un debito ipotecario di pezzi 3,500 (L. 17,500), 
fot pezzi 1,500 per la concessione, e 2,000 per il vitto del primo 
ano e per l'arredamento ; se l’affitta solo, di 2,000 pezzi, L. 10,000; 
editi, che all'interesse annuo del 10 °/, (è il minimo) daranno pezzi 350 
Rel primo caso e 200 nel secondo. 

Queste le spese, vediamo ora la rendita. Chi basasse i suoi cal- 
coli sulla fertilità potenziale di quelle terre, avrebbe delle cifre colle 
‘mali dimostrerebbe che il mestiere più spiccio per arricchire è quello 
del colono d'America. Infatti una cuadra di terreno rende fino a 1 5 
fencghe di frumento. Ora coltivandone 17 quadre, e lasciando le altre 
tre per la pastura del bestiame, si avrebbero 255 faneghe, che vendute 
al prezzo medio di pezzi 4, darebbero pezzi 1,020 ossia Lire 5,100 
telo in frumento. Poi vi sarebbero il granoturco e le rendite del pol- 
hijo, in qualche colonia non indifferenti. 

Chi facesse i conti a questo modo (e pur troppo si fanno) si espor- 
‘bbe a gravi delusioni. Altro è la fertilità potenziale o possibile, altro 
è la produzione reale. Altro è il prodotto massimo di una buona an- 
‘Rata, altro il prodotto medio di un dato numero di anni. Se non vi 

| falli nelle previsioni dei prodotti, il nostro contadino non starebbe — 
Pol tanto male neppure in patria. E questi falli sono più frequenti là che 
da noi. La pioggia, la siccità, le cavallette ed altri malanni si mangiano 
Toppo spesso in erba le fatiche e le speranze dei poveri lavoratori. Da noi 
n tn novennio si calcola un anno perduto. Là bisogna calcolarne tre. 
Di modo che o per una causa o per l’altra il prodotto medio di quelle 
ton supera quello delle nostre mediocri. Dalla Deseripcion Geo- 
&rdfca y estadistica de la Provincia de Santa Fè, di Gabriel Carrasco, 
"Pera Premiata dal Governo nazionale argentino, tolgo le prove di que- 






sta mia asserzione, che a tutta prima può parere un’ eresia. E notate, 
signori, che la provincia di Santa Fé è la più fertile e la meglio ¢ 
tivata di tutta la Repubblica, ed è chiamata colaggiù, con parchi 
quanto pomposa, il paese del frumento (la region del frigo). Eco 
cifre. Nel quinquennio dal 1879-1884 nella provincia di Santa Fé sì 
seminate a frumento guadre quadrate 522,883, e si sono raccolte 
neghe 3,302,362, da cui deducendosi faneghe 259,856 per seminagi 
si ha un raccolto netto di 3,042,506 fareghe. Tradotte queste in pertif 
e in ettolitri avremo 5,228,830 pertiche e altrettanti ettolitri di § 
mento. Dunque in quel quinquennio la feracissima terra di Santa 
ha dato ai coloni meno delle mediocrissime terre dell’alta Lombarg 
le meno frugifere in frumento di quasi tutta Italia. 

Da un'altra opera statistica: Za provincia di Entre-Rios bajo 
diversos aspectos, di Gaetano Ripol, tolgo dati non meno eloquenti 
che confermano quelli di Santa Fé. Anche Entre Rios è una dell fg 
belle e più fertili provincie della Repubblica Argentina. 

Nel quinquennio 1879-1884 nella Colonia di Caseros, le cute 
dice la statistica, sono inmecorables, sì sono seminate quadre 7,361 
si sono raccolte faneghe 71,194 di frumento. 

Di grano turco si seminarono guadre 4,073 e si raccolsero jew, 
ghe 33,799. Ora calcolando questi prodotti sui prezzi del quinquessi 
che dà la stessa statistica, avremo che quei coloni avranno ricavato: 

In frumento: 


1.° faneghe 16,004 a pezzi 4 alla fanega = 64,016 = 
2.0» 7,799 » 8 ? = 62,392 — 
3.° > 6,338 >» 4,50 > = 28,521— 
4.° > 26,003 > 4,50 > = 117,013 50 
5.° >» 15,050 >» 3 > = 45,150 — 

Pezzi = 317,092 §° 


In grano turco: 


1.° faneghe 5,358 a pezzi 2,10 alla fanega — 11,251 08 . 
2.° >» 12,002 >» 1,40 » = 16,803 08 
3.° > 1,217 > 1,40 > = 1,703 08 
4.° > 1,002 > 4 > = 4,008 — 
5.0 2 14,220 > 1,20 > = 17,064 — 

__ — 


Pezzi 50,830 04 


Se a queste aggiungeremo il prodotto del pollajo, calcolato in 14 
mila pezzi avremo pezzi, 385,922 pari a L. 1,929,610. 


} Ora supposto che tutti quei coloni avessero il migliore dei con- 
, sottraendo il fitto del quinquennio in ragione di un terzo, ossia 
128,339, paria lire 641,695, vedremo che i coloni avranno incassato 
“totale pezzi 256,678 paria lire 1,283,390; che ripartiti per persona 
andi e piccini), contandone la colonia in quel torno 1,922, saranno 
W guadagnati nel quinquennio per persona 137 pezzi, pari a lire 685, 
all'anno per ogni persona 27 pezzi (lascio le frazioni), pari a lire 135. 
Ecco, a che si riduce il sognato Eldorado del povero colono 
ate È 
E si noti che questi miei calcoli sono fondati su cifre desunte 
statistiche ufficiali e che quindi possono peccare di ottimismo ; che 
nno per base la produzione media di due fra le più fertili provincie 
Mila Repubblica, e meglio dotate di viabilità ferroviaria e fluviale, e il 
‘&vatratto colonico più favorevole agli agricoltori. Da questo si può facil- 
Mente dedurre lo stato di quei moltissimi sfortunati, che sono sbalestrati 
sa terreni poco fecondi, o lontani da ogni viabilità o dai centri di con- 
-$tmo, o vittime dei molteplici inganni che di solito si annidano in un 
' fnciso del contratto colonico, e che mettono ‘se non le persone, il la- 
‘voro dell’emigrante alle mercè del proprietario. 
E così, tra una cosa e l’altra, il lavoratore si sente oppresso dal de- 
Rito colonico, la sua ombra di Banco, che lo perseguita fin laggiù e si 
trova nella necessità o di dimezzare il pane quotidiano o di restare eter- 
namente sui libracci dell’Amministrazione, padrone da burla di un vasto 
| podere, quando non preferisca, come spesso avviene, fare alla chetichella 
il suo fardello e andare in cerca di altre terre o di un lavoro i cui 
prodotti non siano facilmente esposti ai capricci di Giove Pluvio o alla 
voracità delle locuste. 
In generale però quei coloni vivono un po’ meglio dei nostri conta- 
dini: di tanto in tanto la carne compare al loro desco, e qualche volta, ma 
| più raramente, un bicchier di vino, più spesso la ca#4; ma, o signori, 
& prezzo di quanti altri sacrificî ottengono questi piccoli miglioramenti 
dietetici! Le più comode case di laggiù sono come le pessime di quì: 
un pian terreno coll’impiantito di terra battuta diviso in due compar- 
- tmenti, una cucina e un dormitorio per tutti; ma moltissimi, massime 
nei primi tempi, alloggiano in capanne costruite con loto e cannuccie 
e ricoperte di paglia (r@rc405) ove quì non si porrebbero neppure le 
bestie; lontani da ogni consorzio civile, dove spesso non vi sono nè me- 
dici, nè scuole, nè chiese ; cosa quest'ultima di cui quei contadini sen- 
tono così vivo bisogno, da farli intraprendere un vero viaggio per poter 
assistere ad una messa. 


























Così vivono, o presso, a poco i nostri coloni nell'America meridioag 
però per quanto ‘il timore di annojarvi mi affretti, io non posso a un 
di intrattenervi particolarmente sulle condizioni della nostra emigrati 
al Brasile, la quale per il suo numero, per il rumore che fa, per quelé 
se ne dice pro’ e contro, per i fatti luttuosi che di tanto in tanto 
sano i mari e ci fanno fremere od arrossire, merita più lungo discos 

‘Quando si leggono i molti panegirici che del Brasile si sono @ 
in questi anni, si è tentati a credere vera la vecchia tradizione 
faceva quel .paese, come prima il Perù e più tardi la California, @ 
nimo di ricchezza. 

Ma quando si viene a sapere che quelle cifre sono in gran p 
cervellotiche e che quei panegirici sono stati pagati a un tanto al ng 
si è tentati a credere tutto l'opposto, in omaggio al vecchio ada 
che dice: « chi compra la lode, sa di non meritarsela ». 

Le condizioni della nostra emigrazione al Brasile devono ¢ 
studiate nel loro insieme, perchè, nella loro ricca varietà, quei fatt cs 
siderati parzialmente possono dar materia alla lode come ad ogni W 
gran vitupero, e in un caso come nell'altro indurre un concetto disfon 
dalla realtà. 

Dirò brevemente il mio giudizio, senza ira e senza amore, quale mem 
sono fatto leggendo ed osservando, comparando e correggendo coi mai 
conti delle vittime e le lodi degli inneggiatori pagati, interrogando ag:@ 
ed avversarî della emigrazione al Brasile, coloni le cui fatiche en 
state benedette dalla fortuna o che fuggivano disperati dopo un’ al 
di dolori e di avventure inenarrabili. 

1l Brasile è un vasto paese, più vasto dell'Europa, e la sua pope 
lazione, secondo i calcoli più fantastici, tocca appena i 12 milioni. Po 
trebbe quindi ospitare 100 milioni di emigranti senza raggiungere È 
densità della nostra popolazione e dar loro lavoro onorato e pane a> 
bondante. È fertile, ha prodotti svariati e clima (meno nelle regioni. 
equatoriali) sopportabile dai nostri coloni e relativamente temperato nel 
l'immensa regione che si stende al S. di Rio Janeiro massime pelle 
provincie di S. Caterina, Parana e Rio Grande del S. e, fuori dell 
costa dell'Atlantico, più salubre della sua fama. 

Ma finora l'uomo ha fatto ben poche di quelle opere che trasfor 
mano in ricchezza reale i doni della natura. Mancano i mezzi di comt 
nicazione. Le strade rotabili, affatto insufficienti, sono quali le hanno dt 
segnate i piedi dell’uomo e delle bestie, e sono troppo spesso interrotte 
dalle pioggie: le ferrovie in istato embrionale, non son braccia che allie 
cino, ma veri moncherini che fanno sentire più vivo il bisogno di quello che 


— 469 — 
fenca; e i fiumi larghi e profondi, vie preparate dalla natura, e navi- 
ia brevi tratti da battelli di piccola portata, aspettano ancora una 
opera dell’uomo. 
- Di più il Brasile (governo e privati) attraversa da molti anni una 
heats crisi economica, resa più grave da quel grande atto umanitario 
the fu l'abolizione della schiavitù. Questa crisi è ora fatta quasi in- 
portabile dalle condizioni politiche del momento; se il Brasile ne 
vittorioso, vorrà dire che la sua compagine economica è ben 
' Nella provincia di S Paolo, che è la più fiorente e la piùattiva, 
dal 1885 la proprietà fondiaria dei fazendeiros era ipotecata per 
40°/, del suo valore; e d'allora in poi non è accaduto nessun fatto 
Mae alleviasse o sanasse questo cancro che rodeva la ricchezza privata 
Be sue radici. 

Ho toccato delle condizioni economiche e politiche del Brasile, 

perchè esse aduggiano quelle già non liete della emigrazione. 
È La emigrazione al Brasile, che pur costò tanto dispendio a quel 
| paese, non fu fatta per popolare di liberi cittadini quelle immense re- 
‘ffoni, nè per aumentare colla produzione la ricchezza del paese, ma per 
fornire di braccia le fasende spopolate dalla diserzione, prima, e poi dalla 
‘ abolizione della schiavitù; ed essa, sotto qualunque forma la si consideri, 
risente sempre di questo suo peccato di origine. 

Si credette bastasse reclutare grandi masse di lavoratori in Europa 
per risolvere la quistione economica; ed invece, non essendosi propor- 
Honato il reclutamento ai mezzi di cui governo e privati disponevano, 
la si acuì gittando, per sopra mercato, il discredito sul’ paese. 

Di quì le poche e sterili terre assegnate alla colonizzazione libera, 
quell'ingorgo di lavoratori, quelle lunghe promesse con l’attender corto, 
e i patti colonici leonini per non dire iniqui da una parte, e dall'altra 
quei lamenti, quelle proteste, quelle fughe, quelle dimostrazioni di Porto 
Alegre e di S, Paolo, per tacere d’altre, che poco mancò non degenes 
Tassero in sanguinosa rivolta. 

Ed ora vediamo come è impiegato e come retribuito il nostro co- 
lono, che va al Brasile sognando tesori, 

La emigrazione italiana al Brasile che ascende a 300 mila persone, 
RT una buona metà è sparsa nella provincia di S. Paolo, e il resto nelle 
Provincie di Rio Janeiro, Spirito Santo, Minas Geraes, S. Caterina, Pa- 
fant, Rio Grande do Sul. Due terzi sono contadini e lavorano o nelle 
fasende © nelle colonie. 


Le fasende sono vaste possessioni, coltivate a caffè o a canna di 


— 470 — 
zucchero, lavorate dapprima dagli schiavi ed ora dagli emigrant. 
lavoro della zappatura del caffé, che si fa due o tre volte all'anno 
alternato da quelli della raccolta e della pulitura e da quelli più 
del disboscamento, che si compie sia per allargare i confini della fl 
zenda, sia per sostituire nuove terre alle vecchie, spossate dalla estenuz 
cultura del caffè. 

I nostri connazionali sono alloggiati o nel centro della fasendo, : 
giornalieri, o se cottimisti, in piccole capanne sorgenti in mezzo al pi 
dere affidato alle loro cure, o in margine alle foreste vergini che d 
vono abbattere col ferro e col fuoco. Il numero delle piante che han 
in cura è più o meno grande, secondo il numero e la forza dei k 
ratori che compongono una famiglia. 

Là al contatto di un padrone che per natura e per educa 
non sa nè apprezzare, nè rispettare, salvo eccezioni, la dignità ed i @ 
ritti del lavoro libero, che può ciò che vuole, non perchè la su 
lontà sia legge, ma perchè la legge di fronte a lui vuole essere od è 
impotente ; o di amministrazioni tiranne e punto oneste, che si dibattontilil 
in istrettezze finanziarie e che considerano il lavoratore un istrumet 
qualunque; lontani da ogni efficace tutela delle autorità consolari 
nostri emigranti sono fatti segno a mille angherie, male o insufficea: 
temente nutriti se giornalieri, peggio alloggiati se cottimisti, taglieggal 
sui prezzi dei viveri forniti dai magazzinieri delle /asende, con nu 
insomma di quanto fu loro promesso. | 

Ma a parte ogni abuso, ogni prepotenza, ogni ingiustizia : ammest gg 
che tutti i fazendeiros siano giusti, umani, generosi, anche in qu 
condizioni il lavoro del colono nelle fasende non è rimuneratore. 

Ecco alcune cifre, che io tolgo ai libretti réclame, stampati a 5p 
dei governi e delle Società brasiliane, e che ogni agenzia di emé@ 
zione sparge in gran copia. 

Le mercedi promesse in quei libri sono così meschine, che se n08 
trovassero un complice nel ridicolo sistema monetario di quel pat% 
basterebbe solo annunciarle perchè nessun lavoratore si lasciasse musi 
più prendere all’ amo delle lusinghe degli agenti. 

Un uomo robusto e nelle migliori condizioni può coltivare 3 mil 
piante di caffè, che si zappa due o tre volte all'anno. Ogni zappali” 
di mille piante è pagata ress 10 mila, e quindi in zappatura un wom 
potrebbe guadagnare da 4o mila a 60 mila seis. E negli anni abbor 
danti altrettanto nella raccolta e nella pulitura del caffè. 

In tutto si avrebbero da 100 a 120 mila reis che tradotti in itt 
fanno circa 300 a 350 lire. E non un centesimo di più, quando 80% 


























— 471 — 

Manat ; ma pochi lo sono fino a questo punto. Secondo dati che ho 

p le ragioni per ritenere esatti, delle famiglie impiegate nelle /a- 
k solo il 10 o il 12 o/o possono fare qualche risparmio annuo, 
tre tutte lavorano e vivono da cani, senza compenso per il presente, 
gi di un poverissimo nutrimento, e senza speranza per |’ avvenire. 
Ed ora passiamo a vedere le condizioni dei contadini delle colo- 
} vel Brasile. 

Le colonie sono grandi estensioni di terreno, ripartite in nuclei 
gioni) di circa 100 famiglie ciascuna e divise in lotti che il governo, 
Be provincie o società private concedono a famiglie di immigranti a 
} prezzo da pagarsi a rate annuali. Il colono al suo arrivo dovrebbe 

ae il suo lotto misurato, una casetta, il suo titolo provvisorio di 
ipprietà e per il primo anno, in attesa del primo raccolto, dovrebbe 
impiegato a pagamento per 3 giorni la settimana a fare le strade 
bile colonia. 

A giudizio di tutti gli intelligenti, se questo sistema di colonizza- 
fosse stato o fosse per l'avvenire applicato con lealtà e larghezza, 
eve una fortuna per il paese e per gli emigranti. 

i Ma siccome la immigrazione fu fatta a beneficio dei fasendeiros, così 
è venne che le terre destinate alle colonie sono o scarse, o mal si- 
& pet rapporto alla viabilità, come molte colonie della provincia di 

3 Grande del Sud che non possono vendere i prodotti che sopra- 
alcousumo, o poco feconde come le misere colonie di S. Ber- 
o, di S. Gaetano, di S. Anna, e la Gloria, per tacere d’altre, nella 
incia di S. Paolo; e i lotti sono piccoli e troppo cari, come li ebbe. 
a giudicare }’ imperatore D. Pedro in un suo viaggio fatto a S. Paolo, 
(edo nel 1884. 

i Di più, il governo e le provincie molte volte non hanno danaro 
infficiente, e se l’ hanno e lo destinano al mantenimento degli impegni 
fatunti verso i coloni, troppo spesso si perde negli infiniti meandri bu- 
focratici come una polla d'acqua scorrente in terreno arso e sabbioso. 
È così avviene che il colono non trova la casetta fatta, non il lotto 
‘misurato, e il suo lavoro sulle strade pubbliche che gli deve dare il 
‘Jane quotidiano o è mal retribuito o non affatto, e mille altre miserie 
«he lo mettono solo, disperato, affamato, ed impotente di fronte alla 

degli impiegati, alle grandi foreste vergini e ai suoi di- 

Unganni, . 

Questo sistema di cose, o signori, ha suscitate vive proteste da 

Parte di associazioni, di uomini politici, e di privati; proteste che sono 

rassunte da questo grido di indignazione del brasiliano dott. Ennes 


— 472 — 
Souza. « Non siamo preparati ancora per la colonizzazione agricola, 
« non possiamo collocare, nelle condizioni che esigono 1’ umanità e 
« economia, dodici famiglie... nè due se si vuole. -Posto quindi fraj 
« schiavitù bianca, che è di fatto l’ unica condizione del colono 1 
Brasile attuale, condizione che pare vada ognor più aggravandosi 
il riprovato sistema di seduzione al contratto, e il grido di p 
che avverta gli Europei del laccio che loro si prepara, io 
figlio di una nazione che si è abbastanza imbrattata nella infami 
universale della schiavitù, non esito a denunciare al mondo ii » 
fatto. Non potendo ancora il Brasile collocare immigranti agricoli nel 
vere condizioni di lavoro, considero un delitto di lesa umanità 
sigliare la venuta di una sola famiglia di più, fino a tanto che 
si modifichino le condizioni del nostro paese in modo da poter g 
rantire una posizione autonoma all’ immigrante spontaneo ». 















A A A A 


Ed ora veniamo ai rimedî, che è l’ultima e più breve part di 
questa mia conferenza. 

Da qualche anno si parla molto delle condizioni della nostra 
grazione e del modo di migliorarle. Ma o signori, quando si ba ua 
emigrazione annua che tocca 200 mila Italiani, dei quali due terzi sfruttati 
dalla speculazione, è un dovere di tutti e massime delle classi dirigenti dî 
fare qualcosa di più che semplici parole, sotto pena di passare 
inetti o peggio. 

Vediamo dunque i rimedî. E lasciando i due veri, specifici, ratte 
cali, contro la emigrazione transoceanica, che sarebbero la colonizzazione 
interna e la colonizzazione politica, di cui ho già parlato, i mezzi ct 
quali si può venire in ajuto dei nostri connazionali espatriati sono mo 
rali e materiali, e possono essere forniti da una Società, che avesse 3 
un tempo uno scopo patriottico ed economico o da molte Società 008 
fini speciali, ma tutti cospiranti a quest’ unico e comune della protezione 
degli emigranti. 

La costituzione di una Società del primo tipo toglierebbe di botto 
gran parte dei lamentati inconvenienti. Infatti dalla esposizione che fi 
ho fatto delle condizioni della nostra emigrazione, si può rilevare che 
i mali che Il’ affiggono, derivano in gran parte da condizioni estrinsechs 
che la pongono in balia della speculazione malsana o disonesta. 

Sottraendola adunque a quella influenza malefica, e ponendo 
sotto la protezione di un capitale che faccia i suoi interessi, ma che 
abbia nell’ istesso tempo viscere di pietà e un po' di patriottismo, avre 
fatto un gran passo verso i desiderati miglioramenti. 


— 473 — 

Io potrei citare molte cifre per dimostrare quanto sarebbe utile 
fire l'acquisto di terre colonizzabili, poichè non tutto il vasto conti- 

sud-americano è caduto in mano della ‘speculazione in modo da 

lasciare largo campo a nuovi venuti e l' Africa apre solo ora al 
mizatore ardito le sue braccia vergini e selvaggie. Io mi restrin- 
tè a dirvi un solo fatto, ma significativo, ed è che gli Inglesi e i Te- 
hi hanno impiegato e ‘impiegano in tali speculazioni ingenti capitali. 
Riguardo alle Società di secondo tipo, a scopo puramente filan- 
epico, qualcosa si è fatto in questi ultimi anni. 
La Società di Protezione dell’ emigrazione piacentina, fondata e 
tta con intenti nobilissimi da Monsignore Scalabrini, vescovo di 
ha proseliti in tutte le terre d’Italia, vive, prospera e fa del 
e dissuadendo la emigrazione, consigliandola, dirigendola, e tenendo 
bidi i vincoli colla madre patria per mezzo della religione e della 
gua italiana ; la Società di Firenze per la diffusione della cultura in 
ite apre e sussidia scuole; e'la Società Dante Alighieri, fondata 
pi in Roma, in meno di un anno di vita impiantò Comitati in tutti 
i centri della vita italiana. 
Ma io vorrei che il buon esempio di questi fruttificasse, vorrei 
l'arcigna ira di parte non. venisse a gettare il pomo della discor- 
tra fratelli, vorrei che le Società di qui fossero in costanti rapporti 
, loro e colle numerose Società di mutuo soccorso e di protezione, - 
the i nostri connazionali hanno fondato nei varî centri della vita 
Mtnericana, e costituissero così una vasta associazione di protettorato, 
Mella quale, pur conservando ciascuna la sua fisionomia particolare, 
desse € ricevesse ad un tempo forza dalla consociazione, al cui intento 
‘orrebbero cospirare le forze di tutti gli onesti. 
Signori, l'opera non è facile ma non è impossibile, se pure è vero 
che la filantropia è il terreno neutro, la tregua di Dio, dove tutti, senza 
‘stinzione di parte, devono concorrere col loro obolo. Io mi raffiguro 
Waa simile Società sotto 1’ aspetto di una iddia buona e pietosa, che 
terge le lacrime agli infelici, che sorregge i deboli, che infonde la 
"etanza ai disperati, che si pone al capezzale dell’ infermo, al fianco 
del lavoratore, che posta nel tugurio cid che toglie al palazzo, che 
Fassa fra gli uomini beneficando. Alcuni la chiamano patria, altri 

ne, altri umanità, ed il suo vero nome è un altro che li com- 

Prende tutti ed è: Opera buona. 












ni Signori € signore, l'Italia nostra, risorta a dignità di nazione, per 
ible accordo di tutte le forze del genio italico, e che s’ avvia con 













— 474 — 

passo sicuro a più nobili altezze, non deve dimenticare, fra i moll 
suoi lavori di rigenerazione morale, intellettuale ed economica, di 
figlia di questa gran Roma, che fu la più grande colonizzatrice 
mondo. Non deve dimenticare che l' Italia è dovunque batta un 
italiano, che l'ombra della sua bandiera deve protendersi dov 
tutrice del diritto, come I’ azione de’ suoi figli, associati da un penser 
patriottico, diffondersi forza benefica ed educatrice. 

Così, o signori, quando con tutte le saggie conquiste dell’ a 
che l'Italia vuole senza impazienza, ma senza abdicazioni nè 
avrà compiuto anche questo sacro dovere, che è la tutela materiale 
morale degli espatriati, allora solo potremo salire in Campidoglio 
ringraziare gli Dei indigeti della patria. 


D. — SCULTURE DI INDIGENI DELL’ ALTO ORENOCO 
del conte G. Orsi DI BROGLIA DI MOMBELLO (1). 


Mi si era parlato di alcune pietre sepolcrali che sarebbero sult 
trovate in qualche villaggio dell'Alto Orenoco e nella regione del Cann. 
= Come è naturale, nella mia qualità di esploratore, desideravo vivameat 
di assicurarmi della loro esistenza, e l'opportunità mi fu favorerde 
Precisamente all'entrata della Bocca dell'Inferno, sull' Orenoco, un pio 
a valle dei casolari di Mapire, mi si offrì alla vista un ammasso di © 





Fic..1* — /* Pietra. Scogli della Bocca dell'Inferno (Orenoce). 


(1) Andiamo debitori dei disegni e della nota che quì pubblichiamo al compit™ 
comm. G. Bensamoni, che fu già nostro Socio a vita in Caracas. (N. 4 D} 


— 415 — 
jainose pietre, alcune abbattute e rotte, le altre inclinate sul suolo, e 


Ù 
Ù 


Fic. 2% — //% Pietra. 
Scegli dle Bocca dell'Inferno (Orenoco). 


tutte portanti incisi disegni e iscri- 
zioni, che constatai parere o dei ge- 
roglifici, o dei segni fantastici, o 
la pura e semplice riproduzione di 
oggetti qualunque. 

Nella grotta di Caicara, situata 
sulla riva destra dell’Orenoco, circa 
a cento chilometri a monte della 
Bocca dell’ Inferno, le figure che 
ebbi ad osservare su di una gran- 
dissima pietra (fig* 7°) insinuereb- 
bero la idea di un tentativo di ri- 
produrre "le apparenze di qualche 





© FIG, 3* — Scegli della Bocca dell'Inferno (Orenoco). 





— 476 — 
tigre; idea che trova la sua spiegazione nella presenza della tigre, 
in queste regioni è frequentissima (1). 





Fic, 4* — Sierra di Tiramuto (Alto Cuchuvero). 


Ciò che più specialmente ha richiamato la mia attenzione sono 
le figure tracciate sulle pietre della grotta del Maudal (chiusa) di 
cagua (fig.* 6°) e su alcune roccie nei dintorni del villaggio di Cuch 
vero (fig.” 5"), le quali hanno tutte molti punti di rassomiglianza con 
qualche pietra sepolcrale che ultimamente è stata sconerta dall' esplo 
ratore italiano dottore Traversi, nei suoi viaggi nelle regioni africane e 
precisamente nel paese dei Guraghi a S.-E. del Godda (regioni limitrofe 
dell’ Abissinia). 


/000AD9O_ N 





Fic. 5" — Roccie di Cuchuvero. 


Qui viene spontanea una domanda. Come spiegare che una so? 
mano, un solo pensiero, abbia potuto presiedere alla composizione di 
questi disegni, di questi geroglifici, di questi segni infine? come spit 


(1) Questo stesso disegno (fg. 7), con maggiori particolari, ed alcuni altri ci fares 
già inviati dal conte E. Stradelli fino dal 1887 e si trovano pubblicati nel fascicolo 
di ottobre-novembre del nostro BOLLETTINO di quell'anno, pag. 838 ed 841. (N. 4 2) 





— 477 — 
che nell'interno delle necropoli di queste regioni noi troviamo, 
infatti ebbi il piacere di constatare insieme al mio collega il 
Chaffanjon, visitando alcune caverne nei dintorni di Caicara 


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Fic. 6* — Caverna delle Chiuse di Chicagua (Orenoco), 


io sulla destra dell'Alto Orenoco), delle mummie analoghe alle 
ie egiziane ? come possiamo noi darci ragione della conformazione 





Fic. 7° — Roccie presso Caicara, 


— 478 — 
dei cranî' indiani dell'America del Sud, che secondo tutte le appare 
si avvicinano molto ai cranî scoperti nelle tombe egizie ? 





Fic. 8° — Pietra scoperta nelle colline di Padilla (Valencia- Venezuela), 






Oggidì si fa un gran rumore intorno agli studî antropologici, di 
sono diventati oggetto di gran moda nelle discussioni in seno alle 
cademie scientifiche, e precisamente lo scopo sarebbe di chiarire Rf: 
opinioni confuse che noi possediamo sopra le razze che hanno pope 
lato e popolano il nostro globo terrestre, e sulle probabilità di ' 
sorgente unica. Ad avvalorare questa teoria si è venuti ad ammette 
a priori, che le razze indiane dell’ America del Sud hanno una cer 
relazione con le razze dei Fenici, dei Faraoni e di altri popol @ 
nostro mondo antico, sovratutto quando si stabiliscono dei conirea 
tra i tipi degli attuali Fellah, indigeni del basso e alto Egitto, di 
la pluralità dei tipi dei detti Indiani: infatti il naso aquilino, È 
labbra piuttosto sporgenti, le guancie regolari, i capelli lisci, il @ 
lore della pelle che varia dal rosso chiaro al cioccolatto, sono carattere 
comuni a tutte queste popolazioni, il che ci porta a concludere con i 
certa probabilità, che fra le razze dell'America meridionale e dell’Orieo& 
havvi una tale affinità, che quasi si può stabilire che da una sola € 
medesima origine esse provengano. 

La questione della razza negra si trova, naturalmente, fuon del 
quadro delle mie idee, poichè le cognizioni che la scienza possiede 148 
questo riguardo sono ancora contradittorie e generalmente molto vagit 

Le opinioni, che ho creduto potere emettere a proposito della scoperti 
che feci in queste regioni di pietre sepolcrali, di mummie, e per la & 
servazione, che tra i tipi dei Maquiritari (Indiani dell'Alto Orenoco) ci 
tipi dell'Impero Celeste sonvi moltissimi punti di contatto, sono state pa 
di una volta discusse nei congressi di storia naturale e antropologi ¢ 
tra non molto tempo possiamo forse attenderci alla soluzione di questo 
‘problema: « l'origine delle razze » e dell'altra questione non meno impor 
tante: come spiegare la venuta dei Fenici e dei popoli Asiatici in ques: 


la 
| 





— 419 — 
ioni ? Platone ci parla dell'esistenza di un Atlantide; ma a me pare 
P vccetabile attenersi alla leggenda, che per lo Stretto di Bering ven- 
pro nell’America del Sud i popoli dell’ Oriente. 


E. — Lamgerto Loria ALLA Nuova GUINEA. 
| 1) WVota del socio marchese Giacomo Doria. 


Museo Civico di Genova, 1° aprile 1890. 


| Lamberto Loria nato, da famiglia italiana stabilita in Egitto, ma 
to in Toscana, dove conseguì il dottorato in matematica all’ Uni- 
ita di Pisa, vagheggiava da lungo tempo lontane esplorazioni e vi 
| preparava con viaggi preliminari e forti studi. 

Dopo lunghe escursioni nell’ Asia Centrale, nell’ India e nell’ Alto 
pitto, spronato dai memorabili esempi dei nostri grandi viaggiatori 
| Odoardo Beccari e L. M. D'Albertis, fissava i suoi sguardi alla lontana 
(Papuasia 

A tal uopo ed a tutte sue spese, con una larghezza di vedute 
| piattosto unica che rara, organizzava una Spedizione diretta a quelle 

regioni, prendendo per teatro principale delle sue ricerche il S.-E. 
. della Nuova Guinea e gli Arcipelaghi che geograficamente ne dipen- 
. dono. 

Verso la fine del 1888 egli partiva da Genova, ov’ era venuto ad 
| @tganizzare il suo bagaglio zoologico, e si recava a Bombay. Imbarca- 
; si quindi per Singapore e Batavia, faceva una sosta di qualche giorno 

a Pulo Penang ove s’ incontrava con Leonardo Fea reduce dal suo gran 

Viaggio in Birmania e con questo faceva interessanti escursioni nel- 

I Isola, 

A Batavia, generosamente accolto dal Governo Coloniale olandese 

a bordo del € de Ruijter » della Marina Reale Neerlandese, veniva con 

! soi uomini trasportato a Thursday Island (Stretto di Torres), da dove 

©assava a Port Moresby, capoluogo della Nuuva Guinea Britannica. 

Una serie di ricchi invii di collezioni etnografiche e zoologiche è di 

G2 giunta in Italia e provvisoriamente depositata nel Museo Civico di 

sora, Tale materiale, convenientemente affidato allo studio di valenti 

*Peculisti, ci farà conoscere in un non lontano avvenire i risultati delle 

nobili fatiche di Lamberto Loria. 

Intanto noi crediamo doveroso il pubblicare in questo BOLLETTINO 









‘— 480 — 

gli estratti più interessanti delle lettere ch’ egli con costante diliges 
regolarmente ci fa pervenire. | 

In un momento in cui gran parte degli sforzi materiali del noci 
paese sono diretti verso il continente nero, è bene che si sappia dif 
in altri paesi forse non meno interessanti, vi sono Italiani che spet 
dono vita ed averi a profitto della scienza e ad onore della nos 
bandiera. 


2) Lettere dirette al marchese Giacomo Doria. 
Lettera prima (con un itinerario). 


Port Moresby, 2 luglio 1889. 


Amico carissimo, 


Eccomi finalmente a Port Moresby,.alla tanto desiata Nuova Gi 
nea, in cui due nostri grandi viaggiatori, Luigi Maria D'Albertis e Ud 
ardo Beccari, hanno illustrato il nome d’Italia. Giunto qual terzo ag 
giatore italiano, non intendo rivaleggiare con essi; mi contenterò ¢ 
portare qualche oggetto in patria per arricchire i nostri musei, i qual 
se posseggono le numerose e ricche collezioni riportate da quei dat 
nostri connazionali, nulla hanno della parte che intendo visitare e col 
mie deboli forze studiare. 

Il mio viaggio non presenta nulla che Le possa interessare dal 
lia fino a Giava; principierò adunque il mio racconto ‘da Batavia, gati 
chè è in questa città che cominciarono le prime contrarietà. 

In Batavia ho preso sei Giavanesi (procuratimi dal pott. Treuh 
direttore dello splendido Orto Botanico di Buitenzorg, che a ragione vidi 
considerato come il più bello e il più grande del mondo) per ajutantl 
nelle mie collezioni e servirmi da portatori nelle piccole escursioni che 
potrò fare in seguito allontanandomi dal mio campo principale; saper 
che una delle più grandi difficoltà che un viaggiatore incontra nell 
Nuova Guinea è appunto la mancanza di portatori. 

Da tre anni vige nelle Indie Neerlandesi una legge che inibise 
la esportazione dei Malesi nei paesi non soggetti all’Olanda. L'orignt 
di questo provvedimento va cercata nel fatto che diversi piantatori at 
straliani venivano nelle isole neerlandesi e più specialmente in Giani 
‘in cerca di lavoranti, cui promettevano un buon trattamento ed ut 
lauta paga, per poi maltrattarli e per di più non pagarli. Molti di quest 
infelici perivano di stenti e privazioni; altri venivano ricondotti nel om 
paese a spese del Governo neerlandese, 





Fortunatamente per me, la legge in questione autorizza il .Gover- 
we generale a permettere l'esportazione dei Malesi in casi straordi- 
& Feci la mia istanza al Governatore e, dopo un certo tempo, ne 
mui una risposta affermativa, subordinata a delle piccole condizioni 
§ mi sottomisi ben volentieri. 

Una difficoltà di altro genere, e ben più grave, si frapponeva alla 
itinvazione del mio viaggio. La « Queensland Royal Mail Line », che 
il servizio quindicinale fra Batavia e Thursday Island, si rifiutava di 
pndere a bordo i miei Malesi, e ciò a causa della quarantena che il 
timento avrebbe dovuto subire in Australia. Scrissi a Singapore per 
mere se da quel porto esistessero delle comunicazioni col N. del- 
ustralia, intendendo per comunicazioni, non già un grande e comodo 
(gposcato, ma anco un semplice vapore carico di mercanzie o di car- 
pe, in cui non vi fosse nè cabina nè vitto per me; mi sarei adattato 
JEgitto pur di giungere; ma ottenni risposta negativa. Ero quasi sul 
to di andare a Macassar, a Ternate o ad Amboina per colà noleg- 
uno schoomer che mi portasse a Port Moresby, quando lessi in 
giornale che la nave da guerra olandese « de Ruijter» era in par- 
wa per la Nuova Guinea. Inutile dirle che mi attaccai a quest'ultima 
ora di salvezza. Mi detti tanto moto, supplicai tante persone, che 

ne al valido appoggio del nostro console, sig. Pietro Landberg, po- 

A ottenere l'imbarco sul « de Ruijter ». 

— Parimmo il 10 aprile da Batavia e giungemmo a Thursday Island 

F 18 maggio, dopo esserci fermati a Timor Cupang, a Pulo Semau e 
$ Port Darwin, costeggiando una parte delle isole neerlandesi, le quali, 

un ben noto scrittore olandese (1) sono state con frase felice defi- 

e come una collana di smeraldi che si avvolge attorno alla linea 

dl'equatore. Impiegai questi ozî nel fare alcune collezioni che le spe- 

#00 contemporaneamente a questa mia. 

y Su « de Ruijter » fui accolto con gentilezza e affabilità da tutto 
P Stato Maggiore e più specialmente dal comandante I. Loots, che mi 

fa con un pezzo di tela d’olona preparato una spaziosa e fresca ca- 
bina vicino alla sua e col quale divisi il salone e la mensa. Se ho 

Potto fare una piccola collezione di animali di Timor Cupang, di 











(1) Maltatali: Max Aavelar. L'autore è più conosciuto sotto il pseudonimo Mul- 
Wal the non sotto il vero suo nome Douves Dekker. Egli fu Residente a Bantam, e 
il seo bro di critica è così bello, così profondo e si sente scritto da persona tanto 
Sompetente, che autorizzò un oratore della Camera olandese a dire che quando Mul- 

*riveva il suo libro, tutti gli Olandesi tremavano per ciò che egli avrebbe ri- 


— 482 — 
Pulo Semau e di Port Darwin, lo debbo tutto al comandante I. Lod 
il quale permise che un posto a poppa, dietro la sua cabina e acca 
alla mia, venisse trasformato in laboratorio tassidermico, ove io, il t 
aiuto Amedeo Giulianetti, che come sa ho portato dall'Italia, ei 
sei Malesi lavoravamo. 

I Malesi e più specialmente i Giavanesi sono oramai molto « 
sciuti; però non le dispiacerà forse qualche notizia intorno ad essi 

La donna orientale è generalmente graziosa, le sue movenze, ant 
quando adempie alle funzioni più dure (portar acqua, ecc.) sono fl 
suose; il suo incesso ha un certo non so che di rilasciato, di vol 
tuoso, e il suo sorriso unito ai suoi grandi occhi neri vi conquide.W 
è vero per l’Araba, la Turcomanna, la Indi, non già per la Giavan 
ed in generale per la Malese. Raramente ho visto donna così priva 
tutto ciò che piace nel sesso debole. Il suo modo di andare è du 
ad ogni passo il suo corpo riceve una scossa, le braccia si muovosli 
una maniera sì brutta, che pare siano slogate alla spalla e facciano ql 
movimento per la legge del pendolo, non già per la volontà della fi 
sona. Non ho ancora visto una bella malese; il petto è sempre cade 
e di brutta forma anco nelle giovani ragazze, la bocca e i denti 3 
sempre brutti; lo schifoso uso di masticare il defe/ rende ributtante 
donna malese, e non so davvero come mai gli Olandesi si adattino 
farsene delle amanti. Forse ciò si spiega dall'essere gli impiegati e @ 
ficiali olandesi relegati per degli anni in posti ove le Europee brila® 
per la loro assenza. Bisogna peraltro convenire che le donne sono p& 
intelligenti degli uomini: quando questi lo sono, spesso sono sm 
birbanti. 

Non bisogna però credere che il Malese non sia intelligente; 
contrario, per certe cose pare proprio nato apposta. La natura sua è dista 
sa riconoscere in altrui la distinzione, che è ciò che egli apprezza 3 
di ogni altra cosa. Non occorre adunque essere con lui ruvido, 
strillare, nè tampoco ricorrere alle bastonate, come siamo obbligati 4 bre 
col fellah egiziano e coll'Indù. Al contrario, bastonare un Malest * 
gnifica volersene fare un nemico che per giunta vi disprezza, giacché 
scorge in voi un uomo volgare; bisogna parlargli sempre a voce bas 
come usasi da noi nelle riunioni delle persone educate. Guai a nmpt 
verarlo per male che non ha fatto. L'ingiustizia lo rivolta, non risponde 
nulla ai vostri epiteti, perchè gli Olandesi hanno saputo inculcargli ? 
gran rispetto per l’uomo bianco, che egli qualifica col nome di 7uef (1) 











(1) Zuan: signore. 


se questo non lo è; ma non potrete far più nulla di lui; se la 
si ripete. più volte, non vi obbedirà più. 
La grazia che manca assolutamente alla donna, Ja possiede l'uomo 
massimo grado. Tutto ciò che egli fa porta l'impronta della grazia; 
gi getta per terra per salutarvi, come avviene nell'interno di Giava, 
i inchina come fa alle coste, se si pone a sedere nel mentre che 
parlate, se per farvi comprendere che ha capito ciò che gli state 
, vi ripete ogni momento la parola saia (1), facendo un leg- 
inchino col corpo, simile al movimento che l'Arabo usafare quando 
; se vi offre un oggetto colla destra, appoggiando in pari tempo 
mano sinistra al gomito destro in senso di rispetto; se vi parla, se 
, se vi prepara qualche pelle o vi pulisce un fucile; in una 
in tutto quello che fa, scorgete una grazia ed una distinzione in- 
che vi piace e vi fa simpatizzare con esso. 
Il Giavanese quantunque musulmano, non è fanatico come l’Arabo; 
ne è prova luminosa il gran conto in cui tiene l'Europeo; raramente 
visto pregare i miei uomini. È pur vero però che avvengono spesso 
® Giava delle piccole sommosse causate dagli Haggi (2), i quali pel 
Atnplice fatto di essere stati alla Mecca, pretendono di vivere alle spalle 
dei credenti e sognano la ricostituzione dell'antico Impero di Giava. Il 
‘Gor 

emo olandese favorisce con ogni sua possa il pellegrinaggio alla Mecca, 
| @edendo 2 ragione che quanto maggiore sarà il numero degli Haggi, 
altrettanto minore influenza essi avranno sul popolo. 

Il Giavanese ha cogli altri musulmani alcuni punti di contatto; è 
fatalista, non però all'eccesso come l’Arabo; non vi dice mai la sua opi- 
nione se non frammista con dei drancalì (3), che da principio vi fanno 
, tscîre daì gangheri; però vi dirà sempre ciò che non vuole; non sa- 
Dee mai se è contento o no, il suo viso è sempre freddo, impassibile, 
€ la sua fisonomia non esprime mai i suoi sentimenti, come spesso av- 
Viene nell'Europeo, mai però nel musulmano. 















(1) Saia: sì, Usasi sempre quando si rivolge la parola a persona di classe so- 
Cale più elevata di quella della persona che parla. 

(2) Haggi è un titolo che si acquista facendo il pellegrinaggio alla Mecca. 

(3) Brancalì : forse. A proposito dell'uso del drancali è caratteristico il seguente 

raccontatomi da un ufficiale del « de Ruijter ». Una nave da guerra olan- 

* Ravigava al S. di Pulo Nias (all’occidente di Sumatra) in mari non ancora stu- 

i e di cui non esistono carte; aveva a bordo un pilota malese. Ad un tratto la 
Carena della nave striscia su di uno scoglio; il Comandante ordina alla macchina di 
retrocedere a tutto vapore, allorquando il pilota, additando, col pugno chiuso e il pol- 

St posato sull’ indice, verso la prua della nave, dice con tutta calma: érancali ada 

‘97698, forse là vi è uno scoglio! 


La facilità colla quale i Giavanesi apprendono certe cose, spec 
mente le manuali ove è necessaria la grazia, è davvero meravigliose: 
sig. Treub mi raccontava che qualche anno fa venne dall’ interno di 
l'isola un giovine per subire certi esami a Buitenzorg, passati i q 
poteva ottenere un certo impiego; non potè superarli e, quantunque 
buonissima famiglia, non avendo denaro sufficiente per ritornare al 
paese, pregò il Treub di prenderlo al suo servizio per un anno, g 
alla fine di esso desiderava ritentare la prova. Richiesto, se avesse 
servito in qualche casa olandese, rispose negativamente. Il sig. 
gli disse allora che doveva fra le altre cose imparare a servire -a t 
e che se lo facesse insegnare dagli altri servi. Il Giavanese in questi 
per tre soli giorni osservò come facevano gli altri servitori; duragi 
pasti rimaneva per tutto il tempo ritto accanto ad uno stipite di 
porta, non facendo altro che osservare. Il quarto giorno serviva a 
vola da solo; come se egli non avesse fatto altro in vita sua, e fusi 
pre inappuntabile. Basta infatti, per volere che il Giavanese imp i 
fare una cosa, insegnargliela con calma, senza arrabbiarsi nè alzref 
voce; altrimenti egli si confonde e il risultato non sarà mai bw 
Con tal metodo i miei uomini hanno appreso la tassidermia, e GCi8 
dire che ve n’é uno che lavora meglio di me. 

Il Giavanese non conosce che cosa sia la riconoscenza ; se glif 
un favore, un regalo, egli stima lo facciate per procurarvi un piacere @ 
non vi ringrazia mai. 

Il carattere del Giavanese è vigliacco e mite, ed anco quo 
perverso ed ha commesso qualche delitto, conserva sempre la sua! 
tezza e il suo rispetto per l'Europeo. Ne è prova il modo veramea™ 
originale col quale gli Olandesi trattano i galeotti malesi. Alla matti 
e alla sera per le strade di Batavia si vedono degli aggruppamenti @ 
Malesi vestiti tutti uniformemente in 4/cu, collegati da una corda & 
nuta da loro stessi; e spesso manca anche la corda. Essi vans# 
gruppi chiaccherando ; vi sono dei ritardatari a grande distanza dl 
gruppo principale; a maggiore distanza poi vedesi un Malese con @ 
cappello sul classico fazzoletto che gli copre il capo, con una sciabola 
che tiene in mano pel fodero e che gli deve dare un gran fastidio. 5000 
i forzati col loro guardiano che vanno al lavoro o ne tornano. Rin 
mente ne fugge qualcuno, il quale però è tosto ripreso, grazie alla # 
niera colla quale gli Olandesi hanno regolato la polizia interna dl 
eampong (1), che ha sempre il suo capo (mandur) scelto dagli ind 








(1) Chiamasi campong un aggruppamento di case malesi sia in mezzo sì ™ 
città, come se ne trovano molti in Batavia, sia in aperta campagna. 


— 485 — , 
a stessi, il quale è responsabile davanti alla polizia dei delitti che 

o campong si commettono e deve denunziare qualunque cambia- 

to di persone avvenga in esso. 

Ed ora Le voglio dire qualche cosa sullo Stretto di Torres. Il 
ppo di Isole Prince of Wales è senza dubbio la chiave dello Stretto 
Torres, e gli Australiani parlano già di volerlo fortificare, cosa che 

presenterebbe, pare, nè difficoltà, nè grandi spese. 

i Dapprima, al tempo in cui d’Albertis visitò il N. del Queensland, 
bleoscafi si fermavano a Somerset, vicino al Capo York, come primo 
to dell'Australia. Ben presto si videro gli inconvenienti di tale scelta, 
chè quel porto protetto dai venti S.-E. per la grande barriera di sco- 
aghe avvolge tutto il N.-E. del Queensland, era esposto ai venti N.-O. 

sono appunto i più forti e apportatori di burrasche e bufere. Fu 

agen di traslocare la residenza del Government Resident for the Tor- 
ay Strats in un'isola dello stretto che presentasse sicuro asilo alle 
fam; la scelta cadde su Thursday Island e non poteva essere migliore. 
mam spazioso porto è al riparo da qualunque vento e le numerose 

me che lo formano, fra cui la più grande, Prince of Wales, lo ren- 

{$90 pittoresco al sommo. Dalla casa del Governo, dove io dimorava 
gentile invito del Residente, Hon. John Douglas, l'occhio si ricrea 
Una vista splendida, non superata che da quella di Napoli e di Co- 

fentinopoli, ambedue le quali però hanno il difetto di essere troppo 
matrali, mentre che questa è sobria, perchè fatta esclusivamente dalla 
atura e dalla forma e disposizione delle isole circostanti. 

Dal momento in cui i piroscafi incominciarono a toccare Thursday 
wand, questa principiò ad avere un periodo di accrescimento rimar- 
Revole. Ora essa possiede oltre agli stabilimenti pubblici (chiesa, posta, 

egrao, prigione, dogana, ecc ) due grandi magazzini (stores) assai ben 
ruiti, due alberghi, due doarding houses, e i missionarî del Sacro Cuore 
' Gest vi hanno stabilito il loro Sanitarium e costrutto una chiesetta. 
pausday Island è la principale stazione di piloti per lo Stretto di Tor- 
®s, la cui navigazione è difficile fra le difficili, causa il gran numero 
€ banchi di coralio, che ora sono a fior d’acqua, ora non si possono 
Sorgere neanche dal cangiamento di colore del mare, causa la loro 
Fvlondita, la quale però non è tanto grande da non danneggiare un 

Mento di grande portata, come sono tutti quelli che fanno il ca- 

ggio delle coste E. del Queensland. Gli Inglesi da pratici ed esperti 

i "tini non hanno obliato di porre dei segnali e dei fari, fra cui il più im- 
Portante è quello di Goode Island che indica la grande entrata del ca- 

‘RE navigabile 


















— 486 — 

Il clima di Thursday Island, come del resto quello di tatte 
isole dello stretto, è sanissimo, nè vi sono le febbri malariche che È 
festano la vicina Nuova Guinea. La temperatura varia di poco dura 
l’anno; la massima è 32°. 2 C., la minima 24° C.. Le stage 
sì possono ridurre a due: quella del monsone S.-E., nella quale 
otto mesi e mezzo dell'anno (dall'aprile a metà di dicembre) un fol 
vento fresco rende piacevole il soggiorno nell’ isola; e quella del n 
sone N.-O., caratterizzato da copiose e costanti pioggie e lampi con} 
volte forti bufere e temporali che abbassano sensibilmente la tempe 
tura, in questa stagione maggiormente elevata. 

La popolazione di tutte le isole dello stretto, secondo l’ultimo ct 
simento, si compone di 400 bianchi, 800 uomini di colore e 1 
aborigeni. È interessante e curiosa la lista delle nazionalità rappresest 
nello Stretto di Torres. Vi si trovano: Inglesi, Scozzesi, Irlandesi, 
deschi, Francesi, Italiani, Danesi, Norvegiani, Russi, Bengalesi, Indu 
Singalesi, Birmani, Brasiliani, Manillesi, Malesi, Cinesi, Giapponesi, & 
cani, Egiziani, Mauriziani, Canacchi, indigeni dell'Australia e abong 
È facile adunque immaginarsi la varietà di tipi che si incontra 
Thursday Island e l'effetto bizzarro che produce questa grande N 
scela. 

L'importanza di Thursday Island si può giudicare dal numero 
bastimenti entrati nel porto e dal loro tonnellaggio. Nel 1888 abbis 
il numero di 435 bastimenti, del complessivo tonnellaggio di tons 
late 430,464. 

Il principale commercio è somministrato dalla madreperla e & 
tripang (Oloturia). Il #rifarng è un echinoderma che, seccato, viene espot 
tato in Cina, ove è molto apprezzato come ghiottoneria. 

Ho assaggiato una volta la zuppa fatta con esso e l'ho trovaitgy: 
buona e di un sapore che ricorda quella fatta colla tartaruga. La 
pesca è facile e non dispendiosa, giacchè l'animale vive a poca pv 
fondità e col mare calmo lo si può prendere colle mani. Quella ddl; 
madreperla invece è più difficile e molto più dispendiosa, giacchè ei 
non si trova che a grande profondità, per cui occorre pescarla co N 
l'abito da palombaro che costa qui L. it. 190 circa e non dura che fi. 
tre soli mesi in questi mari pieni di scogli madreporici. Di più la P®° 
sona che scende nelle profondità marine si fa pagare molto bene; @ 
buon pescatore guadagna dalle 35 alle 45 sterline il mese (da L. it 8/5 
a L. 1,125). Per questa ragione gli Inglesi, o per dir meglio gli AF 
straliani del N. vanno nelle isole del Mar del Sud (Samoa, ecc), ad 
incettare gli indigeni per simile lavoro, cosa sì giustamente ed e 


— 487 — 
nente biasimata dal dott. Otto Finsch nel suo conosciutissimo 















‘ Ho saputo altresì che nel Queensland si sta studiando la maniera 
| &levare artificialmente la madreperla, come noi facciamo per le 


La industria della pesca della madreperla e del fripang è in con- 
diminuzione nello Stretto di Torres, e ciò perchè furono nel 1886 
dei banchi di corallo alla costa N.-O. dell'Australia, ove la 
icolta è più lucrosa per la grande abbondanza degli animali e perchè 
può continuarla per maggiore spazio di tempo. In queste regioni per 
} © g mesi dell'anno soffia il monsone S.-E., e il continente australiano 
da questo vento la costa N.-O. e permette perciò un periodo 
pesca più prolungato. Nello Stretto di Torres invece i bastimenti 
Memo a volte costretti dal cattivo tempo ad interrompere per più giorni 
f# loro lavoro, ciò che non avviene nella costa N.-O, d'Australia grazie 
Ma sua felice conformazione. Però quando soffia il monsone N.-O. 
dalla metà di dicembre a tutto marzo) le condizioni sono completa- 
‘mente cambiate. 
Basta dare un'occhiata alla statistica delle esportazioni dello Stretto 
di Torres per accertarsi del decadimento dell’ industria della pesca. Ecco 


/ un piccolo estratto del rapporto ufficiale annuale inviato al Governo di 
Brisbane: 


Madreperla esportata 1885 tonnellate 656 costo L. s. 86,900 
> 1886 > 572 > 70,602 

? 1887 » 454 circa > 49,441 

> 1888 > 430 » 45,238 

Tripang esportato 1885 tonnellate 874 costo L. s. 73,383 
> 1886 > 104 > 6,800 

> 1887 > 86 circa » 6,207 

» 1888 > III > 6,899 


È tempo ch’io continui il mio racconto per non dare troppo grandi 
proporzioni alla mia lettera. 

A Thursday Island ebbi pur troppo un'altra brutta nuova; quella 
che il servizio postale fra quell’isola e la Nuova Guinea non si faceva 
pù regolarmente da un piccolo piroscafo come avveniva tempo fa, e 
che non vi erano ora regolari comunicazioni. Dovetti noleggiare un 
piccolo cuffer e venirmene con quel celere mezzo sin qui. Raccontarle la 
traversata sarebbe troppo lungo e richiederebbe la penna d’un Zola; certo 
però che fu feconda di molti e svariati incidenti. Il cuffer era in tal 























— 488 — 

cattivo -stato che spesso nel virare di bordo si rompevano le dr 
della trinchettina e del fiocco e le persone che manovravano, ruzzola 
sul ponte. La maggiore occupazione del capitano, dopo quella di mt 
tare la guardia per scorgere dal colore del mare i punti pericolos, 
quella di cucire gli strappi delle vele e accomodare le sartie. Lo xq 
però essendo buono, abbiamo sopportato assai bene una piccola bi 
che ci sorprese fra l'Isola Yule e Redscar Head, la quale ci obblig 
prendere due mani di terzaroli, mentre tutto l'equipaggio era nel soni 
ed il timone legato. Quando dico equipaggio intendo il capitano e 
unico marinajo. 

Port Moresby, il cui nome viene sempre pronunziato quando 
parla della Nuova Guinea inglese, è uno splendido porto lungo 4 
largo 11 miglia marine, e possiede in fondo ad O. un bellissimo eg 
zioso seno, dagli Inglesi chiamato Fairfax Harbour, le cui acque 
fonde permetterebbero a piroscafi di qualunque pescaggio di ancor 
Per ora gli Inglesi si servono soltanto della prima parte del porto vidi 
alla imboccatura, la quale quantunque sia protetta dall'Isola Fisher | 
(ove gli indigeni vanno colle loro canoe a pescare) non è sempre cal 
ma è senza dubbio la parte più sana. 

Poche case sparpagliate su una vasta estensione di terreno dali 
ricovero ai pochissimi Inglesi che abitano qui e che sono impiega § 
vernativi o missionarî. 

La London Missionary Society ha qui la principale stazione di uit 
sionart per la Nuova Guinea; da questa dipendono tutte le altre & 
l'Isola, le quali sono quasi tutte occupate da feachers, reclutati pres 
gli indigeni delle Isole del Mare del Sud. Conto nei miei futuri vg 
nell'interno, di valermi della loro opera e influenza, giacchè il Rev. LA | 
G. Lawes della Missione di qui, mi si è già esibito d’ ajutarmi com 
meglio potra. 

Il Governo pure si mostra ben disposto verso di me, € conto a : 
approfittare di questo stato di cose per rendere più agevole il mò 
viaggio. 

Appena qui giunto, fu mia prima cura informarmi in quale parte 
della Nuova Guinea Inglese fosse per me più conveniente recarmi. Ba 
presto si delinearono quattro progetti. 

Il primo era quello di internarmi di qui, cominciando coll'and# 
al Fiume Laroki, come spesso ragionammo assieme a Genova. Abbas 
donai quasi subito questa idea, essendo questa la parte pit tranquil 
e di più facile accesso della Nuova Guinea e da diversi Europ! 
visitata. 


— 489 — 
i Molti, fra cui PHon. John Douglas, mi consigliarono la regione del 
Yule. Il yachf a vapore « Merrie England » che è a disposizione 
Governo, dovendo andare all'Isola Yule, approfittai della gentile 
fattami e mi vi recai con esso. Come è cambiata dal tempo in 
nostro D'Albertis l’ha visitata, standovi tanti mesi contro la vo- 
degli indigeni, compiendo a parer mio il suo più bel viaggio, 
ha palesato maggiormente le sue grandi qualità di viaggia- 
















I 
Ora i missionarî francesi del Sacro Cuore di Gesù che vi si sono 
iti fn dal 1° luglio 1885, sono, malgrado molte difficoltà incon- 
e, riesciti ad allargarsi nell'interno, ove hanno già una succursale 
Fiume S. Giuseppe da loro scoperto. Il S. Giuseppe fu da essi ri- 
per un certo tratto; si tratterebbe per quella via di internarsi 
ere la catena di montagne che prende il nome di Yule dalla 
} più alta punta. Ho preso delle informazioni dai missionarî; qualche 
fa sarebbe stata cosa possibile; ultimamente però diversi cercatori 
si sono molto mal condotti ed hanno reso gli indigeni sospettosi 
arto all’nomo bianco. Sempre così! Bisogna pur troppo confessare 
molto spesso è il commercio coll'uomo incivilito che rende il sel- 
Rgio sospettoso e crudele. Rinunziai per ora a questo progetto, salvo 
orlo forse in esecuzione in seguito. 
| l'Abministrator dott. William MacGregor fu di ritorno il 25 dello 
itso mese da un bel viaggio nell’ interno. Ho voluto aspettare qui il 
D ritorno per sapere se il Fiume Vanapa potesse essere da me scelto 
f recarmivi Ho dovuto abbandonare pure questa idea, giacchè ho 
fato che quegli indigeni non vogliono servire da portatori. 
| AWE. di Port Moresby vi è un gran fiume di nome Kemp Welch, 
€ prende origine dalla catena dei Monti Astrolabe; alcuni cacciatori 
80 andati là per raccogliere uccelli a scopo di lucro; nel luglio 1887 
sig. Hartman vi ha fatto un viaggio di 11 giorni; nessuno vi ha, 
Pio sappia, collezionati rettili, batraci, insetti, ecc., e neanco marsu- 
al così interessanti in queste regioni. Gli indigeni, mediante qualche 
tto di tabacco, servono volontieri da portatori. È là che ho deciso 
| andare, Domani con un cuffer che ho già noleggiato andrò a Capas 
“Me di li salirò alla Government Station di Rigr, distante solo 7 0 8 

etri dalla spiaggia. Farò di Rigr la mia stazione principale e di 
A sadrò nell interno. 

Della Nuova Guinea in genere e del suo commercio, del possibile 
e) svenire Le dirò se ho tempo con altra mia. Non voglio finire però 
tà inviarle un succinto racconto del viaggio che il sig. dott. W. 








MacGregor ha fatto nell’interno, nel quale è riescito a salire la 
mità della catena dei Monti Owen Stanley riconosciuta da lui 


essere alta 13,121 piedi inglesi, Altri prima di lui tentarono la 
impresa, 


Itinerario della Spedizione MacGregor. 


Forbes, internatosi da Port Moresby, si recò nella vallata del le 


— 491 — 
fti per indi andare al villaggio Ebe, ove imprudentemente abbandonò 
@ao campo con a guardia due isolani del Mare del Sud, per andare 
Peg altri due alla vetta dell’Owen Stanley. Non vi riuscì ed al suo 
feno trovò il suo campo saccheggiato dagli indigeni, come egli stesso 
iccontò nello Scottssh Geographical Magazine. Ho letto nel Nature 
lel 17 novembre 1887, a pag. 66, che il sig. E. H. Martin del 
meensiand riescì a raggiungere ancor lui la cima dell'Owen Stanley 

‘agosto 1887; qui però nessuno ha mai sentito a parlare di questo 

Martin e tutti pretendono esser il dott. W. MacGregor il primo che 
Ma riescito nell’ impresa. 
| Il dott. W. MacGregor organizzò la Spedizione portando seco, oltre 
a sio segretario S. N. Cameron, incaricato delle operazioni geode- 
che, cinque altri Europei, cinque isolani del Mare del Sud e trentaquattro 
‘Rapuani come portatori; in tutto 46 persone. Gli Europei e gli isolani 

Mare del Sud furono presi per potersi difendere validamente dagli 

i nel caso che questi li attaccassero; alcuni Europei poi erano 
icati di fare una raccolta ornitologica. 

Partito il 20 aprile col yacht « Merrie England » per il villaggio 
Manumanu alla foce dei Fiumi Laroki e Vanapa, rimontò il Vanapa 
fino alla Latitudine 9° 7’ e Long. app. 147° 13';.e il 27 del mese si 
fermò per inviare il sig. Cameron a Port Moresby a prendere i 34 Pa- 
puani, giacchè in tutta quella regione non aveva potuto persuadere gli 
indigeni a servigli da portatori. Fu obbligato ad aspettare per 20 giorni 
inattivi l'arrivo dei portatori da Port Moresby, giacchè il viaggio non 
Potevasi più continuare per via di fiume, principiando il Vanapa ad 
avere delle rapide che si convertono, come vedrà in seguito, in vere e 
Proprie cascate. Il dott. MacGregor il 17 maggio si rimetteva in cam- 
mino. A 793 p. (piedi inglesi) di altezza passa il Vanapa e sale le 
due catene di Monti Belford e Musgrave, raggiungendo nella prima 
l'altezza di 6,000 p., all'E. della seconda quella di 7,315 p. e all'O. 
quella di 8,930 p. Dalla catena di Musgrave si gode una bellissima 
vista non solo dell’ Owen Stanley, ma bensì tutta quella del sistema 

di monti fino più in là di Yule. Era adunque un posto adattissimo 
Wet le osservazioni geodetiche. Il sig. Cameron rimase per questo scopo 
l con due Europei e un isolano del Mare del Sud, e il dott. MacGregor 
continuò il viaggio con un Europeo, il sig. George Belford, tre isolani 
del Mare del Sud, Joe Fiji, Cesar e George Lefu e 5 portatori indigeni. 

fimanente degli uomini fu rimandato al mare, perchè non possedevano 
Provviste da bocca per un sì gran numero di persone. Fino a questo 
Pinto la strada fu abbastanza comoda, la montagna avendo un lento 


\ 






















— 492 — 
declivio. Da questo punto in poi essa diventa scoscesa al massimo gra 
Il Monte Knutsford (11,157) che fu salito e il Monte Griffith (12,0 
furono riscontrati scoscesi. Quando il dott. MacGregor, ripassani 
2,790 p. di altezza il Vanapa, trovò che le sue acque erano molto diff 
nuite, ne arguì che il fiume in altro punto si doveva biforcare ed 2 
un altro braccio molto più importante all'O. dei Monti Griffith e I 
sford. Dai 3,790 p. di altezza dovette risalire fino a 10,130 p. € 
incontrò nuovamente il Vanapa per l’ultima volta e passando pel Wi 
Height (11,882), pel Monte Douglas (11,796) e pel Dickson Pass (10,8! 
giunse l’ri giugno alla più alta vetta della catena che chiamò Mc 
Vittoria (13,121). L'ultimo campo fu da lui fatto il 10 giugno a 12,45 
p. di altitudine. 

La cima del Monte Vittoria si compone di due punte egualme 
alte, la cui’ immaginaria linea di intersezione ha una direzione 
S.-E. a N.:0.. Le due cime sono distanti in linea retta poco § 
d'un miglio geografico, e fra l'una e l'altra vi è un repentino sf 
lamento con molti picchi, tutti ripidissimi, come del resto lo 
anche le due punte maggiormente elevate. Veduto dal mare, il Me 
Vittoria appare alla cima come un grande altopiano leggermente om 
lato. Ambedue le punte furono salite dal dott. W. MacGregor. Na 
ralmente furono scoperte nuove montagne dal versante N. dell’ 
Stanley, alle quali furono posti i seguenti nomi: Albert Edward (12,50% 
Scratchley (12,250), Gillies (8,000), Parkes (8,000). Ciò che sorpre 
è l’asserzione, che dal versante S. non si diparte che un solo fume 
Vanapa. 

Il colpo d'occhio che si gode dal Monte Vittoria deve essere I 
ponente, giacchè oltre a vedere i due mari, dalla parte N., l'occhio | 
scorgere 20 miglia più in là che dalla parte S. e ciò suppongo perchè ‘ 
quella parte la montagna deve essere molto meno ripida. 

Il 28 giugno il dott. W. MacGregor si ricongiungeva ‘col suo 
gretario e il 27 mattina giungeva a Porto Moresby. La distanza P° 
corsa fu di 35 miglia per fiume e 63 per terra; in tutto 98 miglit 

Basta gettare un'occhiata allo schizzo che le unisco per acct 
del gran numero di cascate che devono esistere nel Vauapa. Da 793 È 
di altezza (primo passaggio del fiume) si sale, dopo poco tratto ® 
terreno, a 2,790 p., per raggiungere poi l'altezza di 10,130 p. Si 0 
prende facilmente come si sia preferita la via di terra a quella d 
fiume. 

La vegetazione è tropicale in tutta la sua bellezza nelle vallate 
fino a circa 8,000 p., non già dove la montagna è scoscesa. Al disopr 





— 493. — 

\si. impoverisce ;. il vero e proprio albero cessa di vivere a circa 
feo p., per dar luogo ad arboscelli non più alti di un mezzo metro; 

parte del Monte Vittoria è quasi nuda di arbusti; vi trovò le 

ite, i ranuncoli, delle eriche ed altre erbe appartenenti a ge- 
europei. Nella Catena Musgrave la vegetazione è florida, ma non vi 
pgrandi alberi; essi misurano solo 7 metri d'altezza e 0,50 di diame-. 
} sempre perd ricoperti di muschi. 
| La fauna si è addimostrata molto ricca, riscontrando animali fino 
ret del Monte Vittoria; le paradisee poi si trovano fino a 9,000 
È 
Il dott. W. MacGregor trovò che dai 4,000 agli 8,000 p. il giorno 
| soffocante dal caldo e le notti fresche, e vi trovò molta e densa 
ta. Al disopra degli 8000 p. il clima era fresco ed asciutto, « one 


fnest in the world ». Sul Monte Vittoria riscontrò ghiacciuoli 







I villaggi sono composti di poche case, e gli indigeni non sono nu- 
i in quella regione; furono però trovati di buona indole, come 
accade, quando essi non banno ancora avuto contatto col bianco. 
si rifiutano di servire da portatori, anco per un piccolo tratto di 
e, come nelle altre parti della Nuova Guinea, credono che le cime 
Re alte montagne siano fatate ed abitate dagli spiriti. 

| Non furono fatte molte collezioni, nè poteva essere altrimenti, 
ate il breve tempo che è durata la spedizione. Il viaggio aveva uno, 
ppo di sola ricognizione e di osservare se non vi fosse qualche ve- 
gio di sedimenti d'oro. Nulla di simile fu riscontrato. Però il dot- 
MacGregor, da uomo istruitissimo quale egli è, ha trovato il tempo 
| portare qualche minerale e fare una piccola raccolta d’uccelli. Quello 
i che mi pare sia stato fatto con molta cura è la carta del paese 
della via percorsa. Ho potuto esaminare gli istrumenti geodetici, fra 
î un bel teodolite, e mi sono convinto che un buon osservatore, quale 
} dicono sia il sig. N. Cameron, può fare una carta molto approssi- 
Ma all'esattezza matematica. 

Io schizzo che troverà qui accluso l’ho fatto colla scorta di dati 
fatilmente offertimi dal sig. Cameron; non ne garantisco l'esattezza, 
Wndolo fatto senza scala di paragone e in pochissimo tempo; giacchè 
L dott MacGregor è rimasto a Port Moresby solo pochi giorni e ne è 
babe stamane. Serve però per darle un'idea delle contrade e del 


Prima di chiudere questa mia, mi permetta di ringraziare nuova- 
mente Beccari, Gestro, Fea e Lei per gli ottimi consigli datimi, di cui 
6 


| — 494 — 
fin d'ora posso apprezzare la giustezza. Ascrivo a mia gran vent 
l'aver potuto incontrarmi a Pulo Pinang coll'amico Fea ed avere pot 
fare qualche escursione con lui. La lunga esperienza sua dei paesi 
picali e la non comune sua istruzione furono fecondi di utili am 
stramenti per -me. 










affimo 


LAMBERTO LORIA. 


F. — STUDÎ PER LA RACCOLTA COLOMBIANA. 


8) Cenni sul procedimento dei lavori della Commissione, 
del segretario della Giunta Centrale G. MALVANO. 


Dalla data dell’ ultima recensione in poi (1) la Giunta Centrale dii 
Commissione Colombiana tenne quattro sedute: nei giorni 29 genn 
Ig e 25 febbrajo, e 5 maggio. 

Si è pure adunata, in sessione plenaria, |’ intera Commissione, est 
rendo, nelle tornate del 30 gennajo, del 1° e del 2 febbrajo, il pre 
gramma che la Giunta Centrale le aveva apprestato nella predetta sedulg 
del 29 gennajo. 

Nella recente sua sessione plenaria, dopo reciproche comunicaa 
tra.i vart Commissarî circa lo stato dei lavori rispettivi, e circa 1 @ 
derata d’ ogni singolo collaboratore, la Commissione ha definitivames 
approvato un preciso e particolareggiato Organico della Raccolta Colom 
biana. 

L' Organico deliberato dalla Commissione è stato comunicato a 
collaboratori con lettera circolare dell’ 8 febbrajo, nella quale sono 
contenute altresì istruzioni più minute sopra alcuni punti particolari! 
Risposte speciali furono simultaneamente date a taluni particolari quesiti. 

Nella seduta del 2 febbrajo, la Commissione Generale ha, con voto 
"unanime, eletto il Vice-Presidente Belgrano a Commissario speciale pet. 
la edizione della Raccolta, acciocché, in nome della Commissione, e & 
vestito dei massimi poteri, curi quanto si attiene alla pubblicazione, st 
di fronte ai compilatori, sia di fronte alle officine a cui sia affidato i 
lavoro di stampa e di riproduzione eliotipica. 


(1) Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, pag. 1036. 


— 495 — 
Il Vice-Presidente Belgrano ha designato come suo assistente, in 
ufficio, il dott. Cesare De Lollis, segretario dell’ Istituto Storico, 
pilo stesso che già sostenne, per la Commissione, in Ispagna l’incarico 
ai fa parlato in precedenti recensioni nostre. 
Per le riproduzioni eliotipiche è stato firmato, nel 27 marzo, il 
pintratto con lo Stabilimento diretto dall'ingegnere Augusto Martelli, 
Roma. 
y Gli schemi di contratto per la stampa sono già da qualche tempo 
Best e se ne attende |’ approvazione ministeriale. 


Nuovi collaboratori si sono aggregati, a sussidio della Reale Com- 


_0_a 










Al prof. Marinelli ed al march. Amat di S. Filippo, che, in unione 
Commissario prof. De Luca, si stanno occupando della parte carto- 
si è associato il prof. Vittore Bellio, dell’ Università di Pavia. 
Il march. Amat di S. Filippo ha accettato di compilare la Bidiio- 
ilaliana sulla scoperta dell! America, opportuno complemento della 
afa universale su Cristoforo Colombo, che il Commissario Harrisse 
apprestando. 
ll dott. Umberto Rossi, Conservatore del Museo Nazionale di Fi- 
» tratterà, in apposita Monografia, delle Medaglie che, nei varî 
Mpi € nei var? luoghi, sono state coniate in onore di Colombo ed a 
della sua intrapresa. 
D'altra consimile Monografia, circa i supposti ritratti di Cristoforo 
mbo, si è incaricato il dott. Achille Neri, Direttore della Biblio- 
Civica di Genova. 
i. Infine, il Padre Timoteo Bertelli aggiungerà allo studio del Commis- 
dario D' Albertis, sulla nautica nel tempo colombiano, una particolare 
, Monografia sulla declinazione magnetica e sul profitto che e già ne seppe 
Yare il navigatore genovese. 
"Le Monografie del Salvagnini (I pirati Colombo), del Rossi (Me- 
daglie colombiane) e del Neri (Ritratti colombiani) figureranno nella 
Porte seconda della Raccolta. 


. Le ricerche negli Archivi di Savona sono giunte a termine. Il 
‘ &ignor Varaldo ne ha dato notizia con lettere del 9 giugno 1889 e del 
40 gennajo 1890. | 
La lettera 9 giugno 1889 si riferisce al terzo periodo di codeste 
ricerche, Del primo e del secondo periodo già furono pubblicate le 
razioni (1). 


(1) Vedi BOLLETTINO, geanajo e febbrajo 18809, pag. 54 e 124 


— 496 — 

Eseguite nel mese di aprile, le ricerche del terzo periodo ebbera; 
per oggetto lo spoglio parziale de’ rogiti di Giovanni Galli, Federie 
Castro Delfino, Pietro Corsaro, Ansaldo Basso, Bartolomeo Odino, F 
cesco Guglielmi, Simone Cappello, oltre una filza di notai incogni@i 
del 1474; e diedero al sig. Varaldo (com’egli si esprime) « la soddij 
sfazione di rimetter gli studiosi nel possesso di tutti i documenti cok 
biani già pubblicati, mercé il ritrovamento di quello del 7 agosto 147§ 
pel ministero di Pietro Corsaro, e dell'altro del 30 marzo 1515 nella 
filze di Simone Cappello ». 

Un altro risultato ottenuto dalle proprie indagini segnalava pu 
il Varaldo, cioè le notizie, da lui raccolte in buon numero di schede, 
« di parecchie famiglie che si dispiccano dalla riviera orientale e ves 
gono a Savona per esercitarvi, nelle sue varie applicazioni, 1’ industas 
della lana ». Nel fatto di questa emigrazione il sig. Varaldo vorreboe 
trovare la ragione per la quale la famiglia Colombo sz spostò via ™; 
ed ebbe sede in Savona. Del resto, come esso osserva, « favorivano 
emigrazione i trattati commerciali che, appunto in quei paesi deli 
riviera orientale, aveva stretto da antico tempo e manteneva in pics 
vigore il Comune savonese >. 

Infine le stesse ricerche del terzo periodo fruttarono buona méstt 
di documenti su Leone Pancaldo. Riguardano la vita privata di lm, 
innanzi che, sotto la guida di Magellano, si accingesse a guadagnar le 
Molucche alla Spagna. 

Con la relazione del 10 gennajo 1890, il sig. Varaldo riferise 
sul proseguimento e la fine delle indagini su Cristoforo Colombo e & 
sua famiglia, nell’ antico Archivio notarile di Savona. Attenendosi 
alle istruzioni concordate fra la Giunta Centrale e la Sotto-Commissione 
Ligure, egli esaminò gli atti del periodo colombiano-savonese propria: 
mente detto, che va dal 1460 al 1520, appena saggiati nelle pret 
denti ricerche; e ciò « allo scopo di meglio illustrare, e il soggiorno 
a Savona di Domenico Colombo, e i commerci che Cristoforo vi eseratà 
col padre, e l’ esercizio professionale che ebbero, pure a Savona, Giacomo 
e Bartolomeo Colombo..... Ma |’ Archivio savonese, esplorato con paziente 
amore in tutti i suoi notai, non arrise alle speranze ». Nondimeno, ¢ * 
il risultato negativo può dolere, e duole, vi ha però il compenso di 
avere ormai chiuso il campo ai desideri degli studiosi, che si limi 
ranno quind’ innanzi ad usufruire il materiale raccolto, quanto meglò 
riuscirà loro ». — Anche un altro risultato egualmente negativo, ma del 
pari sicuro, diedero le ricerche del sig. Varaldo intorno a Giovani 
Caboto. « La Commissione Colombiana (egli scrive) non m' ebbe PY 












| 
| 


— 497 — 
ventura commesso di illustrare il Caboto; ma viene da sè che i rogiti 
patarili, scorrendoli, porgono conforto di notizie e sciolgono altri pro- 
i Ora su Giovanni Caboto dovrà la critica quasi interamente 
tarsi al risultato cui, per rispetto alla quistione della patria, 
pervenuti il D’ Avezac prima di tutti, poi il Desimoni e infine 
Harrisse >. 
Le indagini di questo quarto periodo, cominciate il 9 luglio, termi- 
br il 12 novembre p. p.. 
Alla sua relazione il sig. Varaldo ha unito l'elenco dci notai e 
fize da lui studiate; e risultarono 28 notai e 238 filze. 










Sul quesito se il Colombo abbia chiesto ajuto alla Repubblica di 
enezia, per l’ ardita sua impresa, il Commissario Berchet ha ripetuto, 
fascicolo 1° marzo della Nuova Antologia, \ appello cui brevemente’ 
si accennava in questo BoLLETTINO (anno 1889, pp. 286 e 640). 
L'articolo della Nuova Antologia contiene dati e considerazioni 
enti, che possono giovare alle ulteriori ricerche, e che pertanto si 
opportuno di qui riassumere. 
L'importanza di chiarire definitivamente il fatto si manifesta, non 
solo per la storia di quel processo intellettivo per il quale Colombo fu 
-@mdctto alla sua impresa, ma per risolvere anche la questione sul 
 nogo dove egli abitava prima di andare in Portogallo, e sull’ epoca 
precisa in cui concepì il suo progetto; e per colmare altresì una la- 
apa che si incontra nella sua biografia, dal 7 agosto 1473, in cui 
‘figura a Savona, fino al 5 maggio 1487, in cui ricevette una prima 
‘&ratificazione dai reali di Spagna, come accennava il Commissario Har- 


time nella sua lettera diretta al nostro Ministro della Pubblica Istru- 
zione, 


Il Commissario Berchet espone dapprima, nel suo articolo, quali 
fonti storiche farebbero credere che una domanda alla Repubblica di 
Venezia sia stata presentata, ma, analizzandole minutamente, viene poi 
alla conclusione che non possono offrire fondamento di seria importanza. 

Lo stesso Colombo scriveva di essersi indarno rivolto al Portogallo, 
alla Francia ed all’ Inghilterra, con cid escludendo di aver chiesto ajuti 
™ Italia. Sebbene il Ramusio ed altri autori genovesi potessero far 
Credere che almeno a Genova avesse ricorso, le più minute ricerche 
fate dai Commissari Staglieno, Desimoni e Belgrano negli Archivî di 
Gemona diedero, invece, esito negativo. Eguale esito ebbero del pari le 
Infinite ricerche praticate dal Berchet a Venezia. Vennero compulsate 

28 cronache inedite del tempo, i codici delle biblioteche, i docu- 


— 498 — 
menti degli archivî, atti del Senato, commemoriali, avvisi, ecc., atti def 
Consiglio dei Dieci, rotatorie, ricordi, suppliche, misti; i dispacci de 
Ambasciatori e dei Consoli veneti alla Signoria, le lettere e relazioni 
di mercanti dell’ epoca; le carte venete del Foscarini a Vienna e dé 
cardinale Zurla a Roma: tutto senza trovare un accenno qualsiasi alls 
asserita domanda. 

Vi fu, parecchi anni or sono, un momento in cui si potè credere 
che, se non la domanda a Venezia, almeno un ricordo se ne fossf 
rinvenuto, ma il Commissario Berchet, con critica severa e stringenti 
dimostrò falso il documento che ne era stato prodotto. 

Il Berchet si propone, poi, il quesito : « se il Colombo potesse ave 
presentato richiesta di ajuti alla Signoria di Venezia, e come la domandk 
sarebbe stata accolta ». Egli dimostra quasi impossibile la domanda, & 
altrettanto impossibile l’ accoglimento, con una serie di considerazioni 
e fra le altre queste: che Venezia non aveva interesse nelle navigazioi | 
transoceaniche, nè credeva alla loro importanza, tutta concentrano k 
‘gua attenzione sul giro dell’ Africa, e che, precisamente in quel temp, 
il nome di Colombo suonava assai ostile alla Repubblica, in causa dd 
famoso corsaro di egual nome, bandito capitalmente. 

Dopo tutto, per quanto sia da tenersi per fermo, allo stato attule 
degli studî, che il Colombo non abbia mai richiesto di ajuto la Signora 
di Venezia, è ancora necessario, per l'importanza del fatto e per l'ante 
rità del Marin, che nella Storia del Commercio dei Venessani, lo asse 
per la prima volta sulla fede del cavaliere Francesco Pesaro (1), di ma 
desistere dalle ricerche. Il nostro collega rivolge alla Giunta Centrale 
un appello, che questa ripete, come proprio, a quante Biblioteche 
Archivî pubblici e privati, italiani e stranieri, raccolsero gli infiniti att 
usciti e dispersi dalle loro sedi naturali, per tentare un’ ultima pron, 
e vedere se si trovi il memoriale di Colombo, o qualche documes 
che ne faccia cenno. Sarebbe veramente indegno dei nostri tempi mat 
tenere, per deliberato pioposito, o per trascuratezza, il dubbio intorno 4 
un fatto che si collega coll’avvenimento più grande che la Storia delli 
Geografia ci ricordi. 






Nuova e ben dolorosa perdita ha da deplorare la Reale Commit 
sione. 

Nel 3 febbrajo 1890 moriva a Parma il prof. Amadio Ronchis, 
sovrintendente degli Archivî emiliani. Dell’ illustre Ronchini si han 


(1) Vedi BOLLETTINO, agosto, 1889, pag. 286. 


— 499 — 
pere pregevolissime, aventi con gli studi colombiani diretta attinenza ; 
Ila collaborazione sua grandi speranze riponevansi, che la morte ha 
hacato. 7 
WE. 
D'altro nostro collaboratore spegnevasi pure testé |’ esistenza. 
| Nel 14 marzo 1890 spirava, in Venezia, il cav. Enrico Salvagnini, 
letterato e cultore delle storiche discipline, il quale aveva accettato 
in base a documenti nuovamente scoperti, il tema relativo ai 
peti Colombo. L' amarezza della immatura perdita è attenuata dalla 


offerta del figlio suo, prof. Alberto Salvagnini, di continuare, 
pro’ della Reale Commissione, il lavoro intrapreso dal compianto suo 


wT We=- 







| 
| 


III. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


SOCIETÀ LIGUSTICA DI SCIENZE NATURALI E GEOGRAFICHE. — @ 
questo nome fu fondato ultimamente in Genova un nuovo sodalii 
che ha per suo principale fine di promuovere gli studi da cui s'i 
tola. Questa Società, oramai definitivamente costituita, pubbliche@ 
suoi atti in fascicoli trimestrali. La sua sede provvisoria è pressa; 
Museo Geologico della R. Università di Genova. 

GEOGRAFIA ANTROPOLOGICO-POLITICA. — Con questo titolo sì { 
blica in Genova dal Pellas un Compendio di studi del prof. i 
Buffa. Nel passato anno 1889 ne era già uscita una prima puntata {i 
La seconda, venuta ora in luce, contiene una ricca serie di notizie € # 
osservazioni intorno alla Etnografia ed alla Sociologia, in relazione sati 
pre con il fine principale dell’opera stessa. Una terza puntata compel 
il 1° volume. Già da questa notizia apparisce la vastità e novità @ 
lavoro, sul quale sarà da ritornare più maturamente in seguito. 

« ITALIAN EXPLORERS IN AFRICA 3. — Un periodico di Lom 
molto letto « Zhe leisure hour » andò illustrando da parecchio tempo, sil 
il titolo qui sopra riportato, la benemerenza dei nostri esploratori africagi 
Ne spetta il merito ad una gentile signora di Roma, Sofia Bompiani, ¢ 
n'è l'autrice. Nel 1888 aveva già pubblicati elegantissimi ed esatti ba 
zetti del Miani, del Piaggia, di R. Gessi, Matteucci, Antinori, Chiari 
Cecchi, Antonelli, Traversi, Bianchi, Salimbeni, Cocastelli, Piano, 5 
voiroux, P. di Brazzà. Ora un’altra volta ricorda quest'ultimo, e a 
del cap. Casati, del card. Massaja, del Weitzecker, di A. Pecile, dG 
di Brazzà, e, più di recente, ancora di questo, e poi del conte Anto 
nelli, trattando delle vicende politiche di Abissinia in questi ultins 
tempi. Gli scritti della signora Bompiani recano anche i ritratti degl 
esploratori da lei ricordati. 

UN ITALIANO PREMIATO DALLA SOCIETÀ GEOGRAFICA DI LONDRA. — 
Nella sua seduta del 14 aprile p. p. la Società geografica di Londra 
conferiva il premio Murchison al nostro concittadino Vittorio Sella, £ 
glio dell’ illustre statista, per i risultati ottenuti dal suo viaggio al Cat- 
caso (2), e ciò in considerazione del progresso che per essi fect la 





(1) Vedi BOLLETTINO, agosto 1889, Bibliografia: Geografia Generale, pag: 695: 
(2) Vedi BOLLETTINO, afrile 1889, pag. 396. 


] 


moscenza di quella grande catena montuosa, massime per mezzo delle 
plte fotografie panoramiche, fatte dal valente alpinista nella zona su- 
poor: al limite delle nevi. (afure di Londra, n. 1068, 1890). 
IL VIAGGIATORE GruLio BorELLI, membro corrispondente della no- 
fra Società, fu premiato dalla Società geografica di Parigi con la me- 
i: d'oro per il suo viaggio pel paese dei Galla, di cui si è già ri- 
nte occupato il nostro BoLLETTINO (1). Egli sta ora per pub- 
due opere sulle sue esplorazioni: l'una conterrà la narrazione del 
to e la descrizione generale dei paesi visitati, e ne faranno parte 
100 incisioni di tipi, paesaggi, schizzi, condotti sulle fotografie 
su luoghi dall’autore, una carta geografica speciale in 6 fogli ed 
carta generale. La seconda conterrà la illustrazione strettamente 
hfica. Ambedue saranno certamente importanti in ispecialità per 
1 galla meridionali, poco o.nulla conosciuti finora. 
Stupì PRATICI DI GeoGRAFIA. — La Scuola di Geologia di Londra 
n Geological Field Class) che sta sotto la direzione del prof. H. 
Seeley, ha deliberato di dedicare una parte delle sue escursioni scien- 
agli stud? pratici della Geografia sul terreno. (Vature di Londra, 
1066, 1890). 
CONGRESSO DEI NATURALISTI E GEOGRAFI RUSSI. — Nel p. p. gen- 
jo 1890, ebbe luogo a Pietroburgo un Congresso di naturalisti e geo- 
‘della Russia. Fra gli argomenti in esso trattati ricordiamo i se- 
ti: « Le oscillazioni di livello e la temperatura delle acque del 
Nero », su relazione del prof. Clossovski; « Risultati delle ricer- 
eae etnografiche nel bacino del Petciora », di Istomine; « Geografia 
' delle piante » di Agghemco; e sull’« Ingrandimento del delta del Neva », 
| di M. Venucov (Soc. Geog. di Berlino, Verhandlungen, n. 3, 1890). 
Lt PROFONDITÀ DELL'ATLANTICO. — Gli scandagli eseguiti dalla 
ve « Minia » alla fine del passato anno 1889 nelle latitudini 47° 
'§2" - 47° oy’ 17” N. e nelle longitudini 30° 11’ 55”- 30° 56’ 15” O. 
reen., diedero risultati importanti per la profondità di quelle acque. La 
ima di queste raggiunse m. 3,122, la massima m. 3,798. In ge- 
nerale il fondo toccato è costituito di limo; soltanto in alcune profondità 
. timori si toccò qualche roccia, e precisamente fra 47° 53’ 7” - 47° 54 
“lat N. e 30° 32’ 10” - 30° 33’ 18” ong. O. Greenwich. — La profondità 
pa dello stesso oceano a 160 km. O. dal Capo Mirik della costa 
africana, fu trovata di appena m. 102, a 18° 56’ lat. N., 18° 15° long. 
0. Greenwich, mentre poco lungi di là, circa a 27 km. gli scandagli 
tmmersì in tre direzioni diverse, diedero circa m. 2,840. (Wot. to Mar. 
2. 4, 14, 1890). 
NecroLocra. — K/utschak E. V., viaggiatore polare, compagno 
allo Schwatka nella Spedizione alla ricerca di Franklin (1878-1880) 
Monva a Nuova York il 26 marzo 1890, nell'età di 42 anni. (Deut. 
chau f. Geog. u. Stat., n. 8, 1890). 











(1) Vedi BOLLETTINO, genmajo, maggio, giugno e luglio 1888, pag. 27, 41, 382, 
501, 549. , 


— 502 — 


B. — EUROPA. 














LA CARTA IDROGRAFICA DEL REGNO D'ITALIA, che si vien pak 
cando dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, è ga 
rivata al suo 106° foglio. Fino ad ora è venuta in luce quasi tutta 
parte riguardante l'Italia settentrionale, e si sono pubblicati pure pi 
recchi fogli dell’Italia centrale e meridionale continentale. Queste ulti 
due parti saranno probabilmente completate entro il corrente seme 
La stampa delle relazioni e degli elenchi che formano il necessiti 
corredo di queste carte, procede pure regolarmente. Fu finora put 
cato un volume comprendente le provincie di Parma, Piacenza, Reggio sil 
l'Emilia, Modena, Ferrara, Bologna, Ravenna e Forlì; lo saranno tra bre 
il volume relativo alle provincie della regione meridionale medite 
ed un altro contenente un’importante monografia sull’ irrigazione W 
Piemonte e della Lombardia. 

TERREMOTI IN ITALIA. — Come leggiamo nel Bodletiino Met 
dell'Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica in Roma, in ¢ 
due ultimi mesi di marzo ed aprile molte e in varî luoghi di 
furono le scosse terrestri, alcune delle quali d'una certa intensità è 
qualche danno, altre accompagnate da diversi fenomeni, anche d'ind 
meteorica. Le regioni attraversate dal terremoto furono sopra tutte 
Calabria, le Marche, la Toscana e nell’ Italia settentrionale la Vened 
particolarmente il Bellunese, dove si rinnovò quà e là più volte la 
Auronzo, il 26 marzo, si intese una scossa ondulatoria assai forte, pt 
la durata straordinaria di due minuti, alle ore 9 m. 20, con dit 
zione S-N.. A Longarone, il 26-aprile, il terremoto avvenne ripetuti 
mente fra le ore 9 m. 10 s. 45, p.e le ore 9 m. 15, p., tutte due 
volte con scosse prima ondulatorie poi sussultorie. La seconda, ¢ 
durò circa g secondi, fu una « tremenda scossa » diretta «la E. ad 
e accompagnata da forte rombo, intorbidò per molte ore le acque dd 
fontane, e produsse guasti ai muri di parecchie case. (Bol/. Ma, 
plemento IV, 10 aprile 1890). 

UNA VIOLENTA ERUZIONE DI VULCANO avvenne il giorno 15 @ 
marzo p. p.. Incominciò alle ore ro m. 20 ant., lanciando pietrt ¢ 
bombe a grandissima altezza, accompagnata da rombo fortissimo. 
più violenta, addirittura spaventosa, si fece l'eruzione verso sera; 
ore 9 m. 15 pom. con rombi e rumori prolungati il cratere fu ti 
in fiamme per alcuni minuti; e pietre incandescenti a migliaja t* 
vano in aria, cadendo poi frantumate nelle acque del mare circostani? 
e fino alla vicina Isola di Lipari. Superfluo il notare che il fenomen 
fu accompagnato da continue agitazioni telluriche. Le eruzioni vi of 
tinuavano fortissime ancora il giorno 18 dello stesso mese. (Uffic, Cent 
Meteor. Bollettino, Supp. IV, 1890). , 

CARTA GEOLOGICA GENERALE DELLE ALPI. —— La Casa Hoelx! di 
Vienna ha recentemente pubblicata una Carta Geologica delle Alpi, di 1 
è autore il prof. dott. F. Noé. Discepolo valentissimo dell’ illustre St 
il Noé ha in qualche modo compiuta l’opera del suo maestro, elaboranto 


ta carta, cui va unito molto opportunamente un opuscolo dichia- 
ro, ricco di notizie scientifiche. In questa carta, sulle basi topogra- 
be date dal V. v. Haardt, trovansi esposti i risultati ottenuti dalle 
me più attendibili ricerche geologiche. È un lavoro raccomandabile 
E stadiosi ed alle scuole di geologia, agli insegnanti ed ai cultori in 
we della Geografia fisica. 

IL GRAN PONTE SUL FoRTH. — Il giorno 4 marzo p. p. s'inaugu- 
È sull'estuario del Forth (Firth of Forth) in Scozia, presso Kincar- 
, una delle più colossali opere di comunicazione esistenti. È un 
fee in acciajo, della lunghezza di km. 2,5, dell’altezza massima di 
Mito, e le cui pile centrali sono distanti l'una dall'altra m. 521,6. 
o fa costruito per la diretta comunicazione di Londra con la Scozia 
mtrionale,-e costò più di 50 milioni di lire. (Deut. Rund. f. Geog. 
iSta., n. 7, 1890). 

IL COMMERCIO ESTERNO GENERALE DELL'INGHILTERRA fu calcolato 
gir l'anno 1889 in 18 miliardi e mezzo di lire nostre, comprendendovi 
mmMportazione, l’ esportazione e riesportazione. Di tale somma lire 
b miliardi 675 milioni rappresentano il valore della importazione, lire 
miliardi 875 milioni l'esportazione, e lire 1 miliardo 625 milioni la 
sportazione. Confrontando questo movimento commerciale inglese 
A 1889 con quello dello stesso Stato nel 1888, si nota in questo 
Greve tempo un aumento di circa 1 miliardo 375 milioni di lire. (Ze 
Me. Giog., n. 6, 1890). 














C. — ASIA. 


_ Au USCITA DEL Mar Rosso, nel Bab-el-Mandeb, verso la costa 
‘&atica, fu riconosciuta |’ esistenza di uno scoglio sottomarino. Esso si 
ttova nella posizione di 12° so’ 35” lat. N. e 43° 24’ 35” long. E. 
Greenwich, cioè circa 12 km. S. del Promontorio Zi. S' allunga quasi 
‘1,200 metri da N.-O. a S.-E. ed ha una profondità massima di m. 5 112 
verso N. (Not. to Mar., n. 15, 1880). 
_ Travancore ED 1 Canicara. — Il sig. G. Cadell, ufficiale inglese del 
mento forestale indiano, avendo visitato in questi ultimi tempi 
regno indiano di Travancore, ne fece una larga relazione, che in gran 
ite contiene notizie importanti su quel paese e quegli abitanti. Il regno 
di Travancore è uno dei più piccoli Stati, che ancora si governano 
con leggi nazionali nell’ India britannica. La sua superficie è di km. 
4 17,430; la sua popolazione, ab. 2,311,279: cifre insignificanti, dice 
i Cadell, al confronto di tutto 1’ Impero indo-britannico, che si estende 
M. q. 3,569,000 e contiene 254 milioni di sudditi. Questo Stato in- 
, uno dei piùleali e devoti all'Inghilterra, è anche uno dei meglio 
Bovernati. Gli abitanti di Travancore sono di diversa nazione e reli- 
Mione. Oltre la metà però sono Indu: il Cadell giunse a contarvi fino 
è 49 delle 420 caste, che costituiscono ancora oggidi quella nazione; 
* nessina di quelle che ivi esistono conta meno di mille membri. Più 
tt quinto della popolazione indiana professa il cristianesimo ; e sono 
© anglicani, o cattolici, o siriaci. Appena un decimo degli abitanti di 





















questo Stato professa |’ islamismo, Le caste dominanti sono però set 
le bramine, cinque o, secondo alcune autorevoli testimonianze, 
Di poca importanza numerica, esse spadroneggiano per il grande c 
che godono presso il maharajah S. A. Rama Varmà. In generala 
popolazione è poco civilizzata, anzi quella delle jwne/ occupa uno 
gradini più bassi dell’ umana società. I Canicara delle jungle vi 
raggruppati nelle loro capanne, senza una vera distribuzione per farsi 
come è nel resto del regno. A Trivandrum ed in altri centri è te 
bensì in maggior conto la famiglia, ma con usi strani, come quello § 
resto non nuovo affatto) che il Canicara deve avere maggior cura 
figli delle sorelle che non dei proprî. Quelli delle sung/e sono di 
statura; vestono miseramente e appena per coprirsi. Conoscono 1 
mente |’ agricoltura primitiva. Usano archi e freccie per- armi, beac 
conoscano ed alcuni posseggano vecchi fucili. Hanno sentimento + 
gioso: adorano una specie di demoni, più che dèi, cui fanno offert@ 
meglio pagano certe imposte. Evitano il contatto con lo straniero, 
vi si lasciano trascinare dalla lusinga di ottenere polvere esplode 
— I Canicara selvaggi abitano, la massima parte, in quel tratto € 
Gat meridionali, che si estende a circa 32 km. a N. del Capo 6 
morin, presso allo spartiacque, che ivi segna il confine fra i tem 
britannici e il regno di Travancore. Il suolo di questo Stato é§ 
parte costituito da pianure erbose, ma soggette alle febbri, in perte 
alture non molto considerevoli e però molto adatte per posizione € j 
fertilità naturale alla coltivazione. Difatti molti coloni agricoli inglesi 
vi tentarono la piantagione del caffè, che riusciva già eccellente, quando: 
il fungo Hemeleja vastatrix guastò irrimediabilmente ogni cosa. Inve 
resiste e prospera bene il thè, favorito dall’ umidità discreta, 
dai monsoni. Ricche poi sono ancora le foreste del cardamomo saw 
tico, del bambù, del pegù, dell’ ebano e del sandalo (Scott. Geog. Me 
gasine, n. 4, 1890). . 
IL Tiset E LAB. Descopins. — Dopo trentaquattro anni pasti 
in missione nel Tibet, è ritornato in Francia, sua patria, I’ ab. Desgodist 
per attendervi alla pubblicazione d'un grande Dizionario tibetano-latint 
francese-inglese, a cui con lui collaborarono tutti i membri di quel 
missione. Intanto, il giorno 2 marzo p. p., dinnanzi alla Società Ge 
grafica di Parigi, il Desgodins descrisse, in una conferenza, il pes 
tanto famoso, quanto ancora poco conosciuto, dove egli soggiornò cal 
a lungo. Fra le molte altre notizie da lui date, alcune delle quali 9 
vere novità, e tutte importanti o per la Geografia fisica, o per la cor 
merciale, o per |’ Etnografia, riferiamo le seguenti, Secondo il Desgodit& 
il famoso Dalailama, che si suol credere in Europa capo supremo @ 
tutti i buddisti del Nord, è soltanto il capo d’ una setta dei medesmt | 
e precisamente dei lama gialli, detti ghe/ucpa. Quanto a Lhassa, la af 
tale della provincia di Eu e di tutto il regno del Tibet, il missionan® 
dichiara con tutta certezza che la sua popolazione non supera i 37 mil 
abitanti: 22 mila religiosi, e 15 mila laici. I religiosi sono distnball 
in 6 monasteri, tre maggiori e tre minori. La popolazione laica è cof 
posta di Cinesi, Nepalesi, Cashmiriani e Mongoli. Essa è retta da @ 


emo locale, costituito quasi esclusivamente da uomini di provenienza 
fee: sette mandarini civili stanno a capo dell’ amministrazione, ma | 
> l'alta vigilanza di tre ambasciatori cinesi. Del resto 1’ ordine 
) sicurezza del Tibet sono affidati a 4 mila uomini armati, distri- 
‘mi paese dai confini della Cina a quelli del Nepal e dipendenti 
tomando diretto dell’ Impero e dei suoi rappresentanti. Secondo il 
podins, oltre i 99 centesimi della superficie totale del Tibet sono 
mi non atti all’ agricoltura, perchè in altipiani di più che m. 3,200 
il livello del mare. Ivi nella solitudine d’ immensi pascoli vive la 
‘bella e la più robusta popolazione tibetana, quasi dappertutto atten- 
B, allevando innumerevoli greggi e cavalli. (Soc. Geogr. di Parigi, 
pierendu, n. 6, 1890). 

IL CoLapINE E 11 Bornu-T1-P1. — Dobbiamo alla cortesia del no- 
> vice-console a Rangun, G. B. Sacchiero, la seguente comunicazione 
a recentissima scoperta fatta circa il corso dei due fiumi qui indicati: 
Wire mappe inglesi il Fiume Coladine, che si getta in mare presso 
Bhab (Arracan), ed il Fiume Boinu-Ti-Pi, nel territorio dei Cin, erano 
moasiderati come due fiumi interamente separati uno dall’ altro; e 
Male era la credenza di questa autorità fino a poche settimane or sono. 
MRisulta ora, che essi non sono che un solo e medesimo fiume. Esso 
petasce a qualche miglio N.-N.-O. di Haca (montagne Cin) col nome 
‘@di Boinu : in quel punto il letto è a 5,000 p. ing. (m. 1,520) sul livello 
pel mare. Percorse circa 90 miglia in direzione S. attraverso piace- 
vo e fertili vallate, il fiume volge bruscamente verso N., e poi 
8 verso 0., aprendosi una via per circa go miglia attraverso i monti, 
& che formano il paese. Durante questo tratto ha il nome di Ti-Pi 
‘€ (Gume grande). All’estremo punto N. raggiunt., dal generale Symons 
‘@ e dal cap. Burton, il volume d'acqua del Ti-Pi era quindici volte 
;* quello del Boinu; il letto del fiume era a 2,200 p. (m. 670) sul livello 
,¢ del mare. Uscito dai monti, il Ti-Pi prende il nome di Coladine, fa 
© una nuova curva assai brusca, si dirige verso O., poi a S.-S.-O., e dopo 
Is tn lungo e capricciosissimo corso, si getta nel mare di Akiab. » 
‘ 


















|. ESPLORAZIONI DI DAUVERGNE A N. DELL’ HinpucusH. — Durante 
(3tàno passato, 1889, il signor Dauvergne esplorò il versante setten- 
, inonale dell’Hinducush. Partito da Ladak, egli si volse a N. verso 
Ginn nel Cashgar. Di là poi egli si diresse ad O., superando dodici 
Pessi, ad altezze di m. 3,800-4,200 sopra il livello del mare, coll’ in- 
zione di giungere al Zerafscian, ossia al Fiume di Jarcand. Per via 
fimbattè nella Spedizione del col. Pievzov. Continuò poi il viaggio 
verso il Saricul ed il Taghdumbash Pamir. Tra gli altri luoghi, il Dau- 
Vergne esplorò tutta la valle del Tung, di grande importanza, anche 
logica, a causa della sua popolazione aria. In questa parte delle 

™t esplorazioni il Dauvergne potè constatare che il Tung non è af- 
tate del Zerafscian, bensì del Fiume Tashcurgan, che lo raggiunge 

ui 8 tu. a Monte di Langar. La valle del Tung è molto profonda, 
chitsa da monti a picco e però di difficilissimo accesso. Il clima vi è 
“uperato, la terra vi è coltivata largamente; e gli abitanti sono d'un 
PO, dice il viaggiatore francese, da far onore alla Francia. Essi sono 


















— 506 — 
maomettani sunniti, parlano la lingua Sari; sono governati dai pagll' 
beg, ma alquanto molestati dalle pretese dei Cinesi, loro sovrazi 
nome più che di fatto. Il Fiume Tung scorre sd O. e S.-O., avended 
sua sinistra i Monti Candar, ed alla sua destra i Monti Kicik TW 
L’esploratore, procedendo, superò il Passo di Cotli Candar all’alg 
di m. 4,940 e vi osservò un ghiacciajo presso alla vetta. Di là 
nélle sottoposte colline di Mariom e del Saricul Pamir, accampa 
sulle rive dell’Ab-i-Usci, a 3,740 metri sul livello del mare. Seguì 
questo fiume fino a Charah, per una contrada frequentemente infe 
dai Cangiuti predatori. Varcato con qualche difficoltà il Passo Oglli 
il Dauvergne per la valle del Tashcurgan si avanzò nel Taghdumbj 
Pamir, dove parecchi torrenti scorrono dalle falde settentrionali 
Mustagh e vanno poi a riunirsi nel Fiume Tashcurgan. Voltosi { 
a S.-S.-E. toccò il forte, in rovina, di Curgan-i-Gugiadbhai, al confiseli 
del Cungirab nel Caarciunker, al confine (come si crede) del Cuagli 
Salì quindi per la valle del Caraciuncur agli accampamenti dei King 
nomadi, ivi incontrando il capitano russo Grombcevski. Quell’alta 
gione presenta in generale l'aspetto stesso del Grande Pamir, dalla 5 
del Caracul. Gli Afghani, come avevano proibito al Grombcevski di fl 
sare l'Hinducush per visitare il Citral ed il Cafiristan, così vieta 
al Dauvergne di superare il Passo di Baroghil, che l'esploratore tq 
cese stima la seconda delle grandi vie per l'India. Invece dovette ati 
contentarsi di passare per quello di Jshcoman e per le gole di Carambsk 
‘ giungendo così a Gilghit e nel Cashmir. Fra i risultati geografa dif 
questa esplorazione è notevole quello che riguarda le sorgenti dell'Onu! 
o Amu-Daria. Esse trovansi vicine al Passo di Vakijd-Cul a 475% 
metri sul livello del mare; ed hanno origine da tre enormi ghiacci 
che forniscono di acque il fiume dalla parte S.-O. Il Dauvergne voti 
accertarsi del fatto, e seguì il corso di queste acque per più di 110 ki 
riconoscendo senz'altro che questa è la sorgente dell’Amu-Daria, e ™ 
il Gaz-Cul, come finora si credette. Invece da questo lago, il Gar Ue 
esce l'Ac-su, sotto il nome di Murghab, fiume di ben minore impe 
tanza. (R. Soc. Geog. di Londra, Proceedings, n. 4, 1890). | 

LAVORI GEOGRAFICI NELLE INDIE NEERLANDESI. —— La relazione st” 
nuale che il Governo neerlandese riceve dalle Colonie dell’ India ones: 
tale, contiene per il 1889 parecchie notizie di vero interesse scientifico. 
I rilievi topografici militari continuarono con sempre inaggiore alacrità 
ungo la costa occidentale di Sumatra e nelle varie parti della Borne0 
olandese. Da questi rilievi risultò una carta alla scala di 1: 20,000 Pp 
il territorio esplorato in Sumatra, ed un'altra a 1 : 200,000 per W 
zona di Borneo. iContemporaneamente si spinsero innanzi i lavor 
triangolazione e di cartografia riguardanti la prima delle due isole. i 
tanto furono pubblicate all’Aja quelle parti della Grande Carta de 
l'India neerlandese, che comprendono le Residenze di Madura e di Pr 
suruan. Procedono pure attivamente i rilievi del Dipartimento idrografio 
sulle coste di Giava. Una Stazione astronomica fu stabilita nelle [0 
della Sonda, e le Stazioni meteorologiche ascendono oramai a 183, 
cui 100 in Giava e Madura, 34 in Sumatra, 6 tra Billiton e Bana, 


in Borneo, 17 in Celebes, 2 a Bali, il resto sparse in altri punti 
Arcipelago. Anche le Spedizioni scientifiche di varia maniera furono 
ile: geologiche in Sumatra e Flores, botaniche alle Isole Kei, etno- 
the nella regione Balta di Sumatra, con ricerche Minguistiche spe- 
B sul balin, giavanese, giavanese antico, macassar, bugin, ecc. (/a- 
w di Londra, n. 1067, 1890). 
> Le ISOLETTE BOUDROUET, segnate come scogli su tutte le carte 
tiche, ad E. di Formosa, nel Pacifico, non esistono, almeno nella 
mione loro assegnata, in direzione dell’ Isola Cumi, nè fino alla distanza 
jam. 28 dal luogo stesso. Questo è il risultato delle ricerche fatte in 
We acque dal cap. D. Leary, del bastimento inglese « Honolulu », 
#6 agosto 1888, in condizioni meteoriche favorevoli. (Mot. to Mar., 
p16, 1890). 
‘IL MOVIMENTO COMMERCIALE ESTERNO DEL GIAPPONE. — Da una 
blicazione ufficiale giapponese furono desunte le seguenti cifre, che 
Ro conoscere la sempre maggiore importanza del commercio che 
impero del Giappone fa con gli altri Stati. Nell'anno 1889 dai porti 
pponesi aperti allo scambio coll’ estero, furono esportate merci e pro- 
‘vari per il valore complessivo di lire 350,303,525; e vi fu una 
Mportazione per lire 330,518,830. La sola Jocohama ha esportato per 
ws 209,310,645, ed importato per lire 171,604,585. Viene secondo 
sì porto di Hiogo-Cobè con lire 101,657,760 di esportazione e lire 
#g0,176,650 di importazione. Principali articoli di esportazione sono: 
me sete, per lire 146,250,260; cereali ed altri commestibili, per 
Bt 61,005,785. Poi vengono le manifatture (1. 33 milioni circa), il thè 
W- 31 milioni c.), le materie prime (l. 25 milioni c.), i metalli (1. 17 
, milioni c.), i tessuti diversi (1. 16 milioni c.), i prodotti farmaceutici 
0 11 milioni c.); ed olii, cere, carta, libri, cuoi, pellicce, tabacchi, ecc. 
«importazione consiste in primo luogo di tessuti in cotone per lire 
1114,652,985. Seguono poi a maggiore distanza le lanerie (I. 34 mi- 
Moni c.), le armi e macchine diverse (1. 33 milioni c.), i zuccheri (1. 31 
‘Milioni c.), il ferro e l'acciajo (I. 26 milioni c.), olii e cere (1. 24 mi- 
Boni c.), prodotti farmaceutici (1. 10 milioni c.), manifatture (1. 9 mi- 
‘ì0nì c.); poi in minori quantità e valori, avorio, cuoi, pellicce, colori 
© Materie tintorie, cereali, altri commestibili, bibite alcooliche, libri, 
vetri e cristalli, oggetti di cancelleria, metalli diversi, sete operate, tes- 
sa di canape, ed altri, tabacchi diversi, oggetti confezionati e materie 
prime. Nel movimento di esportazione ed importazione l’ Inghilterra oc- 
“pa il primo posto nel commercio esterno del Giappone, con lire 
(38,322, 99s esp., 130,339,670 imp.) 168,662,665 in totale. In secondo 
e in singolare contrasto troviamo gli Stati Uniti dell’America 
*ettentrionale con lire (126,414,365 esp., 30,715,855 imp.) 157,130,220 
totale. Seguono, la Francia, con lire (71,293,630 esp., 16,670,835 
Ip.) 87,964,465 in totale; la Cina, con lire (27,212,535 esp., 45,998,490 
imp.) 73,211,025 in totale; Hong Cong, con lire 36,689,465 esp., 
20,618.c10 imp.) 57,207,975 in totale; le Indie britanniche, con lire 
6,705,765 esp., 36,669,290 imp.) 43,375,055 in totale; la Germania, 
Cn lire (8,191,915 esp., 24,439,495 imp.) 32,631,410 in totale. Dopo 














































— 508 — 
la Corea, la Russia, il Belgio e la Svizzera, viene al dadicesimo py 
l’Italia, che esportò dal Giappone per lire 3,680,505 e vi importòà 
lire 723,335, con un movimento totale di lire 4,403,840. (Le 4 
Géog., n. 7, 1890). 


D. — AFRICA. 


« GEOGRAFIA E GEOLOGIA DELL'AFRICA ». — Coi tipi dell'Hoepli ve 
testè in luce un bel volume di pag. 334 e 7 carte; col titolo: 
grafia e geologia dell'Africa. Ne sono autori i prof. T. Taramdlk 
V. Bellio dell’Università di Pavia. Ci riserviamo di parlare di qui 
importante lavoro in altra occasione. 

LA CARTA D'AFRICA DEL LUDDECKE. — Accanto alla Carta d'Afi 
del de Lannoy de Bissy e di quella dello Habenicht, va ricordata 
solo pel suo valore scientifico, ma anche per la sua esecuzione, la G@ 
d'Africa del Liiddecke, già comparsa nelle dispense del Grande At 
manuale Stieler, ed ora di nuovo e.a parte, ma sempre ad opera: 
solerte editore J. Perthes di Gotha. In quest’ultima edizione l’autore 
tenuto conto anche delle più recenti vicende politiche riflettenti i} 
sessi africani delle maggiori potenze europee, come pure delle è 
esplorazioni. Secondo il sistema che ormai fu adottato per tutte le ef 
della nuova edizione dello Stieler, anche questa dell’Africa è provi 
di un elenco alfabetico di tutti i nomi geografici in essa contenuti, ( 
l'indicazione del quadrilatero in cui ciascun nome è contenuto, om 
da gran tempo si pratica nelle Guide dei viaggiatori, per le piante & 
città, ed in alcuni atlanti, specialmente inglesi. La competenza e la ci 
usata in questa nuova carta, le numerose carte marginali in proporsl 
maggiori, per i possedimenti europei, (tra le quali una carta dell’! 
sinia alla scala di 1: 5,000,000), l'eleganza e nitidezza della incisioné 
rame e della coloritura, fanno di questo lavoro la migliore carta @ 
possa essere oggi suggerita per lo studio dell’Africa, come pure per 
nere dietro alle notizie delle esplorazioni ed alle questioni polite 
africane. 

« ETIOPIA ». — Ordinate e riassunte con molto discernime 
furono in questi giorni pubblicate le notizie raccolte dal prof. Giusegpl 
Sapeto intorno alla regione che ora si suole comprendere sotto il 26 
di Etiopia. Queste notizie sono varie: sociali e politiche, geografiche ¢ 
topografiche, altre storiche, altre economiche. Perciò furono raggruppi 
in quattro parti e fatte precedere da una Prefazione, in cui si rem 
ragione della pubblicazione e si affida della bontà ed utilità di e 
Nella prima parte sono introdotte le notizie sulla monarchia, il gover 
quella specie di feudalismo in uso nell'Etiopia; sulla religione, la { pe: 
stizia, la famiglia, l’esercito. La seconda parte contiene una descrizosi 
geografica particolareggiata del Tigrè, comprendendovi anche i baci 
circostanti: sicchè fattane l’orografia, la climatologia e l' idrograta, # 
tocca specialmente dell’Oculé-Csai, dell'Agamè, Scirè, - Tigrè, del bacino: 
del Giuba e di quello del Tsellari. La storia dell'Etiopia, dal principio 
del secolo XIX al 1868, è materia d’una terza parte, divisa in cinq 


oi. Nella parte quarta ed ultima sono svolti varî argomenti e sono 
Mii potizie veramente importanti intorno alla proprietà del suolo, al- 
iicoltura, alle materie prime, alle industrie ed al commercio; con la 
mtazione di una serie di dati statistici intorno a misure, pesi, mo- 
omg in parte fuori d'uso, poi note di oggetti d'esportazione e 
azione, infine prospetti varî relativi a questi dati. Una carta 
wirativa del Tigrè, disegnata, in corrispondenza colle notizie date 
friaggiatore, alla scala di 1:1,000,000 contribuisce alla migliore in- 

1 delle cose esposte e ne forma un utile complemento. 
A iA D'ETIOPIA. — Gli editori A. Brigola e C. di Milano ‘an- 
spicco la prossima pubblicazione della « Storia d'Etiopia » opera del 
gimenegildo Costi, già noto ai lettori di questo BOLLETTINO (1) 
p suoi cenni su Gaetano Casati. Questa Storia sarà divisa in 19 

pol ed Appendice. 

¢ Lt ZONE COLTIVABILI DELL’ABISSINIA SETTENTRIONALE. » — Il 
Sirlo Dove pubblicò un suo largo ed importante studio sulle con- 
Di fisiche ed agricole degli altipiani etiopici, nelle Peterm. Mittei- 
» (Supplem. n. 97, 24 febbrajo 1890). Dopo aver detto nella In- 
Brione quanto sia opportuno occuparsi delle forze produttive d’un 
che ritorna più strettamente in contatto col mondo civile, l’au- 
traccia il disegno dell’Abissinia settentrionale, delineandone le zone 
pando alla medesima il posto che le spetta nell’ Africa tropicale. 
à questo con la scorta del D’Abbadie, dello Schweinfurth, del Le- 
del Ham, del Supan, ecc., il Dove svolge il suo soggetto, trat- 
è prima delle gwo//z. Con dati di fatto desunti dalle relazioni dei 
Jiatori Baker, Bruce, Rohlfs, ecc., e dagli studî del Riippell, dello 
tt, ecc., esamina le condizioni meteoriche delle guolla dell’Abis- 
occidentale, riguardo all’altitudine, struttura dei monti, direzione 
} tenti, temperatura e pioggia. Passa poi a fare lo stesso studio sulle 
xe valli dei torrenti, che appartengono alle guol/a, come quella del 
uz. Viene in seguito ad occuparsi del Lago Tana e dei suoi din- 
è, notandone la temperatura straordinariamente elevata, e metten- 
n evidenza la ricchezza d'acque, in parte soltanto dovute alle 
* periodiche. Questa prima parte della monografia si chiude con 
serie di notizie e di osservazioni sulla vegetazione e sulla agricol- 
quolla > vi si considerano steppe e boschi in generale, in par- 
Mare le piante utili; poi le acque che possono giovare alla cultura 
a parte del suolo. Quanto alla possibilità dell’agricoltura, facendo 
ediatamente distinzione tra le inospitali vallate delle guolla dell’ E, 
» terrazze dell'altopiano occidentale, si ferma a descrivere la coltiva- 
attuale della 4urra e della pianta del cotone. Accenna a quella 
Sa, ma poco fruttuosa del caffè. Tocca pure dell'allevamento del 
; ne, e delle difficoltà che spesso vi si oppongono. In altre due 
inte ii Dove studia le altre zone del Voina-Dega e del Dega. 
Uto e dell’altro altopiano egli descrive prima le condizioni meteo- 
n Pet poi passare sistematicamente a notarne l’importanza econo- 
Pet la cultura del suolo. Il Voina Dega, ossia l'altopiano del vino, 


(1) Vedi BOLLETTINO. febbrajo 1890, pag. 131. 
































«vi è largamente descritto, in tutte le sue parti e sotto tutti gli aspg 
con tale ricchezza e precisione di notizie scientifiche ed economi 
da non potersene richiedere di più per una regione europea. I dati 
teorologici si concentrano su Gondar e Adua. Quelli economici toc 
partitamente delle piante utili: il c0/7%44 l'olivo, il vonsa, il f 
sicomoro, l'euforbia, la vite, il caffé, il limone, il melogranato, im 
poi le numerose erbacee e leguminose. L’autore dimostra la caj 
della vite abissina di servire alla produzione del vino, che si fabbri 
anche, e bene, qualche secolo fa. Così pure accenna alla attitudiai 
quei terreni, a dare altri legumi, che vi si introducessero, come bi} 
tata. L'agricoltura poi, propriamente detta, ha nel Voina Dega qu 
specie di cereali, il mazs (Zea mais), fino a m. 2,300 d’ altezza; il 
mento, fino am. 1,600; il fef, fino am. 1,900; l'orzo, nei terreni, 
elevati. Di non poca importanza sono le osservazioni fatte sulla € 
sione e ubertosità dei pascoli sui monti verso il Tacazzè ed alti @ 
ad E. e nella pianura dell'O. Il clima poi vi è sanissimo e favor 
sotto ogni aspetto. Però, contro a ciò che apparisce di solito 
carte anche più recenti, la zona intermedia fra la valle del Tacs 
l'altopiano settentrionale esterno dell’Abissinia, pianura elevata da 1} 
a 2,200 m., non € altro che una steppa, nel pieno significato dd 
rola. Il Dove tratta poi la questione dell’assenza completa dei bal 
tanto nel Voina-Dega che nel Dega ed altre non poche intornod 
condizioni fisiche speciali di questa o quella parte dell'una o dell’ 
zona. Il Dega, la cui temperatura e le cui piogge ed altri fenoti 
sono dall'autore descritti su dati presi specialmente a Senafè, ha 
breve descrizione, in cui sono messe in risalto le numerose pia 
mimose, rose, olivo, rododendri, acacie, ecc.. Poi si accenna ali 
sionomia generale della zona, che è una sterminata serie di pra 
come quelle del Goggiam. Si nota la estensione dell'agricoltura ! 
considerevoli altitudini nel Semien, circa a metri 3 mila, forse non (€ 
Quanto all’ esistenza di nevi eterne sulle più alte cime dell'A 
nia, il Dove crede col Zéppritz, che i limiti delle nevi in quella: 
gione non sono costanti, ma variano secondo i fattori meteorologià 
lunghi periodi d'anni. La monografia del Dove è illustrata da una 
dissima carta delle zone di cultura dell’Abissinia, da lui stesso disegi 
alla scala di 1: 5,000,000 con buone distinzioni di colori e segni@ 
venzionali. 
VIAGGIATORI ITALIANI IN AFRICA. — È giunta la notizia del fell 
arrivo del dott. Nerazzini in Harar, il 12 aprile u. s.. Egli vi Om 
ottima accoglienza per parte delle autorità etiopiche e della popol i 
tanto cristiana che musulmana. Durante il viaggio del dott. Ne : 
ebbe luogo uno scontro di cavalleria con predoni gadabursi, che fo 
tosto messi in fuga dalla scorta, togliendo anche loro sei cammelì 4 
bati. — Il dott. Traversi giunse, secondo quanto riferisce un recente te 
gramma, a Borumieda il 18 marzo scorso, accoltovi cordialmente 
regina Taitù. Egli proseguiva senza ritardo per Let Marefià, dove, come | 
è noto, sostituisce il dott. Ragazzi, ritornato testè in Italia. Passando pî 
Aussa, il dott. Traversi ebbe occasione di riconoscere le n 
| 
| 
| 


wizioni di quel sultano, il quale accogliendolo molto affabilmente 
ard lieto della ratifica del trattato, e lo assicurò della sua costante 
tizia per l'Italia. Parlando della progettata costruzione, per opera 
i no italiano, di una strada da Assab a Mussahali, il sultano 
e dichiarò soddisfatto, come pure ammise la convenienza di stringere 
di coi capi delle tribù che si trovano al N. dell’Aussa per aprire 
pe vie ai commerci. — Notizie da Zanzibar recano il resoconto di una 
mione fatta dal nostro console cav. Branchi in Alula ed Opia. Ad 
sitrovavano i sultani dei Megertini e di-Opia, coi quali il nostro 
si trattenne molto amichevolmente; anzi il sultano di Opia 
pe alla sua residenza a bordo della R. nave « Volta ». Nel viaggio 
p Zanzibar furono determinate con precisione le foci dell’Uadi Nogal, 
pali si troverebbero assai più al N. di quello che non segnino le 
fp. Nel ritorno del « Volta » da Zanzibar ad Aden, ebbe però a 
fecusi un caso assai doloroso. Una imbarcazione essendosi avven- 
a sulla costa in località non aperta agli Europei, fu aggredita 
| mdigeni. Dell’equipaggio, l'ufficiale Zavagli venne ucciso ed un 
fisjo ferito; gli altri, che si trovavano nell’ imbarcazione, respinsero 
eco, uccidendo parecchi assalitori, quindi tornarono a bordo. (Ze 
wme, n. 106, 120 € 121, 1890). 
è li cap. Casati, partito nei primi giorni dello scorso aprile da Zan- 
} alla volta dell’ Italia, ebbe festose accoglienze al suo passaggio in 
Suez e Cairo da parte di quelle colonie italiane e delle autorità 
mi. Ad Aden, dove giunse il 10 aprile, il Casati fu ricevuto dalle 
bialità della colonia italiana, che con a capo il nostro console 
Cecchi si recarono in due grandi imbarcazioni a riceverlo a bordo 
B-« Mendoza >. Il cap. Cecchi presentò al valoroso viaggiatore i 
pti della colonia e quelli dei sodalizî geografici italiani, che gliene aveano 
) speciale incarico. Ospitato in casa del console, il cap. Casati assistè, 
che giorno dopo, al pranzo datovi in suo onore dal console stesso 
mila colonia. Gli fu presentato un affettuoso indirizzo, firmato da 
bi gli Italiani residenti in Aden, ed egli se ne mostrò vivamente 
mosso. Un altro pranzo gli fu dato da vari membri della colonia. 
me l'autorità locale, rappresentata dal generale Hegg, dimostrò in 
modi la sua ammirazione per l'illustre esploratore italiano. Lasciata 
Po, sul « Singapore » della Navigazione Generale Italiana, il cap. Ca- 
lì giunse a Suez il ‘2 maggio, ricevuto anche colà con grande entu- 
ino dalla colonia e dalle autorità. Come è già detto in altra parte 
questo fascicolo (1), egli ricevette in Suez i saluti della nostra So- 
pa, che vi aveva inviato speciali rappresentanti, Il giorno 4 il nostro 
atore giungeva al Cairo, festeggiatissimo. S. A. il Vicerè lo rice- 
Me in udienza particolare, facendogli la più cordiale accoglienza. In 
eve il Casati arriverà a Napoli, dove gli si preparano grandi feste 
® miziativa di quella Società Africana. 
. BASSA VALLE DEL GIUBA E LA REGIONE FRA GIUBA E TANA. — 
40 questo titolo il sig. Vittorio Rossetto, capitano nel 78° fanteria, ha 


(1) Vedi a pag. 413. 


pubblicato una Memoria contenente il riassunto delle notizie 
dal barone Carlo v. d. Decken e da Riccardo Brenner sul viaggi 
essi compiuto in quella regione nel 1865. Tale spedizione terminò, @ 
è ‘noto, con la morte del Decken e della maggior parte dei suoi & 
pagni, assassinati alla rapida del Giuba, presso Bardera, a circa 630 @ 
dalla costa, nei primi giorni di ottobre del 1865. Il lavoro si divi 
tre parti. La prima contiene ura descrizione sufficientemente & 
della bassa valle del Giuba; nella seconda è esposto, con qualcheg 
strazione, l'itinerario lungo il Giuba dalle foce alla rapida di Ba 
e finalmente nella terza vi sono notizie intorno all'aspetto del paese, i 
abitanti ed ai prodotti della regione fra Giuba e Tana. Chiude #4 
lume una carta-itinerario all’1 : 500,000 del viaggio del Decken sul Gi 
L'ETNOLOGIA DEL LAGO ALBERTO, così imperfettamente nota fi 
ora, è stata illustrata dal dott. Schnitzer, Emin Pascià, con quella grati 
autorità che gli viene dal lungo soggiorno in quelle regioni. Una 
primizia di tali suoi studi egli la diede al periodico tedesco Das Assà 
che la pubblicò nel 1° numero (14, 1890) della nuova edizione, as 
nei primi giorni d’aprile dal dott. C. von den Steinen. Traduciamo@ 
la breve ma importante sua comunicazione scientifica. — « Secondo k& 
« dizioni dei Vanioro, il Lago Alberto in tempi lontani da noi e: & 
« tato tutt'all'intorno da popoli nani, i quali avrebbero fatte quelle pi 
tagioni di banani, che si vedono ancora ui nostri giorni lungo le am 
del lago. Quando poi i Vithvesi, originarî dell'Unioro, furono costtell 
ad emigrare in causa dei Vahuma, che invadevano il paese dal N-B; 
essi vedendosi preclusa la via a $., si volsero naturalmente verso 4 
cacciarono dinanzi a sè le varie schiatte che incontravano, e le € 
rono a passare di là del lago. Così si ritirarono di là le tribù dei nam 
salirono nell’altopiano occidentale, e si stanziarono nelle ampie boscag@' 
che circondano le sorgenti di quei grandi fiumi, che mandano le © 
acque a ponente. Ivi trovansi essi ancora oggidi, raggruppati in famgi 
o piccole comunità; e i loro confini giungono pure a quei boschi, © 
rivestono i pendii meridionali della catena del Ruvenzori e che formali 
ad E. una considerevole appendice della regione occidentale dei 
Dietro a questi, tra le parecchie catene di colli, che s’inalzano nell'ab 
topiano occidentale del bacino del Lago Alberto, si stanziarono 
Vithvesi, successori dei nani, ed oggi, spinti un po’ a N. da altnp* 
poli più tardi sopraggiunti, essi sono conosciuti’ dai popoli cir 
per terribili ladroni sotto il nome comune di A-Lendu, benchè porti? 
nomi propri per ogni tribù. Nemmeno i Vithvesi rimasero , 
possessori delle rive del lago, poichè nuove genti si spinsero inns 
da E. ad O.. Erano queste parecchi gruppi di Vahuma puri, che 
rando intorno al lago delle rive orientali verso S. ne occuparoo 
occidentali; poi avanzarono un bel tratto verso N., guadagnaro0 
alture della catena costiera, -e si stabilirono definitivamente su 4 
fertile altopiano. Un altro ramo della stessa famiglia passò oltre ve 
S.-O. ed occupò il pendio settentrionale dei Monti Ruvenzori e più 
fin dove cominciano le più dense foreste. Ancora ai nostri giorni dum 
stessa distribuzione. Un po’ più tardi, dacchè avevano avuto 11069 












A A f A A A A a AÀ A da AaASAA‘AIA Aa AA A A A AA Aa AA A 


ste emigrazioni, si spinse innanzi da N. a S. una famiglia di po- 
nti affatto diversa dalle precedenti; si trattava di un ramo della grande 
iglia dei Scilluk, che via via aveva fatto procedere alcuni suoi rami 
}saverso la regione del Bahr-el-Gazal e che ora raggiungeva le rive 
ibi lago con uno dei gruppi più numerosi. È questo il gruppo degli 
Meri, che oggi ha piantato le sue stanze sulla sinistra del Bahr-el-Gebel, | 
e questo esce dal Lago Alberto. Prendendo poi ad esaminare nel 
insieme gli abitanti dei dintorni del Lago Alberto, si devono di- 
guere due gruppi di popoli affatto diversi: gli uni che parlano 
fiihoma Bantu, gli altri le lingue proprie dei negri settentrionali. Na- 
aimente coll’ andare del tempo avvennero molteplici confusioni, e 
igo 11 Nilo-Somerset troviamo alcune piccole tribù, che nei riguardi 
guistici presentano un miscuglio delle due suddette famiglie. In ge- 
rale però la lingua in questo caso rivela i caratteri etnologici; e 
entre le tribù dei Bantu conservarono pura la loro lingua, anche le 
it negroidi rimasero fedeli alle loro. Ora sarebbe di grande interesse 
Sì ricercare se i Vahuma, provenienti da N.-E., entrando nell’Unioro, 
bbiano portato seco una propria lingua, ed a quale famiglia apparte- 
sero rispetto alla lingua parlata. La mia esperienza mi fa credere 
Behe siamo in presenza di uno di quei casi, interessanti, in cui una 
& tribà, dopo d’averne assoggettate delle altre, ha completamente e defi- 
® nitivamente perduta la sua propria lingua e in luogo di essa adottata 
€ non quella dei vinti, ma piuttosto quella di altre tribù circostanti. Vi 
€ concorre del resto in questo fenomeno la cooperazione di molte circo- 
€ stanze; e una tale mutazione di lingua non può anzi essere spiegata 
‘4 che con il pieno innesto di una tribù in mezzo ad altre, che parlano 
'€ idiomi in decadenza. Eppure vi hanno casi in cui nelle stesse circo- 
:® Stanze, non accadde nessun cambiamento di lingua. Voglio accennare 
€ agli abitanti di Cavirondo, che fino ad oggi hanno conservato la loro 
* Rngua Scilluk. » Il dott. Emin, chiudendo questo breve cenno, promette 
trattare a fondo sulle condizioni etnologiche e linguistiche della re- 
del Lago Alberto in una prossima relazione allo stesso periodico. 
Ausland, n. 14, 1890). . 
_ IL rilievo pet Laco ALBERTO. — Un altro frutto dell'attività scien- 
blica di Emin Pascià nella lunga e penosa vita, ch'egli trasse nel centro 
dell'Africa, è una ricca serie di osservazioni azimutali, fatte durante i 
Numerosi viaggi da lui compiuti negli ultimi anni, particolarmente nelle 
Parti meridionali, e sud-occidentali del Lago Alberto. Egli ne fece pure, 
ed altrettanto frequenti, lungo le rive orientali del lago nella contrada 
di Kibiro. Parimenti importante è il rilievo completo di quel tratto del 
Fiume Nilo, che va dall’Alberto Nianza a Uadelai, e che già, percorso 
da Romolo Gessi nel 1876, era però poco e male noto. Il materiale 
Faccolto da Emin Pascià è già nelle mani del dott. Hassenstein di 
Gotha e, da quanto se ne dice, esso costituisce un importante contri- 
bato alla cartografia del Lago Alberto, perchè servirà a fissare final- 
Mente quelle tante variazioni, che erano venute a modificare in gran 
Parte il rilievo fattone dal Mason nel 1877. (Peterm. Mitteilungen, 
2. IV, 1890). 
































— 5 I 4 — 

OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE DI EMIN E JUNKER NELL'Are 
EQUATORIALE. — Il dott. A. Schmidt, nel 93° supplemento alle 7 
manns Mitteilungen, pubblica una larga discussione dei risultati otte 
dall' Junker e da Emin Pascià nelle loro osservazioni e determina 
ipsometriche € meteorologiche. Riguardo a queste ultime il dott. Scha 
prende anzitutto in esame le osservazioni orarie fatte a Ndéruma, dali 
agosto al 28 novembre 1880, nella seriba Lacrima, a 4° 37 lat, 
e 27° 27° long. E. Green. a m. 730 sul livello del mare. I pring 
risultati di queste osservazioni sono in media i seguenti: 















Pressione 
———————____ 2y| Umidità | Temperatura 
Ore . 
atmosferica dei vapori | relativa | in gradi C. 
mm. 700 
6 ant. 2. I 15. O 95 18. 5 & 
7 » 2. 6 16. o 94 19. 6 6 $ 
8 » 3. 3 17. 4 88 22. I 5, fi 
9 » 3. 4 17. 8 81 23. 8 5% 
IO » 3. 4 17. 8 72 25. 8 58, 
II » 3. 2 17. 6 66 27. 1 S. 
12 merid. 2.7 17. 2 61 28. I 6, 
I pom 2.0 17. 0 59 28. 5 6. 
2» I. 4 17. O 58 28. 8 co. 
3 » o. 7 16. 9 59 28. 4 53 
4 » o. 5 17. 0 60 28. 2 62 
5» o. 3 16. 9 65 26. 8 5. 2 
6 » o. 5 18. 8 81 24. 8 42 
7 >» I.O 17. 6 85 22. 9 4 | 
8 » I. 4 16. 9 88 21. 6 3% 
9 » 1, 6 16. 8 go 21. 2 4 4 
10 >» 1.9 16. 2 90 20. 6 49 





La pressione atmosferica, ha una variazione giornaliera di 0,6 
Dalle osservazioni fatte a Ladò risulterebbe inoltre che questa varizzioli 
aumenterebbe da dicembre a marzo, diminuirebbe da maggio ad ago 
Gli estremi della temperatura a Ladò (nel periodo d’ osservazioni, sp 
interrotte, fra il 1876 ed il 1884) furono 19° gs C. in febbrajo 18? 
40° 5 C. in febbrajo 1880. Dai diligentissimi stud? fatti dallo Scholl 
sui dati termometrici ottenuti nelle Stazioni di Ndéruma (4° 37 lat. È 
27° 27’ long. E. Green., m. 730 alt.) , ‘Ssassa_ (5° 2° lat. N., 25 Tg e 
git. E., m. at alt), Semio (5° 24’ lat. N., 25° 21° long. E., m. 600 st}; 
Tangasi (3° xt’ N, 27° 53° E, m. 720), Gadda (3° ag N, 8 By 
m. 690), Giuaja (1° 30' N., 31° 44° E., m. 1,180), si avrebbe la seg 
temperatura _ media mensile a 4° 3° lat. N, m. 700 alt.: gennajo 23° 4 : 
febbrajo 24° I; marzo 25%; ; aprile 25° 1; maggio 24° 8; ; giugno 24° $i | 
luglio 23° 3: agosto 22° 95. settembre 23° 1; ottobre 23° 4; 0 
vembre 23° 2; dicembre 23°. Temperatura media annua 23° 8 C. A; 
livello di mare poi, nel territorio percorso dall'Junker, la temperaturt 


ia s'inalzerebbe, con molta proporzione, a 27° 5 C.. — Per ciò 
f riguarda 1 venti in generale, da dicembre a gennajo la loro dire- 
è ordinariamente da S.-O. a N.-E., in giugno e luglio da E.-N.-E. 
.S.-O.. Negli intervalli il passaggio dall'una all'altra di queste 
@rezioni è continuo e periodico. Così per Lado vale la seguente tabella: 
N. NE. E. S.-E. 5. $.-O. O. N.-0. Calme °/, 

da aprile a settembre o 1 4 14 18 14 10 2 37 

da ottobre a marzo 9 14 13 11 8 _ 5 3 4 33 
Le nubi prevalgono piuttosto a N. che a S.. Finchè il sole s'inalza 
N. dell'equatore, l’ annuvolamento è quasi costante e più denso; 
= invece quando il sole passa a S. dell’ equatore. — Importante 
la distribuzione della pioggia durante il giorno: a Ladò la pioggia 
ge nella massima parte dalle 4 pom. in poi e durante la notte. Straor- 
lamente piove al mattino, talvolta, dalle 8 alle ro ant.. Nelle altre 
gioni ciò accade anche nelle prime ore pom., ma ben di rado. Fre- 
ntssimi i temporali con grandine sulle alture; il numero di essi 
$ molto spesso eguale o di poco inferiore ai giorni di pioggia. La mi- 
Pazione della pioggia caduta nel 1884, notata da Emin su un buon 
Mviometro, diede cm. 95, di cui nel mese di luglio mm. 218. Però 
giell'anno non fu abbondante di piogge. Riguardo al clima delle regioni 
Merne dell’ Africa orientale, il dott. Schmidt, fondandosi sui dati del 
{#Junker e di Emin, dichiara che esso ha un carattere veramente uni- 
perme. Benchè vi si osservi, come ovunque ai tropici, la distinzione delle 
[due stagioni piovosa ed asciutta, pure non si può dire che vi sia un 
‘tempo assolutamente privo di piogge. Appena appena lo si può asserire 
‘| per la parte orientale della regione, essendo rarissime e scarse molto 
\ ke precipitazioni in dicembre, gennajo e febbrajo. Frequenti ed abbondanti 
‘no invece le piogge da marzo a novembre, sotto l' azione dei venti di 
-€ componenti. Di solito sono acquazzoni di breve durata, benchè non 
Nanchino le piogge continue. — Quanto alle osservazioni locali fatte 
da Emin in Ladd, all'altezza di m. 46 5 sul livello del mare, a 5° 2’ 
N., 31° 44° long. E. Greenwich, notiamo che la media annuale 
pressione atmosferica fu di 721,8; la temperatura media 27° C., 
0 variazione giornaliera di 12,9 ed annua di 4, 8; l'umidità relativa 
17 a ore 7 ant., 49 a ore 2 pom., 70 a ore 9 pom.; le nubi 5,1; 
Gorni di pioggia 141,7; pioggia caduta 948,5; forza dei venti 2.0; 

| Ven predominanti E. 121, S.-E. 106, S. 175; calme 32 °/.. 

| IL VIAGGIO DELL'INGLESE PiGoTT nella valle del Tana, avvenuto: 
a Passato anno 1889, ebbe risultati di qualche importanza. Da Mombas 
egli si potè recare a Golbanti, e poi a Massa. Di qui, passando dalla riva 
. Meridionale alla settentrionale, il Pigott proseguì per Ripa, Bocore e 
(Hameje). Appena fuori da quest’ultimo villaggio dei Vapocomo, 
Ttgione è deserta di abitanti, decimati dalle ultime incursioni dei 
acamba e dei Somali. Risulta dalle ricerche e dagli scandagli fatti 
Viaggiatore, che il Tana è navigabile fino a Baza, quantunque con 
fusiche pericolo. Un’ osservazione importante, da lui riferita, riguarda 
Posizione del Kenia, che giacerebbe più ad E. di quello che comu- 
Demente sì ammette (R. Soc. Geogr. di Londra, Proceedings, n. 3, 1890). 










































—— "5 16 — 

La SPEDIZIONE PETERS. — Un dispaccio telegrafico spedito 
Zanzibar il giorno 8 aprile p. p. al Comitato tedesco per Emin Pa 
in Berlino, annunzia essere giunte lettere e buone notizie della 
zione Peters. Questa, ai 16 gennajo p. p., trovavasi a Cap 
stazione di carovane ad O. del Lago Baringo, presso i Mont 
massia. Peters ed il suo compagno Tiedemann godevano pedi 
salute. Tra breve si conosceranno i particolari del viaggio fatto fil 
dalla Spedizione, da una lettera che il telegramma dice spedita 
Peters all’ amministratore del suddetto Comitato (Deut. Aol. 
n. 8, 1890). 

IL Laco Rucua o LropPoLpo è stato esplorato negli ultimi è 
del passato anno dal console inglese H. H. Johnston. Recatosi nei pal 
giorni di novembre p. p., 1889, a Msancua, procedendo irregolarmeg 
dal Niassa al Tangagnica, ed ivi avendo inteso che a meno di 1008 
N.-N.-E. si poteva giungere al Rucua, il Johnston deliberò di reca 
Traversata la regione di Uniica, e superata una linea di alture, @ 
entrò nel bacino del Lago Rucua. Da uno sguardo generale dat! 
questo il Johnston crede di poter giudicare ch'esso è un piccolo avanti 
d’ una ben maggiore estensione di acque. Difatti tutt’ intorno al È 
tanto a S. che ad O., s’ allarga una pianura a livello, dell’ ampi 
di 25 a 48 km. dalle sue rive. Soltanto alla costa orientale le xg 
del lago bagnano ancora i piedi d’ una catena di alte montagne. # 
resto il bacino del lago è da ogni parte delimitato da monti. Lat 
la riva sud-orientale esso s’ insena alquanto con una baja trai m 
circostanti. — A S. entra nel Lago Rucua il solo Fiume Songue, 
vero d’ acque e ben diverso dal suo omonimo, che si getta nel 
Di maggiore importanza è il Saisi, che ricevuti alcuni affluenti, tn € 
il Ncaua, va nel lago, circa a mezza la costa occidentale. Dalle om 
vazioni fatte, il livello del Rucua sul mare è di circa 882 metri. K 
sue acque sono salmastre ed affatto imbevibili. Esso è popolato 4’ipf 
potami, di coccodrilli e di pesci. Le sue rive poco attraenti sono ! 
quentate da elefanti, zebre, varie specie d’antilopi, leoni, jene, e È 
fali; ed immenso vi è il numero di faraone, francolini e piccioni. PA 
i dintorni del lago sono veramente inospitali per l’ uomo. Soltanto 2% 
del Rucua vi è una zona di terreno piano, abitato dai Vaungu. ror 
però anch’ essa, tanto che, essendo già da due anni senza piogg 
nel 1889 non vi s'era potuto nemmeno fare la seminagione. Perciò ff 
abitanti vivono piuttosto di rapine e di caccia; carni d’animah, 20 
e schiavi sono esportati, massime nell’ Uniamuezi, in cambio di gn 
e di altri prodotti necessari alla regione. Non pochi parlano bene È 
linguaggio suaheli e mostrano di essere da molto tempo-in contatto # 
gli Arabi. — Fino al giorno in cui comparve su quelle rive il Joho 
non vi sì era mai visto un uomo bianco: da ciò una grande appt 
sione negli abitanti. Il sultano di Uvangu, se fosse stato a tem 
avrebbe volentieri proibito all’esploratore inglese di avanzarsi; ma quand 
lo seppe, il Johnston aveva già con sè 150 uomini armati, ed era rico 
alla sede di lui, che lo accolse meno male. Tuttavia poco vi si 
l’ esploratore, perchè il termometro segnava spesso 37° C. e non mer 


;e6° C. all? ombra nelle ore pomeridiane, e. mancando l’acqua pota- 
lì tutta la carovana soffriva la sete. Di là la Spedizione prese la via 
pwerso il N.-E. dell’ Uniica, volgendosi al pianoro del Zambesi, con 
tenzione di scendere poi di là e prendervi la via al Tangagnica. 
îm pochi giorni il viaggiatore toccò le rive del Fiume Msisi © 
m (il Mcaua del Thomson), che si versa nel Saisi, uno dei tanti 
itatori del Lago Rucua o Rucuga, come lo chiamano a volte gli 
igeni. Tra l’altro, il Johnston dichiara che, da quanto egli vide e 
> concordemente dagl’ indigeni, il Lago Rucua non si suddivide 
due parti, ma è formato da una sola distesa di acque (R. Società 
segr. di Londra, Proceedings n. 4, 1890). 

. Ir corso DEL FiuME SANNAGA, nel Territorio di Camerun, fu recen- 
ente esplorato e rilevato dal luogot. Morgen. Questi, sostituendo il 
» Kund, a capo della Spedizione Batanga, partiva in febbrajo dalla 
mone Jeundo e, lungo il fiume, giungeva a Camerun, non ostante 
Ripposizione degli indigeni (Società Geogr. di Berlino, Verhandlungen 
b 3, 1890). 

e REISEBILDER aus LIBERIA ». — Di quest’ opera, già annunziata (1), 
}Yestt uscito un primo volume, ricco di illustrazioni, nel testo e in 
Pigrole, e di buone carte. L'autore, J. Biittikofer, dopo parecchi anni di 
* @iguiorno nella Repubblica di Liberia, potè raccogliere tale e tanta 
| @Opia di notizie sul paese e sugli abitanti, da rendere veramente impor- 
tante e in alcune parti nuovo quanto egli ne narra o descrive. In questi 
suoi « Schizzi di viaggi in Liberia » si parla di Monrovia, Miiblenburg, 
Bavia, Soforeh Place, e Gran Cape Mount, visitati tra il 1879 ed il 1882; 
poi ancora del Gran Cape Mount, di Schiefellinsville, delle Stazioni del 
Fiume Junk, del Du Queah, nuovamente di Monrovia e delle cascate 
di Queah. Il lavoro’ del Biittikofer è coscienzioso e torna utilissimo a 
thi voglia conoscere la Liberia più di quello che non consentono le 
solite, brevi e superficiali relazioni. 

Occurazione DI Secu. — Da un telegramma spedito da San Luigi 
del Senegal si apprende che il giorno 6 aprile p. p. i Francesi occu- 
parono Segu-Sicoro, antica capitale del regno di Ahmadi. Con ciò il 
territorio occupato dai. Francesi si stende ora anche sulla riva destra 
dell'alto Niger (Ze Mouv. Gtog., n. 8, 1890). 
















E. — AMERICA. 


Le cosrE E LE ISOLE DELL’ALASCA, lungo il Mare di Bering, fu- 
tono esplorate insieme con quelle acque dalla nave « Thetis » della 
Marina degli Stati Uniti d'America, nella scorsa estate del 1889. — I 
tte passi che conducono attraverso alle Isole Aleutine, precisamente 
îta le Isole Fax, e che si conoscono sotto i nomi di Ounimak, Acoutan 
ed Unalga, vennero scandagliati e misurati. Il Passo Ounimak, che è 
N più orientale, fu trovato il migliore e per la sua maggiore larghezza 
€ perchè netto di scogli. Il Passo Acoutan, che s'incontra un po’ più 


(1) Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, p. 1063. 

























— 5S! 8 — 

ad O., è meno largo e meno sicuro, tranne nella sua linea centr 
dove pare esista un canale più profondo. Scoglioso invece è i) I 
Unalga, che rimane più ad occidente di tutti, ma che in condisi 
normali meteoriche si presta meglio degli altri due per chi vuole @ 
corare ad Ililuk. Procedendo da S. ad E. in mezzo a quelle isole, 
presenta in posizione più opportuna l'Isola Tigalda, a cui convergagi 
tutti tre i suddetti passi. Essa è elevata, come le altre, Acun ed Acont 
poste più ad O.. Però su una larghezza di quasi 5 km. lungo le ca 
di Tigalda non fu possibile trovare un approdo. Poco oltre quell’ 
vedesi da lungi l'altopiano di Ounalasca con le sue alte montagne € 
perte qua e là di neve. L'Isola di Acoutan è formata da un val 
attivo intermittente, la cui sommità è di solito coperta di nubi, neb 
e fumo. Però le parti basse dell’isola lungo le coste erano affatto sentii 
al passaggio della « ‘Thetis » mentre nel momento stesso le falde ¢ 
l'Ounalasca erano avvolte in una densa nebbia e vi pioveva. Il pig 
tra Acun ed Acoutan credesi pericoloso, anzi inaccessibile alle navi 
grossa portata. L'Isola di Unalga, che forma l'estremità orientale di 
Passo omonimo, è bassa relativamente alle altre, e formata ins 
che sembra divisa in due per un avvallamento, dove però una Spe 
di ponte naturale congiunge le due parti. Il Canale di Beaver è j 
tato al S. dall'altra Isola Biorca, ed è ricco di buoni approdi, best 
in più luoghi pericoloso per scogli sottomarini. Nel vicino Stretto 4 
Norton va acquistando qualche importanza il mercato di St. Micha 
dove la Alaska Commercial Company ha saputo in breve tempo attra, 
il commercio della larga regione posta ad O. dei Monti Roccios, 0%. 
bacino del Fiume Jucon. Poco buono è però quell’ancoraggio. Bud 
invece è la rada di Port Clarence, l’unica che meriti tal nome s 
costa americana, prima di entrare nel Mare Artico Furono con @ 
esplorate poi le Isole di S. Matteo e di S. Lorenzo. Quella di S. Matita. 
è in generale montuosa, però con profonde depressioni, una delle qua 
produce l’impressione che il Capo Upright costituisca un'isola 2 % 
mentre è parte di quella di S. Matteo. Essa ha un buon ancorsggi 
nella sua insenatura occidentale, ad una profondità di m. 22; un all 
pure buono si presenta sulla costa S. dell’isola. Secondo il rapp 
del cap. C. E. Smith, comandante la « Thetis », non esisterebbe I's 
lotto anonimo, segnato a N.-E. dell'Isola S. Matteo dalla Carta 9% 
del Coast Survey. L'Isola di S. Lorenzo fu visitata anche nell'interno. 
Non è quasi mai completamente libera di nebbie che involgono costa 
temente le più alte vette delle sue colline. Il suo aspetto è in genenit 
povero e inospitale, quantunque abbia qualche abbondanza di acq® 
vive in laghi e piccoli fiumi. Nella parte esplorata non si rinvenne trac 
alcuna di soggiorno dell’uomo. È invece molto frequentata dagli « 
e dalle foche, d'inverno, e nella miglior stagione da volpi, anitre e be 
caccini. La temperatura vi è sempre bassa, il vento forte e l'aria mollo 
umida e rigida. Di solito l’isola essendo involta nella nebbia, la net 
si conserva a lungo anche nelle parti più basse di essa, come il ghiaco0 
lungo la costa settentrionale. (ot. fo Mar., n. 2, 1890). 

IL Laco MISTASSINI è stato nuovamente esplorato nel passalo 


0 1889 dai professori .W. J. London e G. S. Macdonald del Ca- 
fà, i quali verificarono e completarono i rilievi già fatti nel 1884 
a Commissione del Canadian Geol. Survey. In generale si trovarono 
iti questi rilievi. Gli ultimi lavori permisero poi la costruzione di 
buona carta del lago stesso a J. W. Redway, membro della sud- 
Commissione. (Peterm. Mittei/., n. IV, 1890). 
? UNA GRANDE MINIERA DI NIKEL fu recentemente scoperta nel Ca- 
A vicino a Sudbury su una diramazione della grande linea ferroviaria 
pentrionale del Pacifico. Dicesi ch’essa abbia una profondità di circa 
bs metri (Rev. fran. de FÉ. et Expl., n. 91, 1890). 
LE MINIERE D’ARGENTO DELL’UTAH. — Il territorio di Utah si è 
famoso in brevissimo tempo per la ricchezza delle sue miniere 
pento. In 15 anni, dopo l’apertura della strada ferrata del Pacifico, 
Ba livorano molti giacimenti. Le miniere più importanti trovansi in- 
feno a Park City, situata sulla stessa linea della Salt-Lake-City, pre- 
fiimente a km. 43. Park City in 15 anni ha attirato a sè 6 mila 
Ranti, di cui 2 mila sono minatori. Essa sorge all'altezza di m. 3,200. 
più grande miniera di questa città è quella detta dell'Ontario. Nel 
pey essa diede un prodotto netto di lire 4,500,000, e da quando fu 
erta, la cospicua somma di lire 53,126,250. Un'altra miniera, la Daly, 
% nel 1880 il dividendo complessivo di lire 2,250,000. Il valore 
della produzione delle miniere di Park City ascese nel 1889 a 
17,500,000; e si crede che nel 1890 possa salire a circa 27 ml- 
fini. (Le Mouv. Géog., n. 8, 1890). 
% L'ALTEZZA DEL VULCANO POPOCATEPETL, stando alle osservazioni 
ithe si dicono fatte in questi ultimi tempi e mandate telegraficamente 
fel Messico a Nuova York, sarebbe diminuita di circa mille metri 
cifra attribuitagli in seguito all'ultima misurazione comunemente 

(m 5,400); sicchè'ora la sua quota d’altitudine dovrebbe essére di 

4,400 circa. (ature di Londra, n. 1069, 1890). 

*. SPEDIZIONE SCIENTIFICA ALL’ JUCATAN. — A spese dell’Accademia 
dele scienze di Filadelfia, è partita da Nuova York, già alla metà di 
Rbbrajo p. p., una Spedizione scientifica, che ha per iscopo l'esplora- 
Wone geologica, botanica e zoologica dell’ Jucatan. (Peterm. Mitteil., 
a IV ’ 1890). 

Netta IsoLa Batty, una delle Wollaston alla Terra del Fuoco, 
forse fin dall'ottobre 1888 una nuova Stazione della Società Missionaria 
Wdamericana per il soccorso ai naviganti. Essa è quindi 1’ estrema 

ione di bianchi nell'emisfero australe, trovandosi a 53° 37’ lat. S. 
è 67° 36° long. O. Greenwich. (Mot to Mar., n. 12, 1890). 



















F. — OCEANIA. 


_ LA SPEDIZIONE NEL QUEENSLAND SETTENTRIONALE. — La Spedi- 
one Weston, che era stata mandata nel Queensland settentrionale ad 
are il paese, è ritornata dopo avere percorsi in tutte le direzioni i 
è Bellender Kerr. Ricche sono le collezioni zoologiche e botaniche 
esa ne riportò. Furono compiuti anche alcuni lavori geografici, 



















fra cui la misurazione. di ‘parecchie altitudini. La cima più elevata dif: 
quei monti è il Picco centrale (m. 1,650); vengono poi il Picco 
ridionale (m. 1,550) e il M. Sofia (m. 1,240). (Peterm. Afstteil., III, 1890 

LA POPOLAZIONE DI MELBOURNE. — La città di Melbourne, ceil: 
tale della Colonia Victoria d' Australia, comprende ‘ne’ suoi confini pg 
recchi sobborghi, di cui alcuni crebbero in popolazione nelle propora 
stesse o superiori a quelle della vera City. Perciò alla fine dell’ anno 138 
mentre Melbourne contava 76,564 abitanti su km. q. 13,34, 1 
sobborghi avevano 350,705 ab. su km. q.. 269,89. Tra questi sobborg 
notano distintamente la South Melbourne City con ab. 41,125; F 
City con 39,000; Richmond City con 37,350; Collingwood Gi 
con 32,888; Fitzroy City con 32,425 e North Melbourne con .21,9Éf 
abitanti. Alla fine del 1889 la popolazione totale della città e sobborgli 
di Melbourne sali a 437,785 ab., con un aumento, del resto non molli: 
considerevole, di ab. 10,516 (Deut. Rund. f. Geog. u. Stat., n. 7, 189 

CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE IN TASMANIA. — Alla fine ¢ 
l’anno 1889 la colonia inglese dell'Isola di Tasmania contava 15 
abitanti sulla superficie di km. q. 67,535, quindi una popolazione x 
tiva di 2,24 per km. q.. Nell'anno suddetto i nati furono 4,75 3 
morti 2,102. L'immigrazione salì a 23,443 persone, l’ emigrazione 
di 20,771 (Deut. Rundschau f. Geog. u. Stat., n. 8, 1890). 

GLI ABITANTI DELLA Nuova CALEDONIA, dal censimento del 188% 
risultano in numero di 62,752. Di questi, 43,249 sono indigeni, 19,59% 
sono di razza bianca, compresi in questi ultimi 7,477 deportati (De 
Rund. f. Geog. 2. Stat., n. 7, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


AL PoLo Norp. — Il dott. F. Nansen, mentre è richiesto 4 
Nordenskjéld e dal Dickson d’ assumere il comando della Spedizione 
polare antartica, accarezza più ancora |’ idea di un tentativo per nf: 
giungere il Polo Artico. Egli espose in proposito i suoi concetti in us 
recente conferenza alla Società Geografica di Cristiania. Il Nansen esce ii. 
dendo |’ utilità di avviarsi al-Nord per l'Isola di Groenlandia, dimostà 
colla scorta dei fatti la massima improbabilità di raggiungere quela 
méta per le vie di mare già tentate lungo la costa occidentale della Groat 
landia stessa, ad E. di questa e a N. delle Spizberghe, od a N. della 
Nuova Zembla. Studiate poi le condizioni idrografiche e meteoriche 
del Mare Artico, egli dichiarò di ritenere che in qualche parte di ew 
debba esistere una corrente diretta da S. a N., come continuance 
della grande corrente dell’ Atlantico; mentre oggidi i più credono che 
essa si disperda, almeno alla superficie, tra le Spizberghe e la Terr di 
Francesco Giuseppe. Egli ricorda che nel 1884 (quasi tre anni dop? 

che l' infelice Spedizione della « Jeannette » periva in gran parte na 
ghiacci settentrionali, poco lungi dalle Isole della Nuova Siberia) 9 
una longitudine quasi opposta, sulle coste occidentali delia Groenlandis, | 
a Julianshavn, si scoprivano , aderenti ad un ghiaccione galleg 
giante, 1 calzoni d’un marinajo di quella nave. Ora il Nansen tro 


— 52 I, — 
della massima improbabilità, per non dire impossibile, che il ghiac 
one sia stato traspoitato in quel luogo, percorrendo una direzione 
da E. aO. per mari che mancano quasi affatto di tali correnti, e sono 
,Mlawece solcati da correnti contrarie; esclude affatto il passaggio da O. 
si E. per il Nord dell’ America, e conchiude che la massima proba- 
 Bilîtà resta soltanto alla supposizione d’ una corrente, la quale proce- 
i dendo attraverso la regione del polo, o a poca distanza di esso, abbia 
fascinato quell’ avanzo della « Jeannette » prima da S. a N. poi da 
8. a.S., fino al luogo dove poi fu scoperto. Questo fatto ed altre rifles- 
tial danno all’ esploratore il coraggio di proporre una Spedizione per 
tale via a N. della Siberia. Il Nansen vorrebbe poi una nave costruita 
- ippositamente, armata ed equipaggiata come lo esigono le circostanze, 
‘@ provveduta di viveri per alcuni anni. Si dovrebbe partire in giugno 
® luglio, per lo Stretto di Bering, alle Isole della Nuova Siberia, e di 
È in mezzo ai ghiacci, lasciandosi in balia della corrente, avventurarsi 
a N.. Tutto questo però non è ancora che un semplice disegno, una 
proposta del Nansen, e non già un progetto, e tanto meno una im- 
presa già deliberata, come alcuni credettero e fecero credere in questi 
| giorni. (Peterm. Mitteil, n. IV, 1890). . 
| LE COSTE ORIENTALI DELLA GROENLANDIA, non più toccate dopo 
la Spedizione tedesca del 1869-70, se non in due punti, a Cap Dan 
dal Nordenskj61d nel 1883, e dal Nansen a Sermilik nel 1888, furono 
tn’ altra volta esplorate nella passata estate 1889 dall’ardito norvegiano, 
cap. R. Knudsen. Nel luglio egli si avventurò in mezzo ai ghiacci gal- 
leggianti di quelle coste, sbarcando in parecchi punti, e giungendo fino 
alla costa settentrionale dell’ Isola Shannon. Questa fortunata escursione 
nella Terra di Re Guglielmo dimostra in ogni caso la possibilità di 
procedere a N. lungo le coste orientali della Groenlandia. (Peterm. 
| Mittel, n. III, 1890). 


IV. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


Cosmos. — Torino, X-3, 1890. 


_ Stud! sui paesi e popoli tedeschi, della Commissione centrale per la Corografia 
sueatifica della Germania. — Batometria del Mare Ligure e del Canale di Corsica, 
dc. 2, Magnaghi (con carta). — Esplorazione dell’ Istmo di Tehuantepec e pro- 
Posta d'un canale attraverso il medesimo, dell'ing. G. M. Fernandez. — Viaggi di 
G. Nachtigal nel Sahara e nel Sudan. 


Rivista pi Topocraria E Catasto. — Roma, aprile 1890. 
1 lavori cartografici dell’ Istituto Geografico Militare (con fac-simile di alcune 
carte), di C. M.. _ 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. - 


— 524 — 
Le GLoBe. — Ginevra, V-1, 1890. 
La circolazione oceanica generale, di £. Chaix. 
— Bulletin, novembre 1889, gennajo 1890. 


Il Rodano dal Fort de I’ Écluse al Fort Pierre-Chftel: un’ escursione nelì 
voja del Sud, di £. Dufresne. — Cenno delle scoperte geografiche di Stanley, 
Ch. Faure. — Ricordi d'un viaggiatore nell’ Estremo Oriente, di G. Revillied, 
Dal Niagara a Montréal per l' Ontario e il San Lorenzo, di 4. de Claparid:. — 
correnti marine, di £. Chasx. 

L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISEE, — Ginevra, n. 4, 1890. 

Le ultime scoperte dello Stanley (fine). 

ACADEMIE DES SCIENCES DE CRacoviEe. — Cracovia, marzo 1890. 


Recensione d'una nota di L. Birkenmayer sull’ antichissima cognizione ¢ 
successione degli equinozî, provata da un passo di Tacito. 


SocreEDAD GEOGRAFICA DE MaprID. — XXVIII-1-2-3, 1890. 


Le razze indigene delle Filippine, del prof. /. Z/umentritt. — L'ultima 
sconosciuta del Mediterraneo; el Rif, di H. Duveyrier. — Fiumi del Venesuig 
della Colombia, di C. ” Duro. — Notizie antartiche del famoso Rio Marsgas. 
SocreDAD ESPANOLA DE GEOGRAFIA COMERCIAL. — Madrid, mag 

aprile 1890. 

Le razze indigene delle Filippine, del prof. /. 2D/umentritt. — Il co 
tra le Isole Filippine ed il Giappone. — Il commercio d’ esportazione nella più 
cia di Valencia. — Il trattato di commercio tra Spagna e Marocco. — La così 
gli schiavi. 

SocieDAD CIENT{FICA ARGENTINA. — Buenos Aires, XXVIII-56, 18% 

Fisiologia e meteorologia dei mari del globo (cont.), di G. Lilerena. 
SOCIEDADE DE GEOGRAPHIA DO RIO DE JANEIRO. — V-3, 1889. 


Le più alte cime del Brasile, conferenza di Orville A. Derby. — Esplonzi 
del Rio das Mortes nel Goyaz, relazione dell'ing. Y. 7. Rodrigues de Moret ‘ 
La cackoeira di Urubù. — Esplorazioni nel Matto Grosso. 

— V-4, I 889. 

Amazzoni, conferenza di 7. 7afajés. — Una escursione nella valle dell’ Am 
zoni, del capitano A. Ribeiro Lisboa. — I progressi della Geografia, del doll 
A. de Paula Frettas. 

GESELLSCHAFT FOR ERDKUNDE zu BERLIN. — Berlino, Atti, XVII-3, 1% 


Paese e popolazione all’ Arcipelago Bismarck, del conte 3. Pfeil. — Viaggi 
Fiume dell’ Amazzoni e sul Purus, del dott. P. Ehrenreich. 
K. K. GrocRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN Wien. — Vienna, XXX 

1890. 

Di un viaggio scientifico al gruppo occidentale delle Canarie, del prof. 0. Sin 
(con 16 fototipie). 
K. K. MILITAR GrOGRAPHISCHES Instirut. — Vienna, IX, 1889. 

Ricerche sull'influenza delle perturbazioni barometriche nei risultati della ivi: 
zione (cont.), del col. 2. v. Sterneck. — La fotografia qual mezzo di riprodan@ 
nell’ Istituto Geografico Militare di Austria-Ungheria, di A. v. Hiél. — L'uso & 
opere cartografiche dell’ Istituto Geografico Militare a scopi non militari, d % 
HidImoser. " 























I — ATTI DELLA SOCIETÀ 


re eee 


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA. 















Durante il mese furono condotti a termine alcuni studi intorno 
eventuale partecipazione della nostra Società alla Mostra nazionale 
mo. Se ne farà oggetto di discussione in una prossima adu- 
del Consiglio. 

Parimenti si maturò il disegno di un concorso che la nostra So- 
potrebbe bandire per due posti di allievi-cartografi. Anche di ciò 
A trattato in un prossimo Consiglio. 

Sono pervenuti alla Società i seguenti doni: 

: ~~ Rivista di igiene e sanità pubblica. I, 1°. Roma, Società La- 
Me, 1890. Fasc. di pag. 40 con tavola (dono degli autori dott. P. Ca- 
ed ing. R. Bentivegna). 

Malîner J.: Die Bevélkerungsdichte Tirols. Vienna, Fromme, 1889. 
estratto, di pag. 9, con carta (dono dell'autore). 

Swcietà Alpina friulana: In Alto: cronaca bimestrale. I, 1-3. Udine, 
t, 1890. Fasc. 3 (dono della Redazione Sociale). 

Finsterwalder dott. S.: Ueber den mittleren Béschungswinkel und 
wahre Areal. einer topographischen Fliche. Monaco di Baviera, 
, 1890. Op. estratto di pag. 48 (dono dell'autore). 

Sommier S: Della presenza di stipole nella « Lonicera coerulea > 
. Firenze, N. Giorn. Bot. it., 1890. Op. estratto di pag. 12 con 
laa — Il nuovo Giardino botanico « La Linnaea ». Firenze, id., 
2. Op. di pag. 4. — Piante del « Jardin » della « Mer de Glace ». 
nze, id, 1890. Op. di pag. 2. — Erborazioni fuori di stagione. 
me, id, 1889. Op. di pag. 3. — Una nuova opera del profes- 
bre Schiibeler : resoconto. Firenze, id., 1886. Op. di pag. 5 (doni del- 
lautore), 

— Nuova Rivista Misena, Anno III, n. 1-4. Arcevia, Pierdicchi, 

. Fasc. 4 di pag. 16 ciascuno (dono della Direzione). 

Strafforello prof G. ed altri: La Patria: Geografia dell'Italia. Di- 
pense 25, 26, 27, 28. Torino, Unione tip. edit., 1890. Fasc. 4 di 
32 ciascuno (dono dell'editore). 

_“assano S.: Las Palmas nel 1885 e oggi. Milano, Illustrazione 


ato 1890. Op. estratto di pag. 11 con illustrazioni (dono del- 
re), 


a” 















— 526 — 

Academie des Sciences de Cracovie: Bulletin. Comptes-rendus, avg 
1890. Fasc. di pag. 16 (dono dell'Accademia delle Scienze di Cracoviafi 

Giuntini V.: Ritratti del cap. G. Casati. Cairo, Fot. Giuntini, 1899, 
2 fotografie (dono dell'autore). 

Grossi V.: lingue, letteratura e tradizioni popolari degl' indiges 
d'America: Parte 1°: Eschimesi, Pelli-rosse, Messicani. Genova, Cimg 
nago, 18,0. Op di pag. 59. — Fra gli Eschimesi delle Isole Ale 
tine: feste, tradizioni e leggende. Genova, Ciminago, 1890. Op. é 
pag. 23 (doni dell'autore). 

Vinciguerra D.: Viaggio di Leonardo Fea in Birmania e regiog 
vicine: XXIV, Pesci. Genova, Sordo-muti, 1890. Vol. di pag. 234 a 
tavole e carta (dono dell'autore). 

Gnisleri A.: Testo-atlante di Geografia storica generale e d' Ita 
in particolare. Evo Moderno. Disp. 2°. Bergamo, Cattaneo, 1890. Fax 
di pag. 24 e tav. 8 (dono dell'editore). 

Hulot et de Margerte: Congrès international des sciences gif 
graphiques: procés-verbaux sommaires. Parigi, Tip. Nazion., 1890. & 
di pag. 38 (dono della Commissione del Congresso di Parigi, 1889}. | 

Cruls ed altri: Revista do Observatorio, V-4. Rio de Janes 
Lombaerts, 1890. Fasc. di pag. 16 (dono della Direzione dell'Ouli 
vatorio). 

Gomes A. C.: Ritratto fotografico del cap. Casati c de’ suoi & 
- Aden, fotografia Gomes, 1890. Formato da gabinetto (dono del cpt 
tano Casati). 

Moutier Ad.: Annuaire statistique de la province de Buenos-Arreé$ 
Edition frangaise. Huitiéme année, 1888. La Plata, tip. « El Dia », 188 
Vol. di pag. LXVIII-380 (dono del Governo di Buenos Aires). 

Kiepert E.: Die alten Ortslagen am Siidfusse des Idaberges. È 
lino, Soc. Geog. 188 9. Op. estratto di pag. 14 e 2 tavole. — It 
rare aus der Jnsel Lesbos (in collaborazione con A. Kod:dewey). Berling 
Reimer, 1890. Op. di pag. 66 e 2 carte alla scala di t: 120,000 





1:210,000. — Gallia Narbonensis. Berlino, Reimer, 1890. Carte crom 
litografiche 2. — Vallis Rhodani inferior. Berlino, Reimer, 1890. @ 
cromolitografica. — Latium vetus. Berlino, Reimer, 1890. Carta a 
molitografica. — Ritratto fotografico (doni dell'autore). 


È 


Società di Naturalisti in Napoli: Bollettino IV-1. Napoli, tip. oe 
Vico Tiratojo, 1890. Fasc. di pag 87 e tavole 6 (dono della Società} 

Thomson J.: Mungo Park at the Niger. Londra, G. Philips et 5 
1890. Vol. di pag. VI-338 con 7 cartine e ritratto (dono dell'editore): 

Comitato centrale antischiavista di Palermo: Bollettino, III-4. Pe: 
lermo, Bondì Vena, 1890. *asc. di pag. 40 (dono del Comitato). 

Morandi L.: Boletin mensual del Observatorio Meteorologico @ 
Villa Colon, II-4. Montevideo, tip. de la Fsc. Nac., 18go. Fasc. 
pag. 23 e tavol: (dono dell’autore-redattore). 

Gandolfi T.: Docks, magazzino refrigerante, molini e pastifioo 
progetto da effettuarsi nella Colonia Eritrea. Roma, Botta, 1890. Op. di 
pag. 26 (dono dell'autore). 

Ghisleri L.: Testo-Atlante di Geografia storica generale e de 


lia in particolare. Evo moderno, Disp. 3°. Bergamo, Cattaneo, 1890. 
. di tav. 4 e pag. 8 in 4° (dono dell'autore). 

Lyllin Ed.: L’utilisation des forces motrices du Rhéne et la régu- 
ation du Lac Léman. Genève, Aubert-Schuchardt, 1890. Op. estratto 
pag. 39 (dono del sig. E. Chaix). 

—'« Le Hajasdan » periodico armeno. N. 17-18. Londra, Ranker 
X., 1890. Foglio di pag. 12 (dono della Redazione). 

Deutscher wissenschaft. Verein in Mexico: Mittheilungen, I-1. Mes- 
p, J. F. Jens, 1890. Fasc. 1 di pag. 26 a 2 col. in 8° grande (dono 
a Presidenza della Soc. Scient. tedesca al Messico). 

Barbosa Rodrigues J.: O Muyrakyta: estudo da origem asiatica 
givilisacîo do Amazonas, ecc. Manaos, tip. do Amazonas, 1889. 
i. di pag. XV-162 con 2 tavole (dono del conte E. Stradelli). 
British Association for the Advancement of Science: Reporth of the 
meeting held at Newcastle upon Tyne in september 1889. Londra, 
Murray, 1890. Vol. di pag. C-955-116 e 15 tavole (dono dell’Asso- 
done britannica per il progresso della scienza). 

Latzina F.: Datos trimestrales del Comercio exterior de la Ré- 
ica Argentina, N. 64, 65. Buenos Aires, Comp. Sud-Amer., 1890. 
ic. 4 di pag 18-19. — Martines A. B: Boletin trimestral de Esta- 
Rica municipal. 1° Trim., 1890 Buenos Aires, Com. Sud-Amer., 1890. 
di pag. 87-78 e tavole (doni della Direzione Gen. della Statistica 
Buenos Aires). 

Direzione Generale delle Gabelle: Statistica del Commercio speciale 
importazione e di esportazione dal 1° gennajo al 30 aprile 1890. 





















ry 


, Elzeviriana, 1890. — Bollettino di legislazione e statistica. 
ano VII, marzo-aprile 1890. Roma, Botta, 1890. (doni del Ministero 
Finanze). 


Direzione Generale dell'Agricoltura: Annali, 1890: Essiccamento 
essiccatoi delle frutta, relazione del prof. dott. C Ofdsen. Roma, 
ptta, 1890 — Risultati delle coltivazioni sperimentali del frummento, ecc. 
ma, Botta, 1890. Vol. di pag. XIII-328. — Divisione Industria, Com- 
reio e Credito: Bollettino di notizie sul credito e la previdenza. VIII, 
PP. 2, N. 3. Roma, Botta, 1890. Fasc. 2 (dono del Ministero di 
pricoltura, Industria e Commercio). 

— Documenti diplomatici: Etiopia. Serie 2%, Roma, Fibreno, 1890 
toni del Ministero degli Affari Esteri). 

Sapeto G.: Etiopia: notizie ordinate e riassunte dal Comando del 
41po di Stato Maggiore. Roma, Voghera, 1890. Vol. di pag. XI-436 
pon carta. — Jstifuto Geografico Militare: Carta dell'Italia alla scala 
™1:100,coo. Tavole: Val Formazza, Domodossola, Tirano, Mantova, 
mena, Firenze. Firenze, Ist. Geog. Mil., 1890. Tavole 6 (doni del Mi- 
Stero della Guerra). 
| Corpo di Stato Maggiore: Possedimenti e protettorati europei in 
frica, 1890. Raccolta di notizie geografiche, ecc. Seconda edizione. 
, Voghera, 1890. Vol. di pag. X-196 con carta d'insieme su ta- 
è cartine nel testo (dono del Ministero della Guerra). 











Il. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — UNA ESCURSIONE NELL AFRICA AUSTRALE. 


Lettera del socio corrispondente G. WEITZECKER. 


(con un disegno). 











Leribe (Basutoland), 9 agosto 18% 


Da Smithfield a Masitise, per Aliwal-North e La Riserva di Herschell. — De} 
tise a Bloemfontein, per Wepener. — Da Bloemfontein a Masem, pir 
Neiu, 


Lllustrisstmo Signor Professore, 


Ecco quasi un anno che Le mandai, da Smithfield (Stato Libe 
d'Orange), una prima corrispondenza sul viaggio che allora stavo # 
cendo. Se volere fosse sempre potere, tre altre corrispondenze avr 
bero fatto seguito a quella, ed all'ora presente quelli dei lettori & 
BOLLETTINO, che avessero benevolmente consentito a seguirmi, col p 
siero, nelle mie peregrinazioni obbligatorie, sarebbero già, come mq 
da gran tempo tornati a casa. 

Quest’ oggi, perchè l’anno non si termini del tutto senza ch'™ 
Le abbia spedito il seguito e fine, sono costretto di fare dei tre capitoli 
un solo, e provarmi a tutto compendiare in un unico articolo. 

Le ragioni che mi tennero così indietro nell'adempimento di o& 
grato dovere, Ella le può facilmente supporre, conoscendo le cond 
zioni mie di malferma salute; e se dico che c'è stato di mezzo 8 
altro viaggio di due mesi, Ella avrà presto fatto a spiegarsi il mi 
lungo silenzio, 

Lasciammo la casa ospitalissima del venerando dottore L © È 
graziosa città di Smithfield li 19 settembre, e ripassato ch’ avemmo Ì 
ponte del Caledone con meno energiche resistenze da parte dei nostri boot 
che non la prima volta, invece di rifare la via dell’ E., prendemm 


— 529 — 

quella del S., dirigendoci verso Aliwal-North. La sera, ci accampammo 
presso ad un piccolo corso d'acqua, e l'indomani, per tempo, par- 
fimmo onde arrivare per la colazione ad una farm raccomandataci 
él dottore, come avente una buona sorgente; ma badate, diss’egli, ci 
sono dei serpenti! Non era uno scherzo. Per l'appunto quando sta- 
famo mangiando, ecco un grosso rettile strisciare verso noi e drizzarsi 
A pochi passi del vagone, come per salutarci ed invitarsi alla nostra 
pense Uno dei miei uomini si provò di stordirlo a sferzate, ma non 
gl nusci. Allora dalla cassetta, dove stavo seduto, conficcai in terra col 
pungolo dei buoi il serpente, mentre esso cercava di rifugiarsi sotto 
il vagone, e mentre così lo tenevo, il mio domestico, presa un’ accetta, 
i troncò il capo. 

| La sera di que] giorno eravamo in vista di Aliwal-North. Spera- 
amo di avere una notte di buon riposo nel luogo dove c’ eravamo 
fermati, ma poco dopo giunsero quattro altri vagoni che si accampa- 
feno presso di noi, soltanto per far mangiare uomini e buoi e ripartire 
‘@undi verso le due di mattina, cosicchè non ci lasciarono in pace. 
‘Partiti che furono avremmo potuto godere la necessaria quiete, ma ecco 
levarsi un vento impetuoso che pareva dovesse rovesciare il vagone, e 
così fummo tanto più contenti quando, all’ indomani dopo mezzogiorno, 
passato il maestoso Orange sopra il suo ponte di pietra, meno spaven- 
toso per i cavalli e buoi che non quello di legno e ferro del Caledone, 
potemmo fare la nostra entrata in Aliwal e riprometterci di lasciare 
in disparte per alcuni giorni la nostra casa ambulante. 

Trovammo Aliwal-North molto meno popolata e quindi’meno ani- 
mata che nel 1883. Anche là s'erano fatti sentire gli effetti della great at- 
#raction dei campi auriferi del Transvaal. Ma ciò che non aveva cambiato 
tra il cuore affettuoso dei dottori D. e della loro famiglia, dimodochè 
la settimana che spendemmo con loro ci fu sommamente giovevole, a 
me specialmente nella mia qualità di valetudinario. 

Di Aliwal dirò, a complemento di quanto scrissi in una delle mie 
lettere del 1885, ch'è cittadella di bellissimo aspetto colle sue larghe 
vie diritte, fiancheggiate d’ alberi, a pie’ dei quali scorre abbondante 
l'acqua condotta dalle terre sulfuree. Queste terre potei questa volta 
visitare, un giorno, nella vettura dei dottori, e, quantunque primitive 
ancora come sfabdilimento, esse offrono già una grande risorsa cura- 
tiva. In vicinanza ad esse si trovano depositi di torba, di cui presi 
un esemplare. Nella città stessa sono degne di nota la stazione ferro- 
viaria, un giardino pubblico, una scuola comunale, le chiese dei dif- 
ferenti culti, fra cui quella dei così detti Dopgers (che sono protestanti 

































— 530 — 
nemici di ogni innovazione (1), talchè molti di loro vestono anc 
come i loro antenati venuti in Africa dugent' anni fa) la bibliota 
pubblica che già conta duemila volumi, ed il museo privato ddi 
gnor A. Browne. Questo signore, che nel 1885 avevo creduto fosse 
tedesco ed è invece un inglese, è uno strano tipo. A vederlo passare fi 
le vie, piccolo, malamente vestito, con lunghi capelli e barba ina 
lo si potrebbe prendere per un pezzente. Invece egli ha le sue he 
rendite, e la sua casa propria, con annesso giardino da lui ridotti 
giardino zoologico, come a museo è ridotta parte della casa. Salfi 
ritirato, il signor B. pare non vivere che per le sue collezioni, e 
la Biblioteca pubblica di cui egli è custode. Fra le sue collezioni, @ 
notevoli molti fossili vegetali ed animali, e nel suo giardino i @ 
detti monitori, lucertoloni giganteschi che misurano fino a 1,80 di 
ghezza. Ce n’ erano una dozzina di varie età e dimensioni; grill 
simo uno piccolo collocatosi sulla schiena di sua madre. Sono qs 
favoriti del signor B.. Per essi egli ha costrutto, dietro una gra 
metallica, come un pendio di monte con terra, roccie, gradini, § 
che, ecc., ed alla base un bel ruscello, e così quegli animali post 
credersi ancora in .libertà sui' colli di Aliwal, dove egli stesso li 
cercati e presi. Li ciba di sua propria mano, ed essi lo conos@ 
perfettamente e si lasciano da lui accarezzare e prendere nelle bral 
Fanno ad essi compagnia lucertole di varie specie, con o senza pui 
glione. Dietro ad altra rete vi sono uccelli per lo più di preda, e fa 
in libertà, tartarughe grandi e piccole. Il signor B. è in pensiero 
l’ avvenire delle sue collezioni e del suo piccolo giardino zoologico. 

Vorrebbe assicurarlo, facendo dono al Comune di quanto egli 
sì bellamente cominciato ed avviato, e lasciando anche di che ma 
nerlo e svilupparlo. Speriamo che a ‘suo tempo possa il suo intento e 
compreso e gradito. 

Il sig. Browne è in corrispondenza con istituti scientifici d' In 
terra, Austria-Ungheria, ecc., dai quali già ebbe attestati di grati pdl 
per i servigi prestati; ed io sono lieto di additare anche al nostro piè 
il nome di quello zelante e generoso, quanto modesto, cultore delle scie 
naturali. | 

I dintorni di Aliwal sono amenissimi, sovrattutto le passeggis 
sulla sponda sinistra dell’ Orange fino al congiungimento con es ™ 
suo affluente, il Craai. 


(1) Si costituirono in chiesa separata, perchè considerano come una profanaziot: 
l’ introduzione, nel culto pubblico, di altri inni che non i Salmi di Davide. 





— 531 — 

In direzione opposta, ma troppo lontano perché vi potessi andare, 
a così detta Stone-City, la « Città di pietra ». È un altopiano coperto 
roccie di siffatta forma e siffattamente disposte, che sembrano le vie 
pa città, d’ onde il suo nome. 

Quando partimmo da Aliwal-North, lì 26 settembre, condotti gen- 
pente dall’ uno dei dottori D. nella sua vettura per raggiungere il 
ro vagone, ch'era andato avanti, molte ore prima, s’ ebbe agio di 
urare altri bei dintorni, risalendo la riva sinistra del Craai fino 
sno ponte in pietra, al di là del quale ritrovammo il nostro veicolo. 
lle rive, come pure quelle dell’ Orange, mercè la protezione di un 
mo civile, sono ancora coperte di vegetazione, e questo basta a 

un tutt' altro aspetto al paese. Vedemmo, in vicinanza alle loro 

parecchi animali che gl'indigeni chiamano peda, e gli Inglesi rack- 
ws, ma che mi sembrano essere molto più parenti delle marmotte 
} non dei conigli. 

Passato il ponte del Craai, e camminando verso il N.-E., fummo 
bo un giorno, nella Riserva di Herschel, che impiegammo due giorni (28 ‘ 
9 settembre) ad attraversare. È un paese, com'Ella vede, abbastanza 
so, che il Governo della Colonia abbandona all’uso esclusivo degli 
ligeni. Nessun bianco vi può acquistare terreno, quindi non: vi sono 

» ma solamente stabilimenti commerciali, posti governativi, stazioni 
sionarie e villaggi indigeni. Va da sè che gli indigeni non hanno armi 
Re non vi sono fra loro che Aeadmen ossia capi di piccoli villaggi. 

Del rimanente godono tutta la libertà di vivere a modo loro e se- 

pado i propri riti, dimodochè quelle Riserve si potrebbero chiamare 
stissimi giardini antropologici. In quella di Herschel, per esempio, 
canto ai bianchi, civili, militari ed ecclesiastici, ecco dei Basuti, dei 
cubuki detti dai Basuti Bathepu, dei Fingu che è la corruzione inglese 
A nome Amafecu, detti dai Basuti Mat/oebi, oppure Matsitsi, dei Bath- 
oa, dei Baphuthi e dei Bastardi, detti dagli indigeni puro sangue, 
4. Dunque tre razze e sei nazionalità differenti, e tutti vestono, 
hon vestono, come a loro piace, fanno le loro case secondo la propria 
hitettura, mangiano secondo il proprio gusto, servono Iddio od i loro 
| i, come se li intendono. Lasciando i bianchi fuori di questione, egli 
P cridente che, dopo i Bastardi, sono i Basuti quelli che si mostrano 
iperiori per bonne fenue. A loro molto s'accostano i Bathlocoa ed i 
Sphuthi. Gli Amafecu potrebbero dare la mano ai Zulù in quanto a 
YeRognosa nudità, ma il grembialino che portano, almeno quando viag- 
‘ao, li rende superiori ancora ai Tecubuki che usano ornamenti più 
îtrerecondi della semplice nudità. 
















— 532 — 

Ho pensato non essere inutile il menzionare i vari nomi sot 
quali alcune tribù della Riserva sono conosciute, perchè da ciò si 
come facilmente si possano prendere sbagli quando, viaggiando in 
paese, si raccolgono in fretta e in furia le informazioni. Fac 
simo, per esempio, che quattro viaggiatori facciano dello stesso 
viduo il rappresentante di quattro tribù differenti, secondo che !' ung 
sentirà chiamare fig, l’altro fecu, il terzo /etloedi e il quarto dedi 
oppure che lo stesso viaggiatore faccia di quattro membri della s 
famiglia i rappresentati di tribù diverse, secondo i suoi informatori 
diranno dell'uno ch'egli è un fine, dell'altro un fecw, del termo 
letloebi e del quarto un 4efsifsi, mentre, in realtà, appartengono 
alla tribù degli Amafecu, come chiamano sè stessi. 

Giungemmo a Palmiet Fontein il sabato sera, 29 settembre, 
senza che, a cagione del pessimo stato delle strade, il nostro va 
avesse corso due o tre volte il pericolo di rompersi o di capitombs 
Palmiet Fontein è posto militare, comandato da un luogotenente, { 
sig. R. che, come pure la sua giovane signora, fu per noi amabilissti 
Ivi spendemmo la domenica, e ci rese tanto più gradevole la loro ct 
pagnia lo scoprire che, per parte di madre, il sig. R. è un Italiana 

Il lunedì mattina ci dirigemmo verso il guado del Tele, cdex 
vamo poco lungi ancora da Palmiet Fontein, quando vedemmo amt 
verso il vagone due cavalieri bianchi. Era il missionario di Masitis (i 
signor E., ed un suo figlio che ci erano venuti incontro per accerta 
del nostro arrivo e portarci le- nostre lettere, che da alcune settms 
avevo fatto spedire a quella Stazione. 

Il varco del Tele, che non è sempre facile, sia a cagione dA 
larghezza e dell’ abbondanza delle acque, che del letto profondamet 
ciottoloso, sì effettuò felicemente, e alle 2 pomeridiane eravamo ina 
dei nostri amici E., godendo la loro buona ospitalità e le bellezze det 
loro Stazione, situata nella riva sinistra del Masitisi, ossia Fiume 
ed a poca distanza del confluente di esso col Fiume Orange. È um 
Stazione bella per ogni riguardo, ed allora concorrevano a darle più cf 
mai aria di festa gli aloe, che le facevano corona coi loro fiori di un roi 
splendido. Ora la famiglia E. abita una graziosa, grande e comoda 042%; 
ultimamente edificata sotto la direzione del missionario stesso; 2% 
per moltissimi anni essa invece si contentò d’ una spelonca ridotta 4: 
camere dai colpi dello scalpello e dalla costruzione di qualche mu 
Nel vestibolo c’ era la fontana che zampillava dalla roccia; tutto lung 


(1) Si pronunzia Massitissi. 


— 533 — 

pelle camere (quattro, se ben ricordo), quella stessa roccia formava un 
fitto di molti metri di spessore, il quale così serviva pure di tetto; 
i salottino era stata acconciata ad uso di c¢anape una prominenza 
Mi quella medesima roccia, ed in tutte le camere era proibito asso- 
tamente di camminare colla fronte alta, per poco che si fosse di sta- 
mea superiore alla media. Davanti a quell’ abituro, trovavasi una spianata 
pcheggiata d’ alberi, che tuttora serve di belvedere, ed al tutto si 
Medeva per una gradinata tagliata nel monte. 

x Era poetico oltre ogni dire. Faceva pensare alla Tebaide, ma pro- 
firava puranco dei reumatismi, e tutti sì congratulano con quella cara 
pmigha, che Ja sua casa-spelonca non sia ormai più che una curiosità. 
Ma non è la sola di Masitisi. Lo è pure la stalla, che ha per prin- 
ips e parete un’ altra roccia in forma di spelonca, e tutta ricoperta di 
fitiure di Boscimani, di cui se non mi manca il tempo, unirò alla pre- 
mate qualche riproduzione (1). Chi sa quanto pagherebbero certi 


rr 
\x} 
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Pitture di Boscimani a Masitisi. 


| Amatori di etnogralia per avere tale stalla, di cui ben presto avrebbero 
atto un museo | 
Ci sono poi sulla spianata della Stazione quelle pietrificazioni 


(1) Presentiamo qui il disegno inviatoci dall'egregio A. Le parti coperte di trat- 
‘*igio tono, nell'originale, colorite in rosso. Sul disegno stesso troviamo scritta di 
mano dello stesso A. Ja seguente osservazione: « Mi sembrerebbe risultare da questa 
‘ Pittura, fatta forse da un ragazzo, che i Boscimani usavano fare l’ abbozzo prima 
"di mettere i colori » (V. 4, DI). 



















— 534 — 
di cui ho spedito a Roma alcuni esemplari, che non meriterebì 
davvero di andare perduti.. | 

A breve distanza da Masitisi verso l'E., e quale dipendenza 
essa dal punto di vista ecclesiastico, ma sotto la direzione di un a 
missionario per tutta la parte educativa, tecnica e materiale, c'è la 
detta Scuola Industriale di Quthing, o più precisamente di Lelea§ 
(cioè a/ mulino), ora che vi si è stabilito anche un mulino. È q 
una scuola. dove s' insegnano ai giovani indigeni vari mestieri (@ 
gname, muratore, fabbro, ecc.), e che ha ultimamente fatto la pe 
dei risultati, cui è potuta giungere, colla costruzione della più bella 
elegante casa che si trovi nel Basutoland. Come punti non rice 
di paragone si trovano, vicino ad essa, una casa quadrata di mal 
con tetto di giunchi ed erba, una casa rotonda in terra con tetta 
mile a quello, ed una capanna di soli rami, giunchi ed erba, cosa 
d'un colpo d'occhio, si vedono i quattro generi d’ architettua 4 
paese, dal primitivo, e prettamente indigeno, al più moderno, ¢ wi 
mente europeo. Il mulino è pur esso una bella costruzione, lavore( 
gli allievi sotto la direzione del missionario, e quelli che lo metto 
opera sono pure indigeni. 

Un giorno facemmo una bella passeggiata a cavallo sovra uno ¢ 
pianori che circondano la località, e dove si trova la residenza 
magistrato di quel distretto di Quthing. Quantunque ad un'oretta 
di distanza, il cambiamento di scena era sensibilissimo, e già palt 
di essere addentrati nella catena dei Witte Bergen (Monti bine 
invece di essere solo alle falde, tanto più quando scendemmo nel 
roccioso ed incassato del fiumicello detto Qogode, a vedervi ll # 
amenissimo burrone, folto d'alberi ancora. C'è in quelle parti ® 
spelonca con una bella pittura di Boscimani rappresentante un # 
getto di caccia, alla pantera se ho ben capito, ma non avena 
tempo di andarla a vedere. L’ altopiano, su cui si trova la residenza, 
chiama Afoyene, ma il distretto conserva il nome dell’ antica sede 9 
Quthing. In quella regione abbonda tuttora la grossa selvaggina. 

Da Masitisi sarebbe stato mio desiderio procedere fino 21 * 
bapala ossia al Fiume Buffalo e visitare la nuova ed estrema % 
zione al di qua dei Drakensberg (Monti del Dragone), ma la ©” 
cavallo essendo di cinque ore, sarebbe allora stata troppo fatico 
per me, ed in vagone tutti mi sconsigliarono di farla, essendo la s12% 
rotta in un punto. Così bisognò pensare a prendere la via del NO, 
invece di proseguire per quella dell’E.. Se non che prima di dst 
l’ ultimo saluto alla bella Stazione del Fiume dell'Argento, debbo f * 


— 535 — | 

hee che tutto quel paese a S.-E. dell’ Orange, che forma i distretti 
sssionarî di Masitisi e del Sebapala, era, anni addietro, conosciuto sotto 
mome di Paese di Moorosi Era questi il capo dei Baphuthi. Dopo la 
ribellione contro il Governo del Capo di Buona Speranza, e la guerra 
Me ne seguì nel 1879, e nella quale egli perdette valorosamente la vita, 
ndo, dopo sette mesi d'assedio, fu preso il monte-fortezza dove si 
m rifugiato, ii suo paese passò più direttamente nelle mani dei Basuti 
me avevano ajutato i coloni in quella campagna, e la famiglia di 
porosi perdette il potere. D'altronde la storia di quella famiglia era 
Wea storia di sangue, come lo è la storia di quasi tutte le famiglie 
gnanti, od altre volte regnanti, di queste tribù. Il monte dove Moo- 
i sostenne il famoso assedio e lasciò la vita, porta tuttora il suo 
fome nel paese e nelle carte geografiche. Quel monte storico non lo 
motel andare a visitare per la lontananza; ma fui a vedere l'antico 
ponte di Moorosi, situato ad un'oretta soltanto di. cavallo a S.-O. di 
Masitisi. Anch’ esso è una fortezza naturale, ma che per essere do- 
“tinata da altri pianori potè servire soltanto finchè si combatteva ad 
‘ arma bianca. Venuti i fucili, e soprattutto i cannoni, dovette essere 
abbandonata. 
Fu il dì 12 di ottobre che lasciammo Masitisi, non senza qualche 
dubbio sul modo con cui varcheremmo I’ Orange, essendo esso mezzo 
pieno ancora. E difatti, quantunque avessi comprato due nuovi buoi, 
giovani e buoni, e che il signor E. mi avesse prestato quattro dei 
suoi, il che faceva che il nostro span era per la circostanza di venti 
buoi, durammo un'ora di tentativi ed emozioni prima di essere appro- 
dati alla riva destra. Sempre, giungendo alla corrente, e dove le acque 
erino anche più alte, le povere bestie si spaventavano, volevano tor- 
nare indietro, s’ imbrogliavano le une nelle altre, e qualcuna passava 
sott'acqua. Il signore E. che ci aveva raggiunti a cavallo con due 
delle sue figlie ed un’altra signorina, per vedere come andrebbero le 
Cose, girava pallido intorno al vagone, spingendo il suo cavallo nelle 
acque e dando ai nostri uomini tutti quei consigli che gli suggeriva la 
sua lunga esperienza. Noi, non meno pallidi di lui, incoraggiavamo 
come potevamo i nostri buoi, mia moglie colla voce, ed io colla voce 
© col pungiglione. Alla perfine quando ne uscimmo, coll’ajuto di Dio 
è di alcuni uomini che aspettavano che fossimo passati per passare 
ach'essi col loro vagone, fu con un profondo sollievo di cuore che, 
da una riva all'altra, scambiammo cogli amici, a mezzo dei fazzoletti, 
Bi ultimi saluti. Ogni anno, a quel passo, 1’ Orange fa le sue vittime, 
© c'era proprio di che essere riconoscenti ch’ egli ci avesse risparmiati, 















— en 


—- — “a: 

























— 536 — 

L'indomani a sera, dopo aver traversati, parecchi monti, « 
giandoli, eravamo di nuovo al passo del Makhaleng, dove già erat 
passati venendo da Bethesda, sul principio di settembre, con non 
difficoltà. Ora le acque essendo più basse, non ci accadde niente di 
ticolare. Sta presso al guado il prospero stabilimento di un signore: 
sco, il signor M., e consiste in un avviato negozio, in un non 
avviato e bellissimo mulino ed in una casa elegante con gi 
che promette di diventare magnifico, avendo esso a sua disposiz 
mediante un sistema d’ irrigazione, che ha dovuto costare molti 
denaro, nientemeno che l’acqua del fiume che scorre al suo pied 
signor M., per un capriccio da gran signore, ha ornato l'esten 
parte dell’ interno della sua casa con corna di antilopi di specie 
riatissime. Ce n’ è, per esempio, tutto intorno al tetto. I supe 
possono invidiare quella casa come perfettamente assicurata dal ; 
occhio. 

Quello che invidio io, non per me, ma per la mia patria, té 
spandersi un po’ dappertutto degl’ intraprendenti, laboriosi, ed i 
striosi anglosassoni, i quali, anche dove non hanno colonie, § 
individualmente stabilirsi, montar su un negozio, impiantare un' a 
stria, fare abilmente (e vorrei poter aggiungere: sempre onestaned 
grossi guadagni, diventare proprietari del suolo, acquistare influenz 
aprire così al paese natlo sempre nuove sorgenti di prosperità. So 
così fanno gl’ Italiani nell’ America del Sud, e su varie coste del & 
diterraneo; ma perchè non lo farebbero un po’ dappertutto? Vers 
che jeri soltanto siamo nati alla vita nazionale, ma meno tempo 
perderà e meglio sarà. 

Ritorno al mio viaggio. Dal guado del Makhaleng a quello € 
Caledone, impiegammo tre giorni, e nulla dico degl’incidenti della 4 
Il guado di Robertson è forse e senza forse il più frequentato © 
l'intiero corso del Caledone. Vi trovammo stazionati od in 2% 
una trentina di vagoni. Tirava un gran vento, ma le acque erano 5% 
e passammo senza difficoltà. Fossero state alte, saremmo passati 1 
stesso con un po’ di pazienza, avendo il signor R., oltre al nego 
ed al mulino, anche un pontone, che è un capitale galleggiante, OF 
interessi molto stabili ed importanti. 

Passato il Caledone, lasciammo alla nostra destra la via del 
per prendere quella del N.-O. di Bloemfontein. Alla mattina del i 
ottobre, dopo aver attraversato un’ arida pianura nelle cui form nos 
si vedevano che montoni, eravamo in vista di Dewetsdorp, cioè 
villaggio di De-Wet, e ci meravigliava il vedere sul colle che lo de 


— £37 — 

j una striscia di roccie bianche le quali parevano lettere. Che sia 
therzo di natura? dicevamo tra noi. Approssimandoci a quei 
e coll’ ajuto del binocolo, finimmo col riconoscere ch’ era sem- 
mte il nome della località, scritto a caratteri giganteschi con 
lastroni. Non dunque scherzo di natura, ma idea originale, forse 
municipalità. Poco ci fermammo in quella cittadina, perchè ci 
2 di essere a Bloemfontein nel sabato dopo mezzogiorno. Vi 
mo facendo grandi tappe le due notti seguenti, il che coi buoi 
we il miglior modo di fare del cammino. Arrivando a Bloem- 
dal S.-E., notai un colle sassoso, ricchissimo di lucerte e lucer- 
È Dappertutto mostravano le loro svariate forme ed i loro svariati 
ma non ero in grado, nè avevo il tempo di pensare a dar loro 
mia per farne collezioni. 

Hrorammo la capitale dello Stato Libero d'Orange tutta sconcertata 
ada una tremenda grandinata, che il martedì aveva guastato case 
dini. Non una di quelle che non avesse avuto cristalli rotti, non 
fi questi che conservasse fiori, frutti, o Jegumi. Gli stessi alberi 
b fusto erano sfrondati e sconquassati. Un tale spettacolo faceva 
fo pietà. Dappertutto si lavorava a riparare i guasti, e molto si 
pa fatto; ciononostante fummo privati della buona ospitalità del 
olandese, l’ottimo signor M., la camera che ci era destinata 
Ado stata riempita d'acqua all'altezza di un piede. Nella stessa 
Rina della Presidenza, come seppimo dipoi, andando a presentare 
str doveri alla vedova dell’illustre Brand, soltanto il gran salone 
ficevimenti era stato risparmiato; in esso si dovè rifugiare tutta 
amiglia ; in tutto il resto della casa bisognava camminare scalzi. 
quell’ uragano avevamo avuto un'eco lontana nel vento e nella 
fia che ci avevano incomodati presso il Caledone; cosa sarebbe 
) di noi se si fosse scatenato dove eravamo accampati? Quei 
chi, di cui due bastavano a riempire la mano, avrebbero stri- 
Ro il nostro tetto di tela e riempito ad Zifferam la nostra casa 
muante, tutto rovinandovi dentro. Anche quella fu protezione. Fu 
we con cuore riconoscente che l'indomani entravamo nella bella 
2 del reverendo signor M.. Egli ci aveva preparato una sorpresa. 
Rasciatevi condurre dal portinajo, ci aveva egli detto, esso vi addi- 
@tà i vostri posti ». Ed il portinajo ci condusse avanti, avanti, 
P al secondo banco alla destra del pulpito e della tavola di comu- 
e ci fece cenno di sedere. Era nientemeno che il banco del 
Ridente dello Stato, lasciato vacante allora per la morte di Brand. 
Primo sedevano metà dei membri del Consiglio della chiesa, fra cui 


































— 538 — 

notai 1’ onorevole F., presidente del Volksraad. Tutti gli occhi dei. 
entrati si fissarono su di noi, ed i buoni burghers chinavano il ¢ 
l'uno verso |’ altro, domandandosi certamente sottovoce chi pote 
essere quei due personaggi così onorati dal loro predikant? Buon 
noi che il culto cominciò, mettendo fine ad un concentramento; 
sguardi che non poco ci molestava. Capimmo I’ intenzione del nm 
ospite, e ce ne accertammo ringraziandolo; egli aveva voluto on 
la causa missionaria che noi rappresentavamo, mostrando ai suoi 
rocchiani che chi predica il Vangelo ai neri non è men degno di 
guardi di chi lo predichi ai bianchi. È questo un principio di cal 
vanno persuadendo ognor più 1 pastori dei Boeri, e ch'essi vanno 
culcando alle loro pecorelle; anzi parecchi di loro, accanto all 
carica pastorale presso i bianchi, hanno già assunto o vanno assume 
quella della direzione della missione fra i neri. E così cadono! ff 
giadizi che altre volte erano grandissimi, giacchè i Boeri conside 
i neri non come uomini, ma come creature di un ordine infene 
Darwiniani o precursori di Darwin, senza saperlo, li chiamavano 
plicemente scimmie. In quanto ai missionari, li guardavano in ish 
quasi fossero nemici del bene pubblico, perchè lavoravano a Teng 
istruite, colte e morali quelle creature, che, secondo loro, Dio non 2 
fatto con altro fine che di essere i servi dei bianchi. 

Ora la luce si va facendo mediante una più ragionevole € © 
pleta interpretazione della Bibbia ed il progresso generale delle x 
e finiranno per esserne contenti bianchi e neri. 

Il dopo pranzo di quella domenica, mi toccò fare una nuora e 
rienza nell’ arte di parlare in pubblico. Il sovrintendente della miss 
wesleyana avendomi domandato di predicare alla sua chiesa per gl'indige™ 
ebbi il lusso di due interpreti. Parlavo in sesuto ed un Bastardo mi 
terpretava in olandese, quindi un Cafro in secosa, cosicchè tra un pere 
e l'altro scorrevano talvolta più minuti. Avevo più volte provato l'ì 
conveniente che c'è a mancar di tempo per concatenare logicame® 
le proprie idee, quella volta provai quello che c' è ad averne troppo. 

Sbrigate le nostre faccende, lasciammo Bloemfontein nella 10% 
del 26 ottobre e camminando verso l'E., eravamo, ad un’ ora 09 
mezzo giorno del 27, a Thaba-Nciù (Il Monte nero), capitak 4 
territorio dei Barolonghi. Fino al 1884 era rimasto indipendente 9 
territorio, sotto il protettorato dello Stato Libero, che lo cingeva da og 
parte. Ma nel luglio di quell'anno vi scoppiò una di quelle tragedie 
cui ho accennato più sopra. Samuele Moroke nella speranza dim 
dronirsi del potere, sorprese di nottetempo, alla testa di alcune centiniP 


















— 539 — 

; igiani, il suo cugino Sepricare Moroke, e, malgrado l’eroica difesa 
pesto, lo uccise, dando fuoco alle sue case e mettendole a ruba. Il 
o fu che accorsero i Boeri per ristabilire 1’ ordine e lo ristabilirono 
pepadronirsi del paese, fino allora da essi rispettato in riconoscenza 
Bivizi resi, altre volte, nelle guerre da quella tribù. Il fratricida 
lele fu tratto in giudizio pro forma, perchè fu presto rilasciato, 
desi riconosciuto che non c’era luogo a procedere, il delitto essen- 
compiuto in paese indipendente: però si ebbe la cura di allonta- 
iper sempre dallo Stato Libero come individuo pericoloso. Egli 
wre qui nel Basutoland e deve trovare che non pagava la spesa 
i le mani del sangue di suo cugino per mettere il suo paese 

+ mani dei Boeri. 
Prima di quella tragedia, Thaba-Nciù era il più grande e il più 
ggio indigeno dell’ Africa australe, almeno dal Transvaal in giù, 
mdo esso 7 mila abitanti. Ora non sono quasi più che rovine, e 
tg! mcendi- di quella notte, e perchè la popolazione s'è dispersa. 
mo a visitare il quartiere dello sfortunato Sepricare e le sue vedove. 
Rsa principale, costrutta all’ europea, doveva essere graziosissima, 
Randone dai ruderi. In quanto alle case indigene, trovammo che 
) di stile diverso da quelle dei Basuti. Molto più grandi, e cir- 
plate da una veranda sostenuta da grossi rami o piccoli tronchi di 
mi, presentano maggiori comodi. Esse sono quasi interamente costruite 
donne, mentre fra i Basuti sono gli uomini che fanno tutto, ad 
zione del pavimento e dell’ intonaco, in terra cotta con sterco bo- 
. I Barolonghi sono, ciò nondimeno, molto affini ai Basuti, ma di 
re più chiaro di questi. I linguaggi differiscono sovrattutto nella 
peunzia ch'è più dura nel serolongo che non nel sesuto. Predicando 
B la domenica 28 ottobre, non ebbi bisogno di interprete. Hanno 
* buone usanze che pur troppo si van perdendo. Così, visitando la 
Ova principale di Sepricare, essa regalò a mia moglie un bel mo- 
(ucchetta ridotta ad uso di bicchiere). Credemmo che fosse per 
mplice gentilezza cristiana, Ma andando da un’altra di quelle vedove, 
non era cristina, ecco che quando ci accommiatammo, essa mise 
| Mano a mia moglie un pezzo di 2 scellini e 6 pence ossia 3 delle 
lire. Rimanemmo attoniti, ma l'indigeno che ci accompagnava ci 
‘ È usanza nostra di dare ai viaggiatori qualcosa che li possa 
€ nel loro. viaggio. Prima erano pecore ed anche buoi che si da- 
loro, ora non sono più che inezie, ma ci si offenderebbe se si 








MEMES >. Accettammo dunque, lamentando che sì bella usanza dovrà 


‘MM esser più, fra breve, che un ricordo del passato. 




















-- 540 — 

La famiglia de'missionarî wesleyani, dalla quale eravamo ospitati, @ 
nel lutto da pochi mesi. La stessa notte che moriva il suo amico, } 
sidente Brand, era pur spirato il Rev. Daniel, uomo conosciuti 
nelle missioni sud-africane. La sua salute, logora già da un lungo 
nisterio, ricevette una scossa fatale in quella terribile notte che di 
il crollo all’ indipendenza del popolo cui egli aveva dedicato la 4 
D’ allora in poi egli andò declinando, ed ora la sua salma riposa 
l'arido colle, a pochi passi da quella dell’ultimo Capo dei Barolonf 

Da Thaba-Nciù a Masesu, nel Basutoland, passando per T 
Phatsoa (il Monte bianco e nero) mettemmo due giorni, e quanto f 
ci avvicinavamo al Basutoland, tanto meno monotona diventava la 
a cagione dello spiccare del monti. Da Thaba-Phatsoa il panoramg 
Maluti era magnifico, e se non mi mancasse assolutamente il tempo 
ne manderei un abbozzo: giunti alle sponde del Caledone, in && 
di Maseru, ci toccò aspettare tutta la mattinata, che sette od otto 
vagoni giunti prima di noi avessero operato il tragitto sul bel paid 
fabbricato dal nostro bravo compatriotta M. 

Da Maseru a Leribe, passando per Berea, siamo in paese gà a 
sciuto dal BOLLETTINO, e non se ne parla più. 

Otto giorni dopo, l' 8 novembre, dopo aver preso qua e È 
po’ di riposo dagli amici, rientravamo nella nostra Stazione, content 
ritrovarvi tutto in ordine, sebbene per i cinque mesì, circa, che av 
durato la nostra assenza tutto fosse rimasto esclusivamente sotto le ¢ 
dei nostri neri. Ed essi pure si mostrarono contentissimi del no 
ritorno, specialmente quelli che, nel giugno quando ci eravamo dipa 
titi da loro, dubitavano di mai più rivederci in questa vita. 

Per il mio povero driver, il ritorno- non era così lieto. Ghé 
morta una bambina, quando eravamo già molto avanti nel nostro viagg 
Fu quella la nuvola che, in quel giorno, adombrò il nostro celo. 

Gradisca ecc.. 

GIACOMO WEITZECKER. 


B. — LA DENSITÀ DELLA POPOLAZIONE IN EUROPA. 
(A proposito di un errore statistico). 
Nota del dott. Fittppo VIRGILII. 
Si legge in tutti i manuali scolastici, si trova spesso nei giornali 


politici e nelle riviste scientifiche, si ode ripetere da tutti nelle 204" 
conversazioni, che il Belgio è lo Stato più popoloso d'Europa 






















— 541 — 

Nessuno, ch’io mi sappia, ha mai esaminato di proposito se questa 
gione, così comune e che sembra pur così semplice, perchè. desuhta 
ente dalle cifre, sia o no errata; anzi, il solo fatto, che viene 
ente accettata, fa credere che tutti la ritengano esatta. 

Mi propongo di dimostrare ip questa nota l'origine di un così 
errore; e lo faccio tanto più volontieri, inquantochè mi si offre 
ita opportunità di difendere la scienza Statistica dagli strali e 
uzi che gli scettici e gl’ignoranti le rivolgono continuamente. 


Si dice e si propaga da molti, colla compiacenza di chi non ha 
creduto nella nostra dottrina, che mediante la Statistica si può di- 
tutto ciò che si vuole; ed un tale sproposito viene diffusa 
da coloro che, pur essendo ammaestrati dal significato dellè cifre, 
ne conoscono tutto il delicato magistero o se ne servono senza 
conto rigoroso dei canoni fondamentali preposti dal Quetelet al- 
lone dei dati. 
Ma non è la Statistica che possa provare anche l’assurdo, sono 
0 che non ne sanno applicare i giusti criteri, che le fanno parlare 
i linguaggi. Esso non dà che un solo e preciso risultato — quello 
mene esposto dalle cifre, coscienziosamente raccolte, opportuna: 
disposte, scientificamente elaborate. 
Il prendere dei numeri, a caso o con un certo giudizio personale, 
tl a confronto fra di loro, senza badare se rispondano a tutti i 
atteri della comparabilità, ricavare delle conclusioni generali e co- 
ati da osservazioni singole o poco numerose e sicure, viene gabellato 
molti per Statistica genuina. Da qui l'origine del disprezzo che sorge 
parecchie parti, della diffidenza che si genera anche nelle. persone 
» dell’incredulita sparsa nel volgo. 
Sicuro che anche le cifre ingannano, che i risultati statistici sono 
volte contradittori; ma la colpa è forse della scienza che ha preso 
€ cifre come le sono state offerte, le ha vagliate cogli strumenti 
‘cui poteva disporre, le ha elaborate con una guida infallibile, la 
tica, le ha presentate colla certezza d’aver seguito tutti i det- 
i della logica e del buon senso? La colpa dei cattivi risultamenti 
è piuttosto di chi risponde alle domande con dei dati cervellotici, 
di gloria poi cogli amici cinicamente di questa prodezza, di chi usa 
% ce imprudentemente, di chi ricava da un fatto particolare delle 
I universali ? 













— 542 — 

Buttate in una panificatrice della farina gessata e avrete del pa 
infame — soleva dire un mio valente amico; è forse la macchina d 
vi ha tradito? 

Le cifre, ha scritto di recente un grande scienziato inglese, x 
gli unici strumenti coi quali si possa praticare un'apertura attravet 
il formidabile prunajo delle difficoltà, che sbarrano il passo a cold 
che cercano la verità scientifica umana. (The numbers are the a 
tools by which an opening can by cut through the formidable thi 
of difficulties that bars the path of those who pursue the sciem 
of man). | 

Le sentenze dei grandi, che hanno speso la loro vita a vantig 
della scienza, al progresso dell'umanità, ci confortano del sornso fi 
tulante e dello stupido sospetto di chi vorrebbe trovarci in errore 0 
mala fede. 

Ma veniamo all'argomento di questa nota. 


II. 


Servendoci dell’A/manacA de Gotha (1890), e confrontando i 
ch’esso ci offre con quelli delle ultime pubblicazioni ufficiali di qual 
Stato d'Europa, tenendo conto per alcuni Stati, la cui data del ce 
mento è troppo remota, dell'eccedenza annuale delle nascite, possa 
comporre la seguente tabella, che presenta, in tal modo, lo specd 
più recente, e fornito delle migliori garanzie, della popolazione euro 


Superficie Popolazione Abitanti 
Nome degli Stati in km. g. assoluta per 1 km. 9g. 

Amburgo. . 409. 8 518,620 1266 
Austria-Ungheria . 622,309. 7 40,727,418 65 
Belgio 29,457. 2 6,030,043 204 
Brema. . 255.6 165,628 647 
Bulgaria . 99,276 3,154,375 31 
Danimarca . 38,302 1,969,039 SI 
Francia . 528,854. 9 38,218,903 72 
Germania. SIE 539,633.3 46,855,704 87 
Gran Bretagna e Irlanda 314,628 38,165,526 125 
Grecia. . . è... . 64,689 1,979,561 30 
Italia. . . + . 286,588 30,565,253 106 
Liechtenstein . 157 9,424 60 
Lubecca . . 297.7 67,658 237 
Lussemburgo 2,587. 5 213,283 82 
Monaco . .... . 21.6 13,304 615 


— 543 — 
Superficie Popolazione Abitanti 
Nome degli Stati în km. gq. assoluta per 1 km. g. 
Montenegro. . . 9,030 236,000 26 
Paesi Bassi. . . 32,999. 9 4,505,932 137 
Portogallo . . 92,075. 3 4,708,178 53 
Rumania . . 129,947 5,376,000 41 
Russia. . . . . + 5,016,381 89,685,489 18 
San Marino . ee 59 7,840 133 
Serbia. . . 2 6 48.589 2,010,612 41 
Spagna . . . 492,230.2 16,945,786 34 
Srezia-Norvegia . 775,996 6,555,157 8 
Srizzera . . ... 41,346. 5 2,934,057 71 
Turchia . . - . 325,779 10,233,491 31 


In questa tabella avremmo voluto distinguere la popolazione nei 
sessi, per mostrare l’esattezza e la regolarità di quella rilevazione 

ica, la quale ha trovato che ogni anno nascono in media 106 fem- 

È per 100 maschi. 

‘Ma siccome questo rapporto non viene dato che dai censimenti, 
re noi ci siamo serviti anche delle ultime cifre, calcolate con gran- 

ena approssimazione, ma non rigorosamente vere, così abbiamo do- 
$ sacrificare una tale distinzione. Del resto, possiamo affermare che 
spporto di 106 femmine per-100 maschi si mantiene presso a poco 
finte in quasi tutti gli Stati europei: fanno eccezione alcuni paesi 

Itali, e segnatamente la Turchia, la Grecia e la Serbia, nei quali 
scontrano da 93 a 97 femmine su 100 maschi. 

Potremmo giustificare con ragioni storiche, etnografiche e sociali 
sta lieve eccezione, senza per nulla temere l'obiezione di un critico 
a Statistica, che cioè la legge cessi di essere tale, quando noi soppri- 
mo tutte le deviazioni da essa. Nessun fatto umano è perfetto, regolare, 
mutabile in tutta la sua manifestazione, e gli scostamenti da un tipo 
male sono così naturali e inevitabili, che la matematica ha sentito 
Pisogno di creare una teoria apposita degli errori d'osservazione. 

Ea questo proposito, mi si presenta. alla memoria un ricordo sco- 
ico: il mio professore di tedesco cominciava ogni mattina collo 

una regola generale, e dopo aver portato parecchi esempj, 
Beunciava invariabilmente questa parola: eccezioni; e quando si met- 

è adenumerarle ce n'erano sempre tante che qualche volta la regola 
mmc ci faceva un’assai magra figura. Con tutto ciò, nessuna per- 

è che desideri chiamarsi colta, rinunzierà allo studio della lingua 
Meese. 





— 544 — 
II, 




























Esaminiamo, ora, fedelmente la colonna che dà il rapporto d 
popolazione alla superficie, cioè la popolazione relativa di ogni $ 
avvertendo che queste cifre le abbiamo ricavate in rapporto all'ul 
dato della popolazione assoluta. Amburgo (città libera) conta 1,266 
tanti per km. q., Brema 647, Monaco (principato) 615, Lubecca s 
Belgio 204, Paesi Bassi 137, San Marino 133, Gran Bretag 
Irlanda 121, Italia 106. Tutti gli altri Stati hanno una densità § 
riore al 100. 

Una prima considerazione. Possiamo noi porre, senz'altro, a f 
fronto questi nove Stati, e concludere che Amburgo ha la mag 
densità di popolazione? L'errore salterebbe evidente agli occhi dit 
Amburgo è una città, non uno Stato (quantunque politicamente si 
da sè, con ordinamenti propri, indipendenti), e poi la sua steli 
ristretta, la sua posizione geografica eminentemente favorevole a¢ 
mercio, giustificano troppo bene la forte popolazione ch'essa racchi 
— Confrontando il Belgio con Amburgo, troviamo che la super 
del primo contiene più di 70 volte quella del secondo, mentre lq 
porto fra la popolazione dei due paesi è di molto più basso. Potreni 
perciò ricavarne che Amburgo è più popolato del Belgio? Matemsti 
mente sì, perchè 70 volte la popolazione di Amburgo potrebbe ei 
compresa nel Belgio, mentre questo Stato ne contiene un numero 2 
minore. 

Una seconda considerazione. L'Italia occupa una superficie che 
1o volte quella det Belgio, mentre la popolazione italiana non è ¢ 
quintupla della belga; si conclude matematicamente che il Belgio 
una popolazione relativa doppia dell’Italia; il ragionamento fatto 
questo caso è identico a quello del caso precedente. Ma allora git 
ficammo la superiorità di Amburgo, col dire che in una città sola 
popolazione si agglomera più che in uno Stato; ed ora, invece, a ti 
viamo di fronte a due Stati, e sembrerebbe, a primo aspetto, non § 
fosse bisogno di nessuna restrizione; siccome, però, questi due + 
sono l’uno il decuplo dell'altro, non può valere anche qui la si 
giustificazione che in uno Stato piccolo le città si trovano neces. Li 
mente più accostate e la popolazione più densa? Se Amburgo è 0M 
eccezione rispetto al Belgio, perchè questo non si deve ritenere u0 
cezione rispetto agli Stati grandi? 

L'Olanda, per esempio, ha 304 abitanti per km. q., e la 500 | 
ne conta 212 — cioè sono tutte e due superiori al Belgio; ma l'Olandi! | 


| 


— 545 — 

compresa nei Paesi Bassi e la Sassonia nell'Impero Germanico 
sfiggono, quindi, politicamente, al confronto col Belgio; ma se dob 
limitarci al solo carattere politico, allora il Belgio rimane sempre 
‘G sotto di Amburgo, Brema, Monaco e Lubecca, come si desume 
nostra tavola. 

Ben altro, invece, è il ragionamento che noi dobbiamo fare, d 
diversa natura sono le considerazioni scientifiche che ci devono 
urre ad una rigorosa e logica conclusione. Giacchè tutti coloro 
ripetono essere il Belgio il paese più popoloso d’Europa non fanno 
più nè meno dei ragionamenti che abbiamo or ora esposti: dividono 
superficie di ogni Stato per la rispettiva popolazione e pongono a 
nto i risultati ottenuti, senza preoccuparsi di altro, senza nem. 
domandarsi se un tale procedimento non pecca contro le regole 
adamentali della scienza, contro lo stesso buon senso, che è sempre 
più rara del saperc. 

Interroghiamo un po’ la Statistica. 














l IV. 


Adolfo Quetelet — il creatore della Statistica matematica, dicono 
sicuri, il legislatore della vera scienza statistica, diciamo noi — ha 
posto come base di ogni elaborazione statistica sette canoni, l'ultimo 
dei quali si esprime così: Mon comparare se non elementi che sieno fra 
doro comparabili. 

La comparazione è fondamentale in tutto il raziocinio statistico, 
€ necessita che sia fatta, se si vuol pervenire a risultati concludenti. I) 
triterio statistico è essenzialmente comparativo ha detto il mio maestro, 

atore Messedaglia, che sono ben lieto di citare anche in queste 
Pagine, e di ringraziare dei preziosi consigli di cui mi è prodigo, ed aj 
Gea devo l'ispirazione di questa nota. 

Ma quando diventano comparabili i dati statistici? Ecco la do- 
Randa alla quale dobbiamo rispondere ogni volta che ci troviamo da- 
fanti ad un processo di comparazione. Avviene di frequente che i ter- 
tini statistici non sieno comparabili, e allora bisogna dire perchè 
‘Wn lo sono, e che cosa occorrerebbe per renderli tali. « Non conchiu. 
dere che nella misura dei fatti osservati » ammonisce il terzo canone 
di Quetelet: e quando dobbiamo esaminare dei fatti, pei quali l’unica 
Conclusione a cui si può pervenire è quella, per it momento, di non 
conchiudere, bisogna limitarsi a questa sola rilevazione per quanto ciò 
Possa essere doloroso per uno studioso: meglio, però, una conclusione 
negativa che una conclusione errata. 




















— 546 — 

Non si possono comparare che termini omogenei ed uniformi: 
la risposta alla nostra domanda. 

Quando negli elementi che si pongono a confronto manca I 
geneità (che può essere di oggetto e di circostanze, di misura e: 
precisione) o l'uniformità (la quale non è altro che l'omogeneità 
male), allora qualunque comparazione è sbagliata, e i risultati che 
ne ricavano sono erronei, perchè offendono il canone che siamo 
ora spiegando. 

Ritornando al caso nostro, si possono comparare Stati grandi q 
Stati piccoli? No, perchè manca l'omogeneità di misura; Ja circost 
della grandezza influisce di molto sulla comparazione, giacchè, pe 
manere in un esempio concreto, in Italia, che è ro volte più gra 
del Belgio, vi può essere qualche provincia eguale, in superficie, a q 
del Belgio e avente una maggiore popolazione; senza contare c 
Belgio non ha le Alpi e gli Apennini dell'Italia. 

Per poter istituire una comparazione esatta, bisogna prendere 
territori che abbiano un'area eguale, e allora vedremo che il 
che si può ritenere, con qualche restrizione, lo .Sfefo più popox 
d'Europa, non ne è il #erriforio più popoloso. Se qualcheduno crede 
di vedere in queste parole un bisticcio, si disilluda subito, e poq 
attenzione ai vari casi che ora andiamo facendo, e che sono frutto 
. studio paziente e coscienzioso. 

‘Primo caso. Prendiamo come unità di misura il Belgio, che, 
cifra tonda, ha una superficie di 30,000 km. q. Se in Europa noe} 
trova nessun altro territorio di 30,000 km. q., con una popolasi 
superiore ai 6 milioni, allora al Belgio spetta realmente per questo 6 
il primato che i geografi gli hanno fin qui accordato, In Inghiltai 
esclusa Londra co’ suoi dintorni, perchè forma una meravigliosa © 
zione, esiste fra Manchester e York un'estensione di 30,000 km. 
con 8 milioni d’abitanti (due milioni più del Belgio): ne potrewti 
trovare qualche altro, ma per il nostro assunto ci basta un 
esempio. 

Secondo caso. Ammettiamo come unità di misura un'estensit 
maggiore, e di molto, di quella del Belgio; ad esempio wn’srea 
130,000 km. q. E troveremo chel’Inghilterra propriamente detta (cioè set 
la Scozia e il Galles) misura 131,600 km. q. con una popolazione 0 
ora è salita a 27 milioni, vale a dire con un rapporto-di 205 abita 
per km. q., superiore, quantunque di poco, a quello del Belgio, che è 
uguale a 204. L'esempio ci pare notevole, inquantochè abbiamo qui 
una grande estensione di territorio, anche politicamente bene deterts 
















— 547 — 
con una densità di popolazione maggiore di quella del Belgio. 
riamo subito che non v'è in Europa nessun'altra estensione di 
ligo,oc0 km. q. con una popolazione eguale a quella dell'Inghilterra. 
Terzo caso. Volendo prendere come unità di misura delle aree 
1 di quella del Belgio, sono molti i paesi che ne superano la 
lazione relativa: stabiliamo 3,000 km. q., che è presso a poco, la 
icie di ciascuna delle provincie belgiche. L'Olanda meridionale 


9,769 km. q.) ne annovera 290; e citiamo queste due provincie, perchè: 
io finitime al Belgio e si trovano anche in ccndizioni pressochè 
figuali; il dipartimento della Rhéne (2,790 km. q.) ha 277 abitanti 
es km. q, la provincia di Milano (3,143 km. q.) conta 1,179,870 
tanti, vale a dire 375 abitanti per km. q., e precisamente una po- 
ione relativa superiore, e non di poco, alla più popolosa provincia 
ga — l’osservazione non ci pare fuori di proposito. 


A Vv. 


Rimane, quindi, dimostrato che, prendendo come unità di misura 
dei territorî eguali o maggiori o minori del Belgio, esso non risulta 
| avere il primo posto nella densità della popolazione europea. E siamo 
arrivati a questa conclusione dopo aver ricordato che non si possono 
scientificament® paragonare se non elementi comparibili, cioè aventi 
| tutte le condizioni di omogeneità richieste dalle norme scientifiche — 
| osservazione che, rispetto alla popolazione degli Stati d'Europa, non era 
| stata seguita e praticata da nessuno, e che ci ha condotto, anzi, a ri- 
. levare l’origine dell’errore, che corre comunemente nei libri e nelle con- 
| versazioni. 

Giunti, però, a questo punto, ci sentiamo fare due domande, in- 
torno alle quali desideriamo intrattenerci un momento, anche per un 
doppio sentimento di legittima difesa e di non meno legittima com- 
piacenza. 

Quale vantaggio ne avete ricavato da questa osservazione? E se 
il Belgio non è il territorio più popoloso d'Europa, quale altro ne viene 
ad occupare il posto? 

Non si creda che la prima domanda sia oziosa: chi sa quante 
persone, anche serie, colte, studiosissime la rivolgeranno a sè stesse, 
dopo aver letto per curiosità questa mia povera Nota. Che vantaggio 
porta all'umanità la tale materia? ho sentito chiedere da qualche pro- 
fessore d’università, quasichè l'utilità d’una scienza consistesse tutta 



















=— 548 — 
riell'estensione delle applicazioni sociali o nell'uso che se ne fa 1 
pratica quotidiana della vita. | 

Il rilevare un errore che tutti ripetono è sempre un vantaggio § 
la scienza, ci pare, e reca a noi un senso di compiacenza che a ti 
risultamento si abbia potuto pervenire mediante la semplice guida dé 
Statistica, che vediamo così ingiustamente trascurata e disprezzata. 

A chi poi non ritenesse un errore il credere il Belgio lo Stato fl 
popoloso d'Europa, notando che l'unità di misura nel caso att 
dev'essere lo Stato politico e non un'estensione determinata teow 
mente, noi risponderemmo col domandare alla nostra volta: che dif 
è uno Stato politico? E allora vedremmo che il Principato di Monae 
tre volte più popoloso del Belgio, gode di tutti i diritti politici os 
il regno belga. 

In quanto alla seconda domanda, è un po’ più difficile risponà 
certo, il criterio che ci deve guidare in questa risposta, sarà se 
un criterio scientifico, cioè esatto, rigoroso, logico. Se ci accontenti 
di estensioni territoriali dai 10 ai 20 mila km. q., il primato spetta 
Sassonia (14,993 km. q., 3,182,000 abitanti, 212 abitanti per km. q.); 
vogliamo delle grandi aree superiori ai 100,000 m. q, ecco I'Is 
terra che viene a vantare la sua supremazia anche sotto questo rispeti 
e ad essa spetterà, con tanto maggior diritto, inquantochè la sua capì 
tale è la città più popolosa del mondo (4,282,901 abitanti in unì 
vissimo spazio di 305 km. q.). 

Del resto, il Belgio non ha neppure a sua giustificazione una desti 
sità uniforme di popolazione in tutto il regno; e offre, anzi, il contras 
del Brabante, che conta 336 abitanti per km. q. e del Lussemburgo am 
arriva appena ai 50; e la Fiandra orientale, che ha 3,000 km. q. dis 
perficie, raccoglie il triplo della popolazione di Namur, che pure È 
un'estensione maggiore (3,660 km. q.). L'Italia, che va dai 30 abitani 
della Sardegna ai 178 della Liguria, non ha nulla da invidiare ai 
regolarità del Belgio. 

Naturalmente, noi non discutiamo ora se la densità maggiore @ 
minore della popolazione sia un danno o un vantaggio: studiamo st 
tanto i dati di fatto. 

Piuttosto non sarebbe privo d'interesse il ricercare una formula 
la quale ci desse la popolazione relativa dei singoli Stati, e che 0 
avesse bisogno, per la comparazione, delle restrizioni che siamo stati 
costretti a fare in questo studio. Evidentemente, oltre alla superfic@ 
ed alla popolazione assoluta, questa formula dovrebbe contenere 1? 
altro o più altri coefficienti, fra i quali indispensabile quello dels 


— 549 — 

Mera topografica del suolo, perchè non tuiti i territorî sono o possono 
abitabili. Coi progressi della topografia, si potrà, fra non molto, 
re facilmente anche questo quesito, che noi ci contentiamo, per 

di accennare. 


VI. 









Prima di finire, ci si permetta un'ultima osservazione d'ordine 
male, che completa quanto abbiamo detto nelle poche parole d’ in- 
bduzione. 

Un brillante scrittore, Emilio Pascale, si è divertito ad affermare 
i suo noto e spigliato volumetto — Uso ed abuso della Statistica — 
me molte verità erano conosciute anche prima che la Statistica le ri- 
sse e le diffondesse come nuove scoperte: e cita, fra gli altri, il 
fto dei matrimonî che si compiono con maggior frequenza in deter- 
Amati mesi dell'anno (dal gennajo all'aprile) e in un'età determinata 
Mei 28 ai 30 anni per gli uomini, dai 20 ai 25 per le donne). E 
ì; ma ancora aveva avuto il coraggio di scrivere che « i rapporti co- 
Santi fra certe azioni e i loro motivi erano conosciuti, e nessuno ne 
dubitava, prima che la Statistica venisse al mondo > (p. 93). 

Il Pascale, nella foga delle sue ironie, non s’avvede di commettere 
un grossolano errore e di muovere alla Statistica la più assurda delle 
 aCcuse, 

Ah! voi dite che queste ed altre cose le sapevate di già, che il 
bopolo le ha consacrate ne’ suoi proverbî? Ma chi, di grazia, le fece 
\Sonoscere la prima volta se non la metodica e continuata osservazione 
Bitistica? Chi, se non la Statistica, arte o scienza poco importa per 
(Ora, che ricava dai registri parrocchiali o da quelli dello stato civile 
il numero quotidiano delle nascite, delle morti e dei matrimonî, poteva 
Ammvare alle conclusioni a cui voi accennate? E quale dottrina, all’ in- 
| fuorì della Statistica, poteva porre in luce i rapporti costanti fra certe 
zzioni e i loro motivi? Senza osservare, numerare, comparare non si 
può giungere a determinare questi rapporti, e tali operazioni sono tutte 
‘ statistiche, 

Se certe cose le sanno tutti, se sono passate in proverbio, gli è 
Rerchè il popolo, che le ha apprese per la prima volta dalla Statistica, 

ha finito col farsele proprie, col credere interamente in esse, visto che 
8 Tiunovavano con meravigliosa costanza; e ora la Statistica non scopre 
CÒ che tutti conoscono, ma ripete con nuovi e più sicuri metodi ciò 
che aveva detto altre volte, avvalora con rilevazioni più estese e più 




















— 550 — 
accurate i risultati delle indagini imperfette e incompiute di 
tempi. 

Si fa presto a dire: sapevamcelo!, ma rispondete un po' a q 
altra domanda: chi ve l'ha rivelato per primo? I proverbî sono ki 
pienza delle nazioni, ma la Statistica è forse nata da ieri? Come sag 
ha pochi anni di vita ed anche pochi cultori seri, ma come 
antica quanto il mondo. Certo: noi tutti facciamo delle statistiche 
avvedercene, precisamente come MM. Jourdain faisait de la prese s 
savoir, ma non tutti sono capaci di leggere serenamente e di comp 
dere efficacemente il gran libro della Statistica, che abbraccia tutt 
manifestazioni della vita umana, e può comprendere ancora tutti i 
nomeni della vita fisica. 

Ed ecco un caso, per esempio, in cui la scienza statistica va ai 
l'opinione volgare, e corregge un errore che era stato commesso É 
camente perchè non si aveva posto mente ad uno dei canoni 
mentali di essa. E non è questo il solo caso in cui la Statisiaj 
mostra errate molte di quelle che passano generalmente per incom 
verità. 

Sarebbe uno studio interessantissimo il mostrare tutti gli « 
scoperti dalla sola logica statistica nell'ordine economico, demogra 
amministrativo. Non possiamo diffonderci sopra un tale concetto st 
uscire dal tema e dai limiti di questa nota, ma ci teniamo a far sap 
che siamo riusciti a raccogliere parecchi esempî simili a quello di q 
ci siamo quì occupati, e che saremo lieti di far conoscere un' 
volta, non fosse che per dimostrare come i così detti errori della 
stica non sieno, infine, che gli errori dei detrattori di essa. 


Sy 


c. — I Gros: pi Gerarpo MERCATORE IN ITALIA 
«i ASI ' 
per M. FIORINI, professore all Università di Bologna (1). 


Il MERCATORE, costruita una sfera terrestre nel 1541, una ceks? 
nel 1551, dedicata la prima a NICOLA PERRENOT, signore di Granvelt 
e cancelliere di CarLo V, la seconda a Giorgio D'AUSTRIA, principe 
e vescovo di Liegi, fabbricò e mise in commercio molte e molte di simili 
sfere, i cui fusi di rivestimento, incisi sul rame, potevano ad ogni m0 


(1) Questa nota fa seguito allo Studio pubblicato sullo stesso argomento a | 
fascicoli di gennajo-aprile del BOLLETTINO di quest’anno. 


— 551 — 
into essere riprodotti coll’impressione (1). Le stesse sono, in massima 
rte, perdute od ignorate. E quando la Biblioteca Reale di Bruxelles, 
fg 1868, acquistò, in una vendita pubblica, un esemplare dei nominati 
i, e, pochi anni dopo, nel 1875, il governo belga con laudabile in- 
Biimento li riprodusse in fotolitografia, ben poco o nulla si sapeva 
Wesistenza di globi Mercatoriani. Ma, in grazia di tale pubblicazione 
fell’ opuscolo del RaEMDONCK che la illustrava, alcuni se ne vennero 
réonoscere e si constatò come una coppia di sfere terrestre e celeste 
a Vienna nella Biblioteca della Corte imperiale, ed altra a Parigi nel 
eo astronomico, come una sfera terrestre si conservi a Weimar nella 
ib lioteca granducale, ed altra a Norimberga nel Museo germanico, come 
m Madnd fosse altra coppia di sfere, la quale fu acquistata, nel 1881, 
Circolo archeologico del paese di Waas, per adornarne la sua sede in 
. Nicolas. 
Pareva che l’Italia dovesse essere priva del vanto di possedere 
Bualche esemplare delle sfere Mercatoriane. Si sapeva come il RUSCELLI, 
m Venezia, avesse avuta fra mano la sfera terrestre del MERCATORE, 
mandatagli a vedere da AURELIO PORCELLAGA, a cui n’ aveva fatto dono 
| Monsignor GRANVELLE (2). Ma di nessun altro esemplare venuto in Ita- 
‘Ria eravi notizia. È soltanto da pochissimo tempo che a Cremona fu 
ticonosciuta una coppia di quelle sfere, conservate in quella Biblioteca 
| Bovernativa (3). Ed ecco che dopo Cremona viene subito la volta di 
_ Urbania, già nomata Castel Durante (4), nella cui Biblioteca comunale 
, 30no una sfera terrestre ed una celeste di GrrarDo MERCATORE. 
: Come, prima del novembre dell’anno scorso, nessuno aveva mai 
| badato ai globi di Cremona, uguale incuria si ebbero le sfere di Ur- 
- Vania, Fu l’annunzio della scoperta fattasi nella città lombarda che mise 
| 10 sull'avviso gli Urbanesi, accortisi di possedere due giojelli nella loro 
~ Biblioteca, 
L'ingegnere RAFFAELE GOSTOLI ne scrisse subito al dottore Buo- 
NANNO, direttore della Biblioteca di Cremona, il quale ebbe la gentilezza 
somma d’informarmene. Incontanente mi rivolsi al signor GostoLi ed al 

















(1) Vedi in questo BOLLETTINO, gennajo, febbrajo, marso ed aprile 1890, il $ 8 

mia Memoria: Gerardo Mercatore e le sue carte geografiche, e le appendici alle 
parti I e II 

(2) Vedi il 8 8 della citata Memoria. 

(3) Vedi le citate appendici. 

(4) Urbania, che è nelle Marche, sulle sponde del Metauro, ha preso il nome 
dal papa UrsaNO VIII. Prima chiamavasi Castel Durante, perchè fabbricata in sullo 
“orcio del secolo XIII, col possente ajuto di GUGLIELMO DURANTE, dai dispersi abi» 
‘ani del prossimo Castel delle Ripe, distrutto dagli Urbinati. 






















" — 552 — 
dottore ANGELO GicLi, bibliotecario di Urbania, pregandoli di darmi ¢ 
portuni schiarimenti sopra le due sfere Mercatoriane nuovamente 
perte. N' ebbi, in fine di maggio, pronte e cortesi risposte che in tu 
e per tutto concordano. 

Il Gictr mi scrive che, avuta notizia dello scoprimento delle sf 
di Cremona, si presero ad esaminare quelle di Urbania, le quali fare 
trovate « in tutto rispondenti ai connotati che delle cremonesi dà qf 
« R. Bibliotecario in un opuscolo che sulla materia ba, non è 
pubblicato» ». Indi prosegue: « Tutto combina, perfino i circoli 
1 sostegni. Anzi gli orizzonti razionali dei nostri globi presentano 
maggiore grado di autenticità, essendo bensì in legno, ma interame 
coperti di carta impressa, contemporanea ai globi, e divisa in 
quei circoli concentrici e portanti quelle indicazioni e scritte, di @ 
parla il RAEMDONCK. I meridiani sono in ottone; i sostegni, il dij 
sottoposto -e il cuscinetto in legno. Unica differenza incontrasi ne é 
lorito : il quale nei nostri globi è, dirò così, meno ricco, non esi 
dovi nè oro, nè argento, ed il fondo essendo lasciato bianco ».& 
stamente poi osserva che « il colorito essendosi dato a mano, può bel 
« supporsi che fosse variato a seconda delle persone più o meno @ 
« stinte, cui le sfere si destinavano, e del prezzo che se ne voleva chit 
« dere o si era già convenuto ». Ed accennando alla impressione dx 
che è « in tutto e per tutto consentanea a quella che riscontrasi 
« globi cremonesi e negli spicchi originali di Bruxelles ». Si astiene é 
descriverne e riportarne le iscrizioni, osservando che chi legge l’opuscoli 
del Buonanno può figurarsi di vedervi descritte le due sfere urbanesi 

Ed il Gostori m’informa: « Posso dirle che tutto quanto è de 
« scritto nel suddetto opuscolo (del BUONANNO) confronta minutament 
con quello che riscontrasi in questi nostri globi, colla sola diffe 
che quelli di Cremona hanno gli orizzonti in legno colle indicazioni 
dipinte a colla, mentre questi hanno ugualmente in legno dipinti gli 
orizzonti, ma sopra vi è incollata una corona circolare di carta, iden- 
tica alla descrizione che ne dà il RAEMDONCK sui veri orizzonti @ 
MercatORE. Le dirò anche che nel meridiano del globo celeste evri 
il corsojo di cui parla lo stesso RAEMDONCK e che la miniatura è 
meno ricercata che in quelli di Cremona, non essendovi nè oro nè 
argento ed i mari ed il cielo non avendo alcun colore ». Ed ag 
giunge : « Il meridiano generale di ottone del globo terrestre, oltre i 
« gradi, porta in un solo quadrante l'indicazione dei climi e delle ore 
« dei massimi giorni, la quale cosa non ho trovata descritta nell'opu- 
« scolo del BUONANNO ». Da ultimo dice come questi lo abbia assict- 


a A A AA A A BK 


ANA N A A A "AIQUA N 























— 553 — 
) non esservi alcun dubbio sull’autenticità delle sfere di Urbania e 
originalità dei sostegni, de’ quali gli aveva mandato uno schizzo. 
Ambi poi sono concordi nell’ affermare la buona conservazione delle 
sfere. Il Gicut ha: « Le nostre due sfere sono abbastanza bene 
sservate, fatta ragione di loro antichità e della non curanza in cui 
Macquero per tre secoli. Tutte le scritte, le linee geografiche e le 
Nlissime figure delle costellazioni sono perfettamente conservate ». 
:(uale l'origine, quale la provenienza delle sfere di Urbania ? Come 
Scapitarono in quella tranquilla città della valle metaurense ? La 
beta non fia difficile. . 
L'ultimo duca di Urbino, Francesco MARIA II, giunto all’ eta di 
at.tre anni, de’ quali trentatre aveva spesi nel reggere i suoi "popoli, 
} di affidare il governo dello Stato ad un consiglio formato di otto 
ui, scelti sopra terne di nomi presentati dai consigli degli otto 
Shi principali del ducato, affinchè, nel caso della morte sua durante 
finorità dell’ unico figliuolo Federico Ubaldo, non venisse a mancare 
è Stato chi avesse pratica di buon governo. « A questo si diè prin- 
fipio, scrive lo stesso duca nel suo Diario, nel 1607, e FRANCESCO 
MARIA si ritirò in Castel Durante con la moglie ed il figliuolo e con 
poca famiglia, lasciando il restante in Urbino (1) ». Alla novella resi- 
pa trasportò parte della copiosa biblioteca ducale di Urbino, ricca 
preziosi manoscritti, di cui con sommo dispendio FEDERICO l'aveva 
tla (2), e di eccellenti e vari libri, per potersi abbandonare, libero 
cure di Stato, ai prediletti stud? (3). 
Peritogli, poi, miseramente il figlio che poco regnò, e dovendo il 
Kato, dopo la sua morte, passare alla Corte pontificia, in prova della 
benevolenza lasciò in perpetuo, ai Durantini tanto la libreria di Ca- 
i Durante quanto l’altra di Urbino ed ai chierici regolari del Cro- 


| (1) Storia dei conti e duchi di Urbino di FiLIPPO UGOLINI, Firenze, 1819. Tom. II, 
#5. 

| (2) Ucouni, op. cit., Tom. I, pp. 456-458. Vedi auche nel Giornale storico 
Rel Archivi toscani. Firenze, 1861 e seg., lo /aventario della Biblioteca urbinale com- 
Misto nel secolo XV da FEDERICO VETERANO bibliotecario di FEDERICO I da Monte- 
Miro, duca di Urbino. 

(3) Alla corte di Castel Durante, soggiorno gradito dei duchi di Urbino, i quali, 
Rgrendo l'esempio di FEDERICO che ne fu l'iniziatore, sempre I’ abbellirono, FRAN- 
casco Manta II aggiunse un braccio, destinato alla biblioteca, dove, scrive l' UGo- 
um (op. cit, Tom. Il, 481), collocò i suoi libri e dove passava i giorni interi cogli 
match sapienti e cogli uomini dotti della sua Corte. Nel Diario dello stesso duca leg- 
eu: « A'28 Nov. 1607 si pose la prima pietra della libreria di Castel Durante », 
Bens Giugno 1609 cominciarono a venire i miei libri ». 






















— 554 — 
cefisso i libri stampati della prima biblioteca. « Ma » come dice I'U@ 
€ LINI (1) « ciò che un duca d’ Urbino aveva dato, tolse un papa 
« Siena. A’ dì 19 gennajo 1667, ALESSANDRO VII, pretessendo che 
« nobile collezione, stimata venticinque mila scudi d’ oro, stesse me 
« in Roma (e ognun vede dove con tal principio si andrebbe a fisl 
« mandò suoi commissari in Castel Durante, con buon polso di & 
« (perchè temevasi resistenza), a prendere e trasportare i libri nell’ sli 
« e già ricca Roma ». Le stesse ruberie il papa commise nella libere 
di Urbino. Il meglio, o quanto tale reputavasi, fu portato via. Aig 
del MERCATORE, che erano in Castel Durante, i rapaci commissari t 
posero mente e li lasciarono nella libreria dove ancora oggidi si § 
vano. 

Può pensarsi che alla Biblioteca ducale le due sfere sieno 
procacciate da GurposaLpo II, morto nel 1574, il quale, amante 
lettere, scienze ed arti, ad imitazione de'suoi predecessori protegifi 
artisti, scienziati e letterati. Ma è ben più probabile che ad adorn 
la libreria sia stato l’ultimo duca FRANCESCO MARIA, il quale colla 
di Spagna, dominatrice in Fiandra, aveva estese relazioni e che vif 
due anni, nella prima gioventù, colmato di favori da FrLippo II. Che af 
con questo re, più tardi, nel 1582, strinse patti. « Agli 8 di decemm 
« scrive FRANCESCO nel suo Diario, mi arrivò l'avviso came alli 3 di 
« vembre si stabilì in Madrid con il cardinale GRANVELLA, con il! 
« SCHIO (2), la mia condotta con la maestà del re cattolico...... > (i 
E qui, per trovare un addentellato al dono fatto al duca dei due glow | 
od all'acquisizione fattane per mezzo del MascHIO, torna acconcio 0 
servare come il MERCATORE avesse dedicata la sfera terrestre a Nic 
PERRENOT, padre del cardinale, e come con questo fosse in grande 
lazione, sia per la corrispondenza che seco lui teneva, come mostri #i 
lettera pubblicata dal BrEUSING, sia per la dedica fattagli della 
d'Europa (4). Ma havvi ben altro. È noto che il duca manteneva | 
Fiandra relazioni importanti e dirette, che secondo i termini della su 
condotta, mandava nel 1587 ottocenti fanti al re di Spagna per la gues 
di Fiandra e che altri fanti e cavalieri inviava negli anni seguenti € 
fino al 1602 (5). E però può anche credersi che, per mezzo degli 
agenti che di certo aveva in Fiandra per ragion delle milizie, abbia 4° | 


| 


(1) Op. cit., Tom. I, p. 237. 

(2) BERNARDO MASCHI, detto il MASCHIO, era agente del duca a Madrid. 
(3) UsoLINI, op. cit., Tom. II, p. 394. 

(4) §§ 8, 13 e 17 della citata Memoria. 

(5) UGOLINI, op. cit., Tom. II, p. 396. 


— 555 — 
te le due sfere dalla libreria PLANTIN di Anversa, incaricata della 
Sita dei prodotti dell’ officina del MERCATORE (1). 
Nel secolo XVI molti cultori aveva la Geografia in Italia. Ne sono 
a prova le molte opere geografiche che qui allora videro la luce, 
te impresse, in gran numero, a Roma ed a Venezia. I signori, i 
fipi, i duchi andavano a gara nel fondare biblioteche, nell’ arricchire 
ovi libri quelle avute dai padri loro, e nell’ornarle di raccolte 
pte geografiche (2). Ed è presumibile che non tralasciassero di 
lime con sfere celesti e terrestri, fra le quali tenevano il primato 
rcatoriane. Così il vescovo SpEcIANO di Cremona tornò di Ger- 
m alla sua sede vescovile con due globi del MERCATORE, che poi 
alla suà libreria lasciò al collegio dei Gesuiti e che ora sono nella 
eca di quella città. Così un duca di Urbino, o per le relazioni che 
colla Corte spagnuola, o per quelle che manteneva in Fiandra, di una 
la di sfere uscite dall’ officina del Mercatore donò la sua biblioteca. 
Ai direttori delle Biblioteche pubbliche e private, dei Musei di fi- 
mae di antichità, degli Archivi governativi e particolari, degli Osser- 
B astronomici, ai cultori delle scienze geografiche, facciamo caldo 
flo affinchè esaminino le sfere celesti e terrestri che possono per 
tura essere nelle raccolte scientifiche loro affidate, o presso persone 
ate. Osservandone le iscrizioni non sarà difficile scoprire se l’autore 
Al Marcatore. La sua sfera terrestre ha la dedica: 
Illustriss : Dno 
Nicolao Perenoto 
Domino a Gran 
vella Sac: Coesa 
reg Ma" a consi 
liis primo 
dedicatu 
Ed ha la iscrizione col nome dell'autore e colla data : 
Edebat Gerardus 
Mercator Rupel 
mundanus cum privi 
legio Ces Maies tatis 
ad an sex Lovanii an 
1541 


(1) $ 8 della citata Memoria. 

(2) Alcuni volumi di consimile raccolta sono in Roma alla Biblioteca Vittorio 
x mele, alla Corsiniana, alla Barberiniana, in Venezia alla Marciana, in ‘Treviso alla 
‘male, in Torino all'Archivio di Stato, in Padova nella libreria del prof. MARINELLI, 
eRe Prezzo i discendenti di DANTE DA CASTIGLIONE. 





— 556 — 















Nella sfera celeste la dedica avente il nome dell’ autore è: 


Ampliss : Preesuli Principique Il].mo 
Georgio ab Austria dei disposi 
tione episcopo Leodiensi, Duci 
Bullonensi, Marchioni Francimo 
tensi, Comit Lossensi, etc., mece 
nati optime merito dd. 
Gerardus Mercator 
Rupelmundanus 


La leggenda, poi, che ha la data, così suona: 


Lovanii anno Domini 
1551 mense Aprili. 


Le quali iscrizioni sono ricavate dalla pubblicazione fatta a 
xelles nel 1875 dei fusi pel rivestimento delle sfere (1). 

Molte opere del MERCATORE si scopersero in questi ultimi 
A Malines si rinvenne nel 1877 la carta di Fiandra del 1540, a N 
York nel 1878 il mappamondo del 1538, a Breslavia nel 188811 
planisfero del 1569, la carta d'Europa del 1572 e l’altra delle 
Britanniche del 1564 (2), a Venezia nel 1889 un esemplare 
scritto del Trattato che accompagnava certi strumenti offerti a CarLo V 
a Gand nel 1868 la carta dei fusi di rivestimento delle sfere ter 
e celeste. Delle quali sfere alcuni esemplari sono venuti, non è m 
all’aprico. Ai globi che di recente si trovarono, in Italia, nell'anno 
sato a Cremona, nel presente ad Urbania, fanno splendida corona q 
rinvenuti, or ora, in Austria. Della quale ultima scoperta è autore 
lustre WIESER, che, come, con somma gentilezza, mi informò, ne 
notizia in una prossima pubblicazione. 


(1) Vedi il $ 8 della citata Memoria. 

(2) Un esemplare del planisfero del 1569 è alla Biblioteca nazionale di Pan 
fu riprodotto in fac-simile nei Monuments de la Géographie del Josaro. La $06 
Geografica di Berlino riprodurrà il secondo esemplare noto di Breslavia e le cart 
Europa e delle Isole Britanniche. 

(3) Altro esemplare manoscritto del detto Trattato è all’Ambrosiana di 


= §59 — 

Mi dei nostri connazionali al Brasile, è poco lusinghiera pel nostro 
or proprio d’Italiani, ma pur troppo essa non differisce molto da 
ella che ne fecero altri scrittori. E le stesse cose si potrebbero dire 
fe una gran parte dell'emigrazione italiana che si reca nell’Argentina, 
MUrguay e negli Stati-Uniti. Occorre, secondo l'autore, dare un 
yore indirizzo alla nostra emigrazione, e soprattutto informare bene 
emigranti circa le condizioni dei paesi, ove si recano, esortando a stare 
psa tutti coloro che non hanno appreso un mestiere di sorta, o che non 
0 atti ai lavori manuali ed agricoli. Per tal modo potrebbe diminuire 
troppo numeroso contingente di suonatori di organo, di lustrascarpe, 
fimbanchi, raccoglitori di stracci e d’immondezze, che le città ame- 
ane reclutano dalle file della nostra emigrazione, e che finiscono poi 
9 spargere il discredito su tutti i nostri connazionali all'estero. 

Il bisogno di esser brevi, ci costringe a passare sotto silenzio molti 
«fidi pregi di questo libro, che ha quello pure di farsi leggere dal 
‘@acipio alla fine con molto piacere, sia per la copia abbondevole 
Bie notizie sul Brasile, che a non pochi riesciranno nuove, sia per lo 
chiaro e scorrevole, con cui è scritto, e specialmente poi per l’effetto 
fessi plastico di parecchie sue descrizioni. 
























E. — Lamerto Loria ALLA Nuova Guinea (1). 
a) Lettere dirette al marchese Giacomo DORIA, 


(Lettera seconda). 
Cooktown (Queensland), 21 ottobre 1889. 


ey. sE 


Amico carissimo, 


Nella lunga mia lettera dello scorso giugno, Le diedi notizia delle 
de del mio viaggio fino a Port Moresby, e manifestai il proponi- 
to di fare molteplici escursioni nelle isole circostanti e nelle coste 
della Nuova Guinea. 

Per meglio attuare il mio disegno, acquistai a Port Moresby un 
Piccolo cutver di 20 tonnellate di registro che serviva alla pesca 
della madreperla e del Tripang (Oloturie). Il piccolo bastimento non 
ta troppe comodità; ma è di bella sagoma, e tiene molto bene 
Mare, 

Feci vela il 3 luglio, ed il mattino del giorno successivo giunsi al 
| villaggio di Capa-Capa, trattenendomi due settimane nella casa del- 
| l'agente governativo, detta dagli Inglesi Aigo Station. 

(1) Continaazione. Vedi fasc. preced., pag. 479. 
























— 560 — 

Naturalmente utilizzai il mio tempo per le raccolte zoologiche € 
antropologiche. 

Ma quanto alle prime, la stagione eccezionalmente asciutta 1 
permise che io ritraessi quel profitto che il raccoglitore ha diritto: 
attendersi in queste feracissime regioni. Scarseggiano perciò i rettili, Wi 
pesci, i batraci e gli insetti di terra, malgrado ch'io non abbia om: 
di internarmi più volte nelle vicine foreste. Osservai una grande qi 
tità di foglie ed alberi caduti, ma per quanto io mi prendessi k c 
di smuovere queste, e sollevare i tronchi, altro risultato non otte 
fuorchè quello, molestissimo, di coprirmi di formiche rosse. 

In compenso potei prendere circa 250 uccelli, e fui fortunatisi 
nella raccolta degli insetti d'acqua. Sbocca presso Capa-Capa an È 
rente, che per l'estrema siccità ha formato un gran numero di pos 
sull’arido letto. Da esse estrassi molti coleotteri. Ella ne troverà 1 
specie e queste sempre rappresentate da lunghe serie, tranne che pes 
splendido animale, di cui non riescii ad ottenere che due soli esemplati 

Rivolsi la mia attenzione a ricerche etnografiche, ed appesa @ 
servo dell’Agente governativo, di nome Varachecchè, mi indicò nella @ 
resta tre tombe, corsi a frugarle con curiosità. Ì 

Dei tre cadaveri, il primo era con le ossa alla rinfusa entro 8 
cestino posato su di un albero; il che indica che dovesse esser stilt 
messo colà dopo putrefazione completa. Il secondo era per terra, @ 
non rinvenni altro che il cranio con pochi denti. Qualche pezzo @ 
legno penzolava al di sopra, sicchè ho arguito che fosse caduto dat 
graticcio sul quale era un tempo adagiato e sospeso. 

Il terzo era precisamente deposto su di un incanpucciato, a gust 
di amaca, ricoperto di foglie secche. Sopra di esso a circa mezzo mei 
di altezza si scorgevano i resti di un altro consimile incannucciato. 

Ora ecco come, da informazioni assunte dagli indigeni, questi nsa20 
di condizionare i cadaveri. Gli amici del defunto preparano le di 
stuoje di teneri arbusti, che sono poste orizzontalmente fra tronchi a 
alberi vicini. Il cadavere è steso sul graticcio superiore, e il giorno 
appresso, traggono ivi con grida e pianti gli amici a strappare la cam? 
dalle ossa, gettandone i brandelli nel secondo graticcio: fatto ciò vasso 
a visitare i parenti del defunto, e sono da questi convitati a un picco 
festino. Quindi la putrefazione continua lo scempio, e gli umori colano di 
sè nel piano inferiore e per terra. Allorchè essa è completa, torni) 
gli indigeni e con la corteccia della noce. di cocco raschiano € pali 
mentano le ossa, che vengono ammucchiate in un cestino, equesto s 
riserra in una specie di cimitero attiguo ad un villaggio. 



















— 561 — 

Dopo di che il morto è, come essi dicono, Jota-boia, cioè ‘ perduto 
sempre. Un secondo banchetto più solenne al quale prende parte 
villaggio, suggella le operazioni, e stende sul trapassato il velo 
oblio. Nessuno più si cura di visitarne l'estrema dimora. 

Ma durante le funzioni funebri il lutto è forte e clamoroso; e 
sia più evidente, gli indigeni si martorizzano il viso per piangere 
; abbondantemente. 

La superstizione segue il cadavere, tanto che il bambino che mi 
le tombe, restò esterrefatto quando vide che io toccava i resti 
i; e fuggì spaventato meravigliandosi che il morto non sorgesse a 
L Stette poi 24 ore senza cibo per scongiurarne lo spirito, e 
da me a chiedermi qualche rimedio, perchè diceva di sentirsi 
Gli feci rompere il digiuno con un po’ di riso, e naturalmente 
subito. 

I cadaveri che io trovai nella foresta appartenevano a persone 
nell'epidemia, che infierì anni sono, e vennero colà abbandonati 
ione della grande mortalità. 

Dalla casa dell’ Agente governativo feci una punta nell’ interno e 
Hai i villaggi di Rigo e di Sarova. 

Mi accadrà più volte di parlare di un edificio che si trova in 
i villaggi papuani, edificio chiamato 4450. Esso è luogo sacro, specie 
ara, ove si appendono come trofei i teschi dei nemici vinti, ove gli 
ri parlano alla folla, ove si prendono le decisioni più gravi ed 
mo al quale hanno luogo le feste più solenni. È circondato da un 
mistero, perchè i nativi lo fanno albergo degli spiriti. 

Il dudo di Rigo è splendido. Posa su quattro lunghi e grossi 
chi ed ha due piattaforme. I tronchi e le travi che sostengono le 
i delle piattaforme sono intarsiati; cosa curiosa, in un tronco è raf- 
la rozzamente la vagina della donna. Avrei avuto una voglia matta 
portarmi via quei legni; ma nè gli abitanti me li avrebbero mai ce- 

+ Re il trasporto per mare sarebbe stato possibile. 

Così dopo la mia prima escursione a Capa-Capa, feci ritorno a 
aPort Moresby per dispormi a gite più lunghe e più interessanti. Onde 
Più sicuro nella navigazione, assoldai come capitano un marino 
xeellente, Giorgio Kew, assai conosciuto e stimato in questi paesi. Egli 
mand per due anni il cutter governativo; naviga da tre lustri in 
* tti mari, di cui conosce appieno le coste e sa evitarne i pericoli. 

Atraolai anche un altro Inglese, A. C. English, anch'esso persona 
| “Oasi, che passò sei anni nella Nuova Guinea a raccogliere pa- 
a scopo di lucro e fu una volta per inferim agente governa- 





























— 562 — | 
tivo a Rigo Station. Egli ha inoltre il vantaggio di parlare corrent@ 
mente la lingua mofw, e sa benissimo quali arti occorrono per bali” 
trattare cogli indigeni. Pur troppo non è persona esente da difetti; 1 
io sopporto pazientemente le sue vanterie, per quanto mi stizzisca si 
tirlo parlare con disprezzo degli insigni viaggiatori, che tanti allon 8 
colsero in queste regioni, e attribuirsi il merito così legittimame 
accordato al Finsch, al dott. MacGregor e al nostro L. M. D' 
tis. Ma come Le dico, vi passo sopra, perchè l’opera di questo 
glese mi è abbastanza utile. 

Ultimate le mie faccende a Port Moresby, ne ripartii la mati 
del 3 agosto. Avemmo un vento dell’E. contrario alla nostra rotta, & 
fummo protetti dalla barriera di scogli che cinge buona parte @4 
costa S.-E. della Nuova Guinea. Nel pomeriggio oltrepassammo Pirani 
Point, un vulcauo spento, dagli indigeni chiamato Taurama (1). 

Io aveva lasciato a Rigo Station, Amedeo e la scorta di sì ga 
vanesi, sicchè mi conveniva di tornare a riprenderli. Perciò dopo 
ancorato la notte a Conibata, il giorno seguente approdavo di © 
a Capa-Capa. 

Mi raccontò Amedeo che durante la mia assenza aveva asst 
ad un curioso spettacolo di cura e di stregoneria. Saimung, il capo da @ 
giavanesi era stato morso ad una gamba da un centopiedi (Scolopeaag 
Amedeo che non aveva più dell’ammoniaca a sua disposizione non sap 
come curarlo. Figuratevi le smanie e le disperazioni di Saimung. Già 


(1) Intorno a questo monte di Taurama corre un’assai curiosa leggenda, che Sig 
vrebbe essere parto della fantasia di qualche mago di Motu (Port-Moresby); secu 
essa, Taurama venne in guerra con Chiao, alta montagna all'O. di Port Moresby, 4 
ebbe ia peggio nella zuffa, essendo stato colpito così crudamente al capo, che ls csi 
rocciosa e spoglia di ogni indizio di vegetazione ne attesta ancora le ferite. !% 
peggio, Chiao scavò l'interno di Taurama in guisa da rendergli impossibile di a 
versi verso l'O., ove cresce il saga e sono fertili i prati, e da condannarlo eterna 
in questa sterile landa. L'interno di Taurama è ora popolato da spiriti, che vi hs 
i loro villaggi ed i loro orti, ed obbediscono ad un capo potente, capace per sua riti 
di capovolgere le canoe ed uccidere gli imprudenti che tentino ascendere la vets ™ 
così quando qualche canoa costeggia la paurosa Taurama, si mantengono i navigo 
nel più rigoroso silenzio per tema di svegliare la collera degli spiriti nascosi. Sifst®: 
leggende, che si riferiscono ad alte e brulle montagne, si ritrovano nella mitologz a 
tutti i popoli del mondo. Chi non ricorda la geniale concezione di Lorelei, cons 
nella bella e romantica poesia di Heine? Frattanto i nativi di Motu, che sono paid | 
ed abili commercianti, ne traggono il loro effetto utilitario. Perchè col diffonderi 4 
tale fola, avviene che essi colle loro canoe vadano all’E. a vendere il sagu che die 
dall'altro lato, mentre quelli dell’E. non vengono ad acquistarlo sul mercato, trattenvi 
dalla paura di costeggiare la terribile montagna. 


ava per sfenga mats (mezzo morto)! Venne in suo soccorso un piccolo 
mano, un bimbo di 10 anni, brutto e sconcio, tutto malato alla 
ma che appartiene ad una famiglia di stregoni, naturalmente 
i impostori, che godono riputazione di guarire i mali a forza di 
fworcismi, e che per tali loro virtù sono rispettati, temuti e nutriti 
fel volgo superstizioso degli sciocchi credenti. 
h Questo ragazzo cominciò a prendere un pezzo di noce di cocco, 
he trasse delle fibre battendo la noce per terra mentre emetteva suoni 
ttabalistici. Quando ebbe messo assieme un certo numero di fibre ne 
un mazzetto di 5 o 6 centimetri, e tenendo colla sinistra una 
ola di acqua, v’intingeva colla destra il mazzo e lo passava dal 
Ginocchio al collo del piede battendo la gamba piuttosto forte; così 
per tre volte strofinando la ferita (il che faceva trasalire il povero 
\Beimung), mentre colla bocca faceva un versaccio, simile al nostro: passa 
is! Dopo questa triplice strofinatura, prese un po’ di riposo, e allora 
esachecché, il servo della stazione che ricordai più sopra, volle inter- 
Wenire 880 pure e, con una scheggia di noce passava attorno e sopra 
la ferita, poi vi soffiava forte quasi volesse cacciare la parte di veleno 
che aveva raschiata. 
Sembra che il gioco li divertisse assai: ed un terzo papuano volle 
essere della partita, appoggiando il petto alla schiena di Saimung e con 
| ladestra lisciandogli la gamba morsicata, mentre lo avvolgeva col braccio 
sinistro, Ma |’ operazione alla perfine stancò il paziente, che si sottrasse, 
ed era tempo, alle loro magiche frizioni. Così si pratica la chirurgia 
frail selvaggi | 
| Caricai tutto il bagaglio sul cuffer e partii la mattina del 7 agosto, 
_ ermottai a Para Point, e nelle ore antimeridiane dell’ 8 mi ancorai 
| alla Baja del Beagle; dal mio cuffer dominavo tutta la baja e potevo 
| Spingere Io sguardo fino a Hood Point. Nella direzione S.-E. mi si para- 
| Yano tre gruppi di abitazioni: il primo Trupara, costituito da due villaggi 
accosto l'ano all’altro, il secondo Quabulo, il terzo Hula, vicino a Hood 
Point, composto esso pure di due finitimi villaggi. 

Il villaggio di Trupara esiste solu da 15 o 20 anni: gli abitanti 
Stavano prima in altra località, detta Marorupo, della Baja del Beagle; ed 
ora cola avanzano mucchi di palafitte a fior d'acqua, quali io avevo 
@4 notato a Capa-Capa. 

La lingua di Trupara assomiglia molto a quella degli abitatori di 
va villaggio interno, detto Papacadubo; anzi vogliono che fra gli indi- 
geni dei due luoghi corressero rapporti di antica parentela. 

Tutti gli abitanti di Trupara, Quabulo e Hula vivono di pesca, 



















nella quale sono esperti quanto mai. Fanno reti ingegnose e robust 
e attortigliano le fibre di foglie secche per trarne delle funi. Io 
acquistai diverse, di varia foggia, per piccoli pesci, per tartarughe, pi 
dugon. Sull’ arte con cui sono costruiti gli utensili da pesca, md 
sarebbe a dire; ed a me conviene di non dilungarmi di soverchie. 
Altrettanto mirabile è ]’ audacia dei pescatori nell’ affrontare il 
con qualunque tempo, e |’ abilità nel trovare protezione nelle sinned 
delle spiaggie e delle scogliere. Anche l' esercizio della pesca va ff 
misto a pratiche superstiziose. Alla comitiva che s' avventura sulle sy 
canoe non è permesso di chiedere nè dove vada, nè che vada a ia 
Se la domanda viene mossa, nessuno risponde; se ripetuta, le ca 
ritornano donde partirono senza gettare le reti, e malcapitato l'in 
screto interrogante! La pesca non dà profitto se chi vi prende pa 
ha prima avuto commercio con la propria moglie. Anzi quando sc 
è la raccolta, i pescatori s' interrogano vicendevolmente per vedas 
taluno abbia ceduto alla lusinga delle carezze conjugali, ed ore a 
il fatto, il colpevole è ucciso dai compagni. 

‘ Bello e drammatico è il ritorno di una comitiva, che abbia » 
colto buon numero di tartarughe. I pescatori da lontano annunz 
la lieta novella con un lungo ululo, simile al suono rauco della n 
china di un battello a vapore. Le donne accorrono subito sulle vers 
delle case tutte in festa, ed agitano le foglie delle loro gonnelle acco 
pagnando il canto degli uomini e i colpi delle pale, che spingono 
canoe sulla proda. 

Gli abitanti di Trupara preferiscono la pesca del dugon. Appa 
per ottenere qualche esemplare di questo interessante sirenide, 0 £ 
ero ancorato colà, e ne ebbi uno, ma con mio grande rincrescimenti 
mì sfuggì una bellissima femmina col feto, che quei di Hula av 
preso per caso colle loro piccole reti e che preferirono, anzichè ve: 
derla, di mangiarsela. 

Da Trupara mi spinsi un po’ nell’ interno per vedere tre villaggi: 
Papaca, Camali e Calo. Di quest’ ultimo mi tratterrò poi alquanto di 
fusamente. Attraversai una contrada per lo più pianeggiante, in alcani 
punti leggermente ondulata, piena di praterie. 

A Papaca m'imbattei nella più bella casa papuana, che finora abba 
visto. Le case appartenenti alle famiglie di maggiore ricchezza e cons 
derazione, hanno nella facciata e precisamente sulla veranda, una spec 
di guglia gotica, a base quadrangolare, alta quanto una vlta; la @# 
stessa è sormontata da due bastoni cui sono appese per ornamento delle | 
noci di cocco. La casa di Papaca poggia su palafitte di circa quali? 

| 


il 


| 


metri di altezza. 


|: Sotto la casa, ma alquanto al disopra del snolo, è la tomba del 
bo morto, formata da una serie di bastoni uniti da 30 4 aste 
i. Si saliva per mezzo di una scala originale, su d'una 
alta circa tn metro, dalla quale mercè dei tronchi rozza- 
} intagliati si perveniva alla veranda. Questa era armata a destra 
sinistra da due grossi tronchi, alle cui estremità erano goffamente 
te due teste di coccodrillo colla bocca aperta, e pendevano 
osi crani di cani e cignali. 

.Dal tetto cadevano piccole striscie di foglie di palma pieghettate, 
indica un edificio notabile, o l'abitazione di un capo di villaggio, 
o luogo sacro, come lo si vede nel Tabù, di cui parlerò in 











. Dalla veranda una scala, a piuoli trasversi, dava accesso allo interno 
casa. Subito richiamò la mia attenzione una testa di cignale che 
di attaccapanni a un sacco e ad un involto contenenti gli oggetti 
defunto capo. Ogni Papuano porta indosso le sue robe; non le 
Standona mai nella casa per timore di furto. Ma gli oggetti che apparten- 
fee ad un morto sono sacri e niuno si attenterebbe di appropriarseli. 
} La casa, chiusa all’esterno da una porta di foglie di palma, era 
Mtituita da una sola stanza grande, dalla vdlta gotica, alta e maestosa. 
pe pareti erano appesi gli oggetti appartenenti alla famiglia; giavel- 
Ati, scudi, utensili domestici, ecc.. Un palchetto legato al soffitto, a 
dae terzi di altezza, serve a sostenere le vivande e ad affumicarle, perchè 
d di sotto vi è un fornello di creta, teso su di una grossa corteccia 
Bi albero che è fissa con piuoli all’ impiantito. In quel palchetto vidi 
Ba le vivande due crant di cangurù. 
+ Ora, considerando la grossezza dei pilastri che sorreggono le case 
È questi villaggi, io mi domandavo con meraviglia donde si traggono 
qui pali, perchè il paese circostante ha una vegetazione povera, nè 
ttcora riesci ad avere una soddisfacente spiegazione. 

A Camali, piccolo villaggio, nulla di interessante; mi ferì il disgu- 
nel spettacolo di una grande quantità di persone con piaghe alla 


A Calo avendo saputo che si preparava una grande festa, mi ri- 
verbai di fermarmi, quando avessi potuto assistervi, ed ottenni |’ assenti- 
mento degli indigeni, cui promisi uno splendido regalo di due lunghe 
Yene di stoffa rossa e di 103 stecche di tabacco. 

In attesa di recarmi a Calo usufruii il mio tempo a Trupara nel 

‘alcune collezioni, e godo di poterle spedire una serie di 57 mar- 
Stpiali arborei di tutte le età, fra i quali troverà varie femmine col feto. 







Il 25 agosto, venuta l’epoca delle feste, tornai a Calo, desideroso dj 
non perdere nessuna delle varie cerimonie che quivi sogliono celebrasgl 

Calo è uno dei più ricchi ed importanti villaggi di questa parte dellif 
Nuova Guinea. Ha una popolazione di 700 ad 800 anime. Giace nell 
riva destra del Kemp Weltch, fiume grande e bello che ne rende il & 
ritorio fertile ed ubertoso. Quindi gli abitanti sono dediti all’agricc 
e trascurano la pesca. 

Le genti di Cherepunu vengono a Calo a scambiare il pesce 4 
recano bell’ e cotto su foglie di palma, contro banane, yam, taro, cas 
da zucchero e noci di cocco. Le case sono belle e abbastanza spazione: 
tutto il villaggio è assai pulito. Gli abitanti sembrano assai ben di 
sti verso i viaggiatori, forse in seguito alla lezione che loro infili 
anni sono gli Inglesi dopo il massacro, che essi avevano fatto di 
teachers. ; 

La straordinaria abbondanza dei prodotti del suolo permette a 
abitatori .di Calo, divisi in due parti, di scambiarsi a vicenda e ansusk) 
mente festevoli gentilezze e lauti ricevimenti, che hanno luogo nel messi 
di agosto, epoca della maggiore abbondanza. 

Quest’ anno la metà di Calo, che riconosce per capo Caroaveli, of 
friva la festa all'altra metà, comandata dal suo capo Curiguri. I pre 
parativi per le feste sono lunghi ed imponenti. Sin da quando io 
a Calo la prima volta, i Papuani erano occupati a tagliare e trasporti 
tare gli alberi dalla foresta. Ora trovai che attraverso al villaggio as 
| stato improvvisato un lungo viale di 60 a 70 metri, con tronchi alti dy 
20 a 25 metri, e tenuti fissi fra loro con rami trasversali a differe 
altezze. Questi alberi diventano tanti pali di cuccagna, pieni d’ og 
bene di Dio. A vari ordini sono giri di noce di cocco legate a coppia 
che cominciano dalla base e corrono su fitti e paralleli verso la cima4 
A occhio e croce io calcolai che fossero appese non meno di 25 mula 
noci di cocco. Alla cima d'ogni tronco serve di ornamento un grosski 
grappolo di defe/. Fra l'uno e l’altro tronco funi e giunchi a guisa di 
festoni sorreggono le banane, gli yam e il taro. Il peso che ogni tronco 
deve sostenere è enorme, e malgrado sia sorretto da puntelli, non è 
raro che qualcuno cada trascinando a terra i trofei. 

Nel recinto della festa era, in mezzo, la casa del capo Caroaveli; 
il quale seduto sulla sua terrazza, invigilava le operazioni e con gesta € 
grida impartiva ordini e consigli. 

Il movimento e la confusione raggiungevano proporzioni incredi 
bili. Giacchè questi popoli, a somiglianza dei meridionali, non sanno far 
nulla senza l’accompagnamento di gesticolazioni scomposte e di strida. 


Gli apparecchiatori del viale, s'arrampicavano sui tronchi, avvitic- 
landosi colle gambe, come fanno gli operai delle nostre società tele- 
hafiche e telefoniche ; più sotto a varie altezze, altri porgeva le frutta, 
fP uno e l'altro s’ interrompevano ogni tratto, per scambiarsi scherzi 
osolani e motteggi, che finivano quasi sempre con urli stridenti. 

: Frattanto altri venivano recando dalle case e dagli orti la ricca 

fase di frutti già raccolti per la festa e custoditi da qualche giorno 

peo evita dei cani e dei porci, che scorrazzano liberamente e si 
© in ogni villaggio. 

E quasi non bastasse, per la corrente del Fiume Kemp Weltch scen- 

o zattere sovraccariche, guidate da uomini e da donne affaccen- 

Bei a trarle alla riva e a deporre il loro carico. Ne stazionavano al 


fiarto dieci a dodici per volta, surrogate subito da altre appena libe- 
vate, con incessante andirivieni. 


la 


Ed avanti che sien di ld discese, 
Anche di qua nuova schiera s’ aduna. 

Tutti codesti preparativi facevano presagire |’ intensità e la lun- 
ghezza del tripudio. La gazzarra infatti durò sei giorni, e consistè in 
vari balli e cerimonie che tenterò di descrivere alla meglio. 

L’ allestimento del recinto si compiè con I’ elevazione di due grandi 
trofei di canne da zucchero: anche questo un presente che la parte Est 
di Calo offrì alla parte Ovest. 

Ogni sera ebbe luogo uno strano ballo detto pala, nel quale gli 
uomini hanno la parte principale ; le donne, che a cagione delle vesti 
Pesanti non possono fare sfoggio di molta agilità, vi sono tollerate 
&ppena. 

Questo ballo si eseguisce all’ oscuro ed io non avrei potuto distin- 
guere nessun movimento se non mi fossi aggirato attorno con la mia 
lanterna da campo. Ogni uomo agita una specie di tamburo, che essi 
chiamano capa, al quale sono appesi dei semi ed accompagna il tin- 
tinnlo dei semi col canto. Le donne, oltre la minore agilità, non pos- 
sono andare all’ unisono col canto dell’ uomo, la cui voce è più pastosa 
€ meno stridula ; nè saprebbero maneggiare il tamburo con altrettanta 
Rtrizia. A questi balli degli indigeni, la parte secondaria delle donne 
è affidata alle ragazze : le maritate ne sono escluse da una ragionevole 
Btlosia, chè altrimenti frequenti sarebbero le zuffe e le stragi. Alla ca- 

titmica della voce e del tamburo, s’ accordano le ondulazioni 
del corpo e il piegare dei ginocchi dei ballerini, disposti su due schiere 
a lunga fila e collocati alle estremità del recinto. Mentre l'una schiera 
ta ferma, l’altra si avanza saltellando a dritta e a sinistra con movi- 












mento grazioso e cadenzato a suono di cafa, cui accresce vaghezza: 
una leggera inclinazione della testa: ogni tanto taluno dei compe 
nenti della schiera che muove, esprime il suo eccitamento con un pio 
colo grido : oh | 

Ogni cosa serve di ornamento ai ballerini: foglie di banano e 
palma legate nella capigliatura, alle braccia, alle ginocchia e alla vitafi 
e fiori infilzati nei capelli e fra i braccialetti; turbanti di penne 
cacatoa bianca e lunghe penne di gallo, che svolazzano con I agian 
della persona. 

Il volto hanno tinto colla brace di noce di cocco; sul naso pull 
tano mezze lune di madreperla ed in bocca zanne di cinghiale. Vi 
che taluno aveva il coltello di legno adorno di penne di pappaga 
ed altri recava conchiglie; mi si disse esser questo un distintivo 
onore per chi può vantarsi di aver ucciso un nemico. 

Quando la parte che s’ avanza è giunta presso a quella che sia 
ferma, si divide essa pure in due file, od orizzontali, o normal al 
altre ed eseguiscono evoluzioni ora dorso a dorso, ora di fronte, soll” 
vando alternativamente od abbassando il tamburo, eccitandosi ed endl 
tendo gridi scomposti che finiscono col solito : oh! e parole di cm m 
sanno neppur essi il significato, avendone appreso il suono per tr 
dizione. 

Nessuno dirige la danza: ciascuno può darne il segnale; com 
ciascuno può arrestarlo per cambiare il tempo e la forma delle ervole- 
zioni. Queste talvolta hanno movimenti osceni, e gli indigeni che 
compiacciono di scherzi luridi, ne vanno in visibilio. Del resto, ch'i#f 
sappia, questa danza del ga/a non ha nessuna significazione, trans 
quella di un divertimento e di un esercizio. 

Le ragazze che, come dissi, vi stanno per riempitura, sono oraste' 
di corone bellissime di conchiglie bianche, rosse e nere; e perch si: 
vedano di più, hanno rasi i capelli ove le posano, presso la fronte & 
le tempie. Con le loro gonne, che dalla vita scendono quasi ai pied 
seguono assai graziosamente i movimenti degli uomini, ora prendendo 
posto fra le loro fila, ora disponendosi in fila da sè sole, sovrapponendo 
il braccio destro al sinistro della compagna vicina, e inchinandosi avail 
col corpo, o piegando con garbo le ginocchia. 

Invece nell’ altro ballo detto Afrufî, che s’ eseguisce di giorno, k 
donzelle soltanto vi hanno parte. Esso non ha luogo senza il permesso 
di un personaggio importante, il capo di una privilegiata famiglia, detto 
Capa badina fauna, che gode anche alta autorità nella cerimonia delli 
uccisione dei majali, che descriverò fra poco. 


Chiunque offre un maiale al banchetto che segue la uccisione, 
b.il diritto di designare pel ballo Airugi una figlia o un’altra donzella 
usa scelta: il case badina fauna ne manda due. 

Nella piattaforma della casa del capo Caroaveli si riunirono le 
adr con le figlinole ammesse all’ onore dell’ Airwgi. Ad un segnale 

moglie del capa badina, esse si posero a svestire le figlie e accon- 
pie per la festa. 

Questa Zoslefte, che arrivava fino quasi a denudare le fanciulle sen- 

ra di pudicizia, era fatta in piazza, coram populo, davanti a un 

ico composto, è vero, nella maggior parte di donne e bambini, 
. gli uomini disdegnano di assistervi e presenziare al ballo che 
Wi:fa seguito. Le 39 ragazze che presero poi parte al ballo, ebbero 
Balle madri unto il corpo con olio, e poterono far pompa del ricco ta- 
Rueggio di cui vanno altere. Anche quando indossano le gonne, queste 
no di scovrire una gamba e mettere in vista l'arabesco della 
Le madri discutono molto fra loro sulla perfezione del tatuaggio, 
| le nostre signore usano fare dei cappelli e degli abiti, e beffeg- 
ano quelle che 1’ hanno meno smagliante o incompleto. Unte le donzelle, 
esse furono coperte di tutto ciò che di prezioso possiede la famiglia. 
Al polso si adattarono braccialetti di pelle di majale e all’avambraccio 
braccialetti di giunco. Un oggetto assai pregiato è la lunga collana, a 
tao ber, fatta di denti di cane. A me non riescì ancora di farne ac- 
Quisto. 
Appena le ballerine furono parate coi loro pesanti gingilli, si ra- 
No e scesero nel recinto, aprendo la marcia le due figlie del 
(6290 Sadina. Le madri s'assisero alla turca e presero a suonare il 
‘telito tamburo, e la danza ebbe principio. Nel ballo le fanciulle ten- 
ono un vecchio sacco legato con una reticella dietro le gonne e lo 
fanno battere dietro Je spalle e strisciare per terra. Precedono le due 
figlie del capa-badina, dette daaine e le altre seguono in due file, © 
Biungono alla estremità del recinto, d'onde retrocedono in senso inverso, 
Restando ultime le due badine a una distanza di cinque o sei passi, in 
modo da essere distinte sempre dalle compagne. Codesto movimento 
del sacchetto imita lagitare che fa della coda il majale morente. Ma lo 
Spettacolo delle ragazze avrenenti che volteggiano semi-nude e scuotono 
| più bizzarri adornamenti, è veramente splendido, ed io vorrei posse- 
dere l'arte e la fantasia del poeta per descriverlo con evidenza ed ef 
fcacia. Alla povertà della descrizione, Ella che ha presenti alla memo- 
Mia le scene di Borneo e della Persia, potrà supplire con la viva sua 


tamaginazione, 












Più importante dei due balli del pala e dell’hirupi, è la fanz 
del dualza. Caroaveli, il capo, come dissi, di una metà di Calo, ci inni 
ad assistervi. Essa ebbe luogo nelle ore pomeridiane del 30 a 
quando il sole scemava della sua forza. Dinanzi a quattro  piattalon 
delle principali case del villaggio, vedemmo 13 porci grandi e gn 
legati con quelle cinture che gli uomini portano sui fianchi, e ches 
loro vengono chiamate si. 

Le ragazze, che la sera innanzi avevano ballato l’Asrsgi, si dali 
buirono sulle quattro piattaforme, adorne ancor più che nel ballo. ( 
alla corona di conchiglie, avevano sulla nuca il sésidava, che consì 
in un fascio di piccole penne dai colori metallici, sormontate di 
lunga penna caudale, e in mezzo della testa altri ciuffi di penne mel 
e gialle. Io non so dirle che effetto facesse tutta quella vivacità, qui 
l'orgia di colori. Anche l'uniformità del bronzino della pelle, era inti 
rotta e ravvivata da monili e gambali di foglie di palma, da cu pedi 
vano frutti di defe/. Al segnale del capa dadina fauna, e al suo GI: 
tamburi, si tolsero l’unica gonna, e le vecchie madri ripeterono 
zione del giorno .innanzi (1). Gli uomini assistevano alla cer 
col viso tinto in nero e variegato da disegni; cosa che suol & 
in occasioni solenni. Caroaveli ed altri pochi si distinguevano pei Wi 
due giavellotti, di cui uno rosso con la tronca estremità guarnita 
penne di pappagallo. Erano, come già dissi, fortunati eroi che avera 
ucciso nemici e deposto le teste sull'altare del adudo. La presenza 
tanti uomini, e di stranieri non che offendere la verecondia delle È 
ciulle, sembrava solleticasse la loro vanità. Anzi a un certo punto G 
roaveli, temendo che noi non potessimo vedere distintamente cod 
operazioni, ingiunse alle ragazze di non voltarci le spalle, ed esse € 
miglior garbo obbedirono. 

Dopo che l’unzione e l'abbigliamento furono con la consueta dilgeni 
condotti a termine, tutto il pubblico seguì ansiosamente l'uccisione @ 
majali. 

Questi con le gambe posteriori legate a un bastone potevano ¢ 
menarsi, ma non fuggire. Il capa dadina fauna intuonò il canto, € ¥ 
puntò il giavellotto verso il majale da lui offerto, altrettanto fecav gi 
altri benemeriti offerenti della festa. Frattanto le ragazze interamen* 
nude, a suono di tamburo, cominciarono dalla piattaforma a go 


(1) Questa cerimonia dell’ unzione ha per i Papuani una grande importa, dl 
è la caratteristica di queste feste. Infatti tutto il complesso delle cerimonie sacle : 
Calo designarsi col nome di cwiriga, composto di due parole, cus vagina, ¢ rigs Do 


— 571 — 

fel, yam, noci di cocco, taro, canne da zucchero; un vero carnevale 
più pittoresco di quello di Roma o di Nizza, una scena da ballo 
melodramma fantastico, degno della tavolozza dei più fervidi ed 
inosi pittori. 
i. Dopo il getto delle frutta, le ragazze tagliarono con le conchiglie 
wii yam e sì rivestirono colle loro gonne. Allora gli uomini scagliarono 
fpavellotti sui majali cercando di colpirli ripetutamente al cuore. Il 
pe durò parecchi minuti fra le sofferenze e i grugniti disperati 
Me vittime, mentre alcuni uomini, suonando l’ inevitabile tamburo, fa- 
liano il giro delle piattaforme per scongiurare e propiziarsi gli spiriti. 
i che fra costoro ve n’erano due che recavano due tamburi, e ne 
hiesi spiegazione. Mi fu risposto che quando avvengono queste feste, 
& pate che invita, fa noto all'altra il numero dei porci che saranno 
lmmolati, e glieli mostra. Ma se qualcuna delle bestie muore nel frat- 

l'uccisione non avendo più luogo, il donatore a testimonianza 
fila sua offerta, interviene alla cerimonia con due caga. 
i I giorno appresso 31 agosto era l’ultimo della baldoria. Già nel mat- 
fino ci fa gran movimento sul fiume pel trasporto di altre derrate e canne 
da zucchero di cui si fecero due trofei. All'ora designata, il capa badina 
fewna salì sulla piattaforma di Caroaveli e chiamò il villaggio a raccolta. 
Vennero gli uomini recanti in mano grappoli di betel, le donne colle loro 
corone e collane e salirono sulle quattro piattaforme ove si accomo- 
codarono a sedere. Caroaveli quando stimò che l'assemblea fosse al com- 
Pleto, si levò imitato dagli altri, e rivolto all'altra parte del villaggio, 
wane una bizzarra allocuzione, il cui senso era questo: 

€ Gente oziosa e pigra, venite a vedere e a prendere tutti i no- 
tin frutti. Noi vi offriamo yam, taro, canne da zucchero, banane, betel 
e noci di cocco. I nostri orti sono fiorenti. Venite e prendete. » 

Parlando dimenava il corpo e, con un gesto famigliare ai Papuani, 
Si percuoteva la coscia destra colla palma della mano. 

Le sue parole, come fa il coro dei nostri teatri, furono ripetute da 
quegli uomini che erano sul minareto del 4450 con un ritmo unito, 
Misto a grida e a pestar di piedi, che terminava con un urlo acuto. 
Ma in mezzo a quel baccano, che maestà, che imponenza, e che ac- 
cordo nelle voci unisone! La Cerere papuana ha così gli omaggi con 
la primitiva e grandiosa semplicità degli eroici tempi della Grecia. 

All invito risposero i fratelli dell’altro lato del villaggio, e fecero 
"£0 bottino dei regali. Guai se non accettano il dono! Ne seguono 
ast © vendette. L'accettazione importa l'obbligo del ricambio nella stessa 
Neorenza dell'anno successivo. Quest'anno una-delle piattaforme non 
































— 572 — 
vide accetti i suoi donativi. Quelli cui spettavano non comparven, 
mi fu detto che non ebbero il coraggio di presentarsi, perchè loro1 
mordeva la coscienza di qualche furto commesso a danno dei do 

Mi sono alquanto, forse troppo, dilungato nel racconto di q 
cerimonie: ma essendo le prime a cui io abbia assistito, è naturale 
mi abbiano colpito assai vivamente. Non so dirle quanto deplori ilg 
sto avvenuto alle mie placche fotografiche. Quanti motivi di paessgi 
quanti gruppi pittorici avrei potuto sorprendere e riprodurre con‘ 
macchina, che giace inoperosa e non serve per ora che ad accrestli 
il già troppo ponderoso bagaglio. Ma se la lena mi regge, resterò ¢ 
ancora un anno, e chissà che non torni l'opportunità di rivede. 
feste di Calo, e portarne un qualcosa di più che la mia personale 
moria. 

Oramai nulla mi tratteneva a Calo, e a piedi raggiunsi Cherepem 
ove il cuffer mi aveva preceduto. 

Cherepunu consta di quattro villaggi fra loro poco discosti Hani 
Cheapara, Carara e Hula. Quest'ultimo si chiama così perchè fools: 
da Papuani profughi, in seguito a guerra intestina, dall’altro Hab ¢ 
rammentai più sopra. Furono qui accolti, ma al patto di non posses 
terre, vivere di pesca, e dare giornalmente metà del raccolto agli il 
abitanti di Cherepunu. Queste dure condizioni non sono più rispett 
dall'epoca dell'occupazione inglese. 

Il 4450 di questo villaggio è alquanto diverso da quelli di Rigi 
Capa-Capa e Calo; perchè invece di essere una piattaforma scoperty 
una casa abitata da un'antica famiglia di stregoni. Il tetto ha treé 
tocci che tentano raffigurare due donne e una bestia che fugge: una best 
non esistente in veruna fauna; che diavolo di animale vollero riproduri 
non potei scoprire. V’ erano graziosamente intrecciate sulla veranda dei 
noci di cocco con la scorza sollevata in modo da formare un fiore 200r 
di conchiglie. Volevo comprarne; ma gli oggetti sacri non li vendo 
a nessun patto. , 

Gl'indigeni di Cherepunu hanno la specialità delle canoe, che di 
struiscono per poi venderle; adoprano all’ uopo un accetta di pietà 
speciale che si converte agevolmente in ascia. Adoperata come acct 
serve a levigare e arrotondare il tronco d’albero; come ascia a sci 
Ne comprai parecchie, nella supposizione che forse difettino nelle © 
pende collezioni di Beccari e D' Albertis. 

Da Cherepunu mi recai nel Golfo di Aroma, accompagnato del 
bravo #eacher Tinori, il quale ebbe due anni fa il merito di salvare 
vita a sy Papuani di Motu-Motu, grande villaggio all’ Ovest fra l'Io 


— 573 — 

e il Fiume Fly. L’insenatura di Aroma comprende 13 villaggi, che 
endo dall’O., si chiamano: Paramata, Obacòi, Pelacéi, Matipa, Aca= 
Cairicatà, Iluone, Ualo, Coapéupa, Bamiapuna, Upucau, Berreruba, 
ichila. La popolazione di tutto il golfo è di circa 3 mila abitanti. 
A Calo avevo stretto conoscenza con Quapina, capo influentissimo 
willaggio di Maupa, che mi fece gli onori del suo domicilio. E ve- 
inte è uno dei più grandi villaggi della Papuasia, di un aspetto as- 
. Accosto al dudo è la chiesa anglicana, con singolare con- 
o, che denota la meschina influenza che i /eachers hanno finora su 
polazioni. Anni sono se ne ebbe un esempio. Alcuni Cinesi 
«pedatisi di approdare per commerciare con gl’indigeni, furono uccisi 

pobero le loro teste appese al 450. Mesi fa una nave da guerra 
Mee venne quì e i marinai sotterrarono quei cranî. Poco appresso 
fo scoppiata un epidemia, se ne attribuì la causa al seppellimento, 
mentò una grande ira contro il governo ‘britannico. Convenne che 
gti tollerasse l’esumazione dei cranî, e il loro ricollocamento nel dubdo. 
| | Resti fra noi: io di questi cranî ne trafugai alcuni di notte, e 
+ Ginsta il censimento fatto da un Hacker, Maupa avrebbe 389 
mi, 342 donne, 475 fra fanciulli e fanciulle e 204 abitazioni. In 
1,206 abitanti. Paramata invece ne ha appena 200. 

In Aroma ci s’ accorge che s’avvicina lE. della Nuova Guinea: 
prduno gli oggetti di ornamento, quelli di lutto, ed appariscono lavori 




























.B Questa diversa suppellettile io potei raccogliere in misura piuttosto 
pecante e con facilità, perchè gli indigeni fuori dal contatto del- 
pino civile, sono privi di tabacco di cui sono avidissimi. 

Qui ottenni altresì una numerosa collezione di rettili e di marsu- 
wy — ne troverà di tutte le dimensioni. — Il numero di animali re- 
fai dagli indigeni era stragrande. In pochi giorni consumai 100 a 
Po litri di alcool, tutta la mia provvista; e da ultimo fui costretto a 

Rare l'a/co07 debole. 

| Da Aroma mi recai a Samarai, trattenendomi un giorno nella Baja. 
D, Dar e una notte a Su-a-u. Seppi dal #eacker che la baja era in 
mie commozione, perchè gli abitanti di due villaggi, Pululù e Vas: 
PY, erano venuti in disputa sulla proprietà di un majale. Vi. erano: 
mi uecisi Venas, capo del villaggio di Vadabù, e Vadacuaja, capa di: 
wwii, Il 26 settembre la vedova di Venas per cordoglio si era impic-; 
pel Questo accadeva fra il 24 e il 26 settembre, la vigilia del mio 


tai 


— 574 — 
-  Samarai è una piccola isola che appartenne alla London Mi 
Society, dalla quale il governo inglese ne fece acquisto per stabilim la; 
sede del Resident Magistrate della Punta E. della Nuova Guna e 
degli Arcipelaghi d'Entrecasteaux e delle Luisiadi. La scelta non pl 
teva essere migliore: perchè l’isola presenta un ancoraggio eccelle 
per bastimenti di qualsiasi portata; e il mare per effetto delle isok i 
degli scogli circostanti, vi è sempre calmo. 

Da Samarai, dopo breve dimora, venni a Cooktown donde Le sara, 

Sono intento a riparare il cuffer e a renderlo più adatto all'u 
é poi intendo riprendere la via di Aroma e rifare a piccole tappe ls costei 

Giacché Ella, con tanta bontà, desidera aver notizie sulla mas 
lute godo poterla assicurare che sono eccellenti. Benchè spesso 1 
abbia avuto presenti le raccomandazioni sue e della famiglia di ent 
gli strapazzi, nondimeno non ebbi incomodi di sorta, e posso dire. 
sopportare egregiamente le fatiche ed il clima. Non fui assalito n° de 
febbri nè da dissenteria. Unico fastidio, le punture delle zanar, che‘ 
con poca prudenza grattandole lasciai suppurare, sicchè ancora le paghe 
che ne ho ai piedi mi obbligano ad avermi riguardo. Le persone che mij 
seguono furono colpite da febbre, e i Malesi anche da dissenters ¢ &i 
piaghe alla pelle. Amedeo specialmente ed English patirono di nem 
gie. I medicamenti di cui ho fatto maggior uso sono l'jodoformo 
l'olio fenicato per le piaghe, l'olio di ricino e il chinino per l& 
senteria e la febbre. 

Le istruzioni mediche che recavo dall'Italia mi ammonivano di = 
abbondare nelle somministrazioni di chinino. Ma il medico a bordo @ 
piroscafo olandese de Ruyfer, quando uno dei Malesi ebbe la febbre, & 
guarì istantaneamente, purgandolo prima, e somministrandogli entro a 
ere 180 centigrammi di bisolfato di chinino. Io era meravigliato, ™ 
egli mi assicurò che una quantità minore in questi climi non pede 
rebbe effetto. L'esperienza mi provò ch'egli aveva ragione. Ken 3& 
riesciva a liberarsi da una febbre ostinata, quantunque prendest # 
neralmente 70 centig. di chinino e spesso si purgasse. Con la forte dost 
suggerita dal medico olandese, guarì a un tratto. 

Infine Le dirò che per riescire a fare scambi cogli indigeni, Lao 
neta corrente è, si può dire, il tabacco: ed il viaggiatore deve fst ® 
modo di averne sempre una buona provvista. I Papuani apprezzano 
tanto una forma: quella confezionata in stecchi da 18 m., larghi 3® 
e grossi 3 m.; poco monta se la qualità sia buona o scadente 
‘ Però sono utili altri generi ed oggetti che variano a seconda de 
luoghi. Per esempio il sagu è ricercatissimo su tutta la costa da Pow 





— 575 — 

Mioresby ad Aroma; più all’E, o all’O. non ha alcun valore perchè 
É “i produce in grande quantità. Il sale, preziosissimo per chi si 
page nell'interno, è inutile, ben si comprende, sulle coste. Ci sono 
Regi oggetti apprezzati dovunque, quali specchietti, accette, stoffa rossa, 
piccoli fischi, scatole con musica e specialmente coltelli. I miei coltelli 
fs Scarperia vanno a ruba. 

! Ora mi cadrebbe in acconcio di trattenermi alquanto sull’ indole 
@ sui costumi delle tribù dei Motu. Per non accrescere davvantaggio 
È wolume di questa lettera, che forse l’avrà tediato, Le spedisco al- 
gumt fogli volanti dei miei appunti. Sono un abbozzo senza ordine, 
quali si possono gettare fra le vicende e le cure infinite del viaggio. 
Cel tempo, spero, ritornato in patria, di dedicarmi con agio e con 
tranquillità, alla piacevole fatica di ordinare e sviluppare le fuggevoli 
note. 


e e 9 » 
Suo affmo 
LAMBERTO LORIA. | 


Letiera tersa. 


Cooktown (Queensland), 26 ottobre 1889. 
Carissimo amico, 

Eccole, come Le promisi nell’altra mia, alcune sparse note sulla 
tribù di Motu, una delle razze più importanti della Papuasia inglese. 
Come già avvertii, le traggo dal taccuino di viaggio, senza nesso e senza 
ordine, e quindi le riferisco senza veruna pretesa di novità o di esat- 
tezza. 

Già una prima difficoltà del viaggiatore è la ristrettezza del tempo, 
e l'orgasmo del peregrinare che non gli permette di attendere con 
calma allo sviluppo delle osservazioni e della narrazione. Come il pae- 
sista, fissa nell'album qualche tratto, qualche motivo del luogo che per- 
corre, e che poi a mente riposata svolge nella quiete del suo studio ; 
così il viaggiatore affida a fogli volanti le impressioni della giornata, 
affinchè sulla loro traccia possa un giorno ricostituire tutta la storia del 
lungo cammino, illustrare i fenomeni naturali che gli si presentarono, e 
i costumi delle popolazioni con le quali fu a contatto. 

A questa prima e generica diflicoltà, io debbo aggiungere altre 
contrarietà specifiche ed a me personali. La tribù dei Motu è diffidente 
© superstiziosa quanto mai. Quante volte alle mie domande, gl’indigeni 
mi ripeterano : Perchè mi chiedete cid? che ve ne importa? S'aggiunga 


che in così breve soggiorno, non potei appropriarmi la loro lingua in 
modo da far di meno di un interprete, sicchè alcuni fatti e notizie su- 
biscono le alterazioni inevitabili del discorso tradotto dall’ intermediario. ‘ | 
Nondimeno, siccome io metto una cura scrupolosa nell’appurare la ve ‘ 
rità delle cose che desidero apprendere, e le confronto più e più voltez i 
e siccome quando è possibile non mi appago di quello che sento, mx: 
cerco di verificare con i miei proprî occhi; così, oso lusingarmi che le $ 
notizie da me raccolte, se anche inesatte od affatto erronee nei dettagli, . 
nel fondo sono vere. 

Le occupazioni preferite dagli uomini della tribù di Motu sono af 
pesca, la caccia e la guerra. L'agricoltura è affidata alle donne. 

Il nutrimento dei Motu consiste di pesci, tartarughe marine, dagen, 
rettili, marsupiali (cangurù, cuscus ecc.) e di vegetali (noci di cocco. 
banane, canne da zucchero, sagù, yam e taro). 

Il coceo è coltivato in piantagioni speciali, a volte frammisto con 
sagù. Il banano quasi sempre negli orti; non lo vidi mai unito al cocco 
o al sagù, bensì spesso con yam, taro e canne da zucchero. 

Le piantagioni non sono protette da riparo; anzi molto spesso k * 
vie ed i sentieri li attraversano; gli orti invece sono interclusi da stec- 
conati fatti generalmente di costole di foglie di sagù legate in vari 
ordini a pali di legno. 

Il frutto del banano spesso è coperto con foglie per preservario 
dalla voracità degli uccelli e dei grandi pipistrelli frugivori (Pferogas). 

Il rispetto dell’altrui proprietà non è così universale e profonde 
che non s’abbiano a deplorare furti. Ora per impedire le sottrazioni di 
frutta, gl’indigeni sogliono legare, alla base o sui rami delle piante, alquante 
foglie di palma. Questa specie di talismano rende sacre, o fda ke 
piante. Nella loro credenza, essi non dubitano che il ladro, se osast 
manometterle, o cadrebbe fracassandosi il cranio, o comunque morrebbe 
poco appresso. Lo stesso proprietario, cui solo è concessa la virth di 
rendere sacra la pianta, non può percepirne i frutti, se non ha tolto 
preventivamente il segno del 7252. Altro più efficace spauracchio è una 
porta di foglie di palma pieghettata, che rende inviolabile l’intera pian- 
tagione. Questa specie di faé% non può essere apposta se non col mi 
nistero del capo del villaggio. L'intreccio delle foglie di palma in al 
cuni luoghi fa da festone dall'uno all'altro banano, e il paese di hk 
impressione dei vigneti della nostra bella campagna toscana. 

Gli orti, come dissi, sono coltivati dalle donne. Tuttavia la pian- 
tagione è fatta dagli uomini. Si scelgono all'uopo delle praterie verginì, 
e l’erba vi è ripetutamente battuta, e tagliata, poscia le stoppit. 









— 377 — 
gono” bruciate, Quiridi coh vanghe di legno gli uomini smuovono il 
terreno con moto uniforme. L'orto allora è disposto pet la pianta- 
gone. Le piante sono accatastate ‘in un canto, e ‘sopra vi si depon- 
{pai costole di Zugon, ossà di un pesce speciale, chiamato dedw, vasi 
ti elevigati, braccialetti di conchiglie e foglie sacre (haurauma) 
.due alberi, l'iroma e il lataba. Del deds ancora non ebbi alcun 

plare, ma non dispero di raccoglierlo; delle, piante manderò a 

i, foglia, fiore e frutto. Su tutto il’ mucchio versano dell’ acqua 
nella ‘persuasione che questa passando su tutto il monte di oggetti 
rima di arrivare ad inumidire le piante, si arricchisca di principî fer- 
Wlizzatori, 

«Peri banani, le cose vanno più alla buona: si contentano di 
applicare una foglia sacra in ‘ogni buco dove si piantano. 

La donna è in una manifesta condizione di inferiorità. Tutte le 
tecende più faticose ed umilianti le sono affidate. 

Il pudore poi vi è sconosciuto affatto. Non parlo di scherzi osceni, 
he uomo si permette a ogni tratto, nè del costume adamitico di cui 
fa spesso pompa oltraggiosa. — | 

_ Ma sin da bambina, la donna apprende a prostituirsi, così per 
‘git0cd, coi bambini coetanei, in mezzo all’ indifferenza dei genitori | e 
della famiglia. 

D'altronde la corruttela delle ragazze non è d' impedimento alle 
nozze future, Divenuta moglie, però, l’adulterio è riprovato, non tanto 
per la gelosia dei mariti, quanto perchè viene considerato come un 
fato, che autorizza l' uccisione del seduttore. Perciò non è raro che 

gli indigeni ebbero contatto col bianco, si riscontrino dei mariti 
che offrano le mogli pel denaro, e genitori che vendano le figliuole, E 
yu troppo fra ragazze non sono ignoti gli amori di Lesbo! 

Nella lingua motu vi sono due vocaboli: mauheni che indica il 
matrimonio legittimo e la corte che fa il fidanzato; seihare che accenna 
all'amore carnale. 

Allorchè un giovane, dopo aver fatto la corte per un certo tempo 
alla sua bella, crede venuto il momento opportuno di sposarla, palesa 
le sue intenzioni ai propri genitori, e questi, se sono consenzienti, 
îttano un regalo di frutta ai genitori della ragazza. Costoro si chiedono 
meravigliati lo scopo dj tale gentilezza. E cosi si aprono le trattative 
€ si fissa il prezzo, che i genitori dell'uomo debbono a quelli della 
"0%. Ove l'accordo non riesca, il regalo non viene perciò restituito. 

_ Concluso il matrimonio, i genitori dello sposo danno una caparra 
4 genitori della ragazza. 















Qualche volta, benchè raramente, accade che i matrimoni si fissine 
avanti che i giovani sieno giunti a pubertà. " 

Fissato il matrimonio, i giovani si corteggiano per un certo ten 
durante il quale è interdetto alla ragazza di avere contatti sessuali os 
altri giovani. Tali almeno sono le istruzioni che la madre da alla figli 
L'unione sarebbe vietata anche fra gli sposi, ma coi costumi dei | 
puani, il più spesso avviene che i giovani mangino il grano in e 
Talvolta il fatto compiuto è spinta a contrarre l’unione legale, e i genitoli 
della donna cercano di cogliere gli amanti in flagranza per costrinse 
Y uomo allo sposalizio. Le nozze hanno luogo assai semplicemente: nel 
banchetto della famiglia della ragazza, siede il giovane, e il cibo comindtéff 
dallo sposo è finito dalla sposa e viceversa. Una funzione tutta pris 
tiva che ricorda la confarreatio dei nostri progenitori latini. ‘Compiut 
la cerimonia, i genitori dello sposo danno il resto del prezzo cose 
venuto alla famiglia della donna, e ne ricevono in cambio un piccolo 
presente. 

Allora poi il matrimonio è veramente perfetto, e il giovane è osgi- & 
tato a casa del suocero per tutto il tempo necessario a fabbricarsi mi 
proprio alloggio. 

Accade spesso che fintanto che non nasce prole, i coniugi som 
si chiamino fra loro per nome, nè pronunzino il nome del rispettità 
consorte. | 

Ma può talvolta darsi che il matrimonio, combinato fra i parenti 
d’ ambo le parti, non garbi ai giovani, per esempio, alla promessa 
sposa. Questa per sottrarsi alle nozze invise, fugge coll’amante di sua 
scelta, giace con lui per una notte, e si ripara da persone amiche 
Tutto poi si accomoda, se il marito eletto paga il prezzo alla famiglia 
di lei. Quanto alla famiglia dello sposo ripudiato, le si restituiscono i 
donativi e con mille scuse si ristabiliscono i buoni rapporti. 

In Hula e Trupara, avviene presso a poco lo stesso; solo I’ usuca- 
pione della donna per parte dell’ u uomo avviene dopo. tre giorni; una 
specie di jus #rinoctium. 

La poligamia è assai frequente e se la prima moglie è contents, je 
due donne vivono sotto lo stesso tetto; se si oppone, il marito tiene 
doppio focolare. Nell'ipotesi di tre mogli, la prima cessa di lavorare 
e sorveglia le altre due; nel caso di due mogli, ambedue accudiscono 
alle faccende domestiche e all’ orto. 

‘ Rarissimo il caso di poliandria. In tutta la Nuova Guinea inglese 
se ne cita uno, finito tragicamente a Gherese (tribù di Garia). Uno 
dei mariti per gelosia uccise la donna, e poco appresso esso medesimo 


— 579 — 
i-l'altro marito morirono, dicono i Papuani, per vendetta dello spirito 
taplacato della moglie. 
. . i marito malcontento della moglie può rimandarla alla sua fa- 


jpiglia; ma se quella fugge dal suo tetto, può costringerla a farvi 






, Avanti Il’ occupazione inglese era permesso al marito di uccidere 
ente la moglie. Ne seguivano, è vero, zuffe e guerre fra le 
delle due parti, ma la vendetta non giungeva al segno di voler 
suerto I’ uccisore, contentandosi i parenti della donna di ferirlo. 

6.. Durante la gravidanza, la donna attende sempre alle sue cure: 
Rppeca sente i dolori che segnano l'approssimarsi dello sgravio, annunzia 
‘al marito il sesso del nascituro, giacchè i Papuani credono che se i 
‘grimi dolori si manifestano nella schiena, nascerà un maschio, se nel 
‘ventre una femmina. 

| It marito allora va a chiamare quattro fra le parenti più prossime di 
‘fai e della moglie, o in loro mancanza le amiche più intime e loro confida 
‘la puerpera. Ai primi vagiti del neonato accorrono le donne del vicinato 
con gran chiasso a vedere la creatura, e quando esse si allontanano, entra 
il marito, il quale si mantiene silenzioso e a rispettosa distanza dalla 
moglie e dal bimbo, che non tocca per i primi tre o quattro giorni. 
Delle quattro donne che assistettero al parto, una resta a fare |’ infer- 
miera per tre o quattro settimane, fino a che il bimbo non accenna 
a sorridere e la madre ha bisogno di riguardi. Prima che la madre 
ritorni alle sue abituali mansioni, la famiglia dà un piccolo festino 
alle donne che ebbero cura della partoriente. Il pranzo è di pramma- 
tica, qualunque sia la condizione economica della famiglia, essendo 
credenza che ove non lo si facesse, gli spiriti farebbero morire il neonato, 

Finchè la madre allatta, il marito si astiene dall'avvicinarla: chè 
se la donna durante quel periodo viene incinta, i copiugi sono assai 
censurati. | 
Più volte quei benedetti spiriti mi hanno guastato le uova nel pa- 

niere. Il viaggiatore in questa parte della Nuova Guinea deve fare i conti 
con loro, 

Le vedove, per esempio, portano delle collane come ricordo del 
Marito defunto. Se volete acquistarne, è un affar serio. La paura degli 
Wpiriti ultori del marito le fa fuggire, oppure vi supplicano di non ripetere 
la domanda, perchè lo spirito non si adiri e non cagioni loro la morte. 

In Hulà volevo persuadere una donna a cedermi la collana, perchè 
tinto il marito defunto sarebbe stato indifferente se la portasse o no 
Con st: ma essa mi rispose: « Voi non avete forse cara la memoria 

















— 580 —— 
«lei vostri morti? » Però dubito che più che la venerazione pel trapey 
sato non potesse in lei la paurosa superstizione. 4 

Vedete un bell’ ornamento alle canoe, o qualche oggetto di Adon 
tanza appeso a un dybor Non giova offrirne un prezzo matto. 
paura del vata-vata (spirito) è più forte della cupidigia. Ora, gm 
d'opinione dei Papuani, alla persona che muore. sopravvive lo sg 
rito che sorveglia i superstiti ed ha potestà funeste, quantunque € 
gri ed abbia residenza in altre regioni, che essi indicano verso |’ 0. & 
il vitto è più abbondante. In questa residenza v'è un posto d'ona 
riservato per le persone morte violentemente e per i guerrieri che j 
si sono distinti. Lo spirito è soggetto a una seconda morte, in segui 
alla quale nessuno sa che ne avvenga. 

Questa universale credenza sulle virtù malefiche degli spit X 
è naturale, alimenta la fiorente ed ingegnosa industria degli scoagm 

Uno degli scongiuri più in voga è questo: quando alcuo.c 
ammalato, gli amici portano accanto al suo letto un majale om 
gambe legate. Uno degli amici da un lato suona il cafe o tig 
dall'altro lato un secondo scaglia il giavellotto sulla bestia, mentre 4 
malato tiene in mano la coda. Con questo si stima che sfugga lo $ 
maligno. 

Quando i parenti mangiano la carne dell’ animale ucciso ne lascia 
da parte un pezzo per ofirirlo al dudo, con un banano, sempre n 
l'intento di amicarsi gli spiriti. L offerta è appannaggio di una pers 
privilegiata, il couraga. 

Se poi un'epidemia affligge tutto Ql villaggio, gli abitanti sc pa 
rano i vata-vata come meglio possono, ma se la mortalità. perdura, on 
bandonano il luogo e vanno a dimorare altrove. Così si spiega la qui 
tità dei villaggi abbandonati. 

Lo scongiuro per le epidemie può essere pericoloso pei vaga” 
tori. Perchè nella supposizione che gli spiriti viaggino, spesso i Papas 
spiano di notte dalle fessure delle capanne, e scagliano .freccie vw 
qualunque cosa si agiti per terra o per mare. 

Ben si comprende che codesta famigliarità con l'idea degli ni 
debba eccitare l'immaginazione dei Papuani, e produrre gran copi di 
leggende e di fole. 

Nell’ altra mia accennai alla leggenda della montagna. Voglio 0 
trascriverle la tradizione che gli indigeni della vallata del Kemp Wels 
hanno sulla loro origine. Ed uso appositamente il termine trasciitt 
perchè l'ho appreso dal sig. Reginald Guise, un simpatico er «ufficiale 
della cavalleria inglese che conobbi a Trupara. Da sei anni egli P° 


— 5 Si — 
bere la vallata del Kemp Weltch come cacciatore, ma istruito ed in= 
Wigente, si è fatto padrone della lingua, ed ha studiato ed annotato 
pa passione ed accuratezza le usanze degli indigeni. 
; . Orbene, secondo -questa leggenda, .nel centro. della terra vivevano 
i tempo un cane ed un fisone, dai quali nacquero una donna e due 
mi, che alla loro volta generarono 7 maschi e 7 femmine, stipite 
lunga progenie. Un giorno il cane cacciando col figlio. primogenito 
»cangurù, vide un varano (grande lucertola), che come suo costume 
sifegid su di un albero. Dietro comando del padre, l’uomo s'arrampicò 
albero per impadronirsene. Ma l'albero pareva d'un’altezza smisu- 
is. L'uomo stanco stava per abbandonare l'impresa, quando si accorse 
the l'albero coi suoi rami passava per una fessura della superficie ter- 
fate. Allora rianimatosi, escì pel pertugio, e si vide in una valle in fondo 
Mi quale si ergeva. un’ alta montagna. Ascesa questa, quale non fu.la 
M meraviglia nel trovarsi su di una catena di monti tutti fiorenti di 
ligetazione! L'occhio suo. abituato alla oscurità della caverna, ne ri- 
leneva come abbagliato, ed egli non era mai. sazio della . contempla- 
None di tante meraviglie. Fatto ritorno nel. centro della terra,.la pittura 
Biusiasta che egli fece ai compagni delle cose vedute, invogliò parte 
Î essi a cercare fortuna nel paese scoperto. Grande però fu la discus- 
lone che s'impegnò fra essi, e il cane principalmente si oppose .al 
progetto, dichiarando che ove l'avessero attuato, avrebbe ingiunto al fra- 
lello minore. di abbattere l'albero gigantesco, precludendo così ai. fug- 
fischi la via del ritorno. | oa 
Ciò non ostante, sette coppiedi coniugi si avventurarono a seguire 
| primogenito, e per la scala dell'albero salirono sulla crosta terrestre, 
We, appena «giunti, sentirono che giusta la minaccia, l'albero crollava 
bito i colpi del secondo figlio de] cane. Gli avventurieri peregrinarono 
quanto e s'imbatterono contro un gran fiume che non seppero. attra- 
Fettare: ne seguirono il corso ed alla fine lo guadarono; percorsero 
poi la Spiaggia per. una considerevole distanza e pervenuti ad .una val- 
lata gioconda, tutta circondata di colline, la guida ed una prima coppia 
Ni presero stanza. 

Così ebbero origine i villaggi di Cherepunu e Aminarupa. Un’ al- 
tra fondò Chirampo nel Nord, una terza Calo, due altre Papaca e Ca- 
Mali; la sesta fondò il villaggio di Bori. Questi villaggi, eccezione fatta 
te ultimo, esistono tuttora. I primi fondatori furono seppelliti solenne- 
mente con i loro utensili nell’ entrata della caverna di Alioele. 

Assai diffuso ed apprezzato è il tatuaggio. Per farlo, con la resina 
tolta dagli alberi, o.con l'involucro della noce di coccò bruciato ed inu- 


















— 582 — 
snidito, tracciano sul corpo del paziente un disegno, e quindi os w 
pezzo di legno appuntato pungono la pelle con moto veloce e leggien 
Il disegno è semplice e regolare, quasi sempre simmetrico, composto @ 
linee .rétte o leggermente curve. Mai non mi imbattei in un tatoagiié 
con figure di animali o di oggetti 

Nella donna, esso rappresenta il migliore ornamento, e e lo ne 
guisce mentre ancora è ragazza. Un bel tatuaggio può fare innamori 
un uomo. Sono preferite le parti coperte dalle gonne e i disegii g 
gono fino in prossimità della vagina. Anzi gli uomini per far sti 
le donne, o per oltraggiarle, dicono Oi reva-reva lassi, oi cassiri ( 
« non siete tatuata nella vagina ». Alla donna maritata il tatugped 
interdetto, ma spesso accade che se il marito ritorna da una guerra Kid 
la moglie gli chieda il permesso di fregiarsi di nuovi disegni. Talvolta 
giubilo di una guerra fortunata, tutte le donne e non soltanto le st 
bili, si fanno tatuare a commemorazione del lieto evento. 

Nell'uomo il tatuaggio è documento di atti di valore. Ogni striscia 
di tatuaggio sul dorso o sul petto, ogni piccola croce, nota un'osicitià 
Non riscontrai nessun segno speciale ad una data tribù o villaggo. 
Capa-capa è uso di adornare il dorso di striscie; nell’interno è mg 
la croce sul petto. A Port-Moresby vidi una mezza luna che dalle sf 
scendeva sul ‘petto. 

Come già Le ho detto nella mia precedente, è distintivo dei gt 
rieri il becco di bucero e il ciuffo di penne di cacatoa bianco. # 
guerra, il primo che ferisce un nemico ha diritto al tatuaggio €4 
becco di bucero, gli altri che si aifrettano a colpirlo innanzi che um 
hanno diritto al ciuffo di penne. Quando due guerrieri sono ini 
amici (furana curicuri), ed uno di essi ferisce pel primo (a/sra tf 
e l’altro pel secondo (du/ua fausa), il primo può cedere al fratello @ 
armi l'onore del tatuaggio e del becco di bucero. In Manu-mam, vt 
laggio alle bocche dei Fiumi Vanapa e del Larochi, tutti coloro ch 
prendono parte all’uccisione, banno diritto a farsi tatuare. 

A volte il tatuaggio sulla schiena o sui polpacci è segno di 3 
lattia felicemente superata, ma allora è senza disegno. 

Assai di frequente m'è occorso di parlare di guerra. E chi P 
poco abbia letto qualche libro sulla Nuova Guinea, sa che le lotte i 
Papuani sono all'ordine del giorno. Un majale ucciso per sbaglio, @ 
parola un po’ forte, un nonnulla insomma, fa nascere spargimento 
sangue. Spesso gli indigeni di un villaggio si muovono e vanno in gue | 
dicono loro; a caccia di teste, dico io. Una vera caccia, fatta prodito 
riamente, senza riguardo a sesso, nè età, contro inermi, contro addot 


lentati, e ciò perchè ogni uomo vuole avere nell’attivo del suo bilan- 
ì, l'uccisione di un suo simile. Io non voglio già ‘asserire che il Pa- 
Pa mn di coraggio; ne ha a sufficienza, ma frammisto a ferocia. 
note caratteristiche sono la vanità e la crudeltà, ed il tradimento 
f da eso elevato a sistema. 
Per oggi quì fo punto. Molte altre cose trovo notate negli ap- 
tì, che ometto mancandomi il tempo e la lena. Nulla Le ho detto 
agli svariatissimi oggetti etnografici che Le spedisco, e che recla- 
accurata e diligente illustrazione. Occorrerebbe, non poche linee 
così alla buona, ma un libro voluminoso. E questo non è il 
da scriver libri: majora premunt. 
Di nuovo affettuosamente La saluto, 






LAMBERTO LORIA. 


! 3) Ultime lettere e notizie. 
| Il Loria dopo aver inviato in Italia le sue collezioni etnografiche 
€ soologiche, le quali giunsero in ottime condizioni al Museo Civico di 
Genova, riattava il suo cuéfer e lasciata nuovamente Cooktown (Queens: 
lid) il 20 novembre dello scorso anno, giungeva a Samarai (Dinner 
Island) dopo dieci giorni di una difficile traversata. 

Questa piccola isola, posta all’ estremità orientale della Nuova Guinea, 
È una Stazione inglese, di cui il nostro viaggiatore ha fatto per qualche 
tempo il suo quartier generale. Da questo punto il Loria contava diri. 
gersi verso il N., onde trovare un buon punto d’approdo ed un campo 
firorevole alle sue ricerche; la seguerite lettera a me diretta c’ informa 
del suo itinerario. 


Hygeia Cave - Isola Fergusson (Arcipelago d’ Entrecasteaux) 
24 gennajo 1890. 
Amico carissimo, 


Sono partito il 16 dicembre da Samarai. In tutto il mio viaggio 
ho avuto pochissimo vento, che mi faceva avanzare di poche miglia, 
quando la corrente contraria non mi obbligava invece a retrocedere. 
Come Lei sa, andavo in cerca di un buon punto dove sbarcare; e se 
avevo scelto il versante N. della gran catena di montagne che divide 
îm due parti la punta orientale della Nuova Guinea, si è perchè essendo 
Ù versante S. ripidissimo, speravo che quello :N. avesse un dolce pen- 

+ Invece la contrada, che dopo il Capo Est si mantiene montagnosa 
€ ripidisssima, diventa una palude in Goodenough Bay per riprincipiare 

























arr 584 — 

ad essere nuovamiente scoscesa e montagnosa al Capo Nelson. Noa u 
indizio di villaggio nella’ Baja Goodénough. Vicino al Capo Nelson 1 
parve, osservando dalle crocette dell’ albero: di maestrà, di scorgere di 
una delle tante insenature del mare formasse presso il Capo «sel 
un’ isola, come appunto si verificò tempo addietro del Capo Sud dd 
Nuova Guinea, che altro non è che I’ Isola di Su-a-u. ‘Misi in mar! 
barca ed entrai nell’insenatura, ma l'accoglienza che vi ebbi dagf'g 
digeni non fu davvero buona. Principianimo ad udire il suono 4 
conchiglia di guerra e le colline ‘si popolavano di selvaggi armati j 
cui, quando fummo di ritorno a bordo, potei osservare delle gum 
canoe piene d'indigeni girare il Capo Nelson, allo scopo di vesiri i 
attaccare. Salpai dopo poco |’ ancora e lasciai quei Papuani ad oss 
sospettosamente il mio bastimento allontanarsi. 

Passato il Capo Nelson e la Baja Porlock, trovai che i fam 
creek delle carte inglesi, altro non etano che misere e piccole inseam 
ture del mare e la pianura una grande palude di Rizofore. 

A circa sette miglia dal Capo Sud-Est il paese si presentara og 
aspetto migliore; ed al 1° gennajo mi ancoravo in una Baja che chi 
mai col nome di mia nipote Lina. Scesi subito a terra ed al pi 
villaggio, ‘che trovai deserto, lasciai dei doni, ritornando quindi s borik 
Dopo poco si avanzò una canoa con un Papuano ritto nel mezzo, di 
frendomi delle noci di cocco; gli andai incontro, fregai il mio né 
col suo in segno di amicizia, presi il defe/ e gli diedi due gross © 
gali. Speravo con ciò di ottenere che gli indigeni mi accogliessero «8 
pace ed amicizia, ma ‘ben presto mi accorsi che mi illudevo, giacchè 
mio selvaggio mi faceva continuamente cenno di andar via. Nei gis 
successivi si cominciò a radunare nella Baja gran numero d'indi 
tutti armati, i quali ballavano una ridda guerresca e si eccitavano br: 
suono delle conchiglie e dei tamburi. 

Un giorno in cui ne vidi radunati circa 200, scesi a terra, solo 
disarmato, avanzandomi in mezzo a loro; volevo così far comprendere 
ad essi le mie pacifiche intenzioni, ma non ne ottenni troppo bad 
risultati. 

Accettarono i miei doni e li contraccambiarono, ma non sis 
mai dal farmi cenno di andar via, mentre io invece cercavo di fr ot 
comprendere che volevo rimanere. Il giorno dopo rimontai colla bara 
un piccolo fiume della baja, ma ad un certo punto lo trovai shun” 
da indigeni e le rive erano ricoperte da uomini in armi. Quando Ni 
trovai ad una cinquantina di metri, uno di essi fece l'atto di scagliarmi 
il suo giavellotto; lo fermai con un iunocuo colpo di fucile in aria, che 


— 585 — 

fece rimanere sbalordito coll’arma alzata, mentre lo stavo osservando 
ìntamente, pronto ad ucciderlo se avesse osato di ricominciare. For- 
imente tutti i Papuani pensarono bene di fuggire ed io potei con- 
la mia via. 

“N giorno seguente, andando al villaggio, trovai i Papuani riuniti ed 
po chiaramente mi fece cenno che mi avrebbe ucciso spezzandomi 
con la clava e che quindi me l'avrebbe recisa col coltello, fa- 
i anche intendere che possedendo giavellotti e scudi, non mi 
affatto; anche questa volta un colpo di carabina tirato in aria 
4) a calmare i bollenti spiriti di quei signori. 

Vedendo che l’internarmi in quella regione sarebbe stata una vera 

fetta, decisi di partire: prima però andai nel villaggio, ne scacciai gli 
Ritenti e feci buona messe di collezioni etnografiche, lasciandovi na- 
Reralmente in cambio generosi doni. 
‘©. Al ritorno mi son fermato alle Isole Goodenough e Fergusson del- 
l'Arcipelago d’ Entrecasteaux e nella seconda mi riuscì di avere sei esem- 
fari della nuova Paradisea; disgraziatamente, per la stagione inoltrata, 
ta non sono in perfetta livrea di nozze. Da qui andrò allo Stretto di 
Dawson per farvi collezioni etnografiche; quindi, dopo una fermata di 
ma settimana alla Baja di Milne per fare necessarie riparazioni al cuf- 
tr, mi dirigerò alle Isole Woodlark e Trobriand per iscopi etnologici, 
per fare poi ritorno a Port Moresby fermandomi alle Isole Grange e 
Coutances, che sono popolate da molti chirotteri. 








Milne Bay, 26 gennajo 1890. 
Non mi sono fermato allo Stretto di Dawson, perchè ho pensato 
che era inutile deviare dalla mia strada e che avrei potuto visitarlo al 
mio ritorno dalle Isole Trobriand...... 


Dopo questa lettera il Loria mi scriveva poche righe da Samarai 
(Dinner Island), in data 5 febbrajo, nelle quali m’informava di una frut- 
tuosa esplorazione da esso fatta all'Isola Killerton presso il Capo Est. 

Si è diretto quindi nuovamente al N., esplorando le Isole Fergusson, 
Trobriand e Woodlark; ed in una breve lettera diretta da Samarai a suo 
cognato, avv. Flaminio Anau, in data 17 marzo, si mostra molto soddi- 
shatto dei risultati di quest'ultimo suo avventuroso viaggio. 

Verso la fine di aprile Lamberto Loria era di ritorno a Cooktown 
© mentre col pensiero formava progetti di nuove esplorazioni nell'interno 

Nuova Guinea, allo studio della quale si era consacrato con tanta 
nobile passione, la notizia di un grave lutto di famiglia veniva a colpirlo 
te, 


—_586- — 

La sua amata unica sorella, la signora Corinna Anau, aver cea 
sato: di vivere nel fiore degli anni, precocemente rapita all'afitad 
fratello, all'amore dello sposo. it 
Le ultime notizie del nostro viaggiatore giunsero da ni 
portino la data del 1° maggio; con l'animo straziato egli. #8 
che partiva alla volta di Port Moresby, fermamente deciso #§ 
nella grande isola. ‘_ 
Lamberto Loria, con la fertea volontà che lo caratteri 
sistere al dolore che lo opprime, e nuove ed interessanti 
compenseranno in parté tanti sacrifizt. 






























G. 





© F. — Stupi PER LA RaccoLTA COLOMBI 


9) Sui ritratti di Paolo dal Pozzo Toscanelli | 
fatti da. Alessto Baldovinetti e da Vittore Pisa 
Memoria del prof. WireLu, 


(Notizie offerte ai cultori della numismatica e delle belle fl 
la ricerca della Medaglia di Paolo dal Pozzo Tese 
disegni fatti per essa). 

Malgrado numerose indagini da me compite per ritrovali ; 

di Paolo dal Pozzo Toscanelli eseguiti da artisti dei suoi temgli 

dei quali potei fino ad oggi aver notizia sono quelli dovuti af 

Baldovinetti ed al Pisanello. a 

In altro luogo (1) accennai come il Vasari dipinse il 7 
nell’affresco da lui eseguito (e ancor oggi esistente) nella YI 

Camera detta di Cosimo il Vecchio nel Palazzo Vecchio in Faq 

dimostrai che il Vasari, il quale con grande diligenza ricerca 

gini dei personaggi di altri tempi che gli occorreva raffigufià 
opere degli artisti a questi contemporanei, dovette valersi, {FY 
dubbio, per il ritratto del Toscanelli, di quello fatto da Ales 
vinetti e dipinto da quest'artista, probabilmente fra il 1471 €98 
in una tavola, oggi non più esistente, ma che vedevasi ancora #° 
del pittore aretino nella chiesa di Santa Trinita in Firenx; pè 





(1) UzieLLI G. Zatorno alla famiglia ed al ritratto di Poolo del Pest Si, 
nelli [in] Boll. di Bibliografia e di Storia delle Scienze Mat. e Fisiche, Roos 
— Vedi Tomo XVI, novembre 1883. 





— 587 — 


= 
Paoto Dar Pozzo TOSCANELLI | MarsILio Ficino 


dal!’ affresco di Giorcio Vasari nella vélta della sala 
detta Cemera di Cosimo il Vecchio nel Palazzo Vecchio in Firenze. 





— 589 _ 
penticarsi che il Baldovinetti fu contemporaneo del Toscanelli, essendo 
pito il primo dal 1427 al 1499 € il secondo dal 1397 al 1482 (1). 
. Un altro grandissimo artista, il Pisanello, scolpì pure la figura 
| sommo geografo e astronomo fiorentino in una medaglia oggi 


pit 


per facilitare la scoperta di questa medaglia, nel caso per 
io che essa esista ancora, ma con iscrizione oggi oscura o imper- 
sia, speranza più plausibile, come si vedrà infine, di poter ritro- 
i disegni che dovè fare il Pisanello per servirsene poi nell’ incisione 
medaglia stessa, ho pensato non essere inutile di ricordare il poco 
oggi sappiamo di essa e di dare nello stesso tempo copia del ri- 
di Paolo dipinto dal Baldovinetti, onde esso possa servire a dare 
i indizi nella ricerca di quello fatto dal Pisanello: opera per- 
ma celebrata dal poeta contemporaneo Basinio dei Basini. 

‘ Questi, certamente uno dei primi fra i poeti latini del secolo XV (2), 
nel 1425 nel Parmigiano. Fu scolaro di Vittorino da Feltre in 
a e quindi del Gaza e del Guarino in Ferrara, ove poi divenne 
egli stesso, poichè lo troviamo indicato come insegnante di 
latina nel 1448 nei registri universitarà di quella città. Poco 
lasciò Ferrara, abbandonando la Corte Estense per recarsi a 
bia dei Malatesta a Rimini, e in questa città morì nel 1457. 

i Basinio, oltrechè per i suoi versi, nei quali qualunque ne sia l’ar- 
mento non mancano mai lodi per Ghismondo Malatesta, principe invero 
Avagio, è noto per le violente controversie che ebbe con vart letterati 
I suo tempo e fra altri col poeta Porcellio e con Tommaso Seneca, 
















' (1) L'Heiss dice che il Toscanelli morì verso if 1490. Ma il Fonzio, contem- 
Pato di quello scienziato, ha registrato il giorno esatto della sua morte: e 1482. 
ths Tuscanellus, Medicus et insignis Philosophus, magnum exemplar virtutis, an- 
Mm agens quintum et octogesimum idibus Maiis Florentiae in patrio solo moritur ». 

FontII B. Annales suorum temporum [in] Philippi Villani, Liber de Civitatis 
lerentiae famosis Civibus, ecc. Florentiae, MDCCCXLVII in 4°. — Vedi p. 159. 

Huss A. Les Médailleurs de la Renaissance, Vittore Pisano. Paris, Rotschild, 
Bi in £ — Vedi p. 37. 

(2) Tirasoscni G. Storia della letteratura Italiana. Milano, Soc. Tip. dei 
basic Italiani, 1822-1826, t. 8 in vol. 16.° — Vedi t. VIII, p. 1341-1347. 

Arrò L Memorie degli scrittori e dei letterati parmigiani, ecc.. Parma, 1789, 
37, tomi 5 in 4°. — Vedi t. II, p. 185 e seg. 

Rossi (Dr) CarLo, Vittorino da Feltre, ecc., Bassano, 1801, in 8°. — Vedi 
\ 467-470, . 
_ Woler G. 2 Risorgimento dell'antichità classica, ovvero. il primo secolo dell'Uma- 
ne Firenze, Sansoni, 1890. Vol. I, p. 579 a 585. 


— 590 — | 
i quali offesi dalle sue critiche negarono ogni utilità all'insegnamento dell 
lingua greca, dal Basinio strenuamente difesa; lotta che finì col trio 
del poeta parmigiano e coll’esilio del Porcellio e di Seneca dalla Cosi 
dei Malatesta (1). 
Fra i vari poemi che scrisse, il più esteso è quello intitolato Ze 
vidos libri tredecim, fatto in onore delle eroiche gesta compite 
guerra contro Alfonso, re di Aragona, da Ghismondo Malatesta, ese 
questi duce dei Fiorentini, mentre in realtà esso tradì con ina 
slealtà la Repubblica, disonorando sè stesso. 
Altro lavoro del Basinio è l’Asfronomicon, elegante imitazione 
poema omonimo di Arato (2). 
Pare che il Basinio scrivesse quel lavoro, dedicato a Ghisa: 
Malatesta, alla cui Corte egli allora trovavasi, per compiacere alle 
perstizioni astrologiche di quel priucipe, divise a quel tempo nh 
dagli uomini più colti e più eminenti. Invero al Basinio sono sit 
gradite le cose mitologiche; le costellazioni e i loro nomi gi 
frono facile occasione d’innestarle al suo poema; ove però non dim 
tica, al solito, di celebrare il suo mecenate, anzi ove immagina re 
Ghismondo Malatesta che, capitanando tutta l’Italia, sconfigge gion 
mente i Turchi e li ricaccia dall'Europa in Asia. Basinio poi, in quale 
a lui, si ride delle superstizioni astrologiche di cui egli stesso parla nd 
suo poema; opinione nella quale non potè che confermarsi sempre pel 
per la conoscenza che egli ebbe col Toscanelli, il quale, come alton | 
dissi (3), derideva pure tali assurde credenze. 
L’astrologia infatti aveva preso ampio sviluppo in Italia nd © 
colo XIII e seguenti (4). In un documento dell'Archivio di Siena, 













(1) Su questa questione, rinnovata sott’ altro aspetto anche oggi, e che fini sb 
lora, come accadeva fra i letterati di quel tempo, in abiette contumelie, vedi il Voth 
il Burckhadt e altri autori già citati. 

(2) Houzzau G. C. e LANCASTER A. Bibliographie générale de l'ASnS® 
mie, ecc., (in corso di stampa). Paris, Gauthier Villars. — Vedi tom.I, pare fi 
pag. 526. 

Il Voict (42 Risorgimento, ecc., vol. I, p. 582), dice che il Basinio # nie 
principalmente d'Igino ; altri dicono di Manilio, autori ambidue, come è noto, & 
opere analoghe a quelle di Arato; il quale, del resto, non fece che porre ia '9* 
un’ opera perduta di Eudosso di Guido, la cui importanza, a sua volta, consst * 
senzialmente in questo, cioè : che la sola opera che ci resti del grande astronomo ge 
Ipparco è una critica minuta di Eudosso e del. suo versificatore Arato. 

(3) Della grandessa della Terra seconde Paolo Toscanelli [in] Boll. della Sé 
Geogr. Italiana, Serie I, vol. X, (1873), p. 26. 

(4) Il Vorer (77 Risorgimento, ecc., vol. I, p. 582), dice che Ghismond 
aveva comuni le superstizioni astrologiche « coi suoi antenati e con la magri 


— 591 — 

@apecora, riguardante un Consiglio dell'anno 1260, fatto in Firenze 
2 novembre per una lega tra i Fiorentini e i Sanesi, si legge: 
Guido Bonactus, astrologus communis Florentiae de Forlivio (1) ». In 
lell'anno stesso, in seguito alla battaglia di Montaperti, i cardinali 

iti in concistoro chiesero in proposito il responso del loro collega 
inal Bianco specialmente, come « grande astrologo » dice il Vil- 
« e gran maestro di negromanzia ». Innocenzo VIII faceva con- 
essendo malato, Ambrogio da Rosate, astrologo di Lodovico il 

, i quale regolava ogni sua azione « per puncto de astrologia ». Nel 
# secolo l’Astrologia fu tenuta in onore in quasi tutta l’Italia, eccettochè 
i alcuni luoghi e fra altri a Venezia, ove troppo alta era la scienza 
ica; a Ferrara, ove protetto dai Duchi Estensi, fioriva l'insegna- 
Bio matematico, e infine a Firenze, ove contro il credito di essa ebbe 
efficace, benchè oggi non riconosciuta abbastanza, il Toscanelli; 
‘azione fu probabilmente sentita dal Basinio; ma non fu nè po- 
essere tale da introdurre nel poema di lui i germi della vita nuova 
sorgeva e che s'inspirava all'osservazione diretta dei fenomeni ce- 
iniziata allora dal Toscanelli (2). Infatti il trionfo dell'Umanismo 
Jima quello della splendida forma letteraria antica greca e la- 
s poi il trionfo dell’ idealismo greco e dell’epicureismo romano, cioè 
antica filosofia, ma ristretta nell'ambito dogmatico ove la confina- 
Riso 1 Medici a Firenze e i Papi a Roma; non della scienza greca, 
B quella scienza che, all’infuori del dogmatismo filosofico, faceva dello 
tadio e dell'amore della natura la guida e lo scopo dell’ intelligenza 
fan. . 


a 













Il Toscanelli, per quanto un velo (3) lo adombri ancora, più as- 


b copi di ventura ». Lodovico il Moro vi credette più di qualsiasi altro; egli, 
Rcendente di grandi capitani di ventura, come Francesco e Giacomo Sforza ; ma questi, 
i © o non curarono tali credenze. La restrizione quindi del Voigt 
da è giusta; del resto basta ricorrere alle notizie più esatte riferite in proposito da 
Wal scrittori, e fra altri dal Burckhardt (Za Civiltà nel secolo del Rinascimento, Firenze, 
‘Bhp, vol. II, p. 317 e seg.) e dal Libri (Histoire des Mathématiques, vol. II, p. 50 e 
MR, et. ecc) — Vedi anche il mio articolo Leonardo da Vinci e tre gentildenne 
Manes; del secolo XV [in] Za Letteratura. Anno V, 1890, N. 2. 

(1) Vicani F. Le Vite d Uomini illustri fiorentini, Firenze, Magheri, 1826, in 8° 
È Vedi a peg. 143, 144 la nota del conte G. M. Mazzucchelli. 

(3) Si veda intorno a questo argomento le memorie del prof. G. Celoria sulle 
(mele osservate e scoperte dal Toscanelli, nelle Astronomische Nachrichten del 1884, 
MI è nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo del 1885, e le varie mie note sul 

stesso, oltre Je due citate nel presente lavoro. 

(3) Questo velo lo squarcerò del tutto, mostrando che mentre è fuor di que- 


~ 


— 592 — 
sai di L. B. Alberti, più assai del Cusano, fu, con Leonardo da Ving 
il grande e vero iniziatore del movimento scientifico moderno. Ma tanti 
il Toscanelli come il Vinci precedevano i tempi e dovettero tacere. | 

La massima parte delle opere del Basinio fu pubblicata, in belli 
edizione, nel 1794 a Rimini, da Lorenzo Drudi (1), ma non vi sog 
tutte comprese; poichè, fra altri lavori di quel poeta, in essa noe 
trova una delle sue opere più note il Leber Jsotfaews scritto a 
di Isotta degli Atti o da Rimini, prima amante, poi moglie di G 
mondo Malatesta (2); e vi manca pure un lavoro che a noi speci 
mente preme e che è intitolato: Basinius Parmensis ad Pisanum fi 
rem ingentosum et optimum. 

Questo poemetto, stampato dal Cavattoni soltanto nel 1861, § 
sieme ad altri (tutti ripubblicati nel 1882 nell'opera fondamentale 
Friedlinder) (3), deve la sua grande importanza al ricordo che ip 
vi fa di varie opere del Pisanello da lui ivi celebrate, alcune dele qui 
esistono oggi pure, mentre altre sono pur troppo da ritenersi distri 
o perdute. Fra queste ultime è la medaglia in onore del Tosca 
menzionata nei versi seguenti insieme a quelle di altri contemporatd 


stione che Leon Battista Alberti fu grandissimo nell’arte, nen fu che mediocre = 
scienze fisiche e matematiche. | 

La prevalenza che si dà a: Leon Battista Alberti rispetto al Toscanelli, è # 
vuta a cid: che il posto del primo nell'evoluzione scientifica del quattrocento è ss 
fissato da letterati e non da scienziati, cioè da cultori di scienze matematiche © ; 
che. Il Burckhardt è uno dei pochi che faccia del Toscanelli un giusto per @ 
brevissimo cenno, benchè non si sia accorto che questi è il Maestro Pagolo di & 
Vespasiano ci ha lasciato la biografia. L. B. Alberti fu, nell’Umanismo, il rapprea™ 
tante della risurrezione dell’ arte e della scienza antica, ma senza vedute, specials 
nella scienza, nè nuove, nè. originali, checchè ne dicano il Voigt e altri. 

(1) BASINII PARMENSIS POETAE, Ofera praestantiora nunc primum ie © 
opportunis commentariis illustrata a L. Drudio, Arimini, 1794, 3 parti 2?" 
lumi, in 4°. 

(2) Voigt, Il Risorgimento, ecc., vol. I, pag. 577-80 in nota. Il Liv ist 
éaeus si trova in un opuscolo rarissimo esistente nella Biblioteca Regia di Mosso 

(3) CAVATTONI CESARE, Zre Carmi latini composti a mezzo il secolo IV a 
lode di Vittore Pisano, ecc. Verona a’ XXIII di marzo MDCCCLXI in 8°. -!% È 
poeti sono Basinio Basini di Parma, Porcellio Pandoni di Napoli e Tito Vespesit® 
Strozzi di Firenze. — Il poemetto del Guarino in lode dello stesso grande st * § 
stampato dal medesimo direttore della Biblioteca comunale di Verona, Ab. C.Co* 
toni, col titolo: Due opuscoli di Guarino Veronese, Verona, 1860, in 8°. 

FRIEDLAENDER JULIUS, Die stalfemischen Schouminsen des fanfesknten Fura 
derts (1630-1530), ecc. Berlin, 1882, in 4°. — Vedi p. 9-42 [Estratto dal] yard | 
dir K. Preussischen Kunstsammiungen, I, Ba., I, Hef. — Vedi ivi a p. 811% 


| 


— 593 — 
Mi effigiati dal Pisanello in medaglie, oggi non più esistenti (1), ec- 
Rio quella in onore di Bellotto di Cuma: 
Mantua dum maneat, dum sit Gonzaga proles, 

hb Karoli (2), Pisani munere notus eris. 

Guarini (3) effigies, nec non Aurispa (4) manebit, 

Hieronymusque (5) tuo munere notus erit: 

Bellotusque (6) puer, sed non puerilibus usus 

Artibus, ingenio noto et ipse tuo. 

Tuscanellae (7) etiam facies laetissima clari 

Nominis, egregiis fulget imaginibus. 
È inutile che io dica lunghe parole sopra Pisanello cioè Vittore 
famoso qual pittore e incisore presso gli antichi come presso i 
1, cominciando da Lionello d'Este che scrive: « Pisanus omnium 
hujusce aetatis egregius (8), » fino al Cavattoni, che lo dice 
fittore delle fanciulle con nivea faccia, le mani purpuree e gli occhi 
Venti come stelle e all’Ephrussi che lo chiama il principe della meda- 
(9); artista infine le cuiopere furono celebrate da poeti contempo- 
tanti come Guarino Veronese, Basinio, Porcellio, Tito Strozzi ed altri, e 
di cui tanto ampiamente in questi ultimi tempi scrissero i moderni (10) ; 


= — ms — r 










(1) Hess A. Vittore Pisano, ecc., p. 37, XVI. 
FRIEDLAENDER J. Die sfalienischen Schaumiinsen, ecc., p. 25. 
(2) Gonzaga Carlo, principe di Bozzolo, m. nel 1456. 
(3) Guarino n. nel 1370 a Verona, m. nel 1460 a Ferrara. 
(4) Aurispa Giovanni di Noto (Sicilia), n. nel 1369, m. nel 1460 a Ferrara, 
(5) Girolamo (Vedi Appendice in fine). l 
(6) Bellotto di Cuma. L’Heiss lo dice di Como, altri di Comacchio. Il sig. 
UW Rossi (77 Pisanello e i Gonzaga in Arch. Stor. deli’ Arte, anno I, 1888, p. 456), 
Ritiene che il e Bellotus Cumanus », immortalato dalla medaglia del Pisanello, sia 
| della famiglia dei Conti Cumano di Padova, fra i quali vart, in tempi anteriori, eb- 
hero il nome di Bellotto ed alcuni sono ricordati nella storia. Vedendolo poi effi- 
gato dal Pisanello e cantato dal Basinio, il Rossi è indotto a supporre che forse, 
Pet quanto oggi ignoto, abbia dovuto occupare un posto non infimo fra i letterati 
del secolo XV. 
(7) Paolo Dal Pozzo Toscanelli. 
| (8) Marver Scipione, Verona illustrata, ecc. Milano, Classici, 1825-26, vol. 5 
™ 4 parti.” — Vedi vol. IV, (P. III), p. 231, 2° serie. 
(9) EERuSsi CHARLES, Vittore Pisano [in] Gasette des Beaux Arts, t. XXIV, 
1881, 2° serie, p. 166, 181. 
(to) Oltre le opere già citate e altre che citerò e omettendo quelle del Vasari, 
Crowe e Cavalcaselle e altre opere generali, ricorderò : 
BERNASCONI CESARE, /7 Pisano, grand'artefice veronese, ecc. Verona, 1862, p. 80. 
Raiser [in] Gasette des Beaux Arts, 2* serie, t. XV, (1887), p. 119. 
i ARMAND ALFRED, Les Médailleurs Italiens du quinsilme et seisilme silele, — 
Pats, Plon, Nourrit e C., 1888; 2* edizione, 3 vol. in 8°. Vedi vol, I, p. 1a 15. 


— 594 — 
e quindi nessun omaggio maggiore potrebbe farsi al grande astra 
fiorentino quanto il ritrovarne l'effigie dovuta alla mano deil’insig 
artista veronese. 

Siccome tutte le notizie che si hanno del Toscanelli mostrano @ 
mai egli si allontanò da Firenze se non per recarsi a villeggiare 
Toscana, si deve perciò ritenere come più plausibile ipotesi che iJ 
sanello ne fece la medaglia passando egli stesso da quella città. S 
quindi condotti a dire alcune parole delle numerose peregrinazioni ¢ 
l'artista veronese fece per l’Italia. 

Si hanno notizie assai incerte sulla vita e sui viaggi di Vittore 
sano. Pare che nascesse verso il 1380, ma è dubbioso se ciò ame 
a Verona ovvero a S. Vigilio, piccola città del Veronese posta sul 
di Garda (1). Il Vasari dice (2) che visitò Firenze da giovanetto e 
papa Martino V, dopo aver dimorato in quella città (ciò che fu 
26 febbrajo 1419 al g settembre 1420), quando la lasciò, lo com 
seco a Roma. Ma il racconto del Vasari è poi mescolato a tanti 
cronismi che la cosa rimane incerta, anche per altri argomenti x 
dal Maffei (3) e da altri (4). 

Certamente per altro deve essersi recato a Roma prima de 14 
per poi tornare a Mantova e Verona passando per Ferrara. E s wi 
che in questo viaggio egli dovette pur passare per Firenze, che era $ 
via allora preferita per andare da Roma a Ferrara. Di questo vig 
del Pisanello si ha notizia in una lettera, in data 13 febbrajo, % 
indicazione d'anno, ma che Adolfo Venturi ha mostrato, con plausi 
argomenti, doversi ritenere dettata fra il 1431 e il 1433, nella qa. 
Leonello d’ Este scrive da Ferrara al fratello Melianuse in Roma, PR 
gandolo di far ricerca e d'inviargli un quadro lasciato in quella oi. 
dal Pisanello, a seconda di quanto aveva convenuto con quest'ati x 
al suo passaggio da Ferrara, andando a Mantova (5) DiUft@ 




















(1) FRIEDLAENDER J. Die italienischen Schaumiinsen, ecc., p. 19. 

(2) VASARI G. Ze vite, ecc. (Ed. Sansoni, 1880-85), vol. III, p. 5. 

(3) MAFFEI Sc. Verona illustrata, vol. IV, parte III, p. 230, 231. 

(4) FRIEDLAENDER J. Die italienischen Schaumiinzen, ecc., p. 21. 

(5) VENTURI A. J! Pisanello a Ferrara [Estratto dall'] Archivio Veneto, Sek Uh 
T. XXX, Parte II, 1885. — Vedi p. 2 e seg. 

VENTURI A. Documenti sul Pisanello (in) Arch. Stor. dell'Arte, ss È 
1888, p. 424, 425. 

Il Maffei, della lettera di Leonello (indicata da lui come trovantesi ne Col 
Bevilacqua 3 in 4°) aveva riportato solo le poche linee ove Leonello d' Este, 01% 
ho accennato nel testo, lodava il Pisanello. — Il Documento fu ritrovato a Ve® 
Codice Capitolare CCXLI folio 1. 


— 595 — 
sò presso il marchese Lionello, per il quale dipingeva una tavola 
b3435- 
Poco si sa della vita del Pisanello dal 1435 al 1436. Alcuni vo- 
che in questo ultimo anno andasse a Firenze, ove era allora adu- 
i il famoso Concilio e che allora facesse la medaglia, ancor oggi esi- 
dell’imperatore Giovanni Paleologo II, nella quale il ritratto di 
, scrive acutamente il Maffei (1) « è tolto dal vero e col suo 
vestito, non immaginario com'or farebbesi ». Ma si noti che dal- 
fgennajo 1438 al 10 gennajo 1439 il Concilio, detto di Firenze, 
le sue sedute a Ferrara e ivi come a Firenze v'intervenne il 
, e quindi il Pisanello potè effigiarlo nella prima di queste due 
, Comunque sia, anche supponendo che il Pisanello andasse a Fi- 
nel 1439, egli dovè trattenervisi poco tempo, poichè egli era a 
prima del giorno di quel medesimo anno in cui questa città fu, in 
, presa d’ to dai Mantovani. Infatti mentre la peste infieriva a Ve- 
e poco prima che giungessero le truppe nemiche, molti cittadini, 
i quali il Pisanello, fuggirono. Levato l'assedio, il Comune di Verona 
Wiese la grazia dei profughi al Governo veneto, che l’accordò con de- 
Henzioni del ¢ agosto 1441 e 7 febbrajo 1442, ordinando però che 
.Wiggiaschi non potessero rientrare subito a Verona, ma a Padua ci- 
fe (2). Il Pisanello abbandonata Verona, doveva essere andato a Ri- 
Mini; infatti da una lettera del 1 439 di Paolo Malatesta a Gian Fran- 
fae Gonzaga (3) appare che questi richiamasse in quell'anno il pittore 
fironese a Mantova, ove, come rilevasi da altra lettera di Uberto teso- 
fore del duca a Paolo Malatesta, egli già allora trovavasi il 12 mag- 
& 1439, data della lettera stessa. 
# A Mantova era ancora nel marzo 1441, e fatta una breve gita a 
vi era tornato nell’agosto e vi rimase fino agli ultimi del feb- 
jo 1443. Tornò allora a Ferrara ove dimord fino ai primi giorni 
dell'anno dopo. 
Una lettera dell’11 marzo 1444 scritta da Mantova dal marchese 
Gian Francesco al Pisanello in Ferrara, mostra che questi allora aveva 
deliberato di recarsi a. Napoli presso il re Alfonso (4). Sembra però che 









(1) Marrgr Sc. Verona illustrata, vo]. IV, (P. III), p. 299. 

(2) G. P. R. // Pisanello grasiato [in] Arch. Stor. dell'Art, Anno II, 1889, 
Pag. 38. 

(3) Rossi UMBERTO, J? Pisanello e i Gonsaga [in] Archivio Storico dell'Arte, 
dano I, 1888, p. 453-456. 

(4) Rosst U. 12 Pisanello e i Gonsaga [in] Arch. Stor, dell'Arte, Vol. I, 1888, 
la 455, nota s. 


4 





— 596 — 

vi andasse solo più tardi, perchè nel 1445 dipingeva una tavola per § 
marchese Leonello nella villa di Belriguardo (1). Gioverà intanto « 
ricordare che pur osservando che si può talora con maggiore o minat: 
supposizione fissare la data di varie medaglie del Pisanello, quelle I 
che hanno le date (2) sono soltanto le seguenti: Leonello d’ Este 14 
Sigismondo Malatesta 1445, Cecilia Gonzaga 1447, Bellotto Cumano 14 
e Alfonso re di Napoli 1449, 

Ma ciò non prova che il Pisanello dovesse sempre farle nell: 
ove vide probabilmente quei personaggi (3) poichè egli oltre che ne 
città già ricordate o che ricorderò appresso, fu a Pavia e a Vene 
ove non solo dovè effigiarvi medaglie ma anche dipingervi quadri; 
altri lavori fece in altri luoghi. « Pésxit >» dice infatti un suo epitafi 
« et in vartis urbibus Italiae (4). » Del rimanente, per ciò che riguadl 
la medaglia del Paleologo, credo che abbia dovuto farla piuttose: 
Ferrara che non a Firenze, e ciò rilevasi sia da alcune delle date dell 
pagine precedenti, sia dal poemetto del Guarini in onore dell'arti 
se è vero, come vuole il Venturi (5), che esso fu composto nel 14900 
La medaglia pure di Leonello d'Este fu fatta quasi certamente a F 
rara, quella del Malatesta a Imola, di Lodovico e Cecilia Gonzaga z 
forse a Mantova, ma a Ferrara o a Milano, del re Alfonso a Na: 
poli, ecc. 

In ogni modo il periodo nel quale il Pisanello stette più costante 
mente a Ferrara è quello compreso fra il 1444 e il 1447 (6). 

Fra quest'anno e la sua morte si hanno poche notizie di lui. Sale; 
è noto che nel 1449 fece la medaglia del re Alfonso d'Aragona, presto 
il quale, come già si è visto, aveva intenzione di recarsi, lasciand@i 
Ferrara, fin dal marzo 1444. 

Per questo motivo, e siccome morì a Roma, è cosa quasi certe 
che passò in questi suoi ‘ultimi anni da Firenze. Nel 1451 era 20001 
vivo, poichè Flavio Biondo parla di lui, come di persona ancor vira, 













(1) VENTURI A. J/ Pisanello a Ferrara, p. 6. 

(2) FRIEDLAENDER J. Die ifalienischen Schaumiinzen, ecc., p. 25. — Hus 4. 
Vittore Pisano, p. 8. 

(3) Rossi U. J! Pisanello e i Gonsaga [in] Archiv io Storico dell'Arte, p- SSS 
nota I. 

(4) Frizzoni G. [in] MoreLLI J. Notizie di Opere di Disegno, Bologna, 1884, 
& pag. 120. 

(5) VentURI A. /7 Pisanello a Ferrara, p. 3. 

(6) VenTURI A. J! Pisanello a Ferrara, p. 8-9. 


— 597 — 

§ Loma restaurata (1), composta in detto anno (2) da quell’ erudito 

frico (ciò che rilevasi dalle opere del Biondo stesso (3) ). 

i: L'anno della morte del Pisanello è incerto. ; 
& In una lettera in data 31 ottobre, ma senza indicazione d’anno, 
il Gaye però ritiene sia il 1451, Carlo de’ Medici scrisse da Fi- 
al fratello Giovanni dicendogli che aveva comprato « 30 me- 
gie di ariento da un garzone del Pisanello che morì a questi 
3 e quindi si lamenta di Monsignor di San Marco, cioè il Car- 
Pietro Barbo veneziano, poi papa col nome di Paolo II (1464- 
), il quale aveva trovato modo di sottrargliele. In una lettera del 
1455 (1456 8s. c.) Carlo de’ Medici nuovamente si duole di quel 
perchè amatore troppo avido, e poi parla di oggetti d'anti- 
(4); ma ciò non prova, come vogliono alcuni, che si tratti delle 
le acquistate dal garzone del Pisanello. Si noti ora che in un 
ento fatto fare al Pisanello da Leonello d'Este, alcuni avevano 
la data 15 agosto 1455, ma il Venturi ha dimostrato (5) doversi 
1445 e quindi deduce da ciò che il Pisanello sia morto nel 1451, 
gone cui si è fermato anche l’Armand (6), ritornando a quella data 
averla abbandonata, sostituendole l’anno 1456. In ogni modo alcuni 
Jixcono dagli argomenti su indicati e anche da altri, qui ommessi per 
perità, che la lettera in data 31 ottobre di Carlo de’ Medici, sia 
del 1456 e quindi che questo sia l'anno della morte del Pisanello (7). 
Tutti gli autori sono però d'accordo nel riconoscere che questi 
Sen pote vivere oltre il 1456, poichè in quell'anno Bartolomeo Fazio 
$ parla come di persona non più viva (8). Il Venturi che opina per 
1451, osserva (9), fra altri argomenti, che dal 1450 al 1451 « si 
$ altissimo silenzio intorno al Pisanello, come s’ei fosse scomparso 
scena del mondo ». Non intendo questa argomentazione, che si 















(1) Buonpt FLAVII. De Roma instaurata, ecc., Augusta Taurinorum, B. Sylva, 
MOXXVI. Vedi fol. 115 1.° 

(2) E non nel 1450, come scrive il Venturi in J/ Pisanello a Ferrara, 
ME 11 e 12, 

(3) Gexcorovius F. Storia della città di Roma, Venezia, - Antonelli, 1866-76, 
— Vedi vol VII, p. 675-676. 

(4) Gave G. Carteggio inedito d'artisti, ecc., Firenze, 1839-40, vol. 3 in 8°. —, 

edi vol, I, p. 163. 

(5) VantuRI A. J! Pisanello a Ferrara, p. 7 e 10. 

(6) Ammann A. Les Midailleurs italiens, ecc., t. III, p. 1 e 2. 

(7) Mrranesi [in] Vasant G. Ze Vite, ecc., (Ed. Sansoni), t. ITI, p. 32, nota 3. 

A. Vittore Pisano, p. 7. 
(8) Facu B. De Viris Illustribus, ecc., Florentiae, 1745, in 8°. — Vedi p. 47. 
(9) Vewrurt A. J? Pisanello a Ferrara, p. 12. 


— 598 — 

potrebbe invertire e dedurne che il Pisanello era ancor vivo. Ed inf 
egli esisteva ancora nel 1451 quando scrisse il Biondo; e la prora di 
la sua celebrità non si dileguò ad un tratto appena che fu morto, 
quindi che il silenzio degli scrittori contemporanei non prova che la 

di lui fosse diminuita negli ultimi giorni della sua vita, è appunto 
biografia di lui, scritta dal Fazio nel 1456 nell'opera, ove celebe 
più famosi uomini dei suoi tempi. | 

Non è qui, del rimanente, il luogo di insistere sopra date, le qu: 
ancor oggi sono incerte e intorno cui opinano diversamente i 
eminenti storici moderni dell’arte (1). Solo debbo osservare che 
epoche nelle quali il Pisanello potè trattenersi in Firenze, ed a 
relazione con Paolo dal Pozzo Toscanelli ed effigiarlo in medaglia, x 
mal note. Ma però è fuor di dubbio che il Pisanello fu a Fires 
prima del 1430 e che vi fu pure fra il 1444 e l’anno della sua met 
Se, come suppone il Venturi (2), il poemetto del Basinio è & 
circa il 1444, ricordando che Paolo Toscanelli vi è nominato, c 
questi non era certo celebre prima del 1430 e quindi era cosa sag: 
difficile che il Pisanello allora lo effigiasse, converrebbe ammettere cos 
probabile che assai dopo quest'anno, ma prima del 1444, il Pisasd 
tornasse a Firenze; a meno che si dimostri, contro l'opinione del Vester 
che il poemetto del Basinio sia posteriore a quell’anno. In ogni modo fi 
tengo che questi scrivesse quei versi non lungi dalla metà del secolo A! 
quando la fama del Toscanelli era divenuta grandissima, cioè dal tempie. 
in cui così lo celebra nel suo Diario il Landucci (3), ricordandolii 
sotto l’anno 1458, subito dopo |’ Arcivescovo Antonio e Bartolome 
de’ Lapacci poi Vescovo di Cortona, fra gli uomini più illustri di qué 
tempi: « Maestro Pagolo, medico filosofo e astrologo e di santa vita »@- 
E quindi narra di Cosimo il Vecchio e di altri potenti e illustri citi 
dini fiorentini. 

Si potrà ora osservare che il Pisanello fece in ogni caso il ritratti 
del Toscanelli assai prima che non lo potesse fare Alessio Baldorineti 
ciò che fu, come si è detto, ammesse esatte le conclusioni del mio & 
tato lavoro, fra il' 1471 e il 1476, e quindi che il ritratto fatto @ 
quest'ultimo pittore non può servire a rintracciare la medaglia, ore i 

(1) Il Gaye, I’ Armand (1° ed. 1879 e Appendice alla seconda del 1389) @ 
il Venturi, come si è visto, ritengono che morisse nel 1451. Il Milanesi e PArssnd 
(2° ediz. 1888), I’ Heiss e altri nel 1456; il Friediinder rimane incerto & 
due date, ecc. 

(2) VENTURI A. 27 Pisanello a Ferrara, p. 12. 


(3) Lanpucci L. Diario Fiorentino dal 1450 al 1516, Firenze, 1853, in — 
Vedi p. 2. 





























— 599 — 

nello ha effigiato il dotto fiorentino. Ma se si ammette che il Pi- 
ello raffigurasse il Toscanelli verso il 1450, quest’ultimo aveva allora 
fp meno di 50 anni e questa è una età in cui la fisonomia più non 
ia essenzialmente, mentre d’altra parte il profilo del Toscanelli, 
mostra il disegno qui unito, ha tratti assai caratteristici. 
Non si dimentichi poi che quantunque siano stati fatti molti studî 
fbrno al Pisanello, quantunque molte sue medaglie e molti suoi quadri 
> ormai noti e descritti, la conoscenza delle opere da lui eseguite, 
cercate con desiderio sempre crescente (1), è lungi dall’ essere 
e quindi il lavoro ferve ancor oggi intorno al grande Artista ve- 
Se da un lato è stato riconosciuto che varie pitture e medaglie a lui 
abuite sono opera non sua, se per altre la cosa è dubbiosa, molte sono 
in cui è stata riconosciuta la sua mano (2), mentre prima erano 
pte, o smarrite o attribuite ad altri. E a questo proposito ricorderò 
} la conoscenza dell’opere di quell’artista ricevette ampia illustrazione 
4 la scoperta dei disegni relativi ai suoi quadri che sono a Venezia, 
nel British Museum a Londra (3). 
D'altra parte parecchi dei circa trecento disegni attribuiti fino a 
ti giorni a Leonardo da Vinci e che costituiscono il famoso volume 
Vallardi, ora appartenente al Louvre, sono stati riconosciuti dal dot- 
e Tauzia di mano di Vittore Pisano (4). Altri suoi disegni sono sparsi 
P grandissima quantità, oltre che a Londra e Parigi, in molte altre 
Metà d'Europa. (5) Così non mi sembra che debba perdersi del tutto la 

tanza (purchè le numerose e dotte persone che in Italia ed in Eu- 






















(1) Scriveva in questi giorni Carlo Yriarte che una medaglia del Pisanello rap- 
entante Sigismondo Malatesta, ritirata da Eugenio Piot nella sua vendita del 
S per trentacinque franchi, fu poi venduta a Londra per cinquemila. 
(2) Bope unp TScHUDI, Anbetung der Kinigen von Vittor Pisano und die 
i mit Heiligen aus dem Besits des Cav. Dal Pozzo [in] Jahrbuch der Kel. 
» Aunstsammlungen. Berlino, vol. VI 1885, p. 1. 
Vexturt A. Jf Pisanello a Ferrara, ecc., p. I. 
La VENTURI A. Za scoperta di un ritratto estense del Pisanello [in] Arch. Stor. 
Arte, vol. II, anno II, 1889, p. 165. 
| (3) VentuRI A. 47 Pisanello a Ferrara, ecc., p. 1. 
7 (4) Reiser, [in] Gasette des Beaux Arts, 2% Serie, tom. XXIV, (1881). 
»B 119 e 120, 
Heiss A, Vittore Pisano, ecc., p. 7. 
Montz E. La Renaissance en Italie et en France à l'Epoque de Charles VII, ecc., 
1885. — Vedi p. 284. — Il Muntz dice non ws certo numero, ma molli. 
, (5) LarenEsTRE G. Za Peinture Italienne, Paris, Quantin. — Vedi tom. I 
142, 143. 


a tale indagine) di poter trovare un giorno, se non la medaglia, almesfi 
i disegni fatti per essa dall'artista, di cui Flavio Biondo scrisse: l 
« Unus superest qui fama ceteros nostri seculi faciliter antecesii 
Pisanus nomine > 
e ove si possa ammirare il ritratto del geniale precursore dell’astrang 
mia moderna e della scoperta d'America, avverandosi per tal modo 
pronostico, che il Basini fa per l'opera dovuta alla mano del grande Wi 
ronese: 


Tuscanellae etiam facies laetissima clari 
Nominis egregiis fulget imaginibus. 


am 


Pe 


— 600 — 
ropa si occupano di numismatica e di belle arti, vogliano volger l'animai 
APPENDICE. 


Il Girolamo di cui il Pisanello fece la medaglia è ignoto. Ma ca 

vando che tutti coloro che sono ricordati in questi versi, anzi tutti 

coloro che furono effigiati dal Pisanello, ebbero qualche celebrità n 

secolo in cui vissero, e che in generale essa fu assai grande, così ely 
che esso sia uno dei tre seguenti e preferibilmente il primo, fore! 

secondo, difficilmente, ma senza poterlo negare in modo assoluto, il tes | 
del quale credo pur nondimeno dover dare notizia, perchè su di o™% 
per quanto avesse in Firenze la cattedra dantesca, si hanno potisii 
confuse, e perchè, come vedremo altrove, esso ebbe certamente relax 
col Toscanelli. 


I. Girolamo Tifernate o de Castello fu professore a Ferrara nel 1454 
Ciò rilevasi dal Borsetti, il quale fra altre cose ricorda parecchie elegt* 
esso dedicate da Tito Vespasiano Strozzi. Ebbe relazione, in Ferrara, 0% 
Guarino Veronese e altri insigni letterati di quello studio e fu maestro a 
un Demetrio che sembra il Calcondila. Poggio Bracciolini lo chiams ‘ Vr § 
aetatis nostrae doctrina et ingenio praestantissimus » ed è colloall 
da Nicolò Perotto fra i « viri doctissimi », che quel letterato pretendenti 9 
aver dalla sua nella polemica con Poggio stesso. 
Infine il Fazio così ne fa la biografia: | 
HigrONyMuS TIFERNAS. —. € Hieronymus Tifernas Physicts o 
tina simul et graeca doctrina praeditus, insignis existimatur: nec p'°® | 
| | 


— 6or — 

notus, sed etiam carmine. Orationem habuit luculen- 
Fridericum Imperatorem de illius laudibus, ac fune- 
am, Ferrariensem Principem litteratissimum, de Mariae 
Regis filiae obitu. Alias etiam quamplurimas orationes, 
lidit. Omnis praeterea Philosophiae doctus, medicinae 
inter Medicos clarus evasit. » 

Viris illustribus ecc., recensuit ecc. L. Mehus, Florentiae, 
. Giovanelli — Vedi a p. 22. 

siolini, Zpistolae, ed. Tonelli, Firenze 1832-61, passim, 
I, 37 e XII, 2. 

Historia almi Ferrariae gymnasit, ecc.. Vedi t. II, 


Anecdota Gracca. Vedi t. V, p. 408 e seg. (Lettera 
ondila). 

Ancora un letterato del Quattrocento (P. Gregorio da 
, Città di Castello, Lapi, 1890. Vedi pag. 7 e 8, nota. 
e Badini-Confalonieri A.: Miccolò Perotto da Sassofer- 
'emica con Poggio, Foligno, 1890. 


» Valle o Della Valle o Delle Valli, di cui il Fabricio 
edicus et Poeta eximius patavinus ». Secondo il Vossio, 
È autore del poema sulla Passione, che ebbe gran cele- 
mpi e che fu quindi stampato molte volte, cioè in 
>; Lipsia, 1509, 1512, 1516, 1517, in 4°; Basilea, 
iversa, 1559 in 12°, sotto ai titoli di Jesus, Jesuidem, 
con quello che ha, per esempio, nella edizione di An- 
heroicum de Passione Domini ad Petrum Donatum 
cpiscopum. 

gli) C.: Scrittori Venesiani (ed. 1752-54) t. IL p. 152. 
A.: Bibliothecae lat. med. et inf. lat. (ed. Firenze 1838), 


3.: Stor. della lett. st. (ed. Classici) t. V, p. 1337 
Visionario delle Op. An. e Pseud. (ed. Milano 1863), 


D.: Manuel du libraire, [sotto] Vallibus Paduanus. 


ter Jeronimus Iohannis de Ordine Sancte Marie Novelle, 
1 diebus festivis, ad letturam Dantis, pro uno ‘anno ut 





— 602 — 
‘upra inchoando, cum salario florenorum quadraginta 
egge nei documenti relativi alla Università e Studio 
dlicati da Alessandro Gherardi, sotto |’ anno scolastico 

Il medesimo nome, relativo certamente, come an 
nente anche il Gherardi, a una medesima persona, si leg; 
li quello Studio sotto 1’ anno scolastico 1451-52: Mz 
loannis ex fratribus Predichatorum, libre 14 ». Un frate 
> traduttore che fosse della. Vita di S. Giovanni Gua 
Lorenzo de Medici, è ricordato dal Poccianti, dal Si 
jal Negri, dal Fabricio, dal Galletti, ecc. coi vari noi 
tolamo di Giovanni, Gerolamo fiorentino, Gerolamo 
Reggiuolo, frate predicatore ossia domenicano. Il Mor 
questo Gerolamo di Reggiuolo, come autore, oltre che 
li Vite di Cosimo e Lorenzo de' Medici, e rimanda p 
>. 4 e 68 dello Specimen del Bandini. Ma nel libro d 
quelle pagine, nè altrove si parla di queste opere, nè 
vare I’ origine della erronea citazione e dell’ equivoco d 
sita inoltre, fra gli scrittori toscani, un Gerolamo di Gi 
Jicatore, autore della Vita della Beata Villana delle Boi 
verso il 1400 >». 

Il padre Giulio Negri, oltre che di Gerolamo di 
lense, dà spropositando (e qui ne parlo perchè il Ne 
some fonte per la storia degli scrittori fiorentini), le 
altri fiorentini, ambedue frati predicatori, ambedue ins 
zisti, e morti ambedue (?) il 30 agosto 1454; il prim 
tolamo di Giovanni fu ammirato al Concilio di Trentc 
di Firenze l'altro; il quale è dal Negri chiamato Gerolam 
Giovanni e fratello di Antonio e di Domenico, e detto 
tella Beata Giovanna Villani, confondendo forse con un’ 
itolo, di cui il Bandini (Specimen vol. I, p. 295) fa autor 
core Giovanni Carlo di Firenze, dicendo che la terminò 
fl Negri ricorda quindi altre opere di questo Girolam 
empo erano nel Convento di S. Maria Novella. 
nfine il Negri, oltrechè teologo e grecista, illustre : 
ebre quasi in ogni scibile, teologo nello Studio fiore 
tcc., ecc.. Invero, peraltro, convien notare che nel Cc 
im solo fra gli intervenuti aveva nome Girolamo, e ¢ 
rimus abbas Sanctae Gundae, cioè di Santa Gonda, « 
Zamaldolense (oggi non più esistente), posto a 3 k 
lan Miniato, provincia di Firenze. Si osservi poi » 


— 603 — 
Mamo di Giovanni da San Miniato è indicato come “ore nello 
indio fiorentino, non però nel 1419, ma nel 1422-23, e in medi- 
ina e non in teologia; medico, anche a’suoi tempi, di poca celebrità, 
pacht mentre il medico Ugo Andrea da Siena aveva quell’anno 600 fio- 
i di condotta, M.° Girolamo ne aveva soli 40. Il meno pagato era M.° 
ni dell’Abbaco, professore di astrologia, cioè matematica e fisica, 
20 fiorini. Fra i ‘effort nello Studio fiorentino vi furono poi, in 
tempo, altri Girolami, ma di altri ordini religiosi e di altri cognomi. 
Pomunque sia, dall’ insieme delle notizie, date qui sopra, risulta che verso 
ib metà del XV secolo visse in Firenze un Girolamo di Giovanni del- 
Fordine dei Predicatori, teologo, lettore di Dante, e° assai celebre al 
eo tempo e che fiorì verso la metà del secolo XV, e un Girolamo 
Badiolense Vallombrosano, che fiorì nella seconda metà del secolo XV 
@ che forse forma col primo una sola persona. Ma se questi frati sono 
lise diverse persone, i versi del Basinio sono da riferirsi preferibilmente 
la prima e non alla seconda di esse. 
Gherardi Alessandro: Statuti della Università e Studio fiorentino 
wll anno MCCCLXXXVII ecc., (con doc. dal 1326 al 1372). Vo 
lime VII (1881) dei Documenti di Storia Italiana per le provincie della 
Toscana, dell'Umbria, e delle Marche. Vedi p. 401, 445, 461 e 558. 
Poccianti M., Cat. Script. flor. p. 82 (ed. Firenze 1589). 
Bandini A. M., Specimen litt. flor. vol. I, pag. 2 e 22 (ed. Fi- 
Tenze, 1747). 
Fabricii J., Bibl. lat. med. et inf. aetatis, t. III, pag. 229 € 231 
(ed. Firenze, 1858). 
Negri G., Scritt. fiorentini, p. 302 e 304 (ed. Ferrara, 1732). 
Moreni D., Zibliografia stor. rag. della Toscana, vol. I, p. 442, 
vol I, pag. 225 (ed. Firenze, 1805). 
Mansi J. D., Sacrorum Conciliorum Collectio (ed. Firenze-Ve- 
Bezia, 1789-1798). Vedi vol. XXXI, col. 1034-1038. 


HI. — NOTIZIE ED APPUN 


A. — GEOGRAFIA GENERALE 


It coLonneLLO O. BARATIERI, vice-presidente d 
venne testè nominato comandante in secondo della C 
è partito in questi giorni alla volta di Massaua insi 
vernatore civile e militare, generale Gandolfi, che è 

ONORIFICENZE AL cap. Casati — Il nostro soci 
tano Casati, fu insignito da S. M. il Re della comn 
d'Italia. Anche la Società geografica khediviale, in 
conferì un diploma d'onore, e S. A. il Khedive lo 
menda dell’Osmanié. (Za £iforma, n. 145, 1890). 

LE INTENZIONI DEL CAP. CasaTI, — S'era spai 
cap. Casati si fosse messo ai servizî della Germania. 
posito, appena giunto al Cairo, egli rispose che per 
per riposare. Poi si metterà a disposizione del propi 
intenderà servirsi di lui. Se no, allora soltanto pren 
circostanze. Intanto il cap. Casati dichiarò di non 
chicchessia, benchè proposte gli siano state fatte da 7 
si tratteneva alquanto in Egitto per impegni person 
Pascià. (Ze Riforma, n. 137, 1890). 

XXII CONGRESSO DEGLI ALPINISTI ITALIANI IN R 
10-15 luglio p. v. avrà luogo in Roma il XXII Coi 
nisti italiani. Dopo le accoglienze ufficiali ed una prim 
ria, gli Alpinisti si aduneranno il giorno rr nella sala « 
in Campidoglio. Saranno fatte poi parecchie esct 
‘Romani, a Tivoli e Solmona, alla Majella: ed altre 
d'Italia, al Piano del Cavaliere, M. Autore, Subiaco, a 
ed al M. Genziana, alle Gole di Celano ed al M. £ 
It., Boll. n. 5, 1890). 

(CONGRESSO GEOGRAFICO NAZIONALE IN FRANCIA, — 
gio ha avuto luogo l'inaugurazione di un Congresso 
grafiche francesi a Mompellieri, in occasione delle fi 
tenario della fondazione di quella Università. 

VIII CONGRESSO INTERNAZIONALE DEGLI. AMERICAN 
ottobre p. v. s'aprirà a Parigi l'ottavo Congresso intern 
ricanisti. Nel programma, unito alla lettera d’ invito, 
chi quesiti di Geografia e di Storia della Geografia an 
i più importanti per la nostra scienza sono i segui 


— 60 g— 

« America » — 2° Le ultime ricerche sulla storia e sui viaggi di Cri- 
stoforo Colombo. — 3° Studiare i documenti cartografici relativi alla 
scoperta dell'America recentemente trovati, ed assegnar loro il proprio 
posto nella relativa serie, secondo le informazioni che li hanno fatti 
concepire. Relatori intorno ai quesiti di storia o geografia dell'America 
sono i signori G. Marcel e M. Monnier. Il Congresso si dividerà nelle 
quattro sezioni di Storia e Geografia — Archeologia — Antropologia ed 
Etnografia — Linguistica e Paleografia. Oltre ai quesiti già proposti, le 
Società scientifiche ed 1 membri, che parteciperanno al Congresso, po- 
tranno trattare qualsiasi questione relativa all’Americanismo. 

IL CONGRESSO DEGLI AMERICANISTI DI BERLINO (1888). — In questi 
giorni il sig. G. Hellmann, già Segretario generale del Congresso in- 
ternazionale degli Americanisti, tenutosi a Berlino nel 1888, pubblicò 
in un grosso volume (p. X-806) tutti i materiali raccolti intorno al 
medesimo. Il volume porta per titolo « Congrès international des Amé- 
ricanistes. Compte - rendu de la septiéme session. Berlin, 1888 », e 
contiene una Introduzione, i processi verbali della seduta preparatoria, 
della seduta d’inaugurazione e di quella del Consiglio centrale, nonchè 
delle sei sedute ordinarie. Per esteso poi sono riportati, e nella lingua 
usata da ciascun oratore, i discorsi, le allocuzioni, le comunicazioni e 
le discussioni, che si fecero nelle sedute stesse. Precede questa rac- 
colta, una lista degli autori, con le pagine dove trovansi i loro discorsi 
e relazioni. In fine sono messe le notizie sui ricevimenti, feste ed escur- 
sioni, con cui si onorarono i membri del Congresso, poi la lista dei libri 
presentati al medesimo, ed alcune aggiunte e correzioni al volume, che 
è anche illustrato con 7 tavole contenenti arnesi, istrumenti e teschi 
d’animali ritrovati in America. 

LA PRESIDENZA DELLA Società GEOGRAFICA DI ParIci. — In se- 
guito alle dimissioni di F. de Lesseps, l'ufficio di Presidenza della Società 
di Geografia a Parigi fu interamente rinnovato. L'antico ed illustre De 
Lesseps, avendo insistito nella sua rinunzia, fu acclamato Presidente 
onorario della Società. I nuovi eletti sono: de Quatrefages, Presidente; 
A. Milne-Edwards e il gen. Th. Parmentier, vice-presidenti; E. Blanc 
e M. Monnier, scrutatori: cap. L. G. Binger, segretario; gen. Derréca- 
gaix, membro della Commissione centrale (Soc. Geog. di Parigi, Compte- 
rendu, n. 7-8, 1890). 

VARIAZIONE DI LATITUDINE ED OSCILLAZIONE DELL'ASSE TERRESTRE. 
— Da qualche tempo era sorto il dubbio in parecchi astronomi, che 
la latitudine geografica d'un luogo potesse non essere una quantità co- 
stante; ma le prove attendibili mancavano. Ora le sì hanno: gli Osser- 
vatorî di Berlino e di Potsdam, che nella prima metà dell'anno 1889 
non avevano segnato alcun mutamento in proposito, avvertirono un lie- 
vissimo aumento nel 3° trimestre ed una diminuzione nel 4°, la quale, 
come sembra, ‘cessava nel gennajo di quest'anno. Questa variazione di 
latitudine, che si deve attribuire a piccole oscillazioni dell’asse terrestre 
fu osservata anche a Praga eda Strasburgo. Essa si limita a 0,5” 0,6”, 
e benchè così lieve, non può essere effetto di errori nelle osservazioni, di 
difetto negli strumenti, nè dell'azione di rifrazione, poichè tre Osserva» 


— 606 — 
tori situati in latitudini centrali, ma abbastanza lontane, poterono veri- 
ficare l’uno all’altro la scoperta fatta e la esattezza della variazione. Se 
ne tratterà nella prossima adunanza della Commissione permanente in- 
ternazionale per la misurazione della Terra. (Peterm. AMitteil., V, 1890). 
NecroLocia. — £. Charton, senatore di Francia, benemerito fon- 


datore e redattore-capo del divulgatissimo periodico « Le Tour du Mon- 


de >», è morto ultimamente a Parigi, nell’età di 82 anni. 

Mackay, missionario inglese nell'’Uganda, dove attendendo alla ci- 
vilizzazione dei negri, si prestò sempre in difesa e a vantaggio dei viag- 
giatori europei, nominatamente del capitano Casati, venne a morte, qual- 
che mese fa, come fu annunziato da Zanzibar. (L’Esploratore com- 
merciale, maggio 1890). 

A. Tolmer, vecchio esploratore delle contrade interne della Colo- 
nia di Adelaide in Australia, cessò ivi di vivere, a 74 anni, il 7 mar- 
zo 1890 (Deut. Runds. f. G. u. S. n. 8, 1890). 

Pettersen Carlo, illustratore infaticabile della Geografia delle regioni 
artiche, autore di molti e importanti studi sulla Norvegia settentrionale, 
moriva testè nella natia Tromsé (marzo 1890). 


B. — Europa. 


LA DENSITÀ DELLA POPOLAZIONE DEL TIROLO è stata recentemente 
studiata e determinata da J. Miillner nell’Annuario della Società dei 
Geografi dell’Università di Vienna (XV-1889). A tal fine l’autore divise 
la carta del Tirolo in 1,663 trapezî completi, di 2.5’, e 270 incompleti. 
‘ Poi, in sussidio ai calcoli della densità della popolazione, il Miillner 
adoperò il dizionario speciale dei luoghi abitati del Tirolo, pubblicato 
nel 1885 dalla I. R. Commissione centrale di Statistica. I dati di questa 
pubblicazione sono accurati e minuziosi, quanto l'autore considera neces- 
sario, perchè riesca attendibile un calcolo relativo, quale il suo. Del 
resto i trapezî da lui fissati a 2.5' variano in grandezza, perchè presi 
da fogli di diverse carte speciali; contenendosi in alcuni l’area di 
km. q. 14,5, in altre l’area di km. q. 15,04. Tuttavia si può calcolare 
su una media di km. q. 14,75 per trapezio. In queste aree fu rappre- 
sentata la densità della popolazione del Tirolo, suddivisa per gruppi di 
terre abitate, in una tabella, e con varie tinte su una carta geografica, 


per 0-10, 10-50, §0-100, 100-200, e sopra 200 abitanti. Ci si vede chiaro . 


che metà circa della superficie del Tirolo è disabitata; ciò che fino a 
un certo punto si spiega con la natura montuosa della regione. Poi 
un sesto della superficie ha appena ro abitanti per km. q. Però di 
fronte a questo vuoto sta circa */,, di suolo molto abitato. Nel Ti- 
rolo tedesco la popolazione si concentra nella Valle dell’Inn, con una 
media relativa di 56 abitanti, e distintamente 30 abitanti nella valle 
superiore, 97 in quella inferiore, dove sono le città di Innsbruck, Hall, 
Schwaz e Kufstein. Nel Tirolo meridionale la Valle dell'Adige, da Me- 
rano a Neumarkt, conta go .abitanti per km. q.; quella dell’ Isargo fino 
a Franzensfeste ne ha 100. Poco al disotto restano. le Valli di Sol e 
di Non, con.92; e quella di Fieme con go. Raggiungono quasi la 


— 607 — 

media il Winschgau e la Pusterthal. Però, dove la popolazione è più 
che altrove agglomerata, si è nel Tirolo italiano propriamente detto, 
cioè nelle Giudicarie con 110, nella Valsugana con 162 e nella 
Valle media dell'Adige, da Neumarkt a Borghetto, con 198 abitanti per 
chilometro quadrato. La popolazione relativa generale a tutto il Tirolo 
è di circa 31 abitanti per km. q.; fatta però eccezione della superficie 
affatto disabitata, la media del rimanente è di 73, che restando al di- 
sotto della Bassa Austria, Slesia e Boemia, supera però la media gene- 
rale della popolazione relativa dell’ Impero Austro-Ungarico. 

IL Laco pr Costanza. — Continuano regolarmente gli scandagli 
e gli studî naturalistici nel Lago di Costanza. Altri 45 km. q. furono 
ultimamente scandagliati nelle acque badesi. I risultati modificano consi- 
derevolmente l’antico rilievo wiirttemberghese del 1825-1826. Così, si 
trovò che la massima profondità, che finora si credeva essere tra 
Friedrichshafen e Rorschach, sta invece circa il mezzo del lago, tra 
Immerstaad e Uttwil. Ivi esiste una specie di pianura subacquea del- 
l'estensione approssimativa di km. q. 29 e della media profondità di 
m. 252. Intanto anche i lavori cartografici relativi al Lago di Costanza 
proseguono bene; comparirà presto la carta generale del medesimo, alla 
scala di 1: 25,000, Le ricerche scientifiche per la storia naturale del 
lago hanno dato pure risultati soddisfacenti, anzi in parte nuovi e inat- 
tesi affatto. (Peterm. Mitteil., V, 1890). 

IL GHracciajo DEL Ropano, che dall'anno 1857 sino al 1889 
aveva avuto un periodo di retrocessione, ha cominciato dall'ottobre p. p. 
un nuovo periodo di avanzamento, che fu osservato dal prof. F. A. 
Forel di Ginevra. (Peterm. Mitteil., V, 1890). 


C. — ASIA. 


NELL’HADRAMAUT. — Il naturalista Deflers, che aveva tentato di 
passare da Aden nell’Hadramaut, fu indotto a ritornarsene per l’as- 
sassinio di tre Europei, che l'avevano preceduto sulla via stessa, ch'egli 
doveva percorrere. Se non gli verrà fatto di raggiungere la meta dal 
porto di Macalla, sembra che egli intenda di recarsi all’ Isola di Socotra, 
per farvi altri studi di botanica. (Peterm. Mitteil., V, 1890). 

FENOMENI TELLURICI NEL TURKESTAN RUSSO. — A 45 chilometri 
a Monte di Piangikent, nella Valle superiore del Zerafscian, accadde 
un grande franamento di rocce di conglomerati, verso i primi del feb- 
brajo p. p. Questo fatto produsse una specie di barriera, della lunghezza 
d’ un chilometro, larga m. 500, alta m. 100; le acque del fiume 
arrestate formarono un lago, che ora s'è allungato fino a 12 km. e 
minaccia d’ inondare la valle inferiore del Zerafscian, rompendo la grande 
barriera. (Ze Mouv. Géog., n. 9, 1890). 

CARACORUM, l’antica residenza di Gengis Can, secondo le ultime 
esplorazioni di N. Jadrinzev, sarebbe esistita tra il Lago Ugei e il Fiume 
Orcon, dove difatti si vedono tutt'intorno, presso Carabolgussun, avanzi 
di bei palazzi e, presso le sorgenti calde di Scermentai, rovine di terme. 
(Peterm. Mitteil. V, 1890). 


— 608 — 

I RILIEVI TOPOGRAFICI NEL NEPAL E NEL BUTAN. — Mentre si è 
già innanzi colla misurazione e coi lavori di rilievo nell'alta Valle del- 
I’ Indo a monte di Thacot, proseguono invece lente assai simili operazioni 
nei confini del Nepal e del Butan, per la nota proibizione fatta agli 
ufficiali inglesi di mettere piede in quei due Stati. Tuttavia il colon- 
nello H. C. B.:Tanner, che dirige il lavoro in quelle zone, ha adottato 
un sistema che almeno permetterà di conoscere con sufliciente preci- 
sione le principali delineazioni di quei paesi. Lungo i confini si procede 
ad una triangolazione per grandi distanze, giovandosi delle cime più 
elevate nell’interno; e poi si riempiono nel miglior modo possibile le 
lacune con i rilievi, che di nascosto riescono a procacciarsi nei loro 
viaggi gli allievi topografi indiani. (Peferm. AMitteil., V., 1890). 

LE RAPIDE DI CHONC SUPERATE. — Pochi mesì addietro si an- 
nunziava in Europa che le rapide del Mecong a Prea-Patang erano state 
superate (1). Ora giunge da Saigon una notizia ancora più importante: 
il signor Pelletier, membro della Società di studî indocinesi a Saigon, 
riuscì a scoprire un passo possibile e praticabile alle rapide di Chonc 
sullo stesso fiume, presso al confine siamese. Il Governo del Siam aveva 
proibito ai Laotiani, sotto pene gravissime, di rivelare ai Francesi questo 
passo. Però il sig. Pelletier, avuto sentore ed assicurazione da certi 
negozianti cinesi, che il passaggio c’era, s'imbarcò e, nonostante molte 
opposizioni ed ostacoli oppostigli, si avanzò in piroga per un canale 
che conduce alla volta di Bassac, impiegando sole sei ore a superare 
le rapide. Del resto l'esploratore aveva dinanzi a sè altri quattro bat- 
telli laotiani, e di più gli era stato assicurato che si può benissimo 
risalire, come scendere, quel canale con piroghe o giunche di m. 24 dì 
lunghezza e m. 3,50 di larghezza. Dallo sbocco superiore del canale il 
Pelletier penetrò nel grande Fiume Mecong, donde ritornò per la stessa 
via e più rapidamente a Ca-Logneu, sua residenza, a valle delle rapide 
di Chonc. (Suppl. al Bulletin de la Soc. d'Études indocin. di Saigon, 2°, 
1889 — febbrajo 1890). 

LE COSTE MERIDIONALI DI FLORES furono esplorate nel dicembre 
1889 dalla Spedizione neerlandese Van Schelle. Quantunque non rag- 
giungesse il principale suo fine, che era quello di riconoscere |’ esistenta 
e l'eventuale utilità di certe miniere di stagno, pure qualche risultato 
scientifico, specialmente geografico, fu da essa ottenuto. Intanto fu con- 
statato che le carte dell'Isola Flores contengono molti errori, anche 
rispetto alla struttura della costa. Poco ad O. dei Monti Rocca, la 
Baja di Aimere s'interna considerevolmente entro terra. Ivi in fondo sbocca 
il Fiume Aimere, che nel corso inferiore va da N. a S., mentre sembra 
che nel superiore venga da E. ad O.. Dietro ai Monti Rocca, s’inalza 
la catena Langga, che è diretta da S.-E. a N.-O.. Nel lato occidentale 
della Baja d’Aimere si trova la catena Sui con un vulcano spento, di 
cui sussiste però in parte il cratere. Più ad O. la catena costiera 
va abbassandosi. Presso Nboro, dove appunto sbocca il Nango Nboro 
(e non Borro), cessa il monte e s'estende per parecchi chilometri entro 


(1) Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, p. 398. 


——————— 
— ——_- E Www. -— - _r———————_—_——m&66 











— 609 — 
terra una vasta pianura. — La Spedizione, interrotta mentr'era giunta 
a Vatu Loco da un assalto degli indigeni, che ne ferirono i capi, sarà 
ripresa di questi giorni. (Peterm. Mittetl., V, 1890). 

L'IsoLa Formosa, dopo la guerra franco-cinese del 1884-1885, fu 
completamente riformata nei riguardi geografico-politici. Essa fu elevata, 
nel 1886, da semplice prefettura a provincia, ed è precisamente la 19° 
provincia dell'impero cinese. Va divisa in 4 fou o prefetture: Ta-Peh, 
Scian-Hoà, Tai, hAm, ossia Tai-Van, e Pi-Làm. Ognuna poi di queste 
prefetture si suddivide in tre sottoprefetture, o A/en. Oltre di queste 
quattro prefetture, esiste pure uno scew, o prefettura di terza classe, con 
due Aten ; essa pare si chiami Ho-Stong sceu. Il capoluogo è provvi- 
soriamente a Ta-Peh presso Ho-Vei, luogo fortificato, dove il governa- 
tore generale dell'Isola (2-75) risiederà, finchè sia a buon punto la 
costruzione della nuova residenza sul versante occidentale, a N. dell’an- 
tica e distrutta capitale di Tai-Van. Nell'isola regna molta attività: tanto 
nella sede provvisoria, che in altre città le vie si allineano, gli edifizî 
si costruiscono meglio, si aprono larghe strade, il telegrafo mette in co- 
municazione gran parte dell'isola e presto questa con Amoi per mezzo 
di un cavo sottomarino; una strada ferrata è già tracciata e presto andrà in 
esercizio, dal capoluogo a Kilong. Vi sono anche indizi di progresso 
nei rapporti del commercio esterno, essendosi fondato un istituto cinese, 
nel quale alla gioventù indigena s’insegna la lingua inglese (Soc. Geog. 
di Parigi, Compte-rendu, n. 7:8, 1890). 


D. — AFRICA. 


€ POSSEDIMENTI E PROTETTORATI EUROPEI IN AFRICA >». — In questi 
giorni è stata pubblicata dal Corpo di Stato maggiore la seconda edi- 
zione dell’ utilissima Raccolta di notizie geografiche, storiche, politiche 
e militari sulle regioni costiere dell'Africa, che formano possedimenti o 
protettorati europei. Il lavoro, in questa nuova edizione, si presenta 
quasi rifatto per le tante correzioni ed aggiunte che vi furono intro- 
dotte, allo scopo di metterlo al corrente degli. ultimi risultati scientifici 
€ dei più recenti atti politici. Però esso conserva in generale l’antica sua di- 
sposizione (1) e il suo carattere affatto alieno dalle discussioni. Naturalmente 
accresciuta la materia, fu, come si disse, necessaria qualche aggiunta: 
così i capitoli da 42 salirono a 44; gli schizzi cartografici pure, che si 
trovano intercalati nel testo o in apposite tavole, ebbero qualche modi- 
ficazione, e venne aggiunta una carta d'insieme, con la quale si facilita 
al lettore l'intelligenza del sito e della estensione dei vari territori. 

Le Srazioni pt Kisimazu, Brava, MERcA, Mocapoxo ED UARSCEIK, 
per concessione del Sultano di Zanzibar, furono date in affitto all’Italia, 
che ne amministra le dogane, e vi esercita altri diritti ed ufficî, secondo 
1 patti conchiusi. A Kisimaju però ciò avviene promiscuamente con l’In- 
ghilterra, mentre nelle altre quattro stazioni l’ amministrazione è tutta 
italiana. Nelle Stazioni suddette, sono compresi i circostanti territorî fino 


(1) Vedi BoLLeTTINO, giugno 1889, p. 500. 


— 610 — 
a 18 km. di raggio intorno alle prime quattro, e ad 8 soltanto intorno 
all’ ultima (Possed. e protettorati europei in Africa, 2° ediz., Roma, Corpo 
di Stato magg,, 1890, p. 140). 

Convenzione IrALO-ErIOPICA. — Come è noto, fra l’Italia e l’Abis- 
sinia venne conclusa una convenzione addizionale al trattato già pub- 
blicato nel nostro BoLLETTINO (1). Ecco il testo di questa convenzione 
addizionale : « Art. 1. Il Re d'Italia riconosce Re Menelik imperatore di 
Etiopia. — Art. 2. Re Menelik riconosce la sovranità del Re d’Italia 
nelle colonie, che vanno sotto il nome di Possedimenti italiani nel Mar 
Rosso. — Art. 3. In virtù dei precedenti articoli sarà fatta una refti- 
ficazione dei due territori, prendendo a base il possesso di fatto attuale, 
per mezzo dei delegati che a tenore dell'articolo III del trattato 2 
maggio 1889 (25 miazia 1881) saranno nominati dal Re d’Italia e dal- 
l'Imperatore d’ Etiopia. — Art. 4. L'Imperatore d'Etiopia potrà far 
coniare pei suoi Stati una moneta speciale di un peso e di un valore 
da stabilirsi di comune accordo. Essa sarà coniata nelle zecche del Re 
d'Italia, ed avrà corso legale anche nei territorî africani posseduti dal- 
l’Italia. Se il Re d'Italia conierà una moneta pei suoi possedimenti afri- 
cani, essa avrà corso legale in tutti i regni dell'Imperatore di Etiopia. 
—- Art. 5. Un prestito di 4 milioni di lire italiane dovendo essere 
‘contratto dall’ Imperatore di Etiopia: con una Banca italiana, mercè la 
garanzia del Governo d’Italia, resta stabilito che l'Imperatore di Etiopia 
dà di sua parte al Governo italiano, come garanzia pel pagamento de- 
gli interessi e per l'estinzione della somma capitale, gli introiti delle 
dogane di Harar. — Art. 6. L'Imperatore di Etiopia mancando alla 
regolarità del pagamento delle annualità da convenirsi colla Banca che 
farà il prestito dà e concede al Governo italiano il diritto di assumere 
l’amministrazione delle dogane suddette. — Art. 7. Metà della somma, 
ossia due milioni di lire italiane, sarà consegnata in moneta d’ argento; 
l’altra metà verrà depositata nelle casse dello Stato italiano per servire 
agli acquisti che l'Imperatore di Etiopia intende di fare in Italia. — 
Art. 8. Resta inteso che i diritti fissi di dogana dell'articolo V del 
sovracitato trattato fra l’Italia e 1’ Etiopia si applicheranno non solo alle 
carovane da o per Massaua, ma a tutte quelle che scenderanno o sali- 
ranno per qualunque strada dove regna l'Imperatore di Etiopia. — 
Art. 9. Così pure resta stabilito che il terzo comma dell'art. XII 
del sopracitato trattato è abrogato e sostituito dal seguente: « Gli Etiopi 
« che commettessero un reato in territorio italiano saranno giudicati 
« sempre dalle autorità italiane ». — Art. 10. La presente convenzione 
è obbligatoria non solo per l'attuale imperatore d' Etiopia, ma anche pei 
suoi eredi e successori nella sovranità di tutto o di parte del territorio 
sul quale re Menelik ha dominio. — Art. 11. La presente convenzione 
sarà ratificata e le ratifiche saranno scambiate il più presto possibile. — 
In fede di che il cavaliere Francesco Crispi, in nome di Sua Maestà il 
Re d'Italia, e il degiasmacc Maconnen in nome di Sua Maestà 1’ Im- 
peratore d'Etiopia, hanno firmato e apposto il loro sigillo alla presente 


(1) Vedi BOLLETTINO, marsd 1890, pag. 292. 


— 611 — 


convenzione fatta in Napoli il 1° ottobre 1889, ossia il 22 mascarram 
1882 della data etiopica ». ” 

I BENI-AMER, tribù confinanti con i possedimenti italiani del Mar Rosso 

_ sì sono spontaneamente e solennemente sottoposti al dominio d’ Italia fin 

dal dicembre 1889, con atto scritto e con giuramento di fedeltà prestato 
dai capi al rappresentante del nostro Governo in quella colonia. Per i 
patti con esse conchiusi l’Italia ha diritto di scegliere i nuovi capi 
delle tribù dei Beni-Amer, e questi per poter godere la protezione d’Ita- 
lia, hanno il dovere di sottoporre ogni loro atto pubblico agli ordini 
del Comando superiore in Massaua (Za Riforma, n. 145, 1890). 

NELLA CoLonia ERITREA una Società formatasi in Reggio dell’E- 
milia ha iniziato alcuni tentativi di coltivazione che, per quanto siano 
ora assai limitati, danno però buona speranza di successo. Essi vengono 
eseguiti sotto la direzione del dott. Bandieri il quale, al 1° maggio u.s., 
aveva già preparato per la semina della dura dieci ettari di terreno, 
servendosi dell'opera di 23 indigeni. Era stato anche raccolto il ma- 
teriale per costruire una casetta di tre ambienti in una località della 
regione del Bab Ghengherem, cui venne provvisoriamente dato il nome 
di Villa Reggio. (Za Riforma, n. 149, 1890). 

Lo SCOGLIO PENGUIN va aggiunto sulle carte nautiche, nel Mar 
Rosso, a 16 km. S.-E. delle Isole Zebajir, a 14° 57’ 15” lat. N., 42° 
20’ 25" long. E. Greenwich. Esso è circondato da un basso fondo di 
m. 25,5 e si eleva fino a m. 6,5 sotto il livello del mare. (Mot. fo Mar. 
D. 17, 1890). 

UNA ESCURSIONE NEL PAESE DEI SOMALI. — Le notizie che fino 
ad ora si hanno sui risultati della escursione recentemente compiuta 
dal capitano Baudi di Vesme nel paese dei Somali sono le seguenti. 
Il viaggio era stato felicissimo; la strada, un po’ difficile pei cam- 
melli, ma bella e variata. La scorta aveva tenuto un contegno lode- 
volissimo. Il capitano Baudi ha cercato di aggiungere nuove osservazioni 
a quelle di James, per quanto la regione montuosa sia difficile da rile- 
vare, specialmente senza strumenti adatti. Egli ha tuttavia aggiunto nomi 
di luoghi ed indicazioni di vario genere; sicchè la sua escursione riu- 
scirà anche utile alla scienza. Il capitano ha trovato che quasi tutta la 
gente aveva abbandonato il paese, per scendere alla pianura, come fa 
sempre nella stagione delle pioggie. Queste erano al 15 aprile incomin- 
ciate già da quattro giorni, ma in poca quantità. La temperatura era 
molto meno calda che ad Aden ed a Berbera. L'escursione si è com- 
piuta felicemente ed il capitano l’8 maggio scorso era già ritornato a 
Berbera. — A schiarimento e complemento delle notizie precedenti, che 
furono attinte dal giornale Za Riforma (n. 138), siamo lieti di poter 
pubblicare l'estratto di una lettera scritta dall'esploratore al cap. Cecchi 
e da questo gentilmente comunicataci. Ecco l'estratto: « Berbera, & 
« maggio 1890. — Sono arrivato questa mattina precedendo di due 
« giorni gli altri uomini che lasciai all’ Hagar. Ho fatto buonissimo viag- 
« gio, ed ho percorso qualche cosa più di 400 km. col seguente itinerario: 
« Berbera, Burao, Beyr, Bur Dap, fino all’ entrata del Nogal, a poche ore 
« di distanza. S’intende, non il Nogal dei Mahmut Gherad ossia dell’ Uadi 


— 612 — 


« Nogal, ma quello di cui parla James, ad E. dell’ Haud e che chiamasi 
« anche Haiin. Del resto credo che questo Nogal non sia inferiore all’ al- 
< tro per fertilità; si presenta come un immenso prato, e vi abbondano 
« cavalli, buoi, ecc. Di lì tornai ripassando a Beyr per strada diversa, e 
da Beyr, per la strada dell’ Hagar, rientrai a Berbera. Il paese è assai _ 
interessante; fa poco caldo, ed anche le piogge non furono nojose. Tutto 
il paese, quello degli Habr Toldsaleh, che ho traversato, è completamente 
sbagliato in quelle poche indicazioni date dall']James; Bur Dap non è un 
monte isolato, ma una catena, che ha un’estensione di una quindicina di 
chilometri; Bur Arnot non esiste, ed è da lui confuso con Bur Anot 
a 150 km. di lì, sul Thugh Dehr, probabilmente al confluente del- 
l' Uadi Nogal; Bur Schelemaddhu è a roo km. sul Thugh Dehr, ed 
altre minori inesattezze. Di più un grosso sbaglio, e che m’indusse in 
errore, fu quello che egli mise gli Aragama e Aligheri Ahmed sul Thugh 
Dehr, mentre sono nel Bohotb, in tutt'altra direzione; sbaglio che 
sconcertò tutto il mio piano primitivo, quando me n’accorsi a Burao. 
Coi pochissimi strumenti a mia disposizione, rilevai come meglio potei 
il territorio percorso, e spero di non aver fatto degli errori grossi, per- 
chè cercai sempre di verificare in ogni modo, e da ogni luogo, ciò che 
avevo già fatto. Raccolsi anche molte e buone informazioni sull’ interno. 
La gente si comportò sempre assai bene >. 

L'inc. BriccHETTI RoBEccHI AD Opia. — Da una lettera giunta 
da Aden togliamo alcune notizie circa il viaggio dell’ing. Bricchetti- 
Robecchi, sussidiato dalla nostra Società, e l’arrivo di lui ad Opia. Come 
è noto, dopo una breve sosta al Cairo, egli giunsé il 29 marzo ad 
Aden (1), dove completò il suo bagaglio e le sue provviste. « Il 3 a- 
« prile egli lasciò Aden, a bordo del « Volturno » diretto ad Alula, 
ove arrivò la mattina del 5, ancorando davanti alla casa del Sultano. 
Un ufficiale di bordo, coll’interprete del Robecchi, si recò a terra. 
Il Sultano, Osman Mahmud Jusuf, si scusò di non potere recarsi a 
bordo, perchè alquanto indisposto, e si dichiarò lieto di ricevere il 
capitano in casa sua. Il capitano discese allora con due ufficiali, il 
medico di bordo, l'interprete ed il Robecchi. La visita fu delle più 
cordiali. L'udienza fu tenuta in una piccola stanza, molto modesta. 
Il Sultano e gli Europei sedevano su povere sedie; i consiglieri ed 1 
capi, che circondavano il Sultano, e l'interprete, a terra. Erano pre- 
senti al ca/am il fratello del nonno del Sultano, Nur Osman, che 
funziona da primo Ministro, ed Ali Osman, suo fratello, Guled Jusuf 
e Mahmud Ali, fratelli del Sultano d’Opia, Ali Jusuf, figlio di questi. 
Nur Osman, che rispondeva per conto del Sultano ai complimenti 
del comandante, è uomo svelto e intelligente, e assicurò dell'amicizia 
e deferenza del Sultano e dei capi verso l'Italia. Il comandante ofiri 
l'opera del medico, per chi ne avesse bisogno, e passaggio sul « Vol- 
turno, » a chi volesse recarsi ad Opia. Questa seconda offerta fu ac- 
cettata dal Sultano per un guerriero di Opia, che si trovava ad Alula. 
Anche il Robecchi scambiò parole in arabo col Sultano e col suo 


f A AA A aaA A A A A A A A A A A A A 


(1) Vedi RoLLETTINO, aprile 1890, pag. 399. 


aa A A AAA A A AA Aa A A AA A AA A aa AHA A A A A A A A A A A A A A A A A AA A A A A 


— 613 — 
Ministro. Preso congedo, il Sultano ed i suoi accompagnarono gl’ Ita- 
liani sino alla imbarcazione. A bordo, il comandante, certo di fargli 
cosa grata, salutava il Sultano con una salva di 15 colpi. A sera, il 
« Volturno » era attraverso al Capo Guardafui, ed all'alba seguente 
a Ras Hafun. La mattina del giorno 8 il « Volturno » si avvici- 
nava alla costa per riconoscerla; alle 10,15 avvistò Opia ed inalzò 
bandiera. Dalla spiaggia, spiccavano graziosamente due soli caseggiati 
in pietra, circondati da capanne. Sul primo di quei caseggiati che 
era la casa del Sultano, sventolava la bandiera italiana. Alle 11 ant. 
il « Volturno » dava fondo ad Opia, ancorando poco lungi dalla 
casa del Sultano. Il comandante mandava subito a terra una lancia 
con un ufficiale, per salutare il Sultano. Sulla spiaggia stava schie- 
rata in ordine di parata una ventina d’indigeni somali, armati di 
Wetterli, per far onore all'ufficiale di bordo. Questi fu subito di ri- 
torno insieme al Sultano ed al suo seguito, Jusuf Guled, e Moha. 
med Ismael, figli di due suoi nipoti, ed Adam Mussa, un vecchio 
capo del paese. Il comandante fece gli onori di casa e, per mezzo 
dell’interprete del Robecchi, lo salutò in nome del Re d’Italia. Jusuf 
Alì manifestò il suo compiacimento; s’interessò molto alle fotogra- 
fie italiane che gli si mostravano, facendole vedere poi al suo 
seguito. Col Robecchi egli si mostrò pure gentilissimo, dicendogli che 
era già informato del suo arrivo, e che era lieto di dargli il benve- 
nuto e di ospitarlo nel suo paese. Congedandosi, salutò affettuosa- 
mente il comandante e tutta l’ufficialità, dicendo al Robecchi che lo 
attendeva. Il Robecchi fece allora trasportare il suo bagaglio sopra 
un sambuco del Sultano, e si congedò dall’equipaggio del «€ Vol- 
turno », col quale era stato sempre nei rapporti più cordiali. Alle 
cinque di sera egli scendeva ad Opia, e subito il « Volturno » sal- 
pava per Zanzibar. Il Robecchi sì recò subito dal Sultano, che gen- 
tilmente gli destinò per alloggio il caseggiato in muratura vicino al 
suo palazzo. Non si poteva desiderare di più. È una comoda casa, 
ancora in costruzione, che il Robecchi stesso presumeva di finire in 
pochi giorni, Il clima ad Opia è sanissimo, l’acqua eccellente, e l’aria 
fresca tempera l’ardore dei raggi solari, che vi cadono sopra quasi 
perpendicolarmente. Si suda, ma si resiste, grazie appunto al movi- 
mento dell’aria. Per la singolare ubicazione della costa, tutta spiag- 
gia aperta, corrente da greco a libeccio, Opia è esposta ai due mon- 
soni di N.-E. e S.,-0. L'ancoraggio in rada è però comodo per i 
sambuchi e per le piccole imbarcazioni, grazie al fondo sabbioso. 
L’acqua, oltre che buona, è molta. Nell’interno, a quanto si assicura, 
il paese è boscoso, ed il Robecchi ha potuto convincersene, facendo 
una corsa a cavallo insieme al Sultano sino a Dolmadù, distante una 
diecina di chilometri dalla costa, e dove vi sono eccellenti pascoli, 
con grandi e belle mandre. Una vacca, bellissima, non vi costa più di 
10 talleri. Attualmente il paese è tranquillissimo, avendo il Sultano . 
Jusuf saputo in questi ultimi mesi far pace con le diverse tribù degli 
Auja, coi quali si potrà combinare scambio di prodotti. Un solo capo 
non ha voluto riconoscere i diritti del Sultano, ma senza muovergli 


e - GI 4 — 

guerra. Le altre notizie, giunte sul Robecchi, in data del 25 aprile, 
confermano le antecedenti. Il « Volta » era giunto ad Opia quel 
giorno, ed il Robecchi si era recato a bordo col Sultano a salutare 
il comandante. Il Robecchi era sempre in eccellenti termini con tutti, 
e godeva salute ottima. Il paese era sempre tranquillissimo, e buo- 
nissime le relazioni del Sultano con le varie tribù. Il Robecchi con- 
tava partire fra due o tre giorni col Sultano per Elhur, ove aveva 
in animo di stabilirsi, o altrimenti spingersi al N. verso l’ Uadi Nogal, 
per esplorare il paese dei Migertini. » (Za Asforma, n. 138, 1890). 
« NELL'AFRICA TENEBROSA. » — Appena ora rientrato in Europa, 
lo Stanley è già in grado di mettere a disposizione della stampa le no- 
tizie e le osservazioni sul viaggio da lui fatto per la ricerca, la liberazione e 
il ritorno di Emin Pascià. La pubblicazione col titolo « Nell'Africa tene- 
brosa » costituisce due volumi con numerose incisioni e carte. L'edi- 
zione ne è fatta contemporaneamente nell’ originale inglese, a Londra 
dal Marston Sampson Low ed a Nuova York dallo Scribner; tradotta 
in francese, a Parigi dall’Hachette, in tedesco, a Lipsia dal Brokhaus, 
in italiano, a Milano dai Treves. L'edizione italiana avrà lo stesso ric- 
chissimo corredo di incisioni e carte, che furono eseguite sui materiali 
del grande viaggiatore da valenti disegnatori e cartografi. Il primo vo- 
lume è stato pubblicato in questi giorni, il secondo lo sarà fra breve. 
LA LETTERA DEL DOTT. PETERS, di cui abbiamo parlato nel pre- 
cedente fascicolo del BOLLETTINO (1) è giunta in Europa e fu pubbli- 
cata per esteso nella Deutsche Kolonialseitung (n. 10, 1890). Ne ri- 
portiamo quì le notizie più importanti. La Spedizione risalì tutto il Tana, 
fino alla regione delle sorgenti di esso, toccando Murdoi, Thaca, Ucamba, 
Mumoni, Kitui e Kicuju. Una catena di monti fiancheggia a N. il Tana 
da Hargazzo in su, fin dentro nel paese di Thaca, procedendo a S.-0. 
e terminando in una punta, circa 37 km. a monte della Cascata di 
Kiloluma. Di fronte, lungo la destra del Tana s’inalza l'altopiano di 
Mumoni, con sommità di m. 1,800-2,100. Ivi il fiume scorre rapido, 
tanto che vani tornarono i tentativi di traversarlo, e la Spedizione pro- 
seguì lungo la riva destra per Kicuju. Di là procedette per Leikipia al 
Baringo. Da Hargazzo in su il Tana forma una serie di grandi cascate 
e di incessanti rapide, prodotte dai dislivelli del suolo, che di là al- 
l'altopiano di Mumoni da 100 metri sale a 750, e poi fino a Kicuju 
s'inalza a m. 1,400. La Cascata di Kiloluma è sulla via da Mbe a 
Mombassa. Le più grandiose però si trovano nel passaggio da Ucamba 
Mumoni ad Ucamba Kitui..In un certo punto una serie di cascate unite 
ne formano una sola di m. 100; altre sono invece importanti per i loro 
particolari. Più in su ancora si sviluppa una nuova catena di monti, in 
mezzo ai quali è da collocarsi il Monte Alberto del Krapf, il quale 
monte adunque sarebbe collocato sulle nostre carte circa 200 chilometri 
più a valle, del vero. Il Tana scorre fino alle grandi cascate in dire- 
zione S.-O., di là direttamente a S., per poi via via piegare ad O. e, dal 
confluente del Dica in giù, a N.-O.. Il bacino delle sue sorgenti è la 


A A A AA A AA A 


(1) Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, p. 516. 


— 615 — 
pianura di Kicuju, fra il Kenia e la Catena Aberdare del Thomson. 
Però il Fiume Ddona o Digana ha le sue acque dal Kenia. Il Peters 
ha raccolte molte osservazioni e notizie importanti, ha anche fatto 
una relazione di vere scoperte geografiche, ch'egli non si fidò di 
spedire questa volta alla costa. Nel viaggio la Spedizione dovette battersi 
con gl’indigeni, massime coi Massai; li vinse sempre, ma con qualche 
perdita d’uomini. Dopo un forte combattimento ad Elbejét, il Peters passò 
a N. del Guaso Njiro lungo i Monti Eudica, constatando che esso scorre 
a N.-N.-0. e non ad E. fra Kenia ed Eudica. Indi si diresse al Baringo 
Nianza lungo il Guaso Narok, combattendo i Massai. Giunto poi per 
Njemps a Capte in Camassia, donde scrisse, verso la metà (13-16) gen- 
najo p. p., gli restavano 50 portatori, 10 soldati e parecchi servi. Le 
intenzioni del Peters erano allora di passare per 1’ Uganda e, per Mas- 
sala o piuttosto per Usoga, d’ avanzarsi al Victoria Nianza, in cerca di 
Emin. Intorno a questo nulla sapeva, ma manifestava il suo presenti- 
mento che il pascià potesse già essere in salvo. (Deut. Kol. Zeit., 10-1890). 

Emin Pascià, secondo un dispaccio da Zanzibar in data del 25 
aprile p. p., è già partito da Bagamojo, diretto all’ interno, con § uffi- 
ciali e 600 portatori. (Ze Mouv. Géogr., n.9, 1890). 

KiLoa, Linpi E MIKINDANI, già mercati arabi di schiavi, furono, 
l'uno dopo l' altro, occupati dalle forze coloniali germaniche, fra il 5 
aprile ed il 14 maggio p. p.. Kiloa e Lindi però, che erano i due 
maggiori centri di popolazione, rimasero quasi del tutto distrutte dal 
cannone, e deserte d’ abitanti, che in gran parte si ritirarono nell’ in- 
terno coi ribelli. (Deut. Kolon. Zeit., n. 11, 1890). 

COLONIE PORTOGHESI IN AFRICA. — Il Governo portoghese ha no- 
minato una Commissione con l’incarico di studiare le miniere d’oro e 
di carbon fossile delle colonie di Angola e Mozambico. A presiedere 
tale Commissione fu scelto il sig. Mariano Carvalho, ex-ministro del 
Regno portoghese. Egli partirà entro il corrente mese di giugno per 
Mozambico. Un'altra missione partirà in agosto, secondo quanto an- 
nunciano i giornali, per piantare una colonia a Blithe. (Capitan Fra- 
cassa, D. 147, 1890). 

PROGRESSI NELLO STATO INDIPENDENTE DEL Conco. — Nei primi 
giorni di gennajo p. p. il capitano Nenquin fece una spedizione al S. 
di Léopoldville fino alle rive dell'Iukissi. A Lemba, Ntampa, Madimba, 
e Lembolo, fu accolto con rispetto e segni d'onore e d’amicizia da 
quelle tribù. Il mercato di Lemba è ricchissimo, per quella regione. In 
quella occasione fu issata la bandiera dello Stato a Ntampa ed a Ki- 
santu, che è un villaggio non lontano dalla riva destra dell’ Inkissi. Il 
ritorno di là si fece scendendo questo fiume dalla stessa riva fino 
al confluente nel Congo, toccando Kilenfu, con un cammino facilissimo 
per una via che evita tutte le difficoltà del terreno. Il cap. Nenquin 
ebbe anche occasione di studiare la costituzione di quelle tribù. A 
Madimba, ch' egli stima il più bel villaggio tra quelli da lui veduti 
in Africa, governano insieme quattro fratelli A Kilenfu, essendo capo 
un giovinetto, il governo è retto da un Consiglio di anziani. — Su questo 
argomento si pubblica in questi giorni a Bruxelles, nel 4° fascicolo de- 


— 616 — 

gli Etudes et Rapports ufficiali del Congo, un lavoro di Baerts, già 
magistrato a Banana. In esso è descritta l’organizzazione politica, civile 
e penale della tribù dei Musseronghi del Basso Congo. Il re dei Mus- 
seronghi condivide i poteri con una specie di parlamento (fa/2bra), 
in tutti gli affari di qualche importanza. Questa palabra è costituita 
dai capi dei villaggi e dagli uomini liberi presenti, ed è presieduta dal 
re; ed in essa nonsi propongono nè discutono nuove leggi, ma si 
adattano ai casi particolari le consuetudini locali e inveterate. Il po- 
tere giudiziario viene esercitato dal re, presente la palabra, nelle cause 
criminali o di Stato, nelle altre di solito egli delega il potere al capo 
del villaggio, dove avvenne il fatto che provocò la causa. Il potere 
esecutivo spetta esclusivamente al re, il quale però, se crede, in que- 
stioni di minore importanza ne incarica o un capo di villaggio, od 
anche un uomo libero di sua fiducia. Se però si tratta di pace o di 
guerra, interviene con voto deliberativo la palabra. La guerra di solito 
non ha carattere feroce; se mai arriva a tal punto, nelle tribù confi- 
nanti ai Musseronghi c’ è l’ uso che un capo potente di qualche tribù 
neutrale s' interpone, senza resistenza, arbitro, e stabilisce i patti di pace, 
che di solito sono assicurati con scambio di ostaggi. Il re non ha ca- 
rattere religioso, ma gode grande venerazione, e gli si presta giura- 
mento. Vi è il diritto di eredità al trono; ma la palabra lo conferma 
di volta in volta, e talvolta lo nega, e sceglie a re uno dei capi di 
villaggio. (Ze Mouv. Géogr., n. 11, 1890). 

LE STAZIONI DELLO STATO INDIPENDENTE DEL Conco, distribuite 
lungo il fiume ed i suoi affluenti, ammontano presentemente al numero 
di diciassette. Esse sono le seguenti: 1° Nel Basso Congo: Banana e 
Boma sul Congo, 3056 sul Ciloango. — 2° Nella regione delle Ca- 
scate: Vivi, Matadi e Manianga sul Congo, Zucungu sulla via delle 
carovane. — 3° Allo Stanley Pool: Léopoldville. — 4° Sull’Alto Congo: 
Bangala, Basoco (al confluente dell’Aruhuimi) e Stanley-Falls. — 5° Sul 
Sancuru: Zusambo, vicino al confluente del Lubi. — 6° Sul Lulua: 
Luluaburg. — 7° Sull’ Ubangi: Zongo e Banzaville. — 8° Sul Lomami: 
Banza-Camba. — 9° Sull’Alto Lualaba: Cassongo, vicino al Niangue. 
Oltre a questi stabilimenti, lo Stato indipendente del Congo ha stabi- 
lito numerosi posti intermedi, fra Nzobé e Boma, fra l’Inkissi e Léo- 
poldville, fra l’equatore e Basoco, ecc., confidandone il servizio ad 
agenti negri. (Ze Mouv. Géogr., n. 9, 1890). 

IL TERRITORIO DEL SANCURU, nello Stato Indipendente del Congo, 
fu per ora staccato dal distretto del Cassai e sottoposto a quello del 
Lualaba. Esso si estende dal confluente, lungo le due rive, fino a 25 
chilometri a monte, nell'interno (Ze Mouv. Géogr., n. 9, 1890). 

I BocciaELI. — Nelle foreste vergini, che circondano il territorio 
tedesco di Camerun, fu scoperta dal viaggiatore Kund una tribù di in- 
digeni, i Boggiaeli, che si crede appartengano a una razza antichissima. 
Sono di bassa statura, quasi nani, ma robusti, ben fatti e coraggiosi, 
massime nella caccia all’elefante. (Ze Mouv. Géogr., n. 9, 1890). 

IL TENENTE KLING NEL ‘ToGo. — A scopi scientifici e insieme per 
rendere vieppiù famigliari al dominio tedesco le popolazioni interne del 


— §1 q— 

Togo, il tenente Kling, ivi di servizio, si recò a visitare i villaggi dei 
feticci, di Dipongo e di Ziari, tra gli Adeli e gli Adiuti. Nella rela- 
zione che di queste escursioni fece il Kling, si notano alcuni cenni 
importanti per la etnografia di quella regione. Sembra che quegli indi- 
geni, quantunque superstiziosi, non siano punto diffidenti verso gli Eu- 
ropei; anzi in generale si mostrano ospitali, abbastanza intelligenti e 
disposti a commerciare. Il capo di Dipongo è stimato dal Kling, per 
le informazioni da lui avute in tutti i dintorni, quale capo supremo 
religioso, ossia gran sacerdote dei feticci. A lui accorrono fin dal- 
l’Ascianti, e da altre contrade più remote, i credenti, che sono consa- 
crati e muniti dei soliti amuleti da Jaopura. La sede ordinaria di questo 
capo è il piccolo villaggio di Dipongo, dove egli tiene soltanto il san- 
tuario e la sua numerosa famiglia, costituita da più mogli. Però il centro 
del suo dominio è Dadiassi, alquanto lontano di là e separatone da 
monti scoscesi. Il paese all’interno è coperto d’alte erbe e cespugli in 
basso, e di piante ombrellifere, monocotiledoni e liane sui colli circo- 
stanti, che s’inalzano in media fino ai 200 metri. Ziari è pure un centro 
di adoratori di feticci: si trova sul Fiume Sabu, ed è costituito da 
circa cento capanne. Il capo Ediè gode di molta autorità ivi e nei 
villaggi circostanti. La gente vi è abbastanza industriosa: fabbricano 
vasì in terra, fanno tessuti e coltivano relativamente bene il suolo. 
Questo però in molta parte è in basso una grande savana, dalle erbe 
alte 4 a 5 metri. Però ad E. e ad O. di Ziari fiancheggiano la Valle 
del Sabu due lunghe catene di colli, che sono una continuazione di 
quelli che si staccano dalla Stazione di Bismarckburg verso |’ interno. 
La catena occidentale giunge spesso fino al letto del fiume, che ivi non 
è che un canale di 100 metri di profondità; e quà e là resta interrotta 
da solchi trasversali, per cui scendono parecchi affluenti al fiume stesso, 
ricchi di acque pure e fresche. Queste sono alimentate dalla umidità 
delle vicine foreste, in alcuni punti densissime. La temperatura si con- 
serva in quei luoghi elevatissima anche in fine di ottobre. Il tipo fisico 
degli Adiuti è vigoroso e ben proporzionato, ma reso deforme da enormi 
gozzi, come del resto si osserva in tutte quelle tribù montanare. Super- 
stiziosi anche questi, un po’ diffidenti, ma in fondo leali e riconoscenti, 
desiderosissimi poi di apprendere le meraviglie dei bianchi, che il loro 
capo paragonò a Dei. Il Kling fu assicurato che a due giorni di cam- 
mino per N.-E. esiste un grosso villaggio, detto Tjadja, posto dietro a 
Fasugu e a N.-O. una via che per Cratsci conduce a Salaga in circa 
2 a § giorni secondo la stagione. Tra gli altri materiali raccolti dal 
Kling in queste due escursioni, notansi le determinazioni dell’altitudine, 
da lui eseguite all’aneroide in base alla quota di Bismarckburg (m. 710), 
e poi corrette. Dipongo trovasi a 700 m. sul livello del mare, Ziari a 
m. 430; Peren, villaggio frapposto a quei due, e già noto, a m. 750. 
Dadiassi, quantunque posto ai piedi di un gruppo di monti, ha appena 
l'altezza di m. 250. Larga analisi dei risultati meteorologici ottenuti dal 
Kling, è fatta dal dott. A. Dinckelman in uno Studio, che abbraccia anche 
la vicina regione della Costa dell'Oro e degli Schiavi. (Mitieil. aus den 
deuts. Schutsgebieten, a. 1, 1890). 


— 618 — \ 

CONFINE ANGLO-FRANCESE NELL'AFRICA OCCIDENTALE. — Per con- 
venzione del 10 agosto 1889, ratificata il 2 e 19 novembre seguente, 
furono meglio designati 1 confini tra i possessi inglesi e francesi in 
Senegambia e lungo la Costa dell’Oro e la Costa degli Schiavi. Il possesso 
inglese di Gambia comprende d'ora innanzi una zona di 10 km. in lay- 
ghezza, tanto sulla riva destra, che sulla sinistra del fiume, compresa Jar- 
batenda. Il confine settentrionale della Sierra Leone è formato dallo 
spartiacque tra il Mellacorée ed il Great Scarcies, poi dal 10° lat. N. fino 
all’ incontro del 10° 40’ long. O. Green. Resta a fissare il confine orientale 
di queste possessioni. Tra Assinie e la Colonia della Costa dell'Oro il 
confine è segnato dalle rive meridionali delle Lagune Tendo ed Ahi, 
poi dal corso inferiore del Fiume Tanoe fino a Nugua. Finalmente il 
meridianò della foce del Torrente (Creek) Ajarra nella Laguna di Porto 
Novo (2° 52’ long. E. Green.) fino all'incontro col 9° lat. N., servirà 
di confine convenzionale tra Porto Novo e Lagos. (Peterm. Mitteil., 
V, 1890). : 

OCCUPAZIONE FRANCESE SUL NIGER. — Il giorno 6 aprile p. p. fu 
occupata dai Francesi Segu-Sicoro, capitale del re Ahmadu, che fin 
dal 1887 si era posto sotto la protezione della Repubblica ed ultima- 
mente aveva abbandonata la sua sede. (Revue Géog., maggio 1890). 


E. — AMERICA. 


« AMERICA >, non è più soltanto il nome del grande continente sco- 
perto dal genovese Cristoforo Colombo; ma dal 1° gennajo 1890 serve più 
particolarmente a denominare una nuova città. Questa, per decreto del 
17 ottobre 1889, deliberato dalla Repubblica del Nicaragua, fu fon- 
data sulla costa del Mar delle Antille, presso al luogo dove metterà 
foce il grande canale progettato, e precisamente sulla sinistra di questo, 
estendendosi verso N.-E. in direzione del Fiume Indio (Soc. Geog. di 
Parigi, Compte-rendu n. 7-8, 1890). 

UN VIAGGIO DEL DOTT. HETTNER NEL PERU CENTRALE. — Nel pas- 
sato autunno, 1880, il dott. A. Hettner viaggiò per tre mesi in mezzo 
alle Cordigliere del Perù. Per Abancay egli penetrò nella Valle del Pa: 
chachaca; di là si avanzò nel pianoro deserto di Puna, poi nelle Cor- 
digliere occidentali; e raggiunse finalmente la costa del Pacifico a Chala. 
Nel ritorno il dott. Hettner visitò il Lago Salso di Parinococha, che è 
quasi interamente disseccato; poi da Pauza fece un’ ascensione al Monte 
Saragara (m. 5,012), che è il più settentrionale dei vulcani isolati delle 
Cordigliere occidentali. Discese poscia ad Arequipa, donde si recò verso 
il Monte Charchani, che esplorò fin sulla vetta. Questo monte, dai 
risultati della esplorazione del Hettner, è da lui dichiarato di natura 
vulcanica. L’ altezza del Charchani è di circa 5,930 metri (R. Società 
Geogr. di Londra, Proceedings, 5, 1890). 

DEPOSITI DI FOSFATO NELLA FLoRIDA. — Nelle parti occidentali 
dello Stato della Florida (Stati Uniti dell’ America Settentrionale) furono 
scoperti numerosi e ricchissimi depositi di fosfato di calce, su una esten- 
sione di circa 4 milioni di ettari di terreno (Science, n. 380, 1890). 








— Cig — 


F. — OCEANIA. 


NUOVE TRACCE DELLA SPEDIZIONE LEICHHARDT. — Da gran tempo 
non si parlava più in Australia dei resti della Spedizione Leichhardt, 
perita nell’ attraversare quel contineote (1), quando pochi mesi fa un 
signor A. M'Phee, che dimorava. nel Distretto di Kimberley, presso la 
Baja di Lagrange, e che parla bene le lingue degli indigeni della regione 
circostante, potè saperne qualche cosa. Essendogli stato riferito che 
piesso i Tungun vi era un bianco, egli vi si recò; e mentre rimaneva 
disilluso, riconoscendo in quel bianco un indigeno di pelle chiara, potè 
però apprendere che molti anni fa presso certe tribù dell’ interno si 
erano veduti aggirarsi a cavallo due bianchi e due negri, vestiti, e che 
pochissimo tempo dopo si trovarono i cadaveri dei due bianchi soltanto. 
Seppe pure che gli indigeni di là attribuivano la morte dei viaggiatori 
non ad altro che alla sete, difficilissimo essendo il rintracciare quelle 
poche polle d’ acqua, che raramente vi esistono, celate dai crepacci del 
suolo. Si pretende che esistano ancora alcuni avanzi d’ossa di quei 
morti, che tutto lascia credere possano essere quelli del Leichhardt e 
del suo compagno. Ora, come scrive il bar. Mueller, è pensiero pietoso 
della Società Geografica di Melbourne rintracciare e raccogliere quegli 
avanzi, e ricuperare, se possibile, qualche frutto scientifico del viaggio 
del Leichhardt, se mai ancora esistesse e fosse stato conservato. Sembra 
del resto accertato fin d’ ora, che l’ardito viaggiatore tedesco, con 
i pochissimi e semplicissimi mezzi di cui era fornito, sia quasi del tutto 
riuscito nella sua impresa, di traversare |’ Australia da E. ad O., avendo 
percorso un itinerario corrispondente a quasi 3/4 della massima esten- 
sione del continente (Peferm. Mitteil., V, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


LA SPEDIZIONE POLARE NORVEGIANA pare completamente assicurata. 
Il Governo di Norvegia ha già sottoposto allo Storthing un progetto, 
per il quale la Spedizione, sotto il comando del Nansen, otterrà dallo 
Stato il sussidio di 2,500,000 lire, cioè i 2/3 delle spese previste. Vi 
è però apposta la condizione che, riuscendo con buon successo la Spe- 
dizione, le imbarcazioni e gli strumenti usati per essa, diverranno pro- 
prietà dello Stato, e che la Università di Cristiania debba ricevere 
esemplari delle collezioni scientifiche fatte durante l'esplorazione, a scelta 
del Senato di essa (ature di Londra, n. 1070, 1890). 


(1) Vedi BOLLETTINO, v. XIX, p. 727. 


IV. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


REALE ACCADEMIA DEI Lincer. — Roma, 20 aprile 1890. 

Cenno bibliografico dell’ opera del prof. E. Levasseur intitolata: « La popula- 
tion frangaise », di Z. Bodio, — Sulla ripartizione oraria diurno-notturna delle scosse 
terrestri registrate in Italia nel 1889, di G. Agamennone. 

Nuova ANTOLOGIA. — Roma, 1° giugno 1890. 

L’ Eritrea, di G. Pozsolini. i 
Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, X-4, 1890. 

Sulla straordinaria quantità di neve caduta negli anni 1836 e 1888, di P. Plosser 
(fine). — Etna, Sicilia ed Isole vulcaniche adiacenti, sotto il punto di vista dei fenomeni 
eruttivi e vulcanici avvenuti durante l’anno 1889, del prof. Silvestri. — Terremoti 
a S. Josè de Costarica, di /ittier. — Il terremoto di Rema del 23 febbrajo 1890, 
di De Rossi. — I movimenti del suolo al Giappone. — Una marea impreveduta. — 
Il periodo delle lunghe onde marine del Cracatoa. 

Rivista Dt ToPoGRAFIA E CATASTO. — Firenze-Roma, maggio 1890. 
La fotogrammetria nelle Alte Alpi italiane. — Istruzione sulle poligonazioni. 
Società D' ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, mag- 

gio 1890. 

Il capitano Casati. — L'Italia e I’ Abissinia, di P. Vigont. — Colonie e colo- 
nizzazione II-III, di V. FocAksf. — 11 Sudan francese e il viaggio del capitano Binger 
(con carta), di C. G. Zoni. — Note africane, di P. Longo. — Dalla Città del Capo 
al Paese dei Masciucolumbe : estratto dall’ opera del dottore Holub, traduzione di 


E. Bolognini. 
SOCIETÀ AFRICANA D'ITALIA, —— Napoli, IX-3-4, 1890. 


Il movimento geografico in Africa nel 1889, di G. Florensano. — Dalla Baja 
di Biafra, di G. Zenker. — Sotto all’ equatore, di 5S. Ssole-Rogosinshi, — Il ritorno 
di Casati. — L'Italia tra i Somali Benadir e Migiurtini. 


BoLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, aprile 1890. 
Industria e commercio nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda durante 
l'anno 1889, di &. Froehlich. — Il porto franco di Copenbaghen, di C. A. Broderg. 
L'ILLUSTRAZIONE ITALIANA. — Milano, n. 21, 1890. 
Il capitano Casati al Cairo: corrispondenza di /. B..— Un’ escursione sul Nilo: 
da un libro di C. de Gonzenbach, di A. ZA. 
Rivista MARITTIMA, —- Roma, maggio 1890. 


Un mese nell'Isola di Seilan: dalle note di viaggio intorno al mondo, del 
dott. #. Kho. — Le scienze nautiche all’ epoca delle grandi scoperte, studio del 
prof. £. Gelcick, traduzione di S. Rasneri. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 





— 621 — 
CLus Arpino ITALIANO. —- Torino, aprile, maggio 1890. 

Un’ ascensione al Monte Rosa, di G. Negri. — Bessanese: prima ascensione 
per la cresta nord, di G. Rey. — XXII Congresso degli Alpinieti italiani in Roma: 
programma, i 
ArENZO LIGURE. — Genova, gennajo-marzo 1890. 

Lingue, letteratura e tradizioni popolari degl’ indigeni d’ America, con appendice, 
del prof. V. Gressi. 

Marina © Commercio. —- Roma, 4, 11, 18, 25 maggio 1890. 


Movimento generale del commercio del Brasile dal 1883 al 1889. — Il Canale 
di Manchester. — Il ritorno del capitano Casati. — Il Canale di Panama. — Il 
commercio e la navigazione del Marocco. — Porto di Pernambuco. — Il porto di 
Santos. — Il Canale d' Amsterdam al mare. 


SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI E DEGLI ARCHITETTI ITALIANI, — Roma, 
V-2, 1890. 
Dei venti e degli insabbiamenti marini lagunari e fiuviali nell’ estuario ve- 
meto, ecc., ecc., dell'ing. D. Bocei. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Socnité DE GHOGRAPHIE. — Parigi, Compte-rendu n. 7-8, 1890. 


Programma del Congresso Geografico nazionale francese di Mompellieri. — 
L’ Isola Formosa. — Notizie geografiche di Nicaragua, di D. Pector. — Lettera di 
E. Coudreau dalla Gujana francese. — Una antica carta del Monomotapa, di G. Marcel. 
— La strada ferrata transsahariana, di G. Xolland. — Viaggio al Pamir: conferenza 
di G. Capus. 

— Compte rendu n. 9, 1890. 

I] piano geometrico della superficie terrestre, di C. Schroeder. — Esploratori 
normanni. — Le dune del Sahara, del capitano Cowrdis. — L'’ ascensione del Picco 
Clarence nell’ Isola Fernando Péo, lettera di S. de Rogosinski. — Le ultime pubbli- 
cazioni cartografiche dello Stato Maggiore russo. — La Spedizione polare artica 
proposta dal Nansen. — Quattro mesi al Messico, conferenza di 7. C/aine. 
SocittÈé DE GEOGRAPRIE COMMERCIALE. — Parigi, XII-3, 1890. 


La valle del Mangoro (con carta e disegni), di G. Foucart. — In Senegambia, 
di F. Galibert. 
REVUE GEOGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, n. 173, 1890. 

Saida, di G. Renaud, — Dal Canale di Suez all'equatore (cont.), di Chaille- 
Long. — Della projezione nella cartografia (cont.), di Bouthillier de Beaumont. — 
Una visita al Gebel-bu Hedma (cont.), di d« Paty de Clam. — La Cina a volo di 
uccello (cont.), del gen. Cenghi-Cong. — Viaggio di Gauthier e Pavie al Laos, di 
C. Gauthier. — Esplorazione della Siberia occidentale, del dott. C. Paga; — I 
fiumi della Costa dell’ Olio, di A/ricwus. — Il periplo d’ Annone, di 4. M. Manrigque. 
Le Tour pu Monpe. — Parigi, 3, 10, 17, 24 maggio 1890. 

Viaggio alle Isole Baleari: Pitiuse-Iviza e Formentera, di G. Vuillier (cont.). — 
Due campagne al Sudan (cont.), del colonn. Gallieni. 
REVUE DE GioGraPHIE. — Parigi, maggio 1890. 

L’ opera geografica del principe Bismarck, di Z. Drafeyron. — Le strette del 


Danubio da Bazia ad Orsova (cont.), di 4. de Gerando. — L' unificazione dell’ ore, 
di 3. Girard. — Stadio sul catasto di Burlats (Tarn), di Ch. Zieville.. . 


— 622 — 
Revue FRANGAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, I, 
e 15 maggio 1890. 

Da Cotonu a Porto Novo, di H. Maurice. — Le Spedizioni inglesi contro’ gli 
Ascianti, di 4. Salaipnac. — Origini dei Canadesi francesi (cont.), di 5. Suite. — 
Esplorazione Bonvalot: lettera del prin. £. a Or/fars.. — Costa occidentale dell’Africa; 
ordinamento del 10 agosto 1889, di G. Demanche, 

LA G£oGRAPHIE, — Parigi, 1, 8, 15, 22, 30 maggio 1890. 

La via del Thibet. — Le piccole isole frantesi al N.-O. di Madagascar, di 
H. Mager. — A proposito della ferrovia transahariana, di S. S. D.. — L'impero 
coloniale neerlandese, di . Barré. — Il protettorato inglese nell’ Uganda. — I 
Fiume Muni. — L’ Eufrate. — AI Dahomei (con cartina). — L'ora universale. 
Revue MARITIME ET COLONIALE. — Parigi, marzo 1890. 

Oceanografia statica (cont.), di ¥. Zhoulet. — Nota sulle variazioni diurne nella 
direzione dei venti alisei, del capitano /icof. — Movimenti dell' atmosfera, di 
E. Tournier. 

Socitté DE G#£0GRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 
XIII-9, 1890. 

Missioni nel Futa Giallon (cont.), di 5% Plat (con cartine). — L’ Osservatorio 
regio di Madascar a Tananariva, di £. Colin. — Al Polo Nord: Spedizione proget- 
tata dal dott. Nansen, di ils Voll. 

SOCIÉTÉ NORMANDE DE GEOGRAPHIE, — Rouen, marzo-aprile 1890. 

Il Sudan francese ed il suo avvenire commerciale, del cap. £. Péroz. — Sco- 
perta d’un passo praticabile e possibilità di superare le rapide di Khong, di 
D. Folliot. | 
Socitté Dz GtocraPHIE DE LILLE. — Lilla, aprile 1890. 

Gli oceani e i mari (cont.), di Gosse/et. — I Francesi al Canada (con ritratto), 


di Salone e di mons. Ladelle. — L'Isola di Cipro, di A. Renouard. — Nuovo Map- 
pamondo, di V. 7i/mart (con tavole). 


Socitt& LANGUEDOCIENNE DE GfoGRAPHIE. — Mompellieri, XIII-1, 1890. 


Origine e trasformazione del nome della città di Cette. di £. Bonnet. — Sotto 
terra: seconda campagna d’esplorazione negli abissi dei « Causses », di £. A. Martel. 
— La mia missione nel Chaco (con carta), di 7. De Brettes. — I progetti africani 
dello Stanley, di AM. X.. — Il Congresso nazionale geografico a Mompellieri, 


Société DE GEOGRAPHIE DE Tours. — N. 4, 1890. 

Il conflitto per Terranuova. — I « vici » e le prime parrocchie della Turenna, 
di L. Lhuillier, — Note e dati statistici sul dipartimento d’ Indre-et-Loire. 
SOCIETÉ DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DU Havre. — Marzo-aprile 

1890. 

. Un’ escursione a Riukandfoss, di P. Xi — Il regno di Dahomei. — I Fuegini, 
di G. Duloup. — Cina: l'apertura del porto di Ciung-King. — Una visita a Bida, 
capitale del Nupe. — La navigazione del Mecong. — I Sambachi, di 4. Valette. 
Sociéré ROYALE DE GEOGRAPHIE D’ ANVERS. — Anversa, XIV-2, 1890. 


La provincia di Corrientes (cont.), di A. Baguet. — La Repubblica di Colom- 
bia, di AH. Sérmon. — La strada ferrata dello Stato Indipendente del Congo, di 
C. H. T. Zboinski. — La Cina, di Andelsman. — Il Colorado, di Ad. de Ceulenter. 
— Conversazioni collo Stanley, di G. Harry. 


Le MOUVvEMENT GEOGRAPHIQUE. —: Bruxelles, 4, 18, 25 maggio 1890. 


La festa del Congo alla Borsa di Bruxelles, con discorsi del Re e dello Stanley. 
-— Il mercato d’avorio ad Anversa. — La strada ferrata del Congo. — Matadi, porto 
di mare. — A Cassongo, lettere di Ze Clement de Saint-Marcg. — La Conferenza 
di Bruxelles. ~ Una Spedizione scientifica belga al Congo. — Sul Lualaba, lettera 


— 623 —- 


di Le Clement de Saint-Marcg. — Un capo del Congo e la palabra. — Le sab- 
bie sonore. 


SocieTATEA GeoGRAFICA RoMmaANA. — Bucarest, XI-1, 1890. 


La popolazione della Bucovina, di D. O/isescu. — Il masso di Bucegilor, con- 
ferenza del cap. A. Gurtta. — Le Isole Lipari, di D. Stursa. — Viaggi di Carlo XII 
attraverso le terre di Rumenia, conferenza di G. Yonnescu-Gion. 


TRANSILVANIA. — Cibino, 15 maggio 1890. 
Espansioni dell’area atmosferica, 7. Ceontfea. 
SOCIEDAD GEOGRAFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, VII-71-72, 1890. 


L’ ultimo viaggio di Stanley. — Un nuovo Congresso. — Le saline della Pata- 
gonia. — Le peschiere di Terranova d'America. — Il maggiore Serpa Pinto. — L’u- 
nione di cinque Repubbliche. — Nubi notturne splendenti. 


Instituto GEOGRAFICO ARGENTINO. — Buenos Aires, X-12, 1889. 
Appunti orografici sulla Cordigliera di Mendoza, di G. A. Lallemant. — Studî 

linguistici americani, di Z. Darapshi. 

SOCIEDAD CIENT{FICA ARGENTINA. — Buenos Aires, XXIX-2-3, 1890. 


Platino greggio della Terra del Fuoco, del dott. 7. 7. Kyle. — Fisiografia e 
meteorologia dei mari del Globo (cont.), di 7. Z/erena. 


GESELLSCHAFT FOR ERDKUNOE ZU BERLIN. — Berlino, XXV-2, 1889. 


Sui materiali per la storia precolombiana dell’ America, del prof. £. Gelcich. — 
Elenco alfabetico delle tribù indigene delle Filippine e delle lingue da esse parlate, 
del prof. F. Blumentritt, — L’ Heggiaz e la via dalla Mecca a Medina (con carta), 
del dott. 2. Moritz. — Le Repubbliche dell’ America centrale nell'anno 1889: Gua- 
temala, del dott. A. Polacovski, — Itinerario orientale del pellegrinaggio da Mecca 
a Medina, carta di A. Kiepert. 


K. K. GrOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN WIEN. —— Vienna, n. 4, 1890. 


‘Un viaggio scientifico-naturalistico nel Gruppo occidentale delle Isole Canarie, 
del prof. dott. O. Simony. — Contributi alla conoscenza dei Mandaja del Mindanao, 
del prof. 7. Blumentritt. — Notizie sull' operosità degl’ Istituti e delle Società esi- 
stenti nello Stato austriaco, nel campo delle scienze geografiche ed affini, durante 
l’anno 1889. 


PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, IV, 1890. 


Sulle distanze medie di confine: rappresentazioni aritmetiche e grafiche e con- 
fronto dei rapporti geografici (con tavola), del dott. C. £. M. RoArback (fine) — 
Projezioni cartografiche equivalenti, del prof. dott. A. J. /Vel/. — Bochara all’ aprirsi 
dei nuovi tempi (fine), del dott. O. Heyfelder. — Viaggi nell’ Arcipelago indo-orien- 
tale, di 4. Facobsen (con carta). — Lettere di Emin Pascià. — La nuova isola nek 
Y Oceano Australe, del prof. dott. A. Swfas. — La via al Polo Nord, di &. Asmuss. 
— L’ Atlante di « fac-simili » del Nordenskjéld. 


— Gotha, V, 1890. 


La strada ferrata delle carovane da Zeila ad Ancober e la cartografia delle re- 
gioni di confine dei Somali, Afar e Galla (con carta-itinerario!, di £. G. Fritasche. 
— I progetti di porti di mare sulle coste occidentali dello Schleswig (con tavola), di 
P. Langhans. — Ricerche su 24 lingue parlate nel Protettorato della "Compagnia 
tedesca nella Nuova Guinea, di U. Zò//er. — Giornale meteorologico di Emin Pascià, 
del prof, dott. A. Supan. — Precipitazione delle pioggie nella capitale del Madaga- 
scar, Antananarivo, del prof. dott. A. Sas. — Il compimento della carta speciale 
della Monarchia austro-ungarica, di C. Vogel. — Nuove traccie del Leichhardt, del 
dott. A. w. Mueller. — Oscillazioni dell’ asse terrestre, del prof. dott. A. Sspas. 


GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN HamBurc. — Amburgo, 1, 1839- 
1890. . 
Tempo regionale e tempo mondiale: proposta per la coincidenza, di W. Preckt 


— 62 4 — 
(con Appendice). — El Dorado: dalla storia dei primi viaggi di scoperta in America, 
del dott. H. A. Schumacher. — Nelle Isole Normanne, del prof. dott. G. Wendt. 
= Pechino e i Monti di ponente: schizzi di città e di campagna dalla Cina setten- 
trionale (con pianta), del prof. C. Arendt, — Carta di Ungù, Usegua ed Usambaa 
meridionale nell’ Africa orientale tedesca, secondo il dott. F. Stuhlmann, di Z. Zyrie 
derichsen. 


MITTEILUNGEN AUS DEN DEUTSCHEN SCHUTZGEBIETEN, — Berlino, IIl-1, 
1890. 


Contributi alla conoscenza del clima del Togo tedesco e dei territorî circostanti 
sulla Costa dell’ Oro e degli Schiavi, del dott. 4. v. Danckelman. — Notizie d' una 
escursione al villaggio Dipongo e di un viaggio a Tziari, del tenente ling. — 
Quote d' altitudine, dello sfesso (con carte). — Più recenti notizie sulla morte del 
dott. Z. Wolf. — Relazione del dott. £. Zisfgraff sul suo viaggio da Camerun a 
Benue e per Nord-Adamaua di ritorno a Camerun. — Notizie del luogot. Morgen. 
-— Estratto di relazione d’ una visita al Gruppo delle Isole di Lord Howe. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, n. 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 1890. 


Per I’ etnologia del Lago Alberto, del dott. Zwsiz. — Ad Ovest del Kilimangiaro, 
del dott. H. Meyer. — Leghe segrete tra gli abitanti delle Coste settentrionali del- 
l America, di 7. 4. Facobsen. — Sulle osservazioni della temperatura nei climi caldi, 
del dott. R. Assmann. — Il « Viaggio a Nias » del Modigliani, del dott. A. Schurts. 
— Ie Viaggi » dell’ Junker, del prof. 7. Pawlitschke. — La « Fisica della crosta 
terrestre » di O. Fisher, nota del dott. £. v. Drygalski. — « Sahara e Sudan » di 
G. Nachtigal, nota del prof. 7. Paslitschke (fine). — Gli elementi demografici delle 
città di Tunisi e Tripoli (cont.), di M. Qwedenfeldt. — La Spedizione del conte 
Teleki in Africa, di Z. v. Hoehnel, — Le leggi della cultura intellettuale in rela 
zione con l’aspetto della superficie della Terra, di O. Henne am Rhyn. — Fergunna, 
di H. Schurts. — La Spedizione Teleki ecc., (fine), di ZL. v. Hoehnel. — Le leggi 
della cultura ecc., (fine), di O. Henne am Rhyn. — Ul libro « Sahara e Sudan » del 
Nachtigal, del prof. F. Paxlitschke. — La teoria del Bastian intorno alle provincie 
geografiche, di 7. Achelis. — Le escursioni del Ktkenthal alle Spizberghe, di 
MM. Lindmann. — Prime notizie del dott. O. Bauman. — I Subanos di Mindanao, 
di F. Blumentritt, — Il diritto in Africa, di 4. Fleischmann. — Per la storia della 
Geografia scientifica dei Greci, del prof. A. Haedler. 


DEUTSCHE RUNDSCHAU FUR GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
n. 8, 1890. 


_ Spiegazione delle retrocessioni al freddo nel mese di maggio, di 9. Litsen. — 
Otto giorni nella Cabilia, di 4. Berghaus. — GI’ Indiani negli Stati Uniti di Ame- 
rica, di Emma Poesche. — Gli Armeni e il loro avvenire, del dott. O. Heyfelder. — 
Le strade ferrate del Messico, con carta degli Stati Uniti del Messico, secondo il 
Bianconi, alla scala di 1:5,000,000. 

— Vienna, XII-9, 1890. 

Gli ostacoli del terreno quali fattori principali del processo di formazione del 
soprasuolo terrestre, del maresciallo 4. Meuber. — La situazione nei protettorati te- 
deschi dell’ Africa orientale: cause ed effetti, del capitano A. Boshart. — Le que- 
stioni cinesi odierne in America e in Australia, del dott. G. Zacher (fine), — I 
principato di Liechtenstein, di /. Umlauft (con carta ed illustrazioni). 


DiurscHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 12, 26 aprile, 1890. 

Della spedizione tedesca per Emin Pascià. — Il Grande Sud: Ie II (con carta). 
—- L'emigrazione tedesca (cont.), di Z.. — Il Congresso antischiavista, — La Spe- 
dizione tedesca per Emin Pascià (con carta). — La Stazione missionaria Bosciabelo 
(fine), di O. A... — I confini dell’ Africa orientale tedesca, di P. Reichard, — L’emi- 
grazione tedesca (fine), di B.. — Le Indie neerlandesi nel 1890, di £. Metsger. — 
Schiezi da Camerun, di G. Baldau. 


— Berlino, 10, 24 maggio 1890. 
La spartizione dei territori tedeschi ed inglesi nell’ Africa orientale, del dottore 


Ss 
» 


Wieckmann. — La questione dei Somali. — Il Grande Sud, III, IV, di O. £°. — 
Delle vie commerciali nell’ Africa orientale, I, II (con carta), di K. Weiss. — Alconi 
‘ altri progetti per la colonizzazione pratica nel Protettorato della Compagnia della 
Nuova Guinea germanica, II, del dott. R. Hindorf. — Schizzi da Camerun (con 
carta), di G. Baldau (cont.). — Della Spedizione tedesca per Emin Pascià, di 
C. Peters. 
Export. — Berlino, 1, 8, 15, 22, 29; aprile 6, 13, 20, 27 maggio 1890. 
Il Volga quale via commerciale. —— Le colonie irrigate dell’ Australia. — I la- 
vori del porto di Veracruz. — Il Tonkino ed il commercio con la Cina meridionale. 
— Lo Stato indipendente del Congo. — Sull’ emigrazione nell’ Argentina. — Le 
condizioni agricole e le strade ferrate nel Messico. — Viaggi da Bombay al Mar Ca- 
spio attraverso il Golfo Persico, conferenza del dott. /. Aosta. — Le rendite degli 
Stati europei. — Produzione mondiale del petrolio. — Le Indie neerlandesi. — La 
cultura nei tropici del Messico. — Grave situazione degli emigrati tedeschi nella 
Provincia brasiliana di S. Paolo. — Il commercio esterno della Francia. — Da Ca- 
merun, al Benue, una conferenza del dott. £. Zinkgraf: — Ciung-King, il ventesimo 
porto aperto della Cina. — Le Isole Bahama e l'industria del sisa/. — Commerci e 
vie commerciali antiche, conferenza di A. Gellert. — Il Congresso panamericano. — 
Lo Stato del Kentucky e le sue bellezze naturali, di #7. Z.. 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 1 e 15 aprile 1890. 

La Spedizione per le ricerche sub-oceaniche. — L’ Isola dell’ Ascensione. 
— Basilea, 1° maggio 1890. 

Le città dei dirupi a Weckelsdorf e a Adersbach in Boemia (con due illustra- 
zioni), di U. Ritter. — Della Spedizione del dott. Zintgraft. — Attraverso il paese 
dei Galla (fine), di 4. Ramsauer-Osenbriiggen. 

K. K. GrotociscHE ANSTALT. — Vienna, 3-4, 1890. 

Per la Geologia della Stiria inferiore (cont.), di R. Hoernes. — I dintorni di 
Olmtitz, del dott. £. 7iefse. — Per la Geologia del Tirolo, di Ad. Pichler. 
GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT FUR THURINGEN. — Jena, VIII-3-4, 1890. 

Sulle stagioni delle pioggie nell’ Africa orientale, di C. Bencke. — Un viaggio 
d’ un negro cristiano nell’ interno del Togo, tradotto dall’ ascianti in tedesco da 7. G. 
Christaller. — L'Isola Rotti, di M. Graafland. — Le nuove pubblicazioni dei ri- 
lievi geologici della ‘Turingia alla scala di 1:25,000, di /r. Kegel. — Le odierne 
condizioni coloniali nel Chile, del dott. A. Martin. 

OSTSCHWEIZERISCHE GroGr. CommERC. GESELLSCHAFT. — S. Gallo, 
1889-1890. 

Intorno ad Emin Pascià ed alla Spedizione Stanley (con carta e ritratti). . 

CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FOR DEN ORIENT. — Vienna, aprile 
1890. 
I protettorati germanici al principio dell’ anno 1890 (fine). 

RoyAL GEOGRAPHICAL Society. — Londra, maggio 1890. 

Ricerche e viaggi mel Caucaso, di Douglas W. Freskfeld (con illustrazioni 
e carta). 

— Londra, aprile 1890. 


Viaggio alla sommitk della Catena di Owen Stanley nella Nuova Guinea, di Sir 
W. MacGregor (con carta). — La carta dell’ Africa orientale tra il Rovumae il 
Zambesi, di 7. 7. Last (con tavola). — Viaggio di H. H. Johnston al N. del Lago 
Niassa e sua visita al Lago Leopoldo. — Note d' una recente visita nel Perù e nella 
Bolivia, del magg. /7. Zeisle Ellis. 


Rovar Asiatic Society. — Singapore, n. 20, 1889. 
Schizzi di Brunei, Saravak, Labuan e della Borneo settentrionale, di W. H. 


— 626 —=- 


Treacher. — Nota sui nomi dei luoghi abitati nell’ Isola di Singapore. e de’ stioî 
dintorni, di A. T. Haughton, — Giornale d'un viaggio a Pahang, Tringganu e 
Kelantan, di W. Davison. ° 


Nature. — Londra, 10, 17, 24 aprile; 1, 8, 15, 22, 29 maggio 1890. 
Le miniere di mercurio della costa del Pacifico, di /7. B.. — L’ estuario del 
Tamigi (con carte), del capitano 7. H. Tisard. — Mergui: contributi alla fauna di 
Mergui e del suo Arcipelago (recensione), di R. M.. — La prevalenza relativa dei 
venti N.-E. e di S.-O. a Greenwich, di W. £illss. — L'esplorazione del Modigliani 
nell’ Isola Nias (con illustrazioni), del prof. £. A. Giglioli. — La prevalenza rela- 
tiva dei venti di N.-E. e di S.-O., di C. Z£. Peek. — La Spedizione scientifica 
degli Stati Uniti nell’ Africa occidentale, ‘nel 1889, del professore D. P. Todd. — 
La Catena di Selkirk, di 7. G. B.. — Banchi di corallo, del dott. A. v. Lendenfeld. 
— ‘L’eruzione dell’ Isola Vulcano, del dott. H. 3. Sehnston-Lavis. — Banchi di co- 
rallo, del capitano W. 7. LZ. Wharton. — L'Isola Eua nel Gruppo delle Tonga 
(con cartina), di W. Wharton, C. F. Oldham e F. W. Fudd. — Il « ghiacciajo 
dell’ Aletsh e il Lago di Marjelen », opera del Bonaparte, recensione di 7. G. 
Bonney, — Banchi di corallo, fossili e recenti, dello stesso. — Un monumento ad 
un famoso cartografo ed esploratore giapponese. — Un testo scolastico di Geo- 
grafia, di /rvise. — Banchi di corallo, del dott. &. v. Lendenfeld. — Popocatepetl, 
di Zd. F. de Valois. 
THE ScoTTIsH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, aprile, maggio 
1890. 

I confini tra la Geologia e la Geografia, del Duca di Argyll. — 11 rilievo ver- 
ticale del Globo (con carta), di A. Robert Mill. — La California meridionale: pas- 
sato e presente, del prof. W. G. Z/aikie. — Carta della Groenlandia e dei mari 
circostanti. — I Vikingi della Scandinavia e la Geografia dei loro tempi, di 4. a 
Chaillu (con cartina). — Recenti esplorazioni nel Perù e in Bolivia (con carta), di 7. 
Guillaume. — Scoperte di sir W. MacGregor nella Nuova Guinea. 

MANCHESTER GEOGRAPHICAL Society, — Manchester, 7-9, 1890. 

Alcune monete della Cina (con illustrazioni), di C. 7. Gardner. — La distri- 
buzione geografica delle piante, di Z. Grindon. 

AMERICAN GEOGRAPHICAL Society. — Nuova York, XXII-1, 1890. 

Sulla storia della Geografia fisica, di C. P. Daly. — L’ Inghilterra duecento anni 
fa, del prof. P. Ckaîix. : 
SCIENCE. — Nuova York, 21, 28 marzo, 18 aprile 1890. 2, 9, 16, 23 

maggio 1890. 

La temperatura climatologica, — Il Kilimangiaro. — Temperature dei laghi e 
dei fiumi, di A. 7. Drummond. — Le trombe marine. — Anemometria, di 4. A. 
Hazen. — Dati di fatto intorno ai « tornados », di H. A. Hasen. — Le sorgenti di 
petrolio della Nuova Zelanda. — Le macchie solari e i « tornados », di f. ‘P. Hall. — 
Macchie solari, « tornados » e tempeste ‘magnetiche, dello stesso. — La Spedizione 
di Stanley per Emin Pascià. — I Cheroki nei tempi precolombiani, di C. Zhomas. 
— Kilimangiaro. — Le meteoriti di Winnebago nell’ Jowa di G. 7. Kuss ed altri. 


-- La medaglia a Stanley (conincisione). — Il « tornado »: fenomeni e vedute del 
Finley, di H. A. Hasen. : 


ACADEMIE OF NATURAL SCIENCES. — Filadelfia, III, 1889. 
Note sulla formazione glaciale hell’ Isola Block, di 7. D. Rand. 


Kon. NEDERLANDSCH AARDRUKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterdam, 
VII-1, 1890. 


Il regno vegetale ed animale da Deli alla costa orientale di Sumatra, del dot- 
tore B. Hagen. — Le.Isole Kei e la loro relazione con la linea di confine tra l'’Au- 
stralia e |’ Asia, di K. Martin. 


— 627 — . 
FoòLDRAJZI KUZLEMENYEK (Bollettino della Società Geografica Ungherese). 
— Budapest, 2, 1890. 
La posizione geografica della città di Szeged, di S. /7arsuss. 
Société DES ÉTUDES INDO-CHINOISES. — Saigon, II, 1889. 


Viaggio al Laos, di Heurtel. — Esame degli antichi confini tra il Siam e l'An- 
nam, di Z0//iot. 


YMER: BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ SVEDESE DI ANTROPOLOGIA E GEO- 
GRAFIA. — Stoccolma, 6, 1889, 1, 1890. 


Il geografo danese Claudio Clavo o Nicolò Niger, di G. Storm. — Viaggi nei 
possessi britannici della Nuova Guinea, di £. G. Zadelfeldt. — Due viaggiatori ita- 
liani in Svezia ai tempi del re Carlo XI (1674 e 1696), di &, Zegner. — Sul Mu- 
seo etnografico dell’ Università di Cristiania, di 1. ¥. Stolpe. — Le Bermude, relazione 
di C. Forsstrand, 


FENNIA : BOLLETTINO DELLA SOCIETA GEOGRAFICA DI FINLANDIA. — 
Helsingfors, I, 1890. 


Della Società Geografica di Finlandia, di 4. 7. Pa/mers. — Sull’ arcivescovado 
di Tengstrém, ricerca geografica in Finlandia, di A. felt. — Ricerche sull’ inalza- 
mento delle coste di Finlandia tra gli anni 1858-1887, di A. Bonsdorf. — Misura- 
zione del grado in Scandinavia con punti di triangolazione in Finlandia, di Donner 
e Petrelins. — Sul! attrazione locale a Viborg (con carta), di 2. Vitcouski. — Sulle 
formazioni dell’ età glaciale nell’ interno della Finlandia, di ¥. ¥. Serdholm (con ta- 
vole). — Determinazioni di latitudine e punti trigonometrici di Sardicangas ed Ullo- 
grunni, di Dorsser e Petrelins. — Punti astronomici in Finlandia dello stato 
giore russo. — La costituzione demografica della Finlandia nel 1888, di 4. Ayelt 
(con due diagrammi). — Determinazione delle dimensioni terrestri sulle basi della 
misurazione ufficiale del grado, fatta in Russia e in Scandinaria, di 4. Bonsdorf. — 
Osservazioni pluviometriche da Saima a Lauritsala tra gli annni 1847-1887 (con una 
tavola) di A. Donser. 


I. — ATTI DELLA SOCIETÀ 


A. — ADUNANZE DEL ConsicLio DIRETTIVO. 
(Estratto dai processi verbali). 


Seduta del 7 giugno 1890. — Presenti il presidente Wobdili- Vitel- 
deschi, i consiglieri Cardon, Cavalieri, Gatta, Lufpacchioli, Pigorini, Po- 
rena, Salvatori, Tacchini ed il segretario generale. 

La Commissione nominata per riferire sulla proposta di partecipa- 
zione alla Mostra di Palermo, espone i risultati de’ suoi studi, sui quali 
il Consiglio discute, e stabilisce quindi di chiedere al Comitato ordina- 
tore della Mostra alcune informazioni indispensabili per una delibera- 
zione definitiva. 

È riferito sullo stato dei lavori per |’ Atlante di Geografia Moderna 
sussidiato dalla Società Geografica. 

In seguito alla discussione di questo argomento è messo in evi- 
denza, come manchino del tutto nel nostro paese gli esperti artisti 
disegnatori-cartografi italiani, i quali alla perizia tecnica in questo par- 
ticolar genere di disegno aggiungano una sufficiente preparazione teo- 
rica, sostenuta dalla conoscenza critica dei materiali cartografici e sta- 
tistici italiani e stranieri, e dei vari procedimenti da seguire nella 
costruzione, composizione o riduzione delle differenti specie di carte. 

Per riparare a tale deficienza il Consiglio, su proposta del Pre- 
sidente, viene nella deliberazione di bandire un concorso a due sus- 
sidî, di L. 1,000 ciascuno, che si conferiranno, frattanto, per un anno, a due 
giovani allievi-cartografi, i quali durante l'anno medesimo attenderanno 
al lavoro di tirocinio presso la Società. 

I concorrenti, per essere ammessi al concorso, dovranno pre- 
sentare come titolo comprovante la loro cultura generale, almeno il 
diploma di licenza dell’ Istituto tecnico, colle prove della’ loro cono- 
scenza del disegno e della lingua tedesca. 

I concorrenti si presenteranno ad un esperimento d’ esame, che 
avrà luogo innanzi speciale Commissione presso la Società Geografica 
verso la metà del prossimo ottobre. 

+ È discusso ed approvato dal Consiglio lo speciale Regolamento 
che determina tutte le altre modalità del concorso. Di questo Regola» 


— 628 — 
mento s’ invierà un esemplare a tutti coloro che ne faranno richiesta 
all’ ufficio sociale (1). 

È data parte di una domanda del dott. Vincenzo Ragazzi d’ essere 
fornito di certi stromenti da usarsi per osservazioni scientifiche da 
compiersi nel Goggiam. In vista della somma ritenuta a ciò necessaria 
e dell’ utilità che avranno tali studî, non solamente per la Geografia 
in generale, ma anche per gl’ interessi scientifici e pratici della Colonia 
Eritrea, il Consiglio delibera di domandare il concorso nella spesa da 


(1) Ecco il Regolamento approvato : 
Ordine del giorno 7 giugno 1890, per la Cartografia. 


La Presidenza ed il Consiglio della Società Ge»grafica deliberano di conferire, 
in via di esperimento, un sussidio pecuniario temporaneo ad uno o due giovani, che 
intendano dedicarsi all’ apprendimento teorico e pratico della Cartografia. 

Il sussidio avrà la durata di un anno e potrà, a suo tempo, se il Consiglio lo 
trovi opportuno, essere prolungato ad un secondo anno. 

La somma da corrispondersi nell’ anno sarà di lire mille per ciascun allievo, e 
sarà divisa in rate mensili, a cominciare dal prossimo ottobre 1890. 

Il sussidio sarà conferito per mezzo di concorso, da pubblicarsi nel BOLLETTINO 
e nei giornali politici. 

I titoli richiesti per essere ammessi al concorso sono: 

1) Fede di nascita. che attesti un’età non superiore ai 25 anni. 

2) Attestato di moralità. 

3) Attestato di sana costituzione fisica. 

4) Attestato di licenza dell’ Istituto tecnico od altro titolo dello stesso ordine 
di studî, ma superiore. 

5) Un saggio di riduzione cartografica da eseguirsi alla Società sotto la sor- 
veglianza di incaricati della Presidenza. 

6) Ogni altro titolo che abbia riferimento all’ esercizio della Cartografia. 

Saranno titoli di preferenza i vot più favorevoli riportati dai concorrenti nel 
disegno geometrico, topografico e a mano libera, e nella /ingwa fedesca. 

L’ esame dei titoli è deferito ad una Commissione nominata dal Consiglio, al 
quale spetterà poi il deliberare sulle proposte da quella presentate. 

Durante I’ anno il sussidiato deve essere presente e lavorare nei locali della 
Società per cinque ore in ciascun giorno feriale. 

I sussidiati sono posti sotto I’ immediata dipendenza del segretario generale, e 
devono attendere a studi e lavori per I’ Atlante, che si pubblica col patrocinio della 
Società, come pure a qualunque altro studio e lavoro venga loro assegnato dal segre- 
tario stesso. I lavori da essi eseguiti restano a piena ed unica disposizione della So- 
cietà. i 

L’ assiduità, la diligenza ed il profitto dei sussidiati saranno fatti conoscere 
mese per mese alla Presidenza. 

In caso di mancanza ai doveri da parte dei sussidiati, il Consiglio può, anche 
nel corso dell’ anno, sospendere o sopprimere il sussidio accordato. 

Terminato il periodo del sussidio, i giovani sono licenziati, ed ottengono un 
attestato della Presidenza, in cui sarà dato conto degli studi e dei lavori da loro 
esegwiti. 





— 629 — 
parte del Ministero dell'Istruzione Pubblica, e di provvedere a circa un 
terzo della spesa coi fondi della stessa Società. 

Sono presentati i ringraziamenti del Municipio di Genova per 
PY esemplare degli Atti del Congresso geografico di Venezia offerto in 
dono dalla Società a quella città, e quelli di molte Biblioteche e d'Isti- 
tuti per i libri loro spediti. 

Nei soliti modi sono poi inscritti fra i socî: la Biblioteca Consor- 
ziale Sagariga-Visconti-Volpi, Bari (prop. il Presidente dell'Istituto tecnico 
e la Scuola Superiore di Commercio di Bari) ; Adolfo Appolloni, Roma 
(Porena e Tuminello); Alfonso Sella, Roma (Calzone e Dalla Vedova). 


Seduta del 7g giugno 1890. — Presenti il presidente marchese 
Nobsls-Vitelleschi, il vice-presidente Barafieri, i consiglieri Bodio, Cae- 
tani, Cardon, Cavatieri, Gatta, Giordano, Lupacchioli, Porena, Possolini, 
Salvatori, Tacchini e il segretario generale. 

Il Presidente dichiara che lo scopo essenziale della riunione era 
di offrire modo ai membri del Consiglio di dare il loro saluto al vice 
presidente Baratieri nel momento in cui, di passaggio per Roma, egli 
sta per recarsi a Massaua ad assumervi un ufficio di grande importanza. 

Il vice-presidente Baratieri ringrazia il presidente del cortese pen- 
siero, ed i colleghi del loro intervento e. dei loro saluti. Egli parte col 
desiderio, che la Società possa di frequente rivolgergli domande ed in- 
dicargli ricerche da compiere nell’ interesse degli stud? comuni. Su tale 
argomento si aggira una lunga conversazione, nella quale il vice-presi- 
dente Baratieri può già fornire molte dilucidazioni richieste da parecchi 
dei presenti, fondandosi in parte sulle vaste sue letture, in parte sulle 
‘ conoscenze raccolte nella recente sua dimora a Massaua. 

Durante la conversazione sopraggiunge il consigliere Martinori, il 
quale introduce e presenta l'interprete della ambasciata marocchina 
Mohammed Ben-Ain, accompagnato dai signori Duca di Furino e cav. 
Gentile, dell’ ambasciata d’ Italia nel Marocco. 

Partiti gli ospiti, si prendono accordi per eventuali spedizioni della 
Società nei territorî vicini ai possedimenti italiani in Africa e per la 
formazione di maestri eritreensi di lingua italiana e italiani delle lingue 
parlate nell’ Eritrea. 

Sono inscritti nei soliti modi come nuovi socî: Caracciolo dei duchi 
di Furino cav. Agostino, Gianatelli Gentile cav. Agesilao, Tangeri 
(prop. Vitelleschi e Martinori) Chisini tenente Umberto, Genova (Poz- 
zolini e Baratieri). 


Seduta del 30 giugno 1890. — Presenti il presidente march. NVo- 
bili- Vitelleschi, i vice-presidenti Adamoli e Malvano, i consiglieri Caetani, 
Cardon, Gatta, Lupacchioli, Porena, Salvatori e il segretario generale. 

Il presidente comunica una lettera ricevuta dal cap. Gaetano Ca- 
sati, in risposta a una domanda rivoltagli dalla presidenza, intorno alla 
eventuale partecipazione dell’ illustre viaggiatore stesso a prossime esplo- 
razioni. Il cap. Casati si riserva di dare una risposta esplicita dopo il 
suo prossimo ritorno in Italia. 

A ricevere il cap. Casati a Napoli è delegato il consigliere Salva- 


—_ 630° — 
tori, il quale si recherà espressamente in quella città apportatore dei 
saluti all'esploratore, appena giunto su suolo italiano. Al suo arrivo in 
Roma la Presidenza, il Consiglio ed i Socî si recheranno a salutarlo alla 
stazione. Al reduce illustre sarà offerto un banchetto d'onore per sot- 
toscrizione dei soci. 

È presentata una lettera del sig. L. Balzan, professore all’ Isti- 
tuto Nazionale di Asuncion nel Paraguay, colla quale domanda un 
sussidio alla Società, per prender parte ad un viaggio triennale di 
esplorazione scientifica, che il noto esploratore naturalista sig. Ger- 
main si propone di compiere nelle parti meno esplorate della Bo- 
livia e delle vicine provincie del Brasile. Tenendo conto della serietà 
della proposta e delle vive raccomandazioni fatte dai soci d'onore, mar- 
chese Giacomo Doria e prof. Enrico Giglioli, il Consiglio accorda al 
prof. Balzan un sussidio di L. 5,000, salvo a considerare, a viaggio 
compiuto, se sia il caso di deliberare qualche altra aggiunta. 

Il sig. Fumagalli, bibliotecario alla Braidense in Milano, domanda 
un sussidio alla Società per essere messo in grado di pubblicare una 
« Bibliografia generale dei Somali » ch’ egli ha già terminata e per la 
quale egli ha spogliato con gran diligenza non solo i cataloghi delle 
opere esistenti, ma anche le riviste geografiche italiane e straniere. Il 
Consiglio approva di concorrere alla detta pubblicazione con la somma 
di L. 400. 

Dopo alcune altre deliberazioni e comunicazioni di minor conto, 
sono presentati i ringraziamenti del Club Alpino per 11 contributo offerto 
dalla Società Geografica alla costruzione di una capanna-osservatorio 
sulla Punta Gnifetti del Monte Rosa e quelli di parecchie biblioteche 
per libri ad esse inviati in dono dalla Società. 

inscritto nei soliti modi, come nuovo socio, il marchese Carlo 
Paolucci, Venezia (prop. Barozzi e Dalla Vedova). 


Sono pervenuti alla Società i seguenti doni: 

Meunier fra F.: De Bordeaux a Jérusalem par les voies romaines, 
ecc. Avignone, Seguin, 1890. Op. di pag. 24. Copie 2 (dono dell'autore). 

Hirsch A ed altri: Comptes-rendus des séances de la neuviéme 
conférence générale de l'Association géodésique internationale et de sa 
Commission Permanente (3-12 octobre 1889) ecc. Berlino, Reimer, 1890. 
Vol. 1 in 4° con 14 cartee tavole (dono della Commissione interna- 
zionale permanente per la misurazione del grado terrestre). 

Cora prof. G.: Globo terrestre del diam. di cm. 40 con meridiano. 
Roma, Paravia, 1890. — Provincia di Cuneo. Roma, Paravia, 1890. 
Carta corografica alla scala di 1: 100,000. Foglio, montato in tela e su 
cornice. — L’ Italia per provincie. Roma, Paravia, 1890. Carta geo- 
grafica alla scala di 1: 700.000, montata in tela e bastoni. — Cort: S.: 
Provincie d'Italia. Roma, Paravia, 1888-1890. Fasc. 40 con cartine 
(doni della Ditta Editrice G. B. Paravia e C.) 

— Bollettino semestrale dell’ Associazione Nazionale per soccorrere 
i missionari cattolici italiani. N. 5. Firenze, Cellini e C., 1890. Fasc. 
di pag. 88 (dono dell’ Associazione). 


— 631 sien 

Borelli G.: Tableau des diverses langues de l’Ethiopie avec iti- 
néraire du voyage aux Oromos et Sidamas. Parigi, Binetan, 1890. Carta 
cromolitografica alla scala di 1: 5,000,000 in 1 foglio — Ethiopie mé- 
ridionale : journal de mon voyage, etc. Parigi, Quantin, 1890. Vol. 
di pag. 520 in 4°, con illustrazioni nel testo, ritratto dell’autore, ta- 
vole e carte (doni dell’autore). 

Grossi prof avv. V.: Geografia Commerciale dell'America del Sud. I: 
Chili. 2* edizione. Genova, Artisti-tip., 1890. Op. di pag. 62 (dono dell'autore). 

Borsari F.: Note sulla colonizzazione dell’ Eritrea-II, in « Pro 
Patria ». AnnoI n. 3. Napoli, Cosmi, 1890. Foglio (dono dell'autore). 

Vincent F.: Around and abouth South-America. Nuova York, Ap- 
pleton e C., 1890. Vol. di pag. xxIv-473 con illustrazioni nel testo e 
tavole (dono dell’autore). 

Keller F.: Gaida itineraria delle principali rocce magnetiche del 
Lazio : nota. Roma, Lincei, 1890. Fog. di p. 3 (dono dell'autore). 

Naser F. gen.: Geoditische Arbeiten VI: das stidliche Dreieck- 
netz zur Verbindung der Haupt-dreieckseiten Tooas-Kolsaas und Dra- 
gonkollen Vagnarberg Koster. Cristiania, Fabritius e Sonner, 1888. Op. 
di pag. 67 con carta. — VII: die trigonometrische Verbindung, zwi- 
schen Christiania und Bergen. Cristiania, Fabritius e Sonner, 1890. 
Op. di pag. 76 con carta (doni della Commissione Norvegiana per la 
misurazione del grado). 

Amrein prof. K. C.: Weltausstellung in Paris 1889: Schweitz. Geo- 
graphische und Cosmographische Karten und Apparate: Bericht. Zurigo, 
Fiissli e C., 1890. Op. di pag. 51 (dono dell'autore). 

Magni A.: Sulle oscillazioni della Terra. Seconda edizione. Jesi, 
Pierdicchi, 1890. Op. di pag. 23 (dono dell’autore). 

Brau de S. Pol Lias.: Les Orangs-Atché. Parigi, Nouvelle Revue, 
15 luglio 1890. Op. estratto di pag. 25 (dono dell'autore). 

Lewis T. H.: Stone Monuments in N. W. Jowa and S. W. Min- 
nesota. Nuova York, « Anthropologist », luglio 1890. Op. di pag. 6 
(dono dell’autore), . 

— Nuova Rivista Misena N. 6. Arcevia, Anselmi, 1890. Fasc. di 
pag. 14 (dono dell'editore). 

— «Pro Patria» N. 1, 4. Napoli, Patalano, 1890. Fogli 2 di pag. 8 
ciascuno (dono del prof. Borsari). 

Martinoli G.: Boletin trimestral de Estadistica municipal de la Ciu- 
dad del Rosario de Santa Fè. N. 1. Rosario, Comp. Sudamenicana, 1890. 
Fasc. di pag. 96 e tavole (dono del Municipio di Rosario). 

Hann prof. /.: Die Ergebnisse der dinischen internationalen Polar- 
Expeditionen im Jahre 1882-1883. Vienna, Meteor. Zeitschrift, 1890. 
Opuscolo-estratto di pag. 22 (dono dell’autore). 

Carerj G.: Il problema della emigrazione in Italia e la Società 
italiana per la emigrazione e colonizzazione. Napoli, Ferrante, 1890. 
Op. di pag. 89 (dono dell'autore). 

Strafforello G. ed altri: La Patria: Geografia dell’ Italia. Disp. 29, 
30. Torino, Unione Tip. editrice, 1890. Fasc. 2 di pag. 32 ciascuno 
{dono dell'editore). 


om 6 32 

Penck dott. 4.: Conferenza sui rilievi a superficie curva, nomina- 
tamente su quello dell’ Italia del Pomba. Torino, Unione Tip., 1890. 
Foglio; 4 copie (dono del cav. C. Pamba). 

— Bollettino del Comitato centrale antischiavista di Palermo-III. 
56. Palermo, Bondi, 1890. Fasc. 2 di pag. 16 (dono della Redazione). 

— Bollettino delle Finanze, ferrovie e industrie. xxi-28. Roma, 
Forzani, 1890. Fasc. di pag. xvi-48 (dono della Redazione). 

Bonola dott. &. bey: L'Egypte et la Géographie: Sommaire hi- 
storique des travaux géographiques executés en Egypte sous la dynastie 
de Mohammed Aly. Cairo, 1890 Vol. di pag. 118 (dono dell'autore). 

Payne F. F.: A few notes upon the Eskimo of Cape Prince of 
Wales, Hudson's Strait. Toronto, Salem, 1$90. Op. di pag. 3 (dono 
dell’autore). 

De Santa Anna Nery F. ed altri: Le Brésil en 1889 avec une 
carte, ecc.: ouvrage publié par les soins du syndicat du Comité franco- 
brésilien pour l'Exposition universelle de Paris, ecc. Parigi, Delagrave, 
1889. Vol di pag. xvur-699 con carta e tavole (dono dell’ ing. Manoel 
M. de Carvalho). 

Desimoni C.: Di alcuni recenti giudizî intorno alla patria di Cri- 
stoforo Colombo; lettura alla Società Ligure di Storia patria. Genova, 
Sordomuti, 1890. Op. di pag. 96 (dono dell’autore). 

Ghisleri A.: Testo. Atlante di Geografia Storica generale e del- 
l’Italia in particolare, ecc. — Evo Moderno, ultima dispensa. Bergamo, 
fr. Cattaneo, 1890. Fasc. di 4 tavole e 24 pag. (dono dell'autore). 

Direzione generale della Statistica: Statistica della emigrazione ita- 
liana avvenuta nell’anno 1889. Roma, Tip. dell’ « Opinione », 1890. 
Copie 2. — Annali: Statistica industriale xxtv: Provincia di Verona, 
con carta. Roma, Botta, 1890. — Diresione dell'industria, commercio e 
credito: Bollettino di notizie sul credito vin-5. Roma, Botta. 1890 (doni 
del Ministero di agricoltura e commercio). 

Direzione Generale delle Gabelle: Statistica del commercio speciale 
d'importazione e di esportazione dal 1° gennajo al 30 giugno 1890. 
Roma, Elzeviriana, 1890 (dono del Ministero delle Finanze). 

— Annuario diplomatico del Regno d’Italia per l’anno 1890. 
Vol. di pag. 589 (dono del Ministero degli Esteri). 

— Carta idrografica dell'Italia alla scala di 1: 100,000. Tavole: 
Laurenzana, Trinitapoli, Gaeta, Matera, Vallo della Lucania, Maruggio, 
Foggia, Giulianova, Gubbio, Pesaro, Città di Castello, Bobbio, Piombino, 
Vercelli, Fermo, Jesi, Pordenone, Adria, Padova, Grosseto, Asti, Boves, 
Pinerolo, Cividale, Ceva, Norcia, Bassano Veneto, Demonte, Monte- 
pulciano, Macerata, Verona, Dronero, Treviglio, Perugia, Siena, Peschiera. 
Roma, Virano, 1889. Fogli 36 (dono del Ministero dei Lavori Pubblici). 


me o. FI “Ss 


ae vo do — llr Oe 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — IL cap. CASATI A Roma. 


Appena conosciuta la data dell'arrivo in Napoli del capitano Gae- 
tano Casati, la Presidenza provvide perchè, giungendo sul suolo della 
patria, l'illustre viaggiatore ricevesse tosto i saluti della Società nostra, 
e delegò a tale ufficio il consigliere comm, Fedele Salvatori. Ad esso ai 
aggiunse pure il socio, conte Roberto Magliano. 

Per l’arrivo in Roma del capitano fu stabilito che la Società si 
recasse in corpo a riceverlo alla stazione, e onorasse la breve permanenza 
del medesimo in questa città, offrendogli un banchetto d’onore per sotto- 
scrizione di socî. Di tutto ciò la Presidenza ha dato notizia ai membri 
della Società con circolari del 12 maggio, 7 giugno e 12 luglio a. c. 

Il capitano Casati giunse in Napoli il ro luglio, ed accolse con 
particolare riconoscenza l'omaggio che gli veniva rivolto da parte della 
Società Geografica Italiana. 

Dopo una lieve sosta in Napoli, ove fu ospite festeggiatissimo di 
quella Società Africana, il valoroso esploratore arrivò a Roma la sera 
del 14 luglio. Erano ad attenderlo alla stazione l'Ufficio di Presidenza 
e moltissimi Soci, i rappresentanti del Governo e del Comune, una rap- 
presentanza della Società degli Ex-Bersaglieri « Alessandro Lamarmora > 
con bandiere, e grandissima folla. 

Ricevuti i saluti dei presenti ed applaudito dalla folla, il capitano 
Casati, salì in una carrozza posta a sua disposizione dalla nostra Società, 
insieme al signor Pippo Vigoni, presidente della Società africana di 
Italia, che erasi recato a riceverlo a Napoli, ed al segretario prof. Dalla 
Vedova, recandosi all’ albergo Roma, ove a cura della nostra Società 
era stato preparato per lui un’elegante appartamento. La sera fu passata 
dal Capitano insieme col Presidente Vigoni di Milano, il Vicepresidente 
Florenzano di Napoli ed i rappresentanti della Società Geografica. 

La mattina seguente alle ore 10, una rappresentanza della Società, com- 
posta del presidente march. Nobili-Vitelleschi, dei consiglieri Blaserna, 


Bodio, Cardon, Lupacchioli e Salvatori e del segretario generale, si 
recò all’ albergo Roma a presentare al cap. Casati il diploma di Socio 
d’onore, conferitogli nell’ assemblea generale del passato gennajo. 

L’ illustre viaggiatore accolse molto gentilmente la Commissione, 
ringraziando e dichiarandosi altamente onorato della distinzione con- 
feritagli. 

Alle ore 1 pom. il Capitano si recò alla sede della Società a re- 
stituire la visita. 

Alla sera dello stesso giorno 14 ebbe luogo il grande banchetto 
d'onore nella sala dell’ albergo Roma splendidamente addobbata per la 
circostanza. 

Frano stati invitati al banchetto le LL. EE. il presidente del Se- 
nato e della Camera, i Ministri, il Sottosegratario di Stato per gli Af- 
fari Esteri, il conte Pietro Antonelli, il sig. Pippo Vigoni, presidente 
della Società milanese di esplorazione commerciale in Africa, il comm. 
Laganà, presidente e l’on. Florenzano, vicepresidente della Società Africana 
di Napoli, il presidente della R. Accademia dei Lincei, ed il rettore 
della R. Università degli studî di Roma, il presidente dell’ Associazione 
della Stampa, due rappresentanti della Società degli ex-bersaglieri 
« Lamarmora », di cui il Casati è socio onorario, i rappresentanti dei 
principali giornali di Roma. 

Il pranzo è cominciato alle ore 8. Il cap. Casati sedeva alla destra 
del presidente ; di fronte al Presidente sedeva S. E. il generale Cosenz, 
collare dell'Annunziata, membro della Società Geografica; fra gli invitati 
intervennero i ministri Lacava e Finali, il conte Antonelli, il sen. 
Brioschi ed il comm. Cerruti, gli on. Bonghi e Florenzano, il sig. Pippo 
Vigoni, ed il cav. Serpieri della Società « Lamarmora »; i non inter- 
venuti inviarono lettere o telegrammi facendo adesione, sebbene lontani, 
all'omaggio che veniva reso al valoroso esploratore. 

Dell’ ufficio di Presidenza della Società erano presenti oltre il pre- 
sidente, marchese Vitelleschi, i consiglieri Allievi, Blaserna, Bodio, Caetani, 
Cardon, Grazioli (don Mario), Lupacchioli, Monzilli, Porena e Salvatori, ed 
il segretario generale Dalla Vedova. Avevano inoltre aderito ed assiste- 
vano i soci: S. E. Cosenz, Breganze, Briganti-Bellini, Canevari, Castel- 
lani, Chigi, Civalleri, Colucci pascià, Cortese, De Benedetti, Ferrari, 
Frascara, Gallian, Giuliani, Grazioli (don Giulio), Guerrieri-Gonzaga, 
Magni, Magliano, Milanesi, Mortera, Vignolo e Vinciguerra. 

Allo Champagne si alzò il presidente senatore Vitelleschi e comin- 
ciò col leggere le adesioni ed i saluti inviati dai vice-presidenti Mal- 
vano e Racchia e dal consigliere Martinori, assenti per cause diverse. 





— 6 35 — 

S. E. il ministro Boselli, che fino all'ultimo momento aveva spe 
rato di poter intervenire, si dichiarò dolente di esserne impedito da una 
leggera indisposizione, con una lettera nella quale è detto, tra altre cose: 

“€... Veramente: me ne duole, perchè molto volentieri avrei reso 
« omaggio ‘ad un uomo, che tanto ha cooperato alle conquiste della 
« scienza e della civiltà, e che ha dato nobilissimo esempio con le virtù 
« dell'animo suo ai giovani italiani. Mercè di questi intrepidi campioni, 
« Italia nuova prende nella grande epopea delle rivelazioni africane 
< e negli studi geografici un posto degno delle.sue gloriose memorie 
« del Medioevo, e dimostra come sia risorta efficacemente ad ogni alta 
« impresa di progresso economico e civile. > 

Il presidente poi, presentati altri saluti inviati per lettera o per 
telegramma, si espresse press’ a poco nel seguente modo: 

« Io vi prego di bere alla salute del capitano Casati, benemerito 
della Geografia e della patria. 

« Non mi proverò ad accennare ai viaggi di questo illustre esplo- 
ratore; non dirò nulla di quella odissea africana, della quale - come 
ebbe a dire Stanley - il capitano Casati fu il nuovo Ulisse. Di quei 
viaggi, di quell’ odissea dirà lo stesso capitano Casati, quando lo cre- 
derà opportuno. 

« L'opera di Casati è stata riassunta in una lettera di Stanley. Ca- 
sati ha provato ciò che gli Italiani sono atti di fare anche in questo 
campo delle esplorazioni, nel quale essi tengono un posto molto glo- 
rioso, da Marco Polo a Gaetano Casati. Disgraziatamente noi Italiani 
sappiamo esplorare territorî ignoti, ma non sappiamo seguire i nostri 
esploratori, non sappiamo trarre profitto dalla scoperta dei nostri illustri 
viaggiatori. Un Italiano scoperse 1’ America, un altro Italiano le diede il 
nome; ma non furono Italiani coloro che s’impadronirono dell’ America. 
In noi si verifica ciò che il grande poeta latino ci aveva quasi vati- 
cinato esclamando: Si¢ vos non vobis... 

« L’ Italia moderna ha però acquistato la coscienza della sua mis- 
sione, la coscienza dei suoi bisogni. 

« La nostra Società Geografica riceve continuamente domande di 
persone che vogliono partire per paesi lontani ed inesplorati, ed è 
grande, grandissima la tendenza di espansione del nostro popolo. E 
sebbene noi non facciamo politica, pure sentiamo il bisogno di rin- 
graziare il Governo per tutto ciò che esso ha fatto in Africa (Bene! 
Bravo). Noi ringraziamo il Governo e dobbiamo essergli grati, perchè 
esso di una situazione difficilissima, ha fatto una situazione fortunata, 
perchè il Governo ci ha dato il successo (denissimo!). 


« Abbiamo fatto qualche cosa, ma. ancora abbiamo molta strada 
da fare. E la faremo coll’ajuto de’ nostri illustri viaggiatori. Lasciate in- 
tanto che io nomini a titolo d'onore il conte Pietro Antonelli, qui 
presente (cpplausi), al quale |’ Italia deve tanto. Egli fa onore all'Italia 
ed è degno compagno dell’illustre Casati. Ma anche l'Antonelli si unirà 
ora con me nel dirvi: « Signori, beviamo alla salute del capitano Casati, 
al quale auguro vita lunga, sana e prospera, perchè gli sia dato anche 
in avvenire di compiere grandi imprese ed accrescere lustro alla scienza 
ed alla patria italiana. Evviva il capitano Casati! » (App/ausi pro- 
lungati). 

Poco appresso si alzò il ministro Finali, il quale a nome del 
Governo, si ussociò alle onoranze rese dalla Società Geografica all’ illu- 
stre viaggiatore Casati, e invitò questo a ricordarsi sempre anche del- 
l'avvenire della patria lontana, se mai gli avvenga di ritornare nel cuore 
dell’ Africa. 

ll capitano Casati si limitò a pronunziare le seguenti parole: 

« Vi ringrazio - egli disse - dell'onore immeritato che mi fate. 
Io riassumo il mio affetto alla patria e alle istituzioni in un sol grido: 
Viva il Re! » (Applausi fragorosi e prolungati). 

Il maggiore Serpieri portò al capitano Casati il saluto della So- 
cietà ex-Bersaglieri « La Marmora, » della quale il festeggiato è socio 
onorario, 

L'on. Bonghi parlò a nome della stampa italiana. 

« Capitano Casati, - egli disse - Ella ha fatto molto per il suo 
paese ed ha scelto bene la sua missione. E che Ella abbia scelto bene 
lo prova l'accordo di tutta la stampa italiana nell’accogliere Lei tanto 
festosamente. In Italia l’accordo della stampa è la cosa più difficile a rag- 
giungere (Z/arità). Ne so qualche cosa io (Scoppio d' flarità)! Dunque 
Ella ha invece questa sorte maravigliosa, che tutta la stampa è con- 
corde nel riconoscere i suoi meriti. Ella è stato fortunato nella scelta 
del suo campo d’azione. Gli Italiani hanno sete africana. Sono desiderosi 
di ricomparire al mondo per ciò che temono di non essere più; vogliono 
mostrarsi forti e possenti. E seguono con indicibile interesse chi si 
consacra con tanta virtù all'attuazione di questa loro vivissima aspi- 
razione. 

« Noi parliamo alla Camera, scriviamo libri e scriviamo giornali ; 
ma il paese non bada a noi (Nwova ilarità). 

« Il paese bada a Voi, forti campioni della esplorazione africana. 
Dio la benedica, capitano Casati. Ella ha una grande opera da com- 
piere, ed è già molto bene inoltrato nella sua via. L'accoglienza 


che le è stata fatta le dimostra quale è il desiderio di questa Italia 

nostra ». (Applauss fragorosi). i 
Terminato il pranzo il capitano Casati intervenne ad un ricevimento 

dato in suo onore dall’ Associazione della stampa. 


B. — ITINERARIO FRA I SOMALI 


del cap. E. BAUDI DI VESME, 


1) Informazioni della Direzione. 
* | 

Nel fascicolo precedente del BOLLETTINO, a pag. 611, è riferita la 
notizia sommaria della importante escursione recentemente compiuta dal- 
l’ egregio capitano E. Baudi di Vesme, del 60° fanteria, nel paese dei 
Somali, partendo da Berbera sul Golfo di Aden e giungendo în dire- 
zione di S.-S.-E., fino a Labaghardei. Indipendentemente dalle annotazioni 
prese dal capitano, anche un Arabo, che faceva parte del suo seguito, 
compilò per proprio conto la lista delle marce e delle stazioni; la 
qual lista fu poi da un Inglese, colà dimorante, tradotta nella sua 
lingua. 

Il conte Pietro Antonelli, passando da Aden, potè procurarsi una 
copia di quella versione e, giunto a Roma, la offerse gentilmente alla 
nostra Società. 

Ma la lista presentava indicazioni di tempo e di luogo, che eviden- 
temente dovevano essere in qualche parte erronee; come quando, ad 
esempio, l'ora della partenza da un luogo era pomeridiana, e l'ora 
dell’ arrivo nella stazione successiva, era antimeridiana dello stesso 
giorno. 

Questa Direzione si rivolse pertanto allo esploratore, pregan- 
dolo di correggere gli errori; ciò ch’ egli fece con molta cortesia, met- 
tendoci in grado di pubblicare qui I’ interessante documento. Le note 
da lui aggiunte servono a chiarire alcune divergenze e a dar ra- 
gione di alcune modificazioni ch’ egli apportò all’ elenco dell’ anonimo 
arabo. | 

Quanto al lavoro illustrativo originale dell’egregio capitano, esso 
vedrà la luce prossimamente nel Cosmos di Guido Cora, che ne ac- 
quistò il diritto di proprietà, e col cui consenso ci furono favorite dal 
capitano le correzioni richieste. 


a) Viaggio di andata (1). 


D Ora Ora 

3 Punto di partenza Punto d’arrivo Osservazioni 

A [di parteriza di arrivo 

Aprile 

12 3 ant. Berbera ‘ 8.30 ant. |Dobar Veina Molt’ acqua 

13 3.30 ant. |Dobar Veina 8 ant. Thug Behin, o Be-| Acqua di sorgente 
hindthola 

13 2 pom. |Thug Behin 5 pom. |Thug Mangio Assa|Acqua piovana 

14 | 5 ant. |Thug Mangio Assa| 8 ant. |T. Hiramudla Ia. 

14 1.30 pom.|T. Hiramudla 4 pom. |Bio Scihk Acqua di sorgente 

15 3 ant. Bio Scihk 5 ant. G. Scihk Acqua piovana 

16 | 4.30 ant. |G. Scihk 8 ant. Golooly o Golo- Id, 
li (?) 

16 | 2 pom. |Golooly 4 pom, |Ghersogumer Senz’ acqua 

17 5 ant. |Ghersogumer 9 ant. |Bio Vissin (3) |Acqua piovana 

17 2 pom. |Bio Vissin 9 pom. /|Burao Id. 

19 4.45 ant. |Burao 8.30 ant. |Baiadoval Id, 

19 I pom. |Baiadoval 4-30 pom. |Cadanlanlee (4) Id. 

21 6 ant. Cadanlanlee IO ant. Ber o Beir Acqua di pozzo 

23 |12.30 ant. | Ber (5) 3 ant. Maradigh Acqua piovana 

24 5 ant. Maradigh 8.30 ant. {Ghalol Medugh |Senz'acqua 

24 I pom. |Ghalol Medugh 3.30 pom.|Gubettende Hidas- Id. 

25 4-30 ant. |Gubettende Hidas- sei 

sei 8 ant. Bohk Hidassei Id. 

25 3 pom. |Bohk Hidassei 8.15 pom.|Scimbibiris (Bur|Acqua di pozzo 
Dap ) 

26 2 » Scimbibiris 7.30 pom.|sito senza nome (6)|Senz' acqua 

27 4 ant. sito senza nome [Io ant. Gombur Laba- Id. 
ghardei 


27 2 pom. |G. Labaghardei 4.15 pom.|sito senza nome |Acqua piovana 

28 5 ant. sito senza nome | 9 ant. T. Lassgheldial |Senz'acqua 

28 | 2.30pom.|T. Lassgheldial 4 pom. |Ghalol Hascila |Senz' acqua 

29 4 ant. Ghalol Hascila 7.45 ant. |Bohodle Non fu possibile 
trovare acqua 


(1) Veramente io calcolo il ritorno da Labaghardei, sui Bur Dap; ma essendo 
un itinerario quasi circolare, si può anche intendere così come è nella trascrizione 
mandatami, 

(2) Le mie date giornaliere sono tutte precise ; quelle orarie, molte volte, sono 
solo approssimative, perchè m' accorsi presto che il tempo percorso in una marcia 
mon poteva, nemmeno approssimativamente, servire a determinarne la lunghezza, per 
mille incidenti che ad ogni momento sorgevano. Perciò mi attenni, più che altro, alle 
indicazioni del podometro. 

(3) Sul Fiume Thug Dehr. 

(4) Nella carta di M. James è scritto El Kadantee; ma io sentii sempre pro- 
munciare come scrissi, 

(5) Hadurt Alsala, che sta scritto nell’ itinerario inviatomi, fu espresso erronea- 
mente invece di Habr Jaleh, tribù di cui Ber è capoluogo. ; 

(6) Molte volte ci fermammo in siti senza alcun nome nè alcuna impor- 


3) Viaggio di ritorno. 


——rr edodcTtr‘o té __t____x.rrrT_TcT=rxTrTT=T_TrTTTrr lee 


= Ora Ora 
8 Punto di partenza Punto di arrivo Osservazioni 
A |di partenza di arrivo 
Aprile 
29 |12 notte |Bohodle 3.13 ant. {sito senza nome |Senz'acqua 
30 4.30 ant. [sito senza nome | 8 ant. sito senza nome Id. 
30 2 pom. |sito senza nome | 5 pom, |Presso Logh Dar- Id. 
Maggio kenle 
I 5.30 ant. |Presso Logh Dar- Acqua piovana 
kenle 8.15 ant. [Presso Ghanduini 
1. | 1. pom. |Presso Ghanduini| 5 pom. |Maradigh Id. 
3 5.30 ant. {Maradigh 10 ant. Darsò Capocad . Jd. 
3 | 2.30 pom.|Darsò Capocad 7.30 pom.jal di là dei G. Sci- Id. 
bakti 
4 3. ant. (G. Scibakti 9 ant. sito senza nome |Senz'acqua 
4 3. pom. |sito senza nome | 5.30 pom.|sito senza nome Id. 
5 3-45 ant. sito senza nome | 8.30ant. [Presso Bulhal Id. 
5 | 3.30 pom.|Presso Bulhal 7 pom. |T. Dhudma Id. 
6 5. ant. |T. Dhudma 10 ant. Presso Gombur Id. 
6 1. pom. |Presso Gombur Subcade 
Subcade 6.30 pom.|Passo di Khiagar | Acqua di sorgente 
7 2. ant. |Colle o passo dil 4 ant. ai piedi del Colle) Acqua piovana 
Khiagar 
7 |12.15 pom |Dai piedi del Colle Senz’ acqua 
Khiagar 
8 (2) 8:30 ant. |Berbera Molt’ acqua 
(3) 


tanza; i nomi dati nell’itinerario inglese sono, per lo più, di altre località più o meno 
lontane. 

In genere, sul valore dell'itinerario trasmessomi, osserverò che il numero delle 
marce è esatto, ed anche, sufficientemente, sono esatte le indicazioni sull’ acqua che si 
trovò; ma le date sono assolutamente sbagliate nè poteva essere altrimenti; i nomi delle 
località non sono, per la maggior parte, stati sbagliati od inventati dal servo — come 
si potrà vedere anche meglio quando sia pubblicato il mio schizzo, — ma, a parer 
mio, male capiti e scritti dal compilatore inglese. Per molti nomi, come Baiadoval, 
Kadanlanlee, Habr Jaleh o Toldjaleh, Labaghardei, ecc., sono sicuro che la mia tra- 
scrizione è la giusta; per altri potrò avere sbagliato — e non ci sarebbe da stupir- 
sene — ma fino a prova contraria ritengo migliore la mia versione, avendo io già 
formato discretamente l'orecchio alla difficile pronunzia somala, ed avendomi fatto ri- 
petere molte volte tali nomi. 

(1) Vedi la nota (2) della pagina precedente. 

12) Da questo punto partii con 3 uomini per Berbera, lasciando gli altri. Aurud 
forse sarà ciò che io scrissi Harria, altro passo per Berbera; Vastsaman sarà forse 
Bio Lassdaban, che confluisce nel Bio Gorè; Dalangasan non saprei che cosa sia. 

(3) Percorrendo così, in un tratto solo, circa 50 chilometri. 


— 640 — 


c. — L’ AREA DELLA TERRA ABITATA SECONDO STRABONE. 
Nota del socio ing, Luict Hucuss. 


Nella parte astronomica della Geografia, Strabone ammette senza 
contestazione ciò che era stato dimostrato dai geometri e dagli astronomi 
suoi predecessori. Per lui sono cose certe la sfericità del mondo, la 
forma sferica della Terra, e, prima di tutto, la tendenza centripeta dei 
corpi. Circa alla sfericità del corpo terrestre, egli ricorda semplicemente la 
prova indiretta che si trae dall’impulsione centripeta in generale e dalla 
tendenza che ogni corpo ha, in particolare, verso il suo centro di gra- 
vità, come anche la prova diretta ed immediata risultante dai fenomeni 
che si osservano sul mare e nel cielo. È evidente, ad esempio, che solo 
la curvatura del mare impedisce al navigante di vedere da lungi gli 
oggetti posti all’ altezza ordinaria dell’ occhio, i quali, per entrare nel 
campo della visione, anche ad una maggiore distanza, basta che siano 
un po’ inalzati, mentre un aumento di altezza nel luogo di osservazione | 
fa sì, che l’occhio possa scorgere quanto prima gli rimaneva nascosto. 
È noto anche il fatto, che, quanto più una nave si avvicina alla spiaggia, 
tanto più nettamente, si disegnano alla vista dei naviganti le diverse 
parti della spiaggia medesima, e che quanto. loro pareva basso sul prin- 
cipio appare sempre più alto, di mano in mano che la distanza dimi- 
nuisce (Lib. I, Cap. I, 20). Erroneamente adunque si attribuisce a Claudio 
Tolomeo, posteriore di cento anni al Geografo di Amasia, la priorità 
della osservazione — da lui addotta a prova della sfericità della Terra — 
che ad una persona situata sulla spiaggia del mare si rendono visibili 
prima le parti alte quindi le parti basse delle navi, quando queste si 
avvicinano alle rive. Chè anzi, secondo Strabone (loc. cit.), già Omero 
aveva fatta la medesima osservazione, come risulta dai seguenti versi 
del Libro V dell’ Odissea: 


Ulisse allor, cui levò in alto un grosso 
Flutto, la terra non lontana scérse, 
Forte aguzzando le bramose ciglia. 


Le sporgenze del rilievo terrestre scompajono, per così dire, di 
fronte alla immensa estensione della Terra, e devono essere contate per 
poca cosa ed anzi per nulla (Lib. II, Cap. V, 5). Osservazione giustis- 
sima, alla quale segue quest'altra, non meno esatta: « Non pretendiamo 
con ciò di attribuire alla Terra e al mare, presi insieme, la sfericità per- 
fetta: vogliamo dire soltanto che la forma è sensibilmente, grossolanamente 


— 641 — 
sferica (Ibid.) », nelle quali parole, però, non si potrebbe in alcun 
modo trovare un'allusione, anche lontana, allo schiacciamento terrestre 
ed al menisco equatoriale. 

Anche il cielo è sferico, e verso il centro del mondo sono attratti 
i corpi pesanti: intorno al medesimo punto, e sotto la forma di una 
sfera avente il centro stesso del cielo, la terra rimane immobile sul 
suo .asse, il quale, prolungandosi, attraversa il cielo per mezzo: questo, 
a sua volta, è trasportato intorno alla Terra ed al suo asse da un mo- 
vimento da oriente ad occidente, il quale, comunicandosi anche alle 
stelle fisse, le trasporta colla medesima velocità: in tale movimento le 
stelle fisse descrivono cerchi paralleli, i più conosciuti dei quali sono 
l’ equatore, i due tropici, i due circoli polari, mentre i pianeti descri- 
vono circoli obliqui compresi nei limiti dello zodiaco (Libro II, 
Cap. V, 2). 

Alle cinque zone celesti determinate dai circoli polari e dai tro- 
pici corrispondono altrettante zone terrestri, cioè la zona torrida, le due 
zone temperate e le due zone glaciali (Lib. II, Cap. V, 3). Siccome 
il Geografo dice, più avanti, che 1’ equatore contiene 60 gradi — cia- 
scuno dei quali equivale perciò a 6 gradi nella divisione comune della 
circonferenza — e dall’ equatore al tropico estivo (e per conseguenza, 
anche al tropico jemale), si contano 4 di questi gradi (24° nella di- 
visione usuale), così è lecito conchiudere che dal polo nord al cir- 
colo polare artico egli ammettesse pure una distanza di 4 gradi (24°) 
equatoriali. La zona torrida abbraccerebbe, così, 8 gradi equato- 
riali (48°); ognuna delle zone temperate comprenderebbe 7 gradi 
equatoriali (42°); e ad ognuna delle zone glaciali corrisponderebbero 
4 gradi di latitudine (24°). Se, adunque, continuando nella sua esposi- 
zione, Strabone definisce col nome di zone temperate quelle che possono 
essere abitate, ed afferma che le altre tre sono inabitabili, cioè la zona 
torrida a cagione dell’ eccessivo calore, e le zone glaciali per l'eccessivo 
freddo (Lib. II, cap. V, 3), e, come si vedrà più avanti, attribuisce 
alle cinque zone limiti ben diversi dai paralleli aventi per latitudine 4° (24°) 
e 11° (66°), non è però lecito tacciarlo di contraddizione, imperocchè 
mel primo caso intende delle zone nel senso che diremmo astronomico, 
nel secondo caso invece le considera sotto l’ aspetto climatico, che è 
anche il più razionale. 

E qui è necessario osservare che, nel dichiarare inabitabili la zona 
torrida, per I’ eccessivo calore, e le due zone glaciali, per i rigorosis- 
simi freddi, Strabone dissente da molti altri geografi, astronomi e filosofi, 
i quali avevano, prima di lui, sostenuta |’ abitabilità almeno della zona 


. — 642 — 

tropicale. Polibio, tra essi, afferma che le regioni sotto l'equatore pos- 
sono e devono essere abitate, e che anzi il clima vi ‘è certamente più 
dolce e temperato che non verso i limiti settentrionale e meridionale 
della zona torrida. A dimostrare questo fatto egli adduce le informazioni 
dategli da persone che erano state in quei paesi equatoriali, ed anche 
alcune prove fisiche dettategli dal movimento del Sole. Questo astro, 
egli dice, rimane per quasi quaranta giorni nelle vicinanze dei due 
tropici (1), e perciò le regioni terrestri corrispondenti sono aridissime, 
estremamente calde ed inabitabili; ma la distanza del Sole dall’ equa- 
tore cresce molto rapidamente, per cui nei dintorni di quella linea il 
calore è molto più moderato (2). 

E lo stesso Strabone riferisce che, secondo Polibio, sotto l’ equa- 
tore è una regione temperata, di grande elevazione, e soggetta per 
conseguenza alle pioggie, poichè le nubi, che vengono dal N. sotto 
l’ azione dei venti etesii, si accumulano intorno alle principali cime 
montagnose (Lib II, Cap. II, 2). 

Nel trattare l'importante argomento della forma e delle dimensioni 
della Terra abitata, Strabone fa primieramente questa esposizione: « Im- 
maginiamo la sfera terrestre divisa in cinque zone (3) e un primo cir- 
colo, l’ equatore, tracciato alla sua superficie; quindi un secondo circolo 
parallelo al primo e segnante il limite della zona fredda dell’ emisfero 
boreale; in fine, un terzo circolo che, passando per i due poli, taglia i due 
altri circoli ad angolo retto: l’ emisfero boreale conterrà naturalmente 
due quarti di sfera determinati dalla doppia intersezione dell’ equatore 
e dal circolo che passa per i poli. Ora, sopra ciascuno di questi quarti 
di sfera s'immagini un quadrilatero il quale abbia per lato settentrio- 
nale la metà del circolo parallelo all’ equatore, per lato meridionale la 
metà dell’ equatore, e per gli altri due lati i due segmenti, uguali ed 
opposti tra loro, del circolo passante per i poli: in uno di questi due 
quadrilateri, non importa in quale, dovrà essere posta, secondo noi, la 
nostra terra abitata, a forma d'isola, perchè il mare la circonda per 
ogni lato » (Lib. II, Cap. V, 5). 

Il circolo parallelo all’ equatore, che Strabone dice formare il limite 
meridionale della zona fredda, è il circolo polare artico, la cui latitu- 


(1) Intendi, che la declinazione del Sole varia di poco per alcuni giorni prima 
e dopo i solstizt, e molto sensibilmente invece nei tempi vicini agli equinost. 

(2) GrMINn. Elem. Astr., Cap. 13. 

(3) Per mezzo dei tropici e dei circoli polari aventi le latitudini rispettive di 
24 e di 66 gradi. 


— 6 43 — 
dine è di 66 gradi. L’ area della zona sferica compresa tra l’ equatore: 
e il circolo polare artico risulta pertanto equivalente a Ser dell’area 
totale della sfera (1), e il quadrilatero sferico, nel quale Strabone pone 
la terra abitata, è espresso da 0.2288 (2), cioè, molto’ approssimativa- 
mente, da chilometri quadrati 116,700,000. 

Ma questo quadrilatero sferico è ben lungi dall’ essere totalmente 
occupato dalla parte abitata della Terra. Dice Strabone che questa parte, 
posta come un’ isola nel seno dell’ Oceano, ha un’area minore della 
rnetà del quadrilatero (Lib. II, Cap. V, 6). Se dunque si ammette che 
l’area della parte abitata equivalga ai 2/5 dell’ area del quadrangolo, 
è lecito asserire che essa molto si avvicini a quella che naturalmente 
si presentava alla mente del Geografo. Si ottengono così 46,680,000 chi- 
lometri quadrati. 

E qui si noti che, in questo elemento delle aree, Strabone, a guisa 
degli altri antichi geografi, non parla mai nè di stadî quadrati, nè di 
scheni quadrati, nè di altre misure di superficie, ma piuttosto procede, e 
anche assai raramente, per via di paragone. Così dirà, ad esempio, che 
l'Isola Taprobane non è inferiore, in grandezza, alla Bretagna ( Lib. II, 
Cap. V, 32); che la Libia è ben lungi dall’ essere il terzo della Terra 
abitata (Lib. XVII, Cap. II, 1); che l’area del Golfo Persico è uguale 
a quella del Ponto Eussino (Lib. XVI, Cap III, 2); che il Lago Ma- 
tiane non è inferiore alla Palude Meotide (Lib. XI, Cap. XIV, 8). La 
Geografia di Strabone è invece straordinariamente ricca di dati numerici 
relativi alle lunghezze ed alle larghezze dei diversi paesi, le quali egli 
esprime sempre in stadt eratostenici, ciascuno de’ quali equivale, come 
è noto, alla 252,000° parte della circonferenza massima della sfera 
terrestre. | 

Vediamo ora quali conseguenze si possano trarre, circa alla super- 
ficie della Terra abitata, dai dati numerici di lunghezza e di larghezza 
che si trovano sparsi qua e là nell’ opera del Geografo di Amasia. 

Il limite comune della zona temperata (nel senso fisico o clima- 
tico) e della zona torrida inabitabile è segnato dal parallelo che passa 

(1) Rappresentando coll’ unità il raggio della sfera, l’area di questa è 12.566, 
e quella della zona di cui si tratta è 5.7395. Se poi si suppone la superficie della 
sfera divisa in 10000 parti uguali, 4567 di queste parti toccherebbero alla zona, poi- 
chè chiamando x il numero di esse Parts | si ha evidentemente 

12.566: 10000 :: 5.7395: * 


donde * = 4,567 
(2) E non gia dalla ottava parte (0.125) della sfera, come affermano non po- 


chi egregi geografi. 


per la costa Cinnamomifera (Paese dei Somali), e dista dall’ equatore 
8,800 stadi (Lib. II, Cap. I, 13). In ragione di 63,000 stadî per ogni 
quadrante di meridiano o di equatore, 8800 stadi corrispondono a 12° 34’ 
equatoriali: tale è la latitudine del parallelo limite. 

Da questo parallelo al limite settentrionale della Terra abitata si 
contano 29,300 stadi, così divisi: 


Dal parallelo della Cinnamomifera a Meroe (II, Cap. V, 8) . Stadî 3,000 


Da Meroe al tropico del Cancro ed a Syene (II, Cap. V, 7) » 5,000 
Da Syene ad Alessandria (Ibid.) . . . . . . » 5,000 
Da Alessandria a Rodi (II, Cap. V, 9) . . . . . » 3,600 
Da Rodi a Bisanzio (II, Cap. V, 8) . . . » 4,900 
Da Bisanzio alla foce del Boristene (II, Cap. v, 9) . . . » 3,800 
Dalla foce del Boristene al limite nord della Terra abitata (Ibid.) » 4,000 


osti 


Totale Stadt 29,300 


Ora 29,300 stadî eratostenici corrispondono a gradi 41° g1' di men- 
diano (o di equatore), i quali, aggiunti a 12° 34’, latitudine del parallelo 
della Cinnamomifera, danno 54° 25’ per la latitudine del parallelo estremo 
della Terra abitata, verso settentrione. 

La lunghezza totale, misurata sul parallelo di Rodi, detto altri- 
menti diagramma di Dicearco (1), è di 70,000 stadî, cioè 30,000 dal- 
l’ estremità occidentale dell’ Iberia al Golfo di Issos, e 40,000 da questo 
golfo alle rive orientali dell’ Asia (Lib. II, Cap. V, 6; Lib. XI, Cap. XI, 7). 

La porzione occidentale del detto diagramma appartiene al Medi- 
terraneo, e si compone di questi sette segmenti: 


Dal Capo Sacro (2) alle Colonne d’ Ercole (Lib. II, Cap. V, 3). Stadt 3,000 


Dalle Colonne d’ Ercole allo Stretto di Sicilia (Ibid.). . . » 13,000 
Dallo Stretto di Sicilia al Capo Pachynum (IV, Cap. II, 1) . » 1,130 
Dal Pachynum al Krio-Metopon, estremità occidentale del- 

I’ Isola di Creta (VIII, Cap. V, 1). . . . » 4,600 
La lunghezza dell’ Isola di Creta (Lib. X, Cap. IV, 3) . . » 2,300 
Dal Capo Sammonium (Creta) a Rodi (IV, Cap. IV, 3) . . » 1,000 
Da Rodi al Golfo di Issos (Ibid.) . . . . ‘ . » 5,000 





Totale Stadt 30,030 


(1) Sul diagramma di Dicearco, uno dei due assi di coordinate ortogonali, ai 
quali il discepolo di Aristotele riferiva le posizioni dei diversi luoghi della superficie 
terrestre, veggasi l’opera classica di ALESSANDRO DI HUMBOLDT, Central-Asien, vol. I, 
pag. 95 e seg. e D’Avezac, Coup dail historique sur la projection des cartes de 
glographie, pag. 10 e II. 

(2) Secondo Strabone (Lib. INI, Cap. I, 4) il Capo Sacro segna l'estremità 
occidentale, non solo dell’ Europa, ma di tutta la Terra abitata. 





La parte orientale del diagramma si compone delle seguenti tre 
sezioni: 
Dal Golfo di Issos alle Porte Caspie (Lib. II, Cap. I, 39). . Stadt 10,000 


Dalle Porte Caspie all’ Indo . . . A . A . » 14,000 
Dall’ Indo alle coste orientali. . . . . ‘. . » 16,000 





Totale Stadî 40,000 


La distanza del parallelo di Rodi dall'equatore è di 25,400 stadt: 
la sua latitudine è adunque di 36°17’, e 70,000 stadt di questo paral- 
lelo equivalgono a circa 124° (1). Il quadrangolo sferieo contenente 
la Terra abitata è adunque limitato, a mezzodi dal parallelo di 12° 34’, 
a settentrione dal parallelo di 54° 25’, ad oriente e ad occidente da 
due meridiani, la cui differenza in longitudine sia di 124°. L'area del 
quadrangolo risulta così di chilometri quadrati 52,300,000 (2). 

La longitudine del Capo San Vincenzo (Capo Sacro della Geo- 
grafia classica ) rispetto al meridiano di Greenwich è occidentale e di 
circa 9 gradi: quella del meridiano condotto a 124° dal Capo San Vin- 
cenzo nella direzione di oriente è adunque di 115° E.. 

Il meridiano occidentale di 9° lascia verso oriente alcuni bacini 
marittimi europei, tra cui il Golfo di Biscaglia, la Manica, il Canale 
di San Giorgio, il Mare d’ Irlanda, la parte meridionale del Mare del 
Nord, ed una parte dell'Atlantico settentrionale. L’ area complessiva di 
questi bacini marittimi è all'incirca di 600,000 chilometri quadrati. 


(1) La latitudine / del parallelo è data dalla proporzione 
700: 1 :: 25,400: / 
Lo sviluppo del parallelo di 36° 17’ è dato da 252,000 cos 36° 17’, e risulta 
di circa 203,000 stadt: ogni grado di longitudine corrisponde a 564 stadî, e perciò 
70,000 stadt equivalgono a 124°. 
(2) Indicando con 4 l’area del quadrangolo, con / la semidifferenza delle la- 
titudini estreme, con Z la loro semisomma, e con A il raggio della Terra, si ha: 


124.TX 8 
180° 
Nel caso che si considera, si ha: / — 20° 55°, Z = 33° 29’, e perciò: 





AZ2 sen Z. cos Z 


62 
452%" R sen 20° 55° cos 33° 29’ 

Eseguendo i calcoli, e facendo X = 1, si ottiene A — 1.288. 

Nella ipotesi di R —= 1, l’area della sfera è di 12,566, e quindi l'area del 
quadrangolo è data dalla proporzione : 

13.566: 510,000,000 :: 1.288: x 

donde # = 52,300,000 chilometri quadrati. 

Veggasi: Fiorini, Misure lineari, superficiali ed angolari offerte dalle Carte 
geografiche, pag. 20. 


— 646 — 

Dei mari esterni compresi nel quadrangolo, le parti centrale e set- 
tentrionale del Mare Arabico e del Golfo del Bengala rappresentano 
unite un’area di 5,400,000 chilometri quadrati. Così pure è compresa una 
parte del Mare della Cina per circa 1,800,000 chilometri quadrati (1). 

L'area totale di questi diversi - bacini marittimi è di chilometri 
quadrati 7,800,000: rimangono così, a rappresentare l’area della Terra 
abitata e quella dei mari interni, chilometri quadrati 44,500,000, solo 
inferiore di 2 milioni di chilometri quadrati a quella più sopra dedotta 
dalla indicazione, del resto molto incerta, di Strabone. 


II. 


La cifra da 44 a 45 milioni di chilometri quadrati non rappresenta 
però |’ area della sola Terra abitata propriamente detta, ma bensì, insieme 
con questa, anche l’area dei mari esterni adiacenti e del Mare Medi- 
terraneo. A proposito dei quali ecco cosa dice Strabone: 

« Dei diversi golfi o addentramenti che si aprono sul mare esterno, 
cioè sull’ Oceano circondante la nostra Terra abitata, se ne distinguono 
quattro di grandissima estensione. Quello del N. è detto Mar Caspio 
e anche Mare Ircano; il secondo e il terzo, detti Golfo Persico e Golfo 
Arabico, sono formati dal Mare Australe, e si trovano, l’ uno dirimpetto 
al Caspio, |’ altro dirimpetto al mare del Ponto; il quarto, superiore di 
molto in estensione agli altri, è il Mare Interno comunemente detto 
il Mare Nostro, il quale comincia ad occidente collo Stretto delle Co- 
lonne d’ Ercole, si prolunga verso oriente con una larghezza variabile, 
e si divide quindi in due bacini distinti, 1’ uno a sinistra che è il Ponto 
Eussino, |’ altro a destra che comprende il Mare d’ Egitto, il Mare di 
Pamfilia e il Golfo di Issos ». E, poco più avanti: « Nelle tre parti, 
Europa, Asia e Libia, la forma (esterna) più o meno irregolare dipende 
dal Mare Interno, poichè le coste adiacenti al Mare Esterno, ad ecce- 
zione dei golfi di cui abbiamo parlato, sono rette ed unite, e figurano 1? 
contorni di una c/amide, salvo alcune piccole differenze, delle quali non 
è il caso di tener conto, giacchè queste piccole particolarità natural- 
mente scompajono rimpetto ad una così grande estensione ». (Lib. II, 
Cap. V, 18). 

L’ area complessiva del Mediterraneo, del Caspio, del Mar Rosso 


(1) Mi sono valso, per # calcolo approssimativo di queste aree oceaniche, delle 
tabelle che accompagnano il lavoro di Orro KruMMEL, Versuch ciner vergieichenden 
Morphologie der Meeresrdume, Lipsia, 1879, pag. 110 e seg. 





— 6 47 — 
e del Golfo Persico è di 4,000,000 chilometri quadrati (1). Nella Geo- 
grafia di Strabone essi appajono invece, a meno del Golfo Arabico o 
Mar Rosso, notabilmente maggiori di quanto lo siano realmente. Val- 
gano, in appoggio di ciò, le seguenti considerazioni. 

La lunghezza dell’ asse del Mediterraneo, dallo Stretto delle Colonne 
d’ Ercole al Golfo d’ Issos, è, secondo Strabone, di 27,000 stadî, e, sul 
parallelo di Rodi, corrisponde a 48 gradi di longitudine: la differenza 
delle longitudini dei luoghi estremi è invece di 4t gradi. 

Lo sviluppo dell’Adriatico in 6,000 stadî o 950 chilometri (Lib. II, 
Cap. V, 20) supera lo sviluppo vero di 170 chilometri circa. 

La larghezza del Canale di Sicilia, di 160 chilometri tra la Sicilia 
e Cartagine, è invece, secondo Strabone, di 1,500 stadi o 240 chilo- 
metri (Lib. II, Cap. V, 19). 

La distanza di Rodi da Alessandria, che Strabone dice essere 
di 4,000 stadî o 750 chilometri (Lib. II, Cap. V, 24), supera la vera 
di 180 chilometri. 

La Palude Meotide ha, a a detta del Geografo, un circuito di 9,000 stadt 
© 1,420 chilometri; equivalente a più del terzo di quello del Ponto 
Eussino (Lib. II, Cap. V, 22): in realtà il contorno del Mare d’Azov 
non è che di 1,000 chilometri. 

La lunghezza del Ponto Eussino è data da Strabone in 8,800 stadî 
© 1,400 chilometri (Ibid.), superiore alla vera di 400 chilometri. Lo 
stesso bacino si può considerare come avente la forma di un triangolo 
di 8,800 stadî di altezza e di 3,800 stadi di base (distanza di Bisanzio 
dalla foce del Boristene). L'area di questo triangolo risulta pertanto di 
500,000 chilometri quadrati, e supera l’area vera di 150,000 chilometri 
quadrati. 

. Strabone ammette per il Golfo Persico un’ area uguale a quella del 
Ponto (Lib. XVI, Cap. III, 2): è noto, invece, che la sua estensione 
superficiale è appena di 236,000 chilometri quadrati. 

Per quanto riguarda il Mar Caspio, dopo avere osservato che questo 
bacino non è, propriamente parlando, che un golfo dell’ Oceano, Stra- 
bone dice che, abbastanza stretto là ove comunica coll’ Oceano esterno, 
esso va sempre più allargandosi di mano in mano che si avanza nello 
interno, di guisa che la massima larghezza, che è di circa 5,000 stadî, 
corrisponde al suo fondo meridionale. Aggiunge il Geografo che tale è 
pure, a un dipresso, la lunghezza del tragitto tra il fondo e l’entrata 
del detto golfo, quantunque quest’ ultima tocchi, in qualche modo, il 


(1) KRiMMEL, of. ci, pag. 99. 


— 648 — 

limite della zona abitabile (Lib. XI, Cap. VI, 1). Pare adunque che 
si possa paragonare la forma del Mar Caspio con quella di un trian- 
golo avente 5,000 studî di base ed altrettanto di altezza. In tale 
ipotesi l’area del bacino Caspico sarebbe di circa 400,000 chilometri 
quadrati, inferiore alla vera di 40,000 chilometri quadrati. Si avverta 
però che Strabone, alquanto più avanti, non si dichiara lontano 
dallo ammettere, con Patroclo, che l'estensione superficiale del Mar 
Caspio uguagli quella del Ponto Eussino (Lib. XI, Cap. VII, 1), nel 
qual caso supererebbe la vera di 60,000 chilometri quadrati. 

Del Golfo Arabico, dice Strabone che esso può essere paragonato 
ad un grande arco di meridiano, e si estende, simile ad un gigantesco 
fiume, per una lunghezza di 15,000 stadì (2380 chilometri) ed una lar- 
ghezza massima di 1,000 stadî (Lib. I, Cap. II, 28). La prima di que 
ste dimensioni è quasi esatta : la seconda invece è inferiore di molto 
alla vera, per cui l'area del Golfo Arabico riuscirebbe, nella Geografia 
di Strabone, assai più piccola di quanto è realmente (1). 

Concludendo, non parrà esagerata l'area di s milioni di chilometri 
quadrati che si ottiene aumentando di un milione di chilometri quadrati 
l’area complessiva del Mediterraneo, del Caspio e dei Golfi Persico ed 
Arabico, e della quale dovrà essere diminuita quella di 44 (0 45) mi- 
lioni di chilometri quadrati che abbiamo visto rappresentare la zona 
abitabile nella Geografia di Strabone. La Terra abitata propriamente detta 
si riduce così a 39 milioni di chilometri quadrati. 


III. 


Vediamo, per ultimo, quali parti di questa superficie vengano a 
toccare alle tre grandi regioni del Mondo antico. 

Circa all'estensione superficiale della Libia, possiamo dedurla dalla 
descrizione generale che Strabone fa di quella parte del mondo nell’ul- 
timo Libro della Geografia. « Rappresentata sopra una carta piana, la 
Libia figura quasi esattamente un triangolo rettangolo avente per base 
tutto il litorale del nostro Mare Interno, dall’Egitto e dal Nilo alla Mau- 
rusia ed alle Colonne d'Ercole; per lato perpendicolare alla base il corso 
stesso del Nilo sino alla Etiopia, e, a partire dalla Etiopia, una linea 
retta condotta, a modo di prolungamento, sino alle rive dell’Oceano; 


(1) In un altro luogo della Geografia (Lib. XVI, Cap. IV, 4) si legge: « La 
costa del golfo Arabico che parte dal fondo del ramo Elanitico (golfo di Acabah) e 
fia ncheggia I’ Arabia, misura, secondo quanto ne dicono Alessandro e Anassicrate, 
14,000 stadt, ma è questo un calcolo alquanto esagerato ». 


— 649 — 
per ipotenusa, in fine, tutta la Paroceanitide, dalla Etiopia alla Mau- 
rusia. Del resto, quando diciamo che la parte della Libia, contigua al 
vertice del triangolo, deve gid trovarsi compresa nei limiti della zona 
torrida, noi non facciamo che una semplice congettura, poichè questa 
regione è assolutamente inaccessibile. Ed anzi, a causa di ciò, non sa- 
premmo indicare precisamente l'estensione della Libia nella sua maggiore 
larghezza. Tuttavia, riferendoci a quanto abbiamo detto nei libri prece- 
denti, che cioè la distanza tra Alessandria e Meroe è di 10,000 stadì. 
circa, e che da Meroe al limite comune della zona torrida e della Terra 
abitata si possono contare ancora 3,000 stadî, siamo autorizzati a sup- 
porre che la maggiore larghezza della Libia sia da 13 a 14 mila stadi, 
e che la sua lunghezza misuri un po’ meno del doppio di questa di- 
stanza » (Lib. XVIII, Cap. III, 1). 

Trattandosi di calcoli puramente approssimativi, e di un’area non 
molto grande, potremo considerare il triangolo del quale si tratta, come 
un triangolo piano rettangolo, i cui cateti siano di 13,500 stadî (2133 
chilometri) e di 26,000 stadt (4,108 chilometri): l’area della Libia ri- 
sulta perciò di 4,380,000 chilometri quadrati. 

« La stessa parte del mondo, dice Strabone, è ben lungi dall’es- 
sere la terza parte, in superficie, della Terra abitabile, giacchè, aumen- 
tandola dell'Europa, non si giungerebbe alla estensione superficiale del- 
l’Asia (1), ed anzi, quando la si paragonasse all'Europa, si correrebbe 
rischio di trovarla di tanto inferiore a questa contrada di quanto le è 
sensibilmente inferiore sotto il doppio rapporto della ricchezza e della 
fertilità (Lib. XVII, Cap. III, 1) ». 

Per essere la Libia notabilmente meno estesa dell'Europa, non parrà 
esagerato ammettere, per quest'ultima, l’area di 5 milioni di chilometri 
quadrati, superiore di 620,000 chilometri quadrati all'area della Libia 
secondo i dati stessi del Geografo di Amasia: rimangono così, a rap- 
presentare l’area dell'Asia, poco più di 30 milioni di chilometri quadrati. 

E queste due aree dell'Europa e dell'Asia possono essere ammesse 
senza grave contestazione. In fatti, per quanto è dell'Europa, Strabone 


(1) In ciò Strabone si dimostra assai più esatto di Plinio, il quale asserisce 
che, supponendo diviso in 1680 parti eguali il complesso delle terre emergenti, 770 
di esse parti toccano all’ Europa, 540 all’Asia, 364 all’ Africa (Storia Naturale, VI, 38). 
È superfluo avvertire che la divisione non è matematicamente esatta, giacchè la 
somma di tre numeri è 1674. In un altro luogo della Storia Naturale Plinio ritiene 
come probabile ciò che i compagni di Alessandro avevano riferito dell’ India, che 
cioè questa regione uguagliasse in estensione la terza parte di tutto il mondo 
(Lib, VI, 21). 


— 650 — 

conosceva, per intero, l'Europa meridionale (1,450,000 chilometri qua- 
drati), l'Europa occidentale (870,000 chilometri quadrati), l'Europa cen- 
trale (1,240,000 chilometri quadrati) ed una parte della Russia che si 
può valutare al quarto di questa grande regione, cioè a 1,300,000 chi- 
lometri quadrati: in tutto, adunque, una superficie di 4,900,000 chilo- 
metri quadrati. Una sola restrizione pare, a prima giunta, che converrebbe 
fare rispetto alla Germania settentrionale, della quale dice Strabone che 
gli era perfettamente nota la parte compresa tra le bocche del Reno e 
l’imboccatura dell'Elba, mentre nulla conosceva della contrada situata 
al di là (ad oriente) dell'Elba, per la doppia ragione, che nessuno degli 
antichi navigatori si era spinto, lungo le coste dell'Oceano e nella direzione 
dell’E., sino all'entrata del Mar Caspio, e i vascelli romani non avevano an- 
cora, prima di quel tempo, oltrepassata l’imboccatura dell'Elba (Lib. VII, 
Cap. II, 4). Ma che l'Europa, e più particolarmente la Germania settentrio- 
nale, si estendesse, e di molto, ad oriente di quel fiume, appare evidente 
da quanto si legge al termine del capitolo II dello stesso Libro VII. 
« Noi possiamo bensì affermare, dice Strabone, che continuando a cam- 
minare, nel senso della lunghezza della Terra abitata, ad oriente della 
foce dell’ Elba, si deve incontrare la foce del Boristene e la riva set- 
tentrionale del Ponto (1), risultando questo dai climi e dalle distanze 
parallele; ma quali sono i popoli che abitano al di là dei Germani 
propriamente detti e dei loro immediati vicini? E nemmeno sapremmo 
dire se, in tutta questa lunghezza di paese, i popoli che abbiamo no- 
minati — cioè i Bastarni, i Roxolani, gli Jazigi — discendano sino alle 
rive dell'Oceano, ovvero se esista lungo l'Oceano stesso una zona in- 
termedia resa inabitabile dal freddo o da altra cagione; od anche, se a 
partire dalle bocche del Reno, tra il mare e i Germani orientali, vi- 
vano popoli di un'altra razza. Aggiungiamo che la medesima oscurità 
avvolge tutte le regioni del N. che fanno seguito ai Germani, giacchè 
non sapremmo nemmeno dire, a proposito dei Bastarni, dei Sauromati 
(Sarmati) e, in generale, dei popoli che abitano al disopra (al N.) del 
Ponto, se essi siano lontani dal Mare Atlantico (leggi: dalla parte bo- 
reale di questo Oceano) e di quanto lo siano, oppure se le loro dimore 
non si estendano sino alle rive stesse di quel mare (Lib. VII, Cap, II, 4) ». 

Quanto all’Asia, è a notare, in primo luogo, che una parte del suo 
limite occidentale è, in Strabone come in molti altri geografi dell’anti- 


(1) Le foci dell’ Elba e del Boristene (Dnjepr) sarebbero adunque, secondo 
Strabone, sul parallelo avente per latitudine 48° 43' (corrispondente a 34,100 stadi 
dall'equatore). In realtà la foce dell’ Elba è all’ incirca sotto il parallelo 54°, e quella 
del Boristene cade tra i paralleli 46° e 47°. 


— 65 I — 

chità classica, segnata dal corso del Tanais (Don), e che pertanto a 
quella parte del mondo viene a toccare eziandio l’esteso territorio cor- 
rispondente ai distretti S.-E. della Russia europea, ed appartenente, nella 
sua quasi totalità, al bacino del Mar Caspio. In secondo luogo, è vero 
bensì che la Geografia di Strabone nulla ci dice nè dell’Asia boreale, 
nè dell’Asia orientale e S.-E., e tanto meno, delle Indie Orientali che 
generalmente si annettono alla parte orientale -dell’ antico Continente; 
ma, per altro lato, questa mancanza è, in notabile parte, compensata 
dalle dimensioni esagerate che vi si attribuiscono a parecchie delle con- 
trade dell'Asia meridionale e dell'Asia occidentale. La regione indiana 
è paragonata ad un quadrato di 16,000 stadi di lato (2,530 chilometri): 
la sua area è adunque di circa 6,400,000 chilometri quadrati, e supera 
di 2,700,000 chilometri quadrati quella dell'India anteriore. (Lib. XI, 
Cap. I, 12). Il rettangolo dell'Ariana ha per lati il corso dell'Indo dalla 
sua uscita dal Paropamiso alla foce, e la parte della strada che, par- 
tendo dalle Porte Caspie, giunge sino alla frontiera dell'India ed alle 
rive stesse del gran fiume. Il primo lato è da 12 a 13 mila stadt; il 
secondo è lungo 14 mila stadi (Lib. XV, Cap. II, 8): l’area dell’Ariana 
è adunque di circa 4,300,000 chilometri quadrati e supera di 2,700,009 
chilometri quadrati l’intera regione iranica. L’India e l’'Ariana della 
Geografia di Strabone rappresentano pertanto, di per sè sole, più della 
terza parte dell'intera Asia. Di molto superiori alle aree vere risultano 
pure, tra le altre, quelle di Taprobane (900,000 chilometri quadrati), 
della Media (480,000 chilometri quadrati), della Persia propriamente 
detta, alla. quale Strabone attribuisce una lunghezza di 5,800 ed una” 
larghezza da 8 ag mila stadî (Lib. XV, Cap. I, 14; Cap. III, 1, Lib. XI, 
Cap. XIII, 8). Si noti inoltre che l'area dell’Asia comprende eziandio 
la parte della Libia che è limitata ad occidente dal Nilo, ad oriente 
dal Golfo Arabico e dalla sezione meridionale dell’ Oceano esterno, ed 
alla quale si può assegnare un'area di circa un milione di chilometri 
quadrati. 

La grande regione situata tra l'Oceano boreale ed il grande sol- 
levamento equatoriale che, seguitando il diagramma di Dicearco, si 
estende senza interruzione, e per ben 45,000 stadî (80 gradi di lon- 
gitudine) dall’ estremità S.-O. dell'Asia Minore, dirimpetto a Rodi, alla 
estremità orientale della Terra abitata, è così descritta da Strabone nelle 
sue parti centrale ed orientale: « Secondo l’opinione comune, l'ultimo 
prolungamento del Taurus (1), quello stesso che porta il nome di 


(1) È noto che Strabone divideva l’ Asia in due grandi parti, J’ una dall'altra 
separate per mezzo della grande catena del TZasrus, la quale si estende dai pro- 


— 6 52 — 

Imaus (1) e termina al mare dell'India, si avanza verso l’E. precisa- 
mente quanto la stessa India; ma se, a partire da questa estremità del 
Taurus, si risale verso il lato settentrionale dell'Asia, si scorge che il 
mare toglie sempre più tanto alla larghezza quanto alla lunghezza della 
terraferma, in modo da assottigliare verso oriente questa sezione del- 
l'Asia compresa tra il Taurus e la parte dell’Oceano sulla quale si apre 
il Mar Caspio. E mentre la maggiore lunghezza della medesima sezione, 
dal mare d’Ircania alle spiagge del Mare Orientale e misurata lungo 
il piede del Taurus, è di 30,000 stadî, è certo che la sua larghezza 
non supera 6,000 stadî (Lib. XI, Cap. XI, 7) >. 

Questa parte dell'Asia settentrionale è adunque compresa nel qua- 
drangolo sferico limitato a mezzodi dal parallelo di 36° 17’, a setten- 
trione dal parallelo distante dal precedente di 6,000 stadî o, altrimenti, 
di 8° 34’, a occidente e ad oriente da due meridiani comprendenti tra 
loro un’arco equatoriale di 53° 20’. La formola nota (2) dà, per l'area 
del quadrangolo, 4,280,coo chilometri quadrati. Da questo numero to- 
gliendone tatto al più (3) la quinta parte, a fine di tener conto della 
diminuzione prodotta dal mare nella estensione della terraferma, sì ot- 
tengono, per l’area di cui è parola, 3,400,000 chilometri quadrati. 

Secondo Strabone, fanno parte dell'Asia Cistaurica o settentrionale 


montorî più avanzati della Pamfilia sino alla parte del Mare Orientale che bagna 
Y India e la Scizia vicina. La parte a settentrione del Zaurus era detta regione od 
Asia Cistaurica ; la parte meridionale era conosciuta col nome di regione od Asia 
Transtaurica. (Lib. II, Cap. V, 31; Lib. XI, Cap. I, 2, 3). 

(1) Sopra i diversi nomi delle molte sezioni del 7awrxs, tra cui quelli di 
Parachoatras, di Paropamisus, di Monti Emodì, di Imaus, ecc.. veggasi STRABONE, 
Geogr. Lib. XI, Cap. VIII, 1; Cap. XII, 4, per non citare che i più importanti. 

(2) Chiamando 4 I area, / la semidifferenza e Z la semisomma delle latitudini 
estreme (36° 17° e 44° 51’), si ba: 

o , 
AZ 2 53, 207 sen / cos Z 
180 
E siccome / = 4°, 17’ ed Z = 40° 34’, si ottiene, sostituendo: 
A = 1,186 sen 4° 17’ cos 40° 34’ = 0.1053 

Nella ipotesi del raggio della Terra uguale all'unità, l’area della Terra è 

12.566: si ha dunque 
12,566 : 510,000,000 :: 0.1053: 4, donde 
A = 4,280,000 chil. quad.. 

(3) Veggasi, a questo proposito, quanto dice Strabone della forma di quella 
parte dell’ Asia Cistaurica, che egli paragona a quella di un coltello da beccajo, il 
cui filo è rappresentato dalla catena del Taurus, ed il lato opposto lo è dalla linea 
costiera compresa tra |’ entrata del Mare Ircano e la punta estrema dell’ India, giac- 
chè questa costa si sviluppa secondo una linea leggermente incurvata e bruscamente 
interrotta ad oriente. Lib. XI, Cap. XI, 17. 





i paesi che occupano, in tutta la sua estensione, la catena stessa del 
Taurus, giacchè non c'è quasi differenza tra il loro clima e quello del- 
l'Asia settentrionale, e, mentre l'Asia meridionale è in ogni luogo cal- 
dissima, le regioni di montagna sono invece soggette a freddi assai ri- 
gorosi (Lib. XI, Cap. I, 4). Ora, siccome la larghezza del Taurus non 
è, in moltissimi luoghi, minore di 3,000 stadî, e la sua lunghezza è, 
come si è detto, di 45,000 stadt (Lib. XI, Cap. I, 3), l'area della re- 
gione montagnosa, facendone di 2,500 stadî la larghezza media, viene 
ad essere di 2,800,000 chilometri quadrati. 

La regione Indiana, l’Ariana, la regione montagnosa del Taurus e 
la parte centro-orientale dell'Asia Cistaurica occuperebbero adunque, 
unite, una superficie di 17 milioni di chilometri quadrati. A questi ter- 
ritorî conviene ancora aggiungere: 1° nell'Asia Cistaurica, i paesi tra il 
Tanais e la sezione dell'Oceano boreale, sulla quale si apre il Mar Ca- 
spio; i paesi del Caucaso; l’Armenia; i paesi circostanti al Caspio; le 
parti centrale ed occidentale dell'Asia Minore; 2° nell'Asia Transtaurica, 
la parte meridionale dell'Asia Minore; i paesi Semitici dell’Asia ante- 
riore, cioè la Siria, l'Arabia ed i bacini, medio ed inferiore, del Tigri e 
dell'Eufrate, ed altre contrade dell'altopiano iranico non contemplate pre- 
cedentemente; 3° la grande Isola Taprobane; 4° la parte orientale della 
Libia, tra i) Nilo, il Golfo Arabico, ed il Mare Eritreo. 

Se ora si consideri che le sole regioni dell'altopiano iranico, di cuì 
al numero 2°, occupano, nella carta di Strabone, una superficie di al- 
meno 1,500,000 chilometri quadrati; che la penisola arabica ha, di per 
sè sola, un’area di thilometri quadrati 3,200,000; che di 1,500,000 
chilometri quadrati è la estensione superficiale del bacino del Volga, il 
quale, quantunque non conosciuto direttamente che in piccolissima parte 
dal Geografo di Amasia, appartiene però alle regioni che abbiamo, più 
sopra, radunate sotto il numero 1°; ‘che in fine, tenendo calcolo della 
Taprobane e della Libia che diremmo asiatica, si giunge ad un’area di 
8,200,000 chilometri quadrati, rimarrebbero, a completare l’area del- 
l’Asia, o altrimenti a rappresentare quella unita della Caucasia, dell'Asia 
Minore, della Siria, dell'Armenia e dei paesi dell’ Eufrate e del Tigri, 
3,800,000 chilometri quadrati, cioè un’area superiore alla vera di chi- 
lometri quadrati 2,200,000. La quale differenza forse scomparirebbe 
pressochè totalmente se, come pare potersi dedurre dai pochi dati nu- 
merici di lunghezza e di larghezza che nella Geografia di Strabone si 
rapportano a quei diversi paesi, si sottoponessero le loro aree ad un 
aumento simile a quello più sopra notato a proposito della regione In- 
diana e della parte orientale dell’altopiano iranico. 


Nel quadro presente si riassumono i dati relativi alle aree, quali 
derivano dalle cose esposte sin qui: 


Aree 
in chil. quad. 


1) Quadrangolo sferico contenente |’ Ecumene o la Terra abitabile + 116,700,000 
2) Estensione superficiale dell’ Ecumsese e dei bacini marittimi esterni 
entro i limiti segnati dai paralleli 12° 34' e 54° 25’, dai meridiani 


0° e 124° . . . . . . +. 52,300,000 
3) Area degli stessi bacini marittimi esterni . . . . . 7,800,000 
4) Differenza tra le aree 2) e 3). . .- 44,500,000 
5) Area complessiva del Mediterraneo, ‘del Caspio, e dei Golf Per- 

sico ed Arabico . . . . . . ° . 5,000,000 
6) Differenza tra le aree 4) e 5), o estensione dell’ Ecumene ° + 39,500,000 


7) Area della Libia . . . . . . . . . 4,400,000 
8) Area dell’ Europa . . . . . . . . . 5,000,000 
9) Area dell’ Asia . . . . . . . . + 30,100,000 


IV. 


L'area della Terra abitabile, secondo Strabone, corrisponde adunque 
a poco meno della metà dell’antico Continente. È però facile vedere 
che in realtà le cognizioni del grande Geografo erano ben lungi dal- 
l’abbracciare una così grande estensione della superficie terrestre. Basta 
notare che, mentre le bocche del Gange sono da lui poste sotto il me- 
ridiano 124° orientale rispetto a quello del Capo Sacro nella Iberia, esse 
sì trovano invece sotto il meridiano 99°, o altrimenti alla longitudine 
orientale di go° rispetto al meridiano fondamentale di Greenwich. Ora 
se, abbondando nel senso delle latitudini, si suppone che il quadrangolo 
sferico contenente l’Ecumene sia limitato dai paralleli boreali 10° e 55° 
si ottengono 45,250,000 chilometri quadrati di area (1), dalla quale, 
per avere l’area delle terre, converrà anzitutto togliere la‘ parte degli 
Oceani aperti contenuta nello stesso quadrangolo, come pure l’area del 
Mediterraneo, del Caspio e dei Golfi Persico e Asiatico, cioè 9,400,000 
chilometri quadrati, di cui 4,400,000 per l'Oceano Indiano, 1,000,000 
chilometri quadrati per l'Oceano Atlantico e 4,000,000 chilometri qua- 
drati per i quattro bacini del Mediterraneo, del Caspio, del Golfo Ara- 
bico e del Golfo Persico. 

(1) L’ Area A è data da: 

Il. T 





AZ sen 22° 30’ cos 32° 30’ = I.IIS 


e, per essere 12.566 l'area della sfera nella ipotesi del raggio uguale all'unità, 
__ 510,000,000 XK 4.115 . 
A= 32.866. = 45,250,000 chil. quadr. 
la quale area supera di circa 4 milioni di chilometri quadrati I’ area del quadrangolo 
limitato dai paralleli di 12° 34’ e 54° 25’. 


— 65 5g — 

La parte dell’Africa al N. del 10° parallelo boreale si può valutare 
approssimativamente a 13,000,000 chilometri quadrati. Da questo nu- 
mero debbesi togliere quello che esprime l’area della Libia conosciuta 
da Strabone, cioè circa 5,400,000 chilometri quadrati; e della differenza, 
in chilometri quadrati 7,600,000, bisognerà ancora diminuire l’area del 
quadrangolo. Così operando si ottiene, per l’area A della terra abitata. 

A = 45,250,000 — (9,400,000 + 7,600,000) = 28,250,000 km. q. 

Questo numero, equivalente alla terza parte del Continente antico, 
rappresenta il maximum dell'area della Terra abitata, quale si presen- 
tava alla mente del Geografo di Amasia. 

È adunque nel vero il professore Marinelli là ove dichiara, in un 
suo breve e dotto lavoro sulla Geografia di Strabone, che « a questo 
Geografo è nota l'Europa meridionale e centrale fin forse al Baltico, 
l’Africa Settentrionale, l'Asia occidentale e parte della centrale e me- 
ridionale, meno della metà, forse una terza parte dell'antico conti- 
nente (1) ». 

A sua volta il Vivien de Saint-Martin così riassume, nella sua Storia 
della Geografia, le cognizioni di Strabone intorno alla Terra abitata: 
« Il Mappamondo di Strabone — che salve poche modificazioni nei 
suoi limiti estremi, rimase quello di tutta l'’antichità romana sino al 
V secolo — risponde tutto al più al quarto, e, forse anche, al quinto 
appena dell’antico continente. Esso comprende la metà solamente dell'Eu- 
ropa, il S.-O. dell’Asia tra l'Imaus e il Mediterraneo, e la zona litorale del 
N. dell’Africa colla metà del bacino del Nilo (2) ». La quale asserzione 
dell’ illustre Geografo francese si potrebbe accettare solo, quando nei li- 
miti da lui assegnati alla Carta Straboniana si comprendessero unica- 
mente quelle regioni, di cui il Geografo di Amasia aveva dirette e si- 
cure notizie. E forse a dettare quella conclusione così recisa il Vivien 
de Saint-Martin si trovava autorizzato dallo stesso Strabone, il quale af- 
ferma che « il geografo si propone unicamente di descrivere le parti 
conosciute della Terra abitata, e non tiene conto delle parti sconosciute, 
a guisa di quanto fa per quelle che si trovano fuori dei limiti della 
stessa Terra abitata (Lib. II, Cap, V, 5) ». Così pure, in altro luogo: 
« Sotto l'aspetto politico non si otterrebbe alcun vantaggio a conoscere 
queste contrade lontane coi loro abitanti, soprattutto se trattasi di terre 
insulari, le quali, per mancanza di facili comunicazioni, nulla potreb- 
bero per noi tanto in bene quanto in male. E ciò è tanto vero, chei 


(1) MARINELLI, SAsd Straboniani, in Cosmos di Guido Cora, VI, pag. 178. 
(2) Vivign DE SAINT-MAKTIN, Histoire de la Géographie, pag. 171. 


— 656 — 

Romani, i quali avrebbero potuto impadronirsi della Bretagna, sdegna- 
rono dal farlo, perchè se, per un lato, nulla potevano temere da popoli 
troppo deboli, come i Bretoni, per osare di attraversare lo Stretto (Bri- 
tannico), non avevano, per l’altro, nulla da guadagnare colla occupa- 
zione di un paese di quella natura (Lib. II, Cap. V, 8) ». E, nella 
sua critica di Eratostene, il Geografo dichiara che, sotto il nome di 
terra abitata, debbe intendersi soltanto quella parte della Terra che noi 
abitiamo ed è perciò a nostra cognizione (Lib. I, Cap. IV, 6) ». E, 
infine, dopo aver detto che la prima cosa a fare, e, nel medesimo tempo 
la più importante sotto il doppio aspetto teorico e pratico, sta nel de- 
terminare, il pit semplicemente possibile, la figura e l'estensione dei 
paesi che debbono trovare il loro posto sulla carta della Terra abitata, 
Strabone così continua: « Quanto a discutere sull'insieme della Terra, 
ed anche soltanto sulla totalità della vertebra ‘compresa nella zona, e 
al cercare, ad esempio, se la detta vertebra sia abitata anche nell'altro 
quarto di sfera, tutto ciò è ufficio di altra scienza. In tale caso, difatti, 
gli abitanti di quest'altra parte della vertebra sarebbero certamente di- 
versi da quelli della parte da noi occupata, e converrebbe supporre, 
siccome è possibile, l'esistenza di una seconda Terra abitabile (Lib. II, 
Cap. V, 14) ». 

E poichè, dall'esame di quanto afferma il Vivien de Saint-Martin, 
fui condotto a citare il passo di Strabone, in cui egli crede probabile la 
esistenza di una seconda, Terra abitata, non sarà inutile ricordare che 
già nei Libro I trovasi espressa la medesima idea, estesa anzi a più 
terre abitate. « È possibile, egli dice, che in questa medesima zona 
temperata vi possano essere due terre abitate, e anche più, soprattutto 
nelle vicinanze del parallelo che, passando per Atene, attraversa tutto 
il Mare Atlantico (Lib. I, Cap. IV, 6) ». E ben dobbiamo meravigliarci, 
dice Alessandro di Humboldt, che l’asserzione del Geografo di Amasia 
non abbia eccitata l'attenzione degli scrittori spagnuoli, i quali, al prin- 
cipio del secolo 16°, credevano di vedere in tutti gli autori dell’anti- 
chità classica la prova che il Nuovo Mondo non era per essi affatto 
sconosciuto (1). Aggiungo, per mia parte, che nemmeno Cristoforo Co- 
lombo accenna tra gli argomenti che, secondo l'espressione di Don 
Fernando, lo mossero a scoprire le Indie, i passi di Strabone nei quali 
si manifesta l'ipotesi di altre terre abitate poste a ponente dell’ Europa 


(1) Cosmos, Vol II, pag. 163 della traduzione francese. Si noti però che, nei 
due passi citati della Geografia, Strabone non asserisce, ma sì soltanto esprime una 
semplice congettura. V. anche, dello stesso HUMBOLDT: Arifische Untersuchungen, 
Vol. I, pag. 143. 








— 657 — 

e a levante dell’Asia, sì soltanto quello del Libro primo in cui è detto 
che, secondo Eratostene, « le due estremità della zona, nella quale giace 
la terra abitata, si uniscono l’una coll’altra, e la zona stessa forma ciò 
che i matematici chiamano il circolo, così che si potrebbe giungere 
dall’Iberia all'India navigando sempre lungo il medesimo parallelo, se 
non vi si opponesse l’immensità dell'Atlantico, il quale rappresenta 
11 complemento della distanza più sopra indicata, vale a dire più della 
terza parte del circolo intero (del parallelo di Atene), il cui sviluppo 
non giunge a 200,000 stadî (Lib. I, Cap. IV, 6) ». Il quale argomento, 
e gli altri che Cristoforo Colombo traeva da parecchi scrittori antichi, 
tra cui Aristotele, Plinio, i due Seneca, Marino di Tiro e Tolomeo, 
erano certamente bastevoli per indurre l’immortale Navigatore a ritenere 
come relativamente breve il tragitto dall’ Europa all’Asia Orientale nella 
direzione di ponente (1). | 


D. — GUIDA PRATICA DELL'EMIGRANTE ITALIANO AL CHILÌ (2). 
Nota del cav. E. Rossi. 


Com'è noto, l'Impresa marittima dei Fratelli Gondrand venne 
testè autorizzata dal R. Governo ad aprire nel nostro paese un Ufficio 
di Agenzia d’ emigrazione pel Chile; per cui essa ha anche stabilito 
una linea mensile di navigazione tra Genova, Valparaiso, e Talcahuano, 
che renderà più attivi, immediati e meno dispendiosi gli scambt fra l’Italia 
ed il Chile. Una buona Guida perciò, come questa, viene molto oppor- 
tuna per tutti coloro che intendono stabilirsi in quel paese, od en- 
trare in relazione d' affari colla sua popolazione; la quale al primo di 
gennajo del 1889 ascendeva, stando alle statistiche del prof. Grossi, a 
2,665,435, esclusi gl’ Indiani, in numero di circa 50,000, e i residenti 
non naturalizzati. Quale immenso territorio resti ancora da colonizzare 
si può vedere dall’ estensione della superficie del Chile, che abbraccia 
776,000 chilometri quadrati, una superficie cioè superiore a quella di 
tutti gli Stati di Europa, escluso l'Impero Russo. Valutando la sua popo- 
lazione totale a 3,115,000 (?) abitanti, si ha in media 4 abitanti per 
chilometro quadrato. 

(1) FerNaNDO CoLomso, Historie, Cap. VI e seg.; ARISTOT. De Coelo, II, 14; 
Pseupo ArisToT., De Mundo, Cap. 3; ARISTOT., Meteorologica, II, 5; SENECA, 
Quaest. Natur., Prefazione, 11; SENECA, Medea, Att. II. 


(2) Notisie geografiche, statistiche e commerciali, compilate dal dott. ViNcENZO 
Grossi, professore di Etnologia americana nella R. Università di Genova. Stabilimento 


Artisti-Tipografi, 1890. 


— 65 8 — 

Gli stranieri inscritti nel censimento del 1885 furono 87,077, ri- 
partiti come segue : 

Peruviani e Boliviani 48,047; Argentini 9,835; Tedeschi 6,808; 
Inglesi 5,303; Francesi 4,198; Italiani 4,114; Spagnuoli 2,508; Sviz- 
zeri 1,275; Cinesi 1,164. 

Le provincie più popolate sono quelle di Santiago, Valparaiso, 
Conception, Talca, Linares ed altre minori. 

Il commercio d'importazione nel 1888 (ultimo anno di cui si 
abbiano dati ufficiali) ascese a 303,588,490 lire, contro un’esportazione, 
nello stesso anno, di 365,449,675 lire. Il Chile occupa il quinto posto 
tra i paesi che hanno avuto una produzione maggiore della necessaria 
al proprio consumo. La produzione agraria ascende annualmente a circa 
Io milioni di ettolitri di frumento, e a 3 milioni di ettolitri di altri 
cereali; e non piccola è la quantità di frutta e legumi. 

Le città principali, ove risiedono commercianti italiani, sono San- 
tiago, Arica, Tacua, Iquique, Valparaiso; e Italiani se ne trovano anche 
in altre minori. . 

Santiago, capitale della Repubblica, conta circa 200 mila abitanti; 
ai piedi delle Cordigliere (a 511 metri sul livello del mare), di clima 
salubre, essa è un centro importantissimo d’industria e commercio. 

Arica è porto assai importante, siccome quello cui fanno capo 
tanto i prodotti che si esportano dalla Bolivia e dal Perù, quanto le 
mercanzie che s' importano in questi Stati. La sua popolazione è di 
3,500 abitanti. 

Tacua è il capoluogo di un dipartimento del Perù, occupato dal 
Chile nel 1880. Si trova a 579 metri sul livello del mare, in una bel- 
lissima vallata, poco lungi dai confini della Bolivia. La sua popolazione 
è di 13,0co abitanti. Vi abbondano olivi e vini rinomati, di cui si fa 
esportazione nel Peri. 

Iqguigue, città e porto che apparteneva al Perù e che fu occupato 
dal Chile. Cunta 15,000 abitanti circa. Esporta quantità grandissima di 
grano e di nitrato di soda. 

Valparaiso è la piazza commerciale più importante dell’ America 
del Sud sul Pacifico ; conta 100,000 abitanti, tra cui non pochi Italiani. 

Come conclusione di questa breve rassegna citeremo qui il giudizio 
che il cav. L. Pagnoni dà del Chile odierno nella sua Relazione inse- 
rita nel Bollettino del Ministero degli Affari Esteri, settembre-otto- 
bre 1889: 

« La Repubblica del Chili, egli scrive, cammina a gran passi verso 
il proprio perfezionamento civile, economico e politico, trovandosi in 





— 659 — 
grande prosperità finanziaria, grazie alla conquista recente fatta della 
provincia di Tarapacà, ricca specialmente di salnitro. Avvertirò bensì 
che se deve il suo attuale benessere economico alle proprie armi, che 
le diedero il possesso di quell’ importante provincia, è d’ altro lato de- 
bitrice in gran parte del suo progresso civile all' elemento straniero colà 
trapiantatosi, che operoso e incivilito, ha destato l'emulazione nel paese: 
cosa riconosciuta dallo stesso Governo locale che promuove possibil- 
mente |’ immigrazione straniera di artefici e gente dei campi e fa con- 
trattare all’ estero precettori per le sue scuole, ingegneri per le sue 
strade ferrate ed altre opere pubbliche. » 


E. — LEGGENDA DELL JURUPARY. 
del conte E. STRADELLI (1). 


° Nel principio del mondo una terribile epidemia infierì tra gli abi- 
tanti della Serra di Tenui, ed assali esclusivamente i maschi. Non 
ne sfuggirono che pochi vecchi già frusti e carichi di anni e un an- 
tico patè. 

Impensierite di ciò le donne, che vedevano in un avvenire non 
lontano estinguersi la loro razza, giacchè non vi era nelle vicinanze 
nessun paese dove potessero ricorrere per sopperire a ciò che loro 
mancava, risolsero riunirsi in consiglio per vedere se pur loro veniva 
fatto di trovare uscita al presente stato di cose. 

Su tutti 1 volti era dipinta la costernazione, solo il vecchio fa: 
restava calmo e impenetrabile. 

Violando il costume, la sua scienza, giudicata in tal caso impo- 
tente, non era stata consultata. 

‘Fu sulle rive del Lago Muypa, dove Seucy (nome dato alla costel- 
lazione delle Plejadi) soleva bagnarsi, che ebbe luogo il congresso delle donne. 

I pareri più strani e diversi vi erano dibattuti. Chi proponeva di 
tentare di rinvigorire ancora quelle vecchie carcasse e di gettarle ai pesci 
se il tentativo non riuscisse, vi fu perfino chi propose di tentare se donna 
potesse fecondar donna, e la discussione animandosi si protrasse fino a 
che non le sorprese Seucy, che come di costume veniva a bagnarsi. 

Allora solo s’avvidero del pas? tranquillamente assiso tra loro, senza 
che nessuna potesse dire nè quando, nè come vi era venuto. 

Vergognose di essere state sorprese in flagrante, vollero fuggire, ma 

(1) Vedi ciò che l'A. dice di questa leggenda, nel fascicolo del magyio p. p. a 
Pag. 452 (N. d. D.). - 


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non lo potevano, i loro piedi parevano confitti come pietre al suolo. 

E il patè parlò così: 

« Veggo pur troppo che non potrà mai trovarsi sulla terra donna 
« paziente, discreta e capace di conservare un segreto. > 

« Non è molto lontano il tempo che il Sole mi avvisò in sogno 
« ch'io non permettessi a donna alcuna di approssimarsi di notte alle 
« sponde di questo lago. Io vi avvertii di questa proibizione e vi trovo 
« tutte quà non solo, ma macchinanti cose vergognose contro noi vecchi, 
« disobbedendo .così agli ordini di quegli che governa il mondo. » 

« Seucy, signora di questo lago, di cui le acque sono rese impure 
« dalle vostre impurità, non verrà più d'ora innanzi a bagnarvisi. » 

« La generazione che nascerà domani escluderà le donne per sempre 
« dalla ingerenza d'ogni affare di qualche gravità >». 

A queste parole le cospiratrici interrogarono come pazze: « Se tu 
non menti, dinne come e quando ciò potrà accadere? » 

« Eccovi ancora tanto impazienti che.perfino vi fate ardite di in- 
terrogarmi. Mi pensano mentitore quando sanzio ch'io sono un pate, 
che tutto scorgo attraverso della mia immaginazione ». 

Ed egli con le donne tutte fu a bagnarsi nelle acque del lago, di 
dove ciascheduna tornò con un sorriso sulle labbra e una speranza 
nel cuore. 

« Adesso, » disse il pair, « ciascuna ha nelle sue viscere il germe 
della vita. » In verità tutte erano gravide: egli le aveva fecondate tutte, 
senza che pure lo sospettassero. 

Fatto questo, il vecchio gaze, con una agilità impropria all'età 
sua, si arrampicò sulla Serra de Dubà. Colà giunto sciolse un grido 
prolungato: éééé... e si precipitò nel lago, la cui superficie restò tutta 
coperta di una polvere bianca. Era la polvere con cui il pai, che non 
era vecchio come pareva, aveva nascosta la sua giovinezza. 

Seucy, anch'essa si tuffava nel lago, lasciando come segno del suo 
passaggio nell'azzurro del cielo una via quasi bianca seminata di pic- 
cole stelle. 

Le donne piene di contento si contavano reciprocamente il lieto 
evento, dimenticando che tutte vi avevano egualmente assistito, e, prese 
talora da strani sospetti, che sparivano dinanzi alla realtà dei fatti, si 
esaminavano attentamente per esser certe che quello non era sogno. 

Dieci lune dopo, nel medesimo giorno ed ora, tutte partorivano, as- 
sicurando con ciò il futuro alle genti del Tenui. 

Tra i neonati vi fu una splendida bambina, che per la sua bel- 
lezza fu chiamata Seucy. La Seucy della Terra era il ritratto della Seucy 


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del cielo e crebbe fino all’età dei primi amori tanto pura, come la stella 
del mattino. 

Un giorno desiderò mangiare delle frutta del pihycan (frutto proi- 
bita alle donzelle che ancora non giunsero a pubertà, perchè ne risve- 
glia gli appetiti latenti), e s’internd nella foresta. Facilmente trovò le 
frutta desiderate, nè ebbe fatica in raccoglierle: alcune scimmie pochi 
momenti prima ne avevano fatte cadere una grande quantità, che fresche 
e appetitose stavano ancora sul suolo. La bella fanciulla scelse le più 
belle e mature e, raccoltele dinanzi a sè, cominciò a mangiarle. 

Tanto succolenti eran esse, che parte del succo, scorrendo tra i 
seni, scendeva a bagnarle le più recondite parti, senza che ella a ciò 
prestasse attenzione alcuna. 

Ne mangiò fino a saziarsi, e non tornò a casa che verso |!’ ora 
delle tristezze, contenta d’aver soddisfatto a un desiderio da lungo tempo 
nutrito. 

Però sentiva le membra come intorpidite da una sensazione strana 
non mai per lo innanzi provata. 

Mossa da un istinto materiale si esaminò attentamente e conobbe 
che la sua verginità non esisteva più, e che nelle sue viscere c'era qualche 
cosa di sconosciuto. 

Vergognosa, nulla disse a sua madre, e conservò gelosamente il suo 
segreto, fino a che il tempo non si incaricò di render noto il suo stato. 

Allora interrogata da quelli della tribù, che pure volevano vendicare 
l’ affronto sul violatore, nella sua semplicità contd la storia del pihyran. 

Dopo dieci lune essa ebbe un robusto bambino che superava in 
bellezza la madre, assomigliava al Sole. 

I Tenuiana, subito che seppero della nascita del bambino, lo pro- 
clamarono fuxdua e gli diedero il pomposo nome di /urupary, cioè 
generato dalle frutta. 

Aveva appena una luna Jurupary quando i suoi risolvettero di 
preparare e consegnargli le insegne di capo. 

Mancava però | sfa-tuxdua (sità: pietra, fvadua: capo), che occor- 
reva andare a cercare nella Serra do Gancho da Lua, e una parte della 
tribù si preparava già a tal viaggio. 

La direzione però delle cose era in gran parte in mano alle donne, 
per cui tosto si ebbero opinioni differenti, che presto divisero la tribù 
in due partiti. 

Gli uni volevano che tutta la tribù in massa si recasse a cercare 
la pietra, gli altri che vi andassero gli uomini soli, non potendo le 
donne toccarla. 


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Discutendo consumarono un’altra luna fino a che, non venne a 
porvi termine la sparizione di Jurupary. 


Che era intanto avvenuto di Jurupary ? 

Sua madre non lo sapeva. 

Era sparito, ma nessuno del villaggio sapeva come. 

Le donne attribuirono ai vecchi il ratto di Jurupary, e per quanto 
interrogassero inutilmente, loro intimarono di restituire entro il termine 
di un giorno il bambino, sotto pena, non facendolo, di essere sottoposti 
al « supplizio dei pesci », di essere cioè legati dentro l'acqua colla sola 
testa di fuori, e feriti, perchè fossero divorati dai pesci, attratti dal gusto 
del sangue. 

E per timore che essi fuggendo vi si sottraessero, li legarono im- 
mantinente, togliendo così ai poveretti ogni speranza di salvezza. 

Per tutti, preoccupati dagli avvenimenti correa lunga la notte, e 
nessuno ancora dormiva nel villaggio, quando sì udirono distintamente 
nella foresta i vagiti di Jurupary, e appunto nella direzione dell'albero 
di pihycan. 

Tutti furono a quella volta, e già sentivano chiaramente il respiro 
affannoso del bambino, quando tutto ritornò tranquillo. 

Cercando per tutto visitarono l'albero, ramo per ramo, i cespugli, 
le piante vicine; ma non rinvennero nulla che li potesse mettere sulle 
tracce del bambino, e non abbandonarono la foresta che alla sera. 

A notte però alla stess’ ora, nella stessa direzione si riudirono i 
vagiti di Jurupary. 

Cercarono, cercarono ancora, ben decisi se occorresse a non far al- 
tra cosa tutta la loro vita; ma non ottennero miglior risultato, 

La terza notte assediarono l’albero del pihycan, ma qual non fu 
lo spavento degli assedianti quando udirono i vagiti suonare in mezzo 
a loro, senza che potessero raccapezzarsi sul luogo di dove partivano. 

I vagiti erano tanto lamentosi che facevano male. 

Spaventati dalla stranezza del fatto, abbandonano precipitosamente 
la foresta, giurando di non più ritornarvi per cercare Jurupary. 

Non perciò i vagiti cessarono ; e se gli abitanti del villaggio più 
non se ne occupavano, |’ infelice Seucy ritirata sopra la più alta cima 
della montagna, piangeva la sua creatura e, udendo i vagiti del figlio, 
si addormentava fino ai primi giocondi albori del giorno. 

Passaron così tre notti. 

Una mattina allo svegliarsi, ella sentì che le sue mammelle] non 
contenevano più il latte che le faceva turgide all’ addormentarsi. 





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Desiderò di chiarire il mistero, e si ripromise di vegliare, ma 
quando cominciavano i vagiti di Jurupary, un torpore invincibile la 
prendeva, e s’addormentava d'un profondissimo sonno. 

Quando si svegliava le sue mammelle erano sprovviste di latte. 

Non seppe mai chi, durante il suo profondo sonno, si alimentava 
col latte del suo seno. . 

Cosi passarono due anni; ma col cominciare del terzo invece di 
vagiti erano canti, erano gridi, era il riso di un allegro fanciullo, di cui 
la poveretta sentiva risuonare la montagna; erano corse, erano lotte con 
esseri sconosciuti, che spesso sentiva ripercuotersi vicinissime a lei. 

E mentre egli cresceva tra le montagne del Tenui invisibile ma 
forte e robusto, la poveretta si faceva vecchia j e quando 15 anni dopo 
Jurupary la venne a curare, essa era ancora là, indifferente a tutto, seduta 
in quello stesso luogo, dove tante notti, senza saperlo, lo aveva allattato. 


Era nel tempo in cui le dacade (frutto di una palma) sono ma- 
ture, una notte di luna, notte in cui tornò a bagnarsi nel lago la Seucy 
celeste, che Jurupary riapparve nel villaggio in compagnia di sua madre, 
la Seucy della Terra. 

Era un giovinotto bello, bello come il Sole. 

I Tenuiana non appena seppero del ritorno di Jurupary, che ricor- 
dando che egli era il fux4wa eletto, trattarono tosto di consegnargli 
gli ornamenti di capo, per quanto vi mancasse ancora l'ifà-fuxdua. 

Jurupary già aveva ricevuto dalle mani del Sole alla vigilia del suo 
apparire, un matiry (specie di sacco, dove l’Indiano porta una quantita 
di piccole cose necessarie agli usi più comuni), in cui si trovavano rac- 
chiusi tutti i mezzi a lui necessarî per effettuare la riforma dei costumi. 

Sorrise delle gherminelle delle ambiziose donne, giacchè per quanto 
la popolazione fosse composta di una quantità di uomini, fratelli della 
Seucy della Terra, con tutto ciò non avevano voto deliberativo, tanto si 
piegavano alla volontà materna. 

La notte successiva al suo arrivo, al suono di nemdbé, mara:d, tauty 
i Tenuiana furono alla casa di Jurupary a presentargli le insegne di 
capo. 

Jurupary non le volle accettare, perchè non erano complete, ma 
ordinò agli uomini che nella notte seguente comparissero nella Serra do 
Canukè sulle sponde del Lago Muypa, dove si sarebbe trattato di affari 
comuni. 

_ Le donne, che fino allora erano le uniche a dirigere gli affari del 
paese, restarono tosto scontente per essere escluse dalla futura riunione, 


e si ripromisero di deporre colui, che in così cattivo momento avevano 
eletto a fuxdua, appoggiandosi per ciò fare al non aver egli ancora avuto 
gli ornamenti di capo. 

Jurupary in quella stessa notte levò fuori dal suo mary una pic- 
cola pentola e un pezzo di ‘xicantà (specie di resina), che pose sul fuoco 
dentro di quella. 

Dal primo bollore si generarono una quantità di pipistrelli, civette 
e altri simili uccelli notturni che si dispersero nello spazio. 

Dal secondo bollore nacquero are, pappagalli, perrochetti e altri 
simili uccelli, che alla loro volta si dispersero nello spazio. 

Dal terzo bollore ebbero vita una quantità di piccoli falchi e per 
ultimo 1’ uird-uass2 (aquila), pel cui mezzo egli si trasportò nella Serra 
do Ganho da Lua. 

Rapidi come una freccia giunsero sulla montagna, dove stava se- 
duta la vaga Renstalro (nome tariana della Luna), tenendo nella mano 
del cuore gli ornamenti di penne e dall'altra 1’ sfa-tuxdua. 

Renstalro vestì di propria mano Jurupary degli ornamenti di capo 
senza proferire una sola parola. 

Compiuta la cerimonia, Jurupary tornò al villaggio coi primi sorrisi 
del giorno, cosicchè nessuno seppe del grande avvenimento. 


Lungo il giorno le Tenuiana deliberarono di sapere ad ogni costo, 
per mezzo di spie, ciò che sarebbe accaduto nella riunione indetta da 
Jurupary. A tal fine furono scelte quelle che non avevano bambini 
immaturi. 

Già tutti stavano riuniti nella Serra do Canuké, quando apparve Juru- 
pary vestito da tuxdua. Sfolgorava nei suoi ricchi ornamenti. 

Lì parlò degli affari comuni, ordinando innanzi tutto che colti- 
vassero la terra, e rivelò le leggi che dovevano essere conservate segrete 
e regolare la loro condotta d'allora innanzi. 

Cominciò col dichiarare la sua costituzione duratura col nome di 
Jurupary fino a che il Sole illuminasse la Terra, proibendo assolutamente 
alle donne di prender parte alle feste degli uomini, quando stessero 
presenti gli strumenti speciali, che dovevano essere distribuiti nella pros- 
sima adunanza inaugurale. 

La violatrice di questa proibizione è per ciò condannata a morte, 
condanna che dovrà essere eseguita da chiunqua abbia pel primo cono- 
scenza del delitto, sia questo pure padre, fratello, marito. 

Così l’uomo che mostrerà gli strumenti o svelerà le leggi se- 
grete in vigore, ad una donna, sarà obbligato ad avvelenarsi, e quando 


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non voglia, il primo che lo incontrerà dovrà dargli la morte, sotto mi- 
naccia di incorrere nella stessa pena. 

Tutti i giovani che abbiano raggiunto l'età della pubertà devono 
conoscere le leggi di Jurupary, e prender parte nelle feste degli uomini. 

Le feste avranno luogo: 

Quando la chunaguyra (vergine) sarà deflorata dalla Luna (avrà 
i primi mestrui). 

Quando dovrà mangiare le frutta del pihycan. 

Quando dovrà mangiare della caccia della foresta. 

Quando dovrà mangiare della carne di pesce grande. 

Quando dovrà mangiare degli uccelli. Tutto ciò però, dopo che la 
cunhaguyra abbia passata una luna intiera, aspettando la sua ora, e ali- 
mentandosi con granchi, sauba e Jez, senza vedere, nè aver contatto 
con uomini. 

Quando sarà dato daducury di frutta, pesce, caccia o altro, come 
pegno di buona amicizia. 

Quando finirà qualunque servizio faticoso, come abbattere alberi, 
costruir casa, plantar vogo o altro simile lavoro. 

Tutti i suonatori di Juruparay devono avere alla mano una capesa 
(sferza in banfna) per isferzarsi reciprocamente in ricordo del segreto 
che tutti devono conservare. 

Tutti quelli a cui toccherà qualche istrumento dell’ Jurupary, (ciò 
che accadrà alla futura luna piena), saranno obbligati d’ andare a inse- 
gnare per tutte le terre del Sole le cose ora dette non solo, ma anche 
quelle che saranno insegnate nel giorno inaugurale. 

Quando la riunione finì, il fux4z4 Jurupary piangeva. Nessuno però 
osò interrogarlo. 

Quando poi scesero dalla montagna incontrarono lungo il cam- 
mino le donne che er#fno venute a spiare ciò che succedeva e le trova- 
rono trasformate in pietre. 

Tutte conservavano la fisonomia che avevano, quando erano vive. 

Che le aveva ridotte così? Nessuno lo seppe mai esattamente. Ciò 
che è vero è che là restò la stessa madre di Jurupary. Era colla faccia 
rivolta ad orierste, indicando colla mano del cuore in direzione al Lago 
di Muypa e coll’altra verso l'albero del pihycan, ringiovanita, e con un 
malizioso sorriso sul labbro. 


Dopo un così tremendo castigo però le Tenuiana, invece di 
ricredersi spaventate, si esasperarono vieppiù contro Jurupary, che 
adesso chiamavano dxzscan (cuor duro, nel dialetto uynamby) e giura- 


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rono finirla con esso per poter continuare a comandare secondo il pro- 
prio capriccio. 

Jurupary alla sua volta per evitare nuovi castighi risolvette di 
mandar a costruire una casa ben lontana dal luogo, dove vivevano, per 
poter quivi tenere le proprie riunioni 

Chiamò a tal uopo i cinque vecchi della tribù e diede loro gli 
ordini e le istruzioni necessarie, perchè si recassero sulle rive dell’Aiary 
(piccolo tributario dell’Issana) e là costruissero una casa con tutte le 
comodità volute. 

Però, disse Jurupary, partite la notte, perchè nessuno nel villaggio 
o sappia, e quando sarete già abbastanza lontani di quà, portate questa 
pussanga (talismano, feticcio) al naso, e voi vi troverete trasportati in 
un istante dalle nuvole nell’Aiary. 

Tosto che la notte .fu giunta a mezzo del suo corso, i vecchi la- 
sciarono il villaggio e quando ne erano già ben lontani, ciascheduno 
portò al naso le proprie ugne di tardigrado, (questa era la pussanga che 
avevano ricevuto) e prima che potessero pensarlo, si trovarono traspor- 
tati sopra una roccia che si inalza sulla riva dell'Aiary. 

Come non vi era nulla che potesse distrarli, in quel medesimo 
giorno scelsero il luogo dove si doveva elevare la casa, e fu dalla mag- 
gioranza dei vecchi stabilito dovesse sorgere su quella stessa pietra. 

Quando apparve il Sole del giorno dopo, essi diedero principio al 
loro lavoro, e cominciarono dalle porte, che furono finite in quello 
stesso giorno. 

Nell’altro giorno scavarono le stanze, che furono pronte prima che 
venissero le ombre della notte. 

Nel terzo fecero i sedili e gli altri accessori, che furono pronti 
prima di sera. 

Così in tre giorni la /urupary-oca fu pronta, e ciò perchè la pietra 
era ancora saguira (verde, non ancora dura). 

Mancavano 15 giorni a quello fissato per la venuta di Jurupary e 
i vecchi risolvettero di approfittare del tempo per esplorare i dintorni. 

Al primo canto del dua-dud (specie di rospo) si misero nel bosco,. 
diretti ad oriente. Camminarono lo spazio di un grido, incontrarono un 
largo cammino che seguirono, e ad un tratto udirono suoni, canti e risa. 

« Compagni » disse uno dei vecchi « qui vicino vi è un villaggio, 
cosa dobbiamo fare? » 

« Andare fin là » dissero gli altri; « siamo certi che non ci hanno 
da prendere come inimici, e giungeremo in buona oceasione : la musica 
ci dice che sono in tempo di festa ». 


— 667 — 

« Andiamo dunque fin là. » 

Appena i vecchi Tenuiana furono scorti dai Nunuiba, che subito 
fa a loro incontro per riceverli una schiera di vaghe giovinette, che li 
invitarono a prender parte alle feste date per le nozze della figlia del 
tuxdua. 

Nunuiba stesso venne a ricevere i nuovi arrivati e li condusse 
nella sala della danza, consegnando a ciascuno un maracà, segno di 
amistà e di pace quando viene dalle mani di un capo. 

I vecchi dopo di aver bevuta qualche cuéa di cachiry e di capy- 
tpinima, entrarono anch’ essi nel cerchio delle danze, avendo ciascuno 
una vaga giovinetta con sè. 

Queste nelle danze spiegavano tutte le proprie seduzioni, e con 
motti e discorsi cercavano eccitare i loro vecchi compagni. 

Vuol I’ uso che nei paesi del Sole non si ricusi nulla di ciò che 
è offerto : e i vecchi bevettero fuori misura e finirono per ubbriacarsi, 
e un d’essi si lasciò sfuggire queste imprudenti parole: 

« Che buona terra è questa, dove le giovinette sono tutte belle come 
era la nostra Seucy | Ma chi sa se domani non avranno da maledire 
il nostro arrivo fra loro, causa la legge di Jurupary! » 

Detto questo, si addormentò. 

Tosto le imprudenti parole corsero di bocca in bocca facendo 
l' effetto di un mulinello nella cascata. 

« È qualche tradimento tramato contro di noi, » disse una delle 
Nunuiba, dobbiamo quanto prima procurare di scoprirlo per averne il 
cuore netto. Domani ognuna di noi qui o in casa loro per seduzione 
© per sorpresa deve obbligarli a dirne ciò che vi è contro di noi. » 

Approvato il partito, decisero che alcune di loro si recherebbero 
il giorno dopo alla casa dei vecchi. 

E così fu fatto. 

Quando i vecchi tornarono in casa, già stavano là le più belle 
ragazze del villaggio da poco uscite dal bagno. 

Esse si affrettarono a condurli, affettuosamente abbracciandoli, dentro 
casa, dove avevano loro già preparate le amache e il cudiary colla più 
bianca e sana mandioca, da esse stesse raccolta. 

Terminata la leggera refezione i vecchi cercarono riposo sulle 
proprie amache: ma ciò non era quello, che le astute giovani deside- 
ravano. : 

Invano perd con mille seduzioni ed arti diverse tentarono far ri- 
vivere i morti sensi dei poveretti. 

Tutte le arti, tutte le seduzioni restarono frustrate; e al cader della 


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sera le fanciulle si ritirarono senza aver potuto nulla ottenere, promet- 
tendosi perd di ritornare il giorno dopo. 

I vecchi restarono guardandosi l’un l’altro, sconfortati senza ricam- 
biarsi una parola, fino a che la madre del sonno'non venne a traspor- 
tarli nel mondo delle immagini, essa che per quanto vecchia e brutta 
è amata da tutti i viventi. 

_ Ma se i vecchi durante il giorno fecero così cattiva figura, le cose 
mutaronsi in sogno. 

Le parti erano invertite. 

Essi gli intraprendenti ed ardenti, esse deboli e fredde erano vinte 
al secondo assalto. | 

Al sorgere del sole del giorno dopo, le giovani donne giunsero alla 
Jurupary-oca e trovati i vecchi ancora immersi nel sonno, approfittando 
dell’occasione, si introdussero nelle loro amache. 

Avvenne quindi che i vecchi quando si svegliarono gia a sole alto, 
si trovarono nelle proprie braccia appunto quelle, che nella notte ave- 
vano condiviso le immaginarie loro gioje. 

Facilmente si convinsero allora che non era stato sogno ma 
realtà. 

E le astute che conobbero l'inganno in che erano caduti, lungi 
dal tentare di dissuaderli, aumentavano la loro convinzione. 

« Perchè non soddisfacesti jeri i miei desideri, stancandomi in quella 
vece questa notte? » 

E le parole erano appoggiate da baci e carezze. 

« Amici il giorno passa senza sentirlo, andiamo a mangiare ». 

Alcuni momenti dopo tutti stavano mangiando, avendo ciascuno 
al fianco il frutto del suo cattivo dormire. 

Le Nunuiba, più che dalle carezze e dai baci, speravano col capy e 
il caxtry, giungere al loro intento, e forzavano i loro vecchi amanti a 
bere spesso dal curupy (vaso speciale pel capy), a cui essi allegri e con- 
tenti non tentavano di sottrarsi. 

Il Sole era già al mezzo giorno quando ebbero finito; e i vecchi 
furono immediatamente nell'amaca dove li seguirono le giovanette. 

L' ubbriachezza dà una certa audacia ed eccita anche i più freddi. 
Erano adesso i vecchi che cercavano eccitare le giovinette e, siccome 
con altro non potevano, era colle . dita che delicatamente le solleticavano, 
fino a che ciascuna non sentì trasformarsi in una umida fonte. 

E i vecchi si scaldavano al giuoco, e Ualri (famandua in baniua) 
in cui il piacere era più intenso, si pose a lamentare la rigorosa legge 
di Jurupary e a poco a poco contò tutti i segreti di questa. 


E così per |’ involontaria narrazione di Ualri le Nunuiba già ave- 
vano ottenuto lo scopo. 

E quando i vecchi si addormentarono, esse si ritirarono e ritornarono 
al proprio villaggio, e ripeterono ciò che avevano udito. 


Da quel giorno le Nunuiba più non tornarono alla Jurupary-oca. 

I vecchi già assuefatti a quella compagnia, passavano il tempo la- 
mentosi di tanta ingratitudine. 

Il ricordo era vivo e tutti i giorni avevano notizie delle belle Nu- 
nuiba da certi robusti fanciulli, che venivano a bagnarsi nel fiume. 

Una mattina Ualri incontrandosi in una schiera di questi, domandò 
loro, dove andavano. 

« A raccogliere wacè > (frutto di una gigantesca leguminosa), ri- 
sposero. 

' « Io pure vengo con voi, » disse Ualri, « voglio mandarne un 
paniere all’ingrata Diadue. » 

« Andiamo, » dissero i giovinetti, « qui vicino vi è una pianta 
che è stracarica di frutta, servirà per tutti. » 

Siccome l’uacucuyua era molto grande e i curumy (giovinetti, in 
lingua geral) non potevano montarvi, chiesero al vecchio di farlo, onde 
gittar loro le frutta 

E il vecchio li contentò, raccomandando però loro di non accen- 
der fuoco sotto la pianta. 

Già Ualri di tri i rami abbacchiava wack, quando i ragazzacci ac- 
cesero sotto un ampio falò per farvi arrostire le frutta. 

Il frutto è molto oleoso: un denso fumo involse l'albero in un 
istante. 

Sentendosi soffocare e poco sperando salute, Ualri appena ebbe 
tempo di prendersi tra ramo e ramo per non cadere, senza che al mo- 
mento si ricordasse pure dell’amuleto che portava al collo. 

I curumy mangiavano le frutta arrostite senza pure immaginarsi i 
tormenti per cui il vecchio passava; solo quando furono soddisfatti, 
spensero il fuoco. 

Quando il fumo si dissipò, notarono che dai rami dell'albero scen- 
deva una grossa liana fino al suolo, mentre prima quella non c’ era, e 
da quella videro scendere Ualri. 

« Nonno, che liana è quella che ti ha servito di strada? » 

« Ualri-puy (bava di tamandoa) » rispose egli furioso. « Già si dimen- 
ticano che mi andavano soffocando col fumo. Resti questa qual segnale 
per ricordare che dei monellacci volevano uccidere un vecchio >». 


— 670 — 

E portò al naso il proprio amuleto, e chiese pioggia, fulmini e 
tuoni : e fu tosto esaudito. 

E i ragazzi correvano da un lato all’altro per ripararsi dal temporale. 

Ualri di dentro la selva li chiamò, dicendo che vi era una casa 
per ripararsi. 

E levò l’amuleto alle nari e chiese di essere trasformato in casa, 
e divenne una casa, e i ¢urumy vi entrarono; e quando l'ultimo vi fu 
entrato, si chiusero le porte, e i ragazzi restarono così nella pancia di 
Ualri, ritornato uomo. 

E questa fu la punizione che Ualri diede ai malvagi ragazzi. 


Quando, giunta la notte, i Nunuiba non videro ritornare i ragazzi 
che erano andati a raccogliere wacz, furono colle madri dei perduti a 
dar nuova del fatto al fuxdua. 

E il fuxdua mandò a chiamare il pase per interrogarlo. 

E il gaze, dopo aver preso un poco di caragirà della luna e ac- 
ceso il suo sigaro di favary, fu nel porto a fare gli scongiuri necessari. 

Quando tornò disse: | 

« I curumy stanno dentro la pancia di uno di quei vecchi, che vivono 
« nella pietra; furono inghiottiti nel tempo del temporale che venne oggi; 
« e per salvarli bisogna preparare molto cafy e molto cax#ry per poter ub- 
« briacare domani i vecchi stessi, e vedere se quello che gli ha inghiot- 
« titi, li rivomita >». 

E immediatamente tutto il villaggio si pose all'opera per preparare 
le bevande volute. 

E il paz sali sul tetto della casa, di dove soffiava verso il luogo 
dove i vecchi si trovavano, grosse nuvole di fumo del suo #2%ary, men- 
tre annusava grosse prese di caragirz della luna. 

Intanto Ualri, dopo quella terribile vendetta, non toglieva più il 
talismano dal naso. 

Quando la notte volgevasi all'alba tutte le sue ossa parevano tra- 
sformate in strumenti, e si udivano distintamente i suoni che ne uscivano. 

I suoi compagni conobbero tosto che in Ualri vi era qualche cosa 
di straordinario. 

E Ualri prima del Sole sortì di cosa e volò. 

Il pate che stava ancora sul tetto della casa del fuxdua, lo vide e 
lo udì quando passò sul villaggio. 

Le giovani donne, non appena cantò il d4d-duda, partirono per Juru- 
pary-oca, e al loro giungere incontrarono Ualri già di ritorno, e Diadue 
già istruita dal paid, lo abbracciò con ogni mostra d'affetto. 


— 671 — 

« Buoni amici, veniamo ad invitarvi per venire nel villaggio, tutto è 
pronto, non si aspetta che il vostro arrivo per incominciare la danza, 
non lasciamo passare il tempo. » 

« Andiamo, » risposero essi. 

Quando si approssimavano al villaggio, Ualri lasciò il braccio di 
Diadue e volò su una palma, e le sue ossa cominciarono a suonare una 
musica festiva, che era a tutti sconosciuta. 

« Adesso, disse Diadue, beviamo e danziamo, stordiamo i nostri cuori 
fino a domani, » 

E il caxiry e il cagy erano sempre più offerti con frequenza, ma 
fino a sera Ualri stava in sè, mentre i suoi compagni erano già da molto 
tempo uhbriachi. 

E il pa:è, che aveva reso col proprio soffio più forti che di co- 
stume le bevande, restava meravigliato ch’egli resistesse tanto. 

E Ualri beveva, beveva e non ne risentiva niente, e quando venne 
la notte volò e ritornò a Jurupary-oca. 

« Adesso, gridò il fas6, è il momento di togliergli l’amuleto che lo 
protegge, adesso che va a passare un istante assopito: ma occorre met- 
tersi già in cammino. » 

Tosto Diadue si pose in cammino insieme con alcuni compagni, 
e quando arrivarono nella casa, Ualri già stava in piedi e dalle sue 
ossa esciva quella stessa musica festiva già udita, però a tutti sconosciuta. 

E l’urutauy (uccello notturno) cominciò a stridere sulla via, ed 
egli rivolò nel villaggio. 

E Diadue coi compagni tornò correndo, e quando giunse nella 
sala della festa, Ualri era seduto in un canto, e dalle sue ossa usciva an- 
cora quella stessa musica festiva, ma molto sommessa. 

Il pasé allora disse al fuxdua, che i fanciulli erano morti in quel 
momento. 

« E adesso, per esempio ai suoi compagni, finiamola con lui, prima 
che ci sfugga e ciò sia impossibile. » 

E unse gli uomini, che dovevano impadronirsi di Ualri di manufa 
(pianta usata dagli indigeni come profumo e come medicinale contro 
le emorragie), unica pussanga che potesse vincere la maracaimbara che 
lo difendeva. 

E ordinò a Diadue che nel tempo della lotta profittando di un 
momento favorevole cercasse di togliere la maracasmbdra che Ualri na- 
scondeva dentro il naso. 

Fu fatto come aveva detto. 

Quando il Sole arrivò nel mezzo del cielo, il fa: entrò nella sala 


— 672 — 
e si precipitò immediatamente sopra Ualri, e i due non fecero che uno, 
e caddero al suolo. 

Gli uomini che stavano già pronti, nascosti nella sala di digiuno 
delle fanciulle. corsero sul luogo della lotta, muniti di corde per le- 
gare Ualri. 

Diadue gli si gettò tosto alla testa per togliergli l'’amuleto, ma egli 
conoscendo la sua intenzione, con un supremo sforzo tolse con una 
mano la maracaimbàra dal naso e l’inghiotti. 

Dalle ossa di Ualri, nell’ardor della lotta, usciva una musica spa- 
ventosa. 

I suoi compagni mal desti e colla mente pesante per l’ubbriachezza, 
assistevano a ciò colle braccia al petto. | 

Dopo una lotta di due spazî di tempo restò vinto Ualri, perchè 
il fai? gli gettò in cima una ¢uta di manufa grattata, che immediata- 
mente gli fece perdere le forze. 

E fu legato e trascinato in mezzo alla sala; e allora egli domandò 
ai suoi nemici : 

« Perchè mi fate questo? » 

« Tu non sai perchè? Che cosa hai fatto dei fanciulli che furono 
a raccogliere wacà ? » 

« È per questo? Essi mi vollero far morire, ed io mi vendicai. » 

« S'essi attentarono contro la tua vita, non fu sapendo. Erano in- 
nocenti fanciulli e non conoscevano che due cose nella vita, la dol- 
cezza dei frutti che cercavano per mangiarli nel bosco, e la dolcezza 
del seno delle loro madri dove a notte si addormentavano stanchi 
delle fatiche del giorno. » 

« Volesti ignorarlo, perciò tu morrai pagando colla vita la malvagità 
del tuo cuore. Quando gli wacurdua cominceranno a volare sulle nostre 
teste, tu morirai. > 

« Giacchè debbo morire », disse Ualri, « mi pongano in cima di un 
rogo, col petto rivolto al cielo. E quando il mio corpo starà ardendo, ti 
prego di venire a guardare sul mio ventre perchè è di quà che ha da 
uscire la mia pussanga; prendila e dalla a Diadue come ricompensa del 
tradimento che mi ha fatto. » . | 

E quando il Sole spariva e gli uacurdua cominciavano a volare, con- 
dussero il condannato sul luogo del supplizio. 

E lungo il cammino le sue ossa cantavano una nuova musica e il 
pare disse al tuxdua: 

« È la musica di Jurupary. » 

E quando Ualri vide il rogo su cui doveva morire, esclamò : « amara 


— 673 — 
Diadue ! Non sapeva che la tua bellezza mi avesse da costar così cara! 
Ma sii certa e stampa questo ben nella tua mente: domani sarò vendicato. » 

Il Sole era sparito e numerosi sulla testa dei Nunuiba volavano 
gli wacurdua, e il paid fece gettare sul rogo il condannato. 

Dalla bocca d’ Ualri non sortì un gemito. 

Quando il suo corpo cominciò ad ardere, il fai si approssimò per 
vedere se ne usciva la maracaimbàra. In questo momento si udì un 
rumore spaventoso che scosse la Terra e, dal ventre d'Ualri uscì e si 
sollevò una passyua (specie di palma), che s'inalzò fino a battere con- 
tro il cielo. 

Nello stesso tempo un vento impetuoso spazzò parte delle ceneri 
d’ Ualri e le depositò nella vicina foresta e, quando tutto ritornò in 
calma, da questa partirono grida e canti, come di gente. 

Quelli che assistevano, fuggirono spaventati al vedere tante cose 
straordinarie in così poco tempo. 

Il pase fu l’unico che restò vicino al rogo, fumando il suo fauary, 
prescrutando l'avvenire attraverso la sua immaginazione. 


Nel villaggio nunuiba nessuno dormì in quella notte, aspettando il 
ritorno del gaéé: ma venne il giorno e il fai? non apparve. 

E allora il fuxdza Nunuiba risolvette di andare a cercarlo coi suoi 
guerrieri, e quando si approssimarono alla palma colossale, udirono di- 
stintamente la voce del fasè che diceva: 

« Più oltre neanche un passo, se non volete sperimentare i do- 
lori ch'io soffro. Dalle ceneri di questo myra wugarra (antropofago) 
non solo nacque una nuova specie di gente, ma un’ infinità di animali 
velenosi, contro cui la mia scienza quasi nulla vale: e questa nuova 
gente mi ha lanciato sassi tutta la notte. Il mio fauary e il mio caraiurà 
none ebbero forza di far sì che io ne potessi palpeggiare l'ombra: io 
sono vinto, essi sono più poderosi di me. Questi animali che stanno sul 
mio corpo sono terribili ». 

Ma il fuxdua e i suoi guerrieri non si curarono delle sue avver- 
tenze e si avvicinarono a lui. 

A pochi passi dalla palma serpi e insetti velenosi di tutte le specie 
si gettarono contro Nunuiba e i suoi guerrieri, che per quanto destri, non 
poterono sfuggirli e tutti furono morsi e appena morsi, urlando si con- 
torsero nella polvere. 

« Adesso, disse il fasè, soffrite il frutto della vostra ostinazione, fin- 
chè non appaja alcuna donna che ne possa dare il rimedio ». 

Tutti gli occhi si voltarono al villaggio. 


— 674 — . 

« Diadue viene a questa volta. Ch’ ella vada all’ ygarafé e torni con 
acqua >. 

E trasmessole l'ordine, Diadue fu allo ygarapé e tornò con un 
curuatà pieno d'acqua, e lo depose ai piedi del fasè. 

« Adesso, « disse questi, » sieditici in cima e lava dentro le tue 
parti genitali, e dammene poi l’acqua da bere >. 

E così fece Diadue, e quando il pase ebbe bevuto, in quello stesso 
momento caddero al suolo tutti gli animali, che lo tormentavano e ces- 
sarono tutti i dolori. 

E passò l’acqua ai compagni che furono tosto liberati, mentre le 
focandira, ì ragni, le serpi e gli altri animalucoli velenosi ne restarono 
mortalmente avvelenati. 

« Prima di lasciare questi luoghi, dove ebbero origine, oltre a questo 
popolo di gente invisibile, senza legge nè cuore, tutti questi animali vele- 
nosi che prima non esistevano, uditemi e saprete. > 

« Contro questi noi tutti possediamo il contraveleno, l'uomo per la 
donna, la donna per l’uomo, ma nessuno si può curare da sè; il con- 
tatto della parte offesa col sesso differente o l’acqua, in cui questo fu 
lavato, non potendo altrimenti, è sufficiente. » 

« Queste erbe che vanno nascendo intorno alla fassyua sono tutte 
terribili maracaimbàra se usate per far male, pussanga se per far bene. » 

« La radice di questa liana è un veleno potentissimo e, unito al 
pungiglione di questi insetti, basterà sia posto in contatto del sangue 
per uccidere istantaneamente, è I’ uirary. » 

« Ma anch'esso ha la sua fwssarga, gli escrementi umani, quelli 
dei vermi della spiaggia, il sale, la spuma delle cascate, sciolti nell'acqua 
e bevuti renderanno sano chi li beverà. » 

« Ma quanto a questa nuova gente che d'ora innanzi chiameremo 
Uancten-mascan (gente dell’jurupary, in dialetto tucana) saranno d' ora 
innanzi nemici di tutti i figli del Sole. » 

« Sono esseri forti, superiori al mio potere e con tutta la mia scienza 
di fast non potei palpeggiarne l’ ombra. » 

« Adesso che ho detto, torniamo al villaggio; stia attento però cia- 
scheduno alla propria testa, gli Uancten-mascan, benchè invisibili, ci 
getteranno contro tante pietre, che sarà impossibile che qualcheduno 
non resti ferito. » 

E quando cominciarono a tornare al villaggio, cominciarono da tutti 
i lati a cader pietre, e pochi furono che non restarono feriti. 

Diadue ebbe sulla fronte una grande sassata, che la gettò a terra 
svenuta. 





Il pasé e ul. faxdua la condussero a casa. 

Rumori di genti invisibili turbarono, lungo tutta quella notte, la 
pace del villaggio. 

Diadue col tempo guarì, ma la ferita le mutò completamente la 
figura. 

Quel volto, che era stato lo specchio della bellezza nunuiba, era 
orrendo. : 
E poche lune dopo, Diadue andando a bagnarsi dove l’acqua 
ristagna al pie’ della cascata, restò spaventata della propria bruttezza, 
che scorse riflessa nelle acque, e disperata si gettò nei gorghi della 
cascata, dove disparve per sempre. 


Jurupary ebbe notizia della trista fine d’ Ualri. Una farfalla nera 
gli si posò sulla mano e vi lasciò una calda stilla di sangue; egli. sentì 
allora venirsi meno il coraggio. 

Viveva nella tristezza in quel luogo, dove un triste .dovere ai giu- 
stizia lo aveva indotto a punire la propria madre, | 
i ‘Che cosa era successo sulle rive dell’ Aiary? 

Era in sua mano il saperlo, bastava :ricorresse al suo ‘mafiry; ma 
si insignorì di lui uno scoramento profondo, che lo riduceva quasi 
allo stato di pazzo. ; 

Rumori sinistri risuonavano per la montagna accompagnati da ge- 
miti dolorosi. 

Quando dormiva, gli apparivano le sue vittime . -schernendo. la sua 
acangatdra (insegna dei capi in penne, con cui si ornano la testa) e molte 
volte giungevano perfino a sputargli in faccia: ed egli sopportava. tutto 
con rassegnazione. Sua madre stava sempre alla testa delle beffeg- 
giatrici. i mo 
Le Tenuiana non lasciavano intanto di conginrare contro di lui e 
lavoravano giorno e notte per sollevare i loro figli contro di Jurupary. 
Ma questi, più prudenti di quelle, rifuggivano dall’ obbedire, mostrando, 
per iscusarsi, le figure delle donne già mutate in pietre; dove stava scol- 
pita la storia della loro intonsideratezza. © °°.» 

E dinanzi a tante contrarietà Jurupary si sentiva ogni giorno più 
disanimato, e quasi pazzo si diresse un giorno al luoge dove stavano 
le sue. vittime e si gettà gemendo ai piedi della sventurata : sua madre 
e svenne. 

Quando tornò in i sò, il Sole giù alto splendeva ‘sul volta di “sua 
madre; e allora egli s si nicordò che aveva una missione e che doveva 
compirla. iO STAR . 


Abbracciò quella fredda donna di pietra, fece una promessa che 
le sue lagrime confermarono, e discese al villaggio. 


Quando il giorno dopo, il Sole giunse al mezzogiorno, il sauté (specie 
d’ enorme tamburo) suonò, chiamando gli uomini a riunione. 

E. gli uomini si riunirono e quando furono tutti, Jurupary disse: 
« Quando /acy-tatd (Venere in nheengati) starà alta come una mano 

riunita, voglio che tutti vi troviate nel luogo della nostra prima riu- 
nione: dovete però uscire di casa senza essere pure sentiti dalle donne. > 

.« Prima però, a notte, vi dovete bagnare nel lago e sfregare il corpo 
con foglie di genifa (arbusto usato come anti-afrodisiaco) e ritornando 
in casa deve ciascuno mettersi in bocca un pugno di wosca (granturco, 
in cubéua) avendo cura di conservarvelo fino a'che non siate giunti in 
mia presenza. Chi non farà secondo le mie parole, diverrà muto. > 

« E se adesso le donne vi domandano: perchè foste chiamati?, ri- 
spondete: che vi chiamai per mostrarvi un grande wgà (Granchio), che 
io presi nel lago. » . 

E i Tenuiana notarono che Jurupary stava triste, e i suoi occhi 
indicavano che aveva pianto: e Jurupary alla sua volta conobbe che 
tra la sua gente.v’ era alcuno tanto innamorato della propria donna, che 
non avrebbe forse saputo conservare il segreto : e per togliere ogni occa- 
sione ordinò il bagno di genifà ed il granturco in bocca. 

Tosto che gli uomini giunsero alle proprie case, le donne dissero 
loro: « perchè foste chiamati ? » 

« Per vedere un grande «2 che il fuxdwa prese nel lago. » 

« Dunque è già tempo in cui gli #72 vengano in terra? » 

« Certo, se uno ne uscì, è probabile che ne escano molti. » . 

« Se così è », dissero le donne, « noi andremo questa notte ad 
aspettare gli usd sulla sponda del lago. » 


E Jurupary appena venuta la notte, volle conoscere ciò che accadeva 
della sua gente nell’ A4iary, e trasse dal mafiry una piccola pietra co- 
lorata e ordinò che gli rappresentasse ciò che era accaduto dei suoi. 

Gli piacque la Jurupary-oca, ammirò la bellezza delle Nunuiba, rise 
dei vecchi, ma quando giunse ad Ualri e alla sua vendetta, gettò la 
pietra. contro l'albero, che reggeva nel centro il tetto della casa. 

La pietra si sfece in polvere e questa si convertì in lucciole che 
vennero a iagudiciare l'oscurità della notte. 


Quando Zacy-fatà era all'altezza indicata, i Tenuiana uscirono dalle 





cs 


si 


— 677 — 

proprie case, e le donne che erano ad aspettare gli usd sulla sponda 
del lago, non lo sospettarono neppure; essi sì incamminarono verso la 
montagna e quando vi giunsero, Jurupary già vi stava seduto nel centro 
di una larga stuoja di saruman (specie di palma), su cui ordinò pren- 
dessero tutti posto per meglio udirlo. 

« Ieri a notte feci una promessa che ho da compire, e voi tutti con 
me, che avete le vostre madri vicino alla mia. > 

« Fui costretto a dare un saggio del mio potere, perchè anche quelli 
che non sanno ubbidire, lo rispettassero, e queste pietre lo dimostrano. » 

« Però non fu ancora sufficiente: e quelle donne che ora ‘stanno 
sulla sponda del lago, pensano che avendomi eletto ‘uxdua, mi dove 
vano tenere schiavo della loro volontà, ma tutti che mi ascoltano, sanno 
che io sono venuto per riformare gli usi e i costumi degli abitanti 
di tutti i paesi. > 

« Quando saremo sulle rive dell’ Aiary, vi dirò ciò che dobbiamo 
fare: ma in verità chi non compirà i miei ordini, sarà punito in un 
modo terribile. » | 

Si tacque. La gente che non moveva palpebra fino a tanto che 
egli parlava, attendeva che continuasse; ma dalla sua bocca non uscì 
più una parola. 

Guardava distratto Zzcy-fatà, quasi stesse conversando con lei. 

I Tenuiana quando videro che non vi era più motivo per stare 
attenti, andarono a stendersi sulla stuoja, fino a che la madre del sonno 
non venne a separarli dal proprio spirito. 

‘ Quando si svegliarono al soffio del vento che mormorava tra le 


foglie della foresta, si trovarono ancora sulla stuoja, dove si erano asso- 


piti, ma però sulle rive dell’Aiary sopra la Jurupary-oca. 


« Sappiate che stiamo sulle sponde dell’Aiary », disse Jurupary, « e 
prima di abbandonare questo luogo, dove d’ora innanzi terremo le no- 
stre riunioni, vi insegnerò il da farsi, giacchè non voglio più punire 
nessuno. > 

« Gli uomini devono avere il cuore forte per resistere alle seduzioni 
delle donne, che molte volte cercano ingannarne con carezze, come 
avvenne coi vecchi, che io mandai qui. » 

« Se le donne della nostra terra sono impazienti e curiose e ciar- 
liere, queste sono peggio e più pericolose, perchè conoscono parte del 
nostro segreto. > 

« Pochi resistono ad esse, perchè le loro parole hanno la dolcezza del 


‘miele delle api, i loro occhi hanno l'attrazione del serpente, e tutto il 


loro essere ha seduzioni irresistibili, che cominciano per piacere e fini- 
scono con vincere, » © i 

« Queste mie parole non sono per farvi fuggire il contatto delle 
donne, ma solamente perchè possiate resistere loro, ed esse non si impa- 
droniscano del nostro segreto, che gli uomini soli possono cono- 
scere, > | 

« Ual:i, benchè veechio, e curvato dalla maturità dei suoi anni, 
coi sensi già freddi, si lasciò pur sedurre da costoro, rivelò parte dei 
nostri segreti, ma pagò colla vita il tradimento. » 

« Chi crede di essere abbastanza fermo di mente e forte di cuore 
può affrontarle. » 

« Ed ora entriamo in casa, ma quando la notte giunga al mezzo del 
cielo dovete tutti ritrovarvi qui. » 

Quando entrarono nella Jurupary-oca incontrarono i quattro vecchi 
vicini a morire di fame. 

‘ Dal giorno successivo alla morte di Ualri si erano raccolti li den- 
tro, disposti a lasciarsi morire di fame, perchè non trovavano una scusa 
con cui mostrare l’assenza del compagno. 

Non appena Jurupary li vide, che conobbe subito il loro pensiero, 
e disse: 

€ Credete dunque che la morte possa fare sparire la leggerezza che 
avete commessa ? » 

« Non vi è grande vergogna per un giovane essere vinto da una 
donna, ma quando i capelli gia dicono che la gioventù corre lontana, è 
una leggerezza degna di castigo. » 

‘ « E adesso alcuni di voi vadano nel bosco e mi portino foglie di 
yuacàua (aenocarpus bacaba) perchè senza dimora possiamo pescare; oc- 
corre salvare questi vecchi insensati. » 

E vennero le foglie di yuacdua ; ed egli le intrecciò insieme e tolto 
-dal ‘suo matiry un pezzo di resina di curazarò (batracio, che si fa un 
nido, dicono, con resina di piante aromatiche), con. questo strofinò la 
nuova rete e ordinò che andassero con essa a pescare nel fiume. 

Quandoi pescatori raccoglievano la rete a terra, saltando fuori del- 
l’acqua, entro per la porta veniva una tal quantità d’ bind (piccola rana), 
che la sala principale ne fu presto ripiena. 

_. © Preparate da mangiare pei vecchi; poi ciascheduno s'occupi di sè. » 


Venne l'ora della riunione, e i Tenuiana si trovarono sulla casa di 


Jurupary. E . . 3 
« Prima di continuare a dirvi. le leggi che: devonò îegolaîe ‘gli usì 








— 679 —. 
e i costumi della gente di questa. terra » cominciò Jurupary, € vo: 
glio innanzi raccontarvi una storia che ci riguarda: 

— Nel principio del mondo il Signore di tutte le cose apparve sulla 
Terra e vi lasciò un popolo tanto felice, che passava solamente la vita 
in danzare, mangiare e dormire. 

In quel tempo gli usi degli abitanti della Terra non permettevano 
che nessuno danzasse con altre donne che ia propria, sotto pena di 
doversi colle proprie mani dar morte od essere bruciato vivo. 

Tosto che nasceva alcuno, i genitori gli procuravano il compagno per 
evitare che si trovassero soli più tardi. 

Ora avvenne che le donne nascevano in maggior numero cosicchè 
superarono il numero degli uomini e il fux4x4 mandò a costruire un 
luogo, dove si raccogliessero le zitelle, aspettando che si potesse loro 
dare uno sposo. ‘ 

E in un luogo separato erano pure raccolti i vedovi e quivi aspet- 
tavano la morte, giacchè si considerava che colla perdita del compagno 
la loro missione fosse finita. 

Una vaga fanciulla già stanca di aspettare che il tempo le desse 
uno sposo, risolvette fuggire e cercare la morte nella tristezza della fo- 
resta, unico rimedio che le suggeriva il suo infortunio, giacchè non 
sapeva che esistesse un altro popolo dove potesse rifugiarsi. 

Prima dell'alba sorti dal villaggio, . seguendo il cammino del Sole 
e promettendosi di non più ritornare. 

Camminò tutto il giorno e a sera si rifugiò nella sapupema (radice 
piatta) di un albero e vi dormi. 

Quando la notte era già oltre la sua metà, si svegliò ed udì di- 
stintamente risa e discorsi di gente. 

In principio pensò quello essere effetto di sogno e corse colle mani 
agli occhi, ma sentì che stava sveglia, e allora si persuase che quella 
era gente e che lei si trovava vicina a qualche ma/oca. 

Ella udì perfettamente la voce fresca di un giovane dire: 

« Ieri, quando stavo pescando con 4méi nell'ygarapé Dianumion, vidi 
passarmi vicino una ‘giovane donna che però mi parve molto triste, al- 
meno così mostravano ‘i. suoi occhi che erano pieni di lagrime. » 

« Io volli parlarle, ma era tanto triste che non lo osai, e la lasciai 
passare e ‘non la importunai rispettando col mio silenzio il suo 
dolore. » 

« Era bella come un coaracy-uird (uccello del Sole) ; e venne in que- 
sta direzione, > 

« Facesti male, » dissero altre voci, « tosto che apparirà il Sole, 


— 680 — 


l'andremo a cercare, giacchè essa è certamente della tribù dei Biandcas,' 


forse smarrì il suo cammino ed ora vaga senza sapere come ritrovarlo. » 


« Se l'incontriamo le proporremo se vuole essere sposa del figlio del 


nostro ¢uxdua, e s'ella riluterà, noi la ricondurremo ai suoi, » 

Essa udì questo discorso e fu tentata di buttarsi nelle braccia dei 
suoi salvatori. 

Quando il Sole cominciò a tingere in rosso le radici del cielo, ì 
giovani mossero a cercare le orme della fanciulla, e seguendole, s' imbat- 
terono nella sagufèma dove si era rifugiata. 

Quand’ essa sentì avvicinarsi il rumore dei suoi cacciatori, finse di 
dormire; e questi si avvicinarono a lei, e il giovinotto figlio del fuxdua, 
a cui era stata promessa la sua mano, restò realmente incantato dinanzi 
a così bella fanciulla. i | ° 

Egli si assise vicino alla dormente e, accostando la bocca all’orec- 
chio di lei, mormorò: 

« Bella fanciulla, che fai così lontano dalla tua patria? -» 

Ed essa finse di svegliarsi allora, e volgendo gli occhi intorno spa- 
ventata diè un grido, e cominciò a versare lagrime dirotte che spensero 
il fuoco dei suoi occhi. 

« Bella fanciulla, che fai così lontano dalla patria? » 

« Io cerco la morte. » 

« Sei tu dunque tanto infelice da cercare la morte? Quando si hanno 
occhi che brillano come il sole, capelli neri che splendono come le 
stelle del cielo, labbra soavi come la pelle d'eskazin (piccolo sdentato 
dal finissimo pelo), mammelle intatte che odorano come i fiori di um:ry, 
chi si assomiglia alla yudcaua come può essere infelice? » 


« E pure non sempre la giovinezza » disse la fanciulla « porta’ 


la felicità con sè, io sono una di queste infelici, alle cui pene può 
solo la morte dare un rimedio. » 

« Se è nelle mie mani il por fine al tuo dolore, dimmelo, perchè 
se sarà necessario andar fino dove finisce il mondo, a cercare il tuo riposo, 
io e questi miei compagni anderemo dove finisce il mondo, pur di ri- 
sparmiare il pianto che versi e che già sento bruciarmi il cuore. Spo- 
siamoci che saremo felici; ma se vuoi ritornare dai tuoi, io ti ricon- 
durrò, ma in verità il mio cuore resterà con te. » 

. « Bel giovine, giacchè tu ti conduoli della mia sventura, io sarei una 
ragazza senza cuore se ricusassi ciò che offrij da questo momento son 
tua, puoi condurmi teco, che da questo momento sarò tua compagna 
fino a che la morte non ci separi. Una cosa però ti chieggo: non do- 
mandarmi mai quali cause mi condussero qui. » 


è ated 


— 681 — 

« Ti prometto di non domandarti mai quali cause ti condussero qui, 
perchè non sei la sola che hai da sofirire il veleno di nuove ferite. Al- 
zati e andiamo alla mia ma/oca dove incontrerai ‘uomini, di cui già sei 
signora. > SE j 

E quando oltrepassavano ‘le sorgenti del Dianumion, il giovine fece 
soffermare la fanciulla e le chiése che pestasse le faglie di un’erba che 
gli offrì e con quelle si fregasse tutto il corpo e si tuffasse- nella sorgente. 

Ed essa fece ciò che egli disse, e qiiando sorti dal bagno, era tra- 
mutata in sacamy (agami) come lo erano tutti i suoi. compagni. 

La fanciulla era entrata a far parte della tribù degli Jacamy. 

Alcune lune dopo Dinari (questo era il nome della donzella) sentì 
nelle sue viscere che era prossima ad esser madre, e lo disse al marito. 

Si posero tosto a fare un nido per deporvi le uova, e Dinari era 
contenta, perchè già immaginava vedere intorno a sè i suoi peluti pulcini. 

Passò una luna, venne la seconda, entrò la terza e già Dinari non 
poteva reggersi in piedi, e allora entrambi conobbero che: la pussanga 
non l'aveva completamente trasformata, e che per quanto ella fosse mu- 
tata in uccello ciò che aveva nel ventre erano esseri umani. 

Ella allora domandò al marito che le restituisse la sua prima forma 
per così sfuggire ad una morte certa e salvare i figli che già davano 
segnale di vita. > 

E il marito la condusse fino al Dianumion e, fatta la stessa pussanza, | 
gliela diede a bere e la tornd come era prima. | 

Quando Dinari completò dieci June, diede alla luce un maschio e 
una femmina. a 

E la femmina aveva un mucchio di stelle nella fronte, e il inaschio 
dalla fronte fino ai piedi un serpente di altrettante stelle. 

I due bambini nulla avevano della razza del padre, somigliavano. 
a quella della madre, avendo in più le stelle con che nacquero. 

Quando giunsero all’età della puerizia, un giorno il maschio do- 
mandò a sua madre perchè voleva tanti :/294y (agami, in uynamby), che 
non servono ad altro che ad incomodare chi dorme la notte. 

.. © Prima che voi nasceste, non avevo con chi passare il tempo, e 
mi diedi ad allevare questi uccelli; ed ora io li amo come’ amo fe e 
tua: sorella, e ti chiedo che tu non faccia loro mai male; sono buoni 
compagni, ed io morrei di dolore se mi fuggissero un giorno. Domani 
io devo andare molto lontano di qua, a cercare il nostro vitto, e ‘a ciò 
non. restiate soletti, una parte di loro avranno da restare a far compa 
gnia a te e a tua sorella. » ° 

Il fanciullo non domandò più nulla, si pose a fare due archi e 


— 682° — 
freccie quante più potè, per csperimentarle neil’ ‘assenza della madre 
contro gli tacamy, 

I fanciulli dal giorno the erano nati dormivano soli, chiusi dentro 
una stanza, dove nessuno era mai entrato di notte. 

Quella notte Dinari aveva il cuore inquieto; girava per la casa a 
casaccio, fino a che non le venne un desiderio irresistibile di ‘vedere i 
propri figli, e penetrò nella stanza dove stavano dormendo. 

Essi dormivano e le stelle che avevano sul loro corpo brillavano 
come le stelle del cielo, e quando Dinari vide ciò, si ritrasse spaventata. 

Presa da un terrore che non comprendeva, chiamò il marito perchè 
vedesse come quelle stelle brillavano. 

Ed il marito venne ed entrarono insieme dove dormivano i i bambini. 

Egli restò lungamente guardando senza dire una parola, uscì fuori 
e interrogò Dinari : 

« Che cosa vogliono dire queste stelle nei nostri figli è » 

« Non so. > 

« Non gli avrai avuti con un altro questi bambini? » 

« E quando io poteva esserti infedele, se noi non ci siamo separati 
mai? In verità mi pare che tu voglia gettare sopra di me ciò che devi 
attribuire alla sola madre delle cose. » 

« Se i tuoi figli fossero miei, tu avresti prima deposte le uova, da cui 
poi sarebbero usciti i miei veri figli, che mi somiglierebbero. Ma tutto 
sorti al contrario ; ed ora, perchè io dubiti ancora più, hanno delle stelle 
che brillano come quelle del cielo. Non ‘ti dirò più nulla, appena ti 
propongo che abbandoni questi bambini e fugga con me. » 

‘€ Io abbandonare i miei figli? giammai » 

« Tu ricusi? Puoi restare : domani non mi troverai più tra i miei, e 
senza che tt mi veda, ho da scoprire la cosa che tu mi occulti. » 

E detto questo sparì nel mezzo dell'ombra della notte. 

Quando venne il giorno non si udì cantare neanche un iacamy, 
appena l’«ruf2z4y sui lati della strada scioglieva le sue risate stridenti. 

Intanto il fuxdxa degli Jacamy insieme coi suoi si dirigevano vetso 
le rive del Dianumion, dove fecero un gran fuoco, gettandovi una quantità 
di frutta di piguià. 

E tutti si posero in ruota, e > quando farono tutti a posto, il più 
vecchio domandò: 

‘«’Perchè il nostro fuxdwa ci ha chiamati? » 

« Eccomi pronto a dirlo: penso che mia moglie mi abbia tradito. > 

« E perchè credi questa cosa? » 

’ « Essa non depose uova come le femmine della nostra tribù, e i suoi 


ua 


— 683 — 
fighi hanno sul corpo una quantità di. stelle, che brillano come le stelle 
del cielo. Sarà questo indizio di infedeltà ? » 1 

« Non vedi che nella tua unione, con una razza superiore alla no- 
stra, la madre delle cose doveva scegliere per essere fecondata la se- 
mente migliore ? » ' 

‘e Ma.... e le stelle? >» : 

« Dimmi la verità. Non ti corgiungeni. mai con Dinari dopo averle 
reso la sua forma primitiva.? » 

« Molte volte. » 

« Che posizione prendeva allora tua moglie ? 2 

« Colla faccia rivolta al cielo. » 

« Ora: tutto si sa. Essa sentiva più piacere nella sua primitiva forma 
che nella nostra, e fu in una di queste occasioni .che concepì, avendo 
dinanzi agli occhi le stelle del cielo, che lasciarono la loro immagine 
nei due bambini come ricordo di un momento pieno di dolcezza. Ed è 
per questo che tu l’accusi e forse già la volevi abbandonare ? Torna alla 
tua casa, mostrati amorevole coi tuoi figli e con tua moglie, chè in 
questo consiste la felicità degli sposi; e non accusar più tua moglie 
senza aver visto cogli occhi tuoi. > 

« Le tue ragioni son vere ed io ritornerò a casa: ora però voglio 
che per fare una sorpresa, ci tingiamo il dorso colla cenere di figuià 
perchè non ci riconoscano subito che ne veggano. » 

« Tu sai che siamo sempre pronti ad accompagnarti in tutti i tuoi 
capricci, ma noi però ti domandiamo che oggi stesso ritorni alla 
tua casa. > 

Quando apparve il giorno, Dinari partì per cercare da mangiare: 
e i suoi figli la videro perdersi nelle sinuosità del cammino comune. ‘ 

« Sorella, andiamo a provare le nostre freccie sugli iacamy. » 

« Andiamo. > 

E fecero un foro nella parete e da quello cominciarono a frecciare 
gli sacamy con tanta sicurezza, che nessuna freccia mancò la meta. 

E quando cadde l'ultimo di quelli che erano restati sul luogo, sor- 
tirono di casa per vedere quello che avevano fatto e portarono nella 
vicina foresta i resti dei poveri :#/29ay che tanto gli incomodavano di 
notte col loro canto. 

Terminata questa impresa, stavano per ritirarsi in casa, quando 
udirono il rumore degli altri che arrivavano : e subito furono a mettersi 
un'altra volta in agguato. 

Videro che avevano il dòrso cenericcio.e che non erano eguali a 
quelli che avevano uccisi, ma ciò non ostante cominciarono a prenderli 


di mira con tanta giustezza, che. pochi momenti dopo l'ultimo di quelli 
cadeva morto. 

: Non iscapparono dalla strage che alcune feminine che stavano 
covando. 

Così il fuxdua degli Jacamy moriva ucciso dai propri agli. 

Se Dinari non avesse avuto vergogna di rivelare ai figli la propria 
loro origine, non sarebbe mai accaduta questa grande strage, che oggi 
ancora la gente ricorda, ma essi ignoravano che legami esistevano tra 
la madre loro e gli sventurati sapay. 

Quando Dinari ritornò es’ imbattè in sangue da ogni parte, pensò 
che suo marito avesse ucciso i suoi figli, e corse dentro cusa e incontrò 
questi, che stavano tranquillamente giuocando, e domandò : 

« Che è oggi qua avvenuto che veggo sangue da tutte le parti? » 

« Molte cose, mamma, ‘una schiera di s2c4a:y dal dorso bianchiccio 
venne qui per far male a me e a mia sorella, e noi colle nostre frecce 
gli abbiamo uccisi tutti. » 

.« Dove stanno i corpì degli sacamy? » 

« Gli abbiamo ammonticchiati: al piede dell’ucuguy sulla strada. » 

Dinari corse immediatamente dove cresceva l’ucuguy, e restò spa- 
ventata dinanzi alla quantità di morti fatti dai due fanciulli, e in mezzo 
a. quelli. riconobbe il proprio marito e quasi pazza si gettò sul suo 
corpo dicendo: 

« Ahil troppo duramente fu punita la tua imprudenza! mutasti il 
colore del tuo dorso, perchè i tuoi figli ti uccidessero. » 

« Io darei tutto il mio cuore per non vederti morto, vorrei poterti 
presentare ai miei figli e dir loro il vincolo che ci univa! Adesso tutto è 
finito, ‘> 

Ed essa non volle più restare in quella terra, dove fu tanto felice 
e dove era adesso tanto disgraziata. 

Quando l’urumutò (specie di occo) annunziava l'alba, Dinari ed i 
suoi. figli partirono camminando ad oriente. | 

Cammiparono il giorno intiero e già quando il giorno intristisce, giun- 
sero sulla vetta di una montagna, donde scorgevasi la ma/oca dei Bianacas, 
e Dinari riconobbe la sua antica abitazione, si sedette sopra una pietra 
chiamò i suoi figli vicino a sè e abbracciandoli cominciò a piangere. - 

I fanciulli. vedevano la loro madre piangere a dirotto e non sape- 
vano perchè, e:il maschio domandò: 

« Mamma perchè piangi? Hai sete, hai fame? Dimmi ciò che ho da 
fare perchè tu non pianga. Se io dovessi rovesciare. questa montagna 
colle radici verso il cielo, io lo farò. » 





—_ 685 — 

« Non ho nè fame, nè sete, appena sto lamentando che domani do- 
vremo vivere sotto i rigorosi costumi di quella gente, per lo che ci do- 
vremo per forza dividere. Io andrò nella casa degli.inutili, tu in quella 
degli. scapoli e tua sorella in quella delle zitelle, d'onde ciascuno di 
voi non deve sperare d'uscire, finchè non incontri uno sposo ed io che 
venga la morte. » ” 

« E chi ha da consentire a simile separazione? Io certo no. In ve- 
rità ti ho detto che se fosse necessario rovesciare questa montagna colle 
radici rivolte al cielo, io lo farò, perchè lo posso; e acciocchè non 
dubiti delle mie parole, che i tuoi occhi veggano. » 

E il figlio di Dinari prese un maséo dell'altezza di tre uomini in 
piedi e lo scaraventò sul villaggio, e la pietra andò a tadere quasi in cima 
della casa delle zitelle, con un fracasso tale che la Terra ne tremò tutta. 

E gli abitanti della ma/oca uscirono dalle loro case e cercarono la 
causa di tanto fracasso. 

Nessuno riesciva a capacitarsi di ciò che era stato, quando videro 
in cima alla montagna due gruppi di stelle brillanti, che camminavano 
alla loro volta. 

Il fexdzsa fu il primo che vide quella novità e disse: 

« Volete vedere che furono quelle. stelle cadute dal cielo? In ve- 
rità solo un caso simile poteva far tremare la Terta e produrre ca- 
dendo un rumore così spaventoso. Andiamo a prenderle giacchè ‘1’ oc- 
casione è buona per avere per noi la bellezza delle donne. (Le macchie 
epatiche, che. sono considerate una bellezza e che si credono stille di 
sangue delle stelle cadute sulla terra). Se esse non hanno cattive in- 
tenzioni contro i figli della Terra, possiamo sperare di ottenere rimedi, 
di cui le nostre donne molto hanno da essere contente! Ma, o m’in- 
gannano gli occhi, o esse vengono alla nostra volta! In verità esse si 
muovono in questa direzione. Chi sa che non vengano da parte del 
Sole a portarci degli ordini di Uàn-Masquîn? Presto lo sapremo, ma 
per tutti i casi, armiamoci, perchè ben potrebbero essere venute dal 
cielo solamente per combatterci.. » 

« Chi oserebbe, gridò ‘il fexdua, venire ad attaccare i Bianacas, sa- 
pendo che noi saremo sempre i vincitori? » . 

Quando Dinari giunse presso la sua antica dimora si assise ap- 
punto in cima di quella grande pietra, che suo figlio aveva scaraven- 
tata poc'anzi e di cui non affiorava che una piccola porzione, l’altezza 
appena di due mani. 

I Bianacas corsero tosto ai nuovi arrivati formando intorno a que- 
sti un gran circolo. Nessuno riconobbe Dinari. 


— 686 — 

‘e Figli del cielo, disse il fsxdua, che volete da me? » 

« Un ricovero per me, per mia madre e mia'sorella per vivere 
in pace nella tua Terra. » 

Tutti restavano meravigliati di fronte a quel fanciullo, di aspetto 
tanto differente dal loro, e che parlava con tanto franchezza. 

Le sue stelle brillavano tanto che facevano tremolare la vista a quelli 
che le fissavano, e molti tenevano la mano avanti agli occhi per non 
restarne abbagliati. 

« Giacché tu dimandi solamente un ricovero per te e la tua fami- 
glia, » disse il fuxdua, «tu lo hai già: puoi per oggi accomodarti in 
questa casa, e domani metterò tutte le cose al loro posto. » 

« Bene » disse'il fanciullo, « le tue parole mi piacciono. Io e la 
mia famiglia, nati e cresciuti nella terra degli //apay, abbiamo usi e 
costumi differenti dai tuoi e siccome tu ami tutto al suo posto, so che 
io e i miei vivremo insieme secondo gli usi e i costumi nostri, > 

« E per mostrarti che penso come tu, vo di nuovo a rimettere nel 
medesimo luogo questa pietra, che gettai qua per avvertirti del mio 
alr Ivo. >» i 
E presa la pietra con una mano, la sradicò dal seno della terra e 
la gettò sulla montagna, dove andò a cadere rinnovando il rumore che 
avevano poc’ anzi udito. 

Gli astanti videro allora quanto era grande la pietra e restarono 
talmente spaventati, che la maggior parte sentì piegarsi le gambe sotto. 

Un fanciullo che era appena alto tre piedi, gettare alla distanza, 
per ben dire, di due gridi (quasi un chilometro), un masso come quello, 
che tutti loro uniti sarebbero stati incapaci’ di movere, era un fatto 
non ancora visto da che era nato il mondo. 

Dinari e i suoi figli entrarono nella casa, e i Bianacas si ritirarono 
spaventati. 

Nella casa vi era tutto il necessario. 

« Mamma, sai, domani mattina andrò in casa del fuxdua e egli mi 
ha da domandare come mi chiamo, tu non mi hai anche detto un 
nome e io già I’ ho scelto: io mi chiamo Pinon (serpente in tucano) 
e mia sorella Meenspuin (fuoco delle stella, in tariana e cubéua). » 

Gli abitanti dopo che si erano ritirati di là, si riunirono nella casa 
del fwxdua per sapere che cosa pensava di quella gente, figlia del: cielo. 

Gli uni dicevano che era bene permettere che restassero tra 
loro, perchè diversamente quel fanciullo potrebbe atrabbiarsi e distrug- 
gere quella ma/oca, gettando sopra tutte le case dei massi come quello 
che egli tornò a gettare sulla montagna. 


— 685 — 

Altri, che occorreva trattarli bene per non eccitare l'ira del fan- 
ciullo, che se ciò non fosse, essi potrebbero sentire gli effetti del male 
che gli causassero. - 

Le donne speravano che quel fanciullo potesse fare qualche cosa 
in loro -beneficio e diedero anch' esse il loro parere..Per esse quel fane 
ciullo che aveva. fatta tanta paura a tutti, doveva avere un cuote buono 
e non far giammai male a loro. Che nessuno lo inquietasse, perchè non 
vi è nessuno al mondo che offeso non cerchi di vendicarsi. Ed esse 
nessuna paura avevano di quel fanciullo che forse stava ancora suc- 
chiando latte. 

« E io pure penso così, » disse il fuxdwa. 

«Io accolgo chiunque voglia vivere alla mia ombra, e sarebbe 
brutto che io cacciassi chi vuol vivere nella mia maloca. » 

e In quanto ai timori che nutrite, è facil cosa di evitare che egli 
ne faccia male: nessuno Jo offenda, e noi vivremo sempre come buoni 
amici. » 

Già il sole stava nell’ altezza della giuntura di un dito, quando 
Pinon fu a casa del tuxdua, che venne a riceverlo in persona. 

« Come passasti la notte nella tua casa? a 0 

« Perfettamente, soltanto pensai e penso perchè tu credesti neces- 
sario di togliere gli abitanti dalla casa che mi hai dato, il che fa che 
io e la mia famiglia non possiamo unirci in amicizia colla tua gente. 
Perciò vengo a chiederti, se merito alcuna cosa presso di te, che. tu 
restituisca i suoi antichi abitanti, perchè ci possiamo ‘umire in. amicizia 
‘con loro. Credi, siamo buona gente, e tu troverai in noi persone che sa- 
pranno obbedire ai tuoi ordini, come veri figli della terra degli Jacamy. » 
‘ E il dire di Pinon fu di tanto effetto, :che il saxdua esaudì subito 
la ‘sta domanda, e mandò per far compagnia a Dinari e ai suoi figli 
17 zitelle. : o 

Pinon che aveva ottenuto senza fatica la realizzazione di urzo dei 
‘suoi piani, si sfregò le mani di contento. 

“E dopo quella prima visita al tuxdua, fa considerato di gente 
moltò buona, e tutto ciò che sortiva dalla sua bocca, era eseguito senza 
esitazione. 

E la legge del paese andò a poco a poco perdendo del suo rigore 
© già era tollerato che i vedovi si sposassero quante volte potessero. 
< : E una parte del di-già era consacrata -al lavoro;: fino a che muta- 
rono di. faccia gli antichi costumi di quella terra. ‘’. - 

: Pinon e Meenspuin -crescevano a vista ‘d’occhio: -in 38. mesi meg 
giurisero tutto il loro sviluppo. . . 


— 688 — 

Pinon, che era già un bel giovinotto, ma che nessuno giudicava ca- 
pace di offendere il pudore delle zitelle, che abitavano nella sua mede- 
sima casa, infranse le leggi dei Bianacas, unendosi non solo colle ver- 
gini, che erano sotto la sua guardia, ma anche con tutte le vedove, 
senza che gliene sfuggisse nessuna: e tutte restarono fecondate. 

Il ¢uxdua seppe della infrazione che Pinon aveva fatta, e in prin- 
cipio se ne adontò moltissimo, ma poi si calmò pensando: 

« In verità quando i figli di Pinon saranno uomini, tutta la gente 
degli Ilapy non sarà capace di vincerli e i Bianacas saranno i primi 
in valentia, » 

Se fu naturale o no la condiscendenza del fuxdua non si sa, ciò 
che è certo, è che Pinon di li in avanti ebbe imitatori. 

Meenspuin giunta all’età della pubertà cominciò a sentire dei de- 
sideri che non comprendeva, e ne era tanto incomodata, che disse a 
sua madre: 

« Mamma, soffro un male così fatto che mi dà un desiderio che non 
go come spiegare. >» 

« Che cosa è che senti?» 

« Quando il mio male comincia è un prurito, un male stare che mi 
dà e non mi dà dolore, e questo dolore che non duole, mi corre poi 
per tutto il corpo con una volontà di mordermi tutta, infine mi sento 
venir meno e piango. Quando dormo veggo vicino alla mia amaca sempre 
bei giovinotti, ora vogliono baciarmi, ora vogliono abbracciarmi ed iò 
non so fuggire. » 

« Conosco il male che hai e oggi stesso ti darò una medicina per 
calmare i tuoi dolori. » 

Giunse Pinon e sua madre gli chiese che andasse nel bosco e le 
cercasse delle radici di 5rany (muirà-fuama, in nehengatù), per fare una 
medicina per sua sorella. - 

« Qual’ è la sua malattia ? >» 

« Ha bisogno di un marito e siccome questo non c'è, voglio medi- 
carla con drany che ha la proprietà di diminuire simili desiderî. » 

« Se mamma mi confidasse la cura di Meenspuin, io andrei a fare 
con lei un giro sulla sponda del fiume, fino a che il suo male non 
svanisse. > 

« Sempre ascoltai mio figlio, come se fosse un uomo maturo nelle 
cose del mondo ;. fa quindi ciò che credi in vantaggio di tua sorella. » 

« Poichè tu mi dai piena libertà di fare ciò che credo bene, domani 
partirò. Tu resterai qui ad aspettare il mio ritorno, ma non affliggerti per- 
chè non sarà forse tanto presto; sarà quando mia sorella sia guarita. » 


— 689 — 

All'alba del giorno dopo Pinon, e Meenspuin, seguendo lungo le 
sponde del fiume il corso dell'acqua, partirono. 

Dinari che era |’ immagine della tristezza, da che le morf il marito, 
dopo che partirono i suoi figli, lo divenne anche di più: piangeva quasi 
sbalordita, senza trovare una cosa che la: consolasse. 

Le amanti di Pinon per distrarla le raccontavano vaghe storie, che 
ella non ascoltava. 

Fuggiva la presenza di tutti, e un giorno fuggì dalla maloca, senza 
che nessuno sapesse che direzione avesse preso. 

Le Bianacas mossero a cercarla, ma inutilmente; non poterono in- 
contrarla. . 

Dinari era partita alla ricerca dei suoi figli e quando venne la sera 
salì su un grande masso, dove il Sole la lasciò. 

Quando tornò il Sole, ella non era più là: la madre dei pesci l’a- 
veva condotta nelle profondità del fiume, e nessuno ‘lo sapeva: 

Pinon per garantire la verginità della sorella la condusse fino alla 
Serra delle Pietre Bianche, e lì per ‘giungere alle porte del cielo fece un 
‘uncino e per quello salirono fino al paese delle stelle; e là lasciò Me- 
enspuin, che altri chiamano Seucy. — 

Questa è la prima storia delle umane pazzie, dicchè il mondo co- 
minciò. 

Gntinna) 


F. — Lincue PARLATE Somatt, GaLLa E HARARI. 


Note e stud? raccolti ed ordinati nell Harar 
dall’ ing. Luict BRICCHETTI-ROBECCHI. 


(continuazione e fine) (1°. 


ITALIANO HARARI SOMALI GALLA — 
Macinare marad © ridignin dacu 
Madre aj hojo hada 
Maestro © cabir vadad abbd-barsisa 
Maggiore d'età angafa urad eugafla 
Magro gofai veid ucata 
Malattia nattù udur duccuba 
Malavoglia” likiskis giurgiur .  hammegiiati . 


(1) Vedi BOLLETTINO, warse e aprile 1890, pag. 257 e 380. 


ITALIANO 
Malconcento 
Male . 
Maledetto 
Maledire 
Maledizione 
Malgrado 
Maligno 
Malinconia 
Malinteso 
Malizia 
Mallevadore 
Maltrattare 
Mancare — 
Mandare 
Manette © 
Mangiare 
Manitera 


Manifestar 


Mano .: 
Manovra 
Mantella < 
Mantenere 
Mantice 
Manso 
Maraviglia 
Maritare 
Marito 
Marmotta 
Martello 
Maschile 
Massa 
Massimo 
Matrimonio 
Mattina 
Maturo 
Medesimo 
Lui stesso 
Mediatore 


MARARI 
tamaa 
jagassi 
habar-moscia 
habar-moscia 
habar 
var zalela 
sciarri 
ruh-matla 
juk zalela 
jagassi nat 
raga 
tita moscia 
makbath 


.magfar 


igi magad 
mablaa 


. 
, ama. 


avagia 


° igi g 


malmad 
bisti 
matkerah 
bufa 
bara 
agiaib 
mausaa 
ubocc 
orsole 
burrisc 
corma 


. summud 
| huluf-baiti 
. . Mansaa 


soza 


© busul 


t 


| ‘dallal, cunni cu- d 


elacc 


SOMALI 
anfarahin 
hin 


habarmaj © 


habar 
habar - 


ogan laan 


sciarr 
isnaa 


‘hubsascio-laan 


humi 
markhati 


~ hinnin 


vainin 
dirrin . 
gaauhidh 
unnin 
amal 


- -aliyagg 


gaan 
taalin 
busti 
isgirrin 
buffa 
dibi 
jab 


gursascio . 


nin e. 
ossoli 


dubba 


lab 
urur 


. dafnin 
"BH 
.._ subah 
. bisil 
, 


issaga e 


allal, issuken 


GALLA 


) hingaminané 


hama 
abbarame 
abbarù. . 
abara 
duba 
gialla 


hamegha . 
tità 

dabt 
ergu 
gliacciti 


lallabu 


-harcà 


varo 
uftiksa 
bufa 
sanga 


(0 glagiù 
. fudu 


dirsa 


| osole 


burriscia 


, corma | 
tula 

. iragudda 

‘ fudda 


ganama 


bilcio 
u, 


issa i. 


dallala, cunamsis4 








ITALIANO 
Medicare 
Medicina 
Medico 
Meditare 
Memore 
Memoria 
Memoriare 
Meno 
Mente 
Mentire 
Mercante 
Mercato 
Merce 
Meretrice 
Merito 
Mescolanza 
Mescolare 
Mese 

Dofo un mese 
Metà 
Meszod? 
Midollo 
Migliorare 
Mignatta 
Minaccia 
Minore 
Mirare 
Miracolo 
Miseria 
Misurare 
Mettere 
Molino (1) 
Molle 
Molto 
Momentaneo 
Mondo 
Montare 


— 691 — 


_HARARI 
dava moscia 
dava 


‘ oghesa ‘ 
‘mamsal 
‘jada 


‘jada moscia 
‘ cubul 


ruh 
kis memad 
mussafir 


‘magala 


budia 
gubua 


mala moscia - 
+ malqalaq 


‘varhi 


nisfi 
salat 
duh 
mahava 
akhti 
mahmat 
tinajo 
maknaa 
agiaib 
miskin 
masfar 
marad 
vafci 
lihin 
bagih 
haffejta 
adigha 
thaj 


(1) Pietra da molino. 


SOMALI 
davein 
davo 
dhaghtar 
malein 


‘hassus 


hassus 
hassussescio 
inghau 


‘naf 


beusceggnin 
massafer 
magala 
badead 
dhillo 
mallin 


‘laghmaj 


laghnin 
bil 
biscian dabaded 


‘badh 


duhur 

dhuh 
laduan 
ulatl 

dirir 

jar 

togascio 
jabau jarein 
miskin baan 
misnin 
dhignin 
dhagah-ridigh 
gilli san 
badan 

lib 

adunjo 

vau 


GALLA 
jalu 
coriccia 
Qghesa 


‘davaccit 


jada 

jada 

jada 

irru 

lubii 

sobu 
naggadde 
gabaia 

mia gurgura 
gallamota 


macama 
macamu 
bati 

gihaua acci 
vallaca 
gujasafa 
duca 
vajahi 
ula-ula 
decamu 
titinna 
mitacciu 
raggi 
dippt 
saffaru 
cai 
dacadacu 
lafa 
heddi 
lippi 
giregna 
ola 


ITALIANO 
Monte 


Monte isolato (1) 


Mordere 
Morire 
Mortale 
Morte 
Mosca 
Mufa 
Mulo 
Mungere 
Muovere 
Muro 
Musica 
Mutilare 
Muto 
Narrare 
Nascondere 
Naso 
Natica 
Natura 
Nauseare 
Nebbia 
Necessario 
Negare 
Negosiare 
Negro 
Nemico 
Nero 
Nervo 
Nessuno 
Nettare 
Niente 
Nipote 
Nobile 
Nodo (2) 
nodo di corda 
Noja 
Nome 


(1) Poggio. — (2) Fare dei nodi. 


— 692 — 


HARARI 
sari 


mamot 


mamota 
zunbi 
sciagad 
bakla 
mahlab 
manaknak 
ghidaghid 
maziqa 
macocia 
cuful 
mahelak 
masciemak 
uf 
vadri 
makhluk 
matevas 
agigia 
dirki 
mabal 
dalal moscia 
taj 
dina 
taj 
arak 
ahadim 
mamecia 
ahadum 
ib ligi 
ghidir-gar 
matalal 
macatar 
cujti, arrada 
sim 


SOMALI 
bur 
dud 
ganinjo 
dhimascio 
gheri 
gheri 
dagsi 
darigh 
baghal 
lisnin 
lullin 
ghidanghid 
massighad 
goin 
odau 
tirin 
gharin 
san 
badhi 
un 
bologin 
dhedo 
dirki 
diduin 


safar, rogrogascio 


madav 
adav 
madav 
hidid 
ninna 
meidhuin 
vahba 
sua valal 
gob 
dubnin 


gunud 
ado, amun 


magaa 


GALLA 
gara 

tullù 
cinint 

dud 

can duati 
dua 

titiccia 

uca 

ganghi 
elmu 
luli-varaksu 
ededa 
massanco, ulule 
murrt 
duda 

lakati 
dokst 
fughan 
fagdra 

uma 

gara didu 
hurré 
ghiddi 
diddi 
cedaccit 


dina 
gurraccia 
hidda 

nami 

dici 

huma 

ilma obolesa 
dalata 


gudunfu 
gudunfa 


ghidra, arrada 
maca 








ITALIANO 
Nonna 
Vostro 
Notizia 
Notte 
Numero 
Nuora 
Nuotare 
Nuovo 
Nutrire 
Obbedienza 
Obbedire 
Obbligare 
Obbligo 
Oca 
Occhio 
Odio 
Odorare 
Odore 
Offerta 
Offesa 
Oggi 

Entro otto giorni 


Olio 
Olivo 
Ombra 
Ombrello 
Omicidio 
Onestà 
Onorare 
Onore 
Opposto 
Ora 
Orbo 
Ordinare 
Orecchio 
Orfano 
Origine 
Orina 


HARARI 
uma 


var 
miscet 
mahelak 
amasci 


hagis 
mablat 
hangi-baiti 
hangi-baiti 
dirki-moscia 
dirki 
dakije 

in 

matlaa 
masocia 
masocia 
sadaca 
mastalat 
hogi 


gut jambe idigiakh 


salit 

vagar 

ciaja 
cilalmot 
ussu gaddala 
adabzala 
magdar 
namus 

ahad garab 
saa 

inzalela 
moscia 
uzin 

jatim 

megal 
sciahad 


SOMALI 
maoj 
cajaga 
var 
haben 
tiro 
soddoh 
dabal 
usub 
sorrin 
jellin 
jellin 
dirghin 
dirghi 
elagiog 
il 

naa 
urin 


ur 


sadagho 
cu himein 
manta 


sided dhararoban cu guja sadetitan difa 


iman 
zedd 
egersa 
hadh 
dalajad, hossa 
dhagar 
edbon 
uslein 
dheg 
ghes 
gor, saad 
indhole 
samein 
dheg 
aghon 
billatin 
cadi 


GALLA 
accah 

kegha 

odi 

alcan 

lacobsa 

sodda 

dacu 

ara 

sorti 

ehama 

ehamti 
ghiddisist 
ghiddi 

dakije; cakisa 
iggia 

gibbana 
funfaccit 


varega 
jacci 
ara. 


dadé egersa 
egersa 
gaddisa 
gaddisé 


culcullo 
ulfesu 
gurra 
gargar 
jogga 
giama 
tolcit 
gurra 
jiessa 
gialcaba 
fincian 


ITALIANO 
Orinare 
Orribile 
Oscuro 
Ospitalità 
Ospitare 
Ospite 
Osso 
Ostacolo 
Ostinato 
Ottone 
Ozio 
Pace 
Paciere 
Pacificare 
Padre 
Padrone 
Paga 
Pagare 
Paglia 
Paese 
Pajo 
Palato 
Palla 
Palo 
Palpebra 
Palpitastone 
Palude 
Pancia 
Pane 
Paniere 
Panno 
Pannocchia 
Pantaloni 
Paradiso 
Paragone 
Parecchi 
Parente 
Parlare 
Parola 


HARARI 
sciahad-moscia 
ghinbacc 
cilma 

nugda mathedar 
nugda mathedar 
nugda 

ath 

khudun 

khain 

nahas 

masluf 

aman 

aman moscia 
vegher moscia 
avv 

garzala 

figia 

mocia 

carma 

daci 

kindi 

hangur 

dulul 
makhazi 
incigar 
dimbaccia 
ciaffè 

carsi 

occat 

mot 

guh 

hamakki 
gannafi 
gennat 
matcafat 


- bagih 


cabila 
sinan 
sinan 


SOMALI 
cadin 
nahuin 
goudtr 
marti bari 
marti barin 
marti 

laf 

daho 

sidé douajel 
mar 

isgab 
nabad 
nabdein 
hescisin 
abbo 


figio 
ghimad bahin 
gharma 
dhul 
ghindi 
dalgo 
cussan 
udub 
barrima 
highigh 
gingh 
alol 
kibis 
saffi 
giokh 
hamakki 
targal 
gianpad 


hubsascio, augil 


badau 
tol 
hadal 
hadal 


GALLA 
fincianù 

gibbu 

ducana 
kessuma bulcia 
kessuma bulcit 
kessuma 

lafé 

dati 

ufin bala 
sibilla dima 
maslufa 

nagaa 

naghesu 

ararsé 

abba 

gofta, abba mana 
gatti 

gattibasi 
carma 

bija 

kindi 

laga 

curfa 

utuba 

barrima 





ciaffe 


ghara 
buddena 
safi 
giuga 
gofle 
coffo 
ginnata 
akesu 
danu 


dubbacciti 
dubbi 


ITALIANO 
Particolare 
Partire 
Partorire 
Pascolare 
Passare 
Passeggtare 
Passo 
Passione 
Patria 
Pattutre 
Paura 
Pazienza 
Pazzia 
Paszo 
Peccare 
Peccato 
Pecora 
Pedaggio 
Peggio 
Pelare 
Pelle 
Pelo 
Pendio 


Peng 


Penna da scrivere 


Penna d'uccello 
Pensare 
Pentimento 
Pepe 

Perchè è 
Perchè © 
Perdere 
Pernice 

Pesare 

Pesce 


HARARI 
mutti 
maleta 
mavlad 
mablaa 
huluf baiti 
Scirscir 
huluf 
tirra 
hahli 
ballam 
farat, tifarat 
sabri 
ginam nat 
ginam 
dhilhaj 
dilhi 
luisti-taj 
guna 
jagassi 
magaraa 
gaga 
cigar 
metak 
kintir 
maboa 
cat 
jada 
alaal 
arab berbari 
mile 
ji bajti 
mathmas 
gogorri 
masfar 
tulam 


Pettine da donna midu 
Pettine da uomo (2) fila 


Perdonare 


(1) In galla e in somali il nome « pene » è di genere femminile. — (2) Stecco. 


ofi moscia 


SOMALI 
goni 
sood 
dhallin 
dagin 
dbafuin 
tabasclein 
tallabi, tallabo 
on 

gaal 
ballan 
absi 
samir 
valli 
vallan 
dambab 
dambab 
saben 
bus 

baau 
ghallin 
san 

timo 
fedha 
burjo 
galin 

bal 
hasus 
alaal 
filfil 
mahaju? 
vaha 
hallein 
billi 
misnin 
callin 
saghafa 
fidhin 
udhafuin 


GALLA 
coppa 
demu 
dalu 
decisti 
dabrt 
garagagali 
tarcanfi 
debu 
fira 
ballama 
soda 
obs4 
maratu 
marata 
ciubamt 
ciubbu 
ola-dalla 
carata 
souauhama 
calu 
itille 
erifensa 
ciuaccia 
cunturo (1) 
birri 
balle 
jadu 
gaddu 
mitmitta 
malif 
malif 
gatu 
gogorri 
saffari 
curtummi 
midu 
fila 
araramu 


ITALIANO 


Perdono 
Perenne 
Per festone 
Pericolo 
Perla 
Permesso 
Petto 
Peszo 
Piacere 
Piaga 

. Pianta 
Pianura 
Piatto 
Piccolo 
Pidocchio 
Piede 
Pieno 
Pioggia 
Pipa 
Piuma 
Pilico 
Polmone 
Polso 
Poltrone 


Polvere'di sabbia 
Polvere da sparo 


Porco 
Porcheria 
Porta 
Portare 
Posare 
Possedere 
Posto 
Potere 
Povero 
Povertà 
Pratico 
Preciso 
Preda 


HARARI 
ofi moscia 


tab-baja 


gioharat 
amr 
vazana 


tasti 
tulu 
inci 
dirré 
gabata 
titit 
cumal 
lughir 
mulli 
zinab 
geja 

cat 
ugud 
ctf 
vatar 
aldallaghe 
sis 
barud 
harija 
harijanat 
bari 
masad 
marad 
mahad 
attaj 
mafarca 
miskin 
miskinat 
moca 
hullu 
matlaf 


— 696 — 


SOMALI 
udhaf 
vara 
sameismai 
sigtin 
gioharad 
emar 

lab 

goo 

farah 

bog 

ghed 
bauan 
hedo 

lar 

iugir 

lug 

buha 

rob 


gaja 


. bal 


hidhmo 
sombob 
halbovla 
isgab 
habas 
barud 
dofar 
dofaruimo 
cadin 
ghein 
dignin 
lahan 

mel 
carrin 
miskin 
miskinimo 
aghou 
dhab 
dhaa 


GALLA 
arara 
vara 
ratvata 
bir’a 
burana 
aggiagia 
lappe 
murah 
gamacit 
mada 
magrà 
dirré 
cori 
tinna 
ingirri 
milà 
guti 
robba 
gaja 
balli 
hidda 
sonba 
hidda 
dibli 
ativara 


carcarro 
carcaroma 
balballa 
ghessu 

cati 
kabaccit 
bacca 
dandaji 
dega 
deguma 
becoma 
duga 
bogiu 


ITALIANO 
Prediletto 
Prediligere 

Pregare 
Preghiera 
Pregiare 
Premiare 
Preparare 
Presagio 
Presenza 
Prestare 
Presto 
Prezzo 
Prigione 
Prigioniero 
Profondo 
Prolungare 
Promettere 
Promessa 
Propisio 
Prostituta 
Proteggere 
Protettore 
Provare 
Pugno 
Pulire 
Pungere 
Punire 
Puntale 
Pusillanime 
Putrido 
Puzsare 
Qua 
Qua dentro 
Quaderno 
Quadrare 


Quagliare 
Qualcheduno 


Qualche volta 
(1) Amico. 


HARARI 
sahib 
matmalah 
masgad 
salat 
magdar 
makfal 
tab-moscia 
mablal 
ecad 
erghisa 
ecadbe 
qima 

hasbi 
tagada 

cer 
marohag 
coda moscia 
coda 

ajam 
gumnit 


massa benara 


hal 
mahegia 
dumiicc 
margaf 
mahagia 
mablal 
gutta 
lihim 
maceca 
ceca 
idde 
idde 
varaqat 
racco 
dirugii 
isahad 


ahad, ahad-ghir 


snes 697 —— 


SOMALI 
sahib (1) 
dorascio 
tucascio 
salad 
uslein 
magdati 
sausamein 
hog 

hor 
erghiss 
horaj 
ghimad 
hasbi 
hidhmaj 
hos u dher 
fogau 
ghodein 
ghoda 
ajan 
gabatjahai 
lagir 

gira 
dainin 
dumugio 
hobobin 
varen 
bain 
giufo 
gilisau 

ur 

uraj 
halca 
halcan 
varghad 


ir 
midmid 
gorgor 


GALLA 
miciu 
goru 
saggadu 
saggada 
guddisu 


coppesu 
gaddafa 
dura 
erghissu 
dafi 

gatti 

ida 
idami 
kile 
fagaciu 
varegù 
varega 
tola 
gumniti 
gargaru 
ega 

lala 
dummuccia 
orgufu 
varami 
ballesu 
giufu 

lafa 

aggià 
aggiaé 
arma, assi 
arma kesa 
varaca 
roga afur 
ittitu 
tocotoco 
toco toco 


ITALIANO 
Quale è 
Qualità 
Qualora 
Quando ? 
Quantochè 
Quaranta 
Quattro 
Quattrocento 
Quella 
Quello (1) 
Quieto 
Rabbrividire 
Raccogliere 
Raccolta 
Raccomodare 
Faccontare 
Radere 
Radice 
Ragazza 
Ragazzo 
Ragguagliare 
Ragione 
Ragnatela 
Ragno 
Rallegrare 
fame. 
Rammarico 
Rammentare 
Ramo 
Rarità 
Rasciugare 
Raso (2) 
Rasstcurare 
LRassomigliare 
Recinto 
Reclamare 
Keplicare 
Residuo 


HARARI 
a) 

fit 

azzo saa 
minsaa 
uccu 
arbdm 
harat 
arat-baqla 
ti 

scia 

aman 
kitkit 
malcam 
masamat 
tab moscia 
mahelak 
mascielad 
sir 

cahat 

ligi 
mahegia 
moca 
scirarhti 


tasti 
nahas 
madnabat 
catab baiti 
malta 

titit 
madraq 
luhut 
sciarti 
matmasal 
hutur 
makfal 
masenan 
tirfi 


(1) Quegli. — (2) Calvo. 


SOMALI 
ke? 
midab 
colca 
gorte 
sidu 
afartan 
afar 

afar bogol 
tan 

can 
nabad 
ghadghadjo 
gurrin 
ururin 
samein 
tirin 
hirin 
hidid 
gabadh 
uil 

ilalein 
oghon 
aro 

aro 

farah 
mar 
nahadin 
hasusan 
lan 
fara-jar 
enghegin 
bidar 
sciarad 
ican 

igiar 
magdav 
hos-hadal 
hambo 


GALLA 
cam? 
amàla 
jogga 

jom 

aca . 
afurtam 
afur 

diba afur 
tan 

cau 

nagaa 
hollaccit 
gurracciti 
tula 

tolciu 
himt 

hadu 

idda 
intala 
gurba 

doja 
becoma 
aro, man’aro 
aro 
gammaccit 
sibilla dima 
nassù . 
jadu 

dami 
baessa 
gogogsu 
molu 


facacciti 
igiara 
caffalu 
lammefaciu 
hamba 





ITALIANO 
Rettile 
Riacqusstare 
Ricerca 
Ricercare 
Ricevere 
Ricevuta 
Riconoscenza 
Ridere 
Riempiere 
Rientrare 
Rifiuto 
Rifondere 
Rigore 
Rimedio 
Rimescolare 
Rimuovere 
Ringrasiare 
Rinomanza 
Rinvigorire 
Riposare 
Riposo 
Ripugnanza 
Riserva 
Riso 
Risolusione 
Rispettare 
Rispetto 
Risposta 
Risultamento 
Ritornare 
Litorno 
Riuscire 
Rivenditore 
Rompere 
Ronzare 
Rosso 


HARARI 
hubab 
maggila 
mafacia 
mafacia 
mansaa 

s’ itnasaa 
hakibo 

masaq 
mamlaa 
mabqaa 
mabal 

makfal 

haq 

dava 
mahevas 
manhat 

galat moscia 
sum 

matbak 
tinficc moscia 
tinficc moscia 


gurno 
ruz 

hamile 
namus-moscia 
namus 

sinan margagab 
maggha 
margagab 
margagab 
hafbaiti 
dalal-jachzal 
masbar 
mathzaz 

keh 


SOMALI 
dulsood 
hellin 
donin 
donin 
ghadascio 
ghadmaj 
abal 
ghosol 
buhin 
galin 
didnin 
magdav 
hagh 
davo 
laghnin 
lullin 
galladein 
magaa 
adkein 
dal-bah 
dalbah 
balaf 


baris 
havo 
mamusnin 
mamus 
farin 
hellin 
noghod 
noghod 
cucaanin 
dalal 
giabin 
vuflein 
gudud 


GALLA 
lotu 
argaciu 
barbadda 
barbadu 
fudaciu 
fuda 
akibo 
cofla 
gutu 

galu 

dida 
cafalu 


coriccia 
SOSsosti 
lullu 
galata galcit 
ifuf 
giabaciu 
baianaciu 
baiana (1) 
balfa 
cifra 

(2) 
hamile 
ulfesu 
ulfina 
debisa 
milki 
debit 
debi 
cagelu 
ciedatu 
clapsu 
titu 
dima 


(1) Far riposare il padre e la madre. — (2) I Galla non hanno nome per de- 
signare questo amidaceo. 


ITALIANO 
Rubare 
Rumore 
Russare 
Ruttare 
Sabbia 
Saccheggiare 


Sacco di pelle 


Saggio 
Salare 
Saldare 
Sale 

Salire 
Salsa 
Saltare 
Salutare 
Salute 
Saluto 
Salvare 
Sandalo (1) 
Sangue 
Sanguisuga 
Santo 
Sapere 
Sapiente (2) 
Sapone 
Sapore 
Sasso 
Sasiare 
Sbaghare 
Sbiadito 
Sbrufare 
Scabro 
Scacciare 
Scala 
Scaldare 
Scalpello 


(1) Scarpa. — (2) Savio, — (3) I Galla però non I’ usano. — (4) Cangiato di 


colore. 


HARARI 
rogi 
makrar 
mokhoras 
ghizii 
sciahsciera 
matalaf 
girab 

amal coram 
dhangaga 
matabak 
asso 

masal 
marakh 
ciaf baiti 
aman baiti 


aman 
mocia 
asciu 
dam 
ekti 
nabi 


akil 
sabun 


matfa 
zajuco 
tanavoat 
tuf baiti 
tabik 
masdad 
marcab 
momoca 
makhra 


SOMALI 
tug 
guhad 

khurin 
dee 
arro 
dhaa 
oli 
amalsan 
danan 
degiu 
osbo 
fulin 
fud 
bodnip 
nabdadin 
afimad 
nabad 
bahin 
cob 
dhig 
ulaul 
nabi 
oghon 
farid 
sabun 


dhandama 


dhagah 
dhereg 
garan-va 


dorson (4) 


tufnin 
adag 
erjin 
fanto 
dirin 
marascia 


GALLA 
hattu 
didissa 
hursu 
degfaciu 
ciraccia 
bogitt 
calcallo 
amalatolu 
danghaghesu 
cabsisu 
saghidda 
coru 

maraca 
utalu 
nagagafiaciù 
faja 

nagaa 

basu 

coppé 

diga 

ulanila 
keddus 


gamna 
sabona (3) 
dhandama 
dagà 

cuffu 
vallalu 
giggiramu 
tuffu 
giabba 
ariju 

fanto 
hohisu 
marascia 


Mt == nn 


ITALIANO 
Scambiare 
Scannare 
Scaricare 
Scavare 
Scegliere 
Scelta 
Scherzo (1) 
Schiaffo 
Schiavità 
Schiavo 
Schiena 
Schiuma 
Scimmia 
Sciocco 
Sciabola 
Sciagura 
Sciamma 
Sciogliere 
Scommessa 
Scommettere 
Scompiglio 

Tumulto 
Sconosciuto 
Scontento 
Scottar st 
Scusarsi 
Sdegnato 
Secchio 
Secco 
Secondo 
Sedere 
Sega 
Segno 
Segreto 
Semenza 
Seminare 
Semplice 
Senso 


(1) Divertimento. — (2) Confusione. — (3) Tumultuare. 


HARARI 
manavat 
magoraa 
maftah 
makhra 
matmalah 


cosa 

tifit 

gafa nat 

gafa 

haci 

harafa 

gialdo 

racca 

sif 

dina 

iras 

maftah 

sciarti 

sciarti moscia 

malqalaq 
mathevas 

s'ajuco 

tassajala 

matmagad 

batil nat memad 

cuj s’ascia 

masti 

darak 

caotagn 

matghebal 

misciar 

asta 

masciemak 


sagnl 
maceha 


uccu 


SOMALI 
dorin 
goraa 
furrin 
ghodnin 
filascio 
filad 
caftan 
dharbaho 
addomo 
addon 
dhabar 
humbo 
dajer 
doghou 
sef 
sciar 
maro 
furin 
sciarad 
sciaratan 
laghan (2) 
iscu laghan 
an lagaran 
an farahin 
is gubnin 
scegad, sciegad 
adhodaj 
masti 
eughegau 
labad 
fadhisad 
misciara 
alamad 
gharsodi 
sciuni 
fagiasnin 
sida 
afinad 


GALLA 

didirru 

gorrat 

hicu 

cotu 

filaciu 

fod 

cossa 

cabala 

gabroma 

gabra 

dugda 

homacia 

gildesa 

gouva 

habale 

raco 

vaja 

hicu 

cotiglia, girra 

cotigia cabacié 

macama 
macamu (3) 

vallalame 

ingammannè 

ufgubu 

arrara gafaciu 

mufate | 

uarabdu 

Soggaga 

lamesa 

tali 


asta 
docsa 
saghi 
facciasti 
kitte 
faja 


ITALIANO 
Sentenza 
Sentenziare 
Sentiero 
Sentire 
Senza 
Separare 
Seppellire 
Serpente 
Servire 
Servizio 
Servo 
Sessanta 
Sesso 
Sete 

Estenuato di sete 
Settanta 
Sette 
Settecento 
Sguardo 
Sì 
Sicurezza 
Simulare 
Sinistro 
Smarrito 
Soccorso 
Sognare 
Sole 
Sorta (2) 
Sospetto 
Sosta 
Sotto 
Sottosopra 
Spalla 
Spanna 
Spavento 
Spazio 
Spazzare 


(1) Morire di sete — (2) Specie. 


HARARI 
hak tacocia 
hac mococia 
caciu-uga 
masmaa 

bilaj 

maseat 
makbar 
hubab 


gargara 
havas 
sidistasir 
veghen 
tirra 
arrat-madraq 
satiasir 
satti 
satibagla 
mahegia 
i 
aman 
masciemak 
bitacia 
s'ajuq 
gargar 
birsas 
ir 
ginsi 
sciakki 
tinfacc mocia 
taaj 
bitigù 
azun 
zunzurti 
madnabat 
attaj 
matrak 


SOMALI 
jaccagoai 
jaccagoin 
hilin 
maghal 
mahée 
sorin 
asnin 
mas 
gargar 
gargar 
idau 
sihdau 
veghen 
on 

harrad 
toddo-batan 
toddoba 
todoba-boghol 
dajnin 
ha 
nabad 
gharsodi 
bidih 
garau va 
gargar 
ruijo 
orrah 
ginsi 
sciakki 
dalbah 
hos 
firidhsan 
deg 
takki 
nahdin 
mel 
madaragh 


GALLA 
giaccià ferdi 
jacamuru 
turré 
dagau 
malé 
hirù 
ativalu 
bofa 
gargaru 
gargarsa 
lole 
giaatam 
veghena 
debu 

dua debt (1) 
torbatam 
torba 
dibtorba 
ilalcia 
è 
amba, naguma 
docsti 
bitacia 
vallalu 
gargarsa 
abgit 
adi 
saghi 
tamhi 
tinno-taù 
giala, goddi 
facia’ a 
coghe 
tact 
riffaciu 
bache, irghe 
taragu 


ITALIANO 
Speranza 
Sperare 
Spia 


Spiare 
Spiegare 
Spina 
Spirito (1) 
Spogliare 
Sposa 
Sposarsi 
Sputare 
Staffile 
Stagione 
Stalla 
Stella 
Sterco (2) 


Sterco d'animali in 


genere 


Sterco d' uomo 


Storpio 
Strangolare 
Struzzo 


Stuoja di paglia 


HARARI 
abdi 


abdi moscia 


jagassi 


memad 
sciuk 
qalbi 
cof moscia 
miscti 
mausat 
tuf baiti 
kettal 
mauzil 
gabata 
ciaraqa 


gamela, gaf 


lam, gaf 

gaf 
vaudalla 
manhak 
goragnit 
selau 


Stuoja di scorsa di 


alberi 
Subito 
Succo 
Sudore 
Suocera 
Suocero 
Suonare 
Superbia 
Supporre 
Sveghare 


Sverginare (3) 


Tabacco 


(1) Animo, intelligenza. 


(3) Stuprare. 


dadu 
acca 
biscia 
vazil 
amati 


matfecar 
maklat 
makghaa 
mancah 
mablal 
tambakha 


SOMALI 
abdi 
abdascio 


makheda vara- 


varjo 
varavarjon 
agheisin 
odàh 
calbi 
ghatvin 
nag 
gursascio 
tifnin 
gedal 
scin 
hero 
dajah 
salo 


falti 

har 
ghalloan 
merghin 
goraj 
selau 


maudad 
hatan 
mud 
didid 
soddoh 
soddoh 
hijar 
harago 
ekeisin 
bararùg 
bain 
buri 


GALLA 
abdi 

abdacciti 
farraddu 


faradu 
ubacisu 
corre 
calbi 
duvisu 
cadima 


tuffi 
halauga 
jogga 
mora 
urgi 
salo 


felti 

udau 
gialla 
hudu 
gficci 
selau 


dadu 
amma 
dama 
dafca 
sodda 
sodda 
tappu 
cora, bona 
fakesu 
dammaca 
dubra ballesu 
tambo 


— (2) Escrementi di cavalli, cammelli, capre. — 


ITALIANO HARARI SOMALI GALLA 
Tabaccare tambakh jolzol buri tn tambo cau 
Tacere sam baiti àmus ciallisu 
Tagliare macocia goin murru 
Tallero qarsci gharsci kersci 
Tamburo carabu narso dibbe 
Tanto scièe vah dilà 
Tappeto vantaf gogol affa 
Tardare calah moscia ragin turu 
Tarlo sus ghinda kinta 
Tartaghare masbabar | ghingon ghingati 
Non è possibile acca beher asenù ghingodsj rin inan ghingatve dugha 
che tartagli con mekh hullu sina- cula hadiaj cauin sibiri tativ 
voi (1) ne ghinghe ju- 
ctinal 
Tartaruga dinadiu diu coccia 
A fasso di tarta- 
ruga cocia mamsal diuein coccesu 
Tasca kis kisc corgio 
Tavola vambar gabata, barciuma 
Tazza gheb dassad gheba 
Tela iras marò hucciti 
Telajo hajak harbi arbi 
Temere farat absi soda . 
Temperino arab masciah mattiad sinti (2), hadt 
Tempo vacti colca jogga 
Il tempo che passa hhtildf saja vacti colca dhafai soma joggan dabré n' 
non ritorna più jirgabgume noghdo debjt 
Tenaglia cadaba ghadhaba cabdu 
Tenda agobar khemad duncana 
Tenebre cilma guuidir duccana 
Tenia heto sughul minni 
Tentare caddedda caded valani 
Terminare maborad dhamein ravaccil 
Terra daci dhul lafa 
Terremoto kitkit garir sossoa 
Teschio urus-at laf madah kille 


(1) Parole usate a significare ira contro qualcuno. — (2) Vocabolo amha- 
rico. 


ITALIANO 
Tessitore 
Testa 
Testardo 
Testicoli 
Testimoniare 
Testimonto 
Ttepido 
Timore 
Tingere 
Tware 
Tist 
Toccare 
Tomba 
Topo 
Torbido 
Torrente 
Tortorella 
Tosse 
Traditore 
Tramonto 
Trappola 
Trave 


Traversare 
Tre 
Trecento 
Tremila 
Trenta 
Tronco 
Trovare 
Tuono 
Turacciolo 
Turcimanno 
Tutto 

Tutti gli uomini 

sono mortali 

Ubbidienza 
Ubbidire 


— 705 — 


HARARI 

hajak ji mahtizal 

urus 

urus matlak 

cur 

memad 

raga 

barav 

farat 

sibakh 

maz mad 

cuf 

mancaa 

avacc 

fur 

s' ithevasa 

ciurciura 

himimi 

hargab 

matla’ a 

ir birbir (3) 

ccirra, cira 

macazii 

uluf baiti 

scisti 

scisti bacle 

scisti halfi 

salossa 

sir 

magna 

birak 

macofal 

turguman 

giammi 

giammi usd dm ji 

mutel 

khana baiti 

ecat macona 


(1) Sole a dormire. 


SOMALI 
hajag 
madah 
madah-adag 
hinnin 
sciegnin 
markhatti 
ghabav 

absi 

asal 

gidnin 
sombob 
tàban 
hugiub 

gir 

bori 

bijo, tog-jar 
adarin 
ghifaa 

naa 
orah-daa 
dabin 

udub 
dusnin 
saddah 
saddah-bagol 
saddah-cun 
soddon 

gun 

helin 

hilaa 
ghadada 
af-elis 

vada 


vada vu diman dad 


jelin 
jelin 


GALLA 
ajaca 
matà 
morca 
cidan 
himt 


bova 
soda 
hall 
archist 
ela 
tucii 
ativala 
antuta 
borii 
lagatinna 
adari 
cufa 
gana 
dia 
illima 
utubba 
fullati 
sadi 
dib-sadi 
cuim-sadi 
sodom 
hiuinde 
argaciti 
bacaca 
ciufla 


hunda 
namni hundint in- 
dia 
aboma 
abomu 


ITALIANO 
Ubbriacare 
Ubbriaco 
Ubertoso 
Uccello 
Uccidere 
UVecisore 
Udienza 
Udire 
Udito (2) 
Uguale 
Uguaglianza 
Uguagliare 
Ultimo 
Umbilico 
Umiliarsi 
Umore 
Uncino 
Undecimo 
Undici 
Unghia 
Unico 
Unione 
Riunire 
Unito 
Uno 
Uomo 
Uovo 
Urtare 
Usanza 
Utero 
Utile 
Vacca 
Vacche 
Vagabondare 
Vagabondo 
Vajuolo 
Valle 


— 706 — 


HARARI 
maskhar 
sucur 
coram daci 
uf 

magdal 
sigadala 
matocas 
masma 
masmà 
massa 
massanat 
mamsal 
eher 
hamburti 
manacas 
amal 
horoncolla 
assira ahatagn 
assira coot 
tifir 

ahad 
massamat 


ahadde madegia 
ahad 


acuh 
hinkifti 
malmad 


mamadj 
lam 

lam 
haviso 
mavalal 
marcab 
gammoci 


SOMALI 

sakranin 

sakran 

dhul vanagsan 

scimbir 

dillin 

dile 

barjo 

maghal 

maghal 

isci mid 

isci-mìdnimo 

issi-ecajssin 

dambe 

hundhitr 

isjaren 

amal 

hokki 

cov ijo tobnaje 

cov ijo toban 

iddi 

mid 

urdr (3) 
ururin 

issu jimid 

cov 

dad 

ugah 

gufan 

ghabatin 

ghabsin 

filan 

saa 

loo 

gadhijen 

daflal 

fanto 

gammogi 


GALLA 
maciest 
macciaa 
lafagari (1) 
scimbirro 
agesu 


_ agesa 


gaffaccit 
dagau 
dagheti 
kitte 
valkittoma 
valkittest 
boda 
andura 
gadditan, oftinnesu 
amala 
hoco 
cuda tokkesa 
cuda tocco 
keusa 
tokiccia 
raja 

rajesu 
valicabamé 
tocco 
nama 
kille 
giiffaccid 
bart 
gadamesa 
told 

saa 

lon 
nannaù 
nannoftu 
finno 
gammagi 


(1) Terra buona. — (2) Senso dell'udito — (3) Riunione 





ITALIANO 
Valore (1) 
Valoroso 
Vangare 
Vantaggio 
Vantare 
Vario 

Vaso 
Vecchiezza 
Vecchio 
Vedere 
Vedova 
Vedovo 
Vegliare 
Veleno 


Veleno che si mette 
sulle freccie 


Velo 
Vendere 
Vendetta 
Venire 
Ventaglio 
Venti 
Ventesimo 
Vento 
Ventre 
Vergine 
Verità 
Verne 
Versare 
Versatemi da bere 
Vertebra 
Veste 
Vestire 
Vetro 
Vetta 
Via 
Viaggiare 
Viaggiatore 


HARARI 
kima 
sagiaa 
makhra 
fajda 


isbalbalat 
mahava 
raganat 
raga 
mahegia 
harmalla 
mistizalela 
salgnea 
summi 


mirar 
gufta 
mavkhab 
guma 
madegia 


cuja 
cujatagn 
duf 
carsi 
cahat 
hullu 
tulun 
macoa 
acoolagn isacczakh 
metak 
camis 
malbas 
carura 


uga 


SOMALI 
ghimad 
sagiaa 
ghodnin 
faida 
budhudhahin 
cala-midab 
vel 
gobov 
odaj 
dajnin 
armali 
gobare 
soged (2) 
sun 


vabaj 
gambo 
ibin 
dhig 
imatin 
mabrahad 
labatan 
labataneje 
dabeil 
alol 
gabadh 
run 
diheri 
dadin, sciubnin 
isciub vahan damo 
fedha 
garbagala 
huvan 
gharurad 
arad 
hiliu 
soodal 
sootto 


(1) Prezzo, — (2) Guardie di notte. 


GALLA 
gatti 
giagna 
cotti 
buà 
mullist 
gargar 
gombo, coda 
dulluma 
giarsa 
ilalé 
gurstimeti 


irriba male 
coriccia, hadde 


hadda 
gufta 
gurguru 
ghima 
duffiî 
hafarsa 
digdemi 
digdamesa 
bubbe 
gara 
dubra 
dugà 
ramo 
dangalasu, bust 

vanin duguna busi 
ciuaccia 
lago 
huffaccid 
birillé 
finta 
cara 
cara demi — 
imalti 


ITALIANO 
Viaggio 
Vicino 
Vicendevolmente 
Vigilia 
Vile 
Viltà 
Virtù 
Visitare 
Vita 
Vitella 
Vitelli 
Vitello 
Vivere 
Vizio 
Vizioso 
Volere 
Volontà 


Non avere volontà 


Volontieri 
Volta 
Qualche volta 
Voltare 
Voltare a parte 
Volto 
Volpe 
Vomitare 
Vostro 
Vuotare 
Vuoto 
Zampa 
° Zampillare 
Zappa 
Zia 
Zio paterno 
Zitto 
Zoccolo di legno 
Zolfo 
Zoppo 
Zucca- 
Zucchero 
Zufolare 


— 708 — 


HARARI 
afocia 


faracàfaraca 
lihim 
lihimnat 
nazif 
mohura 
gird 

tigit 


tigia 
manara 
mablal 
jagassi 
mandad 
coram 
coramnatbeela 
coramnat 
ahad-ghir 
.ishad-ghir 
vandal bajti 
vandal bajti 
fit 
darga buci 
mantagh 
dinat kho 
cofmoscia 
cof 
cultim 
inmavtaa 
hacafa 
anna 
1zer 
sam 
cubcab 
vaghira 
hinkil 
clu 
sucar 
mafecia 


SOMALI 
sootto 
ollog 
isdhafsad 
olhorti 
gilée 
gileàsan 
meidan 
tagnin 
nolol 
uveil 
veilo 
veil 
nolan 
ba’ a 
baan 
gieail 
sami 

sami laau 
saman 
col 

col col 
nogod 

is rognin 
hagag 
daavo 
mantag 
kina 
madin 
madan 
mangin 
mahin 
hagaf 
eddo 
ader 
amus 
cob ghori 
kibrid 
dhutti 
ubbo 
socor 
fodhin 


GALLA 
adma 

olla 
valdabarsi 
oggadura 
lafa 
lafoma 


‘ gaffaccit 


giregha 
rada 


giabbi 
giracciti 
badf 
badà 
gialala 
tola 

tola malé 
tolà 


taca 
taca taca 


debitî 
garagald 
fula 
gedala 
diddigi 
kessan 
divisi 
diva 
cotte, manci 
maddisist 
acafa 
hadada 
adera 
ciallisa 
coppe muca 
vaghira 
hocola 
bukke 
sucora 


siksti 


III — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE 


Un’ ALTRA CARTA NAUTICA GENOVESE. — Il prof. L. Gallois, della 
Facoltà di Lettere a Lione, scoperse testè, negli Archivi annessi al ser- 
vizio idrografico della marina francese, a Parigi, una carta marina delle 
dimensioni considerevoli di m. 2,25 di larghezza per m. 1,15 di lun- 
ghezza. In fondo, a sinistra, essa porta la dicitura « Opus Nicolay de 
Canerio Januensis ». Com'è uso in tali lavori, le direzioni sono facilitate 
mediante le rette divergenti, segnate in parecchie rose di venti stabilite 
in più punti della carta. Lasciando da parte le inesattezze dipendenti dalla 
niuna conoscenza dell’ interno dei continenti dell’ Africa e dell’ America, 
la carta nautica segna, come tale, un grande progresso e molta cono- 
scenza delle coste, con una minuta nomenclatura delle rade, porti, ecc. 
fino a quei tempi noti. Il Gallois riconobbe nel portolano da lui sco- 
perto molte e perfette rassomiglianze con quello dell'anonimo portoghese, 
scoperto dal dott. Henry a Londra, e con la Carta detta del Cantino, 
di cui l’ Harrisse diede un saggio parziale. Quantunque lo scopritore del 
nuovo portolano noti la facilità della conoscenza delle carte nautiche porto- 
ghesi in Italia, egli è però indotto dalla ricchezza di esso a credere che 
se non l’originale, almeno lavoro precedente sia questo del Canerio, al 
confronto con quegli altri due che, più piccoli per dimensione, ripor- 
tano alla lettera la nomenclatura dei luoghi più importanti. Si noti in 
proposito che anche questo del Canerio è scritto in portoghese, e nelle 
leggende come nel resto mostra all’ evidenza di essere stato disegnato 
non prima del 1500 non dopo il 1516. Fra le leggende notevoli è questa 
apposta alle Isole Antille: Las Antilkas del rey de Castella descobertas 
por Collonbo ienoeise almirante que es de las aquales ditas insullas se 
descobriram per mandado do muyto alto et poderoso principe Rey dom 
Fernando Rey de Castilla. Notevole pure nel centro della carta una 
specie di mappamondo o meglio di emisfero contenente Europa ed Africa, 
gli oceani circostanti e le coste americane ed asiatiche, per quei tempi 
pregevole, quantunque incompleto e mal SICUro. (Bull. della Società 
Geogr. di Lione, IX, 1890). 

CARTE GEOGRAFICHE POPOLARI IN RILIEVO. — La Ditta A. Boscati 
e C. di Milano ha intrapresa la pubblicazione di una serie di carte 
geografiche in rilievo da servire all'istruzione popolare. La prima di 
queste rappresenta i due emisferi, su quadro di cm. 100 X 60, secondo 
disegno del prof. cav. G. Roggero. 


SOCIETA LIGUSTICA DI SCIENZE NATURALI E GEOGRAFICHE. — Questa 
Società, sorta da poco tempo (1), dà già un saggio ragguardevole della 
sua attività nelle prime pubblicazioni degli Atti. Vi vediamo regi- 
strate ed inserite memorie originali parecchie, e tutte di qualche im- 
portanza, benchè indiretta, per Ja nostra scienza. Vi si riferiscono spe- 
cialmente gli « Appunti sulla Geografia medica del Brasile » fatti dal 
nostro chiarissimo socio, prof. V. Grossi. 

Società GEOGRAFICA DI FinLANDIA. — Ad Elsingfors si è costituita 
una Società, che ha per iscopo di raccogliere e studiare i materiali e 
di trattare questioni, che possano servire alla conoscenza geografica della 
Finlandia. A questo fine la Società incoraggerà le ricerche di Geografia 
fisica e matematica e gli studî sulla costituzione fisica, sulla cultura e 
sulla popolazione del paese. Le questioni di Geografia generale e le ri- 
cerche oltre i confini della Finlandia richiameranno l’attenzione e l’at- 
tività sociale, se interessino la Finlandia stessa. Sotto la direzione di un 
Comitato, nominato in assemblea generale annua, tra gli altri ordinari 
provvedimenti, si fa la pubblicazione periodica di lavori e memorie. In 
questi primi mesi comparvero già tre grossi volumi di memorie scritte 
nella lingua nazionale, con alcuni riassunti in lingua francese e con i 
titoli dei lavori, anche in lingua tedesca. — 

UNA SociETÀ METEOROLOGICA è stata fondata recentemente a Nuova 
York. Essa ha per scopo principale lo studio dei fenomeni atmosferici, 
che si avverano in quella città e nei suoi dintorni, anche in relazione 
con fatti fisici che vi abbiano certa attinenza (/Vature di Londra, 
n. 1078, 1890). 

L’ ASSOCIAZIONE FRANCESE PER IL PROGRESSO DELLE SCIENZE tenne 
un Congresso a Limoges dal 7 al 14 agosto. La 14° sezione era asse- 
gnata alla Geografia e la presiedeva il sig. E. Anthoine, ingegnere capo 
dell'Ufficio per la carta di Francia e della Statistica grafica. Vi si do- 
vevano leggere e discutere memorie ed altri lavori, anche appartenenti 
a chi non fosse membro della Associazione e desiderasse partecipare al 
Congresso. 

CONGRESSO INTERNAZIONALE DEGLI AMERICANISTI, —— Il Comitato 
d’organizzazione dell’ VIII Congresso internazionale degli Americanisti, 
che, come abbiamo già annunziato (2) avrà luogo a Parigi nell’ ottobre 
(14 e seguenti) 1890, ha tenuto una seduta il 22 maggio p. p. per pro- 
cedere alla nomina dei corrispondenti delegati al Congresso. Per I’ Italia 
furono designati i seguenti : prof. F. Borsari di Napoli; cap. G. Bove (?1), 
Genova ; P. Castelfranco, ispettore alle antichità, Milano ; prof. J. Cocchi, 
Firenze; padre Marcellino da Civezza, Prato in Toscana; R. Cocchia, 
Chieti ; prof. G. Cora, segretario generale nella sessione del 1886, To- 
rino ; prof. G. Dalla Vedova, segretario generale della Società Geogra- 
fica italiana, Roma ; prof, De Simoni, Genova ; prof. E. H. Giglioli, Firenze ; 
prof. dott. V. Grossi, Genova; A. Kraus, viceconsole del Brasile, Fi- 
renze; gen. Menabrea, ambasciatore d’ Italia, Parigi; prof. dott. L. Pi- 


(1) Vedi BOLLETTINO, maggio, 1890, p. 500. 
(2) Vedi BOLLETTINO, giugno 1890, p. 600. 


— 7 LI — 
gorini, Roma; bar. de Ressmann, Parigi; dott. prof. P. Riccardi, Mo- 
dena; Amat di San Filippo, Roma; prof. G. Uzielli, Torino. 

IX CONGRESSO INTERNAZIONALE DEGLI ORIENTALISTI. — Dal 1° al 
10 settembre del 1891 si terrà a Londra il IX Congresso internazio- 
nale degli Orientalisti. La Presidenza onoraria del medesimo fu attribuita 
a Sir H. C. Rawlinson. Presidente del Congresso sarà Sir M. E. Grant- 
Duff. Ii Comitato costituitosi a Londra, dietro trasmissione dei poteri 
lasciati dall’ ultimo Congresso di Stoccolma al Comitato fondatore di 
Parigi, invita gli Istituti ed i cultori di tali studî a parteciparvi; ed av- 
verte che a tal fine conviene inscriversi, mandando al Comitato stesso 
nome, cognome, indirizzo, e pagando lire 25 di tassa. — Si deve però 
notare che un ostacolo, certamente superabile, sembra opporsi momen- 
taneamente alla esecuzione del programma del Comitato di Londra, e 
specialmente alla scelta di questa città quale sede del Congresso. La 
opposizione, del resto più formale che sostanziale, è sollevata, con una 
lettera pubblicata per le stampe, dai prof. A. Dillman, A. Kuenen e 
C. de Landberg, che sostengono essere stato nominato invece un Co- 
mitato apposito, come s’era fatto altre volte, in seno al Congresso di 
Stoccolma, per preparare il prossimo Congresso, ed esserne essi i mem- 
bri. Però, mostrandosi questo Comitato conciliante nella sua stessa pro- 
testa, ed ammettendo anzi fin da ora che il Congresso possa tenersi in 
Inghilterra, e cioè a Londra, o ad Oxford o in entrambi i luoghi, pare 
che come è vivamente desiderato, ogni scissura sarà evitata, ed il Con- 
gresso non sofirirà ritardo. 

LA CONFERENZA TELEGRAFICA INTERNAZIONALE E L'ORA UNIVERSALE. 
_— Nelle sedute del 30 maggio, 16 e 17 giugno p. p. le Commissioni de- 
legate alla Conferenza telegrafica internazionale discussero la proposta 
di C. Tondini de Quarenghi, per l'adozione dell'ora universale se- 
gnata sul meridiano iniziale di Gerusalemme, ad unificazione del tempo 
nella trasmissione telegrafica. La Conferenza, applaudendo agli sforzi 
dell’ Accademia scientifica di Bologna, rappresentata dal Tondini, emise 
ad unanimità il voto che il progetto possa ben presto diventare realtà 
e che in fine si riesca all’ unificazione nella misura del tempo (Ze Géo- 
graphie, n. 82, 1890). 

ESPOSIZIONE RUSSA EUROPEO-ASIATICA. — In Casan, grande centro 
commerciale della Russia europea, è stata aperta nel 27 maggio p. p. 
una grande esposizione industriale e scientifica, riguardante la Russia 
orientale, la Siberia, l'Asia centrale ed il Caucaso. Tra l’altro, vi si 
notano molti prodotti naturali ed industriali che toccano davvicino l’ etno- 
logia e le scienze geografiche di alcuni popoli e luoghi ancora poco noti 
in Europa (Vature di Londra, n. 1074, 1890). 

LA CONFERENZA ANTISCHIAVISTA DI BRUXELLES si chiuse con l'Atto 
Generale del 2 luglio p. p., firmato da tutte le-potenze convenute, tranne 
i Paesi Bassi, cui fu concessa una dilazione di sei mesi. All’ Atto stesso, 
che riguarda i procedimenti per la repressione della tratta degli schiavi 
in Africa, fu aggiunta una dichiarazione sui dazi introdotti nello Stato 
indipendente del Congo. (Deutsche Kol. Zeitung, n. 15, 1890). 

SCANDAGLI NEL Pacirico. — La nave « Relay » mandata a fare 


certe riparazioni al cavo telegrafico sottomarino tra Valparaiso e il Cal- 
lao, esegui parecchi scandagli. Per questi risulta che poco lungi dalla 
costa americana del Chile e del Perù, per ben 20 gradi di latitudine, 
le profondità del mare sono grandi, e in qualche parte grandissime. Così 
cominciando da 72° 17’ 10” long. O. Green., 32° 34’ lat. S. con m. 2,400 
si procede oltre a 71° 31’ 30” long. O. Green., 25° 42’, lat. S., dove fu 
notata la profondità di m. 7,632. Poco al di là di quest'ultimo meridiano, 
il fondo dell'Oceano Pacifico si rialza alquanto tra i m. 5,000 e 3,000, 
e così però si conserva, tranne in qualche punto. S’ avvicina a soli 1,000 
metri in due luoghi : tra 70° 29’ - 70° 38’ long. O., 20° 9’ - 20° 44’ lat. S., 
e poi più oltre a 77° 32° - 77° 38’ 10” long. O., 12° 33’ 30” - 12° 54' 30” 
lat. S. (Wot. fo Mar. n. 25, 1890), 

IL CALCOLO DEL VOLUME delle prominenze e delle profondità della 
superficie terrestre richiamò un' altra volta l’attenzione del prof. A. Penck, 
che già ripetutamente ne aveva trattato e discusso (1). Anche il Murray, 
ed ultimamente il Supan ed altri se ne erano occupati. Tra noi, il no- 
stro socio prof. G. Ricchieri, dando alla ricerca un nuovo indirizzo con 
una costruzione più sicura della curva ipsografica (2). Il Penck, dopo 
avere ripassate in esame le varie altre costruzioni cilindriche o pirami- 
dali, considera le difficoltà, ma assieme approva l'opportunità della co- 
struzione prismatica del Ricchieri. Col calcolo del volume di numerosi 
prismi, in cui resterebbe diviso il terreno, e con l'applicazione della 
superficie risultante al metodo del minimo e del massimo volume, si 
riesce a risultati più precisi nella misurazione dei volumi delle promi- 
nenze terrestri, che non coi metodi finora seguiti, coi quali il volume 
della Terra si soleva derivare dall'area degli strati verticali coll’ajuto 
di formule o di costruzioni d’ altra maniera (Peterm. Mittetl., VI, 1890). 

LE CAUSE DEI CICLONI NELL’ATLANTICO SETTENTRIONALE. — Il prof. 
H. Habenicht, nella Zeitschrift fiir Schul-Geografhie, occupandosi delle 
forti depressioni atmosferiche e dei cicloni, sostiene la dottrina, non 
nuova, che due siano le principali cause della frequenza di questi nelle 
acque dell'Atlantico settentrionale : prima, l’ostruzione del corso regolare 
dei venti, prodotta dai continenti che trovansi ad E. e ad O. di quella 
parte dell'Atlantico; seconda, la costante massima barometrica che du- 
rante l'inverno si verifica nelle terre continentali e in vicinanza delle 
regioni artiche (JVature di Londra, n. 1074, 1890). 

DECLINAZIONE, INCLINAZIONE ED INTENSITÀ MAGNETICA NEL MARE 
CARAIBICO. — Una Commissione ufficiale del Hydrographic Office degli 
Stati Uniti dell’ America Settentrionale fece alcune osservazioni magne- 
tiche a San Domingo, Curagao e Venezuela, servendosi del teodolite 
Kew, magnetometro n. 54 e del cerchio d’inclinazione n.. 84. I risul- 
tati furono i seguenti: Puerto Plata in San Domingo, (dicembre 1889) 
S. 30° 40’ E. con variazione ad E. 0° 37’, inclinazione 49° so’ 4 ed 
intensità orizzontale 6,6667. Relativamente, Santa Afia di Curacao (fine 
gennajo 1890) S. 45° O. con variazione E. 2° 28' 2, inclinazione 39° 


(1) Vedi BOLLETTINO, aprile 1889, p. 310. 
(2) Vedi Annuario dell’ Istituto cartografico Italiano, 1889, pag. 126. 


13’ 2 e intensità 6,9841; la Guaira di Venezuela (febbrajo 1890) S. 
70° E., con variazione E. 2°50’, 7, inclinazione 37° 34’ 5, ed intensità 
orizzontale 6,9496 (WVot. fo Mar., n. 21, 1890). 

RIPETUTE SCOSSE DI TERREMOTO portarono lo spavento negli In- 
diani di Skidegate e dei posti vicini, lungo la costa di Victoria e nelle 
Isole della Regina Carlotta (America del Nord), dal 24 febbrajo p. p. 
fino addentro nell'aprile seguente. Ne rimasero distrutti quasi tutti i 
villaggi su palafitte dei ¢ofem (tribù) e non mancarono vittime umane, 
cadute in gran parte in conseguenza della fuga selvaggia degl’ indigeni. 
Violente pure, ma non dannose, furono due scosse sentite a Sofia (Prin- 
cipato di Bulgaria) verso le 6,30 pomeridiane del giorno 7 giugno. 
(Mature di Londra, n. 1075, 1076, 1890). 

TRIPLICE ARCOBALENO SOLARE. — Sulle alture circostanti a Mount- 
Harvard nel Perù, quest'anno, ben due volte in pochi mesi, fu osser- 
vato, verso sera, un fenomeno rarissimo e forse, nelle sue particolarità, 
muovo. Con un cielo coperto da nebbie leggiere, oscure ed alte con fina 
pioggia, si è prodotto in mezzo a quelle montagne un doppio arco ba- 
leno, nel cui centro al di sopra di una valle, tra due vette di colli 
spiccava su una nuvoletta lucida un cerchio a colori d’iride, ma più 
deboli del doppio arco sovrapposto. Il fenomeno si poteva ammirare 
fino alla distanza di 200 metri, e meglio occupando la linea centrale 
del cerchio stesso. Era visibile in esso l’ ombra dell’ osservatore, che ne 
toccava in alto il centro, in basso la periferia inferiore (Science, nu- 
mero 384, 1890). 

DATI ANEMOMETRICI NELL'IMPERO Russo. — Il meteorologo russo 
Kiernovski fece una serie completa di osservazioni sulla variazione e 
‘distribuzione dei venti e della loro velocità nelle tante regioni dell’ Im- 
pero Russo. Le più forti velocità occorrono nelle provincie del Baltico, 
con medie di circa m. 6,3 al secondo. Sul Mare Bianco, sul Caspio, 
nella regione dei laghi settentrionali della Russia, e nella steppa, i dati 
sono ancora più elevati; nella regione delle foreste e nel Caucaso in- 
vece sono più bassi. La velocità dei venti decresce nell’ interno dell'Asia; 
e nella Transbaicalia si ha il minimum di m. 1, 5 per minuto secondo. 
Aumenta la velocità più oltre verso il Pacifico. Nel periodo annuale vi 
è uniformità del maximum nell'inverno e del minimum nell’ estate. Però 
nelle regioni del Caspio, dell’ Ural, della Siberia occidentale e dell'Asia 
Centrale si osserva un maximum straordinario in primavera ed un mi- 
nimum egualmente straordinario d'autunno. Nella Siberia orientale invece 
il minimum è d'inverno. La variazione giornaliera dei venti ha evidente 
relazione col movimento delle nubi. La massima calma si produce nella 
stagione più lunga dell’anno: d'inverno nella Siberia orientale, d’ estate 
nelle altre regioni. In generale poi la calma aumenta regolarmente in 
ragione della serenità del cielo, ed è più grande in terra che sul mare 
(Mature di Londra, n. 1072, 1890). 

NeEcroLocia. — C. C. Farry, ben noto esploratore e naturalista 
botanico americano, morì a Davenport nell’ Jova (Stati Uniti dell’Ame- 
rica settentrionale), il 20 febbrajo p. p. (Vature di Londra, n. 1072, 1890). 


B. — EUROPA. 


L'EMIGRAZIONE ITALIANA NEL 1889. — La <« Statistica della emi- 
grazione italiana avvenuta nell'anno 1889 » testè pubblicata, reca mag- 
gior luce sul movimento della popolazione italiana verso paesi esteri. 
Mentre nel 1888 si era saliti alla cifra di 290,736 emigranti, nel 1889 
questa discese a 218,412, press'a poco quella del 1887, che era stata 
di 215,665. Contemporaneamente l'emigrazione propria, che era aumen- 
tata pure nel 1888 fino a 127,748, diminuì nell’anno passato a 113,093, 
mentre crebbe la temporanea fino a 105,319. Il maggior numero di 
emigranti fuori d' Europa, per tempo indeterminato o con intenzione di 
lasciare per sempre la patria, fu dato.dalle provincie di Potenza (7,443: 
8,316), Cosenza (7,119-7,336), Salerno (6,802-7,032), ‘Torino (6,184- 
6,254), Campobasso (5,038-5,038), Udine (4,940-4,956), Genova (5,25 4- 
4,953), Pavia (5.318-4,864), Alessandria (4,559-4,362), Catanzaro 
(4,012-4,017), Milano (3,876-3,449), Novara (3,383-1,559), Lucca 
(3,877-2,786), Palermo (5,636-2,185). Però relativamente alla popola- 
zione delle singole provincie l'emigrazione calcolata su 100 mila abitanti fu © 
più notevole in quelle di Cosenza (1,578-1,626), Potenza (1,419-1,585), 
Campobasso (1,379-1,379), Lucca (1,363-979), Sondrio (1,364-880), Sa- 
lerno (1,237-1,278) e Pavia (1,132-1,035). L'emigrazione temporanea e per 
paesi europei s'è rafforzata sensibilmente nelle provincie di Udine (34,170- 
34,186), Belluno (13,717-13,169), Cuneo (10,580-10,967), Torino (4,217- 
4,287), Lucca (3,694-2,603), Novara (3,654-1,830), Palermo (3,532-81), 
Vicenza (3,506-3,421), Como (3,320-2,245). In rapporto alla popolazione 
delle singole provincie, per 100 mila abitanti, nell’emigrazione tempora- 
nea occupa il primo posto Belluno con 7,877-7,562, il secondo Udine 
con 6,810-6,813, poi da lungi il terzo, Cunéo con 1,665-1,726, il quarto, 
Massa Carrara con 1,236-1,217, il quinto, Lucca, con 1,298- 915, € il 
sesto, Sondrio con 1,035-5 52. La « Statistica » passa poi ad esami spe- 
ciali del movimento di emigrazione. Notiamo, tra l’altro, che nel 1889 
dei 113,093 emigranti permanenti, 81,267 furono maschi, 31,826 fem- 
mine, con diminuzione del sesso debole al confronto degli anni immedia- 
tamente precedenti. Dei 105,319 in emigrazione temporanea 94,390 erano 
maschi, 10,929 femmine. Nella classificazione degli emigranti per pro- 
fessioni, si vedono sempre prevalenti, e nell'emigrazione permanente e 
nella temporanea, gli agricoltori (58,439-48,679)e i braccianti (11,620- 
25,646)- poi vengono i muratori e scalpellini (5,398-11,377) ed artigiani 
ed operai in genere (8,272-5,010). Si nota qualche aumento anche nelle 
professioni liberali: per l'emigrazione permanente 928, per quella tem- 
poranea 733, mentre nel 1888 erano stati in questa categoria rispet- 
tivamente soli 631 e 457 emigranti. Prendendo poi ad esaminare la 
emigrazione per regioni, il Veneto, che nel 1888 aveva dato 81,042 
emigranti permanenti, nel 1889 ne diede soltanto 13,950, aumentando 
di poco la emigrazione temporanea da 50,792 a 55,154. Così avvenne, 
benchè in minori proporzioni, nelle regioni della Lombardia, degli Abruzzi 
e della Campania. Invece continua il lieve progresso d’emigrazione, e 





permanente e temporanea, dal Piemonte, dove si è saliti per la prima 
da 13,212 a 15,589 emigranti, e per la seconda da 17,391 a 19,145. 
I più dei nostri emigranti nell’anno 1889, si recarono nelle repubbliche 
della Plata, e in maggior numero nell’Argentina (in tutto 75,058); nei 
vari Stati d'Europa passarono in totale 92,631 emigranti, dei quali 
27,487 in Francia, 32,386 in Austria Ungheria, 9,163 in Svizzera. La 
differenza notevole tra la cifra ufficiale degli emigranti dall’ Italia per 
l America e quella degli immigrati italiani secondo le statistiche americane 
(155,009 soltanto nell’Argentina,: Brasile e Stati Uniti), dipende dal- 
l'aggiunta di antichi e nuovi emigrati da porti europei stranieri, di cui 
la nuova pubblicazione fornisce alcuni dati ufficiali. Una tavola apposita 
dà anche le cifre dei rimpatrii che vanno crescendo d'anno in anno, 
ma in esigua misura: nel 1888 erano stati 27,295 rimpatrianti, nel 1889 
furono 35,103. In fine del volume sta il « Movimento della emigra- 
zione per Comuni, negli anni 1888 e 1889 » distribuito per regioni e 
provincie in ordine alfabetico; poi il « Movimento della emigrazione per 
provincie e compartimenti avvenuto nell'anno 1889 »; 1’ « Emigrazione 
distinta per mesi »; « Emigranti di età superiore ai 14 anni, distinti 
secondo la professione che esercitavano in patria »; « Emigrazione 
propria e temporanea riunite, emigranti classificati secondo i paesi di 
destinazione »; « Numero degli emigranti negli anni 1884 al 1889 
dalle singole provincie, paragonato alla popolazione ». Queste ultime 
tavole completano lo scopo della pubblicazione, rendendola utile insieme 
agli ufficî ed agli studiosi. 

« AVIFAUNA ITALICA ED AVIFAUNE LOCALI ». — Sotto questo ti- 
tolo il nostro socio onorario prof. H. Giglioli, pubblicava durante l’ultimo 
biennio 1889-1890 un resoconto dei risultati dell’ inchiesta ornitologica 
fatta, per conto del Governo, in Italia. Vastissimo e diligente lavoro, 
che dà prova dell’opera data da lui e dai suoi collaboratori a mettere 
in maggior luce tanta parte del regno animale del nostro paese. Il primo 
volume contiene 1’ Elenco sistematico delle specie di uccelli, stazionarie 
o di passaggio in Italia, coi loro nomi, talora nuovi, e pur noti qua e 
là volgarmente, con notizie d'ogni maniera, utili all’illustrazione della 
materia. Il secondo volume contiene propriamente i risultati dell’ in- 
chiesta nelle singole provincie, cioè una descrizione più particolareggiata 
in ordine geografico, e con note numerose tratte da testimonianze e da 
altre prove attendibili. 

LE FORESTE DELL’ Europa. — Ultimamente in Russia si fecero 
studi particolareggiati sulla estensione dei boschi nell’ Impero Germanico, 
e comparazioni con quella delle foreste degli altri Stati d’ Europa. Ne 
risulta che la Germania (Confederazione) occupa il quarto posto. La 
Russia (compresi i possessi asiatici?) ha un’area boschiva di circa 200 
milioni d'ettari, l’Austria-Ungheria 19 milioni, la Svezia-Norvegia 17 mi- 
lioni, l'Impero Germanico 14 milioni. Vengono poi la Francia con 
9 milioni d’ettari, la Spagna (ed il Portogallo ?) con 8 milioni, l’Italia 
con 4 milioni e l'Inghilterra con 1 milione d’ettari di boschi. Secondo 
la relazione che fu fatta in proposito al Governo degli Stati Uniti del- 
l'America settentrionale, i vari Stati dell'Impero Germanico dividono fra 


— 716 — 

di loro i suddetti 14 milioni d’ettari di foreste nelle proporzioni se- 
guenti: Prussia 1,355,000 in proprietà comunale e 2,423,000 in pro- 
prietà demaniale; Baviera 388,000 e 941,000; Wiirttemberg 190,000 
€ 192,000; Assia 90,000 e 67,000; Baden 259,000 e 93,000; Alsazia- 
Lorena 195,000 e 151,000 ettari. Ricca pure di boschi è, relativamente 
alla sua estensione e configurazione, la Sassonia, tanto nel regno, che 
nei minori principati. Nella pubblicazione sopra accennata si rileva che 
9,100,000 ettari sono boschi di conifere e 4,800,000 di fogliacee, gran 
parte faggi; e dei boschi di conifere, 3 milioni d’ettari sono d’abeti, 
e 6 milioni di pini. Questi ultimi trovansi la maggior parte nei monti 
dell’Hartz, dei Giganti, nei Metalliferi, nella Selva Turingica, nel Verm, 
nei Vosgi, nella Foresta Nera, nelle Alpi Bavaresi, nelle Selve Sveva e 
Franconia, nei Jura e nel Fichtel. (Science, n. 383, 1890). 

NELLA GROTTA DI ADELSBERG per recenti esplorazioni, fu trovata 
una comunicazione immediata con l’altra Grotta di Ottocaro, scoperta 
qualche anno fa. L'esplorazione fu condotta lungo il Fiume Poica, at- 
traversando in barca il gran lago, poi procedendo in gallerie inferiori 
per le quali continua a scorrere il fiume stesso. Si potè proseguire ora 
a piedi, lungo le pareti delle gallerie meno percorse dalle acque, ora 
in barca ancora, attraverso altri piccoli laghetti. Al di là del terzo lago, 
il Poica scorre quasi tutto per una galleria, che era perciò impenetra- 
bile; ma allato di questa, s’apriva un’altra quasi del tutto asciutta. Avan- 
zandosi da questa parte e attraversato un quarto e più largo lago, gli 
esploratori si trovarono d’un tratto nella Grotta di Ottocaro. Essi di- 
chiarano però che resta molto da esplorare ai lati del cammino per- 
corso (Vature di Londra, n. 1074, 1890). 

Le CITTÀ DELLE RuPI IN Boemia. — Dalla lunga catena di monti 
d’ arenaria che, staccandosi dai Monti Metalliferi si protende a S. E. 
verso quelli dei Giganti e verso i Sudeti, spiccano per la loro singo- 
lare struttura e per strani fenomeni alcuni gruppi di roccie. Erano stati 
già visitati e studiati più da vicino, ancora verso il principio di questo 
secolo; ma da qualche poeta, come il Goethe, o da dotti, come l’ame- 
ricano Adams. Ora da qualche tempo se ne studiano a scopi scientifici 
tutte le particolarità di forma, materia, temperatura, ecc. Il maggiore 
centro di queste roccie trovasi presso ad Adersbach ed a Weckelsdorf, 
villaggi nel N.-E. di Boemia. Esse hanno in generale una serie di pareti 
parallele, elevate spesso intorno ai 100 metri, e che formano vere strade 
e vicoli, i quali mettono in comunicazione i punti estremi di quei labi- 
rinti. La forma di quelle roccie è stranamente rassomigliante, quasi 
dovunque, ad alberi, e ad esseri animati. Stranissimo poi è il muta- 
mento istaneaneo della temperatura nel passaggio da certe profonde 
fenditure nella roccia presso Weckelsdorf, dove anche alla fine di luglio 
si rinviene neve e ghiaccio, all’ aperta e splendida vegetazione meridio- 
nale di bei prati. È perciò che quei due luoghi furono distinti coi nomi 
di « Siberia » e di « Italia ». Ancora più artistica per le forme archi- 
tettoniche, apparisce la « Felsenstadt » presso Adersbach. Ivi, e più 
sui Monti di Braunau, Heuscheu ed Uetli, si ammirano torri, spalti, 
mura diroccate, lunghe file ordinate di colonne, ed altri simili fenomeni 


— 7 I 7 — 

naturali, sorprendentissimi. Il sig. U. Ritter, che vi fece un lungo sog- 
giorno e una diligente esplorazione scientifica, ha potuto constatare 
che quelle importantissime formazioni appartengono senz' altro al periodo 
terziario cretaceo nella storia geologica. Esse si costituirono sul fondo 
marino per mezzo di detriti arenari, e poi in masse compatte si ven- 
nero inalzando, per le note e potenti forze di sollevamento. Poco dopo 
devono essere incominciati gli effetti dell’ erosione delle acque, che man 
mano si prosciugavano, e dell’ intemperie, producendo quelle numerose 
e artistiche fenditure perpendicolari, che danno a quei luoghi |’ aspetto 
di città abbandonate (Geographische Nachrichten, N. 9, 1890). 

IL M. Jaman Tau è definitivamente riconosciuto siccome il più 
elevato della Catena meridionale degli Urali. Già l’aveva sostenuto il 
Cerniccev, confrontandolo coll’ Ireme]. Ora però, il signor Antonov, in 
seguito alla determinazione delle altitudini misurate in 116 punti del- 
I Ural meridionale, lungo il Bielaja e 1’ Ufa, riuscì a precisare e con- 
fermare quella stima. Il M. Jaman Tau ha l'altezza di m. 1,646, e perciò 
supera tutti gli altri monti della catena. (Ze Mouv. Géogr., n. 12, 1890). 

LE COSTE DELLA DANIMARCA furono recentemente esplorate, anche 
nei riguardi meteorologici e idrografici, da una Commissione di quel- 
l’Ammiragliato, la quale procedette ad una serie sistematica di osserva- 
zioni (ature, di Londra, n. 1074, 1890). 

ESPLORAZIONE SCIENTIFICA DEL Mar NERO. — Pochi mesi fa, in 
seguito ad una Memoria indirizzata dai professori Clossovski e dott. An- 
drussov alla Società Imperiale Russa di Geografia, intorno alla necessità 
ed utilità di scandagli nelle maggiori profondita del Mar Nero, il Mi- 
nistro della Marina russa, dietro istanza di quella Società, ordinò che 
una nave dello Stato proceda ad una esplorazione scientifica in quelle 
acque. Questa venne affidata alla direzione del cap. Spindler ed ai dot- 
tori Wrangell, A. Voeicov e Andrussov; ha luogo questa estate du- 
rando un mese. Vi si faranno ricerche idrografiche & meteorologiche, 
botaniche e zoologiche. (Science, n. 334, 1890). 


C. — ASIA. 


L’ ESPLORATORE E. MODIGLIANI parti da Genova il giorno 8 luglio 
p. p., diretto all’ Isola di Sumatra, dove intende di studiare i territori 
e gl’ indigeni circostanti al Lago Toba. Egli passò da Suez il giorno 
23 luglio, donde scrisse una cortese lettera di saluto al Segretario ge- 
nerale della nostra Societa. 

L’ Isora CAMARAN, presso alla costa orientale del Mar Rosso, 
secondo gli scandagli e la relazione del cap. olandese F. Bakker, della 
nave « Soenda », si estende molto più ad E. di quello che segnano 
le carte. Lo scoglio situato appunto in quelle acque, verso la costa, 
non è altro che un prolungamento dell’ isola stessa (ot. to Mar., 
n. 28, 1890). 

TERREMOTO IN ARMENIA. — Dopo due giorni di rombi sotterranei 
e di altri segni precursori, il 26 maggio p. p. succedeva un forte ter- 
remoto nel distretto di Refahie, e precisamente nel villaggio di Caji, 


. — 718 — 

che ne fu completamente distrutto. Dai crepacci del suolo sconvolto 
sgorgarono acque minerali, che inondarono la campagna circostante. 
(Nature di Londra, n. 1074, 1890). 

IDRAULICA PERSIANA. — Ci sì comunicano dalla Persia i seguenti 
particolari sull'origine del nuovo Lago di Savé, che si è formato recen- 
temente sulla strada di Khum e che ha preso una certa importanza. 
Esso esiste da sei o sette anni. « Quando il Governo persiano fece co- 
« struire la nuova strada che dalla capitale conduce a Khum, luogo di 
« pellegrinaggio molto frequentato, questa linea era più lunga di qualche 
« chilometro dell’antica, e le carovane non la frequentavano, ma con- 
« tinuavano a servirsi della vecchia strada, quantunque più difficile, 
« specialmente nella stagione delle pioggie. Per forzare i viaggiatori a 
« profittare della nuova comunicazione, il governo persiano fece rom- 
« pere una diga sul Fiume Sifid-Ab allo scopo di allagare la strada 
« vecchia, rendendola così impraticabile. Non essendosi fatta troppa 
« attenzione ai livelli del terreno, il fatto oltrepassò lo scopo, ed in 
« poco tempo si formò un lago; e come quei bassi terreni, che le 
« acque invadevano, erano incolti, nessuno si occupò di riparare il mal 
« fatto, se pure è un male. Anzi molti pretendono che il N. della Per- 
« sia deve al Lago di Savé le frequenti pioggie sin ora sconosciute. 
« Pare che questo lago abbia già più di trenta chilometri di larghezza. 
« Però, non è molto, ho inteso una notizia, che qui riporto come fe- 
« dele cronista, senza assumerne nessuna responsabilità: si vuole che 
« da qualche tempo le acque del Lago Savé diminuiscano, e si pretende, 
« per comunicazioni interne |? Intanto questo lago è divenuto un luogo 
« abbondante di caccia, ove i disoccupati della nostra colonia vanno 
« a cercare un gradevole passatempo ». 

I DEPOSITI MIOCENICI NELLA SIBERIA OCCIDENTALE hanno un’ impor- 
tanza di gran lunga superiore di quanto finora si suppose. Le ultime 
esplorazioni nelle provincie di Tomsk e di Jenisseik provarono che quei 
depositi si estendono molto e in larghezza e in profondità. Essi con- 
tengono alcuni, ma pochi, strati carboniferi, ed una ricca flora, in cui 
si notarono specialmente l’acero, il pino (Lopatint), la magnolia, l’olmo, 
la betulla, il pioppo, ed anche la Segusta Sternberghi, il Glyphostrobus. 
Sembra questa una prova del mutamento del clima della Siberia, come 
è stato riconosciuto per la Svizzera. (Vature di Londra, n. 1070, 1890). 

LA SPEDIZIONE BonvaLor, dopo avere attraversato felicemente il 
Tibet, annunziava alla Società Geografica di Parigi il suo arrivo a Tat- 
Sien, nella provincia cinese del Set-Sciuen (Za Riforma, 191, 1890). 

Lo STRETTO DI MOLO NELLA MALESIA. — Fra i numerosi canali 
esistenti nelle Indie insulari, l’ultimo scoperto (1848) fu lo Stretto di 
Molo, che divide dall'Isola Flores un'isola minore, Bindja, prima cre- 
duta penisola. Soltanto 7 anni dopo la scoperta se ne fece una esplo- 
razione idrografica generale (1855), però più accurata lungo la costa 
orientale «di Bindja, che non lungo quella occidentale di Flores. Ora 
soltanto, per la pubblicazione dei risultati ottenuti dall’esplorazione scien- 
tifica olandese del 1886-1887 sulla nave da guerra « Madura », si potè 
conoscere con maggiore precisione 1 dati più importanti sull’ idrografia 


di quello Stretto. La sua imboccatura settentrionale si trova a 8° 35” 
lat. S, e 119° st’ 40” long. E. Green.; si prolunga con direzione ge- 
nerale N. S. per circa 10 km. con una larghezza, misurata presso I’ iso- 
lotto Tuco-Husalo, di m. 108, O., più m. 279 E.. Questa larghezza di 
circa 400 metri si può dire di poco superiore alla media di tutto il 
vero Canale. Poi lo Stretto di Molo si viene sempre più allargando 
verso S., dove la costa di Flores, procede quasi continuamente da N. 
a S. con numerose ma piccolissime insenature, mentre quella opposta 
di Bindja si dirige improvvisamente da N.-E. a S.-O.. La profondità 
dello Stretto di Molo è sufficiente alla navigazione: m. 45 all’imboc- 
catura settentrionale, m. 14,5 alla meridionale, e poi varia tra m. 21,5 
e 30,5, dove lo Stretto si allarga a S. tra le due coste, e dove sorgono 
le due isole di Perohbesar e Secandoh, raggiungendo poi maggiori quote 
(m. 36, 67, 72) intorno all'Isola Gilimoja e nelle Baje di Mangrove e 
dell’Alligatore, già note fin dal 1761 (Pet. Mitteil., n. VI, 1890). 

L'IsoLA pI PALAUAN, secondo 1 risultati ottenuti da scandagli ed 
altri studi idrografici, di cui si occupa il Journal of the Straits Branch, 
non apparterrebbe geograficamente al gruppo delle Filippine, ma sarebbe 
legata a Borneo per la forma e struttura del fondo marino. (ature 
di Londra, n. 1078, 1890). 

AL CARTOGRAFO GIAPPONESE Ino Ciugi. — Nei primi anni di que- 
sto secolo un vecchio fabbricatore di birra sulla cinquantina sì rivelò 
d’un tratto topografo, e in 17 anni di entusiastico, indefesso e intelli- 
gente lavoro riuscì a fare il primo grande rilievo del Giappone, che dal 
1818 ad oggi servì sempre di base a simili e più particolareggiati la- 
vori. Ora dopo circa settant'anni dalla sua morte la Società Geografica 
di Tokio, persuasa del merito del cartografo nazionale da quanto ne 
scrissero il dott. Naumann, il dott. Knott ed altri, inalzava ad Ino 
Ciuki un monumento in Sciba, a Tokio, il giorno 14 dicembre 1889 
(Nature di Londra, n. 1072, 1890). 


D. — AFRICA. 


IL dott. L. TRAVERSI, nuovo direttore della Stazione di Let Marefia, 
era già arrivato da Dessié (Rorumieda) alla sua residenza verso la metà 
di aprile p. p.. Bene accolto dalla imperatrice di Abissinia, fu poco 
dopo chiamato presso S. M. 1’ Imperatore Menilek, che aveva bisogno 
delle sue prestazioni, quale medico, per feriti ed ammalati. Nel tempo 
stesso il dott. Nerazzini mandava notizie di sè e del dott. Traversi, 
come pure del principe Maconnen, da Harrar. Dopo d’ allora giunsero 
lettere del Traversi ‘alla Società, in data 11 giugno p. p.. Le pioggie 
quest’ anno furono in anticipazione. Le condizioni generali del paese 
mon erano liete. Il dottore si disponeva a ripartire per Entoto. 


L'ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITÙ IN TUNISIA. — L' Officiel Tunisien 
pubblicò in questi giorni il seguente decreto: 1° La schiavitù non 
esiste ed è vietata nella Reggenza. Tutti gli esseri umani senza distin- 
zione di nazionalità o di colore, vi sono liberi, e possono ricorrere alla 
leggi ed ai magistrati, se si credono lesi. — 2° Entro tre mesi dalla 


promulgazione del presente decreto, tutti coloro che nei nostri Stati 
prenderanno in servizio domestico negri o negre, dovranno rimettere 
loro, se non l'hanno ancora fatto, un atto notarile, visto dal cad o 
caid o rappresentante ordinario, a spese del padrone; nel quale atto si 
attesti che quel servitore o serva si trova in stato di libertà. — 3° I 
contravventori all'articolo precedente verranno puniti dai tribunali fran- 
cesi o indigeni, secondo la nazionalità del delinquente, con una multa da 
200 a 2,000 piastre. — 4° Coloro che saranno convinti d'avere com- 
perato, venduto o tenuto come schiavo un essere umano, saranno pu- 
niti col carcere da tre mesi a tre anni. (Ze Mouv. Géog., n. 12, 1890). 

LA TECTONICA DELL'AFRICA ORIENTALE, dopo l’ultima relazione fatta 
dal Von Hoehnel (1) intorno al bacino del Lago Rodolfo, sì presenta 
meglio determinata. Ciò intese dimostrare di recente l'illustre Suess 
nella seduta 24 aprile p. p. dell'Accademia imperiale delle scienze in 
Vienna. « Secondo le relazioni concordi dei viaggiatori », s’esprime egli, 
« l'Africa orientale è attraversata da numerosi avvallamenti a forma di 
« fosse, e dalla descrizione, fatta dall’ Hoehnel, della regione dei Laghi 
« Rodolfo e Stefania risulta in modo originale ed inatteso, una connes- 
« sione di quelle depressioni terrestri con le più settentrionali dell'Eritreo 
« e del Mar Morto. Il Niassa giace in un infossamento meridionale, che 
« pende affatto rasente l'estremità settentrionale del lago stesso, verso 
< N.-O. e forse comprende anche il Lago Leopoldo. In un'altra depre3- 
« sione isolata giace il Tangagnica che, come lo prova la sua differente 
« fauna, è probabilmente di età più antica. Più lontani di là, ma, come 
« risulta dalla descrizione dello Stanley, anch'essi in una depressione, 
« stanno i Laghi Alberto ed Alberto Ed uardo. Mentre !’ infossamento me- 
« ridionale del Niassa pende verso N., più a N. ancora esiste un nuovo 
« solco meridionale, la cui estremità S. è incognita, ma che si sa com- 
« prendere una serie di laghi chiusi, da quello di Manjara agli altri due 
« di Rodolfo e Stefania, come sono i Laghi di Naivascia e di Baringo. 
« Questo solco resta adunque tra gli affluenti del Nilo ed il versante 
« dell'Oceano Indiano. Il viaggio di Teleki ed Hoehnel cì ha rivelate le 
« delineazioni del medesimo fino all’altopiano abissino. Nei dintorni del 
« Lago Abala c’è un’apertura, e non si può dire con certezza se o meno 
« vi possa essere di là una comunicazione fluviale dal lago verso E.. Si 
« deve però accettare indubbiamente per le descrizioni fatteci da una 
« parte dall’ Hoehnel, dall'altra da Borelli, Ragazzi e Traversi, che il fe- 
« nomeno della depressione non finisce al Lago Stefania. Conviene con- 
« siderare il pendio orientale dell'altopiano abissino siccome il vero limite 
« occidentale della depressione eritrea. La costa meridionale del Golfo di 
« Aden, che è parallela a quella settentrionale, si prolunga come uno 
« scoscendimento trasversale fin dentro nel territorio dell’Harar, e l’intero 
« bacino chiuso dell’ Hauash, come tutto l’Afar fino oltre Massaua, va 
« considerato come un grande avvallamento, una parte cioè del solco eri- 
€ treo. Una ulteriore depressione terrestre meridionale comprende il Golfo 
« d'Acaba, il Mar Morto ed il letto del Fiume Giordano, cui si connette 


(1) Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, p. 1049. 


« con angolo ottuso il Becaa. Soltanto presso all’ultime diramazioni del 
« sistema eurasiatico la breccia s'apre del tutto nella diramazione di Pal- 
« mira, descritta dal Diener nell’ « Akademischer Anzeiger » del 1890 al 
« n. X. >» (Peterm. Mittel, VI, 1890). 

L’ UGANDA era tornato nelle mani del re Muanga, e notizie con- 
tradditorie volevano attribuirne il merito, quali al Peters, quali al Jackson; 
(Ze Mouv. Géog., n. 12, 1890) ma poi e fino qualche mese addietro 
il paese era ancora in rivolta: Muanga (che era ritornato sul suo 
trono) non appena partitosi di là il Peters, fu ricacciato dal suo rivale 
Caronga, e dovette riparare su un'isoletta del Lago Victoria. Ivi egli 
e i missionarî francesi con lui fuggiti aspettano soccorsi dai bianchi. 
Intanto però sembra che il vescovo Livinhac, destinato all’ Algeria, sia 
riuscito a sfuggire alle persecuzioni dei ribelli, essendo giunto sano e 
salvo col Peters sulla costa dello Zanzibar (Geog. Nachrichten, n. 14, 1890). 

I NANI INCONTRATI DALLO STANLEY nel cuore delle foreste da lui 
attraversate negli ultimi viaggi d'Africa sarebbero, secondo la sua opi- 
nione, i legittimi discendenti dei famosi pigmei di Erodoto. Egli dichiarò 
al corrispondente della /adtpendance belge che, a differenza delle poche 
tribù più esterne, le molte che vivono nell’ interno delle foreste provano 
etnologicamente e socialmente, di possedere una civiltà antica. Lo Stanley 
non dubitò di asserire che questa razza abita quella regione da circa 
5 mila anni. I nani, esaminati dappresso ed a lungo dal grande viag- 
giatore, non sono affatto deformi, anzi ben fatti in tutte le parti del 
corpo, che sono proporzionate tra loro e ricoperte quasi tutte da una 
finissima lanuggine. Il colore della loro pelle è piuttosto dlivastro. Ro- 
busti, agilissimi, intelligenti; però non atti a vivere fuori delle loro fo- 
reste, come lo dimostrò il tentativo mal riuscito dello Stanley, di con- 
durne seco alquanti. Quantunque disperse in vastissimo territorio, le 
tribù di questi nani conservano sempre l'antichissima unità originaria 
della loro razza, nemica acerrima dei negri circostanti. Le loro tradi- 
zioni giuridiche sono affatto aristocratiche. L'unità nazionale è personi- 
ficata in una specie di monarchia, tenuta ora da una donna. L'inter- 
vento di questa fece cessare le ostilità, già narrate dallo Stanley nella sua 
nota lettera (1) al Bruce, e condusse ad una sincera ed insperata amicizia, 
per cui molti nani, d’allora in poi, frequentarono e vissero anche pa- 
recchi mesi nel campo della Spedizione. Arrendevoli ed utili in pace 
verso lo straniero o meglio verso i bianchi, sono indomiti e ferocissimi 
in guerra, massime contro i negri. Vanno quasi affatto nudi, sempre, e 
tutti, anche la loro regina. Sono valentissimi, e forse insuperati dalle 
altre razze africane, nella fabbricazione di reti e di panieri, nella tes- 
situra delle fibre di vegetali, nella lavorazione del ferro e nella costru- 
zione di armi (frecce e coltelli) e di utensili e strumenti d’arte, che 
eseguiscono con fucine proporzionate alla loro taglia. Per lo Stanley, 
l’indizio più grande e sicuro della civiltà di questi nani è il sentimento 
morale elevatissimo ch’essi possiedono, a differenza di tutti gli altri Afri- 
cani che hanno « costumi spaventevoli ». (Revue Fr. de l'Etr. et Expl, 
n. 96, 1890). 


(1) Vedi BOLLETTINO, giugno 1889, p. 505. 


TRATTATO ANGLO-TEDESCO. — Con recente convenzione conclusa 
fra 1 governi di Germania ed Inghilterra, ma non ancora ratificata, ven- 
nero regolati i rapporti delle due nazioni nei reciproci interessi sulle 
Eccone il testo tradotto : « In seguito ai negoziati che hanno avuto luogo, 
1 governi inglese e tedesco si sono messi d'accordo sui punti seguenti 
che formano un tutto: — 1° La sfera degli interessi tedeschi in Africa 
è limitata al S. da una linea che parte dall’imboccatura del Rocuru 
all’ O. del Nyassa fino al S. del Tangagnica; al N. da una linea che 
parte dslla riva E. del Lago Vittoria, e che va fino allo Stato del Congo. 
In tutte le sfere d'interesse tedesco ed inglese, sarà libero il transito alle 
merci inglesi e tedesche. Le missioni dei due Stati per il culto e l’istru- 
zione pubblica avranno diritto di soggiorno. I sudditi dei due Stati go- 
dranno nelle due regioni degli stessi diritti. L'Inghilterra farà uso di 
tutta la sua influenza per indurre il Sultano dello Zanzibar a cedere 
alla Germania le striscie della costa da lui cedute alla Società tedesca 
dell’ Africa Orientale. In questo caso la Germania pagherà al Sultano una 
indennità per i diritti di dogana. — 2° Il limite delle sfere anglo-te- 
desche al S.-O. è il medesimo che nei trattati precedenti. — 3° La 
frontiera fra il paese tedesco di Togo e la colonia inglese della Costa 
dell'Oro è, conforme alle proposte tedesche, formata da una linea che 
taglia in due il paese contrastato di Crepi, il N. del quale apparterrà 
alla Germania, il S. all'Inghilterra. — 4° La Germania cede all’In- 
ghilterra i suoi diritti su Vitu e sul paese dei Somali, al N. della sfera 
degl’interessi inglesi — 5° La Germania cede all'Inghilterra il protet- 
torato dello Zanzibar, fatta eccezione delle coste. — 6° L'Inghilterra 
cede, salva l'approvazione del Parlamento, a S. M. l'Imperatore di Ger- 
mania, l'Isola di Heligoland. Sarà ulteriormente fissato un termine di 
dilazione per l'introduzione del servizio militare e delle leggi doganali 
tedesche. Entro un tempo stabilito, gli abitanti attuali avranno diritto di 
optare per la nazionalità inglese. — 7° Gli altri punti che formano og- 
getto di contestazione saranno regolati in seguito. Rimane fin d'ora sta- 
bilito che tutte le questioni saranno conciliate all’ amichevole. — 8° Fino 
alla ratifica, che deve aver luogo entro il più breve tempo possibile, le 
potenze contraenti s' impegnano a non favorire veruna Spedizione che 
possa nuocere all'esecuzione del trattato attuale ». (Za ZAiforma, nu- 
mero 172, 1890). 

IL CAPITANO WiISSMANN è di ritorno in Europa. Telegrammi ai 
giornali politici annunziavano che il giorno 9 giugno p. p. egli sbarcava 
a Suez diretto al Cairo. Il giorno 23 giugno egli era già in Berlino, ac- 
compagnato dall' Arabo notabile, Soliman ben Nasr, che tanto contribuì 
ai buoni accordi di pace tra le popolazioni musulmane della costa zan- 
zibarese e la Germania, dove questa vi ha dominio (Deuts. Kol. Zett., 
D. 14, 1890). 

NOTIZIE DEL DOTT. O. BauMANN. — Da Rangaira il dott. Baumann 
scriveva una prima volta alla presidenza della Società tedesca dell’ Africa 
Orientale la seguente lettera, che qui riportiamo in parte tradotta dal 
tedesco, in parte riassunta. — « Rangaira, 16 marzo 1890. — « Par- 


tii 1’8 marzo p. p. da Tanga e giunsi il 13 marzo qui a Rangaira. Per 
ciò che riguarda il Fiume Sighi, dirò ch'esso merita molto limitatamente 
il nome di fiume navigabile. Fino ad Amboni lo si può percorrere in 
piccoli dkay ed anche in vaporetti, ma piccolissimi, e purchè sia nella 
stagione delle piene. In altro tempo appena appena piccole barche pos- 
sono avanzarsi su per questo fiume pieno di ostacoli. Da Amboni in su 
si può continuare un altro bel tratto con le primitive imbarcazioni in- 
digene ad un albero, finchè certi banchi di sabbia impediscono affatto 
qualsiasi navigazione. Le rive del fiume sono basse e paludose sotta 
Amboni; a monte poi si fanno sempre più erte e rocciose, e vi prevale 
il calcare iurassico. Presso Amboni fu osservata una sorgente di grande 
getto e la cui acqua è pregna di materie sulfuree ». — La via da Tanga 
ad Amboni passa prima per Sciambassa, poi per una costiera paludosa, 
infine traversato il piccolo fiume Mdofu, va al Sighi per un territorio 
di campine, tutto ondulato. La stessa Amboni è un piccolo mercato, 
dove pochi Indiani e Suaheli vi offrono le loro misere merci. Proce- 
dendo ad O. da Amboni, si giunge nel paese dei Vadigo, che sì stende 
con le sue colline di qua e di là del Sighi. Lungo le rive del fiume 
soltanto vi è una sottile foresta, a forma di galleria; del resto il paese 
è coperto dovunque di campine, all’ apparenza almeno, molto desolate. 
Si vuole però che esse siano atte alla cultura del tabacco. In mezzo ad 
esse tuttavia trovansi sparsi campi di manioca, piantagioni di coco, e 
villaggi di Vadigo, cinti di siepi. Scarsa è l’acqua, allontanandosi dal 
Sighi; pure gli indigeni, scavando sino a profondità di circa 3 metri, 
riuscirono spesso a scoprire sorgenti; e trapanature sistematiche nelle 
conche darebbero fuor di dubbio risultati buoni. — Toccando Bombuera 
si entra nel territorio di Bondei, che soggiace al Capo Kibanga. Sul con- 
fine ha luogo ogni martedì un mercato, a cui accorrono gli abitanti dei 
villaggi circonvicini, e vi scambiano sesamo, tabacco, sam/i, manioca, 
sorgo, zucchero in canna, banane, mais, patate dolci, fagiuoli, aranci, 
noci di cocco, vini di palma e di zucchero, ed anche utensili di ferro, 
e d’argilla, e stoffe. Vi sono in uso pesi di rame. Il suolo di Bombuera, 
massime verso O., è molto bello e fertile, la vegetazione densa e rigo- 
gliosa, l’acqua abbondante. In particolare la valle di Misona, ai piedi 
dell’ alto Monte Mlinga, è ubertosa e relativamente molto popolata. Pure 
l'agricoltura vi lascia ancora molto a desiderare, perchè (come al solito) 
gl’ indigeni, in vista delle incessanti guerre e depredazioni dei rapaci 
loro vicini, non stimano ben fatto di coltivare più di quello che è stret- 
tamente loro necessario. Il dott. Baumann però scrive d’essersi messo 
già all'opera allo scopo di far cessare quello stato di guerra continuo. 
Dopo d' essersi fermato un giorno alla Missione di Misosae, egli si tras- 
ferì a Rangaira, d’ onde fece una ascensione sul Monte Mlinga, e d'onde 
appunto egli scriveva, manifestando in fine di questa lettera, la sua in- 
tenzione di attraversare i Monti Lukindo e di recarsi ad Handei. Egli 
accenna anche alla possibilità della costruzione d’ una strada ferrata da 
Tanga a Bondei; e dice che la impresa gli sembra facile, per la qua- 
lità e conformazione del terreno, tenendosi vicini alle rive meridionali del 
Sighi, e per la probabilità che i Vabondei ed i Vasciambaini prestino 


7 


l'opera loro in tale costruzione. — Più tardi, e precisamente in data del 
29 marzo e del 12 aprile p. p. pervennero altre notizie dal dott. Bau- 
mann alla stessa Società tedesca, da Mgambo. Egli scrive d'avere per- 
corso un buon tratto di paese, da Misosae a N. per Tununthes e oltre 
il Sighi, a Maramba, in mezzo a popolazioni selvagge e in fuga al suo 
arrivo. Conchiusi, come altrove prima, certi patti col capo Hungura di 
Maramba, il Baumann di là si diresse e superò la sommità di quei monti, 
per giungere a Simbili, luogo situato su una sottile cresta, d'onde si vede 
benissimo il Kilimangiaro. Partitosi da Simbili, il viaggiatore seguì per 
due giorni il letto del Sighi, penetrando nelle foreste vergini grandissime, 
che si estendono da Kirauga ad Handei, e che per ricchezza d’acqua 
e grandiosità di vegetazione non restano per nulla al disotto dei boschi 
dell'Alto Congo. Il dott. Baumann stima tra le migliori zone di cultura 
la valle del Sighi, che è anche di facile accesso. Gl'indigeni di quei 
luoghi sono persuasi dell’ utilità del commercio coi bianchi, e volentieri 
scambiarono col viaggiatore i loro semi di sesamo e promisero di por- 
tare l’abbondantissimo loro caucciù a Tanga. Da Mgambo il Baumann 
passò a Msasa, dove fu ben accolto ; indi per foreste vergini e lungo 
il confine meridionale dell’ Usambara, giunse a Corogue, così toccando 
la valle del Cuvu. Di là egli salì nei monti di Vughire, esplorando un 
paese affatto sconosciuto finora, il quale è bagnato dalle acque del 
Luenghera e del Vuruni. Questo piccolo altopiano, tutto a praterie uber- 
tose è da lui giudicato siccome uno dei più belli e più ricchi nel suo 
genere in tutta l'Africa. Invece la larga zona di terreni tra Mgambo e 
Msasa, che pur sarebbe per la qualità de’suoi strati molto opportuna 
alle piantagioni, presenta un aspetto orrido e selvaggio, per le intricate 
boscaglie, disabitate e prive di sentieri. Anche la valle del Luenghera, 
una volta ricca d’abitanti, ora è deserta e inselvatichita. Dal Vughire 
muovendo di ritorno a Vuga, attraverso l’ altopiano a pascoli, già detto, 
il Baumann osservò che nelle piccole depressioni scorrevano numerosi 
ruscelli, intorno a cui cresceva una rigogliosa vegetazione di felci e di 
piante caratteristiche della zona tropicale. Ivi s'incontrano abbastanza 
frequenti i villaggi, situati di solito sulle cime dei circostanti colli. Sono 
abitati da pacifici pastori, che sanno allevare numerose e belle mandre 
di buoi. Pure fanno poco, perchè il suolo è così ricco d’erbe alte e 
fine, da poter nutrire dieci volte tanto bestiame. Poi non mancano piante 
variamente utili, tra cui il chinino (Das Ausland, n. 19, 22, 1890). 

IL TERRITORIO A NORD DEI BECCIUANA fu sottoposto alla giurisdi- 
zione del governatore inglese del Bechuanaland, con ordinanza del Con- 
siglio privato della Regina Vittoria, come si apprende dalla London Ga- 
zette del 4 luglio p. p. (Za Riforma, n. 187, 1890). 

L'AVVENIRE DELLO STATO INDIPENDENTE DEL Conco. — S. M. Leo- 
poldo II re dei Belgi, con suo testamento politico del 2 agosto 1889, 
ora presentato ed accettato dal Parlamento di quel regno, lega e trasmette 
al Belgio tutti 1 suoi diritti sovrani sullo Stato Indipendente del Congo, 
da lui fondato; però dopo la sua morte e a determinate condizioni 
finanziarie. Una analoga convenzione fu perciò stipulata tra i due go- 
verni ed approvata dalle Camere. (Ze Mouv. Géog., n, 16,17, 1890). 


2 099 Sh “CR n He Sw 


E. —. AMERICA. 


CONGRESSO PANAMERICANO. — Come fu già a suo tempo annun- 
ziato (1), ebbe luogo recentemente a Washington la riunione dei rap- 
presentanti di vari Stati americani, coll’intento di studiare insieme le 
questioni che interessano complessivamente le due parti del continente. Fu- 
rono prese risoluzioni relative alla esecuzione di nuove comunicazioni 
marittime, all’ unificazione di pesi, misure e monete nei vari Stati, al 
regime postale e telegrafico, ed alla adozione di un accordo per l’ar- 
bitrato internazionale. È poi particolarmente interessante la risoluzione 
con cul fu deciso di raccomandare ai governi delle nazioni rappresen- 
tate di promuovere lo studio per la costruzione di una grande ferrovia, 
la quale metta in comunicazione tutte le capitali e le principali città 
commerciali di ogni nazione americana, da Washington alla città di Mes- 
sico e quindi alle capitali, del Brasile e dell'Argentina, attraversando le 
giogaje delle Ande, le pampas, legando il Pacifico all’Atlantico e l'estremo 
S. all'estremo N. del Nuovo Mondo (Bold. di notizie comm., n. 21, 1890). 

HAWKINS non è un’isola sola, come portano le carte idrografiche 
e nautiche del Golfo di Alasca, presso lo Stretto del Principe Guglielmo; 
ma invece tre piccole isolette, divise da brevi canali. Del resto questi 
sono abbastanza profondi e sicuri; misurano in media m. 6,5 - 7 di 
profondità. Però le maree vi sono abbastanza forti (m. 2,8), e quindi 
pericoloso è l'approdo alle vicine isole basse, come quella di Middleton. 
(Not. to Mar., n. 25, 1890). 

La Nuova GRAN BRETAGNA, secondo uno Studio del dott. G. M. 
Dawson, è ancora in gran parte inesplorata. Lasciando pur fuori le 
terre artiche, altri 2,470,800 km. q. circa di suolo continentale sono 
quasi afiatto sconosciuti nel vasto dominio inglese dell’ America setten- 
trionale. In totale poi si possono calcolare approssimativamente km q. 
1,600,000 di territori, i quali (tranne i rilievi idrografici, anche questi 
incompleti massime entro terra) aspettano ancora i loro esploratori del 
soprassuolo e del sottosuolo (ature di Londra, n. 1078, 1890). 

SUL CLIMA DEL DOMINIO DEL CANADA, — L'ultima relazione del 
servizio meteorologico del Canada per l'anno 1886 contiene molte no- 
tizie importanti sui fenomeni meteorologici ordinarî, osservati in nume- 
rose stazioni. Le previsioni riguardanti il tempo meteorico diurno si av- 
verarono nella proporzione dell’88.6 per cento. Con sistemi nuovi e 
con metodo uniforme, giovandosi anche dei coloni e delle popolazioni 
sparse nel Dominio, si ottennero risultati relativamente completi. Spe- 
ciale studio si fece sulla distribuzione delle pioggie nel bacino dell'Ontario 
{Nature di Londra, n. 1072, 1890). 

LA CATENA DEI MONTI SELKIRK. — Nell'estate del 1888 Il’ esplo- 
ratore inglese W. Spotswood Green compì un viaggio scientifico nella 
regione dei Monti Rocciosi della Columbia Britannica, e precisamente 
nei Monti Selkirk. Quantunque vi passi poco da lontano la strada fer- 

Li 
(1) Vedi BOLLETTINO, marso 1889, pag. 242. 


— 726 om 

rata, quei luoghi erano fino allora quasi affatto sconosciuti agli Europei 
per le fitte e intricatissime foreste della valle del Frazer e delle catene 
dell'Oro e delle Cascate. Queste foreste sono costituite d’alberi d’ alto 
fusto e di cespugli spinosi. Il Green riuscì appena a traforare la bo- 
scaglia, quanto bastava per il passaggio della sua Spedizione, e penetrò, 
si può dire, nell’ignoto. Qua e là soltanto egli trovò tracce di caccia- 
tori indiani; del resto il paese è affatto deserto di abitanti. Procedendo 
dal Glacier Hétel, 1’ esploratore s’internd a S. per il Passo Roger, e 
svolse il suo itinerario fra il Torrente (Creek) Beaver, tributario del 
Fiume Columbia, ad E., ed il Fiume Illecellevaet, verso N.. Parecchie 
cime di quei monti superano i 3 mila metri; il Monte Sir Dohald, che 
è stimato il più alto, raggiunge m. 3,236. Anche il Monte Bonney è 
tra i più alti, anzi il secondo e vicino certo alla quota del Sir Donald. 
Considerevole ad ogni modo è |’ altezza media della catena; e siccome 
in molti luoghi i monti hanno precipizî a picco sulle vallate, fino dal- 
l'altezza di 1,800 metri, l'aspetto della regione è veramente orrido. Se 
non si possono comparare colle Alpi Pennine, i Monti Selkirk ricordano 
però nelle loro linee generali le Alpi del Tirolo; e le loro foreste, che 

vanno esenti dai soliti incendî, sono di gran lunga più grandi. Il limite 

delle nevi è a circa 2,100 metri; le foreste terminano a circa 1,800 

metri. I ghiacciai vi sono numerosi e talvolta larghi assai; il più im- | 
portante di essi, denominato Ghiacciajo Geikie, ha una lunghezza di 
km. 6,4 ed una larghezza di m. goo circa. Come d’ordinario, vecchie 
morene e massi erratici indicano che quei ghiacciai erano anticamente 
molto più estesi oltre il limite presente. È poi bene ricordare che i 
Monti Selkirk corrispondono in latitudine con le colline di Mendip. 
Quanto alla costituzione geologica predominano in essi gli scisti micacet 
in granulazioni bellissime, nei quali però è difficile rilevare dalla cri- 
stallizzazione le proporzioni dei costituenti per le molte modificazioni 
sofferte dal minerale in seguito alla pressione. Vi si ammirano magni- 
fiche quarziti o scisti di quarzo, bianche come neve, altrove la roccia 
è nera e sembra avanzo di graptoliti. Il Green crede che i Selkirk siano 
composti probabilmente in generale di roccie in gran parte di Archeano 
recente od anche di Paleozoico primitivo. Nel volume, testè pubblicato 
a Londra, )'esploratore narra poi le immense difficoltà incontrate e su- 
perate in quella lontana regione, priva di sentieri e d’ogni ajuto del- 
l'uomo ; e lo fa con quella abilità che è propria d’ un provetto alpi- 
nista, coltissimo nelle scienze geografiche e valentissimo nell’arte del 
disegno e della pittura (Vature di Londra, n. 1071, 1890). 

IL LETTO DEL FIUME SAVANNAH posto fra gli Stati di Georgia e 
Carolina, risulta per gli scandagli ultimamente fattivi, mutato di pro- 
fondità in moltissimi punti tanto lungo le rive, che nel mezzo. I risul- 
tati della esplorazione fatta a tal fine, furono immediatamente segnati 
sulle carte pubblicate in fine d'aprile p. p. dall'« U. S. Coast Survey 
Office » (Mot. fo Mar., n. 21, 1890). 

IL COMMERCIO DI ESPORTAZIONE DEL MESSICO va continuamente e 
rapidamente aumentando. Mentre esso nell'esercizio 1837-78 (dal 1° 
luglio al 30 giugno), compresi i metalli preziosi, ammontava a lire 


— 737 — 

159,167,104, dieci anni dopo, cioè nel 1887-88, aveva raggiunto la cifra 
di L. 265,939,339, salendo nel successivo esercizio 1888-89 a lire 
327,262,093. L’ aumento non fu però costante e proporzionato nei vari 
esercizi compresi nel periodo suaccennato. Un periodo di diminuzione 
e di sosta fu notato nei due esercizî 1880-82, in quello 1885-86 ed 
anche in quello 1887-88 di fronte agli esercizî immediatamente prece- 
denti. Il maggior contingente nel valore dell’ esportazione è dato, natu- 
ralmente, dai metalli preziosi, i quali rappresentano da soli, secondo gli 
anni, dai 213 ai 4I5S dell’ esportazione; vengono poi 1’ henneguin, il caffè, 
le perle, i limoni, la vainiglia, il rame, ecc.. Nell’ esercizio 1888-89 
l’ esportazione per circa due terzi era diretta agli Stati Uniti d'America 
€ per circa un quinto alla Gran Bretagna; vengono poi la Francia, la 
Germania, la Spagna, il Guatemala, l'Olanda, la Colombia, il Nicaragua, 
Costarica, San Salvador, la Repubblica Argentina, il Venezuela ed ul- 
tima l’Italia, la cui esportazione dal Messico si limita ad una cifra affatto 
trascurabile (Boll. di notizie comm., n. 22, 1890). 

LA POPOLAZIONE DEL GUATEMALA, secondo l’ultima pubblicazione 
ufficiale della Direzione della Statistica di quella Repubblica, sarebbe 
stata di 1,460,017 abitanti, al 1° gennajo 1890. Le provincie (depar- 
famentos) più popolose sono sempre quelle di Totonicapam (ab. 160,942), 
Guatemala (ab. 143,581), Huehuentenango (ab. 136,114), Alta Verapaz 
{ab. 110,936) e Quezaltenango (ab. 107,324). Dalle altre 17 provincie 
3 sole si avvicinano alla somma di 100 mila abitanti, le altre 14 ne 
restano molto al disotto. Alcune di queste però ebbero aumenti asso- 
luti molto significanti: Chiquimula da ab. 64,733 nel 1889 ad abitanti 
66,823 nel 1890; Chimaltenango, da ab. 59,335 ad ab. 61,013; Ju- 
tiapa, da ab. 48,461 a 50,058; Santa Rosa, da ab. 37,499 a 38,950. 
L'aumento della popolazione procede quasi nelle stesse proporzioni tanto 
tra i Latini che tra gl’Indiani; difatti nei registri delle nascite e delle 
morti, durante l’anno 1889, si notano per i primi i totali di 18,738 
mati contro 9,683 morti, e per i secondi, 42,484 nati contro 18,638 
morti. Del resto il sig. C. A. Cadena, direttore generale della Statistica 
del Guatemala, pubblicando la « Informe », da cui prendiamo questi ap- 
punti, dichiara che la popolazione censita non è tutta ancora quella 
della Repubblica, e sostiene che essa deve ormai oltrepassare il milione 
e mezzo. La migrazione del Guatemala conta, nell’anno 1889, immi- 
granti 6,711, emigranti 6,480. 

TERREMOTO A Lima. — Il giorno 3 giugno p. p. nelle ore antimeridiane 
Lima sofferse un fortissimo terremoto, come da molti anni non vi si 
ebbe. Si succedettero a breve distanza tre scosse. (/Vafure di Londra, 
n. 1075, 1890). 

COORDINATE GEOGRAFICHE NEL Cuiti. — I signori Obrecht, Lagarde 
e Devaux, astronomi dell’ Osservatorio di Santiago del Chili, determina- 
rono telegraficamente la posizione di alcuni luoghi di quella repubblica, 
rispettivamente alla capitale: Antofagasta giace a 23° 38’, 39.3” lat. S. 
€ 4° 412 38.6" long. O. Green., con una variazione magnetica di 12° 
ors’ E. — Caldera 27° 04’ 07.3” lat. S., 4° 43™ 20.5* long. O. Green., 
con variazione magnetica 13° 38.1’ E.. — Copiapò, 27° 21’ 31.8” lat. 


— 728 — 
S., 45 419 25,4 long. O. Green., con variazione magnetica 12° 34 9’ E. 
— Coquimbo, 29° 57° 04.4” lat. S., 45 45™ 24.8% long. O. Green., con 
variazione magnetica 13° 35.2’ E. — La Serena, 29° 54’ 09.1” lat. S., 
45 45” 02*long. O. Green., con variazione magnetica 12° 20.5’ E. (ot. 
fo Mar., n. 22, 1890). 


F. — OCEANIA. 


COORDINATE DELLE PRINCIPALI CITTÀ AUSTRALIANE. — Dalla Rela- 
zione statistica per la Colonia di Victoria, testè pubblicata, si apprende 
che, per le correzioni fatte dall'astronomo Ellery alle coordinate delle 
città capitali delle Colonie Australiane, si ebbero i seguenti risultati : 


Colonia Capitale Lat. S. Long. E. Green. 
Victoria... ...... Melbourne... 37° 49' 53” — 144°58'32” 
Nuova Galles del Sud. Sydney. .... 33° st 41” — 151°12'23” 
Queensland ...... Brisbane .... 27° 28’ — 153°1° 36” 
Australia del Sud... Adelaide .... 34° 55' 34° — 138°35'4” 
Australia dell'Ovest. . Perth. ..... 31° 57° 24" — 115°52'42" 
Tasmania ....... Hobart..... 42° 53’ 25” —147°19'57” 
Nuova Zelanda .... Wellington... 41° 16’ 25” — 174° 46'38” 
(Nature di Londra, n. 1078, 7890). 

Le IsoLE NGaTtIKR. — Nell’ Oceano Pacifico, in mezzo alle Caroline 


orientali, sorge il piccolo gruppo delle Isole Ngatik. Finora queste iso- 
lette rimasero quasi ignorate e neglette, perchè si credeva pericolosa la 
loro laguna interna e mancante affatto ogni passaggio ed approdo per 
le navi. Ora, nel passato febbrajo 1890, il comandante del vapore « Mor- 
ning Star », al servizio dei missionarî inglesi, esplorava il piccolo 
gruppo, scandagliandone le acque. Egli dichiara che vapori di media 
lunghezza possono passare tra mezzo alle Isole Ngatik, per un canale 
esistente ad O. della Isola Ngatik e a 1,600 metri dalla estremità orien- 
tale della scogliera che cinge la laguna. Questo canale procede nell’ in- 
terno da S. a N., mantenendo sempre una grande profondità, tanta da 
non vederne quasi mai il fondo. Anche l'apertura settentrionale del 
Canale è abbastanza comoda e sicura: essa ha una larghezza di 18 
metri circa; ma la profondità in quel punto si limita a soli m. 9. Per 
quasi tutta la lunghezza del canale principale ve n’ha un secondo ad 
E. che procede parallelamente per circa due terzi della laguna; però 
la sua profondità è di soli 9 metri, ma la sua larghezza media tocca i 
27 metri. Il centro e la parte meridionale della laguna sono affatto 
netti di scogli. Ivi, e precisamente presso all’ estremità occidentale della 
laguna vi è un buon ancoraggio, con profondità da 9 a 18 metri. Fu 
precisata la posizione delle Isole Ngatik, con osservazioni fatte nella 
laguna, i giorni 13 e 14 febbrajo 1890: l'isoletta orientale giace a 
5° 48' lat. N. e 157° 29’ long. E. Greenwich. Le isole sono abitate da 
circa 130 indigeni, che vivono e desiderano di essere in contatto con 
la civiltà europea. Difatti i missionarî inglesi vi hanno fatto proseliti e 
parecchi di questi parlano già un poco l'inglese. Grandi quantita di 





legname galleggiante vengono raccolte in quelle isolette, particolarmente 
all’ estremità orientale della laguna. (or. fo Mar., n. 24, 1890). 

LA LONGITUDINE DELLE IsoLE Uyak, del Gruppo delle Marshall, fu 
determinata ultimamente sulle osservazioni già fatte nel 1884 ed ora 
ripetute dal luog. Paine degli Stati Uniti d' America. Il meridiano oc- 
cidentale è 165° 41' 53” long. E. Greenwich. Esso tocca l'estremità O. 
dell'Isola Ujae; che però va segnata km. 35 più ad O., come l'Isola 
Enylamij, km. 33 pure più ad O.. — Informazioni recate dallo stesso 
luog. Paine, descrivono i progressi fatti in generale nelle Isole Marshall, 
dopo i trattati conchiusi e i protettorati estesi dalle grandi potenze in 
quei luoghi. Furono eseguiti scandagli e rilievi idrografici, particolar- 
mente nelle acque e lungo le coste delle Isole Jalut e Jabur, dove anzi 
non mancano sufficienti ancoraggi ed altre comodità per i naviganti. 
(Not. to Mar., n. 19, 1890). 

Le isoLe MorrELL E RICA DE Oro, segnate su tutte le carte nau- 
tiche nell'Oceano Pacifico settentrionale, non esistono più, almeno nelle 
acque loro assegnate: questo è il risultato negativo di ripetute e dili- 
genti ricerche fatte dal cap. B. J. Cromwell e dal cap. Cavarly sulla 
« City of Peking ». Essi, non soltanto, non poterono vedere in quelle 
acque le nominate isole, ma nemmeno riconoscere dagli scandagli fattivi 
e dai soliti indizi d'acqua scolorata ecc., l’ esistenza di scogli sprofondati. 
(Wot. to Mar., n. 18, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


L’ AEROSTATO NELLE SPEDIZIONI POLARI. — Il dott. Assmann, col- 
laboratore nella redazione dell’ Aus/and, propugna, come tanti altri prima 
di lui, l'impiego dell’ aerostato nelle Spedizioni polari, dimostrando le 
utilità che se ne dovrebbero poter ricavare, tanto nelle escursioni di 
scoperta, che nelle ricerche dell'itinerario da seguirsi dagli esploratori. 
Egli perciò consiglia al Nansen di aggiungere alla nave d' apposita co- 
struzione, anche una navicella aerea, nella prossima Spedizione al Polo 
Nord. (Das Ausland, n. 26, 1890). 

LA SPEDIZIONE ALLE SPIZBERGHE, già proposta dal prof. bar. di 
Nordenskjéld, avrà luogo quest'estate, a spese del bar. J. Dickson e del 
pubblicista F. Beijer. Vi prenderanno parte G. Nordenskjéld, figlio, e i 
signori Klinckowstrém e Bahaman (Vature di Londra, n. 1072, 1890). 

UNA NUOVA ESPLORAZIONE IN IsLANDA. — Il dott. Thoroddsen fu 
incoraggiato ad esplorare la Penisola di Sneefjeldness in Islanda dal 
barone Dickson, che gli offerse a tal fine 1,625 lire. Il valente geologo 
spera di poter così condurre a termine le sue richerche scientifiche in 
. quell’antica colonia normanna (/Vafure di Londra, n, 1072, 1890). 


IV. — BIBLIOGRAFIA. 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


1) Libri. 


Acueuis dott. Tn.. — Die Entwickelung der modernen Ethnologie (Lo 
svolgimento della Etnologia moderna). Zerlino, E. S. Mittler e f., 
1889. Un vol. di pag. 149. 

questo un saggio di storia dell’ Etnologia, concepito dall’Au- 
tore secondo il principio moderno dell'osservazione psicologica 
sociale. Vi si descrivono i primordî della Etnologia scientifica, 
dovuti al Lafitan, al Forster ed al Chamisso e l'impulso dato fin 
d' allora a questi studi dal Voltaire, dal Rousseau, dallo Herder, dallo 
Schiller e dal Klemm coi loro lavori filosofici o storici e letterarî. 
In generale poi si descrive l’ opera degli Illuminati in quel tempo 
sull’ argomento stesso. L'Autore tratta poi dell’ Etnologia come 
scienza sociologica; ne nota l'indirizzo filosofico. Parla di A. Comte, 
del Quételet, dello Schaffie, quali fondatori e promotori principali 
della Etnologia scientifica moderna. Procede quindi ad esporre i con- 
cetti e le teorie del Pritchard, Bastian, Waitz, Peschel, Miiller, 
Lubbock, Tylor, Post e Ratzel. In un terzo ed ultimo capitolo fa 
la storia esteriore dell’ Etnologia moderna. 


ALBERTI T.. — Viaggio a Costantinopoli (1609-1621), pubblicato da A. Bacchi 
della Lega. Bologna, Dall Acqua, 1889. Un vol. in 8°, di pag. 210. 


ALVAREZ SEREIX I. E BELLON I.. — Aparato de Ibaîies para medio 
bases geodtsicas. Madrid, Ist. geogr e statist., 1889. Un vol. in 4° di 
pag. 155 e 7 tavole. 

ANNONI A.. — L’ avvenire delle lingue: studio. Milano, Società di Esplo- 
razione, 1890. Op. estratto di pag. 12 in 2 colonne. 

un breve studio, pubblicato già nel Bollettino della Società 
di Esplorazione commerciale in Africa, sulla probabile prevalenza, 
nei secoli venturi, di alcune fra le lingue oggi parlate e maggior- 
mente diffuse. 

Bastian Ap.. — Ueber Klima und Acclimatisation wu. s. w. (Sul clima 
e l’acclimatazione nei riguardi etnici). Berlino, E. S. Mittler 
ef, 1889. Vol. di pag. 241. 

Considerando la grande importanza che esercitarono sui popoli 
le condizioni climatiche, sia rispetto allo sviluppo fisico, sia non 





meno nei riguardi psichici, ]’Autore scrisse questo libro, nel quale 
con profonda riflessione e larga erudizione tratta del clima e del- 
l’acclimatizzazione nelle varie provincie geografiche, con osservazioni 
geografico-storiche importanti per l'antropologia e l’etnologia. 


BERCHET G.. — Cristoforo Colombo e Venezia: ricerca storica. Roma, 
tip. della Camera dei deputati, 1890. Of. di pag. 15. 

È il risultato delle ricerche eseguite dal comm. Guglielmo Berchet 
negli Archivi di Venezia, sul quesito, se il Colombo abbia chiesto 
ajuto alla Repubblica di Venezia per l' ardita sua impresa. Di ciò 
parlasi diffusamente nel fascicolo di maggio p. p. a pag. 497. 


BERGER dott. H.. — Geschichte der wissenschaftlichen Erdkunde der 
Griechen, ecc. (Storia della Geografia scientifica dei Greci. Parte 
seconda: Gli studi preparator? alla Geografia del Globo). Lipsia, 
Von Veit e C., 1889. Vol. di pag. r50. 


L'Autore, dopo d’ aver esposto nella prima parte di questa sua 
opera « Die Geographie der Jonier » quanto i più antichi Elleni 
erano riusciti a comprendere e spiegare di Geografia fisica e a de- 
lineare nella loro cartografia, procede in questa seconda parte a 
studiare |’ origine e lo svolgimento del concetto greco del globo 
terrestre, dai Pitagorici ad Aristotile. Tratta prima della teoria 
sulla rotondità della Terra e delle prime vicende di essa. In questo 
capitolo, esaminando i primi indizî dei contrapposti sistemi eliocen- 
trico e geocentrico, l'Autore studia le dottrine di Platone e di 
Aristotile, di Xenofane e di Parmenide, occupandosi in particolare 
della divisione della Terra in zone. Si trattiene poi sul lavoro dei 
Greci nelle singole parti della Geografia, notando l’allargarsi delle 
cognizioni materiali sulla struttura del globo terrestre per i viaggi 
e le descrizioni del mondo ad essì noto. Nel terzo capitolo tro- 
viamo raccolte le notizie dei tentativi fatti da Platone e da Ari- 
stotile per spiegare con leggi matematiche e fisiche la posizione 
e la configurazione della Terra, nonchè la misurazione di questa, 
ottenuta con speciali metodi. Ivi pure si studiano le idee dei filo- 
sofi greci sull’ atmosfera e sui venti, sull’ idrografia e sulle maree, 
sulla massa terrestre e sui terremoti. In fine il Berger esamina 
come gli antichi Greci s’ immaginassero costituita la superficie ter- 
restre, specialmente quella della zona glaciale artica e degli oceani, 
confrontando le teorie platoniche con le aristoteliche e conside- 
rando quanta parte ebbe Aristotile nello studio della questione 
oceanica e nella delineazione del mappamondo. 


BiccHErI P.. — Z/ementi di Geografia fisica, compilati in conformità det 
programmi ministeriali vigenti. Firenze, Le Monnier, 1890. Un vol. 
di pag. V-299. 

Borrscu O.. — Geoditische Litteratur, ecc.. (Bibliografia geodetica, raccolta 
per incarico della Commissione permanente del Comitato centrale 
internazionale per la misurazione della Terra). Berlino, Reimer, 1890. 
Vol. in g° di pag. VII-227. 


BommzeLI R.. — Die Geschichte der Erde. (La storia della Terra). Sfoc- 
carda, Dietz, 1890. Un vol. di pag. 684 con carta. 


BOULANGIER col.. — Essai sur les origines de la Médsterrante: nou 
velle mtthode de Geographie et de Cartographie. Parigi, Soc. d'éd. 
scient., 1890. Vol. di pag. XIT-217 con 7 tavole. 

Bream dott. A. C.. — Vom Nord-Pol sum Aequator. (Dal Polo nord 
all’ equatore). Stoccarda, Soc. dell'Unione ed. ted., 1890. Volume 
in 8° grande con illustrazioni. 


Burra prof. G.. — Geografia antropologico-politica. Compendio. 2° pun- 
tata. Genova, Pellas, 1890. 
Vedi BOLLETTINO, agosto 1889, pag. 685, e maggio 1890, pa- 
gina 500. 
Buonanno G.. — J due rarissimi globi di Mercatore nella Biblioteca 
governativa di Cremona: notizia. Cremona, tip. Interessi crem., 1890. 
Op. di pag. 39 in 8° 
Di questa pubblicazione discorse, nel nostro BOLLETTINO, il pro- 
fessor M. Fiorini, trattando di Gerardo Mercatore e delle sue carte 
geografiche. Vedansi i fascicoli di aprile e giugno u. s. pag. 377, 
e 550. 
RprLeER W.. — Charles George Gordon (C. G. Gordon). Londra, Mac- 
millan e C., 1889. Vol. di pag. VI-255 in 16°. 


CHAPIN J.. — From Japan to Granada: sketchs of a tour round the 
world in 1887-1888. (Dal Giappone a Gransda: schizzi d'un giro 
intorno al mondo negli anni 1887-1888). Londra, 1889. Vol. in 8.° 


— Congres international des Américanistes. Compte-rendu de la septitme 
session, Berlin, 1888. Berlino, libr. W. H. Kuhl, 1890. Un volume 
di pag. X-806 con illustrazioni. 


Alla redazione di questo grosso ed elegante volume, attese il 
sig. G. Hellmann, Segretario Generale del Comitato ordinatore del 
Congresso. La compilazione ne è fatta con molta cura e seguendo 
quasi completamente il sistema adottato per i resoconti delle pre- 
cedenti sessioni. Se ne è già parlato in questo BOLLETTINO, fasci- 
colo di giugno, p. p., pag. 605. 

— Congrès international des sciences glographiques, tenu a Faris du 5 
au 10 aokt 1889. Procès verbaux sommaires par M. M. le baron 
Hulot ef De Margerie, Commissatres. Parigi, tip. nazionale, 1890. 
Un op. di pag. 38. 

Questo rendiconto sommario dei lavori del Congresso geografico, 
tenutosi a Parigi nello scorso anno, ha un carattere affatto prov- 
visorio, ed è stampato a cura del Ministero del Commercio di 
Francia sui verbali delle sedute compilati dai signori Hulot e De 
Margerie. Il rendiconto definitivo e completo sarà tra breve pub- 
blicato a cura della Società Geografica di Parigi, e comprenderà 
tre grossi volumi. 


Costi ten. E.. — // capitano Casati. Novara, tip. Rissotti e Merati, 
1890. Of. di pag. 24 con cartina. 


— 133 — 

In questo opuscolo sono raccolti due articoli, pubblicati dall’Autore 
nel giornale // Corriere di Novara, che sono una sommaria, ma 
chiara esposizione delle gesta del nostro illustre viaggiatore negli 
anni in cui soggiornò in Africa. Vi è unito un piccolo schizzo 
cartografico per poter seguire l’ esposizione delle esplorazioni del 
Casati. Osserviamo che il viaggiatore vi è designato col nome 

_ di « Giacomo >, mentre egli si chiama « Gaetano ». 


CrisHoLm G. C.. — Handbook of commercial Geography (Manuale di 
Geografia commerciale). Londra, Longmans e C., 1889 Un vol. 
di pag. X-515. , 

Dana J. D.. — Corals and Corals Islands (Coralli ed isole di corallo). 
Nuova York, Dodd, Med e C., 1890. Un vol. in 8° di pag. 440. 

In. 1p. Characteristics of Volcanoes etc.: (Segni caratteristici dei vulcani con 
contribuzioni di fatti e di principi, tratte dalle Isole Havai, ecc.). 
Londra, Sampson e C., 1890. Grosso volume con tavole e carte. 


Opera monografica di grande valore, con la quale il valente 
geologo americano fa la storia naturale delle Isole Havai, descri- 
vendone l’azione vulcanica in questi ultimi 67 anni e discutendo 
le relazioni fra le isole stesse e la topografia delle profondità ma-. 
rine circostanti. Essa è frutto di lunghi studî sulle esplorazioni 
scientifiche, numerose, e sui risultati da esse ottenuti in questo se- 
colo. Le carte delle Isole, tratte dai migliori rilievi, una carta ba- 
timetrica dell'Oceano Pacifico e dell'Atlantico, e poi i disegni di 
coni, crateri, cascate e fontane di lava, ecc., illustrano l’ importante 
lavoro. 


De BeLLOy A. — Cristophe Colomb et la dicouverte du nouveau monde. 
Compositions et gravures par L, Flameng. Parigi, Ducrocg, 1890. 
Vol. di pag. 255. 

DE LA GraviÈRE J.. — Les Anglais et les Hollandais dans les mers 
polaires et dans la mer des Indes. Parigi, Plon, 1890. Vol. 2 di 
pag. 3349-358 con cartine nel testo. 


È un racconto, abbastanza sommario ed in forma piacevole, di quel 
periodo di navigazioni ardite ed avventurose che va dal 1572 
al 1617. 


De MarcHi L.. — Climatologia. Milano, Hoepli, 1590. Vol. XCI det 
Manuali Hoepli, di pag. X-204 e tavole 6. 


Sulle tracee dei trattati dell' Hann e del Voeicov, e con le 
notizie tratte da giornali scientifici, nominatamente dalle pubbli- 
cazioni dell’ Ufficio centrale di Meteorologia, fu compilato questo 
Manuale, che intende a dare le nozioni scientifiche elementari 
della Climatologia. Studiati prima gli elementi e i fattori del clima, 
se ne fa poi la descrizione geografica per continenti. Il Manuale 
è corredato in fine d’un buon indice alfabetico dei luoghi citati, 
ed illustrato da sei tavole ben delineate, di isoterme, isobare, ecc.. 


De QuartrEFAGES A.. — Histoire générale des races humatines. Intro- 
duction è L'étude: classification des races humaines. Seconde Partie. 


— 734 — 

Parigi, Hennuyer, 1889, Vol. ds pag. 323, con 230 incisioni nel testo, 
2 favole e 5 carte. 

| È questo il secondo dei volumi che formeranno la 2ibliothèque 
éthnologigue, da pubblicarsi, sotto la direzione di A. de Quatrefages 
ed E. T. Hamy. Esso contiene la seconda parte della /afroduction 
à l'étude des races humaines del De Quatrefages; la prima, pubbli- 
cata nel 1887, si riferiva alle questioni generali relative all’ etno- 
logia; questa seconda studia specialmente la nomenclatura e la 
classificazione, le migrazioni e le fusioni delle razze umane. Com- 
pletata così l'introduzione, verrà quindi la MHisfoire des races 
humaines divisa in quattro volumi consacrati ‘ai bianchi, ai gialli, 
ai neri ed alle popolazioni americane. Tre di questi volumi sono 
in preparazione ed uno è quasi terminato. 

Vedi BoLLETTINO, /uglio 1887, pag. 567. 

DE SCHWEIGER-LERCHENFELD A.. — Da Oceano ad Oceano: descrizione 
dell'Oceano e della sua vita. Traduzione italiana del prof. M. Les- 
sona. Milano, dott. F. Vallardi, 1890. Vol, 2 di pag. XIII 447 e 330. 

Quest’ opera non può mettersi fra quelle destinate a lettori poco 
pazienti e poco preparati, nè tra le altre che hanno carattere pu- 
ramente scientifico. Non è quindi da attendersi una vera e propria 
Oceanografia, e nemmeno una serie di descrizioni di viaggi più 
o meno meravigliosi; è invece una ordinata esposizione dei più 
importanti fenomeni e degli esseri animati e vegetanti, come pure 
del sottosuolo dei mari. L’ opera è suddivisa in grandi capitoli: 
I° Il Mare — L' Oceano — La Vita nel Mare. — II° La Vita 
sul Mare — Il Mare nella vita civile. È un lavoro scritto bene 
e ben tradotto, ed illustrato riccamente di vedute, figure e cartine 
nel testo. 


Desimont C. — Di alcuni recenti giudisî intorno alla patria di Cristo 

foro Colombo. Genova, tip. Sordo-muti, 1890. Vol. di pag. 96, 
Fra i numerosi scritti di questi tempi, pubblicati sulla patria e 

la vita di Cristoforo Colombo, merita d'essere distinto questo, che 
fu letto dinanzi alla Società Ligure di Storia patria fin dalle prime 
tornate del passato anno 1889. Esso ha carattere essenzialmente 
critico e forma concisa, Tocca le strane ipotesi dei Casanova, Pe- 
retti, Ambiveri ecc., e le distrugge e confuta con documenti già 
noti, e con circostanze di fatto, nuovamente tirate in luce dall’au- 
tore. Naturalmente con questo lavoro si conferma vieppiù essere la 
città di Genova il luogo di nascita del Grande Ammiraglio, mentre 
si spiegano le origini delle false tradizioni vantate per Calvi, Pia- 
cenza ed altre città. 

DESPLANTES F.. — Les tremblements de terre, Limoges. Ardant, 1890. 
Un vol. di pag. 119. 

Donaver F.. — Colombo e la Corsica. Genova, tip. Sordomuti, 1890. Op. 
di pag. 5. 

Dramis prof. V.. — Tavole sinottiche di Geografia fisica e politica. 
Verona, Drucker, 1889. Op. di pag. 38. 








— 735 — 
Dusois M.. — Précis de la Géographie économique des cing parties du 
monde. Parigi, Masson, 1890. Vol. di pag. XIII-816. | 


Questo Sommario, dedicato a chi, lasciando da parte la teoria, 
cerca i risultati pratici degli studi geografici, contiene metodica- 
mente esposte le notizie più importanti intorno alle varie regioni 
della Terra. Agricoltura, prodotti minerarî, industrie, commerci, vie 
e altri mezzi di comunicazione, ecc., colonie, emigrazione, leggi 
e trattati riguardanti lo sviluppo della ricchezza nazionale e gli 
scambi internazionali, sono in varia e proporzionata misura fatti 
conoscere al lettore, regione per regione, negli Stati più importanti, 
procedendo dall’ Asia all’ Africa, dall’ Oceania all’ America, in fine 
all’ Europa. Di quest’ ultima parte del mondo, trattata in una se- 
conda sezione dell’ opera, il Dubois espone un po’ più largamente, 
ma sempre in forma complessiva, i dati economici, occupandosi 
dei singoli Stati. La terza sezione è tutta consacrata alla Francia, 
particolarmente notandovisi le condizioni dell’ agricoltura e le 
produzioni vegetali ed animali; poi le varie industrie, derivate dal 
regno minerale, vegetale, animale; le vie di comunicazione di terra, 
le vie navigabili, il commercio interno ed esterno; finalmente le 
colonie della Francia, sul Mediterraneo, sull’ Atlantico, sull'Oceano 
Indiano e nel Pacifico. 


DuBROvINE N.. — Biografia del generale N. M. Prscevalski (in lingua russa). 
Pietroburgo, tip. Voenna, 1890. Vol. di pag. XI-602 con 4 tavole 
di autografi, 4 ritratti fotolitografici, 2 favole illustrative e grande 
carta generale dei viaggi del Prscevalsht. 
Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, pag. 395. 


ERRERA prof. A.. — Demografia: sunto di lezioni, fatto dal dott. N. Can- 
dela. Nagoli, D. Cesareo, 1890. Op. di pag. 76 in 8° grande. 

In questo opuscolo sono raccolte le nozioni elementari ed i dati 
generali della Statistica, secondo le lezioni dettate dall’Autore nella 
Università di Napoli. È una Guida utile a chi voglia incammmi- 
narsi a tal genere di studi, che tanto interessano anche la nostra 
scienza. 


FINSTERWALDER S.. — Ueber den mittleren Boeschungswinkel, ecc. (Del- 
l’ angolo medio d’ inclinazione e della vera area d’ una superficie 
topografica). Monaco di Baviera, R. Accademia bavarese di scienze, 
1590. Op. estratto di pag. 48 con figure. 


In questo opuscolo, chiarendo e completando le ricerche fatte 
dal Sonklar, dal Penck e da altri, si studia il metodo di determina- 
zione dell’ angolo medio d’ inclinazione: uno dei quesiti orometrici 
più difficili, eppure di tanta importanza. Nella 1* parte è data una 
nuova definizione dell'angolo medio d’ inclinazione, e vi si insegna 
un procedimento molto semplice a conseguire la espressione di 
quest’ angolo. La 2° parte è dedicata alla determinazione di un 
criterio generale per la formazione dei valori medì razionali; ed 1 
rapporti di questi valori med? rispondenti a tale criterio sono con- 
trollati fra loro ed adoperati a vicenda, Nell’ ultima parte poi 


. — 736 — 
l'Autore desume da questi rapporti un metodo accettabile di appros- 
simazione per ricavare la vera area della superficie topografica, e 
discute il metodo analitico del Penk. 


FoLimn M.. — Sous les mers: campagnes d'explorattons du « Tra- 
vailleur » et du « Talisman». Parigi, Bailiitre et f., 1890. Un vo- 
lume di pag. 340 în 16° con 45 figure. 

Formano materia di questo volume le ricerche sottomarine, la 
loro storia, e particolarmente i risultati delle esplorazioni fatte recen- 
temente da due navi francesi lungo le coste del Golfo di Gua- 
scogna e del Portogallo; nel Mediterraneo e nell’ Atlantico presso 
il Marocco; poi nelle acque delle Canarie, di Madera, delle Azore, e 
più in là alle Isole del Capo Verde, alle coste del Sudan occi- 
dentale e nel Mare di Sargasso. 


Foncin P.. — Géographie gtntrale. Parigi, A. Colin et C., 1890. Vo- 
lume di pag. 200, carte e cartine 1137, 15 profili, IT3 inctstont. 
Piuttosto che un Manuale di Geografia, questo libretto può dirsi 
un Atlante illustrato con discreta ampiezza di annotazioni e cor- 
redato d'un indice alfabetico di 6,500 nomi geografici. 


— Forschungsreise des S. M. Sch. « Gazzelle », ecc. (Viaggio d' esplo- 
razione della Nave « Gazzelle » della Marina germanica, negli 
anni 1874-1876). Berlino, 1890. Vol. 5 in 4°, con 214 tavole. 

Forti G. ‘B.. — Gnomonica grafica. Torino, Loescher, 1889. Un op. 
di pag. 52 con 8 disegni ed una tavola. 


GaROLLO prof. G.. — Uno sguardo alla Terra: Geografia popolare. 
Disp. 38-41. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. 2 di pag. 32 cia- 
scuno con carte ed illustrazioni. 

Nelle quattro ultime dispense di quest’ opera è continuata la 
descrizione dell’ Italia con larga copia di illustrazioni inserite 
nel testo. 


GauTHIOT ed altri. — Les ports du monde entier. Parigi, Lib. Scient. 
et économ., 1890. Vol. 2 di pag. 1,000 ciascuno, con carte ed 1llu- 
strazioni. 


GeLcicH E.. — La scoperta d' America e Cristoforo Colombo nella lette- 
ratura moderna: stud? storico-geografici. Gorizia, Paternolli, 1890. 
Un vol. di pag. ISI. 


L'Autore, che non aveva potuto svolgere una sua relazione intorno 
alla letteratura colombiana moderna, di cui era stato incaricato, 
al VII Congresso internazionale degli Americanisti (Berlino, 1888), 
ne pubblica ora in questo volume i materiali, diversamente ordinati 
e di molto arricchiti. Il suo lavoro è in particolare modo diretto 
a confutare le affermazioni di Peschel, Ruge, Duro ed altri, i 
quali sostennero essere stati i piloti di Dieppe, e nominatamente 
i Pinzon, i veri scopritori dell'America, toccando il Brasile, e tac- 
ciarono C. Colombo di sfruttatore della scienza e dei meriti altrui. 
In un primo capitolo il Gelcich illustra i precursori del Colombo, 
mettendo nel loro vero posto tutti costoro, e dimostrando fin dove 





— 737 — 

potevano avere infiuito sui disegni affatto proprî del grande Geno- 
vese. Tratta poi in breve, ma con molta cognizione, della scienza 
nautica ai tempi delle grandi scoperte, e della perizia nautica di 
C. Colombo. Passa poi in rassegna quanto di meglio e di più autore- 
vole fu scritto intorno all' ammiraglio di Spagna, nella letteratura 
moderna, e riassume i risultati della critica, sostenendo la valentia 
e la onestà di lui. Infine, s’ occupa del processo intentato dai 
detrattori della famiglia Colon e, in appendice, dell’ amministrazione 
delle Indie nei primi tempi del dominio spagnuolo. 


GENZARDI B.. — Piccolo manuale di Geografia antica pel ginnasio su- 
periore. Palermo. Loescher, 1890. Vol. în 16° di pag. 310. 


GrrarD F.. — Recherches sur les tremblements de terre. Parigi, Leroux, 
1890. Un vol. în 18° di pag. 202. 


Graziano V.. — // clima e le razze umane." Palermo (Loescher), 1890. 
Op. in 16° di pag. 4I. 
Grossi V.. — Guida pratica dell emigrante italiano al Chill: notizie 
geografiche, ecc.. Genova, Stab. artisti tipogr., 1890. Op. di pag. 30. 
una breve raccolta di notizie di Geografia fisica, politica, ed 
economica sul Chili, di statistica generale di quel paese e delle 
città principali con un' appendice sul carattere degli abitanti e 
sull’ emigrazione europea in quelle contrade. 


GUNTHER prof. dott. S.. — Handbuch der mathematischen Geographie (Ma- 
nuale della Geografia matematica). Stoccarda, J. Engelhorn, 1890. 
Vol. di pag. XVI-793 con 155 figure. 

L’ illustre professore Giinther, sollecitato a contribuire alla rac- 
colta di Manuali geografici, che va pubblicando a Stoccarda il 
dott. Ratzel, diede alla luce quest’ opera, per molti riguardi pre- 
gevolissima. Essa è destinata a lettori che, già conoscendo bene 
la trigonometria sferica e i principî fondamentali della matematica 
superiore, vogliono vederne applicate le dottrine ai problemi sulla 
forma e grandezza della Terra, sulla determinazione geografica dei 
luoghi su di essa, e sui movimenti terrestri nello spazio. L'Autore, 
nella prefazione e in una introduzione, ch’ egli chiama metodo- 
logico-bibliografica, si studia di dimostrare quale sia il vero ufficio 
e posto scientifico della Geografia matematica. Essa, a suo parere, 
ha per fine ultimo « il determinare la posizione di un qualunque 
punto appartenente alla superficie terrestre, rispetto a un dato sistema 
di assi nello spazio, con quel rigore che corrisponde agli attuali 
progressi della teoria e dell’ arte dell’ osservazione ». Il Giinther 
prevede che questa sua definizione, d’ essenziale importanza, poichè 
su di essa si fonda e svolge tutta l’opera, non accontenterà taluno 
che ne troverà il concetto troppo restrittivo, e tal’altro che invece 
lo giudicherà troppo largo e comprensivo. Egli però si conforta 
pensando, che così il suo principio fondamentale, a differenza di 
quanto finora se ne scrisse, è afferrabile, ed abbraccia e riassume 
tutti gli oggetti e tutte le ricerche, che sono considerati volgar- 
mente siccome propri a tale materia. Perciò il processo di questo 


— 7 38 — 
Manuale doveva essere storico; e tale è in tutti e tre i capitoli 
che distintamente trattano le tre parti della materia, quì sopra spe- 
cificate. — Numerose figure accompagnano lo studio e lo svolgi- 
mento delle teorie. 


Hamy E. T.. — Les origines de la cartographie de l Europe septen- 
trionale. Parigi, Leroux, 1889. Un vol. in & di pag. rog. 


Harrisse H.. — Christophe Colomb, les Cortes et le gouvernement frangais. 
Parigi, Welter, 1890. Op. di pag. 32 in 8° grande. 
Vedi BOLLETTINO, febbrajo 1890, pag. 197. 
Hucues L.. — Manuale di Geografia antica ad uso delle scuole secon- 
darie, Voi. II e III, di pag. 152-123. Torino, E. Loescher, 1889-90. 
Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, pag. 394. 
KREIDEL W.. — Untersuchungen iiber den Verluf der Flusswellen in 
den Ozeanen (Ricerche sulla direzione delle correnti di marea negli 
oceani). Francoforte, Reits e Koehler, 1889. Op. di pag. 44. 


Kroupa B.. — An Artist's tour, ecc. (Un giro artistico; spigolature 
ed impressioni di viaggio nell’ America centrale e settentrionale e 
nelle Isole Sandwich). Zondra, Ward e Downey, 1890. Un volume 
in &, di pag. 324. 

— Jahrbuch der deutschen Kolonialpolitik: 1889. (Annuario della politica 
coloniale tedesca: Atti. Vol. III). Lipsia, Gebhardt e Wilisch, 
1590. Vol. di pag. 219. 


Questo Annuario, che ordina ed illustra l’ opera della coloniz- 
zazione -tedesca, contiene, nel presente volume, le notizie ufficiali 
e parecchie relazioni sulle Isole Samoa, sul protettorato tedesco 
dell’ Africa orientale e dell’ Africa sud-occidentale, sul territorio 
del Niger, sulla Spedizione per Emin Pascià. 
JENSEN P.. — Die Kosmologie der Babylonier (La cosmologia dei Babi- 
lonesi). Strasburgo, 1890. Vol. di pag. XVI-546 in 8' con 3 carte. 
LamBiasi dott. E.. — Geografia storica del mondo antico ad uso 
delle scuole secondarie. Roma, Paravia, 1889. Vol. di pag. 215. 


Breve compendio di Geografia storica antica, fatto con criterì 
e sussidi desunti quasi del tutto dalle memorie locali, tratte dai 


classici. 

LANDAU W.. — Reisen in Asien ecc. (Viaggi in Asia, Australia ed Ame- 
rica). Berlino, Steinitz, 1889. Un vol. in 8° di pag. VITI-508. 

Le Bon A.. — Les fremibres civilisations. Parigi, 1889. Un vol. di 
pag. 817 con carte ed illustrasioni. 

Macer H.. — Cahiers coloniaux de 1889 rtunis et présentts. Parigi, 
A. Colin, 1889. Vol. di pag. 440. 

LETOURNEAU CH.. — L'évolution politique dans les diverses races hse- 


maines. Parigi, Lecrosnier et Babé, 1890. Vol di pag. XXIII-S6r. 

In questo nuovo volume l’Autore ricerca e studia la legge se- 
condo la quale si producono le evoluzioni nella costituzione poli- 
tica dei popoli, come nelle precedenti pubblicazioni aveva studiato 


— 739 — 

la stessa legge per cid che riguarda la morale, la famiglia, il ma- 
trimonio e la proprietà. A dare un’ idea della estensione di que- 
sto lavoro, si riproducono qui i titoli dei 20 capitoli in cui esso 
è diviso. Essi sono i seguenti: le società animali; le origini del 
governo ; la tribù monarchica; le piccole monarchie barbare; le 
grandi monarchie barbare; la monarchia famigliare nella Cina; 
l'evoluzione politica presso i Berberi, presso i Semiti, nell’ India 
e nella Persia, nella Grecia protostorica, in Atene; la città, la 
tirannia, i filosofi in Grecia; l'evoluzione politica a Roma; l’orga- 
nizzazione politica nell'Europa barbara; |’ evoluzione politica presso 
i Germani; la feudalità; 1’ evoluzione dell’ imposta; la guerra; le 
fasi dell’ evoluzione politica. 


Lioy P.. — A/finismo. Milano, Libreria Galli, 1890, Un volume. 


MARINELLI prof. G.. — Za Terra: trattato popolare di Geografia uni- 
versale. Disp. 195-248. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. 54 con 
carte ed illustrazioni. 


Nelle 43 ultime dispense, uscite dall’ agosto 1889 in poi, è pro- 
seguita la trattazione della parte relativa all’ Europa ed all'America 
meridionale ; ed è iniziata quella della parte generale della geo- 
grafia dell’ Asia, lavoro del prof. V. Bellio, e quella pure generale 
dell'Africa, per opera del prof. A. Biasiutti. 


Marro cav. C.. — Manuale pratico dell emigrante all’ Argentina, Uru- 
guay e Brasile. Genova, presso l'Autore, 1889. Un vol. in 16° di 
pag. XXXT-232. L. I. 


La prima idea di questo Manuale fu ispirata all'Autore dall’or- 
dine del giorno col quale il Senato del Regno, proponente il 
senatore Mantegazza, invitava il governo a pubblicare in forma 
popolare e diffondere le più vitali informazioni sui paesi ai quali 
sogliono rivolgersi i nostri emigranti, mostrando loro i pericoli 
che incorrono coll’ affidarsi ciecamente agli agenti d’ emigrazione. 
Questo è lo scopo cui tende il presente Manuale; e che esso sia 
stato raggiunto lo riconosce lo stesso senatore Mantegazza in una 
lettera, che trovasi inserita nella Prefazione. Il lavoro è preceduto 
da una parte ufficiale, in cui sono pubblicati la legge ed il rego- 
lamento sull’emigrazione, le circolari del Ministero, ecc.. Le altre 
quattro parti portano i seguenti titoli: 1° Dall’ Italia all’ America, 
2° Descrizione della Repubblica Argentina, 3° Descrizione del- 
l’ Uruguay, 4° Descrizione dell’ Impero del Brasile. Tutte queste 
singole parti sono coordinate allo scopo speciale della pubblica- 
zione, e contengono quindi notizie brevi, precise, pratiche, quelle 
insomma che sono necessarie all’ emigrante. Il piccolo formato, 
l’ edizione chiara ed il modestissimo prezzo contribuiscono pure 
al fine del lavoro. 

MEIKLEJOHN J. M. D.. — A new Geographie, ecc. (Nuova Geografia se- 


condo il metodo comparativo, con carta e diagrammi). Londra, 
Sunpkin, Marshall e Co. 1889. Un vol. in 8° di pag. 492. 


Memecke G.. — KXoloniales Jahrbuch, ecc. (Annuario coloniale per 
l'anno 1889). Zerlino, C. Heymann, 1590. Volume di. pag. 312 
con 7 carte. 

In questa annata, che è la seconda, l' Annuario coloniale tede- 
sco contiene, insieme con la solita rivista delle Colonie di Ger- 
maria, alcune monografie ed altre utili pubblicazioni. In una 
prima di quelle si parla della « Questione antischiavista nell'Africa 
orientale ». Poi « di un sistema di minuta misurazione topografica 
entro i limiti dei tropici, di A. v. Hake.» — Una terza mono- 
grafia descrive: « i tentativi della coltivazione del suolo sulla 
Costa dell'Oro in Africa negli ultimi cent’ anni », schizzo storico 
del missionario PF. Steiner, — « I Tedeschi e la loro. opera nel 
Brasile », è un quarto lavoro, di C. Bolle. — Segue « l'attività delle 
Missioni religiose nei protettorati tedeschi », rassegna per gli anni 
1888-1880, di &. Wallroth. — « Attitudini industriali ed artisti- 
che delle tribù africane orientali e centrali », di P. Reichard, — 
Dato poi un resoconto dell’ opera del governo imperiale germanico 
nella politica coloniale, si descrivono gli avvenimenti e le condi- 
zioni particolari delle singole colonie: Africa sud-occidentale, Ter- 
ritorio di Camerun, il Togo, l'Africa orientale tedesca, il Territorio 
di Vitu e dei Somali, il Protettorato della Compagnia germanica 
della Nuova Guinea, le Isole Marshall e le Samoa. Vi sì aggiun- 
gono poi, come appendici, le leggi e i regolamenti, la bibliografia, 
alcune note ed un registro dei nomi geografici citati nel volume. 

Meyer G.. — Lrdkunde, Geographie, und Geologie, ecc. (Scienza della 
Terra, geografia e geologia, rapporti fra loro e con le altre scienze). 
Strasburgo, Heitz, 1889. Un op. di pag. 23. 

Miuarakis A. — Neadinvixn yecypapixn Biredeyta, ecc. (Bibliografia 
geografica neoellenica ossia Catalogo dei lavori geografici dei Greci 
dal 1800 al 1889). Afeze, Perry, 1889. Vol. di pag. IV-128. 


Moon A.. — Sulle oscillazioni del pendolo avuto riguardo alla rota 
sione della Terra. Secouda edizione. Jest, Tip. Pierdicchi, 1890. 
Op. di pag. 23. 


In questo accurato lavoro il ch. prof. Mogni studia, mediante 
opportuni calcoli, le leggi riguardanti il movimento del piano di 
oscillazione d’ un pendolo. 

MOLETI S. S.. — Za cognizione geografica nei suoi rapporti con la col- 
fura ed educazione del pensiero. Messina, 1889. Un vol. di pag. 116. 

Pars. E.. — 4Zatorno al tempo ed al luogo in cui Strabone compose la 
sua Geografia storica: indagini. Torino, Clausen, 1890. Op. di 
pag. 38 in 4°. 

PARKER F. W.. — How to study Geography. (Com'è da studiare la 
Geografia). Nuova York e Londra, Appleton e Co. 1890. Un vo- 
lume in 8 di pag. XXXV-goo. 

RecLus E. e BRUNIALTI A.. — uova Geografia universale, ecc.. Tra- 
duzione italiana. Disp. 404-407. Milano, L. Vallardi, 1800. : Fase. 
di pag. 5g in 4° con carte e figure. 





— 741 — 
RecLus E. — Nouvelle Gtographie Universelle. Livr. 798-850. Parigi, 
Hachette et C., 1890. Fasc. 53. 


RitcLus O.. — Za France et ses Colonies. T. I: En France: T. II: 
Nos colonies. Parigi, Hachette e C., 1889. Vol, 2 sn & grande 
con 502 incisiont e 39 carte. 

ReniscH prof. L.. — Das Zalwort, ecc. (11 vocabolo per i numeri 
4 e 7 nelle lingue chamito-semitiche). Vienna, F. Tempski, 1890. 
Of. di pag. go. 

RICHTER dott. W.. — Culturpflanzen, ecc. (Le piante utili e loro im- 
portanza per la vita economica dei popoli : quadri storico-geografici). 
Vienna, Hartleben, 1890. Vol. di pag. 228. 


L'Autore si estende a dimostrare, nella Introduzione del suo 
libro, che la coltivazione delle piante utili all’ uomo è segno in- 
fallibile della civiltà e potenza delle nazioni; passa quindi ad 
esporre sommariamente la geografia storica delle più importanti 
piante coltivate nelle varie parti della terra. La vite, l’olivo, le 
palme del dattero e del cocco, il riso, il mais, la patata, il caffè, 
la canna da zucchero e la rapa zuccherina, il tabacco, il cotone, 
il canape e la juta, e i varî cereali europei sono studiati separa- 
mente sotto questo aspetto e intendimento, in tanti capitoli. Una 
appendice contiene una serie di osservazioni storico- -geografiche 
sul sale, quale indispensabile condimento e mezzo di conservazione 
degli alimenti umani. 


ROLLAND DE Denus A.. — Dictionnaire des appellations ethniques de la 
France et de ses Colonies. Parigi, 1889. Vol. in 8° 


Savio prof. E.. — Delle immagini nelle descrizioni storico-geografiche ; 
brevi note. Milano, tip. Bernardoni, 1889. Op. di pag. 44 in 12°. 


SCHENCK ing. E.. — Orologio solare universale a tempo medio, con pre- 
fazione di G. V. Schiaparelli. Milano, Hoepli, 1590. Op. di pagine 
XIT-53 con 5 tavole. 

In questo suo opuscolo l'ing. Schenck, che è assistente presso 
la R. Scuola di applicazione per gli ingegneri in Padova, dimostra 
l'utilità e spiega scientificamente la esattezza d'un orologio solare 
a tempo medio, di sua invenzione. Questo orologio non è una 
macchina, nel senso tecnico odierno della parola, ma assomiglia 
alquanto agli antichi orologi solari a muro. Le differenze essenziali, 
che vi si osservano sono due: distinzione assoluta delle linee per 
i due periodi astronomici dal 21 dicembre al 21 giugno e dal 
21 giugno al 21 dicembre; poi linee a doppia incurvatura invece 
delle solite rette o curve semplici. Del resto gnomone e tavoletta, 
inclinazione ed orientazione seguono le note leggi, ma più scru- 
polosamente ed abilmente congegnati, e adattabili anche ad og- 
getto d’ornamento e di lusso. Un altro ed utilissimo servizio che 
questi nuovi orologi potrebbero dare, se resi girevoli, è 1’ indica- 
zione dell’ ora di luoghi diversi da quello in cui l’ osservazione 
vien fatta a mezzo di essi. Questa monografia è raccomandata da 


— 74° — 

una lettera dell’ illustre prof. G. V. Schiaparelli all’ editore, nella 
quale si dice essere 1’ orologio dello Schenck « una bella appli- 
cazione della gnomonica... e molto adattata... alla pratica ed al- 
l’ uso comune ». 

STEIMANN G. e D6DERLEIN L.. — Elemente der Paliiontologie. (Elementi 
di pale ontologia). Lipsia, W. Engelmann, 1890. Un vol. in df 
di pag. 848. 

TACCHINI ing. A. — TZrattato teorico-pratico di topografia moderna. Mi- 
lano, Hoepli, 1890. Un vol. di pag. XL-766 con 192 figure. 


È una trattazione completa, in forma semplice e chiara, dei 
principî teorici sui quali si fonda la nuova scuola topografica. Il 
lavoro si divide in sei parti. Nella prima sono esposti alcuni ele- 
menti di matematica, da servire come preparazione a coloro, che 
sprovvisti di studi tecnici sufficienti, intendono dedicarsi a lavori 
topografici. Nella seconda, in cul comincia veramente lo studio 
degli argomenti che costituiscono il lavoro, sono esposte le nozioni 
generali indispensabili per determinare la scelta dei piani d'origine 
delle misure. Sono oggetto della parte terza e della quarta, i mezzi 
e gli strumenti che abbisognano al moderno geometra per poter 
esercitare praticamente il suo ufficio, e le norme relative all'uso 
del medesimo. Le due ultime parti sono dedicate alle operazioni 
di tavolo ed a quelle di campagna. Chiude il volume un indice 
alfabetico dei vocaboli tecnici ricordati nell’opera. 


Tcumatcuer P. DE... — Etudes de Gtographie et a histoire naturelle. 
Firenze, L. Nicolai, 1890. Vol. di pag. 263 in £°. 


THORNTON J.. — Advanced Physiography. (Fisiografia superiore). Londra, 
Longmans e Co., 1890. Un vol. in 12° di pag. VI.342, con 6 
carte ed illustrazioni. 

THOULET J. — Octanographie (Statique). Parigi, Libr. milit. di L. Bow 
din e C., 1890. Un vol. di pag. X-492 con r103 disegni. 


Questa pubblicazione, che comparve già in una serie di articoli 
inseriti nella Revue maritime et Coloniale, è il risultato di studî ese- 
guiti dall'autore, prima in una campagna di sei mesi intorno a 
Terranova, e quindi in varie missioni affidategli dal Governo fran- 
cese in Norvegia, in Scozia ed in Svizzera. Essa comprende sol 
tanto la statica dell’Oceanografia, ma l'autore promette in breve 
anche la parte relativa alla dinamica. Premessa una breve intro- 
duzione, nella quale l’autore espone la storia e lo stato odierno 
della scienza ed alcune idee generali riguardo ad essa, la materia 
è svolta partitamente in cinque parti, cioè: topografia del mare, 
mineralogia e geologia sottomarina, chimica del mare, fisica del 
mare, i ghiacci. 

TRouEessarT dott. E. L.. — Za Gtographie eoologique. Parigi, J. B. 
Baillitre et f., 1890. Volume di pag. XI.338 con 63 incisioni e 
2 carte. i 

Data, in breve, ragione del libro, e fatta una ripartizione del 





— 743 — 
globo terracqueo in regioni e sotto-regioni zoologiche, l' Autore 
incomincia le sue considerazioni partendo dalla zona glaciale artica. 
¢ Egli premettele descrizioni ed osservazioni di Geografia fisica, oceano- 
grafia, geologia, ecc., a cui fa poi succedere lo studio della diffusione 
e dello sviluppo della vita locale dei vari animali. In quest’ ultima 
parte, che è naturalmente la principale e più estesa, prima si parla dei 
mezzi di dispersione degli animali, dei caratteri faunici d’ogni re- 
gione zoologica, e dei metodi grafici nella Geografia zoologica. Poi 
più in particolare trattasi della distribuzione geografica degli ani- 
mali terrestri, di quelli d'acqua dolce, degli altri viventi nell’aria, 
degli animali viventi nei mari e trasportati dalle correnti. Un capitolo 
s’occupa specialmente della loro distribuzione batimetrica ed ipso- 
metrica. Finalmente si studiano le relazioni tra la paleontologia e 
la Geografia zoologica, cercando di determinare I’ epoca d’ appari- 
zione delle singole classi del regno animale, e le origini e migra- 
zioni delle faune moderne. La conclusione, fra |’ altro, contiene 
alcuni cenni sull’ importanza dell’ esplorazione geologica delle re- 
gioni australi. 


UzieLLI prof. G.. — Leonardo da Vinci e le Alpi. Torino, Club Alpino 
Italiano, 1890. Op. di pag. 76 con 7 carte antiche in fac-simile. 
Sono qui ricordati, con la particolare competenza dell'Autore in 
tale argomento, i vari viaggi dal grande artista e letterato fatti 
nelle Alpi. Più particolarmente vi si descrive l’ascensione del Monte 
Boso (Monte Rosa ?), che Leonardo da Vinci intraprese in uno 
di quei viaggi, e che egli stesso descrive in un prezioso mano- 
scritto. L'Autore s’occupa poi della topografia e della cartografia 
alpina fino ai tempi dell’ insigne pittore, per dimostrare poi quanto 
si debba all’ opera di questo intorno all’ evoluzione che succede 
nell’ indirizzo di tali stud? e lavori. Toccando appunto del Monte 
Rosa, il prof. Uzielli ne fa la storia etimologica. Tratta poi in 
generale della misurazione delle altezze, del sentimento della mon- 
tagna, in fine delle Alpi e del genio di Leonardo da Vinci, ad- 
ducepdo di questo alcune proposizioni matematiche e geometriche, 
e in altro modo illustrandone il valore. Nelle Appendici, che stanno 
in fine del libro, troviamo certi appunti di L. da Vinci, relativi 
ai viaggi da lui fatti nelle Alpi della Lombardia; ed alcune note 
e calcoli dell'Autore, sopra il tempo necessario all’ interrimento del 
Golfo Padano e del Mediterraneo, secondo un pensiero di Leo- 
nardo da Vinci. Vi è pure un documento che attesta e descrive 
l’ ascensione di Pietro III d' Aragona al Canigù, occasionalmente 
citata nel testo. L’ opuscolo è illustrato da sette carte antiche in 
fac-simile, di vari secoli, dal XII al XVIII, e poco note tra noi ; 
come una carta del « Liber FI. Lamberti f. Onulfi » (frammento, 
del 1120); un Mappamondo del XIII secolo (frammento) ; la Carta 
catalana del 1375 della Biblioteca di Parigi (frammento); il Pla- 
nisfero del Freducci d’Ancona (frammento, 1497); la Carta delle 
Alpi Pennine del Mercatore (Atlante-estratto) ; la Carta del « Pie- 


— 744 — 
monte e Monferrato » del Magini (frammento, 1620); e la « Carte 
demonstrative d'une partie des Alpes, en Savoye et dans le duché 
d’Aoste » (1751). 

Vivien DE SAINT MARTIN. — Mowveau dictionnaire de Gtographie uns- 
verselle. Tome IV. (Lettres N. 2). Parigi, Hachette e C., 1890. 
Volume in 4°. 

VON DEN STEINEN K.. — Z£rfahrungen, ecc. (Osservazioni raccolte per 
la storia dello svolgimento del pensiero nei vari popoli). ZerZino, 
Pormetter, 1889. Opuscolo di pag. 18. 

In questo opuscolo si tratta della origine e dello svolgimento 
del pensiero umano tra popoli di varia razza e dimora geografica. 
Prendendo ad esempio l’uso del legno sonoro nelle antichissime 
danze e nelle feste dionisiache ed in altre solennità, religiose o 
no, presso i Greci, gli Australiani, gli Americani, poi anche i 
mezzi per produrre il fenomeno del fuoco, l'Autore trova le analogie 
di pensiero e talvolta di azione, spesso esistenti tra popoli che 
non si conobbero mai fra di loro. 


WENTWORTH DILKE sir CH.. — Greater Britain, ecc. (La Grande 
Bretagna fuori del Regno unito; ricordo di viaggio nelle terre di 
lingua inglese). Londra, Macmillan e C., 1890. Volume di pa- 
gine X-033. 

È questa la decima edizione d'un’ opera, la quale fu sempre 
gradita agli Inglesi per le molte ed utilissime informazioni che 
essa contiene intorno ai tanti paesi che stanno sotto il dominio 
politico o linguistico dell’ Inghilterra, fuori d’ Europa. La prima 
parte dell’ opera tratta in ventotto capitoli di svariati luoghi ed 
argomenti dell'America. La seconda della Polinesia. La terza del- 
l'Australia e la quarta dell’ India e degli altri più grandi Stati 
asiatici. Dell’ Africa non si parla, non tanto forse perchè ivi è 
meno diffusa la lingua, ma perchè l’Autore non visitò questa parte 
del mondo. Gli ultimi suoi viaggi sono descritti in fine della 
quarta parte, in due capitoli intitolati : « Influenza inglese nel Giap- 
pone e nella Cina ». 

WeyEr dott. G. D. E.. — Kurze Azimuth Tafel, ecc. (Breve tavol 
azimutale per tutte le declinazioni, angoli orarî ed altitudini astro, 
nomiche in latitudini a scelta). Amburgo, L. Friedrichsen e C. 
18590. Opuscolo di pag. VIII-33. 

L'Autore, insegnante di matematiche e astronomia all’ Università 
di Kiel, compilò queste tavole, ad uso dei naviganti, per determì- 
nare la differenza sulle bussole, e di chi voglia applicare il me- 
todo del Sumner alla determinazione delle coordinate geogra- 
fiche. 


2) Carte. 


GHISLERI prof. A.. — TZesto-Atlante di Geografia storica generale e d'Ita- 
lia in particolare. Medio Evo, Evo Moderno. Bergamo, Cattaneo, 1890. 


— 745 — 
‘Vol. 2 di pag. Sg-80 con 42 tavole, 85 carte, 120 cartine e 2 
‘indici. 
Vedi BOLLETTINO, oftobre-novembre 1889, p. 938, dicembre 1889, 
p. 1040, gennvio, 1890, p. 112, aprile 1890, p. 395. 
VALLECCHI O.. — Esemplari di disegno cartografico, graduati e coordi 
nati all'insegnamento della Geografia nelle scuole. Livorno, 1890. 
‘ Volume in 32°. 


B. — ITALIA. 


1) Libri. 


‘ABBATE E. — Guida della Provincia di Roma. Pubblicazione del C. A. 
I., Sezione di Koma. Roma, Loescher, 1890. Vol. di pag. XXX-905 
con IÒ carte. 


Il presente lavoro fu, per incarico della Sezione Romana del 
Club Alpino italiano, compilato dal segretario di essa, cav. dot- 
tore Enrico Abbate, in occasione del XXII Congresso alpino, te- 
‘nutosi in Roma nello scorso luglio. Ricca di notizie, accuratamente 
scelte e bene ordinate, di pratica utilità, questa Guida è senza 
dubbio uno dei migliori lavori del genere, che siano finora stati 
, pubblicati in Italia. Essa è divisa in due parti, l'una generale, 
- l’altra speciale, Nella prima, in“altrettanti capitoli, è trattato della 
topografia, orografia, idrografia, del clima, della geologia, della flora, 
della fauna della provincia. Altri capitoli sono poi dedicati alla storia, 
all'arte, ai costumi, al carattere, alla lingua degli abitanti, alla di- 
visione amministrativa, alla coltura del suolo ed ai prodotti indu- 

‘ striali e commerciali ed alla viabilità. Chiude la parte generale 
una raccolta di consigli pratici per chi intende fare escursioni per 
la provincia romana, ed una sommaria esposizione delle principali 
escursioni. Nelle parte specéa/e sono descritti, singolarmente, tredici 
itinerari che possono seguirsi da chi voglia percorrere la provincia 
visitando quanto in essa vi ha di più interessante dal punto di 
vista storico, artistico, e delle curiosità naturali. Accuratissima è 
l'esposizione di questi itinerarî che, tracciati ciascuno in una car- 
tina speciale, sono poi descritti minutamente, indicandovi le no- 
tizie più importanti e più necessarie, per ogni paese, per ogni 
gruppo di case, per ogni tratto di terreno. Insieme ai dati storici, 
alle notizie statistiche, a tutto ciò insomma che serve alla cono- 
scenza del paese, il dott. Abbate, non dimenticando lo scopo pra- 
tico del suo lavoro, fornisce consigli ed indicazioni sugli alberghi, 
sulle guide, sui prezzi, ecc.. Chiude il volume una tavola alfabetica 
dei nomi di genti, luoghi ed acque contenute nella Guida, con 
l'indicazione della pagina in cui i nomi stessi sono ricordati. Al- 
legate al volume sono due grandi carte topografiche della provincia 


romana alla scala di 1:250,o00 ed unastradale ad 1:500,000, Ila- 
voro diligente ed assai ben riuscito dall’Istituto cartografico Ita- 
liano. Anche l’edizione è accurata ed elegante. 

.Bazzi T.. — Jn Barbagia: noth di viaggio in Sardegna. Treviglio, 
1890. Vol. di pag. 239 în 16°. 

BinpseiL TH. — Von Agrigent nach Syrakus (Da Girgenti a Siracusa, 
ricordi di viaggio). Seehausen i. d. A., Grimm, 1890. Op. di pag. 27. 

BoLarrio L. F.. — Jialia: guida completa in un volume. Milano, r890. 
Vol. in 16° di pag. 766 con carta ed 8 piante. 

Busin prof. P.. — Le temperature in Italia: studio. Torino, tip. Arts- 
gianelli, 1859. Op. di pag. 18 a 2 colonne. 

Il dotto meteorologico, prof. Paolo Busin, presenta in questo studio 
il risultato di alcune sue indagini comparative sulle temperature 
di vari luoghi d’ Italia, traendone i dati dai diversi bollettini me- 
teorici che si pubblicano nel regno. Con paziente cura egli ricerca 
il modo di correggere gli errori che tanto facilmente si riscontrano 
in tali pubblicazioni. Al lavoro è unito, a guisa di saggio, un dia- 
gramma rappresentante le temperature medie annuali approssima- 
tive per le diverse altitudini nelle regioni del bacino della Dora 
Baltea. 

Caprin G.. — Lagune di Grado. 2* edizione. Trieste, Stab. art.-tip. 
G. Caprin edit., 1890. Un vol. di pag. 329 con illustrazioni. 

La maggior parte di questo elegante volume è dedicato alla 
storia di Grado in quel periodo che principia dall’ esodo aquile- 
jese e finisce con la soppressione del Patriarcato, ed è frutto di 
pazienti ed accurate ricerche nelle cronache e nei documenti che 
si conservano negli Archivi di Venezia. Negli ultimi capitoli poi 
sono illustrate le reliquie artistiche, i canti dialettali ed alcuni 
quadri delle vite private, nei quali si rispecchiano ancora tanti 
ricordi del passato. L’ edizione ne è poi assai bella, e ricca di di- 
segni e di illustrazioni. 

CARERJ G.. — Il problema dell'emigrazione in Italia e la Società ita- 
liana per la emigrazione e colonizzazione. Napoli, Tip. Errante, 
1590. Un op. di pag. 89. 

Cmest G.. — /falia irredenta: paesi, storia, impressioni. Milano, Alî- 
prandi, 1889. Vol. di pag. 374 in 4° con illustrazioni nel testo. 

È un interessante libro di lettura, in cui si danno notizie sto- 
riche e descrizioni di Trento e del Trentino, di Trieste e del- 
l’ Istria. L’ edizione ne è molta nitida, e vi si contengono molti 
disegni ed illustrazioni rappresentanti paesaggi, monumenti, costumi 
dei territorî descritti. 

CLuB ALpino ITALIANO: SEZIONE PICENA. — Guida della Provincia di 
Ascoli-Piceno, 1889. Ascoli- Piceno, E. Cesari, 1889. Vol. di pagine 
XVI-496, con 13 cartine ed una carta corografica. 

Questo elegante volume, pubblicato in occasione del XXI Con- 
gresso degli Alpinisti, tenutosi nello scorso anno in Ascoli-Piceno, 





03 
5 


frm 2 


— 747 — 

è una completa ed accurata illustrazione di quella Provincia. Pre- 
cede una « Parte Generale », nella quale sono date alcune notizie 
sulle condizioni geologiche, orografiche, idrografiche, e sulla flora 
della provincia, ed alcuni cenni storici sui comuni marchigiani 
nel medioevo e sulle tradizioni di essi. Segue poi una illustrazione 
particolareggiata delle due città di Ascoli e di Fermo e di ogni 
singolo comune della provincia. Chiude il volume un accurato pro- 
spetto delle acque minerali del territorio ascolano. Il lavoro è ar- 
ricchito di 13 cartine illustrative della rete stradale, divise per 
mandamento, di una carta itineraria delle escursioni ai Sibillini, 
delle piante di Ascoli e di Fermo, di una del teatro romano di 
Faleria, e finalmente di una carta corografica della provincia. Nel 
suo complesso, come nei particolari, è questa una pubblicazione 
che torna ad onore della Sezione del C. A. di Ascoli e di quanti 
vi collaborarono sotto la direzione del dott. Luigi Mazzoni, presi- 
dente di quella Sezione. 


Corti S.. — Ze provincie d' Italia studiate sotto ? aspetto geografico e 
storico. Torino, G. B. Paravia e C., 1887-90. Fasc. 40 con carte 
ed illustrazioni. 


Questa pubblicazione, iniziata nel 1887, è ora al 40° fascicolo, 
e le regioni già illustrate sono: Toscana, Sicilia, Lombardia, Cam- 
pania, Puglia, Calabria, Abruzzi e Molise. Ciascun fascicolo con- 
tiene la descrizione di una provincia sotto l’aspetto geografico, 
storico, artistico, e commerciale, ed è corredato di una cartina 
speciale della provincia o della regione e di disegni di panorami, e 
della riproduzione di alcuni dei principali monumenti artistici. Lo 
scopo, cui tende la presente pubblicazione, per quanto dichiara l’Au- 
tore nella prefazione, è quello di fornire un libro di studio ai gio- 
vanetti che, principiando a dedicarsi alla Geografia debbono anzi- 
tutto ricercare le notizie geografiche della loro provincia. L’ edi- 
zione è accurata, e può dirsi assai ricca, di fronte al modico prezzo 
di 50 centesimi per ciascun fascicolo. 


De ANGELIS T.. — Appunti di storia e topografia del Circondario di 
Gaeta. Caserta. Stab. tip. sociale, 1890. Un op. in 5° di pag. 32. 

DeLLa Cetra ing. G.. — Vocabolario corografico-geologico-storico della 
Provincia di Piacenza, ecc.. Piacenza, Tip. litogr. fratelli Bertola, 
1890. Un vol. in 16° di pag. XVI-183 con tavola. 


Denza p. F.. — La inclinazione magnetica a Torino e nei dintorni: 
nota. Torino, Loescher, 1889. Opuse. di pag. I7. 

È il riassunto, comunicato alla R. Accademia delle Scienze in 
Torino, delle osservazioni fatte più volte dall’illustre p. Denza per 
la determinazione delle inclinazioni magnetiche. Questo riassunto si 
limita però alle sole osservazioni fatte a Torino e nei din- 
torni. 

Dreu L.. — Za République de Saint-Marin. Parigi, Perrin, 1859. Un 


opusc. di pag. 35. 


JannaccHini A. M.. — Topografia storica dell Irpinia. Napoli, Prine, 
1889. Vol 1° di pag. 229. 

Losey J. LoGAN. — Mount Vesuvius, ecc.. (Il Monte Vesuvio: descrizione, 
storia e geologia del vulcano e dei suoi dintorni). Londra, Roper 
e Drowley, 1889. Un vol. di pag. 400 con illustrazioni. 

MARCHESETTI C.. — Ricerche preistoriche nelle caverne di S. Cansiano 
presso Trieste. Trieste, Società Adriatica delle Scienze naturals, 
1589. 

Marson dott. L.. — Gusda di Vittorio e suo distretto. Treviso, Zop- 
pelli, 1889. Vol. di pag. 201 con illustrazioni nel testo. 

V. BOLLETTINO, offobre-novembre 1889, pag. 939. 

OBEROSLER J.. — Jilustrierter Fithrer, ecc. (Guida illustrata dell’ Italia 
settentrionale con le strade alpine nella Carnia, nel Cadore e nei 
Sette Comuni). Vienna, Hartleben, 1889. Un vol. in 12°, di pa- 
gine XIV-207, con 60 illustrazioni, II carte ed 8 piani. 

OsERTI G.. — Lo Spluga ed il San Bernardino: note di un alpinista. 
Genova, Tip. Beretta e Molinari, 1890. Un op. di pag. r9. 


PaLaGI F.. — Elementi climatologici della città di Teramo dedotti dalle 
osservazioni meteorologiche del sessennio 1883-1888. Teramo, 1890. 
Op. di pag. 85 in $°. 


PIGORINI-BERI C.. — Costumi e superstizioni dell'Appennino marchiziano . 
Città di Castello, Lapi, 1889. Volume di pag. XVI-304 con r2 
tavole. 


In questo volume sono raccolti vari interessantissimi studi che 
sotto il modesto nome di Bozzetti, la gentile autrice ha in gran 
parte già pubblicato sulla « Nuova Antologia ». — Sono ricerche 
sugli usi, i costumi e le credenze del contado marchigiano espo- 
ste con quella chiarezza ed eleganza di stile, per cui andarono 
sempre lodate le pubblicazioni della signora Pigorini-Beri. 

Riccmarpi M.. — L’ Italia percorsa în ferrovia e sui laghi : cenni sto- 
rici, geografici, economici, ecc. Mortara, 1890. Vol. in 10°. 

Romer M.. — Ze miniere del Monte Amiata? notizie storiche e coro- 
grafiche. Firenze, 1890. Vol. di pay. 286 in 8°. 

Rosetti E.. — Forlimpopoli e dintorni: Storia e descrizione. Milano, 
Richiedei, 1890. Vol. di pag. 180. 

Questo lavoro è specialmente interessante per la parte storica, 
nella quale sono esposte con cura, e diligentemente illustrate, le 
vicende di Forlimpopoli, dalla sua fondazione fino al nostri giorni. 
Pure, con notizie storiche sono descritte le cose più importantì 
della città ed i vari paesi delle vicinanze. Al volume è unita una 
buona pianta della città. 

SCHNEEGANS A.. — Za Sicilia nella natura, nella storia e nella vita. 
Prima versione italiana di O. Bulle, riveduta da G. Rigutini, con 
afpendice e note di G. Pitrè. Firenze, Barbèra, 1890. Volume de 
pag. VIII 432. 


— 749 — 

‘Sono bozzetti e ricordi che 1’ autore, console generale dell’ Im- 
‘ pero germanico a Messina, scrisse durante un viaggio fatto nel 
1886 attraverso |’ Isola di Sicilia. Dal tedesco furono voltati in 
italiano da un connazionale dello Schneegans e riveduti dal Ri- 
gutini in modo da non lasciare il desiderio che il traduttore fosse 
stato un nostro concittadino. L’ opera ha, più che altro, carattere 
artistico e letterario : vi si descrivono vedute ed impressioni di 
luoghi ed uomini, ricorrendo col pensiero ai tempi classici, ed 
usando uno stile fiorito, adorno delle poesie di Goethe e di Schiller. 
- Ciononostante, in chi legge questo libro, il diletto non si scom- 
pagna quasi mai dalla non piccola utilità d' una svariata cogni- 
zione di fatti e fenomeni naturali, come nelle descrizioni della 
costa settentrionale dell’ isola, del terreno vulcanico dell’ Etna, del 
paese dello zolfo. Ancora più frequente ricorre frammista alla Geo- 
grafia storica antica |’ arguta osservazione dei costumi odierni dei 
Siciliani. L’ Appendice del Pitrè completa, con alcune note, il la- 
voro dell’ autore, illustrando alcuni monumenti e leggende popolari 

.in Palermo, con quella competenza che tutti gli riconoscono. 


STRAFFORELLO G. ed altri. — Za Patria: Geografia del? Italia, Disp. 29. 
Torino, Unione Tip. edit., 1889-90. I fascicoli sono di pagine 32 
ciascuno con carte ed illustrazioni nel testo. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1889, pag. 401. 


Tomasin dott. P. — Die Volksstimme ecc. (Gli elementi etnici nel ter- 
ritorio di Trieste e dell Istria: Studio etnografico). Trieste, F. H. 
Schimpf, 1890. Of. di pag. ros. 

L'autore, che insegna nella Scuola reale superiore di Trieste, ha 
dato con questo suo lavoro, un nuovo contributo alla complicata 
questione delle nazionalità triestine ed istriane. Il suo studio è 
minuto e diligente. S’occupa prima in generale della più antica 
famiglia tergestina nei tempi preromani e romani. Poi, distintamente 
procede a ricercare e studiare lo sviluppo dei varî gruppi etnici, 
degli Italiani, Rumeni, Slavi; e non si ferma soltanto alle solite ci- 
tazioni, ma presenta in lunghi elenchi i cognomi delle famiglie dt 
questi gruppi, che esistono, o ad antiqguo o di recente, in Trieste 
e nell’Istria, e da saggi della lingua parlata dai triestini in varie 
epoche. Distingue, molto accuratamente, gli Slavi nelle loro quattro 
diramazioni di Morlacchi, Cicci, Sloveni e Croati, chiarendone la 
varia distribuzione ed importanza nei diversi territorî presi a con- 
siderare. Nella seconda parte dello studio: /a ciftà di Trieste come 
emporio commerciale, l'autore passa ad un'altra non meno dili- 
gente ricerca, quella degli elementi avventizî, che per ragione di 
commercio divennero poi sedentarî, in Trieste. Ebrei, Armeni, Al- 
banesi, Olandesi, Scandinavi, Francesi ed Inglesi, Sloveni ed Illirt, 
Greci e Svizzeri, Tedeschi, Italiani. Anche qui, dopo una dotta e 
concisa nota sulla storia commerciale e demografica di Trieste, il 
Tomasin offre un vero dizionario genealogico di questi immigrati 
per ragione di commercio, di diversa nazione, risalendo fin dentro 


o 750 — 

nel secolo XIII. In fine egli riassume i risultati dei lavori statistici 
demografici ufficiali più recenti intorno alle provincie di Trieste ed 
Istria, per l’anno 1880. Per essi si sa che quella popolazione ascen- 
deva in totale a 436,850 abitanti, di cui 193,178 italiani. Non 
manca però l'autore di notare altri elementi etnici, che essendo di 
nazione diversa, sono italianizzati per la lingua parlata e in gene- 
rale per il costume assunto dal contatto e dai rapporti più o meno 
lunghi ed abituali con gl’Italiani, particolarmente a Trieste. Ap- 
punto fondandosi su questi dati ed osservazioni egli conchiude che, 
riguardo alla lingua parlata, la popolazione relativa di Trieste va 
divisa su 1,000 in 737,6 Italiani, 217,9 Sloveni, 42,7 Tedeschi, 
1 Serbo-croati, 0,8 Cicci; quella dell'Istria in 428,4 Serbo-croati, 
402,1 Italiani, 151,4 Sloveni, 16,8 Tedeschi, 1,1 Cicci, 0,1 Polac- 
chi. E facendo un solo computo di tutta la regione ottiene una 
media relativa di 36,42 per cento di abitanti che parlano I’ italiano, 
di 32,27 che parlano lo sloveno, e di 31,31 che parlano il serbo- 
croato. j 

UBERTI prof. G. S.. — Guida generale ai grandi laghi subalpins, ecc., ecc. 
Milano, Guigoni, 1890. Vol. di pag. 526 con carta originale alla 
scala di 1:39,000, e 15 illustrazioni nel testo, 


b) Carte. 


— Carta nuovissima dei laghi dell Italia settentrionale e delle vegioni 
prealpine, alla scala di 1:390.000. Milano, 1890. 


CHERUBINI colonn. C. — Carta in rilievo della valle del Tevere e della 
provincia di Perugia. Torino, 1890. Tavola di m. 0,60X0,90. 
(ius ALPINO ITALIANO, SEZIONE Picena. — Carta topografica della 


Provincia di Ascoli-Piceno. Riproduzione alla scala di 1:75,000. 
Firense, Istituto Geografico Militare, 1859. Foglio, . 


GALLI P. — Schiszi oro-idrografici dell Italia. Firenze, 1890. Atlante 

scolastico di tavole 27 în cromolitografia. 
Vedi BoLLETTINO, gennajo 1890, pag. 11}. 

GamiLLo L.. — Carta d'Italia. Modena, 1589. 

GAROLLO prof. G.. — Atlante geografico-storico dell'Italia. Milano, Hoepk, 
1889. Tavole 24 e pag. 67 di testo. 

Vedi BorLETTINO, ottobre-novembre 1889, pag. 939. 

Loccm D. — Carte geografiche in rilievo: Liguria, 1: 200,000; San Remo 
e dintorni, 1:25,000; Roma, Napoli, Palermo e dintorni, 1: 200,000: 
Sicilia e Trentino, 1:75,000; Isola d' Ischia, I1:715,000. 

Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, pag. 1041. 


MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO. — Carta sidro- 
grafica del Regno d' Italia. Scala di 1:100,000. Fogli 106. Roma, 
Virano, 1890. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. 502. 


RamonI C.. — Le ferrovie italiane nel 1890: carta completa delle veti 
ferroviarie, ecc., coll''indice alfabetico di tutte le stazioni, ecc., com- 
pilata sopra fonti ufficiali. Milano, Hoepli, 1890. Foglio cromoli- 
tografico. 

VoceL C.. — Karte von Italien (Carta d'Italia), in quattro fogli, alla 
scala di 1:150,000. Riedizione, con testo di pagine git. Gotha, 
J. Perthes, 1889. 


Vedi BOLLETTINO, oftobre-novembre 1888, pag. 1040. 


‘c. — IL resto DI Europa. 
1) Libri. 


ABERCROMBY J.. — A trip through the Eastern Caucasus, ecc. (Un' escur- 
sione per il Caucaso Orientale, con un capitolo sulle lingue di quella 
regione). Londra, pag. XVI-3776 in 8°, con carte e figure. 

ALPENVEREIN, DEUTSCH. UND OESTERR. — Zeitschrift ecc.. (Bollettino del 
Club Alpino Austro-germanico. Anno 1890. Volume XXI redatto da 
G. Emmer). Vienna, Lindauer, 1890. Vol. di pag. 498 con SI di- 
segni e cartine în tavole e gi schissi e profili nel testo. 


Anche quest'anno il Bollettino del Club Alpino Austro-Germanico 
è ricco di Memorie importanti pure per la nostra scienza. Così 
« Vulcani e Ghiacciai nel Nord-ovest dell'America » di C. A. 2. 
Zittel; « Le erosioni glaciali nella valle del Marteil » del dottor 
S. Finsterswalder, e gli « Studi sul Ghiacciaio di Pasterzen nel 
1889 » di #. Seeland. Poi interessantissima « La vita delle Grotte 
di San Canziano » presso Trieste, di Fed. Miller. Notiamo pure 
le « Escursioni nei Monti di Mieming » di /. Kilger; « I Tanern 
inferiori » di /Z. Wéodl; « Il Gruppo di Sappada » del valente 
dott. C. Diener; « Dalle Alpi Carniche » del dott. #. Frech; 
« I Monti degli Uscocchi » del dott. G. Frischauf; « Eiger e 
Gspaltenhorn nell’Oberland bernese » di G. Zuringer; e « Jotun- 
heim » di /. Baumana. 

BETHAM-Epwarps M.. — Zhe Roof of France, ecc. (Il suttosuolo della 
Francia, ovvero i « Causses » del Lozère) Zondra, R. Bentley € 
figlio, 1889. Un vol. di pag. XVI-327. 

BIRLINGER A.. — Rechisrheinisches Alemannien (Alemagna sulla destra 
del Reno). Stoccarda, F. Engelhorn, 1890. 

È il 4° fascicolo del vol. IV della raccolta pubblicata dal dott. A. 
Kirchhoff col titolo Forschungen zur deutschen Landes-und Volks- 
Kunde, dedicata alla illustrazione geografica ed in generale alla mi- 
gliore conoscenza della Germania. 

BLeICHER G.. — Les Vosges: le sol et les habitants. Parigi, Baillitre 
et f., 1890. Vol. di pag. 320 în 10° con 28 figure. 

Larga e ricca descrizione della Geografia e dell’ Etnologia della 


— 7 5 z —— 
regione montuosa dei Vosgi, con molte notizie di geologia, meteo- 
rologia, climatogia, flora e fauna, e dell’ antropologia ed archeo- 
logia preistorica di quel paese. 


Bunk H.. — Der Rhein in den Niederlanden (Il Reno nei Paesi Bassi). 
Stoccarda, Engelhorn, 1889. Un op. in 8° di pag. 70. 


È l’ultimo fascicolo del 4° volume della sopraddetta Raccolta, 
pubblicato dal dott. A. Kirchhoff col titolo Zorschungen sur 
deutschen Landes-und Volks-Kunde. 


BONAPARTE (principe) Rotanpo. — Le glacier de l' Aletsch et le Lac 
de Marjelen. Parigi, 1889. Un op. in ¢ di pag. 26 con illustra- 
sioni. 

S. A. il principe Rolando Bonaparte, con questo volumetto dà 
notizia di una escursione alpinistica, da lui fatta al Lago di MArjelen, 
che si trova ai piedi dell’ Eggishorn, all'altezza di m. 2,367, ed al 
grande Ghiacciajo di Aletsch nelle Alpi del Vallese. Come tutte le 
altre pubblicazioni dello stesso autore, anche questa è ricca di 
osservazioni scientifiche ed interessante per facilità di esposizione. 
Il volumetto, in edizione elegantissima, contiene parecchie ripro- 
duzioni in fototipia di panorami, raccolte con la macchina fotogra- 
fica dallo stesso Principe, e le riproduzioni sono, come sempre, 
un vero lavoro artistico. 


Brown H.. — A Winter in Albania (Un inverno in Albania). Londra, 
1889, Vol. di pag. 303 in 8, illustrato. 

CagsroL E.. — Voyage en Grice, 1889; notes et impressions. Parigl, 
Libr. des Bibliophiles, 1890. Un vol. in 4° di pag. 156 con 21 ta- 
vole in eliotipia e 5 piani litografati, fuori del testo. 

CHARPENTIER A.. — ARussische Wanderbilder (Schizzi di viaggio in 
Russia). Oldemburgo, 1889. Vol. in 8°. 


Currita C.. — Dictionar geografic al Judetului Vaslutù ( Dizionario 
geografico del Circondario di Vaslujù). Bucarest, L. V. Socecu, 1889. 
. Vol. di pag. 225 a due colonne. 


CONDURATEANU D. P.. — Dictionar geografic al Judetului Démbovita (Di- 
zionario geografico del Circondario di Dambovita) , Bucarest, L. V. 
Socecu, 1890. Un vol, di pag. 127 a due colonne 


Questo lavoro, come il precedente, continua la serie delle mono- 
grafie destinate a dare il materiale di un grande Dizionanio Gene- 
rale per la Geografia politica moderna della Rumenia. Essi furono 
premiati nelle sedute del 13 febbrajo 1887 e del 17 marzo 
p. p., tenute alla Società Geografica Rumena sotto la presidenza 
del Re. 


Couracne dott. H.. — Trois semaines en pays scandinaves : tm- 
presstons de voyages. Parigi, Soc. d'td. scient, 1890. Vol. di pa- 
gine VI-r62. 

D' ARBOIS DE JUBAINVILLE H.. — Recherches sur T origine de la pro- 
pritté fonciere et des noms de lieux habitts en France. 1. plriode 


xa x -—- e — 


— 753 — 
celtique et periode romaine. (Avec la collaboration de G. Dottin). 
Parigi, Thorin, 1890. Vol. di pag. XXXI-703. 

L’ opera è divisa in due parti: I’ una tratta specialmente della 
origine della proprietà fondiaria in Francia; l'altra ha per scopo 
di dimostrare che in Francia una grande quantità di nomi geo- 
grafici deriva dal nome dei loro singoli proprietari. Essa ha quindi 
un’ importauza considerevole per la ripartizione del suolo e la topo- 
nomastica di quella regione. L’ autore, che è ben noto in Francia 
per altri lavori storici, etnografici e giuridici, ha contribuito con 
questo nuovo non soltanto al progresso delle cognizioni sull’ anti- 
chità della sua patria, ma in particolare alla conoscenza delle 
origini delle divisioni territoriali e degli aggruppamenti delle popo- 
lazioni nelle città e nei comuni rurali della Francia. 


De Crozats J..— Za France: Anthologie gtographique. Parisi, Ch. De- 
lagrave, 1890. Un vol. în 12° con carte, piani e disegni. 


De FoviLLe A.. — La France Economique: Statistique raisonnte et com- 
parative annte 1889. Parigi, A. Colin, 1889. Vol. di pag. 572. 


Dumvuys L.. — Voyage aux pays des Fiords. Orléans, Herluison, 1889, 
Un vol. di pag. 346 con 6 carte. 


EHRENBURG K.. — Die Inselgruppe von Milos, ecc. (IL Gruppo delle 
Isole Milo, Kimilo, Polivo ed Erimomilo). Lipsia, 1889. Vol. di 
pag. VIIT-120 in 8° con 2 carte. 


FRRRERI L. A. — Per Catalogna e Andalusia: ricordo. Roma, Pallotta, 
1890. Un volume. 

Dilettevole racconto di un viaggio fatto in alcune provincie della 
Spagna, in cui non mancano qua e là descrizioni geografiche senza 
alcuna pretesa scientifica, ma non senza qualche utilità per chi 
voglia con diletto far conoscenza dei costumi di quel popolo. 


KENDLER J. v.. — Orts-und Reise-Lexikon fiir den gesammten ecc. (Dizio- 
nario topografico e guida ai viaggiatori per le comunicazioni fer- 
roviarie, postali, fluviali, marittime e telegrafiche in Austria-Ungheria). 
Vienna, 1890. Vol. in &°. 


Lawson W. R.. — Spain of to-day ece. (La Spagna odierna: descrizione 
economica, industriale e finanziaria della penisola). Adimburgo e 
Londra, W. Blackwood e figli, 1890. Un vol. di pag. VI-164. 


LEVASSEUR E.. — Gétographie économique des Stats de l'Europe moins 
la France. Parigi, Delagrave, 1890. Vol. in 12°. 


Un riassunto storico della Geografia fisica e politica dell’ Europa, 
poi una larga esposizione della Geografia economica generale, trat- 
tando della popolazione e delle varie razze, delle lingue e religioni, 
delle produzioni e commerci dell’ Europa, infine la Geografia par- 
ticolareggiata dei singoli Stati europei, tranne la Francia, formano 
la materia di questo nuovo lavoro dell’ illustre Geografo fran- 
cese. 


Marre, E. A. — Sous terre: exploration des eaux inttrieures et ca- 


— 154 — 
vernes des Causses. Parigi, Chamerot, 1889. Op. di pag. 59 con 
tavole. 
— Sous terre: exploration des abimes des Causses. Padirac, Brive Roche, 
1590. Op. di pag. 45 con tavola. 
— Les Ctuennes. Parigi, Delagrave, 1890. Vol. di pag. VIII-g06 con 
IgO incisioni, 2 carte e 9 fiante. 

Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, pag. 396. 

MILLET R. et DE Forcy H.. — Za Serbie économigue et commerciale. 
Parigi, Berger-Levrault et C., 1889. Vol. di pag. 348 con 2 carte 
e favola analitica. 

In questo libro si espone lo stato presente della Serbia rispetto 
al movimento economico europeo, e si cerca di dimostrare l'utilità 
che potrebbe ricavare la Francia da più stretti rapporti commer- 
ciali con quel regno. Vi si studiano perciò i trattati di commercio 
della Serbia con la Repubblica francese, con I’ Inghilterra, 1’ Austria- 
Ungheria e la Germania. 

MULLNER J. — Die Bevilkerungsdichte Tirols (La densita della popolazione 
del Tirolo). Vienna, Fromme, 1889. Op. estr. di pag. 9 con carta. 

Vedi BOLLETTINO, giugno 1890, pag. 606. 

PaILIPPSON A.. — Der Isthmus von Korinth (L' Istmo di Corinto: mono- 
grafia geologica e geografica). Berkno, Società geografica, 1890. 

Vedi BOLLETTINO, marzo 1890, pag. 290. 

RacciopPi dott. F.. — Ordinamento degli Stati liberi d' Europa. Milano, 
Manuali Hoepli, 1890. Vol. di pag. 310. 

Con molta accuratezza, sobreità e competenza è data notizia 
della costituzione politica dei vari Stati europei, governati col si- 
stema rappresentativo, Per ogni Stato sono pure riferiti il territorio 

| colla sua estensione e popolazione ed altri dati geografici. 
RatzeL F. — Die Schneedecke besonders in deutschen Gebirgen (Le nevi 
perpetue, particolarmente sui monti della Germania). Stoccarda, 
J. Engelhorn, 1889. Of. in 8° con carta ed illustrazioni. 

È il 3° fascicolo del volume IV dell’ accennata Raccolta pubblicata 
dal dott A. Kirchhoff col titolo: Forschungen sur deutschen Landes- 
und Volks-kunde. 


RICCHIERI G.. — Costumi inglesi. Piacenza, G. Marina, 1890. Of. di 
pan. XV-98. 
Vedi BOLLETTINO, marso 1890, pag. 290. 
SCARFOGLIO E.. — Jn Levante e a traverso ¢ Balcani: note di viaggio. 


Milano, Fr. Treves, 1890. Vol. di pag. VIIT-245. 

È una raccolta di appunti presi dall’ autore, durante un viaggio 
nei paesi del Levante, che furono, crediamo, in gran parte pub- 
blicati in giornali politici. D'indole politica sono anche per lo più 
le osservazioni che il sig Scarfoglio presenta con la nota sua faci- 
lità ed eleganza di stile, e che si riferiscono specialmente all’azione 
esercitata dall’ Italia sui paesi orientali. 


—- 755 — 
ScaMIDT C.. — Zur Geologie der Schweiseralpen (Sulla Geologia delle 
Alpi svizzere). Basilea, 1859. Un volume. 


SCHNEIDER J.. — Die alten Heer-und Handels- Wege der Germanen, ecc. (Le 
antiche vie militari e commerciali dei Germani, Romani e Franchi 
nell’ Impero Tedesco). Dispensa 7°. Dilsseldorf, 1890. Fase. di 
pag. 12 in & con carta 


Serta V.. — Nel Caucaso Centrale: note di escursioni colla camera 
oscura. Torino, Club Alpino Italiano, 1890. Of. di pag. 78 con 
ai tavole ed incisioni nel testo in fotolitografia e una carta di pro- 
fili orografici. 

È la relazione di una interessante escursione eseguita dal noto 
alpinista Vittorio Sella nelle regioni, ben poco note, del Caucaso 
Centrale durante 1’ estate del 1889. Scopo principale del viaggio 
era, oltre quello generale di studiare quei monti quasi inesplorati, 
l’altro di raccogliere vedute fotografiche. Interessantissime infatti 
sono quelle inserite nel testo della relazione. A mostrare la loro 
importanza basterà ricordare che la R. Società Geografica di Londra, 
accordò al valente alpinista il Premio Murchison, appunto per il 
progresso ottenuto nella conoscenza della grande catena del Cau- 
caso, massime per mezzo delle fotografie panoramiche da lui eseguite 
nella zona superiore al limite delle nevi. 


Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, pag. 396. 


TouLa F.. — elsen etc. (Viaggi e ricerche geologiche in Bulgaria). 
Vienna, Verein sur Verbrettung naturwiss. Kenntnisse, 1890. Un 
vol. in 16° di pag. 144 con carte ed illustrazioni. 


Questo lavoro del Toula è breve ma ricco di notizie importanti 
per la geologia e, non meno, per la geografia della Bulgaria. Come 
egli asserisce nella prima pagina dell’ opuscolo, vien dimostrato in 
ogni parte di questo che « l’ Oriente è la naturale sede di lavoro 
dell’ esploratore naturalista e geografo ». Con molta arte |’ autore 
alterna le descrizioni de’ suoi viaggi con le osservazioni d’ indole 
puramente scientifica; e tutto riassume quanto egli vide e studiò 
nelle numerose escursioni da lui fatte attraverso i Balcani dal 1875 
in poi. Di quando in quando troviamo più estese descrizioni dei 
luoghi dove egli ha necessità o interesse scientifico di arrestarsi. 
I Balcani occidentali e nordorientali, particolarmente intorno a Be- 
logradéik ed a Tirnova, sono stati da lui diligentemente esplorati 
e son qui con altrettanta cura illustrati. Il lavoro è accompagnato 
da una buona carta topografico-geologica e da più tavole rappresen- 
tanti i luoghi, che più interessano nel libro. 


Tozer (Rev.) FansnawE H. — Zhe Islands of the Aegean (Le Isole 
dell’ Egeo). Oxford, Clarendon Press, 1890. Un volume in &° di 
pag. XIT-3762 con carte e disegni. 


Vipar-LasLacHur P.. — Liats et nations d' Europe. Autour de la France. 
Parigi, Ch. Delagrave, 1590. Un volume. 


2) Carte, 


HaarpT V. v. — Uebersichts-Karte der Alpen-Linder (Carta generale 
delle regioni alpine, alla scala di 1: 10,000,000). Vienna-Olmités, 
Hoelsel, 1889. Fogli 2 in cromolitografia a 6 tinte. 

È una buona riduzione della stimata Carta murale delle Alpi 
dello stesso autore. 


Nor F.. — Geologische Uebersichts-Karte der Alpen mit Erléuterungen 
(Carta generale geologica delle Alpi con osservazioni). Vienna, 
Hoelzel, 1890. Fogli 2 in cromolitografia ed op. di pag. 27. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. 502. 


SeLLa V.. — Fotografie del Caucaso centrale. Biella, Amosso, 1889. 
N. 112 di cm. 30Xgo. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. 500. 

TiLLo A. v.. — Carta ipsometrica della Russia europea alla scala di 
I: 2,520,000 (in russo). Pietroburgo, edizione ufficiale, 1889. Fogli 3 
în cromolitografia. 

Questa carta è apparentemente la riduzione di quella grande, 
detta per le sue proporzioni la Carta da 10 verste (circa ro km. 
per pollice). Però conviene notare che l'illustre generale, nell’accin- 
gersi a questo nuovo suo lavoro, si servì anche dei numerosi nuovi 
materiali, che la Russia possiede per i lavori delle strade, cioè 
profili, rilievi, e simili. Il maggiore appoggio fondamentale venne 
a questa Carta dal Catalogo di punti trigonometrici dello Stato Mag- 
giore russo, con circa 6,355 quote d’ altitudine. Inoltre le servirono 
i varî lavori di livellazione compiuti dai topografi militari; i quali la- 
vori diedero risultati tanto più attendibili, dacchè fu con precisione 
segnata la piccola differenza di livello tra il Baltico ed il Mar Nero, 
non superiore a m. 0,426 a mezza marea. — Come osserva il dott. C. 
Diener, è la prima volta che in una carta ipsometrica della Russia 
si vedano in chiaro e pieno risalto i due grandi sollevamenti meri- 
dionali del: bassopiano sarmatico; quello centrale russo, dai Colli 
di Valdai ai Colli del Donez, e quello del Volga da Nuova Nov- 
gorod e da Casan a Voronesk e Zarizin. Molto bene vi sono segnate 
le gradazioni di altitudine: da m. 22 a 170 in verde; dam. 170 
a gso in colore cannella scuro ed oltre im. 950 in nero. Poi le 
altezze inferiori ai m. 170 sono suddistinte in cinque gradazioni 
diverse di verde; quelle superiori in 11 gradazioni progressive. Con 
grande precisione sono poi collocate le cifre delle quote di’ altitu- 
dine. La massima altezza interna è di m. 425 al Valdai. Verso i 
confini della regione si notano le alture di Olkush presso Cra- 
covia (m. 492) e della Lysiza Gora, presso Sandomir (m. 617). 
I gruppi di colline intorno a Liublin non superano m. 425; 
quelli invece di Chotin nella Podolia raggiungono m. 470. In 
Crimea le maggiori vette dell’ Jaila Dagh toccano: m. 1,521 il Kemal 





— 157 — 
Agherek e m. 1,519 lo Sciatir. Negli Urali finalmente il monte più 
elevato, l’Jaman Tau, misura m. 1,642, e l’Iremel m. 1,595. Ma 
più notevoli d’ ogni altra cosa, in questa Carta del Tillo, si pre- 
sentano come vere novità, numerose alture sparse nei vari bacini, 
e che spiegano a colpo d'occhio l'idrografia importantissima della 
Russia (Peterm. Mitteil., VI, 1890). 
VUILLEMIN A.. — Mappa fhysico e politico do Reino de Portuga . 
Scala 1: 800,000. Parigi, Turgis, 1889. 


V. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


REALE ACCADEMIA DEI Lincer. — Roma, giugno, luglio 1890. 

Effemeridi e statistica del Tevere prima e dopo la confiuenza dell'Aniene e dello 
stesso fiume Aniene durante l’anno 1889, di 4. Zetocckî — Misure assolute degli 
elementi del magnetismo terrestre, eseguite nella Svizzera nel 1889, di A. Battelli. 
— Gli itinerart di Einsiedeln e di Benedetto canonico, di ZLasciani. — Sull’ ecclisse 
totale del 1889, di P. Tacchini, — Sopra alcuni recenti terremoti avvenuti in Roma, 
di Agamennone. — (Guida itineraria alle principali rocce magnetiche del Lazio, di 
PF. Keller. 

Società bp’ EsPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, giu- 
gno, luglio 1890. 

Colonie e colonizzazione (continuazione) IV e V, di V. Mockif. — Da S. Paulo, 
corrispondenza di 2. Betti. — Da Tripoli di Barberia, di 7raSelsi. — Dal Senegal 
a Mozambico: viaggio del capitano Trivier (con carta), di C. G. Zoné. — Sulle dif 
ficoltà dell’esplorazione africana, conferenze del prof. G. Xicchieri, — Il capitano G. 
Casati. — Dalla Città del Capo al Paese dei Masciucolumbe, del dottore £. Holub. — 
L’ Isola d’ Helgoland, di A. Annoni. 

SocreTA AFRICANA D'ITALIA. SEZIONE FIORENTINA. — Firenze, VI, 
3-4, 1890. 

L' Africa bianca, conferenza di C. Bertacchi. — Appunti di cartografia africana, 
dello séesso. — Insidie contro i viaggiatori nel centro dell’ Africa. 
Cosmos. — Torino, X-4, 1890. 

Le Isole Jamna, Masi-masi e Moar e la spiaggia opposta della Nuova Guinea, di 
F. S. A. de Clerg (con cartina), — Gli abitanti precolombiani dell’ America centrale, 
secondo D. Pector. — Due viaggi di C. V. Burmeister nella Patagonia (1887-1889). 
— Viaggi di G. Nachtigal nel Sahara e nel Sudan. 

BoLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI EsrERI. — Roma, maggio, 
giugno 1890. 

Le colonie portoghesi, di Z. Avogadro di Collobiano. — Movimento commer 
ciale di Cette nel 1889, di C. Magenta. — Cenni sul commercio e sulla agricoltura 
della Palestina nell’anno 1889, di 2. Alonso. — Rassegna generale della situazione 
commerciale delle Indie neerlandesi negli ultimi anni, di P. Landsberg. — Relazione 
sui commerci della Svezia per l’anno 1889, di A. Héglund. — Importazione ed 
esportazione dell’ Islanda durante l'anno 1888, di 5. Lambertenghi. 

CLus ALPINO ITALIANO, —- Torino, giugno, luglio 1890. 


Ricordi della valle di Cogne, di G. 2055a. — Ferrovia del Monte Generoso. — 
Al M. Rosa, di A. Raff. — La caverna ossifera del Bandito in Val Gesso, di #. Sacco. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


— 159 — 
— In Valle di Rhémes, di G. 20552. — Leonardo da Vinci e le Alpi, di G. Usielli. 
—— Le Aiguelles d’ Arves, di C. Forio, C. Ratti e G. Rey. — Sui monti della Basi- 
licata, di V. Campanile. — Da Palermo all’ Etna, di 7. Zona. — Nel Caucaso 
Centrale, di V. Sella (con profili e fotografie). 


. Comitato GroLocico D’ ITALIA. — Roma, marzo e aprile, maggio e 
giugno 1890. 


Sui dintorni di San Gimignano in Val d’ Elsa, nota dell'ing. 8. Lotti. — Geo- 
logia applicata del Bacino terziario e quaternario del Piemonte, del dott. /. Sacco, 
— Il computo del tempo in Geologia, nota del prof. Axe/ Blytt, tradotta dallo sve- 
dese. — La superficie della Calabria, di £. Cortese. — Sul giacimento cuprifero di 
Montajone in Val d’ Elsa, nota dell’ ing. 2. Loti. 


Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, X-4, 6, 1890. 


Sui massimi e sui minimi barometrici invernali, di Regona. — Sulla frequenza 
delle alte e basse pressioni nell’ emisfero boreale, di P. Busin. — Terremoto del 23 
marzo, di F. Denza. — Sollevamento delle coste della Finlandia. — Osservatorio al 
Madagascar. — Le linee equitermiche in Italia, del prof. G. A. Boltshauser (con ta- 
vole e carte). — Periodo d’ agitazione del suolo dal 15 febbrajo al 17 aprile 1890 
in Toscana, del p. G. Giovannossi. 


Rivista DI ToPoGRAFIA E Catasto. — Roma, II-12, 1890. 


Consiglio Superiore dei lavori geodetici. — R. Decreto sul coordinamento delle 
operazioni geometriche dello Stato. 


Marina E Commercio. — Roma, 1, 8, 15, 22, 29 giugno, 6, 13, 20 
luglio 1890. 

L’ America Centrale. — Navigazione e commercio di San Francisco di California 
nel 1889. — Il commercio di Adrianopoli. — Compagnie europeo-africane. — Le 
miniere di carbone al Messico. — Ill commercio dell’ Italia col Levante. — La fer- 
rovia del Monte Generoso. — Il commercio italiano con Gibilterra. — La naturaliz- 
zazione degli stranieri al Brasile. — Esportazione americana di grani nel 1889. — 
L’ industria del petrolio nel Perù settentrionale. — Il porto del Plata. — Un nuovo 
porto cinese aperto al commercio estero. — Osservazioni sottomarine. — Il Con- 

internazionale di navigazione a Manchester. — Movimento commerciale della 
Repubblica Argentina. — Agricoltura industria e commercio in Grecia nel 1889. — 
Il commercio italiano con l'Argentina. — La marina mercantile ed il movimento 
marittimo del Belgio nel 1889. — Dall’ Africa tenebrosa. — L'emigrazione italiana. 
— Il commercio in Siberia. — Per I’ Eritrea. — La nuova costituzione brasiliana. 
Rivista MARITTIMA. — Roma, giugno, luglio e agosto 1890. 


Un mese nell’ Isola di Seilan (cont), del dott. /. Ro. — Il sottotenente di va- 
scello Zavagli e l’ equipaggio della barca del « Volta ». — Cristoforo Colombo, la 
sua persona ed i suoi ritratti ella letteratura dei secoli, di S. Aasneri. 


IL PoLrrecnIco. — Milano, maggio 1889. 
I porti italiani, dell'ing. D. Lo Gatto. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Socnité DE G&oGRAPHIE. — Parigi, Bulletin X-1, 1890. 


Sull unificazione delle ore, nota di WW. de Nordling. — La campagna scientifica 
dello Schooner « Grampus » degli Stati Uniti dell’ America Nord, del 1880, di ¥. 
Thoulet, — Relazione sui lavori della Società e sul progresso delle scienze geogra- 
fiche nel 1889, di C4. Measnoir. 


—.760 — 
. — Compte-rendu, n. 10, rr, 12 € 13, 1890. 

Notizie di Grombcevski, di Af. Venucov, (con schizzo dei viaggi in Asia). — 
Estratti d’ una lettera di Dauvergne sul viaggio da lui fatto alle sorgenti dell’ Oxns. 
— La strada ferrata transahariana, di Fock. — Il terremoto a San Josè di Costarica, 
nota di Craveri. — Una nuova causa della mobilità della scorza terrestre secondo il 
de Drydalski, di A. de Lapparent. — Le dune del Sahara, di 7. Garnier. — Lo 
studio scientifico dei laghi, di 7oudet. — Missione archeologica al N. della Mongolia. 
— Le dune del Sahara ed In Salah, note del capitano 4. Bernard e dell’ingegnere 
G. Rolland. — La ferrovia transahariana, di A. Allain. — Le nevi in marzo ed 
aprile 1887 nelle valli dell’ Alai e del Pamir (con due*tavole), di G. Capus. — Con- 

Geografico a Mompellieri. — Missione Catat al Madagascar. — Una missione 
scientifica ad El Golea. — Pecili e Nancili in Cina, di Romamet de Caillaud. — La 
ferrovia transahariana, nota di £. Blanc. — I terremoti a Costa-Rica, di Craveri. — 
Il confine franco-brasiliano, di A. de Caillaud. — La regione de la Casamance e 
del Fogni nell’ Africa occidentale, del capitano Brosselard-Faidherbe. 

Revue pes Deux MonpEs. — Parigi, 15 luglio 1890. 

Una città di bagni al Giappone, di Z. Bastide. 

Revue FRANCAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION, — Parigi, 1, 

15 giugno, 1 e 15 luglio 1890. 

Viaggio in Russia (fine), di C. Courritre. — Gli avvenimenti del Dahomei. — 
Risultati geografici della campagna 1887-1888 nel Sudan francese: Bammaco e Si- 
guiri. — La Francia e la strada ferrata nel Sahara, di G. Demanche. — Il Canale 
di Panama, di Z. Chenut. — Lettera da Tiflis, di V. Ricey. — La canalizzazione 
dell'Eufrate: vie commerciali dall’ occidente in Persia. — A Casamance, di 2. & 
Butler. — Divisione politica dell’ Africa: Inglesi e Tedeschi al Zanzibar, di 2 Afar- 
bean. — Da Tiffis, di V. Ricey. — I Francesi del Canada, di A. Salaignac. — Con- 
ferenza antischiavista di Bruxelles: il testo dell'Atto generale. — La questione delle 
sorgenti del Niger e la convenzione del 10 agosto 1889. — La ferrovia transibe- 
riana, di G. Voulsie. 


Revue MARITIME ET COLONIALE. — Parigi, maggio 1890. 


Oceanografia (fine), di % 7%owlet. — Studio sull'impiego del sestante per le 
osservazioni di precisione, di A. ScAwerer. 


REVUE DE GtoGRaPHIE. — Parigi, giugno e luglio 1890. 


Le origini del dominio francese nell' Indo-Cina (cont.), di A. Fewre. — Il Sahara 
algerino fra Biscra e El Golea: sue casi e suo aspetto, di Dibowski. — Le porte 
del Basso Danubio da Bazias ad Orsova (cont.), di 4. de Gerando. — Il movimento 
geografico, di Z. Delavaud. — Studio sul catasto di Burlats (Tarn) della fine del 
secolo XVI (fine), di Ch. Fierusile. — La formazione della nazionalità russa secondo 
Leger, di Z. Drapeyron. — L'universo e le università, di Z. Drapeyron. — La 
Lorena: saggio di corografia (cont.), di A. Auerbach. — Gli Hacca e gli Hoclo: 
l'autonomia dei villaggi in Cina, di /. Meyners d Estrey. — Carta dell’ Orenoco e 
del Cassiquiari : corso superiore dell’Orenoco. 

Le Tour pu MONDE. — Parigi, 7, 14, 21, 28 giugno e 5 312, 19 
luglio 1890. 

Due Campagne nel Sudan francese: missione del capitano eros nell'Uassulu, 
del colonnello Gallieni. — Viaggio alle Isole Figi, di G. Verschuur. — Rassegna 
geografica, di 7. Facotftet. — « Nelle tenebre dell’ Africa », riassunto dell’ opera di 
H. M. Stanley vo 
REVUE GÉOGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, maggio, giugno 1890. 

La sbarra dell'Habra ; l’a//a e la vigna in Algeria, di G. Renaud. — Dal Car 
nale di Suez all’ equatore attraverso due mari (cont.), del colonnello Chaillé-Long. — 
Della projezione nella cartografia (cont.), di Bouthillier de Beaumont. — Una visita 
al Gebel-ben Hedma (cont.), di du Paty de Clam. — La Cina a volo d'uccello (fine), 
del generale Cengki-tong (con pianta e incisione nel testo). — Traversata del fiume 





— 76 I —. 

sotterraneo del Bramabian (fine), di £. A. Martel (con tavola), — Da Ambriza 
Bajona, di ZL. Lambertin. — L'emigrazione cinese (cont.), del dott. Ratsed. — IU pe- 
tiplo d’Annone (cont.), di 4. M. AMoerrigue. — Saint-Denis du Sig, di G. Renaud. 
— Le vie di comunicazione al Congo, di P. Savorgnan de Brassà. — I viaggi nella 
Siria, di Z. Clément. — Dall’ Atlante al Niger, de X. Allain. — Geografia, geolo- 
gia e mineralogia della Calabria, di Massitelli. — Viaggio di tre Normanni nel se- 
colo XVIII, di G. Gravier. — Viaggio di Gauthier e Pavie al Laos (continuaz.), di 
C. Gauthier. 


LA GtocraPHIE. — Parigi, 6, 12, 19, 26 giugno, 3, 10, 17, 24 lu- 
glio 1890. 

L’ eclissi solare del 17 giugno 1890. — Al Dahomei. — L’ascensione del Vul- 
cano Toluca. — Il Congresso Geografico a Mompellieri. — Geografia militare. — 
A proposito del meridiano di Gerusalemme e del Congresso di Mompellieri. — Il 
mare a Parigi. — Oceania francese — Ascensione del vulcano dell'Isola Borbone, 
di G. Hermann. — L'Eufrate, di LZ. Radiguet. — Le Isole Gloriose, di H. Mager. 
«—— Il capitano Trivier. — I Canadesi-francesi. — Al Lago Sciad. — Il cap. Casati. 
= Le peschiere di Terra Nuova. — Le isole dell’ Oceano Indiano: Madagascar. 


Socittt pe GiocrapHIE DE Lyon. — Lione, 1° luglio 1890. 


La traversata dell’ Africa, del cap. 7rivier. — Il Congresso geografico del 1890. 
di A. Breittmayer. — Il Dahomei, di 2. P. Chauterd. — Il portolano di Nicola 
di Canerio, di Z. Gallois. — Le quattordici traversate dell’Africa, di X.. 

SOcrIETE DE GEOGRAPHIE DE MARSEILLE. — Marsiglia, XIV-3, 1890. 

— Tl commercio di Marsiglia col Levante durante le crociate, di 7. Marchand, — 
Viaggio alle rovine di Angcor la Grande, di Z. 2. Rochedragon, — Il Laotiano, 
di Massie. 

Sochnité DE G#OGRAPHIE COMMERCIALE DE BorDpEAUX. — Bordeaux, 
2, 16 giugno, e luglio 1890. 

Campagna nel Sudan francese (1887-88): missioni nel Futa Giallon (cont.), di 
9. Plat. — Quale è il vero nome delle valli o maremme di Guascogna: « Lette » 
o « Léde », di Dulignon-Desgranges. — Geografia meteorologica, di Z. Parquet, 
— Veduta dei Monti del Labé: sistema orografico del Futa-Giallon (schizzo). — Le 
piante utili dell’ India (cont.), di G. Grisard e M. Vanden-Berghe, — Viaggio di 
Hagi Bubeker attraverso I’ Africa nel 1804 0 1807, di Dulignon Desgranges. 
Socitr# pE GiocraPHIE DE Lire. — Lilla, maggio, giugno 1890. 

Gli Oceani e i Mari (continuazione), di /f. Gosselet. — Discussione sull’ inse- 
namento della Geografia, di Dubai. — L'« Alliance francaise » e sno ufficio nel 
mondo, di Waki. — Il trattato anglo-tedesco. — Una missione al Madagascar (con- 
tinuazione), di G. Foucart. : 

‘SOCIÉTÉ NORMANDE DE GEOGRAPHIE. — Rouen, 1, 1890. 

Dal Niger al Golfo di Guinea per Cong, di LZ. G. Binger. — Esame critico 
«della scelta del meridiano iniziale di Gerusalemme, di C. Tondini de Quarenghi. 
Société DE GEOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, n. 3 e 4, 1890. 


- Viaggio -d’ esplorazione di De Zreffes al Gran Chaco. — Le antiche civiltà del 
Cambogia, di Yammes. — Napoli e Pompei, di 7Zrufat. — Escursione a Revel, 
Saint-Férréol, Lampy et Sorèze. — Il Fiume Neste di Louron nel Tolosano, di 
Pu ontes.: , 


Socrirt pe GtocRAPHre DE Tours. — Giugno ‘1890. ' 
Un’ escursione nel fondo dell’ Atlantico, di Dupin de Saint-André, 
SOcigTE DE GEOGRAPHIE DE ROCHEFORT. — XI-2, 1890. 


‘Il capitano Trivier, di Partef. — Gli stabilimenti francesi del Golfo di Benin, 
di. D'Albéca. — Il paese dei Zaffiri, di Z. 8. Rochedragon. — La razza bianca. 


— 762 — 
SocréT# DE SCIENCES DE L'ALGÉRIE. — Algeri, XXVI, 1890. 


Meteorologia d’ Algeri, di O. Afac-Chkarty. — Abbassamento della temperatura: 
in Europa e in Algeria, del dott. £. Bertherand, — I Tuareghi dell'Ovest, del capi- 
tano Ziéssuei. — Le sabbie del Sahara, di Brus. 


Société RoyaLE BELGE DE GEOGRAPHIE. — Bruxelles, I-2, XIV-3, 1890. 


Organizzazione politica, civile e penale della tribù dei Musseronghi, di Z2aerts. 
— Osservazioni meteorologiche del dicembre 1889 nella Stazione di Banana, del 
dott. Etienne, — I Curdi e gli Jesidi, di £. de Covaleuski. — Stanley a Bruxelles, 
di Y. du Fief. — Una escursione in Campine: Brecht, di 4. Harow (con carta). — 
L’ unificazione delle ore e sua applicazione nel Belgio (con due carte), di LZ. de 
Busschere. — Come una volta si andava a Roma, di Ch. Ruelens, — Il caucciù, la 
sua ripartizione geografica e il suo avvenire, di £. Pavous. 


LE MouveMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 8, 22, 29 giugno e 6, 
10, 20 luglio 1890. 

Lo Stato Indipendente del Congo. — Alla conferenza antischiavista. — L’ esplo- 
razione del capitano Delporte. — La spartizione dell’ Africa. — Il caffè al Congo. 
— La nuova opera dello Stanley: Nelle tenebre dell’ Africa, di A. f. Wauters. — 
La conferenza antischiavista di Bruxelles. — Alle sorgenti del Congo. — Schizzo del 
Fiume Semliki, ecc.. — Conferenza di Bruxelles per l'abolizione della tratta degli 
schiavi: Atto generale. — Schizzo dell’ Africa centrale. — Dall’ Aruhuimi all’ Uelle 
secondo il capitano Becker. — Il Lago Alberto. — Nelle tenebre dell’ Africa: estratti 
dal libro dello Stanley. — Il Belgio e il Congo: Convenzione tra i due Stati. 
L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISÉE. — Ginevra, XI-7, 1890. 


Cronaca della schiavitù — Esplorazione del Mongala, affluente di destra de 
Congo, di MM. Hodtster. 

Le GLose. — Ginevra, I-2, 1890. 

I caratteri generali dell’ idrografia africana, Memoria di V. Rosier (con carta). 
— I possedimenti europei in Africa, di G. Rocketée (con carta). — Arles, Nimes, 
Mompellieri, Carcassona, e la valle di Bethmale, del dott. /Y. Gosse. — Escursioni 
in Toscana, di £. Stroehlin. — La Repubblica Argentina, di £. Weber (con carta). 
— La Tunisia, di Y. Rochelte de Fernex. — I risultati della Spedizione dello Stan- 
ley, di V. Roster, — Il vilajet di Trebisonda, Z. /. Hoffmann. 

SOCIEDADE DE GEOGRAPHIA DE LisBoa. — Lisbona, VIII-9 e 10, 1x 
e 12, [X-1, 1888-80-90. 

Contributi alla cartografia dell'Isola di Santiago di Capo Verde, di 4. de Paula 
Brito. == Note storiche sulla penisola della Arrabida, di %. Rasfesro. — Discorso 
sulla conquista delle miniere di Monomopata: descrizione del territorio. — Viaggio alla 
Guinea portoghese, di Z. F da Costa Oliveira. 

SocieDAD CIENTIFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, aprile, maggio e 
giugno 1890. 
Fisiografia e meteorologia dei mari del globo (cont.), di Y. Lierena. 

In BrasiLE. — Rio de Janeiro, IV-6, 1890. 
Sunto della Costituzione degli Stati Uniti del Brasile. 


GESELLSCHAFT FOR ERDKUNOE zu BerLIN. — Berlino, Atti, XXVII-4 
e 5, 1890. 

Di un viaggio scientifico naturalistico al gruppo occidentale delle Isole Canarie 
(con tre tavole), del dott. O. .Sfimormy. — Da Camerun al Benue (con carta), ded 
dottore £. Zinfgraf: — Notizie dei viaggi nell’ America meridionale, del dottore 
Hettner. 

K. K. GrocrAPHISCHE GESELLSCHAFT IN Wien. — Vienna, n. 5, 1890. 

Viaggio attraverso ai paesi dei Battak indipendenti e nell'Isola Nias (con carta), 
di ¥. von Brenner-Felsack. — Accompagnatoria della carta del Medio Congo (com 


— - 763 _ 
tarta-foglio 3°), di O. Baumann. — L'ultimo periodo di agghiacciamento delle Alpi 
Centrali al Nord del Monte Brennero (con 4 tavole), di 7. Aerner v. Marilaun. — 
Notizie d’ un palombaro sulla antica città sprofondata presso Rovigno d' Istria, del 
dott. V. Hilber. 
PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, n. VI, 1890. 


. Le nubi nell'Europa Centrale, compresi i paesi dei Carpazî, del dott. P. Z/fert 
(con carta). — Ricerche su 24 lingue parlate nel Protettorato tedesco della Compa- 
gnia della Nuova Guinea (fine), di A. Zéller. — Rilievo idrografico dello Stretto di 
Molo (Malesia), del prof. dott. A. Hickman}. — Calcolo del volume delle altezze e 
profondità della crosta terrestre del prof. dott. 4. Pesck. — La carta ipsometrica 
della Russia europea del generale Tillo, del dott. C. Diener. — Opinione del Suess 
sulle linee tettoniche fondamentali dell’ Africa Orientale, 

— VII, 1890. 

‘ Viaggi involontart sul Grande Oceano, di O. Sitting. — Tl Canale di Nicaragua 
(con profilo), del dottore 7. Polacovski. — La distribuzione della salsedine sulla 
superficie dell’ Oceano Atlantico settentrionale (con carta), del prof. dott. Arismme/. 
— I nuovi confini in Africa (con cartine), del prof. dott. A. Sufas. — La carta 
d’ Africa del dott. Ltiddecke in 6 fogli, del dott. prof. G. Schweinfurt. — Lo Stretto 
di Mangarai, di A. Schitck. — Ricerche intorno a 24 lingue parlate nel Protettorato 
tedesco della Compagnia della Nuova Guinea, poscritto di U. Z%/ler. 
MITTEILUNGEN AUS DEN DEUTSCHEN SCHUTZGEBIETEN, — Berlino, III-2, 

1890. 

Variazione diurna della pressione e della temperatura atmosferica in alcune sta- 
zioni dei Protettorati tedeschi nell’ Africa equatoriale e nella Nuova Guinea, del dot- 
tore W. Trabert. — Misurazioni delle pioggie ad Abetisi, di /. Ramseyer. — Viag- 
gio del Tappenbeck alla residenza di Nghila (con carta). — Osservazioni alla carta 
del Tappenbeck. — Notizie del tenente Morgen icon carta). — Osservazioni alla 
carta del Morgen. — Rilievo della costiera tra il Vecchio Calabar ed i Monti Ca- 
merun (con carta), — Osservazioni meteorologiche alla Stazione di Bali, del dottore 
Zintgraff. — Osservazioni alla carta dell'Isola Nauru (Pleasant), del segret, Eggert 
(con carta). 


CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FUR DEN ORIENT. — Vienna, giu» 
gno 1390. 

Nel più fitto delle tenebre in Africa, di A. v. Schweiger-Lerchenfeld. 

DEUTSCHE RUNDSCHAU FUR GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
n. 10, 1890. 

Progresso delle ricerche geografiche e dei viaggi nell'anno 1889, di /7. Grefrath, 
= Schizzi dalle coste dell’ Illiria austriaca, di Zs. Keschéal. — Le condizioni dei 
‘Protettorati tedeschi nell’ Africa orientale: cause ed effetti (fine), del cap. 4. Boshart. 
«— Il Principato di Liechtenstein (fine), di 7. Um/auft. — Carta degli Stati Uniti 
del Messico: il Sud, secondo A. Sianconi, 


ZEITSCHRIFT FOUR WISSENSCHAFTLICHE GEOGRAPHIE. — Weimar, VII-4 
e 5, 1890. 

Nomi etnografici del Ponto, di /7. Brunnhofer. — L'eredità cartografica di 

G. B. Homann (fine), del dott. C. Sandler. — 1 tentativi per avere una bussola a 

‘secco, di A. Schiick. — Determinazioni di longitudine ottenute con le altitudini e 

culminazioni lunari (fine), di £. Gelcich. — Le tre carte del Mercatore esistenti 


nella Biblioteca Comunale di Breslavia (cont.), di 4. Heyer. — Una carta geologica 
dell’ Europa, di A. Becker. 


Das AusLanp. — Stoccarda, n. 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 1890. 


Il problema capitale della Geofisica, di H. Habenicht. — Il diritto in Africa 
Xcontinuaz.), di 4. Flcischmans. — Notizie del dott. O.. Zaumann. — Da Bali, di 
E. Metager. — Il problema dei terrapieni « moundbuilder » risolto, di A, Andres. 


— L'età giaciale, del dott. O. Ankel. — Il diritto di famiglia in Giappone, del 
dott. A. H. Post. — I nuovissimi progressi dell’ esplorazione geografica nel Terri- 
torio di Camerun, del dott. 4. v. Danckelman. — Indocina, Cambogia, Laos, Siam, 
Annam e Cocincina: quinto viaggio (1887-1890), di C. W. Rosset. — Nelle cascate 
nord-americane: Easton, del dott. G. 5/5 — Max Weber nelle Indie Olandesi. — 
Sull’ nso degli aerostati nelle Spedizioni polari, del dott. Assmann. — Carlo di 
Koseritz: necrologia di H. Lange e di C. v. den Steinen. — I Lapponi e le loro 
saghe, di H. v. Aurich. — Gli elementi demografici delle città di Tunisi e di Tri- 
poli (cont. e fine), di M. Quedenfelat. — La progressiva scomparsa degli Esquimesi 
dall’ Asia, di A.. — Punt e Sasu, regioni aurifere del territorio dei Somali, relazione 
di Zd. Glaser. — Scoperta di disegni sui monti meridionali di Orano, di 2. Andree. 
— Risultati faunici di un viaggio per il territorio di Vitu, con speciale riguardo alla 
fauna delle acque dolci, del dott. 4. Voelscov. — Una città forte romana nel Pala- 
tinato settentrionale, del dott. C. Mekits. — La carta speciale dell’ Asia occidentale 
di H. Kiepert. — Nuovi viaggi ed esplorazioni nell’ Asia anteriore, di &. Sieger. — 
I Votjaki della Russia, di P. V. Stenin. 
GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 15 maggio, 1 e 15 giu- 

gno, 1 15 luglio 1890. 

Uadai. — S. Maurizio nell’ Engadina Superiore. — Una nuova lettera del dot- 
tore C. Peters. — Labrador. — Canea, di /7. Renner. — Viaggio all’ Amazzoni ed 
al Purus. — Attraverso Sumatra. — I confini anglo-germanici nell’ Africa orientale 


(con carta). — Il dott. C. Peters nell’ Uganda. — I nani dello Stanley. — I Vedda 
di Seilan, secondo i signori Sarasin. — I doni dell’ America, secondo V. He&n. 


DEUTSCHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 7, 28 giugno, 12 luglio 
1890. 

Gli antesignani della Germania nell’ Africa Orientale. — La conclusione del 
nuovo trattato di protezione con Vitu. — Le Indie orientali neerlandesi nel 1890, 
di E. Metsger (fine). — Schizzi da Camerun, di G. Baldau (cont). — Il territorio 
dei Gran Nama. — Il ritorno di Wissmann. — Il dott. C. Peters nell’ Uganda. — 
Il trattato anglo-tedesco (con 4 cartine). — L'adunanza generale della Società colo- 
niale tedesca a Colonia. — L’egemonia mondiale della Germania, del dott. Hidde 
Schleiden. — Emin Pascià nell’ « Africa tenebrosa » dello Stanley. 


Export. — Berlino, 3, 10, 17, 24 giugno, e 1, 8, 15 luglio 1890. 
I rapporti commerciali della Germania con gli altri Stati nel 1889. — L’ emi- 
grazione al Chile. — Movimento del Canale di Suez nel 1889, — San Francisco di 
California e le sue comunicazioni. — Carlo von Coseritz. — Quattro settimane nelle 
foreste vergini del Brasile alla raccolta del matè, di G. H.. — Le condizioni com- 
merciali nelle Isole Figi — Dal Monte della Tavola fino alle rive del Nilo. — II 
trattato anglo-tedesco. — Rassegna politico-coloniale. — Il commercio del Marocco. 
— Il trattato anglo-germanico, nota del prof. £. Hasse. — Alle Filippine. — Le 
Spedizioni dei Portoghesi nell’ America settentrionale durante il XVI secolo. — La 
questione marocchina. — Schizzi dello incivilimento nell’ America occidentale. — 
Colonie inglesi nella Repubblica dell’ Equador. — Sguardo politico coloniale. 


RovaL GreocrapnicaL Society. — Londra, giugno 1890. 


Risultati geografici della Spedizione in soccorso ad Emin Pascià, di AY. M. 
Stanley (con carta). — Ascensione sulla vetta del Kilimangiaro, del dott. 7. Afeyer 
(con carta), — Notizie d’ un viaggio attraverso il territorio dei Masciona nel 1889, 
di G. W. H. Knight Bruce (con carta). 

— Luglio 1890. 

Discorso annuale sui progressi della Geografia negli anni 1889-1890, di Af. & 
Grant Duff. — Nuove esplorazioni nelle Isole Salomone con note sulla scoperta 
delle medesime fatta dalla Spedizione spagnuola di Mendafia nel 1567-69 (con 
carta), di C. AM. Woodford. — Educazione geografica: il progresso di quest'anno alla 
scuola di Oxford. 





Nature. — Londra, 5, 12, 19, 26 giugno, 3, ro, 17 luglio 1890. 

La circolazione atmosferica, del dott. Af. A. Veeder. — La sesta crociera scien- 
tifica del piroscafo « Hyaena », del prof. W. A. Herdman. — Climi dei periodi 
antichi, I, II, del dott. A. Newumayr. — I Banchi di corallo ed altre formazioni di 
carbonati di calce nei mari moderni, del dott. G. Murray e R. Irvine. — Banchi 
di corallo, fossili e recenti, di W. 3. Z. Wharton. — Geografia zoologica, del dot- 
tore H. Gadow. — Nelle più fitte tenebre dell’ Africa: dal libro dello Stanley (con 
illustrazioni), di 7. S. X. — Nubi notturne brillanti, di W. ZaZkoxse, dott. C. Shaw, 
e D. 7. Rowan, — I vulcani di Havai, di XY W. F.. — I climi delle età passate, 
SF. F. Murphy. — Una Spedizione invernale al Sonnblick, del dott. 7. A. Pernter. 
— Sulla viscosità superficiale dell’ acqua (illustrazioni), di lord Rayleigh. — Utiliz- 
zazione delle cascate del Niagara. 


Tue Scottish GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, giugno 1890. 


Notizie geografiche sulla regione tra i Laghi Niassa, Rueva e Tangagnica, di 
D. Kerr Gross. — La rappresentazione cartografica della Terra, di 7. G. Bartho- 
Zomew. — Projezioni cartografiche, di W. A. Taylor. 


— Luglio 1890. 
La Spedizione (i soccorso ad Emin Pascià: discorso alla Società di H. M. Stanley 


(con schizzo). — Un viaggio nell’ interno della Cina, partendo da Canton, del dott. 
W. G. Dickson. 


THE NATIONAL GEOGRAPHIC Magazine. — Washington, II-1, 2, 1890. 


Sulle determinazioni telegrafiche di longitudine dell’ Ufficio di Navigazione, del 
luogotenente 7. A. Norris. — Geografia della Terra, relazione di H. G. Ogden, — 
Geografia dell’ aria, relazione di 4. W. Greely. — I fiumi della Nuova Jersey set- 
tentrionale, con note per la classificazione dei fiumi in generale (con 7 illustrazioni), 
di W. Morris Davis. — Uno sguardo critico alla prima Spedizione di Bering nel 
1725-1730 con una traduzione della relazione originale intorno alla stessa (con carta), 
del dott. W. H. Dall. — Nota supplementare sull’ allegata osservazione d’un’ ecclissi 
lunare fatta da Bering nel 1728, di Marco Baker, 


AMERICAN GEOGRAPHICAL Society. — Nuova York, XXII-2, 1890. 


Il muro romano nella Gran Bretagna, del prof. . Af. Haynes. — Definizioni 
dei nomi geografici, del dott. C. Garsersmiilier. — Dalla Corea a Quelpaert: sulle 
orme di Cublai Can, del col. C. Chailié-Long. — Eruzione vulcanica nel Mar di 
Bering, del prof. G. Davidson. 

SciencE. — Nuova York, n. 382, 383, 384, 385, 386, 387, 388, 
389, 390, 1890. 

I Cheroki nei tempi precolombiani, di C. Tomas. — Gli stud! del dott. Hann 
sui cicloni ed anticicloni, di W. M. D.. — Un'ipotesi sulle così dette usurpazioni 
lente del mare a danno della terra, di Gilb. Thompson. — Le meteoriti della Contea 
di Winnebago (Jowa), di %. £. Zodd. — I « Tornados », di Mf. A. Veeder, — ll 
« tornado » teorie ed obiezioni, di /. 4. Hazen. — Sul Gruppo di meteoriti sco- 
perto nella terra di Brenham, contea di Kiova, di G. /. Awns. — Triplice arcoba- 
leno, di S. 7. Batley. — Africa pittoresca: recensione. — H. M. Stanley: recensione. 
— La temperatura nelle tempeste e negli strati elevati, di /7. A. Hazen. — Le me- 
teoriti di Winnebago (Jowa), di ¥. Zorrey ed Er. H. Barbour. — Gli studî del dott. 
Hann ‘sui cicloni ed anticicloni, di /. A. Velschow. — La temperatura nelle tem- 
peste, Mf. A. Veeder, — Esperimenti d’ Espy sul « Tornado », di 4. A. Hasen. — 
Temporali elettrici, di 7. A. Hazen. 


APPALACHIA. — Boston, VI-1, 1890. 


Ushba : ascensione di Cockin, con veduta presa da V. Sella. — Le abitazioni 
nelle roccie lungo i Cartons di Mancos (con 3 tavole), di F. H. Chapin. — I sen- 
tieri nei Monti Adirondack: seconda Memoria di /. W. Freeborn. — Il monolite 
di Madison (con tavola), di W. O. Crosby. — La carta dei dintorni di Boston co- 
struita da membri del Club Appalachia. 


— 766 — 
RoyvAL GEOGRAPHICAL SOCIETY OF AUSTRALASIA. —— Melbourne, VII-2, 1890. 
Carta dei Monti Owen Stanley, di Forbes e Cuthbertson. 
Féitprajzi KézLemények (Bollettino della Società Geografica Ungherese). 
— Budapest, XVIII, 3-4, 1890. 


La città di Hédmezé-Vasarhely, del dott. 4. Ballagi. — Viaggiatori ungheresi, 
del dott. A. Afarki. 

Kon. NEDERLANDSCH AARDRIJKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterdam, 

VII-2, 1890. 

Contributi per la idrografia e la morfologia degli estuarî e delle foci dei fiumi 
d'Olanda nello Zuidersee, dell'ing. ZE. Zngelenburg. — Rassegna coloniale per il 
1889. — L'incremento delle cognizioni sulla sfera terrestre durante il 1889, di 
FS. Timmerman. 

FENNIA : BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOGRAFICA DI FINLANDIA. — 

Helsingfors, II, III, 1890. . 

Le carte economiche, topografiche e geografiche della Germania, dell’ Austria- 
Ungheria, della Francia, dei paesi scandinavî e della Finlandia, con riassunto in 
francese, di O. Savander (con 19 tavole), — L'incremento della popolazione in Fin- 
landia dal 1751 al 1885 (con diagramma), di 4. Zoxstròm. — Della determinazione 
telegrafica della longitudine di Wiborg, Kuopio e Joensun, di 4. Donsdorf. — La 
estensione geografica di una collana di favole nordiche intorno agli animali in Fin- 
landia (con carta), di A. Krokn. — La Spedizione del 1887 alla Penisola di Cola, 
descrizione preliminare (con carta), di A. O. Kiklman e Y. A. Palmin, — Notizia 
di un viaggio scientifico-naturalistico attraverso la Finlandia russa nel 1889, di 
A. 0. Kikhiman. — Osservazioni geologiche nella Penisola di Cola, e descrizione dei 
minerali del Lujaururt (con 2 tavole), di W. Ramsay. — L’estuario del Cumo, una 
volta ed oggi, di 4. Waklroos (con carta), — Calcolo dei dgti sull’epoca dello sgelo 
del Fiume d’Aura, di S. Lewdnen. — Tavole per la projezione poliedrica fra 59° e 
70° di latitudine settentrionale, di O. Savander. — La ricerca dei punti trigonome- 
trici in Finlandia nel 1889, di A. FPetrelixs. — Sui nomi dei comuni della Finlandia, 
di V. Vasenius. — I punti trigonometrici della triangolazione baltica, di 4. Donner. 
— Osservazioni su alcune carte di Finlandia, di A. Petrelius. — Tabelle ausiliarie per 
il calcolo delle quote barometriche di altitudine, dello sfesso, 





lL — ATTI DELLA SOCIETÀ 


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA. 


La Società Geografica di Parigi partecipa alla Società nostra che 
la Commissione incaricata di designare l’anno e la sede del prossimo 
Congresso Internazionale delle scienze geografiche scelse a questo scopo 
la città di Berna. 

La Società Geografica di Berna partecipa di accingersi ai lavori 
preparatorî e chiede la partecipazione della nostra Società e dei nostri: 
soci e la proposta di temi sui quali si desiderasse richiamare |’ atten-. 
zione del futuro Congresso. 

Un Comitato si è costituito a Parigi, sotto la presidenza d’ onore 
dell’ illustre Enrico Duveyrier, per l'erezione di un monumento alla: 
memoria dell’ infelice viaggiatore Emilio Douls, perito durante 1’ esplo-’ 
razione nel deserto di Sahara. Il Comitato intende pure di promuovere 
la ricerca dei documenti, di cui il Douls era portatore al momento della 
sua morte. La città di Parigi battezzò col nome di Emilio Douls una 
delle sue vie e contribuì nella sottoscrizione. ll Comitato si dirige ora 
alla nostra Società, perchè voglia essa pure prender parte a quest'opera. 

Giunsero alla Società lettere del dott. Traversi, in data di lLet-Marefià, 
10 ed 11 giugno a. c., con buone notizie di lui e discrete della sta- 
zione (1). Giunsero pure lettere di ringraziamento del capitano Casati 
da Monza. Egli ringrazia per la nomina a Membro d'onore e per la 
accoglienza fattagli nel suo passaggio da Roma. 

Emin Pascià inviò alla nostra Società la lettera in italiano che 
testualmente facciamo seguire : 


« Npapua, 4 giugno 1890 ». 
« Illustrissimo Signore, » 


« Col corriere d’ ieri ricevetti il di Lei scritto ed il diploma, con 
« cui cotesta Società Geografica volle nominarmi suo Socio onorario. 

« Mi è difficile manifestarle i sentimenti di riconoscenza - ed oso 
« dirlo? - di orgoglio, svegliati in me da tale onorificenza. E spero. 
che sotto tali auspicî il nuovo viaggio intrapreso or ora diventerà. 
felice e rifletterà credito sull’ augusto corpo a cui ora mi vanto di 
« appartenere. 


(1) Vedi più avanti a pag. 770. 


« Considero però gli onori fattimi come uno sprone per |’ avve- 
« nire, e farò quanto io possa per giustificare la fiducia datami. 

« Offra, La prego, alla Società i miei sinceri ringraziamenti e mi 
« permetta di contribuire qualche volta al suo BOLLETTINO. 

« Arrivato al lago, avrò |’ onore di scriverle. 

« Gradisca, illustrissimo Signore, i sensi della mia sincera stima 
« e venerazione ». 


« Dott. Emm Pascià ». 


Pervennero pure alla Società i ringraziamenti del sig. G. Fuma- 
galli, per il sussidio accordato dalla Società alla pubblicazione della sua 
Bibliografia dei Somali. 

Ringraziarono per pubblicazioni loro spedite in dono dalla So- 
cietà, il socio F. Florio Sartori, la Biblioteca nazionale di Napoli, il 
R. Liceo Marco Foscarini di Venezia, |’ Istituto tecnico di Casal Mon- 
ferrato, 1’ Associazione generale degli impiegati civili di Lucca, la Ca- 
mera di Commercio Italiana di Montevideo, la Società Khediviale di 
Geografia del Cairo, la Smithsonian Institution di Washington, |’ Amers- 
can Statistical Association di Boston, il Ministero dell’ Interno dell’ Im- 
pero russo, ecc., ecc.. 

Giunsero le proposte d’ inscrizione fra i soci dei signori A. Bonati 
di Cremona, L. Baldani di Roma, L. Martini di Firenze, G. Lapuente y 
Amat di Valencia di Spagna. Saranno presentate nella prima adunanza 
del Consiglio, al riprendere dei lavori sociali. 

Sono iufine pervenuti alla Società i seguenti doni: 

S. A. I l'Arciduca Ludovico Salvatore: Die Insel Menorca. Allge- 
meiner Theil. Lipsia, Brockhaus, 1890. Vol. di pag. 595 in folio con 
carte, tavole ed illustrazioni intercalate nel testo (dono dell’ autore). 

Borsari F.: Note sulla colonizzazione dell’ Eritrea (continuazione) 
in « Pro Patria ». I-9. Napoli, 1890. Foglio (dono dell’ autore). 

Salvadori F.: Collezioni ornitologiche di Lamberto Loria. — Viaggio 
nella Papuasia orientale, II, Genova, Museo Civico, 1890. Op. estratto 
di pag. 39 (dono dell’ autore). 

Abbate E.: Guida della Provincia di Roma. Roma, Club Alpino 
Italiano (Sezione romana), 1890. Vol. di pag. XXX-905, con piante, 
cartine stradali e 2 carte topografiche (dono della Sezione romana 
del Club Alpino Italiano). 

K. Geodatisches Institut. Das Mittelwasser der Ostsee bei Swinemiinde. 
Berlino, Stankiewicz, 1890. Vol. di pag. 38 in 4° con 4 tavole. — 
Astronomisch-geoditische Arbeiten I. Ordnung. Berlino, Stankiewicz, 
1890. Vol. di pag. VI-273, con 3 tavole (doni del R. Istituto Geode- 
tico Prussiano). 

Moutier A.: Annuaire statistique de la province de Buénos-Ayres, 
1888. La Plata, tip. El Dia, 1889. Vol. di pag. LXVIII-380 (dono del 
Governo di La Plata). 

Marinelli G.: La Terra: Trattato popolare di Geografia universale. 
Disp. 245-246-247-248-249. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. 2 (dono 
dell’ editore). 


P. Morandi L.: Boletin mensual del Observatorio meteorolégico 
de Villa Colon. II-6. Montevideo, tip. Scuola naz. d’arti e mest., 1890. 
Fasc. di pag. 25 e tavole (dono della Redazione del Bollettino). 

Cordier H.: Le colonel sir Henry Yule. Parigi, « Journal Asia- 
tique », 1890. Op. estratto, di pag. 26 (dono dell’ autore). 

Tapia y Rivera A.: Biblioteca historica de Puerto-Rico que con- 
tiene varios documentos de los siglos XV, XVI, XVII y XVIII coor- 
dinados y anotados. Portorico, tip. de Marquez, 1854. Vol. di pag. 587-14 
(dono del sig. Giuseppe Verderosa, italiano residente in Arauco). 

— Indici e Cataloghi. — XI: Annali di Gabriel Giolito de Fer- 
rari. Vol. I, fasc I.-XII: Disegni antichi e moderni della R. Galleria 
degli Uffizi di Firenze. Vol. unico, fasc. 1°. Roma, Ministero della 
Pubblica Istruzione, 1890. Vol. 2 di pag. CXIII-50, e pag. 80 (dono 
del Ministero della Pubblica Istruzione). 

— «Le Hajasdan » periodico armeno-francese, N. 21-22. Londra, 
Ranken, 1890. Fasc. di pag. 24 (dono della Redazione). | 

Mpalano S.: Resoconto degli Atti della Società Filologica del Par- 
nasso. Anno XIV (1888-89). Atene, Papageorgio, 1890. Fasc. di 
pag. 117 ir greco (dono della Società). 

Obrecht A.: Memoria sobre el estado actual del Observatorio 
nac. de Santiago, ecc.. Santiago del Chili, tip. naz, 1890. Op di 
pag. 18. — Observaciones meteorologicas, 1882-1884, 1885-1887. 
Santiago del Chili, tip. naz., 1890. Vol. 2 di pag. 129, LXVI-125 
con tavole (dono della Direzione dell’ Osservatorio met. ed astron. di 
Santiago del Chilì). 

Acadimie des Sciences de Cracovie.: Bulletin international. Compte- 
rendu des séances de |’ année 1890 (Juillet). Cracovia, tip. dell’ Uni- 
versità, 1890. Fasc. di pag. 20 (dono dell’Accademia delle Scienze di 
Cracovia). 

— « Nuova Rivista Misena », N. 7. Arcevia, Anselmi, 1890. 
Fasc. di pag. 16 (dono della Direzione). 

Lenz O.: Eisenbahnen und Dampfschiffle im tropischen Afrika. 
Vienna, Neue Freie Presse, 26 luglio 1890. Foglio (dono dell'autore). 

Direzione Generale della Statistica: Annali. Statistica industriale. 
Notizie sulle condizioni industriali delle provincie. Roma, Botta, 1886 
al 1890. Fasc. 19 con carte. — Popolazione: Movimento dello stato 
civile. Anno XXVII: 1888. Roma, Elzeviriana, 1890. Volume di 
pag. XCII-180. — Divisione Industria, Commercio e Credito: Bollettino . 
di notizie sul credito ecc. VIII-6 con app.. Roma, Botta, 1890 (doni 
del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). 

Direzione Generale delle Gabelle: Bollettino di legislazione e sta- 
tistica doganale e commerciale. Anno VII: maggio-giugno 1890. Roma, 
Botta, 1890. — Statistica del commercio speciale d'importazione e di 
esportazione dal 1° gennajo al 31 luglio 1890. Roma, Elzeviriana, 1890 
(doni del Ministero delle Finanze). 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. —  .LETTERA ALLA PRESIDENZA DEL Dott. L. TRAVERSL 


Let-Marefià, addi 10 giugno 1890. 
Onorevole signor Presidente, 


Verso i primi del passato marzo, come scrissi in altra mia, arri- 
vavo felicemente in Desié, presso Borumieda, da dove, dopo quindici 
giorni, movevo alla volta di Let-Marefià. Il 28 marzo infatti giungevo 
improvvisamente alla stazione, ove non trovai nè il preparatore Naccari, 
nè il custode Giuseppe, che per loro affari si trovavano da molti giorni 
verso Entotto. 

La mancanza di notizie del signor cav. dott. Vincenzo Ragazzi, dal 
quale dovevo e volevo prendere la consegna di Let-Marefià e far l’in- 
ventario di quanto qui si trovava, mi teneva sospeso : non mi attentavo 
di fare un atto di padronanza senza prima sapere se il prefato dottore 
sarebbe o no tornato allo Scioa con S. M. 

Intanto ai primi di aprile ricevevo una lettera dell’ Imperatore Me- 
nilek, che, mentre mi dava la notizia della partenza per Massaua del 
signor dottor Ragazzi, mi diceva ancora di tornare al più presto a Desié, 
ove lo avrei incontrato, per curare i molti soldati ammalati che erano 
con Lui. In questo modo, dopo aver prese tutte le possibili precau- 
zioni, perchè non si commettessero abusi durante la mia assenza, tor- 
navo a Desié. 

Sua Maestà, al quale consegnai la lettera della S. V., mi accolse 
con molta benevolenza, contento che io fossi tornato nel suo paese. 

Quanto prima, credo, |’ Imperatore risponderà alla lettera della 
S. V.. 

Con S. M., poco dopo il mio arrivo a Desié, partivo di nuovo per 
lo Scioa e ora da qualche giorno mi trovo di nuovo a Let-Marefià per 
riordinarne |’ amministrazione, per fare l’ inventario delle cose che vi si 
trovano ancora e per misurare i grani esistenti nei magazzini. 


— 731 — 

Pel momento, come la cosa più importante, rimetto alla S. V. la 
nota dei grani esistenti a Let-Marefià la sera del 31 maggio prossimo 
passato. 

Ecco la nota: i 

Fra grani prestati e nei magazzini, detratta tutta l'uscita, la sera 
del 31 maggio si avevano ettolitri 365 e litri 72 1]2, così ripartiti: 

Ettolitri Litri 


zongada (specie di sorgo) 62 10 
OTZO . . . +... 140 35 
grano . . . . . . 10 go 
fave. . . » «© «© « 149 10 
piselli. . . . . .° 3 47 112 


Totale . . . . 364 172 1[2; che è poi uguale 
ad ettolitri 365, 72 112. 

È giusto osservare come lo stato dei magazzini sia soddisfacente, 
anche se si volesse supporre che per caso fossero incorse delle irrego- 
larità nell’ assenza dell’ ex-Direttore; e dico giustamente « se per caso 
fossero incorse », perchè mancando di registri di controllo, non ho 
potuto verificare nulla, ma ho dovuto accettare quello che ho trovato. 
In ogni modo, quello che c’è sarà di valido ajuto per la Stazione nel- 
l’anno in corso, attesa la grave crisi che attraversa il paese. La rac- 
colta dell’attuale Ze/e4, quella cioè che ora incomincia ad entrare nei 
magazzini, accenna ad essere molto scarsa, nè c'è da fare larghi assegni 
su quella del prossimo dicembre, attesa la scarsità delle bestie da lavoro. 

In un paese come questo, ove si lavora tutto, ed anche primitiva- 
mente, col solo aratro, ed ove gli abitanti pigri e svogliati non vogliono 
saperne di zappa, l’epizoozia ha portata la miseria e la fame, aumentando 
i prezzi di tutti i generi in una proporzione favolosa. Noi non abbiamo 
che tre sole paja di buoi, riuniti con tante pene e con gran dispendio 
dal signor dott. Ragazzi; e con queste tre paja è poco il lavoro che si 
può fare allo Scioa, ove le feste sono tali e tante, che in media non si 
hanno tre giorni al mese per lavorare i campi; ciò che in un momento 
difficile come questo fa aumentare la miseria e la fame. 

Accennavo poco sopra all’inventario degli effetti esistenti a Let- 
Marefià. Per tutto ciò che si trova qui alla Stazione, esso è già al com- 
pleto; manca però la nota di tutti gli oggetti ed istrumenti e bestie da 
soma che il sig. dott. Ragazzi consegnò al sig. ing. Ilg avanti di lasciare 
il campo dell'Imperatore, e tutto questo non è ancora arrivato. Non 
appena l'avrò, rimetterò l'inventario completo alla S. V. insieme, spero, 


— 7172 — 
colla nota dei grani che stanno per entrare nei magazzini e la nota delle 
spese fatte da me dal giorno del mio arrivo ad oggi. 

A questo proposito faccio noto alla S. V. che, non appena entrato 
a Let-Marefià, mi affrettai a regolare gli stipend? dei nostri impiegati, che 
dal gennajo (cioè fino dalla partenza dell'ex-Direttore), non erano stati 
pagati, e naturalmente non lo potevano essere, e liquidai pure la nota 
delle altre spese fatte per conto della Stazione. 

Ora la S. V. mi permetta qualche parola sul nostro personale. 

Fin da quando nel 1888 ebbi occasione di passare alcuni mesi a 
Let-Marefià, ospite del sig. comm, conte Pietro Antonelli, e più che tutto 
quando il prefato sig. conte volle farmi l'onore di affidarmi provviso- 
riamente la direzione della Stazione, ebbi a vedere quanto male vi fosse 
nel personale: ed oggi poi, che la fiducia della benemerita Società, che 
la S. V. presiede, mi ha chiamato alla Direzione effettiva della Stazione, 
me lo ha fatto conoscere anche meglio. 

Abituata questa gente a vivere a suo modo, senza controllo effet- 
tivo ed efficace, e per quella avversione innata che ha per ogni pr 
drone bianco, non sa, nè vuole adattarsi alle esigenze di una ammini 
strazione regolare. Chi non vuol lasciar correre, deve lottare ora per ora con 
difficoltà di ogni genere. Di fronte al padrone sono tutti uniti come gli 
anelli di una catena, perchè esso deve essere burlato e mistificato in 
ogni modo e non deve saper nulla di quello che si fa e di quello che 
si dice. È una specie di camorra che invigila, che ha dappertutto le 
sue fila e che sorveglia perchè elementi nuovi, e quasi direi non iniziati, 
non entrino alla Stazione. Quello che nelle altre case serve per un mesé 
di consumo, qui deve servire quindici o venti giorni; il lavoro che al 
trove si fa in uno, qui si deve fare in tre, e tutto così per fare, con 
sonnolenza, con malavoglia e sempre con malafede. « Il padrone non è 
un frengi? » Ecco il loro ritornello. 

Con un po’ di pazienza, con un po’ di rigore, alternato da qual. 
che periodo di calma patriarcale ed epurando adagio, adagio gli ele- 
menti più ribelli, si riescirà, almeno lo spero, ad andare avanti meno 
peggio. Il signor conte Antonelli può parlarne con cognizione di causa. 

La cattiva condotta del nostro preparatore Naccari, in vista della 
nessuna necessità di un apposito uomo per le collezioni, ora che il paese 
è largamente sfruttato, mi fece venire nella risoluzione di licenziarlo dal 
mio servizio. In un anno circa che Naccari fu ammalato, ebbe sempre 
il suo intiero stipendio, la casa, 1’ orto, il sale, più un ettolitro di grano 
al mese, ciò che insieme a quanto era stato fatto per lui, duveva far 
supporre un po’ di riconoscenza ed un po’ di buona volontà. Ma la 


— 773 — 
riconoscenza non è una virtù nera | E come la sua malattia gli per- 
metteva di andare ad Entotto, negli Adà, e dove a lui pareva, doveva 
fargli anche pensare a chi lo pagava e a chi gli dava da mangiare. In 
un anno non ha fatto nulla, anzi ha fatto qualche cosa: ha .cioè di- 
sposto di un mulo che apparteneva al signor dott. Ragazzi. Cominciai 
per ammonirlo, gli sospesi poi lo stipendio, finchè da ultimo, per il suo 
orgoglio e per la sua arroganza, dovetti finire per metterlo alla porta. 
Col più profondo rispetto ho l'onore di segnarmi della S. V. Il- 
lustrissima 
Obb.mo Dev.mo 
Dott. L. TRAVERSI. 


B. — DUE ESCURSIONI NEL DEMBELAS 
(con 12 disegni ed una Carta (1)). 
1) Relazione del colonnello C. ArracHni. 


Il Dembelas è quella parte settentrionale dell'altopiano abissino che - 
è compresa dalla curva che fa il Mareb nel primo tratto del suo corso, 
e precisamente fin dove si chiama Mareb; più sotto, oltre Mai Daro, 
dove passa la strada che da Adua per Axum va a Cassala, questo fiume 
muta nome: si chiama Sona, e poi Chor el Gash dove passa per Cas-: 
sala, fin là dove si getta nell’Atbara. Il Mareb ha le sue sorgenti in. 
una amena valletta presso Ad Ghebrai; di lì, tagliando le vie che dal- 
l’Asmara vanno per Godofellassi ad Adua, volge a levante per 25 chi- 
lometri circa, scende quindi per roo chilometri verso S., fin dove, sotto . 
Gundet, tornando a tagliare la stessa via, volge verso ponente e al- 
quanto verso settentrione per altri 150 chilometri fino a Mai Daro.. 
Di lì fino alle sorgenti del Mareb, in linea retta, ci sono altri 100 chi- 
lometri circa, sicchè la regione è abbastanza estesa, comprendendosi in 
un triangolo quasi rettangolo i cui cateti misurano 100 e 125 chilo- 
metri e 150 l’ipotenusa. A settentrione ha l’Amasen, ultima punta del- 
l’Abissinia verso Keren, oltre il Mareb a levante c'è l’Oculecusai, 
quindi l’Agamé, a mezzodi lo Scirè, l’Adiabò. Tra le sorgenti del Mareb 
e Mai Daro, dove si aprono la via gli affluenti del Barca, stanno oltre 
il Dembelas le popolazioni dei Beni Amer, dei Baria. La parte più 


(1) La Carta sarà pubblicata nel prossimo fascicolo insieme cogli appunti del 
cap. St. Hidalgo. 


| —_ 71794 —. 

elevata del Dembelas si trova verso levante e-si chiama Sarae, la sua 
punta più meridionale, avvolta tra il giro del Mareb e l’Obel, si chiama 
Co-hain. . 

_ Le parti più elevate si trovano verso settentrione, e giungono a 
2,000 metri di altitudine. Si mantengono fino a 1,800 circa presso Gundet; 
verso ponente i monti più elevati salgono a 1,500 metri circa, le bas- 
sure a 1,000. È in complesso un altopiano frastagliato così che appare 
montuoso. Durante la spedizione di Adua, nel gennajo, fu percorso nella 
sua parte più orientale; nelle due spedizioni dell'aprile, maggio e giugno, 
a protezione dei Beni Amer minacciati dalle razzie di Ilma, fu per- 
corso diagonalmente dall’Asmara a Mai Daro. 

Clima. — Il clima del Dembelas è mitissimo; nel gennajo e nel 
febbrajo, secco e sereno, presentava solo una notevole differenza tra la 
temperatura notturna, che scendeva talvolta assai presso allo zero, e 
quella delle ore meridiane che saliva presso a venti. Il 15 gennajo alle 
ore 4 del mattino, partendo da Debarroa, si formavano i diaccioli ai 
baffi. Sugli ultimi di febbrajo prima del levar del sole si notavano vere 
brinate nei piani tra Debarroa e l’Asmara. Nelle ore meridiane si ave- 
vano fin 25 gradi al passo del Mareb sotto Gundet, in fin di gennajo, 
se ne avevano 23 a Godofellassi il 5 di febbrajo. In giugno a Mai Am- 
bessa, a Mailam si avevano 25 e anche 27 gradi centigradi nelle ore 
calde, e nella notte si scendeva a 15° e 20°. Sulle cime del M. Tucul 
e dell’Aresa negli stessi giorni si oscillava tra una minima di 12° e una 
massima di 17° C.. La temperatura in genere mutava rapidamente colle 
altitudini e mentre si soffocava nella bassura, dopo un ora di salita si 
trovava il fresco, la nebbia. 

Sulla metà di maggio il clima era sensibilmente secco, ma più 
avanti, e scendendo verso il centro lo trovammo più umido; i bassi piani 
di Mai Ambessa, di Mailam, di Debenti erano afosi, le vette nebbiose; 
le pioggie nel maggio erano rade, impetuose, brevi, temporalesche : in 
giugno, più presso al Mareb, le trovammo più frequenti e prolungate ; 
c'erano giornate coperte, si risentiva l'umidità diffusa. Le prime pioggie 
temporalesche formavano piene torbide, potenti, subitanee, brevi. Un 
greto asciutto, ove non si trovava acqua che scavando, aveva a un 
tratto uno e anche due metri di piena. Nella notte del 18 di maggio, 
a Mufar Calati, annegarono così 19 muli della batteria Michelini, che si 
trovavano nel greto. Ma erano piene che duravano poco, talvolta poco 
più di un’ ora. Dodici ore dopo bisognava scavare ancora per trovare 
acqua. Le pioggie erano manifestamente determinate da correnti d’ aria 
calda e umida, provenienti da levante, che si stendevano negli strati più 


— 775 — 
alti dell'atmosfera, mentre più basso presso al suolo si sentivano avan- 
zare in direzione opposta, come per richiamo, correnti di aria fresca. 
Nell'inverno questo succedeva a Ghinda, sulla discesa tra l’Asmara e 
aati; dall'Asmara si vedevano dense le nubi presentarsi al ciglio del- 
l'altopiano, ma non venivan più avanti, si scioglievano prima. 

L'umidità dell'atmosfera si rendeva talora visibile sotto forma d'una 
nebbietta fine, trasparente, azzurrina, che aumentava gli effetti della pro- 
spettiva aerea facendo apparire più lontani i monti circostanti; questo 
fenomeno notai più volte a Metrat, al N. di Mai Ambessa e sopra ai 
Monti Tucul. Comunque sia però l'umidità non guastava la salubrità del 
. Clima e nelle truppe non s’ebbero a notare febbri malariche. Gli Abissini 
però mostravano temer molto le vicinanze del Mareb, come luogo di 
febbri, e le scongiuravano a modo loro battendo le palme con un certo 
ritmo tutti insieme. . 

Forme del suolo. — Quanto alle forme del suolo esse presentano 
quei caratteri speciali che derivano dalla caratteristica generale dell’al- 
topiano abissino: la forma a terrazzi colle loro derivazioni. 

Nella parte più elevata presso all’Asmara, lungo la linea Debar- 
roa-Godofellassi-Adigana, si trovano estesi tratti pianeggianti, sui quali 
appena sistaccano qua e là i profili ad améa di qualche terrazzo antico, 
soprastante all'attuale (fig. 1, 2, 3); verso oriente si vedono le cime 
più tondeggianti dei colli che orlano il ciglio dell'altopiano (fig. 4). In 


Fia. 1% 


Fic. 2* 


Fic. 3* 





Fic. 4° 


qualche punto sorgono dal suolo rupi di quarzo bianco amorfo o roseo, 
che in dicchi frequenti riempie le spaccature; qua e là si nota qualche 
conca leggiera, spesso senza uscita, che in tempo di pioggia si muta in 
pantano o in lago, e talora anche si osservano dei veri sprofondamenti 
del suolo su tratti estesi con ripe scoscese, poco profonde. 

Da quella regione per balze di notevole estensione, di pendio ri- 
pido come quella di Sciket, come quella per cui dalle sorgenti del 
Mareb si scende a Mai Scimbabi, si passa alla regione media. Qui il 
terreno si ta più rotto; è un intreccio continuo di gruppi di amde che 


— 776 — 
però non costituiscono catene, come pure sembrerebbe talora a chi 
guarda dal basso, specialmente se guarda su ai ciglioni. Qui le vette 
delle ame cominciano a farsi più ristrette e arieggiano il picco (fig. 5). Più 
sotto, la crosta primitiva dell'altopiano scompare del tutto (fig. 6), le vette 


S.TYVT_=— NN ARN 
Fis. 6* Fic. 5* 


si fanno tondeggianti, o a piani leggermente ondulati come ai Monti Tucul | 
Più sotto ancora, verso mezzodi, o meglio verso ponente, le alture si abbase 
Sano, appajono isolate e si trovano anche dei terrazzi d’alluvioni recenti» 
Lungo il suo margine orientale, l'altopiano mantenendosi elevato, la discesa 
al Mareb si fa più ripida, erta, come al ciglione imponente di Gundet, co. 
ronato di neri basalti. 





Fic. 7° — Ji ciglione di Gundet. 


Nella regione media si notano ancora qua e là certe rupi erte che 
sorgono a picco, elevate in forme strane, talora isolate come il dente di 
Debendrias, talora raggruppate come le rupi di Heret. 

In armonia con questi gruppi di ambe, che quì dunque costitui- 
scono i monti, si modellano i bassipiani interposti; conche spesso iso- 
late, specie nella parte elevata, estese zone arieggianti la vallata nella 
prima parte della regione media, ma che si risolvono spesso in ampî 
gradini. I piani elevati, i piani medî si trovano talvolta anche profon- 
damente solcati da qualche torrente, angusto talora e quasi sotterraneo 
come all’Asmara, o semplicemente profondamente incassato quasi in un 
caficn come a Mai Scimbabi, sotto Debendrias, a Heret presso alle rupi- 


_ 777 — 
Nel centro del Dembelas i piani interposti si fan più ristretti; i letti 
dei torrenti presentano a nudo i massi del fondo in granito o in quarzo. 





Fic. 83 — Vetta del Debendrias. 


Più sotto cominciano a disegnarsi delle vere vallate, talora con letti di 
torrente estesi o appena incassati nei recenti terrazzi d'alluvione. 
Acque. — Il sistema delle acque però in queste regioni ha sempre 
un che di caratteristico, improntato a quello generale dell'altopiano abis- 
sino e che si rileva fin nei piccoli rivi, nei laghetti estivi dell'Asmara. 
La corrente principale per la quale l’acqua da un bacino si scarica nel 
sottoposto, non è quella della superficie del suolo. I laghetti spesso non 
hanno scaricatore alcuno apparente; i ruscelletti par che vogliano evi- 
tare di mostrarsi alla superficie del suolo, che cercano di rispettare il 
più che possono scorrendogli sotto, presentando così interruzioni molte 
e talora ponti naturali. Quando gonfiano, scorrono veloci e torbidi ga- 
loppando e saltando sulle strane ineguaglianze del fondo. Le conche dopo 
forti pioggie formano laghi, che in apparenza si scaricano per certi bur- 
roni ove l’acqua scorre sulla roccia viva, come a Saati, a Nocaldimai, 
a Sesfà Ganzai, come il Mareb sotto Gundet; ma in realtà il più del- 
l'acqua si scarica per vie sotterranee che la conducono spesso in tutto 
altre correnti, che non in quelle dove vanno le acque superficiali. 
Questo spiega ancora come in taluni luoghi nei letti dei torrenti non 
si trova acqua pur scavando per tre o quattro metri, benchè sì sia solo 
a due o tre chilometri sotto a un punto dove l’acqua perennemente 
affiora, come a Mailam; di lì il fatto che talora si veda l’acqua zam- 
pillare fra i sassi da una pozza a un'altra vicina sottoposta, donde poi 
l'acqua non mostra uscita alcuna, come a Nocaldimai, a Sesfà Ganzai, al 
Mareb sotto Gundet. Questo fatto troverebbe spiegazione nella ipotesi sug- 
geritami dal professore ing. Baldacci: che certi burroni, cioè certi ruscelli, 
come quelli dell’ Asmara, non sieno altro che profondi crepacci non 


interamente e non ugualmente riempiti, e dove alla superficie non scorre 
quindi che l’acqua che non fa a tempo a colare pel fondo. Tutto ciò si 
capisce anche meglio esaminando la natura geologica del suolo. 


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Geologia. — Alla superficie dei terrazzi abissini 
nei tratti più elevati, per molti chilometri di esten- 
sione, si vede il suolo costituito di basalti neri, ora 
compatti, ora spezzati, sbrecciati, frantumati, talora 
anche polverizzati, alternati con strati di lava, di 
trachiti, tutta roba del vulcanesimo quaternario che 
si rivela in tante parti del continente africano. 
Queste materie vulcaniche si stesero sopra strati di 
argilla, schisti soprastanti a micaschisti ; il fondo risulta 
di graniti, e più sotto di quarzo. Gli agenti vulcanici, 
a quanto parrebbe, metamorfizzando gli argillo-schisti 
produssero quella roccia speciale rossastra, rosea, gialla, 
o mista di bianco e 
di giallo e di rosso, 
che sì nota immediata- 
mente sotto agli strati - 
di basalto all’ Asmara, © 
a Debarroa, all’Aresa, 
sulla via da Gura al- 


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l’Asmara, Questa roc: | i bi le 
cia sotto varie forme, ,, ib A 
talora compatta, fer- 4 ° fis Sue > 
rigna o marmorea, È Vee 3 a 
talora friabile come 3 Li; i È 
terra, o a noduli di aes a= = 
varia densità, simostra È © fen 4 
costituita di «argilla, 3 ai RIPRESE 3 
talora purissima, bian- ; Ge i i 
ca come caolino, di eo fk 
limonite, talora ferri- ’ 


gna compatta come 
scoria d'alto forno, ta- 
lora appena colorante in giallo o in rosso sanguigno, 
come all’ Aresa le argille. Il gwarso pure entra a 
far parte di questa roccia, talora in filoni, amorfo 
bianco o roseo, talora intimamente combinato. colla 
pasta cui dà solidità marmorea, frattura regolare e 


e e “ _ __— = 





— 779 — 

talora fibrosa, lucente così da imitare la carne macellata. Il guarso si 
vede in massi potenti, azzurri, nereggianti, verdeggianti, cilestrini nei 
letti dei torrenti a Mufar Calati, a Sesfà Ganzai; il granito, or gri- 
gio ora roseo, a grana fitta o compatta e talora a grana grossa e disgre- 
gata, lo si vede in massi tondeggianti alla discesa di Gundet, nel 
letto del Mareb, sotto Gundet, a Nocaldimai, presso all’Aresa verso 
Mai Mafallis. Lo schisto micaceo lo si trova sulla via da Nocaldimai 
a Mufar Calati, sui Monti Tucul. Sopra al suolo poi in forma di 
rottami, di breccia, di frantumi si può trovare quasi dovunque dei 
pezzi di basalto e di quarzo bianco amorfo, l'uno avanzo della crosta 
primitiva, l’altro come detrito dei dicchi, dei filoni che quasi do- 
vunque si trovano. Questa serie di strati diversi, generalmente oriz- 
zontali, deve aver subìto inoltre, in epoche successive, spaccature e sol- 
levamenti e nuove stratificazioni di lave e di basalti, onde si coronano 
i picchi a gradinata delle regioni elevate. L’ alternarsi così di roccie 
compatte, basalti e quarzi, talora salde, talora screpacciate, con roccie 
più logorabili, come gli schisti, le arenarie, le argille, che sono anche 
impermeabili, spiegano il formarsi delle cavità sotterranee, le vie sot- 
terranee per cui le acque si sfogano, le conche isolate, le forme strane 
delle embe e le rupi più strane ancora sopra accennate, prodotte pro- 
babilmente o da estesi tratti della crosta compatta caduta su un {lato 
per effetto dello sfondarsi d' una cavità sottoposta, o dalle vette delle 
antiche montagne rimesse a nudo, o da dicchi di roccie compatte ri- 
masti in piedi dopo la rovina delle roccie parietali. In tutto questo 
tratto, come nell’ Asmara, il calcare manca assolutamente; più sotto lo 
si trova presso Ghinda, presso Moncullo in forma stalattitica, forse 
avanzi di antichi geysser, attraverso ai quali i gas, i vapori vulcanici 
sotterranei ricacciavano le acque, talora salmastre, che vi pervenivano 
impregnate di calce nell’attraversare i banchi madreporici e i depositi 
conchigliferi che ancora si incontrano su molti punti delle colline lito- 
ranee. Le acque calde di Ailet sembrano gli ultimi avanzi di’ questi 
fenomeni. . 

Flora. — La vegetazione nel Dembelas può dirsi abbondante, come 
difatti deve avvenire in tali condizioni di suolo e di clima. Certo nem- 
meno nei tratti più umidi, più caldi non si vedeva alcuna di quelle 
forme così dette tropicali a cui ci hanno avvezzato gli illustratori di 
viaggi; nemmeno si trovarono boschi folti, ma dapertutto il verde bril- 
lante della vegetazione nascente, il giallo fulvo delle erbe secche. Nella 
parte più elevata la vegetazione arborea scarseggia : appena il suolo è 
coperto di poche graminacee, di cardi, di cespugli di salvie, appena 


— 780 — 

qua e là sulla vetta dei colli qualche sicomoro isolato segnala la pre- 
senza d'un villaggio ; subito però che si scende, i cespugli di rose, di 
rododendri si fanno più frequenti e comincia l'ulivo selvatico che più 
sotto coprirà estese regioni. Qui i sicomori si fanno più frequenti, più 
ampi, le acacie sotto varie specie rendon soavi e insieme spinosi i sen- 
tieri; ai cespugli di rose selvatiche si uniscono pure cespugli di gelso- 
mini. Già su pei pendii delle prime balze i colgual spesseggiano e 
formano quasi dei boschi. Più sotto, al centro del Dembelas, cominciano 
a mostrarsi i 220845 che raggiungono dimensioni colossali, pur non for- 
mando mai da sè soli dei boschi. Nelle regioni più basse la vegeta- 
zione si fa più folta e rigogliosa, le sponde dei fiumi presentano ce- 
spugli di gigliacee, varie specie di canne, le acacie si fanro arboree, 
folte ; i tamarindi, le cassie abbelliscono e rinfrescano colle loro ombre 
le sabbie che in certe ore riverberano un calore non sempre soppor- 
tabile. Più abbasso ancora, nei piani di Dibenti, la palma compare e 
forma dei boschi. Ai piani di Mai Scimbabi, poco sotto le sorgenti del 
Mareb, se ne ammira una sentinella avanzata. Sulle falde meridionali 
del Monte Tucul, presso le valle detta Mai Uoino (acqua dell’ uva), 
trovai la vite, avanzo forse di antiche vigne abbandonate. 

Fauna. — Dalle tracce la regione apparve frequentata dalle grosse 
fiere e dagli elefanti pure. Tracce recenti e numerose di questi si trova- 
rono a Mailam; ma però lungo il nostro cammino, forse a cagione appunto 
della massa di armati, la selvaggina grossa o piccola scarseggiava assai. 
Le jene stesse, gli sciacalli non si facevan vedere e di rado se ne 
udiva l’urlo nella notte. Però a Tncul, in una capanna, trovammo un 
misero giovane indigeno, profondamente morsicato da una jena alla nuca. 
Qualche volta qua e là si vedevano saltare delle gazzelle, dei die-die, 
dei sezsà che colle faraone e coi francolini fornivano alle mense un 
po’ di carne fresca; ma non ce n’ era tuttii giorni. Fra i volatili, oltre 
i gallinacei sopra notati, c’ erano alcune specie di tortore, dei serpen- 
tari, dei tucani, dei pappagalli a vari colori. Quando si giunse a Mai 
Metemmeh |’ avanguardia credette aver veduti coccodrilli che si rifu- 
giarono in certi buchi del suolo, donde non si poterono scovare: forse 
erano vorani.. Veri coccodrilli però si trovarono al passo del Mareb 
sotto Gundet alla fine di gennajo. A Sesfà Ganzai la marcia di notte fu 
accompagnata prima dal trillo metallico di certe raganelle verdi e poi 
dal canto strano, quasi umano, di certi rospi che abitavano le pozze di 
quel torrente : vero canto di gnomi. Pei boschi si trovarono anche delle 
grosse testuggini, e presso Heret fu ucciso un serpente boa di m. 2,30 di 
lunghezza. Fuori di questo caso però assai di rado si videro serpenti. 





— 78: — 


Appena si scende dalle più elevate balze dell’altopiano si comin- 


ciano a trovare i nidi di termiti, frequenti più avanti nella regione 


OH sp dns 24 97 — Ql DIL 


media. Nembi di cavallette passarono 
mentre si era a Mai Ambessa sugli ul- 
timi di maggio; nei co/gual dei tetti, a 
Godofellassi, nidificavano sciami di grossi 
calabroni, che gli abitanti lasciavano stare, 
perchè inoffensivi se non attaccati : sui 
Monti Tucul i tetti invece degli abituri 
abbandonati albergavano sciami di co- 
leotteri grossi, bruni, lucenti, dalle ali az- 
zurre, simili alle nostre melolonte e sem- 
pre inoffensivi. Per quei muri umidi 
s'aggiravano però anche gli scorpioni 
africani lunghi quattro o cinque centi- 
metri; tra le erbe presso Heret si 
trovava assai di frequente il julo, le 
cui spoglie ad anelli cornei, circolari si 
trovano del resto quasi dovunque. Le 
. lumache in genere. scarseggiano; poche 
assai e meschine, della specie elica ne- 
morense, dal guscio più corneo che cal- 
careo, trovai presso all’ Asmara, E dove 
difatti troverebbero quegli animali la 
calce necessaria a costituirsi il guscio? 


Da tutto quanto sopra si è detto 
risulta che la regione in complesso è 
abitabile, anzi il suo clima è sanissimo 
non solo, ma mitissimo, anche in con- 
fronto ai migliori climi europei. Solo si 
potrebbe desiderare una più abbondante, 
regolare e sicura distribuzione delle 
acque ; osservazioni più accurate di 
quelle che si poterono fare, e condotte 
durante un anno almeno, potrebbero 

. del resto metterci in grado di risolvere 
anche questa difficoltà. Della abitabilità 


della regione ci fanno fede del resto i ‘molti villaggi che vi si trovano 
in ogni parte. Ben è vero però che attualmente una gran parte di 


— 782 — 

essi, tutti quelli della zona occidentale e verso Mai Daro sono abban- 
donati ed arsi; tutto quel tratto è ora completamente deserto, ma questo 
non a cagione delle condizioni naturali che invitarono anzi gli uomini 
a costruirli, ma bensì a cagione delle grandi e continuate razzie che 
dallo Sciré Ras Alula, Barambaras Cafel e suo figlio da diversi anni 
vanno commettendo su quella regione. Presso Debendrias, intorno a 
Mai Ambessa, si trovano villaggi abbandonati; sul Monte Tucul ve 
ne sono ben sette, vicini .fra loro, ben costrutti e recentemente ab- 
bandonati. Il Co-hain, l’ Aresa, il Sarae, le vicinanze dell’Asmara sono 
ancora abitate, ma malsicure; la vicinanza delle nostre truppe, i varî 
presidi sparsi lungo la linea Debarroa-Adiganà affidano appena gli in- 
digeni a trattenervisi, a coltivare le terre. L’ abitabilità dunque di questa 
regione è questione politiea, non di condizioni naturali. 

Le comunicazioni, per le condizioni speciali del suolo, si svolgono 
facili, piane, larghe attraverso alle regioni elevate sull’ altopiano lungo 
la dorsale Debarroa-Adiganà, solo difficoltate in alcuni punti da gravi 
discese come quelle di Sciket, quella dalle sorgenti del Mareb a 
Mai Scimbabi, quella di Gundet. Uno studio però più accurato del 
terreno potrebhe indicare dei tracciati più comodi, come già si è 
fatto allo Sciket (1). Nelle regioni più basse trovano le comunicazioni 
modo di svolgersi pure abbastanza comodamente lungo i greti delle 
vallate, ove però talora le sabbie moventi rendono faticoso il cam- 
mino. Nella regione media invece rotti essendo gli altipiani e ter- 
razzi, e le vallate non essendo ancora formate, le vie sono ridotte a 
sentieri in continua salita e discesa sopra fianchi sassosi, ‘tra boschi 
spinosi che logorano presto ogni calzatura, ogai vestiario. Traverso a 
questi sentieri si ha luogo d’ ammirare la solidità e la sicurezza di 
passo dei muletti e dei cavalli abissini, unico e vero mezzo di trasporto 
a traverso a quei luoghi, assai migliore anche dei portatori indigeni, pur 
tanto apprezzabili come resistenza, ma disordinati troppo. 

Così ho trovato il Dembelas, regione finora inesplorata, indicata 
sulle carte come paludosa; quanto a ciò che potrebbe diventare in 
processo di anni sotto l’ azione della civiltà, lo si può dedurre dalle 
condizioni naturali sopra notate. Per un prospero avvenire prima con- 
dizione necessaria è la sicurezza, che la politica esterna e la interna 
devono procurarle, il che non è facile trovandosi il Dembelas sulla 
frontiera tra popoli avvezzi a vivere di razzie, governati da Capi mal 


(1) Come si trova pure a Gundet, se si segue la così detta strada del Negus 
che passa più a levante. 








— 783 — 
% soggetti, indipendenti parecchi, variabili tutti. Le ambe, simili agli oppidi 
dei Galli, potrebbero offrire agli abitanti dei luoghi di rifugio abbastanza 
sicuri, specie contro nemici privi di 
artiglierie, quando vi- si érigessero 
fattorie e si avessero coltivatori ar- 
mati, risoluti e soccorsi mobili non 
troppo lontani. 

Del rimanente, il meglio che 
offre la regione è il clima mite e il 
suolo coltivabile anche a vigna. La 
t scarsità della calce vi renderà però 
i sempre difficili le costruzioni, come 

già si nota nell’ Asmara. Il mine- 
n rale di ferro, a cui sopra accennai, 
e che potrebbe dare il so °/, di 
prodotto non fa bisogno di cercarlo 
fin là; quando si credesse di uti. 
lizzarlo, lo si prenderebbe sul “ciglio 
dell’ altopiano, a Bet-Maca presso i 
Asmara, sulla via di Gura: nelle val- 
late sottoposte dell’ Alighedé vi si 
trova anche il combustibile pei forni. 

Il Dembelas dunque in com. 
plesso non sarebbe che una regione 
amena ed agricola, press’ a poco 
come le valli di Ghinda, le vicinanze 
di Keren e di Gura che per ora sono 
più che sufficienti ai primi progetti 
di colonizzazione nostra. Nel Dem- 
belas, migliorando le condizioni di 
sicurezza, si potrebbe attirarvi dei 
lavoratori, ripopolarlo e prepararlo 
così quandochessia agli ulteriori passi 
della civiltà italiana. 





moon oo 
Asmara 


Gundet 


Fic, 12% — Carattere generale del Dembelas 


Mared 


(continua). 





— 784 — 


c. — STUDIO ETNOGRAFICO SULLA POPOLAZIONE DEL CAUCASO 


del dott. ARTURO WOLYNSKI. 


Generalmente quasi tutte le pubblicazioni, che s'incontrano nella 
stampa periodica, nelle descrizioni del Caucaso ed anche nelle opere 
scientifiche, sono piene di errori ed inesattezze, perchè i loro autori non 
consultarono i lavori della Sesione cawcasiana della Imperiale Società 
Geografica di Russia e del Comitato della Statistica del Caucaso. In que 
sto genere di studi, il primo lavoro fatto con criterì scientifici, basato 
sulla classificazione etnologica. dei popoli del Caucaso e perciò degno di 
considerazione degli specialisti, è quello di N. R. Zeidlitz: 7'avola della po 
polazione del Caucaso secondo le varie nasionalità, che nel 1880 fu pubblicata 
nel VII volume della Raccolta delle notizie sul Caucaso (Sbornik sviedienti 
o Kavkasie). Ma anche qui siamo lungi dalla perfezione ed esattezza 
desiderate, perchè i dati statistici raccolti nel 1870 presentano molte 
lacune e mancanze, che non potranno essere corrette e completate 
che in seguito a nuovi studi statistici e etnologici, che non si otten 
gono che col perfezionamento dell’ amministrazione locale e col progresso 
della filologia caucasiana. Questo lungo e difficile lavoro intraprese L. 
P. Zagòrski (Zagurschi), il quale non si limita a riassumere i risultati 
già ottenuti dalla Società Geografica e dal Comitato della Statistica del 
Caucaso, ma coni propri studî e ricerche si sforza di soddisfare s tutti 
i postulati e a tutte le esigenze della scienza moderna. Egli particolar 
mente si occupa delle popolazioni del Daghestan ed in attesa dei de- 
finitivi risultati delle sue ricerche, accordò il permesso alla Redazione 
del Calendario del Caucaso per l'anno 1888 di pubblicare il sunto del 
suo lavoro. La parte etnografica e statistica di questo sunto costituisce la 
base del presente articolo, nel quale abbiamo cercato di rendere la 
fonica russa coll’ortografia italiana e perciò molti nomi finora letteral- 
mente copiati dagli autori tedeschi, inglesi e francesi sono scritti in 
modo un poco differente. 

Cogliamo questa occasione per esprimere la nostra persuasione, che 
non ostante i lodevoli sforzi del Zagòrski (1) passer? " 


(1) Oltre il Zagòrski, diversi altri Polacchi coi loro 
grandi servigi alla scienza e particolarmente alla geografia 
Centrale. Essi sono Sesmorwski, Bogdanowics (Bogdanovich 
(Incevschi), 2, Xowalewski, il quale con £. Marcov il 25 ago 
ascensione sulla cima dell'Ararat, alto 5156 metri, ed il capit 


— 785 — 

prima che si possa avere una esatta statistica della popolazione cauca- 
siana: 1° perchè non accenna a cambiare il funesto sistema di compilare 
le statistiche piuttosto secondo le esigenze della politica che secondo 
i criterì della scienza moderna, allo scopo di ricercare e afferrare la 
verità; 2° perchè, fatta eccezione di pochi centri, dove l’amministra- 
zione civile funziona discretamente, il resto del paese ne è privo com- 
pletamente ed è governato dai capi delle milizie, per cui mancano i 
mezzi di fare un regolare e sistematico censimento della ' popolazione ; 
3° perchè le popolazioni indigene, uscite appena dalla barbarie, non hanno 
I° esatta conoscenza di sè stesse, per cui danno le più strane e fanta- 
stiche informazioni intorno al loro passato, la loro lingua ed i loro 
costumi e spesso appositamente nascondono la verità per timore di essere 
assoggettate alle tasse ed al servizio nell’ armata, quando il Governo 
sapesse il vero stato delle cose ed il numero delle lora famiglie e 
delle loro tribù; 4° perchè mancano gli esperti scienziati, che possano 
con la necessaria competenza studiare, esaminare e paragonare tra loro 
i molti dialetti di tante lingue e pronunziare un sobrio, -illuminato e 
fondato giudizio. 

Il centro e la parte occidentale del Caucaso sono occupati da 
genti, che non hanno nulla di comune con altri popoli conosciuti finora; 
e siccome esse non s'incontrano in altri luoghi, fuorchè i pochi rappre- 
sentanti nell’ Asia Turca, non si possono prendere in considerazione. 
Le loro lingue non mostrano alcuna analogia e parentela colle lingue 
di altri popoli della stessa razza, come già osservò Federico Muller, chia- 
mandoli ssoZirte Volker, per cui si dovrebbero chiamare popoli propria- 
mente Caucasiani. 

Questi popoli si dividono in tre gruppi: cartveliano o tverschiano, dei 
montanari occidentali e dei montanari orientali, e sono circondati al nord, 
oriente e mezzogiorno da popoli di razza bianca, o mongolica. Dopo 
che i Russi stabilirono il loro dominio nel Caucaso, vennero a fissarvi 
la loro dimora i rappresentanti di quasi tutte le nazioni dell’ Europa, in 
numero però poco rilevante. Ecco il quadro statistico, che rappresenta 


. la popolazione attuale del Caucaso: 


cevschi) continuatore delle spedizioni scientifiche al Tibet del suo compianto maestro, 
il Generale Prsewalski (Prscevalschi) morto improvvisamente il 1° novembre 1888 a 
Caracul, sulle rive del Lago Issik, che per otdine dello stesso Csar sarà d'ora innanzi 
chiamato Prsewalsk (Prscevalsk) per onorare la memoria del defunto. 


4) RAZZA BIANCA 
I. — FAMIGLIA INDO-EUROPEA, O ARIANA, 
1) Sfirfe slava. 


a) I Russi costituiscono la maggioranza della popolazione del Caucaso 
settentrionale, ed abitano particolarmente nella provincia di Cuban 
(1,087,000) nel Governo di Stavropol (circa 500,000) e nella provin- 
cia di Terek (circa 222,000, che formano quasi un terzo degli abitanti). 
Nel Caucaso meridionale essì sì trovano solamente nelle città e nei grandi 
centri amministrativi e militari (colonie penali-militari) ed il loro numero 
ammonta a 115,000. Il totale della popolazione russa nel Caucaso è di 
1,925,000. Avvertiamo però che qui il nome di Russ? non è etnogra- 
fico, ma politico, perchè vi sono compresi: 1° i Moscoviti o Velico- 
Russi; 2° i Malo-Russi; 3° i Bielo-Russi; 4° tutti quelli che apparten- 
gono alla chiesa ortodossa, oppure sono considerati dal Governo come 
membri di essa; 5° tutti quelli che servono nell’armata e nell’amministra- 
zione governativa; 6° tutti quelli che sono nati in Russia e parlano, o 
piuttosto, conoscono la lingua russa. 

b) I Polacchi non costituiscono colonie speciali, ma sono dispersi in 
tutto il paese ed il loro numero sarà appena di qualche migliajo (1). 

c) I Boemi o Cechi da poco tempo a questa parte incominciarono a 
colonizzare le terre del Mar Nero e finora sono in pochissimo numero. 

d) I rappresentanti di altre nazionalità slave sono talmente in nu- 
mero scarso, che non conviene di occuparsi di loro (2). 


2) Stirpe lituana. 
I Lifuani si trovano nel Caucaso in pochissimo numero (2). 


(1) Veramente pochi sono i Polacchi, che si stabiliscono nel Caucaso per affari 
commerciali od industriali; ma ve ne sono molti, che servono nell’amministrazione ci- 
vile e nell'esercito e moltissimi condannati a scontare la loro pena nei battaglioni di 
disciplina, coi quali il Governo ha conquistato il Caucaso. Ma la statistica ufficiale 
passa sotto silenzio non solo i Polacchi, ma anche i Lifuani, Bielo-Russi o Ru- 
tini Lituani e Ruteni di Ucrania, Volinia e Podolia ossia Piccoli Russi (Malo 
Russi), 

(2) Non bisogna meravigliarsi, se l’autore non si cura di conoscere il numero 
dei Lituani, Boemi ed altri popoli slavi, mentre sa con tutta precisione che gli As# 
ascendono a 1,400 uomini, i Last a 2,000, i Kistini a 3,000, gli Afseri e Caldei a 
3,000, gli Agxli a 5,500 ecc., perchè di queste contraddizioni e mancanze se ne tro- 
vano di frequente nelle statistiche ufficiali in Russia. 





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3) Stirpe germanica. 


I Tedeschi sono quasi unici rappresentanti di questa stirpe, e le loro 
colonie, che si trovano nel Caucaso settentrionale e meridionale, ascen- 


dono a 21,000 anime (1). 


4) Stirpe latina. 


Ad essa appartengono i Valacchi, ossia Rumeni, Francesi ed Ita- 
liani. Nel distretto del Mar Nero (2) le colonie rumene contano 1,000 
uomini. 


5) Stirpe pelasga, o greca. 


Le colonie greche si trovano nei Governi di Tiflis e Stavropol, 
nelle provincie del Mar Nero e di Cars. Il numero totale dei Greci 
è 47,000, dei quali 23,000 nella provincia di Cars. 


6) Stirpe frana. 


| a) Gli Osefini od Osety stanno tra i popoli propriamente caucasiani, 
dei quali fra poco parleremo, nel Caucaso settentrionale, cioè: nella re- 
gione di Terek e nella centrale catena del Caucaso, 75,000; nel Go- 
verno di Tiflis, 50,000; e qualche migliajo disperso in altre contrade. Il 
numero totale degli Osefins ascende a 130,000. Nella loro lingua si scor- 
gono le tracce dell’antica lingua irana e ve ne sono due dialetti: sagaurino, 
© propriamente ivano, e digorino. Tre poi sono i rami degli Osefini: 
I° orientale ossia tagaurino (Tagaur) o propriamente érano, occupa il 
medio bacino del Terek ed i suoi affluenti: Fiagdon, Ghizeldon e Ardon; 
II° occidentale o digorino (Digor) sul Fiume Uruch ed i suoi affluenti 
Lesken e Ceghem; III° meridionale o tualsco, abita il versante me- 
ridionale della centrale catena caucasiana e parla un dialetto poco 
differente dall’ irano. 


(1) Ecco i nomi delle colonie tedesche nel Caucaso: Ladovscaja e due colonie 
dei Mennoniti nella regione del Cuban; Slagodatnoje, Novo-Georghievscoje nel Governo 
di Stavropol; Odslnoje, Lisogorscaja, Rostavanovca, Canaan, oltre di ciò nelle città 
di Piatigorsk, Nalcik e Vladicavcas nella regione di Terek; A/artenfeld, Elisabeththal 
Alexandershilf, Katarinenfeld e nella città di Tiflis, nel Governo di Tiflis, Helenenfeld 
e nella città di Elis&vetopol nel Governo dello stesso nome. 

(2) Il distretto del Mar Nero, ossia Cernomorskij Ocrug, è una lunga striscia di 
terra tra i monti ed il Mar Nero, dal Fiume Azafca, sulla riva sinistra del quale sorge 
la città di Anapa, fino al Fiume Hoshu, che divide questo distretto da quello di Su- 
hum-Cale e bagna la fortezza di Gagri. 


— 788 — 

b) I /’ersiani che anticamente esercitavano tanta influenza nel Trans- 
caucaso e particolarmente nella sua parte orientale, oggi costituiscono 
una popolazione poco numerosa, che ammonta appena a 12,000, cioè 
nel Governo di Bacu 6,000, nel Governo di Tiflis e particolarmente 
nella stessa città di Tiflis 2,000, nelle città della provincia di Terek 
(Kislar, Vladicavcaz, Mosdok ed altri) 2,000, e nella regione di Batum 
1,500. Questo numero insignificante fa supporre, che i Persiani stabiliti 
anticamente in queste località si siano tartarizzati, e perciò la statistica 
non dimostra neppur un Persiano nei Governi di Erivan e Elisavetopol 
(Elisabethpol). 

c) I Zati parlano un dialetto, che si rassomiglia molto alla lingua 
persiana moderna, ed abitano principalmente nel Governo di Bacu, cioè 
nei distretti di Bacu 35,000, e di Cuba circa 44,000. Altri 3,000 vi- 
vono nel Daghestan meridionale. In tutto ve ne sono 82,000. 

d) I Taliscintzi o Taliscini parlano un dialetto, che rassomiglia al 
moderno persiano, ma più di altre lingue d’ origine irana conserva le 
tracce della lingua zenda; si trovano nel distretto di Lencoran più 
di 43,000 uomini. 

e) I Curdi hanno un proprio linguaggio, che ha qualche somiglianza 
col persiano moderno, e vivono esclusivamente nel mezzogiorno del Trans- 
caucaso (Zacaveasie), cioè: nei Governi di Erivan 28,000, di Cars 27,000 
e di Elis4vetopol, 15,000 ed un piccolo numero di loro mena la vita nomade 
nella regione di Batum e nel Governo di Tiflis. Il totale della loro po- 
polazione ascende a 72,000. Due sono i dialetti Curdi, il Curmandgi 
ed il Zazà, dei quali il primo è predominante nel Caucaso russo. 


7) Stirpe armena. 


Gli Arment, annoverati prima nel gruppo irano, secondo le ultime in- 
dagini costituiscono un popolo da sè, e parlano una lingua, che secondo 
il prof. C. P. Patcanov occupa il medio posto fra i gruppi irano e 
slavo-lituano e che forse rappresenta un gruppo estinto dei popoli indo- 
europei dell’ Asia Minore. Il loro maggior numero si trova nel Governo 
di Erivan, dove contano 290,000 uomini; il Governo di Elisdvetopol ne 
possiede 200,000 e quello di Tiflis 160,000, di Bacu 25,000, di Cars 
37,000. Gli Armeni poi dispersi nel Caucaso meridionale sono 12,000, 
e nel settentrionale, (particolarmente nelle città di Kislar, Mosdok, Sviatoj- 
Crest (S* Croce), Vladicavcas, Edessia) sono 27,000. Il totale della loro 
popolazione è di 750,000 uomini, dei quali un piccolo numero, che da 
lungo tempo è stabilito nella Grusia (Georgia) ed Imerethia (Imerezia), 





— 789 — 
professa la religione cattolica. Essi si chiamano semplicemente Cattolici 
o Grusini, perchè molti di loro devono essere d'origine grusina; ma per 
chiarire e risolvere scientificamente questa questione, bisognerebbe prima 
eseguire le misure antropologiche e fare minuziose indagini storiche. 


8) Stirpe indu (Indiana). 


I rappresentanti di essa sono gli Zingari, fra i quali una parte è da 
tempo antico stabilita nel paese, ed un’ altra recentemente venuta dalla 
Russia, particolarmente dalla Bessarabia. Finora non si conosce il nu- 
mero di tutti gli Zingari, ma in ogni caso non è rilevante. 


II. — FAMIGLIA SEMITICA, 


a) Ebrei. La maggior parte di essi è stabilita nel paese da lungo 
tempo. Una parte vive nelle montagne del Daghestan e nella regione 
di Terek e parla il dialetto dei Tati, il resto poi, disperso nella Grusia, 
si serve della lingua grusina. Dopo l'occupazione del Caucaso da parte dei 
Russi, cominciarono ad immigrare gli Ebrei dalla Russia, Lituania e 
Polonia, ma il loro numero totale non oltrepassa i 38,000. 

b-c) Ajsori e Caldei. Gli Ajsori vivono in alcuni paesi del Go- 
verno di Erivan, e nella Landa di Cara e in Tiflis, dove vengono pure 
i Caldei per cercare lavoro. In alcune pubblicazioni si parla anche 
degli Arabi, ma Zagòrski nelle sue indagini non ha potuto trovarne al- 
cuna traccia, e perciò non ne fa cenno nel suo lavoro. 


III. — PopPoLI PROPRIAMENTE CAUCASEI. 


1) Gruppo Cartveliano od iverschiano. 


a) La stirpe grusina, o georgina, e giorgina abbraccia i seguenti 
popoli: 

I) Grusini propriamente detti, che vivono nel Governo di Tiflis, 
nella Cartalinia e Cahetia, nel bacino centrale e superiore del Cur. 
(antico Cyrus). Annoverando tra questi anche i cosidetti /aghzlojts:, che 
abitano nel Distretto di Sacataly e professano per la maggior parte l’isla- 
mismo, il loro numero ascenderebbe a circa 310,000. 

II) Grusini montanari, che si trovano nel Governo di Tiflis e compren- 
dono gli Hevsuri, Isciavi e la maggior parte degli abitanti della Zuscethia 
ed ascendono a 20,000 uomini. Il nome della Zusce¢hia non è etnografico, 
propriamente parlando, perchè quattro tribù occupano questa contrada, delle 


@ 

— 790 — 
quali tre sono di origine grusina e la quarta è composta dagli /zorwss, 
che anticamente vennero dalla Aisfefkia e, giusta quanto ne pensa 
lo Schifner, strettamente si unirono agli indigeni. Gli Zzovis per la loro 
origine e la loro lingua appartengono ai Cecensa. 

_ IN) Jmeretintsi, nel Governo di Cutais, che contano 380,000 
uomini. 
IV) Adgiartsi, Cobuletizi ed in generale Grusini, che vivono 
nella regione di Batum e professano l’islamismo, imposto dai Turchi tanto 
a loro, quanto agli abitanti dalla Cartalinia. Essi non superano i 46,000. 

Il totale di tutti i Grwséns supera 755,000 abitanti. 

b) Mingreltsi o Mingreliani, nel Governo di Cutais, che parlano 
una lingua, che si rassomiglia molto a quella dei Grusini, e costituiscono 
una popolazione di 200,000 anime. 

c) Last, che occupanoil distretto di Batum e le spiaggie del Mar Nero 
e costituiscono appena una popolazione di 2,000 abitanti. La maggior parte 
dei Zasî rimase sotto il dominio turco. La loro lingua talmente s' av- 
vicina alla mingreliana, che molti la considerano come dialetto della 
stessa lingua; ma questa asserzione manca finora delle prove scientifiche. 

d) Svanefi, nel Governo di Kutais, che passano 12,000 uomini. 


2) Gruppo dei montanari occidentali. 


a) Abhastzi (Abhasi, Abasi, o Asega). Gli Abhastzi propriamente detti 
vivono nel Circondario di Suhum-Cale in numero di 32,000. Un altro ramo 
degli Adhkastzi, ascendente a 10,000 uomini, vive sotto diversi nomi nella 
regione orientale del Cuban e particolarmente nel Circondario di Batal- 
pascinscaja. Il totale degli Asega ammonta a 42,000. 

b) Circassi od Adighe. La parte principale, sotto il nome di Cadar- 
dinsti o Cabardini, supera i 72,000 uomini, abita nella regione del Terek, 
nella Grande e Piccola Cabarda, nelle pianure del bacino di Malca, e sulla 
riva destra del Terek fino al Fiume Curp. Il Terek separa la Grande 
Cabarda dalla Piccola. Al di là poi gli Adyghke vivono sotto diversi 
nomi nella regione meridionale del Cuban e al N. degli Adasintsi. 
Ecco i loro nomi: Abadzehi circa 16,000, Bzeduhi circa 12,000, Ca- 
bardintzi circa 12,000, Beslenevizi più di 6,000, Sciapsughi circa 2,500. 
Il totale di tutti gli Adighe nella regione del Cuban ascende a circa 
57,000, ed aggiungendovi ancora 1,200 Adighe, dispersi nella regione 
del Mar Nero, si avrà il numero complessivo di 130,000 uomini. Tutti 
parlano la stessa lingua divisa in due dialetti, dei quali si servono i 
Circassi settentrionali e i Circassi meridionali. 


si ii - — oe 


pere —- 





— 791 — 
3) Gruppo dei montanari orsentali. 

a) Cecentsi o Ceci e loro affini per origine e per lingua, così detti 
Kistini o Késty. I Cecentss vivono nella regione del Terek, ad oriente 
degli Osetins, dal Terek ai confini meridionali della regione del Terek, 
da Darial alle sorgenti del Fiume Artash. Questa estensione non è oc- 
cupata esclusivamente dai Cecenfss, perchè tra essi si trovano anche 
1 Cosacchi e Cumyks. 1 Cecentsi si dividono in Cecentsi propriamente 
detti, nel Distretto di Grosnaja, Cecentsi montanari, nel Distretto di Ar- 
gunscoe, Askovizi, nel Distretto di Hasav, ed /cekierintss, nel Distretto di 
Veden. 

Il totale dei Cecenisi, abitanti della regione del Terek, ammonta a 
circa 195,000. A loro affini sono gli Zagusci, che vivono nel Distretto 
di Vladicavcas e nella regione del Terek in numero di 28,000, ed i così 
detti Assfint nella parte settentrionale del Governo di Tiflis, ossia nei 
Distretti di Tiuneti e Duscet, dove ascendono a 3,000 anime. Siccome 
la lingua dei Cecenfss presenta una grande analogia colle lingue dei 
Lesghintzi, Lesghini o Lesghi, perciò essi sono annoverati nel gruppo dei 
montanari orientali. Uslar fece uno studio speciale della lingua dei 
Cecentst. ' 

b) I popoli Zesghini vivono principalmente nel Daghestan, chiamato 
dagli Arabi « Monte delle Lingue » e parlano lingue, che dimostrano la 
loro origine comune. Alcune di queste lingue sono più diffuse, come |’ A4- 
vara, la Darghina, e la Kiurina, perchè anticamente avevano grande im- 
. portanza nel Daghestan; altre lo sono meno, come la Castcumuhana e la 
Tabusarana; ve ne sono poi alcune, che non servono che a qualche mi- 
gliajo d’individui. Gli studî coscienziosi di Uslar e di Schifner dimostra- 
rono, che bisogna porre tra i miti la tradizione antica sulla grande 
quantità delle lingue nel Daghestan. Mercè dunque queste indagini, 
interrotte disgraziatamente colla morte dell’ Uslar, anzi abbandonate 
affatto, sappiamo che vi sono certi idiomi, che non ostante il loro ca- 
rattere lesghino, stanno da sè e costituiscono lingue speciali; che ce ne 
sono altri talmente tra loro analoghi e rassomiglianti, che costituiscono 
gruppi; che finalmente i popoli desghini e cecentsi costituiscono stirpi 
separate e speciali, che non hanno alcuna affinità etnologica con altri 
popoli. Ecco i risultati ottenuti finora dalla scienza. 

I) Il Gruppo degli Avarts? o Avari ed Andijtzi o Andi. In questo 
gruppo tiene il primo posto il popolo più numeroso dei Lesghintsi- Avar- 
#si, la lingua dei quali è dominante e generalmente adoperata nelle re- 
lazioni rispettive nel Daghestan montuoso. Gli Avari vivono per la 


— 792 — 
maggior parte nel Daghestan Centrale ed Occidentale, nei distretti di 
Gunib ed Andi, ed ascendono a 100,000 uomini. Oltre di ciò se ne tro- 
vano nel Distretto di Sacataly 30,000 e nella regione del Terek 12,500. 
Il totale supera i 142,000. 

Il Distretto di Andi si distingue nel Daghestan per la quantità delle 
lingue dei suoi abitanti, divisi nientemeno che in otto tribù, delle quali 
ognuna ha il proprio linguaggio. La più numerosa tribù è quella degli Andijfes, 
o Andi (7,000), poi seguono quelle di Caratints:, Ciamalaltst, Tindaltsi, 
Bagulaltsi, Ahvahtsi, Botlikisi e Godoberintzi in tutto 24,000 (com- 
presi gli Andijfst). Secondo gli studi del Zagòrski le loro lingue hanno 
origine comune colla lingua degli Avarfsi. Nel Distretto di Andi vi- 
vono ancora i Didojfsi ed i loro affini Avarscinizi (in totale 6,000), ma 
non si può asserir nulla di positivo della loro affinità colle tribù 
sopra dette. 

II) Gruppo dei Darghintzi. I popoli di questo gruppo occupano 
principalmente la parte orientale del Daghestan e parlano lingue 
tanto rassomiglianti tra loro, che si possono chiamare dialetti della 
stessa lingua. Il nome dei Darghintsi o Darghiani è piuttosto politico che 
etnografico, e proviene dalla parola dargua, che significa unione, con- 
federazione dei popoli liberi per comune difesa. La Confederazione più 
importante nel Daghestan settentrionale fu anticamente quella di Acuscia, 
chiamata dei suoi vicini Cumski darghiliar, onde i Russi diedero ai popoli 
alleati il nome di ZDargkintfsi, esteso pol a tutti i montanari affini 
per lingua agli Acuscia-Dargua, Le lingue darghiane si dividono in 
tre gruppi: Acuscino, nel Distretto di Darghin nel Daghestan set- 
tentrionale ; Hajdakino, nel Distretto di Caita-Tabasar nel Daghestan 
meridionale; e Vurcyno nel Daghestan centrale. A quest'ultimo bisogna 
pure riferire la parlata dei Cudacintzt, che si consideravano per /ranchi. 
Secondo gli studi di L. P. Zagòrski i Cwubacintzi parlano un dialetto 
molto affine alla lingua dei Derghintsi. Il numero totale della popo- 
lazione, che parla i dialetti derghiani, supera 90,000. 

III) Il Gruppo dei Aiurinfzi occupa una lunga ed abbastanza larga 
zona sulle sponde del Fiume Samur nel Daghestan inferiore (circa 87,000). 
Oltre di ciò i Kiwrinfsi vivono ancora nel Distretto di Cuba (Governo 
di Bacu) e un poco nel Distretto di Nuha (Governo di Elisavetopol). 
Il totale della loro popolazione oltrepassa i 131,000. 

La parlata dei Aiurinfei s’ avvicina un poco alle lingue dei Ru- 
tyltzi e dei Tzahurizi, abitanti nel bacino superiore del Samur. Il nu- 
mero dei primi arriva a 11,500 e quello dei secondi a 15,000, dei quali 
10,000 vivono nel Distretto di Sacataly. 


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— 7193 — 

IV) I popoli dei quali l'affinità coi Zesghintsi non è ben definita 
sono: Zaéi o Casicumuhtsi nel Daghestan Centrale, più di 35,000; Za- 
basaranizi nel Daghestan Inferiore, circa 17,000; Arcinfsi abitanti del 
prese poco popolato di Arci, distante 30 verste (circa 32 kilometri) da 
Cumuh ; ed i Capecinfsi nel Daghestan Centrale. 

A questa categoria appartengono pure gli Agu/i, circa 5,500, vicini dei 
Tabasarantzi. La loro lingua secondo alcuni è analoga alla Zadasarana, 
secondo altri alla Kiurina; Krystst, Deectsi, Buduetsi e Hinalugtsi chia- 
mati dal nome deiloro paesi nel Distretto di Cuba del Governo di Bacu. 
I Arystsi (circa 5,000), i Deects: (circa 6,000) ed i Budugfei secondo 
l'opinione degli indigeni parlano i dialetti della lingua 4ivrina, ma fi- 
nora non furono studiati scientificamente; gli Aialugtes parlano, se- 
condo i Afurintzi, una lingua speciale a loro non intelligibile. 

' 'V) Udini, popolo lesghino, che da tempo immemorabile abita nella 
Transcaucasia e che probabilmente discende dagli Aguantsi od Albantsi, 
spesso mentovati nelle cronache armene. Il Zagòrski sostiene questa tesi 
con argomenti filologici. Gli Armeni riuscirono a battezzare gran parte di 
questo popolo ; ma il cristianesimo non vi prese radici profonde e perciò 
dopo |’ immigrazione tartarica essi abbracciarono l’islamismo. Oggi la lin- 
gua “dina si conserva solamente in due paesi, a Vartascen ed a Nish nel 
Distretto di Nuha, dove abitano circa 10,000 uomini. Si dice che gli avanzi 
della lingua dina si conservino in alcuni altri paesi tartari. La lingua 
attuale degli Udiei mantiene ancora i principî delle lingue /esghsne, ma 
subì l’influenza della tartara e si appropriò molte parole armene. 


B) RAZZA MONGOLICA. 
Famiglia turca. 


I popoli di questa famiglia sono venuti al Caucaso dal mezzogiorno e 
dal N.. I popoli turchi che si stabilirono nel Transcaucaso vennero dalla 
Persia e dalla Turchia. I primi vennero molto prima ed in gran numero. 


1) Popoli turchi transcaucasei. 


a) I Tartari Aderbejdziani, venuti dalla provincia persiana Aderbej- 
dgiana e perciò il loro linguaggio ha subìto l’infiuenza della lingua per- 
siana e si distingue per la sua grande semplicità. Appoggiati dagli Scià 
di Persia, riuscirono ad impadropirsi del Transcaucaso meridionale ed 
orientale ed assoggettare gli Vins, i quali adottarono la loro lingua, i 
loro costumi e s’ intartarizzarono. Adottarono pure la loro lingua altri 
popoli tartari, ma si distinguono da loro per il tipo, come per esempio 





— 794 — 

i Afugali, che vivono principalmente nel Distretto di Sacatali in mumeso 
di 21,000. Gli Aderdejdgians sì stabilirono pure nel Daghestan ma- 
rittimo, e perfino al di là di Derbend, dove s'incontrarono coi Ciacesséi, 
popolo turco scendente dal N.. La massa più compatta di questi Tar- 
tari vive nei tre Governi di Z/isevetofo?, circa 36,000, di Pacze, circa 
305,000 e di Zrfvarn, circa 212,000. Approssimativamente il totale 
della popolazione, che parla la lingua aderdbejagiana e che per l’avve- 
nuta fusione con altri popoli s'avvicina per il tipo alla razza bianca, 
ascende a circa 940,000. N. K. Zejdlitz nella sua Zavola della Popola- 
sione del Caucaso dà il numero dei Tartari Aderbejdgiani molto mag- 
giore, perchè alla cifra di 975,788, indicata nel censimento del «370, 
aggiunge gli abitanti dei Distretti di Abalcik ed Ahalhalak. Uniti alla 
Russia per il trattato di Adrianopoli, essi, benchè professino 1’ islami- 
smo, non sono veramente nella loro maggioranza nè tartari, nè di ori- 
gine turca, come dimostrano, secondo Zagorski, il loro tipo e la loro 
lingua grusina. | 

b) Zurché, che si trovano nelle provincie recentemente tolte alla 
Turchia, cioè nelle regioni di Cars più di 42,500 e di Batum circa 
3,400. In quest'ultima ‘occupano gran parte del Circondario di Artvin, 
cioè il proprio Sciavscet e tutto il Circondario di Ardanuk. Più di 
3,000 di essi vivono anche nella stessa città di Batum e nei suoi 
dintorni. Alcuni annoverano fra i Turchi i cosiddetti Teerfari dei circon- 
dari di Ahalzih e Ahalcalaki, dei quali abbiamo parlato poc'anzi. I Turchi 
si trovano in due paesi del Circondario di Osurghety, nella Guria ed in 
alcuni luoghi vicini al Mar Nero. Sommando tutto ciò, si può calcolare 
approssimativamente il numero totale a 100,000, se è permesso di an- 
noverare fra i Turchi i Tartari dei due circondari sopranominati. 

c) Zurcmeni, o Taracamantzi. Si distinguono per la loro lingua 
dai Turchi, nonostante che siano venuti dalla Turchia. Il loro numero 
è insignificante, perchè arriva appena a 9,000. Vivono nella regione di 
Cars e quei pochi, che si trovano nel Circondario di Ahalzih, sono ge- 
neralmente chiamati Tartari. 

d) Carapapahs, in numero di 23,000, vivono nella regione di Cars. 
Della loro lingua ed origine non si può dire nulla di positivo. 


2) Popoli turchi nel Caucaso settentrionale. 


a) Mogajtzi. L'invasione principale dei popoli turchi nel Caucaso 
settentrionale ebbe luogo nel secolo XIII ai tempi di Ginghis-Can. Fra 
tante orde, che allora irrompevano dal N.-E, il primo luogo tene- 
vano 1 Nogaitzi, i quali sì fissarono nelle lande estese tra 1 due mari 


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— 795 — 

Nero e Caspio. Nel secolo XIV s’'incominciò il movimento degli Adughe. 
I Cabardintzs, ramo «i questo popolo, tolsero ai /Vogastss il territorio, che 
attualmente porta il nome ‘di’ Grande Cabarda. Così i /Vogailté in 
parte furono respinti sulle sponde del Cuban superiore e nei luoghi. 
vicini (ed il loro numero ascende a 5,000), gli altri occuparono le 
lande orientali del Governo di Stavropol (44,000) e tuttora vi menano 
in gran parte vita nomade e portano i nomi di: Caranogeitsi, Aci- 
culur-Dgembeluki, Edisani, Edisheulf, ed un piccolo numero (3,500) vive 
nel Distretto di Hasav-Jurtovskij della regione del Terek. -Da ciò ri- 
sulta che i /Vogaitsi sono dispersi su una grande estensione. 

b) Cumiki, che vennero nel Caucaso nel secolo XIII e per la loro. 
liagua appartengono alla medesima famiglia dei /WVogaifei. Essi occupano 
sul Mare Caspio il territorio che da Darbent al N.-O. si estende fino ai. 
Monti Cacecalik nella regione di Terek. È un popolo incivilito, che eser- 
cita influenza sopra i suoi vicini, inferiori nella coltura. Vivono dunque 
nel Daghestan e nella regione del Terek, particolarmente nei Distretti 
di Hasav-Jurtovskij e Kislar, Il loro numero ascende a 77.000 dei 
quali 40,000 rimangono nel Daghestan. 

c) Montanari-Cabardini nel Distretto di Nalcik. Non hanno un proprio 
nome, ma lo prendono dai luoghi da loro occupati e vivono per la 
maggior parte sui corsi superiori dei fiumi, che bagnano la Grande 
Cabarda. Ecco i loro nomi: Balcartsi, o Malcartsi, Bisinghi e Hu- 
lamtzi nell'alto bacino del Cerek, CeeAemtzi alle sorgenti del Fiume Ce- 
ghem, Urusbievtsi alle sorgenti del Bacsan. Il totale di queste popolazioni 
supeta appena 13,coo uomini, dei quali 5,000 sono i Za/cartsi. Si dice 
che queste popolazioni per la loro lingua siano affini ai Cumzki e SVo- 
gajftzi, ma finora il Zagòrski non ebbe il destro di appurare la verità 
di questa asserzione. 

d) Al ramo dei" Mogaitsi appartengono pure i Carasaevtzi, che in 
numero di 19,000 ora vivono sulle sponde del Cuban superiore e dei 
suoi affluenti. 

e) Nel Governo di Stavropol fra i fiumi Cuma e Calaus, nel: loro 
corso inferiore, menano vita nomade i Zruhmens, più di 18,000, i quali. 
probabilmente provengono dalle tribù turcomanne, che si trovano nelle 
lande transcaspiane. 


II. — FAMIGLIA STRETTAMENTE MONGOLICA. 
I suoi rappresentanti nel Caucaso sono i Ca/mw£5, dei quali la lingua 


appartiene al gruppo delle lingue mongole di Ural ed Altaj. I Calmuks 
furono respinti dai loro vicini Xérghist sulla sponda destra del corso 


— 796 — 
inferiore del Volga, da dove recentemente una parte di loro passò il 
Grande Manié, e si fermò nelle lande del Governo di Stavropol al S. 


del detto fiume e formò un w/ys (paese) di Bolscederdetov. Una parte di. 


questi nomadi vive ancora nelle lande del lato sinistro del Terek nel 
Distretto di Grosniensk. Il numero dei Cadmsuki passa 10,000. 


III. — FAMIGLIA FINNA. 


Gli Zs sono i soli rappresentanti nel Caucaso di questa famiglia. 
Essi cominciarono a stabilirsi nel Caucaso negli ultimi tempi e perciò 
finora la loro popolazione non supera 1,400 uomini, dei quali 950 vivono 
nel Distretto di Alecsandrovsk (Governo di Stavropol) e 300 nel Di- 
stretto del Mar Nero (Ocrug Cernomorskij). 


RICAPITOLAZIONE. 


Dalle cose fin qui dette risulta, che la popolazione del Caucaso 
ascende a 6,171,400 uomini, dei quali 4,954,000 sono di razza bianca. 
e 1,217,400 di razza mongolica. La popolazione del Caucaso è compo- 
sta di oltre cinquanta popoli, parla 50 lingue ed altrettanti dialetti. I 
principali rappresentanti della famiglia Indo-Europea sono: gli Slavs circa 
2 milioni, .4rment 750,000, popoli Irani 339,000, Greci 23,000 e TZe- 
destht 32,000. 

La famiglia Semitica è rappresentata da 41,000 Ebrei e Calde. 

La famiglia Caucasiana è composta dei popoli Grusini, 969,000, 
dei popoli Zesghs, 487,000, dei Ceceni, 226,000 e dei Circassi ed 
altri, 172,000. 

La rassa Mongolica ha i seguenti rappresentanti: Tarferi 900,000, 
Turchi 100,000, Cumiki 77,000, Nogaitsi 47,500, Carapapaht 23,000, 
Carasaevizi 19,000, Trukmeni 18,000, Cobardinfsi 13,000, Calmuks 
10,000, Zurement 9,000 ed Esk 1,400. 

Per maggior comodo degli studiosi abbiamo fatto una tavola sinot- 
tica, che presenta la popolazione del Caucaso con tutte le sue divi- 
sioni etnografiche, e con tutti i dati statistici finora conosciuti. 


- ———_ —_———rT——€€—+_—€<———+<———_——__— ———_————__———e——ÈÉ "wu - 


— 197 — 
POPOLAZIONE DEL CAUCASO. 


A) RAZZA BIANCA. 
L — Famiciia Inpo-EuroPzA. 
3) Stirte Slava: 


Russi o Vielico-Russi . . . . . .. . 1,925,000 

Molo-Russi . .... ee ee wee ? 

Bielo-Russi . +. . 0 ee ee ee 0 06 ? ? 

Polacchi . 2.2 +... ? 

Boemi .. 2... se + ee ee ee we > \ 

Altri popoli alavi . . ..-..... ? 
3 Stirpe Lituana. ee © @ © © © © © @ 0. è © 0 e oc. è 

Stirpe Germanico + è. è è 0%. - 00 0 0 è 0 0. 1,000 

Stirpe Romana o Latina, ....- ++. © 0000 1,000 ; 3,0§9,000 
Stirpe Pelasga o Greca è. + . .- + 0 © + 0 + 0 0 83/000 


6) Stirpe Irana: 
Osetini . . 2 2. 2 è è © © + © è 0. 130,000 


Persiani eee e . 282,000 
Tati... ° ° 83,000 339,000 
Taliscintzi eee we we eee 43,000 
C i. ° 0 0 0 9 0 0 8 0 s è è © è 72,000 
1) Sit dra a 00000000 0 159000 | 
8) Stirge Indus (Zingari) . ....0...... e 0 ee è 
TI. — FAMIGLIA SEMITICA. 
a) Ebrei. ... e e e ee @9 s <‘ @ @ s0 0 o eos so 38,000 
b c) Ajsori.e Caldei > ee o e & 0 © o sa e se oso e Seo seco | 43,000 
IIL — FAMIGLIA PROPRIAMENTE CAUCASRA. 
1) Gruffo Kartveliano. | 4954,900 
a) Grusini: 
Grusini propriamente detti 320,000 
Grusini montanari. .... 20,000 ooo 
Imeretintzi + è è + 4 è ee 380,000 755, 
0 0 © 0 © e 0 oF 46,000 
b) Minin te 59°. 00600 
Cc) Las . ee eee 0 0 0 0 00000 0,0 #,000 
Svateni , . y Gr dei . 13,000 
a ruppo L) ‘montanari occidenta 
8 Abhasi o Asega . 2... 2+ +e 42,000 I 6,171,000 
b) Circassi o Adighe ... . +. ++ +++ 130,000 73,000 


3) Gruppo dei montanari orientali. 
a) Cecentsi: 1,854,000 
Cecentzi propriamente detti 195,000 
Ingusci . < 0 e+ + a 0 ee 8,000 226,000 
Kistini...... e 0 00 3,000 
b) Lesghintai : 
Avartzi + > + + > e +. 143,000 
Andi..... 0 © © è ee 30,000 
Darghintsi . ....... 90,000 713,000 
Kiurintzi. -....... 157,500 
Lasi . 0 0000 oe © 35,000 487,000 
Tabasarantzi eee 0 © so 27,000 
Arcintzi e e e e e e e è 
ì e 0 © ef 5,500 
Udini oe @ ee ee 0 of 20,000 


8) RAZZA MONGOLICA. 
Ll — Fasmiccia Turca. 
3) Nel Caucaso Meridionale : 


a) Tartari Aderbejdgiani. ...... 900,000 
Turchi < 0 0 © © © + © © © « © 200000 
c) Turcmeni +... .... eee st {sean 
d) Carapapahi . .......-..- 33,000 
s) Nel Caucaso Settentrionale: 1,806,000 
a) Nogaitsi. . .. 000.000. 47,500 ° 
b) Cumiki ... 600.0. we te + 77000 2,837,400 
S Gane iit ititt 23,000 374,500 
d) Carasaevtzi . .......... 29,000 
e) Truhmeni .......- è » » 318,000 
II. — FAMIGLIA PROPRIAMENTE MONGOLICA. 
Calmuki . .. + + se ce 0 0 0 o es e e eo 0 e es ese @# ao è. è 8 10,000 , 


IL FAMIGLIA Fuma. 
Esti e e . . e e e . e e e e e (i e e e e e e e e e e e e o e e ° 2,400 





— 7938 — 


D. — LEGGENDA DELL']uRUPARY. 


del confe E. STRADELLI. 
(continuazione e fine) 


Ora vi dirò come si popolò la Terra: e questa storia è più vicina 
e cl appartiene, 

Pinon ritornato alla maloca, da dove era stato lontano più di una 
luna, non incontrò più sua madre, e non vi era chi gli potesse dire 
dove era andata. 

Egli corse tutti i monti e le valli dei dintorni; fu alla terra degli 

tlapay, senza che incontrasse nessuno che gli desse notizia esser di là 
| passata gente. 

E passò, cercando, senza nulla trovare, tutta intiera una luna. 

Intanto che egli andava cercando, nacquero i suoi figli, tra cui una 
bella bambina che aveva nella fronte una vaga stella. 

Tutte le ricerche di Pinon tornarono vane; fu quindi alla casa del 
tuxdua e parlò: 

« Tuxdua, è dal tuo buon cuore che dipende il risultato di ciò che 
sto per tentare. Oggi compie una luna ch'io vo cercando mia madre: 
sparve da molto tempo dal tuo villaggio e, come padrone di questa terra, 
ne hai la tua parte di responsabilità. Ma io non ti accuso, voglio solo’ 
che tu mi ajuti a cercarla, dandomi una parte della tua gente a questo 
scopo: e procura che domani senza fallo siano qui, chè io loro indi: 
cherò quale direzione devono seguire >. 

E il fuxdua rispose: « Domani all'alba avrai la gente che ti occorre 
e farai ciò che vuoi, ma credi nella mia parola di fuxdua che non 80 
dove tua madre si trovi ». 

E Pinon disse: « Tu ei tuoi siete innocenti, lo so, ma tu che sei il 
padrone di questa terra vi hai la tua parte di responsabilità ». 

In quella notte Pinon fecondò un'altra volta tutte le sue donne, che: 
erano aumentate di alcune zitelle; e quando le prime allegrezze del 
giorno venivano apparendo per le: radici del cielo, Pinon si trovava alla 
presenza del fuxdua e disegnava sul suolo una figura così (1) e ne dava 
la spiegazione. | 

« Noi stiamo nel mezzo della Terra, come ci insegna il sole, che 
quando gta in mezzo al cielo ci nasconde la nostra ombra nel corpo. 


(1) Un circolo, nel quale sono tirati quattro diametri inclinati successivamente 
fra loro per un angolo di 45° (N. d. DI). 








— 799 —.- 
In ogni direzione di queste righe deve seguire il conto di una mano di 
ammogliati (5 coppie), che torneranno indietro soltanto quando avranno 
incontrato mia madre, o avranno dato nelle radici del cielo. Io 
prendo per me tutti questi spazî senza righe, che .percorrerò fino ad 
incontrarvi tutti per ritornare insieme. Ma, in verità, sappiate, che chi 
ritornerà senza che si siano avverate queste cose, lo sfracellerò contro 
le pietre della montagna ». . 

In quel giorno, ciascheduno pieno di tristezza seguì il cammino che: 
gli era stato indicato, e Pinon, anche lui presa in braccio la sua bella 
figlia, seguì per uno degli spazi che aveva lasciato in bianco, riservan- 
dolo per sè, abbandonando così le sue donne, che piangevano; molte 
gli corsero dietro e vollero distoglierlo dalla sua - risoluzione, ma non: 
lo poterono. Il suo amore di figlio’ era superiore al suo amore per, 
loro. | 

Passò un anno, due, dieci, molti, senza che si avessero notizie nè 
di quella gente che era partita, nè di Pinon.. 

E in quel tempo il ¢¢xdéua dei Bianacas morì, lasciando nel suo - 
luogo un figlio di Pinon, chiamato Diatanomion (anatra muta, in tucana). 

. Questo nuovo capo risolvette di mandare nuova gente alla ricerca 
della prima; però non ebbe mai più notizie loro, il. che lo fece perdere; 
di coraggio; ma Pinon era l'amore delle donne e si organizzarono nuove © 
spedizioni, composte soltanto di donne, a cuì presero parte tutte le zi- 
telle del paese. . ' 

Partirono colla prima luce del giorno, ina non andarono triste, 
come erano partite tutte le altre spedizioni; bensì in mezzo a grida e 
canti che si ripetevano in distanza.. 7 

A Diatonomion succedettero altri faxdva; ma tutti ignoravano che . 
quelle carovane s’ erano trasformate in popolose madacke. 

Pinon, dopo d'essere partito da quella terra, andò diritto al paese 
delle stelle e vi lasciò la sua bella figlia, a cui aveva dato il nome di 
Jacy-tata. 

. Quando ritornò in terra corse il mondo’ intiero, incontrando per , 
ogni dove sul suo passaggio quella gente che da lui mandata alla ri- 
cerca di sua madre, Dinari, s'era mutata già in popolazieni numerose; e 
dovunque lasciò figli, ma nessuno riconobbe in lui il forte Pinon, figlio 
della terra degli s/apay. i 

Fu in questo tempo che apparve sulla terra il primo fas, e fu. 
nella maloca del Cudiacury, e tosto che Pinon seppe che esisteva que- 
st'uomo che vedeva tutte le cose attraverso alla propria immaginazione, . 
si diresse a quella volta. Quando lo incontrò, gli parlò così: 


— 800 — 

« Figlio delle nuvole io vengo a chiederti dove si trova mia madre, 
che da molto tempo si perdette nella terra dei Bianacas >. 

« Io te lo dirò, disse il fasè, ma è necessario che io sappia il suo 
nome per chiamarne l’ombra >». 

e Si chiamava Dinari ». 

E il pas? immediatamente mise in terra il suo mary, ne tirò fuori 
il sigaro di ¢auary e la zucchetta di cara:urà della luna; accese il si- 
garo e annusò una gran presa di caruiura# della luna. 

Gesticolava, gridava, cantava, sempre gettando grosse nuvole di 
fumo. Ad un tratto scoppiò in una gran risata e disse: 

« A te non manca che sapere indovinare; tu sei leggiero come un 
uccello dell’aria, forte come i fulmini (scoppii) del cielo. Io ti insegnerò 
ciò che ti manca, e tu mi ajuterai ad insegnare ai forti di cuore il 
segreto del faze >. 

« Sto pronto, ma voglio prima sapere che fine ebbe mia madre ». 

« Stai già per saperlo. Oh | come è bella tua madre! ma è lontano, 
molto lontano di qua, già mutata in pesce ». 

« In che parte della Terra si trova? > 

« Dal lato di ponente, in cima ad una grande montagna, in un 
lago ben vicino al cielo, dove la condusse la madre dei pesci e la mutò 
in pirardra (pird: pesce, arara: ara, in nehengatù)». 

« Posso toglierla di là ? » 

« Lo puoi, ma è necessario che tu impari con me il segreto del 
pai, fumi del mio tabacco, annasi della mia polvere e digiuni una 
luna intiera, e allora tu otterrai tutto >. 

e Ti ho detto che sono pronto ad obbedirti in tutto, perchè vo- 
glio che mi faciliti i mezzi per riavere mia madre ». 

« In verità tutti questi faz, che oggi esistono, continuò Jurupary, 
furono tutti scolari di Pinon, ed egli fu il secondo paz? del mondo. 
L'ultimo giorno ch'egli stette sulla terra, fu quello in cui fecondò le vo- 
stre madri, da cui io pure discendo e in cui liberò sua madre e la 
condusse nel cielo dove vivono tutti. E adesso che conoscete la nostra 
istoria, chiedo a tutti che mi ajutiate con buona volontà a cambiare 
gli usi e 1 costumi degli abitanti della terra secondo la nostra legge. 


Tosto che venne il giorno, Jurupary andò con i suoi dove era la pas- 
syua nata d'Ualri, e alla sua ombra contò l’istoria della sua triste origine. 

« Non voglio che nessuno sappia che noi siamo qua, conviene per- 
ciò abbattere questo osso d’Ualri senza fracasso. Quale di voi sale la 
cima a tagliargli le foglie? » 


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Nessuno rispose, e vedendo che tutti avevano paura, tolse dal suo 
matiry la pentoluccia, vi mise dentro un pezzetto di xécantd e la pose 
al fuoco, 

Tosto, col primo bollore, ne uscirono papagalli, are, perochetti ‘e 
altri uccelli roditori che andarono a posarsi sulle foglie della palma e 
in un istante le tagliarono. 

E quelli del seguito dell’Jurupary, che si erano fermati sulla riva. 
del fiume a bere, videro che dalle foglie che cadevano dentro |’ acqua 
nascevano pesci muniti di denti acutissimi, le cui natatorie somiglia- 
vano a quelle foglie (tarthyra). 

« Il primo lavoro è fatto; adesso pescatemi nell’Ygarapè un pesce 
dai grandi denti e portatemelo, perchè io possa abbattere quest’ osso >». 
° Essi andarono e gli portarono una farshyra, ed egli gli strappò una 
mascella e con questa segò la passyua che cadde al suolo; ma così 
adagio che appena si udì come il volo degli uccelli. 

Jurupary misurò e tagliò gli strumenti, e quando ne ebbe il nu- 
mero necessario, gettò dentro l’acqua il resto del tronco della palma, 
che fu inghiottita dalle acque. 

« Compagni portate subito questi strumenti in casa, giacchè a questa 
volta vengono non solo quel che furono la causa della morte d’ Ualri, 
ma anche le ombre delle ceneri d’Ualri, che vogliono impadronirsi dei 
nostri strumenti ». | 

Ciò che disse Jurupary fu fatto colla rapidità di una freccia. 

Quando Jurupary giunse in casa, gettò nell'acqua un grano di sale 
di carurà (alga che nasce sulle cascate), che tolse dal suo wafiry, e 
subito tuoni, fulmini e pioggia da far paura scesero sulla terra, e così 
Jurupary si salvò dal dover combattere colle ombre delle ceneri di 
Ualri. 

In quella stessa notte, in mezzo all’orrenda tempesta, egli trasportò 
Jurupary-oca sulle sponde del Cayary vicino alla cascata di Nusque-Buscà 
(casa del pesce, in carapanà tupuya), e che oggi si chiama cascata del- 
1’ Jurupary. 

I Tenuiana quella mattina si alzarono tardi, perchè pensavano 
che il rumore della cascata fosse il seguito della tempesta. 

Jurupary così loro parlò : « Compagni, stiamo già molto lungi dalle 
ombre delle ceneri di Ualri e dalle donne che sanno ingannare gli. 
uomini; ma ciò non vuol dire, che già siate liberi dalle seduzioni. 

« Siamo vicini ad un’altra terra, dove le donne sono belle e non 
sono da meno di quelle in astuzia e curiosità. 

« Ora finirò di dirvi le ultime cose intorno alla nostra legge; ma 


— 802 — 
prima voglio farvi conoscere il nome di ogni strumento, e perché si 
chiami cost. Sedetevi intorno a me e udite: 
« Questo è |’ istrumento capo, ha la mia altezza e si chiama madri, 
di cui tutti conoscete la storia. 


« Questo che ha la lunghezza delle mie gambe si chiama yasmece- 


rene (jaguar, in tariana), perchè è l’unico animale che assomigli all'uomo 
nel valore e alla donna negli inganni. 

« Questo della larghezza del mio petto si chiama dédéso (anatra 
muta, in cabéna), la cui origine fu la curiosità, 

« Questo, lungo come il mio braccio, si chiama fnfadri (euripigia in 
uaupés). Questo uccello nacque da una donna che era molto bella, ma 
che, per quanto fosse bella, si dipingeva con wrwcà per vedere se ecce- 


deva così l'altre in bellezza, e perciò il fuadua dei cuiuby (pelopis), la - 


mutò in euripigia. 

« Questo, della lunghezza della mia coscia, si chiama mocino (grillo, 
in arapazo), rappresenta l' ombra di un uomo-donna, che non volendo 
amar nessuno visse sempre nascosto, cantando solo la notte e fu dalla 
stessa madre della notte mutato in grillo. 

€ Questo, lungo due braccia, si chiama arandi (ara, in pyra tapuya), 
rappresenta una donna bella, ma senza attrattive, nè gusto per gli 
uomini, per cui fu mutata in ara dal padre degli sauty. 

« Questo, che ha due piedi di lunghezza, chiamasi dasmeae (tortora, in 
aroaquy), e rappresenta il cuore di una fanciulla che durante la sua 
corta esistenza si alimentava solamente di frutta silvestri e che fu mutata 
in tortora, dopo morta, dal suo stesso padre che era pai2. 

« Questo, largo come tre delle mie mani, si chiama fpsron (aquila, 
nel dialetto dei Jurupixuna) rappresenta il aid, perchè fu questo uccello 
che gli diede la pietra in cui egli imparò a veder tutte le cose attra. 
verso della sua immaginazione col tabacco e il caratsurà. 


« Questo, della lunghezza del mio stinco, si chiama dianari e già 
tutti conoscono la sua storia (uccello nero, in uynamby tapuya). 

« Questo, che va dal mio ginocchio alla testa, si chiama “ty (paca, 
in banfua), rappresenta il ladro, ed è l’immagine di una vecchia che 
viveva soltanto dell’ altrui e fu mutata in paca dallo act y-purò (sco- 
jattolo, in nehengatù). 

« Questo, che è lungo due mani, si chiama s/apay: quest’ altro della 
lunghezza della mia spina dorsale chiamasi mingo (farchyra, in cueuanna); 
d’ambi sapete l'origine. 

« Questo, che va dal mio ginocchio al mento, chiamasi peripinacudri 


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— 803 — | 

(fenten, .in uaupés, piccolo uccello cantore, tutto nero dalla testa e 
le spalline gialle), rappresenta un bel giovane desiderato da tutte le 
donne, ma che non si diede a nessuna, cosicchè irritate lo gettarono nella 
Lascata dopo avergli fatto una incantagione. 

« Questo, che misura la metà del mio corpo, si chiama dué (avuti 
im cobéua), rappresenta quella vecchia paurosa che aspettando ad 
ogni momento che il cielo rovinasse sulla terra, non piantò mai un’unica 
semente, vivendo di ciò che gli altri piantavano, e fu per ciò cambiata 
in ayufi dalla scimmia della notte. 

« E quest’ ultimo, che mi va dalle spalle allo umbellico, si chiama 
canaroarro (saba, in mandu), rappresenta quel vecchio che avendo 


visto in sogno la fame, mangiando la terra, lavorava giorno e notte 


ammonticchiando provvigioni dentro casa per aver da mangiare quando 
la fame venisse; fu mutato in formica dalla fafè (pangolino), perchè 
fosse mangiato. 

« Ed ora che conoscete il nome di tutti gli strumenti, passo a dare 
a ciascuno la voce che deve avere ». 

E Jurupary trasse dal matiry un po’ di cera, passandola sopra 
la bocca di cadauno degli strumenti, e quando l’ultimo fu pronto ordinò 
che li portassero fuori della sala, collocandoli in piedi, ma che nessuno 
li toccasse fino al momento della festa. 

E quando ebbero fatto, li chiamò un’ altra volta intorno a sè e 
quando furono tutti, parlò così: 

« È proibito al fuxdwa di una tribù, che sia ammogliato con una 
donna sterile, di seguitare a vivere con lei, senza prendere una o più 
mogli, secondo il caso, fino a che non abbia successori. Colui che non 
vorrà conformarvisi, sia sostituito dal più forte trai guerrieri della tribù. 

« Nessuno cerchi sedurre la moglie altrui sotto pena di morte, che 
colpirà tanto l’uomo che la donna. 

« Nessuna donzella giunta al tempo di essere violata dalla luna 
(alla pubertà) conservi intieri i suoi capelli, sotto pena di non mari- 
tarsi prima dei suoi capelli bianchi. 

< Quando la donna partorirà, il marito digiuni per lo spazio di una 
luna, acciò il figlio possa acquistare le forze che il padre perderà. Nel 
tempo di questo digiuno l’uomo non dovrà mangiare che sauda, gam- 
beri, Jez e peperoni. 

« Questo era quanto mi restava a dire sui costumi che devono re- 
golare la famiglia; cadauno li faccia conoscere ed osservare nella pro- 
pria casa. 

« E ora, quando udrete il segnale, comincerà la nostra festa, prepa- 


— 80 4 — 
rate perciò la casa e preparate le nostre bevande, chè l'ora già sta per 


giungere >. 
Dati questi ordini, Jurupary disparve dal mezzo dei suoi compagni. 


I giovani che desideravano veder terminata la festa dell'Jurupary 
si diedero tosto a preparare la casa, mostrando nel volto l'allegria del 
cuore. 

I vecchi continuavano freddi e tristi, senza che quei preparativi 
avessero il potere di rasserenarll. 

Quando il sole di quel giorno disparve, gli strumenti cominciarono 
a suonare, senza che nessuno li toccasse, quella stessa musica festiva 
che i Nunuiba soli avevano udito, quando conducevano al supplizio Ualri. 

In questo momento entrò Jurupary e disse: « Fratelli e compagni, è 
arrivata l'ora della festa. Abbiamo tre giorni e tre notti per imparare 
la musica e il canto dell'Jurupary. I più giovani prendano gli strumenti 
e andiamo a formare la grande ruota ». 

E, preso l’istrumento capo, si collocò nel mezzo della sala, e tosto 
si udirono echeggiare suoni ben lontano. 

E li udirono i giaguar e i serpenti, e gli stessi pesci vennero a fior 
d’acqua per udire la musica dell’ Jurupary. 

Quando la notte giunse a metà, Jurupary lasciò di suonare e or- 
dind che gli altri continuassero, e in quello stesso momento si udirono 
le grida degli animali che stavano intorno alla casa. 

Ed egli disse: « Perfino gli animali stanno ad udire la nostra musica. » 

Beverono il cackiry e il capy, e la musica ricominciò con nuovi 
suonatori e nel mezzo della festa si udiva lo scoppiettio dell’adsdy 
(sferza dell’Jurupary, in nehengatù). 

Quando il sole rosseggiava per le radici del cielo, Jurupary tornò 
a riporre lo strumento acciò potessero entrare nuovi suonatori. 

Allora intorno alla casa si udirono risate di persone. 

E Jurupary corse alla porta e vide una quantità di persone che 
venivano alla sua volta. 

« Compagni nascondete i nostri strumenti, chè v vengono gh abitanti 
di questa terra >. 

E gli strumenti furono nascosti in un piccolo camerino, fatto a que- 
st’uopo, e ne fu otturata con pietra la porta. 

Quando giunse alla porta il faxdwa di quelli che venivano, Juru- 
pary in persona si recò a riceverlo, e tosto lo riconobbe, perchè por- 
tava al collo l'ifà-fuxdua. 

« Udii dalla mia madoca la tua musica e mi affrettai a venire per 

















+ 


ue Mi N 


. — 805 — 
danzare con te, anche non essendo invitato. Desidero conoscerti, sapere 
da che terra vieni e che desideri dalla mia >», 

E Jurupary rispose: 

« Io sono il #sxdua dei Tenuiana e la mia terra è quella che sta 
più vicina al sole. Io devo mutare gli usi e i costumi di tutti gli abi- 
tanti del mondo, e venni qua per lasciarvi le leggi cui tutti hanno da 
obbedire ». | 

« Fammi conoscere le tue leggi e, se saranno buone, io le ob- 
bedirò .». 

E intanto che i due capi parlavano, le donne entrarono in casa; 
curiosando da per tutto fino nel dormitorio e domandavano: vi 

« Dunque di dove siete voi? »° 

« Siamo Tenuiana >. 

« Certo voi veniste alla nostra terra in cerca di donne per ammo- 
gliarvi; noi siamo zitelle e ci sarebbe di grande piacere che voialtri 
voleste ammogliarvi con noi. È molto lontana la terra di dove venite? > 

« Lontana >». 

« Se voi vi ammogliate con noi, noi andremo a viver là. Bal- 
liamo? » 

« Siamo stanchi ». 

« Allora suonateci qualche cosa per farne piacere ». 

« Non possiamo, perchè abbiamo bisogno di riposarci ». 

E intanto che esse parlavano, li provocavano in tutte le maniere; ma 
i Tenuiana restavano freddi dinanzi a quei bei corpi, cui nessun velo 
nascondeva; solo il potere della nuova legge poteva renderli così 
freddi. 

Venuta la sera, quando i i visitatori si ritirarono, quelle donne por- 
tavano con sè il cuore di quei giovanotti, che le avevano rigettate per 
obbedire alla legge dell’ Jurupary. 

E Jurupary disse : 

« Siccome fummo interrotti nelle nostre feste dal /ux4ua Arianda: 
e dalla sua tribù, restano queste rimesse a più tardi, e allora egli pure 
vi prenderà parte. Io gli ho promesso di visitarlo domani con tutti. 
voi, e prima che torni il sole noi ci incammineremo a quella volta. 

« Voi potrete essere gentili con quelle giovani donne, e godere con 
esse, ma guai a colui che rivelerà la più piccola parte del nostro 
segreto. — 

« E quelli che non si giudicassero abbastanza forti per resistere alle 
seduzioni, restino; ma quelli che vanno, ricordino che anche in casi di 
amore è meglio meutire che rivelare i nostri segreti ». 


— 806 — 

I quattro vecchi non dormirono tutta quella notte, preparando i 
loro ornamenti, bagnandosi nella cascata per mostrarsi-il pit-vantaggio- 
samente possibile alle vicine. 

Ni sole non si faceva ancora bello alle radici del cielo e Jurupary 
partiva coi compagni, e tutti notavano che i vecchi erano molto 
contenti. 

Quando ebbero superata una salita, videro la m4a/oca, i cui abitanti 
passeggiavano di fronte alle case ornati di penne. 

Arianda -venne colle figlie a ricevere Jurupary fino al principio 
del cammino, e lo condusse alla casa dove erano stati prima disposti, 
aspettando .i visitanti, in grande quantità cibi. 

E Arianda incontrando Jurupary disse: « Sappi che io ho fatto 
con te un bel sogno ». 

« Non dubito, mi aspettavi: e che sogno fu il tuo? > 

« Lo dirò a te solo ». 

« E sia: parleremo da soli, giacchè anch'io ho da dirti qualche 
cosa in segreto e insegnarti cosa devi fare >. 

« Faremo ciò, dopo che tu e la tua gente avrete mangiato prendi 
perciò posto sulla stuoja c chiama i tuoi compagni perchè mangino ». 

E fu fatto così e ogni visitante aveva al suo fianco una bella ra- 
gazza e a lato di Jurupary v'era la figlia d’Arianda che lo serviva e 
gli versava il cackiry. 

Poco contente si mostravano le ragazze che si trovavano a lato dei 
vecchi; mentre quelle che erano a lato dei giovani mostravano negli 
atti e nella voce tutta la loro contentezza, e prima che finisse il ban- 
chetto già correva più di un abbraccio e di un bacio furtivo. 

E i vecchi che vedevano tutte quelle cose rimanevano freddi fino 
alle ossa. 

Quando finirono di mangiare, Arianda e Jurupary si recarono ad 
una casa, posta lungi dall'abitato, dove andavano a trattare delle nuove 
leggi; ma prima di partire disse Arianda che potevano danzare e bere 
per tre notti e per tre giorni, che tanto sarebbero durate le feste in 
onore di Jurupary. 

Tutte queste cose accadevano la vigilia del giorno in cui gli uomini 
dovevano partire dalla maloca per accompagnare in cima della montagna 
i paiè che con i loro rimedî andavano a spaventar la morte, che voleva 
venire a uccidere la luna. 

Con ciò i Tenuiana restarono signori di godere liberamente le belle 
Arianda. 

Gli usi della terra volevano, che le donne scegliessero i loro com- 





— 807 — 

pagni; e così i giovani furono tosto condotti nel mezzo della sala, dove 
due giovani suonatrici aspettavano che le coppie. fossero fatte,.per co- 
minciare la danza. 

Per quanto molte giovani donne restassero senza compagno, nes- 
suna volle danzare coi vecchi, che restavano tristi, seduti in un 
canto. 

E il capy e il cackiry era distribuito in abbondanza, e a poco a 
poco andarono accendendosi i desidert ed a notte già le Arianda si di- 
sputavano i visitanti, e i baci e gli abbracci provocatori. si facevano 
sempre più spessi. 

Venne la notte, e siccome non vi era resina per rischiarare la 
sala della festa, la danza continuò allo scuro fino all'alba, e nessuno 
seppe ciò che accadde tra i danzatori; solo Jurupary.e Arianda videro 
tutto. 


Arianda, quando giunse alla casa con Jurupary, così parlò : 

« In verità la tua visita mi fa molto piacere, perchè il paese che 
mi è più vicino è a due lune di cammino ed io non ‘posso visitarlo 
tanto spesso. Più di una volta avrei voluto lasciare questo paese, per 
avvicinarmi di più ad un altro paese abitato, ma la mia gente non 
vuole abbandonare questa terra che la vide nascere. Se il mio sogno. 
si realizza, io sarò tuo compagno in tutte le lotte della vita ». 

« Che sogno è il tuo? » 

. € Io sognai che tu eri venuto alla mia ma/oca per domandarmi in 
matrimonio mia figlia Curén, e che ciò avvenne il giorno dopo il tuo 
arrivo. Raro è che i miei sogni non siano veri, spero quindi veder 
realizzare ciò che la madre dei sogni ‘mi preannunciò >. 

« Arianda, in verità ti dico, se non ho effettuata la grande riforma, 
che devo compiere sulla terra, non prenderò moglie. Tua figlia Curdn 
è molto bella, e se ella vorrà scegliere qualcheduno dei miei compagni, 
io accetto, e lo farò signore di una grande tribù >. 

« Io voglio imparare ciò che ancora non so, ed essere il tuo com- 
pagno e acccompagnarti in tutte le lotte, e per ciò trovo buone le 
tue parole ». 

« Siccome la notte già sta sopra di noi, seguitò Jurupary, andiamo 
ad assistere alla festa; domani ti dirò che abbiamo da fare >. 

« Dunque andiamo giù alla casa della festa », disse Arianda, alzan- 
dosi dall’amaca. 

« Non occorre, noi potremo veder tutto senza uscire dalle nostre 
amache ; là noi disturberemmo ». 


— 808 — 


E Jurupary pose la mano nel mafiry, e ne tolse due lucide pietre o 


colorate, e ne diede una ad Arianda, dicendo: 
« Ecco qui un pezzo dell’ ombra del cielo, dove vedrai tutto ciò 


che succede nella festa >. 

E tosto che Arianda lo ebbe e vi gettò gli occhi sopra, vide ri- 
prodursi dinanzi ai suoi occhi la scena con tanta fedeltà, che si co- 
noscevano facilmente tutte le persone. 

Vide che le vecchie, che durante il giorno avevano assistito alla 
danza da lontano, adesso vi prendevano parte, cercando di approfittare 
‘ più che potevano dell’ inganno che l'oscurità e le bevande potevano 
produrre. 

I vecchi anch’ essi, dopo essere stati lasciati in disparte tutta la 
giornata, erano ricercati dalle giovani Arianda, che si sforzavano a 


soddisfare come meglio potevano. 
Arianda e Jurupary ridevano degli errori e degli sforzi degli altri 


e delle loro abili sostituzioni. 

Quando giunse il giorno, i due capi misero da parte le ombre 
del cielo e continuarono a discorrere sulle cose della nuova legge. In- 
tanto la festa continuava. 

Le vecchie ciarliere si recarono a raccontare a Curàn ciò che era 
avvenuto la notte con loro, e Curàn, che era molto curiosa, volle vedere 
ciò che le avevano raccontato. 

Quando la seconda notte fu venuta, Arianda e Jurupary tornarono 
a prendere le ombre del cielo e cominciarono ad assistere la festa. 

E videro cose ancor peggiori della notte antecedente. Per ogni 


Tenuiana erano cinque Arianda. 
E Jurupary si indignava e Arianda taceva; ma era quella la prima 


volta che vedeva simili cose nella sua ma/oca. 
Venne la mezzanotte, e Arianda vide sua figlia Curàn saltare dal- 
l'amaca e camminare fino alla porta della casa della festa, dove un 


Tenuiana la prese e la deflord. 
E Arianda a questo punto gemette ; Jurupary, che lo intese, domandò: 


« Cos’ hai? » 

« La mia disgrazia dinanzi ai miei occhi ». 

« Se la mia legge già vigesse, ciò non avrebbe potuto succedere; 
ma chi toccò tua figlia la sposerà, e tutto sarà riparato ». 

E Arianda, gemendo per ciò che aveva visto, consegnò l'ombra 
del cielo a Jurupary, e disse: | 

« Ecco qui la tua pietra, non mi serve più a niente, perchè non 
voglio veder più nulla. Vado a dormire per tentare di dimenticare la 


ls 


te 


— 809 — 
mia disgrazia, e quando avrai finito di vedere, svegliami che seguite- 
remo a parlare ». | . 

E Jurupary restò solo e seguitò a vedere, ma tutto era più brutto. 

Il curdmpa (piccola civetta) già cantava sull sponda del cammino, 
e tornarono i salvatori della luna, mentre la festa continuava sempre 
sfrenata, e Jurupary per non vedere nascose nel suo mafry |’ ombra 
del cielo. 

Svegliò Arianda e seguitarono a parlare delle cose future. 

Quando sorse il sole del quarto giorno, i due Avxdua tornarono 
alla ma/oca e tosto fu notato in Arianda una profonda tristezza e in 
Jurupary qualche cosa di terribile e minaccioso. 

« Compagni, disse Jurupary, accomodatevi e parliamo. 

« Domani udirete da me amare verità: abusaste troppo della li- 
bertà ch'io diedi. Ma non di questo; ora andate prima a riacquistare 
col riposo le forze che perdeste >. 


Il giorno dopo così tornò a dire Jurupary : 
« Pur troppo debbo dirvi amare verità, giacchè voi mi vi ob- 
bligate. | | 

« Non avrei mai pensato che vi fosse gente così cattiva come voi. 

« Che un uomo usi della fragilità della donna, è ancora naturale; 
ma che uno ne soddisfaccia cinque, è un fatto nuovo, che solo si vide 
nella terra di Arianda praticato pei riformatori. 

« Se domani sapranno le altre tribù che gli abitanti del Tenuf sono 
gente cattiva, che nulla rispetta, come potranno credere che sono essi, 
che devono riformare gli usi e i costumi di tutta la terra? 

« Se ciò sj ripete, io vi abbandonerò e andrò a cercare un altro 
popolo per educarlo, e non potrà essere che migliore di voi. 

« Abusaste in tal guisa della libertà ch’ io vi diedi, che il dolore 
mi cresce nel cuore e lo riempie d’ ira; e dalle vostre mani non fuggì 
neppure Curàn, la figlia d’ Arianda. | 

« Chi è di voi che deflorò Curan? Nessunoì Chiunque fu si na- 
sconde inutilmente. Io vidi tutto ciò che accadde e Arianda pure lo 
vide. E un nuovo essere è nel seno di Curàn che vedrà il sole come 
noi; e perciò io promisi, che quegli che la violò, avrebbe riparato spo- 
sandola. Non posso lasciar perdere la mia vera parola. Chi fu, si presenti >. 

E siccome non si presentava nessuno, Jurupary tirò dal matiry 
l'ombre del cielo, dove stava dipinto tutto quello che era accaduto, e 
mostrandolo alla sua gente disse: « Qui sta dipinta Curàn, soffrendo 
il suo male e questi è che glielo fa. Chi è? » | 


— 810 +— 

E il giovane che riconobbe la propria figura, abbassò la testa wer 
gognoso. 

« Fui io, fuxdwa, disse Caminda; ma non avrei pensato, che mi 
tosse toccata una così gentile zitella; perchè:non potei vedere la sa. 
bellezza nelle ombre della notte ‘». 

« E sarai tu stesso che ti ammoglierai con Curàn, perchè io 1’ ho 
di già promesso a suo padre: domani avranno luogo gli sponsali e 
dopo termineremo le nostre feste. 

« Ma se i giovani furono reprensibili, non lo furono meno 1 vecchi 
che dimenticarono i proprî anni e vollero soddisfare le donne, quando 
più non lo potevano. 

« Domani assisteremo agli sponsali di Caminda; preparate oggi tutti 
i vostri ornamenti, così all’apparire delle prime allegrezze del cielo par- 
tiremo per la ma/oca di Arianda ». 


Quando rosseggiava l'oriente, Jurupary con la sua gente si diresse alla 
maloca di Arianda, dove già la musica annunziava la prossima festa, e 
gli abitanti ornati di penne erano riuniti davanti alla casa della festa. 

Al giungere, Jurupary disse: « Compagni, questa notte va ad ammo- 
gliarsi il nostro parente Caminda colla bella Curàn. Questo matrimonio 
ci viene ad assicurare il concorso di tutti questi giovani nella riforma 
che dobbiamo fare su questa terra. 

« Sappiate però che niente più voglio dover riparare in tal modo :. 

Finito di dire, Arianda e Jurupary si recarono nella casa fuori del- 
l'abitato a parlare delle future feste e i Tenuiana restarono nella 
casa della danza. 

E i vecchi che erano stati così severamente ripresi da Jurupary, 
rimanevano guardinghi e silenziosi senza pur osare gmardare le Arianda. 

Il giorno era festivo e le donne servivano i cibi e le bevande di 
uso ai Tenuiana e questi mangiavano e bevevano, perchè è mancanza il 
ricusare, cosicchè verso sera i Tenuiana e gli Arianda erano già 
quasi ubbriachi. 

Le donne tentavano approfittare di questo stato per farne la vo- 
lontà loro, ma vecchi e giovani resistevano, ricordando le parole di 
Jurupary. 

Venne la notte e la musica entrò nella casa, precedendo gli sposi 
e i due #uxdwa, cui seguivano gli altri, e si formò la gran ruota e, den- 
tro questa, la ruota degli sposi, e cominciò la musica. 

Quando la ruota degli sposi girava a destra, gli altri seguivano a 
sinistra o al contrario, e continuarono bevendo e danzando fino a mezza 


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— 811 — 
notte. Allora gli sposi, già quasi ubbriachi, furono condotti nella stanza 
nuziale, dove furono lasciati soli alcun tempo. 

Decorso il tempo stabilito dall'uso, gli sposi rientrarono nella gran, 
ruota, dove ricevettero da tutti il saluto del macuhy. 

Quando il giorno spuntava, gli sposi entrarono ancora nella stanza 
nuziale, donde solo dovevano uscire la mezzanotte ventura per terminare, 
il matrimonio. 

Arianda e Jurupary tornarono alla casa fuori dell'abitato, e Arianda 
chiese a Jurupary che non togliesse le ombre del cielo e che desse 
tutta la libertà alla sua gente. 

€ Se tu vuoi così, vai a darla tu stesso >». | 

E Arianda fu per farlo, ma quando giunse presso la casa della 
festa vide che andava a fare cosa inutile e tornò indietro. 

Quando fu mezzanotte i #*xdua tornarono, e gli sposi esciti dalla 
stanza nuziale collocaronsi nel mezzo della grande ruota, dove ricevet- 
tero da cadauno degli assistenti una scudisciata. 

E quando Caminda e Curàn ebbero ricevuta l’ultima scudisciata colla 
liana, su cui il pase aveva soffiato, tornarono nella stanza, donde non do- 
vevano uscire che al mezzogiorno venturo per assistere al grande banchetto. 

I capi sì ritirarono e la festa continuò. 

Quando venne l’ora del grande banchetto, gli sposi ricevettero dalla 
mano dei faxdua le loro corone di penne, e così ornati andarono al 
banchetto a cui tutti assistettero. 

E così furono maritati Caminda e Curàn. 

Il giorno dopo Jurupary e la sua gente tornarono alla propria casa, a 
cui pure tornò Caminda,. che si congedò per tre giorni dalla moglie. 

I due /uxdua avevano stabilito che la festa dell'Jurupary doveva 
cominciare in quello stesso giorno, e che Arianda avrebbe mandate le 
donne a pescare per tre giorni gamberi nell’ygaragé della Mycura (spe- 
cle di sariga). 

Curàn fu l’unica che non vi si recò: era, disse, malata. 

In quel medesimo giorno Arianda partì colla sua gente, per recarsi 
a Jurupary-oca, dove, tosto che la notte fu venuta, cominciò la festa. 

Quando la notte fu a metà, Jurupary pose da lato gli strumenti e 
disse i punti tutti della sua legge, che deve regolare gli usi e costumi 
di tutta la terra. 

E quando ebbe finito disse: « Adesso che già conoscete tutto 
quanto dovete conoscere, vi insegno il canto dell’Jurupary che solamente 
sarà insegnato ai giovani quando saranno ammessi la prima volta nella 
festa degli uomini e sapranno conservar segreto. » 


— 812 — 

E disse ad Arianda: « Lascia iltuo istrumento e accompagna il 
canto, e con te tutti quelli che non hanno strumento accompagnino il 
canto >. 

Curdn, che suo marito e suo padre pensarono restasse nella ma/oca, 
tosto che i suoi uscirono, uscì, li seguì di lontano fino a Jurupary-oca, 
e dalla cima di una pietra che stava vicina ad essi, quando venne la notte, 
vide tutto ciò che succedeva, udì la legge e imparò la musica e il canto 
di Jurupary. 

E quando conobbe tutti i segreti parti, e tornò alla madloca, prima 
del giorno avendo formato in cuore un desiderio che si promise di 
compiere. ° 

Le feste terminarono nel terzo giorno e Jurupary si congedò da 
Arianda. Quando i Tenuiana furono soli Jurupary disse: 

< Sapete che io ho ancora da compiere una promessa nella terra 
del Tenul, e quelli che hanno la loro madre vicino alla mia vi torne- 
ranno con me, perchè dobbiamo compirla insieme. 

« Gli altri possono tornare o rimanere a volontà, poco restandomi 
da insegnare, e quelli che verranno con me rimarranno obbligati ad 
insegnare poi agli altri ciò che ancora manca. 

« Noi partiremo quando apparirà la luna ». 

Tosto che apparve la luna Jurupary ordinò ai suoi compagni di 
sedersi sulla stuoja di naruman; quindi partirono, e quando giunsero 
di gran mattino nella ma/oca non vi incontrarono nessuno. 

Solamente incontrarono in tutte le casa osse di bambini, e in 
quella di Jurupary una camera piena di capelli di donne. 

I compagni di Jurupary domandarono: « Cosa significa cid? » 

« Dopo di aver compiuta’ la nostra promessa conterò ciò che 
accadde: voglio avere il cuore vuoto di collera per poter piangere. 

« Oggi è la notte delle malvagità della luna, e prima che essa ap- 
paja, bruciate tutte le ossa che stanno nelle case, e portatemi le loro 
ceneri per berle nel cachsry. 

« Io vo a fare le nostre vestimenta, acciò che le nostre madri non 
ci conoscano quando saremo a piangere vicino a loro, coi capelli che 
le donne ci hanno lasciati, e farò i due istrumenti che devono piangere 
con noi e saranno suonati da me e da Caryda, che ho prescelto per 
accompagnarmi per tutta la terra. 

« Quando la luna starà commovendo le donne, venite qui per pre- 
parare le nostre bevande e per salire sulla vetta della montagna ». 

Così fu fatto, e dopo avere ridotte le ossa in ceneri, le mischia- 
rono col cackiry, e quando tutto fu pronto disse Jurupary : | 


N ar 


— 813 —- 

« È giunta 1!’ ora di compiere la nostra. promessa : beviamo le ceneri 
dei nostri parenti, perchè non si perdano nel seno della terra; e .tu 
Caryda prendi il tuo istrumento, vestiamoci tutti di queste vesti fatte 
di capelli, perchè le nostre.madri non ci riconoscano, e andiamo là dove 
stanno, a piangere >. 

E Jurupary e Caryda in piedi dinanzi alle loro madri suonarono la 
miarcia dei morti, e i loro compagni li accompagnavano piangendo in- 
manzi alle proprie madri. 

Quando la luna diminuì la sue malvagità, i corpi di quelle donne 
- sì inclinarono verso la terra fino a distendervisi, e Jurupary disse: 

« Compagni, la nostra missione è finita, che cadauno sotterri la pro- 
pria madre >». | | 

Jurupary prese il corpo di sua madre, volò con quello sulla serra 
di Marubitena e ve lo lasciò dicendo: « Io ti lascio su questa monta- 
gua, perchè tu sia utile a tutti e dal tuo corpo nascano piante- pre- 
ziose, che servano di medicina agli amori infelici ». 

_ Quando apparve il sole tutto era silenzio e triste nella Serra del 
Tenui. | 


Fu col sole del terzo giorno che Jurupary diede il segnale per 
riunirsi. ce 
« Ora raccunterò, disse, ciò che successe durante la nostra assenza. 

« Il giorno dopo della nostra partenza per l’Aiary, le donne ci 
cercarono per tutte le parti, tristi e disperate per la nostra sparizione. 

« Nessuna sapeva la direzione che avevamo presa e si riunirono 
tutte per prendere una risoluzione. 

« Arauyry, giovane astuta e piena di cattiveria, disse: « Giacchè gli 
uomini ci fuggono senza motivo e senza dirne nulla, vuol dire che qui non 
rimettono più i piedi; e per ciò, per non propagare questa razza di uo- 
mini senza amore, senza cuore, dico che si uccidano tutti i fanciulli 
maschi >. 

« E Pesparen aggiunse: « Non solo è d’uopo uccidere tutti i 
maschi di questi uomini ingrati, ma tagliare i nostri capelli, che ancora 
conservano l'odore delle labbra di quei traditori, e depositarli tutti in. 
casa di Jurupary} cercheremo poi un nuovo destino. 

« Nuré che aveva più di un uomo e tra questi Caryda disse: » 
Tutto è buono; ma perchè non resti nessuno portiamo con noi anche le 
nostre parenti di pietra e con esse Sency ». 

« Saén, giovane ardente cd eccessiva, propose in fine, di ridursi 
nella impossibilità, mediante una operazione, di cedere ancora ad uomo. 


— 814.— 

« E tutto fu approvato, e la prima cosa che tentarono fu di to- 
gliere le nostre madri, ma non lo poterono; allora si tagliarono i ca- 
pelli che furono depositati qui, uccisero tutti i maschi, e incise le labbra, 
le unirono con resina di senany, perchè si chiudessero. 

« Ed ora esse vanno discendendo il fiume a caso, senza aver altra. 
guida che la corrente. 

« Sappiate adesso che gli strumenti che servono a piangere i morti, 
devono essere suonati solamente dal fa: e dal /uxdua, quando pian- 
gerete i parenti e berrete le loro ceneri ». 

E allora Jurupary sentì qualche cosa muoversi nel matiry, vi posè 
dentro la mano e sentì qualche cosa che gli feriva le dita: 

« Compagni siamo traditi | » 

E domandando i compagni chi li aveva traditi, egli tolse dal matry 
una delle ombre del cielo e vide Curdn con tutte le donne Arianda fare 
il dabucury e suonare e cantare la musica e il canto della festa degli 
uomini, Tolse quindi in mano un'altra pietra, in cui tutto restava di- 
pinto, e vide Curàn che, dall’ alto della pietra, assisteva a tutta la festa. 
E pieno di tristezza così parlò : 

« Vi potrà essere mai sulla terra una donna realmente giudiziosa ? 

« Curàn, che tutti pensavano fosse restata malata in casa, assistè a 
tutta la nostra festa. Io e Caryda partiamo già ». 

« E noi che faremo senza di te? » 

« Andate per tutta la tetra a insegnare la legge, la musica e il 
canto di Jurupary. . 

« Caryda, assicurati bene alle mie spalle, perchè noi andiamo a ca- 
dere nella terra degli Arianda ». 

E Caryda domandò : « Che debbo fare quando saremo arrivati? » 

< Hai da cangiarti in insetto ed entrare nello strumento che Curàn - 
starà suonando e rodere tutta la cera che li dà la voce ». 

E nello stesso tempo gli diede un talismano, perchè se lo mettesse 
nel naso, quando si tramutasse in insetto. 

Caminda al ritorno nella ma/oca incontrò Curàn già guarita. 

Arianda che era adesso il riformatore dei vecchi usi e costumi della 
sua terra, ordinò ai fizif che li insegnassero, ma in modo che giammai 
le donne sospettassero che quella era opera di Jurupary. 

Ora Curàn un giorno riunì tutte le donne lontano dalla madloca, € 
loro svelò il segreto di Jurupary, e disse come erano gli strumenti ¢' 
cantò la musica e il canto di Jurupary. 

<« Ed è per questo, concluse, che gli uomini tralasciarono di fare 
la nostra volontà. 


as 


— 81 5— 

« Perché essi possano credere che noi non sappiamo niente, andiamo 
ad organizzare anche noi il nostro Jurupary e fare la nostra festa, che 
deve essere inaugurata con un dadbucury di tapioca. D'ora innanzi tutte 
le sere dobbiamo riunirci qui per imparare il canto di Jurupary, fino a 
tanto che io non possa rubare lo strumento, che mio marito ha nascosto. 

« Questa stessa notte quando egli uscirà io lo seguirò, per sapere dove 
egli va, e se io lo scopro, domani stesso avremo i nostri istrumenti fatti 
sul modello di quello: ma sopratutto segretezza ». 

I vecchi, che erano disprezzati dai loro compagni, risolvettero ab- 
bandonarli e riunirsi alle Nuibas. | 

Tosto che venne la notte, ricorsero ai loro amuleti, e volarono alla 


_ terra dove fu punito Ualri e quando passarono pel luogo dove fu 


bruciato, furono presi a sassate dalla sua ombra. 
In quella stessa notte Curàn, quando Caminda venne, finse di 
dormire. 

E quando, avendola vista cogli occhi chiusi, Caminda uscì di casa, 
Curàn lo seguì fino a dove l’acque della cascata riposano, e dove 
Caminda aveva nascosto il suo strumento. 

Allora, già sapendo quanto desiderava, tornò a casa. Quando stava 
per entrare si udì chiamare, si voltò, e vide un bel giovane che le faceva 
segno come se le volesse parlare. 

Ella lo seguì ed egli la condusse in un luogo appartato, dove le 
si offrì per fare gli strumenti, dicendole che era indispensabile che fosse 
rubato quello di Caminda, perchè fossero completi. 

E Curàn, affascinata dalla bellezza del giovane, non gli domandò 
neppure chi era, gli chiese solo quando lo avrebbe rivisto. 

« Domani nello stesso luogo per consegnarti gli strumenti ». 

Quando essa fu tornata nella sua amaca, addormentossi subito, e sognò 
tutta la notte la grande festa in cui era principal suonatore il bel gio- 
vane, che le aveva promessi gli strumenti. 

Venuta la mattina, raccontò tosto alle compagne ch’ella aveva per 
suonatore un bel giovane, che tutto stava pronto, che preparassero i 
pani di tapioca per il daducury, che doveva essere nel giorno seguente. 

Tornò la notte, e Caminda si recò a vedere il suo istrumento, e 
Curàn a trovare il giovane, che tosto le diede gli strumenti uguali a 


quelli di Jurupary, non mancandovene che uno, ,e.dandoglieli disse : 


« Ecco quello che ti promisi, non vi manca che un solo istru- 
mento, ma tu sai dove prenderlo ». a 

« Non vieni con noi? »' ) 

« La festa è solamente di donne, e non sarebbe bello. chei io là fossi >. 


4 


— 816 — 

« Almeno vieni a bere il cachiry con noi, perchè io voglio farti 
conoscere alle mie compagne >. 

« Io verrò con i tuoi conviventi, ma non dire a nessuno che fui 
io che ti diedi gli strumenti ». 

e Qual è il tuo nome? » 

« Cudeabuma (spirito maligno, in pamary) ». 

« E di che luogo sei figlio? » 

« Della terra delle ceneri. Ma vattene che tuo marito viene. Domani 
quando il sole starà a piombo, va a cercare il suo strumento, e fate 
subito il dabucury accompagnato colla musica e il canto di Jurupary ». 

E il giovane sparì nelle ombre della notte e Curàn tornò a casa, 
dove Caminda la trovò, tornando più tardi, ancora sveglia e pensosa, 
cosicchè le chiese che aveva. 

« Mi ero svegliata e ti avevo cercato nella amaca, ma tu non vi 
eri e dubitai che tu mi avessi fuggita ». 

« Non ho motivo per fuggirti; era appena andato a vedere uscire 
la luna, che oggi viene a rimescolare tutte le donne ». 

« Se tu sei geloso della luna, vieni nell’amaca con me a difen- 
dermi ». 

E Caminda si coricò con sua moglie. Ora avvenne che durante la 
notte Curàn soguasse Cudeabuma e lo chiamasse abbracciando Caminda, 
e che questi udisse tutto. 

Quando però si alzò di mattina non disse nulla, pensando che 
fosse la luna che fosse entrata in Curàn ad onta che egli volesse im- 
pedirlo. 

Quando il sole giunse a mezzo del cielo, gli Arianda udirono la 
musica e il canto dell’Jurupary e corsero tutti per vedere chi era che 
veniva suonando, e videro le donne che venivano dal porto, le une -suo- 
nando le altre cantando, e tutte portavano sulle spalle dei panieri ca- 
richi di tapioca. 

Quando fu coi suoi a vedere se i propri istrumenti stavano dove 
li avevano lasciati e tutti li ritrovarono al posto, Caminda solo non 
trovò il proprio. | 

Tutti stavano immobili dinanzi a quella grande profanazione, e nes- 
suno rispose a Caminda che domandava chi aveva preso il suo istru- 
mento. Allora egli volle gettarsi sopra Curàn per ucciderla ed eseguire 
così la legge di Jurupary, ma Arianda lo impedì e disse: 

« Non credo che il tuo strumento sia tra quelli che stanno suo- 
nando: va e cerca meglio che tu devi incontrarlo >. 

E Caminda tornò alla cascata e cercò il suo strumento. 


— $yx _— 

In quell’ istante lo strumento di Curàn cominciò a poco a poco 
a perdere la voce, fino a che non si tacque del tutto. 

E in mezzo alle danzatrici si alzò un gran fumo che le fece im- 
pazzire, e ridevano e non sapevano perchè. 

Tra quelle stavano Jurupary e Caryda che tosto tolsero loro di 
mano gli strumenti, lanciandoli al fuoco. 

Jurupary rese a Caminda lo strumento che gli apparteneva e gli 
disse: 

« Non ti fidare mai nelle donne. Se tu avessi fatto andare Curan 
a pescare colle altre, non accadrebbe cià che stiamo vedendo. — 

« Essa assistè dalla cima di una pietra a tutta la festa degli uomini 
e soltanto si ritirò di mattina, già conoscendo tutti i nostri segreti. 

« Curàn rubò lo strumento di Caminda, perchè egli non lo seppe 
nascondere come fecero i suoi compagni; ora voglio sapere chi le diede 
gli altri, e lo saprò perchè nulla mi è occulto >. 

Jurupary tolse dal mafiry le ombre del cielo, e in esse vide raffi- 
gurato Cudeabumà che si rideva e disse: 

« Ecco adesso queste cattive ombre sulla terra per portare la ruina 
delle donne! » 

« E chi sono? » 

« Uacten mascan >. - 

« Quelle che nacquero dalle ceneri di Ualri? » 

« Quelle stesse ». 

« E come dobbiamo fare per far dimenticare a queste disgraziate il 
delitto che commisero ? » 

« Distruggere le vestigia del loro delitto >». 

« Ma le ombre d'Ualri torneranno a tentarle >». 

« Le tenteranno sempre, fino a che la terra non muoja. Quando 
giunga la notte, affumicate con pepe tutte le case per far fuggire le 
ombre, e gettate nel fiume i panieri di tapioca e gli ornamenti di penne, 
e domani quando le donne si sveglieranno fate loro una fumigazione di 
sicanid >. 

Arianda domandò a Jurupary di restare ancora una luna per in- 
segnare a quelle donne il cammino per dove dovevano andare. 

« E perchè non lo fai tu? Osserva e fa osservare la mia legge, però 
mi fingerò per tutti un pas? e resterò ancora mezza luna con te ». 

Il giorno dopo fu Jurupary stesso che svegliò tutte le donne, le 
quali appena svegliate volevano afferrarlo; ma Jurupary sfuggiva subito loro. 

Egli, mutato in pase, le riunì tutte e parlò loro così: 

« Se non fosse la compassione che voi mi ispirate, io non vorrei 


— 818 — 
prevenirvi della sentenza che pesa su di voi, provocata dalle vostre 
pazzie. Nella mente del fuxdua voi siete già condannate a morire, per- 
chè mancaste alle leggi del Sole. 
| —« Da oggi a tre giorni io vi dirò tutto ciò che dovete fare per 
-. isfuggire all'ira del nostro fuxdwa. » 

E molte dissero : « Perchè non ce lo dici adesso? » 

« Perchè impariate a sapere attendere e ad aver pazienza >. 

E quando giunse il terzo giorno Jurupary le riunì e disse: 

« Mi faccio adesso a darvi le norme della vostra condotta. 

« È il Sole che le ha mandate e si chiamano le leggi di Jurupary a 
cui sono soggetti uomini e donne; chi non le compia sarà condannato 
a morire. 

« Per ciò, se volete vivere in pace sopra la terra, dovete ubbidire 
a queste leggi ». 

E le donne dissero: « Dinne queste leggi, perchè le possiamo 
osservare 3. . 

« Eccovele, disse Jurupary »: 

« Una donna, per esser buona, non deve maritarsi che con un 
uomo solo e vivere con lui fino alla morte ed essergli fedele e non 
tradirlo per nessuna ragione: non deve desiderare di sapere i segreti 
degli uomini, nè ciò che accade tra gli altri: non deve desiderare, nè 
sperimentare ciò che le paja appetitoso: deve digiunare una luna intiera 
fino a che Jurupary non abbia preparati i cibi che le sono destinati: 
non cedere alle ombre che nacquero d’ Ualri e che sempre vanno pro- 
tette dalla notte. 

« Sono queste le principali cose che d’ ora inuanzi dgvrete os- 
servare scrupolosamente per non cadere un’ altra volta nell'ira del /w- 
xdua, e le cose che ancora mancano ve le dirò più tardi ». 

Ed esse gli promisero di obbedirlo in tutto, e già più non si ricor- 
davano di ciò che era accaduto. 


Dopo ciò Jurupary si recò con Arianda e Caryda nella casa ap- 
partata, e là cessò il suo travestimento. | 

« Già dissi alle tue donne le principali cose che hanno da sapere, 
e promisi che ad ogni malvagità di luna avrebbe ad esservi una riu- 
nione in cui i faif insegneranno loro le cose che ancora mancano: ora 
chiama i tuoi fasf e di loro |’ obbligo che hanno, e fa che lo compiano, 
.e tutto andrà per il meglio. 

« Quando esse si saranno convinte dei pericoli che corrono, non 
osservando le. nostre. leggi, tu potrai eseguirle liberamente e fare le 


— 819 — 
feste degli uomini, qui nella stessa ma/oca, perchè esse non vorranno 
esporsi a perdere la vita. E se qualcuna non ubbidirà, uccidila alla vista 
di tutte, per esempio delle compagne. 

e Caryda oggi stesso ti insegnerà la musica dei morti, che dovrà 
essere eseguita il giorno in cui dovrai piangere quelli che morirono, 
e quando ne berrai le ceneri. 

« Prendi questi ornamenti e questa maschera che solamente userai 
in quei giorni, ma che non potranno vestire che il fuxdua e il fail >. 

Le donne intanto non osavano neanche uscire di .casa per paura 
di fare qualche cosa di male. 

Ma Curan, che era astuta e piena di audacia, passava i giorni in- 
tieri sulla cascata, seduta sopra una pietra colla testa fra le mani. 

+ Caminda andava tutte le sere a prenderla per ricondurla in casa; 
ma una sera non la ritrovò più lì, e disperato riuni tutti gli uomini del 
villaggio e si pose a ricercarla, ma inutilmente, e sino ad oggi nessuno 
sa il destino che ebbe. I più però credettero che l’avesse portata nel 
fondo delle acque il Gran Serpente; anzi raccontano che da quel giorno 
a mezza notte nel mezzo della cascata di Nusquè-buscà. apparisce una 
bellissima donna dai capelli neri, e dopo aver cantato la musica e il 
canto del Jurupary, sparisce un’ altra volta nelle acque. 


Prima che venisse I’ ora della malvagità della luna, Caryda fu assa- 
lito da due fanand (grossi grilli, che devono il loro nome a tal grido, 
in nehengatù), che si gettavano su di lui colla forza di un curddy (freccia 
da lanciarsi a mano sempre avvelenata, in nehengatù). 

‘Caryda fuggì dove si trovava Jurupary, ma là pure lo inseguirono : 
i fananà. 

E allora Jurupary, vedendo Caryda perseguitato, così disse: « Siamo ‘ 
traditi un’ altra volta ». Tolse le ombre del cielo e vide due dei vecchi 
Tenuiana che cantavan e suonavan la musica e il canto di Juripary i In 
mezzo a donne. 

« Caryda assicurati fortemente a me, perchè dobbiamo partire ». 

E volarono nella direzione della maloca-nunuiba e con essi vola- 
rono anche i ‘anand. Jurupary. tentò prenderli, ma quelli gli sparirono 
dinanzi. 

E Caryda, domandò: « Dove andiamo? >. 

« A punire i due traditori >. 

« Erano essi i due /aranà? >». 

« No, ma furono. i loro padroni che mi mandarono a spiare >. 

é Allora essi già sono là e i vecchi hanno tempo di nascondersi » 


— 820 — 

« E dove potranno nascondersi che io non lo sappia? Che essi si 
nascondano in seno alle acque o in seno della terra o nell’ aria, io li 
ritroverò sempre ». 

E intanto passavano sul luogo dove già fu Jurupary-oca, e Jurupary 
domandò a Caryda: 

« Dove è la tua pussanga? >. 

« Eccola qua >. 

« Dammela, e prendi quest’ altra con cui inseguirai uno dei traditori 
fino ad ucciderlo: e qualunque cosa che tu vorrai fare, lo potrai, se 
mettendola nel naso conserverai nel cuore la volontà di ciò che 
vuoi fare >. 

E Jurupary consultò l’ombre del cielo e vide i traditori già fug- 
genti l’uno in forma di tapiro e l’altro in forma di verme, entrare 
nella fessura di una pietra. 

« Io vo dietro al tapiro e tua questo. » E Jurupary si tramutò tosto 
in un grande gtaguar, seguendo le orme del tapiro colla velocità di una 
freccia, e Caryda si mutò in fafa ed entrò per la fessura della pietra 
dietro al verme. 

. Quando Jurupary giunse al Fiume Inambi, già il tapiro era passato 
sull’ altra riva, e siccome egli non poteva bagnare il suo mafiry tornò 
uomo e passò il fiume. Ma quando fu anch' esso dall’ altro lato, il tapiro 
s'era mutato in cujudy e volava in direzione del Fiume Issana, ed egli 
si trasformò tosto in un piccolo e leggiero falco e gli fu dietro. 

Quando giunse sulla sponda del fiume, il cujudy si era fatto un grande 
serpente e nascostosi nell’ acqua, e Jurupary che non poteva bagnare il 
matiry nè separarsene, risolvette prendere il serpente per mezzo di un 
cacury. 

A tale scopo fece con un'isola uno dei lati del cacury econ sassi 
ammonticchiati il resto, lasciando nel mezzo passaggio libero per dove 
doveva entrare il serpente; e per essere avvertito, quando entrasse, vi 
pose di guardia un caucao. 

Quando tutto fu pronto, Jurupary tornò al luogo dove stava il ser- 
pente e gettò nell'acqua una buona quantità di: pepe. 

Tosto che il serpente sentì il bruciore del pepe, scese giù nel 
fiume e quando era già per entrare nel cacury il caucao diede il se- 
gnale facendo un gran fracasso. 

Il serpente l'udì e volendo sapere che cosa era si mutò in rospo, 
e venne alla superficie dell'acqua ; allora Jurupary gli gettò alla testa 
un amuleto, che lo mutò in pietra. 

Dopo aver consumata questa vendetta, parti alla ricerca di Caryda, ¢ 





— 821 — 
quando giunse alla montagna e vide l’apertura che s’ addentrava nella 
terra, dubitando della poca esperienza di lui, consultò |’ ombra del 
cielo e vide che il verme già stava nel Rio Cuduiary, mutato in cicala. 
Cambiatosi allora in diund (piccolo falco, però arditissimo) fu subito a 
quella volta e là ritrovò che la cicala cantava sulla pietra e sull’ istante 
la mutò in musco. | | 

Tornò quindi a cercare Caryda, che era intanto entrato quasi al 
centro della terra per rintracciarvi il verme, e siccome non poteva udirlo 
perchè stava molto lontano, gettò dentro alla fenditura un poco di pol- 
vere che si mutò tosto in formiche, le quali disparvero dentro della fen- 
ditura. 

Caryda, morso dalle formiche, venne fuori e Jurupary gli domandò 
dove era il suo nemico, ed egli rispose: 

« Credo che le formiche lo abbiano mangiato ». 

« Sei certo della sua morte ? » 

« Non lo sono, ma suppongo ». 

« Ebbene, andiamo a vedere se è la verità ciò che mi dici ». E 
prese l'ombra del cielo e gli mostrò il vecchio mutato in musco e gli 
chiese: « Perchè non ricorresti alla tua pietra? » 

« Perchè non mi pensai che un verme fosse capace di ingannare 
un #2fà. Ma adesso ti prego di dirmi come questi due vecchi discopri- 
rono alle donne i nostri segreti. » 

« Tutte le donne sono curiose, e dal giorno in cui condussi lon- 
tano dalla nostra casa le donne, che furono la disgrazia di Ualri, esse 
non lasciano mai di investigare il motivo della nostra sparizione, 

« Questi due vecchi tornarono nella terra di Nunuiba per insegnare 
la nostra legge, e le donne tosto che giunsero, si posero loro attorno per 
sapere quello che volevano, e siccome essi erano deboli per resistere, così 
insegnarono loro tutti i nostri segreti e la musica e il canto di Jurupary. 

« Ma dubitando poi che io non ne sapessi qualcosa, mandarono 1 
loro amuleti perchè gli avvertissero quando mi approssimassi loro, e se 
non fossero stati avvisati in tempo sarebbero stati castigati lo stesso. 

« Le donne non sanno nulla di ciò che è accaduto; pensano solo 
che i vecchi si sieno nascosti per non accompagnarle nelle feste ». 

« E cosa fanno i due che sono restati là? » 

« Insegnano al #uxdua e ai paid la musica e il canto di Jurupary ». 


A Jurupary non piaceva sapere in anticipazione ciò che stava per 
accadere, così non sapeva ciò che accadeva degli altri due vecchi re- 
stati tra i Nunuiba. 


— 822 — 

Le Nunuiba vedendo che i due vecchi non apparivano, furono a 
sedurre con ogni sorta di artifizî i. due che restavano, perchè finissero 
di insegnare loro la musica e il canto di Jurupary. 

Miuà, la più esperta neli’arte della dolcezza, fece sì che essi ce- 
dessero e promettessero tutti i segreti di Jurupary e di dar loro gli stru 
menti. 

‘Una promessa si compie; il giorno dopo i vecchi completarono gli 
strumenti per potere incominciare la festa nella notte. 

Quando venne la sera, tutte le donne della ma/oca nunuiba stavano 
riunite nella sala della festa, e i due vecchi cominciarono a suonare 1 
loro strumenti colle donne e quelli che non avevano strumenti accom- 
pagnavano col canto. 

Il fexdua Nunuiba con la sua gente stava vedendo la festa, e sup- 
poneva che quella tal legge dell’Jurupary fosse una menzogna inventata 
dai due vecchi e così diceva colla sua gente. 

« Non vedete come costoro ci volevano ingannare con Jurupary ? 
Ieri ci dicevano che tutto ciò doveva essere un segreto per le donne 
e oggi sono essi che lo insegnano loro. 

« Se fosse vero che il sole mandò Jurupary per darci leggi, non 
sarebbero loro i primi a disobbedirle? » 

Ma allora il pas? disse: « In verità l’Jurupary esiste, ed esistono 
queste leggi e prima o poi lo conoscerete anche voi: e cotesti due 
non sono che due violatori delle sue leggi e hanno da pagar ben cara 
la propria condiscendenza >. 

Ora nella terza notte, quando già stava diminuendo |’ ubbriachezza, 
1 due vecchi si ricordarono del delitto che stavano commettendo, ed 
immediatamente fuggirono dalla sala e si nascosero nella foresta, perchè 
conobbero che il castigo già veniva avvicinandosi. 

E Nunuiba e i suoi vedendoli fuggire, domandarono al paid: « Per- 
chè fuggono? » 

« Perchè Jurupary viene per castigarli. » 

Allora -tutti videro un gran fumo bianco alzarsi nel mezzo della 
sala, e tosto gli strumenti restarono senza voce, e senza voce restarono 
le cantatrici e tutti rimasero nella posizione in cui si trovavano. 

E quelle che danzavano, continuavano a danzare, e quelle che 
suonavano facevano come se suonassero, ma tutte restavano in un pro- 
fondo silenzio. 

Dimandò Nunuiba al fai? : « Che è ciò? » 

« Il castigo di Jurupary. » 

» E dove è egli? » 





- =. 


— 823 — 

« Nella foresta, cacciando i traditori ». 

E in quel momento si udirono ‘ grandi risate da tutti i lati, e 
tutti domandarono : 

« Chi sono costoro che si ridono delle nostre disgrazie? » 

«© Gli Uacten-mascan che stanno godendo del castigo che Jurupary 
dà ‘alle nostre donne che causarono la perdita di Ualri. Già non vi 
ricordate di Ualri, che sul rogo disse che sarebbe presto vendicato. 
Diadue fu la prima di cui si vendicò, e queste che furono anch’ esse 
sue complici, pagano adesso. » 

E Nunuiba domandò al faz se non poteva rimediare a tanti mali. 

« Non mi metterò giammai contro il figlio del Sole. È più facile 
che mi scaraventi contro una pietra, che far male a Jurupary, che è 
troppo più forte di me >. 

Intanto Jurupary e Caryda correvano, mutati in cani, dietro ai fug- - 
gitivi, che si erano mutati in ay, e quando già stavano per raggiun- 
gerli, questi si mutarono in uccelli, proseguendo lungo la corrente 
del fiume. | 

« Caryda, gridò Jurupary, i nostri nemici già volano come uccelli, 
voliamo anche noi dietro a loro >. 

Ed entrambi volarono, mutati in leggeri uccelletti, e quando già 
stavano per raggiungerli i due si cangiarono in granelli di pietra, co 
sicchè li perdettero di-vista, e furono obbligati di fermarsi sopra una 
pietra, dove Jurupary, tolta l'ombra del cielo, vide che l’uno già correva 
mutato in cervo e l'altro si era nascosto nel fiume mutato in granchio. 

E disse Jurupary: « Tu insegui questo, io inseguirò il cervo >. 

E Jurupary volò come aquila e corse dietro al cervo e lo raggiunse 
quando giungeva al fiume, e lì stesso gli cacciò gli artigli dentro le 
carni e lo mutò in pietra. 

Intanto Caryda si era gettato dentro l’acqua, mutato in lontra, e 
il granchio, tosto che sentì la lontra, si mutò in prrakfua grande, e venne 
incontro della lontra, e siccome questa non ebbe tempo di mutarsi, fu 
inghiottita. 

Caryda, già dentro la pancia della fira4fua (grosso pesce), si ri- 
deva della placidezza con cui questa rimontava il fiume. Giunti dove 
l’acqua dorme al piede della cascata, si mutò di lontra in porcospino, 
così che la povera pirahiua cominciò a dar salti disperati fino a che 
non fu ad incagliare sull’ arena, dove morì. : 

Allora Caryda uscì dal ventre della pirahtiua, ridendo per averla 
così bene ingannata, e vedendo Jurupary che seduto su di una pietra, 
assisteva alla morte dell’ ultimo traditore, gli disse : 


— 82 4 — 

« Ti hanno divertito gli ultimi salti che dava la pirahiua, intanto 
che io le foracchiava il yentre? ». 

« Moltissimo. Dov’ è la tua pussanga? >». 

« Eccola ». 

« Sta bene. Ora ritorniamo dove abbiamo lasciato le Nunuiba quasi 
pazze, che a quest'ora devono essere mezze morte di sete e di fame. 
Tu mutati in un piccolo falco, e io mi muterò in maccary e quando 
giungeremo alla sala della festa ci andremo a posare in cima della 
trave maestra >. 


Nunuiba e i suoi erano disperati vedendo lo stato lameptevole in 
cui erano ridotte le loro donne. 

Solo il fa:è stava tranquillo e non rispondeva alle domande che gli 
facevano, fumando il suo sigaro e annasando grandi prese di caraiurò, e 
di tempo in tempo guardava ad oriente come se aspettasse qualcheduno. 

Le risate che venivano dalla vicina foresta, miste a fischi, face- 
vano perdere vie più la testa agli uomini, dinanzi a quel triste quadro, 
e Nunuiba si afferrò al fas e gridò: 

« Perchè non andiamo a uccidere quelle ombre che ci scherniscono 
con i loro fischi e le loro risate? » 

E il fait rispose: « Pensi dunque che le tue frecce possano raggiun- 
gere alcuna di quelle ombre? Ti ho già detto che solo Jurupary ha il 
potere di far tacere queste ombre e di restituire la ragione alle donne 
e insegnare a far loro rispettare la sua legge >». 

In questo istante entrarono in casa il falchetto ed il maccary, che 
andarono a posarsi sulla trave maestra. 

E i guerrieri che portavano le armi, incrociarono gli strali per far 
bersaglio sugli uccelli, ma quando, traendo la mano al petto, stavano per 
iscoccare, restarono come inerti in quella medesima posizione; non sì 
udiva che il loro respiro, e le risate e i fischi nella foresta cessarono. 

Allora Jurupary e Caryda scesero con un salto nel mezzo della 
sala e così Jurupary parlò dirigendosi al “exdua e al part: 

« Togliete gli strumenti e gli ornamenti di penne da queste donne 
e bruciate tutto ». 

E quelli ubbidirono e, quando fu fatto, continuò: 

« Conducetele adesso a mangiare, poi tornate ad udirmi tosto che 
le avrete lasciate nelle loro amache a dormire ». 

E quando ebbero fatto, e tornarono, Jurupary continuò: 

« Adesso che stiamo soli, dovete udire ciò che vi resta a fare € 
quali leggi avete da compiere d'ora innanzi sulla terra. 


— 825 — 

« Tu, Caryda, conduci questi uomini sulla sponda del fiume, acciò 
vi si tuffino e ne estraggano i resti dell’ ossa di Uairi, per preparare gli 
strumenti con cui questa notte si possa insegnare il canto e la musica 
dell’ Jurupary >. 

E voltandosi allora verso Nunuiba, così continuò : « Tu appartieni a 
quella gente che fino ad oggi mi ha sempre tradito, e i tuoi seguono il 
tuo esempio. 

« Io veggo in te l’impazienza e la svergognatezza e la malvagità 
tutta di quei vecchi che mi tradirono qui, ma che già furono castigati. 

« Tu pensavi che io non conoscessi ciò che tu nutrivi contro di 
me nel fondo del tuo cuore, quando punii le tue donne? 

« Credi che io non sappia che tu chiedesti al pas, se egli poteva 
por riparo ai mali che cadevano sui tuoi, minacciandolo per fino, per 
ottenere ciò che non poteva fare, sordo a tutti i consigli ch’ egli pure 
ti dava? 

« Ma io non voglio punirti per le minaccie che mi facesti, armando 
i tuoi guerrieri contro di me e ti insegnerò oggi stesso la legge, la mu- 
sica e il canto dell’Jurupary, per mutare gli usi e i costumi dei tuoi, 
che sono cattivi,e perciò tosto che venga la notte, che tu e i tuoi si 
riuniscano tutti in questa casa ». 

Caryda, appena giunse al fiume, mandò a tuffarsi i guerrieri, e 
questi incontrarono tosto i resti dell’ ossa d’ Ualri ancora nel medesimo 
luogo, abbasso della cascata, e quando quei resti furono tratti a terra, 
Caryda li tagliò secondo la legge e ne fece strumenti eguali ai primi. 

Già il sole era al tramonto, quando giunsero alla casa dove stava 
Jurupary, e allora questo finì gli strumenti, che pose in piedi intorno 
alla sala. 

E quando ebbe fatto, disse a Nunuiba: 

« Manda i tuoi a mangiare e quando avranno finito, ordina che tor- 
nino qui ». x 

E tosto i Nunuiba sentirono una gran fame, perchè era dal prin- 
cipio della danza delle donne, che non avevano mangiato. 

Quando la notte coprì la terra, gli strumenti cominciarono a suo- 
nare da sè la musica dellJurupary e Nunuiba e la sua gente restarono 
meravigliati di udirli. 

Jurupary allora venne in mezzo alla sala e disse così: 

« Tutti potevano dubitare delle parole di quei vecchi insensati che 
mentivano le proprie parole, insegnando ciò che non dovevano alle 
donne, ma non dovevano dubitare del pasé che alla sua volta confer- 
mava l’esistenza della legge dell’ Jurupary. 


‘loro. 


— 826 — 
« Se non fosse che la tua vecchiaja, o fux@#a, impone tanto rispetto 
ai tuoi, essi non avrebbero mai osato di rivolgere le loro frecce 
contro di me e avrebbero ascoltato senza dubitare ciò che il pasé diceva 


« Tu appartieni ancora a quella gente che pensa che nessuno le può 
stare innanzi, Ma, in verità ti dico che se non cambi di pensiero sì 


giorno di domani non ti apparterrà >. 
E Nunuiba rispose: « Come posso disobbedire, se mi hai al tuo 


lato pronto a fare ciò che dirai? » 
_ © Tutti mi obbediscono sempre quando sono sotto la mia vista, 
per disobbedirmi appena che ho voltato le spalle ». 
E allora fece conoscere tutti i punti della sua legge e dopo insegnò 


la musica e il canto di Jurupary. 

E quando colla prima luce del giorno terminò la festa, Juru- 
pary disse: 

« Adesso che già conoscono la mia legge con cui si devono cam- 
biare tutti gli usi e i costumi della terra, il gasé faccia respirare il 
fumo del suo sigaro alle donne che stanno dormendo, ed esse si sve- 
glieranno senza ricordarsi delle pazzie che commisero e che fecero 
commettere ». 

E avendo Jurupary sciolta la riunione, il pasé fu a svegliare le 
donne con il fumo del suo sigaro. 

Esse restarono pazze tre giorni e tre notti senza conoscere nessuno, 
€ quando tornò loro la ragione non si ricordavano più ciò che era 
accaduto, nè la festa nè il castigo che ne fu la conseguenza. 

Il past da quel giorno fu sempre udito ed obbedito in tutto el 


per tutto. 


Dopo la profanazione commessa da Curàn, i Tenuiana che erano 


restati nel paese di Arianda partirono per diversi punti della terra, 


Quelli che si diressero ad oriente, incontrarono tosto una maloca di 
@ 


gente molto bella. 
Il costume del luogo era di scegliere per f¢uxdua il più bello della 


tribù, fosse questo uomo o donna, ed in quel tempo era stata eletta 
Naruna, bellissima donna. 
Ora anche tra i Tenuiana vi era un bellissimo giovane per 


nome Date. 
Naruna, quando lo vide, gli propose che la sposasse per diventare 


così fuxdua della terra. 
E fu così che essa parlò a Dite: 


— 827 — 


Db = « Io voglio essere tua moglie, perché sei il più bel giovane che siami 

vo È apparso fino ad’ ora, e per questa ragione tu mi appartieni ». 

all Date, ‘che non sapeva che via prendere per mutare i costumi del 
luogo secondo le leggi di Jurupary, accettò l'offerta di Naruna per poter 

no it: meglio introdurle. © 

pst « Il nostro matrimonio avrà luogo la notte delle malvagità della 
luna, perchè in quel tempo tutta la mia gente sarà qui riunita. 

a: « Intanto tu puoi già venire ad abitare questa casa coi tuoi com- 
pagni, giacchè in breve tu sarai il fwuxdwa di questa terra ». 

7 Date ed i suoi compagni, già alloggiati nella casa del fuxdwz, stu- 
diavano giorno e notte come avevano da mutare gli usi e i costumi 

vr del luogo secondo le leggi dell’ Jurupary senza che sorgesse contro a 


‘quelle qualche ostacolo. 

Tutti obbedivano: ciecamente alle leggi che li reggevano, e non 
pareva facile poter mutarle da un momento all’ altro, tanto le loro 
parevano più rigorose. 

Date domandava ai compagni quale sarebbe il miglior modo per 
conseguirlo e così gli rispose Jadié: 

« Prima del tuo matrimonio, colla signora del luogo, mi pare che 
nulla si possa fare. È meglio che noi ci assoggettiamo prima a tutto, 
fino a che tu non sia twxdua, e allora noi potremo porre in pratica 
le leggi dell’Jurupary >. 

« E Jurupary non si inquieterà del nostro modo di fare? ». 

« Se egli diede a te e a qualcun'altro di noi qualche amuleto, è 
bene temere che egli ci castighi; ma se non diede nulla è meglio 
aspettare l’ occasione propizia per agire. 

« Che ci servirebbe adesso chiamare tutti gli uomini e contar loro 
la legge del Jurupary ? — Tutte le donne lo saprebbero tosto e lo rac- 
conterebbero a Naruna, che certamente ci manderebbe ad uccidere ». 

« Veggo che non possiamo introdurre la nostra legge, perchè non 
abbiamo nessun amuleto; ma siccome il giorno delle mie nozze non è 
lontano, ed io divengo fuxdua di questa tribù, allora conseguiremo con 
.certezza 11 nostto scopo >, 


*- 
oq 


‘Sh a_i A 


Jurupary e Caryda, quando abbandonarono la terra dei N unuiba 
si diressero alla Serra del Tenui, e giunsero là nell’ occasione che i 
loro compagni piangevano e bevevano le ceneri delle loro madri, e 
tosto ‘ presero gli strumenti ‘funerart e suonarono la musica dei ‘morti, 
Quando il giorno tornava colle sue allegrezze, tutto era finito, e 
cadauno si raccoglieva alla propria casa, dove solo vi era silenzio. i 


— 828 — 

E così passarono tre giorni, e nel quarto, che era la vigilia della 
malvagità della luna, Jurupary e Caryda furono con i compagni sulle 
sponde del Lago Muypa dove si bagnarono, e quando ebbero finito, 
Jurupary disse: 

« Ora che non veggo più sulla terra traditori che possano impedire 
che gli usi e costumi della nostra legge siano osservati in tutti i paesi 
‘del sole, vado a riposare; riposate voi pure, perchè poi cadauno andrà 
a compire ciò che ha da fare: ma prima udite la triste istoria delle 
nostre donne: 

« Dopo che esse lasciarono questo luogo, presero come guida del pro- 
prio viaggio le acque del fiume. 

« E là molto in basso incontrarono una terra dove gli abitanti erano 
come loro, ma non hanno leggi, e lì restarono tutte, dicendo che avevano 
abbandonata la terra che abitavano, perchè ‘la madre dell’acqua aveva 
chiamato nel fondo del fiume tutti gli uomini della loro tribù. 

E allora il #sxdua domandò loro dove volevano andare. 
Vogliamo restar qui >. 

E se la madre dell’acqua viene dietro di voi? >» 

Essa retrocederà dinanzi alle frecce dei tuoi guerrieri. » 
E sia così, ma dove incontrerò uomini per tutte voi? » 

« Non vogliamo uomini, perchè promettemmo di . non unirci più 
mai con uomini ». 

« E se io dessi a cadauna un marito, avreste cuore di rifiutarlo ? » 

« Per obbedirti li accetteremmo, ma non per averne figli, bensì 
per trattarli come fratelli ». 

« Sta bene, oggi stesso cadauna di voi avrà un fratello per distrarla 
e contarle storie ». 

« E tosto che venne la notte, il #x4w4a mandò ad ogni donna un 
fratello; e quando i nuovi arrivati dicevano loro che erano stati mandati 
per raccontare storie, esse, invece di udirli, si gettarono nelle loro 
braccia e li ricevettero come mariti >. 


« Adesso che già sapete la sorte di queste donne impazienti, ripo- 
siamo, perchè domani cadauno deve riprendere il suo cammino >. 


Fu la prima volta che Jurupary dormì dopo tante fatiche e fu vi- 
sitato dalla madre dei sogni. 

Egli vide in sogno l'imbarazzo in cui si trovavano Date e i com- 
pagni nella terra di Naruna e allo svegliarsi raccontò il sogno a Caryda. 

« Guarda, disse questi, se la madre dei sogni ti ha detto la verità ». 


— 829 — 

E Jurupary, tolte l’ombre del cielo, vi vide fedelmente dipinto tutto 
quello che aveva sognato, cosicchè disse a Caryda: 

« Tutto è verità e perciò andremo a quella terra ad ajutarli, ma mu- 
tati in altri uomini, per vedere se alcuno dei nostri non cade vinto. 

« Là prenderemo parte domani alla festa insieme agli altri. 

« Congèdati dai tuoi compagni, che .non rivedrai tanto presto, 
perchè di là ciascuno di noi seguirà il suo cammino, finchè il Sole non 
ci riunisca ». 

Caryda fu a congedarsi dai compagni e promise loro che un giorno, 
quando meno se lo aspettassero, doveva tornare con Jurupary. 

E raccomandò che fossero severi colle donne e castigassero senza 
pietà i traditori, in qualunque parte della terra gli incontrassero. 

Quando Caryda si riunì a Jurupary, questi gli parlò: 

« Andiamo a visitare per l’ultima volta questa collina, dove na- 
scemmo, e d’ onde furono date le prime leggi che devono por fine a questi 
liberi costumi, che sono la vergogna della terra. 

« Le nostre madri morirono per essere esempio alle donne curiose 
che non vollero credere nella parola di Pinon, padre di questa nuova 
generazione, di cui pure noi siamo. 

« Fino ad oggi” quelle pazze non credono nella parola di Pinon che, 
mutato in fai2, loro predisse tutto quello che noi abbiamo compito colla 
mia legge, che solo cesserà d’ aver forza quando apparirà sulla terra la 
prima donna perfetta. 

« Questa collina non sarà mai più abitata, perchè l' ombre delle no- 
stre madri e dei fanciulli morti strangolati non lasceranno che nessuno 
venga ad abitare qui, per non profanare il luogo dove io nacqui, e non 
ispaventare Seucy, la signora del lago. - 

« E tutte le nostre cose resteranno qui mutate in pietre a testimo- 
niare di noi. 

« Ora non abbiamo più che mezza luna per restare insieme; domani 
partiremo per la terra di Naruna per assistere alle nozze di Date. 

« Non so che mi accadrà, perchè il Sole non mi diede le ombre 
del cielo dove si dipinga il futuro, quindi per la prima volta accetterò 
tutto quello che dovrà accadere. 

« E siccome non voglio essere conosciuto a Date, nasconderò 
il mio maftry in una pelle di até, e quando sull’ ora della tristezza 
giungeremo là, dobbiamo tosto prender posto tra i danzanti e seguire 
in tutto gli usi e i costumi della terra ». 

Tosto che giunse |’ ora, Jurupary e Caryda partirono per la terra 
di Naruna, dove giunsero senza essere presentiti. 


— 830 — 

Ma la luna non era ancora giunta al punto della sua malvagità, 
e tutti stavano chiacchierando : e una bella fanciulla andava di gruppo 
in gruppo cercando un compagno per la prossima festa, e giunta vicino 
a Jurupary, gli disse: 

« Bel Tenuiana, tu sarai il mio compagno nella festa delle nozze: 
accetti ? ». : 

E avendo Jurupary accettato, ella continuò : 

« Bene, io ti verrò a cercare qui stesso, quando si presenterà la 
occasione 3. 

Tosto che la luna cominciò a produrre i suoi effetti, le donne 
cominciarono le nozze di Naruna e Date. 

Tutte le donne col proprio compagno entrarono nella sala, dove 
gid stava Jurupary colla sua bella compagna. 

Naruna, coperta di penne di arara e d’aquila, entrò allora nella sala 
con Dàte che la precedeva cogli strumenti. 

Tosto che gli sposi furono in mezzo alla sala, si formò loro in- 
torno la gran ruota e camminò a sinistra, mentre Dàte e Naruna cam- 
minavano a destra. 

Il battere dei piedi dei danzatori copriva gli allegri suoni della 
musica. 

Quando la luna giunse a mezzo del cielo, Naruna offri il capy a 
tutti i danzatori e quando |’ ultimo fu servito, circondò lo sposo colle 
braccia. 

E tutte la imitarono; Jurupary tentò sottrarvisi, ma la maestra delle 
cerimonie che vigilava perchè gli. usi fossero osservati, 1’ obbligò a ce- 
dere alla sua compagna, che ancora non conosceva uomo. 

E Jurupary, gemendo, cedette. 

Quando Curampa diede il segnale che albeggiava, tutti si alzarono, 
e Naruna distribuì un’altra volta il cafy in tal copia, che ne restarono 
tosto tutti storditi. Solo Jurupary bevette, bevette, e non ne risentì ef- 
fetto nessuno. 

Dopo, la danza continuò, entrando adesso nella ruota gli sposi ed 
essendo suonatore Iadié che conduceva pel braccio la sua bella com- 
pagna; così passarono |’ intiera giornata danzando. 

Giunta la notte, si ripetè la cerimonia che tanto dolore aveva 
causato a Jurupary. 

Quando tornò il sole Naruna e Dàte entrarono nella sala nuziale, 
d' onde avevano da uscire il giorno dopo, per ricevere i regali dei 
parenti. 


— 8 gi — 

Siccome da quel momento in poi non vi era più obbligo di dan- 
zare, Jurupary e Caryda si recarono a parlare fuori della casa, e Ju- 
rupary disse: . 

« Se io avessi sospettato ciò che mi aspettava, non avrei mai assi- 
stito al matrimonio di Dàte, e non avrei data la mia parola di assog- 
gettarmi a tutti i costumi di questa gente. Ma nessuno vedrà più Ca- 
rumà, giacchè oggi è mia, e la condurrò lupgi dalla vista degli uomini, 
acciò non sia macchiata l'unica moglie che mi toccò ». 

« E che regalo, domandò Caryda, offriremo a Date? » 

« Tu gli darai i tuoi ornamenti di penna, io questa pelle di ‘até 
con un amuleto ». 

E quando le prime allegrezze del giorno rischiaravano le radici 
del cielo, tutti si riunirono nella sala della festa per consegnare i re- 
gali agli sposi e salutarli. 

E quando il sole apparve, Naruna e Date uscirono dalla sala nu- 
ziale e vennero nel mezzo dei riuniti a ricevere i regali, che cadauno 
offriva loro; e quando Jurupary si fece innanzi per dare il suo regalo a 
Date, Naruna esclamò in guisa che tutti |’ udirono : 

« Dove stavi tu, che non ti vidi? » 

« Faccio parte della gente di tuo marito » = 

« Ma tu sei il giovane più bello che io abbia visto ! Io sono la padrona 
di questa terra e io sola faccio la mia volontà, così oggi stesso tornerò 
a maritarmi con te e tu sarai il mio primo marito e Date il secondo ». 

« Ciò non può essere; Date è il tuo unico e legittimo marito. » 

« Già ho detto che io sono la padrona di questa terra, dove solo 
si fa la mia volontà; oggi stesso, se non vuoi morire per mano dei 
miei guerrieri, sarai mio marito ». 

E la sua voce fu a poco a poco diminuita, fino a cessare del tutto, 
e la sua gente restò tutta paralizzata. 

Allora Dàte disse a Jurupary : 

« Tuxdua, ti aspettavo per poter rimediare a tutti questi mali. »’ 

« Domani togli da questo matiry l’'amuleto, che vi è, mettilo nel 
naso, e conserva nel cuore cid che vorrai sia fatto, e tutto sarà fatto. 
Quando restituirai la ragione a questa gente, nessuno si ricorderà . 
ciò che accadde, e potrai governare a tuo talento questa terra, per- 
chè Naruna stessa non si ricorderà più, che qui la sua volontà era 
legge, e ti obbedirà ciecamente ». 

Quando Jurupary ebbe finito di parlare, prese Carumà e disparve 
con lei verso levante, lasciando dietro di sè un denso fumo, che aveva 
odore di resina di cumarò. 


— § 32 —- 

Date, il giorno dopo, prese l’amuleto, che era un'unghia d’ aquila, lo 
mise nel naso, soffiò nella faccia della sua gente, ancora immobile, e 
quando giunse all’ ultimo e si voltò, vide che tutti già stavano vivendo. 

E disse allora a Iadié: « Sveglia tutta questa gente e ordina che 
vadano a bagnarsi ». 

E così fu fatte, e tutti corsero al fiume a bagnarsi, e con essi fu 
pure Naruna. 

Quando Naruna tornò, era tanto umiliata, che Date sentì piangersi 
il cuore e le domandò: 

« Perchè dormisti tanto? » 

« La madre del sonno mi ingannò ». 

« Perchè non torni ad ingannarti, prima di rimetterti a dormire 
vai a prendere un altro bagno ». 

E Naruna restò tanto vergognosa di questa osservazione di suo 
marito, che andò in cucina e si nascose dentro una grande olla di 
cachiry. ° 

Quando giunse l’ora del pasto essa non apparve. 

« Dove è mia moglie? » 

« Non lo so » rispose Iadi¢. 

« Dove è mia moglie? 2 

E nessuno rispose, egli allora prese il suo talismano e volle che 
Naruna gli venisse innanzi. Allora tutti videro l’olla del cachiry, che stava 
nella cucina, venire dove stava Date senza che nessuno ve la portasse, 
e quando Date domandò ancora: . 

« Nessuno sa dove è mia moglie? » 

L’olla si ruppe e apparve il corpo di Naruna già senza pelle, tanto 
la bevanda era forte. 

Quando Date conobbe che Naruna era già morta, maledisse Jurupary. 

E di quanti erano presenti nessuno seppe chi l’aveva uccisa. 

Date, dicono, forse non sapendo servirsi dell’ amuleto, uccise Na- 
runa senza volere. 


Quando apparve il sole del giorno dopo, sotterrarono il corpo di 
. Naruna presso un tronco di szaié (specie di palma), dove tutte le notti 
Dite andava a depositare desù, pesce e altri cibi, perchè l’ombra di Na- 
runa si alimentasse. 

Iadié fu incaricato di insegnare alla tribù di Date la legge, la 
musica e il canto dell’ Jurupary. 

Nessuno si oppose, e i nuovi usi e costumi furono presto osservati 
in tutto il paese. 





‘ 


— 833 — 

Dopo la storte di Naruna, Date viveva triste e solitarid, sehza nep- 
pure conversare coi suoi compagni. 

Il suo posto era in citha di una pietra, cogli occhi tivolti ad oriente. 

Ora Iadié, che eseguiva i suoi ordini, andande una volta a dargli 
conto del fatto, lo trovò piangente e gli domandò: 

« Che hai? Io veggo in te i segni dei tuoi dispiaceri denunziare 
la tua debolezza >. 

« lo stessò non #0 cos'è; ma ho una tristezza che mi domina al 
punto che vedi. Nulla mi manca, ho in voi fedeli amici, ma un dolore 
sconosciuto mi uccide 2. 

E appena finì, cadde morto, e Iadié si affrettò a ricevere nelle 
braccia il suo infelice compagno. 

L’ amuleto che era dentro la pelle di Date cominciò a far fracasso, 
parevan denti che battessero insieme. 

Iadié si affrettò ad impossessarsene, e domandò, ponendoselo nel 
naso, di esser lui eletto capo della tribù. 

Quando giunse alla maloca col corpo di Date, i Tenuiana si dipin- 
sero di urwcù e piansero. 

Il corpo di Date fu sotterrato nello stesso luogo dove era il corpo 
di Naruna, e Iadié andava tutte le notti a portar cibi alle loro ombre. 

Ora, siccome la legge dell’ Jurupary già era in uso in questa terra, 
i Tenuiana partirono per andare in altri luoghi a compiere il loro 
dovere, e Iadié restò solo a governare quel paese. | 

Egli però era molto donnajuolo ed andò amoreggiando con tutte 
le ragazze, trasgredendo con ciò alla legge dell' Jurupary, giacchè la sua 
donna era pregna. 

E tutte quelle ragazze formarono una cospirazione femminina per 
obbligarlo a dichiararsi, e dire quale di loro aveva il diritto di dargli 
an erede. 

Ma le donne erano il doppio degli uomini della maloca, e Iadié 
ebbe paura e non rispose. 

Gid4ném, bella ragazza, ma di cattivo genio, fu la prima che diede 
alla luce un bambino, che fu immediatamente depositato in casa di 
Jadié, 

Questi, furioso di ciò, fece tosto gettare al fiume il suo proprio 


GidAném allora, alla testa di tutte le donne, si recò a casa di Iadié 
€ tutte assieme lo uccisero; dopo uccisero tutti i suoi guerrieri, rispar- 
miando solo qualche giovinetto che accompagnò la propria madre nella 
lotta. 


E il più vecchio di questi giovinetti, per nome Calribob6, fu eletto 
tuxdua, ] 

Calribob6 già conosceva tutta la legge di Jurupary e continuò ad 
osservarla strettamente. 

Ora, tutte le notti, nella casa dove abitò Iadié, egli udiva cantare 
un grillo, ma così forte che lo incomodava. 

Egli si ricordava di tutte le cose che aveva viste ed udite, e che 
una volta due Tenuiana parlarono di una psssanga che Jurupary aveva 
distribuita alla sua gente. 

Certo, Iadié doveva averne una, e si ripromise di andare a cercarla 
tosto che venisse la notte. 

Quando fu venuta la notte, esso andò diritto alla casa dove aveva 
abitato Iadié in cerca della pussanga, e non appena entrato, udì il canto 
del grillo. | 

Ed egli cercò di ucciderlo; ma, quale non fu la sua meraviglia 
vedendo che il grillo che faceva tanto fracasso, era un’ unghia d’ aquila, 
chiusa da un lato con cera di api? 

E indovinando che quella unghia d’ aquila era l’amuleto, la prese e 
se la mise tosto nel naso, domandando di sapere tutto ciò che non 
sapeva ancora. 

E così fu, e di H innanzi Calribéb6 governò i suoi con tale sa- 
pienza, che. giammai nessuno si lamentò di lui. 


Dopo che Jurupary e Caryda lasciarono con Carumà la terra di 
Naruna, si diressero verso oriente, fino sulle rive di un fiume di acque 
bianche, e lì si alzarono fino a toccare il cielo, lasciando di là cadere 
Carumà. 

E il corpo di Carumà cadendo, quanto più si approssimava alla 
terra tanto più aumentava sicchè, quando riposò sul suolo, esso erasi 
trasformato in una grande montagna. 

E Caryda e Jurupary restarono ancora alcun tempo sospesi nel- 
l'aria, poi scesero anch'essi e posarono sulla vetta della nuova mon- 
tagna, sulle sponde di un vaghissimo lago, tutto circondato di erbe 
odorose. 

E Jurupary così parlò: 

« Ecco qui la prima e unica donna che mi ebbe, deposta con 
tutta sicurezza lungi dalla vista degli uomini. 

« Un giorno, quando tutto sarà consumato, allora verrò a riprenderla 
per andare a vivere insieme ben vicino alle radici del cielo, dove voglio 
riposare dalle fatiche della mia missione lungi dagli occhi di tutti. 


— 835 — 

« Oggi, o Caryda, ¢1’ ultimo giorno che noi restiamo insieme e prima 
di separarci voglio contarti il segreto della mia missione sopra la terra. 

« Il Sole, dacchè nacque la Terra, cercò una donna perfetta, per chia- 
marla vicino a sè; ma siccome fino ad oggi non l’ha incontrata, mi affidò 
parte del suo potere per vedere se in questo mondo potrà esservi una 
donna perfetta >. 

« E qual'è la perfezione che il Sole desidera? » 

« Che sia paziente, che sappia guardare un segreto e che non sia 
curiosa. 

« Nessuna donna oggi esistente sulla terra riunisce queste qualità 
se una è paziente, non sa conservar segreto; se sa conservar segreto, 
non è paziente; e tutte sono curiose, vogliono tutto sapere e tutto spe- 
rimentare. 

« E fino ad ora non è ancora apparsa la donna, che il Sole desidera 
possedere. 

« Quando la notte di oggi sarà a mezzo dobbiamo dividerci; io 
andrò ad oriente e tu seguendo il cammino del sole andrai a ponente 

« Se un giorno il sole, tu e io ci incontreremo nel medesimo luogo, 
vorrà dire che sarà apparsa sulla terra la prima donna perfetta ». 

Dopo di che Jurupary si recò alla riva opposta del lago, e seduto 
su di una pietra, restò a contemplare la propria immagine riflessa nel- 
l' acqua. 

Caryda, preso da una forza maggiore che la sua volontà, restò nel 
medesimo luogo senza potere seguire il compagno. 

Quando la luna veniva sorgendo dal seno della terra, apparve alla 
superficie dell’acqua una bellissima donna, che Caryda riconobbe per 
Carumà. 

Essa cantò il canto e la musica di Jurupary con tanta dolcezza, 
che Caryda si addormentò, e quando ad alta notte si svegliò egli non 
vide più nessuno. 

Ma, guardando meglio ad oriente, vide già molto lontano due figure, 
che pareva seguissero lo stesso cammino, e Caryda allora si alzò e volse 
i suoi passi a ponente. 


II. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


IL dott. C. Perzrs, ritornando in Europa, fu di passaggio per 
Napoli, dove venne ricevuto con onore dai membri della Società Afri- 
cana d' Italia. Poi, il giorno 14 agosto p. p. da Napoli recandosi di- 
rettamente a Milano, si fermò per un'ora circa nella stazione di 
Roma. Quivi erano ad attenderlo, e gli tennero compagnia nella breve 
sosta, i rappresentanti di questa Società. Vi si trovava pure, quale 
rappresentante il Ministero degli Affari Esteri, il cav. Silvestrelli. 
La Società Geografica gli fece servire un piccolo Auach, ed il Ministero 
degli Esteri ebbe cura perchè gli fosse assegnato un comodo scom- 
partimento per la prosecuzione del viaggio. Il dott. Peters, nel conver- 
sare, si mostrò affabilissimo, e molto soddisfatto delle accoglienze finora 
ricevute in Italia. 

AL vIAGGIATORE Giulio BORELLI, nostro socio corrispondente, au- 
tore dell'opera « Ethiopie méridionale », fu conferito dall’ augusto no- 
stro Re, Presidente onorario, il grado di ufficiale della Corona d’Italia. 
(Capitan Fracassa, n. 234, 1890). 

UN MONUMENTO A CamILLo Douts. — Sotto la presidenza d'onore 
di Enrico Duveyrier s' è costituito a Parigi un Comitato, per l'erezione 
di un monumento che perpetui la memoria dell’ardimentoso viaggiatore 
francese C. Douls, morto nel Deserto di Sahara, mentre per la seconda 
volta vi si avventurava a studiare quei luoghi e quegli abitanti. A tal 
fine il Comitato stesso distribuì una lista di sottoscrizione, accompa- 
gnandola con una lettera, nella quale si parla dello sventurato giovane 
e dello scopo elevato del monumento. Anche la Società nostra fu invi- 
tata ad accettare le sottoscrizioni. 

Società GEOGRAFICA DI BROOKLYN. — In seno all’ Istituto dèi 
Brooklyn, e come una Sezione del medesimo, si costituì in quella città, 
fin dal febbrajo p. p., una nuova Società Geografica. I fini della Società 
così fondata sono naturalmente i soliti; però è posto in rilievo, tra gli 
altri, quello di cooperare d'accordo con le biblioteche e gli istituti dr 
educazione per il miglioramento e l'utilità dei metodi d’ insegnamento 
della Geografia. (Bul/, della Soc. Geog. Amer. di Nuova York, n. r, 


1890). . 
CoNGRESSO INTERNAZIONALE DI SCIENZE GEOGRAFICHE A BERNA 
NEL 1891. — Nei primi giorni d’ agosto dell’anno 1891 avrà luogo a 


Berna il IV Congresso Geografico Internazionale. Tra breve il Comitato 


organizzatore del Congresso compilerà e spedirà alle Società ed agli 
interessati, il programma. Il Presidente della Società Geografica di Berna, 
che presiede pure a quel Comitato, invita a presentare al più presto 
questioni o proposte, che possano entrare nel programma stesso. 

_ GIUNTA CENTRALE NAZIONALE SPAGNUOLA PER IL CENTENARIO DI 
C. CoLomso. — Il giorno 25 maggio p. p. fu definitivamente costituita, 
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in Madrid, la Giunta 
che provvederà per festeggiare degnamente in Ispagna il centenario 
della scoperta dell'America ed il grande scopritore Genovese. Furono 
eletti a comporre la Giunta, Antonio Canovas del Castillo, presidente, 
ed i signori Angolotti, Saavedra, Carvajal, Nufiez de Arce, Botella, 
y Cardenas ed y Castro. (Revista della Soc. Geog. di Madrid, n. 81, 
1890). 

ONOMATOLOGIA GEOGRAFICA. — A rendere più completa ed utile 
l'opera data dal prof. dott. Egli coi suoi « Nomina Geographica » e 
con altri lavori, allo studio dell’ Onomatologia geografica, occorrerebbe 
(secondo il sig. H. Brunner di Zurigo) una più larga ricerca storica e 
linguistica. Perciò lo stesso signor Brunner propone una specie di que- 
stionariv, dando anzi qualche esempio del modo di riempirlo. Egli vor- 
rebbe che di ogni luogo geografico fossero richiesti, accanto al nome, 
la posizione, l’ autore, il significato, le singole parti componenti il nome 
stesso, il motivo della denominazione, le fonti scientifiche, i sinonimi, 
la data della scoperta ed altre eventuali osservazioni in proposito. Così 
per le Isole Galdpagos egli dà il seguente esempio : I. Islas de los Ga- 
ldpagos ; II. Gruppo d’ Isole sulla rotta Panama-Chile; III Spagnuoli:;; - 
IV. Isole delle Tartarughe; V. Islas de los Galapagos-Isole, ecc.; 
VI. Si resero subito famose per ricchezza di rettili, ma specialmente per 
le loro tartarughe; VII. Erano già denominate nel « Theatrum Orbis » 
dell’Ortelio (ed. 1570). Vedi Skogmann, della fregata « Eugenie Resa », 
ecc. Ed. tedesca. Berlino 1856; VIII. Il Krusenstern nel suo Recuesl 
des mémoires hydrographiques (Pietroburgo, 1824) e nel suo Atz/as de 
lOctan Pacifigue (Ibid., 1824), asserisce che queste isole erano chia- 
mate dagli Spagnuoli anche /s/as Zncanfadas, le « Isole incantate » per 
« le rapide correnti e le improvvise calme che, dominandovi, rendevano 
« difficile tanto l'approdo che la partenza delle navi a vela » ; IX. Spesso 
si scrive erroneamente Islas de los Gallapagos. — Un altro esempio è 
dato dal Brunner in .Ambdhisti: I. Ambohisti; II. Gruppo di monti 
all’ estremità N.-O. di Madagascar; III. Gli Antacdrana. 

IL Fuoco DI S. ELMo fu studiato pazientemente ed accuratamente, 
per più anni, dal capitano Haltermann di Amburgo. Egli notò che il 
fenomeno, nei 150 casi osservati da lui e da altri nell’ Atlantico, era 
accompagnato da pioggie e quasi sempre anche dai fenomeni elettrici 
de’ lampi e dei tuoni. Sicchè ammette la probabilità dell'identità delle 
cause. Tuttavia non nasconde che il fenomeno si produsse, senza tale 
concomitanza, in 27 casi, e in 6 con precipitazioni di neve e grandine 
e violenza di vento. La regione più frequentata dal fuoco di S. Elmo 
è la zona intertropicale compresa fra 10° e 30° lat. N., almeno nello 
Oceano Atlantico ; la stagione più favorevole è la invernale, precisa- 


mente dal novembre all’ aprile. I venti, che spirano e talvolta promuo- 
vono parzialmente il fenomeno, sono quelli australi-equatoriali. Fu os- 
servato che all'avvicinarsi del medesimo il termometro s' abbassa ed il 
barometro s’ alza. (Sesence, n. 390, 1890). 

PER REGGERE LE CARTE MURALI, — Il sig. A. Ponchaud presentò 
alla Società Geografica di Parigi un semplice ed ingegnoso mobile, che 
serve a riporre ed a sostenere, quando occorra, le carte geografiche 
murali. Esso consiste in una specie di scansìa, fatta a curva rientrante 
dall'alto in basso, con tanti riposti, quante sono le carte, che si vo- 
gliono adoperare. Queste sono appese a bastoni interni, che girano a 
carrucole, e si fanno scendere quando occorrono, e risalire a tempo 
debito. Esso rappresenta un altro fra i parecchi sistemi proposti ed 
anche in parte attuati, per ingombrare meno le pareti e per conservare 
meglio le carte. (Compte-rendu, n. 12-13, della Società Geografica di 
Parigi, 1890). 

‘ NECROLOGIA. — Colborne Baber E., benemerito per i servigi resi 
alla patria, |’ Inghilterra, come diplomatico, ed alla scienza geografica 
come esploratore nelle più lontane e meno note regioni dell’ Asia cen- 
trale, specialmente noto per le sue relazioni sulla Spedizione all’Jang-Ze- 
Kiang e a Bhamo, quivi moriva il 16 giugno p. p.. (Proceedings della 
Soc. Geogr. di Londra, 8, 1890). 

Heyfelder dott. O., valente medico ed esploratore, autore di im- 
portanti lavori geografici, che resero meglio note le regioni centrali ‘ 
dell’ Asia, moriva ultimamente a Sciardshui. (AG##. della focietà Geo- — 
‘ grafica di Vienna, 7, 1890). 

Metzger Emilio, valente geografo tedesco, esploratore delle Indie 
neerlandesi, scrittore autorevole di lavori scientifici, fra cui il dizionario 
universale (« Weltlexicon ») e la storia degli esploratori wtirttember- 
ghesi, moriva in Stoccarda, il 6 luglio p, p.. Fu per molti anni mem- 
bro fondatore e segretario della Società di Geografia commerciale di 
quella città, e collaboratore tra i più stimati dell’ « Ausland ». (Ausland, 
n. 30, 1890). 

Peters C. H. F., di Coldenbiittel (Schleswig), antico direttore del- 
l'Ufficio trigonometrico nel Regno delle due Sicilie, ed ufficiale supe- 
riore nell’esercito siciliano durante la rivoluzione del 1848-1849, ulti- 
mamente direttore dell’ Osservatorio astronomico di Litchfield, Clinton 
(Nuova York), scopritore di comete e pianeti minori, moriva improvvi- 
samente nell’ età di 77 anni il 19 luglio p. p. (ature di Londra, 
n. 1,086, 1890). 

Silva Porto, grande trafficante e viaggiatore portoghese in Africa, 
si uccise nel passato maggio per essere stato tradito ed abbandonato 
dai negri che lo accompagnavano nell’ ultimo suo viaggio, nel Muata- 
nianvo, 

Silvestri prof. O., vulcanologo insigne, direttore dell’Osservatorio del- 
l'Etna e preside della Facoltà di scienze fisiche all’Università di Cata- 
nia, morì il giorno 18 agosto u. sc. 

Von Bunge dott. Al, antico professore di botanica nell'Università 
di Dorpat, benemerito esploratore asiatico, che dal 1830 in poi più 


— 839 — . 
volte in Cina, nel Corassan, nell’ Afghanistan, nella Siberia, come in 
Russia, aveva studiato specialmente quelle fiore, e in generale contri- 
buito al progresso delle scienze naturali, morì nell'età di 87 anni, 
verso la fine del passato luglio. (/Vafure di Londra, n. 1,083, 1890). 


B. — Europa. 


SULLA PUNTA DEL SONNBLICK, monte degli Alti Tauern (Tirolo-Sa- 
lisburgo), esiste una delle più elevate Stazioni meteorologiche della 
Europa (m. 3,095). Dalle osservazioni fattevi per parecchi anni risulta 
che gli estremi della temperatura in quelle altitudini superano talvolta 
e in media eguagliano quella delle Spizberghe. Difatti negli ultimi tre 


‘ anni s'ebbero — 13, 3° C. nel gennajo, e | 1, 1° C., dal luglio al- 


l’ agosto, con la media annuale di — 6, 6° C., notandovi estremi 
straordinari di — 34° C. e + 10° C. (Mittesl. della Società Geografica 
di Vienna, n. 4, 1890 e Verhand. della Società Geogr. di Berlino, 
D. 4-5, 1890). . 

UNA RICCA MINIERA DI CARBONE FOSSILE fu scoperta a Karwin nella 
Slesia austriaca (Za Riforma, n. 227, 1890). 

IL TERREMOTO, con ripetute e violente scosse, visitò più luoghi 
dell’ Impero Austro-Ungarico dal 23 al 25 luglio p. p.. Prima il feno- 
meno si produsse nell' Austria superiore, col suo centro in Miihl, poi in 
Moravia e in Ungheria, specialmente nella Valle del Fiume Scerna e 
intorno a Mehagia. La sua direzione fu in generale da E. a O. (Wa- 
fure, n. 1,083, 1890) 

. ESPLORAZIONE NEGLI STRETTI DANESI. — Ad opera del prof. Pet- 
tersson di Stoccolma e coll’ appoggio del bar. O. Dickson fu preparata 
una Spedizione scientifica nelle Acque dello Scagherak e del Cattegat, 
per studiarvi meglio le profondità massime e più ancora per conoscerne 
la salsedine, densità, temperatura e in generale le condizioni fisiche. 
La Spedizione compirà i suoi lavori su una piccola flottiglia a vapore, 
a tal fine noleggiata, e giovandosi di nuovi apparati e strumenti, costruiti 
dal prof. Eckman e dalla Officina Negretti e Zambra di Londra (Science, 
n. 385, 1890). 


c. — ASIA. 


TELL Hesy IN PALESTINA. — La « Palestine Exploration Fund », 
istituzione di cui tante altre volte s’é parlato (1), continuando i suoi 
scavi e le altre sue esplorazioni in quella regione, scoperse un vero museo 
cronologico-storico di antichità locali. Il sig. Flinders Petrie, direttore 
degli scavi intrapresi dal suddetto istituto, riusciva ad accertarsi della 
esistenza antica di Tell Hesy. Essa era probabilmente la Lachish degli 
Amoriti. I vasi ed altri oggetti ivi sotto trovati attestano che esisteva 
già 1,500 anni a. C.. Dai vasi stessi poi si potè dedurre il succedersi, 
entro le mura antiche di quella città, delle varie civiltà, fenicia, egizia, 


(1) Vedi p. es. BOLLETTINO, marso 1889, pag. 233: 


. — 840 — 
giudea, greca. Gli scavi però si possono dire appena cominciati, nello 
strato inferiore; restano da esplorarsi quelli di mezzo (JVafure, n. 
1,082, 1890). 

UNA SPEDIZIONE INGLESE AD E. DELL’ INDIE. — Sotto gli ordini del 
cap. Bythell ebbe luogo una serie di lavori d’ esplorazione e di rilievo 
nel Cin-Lusciai. Fu esplorato il corso superiore del Coladine, che risultò 
identico con il Fiume Boinu. Esso scorre a circa 10 km. O. di Haca. 
Tutto quel territorio montuoso che sta tra Kittagong e i Monti Azzurri 
con una superficie di circa 12,800 km. q. fu’ riconosciuto in modo, 
da poter dare, almeno a tratti generali, l'aspetto di una contrada, che 
finora non era quasi punto rappresentata nelle carte (/Mafwre, n. 
1,081, 1890). _ 

LE ULTIME ESPORAZIONI RUSSE NELL’ ASIA CENTRALE. — Mentre 
il generale Prscevalski preparava la sua quinta spedizione nell'Asia 
centrale a Caracol (capoluogo della provincia Semarecenskaja, o Se- 
merecina) egli morì improvvisamente il 1° novembre 1888 e secondo la 
sua disposizione fu sepolto sulla riva del Lago Inek. In suo onore, col- 
l'autorizzazione dello stesso Czar, la città di Caracol ottenne il nome di 
Prscevalsk. I compagni del compianto generale, senza scoraggiarsi della 
perdita del loro capo e maestro, si proposero di eseguire la spedizione 
progettata, dividendosi in due gruppi. Il più piccolo, guidato dal capi- 
tano Grombcevsk, nel maggio 1889 lasciò Prscevalsk dirigendosi 
verso il Tibet ed i Monti di Mustag, che doveva esplorare; il colon- 
nello Pievzov ed il capitano Grum Grscimailo, capi della Spedizione 
principale, composta di 88 camelli, partirono il 2 giugno 1889 dalla 
stessa città, prendendo la strada dei Monti Chotan e di Cashgaria, og- 
getto delle loro ricerche. Da quel tempo fino ad ‘oggi si ebbero sola- 
mente due volte notizie sulla Spedizione Grombcevski, che per la 
scienza geografica presenta grande interesse. Il telegramma, spedito 
il 17 aprile 1890 dal Nuovo Marghelan, capoluogo della provincia 
di Fergan, ci fece sapere, che la Spedizione dopo aver passato i grandi 
freddi di dicembre e gennajo sulle sommità del Tibet, senza fuoco e 
senz'acqua, era discesa dalle montagne in buona salute, ed il 26 feb- 
brajo era arrivata a Chotan, e doveva dirigersi per Kiria e Nir a 
Polu, per aspettarvi l’arrivo del Pievzov, per verificare e correggere gli 
strumenti scientifici e per ricevere la risposta della Società Geografica, 
alla quale il Grombcevski diresse una domanda di sussidî per poter 
continuare le sue escursioni fino all'autunno inoltrato del 1890, onde 
compiere intieramente la sua missione. Dal telegramma giunto il 20 
luglio dalla città sopra nominata di Marghelan abbiamo appreso, che 
la Spedizione Grombcevski essendo arrivata a Polu, fu male accolta 
dalle autorità cinesi, le quali dietro la istigazione di alcuni ufficiali 
inglesi, che si trovano in quelle località, negarono di accordarle le 
guide richieste, ordinarono alle truppe di occupare i passaggi, che 
conducono al Tibet, proibirono alla popolazione di vendere le prov- 
visioni, non solamente a credito, ma anche a pronti contanti e le 
ingiunsero di tornare in Cashgaria. In tale stato di cose il Grom- 
bcevski, per non perdere i risultati della sua spedizione, senza aspet- 











— 8 4 — 
tare l'arrivo dei soccorsi della Russia, senza le provvisioni necessarie, 
avendo col resto dei suoi denari guadagnato alcuni abitanti, riuscì 
ad ingannare la sorveglianza delle autorità, e la notte del 5 maggio, 
senza guide, si diresse in un deserto ignoto, dove non poteva essere 
inseguito. 

La SPEDIZIONE Pievzov ha lasciato 1 suoi quartieri d’ inverno a 
Nia, e fin dal 24 aprile p. p. s'è internata verso il Tibet. Come è 
già stato riferito (1), il Bogdanovi¢ nelle montagne al S. di Chotan, 
e il Roborovski lungo le rive del Scersce, continuarono per tutto 
il passato inverno le loro escursioni con grandi ed utilissimi risultati 
per le scienze naturali (Afi. della I. R. Soc. Geog. di Vienna, 
Nn. 7, 1890). 

ALLE SORGENTI DELL’ IRAUADI tentò di avvicinarsi una Spedizione in- 
glese che, di recente, aveva risalito con un piccolo piroscafo quel fiume. La 
comandava il cap. Barwick, della Marina Indiana. Il giorno 27 maggio 
p. p. essa partì da Bhamo prefiggendosi intanto di toccare il confluente 
dei Fiumi Mali-kha e Nmai-kha (o Meh-kha), che colla loro riunione 
formano |’ Irauadi. A monte di Maingua, dove erano giunte le prece- 
denti ultime esplorazioni, la Spedizione dovette lottare con una serie 
infinita di ostacoli opposti dalla natura del letto del fiume, tutto a fosse 
con gorghi d’acqua e correnti e rapide, in mezzo a monti che s’inalzavano 
da 400 a 600 metri a picco sul fiume. Però, dopo sei giorni di pes- 
sima navigazione, essa potè toccare il confluente, che trovasi a 240 
chilometri di distanza da Bhamo. Quivi il letto dell’ Irauadi è largo 
circa 450 metri. Di là la Spedizione imboccò e risalì il ramo N.-E, 
cioè il Fiume Mali-kha, e ne percorse quasi 10 km., incontrando 
anche Jà frequenti e difficili rapide. Il capitano Barwick, tenendo 
conto della scarsa provvista di combustibile che gli restava, deliberò 
allora di discendere da quel ramo per risalire alquanto anche |’ altro. 
Ciò fu fatto, e la Spedizione rimontò il Fiume Nmai-kha o Meh-kha, 
che scorre da E., e ne aveva fatto poco meno di 5 km., quando una 
rapida insuperabile troncò l'esplorazione. I risultati ottenuti dalla Spe- 
dizione, e che finora si conoscono, sono questi: la posizione astrono- 
mica del punto più settentrionale, toccato dalla Spedizione sul Mali-kha, 
determinata nelle coordinate 25° g56' lat. N. e 97° 38’ long. E. Greenwich; 
la navigabilità limitata e pericolosa tanto sui due fiumi confluenti che 
nella parte superiore dell’ Irauadi, a monte di Maingua. Le tribù dei 
Cacin, abitanti lungo i fiumi, sono pacifiche; ciò che fu dimostrato 
dall’ accoglienza amichevole fatta da esse agli esploratori, quantunque 
fosse la prima volta che quegli indigeni vedevano Europei (Vature, 
n. 1,084, 1890). 

Da Hanor a Lao-Car. — Il 3 agosto p. p. giunse a Parigi un 
telegramma da Hanoi, col quale si annunziava che al piroscafo fluviale 
« Yunnan >, d'apposita costruzione, riusciva di risalire il Fiume Rosso 
fino a Lao-Cai in sessanta ore, senza difficoltà, malgrado la violenza 


(1) Vedi BOLLETTINO, gennajo e aprile 1890, pag. 117, 397. 


— 842 — 
della corrente. Il ritorno poi, favorito invece dalla corrente stessa, fu 
fatto in sole 16 ore, senza alcun danno. La distanza percorsa è di 
circa 300 chilometri (L’Zpogue Moderne, 14 agosto 1890). 


D. — AFRICA. 


« DIECI ANNI NELL’ EQUATORIA E RITORNO CON Emin ». — Con questo 
titolo il magg. G. Casati pubblicherà le vicende e i risultati scientifici 
della sua vita in Africa. Se ne fa editrice la Casa Buchner di Monaco 
in Baviera. L'opera apparirà simultaneamente nell'originale italiano e 
tradotta in tutte le principali lingue. (Za Riforma, n. 226, 1890). 

INDUSTRIA ITALIANA ALLE CANARIE. — Qualche tempo fa, dopo 
accurate ricerche sul luogo, ed una pubblicazione fatta a spese del Mi- 
nistero del Commercio, il sig. E. Stassano riusciva a diffondere e a 
rendere accetto nel nostro mondo commerciale il progetto d'una fab- 
brica di conserva di pesci a Las Palmas, principale porto delle Canarie. 
Ora, questo progetto è un fatto compiuto: il giorno 21 luglio p. p. 
erano già sbarcati in quel porto il signor Cesare Parodi, rappresentante 
della Ditta industriale fabbricatrice, e due ingegneri meccanici italiani; 
e con essi, sullo stesso piroscafo « Duca di Galliera », furono traspor- 
tati a Las Palmas macchine, istrumenti ed utensili necessari alla fab- 
brica stessa. (Za Riforma, n. 227, 1890). 


I PROTETTORATI EUROPEI IN AFRICA si delimitano ogni giorno me- 
glio : all'accordo anglo-germanico succede ora quello anglo-francese. 
In seguito ad uno scambio di dichiarazioni diplomatiche, all’ Inghil- 
terra fu riconosciuto il protettorato sullo Zanzibar e su Mascate, nei 
limiti già stabiliti con la Germania e coll’Italia; alla Francia fu rico- 
nosciuto il protettorato sul Madagascar. In quanto ai possess. e protet- 
torati del centro settentrionale dell’ Africa, nel Sahara e nel Sudan, 
sembra stabilito come preliminare, che l'influenza politica della Francia 
possa estendersi attraverso i paesi che dall’ Algeria conducono fino a 
Saj sul Niger e a Barua sul Lago Ciad, ad un confine convenzio- 
nale che s'avvicinerebbe al 14° lat N.. L'Inghilterra conserverebbe 
ed estenderebbe la sua influenza a S. di questa linea, toccando però 
il Basso Niger, nel Burnu, Socotu ed in altri punti, ora da essa posse- 
duti. La Francia, a sua volta, svilupperebbe la sua attività politica e 
commerciale nel Sahara, nel Senegal e lungo il Niger fino alla costa 
della Guinea nel Dahomei. (Za Riforma n. 220 e la Tribuna nume- 
ro 215, 1890). 

UNA CONVENZIONE ANGLO-PORTOGHESE pose fine alla grave vertenza 
tra i due Stati europei riguardo ai possessi e confini loro nell’ Africa 
australe. La linea di divisione fu tracciata a N. del territorio portoghese 
di Mozambico lungo il Rovuma e più addentro verso O. fino al Lago 
Niassa, lasciando all'Inghilterra la parte S.-E. di questo lago, con gli 
altipiani di Blantyre e il territorio montuoso lungo il fiume Shire. Poi 
ad O. del Lago Niassa, nell'interno, il limite della sfera d'influenza bri- 


— 843 —- 
tannica sarebbe portato al Fiume Cabompo, affluente del Zambesi, con: 
un tratto di passaggio in favore dell’ Inghilterra. 1D’ altronde verso S. il: 
Portogallo avrebbe a sua volta un territorio di comunicazione tra i 
possessi occidentali dell’ Angola e quelli orientali anzidetti lungo le 
rive del Maputa, dove sì costruirà la ferrovia tra Pretoria e Lorenzo Mar- 
ques. Libera poi deve essere la navigazione del Zambesi ed il com-- 
mercio nelle zone a N. del Logue verso l'Atlantico, e ad E. del Lago 
Moero, ad O. e S. del Lago Niassa. (Capitan Fracassa, n. 231, e Mouv. 
Géog. n. 23, 1890). 

L’OPERA DELL'EGITTO MODERNO NELLA GEOGRAFIA. — Il dott. cav. Fed. 
Bonola Bei, nostro socio corrispondente, e benemerito segretario gene- 
rale della Società Khedivale di Geografia, raccoglieva e ordinava in un 
sommario storico le notizie più importanti intorno ai lavori geografici 
eseguiti in Egitto sotto la dinastia di Mohammed Alì, dal 1804 at 
giorni nostri. L’ autore si estende molto sull'opera data al progresso 
delle cognizioni geografiche ed ai lavori varì, massime sotto Mohammed 
Alì e sotto Ismail Pascià. Descrive accuratamente i nuovi studi di Geo- 
grafia fisica, incoraggiati dal primo, e l'opera data da tanti illustri, spe- 
cialmente da S. Baker e dal Gordon, sotto il secondo principe. Passa 
poi a dimostrare quanto si fece e si sta facendo dal Governo egiziano 
e dalla Società Geografica Khedivale per il progresso delle scienze 
geografiche in Egitto. In fine, nella sua conclusione, il Bonola riassume 
1 risultati ottenuti dall’ opera assidua prestata dall'Egitto in tali ricerche 
e lavori, per la Geografia matematica e la Geodesia, e con le esplorazioni, 
nella Cartografia e Topografia; poi per la Geografia fisica, la Storia na- 
turale e la climatologia, per la Geografia storica e commerciale delle 
regioni soggette ora od un tempo all’ Egitto stesso. Come appendice, 
troviamo certe note e tavole, che fanno conoscere quanto il Governo 
‘ egiziano compì a vantaggio dei porti di Alessandria e di Suez in quel 
periodo d'anni, e come degli studi di Geografia e affini si siano occu- 
pati in Egitto, non soltanto gli Europei, ma anche gli Egiziani. 

IL COMMERCIO ESTERO DELL’ EGITTO NEL 1889 ebbe una notevole 
diminuzione nella importazione e un aumento ancor più considerevole 
nelle esportazioni, al confronto dell’anno precedente. L’ importazione fu 
valutata in lire 516,035,253, con una diminuzione di lire 18,472,586.50 
sul 1888. L’esportazione s' inalzò a lire 307,794,797 con un aumento 
di lire 39,325,812.25. Tanto nell’importazione che nell'esportazione il 
primo posto è occupato dall’ Inghilterra; che ha aumentato e l'una e 
l’altra, a circa 284 milioni la prima, e 198 milioni la seconda. Poi 
vengono, a molta distanza dall'Inghilterra ed a poca tra loro, la 
Turchia, in diminuzione, con circa 47 milioni d'importazione e appena 
8 e mezzo d’esportazione; l' Austria-Ungheria, in aumento, con circa 
43 milioni e mezzo d’importazione e 25 milioni d’ esportazione; la 
Francia, in diminuzione, con circa 4t milioni d’ importazione e 23 mi- 
lioni e mezzo d’esportazione; la Russia, in diminuzione, con circa 31 
milioni d' importazione e 22 milioni d'esportazione. In sesto luogo tro- 
vasi 1’ Italia con lire 26,090,480.25 d’ importazione e lire 21,025,082.75 
d’esportazione, e con il considerevolissimo aumento, nell’una e nell'altra 


specie di commercio, di circa un quarto al confronto del movimento 
dell'anno 1888. (Boll. di Not. Comm. n. 31, 1890). 

© L'ESPLORAZIONE FOUREAU NEL SAHARA ALGERINO. — Ii giorno 28 
giugno p. p., in seduta straordinaria, alla Società Geografica di Parigi, 
F. Foureau fece una larga relazione del suo viaggio a Tademait nel 
territorio di In-Scialah. L'esploratore disse che avrebbe voluto percorrere 
la via di Ahenet; ma gli fu resa moralmente impossibile per ragioni 
politico-militari. Il Foureau, che è un'antica conoscenza per gli Arabi 
amici, parti da Biscra e traversando il deserto di Mochran, per El Alia 
giunse ‘al pozzo di Ghardaja, punto di stazione per le carovane dirette 
a Ghadames. Di là il viaggiatore prese la direzione S.-O. fino ad Hassi 
Bothin, e poi a N.-O., giungendo ad Ain-Taiba. Fatta una sosta di due 
giorni, al terzo riprese il viaggio, muovendo a S.-O attraverso 1’ Erg, 
costituito d'una numerosa serie di catene cretacee, elevantisi tra 1,000 € 
2,500 metri, con lunghezze che qua e là toccano 30 e 40 chilometri, 
senza alcuna vegetazione e d'una struttura ripida e spezzata. Tutt’ intorno 
però a queste catene vi sono dune, nei valloncelli delle quali una vegeta- 
zione d'erbe ricca e morbida talmente, da dissetare i cammelli, che ne 
mangiarono. Vi è anche qualche tamarisco; e fu veduta l'antilope delle 
sabbie. Nella regione dell’Erg si scopersero parecchie stazioni preisto- 
riche. Uscita da quel gruppo di monti, per una specie di canale tortuoso 
fra le dune, la Spedizione si trovò all'estremità meridionale della re- 
gione del Mader; e nelle fosse dell’ Uad Imgharghar, uno dei tanti tor- 
renti che provengono dal Tademait, rinvenne finalmente un po’ d'acqua 
piovana. Il letto di questo torrente è fornito di erbacee, d’ arbusti e di 
alquante gommifere. Il suolo è d'argilla rossa sabbiosissima. Dal letto 
dell’ Imgharghar il Foureau passò in quello dell'Allenda; rimontato questo, 
scese nell’ altro dell’ Aulegghi, dove trovò dell’ acqua eccellente. Poi pro- 
cedette a monte, per un affluente dell’ Uad Aulegghi, e da un'altura - 
vicina, all'altezza di circa 400 metri, potè osservare da lungi i primi 
contrafforti dei Monti Muidir a S. e le punte occidentali dell'altopiano 
del Tinghert, il Gebel Kihal degli Arabi. Ivi venne fatto il passaggio dal 
bacino dell’ Uad Aulegghi in quello dell’ Uad el Ethel, e dopo un cam- 
mino abbastanza faticoso, in salita, su un terreno nero e duro, la Spe- 
dizione giunse all’ opposto piede dei Monti Erg. Per tutto questo tratto 
dell'itinerario essa camminò in mezzo ad alture, la cui media poteva 
essere di 400 metri sopra il sentiero percorso. La punta elevata di questa 
parte della regione è il Cudiat M’rokba, da cui la catena dei Colli Baten 
procede diritta ad O.. Di là il Foureau si avanzò invece verso N.-E.. 
Ivi si lasciarono vedere, ma fuggendo e nascondendosi, alcuni indigeni 
Ulad Bahumu. Proseguì poi sempre più in direzione N., attraversando 
i numerosi estuarî dei torrenti che affluiscono dal Tademait nell’ Imghar- 
ghar, formati d'argilla sabbiosa e forniti della solita vegetazione, ma al- 
‘lora disseccata, tranne il verde ombrello delle gommifere. Fatta prov- 
vista d’acqua nei fossi dell'' Uad Tinersal, i viaggiatori raggiunsero il 
promontorio Ghern el Messejed, che è all’ estremità O. del gruppo mon- 
tuoso dell’ Erg, e poi discendendo per il letto dell'Uad Messejed, tocca- 
rono il luogo detto Talhaiat (29° 30’ lat. N. e 3° 10’ long. E. Greenwich.). 


Dal punto dove scomparisce |’ Uad Messejed la Spedizione camminò su 
un terrazzo duto ed arido, |’ 4amada Dra-el-Ascian, che però è traforato 
da numerosi passaggi, che si rendono sempre più larghi verso N.-O.. Per 
quelle vie, e trovando sempre migliore il terreno e con qualche vege- 
tazione, il Foureau giunse ad Hassi Gurd-Ulad Iaih, dove era già stato 
nel suo viaggio del 1883. Di là con viaggio rapido e sicuro la Spedi- 
zione si recò ad Hassi Righi, Hassi-el-Ghemami in mezzo ai fedeli Sciamba, 
e poi direttamente a Tugurt. — I risultati della esplorazione sono, som- 
mariamente, i seguenti: 35 nuove latitudini e longitudini, oltre le alti- 
tudini al barometro per tutto l'itinerario e il tracciato completo dell’ in- 
tero viaggio per 2,500 chilometri, di cui circa mille al di là dei con- 
fini proprî dell’ Algeria. Collezioni di prodotti a scopi commerciali, ed 
anche raccolte di oggetti e prodotti naturali a scopi scientifici. Risul- 
tato d'altra maniera, ma secondo il Foureau non meno importante ed 
incontestabile, il riconoscimento della possibilità d’ un vero e rapido pro- 
gresso in molti ed estesi luoghi della parte del Sahara da lui percorsa. 
Quindi l'opportunità della costruzione della ferrovia transsahariana at- 
traverso quella regione fra 1’ Uargla ed In-Shalah. Egli ebbe poi anche 
la riprova della bontà dei rilievi ed itinerarî del Flatters, del Tesseirenc 
de Bort, e soprattutto di quelli di E. Duveyrier (Compte rendu, n. 12-13 
della Soc. Geog. di Parigi, 1890). 

LA FERROVIA TRANSSAHARIANA. — In questi ultimi tre anni, dopo 
che la Francia ebbe definitivamente assunto il protettorato e resa per- 
manente la occupazione militare della Tunisia, si rese più forte e de- 
terminata l’idea della costruzione di una strada ferrata dai confini del- 
l'Algeria a quelli del Senegal o del Niger attraverso il Sahara. Perciò 
le discussioni e gli studî, anche sul terreno, divennero più frequenti e 
pratici. Di recente il gen. Philebert e l'ing. G. Rolland se ne occupa- 
rono di proposito, valendosi di risultati proprî ed altrui. Essi, nell’ in- 
troduzione ad un opuscolo che pubblicarono sull'argomento a Parigi 
(Challamel, 1890), sotto il titolo di « La France en Afrique et le transsa- 
harien », non tralasciarono di ricordare l’ing. Duponchel, che nel 1878 
aveva presentato un progetto a tal fine, ma dimenticarono |’ ing. Leone 
Paladini, italiano, che fino dal 1867 (cioè ra anni prima del Du- 
ponchel ) aveva, egli veramente per il primo, proposto tale fer- 
rovia. Egli aveva esposto, non solamente l’idea in articoli di giornali 
politici, ma progetti in linea generale attuabili, e aveva presentati que- 
sti al Governo francese ed al Congresso Geografico internazionale di 
Anversa (1871). Ora, nel loro opuscolo i due autori francesi, dipinte 
con abbastanza rosei colori le regioni del Sahara e del Sudan, e dimo- 
strate le ragioni, ossia i diritti che la Francia vi può vantare verso il 
centro e nelle parti occidentali, passano a sostenere la necessità e la 
possibilità ed utilità della grande costruzione ferroviaria. Riconoscono e 
discutono poi le difficoltà locali per la meno gravosa e più pronta ed 
utile esecuzione del progetto, e separatamente si occupano dei varî 
tracciati. Concludono , in fine, col preferire la linea centrale per 
Uargla, dandone ragione e additando i mezzi pratici per costruirvi la 
strada ferrata. S'aggiungono, come appendici all’opuscolo, alcune con- 


siderazioni d'ordine morale umanitario e d’ indole politica coloniale, in 
relazione al progetto, e si inneggia alla deliberazione dell’ ultimo Con- 
gresso nazionale francese, che fu favorevole al progetto stesso. Una carta 
accompagna l’opuscolo, e da essa si rileva facilmente che il tracciato 
proposto non si discosta quasi affatto da quello ideato dall’ ingegnere ita- 
liano, L. Paladini. 

STRADE FERRATE E PIROSCAFI NELL'AFRICA TROPICALE. — ll dot- 
tore Oscar Lenz, professore dell’ Università di Praga e nostro membro 
corrispondente, pubblicò ultimamente una sua nota intorno ai mezzi 
di comunicazione a vapore nell’ Africa tropicale. Anzi tutto egli descrive 
ed ammira lo zelo e la rapidità con cui i Francesi vennero in pochi 
anni sviluppando le loro strade-in Senegambia e verso il Niger. In propo- 
sito egli stima oramai semplice questione finanziaria e di tempo il completa- 
mento della linea tra il Senegal ed il Golfo di Guinea lungo il Niger, con 
strade ferrate e battelli a vapore, da Medine, Segu, Timbuctu e poi 
seguendo il medio e basso Niger sino al Golfo di Guinea. Nè crede 
che dal raggiungere questo serio, pratico e possibile, quanto sotto ogni 
aspetto utile disegno saranno mai distolti i Francesi per le lusinghe 
del progetto transsahariano, ch’ egli stima inattendibile. Nota poi e da 
il proprio valore a cidscuna delle minori, ma non poco importanti comu- 
nicazioni fluviali stabilite, la maggior parte dagl’ Inglesi su per il Gambia, 
il Volta, il Basso Niger, ecc.. Venendo al Congo, osserva la grande 
importanza commerciale della regione, e spiega l' attività meravigliosa 
dei Francesi al Gabon, e più assai dei Belgi nello Stato Indipendente, 
massime dopo l’ adozione dell’ ultimo grande progetto di ferrovia, che 
permetterà di allacciare la navigazione del Congo Inferiore con quello 
a monte dello Stanley Pool. E qui il Lenz descrive accuratamente la 
marina dello Stato, composta già di 28 battelli a vapore. Nota pure 
la navigabilità degli affluenti più ragguardevoli del Congo, come il Lo- 
mami. Toccando del Congo e delle regioni più meridionali dei Porto- 
ghesi, osserva come questi, privi di fiumi veramente navigabili, si diano 
finalmente con coraggio alle costruzioni ferroviarie, come lo prova la 
linea di più che 200 km. da S. Paulo de Loanda ad Ambaca. Invece 
sulle coste orientali dell’Africa tropicale del Sud, strade ferrate e bat- 
telli a vapore trovano maggiori ostacoli e minori mezzi. Tranne la fer- 
rovia che da Lorenzo Marques penetrerà a Pretoria ed attirerà alle coste 
portoghesi il commercio olandese-africano, da per tuttu fino alle terre 
de’ Somali, manca e tarderà ancora molto a svilupparsi e poi si svi- 
lupperà lentamente ogni rapida comunicazione, se le Società Commer- 
ciali esistenti o in formazione non si daranno all’ opera secondo |’ esempio 
del Belgio. Però il Lenz non dispera, anzi prevede che le nuove ric- 
chezze e più a portata verso le coste dell’ Africa orientale invoglieranno 
gli Europei e li chiameranno a gara per compiere anche lì quel che 
si sta facendo in occidente. Su per il Zambesi e lo‘Scire al Lago Niassa 
e di là al Tangagnica; da Mombassa al Vittoria Nianza, si creeranno 
due vie che potranno rannodarsi con le occidentali. E se lo spirito d'intra- 
presa non sarà turbato dalla ragione di Stato, il Lenz crede che venti 
anni potranno bastare a tanta impresa (/Vewe Freie Presse, 26 luglio 1890). 





- — — - - 


— 847 —. 

Notizie pt Emin'Pascrà. — Dacchè Emin Pascià si era nuova- 
mente internato nell’ Africa orientale, partendo da Bagamojo il 28 aprile, 
p. p., non s'era più saputo nulla di preciso di lui e della sua spedi- 
zione. Ora da una lettera, ch'egli scrive alla sorella in data di Mru- 
goro, il giorno 13 maggio, si apprendono notizie poco buone di questa 
prima parte del viaggio, che fu travagliata dalle difficoltà del terreno, 
rammollito dalle pioggie e dai funesti effetti d'un sole cocentissimo. 
Parecchie insolazioni toccate ai suoi portatori determinarono Emin Pa- 
scià ad attendere una miglior stagione per proseguire il viaggio; ; sic, 
chè è probabile che egli si trovi ancora a Mrugoro o ne sia da poco 
partito. (Z° Esplorazione commerciale, V-7, 1890). 

SPEDIZIONI PORTOGHESI NELL’ AFRICA AUSTRALE. — Da Quilimani 
si telegrafa che una Spedizione portoghese è partita per Zumbo, sotto 
il comando del cap. Soares d’ Andrea, ispettore del Fiume Zambesi. 
Dicesi che notizie soddisfacenti. pervennero colà dell’ altra Spedizione. 
condotta da Joaquim d’ Almeida a Gungunghama : essa era già a 48, 
chilometri dalle foci del Limpopo, sulla via di Gaza. Buone nuave si 
erano pure ricevute dal cap. Gerales, che si trovava a Bilene (MWVazure 
n. Io80, 1890). 


SPEDIZIONE SVEDESE AL CAMERUN — Sotto il comando del signor - 


Yngve Sjòstedt, ed a spese e per conto. dell’ Accademia delle Scienze 


di Stoccolma, partirà tra breve dalla Svezia una Spedizione, che ha per. 


scopo lo studio della fauna nelle montagne occidentali di Camerun. Le 
sono assegnati 15 mesi di tempo (/Vafwre, n. 1081, 1890). 

LA CARTA DELLE FOCI DEL CAMERUN, pubblicata ora dall’Ammira- 
gliato tedesco (n. 106), contiene molte novità, massime nella delineazione 
delle coste e dei banchi di sabbia. Però è lavoro di utilità precaria, 
per le continue variazioni che ivi tutto subisce a causa dell'azione delle 
correnti e degli altri fenomeni del mare (Pet. Mitteil. n. 7, 1890). 

IL DELTA TRA IL VECCHIO CALABAR E IL MEME è stato rilevato rego- 
larmente e completamente dall’incrociatore tedesco « Habicht » nella cam- 
pagna scientifica 1889-1890. Molta luce venne da quelle misurazioni all’in- 


tricata idrografia di quell'importante tratto della costa occidentale africana.. 


Intanto è assodato che il Rio del Rey, detto dagli indigeni Masciantu, non . 


è un fiume, ma un braccio di mare, che s’inoltra molto dentro terra. 
L’ Acva Jafe non è affluente del vecchio Calabar, ma restandone se- 
parato per un lungo banco di sabbia, procede ad E. e S., gettandosi. 


per più rami nel così detto Rio del Rey. Però principale tributario di - 


questo piccolo seno di mare è il Ndian, che per i rami di Ofa ed 
Ovaatapa vi si versa, scendendo da N.-E. Questo fiume è anche in co- 
municazione con l'altra piccola cala di Meta, dove si getta da E. lo 
Adoncat, malamente designato col nome di Massake, e che invece è 
detto Beke dagli indigeni del corso superiore del fiume. Nella cala di 


Lai 


Adoncat vanno in partea gettarsi le acque del Meme, che però ha an- : 


che un suo proprio estuario, Tutti questi seni e corsi d’acqua furono 


diligentemente rilevati, con che è colmata una vera lacuna nella car-. 


tografia dei confini tra il Camerun e il bacino del. Fiume dell Olio. : 


(Pet. Mitteil, n. 7, 1890). . VA a 


— 848 — 

L'ULTIMA SPEDIZIONE DEL TAPPENBECK, da lui compiuta poco prima 
di morire, dà ora risultati importanti per il progresso della cognizione 
geografica del bacino del Sannaaga. Egli si era spinto fino a Nghila, a 
N. del Sannaga, cioè fino a 7 giornate di cammino dalla famosa città 
di Tibati o Tibicci. Ora si è potuto coordinare l'itinerario suo a quello 
del suo successore Morghen, che si spinse ad O. fino a 5 ore da Vua- 
tare, con gli itinerarì del Flegel e del Barth. Poi i rilievi fatti del corso 
del Mbam, importante tributario del Sannaaga e quelli sulle rive N. e 
S. di questo fiume, tra Ngila e Malimba, apportarono alla idrografia di 
quella regione una seria e larga innovazione (Pet. Miffeil. n. 7, 1890). 


E. — AMERICA. 


IL Wyominc, finora Territorio, è divenuto Stato dell’ Unione Ame- 
ricana del Nord, per legge del 28 giugno p. p., deliberata dal Senato 
degli Stati Uniti dell'America Settentrionale. (Geog. Nachrichten, n. 16, 
1890). 

SANTA RosaLIA DI CALIFORNIA. — Di questo villaggio della costa 
orientale della Bassa California fu recentemente determinata in via prov- 
visoria la posizione astronomica: 27° 20’ lat N., 112° 16’ 30” long. O. 
Greenwich. Il cap. Dodd della nave britannica « Ben Macdhui », che prese 
questi dati astronomici, dichiara che dove veniva prima collocato sulle 
carte, non c’è segno di abitazioni: Santa Rosalia si trova invece dove 
è sulle medesime collocato il Caîion Providencia. Il villaggio conta da 
3 a 4 mila abitanti; come rada e scalo è poco sicuro e poverissimo. 
(Wot. to Mar., n. 32, 1890). 

NeLLE IsoLe BAHAMA furono scoperti scheletri e in maggior nu- 
mero cranî, che dal prof. W. K. Brooks vennero studiati e attribuiti 
agli indigeni dei tempi della conquista spagnuola. I risultati di questi 
studi mettono in sodo che i Lucajani trovati nelle Bahama, in Haiti 
e in Cuba, distrutti in numero di circa 40 mila dai conquistatori, 
appartenevano alla razza nord-americana, presentando i loro cranî tutte 
le forme di quel grande gruppo; che del resto si sapeva già essersi 
spinti fino all'estremità meridionale della vicina Florida. (Science, n. 390, 
1890). 

LA POPOLAZIONE DI Porro Rico, nel censimento del dicembre 
1889, ascendeva ad 806,708 abitanti su una estensione di km. q. 
9,500; cioè poco meno di 85 ab. per chilometro quadrato. (Revista 
della Soc. Geogr. Comm. di Madrid, n. 81, 1890). 

IL CanaLE DI NICARAGUA. — Da un Rapporto ufficiale, pubbli- 
cato negli Stati Uniti dell'America Settentrionale, risulta che i lavori 
del Canale di Nicaragua procedono felicemente ed alacremente ; dimodo- 
chè si spera di vedere compiuta l'opera con molto minori spese ed entro 
un tempo più breve del fissato. (Ze Monuv. Géogr., n. 15, 1890). 

FERROVIA SULL’ ISTMO DI TEHUANTEPEC, — Molto innanzi sono i 
lavori della strada ferrata, che tra breve congiungerà le due rive ocea- 
niche del Golfo del Messico e del Pacifico nell'America centrale (Stati 
Uniti del Messico). (Ze Mouv. Géogr., n. 15, 1890). 





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L'ESPLORATORE CHAFFANJON IN GuJANA. — Da Demarara, il 17 
luglio p. p., il sig. Chaffanjon inviava al Ministero dell’ Istruzione della 
Repubblica Francese la relazione d’un recente suo viaggio nell'interno 
della Gujana settentrionale, e precisamente nei confini del Venezuela e 
dei possedimenti inglesi. Egli ha percorsa tutta la valle del Caroni, 
poi disceso il Rio Yurari e seguito il corso del Cujuni e del Mazaruni 


‘ fino al confluente nell’Essequibo, così ritornando alla costa. Il Chaffanjon 


raccolse materiali cartografici, che gli permisero di tracciare immedia- 
tamente una carta provvisoria, la quale fu da lui presentata alla So- 
cietà Geografica di Parigi. Inoltre fece larga messe di oggetti etnogra- 
fici indiani, e prese molte ed importanti note storiche sullo sviluppo 
della colonizzazione inglese in quella contrada. (Z'Zpogue moderne, 14 
agosto 1890). 


F. — OCEANIA. 


LE TRIBÙ AUSTRALIANE furono diligentemente studiate in questi ultimi 
tempi dal. signor A. W. Howitt. Da una sua Memoria, testè pubblicata 
dalla Società Reale di Victoria (Australia), si rileva che i risultati di 
questi studi, sono i seguenti: La trivù australiana non è, come da qual- 
cuno si credeva, un’ unione qualunque di individui associati per ragione 
di maggiore propinquità o relazione; ma una vera società organizzata 
con severe leggi consuetudinarie. Queste leggi sono fatte osservare da 
anziani, i quali si trasmettono i poteri ricevuti ed esercitati, con un 
certo mistero. Anzi vi sono molti esempî di eredità di questi poteri 
nei figli dei capi. Prevale tanto il sentimento della vita collettiva della 
tribù, che l'individuo deve in tutto sacrificarvisi, se non appartiene per 
nascita o ricchezza a famiglie potenti. Anche il matrimonio non può 
esser conchiuso che con donne od uomini della tribù vicina ed amica. 
Tuttavia i matrimonî per gruppo, che probabilmente avvennero all’ori- 
gine della costituzione attuale per via di fusione di due tribù, non 
sono più in uso; ed oramai è prevalente il matrimonio individuale. 
(Nature, n. 1083, 1890). 


G. —— REGIONI POLARI. 


SPEDIZIONE POLARE ARTICA DEL NANSEN. — Lo Storthing di Nor- 
vegia ha assegnato un sussidio di 267,000 lire per la Spedizione Nansen 
nelle acque del Polo Nord. Sembra stabilito che essa partirà dalla Nor- 
vegia nel febbrajo del 1892, con una imbarcazione di 10 o 12 uomini 
soltanto. (/Vafure, n. 1079, 1890). 


IV. — BIBLIOGRAFIA. 


D. — Asia. 
1) Libri. 
AINSWORTH W. F.. — A personal Narrative, ecc. (Narrazione personale 
della Spedizione geologica all’ Eufrate). Londra, Regan e C., 1888. 


Volumi 2. 


AINSWORTH W. F.. — Zhe River Karun, ecc ( Il Fiume Carun, come 
sbocco del commercio inglese). Londra, Allen, 1890. 


APPERT G. e Hi Kinoscita.. — Ancien Japon. Parigi, Maisonneuve, 1889 
Vol. di pag. 254 in 12° con tavole. 


ARANDARENKO G. A.. — Ore @ osio nel Turkestan (in russo). Pietro- 
burgo, 1889. Vol. di pag. VI-666 in 8°. 
Sono invece ore molto utilmente occupate in 20 lunghi anni di 
servizio ad accumulare importanti dati geografici, statistici ed eco- 
nomici sul paese e le popolazioni del Turkestan. 


BARBERIS magg. T.. — Cinque anni in Birmania Milano, dott. F. Vat- 
lardi, 1890. Vol. di pag. 201 in 8° grande, con carta ed illustra- 
sioni nel festo. 

Vedi BOLLETTINO, febbrajo 1890, pag. 200, 


Barcia Pavon A.. — Viaje a Tierra Santa en la primavera de 1888. 
Madrid, Murillo, 1889. Vol. di pag. 454 in 5°. 


Beccari O.. — Malesia: raccolta di osservazioni botaniche, ecc. Vol. If, 
fasc. 4-5. Firenze-Roma, Bencini, 1890. Vol, di p. 112, 152 in g° 
con tavole. 

Con questo fascicolo si completa il terzo volume dell’ opera 
magistrale di Odoardo Beccari. In esso si tratta ancora, come già 
nei fascicoli precedenti, delle palme; e nominatamente del genere 
Pritchardia e del genere Phoenix. Inoltre in un capitolo dedicato 
alle Trsuridaceae della Malesia, l'Autore svolge il tema delle « Cause 
principali della distribuzione geografica delle piante. » 


BLANFORD H. F. — 4 practical guide ecc. (Guida pratica alla cono- 
scenza dei climi e del tempo atmosferico dell’ India, di Seilan e 
del Barma, e delle tempeste nei mari indiani, fondata specialmente 


— 85 I —- 
sulle pubblicazioni ufficiali del Dipartimento indiano meteorologico). 
Londra, Macmillan e C., 1889. Vol. di pag. XIIT-369 in 5°. 

Opera di forma prettamente popolare, ma, al dire del Giinther, 
ricca di novità e d’ importanza scientifica. 

Brau DE SarnT-Por Liaz. — Les Orangs-Atché. Parigi, Nouvelle Revue, 
1590. Op. estratto di pag. 24. 

In questo breve lavoro, inserito nella /MWowveZ/e Revue, l’autore 
dà una descrizione, sufficientemente completa, degli Orangs-Atché, 
abitanti nell’ estremo N. di Sumatra. La fisionomia ed i costumi 
di quella valorosa popolazione, che dopo 17 anni di guerre è 
ancora così poco sottomessa agli Olandesi, sono tratti dagli ap- 
punti presi dall’ Autore durante un viaggio nell’ isola. 

Buppe E.. — Zrfakrungen eines Hadschi (I casi di un Haggi (Santone) 
musulmano). Lipsia, Grunow, 1888. Vol. di pag. 223 in 8°. 
CaMPBELL W.. — An account of missionary ecc. (Relazione del suc- 
cesso ottenuto dai missionar? nell’ Isola Formosa, pubblicata a 
Londra nel 1650, ed ora nuovamente stampata con numerose 

appendici). Londra, Tritbner, 1889. Vol. di pag. 667. 

Oltre a cid che promette il titolo, questo libro contiene anche 
note della recente vita degli Europei in Formosa, dove a lungo 
come missionario soggiornò anche l' Autore. 

CincoLani L.. — Trent anni di missione nel Seilan. Napoli, tip. del 
D « Unione », 1890. Un vol. di pag. 296. 

Cousi S.. — Au pays des castes, Voyage & la Cote de la Ptcherie. 
Parigi, Retaux-Bray, 1889. Vol. di pag. 254 in 18 con carta. 

Curzon G.. — Russia în central Asia, ecc. (La Russia nell’ Asia Cen- 
trale, l’anno 1889 e la questione anglo-russa). Seconda edizione. 
Londra, 1890. Volume di pag. 450 in 5° 

DerLERs A.. — Voyage au Yémen. Journal dune excurston botanique 
faite en 1887 dans les montagnes de l'Arabie Heureuse; suivi du 
Catalogue des plantes recuesllies, d'une liste des principales espèces 
cultivtes avec leurs noms arabes, etce.. Parigi, 1889, Vol. di pag. 246 
in § con 6 favole. | 

L’ ill. Schweinfurth, nelle ef. Mittetl., fa le lodi del libro e 
dell'Autore, che s' internò nell’ altopiano arabico di Caucaban fino 
all’ altezza di 3,000 metri sul livello del mare. 

DetrovaT L.. — Motes sur l'organisation générale, civile et militatre 
de I’ Indo-Chine. Parigi, Challamel, 1888. Vol. in 8°. 

De Wire J.. — En Palestine, Parigi. Chapellies, 1889. Volume di 
pag. 418 in 16°. 

Dicxson W. G.. — Gleanings ecc. (Spigolature dal Giappone). Londra, 
Blackwood, 1889. Vol. di pag. 400 in 8. 

DieuLaroy M.. — L’Acropole de Suse. Prem. Partie: Histoire et Gto- 
graphie. Parigi, Hachette et C., 1890. Vol. in £° con 45 incisioni 
nel testo. 

Mandato a scavare e studiare le antichità della città persiana 


— 852 — 
di Susa, per missione avuta dal Museo del Louvre, l'Autore de- 
scrive in questo primo volume il territorio, nel quale eseguisce le 
sue ricerche, e nel tempo stesso ne rifà la storia. 

Dosson G.. — Russia’s. Railvay advance into central Asia, ec. ( Pro- 
gresso delle ferrovie russe nell’ Asia Centrale, note di un viaggio 
da Pietroburgo a Samarcanda). Londra, Allen e C., 1890. Un volume 
in & di pag. XXII-439 con illustrazioni. 

Durr£rin, LA MARQUISE H. D’AVA ET DE. — QOnatre ans aux Indes anglasses: 
notre vice-royautt. Fragments de mon journal 1884-1888. Traduit 
de Langlais. Parigi, Calman Ltoy, 1890. Vol. I di pag. X-279, 
con ritratto dell’ autrice. 

In questo primo volume della illustre signora inglese, che fu 
vice-regina delle Indie dal 1884 al 1888, troviamo esposte le 
impressioni ch’ ella ricevette vivendo al fianco di lord Dufferin, 
al loro primo arrivo a Bombay, durante il primo breve soggiorno, 
ma attivissimo, a Calcutta, e nel lungo viaggio e nelle visite, tutte 
importanti, ad Allahabad, a Rawal-Pindi, a Lahore, ad Amritsar 
a Simla, poi con frequenti fermate intermedie a Delhi, e per Udaipur, 
Iodhpore, Bhurtpore, ad Agra, indi a Gualior, e per Lucknow di 
ritorno a Calcutta. Dopo un altro brevissimo riposo invernale alla 
residenza (1885-1886), l’Autrice parti, sempre a fianco del marito, 
per il Barma, appena occupato dagl’Inglesi. Gli ultimi capitoli di 
questo volume contengono le note prese da lei durante questo 
nuovo viaggio; da Calcutta a Rangun e su per l’Irauadi a Man- 
dalè, donde ritornando a Rangun e fermandovisi alcuni giorni, 
compiuta la visita ufficiale, fece volta per Madras, e visitata anche 
questa, rientrò a Calcutta. Queste note ed impressioni hanno la 
verità e vivacità di ciò che si sente e si esprime nello stesso mo- 
mento, perchè estratte da lettere scritte dalla marchesa Dufferin 
alla madre, via via e giorno per giorno. Nè sono le solite, per 
quanto fine, osservazioni e minuziose descrizioni, ma piuttosto ad 
almeno manifestazioni di sentimenti e di giudizî, degni di una 
donna, che fece del gran bene e che contribuì incessantemente 
ed efficacemente al progresso della civiltà nelle Indie inglesi. I suoi 
scritti, nella buona traduzione francese che ci sta sotto gli occhi, 
meritano un posto distinto nella letteratura amepa della Geografia, 
perchè ritraggono al vivo e rivelano più largamente il classico 
paese e gli abitanti dell’ India. 

DuTREUIL DE Ruins J. L.. — L'Asie Centrale (Thibet et régions lims- 
trophes). Texte et Atlas. Parigi, Leroux, 1889. Vol. di pag. XVI-620 
in 4° e Atlante di favole rg. 


Lavoro di grandissima importanza, frutto d' indagini fatte con 
somma diligenza e rara competenza. È pubblicato sotto gli auspicî 
del Ministero dell'Istruzione Pubblica di Francia e raccoglie quanto 
di meglio si conosce sulla Geografia e topografia del Tibet e delle 
regioni vicine, consultando le carte geografiche ed i libri pubbli- 
cati in Cina ed in Europa dai tempi antichi ai presenti. 


ExNER A. H.. — China, ece. (La Cina: Schizzi del paese e dei popoli 
con speciale riguardo alle condizioni commerciali). Lipsia, Veigel, 
1890. Vol. di pag. 300 in §° grande, con ritratto, 6 tavele colo- 
rate, I7 figure e pianta. 

FERNANDEZ GrneR I.. — Filipinas. Notas de viaje y de estancia. Madrid, 
Tip. popolare, 1889. Vol. di pag. XVI-a17 in 8°. 

GLucovscolr gen.. — Ascerche sugli antichi letti dell Oxus nelle steppe 
aralocaspiche (in russo). Pietroburgo, 1889, Vol. 2, 

GonpattI N.. — Notizia preliminare di un viaggio nella Siberia nord- 
orientale (in russo). Mosca, Museo, 1888. 

Goupareau G.. — Zxcursions au Japon. Parigi, Picard e Kaan, 1889. 
Vol. di pag. 317 in g°. 


Guinnes G.. — Zhe Far East, ecc. (L' estremo Oriente; la Cina illu- 
strata). Nuova York, Revell, 1889. Vol. di pag. 138 in q°. 
HaLLETT H.. — A fousand miles on an elephant, ecc. (Mille miglia su 


un elefante negli Stati Scian). Londra, 1889. Vol. di pag. 518 in 8°. 

Hickson S. J.. — A noturalist in North Celebes, ecc. (Un naturalista 
nel Celebes settentrionale; narrazione di viaggi nelle Isole Mina- 
hassa, Sangii e Talaut, con note sulla fauna, sulla flora e sulla 
etnologia dei distretti visitati). Londra, /. Murray, 1889. Un vol. 
di pag. XV-3792. 

HirtH F.. — ChQinesische Studien (Studi sulla Cina, vol. I) Monaco e 
Lipsia, G. Hirth, 1890. Vol. di pag. $22 con 2 tavole e illustra- 
stont nel festo. 


Humann K. e Pucustein O.. — Aeisen in Kleinasien und Nord- 
Syrien, ecc. (Viaggi nell’ Asia Minore e nella Siria settentrionale, 
compiuti per incarico della R. Accademia prussiana delle Scienze). 
Berlino, D. Reimer, 1890. Volume con atlante, 59 illustrazioni 
e carte. | 

KiePERT H.. — Die alten Ortslagen ecc. (La giacitura dei luoghi anti- 
camente abitati ai piedi meridionali del Monte Ida pell'Asia Mi- 
nore) Berlino, Società Geografica, 1889. Op. estratto di pag. 14 
con carta e tavola, di profili orografici. 

— e KoLpewey R.. — Jtinerare ecc. (Itinerart dell'Isola di Lesbo). 
Berlino, Reimer, 1890. Op. di pag. 66 e 2 carte alla scala 
di 1:120,000 € di 1:210,000. 

La prima di queste due monografie illustra antiche ricerche di 
geografia storica greca. La seconda, insieme con nuovi studi d' in- 
dole storica, riunisce anche buoni materiali scientifici moderni, 
fatti dall' eminente geografo tedesco. 

LANIER L.. — L'Asie. Choix de lectures de Gtographie, accompagnées de 
résumés et d'analyses I, Aste Russe, Turkestan, Asie Ottomane, 
fran. Parigi, Belin, 1888. Vol. di pag. 618 in 8° con 9 carte. 

LecLerco J.. — Du Caucase aux Monts Alai: Transcaspic, Boukharie, 
Ferganah. Parigi, Plon, 1890. Vol. di pag. VIII-267 con carta. 


LE MESSURIER A.. — From London to Bokhara, ecc. (Da Londra a 
Bocara, ed una escursione attraverso la Persia). Londra, 1890. 
Volume in 8. 


Maccrecor, Lapy. — Zhe life ecc. (Vita e opinioni di Sir C. M. Mac- 
gregor). Edimburgo, Blackwood, 1888. Vol. 2 di pag. XVIII. 367, 
LX-4 38. 

Macintyre D.. — Hindu Koh, ecc. (L'Inducush: escursioni e caccie 
intorno e -su gl’ Himalaja). Edimburgo e Londra, Blackwood, 1889. 
Vol. di pag. VIII 46g. 

MORGAN, J. DE. — Mission scientifique au Caucase: études archéolo 
giques et historiques. Parigi, E. Leroux, 1889. Vol. 2 di pagine 
III-23I, IV-305. 

Pacer W. H. e Mason A. H.. — A record of the expeditions ete. 
(Memoria sulle Spedizioni presso le tribù del confine nord-occi- 
dentale dell’ India dopo l'annessione del Pengiab). Londra, India 
Office, 1888, Vol. di pag. 679 in 5°. 

Paris C.. — Voyage d'exploration de Hut en Cochinchine par la route 
mandarine. Parigi, Leroux, 1889. Vol. di pag. IV-301, con 6 carte 
in colori e 12 incisions. 

PercivaL W.. — Zhe Land of the Dragon. (Il paese del Drago: 
Cina). Londra, Hurst et Blackett, 1889. Vol. di pag. 338 in 3° 
con carfa. 

Pourras. — Za Chine: huit ans en Yun-nan. Lille, Descite e C., 
1888. Vol. di pag. 1888 in 5° con carta generale e molte illu- 
strasioni. 

PretscH K.. — Die Bedeutung ecc. (L' importanza dei porti sulla costa 
occidentale dell’ India anteriore negli antichi e nei nuovi tempi). 
Halle, 1889. Op. di pag. 68 in 3°. 

RAUSCH VON TRAUBENBERG dott. P.. — Hauptverkehrswegen ecc: (Le 
principali vie di comunicazione della Persia) Male a. S., Tausch 
e Grosse, 1890. Vol. di pag. 125, con una carta a tre frofili. 
una monografia accuratissima sull'argomento indicato nel ti- 
tolo. L'Autore la fa precedere da parecchie pagine di considerazioni 
teoriche su ciò che ora chiamasi la Geografia commerciale: o più 
generalmente Geografia. della viabilità (Verkehrs geographie), ri- 
cercando prima le cause per cui si originano le strade commer- 
ciali, i critert secondo i quali esse debbono essere giudicate, le 
cause per cui si originano le altre strade, le condizioni alle quali 
le strade, nel loro percorso, devono soddisfare, e finalmente il con- 
cetto della « Geografia della viabilità » e la applicazione del me- 
desimo a queste ricerche sulle strade della Persia. Seguono indici 
di opere consultate, le quali sono in numero di 37 per la parte 
generale e di altre 44 per lo studio di singole strade, oltre a 12 
carte geografiche speciali, non comprese nei lavori registrati nel 
precedente elenco. Da ciò apparisce l'indole e l'importanza del la- 
voro per quanto riguarda le comunicazioni commerciali della Persia. 








Ruo dott. F.. — A traverso l Arcipelago malese: dalle note di un viag- 
gio di circumnavigasione sulla R. Corvetta « Caracciolo ». Firense, 
Rassegna nas., 1890. Vol. di pag. 127. 

Di ritorno dal suo viaggio di circumnavigazione, il dott. Rho 
fece conoscere subito qualche parte delle note da lui prese, o 
nella Relazione che il cap. De Amezaga pubblicava fin d' allora, 
o in altre monografie. In questa, I’ Autore descrive quella parte 
del viaggio che la « Caracciolo » fece dallo Stretto di Torres al 
-Pulo Brass, toccando via via le Coste della Papuasia, le Isole Aru, 
Banda, le Molucche, Amboina, Celebes, Singapur, Malacca, Pe- 
nang, Accin e Tenonc. Il racconto del viaggio è rayvivato dalla 
descrizione dei luoghi e dei costumi di quei popoli, e reso ancora 
più istruttivo da numerose osservazioni su varie materie di storia 
naturale, ed in fine da alcuni capitoli sulle qualità fisiche dei 
Malesi, in rapporto all’ igiene ed alla medicina. 


SCHWEINFURTH G.. — Ueber seine Reise ecc. (Del suo viaggio nell’ Ara- 
bia Felice). Zerlino, Società Geografica, 1889. Opuse. estratto di 
pag. 9. 

Sikkim, Bhutan e Thibet. (Relazioni di esplorazioni nel Sikkim, Butan 
e Tibet). Dehra Dun, 1889. Vol. in f. con 3 carte. 


Snouck HurcronJe dott. C.. — Mekka, ecc. (Mecca I. La città e i 
suoi dominatori ; II. Dalla vita odierna). L'A4ja, Nijhoff, 1888-89. 
Vol. 2 di pag. XIII-228, XVIII-397. 

VEIDENBAUM E.. — Guida attraverso tf Caucaso (in russo). Tiflis, edi- 
sione ufficiale, 1888. Vol. di pag. 434 in & grande, con carta. 

Il De Dechy, in una sua recensione su quest'opera, da lui in- 

. serita nel Ziferaturbericht delle Pefermanns Mitteilungen, 1889, 
dice che non si tratta d’una delle solite Guide, ma di una vera 
e propria descrizione scientifica del territorio montuoso del Cau- 
causo. Il libro è diviso in due parti: nella prima si svogono l’oro- 
grafia, |’ idrografia, l’ ordinamento amministrativo e la colonizza- 
zione, come pure la storia della conquista del paese con note 
etmografiche e metèorologiche, ecc.. Nella seconda è collocata 
una serie di itinerarf, coi luoghi in ordine alfabetico, e in corri- 
spondenza con le descrizioni della prima parte. 

VINCIGUERRA D.. — Viaggio di Leonardo Fea in Birmania e regioni 
vicine, XXIV. Pesci. Genova, Sordo-muti, 1890. Un vol. di pagine 
234 con tavole e carte. 

I larghi ed importanti risultati ittiologici che il benemerito viag- 
giatore L. Fea ottenne nel Barma, sono qui degnamente illustrati 
dal prof. D. Vinciguerra. Il lavoro è preceduto da una utilissima 

. introduzione, ed illustrato da due cartine geografiche e da 6 belle 
tavole contenenti le figure dei pesci propri di quelle regioni e 
raccolti dal Fea. 

vow Jepina L.. — An Asiens ecc. (Alle coste e nei porti principali 
‘ dell’ Asia: Giornale di viaggio della nave austriaca « Fasana » ne- 





gli anni 1887-89). Vienna, Hoelsel, 1890. Vol, di 24 a 26 del 
spense in & grande con 70 tavole, 170 illustrazioni nel testo ed 
una carta. | 


Von ProsKowetz dott. M.. — Vom Nevastrand nach Samarkand, ete. 
(Dalle rive della Neva a Samarcanda, attraverso la Russia, sulla 
nuova ferrovia verso l' Asia centrale). Con una prefazione di H. 
Vambery. Vienna, E. Holsel, 1890. Vol. con illustrazioni e carta. 


WHITNEY W. N.. — A concise dictionary ecc. (Dizionario breve e con- 
ciso di tutte le principali strade, capoluoghi e villaggi del Giap- 
pone). Londra, Trilbnet, 1889. Vol. di pag. 148 in 8° 

Yate C. E.. — Northern Afghanistan, ecc. (L' Afghanistan settentrio- 
nale: lettere della Commissione per i confini dell’ Afghanistan). 
Londra, Blackwoods, 1888. Vol. di pag. 424 in &. 


2) Carte. 


HANDTKE F.. — Generalkarte von Asien. (Carta generale dell’ Asia 
alla scala di 1:88,886,000, 13° edizione). Glogau, Flemming, 
1889. Foglio. . 

Jounston W.. — General map of Asia. (Carta generale dell'Asia, alla 
scala di 1:9,218,000). Londra, 1889. Foglì 4. 

KiePERT H.. — Phystkalische Wandkarte von Asien. (Carta fisica murale 
dell’ Asia, 4° edizione. Scala di 1:4,000,000). Serlino, Rei- 
mer, 1889. 

— Neue Wandkarte von Paléstine. (Nuova carta murale della Pale- 
stina. Scala 1:200,000). Berlino, D. Reimer, 1590. 


— Specialkarte vom westlichen Kleinasien, ecc. (Carta speciale dell’ Asia 
Minore occidentale ecc. alla scala di 1:250,000, 1° Dispensa). 
Berlino, Reimer, 1890. Fogli 5 in cromolitografia. 

Questa nuova opera cartografica dell’ illustre Kiepert è stata da — 
lui compilata sulle basi de' viaggi suoi e di altri valenti geografi, 
e con rilievi topografici in gran parte ancora inediti. Nella 
Prefazione, sono particolarmente enumerate queste fonti, e poi 
date spiegazioni molto opportune per I’ intelligenza e la lettura 
della Carta. Di quest’ ultima è pure dato uno schizzo schema- 
tico, da cui risulta la sua estensione, fra il 35° 49’ e 41° 20’ di 
lat. N., e 25° 40’ e 31° 20’ circa di long. E. Greenwich; essa 
viene divisa in 15 tavole. Le prime cinque, contenute nella pre- 
sente dispensa, rappresentano : Costantinopoli e il Bosforo; Galli. 
poli e i Dardanelli; Smirne e i dintorni; Samo e le coste pro- 
spicienti; Rodi e le coste. Pregevolissima sotto ogni aspetto, questa 
Carta gioverà tanto a chi voglia studiare e conoscere la regione 
nei soli riguardi geografici e politici moderni, come anche a quello 
che intende servirsene per gli stud? di Geografia storica. Le grandi 
proporzioni in cui la medesima è stata delineata lasciano per la 
prima volta fruire anche a coloro che non si dedicano a studi 


— 857 — . 
topografici, i risultati di questi Una Memoria, che accompagnerà 
l’ ultima dispensa della Carta, illustrerà ancor meglio l’opera. 
KocH A.. — Carte de la Cochinchine frangaise. (Alla scala di 1: 400,000). 
Parigi, Challamel, 1889. Fogli 4. 
Persia e parti confinanti dell! Asia turca e dell Afghanistan (in russo) 
alla scala di 1:840,000. Tiflis, Uff. top. militare russo, 1889. 


Fogli 8. 

Riess R. v.. — Neue Wandkarte, ece. (Nuova carta murale della Pale- 
stina, alla scala di 1:314,000). /riburgo in Brisgovia, Herder, 
1889. Foglio. 


Russia Asiatica, Carta del confine meridionale, alla scala di r:1,680,000: 
Irkutsk, Blagovestscenk, Vladivostok e Scianghai (in russo). Pietro 
burgo, edizione ufficiale, 1888-1889. Fogli 4. 

-Saunpers T.. — An Atlas ecc. (Atlante dell’ India in 12 carte). Zon- 
dra, Stanford, 1889. Vol. in foglio grande, con 37 pagine di testo. 

Siria e Palestina. Carta tn lingua araba, alla scala di 1:557,500. 
Beirut, tip. americana, 1889. 

TRANSFRONTIER Survey N. W.. — Zrem Jacobabad to Chaman. III, 
(Carta dei paesi confinanti coi possessi inglesi dell’ Asia, alla 
scala di 1:506,880: Da Jacobabad a Ciaman — Parte della Persia 
— Tarbat-i-Haidari). Debra Dun, 1883, Foglio. 

WoLr J.. — Wandkarte von Paldstina. (Carta murale della Palestina 
per le scuole, alla scala di 1: 300,000). Stoccarda, Bons, 1889, 
Fogli 2 în cromolitografia, 


V. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


Società pb’ ESpLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, ago- 
sto 1890. 


Gaetano Casati. — Colonie e colonizzazione, VIII, di V. Fockifi. — Sulle dif- 
ficoltà dell’ esplorazione africana (continuazione), di G. Ricchieri. — La Colonia del 
Capo, di A. Bismot. — La Spedizione portoghese negli Stati di Muatanianvo, di 
C. G. Toni. — Il commercio dei possedimenti europei d'America, di A. Ferrero. — 
Società AFRICANA D'ITALIA. — Napoli, IX-5-6, 1890. 

Etiopia militare, di Z. Samson. — Esplorazione di Opie, di L. Dricchetti-Robecché. 


— La convenzione anglo-germanica per I’ Africa, di Z. /.. — Sotto I’ Equatore, di 
5S. Ssole Rogosinski. | 
Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, X-7, 1890. 


Studî comparativi fra alcune vibrazioni meccaniche artificiali del suolo e le vi- 
brazioni sismiche. — Il terremoto laziale del 5 maggio 1890, di De Rossi. — Ter 
remoti di S. Josè di Costa-Rica, di /iftier. — Il sollevamento delle Coste del Baltico. 
— Il clima di Schio, di A. da Schio. 


CLus ALpino IraLiano. —- Torino, luglio 1890. 

Nl XXII Congresso degli Alpinisti Italiani a Roma, di S. Casser. — Prima 
ascensione del Colle del Martellot. 
Rivista DI TopoGRaFIA E CATASTO. — Roma, III-1, 1890. 

Degli abbozzi geometrici di rilevamento: modo di eseguirli e loro utilità, del- 
l'ingegnere Jmdert. — Tabelle relative all'Istruzione II sulle poligonali. 
BOLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, luglio 1890. 


Movimento commerciale e marittimo del Portogallo nel 1889, di /. Cotta. — 
Viaggio per raggiungere S. M. Menilek negus-neghest, di 4. Salimébens. — Il com- 
mercio estero della Russia sul confine europeo nel 1889, di /. Bottaro Costa. 
SOCIETÀ ITALIANA DI ANTROPOLOGIA, ETNOLOGIA E PSICOLOGIA COMPA- 

RATA. — Firenze, XX-1, 1890. 

Gli ultimi giorni dell’ età della pietra nell' America Meridionale: di alcuni stru- 
menti litici tuttora in uso presso i Chamacoco del Chaco boliviano, nota del profes- 
sore £. H. Gigliols. 


L’ ILLUSTRAZIONE ITALIANA. — Milano, 33, 1890. 


Il dott. Peters (con ritratto). — Le fotografie del Monte Rosa e del Gressoney, 
di V. Sella. 


Società GEOLOGICA ITALIANA. — Roma, IX, 1890. 


Bradisismi di una parte della costa adriatica, di G. Antonelli. 
L’ ADRIATICO. — Venezia, XV-187, 1890. 


Le provincie venete nella nuova Carta corografica del Regno d'Italia alla scala 
di 1:500,000, di G. Marinelli. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


MarINA E CoMMERCIO. — Roma, 3, 10, 17, 24 agosto 1890. 

Le feste colombiane a Genova, — Legge sull’immigrazione del Brasile. — Il’ 
Congresso delle Repubbliche americane a Washington. — Progetto francese per una. 
ferrovia transsaharica. — La Società Italiana per l’ Africa Orientale. — L'Europa 
in Africa. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Societe DE GE£OGRAPHIE COMMERCIALE. — Parigi, XII-4, 1890. 

° Il commercio presso i Tuareghi Taitok, di M. Masgueray. — Marcie nel Ton- 
kino al paese Muong, di JM. Mercier. — Il Portogallo : abitanti, prodotti e commerci, 
di Castonnet des Fosses. — Missione d’ esplorazione e di studi nel Laos inferiore. 
(con carta), di Y. Taupin, — Sulla colonizzazione del Canada, di mons. Zabelle. — 
Impressioni d’ un soggiorno nell’ Oceania, di C. Le Brun Renaud. 

REVUE DE GÉOGRAPHIE. — Parigi, agosto 1890. 
Sistemi di colonizzazione della Repubblica Argentina, di D. Bellet, — Gli Hacca 
e gli Hoclo: l'autonomia dei villaggi in Cina (fine), di H. Meyners d Estrey. — 
L'Isola di Serk: note di viaggio, di M. Gawdefroy-Demombynes. — Il movimento 
geografico, di Z. Delavaud. — Gl’ Irlandesi in America prima di C. Colombo, se- 
condo la leggenda e la storia. Colonizzazione dell’ Irland-it-Micla, di P. Gafarel. 


REVUE FRANCAISE DE L'ÉTRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, n. 99, 
100, 1890. 

Lettera da Tiflis, di V. Ricey. — Intorno al Lago Ciad, questione di confini, se- 
condo 7. Deloncle. — La penetrazione nel Sahara, di 4. d Avril. — Il testo del trattato 
anglo-germanico. — Inglesi e Francesi al Canada, di Z. Rameau de Sainte-Pire, — 
I trattati del Binger nel Sudan francese, di G. Demanche. — La spartizione politica 
dell’ Africa, di Ed. Marbeau. — 1 24 indici orart, di fra Alessio, — L'origine indi- 
gena del nome dell’ America, dello séesso. 

REVUE GEOGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, luglio 1890. 

Il commercio d’ Algeri e dell'Algeria, di G. Renaud. — La strada ferrata tran- 
sahariana in progetto (fine), di A. A//cis. — La spartizione dell’Africa (con carta). 
La GEOGRAPHIE. — Parigi, n. 87, 88, 89, 90, 1890. 

Nella Russia settentrionale, esplorazione, di C. Radoft. — La conquista del Polo 
Nord, di $. Chiron. — Il Porto di Rosario, di D. Bellet. — Il Perigord bianco, di 
E. Labroue. — Tempi preistorici nella Alvergna e nell’altopiano centrale della Fran- | 
cia, del dottore £. Verrier. — Sceik-Said. — A proposito deli’ ora universale, di: 
C. Tondini de Quarenghi. — Il maggiore Wissmann. — Emin Pascià. — Intorno 
al Polo Nord: il passaggio N.-E. ed il passaggio N.-O.. — La conferenza anti- 
schiavista di Bruxelles. — La ferrovia transahariana e la colonizzazione africana, di 
A. Duponchel. — Le traversate dell’Africa, di P. Barrè. — Il Picco di Ardiden, di 
G, Regelsperger. 

LE Tour pu MONDE. — Parigi, 2, 9, 16, 23 agosto 1890. 
. Nelle tenebre dell’Africa (continuazione), di £. Stanley. 
SOCIRTÉ DE GEOGRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 
n. 14, 15, 1890. 

. Le Cevenne e la regione dei è Causses », del dott. A. Armaignac. — Helgo- 
land, di Z. Zarguet. — La primavera del 1890: ghiacci e burrasche nell’ Atlantico, © 
di A. Hautreuz. 

SOcIETE pe GtocrapPHIE DE LILLE. — Lilla, n. 7, 1890. 


Gli Oceani e i Mari (cont.), di Af. Gosselet. — La vita, i viaggie le avventure 
di Gilbert de Lannoy (con carta), di L. Quarré-Reybourbon, — Due anni al Senegal 


— 860 — 
e nel Sudan, di £. Z.. — Escursione sulle rive della Scelda, ad Anversa, ecc., di 
G. Houbron. 
Socitté DE GkOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, IX-5-6, 1890. 

Dali’ Atlantico al Mar delle Indie attraverso l'Africa, conferenza del capitano 
Trivier. — Dall’ Algeria al Sudan, di C. Vincent. — Il Cambogia, di Presseg-Rolland. 
— Organizzazione amministrativa dell’ Annam, di AM. Dugont, — Dielle ed i Bateki, 
di Poumayrac. 

SOCIÉTÉ DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DU HAVRE. — Havre, maggio, 
giugno 1890. 

.I Sambachi (fine), di 4. Valette. — La città di Turane e la provincia di Cang- 
Nam, di D. Lidwre. — Il Canada, del capitano Siward-Fossard. — I gorghi del 
Tarn, l'antica Mompellieri e le curiosità dei « Causses », di Af. de Malafosse. 
Socitté RovaLe DE GiocRaPÒHie. — Anversa, XIV-3, 1890. 


Ufficio d’ informazioni al Perù (cont). — Le provincie spagnuole di Murcia e 
di Almeria, di Z. Sivet, — Il Congo nel 1890, del dott. Allart. — I fenomeni val- 
canici in Europa, di #. de Hert. 
Le MouveMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 3, 17 agosto 1890. 

La sessione congolese del Parlamento belga. — La spartizione dell’ Africa. 
— Il distretto del Congo orientale. — La carta dello Stato Indipendente del 
di A. Y. Wauters. — Movimento del Porto di Bangala, dal 1° gennajo al 10 giugno 1890. 
L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISEE. — Ginevra, XI-8, 1890. 

Lettera da Scesceke, di D. Feanmaret. 
SOCIEDAD GEOGRAFICA DE MaprID. — Madrid, aprile-giugno 1890. 


Dei materiali per |’ insegnamento della Geografia e del loro buon uso, di 4. Af. 
Gochet. — Sul progresso dei lavori geografici, di M. Ferreire. — Viaggio di cir- 
cumnavigazione della « Numancia » (1885), conferenza del cap. March. de Reinesa. 
— Notizie autentiche del famoso Rio Maragnon, di M. Ximenes de la Espada. 
SociEDAD EspaffoLA DE GEOGRAFIA COMERCIAL, — Madrid, n. 81, 82, 1890. 

La fattoria di Rio de Oro. — Il viaggiatore polacco Rogozinski a Fernando 
Poo. — 1] commercio tra le Isole Filippine ed il Giappome. — Il bosco dell'Aruhuimi 
e i nani dell’ Africa. — La provincia di Uelva, di S. Gonsales. — La Repubblica 
Argentina, di G. Carrasco. 

INSTITUTO GEOGRAFICO ARGENTINO. — Buenos Aires, XI-1-2-3, 1890. 

Esplorazioni geologiche in Patagonia (cont.), di C. Ameghine. — Studi lingui- 
stici americani, del dott. Z. Darapski. — L' esplorazione del capitano Trivier attra- 
verso |’ Africa centrale (con carta), di £. Torns. 

TRANSILVANIA. — Cibino, XXI-8, 1890. 
L’ Arabia oltre il Danubio, del dott. A. Martenescu. 


IL BRASILE. — Rio de Janeiro, IV-7, 1890. 
La Costituzione degli Stati Uniti del Brasile: testo. — Immigrazione e coloniz- 
zazione nel Brasile: testo. 


GESELLSCHAFT FOR ERDKUNDE zu BERLIN. — Berlino, Bollettino XXV-3, 
1890. . 

Da Cipro: pagine d’un giornale e studî, di £. Oberhummer (con carta). — 
Saggio comparativo di più barometri aneroidi, di /7. /. Wiebe. — Un contributo 
alla questione della variabilità della correzione definitiva degli aneroidi in viaggio e 
soprattutto della loro servibilità, del dott. A. v. Danckelman. — Il viaggio del dot- 
tore Nansen in Groenlandia. 

— Atti, XVII-6, 1890. 

D' un viaggio dal Golfo Persico al Mare Caspio, fatto ed esposto dal dottore 

4. Rosen. — I boschi e la loro distruzione nell’ America, di W. Xessler. 


— 861 — 


K. K. GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN: Wien. — Vienna, XXXIII-7, 
1890. 


Notizie d’ una escursione nella parte sud-orientale del Caucaso dall’ ottobre al 
novembre 1889, del dott. Ajalmar Sjigren. — L'altitudine di Vemezia nel passato 
ed al presente, dell’ ing. Si Fischer. 


PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, VIII, 1890. 


‘ D’alcune involontarie escursioni nel Grande Oceano (fine), di O. Sitting (con° 
carta). — I Monti Atlante nell’ Algeria (con carta e profilo), del dott. A. Rothplets. 
- I nuovi confini in Africa (con carta), di 4. Wichmann. — Gli Arabi sui laghi 
del Nilo, del dott, G. Mitller. — Notizie sulla situazione odierna della Società per 
il Canale di Panama, del dott. /7. Polacovski. — Le valanghe di neve nei Monti 
Giganti, del prof dott. /. Aesse. — La formazione della Terra e I’ eta geologica, 
del dott. 47. Hergesell. — Lo svolgimento storico della cognizione dell’ esistenza del 
ghiaccio interno nella Groenlandia, di H. Aink. — Progetto d'una Spedizione nella 
Groenlandia orientale, di G. Ryder. — Relazione dalla Borneo settentrionale, del 
dott. 7. Posewits. ©” 


DeurscHE RunpscHAU FUR GrOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
agosto 1890. 


Le vacanze a Rtigen, del prof. Z. Pa/5csi (con carta). — Sul clima dell’Africa 
meridionale di 14 del tropico (con carta), di G. Krebs. — Progressi delle ricerche e 
dei viaggi geografici nell’anno 1889, del dott. 7. M. $ittner, — Per I’ orografia 
della Russia europea, secondo 4. De Zillo. — Gli Andamani. — Le Isole Figi nel 
1888. — Il commercio della Colonia del Capo con 1’ Europa e con |’ America. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, n. 30, 31, 32, 33, 34, 1890. 


Le Spedizioni polari tedesche nel 1882-1883, con note, di Z. Goebeler ed 
E. Hahn. — I Votjaki (fine), di P. v. Sfenin. — Schizzi dei banati rumeni, di 
M. Prsiborski. — Nuovi viaggi ed esplorazioni nell’ Asia anteriore, di A. Sieger. — 
Emilio Metzger, di C. v. des Steinen. — « Nell’ Africa più tenebrosa » di E. Stan- 
ley, del prof. /. Pawlitschke. — 1 confini tra l’Asia e l'Australia, di £. Meteger. — 
I Zingari, del pro‘. G. Cora. — La teoria delle variazioni del clima secondo gli esplo- 
ratori del secolo XVIII e dei primi anni del XIX, del prof. dott. S. Géinther. — Razze 
indo-cinesi, di C. W. Rosset. — I viaggi di Carlo Humann edi Otto Puchstein nel- 
l’ Asia Minore e nella Siria settentrionale, del dott. med. Odst. — Kant e la moderna 
teoria dei venti, di M. Schneidemiuhl. 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 1, 15 agosto 1890. 


« Nell’ Africa più tenebrosa ». — Helgoland, di D. Gronen. — Ricerca dei 
nomi geografici, di £. Sruaner. — La Penisola Malacca — Le Molucche: schizzi, 
di 7. Barsal. 


DeurscHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, n. 16, 17, 1890. 


Sulla Spedizione tedesca per Emin Pascià. — Il trattato anglo-germanico (con 
due carte). — La situazione nelle colonie della Germania. — Il Gran Sud, IV. — 
La carta dell’ ultima impresa dello Stanley, di A. W. Schleicher. — Schizzi da Ca- 
merun (fine), di G. Baldaw. — La memoria sui motivi del trattato anglo-germanico. 
— Il dott. C. Peters. — La convenzione anglo-germanica del 1° luglio 1890, consi- 
derata dal punto di vista del diritto pubblico e del diritto delle genti. — Il Nord-ovest 
dell’Africa tedesca orientale. — Il territorio di Vitu e il trattato anglo-germanico, di 
XK. Bornhak. 


Export. — Berlino, n. 31, 32, 33, 34, 1890. 


Le colonie australiane (fine). — Le Spedizioni dei Portoghesi verso 1’ America 
settentrionale : appendice. — Giubileo coloniale della Nuova Gran Pretagna oceanica. 
— Il commercio dell’ India nell’ anno 1889-1890. — La costituzione politica degli 
Stati Uniti del Brasile. — Notizie dalle Colonie australiane. — Importazione ed 
esportazione durante I’ ultimo anno economico 1889-1890, negli Stati Uaiti dell’Ame- 
rica settentrionale. 


-— 862 — | 

RovaL GEOGRAPRICAL Society. — Londra, agosto 1890. a | 
Esplorazioni nella Cilicia Tracheia (con carta), di 7. Theodore Bent. | 
Tue Scottish GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, VI-8, 1890. 


Un viaggio nell’ interno della Cina partendo da Canton (fine), del dott. W. G. | 
Dickson. — I Lapponi russi, di V. Dimgelstedt. — « Nell’ Africa più tenebrosa » 
recensione, di Y. Geddie. — Carta orografica dell’Africa equatoriale, per seguire I iti- 
nerario dello Stanley, di Y. G. Bartholomew. 


MANCHESTER GEOGRAPHICAL SOCIETY. — Manchester, V-10-12, 1889. 


Relazione dei viaggi del colonnello A. R. P. Labre, di C. Fry e d’altri nel 
Perù e nella Bolivia, di A. Guillaume (con carta). — Le lagune del Golfo di Benin 
nell’ Africa occidentale (con carta), di A. Millson. — Il Lago Niassa el Africa cen- 
trale, del capitano Z. Lugard. — Ciò che la Geografia dovrebbe essere, di Crapothin. 
— I possessi portoghesi lungo le coste sud-occidentali dell’ Africa e particolarmente 
quello di Angola, di $ Rippon. — Geografia, di C. Marvin. — Le risorse della 
Siberia e la praticabilità della via marittima, di H. NW. Sullivan. — Nell’ Africa tro-. 
picale. — Una cavalcata primaverile nella Spagna meridionale. 


NaTuRE. — Londra, n. 1083, 1084, 1085, 1086, 1890. 


I viaggi in Africa dell’ Junker, tradotti in inglese da A. H. Keane. — La ri- 
cerca del carbone fossile nel S. dell'Inghilterra, del professore W. Boyd Dawkins. 
— Sullo studio dei terremoti in Gran Bretagna, di C. Davison. — Sulla origine dei 
solchi più profondi delle depressioni oceaniche: ce n’é di origine vulcanica?, del 
prof. Y. D. Dana. — « Viaggi e scoperte del Barth nell’ Africa settentrionale e cen- 
trale »: recensione. — « Il Giappone ed il Pacifico » di Inagaki: recensione, — 
C. H. F. Peters. 


AMERICAN GEOGRAPHICAL Society. — Nuova York, XXII-1, 1890. 


Sulla storia della Geografia fisica, di Chas. P. Daly. — L’ Inghilterra duecento 
anni fa, di P, Ckaix. 


THE NaTIONAL GEOGRAPHIC MAGAZINE. — Washington, II-1-3, 1890. 


La crociera artica della nave e Thetis » della marina degli Stati Uniti d’ Ame- 
rica, nell’ estate e nell’ autunno 1889, di C. 27. Stockton (con schizzo dell'itinerario). 
— La legge delle tempeste di mare, considerata con speciale riguardo all’ Atlantico 
settentrionale, di Zverett Hayden (con tavole ed illustrazioni nel testo). — Il pro- 
blema dell’ irrigazione nel Montana, di A”. M. Wilson. 

SCIENCE. — Nuova York, n. 389, 390, 391, 392, 393, 1890. 

Macchie solari e predizioni, di AH. A. Hasen, — I più disastrosi « tornados » 
dal 1872 in poi. — L'aurora, di AM. A. Veeder. — Il « tornado » di Louisville, di 
H. A. Hasen. — La posizione di Caracorum. — La temperatura durante la tempesta 
nelle alte correnti aeree, di HY. A. Hazen. — Idem, di M. A. Veeder. — Osserva- 
zioni sul sistema generale ‘dei venti sulla Terra, di rank Waldo. — Gli Esquimesi 
del Capo Prince of Wales nello Stretto d’Hudson, di /. 7. Payne. 

NEW ZEALAND INSTITUTE. — Wellington, XXII, 1890. 

Nota sul sistema topografico dell’ Iliade, di Z. Belcher. — Della nuova grotta 
scoperta presso Sumner (con tavola), di G. Meeson. — I Moriori, di £. 7regear. — 
Nota sull’ Isola della Gran Barriera, di Sidney Weetman. — L'Isola Tongoreua o 
Penrhyn, e la sua popolazione, di S. Percy Smith. — Di alcuni avanzi del canniba- 
lismo, di H. D. M. Hassard. — Sul magnetismo terrestre, di 2. Hari. 


FòLDRAJZI K6ZLEMENYEK (Bollettino della Società Geografica Ungherese). 
— Budapest, XVIII, 5-6, 1890. 


La valle del Fiume Balog, di £ Findura — L'Isola di Csepel ed i suoi abi- 
tanti, di C. Pafaî. — il viaggio dell’Arciduca di Toscana in Oriente, di Bela £rddi 
(con illustrazioni). — Il Giappone e le sue relazioni commerciali, di G. Xraiiner. 


l — ATTI DELLA SOCIETÀ 


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA. 


Giunsero alla Società lettere dell’ ing. Bricchetti-Robecchi' intorno 
all'importante viaggio da lui compiuto lungo il paese dei Somali da 
Obbia ad Allula. Nel presente fascicolo si pubblicano queste prime: re- 
lazioni, unitamente ad una lettera del signor Bienenfeld-Rolph, da Aden, 
sullo stesso argomento. 

Più tardi giunse a Napoli e quindi a Roma l'egregio viaggiatore. 
Egli fu salutato alla stazione di Roma da rappresentanze del Ministero de- 
gli Affari Esteri e della nostra Società e da alcuni amici. Si trattenne pochi 
giorni a Roma, recandosi poi a Pavia, dove sta ordinando i suoi ap- 
punti ed altri materiali riportati dal viaggio, e sta preparando una con- 
ferenza, ch’ egli terrà in Roma presso la nostra Società verso la fine di 
novembre. } 

Ai primi di ottobre ebbe luogo in Milano l'inaugurazione della 
Sala Correnti nella Biblioteca Braidense. La Società nostra fu rappre- 
sentata nella solenne cerimonia in onore dell’ illustre e compianto suo 
Presidente, dal Vice-presidente on. Adamoli, dal rappresentante sociale 
in Milano, prof. G. Garollo e da parecchi altri socî, tra cui il consi- 
gliere L. Bodio, il comm. Cerboni, ecc. Il prof. Garollo spedì alla So- 
cietà, nello stesso giorno, il telegramma seguente: 

« Inaugurazione Sala Correnti nella Braidense. fu solenne. Splen- 
« didi patriottici discorsi pronunziarono Codronchi, Massarani, Berti, 
« Baravalle, Guastalla. G. GaROLLO. » 

Il discorso del comm. Massarani, di cui potemmo avere il testo, 
si ripubblica a titolo di omaggio nel presente fascicolo. 

Giunsero nel mese parecchie proposte d’ inscrizione di nuovi socî 
residenti a Roma e nella Colonia Eritrea, da presentarsi alla prossima 
adunanza del Consiglio Direttivo. 

Pervennero inoltre alla Società i seguenti doni: 

Verein fir Erdkunde su Leipzig: Mitteilungen, 1889. Lipsia, Dun- 
cker e Humblot, 1890. Fasc. di pag. 198 con 2 carte, tavola ed il 
lustrazioni nel testo (dono della Società geografica di Lipsia). 

Borelli Jules: Les Italiens et le roi Ménélik. Marsiglia, « Le Pee 
tit Marseillais », 1890. Foglio (dono dell’autore). 


Borsari F.: Conferenza internazionale per l'unificazione dell’ora. 
Napoli, « Pro Patria », 1890. Foglio. — Note sulla colonizzazione della 
Eritrea. VII-IX, X-XI. Napoli, « Pro Patria », 1890. Fogli 2. — L'Atlan- 
tide: saggio di Geografia preistorica. Napoli, Tip. Iride, 1889. Op. 
di pag. 23 (dono dell'autore). 

Cruls L. ed altri: Revista do Observatorio ecc.. Rio de Janeiro, 
Lombaerts, 1890. Fasc. 6° - 7° di pag. 16 (dono della Direzione del- 
l'Osservatorio). . 

P. Morandi L.: Boletin mensual del Observatorio Meteorol. de Villa 
Colon. Montevideo, Tip. della Scuola Naz., 1890. Fasc. 7° di pag. 22 
con 2 tavole (dono della Direzione dell'Osservatorio). 

— In Alto: cronaca. Udine, Doretti, 1890. Fasc. 5° di pag. 30 
(dono della Società Alpina Friulana). 

Marinelli G.: La Terra: trattato popolare di Geografia universale. 
Disp. 250-251, 252-253, 254-255. Milano, Vallardi F., 1890. Fasc. 2 di 
pag. 16 ciascuno (dono dell'editore). 

Strafforello G. ed altri: La Patria: Geografia dell'Italia. Disp. 32° 
-e 33°. Torino, Unione tipo-edit., 1890. Fasc. 2 di pag. 32 ciascuno 
.(dono dell’editore). 

Michel A.: Narraciones y confidencias: articulos scientifico-litera- 
.rios sobre Zoologia. Messico, Tip. de la Segr. de Fomento, 1889. Vol. 
di pag. 144 (dono dell’autore). 

Dingelsted? V.: Russian Laplanders. Edimburgo, Società Geogra- 
‘fica, 1890. Op. estratto di pag. 4. Copie 2 (dono dell'autore). 
Spandonari L. F. ed altri: Corriere d'Italia: periodico italiano- 
brasiliano. N. 24, 26, 28, 29, 30, 31. Rio de Janeiro, 1890. Fogli 6 
(dono della Direzione). 

Gesellschaft sur Beforderung der gesammien Naturwissenschafien 24 
«Marburg: Sitzungsberichte, 1889. Marburgo, Friedrich, 1890. Fasc. di 
pag. 48 (dono della Società promotrice degli studi scientifici in Mar- 
burgo). 
Ferro avv. E.: Enrico Stanley e le sue imprese africane. Roma, 
-« Nuova Antologia, » 1890. Op. estratto di pag. 27 (dono dell'autore). 

Direction gtntral de statistigue: Annuaire statistique de la province 
-de Buenos-Ayres, 1888. La Plata, « El Dia », 1890. Vol. di pa- 
gine LXVIII-380 (dono del comm. L. Bodio). 

Martines D. A.: Boletin trim. de Estad{stica municipal de la ciudad 
de Buenos Aires. Segundo trimestro, 1890. Vol. di pag. 142 (dono 
del Municipio di Buenos Aires). - 

— La traite des esclaves en Afrique: Acts et documents, ecc. 

.Bruxelles, Hayez, 1889-90. Vol. 2 di pag. 58-XI-264 con carta. — Actes 
de la Conférence de Bruxelles (1889-1890). Bruxelles, Hayez, 1890. 
Vol. di pag. 686 in 4° (dono del Ministero degli Affari Esteri del Re- 
-gno del Belgio). 
. — Atti del Quarto congresso storico italiano. Firenze, Viesseux, 
1890. Vol. di pag. 216. Copie 12 (dono della R. Deputazione toscana 
-di storia patria). 

Lanza F. A.: Mapa de Ferro-carriles y telégrafos de la Republica 





— 86 g— 
O. del Uruguay. Montevideo, Tip.-lit. oriental, 1889. Foglio. Copie 2 
(dono dell’autore). 

Guigoni e Rossi: Ritratto fotografico di E. Stanley. Milano, Fot. 
Calzolari, 1890. Un cartoncino, formato doppio Gabinetto (dono degli 
autori). 

Direzione generale delle Gabelle: Relazione sull’amministrazione 
delle gabelle per l’esercizio 1888-89. Roma, Er. Botta, 1890. — Bollet- 
tino di legislazione e statistica doganale e commerciale. Anno VII-7-8. 
Roma, Botta. — Statistica del commercio speciale di importazione ed 
esportazione dal 1° gennajo al 31 agosto 1890. Roma, Elzeviriana, 1890 
(dono del Ministero delle Finanze). 

Divisione Industria, Commercio e Credito: Bollettino di notizie com- 
merciali, N. 32-36. Roma, Botta, 1890 (dono del Ministero d’ Agri- 
coltura ecc.). 

Caf. Mantovani: Carta dimostrativa dei possedimenti, protettorati 
e zone d'influenza delle diverse potenze europee nel continente afri- 
cano. Roma, Stab. tipo-lit. militare, 1890. Foglio 1 (dono del Ministero 
della Guerra). 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — PER L'INAUGURAZIONE DELLA SALA CORRENTI 


Discorso tenuto nella Braidense di Milano il giorno 4 ottobre 


dal senatore TULLO MASSARANI (1). 


Il Governo del Re, plaudenti le rappresentanze del Comune e 
della Provincia, ed una eletta parte, qui presente, della cittadinanza 
milanese, porge un degno tributo alla potenza del pensiero, accogliendo 
in un'aula di questa insigne biblioteca nazionale, intorno alla effigie 
marmorea di Cesare Correnti, i suoi libri; non muti spettatori, anzi 
confidenti intimi ed incitatori perenni, che furono, del suo raro in- 
telletto. 

Il Senato del Regno, il Reale Istituto lombardo di scienze e let- 
tere, in nome dei quali e secondo l’invito del signor Ministro della 
Istruzione Pubblica io ho qui l’immeritato onore di parlarvi, altri co-. 
spicui collegi e sodalizi patriottici, scientifici, letterarî ed artistici della 
nostra e d’altre città, aggiungendo con le loro delegazioni significanza 
ed efficacia alla solennità odierna, rendono una esemplare testimonianza 
d'onore a quella virtù della mente, che è motrice prima e massima 
della volontà e dell’ azione; a quella virtù della mente, della quale, più 
di quattrocento anni sono, bene affermava un grande magistrato della 
sapiente Venezia: spettarle a giusto titolo l'alto e supremo indirizzo 
delle società umane, come a ciò che avvi di più divino nella umana 
natura. 

E in effetto, se Cesare Correnti potè, dalle condizioni modeste in 
cui la fortuna lo avea collocato; sotto la pressura di una straniera si- 


(1) Vedi a pag. 863 del presente fascicolo. 


gnoria, parata a reprimere ogni manifestazione di vita pubblica ; in tempi 
di scoramento, di depressione e quasi direi di sonnolenta apatia, inten- 
dere coraggiosamente ad una mèta che pareva follia lo sperare; se egli 
seppe sorgere agitatore ardente di novità, promotore audacissimo di ri- 
scossa, infaticabile apostolo dell'idea nazionale; se, non iscoraggito da 
catastrofi tremende, non pago d’incredibili successi, ei fu senza posa 
cercatore impaziente del meglio per l'umanità e per la patria; bisogna 
in tutto riferirne lode alla costanza ed alla vastità de' suoi studî giova- 
nili e virili: studi nei quali egli attinse i forti e sapienti esempi di un 
presente a’ suoi giovani dì miserabile, e la imperterrita speranza in un 
avvenire di prodigi che, lui cooperatore non ultimo, fu pur vista tra- 
dursi in realtà. 

Voi non mi dimandate certo qui, o "concittadini suoi, che io vi 
compendii una storia, la quale è sangue del vostro sangue. 

Ricordano i vecchi fra voi, e non ignorano i giovani, io spero, i 
presenti poi a questa adunanza udirono dianzi e udranno proclamare 
da voci altrettanto patriottiche quanto eloquenti, che fermento di pa- 
trie memorie, che tenacità di resistenza, che ardore di disugualissima 
battaglia Cesare Correnti addensasse negli animi contro la dominazione 
straniera; che parte grande egli prendesse col senno e con la mano 
alla grande battaglia di popolo dei « cinque giorni », e alla più tramba- 
sciata, ma non meno gloriosa lotta che intorno a cinque mesi durammo © 
contro un formidabile impero; come infine egli fosse tra i ricusatori 
più decisi di una pace, offertaci a prezzo dell’ abbandono di Venezia . 
nostra. 

Non che i concittadini suoi, sanno poi gli Italiani tutti, purchè 
non immemori, o hanno obbligo di sapere, le represse angoscie del 
profugo, le infaticabili peregrinazioni sue in pro della sublime mendica 
delle lagune, le orazioni dette, pur divellendo dagli amici sè stesso, nel 
Parlamento subalpino, perchè marineria ed esercito risorgessero pari al 
loro grande mandato, perchè il nostro vessillo ritrovasse in Crimea le 
sue vie, perchè dalle glorie purissime del patriottismo, risolutamente an- 
dasse sceverata la scoria dell’assassinio politico. 

Sanno la remissione di cotant'uomo, quando, dopo il nostro ri- 
sorgere, tornò nel cinquantanove, egli, poeta nell'anima, al suo ingrato 
ufficio di computista; sanno le ardue fatiche da lui affrontate e durate 
nel Parlamento nazionale per migliorare l'assetto delle finanze, dell'am- 
ministrazione, delle grandi opere pubbliche; e quando fu assunto a mo- 
deratore di quegli studî, ai quali era sempre vissuto, le atletiche sue 
prove per vincere il gran punto, che fece della istruzione elementare un 


— 868 — 
sacro debito per il paese, un obbligo salutare per il popolo; sanno i 
suoi propositi di Ministro, se non coronati sempre dalla fortuna, sem- 
pre di fortuna degnissimi, per restituire 1’ insegnamento religioso alle 
coscienze, per rinnalzare le Universita all’ antica fama, per conciliare 
gli studi classici e i tecnici, per migliorare le sorti degli insegnanti. 

Altri gli rimproverò il porto a cui la benevolenza sovrana volle 
che in sua vecchiezza egli approdasse: ma non ignora se non chi vo- 
glia ignorarlo, come egli tuttavia indefessamente e con zelo quasi feb- 
brile seguitasse anche allora per |’ Istituto storico, per gli Archivi di 
Stato, per la Società geografica, per la Mostra italiana del 1878 in Pa- 
rigi, per il nuovo Ospedale Mauriziano, per la grande Inchiesta sulle 
Opere pie, la sua faticosa milizia. 

Con tutto questo il Correnti scrittore emulò sempre, se non vin, 
l’uomo d’ azione ; e, da quei suoi pertinacissimi incitamenti al pensiero 
patrio, dissimulati sotto forma nuova e bizzarra, da quelle sue gioconde 
e ingegnose partite a capinascondere, giuocate, com’egli disse, nel M- 
pote del Vestaverde, alle solenni e rigide verità proclamate negli Ansuarî, 
dalle pagine mordenti e brucianti della istoria politica alle pagine se- 
rene della filosofia e delle umane lettere, si è sicuri di ritrovare in ogni 
cosa sua, insieme col forte patriota, il pensatore e l'artista. 

Bello e degno omaggio alla memoria di uno studioso i suoi libri, 
alla memoria di un cittadino i documenti della sua vita. E questo 
giorno potrebbe dirsi nella sua mestizia non triste, se profondamente 
non lo contristasse la perdita di un altro insigne patriota. Ma a chi 
sia stato ad un tempo milite indefesso e della scienza e della patria, 
nessun monumento migliore delle opere sue. Quelle del Correnti, an- 
cora che la furia dei tempi abbiale sminuzzate e disperse, raccolte che 
siano con mano amorosa, fino a quel saggio inedito di .Sforia della 
Polonia, che fu il sogno suo ultimo e l’ultimo rammarico suo, confido 
che renderanno ai venturi testimonianza irrefragabile della giornata che 
egli fornì, assidua e piena, in servigio degli studî e del suo paese. 

E qui non sembri, prego, indiscrezione che all’omaggio pubblico io 
soggiunga un mio proprio e modestissimo omaggio. Adempiendo il voto 
espressomi in fin di vita da un sì caro e rimpianto amico e maestro, 
io ho assunto, com’egli volle, |’ ufficio di cernere per una edizione po- 
stuma il miglior fiore delle sue opere; ma alla loro pubblicazione ho 
reputato dover mio di far precedere uno studio, quanto fosse in mia 
facoltà diligente e accurato, non dell'uomo soltanto e de’ suoi casi, ma 
sì delle evoluzioni medesime del suo pensiero: una storia intellettiva 
ed intima, nella quale peraltro si riflettessero, almeno di passata ed in 


iscorcio, i fortunosissimi eventi che dalla vigilia del 18 marzo 1848 al 
dimani di quel 20 settembre 1870, scolpito oramai incancellabile negli’ 
annali dell’Italia e del mondo, plasmarono questa nostra, non tutta 
ancor risanata da piaghe secolari, ma salda oramai e indissolubile e, 
checchè altri ne deliri, invincibilmente di sè consapevole Italia. 

Un mio libro, lo so bene, non può essere se non povero tributo 
a tanta memoria. Pure e qual che esso si sia, io vi chieggo licenza, o 
signori, di deporlo in questo sacrario, come la tavoletta votiva che 
presso gli antichi anche il più umile dei naviganti dedicava al nume 
agitatore di memorande tempeste. Chè a questa nostra Italia (porta il 
pregio di ricordarlo), come già all'antica Grecia, libertà e civiltà non 
vennero, dolcemente cullate su per acque tranquille; vennero col fre- 
mito di poderosi flutti, governati dalla sapienza equanime, signoreggiati 
dal polso inconcusso di forti nocchieri. Io auguro che la nave nostra 
tenga fortemente il porto, che la generazione presente impari dalla pro- 
digiosa istoria di questo secolo a non abusare della fortuna; ma se nuove 
procelle, da essa non provocate, l’aspettassero, auguro che prode, con- 
corde e tenace, essa ritrovi i magnanimi spiriti della generazione in- 
comparabile che 1’ ha preceduta. 


B. — VIAGGIO NEL PAESE DEI SOMALI 


dell’ ing. L. BRICCHETTI-ROBECCHI. 


1) Lettera del viaggiatore al Presidente della Società Geografica. 


Dall’ Altopiano di Mulug presso i Monti Gurihalle 
(spartiacque fra l'Oceano indiano ed il Golfo di Aden), 
Li 10 agosto 1890. 


Ill.mo sig. marchese Vitelleschi, 


Scusi la libertà che mi prendo di scriverle a matita, mancandomi 
pel momento penne ed inchiostro; ma non voglio lasciarmi sfuggire l’oc- 
casione di darle mie notizie, approfittando di un corriere che sta per partire 
in questo momento con una carovana diretta alla costa di Bender Zijada 
(Gaù), per consegnargli questa mia da rimettere in Aden alla prima 
occasione. 

Dopo un soggiorno in Obbia di circa due mesi, sono partito verso 
la fine di maggio per un viaggio d'esplorazione nel paese dei Somali. 


ome 870 oe 

Impossibilitato di inoltrarmi al S. ed a ponente, non trovando in Obbia 
un numero sufficiente di uomini sicuri, necessarî per la formazione di una 
completa carovana, nè tampoco i necessarî mezzi di trasporto, mi sono 
deciso di spingermi verso il N., solo con una piccola carovana di sei 
uomini e cinque cammelli, e filare dritto fidando nella mia buona stella. 

Il Sultano Jusuf Ali, col quale ero presto entrato e sono in intima 
amicizia, cercò tutti i mezzi e pretesti per dissuadermi dal mio proposito, 
mostrandomi i certi pericoli ai quali mi esponevo in questo viaggio, 
adducendomi una serie infinita di difficoltà. Ma io, impaziente d'ozî e 
d'indugi, partii. 

Le faccio grazia delle peripezie toccatemi, e non son poche. Le dirò 
solo, che da Obbia, tirando dritto per circa 30° N.-N.-E., e per oltre cento 
chilometri, attraverso una serie di paesi o meglio di località più o meno 
importanti, abitate da nomadi tribù di Somali Auija, dopo sei giorni di 
viaggio, ero arrivato alle verdeggianti pianure di Lagà-calacà, fra le tribù 
dei Rer Nehmala, pure Auija, vogliose di fare amicizia cogli Italiani, a 
quattro giorni di distanza tanto da Ras Garad quanto da Mudug. 

Lasciando Obbia, oltrepassate appena le bianche e nude dune di sabbia 
che serpeggiano lungo la spiaggia bassa, arenosa, angusta, il terreno 
verso l'interno va sfumando gradatamente per pianure ondulate e perden- 
dosi in una serie di ridossi ed estesi acrocori petrosi, che lasciano so- 
venti a nudo le roccie, scoperchiate dalle sabbie. Il suolo è molto acci- 
dentato ed i pascoli erbosi s’ incontrano in molte località abbondanti ed 
eccellenti. Nella prima parte, da ponente a tramontana, dalle terre alte 
di Garburvein, attraverso ai valloni di Sissib Hagiudère, Damoregiog, Bir- 
birov, sino a Berdagoble, incontransi brusche sinuosità, che mostrano 
qualche roccia schistosa, ma rara, mentre negli anfratti del suolo, in al- 
cuni siti la vegetazione piglia maggior vigorìa, perchè sostenuta inferior- 
mente dal suolo argilloso e talvolta scintillante alla superficie per incro- 
stazioni lamellari di solfato di calce. 

Accolto bene fra le tribù dei Rer Nehmala, marciai dritto per attra- 
versare in fretta il territorio occupato dalle tribù somali d’ Omar Mahmud, 
le cui genti mi si diceva altrettanto facili al tradimento che al sospetto. 

Ma dopo due giorni di lunga marcia fui sorpreso alla stazione di 
Vueilolej, ed attaccato a notte fitta da un' orda di Somali nomadi € 
selvaggi della tribù degli Abdi Issa. 

Successe una rapida scaramuccia, con una colluttazione terribile, tanto 
che nel tafferuglio, fra grida, urli ed imprecazioni, nel bujo pesto di 
quella notte, riusciva difficile discernere gli aggressori dalle mie genti. 
Per fortuna riuscimmo presto a liberarci con poche scariche di fucile 








~~ 13. È  e- 


omen 87 I — 

dai nemici, che presero tosto la fuga, senza che la mia carovana ne 
riportasse forti perdite. Mi scomparve un servo nella mischia della 
notte, e lo ritrovai malconcio il giorno appresso. Quello che mag- 
giormente mi spiacque fu la perdita del mio cavallo, rubatomi nella 
notte assieme ad un piccolo collo di merce di scambio, dove tenevo 
anche il solo pajo di scarpe di scorta. Così non potendomi procurare 
altre cavalcature, nè volendo tornare indietro per procacciarmene, ho 
dovuto proseguire a piedi fin quì. E non fu facile; ma tanto mi ci 
sono abituatol 

Da Vueilolej piegai verso Ras el Kil per arrivare al paese di Illig 
alla costa, e rifornire le scarse provvigioni della mia carovana. 

Troppo mi dilungherei se dovessi dirle le noje patite per procac- 
ciarmi il necessario nutrimento. Vi sono riuscito a furia di ingegnosi 
espedienti, malgrado le ostilità degli indigeni, e proseguii quindi verso 
il N. attraverso una serie di terreni deserti, molto accidentati, vallate 
e pianure più o meno boschive, ove predomina un calcare farinoso ci- 
nerognolo con abbondanti marne gessifere. 

Si costeggiano e sì attraversano parecchie piccole montagne calcari e 
quindi altre valli e pianure, coperte della più lussureggiante vegetazione, — 
ove s'incontrano branchi di struzzi, frotte di scimmioni ed abbondante 
cacciagione, volatile e quadrupede. 

Più avanti il terreno mette a nudo una bella roccia calcare trachi- 
tica molto prossima ad un basalto, che forma tutto il substrato geologico 
di questa regione, la quale si protende fino al mare, ove finisce in un 
maestoso baluardo a picco. 

Procedendo sempre verso il N., traversato il Fiume Colule per la 
strada interna, detta d'Ellindrah, la mattina del 20 giugno arrivai al- 
l’Uadi Nogal (distante da Obbia circa 374 chilometri). 

Dal Colule al Nogal la strada procede aspra e sinuosa attraverso 
terreni fortemente ondulati, lasciando a ponente una serie non interrotta 
di piccoli colli e terrazzi rocciosi, che si protendono verso il N.-E., in- 
terrotti da profondi crepacci o burroni, che danno scolo alle acque flu- 
viali, tosto assorbite dal sottosuolo. 

Si scende nell’Uadi Nogal fra bruschi dirupi, orridi burroni, ed 
aspri sentieri che franano facilmente. La conformazione del terreno 
cambia, pur mantenendo nella generalità la stessa costituzione geologica 
e gli stessi caratteri litologici in tutte le roccie, svariate ed irregolaris- 
sime nelle forme, ma nella sostanza di una uniformità costante di cal- 
care talvolta bianco e compatto, tal’altra invece tenero e friabilis- 
simo, caratteristico di tutta questa regione somali. Il Nogal alla foce e 


— 872 — 

per un percorso di oltre 20 chilometri chiamasi El. A monte l’uadi 
prende diversi nomi, a seconda delle località che attraversa. Presso EI 
affluisce nell'uadi un piccolo fiume chiamato Doldol, e più a monte 
l’uadi prende il nome di Goddad, che finisce col Nogal-oman, dove 
l'acqua non affiora più sul terreno, ma scorre nel sottosuolo, quantunque 
in questa località l’uadi stesso riceva i torrenti Las-Bured ed Agog 
a destra e i torrenti Basser e Turr a sinistra. 

A monte del Nogal-oman, l’uadi prende il nome di Ghesserio, e 
riceve alla sinistra un altro piccolo fiume chiamato Bejojin, quindi 
l’uadi chiamasi Afgudud e poscia Callis; e prosegue a destra ed a si- 
nistra in tortuose e vaste vallate, dove il suolo alla superficie è così 
fatto, che le acque colano nel sottosuolo con facilità grandissima. Dap- 
pertutto è una diffusione sotterranea tale, che avviene molte volte d'in- 
contrare taluni gorghi saltuari, che non sono che ricomparse, a valle, 
di corsi d’ acqua perduti a monte. 

Da El alla foce, ed a monte per un bel tratto di chilometri, l’acqua 
dell'uadi scorre abbondante, affiorando il terreno, seguendo le tortuo- 
sità dell’ accidentato vallone, a contorni che sembrano talvolta tanti 
enormi bastioni diroccati e ruinosi. Massi di macigni cadono da ogni 
lato delle sponde dell’ uadi, e rimangono quì sostenuti da altri macigni, 
là accumulati a foggia di lastre sovrapposte, ora formanti delle pareti 
verticali, ora trapanati da buchi irregolari, capricciosi e profondi o su- 
perficiali, ripieni di minuzzoli e di tritumi di una roccia calcare d'un 
colore piuttosto chiaro, generalmente giallognolo, mai o assai raramente 
nero. Predominano filoni di calcari marnosi e marne gessifere. 

La vegetazione si fa più rigogliosa a monte, ove i pascoli sono 
ancor più abbondanti ed il bestiame numeroso, ed ove incontransi 
sovente l’ elefante, il leone, il leopardo e selvaggina di varie specie; 
mentre da per tutto nel letto trovansi rigogliose piante di palma, d'acacie 
e sicomori, che rompono la crudezza della scena, geologicamente bel- 
lissima. 

Oltre l’Uadi Nogal la regione si presenta più accidentata ed inte- 
ressante. Procedendo verso il N. il primo uadi che s'incontra è 
Dagà-loho, a sponde alte circa 30 metri e ripide, di un tufo calcare 
marnoso a strati orizzontali. Il letto è esclusivamente ciottoloso e sab- 
bioso a valle, dove affiora per breve tratto acqua dolce limpidissima 
con vegetazione di grossi alberi fronzuti, della specie dei sicomori. 

Viene poscia 1’ Uadi Dhalo, altrimenti conosciuto sotto il nome 
di Biaddo o di Dra Sala, che sbocca in mare formando una punta in 
un’ insenatura naturale, chiamata Gabba, che è probabilmente la loca- 





res. fey 
emus 
pica. 
olo, ca: 
led di: 


lità segnata sulle carte col nome di Capo Beduin o Capo Bowen, che 
non esiste o non è ivi conosciuto sotto questo nome. 

Sorpassato questo uadi, 1’ acqua comincia a far difetto, ed il ter- 
reno si fa più aspro e pietroso. Si attraversa e riattraversa un tortuoso 
torrente, chiamato Dohidohi, che affluisce nell’ altro più largo di Gure- 
hane, il quale nella stagione delle pioggie ha pozzi abbondantissimi d’ ac- 
qua di filtrazione dalla roccia del sottosuolo. In due giorni di viaggio 
s’ arriva all’Uadi Garmal, profondamente incassato fra meandri basaltici 
a picco. Visto da lontano sembra una voragine, ma non è molto pro- 
fondo. Quivi le sponde s' ergono a terrazzi di un magnifico basalto ta- 
volare di color bigio, a forme trapezioidali ed a strati orizzontali lievemente 
inclinati verso il S.. Vi manca però l’acqua; epperciò si fila dritto per 
provvedersene più avanti al pozzo di Daùldi, il quale non è altro che 
un grande cisternone naturale, profondo più di 40 metri, sempre ben for- 
nito di abbondanti acque piovane, che si mantengono assai fresche. 

Per un lungo tratto segue la stessa costituzione geologica, le stesse 
piante tenacemente abbarbicate in un terreno desertico sino a tutto 
l’ altopiano di Bara, dominato dal Monte Abk, che si lascia a sinistra, 
e da una moltitudine di tombe antiche, sparse a profusione tutto 
in giro. 

Si scende quindi nei valloni del Nogal ove predominano le grosse 
formicbiere o termiti, si attraversano diversi torrentelli a breve distanza 
uno dall’ altro e si raggiungono le pianure di Sciarrar, lasciando nello 
sfondo a sinistra la catena dei Monti Dulgadau; ove il terreno svalla 
verso l’Uadi Conded, che nella crudezza delle sue larghe sfaldature 
presentasi sotto un aspetto veramente imponente. 

Più innanzi nei bacini d’ Amùdah s’ incontrano per la prima volta 
fitti cespugli di palma dum. La vegetazione si mostra quindi rigogliosa 
nel susseguente Uadi Dhudo, nel cui letto l’acqua affiora abbondante, 
perdendosi in folti boschetti di palme dattilifere e palme dum, intrec- 
ciate da viti selvatiche e da alberi fruttiferi di varie specie. 

Si segue per quattro giorni di viaggio una serie di pianori, aspra- 
mente ondulati e pietrosi, di aspetto triste e monotono, lasciando a sinistra 
la sinuosa catena dei Monti Adaldanscie ed attraverso larghe zone boschive 
quasi esclusivamente di acacie, si riesce al pittoresco Uadi Darimo, che 
sbocca nell’insenatura di Ras Orghiloho, che corrisponde al Ras Maaber 
degli Arabi, com'è segnato sulle carte. 

Quivi ho dovuto pensare seriamente a vettovagliare di nuovo la 
mia carovana, affaccendandomi faticosamente per poter scambiare le 
merci che avevo, con riso, datteri e capretti. 


— 87 4 — 

Da Darimo, dopo una sosta per visitare il paese alle coste di Ras 
Maaber e dintorni, proseguii oltre passando il Fiume Goriloho e gua- 
dagnando per una strada erta e difficile il roccioso altopiano della sco- 
gliera. Si passa in mezzo a piccoli colli, staccati, di forme tavolari e 
coniche. La vegetazione dappertutto è rigogliosa di boschetti d'acacie, 
tamarischi, aloè ed oleandri superbi in un terreno fortemente acciden- 
tato a serie di collinette pietrose per due giorni di viaggio. 

La strada si fa difficile, oltremodo penosa e cattiva nel letto del 
Torrente Jehle, e traverso i pendii de’ fianchi delle sponde, e per le 
brusche sinuosità degli scaglioni dei monti circostanti, che si perdono 
in un dedalo di punte confuse, che si riattaccano bizzarramente alle suc- 
cessive ed in una serie di terrazzi che declinano sensibilmente verso 
levante. Predominano calcari generalmente compatti e scagliosi, e nu- 
merosi depositi di gres con schisti argillosi, duri e compatti. 

Più avanti si raggiunge l' Uadi Boghò, formato della confluenza dei 
due torrenti Deban a levante e Danan a ponente, ove mostransi grandi 
pascoli erbosi ed abbondante la cacciagione quadrupede. Vedonsi molte 
tombe antiche sparse a profusione sui versanti dei colli e nelle piatta- 
forme. L’uadi svalla verso il N. nell'ampio vallone di Uarasimoghe, 
ove l’acqua scorre abbondante, affiorando per lunghi tratti il terreno. 
Il suolo è composto precipuamente di una marna tripolacea e gessifera, 
frammista ad un tufo calcare giallognolo, farinoso, poco compatto e leg- 
germente stratificato. 

In un altro giorno di viaggio sì arriva al susseguente Uadi Abgal, 
da dove serpeggiando per il ruvido scaglione della sponda sinistra, sì 
raggiunge il vasto altopiano di Nobir, sul quale in alcuni punti a po- 
nente scorgesi una bella roccia color rosa, di facile levigatura e appa- 
rentemente d'origine nettunica. 

Si attraversano pianori a vista lievemente ondulati e fiancheggiati 
da boschetti di diverse specie di acacie altissime e cespugli d'aloè ed 
euforbie nane, ed altri arbusti fitti e cespugli, ritiro favorito di nume- 
rose famiglie alate, e di frotte di gazzelle, lepri e conigli selvatici. Seguono 
altre spianate aride e pietrose, bruscamente troncate dall’Uadi Gheriri, 
ove la strada scende per un ripido sentiero quasi a picco, framezzo ad 
una grande sfaldatura fiancheggiata da rupi di tufo calcare e di gesso 
alternato da grossissimi banchi, d' una varietà alabastrina tenera, di color 
bigio, a lamine molto larghe e lucenti. 

Di qui, attraverso un labirinto di monticelli uniti o staccati, a forme 
‘coniche, di un calcare marnoso tripolaceo friabilissimo, per una rugosità 
di successivi avvallamenti, appena passato il Torrente Foar, si raggiunge 


— 875 — 
il lembo della spiaggia, che fa gomito, piegandosi bruscamente ad an- 
golo retto, e spingesi avanti nell'oceano a formare la penisola di Hafun, 
sfumando in una spiaggia sottile e sabbiosa, ricoperta di grassa vegeta- 
zione marina. | 

Accampai vicino alla foce del Torrente Hasciri fra una succes- 
sione di dune ed insabbiamenti a vista d'occhio. L’ acqua affiora il ter- 
reno per una bella striscia lunga circa 3 chilometri, confondendosi alla 
foce in un letto fangoso e perdendosi in un boschetto di salvadora, leg- 
germente punteggiato dai ciuffi delle mangrovie soggette ai riflussi quo- 
tidiani del mare, che co’ suoi ampi rigurgiti vi ristagna fra le alghe in 
putrefazione. 

L’Hasciri non è altro che l’emissario diretto dell'Uadi Giael, il quale 
a monte prende il nome di Darror; per cui le acque dell’Uadi Darror 
attraversando l'Uadi Giael affluiscono all’ Hasciri nella Baja d’ Hafun. 
Non è quindi esatto quanto sta segnato sulle carte, che fanno riuscire 
il corso del Tuk Darror o Tuk Giael all’Uadi Giembelhoddi e scaricarsi 
presso Ras Binna molto più al N.. L’Uadi Giembelhoddi è l’emissario 
di un altro terrente quasi omonimo e chiamato Giajel, ma che non ha 
niente a che fare coll'Uadi Giael e tanto meno coll'Uadi Darror. 

Da Hasciri tirai dritto per Sugulodero, residenza estiva ordinaria 
degli abitanti di Hafun, che vi hanno colà numeroso bestiame. Il suolo 
è coperto d’un terreno d' alluvione che alimenta palme, acacie, salva- 
dora, ecc., tutte in poche parole le piante più comuni della regione. 

Proseguii al N. per un terreno oltremodo accidentato, arso e sterile, 
tempestato da alte dune mobili e dai venti che vi sollevano violenti 
turbini di sabbie. . 

Piegai a ponente, entrando nell’ Uadi Giembelhoddi, seguendo poscia 
il corso dell’ affluente Tabatabo al N. e riuscii nel territorio di Deila 
presso Binnah. Da qui seguii la strada littoranea, sempre in vista del 
mare, distante solo pochi chilometri dalla spiaggia, toccando i paesi di 
Doali o Bender Gedid e Bargal alla costa. 

Da Bargal in tre giorni di viaggio, passata una serie di torrenti, 


| per la strada detta dell’Ogat, ho raggiunto qui l'altopiano dei Monti 


Gurihalle, che formano il masso della testata di Ras Asir o Capo Guardafui. 
A tutt'oggi, da Obbia, per la strada diritta, non contando le escur- 
sioni intermedie e secondarie, ho già percorso oltre goo chilometri. 
Ora gli uomini della mia cafovana sono assai affaticati ed i cam- 
melli stanno male in gambe. 
Fra poche ore parto, scendendo per la valle dell’Ifkiss, e se altro 
non mi succede, spero in pochi giorni di arrivare felicemente sul Golfo 


di Aden ad Allula, e di raggiungere cosi lo scopo che mi era prefisso 
in questo viaggio, quello cioè di aprire una strada diretta fra il Sul- 
tanato d’ Obbia ed il Golfo di Aden, per assicurare nel comune inte- 
resse per via di terra un'altra migliore arteria di comunicazione, che 
-renda sempre possibile il libero transito delle merci e dei prodotti di 
importazione e d'esportazione, in ogni tempo e luogo, soprattutto all’e- 
poca dei forti monsoni di S.-O. che per quasi metà dell’anno interrom- 
pono e rendono impossibile ogni comunicazione. 

Da Allula dopo pochi giorni di sosta mi propongo di ripartire al più 
presto, toccando tutti i paesi della costa di studiarvi i possibili commerci, 
e poi approfittare di qualche sambuco per arrivare in Aden. 

Non voglio chiudere questa mia senza dirle che, malgrado le poco 
fortunate condizioni di tempo e luogo in questo mio rapido viaggio, la 
rotta percorsa è sempre stata da me accuratamente presa colla bussola ed 
orologio alla mano, tenendo sovente conto, nei passi difficili e tortuosi 
delle inclinazioni angolari ad ogni quarto d'ora, e qualche volta nei 
letti dei torrenti, di cinque in cinque minuti. 

Così ho sempre segnato il punto preciso delle accidentalità più 
marcate, come il punto d’ incontro degli uadi, dei torrenti, dei pozzi, dei 
colli, dei pascoli, ecc. L’ altimetria è stata osservata interamente nel 
viaggio, colla quotidiana lettura trioraria, ed in ogni località e stazione, 
su due aneroidi osservati contemporaneamente a tre termometri, dei 
quali prendevo la media. Ho messo altresì la massima cura nel fare le 
osservazioni meteorologiche, annotando giornalmente, oltre alla bioraria 
lettura dei termometri ed aneroidi, i principali fenomeni atmosferici che 
succedevano. x 

Mi lusingo che il poco materiale messo insieme sin ora e quello 
che ancora spero di raccogliere, in correlazione cogli studî, informa- 
zioni e notizie prese sul luogo e che Le consegnerò al mio ritorno, pos- 
sano riuscire di qualche interesse geografico e commerciale, trattandosi 
di una regione ben poco nota. 

Augurandomi di poter presto mandarle maggiori e più importanti 
notizie di dettaglio, La prego, Illustrissimo signor Marchese, di accogliere 
‘ i sensi della mia massima considerazione, colla quale salutandola distin- 
tamente mi pregio protestarmele 

Devotissimo 
Ing. Luic: BRICCHETTI-ROBECCHI. 


2) Lettera del viaggiatore al Segretario della Società Geografica. 


Aden, 25 settembre 1890. 
Egregio signor prof. Dalla Vedova. 


Ho trovato qui in Aden, presso questo nostro Consolato, la di Lei 
pregiata lettera del 22 maggio con la cassa della carta per le collezioni 
botaniche, nonchè la cassetta con i libri e le lastre fotografiche, che 
Ella si compiacque di rimettere qui al mio indirizzo, unitamente al 
mandato di pagamento del generoso sussidio accordatomi in danaro, che 
ho oggi ritirato in contanti dal signor Bienenfeld e C. 

Ringrazio di tutto, e sentitamente degli augurî gentili ch'Ella volle in- 
viarmi. Essi mi giungono un po' in ritardo, ma mi riescono pur sempre 
graditi, onde me li tengo per un altro viaggio, acciocché m’infondano nuova 
lena per sottoporle un’altra volta i risultati di una maggiore impresa. 

Non so se siano arrivate all’ Ill.mo signor Presidente alcune mie 
lettere che ho mandate dalla costa dei Somali, nè so neppure se que- 
sto mio modesto viaggio d' esplorazione potrà riuscire gradito ed ot- 
temperare ai desiderî della Società Geografica Italiana, che prese per me 
tanto interesse. Mi lusingo però che le nuove scoperte geografiche fatte 
in questa mia rapida traversata, con tutte le informazioni e notizie di 
dettaglio accuratamente raccolte sul luogo, avranno una grande impor- 
tanza ed interesse per la Geografia, e sopratutto pel nostro paese, trat- 
tandosi di una regione, dove l'Italia, spiegando il suo benevolo protet- 
torato, ha aperto una corrente favorevole di scambi e di commerci utili, 
che sono i veri ed unici coefficienti di civiltà presso questi popoli somali. 

Ho intrapreso questo viaggio d’esplorazione esclusivamente col pro- 
posito di aprire per via di terra una pratica strada commerciale fra 
Obbia ed Allula (il più comodo ed importante porto dei Migertini) onde 
sia sempre possibile per questa via il transito delle merci d’ importa- 
zione e dei prodotti d’ esportazione, soprattutto nell’ epoca del forte mon- 
sone di S.-O. in cui, per quattro o cinque mesi dell’anno, ogni comuni- 
cazione è interrotta ed impossibile per mare. 

Posso intanto assicurarle che, malgrado le molte difficoltà incontrate 
colle noje e seccature grandissime fra tribù fanatiche e direi quasi sel- 
vaggie, che vedevano tutte per la prima volta un’ Europeo, un bianco 
traversare il loro paese — avendo io saputo destreggiarmi bene con 
tutti, ebbi dappertutto accoglienze benevoli e cordiali. 

Le grandi e numerose tribù dei Somali Migertini hanno ora una 
speciale deferenza per gli Italiani, auspice il console Filonardi, che ha 
saputo così opportunamente amicarsi l'animo di tutte queste genti, in- 


spirando loro fiducia, di guisa che tutti lo ricordano con simpatia ed entu- 
siasmo, e ne risulta nell’insieme una corrente favorevole a nostro riguardo. 

Ad Allula sono stato ricevuto splendidamente dal gran Sultano Osman 
Mahmud dei Migertini e da tutti i parenti ed amici del Sultano Jusuf Alì 
di Obbia, che aveva scritto acciocchè si mettesse a mia disposizione il suo 
gran palazzo in Ailula, ove difatti alloggiai. Tutti ebbero parole molto lu- 
singhiere per l’Italia, e tutti, sultani e capi tribù di Migertini insistet- 
tero con me perchè portassi al mio paese ed.al mio Re il loro affettuoso 
saluto, quale espressione di doveroso omaggio e rispetto al Re d’ Italia. 

Io sto discretamente bene, quantunque momentaneamente un po’ 
spossato dagli strapazzi e dalle vicende per la fondazione della colonia 
volante, di cui oramai i germi m’ auguro riescano a bene e diano buoni 
frutti a compenso delle mie fatiche. Spero con qualche disordine di 
nuovo genere di rimettermi completamente. 

Come ho lasciato in Obbia tutte le mie robe, così lascio qui in 
Aden quello che vi ho trovato per venire in Italia, onde provvedermi 
di nuovi strumenti d' osservazione, riferire su questo viaggio, presentan- 
done i risultati ottenuti, e prepararmi ad un altro viaggio più importante 
verso il S. del paese dei Somali, nelle regioni dei grandi fiumi. 

Al mio ritorno Le rassegnerò tutti i miei studî; voglia intanto com- 
piacersi di presentare i miei rispetti all’ Ill. mo signor Presidente, men- 
tre, nella speranza di rivederla presto in buona salute, salutandola di- 
stintamente, pregiomi protestarmele 

: Devotissimo 
Lurci BricCHETTI-ROBECCHI. 


3) Lettera del sig. VirtORIO BIENENFELD-ROLPE 
al Segretario della Società. 
Aden, 25 settembre 1890. 
Ill.mo signor comm. Dalla Vedova, 

Avrà già saputo dal Ministero, al quale telegrafai, 1’ arrivo dell’ in- 
gegner Robecchi. Egli con questo viaggio dette prova di un coraggio 
non comune e nello stesso tempo di essere un viaggiatore intelligente. 

Da Obbia con sei uomini, presi fra i primi venuti, più o meno fidati, 
si avventurò in fegione ancora inesplorata e tra popolazioni selvaggie. 

Tutto il viaggio venne compiuto tranquillamente, ad eccezione di qual- 
che fucilata scambiata con alcuni Issa Mahmud, prima di arrivare sul Nogal, 
. dove subì la sola perdita del cavallo, che lo obbligò a viaggiare a piedi. 

Fece lo schizzo dell'itinerario del suo viaggio, segnando località e 
-fiumi ancora non notati sulle carte geografiche. 











— 879 — 

Non trascurò di assumere le più dettagliate informazioni presso 
tutti quei capi-tribù, sui loro commerci, produzioni dei terreni, loro or- 
ganizzazione, ecc., ecc. 

Compilò I’ albero genealogico dei Migertini e studiò i loro costumi, 

Dopo tre mesi di viaggio giunse ad Allula, ove fu ben accolto; 
poscia con barca, toccando tutti quei porti, giunse felicemente in Aden. 

Il Robecchi parte oggi col postale inglese. 

Si fermerà due giorni in Egitto, poscia continuerà per Napoli e 
Roma, ove avrà l'onore di stringerle la mano e presentarle i suoi lavori. 

Col massimo ossequio, di Lei, signor commendatore 

Devot.mo 
V. BIENENFELD. 


C. — LA GRAMMATICA AMARINA DEL PROF. GUIDI (*). 
Nota del prof. E. TEzA. 


I bei regali, fatti a tempo, diventano bellissimi; ed eccone uno 
che ci fa Ignazio Guidi. Quali sieno i frutti della conquista per i com- 
merci nostri hanno a dire quelli che veggono e se ne intendono : quale 
il bene per la civiltà, diranno le istorie; ma anche a’ più umili profeti 
è lecito congetturare che agli studi degli Italiani sulla geografia, sul- 
l’etnica e sulle lingue, si dischiude un tesoro nuovo e ogni chiave che 
ajuti a. servirsene cresce le nostre forze. Di barbari e di scorrerie de- 
vastatrici sono pieni gli annali della nostra vita; lo straniero che si 
getta sopra un altro è il barbaro, anche se nella mano che non ha 
fucile o pugnale, c'è un libro di legge, di religione, di scienza. Bellis- 
simi esempî danno e daranno alle altre genti gli Ariani di Europa, e, 
con ingegnosa pittura, il Suahilo d'Africa chiama noi tutti i wasungo, i 
travolgitori (1): dove si passa, si storce, si piega e si rimuta. Che cosa 
dicano i rossi d’Abissinia intorno a noi rossi (2) di quassù, indovino, 
ma non so: so bensì che anche ne’ pacifici amatori della libertà, a 


(*) Icnazto GuIDI. Grammatica elementare della lingua amarina. Roma, tip. dei 
Lincei, 1889, p. 63. 

(1) E nel singolare, l’ Europeo è msungo, secondo questi « costajuoli », se pos- 
siamo così tradnrne il nome arabico. Cfr. Ewald. Volker und Sprachen siidlich von 
Acthiopien. Zeit. d. d. morg. Gesell. (1846) vol. I, p. 50. 

(2) In palese non osano chiamarci bianchi, perchè bianco (sac) è il lebbroso: 
e questo ce lo insegna il Massaja (Lectiones, p. 350). 

Rosso è gay (cioè géy) in amarico e gayh in etiopico: così scrive l’ Isenberg (nel 
dizionario) e così ne’ vangeli (Joh. 19, 2. Mt. 27, 28); ma nel Massaja si legge gdy 
(Lect., 286) e il D’Abbadie (Diction., p. 242), data la voce gay, aggiunge : J’ ai écrit 
ailleurs g4y car on dit presque gay (cioè non gay). 


— 88 — 
vederla violata da arm? nostrane, anzi che da altri Latini, da Germani, da 
Slavi, scema il dispetto; tanto è difficile tenere in pari l’arrugginita bi- 
lancia della giustizia. Vero è che ci sono conquiste più ree di questa 
nostra; o che turbino la pace di buoni e semplici cacciatori e pastori, 
o che disciolgano, corrompendo, genti da vecchie e forti tradizioni legate. 

Fra codesti fratelli di mezzogiorno poco si distrugge e molto si 
può ordinare, anche al bene, ammansando i feroci, reggendo i deboli, 
con sentimenti nuovi nei petti inesperti, con idee che avvivino e nu- 
triscano gli intelletti. Si può intanto, accanto a loro e sopra a loro, 
con maggiore ampiezza e sicurezza indagare per quanti modi si mani- 
festi il pensiero: grave istoria della quale svaniscono di giorno in giorno 
i documenti; ma che abbondano tanto ancora, ignoti o travisati, da 
occupare molte generazioni di interpreti pazienti ed acuti. Doppio onore 
verrà ai nostri soldati se, armato il braccio e saldo il cuore, avranno 
anche orecchi ed occhi aperti alle cose nuove: se, nei collegi che gli 
addestrano alle armi, alla disciplina e alla scienza, nasca nobile desi- 
derio di andare nell’Africa bene avviati a questa lingua o a quella, per 
confermare o riformare quello che insegnano le scuole, per segnare i 
confini alle parlate varie, per accertare, più ancora che dei suoni, la 
istoria delle idee. Maestro a tutti, e per la bontà del metodo, e perla 
novità delle ricerche, e per l'abbondanza dei fatti, è adesso Leone Rei- 
nisch: egli andò e tornò, operoso ed intento, dove vanno e tornano 
i nostri, e i più valenti abbiano innanzi quell’esempio glorioso. 

Delle lingue vive è bene che si diffonda l’amarica, e il Guidi che 
sente tutta l'utilità che se ne può cavare, ci provvede da pari suo. An- 
che chi sapesse meno delle lingue semitiche potrebbe addentrarsi nei 
misteri dell’etiopico sacro e delle parlate che gli si accostano: ma più 
presto e meglio tocca il segno un uomo come il Guidi, che a questi 
studî arrivò con una lunga esperienza di ebraico, di aramaico e di 
arabo, che mirabilmente conosce le finezze della teorica come ha la pe- 
rizia dell'uso famigliare, con l'acume, la sicurezza e la semplicità dei 
veri sapienti. Perchè il Guidi è amico mio, dovrei forse tacere ? 

Questa eccellente grammatica va giudicata dai dotti, ma crederei 
che potesse essere lodata anche dagli ignoranti; e mi spiego. All'amarico 
mi accostai, anni sono, guidato da’ libri dell'Isenberg e del Massaja e 
me ne svogliarono: certo la colpa era mia; ma, avuto appena il nuovo 
thanuale, in pochi giorni mi accorsi di raggiungere quello che spesso 
costa assai più: e quanti faranno il saggio, mi daranno ragione. Da un 
libro di elementi si può volere di meglio? Qui la brevità, l'ordine, la 
chiarezza: qui una mano ferma che conduce, e presto, l’attento lettore. 


— 881 — 

Gli scolari, sulle prime, sono ardimentosi e sfacciati: vorrebbero 
questo e vorrebbero quello: pare che basti picchiare e s’apra ogni uscio 
e anzi che si spalanchi da sè. C'è dunque una critica da principianti 
che può forse giovare e ad essa piegano gli orecchi, sorridendo e be- 
nevoli, i migliori maestri 

Il Guidi dice amarizia, cioè amarigna (1), e io avrei detto amarico: 
meglio usare delle derivazioni nostrane anzichè delle straniere, benchè 
anche di queste abbondiamo (cfr. tedesco, francese ecc.); e non giove- 
rebbe dire il dansco invece che danese (dansk) o l’osmanlu invece di 
osmanico. L' aspirazione sparisce nel trascrivere (amharifia) e sparirebbe 
a noi anche se continuasse ad essere pronunciata tra i nazionali; ma 
quegli Europei che usano serbarla fanno bene a non interrompere la 
tradizione; come Francesi, Tedeschi e Inglesi scriveranno sempre #e//ensco, 
benchè i Greci dicano ellensco. | 

Anche a chi principia, il vedere a un tratto la divisione delle con- 
sonanti gioverebbe assai, dove si tenesse conto di quella data dal Lepsius 
(Standard alphadet 1863?, p. 191) e dei vari quadri che, discorrendo 
di lingue agaviane, propone il Reinisch, e, meglio che altrove, a pro- 
posito del quarese (2). È opportuno, ad ogni modo, dividere la serie 
in momentanee e continue, serbando il nome di esplosive (3), a qu, q, 
©, s, #, p, che il Lepsius opportunamente raffronta alle tenui dell’ossetico (4). 

Quanto alla pronuncia, citerò di passata come il Reinisch avverta, 
così nel tigrese (tigré) come nell’amarico, quello che avviene nel bilinese ; 
se una gutturale labializzata (gua, gui, ecc.) è preceduta da a, la vocale 
x salta innanzi alla nasale; onde si scrive ’adangualé (fava) e si legge 
addungélé. In questi casi il Reinisch mette una lineolina sotto alla # (5). 

Sugli incontri delle vocali ($$ 5, a) s’aspetterebbe qualche parola 
di più: vedere subito che a + w fanno 6, come nel gerundio (6), che 


(1) Benchè la vocale sia breve, non s’ abbia paura di mettervi l'accento. Nella 
trascrizione è inutile segnare la breve, sia per e come per # del sadis, perchè non 
c'è pericolo di scambiare con gli 2 e gli # della quinta e della terza colonna. 

(2) Die Quarasprache in Abessinien. 1885 (Sitsungsber. CVIII, 11). 

(3) Scrivo in corsivo le lettere che nel Guidi hanno un punto sottoposto e 
aggiungo un acuto al f per distinguerlo dall’ ultima lettera dell’ alfabeto. 

Queste esplosive, secondo il Trumpp (Zeit. 4. d. ms. Gesell. XXVIII, 518), dee 
riverebbero dalle lingue dei Galla. 

(4) Stand. alph., p. 189 e 140. 

(5) Die Bilin-Sprache in Nordost-Africa 1882. (Sitsungsb., Vol. XCIX, 596). 

(6) Cioè nella terza di maschile, nagrò. Largo o stretto, non so: in bilinese 
(Rein. Sits. XCIX, 594) da a -+ « abbiamo o stretto; ma non se ne caverebbe la 
conseguenza per lingue semitiche. 


— 882 — 
6+4, @+4 fanno wà, yà; anche forse va citato un te +’a = tà (Joh. 9, 
39): e va detto perchè in da-ad (nel padre, Joh. 10, 38), in ya- ayA2d 
(degli Ebrei, Joh. 5, x) e in mille altri casi, non avvenga la contrazione. 

Sull’accento (1) il Guidi dice bene, ma poco: o come accentare 
éngeléf (sonno)? come ma/asalat (gli rispose)? come quelle lunghe pa- 
role dove, pezzetto a pezzetto, tante altre se ne incastrano ? 

Che qualche errore di stampa sfuggisse è naturale (2): e alle volte 
si dubita: p. es. man è noi siamo (§ 10), manei vangeli io trovo nana 
(Joh. 8, 32. 9, 28. 40). Se questo non va, bisogna dirlo, trattandosi di 
una forma tanto comune. 

Non mi diffonderò su queste piccolezze (3) : solo dirò come vorrei, in 
un’ altra edizione, più chiare le regole sulla formazione dell’ imperfetto, 
più raccolte ed ampliate quelle sul gerundio, accresciuto nei paradimmi 
qualcosa che mostri le prime persone dei verbi con ‘a iniziale, e le ne- 
gative di questi stessi verbi. E poichè siamo nei desiderî, gioverà un 
indice delle parole che occorrono nella grammatica, tutte con |’ accento, 
separando il volgare da quello che viene dalla lingua di chiesa (4) : poi 
un altro delle forme grammaticali, secondo i prefissi e secondo i suffissi. 

Il breve saggio dalle Storie bibliche (Yuséf ba-Mesér) è corretto da 
un dotto (5) del paese: chi non avesse il testo stampato a Santa Chri- 


(1) Voglio rammentare le parole del Reinisch: Die Adessimier, dhnlich den 
romanischen Vilkern im Allgemeinen moduliren nur wenig die Stimme (Sitsungs. CV, 
612): e a queste fa riscontro il giudizio del Trumpp (l. c. XXVIII, 538), ram- 
mentato già dal Praetorius (Ams. Sprache, p. 102). 

(2) P. es.: pag. 10 non sonottrascritti i pronomi drcî, ellént, enndnt,: p. 13 nao |. 
nau: p. 17 amdlikt e amd lekt, meglio dire sempre ad un modo: p. 31 del perf. comp. 
si parla al § 34 non al 30: p. 32 dell’imp. comp. si parla al $ 29 (non 27) e 
dell’ iussivo al § 31. Per /engar vedi il § 75 non il 67: p. 49, § 84 guesta donna, 
leggi quella. — Anche nei nomi proprî o nei titoli era bene tenersi ad esatta tra- 
scrizione e porre (p. 45) Mérydm, (p. 43) asmac, Agdu. 

(3) E piccolezze sarebbero: $ 9, giova rimandare al § 45 — § 14, 6. Anche 
nafes, come è naturale fra semiti cfr. Mt. 23, 12 — pag. 23, meglio sarebbe: ’sfa- 
rise e s'allunga |’, — pag. 49, 5’ use la mano è ambiguo, e non cade qui. — 
$ 20. Non È detto come, nelle decine, si colleghino i numeri: che p.es. 25 si tra- 
duca salds 8 ammist (Joh., 6, 19) e 200 Atélat mati (Joh., 6, 7). 

(4) Per esempio, è utile sapere che i due nomi di Dio, Zgsfa-Sekér (Signore 
del mondo) e Am/ék (regnante) sono dell’ etiopico antico. In questo l’' Ewald, forse 
prima degli altri, vide (Zeit. d, 4. m. Gesell. I, 43) un antico plurale: e tanto in 
etiopico che in amarico (amdlitt, amldkéc) si rifà il plurale due volte. 

(5) Dabtarà si scrive e dibtiré si pronuncia (cfr. Reinisch, CV, 574, Trumpp, 
ZMG 29, 516). Il Massaja dà il nome in lettere etiopiche nelle Lectiones (p. 260), 
e nel Viaggio (3, 66) trascrive Deftera. 

Il dabtéré del Guidi (p. 57) è forse errore della stampa. 


— 883 — 
shona nel 1867 (1) amerebbe certo di vedere dove cade l'errore e 
l emendazione (2). 

Il libro del Guidi apre la strada alla maestrevole opera del Prae- 
torius sull’ amarico, alla quale accresce luce la grammatica tigrigna (3): 
della Bibbia tradotta e ritradotta, e che tanto serve a chi fa i primi 
passi, dicono male; ma gioverebbe sapere dove è il guasto, e quale fra 
le edizioni sia meglio o peggio. Io intanto ad altri principianti debbo 
raccomandare il Nuovo testamento, in etiopico e in amarico, dato fuori 


a Basilea nel 1874; la stampa è corretta assai (4) e, per la bontà 


dello stile, contentiamoci di quello che c'è. Se anche il nuovo lessico 
del D’ Abbadie è più ricco e dà più sicure notizie, chi s'apre la strada, 
si lasci guidare dall’Isenberg e se ne troverà contento ; usandone, egli 
nota le parole che gli occorrono via via nei testi, corregge coi raffronti, 
emenda dietro a quello che dicono gli eruditi. I più vecchi non dob- 
biamo metterli da banda: e in questo lessico dell’ ardito missionario vi 
sono tante notizie sulle costumanze d' Africa e sui luoghi, che, nelle 
fatiche dello studio, ci sentiamo di viva acqua rinfrescare (5). Augurava 
l'Ewald (6) che gli Africani avrebbero tra i loro padri ammirato, per i 


(1) Non ho che la seconda edizione che è del 1872: Dr. Barth's Bible-stories, 
translated into amharic by  M. Flad, Il testo è tedesco e fortunato assai, perchè ne ho 
sotto gli occhi la trecentoventesima edizione: ecco il titolo: Zweimal sweiundfiunsig bibli- 
sche Geschichten: Calw u. Stutigart, 1890. Verlag der Vereinsbuchhandlung. È corretto, 
con giunte, e senza nome di autore: ecco perchè sfugge spesso alle ricerche dei librai. 

(2) Per esempio il Flad MMedyén e il nuovo testo Midy8rn: gen dopo savàc 
viene espulso: Satht è mutato in 5/4 (e I’ Isenberg nel lessico dA una forma e l'al. 

tra: il Flad aveva e i padrone vide e questo vide (aya) è respinto alla fine del pe 
riodo. E così via via. 

Gli studiosi del galliano (la lingua dei Galla) sapranno che anche in quella 
parlata furono tradotte le Azdle-stories (transl. by 3. Y. Greiner and his assistant Fosepk 
Gallu. Basle, 1881). 

(3) Grammatik der Tigrita-Sprache in Abessinien. Halle 1871. Questo potrebbe 
dirsi il ¢igrigzo (per buone ragioni serbo la terminazione originale) e figrese l’altro ; il 
Reinisch (XCIX 592) dice tigray e tgré: e tigray al trigrigno dice anche D'Abbadie, 
mutando la prima sua opinione. 7igri#a e tigré così il Munzinger come il Praetorius che 
amerebbe anche dire Sua-tigré e Nord-tigré. Quando s'è in dubbio se si tratti di 
una parlata o dell’ altra, s' avrebbe a dire lingua del Tigré. 

(4) Per es. il Praetorius (Ams. Spr., p. 243) nota una strana forma in Matteo 
18, 32 che darebbe /emanakh (mentre preghi); ora, nel 1874, fu stampato /amanakhan. 

(5) E, per questa parte, sono molto utili le Lectiones del Massaja. 

(6) Lodandone le versioni in amarico da dies cine eigne Literatur noch nicht 
Besitst (due anni dopo nella. ZMG 1, 26 citerà vecchi codici di quella lingua) so 
dass nun in kiinfticen Fahrhunderten unser I von afrikanischen Zungen als thr 
Vater gepriesen werden kann. (Zeit. f. die Kunde des Morgenl., 1844, vol. 5, 167). 


— 884 — 
molti scritti, il vestfaliano che rinnovò, egli tedesco, la fama e il lavoro 
di un altro tedesco, babbo di tutti quanti, Giobbe Ludolf. Al nostro 
Massaja molte di quelle cose scritte dai missionarî protestanti parevano 
robaccia (1): e tanto s'asteneva da'loro scritti, che componendo la 
grammatica amarica, professa di non conoscerne nessuna (2). Il libro 
dell’ Isenberg fece meglio e prima, quello che poi fece il bravo prete. 

Proprio un bravo prete, pieno di carità e di coraggio, ma che, ar- 
rivato nel mezzogiorno male preparato alle ricerche sulle antichità e 
sulle lingue, non poteva, in mezzo agli stenti, riguadagnare quello che 
solo i giovani acquistano davvero. Quando il P. Giusto da Urbino, morto 
in età fresca, si dà tutto alle ricerche sull’ etiopico, il Massaja scuote 
la testa, approva a mezza bocca, teme che l’ardore per gli studi scemi 
lo zelo dei catecheti (3). I missionar? d’ ogni religione intendono questi of- 
ficî di civiltà ora in un modo, ora in un altro; a’cattolici vorrei che 
stesse sempre innanzi, come modello, un uomo pio e dotto, fedele alla 
sua chiesa e a questa che è universale di quanti amano la verità e il 
discoprirla e il vederla: dico il gesuita Costanzo Giuseppe Beschi. 

A Massaua (4) regna il tigrese; ma questo, come il tigrigno, ben- 


(1) e Spargendo bibbie ed altri libracci » Viaggio 3, 73. 

(2) « In lingua amarica nullam grammaticam hucusque publicatam cognosco » 
(Zectiones, p. XVI). 

(3) Vedi quello che ne dice nel terzo volume del viaggio (p. 117). 

(4) « Mugaww°a, nome exotique, est un participe arabe, qui signifie desséché, 
terrifié. Les indigènes appellent cette ville Bats‘e, il Munzinger scrive Bas'é mot qui 
signifie farvenu et que leurs voisins ‘Afar prononcent Bath‘e (th dur des Anglais) ». 
Così scriveva nel 1882 il D' Abbadie (Bull. de la Soc. de Géogr. Paris, 7, 3, 489). 
È dunque un part. pass. della radice £4°4 (g è la XIV lettera dell’alf. arabo), nella 
seconda forma, che vale appunto seccare. 

Il Jackson, per far piacere al D’Abbadie, cercò nelle carte e nei libri dei viag- 
giatori e dei geografi e trovò scritto quel nome in venti differenti maniere. E venti 
non basta: prendendo quello che ho alla mano, non veggo Massova (Ewald ZMG, 
1, 3), Mesowak (Encycl. Britannica, IXth. edition) Matsua che la stessa Enciclope- 
dia attribuisce ai vecchi portoghesi, Massoak (Lefébvre 3, 397) Medsu‘a (Munzinger 
nell’ appendice al lessico del Dillmann p. III). Chi sa quanto c'è ancora! 

Due cose aggiungerò. Presso i cfmiri quel nome si pronuncia Messswd e 
Mest& (Reinisch, Chamirsprache CVI, 396) e sn M si traduce Mest'was (CV, 689). 
Il Reinisch (2ilînsprache XCIX, 586) cita: Sabaf polis en tdi Adoylikti kolpdi di To- 
lomeo, come più vecchi viaggiatori, il Tamisier e il Combes ci riconducevano al 
Sebastricum Os (Voyage en Abyss. 1, 89). Su questo si vegga il Férbiger (2, 812) 
che cita il Sadaiticon stoma di Strabone (770) e il Sebastricon stoma di Tolomeo (4,7). 
Nella Encic. del Pauly (6,611) si vedrà chi cersasse questa Zocca nel Port Mornin- 
Zion; che è battesimo di inglesi. 

Delle voci tigresi usate n Afuraww'a raccolse un indice il D’ Abbadie e lo 


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— 885 — 
chè più strettamente affigliati al ghezzo, (1) avviano all’ amarico che lo 
riguarderebbe come zio, se questi nomi di famiglia nelle lingue, cioé 
dove generazione non c’é, non servissero a confondere gli intelletti. Non é 
vecchia, non è abbondante, ma la letteratura maggiore è l’amarica e 
bisogna favorirla. La scrittura imiarita, poi diventata abissina, e che serve 
nell’ Etiopia anche a lingue che non sono di ceppo semitico, non av- 
verte quali consonanti siano doppie, non dà luogo all’ accento, dallo 
scevà quiescente a quello mobile non fa distinzione: a ciò si potrebbe 
provvedere coi diacritici, se un punto sotto la lettera mostrasse dove 
posi l'accento e uno posto al di sopra, dove s'addoppî il suono. Ma 
l'oriente, e dobbiamo chiamare oriente anche il mezzodì, non ama le 
novità : e questa scrittura serve a tutti, così come ella è, con la sua 
aria monumentale e con quell’andare pendoloni, quasi che male si reg- 
gesse sulle righe. Raccontavano ai tempi del Buffon, e non so da che 
libro l’eloquente narratore raccogliesse, che a scrivere una lettera hanno 
bisogno di molti giorni (2). | 

Che si vada rapidi come ne’ nostri corsivi di greco e di latino 
non dirò certo, ma tutte quelle lungagne sono uno scherzo. Bensì ose- 
rei domandare: non essendoci di scritture amariche una lunga tradizione, 
perchè non tentare una riforma? e cercare maestri e scuole che le 
diffondano ; scegliere un alfabeto semplice e fare davvero quello che 
qualcuno incominciò (3) fuori d'Italia; quello che tocca agli Italiani, 
tutori nuovi a quella gente di bambini cattivi. 

Il Guidi e l'Ascoli (due voci si ajutano, più voci si confondono) 
potrebbero scegliere i segni: e fare sì che poi non mancassero alle. 
nostre stamperie. L’a tagliata in mezzo è più incomoda dell’&: l’s 
(la quinta lettera) benchè non dia altro suono dall'altra dentale, va 
distinta, poniamo, così s : mi piacerebbe che i due ci, il palatino sem- 
plice e l’ esplosivo, mostrassero la loro origine da # dentale e dal pre- 
cacuminale; si potrebbe fare alla boema, con l’acuto. 

Intanto vegga il Guidi di darci una antologia, togliendo dai vecchi 


stampò fino dal 1865 il Dillmann (Lexicon ling. aeth. App. p. 55-64). Ora c’è tutta 
la opportunità di rivederlo e di accrescerlo. 

(1) Suppongo, se non è soverchio l’ardire, che all’ antica nostra voce risponda 
il ge‘es, che è il vero nome dell'etiopico. Ma avrò ragione? Il Guidi scrive gi‘s: 
il Reinisch e ge‘ex (CVIII, 657) e gi‘is (XCIX, 592). 

(2) « Leur langue est très-imparfaite, et leur manière d’écrire trés-peu perfection- 
née: il leur faut plusieurs jours pour écrire une lettre, quoique leurs caractères soient 
plus beaux que ceux des Arabes, » (Oeuv. choisies, Paris, Didot, 1855, 1, 362), 

(3) Per es. il Pearce (conf. Praetorius Amà, Spr., p. 11). 


— 886 — 
codici, e dalle versioni dei missionari, con lettere del paese; poi, 
nella nuova grafia, metta assieme dialoghi (1), racconti, descrizioni della 
vita del paese. Chi vede l’avvenire ? tra i Malesi, quanto non fece la 
guida e l' eccitamento d’ Olanda? 

Il Mezzofanti si diede a studiare l'amarico quando non era molto 
lontano dalla settantina (2); ma l'uomo felice faceva i miracoli. A chi 
non osa nè tanto fare nè tanto sperare, do un consiglio: tra 1 frati 
del Goggiam c'è chi ha l'arte di comporre l' ya-galam ‘abnat, la me- 
dicina del colore : ci sono sette polveri in quella polvere e spargen- 
dola sopra una fetta di pane, e data a mangiare, apre gli intelletti chiusi 
e caccia dentro la dottrina per forza (3). Prima di tutto è naturale che 
tocchi all''amA@riéià quangud, all'amarico (4). 





D. — ALESSANDRINA TINNE, VIAGGIATRICE AFRICANA. 


Conferenza tenuta alla Società Geografica dal socio cav. R. R:ZZETTO. 


Signore e signori, 


Se v’ ha, in questo mondo, professione la quale richieda un’ atti- 
vità cui l’uomo sembra dover essere esclusivamente chiamato, è quella 
dello esploratore africano; tanti sono i perigli, tante le. difficoltà, tante 
le fatiche, alle quali deve sottostare chi imprende quell'ardua carriera. 

Perciò quando una donna sceglie spontaneamente quell’arduo cam- 
mino, e con virile costanza, persevera e riesce in fatto, anche col sa- 


(1) E come sarebbero utili! Qualche saggio ne dà l'Isenberg nella Gramm. 
(p. 179) e il Reinisch, con la versione in quarese (Sits. CIX, 12-17). 

(2) Vedi quello che ne dice il Russell, sulla fede di Antonio D’ Abbadie (The 
life of card. Messofanti, p. 385). I nuovi studt di lui su quella lingua cadrebbero dal 
1839 al 1841. 

(3) Vedi nel lessico dell’ Isenberg, alla voce ga/am. Parrebbe che l'incontro col 
galam (la canna, la penna) degli Arabi fosse caso e non altro: poichè abbiano una 
radice gallama (tingere) che non ha l’aria di verbo nominale. 

-(4) Alla chiusa, a proposito di questa parola, si può citare un curioso errore 
del Mithridates. Di Agatharchides, che descrive il Mar Rosso, si riferisce che: Aechritas 
ho syggrapheys, attikistés kaitoi bn, tti tes Ramaras lexei(Geogr. min. ed. E. Miller,1, 154). 
Cè nulla di più chiaro ? Ma il Miéthridates (o la colpa sia dell’ Adelung o del Vater), 
(Mithr., III, 1, 109. Confr. anche 1, 409 ove non c'è il senza dubbio ma solo il 
prababilmente) ne conchiude che A. cita, e dice averlo parlato, l’amarico. Zr mennt 
nihmlich die Sprache von Kamara, als er die Troglodyten dieser Gegenden beschreibt, 
und dies ist ohne Zweifel unser Amara oder Hamara. 








— 887 — 
crifizio della propria vita, ad allargare il dominio della scienza, si desta 
in noi, a di lei riguardo, un sentimento di ammirazione. 

Questo sentimento cresce poi grandemente e diventa simpatia e 
pietà, quando l’eroina è giovane, bella, ricchissima, e secondo la fama, 
sarebbe stata indotta a ricercare la solitudine dei deserti africani 
per immeritati disgusti, serbando intatta sino all’ora del martirio, in 
mezzo ad una vita avventurosa, quale soltanto è serbata agli uomini 
più arditi, l’aureola della poesia e della purezza, di cui amiamo veder 
sempre circondata la donna. 

Tali sono, signori, le linee principali della nobile figura della quale 
vi tratteggerò brevemente l'opera. 

Alessandrina Petronella Francina Tinne nacque all’Aja il 7 ottobre 
1834 dalla baronessa Van Capellen, di stirpe olandese, e perduto il padre, 
che era inglese, risiedette con la madre e con la zia baronessa Van Ca- 
pellen, nei primi anni, a Londra ed in Olanda; profittando dei larghis- 
simi mezzi dei quali disponeva la sua famiglia, viaggiò poi in lungo ed 
in largo l'Europa, ammirata nelle corti in tutto |’ incanto del suo spi- 
rito e della sua bellezza. | 

Si portò per la prima volta nell’anno 1856 in Egitto con la madre 
e con la zia, e vi ritornò nel 1858. 

Questi primi viaggi in regioni conosciutissime non hanno impor- 
tanza agli occhi del geografo, se non in quanto diedero alla Tinne 
occasione di trovarsi a contatto di molte persone, dotte in Geografia; 
sentendole a parlare continuamente dei confluenti del Nilo e dei pro- 
blemi connessi con le sorgenti di quel gran fiume, le venne l’idea del 
viaggio nell'Alto Nilo, che pose le basi della sua celebrità come viag- 
giatrice africana. i : 

Determinata a recarsi nella Nubia e nel Sudan, essa lascia, nel 
1861, la patria, ed insieme alla madre ed alla baronessa Van Capellen, 
arriva in agosto ad Alessandria per principiare il suo terzo viaggio in 
Egitto. 

Dopo aver passato l’autunno del 1861 ed una parte dell’ inverno 
1862 in una graziosa villa presso il Cairo e dopo aver respinto la pro- 
posta fatta dal dott. Krapf d'un viaggio d’esplorazione in Abissinia, il 
9 gennajo 1862, le tre donne salirono su tre grandi barche destinate 
a rimontare il Nilo. 

Siccome avevano fatto provviste per un anno intero e preso con 
sè molta gente di servizio, già in questo viaggio dal Cairo a Chartum il 
bagaglio era molto considerevole. Fra altro recavano con sè circa 800 
sterline ossia 5,300 talleri di monete di rame (10 carichi di cammello), 


giacché nel Sudan era di 
e per attraversare il dese 
di almeno 102 cammelli. 
mese di maggio col piros 
scopo di passare, se poss 
più sana. Benchè qua e | 
strasse la terribile condizi 
Nilo Bianco, tuttavia que 
quelli che formano le soi 
il corso del Nilo riunito, 
La ricca vegetazione 
fioritura, le mille piante 
stormi di uccelli, gli ippc 
aspetto attraente, sempre 
mente sorprese dalla ami 
nevano la signorina Tinn 
una figlia del Sultano, ve 
fino il famoso commercia 
residente in Hollet Cac: 
proclamare la signorina ’ 
Le romantiche colli 
signore, che esse avrebbe 
dosi mostrato troppo tir 
frequenti, una delle signc 
di nuovo il piroscafo per 
rimontare il corso del N° 
Superato Gebel He: 
tristati dalle rive del fiur 
ludose, cosparse di cann 
per parte degli indigeni, 
facevano subire i mercan 
Ma anche in ques 
della quale abbiamo già 
giorno che il piroscafo d 
per prendere della legna, 
laggio con 10 soldati, e 
figlia del Sultano; fino i 
avesse voluto contribuire 
Giunte al Sobat, rin 
sua navigabilità, che rict 





— 889 — 
trovarono il Sobat più interessante che non il Nilo Bianco al disopra 
di Gebel Hemaja. 

Il Nilo Bianco, che continuarono a rimontare, torna però ad esser 
bello prima di giungere al Lago di Bahr-el-Gebel, giacchè ivi gli 
sguardi delle viaggiatrici fyrono confortati dalla vista di splendidi bo- 
schi, popolati di piante rare, fra le quali l' elegante papiro, | ambage, 
l'euphorbia antiquorum ed altre. 

Il 4 settembre raggiunsero sul Bahr-el-Gebel la stazione della 
Missione detta di Santa Croce, e rimasero colà sino al 15, durante il 
qual tempo la signorina Tinne intraprese una Spedizione di otto giorni 
nell'interno. 

Sempre risalendo il corso del Bahr-el-Gebel videro gli avanzi dei 
giardini e delle capanne che il viaggiatore Harnier aveva abitato l’anno 
innanzi, prima cioè che egli soggiornasse alla Missione di Santa Croce 
ed ivi trovasse la morte. 

Il 30 settembre superarono Gondocoro, e proseguirono fino a che 
il progredire fu impedito dai sassi di cui era seminato il letto del fiume ; 
visitarono anche il Monte Belenia; non fecero però escursioni più im- 
portanti da Gondocoro, giacchè le popolazioni delle vicine tribù di 
negri, irritate dalle ruberie e dalle crudeltà del mercante di schiavi da 
Bono, si mostravano ostilissime ai bianchi. 

Ben tosto furono costrette al ritorno anche dalle febbri che col- 
sero le signore; al 22 ottobre partirono da Gondocoro e furono di 
ritorno a Chartum il 30 novembre; detratte le fermative, esse impiega- 
rono nel risalire il fiume 360 ore, mentre bastarono 170 ore pel ritorno. 

Altri due mesi e mezzo passarono nei preparativi pel viaggio al 
Fiume delle Gazzelle; la baronessa Van Capellen si decise a rimanere a 
Chartum, invece il barone d’Ablaing, Teodoro Heuglin ed il dott. Steudner 
ricevettero l’ autorizzazione di accompagnare le dame. La offerta di 
quegli esploratori fu tanto più volentieri accolta, visto che il viaggio, 
per tal guisa, acquistava un carattere scientifico, ed alla signorina Tinne 
premeva, giacchè le era d’ uopo sobbarcarsi a così considerevoli sacri- 
fici di denaro, di far cosa utile anche alla scienza. Scopo del viaggio 
combinato con i detti esploratori era quello di arrivare all'altopiano che 
sta presso alle sorgenti meridionali e occidentali del Nilo nella regione 
dei. Niam-niam. 

Per renderci conto della ragione per la quale quei viaggiatori te- 
deschi trovavansi colà nell'Alto Egitto, giova riandare alquanto le fasi 
della celebre Spedizione tedesca all’ Africa equatoriale, promossa dal 
Petermann, e per la quale si raccolsero allora 25,000 talleri. 


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— 891 — 

Aggiungasi anche che, senza una forte scorta militare, non si 
poteva percorrere un paese di negri, tiranneggiato da commercianti di 
schiavi, e che in quelle condizioni doveva apparire estremamente diffi- 
cile anche con grandi mezzi di penetrare nell'interno, partendo dal Fiume 
delle Gazzelle. i 

Come vedesi, la Spedizione si divise in due parti: dapprima par- 
tirono i due esploratori tedeschi a vela, e poi le signore col pi- 
roscafo. 

Il luogo di ritrovo degli uni con gli altri doveva essere la Meshra-el- 
Rek, cioè una specie di lago che viene formato da una palude, nella 
quale prende origine il fiume stesso delle Gazzelle. 

I viaggiatori tedeschi, benchè imbarcati a vela contavano tuttavia 
di poter fare il tragitto da Chartum al luogo di sbarco precitato in 
un periodo di tempo dalle 3 alle 4 settimane, e si consolavano del 
disagio di quel tragitto su d'un veliere, pensando che sbarcati a 
Meshra-el-Rek, il loro piede avrebbe calpestato sin da quel momento 
un suolo che nessun viaggiatore europeo aveva prima percorso. 

Tirannia di spazio e di tempo ci impedisce di accennare anco 
brevemente a tutte le osservazioni fatte dai viaggiatori tedeschi, e dalla 
signorina Tinne lungo il corso del Fiume delle Gazzelle, che essa ancora 
non conosceva, essendo giunta nella precedente sua esplorazione, come 
già dicemmo, fino al Bahr-el-Abiad. | 

Diremo soltanto che esatte osservazioni, anche astronomiche, furono 
prese dal dott. Heuglin, così da mettersi in grado di rettificare notevol- 
mente, per quanto concerneva il corso del Fiume delle Gazzelle, la carta 
del Petermann e che di non poca utilità fu dal suo canto, l’opera isolata 
della signorina Tinne, la quale, profittando della velocità presso a poco 
sempre uguale del piroscafo, potè calcolare, durante il tragitto, con 
esattezza le distanze delle varie stazioni sul fiume e contribuire così a 
controllare in modo efficace le osservazioni astronomiche del dott. Heu- 
glin, atte a meglio determinare la posizione geografica delle varie sta- 
zioni sul fiume. 

Il dott. Steudner ed il dott. Heuglin poterono finalmente giungere 
il 25 febbrajo 1863 con la loro imbarcazione al Meshra-el-Rek, la 
prima tappa del loro importante viaggio. 

Trovarono -però che, mentre nella carta di Pethervek il Lago Rek 
viene rappresentato come esteso almeno dalle 20 alle 30 miglia, invece 
in realtà non è che una palude larga dai 30 ai 40 passi, e che cir- 
conda nella massima parte un'isola, pur essa paludosa, la quale è a sua 
volta divisa da canali in parecchie parti. In un piccolo seno giacevano 


— 892 — 
a quel tempo circa 20 piccoli bastimenti mercantili da Chartum, l'uno 
accanto all’altro. 

La località estremamente paludosa doveva essere naturalmente assai 
malsana, e se ne ebbe la prova nel fatto che il dott. Heuglin ricadde 
tosto nelle febbri palustri che già lo avevano tormentato. 

Nel giorno 10 marzo 1863 arrivò alla Meshra-el-Rek anche la 
flottiglia, diretta dal piroscafo della signorina Tinne, il quale, però 
giunse in porto, attraverso stretti canali, impediti da canne e da una 
quantità di piante acquatiche ; le ruote dovettero essere levate ed il pi- 
roscafo spinto innanzi da 50 uomini con stanghe e corde. 

I viaggiatori così riuniti decisero allora di partire per |’ interno al 
più presto possibile, affine di potere ancora prima della stagione delle 
pioggie passare il Giur ed il Dembo o Cosanga, copnfiuenti del Fiume delle 
Gazzelle, che attraversavano la strada che essì si proponevano di tenere 
per giungere nella regione dei Niam-niam. L’ darsf, cioè la stagione 
delle pioggie, si proponevano di passarla appunto in mezzo ai Niam-niam. 
Dopo la stagione delle pioggie, stando nella residenza di Re Mofio, 
sovrano di una parte di quella regione, essi contavano di prendere ul- 
teriori decisioni per la prosecuzione del viaggio. 

Il vapore doveva partire nel termine di 8 giorni ed essere di ri- 
torno da Chartum entro 5 settimane con nuove provvigioni. A quel 
tempo i viaggiatori si facevano delle illusioni; credevano di poter an- 
cora giungere al Lago Sciad. 

Fu deciso ad ogni modo che il barone Ablaing, il quale com'è 
noto, giunse alla Meshra con le signore e contava andare egli pure 
coi viaggiatori fino ai Niam-niam, dovesse frattanto ritornare col piroscafo 
a Chartum per imbarcarvi altri 25 soldati, una partita di animali da 
tiro e molte provvigioni state dimenticate. Calcolavano poi i viaggiatori 
di potere il giorno 20 mafzo mandare la massima parte del bagaglio 
alla riva del Rek, distante 80 ore, attraverso una palude e di là par- 
tire direttamente verso gli Stati di Mofio od alquanto ad occidente verso 
il Monte Cosanga; su questo punto intendevano prendere una decisione 
durante il viaggio; dalle notizie raccolte il dott. Heuglin riteneva però 
il miglior partito quello, secondo che già si disse, di giungere ai Niam- 
niam più presto che fosse possibile, e colà fare gli apprestamenti per la 
stagione delle pioggie. Tuttavia comprendeva le difficoltà di provvedere 
ivi ai bisogni giornalieri della Spedizione, giacchè essa consisteva di 100 
soldati, di 30 o 40 domestici e di 50 bestie da soma e da tiro — 
troppo gran numero evidentemente per una Spedizione la quale, una volta 
penetrata nell'interno, avrebbe dovuto mantenersi e muoversi con facilità. 








— 893 — 

Il piroscafo doveva essere noleggiato ancora per un anno e rima- 
nere, con 2 #eguer e due dakabie, al suo ritorno da Chartum, all’ àn- 
cora nella Meshra, fino a tanto che gli giungesse notizia dai viaggiatori 
con la istruzione di andarli ad aspettare a Gondocoro od in qualche 
altra località. 

Secondo calcoli fatti con cura, per essere provvisti appieno du- 
rante un intero anno, i viaggiatori avrebbero dovuto ricevere da Chartum 
altri 2,500 franchi di conterie, dai 400 ai 500 franchi di rame e 500 
franchi di sale. 

Queste erano le disposizioni; senonchè, al momento di partire 
dalla Meshra, vi furono ulteriori indugi, causati principalmente dalla 
impossibilità per gli esploratori di procurarsi in quella località i neces- 
sari portatori, giacchè le bestie da soma portate da Chartum di gran 
lunga non bastavano, e dalla parte dei commercianti di Chartum, colà 
stabiliti, erano opposte ogni maniera di difficoltà, volendo questi impe- 
dire agli Europei la visita del loro paese, nel quale facevano così ver- 
gognoso commercio dei loro simili. 

Il dott. Heuglin si indusse perciò a precedere nell’ interno il 
grosso della Spedizione con una parte del bagaglio, avanzandosi fino a 
tanto che gli riuscisse di deporla in un luogo adatto, arruolando colà 
della gente e ritornando alla Meshra, dove le signore lo aspettavano. 
Con tali intendimenti egli partì il 23 marzo col dott. Steudner. 

Il 2 aprile posero il loro campo a Vau nella regione del Giur, 
presso la zeriba di un commerciante di Chartum, chiamato Biselli. Al 
loro giungere non trovarono, però, che donne e fanciulli, poichè tutta 
la gente, atta a portare le armi, era dal possessore della prossima ze- 
riba il magrabino Biselli stata inviata ad una Spedizione contro i vi- 
cini Giur, abitanti al settentrione, i quali avevano assalito la zeriba di 
certo Alì Ben Muri, posta a 6 ore di distanza. 

Codesti mercanti di schiavi s'erano quasi suddiviso il territorio da 
sfruttare, e ritraevano dai loro involontarî sudditi considerevoli contri- 
buzioni in provviste da bocca, che non permettevano fossero vendute a fo- 
restieri di passaggio. Il più settentrionale di quei potentati era allora ap- 
punto Alì Ben Muri; in Vau risiedeva come dicemmo Biselli ; con questi 
confinava a S. l'arnauta Cusciuk Alì, il quale manteneva 300 soldati, che 
naturalmente non vivevano che di rapine ed erano pagati con schiavi. 

Tutta la regione del Giur era allora così ripiena dei primitivi stru- 
menti di scambio colà ancora in corso, cioè conterie e braccialetti di 
rame, che il mantenimento della servitù e dei soldati costava in quei 
paesi il doppio che non in Chartum. 


— 894 — 

Quanto al trovare dei portatori fra i negri era quasi impossibile 
anche con altissima retribuzione in rame, giacchè i negozianti locali 
preferivano nei loro trasporti d'avorio, il più delle volte, anzichè pa- 
gare e rimandare al loro paese i neri che adoperavano, di allevarli 
nella così detta schebach (forca di legno) imbarcarli come buona preda 
e venderli per istrada ai Baquara ed agli Arabi di Ben-Rof. 

Era quindi naturale che, in simili condizioni, e col sistema domi- 
nante di saccheggio e di assassinio, gli infelici negri evitassero od at- 
taccassero le carovane organizzate dai commercianti bianchi; intanto chi 
ne sofiriva erano pel momento i poveri viaggiatori. 

Il dott. Heuglin scriveva nel suo diario di viaggio, in data di Vau, 8 
aprile, trovarsi nella impossibilità, per causa della febbre, di fare mag- 
giori escursioni, e sperava in 5 o 6 giorni coll’ajuto di Biselli di rimet- 
tere insieme dai 50 ai 60 portatori e di poter poi tosto ritornare alla 
Meshra a prendere le sigrfore. 

Egli aggiungeva trovare che il meccanismo della Spedizione era 
troppo grande e abbandonato a sè, e riconosceva che, passato il pe- 
riodo delle pioggie, sarebbe stata indispensabile una notevole semplifi- 
cazione, e più sotto notava che non era più possibile rimanere in quel 
posto, che la intera Spedizione doveva al più presto possibile recarsi 
al quartiere che sarebbe destinato per la stagione delle pioggie in un 
clima migliore. Ed invero quasi la metà della gente che aveva con sè 
era ammalata } mentre le giornate erano caldissime, le notti relativamente 
fredde ed umide. 

Da Vau al Monte Cosanga, località assai migliore, non vi erano che 
18 ore di distanza, ma i viaggiatori appresero che colà i negri indigeni, 
per timore dei negozianti, non avevano fatto alcuna seminagione, donde 
la prospettiva di non poter mantenere un corpo di 160 uomini con 
una quantità di bestie da soma e da tiro. 

In quelle condizioni il dott. Heuglin non poteva fare le desiderate 
osservazioni astronomiche ; desiderava di farle nella nuova Stazione come 
pure di metter giù, durante il riposo forzato del periodo delle pioggie, 
le note prese sulla geografia del paese e sulle tribù negre indigene. 
Intanto essendo apparsi coi venti del S. i segni forieri della stagione 
delle pioggie, il dott. Heuglin affrettava col pensiero il tempo in cui 
ritornato dalla Meshra con le signore, avrebbe già costrutto delle ca- 
panne resistenti contro le pioggie torrenziali e attorno ad esse un campo 
trincerato; ciò però, secondo i suoi calcoli, non avrebbe potuto verifi- 
carsi che in 3 o 4 settimane. Egli affrettava del pari col pensiero il 
ritorno alla Meshra da Chartum del barone d’ Ablaing con le nuove 


— 895 — 
provvigioni, ciò essendo importante per l'assetto definitivo della Spe- 
dizione. 
. Il giorno 10 aprile ad un’ ora del dopo pranzo accadeva nel campo 
di Vau una grande sventura; moriva improvvisamente il bravo dottor 
Steudner, il compagno di Heuglin. 

Steudner aveva già avuto alcuni attacchi di febbre nell’ isola del 
Rek, dove i viaggiatori dovettero trattenersi 3 settimane ; questi attacchi si 
ripeterono in grado debolissimo alcune volte, ed in viaggio e nei primi 
giorni del loro soggiorno a Vau. Il 6 aprile nel dopopranzo il malato 
prese, durante un simile attacco, una forte dose di tartaro emetico, la 
quale produsse il suo effetto, e subito dopo circa 30 grani di chinino. 
Nella notte seguirono ancora forti vomiti con diarrea; il 7 ed 8 egli 
era, quantunque debolissimo, apparentemente sulla via della guarigione ; 
alla sera dell’8 conversò ancora col dott. Heuglin fino a mezzanotte. 
Il giorno 9 di buon mattino Heuglin si recò alla caccia, mentre Steud- 
mer pareva dormisse tranquillamente ; al suo ritorno lo trovò che dor- 
miva ancora; il respiro era abbastanza tranquillo, il polso piuttosto de- 
bole che eccitato, il suo volto d’ una tinta estremamente giallastra. Que- 
sto stato durò tutto il giorno, la notte successiva fino al mattino del 10, 
senza che il malato aprisse bocca; egli respirava sempre leggermente, e 
senza alcun segno di dolore morì, quasi senza che nessuno se ne ac- 
corgesse, all’ una pom. di quel giorno. I diarî, i lavori di ogni specie, 
le collezioni, i disegni del dott. Steudner furono tosto riuniti insieme e 
divisi scientificamente secondo l'ordine delle materie dal dott. Heuglin, 
e inviati al console francese in Chartum, per il recapito in Germania. 

Il 14 aprile 1863 il dott. Heuglin nota nel suo diario che la sta- 
gione delle pioggie si avanza a grandi passi, con frequenti e fortissimi 
uragani da E. e S.-E. ed inoltre con forti pioggie della durata di una 
ora o due. 

In quel giorno, 14 aprile, andò dal dott. Heuglin finalmente lo 
stesso Biselli, e si intrattennero dei portatori che questi doveva for- 
nire entro 6 giorni. Biselli promise che avrebbe inviato all'indomani 
(15) uno dei suoi trabanti acciocchè questi fino al ritorno dalla Meshra 
del dott. Heuglin, custodisse il bagaglio pel quale dovevano essere co- 
strutte appunto tre capanne impenetrabili all’ acqua. 

Intanto, il giorno 15, il dott. Heuglin manda presso le tribù dei 
Giur 20 persone del seguito, coll’ incarico di ottenerne, a qualunque 
costo, le biade necessarie per far ritorno alla Meshra presso le signore. 

Il 16 aprile i soldati furono infatti di ritorno portando seco un 
po’ di durra. Essi erano giunti fino alla zeriba di Ali Ben Muri, il cui 


3 


— 896 — 
vekil (rappresentante) li accolse molto bene, e li invitò a lasciare nella 
zeriba del suo padrone il bagaglio e le persone ammalate, offrendosi 
insieme di procurare a prezzi ragionevoli quante biade occorressero. 

Egli aggiungeva che avrebbe mandato in circa 6 giorni un 300 
portatori alla Meshra a disposizione delle viaggiatrici. Di fronte a sì 
favorevoli proposte Heuglin sospese la costruzione delle capanne e pre- 
parò tutto il bagaglio per la partenza. 

Notevoli furono le conquiste per la scienza fatte per opera del 
dott. Heuglin in quei dintorni, nel campo della botanica e della zoolo- 
gia. La flora soprsttutto del paese e del Giur fu trovata differente da 
quella in generale del Bahr-el-Abiad e molto interessante per |’ Europeo. 

Le prime pioggie avevano dato luogo, come per incanto, ad una 
stupenda fioritura; gli alberi erano, con poche eccezioni, già vestiti del 
loro ricco ornamento di foglie, e l'erba delle steppe già cominciava con 
gran soddisfazione degli animali a germogliare. Quel tempo primaverile 
non confaceva però troppo alla salute degli uomini, i quali contavano 
anzi su di un mutamento d’aria per averne un sollievo. © 

Il dott, Heuglin abbandonava finalmente nel mattino del 18 aprile 
lo sconsolato villaggio di Vau ed insieme la regione dei negri del Giur. 
Dapprima si recò alla zeriba Biselli. Il bagaglio tirò diritto alla volta 
della zeriba di Ali Ben Muri, mentre il dott. Heuglin si trattenne alla 
.zeriba Biselli col vezi/ Voad Chacid, per alcune ore. La zeriba con- 
sisteva in un quadrato largo circa ottanta passi e quasi altrettanto 
lungo, circondato da una triplice palizzata di legno greggio, alta m. 5,5 
senza fossa e senza muro e conteneva parecchi cortili speciali con ca- 
panne di paglia più o meno grandi e dei magazzini di cereali. 

Dalla zeriba Biselli a quella di Ali Ben Muri corrono 5 miglia e 
mezzo di distanza. Il vedi? di Ali Ben Muri accolse anche lui, il viag- 
giatore in modo molto lusinghiero, mandò dei regali e subito dopo fece 
incominciare la costruzione della capanna destinata al bagaglio. Il dottor 
Heuglin trovò anche la facilità di comperare durra assai più a buon mer- 
cato che non fra i Giur, dove i viaggiatori, in 14 giorni, con 50 per- 
sone di seguito, avevano speso, soltanto per le più necessarie vettova- 
glie, più di 2 carichi di finissime conterie oltre ad alcune dozzine di 
pesanti braccialetti di rame. 

La gente di Ali Ben Muri aveva messo insieme più di 400 carichi 
da portatore (dai 16 */, ai 17 */, kg. per ciascuno) di avorio, assai più 
che qualsivoglia altra compagnia commerciale in quell’ anno. Questo 
avorio dovendo essere trasportato alla Meshra, il dott. Heuglin preve- 
deva che gli sarebbe toccato di trattenersi colà ancora dai 6 agli 8 giorni, 





= na 


fino a tanto cioè che fossero stati riuniti tutti i negri, destinati appunto 
alla Spedizione della Meshra, per il trasporto dell’avorio. 

Deplorevoli erano frattanto le condizioni della pubblica sicurezza. 
Dicevasi che i Giur e Gianiba stessi avessero dato occasione alle diffi 
coltà soprovvenute in quei giorni, Gli indigeni, com'è noto, erano molto 
maltrattati da quelli delle zeribe; ora essendo corsa voce che Ali Ben 
Mari stesso con tutte le sue genti era stato assassinato presso al fiume, 
avevano stabilito in segreto di sollevarsi tutti d'accordo per liberarsi, in 
tal modo, dai loro nemici e dissanguatori. La zeriba di Ali Ben Muri era 
male difesa, una parte dei soldati essendo assente per una razzia, e fu sal- 
vata pel pronto intervento di Biselli, prima che i negri osassero un 
attacco all'altra zeriba di Ali Ben Muri, posta pressa il Cosanga. 

Parecchi soldati furono uccisi ed in seguito a ciò fuvvi una spe- 
dizione delle forze combattenti riunite di Biselli, di Alì Ben Muri e di 
Cusciuk contro i ribelli, la quale naturalmente si risolvette a danno di 
questi ultimi. 

In quella località, nella zeriba cioè di Alì Ben Muri, il nostro 
viaggiatore, benchè sempre molto debole, si trovò molto migliorato in 
salute così da poter andare ogni giorno, mattina e sera, a caccia nella 
Quaba. Dopo le ultime forti pioggie la temperatura del resto era alquanto 
abbassata. 

Nella mattinata del 24 aprile egli potè alfine abbandonare Bongo 
dopo avere acquistata la certezza che nel termine di 3 o 4 giorni una ca- 
rovana di circa 150 portatori negri partirebbe di là alla volta della 
Meshra. 

Lasciò indietro il veZi? Voad Chacid che doveva accompagnare 
i negri alla Meshra, come pure 11 soldati invalidi e servitori, e col 
resto della gente e con tutte le bestie da soma volse il passo verso la 
Meshra, rifacendo l'antica strada molto più rapidamente e facilmente, 
liberato com'era dai molti bagagli. 

Al 25 e 26 aprile si ebbero forti pioggie, tuttavia il Fiume Giur, 
uno dei confluenti del Fiume delle Gazzelle, non era cresciuto che di un 
piede, ma l’acqua ne era fortemente turbata e molto irruente 

Giunto ad Afok o Afodi, il viaggiatore apprese le nuove malvagità 
commesse dai commercianti di Chartum. L’arnauta Cusciuk Ali aveva 
avuto delle questioni, cinque mesi prima, nella predetta tribù cogli in- 
digeni, e ferito gravemente uno dei figli dello sceicco del luogo, un 
altro ucciso. Le genti di quel mercante essendo ripassate per quel luogo 
ed avendo reclutato dei negri come portatori, questi presero il largo, 
mentre la carovana era in movimento, con alcune conterie e monili di 


— 898 — 
rame, che erano stati loro dati per procacciarsi il sostentamento ; la ca- 
rovana ritornò allora indietro, diede 1’ assalto al capoluogo della tribù, 
uccise, avendo incontrato resistenza, 5 uomini e 14 donne e fanciulli, e 
derubò e desolò tutta la località. 

A mezzogiorno del 30 aprile, il dott. Heuglin giunse felicemente, 
benchè molto indebolito da alcuni forti accessi di febbre, nel Murak, di 
fronte alla Meshra, ed il 1° maggio passò a Meshra el Rek. Fu dispia- 
cente di trovare la signora Tinne molto sofferente, ma però in via di 
miglioramento, Durante la sua assenza nulla di notevole era accaduto 
alla Meshra. 

Al 7 maggio riuscì alla Spedizione di trovare altri 120 portatori, 
che dovevano trasportare la massima parte dei bagagli sino a Bongo, 
presso il Dembo o Cosanga per la fortissima somma di più che mille 
talleri. 

Il clima della Meshra riusciva però assai fatale ai suoi membri; 
tutti i servitori venuti con Heuglin da Bongo, erano ammalati; ed anche 
le signore avevano a bordo molti infermi. 

Invece il 10 la maggior parte degli ammalati si trovavano sulla 
via del miglioramento ed i viaggiatori avevano ricevuto avviso del pros- 
simo arrivo dei loro navigli da Chartum. 

Senonchè il 4 giugno dello stesso anno 1863 la Spedizione si tro- 
vava ancor sempre al Lago Rek, ed aveva passati dei tristi giorni. La 
malattia del dott. Heuglin si era aggravata e complicata ; le pioggie sì 
erano fatte anche colà forti e violente; tuttavia nessuno pensava a darsi 
per vinto ed a rinunciare alla partita. Al 15 maggio erano giunte col 
barone d’Ablaing le aspettate provvigioni da Chartum; oltre a ciò la 
signora Tinne comperò dal signor Petherieks, un console, esploratore ed 
insieme commerciante, alcune delle sue provvigioni; questi inoltre aveva 
fornito 130 portatori del suo stabilimento, così che il grosso della Spedi- 
zione, comprese le due signore, al 26 maggio potè mettersi in movimento 
per Afok. Al 1° giugno Klaineznick ritornò dall'interno a Meshra el Rek; 
questa volta però egli non era giunto fino ai Niam-niam, ed aveva la- 
sciato Schubert molto sofferente in Cosanga. 

Al 4 giugno 1863 di sera, il barone d'Ablaing fece trasportare 
il dott. Heuglin su una sedia portatile attraverso paludi, rese dalle pioggie 
oramai impraticabili dalla Meshra el Rek alla località detta Murak 
el Rek; a poco a poco, fu pur colà trasportato il resto dell'immenso 
bagaglio, consistente in 200 0 300 carichi. 

Il cambiamento d’aria fu favorevole al viaggiatore; cosicchè al 
10 giugno potè proseguire sul dorso del mulo. Nelle ore pomeridiane 


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del 12 raggiunse il campo delle signore olandesi fra Afok ed Auau, 
dove si prese un giorno di riposo. In causa di parecchie forti pioggie 
torrenziali una gran parte della pianura, che i viaggiatori avevano per- 
corsa, erasi tramutata in una regione paludosa, di difficile passaggio, po- 
polata da uccelli acquatici. 

Al 14, nel pomeriggio, ripresero la loro strada; seguirono dap- 
prima fino ad Auau l’antico cammino, che lasciarono più tardi al S., 
piegarono però, il 18, di nuovo verso la medesima, sulla quale rag- - 
giunsero il villaggio di Arealbeg. Al mezzodì del giorno seguente la 
carovana si accampò sulla riva destra del Giur, fiume che aveva for- 
temente straripato. In tre barche denka, ossia indigene, cominciò tosto 
il trasporto degli effetti e dei portatori; gli animali da soma dovettero 
nuotare ed i viaggiatori si servirono con vantaggio della loro barca di 
gomma. Attraverso un paese inondato si raccolsero un po' per volta 
nel villaggio Gieink, posto nella parte superiore del fiume; di buon’ora 
giunsero nel dì seguente a Vau ed il 22, sempre di giugno, alla zeriba 
Biselli, dopochè la traversata del Fiume Fertiti a Vau, pur esso ingros- 
sato, portò via ai viaggiatori parecchie altre ore. 

Giunti alla zeriba di Biselli, trovarono che le difficoltà per la pro- 
secuzione del viaggio si accumulavano. Il Fiume Dembo o Cosanga, che 
doveva essere passato, era molto ingrossato e vorticoso; i proprietarî 
delle due zeribe, Biselli ed Ali Ben Muri avanzarono favolose pretese 
pel trasporto del bagaglio di circa 500 carichi al Monte Cosanga, di- 
stante dalle 3 alle 4 giornate di viaggio. Molti oggetti, quasi indispen- 
sabili si erano perduti per causa della pioggia e di furti; un quarto 
degli animali da trasporto era morto ed il dott. Heuglin, in tale fran- 
gente, contava, appena le condizioni della sua salute glielo avessero 
permesso, di andare ad arruolare i negri nel Cosanga, quali portatori. 
Nel frattempo tutto il bagaglio sarebbe stato raccolto alla zeriba Bi- 
selli, dove i viaggiatori si trovavano almeno al coperto; ma non vi 
era tempo da perdere, poichè le pioggie riprendevano e con esse |’ in- 
grossamento dei fiumi. 

Il 28 giugno i viaggiatori strinsero un contratto con Biselli, il quale 
s' impegnava a trasportare, per 1,600 talleri di Maria Teresa, 400 cari- 
chi di bagaglio verso il Cosanga, distante, come si disse, 3 giorni. Una 
vera ruberia. Per circa due quintali di durra, che i possessori delle ze- 
ribe spremevano come tassa, con la violenza, dai loro negri, i viaggia- 
tori dovettero pagare 8 talleri. 

Il 30 giugno i nostri viaggiatori ricevettero dai negozianti di schiavi 
che venivano da Cosanga la notizia che i fiumi ed i torrenti tra la 


— goo — 
zeriba Biselli ed i monti non potevano essere passati; tutte le pasti 
basse erano già impaludate ed inondate e questo era un grave impe- 
dimento. 

Alcuni giorni dopo, la situazione generale della Spedizione era an- 
che peggiore. I viaggiatori infatti si erano lasciati sorprendere in piena 
stagione delle pioggie, in causa di molte inutili esitazioni per la man- 
canza di direzione unica nella Spedizione ; non avevano inoltre ancora 
potuto trovare un luogo adatto per costruire delle capanne. Dove si 
trovavano era impossibile fermarsi, il clima era troppo cattivo, tutti 
erano ammalati e sofferenti; ed una alla volta s’ impaludavano tutte le 
strade conducenti al Giur ed al Dembo, rendendo così difficile anche 
il ritorno. Fin da quel momento si potevano fare non lieti pronostici 
sull’ esito di quella Spedizione, senza direzione unica, già abbandonata da 
30 a 40 soldati e servitori, mentre gli altri erano molto malcontenti. 
Per colmo di sventura la Spedizione stava in cattivi termini coi pos- 
sessori delle zeribe, dai quali invece i viaggiatori erano estremamente 
dipendenti : talchè essi si chiedevano con ansia, qualora un giorno do- 
vessero o volessero abbandonare la zeriba Biselli, come potrebbero farlo, 
per quale strada ed in quale direzione. È da notarsi anche il fatto che, 
nonostante le immense spese, era così mal provvisto a tutto, che la Spe- 
dizione in quel paese affamato non possedeva pane bastante per i sol- 
dati, neppur per un mere, e da settimane non si aveva più neanche un 
pezzetto di carne, che pur sarebbe stato indispensabile in quelle con- 
dizioni di salute. 

Il dott. Heuglin aveva, già si disse, riconosciuto indispensabile un 
cambiamento d’ aria per la Spedizione, che fin dal mese di giugno era 
tutta più o meno sofferente. Il barone D’ Ablaing venne perciò incari- 
cato di cercare un luogo appropriato per |’ accampamento sulle alte 
rive del Fiume Cosanga. Questi ritornò abbastanza soddisfatto della 
sua escursione, così che il dott. Heuglin con 50 negri adatti alla co- 
struzione di solide capanne di paglia, si recò al villaggio di Rulanda, 
abitato da negri, posto a 18 miglia ad O. dalla zeriba Biselli. A tre mi- 
glia da Rulanda sull’altopiano del Fiume Dembo, in una località om- 
breggiata da alberi di alto fusto, cominciarono senza indugio i loro 
lavori e già dopo 3 giorni sorgevano 6 solide capanne ed un magaz- 
zino di cereali, allorquando il dott. Heuglin ricevette per mezzo d’ un 
messo del barone D' Ablaing la triste notizia della morte improvvisa 
della signora Tinne, madre. Contemporaneamente gli giunse la notizia che 
anche Schubert, il quale erasi, com’ è noto, stabilito sul Monte Cosanga 
in una zeriba di Blandernick, era colà morto, verso la metà di luglio, in 


— 901 — 

seguito ad una dissenteria che aveva durato un mese. Heuglin ritornò 
subito alla zeriba Biselli, e poco dopo ricevette un biglietto della : sì- 
gnorina Tinne, nel quale essa diceva non volere che per la sventura 
incoltale egli fosse impedito di continuare il corso delle sue esplora- 
zioni, e perciò lo pregava di prendere quanto di conterie, munizioni, 
stoffe, rame e delle sue provviste gli abbisognasse, che essa gliene fa- 
ceva volentieri dono. In considerazione delle circostanze, il dott. Heuglin 
non esitò ad accettare questa splendida offerta. La signorina Tinne 
ebbe inoltre la bontà di mettere a disposizione del viaggiatore anche 
la massima parte delle altre provvigioni che si aspettavano più tardi 
da Chartum, così che egli veniva a possedere i mezzi di trattenersi 
più a lungo ed in piena indipendenza fra i Niam-niam. 

Così stando le cose, Heuglin fece partire un po’ alla volta il suo 
bagaglio verso il Fiume Dembo. I suoi animali da tiro e da soma ad 
eccezione di un mulo e di un asino erano però andati perduti. Anche 
la signora e D' Ablaing avevano perduto quasi tutti i loro asini e cam- 
melli, e lo stato di salute della carovana era molto cattivo; era però 
da temersi che il clima avrebbe fatto ancor nuove vittime. 

Intanto nel paese cominciò ad estendersi la fame ed anche ‘con la 
forza i soldati delle zeribe non riuscivano a trarre dai miseri abitanti 
la durra ed i cereali necessarì al mantenimento della Spedizione; mentre 
questa languiva così sull’attesa, accadde un fatto che rivelò il grande 
coraggio della signorina Tinne: essendo insorto fra genti della zeriba 
Biselli e quella -di Alì Ben Muri un conflitto, la signorina Tinne, che 
si era stabilita ad un’ora dalla zeriba Biselli, accorse subito con le 
sue genti armate sul luogo del tumulto per sedarlo, e vi riuscì. 

Mentre grandi erano, come già dicemmo, gli imbarazzi che si op- 
ponevano alla marcia in avanti del dott. Heuglin verso la regione dei 
Niam-niam per il caro dei viveri e per la difficoltà di trovar mezzi di. 
trasporto, anche la signorina Tinne versava in grande difficoltà per la 
questione dei portatori. 

La signorina, la quale non voleva a nessun patto prendere in af- 
fitto i negri del vicino Ali Ben Muri per il trasporto del suo volumi- 
noso bagaglio alla Meshra, aveva fatto un contratto con un possessore 
di zeriba al Fiume Giur, Hasab Allah, il quale s'era impegnato di con-. 
durla o al Fiume Giur, o alla Meshra; ma questi mancò ai patti. 

Un vehi di Cusciuk Ali, al quale la viaggiatrice s'era in quella 
estremità rivolta, aveva dichiarato che si sarebbe volentieri incaricato. 
della spedizione dei bagagli della signorina, che però non era.in grado 
di farlo, non avendo abbastanza soldati a sua disposizione ; era da no- 


tarsi infatti che. quel ve#s/ aveva d’ uopo più d’ ogni altro di una quan- 
tità di soldati altrimenti superflua per il viaggio attraverso i paesi 
-denka, essendo che egli ed il veks/ di Petherieks erano in perpetua 
guerra con quei distretti. Dopo l'ultima stagione di pioggie dalle zeribe 
al Giur e dalle loro vicinanze erano stati rubati di nuovo circa 3,000 
capi di bestiame e venduto per la massima parte in Dem Cudur e presso i 
Niam-niam, perciò i Denka si agitavano furiosamente per impedire ai loro 
nemici di passare attraverso il loro paese. 

In tali condizioni il dott. Heuglin non poteva a meno di accom- 
pagnare la signorina sino alla Meshra; egli sperava del resto, di tro- 
vare là ancora il mezzo di facilitare il viaggio verso i Niam-niam. 

Decisi così tutti al ritorno ed alla partenza alla volta della Meshra, 
l'accampamento nei primi giorni di gennajo 1864 fu portato a Vau 
nella speranza di aver di là maggiori occasioni di mettersi in diretta 
comunicazione con la Meshra el Rek. Quasi contemporaneamente ri- 
cevettero per via indiretta uno scritto di là, da un capitano della signo- 
rina Tinne, che annunziava il suo arrivo da Chartum alla Meshra col 
piroscafo. 

Al 14 gennajo giunse al campo di Vau il conduttore del piroscafo 
con alquante provvigioni e 75 nuovi soldati; il quale annunziò che cin- 
que erano le imbarcazioni giunte alla Meshra. Ed allora tutto fu di- 
sposto per un pronto ritorno. Il dott. Heuglin arruolò 60 portatori dalla 
zeriba Biselli, 8 dei quali destinati a condurlo in una specie di sedia 
portatile, giacchè egli non poteva far la strada a piedi. 

La signorina cercò di arruolare negri a Vau, e giunse ad un buon 
risultato, non ostante ogni maniera di intrighi e di difficoltà opposte 
dai commercianti. 

Al 1° febbrajo 1864 era finalmente tutto pronto per la partenza 
verso la Meshra, e la carovana si mosse nel pomeriggio alla volta di 
Giur. Il barone d’ Ablaing, che s'era ritirato alla zeriba di Ali Ben Muri 
in Bongo, raggiunse la comitiva il 3 febbrajo nel villaggio di Arealbeg; 
ed il 9 febbrajo giunsero, dopo un giro estremamente faticoso e difficile, 
non di rado disturbati dai negri eccitati contro i mercanti di Chartum, 
con un intero convoglio di ammalati, di fronte alla Meshra in Murak 
Scholl. L'imbarco, sopratutto del bagaglio, presentò non poche difficoltà, 
poichè il lago era ancora molto grosso ed una profonda palude, che, 
in causa dell’ alta erba non poteva essere traversata con barche, si esten- 
deva dal luogo dov’ erano ancorati bastimenti sino a Murak. 

Il 14 febbrajo le imbarcazioni entrarono nel Canale degli Ambegé e 
poco di poi ritornarono nel Fiume delle Gazzelle. 











Non descriveremo minutamente il ritorno a Chartum per il Fiume 
delle Gazzelle ed il Nilo Bianco, essendo la stessa via già prima percorsa 
dalla viaggiatrice e non avendo questo viaggio ‘presentato nulla di par- 
ticolarmente notevole. 

Diremo soltanto che in aprile la Spedizione arrivò a Chartum, e vi 
rimase fino al luglio di quello stesso anno 1864. Noteremo qui che, 
durante quel tempo, il signor Heuglin, fra altro, diede opera ad ordi- 
nare il materiale scientifico lasciato in eredità dal dott. Steudner, e lo 
inviò in Germania; che la signorina Tinne ed Heuglin iniziarono un 
processo contro i commercianti di schiavi del Giur, che parecchie ma- 
lattie ed il rendimento di conti della Spedizione allora terminata, come 
pure i preparativi pel viaggio a Suakin, fecero indugiare naturalmente 
la partenza; e finalmente che anche la zia della signorina Tinne, la 
baronessa A. van Capellen, che cra rimasta a Chartum, vi morì il 19 
maggio 1864. 

Il 5 luglio 1864 i viaggiatori poterono alfine partire da Chartum 
con 3 barche, ed arrivarono a Berber il 9, dove, per i preparativi ne- 
cessarî al viaggio attraverso il deserto, da Berber a Suakin, dovettero 
trattenersi a lungo. Giunti alla fontana Abu Daquar, sulla via fra Berber 
e Suakin, dovettero fermarsi nel settembre 1864 per varî giorni, non 
potendo subito procurarsi i cammelli necessarî per la prosecuzione del 
viaggio. Nell'ottobre erano a Suakin, donde il dott. Heuglin mandò a 
Petermann una serie di importanti carte e memorie sul percorso da 
Suakin a Berber, che indicano quale larga messe si raccolse per la scienza 
anche da quel viaggio secondario. 

Di altre gite e peregrinazioni fatte dal dott. Heuglin in quell’oc- 
casione nel Mar Rosso non facciamo neppur cenno, per la loro mi- 
nima importanza scientifica di fronte all’ esplorazione appena compiuta. 
Diremo soltanto che da Suakin si recò a Geddah, dove si trovava il 2 
novembre ; il 15 di quello stesso mese era di ritorno a Suakin, ed il 23 
a Suez, diretto in Europa. 

Le dolorose perdite subite dalla signorina Tinne in questo viaggio, 
cioè quella di sua madre e di sua zia, non dovevano però raffreddare 
in lei la brama delle esplorazioni africane. Infatti vediamo la invitta 
donna con meravigliosa costanza continuare nel difficile arringo delle 
esplorazioni africane. 

Dopo aver visitate le principali località delle provincie algerine, 
essa intraprese nel 1867 un'escursione nel S.. 

Lasciò Boghar negli ultimi giorni di settembre, accompagnata da 
un seguito numeroso, e si diresse verso il Sudan. Inviati emissari a 


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Tuggurt, incaricati di prepararle dei mezzi di trasporto, essa sì pro- 
pose di visitare minutamente quest'ultima località, così notevole. mai- 
grado la sua piccolezza. Tuggurt è posta com'è noto, in pien deserto, 
le sue moschee, la sua costruzione, erano degni di attirare l’attenzione 
della oramai celebre viaggiatrice. Essa contava ugualmente di visitare 
Mzila e Uargla. 

Non le riuscì però di penetrare dalle possessioni algerine verso il 
S. nei paesi dei Tuareghi; e perciò essa si condusse, nel principio del 
1869, a Tripoli con numeroso seguito per recarsi. di lA al Fezzan e 
proseguire verso il Sudan. Poco dopo arrivò a Tripoli il dott. Nachti- 
gal, diretto egli pure al Fezzan ed al Sudan, avendo avuto incarico di 
presentare, per conto del Re Guglielmo di Prussia, dei doni allo sceicco 
Omar di Bornu ed al Sultano dell'Uadai, ciò che diede origine a quella 
stupenda esplorazione in Africa, durata sei anni, e che fu dal fortu- 
nato viaggiatore descritta nella magistrale sua opera dal titolo « Sahara 
und Sudan » divisa in tre parti, il cui primo volume comparve a Ber- 
lino nel 1879. Il dott. Nachtigal, che conobbe per la prima volta la 
signorina Tinne nella città di Tripoli, mentre aveva 34 0 35 anni, es- 
sendo essa nata, come si disse, all’Aja il 17 ottobre 1834, notò nel 
suo libro la favorevole impressione che faceva in tutti quanti l’avvici- 
navano; i suoi lineamenti si mantenevano anche a quel tempo nobili 
e distinti, il suo contegno, in apparenza freddo e riservato, dava una 
alta idea delle sue qualità. Il suo seguito si componeva di due marinai 
olandesi, Res Oostmans e Ary Jacobs, di alcuni negri dell’ Alto Nilo, 
che le appartenevano, di donne algerine, di Arabi di Tunisi e di Al- 
geri, di schiavi negri liberati che speravano, sotto la sua protezione, 
di ritornare al loro paese, e di Adolfo Brause, il viaggiatore tedesco 
poi divenuto celebre, e che allora era un giovinetto. Questi spinto dal 
suo entusiasmo pei viaggi africani aveva raggiunto a Tripoli il fatato 
continente africano. Non accompagnò, però, nel Fezzan la signorina Tinne. 
La città si riempì ben tosto della fama della di lei ricchezza; anche là 
essa era denominata dal popolo « Beut el Rè » cioè figlia di Re, sopran- 
nome che conservò sino alla sua tragica fine. I suoi grandi mezzi ed il 
suo seguito numeroso e composto dei più svariati elementi, non face- 
vano desiderare al viaggiatore tedesco un viaggio assieme fino a Mur- 
zuk, capitale del Fezzan, che era la prima comune meta dei due viag- 
giatori; e perciò il dott. Nachtigal lasciò, giacchè la Tinne aveva 
oramai compiuti i suoi preparativi di viaggio, ch’ essa lo precedesse 
su quella strada; tanto più che la completa sicurezza che regnava nel ter- 
ritorio della ex-Reggenza di Tripoli permetteva che dessa viaggiasse sola. 

















— gos — 

‘ Il 28 marzo 1869 giunse anche il dott. Nachtigal nella capitale 
del Fezzan, a Murzuk, ed andò ad abitare nella strada principale, e può 
dirsi unica di Murzuk, a poca distanza da un edificio, grande per quel 
paese, nel quale dimorava la signorina Tinne, e dove un mezzo secolo 
prima aveva abitato il Muqui, governatore della città. Egli la trovò 
ferma nel proposito, dapprima fissato, di recarsi nel Bornu, ed insieme 
contenta che, pel momento, non ci fossero carovane in procinto di par- 
tire pel Sudan. Contava ella di far comperare, durante I’ estate, sul 
mercato di Tripoli più riccamente provvisto, i cammelli necessari pel 
viaggio, ed a tale scope aveva anche scritto in Europa per procurarsi 
dei doni per lo sceicco Omar ed una provvista sufficiente di talleri di 
Maria Teresa. Essa sperava di esser pronta per la fine dell'estate; i 
due viaggiatori rimasero inoltre d'accordo che, qualora fino a quel 
tempo non si fosse presentata una carovana di commercianti, con la 
quale viaggiare insieme, avrebbero intrapreso il viaggio essi soli, col- 
l'ajuto d’una scorta armata ed assoldata. . 

Nel frattempo avevano intenzione di fare, ciascuno per proprio 
conto, un viaggio d’esplorazione più piccolo, nel Deserto di Sahara, € 
l’ardita signora aveva concepito lo stesso progetto che accarezzava il 
dott. Nachtigal, quello cioè, di un viaggio nella regione montuosa del 
Tibesti. Il dott. Nachtigal avendo manifestato alle autorità turche di 
Murzuk la sua intenzione di visitare quel paese, abitato dai famigerati 
Tebu o Tibbu delle montagne, aveva dovuto accorgersi che desse con- 
sideravano questo progetto con grande apprensione. Assai più perigliosa 
doveva naturalmente sembrar loro simile intrapresa da patte della si- 
gnorina Tinne, di fronte alla fama di ricchezza della quale non 
avrebbe certamente resistito quel poco di senso della legalità, che pos- 
sedevano, per avventura, i Tebu. Il dott. Nachtigal dichiarò quindi, 
schiettamente, alla signorina Tinne che egli dubitava fortemente che le 
autorità locali avrebbero prestato il loro appoggio ad un viaggio siffatto. 

Fu allora che i due viaggiatori si rammentarono che il Governa- 
tore generale di Tripoli li aveva avvertiti che fuori dei confini del ter- 
ritorio tripolitano, egli non avrebbe potuto far valere, in loro favore, 
alcun potere, nè influsso di sorta alcuna, eccezione fatta pel caso che 
uno d'essi fosse preso dal desiderio di visitare in Ghat il capo dei 
Tuareghi Asgar, che abitano il Sahara ad occidente di Murzuk. 

. Questo vecchio capo Asgar, chiamato Jehnuhen, era suo amico 
ed egli poteva fare sul medesimo bastante assegnamento per .raccoman- 
dargli con sicurezza persone amiche. 

Nojoso fu il lungo soggiorno che i viaggiatori dovettero fare nella 





— 906 — 
capitale del Fezzan: le giornate erano spesso caldissime, molesti il 
vento e la polvere; però la bellezza delle serate, allietate dal meravi- 
glioso chiarore del cielo, li compensava. Essi le passavano il più delle volte 
sulla terrazza dell’ alta casa della signorina Tinne, conversando anima- 
tamente sui progetti dell'avvenire, ricordando il passato della viaggiatrice, 
così ricco di esperienza, e correndo col pensiero alla patria lontana. 

Col venir meno dell’ inverno cominciarono le febbri malariche, 
proprie di quella località dell’ Africa: esse crescono d’ intensità e di 
frequenza con l'avanzare dell'estate, decrescono ad autunno inoltrato, 
e scompajono infine, quasi interamente, nell’ inverno. 

Nel maggio il dott. Nachtigal fu pur egli colpito dalla febbre, ed 
in modo assai forte. Volle sventura che tale malattia lo cogliesse in 
un momento assai critico per la signorina Tinne, perchè questa pure 
cadde ammalata, e l'assenza dal suo capezzale del Nachtigal, dottore in 
medicina, rischiò quasi di riuscirle fatale. È da notarsi che la signorina 
Tinne, fin dal suo giungere a Murzuk, ebbe leggieri attacchi di feb- 
bre, e verso la fine di aprile ebbe un'altra malattia. Quando, dopo una 
settimana d’assenza, causata dalla sua propria indisposizione, il dottor 
Nachtigal tornò a visitarla, la trovò estremamente dimagrita, con delle 
dolorose contrazioni delle membra, terribili nevralgie, completa insonnia 
ed impossibilità assoluta di prender nutrimento, talchè dubitò della pos- 
sibilità di eseguire il viaggio in comune al Bornu. Nonostante, dopo 
alcune settimane, essa principiò a riaversi; ed allora cominciarono a pen- 
sare al modo di mandar ad effetto le esplorazioni del deserto, che cia- 
scuno di essi aveva in animo di fare, l'una nella direzione di Ghat, 
l'altra verso la regione montuosa dei Tebu. 

Qui importa notare che tutti i precedenti esploratori europei, giunti 
a Murzuk, avevano desiderato di aprire alla cognizione dei geografi 
quella piccola regione montuosa, abbastanza vicina, eppure completa» 
mente sconosciuta ; però tutti si erano trattenuti dal farlo, di fronte alla 
cattiva reputazione dei Tebu, alla loro fama di mancatori di parola, ed 
avevano rinunciato ai loro piani fin dai primi avvertimenti delle autorità 
locali. Il dott. Nachtigal essendo però deciso d! andarci a qualunque 
costo, mandò tosto una lettera ufficiale a certo Hag Sciaber in 
Gatron, località posta a S. di Murzuk, il quale secondo il giudizio di 
tutti possedeva, lui solo, la chiave di quella regione. Questi rispondendo 
si espresse favorevolmente circa la eseguibilità del progetto, e non si 
mostrò neppur alieno dall'assumere sopra di sè una certa responsabilità 
per la riuscita. 

Egli inoltre fece noto all’esploratore di avere appunto in quel mo- 





— 907 — 
mento a Gatron un notabile del Tibesti, che gli sembrava persona 
abbastanza sicura ed importante per poter servire di guida e di pro- 
tettore al dott. Nachtigal. 

Per maggior sicurezza il notabile Tebu fu invitato a presentarsi in 
Murzuk alle autorità ed a stringere con le medesime un contratto. 

In attesa di quest'uomo — Gatron dista da Murzuk quattro gior- 
nate di cammino — il dott. Nachtigal terminò i suoi preparativi di 
viaggio con l'acquisto di regali e provviste da bocca, e si adoperò a 
coadiuvare la sua amica, oramai ridonata alla salute, nella esecuzione 
del suo viaggio. 

Il capo dei Tuareghi Asgar, il vecchio Jehnuhen, aveva dato una 
risposta, non solo amichevole ma incoraggiante, ad una lettera che la 
signorina Tinne avavagli rivolto. Questa lettera diceva che egli stesso, 
chiamato da affari nella parte occidentale dell’Uadi Ladshal, sarebbe 
pronto a prenderla; ed il dott. Nachtigal fece allora presso le autorità 
locali tutte le pratiche necessarie per agevolare anche il viaggio della 
signorina Tinne. 

Ben presto tutto fu pronto per le due esplorazioni; ed ambedue i 
viaggiatori decisero di partire lo stesso giorno. La signorina Tinne era 
già completamente ristabilita, e Jehnuhen era aspettato nell’ Uadi-el 
Gharbi, ove essa intendeva di prendere con il medesimo i necessari ac- 
cordi preliminari circa il noto viaggio da compiersi insieme a lui nei 
paesi dei Tuareghi. 

La sera del § giugno 1869 il dott. Nachtigal la accompagnò 
quindi fuori della porta occidentale di Murzuk, dove la sua gente aveva 
posto il campo sotto le mura della città. 

E qui ci sia lecito una considerazione sulla caducità delle previ- 
sioni e precauzioni umane. 

Il viaggio del dott. Nachtigal era da reputarsi come una intrapresa 
arrischiatissima, poichè i Tebu erano conosciuti come mancatori di fede, 
traditori, avidi, rapaci e crudeli, mentre quello della esploratrice, ga- 
rantito da un capo potente, il quale, durante la lunga sua vita — Jeh- 
nuhen era vecchissimo — si era acquistata fama di uomo sicuro, e 
dovendo effettuarsi attraverso una popolazione che, secondo la leggenda, 
dà importanza alla buona fede ed alla santità dei patti, non sembrava 
presentare alcun serio pericolo. 

Con questi sentimenti i due viaggiatori presero cordialissimo con- 
gedo |’ uno dall’ altro, e certo il dott. Nachtigal non s' immaginava in 
quel momento che egli, ritornando a Murzuk, dopo un viaggio dei più 
avventurosi e penosi e dopo essersi salvato felicemente da grandi peri- 


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coli, vi avrebbe trovato la notizia della miseranda fine della povera sua 
amica. 

Il giorno seguente, quasi alla stessa ora, mentre il dott. Nachtigal 
per la porta occidentale della città si dirigeva verso il paese dei Tebu, 
accompagnato dal suo servo italiano Giuseppe Valpreda, la signorina 
Tinne muoveva con la sua carovana verso O., incontro alla sua tra- 
gica sorte. Senza indugio essa si diresse verso |’ Uadi-el-Garbi, e trovò 
colà il famoso capo dei Tuareghi. Questi si mostrò disposto a condurre 
senz'altro con sè la viaggiatrice a Ghat, e però aveva terminati, prima 
che non si aspettasse, gli affari che lo avevano condotto sul territorio 
del Fezzan. Quando, un giorno, Jehnuhen anaunzid alla signorina 
Tinne la imminente partenza per Ghat, essa dovette confessare di es- 
sere stata sorpresa da quella improvvisa risoluzione e che contava di 
fare la parte essenziale dei suoi preparativi di viaggio dopo essersi con- 
sultata in proposito con lui. Sostenendo. Jehnuhen ch’ egli non poteva 
aspettare così a lungo, consegnò la sua protetta a certo Murabid 
Hag Ahmed Bu Slah, che aveva domicilio nell’ Uadi el-Gharbi, pur 
essendo originario dai paesi tuareghi, con l'incarico di accompsgnarla 
a Murzuk e dopo a Ghat. E con questo cambio, il capo partì, assi- 
curando la signorina che nelle mani di quel pio uomo (1) si sarebbe 
trovata al sicuro come nelle sue proprie. 

Mentre la signorina Tinne, ritornata nella capitale del Fezzan, af- 
frettava, insieme alla guida postale a fianco, i preparativi per la par- 
tenza, ricevette la visita di otto Tuareghi del seguito di Jehnahen, i quali 
pure pretendevano di essere rimasti indietro per attendere al disbrigo 
di faccende private. Questi non si mostrarono punto importuni, le fe- 
cero una visita come ad una distinta straniera, che doveva prossima- 
mente visitare il loro paese, e si misero a sua disposizione in ogni ri- 
guardo pel caso di un viaggio contemporaneo. 

Fra questi otto Tuareghi trovavasi certo Hag-esh-Sceih, un ni- 
pote di Jehnuhen ed uno zio di certo Abd-er-Rahman, ch'era stato 
preso dalla signorina a Murzuk al suo servizio, pel viaggio di Ghat, e 
la cui madre era una donna dei Tuareg. 

La sigoorina si rallegrò grandemente all'idea di fare il viaggio in 
siffatta compagnia, la quale sembrava offrire ogni garanzia di sicurezza; 
mandò a quella gente in dono delle vesti di gala e rimase d'accordo 
con loro di fare il viaggio, se non proprio in comune, almeno contem- 


(1) Tutti coloro che nel mondo musulmano premettono al loro nome la parola 
Hag (Haggi), sono stati in pellegrinaggio alla Mecca. 





— 909 — 
poraneamente. Venne infatti il giorno della partenza, e siccome la viag- 
giatrice, ai pochi cammelli che le erano ancora rimasti da Tripoli, ne 
aveva aggiunti altri due comperati dagli Arabi dell'Uadi Sehijate, cia- 
scuno dei quali suol essere accompagnato da un cammelliere, così la 
sua carovana si era ingrossata più che non fosse desiderabile. 

Gli otto Tuareghi lasciavano, in fatti, contemporaneamente a lei, la 
città; passarono la notte nelle vicinanze del di lei accampamento, par 
tirono al mattino alla medesima ora e rimanevano durante la marcia 
in vista. Si fecero, com'è uso quando la carovana è lunga ed in prin- 
cipio di viaggio, delle piccole marcie, e si raggiunse la valle di Aberd- 
sciùds, dove, occorrendo, si può arrivare da Murzuk in due giornate 
di marcia, soltanto in tre giornate. In quella direzione cessano tosto le 
località abitate. Tesacoa nell'Uadi Otba è l’ultimo villaggio, e giace a 
circa un’ora di marcia ad E. della valle di Aberdscifids; al N. di que- 
sta scorre presso a poco nella medesima direzione |’ Uadi-el-Gharbi. 

Era il r° agosto 1860, e la carovana doveva abbondonare Aberd- 
sciùds. Di buon mattino erasi cominciato a levare il campo; ufa parte 
dei cammelli era già caricata; più non stavano in piedi che le tende 
delle donne. | 

I Tuareghi, che erano senza bagagli e senz’altri impedimenti, appog~ 
giati alle loro lancie e, secondo il loro costume, col volto velato, sta- 
vano in’ vicinanza del campo ed aspettavano la partenza generale. Al- 
lora incominciarono, per precedente accordo, s'intende, due degli Arabi . 
affittati coi loro cammelli, a fingere una lite circa il carico da addos- 
sarsi a ciascuno dei loro cammelli. Essi trascesero subito ad una lite 
appassionata, a una querela, di quelle che peri non abituati ai costumi 
degli Arabi, sembrano quasi la manifestazione della più violenta passione 
e che danno un’apparenza minacciosa anche alle questioni più piccine. 
I due servi olandesi erano pronti pel viaggio; i loro cammelli carichi, 
le loro armi da fuoco pendevano dalle selle ed essi stessi andavano 
qua e 14 dando ordini ed ajutando. Res Oostmans trovavasi in vici- 
nanza degli Arabi contendenti, si mischiò nel loro alterco e cercò, in- 
frammettendosi e pacificando gli animi, di ricondurre in mezzo a loro 
la pace. Questa circostanza doveva servire ai congiurati come pretesto 
alla esecuzione dei loro infami disegni. 

I contendenti si volsero contro il servo olandese e gli ordinarono 
di non immischiarsi più oltre dei fatti loro; corsero delle ingiurie da 
una parte e dall’altra, l’eccitazione crebbe visibilmente e delle vie di 
fatto parevano imminenti. Ma improvvisamente il Tuareghi Hag-esh-Sceih 
balzò in mezzo ai contendenti con la lancia alzata, e trafisse il giovine 


— 910 — 
olandese gridando: « Perchè t'immischi nelle contese dei musulmani >. 
Il giovine stramazzò a terra morto, e ciò provocò una indescrivibile 
confusione, e questo era appunto lo scopo per il quale era stata creata 
la finta contesa ora descritta. Il compagno di Res, Ary Jacobs, corse 
subito, alla vista dell'uccisione del suo compagno, al suo cammello per 
afferrare il suo fucile, ma prima che gli riuscisse, un colpo di spada 
dell'assassino lo stese al suolo ed un colpo di lancia lo finì. Tutto ciò era 
accaduto in pochi istanti, ed in un attimo tutto il campo offri lo spettacolo 
del disordine più grande e della massima disperazione. Le donne cor- 
sero fuori dalle loro tende, urlando e torcendosi le mani per la dispe- 
razione; gli schiavi liberati credevano giunta la loro ultima ora e si 
stringevano l'un contro l'altro. Il selvaggio tumulto chiamò, natural- 
mente, fuori dalla sua tenda la signorina Tinne, ma la sua voce che 
cercava di comandare, risuonò impotente, e la povera donna, alla cui 
vita appunto volevasi por fine, si trovò nel più fitto della mischia, cir- 
condata da Arabi traditori, da servi vigliacchi o complici e da violenti 
Tuareghi. 

Fu un Arabo, pare, che alzò pel primo la mano sulla inerme 
donna, un certo Otman della tribù di Bu Sef. Il colpo di questo, con 
arma da taglio, dato sul collo e sulle spalle non la fece ancora cadere 
a terra; soltanto dopo un secondo colpo sull’ avambraccio che pare 
sia stato inferto da uno schiavo di Hag-esh-Sceih e dopo la forte 
emorragia che ne seguì, la delicata signora cadde a terra tramortita. 
Per fortuna essa perdette subito coscienza di sè, ma solo dopo il mez- 
zogiorno la poveretta cessò di vivere. 

Avendo il presentimento dell’onta, che stava per ricadere su di 
loro anche in quel mondo dove regna la illegalità, la rapina e l’assas- 
sinio, e dove la vita umana è stimata così poco, e considerato come 
uno scandalo l'uccisione di una donna, gli assassini cercarono di giu- 
stificarsi di fronte a sè stessi ed al mondo, rappresentando il loro tra- 
dimento come il portato del loro sentimento religioso, del loro odio 
contro i cristiani. Con ciò il medesimo apparve agli occhi dei seguaci 
della vittima, se non giustificato, almeno sotto luce meno fosca. 

Tutto il personale nero e le donne furono raccolte dai congiurati 
nella tenda rimasta ancora in piedi e venne data la formale assicura. 
zione che non si sarebbe torto un capello a pessuno, giacchè era con- 
tro i cristiani che il fatto era diretto. 

Poscia i malfattori si diedero a soddisfare la loro cupidigia, la 
quale senza dubbio era stata l’unico motivo del tradimento. Se anche 
per il viaggiatore europeo il più miseramente equipaggiato, il suo avere 


— grr — 
costituisce già un certo pericolo, giacchè questo, per quanto modesto, 
sembra al povero abitatore del deserto pur ricco e tale sempre da de- 
star cupidigia, doveva essere ben ciò il caso per la nostra viaggia- 
trice olandese, la quale era preceduta da fama di-ricchezze favolose. 

Alla vista delle infinite ceste, dei bagagli e dei colli, alla voce sparsa 
della sua indescrivibile ricchezza, i violenti Tuareghi non avevano saputo. 
resistere, tanto più che il luogo di loro dimora assicurava ai medesimi | 
piena impunità. La iniziativa presa dai Tuareghi nel misfatto, facilitò la 
partecipazione al medesimo da parte degli Arabi, giacchè in tal modo 
sarebbe stato sempre facile più tardi a questi ultimi di gettar la colpa 
sui primi. 

Non è inverosimile che il servo tunisino Mohammed-el-Rebis, che 
era quasi il tesoriere della viaggiatrice, e quel Abd-er-Rahman, preso in. 
servizio dalla signorina a Murzuk, siano stati nel segreto della congiura; 
specialmente il primo fu designato da tutti coloro che assistettero al 
tragico avvenimento, se non come capo, certo come consapevole della 
congiura. Già per istrada, appena era stato levato il campo di sotto 
alle mura di Murzuk egli era stato visto mantenere una certa frequenza 
di relazioni coi Tuareghi; dopo il fatto sanguinoso fu egli che aprì le 
ceste e le casse e porse ai masnadieri il denaro in moneta, la cui pic- 
cola quantità produsse una generale delusione. | 

La divisione del rimanente contenuto delle ceste si fece per in- 
canto al miglior offerente. Il mercato ebbe presto fine e buona parte 
del bagaglio, che parve a quegli abitanti inutile o poco pregevole, ri- 
mase invenduto e giacque disperso pel terreno. I servi avevano rice- 
vuto dai masnadieri un cammello ed alcuni otri d’acqua per ritornare 
al Fezzan, ed erano più lieti che a loro nulla fosse incolto, che non af- 
flitti per la perdita di una padrona, i cui benefizî essi avevano sempre 
ricambiato con l’ingratitudine, e si affrettarono a ripararsi dentro le 
sicure mura di Murzuk. 

Verso le due ore del pomeriggio di quel giorno, Alessandrina 
Tinne aveva finito la sua eroica e poco lieta esistenza che l’aveva con- 
dotta dallo splendido mondo della sua giovinezza nei deserti dell’Africa. 
Altra volta ammirata nelle Corti di Europa per il fascino del suo spi- 
rito e della sua bellezza, essa aveva tentato di curare le ferite di un 
cuore insoddisfatto, col dedicarsi ad imprese che superano il limite delle 
forze fisiche e morali della donna, ed aveva riposto il suo affetto in 
coloro, dai quali essa fu così vilmente tradita. 

Gli autori del tremendo latrocinio fecero ritorno in patria per vie 
differenti; la schiera spregevole dei servi abbandonò in fretta il luogo 


4 


— 912 — 
del misfatto, quasi senza volgere indietro uno sguardo alla sua benefat- 
trite, la quale poco prima posseditrice di milioni, ora spogliata dei suoi stessi 
abiti e con ferite, boccheggiante, aveva appena tratto l'estremo sospiro. 

Presto tornò a regnare il grande silenzio del deserto sul teatro 
dell’ infame delitto, e gli uccelli di rapina cominciarono ad abbassarsi 
sulla loro preda sicura. 

Così periva questa illustre vittima delle esplorazioni africane; ed il 
suo sesso, la nobiltà del suo carattere, la purezza della sua vita, i ser- 
vigi ch’essa arrecò alla scienza nostra, di cui essa accrebbe il dominio, 
ben meritava che anche qui in Italia, dove le sue gesta sono assai poco 
conosciute, le fosse resa dalla nostra Società un tributo di omaggio e 
di riverenza. 

Pace all'anima sua, ed onore al suo nomel 


E. — Stupi PER LA RAccoLTA COLOMBIANA (1). 


10) Un opuscolo rarissimo intorno al Pizarro 
(Aggiunta alla Bibliografia Colombiana). 


Lettera del prof. ALBERTO SALVAGNINI a/ comm. GUGLIELMO BERCHET, 
membro della R. Commissione per la Raccolta Colombiana. 


I. 


Le trasmetto, unitamente con questa lettera, per il III volume della 
Raccolta Colombiana, la copia di un opuscolo interessante, relativo ai 
viaggi di Francesco Pizarro e alla conquista del Perù. 

Qualunque sia il limite di data a cui s' intenda far giungere la 
collezione dei documenti diplomatici e delle narrazioni sincrone alla 
scoperta dell’ America, non v'è dubbio che vi devono trovar posto le 
narrazioni della conquista Pizarriana, in quanto se ne posseggano rela- 
zioni e testimonianze contemporanee, redatte in lingua italiana o latina, 
e pubblicate in Italia. 

Ora, la bibliografia Pizarriana contemporanea è piuttosto scarsa; 
mentre abbondano le pubblicazioni relative al Perù posteriori al 1550, 
e l'Harrisse nella « Biblioteca Americana » ne raccolse una messe copiosa 
da lui posta nelle note alla Lettera del Prefetto dell India (B. A. V. 
1534). Relazioni contemporanee alla scoperta sono le quattro pubbli- 

(1) Vedi, per gli studi precedenti, i fascicoli di genmajo, febbrajo, aprile, agosto 
e dicembre 1889, pag. 54, 101, 124, 278, 640, 1036 e quelli di marso, maggio e 
giugno 1890, pag. 271, 492 e 585. 


— gr 3 rea 

cate dal Ramusio nel III volume delle sue « Navigazioni », cioè la Re/a- 
fione di un Capitano Spagnuolo della conquista del Perù; la Conquiste 
del Perù et provincia del Cusco chiamata la Nuova Castiglia, scritta € 
drissata a S. M. da Francesco di Xerez; la Relatione del viaggio che 
fece Fernando Pizarro (intercalata nella precedente); la Relatione per 
Sua Maestà estesa da Pedro Sancho scrivano, e firmata dal Pizarro. 
A queste si aggiungano la Zefera de la nobil ciptà (data in Perù 25 
nov. 1534), la Copia delle lettere del Prefetto della India (1534); ewe 
Zeytung aus Hispanien und Italien (1534); Nouvelles certaines des Isles 
du Peru (1534); Copey etlicher Brief ecc. (1536) e qualche altra ripro- 
duzione o traduzione della Relazione dello Xerez, che dovette essere la 
più diffusa. 

Tutto ciò che contiene la « Biblioteca Americana Vet. » relativamente 
al Perù era già nelle precedenti bibliografie; soltanto nelle Addifiones ii 
dotto americano accenna ad un opuscolo, che sarebbe rara ventura il 
rinvenire, e che egli descrive in questo modo (p. 114): 

1535. Pizarro Francisco. Lettere. 8° picc. Titolo composto di 
molte linee, disposte a triangolo. Un frontispizio, più tre pagine non 
numerate. È scritto in lingua italiana. L'opuscolo comincia colla lista 
dei tesori mandati in Ispagna dal Cuzco circa l’anno 1534. 

Questo curioso e rarissimo libretto « annota l’Harrisse » fu scoperto 
circa vent'anni fa in un ammasso di libri e manoscritti dimenticati, 
che andavano venduti a peso di carta « nel castello di Kirchberg presso 
Ulma in Baviera » (sic). Grande fu la sorpresa e il rammarico degli stu- 
diosi tedeschi, quando trovarono che questi documenti, apparentemente 
senza importanza, erano nientemeno che gli archivî della celebre famiglia 
Fugger, i quali era troppo tardi per redimere e preservare. 

I Fugger, una delle più onorate case commerciali d’ Europa per 
vari secoli, favorita dagli Imperatori di Germania, e specialmente da 
Carlo V, a cui prestò danaro al momento della sua elezione, tenevano 
in Venezia, in Siviglia, come nei più importanti porti di mare d'Europa, 
figliali della loro grande casa di Amburgo, ed erano, oltre che solidi 
banchieri, negozianti in sete e spezierie. 

Onde non è meraviglia che il loro archivio dovesse contenere delle 
importantissime carte, relative alla navigazione ed al commercio colle 
terre nuovamente scoperte, e parimenti relazioni accurate dei nuovi 
viaggi, per ricavare una precisa cognizione di quelle terre e dei loro 
prodotti, e per valersene nel loro commercio. 

Disgraziatamente quelle carte andarono disperse, e fra le altre 
l’ opuscoletto italiano che l’ Harrisse rimpiange. 


— 914 — 
L' opuscolo Fugger sarebbe stato un buon ornamento della Colle- 
zione; mentre non potrà figurare che tra i desiderati e forse irre- 


peribili. 
II. 


In compenso ho trovato il prezioso libretto, di cui Le invio la 
esatta trascrizione, alla nostra Biblioteca Marciana di Venezia, che or- 
mai sappiamo per prova quanto sia ricca di libri, opuscoli e carte 
relative alle scoperte. È nel catalogo delle Miscellanee, sotto il nome 
di Fisarro, ed è segnato: 2190. 3, in 8° picc., sec. XVI. Porta la data 
del 1535, ma non ha alcun’altra indicazione tipografica. 

Il frontispizio è in caratteri gotici, racchiusi da elegante fregio 
rettangolare e disposti a forma di due triangoli sovrapposti, col vertice 
all’ ingiù, nella guisa seguente : 


Copia de una letera 
mandata dalla Cesarea 
Maesta de |’ Impera- 
tor al Cristianissi- 
mo re di Fran- 
cia de le cose 
grande e 
nove 
ritrovate nella Pro- 
vincia de Peru: ditto 
el Mondo nuo- 
vo data in 
Parise. 

Con gratia et Privilegio 
M. D. XXXV. 


L’ opuscolo consta di otto fogli, in caratteri romani, non numerati. 
A tergo del frontispizio vi è la seguente dicitura: 

« Queste sono le lettere che (sic) Francesco Pizzaro governator 
del ricco paese e Provincia nominata Peru: facendo mentione delle 
gran cose tanto vedute con suoi proprii ochii che per letere a lui 
mandate per quelli che habitano nel ditto paese: nele quale sono 
contenute assai cose nove tanto de ricchezze inestimabili D'oro e 
e Dargento e Pietre preciose in quella provincia trovate: et de quello 


— 915 — 
« paese sono state portate cham altre merchantie e ricchezze, e questo 
« è da che lui intrd in mare fin a questa hora presente ». 

È notevole il fatto che quest'avvertenza è tradotta parola per 
parola da quella che sta dietro la prima pagina dell’ opuscolo intitolato : 
Nouvelles certaines des Isles du Peru. 1534. On le vens & Lyon ches 
Frangoys Juste devant nostre Dame de Confort, e che dice precisamente 
così : « Sensuyvent les lettres de Frangoys Pizarro gouverneur du riche 
pays et province nommée le Peru faisant mention des merveilleuses 
choses tant veuez par ces propres yeulx que par letres a luy envoyees 
par ceulx qui au mesme pays habitent aux quelles sont contenues plu- 
sieurs choses nouvelles tant de richesses inextimables dor et dargent 
et pierres precieuses en cette province trouvees et dicelluy pays 
emenees que de plusieurs aultres marchandises et richesses; et ce 
depuis le temps quil monta sur mer jusques a present » (1). 

Se le avvertenze sono identiche, sarà eguale anche il contenuto ? 
Sarà la Copia de una /etera una traduzione italiana delle Nouvelles 
certaines D 

Nè il Brunet, nè |’ Harrisse fanno alcuna annotazione sul contenuto 
delle Nouvelles; il che avrebbero dovuto fare, se si fossero accorti che 
sì trattava di un racconto della conquista peruviana, uscito dalla penna 
dello stesso Imperatore Carlo V, e diretto al Re di Francia (2). Inoltre, 
l’ editore italiano, come ha tradotto |’ avvertenza, avrebbe tradotto alla 
lettera anche il titolo; ovvero, se ha cambiato il titolo per metterne 
uno più conforme al contenuto dell’ opuscolo, avrebbe dovuto aggiu- 
stare anche l’ avvertenza e non lasciarla, come è, in contraddizione 
col titolo. 

D’ altronde, se le Nouvelles fossero veramente lettere di Pizarro, o 
per lo meno, se non fossero la lettera dell’ Imperatore al Re di Francia, 
non si capirebbe perchè l'editore italiano possa aver appiccicato ad un 
libro l’ avvertenza fatta per un altro. 

In ogni modo, sia o meno il nostro opuscolo la versione dell’ opu- 
scolo francese, noi abbiamo diritto di ritenerlo pregevolissimo, per la 
sua rarità bibliografica. 

Tornando alla descrizione del libretto marciano, esso è un fram- 
mento di lettera, piuttosto che una lettera intera. Manca di introdu- 


A A AAA a a 


(1) Harisse B. A. V. 324. 

(2) La « Correspondenz des Kaisers Carl V » del Zars non contiene di relativo 
al Perù, che una « Lettera del Governatore di Panama a Cesare ». Di questa è una 
inesatta traduzione © parafrasi la « Copia delle lettere del Prefetto dell’ India (1534), 
contenuta anche nell’ /solario di Benedetto Bordone (Venezia, Zoppino, 1534). . 


— 916 omen 

zione, perché comincia: « E cosi el detto Governator Francisco Pizaro 
da lhora che lui arivo nel ditto paese, ecc. » e la chiusa sarebbe ot- 
tima per uno scritto puramente narrativo, ma non è la chiusa naturale 
di una lettera. 

Verso la fine (anzi che in principio, come nell’ opuscolo Fugger), 
vi è la lista dei tesori mandati in Ispagna dal Cusco nel 1534, col 
titolo: « Memoria de li peci d'oro et d'argento che se porta al presente 
in Spagna per N Indiani ». La qual nota è ben più ampia e specificata 
di quelle che si trovano nelle diverse Relazioni ramusiane, e merite- 
rebbe di venir qui riportata come un documento curioso ed interes- 
sante. Vi sono nominati circa duecento e cinquanta oggetti d'oro di 
tutte le grandezze, da cucchiai, bacili e piatti, fino ai tini d'oro da 
sette secchi e mezzo, alle dad/e d' oro che pesano sessantaquattro quin- 
tali, alle fontane d'oro, e ad un « huomo d'oro de altezza de uno 
d’ anni diese ». 


II. 


Considerato intrinsecamente, il nostro documento nulla contiene 
che dia motivo a dubitare della sua autenticità. Al contrario esso porta 
una non comune impronta di verità, e regge al confronto colle altre 
testimonianze contemporanee. i 

Esso si riferisce al secondo viaggio intrapreso da Francesco Pi- 
zarro coi fratelli Gonzales, Hernando e Juan, nel 1531; quando cioè 
l’ audace avventuriero, già guardiano di porci e ignaro perfino dello 
scrivere, aveva ottenuto da Cesare soccorsi e il grado di Governatore 
dei paesi che avrebbe conquistati. È questa del Pizarro una delle più 
meravigliose avventure di quell’ epoca di ardimenti; nessuno infatti dei 
grandi navigatori riuscì, con maggior fortuna e con minori meriti, a 
regnare dispoticamente nei paesi assoggettati, come costui, che si faceva 
chiamare il gran marchese. 

L’ itinerario del Pizarro è, nella Zefera marciana, esattissimo e 
parallelo alle altre narrazioni: da Panama a Portovecchio (Portoviejo); 
da Portovecchio a Coliach (Relaz. Cap.° Spag.° Coaque); quindi al- 
I’ Isola Purafia (Puîia; Relaz. Cap. Sp.: « all’ hora chiamata la Pugna, 
hoggi sant’ Jago) »; poi a Tumbez, di là a S. Michele (probabilmente 
S. Miguel presso il Para (1), grosso affluente del Maragnon) e final- 


(1) « Arrivò a una fiumara nominata S. Michele..... e la fiumara è tanto grande 
che la se passa con le barche ». 





—~—- 917 — 
mente a Casalmach (Cajamarca), terra soggetta ad Atabalica (Ata- 
hualpa). | 

I particolari di questa spedizione sono abbastanza noti. L'alleanza. 
del Pizarro con Atahualpa, la marcia di quest’ ultimo a Cajamarca, la. 
scena che provoca lo sdegno dei cristiani contro gl’ indigeni, la mise- 
randa fine di Atahualpa e la spedizione contro il fratello Huascar, sono 
raccontati dal nostro opuscolo con vivezza di tinte e con esattezza di 
particolari. 

Quando il frate Vincenzo Valverde (1), domenicano fanatico, pre- 
sentò ad Atahualpa il vangelo, imponendogli di conformarsi alla legge 
cristiana, il cacico gli rispose: « Dame questo libro a mi: e lui glielo 
« dette. Subito che lui lo have in mano lo gittò in terra, el frate lo 
« tolse suso da terra, e tornò verso el Governator gridando ad alta 
« voce (2) dicendo che era bisogno essaltar la fede de Christo: udito 
« questo el Governator saltò fuora armato con una spada e una rotella 
, © în mano, a piedi lui et tutta la sua gente e andarono dove stava 
« Atabalica, et messeli le mano adosso, e tirolo fora de là dove 
« stava, ecc. >. 

Non meno interessante è quella parte che riguarda i favolosi te- 
sori conquistati a Cajamarca ed a Cuzco, i quali resero famoso e pro- 
verbiale il Perù. 

Atahualpa, vedendosi spodestato e prigione e sperando di saziare 
coll’ oro le ingorde brame degli Spagnuoli « promise ali christiani darli 
« una casa piena de oro daltezza da vinti piedi e disdotto de larghezza: 
« fu quello oro... tre millioni de Castigliani, e più li donò tanto argento 
« che non si poteva numerare ». 

Confrontando questa cifra con quelle date dalle altre Relazioni 
contemporanee, troviamo che lo Xerez dice: « Ridotto a buono oro 
« giunse alla soma del valore di un milione et 326 mila et 539 ca- 
« stigliani, et cavatine i deritti del fonditore, ne toccò a sua Maestà 
« per lo suo quinto 262 mila et 259 castigliani ». Inoltre dell'oro del 
Cuzco, secondo la relazione di Pedro Sancho, sua Maestà avrebbe avuto 


(1) Il frate Valverde non mancò poi di confessare e battezzare Atahualpa prima 
che lo strangolassero. Il Ramusie III, 371 nel Discorso sopra il scoprimento e con- 
quista del Pert, dopo aver detto che tutti quanti procurarono la morte di Atahualpa, 
fecero cattiva fine, scrive: « Il Reverendo fra Vincenzo Valverde che fu alla presa 
del Cusco come si leggerà, fu fatto vescovo del Cusco, ed alla fine fuggendo da 
Diego d’ Almagro, fu morto dalli indiani ». 

(2) Secondo la Relations d'un capitano spagnuolo (Ramusio) il frate grilò: 
« Saltate fuora, christiani, et venite a questi nemici cani che non vogliono accettar 
le cose di Diol » 





— 918 — 
« 116 mila, 460 e più pesi d’oro, e molto argento » (1) il che vuol 
dire che 1’ oro del Cuzco ammontava a ben più che mezzo milione di 
pesi. Complessivamente dunque il bottino avrebbe raggiunto la cifra di 
due milioni di Castigliani. 

Infatti il Governatore di Panama scriveva a Cesare (2): « De ma- 
€ niere que ce quilz avoient en dudit cacique jusques alors montoit a 
« plus de deux millions d’ or de vingt quillates : et que le droit de X* 
€ que sa majesté aura de ce quilz ameneront montera plus de quatre 
« cents mille castillans ». 

La cifra di tre milioni data dall'Imperatore nella sua lettera sa- 
rebbe dunque esagerata. Se non che bisogna tener conto delle non 
poche detrazioni che subiva quell’ oro prima di arrivare alle mani di 
Sua Maestà. Intanto l' oro veniva depurato ; poi c' erano i diritti del 
fonditore, poi tutte le ruberie naturali in tanta abbondanza e senza 
alcun controllo j} e sopra tutte |’ avarizia e l' ingordigia del Pizarro che 
rubava anche dal quinto dovuto alla Corona. Infatti il Capitano Spa- 
gnuolo nella sua Ae/azione dice che vide egli stesso: « pesare e restar 
« lì del quinto di sua Maestà, senza quello che portò: il signor Her- 
« nando Pizarro, più di cento et ottanta mila pesi ». E lo stesso Im- 
peratore nella Zefera che esaminiamo vi accenna dicendo : « Fernando 
« Pizarro, a quel che havemo visto, porta ottanta millia pesi d'oro, 
« sensa quello chel porta secretamente >». 

Un altro particolare interessante nella nostra Copia de una letera è 
questo : che si rileva come parte dell'oro del Perù venisse adoperato da 
Cesare ad estinzione parziale d'una sua obbligazione verso il Re di Francia. 
« Di questo tesoro — egli dice — ne apertiene a vostra maestà per 
« el vostro dritto trecento millia pesi de bon oro: el qual vale el 
« peso quatrocento e cinquanta maravedisi: de la qual somma ve ne 
« mando al presente per Fernando Pizaro cento e cinquanta millia 
« pesi d'oro e cinque millia marche d’argento: e questo è per non 
« haver navili da poterne mandare più al presente >. 

Quale può essere questo diritto? Noi sappiamo che per quanto 
l' Imperatore fosse male in finanze e indebitato fin sopra i capelli con 
tutta Europa, uno dei pochi che fino a quest’ epoca ci apparisce fra 


(1) Questa cifra è confermata dagli Avvisi di Spagna, 11535, 19 gennajo, Ma- 
drid : « Per littere novamente venute a questi Signori del Consiglio delle Indie 
quelli del Peru... havevano trovato tanto oro, et Argento che il quinto del oro era 
116 m. Castiglianj, et quello del Argento 45 m. Marche che era per la parte del- 
I’ Imperatore ». Arch.° di Stato in Modena, Canc. Ducale, Avvisi dall’ Estero. 

(2) Lanz, Correspondenz des Kaisers Carl V; II, 50. 


— 919 -- 
i suoi debitori è appunto il Re Cristianissimo. Infatti a questo erano 
state sfavorevoli le guerre e i trattati di Madrid e di Cambrai; doveva 
egli pagare una forte somma per il riscatto dei figli giusta il trattato 
di Madrid, e nell’ ottobre del 1529 il Re cavalleresco ci apparisce in 
debito di due milioni di scudi: verso il suo antagonista e cerca se vi 
sia modo di pagargliene uno soltanto (1). 

Una soluzione sarebbe di riferire questo diritto al pagamento di 
una rata della dote assegnata ad Eleonora, sorella di Carlo, andata 
moglie a Francesco; o meglio, di quel compenso che si era convenuto 
fra i due sovrani in luogo della dote di 200,000 dobloni, a cui Eleo- 
nora aveva dovuto rinunciare, come avea rinunciato alle successioni 
paterna e materna (2). 

In conclusione, all’ Imperatore gravato di debiti e di ingenti spese, 
anche dell’ oro del Perù dovea avanzare ben poca cosa; ed è più 
che altro per ostentazione di ricchezze e di fortuna ch'egli ne gonfia 
il racconto al suo Jdien-aimé beau-frire di Francia. Al quale proposito, 
dopo la lunga e stupefacente nota dei tesori portati dal Cuzco, egli 
termina con un aneddoto piacevole che, per finire, io pure riporto: 

« Monsignor, el me par chel sia licito che sapiate quanto esti- 
« mano l’oro costoro che sono qui in questa provincia del Perù. 
« Dovete sapere che furno do compagni che lun domandò a laltro 
« imprestito do millia Castigliani d'oro: e lui l’imprestò. Colui che 
« avea tolto impresto havendo fatto quello lui voleva fare li volse 
« render li soi dinari in bon oro. Colui che li haveva imprestati disse 
« a laltro che per el presente non li voleva e che li servasse anchora; 
« colui che li haveva tolti impresto, un’altra volta lo pregò in pre- 
« sentia de doi testimoni che lui volesse pigliare li soi dinari: e l‘al- 
« tro non volse mai. Quando vedete questo ando alla Justitia e fecelo 
« comandare per che pigliasse li soi dinari: l’altro pregò lo iudice 
« che lui non lo forzasse de pigliarli per che lui non sapeva dove 
« metterli per haverne tanti altri che non sapeva che farne: e che 
« lui non li domandaria mai più e per questo combatteva con laltro 
« lun de non volerli e laltro de darli: tanto che furno messi dacordo 
« per mezzo de loro amici. Lacordo fu in questa forma che colui che 
« li haveva tolti impresto lì dovesse portare fin alla città de Casamalch, 
« e gionto li, ne dovasse tornare mille, li altri mille li tenesse per 


(1) De Leva, Storia di Carlo V, V. II, 566. Lettre de Gilles de Pommeraye. © 
(2) De Leva, Ibid. III, 52. Papiers d’Etat du Cardinal de Granvelle V. I e' 
Respuesta de la reyna a los articulos de la proposicion (Arch. Imp. di Parigi). 


« sua fatica de averli portati: per la qual cosa a colui che li 
haveva imprestati li pareva che li fusse fatto torto per averli ri- 
tornati (1) ». 

« Io lasso far iudicio a voi — conclude argutamente |’ Impera- 
« tore — se in Castiglia se litigaria per ‘tal caso ». 


a nn 


F. — ALCUNI CENNI SULLA TRIBÙ DEI PALAUNG 
del sig. G. B. SaccHIERO pvice-console d'Italia a Rangua. 


Rangun, luglio 1890. 


Tutto il territorio già conosciuto col nome di Regno od Impero 
di Birmania, ed ora formante parte dell’ Impero Indo-britannico, è abi- 
tato da un gran numero di tribù di tipo mongolico, che tradiscono 
la comune origine, il centro dell’ Asia; ma che differiscono assai tra loro 
per lingua, costumi e religione. 

Le grandi tribù dei Birmani, Taling, Carin, Cacin, ecc., furono già 
studiate dagli etnologi molto minutamente : oggetto di questo scritto è 
di dare qualche cenno dei Palaung (0 Palong), una delle tribù meno 
numerose e meno conosciute, e che la forza delle circostanze e degli 
avvenimenti destina a scomparire prima delle altre, e fra non molto. 

I Palaung abitano attualmente, a S.-E. di Bhamò, un’ estensione di 
terreno di circa 50 chilometri di larghezza, ed 80 di lunghezza. I Bir- 
mani danno a questo territorio il nome di Mjauccodaung: esso componesi 
d’una massa di colline e monti, taluni dei quali raggiungono |’ altezza 
di 2,300 metri sul livello del mare. Numerosi fiumi e torrenti hanno 
origine tra queste alture, principale il Namcuang: il Fiume Sciue-lì at- 
traversa la parte N. del paese, e ne forma il confine a N.-O; ma in 
causa delle frequenti cascate, che solo tra Nancan e Molo ne abbassano 
il letto di 600 metri, il suo corso è assolutamente innavigabile. Pic- 
cole vallate elevate, che si trovano qua e là fra i monti, sono il solo 
terreno piano del paese. 

Tempo fa la popolazione era esclusivamente di palaung; ed anche 
attualmente essa è divisa, secondo il sistema palaung, in circoli, ciascuno 
dei quali ha a capo un cane (in birmano 4in), che ha potere sovrano, 


(1) La Relazione dello Xerez dice che « se uno doveva dar qualche cosa ad un 
altro, gli dava un pezzo d’oro in massa senza altramente pesarlo.... et andavano di 
casa in casa i debitori con uno Indiano carico d’oro, cercando i lor creditori per 
pagarli ». 





ed è assistito da un'armata di ufficiali, suoi parenti, che portano titoli 
scian alto-sonanti, e che sono esentati dall'imposte. Ma durante gli ul- 
timi cent’ anni i Cacin si sono venuti via via estendendo verso il S., 
e tal fiata cacciando innanzi a sè i Palaung, tal’ altra assoggettandoli al 
proprio dominio, ovvero sottoponendosi essi medesimi ai primi abitatori, 
si sono saldamente stabiliti nella maggior parte dei circoli Palaung. Que- 
sto processo di.invasione, pacifica o guerresca a seconda dei casi, con- 
tinua anche attualmente; ed oggidì Hume e Sciaulan sono i soli circoli 
ove i Palaung siano ancora superiori ai Cacin, quantunque già anche 
in Hume ci siano tre villaggi cacin, ed in Sciaulan ce ne siano una 
dozzina. Nello stesso circolo di Sciaulan, in quel tratto che giace lungo 
la riva destra dello Sciue-li, con Siaulaun per capoluogo, dopo una 
guerra, che finì solo quattro anni or sono, i Cacin ottennero il soprav- 
vento. Nel circolo di Mainghcuin le due popolazioni si guerreggiano da 
tre anni con dubbia sorte. I Palaung cominciarono la lotta uccidendo 
quattro fsebuad (capi-villaggio) cacin, cui incolpavano di essersi indebi- 
tamente appropriato del terreno. I Cacin insorti si vendicarono abbru- 
ciando tutti i villaggi palaung del circolo, uno solo eccettuato. I Palaung, 
l’anno dopo, fecero altrettanto coi villaggi cacin. In breve 12 villaggi 
palaung furono distrutti; 4 villaggi cacin furono arsi nove volte; vi fu- 
rono parecchie vittime da una parte e dall' altra, e non pochi Palaung 
furono cacciati dal loro paese. 

I combattenti sembrano ora esausti di forze, mentre è facile imma- 
ginare quanto abbia sofferto quella regione per queste lotte intestine. — 
Nel circolo di Mansuat i Palaung sono quasi del tutto scomparsi, non 
essendovi che 15 case abitate da essi: in quello di Gamau ci sono 
soltanto 4 villaggi palaung, e 17 cacin: e di questi, soli 4 riconoscono 
l'autorità del Cang di Gamau; -gli altri riconoscono nominalmente la 
autorità del tsobuà di Momeik; realmente sono indipendenti. — Nei 
circoli minori di Manton, Manpat e Manpun i Palaung ed i Cacin vi- 
vono assieme, apparentemente a condizioni pari; ma in realtà i Cacin 
sono i padroni. Più attivi ed energici, essi si sono imposti ai Palaung, 
che ora pagano ben cara la loro tolleranza ed infingardaggine, e si 
contentano di truffare i meno esperti ed intelligenti dominatori, ogni 
qual volta se ne presenta il destro. 

Dove i Cacin sono in grande minoranza, essi sono molto sommessi 
e non danno alcun imbarazzo ; così in Hume: ma indubbiamente viene 
il tempo, che, cresciuti di numero e di ardire, essi si rivoltano e fini- 
scono sempre per aver la meglio; ed è lecito prevedere che tra non 
molto i Palaung sono destinati a scomparire. Questo del resto è uno di 


quei fatti, che bene spesso si incontrano nella storia, e sembrano es- 
sere una legge di natura: le razze meno civilizzate, ma pid vitali ed 
energiche, si sostituiscono alle più civili, ma più deboli, alle più pro- 
gredite nella mitezza del vivere sociale, ma meno dure e resistenti alla 
lotta. E se, considerando che i Palaung e gli Scian-Birmani sono 
molto più civilizzati, e sotto parecchi punti di vista sono assai più utili 
alla società, che non i semi-barbari Cacin, si potrebbe mettere in dub- 
bio se lo assorbimento dei primi per parte dei secondi sia un bene; 
non è tuttavia a dubitare, che molto profitto non si possa trarre a be- 
neficio dell’ umanità, se questo sovraimporsi dei Cacin sarà regolato da 
una forza superiore ed intelligente. È ciò che è avvenuto ben di so- 
vente; ciò che hanno fatto parecchie volte gli Inglesi in India, e che 
non mancheranno di fare novellamente in Birmania. 

Diamo uno specchietto dimostrante in quale relazione di maggio- 
ranza o minoranza trovinsi i Palaung ed i Cacin nel vart circoli di 
Mjauccodaung: 


Villaggi Villaggi 
= «cacin palaung 
Circolo di Sciaulan. . 9. . 32 
>» Hume . . 3°. . 30(4abbandonati) 
> Maing-cuin 8 5(10 > ) 
> Manmauk . 13. . . 7(7 > ) 
> Mansuat . 5 .. 2 (molti abband.) 
> Manton. 5 2 
> Manpat. 6°. . 3 
> Binbon. . 2 . . 4 
> Gamau. . 17. . 5 
> Jabon (mancano i dettagli) 


68 90 
Il numero delle case, in un villaggio, varia da un massimo di 32 
ad un minimo di 4, con una media di circa ro. 


Sembrerebbe che i vari circoli dei Palaung rappresentassero varie 
immigrazioni di quegli abitanti dal loro paese d'origine, che essi collo- 
cano presso le sorgenti del Fiume Anaurna, cui gli abitanti di Hume 
avrebbero lasciato circa 600 anni fa. 

Ciascun circolo ha le sue proprie foggie di vestire, idee religiose 
e morali differenti, usi e costumi suoi propri; e perfino i dialetti sono 
assai diversi Lun dall'altro. I Birmani distinguono questa tribù in Pa- 





— 923 — 
laung propriamente detti, e Peli; ma i Palaung ripudiano questa di- 
stinzione inesatta e fantastica. Comunemente i Palaung usano il loro 
proprio dialetto; ma il linguaggio ufficiale, religioso e letterario, è lo 
scian. Così dallo scian sono tratti tutti i nomi dei vari funzionari. I 
nomi di luoghi sono tutti scian, ma parecchi furono birmanizzati, e 
quasi tutti hanno un nome locale palaung, che è interamente scono- 
sciuto a chi non sia del luogo: così Manpun è il nome scian, con cui 
quel villaggio è generalmente conosciuto; ma gli ufficiali del tsobuà 
di Momeik lo conoscono sotto la forma corretta di Binbon, mentre i 
Palaung tra loro lo chiamano Ru-Cau. È facile immaginare quante dif- 
ficoltà e confusioni possono sorgere da queste peculiarità. 

Il Palaung è uomo quieto ed abbastanza industrioso : professa il 
buddismo con lievi differenze da quello professato dai suoi vicini Bir- 
mani e Scian: ha monasteri e monaci: questi fanno la scuola ai ra- 
gazzi, che apprendono a leggere e scrivere la lingua scian. ; 

Il riso è quasi il solo raccolto a cui ‘si attenda. In Maing-cuin 
coltivasi anche un poco di tè; ma dicesi che sia amaro, ed è quindi 
poco apprezzato, anzi lo si paga 1[5 del prezzo del tè di Taungbaing, 
il quale però potrebbe essere anche di qualità differente. I Palaung di- 
cono di essere abbastanza occupati per produrre sino a sufficienza per 
11 loro consumo, e non hanno tempo da buttar via per il tè. 

In Sciaulan |’ industria principale è l'allevamento dei cavalli per i 
mercati di Nancan (distante due giorni di cammino) e Bhamò (distante 
cinque giorni): la produzione del riso è insufficiente; ma il necessario 
è comperato a Theinni. Non pare che alcun circolo faccia esportazione 
di riso. Tutto il paese è percorso da mercanti scian, specie di mer- 
ciajuoli ambulanti, che rivendono oggetti cinesi ed altri; e regolari 
mercati sono periodicamente tenuti a Maing-cat (in birmano Mong:-cac), 
Hume e, prima dell’ultrma guerra palaung-cacin, ad Homong (Homung) 
nel Maing-cuin. 

Sembra che non si tragga molto vantaggio dalle foreste, tranne 
lungo lo Sciue-li verso Molo; e ciò si spiega colla natura montagnosa 
della regione e colla mancanza di propri mezzi di comunicazione. I 
Palaung costruiscono eccellenti strade per cavalcare: nel circolo di 
Maing-cuin le truppe anglo-indiane (1889) trovarono un vecchio stra- 
done selciato di lastre di pietra rozzamente tagliate. Ma la continua 
minaccia dei Cacin distorrebbe i paesani, anche se ne avessero la vo- 
lontà ed i mezzi, dal far ‘lavori di qualche momento e duraturi: se at- 
taccati, emigrano cercando altre sedi: così fu di fresco popolata Palaung- 
taung-tadan tra Momeik e Mogok. Come abbiam detto, ciascun circolo 


— 924 — 
palaung è governato da un Cang: questa carica è ereditaria: il Cane 
è assistito da vari paumong, o pak. I capi di villaggio (detti pukejs, 
con molta rassomiglianza al pugj dei Birmani) dipendono dal pau- 
Mong, e im mancanza di questo direttamente dal Cang. Gli impiegati 
inferiori (assistenti, segretarî, ecc.) si chiamano paung. Ciascun Cang 
ha un certo numero di paung e di attendenti (seres), ed una dozzina 
o più di parenti al suo seguito. Ciascun capo di villaggio ha pure uno 
o più paung, un seres, ed altri minori impiegati. 

Tutti questi ufficiali non ricevono retribuzione di sorta, ma sono 
esenti da imposte, ed hanno una data quota sulle multe e sui diritti 
riscossi in casi giudiziarî, portano dei titoli imponenti per il loro signi. 
ficato, ma attendono come qualunque altro alle loro private occu- 
pazioni. 

Questo sistema però può dirsi non esistere completamente che ad 
Hume e Sciaulan, e specialmente nel primo di questi due circoli. No- 
vantaquattro anni fa, essi formavano un circolo solo; ma alla morte 
del Cang i due suoi figli Haumun e Hauseng si divisero la succes- 
sione paterna: i Cang di Hume e Sciaulan sono nipoti dei due preno- 
minati. 

Nel circolo di Hume, che è il più fertile e prospero della regione, 
sonvi 30 villaggi palaung: la popolazione è ben nutrita e ben vestita: 
larghi tratti di terreno coltivati, numerose pagode e Xyaugs (case pei 
. monaci), e buone strade fanno fede della prosperità degli abitanti. — 
Le truppe anglo-indiane che nel 1888-89 fecero una punta ad Hume 
e Maing-cuin (per farla finita con un capo-banda Sau-jan Naing, che 
voleva sostituirsi al tsobuà di Momeik) non attraversarono il circolo 
di Sciaulan, ma da quanto si raccolse è lecito inferire, che le condi- 
zioni, vuoi di questo come del circolo di Maing, siano molto simili a 
quelle di Hume. 


I Cacin, che lentamente si vanno rendendo padroni del territorio 
del Palaung, appartengono specialmente alle due tribù dei Lacum e 
dei Latés. I secondi s'incontrano nei circoli di Gamau, Jabon, e 
Mansuat; i Lacum negli altri. I Latos sono di carattere assai meno 
bellicoso e più accomodante dei Lacum. Tanto i Lacum che i Latés 
sono retti da tsobuà, alcuni dei quali sono padroni di territorî abba- 
stanza vasti; ma i vincoli tra villaggio e villaggio, oppure tra una sezione 
di tribù ed un’ altra sono così deboli, che in circostanze ordinarie il 
far guerra con uno o più villaggi non importa stato di guerra coi vil- 
laggi vicini della stessa tribù. 


Fino a quattro anni fa tutto il paese di Mjauccodaung dipendeva 
dal tsobuà di Momeik, la cui autorità, sebbene più imaginaria che 
reale, non era stata mai disputata. Avendo un capo-banda tentato 
di soppiantare quel tsobuà, le autorità inglesi in Birmania presero 
questo sotto la loro protezione, fecero una piccola spedizione nella 
regione dei Palaung, ed in quella occasione tutti i Cang dei varî cir- 
coli fecero atto di obbedienza al protetto degl’ Inglesi, la posizione del 
quale è oggidì molto rafforzata. La dominazione inglese regolando lo 
estendersi dei Cacin, potrebbe forse per qualche tempo differire la 
scomparsa dei poco numerosi e deboli Palaung. 


III. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE. 


L’ VIII CoNGRESSO DEGLI AMERICANISTI, già da noi annunciato (1), 
fu aperto a Parigi il 14 ottobre corrente sotto la presidenza del pro- 
fessore de Quatrefages. Erano presenti i delegati italiani prof. J. Coc- 
chi di Firenze, prof. F. Borsari di Napoli, prof. G. Cora di ‘Torino, 
prof. V. Grossi di Genova, prof. P. Riccardi di Modena e prof. Strobel 
di Parma. La nostra Società era rappresentata al Congresso dal socio 
prof. Grossi. Il Presidente de Quatrefrages diede il benvenuto ai Con- 
gressisti, indicando il programma dei lavori, e parlando lungamente 
dell’ America e degli scienziati americani. Il prof. Hellmann, delegato 
tedesco, espresse la sua soddisfazione per la scelta di Parigi a sede del 
Congresso, la cui organizzazione è dovuta alla iniziativa della Francia. 
I membri del Congresso si sono poi recati al Municipio, ove i consi- 
glieri municipali avevano organizzato un grande ricevimento in loro onore. 

IL GIORNALE DI BORDO DEL CAPITANO Cook. — Annunciasi che 
un antiquario di Whittby abbia comprato, da un collezionista di Lon- 
dra, il giornale di navigazione del famoso esploratore Cook, il quale, 
per ordine del governo inglese, fece ripetutamente il giro del mondo 
nel secolo scorso, arricchendo il patrimonio geografico di parecchie 
scoperte. In questo giornale, che sarebbe stato riconosciuto da uomini 
competenti come tutto di mano del Cook, si trova il racconto dei 
‘ viaggi dell’ « Endeavour », dal 1768 al 1771. (J? Popolo Romano, 
n. 284, 1890). 

MovIMENTO DEL CANALE DI Suez. — Nel 1889 traversarono il 
Canale di Suez 3,425 navi, con 6,783,187 tonnellate di merci e 180 mila 
passeggeri. Questi furono in diminuzione, per 3,300; quelle in au- 
mento, per 143 mila tonnellate. Il guadagno netto, per i diritti di 
passaggio, fu in totale di lire 37,212,821. (Deuts. Runds. f. Geog. u. 
Stat., n. 12, 1890). 

LA PRODUZIONE MONDIALE DELL’ORO E DELL’ ARGENTO, — Nel 
quadriennio 1885-1889, secondo i calcoli del direttore della zecca de- 
gli Stati Uniti dell’ America settentrionale, la produzione mondiale del- 
l'oro fu complessivamente di 643,066 chilogrammi, con un massimo 
di 163,162 nel 1885-86, ed un minimo di 159,400 nel 1888-89. In 


(1) Vedi BOLLETTINO, giugno e luglio-agosto 1890, p 600 e 710. 





questa produzione il primo posto ) occupano gli Stati Uniti, con 
kg. 47,848 nel 1886, e kg. 49,917 nel 1889. Il Transvaal e gli 
altri territorì auriferi dell’ Africa australe vanno aumentando la loro 
produzione, che però resta ancora molto al disotto degli altri grandi cen; 
tri produttori, Ivi si ebbero nel 1886 kg. 2,083 e nel 1889 kg. 6,771. 
Anche le Indie orientali britanniche ebbero un aumento considerevolis- 
simo nella ancor piccola loro produzione: da kg. 203, nel 1886, a 
kg. 1,008, nel 1889. Si nota invece una diminuzione, talvolta forte, 
in Columbia, Venezuela e Brasile. Lentissimo è l'aumento nel Messico ; 
rapido invece nel Chili, che aveva kg. 500 nel 1886 e n'ebbe kg. 2,395 nel 
1889. La Germania e l’Austria-Ungheria, in Europa, migliorando i mezzi e 
sistemi d’ estrazione e depurazione, riuscirono ad aumentare di qualche 
cosa 1 loro prodotti dell’ oro : la prima da kg. 1,378 nel 1886, a 1,810, 
nel 1889. La seconda da kg. 1,774 nel 1886, a kg. 1,877, nel 1839. 
La Russia al contrario decadde nella produzione, da kg. 36,864 a 
kg. 22,052, nello stesso periodo. L’ Italia potè contemporaneamente 
produrre da 160 a 195 kg. nelle poche miniere fluviali che possiede. 
La produzione dell’ argento, dal 1885 al 1889, fu complessivamente 
di kg. 12,201,206. Essa va gradualmente aumentando : nel 1885-86 
era stata di kg. 2,849,885; nel 1888-89 era salita a kg. 3,427,265, 
di cui ben 3,020,009 kg. si devono alla sola America. (Deut. Rund. 
f. Geog. u. Stat., n. 12, 1890). 

NecroLOGIA. — Hans Hendrik, il famoso Esquimese che aveva 
partecipato con grande merito e fedeltà alle esplorazioni polari di Kane, 
Hayes, Hall, Nares e Nordenskjéld, morì a Godhaven in Groenlandia, 
l’ 11 agosto 1889. (Deut Rund. f. Geog. u. Stat., 12, 1890). 


B. — EUROPA. 


« La Provincia DELL’ IstrIA >». — Con questo titolo venne alla 
luce una serie di « Studî economici » del dott. N. del Bello, editore A. 
Cobol, in Capodistria. Quest’ opera, che abbiamo sott'occhio, comprende 
nel primo suo capitolo, « Il Margraviato d’ Istria ed i suoi abitatori >, 
un largo cenno geografico della penisola e delle isole ad essa circostanti. 
Di più nel secondo, e meglio nel terzo capitolo tratta e dà ragione am- 
piamente intorno alle condizioni sociali ed ai dati statistici di quella 
regione. 

« L’IsoLA pt Minorca ». — S. A. I. e R., Il’ Arciduca Ludo- 
vico Salvatore, membro d’ onore della nostra Società, ha pubblicato in 
questi ultimi mesi, con ricchezza di forma pari al valore intrinseco, i 
risultati d’ un suo viaggio alle Isole Baleari, cominciando dall'Isola di 
Minorca. Nel primo volume (di pag. 595 in foglio), venuto ora alla luce, 
si contiene appunto una serie di note generali su questa importante 
isola. Osservazioni meteorologiche, sismiche, geologiche, ecc., dati sta- 
tistici, demografici e d’altra specie, notizie letterarie, saggi di poesia e di 
proverbi, istruzione e religione, etnografia, edilizia, economia domestica, 
musica, spettacoli e giuochi, usi e costumi, nobiltà e popolo, clero e go- 
verno, professioni, commerci, industrie, igiene, ‘finanze, tutte queste cose 


5 


— 928 — 
trovansi illustrate con tanta accuratezza e misura da lasciar già edotto 
il lettore della vita pubblica e privata dell' isola; e le figure, i pano- 
rami e gli altri numerosi e ricchissimi disegni, che s’ intercalano nella 
‘opera, compiono l'illusione, procurando le soddisfazioni stesse di una 
visita di persona nell’ isola. 

IL PROSCIUGAMENTO DEL Laco CoParpe può ritenersi oramai un 
fatto compiuto, essendo interamente defluite tutte le acque di esso al 
mare, dopo che già quelle dei suoi affluenti erano state deviate in 
apposito canale. Così roo mila ettari di terreno verranno dati alla 
agricoltura ed alla colonizzazione. (Deuts. Runds. f. Geogr. u. Stat., 
n. 12, 1890). 

COLONIZZAZIONE DELLE GRANDI LANDE GERMANICHE. — Poichè per 
la concorrenza del carbon fossile la torba scadde assai di valore ed 
uso, si pensò alla fertilizzazione artificiale delle lande che si estendono 
nella provincia di Hannover fin verso Brema. Come I’ Hochmoorland, 
anche 1’ Hochmoorneuland sarà così dato alla cultura dell’ avena, del- 
1’ orzo, delle patate, ecc., con concimi chimici. (Dest. Runds. f. Geog. 
u. Statist., n. 12, 1890). 

LA POPOLAZIONE DELLA DANIMARCA, al 1° febbrajo 1890, era in 
totale di 2,172,205 abitanti, senza contare però le Fàroer, |’ Islanda e 
la Groenlandia. L’ aumento dal 1880 in poi fu in ragione media di 
0,99 per cento all’ anno. La popolazione cittadina è di 737,709 abi- 
tanti, quella rurale di 1,434,496. Si può aggiungere che della prima 
oltre la metà, cioè 375,251 abitanti, si trovano nella capitale Copenha- 
ghen e nei suoi subborghi. Aarhus conta 33,308 abitanti; Odense, 30,277; 
Aalborg, 19,503 ; Horsens, 17,290; Randers, 16,617; Helsingér, 11,082; 
Fredericia, 10,044. Tutte le altre città sono al di sotto di questa cifra. - 
Il totale degli emigrati sali a 76,980. (Deut. Runds. f. Geogr. u. Stat., 
n. 12, 1890). 

HAMMERFEST, la città più settentrionale d' Europa e della Terra 
(70° 39' 15" latitudine N.) in Norvegia, non esiste quasi più: essa 
fu nella maggior parte distrutta la notte 20-21 luglio p. p. da un in- 
cendio. Contava 2,300 abitanti, e 286 case in legno. (Deuts. Runds. f. 
Geog u. Stat., n. 12, 1890). 


C. — ASIA. 


ESPLORAZIONE SCIENTIFICA NELL' ASIA MINORE OCCIDENTALE. — Il 
dott. G. Bukowski, dell’ Accademia di Vienna, riprendendo le sue esplo- 
razioni geologiche nell’ Asia Minore, fece in quest'anno il rilievo del 
Khonas Dagh, ed esplorò poi il territorio posto fra Denizlu e la valle del 
Sciuruksu fino allo Scekelez Dagh. Indi si diresse per Denizlu e per il 
Passo di Sciucur a Jerenguime, e attraverso l'altopiano di Davas Ovassi 
giunse al piede meridionale del Baba Dagh. Anche questo masso mon- 
tuoso fu rilevato in tutta la sua estensione, da Assar per O. E.-S.-E. in 
relazione col Khonas Dagh. (Pet. Mitteil., n. 9, 1890). 

MONTI E FIUMI INTORNO AL HARUN, -~ Negli ultimi due anni pa- 
recchi viaggiatori inglesi, a diverso fine, esplorarono la valle del Fiume 





Harun, o Carun, e le regioni montuose circostanti. Fra questi si distinsero, 
per riguardo alla nostra scienza, G. Curzon, che percorse il fiume stesso, 
studiandone l’importanza geografica commerciale; e H. Blosse Lynch, 
che attraversando il Laristan, pervenne dalla valie del Carun ad Ispa- 
han. Una Spedizione geologica, come i lettori del nostro periodico già 
sanno, era stata fatta nell’ Alto Carun dal Rodler, tedesco (1). — 
Dalla esplorazione del Curzon si ottenne una prima rappresentazione 
cartografica attendibile, se non completamente esatta, del Fiume Carun 
e dei principali suoi tributarî. Il Carun nasce dal Zerdeh Cuh, uno 
dei colli più orientali a N. di Sciushtir. Il primo suo corso va rapi- 
damente svolgendosi da N. a S., con molte e larghe curve, per la 
pianura alluvionale che s’inclina verso lo Sciat-e)-Arab ed il Golfo Persico. 
Per via esso riceve da destra, a Bundikir, il suo maggiore affluente, l’Abidiz, 
che viene da Dizfal, e con lo stesso affluente dell’ Abidiz il subaffluente Abi 
Sciur, che passa per le ruine dell’antica Susa. Il Carun, che fino presso 
a Sciushtir corre unito, comincia poco a N. di questa città a distendersi 
per dividersi proprio sopra la città stessa. I due rami Abi Gargar, orien- 
tale, ed Abi Sciateit, occidentale, continuano verso S. con numerose 
curve fin sotto Bundikir. Di qui il Carun, ricevute le acque dell’ Abidiz, 
prosegue nuovamente compatto per Vais ed Ahvaz. Ivi, traversate quelle 
gole, del resto non molto considerevoli, trova fra Ahvaz e Bundi Nasiri 
le rapide, già note come limite settentrionale alla navigazione. europea 
concessa dallo Sciah, a richiesta e per convenzione, all’ Inghilterra (2). 
Dalle rapide in giù il Carun per Braichia, Ismailieh, Idrisieh ed oltre, 
correndo per S.-S.-O., tocca Mohammerah, dopochè una parte delle sue 
acque è distratta a sinistra, cioè verso E., per più canali in direzione 
di Fellahieh. Presso l’Isola Dha si vede |’ antico letto del Carun, che 
s'apre a S-E. col nome di Carun el Amrah. Giunto presso Mohammerah, 
il fiume si dirama più ad E. con il Canale Bahmeshir, diretto a S.-E. 
e oltre Mohammerah, per il Canale Haffar sbocca nello Sciat-el-Arab, a 
circa 65 km. dalla foce di Fao nel Golfo Persico. In questa parte in- 
feriore del bacino del Carun, il suolo si presenta in generale basso ed 
eguale, ma ricco di capacità agricola e di risorse minerali. A sua volta 
il Blosse Lynch percorse una parte del bacino superiore del Carun, 
precisamente movendo da Sciushtir per Ispaban lungo le montagne 
che fiancheggiano il fiume, ora a sinistra ora a destra del medesimo. 
Egli per varî ostacoli incontrati, ed anche per conoscere meglio la 
struttura e l’importanza di quei monti, non toccò il fiume che in 
due punti: a Godar-i-Balutak, dove il Carun penetra nei Monti Mun- 
gesht per fare una lunga curva verso N. ed O.; ed a Dopulun, dove 
il Carun, giunto da N. dalle sorgenti già dette, col nome di Kuh-i-rung, 
per una curva meridionale, si dirige appunto verso i Monti Mungesht. 
Il ramo principale della sorgente del Carun scende dal Zerdeh Cuh in 
direzione S.-E.; però ad 8 minuti di latitudine (32° 5’ lat. N.) da Do- 
pulun, esso riceve da sinistra |’ Abi Besciabad, che raccoglie le acque 


(1) Vedi BOLLETTINO, afrile 1889, p. 313. 
(2) Vedi BOLLETTINO, dicembre 1888, p. 1119. 


—- 930 — 

dei dintorni di Sciamsabad e di Scelamzar, ‘e poi presso Dopulun stessa, 
e pure da sinistra gli viene un primo piccolo affluente, il Dahimur, od 
Abi Sabzu. Più sotto dai Monti Serhun, per una valle, va nel Carun, da 
destra, un fiumicello omonimo. Più importante invece è il Fiume Bazuft, 
che viene dall’altopiano interno per le strette di Puli Amarat. A ponente 
dei Monti Mungesht, esiste in una specie di pianoro, detto Malamir, un 
lago. Proseguendo in direzione di Sciushtir si stendono, da S.-E. a N.O. 
in linee parallele i Monti: MurdehGl, Cuh-i-Asmari e la grande catena 
doppia dei Monti Derbend. In mezzo a questi ultimi scende da S.-E., e 
mette poi foce nel Carun a sinistra, a monte di Sciushtir, 1’ affluente Sciur-i- 
Labahri. — Il sistema montuoso, nel corso superiore del Carun, (ivi detto 
Abicadj) è semplice in generale, e va gradualmente salendo, man mano che 
si risale il fiume. Sciushtir trovasi ad appena 125 metri sul livello del 
mare; Dara Cul, sullo Sciur-i-Labahri, in mezzo ai Monti Derbend, è 
all'altezza di m. 150; Gergir, al piede occidentale dei Monti Cuh-i- 
Asmari, è già a m. 370. I Monti Mungesht hanno sommità di 1,600 
e più metri. Al di là poi delle gole, per cuiscende il Carun, passando 
dalla curva meridionale a quella settentrionale a N. dei Monti Derbend, 
le catene più orientali s’inalzano sempre più: da m. 1880 sopra Deh- 
1-Diz a m. 2,125, oltre la catena Serhun; eal di là di Dopulun (m. 1,915), 
sulla via E. da Naghun-Ciar Chor-Paradomba-Ispahan, raggiungono al- 
tezze di m. 2,100, 2,200 e la massima di m. 2,600 fra Ciar-Chor e 
Paradomba a 32° 3' lat. N. e 51° 10’ 30” long. E. Greenwich. Pic- 
coli altipiani, ondulati od uguali, si alternano quasi sempre con le promi- 
nenze di questo tratto del Luristan, percorso dal Blosse Lynch. La lunga 
valle dello Sciur-i-Labahri è tutta cosparsa di mammelloni conici ges- 
sosi. Al di là della catena dei Derbend, l'esploratore traversò un altro 
piccolo altopiano ondulato, per il quale scorre verso il Carun per N. 
un altro fiume, il Brachish. Così gli accadde pure ad O. del lago e della 
pianura di Malamir. Più estesi e rocciosi sono gli altipiani a S.-O. e 
ad E. di Dopulun. In generale il bacino del Carun, quantunque fornito 
di più che sufficiente quantità d'acqua e di terreni atti all’ agricoltura 
e ricchi di miniere, è spopolato, ed anzi mal sicuro per la presenza di 
tribù rapaci e dedite al ladroneccio. Però il Curzon crede che met- 
tendo in comunicazione Ahvaz con Sciushtir ed Ispahan e ancora Sciushtir 
con Choremabad, Sultanabad e Teheran per mezzo di strade ferrate, la 
Persia guadagnerebbe immensamente nei commerci, e la valle del Carun 
si ripopolerebbe (Proceedings della R. Soc. Geog. di Londra, n. 9, 1890). 

ALCUNI RISULTATI DELLE SPEDIZIONI RUSSE NELL’ ASIA CENTRALE. — 
I fratelli Grum-Grscimailo, nella loro ultima esplorazione nel Thian-Scian 
orientale (1) scopersero nel bacino delle sorgenti dell’Horgos un masso 
montuoso, denominato Doess-Meghene-or, la cui somniità fu stimata del- 
l'altezza di m. 6,600. Fu fatta l’ascensione del Monte Bogdo-ola, e vi- 
sitata l'Oasi di Turfan; poi, traversato il Deserto di Gobi, la Spedizione 
giunse al Lago Lobnor. Il Koborovski a sua volta, durante il viaggio da 
Nia al Fiume Scersce (2), rilevò tutta l'estremità del Deserto a N., segnata 


(1) Vedi Bor.LETTINO, settembre 1890, p. 840. 
(2) Vedi BOLLETTINO, seftembre 1890, p. 841. 


— 931 — 
da una larga zona di pioppi e più verso il Tarim da sabbie. Cinque 
fiumi tagliano la via da Nia allo Scersce; essi scendono dai vicini monti, 
e si perdono nelle sabbie, poco a N. della via. Il Roborovski risalì lo 
Scersce fino al punto dove l'aveva toccato nel 1886 col Prscevalski, 
così completandone il rilievo. (Pet, Mitteil., n. 9, 1890). 

LE REGIONI TOLTE DALLA Russia ALLA Cina. — Alla [fine di set- 
tembre p. p. giunse a Pietroburgo Chun-Ciun, ministro plenipotenziario 
della Cina, per condurre alla soluzione desiderata le trattative intavolate 
dal suo governo con Cumani, rappresentante della Russia. Come è noto, 
la Russia tolse alla Cina da molti anni la regione dell’Amur, ed il vasto 
territorio di Culgia. Col trattato di Culgia, stipulato nel 1879 dall’ am- 
basciatore cinese Cium-Chon, la Russia aveva poi restituito all’ Impero 
Celeste 45 delle terre occupate, facendosi dare in compenso 5 milioni 
di rubli, ed ottenendo il riconoscimento di 36 consolati russì in punti 
della Cina, stabiliti dalla Russia. Finchè la diplomazia cinese era di- 
retta dal pacifico e mite marchese di Tsengh, i Cinesi con mal animo 
sopportavano il trattato di Culgia, ma dopo la morte di lui ricomin- 
ciarono a colonizzare la Manciuria e la regione dell’ Ussur, a costruirvi 
fortificazioni, a mandarvi truppe regolari e costruirvi ferrovie verso i 
confini russi, chiedendo all’ambasciatore russo concessioni ogni giorno 
maggiori e la restituzione di tutto il territorio di Culgia. E siccome le 
loro richieste non ottennero finora il risultato desiderato, mandarono 
ora a questo fine a Pietroburgo Chun-Ciun, loro ambasciatore residente 
a Berlino. (Novoe Vremia). 

IL PAESE E GLI ABITANTI DELL’ AMUR. — P. von Stenin, collabora- 
tore dell’ Aus/and, in un suo studio sull’ etnologia del paese dell’ Amur, 
dichiara che ben poco si conosce ancora della conformazione del suolo 
e della nazionalità e dei costumi di quegli abitanti. Per sopperire a tanto 
difetto sorse recentemente in Vladivostok una società, le cui prime ricerche 
e pubblicazioni apportano già qualche luce in proposito. Nel bacino del- 
l' Amur esistono due popoli originarî di razza tungusa : i Goldi, che sono 
sedentari, e gli Orosci od Oroscioni, nomadi. I Goldi si suddividono in tre 
gruppi: i Mamgu o Mangu, i Chileni e gli Hodsi od Hodseni. Nei loro 
rapporti coi Russi, i Goldi prendono per sopranome distintivo quello del 
fiume presso il quale dimorano : così si distinguono gli Ussuri-Goldi, gli 
Amur-Goldi, i Sungara-Goldi. I tre gruppi dei Mangu, Chileni e Hodseni 
sì differenziano spiccatamente per lineamenti, costumi e lingua, tanto 
che un Mangu apparisce aff. tto diverso per ogni riguardo da un Hod- 
seno, nè saprebbe comprenderlo. Il Goldo è ancora mezzo nomade; cioè 
dato il caso che il luogo dove dimora non gli dia più sufficienti mezzi 
a vivere, o diventi pernicioso alla sua salute, egli si caccia con la fa- 
miglia e i beni nella sua barca ed emigra lontano anche centinaja e 
centinaja di chilometri. Quanto ai lineamenti non differisce gran fatto 
dal tipo tunguso comune. Il suo vestire è molto complicato e prende 
non poco dagli usi cinesi. E così è pure dei suoi costumi: il sentimento 
religioso trae origine e forme dallo sciamanesimo buddistico con le di- 
vinità Laoe, Lunvan, Maovan, ecc., coi durhkan, specie di tabernacoli 
sui ponti, passi, ecc. I Goldi abitano in capanne che assomigliano in 


tutto alle fanse dei Cinesi. Vivono veramente del pesce e della selvag- 
gina, il cui acquisto occupa la maggior parte della loro attività; ma 
bevono volentieri, ed usano sempre in tutte le solennità della loro vita 
l'Aanscin, bevanda spiritosa dei Cinesi. Non mancano di qualche in- 
dustria, ma esclusivamente applicata alle primitive già dette: fabbricano 
barche, remi, reti, ecc. — Gli Oroscioni nomadi, detti inesattamente Tasa 
(uomini del Nord) dalla maggior parte dei viaggiatori, sono più selvaggi. 
Magri, muscolosi, con la faccia poco piatta e il naso meno schiacciato 
degli altri Tungusi, anzi spesso puntuto, gli occhi obliqui, le labbra 
grosse, i capelli neri, grossi e tesi, che uomini e donne portano in 
due trecce. Abitano, estate ed inverno, in capanne fatte con corteccia 
d'albero, ma di diversa forma a seconda della stagione; come del resto 
fanno anche i Goldi, costruendosi per l' estate appositi casotti di canne. 
Ancora più complicato e ricco è il vestito in costume presso gli Oro- 
scioni, che usano anche ornamenti in metallo. Sono fumatori appassio- 
nati del tabacco manciuriano. Seguono anch’ essi lo sciamanesimo bud- 
distico, esercitano però il loro culto in una forma molto semplice, 
collocando i loro idoletti in cavità praticate nei tronchi degli alberi. 
Loro divinità speciale è Anduri. Pochi sono i convertiti al cristianesimo, 
ed anche questi più di nome che di fatto. Però si trovano moltì, e 
Oroscioni e Goldi, che portano nomi cristiani in uso presso i Russi. 
Poca importanza ha presso questi popoli la vita pubblica nei villaggi; 
appena, appena i Goldi, per volontà dei dominatori russi, si eleggono 
dei capì nei villaggi di Dsoasda, Turme, Angassaja e Tungja. Questi 
capi « casakevitsceva » sono confermati dall’ ataman russo, ed esercitano 
certi uffici. Ma il vero potere civile è sempre ancora esercitato dal 
padre in ogni singola famiglia, e in mancanza sua dal figlio maggiore. — 
Accanto a questi popoli indigeni trovansi nel paese dell’ Amur un certo 
numero di Coreani immigrati. Sono in gran parte superstiziosi e privi 
di vera religione ; però credono in spiriti buoni e malvagi, nell’esistenza 
ed immortalità dell'anima, ed hanno una leggenda della creazione della 
terra in sei giorni, che ha grande somiglianza con quella biblica. — 
Intanto i popoli indigeni, e per il genere della loro vita in mezzo ai Cinesi 
ed ai Russi, e per la incuria del Governo e le difficoltà dei commerci, vanno 
lentamente estinguendosi. Anche i vicini Camsciadali, che nel 1764 
erano circa 20 mila, ora nel 1881 sommavano a poco più di 2,160. E 
per quanto in questi ultimi tempi alcuni filantropi tra i governatori 
russi s' occupino in vantaggio loro, i popoli dell’ Amur sono sempre 
angariati da tutti gli altri amministratori del paese e lasciati in balia 
degli speculatori ed usurai cinesi del confine, che del resto sono e re- 
steranno ancora per un bel pezzo i soli commercianti importatori, come 
lo furono da secoli per antica consuetudine. D'altronde, se gli abitanti 
son poveri, lo devono alla loro ignoranza ed inerzia. Il paese ha non poche 
ricchezze naturali. Per esempio, nella valle del Bikin, a circa 19 km. 
dalla Baja di S. Olga, trovansi miniere di ferro e depositi di carbon 
fossile, ancora intatti. Dappertutto poi s’ incontrano interi boschi di viti 
e di rosai selvatici, che coltivati a modo darebbero vini e rosoli pre- 
gevoli. Nè meno utile tornerebbe il commercio de’ suoi olii di noce e 





— 933 — 

di pinolo, che si producono in grande quantità, e si vendono a 40-44 
lire per ogni 16, 4 kg. Animali da pelliccia popolano, accalcati in- 
credibilmente, foreste vergini, e pesci (ghiozzi, storioni, ed altri) in- 
numerevoli i fiumi del bacino. Fra gli affluenti dell’ Amur il più largo 
€ importante per la profondità e rapidità delle sue acque è |’ Ussuri, 
che è formato dalla congiunzione dell’ Ula-he e del Daubi-he. La sua 
larghezza varia tra 280 e 1,150 metri. Seguono immediatamente gli 
affluenti dell’ Ussuri stesso, i quali superano tutti per importanza gli altri 
affluenti dell’Amur. Essi sono il Bikin (Tissi in cinese, Bischen-Biri in 
manciuro), lungo 445,5 km. e largo da 125 a 170 metri; l’ Iman (Imahe 
in cinese, e Niman in goldo) lungo 371,25 km. e largo da 125 a 150 
metri; il Hora (Manjiihe in cinese, Zoro in orosciono), lungo km. 346,5 
e largo da 105 a 125 metri; finalmente il Vak (Vacu in cinese, e Aculi 
in goldo), che è lungo km. 247,5 e largo da 75 a 105 metri. Tutti questi 
fiumi, tranne il Vak, sono sempre navigabili con piroscafi fluviali. (Das 
Ausland, n. 38-39, 1890). 

NELLE ACQUE DI Borneo la nave inglese « Wanderer » osservò l'esi. 
stenza dì una corrente, durante il mese di maggio p. p.. Questa cor- 
rente a 6° 42’ — 6° 48' 45” lat. N. e 118° 5’ 30” long. E. Green., 
è diretta a N.-O. con la rapidità di 1 nodo all’ ora. Invece palla ‘costa 
N.-O. dell’ isola stessa, verso il 5° 30’ 20” lat. N. e 115° 20’ 50” 
long. E. Green., la nave stessa incontrò una corrente rivolta verso N.-E., e 
constatò che essa continua regolarmente per ben 46 ore di vapore, via via 
perdendo di rapidità (da 1 a 1/2 nodo marino), con direzione N. 58° E.. 
Molti furono i rilievi nuovi e le correzioni degli antichi, erronei, lungo 
quelle coste ed isole ; e riguardano specialmente le molte isolette e ban- 
chi, nominatamente |’ Iris Bank, esistenti in quelle acque. (Mot. fo Mar., 


n. 35, 1890). 


D. — AFRICA. 


« EMIN PASCIA, IL CAPITANO CASATI E LA RIBELLIONE ALL’ EQUA- 
TORIA », — Con questo titolo è annunciata una nuova pubblicazione, 
di cui è autore il signor A. J. Mounteney-Jephson, e che costituirà il 
terzo volume complementare dell’ « Africa Tenebrosa » dello Stanley. 
Il lavoro, con la revisione e cooperazione di quest’ ultimo, verrà pub- 
blicato in Italia dalla Ditta Fratelli Treves, contemporaneamente allo 
originale inglese. Esso viene a riempiere una lacuna dell’ opera dello 
Stanley e contiene il racconto delle avventure toccate all’ Autore nel 
periodo, dal 22 aprile 1888, quando recossi a Msua, fino al 31 gennajo, 
allorchè lasciò la provincia di Emin, per raggiungere il suo capo, Stanley. 
Come è noto, in questo periodo di tempo il sig. Mounteney-Jephson 
rimase con Emin, per ajutarlo nel disporre le sue genti a partire per 
la costa, e per riferire poi circa le condizioni della Provincia Equatoria, 
mentre lo Stanley tornava indietro verso Jambuja in cerca della retro- 
colonna. 


LA LIBERAZIONE DI EMIN E CASATI SECONDO IL ' COLONNELLO Mes- 
SEDAGLIA BEI. — In una lunga lettera, il colonnello Messedaglia Bei 





— 934 — 

scrisse dal Cairo al capitano Camperio una confutazione delle parole 
che a Monza, allo stesso capitano Casati, avrebbe dirette la sposa dello 
Stanley: « la più gran vittoria di M. Stanley fu di aver salvato il Ca- 
sati e di averlo condotto sano e salvo al suo paese ». Dopo una ripro 
duzione scrupolosa dei passi contenuti nell’ ultima opera del grande 
viaggiatore inglese « Nell’ Africa Tenebrosa », riferentisi alle Spe- 
dizioni sue di soccorso ad Emin, il Messedaglia svolge il racconto e 
le considerazioni necessarie a chiarire la così detta liberazione di Emin 
e di Casati. Il Messedaglia in somma, non crede punto che la par- 
tenza di questi due con lo Stanley, dalla regione dei laghi, si debba 
all’ opera diretta dello Stanley, ma in primo luogo alla fermezza, al 
valore ed alla stima, ancora intatta, del Casati presso i negri, i quali 
in grazia di questo lasciarono piena libertà d’ azione al Governatore 
dell’ Equatoria ; poi anche alla risoluzione finale di Emin, che si recò 
incontro allo Stanley. Se ciò non avveniva, osserva il Messedaglia, chi 
è in grado di sostenere che lo Stanley avrebbe potuto procedere fino 
al centro della ribellione insorta contro Emin, se già da molti giorni, 
viveri, armi e subordinazione facevano difetto nel campo dei liberatori ? 
(Za Riforma, n. 288, 1890). 

UN PONTE SULL’HavasH. — Da notizie testè giunte risulta che la 
costruzione di un ponte sul Fiume Hauash, già tentata altra volta con 
esito sfortunato, è ora un fatto compiuto. Il ponte attuale è in legno, 
e si basa su due testate in muratura, che s' ergono sulle due rive del- 
I’ Hauash. Dallo Scioa sono già arrivate in Harar parecchie persone che 
hanno traversato il ponte in questione, il quale faciliterà grandemente 
i rapporti e le comunicazioni fra i due paesi. (Za Riforma, n. 244, 
1890). ° 

LA CONVENZIONE ANGLO-PORTOGHESE. — Nell’ ultimo ‘fascicolo de] 
BoLLETTINO (pag. 842 ) fu dato un breve cenno degli accordi inter- 
venuti fra |’ Inghilterra ed il Portogallo relativamente alle frontiere 
dei rispettivi possessi coloniali in Africa. Ecco ora il testo degli arti- 
coli essenziali di tale convenzione: « Art. J. Il Governo della Gran 
Bretagna riconosce come posti sotto la dominazione del Portogallo i 
territori dell’ Africa orientale, delimitati come segue: 1° al N. dal corso 
del Fiume Rovuma dalla sua imboccatura fino al confluente del Fiume 
M’ Singé, e di là, verso O., il parallelo di quel punto fino alla riva 
occidentale ; 2° verso O., dalla sponda occidentale del Lago Niassa, 
verso il S. fino al parallelo 13° 30’ di lat. S.; di là, la linea di con- 
fine si prolunga in direzione S.-E. fino alla sponda orientale del Lago 
Sciutta, ch’ essa segue in linea retta verso la sponda orientale del Lago 
Scirona, che segue pure fino al suo estremo punto S.-E., di dove in 
linea retta va all’ affluente estremo del Ruo. Essa segue prima questo 
affluente e quindi il Ruo fino al suo confluente con lo Scirè. Da questo 
punto, il confine si dirige in linea retta verso un punto situato a mezza 
strada tra Tetè e le rapide del Cabrabassa. Zumbo con un raggio di 
dieci miglia inglesi (km. 16), sulla sponda N. dello Zambesi, rimane sotto 
la .dominazione del Portogallo. — Art. ZZ. Al S. dello Zambesi, i ter- 
ritorì riservati all’ influenza portoghese sono delimitati da una linea che, 














— 935 — 

partendo dal punto opposto all'estremità occidentale del segmento di 
zo miglia inglesi da Zumbo va in linea retta, nella direzione S., fino al 
16° parallelo di lat. S., segue questo parallelo fino alla sua interse- 
zione col 31° di longitudine E. Green.; di là, verso il S., il confine 
va direttamente fino al punto in cui il Fiume Mazoè è tagliato dal 33° 
di longitudine E.; esso segue questo meridiano verso il S. fino alla sua 
intersezione col parallelo 18° 30’ di latitudine S., poi quest’ ultimo pa- 
rallelo in direzione O., fino al Fiume Mascekè, affluente del Sabi. La 
linea di confine segue quest’ affluente fino al suo confluente e quindi il 
corso del Sabi fino al confluente del Luntè, donde essa si curva fino 
all’ estremità N.-E. della frontiera della Repubblica Sud-Africana. Essa 
segue quindi la frontiera orientale della detta Repubblica e dal con- 
fine dello Suaziland fino al Fiume Maputa. — Art. ZZZ La Gran 
Bretagna s' impegna a non opporsi all’ estensione della sfera d’ influenza 
del Portogallo verso il S. della Baja di Delagoa fino alla linea che se- 
gue 11 parallelo del confluente del Fiume Pongola col Maputa fino al 
mare. — Art, ZV. Resta inteso che il confine occidentale che separa 
nell’ Africa centrale la sfera d'influenza della Gran Bretagna dalla sfera 
d’ influenza del Portogallo, seguirà, partendo dalle rapide di Catima, il 
corso dell’ Alto Zambesi fino al confluente del Cabompo, quindi il corso 
di questo fiume. Resta parimenti inteso, fra le due parti, che per ciò 
che riguarda quest'articolo, nulla potrà ledere i diritti dei terzi. Sotto 
questa riserva, il Governo della Gran Bretagna non si opporrà alla 
estensione della sfera d’ influenza del Portogallo al di là dei confini 
indicati più sopra. 

IL Laco Ricua (Rucua) fu, come abbiamo già annunciato altra 
volta (1), esplorato ultimamente anche verso S.-E., dal dottore Kerr-Cross 
e dal console H. H. Johnston. Dai primi risultati degli studî com- 
piuti dai due viaggiatori sembra provato, che questo lago si estende 
molto più verso S.-E. di quello che credevano il Thomson ed il Kaiser, 
e che esso giunge precisamente ad appena tre giorni di cammino dalla 
via percorsa dallo Stevenson, fra il Niassa ed il Tangagnica. Gli 
esploratori confermano l’asserzione del Thomson e del Kaiser sul ri- 
tirarsi dello specchio d’ acqua del Lago Ricua, ma il Cross crede che 
basti una stagione piovosa per rialzarlo al livello antico. L'acqua di esso 
è salmastra ed imbevibile. (Pet. AMiffeil., n. 17, 1890). 

ESPLORAZIONE CRAMPEL AL CENTRO SETTENTRIONALE DELL’ AFRICA. 
— L' esploratore francese Crampel, prendendo occasione dei confini di 
influenza segnati dal nuovo trattato anglo-francese, parti alla volta del- 
l’ Uelle-Ubanghi, a N. del Medio Congo, diretto alla volta del Lago 
Sciad. Egli intende di svolgere il suo itinerario seguendo il corso del 
suddetto fiume, e poi dal Lago Sciad proseguire attraverso il Sahara 
dei Tuareghi per riuscire nell’ Algeria. Se quei popoli glielo impedi- 
ranno, piegherà invece al Benuè. L’ esplorazione avrà singolare impor- 
tanza, perchè sarà fatta attraverso regioni che si possono dire in ge- 
nerale ignote. (Proceedings della R. Società Geografica di Londra, 
n. 9, 1890). 

(1) Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, p. 516. 


_ 936 — 

TRA L'UELLE-UBANGHI E L’ARUHUIMI vi è una regione che fino ad 
ora poteva dirsi completamente inesplorata. Si sapeva ch'essa doveva 
essere bagnata dall’ Itimbiri o Rubi (Loica), che si getta nel Congo a 
a valle dell'Aruhuimi verso il 24° longitudine E. Greenw.; ma questo 
fiume non potè essere rimontato al di sopra della cascata di Lubi. 
Quello spazio era fino ad ora lasciato in bianco sulle carte; la Spedi- 
zione del capitano Becker e del capitano Roget, ufficiali dello Stato 
Indipendente del Congo, ha testè contribuito a riempirlo. Il Roget, par- 
tito dall’ Itimbiri, toccò 1’ Uelle ad un punto poco lontano dalla zeriba 
Alì Cobbo, già raggiunto dal dott. }unker. Il Becker invece si diresse 
da Jambuja sull’Aruhuimi e spese 24 giorni per raggiungere l’Uelle at- 
traverso una foresta, che sembra essere il prolungamento di quella che 
lo Stanley dovette percorrere per raggiungere il Lago Alberto. Eghi 
incontrò prima un corso d'acqua, il Lulu, che viene da N.-E. e va a 
gettarsi nell’Aruhuimi a monte del Campo di Basoco, cioè non lontano 
dal confluente dell’Aruhuimi e del Congo. Il Lulu ha 50 metri di lar- 
ghezza nel punto in cui il Becker lo attraversò. L' esploratore passò in 
seguito, sempre attraverso la foresta, nel bacino dell’ Itimbiri o Rubi. 
Prendendo come punto di partenza la cascata del Rubi, si possono 
tracciare sulle carte gli affluenti seguenti: a valle della cascata, sulla 
riva sinistra del Rubi, il Rukitti, che viene da S.-E.; sulla riva destra 
il Tinnda. A monte della cascata, sulla riva sinistra il Terè, sulla 
riva destra il Riketti. Il Rubi viene dall’ E., per conseguenza si può 
tracciarlo quasi parallelamente all’ Uelle. Quanto al Riketti, esso viene 
dal N., ma piega bruscamente verso O., allontanandosi così dall’ Uelle, 
tanto che dopo avere lasciato le piroghe nel punto in cui questo fiume 
ha 50 metri di larghezza, Becker ebbe ancora tre giorni di marcia per 
raggiungere |’ Uelle. Il paese è bello, ondulato e coperto di boschi. 
Becker raggiunse |’ Uelle allo stabilimento di Giabbir, antico soldato 
del Mahdi e negoziante d'avorio. Vicino a questo stabilimento, sull’Uelle, 
v’é una stazione dello Stato del Congo, creata poco tempo fa dal ca- 
pitano Roget, comandante a Basoco, ed affidata alla cura del tenente 
Milz. Questo punto è situato un poco più a monte di quello ove Junker 
ha posto la stazione di Ali Cobbo. Il fiume ha 1,700 metri di larghezza, 
ma alcune rapide ne impediscono la navigazione. Il Riketti, nominato più 
sopra, è stato già segnalato da Rafai, |’ agente inviato verso il S. da 
Lupton Bei, antico governatore del Bahr-el-Ghazal, e che si spinse 
fino nel bacino del Congo nei pressi di Upoto. Becker ha potuto osser- 
vare che la foresta da lui traversata si estendeva al di là dell’ Uelle 
fino al Mbili, affluente del Mbomo, oltre il 5° grado di latitudine N.. 
— Nel bacino dell’ Aruhuimi e dell'Itimbiri, le foreste sono costituite 
da una vegetazione molto densa, in cui gli alberi raggiungono grandi 
altezze. Al di là dell'Itimbiri, fino all'Uelle, la foresta diventa più rada. 
(Rev. Francaise et Exploration, XII-101, 1890, e Proceedings della 
R. Società Geografica di Londra, n. 9, 1890). 

IL DOTT. O. BAUMANN, che prosegue i suoi lavori di rilievo nel. 
l' Usambara, scrisse una lettera al dott. B. Hassenstein, da Mosci, il 4 
giugno 1890. Da Cua Kizungui egli s’ era internato per N. lungo le falde 


i A TL PT SY 








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orientali dei Monti Pare. Ivi il paese è in generale a steppe; soltanto 
là dove le acque riescono a procedere fuori delle vallate, s'incontrano 
delle piccole oasi abitate, come Gondja e Kisuani. Dopo sette giornate 
di cammino, giunto all'estremità settentrionale del Pare del Sud, il dot- 
tor Baumann si trovò di fronte al piccolo masso montuoso di Pare Ki- 
sungu. Fattone in quattro giorni il rilievo, egli passò a S. dei Monti 
Ugueno, meglio detti Pare del Nord, e li attraversò da S. a N. in 
sei giorni, toccando in più punti gli itinerarî del dott. Meyer e del Von 
den Decken. In quelle valli s' incontrarono i Vapare, indigeni sparsi in 
capanne, in gran parte selvaggi, bellicosi in apparenza, ma in fatto schivi 
del contatto coi bianchi. Il suolo è ivi irrigato e fertile; lo si coltiva 
dai negri, a banani, canne da zucchero, patate dolci ecc.. Vi è anche 
ricchezza di ferro nei letti dei piccoli fiumi. Nel centro dell’ Ugueno il 
dott. Baumann ebbe la gradita sorpresa d'essere accolto entusiastica- 
mente da quei fieri ma inoffensivi abitanti, al grido di « doctor Meyer, 
doctor Meyer! ». L'angolo settentrionale di quei monti è abitato dai 
Vagueno, piccola tribù, che occupa un territorio così poco esteso, che 
la spedizione l’attraversò in un sol giorno. Di là il Baumann procedette 
verso Tafeta, attraversando l’emissario del Lago Iipe, che scorre in una 
forte depressione del suolo, e poi continuò la nota via per Mosci, al 
piede del Kilimangiaro. Ivi egli intende di riposare alquanto, con quel- 
l’agio che è possibile in una piccola stazione del protettorato tedesco. 
Preso riposo, egli si rimetterà in via sul cammino percorso, eseguendo 
un completo rilievo di tutto il Pare (Zef. Mitt. n. 9, 1890). 

IL Nuovo DisTRETTO DELLO STATO DEL Conco. — Con Decreto 
Reale 10 giugno 1890 fu creato dal Re del Belgio un 12° distretto 
nello Stato Indipendente del Congo. Esso fu costituito con le terre si- 
tuate ad E. del Congo fino al Sancuru-Lubilash nei confini assegnati 
allo Stato stesso, e gli fu dato il nome di Congo orientale. In seguito 
a ciò sorse un conflitto col Portogallo, il quale vanta su alcune delle 
terre così annesse al Congo, anteriorità d’ esercizio di sovranità per via 
di protettorato (Pet Mitt. 9, 1890, Ze Mouv. Géog. n. 21, 1890). 

UNA SPEDIZIONE TEDESCA DISTRUTTA NEL Vitu. — Un telegramma 
da Berlino annuncia che il dott. Haeseler, il quale accompagnava la 
Spedizione di Kuensel nel Vitu, ha annunciato da Mombasa di essere 
sfuggito solo al massacro della Spedizione. Mancano i particolari dell’ ec- 
cidio, ma sembra che esso sia stato causato dall’ odio che esisteva fra il 
Sultano ed i Tedeschi prima, e gli Inglesi poi. (Za Tribuna, n. 262, 1890). 

LA PACE NEL DAHOMEI. — Telegrammi da Parigi annunciano che 
sarebbesi conchiusa la pace tra la Francia ed il re di Dahomei. Il pa- 
dre Dorgère, incaricato di una missione ufficiosa presso il re, avrebbe 
ottenuto prima la liberazione degli ostaggi, quindi avrebbe concluso la 
pace alle seguenti condizioni: il riconoscimento da parte del re del pos- 
sesso di Cotonu alla Francia e del protettorato della medesima su Por- 
tonuovo. Tutti i trattati anteriori rimarrebbero in vigore. Dopo ciò 
sarebbe stato tolto il blocco alle coste. (Za Tribuna, n. 272, 1890). 


E. — AMERICA. 


LA POPOLAZIONE DEGLI STATI UNITI D’ AMERICA. — Per quanto le 
operazioni del censimento degli Stati Uniti dell’ America settentrionale 
non siano ancora compiute, pure dai risultati provvisori che fino ad ora 
si hanno, il signor Porter, direttore delle operazioni, crede di poter as- 
serire che la cifra totale della popolazione non debba scostarsi molto 
da 64,440,000 abitanti. Per quanto una tale cifra non corrisponda alle 
previsioni di coloro che la credevano superiore ai 67 milioni, pure 
l'aumento nell'ultimo decennio, sarebbe sempre grandissimo. I seguenti 
dati ne possono fornire la prova. Hoboken, N. J., avrebbe 42,560 abi- 
tanti con un aumento di 12,561 ossia del 42,52 °{, sulla cifra data 
nel 1880; Elizabeth, N. J., 37,644 ab. con. un aumento di 9,415, ossia 
del 33,35 °i,; Trenton, N. J., 58,484 ab., con un aumento di 28,574 
ossia del 95,53 “[,. L'aumento poi si riscontra in proporzioni assai 
maggiori nelle regioni dell'O. ed in quelle del S., dove la popolazione 
ha appena cominciato ad affluire, dove i borghi del 1880 son diven- 
tati città, i villaggi borgate, le cascine villaggi. Di tali aumenti la causa 
principale deve naturalmente ricercarsi nell’immigrazione. Ecco ora, se- 
condo 1’ Economiste Francais, il progressivo aumento della popolazione 
degli Stati Uniti da un secolo a questa parte: 

1790 . . . abitanti 3,926,214 


1800 . . . > 5,308,483 
1810 > 7,239,881 
1820 . . > 9,633,822 
1830 ? 12,866,020 
1840 >» 17,069,453 
1850 > 23,191,876 
1860 > 31,443,321 
1870 > 38,558,371 
1880 > 80,155,783 
1890 . >» 64,440,000 


(Zi Diritto, n. 243, 1890). 

L’IsoLa DI COOK NELL’ ARCIPELAGO D'ALASCA, è stata esplorata 
esteriormente, poco tempo fa, dal barco « Tam O'Shater ». Vi si os- 
servò che non esistevano gli scogli Archimandritov, nella Baja di Cacik- 
mak; invece se ne trovarono tra la Punta Anchor ed il Capo Cussilov, 
a circa 1,500 — 3,000 metri dalla costa, ed a livello di mare. Alla 
foce del Fiume Cussilov la marea presenta una differenza di 6 a 9g 
metri tra flusso e riflusso, All'estremità S.-O. dell'Isola Calgin si notò 
l'esistenza di un banco scoglioso per ro km.. C'è un buon ancoraggio 
tra l'isola stessa e il continente, dalla parte meridionale. (of. to Mar. 
D. 33, 1890). 

CONFERENZA GODIO SULL'ARGENTINA. — La sera del 13 ottobre u. s. 
l'avv. Godio, già noto per i suoi viaggi, specialmente nell’ America la- 
tina, tenne una conferenza al Circolo dei giornalisti in Roma, intorno 
alla Repubblica Argentina. Egli cominciò col descrivere il paese dal 





— 939 — 


punto di vista fisico ed economico, e ne raccontò in breve la storia, dalla 


conquista fino ai nostri giorni. Notate le cause dell'immenso e rapido 
progresso civile ed economico dell'Argentina, cui tanti Italiani hanno 
dedicata la loro opera ed i loro capitali, il conferenziere passò poi a 
studiare le cause, la preparazione e le fasi della crisi, che attualmente 
affligge quel paese. Nella conclusione egli dichiarò di ritenere che la 
crisi presente non sia che un incidente assolutamente passeggero, e 
che la Repubblica argentina, colle sue giovani forze, cogli elementi di 
ricchezza e di potenza che ha in sè, potrà in breve rialzarsi e ripren- 
dere il cammino del progresso, nel quale dovette per un breve istante 
fermarsi. 

IL COMMERCIO DELLA REPUBBLICA ARGENTINA, tanto di esportazione 
quanto di importazione, coi vari Stati, fu nel 1889 il seguente: 


Importazioni Esportazioni 
Inghilterra . . Pesos Nac. 56,820,169 14,931,394 
Francia . . > 30,237,407 38,264,414 
Stati Uniti. . . > 16,801,750 7,726,691 
Germania > 15,477,754 17,120,472 
‘ Belgio > 13,958,247 16,326,423 
Italia . > 10,188,189 3,930,134 
Uruguay > 7,206,315 5,393,960 
Spagna . > 4,565,470 3,332,115 
Brasile > 2,607,017 7,522,835 
Paraguay > 1,377:543 855,292 
Paesi Bassi . > 831,372 116,479 
Svezia e Norvegia >» 242,395 
Portogallo » 72,567 189,581 
Bolivia > 63,313 328,203 
Austria . > 42,034 
Chili . > 19,509 2,594,727 
Antille > gio 1,290,472 
Africa Australe > 27,537 
Altri paesi . > 4,057,922 2,954,308 


Totali Pesos Nac. 164,569,884 122,815,057 
Adunque |’ importazione totale nel detto anno fu di L. 891,968,771. 28, 


e l'esportazione totale di L. 566,157,608. 94. (Estadistica del Comercio 
y de la navegacion de la Rep. Arg., 1889). 


F. — OCEANIA. 


SCANDAGLI NELL'OCEANO PACIFICO AUSTRALE. — La nave «€ Mo- 
hican » degli Stati Uniti dell’ America Settentrionale, incrociando nelle 
acque delle Isole Samoa, fece alcuni scandagli. Da questi risulta in ge- 
nerale che il fondo del mare è molto accidentato intorno a quelle isole. 
I dati più importanti sono poi i seguenti: a 14° 13' lat. S., 170° 57' 
long. O. Green, m. 54,5; a 14°11’ lat. S., 171° 3’ long. O. Green. 


— 940 — 
m. 3,377; a 14° 2’ lat. S, 171° 13’ long. O. Green., m. 3,031; a 13° 55” 
lat. S., 171° 21’ long. O. Green., m. 1,487. (Wot. to Mar. n. 35, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


I PROGETTI DELLA SPEDIZIONE POLARE Rypsr. — Compito della 
Spedizione Ryder è in generale quello di esplorare la costa orientale 
della Groenlandia dal 66° al 73° di latitudine settentrionale. Perciò essa 
non andrà oltre il Fjord di Francesco Giuseppe, tanto più che oltre 
questo punto furono fatte esplorazioni minute e soddisfacenti dalla se- 
conda Spedizione polare tedesca del Nord. Il Ryder, in una comunica- 
zione fatta alle Peserm. Mitteilungen (n. 8, 1890) dichiara che, a 
grandi tratti, il programma della sua Spedizione è il seguente: essa sarà 
composta di due ufficiali di marina, un osservatore per la parte scien- 
tifica, quattro marinai e, probabilmente, due Groenlandesi delle colonie 
danesi della costa occidentale. L'allestimento si farà con tre scialuppe, 
della lunghezza di m. 7,35 e della larghezza di m. 2, con carico di 
materiali pronti per la montatura d'una casa, di osservatori, e di stru- 
menti, slitte, tende, schie (scarpe da neve), armi, munizioni ecc., e vi- 
veri per due anni. La Spedizione partirà da Copenhaghen ai primi del 
giugno 1891, con un piroscafo noleggiato per l'estate. Prima cura ed 
impresa sarà quella di costituire un deposito di viveri sulla costa in- 
torno al 69° di lat. N.. Poi, riuscita o no questa impresa, la Spedizione 
svernerà, secondo il caso, presso il Capo Stewart, a S.-E. della Terra 
di Jameson, sullo Stretto di Scoresby, che è stimato sicurissimo, su una 
costa bassa ed eguale, con vegetazione e vita animale relativamente 
ricche. Passato l'inverno, nella buona stagione del 1892, lasciando in 
terra la casa e gli oggetti superfiui, il grosso della Spedizione rimontera in 
battello per avanzarsi ad esplorare i fjordi tra Scoresby-Sund e Franz- 
Joseph-fjord, nella parte interna, e forse per riconoscere l'esistenza della 
comunicazione tra quest’ultima e lo Stretto di Davis. Ciò fatto, la Spe- 
dizione comincierà il suo ritorno, per Angmagsalik, dove forse le toc- 
cherà svernare, tra il 1892 e il 1893, per i frequenti ritardi e contrat- 
tempi nella navigazione. Intanto, nel viaggio di andata sulla nave, che 
condurrà la Spedizione, si faranno osservazioni meteorologiche, bati- 
metriche, ed intorno ai ghiacci galleggianti. (Pet. Miffeil. n. 9, 1890). 





V. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


Società D ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, V-9, 
1890. 

Colonie e colonizzazione, IX, di V. Zoc4ifi. — Sulle difficoltà dell’ esplorazione 
africana (fine), del prof. G. Ricchieri. — La Colonia del Capo, di A. Bismot. — 
La Spedizione portoghese negli Stati di Muatanianva II, di C. G. Joni. 

Rivista DI TOPOGRAFIA E Catasto. — Roma, III-2, 1890. 

Sulla compensazione delle osservazioni nei lavori topografici, memoria del pro- 
fessore V. Gattoni. 

CLus ALPINO ITALIANO. —- Torino, agosto 1890. 

Disgrazie al Monte Bianco e al Cervino. — Aiguille méridionale d’Arves et Grand 
Pic de la Meijé, di Z. Vaccarone. 

Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, X-8, 1890. 

L’ anticiclone del novembre 1889, del p. Desza. — Studi comparativi fra alcune 
vibrazioni meccaniche artificiali del suolo e le vibrazioni sismiche, di Zerfelli. 
BoLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, II, III, 

1890. 

La Cirenaica nell’ anno 1859, dell'avv. A. Motta, — Alcuni cenni sulle ric- 
chezze minerali della Birmania, di G. 8B. Sacchiero. — Movimento commerciale e 
marittimo della Repubblica di Honduras nel 1888, di A. Grosselin de Saint Laurent. 
— Sull’ esportazione ed importazione al Giappone negli anni 1888-89, ecc., di £. de 
la Penne. — Commercio di Barcellona nel 1889, di £. Stella. — Commercio e na- 
vigazione del Clyde coll’ estero, di G. Breen. 

Rivista MARITTIMA. — Roma, XXIII-9, 1890. 


Un mese nell’ Isola di Seilan, del dott. #. Rho. 


Nuova ANTOLOGIA. — Roma, XXIX-18, 1890. 


Il Tonchino, le sue lotte e il suo avvenire: ricordi di un interprete in Cina, di 
L. Nocentini. 


MarINA E Commercio. — Roma, 31 agosto, 7, 14, 21, 28 settem- 
bre 1890. 
Coste africane libere. — La pesca delle spugne a Lampedusa. — La Spedizione 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


—— 942 — 
Nansen al Polo Artico. — Il porto di Batum. — I popoli all’estero. — LL” Europa 
in Africa. — Il commercio degli Stati Uniti nel 1888-1889. — Attualità africane 
— La Repubblica Sud-africana. — Transvaal sotto il punto di vista dell’ immigra- 
zione europea. 
IL Potrrecnico. — Milano, giugno-luglio 1890. 
Due globi mercatoriani della Biblioteca di Cremona, di D. G. Ceradisi. 


L'ILLUSTRAZIONE ITALIANA. — Milano, 35, 1890. 


Etiopia, recensione di due opere del Costi e del Borelli. — Narel Purnima, 
festa di Bombay, di A. Pescio. 


ATENEO Licure. — Genova, luglio-settembre 1890. 
Condizioni naturali e sociali della Scandinavia, del comm. Harald Asche. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


Socigté DE GEOGRAPHIE. — Parigi, Bulletin XI-2, 1890. 


Le vie dell’ Africa settentrionale al Sudan, di £. Blane (con carta). — Da Lima 
a Iquitos per il Palcazd ecc., di O. Ordinaire (con carta nel testo). — Delle risorse 
che |’ Asia centrale può offrire alla colonizzazione russa (con carta), del 
Annencov. — Note sul Tibet, dell’ ab. Desgoatns. — Il voto della Conferenza tele- 
grafica di Parigi riguardo all’ ora universale, di C. Tondini dé Quarenghs. 


Revue FRANCAISE DE L'ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, 15 set- 
tembre 1890. 


Parigi, Bocara e Samarcanda, di Z. Cockard. — La Francia a Gerusalemme, 
secondo V. Guérin. — La Convenzione anglo-portoghese del 20 agosto 1890. — 
Il paese dei Ngami. — Le sedici traversate dell'Africa, di P. Barré. — La que- 
stione di Terra Nuova, di Dupont. — Movimento della popolazione cattolica nella 
America inglese, di £. Rameau de Saint-Père. — Corrispondenza dal Dahomei, di 
Nonbo. — Meridiano internazionale di Gerusalemme, di C. Zondini de Quarenghi. 
—— Acque, dune ed abitanti sulla strada per la ferrovia transshariana, di M Largeax. 


REVUE DE G£OGRAPHIE. — Parigi, settembre 1890. 


Limoges, centro d’ un sistema di vie tra la Loira e la Garonna, di A. Zeroma. 
— La Lorena, saggio di corografia (continuazione), di £. Awersaeck. — Una que- 
stione di geografia storica antica: la marcia di Annibale dall’ Ebro in Italia, di C. 
Thiaucourt. — I Rumeni: studio etnografico. — Gl’ Irlandesi in America prima di 
Colombo ecc., di P. Gafarel. 


La GtocrapPHIE. — Parigi, 4, 11, 18, 25 settembre 1890. 


La Convenzione anglo-portoghese. — La ferrovia del Sahara. — Il capitano 
Trivier. — Il dottore Peters. — Congresso Geografico nazionale svizzero. — La neu- 
tralità della Savoja. — La Geografia durante le vacanze. — Il Congresso internazio- 
nale di Berna. 


Socitté DE GEOGRAPHIE COMMERCIALE. — Parigi, XII-5, 1890. 
L’ India inglese e |’ Indo-Cina francese, di Y. Harmand. — L'emigrazione fran- 





we owe o te 


— 943 — 
cese ed il Kansas, di /¥ratin. — La Spagna ed alcuni de’ suoi: porti. — Federazione 
da’ Australia o d’ Australasia?, di % W. Hay. — Treich-Laplaine. — Il convegno 


anglo-francese per la costa occidentale. — L'emigrazione a Buenos Aires. 
LE Tour pu Monpe. — Parigi, 30 agosto, 6, 13, 20, 27 settem- 
bre 1890. 


Tre mesi in Irlanda, di Mf. Anna de Bovet (continuazione). 
REVUE MARITIME ET COLONIALE. — Parigi, settembre 1890. 


L’ esplorazione nel Sudan Occidentale del capitano G. Binger, del vice-ammira- 
glio Furien de la Gravière. — Hai-Ninh e Moncai nel 1886, di de Goy. — Appros- 
simazione con la quale può essere determinata una longitudine mediante l’occultazione 
di una stella per la luna, di Oltramare. — Notizie sul regno di Porto-Novo e sul 
Dahomei, di M. Bertin. 


Socnité DE GiocrapHIE DE Lyon. — Lione, IX-2, 1890. 


Alla ricerca della nazione e della città degli Iperborei, prima parte di un viaggio 
ai paesi danesi, di £. /. Berlioux. 


Société DE GEOGRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 
n. 16, 1890. 
Traversata francese dell’ Africa 1888-89, di £. 7rivier. — Le piante utili del- 
Y India, di 7. Grisard e M. van den Berghe. 
SOCIÉTÉ DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DU Havre. — Havre, luglio e 
agosto 1890. 
Il Canada (cont), del capitano Stuart Fossard. — La Colonia di Magellano, di 


G. Duloup. — Huelva, di £. de Floris. — Le traversate dell’ Africa. — Esplora- 
zione Becker. 


SOCIETE DE GEOGRAPHIE DE LILLE. — Lilla, n. 8, 1890. 


Gli Oceani e i mari (fine), di M. Gosselet. — Attraverso la Spagna ed il Por- 
togallo, di G. de Beugny d' Hagerue. — La Senegambia, di £. Bonvallet. — Due 
anni nel Senegal e nel Sudan (cont.), di £. #. (con carta). — Escursione alla fo- 
resta di Mormal, di G. Houbron. 


SOCIETÉ LANGUEDOCIENNE DE GrocRAPHIE. — Mompellieri, XIII-2 e 
3, 1890. 


Roquefort, di 7 Fvolas. — La traversata dell’ Africa, di 7rivser (con carta). — 
Lettera sul Madagascar, di C. Maistre. 


SOCIETE NEUCHATELOISE DE GEOGRAPHIE. — Neuchatel, V, 1890. 


Boscimani ed Ottentotti, di Z. Meshknicov. — Al paese dei Boeri, di 9. Facot. 
— A proposito d’ una carta statistica, di Z. Reclws. — Alcuni ricordi al Congresso, 
di CA. Faure. 


Le MouvEMENT GEOGRAPHIQUE. — Bruxelles, 20, 21, 22, 1890. 


I lavori della strada ferrata del Congo. — Le pretese portoghesi sul Muata 
Jamvo, di 4 7. Wauters. — Il trattato anglo-portoghese. — L'Isola di Lamu e la 
sentenza arbitrale del cav. Lambermont. — La tratta africana tra gl'indigeni. — Il 
territorio indipendente di Suazi. — L’ esplorazione del Bunga-Sanga, fatta dal Cholet 
(con cartina). —- Da Bangala alle Stanley-falls. 


L’AFRIQUE EXPLORÉE ET CIVILISEE, — Ginevra, XI-9, 1890. 


La Conferenza antischiavista di Bruxelles. — La convenzione anglo-porto- 
ghese. 


— 944 — 
SocreDAD GEOGRAFICA DE Maprip. — Madrid, XXIX-1-2, 1890. 


Il Congresso e I’ Esposizione Geografica di Parigi nel 1889, di R. Terres Camufoes. 
— I Portoghesi nell’ Africa Australe : il Zambesi e l' origine del Congo, scoperto dai 
Portoghesi nel 1796, di G. Marcel. — Il viaggiatore Rogosinski a Fernando Poa. 
— Notizie autentiche del famoso Rio Maragnon (cont.), di Af. Fimencs di la Espada. — 
L’ avvenire della lingua spagnuola, studiato dal punto di vista geografico e statistico, 
di G. Carrasco. — Il catasto in Ispagna, di G. Sanches y Massià. 


SOCIEDAD CIENTIFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, XXX-1, 1890. 


Determinazione della latitudine di un luogo e dell’ azsimut di una linea semza 
altro strumento che un circolo azimutale, di /. S. Corts. 


PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, IX, 1890. 


Scaglioni di costiera e terrazze nei fjordi occidentali della N orvegia, studio geo- 
grafico del dott. Chr. Sandler (con carta). — Notizie di un viaggio nella Nuova 
Guinea tedesca, di 7. Graf Pfeil (con cartina). — Sui lavori del Canale di Nicaragua, 
del dott. 7. Polacovski. — Per la questione dei lunghi periodi d' oscillazione delle 
acque, del prof. dott, 4. Voeicov. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, n. 35, 36, 37, 38, 39, 1890. 


Il processo di raffreddamento della Terra ed esperimenti per dimostrarlo, di 
H. Habenicht, — Illustrazione dei moderni Baschi, del dott. O. Stoll. — Classifica- 
zione etnologica delle razze caucasee, secondo le fonti russe, di /7. v. Aurich. — I 
Zingari (fine), del prof. G. Cora. — Chiloè, di 4. Ans. — Contributo all’ etnologia 
del territorio dell’ Amur, di P. v. Sterin. 


CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIFT FÙR DEN ORIENT. — Vienna, lu- 
glio 1890. 
Nell’ Africa più tenebrosa, di A. v. Schweiger-Lerchenfeld. 

DEUTSCHE RUNDSCHAU Fiir GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 


Dn. 12, 1890. 

Schizzi di città persiane, di A. 9. Ceyp. — Progressi delle esplorazioni geogra- 
fiche e dei viaggi nell’ anno 1889: Africa, del prof. dott. #. Paexlitschke; America, 
del dott. #. A. Fiittmer. — L' ultima opera dello Stanley sui suoì viaggi. — Le 
vacanze a Riigen, del prof. Z. Pa/ocsi (con carta). 

— n. I, 1890. 

Nei campi auriferi di Noord Kaap, di C. Wagener. — Bombay, di Z. Schéa- 
gintweit. — Abissinia-Etiopia, di G. RoAd/s. — L’ Edmundsklamm, altra mèta alpini- 
stica scoperta in Boemia, di A. Manser. — Le città gemelle di S. Paulo e Minnea- 
polis, di A. SfeimAauser. — Carta geologica della Terra. 


DEUTSCHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, 29 agosto, 6, 20 settem- 


bre 1890. 
Per il ritorno del dott. Peters. — La spartizione politica dell’ Africa. — La 
convenzione fra I’ Inghilterra ed il Transvaal rispetto a Zanzibar. — Il Territorio dei 


Matebele (con carta). — La ferrovia del Kilimangiaro. — La situazione nella Terra 
dell’ Imperatore Guglielmo, del dott. A. Hindorf. — Per la Storia e l' Etnografia 
delle Isole Marshall, di A. Seidel. — I Vaniamuesi, di 7. Reichard. — Il vapore 
sul Victoria-Nianza. — Camerun I (con carta). 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, 1, 15 settembre 1890. 


Le Molucche (fine), di #. Barsal, — La Spedizione del dott. Peters (con care 
tina). — Havai secondo il De Varigny, di £. Brunner. — I Duhoborzi in Russia, di 
Gro. — Salonicco, di A. £. Lux. -— Una nuova Spedizione danese nella Groen- 
landia orientale, di £. Brunner. 








pi 


— 945 — 
OSTSCHWEIZERISCHE GEoCR. COMMERC. GESELLSCHAFT IN ST. GALLEN. 
— S. Gallo, n. 1, -1890. 


Dalla Costa d’ Oro a Camerun, di P. Steiner. — Dal Madagascar. — Canzone 
marinaresca del Malabar. 


Export. — Berlino, 2, 9, 16, 23, 30 settembre 1890. 


La posta in Bolivia (continuazione). — Il commercio tedesco in Levante /cont.). 
— Sguardo politico coloniale per Ia Germania. — Contribato alla storia del Pondo 
in Africa. — Sviluppo delle miniere di Broken Hill nella Catena della Barriera in 
Australia. — L'immigrazione e la colonizzazione nel Brasile. — Il trattato angla- 
portoghese. — Il commercio sul Danubio. — La strada ferrata del Congo. — La 
ferrovia transsaharica. — Unità di pesi e misure nell’ America settentrionale. — Te- 
legrafo e telefono in Bolivia, 


Royat GeocrapaicaL Society. — Londra, XII-9, 1890. 
Il Fiume Harun e la Geografia commerciale della Persia sud-occidentale, di 


G. Curzon (con carta), — Ad Ispahan attraverso il Luristan, di A. Blosse-Lynch 
(con carta). 


NATURE. — Londra, 28 agosto, 4, 11, 18, 25 settembre 1890. 


Sul modo di osservare il fenomeno del terremoto, lettera di G. Marskall — 
Un notevole arcobaleno. — Gli aborigeni della Tasmania, del prof. . Max Miller. 
— Ancora sul modo di osservare i fenomeni sismici, di A. G. Dixon. — L’ esplo- 
razione dell’ Asia centrale, lettera di H. H. G. A.. 


THE SCOTTISH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, VI-9, 1890. 
Le Isole di Malta, con speciale riguardo alla loro struttura geologica (con carta 

e tavole), del dott. %. Murray. 

THE NATIONAL GEOGRAPHIC MAGAZINE. — Washington, II-4, 1890. 


Corea e Coreani, di ¥ B. Bernardou. — L' Ufficio topografico ufficiale dell’ In- 
ghilterra : sua storia e materiali, di 7. Peirce. — Nomenclatura geografica, di A. G. 
Ogden, G. Herrle, M. Baker ed A. H. Thompson. — Caratteri e forme di scrittura 
per I’ ortografia dei nomi geografici, di G. Zerrle (con 2 tavole). 


SCIENCE. — Nuova York, n. 395-398, 1890. 


Origine e carattere del Sahara. — Sistema dei venti, di M. A. Veeder. — Le 
relazioni fra i rilievi geologici degli Stati e della Confederazione con altri e con quelli 
dei geologici del paese, di 7. C. Brunner. - Origine della precipitazione acquea delle 


Montagne rocciose, di G. /7. Stone, — Le sabbie sonanti delle Isole Havai, di 

H. C. Bolton. 

RovaL GEOGRAPHICAL SOCIETY OF AUSTRALASIA. — Melbourne, VIII-1, 
1890. 

Il centro occidentale dell’ Australia finora esplorato, di W. H. Tietkins (con 
carta). — Fisiografia del Monte Hotham e de’ suoi dintorni, con note fisiche, geolo- 
giche, botaniche, meteorologiche, ecc., di 7. SfirZiag (con carta). 

Kon. NEDERLANDSCH AA} ‘JKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterdam, 


VII-3, 1890. 


I nuovi fogli della carta cromotopografica del Regno, alla scala di 1: 25,000 e 
della topografica militare del Regno a 1:50,000 ecc, di /. £. Z. Veeren. — Una nuova 
opera sui Paesi Bassi, di £.. — Descrizione del bacino idrografico del regno di 
Indragiri sulle coste di Naburige, di /7. 2. de Boer. — Alcune osservazioni sul così 
detto orang loeboe della costa occidentale di Sumatra, di Ch. £. ‘2. van Kerckhof: 
— Schizzo della struttura geologica del territorio della Repubblica Sud-africana in 
relazione con quella di tutta I’ Africa Australe, secondo le fonti più autorevoli fino 
al 1890, di G. A. F. Molengraaf (con due carte). — Lettera di Van der Kellen 


— 946 — 

sul suo viaggio da Gambos ad Hombé. — Sul Zéano in Sierra: frammenti d'un 
giornale di viaggio, del dott. H. 4. ten Kate. 
IL BrasitE. — Rio de Janeiro, IV-8, 1890. 

Riorganizzazione dell’ Ispettorato generale delle Terre e Colonizzazione. — L’ Isola 
d' Helgoland. — Immigrazione ed emigrazione. 
Société DES ETUDES INDO-CHINOISES. — Saigon, I, 1890. 

Studio sul passaggio dei battelli a vapore attraverso le cascate di Khon (Mecong), 
del dott. Mougeot. 
DeurscRE GESELLSCHAFT FOR NATUR — UND VOLKERKUNDE OSTASIENS. 

— Tokio, 44, 1890. - 

Il vento fosen presso Canazava al Giappone (con tavola), di 4. nipping. 


— L'organizzazione dello Stato e della società nell’ antico Giappone, del dottore 
C. A. Florens. 


Lt — ATTI DELLA SOCIETÀ 


COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENZA. 


Il prof. L. Balzan, cui la Società Geografica concesse un sussidio 
che lo ponesse in grado di intraprendere una lunga esplorazione geo- 
grafica nelle regioni meno note del Perù e della Bolivia (1), scrisse in 
data del 20 agosto, da Asuncion nel Paraguai, che sarebbe partito di 
là insieme col sig. Germain ai primi del corrente novembre, per dar 
principio alla sua impresa. 

La Società Geografica di Parigi scrisse alla Società nostra annun- 
ciando di avere scelto per sede e data del prossimo Congresso interna- 
zionale la città di Berna, e l'anno 1891, in luogo della città di Genova e 
dell’anno 1892, ch’erano stati specialmente raccomandati dalla nostra 
Società (2). Essa espose le ragioni per cui credette di dover preferire 
le domande della Società di Berna, facendo intendere che dopo il Con- 
gresso del 1891, nulla osta che la città di Genova ne bandisca uno per 
il 1892, nell'occasione del IV centenario della scoperta d’ America. E 
conchiude : « La città di Genova, giustamente desiderosa di glorificare 
« la memoria dell’immortale Colombo, saprà trovare, come speriamo, un 
« mezzo di associare a tale solennità 1 geografi di tutto il mondo, e 
« questi si faranno un dovere di rispondere all'invito, di dimostrare la 
« loro simpatia e la loro ammirazione per l'antica città, che ha pro- 
« dotto un così gran numero di illustri uomini di mare >. 

Da Santa Rosa di Lima fu telegrafato alla nostra Società la triste 
notizia della morte del celebre scienziato e viaggiatore prof. Antonio 
Raimondi, nostro membro d'onore. La Società inviò direttamente a 
Lima un telegramma di condoglianza, disponendo per essere rappre- 
sentata ai funerali dell’illustre trapassato, che dovevano aver luogo il 
giorno 4 novembre. 

Il sig. Emilio ‘Cocorda (3) scrive dalla Citta del Capo (Capetown) 
annunciando che ritornava per poco tempo in Italia a sistemare certi 
suoi affari e preparare nuove imprese. 


(t) Vedi BOLLETTINO, /uglio-agosto 1890, p. 630. 

(2) Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, p. 305. 

(3) Vedi BOLLETTINO, luglio, agosto, ottobre-novembre 1889, p. 379, 754, 892, 
aprile 1890, p. 305. | 


Pervennero ultimamente alla Società i seguenti doni: 

Binger cap. L. G.: Carte du Haut-Niger au Golfe de Guinée par 
les pays de Kong et le Mossi (1887-1889, échelle 1:1,000,000). Pa- 
rigi, Servizio Geog. delle Colonie, 1890. Fogli 4 in cromolitografia 
(dono della Società Geog. di Parigi). 

Du Fief J.: Le partage de l'Afrique entre les puissances européennes, 
avec une carte de l'Afrique centrale. Bruxelles, Vanderauwera, 1890. 
Op. di pag. gr con carta. 

Pigafetta M. A.: Itinerario del secondo viaggio di Verazio a Costan- 
tinopoli, in e Putonanja, ecc. ». Agram, Tisak Dionicke Tiskare, 1890. 
Op. di pag. 124 (dono del prof. dott. Matcovic). 

Corti Siro: Le provincie d'Italia: Torino, Cuneo. Roma, Paravia, 
1890. Op. 2 di pag. I1or-1tI, con 2 carte corografiche (dono dell'edi- 
tore). 

> Giardelt dott. C.» Geografia del mondo antico, scritta secondo i 
più recenti programmi. Siracusa, Santoro, 1890. Op. di pag. 131 (dono 
del socio conte E. Statella). 

Von Hoehnel L.: Bergprofil-Sammlung wihrend Teleki’s Afrika 
Expedition 1887-1888. Vienna, Ist. Geog. militare, 1890. Vol. di ta- 
vole 30-IV e carta (dono dell'autore). 

De Kovalevsky E.: Les Kourdes et les Iésides ou les adorateurs 
du démon. Bruxelles, R. Soc. Belg. di Geog, 1890. Op. estratto di pa- 
gine 34 (dono dell'autore). 

Wheeler cap. G. M.: Geographical Report upon Un. States Sur- 
veys West of the one hundredth Meridian. Washington, tip. nazionale, 
1889. Vol. di pag. 780 con 38 tavole e 3 carte (dono dell'autore). 

Morand p. L.: Boletin mensual del Observatorio de Villa Colon. 
N. 8, 9. Montevideo, tip. nazionale, 1890. Fasc. dì pag. 23 e tavola 
(dono della Direzione dell’ Osservatorio). 

Galanti prof. A.: L'Italia fuori de’suoi confini politici. Parte 1°, 
statistica. Roma, Soc. Laziale, 1890. Op. di pag. 28 (dono dell’ autore). 

— Estadistica del comercio y de la navegacion de la Republica 
Argentina, 1890. Buenos Aires, Comp. Sudam., 1890. Vol. di pagine 
XXXVIII-453 (dono del Governo dell’ Argentina). 

— Corriere d’Italia a Rio de Janeiro: giornale politico. Rio de 
Janeiro, 1890. Fogli 2 (dono della Direzione). 

Hugues L.: Storia della Geografia e delle scoperte geografiche ; 
parte 2°: La Geografia nel Medio Evo, Vol. di pag. 269. Torino, Loe- 
scher. 1890 (dono dell’ editore). 

Von Dankelman bar. A.: Mittheilungen aus den deutschen Schutz- 
gebieten III-3. Berlino, Asher e C., 1890. Fasc. di pag. 64 con carte 
ed illustrazioni (dono del redattore). 

— Le Hajasdan; periodico armeno, n. 1 e 2. Londra, Sevasli, 
1890. Fasc. di pag. 16 (dono della redazione), 

Marinelli prof. G.: La Terra: trattato popolare di Geografia uni- 
versale. Disp. 256-257, 258-259. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. 2 di 
pagine 24 con carte ed illustrazioni (dono dell’ editore). 

Strafforello G. ed altri: Ta Patria: Geografia dell'Italia. Disp. 34, 35. 





— 949 — 
Torino, Unione Tip. Editrice, 1890. Fasc. 2 di pag. 24 con tavole ed 
illustrazioni (dono dell’ editore). 

Direzione di Statistica generale dell! Uruguay: Commercio esterno. 
Movimento di navigazione della Repubblica Orientale dell’ Uruguay ed 
altro, per il 1889. Montevideo, « L'Italia », 1890. Copie 2 di pag. 35 
(dono della Direzione di Statistica dell’ Uruguay). 

Avetta dott. C.: Quarta e quinta contribuzione alla fiora dello 
Scioa. Roma, « Nuovo Giorn. Bot. It. », 1890. Op. estratti di pag. 6-6 
(dono dell’ autore). 

Rosa dott. D.: Le novlatin, international scientific lingua. Torino, 
Clausen, 1890. Op. di pag. ro (dono dell'autore). 

Cruls L. ed altri: Revista do Observatorio, V-8. Rio de Janeiro, 
Lombaerts, 1890. Fasc. di pag. 20 (dono della Direzione). 

Anselmi A.: Nuova Rivista Misena, III-9. Arcevia, Anselmi, 1890. 
Fasc. di pag. 16 (dono dell’autore-editore). 

Bellucci prof. G.: Materiali paletnologici della provincia dell’ Um- 
bria: ricerche e studî. Disp. IV. Perugia, Boncompagni, 1890. Fasc. di 
pag. 16 con tavola (dono dell'autore). 

Schiaparelli prof. E.: Studi sull’ antico Egitto. I. La Catena Orien- 
tale dell'Egitto. Firenze, Loescher, 1890. Vol. di pag. 132 (dono del- 
l’autore). 

Ricchseri prof. G.: Sulle difficoltà dell’ esplorazione africana, con- 
ferenze. Milano, Bellini e C., 1890. Op. di pag. 94 (dono dell'autore). 

Sangiorgio dott. G.: Sul Pietro Verri del sig. Bonny. Torino, 
« Riv. storica It. » 1890; op. di pag. 11, copie 2 (dono dell’autore) 

— In Alto: Cronaca bimestrale. Udine, Società Alpina. Friulana, 
1890. Foglio n. 6 di pag. 24 (dono della Società editrice). 

Direzione Generale di Statistica: Annali: Statistica industriale. XXV: 
Alessandria, con carta. Roma, Botta, 1890 (dono del Ministero d'Agri- 
coltura, Industria e Commercio). 

Diresione Generale delle Gabelle: Statistica del commercio speciale 
di importazione e di esportazione dal 1° gennajo al 30 settembre 189c. 
Roma, Elzeviriana, 1890 (dono del Ministero delle Finanze). 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — Pietro DELLA VALLE E I SUOI VIAGGI 
IN TurcHIa, PERSIA E INDIA 


del socio prof. GIUSEPPE PENNESI. 
(con una Carta). 


I, 


Chi, salita la scala monumentale dell’ Aracoeli, penetra nella chiesa 
— che è una delle più insigni di Roma — per ammirare i tesori 
profusi dall'arte in quel suo santuario, ha facilmente richiamata l’atten- 
zione dalla quinta cappella di sinistra che è dedicata a S. Paolo e che 
appartenne un tempo alla casa patrizia dei Della Valle (1). Ma tra le 
memorie e i nomi di questa famiglia, scolpiti là dentro sulle tombe e 
nelle frequenti iscrizioni sepolcrali, si cercherebbe invano sia pure il 
più modesto ricordo di Pietro Della Valle, di quest’ uomo dalla vita 
avventurosa che i posteri, come 1 contemporanei, conobbero più spe- 
cialmente col nome di « Pellegrino » e che basterebbe da solo a man- 


(1) « La famiglia Della Valle, patrizia romana, per merito della sua gente, 
ebbe prima da Sigismondo imperatore l'aquila imperiale, che porta nell’ arme, illu- 
strata dalla sacra porpora di due cardinali: Rustico sotto Onorio II, e Andrea sotto 
Leone X. Dalle case ove abitano i signori di essa prende il nome una via, che per 
il transito delle cavalcate, viene ad essere cospicua e papale, e insieme il magnifico 
tempio di Sant’ Andrea Della Valle chiamato. Nell’ infortunio del sacco di Roma, 
sotto Clemente VII, rifuggirono in esse cinquecentocinquanta persone di varie fa- 
miglie, dove il cardinale Andrea, decano del sacro collegio, in ventisettemila scudi, 
con Fabrizio Maramaus compose la propria e la comune liberazione: onde ragione- 
volmente nella soffitta d'una sua camera si vede intagliata in oro la corona civica 
col motto: 08 cives servatos. » Vedi BELLORI, Vita di Pietro Della Valle premessa 
ai suoi viaggi — edizione di Roma, 1662-63 — e ripubblicata nella edizione che de- 
gli stessi viaggi fece il Gancia a Brighton — leggi Torino — nel 1843. Altre e in- 
teressanti notizie intorno alla famiglia Della Valle fornì IGNazio Ciampi nella sua 
memoria su Pictro Della Valle il Pellegrino inserita nella « Nuova Antologia », set- 
tembre, ottobre, novembre, dicembre 1879. 


— 955 — 

tener viva la fama della sua casa (1). Nato in Roma agli 11 di aprile 
del 1586, egli ebbe « l' educazione corrispondente alla nascita e l' in- 
gegno agli studi, a’ quali diedesi, portato dalle facoltà naturali: perchè 
non mancò in lui nessuno di quei beni che la natura è solita contri- 
buire quando vuole formare un uomo eccellente: spirito pronto, ingegno 
facile, memoria, acutezza, perspicacia » (2). Onde è che giovane ancora 
egli si mostrò versatissimo nelle scienze, nell’ eloquenza, nella poesia, 
riscuotendo molta lode persino al cospetto di quell’ Accademia degli 
Umoristi che, a’ suoi tempi, accoglieva quanto di più eletto era in Roma 
fra i cultori delle discipline scientifiche e letterarie. 

Ma nè il lieto tirocinio degli studi, nè il dotto plauso degli stu- 
diosi riuscivano ad appagare pienamente l'animo intraprendente e, quasi 
diremmo, irrequieto del giovane patrizio, che al culto della mente volle 
perciò accoppiare l’ esercizio delle armi e delle arti cavalleresche. E 
prese parte a giostre e a tornei, e fu salutato poeta e cavaliere. Qua- 
lità coteste che naturalmente lo portavano ad essere, come scrive il 
suo biografo, anche un po’ ossequioso verso il merito delle signore. Fatto 
sta che ben presto « a’ danni suci cospirarono gli occhi di giovinetta 
dama » alla quale egli consacrò per lunghissimi anni la sua fede, le. 
sue gioje, le sue speranze, fnchè da ultimo « la genitrice, arbitra delle 
voglie della donzella, destinolla ad altro amatore ». 

L’ amaro disinganno mancò poco non costasse la vita al povero 
derelitto, ed anzi si narra ch’ egli « armatosi d’ ira e di ferro, già rivol- 
gevalo contro sè stesso, risoluto però di morire con l’'involatore della 
sua vita, e lasciare morendo esempio della sua fede e dell’ altrui cru- 
delta ». Ma poi alla disperazione subentrato quello sconforto, che nelle 
anime ben temprate è spesso come un raccoglimento per prepararsi 


(1) Negli Stud? biografici e bibliografici sui Viaggiatori Italiani di P. AMAT DI 
S. FiLirpo (p. 386 della ediz. 1882) è riportata la seguente iscrizione : Hic requiescit 
Petrus de Valle ci (cuius) aia (anima) reguiescatin pace. Amen, — e la si dice appunto 
dedicata alla memoria del « Pellegrino », Se non che il Ciampi nell’ ultima parte della 
sua memoria, testè ricordata, aveva già escluso ogni probabilità che la mesta afferma- 
zione e l’augurio pietoso di quell’ epitaffio si potessero riferire al personaggio di cui 
vogliamo occuparci nel nostro studio. La tomba, che portava detta iscrizione e che 
venne rimossa dal luogo, ove prima era stata posta, per collocarla dinanzi alla prima 
cappella di destra, è evidentemente di qualche secolo più antica del nostro Pie- 
tro Della Valle e non può essere appartenuta se non a qualche omonimo antenato 
di lui. 

(2) Vedi il BeLLORI nella vita or ora citata in nota, p. XVI. Cogliamo poi 
wabito l’ occasione per avvertire che nelle note seguenti noi ci riferiamo sempre ai 
volumi e alle pagine della edizione fatta dal Gancia. 


— 952 — 
a vendicar le sventure con qualche nobile risoluzione, il fiero patrizio 
cominciò a sognare solitudini remote, terre lontane e persino un pie- 
toso pellegrinaggio in Terra Santa. Fuggi dunque da Roma e, scorrendo 
dall’ una all'altra città, giunse a Napoli dove fissò a lungo la sua di- 
mora non tanto per chiedere un sollievo all’ azzurro di quel cielo e di 
quel mare, quanto perchè v’ebbe ripetutamente occasione di recarsi 
a combattere contro i pirati fin sulle coste di Barberìa. Siccome però 
non intendeva punto di rinunziare alla peregrinazione in Oriente, s'andò, 
in pari tempo, consigliando in proposito coll’amico suo Mario Schipano, 
professore di medicina « soggetto di gran letteratura e celebre per le 
accademie d’ Italia ». Anzi s'accordò con lui per farlo in qualche modo 
partecipare alle fatiche ed al premio dell’ impresa, in quanto che pro- 
mise di mandargli le più minute relazioni de’ suoi viaggi, mentre l'amico, 
per meglio raccomandare alla fama il nome del viaggiatore e le notizie 
da esso riferite, avrebbe dovuto comporre una « storica narrazione ». 

I preparativi della partenza furono ben presto compiuti e, all’ ul- 
timo momento, oltremodo commoventi. Nella chiesa di san Marcellino 
venne persino indetta un'apposita funzione religiosa, durante la quale, 
tra le salmodie di un coro di monache, Pietro della Valle — appunto 
allora assumendo il nome di Pellegrino — si fece benedire la tonaca 
ed il bordone d’ oro che avrebbe dovuto cingere fino al suo ritorno di 
Terra Santa. Indi si condusse nuovamente in Roma e di qui a Venezia, 
dove s' imbarcò sul « Gran Delfino » per lasciare l'Italia agli 8 di 
giugno del 1614 e, con un viaggio abbastanza fortunato, giungere a 
Costantinopoli circa due mesi dopo. 

La sua prima lettera o, meglio, relazione di viaggio, è appunto 
datata da quest’ ultima città e in essa racconta assai minutamente le 
vicende della sua navigazione pel Mediterraneo, mostrando sin da prin- 
cipio una singolare predilezione per le reminiscenze classiche e intrat- 
tenendosi in alcune identificazioni tra luoghi antichi e moderni, in notizie 
d' indole storica ed ctnologica, ma specialmente in alcune particolarità 
interessantissime, se non per la novità, certo per la diffusione di una 
più esatta conoscenza geografica dei punti da esso veduti e ricordati. 
Lungo le coste dell’ Epiro riconobbe il porto Caonio col luogo che 
dell’ antica Buthrotum ritiene ancora il nome corrotto in Butintrò o 
Vutzindrò (1). A Corfù ebbe ad ammirare le fortificazioni erette dai 
Veneziani su scogli altissimi « le quali la natura più che l’arte rende 


(1) Il nostro viaggiatore la qualifica « alta città antica » appunto per remini- 
scenza classica (celsam Buthroti ascendimus urbem — Eneid. III) ma l'epiteto di 
« alta » non è assolutamente esatto. 





— 953 — 
inespugnabili »; ma la città gli parve piccola e brutta, sebbene circon- 
data da una campagna assai bella. Poi passò in vista di Leucata, d’ Itaca, 
di Cefalonia (1) diretto, siccome era, all’ Isola di Zante non più nemo- 
rosa, quale la decanta Virgilio, ma alpestre nell’ aspetto e colla città 
lunga assai, distesa in cerchio attorno alla marina, con monti alle spalle 
e composta piuttosto di tugurî che di case. 

Ne ripartì dopo quattro giorni per accostare alle Strofadi (2) e 
quindi cominciare a costeggiar la Morea, passando per lo stretto di 
Cerigo e, in seguito, a causa di una furiosa tramontana « spasseggiando 
un pezzo per l'Arcipelago con lunghissimi giri » che gli permisero di 
scorgere parecchie isole e città fra cui Milo, Napoli di Romanìa, Idra, 
Atene, Andro, Negroponte. Potè nondimeno riparare ben presto a Scio 
« che con molta ragione si dice la delizia dell'Arcipelago e il giardino 
della Grecia » dove si trattenne alcuni giorni, notandone specialmente 
la natura, i prodotti del suolo, i costumi degli abitanti (3) finchè il 
« Gran Delfino » riprese il mare per dirigersi verso Egnusi e Lesbo e per 
andare ad ancorarsi sotto l’ Isola di Tenedo, presso la bocca del canale 
che la divide dalla terraferma. 

Quando si vide in quel luogo, al cospetto di quei lidi e di quei 
monti sacri alla tradizione e alla memoria dell'antichità, il Della Valle, 
come dice egli stesso, non potè aver più pazienza e dispose immedia- 
tamente di lasciare la nave per recarsi a visitare le rovine della Troade 
et gentis cunabula nostrae, secondo l'espressione di Virgilio. Ma nel ri- 
cercare le vestigia delle cose cantate da questo suo poeta prediletto e 
da Omero, specialmente poi nel riconoscere il luogo ud: Troja fuit, non 


(1) Naturalmente queste isole servono anche a fargli ricordare i nomi di Nerito, 
Same, Dulichio, non che i Zaerfia regna di Virgilio. 

(2) « La prima cosa che io vedessi in quei mari, furono le Strofadi, abitate 
non più dalle Arple, come un tempo, ma solo da cinquanta o sessanta Calojeri greci, 
che in un bel monastero, che vidi dal mare, fabbricato nella maggiore delle due iso- 
lette, forte a guisa di castello, per timor dei corsari, menano sequestrati dal mondo, 
in quel solitario luogo, una vita innocente e, secondo me, felice. E sono tanto amo- 
revli e cortesi, che ogni volta che vedono passare qualche vascello, vanno con una 
barchetta ad incontrarlo; e gli portano, come fecero a noi, rinfrescamenti d’ erbe e 
di frutta, che solo per divozione di quel luogo sono di gusto esquisito. Ebbi rela- 
zione da quei buoni padri, che le isole sono fertilissime; e che per diligenza di essi 
che le coltivano, abbondano di tutte le delizie che possono desiderarsi. Mi dissero 
ancora che vi è una fontana d’ acqua buonissima e fresca, la quale tengono per certo 
che venga dalla terraferma di Morea, passando sotto al mare più di sessanta mi- 
glia, ecc. (V. Lettera I, da Costantinopoli, vol. I, p. 5) 

(3) V. p. 7 e seg., in cui, per esempio, si trattiene a parlare della raccolta 
del mastice, o resina aromatica del lentisco. 


ee 


— 954 — 

v' ha dubbio ch'egli si lasciò trasportare un po’ troppo dalla buona 
fede; per quanto, a essere imparziali, bisogni pure tener presente come 
fosse facile e forse inevitabile a’ suoi tempi l'esser tratto in errore sia 
dalle tradizioni locali, sia dall'autorità di qualche scrittore che — ad esem 
pio il Belonio — godeva di una reputazione pressochè incontrastata (1). 
Ad ogni modo alcune sue informazioni su certe rovine, forse meno an- 
tiche di quanto egli credeva, non mancano punto di qualche interesse; 
come sono interessantissimi i cenni riferiti intorno alle condizioni na- 
turali del paese — di cui prese « un poco di schizzo di pianta per 
furlo dipingere un giorno » se avesse trovato chi avesse potuto inten- 
dere i suoi «€ scarabocchi » — o intorno alla valle, dove tra il verde 
delle erbe e dei salici corrono il Simoenta e lo Scamandro, e all'im- 
boccatura di questi due celebri fiumi. « Non credo, egli soggiunge, che 
il Belonio vedesse questo luogo, perchè non ne fa menzione; e non 
avrebbe detto, se l'avesse veduto, che Xanto e” Simoenta siano così pic- 
coli che la state si secchino e l'inverno appena si conoscano : perchè 
non solo, come ebbi relazione dai paesani, non si seccano, ma sono 
tanto grossi che alla bocca, dove uniti entrano in mare, vi possono 
entrar vascelli, e camminare anche in dentro per dieci miglia ; ed io 
cogli occhi miei, passando, vi vidi un vascello mediocre, ritirato come 
in porto, che aveva dato fondo dentro al fiume » (2). 

Del resto il Della Valle non si trattenne sul posto tutto il tempo 
che sarebbe stato necessario a un esame ben ponderato; perchè aveva 
lasciato a bordo del « Gran Delfino » le sue « robe » e doveva sollecita- 


(1) Che il sito preciso di Troja fosse materia di grande incertezza venne detto 
e ripetuto sino a pochi anni fa; ma ormai s'ha per assodato che esso deve ricer- 
carsi nel tratto fra il Xanto o Scamandro (Mender) e il Simoenta, un po’ più a mez- 
zogiorno dell’ odierno Kissarlik che è segnalato come il punto archeologico della 
Troade ove, un tempo, sorse Z/ium Novum. — Pietro Della Valle, attenendosi invece 
alle parole di Virgilio, scrive che « la città di Troja era fabbricata alla riva del mare, 
dirimpetto a Tenedo » dove appunto egli ammirò molte rovine, alcune delle quali 
oggi si potrebbero forse identificare con quelle di Alexandria Troas o di altre leca- 
lità più o meno sconosciute, 

(2) Così egli è lieto di venire in soccorso specialmente dell’ asserzione di Vir- 
gilio: — Udi tot Simois correpia sub undis. 

Scuta virum galeasque et fortia corpora volvit (Eneid. I). 

È però da notare che anche molti scrittori antichi, fra cui Erodoto e Strabone, 
accennano alla povertà d’acqua dei due fiumi surricordati. Oltre di che il Simois non 
imbocca più nello Scamandro, cosa già avvertita anche da Tolomeo e da Pomponio 
Mela. Il nostro viaggiatore, tuttavia, può essere giustificato riflettendo alle continue 
alterazioni subite da quella valle inferiore, non che dalla costa marittima, a cagione 
dei depositi fluviali. (V. in proposito LEAKE, Asia Minor, p. 289 e seg.). 


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— 955 — 

mente recarsi a ritirarle a Costantinopoli, proseguendo il viaggio su 
delle grosse barche. La qual cosa per altro, appena all’entrata dei Dar- 
danelli, non gli tolse di verificare che tra il Mar di Marmara e l'Egeo 
si produce « una rema, o corrente gagliardissima, come quella di Mes- 
sina; ma in questo differente, che quella corre talvolta in un istesso 
tempo in giù e in su, e si muta spesso con quelli aggiramenti perico- 
losi che appo gli antichi diedero luogo alla favola di Cariddi: e que- 
sta, non tanto instabile, corre sempre tutta per un verso, o in giù o 
in su, secondo i tempi ». Nei villaggi di Abido e di Sesto — ove ri- 
mase fino a sera « per memoria degli amori d’ Ero e Leandro » — 
nelle città di Gallipoli, di Cora, di Eraclea (Eregli), di Silivria, poste 
tutte sulla sponda settentrionale del Marmara, si trattenne solo quel 
tanto che gli fu necessario per cambiare imbarcazione o per concedere 
un po’ di riposo a coloro che lo conducevano; e nondimeno anche di 
que’ luoghi egli trovò sempre modo per riferire, sia pure brevemente, 
qualcuna delle caratteristiche principali. 

Quanto poi a Costantinopoli, della sua posizione, del suo Corno 
d'Oro, o porto « grandissimo, capace di migliaja di vascelli », del suo 
Bosforo « il quale nella sua lunghezza va facendo mille vélte con gra- 
ziosa diversità di sito, incurvandosi or da una banda or dall’ altra, a 
guisa di un fiume >, del suo splendido panorama, de’ suoi giardini, 
de’ suoi sobborghi, il Della Valle si compiace di parlare tanto minuta- 
mente che non saprei davvero quale altro viaggiatore del suo tempo 
gli si potrebbe contrapporre, visto e considerato che, per citare soltanto 
1 più famosi, il Gyllius scrisse la sua Zopografhia Constantinopoleos (1) 
circa mezzo secolo prima, e che il Grelot pubblicava la sua relazione 
oltre a sessant'anni dopo (2). E si diffonde addirittura intorno all’aspetto 
interiore della città che « dentro non corrisponde punto alla bellezza 
di fuori, anzi è bruttissima »; intorno alla descrizione di quelle vie 
strette, mal tenute, malagevoli; intorno all'architettura delle case, dei 
chioschi, dei bazari, delle meschite, di santa Sofia, del serraglio o re- 
gia ‘del Gran Signore, e di ogni edifizio, di ogni monumento che gli 
sembri meritevole di speciale ricordo. I sepolcri degl’imperatori otto- 
mani, l’ippodromo, 1 mercati, i bagni, le stesse condizioni igieniche 


(1) Pietro Della Valle cita spesso quest’ opera e dice il Gillio « autore non 
solo eruditissimo e verace, ma diligentissimo, tanto in aver rivoltato ed esaminato 
bene tutti i libri degli antichi, quanto in essere andato vedendo, osservando e sì mi- 
surando a palmo a palmo tutte le cose e tutti i luoghi ». 

(2) La pubblicò col titolo: elation nouvelle d'un voyage a Constantinople, a 
Parigi nel 1680. , 


della città, tutto gli offre occasione per intrattenersi a lungo coll’amico 
lontano, al quale indirizza con tanto affetto le sue relazioni (1) e cui 
per l'appunto sente il bisogno di scrivere: « Se son troppo diffuso, mi 
perdoni, chè un’altra volta farò peggio >. 

Ma perchè dimorò nella capitale del Bosforo per più di tredici 
mesi, oltre la lingua turca, che in seguito doveva riuscirgli di tanta uti- 
lità, egli ebbe agio di studiarvi specialmente gli usi e i costumi degli 
abitanti, e la loro indole, il loro modo di vestire, i loro cibi, le feste, 
i giuochi, le funzioni religiose, i riti nuziali, la corte militare e politica 
e tante e tante altre particolarità, sia pubbliche, sia private, dandone 
poi successivamente ampia relazione in quelle sue lettere che qualche 
volta costituiscono anche un prezioso contributo per la storia degli av- 
venimenti occorsi, quasi diremmo, alla sua presenza. Si procura, inoltre, 
schizzi e disegni da riportare nella sua Roma, e rettifica delle notizie, 
o altre ne fornisce affatto sconosciute, e ci fa assistere a certe usanze 
che, per quanto turche, si venivano allora introducendo anche fra le 
popolazioni cristiane dell’ occidente, o si dovevano più tardi imporre a 
pressochè tutto il mondo civile. Parlo dell'uso del tabacco che, senza 
dubbio, era già praticato da qualcuno anche in Italia; « ma qui —- 
scrive il nostro viaggiatore — si piglia a tutte le ore per trattenimento, 
facendo mille giuochetti con farsi uscire quel fumo dal naso, che a 
loro pare bella vista, ed a me una grande sporcheria ». Parlo del caffè, 
che Francesco Redi doveva poi calunniare a quel modo nel suo troppo 
famoso ditirambo di Bacco in Toscana, e del quale Pietro della Valle 
fu forse il primo a discorrere un po' diffusamente coi progenitori di 
coloro che poco a poco dovevano adottarlo come una deliziosa abitu- 
dine o, finalmente, considerarlo come un bisogno. « Questa bevanda 
— egli dice — si fa, se ben mi ricordo, del seme, o del frutto che 
sia di un certo albero che nasce in Arabia verso la città di Mekka, e 
il frutto che produce chiamato calze (2), donde la bevanda piglia il 
nome, è come bacche ovate della grandezza di mediocri olive, delle 
quali per far la bevanda si piglia talvolta solo la scorza che è tenera, 


(1) Oltre la prima relazione, già da noi ricordata, egli indirizzò altre nove let- 
tere da Costantinopoli a Mario Schipano, alcune delle quali sono lunghe molte die- 
cine di pagine. ° 

(2) Nelle antiche edizioni dei viaggi, che abbiamo preso in esame, questa pa- 
rola è naturalmente scritta coll’ « e il Gancia la riproduce colla medesima grafia, 
senza pensare che in una ristampa moderna doveva sostituirsi la lettera v, ciò che 
noi abbiamo fatto. 


— 957 — 

e talvolta quel di dentro che è a guisa di due fave..... (1). È grata al 
gusto e, come dicono, conferisce molto alla salute, massimamente in 
ajutar la digestione, corroborar lo stomaco e reprimere le flussioni dei 
catarri : cose tutte molto buone. Solo dopo cena dicono che leva un 
poco il sonno, e perciò sogliono pigliarne in quell'ora quei che vo- 
gliono studiare la notte. Se ne consuma in queste parti tanta quantità, 
che il dazio del cakve mi dicono ascendere a grossissima somma di de- 
naro. Quando io sarò di ritorno, ne porterò meco, e farò conoscere 
all’ Italia questo semplice, che infin ad ora forse le è nuovo. » 

Sarebbe facile moltiplicare le citazioni per mostrare di quanto spi- 
rito d'osservazione fosse dotato il nostro scrittore, se non ci premesse 


. piuttosto di seguirlo dopo la sua partenza da Costantinopoli, che ebbe 


luogo ai 25 settembre del 1615. Accompagnato da nove persone — 
sette militari e due Turchi — fornito di tutte quelle commendatizie 
che potevano agevolargli il passaggio, risparmiandogli molestie e so- 
prusi specialmente da parte di certe autorità, egli si diresse alla volta 
di Alessandria, dove conveniva andare a sbarcare per vedere lI’ Egitto 
e per visitare, come era suo intento, il monte Sinai prima di recarsi 
in Terra Santa. Gli bisognò dunque retrocedere a Tenedo e a Scio, 
navigò fra lo stretto che divide Nicaria da Samo, prese terra a Coo 
« patria del maestro della medicina Ippocrate, che dai Turchi è chia- 
mata corrottamente Stangiò » (2) e a Rodi, piazza forte di prim’ ordine 
per quei tempi — onde volle descriverla assai particolarmente — fin- 


(1) Al posto di questi puntini (V. lett. III da Costantinopoli, nel vol. I, p. 75) 
la relazione comincia a descrivere anche il modo di trattare il caffè che — aggiun- 
giamo anche questo a titolo di curiosità — vien bruciato per ridurlo « in polvere 
minutissima, e di color quasi nero; della qual polvere, che così bella e fatta si con- 
serva lungo tempo, se ne trova qui gran quantità per le botteghe. Quando si vuol 
bere, si fa bollir dell’acqua in certi vasi fatti a posta, che hanno becchi lunghi e 
sottili per poterla versare agevolmente ne’ vasi piccoli da bere. E dopo che l’acqua 
ha ben bollito, vi si getta dentro di quella polvere del ca4ve in giusta quantità, e si 
lascia ancora bollir con l'acqua buona pezza, tanto che deponga ogni amarezza fa- 
stidiosa, che facilmente avrebbe se non fosse finita ben di cuocere. Poi quell’ acqua 
così calda, quanto però si possa soffrire, versata in piccole scodelle di porcellana, si 
beve a poco a poco a sorsi, avendo già preso il sapore ed il color della polvere, la 
quale non si beve perchè resta nel fondo del vaso. Chi la vuol più delicata, insieme 
con la polvere del cakve mette anche nell’ acqua buona quantità di zucchero con can- 
nella, e qualche poco di garofani e riesce allora di sapore graziosissimo e cosa di 
sostanza, ma senza queste dilicature ancora & pur grata, ecc., ecc. ». 

(2) « I Latini la chiamano alcuni Langò, e così, secondo l'ignoranza di di- 
versi, piglia quest’ isola diversi nomi, come avviene di molte altre terre (vo- 
lume I, p. 158). 


— 958 — 

chè da ultimo il galeone che lo conduceva, potè dar fondo nel porto di 
Alessandria. Qui però non fece lunga sosta per tema della malaria, e 
d'altronde, in quella che oggi è considerata come una delle grandi 
città commerciali del Mediterraneo, non gli parve, all'infuori di certe 
rovine, vi fosse molto da vedere; cosicchè noleggiati cavalli e cammelli 
pel trasporto del bagaglio, s'avviò per terra alla volta di Rosetta « mol- 
to abitata e piena di mercanti per essere una delle scale dove cala la 
roba che viene dal Cairo ». 

Nella quale ultima città giunse rimontando il ramo del Nilo — che 
sebbene « dei navigabili sia il minore, sarà sempre largo quanto il Te- 
vere, ma non tanto fondo » — e la trovò « grandissima più di Roma, più 
di Costantinopoli » descrivendola, a sua volta, in tutto ciò che di più 
notevole gli potesse offrire a prima giunta così nelle sue strade e nella 
sua architettura interna, come ne’ suoi dintorni e nelle sue antichità. 

Poi si recò a visitare le piramidi « fabbricate nella riva occiden- 
tale del Nilo, ma dodici miglia incirca lontano dal fiume, in una cam- 
pagna sterilissima (chè |’ inondazione non vi arriva) tutta piana ed are- 
nosa. Per andarvi — egli soggiunge — si passa il Nilo sotto le ro- 
vine del Cairo vecchio e si va sempre verso occidente. Noi lo passammo 
due volte in barca, cioè prima il ramo minore più orientale che forma 
l'isola, e poi di là dall'isola il fiume grosso; e nella riva occidentale 
ne passammo finalmente a guazzo diversi canali, i più de’ quali ormai 
secchi non devono correr sempre, ma solo nei tempi dell’inondazione » (1). 
Nè è a dire se il nostro viaggiatore così entusiasta, così dotto, così 
pieno di classiche reminiscenze, rimanesse ammirato innanzi a quelle 
transizioni tra i colossi dell’ arte e i colossi della natura, innanzi a quelle 
« meraviglie del mondo » che « pigliando non men la fermezza che 
la forma di un monte naturale » resteranno eterne e saldissime « ad 
ogni motivo del cielo, della terra e del tempo ». Ciò che, a un dipresso 
afferma anche ua proverbio arabo, il quate dice che tutte le cose hanno 
paura del tempo, ma it tempo ha paura di quelle masse gigantesche. 

Colla scorta del Belonio (2) che qualifica per sua guida, il Della 


(1) V. a p. 185 e seg. del vol. I. Per constatare tutta la essittesza di queste 
indicazioni si consulti la carta inserita in Re&CLUS E., Nouvelle Géogr. Univers. 
vol. X, p. 568. 

(2) È il nome latinizzato di PIERRE BeLON, celebre nturalista della prima metà 
del secolo decimosesto e che fece un viaggio in Oriente, di cui lasciò una relazione 
così intitolata: Zes observations de plusieurs singularités et choses mbmorables, trovées 
en Grece, Asie, Indie, Egypte, Arabie et autres pays éstrangers, etc., 1553. — Il 
Della Valle, però, come bene osserva il Ciampi (op. cit., vol, XVIII, p. 435), deve 
essersi servito della traduzione latina di quest’ opera fatta dal CLUSIUS (Antserpiae, 
MDLXXXIX). 








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— 959 — 

Valle s’intrattenne a esuminare specialmente le tre piramidi maggiori, 
ed anzi volle salire sulla cima di una di esse « dove — egli dice — 
si gode una bellissima vista, scoprendosi il mare e 1’ Egitto con molto 
paese attorno. Là sul più alto, in quella parte che guarda verso l’Italia, 
mi presi piacere di lasciarvi intagliato il nome mio, con quello di qual- 
che altra persona a cui io non voglio male ». E penetrò nell’ interno. 
della gran mole per un’ardua galleria aperta fra i massi enormi fino al 
centro di essa, dove gli antichi Egizî solevano chiudere nel sepolcro i 
loro morti. Il giorno seguente, poi, che fu il nono di decembre, corse 
a vedere « certe altre piramidi più lontane, delle quali il Belonio si- 
milmente fa menzione, cioè di molte più piccole, ma non già di un'altra 
pur grande assai, che per andarla a vedere si cammina un gran pezzo 
innanzi nelle campagne arenose verso mezzogiorno. Queste piramidi si 
chiamano delle Mummie, perchè son vicine, anzi dentro al paese d’arena 
dove le mummie si trovano. Per tutto il cammino non si vede altro che 
pianura di sabbia minutissima, gialla ed arida in estremo ; ed ogni intorno 
a passo a passo piramidi sparse di grandezza diversa, ma tutte di una 
forma. Questa più grande che andai a vedere sta molte miglia dentro, ed 
è grande e bella assai; ma dal tempo è di fuori talmente consumata, 
che i gradi son guasti, ed in cima difficilmente vi si può salire. Volli 
ben vederla dentro, chè ha pur la bocca aperta, e la trovai, a mio 
gusto, molto più bella di quell'altra veduta prims... Talora si passava per 
angustie tanto strette che mi davano da pensare, perchè se a caso un 
di quei sassi si fosse mosso un poco, ovvero per malizia di alcuno di 
sopra (chè alfine si sta in terra d'infedeli) ne fosse stato buttato giù 
alcun altro, che avesse serrato un poco più l’adito, eravamo spediti e 
bisognava restar morti là dentro. Basta, noi la passammo bene, ed a piè 
della scesa non trovammo da salire come nell’ altra piramide; ma su- 
bito immediatamente la camera della sepoltura, grande assai ed altissi- 
ma; e la vélta non è piana come in quell'altra, ma fatta ad angolo 
in cima andandosi sempre stringendo. Da questa camera per una por- 
ticella assai bassa si entra in un’altra camera simile, della medesima 
grandezza e fattura, chè forse la piramide era fatta per più di una per- 
sona; ma nè dentro all'una, nè dentro all’ altra camera trovai avello 
alcuno » (1). 


(1) V. a p. 192 e seg. del volume I. Abbiamo riportato un po’ distesamente 
questa parte della relazione perchè tra i pochi meriti riconosciuti sinora a Pietro 
Della Valle si suol notare questa sua visita nell’ interno della piramide. L’ AMAT DI 
S. FiLiPPo dice, anzi, che il viaggiatore romano fu il primo a penetrare in essa. 
(V. Stud? biogr. e bibliogr. sui viaggiatori italiani, Roma, 1882, p. 387). 


— 960 — 

I campi d’ arena, dove si scavano le mummie, dovevano natural- 
mente richiamare anch'essi l’attenzione del nostro curioso viaggiatore, 
il quale al terzo giorno fece sapere agli abitanti dei dintorni che non 
solo era sua intenzione di comperare oggetti di antichità, ma che vo- 
leva altresì tentare qualche escavazione, e che perciò chi fosse stato 
capace di ajutarlo nelle ricerche, fosse pure venuto a lui, chè avrebbe 
pagato bene. Accorsero oltre a cinquanta contadini, com’ egli li chiama, 
e con essi e con una trentina di compagni, che per maggior sicurezza 
aveva condotti seco dal Cairo, andò esplorando i luoghi circostanti, 
tutti disseminati di pozzi, profondissimi come cisterne, entro cui gli 
antichi abitatori della contrada avevano nascosto i loro sepolcri. Molti 
di questi pozzi erano già vuoti, perchè a quei tempi, indipendentemente 
dagli oggetti preziosi che potevano rinvenirsi nelle sepolture, era un 
oggetto di commercio anche la così detta mummuia, vale a dire il bitume 
incorporato colla carne dei morti ed usato nientemeno che per medicina | 
Altri pozzi, invece, erano tuttora colmi d'arena sino al livello del ter- 
reno e richiedevano pazienza e lavoro per essere scoperti. Ma mentre 
si attendeva con fervore alla ricerca, vi fu tra gli intervenuti chi segre- 
tamente fece intendere di possedere una mummia molto bella e di essere 
disposto a venderla: onde il Della Valle volle subito esser condotto sul 
luogo dove la preziosa reliquia era stata riposta, cioè a dire presso una 
tomba scavata due o tre giorni innanzi. Quivi seppe ancora che in fondo 
al pozzo trovavasene un’ altra non meno bella e già si accingeva a ca- 
larvi dentro per esaminare in qual modo vi fosse collocata, quando, 
forse per timore di essere defraudato, l’onesto commerciante di cada- 
veri imbalsamati, senza dargli tempo, mandò giù uno dei suoi compagni 
e la fece tirar fuori immediatamente. 

Dalle pitture, dai geroglifici, dai ricchi oggetti d’oro e di gemme, 
onde le due mummie erano ornate, il nostro Pellegrino ebbe tosto ad 
argomentare come si fosse abbattuto in due spoglie di persone grandi, 
e sborsò ben volentieri la somma che gli venne richiesta. Poi volle 
scendere anch' esso a turbare la pace millenaria di quel sepolcro e vi 
raccolse alcune reliquie che, insieme colle altre, fece trasportare al Cairo 
dove furono ammirate universalmente. Da ultimo le spedì in Italia per 
la via di Messina; ma chi oggi le ricercasse in qualcuno de’ nostri musei, 
farebbe opera del tutto vana. Le due mummie che il viaggiatore italiano 
raccolse con tanta cura e tentò di descrivere e d’ illustrare con tanta 
compiacenza nella sua relazione, al nostri giorni concorrono ad arric- 
chire la preziosa collezione di antichità nel museo di Dresda (1). 


(1) È quanto asserisce |!’ AMAT DI S. FiLiPPO (loc. cit.), il quale non è esatto 


— 961 — 


II. 

Presi alcuni giorni di riposo, durante i quali andò anche dispo- ‘ 
nendo quanto era necessario per la escursione al Monte Sinai, Pietro 
Della Valle s’avvid comodamente alla volta di questo luogo, sebbene 
avesse dapprima ad attraversare la contrada nuda e deserta che dal 
Nilo spazia fino al Mar Rosso. Tenendosi in seguito sempre entro terra 
e penetrando nella penisola al di là di Suez, egli ebbe a percorrere 
delle « campagne sassose e piene tutte di nitro e di talco che risplen- 
dendo per terra faceva molta bella vista ». Al ventuno dicembre s’ab- 
battè in una contrada piuttosto montuosa e non meno sterile di quella 
attraversata precedentemente; ma « in alcune valli anguste, nel fondo, 
ove talora c'era qualche poco d'acqua e di terra, si vedevano diversi 
alberi, che erano per lo più o palme o di quelli che stillano la gomma 
arabica. » Si tratta insomma del paese accidentato dalle ineguaglianze 
del Gebel-et-Tih, i cui passi scoscesi e i valichi difficilissimi lo costrin- 
sero a fare un lungo giro dalla parte orientale del Monte Sinai. Final- 
mente però, la notte del Natale, egli potè ricoverarsi nel celebre mo- 
nastero di quel monte e quivi rifocillarsi e pregare come ne aveva 
fatto voto. 

Poi venne nella determinazione di salire fin sulle vette soprastanti, 
perchè il colosso è formato « da due monti in uno, cioè |’ Oreb ed il 
Sinai che nascono, per così dire, amendue da una sola radice e si di- 
vidono fra di loro con le cime quanto più si vanno alzando » (1). 
Ascese dapprima l’Oreb che è il meno alto e quello ai piedi del quale 
verso levante, in una profonda valle cinta da altri monti, è fabbricato 
11 monastero. Ma quando I’ indomani si dispose a guadagnare la vetta 
maggiore, che biancheggiava per la neve cadutavi durante la notte, 
ebbe tosto ad accorgersi come non tutti i suoi compagni fossero di- 
sposti a seguirlo; ond’egli che da pellegrino, e nonostante la tonaca, 
s'era ormai trasformato in alpinista, come oggi si direbbe, sdegnandosi 
« che un poco di neve potesse disturbare i suoi disegni » sì mostrò 
tanto risoluto da infondere lena e coraggio anche nei più irresoluti. 


quando afferma che le suddette mummie furono estratte dalla: seconda piramide, Il 
BELL.ORI che scrisse la vita più sopra ricordata, accenna anch’ esso alle due mum- 
mie « che ancora si conservano in sua casa ». La parola « ancora » si riferisce 
al 1662! 

(1) La più elevata di dette cime, vale a dire il Sinai propriamente detto, tocca 
a 2,835 metri d’ altezza. 


— 968 — 

I quali, a dir vero, se durante l'ascensione si dettero nuovamente 
a manifestare i segni meno dubbî della paura e del malcontento, possono 
bene essere scusati, considerando ciò che ebbe a riferire lo stesso loro 
condottiero. « Nei primi monti — egli dice — non fu niente, perchè 
avemmo solo un poco d’acqua: ma quanto più si andava in alto tanto 
più il negozio peggiorava; perchè a poco a poco si entrò nella neve, 
e poi nella neve alta che sfondava fino al ginocchio e talvolta a mezza 
coscia, poi nella neve altissima, con neve del cielo e vento grandissimo 
in faccia che non ci lasciava camminare; ed ultimamente nel ghiacciato 
con essere le strade ripidissime, chè non sono strade, ma scogli strari- 
pevoli, che quando non vi è neve ed è bel tempo, bisogna la maggior 
parte andarvi colle mani e coi piedi, di maniera che, a dir la verità, 
fu un andar da disperati » (1). Il momento più difficile fu, natural- 
mente, quello in cui si dovette superare 1’ ultima cresta, quando cioè 
fu necessario ricorrere a una fune e con quella tirarsi l'un l’altro. Tut- 
tavia non s'ebbe a deplorare disgrazia alcuna, nè allora, nè durante la 
discesa, che in certi luoghi divenne quasi altrettanto disagevole e pe- 
ricolosa. 

Al monastero, ove di nuovo ebbe a ricoverarsi, il Pellegrino venne 
accolto con ogni cordialità finchè, compiute le sue devozioni, si licenziò 
dai religiosi avviandosi alla costa del Mar Rosso, dapprima per una 
valle angustissima, poi a traverso la pianura sul cui lembo costiero, 
sorge la borgata di Tor. Quivi si trattenne per assistere 0, meglio, 
per prender parte alla pesca delle conchiglie, dei coralli e di altre 
« bizzarrie di quel mare » delle quali colmò quattro o cinque casse 
che, al solito, spedi in Italia come memoria de’ suoi viaggi. Ripresa in 
seguito la via del ritorno, dopo essersi tenuto per gran tratto sulla riva 
orientale del Golfo di Suez, pervenne in questa città che trovò piccola 
e disabitata, e di là si ricondusse insieme colla sua carovana al Cairo, 
giungendovi la sera del 12 gennajo 1616 col proposito di rimanervi 
sinchè non fosse venuto il momento di partire per Gerusalemme. 

Nella grande città del Nilo non potevano di certo mancargli « ri- 
creazioni da passar l’ozio » e, d'altra parte, il dimorarvi più lungamente 
doveva metterlo in condizione di conoscerne assai meglio l'aspetto e i 
monumenti, la vita e le abitudini degli abitanti. Cosicchè ebbe forse 
anch' esso a inforcare frequentemente gli arcioni di qualcuno di quegli 
asini « che in ogni passo principale del Cairo si trovano a vettura; e 
con ogni bestia viene un uomo o fanciullo, avvezzo del mestiere, che 


(1) V. Lett. XI dal Cairo, nel vol. I, p. 222. 





— 963 — 
lo va pungendo dietro, e la fa correre, correndo egli ancora a piedi 
quanto pud. Per le donne hanno barde larghissime, sopra le quali vanno 
quasi a sedere colle gambe stese molto comode, e questi asinai, che 
molto spesso le menano innanzi ed indietro, fra i turcimanni di Venere, 
non occupano l’ultimo luogo ». Al qual proposito il nostro viaggiatore 
ebbe a constatare, così per i costumi delle bianche, come per quelli 
delle « etiopesse » tali cose, che non potevano davvero non offendere la 
sua suscettibilità, specialmente in quest’ intervallo fra un pellegrinaggio 
al Sinai e l’altro in Terra Santa. Ad ogni modo egli, senza troppi scru- 
poli, si dètte ad accrescere la raccolta delle sue osservazioni ed ebbe 
agio di spedire al suo amico di Napoli persino una trascrizione dell’al- 
fabeto cofto insieme con una interpretazione di certi nomi antichissimi 
di pianeti, non che notizie riguardanti alcune curiosità geologiche, come 
ad esempio, il modo di trattare e sfruttare i « gatti del zibetto » o 
quello di allevare i colombi viaggiatori per « mandare avvisi con pre- 
stezza », intorno a cui egli scrive una delle pagine più interessanti delle 
sue relazioni (1). 

Venne finalmente l'otto di marzo, quando accompagnato da un 
grosso stuolo di amici francesi, italiani, arabi e turchi, il Della Valle 
si condusse alla Matarea (Matarieh), sette miglia lontano dal Cairo. Sa- 
lutati quivi gli accompagnatori e completata la sua piccola carovana, della 
quale faceva parte anche un pittore — che poi si ritenne al suo seguito 
durante gran parte dei suoi viaggi (2) — egli si diresse al villaggio 
di Bilbeis e di là, dopo tre giorni di sosta per unirsi ad altre caro- 
vane dirette a Gerusalemme, camminò a traverso la pianura quasi sem- 
pre deserta, nella quale vide Corein, Cattia ed altre « ville », sinchè 
riuscì ad attendarsi sotto le mura di Arisc. Ormai era dunque tornato 
sulle rive del Mediterraneo, oltrechè il paese cominciava a non presen- 
tarsi più così squallido, così tedioso come il precedente, ma contribuiva 
spesso, per la sua parte, a rallegrare la numerosa carovana, nella quale 
non mancavano davvero « conversazioni e trattenimenti ». Vi si erano 
uniti persino un buffone, gobbo e mezzo storpio, e un maimongi, o 
conduttore di maimoni ammaestrati, e una donzella errante che andava 
anch’essa in devoto pellegrinaggio, e certe monache greche e una co- 
mitiva di preti abissini, dai quali s’ebbe parecchie importanti informa- 
zioni sui costumi del loro paese. 


(1) V. vol I, p. 243. 

(2) Nelle sue lettere è spesso cenno anche di lavori fatti eseguire da que. 
sto pittore per poi riportarli in Italia e far meglio conoscere gli uomini e i luoghi 
visitati. 


— 964 — 

Con siffatta compagnia giunse a Gaza « ch'è poco grande e non 
ha muro intorno, ma bensì ha un castellotto competente, dove abita 
il bascià o emir ». Vicino al castello che sta alto in cima del colle, 
al quale fa quasi corona la città, gli fu mostrato il luogo delle bibliche 
imprese di Sansone che, come è noto, si caricò sulle spalle le porte 
della città e fece crollare il palazzo sotto cui restò sepolto insieme coi 
Filistei. Da Gaza pervenne a Rama (Ramleh) « città pure antica e di 
fama, che è lontana dieci o dodici miglia dal mare e da Joppe o Giaffa, 
che è il porto della Terra Santa e lo scalo a chi viene a dirittura dal- 
I’ Italia ». Passò poi in vicinanza delle rovine di Lidda (Ludd) e per 
poco non ebbe ad azzuffarsi con certi prepotenti Arabi che dimandavano 
denaro. « Non volli dar loro niente e dissi che si andassero a impic- 
care >»: così si esprime in proposito il nostro pellegrino che, senz'altri 
incidenti, potè spingersi fin sotto le mura diroccate di Emaus (Amvz5) 
e quindi — attraversate montagne e valli abbastanza fertili non per 
natura, ma per diligenza di agricoltori — fare il suo ingresso in Ge- 
rusalemme. 

Era allora il 29 di marzo e correvano i giorni della settimana 
santa; cosicchè il Della Valle ebbe agio di assistere a tutte le funzioni, 
a tutte le cerimonie che in quella circostanza vengono celebrate dai 
Cristiani d’ogni rito, portati dalla pietà sul luogo ove si svolse il gran 
dramma della redenzione. E, naturalmente, non volle perder l'opportu- 
nità per intrattenersi a lungo intorno a quanto gli fu dato osservare in 
proposito: come pure si dette a descrivere minutamente la topografia 
della città nei punti più insigni per le memorie del cristianesimo. La 
via Dolorosa, il Calvario, la valle di Giosafat, il Monte Oliveto, il Ce- 
dron, il Sion e tanti e tanti altri dei luoghi sacri alla pietà dei cre- 
denti s'ebbero tutti un ricordo più o meno esteso nella sua relazione. 
In essa tuttavia egli si fece uno scrupolo di avvertire come per aver 
migliori informazioni bisognasse ricorrere al libro di « un tal Zuallardo, 
il quale benchè in alcune sue dicerie sia un poco superfluo e tedioso, 
e nelle istruzioni che dà per fare il viaggio, e nelle esagerazioni dei 
fastidii e pericoli incorsi, sì faccia conoscere per novizio alquanto delle 
cose del mondo, pure, nell'osservazione dei santi luoghi è stato diligen- 
tissimo e veridico, ed oltre che gli descrive minutissimamente, ne ha 
stampato anche il disegno assai giusto. » (1). 


(31) V. Lett. XIII da Aleppo, vol. I, p. 273. L’autore ricorda con lode anche 
l’ opera illustrata che stampò in Roma Bernardino d’ Amico, da lui chiamato Amici, 
uno zoccolante il quale dimorò lungamente in Terra Santa. 


— 965 — 

E sì che dei pericoli e de’ fastidi, rinfacciati al povero frate, il 
nostro Autore ne ebbe anch'esso la sua parte, attesochè i Turchi « avvezzi 
a vivere alla peggio da bestie pari loro » vedendolo arrivare a Geru- 
salemme con accompagnamento insolito per un pellegrino, cominciarono 
a spargere la voce si trattasse nientemeno che del figlio di un re. Colle 
altre fiabe, poi, era stato riferito al sangiacco o deig della città, come 
lo strano forestiero avesse condotto seco un buon sacco di zecchini e, 
naturalmente, il degno seguace di Maometto « aveva gran voglia di tro- 
vare invenzione da sgraffignar se poteva ». Dovette però accontentarsi 
di un donativo ben tenue, perchè il fiero patrizio romano, quantunque 
avvertito come al saagiacco spettasse per diritto o per consuetudine una 
grossa offerta, giudicò di non avere a « corrispondere con troppa cortesia 
alla sua avidità ». Dopo ciò sì accinse a percorrere i dintorni del paese, 
e visitò Emaus per la seconda volta, e andò a vedere il Mar Morto o 
Lago Asfaltide, dove si sommersero le quattro città infami, e attraversò 
la pianura di Gerico (Er Riha) sino al Giordano, donde poi, retroce- 
dendo per il Monte della Quarantana, si ridusse nuovamente a Geru- 
salemme. | 

Non volendo, inoltre, perdere 1’ opportunità di visitare la contrada 
che si stende anche più a mezzogiorno e così piena di tanti ricordi mi- 
racolosi, egli si unì ad una carovana che lo condusse a Betlemme, 
l'antica Ephrata, o la Fertile, ma allora, come oggi, ridotta a povero 
villaggio, sebbene il paese circostante sia « il più vago e il più deli- 
zioso che possa immaginarsi: aria purissima e buonissima; acque ec- 
cellenti; colline, valli, e tutte fertilissime e piene di frutti; vi nascono 
agrumi; piene di fiori e d’erbe odorifere : ogni cosa ride, ogni cosa è 
allegrezza ; insomma tale appunto qual conveniva al nascimento di Dio ». 
Del resto non meno privilegiata gli parve la convalle di Mambre più. 
volte ricordata nelle sacre carte, e che ebbe a percorrere spingendosi 
anche più a mezzogiorno, sicchè giunse ad Hebron (El Chalil) « che 
sta in sito basso fra quei monti nella terra di Cananea promessa da 
Dio ai discendenti di Abramo ». . 

Soddisfatto appieno della vista di tutti i luoghi santi, e parendogli 
ormai che non vi fosse più altro da ricercare, il Della Valle si diresse 
alla volta di Damasco, preferendo quella via all'altra di Tripoli, per 
essere la prima assai meno battuta, e perchè nel penetrar dentro alla 
terraferma, gli era dato appagare il suo desiderio vivissimo di percor- 
rere la Samaria e la Galilea. In tre tappe, come oggi si direbbe, giunse 
a Nabulus, già nota col nome di Sichem, e pnsta in una pianura attor- 
niata da poggi pieni di vegetazione. Sperava di potervi acquistare qualche 


manoscritto antichissimo per risolvere il dubbio se la sincerità delle € sacre 
scritture ebraiche di lettera ordinaria, in alcun passo dannoso agli Ebrei, 
possa essere stata alterata da loro dopo la morte di Cristo »; ma quan- 
tunque disposto a spendere largamente, non gli venne fatto di ottenere 
altro che promesse (1): talchè ripartì per recarsi alla città di Samaria 
(Sebastiah), onde la provincia si dominava, e all'altra assai più moderna di 
Ginin che dista solo poche miglia dalla borgata di Nazaret (En Nasirah). 
Visitato anche questo luogo famoso, si diresse alla volta del leggendario 
Monte Tabor, il quale, « sollevasi in mezzo di una bella pianura, spic- 
cato e lontano alquanto da molti altri monti che la pianura d’ogni 
intorno circondano, e per essere più alto di tutti, pare che come signor 
loro gli domini, e da tutte le parti apparisce molto bello, essendo, come 
appunto San Girolamo lo descrive, di forma rotonda, alto e vestito di 
grossi alberi tanto folti che da capo a piedi pare tutto una selva >. 

Dopo averne fatta l' ascensione, il pellegrino riprese la via lungo 
la riva occidentale del lago di Genasara (Tiberiade); attraversò il corso 
superiore del Giordano sul così detto ponte di Giacobbe (Gisr-Benat 
Jacub) ; entrò nella regione Traconide (2) per far sosta a Coneitra ed 
a Sasa quasi alle falde orientali del Monte Libano (Antilibano); e fi- 
nalmente per una pianura spoglia di alberi potè giungere in vicinanza 
di Damasco. « La qual città — egli dice — quasi come Roma, è tal- 
mente circondata. di giardini che, prima di arrivare alle mura, cammi- 
nammo un miglio o due per mezzo di quelli ». Ma poi, benchè la di- 
chiari principalissima, ed anzi le assegni il terzo o quarto posto fra le 
altre dell'impero turco, pur tuttavia non se ne mostra troppo entusiasta, 
‘ limitandosi a segnalarne i soli bazari, ampî, numerosi, elegantissimi, 
straordinariamente ricchi di seta. 

Ne ripartì ai 23 di maggio per recarsi a Cuteifa (Kuteifeh) e di 
là a Nebk, a Caralar (Kara), ad Assia (Hasia), borgate di poca o niu- 
na considerazione, sebbene poste sulla via delle carovane da Damasco 
ad Aleppo. Riconobbe invece la grande importanza di Ams (Homs), 
luogo famoso anche ai nostri giorni, ma famosissimo nell’evo antico, 
quando portava il nome di Émissa. Entro le sue mura il giovane Elio- 
gabalo fu proclamato imperatore dai legionari della Siria j ne’ suoi din- 
torni Zenobia, la regina di Palmira, e i suoi strenui seguaci combatte- 


(1) Due di questi manoscritti riuscì a procurarseli in seguito vicino a Da- 
masco. 

(2) È la contrada cui alludono parecchi degli scrittori antichi tra quali Giu- 
seppe Ebreo (Aré. XVI, 9; 2. Z III, 3) e così detta con parola greca (rpxyuy) 
a cagione della sua natura rude e sassosa. 


— 967 — 
rono infelicemente contro l’ esercito di Aureliano. E altrettanto consi- 
derevole per la sua grandezza gli parve la città di Amah, |’ Hamath 
della Bibbia e l' Apsphania del tempo de’ Seleucidi (1), la quale per la 
sua posizione sul declivio di una valle offre una magnifica prospettiva 
« ma dentro non vi è cosa di notabile, come in tutte le altre città 
della Turchia che sono spogliate affatto d’ ogni gentilezza ». È presso a 
poco quanto ripetono i geografi moderni che, assegnando a quel luogo 
una popolazione di trenta a centomila abitanti (!) lo qualificano senza 
altro una grande città composta di piccole case. Però il Della Valle 
ricorda anche l' Oronte che l'attraversa e i suoi strani acquedotti (2) e 
il suo traffico per la via di Tripoli, affacciando in pari tempo qualche 
dubbio su certe tradizioni bibliche che egli apprese intorno a quei luo- 
ghi, mentre si dirigeva a settentrione proseguendo il viaggio per Marrat 
alla volta di Aleppo. 

Aveva stabilito di trattenersi in quest’ultima città un po' più a 
lungo di quanto non avesse fatto altrove, pur desiderando rimanervi 
incognito e quasi appartato dai rumori della gente. Se non che l’arrivo 
della carovana, da cui era stato preceduto, e l'affettuosa accoglienza 
incontratavi presso i consoli di Francia e di Venezia, lo posero in vista 
subitamente e dovette rassegnarsi a tutti i fastidî della notorietà. Il che, 
del resto, non gli tolse punto di aggirarsi comodamente per le vie di 
Aleppo, nella quale — egli dice — « benchè per cosa di Turchia sia 
bellissima, e delle più grandi e più famose, tuttavia molto poco ci trovo 
di riguardevole. Solo il castello mi piace assai, fondato in mezzo alla 
città sopra un monte assai ben alto; il qual monte, come dicono, e si 
vede, non è naturale, ma fatto ad arte con pietre, di forma uguale, 
che tira al rotondo, scosceso, qual si conviene a fortezza, e con un 
gran fosso attorno pieno quasi tutto d’acqua piovana molto profonda. 
Del resto poi ci sono bazari, meschite ed altre cose all’ordinario di 
città grande e popolata, ma non particolarità degne di essere raccon- 
tate Sopra tutto è degna questa città per lo traffico delle mercanzie 
grandissimo; concorrendoci da una parte tutto l’ Oriente, con le sue 
gioje, sete, droghe e telami; e dall'altra 1’ Occidente, cioè Francia in 
grandissima quantità,: Venezia, Olanda, ed Inghilterra, con buone navi, 


(1) Colla scorta dell’ Epitome geografica, da lui frequentemente citata (in un 
punto ne ricorda anche l’autore che è fra Filippo Ferrari) il Della Valle intende 
invece sostenere che Hamah anticamente era detta Afomea di Siria e non 7arso, 
come vorrebbe il Baronio che fa una gran confusione. 

(1) Vi osservai — egli scrive — « ruote grandissime di legno, che alzano |’ ac- 
qua bassa dal fiume in condotti alti, i quali la spargono poi per tutta la città », 


cariche per il più, solo di piastre di reali da otto; delle quali c'è 
tanta copia come anche di ogni altra sorte di moneta che, nel far 
mercanzie, non si contano, ma si pesano casse intere di denari; e non 
si fa mai compra o vendita dove non corrano quaranta, cinquanta, 
‘ottanta o centomila scudi che più a minuto non si parla e sarebbe 
vergogna > (t). 

Delle feste, delle luminarie, delle cavalcate, onde spesso allietavasi 
quel grande emporio commerciale tra |’ Europa e l'Asia, il Della Valle 
riferì queltanto che gli parve opportuno, e non dimenticò nemmeno di 
ricordare un furioso terremoto, soggiungendo che quel luogo è soggetto 
a patirne molto di frequente. Pur tuttavia abbiamo già avvertito come 
egli non fosse disposto ad abbandonarlo con troppa fretta, quando im- 
provvisamente nella sua vita di scapolo e così piena di avventure fece 
di nuovo capolino il romanzo. « In queste parti — così scrive al suo 
amico di Napoli — è venuta alle orecchie mie tal fama delle bellezze 
dell'Aurora, che infiammatomi d’ardente desiderio di vederla e di goderla 
ancora, sono forzato d' intraprendere un altro viaggio, non minore del 
già fatto, se non in quanto al tempo, almeno in quanto al giro ed 
alle fatiche... Giunto dove andar presumo, se le bellezze dell’ Aurora 
mi riusciranno tali, quali dalla fama loquace mi sono state dipinte, e 
se avrò fortuna di essere da quella accolto e fatto degno de'suoi con- 
gressi, come io bramo, confido che i miei passi non debbano essere 
invano malamente spesi; poichè la Dea in ricompensa di tanto amore 
e di tante fatiche, che avrò fatto per lei, non potrà essere che non 
mi rimandi nella mia patria onorato di alcun dono pellegrino, di quelli 
che son soliti gl’Iddii di concedere ai mortali. » 

Il significato di questo « gergo poetico » — siccome egli stesso 
lo chiama — o, per dir meglio, |’ epilogo del romanzo non dovremo 
certo attenderlo a lungo. Per ora ci basti sapere che, riordinato il suo 
seguito, messo il turbante e travestitosi con tutti i suoi alla siriana, 
egli prese la via di Babilonia affrettandosi in mezzo a una regione afiatto 
deserta e corsa soltanto da pastori erranti colle loro mandre, o infe- 
Stata da arditissimi predoni arabi, che vi convenivano in grosse bande 
dai più lontani distretti (2). Se non che la carovana, alla quale erasi 


(1) V. Lett. XIII da Aleppo, p. 330 del vol. I. Quel gran centro mercantile 
aveva già — poco dopo la scoperta della via marittima alle Indie orientali per il 
Capo di Buona Speranza — veduto scemare la sua prosperità commerciale, ma re- 
stava pur sempre il grande emporio tra |’ Asia anteriore e il bacino del Mediterraneo. 

(2) Per un cumulo di circostanze insuperabili il nostro pellegrino dovette ri- 
nunciare alla via più sicura e più agevole a percorrere, che lo avrebbe condotto 


— 969 — 

unito, si componeva di circa millecinquecento persone, onde potè pro- 
cedere abbastanza tranquillamente, guidata da « piloti praticissimi » e 
soffermandosi nei luoghi dove era possibile trovare dell’ acqua. Uno di 
questi portava il nome di Hammam, cioè bagno, a cagione delle sue 
sorgenti termali; un altro, che venne raggiunto dopo aver incontrate 
per via le rovine di un'antica città, era detto Taiba; un terzo El Her. 
Finalmente si passò in vicinanza di una fortezza sopra le rive dell’ Eu- 
frate, chiamata Rachba (Rahaba) e due giorni dopo fu posto |’ accam- 
pamento presso certe ondulazioni di terreno donde era possibile di 
scorgere un bel tratto del corso del celebre fiume, « Da quei colli in 
poi il paese era tutto pianissimo, come il resto del deserto, ma per 
l'umidità del fiume, era molto abbondante di varie sorti d’ erbe » (1), 
simile appunto a gran parte della coutrada che si stendeva nella dire- 
zione di Anna (Anah), dove la carovana pervenne il giorno 6 di 
ottobre. 

Situata anch’ essa sopra |’ Eufrate, colle sue case fatte di terra 
invece che di calce, eppure abbastanza solide, co’ suoi giardini pieni 
d' alberi fruttiferi, coll' unica sua strada lunghissima e colle isolette alli- 
neate sul fiume, che la congiungevano a un sobborgo della riva opposta, 
questa città di Anah era allora ben altrimenti importante di quello che 
non sia a’ nostri giorni, in cui è ridotta a poco più di un villaggio. 


quasi direttamente sull’ Eufrate presso il castello di El Bir, dove trovavasi uno dei 
passi più frequentati della Mesopotamia. Non trascura però I’ occasione di avvertire 
come la solita Epitome geografica identifichi il suddetto castello coll’ antica fortezza 
di Zirtha (l' edizione del Gancia ha Sirféa, ma evidentemente è incorsa in un 
de’ suoi innumerevoli errori di stampa) costrutta, secondo la tradizione, da Alessan- 
dro. Ora quest’ ultimo luogo era sul Tigri e non sull’ Eufrate, e trovavasi prossimo 
all’ odierno villaggio di Tekrit. (V. CHESNEY, Mar. of the Euphrat. Exped. I, 26 
e 46; — RITTER, ZErdkunde, vol. X, 222 e 976). 

(1) e Trovai — così continua la relazione — tra le altre, certe carrube silve- 
stri stravaganti, certi non so se cipressi selvatici, o ginepri che, se ben piccoli, sono 
forse gli stessi che i cedri del Monte Libano; trovai anche l'erba, di cui si fa la 
cenere per i cristalli fini di Venezia, e molte altre piante ed arboscelli da me non 
più veduti... ne feci accuratamente la scelta, ed accomodatele nelle carte le porto 
meco colla maggiore diligenza che posso. Osservai ancora che i colli sopra il fiume, 
e tutte le pianure intorno, erano piene di un minerale bianco e lustro, che io non 
so se sia nitro o zolfo, o cosa simile, ma ne presi e ne porto per mostra; e nel 
mio diario notai minutamente tutte le circostanze, tanto di siti, quanto di altri parti- 
colari che stimai necessari, ed appartenenti al fiume, al paese, al minerale ed alle 
erbe, le quali cose adesso lascio di scrivere, ecc, ecc.. (V. Lett. XVIII da Bagdad, 
nel vol. I, p. 338) Del diario, che abbiamo trascritto in carattere corsivo, si fa spesso 
menzione a proposito di ciò che è riferito nelle lettere. 


— 979 — 

I suoi abitanti mostravansi, la maggior parte, assai progrediti, civili, 
operosi; ed inoltre possedevano buon numero di barche pel trasporto 
degli uomini e delle merci da una sponda all'altra della grande arteria 
commerciale. Cosicchè la carovana in quel punto riescì a farne il pas- 
saggio assai comodamente, riprendendo il cammino per un paese sterile 
e piano, ma che produceva le medesime erbe di quello già percorso, 
massime in vicinanza dell’ Eufrate, sulla cui riva orientale fu proseguito 
il viaggio, sinchè non venne presa la direzione di Bagdad attraverso la 
Mesopotamia. Questo fu fatto non tanto per abbreviar la strada, quanto 
a richiesta di certi mercanti « i quali per trabalzare i denari che por- 
tavano in quantità, e fraudare la dogana, vollero far quella strada (benchè 
incomodissima per il vitto e pericolosa per i ladri) e non 1’ ordinaria 
intorno al fiume dove si trovavano luoghi abitati e vettovaglie » (1). 
Il Della Valle ebbe a soffrire indicibilmente per mancanza d’ acqua 
che o non si trovava, o era amara come fiele; ma dopo aver cammi 
nato più giorni disperatamente, a’ diciannove di ottobre giunse in riva 
al Tigri e, da ultimo, potè ricoverarsi nella sospirata città di Bagdad 
ove gli fu possibile di rifarsi di tutto il disagio patito durante lz 
traversata. 

Egli infatti vi si trattenne molto a lungo, e per conseguenza ebbe 
anche agio di conoscerla e di descriverla così pienamente che la sua 
relazione deve riguardarsi, sopra tutto per questa parte, quale una pre- 
ziosa fonte di notizie storiche e geografiche. Non già che quella glo- 
riosa metropoli dei califfi conservasse ancora la grandezza e lo splen- 
dore d’ una volta; ma per quanto riguarda la sua antica estensione, 
la sua topografia, i suoi monumenti, i suoi giardini, egli ci tramandò 
tali informazioni da non temere il confronto di qualche moderno viag- 
giatore. « Le sue case — egli dice — non hanno se non il primo piano 
al terreno, ovvero pochi scalini più alto dei cortili; e se pur hanno 
altro piano di sopra, non se ne servono: si servono ben di certe stanze 
sotterranee che hanno tutte le case, come cantine, per starvi nei caldi 
maggiori molte ore del giorno ». E non dimenticò nemmeno di ac- 
cennare ripetutamente al clima del luogo, alle periodiche inondazioni 
del Tigri, paragonandole in qualche modo a quelle del Nilo, e ai nu- 
merosi canali d' irrigazione che, come in Egitto, « corrono da per tutto, 
perchè se 1 fiumi non bagnassero le campagne, per la carestia delle 


(1) Noi — continua il viaggiatore italiano — quando andavamo la sera a far 
le nostre bisogna, lontano un tiro di pietra dai padiglioni, eravamo costretti a por- 
tarci la spada, ed anche gli archibugi, con fermo proposito di combattere colle bra- 
che in mano, se fosse bisognato, per non lasciarsi toglier la veste o il turbante >. 




















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— 97° — 

pioggie sarebbero sterili ». Egli adunque s’ andò aggirando anche pei 
dintorni della città allo scopo di vedere e notare ogni: cosa diligente- 
mente, e fu senza dubbio durante qualcuna delle sue escursioni che 
concepì il disegno di recarsi a visitare le più insigni rovine della Ba- 
bilonia e dell’ Assiria. Traversata di nuovo la Mesopotamia, piantò il 
padiglione presso le rovine di Babel (Babilonia), che si diè ad esami. 
nare colla massima cura, segnalando specialmente la così detta piramide 
di Belo o torre di Nemrod, e confermandosi sempre più nell’ opinione 
che là e non a Bagdad, siccome al suo tempo ed in seguito ancor 
molti sostenevano, fosse da ricercare il posto della città celeberrima 
fra le più antiche del mondo. Poi trovandosi prossimo ad Hella (Hilleh) 
volle recarsi a visitare anche quest’ altra località per poterla descrivere 
minutamente, nella persuasione che fosse quasi del tutto sconosciuta 
ai geografi europei, e non riprese la via del ritorno senza avervi rac- 
colto una larga messe d’ informazioni. 

D’ importanza fors’ anco maggiore riusci un’ altra escursione che il 
Della Valle fece poco tempo dopo per andare a vedere certe antichità 
che gli Ebrei di quel paese ritenevano fossero « cose di Nabuccodo- 
nossorre >. Ma questa volta, per maggior comodità e sicurezza, egli si 
servi di una barca seguendo il corso del Tigri sino alla confluenza 
del Diala « che vien dalla Persia e par grande quanto il Teverone o 
poco più » .(1). Quivi discese a terra e con piccola scotta s'avventurò 
per un distretto assai pericoloso, giacchè era circostante al passo, dove 
gli Arabi corridori della campagna solevano attraversare il fiume a nuoto, 
tenendosi, come fanno i Tartari ed altri popoli barbari, attaccati alle 
code dei loro cavalli. Pur nondimeno gli fu dato procedere tranquilla- 
mente sino alle rovine che gli erano state segnalate e che, dopo un 
esame diligentissimo della posizione e di alcuni passi di scrittori greci 
e musulmani, egli con singolare perspicacia dichiarò esser quelle di 
Ctesifonte, soggiungendo come là vicino dovesse, un tempo, aver pro- 
sperato anche Seleucia « perchè Strabone dice chiaramente che Tesi- 
fonte non era altro che un borgo di questa seconda città..... Il che se 
è vero, erano amendue in un medesimo luogo ; il quale perciò molto 
bene dagli Arabi era chiamato Medain, cioè le due città ». Identifica- 
zione cotesta che basterebbe da sola a illustrare la memoria di Pietro 
Della Valle, in quanto che la sua congettura s’ ebbe le più ampie 


(1) Di questa specie di geografia comparata, nella quale sono ravvicinati per 
simiglianza o paragone i luoghi d’ Italia a quelli da lui visitati e descritti, il nostro 
viaggiatore si serve assai spesso. 


= 972 — 
conferme anche posteriormente, e il suo nome, almeno per questa 
volta, fu ripetuto accanto a quello di altri dotti fra i più cele- 
brati (1). 

Nè è a credere che egli, nella sua operosità straordinaria, ss’ ac- 
contentasse di questi soli risultati della esplorazione. Il suo amico 
Schipano gli aveva raccomandato di cercare, di raccogliere anche 
alcunì saggi di storia naturale dei paesi in cui penetrava, ed egli non 
pose tempo in mezzo a inviargli minerali, piante, scorze d’'alberi, radici, 
droghe, accompagnando il tutto con spiegazioni o notizie che, a suo 
credere, potevano riuscire di qualche utilità, e promettendo nuove 
raccolte e nuove spedizioni anche in avvenire (2). Perchè il nostro 
viaggiatore si sentiva pur sempre portato a correre il mondo; egli 
ormai subiva tutto il fascino di quell’Oriente, di quel paese dell’ « Au 
rora >, nel quale si era ripromesse tante gioje fin dalla sua partenza 
da Aleppo. La fantastica Dea, sogno e speranza di tutta la sua ultima 
peregrinazione, gli era finalmente apparsa, incarnata in una giovane 
assira, di stirpe nobilissima, e addio memorie de’ suoi amori di Roma 
e « d’'altre parti »! La bella Sitti Maani Gioerida, come la giovane 
si chiamava, gli era piaciuta tanto che l'aveva fatta sua sposa. 


(continua). 


(1) L’ eruditissimo V. Vaux (V. Diet. of greek aud roman geography by ve- 
vious writers, edited by V. SMITH — vol. I, p. 715) dice che e in more moderne 
times the site of Ctesiphon has been identified wath a place called by Arabs 4/ 
Madain (the two’ cities) » e fra gli altri scrittori, insieme col Niebhur, cita il 
Della Valle. 

(2) V. tutta la Lettera XVIII a p. 413 e seg. del vol. I. 





ie A 
ee ‘De 


(aulin. 


i. 


— 973 — 


B. — DUE ESCURSIONI NEL DEMBELAS 


(con 12 disegni ed una Carta ; continuazione e fine (1)). 


2) Itinerario della marcia eseguita attraverso il Dembelas 
dal 15 maggio al 17 giugno 1890, del cap. St. HIDALGO. 


LUOGHI TOCCATI 


OSSERVAZIONI 
da a 


‘.x=x»>" i | --—_rPP—T——_——r———mm <=» 


Tempo 
| impiegato 
Direzione 








ore 


Dega o Zaga. [Bir Gagiarit..| 3.45’ S. Terreno piano. — Il corso del Barca è 
| |  fiancheggiato da boschetti di palme 

dum. Acqua buona e abbondante, 

non vi sono vestigia di coltivazione. 


Bir Gagiarit . Ferfer.......| 2 S. Si percorre il letto del Ferfer per 
buon tratto. Palme in gran numero. 
Ferfer è nome di località e del fiume; 
al punto in cui ci fermiamo vi sono 
due sorgenti d’ acqua eccellente. 


Ferfer ......|Mufar Calati.| 6. 15’ S. Terreno piano — Si passa per Ela- 
gomerai (pozzo) e Mai Nessen, dove 
si trova acqua buona. Mufar Calati 
(pascolo di Calati) è una località de- 
serta sul Ferfer. Vi è acqua ab- 
bondante e buona, scavando il letto 
del fiume. Qui la sera del 18 mag- 
gio sopravvenne una grossa piena, 
che trascinò un circolo di muli ita- 
liani, della batteria che si era ac- 
campata nel letto dal fiume, anne- 
gandone 19. La piena giunse ina- 
spettata, poichè non era piovuto in 
tutta Ja giornata, Bisogna guardarsi 
dal fermarsi per riposare nei letti 
dei fiumi per asciutti che siano. 


Mufar Calati . |Mai Ambessa. | 5 S.-O. | Si percorre al principio una regione 
piana, solcata da torrenti asciutti, 
quindi la salita lunga, aspra e dif- 
ficile di Metrat; si traversa un al: 
topiano con alcuni villaggi popolati 
Azazer, Ad Galgal (villaggio nativo 
di Barambaras Cafel), Gazà Galatè. 
Mai Ambessa (acqua del leone) è 
nome di località ed è sul Fiume 
Ambessa, che si scarica nel Mareb 
nel territorio dei Basa. Acqua buona 
scavando nel fiume. 


. . , Terreno vario. — Dopo due ore di 
Mai Ambessa. {Mai Tucul...| 7.30 S. marcia si giunge a Mai Acor, luogo 
in cui la strada taglia il Fiume Am- 

bessa. Vi si trova acqua buona, sca- 


(1) Vedi BOLLETTINO del settembre p. p., pag. 773. 





LUOGHI TOCCATI g g 
&&| 2 
EL i OSSERVAZIONI 
da a FERA 
—_—|_—_ -&4|_ 


vando il letto del Fiume e stagnante 
fra le roccie. A Mai Tucal vi è 
acqua stagnante in abbondanza. 





Mai Tucul... |Sesfa Ganzai .| 4.15 | N.-E. | Terreno vario. — A Sesfà Ganzai 
non si trova acqua abbondante co- 
me l'altra volta. 


Sesfà Ganzai. [Mai Lam....| 4.40-| E. Terreno piano. — Si percorre quasi 
(Acqua delle sempre il letto del Fiume Ambessa. 
vacche). Si vedono tracce recenti di elefanti 


e leoni. Vegetazione rigogliosa e 
selvatica, palme dum in gran nu- 
mero, nei tronchi degli alberi (ao- 
6ab) si trova del miele. Acqua che 
pare stagnante con pesci in quan- 
tità. In una vasca naturale fu tro- 
vato un alligatore della lunghezza 
di circa un metro dal capo all’estre- 
mità della coda. Tutta questa re- 
gione è disabitata, perchè soggetta 
a razzie tanto da parte degli Abis- 
sini che dei Basa. 


Mai Lam....|Sahada Calai.| 4 O.-S.-O.| Si percorre quasi sempre il letto del- 
(Bianco lago) l’Ambessa. Boschi di palme diem, 

vegetazione rigogliosa, erba alta e 

folta da impedire il passaggio. A 

stento si potè trovare dell’acqua, 

scavando profondamente nel letto 

del fiume. Questa regione prende 


o anche il nome di Marè Butì. 
Sahada Calai. |Séna........ 4. 30° | S.-E. | Terreno piano. — Aspetto come so- 
(Territorio di pra. Si cammina in direzione S.-E. 
Mai Daro) fino all'incontro col Mareb ad 


un chilometro a monte del con- 
fluente dell’ Ambessa, quindi si se- 
gue il corso del Mareb fino al 
punto in cui prende bruscamente 
la direzione di N.. In quella lo- 
calità avvenne lo scontro fra la 
banda d’Ilma, che occupava una 
collina sulla sponda sinistra, e le 3 
compagnie indigene del maggiore 
Cortese, la sera del 31 maggio. Si 
trovano alcuni pozzi con acqua buo- 
na nel letto del fiume ai piedi della 
collina occupata dalle bande. 


LUOGHI TOCCATI 


8 © 
El $ 
G2] È 
da . [FF A 
[le |a | 
Sahada Calai. |Mai Lam,... 
Mai Lam....|Tucul.......{ 7 S. E. 


Tucul....... Mai Ambessa. | 8.20’ | N.-E. 


OSSERVAZIONI 


Terreno vario. — Si passa per Sesfà 
Ganzai, e di là si sale direttamente 
a Tucul impiegandovi 4 ore. 


Terreno vario. — Da Tucul a Mai 
Acor s’ impiegano 6 ore eda Mai 
Acor a Mai Ambessa ore 2,20. 
Venti minuti di più dell’ altra volta. 


Da Mai Ambessa si percorre la stessa strada tenuta nel venire. 
N. B. Per le distanze chilometriche, calcolare per ogni ora dai 5 chilometri e 


mezzo ai 6 chilometri. 


Riguardo all'acqua non bisogna fare troppo assegnamento su questi dati, perchè 
l'esserrene molta, poca o nulla dipende dalle stagioni. 


Itinerario della marcia eseguita attraverso [ Aresa dal 18 aprile 
al 5 maggio 1890. 


LUOGHI TOCCATI 


rr ee 


OSSERVAZIONI 


Terreno piano. — Az-Ghebrai vil- 
laggio alle falde di un monte. È 
quasi disabitato. Acqua buona, ma 
lontana. 


Terreno vario. — La strada passa 
rasente alle origini del Mareb, dove 
abbonda acqua buona; s'incontra 
quindi una discesa ripidissima e ma- 
lagevole. Ai piedi della cliscesa vi 
sono due villaggi abitati, Ail Afarà 
e Ad Aguilà; il Monte Thala so- 
vrasta ad O.. Mai Scimbabi è un 
torrente, che credesi affluente di 
destra del Ferfer, Vi è acqua ab- 
bondante e buona, 


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da a E & [a 
"Ore | |. 
Asmara... ... Az Ghebrai..| 5 S.-0. 
Az Ghebrai.. | Mai Scimbabi | 3 S.-O. 
Mai Scimbabi |Heré .......| 6 S. 


Terreno montuoso. — Si attraversa 
Ad Felerti (località). Vicino a Herè 
s' incontra un profondo ed esteso 
burrone chiamato Tacabàbila, pra- 


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LUOGHI TOCCATI 





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Ore i 





ticabile pei pedoni solo in pochi 
punti; la strada gira attorno all’o- 
rigine. Herè è diviso da Ad Ona 
da un ramo di detto burrone ; il 
primo di questi villaggi è poco 
abitato, il secondo è completa- 
mente disabitato ; entrambi sono si- 
tuati su un altopiano, ai piedi del 
quale si trova acqua buona ed ab- 
bondante. Vestigia di coltivazione. 


S.-O. | Terreno vario. — Si lascia a destra 
il caratteristico gruppo dell’Eblata, 
costituito da un monte sulle cui 
falde vi è una chiesa, e da un 
gran masso isolato, di forma ova- 
le. Si passa per Afalbà, località 
ricca d’ acqua; questa si trova in 
pozzi ed in una profonda galleria 
naturalmente scavata nella roccia 
Àresa è un grosso villaggio con 
due chiese e due conventi. Vi è 
un pozzo nel vivo sasso che dà 
acqua sufficiente e buona. S’ in- 
contrano tratti di terreno lavorato. 


Herè........|Aresa.......| § 





Aresa .......|Mai Mafalis..! 6.15"| O. Terreno montuoso. — Mai Mafalis 
(Acqua dei majali) è nome di lo- 
calità ; vi è anche un villaggio omo- 
nimo con un fortino, ma rimane 
distante dalla via da noi seguita. 
Il torrente è asciutto, vi è poca 
acqua, stagnante e cattiva. Verso 
sera vi fu piena e per conseguenza 
acqua abbondante. Nessun vestigio 

| | di coltivazione. 

Mai Mafalis.. Sesfà Ganzai.| 7 O. Terreno vario — Sesfà Ganzai, nome 

di località, Vi è acqua abbondante 
e buona nel letto del Fiume Am- 
bessa. Vegetazione rigogliosa. Nes- 
sun vestigio di coltivazione. 


| 
Sesfà Ganzai. [Mai Giogonté. | 4 | Ss. Terreno vario. — Mai Giogontè è 
nome di località. Giogontè è nome 
| di un albero simile al sicomoro, ma 
più piccolo. Vi è un fortino costrui- 
| to da Ilma, quando fu incalzato da 
Adgu Ambessa. Qui vi fu combat- 
timento fra le due bande il 26 
| | aprile. A S. del fortino vi @ un 
pozzo inquinato dai cadaveri pu- 


eee ee ee. 





— 977 = 





LUOGHI TOCCATI 





See | ee | ST _rPr_rrrTTTy"ral st 


Mai Giogontè |Tucul....... 


Tucul.. o 006 0.6 Catincalai,... 


Catincalai. eee Adi-Bai CIT) 


Adi-Bai CRT Aresa ....... 


Aresa....... [Here ....0%. 


Herd, ....... Adi-Saul..... 


Tempo 
impicgato 


5 


4 


I. 30 


4.45' 


6 


Direzione 


E. 


N.-E. 


N.-E. 


OSSERVAZIONI 


trefatti che vi giacevano intorno; 
poichè chiunque andava a prender 
acqua era ucciso dai projettili del- 
l'avversario. All'epoca delle piog- 
gie vi è un altro pozzo all’ E. vi- 
cino alla strada di Tucul. 


Terreno montuoso. — Salita lunga 
e difficile, Sui Monti Tucul s' in- 
contra una serie di villaggi, Doco- 
nedià, Mescianù, Tucul completa- 
mente abbandonati. Vi sono due 
chiese pure abbandonate. Dalle ve- 
stigia si può arguire che questa 
regione fu coltivata ed assai prospera 
e popolata. Dicesi che quando le 
truppe italiane entrarono in Adua 
le genti di Ras Alulà occupavano 
questi monti.. A Mai Uoinò (acqua 
dell'uva) si trova acqua buonis- 
sima, 


Terreno montuoso. — Catincalai (la- 
go delle scimmie) è un pozzo con 
acqua di sorgente di cattivissimo 
sapore. Il pozzo in questa occa- 
sione fu asciugato dalla quantità di 
gente assetata e bestie che vi be- 
vettero. Per |’ abbeverata dei muli 
dell'artiglieria si dovette andare ad 
Adi-Bai. 


Tutta salita difficile. — Adi Bai, od 
Adi Abai, è un grosso villaggio 
completamente disabitato. Vi è una 
chiesa su un poggio, ai piedi del 
quale una specie di vasca naturale 
conserva dell'acqua melmosa. 


Terreno vario. — Nessun vestigio di 
coltivazione fino ad ’Aresa. 


Terreno montuoso. — Si sale sopra 
un vasto e ferace altopiano, si gira 
attorno alla bella amba Sciahà o 
Giaha, fatta tutta intorno a gradini 
come una pila di libri decrescenti. 
Si lascia a sinistra un'altra amba 


i | ——————__—1#__@——————————n»°mn-_______P——_—_y9 ed 


a forma di pan di zucchero, chia- 
mata Ducùt Dana; si passa pei vil- 
laggi popolati, Adi Harba, Amadir, 
Horgùt, e quindi si scende dopo 4 
ore al grosso villaggio di Adi Baro 
e poi, passando per Azaldai, si giun- 
ge ad Adi Saul, pure abitato. 


i OSSERVAZIONI 
| 
| 


Adi-Saul... .|Asmara......| 5 N.-E. | Terreno piano e rotto. 


c. — NOTIZIE GEOGRAFICHE 
E COMMERCIALI DEL TONKINO E DEI NUOVI MERCATI CINESI 
(con tre cartine nel testo) 


di L. NOCENTINI. 


I Malesi chiamarono Cocincina la parte orientale della penisola, 
detta dai Romani Cattigara, più tardi India transgangetica, e finalmente 
Indo-Cina dal dott. Leyden. I Cinesi conobbero fino da tempi remo- 
tissimi la Cocincina, che resero coi suoni Cen-cing e che denominarono 
Ciao-ci, Kiao-ci o Giao-ci, secondo le varie pronunzie dialettali; nomi 
che mantengono tuttora nella conversazione e negli scritti famigliari, 
mentre nei libri di storia e nei documenti ufficiali preferiscono 1’ altro 
di Jiie-nan che essi dettero alla regione qualche secolo avanti la nostra 
éra volgare, e probabilmente fra il sesto e il quarto, quando lo Stato di 
Ciao-ci ebbe al N. comuni confini collo Stato vassallo di Jiie. Secondo 
le vicende alle quali il paese andò soggetto, le varie divisioni di territorio e 
le dinastie che lo dominarono, altri nomi cinesi si ricordano, come ad 
esempio, Lojiié-ti (territorio di Lo-jiié), Nan-ciao (il Ciao meridionale), 
Lu-liàpg, Ciao-ceu (il circondario di Ciao), usato talvolta invece di Ciao-cì, 


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IJUN-NAN 


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eras Antica strada tra Hana e ! 
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Fic. 1° — Jt Tonkino secondo una Carta cinese (1). 


(1) I meridiani ed i paralleli furono aggiunti là“dove passerebbero approssimativa- 
mente secondo le carte europee (N. 4, /).). 





— 980 — 

U-p’ing citin (il principato (1) di U-p'ing), Sun-p’ing citin (il principatc 
Sung-p 'ing), Cing-hai citin (il principato di Cing-hai), Ling-nan-hsi-t 
Ta-jié (il grande Jti¢), i quali tutti, secondo il tempo in cui ebb 
corso, devono esser presenti alla mente di chi legge le storie dina 
che dell'Impero Celeste. Nel 1175 un ordine della Corte cinese impi 
al Reame il nome di An-nan, che nella pronunzia locale diviene An-na 
e che significa « il Sud della pace » o meglio « la regione al mez 
giorno della pace ». La pace indica forse l' Impero cinese, cioè il pa 
tranquillo (2). 

L’An-nan, nome da noi usato oggi per significare soltanto la pa 
centrale o media della penisola transgangetica, comprende per i Cin 
due regioni principali: la Cocincina e il Tonkino. La Cocincina, il 
nome che si estendeva fino al secolo decorso anche al Tonkino, è 
masto ora alla regione meridionale, che si suddivide in Cocincina alt 
Cocincina bassa. La prima, colla capitale in Hué (3), costituisce il 1 
ritorio dell’ attuale regno dell’ An-nan, ridotto per forza di trattati so 
la protezione francese : la seconda, colla sede del governo in Saigon ( 
è la cosidetta Cocincina francese. La regione settentrionale è que 
che si chiama Tonkino, ed ha per capitale Hanoi (5). Il nome cim 
Tonkino (Tung-king, o Tung-cing, cioè « capitale dell'Est ») fu us 


(1) Cin non sempre significa principato »; sotto alcune dinastie dell’ Imp 
è divisione amministrativa di territori o come Cew « circondario ». 

(2) Il Polo ritornando nel 1290 in Cina da una missione nei mari dell’ Ind 
ricorda il paese di Ciamba, nel quale alcuni vogliono riconoscere la Cocincina, altri 
fra questi il Wells Williams, il Camboge. Secondo la relazione di un viaggiatore 
nese nel Camboge, tradotta dal Remusat, e secondo una nota del col. Yule nella 1 
pregiatissima opera The book of ser Marco Polo (Vol. Il, pag. 250) Ciamba, Ciam 
o Tsiampa era un reame che abbracciava una parte della costa indo-cinese e che 
ricordato anche dal pellegrino buddhista del 7° secolo, Hsiuen Tsang, col nome 
Mahaciampa, o grande Ciampa, per distinguerlo forse da una città o Stato omonii 
che era sul Gange presso Bhégalpiir, dei tempi moderni. Anche il Camoens confo 
l'opinione che Ciampa non è tutta la Cocincina coi versi: 

« Vés, corre a costa que Champa se chama, 
Cuja mata he do pao cheiroso ornada: 
Vés, Cauchinchina està de escura fama, 
E de Ainfo vé a incognita enseada. » 

(3) In cantonese Hu-oi, in pechinese Hsil-ai; vuol dire « intenso amore 
Essa si trova a 16° 29’ lat. N. e 107° 38’ long. E. Greenwich. È stata chiami 
anche Quinam, o Ginam. 

(4) In cantonese e in pechinese Sai-cung vuol dire « tributi dell'Ovest ». 

(5) In cantonese //o-noî, in pechinese Ho-nei: « dentro il fiume », 0 « regic 
interna del fiume ». 








— 981 — 

la prima volta verso la fine del secolo passato e, prima di indicare tutto 
il paese, indicò solamente I’ antica capitale Kesciò, che sorgeva presso 
la presente. 

Il Tonkino è situato fra i 19° e 23° lat. N. e i 102% e 108° long. E. 
Greenwich. Confina a N. colle provincie cinesi del Cuang-tung, del Cuang-si 
e dell’Jiin-nan; a S. col regno dell’Annan; a O. colla catena dei 
Monti Annanesi, che lo dividono dai Laos e da tutta la regione occi- 
dentale della penisola. Ad E. ha il mare, e forma coll’ Isola di Hai-nan (1) 
e l'estremità continentale del Cuang-tung un largo golfo chiamato ap- 
punto il Golfo del Tonkino e dai Cinesi detto di preferenza il Golfo al 
S. dei Cuang (Cuang-nan van), cioè, al S. delle due provincie del Cuang-si 
e del Cuang-tung. Il golfo è sparso, a N., di isole o meglio gruppi di 
isole. Il gruppo principale prende il nome dall'Isola dei Pirati (2). Segue 
il gruppo delle isole chiamate dagli Europei Norvegia e dai Cinesi 
Cao-pei-ceu (3). Fra queste e il continente un’ infinità di isolotti e di 
roccie si levano sul mare e hanno nome di Bosco folto (4). Quasi equi- 
distante dal Tonkino e da Hainan sorge l'Isola dell’ Usignuolo (5), 
accennata in qualche carta col nome di Isola dell'Uomo allegro (Mer- 
ryman's Island). La costa tonkinese si spinge sempre avanti; Hanoi, 
costruita nell'ottavo secolo dai Cinesi sul mare, dista oggi 110 chilometri . 
dalla costa. I monti che qua e là si levano sulla pianura, staccati fra 
loro, ricordano le isole e le roccie del tempo in cui il mare ne bagnava 
il piede, e fanno presagire quello che diverranno le altre che sono tut- 
tora circondate dall’ acqua. 


(1) « Regione meridionale marittima ». Isola distante sole 12 miglia dalla pe- 
nisola Lien-ceu, che è I’ estremità continentale della provincia del Cuang-tung. Misura 
150 miglia da N. a S.,e 100 miglia da E. a O.. Nella parte settentrionale e occi- 
dentale la superficie è generalmente piana; nella meridionale e orientale, montuosa. 
Citing-ceu (secondo le carte europee in lat. 19° 56' e long. 110° 15’), sede del Governatore 
dell’ isola e capoluogo di prefettura, dista sole tre miglia e mezzo dal villaggio di 
Hoi-heu (in pechinese Hai-heu, cioè, porto marittimo), che è uno dei porti aperti 
dalla Cina al commercio estero. Sebbene il nome di Citing-ceu (circondario del 
corallo prezioso), possa far credere che esista nelle acque presso l'isola il corallo, 
pure esso non si trova menzionato sulle statistiche delle dogane cinesi. 

(2) In cantonese Hoi-fo, in pechinese Hai-ci¢, « pirati », Sulla carta cinese è 
pure segnato il nome di Pa-loi-tak, o Po-lai-t6, secondo il dialetto ufficiale, che deve 
essere appunto la trascrizione della parola « pirati ». 

(3) In cantonese Hao-f‘t e questo probabilmente si avvicina più alla parola 
tonkinese. 

(4) In cantonese Meu-lam, in pechinese Meu-lin. 

(5) L'Isola Ang. La carta cinese segna anche il nome di Isola Na-ting-cai che 
è certamente la trascrizione della parola nightingale (usignuolo). Il compilatore della 
carta mostra di aver tenuto conto delle denominazioni europee, forse in mancanza di 
un nome locale. 


— 983 — 

L'intera regione del Tonkino è divisa in meridionale e settentrio- 
nale da una catena di monti che si distende fra il mare e la grande 
catena che segna il confine occidentale. La regione del S., chiusa dai 
monti al N. e all'O., ha la forma di un trapezio. La settentrionale ha 
al N. un grande altopiano, dove trovasi la linea di confine tra la Cina 
e il Tonkino; a O. dietro Sontai (1) è una regione montuosa, coperta 
di grandi foreste e abitata da varie tribù e da fuggiaschi cinesi. Ciò 
che rimane della regione settentrionale costituisce il famoso delta del 
Fiume Rosso. Il delta va soggetto a periodiche inondazioni che principiano 
nel maggio e finiscono nell'ottobre. Nell'agosto e nel settembre offre l'aspetto 
di un immenso lago, sul quale spiccano villaggi e alberi. Le inonda- 
zioni provengono dallo sciogliersi delle nevi dell'Jiin-nan e dalle forti 
pioggie. 

Il fiume maggiore, Songcoi o Songca, è detto dagli indigeni an- 
che Bodé e dai Cinesi Fu-liang (ricco e buono). Il Songcoi è il Fiume 
Rosso, e si dice che viene chiamato così per il colore del fango che 
trasporta. La leggenda racconta che nel nono secolo un governatore, 
valendosi dell’ arte magica, fece la polvere da cannone per demolire 
le roccie che erano nel letto del fiume e per uccidere il drago che 
presso quelle viveva. Il sangue del drago, fatto spargere in questo modo, 
tinse in rosso le acque del fiume. Il Songcoi, passati i confini meridionali del- 
I’ Jiinnan, traversa quasi diagonalmente la regione settentrionale, bagnando 
Hanoi. Esso ha le sorgenti presso Ta-li (25° 44’ lat. N. e 100° 22’ long. E. 
Green.) ed è navigabile soltanto al di sotto di Tainguien, dopo avere 
ricevuto a N. le acque del Pun-lung (2), e al S. quelle di piccole 
correnti che scaturiscono nell’altopiano. Da Tainguien a Hanoi può 
essere solcato da navi inferiori alle quattro tonnellate e da Hanoi al 
mare da battelli di cinque piedi di pescagione. A metà circa del corso 
fra la capitale e il mare raccoglie le acque del P'o-mui (3). 

Dei due affluenti maggiori del Songcoi, questo ultimo sembra più 
importante, anche per il più lungo corso delle sue acque. Ha le sor- 
genti sui Monti Luh-ciao all’ estremità meridionale jiinnanese e si versa 
nell’ altopiano più a oriente del Pun-lung, scendendo giù nel delta, fino 
alla foce parallelo al Songcoi. Presso al corso inferiore riceve le acque 
del Tac-niin (4) che pure scende dalla provincia dell’ Jiin-nan dopo es- 
sersi unito, prima di entrare nell’altopiano, con un altro piccolo fiume 


(1) in cantonese Song-tvi, in pechinese Sang-tas, « il ripiano dei gelsi ». 
(2) In pechinese Puan-/ung significa e drago sibilante ». 

(3) In pechinese P‘x-mei significa « molti susini », 

(4) In pechinese 7e%-ni significa e sottile ». 


— 983 — 

detto Lo-suì (1). Il Pun-lung scaturisce dai Monti Luh-ciao e dai con- 
fini jiinnanesi entra nell’ altopiano a ugual distanza fra il Songcoi e 
il Fiume dei molti susini; sul territorio cinese si chiama Tung-ce. 

Degli. altri affluenti del Songcoi manca il nome sulla carta cinese, 
e ciò prova che non hanno affatto importanza. Tuttavia possono citarsi: 
uno da Sontai, uno da Langson (2), che va fino ad Hanoi, e uno da 
Bacnin (3), che passa per Hai-tuien (4). 

Altro fiume che domina l'altopiano e il delta e ne bagna la parte 
chiusa fra il Songcoi e i monti centrali e dell'O., è il Tuc-lat-tac (5), 
che ha la foce al Capo Tuoc (6), ed è formato da quattro corsi 
principali di acqua che si riuniscono nel N.-O. del Tonkino. Tre di 
questi hanno la sorgente nella provincia dell’ Jin-nan e uno soltanto 
dai monti che separano l’Annan dai Laos. Dei primi tre, quello più ad 
oriente prende le acque dai laghi presso Meng-tsu (23° 34’ lat. N., 103° 
36’ long. E. Green.), si chiama il Pak-ki (7), e si unisce presso San-hoi (8) 
col Fiume Lin-fa (9). Questo scaturisce dai monti vicini a Juen-ciàng (23° 
36’ lat. N., 102° 11’ long. E. Green.) e versa le sue acque nel Hac-cong (10) 
prima di entrare nel Tonkino. Il Hac-cong, o Fiume Nero (24° 31° lat. 
N., 101° 4” long. E. Gr.) è chiamato «il fiume di dieci mila miglia (Van-li- 
ciàng) » nella provincia dell’Jiin-nan, dove scaturisce dai monti vicini a 
Cing-tung e raccoglie le acque di molti affluenti. Sulle carte europee si trova 
indicato anche col nome di Papien dentro i confini cinesi, e con quello 
di Baolisien o Lisien nel suo corso superiore sull’ altopiano tonkinese. 


(1) In pechinese Zao-sciui significa « acque mosse ». 

(2) In cantonese Long-tsung, in pechinese Liang-sung. I segni grafici corrispon- 
dlenti non sono sempre gli stessi. Secondo i caratteri segnati sulla carta il nome si- 
gnifica « pini splendidi »; in generale però i caratteri vogliono dire « monti fre- 
schi »; in cantonese Liung-scids e in pechinese Ligng-scian. Capoluogo della provincia 
omonima. 

(3) In cantonese Fak-ming, in pechinese Pes-ming « la quiete del Nord ». È 
detta la città « al N. della capitale »; in cantonese King-pak, in pechinese Cing-pei 
e nei dialetti locali Ais-dak. Capoluogo della provincia omonima. 

(4) In cantonese Hos-tung, in pechinese Has-tung « l'oriente marino ». Hai-dsuong, 
Has-duong e Hai-duien si trovano invece di /ai-tusen. Capoluogo della provin- 
cia omonima. 

(5) In pechinese /u4-/ahk-feh, significa probabilmente e minaccioso », ma non è 
certo. | 
(6) In cantonese 7'so-hac, in pechinese 7su-ke, ‘ocuzioni che significano « esa- 
zione delle tasse ». 

(7) In pechinese Pas-ci, può significare « bianca stagione ». 

(8) In pechinese Hien-cai, la città del e nuovo passaggio ». 

(9) In pechinese Lien-hua. il « Fiume dei gigli acquatici ». 

(10) In pechinese He-cidng, « il Fiume Nero ». 


Le acque dei tre fiumi, riunitesi insieme, prendono il nome di At- 
cong (1), che conservano fino al corso inferiore. Il quarto corso 
d'acqua si chiama Soi-ho (2) e scaturisce fra i monti che formano il 
vertice N.-O. del Tonkino, dove s'incontrano i confini della regione 
dei Laos e della Cina. 

L’ At-cong prende le acque di piccoli torrenti che lo mettono in 
comunicazione principalmente colle città di Macsincao, Cac-hoa, Hun- 
ghoa (3) e Nin-noi, e solamente nel corso inferiore diviene navigabile per 
le navi di pochissima pescagione. Questo e il Songcoi, poco prima di 
scaricarsi nel mare, mescolano le loro acque per mezzo di un fiumi- 
cello che li unisce. 

Due piccoli corsi d’acqua scaturiscono dalla catena centrale presso 
Ninbien e si riuniscono presso To-huan, bagnando poi il piede dei 
monti fino al mare. La carta cinese ne tralascia il nome; il Kiepert 
lo dice Cualac. 

La regione meridionale non è bagnata da fiumi di qualche im- 
portanza e quelli che vi sono, scaturiscono dai monti vicini. La carta 
riprodotta qui sopra, dà il nome di un solo di essi che è ¢ il Fiume 
del Gatto (4) », il quale si dirama in tre corsi che si scaricano, nora 
grande distanza fra loro, nel mare. La diramazione di mezzo si chiama 
Tala. Tre altri piccoli fiumi si trovano a N.: uno bagna verso il mare il 
piede meridionale della suddetta catena; uno passa per la città di Sontai (5); 
e l’ultimo, del quale un tratto si confonde colla diramazione nordica del 
Fiume del Gatto, si chiama « Dai-ho (6) ». Questi corsi di acqua non 
permettono che la navigazione delle giunche. 

Questa è la idrografia del Tonkino secondo la carta cinese qui 
sopra riprodotta; ma non è certo che essa sia veramente esatta. I nomi 
neppure sulle carte europee sono ben fissati. In una carta dell’ Jiinnan, 
che il sig. E. Rocher ha aggiunto alla sua opera La Province chinoise 
du Yiinnan e che è stata copiata dal sig. de Berigny e annessa alle sta- 
tistiche delle dogane imperiali dell’anno scorso, Song-ca è tradotto « Fiume 
chiaro (Aivière Claire) »; mentre in una carta dei confini tra la pro- 


(1) In pechinese Cia4-ciàmg, significa il « Fiume delle Lancie ». 

(2) In pechinese Sai-k0, e significa il « Fiume rivale ». 

(3) Capoluogo della provincia omonima. 

(4) In cantonese J/o-ho, in pechinese Mao-ho, 

(5) « L’altopiano dei pini », denominazione diversa per il significato dal Sontai 
« l'altopiano dei gelsi », segnato sulla carta col numero 9, Capoluogo della provin- 
cia omonima. 

(6) In cantonese e in pechinese 7’as-ho, significa « Fiume in altopiano ». 





— 985 — 

vincia del Cuang-si e il Tonkino, Song-ca è tradotto « Fiume Rosso (Red 
River) ». Tuttavia, esaminando nelle statistiche medesime la via fluviale 
delle merci tra Man-hao e Haiphong, si è indotti a ritenere che il corso 
del Fiume Rosso debba ritenersi quello che sulla carta cinese è detto 
Tuc-lat-tac. Da Tali scendendo giù in direzione S.-O. fino alla foce, il 
Songcoi, secondo la carta del sig. Rocher, passa per Man-hao dove 
principia a essere navigabile per le barche, quindi per San-hoi (Hien-cai) e 


Fic. 2° — Corso inferiore del Fiume Rosso 

secondo la carta del sig. Rocher. . 
varcati i confini, seguendo la linea dei monti occidentali, bagna Lao- 
cai e va a Hanoi, dove le acque permettono il passaggio dei piccoli 
battelli a vapore, i quali invece di scendere al Capo Tuoc piegano per 
il Canale dei bambù e toccano Haiphong. Un'altra differenza notevole 
esiste fra la carta cinese e due contenute nelle stesse statistiche, ed è 
che i confini tra la Cina e il Tonkino nelle provincie dell’ Jinnan 
sono stabiliti nelle ultime più a S.-E. e precisamente fra San-hoi e Lao- 
cai. Le tribù che abitano questa regione montuosa vivono autonome e 
quasi indipendenti; onde si ribellano a ogni determinazione di confine. 

Ciascuna delle tre parti che costituiscono il Tonkino, cioè alto- 
piano, delta e provincie meridionali, ha una città principale, dove più 
si accentra la vita della regione. Langson, per l'altopiano; Hanoi, per 
il delta; Sontai per le provincie meridionali. Tuttavia il Tonkino 
amministrativamente è diviso in 16 o 17 provincie, secondo che la 
Francia ha stabilito coll’Annan che il possesso di Bocin sia per il Reame 


— 986 — 
protetto o per sè. Delle altre 16, cinque appartengono all'altopiano e 
costituiscono la zona che la Cina voleva dichiarare nentra, e sono: 
Caobang, Langson, Tainguien, Tuiencuang, Cuang-ien. L'alto delta com- 
prende le due provincie di Bacnin e Sontai ; il basso, Hanoi, Haidzuong, 
Hungien, Namdin, Ninbien e Hunghoa. Le provincie meridionali, oltre 
Bocin, sono: Tanhoa, Nghean e Hatn. 

Nella provincia di Hanoi la città capitale porta lo stesso mome e 
sorge presso l'antica Kesciò. È situata sul Fiume Rosso che la bagna 
con una superficie d'acqua larga un miglio. La sua popolazione avanti 
l'occupazione francese sommava fra i 60 e gli 80 mila abitanti, dei 
quali 3 mila Cinesi; oggi si crede che ascenda a 15> mila circa. Co 
stituisce il centro della civiltà tonchinese e vi si tengono gli esami 
letterari. Le strade principali, dove stanno i Cinesi e vi hanno 1 maggiori 
negozî, sono larghe e ben tenute; le altre, occupate dagli indigeni, sono 
strette e impraticabili per il fango, specialmente quando piove. Le case 
sono costruite in mattoni e i tetti hanno gli angoli volti all’ insù come 
nella Cina. Hanoi, come ogni città tonchinese, ha una grande fortezza 
di forma quadrata, dove stanno non solo gli ufficiali e soldati, ma anche 
i pubblici funzionarî. Fu costruita verso la fine del secolo passato da 
ingegneri francesi secondo il sistema Vauban. Sul centro di ogni lato 
che è lungo un chilometro, è praticata una grande porta monumentale. 

Hanoi, Namdin, con 40 mila abitanti, e Haiphong sono le città 


1006°20” 








Fic. 3* — Porto di Has-phong. 


più importanti della provincia. Hai-phong è il porto mercantile per 


Hanoi, Haidzuong e Namdin; è situato a 20° 51’ lat. N. e 106° 42° long. 
E. Greenw., a 26 chilom. dal faro, ed è accessibile per navi che pescano 
fino a 6 metri. Dista da Hanoi per il Songcoi 241 chilom., che sono 
regolarmente percorsi da piccoli battelli a vapore. Fu aperto al com- 
mercio estero nel 1875 in virtù del trattato franco-annanese del 1873. 

Da Hanoi a Hué esiste una sola strada principale. Da Hanoi ai 
confini cinesi vi sono due strade, una a N. per Langson,una ad E. per 
Cuang-ien. Sono larghe circa 5 metri e impraticabili per una metà 
dell’ anno. . 

Il clima è molto vario. Nell’ inverno la regione alta è troppo fredda 
e nell'estate troppo calda per gli Europei. Nel delta invece I inverno 
è piacevole; ma nell’ estate fa molto caldo e piove. La dissenteria, i 
colpi di sole sono frequenti. Sui monti predominano febbri maligne. Le 
provincie meridionali sono del pari molto insalubri : al contrario si hanno 
buone località a N. e presso Cuang-ien. 

La popolazione del Tonkino non supera probabilmente i 10 mi- 
lioni, sebbene qualche scrittore la faccia ascendere fino ai 20. Il Col- 
quhoun, che visitò il paese durante la spedizione francese, scrive in 
una corrispondenza al 7fmes di quel tempo che la razza dominante, 
Y annanese, occupa in maggior proporzione tutto il delta e differisce 
molto dalla meridionale. Essa viene dalla unione degli aborigeni dei 
monti colla gente della costa, e si è mescolata coi Cinesi. La sua 
supremazia per undici secoli e l'unione cogli abitanti del basso delta, 
hanno prodotto la razza quale oggi è. Ha il naso meno schiac- 
ciato dei Cinesi e gli zigomi più sporgenti; è di forme più grosse e 
meglio proporzionate degli Annanesi meridionali che, per quanto mi 
fu possibile giudicare nel breve soggiorno fatto in Saigon, mi parvero 
avvicinarsi più alla popolazione malese che ai Cimesi, sia per il colore 
della pelle, sia per le linee del volto. La caratteristica più spiccata 
degli Annanesi settentrionali è l’esser magri. Hanno belli occhi e ca- 
pelli neri, pelle sottile; masticano il defe/ che arrossa i loro denti. Quanto 
al carattere si ritiene che siano effeminati, sobri, laboriosi, intelligenti, 
cortesi, allegri, amanti del chiasso e delle feste, incuranti del domani. 
Docili e sommessi, se guidati ; spesso vendicativi, se stimolati. Apatici - 
e facili all’inganno. Meschinamente educati, fedeli al culto buddhistico, 
ma dati anche, come i Cinesi, alle cerimonie per gli antenati; incapaci 
di ogni azione notevole, buona o cattiva. Come nel fisico, così nel morale, 
sono una incrociatura di annanese e di cinese. La loro storia è una serie 
di invasioni e di rivolte. Oppressi, si levano in armi e spesso vincono; liberi, 
non sanno godere il bene conquistato e si abbandonano spontaneamente 


— 988 — 
all’ altrui dominio. Gli agricoltori sono i più semplici e i migliori: i 
letterati e i pubblici ufficiali, i più scaltri e i peggiori. Gli uomini por- 
tano il turbante, una lunga veste con maniche strette e calzoni larghi 
di cotone scuro e scarpe cinesi; si avvolgono gli intonsi capelli intorno 
al capo fermandoli con uno spillo. Tutto il costume, tranne il turbante, 
è il nazionale cinese del tempo anteriore alla presente dinastia. 

Nell’ altopiano la popolazione è meno densa e il suolo meno fertile. 
Gli aborigeni sono della razza Laos, che si distingue dagli Annanesi per 
una pelle più chiara, figura più alta e carattere più semplice e franco. 
Come tutti i montanari, disprezzano gli abitanti della pianura, cioè, del 
basso delta; sono bravi cacciatori e non vogliono abbandonare la loro 
foresta; vivono di caccia e dei prodotti dei monti. Sebbene non con- 
tino ora più di 300 o 400 mila individui, hanno rappresentato una gran 
parte nella storia della penisola e sono temuti dagli Annanesi. Pochi si 
regolano con proprie leggi, il maggior numero obbedisce alle leggi 
annanesi. 

Nelle vallate e lungo l'estremità settentrionale della regione mon- 
tuosa, i Cinesi si uniscono in matrimonio cogli indigeni e coi Tonki- 
nesi. Lungo tutto l’ orlo del delta e anche in Hanoi i Cinesi e la razza 
mista costituiscono la maggioranza della popolazione, tantochè presso il 
confine settentrionale anche la lingua annanese è poco parlata. Tranne 
nella regione montuosa, abitata dagli aborigeni, la popolazione del N. e 
del N.-O. tonkinese è costituita in gran parte da Cinesi, i quali for- 
mano la razza dominante e sono venuti da Canton, Hainan e dalla 
provincia del Fu-kien. Essi sono tutti uniti in associazioni commerciali, 
sfuggono alla dipendenza dei funzionarî indigeni e si ritengono supe- 
riori agli Annanesi, dai quali sono temuti, rispettati e ammirati. 

Gli idiomi del Tonkino e della Cocincina sono dialetti cinesi ap- 
partenenti al grande gruppo di dialetti parlati nella regione che giace 
a S.-E. dei monti che in spezzate catene si distendono sulle provincie 
dell’ Jinnan e del Cuei-ceu e quindi separano il Cuang-si e il Cuang- 
tung dal Kiang-si e dall’Hu-nan e per le altre due provincie del Fu- 
kien e del Ce-kiang si perdono nel mare. Questo gruppo di dialetti, per 
.maggiore asprezza di suoni e per le consonanti finali dei monosillabi, 
si distingue dall’ altro al di là dei monti, dove nacque il vero idioma ci- 
nese. La scrittura è però in ogni luogo la stessa; e quindi i Cinesi leg- 
gendo i nomi di luogo del Tonkino non si studiano di rendere il suono 
vero, ma li leggono sempre secondo il dialetto che parlano. 

La più antica notizia che giunse in Europa della lingua parlata nella 
Cocincina è dovuta ad Alessandro De Rhodes, del quale fu pubblicato 





— 989 — 

in Roma nel 1651 il Dictonarium annamiticum. Esso però non conte- 
neva i corrispondenti grafici dei suoni, e quindi di poco o nessun ajuto 
fu agli studiosi, del resto rari in quel tempo. Più tardi, e precisamente 
nel 1819, quando due navi americane approdarono la prima volta a 
Saigon, I’ italiano G. Morrone, missionario cattolico, donò due manoscritti 
all’ ufficiale di marina White. I manoscritti sono due vocabolari, uno 
cocincinese-francese con sole 333 parole accompagnate dai caratteri cinesi 
e ordinato per materie e l’altro più voluminoso cocincinese-latino, di- 
sposto alfabeticamente, ma senza caratteri. Entrambi furono pubblicati 
nel 1838 dalla Società filosofica americana insieme con altri scritti e 
col titolo: A disserfation on the nature and character of the chinese sy- 
stem of writing by P. S. du Ponceau to which are subjoined a Voca- 
bolary of the cochinchinese language by F. G. Morrone and a cochinchs- 
nese and latin dictionary. Philadelphia, published for the American phi- 
losophical Society by M° Carty and Davis, 1838. Il lavoro dell’ italiano 
Morrone, quello accompagnato dai caratteri cinesi, offrì il primo mate- 
riale per un avviamento scientifico allo studio linguistico della Cocin- 
cina, e perciò mi è sembrato meritevole di essere citato. 

Il Governo del Tonkino è plasmato interamente sul sistema cinese. 
Le provincie sono ordinate sotto sette principali amministrazioni, o go- 
verni; e ciascuna di queste sette amministrazioni è formata da tre pub- 
blici funzionari, il Zongdoc o Governatore, il Bocuis o Tesoriere, e 
l'Ansat o Giudice. Le provincie sono poi divise in prefetture, sotto-pre- 
fetture e distretti. 

Il Re dell’ Annan inviava un suo incaricato a esaminare le con- 
dizioni del paese e riferirgliene. Nei distretti montuosi e dell’altopiano 
vi sono tribù che formano divisioni amministrative, a capo delle quali 
sta un fussy, che è un ufficio ereditario fra gli indigeni. Oltre il sistema 
amministrativo, anche la letteratura, le forme del culto, i costumi sono 
cinesi. La corruzione amministrativa, divenuta sistema in Cina come 
nel Tonkino, è causata soprattutto dalla paga insufficiente. Un gover- 
natore riceve 20 lire mensili, un prefetto 3. Naturalmente costoro sono 
forzati a prendere dai loro amministrati quanto hanno bisogno; e una 
volta spinti sulla china della necessità, non trovano mai il piano per 
fermarsi. La qual cosa conduce a un sentimento reciproco di malevo- 
lenza che si risolve in oppressione sugli ultimi e in rappresaglia contro 
i primi. In Caobang e Langson esistevano guarnigioni miste, cinesi e 
annanesi, 

L’amministrazione francese comprende ora un Ministro Residente 
Generale, assistito da due Residenti superiori e da un gran numero di 


Residenti, Vice-residenti, Commessi di Residenza e da altri molti im- 
piegati d'ogni genere e grado. Il Residente generale sta in Hanoi e gli 
altri sono quasi tutti sparsi fra questa città e Haiphong. La Francia ha 
seguito anche per il Tonkino il sistema già adottato per gli altri suoi 
possedimenti, nominando molti impiegati, che invece di essere utili alla 
colonia, ne rallentano lo sviluppo e il progresso per l'attrito che la com-. 
plicata compagine amministrativa rende inevitabile. 

Il suolo è molto fertile a causa dei continui depositi fluviali. Il 
principale prodotto è il riso, del quale si fanno due raccolte annuali 
e si ottengono due qualità, una per il nutrimento e per I’ esportazione, 
e un’ altra glutinosa usata principalmente nelle offerte. Si coltivano 
inoltre, il ricino, il gelso, il tabacco, il cotone, la canna da zucchero, 
il banano, le patate dolci e presso i luoghi molto abitati gli ortaggi e le 
frutta. Abbondano la noce moscada, il betel e il bambù. Il tabacco, 
la seta e la canna da zucchero sono prodotti di qualità non buona. 

Nella tintura si adoperano l'indaco e una materia colorante d’un rosso 
molto cupo, quasi nero, che si ottiene da una tuberosa, detta dai Ci- 
nesi sez2-/iang. Questa pianta cresce naturalmente nei distretti montuosi 
del Tonkino; coltivata, dà un prodotto meno buono. Si raccoglie nella 
primavera e in principio di estate. Viene spedita a Canton, dove è molto 
usata per la tintura, specialmente delle sete; costa dalle ro alle 15 lire 
per quintale. 

Fra i medicinali meritano speciale menzione le piante sa33 e hoangnan. 
La prima è un tonico possente; la seconda (Strychnos Gantheriana] è 
tenuta per un efficace rimedio contro la paralisi, la lebbra e i morsi 
di serpente. 

Si trovano gli stessi olii, resine e vernici, prodotti dalla Cina me- 
ridionale. 

Fra gli animali domestici si noverano il bafalo, il bove, il cavallo, 
il porco e il pollo. 

Il Tonkino è ricco di miniere; si crede che non meno di 17 di- 
stretti abbiano campi auriferi. L’ argento, il rame, il ferro, il piombo, 
lo zinco e lo stagno abbondano specialmente nel bacino del Songcoi e 
lungo il confine settentrionale. La quantità del minerale è incerta e le 
miniere possedute in gran parte e lavorate dai Cinesi della provincia 
del Cuang-si non danno grande prodotto, probabilmente per il primitivo 
sistema in uso. È stato trovato anche il carbon fossile, che si ritiene di 
qualità non molto inferiore a quello dell’ Australia, della Cina e del 
Giappone. 

Il commercio è interamente nelle mani dei Cinesi venuti dalle 








— 995 — 
provincie del Fu-kien e del Cuang-tung. Essi non sono solamente soci, 
ma parenti dei loro corrispondenti in Hong-cong. Oltrechè in Hanoi, 
anche nelle altre città il quartiere degli affari è tutto cinese. 

Le merci importate principalmente sono: cotone, oppio, medicine, 
sale, tabacco, pesce secco, terraglie, chincaglie, carta cinese, sacchi di 
paglia, seta cinese, rame in foglie e sbarre, pezzi d’incenso, candele 
e manifatture diverse. I cotoni, secondo la relazione del sig. de Kerga- 
radec, Console di Francia in Haiphong nel 1881, costituiscono il 34 per 
centd Well’ importazione; sono filati e tessuti di fabbrica inglese, pro- 
venienti da Hong-cong. L' oppio rappresenta il 21 per cento, proviene 
in gran parte da Hong-cong ed è di Benares. Se ne importa anche 
dalla provincia dell’ Jiin-nan in piccoli mattoni. Le medicine cinesi 
segnano |’ 11 per cento e vengono dalla via di Hong-cong e di Canton. 
Il tabacco cinese trinciato per la pipa ad acqua viene da Canton e da 
Svatou ed è il principale articolo in transito per la provincia del- 
l’Jiin-nan. Rappresenta il 9 per cento della importazione. Il tè non ha 
che il 5 per cento e viene dalla Cina settentrionale e dall’ Jiin-nan. 
Il rame viene dal Giappone ed è usato per la fabbricazione degli uten- 
sili domestici e per la moneta, della quale esiste una zecca in Hanoi. 

Le importazioni provengono per il 97 1/2 per cento da Hong-cong, 
per il 2 per cento dai porti annanesi e per un 1/2 per cento da Saigon, 
€, hanno un valore complessivo di sette milioni e mezzo. 

Le merci esportate sono: oppio, riso, rame, stagno, seme di nenufar, 
funghi secchi, seta greggia e tessuta; la lacca; la scorza di cassia; denti, 
corna, pelli e nervi di elefante, rinoceronte e cervo; molti rettili spe- 
cialmente serpenti; olio d' anice, miele, madreperla lavorata. Il legno 
da costruzione, che comprende la specie di pino detto #44, che cresce 
nelle vergini foreste dei monti vicini ai confini dell’Jiin-nan, usato dai 
Cinesi per le casse da morto, il legno duro da mobili, legni per orna- 
mentazione e varie specie di legni odorosi. ll riso figura per il 39 per 
cento nella esportazione; la seta greggia e tessuta, per il 21 per cento; 
lo stagno per il 16 per cento; la lacca per il 6 per cento. L’ espor- 
tazione per il 79 per cento è diretta a Hong-cong, per il 16 per cento 
a Saigon e per il 5 per cento alla costa. 

Le navi che toccano i porti tonkinesi sono secondo il tonnel- 
laggio nella proporzione seguente: 35 inglesi, 20 americane, 23, 5 cinesi 
da Hong-cong, 11 tedesche, 5 olandesi, 5 francesi. I battelli fran- 
cesì ricevono una sovvenzione per mantenere una linea tra Saigon e i 
porti del Tonkino. 

Il sig. de Kergaradec, ricordato di sopra, spera che il commercio 





— 992 
totale del Tonkino salga dai 13 milioni accertati per il 1881 a 300 
milioni e quindi che il porto di Haiphong venga subito per importanza 
dopo quello di Scianghai. A che le speranze del Console di Francia di- 
vengano realtà occorrono due fatti: un grande sviluppo mercantile sui 
confini cinesi, e il passaggio delle merci per il Tonkino al mare. 

A tal fine, infatti, la Francia nel trattato di Tien-tsin del 1885 
volle ammessa la clausola che due mercati fossero aperti al commercio 
francese, uno nella provincia del Cuang-si e uno nella provincia del- 
TJiinnan, e colla convenzione addizionale segnata in Pechino il 26 giu- 
gno 1887 ottenne perciò le città cinesi di Lung-ceu e di Meng-tsu. 

Lung-ceu posta a 22° 22’ lat. N. e 107° 39’ long. E. Green., di- 
stante di 113 di grado dalla dogana di confine detta Cen-nan-kuan, è ca- 
poluogo di sotto-prefettura, dipendente dalla prefettura di T'ai-ping nella 
provincia del Cuang-si, e giace sulle rive di un fiume che le carte fin qui 
conosciute facevano sboccare nel Golfo del Tonkino e che ora è accer- 
tato versarsi nel Fiume occidentale (Hsi-ciàng). La città ha una popo- 
lazione di 20 mila abitanti, composta di indigeni e cinesi delle provincie 
limitrofe. È ora in comunicazione telegrafica con Canton e altri Inoghi 
lungo il Fiume dell'Ovest, con Meng-tsu per Po-se e colla dogana sud- 
detta sul confine tonkinese. Questa ultima linea forse è già congiunta 
con le francesi del Tonkino. La posta vi arriva ogni dieci giorni con 
speciali corrieri che spendono sette giorni da Pac-hoi, porto meridionale 
cinese aperto al commercio estero. 

Il nuovo mercato, secondo le prime esperienze del decorso anno, 
non dà speranza di divenire, almeno per qualche tempo, un grande 
centro di affari. Il trasporto delle merci costa attraverso il Tonkino 
il sette per cento, onde i mercanti preferiscono di farle passare per la 

via postale, dove la spesa è solamente del tre per cento. Tanta diffe- 
renza trova la sua ragione nella maggiore domanda dei facchini ton- 
kinesi, occupati nelle varie stazioni militari francesi. La strada che i 
corrieri e le merci percorrono è la seguente: da Pac-hoi nella provin- 
cia del Cuang-ting a Lien-ceu, da dove piega a occidente, dirigendosi 
ia del Cnano-gi arriva a T.uno-cen ner 





sn Cin-cen: entrata nella nrovir 





—~ 


ws. = mm 


— 993 — 

son. Il percorso totale, proposto dal sig. Carl, sarebbe di 153 chilometri; 
e le merci verrebbero trasportate in una prima giornata da Haiphong a 
Phu-liang-thuong in battello, in una seconda su vagoni da Phu-liang- 
thuong a Na-sciàm e di qui su barche indigene arriverebbero in tre 
altri giorni a Lung-ceu con una spesa presumibile di 10 lire per quin- 
tale. Tuttavia, se il governo cinese vorrà conservare sul proprio terri- 
torio il passaggio delle merci per il Cuang-si, riuscirà senza sforzo, to- 
gliendo le troppo numerose dogane stabilite lungo il Fiume dell'Ovest, 
che è appunto la via commerciale più vantaggiosa per tutta la provin- 
cia e che sbocca a Canton. Le merci sarebbero trasportate da Canton 
a Lung-ceu al prezzo di 4 lire circa al quintale. Il fiume è facile alla 
navigazione fino a U-ceu (23° 29’ lat. N. e 1ro° 51’ long. E. Green.); 
da qui a Nanning (22° 43’ lat. N. e 108° 3’ long. E. Green.) vi sono 
alcuni passaggi pericolosi, che vengono però superati felicemente da 
abili barcajuoli. Fra Nanning e Lung-ceu esiste un solo passaggio peri- 
coloso presso T ’al-ping. 

È anche possibile che la Cina lasci alla Francia il transito di queste 

merci, perchè la provincia del Cuang-si, montuosa e poco popolata, non 
offre molti prodotti per l'esportazione. Alcuni ritengono che vi siano 
ricche miniere d'argento e di carbon fossile, le quali non sono ancora 
aperte, nè è probabile per ora che il governo imperiale ne permetta 
l'esplorazione. Lung-ceu stessa non ha prodotti propri, ma deve acqui- 
stare fuori quelli che esporta, come, ad esempio, l’olio d'anice, la cassia, 
l’indaco, lavori in ferro, lo stagno e l’oppio dell'Jiinnan. 
° Il valore totale del commercio nei sette mesi fu di taels 12,571 (1) 
dei quali 10,863 furono per merci importate da Hong-cong e 1,708 rap- 
presentano |’ esportazione nella Cocincina, nel Tonkino e nell’ Annan. 
Le merci importate furono principalmente la tinta Sciù-li&ng per taels 
5,910 e il legname da costruzione per taels 2,019. Si esportarono in 
maggior quantita alcune specie di olf, per taels 446, e tessuti, per 
taels 243. 

Maggiore promessa di più proficuo avvenire dà l'altro mercato con- 
cesso ai Francesi in Meng-tsu, nella provincia dell'Jiinnan. 

Meng-tsu, città distrettuale della prefettura di Lin-an, sorge a 1,351 
metri sul livello del mare, in una pianura lunga 32 km. 19e larga 12. 
I monti che la circondano sono spogliati, ma ai raggi del sole riflet- 
tono. bei colori, rosso, grigio, porpora e oro. Sono ricchi di selvaggina, 
unico passatempo dei sei Europei lì stabiliti, tre appartenenti al Conso- 


(1) Il prezzo del ¢ae/ doganale, detto Aai-cuan tae], fu fissato a lire 5,95 per 
l'anno 1889, quindi la somma è eguale a lire 74,797.45. 


— 994 — 
lato di Francia e tre alla dogana imperiale. La città ha una popola- 
zione che si calcola fra i 10 e i 20 mila abitanti, quasi tutti Cinesi, 
discendenti da emigrati venuti dalle provincie centrali dopo la con- 
quista mancese. Gli indigeni appartengono alle tribù Lolo e abitano 
piccole capanne nel piano e nelle valli delle vicine montagne. Una 
parte della pianura soltanto è coltivata. Si raccolgono riso, grano, sag- 
gina, frumentone, miglio, fagiuoli, patate dolci e tabacco, melagrane di 
qualità superiore e molte pesche e susine. Il vento del S. soffia co- 
stante quasi tutto l’anno, e modera la temperatura la quale, per quanto 
si ricordi, non ha oltrepassato mai la massima di 28,° 9 C. nell'estate 
e la minima di 4,° 5 C. nell'inverno. 

Meng-tsu, come altre parti della provincia alla quale appartiene, 
è andata soggetta per vari anni a una specie di febbre maligna, detta 
jang-fsu, accompagnata da un tumore nel collo o nelle ascelle. Essa si 
manifesta dapprima nei topi che, quando sono colpiti dal male, corrono 
presso le persone di casa, delle quali non hanno paura, e muojono. 
Dopo i topi, ne viene colpito il bestiame. Allora gli abitanti delle ca- 
panne, i più esposti al pericolo, emigrano in massa e si rifugiano 
sui monti, perchè l’esperienza ha oramai dimostrato che questa ma- 
lattia si mantiene fra i 2,160 e i 360 metri sul livello del mare. 
Questa fuga precipitosa è la causa principale che molta parte della 
campagna rimane incolta. | 

L'ammissione dei Francesi a far commercio in Meng-tsu sembra 
abbia incontrato il favore degli abitanti per una profezia che un ma- 
gistrato fece incidere 157 anni or sono sopra una pietra, nel tempio - 
principale della città. Secondo la profezia, Meng-tsu avrebbe goduto le 
tre maggiori felicità auspicate dai Cinesi, cioè, onori, lunga vita e ric- 
chezze, quando le acque del fiume, che allora scorreva al S. della città, 
avessero trasportato a N. il loro corso. La qual cosa avvenne vent'anni 
or sono e d'allora in poi molti cittadini di Meng-tsu ebbero onori let- 
terarì e si trovò chi raggiunse l'età di 100 anni. Mancano le ricchezze 
le quali, dopo l'impianto della dogana imperiale, promettono di non 
farsi più a lungo aspettare. | 

Meng-tsu dista dalla capitale dell’Jiinnan nove giorni di viaggio a 
cavallo, e. da Haiphong 31 giorni. Tre di questi ultimi sono spesi, pure 
a dorso di animale, fra il nuovo mercato e Man-hao, 27 in barca da 
Man-hao a Hanoi per Lao-cai, e uno in battello da Hanoi a Haiphong. 
La prima parte del viaggio fra Meng-tsu e Man-hao dimostra colla 
sua strada lastricata e i molti templi lungo di essa, che questa è una 
antica via del commercio, rimasta attiva fino al tempo delle devasta- 





— 995 — 

zioni portate dalla ribellione maomettana. Essa infatti ha il vantaggio 
di una minore durata sulle altre cinque strade che tengono la capitale 
della provincia in comunicazione col Fiume Jang tse-Kiang e colla costa 
meridionale. Le frequenti piraterie alle quali andavano soggette le barche 
che risalivano il Fiume Rosso, devono essere stata causa che i mercanti 
abbiano abbandonato quella via. La sicurezza che l'occupazione fran- 
cese offre e i mitissimi dazi imposti fanno sperare che la strada ritorni 
a essere la più battuta dalle merci dirette alla provincia dell’Jiinnan. 

A questa speranza conforta il fatto che dal 28 agosto 1889 fino 
al febbrajo del corrente anno è stato notato un continuo aumento di 
affari. Il valore del commercio in detto tempo è asceso alla somma totale 
di taels 183,005 (lire 1.088,879.75) così divisi: 62,300, merci estere im- 
portate dalla Cocincina, dall’Annan e dal Toukino, ma per oltre la metà 
da Hong-ong; 32,705, merci cinesi importate da Hong-cong; 87,629, 
prodotti indigeni esportati all'estero, quasi esclusivamente per la via di 
Hong-cong; 371, prodotti indigeni esportati a Hong-cong per porti ci- 
nesi. Fra le merci estere ebbero la preminenza i tessuti di cotone, per 
taels 32,676, i cotoni greggi, per taels 8,420, i cotoni con seme per taels 
5,049; fra le cinesi, il tabacco, per taels 16,423, la carta di seconda qualità, 
per taels 6,356, ec una specie di frutti secchi del S., detti Ze}, per taels 
6,279. Fra i prodotti indigeni esportati si noverano principalmente lo 
stagno in lastre, per taels 71,953 e il té nero (pu-er), per taels 4,586. 

La Francia non può nulladimeno restare pienamente tranquilla sui 
risultati del mercato di Meng-tsu, più favorevoli di quelli di Lin-ceu, 
imperocchè anche da questa parte è minacciata da un pericolo, non 
minore dell'abolizione delle dogane sul Fiume dell'Ovest, che la minac- 
cia per il commercio del Cuang-si. 

L'Inghilterra, fatta accorta degli intendimenti della Francia, non 
tardò a estendere i suoi dominî dalla Bassa all'Alta Birmania, senza che 
la Cina frapponesse ostacoli, e a porsi a contatto colle provincie, il cui 
commercio interessa al governo della Repubblica di attrarre alla costa 
tonkinese. E all'Inghilterra, se vi vedrà il suo utile, non mancherà 
modo, o per via fluviale o per strade ferrate, di portare sulle coste della 
Bassa Birmania i prodotti delle provincie del Cuang-si, dell’ Jiinnan e 
forse del Se-ciuen; tanto più che, per un precedente trattato, ha già il 
diritto di avere un mercato su quest'ultima provincia. In tal caso il 
Fiume dell’Ovest (Hsi-ciàng) servirà al trasporto delle merci da e per 
la Cina meridionale interna; mentre le vie attraverso la Birmania fa- 
ranno il servizio delle merci dall’ India, dall' Europa e dall'America per 
la stessa regione e viceversa. 


— 996 — 

Anche rimanendo le cose allo stato presente, l'Inghilterra ha risentito 
maggiore vantaggio della Francia dai due nuovi mercati aperti all'attività 
commerciale europea; imperocchè quasi tutto il traffico di Lung-ceu e di 
Meng-tsu ha avuto Hong-cong, possedimento inglese, come punto di 
partenza e di arrivo. Speriamo tuttavia che, dismessa ogni rivalità, 1’ In- 
ghilterra e la Francia si uniscano nel comune intento di restituire alle re- 
gioni rispettivamente occupate della Birmania e della Cocincina la prospe- 
rità commerciale goduta nei primi tre secoli dell’éra nostra, e più tardi 
nel 16° e 17° secolo, e così provvedano meglio e più prontamente allo 
sviluppo degli interessi internazionali con vantaggio proprio e di tutti. 





D. — VIAGGIO NELLA PENISOLA DEI SOMALI 


dell’ ing. L. BRICCHETTI-ROBECCHI. 
1) Versione di una lettera del socio d'onore G. SCHWEINFURTH 
all ing. L. B.-RoBECCHI. 


Berlino, W. Potsdamer Str., 75 a, 16 novembre 1890. 
Stimatissimo signore, 


‘Terminata or ora la lettura delle sue importantissime notizie sul 
memorabile viaggio da Obbia ad Allula, non posso trattenermi dal pre- 
sentarle i miei più sinceri rallegramenti e dall’esprimerle |’ ammirazione 
che deve inspirare l'esito fortunato di un'intrapresa tanto arrischiata. 

Ella potrà ora coprire di centinaja di nomi importanti una parte 
ancora interamente bianca della carta dell' Africa, nomi che invano si 
cercano sulle carte geografiche da noi possedute; prova novella del 
concetto, che per affrontare pericoli e fare scoperte, non è sempre ne- 
cessario di volgersi ai punti centrali dei Continenti. 

Ella scrive che alcune regioni sono coperte di lussureggiante vege- 
tazione, narra di grandi sicomori e simili. Quali sorprese in fatto di 
botanica dobbiamo aspettarci! E fors' anche Ella ne avrà portato qualche 
saggio (1). 1 

Dal leggere che Ella intende valersi in avvenire della carta per 
collezioni che il prof. Dalla Vedova Le inviò in Aden, deduco ch'Ella 
volge la mente a nuovi progetti. Ella non sospetta forse nemmeno quali 
immensi servigi potrà con ciò rendere alla scienza. 

(1) L'ing. L. B. Robecchi ha già consegnato al socio prof. Pirotta i cartolari ri- 


portati della collezione botanica. Sappiamo che la raccolta fu nel suo insieme trovata 
importante e che sarà quanto prima illustrata. (N. 4. D.). 





— 997 — 
Verso il primo di dicembre partirò da qui diretto a Genova per sog- 

giornare durante l’ inverno nella Colonia Eritrea. Spero di infondere 

nuovo ardore coloniale nei Tedeschi, raccontando loro gli evidenti suc- 

cessi raggiunti dagli Italiani. 
Rinnovandole i miei più sinceri augurî, accolga, ecc. 

G. SCHWEINFURTH. 


2) Osservazioni meteorologiche fatte dall' ing. L. BRICCHETTI-ROBECCHI 
da Aden ad Obbia 


Località 


a bordo della R.* cannoniera « Volturno 3. 


Ora 


da Aden ad Allula 


3 aprile 


da 
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9 





Barometro 
aneroide 


Termometro 


centigrado 





5 


Direzione 


Vento 


AMI I II IR RI RR RR E A FF 


leggiera 
brezza 
da Est 
E. 


————— 





Mare 


vuvosuo bd 


legg. musse 


evev_vevusvvevs & 


calmo 


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Stato del cielo 


sereno 
fosco 
9 


» 
piccole nubi 
> 


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>» 
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>» 


chiaro 
a> 


> 


nuvoloso 
>» 

















9 
$ 2 2g Direzione 
Localita Ora g 5 È È Stato del cielo 
E d 5 9 Vento Mare 
E 
Traversata del Ras ! 
Boleh 
5 aprile 2p. {| 758 32° | 
> 3 758 31.5 | 
» 4 758 31 
» 5 759 29 E E. fosco 
» 6 759 29 » » » 
» 7 760 29 > 2 » 
a 8 760 2 a a a 
a 9 760 29 » a » 
» 10 760 29 » » » 
» II 760. 5 28 2 » » 
» 12 760. 5 29 » » » 
da Allula ad Obbia 
6 aprile ra. | 759 29 calmo | calmo | alquanto coperto 
» 2 759 29 » > » 
» 3 759 28. 5 > > > 
> 4 759 28 » » > 
» 5 759 28 » » » 
» 6 760 30 » 2 » 
» 7 760 32 » » » 
» 8 761 34 » » » 
> 9 761 33 > 
» 10 761.5 34 » 
> 11 761 35.5 » 
» 12 761 36 » 
» Ip 760. 5 34 S.-0 calmo chiaro 
» 2 760 34 » » » 
» 3 759 32 N.-E. | E.-S.-E. nuvolo 
» 4 769 31 N.-N.-E. » 
» 5 759 31 » mare- mote » 
» 6 759 30 » » 
» 7 759.5 29 » i » 
» 8 760 29 » da » 
» 9 760. 2 28. 5 » > 
» 10 760. 6 28 » » 
» ri 760, 3 28 » E. » 
» 12 760, 2 28 » » 
da Bander Allula 
ad Obbia 
7 aprile Ia. | 760 28 » N.-N.-E. sereno 
* 3» 2 760 28 » » a 
» 3 759 27 » » > 
» 4 759 27 ; a » 
» 5 759 28 » , » 
a 6 760 28 » a a 
» 7 760. 5 29 > » » 


oO 
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Località 


da Bander Allula 
ad Obbia 


S oe ùÙ ÙU gy UÙU Ù we we we u ni 


8 aprile 


Ora 


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e pnl me omg 
Nom Oo ON AMAW N = N 


I a. 


Barometro 
aneroide 


760 5 
760, 5 


761 
761 
760 


759. 5 


759 
759 
759 
759 
759 
759 
759 
760 
760 


760, 5 


760 
760 








° o e» 
gy Direzione 
g È) Stato del cielo 
E 9 Vento Mare 
29° N.-E. | N.-E. chiaro 
29 » » » 
30 » » > 
30 E. E. sereno 
30 » a » 
32 brezza | mosso » 
31 legger. » 
30 E.-S.-E. | da E. , 
29.5 E. E. » 
31 » » > 
30 E. E. sereno 
28. 5 >» a » 
28 » » » 
28 E.-S.-E. » » 
28 » » » 
28 » > » 
29 » » 2 
28 brezza | mosso | alquanto coperto 
da E. | da E. 
28 » » » 


3) Osservazioni meteorologiche fatte dall'ing. B-RoBeccHI ad Obbia 
dal ro aprile al 28 maggio 1890. 


-- —_ NE 
n —"“À@WP-—@—=—==—____T.——_____—_______—_—_r__—.———_————————————————_————_—_——_É_—___—__—.. 























è metri ‘3° 
Data 3 8 Termometri Aneroidi Stato del cielo 
e a o V 2 
Localita sg 5 I 2 hi} È 9 e fenomeni atmosferici 
5" 3| & | @ 
Obbia 
10 aprile 6a. |27 5|/27.8 771.4|758 |Sereno, chiaro. Bel tempo lim- 
pidissimo. 
> 9 28. 5/28.8 77t.5|758. 5|Fresca brezza S. 
» 12 29 |29.4 770. 5|758 |Cirri sparsi. Bella giornata. 
» 3 p. |29.2/29.5/32 |768.8(757 |Bello, sereno, brezza S.-S.-O. 
» 6 28.228 |29 |770 |758 Strati sparsi, calma. 
» 9 28 |28.3 669.8|756 Serata bellissima, notte serena 


con qualche lampo all’ oriz- 
zonte a ponente. 

11 aprile 6 a, {27.8]27.8|29.4/770.5|753 |Calma, atmosfera trasparente, a- 
sciutta. 








» 9 28. 5/29 |30 |770.5/759 |Brezza a intervalli S.-S.-O. 
» 12 29 {30 }|28 |770 |758 |Calma, sereno, bel tempo. 
» 3 p. |29.5/30.5/33 |769 |{756.5/S.-O. brezza. 
» ” 29 |29.5/30 |769 |756 |N.-E. bella serata. 
12 aprile 6 a. |28 |28.5|28.5|768 |756.5/S.-E, cirri e cumuli sparsi. 
» 9 29.8'29 |34 |770.5/758 |N. fresco, sereno. 
» 12 29. 5/30. 5133 |769 |757 |S. vento a sbuffi. 
» 3 p. |29.5;30. 5133 |767.5/756 |S.-E. raffiche. 
» 6 28.5 28 |29 |769 |756 (N.-O. IIS coperto. 
13 aprile 6 a. 126 |27 |26.5/770 |758 |Brezza N., mattinata bellissima. 
» 9 28 |29 |40 |772 |759.5;N.-0O. sbuffi di vento, cirri e 
strati sparsi. 
> 1 p. {29 |30 |32.5/779 |757.5|0. 
» 3.30 |29 |30 {33 |768 |755.5!N.-E. bel tempo, sereno. 
» 6 28. 5/29. 5|29.5/769 {756 |S, brezza leggiera, bella serata. 
14 aprile 6 a. |23. 5/27 22.5|770 |769 |S. sereno, chiaro. 
» 9 30 [28 |29 |34.5|/772 |759 |S., bella giornata. 
» r2 29.8|/29 |34 |770 |758 |E. sbufà, aria pesante. 
» 3 p. |29 |30 |32 |769.5|756.5]|S.-E. cirri, strati. 
» 6.30 |29.2|28.5|29.6/768 |756.5/S., lampiall’O.;altri lampi all’O. 
e N. ad intervalli nella notte. 
15 aprile 6 a. |26.5|27.4|27.5[770 |757 |O., cumuli e nembi sparsi, po- 
che goccie di pioggia. 
» 9 29 5/28.5/38 {77% |758 |O,, cirri, chiaro, aria greve. 
» 12 30,5129.5/34 |769 {757 |S.-O., cirri, bel tempo. 
» 3 p. |30. 5129. 5'32.5]768 (756 |S., strati, sbufh di vento. 
» 6 30 ‘29 |29.5|767.5:756 '|S.-O., cirri, chiaro, bella serata, 


nella notte lampi all’ oriz- 
zonte al S. 
16 aprile 6a. |28 (27 |28 |770 |757 |O., cumuli sparsi. 
9.30 |30 (29 |37 |771 |758 |S., cumuli, chiaro. 


» 12 30. 5|29.5|33.5|769 {756 |S.-S.-O., cumuli, chiaro. 
» 3 p. |30 |29 132 |766 |754 |S., strati, afoso. 
» 6 20 |29 |30 |765 |754 |S.-O., chiaro, bel tempo, notte 


stupenda. 


— I00I — 











2 è T tri Aneroidi 
Data = 6 ee ù Stato del cielo 
e © 8 ° © 2 
Località e 5 1 | 2 E | È 8 e fenomeni atmosferici 
O È i |A 
Obbia | | 
17 aprile 6 a. |27.7,27.2127.3 767.4/756 |Calma, cumuli e strati sparsi, 
bella giornata. 
» 9 30 |29 |35 |769 |757 |S., cumuli, chiaro. 





» 12 30. 5|29. 5133 768 |755 |S.-O., cumuli, chiaro. 

.15pi30 |29.4|32 |765 |753 |Cirri sparsi, chiaro, forte brez- 
za S. 

6.30 |29.5:28. 5|29.8 765 |753.5|Vento forte da S., nembi e lampi 


ad O., sereno. 


» 9 29 5/28. 5|29 S., cumuli; nella notte lampi 
dal S. all’ O. ad intervalli. 
18 aprile 6 a. |28.9 28.3|29 |766 {754 |Vento fresco da S., cumuli al- 


Gi 





“3 
N 
wn 
“I 
un 
> 





l'orizzonte, goccie di pioggia. 
9 29. 8128. 7/35.5|767 |755.5/S-O., cumuli, cirri, coperto; 
piove dalle 9 alle 11. 

12 30 |29 |32 !766 |754 |S. sbuffi, cumuli, nembi. 

3 p. |29.5:28. 5/30 |765 |756 |Vento fresco da S, nebuloso, 

coperto. 

6 29 |28.5|29 |765 |753 |Tutto coperto, sbuffi. Dalle 7 
alle 9 di sera si scatenò un 
gran temporale con acquaz- 
zone violento, lampi e tuoni 
in quantità e fortissimi. 

26. 5'25.7|25 41767 |755.4|Calma, cielo interam. coperto, 

28 |27 |34.51|768.5/757 |S., cumuli, strati. 

28. 5:27.5]32 {766 |755 |S.-E. raffiche, chiaro, cumuli. 

28. 7/27. 2|34.5|765  |754. 2]S.-E. brezza, ser., cumuli sparsi. 

29 |28 |29 |765 |754 |S.-E., strati all'orizzonte. 

a. |28 |26.5/28 (768 |756 |S., cielo chiaro. 

29 |28 |33 |769.5/{758 |S., chiaro, cumuli all’orizzonte. 

p. 130 |29 |34 |766 |758 |S.-E., chiaro, cumuli all’ oriz- 

zonte, sbuffi di vento. 

30 |29.6 28. 5/31. 5/766 7/755 |Brezza S., cumuli sparsi, cirri, 

strati. 
29 |28.5|30 |767 |755.5|[E., chiaro al S., cumuliall’O,, 
bel tempo, notte bellissima. 

a. |28 |27 |28 |768 1756. 5 S.-O. cielo a strati. 

29.7!28.5137 |769 5,757.5,0., strati all'orizzonte, cumuli. 
30 |29 |35 {769 |757 |S-O. cirri, cumuli. 
p. {30 |28.5|31 |766 |754 |E. cirri all'orizzonte, cumuli. 
29. 5/28 5130 |767 ‘755 |E. cirri, cumuli, temporale di 
| sera, piove a scrosci. 
a. |28 {27 |28 |767 1755 O. cirri, cumuli. 
15 (28. 7]|27. 3|/30.2,768  756.5|Calma, cumuli all’O. e N.-O. 
30 |29 |34 |768 !756 |E., cumuli al N.-O. 
p. |29 |28 5 766. 5 


P 


19 aprile 


20 aprile 


=O AAW NO A 
i=] 


21 aprile 
a 


22 aprile 
» 


» 
Brezza E, chiaro, sereno, cu- 
muli all'orizzonte O. 
29 |28.4 29 |767 {755 |O. chiaro, sbuffi di vento. 
a. |28 {27 |28 (767.5 755 |Calma,cirriall'orizzonte, cumuli. 


28.51/27. 138 51770 € |757. 5|Calma, cumuli all’ orizzonte del 
0 





23 aprile 
a 


OAD OHOA canoa A w 


e 4° quadrante. 
769 |756.5|E. chiaro, all’ orizzonte cumuli. 








29.7|28.5 34 





Località 


Obbia 
23 aprile 
> 


24 aprile 
» 


25 aprile 
a 
> 

26 aprile 
a 


> 
a 

27 aprile 
a 


> 
28 aprile 
> 


29 aprile 


30 aprile 
a 
a 


Ora dell’ os- 
servazione 


No nO AW 


Oo AAW 


N 


SO A HAW ND = 


3 





28 
28 

26 
. 8/27 
. 4129 
. 8/29 

28 


27 
28 
+7)29 
.5|29 
28 
27 


28. 9/28 


a. |28 
30 |29 
30 


P. |29 
29 
28 
a. |28 
29 
29 


p. |29 
29 
10a|27 
28 


25 
24 
P. {23 
2A 


|23 
24 





a. |24 
26 


. 15p|27 
27 


-5/29 


- 5129 
28 
28 
29 
29 


28 
28 
.8/28 
27 
28 
.7|29 


. 8129 

5|29 
+. 2:27 
. 6128 


oe 





.2124 


5124 
|23 
|24 

.8 24 


123 
25 
26 


»5 27 


Aneroidi . 
Stato del cielo 
LA 2 
È 9 e fenomeni atmosferici 
(3) 
bo |A 


.5 32 |766.3|755 |S. sereno, chiaro. 
.3 29.7|766.5|755 |S. sereno bello. 
27 51768 |756 |Calma, cirri cumuli. 
.5'40.51770 |758 |Calma, cumuli O. e N.-O. 
134 |769 |756.5|/O. chiaro, cumuli O. e N.-E. 
.4 32.5|767 1755 |S. cumuli sparsi. 
.830 |767 |755 |S. strati, cirri sparsi. 

,26.5|769 |756.5|N.-O. cielo a strati. 

769. 5|757 |Calma, cirri e cumuli sparsi O. 

33 1768 |756.5|S. cumuli nel 1° quadrante. 

32 |767.5|755.4|S. cumuli nel 1° quadrante. 

30. 51/769 |756.5|N.-O. cielo chiaro, cumuli. 

.5/27.5|768 |756 |Calma, cirri, cumuli. 

.7|35.5|770 |756 |Leggiera brezza S., cirri, strati 
sparsi. 

_2134.6|770 |756 |Poca brezza N.-O., coperto ne- 
buloso. 

31. 51766 |754 |S.-E., chiaro, strati. 

.8|29.81767 |754.5/S. pochi cirri sparsi. 
.5|28 |769 |756 |S., cielo a strati. 

35 |770 |757 |S., cielo a cirri. 

33.5/769  |756.5|S., nel 3° e 4° quadrante nembi, 
dalle 12 112 alla 1 1[2 pioggia, 
temporale. 

.5|30.6/767 |755 |Brezza da S., cirri strati. 
29 |767 |755  |S.-O.,sereno, nel t° quadr.tecirri. 
.4|29 1768 |755  |S.-O. fresco, cumuli e cirri sparsi 
27.8/768 |755.5|Calma, cielo a cirri. 
.8137.51/769. 81/756 4/N.-O., 1° 2° quadrante cumuli. 
.2133 |768 |756.2|Brezza S., sereno, cumuli al- 
Y orizzonte O. 
.3|31.7|766 {754 |S. chiaro, cirri strati. 
30 |766.8|754. 5/S., cielo a cirri. 
.7|27.4|768.3/755.5/0O., cielo a strati. 
.3|30.8|769 |756 |S. fresco, tutto coperto, nebu- 
loso, minaccia pioggia. 
.7|25.81769 |756.5|Coperto, temporale, piove di- 
rotto, N. tuona. 
.7123.8|769. 51757 |Vento fresco di N., coperto, 
piove. 
.2|22.51769 |756 8 Coperto, fresco N., piove. 
.8|22 1767. 51755. 5 Coperto, piove dirotto, calma. 

22.5:767 |756 S., coperto, piove. 

.5|23 8[767.5 755 Calma, poche goccie, cumoli 
| | sparsi. 
7123.4'769. 4756 |N.-O., cumuli, cirri. 

|32. 51770. 5|758 |O. fresco, strati. 

.5|31 |770 |757 |Vento fresco S.-O., bello, sere- 
no, cirri sparsi. 

30 |768 |756 {Vento S., nel 1° e 3° quadrante 


cumuli. 



































© : 
Data =| © g | Termometri | Aneroidi Stato del cielo 
e a a o) 2 2 
Località e$ I 2 5 g 9 e fenomeni atmosferici 
Ò ¢| 6] | 
Obbia | | | 
30 aprile 6.15p 27.2|26.8|28 768. 5|756.5 Calma. sereno, cirri e strati al- 
lO. 
» 9.30 |27 4/27 |27.2|769 |756.6 Brezza di S., sereno, lampi al- 
l'orizzonte fra cumuli sparsi. 
I maggio 6a. [25.71/25 |24.5|769 |756 5!Vento O., cumuli, cirri, strati 
sparsi. 
» 7 25.2125 {25 |770.5|757.5|Vento fresco di N., coperto, 
| goccioloni, pioviggina, 
> 8 25 |24.8|24. 5[771. 51758. 2|Pioggia forte, calma, tuoni. 
» 9.15 |25.5|25.2|27 771 |758 |Calma, sospende la pioggia, tut- 
to coperto. 
» 12 26 5/26 |27 {770 |758 |Calma, coperto, pioggia, sosta 
dalle 12 112 alle 2 p. 
» 3 Pp. |24. 5/24 |24 |770 |757 |Calna, piove dirotto dalle 2 112, 
tuoni, 
» 4 24 5124 |24 1769 |756 |Calma, piove, tutto coperto. 
» 6 25 |24 |24. |770 |757 |Calma, piove, coperto. 
» 7 25 |24.4/24.4/769 |757 |Calma, coperto, qualche goc- 
ciolone. 
» 8 25 2/24. 5/23. 81/769. 5|757 |Calma, coperto, nebuloso, lampi, 
tuoni, qualche gocciolone, 
» 25 |24.3/23.8/770 |757 |Calma, coperto, minaccia piog- 
gia, fresco. 
2 maggio 6 a. [23 7[23.5/23 {770 1757 5|Vento O., strati, sbuffi. 
» 9 26 {25 {37 177% |759 |Vento O., sereno, bello. 
» 12 27 |26 |30 |770 {758 |Calma, cirri, cumuli. 
» 3 p. |27.5|[27 |29 |768 |756 |S., cirri, strati. 
» 6 27 |26.5|28 |768 1756 |E., strati. 
3 maggio 6 a. |26 |25.5/25 |769 |756 |N.-O. sereno, atmosfera traspa- 
rente. 
» 10 |26.8|26. 4136. 51770 |756 |N.-O., strati. 
» 12 27 3|27 |32 |769 |756.5|Calma, cirri, bel tempo. 
» 3 p. |27.8|27 |30 |767 |755 |Brezza S., cumuli e cirri sparsi. 
» 6 27.8/26.8/28 |769 |756 Î|S., 1° e 2° quadrante cumuli. 
4 maggio 6 a. |26 {25.51/25 |768 |756 |N.-O., cielo tutto coperto. 
» 10,30 |27 |26.5|32.5/769.5/757 Calma, cielo coperto. 
> 12. 30p|27. 5/27 |32.5|768. 5/756. 5|Calma, cielo coperto. 
» 3 27.8/27 |30.6/767 |755.5|Calma, cumuli sparsi, chiaro. 
» 6 27.2|26.8/27.2|/763 |756 |Sereno, cumuli dal S.-O. al 
N.-O. 
5 maggio 6a, |26 {25.38 769 |757 |Calma, cumuli sparsi. 
» 9 27 |26 4/35 |770.5|758 |Brezzalegg. da N., 112 coperto. 
» 12 27.8|27. 2/32.61770 (758 Brezza S., coperto leggermente. 
» 3 p. |28 |27.5/31.5|768 |756 |S, 1° e 2° quadrante cumuli. 
» 6 27.8|27.2|28.2/769 |757 |Calma, sereno, cumuli e cirri 
all’ orizzonte. 
» 9.30 {27.827 |28 |771 [758 Sereno, cirri, strati sparsi, calma. 
6 maggio 6 a. |27 |26.5/26 |770 1758 |N.,,3°%e4° quadrante cumuli. Ore 


9 27.2 26.8 31.4,771 


7 112 incomincia pioggia a 
scrosci. 


758. 5|Calma, semicoperto, burrascoso 


























© , . 
Data 8 8 Termometri Aneroidi Stato del cielo 
e 3 a e] DI 2 
Località g 5 I 2 È E 3 e fenomeni atmosferici 
5 | B12 
Obbia | | 
6 maggio |12 27. 8/27 I770 758 |Calma, cumuli, cirri. 

» 3 p. 128 |27.5/31.2 768 |756.5|Calma, sereno, cumuli all’ oriz- 
zonte. Ore § p. arco baleno 
all’ E., piove, temporale. 

» 6 27. 5|26.8126 2 768 |756 |Calma, bello, sereno, cumuli, 

| cirri, strati sparsi. 

» 9 27.8 27 |27. 2:769 756. 5|Sereno, leggerissima brezza S. 

7 maggio 6 a. 26, 5126 24. 5:;768.4|756 |N.-O., cielo a strati 

» 9 27, 2/26. 8/35. 71770 757.3|Calma, cirri sparsi 

» 12 28 (27. 8/33 1768, 51756. 5|Sereno, calma, cumuli al N.-O. 

» 3 p. 128.427. 9/31.2/767 |755 |Brezza S.-E., sereno, cirri al- 

| l’ orizzonte. 

» 6 28.2/27.8]30 |767 {755 |Calma, cirri. La più alta marea 
verso le 5 112. 

8 maggio 6 a. 126 8/26.4|25.7|768 |756 Calma, cirri, strati. 

» 9.15 |27.8|27. 5|34.8|770 |757 |Sereno, calma, cumuli all’ oriz- 
zonte N.-N.-O. 

» 12 28.8|28 |32.4/769.5|757 |O., 1° e 2° quadrante cumuli. 

» 3 p. |28.7|28. 2]30.5/767 |755 |Calma, sereno, cirri sparsi. 

» 6 28.8/28 |29 |767.4]755.4/S.-O., cielo a strati. 

9 maggio 6a. |27 |26.5|26.8|769 1757 |O., cielo a strati. 

> 9 28. 3/27. 8/35.2/77t |758 |Brezza S., sereno, cirri sparsi. 

» 12 28.8/28.4/32 |769 |757 |Calma, cumuli all’orizzonte O. 

» 3 p. |29 |28.3/31.3!768 |756 |Calma, cumuli dall’O. al N. 

» 6 29 |28.4|29.5|768 |756 |Calma, cumuli dall'O. al N. 

» 9 28. 5|28 |28.81769 |757 |Brezza S., sereno, cirri, cumuli 
sparsi. 

10 maggio | 6 a. |27 |26.5|26 |769.5|758 |Calma, sereno, pochi strati. 

» 9 28. 227.835. 2|771 |757. s|Brezza S., chiaro, strati sparsi, 

» 12 28.8/28 |31. 6]769. 51757. 5|Vento S., cumuli in quantita. 

» 4 p. |29 |28.2|30 |768 {756 |Vento di S.-0, strati, chiaro, 
bello. 

6 28.4/28 |29 |768.4|756 |S.-O. strati, chiaro. 
» 8.15 |28.3|28 |28.5/770 |757.2/Forte vento S., raffiche forti S., 
cumuli. 
If maggio 6 a. |26.2|26.2/26 |770 |758 {Vento O., cirri, cumuli. 
» 9 27. 4|26.8/33.4 771. 71759. 2| Vento forte S.-O., cirri sparsi. 
Ore 11, goccioloni, pioggia. 

» 12 28. 7/27. 3|31.71770.51758 |Vento forte S,-O., coperto, cu- 
muli. 

» 3 p. |28.4'/27.5|30 |769 |757 |Vento forte S., cumuli, sem:- 
coperto. 

» 6.30 |27.8'27.4|27.7|769 |757 |Vento fresco S.-O., cirri, strati 
sparsi, forti raffiche. 

» 9 27.7 27.5|770.5/758 |Vento forte fresco da S.-S.-O., 
cumuli sparsi. 

12 maggio | 6 a. (26 1|25.8/25.5/770 758 4/S.-O. cirri e cumuli. 

» 9 26.5/26.2'29 |770.5|758.2|Vento fresco S.-O., coperto, 

| spruzzi, goccioloni. 

» 12 28. 527.230 |770 |758 |S., cielo tutto coperto, raffiche, 


mare grosso, burrascoso. 








Data 
e 
Localita 


Obbia 
12 maggio 


13 maggio 


Is maggio 
a 


gg 
= 9 
34 
# § 
O 


us 
9 


7.30 


6 a. 


4 Pp. 





Termometri Aneroidi ; 
Stato del cielo 
°|g|$< | 
1 2 t i 8 e fenomeni atmosferici 
E d, 

28 |27 28. 81767 755 |Vento S., tutto coperto, nembi, 
fa freddo. Mare color verde 
sporco, goccioloni, raffiche. 

25.626 |24.2'768.5|756 2|Piove, temporale, tuoni, lampi, 


26. 


26. 


25. 
27. 


28 
28 


27.2 


27 


27. 


26 
26. 


27.8 
27. 


27 


. 2|25.2 24.8)770 
. 8/26. 5/24. 8 


2/26 |25 |769 


770 


.5/26.9/29.8/769. 
.7126.8|28. 51768 
. 2/26. 8/27. 3| 768. 
8) 26. 7/27, 2/770. 


5/25. 2/24 4/770 
2/26, 2/31. 21771 


26.8'30 1771 


27 |29 |768. 


8/26. 7|27.6/769 


.7126.8|27. 2/770 


25 25 770 





. 25 5/33.8/770. 


8 26. 8/28. 8/768 
3 26, 8'27. 5/767. 


25.5 25 |769 
5 26. 2 31.2.770 


27 !30.7/769 
126.828 81766. 


| 
| 
| 
| 
| 





26.4 27.81766 


26, 8129. 8/769. 


tutto coperto. 

‘756, 5|Continua piovigginare, succe- 
donsi lampi e tuoni, fortis- 
simo vento S.-O., notte fitta, 
coperto. 

758 |N.-O. cielo coperto. 

757.5|Vento a sbalzi da S.-S.-O., se- 
micoperto, raffiche da S. 

51757 |VentofortedaS., cumuli sparsi, 
mare agitato. 

755. 7|Venta forte da S.-O., sereno, 
mare agitato, tempo fresco. 

51755.7|Forte brezza S., sereno, cirri 
| all’orizzonte, mare agitato. 
55757 |Forte vento S., sereno, cumuli 
all’ orizzonte. 

758 |O., strati, altissima marea. 

758.5 Brezza di S.-O., sereno, cirri 
sparsi, cumuli all'orizzonte. 

758 |VentoS., cumuli nel 2° e 3° qua- 
drante, chiaro, mare agitato. 

5|757 |VentodiS.-O., 3°e 4° quadrante 
coperto, cumuli, vento a sbuffi. 

757 |Vento S.-O., cirri, strati, raffi- 
che, colpi di vento. 

757. 5|Vento forte S.-O., sereno, fresco, 
mare agitato. 

758 |Vento fresco, O., strati, bello. 

5|758 |Sereno senza nubi, chiaro, brez- 
za S. 

51757. 5|Forte vento S.-O., mare mosso, 
colpi di vento. 

756 |Vento di S.-O., sereno, cirri 
sparsi. 

51755.5|Vento S.-S.-O., sereno, senza 
nubi, pochi cirri. 

756 Î|N.-0O., cielo a strati. 

757 |Vento forte da O, cumulie 
cirri sparsi, forti colpi di vento, 

757 |Forte S.-O., mezzo coperto, cu- 
muli, cirri, raffiche. 

.51754.5|Vento forte di S., coperto, cu- 
muli, colpi di vento, mare 
agitato, turbini di sabbia, 

754 |Vento S., cirri al 1° e 2° qua- 
drante, turbini, vento fortis- 
simo solleva nembi di sabbia. 























o o H 
Data | © g | Termometri Stato del cielo 
e "© a - 
Località z gt 2| 3 e fenomeni atmosferici 
Obbia | 
17 maggio | 6 a. 25.425 (|24.5|768 (756 |S.-O., cirri. 
» 9 26.4'25.7 31.8/768.7|756 |Vento S., sereno, cirri sparsi, 
| vento forte. 
» 12 127 |26, 2'30. 4/767. 7/755. 6) Vento S.-S.-O., sereno chiaro, 
| cumuli all’orizzonte. 


» 3 p [27 |26.4[29 |766 |753.8|Vento S.-O., coperto, cumuli, 
| mare grosso, sbuffi di vento. 
6 127 |26.8]27.8|766 |753.8|Vento'S.-O., cirri, strati, raffiche. 
» 9. 30 lay 26. 5|26. 8|766.5/755 |Vento S., sereno, lampi all’ o 
rizzonte, coperto, tuoni. 
18 maggio 6a. !26 |25.7/25 |767.8;755 |Vento O., strati sparsi. 
» 9 26.4|25.8/31.3|769 |756 |Vento S., coperto, pecorelle. 
12 27 |26.5/30.8|768 [755.8 Vento S.-S.-O., nembi in quan- 
tità. 
3 p. |27.2|26. 7|29 8|766. 5/754 |Vento S., bello, chiaro, cumuli 
e cirri. 
27 |26.7|27.2|767 |755 |Sereno,bello, brezza S.-O., cirri, 
strati all’ orizzonte. 
» 9 27 |26.5|26.8/768. 51/756 |Sereno, brezza fresca S.-O., no 
vole all’ orizzonte. 
19 maggio 6 a. |26 [25 8/25.2/769 {756 |Calma, cirri, strati. 
» 9 25.2|25 |27.81770 |757.3;Coperto, nembi e cumuli, vento 
variabile. Ore 10, alcuni goc- 





Li) 
n 








cioloni. 
» 12 26. 6/26. 2132. 5|769. 51757 |Coperto, cumuli e qualche nem- 
bo, vento di E., afoso. 
» 3 p. |26 8/26, 2/30. 31768 |755.5|Coperto, cumuli, calma, afoso. 
» 6 26.5|26. 2/27 Coperto nuvoloso, calma. Nella 
notte, a brevi intervalli, lampi 
all’ orizzonte. 
20 maggio | 6 a. |26.4/26 [26 |769 |756 {Vento O., strati, limpidissimo. 
» 9.20 |26.9'26. 3|32. 5/770. 5(758 |Brezza S., cumuli all’ orizzonte, 
| cirri sparsi. 
» 12 27.7,26.7|30. 21769. 5|757 |Vento S. a sbuffate, cumuli in 
quantità. Bella giornata. 
» 3. 1§p|27.5'26.9'30 |767.5|755 |Vento S., cumuli in quantita. 
» 6 27.7|27 |27.81767 81/755 |Brezza S., sereno, cirri e cu- 
muli sparsi. 
21 maggio | 6a. |26 |25.8/25.8|770 |757 |Vento S.-O., strati. 
» 9 26. 5/26. 1/32 Vento O., cumuli in quantità, 
sbuffi di vento. 
» 12 28 |27 {31.5/769 |756.5|Vento S-O., cirri strati. 
» 3 p. |28 |27 |30 |768 |755.5|Vento S.-O., cirri strati, bello, 
mare grosso. 
» 6 27 |26.8]27 |768 |755.5/Vento S.-E., cirri strati, vento 


fortissimo, con sbuff di sab- 
bia, mare agitatissimo. 
22 maggio 6 a. |25.4|25 |24 5|769 |756.4|Vento O., strati, bella giornata, 
mare grosso. 
» 9 26. 3|25.8/32. 21770. 61757 6'Vento forte di O., sereno, po 
chi strati, bello. 





Data 
e 
Localita 


Obbia 
22 maggio 


23 maggio 
a 


> 
24 maggio 


Ora dell’ os- 
servazione 


12 


6 a. 
10 
12. 20p 


3 


an 
Pa) 


12 


6. 30 


— 1007 — 











Termometri Aneroidi 
° V Ò 
ei Sg 

I 2 $ = | (3) 
SEU 

27.2)26 |3I |770 |757 
27.8/27 |29.8)767. 5/755 
27.2126. 8|27.8 768 |756 
27.2/26 6|27.2,769. 5/757 
26 |25 |24.8/770 (757 
26. 5|26. 2/30. 51769 


26 8126.5|29 |769.6.757 
27.1/26.8/28 |768.5/756 
26.7|26.5 1769 1756. 
27 126.5 |770 {757 
28 28 slaB.olta 788. 
27. 2|26 5/29 |769 |757 
27.2126.5|29 |768 

27 126. 8/27.2/768 |756 
26.7|26.2|27.9|769 |757 
sta la 
27 |26.3/29 |767.2/755 
27 |26.5|28 |767 {754 
26. 7|26,2]27 /767.8)755 
26.7|26.1|26 21769 

25 |24.8/24 
26.6|25.7|29 |708.3/755 


Stato del cielo 


e fenomeni atmosferici 


Vento S.-O., cirri e cumuli. 
Dall’ 1 alle 3 forti sbuffi di 
vento S. 

2/Vento fortissimo S., cumuli e 
cirri sparsi sul mare agitato, 
forti raffiche da S. 

Sereno, vento forte da S.-O., 
sbuffi e raffiche continui. 
Sereno, vento fortissimo da O. 

S.-S.-O., mare agitato. 

Vento S.-O , strati, sereno, bello. 


757.6|Vento S.-S.-O., mezzo coperto, 


nebuloso, sole a strappi. 

Vento S., mezzo coperto, forti 
raffiche, cumuli. 

Vehto forte S.-S.-O., mezzo co- 
perto, mare grosso. 

5|Vento S, cumuli sparsi, sbuffi 

fortissimi, vento turbinoso. 

Sereno, bello, forte vento da O., 
raffiche a sbalzi. 

Vento S.-O., tutto coperto. 
5|Vento di O., coperto, mare 
grosso, minaccia pioggia. 
Coperto, cumuli, vento forte di 

S., mare quasi coperto da nubi 
di pioggia. 


755.5|Coperto, cumuli e nembi, vento 


forte da S., sbuffi violenti. 
Vento S., sereno, cumuli all'o- 
rizzonte. 
Notte splendida, sereno, vento 
da S. e S.-O. . 
Vento S.-O., cirri, strati. 


756. 5|Strati sparsi, vento O.-S.-O., forti 


sbufA. 

Forti sbuffi, vento S., bello, 
cirri e cumuli sparsi. 

Forte vento $,-O., sbuffi fortis- 
simi, cumuli in quantità, ma- 
re grosso. 

Forte vento S.-O.-S,, cirri sparsi. 
Nella serata il vento infieri- 
sce, turbini di sabbia. 


756. 2|Vento forte a strappi, variabile, 


dal 3° al 4° quadrante sere- 
no, mare grosso. 


769 51756.8 Vento O., cielo chiaro. 


Vento variabile a strappi nel 3° 
e 4° quadrante, cumuli, tur- 
bini di sabbia, mare grosso. 











Data È a 
i. 
e a} È 
Località E < 
| Ò 
Obbia | 


a 3 pe 
» 6 
» 9 


27 maggio | 6 a. 
» 9. 15 


> 9. 15p 





28 maggio | 6 a. 
Tel 
» 12 
» 2p 


| 


— 1008 — 


—_——— — —- ————& —— _ — -— — —_— 


i — — n 





— — oe —— —- — 


Termometri Aneroidi Stato del cielo 
° © I 

I 2 5 i 3 e fenomeni atmosferici 
3 A 











26.8|26 |28.7|770 |756.6|Vento fortissimo da S.-O. a S., 
coperto, cumuli e cirri, mare 
agitato, burrascoso. 

27. 2126. §'28. 8/768. 2/755. 2|Cirri e cumuli, coperto, vento 
turbinoso S -S.-O., turbini di 
sabbia. 

26 |27 |769 |{755.5|Vento a sbalzi dal S., sereno, 
cumuli sparsi, mare burr- 
scoso. 

25.7 770 |756.5|Coperto, vento S.-O., grandi 
turbini di sabbia, infierisce i 
monsone. 

24.8|24.8/24.4|770 |757 |Vento O., cirri, strati. 

26. 5|25.2|28.4|771.6/758 Coperto, minaccia temporale, 

vento fortissimo da S. Tutto 
il giorno turbini violenti. 

26 |25.7|26 |770 |757 |Coperto nebbioso, fortissimi 
venti S.-O., S.-S.-0. e S., 2 
sbalzi, variabili, con nembi di 
sabbia. 

24.2|24. 21771 |757 |Bello, sereno, pochi cirri sparsi, 
fortissima brezza S.-O , mare 
agitato. 

26.71/30 |770.4|758 |Vento S.-O., bello, cumuli e 
cirri sparsi, nembi di sabbia, 
mare agitato. 

26.8 26.3/28 |770 |758.2/Forte vento S.-0, coperto, cu 
muli e nembi temporaleschi, 
mare grosso. 

27 |26.7 763 |756 |Semi-coperto,cumuli, forte vento 
di S.-S.-O. 


26.8 





27.4 


24. 8 





26.6 











II. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE 


CONGRESSO INTERNAZIONALE DELLE SCIENZE GEOGRAFICHE IN BERNA. — 
Il Comitato ordinatore del Congresso internazionale di scienze geografiche, 
che, come fu già annunciato (1), avrà luogo a Berna nel prossimo anno, 
ha testè pubblicato il programma generale e le principali norme per 
il Congresso stesso. — Del Comitato, che è presieduto dal sig. Gobat, 
presidente della Società Geografica di Berna, fanno parte i signori: 
prof. Onken, Haller, prof. Graf, Mann, segretario, Maret, presidente 
della Società Geografica di NeuchAtel, prof. Knapp, Bouthillier de Beaumont, 
presidente onorario, de Claparède, segretario generale della Società 
Geografica di Ginevra, dott. Saehelin, presidente della Società Geo- 
grafica di Aarau, e Buhrer. — Il Congresso sarà tenuto da lunedì 10 a 
sabato 15 agosto 1891 in occasione delle feste commemorative del set- 
timo centenario della fondazione della città di Berna. — Gli oratori 
potranno esprimersi nella loro lingua; ma sarà provveduto perchè tutti 
i discorsi pronunciati in tedesco, in inglese ed in italiano siano rias- 
sunti, seduta stante, in francese. — Le comunicazioni saranno fatte, 
di regola, in adunanza generale. Un argomento non potrà essere rinviato 
alla discussione per gruppi, che in seguito a domanda di colui che lo 
espone o d'un numero sufficiente di membri del Congresso. — LeScienze 
Geografiche, che formeranno oggetto delle deliberazioni, sono ripartite 
nelle seguenti divisioni: 1° Geografia tecnica: Geografia matematica, 
geodesia, istrumenti di precisione, topografia e cartografia, projezioni, 
disegno delle carte, schizzi di carte, piani, panorami e fotografie, rilievi, 
unificazione del tempo e determinazione dell'ora universale, storia della 
cartografia, ortografia dei nomi geografici. 2° Geografia fisica: Configura- 
zione del terreno, ipsometria, idrografia, Geografia marittima, meteorologia 
generale e speciale, variazioni del clima, i periodi glaciali, fenomeni meteo- 
rologici e climaterici, osservatorì e stazioni meteorologiche, magnetismo 
terrestre, Geografia botanica, zoologica e geologica, vulcani, terremoti 
e sismografia, etnografia, antropologia, lingue e loro delimitazioni geo- 
grafiche, Geografia archeologica. 3° Geografia commerciale: Popolazione, 
emigrazione, agricoltura, mezzi di comunicazione, commercio, industrie, 
musei commerciali, statistica geografica. 4° Esplorazioni e viaggi: Viaggi, 
spedizioni, esplorazioni, colonizzazioni, missioni religiose. 5° Jnsegna- 


(1) Vedi BOLLETTINO, settembre 1890, pag. 767 e 836. 


—— IOIO — 


mento e diffusione della Geografia: Metodi d’ insegnamento, modelli ed 
istrumenti destinati all’ insegnamento, carte murali, atlanti, mappamondi 
terrestri e celesti, globi, rilievi scolastici, insegnamento primario, secon- 
dario e superiore, diffusione della Geografia (Società geografiche, li- 
brerie, ecc.), bibliografia geografica. — La tassa d' inscrizione al Con- 
gresso è di L. 20, ed i membri avranno voto deliberativo e riceveranno 
tutte le pubblicazioni del Congresso. — Coloro che desiderano inscri- 
versi per fare una comunicazione al Congresso devono darne parteci- 
pazione al presidente del Comitato ordinatore al più presto possibile, 
ed in ogni modo prima del 1° marzo 1891, indicando I’ argomento che 
vogliono trattare, nonchè il nome, la condizione ed il domicilio. Il Co- 
mitato poi si riserva di portare egli stesso all’ ordine del giorno taluni 
argomenti e di designare i relatori, nonchè i vari gruppi per ciascuna 
delle divisioni sopra indicate. — Nel marzo prossimo verrà pubblicato 
il programma particolareggiato del Congresso, con l'indicazione di tutte 
le comunicazioni che saranno state annunciate. 

« GEOGRAFIA MODERNA > DEL PROF. PORENA. — Il ben noto « Ma- 
nuale di Geografia Moderna » del prof. F. Porena (1) si ripresenta in una 
seconda edizione, che l’autore ha riveduta e aumentata notevolmente 
con utili modificazioni ed aggiunte. Quest’ opera, quiintunque dedicata 
agl'Istituti tecnici, è concepita e svolta in modo da giovare a chiunque voglia 
fare un passo più innanzi degli elementi generali della Geografia. Nelle 
nozioni preliminari è evidente la cura di renderle conformi agli ultimi 
dettati scientifici e pedagogici, rispetto all'astronomia, alle scienze naturali 
ed in relazione con le nozioni politiche. Nelle descrizioni particolari poi 
troviamo con diligenza di metodo e freschezza di fonti esposte le notizie 
più importanti d' ogni singola regione, nazione e Stato, accompagnate 
dai relativi dati statistici con giusta misura e con grande chiarezza. 
Giovano pure all'intelligenza dell'opera i parecchi disegni inseriti nel testo. 

Museo COMMERCIALE ITALIANO IN Bogota. — Con questo nome 
sorgerà nella Capitale della Colombia un largo deposito di saggi o cam- 
pioni dei prodotti italiani; allo scopo di rendere più frequente ed impor- 
tante, che non sia, il cominercio del nostro paese con quella Repubblica 
americana, Se ne assunsero la fondazione, 1’ ordinamento e 1’ ammini- 
strazione i signori Carlo Vedovelli, Fergusson e Noguera. In una cir- 
colare, spedita da essi al Ministero di Agricoltura, ai Musei ed alle 
Camere di Commercio, come a questa Società e ad altri, i promotori 
dell’ opportuna fondazione propugnano l'incremento dei nostri com- 
merci con la Colombia, e si offrono a facilitarli, anche nel caso che 
i campioni dei nostri negozianti procacciassero a questi delle com- 
missioni. | 

SOCIETÀ AMERICANA D'ITALIA. — Iniziatore prima ed ora presi- 
dente il prof. Ferdinando Borsari, fu fondata testè in Napoli una Società 
Americana d’ Italia, che si propone di coltivare e di incoraggiare e 
diffondere tra noi gli studi che si comprendono sotto il nome di Ame- 


(1) Milano, F. Vallardi, 1890. Vol. 2 di pag. 431-484 con carte ed illustra- 
zioni nel testo. 








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— IOII — 


ricanismo. Vi si darà opera al progresso dell’ etnografia, dell’ antropo- 
logia, della linguistica, della storia, e della storia naturale dell’ America. 

LE MARINE MERCANTILI DEL GLOBO, nel 1889, comprendevano nel 
loro totale conosciuto 8,835 bastimenti a vapore, della capacità com- 
plessiva di circa 7,251,747 tonnellate, e 39,663 bastimenti a vela, 
atti a caricare 11,636,289 tonnellate, senza contare di questi ultimi 
se non quelli delle più note potenze dell’ Europa e dell’ America set- 
tentrionale soltanto. Quanto alla potenza virtuale del trasporto è stata fatta 
la classificazione seguente: Inghilterra, bastimenti 18,031 e 17,490,433 
tonuellate; Germania, bast. 2,466 e tonn. 2,167,188; Francia, basti- 
menti 2,455 e 1,826,750 tonn.; Norvegia, bast. 3,810 e tonn. 1,675,011; 
Stati Uniti, bast. 6,381 tonn. 3,028,406; Italia, bast. 2,742, tonn. 
1,243,845; Spagna, bast. 1,746, tonn. 1,039,353; Russia, bastimenti 
2,359, tonn. 789,708; Svezia, bast. 2,243, tonn. 724,614; Olanda, bast. 
1,038, tonn. 642,212; Austria, bast. 490, tonn. 431,304. Distinguendo 
poi i bastimenti a vapore da quelli a vela, per le potenze marittime 
più ragguardevoli, si ha: Inghilterra, bastimenti a vapore 4,885 per 
tonn. 13,274,799 e bast. a vela 13,146 per tonn. 4,215,634; Stati 
Uniti, bast. a vapore 417 per tonn. 1,115,316 e bast. a vela 5,964 
per tonn. 1,913,090; Germania, bast. a vapore 559 per tonn. 1,430,160 
e bast. a vela 1,907 per tonn. 737,038; Francia, bast. a vapore 450 
per tonn. I, 474,332 € bast. a vela 2,005 per tonn. 352,418; Italia, 
bast. a vapore 193 per tonn. 524,958 e bast. a vela 2,549 per ton- 
nellate 718,889. (Boll. not. comm., n. 40, 1890). 

NECROLOGIE. — Burton sir R. F., capitano e console inglese, 
valoroso e benemerito viaggiatore africano, membro d’ onore della nostra 
Società, venne a morte in Trieste il 20 ottobre p. p.. Egli era nato 
a Bartramhouse il 19 marzo 1821. Fece parte per alcuni anni dell’armata 
inglese, e nel 1853 intraprese il suo primo viaggio scientifico alle città 
sante di Medina e Mecca, nelle quali penetrò sotto le spoglie di pellegrino. 
Di questo ‘suo viaggio egli pubblicò una relazione col titolo « Racconto 
di un pellegrino ». Compì quindi col tenente Speke una spedizione 
nell’ Harar, nella quale corse pericolo di essere ucciso insieme al suo 
compagno. Ne rese conto nel libro « First footsteps in East Africa 
or an exploration of Harar (1856) ». Nella seconda e più importante 
spedizione, Burton parti da Zanzibar nel giugno 1857 e dopo mesi di 
fatiche e pericoli scoprì il Lago Tangagnica; il suo compagno Speke, 
in seguito scoprì anche il Victoria Nianza. Per queste esplorazioni, descritte 
nel suo libro: « Le regioni dei laghi dell’ Africa centrale », il Burton 
ricevette la medaglia d'oro dalla R. Società Geografica di Londra. Egli 
visitò in seguito la Città del Lago Salato e la descrisse nell’ opera: 
« I Mormoni e la Città dei Santi ». Entrato a far parte del personale 
consolare, fu prima a Fernando Poo, continuando ad esplorare, ed 
a pubblicare le sue impressioni e scoperte, quindi a S. Paolo nel Bra- 
sile, dove raccolse il materiale per il lavoro: « Gli altipiani del Brasile ». 
Trasferito a Damasco, esplorò la Siria e pubblicò il lavoro: « Unex- 
plored Syria », molto accurato ed importante; quindi si recò in Islanda, 
e raccolse le impressioni di quella visita nella sua: « Ultima Thule or 


a Summer in Iceland ». Nel 1872 fu nominato console a Trieste e 
ciononostante trovò modo di compiere due spedizioni, una nel Midian, 
l'altra, insieme al comand. Cameron, nell’ interno della Costa d'Oro in 
cerca di miniere aurifere. Di quest’ultima pubblicò poi, insieme al suo com- 
pagno di viaggio, una pregevole relazione col titolo: « To the gold 
coast for gold ». Oltre a tutto ciò egli diede alle stampe anche altri 
suoi studi. Con la morte di Riccardo Burton la scienza geografica 
perde uno dei suoi più appassionati ed operosi cultori. 

Grad Carlo, autore di parecchi studi di oceanografia, climatologia 
e sui ghiacciai, recente illustratore della sua patria, |’ Alsazia, morì a 
Logelbach, il 2 luglio p. p.. 

Page, capitano di marina della Repubblica Argentina, mentre stava 
per compiere il disegno di passare in Bolivia pel Gran Chaco su per 
il Fiume Pilcomajo, moriva nei dintorni segnati dal 24° lat. S., il giorno 
2 agosto p. p. (Soc. Geog. Argentina, n. 73-74, 1890. 

Raimondi prof. dott. Anfonio, lombardo, membro d'onore della 
nostra Società, tra i più illustri e più meritamente stimati nostri con- 
cittadini emigrati in America, valentissimo naturalista ed esploratore, che 
mediante le sue esplorazioni, ricerche ed opere rivelò quasi alla scienza 
il Perù, nuova patria per lui, morì aS. Rosa di Lima,‘ nei primi giorni 
di novembre in età avanzata. Riservando ad altra occasione un più 
largo studio intorno la vita e le benemerenze dell’ illustre scienziato, la 
Società ha intanto provveduto per essere rappresentata dal R. Console 
d'Italia ai solenni funerali, che ebbero luogo nella capitale peruviana il 
giorno 4 novembre p. p.. 

Reinisch Luisa, degna consorte dell’illustre professore Leone Reinisch, 
coraggiosa ed utile compagna al marito nei suoi viaggi scientifici in Africa, 
elegante scrittrice di letteratura geografica, moriva dopo breve malattia 
a Vienna, il 30 ottobre p. p., nell’ età di soli 35 anni. Di Lei scri- 
veva, pochi istanti dopo morta, l'illustre professore Davide Enrico Miil- 
ler dell’ Università di Vienna queste nobili parole di lode e di com- 
pianto : « ... Era donna di molte doti dello spirito e di grande cuore, e 
prese parte viva e intelligente all'opera scientifica del marito. Subito 
dopo le nozze accompagnossi a lui nel viaggio d' esplorazione 1879-1880 
in Abissinia, dove con la sua indole risoluta e prudente gli fu veramente 
come una protettrice, e prendendo tutte su di sè le piccole cure del 
viaggio, gli rese possibile di raccogliere in un tempo relativamente breve 
un materiale linguistico così ricco, che appena in dieci anni d’ assiduo 
lavoro potè essere da lui compulsato in una serie d' opere, che faranno 
epoca. Nè in questi lunghi ultimi anni venne meno in lei l'amore per 
le esplorazioni difficili e lontane j invece se ne interessava, e spesso e 
volentieri parlava di nuove spedizioni, a cui voleva prendere parte at- 
tiva. Nell'ultimo Congresso degli Orientalisti il re di Svezia e Norvegia 
la volle insignire con una speciale medaglia d’ oro al merito. La descri- 
zione dei fatti e delle impressioni di viaggio, che essa pubblicò in al- 
cuni articoli, rivelano il suo spirito pieno di vita e di cultura, e buone 
qualità di scrittrice. Ed ora essa è stata strappata repentinamente al 
grande esploratore, che solo e sovrano regna nel suo campo, e lascia 














— 1013 — 
un vuoto che non si ricolma. Certo conserveranno di Lei una cara e 
indelebile memoria gli amici dell’ ospitale sua casa, e tutti quanti ebbero 
la fortuna di conoscere tale donna coltissima e geniale >. 

Tcihatchev Pietro, russo d'origine, francese d'elezione, grande cul- 
tore di studî linguistici e naturalistici, a cui la scienza nostra va pure 
debitrice di viaggi, di ricerche e di opere geografiche particolarmente 
sull’Asia Minore, morì a Firenze il giorno 13 ottobre p. p.. Le sue 
opere principali sono il « Voyage scientifique dans l’Altaî », nel quale 
si riassumono i risultati delle sue esplorazioni fatte in regioni centrali 
dell’ Asia, allora (1845) ben poco conosciute; poi l’altra, veramente 
grande, « L’ Asie Mineure: description physique, statistique et archéo- 
logique », in cui si compendia il lavoro diligente e indefesso dello 
scienziato che per 15 anni esplorò e studiò passo a passo, di luogo in 
luogo quell’inesauribile miniera di storia civile e naturale, d’ archeologia e 
d’etnologia che è la penisola anatolica. Egli meritò d’essere messo a fianco 
di Carlo Ritter, cui giovò negli stud? geografici dell’ Asia, e del Grisebach, 
del quale tradusse la « Vegetation der Erde » in modo da farne in fran- 
cese una nuova opera, con aggiunte originali impeortantissime per la Geo- 
grafia botanica, specialmente delle isole oceaniche. L’ illustre Petermann 
ne tesseva la maggior lode dicendo che « in eguali condizioni non v’ ha 
forse nessun altro viaggiatore che abbia studiato una sì grande super- 
ficie di paese inesplorato ». 


' B. — Europa. 


L’ ITALIA FUORI DE’ SUOI CONFINI POLITICI. — L' egregio prof. Ar- 
turo Galanti, noto autore di altri apprezzati lavori di simile argomento, 
pubblicò in questi giorni la prima parte di un suo studio sull’ Italia e 
gl’ Italiani stabiliti al di là de’ confini politici. Questa prima parte è 
specialmente consacrata alla statistica demografica; discute i criterì se- 
guiti dal Bonghi, dal Baroncelli, e da altri, sia ne’ riguardi etnici che 
in quelli puramente statistici. Distingue, ad esempio, gl’Italiani dimo- 
ranti in terre italiane geograficamente e non politicamente, dagli Italiani 
che trovansi in regioni non italiane, quantunque soggetti alla stessa so- 
vranità, come in Austria. Quelli considera quale elemento essenziale 
della popolazione, questi quali colonie di emigrati. Considera poi la 
quota d’ incremento degli uni e degli altri e ne studia la ragione per- 
centuale in sè e ne’ suoi effetti relativamente agli altri elementi etnici 
locali. In ciò egli usa delle fonti migliori per la loro origine e per la 
loro critica. Trattando in fine della emigrazione in generale, e distin- 
guendola in emigrazione propria e temporanea, nota quali divengono 
oggidi i maggiori centri dell'una e dell’altra. Secondo il suo calcolo, 
gl’ Italiani all’ estero al 31 dicembre 1889 erano in numero di 3, 440,000, 
cioè in ragione dell’ 11, 39 per cento dei 30,194,875 residenti entro i 
confini politici del Regno alla stessa data: sommati questi con quelli 
ed unitivi pure gli altri 8 mila circa della Repubblica di S. Marino, 
gl Italiani erano già allora 33,642,87 5; € perciò crede l'autore che oggi 
« in cifra tonda raggiungiamo forse i | 34 milioni. » 


— 1014 — 
SCANDAGLI E STUDI DEL Mar NERO. — Di questi lavori idrografici, 
che furono già da noi annunziati (1) in precedenza, fu già fatta una 
relazione preliminare dal bar. Wrangell alla Società Geografica russa. Dalle 
osservazioni fatte risulta che il Mar Nero ha un letto abbastanza eguale, 
che raggiunge in alcuni punti la profondità di metri 2,130-2,260. La 
massima profondità fu misurata nelle acque del S.-E.. Variabile molto è 
la temperatura del Mar Nero. Lo strato superiore dell’acqua fino a 
circa 10 metri è temperato, ma negli strati inferiori la temperatura si 
abbassa gradatamente. Una qualità tutta propria delle acque del Mar 
Nero si è che a circa 430 metri sotto il livello esse contengono ma- 
terie sulfuree sospese, per cui nelle maggiori profondità manca la vita 
animale. 


c. — ASIA. 


ASCENSIONE DEL MONTE ARARAT, — II sig. Giulio Leclercq, presidente 
della R. Società Belga di Geografia, ha testè fatto l’ascensione del Monte 
Ararat. Egli giunse fino all’ altezza di 4,810 m., ma in seguito ad un 
concorso di circostanze sfavorevoli non potè raggiungere la suprema 
vetta del monte. I Curdi ch'egli aveva arruolato come portatori si sono 
ribellati, sparando anche un colpo di fucile, fortunatamente senza ri- 
sultato, contro il viaggiatore. Questi riuscì a salvare la sua vita e quella 
delle sue guide sottomettendosi per il momento alle esigenze dei bri- 
ganti (Ze Mouvement gtographique, n. 24, 1890). 

SPEDIZIONE DEL PRINCIPE E. D’ ORLEANS. — Il vapore postale .Sa- 
ghaien, arrivato ultimamente dalla Cina e dalle Indie a Marsiglia, portò 
una lettera del principe Enrico d’ Orleans nella quale questi rende 
conto delle scoperte fatte durante il suo viaggio. Nel Tibet egli ha 
visitato parecchi vulcani spenti ed una catena di montagne finora ignota, 
con vette alte più di 8,000 metri, dove la temperatura scende fino a 
— 40°, tanto che alcuni servi addetti alla Spedizione vi morirono ge- 
lati (A. MW). i 

UNA SPEDIZIONE GEOLOGICA RUSSA, composta del prof. Romanovski 
e di tre ingegneri di miniere, è testè ritornata da una ispezione delle 
steppe dei Khirghisi, del Turkestan e delle parti meridionali della’ Si- 
beria. La Spedizione che percorse oltre 19,300 km., scoperse nei di- 
stretti di Semiriecensk ed Acruduk. ricchi depositi d’argento, rame 
ed altri minerali preziosi. Nella Siberia meridionale fu scoperto un 
grande letto di carbone, che sarà utilizzabile per la progettata ferrovia 
siberiana ed anche per lavorare le miniere dei distretti, molte delle 
quali appartengono all'Imperatore (Dai giornali politici). 

SPEDIZIONE DI GROMBCEVSKI, — Un telegramma da Osk (? Osc) 
annuncia l’arrivo in quella città della Spedizione del capitano Grombcevski, 
il 27 ottobre p. p., dopo 17 mesi di viaggio nelle contrade ignote e sulle 
alture coperte di neve e ghiaccio dell’ Asia centrale. La Spedizione 
percorse 7,468 chilometri, eseguendone l'intiero rilievo, misurando 357 


(1) Vedi BOLLETTINO, luglio e agosto 1890, pag. 717. 





— 1015 — 

quote d'altezza, determinando 73 punti astronomici e facendo una quan- 
tità di osservazioni meteorologiche. Essa raccolse pure una ricca colle- 
zione scientifica, che portò seco. I componenti della Spedizione sono 
stanchi e dimagrati, ma si portano bene e si dispongono al loro viaggio 
di ritorno al Caucaso. Lo scopo della Spedizione fu di esaminare i 
monti dell’ Hindu-Cush. Gran parte della collezione fatta dalla Spedi- 
zione Grombcevski sarà mandata all’ Esposizione dell’ Asia Centrale che 
s’ aprirà a Mosca nel febbrajo 1891. 

VIAGGIO FRA I BATTAK ED ALL’ IsoLa Nias, — Il barone J. di Brenner- 
Felsach, già nel 1887, poco dopo l'esplorazione del Modigliani (1), 
aveva intrapreso un viaggio attraverso il territorio dei Battak indipen- 
denti, e poi un altro per |’ Isola Nias. Ora soltanto tra le relazioni della 
I. Società Geografica austriaca troviamo pubblicata anche la sua, che ci fa 
conoscere i risultati degli accennati viaggi. Il viaggiatore austriaco, accor- 
datosi in Singapore col Cerutti, che era già stato nell’ interno dell’ Isola 
Nias, per una nuova esplorazione colà, e fatti i provvedimenti necessari 
anche per quella tra i Battak, che doveva precede?la, attese la primavera 
in quel porto. Ai primi di marzo ritornò a Labuan di Deli, che aveva 
già toccato nell'autunno precedente; e si accinse al primo viaggio tra 
i Battak, accompagnato da un intelligente malese (?), Mechel. Partito da 
Labuan il 18 marzo, il De Brenner-Felsach giunse, attraverso vere bo- 
scaglie di caffè, tabacco e a/ang.alang, ai piedi della gigantesca parete 
montuosa, che separa la costa occidentale dall’altopiano interno dei 
Battak nell’ Isola di Sumatra, e dove in mezzo sta appunto il Lago 
Toba. Poi con marce faticose e con pioggie torrenziali raggiunse ed 
attraversò il Fiume Petani, al di là del quale entrò in una zona 
di sorgenti sulfuree. Dopo poche ore di cammino l'esploratore fu ai 
piedi del Si Béijak, vulcano in azione, dal cui cratere uscivano vapori 
gialli, Presa poi una salita di fianco al vulcano, dopo due ore di cam- 
mino, ne raggiunse un punto culminante, dove alla parte opposta potè 
scorgere il vicino altopiano dei Battak, e più davvicino e propriamente 
il paese dei Caro-Battak. Esso è attraversato dal Lau-Bijang, ossia Fiume 
dei Cani. Due colli soltanto vedonsi sorgere in vicinanza: il Deleng- 
Daling ed il Deleng-Cutu. Da lontano spiccano due coni di due vul- 
cani spenti, il Si Ngalang e il Tandok-Benua, i quali dalla parte me- 
ridionale si rispecchiano nel Lago Toba. Poi più ad O. chiudono la 
pianura altri monti: il Si Ossar, il Babo, i Longsuaten, ecc.. Fu pure 
riconosciuto un altro vulcano, il Si Nabun. Finalmente la Spedizione 
giunse al primo villaggio, Berastagi, che giace quasi al piede del De- 
leng-Daling. Esso è composto di case in legno, con pareti pendenti e 
tetti enormi; volte in orientazione a E.-O. o N.-S.; ornate di fuori con 
teste e corna di buffalo, di dentro talvolta con qualche pittura. Poi 
vengono le case del consiglio pubblico, adorne spesso d’intaglio nelle 
colonne di legno, od in altra parte del fabbricato; esse chiamansi in 
battak soppo. Vi sono inoltre luoghi appositi per la pilatura del riso, e 


(1) Vedi BOLLETTINO, gensajo, agosto, settembre 1887, p. 24, 595, 694, set 
tembre 1889, p. 763. 


— 1016 — 


granai per riporlo. Notansi pure distinti i sepolcreti. Si vedono qua e 
la specie di tabernacoli, con idoli, e financo monumenti sepolcrali 
La popolazione curo-battaca di Berastagi accolse amichevolmente il viag- 
giatore. Ivi, come in tutti gli altri villaggi, che formano ciascuno uno 
Stato, vi è il 7van o Pangulu, capo dell'adunanza popolare, che so- 
vrana decide ogni questione giudiziaria e amministrativa. In guerra in- 
vece egli ha pieni poteri. Il giorno seguente all'arrivo, fu fatta l’ascen- 
sione dell’ Uruk o Deleng-Daling, ove si eseguirono alcune osservazioni. 
Indi la Spedizione mosse alla volta di Caban Gidh, per il Deleng Cutu, ivi 
pure bene accolta dal capo. Di là fece un'escursione ai Monti Alag, 
famosi per i loro campi d’oro. Per Buluh-Duri giunse al Vulcano Si 
Nabun, poi al mercato di Tiga Sedadija. Non mancavano su questo 
i prodotti europei, tele, zolfanelli, petrolio e stoffe variopinte. Il Bren- 
ner coglie occasinne a questo punto della sua relazione (che fu in- 
sieme materia d’una conferenza) per descrivere il costume di vestire 
che hanno i Battak, uomini e donne. Partitosi da Tiga, per Ruùa Caju, 
Batu Carang e Bintang Mariah, egli giunse ai piedi dei Monti Alaga 
Cota Bulut. Il capo di questo villaggio non aveva mai visto un Euro 
peo; fu un po' diffidente, ma non impedì al viaggiatore di visitare la mi- 
niera d'oro vicina, che però ne lasciò delusa l’aspettazione. La Spedizione 
poi mosse alla volta di Pengambdtan, donde di su un monte vicino 
potè scorgere per la prima volta il Lago Toba. Il Brenner volle con 
templare il lago anche dalla maggiore altezza del Tandok-Benua ; poi 
camminò verso il basso e giunse nel villaggio di Negéri, che trovasia 
m. 70 sul livello del lago. Questo si estende da N. N.-O. a S. S.-E. 
con molte insenature e coste piuttosto scoscese. Nel suo mezzo sorge 
un'isola relativamente grande e montuosa. Nella parte estrema set- 
tentrionale del lago protende a S. una penisola, Si Palingit. Il lago è 
povero, in generale, di pesci e di uccelli acquatici. Si fece rotta per 
l'isola, passando vicini a due isolette. Dopo aver corso pericolo di vita 
presso gl'isolani antropofaghi di Lontong, villaggio situato a S.-E. del- 
l’ isola, oltre il promontorio di Tuk-Tuk-ni-azzu, i viaggiatori riuscirono 
a guadagnarsi quel fuvan; il quale con 37 de’ suoi uomini s’arrischid di 
condurli per i canali del lago. Il Brenner, contro sua voglia, si vide 
costretto dai venti violentissimi che agitavano in quel frattempo le ac- 
que, a riparare sulle coste; dove gli abitanti di Dionghinihutta (costa 
orientale del lago) e poi quelli di Samosir (costa meridionale dell’ isola), 
l'avrebbero senza dubbio ucciso e divorato, se il capo di Lontong non 
avesse procacciata sempre la fuga. Finalmente dopo un altro tragitto 
toccò la costa S.-E. del lago su territorio olandese. Così si compiva il 
21 aprile 1887 la prima traversata e ricognizione totale del Lago Toba 
da un Europeo. — Il secondo viaggio seguì poco dopo (30 aprile). Da 
Sibéga il viaggiatore austriaco si recò e giunse (5 maggio) a Gunung-Sitoli 
nell’ Isola Nias, dove trovò puntuale il signor Cerutti, che l’atten- 
deva. Volle prima famigliarizzarsi ai costumi degl’indigeni, ch'egli loda 
sotto ogni rispetto, benchè li riconosca superstiziosi e paurosi. Hanno 
propri capi, detti Sa/4va, e sono la più parte agricoltori. Da Gunung-Si- 
tòli, la Spedizione si diresse alla volta di Glora, incontrando per via 





— 1017 — 

piantagioni di coco e di noce moscada, e scoprendo una sorgente sul- 
furea. Verso Cafia poi il terreno si fa paludoso. Traversato il Fiume 
Sobu, i viaggiatori giunsero sulle costa orientale dell’ isola, nel piccolo 
ma bellissimo Golfo di Laca e finalmente ad Heléra. A Madila, grossa 
borgata, furono ricevuti amichevolmente; cosi a Banua dove pernotta- 
rono per poi fare l’ascensione del vicino Hili-Mosaija (m. 490); poi 
ritornarono per Lazàra, Hilimbovo, Hiligheho, a Cafia e Gunung-Si- 
tòli. Di maggiore importanza fu la escursione verso S.. Per mare lun- 
ghesso la costa orientale, il Brenner, sempre accompagnato dal Cerutti, 
si fece condurre e sbarcò nel seno di Tolok Daldm, e giunse a Bavo- 
Lovalani, dove fu pure bene accolto. Di là, invitati, i viaggiatori passa- 
rono al vicino villaggio di Orahili. Quivi, dove gli Olandesi gli avevano 
predetto prigionia e morte, il Brenner trovò non soltanto grande acco- 
glienza, ma una imbarazzante sorpresa. Il s2/2v4 La’ubo, convocato una 
specie di parlamento, dopo un discorso ostile agli Olandesi, presentò al 
viaggiatore austriaco uno scudo, una lancia ed un « tagliateste », e lo 
proclamò padre e re; e volle che il colle dove sorge il villaggio, mutasse 
il suo nome di Bava Mataluo in Hili Farajama, cioè « Monte della 
unione amichevole. » Da quel momento il viaggio per Sondregheasti, 
Fondregheossi, Laghundi, Fadoro fino ad Hinaco fu per la Spedizione 
una specie di gita di piacere. Soltanto non riuscì al Brenner di fare 
l'ascensione del Loeloematua, il più alto monte dell'isola, per la solita 
paura superstiziosa degl’indigeni che l'accompagnavano. Fece invece 
escursioni per mare all'Isola Sendrangan, intorno al Capo Scrimbu, 
ed alle isole vicine a questo, che sono due e non una sola, come se- 
gnarono fin quì le carte tutte. Nella sua relazione il Brenner s’occupa 
molto per esteso delle abitazioni e degli usi nel vestire degli indigeni 
di quest'isola, come dei Battak viventi nei dintorni del Lago Toba. 
Una carta poi, che accompagna la relazione stessa, molto nitidamente 
delineata, ma priva d'ogni segno orografico, serve ad illustrare l’itine- 
rario fatto dal viaggiatore nel suo primo viaggio al lago suddetto. 
(Att. dell’ I. R. Soc. Geog. di Vienna, XXXIlI-5-6, 1890). 

La SPEDIZIONE BONVALOT, secondo un dispaccio ricevuto in Francia 
nei primi giorni d’ ottobre, era allora giunta felicemente ai confini del Ton- 
kino, e sì disponeva a proseguire da Laocai per Hanoi. Una lettera 
mandata dal Bonvalot in Europa da Ta-Sien-Lou, il 28 giugno 1890, 
descrive una parte del viaggio fatto attraverso gli altipiani del Tibet. 
Dal Lob-nor la Spedizione si recò al Tengri-nor, percorrendo 1,500 km. 
di deserto, ad altitudini varie tra 4 e 6 mila metri. Poi giunse ad 
una sola giornata di cavallo dalla città di Hlassa, ma per ragioni di 
prudenza (scrive il Bonvalot) non vi entrò. Di là si recò a Sciangscia 
(Kvankia) per una via finora mai battuta da Europei. Poi l'itinerario si 
svolse per Batang, Li Sang, fino a Ta-Sien-Lou. Nella traversata degli 
altipiani del Tibet toccò al Bonvalot una stagione invernale terribile: 
il mercurio congelò, ciò che significa che vi fu freddo per 40 gradi sotto 
zero. Queste le prime notizie della seconda parte del suo viaggio col 
principe Enrico di Orléans (Za Géographie, n. 96, 98, 1890). 


— 1018 — 


D. — AFRICA. 


LE RECENTI MODIFICAZIONI NELLA CARTA POLITICA DELL’ AFRICA. — 
Le modificazioni introdotte nella carta politica dell’Africa, durante gi 
ultimi anni, specialmente per effetto di recenti convenzioni interna- 
ziunali, sono oggetto, in questi giorni, di osservazioni e di studio da 
parte dei cultori delle scienze geografiche. If altra parte del BoLcer- 
TINO (1) è dato un breve cenno del lavoro testè pubblicato col titolo: 
« Le partage de l'Afrique » dal segretario generale della R. Societi 
Belga di Geografia, prof. J. Du Fief; con lo stesso titolo vengono on 
pubblicate nel Mouvement etographigue alcune osservazioni del sig. A. 
J. Wauters, che meritano di essere qui sommariamente accennate. — 
Fu, dice il Wauters, nel 1876 che ebbe origine l’attuale movimento di 
simpatie, di curiosità, di interessi verso |’ Africa; dall'epoca cioè dell 
Conferenza geografica di Bruxelles (2). Nel 1876 estesissimi tratti di paese 
nella parte centrale del continente erano ancora tracciati in bianco sulle 
carte; quasi l’intero bacino del Congo era ancora ignoto; I’ Alto Niger, 
l'Alto Benué, le sorgenti superiori del Nilo, il bacino del Lago Rodolfo, 
il Congo francese, la provincia di Mozambico conservavano ancora gelo 
samente i loro segreti geografici. Oggi invece poco ancora rimane a co- 
voscere per dare un'idea completa e per grandi linee della Geografia 
fisica dell' Africa; due soli, si può dire, sono i tratti veramente estesi, 
di cui manchi quasi del tutto la conoscenza: quello che si estende al 
N. e N.O. dell’ Ubanghi fino al corso interno dello Sciari, e quello 
che al S.-O. del Capo Guardafui va dalla Costa dei Somali ai Regni 
dello Scioa e dell’ Harar. — La recente esplorazione del nostro Robecchi 
contribuirà certamente a dare lume sulla configurazione littoranea di 
quest’ultima regione, ed altre esplorazioni di lui e di altri nostri certa- 
mente ne faranno conoscere l'interno. E ciò che si nota per le cogni- 
zioni geografiche, si osserva anche per ciò che riguarda le occupazioni 
di potenze europee. Nel 1876 solo l'Inghilterra, la Francia, il Porto 
gallo e la Spagna avevano dei veri possedimenti africani ; oggi non sol- 
tanto queste potenze hanno di molto accresciuti i loro territorî, ma anche 
altre, tra le quali principalmente l'Italia, fanno sventolare la loro ban- 
diera sul continente nero. Ecco, secondo i dati approssimativi presen- 
tati dal Wauters, alcune cifre che meglio valgono a dimostrare l’ impor 
tanza dei mutamenti avvenuti. — Il Portogallo, la più antica delle potenze 
europee che si stabilirono in Africa, ha, benchè di poco, allargati i 
suoi possessi, nella seguente misura: 


(1) Vedi a pag. 1037 del presente fascicolo. 

(2) Senza disconoscere l’importanza della Conferenza di Bruxelles, avvertiamo 
però che quando essa fu convocata, da molto tempo era stata ideata la Spedizione 
italiana dell’ Africa equatoriale , condotta dal compianto marchese O. Antinori, ed 
era non solo stata organizzata, ma anche partita d'Italia ed arrivata nello Scioa, 
(NV. d. Di). 


— 1019 — 


Do nel 1876 — 
Isola di Madera. . . .-. km. q. 815 
Arcipelago del Capo Verde > 3,850 
Isole di S. Thomè e del Prin- ” . 
cipe . . . > 1,080 
Provincia di. Angola MI ? 802,400 
» di Mozambico . . > 991,150 
Guinea ed Arcipelago di Bis- | 
sagos. . . > 69 
Distretto di Cabinda . . . > — 
Totale . km. q. 1,799,364 


suoi possessi, come risulta dallo specchio seguente: 


nel 1876 

Presid? marocchini. . . . km. q. 25 

Arcipelago delle Canarie . . . . > 7,167 

Isole di Fernando Poo e d’Annobon >» 2,088 

Isole di Corisco e d’ Elobei e terri- 

torio del Muni . 9? 200 
Territorio del Rio de Oro e del- 

l'’Adrar. . . . ‘a > — 

. Totale km. q. 9,480 


ritori, viene prima l’Inghilterra. Eccone il quadro: 


. nel 1876 
Gambia... + + ew es km, q.. 179 
Sierra Leone .....e..® 1,212 
Costa d'Oro . . . .. . ? 43,059 
Lagos . . . > 150 
Isole dell’ Ascensione, di S, Elena 
e di Tristan da Cunha . > 327 
Colonia del Capo, Griqualand, 
Pondoland, Basutoland, Zu- 
luland e Beciuanaland. . » 665,000 
Natal . . > 43,560 
Isola Maurizio . > 1,914 
Arcipelago dell’ Oceano indiano 
(Amiranti, Seiscelle) . . > 980 
Royal Niger Company . > — 
Walfish Bay. . . > — 
Compagnie dello Zambesi e ‘dei 
Grandi Laghi. > — 
Zanzibar e Pemba. . > — 
British Fast African Company. > — 
Isola di Socotora . . > — 
Territori del Golfo d’ Aden . > — 


Totale . . km. q. 761,381 


km. 


nel 1890 
815 


3,850 


1,080 
1,215,000 
1,000,000 


42,000 
1,200 


- qe 17 km. q. 2,263,945 
Piuttosto la Spagna ha avuto negli ultimi 14-anni alcuni aumenti nei 


km. 


nel 1890 


q- 25 


7,167 
2,088 


10,000 


500,000 





km. q. 519,280 
Quanto alla Turchia nessuna variazione di qualche rilievo è da notare. 
Passando invece alle potenze, che di molto hanno aumentati i loro ter- 


. km. 


> 
> 
> 
> 
> 


nel 1890 
179 
32,600 
76,145 
3,000 


327 


1,000,000 
48,600 
1,914 


980 
900,000 
1,200 


1,000,000 
1,950 
1,000,000 


3,579 
100,000 


km. q. 4,170,474 


— 1030 — 
Riguardo alla Francia i dati sono i seguenti: 


nel 1876 nel 1890 
Algeria . . +. « « « km. q. 318,334 km. q. 477,913 
Senegal e dipendenze . . > 400,000 >  ,500,000 
Gabon e Congo francese > 12,500 > 700,000 
Madagascar ed isole dipendenti > 666 > 602,422 
Isola della Riunione . . > 1,979 > 2,512 
Tunisia . . > — » 116,000 
Sahara e Sudan occidentale > — 2 2,500,000 
Costa dell’ Avorio e Costa d' Oro > — > 50,000 
Arcipelago delle Comorre . . > — > 2,067 
Obok. . . . .« «© 2 6 > — > 6,000 








Totale . . km. q. 733,479 km. q. 5,956,914 
La Germania nulla possedeva nel 1876, mentre invece essa ora contz, 
fra possessi e sfere d'influenza, approssimativamente : 


nel 1890 

Togo... .. . . . . km. q. 20,000 
Camerun . . . > 500,000 
Territorio dell’ Africa S. 0. . 2 1,000,000 
> dell’ Africa Orientale . > 1,200,000 


Totale . . km. q. 2,720,000 
Per l’Italia le cifre approssimative offerte dal Wauters sono: 


nel 1890 
Territorio di Massaua ed Assab . km. q. 15,000 


Abissinia, Scioa e Cafla . . . > 800,000 





Harar . . ° 000. > 20,000 
Paese dei Somali . eo ve ew > 100,000 
Totale . . km. q. 935,000 


Ma per l'Italia queste cifre date dal Wauters non corrispondono alle 
condizioni attuali. I soli territorî di Massaua e regioni vicine, da noi 
amministrate o presidiate, fino al Fiume Mareb possono calcolarsi almeno 
di km. q. 25,000 0 26,000. Si aggiungano, oltre ai protettorati circostanti 
a Massaua, il possesso di Assab, Beilul, ecc. col protettorato dell’ Aussa¢ 
dei Dana kili, estesi complessivamente circa km. 175,000. Al contrario Abis- 
sinia, Scioa e Caffa sono valutati dal geografo belga con una cifra forse troppo 
alta e certamente superiore alle valutazioni proposte per quelle regioni 
dai geografi più autorevoli Il paese dei Somali è di nuovo valutato con 
una cifra troppo bassa. — Finalmente, tornando ai dati del Wauters 
per lo Stato indipendente del Congo, che, specialmente dopo il testa 
mento del Re del Belgio, può considerarsi come dipendenza di wna 
potenza europea, si ha: 


nel 1890 
Territorio delimitato dall'atto di 
neutralità . . . km. q. 2,091,000 
Distretto del Congo orientale . > 400,000 


Totale . . km. q. 2,491,000 


— 1021 — 
E, riassumendo, si ha il seguente quadro: 


nel 1876 nel 1890 
Francia. . . . km. q. 733,479 km. q. 5,956,914 
Inghilterra. . . > 761,381 > 4,190,474 
Germania . . . > — > 2,720,000 
Re dei Belgi . . > — . > 2,491,000 
Portogallo . . . > 1,799,364 > 2,263,945 
Turchia. . . . > 1,000,000 > 1,000,000 
Italia . . . > — > 935,000 
Spagna . . > 9,480 > 519,280 


Totale . . km. q. 4,303,704 km. q. 20,056,613 

Molte fra le cifre riportate sono, come fu già notato, approssimative, e 
talvolta contestate; nei quadri si trovano uniti i veri possessi coi pro- 
tettorati e con le sfere d'influenza, le quali non hanno spesso limiti 
precisi; ma in ogni modo i dati offerti possono certo servire a dare 
una sufficiente idea delle grandi mutazioni avvenute, negli ultimi quat- 
tordici anni, nelle condizioni politiche dell’ Africa. (Ze Mouvement gtò- 
graphique, n. 23 e 24, 1890). 

CONFERENZA ANTISCHIAVISTA DI BRUXELLES. — Le principali deli- 
berazioni prese in questa Conferenza dalle potenze aderenti alla repres. 
sione della tratta degli schiavi si possono ridurre alle seguenti: 1. Ren- 
dere sempre migliori e più diffusi i mezzi e le istituzioni che servono 
a combattere il commercio degli schiavi nell'interno dell’ Africa: cioè 
amministrazione economica, giudiziaria, religiosa, militare, ecc.; stazioni, 
strade, locomotive e battelli a vapore, linee telegrafiche, ecc.; poi re 
strizione e vigilanza di commerci pericolosi, come quello delle armi da 
fuoco. 2. I porti ed altri luoghi designati da ogni singola potenza do- 
minatrice o protettrice coloniale, aderente alle deliberazioni della Con- 
ferenza, saranno centro d’azione contro i mercanti di schiavi, e nel 
tempo stesso luogo di rifugio di quanti schiavi intendessero di acqui- 
stare la loro libertà, e nel caso d' intere tribù che fuggissero dinanzi a 
simile pericolo imminente per guerra, ecc., si farà il possibile per di- 
minuire le guerre fra tribù e tribù; si adopereranno i migliori mezzi 
per abolire i costumi barbari e prima di tutto il cannibalismo ed i 
sagrifizi umani; si incoraggeranno le industrie agricole e le arti. 3. Si 
proteggeranno le imprese commerciali e si darà forma legale ai contratti 
di servizio degli indigeni (portatori, ecc.) 4. Si proteggeranno, senza di- 
stinzione di fede religiosa, le missioni esistenti o da fondarsi. 5. Si prov- 
vederà al servizio sanitario ed ospitaliero, con speciale riguardo agli 
esploratori ed a quanti si assumeranno di cooperare alla repressione 
del commercio degli schiavi in Africa. 6. Si otterranno poi dai poteri le- 
gislativi d'ogni singolo Stato contraente le sanzioni penali contro gli 
autori ed esecutori della tratta degli schiavi e delle violenze alla li- 
bertà personale dei portatori indigeni. — Furono già fissati i limiti della 
sfera d’operazioni contro la tratta marittima. Questa zona s'estende da 
una parte tra le coste dell'Oceano Indiano dal Belucistan al Capo 
Tangalane (Quilimane), compresi il Golfo Persico ed il Mar Rosso; e 


dall’altra entro una linea convenzionale che prima segue il meridiano 
da Tangalane finchè tocca e procede sul 26° lat. S., girando ad E 
dell’ Isola di Madagascar con 3e km. di raggio dalla costa E. e N.,, fin 
dove taglia il meridiano del Capo Ambra. Da questo punto il limite della 
zona è determinato da una linea obliqua che, escludendo l'Isola Riunione, 
e passando a 32 km. dal (Capo) Ras-el-Had, va a finire sulla costa del 
Belucistan. — 7. Il diritto di visits, già in uso per precedenti convenzioni, 
è reso generale, con la speranza che la Francia voglia accedere anche in 
questo patto, dopo nuove guareptigie concesse al rispetto della sua 
bandiera. o. 

L’ Escursione Davico. — Una lettera da Zeila annuncia che è 
giunto colà il 28 dello scorso settembre il signor Giovanni Davico, 
reduce da una rapida traversata dell’ Abissinia. Partito il 27 aprile ds 
Massaua colla Spedizione Salimbeni, giunse a Uoldia, di dove con tre 
soli servi, superando mille difficoltà e pericoli, attraversò gli Uollo Galla 
e si recò ad Ancober. Colà fu molto cordialmente ricevuto dall' Impera- 
tore Menilek, presso del quale soggiornò un mese, e ne partì coll’inca- 
rico di portare una lettera dell'Imperatore a S. M. il Re d'Italia. Partito 
da Antoto malgrado il Zerem?, passò attraverso Ja provincia degli Arussi; 
e per Mingiar e Cercer, giunse in Harar il 18 dello scorso settembre. Il 
Governatore Ras Maconnen lo accolse assai bene, gli regalò un magnifico 
cavallo, con la completa bardatura in argento, ed uno struzzo, e gli diede 
lettere per S. M. il Re e per S. M. la Regina. Dall’ Harar con soli cinque 
servi attraversò il deserto degli Issa Somali e con una marcia ardita, in appena 
quattro giorni giunse a Zeila. Ivi egli fu festeggiato da tutte le colonie 
europee e specialmente dal Governatore e dall’ ufficialità inglese, che gli 
offerse un pranzo, encomiando l'ardire e la celerità del Davico. (Za £# 
forma, n. 301, 1890). 

IL COMMERCIO COL SULTANATO D'OPIA. — L'ingegnere Bricchetti 
Robecchi, reduce dal suo viaggio nel paese dei Somali, ha in una lettera 
indirizzata al direttore del giornale Z’ /fa/ia di Milano, esposto alcune sue 
idee e fornito alcuni schiarimenti circa le relazioni commerciali che 
trebbero stabilirsi fra l'Italia e quel paese, e specialmente col Sultanato di 
Opia (Obbia). Ecco, nella sua parte sostanziale, un estratto di quella lettera: 
« L' Africa — questo è principio da non dimenticarsi mai — è il paese 
che restituisce, che deve restituire a grande usura, ma a lunghe scadenze. 
Ella certo avrà considerato, che la massima che la linea retta è la più 
breve, fra quei popoli, è ignorata, o quanto meno disconosciuta; negli af- 
fari essi dicono che non hisogna affrettarsi, perchè il tempo è lungo, e che 
quello che non si può fare oggi, si farà domani, se Iddio vorrà. Il Governo 
italiano, col pacifico protettorato sul Sultanato d’Obbia, ha aperto una 
breccia assai favorevole agli affari, e io mi auguro che l' iniziativa privata, 
badiamo, ho detto l'iniziativa privata, sappia valersene. Niente, nè armi, 
nè armati; ma opera assidua, paziente, coraggiosa di commercianti privati, 
pratici, di buona volontà, che s’ intromettano fra le popolazioni indigene 
coll’unico scopo di commerciare, non con altre volontà, non colla mania 
di civilizzare ad ogni costo: la civiltà verrà poi, bisogna pensarci menu 
che si può: ecco il vero mezzo per ottenerla più presto. Nè bisogna re- 


an’ — — — <- 


— -— >. — ems se 


— 1023 — 
carsi laggiù con grandi pretese, con idee di far quattrini al primo anno 
di permanenza. A mio parere il segreto sta nell’ incominciare con un pic- 
colo commercio, acquistando alla spicciolata le materie prime (gomme, 
incenso, mirra, pelli, madreperle, materie tintorie, ecc.), e dando in 
cambio cotonate, filati, conterie, ecc. Sul lungo litorale che si estende 
dal Capo Guardafui sino alla costa dei Benadir, nelle località special- 
mente di Ras Hafun, di Ras Maber, di Illig alla foce dell’Uadi Nogal, 
e più in giù ad Obbia e ad Elhur, sino presso il paese di Uarsceik, 
nessuna casa europea ha tentato ancora di piantare delle modeste 
stazioni commerciali; eppure l'interesse di farlo ci sarebbe ed evi- 
dente. Quando l'indigeno sapesse che a certi punti della costa egli 
troverebbe il commerciante per iscambiare i suoi prodotti, egli vi ac- 
correrebbe, ed allora così si comincierebbero a formare delle correnti 
commerciali, ristrette da prima, importanti, grandiose più tardi. Ora 
non c’è vapore che trovi la necessità di una fermata nei porti dei Mig- 
gertini, da Allula ad Obbia, e i pochissimi scambî si fanno col solo 
mezzo dei sambuchi indigeni; ma, stabilite stazioni fisse, dovrebbe di 
necessità organizzarsi una regolare linea di navigazione, la quale tro- 
vando dei buoni carichi, farebbe ottimamente i propri affari. Come Ella 
ben sa, il mio ultimo viaggio ha avuto specialmente per iscopo di sta- 
bilire una strada commerciale, pratica e sicura, fra un punto della costa 
dell’ Oceano Indiano, a cominciare dal Sultanato di Obbia, alla costa del 
Golfo d’ Aden, e ciò anche per rendere sempre possibile il traffico dei 
prodotti, sopratutto durante l’epoca dei forti monsoni di S. O., epoca 
in cui. per quasi metà dell'anno ogni comunicazione è interrotta ; e lo 
esserci riuscito, malgrado le difficoltà incontrate, fu grande fortuna, do- 
vuta anche a questa mia salute, che si mantiene di ferro. Salute ed 
energia morale e materiale sono i primi, i necessarî requisiti di chi 
vada laggiù coll’ intenzione di arrivare a qualche cosa di vantaggioso. 
Ella lo sa meglio di me, l’Africa non è il paese di chi si scoraggia 
presto e di chi, per abitudine o per indole, non abbia la fermezza di 
resistere, di attendere e di tentare. Dalle mie escursioni ho potuto con- 
statare che l'Italiano laggiù vi è rispettato e beneviso, avendo saputo 
acquistarsi sempre grazie e simpatie coll’essere non burbanzoso, di mano 
larga e di gran cuore; .. .. Per la prima volta, e mi compiaccio di 
attestarlo, i sultani di quelle regioni ed i capi-tribù mi hanno incari- 
cato, primo Italiano, di portare il saluto loro al Sultano d’ Italia, quale 
omaggio di devozione. Sui commerci e sui traffici possibili di quelle 
regioni e su ciò che si potrebbe fare o tentare, e di quanto vi po- 
trebbe alimentare la nostra attività nazionale, ora non dirò ; producono 
quelle terre gomma, incenso, mirra, burro fuso; il bestiame vi è nume- 
roso e si esporta in enorme quantità, e per dir breve, tutti i prodotti 
immensamente rimuneratori, potrebbero dar origine ad una vera ric- 
chezza; ma tutto ciò — sempre inteso — con tempo, denaro e fatica; 
ciò che meglio e più largamente Le potrò esporre in altra mia. » — In una 
intervista avuta col redattore di un altro giornale I’ ing. Robecchi ebbe 
a confermare che il paese ha una certa ricchezza di bestiame, e le 
mandre di buoi, di capre, di montoni vi sono numerose, di guisa che 


— 1024 — 

ne trasse la convinzione che di là potrebbe il nostro Governo fornire 
gli approvvigionamenti per i presidî militari dell’ Eritrea. È pure de 
gna d'attenzione la razza indigena dei cavalli; ed è cosa da studiarsi 
da parte dei tecnici, l'idea di un incrociamento colle nostre razze equine. 
Alla costa il paese si presenta assolutamente deserto e spoglio di’ ogni 
vegetazione; però a quattro o cinque chilometri nell’ interno si incon- 
trano già buoni pascoli erbosi, e più innanzi, dove la regione è abba- 
stanza accidentata, appare coperta di arbusti e cespugli in quantità, tra 
cui non sono rade le piante d'alto fusto, secernenti in abbondanza 
mirra, gomme, sostanze tintorie e in generale succhi resinosi. La po- 
polazione del Sultanato di Obbia è scarsa. Si compone di tribù che 
eleggono ciascuna un capo; e questi insieme hanno alla lor volta un 
capo supremo. Si tratta all'ingrosso, di una repubblica federativa che 
ha leggi, o piuttosto tradizioni proprie, fondate sulle credenze musui- 
mane. Gli indigeni, per quanto selvaggi, hanno qualità di mente e di 
cuore molto apprezzabili, e nei loro rapporti col forestiero si manifestano 
sufficientemente morali, onesti, laboriosi. Concludendo, l'ing. Robecchi 
ritiene che sapendo convenientemente adottare i mezzi opportuni, si po- 
tranno in avvenire stabilire relazioni commerciali utilissime fra 1’ Italia 
ed il Sultanato d'Obbia. (Z’ /talia, n. 307, 1890, e Patria Italiana, 
n. 130, 1890). 

ALLA SCOPERTA DELLE SORGENTI DEL GiuBa. — Una lettera da 
Massaua annuncia la partenza del cap. di marina mercantile sig. Ugo 
Ferrandi, il quale è stato incaricato dalla Società di esplorazione com- 
merciale in Africa di Milano, di ricercare le sorgenti del Giuba. Egli 
era diretto allo Zanzibar provveduto di mercanzie desiderate dag)’ indi- 
geni della regione che deve esplorare. (77 Popolo Romano, n. 301, 1890). 

NUOVA SPEDIZIONE TRIVIER NELL'AFRICA EQUATORIALE. — Sotto gli 
auspicî della Società di Geografia commerciale di Bordeaux il cap. Trivier, 
già ben noto per la recente sua traversata dell’Africa (1), si propone 
di eseguire un viaggio di esplorazione commerciale nelle regioni africane 
poste al S. dell'equatore. Partendo dal Gabon il cap. Trivier ha in 
animo di visitare le diverse stazioni della costa fino all'imboccatura del 
Rovuma, quindi S. Paulo di Loanda, S. Filippo di Buenguela, Mossa- 
medes, ecc., gli stabilimenti inglesi del Capo e del Natal, i territori 
portoghesi di Mozambico, della Baja di Lorenzo Marquez, fino ai con- 
fini delle colonie tedesche dell’Africa orientale. Le sue ricerche saranno 
dirette a stabilire, quali merci potrebbe la Francia importare ed espor- 
tare nelle regioni visitate, raccogliendo notizie sulle imposte e sui dazi, 
sulle spese di trasporto per terra e per acqua, ecc.. I fondi per la Spe- 
dizione saranno sottoscritti dalle Camere di Commercio francesi, alle 
quali il Trivier domanda un questionario, per avere una guida più pra- 
tica e sicura nei suoi studi Il viaggiatore francese si propone poi di 
non trascurare le osservazioni d’indole scientifica, (Zw/. della Soc. geog. 
comm. di Bordeaux, n. 17, 1890). 

ESPLORAZIONE TEDESCA NELL'AFRICA AUSTRALE, — Il capitano ed 


(1) Vedi a pag. 1048 del presente fascicolo. 





— 1025 — 

1 luogotenente Von Francois, al comando delle truppe nel Protettorato 
sud-occidentale tedesco in Africa, intrapresero separatamente due viaggi 
nell'interno del paese. Il cap. Von Frangois incominciò nel gennajo p.p. 
l'esplorazione della regione che da Hoahamas mette al Lago N' Gami. 
Attraversò prima una grande estensione di pianure, popolatissime quan- 
tunque l'acqua vi manchi, meno che durante la stagione delle pioggie. 
I centri di queste popolazioni si trovano nella valle del Nosop, abitata 
dagli Ottentotti Amraal, e nella valle dello Svas, dove incontransi i Bec- 
ciuani. Frammisti a queste tribù, o piuttosto nomadi e selvaggi, vivono 
sparsi in qua e in là i montanari Damara ed una razza di nani, che 
assomigliano molto a quelli dell’Africa centrale ed occupano uno dei 
più bassi gradini della umana famiglia, per mancanza di sviluppo intel- 
lettuale e per povertà assoluta di lingua, che si limita a pochi suoni 
inarticolati. Il viaggiatore toccò il lago senza incontrare gravi pericoli, 
nè difficoltà. — Il luogotenente Von Frangois partì a sua volta nel marzo 
p. p., dirigendosi da Zaobis ad Otiimbingue, e poi ad Ocahangia ed 
a Rehoboth, dove si incontrò e si unì per ik ritorno col cap. Von Fran- 
gois, che veniva dal Lago N’ Gami. Ocahangia, sede degli Omaherero, 
è stimata dal luog. Von Frangois il miglior centro abitato del paese; 
essa giace sul declivio settentrionale del M. Zoahoub, è circondata da 
bei giardini ed ha una popolazione stabile di circa due mila abitanti. 
(Deuts. Rundsch. f. Geog. u. Stat, n. 1, 1890). 

ASSALTO DI UNA SPEDIZIONE FRANCESE SUL NIGER. — Il sig. Mi- 
zon, capo di una missione commerciale francese, risalendo il Niger in 
una scialuppa con carico di merci, venne attaccato nella notte del 
1§ ottobre u. s. dagli indigeni presso la foce del fiume. Egli ebbe due 
leggere ferite ed un ausiliare arabo fu pure ferito. La scialuppa dovette 
ritornare ad Acassa. Mizon però ha stabilito di ritentare nel dicem- 
bre prossimo l'impresa, della quale fu incaricato dal Sindacato francese 
dell'Alto Benito. Scopo della Spedizione era di risalire il Niger ed il 
Benuè e raggiungere il Lago Sciad per ridiscendere verso il Congo. 
(Capitan Fracassa, n. 294, 1890). 

I NUOVI PROTETTORATI FRANCESI AL SENEGAL furono stipulati coi 
re e capi ed estesi nei territorî di Massina, Jatenga, Aribinda, Gurma 
e Mossi. Essi vengono ad allargare la dominazione o |’ influenza fran- 
cese verso Jeudi, concatenandosi coi già noti protettorati di Segu e 
Tieba e con quelli del Cong; eda restringere i confini del Borgu, 
protetto dall' Inghilterra, sottomettendo così alla Francia tutta la re- 
gione dove il Niger piega da E. a S. (Deuts. Runds. f. Geogr. u. Stat., 
n. 1, 1890). 


— AMERICA. 


UNA ESPLORAZIONE DI GIORNALISTI AMERICANI. — Il giorno 7 di- 
cembre 1889 partiva da Seattle (Stato di Washington, Stati Uniti dell’A- 
merica del Nord) una Spedizione, composta in gran parte di giornalisti di 
quella città, tutti però più o meno esperti di viaggi e delle fatiche e dei 
pericoli cui si va incontro nelle contrade inospitali ancora inesplorate negli 


— 1026 — 


Stati Uniti. Si misero sotto il comando di un veterano delle esplo- 
razioni americane settentrionali : J. H. Christie, scozzese, che per lunghi 
anni avendo servito da militare il Governo del Canada, e ultimamente 
fatto un viaggio lungo il bacino del Mackenzie, era in grado di assu- 
mere la direzione della nuova impresa. Lo scopo propostosi dalla Spe- 
dizione era di penetrare nell’ interno della regione dei Monti Olimpici, 
all'angolo N.-O. degli Stati Uniti; monti che, sebben girati ai loto piedi 
dalla strada ferrata, erano in molta parte affatto sconosciuti, non sol- 
tanto ai bianchi, ma agli stessi pelli-rosse, che ne hanno appena una 
lontana notizia per reminiscenza e tradizione dei loro avi. I membri 
della Spedizione, essendo tutti valenti cacciatori, portarono con sè po- 
chissime provviste di viveri, contando d'avere sotto mano per istrada 
un'abbondante selvaggina. I nomi degli altri componenti la Spedizione 
oltre il Christie, sono questi: Ch. A. Barnes, illinese, geografo, topo- 
grafo e, in supplenza altrui, anche storiografo dell'esplorazione; I. H. 
Crumback, d’ Ontario, ispettore e conoscitore di terre e di indigeni del 
N.-O. del dominio inglese del Canada; I. W. Sims, inglese, vecchio 
soldato, ora uomo d’ affari e appassionato viaggiatore; C. O' Connell 
Hayes, d'origine irlandese, avvezzo egli pure alle fatiche dei viaggi. Gli 
esploratori giunsero per ferrovia a Porto Angeles e di lì si diressero 
verso i monti, alla fattoria di certo signor Ph. Meagher, lontana dalla 
città 8 km., e che per poco fu il quartiere della Spedizione. Quivi si 
provvidero di due mule e il giorno 19 dicembre p. p. s'internarono 
per alcune paludi, su per il Fiume Elvha, che poi s'incanala in un 
cation di 60 metri di altezza, con pareti a precipizio, a ridosso d'una 
delle quali s'inerpica il sentiero. Questo era ingombro di tronchi d’al- 
bero, che però tratti d’ in mezzo la neve, per la loro discreta grossezza 
offersero più tardi buon materiale alla costruzione d'un battello, dive- 
nuto indispensabile per la continuazione del viaggio. Passata la notte 
su un piccolo largo, trovato sull'orlo del sentiero, a circa 30 metri di 
altezza dal letto del fiume, ivi i viaggiatori costrussero il battello. Su- 
perate alcune rapide, scaricando i bagagli e a piedi portandoli a monte; 
superati pure i pericoli presentati dai molti scogli e per la neve mo- 
bilissima che di fresco era caduta e continuava sempre più a cadere sulla 
roccia, la Spedizione s'avanzò lentamente alla volta delle radure di Mc 
Donald, confine estremo della civiltà nella contrada. Più in là nonsi 
poteva andare col battello. Era il 23 gennajo 1890 e già da parecchi 
giorni faceva un freddo insopportabile, fino a 16° sotto zero. Riparatisi 
e rinfrancatisi alla meglio,. gli esploratori dovettero poi ricorrere alle 
scarpe da neve ed a slitte improvvisate, per poter procedere, almeno in 
escursioni, finchè la neve e il freddo cedessero alquanto della loro in- 
tensità. Così giunse quasi la metà di febbrajo, e il solo vantaggio ot- 
tenuto frattanto dalla Spedizione fu quello di riconoscere le ricchezze 
minerali e vegetali dei dintorni, fra cui l’esistenza di boschi millenari 
di cedri, alcuni dei quali s’inalzano quasi a 20 metri. Dal 12 feb- 
brajo alla fine di quel mese furono ben pochi i giorni di marcia, e 
si arrivò in un luogo detto « delle forche », punto estremo raggiunto, 
a memoria d'uomo, in quei paraggi. Da certe alture circostanti i viag- 





— 1027 — 
giatori poterono vedere la prima volta netto il masso centrale dei Monti 
Olimpici; e in una escursione resa possibile dalla comunicazione tra le 
due rive del Fiume Elvha, ottenuta per mezzo d'un gigantesco abete, 
il Barnes fece una serie di osservazioni e rilievi topografici del terreno 
visibile. Intanto cominciò anche la caccia all’alce, che vi era numerosa, 
e furono uccisi anche degli orsi. Il giorno 2 di marzo il Barnes, inca- 
ricato di esplorare il terreno a monte per trovar modo di procedere 
anche in mancanza di sentieri, s’ internò dalla riva occidentale del fiume. 
Egli, fatto breve cammino, trovossi alle rive di un piccolo ramo del- 
l’ Elvha, che porta le acque del fianco settentrionale dell'Olimpo; e 
poco più oltre incontrò un altro torrente, che scendeva dalla parte op- 
posta. Quello fu denominato Cat-creek, questo Wolf-creek. Subito al di 
là dei loro confluenti, l’ Elvha si vede uscire da un canale che è un 
vero precipizio di circa go metri di dislivello tra l'una e l’altra parete. 
La parete montuosa è formata di frantumi di roccia con molti abeti, ma 
sottili. Dopo 800 metri circa di cammino tollerabile, la montagna è tagliata 
bruscamente da un letto profondo, in cui scorre un fiume d'acque bian- 
che lattee, formate dalle nevi sciolte dalla sommità dell’ Olimpo. Altri 
500 metri più in su, un altro torrente nevoso scende precipitosamente 
per più cascate in una specie di lago, e di là fino nel fiume. Passato 
alla riva destra di questo torrente, il Barnes trovò un altro ca#on e vi 
si internò dalla sponda occidentale. A circa 1,200 metri di cammino 
egli giunse ai piedi di un altro ripidissimo torrente, riuscì a traversarlo 
e penetrò in una valletta a pendio, ricca di pastura e lunga quasi un 
chilometro e mezzo. Proseguendo per il cafion e giunto alla estremità 
di esso, discese per un burrone scosceso e profondo da 150 a 180 
metri. Arrivato in fondo ad esso, l'esploratore si trovò improvvisamente 
dinanzi ad un fenomeno naturale singolare : in una piccola vallata di 
fianco cadeva fragoroso in vorticose cascate il torrente veduto da lui 
poc'anzi, e poco più in là si ricomponeva in un laghetto profondo e 
verde. Dalla parte opposta alla cascata la montagna rocciosa, scendendo 
a perpendicolo, s'apre come le fauci d'un mostro per inghiottire le 
acque del torrente che vi si internano serpeggiando. Sono due bocche 
non più larghe di m. 3,5, divise da due pilastri alti circa m. 4,5, posti 
l'uno dietro l’altro. La vélta sotterranea, dove s’ ingorga il torrente, si 
inalza poi più dentro, fino all'altezza di qualche centinajo di metri, 
per finire dall’altra parte a 180 metri, dove il fiume torna all’aperto in 
un letto largo e scoglioso. Il Barnes denominò questo fenomeno geolo- 
gico Goblin Gates «le Porte del fantasma ». Tutto il terreno circo- 
stante, verso il M. Olimpo, è costituito di duri schisti e di arenarie a 
strati; ma la valletta che mette a quella grotta è ricca di marna sab- 
biosa, ed ha una bella vegetazione, favorita dal sole. Fatte altre osser- 
vazioni topografiche, l'esploratore ritornò al campo delle Forche, donde 
la Spedizione si parti il giorno ro marzo, diretta a monte del Fiume 
Elvha, risalendolo a destra, sui fianchi d’ un monte cui fu dato il nome 
di Eldrige; ed il 15 seguente percorse una catena di monti che fu de- 
signata per Monti dell’Alci, in tanto numero vi erano questi animali. 
Ricca è pure la flora di quei monti, che son coperti di abeti di varia 


4 


— 1028 — 
specie e di varie qualità di piante basse e cespugli. I viaggiatori si ac 
camparono il 20 marzo all'altezza di m. 590, misurati all’ aneroide, so 
pra il cafon prossimo alla vélta già descritta. Di là essi poterono osser 
vare a S. oltre il fiume, un'altra grande ed alta catena di monti, dai 
picchi nevosi, con una direzione generale da E. ad O.. Le tre vette 
più notevoli ebbero il nome di M. Hunt, il più orientale, M. Mc Clare 
quello di mezzo, M. Agnus, il più occidentale. Invece il monte, cui 
appartiene per struttura il Goblin Cafion, fu battezzato M. Brown ; an 
ch’esso è elevato considerevolmente ed aveva allora la cima coperta di 
neve. La valle che si prolunga in mezzo alle due catene di monti, ft 
denominata dei Geyser, per fenomeni, benchè insignificanti, di tal fatta. 
Essa è lunga km. 6,5 e larga al massimo km. 1,5. Vi è ricchezza di 
acqua, di pascoli, di selvaggina e di buon pesce. Vi è però anche wm 
numero considerevole di orsi e lupi. Il 24 marzo parte della Spedizione 
s'inoltrò da quella valle per alcuni chilometri ad E., restando sempre 
sulla riva destra dell’ Elvha, ed esplorò un altro monte nominato da 
essa Fitten. Vi si trovarono molte cose notevoli per la Geologia, e si 
scopersero interi prati di certa erba detta £irnsiZinniz, che gli Indiani 
sostituiscono al tabacco, se loro manca. Un'altra scoperta importante 
per la etnografia consistette nelle traccie di vita preistorica delle tribà 
indiane: delle orme di piede umano, furono trovate nell’arenaria, ¢ 
un pezzo di tronco d'albero con due bruciature a solco, come usano 
fare gl’ Indiani, Finalmente la Spedizione si preparò a tentare l’ascen 
sione del Monte Olimpo. Essa fu favorita da una specie di sentiero, 
evidentemente fatto dall'uomo, ma praticato allora soltanto dalle alci 
Viaggio facendo furono rilevati altri due fiumi, il Lillian ed il Belle; pene 
trando anche in una nuova valle, che fu battezzata della Stampa (Press 
Valley), furono scoperte altre montagne, tra cui una catena detta 
Bailey Range ed un gruppo di monti elevati di cui il principale fn 
detto Dana, poi altri fiumi tra cui maggiore, il Goldie. Così man mano 
la Spedizione fu allontanata dalle radici dell’ Olimpo, dove pare cre 
desse di rinvenire lo spartiacque dell’ Elvha e delle sorgenti del Qui 
naiult, che escono dall'altopiano per il versante S. Invece, continuando 
in questa direzione gli esploratori scopersero altre vallate, altri corsi di 
acqua ed altri monti. Fra due di questi ultimi venne loro fatto 
di scoprire un laghetto che dà origine al Fiume Elvha, e vicino ad 
esso, un po’ più a S.-O., un altro simile, da cui per S.-O. scendevano in 
direzione opposta le acque di un fiume, che era appunto il Quinaiult. 
Alla sorgente dell’ Elvha fu imposto il nome di Lago Maria, a quella 
del Quinaiult, Lago Margherita; ed i due monti che con 1 pendii in- 
terni formano la valle in cui stanno 1 due laghi, furono nominati M. 
Seattle, quello ad O., e M. Christie, quello ad E.. Fatti nuovi ri- 
lievi e molte raccolte e fotografie, la Spedizione si accinse al ritorno 
che era già maggio inoltrato; e lo fece per la valle superiore del Qui- 
naiult, con nuove ascensioni ed osservazioni. Questa valle fu battezzata 
Chester Valley e riceve le sue acque sorgenti, oltre che dalle alture 
comprese dai due monti già detti, da altri ancora, che ebbero nome 
da Frazier, Zindorf, Struve. Un affluente d'importanza scende alla si- 





— 1029 — 
nistra del Quinaiult da ‘certi monti più a E., e ricevette il nome di 
Alexander. Giunta al Lago Quinaiult, la Spedizione prese la via nota 
di Aberdeen, donde ritornò a Seattle. In conclusione, dalle lunghe re- 
lazioni, illustrate con schizzi e figure, che poi furono pubblicate in tre 
grandi numeri straordinarî della Seattle Press (16 luglio 1890), sì ap- 
prende che gli esploratori stimano di avere scoperto una vera Svizzera 
americana. La massima altezza però è quella dell'Olimpo, che dal Bar- 
nes è stimata di circa 2,570 metri; elevati pure il M. Seattle (m. 2,315) 
ed il M. Christie (2,240). Nè di molto restano inferiori le vette della 
catena di Bailey, ed altri monti isolati. L'idrografia della regione viene 
considerevolmente aumentata, ed anche corretta in più luoghi già noti, 
come al Lago Quinaiult, che a differenza di ciò che segnano le carte 
ufficiali, s’allungherebbe molto più verso O., e quindi avrebbe la sua 
uscita non ad un'estremità occidentale, ma verso il mezzo della riva 
meridionale. 


F. — OCEANIA. 


NUOVA ESPLORAZIONE NELLA Nuova Guinea. — Sir W. Macgre- 
gor, l'instancabile esploratore inglese (1), compì un'altro viaggio nella 
Nuova Guinea Britannica, nei primi mesi di quest’ anno. Questa esplo- 
razione fu estesa dalle foci del Fiume Fly sino al confine olandese alla 
costa. Il paese interno fino al Fiume Mai Cassa, è chiamato dagli indi- 
geni Daudai, mentre al di là del fiume stesso lo si chiama invece Dudi. 
Parecchi villaggi s'incontrano lungo o poco dentro la costa: Siu, Pa- 
rama (all'Isola Bampton), poi 12 km. più in là Jaru (Daru), e più a 
S.-E. Bobo (all'Isola Bristom). Invece a S.-O. di Jaru gettasi in mare 
un fiume, detto dagli indigeni Oriomo, ma noto ai marinai col nome 
di Tait. Alle sue foci e per quasi 5 km, questo fiume è largo 180 metri, 
poi va restringendosi a 70 e 55 metri, alla distanza di 48 km. dal 
mare. Le sue rive sono basse e fornite di qualche vegetazione. Proce- 
dendo, il Macgregor visitò il villaggio di Tureture, ch'egli stima il più 
promettente di tutta questa contrada della Nuova Guinea Britannica, 
per la sua popolazione e per la fertilità del suolo. Ad O. di esso, fatti 
5 km., si giunge alla foce del Fiume Binature (Catov), che fu risalito 
in barca dalla Spedizione, per circa 12 km., dove esso si divide in 
due rami, Alle foci dell'altro fiume Cava Cussa, che si getta in mare 
rimpetto le due isolette Malucava e Sapural Cava, sorge sulla costa l'u- 
nica collina che vi sia lungo tutto questo littorale. La chiamano Ma- 
budauan; è alta appena 60 metri, composta di granito e coperta di al- 
beri d'alto fusto, con apparenza di fertilità e di salubrità. Gli abitanti 
del luogo sono pacifici, ma perciò soggetti alle incursioni e rapine di 
una tribù del Mai Cassa, detta Tugere. A proposito del Mai Cassa (2), 
una più diligente esplorazione del medesimo fatta in quest'occasione 
dal Macgregor, diede per risultato, che questo fiume si dirama a 45 km. 
dalla costa. L’altro suo ramo è veramente il fiume, mentre esso, il Mai 


(1) Vedi BOLLETTINO, settembre 1889, p. 786. 
(2) Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, p. 1055. 


— 1030 — 

Cassa, dovrebbe propriamente dirsi un braccio di mare. Alla foce è 
largo km. 1,6. Ad alimentare il-fiume vero, che è il Vasi Cassa, scende 
da N. un corso d’acqua che presso al punto della diramazione è largo 
270 metri, ma più in su appena m. 22 a 27, risalendo fino a 69 km. 
dalla costa. L’ isola formata dal delta del Mai Cassa e dal Vasi Cassa, 
fu denominata Isola Strachan. La Spedizione passò poi dinanzi a quattro 
isolette, procedendo ad O. del Vasi Cassa ed entrò in due baje conse 
cutive, che furono chiamate Thomson e Heath. In quest’ ultimo si getta 
un fiume, che alla foce ha la larghezza di circa 180 m. e la profon 
dita di m. 7-9. La posizione della foce è per approssimazione a 9° 13 lat. S. 
e 141° 30' long. E. Greenwich; corrisponderebbe quindi, pare, al fiume 
segnato nella sua carta, in quella baja, dal cap. Strachan. Il Macgregor risalì 
questo corso d’acqua per ben 118,5 km. — In generale le terre viste 
od esplorate non presentano grandi risorse economiche. e specialmente 
poco si prestano all’agricoltura. Anche le acque di quelle coste son po 
vere di pesce. Forte poi vi è la marea, che ha un’ alternazione diurna 
di m. 3, 6, con due alte maree, una media ed una bassa. — Furono 
incontrate al di là del Vasi Cassa due tribù: una appartenente ai Tu 
gerc, di belle proporzioni, d'un color bronzo chiaro, profusa d'’ orna- 
menti. Poi nella Baja Heath verso l'interno, lungo il fiume risalito, una 
seconda tribù, di statura più bassa e di forme men perfette dell’ altra. 
(Scot. Geog. Magazine, n. 10, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


L’ Orca Jocut, ghiacciajo dell’ Islanda, nella parte S.-E. di que 
st'isola, fu méta d'un ascensione fatta nell'agosto p. p. dall’ inglese 
Fred. W. W. Howell. Accompagnato da tre guide islandesi, egli parti 
da Svinafell. Giunto a 600 metri d'altezza sul livello del mare, toccò 
già il limite delle nevi perpetue. Potè salire fino poco sotto (m. 43) 
alla sommità del ghiacciajo, che s'inalza m. 1,873. (Proceedings della 
Soc. Geog. di Londra, n. 10, 1890). 





IV. — BIBLIOGRAFIA (1). 


E. — AFRICA. 


1) Libri. 


BACHMANN dott. J.. — Corpus juris Abessinorum. Pars IL: Jus connubii. 
Berlino, Schneider e C., 1890. Volume di pag. 104 in & grande. 
L’ interesse che desta tutto cid che si riferisce all’ Abissinia, 
dacché parecchi Stati europei vi spiegarono in vario modo la loro 
azione, richiama sempre più su quel vasto paese l’attenzione degli 
uomini di Stato e di affari, come anche quella degli scienziati. Tra que- 
sti appunto |’ Autore, che è membro della Società Asiatica di Pa- 
rigi e di quella degli Orientalisti tedeschi. Questa prima parte della 
sua opera, che tratta del matrimonio e delle sue leggi e forme in 
Abissinia, è svolta con grande accuratezza. Precedono una sua Prefa- 
zione e la Introduzione premessa al Codice delle leggi abissine, colla 
quale ultima, dice il Bachmann, si intese di preparare gli studiosi 
della giurisprudenza etiopica al concetto generale di questa, piutto- 
stochè a quello speciale dell’ jus connudit. Esposte bibliograficamente 
le fonti della sua edizione, egli presenta, postillato, il testo etiopico 
dell'Introduzione, poi quello arabico, in fine la versione latina, 
ove appunto gli antichi compilatori resero ragione dci materiali 
da essi raccolti, facendola seguire dalla partizione dell’opera, esposta 
in etiopico ed in latino. Poi, come parte prima, viene il testo etio- 
pico dell’ jus connubdii, con le varianti annotate, e più sotto la ver- 
sione latina, con note e postille, tratte dal testo arabico, o scritte 
in greco, su questo e sull’ etiopico. A tutto ciò fa seguito una dis- 
sertazione giuridico-istorica in lingua tedesca, nella quale 1’ editore 
svolge brevemente le consuetudini e dà ragione del Codice, poi 
parla degli autori e dell’epoca, infine della storia bibliografica di 
questo codice. 


BarTH H.. — Zravels and Discoveries ecc. (Viaggi e scoperte nell’ A- 
frica settentrionale e centrale. Nuova edizione con introduzione del 
signor Bettany. Parte prima). Zondra, Ward-Lock e C., 1890. Un 
volume illustrato. 

Quest’ opera, che era stata pubblicata nel 1857 in inglese e tra- 
dotta in tedesco, ricomparisce ora, riveduta, e fornita delle illu- 
strazioni originali. 


(1) Vedi BOLLETTINO, /uglio-agosto e settembre 1890, p. 730 e 850. 


— 1032 — 
BAUMGARTEN dott. J.. — Ostafrtka, ecc. (L' Africa Orientale, il Sudane 
la Regione dei Laghi: Paese ed abitanti). Gotha, F. A. Perthes, 
1890. Vol. di pag. XVI.562. 
L’ Autore con questa sua nuova opera, che fa seguito all’ aft 
« L’ Africa tedesca, e i suoi vicini nel continente nero » (Berlino 
1890. Seconda edizione), intese d’ offrire a’ suoi lettori una pic 
cola Enciclopedia, in cui si trovino svolte, per quanto è possibik, 
tutte le questioni toccanti gli argomenti della occupazione, dei protet- 
torati e della colonizzazione in quella parte del mondo. Egli intese di 
trattarle sotto l'aspetto umanitario; e perciò consacra più capitoli alla 
storia delle missioni cristiane in Africa, nominatamente occupandosi, 
per esempio, del missionario dottor J. L. Krapf in Abissinia ed allo 
Scioa. Poi procede a considerazioni varie, sul carattere dei negri, 
sulla capacità loro ad apprendere la civiltà, specie la religiose, dei 
cristiani europei. Studia gli Arabi e l'opera loro in Africa. Trat- 
tando poi della schiavitù e del commercio degli schiavi in Africa, 
egli riporta anche due monografie su tali argomenti: una del dot: 
tor Nachtigal « Cose vedute dall'autore in una caccia agli schiavi 
sullo Sciari », e l’altra del dottor F. Fabri « Mezzi atti a com- 
battere la gran piaga del commercio degli schiavi in Africa». 
Esposte poi le vedute e la missione dell' Europa in Africa, il 
Baumgarten fa una larga e ordinata descrizione del continente, 
prima in generale discorrendo del clima e delle ricchezze naturali 
di esso, poi in particolare dell’ Abissinia, del Sudan Orientale col- 
l’ Uadai e il Latuca, e del territorio dei Somali, in fine delle co- 
ste orientali e delle regioni interne dell’ Africa tra i porti oggidi 
sotto la protezione dell’ Italia, quelli sotto la Germania ed i laghi 
fino al Tangagnica. Larghe sono in questa parte le descrizioni ed 
osservazioni di varia indole sulla struttura delle più spiccate re- 
gioni, come quella del Kenia e del Kilimangiaro, e si pos- 
sono dire altrettante monografie geografiche ed etnologiche, fon- 
date sulle migliori relazioni dei viaggiatori africani. Un’ appendice 
poi svolge a parte l'opera data ultimamente dagli antischiavisti 
alla più pronta riuscita del loro scopo, e in fine contiene l'augu- 
rio di quell’accordo, che difatti s'avverò, tra Germania ed Inghil- 
terra per la più efficace cooperazione nell'incivilimento e nello 
sviluppo dei commerci in quei paesi. 


BAUMGARTEN J.: — Deutsch-Afrika, ecc. (L’ Africa tedesca ed i suoi 
vicini nel continente nero). Seconda edizione con aggiunte. Berlino, 
1590. Vol. in 8°. 

Bécuer E.. — Cing ans de séjour au Soudan francais. Parigi, Plon, 1889. 
Vol. di pag. III-270 con carta. 

BLiimcke K.. — Der Aufstand ecc. (L' insurrezione nell’ Africa orien- 
tale tedesca, e la sua repressione nella parte settentrionale, con 
un' appendice sulle Spedizioni tedesca ed inglese per Emin pascià). 
Berlino, Tonger, 1890. Op. di pag. 96 con carta speciale alla 
scala dî I: 3,000,000 ed illustrazioni nel testo. 


- - -- — — —--. = —. - 


— 1033 — 

L’ Autore fa la storia delle vicende che si svolsero nei nuovi 
possessi germanici nell’ Africa orientale, dal giorno della rivolta di 
Busciri fino a quello della sottomissione dei Buana Heri, serven- 
dosi di notizie ufficiali, di lettere e di testimonianze attendibili. 
In appendice egli credette opportuno di tracciare in breve un 
riassunto delle spedizioni fatte dallo Stanley e dal dott. Peters per 
salvare Emin Pascià. Nel suo insieme l’ opuscolo, che contiene 
qua e là qualche nuovo particolare sui territorî e sugli indigeni ed 
Europei partecipi dei fatti narrati, è lavoro di qualche importanza per 
la storia della colonizzazione e dei protettorati in Africa. La Carta che 
l’ accompagna è pregevole per sufficiente esattezza e per qualche ric- 
chezza topografica. Buoni sono i ritratti del Wissmann, (che il 
Bliimcke loda immensamente per le sue qualità di statista e go- 
vernatore d’ Africa), di Emin, Stanley e Peters. 


BONAPARTE (S. A. IL PRINCIPE ROLANDO). — Ze premier éetablissement 
des Néerlandais èà Maurice. Parigi, Chamerot, 1890. Op. di pag. 60 
con 5 tavole. 


L’ Autore illustra, in questa nuova sua monografia, la scoperta 
e la prima esplorazione e dominazione dell’isola, che poi ebbe il 
suo nome dalla Francia (//e de France). Dopo fatta una som- 
maria citazione di altri autori e documenti, egli dimostra |’ impor- 
tanza di quelli che il Leupe metteva la prima volta in luce ad 
Amsterdam sotto il titolo di « Devestiging der Hollanders op 
Mauritius in 1638 », e li completa, pubblicando per la prima volta 
in nitide tavole la configurazione e parecchie scene della vita 
olandese di quell’ isola, tratte da disegni contemporanei, fatti sul 
luogo. 


BonoLa dott. F. BEI. — L’ Zeypfe et la Gtographie; sommaire histo- 

rigue des travaux gtographiques extcutés en Egypte sous la dynastie 

de Mohammed Aly. Cairo, Società Khediviale, 1890. Vol. di pag. 118. 
Vedi BOLLETTINO, setéembre 1890, pag. 843. 


BoreLLI J.. — Ethiopie meridionale. Journal de mon voyage aux pays 
Amhara, Oromo et Sidama. Parigi, Maison Quantin, 1890. Vol. 
in g. di pag. 520 con illustrazioni e carte. 


Le fortunose vicende dell’ importante esplorazione del sig. Borelli 
sono esposte in questo libro sotto la forma semplice ed interes- 
sante di un estratto dal giornale di viaggio. Le notizie scientifiche 
sono in parte accennate nel giornale stesso, e con maggior diffusione 
e con ordine sistematico sono raccolte negli allegati alla relazione 
fatta dall’ illustre viaggiatore al Ministro della Istruzione pubblica 
di Francia, ed occupano un terzo circa del volume. Ma la trat- 
tazione generale della parte scientifica è riservata dall’ A. ad un'altra 
opera. Il giornale è diviso in quattro parti: la 1° contiene la rela- 
zione del viaggio dal Cairo ad Ancober attraverso il deserto degli 
Afar (1885-1886); la 2° descrive il primo soggiorno del Borelli 
nel Regno di Scioa (1886-1887); la 3° il viaggio da Antoto ad 
Harar e ritorno e la seconda fermata allo Scioa (1° maggio-8 novem- 


— 1034 — 
bre 1887); e finalmente la 4° fa conoscere le interessanti esplon 
zioni nelle regioni del S. ed il viaggio di ritorno. A queste fa seguito 
l' Appendice nella quale, dopo la relazione, già ricordata, al Ministro, 
sono in forma di allegati, raggruppati in speciali capitoli, i principi! 
risultati scientifici degli studi eseguiti dall’ esploratore. Uno dè 
questi capitoli contiene il prospetto delle principali osservazioni 
scientifiche fatte nei paesi di Amhara, Oromo e Sidama; in m 
altro sono esposte le principali divisioni, suddivisioni, lingue e razze 
osservate nei paesi stessi. Con speciale cura è poi studiato 11 bacino 
dell’ Omo sia rispetto al corso del fiume, che ai suoi affluenti ed 
alle montagne che sorgono in quella regione. Fanno seguito w 
vocabolario della lingua Cullo, ed un altro degli idiomi Tambaro 
ed Hadia. Chiudono il volume l’ Elenco ragionato delle collezioni 
portate in Europa, ed un Indice alfabetico in cui sono riunitii 
nomi propri di persone e di luoghi, usati nel corso dell’ opera, 
le parole relative agli usi ed ai costumi delle regioni percorse. 
Ricchissimo è poi il volume di illustrazioni, tratte tutte da foto 
grafie raccolte dall’ esploratore lungo il viaggio, e di profili e piani 
Sei carte, contenenti itinerarî e rilievi fatti dal viaggiatore, tre delle 
quali relative al corso dell' Omo, completano l'illustrazione del 
l'importante viaggio e mostrano con quale cura e con quanta com 
petenza il sig. Borelli abbia compiuto la sua missione. Vedi anche 
il BOLLETTINO, Zuglio 1889, pag. 549. 


BoreLLI J. — Divisions, subdivisions, langues et races des régions Am 
hara, Oromo et Sidama: communication, ece.. Parigi, Quantin, 1889. 
Opuscolo di pag. 68. 

È un estratto dell’ opera intitolata: « Ethiopie méridionale, ecc.». 


BriccHErTI-RoBEccHI L.. — Viacgio nell Oasi di Giove Ammone. Mr 
lano, Treves, 1590. Vol. di pag. 374 in 4° con 164 incistoni e 
grande carta geografica. 

In questo volume Il’ egregio ing. Bricchetti-Robecchi presenta 
una particolareggiata relazione del viaggio, arrischiato ed interes- 
sante, da lui compiuto nel 1886 e già noto ai lettori di questo 
Bollettino. La relazione è fatta con cura ed è ricca d'informazioni 
sugli usi, i costumi, i prodotti ecc. del paese visitato. L’ edizione 
poi fattane dai Fratelli Treves è veramente elegante e contiene, 
oltre ad una grande carta geografica, ben 164 incisioni. Vedi inol- 
tre nel BOLLETTINO, maggio e giugno 1889, pag. 388 e 468. 


BribGMAN F.. — Winters in Algeria (Inverni in Algeria). Nuova York, 
Harper, 1890. Vol. di pag. 262. 

BURGGRAEVE, dott. — L' Afrique centrale et le Congo Indtpendant Belce. 
Bruxelles, Decheune e C., 1890. Vol. di pag. II9. 

BiitTNER R.. — Reisen im Kongolande, ecc. (Viaggi nei territort del 
Congo, compiuti per incarico della Società Africana di Germania) 
con una carta di R. Kiepert. Lipsia, Hinrich, 1890. 

GarvaLuo H. A. D.. — L'influence de la civilisation et de la colonisation | 








— 1035 — 
latine et surtout portugaise en Afrique. Lisbona, Tip. Franco-Por- 
toghese, 1889. Op. di pag. 70. 


CHARVERIAT F.. — Hutt jours en Kabylie. Parigi, Plon e C., 1890. 


Quest’ opera è il risultato delle lunghe osservazioni fatte sui 
luoghi durante undici viaggi-dal prof. F. Charvériat della Scuola 
di diritto d’ Algeri. In essa l'Autore descrive non soltanto il paese 
tanto spesso visitato ed i suoi abitanti, ma le loro istituzioni pub- 
bliche e private. 


Cocorpa G. D.. — SudAfrica commerciale ed industriale. — In sup- 
plemento al Bollettino della Società di Esplorazione Commerciale in 
Africa, Milano, 1890, con carta. 


Vedi BOLLETTINO, aprile 1890, pag. 403. 


CorviLe H. E.. — Zisfory of the Soudan Campaign ecc. (Storia della 
Campagna del Sudan, compilata nella « Intelligence Division of the 
. War Office » inglese). Londra, Eyre e Spottiswoode, 1889. Due vol. 

in 8° di pag. XVI-277 e XIV-327 con carte. 


Corio L.. — J commerci dell Africa; notizie di Geografia commerciale. 
Milano, Società d'esplorazione commerciale in Africa, 1890. Un vo- 
lume in 8° di pag. VIII-468. 


In questo volume sono raccolte le lezioni, che il prof. Lodovico 
Corio dettò durante l'anno 1888 nella Scuola gratuita di Geografia 
commerciale, fondata in Milano da quella Società d' esplorazione 
commerciale in Africa col nobile intento di offrire un mezzo di 
preparazione ai giovani che intendano occuparsi di commerci coi 
paesi lontani. Precede una Introduzione del Presidente della So- 
cietà, Pippo Vigoni, che mette in rilievo, oltre l’importanza del 
soggetto, la diligenza e lo zelo adoperati dal prof. Corio, quale in- 
segnante e poi quale cumpilatore delle proprie lezioni. Circa il giu- 
dizio generale sui profitti che |’ Europa può ripromettersi dall'Africa, 
l' Autore appartiene alla schiera degli ottimisti, e perciò non tutti 
i lettori saranno d’accordo con lui in taluno de’suoi apprezza- 
menti. Ma, checchè sia di ciò, l’opera offre notizie copiose, cor- 
rette e recenti per la massima parte, adatte allo scopo e ben or- 
dinate, sulle varie regioni del Continente nero e sulle isole che lo 
circondano. Queste notizie di preferenza riguardano i prodotti na- 
turali ed industriali dei varî paesi, le relazioni commerciali già 
esistenti, le merci esportabili ed importabili, le-vie, i modi, il costo 
delle spedizioni, le pratiche usitate, i sensali, le monete o loro 
equivalenti, ecc.; tutto insomma ciò che bisogna conoscere per in- 
traprendere, con frutto, degh aflari in Africa. Seguono altri suggeri- 
menti d’indole varia, e non mancano sunti storici sulle esplorazioni 
e sullo sviluppo dei commerci e della civiltà nelle varie parti del 
continente africano. 


Corpo DI Stato MAGGIORE. — Possediments e protettorati europei in Africa, 
1890. Raccolta di notizie geografiche, ecc.. Seconda edizione. Roma, 





— 1036 — 
Voghera, 1890. Vol. di pag. X-196 con carta d'insieme sae favola e 
cartine nel festo. 

Vedi BoLLETTINO, gtugno 1889, pag. 500, e giugno 1890, pag. 609. 

Costi ten. E.. — Storia d'Etiopia. Milano, Brigola, 1890. Vol. di pe 
gine 297. . 

Nello scrivere questo trattato popolare di storia dell’ Etiopia, 
l'Autore ebbe lo scopo di fornire al pubblico italiano, sistematica- 
mente raccolte, quelle notizie sulle vicende storiche dell’ Abissiniz, 
che è necessario siano conosciute nel nostro paese, entrato testè 
in così stretti rapporti con quelle popolazioni africane. S' egli abbia 
usato a questo scopo i fonti migliori indicati dalla critica moderna, 
diranno gli eruditi della materia. Non mancano di certo la facile 
esposizione ed il buon ordine. L'opera si divide in quattro parti, 
corrispondenti ad altrettanti periodi della storia etiopica, dall’epoca 
faraonica ai nostri giorni. In un Appendice che chiude il volume, 
sono inserite le tavole cronologiche delle dinastie egizie, degli im- 
peratori e degli arcivescovi di Etiopia, il calendario etiope, un pic- 
colo vocabolario di parole amariche usate nel testo, il trattato di 
commercio fra l’Italia e l' Abissinia e un elenco cronologico delle 
esplorazioni effettuate nei territorî abissini. 

D’ABBADIE A.. — Gétographie de I Ethiopie: ce que j ai entendu, faisant 
suite 2 ce que fai vu. Premier volume. Parigi, Mesnil, 1890. Vol. 
di pag. 41-457. 

Nella prefazione a questo primo volume della nuova sua opera, 
l'illustre Autore nota brevemente le difficoltà e d’altronde la ne 
cessità di certi lavori preliminari o sussidiarî per chi voglia util- 
mente esplorare le terre africane, e particolarmente quelle dell’ Etio- 
pia: misurazioni, itinerarî, orarî, informazioni, scelta d' interpreti, 
onomografia ed ortografia, critert idrografici e topografici. Tutto ciò 
è dall’ Autore chiarito in relazione con l'argomento che passa a 
trattare. In questo primo volume troviamo esposte, per ordine cro- 
nologico, dal 15 gennajo 1840 fino agli ultimi tempi (1888), le 
informazioni indigene, ottenute direttamente dall’ Autore o indiretta- 
mente da lui desunte da ciò che videro o seppero altri esploratori 
o scienziati o missionarî. C'è un po’ di tutto, ma tutto è prezioso : vi 
si trovano note etnografiche, geografiche, politiche, su fiumi, laghi, 
bacini, monti, valli, gole, strade, confini, costumi, avvenimenti, ecc.. 
È tutto è descritto con quella chiarezza e precisione, che rendono 
ancora sempre ammirabili e utilissime le altre doti del venerando 
scienziato e dell’antico viaggiatore. 

D’ALBECA A.. — Cte occidentale d' Afrique. Les établissements frangais ax 
Golfe Bénin: Gtographie-Commerce-Langues. Parigi, 1889. Vol. în 8°. 
DeLaunEY E.. — Un explorateur en Tunisie. Limoges, Ardant, 1889. 

Vol. di pag. 147. 

De Lesseps F.. — Origines du Canal de Sues. Parigi, C. Marpon 


et E. Flammarion, 1890. Vol. in 16° di pag. 220. 
È una raccolta della corrispondenza ufficiale e confidenziale te- 





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— 1037 — 
nuta dal sig. De Lesseps, allo scopo di vincere le difficoltà d' indole 
diversa, incontrate dal suo progetto, ed a prepararne i mezzi di at- 
tuazione. Questa raccolta, che serve alla storia dei preparativi della 
grande impresa, acquista naturalmente un notevole valore dal nome 
del suo Autore. 


Du Fier J.. — Ze partage de Afrique entre les puissances turoptennes. 


Bruxelles, Ch. Vanderauwera, 1890. Op. di pag. 94 con carta. 


L'Autore, che è segretario della R. Società belga di Geografia, 
offre in questo suo lavoro una chiara ed efficace illustrazione delle 
convenzioni recentemente concluse fra le potenze europee per com- 
battere la tratta degli schiavi e delimitare le reciproche sfere di 
influenza in Africa. Le principali fra queste convenzioni sono: l’atto 
finale della conferenza antischiavista di Bruxelles, i trattati fra 1’ In- 
ghilterra, la Germania, la Francia ed il Portogallo, ed una convenzione 
fra il Belgio e lo Stato Indipendente del Congo. La illustrazione 
è fatta dal sig. Du Fief con esattezza di dati geografici e con 
larga copia di notizie storiche sulle vicende delle esplorazioni e 
dell'occupazione dell’ Africa da parte degli Europei. Al volume è 
unita una buona carta dello Stato Indipendente del Congo e del- 
l’ Africa centrale alla scala di 1: 7,000,000. 


FERRO avv. E.. — Znrico Stanley e le sue imprese africane. Roma, 


Nuova Antologia, 1890. Op. estr. di pag. 27. 

In questo compendioso studio sul carattere, le imprese e la for- 
tuna di E. Stanley, l’egregio pubblicista, avv. Ferro, riferisce le 
sue impressioni sulle opere veramente straordinarie del grande viag- 
giatore. Egli studia l’uomo, l' esploratore, lo scienziato, e conclude 
molto felicemente, che ¢ viaggiatori che cumulassero così come lo 
« Stanley tutte le qualità necessarie ed utili alle grandi imprese di 
« esplorazione e di scoperta, come quella del più assoluto senso del 
« comando unito alla più attraente forma di persuasione ed alla 
« tempra più adamantina, forse non ve ne fu alcuno. Certo non 
« ve ne fu alcuuo che lo uguagliasse nella attività prodigiosa, nella 
« potenza dei mezzi e nella fortuna (parlando dei moderni), come 
< nella originalità e vastità delle scoperte ». 


FLeceL E.. — Vom Niger-Binuè ece.. (Dal Niger-Binuè; lettere di 


E. Flegel pubblicate da C. Flegel). Lipsia, 1890. Un vol. in 8° di 
pag. 125. 


FOrsTER B.. — Deutsch-Ostafrika ecc.. (L’ Africa orientale tedesca. Geo- 


grafia e Storia delle Colonie). Zipsia, 1889. Vol. di pag. XIT-204 
con carta. 


Frey. — Cole occidentale d Afrique. Parigi, Marpon et Flammarion, 1890. 


Vol. di pag. XVI-543 con illustrazioni e 4 carte. 


Gatton F.. — Narrative of an explorer ecc. (Racconto di un esplo- 


ratore nell’Africa tropicale meridionale, con un breve cenno di 
una visita nel Territorio dei Damara nel 1851). Londra, Ward e 
Lock, 1889. Vol. di pag. 720. | 


— 1038 — 
Gicuion: A. e Marangsi G.. — L'Africa; descrisione popolare. Park! 
e II. Milano, dott. Francesco Vallardi, 1890. Due vol. di fagiu 
XIV-742 e 273 con molte illustrazioni e carte. 


Come dice il titolo, quest'opera, edita dalla Ditta dott. France 
sco Vallardi, contiene una descrizione in forma popolare dell'A 
frica. Le due parti riguardano : la 1°, oltre le considerazioni gene 
rali, la regione del Nilo, il Sudan ed il Sahara, ed è stata cor 
pilata dal compianto cap. prof. Annibale Giglioni, la 2°, il Mx 
greb, l'Africa meridionale e le isole, ed è opera diligente e bes 
condotta del professor Giulio Maranesi. L'edizione, assai ricca di i+ 
lustrazioni e di carte generali e speciali, rappresenta l’opera più estes 
che oggi possieda l'Italia intorno a questa parte del mondo. 


Giraun V.. — Les lacs de l'Afrique tquatoriale; voyage d'exploratia 
exétcutt de 1883 & 1885. Parigi, Hachette et C., 1890. Volume & 
pag. 604 con IÒI incisioni e 2 carte. 


Questo viaggio del giovane esploratore francese durò quasi due 
anni: dal dicembre del 1882 al novembre del 1884. Egli lo fece 
partendo da Dar es Salam su per il Rufu a Mgunda, Mgamba, 
fino a toccare la estremità settentrionale del Lago Niassa, a Ma- 
cula. S’internd poi verso le sorgenti dello Zambesi, al Lago Ban- 
gueolo, e di là, abbandonando le cascate di Mombuttu, volse a 
N., toccando Cazembe e Mlunga sul Lago Moero. Indi recossi a 
Jendue, posto sulle rive meridionali del Lago Tangagnica, e visitò 
Carema, dove si fermò alcuni mesi. Passò anche alla riva occiden- 
tale del lago stesso, a Mpala. Ritornato poi a Jendue, se ne ri 
partì diretto a S.-E. per Caronga. Da questo punto il viaggiatore 
prese la via del S., costeggiando prima il Lago Niassa, presso la riva 
occidentale per acqua, e poi per terra seguendo la riva orientale 
dello Scirè, fino alla confluenza dello Zambesi e poi per il ramo 
settentrionale fino a Quilimane. L'Autore ha descritto minutamente 
questo suo viaggio; ciò che potrà indubbiamente giovare alla mag- 
giore conoscenza, specie della vita degli indigent in quelle con- 
trade. Il volume è ricchissimo di illustrazioni, opportunamente 
scelte, ed ha qualche buon schizzo degl’itinerarî, che furono con 
diligenza rilevati e confrontati con quelli dei precedenti più illustri 
esploratori della regione dei laghi. 


Gopio G.. — Vita africana; ricordi di un viaggio nel Sudan orientale. 
Milano, dott. Francesco Vallardi, 1890. Vol. ai pag. XIIT-23% con 
carte e molte illustrazioni. 

Come dice il titolo, questo libro non è una delle solite rela- 
zioni di viaggio con giornali di marcia, osservazioni scientifi- 
che, ecc.. È invece il racconto in forma piacevole di una traver- 
sata, non priva certo di difficoltà; è una raccolta di impressioni e 
di memorie, con suggerimenti molto opportuni, perchè tratti dalla 
personale esperienza, per coloro che vogliano accingersi ad un 
viaggio nel continente nero. Lo stile chiaro e spigliato, l'originalità 
di talune osservazioni, la rappresentazione viva e colorita delle 





scene cui il lettore pud credere di assistere, rendono il lavoro in- 
teressante, e, come si disse, piacevole a leggersi. Il volume è poi 
ricco di illustrazioni e contiene una buona carta-itinerario del 
viaggio. 

Gozzi Darrroso. — Vote alla buona sugli avvenimenti di Egitto e Su- 
dan dal 1882 al 1885. Firenze, tip. G. Passeri, 1890. Un volume 
in &° di pag. VI-521 con 19 tavole. 

GrATTAN Guinness H. — Zhe new World of Central Africa (Il nuovo 
mondo dell'Africa centrale). Londra, Hodder and Stoughton, 1890. 
Vol. di pag. 534 con carte, ritratti ed illustrazioni. 


Harris W.. — Zhe land of an african Sultan (Il paese di un sultano 
d'Africa: viaggi nel Marocco negli anni 1887-88-89). Londra, 
1890. Vol. in 8°. 


HARRISON SMITH F.. — Zhrough Abyssinia; ecc. (Attraverso l'Abissinia. 
Cavalcata di un ambasciatore inviato al re di Sion). Zondra, Zi- 
sher Unwin, 1890. Vol. di pag 263 con tavole, carta ed illustra- 
sioni nel testo. 


L'Autore, inviato dalla regina d'Inghilterra a Gicvanni Cassa, 
ex-negus dell’Abissinia, per presentargli il dono di una spada di 
onore, descrive in questo libro il suo viaggio e narra il suo sog- 
giorno alla corte del re dei re, nell’anno 1886. Questa pubblica- 
zione, che ha importanza speciale per gli avvenimenti interessanti 
l' Italia in quelle contrade, non manca di notizie sparse sulla to- 
pografia e sugli ordinamenti politici dell’Abissinia. 


HENRIQUE L. — Zes colonies frangaises, notices tllustrées, V: Colonies 
a Afrique: Sénégal et rivieres du Sud, Soudan francais. Parigi, 
Maison Quantin, 1890. Vol. di pag. 300 con carte ed illustrazioni. 


Il sig. Henrique, commissario speciale dell’esposizione coloniale 
francese del 1889, ha con questo volume intrapreso la illustrazione 
delle colonie francesi in Africa. Un secondo volume tratterà del 
Congo francese, della costa della Guinea, di Obock, ecc. Altri quat- 
tro volumi, che fanno già parte della raccolta completa, si riferi- 
scono alle colonie e protettorati nell’ Oceano Indiano, nell'America, 
nell’Indo-Cina e nell’ Oceano Pacifico. Il presente volume è diviso 
in due parti, una relativa al Senegal ed ai' fiumi del S., l’altra al 
Sudan francese. Ciascuna di queste due parti contiene speciali ca- 
pitoli dedicati a notizie storiche, alla descrizione geografica, all’am- 
ministrazione, all'economia politica e sociale e ad informazioni 
statistiche e bibliografiche. Chiude il volume una carta del Sene- 
gal e Sudanalla scala di 1: 5,000,000. 

Hucues L. — L'Africa secondo Erodoto. Torino, Loescher, 1890. Op. di 
pag. 71. 

Il chiaro geografo prof. Hugues ha raccolti con particolar cura, in 
questo suo recente lavoretto, i dati contenuti nelle Storie di Ero- 
doto relativamente alle conoscenze possedute dai Greci sulla Geo- 
grafia africana ai tempi dello storico d'Alicarnasso, Lo stesso Au- 





— 1040 — 
tore avverte nella prefazione di volersi restringere alla sola parte 
propriamente e strettamente geografica, omettendo di parlare di 
tutti gli altri argomenti che « nell'ampio dominio assegnato in 
oggi alla Geografia scientifica » potrebbero considerarsi come ad essa 
attinenti. Dottrina, ordine e buona critica si osservano anche în 
questo nuovo scritto dell’egregio professore. 


INGRAM J. T.. — Zhe land of gold, ecc. (La terra dell'oro, dei dia: 
manti e dell’avorio; breve manuale e guida alle colonie, agli Stati 
ed alle repubbliche dell’Africa meridionale ed orientale). Londra, 
Whittinghan, 1889. Vol. di pag. 216, 


JuNKER dott. W.. — Dr. Wilk. Junkers Reisen ecc. (Viaggi in Africa, 
1875-1886, del dott. Guglielmo Junker. Vol. 1° (1875-1878) pub- 
blicato dal viaggiatore secondo i suoi giornali di viaggio, e con la 
collaborazione di A. Buchta). Vienna ed Olmiits, Holsel, 1889. Vol. 
di pag. XVI-585 con ritratto dell'autore, 38 tavole, 125 sllustra- 
zioni nel testo e 9 carte. 


Nella presente opera importantissima, sono ampiamente narrate 
le vicende e descritti i luoghi, che il dott. Junker incontrò nei 
viaggi fatti da Alessandria per il Deserto Libico al Fajium (1875) 
in mezzo al Beduini ed ai Copti. Poi l’altro, più lungo ed impor- 
tante, per la valle di Saraca a Cassala e per il Nilo Azzurro a 
Chartum. Indi l’altro viaggio al Sennaar ed al Sobat, quelli per 
Ladd tra i Macaraca, al Bahr-el-Ghazal e per il Mittu Madi a 
Gosa. Infine i viaggi da Cudurma ai Monti Silei ed a Calica, ed il 
ritorno per Cabajendi, Vandi a Ladò, e per Chartum, Dabbeh, Don- 
gola, Assuan ed Assiut al Cairo. Oltre l’importanza tutta propria 
di quest'opera, che rende più completa la storia delle esplorazioni 
dell’ Junker, noi ne avvertiamo una affatto speciale per l' Italia: 
i viaggi fatti dall’Autore dal 1875 al 1878 sull'Alto Nilo, intorno 
a Ladd e Chartum, si rannodano con l'opera di due Italiani: il 
grande esploratore Romolo Gessi ed il missionario padre Stella. 


Kayser F.. — Zgyften einst und jetst (L'Egitto nel passato e nel 

© presente). Freiburg î. B., Herder, 1889. Vol. con 118 illustrasioni, 
disegni e carta. 

Kincston W. H. G e RatHBONE L. CH.. — Great african travellers, ecc. 
(Grandi viaggiatori africani; da Bruce e Mungo Park a Livingstone 
e Stanley). Zondra, G. Routledge e figli, 1890. Vol. di pag. 509 con 
100 illustrazioni. 

Kropr A.. — Das Volk der Xosa-Kaffern, ecc.. (La popolazione dei Caffri 
Xosa nell’ Africa meridionale, secondo la sua storia, i suoi carat- 
teri, il governo e la religione). Berlino, 1889. 


LALLEMAND CH.. — Tunis et ses environs. Parigi, Maison Quantin, 1890. 
Un vol. in 4° di pag. 245 con illustrazioni colorate. 

LéLu P.. — L'Afrique du Sud. Histoire de la Colonie anglaise du Cap de 
Bonne Esperance et de ses annexes. Parigi, E. Leroux, 1890. Un vol. 
di pag. Igg con carta. 


— 1041 — 
L’ Autore prendendo le mosse dallo sbarco dei primi Francesi che, 
in seguito alla revoca dell’ Editto di Nantes, si rifugiarono insieme 
ai primi coloni olandesi nel territorio del Capo «li Buona Speranza, 
narra le vicende che condussero quei paesi alla loro attuale con- 
dizione politica. Il lavoro è diviso nei seguenti capitoli: Gli Olan- 
desi ed i Francesi al Capo di Buona Speranza; la conquista; i 
Boeri al Natal; i pionieri dell’Orange e del Vaal; il paese dei 
diamanti, lo Stato libero d'Orange ed il Griqualand; politica del- 
l'Inghilterra riguardo alle sue colonie. Segue a questi capitoli la 
conclusione nella quale è fatto un confronto fra 1’ Algeria e la Co- 
lonia del Capo e sono date alcune notizie statistiche, commerciali 
e finanziarie sulla colonia stessa. Al volume è allegata una cartina 
della Colonia del Capo e delle regioni adiacenti. 


Loriot F.. — Zxp/orations et Missions dans l'Afrique équatoriale. Parigi, 
Gaume, 1890. Vol. di pag. 375. 

Luciano G. B.. — Za fattica in Africa. Roma, Voghera, 1890. Op. estr. di 
pag. 78. 

Quantunque questa pubblicazione del tenente colonnello G. B. 
Luciano abbia uno scopo precipuamente militare, pure essa ha 
anche un interesse geografico, per lo studio che vi è fatto 
dell’indole degli Africani, del loro modo di guerreggiare, della na- 
tura del terreno, dell’ influenza del clima, ecc.. 


MOUNTENEY-JEPHSON A. J.. — Zmin Pasha, ecc.. (Emin Pascià e la ri- 
bellione nell’ Equatoria, ecc.). Londra, Sampson Low e C., 1890. 
Vol. di pag. XXIV-480 con ritratto, carte, tavole ed illustrazioni 
nel testo. 


In questa « Storia di nove mesi d’esperienze nell'ultima delle 
provincie del Sudan » l'Autore che fu ufficiale e messo dello Stanley 
nell’ ultimo famoso viaggio africano, narra quel che gli occorse dal 
giorno in cui il suo capo lo lasciò con Emin Pascià fino al mo- 
mento ch'egli si congedò da questo. È una minuta relazione di 
tutto ciò che avvenne in sua presenza a provocazione della rivolta 
degli Egiziani contro Emin; della ribellione in tutte le sue fasi, 
dal giorno della prigionia, a quelli dell’ avvicinarsi dei Mahdisti, del- 
l'abbandono di-Uadelai, e della definitiva ritirata di Emin a Uere, 
in seguito al ritorno dell'Autore presso Stanley. L'ultimo capitolo 
contiene poi il viaggio fatto sotto gli ordini dello Stanley da Ca- 
valli alla costa di Bagamojo. In più luoghi il Mounteney- Jephson 
parla del cap. G. Casati. Lo dipinge breve di statura, di mezza 
età, abbrustolito, quasi nero, dal sole; ne narra le prime avven- 
ture dai tempi del Gessì a quelli della sua residenza presso Ca- 
brega nell’ Unioro; ne descrive il carattere e la condotta in modo 
da trarne nuova testimonianza di lode. Non così sempre di Emin 
Pascià, specialmente in causa di quanto avvenne durante il ri- 
torno ed alla costa. — Nel libro del Mounteney-Jephson v'è 
una quantità di particolari notizie, che vengono a completare 
quelle che rinveniamo nella « Africa tenebrosa »; alcune quasi 





— 1042 — 
affatto originali, come quelle che riguardano le popolazioni el 
villaggi dei laghi e dell’ Alto Nilo, intorno a Uadelai, Dufilé, ecc.. 
Un intero capitolo illustra la tribù dei Bari e i suoi costumi. Pa- 
recchie pagine sono dedicate ai nani della contrada; e qui pure 
l'Autore si giova, trattandone, dell'autorità del Casati, che nel 
Mombuttu avvicinò molti nani per molto tempo. In complesso poi 
questo volume getta molta luce, ora bella, ora fosca, su quel grande 
avvenimento storico, che fu la caduta della Provincia dell’ Equatore 
nell’ Africa centrale. 

MOUNTENEY-JEPHSON A. J.. — Emin Pascià, il capitano Casati e Za ribel- 
lione all' Equatoria Storia di 9 mesi di prigionia e d' avventure nell ul- 
tima delle provincie del Sudan, colla revisione e cooperazione di H. M. 
Stanley. Trad. dall'inglese, di A. Massoni. Milano, Fratelli Treves, 
1890. Un volume di pag. XXXVIIT-395 con carte ed illustrazioni. 

Vedi BOLLETTINO, offobre 1890, pag. 933. 

MULLER W.. — Die Umsegelung Afrikas ecc. (La circumnavigazione del- 
l’ Africa per opera di un navigatore fenicio, circa l'anno 600 a. C.) 
Rathenow, 1890. Un vol. in 5° di pag. XI-r10. 

Dissertazione erudita intorno al noto passo di Erodoto. Vi è rac- 
colta una ricca bibliografia degli scritti pubblicati in Atti dì Ac- 
cademie, in periodici o a parte, sull’antica controversia. 

Nazari V.. — Della coltivazione dei territorî di Keren e di Asmara. Casale, 
Cassone, 1890. Op. di pag. 15. 

Premessa una breve ricerca delle cause che spinsero il governo 
italiano sulla via delle conquiste africane, |’ Autore studia poi se e 
quali vantaggi possano trarsi dai germi di prosperità che in sè 
racchiude la nostra colonia. 

PorRENA F.. — Trois explorateurs du continent africain: Stanley, Emin, Ca- 
sati, Roma, Forsani, 1890. Op. estr. di pag. 24. 

Dopo un breve cenno sui fatti che precedettero la Spedizione 
di Stanley in soccorso di Emin Pascià, e che ne furono la causa, 
il ch. prof. Porena dà in questo scritto una compendiosa quanto 
esatta narrazione delle vicende della Spedizione medesima ed ac- 
cenna ai principali risultati di essa. Il lavoro fu pubblicato in un 
fascicolo della « Revue Internationale >. 

RerniscH L.. — Die Saho-Sprache ecc. (La lingua Saho, Volume II: Vo- 
cabolario della lingua Saho). Vienna, A. Hoelder, 1890. Vol. VIIT-492. 

L'illustre filologo e benemerito africanista tedesco pubblicò in 
questo secondo volume della « Lingua Saho » un vocabolario saho- 
tedesco, di grandissimo valore. Oltre la consueta traduzione dal- 
l'una all'altra lingua, vi troviamo note filologiche, che possono 
servire di modello ai lavori congeneri. A complemento del lavoro 
è aggiunta in fine una retroversione, opportunissima, dal tedesco nei 
corrispondenti termini sahini, contenuti nel vocabolario precedente 
e nel proprio. 

Riccueri G.. — Sulle difficoltà dell esplorasione africana. Conferenze tenute 








~ n ldand owrre mm» ee = 


nei giorni 4 ed 11 maggio 1890 nella sala della Società d esplorasione 
commerciale in Africa, di Milano. Milano, stab, tip. P. B. Bellini e C., 
1890. Of. di pag. 9g. 

Mettendo a profitto e coordinando le notizie e le considerazioni 
che si trovano esposte nelle più importanti relazioni di viaggi, il 
prof. Ricchieri ha, in due separate conferenze, studiate le difficoltà 
che si presentano ai viaggiatori in Africa; siano queste opposte 
dalla natura dei luoghi o dall'opera dell'uomo. È un lavoro molto 
opportuno, ricavato dalla conoscenza e dallo studio amoroso della 
bibliografia africana. Con brevi considerazioni, ma con buona fortuna, 
l’ Autore dimostra quanto sia erroneo il pregiudizio di chi vuole, 
che di cose africane non possano parlare autorevolmente se non 
coloro che fecero comunque un viaggio, o visitarono fosse pure una 
minima parte dell’ Africa. 

Rossetto V. — Memoria sulla bassa valle del Giuba e del Tana. Roma, 
Tip. Gab. Ministero degli Affari Esteri, 1890. Op. di pag. 44 în 4° 
con carta tlineraria. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. SII. 

Rousset C.. — La conquite de 0 Algtrie (1841-1852). Parigi, Plon e 
Nourrit, 1889. Due vol. in 8° di pag. 387-413, con incisioni ed 
atlante. 

Rust capitano. — Die deutsche Emin Paschà-Expedition (La Spedizione 
tedesca per Emin Pascià). DBerlino, F. Luckhardt, 1590. Vol. di 
pag, I9I con carta. 

Questo lavoro del cap. Rust è più che altro una succinta rela- 
zione dei preparativi e poi dei principali casi della Spedizione 
Peters, fino al momento in cui essa giunse ai piedi del M. Kenia. 
Era naturale che all’ indomani del ritorno alla costa, dopo un 
viaggio tutt’ altro che pacifico e sicuro, non si potesse dare di più 
che una descrizione dell’ itinerario percorso da Lamù, Vitu e, di- 
visa la Spedizione in due colonne, su per la valle del Tana al 
M. Kenia e nel territorio dei Masai. Però questa descrizione, in 
ciò che riguarda particolarmente le vicende della seconda colonna, 
comandata appunto dall’ Autore, è viva ed istruttiva molto. In special 
modo conosciamo per essa più da vicino quel tratto del bacino 
del Tana, in cui dimorano Somali, Vapocomo e Galla; e di vero 
valore scientifico e, possiamo aggiungere, letterario sono quei luoghi 
dell’ opuscolo che fanno larga descrizione dell'aspetto del suolo e 
della vita animale nella regione percorsa. 

SAILLENS R. — Au pays des tenèbres: histoire de la premiere mission 
chrétienne au Congo. Parigi, Fischbacher, 1890. Vol. di pag. 116. 

SAPETO prof. C.. — Ztfiopia; notizie ordinate e riassunte dal Comando 
del Corpo di Stato maggiore. Roma, Voghera, 1590. Volume di 
pag. XI-436 con carta. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. 508. 

SCHIAPARELLI prof. E.. — Stud? sull antico Egitto. I: La Catena orien- 
tale dell'Egitto. Firenze, Loescher, 1890. Vol. di pag. 132. 


Quantunque questo sia un lavoro essenzialmente archeologico, 
pure trova sempre la sua materia prima nella struttura del suolo 
classico dell’ Egitto, e quindi appartiene anche alla Geografia fisica 
e storica, cui arreca in molti punti nuova e varia luce. Difatti 
esso è bensì il primo degli studi che |’ Autore intende di pubbli- 
care sull’ antico Egitto, ma indipendentemente da quelli che ver- 
ranno, descrive colla scorta delle memorie geroglifiche la catena 
arabica, con le sue cave e le sue miniere, e le strade commerciali 
degli antichi Egizî, rintracciate appunto ed illustrate con le iscrizioni. 
In fine troviamo un capitolo di cenni etnografici, che contengono 
quanto di meglio e di più recente offrono l’Etnologia in generale 
e l’Egittologia in particolare sulle gravi questioni della immigra- 
zione e della composizione etnica delle popolazioni di quella regione. 

Scumipt H.. — Columbus Fahrt ecc. ( Viaggio di C. Colombo a Tunisi). 
Vienna, Imperiale Accademia delle Scienze, 1890. Op. di pag. 8 
con tavola. 

L’ Autore riprese ad esaminare la controversia sulla Spedizione 
di C. Colombo dalle coste della Sardegna a quelle della Tunisia; 
la quale Spedizione dal dott. Breusing, nella sua Storia della Car- 
tografia, e da altri era stata messa in dubbio od anche impugnata, 
quantunque ne attestino il figlio dell’ Ammiraglio nelle « Historie » 
ed il padre Las Casas nella « Historia de las Indias ». Il maggiore 
motivo di dubbio era sorto su due punti: l’ inganno teso con la 
bussola da Colombo alla ciurma, che non voleva più far rotta per 
Tunisi, dopo sparsa la voce di maggiori forze nemiche presenti 
in quel porto; poi, la rapidissima traversata dalle coste della Sar- 
degna a quelle d' Africa in una sola notte. L’ Autore, combattendo 
le difficoltà del Breusing, dimostra come possa benissimo essere 
stata ingannata la ciurma da chi- più volte seppe ricorrere con for- 
tuna a tali espedienti. Riducendo poi a giusta misura di tempo 
e luogo il viaggio suddetto, rende credibile la possibilità d'un ve- 
liero che in una notte d' inverno con vento favorevole e forte, 
dalle acque S. dell'Isola di S. Pietro di Sardegna giunga in 
vista (così spiega dentro) del Capo Bianco od altro, che 1’ Ammi- 
raglio genovese vagamente o consciamente denomina Capo di Car- 
tagine. La tavola, che accompagna la monografia contiene più schizzi 
cartografici contemporanei o vicini di tempo, di Fra Mauro, del 
Benincasa, del Caboto S., di J. de la Cosa, ecc. i 

ScHYNSE p. A. — Mit Stanley ecc. (Con Stanley ed Emin Pascià attra- 
verso l’ Africa orientale tedesca: Giornale di viaggio con prefazione 
di C. Hespers). Colonia, Hespers, 1890. Op. di pag. XXVIII-SS$, 

Questo opuscolo è stato scritto, viaggio facendo, da un missio- 
nario della Società Algerina, che alla fine d'agosto per la seconda 
volta in Africa (1) si avventurava da Zanzibar verso |’ Unianiembe 





(1) La prima volta lo Schynse, pure come missionario, era penetrato nel Congo 
al Cassai ed ivi aveva fondata la Stazione di Bungana. Viaggio e soggiorno furono da 
lui descritti nell'altra opera: « Due anni al Congo ». 





— 1045 — 

per Tabora, e di qui al Victoria Nianza. Ivi, quando lo Stanley 
ed Emin Pascià giungevano privi quasi di vesti, scarpe e d'altro 
necessario a Macoco, lo Schynse col suo compagno, padre Girault, — 
partendosi dalla Stazione di Bucumbi, a S. del lago, si recò a por- 
tare quanto abbisognava alla grande Spedizione, e poi seguendola 
quale direttore dell' ambulanza, giunse con essa a Bagamojo. Ma- 
teria di questo libro è appunto la narrazione del primo e del se- 
condo viaggio dell’ Autore da Zanzibar all' interno, e dal Lago 
Victoria ancora alla costa dell'Oceano Indiano. La prima parte 
contiene qualche cosa di nuovo sulla natura dei luoghi e degli 
indigeni. La seconda offre nuova luce e nuovi aspetti all’ ultimo 
tratto della grande e più recente traversata dello Stanley per 
l’ Africa centrale. 

ScHYNSE p. A.. — Con Stanley ed Emin Pascià, attraverso 0 Africa 
orientale. Giornale di Viaggio. Versione autorizzata sulla prima 
edizione tedesca, per G. Oberosler, preceduta da un cenno biografico 
sull'Autore, illustrata coi ritratti dell Autore, di Stanley, ecc. con 
una pianta topografica e con altre incisioni fuori testo. Milano, A. 
Vallardi, 1890. Vol di pag. IX-169. 

SoLA A.. — Impressioni d'un'viaggio nell Africa italiana. Milano, Versi, 
1890. Op. di pag. 47 in 8°. 

STANLEY H. M.. — Za the darkest Africa ecc..(Nell’Africa più tenebrosa ecc.). 
Londra, Sampson Low e C., 1890. Vol. 2 di pag. XV-529 e XV-472 
con carte ed illustrazioni nel testo. ©’ 

SrtanLEv E.. — Well’ Africa tenebrosa: relazione autentica della sua 
ultima spedizione. Ricerca, liberazione e ritorno di Emin Pascià. 
Trad, dall'inglese. Milano, Treves, 1890. Vol. 2 in 8° di oltre 500 
pag. ciascuno con I50 incisioni, e 18 carte. 

Su quest’ opera tanto celebrata e discussa, del cui apparire già 
fu data notizia nel BOLLE1TINO di giugno 1890, pag. 614, daremo 
un più largo riassunto in altro fascicolo di questo periodico. No- 
tiamo intanto che i fascicoli del BOLLETTINO, nei quali furono date no- 
tizie e documenti sulla grande Spedizione sono, quelli di(1887) gennayo, 
p. 76, febbrajo, p. 160-161, marzo, p. 242, aprile, p. 331, mag- 
gio, p. 407, agosto, p. 646, settembre, p. 741, ottobre-novembre, p. 
898, dicembre, p. 1003; (1888) gennajo, p. 104, febbrajo, p. 188, 
aprile, p. 381, giugno, p. 593-594, agosto, p. 766, settembre, p. 
883, ottobre-novembre, p. 1021, dicembre, p. 1120; (18809) gennajo, 
p. 70, febbrajo, p. 157, maggio, p 405, giugno, p. 505, luglio, 
p. 599, oftobre-novembre, p. 942, dicembre, p. 992, 1051; (1890) 
febbrajo, p. 203-204, luglio-agosto, p. 721. 

STANLEY H. M.. — Za Uberasione di Emin Pascià narrata da H. M. Stanley 
nelle sue lettere, raccolte da J. Scott Keltie, Segr. della R. Società 
Geografica di Londra. Traduzione italiana dall’ originale inglese, 
autorissata dall’ autore, con un’ Appendice sui viaggi e le avventure 
del Capitano Casati ‘ratte dalle sue lettere. Milano, Fratelli Treves, 
1890. Vol. di pag. XVI-256 con quattro ritratti ed una carta. 


— 1046 — 

Il sig. J. Scott Keltie ha in questo volume raccolte e pubblicate 
le lettere che il sig. Stanley scrisse durante |’ ultima sua grande 
impresa. In una introduzione sono brevemente narrate le cause 
che diedero motivo al viaggio, ed il modo con cui esso fu prepa- 
rato. Per quanto, dopo la pubblicazione della relazione dello Stanley 
col titolo « Nell’ Africa tenebrosa », il racconto del viaggio 
si abbia più ordinato e completo in quest’ ultima opera, la raccolta 
del sig. Keltie ha ancora il pregio di far conoscere l'animo del 
viaggiatore, quale si rivelava nelle corrispondenze scritte sul teatro 
stesso della sua impresa, ed in mezzo alle difficoltà ed ai pericoli 
che l' accompagnavano. Interessanti sono anche le poche pagine 
del Casati unite in forma di appendice alla raccolta. 


Srassano E.. — Za pesca sulle spiaggie atlantiche del Sahara. Rela- 
sione în Annali di agricoltura, 1890. Roma, Botta, 1890. Op. di pa- 
gine 59 con carta. 

Il dott Enrico Stassano dà in questo suo accurato lavoro una 
relazione sul risultato delle diligenti ricerche da lui eseguite, per 
incarico del Ministero di agricoltura, industria e commercio, intorno 
alla pesca sulle spiaggie atlantiche del Sahara. Premesso un cenno 
sulla bibliografia, e sulle imprese già tentate in quei paraggi, egli 
descrive lo stato presente e la natura della pesca e conclude col- 
l’affermare che quella regione marina per la sua ricchezza può 
offrire larghi compensi a chi sappia convenientemente approfittarne. 
In una appendice è poi trattato della condizione politica di quel 
tratto di costa del Sahara che si estende dal Capo Bojador al Capo 
Bianco, rispetto alla Spagna ed alle altre potenze europee. 


TARAMELLI T. e BELLIO V.. — Geografia e Geologia dell Africa. Mi- 
lano, Hoepli, 1890. Un vol. di pag. 334 e 7 carte. 


Fra le opere di merito che riguardano l'Africa sotto l'aspetto 
scientifico, va ricordata questa, che i due chiari Autori compilarono 
colla scorta di un ricco materiale, raccolto nelle fonti più atten- 
dibili, nostrane e straniere. Dopo le nozioni preliminari, esposte 
con rigore di forma scientifica, e date le generalità geologiche del 
continente, l'opera offre cenni e notizie geologiche sui terreni qua- 
ternarî e sulle roccie eruttive nella regione dell’ Atlante; sul Sahara 
e sul deserto Libico; sull’Istmo di Suez e la costa del Mar Rosso 
fino a Massaua ; sul tratto interno dalla costa dell’ Atlantico fino 
all’altopiano dell’ Abissinia, con particolari sulla costituzione geolo- 
gica dell’ Abissinia stessa e dello Scioa. Seguono le notizie geolo- 
giche dell’Africa meridionale ed in particolare della regione del 
Capo; cenni geologici su Madagascar e l'altre minori isole circo- 
stanti. Fatto poi un riassunto, sì tratta del clima dell’ Africa, della 
sua idrografia, della flora e della fauna. Viene quindi un capitolo 
intitolato : gli uomini, in cui troviamo la distribuzione degli Africani 
fatta per caratteri fisiologici e linguistici, e la distinzione loro per 
religioni. In fine stanno alquanti cenni sulle principali questioni di 
Geografia politica. Di grande utilità, per sè e relativamente al libro; 


— 1047 — 
sono i cenni bibliografici per la Geografia e la Geologia dell’ Africa, 
come pure i prospetti delle maree, dei dati termometrici e pluvio- 
metrici per l'Africa, l'elenco dei viaggiatori che fecero spedizioni 
scientifiche in quel continente, e una serie di notizie sulla Geografia 
politica ed economica del medesimo. 


TEILHARD DE CHARDIN J.. — Za Guinée Supérieure et ses Missions. 
Tours, Cattier, 1889. Vol. di pag. 237. 


THOMSON J.. — Mungo Park ecc. (Mungo Park e il Niger). Londra, 
G. Philip e f., 1890. Vol. di pag. V1-338 con ritratto, 7 carte, tavole, 
schizzi ed illustrazioni nel testo. 


Molto opportuna, e insieme importante per la storia della Geo- 
grafia, torna in questo momento la nuova opera del Thomson, su 
Mungo Park e sulle esplorazioni del Niger. L’ Autore del « Through 
Masai Land » in questo volume det « The World's Great Explorers 
and Explorations » colloca nel suo vero ed elevato posto il grande 
esploratore scozzese, che si può dire insegnò agli altri moderni la 
via a conoscere il gran fiume dell'Africa occidentale. Il Thomson 
dà prima, in quattro capitoli, una breve storia retrospettiva delle 
notizie e delle ricerche fatte in proposito nei passati secoli da po- 
poli antichi e moderni, Arabi, Spagnuoli, Portoghesi ed Inglesi. Poi, 
prendendo le mosse dalla « African Association», che in Inghil- 
terra sorse sulla fine del secolo XVIII, entra a parlare di Mungo 
Park. Ne tratta la vita nei minimi particolari, della famiglia, del- 
l'educazione e dei primi passi nella società. Ne fa risaltare le qua- 
lità del medico e del naturalista. Spiega poi come fu indotto ai 
viaggi suoi in Africa, e li descrive con ampiezza e chiarezza, come 
poteva fare un Autore che ha viaggiato e studiato, egli stesso, le 
terre africane. Egli accompagna il Park nel suo primo viaggio dal 
Gambia al Senegal, attraverso il bacino di questo fiume a Ludamar. 
Qui narra le miserie della prigionia del viaggiatore presso quel sul- 
tano Alì e la sua liberazione. Il viaggio al Niger, fino a Silla, il 
ritorno per Bambarra, la fermata a Camalia, le ulteriori vicende 
sulla strada battuta dai mercanti di schiavi, e la fine di questa esplo- 
razione giù per il Gambia, sono descritti in altrettanti capitoli. Indi 
si passa alla seconda Spedizione (1805), facendone conascere I’ oc- 
casione ed i nobili intenti che l’amico di Walter Scott ebbe nel- 
l’intraprenderla. E fu quella che trasse il Park dalle rive del Gam- 
bia ancora al Niger per Valadu, Sansandig, Timbuctu, Jauri, fin- 
chè cadde ucciso a tradimento dagl'indigeni. Fatti conoscere alcuni 
particolari interessanti sugli ultimi momenti della vita del Park, 
l'Autore narra gli avvenimenti del Niger, posteriori ad essi, ferman- 
dosi specialmente sulla rivoluzione dei Fulah. Espone poi le nuove 
teorie e le nuove imprese che sopraggiunsero ad incremento delle 
cognizioni geografiche sul Niger. Poi ricorda come, massime ad 
opera del Clepperton e del Denham, si riuscì, sempre sulle tracce 
del Park, a scoprire i veri confini del bacino del Niger. Infine il 
Thomson, in due capitoli, fa la storia e dimostra i progressi ed il 


— 1048 — 

posto della Francia e della Compagnia inglese del Niger nelle re- 
gioni rivelate all’ Europa dal grande viaggiatore Mungo Park. Le 
carte che accompagnano quest'opera, quantunque di piccole pro- 
porzioni, hanno grande valore e per la esattezza storica dei vart 
periodi di scoperte, che illustrano, ed anche per molta accuratezza 
nel disegno e nella topografia. Tra esse ve n’ ha una autografa, in 
fac-simile, del Park, in riduzione a dir vero troppo minuta, ma 
pur sempre nitida. Bellissimo, in capo al libro, il ritratto del celebre 
viaggiatore. 

Tova E.. — Afraves del Egipto. Madrid, Murillo, 1889. Vol. in 4°, di 
par. 470 con illustrazioni. o 

Toscani O.. — Tunisi: note di viaggio. Roma, 1890. Un vol. in 16° 
di pag. 267 con illustrazioni. 

— Tunisi ed il protettorato nel 1888. Memoranda. Italia, 1890. Op. di 
pag. 149. 

In questo lavoro anonimo sono studiate le condizioni della Reg- 
genza di Tunisi nel 1888, la situazione fattavi alla Colonia ita- 
liana, e le condizioni. giuridiche del protettorato; e ciò, a detta 
dell’ Autore, non coll’intento di rendere più vive le discussioni che 
in proposito si fanno, ma per determinare il diritto e trovar modo 
di risolvere le questioni esistenti, con soddisfazione di tutti e con 
vantaggio della Tunisia. 

TRIVIER E.. — Mon voyage au Continent noir. La « Gironde » en 
Afrique. Parigi, Firmin-Didot, 1890. Vol. di pag. IX-386 con 
cinque ritratti e tre carte. 

Il cap. Trivier lasciò l'Europa il 20 agosto 1888, insieme al 
sig. Emilio Weissemburger, diretto alle foci del Congo, collo scopo 
di traversare il continente nero dalla costa occidentale all’ orien- 
tale. Imbarcatosi il 10 dicembre a Loango con due soli ‘servi se- 
negalesi, egli visitò tutte le stazioni lungo il fiume, e giunse in 
febbrajo 1889 alle Stanley-Falls. Di là, concluso un contratto con 
Tippo-Tipp, e formata una piccola carovana, proseguì per Niangué 
e Cassonga ove lasciò il Congo e proseguì per terra diretto al Tan- 
gagnica che raggiunse nel giugno. Il giorno 6 del detto mese at- 
traversò il lago per recarsi ad Ugigi. Quivi il Trivier ebbe a lot- 
tare contro le difficoltà più gravi che abbia presentato il suo ar- 
dito viaggio. Il clima di Ugigi, veramente pestilenziale, aveva ri- 
dotto in tristissime condizioni di salute luì ed il suo compagno, 
che già avevano sofferto le febbri durante quasi tutto il viaggio. 
Aggiungasi a ciò la impossibilità di procedere verso Tabora e Zan- 
zibar in causa dell’irritazione degli indigeni contro i bianchi in 
seguito alle occupazioni tedesche. — Tippo-Tipp stesso aveva scon- 
sigliato Trivier di percorrere quella via. — La strada verso il N. 
per il Victoria Nianza ed il Sudan doveva pure considerarsi chiusa, 
e così anche quella attraverso i Masai. Non restava che dirigersi 
verso il S., e questa via fu scelta. Lasciato Ugigi, il 21 giugno, 
Trivier percorse tutto il Tangagnica quindi, sceso a terra, si diresse 


— 1049 — 
al Niassa che raggiunse il 15 ottobre. Questa traversata fu assai 
disastrosa, Ad Itaua, il 26 luglio, il viaggiatore fu preso da un tale 
attacco di febbre che fu creduto morto; pit tardi, in conseguen- 
za dell’ infezione, perdette l’uso di un occhio. Il paese era in 
stato di guerra in causa della lotta fra gli Inglesi e gli Arabi. Il 
23 settembre sparì il compagno di Trivier, il sig. Weissemburger, che 
fu trovato poi, molto tempo dopo, assassinato dagli indigeni. Trivier 
traversò il Niassa e si diresse a Quilimane, ove arrivò il 1° dicem- 
bre. Il 21 gennajo 1890 era a Marsiglia. Il volume testè uscito 
contiene la narrazione compendiosa di questo lungo ed interessante 
viaggio, i cui risultati scientifici saranno certamente fatti conoscere 
con altra pubblicazione. Non mancano però anche in questo notizie 
d’interesse scientifico, riguardo agli indigeni, al paese attraversato, ecc.. 
È notevole che il Trivier espone molti dubbî circa I’ esistenza del 
Lago Ricua o Leopoldo, che venne poi, poco dopo, riconosciuto 
ed esplorato da Johnston e Kerr-Cross (1). Merita anche di essere 
ricordato che il viaggiatore francese si esprime molto favorevolmente 
circa Tippo-Tipp e gli Arabi dell’Africa centrale, contrariamente a 
quanto ne scrisse di recente lo Stanley; egli teme anzi che il con- 
flitto sorto fra Stanley e Tippo-Tipp possa far cambiare )’ atteggia- 
mento di quest’ ultimo, a suo giudizio finora molto benevolo, verso 
i viaggiatori europei. 


Vivarez M.. — Le Soudan algtrien, projet de voie ferrée trans-saharienne 
Alger Lac Chad. Parigi, L. Cerf, 1890. Vol. di pag. VI-174 con 
carta. 


È un nuovo contributo allo studio del vecchio progetto, ora più 
. vivamente discusso, di tracciare una ferrovia attraverso il Sahara. 
La linea proposta dall'ing. Vivarez partendo da Algeri si dirige- 
rebbe quasi direttamente verso il S., arrivando al Lago Sciad e pre- 
cisamente a Cano. Nel volume è poi data una diffusa descrizione 
del Sudan, specialmente dal punto di vista naturale e commerciale. 
In una apposita carta è rappresentato il tracciato proposto. 
WauTERS A.. J. — Stanley au secours d'Emin Pacha. Bruxelles, 1889. 
Vol. di pag. 424. 
WiLLoucHHy C.. — ast Africa and its big game ecc.. (L’ Africa orien- 
tale e le sue grandi caccie). Londra, Longmans e C., 1889. Vol. 
di pag. XI:312. 
WISSMANN H.. — Unter deutscher Flagge ecc. (Sotto bandiera tedesca 
attraverso |’ Africa da O. ad E.. Viaggio eseguito dal 1880 al 1883 
da E. Wissmann e P. Pogge). Berlino, Walther e Apolant, 1889. 
Vol. in 8° gr., di pag. 444, con illustrazioni, schissi e due carte. 


2) Carte. 


ARROWSMITH J.. — Map of Africa (Carta dell’ Africa). Nuova edizione. 
Londra, Stanford, 1890. Scala 1: 16,475,600. 


(1) Vedi BOLLETTINO, maggio e ottobre 1890, p. 516 e 935. 


— 1050 — 

BARTHOLOMEW J. G.. — Large map ecc. (Gran carta dell’ Africa centrale). 
Edimburgo, Istituto geografico scossese, 1890. Un foglio in cromo 
litografia. 

Questa carta, che comprende i territorî africani posti fra 8° e 
42° long. E. Green., e 7° N.-10° S. di latitudine equatoriale, è 
eseguita con grande accuratezza alla scala di 1: g,600,000. L’ Au- 
tore nel delinearla ha con ragione seguito il sistema delle larghe 
tinte altitudinali, non trascurando punto però, anzi diligentemente 
rappresentandovi con fine tratteggio, le catene e le ondulazioni del 
suolo che finora furono accertate dagli itinerarî e dai rilievi dei 
migliori esploratori. Anche l’idrografia è molto sviluppata. Perciò 
l'itinerario degli ultimi viaggi dello Stanley, con le principali fer- 

© mate, segnate cronologicamente, risulta chiaro meglio forse che in 
qualsiasi altra carta finora pubblicata ad illustrazione di quella 
grande impresa. 

BAUMANN dott. O.. — Karte des mittleren Kongo (Carta del Medio Con- 
go, alla scala di 1: 400,000: terzo foglio). Vienna, Società Geogra- 
fica, 1890. Tavole 4. 

Questo terzo foglio della carta del Baumann comprende la se- 
zione del Fiume Congo tra le Stanley-Falls e Mobeca, che trovasi 
a valle del confluente del Mongala. In una cartina speciale è poi 
aggiunto alla scala di 1:200,000 l'importante tratto fra Upoto e 
Rubunga. 

BINGER cap. L. G.. — Carte du Haut-Niger au Golf de Guinée ecc.. 
Parigi, Servizio Geografico delle Colonie, 1890. Fogli 4 in cromo- 
litografia. 

Questa carta, eseguita nelle proporzioni (ampie per |’ Africa non 
colonizzata) di 1:1,000,000, contiene l'itinerario dell’ Autore in 
relazione con quelli di tutti i principali esploratori precedenti nelle 
regioni da lui percorse. Inoltre essa è tracciata, naturalmente, se- 
condo i risultati più certi e più recenti delle esplorazioni mede- 
sime; sicchè vi si trovano non soltanto numerose correzioni ed 
aggiunte, nella idrografia specialmente, e in generale nella parte 
geografica, ma anche e forse più nella topografica, per le tante 
nuove terre abitate, e nelle regioni. già prima più o meno note e 
in quelle che ora soltanto furono toccate da Europei. in essa 
fatto anche un tentativo di delimitazione e distribuzione dei bacini 
idrografici; vi è segnato il limite settentrionale della vegetazione 
densa continua; e il confine della dominazione o protettorato fran- 
cese, distinto da quello più vasto lasciato, dai recenti trattati, al- 
l'influenza francese. 

BoreLLI G.. — Tableau des diverses langues del’ Ethiopie avec itintraîre 
du voyage aux Oromos et Sidamas. Parigi, Binetan, 1890. Carta 
cromolitografica in un foglio, alla scala di I: 5,000,000. 

— Carta dimostrativa dei possedimenti, protettorati e sone d'influenza 
delle diverse potenze nel continente africano. Roma, Lab. tipo-litogra- 
fico del Ministero della Guerra, 1890. Foglio cromolitografico. 


— 1051 — 

In proporzioni adatte, su una delineazione schematica accurata 
per sviluppo, contorni e fiumi principali, eseguita dal cap. Man- 
tovani, vediamo in questa carta tracciati e spiccatamente distinti i 
confini, che per gli ultimi trattati furono assegnati alle potenze 
europee, . nonchè quelli che rimangono a delimitare i territori di 
Stati indigeni. 

Cora prof. G.. — Carta fisica e politica dell'Africa, alla scala di 
I: 14,450,000. Torino, Paravia, 1890. Foglio di cm. 78 X 105 in 
cromolifografia. 

D'Arcuer E. H.. — Carte par renseignements des Etablissements fran- 
ais du Golfe de Bénin et du Royaume de Dahomey, Echelle, 1: 500,000. 
Parigi, « Revue francaise @ Exploration », 1800. Foglio cromoli- 
fografico. 

È un diligente schizzo, fatto in parte sugli ultimi rilievi eseguiti 
dal sottot. Tralbaix della Marina francese, e da altri ufficiali. Vi 
si vedono segnati i confini convenuti con la Germania e I’ Inghil- 
terra sulle coste e nell'interno della regione del Niger e della 
Guinea. Ricchi pure sono gl’itinerari massime sulla via di Agondi 
e di Abomé. 

FRIEDRICHSEN L.. — Karte von Ungèù, ecc. (Carta dell’'Ungù, Usegua 
ed Usamboa meridionale, compilata sugli itinerarì, le osservazioni 
e le memorie del dott. F. Stuhlmann). Amburgo, Friedrichsen e C., 
1890. Scala 1: 500,000. 


HANDTKE Fr.. — General-Karte von Afrika (Carta generale dell’ Africa). 
Glogau, Flemming, 1889. Scala 1: 14,500,000, Disp. 33. 

Kiepert R.. — Die deutschen und britischen Schutzgebiete ecc. (I pro- 
tettorati e le sfere di interessi tedeschi ed inglesi nell’ Africa equa- 
toriale orientale, secondo la convenzione del giugno 1890). ZerZino, 
D. Reimer, 1890. Scala di I: 3,000,000. 


Kock comand.. — Croquis du Dahomey et des régions voisines. Parigi, 
Aug. Challamel, 1890. Scala di 1: 1,360,000. 


Questa carta differisce in molti punti da quelle pubblicate pre- 
cedentemente, e sembra completa per notizie raccolte nelle ultime 
spedizioni. 

LarLLer E. et SUBERBIE L. — Carte de Madagascar è I: 1,000,000. 
Parigi, Challamel e C., 1889. 


Non aggiunge nulla alle precedenti che già si possedevano, 
pubblicate da diversi autori. Anzi nelle regioni esplorate dal signor 
Suberbie, avendo questi voluto introdurre delle modificazioni, ne 
è venuto che le denominazioni, l'andamento di qualche corso 
d’ acqua, e la situazione di alcuni abitati, sono generalmente errati. 
L’ idea di scrivere i nomi mnalgasci colla ortografia francese non 
sarebbe cattiva, se non fosse applicata a nomi assolutamente errati 
o falsi. Ne citiamo qui alcuni. Fra Tamatava e Andevoranto (volendo 
tenere specialmente 1’ ortografia francese): Andrankoditra invece di 
Antranokouditra; Ampanobomaigine invece di Ampanoutouamaizina ; 


— 1052 — 

Andevoranto invece di Andevouranto. Da Andevoranto ad Antana- 
narivo: Aneyo invece di Anevouka; Ampasinfotsy invece di Am- 
pasimpoutsy; Andranokoboka invece di Andranokabouka. Da An- 
tananarivo a Mojanga: Akanzoubé invece di Ankazobé ; Ambohinoro 
invece di Ambouhinaurina ; R. Tiringalava invece di R. Andrarazina ; 
Tsarafahafatra invece di Tsarchafatra; Marokoly invece di Marou- 
kalouy ; Izangaloha invece di Tsangalouha; Amboudiamontz.aa invece 
di Amboudriamoutano; Amparibe invece di Amparihibé; Antsahala 
invece d. Ambalanjanakoumby; Andro invece di Androtra, e mol- 
tissimi altri. I corsi d’ acqua sono specialmente soggetti a critica, 
perchè o sono direttamente copiati dalle carte preesistenti, o ma- 
lamente modificati (Jag. Z. C.). 

LEVASSEUR E.. — Carte de l Algtrie et de la Tuntste. 1: 1,000,000. 
Parigi, Ch. Delagrave, 1889. 

LUDDECKE R.. — Afrika ecc. (Carta dell’Africa in 6 fogli, alla scala di 
I: 10,000,000, con cartine e catalogo completo dei nomi geografici). 
Gotha, Perthes, 1889. Estratto dal Grande Atlante manuale Stieler. 

Vedi BOLLETTINO, maggio 1890, pag. 508. 

Moises F.. — Karte von Deutsch-Ost-Afrika, ecc. (Carta dell’ Africa 

orientale tedesca ecc.). Scala di 1: 6,000,000. Monaco, Moises, 1889. 


RAVENSTEIN E. G.. — Stanley's Explorations (1868-89) in Africa: A 
new Map, ecc. (Nuova Carta delle esplorazioni di Stanley in Africa 
dal 1868 al 1889). Londra, G. Philip e F., 1889. 

Vedi BOLLETTINO, febbrajo 1890, pag. 204. 

Srassano E.. — Carta costiera e faunistica delle pescherie del Sahara 
occidentale, con profili della costa alla scala altimetrica di I: 4,000. 
Roma, Istituto Cartografico Italiano, 1590. 

Questa carta, che fu costruita dal dott. Stassano sopra i rilievi 
dell'Ammiragliato inglese e sulle osservazioni e gli studi suoi perso- 
nali, serve di corredo alla relazione pubblicata negli Annali del 
Ministero di Agricoltura circa la pesca sulle spiagge atlantiche 
del Sahara, da lui studiate per incarico del Ministero stesso. 

Vedi indietro a pag. 1046. 

Von HoeuneL L.. —- Bergprofil ece. (Raccolta dei profili orografici fatta 
durante la spedizione del conte S. Telekiin Africa, 1887-1888). Vienna, 
Istituto Geogr. Militare, 1890. Vol. di tavole 30-IV e carta. 

Questo diligentissimo lavoro del luogotenente cav. von Hoehnel 
è una importante contribuzione per la orografia e la cartografia 
della regione intermedia dei Laghi Rodolfo e Stefania, posta tra 
quella centrale orientale dell’ Africa verso 1’ Oceano Indiano, i grandi 
laghi equatoriali e l'altopiano etiopico. Sono centinaja di profili 
delle montagne attraversate od avvistate dall’ Autore. La carta poi, 
eseguita col nuovo metodo delle curve, e segnata con gli angoli 
dell'orizzonte, è degno riassunto grafico dei profili stessi, e segna 
un vero progresso in tal genere di lavori. 

Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, pag. 1049. 


V. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


SocreTtà Dè ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, V-10, 
1890. 
Colonie e colonizzazione, di V. Fochif. — Il Laos inferiore e l’ esplorazione di 
J. Taupin (1887-1888), di C. G. Toni. 
Società AFRICANA D’ITALIA. — Napoli, IX-7 e 8, 1890. 


Il capitano Casati a Napoli. — Il capitano Casati e la provincia equatoriale, di 
L. Sambon. — ll viaggio del conte A. Salimbeni. — Il Fiume Omo e l'Etiopia 
meridionale, di G. Borelli. — Convenzione anglo-germanica per |’ Africa. — Ascen- 
sione del Picco Clarence, di S. Ssole Rogosinski. — Le sorgenti del Nilo e il pro- 
blema africano, di C. C. Chaillé-Long. 


SOCIETÀ AFRICANA D'ITALIA. — SEZIONE FIORENTINA. — Firenze, VI, 


5 e 6, 1890. 
Civiltà e barbarie nell’ Africa, conferenza del prof. A. Brunialti, — Il ritorno 
del capitano Casati in patria, di P. S.. — Il commercio di Massaua. — Gli inte- 


ressi italiani, presenti e futuri, a Las Palmas nell’ Arcipelago delle Canarie, di £. 
Stassano, = Nuove informazioni sul mercato degli schiavi. 


Società METEOROLOGICA ITALIANA. — Torino, X-9, 1890. 


Sulla probabilità diurna della pioggia, di P. Busin. — Studî comparativi fra al- 
cune vibrazioni meccaniche artificiali del suolo e le vibrazioni sismiche (continuazione), 
di 7. Bertelli, — La corrente tellurica ed il dinamismo del cratere vesuviano du- 
rante |’ eclisse solare del 17 giugno 1890, del prof. ZL. Palmieri. — 1 terremoti nella 
Gran Bretagna. — Osservazioni magnetiche nel Mediterraneo orientale. — Anomalie 
magnetiche a N. di Parigi. — Determinazioni magnetiche nell’ E. del Brasile. — 
Velocità del vento in Russia. 


Crus ALPINO ITALIANO. —- Torino, IX-9, 10, 1890. 


Al Monte Bianco per la via del Rocher e in discesa per il ghiacciajo del Déme, 
di A. Ratti, — Una questione di meteorologia, di 4. Sella. — Prima ascensione 
del Monte Mansol, di G. Falla. — Al Monte della Disgrazia, di Af. Chiesa. 
BOLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. — Roma, settem- 

bre, 1890. 

Movimento commerciale e marittimo della Repubblica di Honduras durante l’anno 


1888. — Sull’ esportazione ed importazione al Giappone durante gli anni 1888-89. 
— Alcuni cenni sugli struzzi nell’ Africa meridionale. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


— 1054 — 

IL BrasiLe. — Rio de Janeiro, IV-9, 1890. 

Il movimento brasiliano. — Gl’ Italiani nell’ Argentina. —- Movimento generale 
del commercio nel Brasile. 
L'ILLUSTRAZIONE ITALIANA. — Milano, n. 43, 1890. 

Dal Congo, lettera del cav. G. Corona. 
MARINA E CommeRcIO. — Roma, 5, 12, 19, 26 settembre 1890. 

Il porto di Fiume e l’Italia. — Relazione sulle spugne, di G. Uccelli — Il 
commercio coll’ Austria-Ungheria. — Flotta mercantile delle principali nazioni. — 
Movimento della navigazione per il Canale di Suez. — I rapporti commerciali tra 
l’ Italia e il Giappone. — L'emigrazione al Brasile. 
LA NAZIONE ITALIANA. — Roma, 26 ottobre 1890. 

Rovereto, di £. 7. 
IL PoLitEcNIco. — Milano, 8, 1890. 
I porti italiani (fine), dell'ing. D. Ze Gatto. = Due globi mercatoriani della 
Biblioteca di Cremona, di D. G. Ceradini. 
Rivisra DI TOPOGRAFIA E Catasto. — Roma, III-3, 1890. 


Sulla compensazione delle osservazioni nei lavori topografici (contin.), memoria 
del prof. V. Gattoni. 


Rivista MARITTIMA. — Roma, XXIII-4, 1890. 
Un mese nell’ Isola di Seilan (continuazione), del dott. /. Rho. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


REVUE DE GiocrapHie. — Parigi, XIV-4, 1890. 


Un angolo del Giappone : la provincia di Hida, di G. Affert — La Lorena: 
schizzo corografico (cont.), di 2. Auerbach, — Questione di Geografia antica: la 
marcia di Annibale dall’ Ebro in Italia (fine), di C. Thiancourt, — Gl'Irlandesi in 
America prima di Colombo, ecc. (fine), di P. Gafarel. — La Francia al Madaga- 
scar dal 1674 al 1750, di Z. Vigmols. 


REVUE FRANCAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, n. 103, 
104, 1890. 


Parigi porto di mare, di Z. Radiguet. — Parigi, Bucara e Samarcanda (con carta), 
di Z. Cochard — Esplorazione alle Isole Salomone (cont.), secondo Weodford. — 
— La penetrazione nel Laos per il Mecong. — La navigazione commerciale del 
Fiume Rosso, di Zac. — Spartizione politica dell’ Africa, del p. Alessio MA. 


REVUE G#OGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, 178-179, 1890. 


Algeria: acque ed altipiani, di G. Renaud. — Schizzi dell'Ovest africano, di 
R. Flegel. — Ancora della ferrovia transsaharica, di X. Allain. — D’ Ambriz a Ba- 
jona, di LZ. Zambertin. — Viaggio di Gauthier e Pavie nel Laos (cont.), di C. Gex- 
thier, — Viaggio di tre Normanni nel secolo XVII (cont.), di G. Gravier. 


La GEOGRAPHIE. — Parigi, n. 96, 97, 98, 99, 100, 1890. 


Per la strada ferrata del Sahara. — Il meridiano iniziale e I Associazione bri- 
tannica. — La Francia nell’ Oceano Pacifico, di A. Allain. — In Indocina, del dat 
tore Mongeot, — La spartizione dell’ Africa, di P. Barre. — La Geografia naturale, 
di 7. Chiron, « Sul voto della Conferenza geodetica di Friburgo per il meridiano 
iniziale, di C. Zondini-Quarenghi. — La colonizzazione francese al Tonkino. — La 
Geografia mistica dell’ India. 


ao _- 


2 





REVUE DES Deux MoNDES. — Parigi, 15 ottobre 1890. 
Da Tunisi a Cairnan, di Z. Plauchut. 
LE Tour pu MONDE. — Parigi, 4, 11, 18, 25 ottobre 1890. 
Viaggio alla Nuova Zelanda, di G. VerscAuur. — Trenta mesi al Tonkino (con- 
tinuazione), del magg. dott. Hocguard, 
SOCIÉTÉ DE GfoGRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 
n. 17, 1890. 


Le dune della Guascogna, il bacino dell’ Arcachon, ecc., di Dulignon-Desgranges. 
— Le piante utili dell’ India (cont.), di #. Grisard e M. Vanden Berghe. — Un 
nuovo viaggio del cap. Trivier. — Etimologia del vocabolo geografico « lette », valli 
e dune della Guascogna, di C. Schweitser. 
SocitTté DE GEOGRAPHIE DE LILLE. — Lilla, settembre 1890. 


Sui Poli, conferenza del comandante Dudai/, — Due anni al Senegal e al Sudan 
(cont.), di £. .. — Escursioni ad Amiens, Compiègne, Pierre-Fonds, Coucy-le-Ché- 
teau, Laon, di #. Beaufort. 

Société DE GEOGRAPHIE DE MARSEILLE. — Marsiglia, XIV-4, 1890. 


Il commercio di Marsiglia col Levante durante le crociate (fine), di ¥. Mar- 
chand, — Viaggio alle ruine di Angcor la Grande (fine), di Z. Rockedragon. — La 
spartizione dell’ Africa, di P. Armand. 

Société DE GEOGRAPHIE DE TouLouse. — Tolosa, IX-7 e 8, 1890. 


Ricordi di viaggio al Giappone, di G. Zabdit. — Al Cambogia: da Campot a 
Romang-Sciol, di Presseg-Rolland. — Relazione sui lavori dell’ XI Congresso Geo- 
grafico nazionale francese, di S. Guénot. 


Le MouvEMENT GiocraPHIQUE. — Bruxelles, 24, 1890. 

La spartizione dell’ Africa. — Il Sultanato di Giabbir, del cap. Roget. 
L’AFRIQUE EXPLOREE ET CIVILISEE, — Ginevra, XI-10, 1890. 

La conferenza antischiavista di Bruxelles: III. — Lettera da Lorenzo Marquez, 
di P. Berthoud. 

SOCIETATEA GEOGRAFICA ROMANA. — Bucarest, X-3 e 4, 1890. 

La Silvania antica e la Dacia porolissense, del prof. V. Russu. 

SOCIEDAD GEOGRAFICA ARGENTINA. — Buenos Aires, VII-73 e 74, 1890. 

Contestazione su un lavoro del sig. Ameghino sulla Patagonia, di C. V. Bur- 
meister, — El Asuang. — Oro e carbone del Neuquen. — Spedizione alla Terra 
del Fuoco. — La morte dell’ esploratore Page. — Una nuova industria nella Pata- 
gonia : il sale. 

SocizDAD CIENT{FICA ARGENTINA. — Buenos Aires, XXX-3, 1890. 

Fisiografia e meteorologia dei mari del Globo (cont.), di 7. Z/erena. 
Instituto HistorIco E GEOGRAPHICO BRAZILEIRO. — Rio de Janeiro, 

LIII-1, 1890. 

Commemorazione del centenario di CI. Man. da Costa. — Curiosità naturali del 
Parana, del Vise. de Taunay. — Leggenda storica sulla scoperta del Brasile, del 
dott. % Mendes de Almeida. — Navigazione dei Normanni al Brasile, di 7. A/es- 
car Afarife. 

GESELLSCHAFT FUR ERDKUNDE zu BERLIN. — Berlino, Bollettino n. 148, 
1890. 

La projezione azimutale piana del Lambert, e la sua applicazione alla cartogra- 

fia dell’ Asia e dell’ Europa‘(con“carta), del dott. A. Bludax.-— Lo sviluppo della 


vita cittadinesca, di G. Hirschfeld. — La diffusione della lingua greca nelle regioni 
montuose del Ponto (con carta), di £. Kiepert. 


— 1056 — 
— Atti, XVII-7, 1890. 


Del viaggio fatto nell’ interno del Togo, del cap. £. Xling (con carta). — Ri- 
cordi di viaggio nell’ Africa Sud-occidentale da Bersaba fino ad Ocahandia, del dot- 
tore C. G. Bitter. — Notizie sui viaggi fatti. 


K. K. GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN WIEN. — Vienna, XXXIII-8 


e 9, 1890. 
Necrologia per il dott. Alfredo Rodler. — L’ altopiano di Ulnia o Zeitun, di 
P. Dashian. — Delle stazioni balneari meridionali lungo la costa austriaca, £. Gelcc&. 


— I corsi fluviali sotterranei nella Carniola interiore: il bacino del Laibach, di 
G. Putick. 


VEREIN FUR ERDKUNDE zu METZ. — Metz, XII, 1890. 


Un’ ascensione sull’ Etna, del dott. Weigand. — Sulle consuetudini e sui critert 
giuridici dei popoli indigeni dell’ Africa, del cons. Griinewa/d. — Note meteorologi- 
che per Metz nel 1889. — Prospetto demografico della popolazione civile di Metz 
nel 1889, del dott. Mesrel. 


GEOGRAPRISCHE GESELLSCHAFT FUR THURINGEN. — Jena, IX-1 e 2, 1890. 


Le tribù papuane delia Baja di Geelvink nella Nuova Guinea, di 7. Z. van 
Hasselt. — I costumi dei Cafri Csosa, del dott. A. Kropf. — Popolazione e colonie 
nel bacino dello Schwarza (con carta), del dott. 77. Leinhose. 


‘ PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, X, 1890. 


La Spedizione nei Monti di Finisterre di U. Zéller (con carta), — Scaglioni e 
terrazze : studio geografico (fine), del dott. C. Sandler (con cartine). — Notizie pre- 
liminari di un viaggio sul declivio orientale delle Ande tra Rio Diamante e Rio Ne- 
gro, del dott. W. Bodenbender. — Confini linguistici nello Schleswig, di ?. Langhans 
(con cartina). — Il viaggio di Brown nella catena di Musgrave dell’ Australia Meri- 
dionale (con carta), di H. Greffrath. — Il nome del monte più alto della Terra, di 
E. Schlaginiwest, 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, n. 20 e 21, 1890. 


La spartizione dell’ Africa, di G. Z. X. (con schizzo). — Dall’ interno dell’ Isola 
Borneo, di /. 2.. — Taglio e inondazione del Reno, di 7. S. Gerster. 


Das AUSLAND. — Stoccarda, n. 40, 41, 42, 43, 1890. 


N. M. Prscevalski, di G. Henckel. — Dal Madre de Dios all’ Acre, di C. Naes- 
ser-Asport, — Per la conoscenza dei moderni Baschi (fine), del dott. O. Stoll, — 
Come comparirono gli Udaja maomettani, di M. Quedenfeldi. — Le antiche asso- 
ciazioni dei villaggi e dei distretti peruviani, di Z. Cumov. — Condizioni giuridiche 
nell’ Africa Orientale, studio di 4. Fleischmann. — GI’ Indiani Quechi, del dottore 
C. Sapper. — Per la demografia della Russia europea, di £. Obst. 


Export. — Berlino, n. 41, 42, 44, 1890. 


Rivista coloniale. — La grande strada ferrata interamericana. — La conferenza 
del dottore C. Peters sulla geografia del bacino del Tana, alla Società Geografica 
di Berlino. 


DEUTSCHE KOLONIALZEITUNG. +— Berlino, n. 21 e 22, 1890. 


In memoria di C. C. von der Decken, del dott. O. Aerstem. — Stazioni agri- 
cole di prova nelle colonie tedesche, del dott. &. Hindorf. — La convenzione per 
lo Suasiland. — I Vanjamuesi, di /. Reichard, — Dall' Africa Sud-occidentale. 


DEUTSCHE GEOGRAPHISCHE BLATTER. — Brema, XIII-3, 1890. 


Distribuzione geografica ed importanza commerciale dell’ 44//@ (con tavole), di 
W. 5. Wallraff, — Nuove esplorazioni polari. 


——- 1057 — 
DEUTSCHE RUNDSCHAU FUR GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
XIII-1, 1890. . 


Nei campi auriferi del Noord Caap, di C. Wagener. — Bombay, di £. Schla- 
gintweit. — Abissinia-Etiopia, di G. 04/fs. — Balli degl’ Indiani Navajo, secondo 
il dott. W. Matthews. — Le città sorelle di San Paulo e Minneapoli, del professore 
A. Steinhauser. — Uno schizzo di carta geologica della Terra (con carta), del dot- 
tore M. Toula. 


CESTERREICHISCHE MONATSSCHRIPT FUR DEN ORIENT. — Vienna, ago- 


sto 1390. 7 
Lescovaé, la città del canape in Serbia, di /. Xanitz. — Le antichità di Kmer 
nel Cambogia, di F. v. Hellwald. — Punto odierno della questione sulla ferrovia 


transsahariana, del prof. dott. /. Paslitschke. — Le inondazioni in Cina. 


— Vienna, settembre-ottobre 1890. 
Nell’ Africa più tenebrosa, di A. v. Schweiger-Lerchenfeld. 
Rovar GrocraprIcaL Society. — Londra, ottobre 1890. 


Recente viaggio del luog. H. R. Vaughans nella Persia orientale, di /. Goldsmid. 
— Note intorno ad Joruba ed alla colonia ed al protettorato di Lagos, nell' Africa 
occidentale, di A. Moloney. 


THE ScoTtisH GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, VI-9, 1890. 
L’ Isola di Malta, con speciale riguardo alla sua struttura geologica, di 7. Murray. 
— Edimburgo, VI-10, 1890. 


La costituzione fisica del Brasile, in rapporto allo sviluppo commerciale ed in- 
dustriale del paese, di G. W. Wells. 


NATURE. — Londra, n. 1092, 1093, 1094, 1095, 1890. 


Il metallo del futuro, di A. Baker. — La Spedizione al Pilcomajo, di ¥. Bayley, 
ed ¥. Grahkamken. — 11 progresso della biologia nel Canada. — Esplorazione antar- 
tica, di G. S. Griffiths. — Riccardo Burton. — Tornados, di 7. 7. 2. 


AMERICAN GEOGRAPHICAL Society. — Nuova York, XXII-3, 1890. 


x 

Il Canada: il paese e le sue vie fluviali e marittime, di Watson Griffin. — La 

moderna Islanda, del prof. Chas. Sprague Smith. — Alcune notizie sull' Amazzoni 
superiore, di Courtenay De Kalb. 


RoyaL GEOGRAPHICAL SOCIETY OF AUSTRALASIA. — Melbourne, I-8, 
1890. 


I] centro dell’ Australia occidentale finora inesplorato, di M. MH. Tietkins. — Fi- 
siografia del Monte Hotham, di $. Stirling. 


Royal SOCIETY OF AUSTRALASIA. —- Melbourne, I-2, 1890. 
Sull’ organizzazione delle tribù australiane, di A. W. Howitt. 
Roya. Society or TASMANIA. — Hobarttown, a. 1889, 1890. 


Di parecchie osservazioni sulla marea ad Hobart in febbrajo e marzo 1889 (con 
diagrammi), di 4. Maxi. — Note sulla possibile oscillazione di livello in terra e 
in mare nella Tasmania durante gli ultimi anni, del capitano Shortt. — Nota sugli 
ultimi superstiti della Tasmania, di 7. Barnard, — L'inglese nelle colonie di Der- 
vent e di Ridson (con diagrammi), di 7. 8. Walker. — Nota sulle carte francesi 
della costa di Tasmania, di 4. Mawx/f. — La Spedizione Collins del 1803-1804, di 
7. ZT. Walker. 


— 1058 — 
Science. — Nuova York, n. 399, 400, 401, 402, 403, 1890. 
Scavi in Palestina. — Zucchero e canna da zucchero in Cuba. — L'unità deh 
misura del tempo. — Il moto rotatorio dell’aria riscaldata, di C. W. Dulles. — 


Ancora sulla unità della misura del tempo, di C. Magdonald. — Rovesci di tempe- 
ratura nei luoghi bassi ed alti, di AY. 4, Hasen, 


BATAVIAASCH GENOOTSCHAP van KUNSTEN EN WETENSCHAPPEN. — Be 
tavia, XXXIII-5-6, 1890. 
Il culto atavitico dei Niassesi, di /. Kramer. —- Elenco di vocaboli del dia- 
letto di Sicca nella Flores centrale, di Z /. Calon. — Alcune notizie su Soembs, 


di ¥. de Roo van Aldeswerelt. — Sulla fortificazione di Perak ad opera degli Olsn- 
desi, di 7. A. Aruijt. 











I. — ATTI DELLA SOCIETÀ 


LA 


A. — ADUNANZE DEL ConsigLio DIRETTIVO. 
(Estratto dai processi verbali). 


Seduta del 29 novembre 1890. — Presenti il presidente marchese 
Nobils- Vitelleschi, il vice-presidente Ma/vano, i consiglieri Bodio, Cardon, 
Cavalieri, Gatta, Grasioli, Lupacchioli, Martinori e il segretario generale. 

Il presidente riferisce sulle diverse domande e proposte di viag- 
giatori, in correlazione con quanto fu discusso già nelle ultime adunanze 
consigliari, che precedettero le ferie estive. Espone a qual punto siano 
le trattative condotte in proposito coll’ing. Bricchetti-Robecchi e ri- 
corda la domanda di sussidio del cap. Baudi di Vesme. Considera i 
varî sistemi che si potrebbero adottare per queste imprese, cioè o di 
una esplorazione fatta da più viaggiatori insieme, ciascuno dei quali 
attendesse ad una parte di ricerche e lavori, per modo che l’esplora- 
zione stessa mirasse ad una piena e completa illustrazione del paese, 
visitato per quanto è possibile in tutte le sue parti e studiato sotto 
tutti gli aspetti; ovvero di più imprese isolate, per ciascuna delle quali 
fosse definito e concordato soltanto nelle sue linee generali, coi singoli 
viaggiatori, il còmpito loro prefisso, lasciando poi ad essi la libertà e 
la responsabilità di attuarlo nei modi che fossero loro consigliati dalle 
circostanze. Aggiunge che, in questo secondo caso, minore essendo la 
ingerenza della Società nei particolari del programma che dovrebbe es- 
sere eseguito dagli esploratori, minore sarebbe nello stesso tempo la 
entità dei preparativi che incomberebbero alla Società stessa. Osserva 
che, avuto riguardo alle gravissime difficoltà opposte dalla regione a 
cui intendono questi progetti, cioè la Penisola dei Somali, potrebbe con- 
venire d’appigliarsi per ora al secondo sistema, perchè il singolo Eu- 
ropeo viaggiante desta meno, colla sua più modesta scorta di armi e 
provvigioni, le diffidenze e la cupidigia degli indigeni. Conclude col dire 
che dai colloqui avuti col viaggiatori, apparisce che essi stessi prefe- 
riscono in fondo di non avere compagni europei. 

Il proposito dell’ ing. Bricchetti-Robecchi è di ripartire fra un mese 
per Obbia e di là recarsi sull’Uebi-Scebeli e studiarne il bacino supe- 
riore, avviandosi poi, secondo l'opportunità e la possibilità maggiore, a 
N., N.-0., o N.-E., per finire nello Scioa o nell'Harar. Il progetto del 
cap. Baudi di Vesme è di recarsi, come a punto di partenza, alla costa 
del Golfo di Aden, a Berbera e di là in Harar, donde muoverebbe in 
direzione di S.-O., S., o S.-E., per riuscire possibilmente alla costa dei 
Somali sull’ Oceano Indiano, più o meno vicino ad Obbia. 

Così essendo le cose, e tendendo i due progetti a completarsi « e 


— 1060 — 


forse ad ajutarsi a vicenda, il presidente domanda se non convenisse 
accettare ambedue i programmi, assegnando un sussidio a ciascuno dei 
due, in proporzione colle somme di cui essi stessi hanno fatto inten- 
dere di abbisognare per completare i mezzi di cui dispongono, in rela- 
zione coll’ importanza dei loro propositi. 

Dopo lunga e minuta discussione, alla quale presero parte quasi 
tutti i membri presenti del Consiglio, il presidente mette ai voti le se- 
guenti proposte: 

All’ ing. Luigi Bricchetti-Robecchi si aprirà un conto corrente fino 
alla concorrenza di L. 20,000, colle quali farà le sue provviste e con- 
durrà la proposta Spedizione attraverso la Penisola dei Somali, partendo 
da Obbia, riservando alla Società le osservazioni, le collezioni, i ri- 
lievi, ecc., che sarà per fare; senza escludere che, dopo finita l’esplo- 
‘razione e qualora |’ importanza e le circostanze del viaggio compiuto lo 
‘richiedano e le convenienze della Società lo consentano, possa essere 
‘deliberato in avvenire qualche altro sussidio. 

Al cap. E. Baudi di Vesme si assegna una somma di L. 5,000 per 
‘istrumenti, provviste ed altre spese inerenti al viaggio, con che sieno 
riservati alla Società i rilievi dell’ itinerario, le osservazioni, le collezioni 
e la relazione del viaggio. 

Ambedue queste proposte sono approvate all'unanimità. 

È pure approvata la spesa necessaria per la stampa dei « Materiali 
‘linguistici degli idiomi parlati dai Somali, Harar e Galla > dell'ingegner 
Bricchetti-Robecchi, da pubblicarsi a parte in un volume delle MEMORIE. 

approvato un contributo di lire 50 per la ricerca dei materiali 
e documenti rimasti del rimpianto esploratore francese C. Douls e per 
‘il collocamento di una memoria all’infelice esploratore. 

Si prendono le necessarie disposizioni per la partecipazione della 
Società alla Mostra di Palermo. 

Si comunica il telegramma ricevuto da Lima del Perù, annunciante 
‘la morte del venerando naturalista e geografo prof. A. Raimondi, e si 
dà lettura del telegramma tosto inviato dalla nostra Società a Lima, 
col quale si incarica il nostro socio cav. D. Segre di rappresentare 
‘la Società ai funerali dell’ illustre nostro Membro di onore. 

Dopo alcune disposizioni di affari interni, sono presentati ì ringra- 
ziamenti dei seguenti istituti ed ufficî per il dono che la Società fece loro di 
sue pubblicazioni: R. Liceo Marco Foscarini di Venezia, Liceo Vittorio 
Emanuele di Palermo, Istituto Tecnico Leardi di Casalmonferrato, Uni- 
versità di Perugia e Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze, per una 
copia dei due volumi: Stud? bibliografici e biografici sulla Storia della 
Geografia in Italia, e Stud? sulla Geografia naturale e civile d Italia. 
Associazione generale fra gli impiegati civili in Lucca, Camera di Com- 
mercio italiana in Montevideo, Istituto Smithsoniano di Washington, 
Comitato centrale di Statistica del Ministero dell'Interno dell’ Impero di 
Russia, Associazione Statistica americana di Boston, Società Khediviale 
di Geografia del Cairo, Direzione generale di Statistica in La Plata, In- 
stituto geografico argentino di Buenos Aires, Camera di Commercio ita- 
liana di S. Francisco in California, Società « Circolo Napolitano » di 





— 1061 — 


Montevideo, Camera di Commercio italiana di Buenos Aires, Biblio- 
teca Nazionale di Napoli, Universita di Perugia, per una copia del vo- 
lume IV delle Memorie: /adagini sulf emigrasione ifaliana, Ringraziano 
pure e dichiarano ricevuta una copia dello stesso volume i soci G. L. 
Pècile di Udine, dott. G. Melotti di Bologna e F. Florio-Sartori di 
Torino. 


Sono poi inscritti nei soliti modi i nuovi soci: Martini avv. Laz- 
zaro, Firenze (Doria e Dalla Vedova); Hidalgo Stefano, capitano, Serra 
‘Pietro, capitano, Cristofano Raffaele, tenente, Issel Adriano, tenente, Ta- 
vazzani dottor Cesare, tenente medico, Noè Giuseppe, capitano, Giardino 
Gaetano, tenente, Bianchini Eduardo, capitano, Airoldi di Robbiate 
Eugenio, tenente, Massaua (Baratieri e Dalla Vedova); Meli cav. Alfio, 
maggiore, Chiappini Enrico, capitano, Negro Giacomo, Turano Alberto, 
tenente, Caruso Cosimo, tenente, Bignami cav. Achille, Bariola Guido, 
tenente, Massaua (Baratieri e Gatta); Gerunda Eduardo, tenente, Beruto 
Giovanni, tenente, Trompeo Giuseppe, tenente, Massaua (Baratieri e Ca- 
valini); Bonati Ambrogio, sottotenente di vascello, Cremona (Modigliani 
e Dalla Vedova); Baldacci ing. Luigi, Roma (Cortese e Dalla Vedova); 
Chiaraviglio Mario, Roma (Bodio e Dalla Vedova); Scuola di applica- 
zione delle armi di artiglieria e genio, Torino (Bodio e Pelloux); La- 
puente y Amat don José, Valenza (Gatta e Cardon). 

Pervennero alla Società i seguenti doni: 

Lucci Gaetano: L'India. Napoli, Annali del R. Ist. Tecn. e Naut., 
1890. Op. estratto di pag. 27 (dono dell'autore). 

Seler dott. Z4.: Altmexikanische Studien. Berlino, Spemann, 1890. 
Vol. di pag. 70 in 4° con illustrazioni (dono dell’ editore). 

Porena prof. #.: Manuale di Geografia moderna ad uso degli Isti- 
tuti tecnici. Milano, F. Vallardi, 1890. Seconda edizione. Vol. 2 di 
pag. 435-488 con figure e carte (dono dell'editore). 

Observatorio Astronomico Nacional de Tacubaja: Boletin I-1. Messi- 
co, tip. del Fomento, 1890. Fasc. di pag. 24 (dono della Società delle 
Scienze del Messico). 

Cotteau Ed.: Une excursion .sur les cétes de l'Alaska. Parigi, 
« Temps », to settembre 1890. Foglio (dono dell’autore). 

Garollo prof. G.: Uno sguardo alla Terra: Geografia popolare. 
Disp. 42-46. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. di pag. 76 (dono del- 
l’autore). 

Marinelli G.: La Terra: trattato popolare di Geografia universale. 
Disp. 260-261, 262-263, 264-265. Milano, F. Vallardi, 1890. Fasc. 3 
di pag. 16 con carte ecc. (dono dell’ editore). 

Costi ten. £.: Storia d’ Etiopia. Milano, Brigola, 1890. Volume 
di pag. 297 (dono dell’ autore). 

— Mitteilungen der Nachtigal-Gesellschaft ftir vaterlindische Afrika- 
forschung. N. II-38. III-39. Berlino, Behrens, 1890 (dono della Redazione). 

Helmert F. R.: Jahresbericht des Direktors des K. Geoditischen 
Instituts fiir die Zeit von April 1889 bis April 1890. Berlino, Stankie- 
witz, 1890. Op. di pag. 29 (dono dell”autore). 





— 1063 — 


Corti S.: Le provincie d'Italia: Alessandria. Roma, Paravia, 1890. 


Op. di pag. 93 con carta (dono dell'editore). 


Académie des Sciences de Cracovie: Buletin, Comptes-rendus, 1890. 


Octobre. Cracovia, tip. universitaria, 1890. Fasc. di pag. 32 (dono del 
2? Accademia delle Scienze di Cracovia). 

Gestro R. ed altri: Annali del Museo Civico di Storia naturale di 
Genova. Vol. VII, VIII e IX della 2° serie. Genova, Sordomuti, 1890. Vol 
3 di pag. 780-419-592 e tavole 13-19 (dono della Direzione del Museo). 

Prinsivalli V.: Dizionario di nomenclatura geografica ad uso delle 
scuole ginnasiali, tecniche ecc., con appendice di cenni biografici e br 
bliografici, ecc., del prof. Filippo Porena. Roma, Manzoni, 1890. Vol 
di pag. XII-210 (dono dell'autore). 

Moreno F. P.: Le Musée de la Plata: rapide coup d’oeil sar a 
fondation et son développement. La Plata, Revista del Museo, 1890. 
Op. estratto di pag. 31 con 8 tavole. — Projet d'une exposition ré 
trospective argentine & l’occasion du quatrième centenaire de la décor 
verte de l’Amérique. La Plata, Revista del Museo, 1890. Op. estratto 
di pag. 7 con tavola. — Lettre de M. Henry A. Ward sur les Musée 
argentins. La Plata, Revista del Museo, 1890. Op. estratto di pag. 1 
con 2 tavole (doni della Direzione del Museo di La Plata). 

Me Coy Fred.: Prodromus of the Zoology of Victoria. Decade XX, 
Melbourne, Brain, 1890. Fasc. di pag. 80 con 10 tavole cromolitogre 
fiche (dono del Museo Nazionale di Melbourne). 

Griltzmacher A. W.: Jahrbuch der meteorologischen Beobachtungen 
der Wetterwarte, 1889. Magdeburgo, Faber, 1890. Op. di pag. 54 in 8° 
grande (dono della Direzione dell’ Osservatorio meteorologico di Mag- 
deburgo). 

Guillemard F. H.: The life of Ferdinand Magellan and the first 
circumnavigation of the globe 1480-1525. Londra, G. Philip e f., 1890. 
Vol. di pag. X-353 con ritratto e carte (dono dell'editore). 

— Mitteilungen der Ostschweiz. Geog. Comm. Gesellschaft. S. Gallo, 
Kalin, 1890. Fasc. di pag. 36 (dono della Società Geografica di S. Gallo 
in Svizzera). 

Strafforello G. ed altri: La Patria. Geografia dell’ Italia. Disp. 33°. 
Torino, Unione tip. editrice, 1890. Fasc. di pag. 32 (dono dell’editore). 

Maximovice C. ].: Flora tangutica I: Thalamiflorae et discifiorae. 

Pietroburgo, Accademia imperiale, 1889. Vol. di pag. XVIII-rr0 con 
30 tavole. — Enumeratio plantarum hucusque in Mongolia nec non 
adiacente parte Turkestaniae sinensis lectarum. I Thalamiflorae et di 
sciflorae. Piettoburgo, Accademia imperiale, 1889. Vol. di pag. 138 con 
14 tavole. — De Zillo A.: Repartition de la pression atmosphérique 
sur le territoire de l’Empire de Russie et sur le continent asiatique d’a- 
près les observations faites depuis 1836 jusqu'à 1885. Atlas contenent 64 
cartes. Pietroburgo, Accademia Imperiale, 1890 (dono della imp. Soc. 
Geog. russa). 


Direzione generale dell’ Agricoltura: Carta idrografica d'Italia: Re . 


lazioni. Regione meridionale mediterranea. Roma, Botta, 1890. Vol. di 
pag. IV-555 (dono del Ministerò di Agricoltura, Industria e Commercio). 


II. — MEMORIE E RELAZIONI 


A. — Pierro Detta VALLE E I SUOI VIAGGI 
IN TurcHia, Persia E INDIA 


del socio prof. GIUSEPPE PENNESI. 


(con una Carta; continuazione e fine (1) ). 
III, 


Colla partenza da Bagdad finisce la prima parte dei viaggi del 
« Pellegrino » il quale d’ora innanzi, nell'impresa di spingersi più a 
levante e di visitare la Persia, avrà a compagna la diletta Maani, sta 
moglie e signora, e quindi un seguito anche più numeroso di quello 
condotto precedentemente (2). Ma appunto per questo nel lasciare la 
città egli ebbe subito a incontrare qualche ostacolo, tanto più che i 
Turchi erano allora in guerra coi Persiani e‘dovevano necessariamente 
insospettirsi della sua partenza alla volta della frontiera nemica. Ad 
ogni modo egli riuscì con audacia e scaltrezza a vincere ogni difficoltà 
e, attraversato il Diala ai 4 gennajo 1617, andò ad attendarsi presso 
un luogo detto Beheruz, donde proseguì in fretta per un territorio as- 
sai piano, paludoso in alcuni luoghi e in gran parte deserto non già 
per natura, ma per mancanza di abitanti. Dopo Scehravan ebbe a su- 
perare certi monti spogli della più magra vegetazione, e così potè giun- 
gere senza troppe molestie a Chizil-rabat (Kysytrobat), sull’ultimo con- 
fine della giurisdizione turchesca. Là dovette pagare un piccolo dazio 
ed entrò immediatamente pel paese dei Curdi, dirigendosi verso Casr-i- 
Scirin, su di un confluente alla sinistra del Diala, dove la strada co- 


(1) Vedi BOLLETTINO, novembre 1890, p. 950. 

(2) Fra queste persone del suo seguito, in cui non mancavano nemmeno pa- 
recchie donne, si trovava sempre il pittore, che abbiamo ricordato più sopra, ma non 
c' erano più due dei servitori, che il viaggiatore aveva condotti seco dall' Italia. L'uno 
di essi, venuto a contesa col compagno, lo aveva freddato con una pugnalata. (V. 
Lett. XVII, p. 374 del vol. I). 


. — 1064 — 

minciò a diventare più ardua ed il clima più crudo. Il freddo, la piog- 
gia, la neve, turbinata in furia dal vento, durarono quasi tutto il cam- 
mino a traverso le montagne e le alte valli che si succedono fino a 
Sahané, a Chienghieuer (Kengauer) e ad Hamadan « che è città grande 
assai e popolata, come posto principale di Persia ». Se non che a quei 
tempi, nonostante il suo movimento mercantile, essa aveva presso a 
poco l'aspetto di una riunione di borghi e di piccoli villaggi, intramez- 
zati da un gran numero di giardini « cioè di terreni piantati d’ alberi 
di frutti ». E le stesse sue strade e le piazze erano coperte di vege- 
tazione e di vigne, perchè — dice la relazione — in Persia «€ quan- 
tunque paese di maomettani, si beve vino allegramente da tutti, senza 
scrupoli, nè vergogna >». Questa celebre città, dal tempo dei re medi 
e degli Acmenidi, quando era nota col nome di Zcbatana (1), aveva 
dovuto subire un periodo ben lungo di triste decadenza. 

La cordiale ospitalità, incontrata in quel luogo, fece sì che il Della 
Valle vi si trattenesse alcuni giorni, dopo i quali si diresse a brevi 
tappe tra levante e mezzodì, passando successivamente per Diz-abad, 
Sarù, Scehrachird, Enghevan, Charavend, Ghiul-pai-gan « città simile ad 
Hamadan, ma più piccola »; non che per Oniscion, Dehé, Cialisiah (2), 
ricevuto ovunque con giubilo dagli abitanti, perchè « è cosa da stupire, 
non solo della curiosità di queste genti, ma di quanto onore si faccia 
in Persia a’ forestieri, e quanto stimino in tutti questi paesi l’ospizio ». 
Nell’ultimo di essi, poi, trovò anche un servo dei missionari carmelitani, 
residenti ad Ispahan, che lo avevano mandato ad incontrare, avverten-. 
dolo della speciale dimostrazione di stima e di ossequio, che gli si 
preparava in quella città, da parte dello stesso primo ministro, o vesir, 
il quale avendo saputo come dovesse giungervi un Romano e per di 
più un deigcadì, gli aveva fatto preparare « una casa molto onorata 
che è del re, e si tiene per gli ospiti più di rispetto. » Il nostro viag- 
giatore pensando, tuttavia, non convenisse di mettersi in troppa vista 
prima di far riverenza al re, che in quel momento trovavasi al campo 
sui confini della Georgia, ottenne di entrare nella capitale senza troppe 
cerimonie e di rimanervi presso a poco incognito durante qualche 
tempo. 


(1) Nella relazione (Lettera I, da Ispahan, p. 448 del vol. I), non si accenna 
nemmeno a questo nome. È però ormai accertato che il luogo dell’ Xcdatana degli 
autori classici corrisponde a quello della moderna Hamadan (confr. W. Vaux, op. cit. I, 
P. 799 € seg.). 

(2) V. per questi nomi la cartina illustrativa dell'itinerario, nella quale, tuttavia, 
non abbiamo creduto opportuno di registrare se non i principali. 





ok 
t's 


— 1065 — 

Fu specialmente allora che poté darsi a studiare la grande, bella 
e ricca città di Ispahan, la quale, come è noto, aveva cominciato a 
prendere un prodigioso sviluppo soltanto alla fine del secolo decimose- 
sto, ed era già entrata nel suo periodo di massimo splendore per opera. 
del famoso scià Abbas il Grande, che ne aveva fatto la sua residenza. 
Oltre a un grosso nucleo centrale, essa, si componeva di tre magnifici 
sobborghi, creati recentemente per opera dello stesso re, che vi aveva. 
attirato il maggior numero possibile di abitanti sin dagli estremi con- 
fini del suo dominio. Dal nome del luogo natale della più parte di 
questa popolazione, il primo di essi era pertanto conosciuto per Nuovo 
Tauris, quantunque lo scià volesse chiamarlo in suo onore Abbas-a- 
bad (1); il secondo, pieno di cristiani armeni, assai ricchi, era detto 
Nuova Ciolfa (2); e il terzo dei « Gavri > (Ghebri), perchè abitato 
dalle genti infedeli e idolatre di questo nome (3). Quanto poi alle 
sue case, in generale, il Della Valle le dichiara migliori di quelle di 
Costantinopoli, benchè non così alte, essendo per lo più abitate al solo 
pianterreno: ma soggiunge che sopra tutto i bazari non potevano essere 
meglio costrutti e architettati, più grandiosi e più ricchi d'ogni genere 
di mercanzie, oltrechè erano distribuiti opportunamente in ogni rione 
della città e dei sobborghi. A quei tempi, infatti, Ispahan era diventata 
uno dei più considerevoli emporì commerciali di tutto I’ Oriente, e 
quindi possedeva altresì una straordinaria quantità di chiervan-serat, o 
alberghi per forestieri d'ogni grado e d'ogni nazione. Possedeva, inoltre, 
magnifiche piazze; una delle quali, detta meidan, intorno intorno circon- 
data da portici e ornata di piante, si sarebbe potuta anteporre a piazza 
Navona (4); scbbene un viaggiatore moderno, il conte De Gobineau, 
avverta che quell’ampio quadrilatero produce l’effetto di rimpicciolire 
tutti i monumenti che lo prospettano, compresa la superba Moschea 
del Re (5). Le strade, finalmente, e i viali ombrosi e i parchi e i giar- 
dini, pieni di fontane, di rivi, di cascate d'acqua, erano quanto di più 
bello si potesse desiderare, massime nelle adiacenze della principale ar 


(1) Il viaggiatore Olivier già nel 1796 scriveva come, al suo tempo, si sarebbe 
cercato invano questo sobborgo di Abbas-abad, il quale per l'innanzi occupava tutta 
la parte occidentale della città, costituendovi uno dei quartieri più grandi e più belli. 

(2) Nella Lettera V, da Ispahan (vol. I, p. 848), è detto che il re fece di- 
struggere la « Ciolfa antica di Armenia che stava ai confini di Turchia sopra il 
Fiume Arasse ». 

(3) La edizione del Gancia porta Gauri, ma evidentemente anche qui, come 
abbiamo avvertito per la parola ca4ve, la lettera 2 va trascritta in v. 

(4) V. p. 454 del vol. I. 

(5) V. l'opera intitolata: Zrois ans en Asie, p. 206 e seg. 


— 1066 —- 

téria della metropoli, alla cui metà si trovava un ponte « tutto di-fab 
brica di mattoni, largo assai più di qualsivoglia di quelli di Roma, e 
lango tre o quattro volte il più lungo dei nostri ». Sotto di esso pas 
sava un fiume poco profondo, ma larghissimo « di condizione asss 
stravagante e differente da tutti gli altri, perchè si raduna da divers 
rivi che calano dalle montagne vicine, e poi divisosi di nuovo in milk 
rivi, si perde per le campagne senza sboccare nè in mare, nè altrove 3; 
il Sajend Rud, insomma, che però, lungi dall’esser unico pel suo regime 
idrografico, si rassomiglia a buon numero di altri corsi d'acqua su tutto 
l'altopiano iranico, ed è forse la causa principale perchè il paese cir 
costante ad Ispahan, tanto soggetto alla siccità (1), si presenti abbe 
stanza fertile. 

Del resto noi non possiamo trattenerci più insistentemente a rias 
sumere ciò che il Della Valle ebbe a riferire intorno alla meraviglios 
città che, mezzo secolo dopo, sotto il regno di Abbas II e di Suleiman, 
pervenuta all’apogeo della grandezza e dello splendore, possedeva, se 
condo lo Chardin, un altro viaggiatore del 1671, ben 24 miglia di cir 
cuito, 162 moschee, 273 bagni pubblici, 1802 caravanserai ed oltre a 
38,000 fra case e palazzi (2). Solo avvertiamo sin da ora che quanto 
ne scrive il nostro autore è di capitale importanza per la geografia da 
suoi tempi, sicchè sarebbe difetto imperdonabile non tenerne conto scrt 
polosamente nello studio delle fasi storiche di quella gloriosa metropoli 
Come pure sarebbe ingiustizia non riconoscere l'alto valore delle sue 
informazioni circa l'etnografia di Ispahan e della Persia intera, così 
varia, allora più che a’ nostri giorni, di lingua, di religione, di costumi, 
e circa lo stato sociale di essa in un momento in cui ritrovava, sia 
pure per breve tempo, gran parte della sua prosperità e della sua for- 


(1) « È poco il caldo (così nella Lettera I, da Ispahan, p. 507), benchèi 
raggi del sole, al cielo aperto, siano qui più che in Italia cocenti; perchè tutta k 
estate si veste con giubbe imbottite di bambagia, e non si sente noja, quantunque si 
cammini al sole, e si faccia ogni altra fatica; cosa che nei paesi nostri non credo 
che si potrebbe soffrire. Il freddo ancora è poco: sì perchè, per sè stesso, non è mai 
eccessivo, ancorchè con neve; sì anco perchè è molto corto, durando solo due mesi, 
cioè gennajo e febbrajo. Umidità non ve n'è per pensiero: e quest anno infin om 
che siamo nel mese di dicembre, non ha mai piovuto ancora, se non una sola volta 
quattro goccie nel principio dell'autunno. Da questa siccità che certo è grande e nel 
cielo e nella terra, e dai venti che regnano, rari, non molto gagliardi e di buona 
condizione, nasce una bontà di aere mirabile, ecc., ecc.. » 

(2) Voyage de M. le Chevalier Chardin en Perse, Rouen, 1723. La prima parte 
contiene il viaggio da Parigi ad Ispahan e fu pubblicata ad Amsterdam nel 1686, 
Nel 1883, pci, tutti i viaggi furono ripubblicati di nuovo a Parigi. 


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4 


— 1067 — 

tuna politica. Le quali informazioni dovevano riuscire tanto più atten- 
dibili, in quanto che Pietro Della Valle potè raccoglierle e controllarle 
durante una dimora assài lunga in quel paese e fra quei popoli. Do- 
vevano riuscire tanto più precise e interessanti, in quanto che egli stesso, 
dopo essere rimasto per quasi un anno entro le mura della capitale, 
come dimentico della sua Europa e della sua Roma, volle in qualche 
modo partecipare direttamente alla vita e al movimento della nazione, 
e decise di presentarsi al cospetto del re — che aveva espresso il de- 
siderio di conoscerlo e che trovavasi tuttora alla guerra — per mani- 
festargli la sua profonda ammirazione e la gran voglia che lo rodeva 
di menar le mani contro i Turchi. 

Accompagnato dalla signora Maani e alla testa della sua carovana 
egli prese, pertanto, la via verso le provincie settentrionali, notando suc- 
cessivamente tutti i villaggi, tutte le borgate in cui ebbe a fermarsi; 
non che le loro distanze intermedie, perchè anche in Persia si potesse 
fare « itinerario con ogni minuzzeria, come quelli che abbiamo de’ viaggi 
d’ Europa, che chiamano libri di posta », Il settimo giorno giunse fi- 
nalmente a Cascian, città industriosissima anche in quel tempo e assai 
mercantile in grazia della sua posizione, essendochè vi facevano capo 
le strade meglio frequentate dai commercianti dei più remoti paesi. Ma 
fa quello il solo considerevole centro di popolazione in cui potè ab- 
battersi durante tutto il cammino, che in seguito cominciò a presegtare 
difficoltà e pericoli gravissimi attraverso una regione desolata, poco per- 
corsa, ed anzi quasi affatto sconosciuta ai geografi europei (1). 

Si tratta, insomma, della parte occidentale del Deserto Salato, di 
questo « Sahara persiano » anche più triste, se è possibile, anche più 
spaventoso di quello dell’ Africa, e sul quale la relazione, che veniamo 
esaminando, contiene una pagina che meriterebbe di esser qui inserita 
per intero. Il terreno mostravasi ovunque piano e biancheggiante per 
lo strato di puro sale onde era coperto e che lo rendeva completa- 
mente sterile, all’ infuori di alcuni br.vi spazî del suo contorno, i quali 
tuttavia portavano soltanto pochi sterpi d' erba secca e giallastra. Ro- 
vente e impraticabile durante l'estate, negli altri mesi dell'anno era 
allagato dalla pioggia in modo da trasformarsi in un immenso impalu- 
damento, con pericolo, passandoci sopra, di sprofondarsi qua e colà e 
di cadere — così continua l’ardito pellegrino — « in pantanacci fan- 
gosi donde difficilmente si potrebbe uscire; e più volte in questo modo 
vi si son perduti non solo uomini e cavalli, ma anche cammelli che, 


(1) Lettera IV, da Ferhabad e da Cazvin, pag. 573 del vol. II 


— 1068 — 

quantunque siano molto grandi, vi son restati nondimeno affogati. Per 
sicurezza dei viandanti vi son certi piccoli pilastri di pietra nera, driz- 
zati a luogo a luogo, che segnano il cammino; ma io che in tutti i 
viaggi soglio aver buona fortuna, con tutto che fosse inverno, con la- 
delizia del passaggio fresco ebbi congiunta anche quest’ altra di non 
trovarvi acqua, per essere stato l’anno in queste parti asciuttissimo. Il 
sale (chè lo gustai) sarebbe buono a mangiare, ed è assai bianco; ma 
i Persiani di questo non si servono, perchè ne hanno in abbondanza 
altrove, più comodo e migliore, di montagna, avendo loro provveduto 
Dio nella terra quel che difficilmente potrebbero aver dal mare, per 
averlo la Persia da tutte le parti troppo lontano » (1). È in mezzo a 
questo strano deserto che si solleva il Siah-cuh (Sijakuh) o monte nero, 
ultimo frammento di una formazione orografica (Kuh-i-Gugird) tanto 
breve quanto caratteristica nella sua direzione da scirocco a maestro ; 
ed è in quel punto che la carovana potè rifornirsi d'acqua potabile. 

Passati finalmente « tutti i fanghi e tre altre leghe di terra mi- 
gliore » essa sostò appena in Maelle-bagh, una borgata posta quasi alle 
falde meridionali dell’ Elburs, donde proseguì per una valle angustissima 
e profonda — formata dalle propagini e dagli sviluppi di questa mas- 
siccia catena — e per valichi pieni di neve e di ghiacci sino a Firuz- 
cuh, sull’alto dei monti che chiudono a mezzogiorno il bacino del Ca- 
spio. Di là si dette a scenderne il declivio settentrionale per gole 
vestite di selve e ricchissime di sorgenti, entrando così nella bella pro- 
vincia del Mazanderan e soffermandosi in parecchi villaggi prima di 
giungere, per campagne spesso acquitrinose, alla città di Sarù (Sari) e 
al capoluogo Ferhabad, ove il Della Valle sperava incontrare il re. 
Questi, infatti, nei momenti di riposo fra una battaglia e l’altra vi si 
ricoverava, come per attingervi nuovo ardimento ; ed anzi s'era talmente 
invaghito di quella posizione, fortissima per natura, che s’era affrettato 
a tracciare sull’una e l'altra riva del Teggin-Rud « che vuol dire ve- 
loce fiume » il piano di una grande città, e vi andava conducendo un 
cospicuo numero di abitanti specialmente dall’ Armenia e dalla Georgia. 
Vi aveva inoltre edificato il superbo castello, di cui mostransi le ro- 
vine anche ai nostri giorni e che, come è noto, divenne per molti anni 
la sua prediletta residenza invernale. Ad ogni modo, quando vi giunse 
il viaggiatore italiano, il valoroso Abbas era uscito nei dintorni; onde 
il primo ebbe agio di far gite sul Caspio, sia pure assai brevi, e di rac- 
cogliere alcune informazioni circa questo mare e il suo bacino, le sue 


(1) V. lettera citata, pag. 574. 


— 1069 — 
pescagioni, i commerci che vi si facevano dalle provincie di Esterabad. 
(Asterabad) e di Ghilan, come da Bact: e da Astracan. Nè gli mancò 
tempo e modo di raccoglierne altre in seguito, non solo relativamente. 
a tutto quel distretto, sì pure per quanto riguardava gli abitanti e le. 
loro condizioni, la Corte e il suo ‘cerimoniale, il re e la sua persona, 
le sue abitudini, il suo carattere. 

Ma anche per questa parte non Ja finiremmo più, se non ci vo- 
lessimo attenere soltanto a ciò che d’indole più strettamente geografica 
si rinviene nella relazione, e se non ci premesse piuttosto di rintrac- 
ciarvi un itinerario che è tra i più complicati e interessanti di quanti 
ne furono seguiti in tutta l'Asia anteriore. Passate adunque sotto silenzio 
le frequenti interviste del Della Valle coi ministri e cogli ambasciatori 
del re, i suoi suggerimenti e i consigli per una lega tra i Persiani ei 
Cosacchi a danno dei Turchi, la bella accoglienza che egli trovò a 
Corte e la fiducia, onde Abbas volle onorarlo accettandone i servigi ed 
assegnandogli persino una congrua per il sostentamento, noi ci con- 
tenteremo di ricordare la sua partenza da Ferhabad alla volta di Ca- 
zvin (1), dove il sovrano aveva deciso di recarsi per necessità di guerra. 
Risalito a Firuz-cuh, toccando alcuni villaggi non veduti precedentemente, 
e dopo essersi aggirato sulle giogaje circostanti allo scopo di prender 
parte a una gran caccia ordinata dal re, egli ai primi di giugno si di- 
resse a ponente, percorrendo sentieri di montagna ripidissimi e, spesso, 
rotti da torrenti e da rivi che bisognava passare a guado. Sostò a Ghilas 
o Ghilard, attraversò il Giagerom (Giag), un fiume assai grosso e rapido, 
e giunse appena in tempo per rivedere l'accampamento reale sotto le 
mura di Teheran « la città dei platani, tutta piena di grandissimi giar- 
dini », ma allora poco popolata e semplice capoluogo di provincia. Vi- 
sitatala appena, passò innanzi a tutti gli stuoli de’cammelli che, insieme 
coll’ esercito, ingombravano la strada; ma poi si trattenne presso le 
rive del Chierè (Keredi) e vi attese il passaggio del « campo » che 
andò ad attendarsi di nuovo in vicinanza di una « vilia cattivissima, 
chiamata Hauz-abad » prima di arrivare a Cazvin, meta della spedi- 
zione (2). 

Gli Italiani scrivono scorrettamente Casdin, dice la relazione, che 
in altro luogo discute a lungo lo scambio e i suoni delle lettere s e s, 


(1) L’ edizione del Gancia ha Cassin pel solito scambio tipografico dell's 
colla v. 

(2) Per la identificazione dei fiumicelli Giagerom e Chierè veggasi la bella carta 
inserita nel fascicolo dei Proceedings of the R. Geogr. Soc. di Londra, maggio 1889: 


— 1070 — 

v e è nelle parole persiane (1) e che, al solito, contiene una minuta 
descrizione di quella città, antica sede dell'impero, ma allora assai de- 
caduta, sebbene pur sempre molto popolata e commerciante (2). Il re 
Abbas vi ricevette alcune ambasciate, fra cui quella inviatagli da Spa- 
gna con ricchissimi donativi, e l’altra venuta allo scopo di tentare il 
componimento del dissidio sorto fra lui e i Turchi per contestazione di 
frontiera. Se non che le trattative ebbero esito così infelice che ai primi 
di agosto venne dato ordine all’ esercito di trasportarsi più a ponente, 
per dove si diresse anche il Della Valle tenendo la via di Abher (Abhar), 
un villaggio ricco d’acqua come di vegetazione, e giungendo in gran 
fretta a Sultania (Sultanieh), che un tempo fu ampia e popolosa città, 
ma ebbe a subire la più rapida rovina, cosicchè non le restava se non 
una meschita, bellissima fra quante ne possedeva la Persia. Quivi si seppe 
che i nemici si avanzavano lentamente in due colonne; onde lo Scià 
dispose che una parte dell’ esercito, la più grossa, marciasse verso Tebriz 
(Tabris), mentre egli coll’altra sarebbe andato in Ardebil per difendere 
questa posizione, o per attendervi gli avvenimenti ed accorrere dove 
maggiore fosse stato il pericolo. Il viaggiatore italiano fu destinato al 
seguito di lui, ed a’ 6 di agosto era già presso la borgata di Zengan, donde 
procedette « attraversando diversi poggi e colli molto belli e verdi, nudi 
nondimeno di alberi, come è in campagna tutto il paese della Media. 
La quale (in quei distretti) è tutta montuosa e la maggior parte del 
viaggio si fa per |’ alto dei monti con fresco, ma tuttavia monti soavi 
che par sempre camminar per pianura ». A Jenghighè, invece, le ac- 
cidentalità del terreno aumentarono considerevolmente, sinchè divennero 
tali da non offrire altro che passi difficilissimi tanto da una parte quanto 


(1) V. vol. I, p. 580 e seg., non che p. 780. — Se poi l’avverbio scorretta- 
mente deve riferirsi anche alla frase seguente (vedi Lettera IV: da Ferhabad, p. 705), 
in cui è detto che |’ Epitome geografica identifica Casvin coll’ antica Arsacia, il no- 
stro viaggiatore ha, come suol dirsi, ragioni da vendere. È noto infatti, che i Parti 
chiamarono col nome di Arsacia la città di Rhagae (vedi STEFANO BIZANTINO, non 
che STRABONE, lib. XI, cap. 13), e non v'ha dubbio che questa non sorgesse nel 
luogo ove oggi s'incontrano le rovine di ei, in prossimità di Teheran (vedi, fra gli 
altri, KER PORTER, ZYavels, volume I, pag. 358 e-la carta LXII dello Stieler's 
Hand-Atlas). 

(2) » Le case sono poco buone, e di fuori molto brutte, e gran parte ora rovi- 
nate; perchè I’ essersi assentata la Corte, ha fatto mancar molto l'abitazione. Le 
strade sono bruttissime, strette, torte, non lastricate e polverosissime, che per questo, 
e perchè sono molto esposte al sole per la bassezza delle case, vi si cammina con 
gran disgusto. I bazari ancora sono di mala e brutta fabbrica, abbondanti tut- 
tavia, ecc., ecc. ». . 


— 1071 — 
dall’ altra di una valle, nel cui mezzo scorreva un fiume abbastanza ricco 
d'acqua e da non potersi «€ guazzare ». La relazione non accenna al 
nome di esso, ma più tardi avverte chiaramente che si trattava di Chizil 
Usen, o Fiume Rosso, il quale disceso dai monti dell’ Ardilan, e pene- 
trato con una grossa curva nella provincia dell'Aderbaigian, volge a 
scirocco finchè non entra in un’ angustissima gola dell’ Elburs per an- 
darsi a gittare nel Caspio a traverso la penisola alluvionale, formata 
specialmente dal sovrapporsi dei suoi detriti. 

La strada rimanente fu assai meno penosa e per la natura sua e 
‘per le brevi tappe che vennero fatte da Cabagh a Ghivi, a Chalchal, 
tre piccoli villaggi, l’ultimo dei quali in siffatta posizione da decidere 
il re a tenervi il campo « cioè i padiglioni, le bagaglie e le altre cose 
d’ impaccio fin tanto che si fosse trattenuto in Ardebil. E questo per- 
chè essendo Ardebil città aperta, senza mura, come quasi tutte le città 
della Persia, e perciò male atta a difendersi, caso che fosse abbisognato, 
gli pareva che in questo luogo, meglio che intorno ad Ardebil, il suo 
campo sarebbe stato forte e sicuro ». Del resto, paventando gli orrori 
della lotta e volendo mettersi al riparo con tutto ciò che di più pre- 
zioso potevano trasportare, uscirono alla campagna gli stessi abitanti del 
capoluogo per rifugiarsi nell’ accampamento, o nascondersi sui monti 
eretti intorno intorno alla « grandissima pianura », tra i quali il Della 
Valle ebbe a notare specialmente il Savalan, come uno dei più impo- 
nenti di tutta la Media (1). 

Fortunatamente i timori e le preoccupazioni non durarono troppo 
a lungo, perchè nel settembre i Turchi, scontratisi coll’esercito persiano 
a poca distanza da Tabris, ebbero la peggio, e forse non ‘fu senza un 
certo rammarico che il nostro eroe vide il re dar licenza a una parte 
delle sue genti e affrettare egli stesso i preparativi del suo ritorno a 
Ferhabab, quantunque avesse dapprima per rappresaglia minacciato di 
invadere la Babilonia. Ormai al Della Valle non rimaneva dunque a 
far altro che tenersi pronto per la ritirata: ed anzi, avuto notizia come 
le vie fossero molto fangose e poco praticabili massime a chi, come 
lui, avesse abbisognato di un certo numero di cavalli e di cammelli per 
il trasporto delle « bagaglie », decise di guadagnar tempo recandosi 
immediatamente al villaggio di Ghivì. Là gli parve sarebbe stato assai 
meno incomodo mettersi su di una strada un po’ più orientale di quella 
tenuta nel condursi ad Ardebil; onde proseguì per Hoin, Scial, Derram 
ed altre località del distretto alla sinistra del Chizil Usen, cui ebbe ad 


(1) Nello Stfie/er's Hand-Atlas, N. 62, l'altitudine del Savalan è data in 14,816 
piedi (m. 4,510). 


— 1072 — 
attraversare di nuovo, nel punto ove questo fiume ripiega, precipitando 
nella stretta gola dell’ Elburs summenzionata. Poi, lasciato a levante an- 
che un altro rivo, lo Sciah-rud, tributario del precedente, s’internd in 
una valle angustissima e tortuosa, per riuscire da ultimo su di ua piano 
abbastanza elevato e per farvi una breve ma necessaria sosta, prima di 
rientrare nella città di Cazvin. 

In quest'ultimo luogo vennero fatte luminarie e feste grandissime 
per solennizzare la vittoria sui Turchi; ma il viaggiatore italiano non 
potè prendervi parte o goderne a causa di una fiera malattia, onde 
venne colpito, e per cui ebbe persino a scrivere a un padre vicario 
dei missionari in Ispahan di preparargli addirittura il sepolcro, perchè 
intendeva, seppure la morte non lo avesse colto per via, di condursi a 
chiudere i suoi giorni in quella città. Adagiato in una lettiga, fatto se- 
gno alle cure più amorose della sua Maani, che non aveva voluto ab- 
bandonarlo neppure nei momenti più minacciosi della guerra, il povero 
malato si diresse a mezzogiorno percorrendo la più breve distanza per 
giunger presto alla meta. Il che, del resto, non gli tolse nemmeno in 
principio, allorchè la sua salute era più compromessa, di notare colla 
solita perspicacia ed esattezza quanto successivamente ebbe a scorgere 
di più interessante, compresa l’apparizione di una cometa e il cielo 
« tutto sanguigno allo spuntar dell'alba ». In seguito, poi, la malattia 
parve declinare sino al punto di consentirgli rimontare a cavallo e giun- 
gere con questo mezzo a Savà (Saveh) senza troppo disagio. Indi, gua- 
dato il prossimo rivo (Cara su) che, come si sa, corre a perdersi nel 
deserto, volle visitare la città di Com (Cum) entrandovi per « un bel 
ponte di pietra sopra un fiume — tributario del precedente — che è 
piccolissimo d’ordinario, ma con le piaggie, concorrendo forse acqua 
in gran copia da' monti vicini, si fa molto largo e grosso ». Trovatala 
« assai buona e molto allegra », ne ripartì sfidando il freddo e il vento 
che infuriava e che — insieme con « altri disordinetti » — fu la 
causa principale perchè, non appena arrivato a Cascian, dovesse met- 
tersi in letto e rimanervi, oppresso dalla febbre, durante alcuni giorni. 
Ma finalmente, ajutato anche dalle cure di un frate agostiniano, egli 
pote ridursi nella capitale del regno persiano dove, in breve, ritrovò la 
salute, dove fu fatto segno a nuove dimostrazioni di stima e d' affetto 
da parte di un gran numero di persone, dove rivide con gioja i cono- 
scenti e gli amici che, al momento della partenza, lo avevano accom- 
pagnato coi loro più fervidi voti. Fra questi ultimi riabbracciò con te- 
nerezza quasi paterna una fanciulla georgiana, Tinatin di Ziba, che la 
sua Maani chiamava col nome di Mariuccia, e che egli aveva presa 


— 1073 — 
con sè per allevarla come una sua figliuola. Era orfana di padre e di 
madre, ma di stirpe nobilissima anch'essa. Noi la ricordiamo sin d’ora, 
‘perchè fra breve dovremo nominarla di nuovo in un momento d’ango- 
scia suprema e additarla come 1’ angelo consolatore di una grande 
sventura. 


IV. 


Questo ritorno ad Ispahan, seguito da una nuova e assai più lunga 
permanenza nel cuore della società persiana; le osservazioni e gli studî 
ripresi o, meglio, continuati assiduamente come per lo innanzi; il 
cumulo delle notizie d’ogni specie, ricavate anche dalla bocca di per- 
sone attendibili e competenti, posero Pietro Della Valle sempre più in 
grado di rendersi familiare colla vita di quella nazione e di aumentare 
così la sua raccolta d’ informazioni da costringere persino qualche dotto, 
tra ì meno facili alla lode, a convenire nel giudizio che nessun viag- 
giatore conobbe quella parte dell’ Asia meglio del nostro (1). Dall’aprile 
del 1619 al settembre del 1621, nel qual tempo ebbe a dimorare co- 
stantemente nella capitale della Persia, egli non indirizzò meno di dieci 
altre lunghissime lettere al suo amico di Napoli, che pure non gli scri- 
veva da oltre due anni e quasi gli aveva fatto sospettare d’averlo di- 
menticato (2). In esse, fra certi curiosi accenni a taluni avvenimenti po- 
litici d’ Europa, quali erano portati dalla fama fin sull'altopiano del- 
I’ Iran, egli accumula tal dovizia di testimonianze storiche riguardanti 
il paese e il popolo, di cui era ospite caro e onorato, che difficilmente 
se ne potrebbero attingere di più sicure e di più imparziali in altri 
scrittori. Le relazioni coi Turchi dopo finita la guerra e le trattative 
per la pace; le insidie diplomatiche di frequenti ambascerie giunte dalle 
più remote contrade, dalla Spagna come dall’ India; le gare e le lotte 
fra Portoghesi ed Inglesi pel commercio della seta; la condotta mede- 
sima di Abbas, ora accorto e magnanimo, ora sospettoso e crudele; 
tutto gli offre argomento per mostrarsi, a più riprese, osservatore acuto 
e schietto narratore. 

Nè per completare il quadro etnografico di quella singolarissima na- 
zione egli si mostrò meno sollecito nell’aggiungere alle notizie, apprese 


(1) V. Amar DI SAN FiLIPPo, loc. cit.. 

(2) La prima di tali lettere, che è la quinta da Ispahan, consta di cinquanta- 
due capitoli e, nell’ edizione del Gancia, va da p. 712 a p. 780. Le altre costituiscono 
la prima parte del secondo volume di detta edizione e occupano ben 227 pagine di 
fitta stampa. 


— 1074 — 
durante la sua prima dimora in Ispahan, quante altre particolarità gli 
venne fatto di conoscere sia pubbliche, sia private, come, ad esempio, 
le luminarie e i balli, le feste e i supplizi, i giuochi e le riviste mili- 
tari, le cerimonie religiose di qualche setta speciale e i bandi del re 
per proibire a un tratto — pena la vita — l'uso del vino e del cocnar, 
una bevanda fatta coll’ oppio (1). Si procurò inoltre frequenti notizie 
di alcune provincie, tra le più lontane, e dei paesi e dei popoli ad esse 
circostanti: dei Tartari, degli Usbechi a levante; degli Armeni, dei 
Georgiani a ponente, sui quali ultimi, anzi, e sul loro territorio scrisse 
alcune pagine che oggi potrebbero passare come un bel capitolo di 
geografia storica (2). E perchè in Italia, massime a Roma, doveva im- 
portare anche tutto ciò che potesse riflettere la religione cristiana e la 
sua propaganda in Persia, egli non perdette occasione per ricordare 
con lode il nome e l’opera di alcuni missionari, compiacendosi, in pari 
tempo, di far conoscere come nemmeno in lui fosse mancato un certo 
zelo religioso. Aveva cooperato a conversioni, a battesimi; aveva, col 
permesso del re, persino proposto dotare la metropoli di un quarto 
sobborgo e popolarlo con una colonia cattolica di rito latino. Questo 
sobborgo avrebbe dovuto portare nientemeno che il nome di Mwova 
Roma e, perchè ne fosse stato più degno in tutto e per tutto, egli si 
era affrettato a sollecitare la corte pontificia di venirgli in soccorso, 
mandandogli qualche alto dignitario non che i disegni necessari per ri- 
produrre, sia pure in più modeste proporzioni, il Campidoglio e il San 
Pietro colla cupola di Michelangelo | 

Di sè stesso, delle sue cose, finalmente, egli s'andò intrattenendo 
abbastanza per far sapere come gli riuscisse increscioso il restarsene 
tanto tempo pressochè in ozio, massime poi, dopo essersi trovato sul 
punto di combattere contro i Turchi e d'illustrare il suo nome con 
qualche insigne prodezza. Una buona o cattiva stella non gli aveva voluto 
consentire in niun modo di sfogare sul campo di battaglia il suo spirito 
bellicoso, e dopo aver augurato « a Marte mille cancheri » (3) fece di 


(1) A questa bevanda, dopo la proibizione del vino, avevano ricorso special- 
mente i soldati « perchè, pur come il vino, pare a loro che gli rallegri e gli ub- 
briachi. Ma in effetto è cosa dannosa alla sanità ; e, tra gli altri mali che fa, leva 
le forze del corpo, e rende gli uomini quasi storditi ». V. Lettera XIV, da Ispahan, 
vol. II, p. 209). Sugli ubbriaconi d’ oppio si hanno notizie anche in seguito (p. 284), 
a proposito della pianta chiamata charg, descritta assai bene dall’ autore. 

(2) V. a p. 154 e seg. del vol. II. Il nostro geografo più tardi pubblicò in 
proposito anche una memoria a parte, intitolata: Jnformasioni della Georgia. 

(3) Il Della Valle confessa di averlo « cercato invano molti anni e per diversi 
paesi, cioè in Europa prima, quando due volte in Italia ebbimo sospetti di guerre che 


tutto per consolarsene sotto la protezione « di Minervae di Apollo ». Ri- 
prese dunque gli studî linguistici, tradusse in latino alcune operette persiane, 
tra eui un’ effemeride assai curiosa, compì una grammatica della lingua tur 
ca e in pari tempo, dette « assai che fare alle muse » (1). Siccome poi un 
suo grande amico, il missionario fra Paolo Maria Cittadini, gli aveva 
donato un astrolabio, cominciò a fare anche qualche osservazione o cal- 
colo astronomico, ed anzi il giorno dell’equinozio di primavera volle 
prendere l'altezza del polo sull’orizzonte d'Ispaban, riuscendo a deter- 
minare la latitudine di questa città « in trentadue gradi incirca, o poco 
più » (2) e soggiungendo che, se per l’addietro avesse avuto un simile 
strumento, avrebbe avuto cura di moltiplicare le osservazioni con grande 
utile de’ suoi viaggi e « di molte carte di geografia dell’ Asia », che avreb- 
bero avuto bisogno di essere in più parti rettificate. 

Quello però che non era stato in grado di fare sin allora, il co- 
scenzioso viaggiatore italiano si propose di non trascurarlo nel seguito 
della sua peregrinazione, tanto più che a lungo andare, nonostante la 
sua salute nuovamente malferma, si sentì portato ad affrettare la par- 
tenza, prendendo una via molto lunga coll’intenzione di ricondursi in 
patria sicuramente. e Il mio viaggio — egli diceva — non sarà per la 
Turchia, che sarebbe il più breve, per quelle buone ragioni che discor- 
reva il signor Vecchietti, buona memoria: chè avendo io qui fatto ai 
Turchi molti servigi a rovescio, non è bene di andarsi a mettere in 
man loro, in modo che potesse venir loro voglia di pagarmeli » (3). 
Suo primo disegno era, pertanto, di recarsi per terra sino allo Stretto di 
Hormuz e quindi, pel Mare Arabico, a Goa e in qualche altro luogo del- 


svanirono nelle discordie tra il Papa e i Veneziani, e nei moti che seguirono alla 
morte di Enrico IV re di Francia: in Africa poi più volte per mare e massimamente 
l’anno 1611, quando si andò con armata fiorita alle Chierchiene, dove non mancai 
ancor io di fare abbastanza le mie parti, ecc., ecc. ». (Vedi vol. II, p. 51). 

(1) Nessuno di questi lavori vide mai la luce, nemmeno la grammatica turca 
che pel tempo e pel nome dell’autore avrebbe, senza dubbio, avuto la sua im- 
portanza. 

(2) V. a p. 219 del vol. II. — Giusta le ricerche del FRASER la posizione 
d’ Ispahan è a 32° 39° di latitudine N.. Un altro astronomo, il BEAUCHAMP, nel 
1787 la calcolò in 32° 42’. 

(3) V. p. 201 del vol. II. Il Vecchietti qui ricordato è uno dei fratelli Giam- 
battista e Girolamo, che poco prima del Della Valle avevano intrapreso e compiuto 
un meraviglioso viaggio per I’ Asia. Si sa che Giambattista, fra le altre disgrazie, 
cadde in mano de’ pirati i quali lo tennero schiavo in Tunisi, finchè all’ altro fratello, 
che ne scrisse la vita, non venne fatto di liberarlo (confr. MORELLI, Codici mano- 
scritti, ecc., p. 105 e seg.; RENAUDOT, Bibi. orientalis; AMAT DI SAN FILIPPO, 


op. cit., p. 355 e seg.). 


— 1076 — 
l'India cisgangetica, donde avrebbe preso nientemeno che la direzione 
del Capo di Buona Speranza. Egli si riprometteva, anche in questa se- 
conda metà del suo viaggio, molte « curiosità d' idolatrie, di droghe e 
d'altri semplici »; ma più tardi ebbe a modificare in parte il suo iti 
nerario, di cui ci accingiamo a riprendere senz’ altro la descrizione allo 
scopo di segnalarne i momenti principali. 

Accompagnato dalla sua famiglia e da pochi servi, Pietro della 
Valle uscì da Ispahan il primo ottobre del 1621, soffermandosi dapprima 
in un castello detto Husseinabad e procedendo, in seguito, a mezzogiorno 
per Mehiar, Comscè (Kumisceh), Amenabad, Izdchast (Jesdeckast) « fab- 
bricata tra le rotture di un piccolo monte in luogo angusto e basso, 
con rupi alte alquanto di qua e di là » sino al villaggio di Dehighirdt 
« che è tanto come a dire in lingua nostra, Villa delle Noci ». A Cusc- 
kizer trovò non pochi Circassi e Georgiani, trasmigrativi recentemente 
per ordine del re; ed sltri ebbe a incontrarne in Asbàs e in Ugian, che 
gli abitanti solevano chiamare « la piccola Ardebil », perchè a somi- 
glianza del capoluogo dell’ Aderbaigian, in cui si conservavano le ossa 
dei principi della casa reale, quella borgata possedeva un sepolero eretto 
in onore di un sultano mortovi a caso, ed anzi le sue rendite erano 
tutte devolute al mantenimento e al suffragio di quel sepolcro. Essa però 
non era così grande e popolosa come l’altra detta di Maiin, per giun- 
gere alla quale bisognò aggirarsi in valloni assai stretti, pieni di strana 
vegetazione e simili, del resto, a quelli che furono percorsi anche in 
seguito, prima di pervenire sul pianoro dove serpeggia il Cur. Questo 
celebre fiume che ritiene ancora, ma un po’ modificato, il classico nome 
di Cyrus — onde ebbe, secondo la leggenda, a chiamarsi il glorioso 
fondatore dell'antica monarchia persiana, dopo che vi fu esposto bam- 
bino — è dal nostro autore fatto sboccare nel seno persico, mentre, 
come è noto, si scarica nel lago interno di Niris o Bachtegan. Ma senza 
dubbio anche siffatta asserzione va riguardata come una delle tante 
sue reminiscenze classiche, ove si consideri che la notizia così errata 
proviene direttamente da quanto ebbe a dire in proposito lo stesso 
Strabone (1). 

Il nostro viaggiatore s' era così avvicinato alle rovine di Persepoli, 


(1) Il geniale geografo di Amasia sembra infatti comprenda anche il suddetto 
fiume tra quelli xxradspopevous eîs tov Ieposdy xéddrov (lib. XV, cap. III, 8 6). Del 
resto il Della Valle è abbastanza esatto per ciò che vide e riferì di quel fiume, come 
pure dimostra la solita perspicacia nell'esame del luogo, identificando il Cur e 
l' Arasse di Persia, ricordati quali due fiumi distinti e da Strabone (loc. cit.) e da 
Quinto Curzio (fib. V, cap. 4). 


— 1077 — 
di questa « città famosissima e nelle sacre e nelle profane istorie », di 
questa metropoli ove gli antichi Persiani avevano costrutto le reggie 
più sontuose ai loro monarchi e i più splendidi tempî ai loro Iddii. Ma 
per andarle a visitare gli bisognava scostarsi alquanto dalla via diretta 
a mezzogiorno ; onde non appena riposato sulle rive del Cur, volse a 
levante per la pittoresca pianura del Pelavar (Polvar), sinchè giunse a 
un luogo detto Astchar, o Istakhar, l’unica parte che della grande città 
fosse sopravvissuta per parecchi secoli dopo la distruzione del famoso 
palazzo reale, operata da Alessandro il Macedone (1). A breve distanza 
da essa si trovò dinanzi alle « reliquie superbissime di Cehé/ minar, 
quasi a dire quaranta colonne », perchè tante appunto dovevano esserne 
ancora in piedi, quando servivano a imporre un tal nome. In quel tempo, 
però, malgrado avesse ciascuna proporzioni tali da richiedere «€ tre uo- 
mini con le braccia in giro, per abbracciarla », non ne restavano che 
venticinque, e certamente gli fu facile esser profeta quando ebbe a di- 
chiarare come ne sarebbero ben presto mancate e cadute anche delle 
altre. Circa un secolo e mezzo dopo, il Niebhur potè contarne dicias- 
sette soltanto, e a’ nostri giorni ne avanzano dodici appena. 

Se ce lo consentissero il tempo e l'indole del nostro lavoro, non 
riescirebbe davvero privo di qualche importanza un esame comparativo 
fra quanto ebbero a riferire intorno alla topografia, alle dimensioni, 
agli avanzi, al marmi, e il viaggiatore italiano e lo Chardin, il Niebhur, 
il Ker Porter, 1’ Ouseley, il Buckingam (2) non che altri scrittori più 
o meno celebrati, e certo meritamente, dagli eruditi d’ ogni paese, i 
quali poi ignorano o dimenticano affatto persino il nome di Pietro 
Della Valle, che pure si mostra altrettanto coscenzioso nella sua descri- 
zione. Questi inoltre ha il vanto di averli preceduti tutti nella esplo- 
razione, come fu il primo a segnalare certe figure scolpite sulle pietre 
e le famose iscrizioni cuneiformi, che alcuni credono essere state scoperte 
soltanto da poco più di un secolo, e che interpretate dal Grotefend, 
dal Burnouf, dal Lassen, dal Rawlinson, hanno gittato tanta luce sulla 
storia dell’ Iran e tanta rinomanza su questi ed altri dotti. « Nel muro 
della facciata — così egli dice nella sua minuta relazione che qui non 
possiamo trattenerci dal riportare un po’ distesamente — nel muro 
della facciata, di qua e di là dalla scala avanza molto spazio; ed in 


(1) Istakhar, che fu la residenza dell’ ultimo dei re sassanidi fino al 632, non 
«ra ancora completamente rovinata nella prima età del decimo secolo: però i suoi 
abitanti erano la massima parte già trasmigrati a Sciraz. 

(2) CHARDIN, op. cit. VIII, 245; — NIEBHUR, II, p. 121; — KER PORTER, 
Travels in Persia, I, 577; — OuSsELEy, id. II, 222; — BUCKINGAM, id. p. 270. 


— 1058 — 
quello che è diviso per traverso in due ordini, superiore ed inferiore, 
stanno scolpite molte figure, disposte ad una ad una come se andas- 
sero in processione; e dalla parte di levante, parimente che da quella 
di ponente, il viso delle figure e l'ordine della lor processione è sempre 
rivolto verso il mezzo, cioè verso dove la scala sale, come se dovessero 
andar di sopra ed entrar nella fabbrica inferiore ....... Che cosa rappre- 
sentasse la processione delle figure scolpite, non saprei determinare: 
dirò ben che o è pompa di sagrificio, massimamente se la fabbrica 
era tempio, il che più mi persuade; o era trionfo o accompagnamento 
del re che comparisse in maestà, in quel modo che lo descrive Seno- 
fonte (1) quando usciva Ciro; ovvero era pompa di presente che si 
portasse al re, narrando Eliano nella sua grande istoria (2) essere stato 
costume antico in Persia, anzi legge, che ovunque andavano i re, cia- 
scuno a gara gli onorava con presenti, secondo il suo potere, nel modo 
che oggidi ancora si fa, conforme ho scritto più volte. Checchè si fosse, 
l’ ordine della scoltura, tanto da una parte della scala quanto dall’altra, 
è di questa sorte. Negli ultimi cantoni a levante ed a ponente, per 
fine di tutta la facciata, sta prima scolpito, tanto di qua quanto di là, 
un leone grande che piglia ed uccide un altro grande animale, se mal 
non mi ricordo, da una banda un unicorno, e dall'altra una capra silvestre. 
Appresso al leone, più addentro, sta una grande iscrizione, che occupa 
da alto a basso tutta l'altezza del muro, tanto nell’ ordine superiore 
quanto nell’ inferiore, dove sono scolpite le figure. E queste iscrizioni 
in che lingua e lettere siano non si sa, perchè è carattere oggi 
ignoto. Io solo potei notare che è carattere molto grande, che occupa 
gran luogo, e che i caratteri non son congiunti un con l’altro nelle 
parole, ma divisi e distinti ciascun da sè solo, come i caratteri ebrei, 
se pur quello che io giudicava un solo carattere non fosse stato a sorte 
una intera parola, il che neanche si può comprendere. O parole o soli 
caratteri che siano, al meglio che io potei ne copiai, tra gli altri, 
cinque che vidi e riconobbi in più luoghi della scrittura e son le figure 
che porrò qui sotto (3). Ma perchè i versi delle iscrizioni erano intieri, 


(1) Cyropaed., lib. VIII. 
(2) Lib. I, cap. 31. 
(3) Diamo anche noi qui in nota il disegno inserito nella edizione del Gancia 


(vol. II, p. 253) e che è il seguente: <Tm ry JE N < AS 


ms ysses 


ue uu Le 


mon potei conoscere se questa sorte di carattere si scriva dalla destra 
alla sinistra nel modo degli Orientali, ovvero al contrario, dalla sinistra 
alla destra al modo nostro. Mi dà indizio che possa scriversi dalla 
sinistra alla destra al modo nostro il secondo carattere che è com- 
posto di quattro figure simili piramidali, tre diritte con la punta in 
giù, ed una sopra corcata. Perchè delle figure piramidali, il capo di 
questa scrittura, come sì vede in tutti i caratteri, è la parte larga che 
sta sempre di sopra quando stan diritte. Ora in quella figura pirami- 
dale corcata sopra le tre che stanno in piedi, essendo il suo capo, che 
è la parte larga, alla sinistra, e la coda che è la punta, alla destra, 
mostra che il principio della scrittura è dalla parte sinistra verso la 
destra..... Notai di più che tutti i caratteri di questa scrittura son com- 
posti delle medesime figure piramidali e di quelle altre più sottili ango- 
lari, variamente disposte fra di loro, facendosi differenti i caratteri un 
dall’ altro solo nel numero e nella disposizione delle già dette figure >». 

Oltre queste notizie e queste induzioni sui caratteri cuneiformi di 
Cehil minar, oltre la diligente rassegna delle sculture e di ogni altra 
particolarità di quegli avanzi monumentali, |’ infaticabile esploratore volle 
aggiungere parecchie informazioni, non meno preziose, anche sulle ro- 
vine di MWacsci Rostam, o pitture di Rostam, così dette per le molte 
iscrizioni che vi si rinvengono, e per i bassorilievi scolpiti dagli antichi 
popoli sulle rupi circostanti allo scopo di « lasciare al mondo memorie 
che durino eterne » (1). Quindi retrocesse per la « gran pianura, che 
ben si vede di essere stata sito a proposito per una grandissima città > 
e ripassato il Cur (2) andò a riposare nel castello di Zercon (Ser- 
gun) sulla via più breve che conduce a Sciraz, dove pervenne il mat- 
tino del sedici ottobre. La celebrata città dei giardini e delle rose, la 
patria delle più belle donne persiane « tormento degli occhi » e dei 
poeti più appassionati, Hafiz e Sadi, che vi hanno anche le tombe, non 
ebbe per lui attrattive da ritenerlo se non per pochi giorni. Indi si 
diresse a mezzodì, poi a levante per una pianura chiusa tra due file 
di monti e in gran parte biancheggiante di sale, facendo sosta a Selvi- 


(1) AMAT DI San FiLIPPO, loc. cit., nota che le figure scolpite sulla pietra e 
le scritture cuneiformi aftirarono È attenzione di Pietro Della Valle nel suo viaggio in 
Mesopotamia. Dopo quanto abbiamo esposto ci sembra affatto inutile insistere per ri- 
levare e correggere siffatta inesattezza. 

(2) Il nostro viaggiatore rimprovera FRA FILIPPO FERRARI che nella sua ZEgi- 
tome geografica attribuisce a questo fiume il nome di Besdemir e ma s'inganna, chè 
Bendemir è nome del ponte e non del fiume ». Essendo vera questa asserzione, il 
rimprovero fatto a fra Filippo se lo meriterebbero anche parecchi geografi e carto- 
grafi de’ nostri giorni. 


stan (Sarvistan) a Passio Fast — che avrebbe voluto identificare col- 
l'antica Pasàrgada (1) — a Temistan, a Dechair, a Mogokiel, e ripo- 
sando ora entro un palmeto ora presso un rivo d'acqua corrente. Cam- 
minate poche altre leghe, dovette superare un arduo valico fra i monti 
che lo dividevano dalla borgata di Purg o Forg « grossa di forse due- 
mila case, sparse tuttavia in confuso tra gli alberi di dattili » — e 
subito dopo toccò il territorio di Tascuh e di Tarom (Tarun), ricoperto 
ogni dove da boschi e da campi coltivati a cotone. Egli però non volle 
recarsi a visitare quelle due località, e, passato senz'altro un rivo d'ac- 
qua salsa, perciò appunto detto Ad sciur, entrò in certe angustie di 
monti, dove la strada cominciava a esser quasi impraticabile, massime 
poi nel punto conosciuto per Der fengàki cehar rud, vale a dire « porta 
stretta dei quattro fiumi », perchè in quel luogo appunto corrono e si 
uniscono in tempi di pioggia quattro grossi torrenti (2). Fortunatamente 
allora non avevano acqua, cosicchè si mise per l'alveo di uno di essi, 
affaticandosi e stentando fino a Ghurè, donde procedette per Ciuciulu- 
lion sul confine della provincia di Moghostan o Moghistan, cioè Pal- 
meto, distesa tra levante e mezzogiorno di là dal seno persico. 

Era dunque pervenuto in un distretto prossimo alia costa, ed anzì 
a così breve distanza da Hormuz da udire distintamente il rimbombo 
delle artiglierie impiegate a difesa di quella fortezza contro i Persiani 
che, istigati e sussidiati dagli Inglesi, volevano cacciarne i Portoghesi. 
L'esercito di Abbas, sotto gli ordini del chan di Sciraz, aveva già stretto 
d'assedio anche il castello di Kescm, sulla estremità orientale dell’isola 
che oggi porta il nome di Tauilan, e, per disgrazia del viaggiatore ita- 
liano, era stato bandito che nessuno potesse uscire dal paese. Questi, 
nondimeno, fece dapprima ogni tentativo per eludere la feroce vigilanza 
dei combattenti; ma dopo che s’accorse come il fuggire sarebbe stato 
difficile a « un uccello, non che ad una barca », stimò più prudente 
recarsi ad aspettare gli eventi in Minà, capoluogo fortificato del Mo- 
ghistan. Colà si fece costrurre all’ usanza del luogo, vale a dire con 
tronchi e foglie di palma, una capace abitazione, anche perchè aveva 


(1) Gli suggerì l’idea una certa analogia che gli parve correre tra i due nomi. 
Se non che oggi il sito di Zasargadae, ove era il sepolcro del gran Ciro, è stato 
identificato con quello di Murghab, nel qual luogo si rinvennero molte rovine e, fra 
le altre, un monolite colla iscrizione cuneiforme: « Io son Ciro ecc. » (V. MORIER, 
A Journey through Persia, ecc.; — KER PORTRR, op. cit. I, 500; — LASSEN, 
Leitschrîfte, ecc., VI, 152). 

(2) Avverte la relazione che il nome Der teng, o « porta stretta », è comune in 
Persia a parecchi valichi di montagna. 


— 1081 — 

bisogno di mettere al sicuro le numerose casse e gli oggetti che era 
venuto raccogliendo. Sperava così di poter vivere tranquillo, pur affret- 
tando col desiderio il momento della partenza, quando ebbe ad avver- 
tire dolorosamente che le persone del suo seguito e della sua famiglia 
cominciavano a soffrire di febbre malarica. In pochi giorni ne furono 
colpiti tutti, ma la sua Maani così fieramente, ch’ egli sentì stringersi il 
cuore da un triste presagio. Fatta segno alle cure più affettuose, la po- 
vera inferma, per pietà de’ suoi cari, non mosse un lamento neppure 
allora che si conobbe maggiormente aggravata. Volle soltanto farsi tra- 
sportare dalla casa a un prossimo padiglione aperto, pieno d'aria e di 
luce. Là sotto, sulle prime ore del 30 dicembre, spirò nel più bel fiore 
della vita, ma rassegnata, fra le braccia di suo marito e della sua Ma- 
riuccia (1). 

Coll’anima lacerata dal dolore, senza un amico, senza un parente 
che potesse recargli il più tenue conforto — giacchè (come scrive egli 
stesso) avrebbero avuto bisogno di consolazione e d’ ajuto anche tutti 
coloro che gli si trovavano dintorno (2) — Pietro Della Valle ebbe 
appena la forza di ordinare |’ imbalsamazione del cadavere. Poi lo com- 
pose religiosamente entro una cassa di legno d’amba, risoluto, com'era, 
di condurlo seco finchè non gli avesse potuto dare onorata sepoltura 
in Roma, nell’antico sepolcro de’ suoi maggiori. E non volendo tratte- 
nersi più a lungo in quel luogo maledetto, come anche per salvare i 
superstiti e sè stesso dai terribili effetti della malaria, decise di ritornare 
nell’ interno del paese, ma per altra via che quella per la quale era 


"venuto. Lo strazio del cuore e il delirio della febbre non gli consen- 


tirono, questa volta, di fermar l’attenzione sulle cose più notevoli delle 
contrade che ebbe ad attraversare. Potè accorgersi solamente che i suoi 
portatori per evitare certi passi paludosi più prossimi alla marina, lo 
condussero da principio per una squallida campagna fino a Ciuciululion. 
Di quì con soste intermedie ad Issìn, Cusciar, sTenghi Dalan, Chormud, 
raggiunse la città di Lar, assoggettata da Abbas poco più di vent'anni 
prima e — quantunque posta in una regione poco favorita dalla na- 
tura — assai prospera, a quei tempi, per l'attivo commercio e popo- 
losa. Possedeva un castello, un bel palazzo reale, un bazar, che anche 
oggi è ricordato fra i più insigni in grazia della architettura, e 1 suoi 

(1) AMAT DI San Fitrppo, loc, cit.; BRANCA, Storia dei Viag. ital., p. 370; 
— e lo stesso BELLORI, loc. cit. — fanno morire Sitti Maani sulle rovine di Per- 
sepoli, il che è più poetico, forse, ma non è vero. 

(2) Si era recato a Minà anche un suo cognato, ma in quella dolorosa con- 
giuntura trovavasi anch’ esso aggravatissimo per la febbre che lo aveva colto. 


— 1082 — 
pozzi o cisterne innumerevoli bastavano ad approvvigionarla d'acqua 
anche negli anni di persistente siccità (1). 

Ma sopra tutto mirabile era la stima e il rispetto che la popola- 
zione di quel luogo mostrava professare per chiunque si fosse segnalato 
nelle lettere o nelle scienze. Il nostro viaggiatore ebbe anzi a dichia- 
rare che, per quanti paesi avesse visitati in tutta l' Asia, non gli era 
venuto mai fatto d’incontrarvi uomini « nè tanto dotti, nè così profonda- 
mente fondati nelle scienze, come in Lar ». Durante la non breve dimora 
che vi fece sino al giugno del 1622, egli potè conoscervi ed apprezzare 
parecchi letterati e filosofi, giuristi, medici, chimici, astronomi, uno dei 
quali lo ajutò a fissare, con sorprendente precisione, la latitudine della 
città in ventisette gradi e mezzo. Cosicchè riguadagnata poco a poco la 
salute, vi trovò anche un sollievo, sia pure tenuissimo, a quella pro- 
strazione morale in cui era caduto miseramente: ma quando apprese 
che i Persiani, ajutati da una flotta inglese, eransi impadroniti delle 
isole di Kescm e di Hormuz, lo prese a un tratto il desiderio di ritor- 
nare ad Ispahan, e si diresse alla volta di Biri malgrado gli ardori della 
stagione estiva, già annunziata dallo spirare del Jad semum, o vento 
velenoso. Per valloni poverissimi d’ acqua, per campagne deserte, e prov- 
viste solamente di qualche cisterna e abitate da genti « che vivono non 
in ville murate, ma in padiglioni neri, a guisa. degli Arabi, correndo 
or qua or là dove trovano l'erba », giunse a Kerift e quindi a Nesir-bad 
(Nasirabad) sulla strada di Fasà che aveva percorsa nell'ottobre del- 
l'anno antecedente. Di là a Sciraz il cammino fu breve e senza note- 
voli incidenti. Lo accompagnavano soltanto i ricordi del passato e quel 
profondo sentimento di malinconia, per cui la relazione sì chiude con 
queste precise parole che rassomigliano ad un'iscrizione funeraria : 
« Pietro Della Valle finì già nel Moghostan insieme con la sua fortuna 
e con la vita della sua diletta » (2). 


V. 


Le vicende della guerra coi Portoghesi, il trasporto del bottino e 
dei feriti numerosissimi, e finalmente il ritorno dell'esercito dalla con- 
quista di Kescm e di Hormuz produssero tal carestia di cavalli e di 
cammelli, che il viaggiatore italiano non solo fu costretto di restarsene a 
Sciraz più di quanto avrebbe voluto, ma dovette persino rinunciare al- 


(1) Dalle rovine che ne restavano nel 1838, il viaggiatore AUCHER ELoy potè 
calcolare che Lar, a’ suoi tempi migliori, possedeva oltre a tremila cisterne. 
(2) V. Lettera dai Giardini di Sciraz, p. 390 del vol, II. 


— 1083 — 

l'impresa di giungere ad Ispahan. Pensò quindi d'avere a cogliere |’ op- 
portunità del passaggio d'una grossa carovana condotta dagl’ Inglesi per 
trasportare la seta nello stretto del Golfo Persico ; tanto più che in tal 
modo avrebbe facilmente trovato un imbarco per l' India, sua meta de- 
sideratissima prima di ritornare in Europa. Nè lo distolse dalla delibe- 
razione di percorrere un’ altra volta la distanza, che lo divideva dal mare, 
neppure il fatto che, dopo l'attesa impreveduta, riuscì a noleggiare uni- 
camente per sè quanto gli era necessario: per rimettersi al più presto 
in cammino. Egli adunque, sulla fine di agosto, rifece la strada di Passà, 
non allontanandosi da quella battuta precedentemente se non per fare 
una punta, come suol dirsi, verso la città di Darabghierd, che trovò di 
gran lunga inferiore alla sua aspettativa. Solo nell'ultimo tratto, dopo 
la borgata di Guhrè, si tenne un po’ più a mezzogiorno verso Guri 
Bazirgon (Gaurbasirgon) e, finalmente, per la via più breve giunse al 
porto di Combrù (Bandarabbas), tante volte sospirato (1). 

Quì però non ebbe ad incontrare minori ostacoli al proseguimento 
del suo viaggio e, tra le promesse e gi’ intrighi dei governatori musul- 
mani, dovette attendere sino al 18 gennajo del 1623. Nè a vincere la noja 
e l’impazienza ebbe altro mezzo che quello di sfogarsi a notare, quasi 
giorno per giorno, o qualche avvenimento politico, come, ad esempio, 
l'annuncio mandato da Abbas che il suo esercito erasi impadronito di 
Candahar, o certe curiosità riguardanti i costumi e le superstizioni degli 
abitanti del luogo. Solo una volta gli fu concesso di passare sulle isole 
vicine; e di Hormuz « tanto salmastra che non produce nè alberi, 
nè piante, neppure un filo d'erba », della sua città, della sua fortezza, 
della sua popolazione, che per la mancanza dell’ acqua potabile era co- 
stretta a farsela venire da oltre il mare, ci lasciò un quadro completo 
e preciso quant’ altri mai. Kescm invece non gli parve un luogo for- 
tificato, ma « una colombaja »; ed a Larek, minore delle altre due, non 
restavano se non certe reliquie di case distrutte dai corsari arabi. 

Il legno, sul quale s' imbarcò più tardi, tennesi appunto fra gli 
stretti di queste isole per potersi dirigere con ogni sicurezza verso il 
Mare Arabico, essendochè « nel canale più angusto verso la Persia (che 
sarebbe stato il più breve) vi è poca acqua e le navi grosse non vi 
possono andare ». Ai 25 di gennajo esso trovavasi già in alto mare 
e, quasi sempre favorito da un vento di poppa, giungeva in vista della 


(1) Più esattamente era detto Gomyrsn. Il nome poi di Bandar-Abbas, o porto 
di Abbas, gli venne imposto, dopo la distruzione di Hormuz, in onore di questo 
sovrano. 


— 1084 — 

terra dell'India solo otto giorni dopo. Se non che nell’ ultima parte della 
felice navigazione aveva dovuto tenere una rotta alquanto più meridio- 
nale di quella che sarebbe stata richiesta per andarsi ad ancorare nella 
Rada di Surat; onde gli convenne risalire lungo la costa, bordeggiando 
a stento è con ogni cautela sia per il pericolo delle secche e dei fre- 
quenti bassifondi, sia per la corrente del Golfo di Cambaja « che è 
molto impetuosa e bisogna aspettare di averla a seconda, il che si sa 
quando ha da essere, perchè si muta regolarmente secondo le ore e i 
giorni della luna » (1). Ma quando pervenne a dar fondo nell’ estuario 
del Tapti, il Della Valle s’avvid per terra verso la città, che trovò po- 
polatissima e dove fu accolto assai cordialmente da Olandesi e da In- 
glesi, quivi residenti in numero abbastanza considerevole, benchè Surat 
fosse a quei tempi ancora soggetta al dominio del Gran Mogol. Di là, 
sempre per terra, ma dopo alcuni giorni di sosta, prese la direzione di 
Barocci (Bharotsc) — centro di grande esportazione « in tele fine di 
bambagia » — e attraversato, da ultimo, il Fiume Mehi (2) giunse a 
Cambaja, la città che più di tutte desiderava conoscere e perchè antica 
e perchè abitata da idolatri, scrupolosi osservatori dei loro stranis- 
simi riti. 

La Camsaet di Marco Polo, l’emporio commerciale vantato da 
Marin Sanudo il vecchio, come uno dei più cospicui su tutti i mari 
dell’ India, e cui Nicolò de’ Conti non assegnava meno di quattordici 
miglia di circuito (3), conservava ancora, nel principio del secolo decimo- 
settimo, una certa importanza, così per movimento di traffici come per 
popolazione ed ampiezza, avuto riguardo specialmente a’ suoi sobborghi 
fuori delle mura. Più tardi decadde in modo che poche città possono 
competere con essa per fornire una prova di certe violenze della natura 
contro l’opera dell’ uomo. I suoi ancoraggi furono colmati da banchi 


(1) Questa corrente, la quale, come ben dice l'autore è prodotta dalla marea, 
che nel Golfo di Cambaja si eleva a una diecina di metri, è anche oggi abbastanza 
temuta dai bastimenti, costretti altresì ad evitare i bassifondi spostati continuamente 
dai continui depositi alluvionali dei fiumi. 

(2) A proposito di questo fiume, nella relazione si fa cenno delle moltissime 
carte geografiche le quali perpetuavano |’ errore che l’Indo sfociasse con un ramo 
nel Golfo di Cambaja. « Questo errore è tanto grosso quanto è largo tutto il paese 
del Guzerat » a ponente del quale questo secondo fiume si scarica in mare. È però 
vero che detto paese fu un tempo isola, in quanto che la laguna di Catsh comu- 
nicava col fondo del Golfo di Cambaja. 

(3) V. YuLE, The Book of ser M. Polo, vol. II, p. 532. Il BELLEMO nel suo 
diligente lavoro sui Viaggi di Nicolo de’ Conti riduce le suddette miglia a dodici sol- 
tanto (V. p. 53). 


i — 1085 — 

di sabbia e di fango, allo stesso modo che il posto dove primamente 
era sorta — tre o quattro miglia più a ponente delle reliquie odierne 
della città (1) — era venuta scomparendo quasi del tutto dinanzi alla 
invasione delle jungle. Gli è perciò che la minuta descrizione fattane 
dal nostro autore (2), anche senza tener conto dell'interesse destato 
fra i suoi contemporanei, va riguardata quale un insigne documento di 
Geografia storica. Gli è perciò che Vivien de Saint-Martin (3), nel ricor- 
dare le fasi di quel celebre luogo, si fa un dovere d’ avvertire come 
bisogni confrontare quella descrizione coll’ altra lasciatane dal Forbes, 
poco più di un secolo e mezzo dopo, nelle sue Oriental Memoirs. Ma 
lo stesso scrittore francese deplora in pari tempo che il Todd (4), un 
altro dotto quanto operoso esploratore, non siasi recato a vedere la 
sede della città primitiva, la quale abbiamo testè accennato esser lon- 
tana alcune miglia soltanto dalla Cambaja odierna, ed è conosciuta poco 
meglio che pel suo nome- di Nagar. E siccome a tal proposito egli non 
cita affatto il nostro viaggiatore, sarà bene affrettarsi a soggiungere come 
questi non trascurasse punto di visitarla e di raccogliere qualche notizia 
molto interessante intorno a uno dei tempi che ancora vi rimanevano 
in piedi fra quelli eretti dalla schiatta de’ Baniani. Lungi dall' essere 
stato abbandonato, esso era tenuto con gran cura dai sacerdoti di 
Brahma, ed oltre una statua di questo dio « con più braccia e più 
facce > vi sì veneravano molti curiosi simulacri e idoli scolpiti nel 
marmo bianco. 

Siccome inoltre « la reggia e il capo di tutto il Guzerat » era a 
que’ tempi la città di Ahmedabad — alla quale Cambaja serviva di 
avamporto, e « dove il Gran Magol per particolar privilegio teneva 
palazzo e corte » anzi vi andava a risiedere ogni tanto — Pietro Della 
Valle si recò a visitare anche quel luogo, percorrendo strade sovra 
modo polverose, ma che erano aperte fra la più strana vegetazione 
e infestate ora da scojattoli, ora da scimmie, ora da furfanti ac- 
cattoni. Poi riprese la via di Surat soffermandosi, presso a poco, negli 


(1) Secondo una statistica del 1871 la odierna Cambaja avrebbe una popola- 
zione di circa 33,700 anime, perchè, come è noto, nell’ India le borgate sono popo- 
latissime ; ma pur ritenendo esatta questa cifra, è doloroso paragonarla ai 160,000 
abitanti del secolo XVII. 

(2) V. p. 534 del vol. II. Nella stessa relazione, che è la prima della Parte III 
dei suoi viaggi ed è datata da Surat, 22 marzo 1623, si possono ricavare anche molte 
e importantissime notizie relative all’ etnografia del paese di Cambaja. 

(3) Nouv. Diction. de Géogr. Univers., vol. I, p. 584. 

(4) La relazione del col. TODD porta per titolo: Zravels in West India. 


— 1086 — 

stessi punti toccati precedentemente, e meditando di ripartire al più 
presto anche da quest’ ultima città per continuare altrove quella sua 
meravigliosa raccolta di notizie che, se da una parte gli dà diritto 
a esser classificato tra i più operosi e illuminati viaggiatori del se- 
colo decimosettimo, dall’ altra costituisce un prezioso contributo allo 
studio dell’ etnologia indiana e una serie di testimonianze storiche 
pressochè indiscutibili. Egli adunque, dopo alcuni giorni, si recò per 
mare a Daman, posseduta dai Portoghesi fin dal 1551, e di là a 
Bassaim (Basain), dove strinse relazione con alcuni missionari gesuiti. 
‘Passò in seguito dinanzi al gruppo insulare nelle cui rade doveva darsi 
solennemente convegno il commercio del mondo, allorchè, più tardi, 
l' umile forte di Bombay si venne trasformando nel massimo emporio 
commerciale di tutto 1’ Oceano Indiano. Ma la nave che lo condu- 
ceva, ebbe occasione di accostarvisi unicamente per rifornirsi d'acqua (1), 
e riprese senz’ altro la direzione di Ciaul, donde proseguì navigando 
sempre a vista di terra finchè agli 8 di aprile, giunse alla famosa Goa, 
della quale, a’ nostri giorni, rimangono poco più che delle rovine e lo 
storico nome, portato anche da una vicina e più moderna città senza 
industrie e senza commercio (2). 

| La capitale dei possedimenti lusitani nelle Indie Orientali sorgeva 
allora superbamente sulla costa più interna dell’ isola fortificata, detta 
anch’ essa di Goa, per le cui sponde, tra i palmeti e i giardini, s'erano 
venute moltiplicando le ville ed altri luoghi di ricreazione (3). I suoi 
fabbricati non mostravano certo squisitezza d’ arte; ma grandi e ben 
disposti, com’ erano, servivano stupendamente alle esigenze del suo clima 
tropicale, così pernicioso, coll’ alternativa di calori roventi e di pioggie 
interminabili, alla salute degli Europei. Le sue chiese, i suoi conventi 
erano talmente numerosi che forse nessuna città ebbe mai, in propor- 


(1) Il Portogallo teneva sì poco al possedimento di quel gruppo insulare che 
nel 1661 lo cedette all’ Inghilterra. Il nostro viaggiatore, del resto, ricorda appena 
l'isola di Salsette e il punto dove in essa coglievasi acqua, ed era perciò detto Ae 
quada dai Portoghesi. 

(2) La Nuova Goa o Pantscim, sorta dopo il 1765, trovasi a circa otto chilo- 
metri da quella creata da Albuquerque nel 1510, 

(3) La relazione parla ripetutamente dei molti isolotti vicini alla costa occi- 
dentale dell’ India, e formati da rigurgiti mareali, da barre e da estuarî di fiumi. 
Dell’ Isola di Goa dice che e il braccio di mare, o fiume, che la circonda, ordina- 
riamente è salso, nonostante nell’ intimo di quello entrino altri piccoli fiumi d'acqua 
dolce »; ma che nella stagione delle pioggie, quando grossi torrenti e colano dalla 
terra intorno, si fa egli ancora tutto dolce. Onde i contadini, che tal tempo aspet- 
tano, tirano I’ acqua di quello sopra i seminati dei risi », ecc.. (Vol. II, p. 605). 


— 1087 — 

zione, tanti frati domenicani, francescani, gesuiti, o d’ altri ordini, rac- 
colti colà come in un vasto seminario di missionarî per la propaganda 
tra gl’ infedeli di tutta |’ Asia. E numerosissimi ne erano altresì gli 
abitanti, ma schiavi la maggior parte « gente negra e meschina, e nuda 
per lo più, o malissimo in ordine, da parere piuttosto sporchezza che 
ornamento della città ». I Portoghesi di nascita s’ erano, però, già di- 
radati in modo considerevole e non vi accumulavano più nemmeno le 
favolose ricchezze che li avevano fatti segno all’invidia di altri popoli. 
Anzi la povertà e la miseria serpeggiavano largamente fra essi, mal 
dissimulate da certe ostentazioni nobilesche o di lusso, da quel con- 
tegno di gravità o di vana superbia che li spingeva a « mostrar fuori > 
tutto quanto possedevano. Azzimati, ignoranti, sospettosi contro i fore- 
stieri, in materia di governo miravano « con gran diligenza alle piccole 
festuche senza far poi molto conto delle travi grosse ». La loro pro- 
sperità commerciale, insidiata da Inglesi e da Olandesi, volgeva, insomma, 
rapidamente al tramonto. Ancora un secolo e mezzo, e alla « Città 
d’oro » così celebre un giorno per la sua potenza e per la sua corru- 
zione, non resteranno che pochi abitanti, costretti anch’ essi a fuggire 
dinanzi alla malaria, a questo terribile /lagellum Dei delle città de- 
cadute. 

Onorato dal vice-re Francesco de Gama, nipote al fortunato navi- 
gatore che primo aveva percorsa tutta la via marittima alle Indie Orientali; 
bene accolto da parte dei religiosi, di cui ricorda parecchi nomi illustri 
negli annali delle Missioni, il viaggiatore italiano si trattenne a Goa 
per oltre un anno e mezzo, non allontanandosene che una volta sola, 
nell’ ottobre del 1623, in compagnia dell’ambasciatore portoghese, man- 
dato a trattare con un principe di Canara. Si recò dunque alla vicina 
Pangi (Pantscim o Nuova Goa), e di là per mare passò ad Onòr (Hon- 
nawar), che non era più 1’ opulenta città descritta da Ibn Batuta e da 
Abulfeda, ma piuttosto una grossa borgata di tugurî sotto un magnifico 
bosco di cocco e protetta da un'ampia fortezza d'origine indiana. 
Avendo in seguito a penetrare verso |’ interno del paese, rimontò con 
una imbarcazione il fiume di Garsopà (Gherseppa, Ciravatt o Cural) 
percorrendo un distretto fra i più incantevoli che mai avesse veduti, e 
costituito ovunque da colline e da valli deliziose, tutte verdeggianti, 
tutte vestite di folta e alta selva, e bene spesso di alberi fruttiferi, come 
noci indiane, /owfe/, embe e simili. Lo irrigavano altresì un gran numero 
di rivi e di sorgenti che poi si raccoglievano nel fiume maggiore, anche 
esso colle sponde sepolte sotto la più lussureggiante vegetazione, tutte 
piene di fiori, d’ erbe, di liane rampicanti su per gli alberi più alti, su 


— 1088 — 
pei giganteschi bambù che s'addensavano d'ogni intorno, segnando, nel 
loro sviluppo, i molteplici giri dell’acqua corrente. 

Egli però non vide la meraviglia maggiore di quella contrada; non 
vide le celebrate cateratte del fiume che, secondo il Russell Killough 
ed altri esploratori, sono le più belle di tutta I’ India (1). Era risalito 
coll’ imbarcazione a un punto che non gli concedeva di procedere per 
quella via, e dovette scendere a terra per recarsi a piedi in Garsopà 
già florido capoluogo d' uno Stato indipendente, la cui regina presso 
le fattorie della costa era chiamata Reyna da Pimenfa in grazia della 
straordinaria quantità di pepe che il suo territorio produceva e forniva 
alla esportazione. Indi proseguì « per terre sempre disuguali e selvose 
e per il monte che i paesani chiamano Ga? (Gati occidentali) ed attra- 
versa per mezzo tutta la lunghezza di quella parte dell'India. La salita 
del quale non è molto aspra, anzi è gustosa e così bella come le altre 
terre, per esser pur piena di folta selva d’alberi di smisurata grandezza 
e così dritti alcuni, che soli d'un pezzo possono servire per maestri di 
navi. È pur rigato il monte da rivi e fontane, pur vestito d'erbe e 
di fiori ». Sull' ultima cresta il passo era aflora fortificato, e vi si 
trovava appena un villaggio, detto Nagar, quello stesso che pochi anni 
dopo cominciò a trasformarsi in città, popolandosi a un tratto di 
forse centomila abitanti, e che oggi è conosciuto anche col nome 
di Bednur (2). 

Fatta una breve sosta in quel luogo e in una prossima ¢ villa di 
quattro tugurî che chiamano Tumbrè >», la Spedizione dovette trasbor- 
dare un fiume (Barenghf) quasi nascosto nel bujo d'una foresta, e senza 
altri incidenti arrivò a una grossa borgata, detta Ahineli, che possedeva 
un tempio con certi simulacri e idoli da scandalizzare qualunque poco 
fedel cristiano (3). Pervenne in seguito a Badrapor, tutta piena di « armi- 


(1) Il RUSSELL, noto autore delle Seise mille liewes & travers VAsie et TOcéa 
nie, scrive a dirittura che la maggiore di queste cateratte è tanto alta che e alla sua 
base il clima non è più eguale a quello della sua sommità ». La sua colonna d’ac- 
qua misura oltre a 250 metri da alto in basso, e al tempo delle pioggie è davvero 
imponente anche per volume. 

(2) Si chiamava Garicota — dice la relazione — ed ora Govarada Nagar, La 
parola /Vagar, poi, da noi ricordata anche parlando di Cambaja e tanto frequente 
nella nomenclatura geografica dell' India, significa e forte nuovo, o nuova residenza » 
e rientra nella composizione di un gran numero di nomi, come Raginagar, Ciandra- 
nagar o Ciandernagore, ecc., ecc. (V. SAINT-MARTIN, op. cit., vol. IV, p. 5), — 
Oggi il passo vicino a Bednur è detto Hosso-Angadi, ed è uno dei più comodi e dei 
più frequentati. 

(3) Nella Lettera V da Ikkeri questo tempio è descritto assai minutamente e 
vi si trova disegnata anche la pianta di esso (vol. II, p. 646). 


— 1089 — 

geri > e, finalmente, alla popolosa Ikkeri, dove allora trovavasi la Corte 
di un potente rajà indiano, ma che più tardi si vide posposta alla 
fortezza di Nagar, testè ricordata, e decadde rapidamente (1). Posta 
în un bel pianoro, colle varie sue parti disseminate su così largo spazio 
da parere « un composto di città, laghi, campagne e selve mescolate 
insieme », essa nel suo nucleo centrale, dove trovavasi la reggia, era 
difesa da tre recinti, due dei quali, costrutti con tronchi di bambù e 
‘avvolti dalla più invadente vegetazione, si sarebbero potuti rassomigliare 
a delle siepi gigantesche. Possedeva inoltre alcuni tempî, e così nel- 
? aspetto esteriore come nell’ indole e nei costumi degli abitanti appar- 
teneva ancora totalmente a quell’ India primitiva, non guasta, non 
contaminata — come direbbe un seguace di Brahma — dall’ urto pre- 
potente della civiltà, della religione, del commercio degli Europei. Le 
vedove là correvano ancora liberamente a farsi bruciare sul rogo dei 
loro mariti, dopo essersi aggirate nelle vie della città in compagnia dei 
parenti e degli amici, levando grida lamentose come per licenziarsi dal 
mondo (2). E s’ inchinavano tutti ai sacerdoti dagli abiti più stravaganti 
e dalle « faccie incenerate », i quali manifestavano un gran fervore 
religioso, ballando al cospetto degl’ idoli « non solo allegramente, ma 
anche lussuriosamente ». Le cerimonie più bizzarre, le feste più solenni 
in onore delle molteplici divinità erano quasi continue: erano frequenti 
le processioni accompagnate da una musica assordante di tamburi e di 
trombe, da lunghe schiere di danzatrici con nacchere, e da cori di fan- 
ciulle inghirlandate di fiori. 

Pietro Della Valle fu accolto con assai gentilezza anche dal so- 
vrano d’ Ikkeri, che mostrò compiacersi nel saperlo « nato romano e 
venuto a lui così pellegrino » in compagnia dell’ ambasciata di Goa. 
Dalla quale, del resto, egli non tardò troppo a dividersi, perchè invece 
di ritornare alla costa, rifacendo il cammino già percorso nell’ andata, 
volle tenere una via alquanto più meridionale, nella speranza di poter 
apprendere qualche nuova particolarità di quel popolo e di quel paese, 
di cui |’ Europa aveva appena cominciato a penetrare i misteri. Questa 
volta però il viaggio gli riuscì molto meno agevole di quanto aveva 
preveduto, massime nel ridiscendere i Gati fino a Colur e a un grosso 
rivo, nelle cui vicinanze trovavasi, ancor fiorente a que' tempi, Barselor 


(1) Questo cambiamento di residenza, pel quale Ikkeri doveva scomparire ben 
presto dal novero delle città, ebbe luogo intorno al 1645. 

(2) Il nostro viaggiatore ebbe persino occasione di parlare con una di quelle 
vittime volontarie, e tentò invano distoglierla dal proposito di sagrificarsi ; anzi venne 
anch' esso richiesto di un’ offerta per comperare di che accrescere la mole del rogo. 


— 1090 — 
« detto di sopra, cioè dentro terra, che è degli Indiani, a differenza 
di Barselor da basso alla marina, che è dei Portoghesi » (1). E dovette 
essere una bella fortuna per lui lo scorgere in quest’ ultimo luogo certe 
navi in partenza; tanto è vero che colse subito l’ opportunità di pas- 
sare con esse a Mangalor, un’altra delle città che desiderava conoscere, 
specialmente perchè aveva contiguo il piccolo stato di Olala, la cui 
regina era diventata famosa nelle relazioni e nelle cronache dei domi- 
natori della costa (2). Non appena sbarcato egli, adunque, si dette a 
percorrerne i dintorni ed una volta, anzi, rimontò il fiume sino al vil- 
laggio di Manel, dove appunto risiedeva la regina, colla quale ebbe 
occasione di abboccarsi per via; come pure gli fu dato penetrare nella 
reggia — che del resto era poco più di una grossa capanna — e in 
un tempietto dedicato a un « idolo del diavolo » cui, da buon cri- 
stiano, non potè tenersi dallo sputare addosso e in faccia ripetutamente. 

In un’ altra escursione egli si recò a visitare un eremo dei Gati, 
ove abitava « un archimandrita che i Portoghesi, liberali al solito del 
nome regio, chiamavano il re de’ gioghi», perchè appunto signoreggiava 
un piccolo territorio. Stava inoltre in procinto di recarsi ad ossequiare 
la spodestata regina di Carnate, il cui perduto dominio stendevasi due 
o tre leghe lontano a settentrione di Mangalor, quando ebbe notizia 
di una flotta che, entrata nel porto, era già pronta a riprendere il 
largo, e non pose tempo in mezzo per ottenere di essere accolto su 
una delle navi che pure doveva condurlo anche più a mezzogiorno sulle 
coste del Malabar. Passò infatti a vista di due monti, il Deli e il Fer- 
moso, fece una breve sosta nella rada di Cananor e finalmente pervenne 
a Calicut, allora capitale di uno Stato omonimo, il cui Samorì (3) tro- 
vavasi in rapporti tutt’ altro che amichevoli coi Portoghesi e col finitimo 


(1) La relazione soggiunge che « in quasi tutte le terre alia marina avviene il 
medesimo, d’ esservene due d’ un medesimo nome, una di sopra o dentro terra che è 
dei naturali, e |’ altra di basso al mare, de’ Portoghesi, dovunque essi hanno luogo ». 
(V. Lett. VI, da Mangalor, vol. II, p. 685). 

(2) Essa aveva spinto il ragia d’Ikkeri a muover guerra contro i Portoghesi 
che subirono una grossa sconfitta, sebbene si fossero alleati col re di Banghel « più 
correttamente detto Bangher, ovvero Banghervari », il cui territorio, prossimo anche 
esso a Mangalor, cadde sotto il dominio del fortunato vincitore. 

(3) Questa parola Samori — dice la relazione — è titolo con cui tutti quei re 
si chiamano, come fra noi Cesare o imperatore ». Del resto Calicut, nella quale, 
come è noto, era sbarcato Vasco di Gama il 20 maggio del 1498, era detta per an- 
tonomasia la « città del Zamorino » — nome che i Portoghesi avevano dato al so- 
vrano del luogo, alterando singolarmente il titolo indigeno di Ragid Samudrî o re 
del mare. (V. Viv. DE SAINT-MARTIN, Hist, de la Géogr., ecc., p. 340). 


— 1091 — l 

regno di Cocin loro alleato. Siccome però correvano delle pratiche allo 
scopo di addivenire a qualche composizione di pace, egli s’ unì a un 
capitano della ‘flotta per discendere a vedere la città, che trovò grande 
e fittamente abitata, sebbene le case fossero quasi tutte nascoste dietro 
certi recinti di pietra e sotto alberi altissimi, sui rami dei quali andavan 
saltando numerose scimmie selvatiche. Gli abitanti poi, uomini e donne 
ugualmente, portavano i capelli assai lunghi, legati sopra la testa, e si 
coprivano appena dalla cintura ai ginocchi con un panno di cotone o 
di seta, screziato a colori. Alcuni fra essi erano Malavari d’ origine « po- 
polo avventizio in quelle parti, però da lungo tempo assai addietro,. 
perchè Marco Polo ne fa menzione » e maomettani di setta, non che 
ladroni famosi per tutto il litorale della vasta penisola. Ma i più, mas- 
sime i nobili e quelli della contrada interna, erano di razza Nairi, di quella 
razza, cioè, che pur vivendo a contatto coi seguaci di Brahma o di 
Cristo, preferì ostinarsi in certi suoi costumi e conservarli assai meglio 
di qualunque altra nazione dravidica. Le donne infatti, come del resto 
avviene colà anche ai nostri giorni, avevano quasi gli stessi privilegi 
che gli uomini presso la società europea, con questa eccezione, tuttavia, 
che esse godevano altresì il diritto di scegliersi quanti mariti desidera- 
vano. È nessuno cercava, anzi neppure poteva sapere a chi apparte- 
nessero i figli; onde l'eredità era trasmessa direttamente dalle madri 
agli eredi di sesso femminino (1). Ai maschi era soltanto serbata la 
gloria di poter versare il proprio sangue sui campi di battaglia, a patto 
che ciascun esercito si guardasse bene dall’ uccidere il re nemico, o di 
recare comunque oltraggio alla sua insegna che, per quanto reale, con- 
sisteva nientemeno in un ombrello. 

Quanto agli altri usi di quel popolo singolarissimo, di cui forse 
non ha saputo totalmente penetrare i segreti nemmeno la moderna 
etnologia, il viaggiatore italiano non ebbe a sua disposizione il tempo 
che gli sarebbe stato necessario per uno studio particolare e coscen- 
zioso. Potè raccogliere direttamente le più minute notizie solo nella 
occasione, che gli si offerse, di presentarsi al cospetto della famiglia 
reale e dell'intera sua corte. Ma poi dovette profittare del repentino 
ritorno della flotta verso settentrione, e rivide Cananor, Mangalor, 
Onor, tutti gli altri punti, insomma, toccati precedentemente sino 
a Goa, dove rientrò agli 11 gennajo del 1624 per trattenervisi ancora 


(1) Alcuni etnologi e geografi moderni avvertono che presso i Nairi l'eredità 
si trasmette tuttora in linea materna; ma che, per quanto perduri la supremazia 
delle loro donne, si è potuto notare come fra essi la poliandria non sia più nè un 
obbligo, nè una virtù, e vada quindi scomparendo. 


— 1092 — 
una diecina di mesi, continuando a registrarvi ogni più piccolo avve- 
nimento e a segnalarne specialmente le feste religiose e i dintorni così 
caratteristici per la loro natura e per la splendida vegetazione (1). Se 
non che da ultimo s’ accinse anche « alla partenza dall’ India, deside- 
roso omai di ripatriare »; onde ebbe a recarsi di nuovo a Ciaul, che 
la prima volta aveva toccato soltanto e che quindi potè conoscere e- 
descrivere in ogni sua parte (2). Fu là che, avendo ripreso l'antico 
progetto di retrocedere per il Seno Persico, la Caldea e la Siria, trovò 
un imbarco conveniente al suo scopo: fu là che mandò un ultimo saluto 
agli amici d'oltremare e alla terra, in cui aveva poste « le colonne » 
della sua peregrinazione. 

La traversata del Golfo Arabico non fu meno propizia di quella 
fatta due anni prima, sebbene riuscisse un poco lenta a cagione delle 
calme tropicali e fors’anco di qualche errore nel dirigere la rotta. 
Fatto sta che la nave si trovò inaspettatamente a mezzogiorno del pro- 
montorio detto Rosalgate, o meglio Ras-el-Had, e dovette penare mol- 
tissimo a doppiarlo per andare ad ancorarsi nel Porto di Mascat, dove 
in quel momento, per fuggire la prepotenza dei Persiani, s’ erano stabiliti 
i Portoghesi di Hormuz, aumentando così lo strano miscuglio etnico di 
quella città popolata da Arabi, Indiani, Giudei, Beluci, e costrutta in 
gran parte di capanne, ma protetta assai bene da una fortezza (3). In 
seguito la nave dette fondo in un luogo della costa chiamato Sibo, donde 
fu respinta con grande pericolo dai venti contrarì e da una burrasca. 
Ma in un secondo tentativo pervenne a Sohar « nome che significa 
piaggia bassa » e quindi da Dobà (Dibba) e a Lima, dopo cui superò 
il capo Mosendom « nella punta del quale stanno due o tre scogli 
che sporgono in fuori in mare, uno più innanzi all’ altro. Quello che 
è più vicino al capo è il più grande, e il più lontano è il più piccolo, 

(1) Nell’ ultima parte della Lett. VII, da Goa (vol. II, p. 761, e seg), è no- 
tevole sopra tutto la descrizione di Guadalupe « che è un luogo di ricreazione lon- 
tano dalla città due leghe in circa, al mio parere » popolato e pieno d’ abitazioni e di 
giardini. Tra gli alberi, le piante e i fiori che vi crescevano ebbe a notarne alcuni 
singolarissimi, come, ad esempio, i fiori acquatici, dei quali narrasi « una favola di 
Brahma nato da uno di essi, e poi di nuovo in quello rientrato, in che consumò 
diecimila anni ». 

(2) Oltre la Ciaul dei Portoghesi, posta vicino alla marina, egli si recò a visi- 
tare la Ciau! de riba o di sopra, dove fra le altre particolarità rinvenne un grosso 
tempio dedicato a Rama e ne riprodusse la: pianta. (V. vol. II, p. 793). 

(3) La fortezza, che esiste tuttora, era stata eretta dai Portoghesi fin da quando 


il valoroso Albvquerque, riconoscendo la bella posizione della città e volendo profit- 
tarne, erasene impadronito nel 1507. 





che lo chiamano Sada Selam, ed i marinari mori, quando lo passand, 
lo salutano con molti gridi di allegrezza » (1). 

La rimanente navigazione fu quasi sempre in vista del litorale 
persiano, e dopo l'Isola di Tombo (Tumb) fu necessario ancorarsi 
sotto quelle di Cais (2) e di Andrevie (Hinderabi), sinchè più tardi 
non bisognò tenersi più al largo per evitare le frequenti secche della 
spiaggia e per giungere senza ulteriori soste all’ Isola di Charg (Charak). 
Qui però convenne procedere di nuovo con lentezza e con precauzione 
sia perchè il vento era venuto a mancare, sia perchè a up certo punto 
spaziava per gran tratto un bassofondo talmente rilevato ed uguale, che 
i piloti indigeni lo chiamavano meidan, cioè piazza. Anzi non fu nem- 
meno senza qualche pericolo che si pervenne alla foce dello Sciat-el-Arab, 
‘costituita dalle due bocche fluviali tra cui s' allunga l’isola di forma 
triangolare, detta di Cheder dai paesani, e anch’ essa « dono del fiume, 
come il delta d’ Egitto ». Entrata nel ramo orientale, di gran lunga 
assai più praticabile che non |’ altro, la nave procedette allora costan- 
temente « fra le verdure degli alberi di datteri e dei terreni coltivati, 
che in ambedue le sponde, in fino al mare, sono molto fertili », giun- 
gendo da ultimo a Bassora, la città leggendaria dei califfi e delle Mille 
e una Notti, esempio, anch' essa, memorabilissimo di rapida grandezza 
e di triste decadenza in tutta |’ Asia musulmana (3). 

Il viaggiatore italiano la trovò che era ancor grande e popolosa, 
quantunque così mal fabbricata che, in due mesì di dimora, non vi si 
potè procurare in niun modo un'abitazione un po’ conveniente (4). Ne 
ripartì il 22 maggio del 1625, deciso di avventurarsi per una strada 


(1) La relazione è piena di questi e d’ altri particolari riguardanti la conforma- 
zione e l'andamento di quella parte del litorale arabico. 

(2) Nello Steler’s Hand-Atlas è detta Gais e fu già famosa e emula e com- 
petitrice d’ Hormuz, ed in guerre e nel traffico delle Indie, ma allora, per la guerra 
che si faceva, spopolata affatto ». 

(3) Bassora o Basra al tempo dei califfi racchiudeva non meno di 200,000 
abitanti che al principio del nostro secolo erano ridotti appena alla metà. Oggi essa 
mon ne possiede più che- cinque o sei mila, e i giardini che la circondano non val- 
gono punto a salvarla dalla malaria prodotta da pestilenziali impaludamenti e da 
calori che salgono spesso a 47° C. 

(4) Dopo aver detto che è « di mala e rozza fabbrica » soggiunge che « è 
tutta piana, ed era già aperta senza mura, ma adesso per queste guerre dei Persiani 
l'hanno quasi circondata di muro con torrioni di terra mezzo rovinati e con porte 
che si serrano ». Naturalmente, oltre le solite quanto importanti informazioni stori- 
che raccolte anche in Bassora, la relazione contiene molte notizie etnologiche riguar- 
danti gli abitanti di questa città. 


— 1094 — 

piena di stenti e di minacce da parte dei ladroni arabi, ma che egli non 
intendeva di percorrere se non rapidamente. La sua missione di esplo- 
ratore operoso e di attento osservatore era ormai pressochè terminata; 
onde non fu’ senza grave rammarico, che appena giunto presso un vil- 
laggio detto Cuvebeba, si vide costretto a perdere molti e molti giorni 
in attesa di certi cammellieri, in trattative daziarie e in continui accor- 
gimenti per isfuggire ai briganti del deserto. Il quale era già cominciato 
in tutta la sua desolazione, e continuò dipoi ora sparso di sale ed ari- 
dissimo, ora coperto di ciottoli o di stagni, con intorno erbe e giunchi 
palustri, ora persino disseminato di placche di bitume. Anzi in una 
delle sue fermate il nostro viaggiatore ebbe occasione di esaminare 
alcune rovine di antica fabbrica, i cui grossi mattoni erano a dirittura 
cementati con quel bitume invece che colla calce, onde il luogo era 
qualificato dagli Arabi per « Muggier, cioè impegolato o pegoloso » (1). 
Di là proseguendo sempre nella direzione fra settentrione e ponente, 
passò vicino alla « palude caldaica » o Mar di Nedgef (2), lasciando a 
levante la piccola ma celebre città che, come è noto, viene anche detta 
Mesced Ali perchè vi si trova la tomba di questo profeta. Poi di gior- 
nata in giornata, riposando nei luoghi meno sprovvisti d'acqua potabile, 
o riprendendo il cammino sempre attraverso le steppe d’ erbe spinose, 
le lande inaridite, i piani di sabbia, i terreni salmastri e coperti di 
fango, dove i cammelli procedevano con difficoltà, pervenne sotto la lati- 
tudine di Anah, tenendosi però più a ponente sinchè non raggiunse la 
. strada già percorsa nove anni prima. E dopo superata una « fossa 
secca > — probabilmente |’ odierno Uadi Suvaid — rivide il castello 
di El Her, rivide Taiba e quasi tutti i punti già segnalati altra volta: 
rivide da ultimo Aleppo dove un giorno, gittando improvvisamente il 
bordone del pellegrino, erasi trasformato di nuovo in poeta e cavaliere 
alla conquista d’ un ideale. 

Da questa città, in cui sì trattenne pochi giorni soltanto, avrebbe 
potuto recarsi sulle rive del Mediterraneo per la via di Alessandretta 
che era quella percorsa ordinariamente dalle carovane. Preferì invece 
l'altra piu lunga della valle inferiore dell’ Oronte, dove questo fiume, 
ripiegando a ponente, va quasi a passare sotto le mura di Antiochia. 


(1) La più parte dei suddetti mattoni « erano scritti e bollati in mezzo con 
certe lettere incognite e che pajono antichissime ». V. in proposito le altre curiose 
indicazioni a p. 845 del vol. IL 

(2) Dagli Arabi è detto Sceriet Zbn-Haddal ed è formato dall' Hindieh, deriva- 
zione naturale dell'Eufrate, la quale, dopo l’impaludamento, riassume il suo corso e 
vi rientra. 


Egli non voleva abbandonare il continente asiatico senza visitare anche 
il luogo della famosa metropoli, che i re seleucidi avevano ornata di 
così splendidi monumenti, che Roma e i suoì imperatori avevano ricolma 
di tanti benefizî, che era stata la sede dei più solenni concilî ne’ primi 
secoli del cristianesimo, e che le susseguite vicende storiche e i più 
disastrosi terremoti avevano ridotta, quasi diremmo, a una stratificazione 
di rovine. Non è dunque a stupire se la sua visita fu poco meno che 
una delusione per il nostro viaggiatore, il quale ne ripartì subito per 
superare le propaggini meridionali della catena dell’ Amano e condursi 
a Scanderona (1), « che sta sul mare in una pianura tutta paludosa e 
serrata da’ monti che le tolgono il corso de’ venti, onde nasce la ma- 
Jaria. ». Come ciò non fosse bastato, egli la trovò pressochè distrutta 
da un recente saccheggio di corsari, e non vi si trattenne se non quel 
tanto che gli fu strettamente necessario per trovarvi un imbarco. Indi 
passò a Cipro, prendendo terra al Porto delle Saline (Hagios Sergios) 
e visitandovi durante alcuni giorni di sosta, Larnaca e Kitì, misero 
avanzo dell'antica Cifium. Toccò a Limisso, giunse a Malta, dove ebbe 
a scontare tre settimane di quarantena, e finalmente per Siracusa e per 
Messina potè rivedere il suo bel golfo di Napoli e riabbracciare gli 
amici d' Italia.‘ 


VI. 


A Roma rientrò soltanto alla fine di marzo del 1626, accolto festo- 
samente da parenti, da amici, da ammiratori e dalla stessa Accademia 
degli Umoristi, alla quale appartenne sotto il nome di Fantastico e che 
volle celebrarne il ritorno in una solenne adunanza. Rientrò portando 
seco gran parte degli oggetti, delle armi, de’ vestiarî e, come oggi si 
direbbe, de’ saggi etnografici e scientifici raccolti nel corso di tante 
peregrinazioni. Ma tra le casse, ove serbava le svariate memorie della 
sua vita avventurosa, una sopra tutte richiedeva le sue cure immediate, 
come quella che per lui era destinata al compimento d’un voto pie- 
toso. Essa, infatti, racchiudeva i resti mortali della sventurata Maani, e 
da quattro anni, cioè a dire dopo la sua partenza da Mina, l'aveva 
sempre condotta seco religiosamente, per poterla un giorno comporre 
fra le tombe de’ suoi maggiori. Nella mesta cerimonia del seppellimento, 
che ebbe luogo entro la chiesa dell’ Aracoeli, gli fu compagna anche 
quella Tinatin di Ziba, che la povera morta aveva raccolta orfana per 


(1) La relazione avverte che così era chiamata dagl’Italiani la città di Alessan- 
dretta, « ma più correttamente in turchesco Zshander ». Il nome e la trascrizione 
odierna è, del resto, per l'appunto Iskanderun. 


— 3096 — 

circondarla delle cure più affettuose e che da lei gli era stata racco- 
mandata come una figlia negli ultimi momenti della sua brevissima vita. 
Il desolato superstite l' aveva dunque ritenuta seco come un pegno, 
come un ricordo di tante gioje, di tante speranze miseramente perdute 
e ne era andato dirigendo l'educazione sempre e da per tutto con 
grande tenerezza. A Roma poi continuò a illeggiadrirne le doti fisiche 
e morali nel modo più conveniente per la sua nascita e per la svia 
posizione sociale, e la giovinetta crebbe svegliata di mente, buona di 
cuore, bella di persona. Con lui, suo benefattore, fu così amorosa per 
la gratitudine che gli doveva, e fors' anco per le sue stesse sventure, che 
più tardi, nel raccoglimento e nella squallida quiete della sua casa, volle 
e seppe mostrargli qual tesoro di domestici affetti ella serbasse nel seno, 
ed egli la fece sua sposa. 

Ma son particolari cotesti che riguardano la vita di Pietro Della 
Valle, anzichè la sua missione di viaggiatore e il posto che gli compete 
nella schiera di quanti contribuirono maggiormente all'incremento delle 
conoscenze geografiche. A' suoi biografi adunque il ricercare i momenti 
più notevoli e le ultime vicende occorsegli in Roma (1), fino al giorno 
della sua morte che lo colse il 21 aprile del 1652. A’ suoi biografi il 
ricordarne la prole numerosa, i nuovi ardimenti, la scena di sangue 
sulla piazza del Quirinale, — dove sotto gli occhi stessi del Pontefice tra- 
fisse un servitore di Sua Santità — e la fuga e l'esilio nel castello di 
Paliano e la grazia accordatagli e il suo ritorno in patria (2). Noi 
aggiungeremo soltanto com’ egli attendesse lungamente a non perdere 
il frutto de’ suoi viaggi, il che gli sarebbe occorso di certo ove si fosse 


(1) Il Crampi, nella sua Memoria ricordata in principio di questo studio, rac- 
colse quanto gli fu possibile intorno alla vita del nostro viaggiatore, e senza dubbio 
è, fra i suoi biografi, il meno incompiuto. Se non che egli si sentì autorizzato a con- 
cludere il suo lavoro colle seguenti parole: — e A chi vorrà, dopo che io mi sono 
affaticato a dare la storia che importa davvero, aggiungere con più facilità le quisqui- 
lie, lascio l'inutile smania di siffatte ricerche. Se però egli si deguasse di doman- 
darmi un consiglio, io mi permetterei di esortarlo a spendere il suo tempo a suo 
maggior profitto e del pubblico, in altri studî ». V. Nwova Antologia, vol. XVII, 
della 2* serie, dicembre 1879, p. 491). Al che si potrebbe rispondere com’ egli non 
sia nè così completo, nè così preciso da meritare si segua il suo consiglio, e ad 
ogni‘modo noi abbiamo ritentata la illustrazione dell'itinerario del Della Valle ap- 
punto perchè ci parve insufficiente quella fattane da lui che, oltre essere per questa 
parte troppo compendioso e poco diligente, nel riferire i nomi dei luoghi toccati e 
descritti nelle varie relazioni, si contenta, il più delle volte, d’ illastrarli facendoli se- 
guire da un sic. Il sistema è comodo! 

(2) Il BeLLORI (V. loc. cit., p. XXVII) racconta che « stando egli nella sua 
carrozza, in su la piazza di Monte Cavallo, a veder passare certa processione, uno 





È 


— 1097 — 
fidato totalmente alle promesse di Mario Schipano che, come abbiamo 
avvertito in principio, avrebbe dovuto comporre una storica narrazione 
servendosi delle notizie inviategli dal suo amico lontano. Il celebre acca- 
demico partenopeo dimenticò forse che questi aveva affrontato disagi 
e pericoli sopratutto per lasciare al mondo qualche bella memoria di 
sè stesso, e noi, a dir vero, non dobbiamo ascrivergli a colpa l'averci 
risparmiato qualche nuovo contributo di retorica ai deliri letterari del 
suo secolo. A riordinare le molteplici lettere, a completarle, ed arric- 
chirle di note, di rafironti, di osservazioni eruditissime, provvide accu- 
ratamente lo stesso viaggiatore con sei grossi volumi di nitido manoscritto, 
in parte pubblicato lui vivente, in parte dopo la sua morte (1). E fu 
così che alle sue relazioni non venne punto a mancare quella forma 
genuina e spigliata, quella efficacia, quella precisione che ne rendona 
assai spesso attraentissima la lettura, malgrado una certa prolissità, onde 
qualche volta il lettore potrebbe sentirsi portato a ripetere per lui lo 
stesso giudizio che egli mise innanzi a proposito del Zuallardo (2), quando 
lo accusò di essere « nelle sue dicerie un poco superfluo ». 

Noi, del resto, non crediamo d’ averci a occupare se non della 


de’ suoi servitori indiani, che solo aveva appresso di sé, era venuto a contesa con 
altro dei famigli delle stalle pontificie : questi, toltagli la spada non apprezzando nè 
la presenza, nè le parole del signor Pietro, già era pronto a tomperla in pezzi, 
avanti a lui, se egli cou la propria non l'avesse prevenuto, passandolo da lato a lato. 
Ritirossi però a Paliano, st'mato il delitto grandissimo, avanti il palazzo e sugli oc- 
chi del Papa Urbano VIII, che stava ad una finestra per dare la benedizione; il 
quale avendo ben veduto il fatto, per la benevolenza verso di lui, con facilissima 
intercessione dello stesso cardinal Francesco (Barberini) in breve lo restituì alla pa- 
tria e alle fortune. Seguitò egli poi a viver sempre nella famigliarità e dimestichezza 
delle Muse, visitato da tutti gli uomini dotti e di merito che sogliono venire a Roma, 
e da quelli che nella repubblica delle lettere in essa dimorano, comunicando con 
essi i dotti ed eleganti suoi discorsi, e curiosità peregrine del suo museo, sinchè, 
pervenuto all’ anno dell'età sua sessegesimosesto trasmigrò all’ altra vita ». 

(1) Lui vivente, videro la luce soltanto le lettere sulla Turchia. Quelle sulla 
Persia erano già cominciate a stamparsi (V. Ciampi, loc. cit., p. 463), ma compar- 
vero, come le altre sull’ India, parecchi anni dopo la sua morte, a cura dei figli. 
(V. vol. I, p. 421 dell’ ediz. del Gancia da noi seguita). I sei volumi manoscritti, 
poi, si conservano presso la Società Geografica Italiana, e sarebbe desiderabile che 
si provvedesse alla loro ripubblicazione. Anche senza tener conto degl’ innumerevoli 
errori di stampa, de’ quali sono infiorate le edizioni fatte sinora (V. l'elenco di 
queste edizioni nell’ opera già citata dell’ AMAT DI SAN FILIPPO, p. 387), basterebbe 
ricordare che i manoscritti, da noi consultati a tempo e luogo, contengono molte parti 
ancora inedite. Essi furono mutilati dalla censura ecclesiastica romana ir. que’ passi 
che riguardano la religione, le relazioni politiche, ecc., ecc.. 

(2) Veggasi addietro la parte di questo studio che riguarda il pellegrinaggio a 
Gerusalemme. 


— 1098 — 
sostanza di queste relazioni, e dall'esame, che ne siamo venuti facendo, 
non temiamo di poter concludere, come ad esse si debba attribuzre kb 
più grande importanza, anche quando vengano considerate sotto l'aspetto 
geografico soltanto. Perchè se il Della Valle non può, a rigore di ter 
mine, essere noverato fra coloro che intrapresero un vero e proprio 
viaggio di scoperta, a nessuno però sarebbe lecito negargli il mnerito 
d’ aver compiuto un meraviglioso viaggio di ricognizione, meraviglioso 
per la sua lunga durata, meraviglioso per la diligenza delle ricerche, 
per la copia e la esattezza dei risultati. Egli non afironta, è vero, terre 
e mari totalmente ignorati per lo innanzi; non rivela paesi affatto nuovi 
per la scienza e per la impaziente avidità de’ conquistatori: ma per- 
correndo regioni, la cui conoscenza era spesso vaga e indetermina- 
tissima, spesso quasi limitata al nome soltanto, moltiplica le informazioni 
nuove, rettifica le vecchie, esamina, discute, completa tutto quanto riguarda 
sia l'aspetto fisico dei singoli paesi e le loro condizioni climatiche, siz 
la loro vegetazione, le loro ricchezze, i loro abitanti, trattenendosi sempre, 
e con particolare compiacenza, intorno a questi ultimi per rilevarne 
minutamente gli usi, i costumi, 1’ indole, la lingua, la religione, lo stato 
sociale. E tra il cumulo delle notizie d’ ogni genere, geografiche ed 
etnografiche, da lui messe insieme, come si dice, di scienza propria e 
senza le solite esagerazioni de’ viaggiatori, che amano trascinare il let- 
tore dietro i fantasmi del miracoloso (1), ve n’ ha di quelle che, nonostante 


(1) Eppure il Crampr (op. cit., vol. XVIII, p. 225) riferisce il giudizio del 
TIRABOSCHI che, nonostante qualifichi il Della Valle per il miglior viaggiatore del 
suo secolo, pur tuttavia lo rimprovera di troppa credulità. Il CANTÀ poi (Steria &- 
gt Italiani, Torino 1858, vol. II, p. 1115 e vol. III, p. 804), gli riconosce il merito 
di saper fare eruditi confronti e appoggiare i suoi discorsi a monumenti, ma gli 
regala i titoli di prolisso e di vanitoso, nello stesso tempo che lo dà per smssure 
della corrività, se non della sfacciataggine, dei viaggiatori! — Sarebbe proprio il 
caso di domandare se tali giudizî siano veramente scaturiti dall’ esame delle lettere 
da noi studiate, o non piuttosto da qualche preconcetto. ‘ Prolisso è vero, e lo ab- 
biamo detto anche noi; ma accusarlo di soverchia credulità, di corrività, di sfaccia- 
taggine, ecc., vuol dire, nè più, nè meno, o di non aver lette le sue lettere o di 
non aver troppa confidenza colle relazioni di altri viaggiatori; giacchè il Della Valle 
è, anzi, da classificare tra coloro che più coscienziosamente rifuggirono dalle favole e 
dalle esagerazioni. 

Quanto poi all’ essere egli un e vanitoso » bisogna, per lo meno riconoscere 
che tal difetto gli veniva da un alto sentire di sè stesso, specialmente in cose che 
riguardavano la sua famiglia e la sua qualità di Romano, d’ Italiano. Al qual propo- 
sito stimiamo opportuno di riportare il seguente brano inedito (V. il Afanoscritfo da 
noi testè ricordato, p. 547 e seg. del vol. III), e che davvero ci dà la misura del 
suo carattere fiero e indipendente: « Benchè io a Don Garcia (De Silva y Figueroa, 
« ambasciatore spagnolo presso la corte persiana) fossi stato cagione di onorevolezza, non 





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— 1099 — 


il successivo progresso della esplorazione, conservano anche ai nostri 
giorni il loro valore. Anche a’ nostri giorni la più parte de’ suoi dati e 
delle sue informazioni costituiscono un prezioso patrimonio scientifico, sia 
per rispetto alle vicende storiche dei vart popoli, sia conie elemento di 
comparazione per lo studio geografico, etnografico, economico dei paesi 
da esso visitati e descritti. 


trovai con tutto ciò in lui quella buona corrispondenza che al mio proceder si doveva ; 
mostrandomisi scarso di quelle cortesie, delle quali, in Roma mia patria, mi sogliono 
esser liberali non solo gli Ambasciatori di tutte le Corone, ma anche i Cardinali e fin 
il Papa stesso. Si che sentendomi parlar da lui per Vuestra Merced, io ancora, 
che era stato il primo ad infilzarmi coi titoli, veduto il suo modo, non perchè di 
mia natura badi a queste cose, ma per non parer balordo, trascurando nella pun- 
tualità con chi vi bada, sospesi dal mio canto il dargli dell’ Eccellenza, ancorchè 
in presenza mia sentissi dargliela da altri; e ragionai sempre con lui parlando in 
terza persona, con parole e modi nondimeno, pieni, nel resto, di ogni cortesia. 
Oltre di questo giorno, che fu per una specie di visita, quantunque I’ Ambascia- 
tore non avesse usato meco complimento alcuno, nè pur mandato. un uomo dei 
suoi a vedermi, tornai di nuovo a visitarlo un'altra volta in casa sua, a contem- 
plazione di alcuni amici a cui non poteva negarlo. Usò meco il medesimo termine 
di Vuestra Merced; et io ancora il medesimo, anzi più stringato, parlandogli 
chiaramente per Lei, e sempre nella mia lingua italiana; il che ben notò uno dei 
circostanti ; il quale sapendo che io balbutiva alquanto lo spagnolo, mi domandò 
perchè io non parlavo spagnolo giacchè sapeva farlo? Ma I’ Ambasciatore, accor- 
tosi della cagione, la mise in galanteria, e disse che già c’intendevamo, e non 
era necessario ; anzi che era meglio che ogni uno parlasse la sua lingua, perchè 
nel suo idioma ciascuno era più pronto e più efficace. Però del mio parlar per 
Lei si offese tanto che, se bene in mia presenza lo dissimulò, tuttavia il giorno 
seguente, per mezzo di una terza persona grave, mi fece dir con molta efficacia 
che non aveva gusto di quel mio modo di fare. Io risposi che m'importava poco 
il suo disgusto, molto manco m'importava com’ egli mi parlasse; poichè il suo 
parlare non mi poteva far nè maggiore, nè minore; però, che mi parlasse pur 
come voleva, che io non ne faceva caso; perchè noi Romani non badiamo a 
queste bagatelle e, come dice Cornelio Tacito, tutte le cose avemo per vanità, dal 
comandare in poi. Questo sì, che come avesse trattato l’Ambasciatore con me, così 
avrei trattato anch’io con lui; se egli fosse stato cortese, anch’io sarei stato; e 
se no, no. E perchè mi risposero che l' Ambasciatore voleva tenere in ogni luogo 
il suo costume di Spagna, io replicai che anch'io voleva tenere il mio di Roma, 
e far quello che mi tornava commodo. E soggiunsi che, giacchè eravamo in que- 
rele, del parlare facesse pur come gli piaceva; che io, conforme aveva detto, non 
ne avrei fatto caso, e solo avrei risposto per le rime al suo tenore. Pero, se l’Am- 
basciatore non veniva a rendermi la visita in casa, come avevano fatto altri amba- 
sciatori e persone grandi, che io, non solo non sarei più capitato in casa sua, ma 
che non gli avrei più falto alcun ossequio, nè d’incontrarlo, nè d' accompagnarlo» 
nè di altro complimento ; e che insomma avrei fatto conto di lui, come di persona 
che io non conoscessi. E per mostrargli che non vaneggiava, aggiunsi anco che, 
se era per nobiltà, la nobiltà di Spagna non poteva pretendere di antiporsi alla 


— 1100 — 

Oltre di che è stato giustamente riconosciuto come il suo viaggio 
meriti di venir segnalato per un andamento affatto speciale (1), in quanto 
che non gli bastò di osservare e di riferire tutto ciò che gli si offerse 
durante la sua interminabile peregrinazione; non gli bastò di essersi, 
per così dire, atteggiato a produttore di notizie geografiche, continuando 
degnamente 1’ opera di quanti lo avevano preceduto nella esplorazione 
e nella illustrazione della Turchia, della Persia, dell’ India. Egli volle 
altresì raccogliere i saggi e i ricordi, o, come oggi si chiamerebbero, 
le prove materiali delle sue asserzioni. E tra uno studio o una discus- 
sione di filosofia e una sapiente congettura archeologica, fra le continue 
testimonianze storiche e le felici identificazioni de’ luoghi moderni cogli 
antichi — identificazioni còlte e accertate nel cospetto stesso della natura 
e non con la scorta de’ libri soltanto, che il più delle volte non servono 
se non ad affastellare dei saggi d’ erudizione più o meno accademica — 
egli, profondendo a piene mani le sue ricchezze, in un luogo fa colle- 
zioni d'abiti, d'armi, d’ ornamenti, di medaglie e di monete antichissime ; 
in un altro colma di piante, di droghe, d'erbe, di fiori, di semi, di 
minerali le casse, che poi spedirà premurosamente in Italia; qua copia 
epigrafi o ricava schizzi e disegni di paesaggi e di monumenti; là cerca 
affannosamente libri rari e manoscritti, co’ quali farà un giorno stupire 
i dotti d’ Occidente (2). Ma sopra tutto li farà stupire colla svariata 


« Romana; se per la casa, che io era capo della casa mia, e |’ Ambasciatore era 
« coda della sua, poichè era cadetto o figliuolo di cadetto; e se per la dignità, che 
e egli era veramente ambasciatore, e io no; ma che io era ospite del Re, come lui; 
e che i favori che il Re mi faceva, gli faceva a me, come a me, e non come a 
rappresentator di altri, o a ministro e servitor di principe, come a lui. Fu rappor- 
tata la mia risposta all’ Ambasciatore : il quale, pretendendo forse che tutti i Fran- 
chi di queste parti dovessero essere suoi vassalli, prese tanto a male i miei giusti 
e punti, che, non solo non mi rese visita, nè usò più meco alcun complimento, ma 
proibì espressamente a tutti i suoi che non l’osassero: e da quell’ora in poi, mi 
« si dichiarò per nimico; e nimico non solo a me, ma anco a tutti gli amici miei..... 
« Io del tutto mi sono riso, come quello che con lui non ho che fare, e di lui, per 
« grazia di Dio, non ho bisogno. Ho osservato quel che promisi, di non tenerne 
conto, e non trattarci, come più seco non tratto; e fin per la strada, se c’ incon- 
« triamo, fingiamo di non ci vedere. So che ha detto a diversi e che ha scritto fin 
in Spagna, mille mali di me, ma poco me ne curo, ecc., ecc. ». 

(1) Vedi Amat DI S. FiLIPPO, op, cit. pag. 385. 

(2) A Costantinopoli per poco non si procurò il manoscritto e intero con tutte 
le deche » delle storie di Tito Livio che seppe trovarsi nella famosa biblioteca del 
sultano, L’ avrebbe pagato diecimila scudi, e nella spesa avrebbe concorso anche il signor 
di Sansy, ambasciatore di Francia, il quale trovavasi nella capitale; ma colui che doveva 
trafugarlo non lo potè ritrovare tra la congerie dei libri ( V. Lett. da Costantinopoli, 


vol. I, pag. 137). . 2 


a a n 


— Il0I — 
ricchezza della sua dottrina, messa insieme o accresciuta anche nel 
corso di tante avventure: li farà stupire colla sua profonda conoscenza 
degl' idiomi orientali, dell’ arabo, del turco (1), e specialmente della 
lingua e della letteratura persiana, nella quale saprà persino stabilire 
dei raffronti e mostrare i varî punti di simiglianza fra qualcuno dei 
grandi poeti dell’ Iran e il sommo de’ poeti latini, Virgilio (2). Della 
sua fama, tuttavia, mantenutasi costantemente viva tra’ suoi contempo- 
ranei, avverrà come di quella di tanti altri che s'andò rapidamente 
perdendo fra i posteri; e i biografi di Pietro Della Valle e coloro che 
nelle sue relazioni ricercheranno qual parte di merito gli spetti fra quanti 
logorarono l’ avere, |’ ingegno, la vita per onorare sè stessi e la patria (3) 
dovranno forse riflettere, con un senso d’ amarezza, che il suo nome 
sarebbe di gran lunga più illustre, s'egli non fosse nato in Italia. 


B. — L'ESPLORAZIONE RABOT 
NELLE REGIONI DEL PECIORA E DELL'OBI. 


Da una lettera, che il valente etnologo francese, Carlo Rabot, 
scriveva all’egregio nostro socio, S. Sommier, l'indomani del suo ritorno 
dalla esplorazione fatta nelle valli dell’ Ural settentrionale sul Peciora 
e sull’ Obi, riportiamo tradotti quei brani, che ne danno le notizie e 
i risultati più importanti anche per la nostra scienza. 

« La mia prima tappa » scrive il Rabot « è stata Casan, Di là 
« feci prima una visita ai Ceremissi stabiliti a Parat e nei piccoli vil- 
« laggi a N. della via da Casan a Czarevococsciajisk, poi andai a Cac- 


(1) Egli scrisse persino una grammatica della lingua turca (V. vol. I, pag. 862), 
ma non venne mai pubblicata. E quanto alla considerazione in che era tenuto in Roma, 
basti dire che anche la Congregazione di Propaganda Fide prendeva da lui istruzione 
e consigli per le cose riguardanti i paesi orientali ( V. BELLORI, loc. cit. pag. XXIII). 

(2) Ciò fece in un discorso all’ Accademia degli Umoristi, ed è assai deplorevole 
la perdita di questo saggio di letteratura comparata che, per la competenza dell'autore, 
sarebbe stato certo prezioso. 

(3) In una delle sue lettere (vol. IT, pag. 120) egli scrive queste precise pa- 
role: « Grande è I’ amore che io porto alla mia patria e il desiderio che ho di arric- 
chirla, se fosse possibile, di ciò che trovo in qualsivoglia altro paese, di buono e di 
bello ». Quanto poi all’aver logorato il suo patrimonio è testimonio, oltrechè lui stesso, 
il suo biografo Bellori che ne vanta « gli abiti vart, i padiglioni, i cavalli, i camelli, 
il seguito numeroso di tante persone, e, per cosi dire, la lautezza e la pompa della 
peregrinazione, avendo fin nella corte del re Abbas dispiegato divise e livree, insolite 
alla superbia persiana e non più vedute per prima ». 


A ff AA AA AA A A an & f A AA | 


A ff A AA AA A AA a A 


— 1102 — 

sciamar, che voi credo conosciate. Nelle Capanne a N.-O. di Casan 
i Ceremissi mi parvero veramente tipici; benchè convertiti, conti- 
nuano sempre a frequentare ti bosco sacro, e ve ne sono di quelli 
che francamente si professano pagani. Difatti vicino a Parat e ad 
ur altro villaggio vidi tre 4eremef. Il sentiero che conduce al luogo 
del sagrificio, è fiancheggiato d' alberi, che tengono sospesi ai loro 
rami certi sacchi di scorza d’ albero o di paglia, ecc., in cui stanne 
rinchiuse delle ossa. A 200 metri dalla radura del bosco trovasi I’ ara. 
Siccome pocu tempo prima era stato fatto un sagrifizio, certe ossa 
portavano ancora le tracce delle carni...... 

« Dai Ceremissi passai ai Ciuvasci. Mi recai tra l'altro a Zevilsk, 
che voi conoscete. Era giorno di festa e v’ erano riuniti non meno di 4 
o 5 mila Ciuvasci. Anche in quei dintorni visitai un luogo di sagrific?. 

« Perm fu la mia seconda tappa. Rimontando l'Alto Cama, feci un'es- 
cursione tra i Permiaki della valle dell’Inva, affluente di destra del Cama. 
Quegli indigeni sono molto russificati: quasi tutti vestono alla russa, e 
vidi ben poche camicie ricamate. Però tutti conservano l’uso della propria 
lingua, e. appena gli uomini conoscono il russo. La casa permiaca è 
veramente caratteristica e molto differente dall' sda. In alcuni parti- 
colari dell’ adornamento di essa vi sono segni evidenti dell’ influenza 
scandinava; la medesima osservazione fu da me fatta presso i Ce- 
remissi. Così, per es., anche le sculture che adornano i loro cucchiai 
di legno hanno un'impronta tutta norvegiana. L’ influenza scandi- 
nava è penetrata per il Fiume Peciora in questa parte della Russia. 

« Fu dopo queste escursioni etnografiche, che cominciò veramente 
la Spedizione. Arrivai a Cerdin, e di là mi diressi verso il Pe- 
ciora. 

« Cerdin, piccola città di 4 mila abitanti, situata sul Viscera, 
affluente di sinistra del Cama, commercia molto col paese del Pe- 
ciora. Ivi i negozianti vendono ai Siriani i cereali di cui abbisognano, 
e in cambio ne comperano i loro prodotti della pesca e della caccia. 
Si può dire che tutti gli indigeni del Peciora sono tributari degli 
abitanti di Cerdin. Perciò le relazioni tra questa città e il Nord 
sono frequentissime e si fa di tutto per renderle sempre più facili, 
migliorandovi le vie di trasporto. Il Governo russo mantiene pulito il 
letto di tutti quei fiumi, affluenti e subaffluenti del Cama, che ser. 
vono a queste comunicazioni. Ora poi un negoziante di Cerdin, 
certo M. Suslov, deve costruire una strada ferrata a scartamento ri- 
dotto, che unisca il Peciora col punto più settentrionale di questa rete 
di acque navigabili nel bacino del Cama. Nello stesso tempo si sta 


a A A A A AA '‘ ©@A AA A a Aia 


f A A A A AA A AA A A A 


— 1103 — 
organizzando per |’ anno venturo un servizio regolare ‘sul Peciora 
stesso. Quando tutte queste vie saranno aperte al commercio, il-gran 
fiume settentrionale diverrà una nuova arteria d' esportazione dei 
cereali del Volga, e per esso si potrà trarre partito delle magnifiche 
foreste della regione. Come vedete, i Russi sì adoperano molto per 
dare un valore a questo paese, rimasto fuori dal movimento della 
civiltà russa. Oggi sono appena ricominciati i lavori, e però il viaggio 
da Cerdin al Peciora presenta ancora serie difficoltà. Si seguono 
l'uno dopo I altro il Viscera, il Colva, il Vuiscerca, il Beresovca, 
I’ Jelovca e finalmente il Vogulca, un uggioso fossato in mezzo a 
foreste impaludate, tutto ingombro d’ alberi morti. Dal Vogulca pas 
sammo a raggiungere il Peciora, traversando un volok (passaggio 
artificiale), lungo circa 32 chilometri, tutto sparso di paludi, nor 
ci sarebbe bisogno di dirlo. 

« Nella valle del Peciora la mia prima.tappa fu a Mammali, pic- 
colo villaggio siriano di 98 ab., a km. 22,5 S. di Jacscia. Quegl’ in- 
digeni vivono d'un po’ d'agricoltura, dell'allevamento delle greggi 
e sopratutto di caccia e di pesca. Le donne portano il sarasan, 
gli uomini una giacca di tela bianca, come i Ceremissi, ma senza 
ricami. D'inverno, massime alla caccia, essi aggiungono il castan, 
vestito speciale, il /usane, specie di gran gilet senza maniche, di 
stoffa grossa, a righe bianche e nere, loro manifattura. Tutti questi 
abitanti, senza eccezione, erano bianchi; e quasi tutti i Siriani del 
Peciora, ch'io vidi, erano del resto dello stesso colore; non sono 
quindi lontano dal credere, come voi, che questi indigeni siano Finni 
germanizzati dagli Scandinavi. In tutta la Russia orientale gli Scan- 
dinavi, secondo la mia + opinione, lasciarono tracce evidenti della loro 
influenza..... >. 

Qui l’ illustre etnologo francese fa una minuta descrizione di u- 


tensili ed altri oggetti; la quale riguarda più strettamente e prova co- 
desta influenza. Poi, riprendendo a descrivere il suo viaggio, continua: 


a A a AS A 


« ..... Discesi il Peciora da Mammali ad Ust Sciugor. Nel tra- 
gitto ebbi tutto |’ agio di studiare quei Siriani e di farvi una col- 
lezione etnografica. Sebbene quegli abitanti abbiano subìto l'influenza 
russa, pure si può ancora trovare presso di loro certi oggetti carat- 
teristici. Le loro case sono veramente tipiche, del tutto differenti 
dall’ isda russa. 

« Da Ust Sciugor passai a Beriesov attraverso gli Urali. Il viag- 
gio non è invero facile. S’ incomincia con una navigazione di 
280 km. sullo Sciugor, magnifico fiume, impetuoso come un tor- 


A_A A A A A A A A A A A AA A A A A A A AA A A A A A A AA A AAA <a A A A 


— 1104 — 
rente dell’ Alpi. Si andava contro corrente; imaginatevi se il nostro 
cammino doveva essere rapido: non si facevano più di 3,130-4,250 
metri all’ ora. Infine, per compire l’opera, s'incontrano sullo Sciugor 
numerosi forog, di cui alcuni sono veri vortici d’acqua. Quindi la 
nostra navigazione in quel fiume non durò meno di otto giorni. Pure, 
come vi dissi, essa è piena di vita e piacevole per i bei paesaggi 
che vi si ammirano. Nei primi giorni vi si gode la vista lontana 
degli Urali, per penetrare poi subito in mezzo alle montagne. Viaggio 
facendo, abbiamo compiute due ascensioni. Dopo quegli otto giorni 
si giunse al confluente dello Sciugor e del Volocovca, dove già da 
un mese ci aspettavano i cavalli. Il signor Sibiriacov ha fatto aprire, 
come forse saprete, una strada attraverso gli Urali per 1’ esportazione 
dei prodotti della Siberia in Europa. Egli ha costruito una fattoria, 
detta Zafine, vicino al villaggio di Sciecuria, nell'alta valle del Sigra; 
di là fu appunto aperta la strada attraverso gli Urali fino a Ust 
Sciugor. Naturalmente adopero la parola « strada », perchè in francese 
manca il vocabolo per designare una via non battuta; insomma nella 
foresta si praticò un passaggio, abbattendo gli alberi e costruendo 
in tre punti, lungo la linea, certe baracche in legno per rifugio al viag- 
giatore. Pure essa m’ ha reso un gran servizio: in mezzo alla foresta 
non c'era più bisogno di cercare la strada. Il signor Sibiriacov stesso, 
prevenuto del mio arrivo, era stato sì cortese da ordinare subito che 
si mettessero a mia disposizione i cavalli trovati da noi allo sbarco, 
per facilitarmi la traversata degli Urali. Così adunque al confluente 
dello Sciugor e del Volocovca ebbi a mia disposizione quattro cavalli, 
una guida e due carretti (arte) per.i bagagli. La prima marcia fu 
terribile: quasi 24 chilometri nelle foreste e nelle montagne, in mezzo 
a pantani. I cavalli affondavano nella melma fino al ginocchio, 
talvolta sino al ventre. Ci vollero ben sette ore a fare quel cammino. 
L'indomani si fece I’ ascensione d’ un monte, d'onde la vista della 
pianura di Siberia era grandiosa: sì sarebbe detto bene il panorama 
dell’ Oceano quell’immenso azzurro a perdita d’ occhio. Ciò fatto, si 
continuò il viaggio sempre a cavallo, e dopo un giorno di marcia 
si giunse alla fattoria sul Sigra. S' erano percorsi 96 chilometri di 
paludi fangose. L'itinerario di là si svolse discendendo il Sigra, poi 
il Sosva, toccando Beriesov, poi Samarov. Non ho veduto che una 
sola e medesima popolazione dagli Urali fino a Beriesov..... Di Voguli 
nessuno, a Lapine, aveva mai inteso parlare ; non vi si conoscono che 
gli Ostiaki, di cui ve n’ ha lungo tutto il fiume. Interrogo gl’indi- 
geni: « Siete voi Ostiaki o Voguli? » . 


nan AAA a 


— 1105 — 

« Ostiaki », rispondono. Però nella loro lingua essi chiamansi 
Manzi. Insomma ivi non si sa che cosa sia un Vogulo. 

« Ora esaminando gli abitanti del Sigra dal punto di vista scien- 
tifico, si vede che i loro utensili, case, vestiti sono identici a quelli 
che trovansi sull’ Ob. Vi si incontra però una capanna, il sascol, 
la cui forma io vidi soltanto sul Sigra. L’ unica differenza poi da 
me osservata tra gl’ indigeni degli Urali e quelli dei dintorni di 
Beriesov si è, che i primi sono un po’ meno russificati. Del resto 
adunque nessuna differenza etnografica >». 

Il signor Rabot passa qui a parlare delle sue indagini lingui- 


stiche, e dopo avere riconosciuto che: « Gli abitanti del Sosva e del 


f A A A a A S a 


f A A A A 


Sigra parlano, da quel che pare, una lingua’ affatto diversa da 
quelle dell' Ob; ciò che è un segno caratteristico ma non decisivo >, 
suo parere, conchiude sostenendo che ¢ i pretesi Voguli del Sigra 
e gli Ostiaki in generale parleranno bensì una lingua diversa, ma 
non sono una razza distinta » dalle altre circostanti ad essi. 

« Secondo le informazioni datemi dagli indigeni, vi sarebbero tre 
lingue ostiache: quella del Sigra, l'altra dell’Ob e quella dell’ Irtish. 
Non vidi i Voguli del Kenda e del Tapla, ma, a giudicarne dalla 
collezione di Jecaterinenburg, i loro utensili sono gli stessi degli 
Ostiaki..... » 

« Il colore de’capelli degli indigeni del Sigra è castagno chiaro >». 

« In conclusione, a mio parere, i Voguli dovrebbero essere can- 
cellati dalla carta etnografica del Sigra. Dagli Urali all’ Ob, nella 
valle di questo fiume e in quella del Sosva non v'è che ‘una sola 
popolazione, pura verso i monti, mista d' elementi diversi a valle, 
ed essa parla dialetti, la cui formazione è stata causata dalla disper- 
sione e dall’isolamento degli indigeni ». 

Il sig. C. Rabot fece questa esplorazione, accompagnato dal sig. Bo- 


janus, studente dell’ Università di Casan, che gli rese grandi servigi, 
come interprete e come compagno di lavoro. Il valente etnologo ed 
esploratore francese era già di ritorno a Parigi il 24 ottobre p. p. 
ed il 3 novembre successivo faceva una prima comunicazione verbale 
intorno al suo viaggio dinanzi alla Società Geografica di Parigi, 








III. — NOTIZIE ED APPUNTI 


A. — (GEOGRAFIA GENERALE 


Cristororo NEGRI A GAETANO Casati. — Fra giorni uscirà coi 
tipi della Casa Buchner di Monaco (Baviera) 1’ annunciata opera del 
Maggiore Casati « Dieci anni nell’ Equatoria e ritorno con Emin » (1). 
L'opera stessa venne dall’ Autore dedicata a Cristoforo Negri, Presidente 
fondatore della nostra Società, senatore del Regno. La dedica fu dal- 
l'illustre uomo accettata con la seguente nobilissima lettera: « Torino, 
« 10 dicembre 1890. — Amatissimo Casati. Voi con lettera cortesis- 
« sima vi congratulaste con me per la mia nomina a membro del Se- 
nato, ed io ve ne ringrazio di cuore. Ma nella lettera medesima mi 
fate una domanda che voi chiamate favore, ed è invece una richiesta 
per cui meritate, cento volte, e sempre maggiori, le grazie, quella 
cioè del mio consenso a ricevere la dedica della vostra opera, che 
tutto il mondo aspetta con impazienza febbrile. Io la accetto, caro 
Casati; e chi non accetterebbe tal dedica o dono da un uomo par 
vostro, in tale argomento ed in un’ epoca in cui tutti aspirano ad 
udire da voi la pretta verità sugli intenti ed i fatti? Nulla di pari 
gradimento poteva avvenire per me che il dono di una offerta ine- 
stimabile che chiamaste favore, ed è invece e sarà per me, e la mia 
famiglia, nobilissima ricompensa degli studî che feci sull’ Africa. Tutto 
vostro — Cristoforo Negri ». 

IN MEMORIA DEL VIAGGIATORE E SINOLOGO B. BroLLo. — A Gemona 
nel Friuli, inaugurandosi nel giorno 7 del corrente dicembre il nuovo 
acquedotto, si volle rendere più solenne la festa colla commemorazione 
di un insigne uomo che nacque in quella città, Mattia Andrea Brollo, 
noto più comunemente sotto il nome di Fra Basilio Brollo. Ecco le par- 
ticolarità della festa stessa, che si riferiscono alla commemorazione. Al 
tocco gl’ invitati e il pubblico si recarono nella sala d’ ingresso al Pa- 
lazzo comunale, dove seguì lo scoprimento di una lapide marmorea, 
sulla quale stava scolpita la seguente epigrafe: 

A Padre Basilio Brollo 
Vicario Apostolico del Xensi 
morto a Singan 14 luglio 1704 
autore del primo Dizionario cinese-latino 
per voto di popolo 

Gemona 

Sua Patria 
1890. 


f A A AÀÙ “A AA A AO an AA 


(1) Vedi BOLLETTINO, settembre 1890, p. 842. 





— 1107 — 

Dopo brevi discorsi di circostanza del Sindaco cav. Celotti e del 
cumm. Barozzi, il sacerdote Valentino Baldissera, egregio illustratore 
storico della sua terra, iniziatore ed anima di questa solennità, lesse 
un discorso storico, che venne applaudito dai presenti e assai lodato 
dai giornali del Friuli. Esso ebbe a soggetto, come è naturale, la vita 
del Brollo, intorno alla quale veramente sinora si possedevano soltanto 
notizie incomplete. — In attesa che il bel discorso venga stampato, 
ne riporteremo qualche punto più saliente, quale possiamo ricavare dai 
giornali udinesi. — Intorno al luogo di nascita del frate non v' è dubbio 
alcuno, poichè si conosce anche il numero della casa (36) del Borgo 
Portuzza, dove egli vide la luce a Gemona il 25 marzo del 1645. Ordi- 
nato sacerdote nel 1674, volle immediatamente entrare nelle missioni, 
e, preso il nome di padre Basilio, il 18 ottobre 1680 partì da Venezia 
per Corfù, indi successivamente per Aleppo, Bagdad e Bassora, dove 
arrivava l’ 8 dicembre dell’ anno seguente. — Nell’ agosto del 1682 
egli si trovava a Siam, dove si tratteneva due anni per studiare il cinese 
e, da ultimo, il giorno 27 agosto 1684 raggiungeva Canton, nell’ Impero 
Cinese. Si diresse però egli tosto a Si-ngan, capitale della vasta pro- 
vincia dello Scen-sì e in quella città, dopo molte e varie vicende, e ricer- 
che e studî meravigliosamente diligenti, moriva a dì 14 luglio 1704. — 
Il padre Basilio Brollo aveva vastissima coltura linguistica, come quegli che, 
oltre I’ italiano, conosceva il latino, il francese, lo spagnuolo, il porto- 
ghese e più d'una lingua dell’ estremo oriente. Nel cinese era così 
versato, - da ottenere l’ ammirazione e la lode degli stessi dotti cinesi e 
da poter compilare un vasto dizionario cinese-latino, che fu il primo 
cronologicamente e la base di tutti gli stud? di sinologia. Anzi è noto 
come il dizionario del Brollo fu oggetto di un turpe plagio per opera 
del De Guignes, plagio scoperto e riparato. — Finito il discorso il 
sindaco lesse una bella lettera del nostro Socio corrispondente, onor. 
prof. Marinelli, che si dichiarava dolente di non poter intervenire alla 
festa in memoria dell’ insigne viaggiatore. 

UNA SCUOLA PRATICA DI PREPARAZIONE PEI VIAGGIATORI è stata ora 
istituita presso la R. Università di Genova, ed ha per oggetto di for- 
hire opportune istruzioni a coloro i quali, disponendosi a viaggiare o 
a dimorare lungamente in paesi lontani e poco noti, intendessero ado- 
perarsi a profitto degli studi, formando collezioni di oggetti naturali e 
facendo osservazioni scientifiche. La nuova scuola è annessa alla Fa- 
coltà di scienze matematiche fisiche e naturali. Gli insegnamenti prin- 
cipali da impartirsi in detta scuola, mediante corsi liberi non retribuiti, 
sono relativi alle materie seguenti: Geodesia e topografia, meteorologia 
e fisica terrestre, geografia, antropologia ed etnografia, paletnologia, 
zoologia con esercizi di tassidermia, anatomia comparata, botanica e 
sue applicazioni, medicina ed igiene pratiche, geologia e mineralogia, 
fotografia con esercizî pratici. Nell’ anno scolastico testè incominciato 
gli insegnamenti saranno impartiti dai professori P. Pizzetti, P. M. Ga- 
ribaldi, E. Morselli, N. Morelli, R. Gestro, C. Parona, G. Cattaneo, 
O. Penzig, E. Maragliano, A Issel, E. Mariotti. L'insegnante di Geo- 
grafia non è stato ancora designato. Per 1’ ammissione alla scuola si 


4 


— 1108 — 


‘richiede la licenza liceale, tecnica o nautica, ed il pagamento di una 
piccola tassa annuale. Gli insegnanti concederanno un certificato di 
frequenza a chi avrà regolarmente frequentato le lezioni di una data 
materia. Sarà poi rilasciato un certificato complessivo, firmato dal Ret- 
tore della R. Università, a chi avrà frequentato con assiduità almeno 
cinque corsi. 

DizionarIo PRINZIVALLI. — Il prof. Virgilio Prinzivalli, inten- 
dendo provvedere ad un bisogno delle nostre scuole, pubblicò un di- 
zionario di nomenclatura geografica (1). Questa operetta contiene 
le definizioni dei termini generici e le spiegazioni dei nomi propri tanto 
della Geografia astronomica e fisica, quanto della storica. Definizioni 
e spiegazioni sono chiare, concise ed esatte, come si richiede per la 
pronta cognizione e immediata reminiscenza delle nozioni elementari 
della scienza. In appendice l'Autore collocò una serie di cenni sui 
viaggiatori più illustri, e in principio del libro il chiarissimo prof. F. 
Porena fece una relazione sul medesimo, la quale torna a lode di chi lo 
compose. 

« FERDINANDO MAGELLANO ». — La vita del grande Portoghese, 
che primo attraverso il Grande Oceano passò dall’ estremo Occidente 
all’ estremo Oriente, era ancora poco nota, quantunque molto sì fosse 
già scritto di lui. I più, naturalmente, s’ erano fermati volentieri al 
grande avvenimento della circumnavigazione della Terra, ed avevano 
concessa poca attenzione e poche pagine alla precedente, non lunga 
ma pur operosissima, vita del Magellano. Volle riparare a questo grave 
difetto, e rendere quindi più intelligibili le ultime gesta di lui, il pro- 
fessore F. H. Guillemard, docente di Geografia all’ Università di Cam- 
bridge (2). Fatta una utilissima introduzione, nella quale si tratta da 
un punto di vista veramente opportuno |’ indirizzo dato in Portogallo 
e nella Spagna alle esplorazioni che precedono ed accompagnano la 
scoperta dell' America e la grande impresa del Magellano, l' Autore 
comincia a dire di questo fin dai primi anni della sua vita. Ne dimo- 
stra la nobiltà elevata dei natali, la probabilità della nascita nel 1480, 
l'educazione eletta ricevuta alla Corte, il contatto e l’ attrazione del 
giovane alla vita avventurosa e gloriosa del mare, delle scoperte e 
delle colonie. Ne segue poi, passo a passo, i servigî resi alla patria, 
nella famosa spedizione intorno all’ Africa e nelle Indie, condotta dal 
grande vicerè Francisco d'Almeida. Molta luce è pure data alle vi- 
cende del Magellano, quando fu coll’ Albuquerque nelle fortunose spe- 
dizioni di Malacca, di Banda e delle Molucche. In questa occasione il 
Guillemard mette in evidenza i meriti del viaggiatore italiano Luigi di 
Vartema, che travestito da Arabo si trovava nelle terre del Sultano di 
Cananor e che potè dare molte ed utili istruzioni ai Portoghesi per la 
navigazione nei mari e nei canali dell' Oceano e della Malesia. Del 


(1) Dizionario di nomenclatura geografica, ecc. Roma, A. Manzoni, 1891. Vo- 
lume di pag. XII-210. 

(2) Gutttemarp F. H.. Zhe life of F. Magellan, ecc.. Londra, Philip e F., 
1890. Vol. di pag. 353, con illustrazioni, ritratti e carte. 


pd: 


dii 
i 


— 1109 —. 


servizio del Magellano in Marocco è pur detto bene tutto quanto se — 
ne sa. Se ricche e in buona parte inedite sono le notizie recate dallo 
Autore in questa prima parte del suo lavoro, numerose e in molti 
luoghi importanti per rettificazioni e aggiunte si presentano le altre che 
ci fanno conoscere: le cause del passaggio di Magellano al servigio e 
nella sudditanza della Spagna; il progetto di esplorazione d'un pas- 
saggio occidentale alle Indie; la questione della delimitazione dei do- 
mint spagnuoli e portoghesi; la deliberazione e la preparazione del © 
viaggio; le circostanze di fatto nella rotta per l'America meridionale, dello 
ammutinamento nel Porto di S. Giuliano, della scoperta, e del passaggio 
dello Stretto, dell’ arrivo e dei fatti accaduti nelle Isole dei Ladroni e 
nelle Filippine, in particolare poi della battaglia di Mactan e della 
morte del grande esploratore, in fine del proseguimento del viaggio alle 
Molucche e del ritorno in Spagna. Intorno al grande capitano, e poi 
al Del Cano, sono messi pure in giusta luce gli altri arditi che cad- 
dero per via od ebbero la fortuna di ritornare in patria dopo girata 
la terra; e tra questi è dato giusto luogo anche agl’italianìi Leone Pan- 
caldo di Savona, il marinero della « Trinidad », che fu dei soli quat- 
tro superstiti di quella nave, ed al cavaliere Antonio Pigafetta di Vi- 
cenza, al quale molto attinse il Guillemard nella ben nota relazione 
storica che quegli fece all’ Imperatore. Però è da osservare che una 
gran parte di quanto v’ ha nell’ opera di nuovo o di rifatto fu dall’Au- 
tore aftinta alle fonti, nelle cronache e nei documenti, che rinchiu- 
dono gli Archivi della Torre do Tombo e di Simancas. Così pure 
dagli Archivî di Siviglia e dagli storici contemporanei, incluso Pigafetta 
stesso, egli potè trarre e dare con buona lezione critica, nelle cinque appen- 
dici del volume, una completa genealogia delle famiglie Magellano e Bar- 
bosa, i testamenti di Ferdinando Magellano, le liste della ciurma e de- 
gli ufficiali di bordo della « armada » di lui, le note di spese ed equipag- 
giamento della flotta stessa, ed un elenco esatto dei nomi di quanti 
presero parte alla grande Spedizione. 

LE PROFONDITÀ DELL’ATLANTICO. — Nelle acque che segnano la 
ròtta tra Halifax e le Isole Bermude furono eseguiti poco tempo fa al- 
cuni scandagli. Questi diedero i seguenti risultati. Mentre nel punto 
segnato da 32° 19' 7” lat. N. e 64° 38’ 4” long. O. Green., il fondo 
di sabbie coralline trovasi appena a m. 86, poco oltre verso S. e pre- 
cisamente fra 32° 19’ 4” lat. N., 64° 38' 2” long. O Green. e 32° 
16’ 2" lat. N., 64° 31' 9” long. O. Green., la profondità passa a metri 
434 ed aumenta gradatamente fino a m. 2,260, ed il letto si fa ivi 
perfettamente corallino per dare luogo poi nelle parti più profonde al 
limo grigio. Dalla parte N. del suddetto punto, procedendo da 34° 13' 
30” a 42° 49' 42" lat. N. e contemporaneamente per 64° 16' 30” — 
63° 31’ 6" long. Green., gli scandagli toccarono fondo soltanto oltre i 
2 mila metri fino a 42° 16’ 30” lat. N., 63° 34’ long. O. Green., e 
più oltre lo incontrarono sotto quel limite, da metri 1,650 risalendo 
via via a soli 200 metri. La massima profondità misurata in questo tratto 
fu di m. 5,165, senza poterne specificare il fondo; però tutto all’ intorno, 
questo era costituito di sabbie grigie e ghiajose, mentre alquanto più lungi 


prevaleva il limo grigio oscuro. Invece nelle minori profondita sopra accen- 
nate il letto è coperto di melma, il cui colore va via via mutando dal- 
l’ azzurro al grigio oscuro. (ot. fo Mar., 46, 1890). 

NecroLoGIA. — Berghaus dottor Ermanno, l'autore del grande 
Atlante di geografia fisica, valente professore e cartografo, che da 40 
anni era indefesso collaboratore nelle opere uscite dall’ Istituto Per- 
thes di Gotha, morì in tarda età il giorno 3 dicembre p. p.. 


B. — EUROPA. 


IL Laco pi MOLVENo è stato recentemente studiato con tutto il suo 
bacino dal prof. G. Damian del Ginnasio di Trento. In una sua accu- 
‘ rata monografia, pubblicata nelle Pet. Aftffeslungen di Gotha (n. XI, 1890) 
troviamo descritta la conformazione del lago stesso, che s’ infossa per 
una lunghezza di oltre 4 km. nella valle che gli dà il nome, tra le pen- 
dici dei Monti Paganella e Gazza. La sua direzione da N.-N.-E. a S.-S.-O., 
la sua profondità massima di metri 118-122, l'azzurro profondo delle 
sue acque, le variazioni di livello, poi le acque affluenti, la questione 
delle comunicazioni col vicino lago di Andalo e con la valle del Sarca, 
inoltre il lavoro del suolo nei suoi fenomeni geologici delle vaste mot 
rene, ecc., rendono lo studio del prof. Damian, completo e degno di 
considerazione, per chi specialmente si occupa della geografia delle no- 
stre Alpi. 

L’ EMIGRAZIONE ITALIANA ALL’ ESTERO. — Dalle notizie ufficiali, 
che la Direzione Generale della Statistica rendeva di pubblica ragione 
in questi ultimi giorni, apprendiamo il movimento della emigrazione 
italiana all’estero nei nove primi mesi del corrente anno. ll risul- 
tato generale è questo: 1’ emigrazione stessa, relativamente allo au- 
mento della popolazione, non è maggiore dell’ anno passato, presen- 
tando un totale di 171,080 emigrati su 30,947,306 abitanti. Notevole 
poi è il sopravanzare continuo dell’ emigrazione temporanea sulla per- 
manente: nel detto periodo del 1889 quella salì a 94,166 emigrati, 
questa discese a 76,914. Questa differenza trova del resto riscontro 
nell’ altra, pur favorevole, fra i totali risultati dell’ emigrazione dall’Ita- 
lia nei due anni precedenti: 1888 e 1889. Nel 1888 erano emigrati 
290,736 abitanti, di cui 195,993 permanentemente e 94,743 tempora- 
neamente; nel 1889 emigrarono 113,093 soltanto della prima maniera 
e 105,319 della seconda, in tutto 218,412 abitanti. Quest’ anno poi- 
1890, almeno durante i primi nove mesi, risulta ancor più evidente il mi, 
glioramento numerico e qualitativo della nostra emigrazione all’estero- 
osservandola per regioni e per provincie. Quella del Piemonte da 
22,112 abitanti nel 1889 (gennajo-settembre), scese a 21,456 abitanti 
nel 1890 (gennajo-settembre); quella della Lombardia da 17,695 a 
a 16,755; quella del Veneto da 64,317 a 61,860; quella dell’ Emilia 
da 6,236 a 3,255; quella delle Marche da 3,104 a 984. Qualche au- 
mento d’emigrazione vi fu invece dagli Abruzzi e dal Molise, donde nel 
1888 erano partiti 5,991 abitanti e nel 1889 espatriarono 9,283; dalla 
Campania, nel 1888, abitanti 10,599 e nel 1889 abitanti 19,850. Dalle 


altre regioni, la differenza è minima in più o in meno. Degna di osserva- 
zione è la forte differenza nell’ emigrazione propria dal Veneto: nel 
1888 avevano lasciata definitivamente la patria 11,850 veneti, nel 1889 
la lasciarono in tal modo soltanto 2,867. Il contrario però accadde 
nella Campania, dove l'emigrazione propria salì dall’ uno all'altro anno 
da 9,672 abitanti a 18,407. (Estratto della GaszetHta Ufficiale, n. 279, 
1890). | 

LA POPOLAZIONE DELL'OLANDA. — Il Regno d’ Olanda, al 1° gen- 
najo 1890, contava una popolazione di 4,548,596 abitanti, con un au- 
mento di 42,664 sull'anno precedente, in ragione di 0,95 per cento, 
in complesso, e di 1,9 per cento nella popolazione urbana e 0,35 sol- 
tanto nella rurale. Nel detto giorno Amsterdam contava 406,316 ab.; 
Rotterdam 203,471 ab.; La Haja 156,497 ab.; Utrecht 85,253 ab.; 
Groninga 55,215 ab.; Haarlem 52,155 ab.; Arnhem 49,998 ab.; Leida 
46,329 ab.; Tilburg 33,795 ab. ; Maastricht 32,681 ab.; Dordrecht 32,428 
ab.; Nimega 32,326 ab.; Leeuwarden 30,149 ab.; Delft 28,537 ab.; 
Hertogenbosch 27,076 ab.; Zwolle 26,220 ab.; Schiedam 25,620 ab.; 
Niew-wer-Amstel 24,902 ab.; Deventer 23,220 ab. ; Helder 22,985 ab. ; 
Breda 21,967 ab.; Gouda 19,833 ab.; Apeldoorn 19,190 ab.; Kampen 
18,678 ab.; Zutphen 17,200 ab.; Middelburg 17,109 ab.; Kralingen 
17,095 ab.; Alkmaar 15,833 ab.; Amersfoort 15,694 ab. ; Weststelling- 
werf 15,450 ab. ; Zaandam 15,348 ab.; Enschede 15,202 ab.; Opsterland 
15,009 ab.. Altri 28 comuni superano i 10 mila abitanti. (Xow. Neer- 
land. Aard. Genootschap, n. VII-4, 1890). 

SCOPERTA DI UN ALTRO GHIACCIAJO NEL Caucaso. — Nel p. p. lu- 
glio il signor Cusnezov scopriva vicino al Monte Ciuha (m. 3,632), 
precisamente ai piedi del Monte Sasurgan, un ghiacciajo di discreta gran- 
dezza. Esso si trova in un avvallamento, e misura 336 m. dilarghezza e 
circa 500 metri di lunghezza. Così si conferma l'opinione del dottor 
Radde, il quale sosteneva l’esistenza di questo e d’ altri ghiacciai in 
quelle gole, già quando si era ancora convinti che per 320 chilometri 
ad E. della via militare di Grusina non esistesse nemmeno un ghiac- 
ciajo. La neve ricopriva quasi tutto il nuovo ghiacciajo scoperto, ma 
sotto fu constatata l’esistenza del ghiaccio nelle solite due forme, granu- 
losa e bollare (Deuts. Rund., f, G. u. St, n. 12, 1890). 


Cc. __ Asia. 


UN VIAGGIO SCIENTIFICO NELL’ IsoLa DI Cipro. — Il dott. E. O- 
berhummer, nei mesi di aprile e maggio 1887, percorse l'Isola di Ci- 
pro, esplorandone i luoghi più importanti per le ricerche archeologiche, 
ma anche con intendimenti più larghi rispetto alla Geografia ed alla 
potenza economica della famosa isola. Egli ne fece una estesa relazione 
nel Bollettino della Società geografica di Berlino. In essa, reso prima 
conto dei materiali scientifici adoperati e dei sussidî avuti da prece- 
denti esploratori, tra cui I’ italiano Palma di Cesnola, il dott. Oberhum- 
mer descrive le vie tenute, le città ed altri luoghi visitati, e le osser- 


vazioni ed i risultati che fece ed ottenne. I suoi itinerarî si svolsero in 
varie direzioni. Uno da Larnaca, per il centro dell’ isola, a Nicosia fin 
sulla costa occidentale a Kerynia. Un altro da questa città per Kythe- 
taea e le ruine di Salamis a Famagosta. Poi ancora per altra via da 
Larnaca a Nicosia e da questa città in direzione longitudinale alle rume 
di Soloi nella Baja di Morfu e lungo la costa fino all'estremo capo occi- 
dentale di Arnauti. Oltre ai risultati archeologici, questi viaggi giovarono 
assai alla onomatologia geografica, quasi affatto greca, dell’isola. Ed essi 
sì trovano chiaramente ed utilmente raccolti in una buona carta, che 
va unita al lavoro dell'autore. (Zestschrift della Soc. Geog. di Berlino, 
n. 147, 1890). 

NUOVE STAZIONI METEOROLOGICHE RUSSE. -—— Nella passata estate 
furono fondate dieci nuove stazioni meteorologiche nelle regioni del- 
l’Amur e dell’ Oceano Pacifico entro i confini russi. Esse sorsero pre- 
cisamente nei seguenti luoghi: Haborevca, Cita, Jecaterinonicolsk, Pe- 
tropavlovsk, Albasia e nei depositi auriferi di Inmansk e di Seisk. Tutte 
sono già provvedute abbondantemente degli strumenti necessari alle va- 
rie osservazioni (Deut. Runds. f. Geog. #. Stat., n. 12, 1890). 

NOTIZIE, LAVORI E PROGETTI DELLA SPEDIZIONE GROMBCEVSKI — Da 
una lettera che il Grombcevski scriveva da Sel-Kiljan il 20 luglio p. p. 
si hanno notizie più particolareggiate sull’ itinerario percorso dalla Spe- 
dizione nel Tibet. Furono esplorate le valli che conducono per S. e S.-E. 
nell’altopiano ; però, costretta per il malanimo del governatore di Keri 
ad affrettare, nella stagione fredda ancora (— 20° C.), l'ingresso nel- 
l’Alto Tibet, la Spedizione dovette abbandonarlo per mancanza d'acqua 
soprattutto, e scenderne piegando nella valle della Cashgaria. Intanto 
però furono eseguite le misurazioni desiderate, ed ora sono già com- 
piuti i lavori astronomici in relazione coi dati della precedente Spedi- 
zione Pievzov. Era poi intenzione del Grombcevski di esplorare il ba- 
cino del Fiume Tisnaf ed il corso inferiore dell'Jarkend-Daria e di là 
passare nei monti di Cashgar, esaminandone lo spartiacque da Jarkend 
fino al gran Lago Caracul (Deutsche Rundschau f. Geog. u Stat. nu- 
mero 2, 1890). 

EVEREST E GAURISANCAR. — Emilio Schlagintweit, nelle Pe/ermanns 
Mitteilungen, (n. X, 1890) rivendica all’estinto e chiarissimo fratello suo 
Ermanno, l’esatta determinazione e misurazione del Monte Everest, che 
però aveva denominato Gaurisancar. Sicchè, l'un nome e l’altro servono 
a designare una delle punte più elevate del gruppo, che il Great frigo- 
nometrical Survey, secondo il colonnello Tanner, suol denominare Gauri- 
sancar nel suo insieme, per lasciare quello di Everest più specialmente alla 
detta punta. Tuttavia anche lo Schlagintweit conviene col Tanner nel 
riconoscere ch’essa non è il punto più elevato della Terra, che invece 
trovasi più ad E. e chiamasi Macalu. 

« L'INDIA >». — Con ques'o titolo il prof. G. Lucci del R. Isti- 
tuto tecnico e nautico di Napoli pubblicava testé, nel volume VII degli 
Annali di quell'Istituto, una breve monografia sull’ India. È un buon 
riassunto didattico delle nozioni storiche e geografiche di quella fa- 
mosa regione asiatica. 





. — 1153 -— 

IL CONFINE INDO-BRITANNICO VERSO LA Cina E LA RUSSIA fu di 
nuovo allargato recentemente, secondo notizie date dal sig. von Erckert 
alla Deutsche Rundschau fir Geog. und Stat. di Vienna (n. 2, 1890). 
Intanto il dek di Cangiut s'è completamente sottomesso, come vassallo, 
all’ Inghilterra, ed ha assalito e preso il Pamir cinese e Drugarim-Bash. 
Poi gl'Inglesi rioccuparono le posizioni fortificate di Sciahidulla‘Hodscia, 
e così si sono assicurati del loro dominio nel bacino esteso e fertile del 
Raskem-Daria. Dalla parte del confine russo, l'Inghilterra ha pure rimesso 
il suo agente politico a Ghilghit, sicchè tra i due dominî europei in 
quella regione centrale dell’ Asia non resta oramai indipendente che 
una zona d’appena tre giorni di cammino, abitata esclusivamente da Kir- 
ghisi. 

IL sic. MECHEL, che fu compagno utilissimo del barone J. di Brenner 
Felsach nell’ esplorazione tra i Battak dell’ Isola di Sumatra, non è, 
come fu supposto (1), un Malese d'origine. Gentilmente ci comunica 
il dott. R. Hotz, redattore delle Geographische Nachrichten di Basilea, 
che il sig. Mechel è un Europeo, e precisamente uno Svizzero di 
quella città, che ha frequentato a Zurigo |’ Istituto Politecnico e che 
si trova da molti anni in Borneo, quale Ispettore d'una fattoria di pian- 
tagioni agricole. 


D. — AFRICA. 


UNA LETTERA DI Emtn pascià. — Il celebre esploratore scrisse da 
Ussauga, 7 settembre 1890, al viaggiatore Eraldo Dabbene la seguente 
lettera, che siamo lieti di poter pubblicare: « Col corriere dell’ altro 
« ieri ricevetti un pacco inviatomi gentilmente dal Console generale a 
« Zanzibar, contenente libri zoologici. Sebbene non vi fosse lettera 
accompagnatoria, indovinai dalla scrittura ch’ Ella sia il gentile autore 
di tale invio. Mi affretto dunque a porgerle i miei più sentiti ringra- 
ziamenti per cotal dono, il quale oltre 1’ elenco $Salvadori-Antinori, 
contiene ancora altri lavori molto interessanti ed a me affatto sco- 
nosciuti (2). Quale immenso valore abbiano questi libri per me non 
soltanto come libri, ma in segno di amicizia, non occorre dire. — 
Dopo aver messo l'ordine agli affari di Tabora, sono partito per qui 
ed aspetto soltanto l’arrivo di una guida per ripartire per il lago, 
Ove 12 0 13 marcie mi condurranno. Di là avanti, non so ancora 
quale strada terrò; aspetto informazioni incirca le trattative anglo-ger- 
maniche. Ella mi farà un distinto favore col ragguagliarmi qualche 
volta intorno al di Lei benessere e, se posso tornarle utile, non ha 
che a comandarmi. — Se ha occasione di richiamarmi ai sig. Dalla 


An A A A A A AAA AA ANA 


(1) Vedi BOLLETTINO del novembre u. s., pag. LOTS. 

(2) I libri di cui è qui parola, contengono |’ analisi scientifica delle Collezioni 
zoologiche fatte nello Scioa dalla Spedizione Antinori, e furono pubblicati a cura e 
spese del Museo civico di Storia Naturale di Genova ne’ suoi ANNALI e nel Vol. II 
delle nostre MEMORIE. Questi libri furono dalla nostra Società messi a disposizione 
del sig. Eraldo Dabbene, perch'egli li potesse inviare all'illustre esploratore (4. 4. D ). 





— 1114 — 

Vedova, conte Salvadori e marchese Doria e trasmetter loro i miei 
più sinceri omaggi, Ella mi obbligherà. Avevo rimesso al sig. Bencetti di 
Zanzibar alcune bottiglie contenenti ragni all’indirizzo del prof. Pavesi, 
non so se li ebbe. — Reiterando i più cordiali ringraziamenti, Le 
auguro tutti i beni possibili. — Sue Dev.me, Dotr. Emin ». 

LA NAVIGABILITÀ DEL Nicer. — In una lunga lettera alla Società 
geografica di Parigi, il luogotenente E. Caron, noto esploratore delle 
regioni interne del Niger, discute e sostiene la navigabilità della mas- 
sima parte del lungo fiume africano. Egli crede che introducendo l’uso 
dei piccoli e speciali piroscafi, che furono adottati dalla Francia nel- 
l' Indo-Cina e nel Tonkino, e sapendo scegliere la stagione opportuna, 
si potrà, senza grandi inconvenienti, aprire una regolare comunicazione 
fluviale tra Jamina e Say (Compfte-rendu, n. 14, della Soc. geogr. di 
Parigi, 1890). 

COMUNICAZIONI FLUVIALI E TERRESTRI NEL BACINO DEL Niari. — In 
una comunicazione orale, fatta nel passato novembre alla Società geo- 
grafica di Parigi, il signor J. Cholet rese conto, tra l’altro, di alcune 
escursioni da lui intraprese nel periodo di tre anni (1885-1887) alla 
ricerca di migliori comunicazioni tra il Loango francese e Brazzaville. 
Egli riuscì, difatti, a schivare la lunga e faticosa via da Buanza per il 
territorio dello Stato Indipendente del Congo a Manianga, giù per l'A- 
lima ed il Congo, e potè farlo attraversando, senza gravi difficoltà, 
quella relativamente breve zona di terre, tutte francesi, situate appunto 
tra i due posti egualmente soggetti alla Repubblica. Lo Cholet crede, 
che un Europeo bene equipaggiato possa compiere il viaggio da Loango 
a Brazzaville col nuovo itinerario da lui seguito, in soli 16 giorni, ed 
una carovana in 25 giorni, malgrado qualche difficoltà che s'incontra 
nel terreno sulla nuova via da lui percorsa. Quauto alla navigabilità 
del Niari, l'esploratore ne conferma i pericoli e gli ostacoli quasi in- 
sormontabili, ricordando la morte del Pleigneur, suo compagno, nel ten- 
tativo di scendere in piroga le rapide del Cuillu (il Niari tra il Maca- 
bana e Cacamueca). Egli però, più fortunato e più abile, potè con due 
leggerissime piroghe superare quel punto, e da Ludima (Alto Niari) 
scendere salvo nel Basso Cuillu. Ciò non vuol dire però che sia risolta 
la questione della navigabilità del fiume nei riguardi economici. Ricor- 
diamo pure che lo Cholet si trovò coll’ingegnere belga E. Dupont, a 
visitare le miniere di rame di Bucu-Songo (Bibiombo) nei Monti Sci- 
nombe, che formano spartiacque tra gli affluenti di sinistra dell'Alto 
Niari e quelli di destra del Basso Congo. Ne portò seco campioni varì 
ed alcuni arnesi ed utensili per la fusione usata dagli indigeni (Compie 
rendu n. 14, della Soc. geog. di Parigi, 1890). 

Il Fiume Sanca. — L'ultima e la più importante Spedizione com- 
piuta dall’esploratore francese J. Cholet, fu quella del Fiume Sanga, che 
affluisce nella destra del Congo ad 1° lat. S., tra le foci dell’ Ubanghi 
e dell’Alima. Ne era nota l’importanza per la lunghezza del corso e 
la larghezza del letto, ma più per informazioni degl’indigeni, che per 
le esplorazioni del Rouvier e del Dolisie, che |’ avevano risalito poco 
oltre una giornata di viaggio. Nei primi giorni dell'aprile p. p. lo Cholet, 








— THIS —_— 


dopo aver percorso il Congo da Brazzaville all’ Ubanghi, e fatte altro 
minori esplorazioni, s' internava su per il Sanga. Il letto di questo fiume 
varia in larghezza dai 300 ai 2 mila metri, ed è dovunque frastagliato, 
talvolta addirittura ingombro d' isole e di banchi di sabbia, convegno 
d’ innumerevoli ippopotami. Nella parte inferiore il Sanga ha le rive, 
basse e paludose, disabitate. I villaggi degli Afuru trovansi nell’ interno, 
lungi dalle rive del fiume, con cui comunicano però a mezzo di nume 
rosi canali. Gli Afuru sono, a quanto pare, pacifici, e trafficanti, massime 
in avorio. Nel corso medio il Sanga ha le rive più elevate, sulle quali 
sorgono frequenti i villaggi lungo una specie di via parallela ad essò. 
Vi abitano i Busindi, che trafficano pure, ma piuttosto per terra che 
per acqua, e sono in rapporti commerciali coi Ridomba e coi Pahuini. 
Nella parte superiore del fiume, il suo letto è più difficile per il gran 
numero d’isolette e la scarsezza dell'acqua in gran parte dell’anno. I Bas- 
sanga hanno in quelle isolette le loro abitazioni, le quali hanno press’ a 
poco la forma di tettoje chiuse e divise in camere. Anche tra i Bassanga il 
commercio dell'avorio è molto vivo, anzi Uoso, principale loro villaggio, ne 
è il centro. Ivi il Sanga si forma, provenendo da E. col nome primitivo 
dt Masa e ricevendo dalla destra il N° Goco. L'Alto Sanga a monte di 
Uoso, ossia il Masa, ha letto molto largo (1,800 metri), ma tutto a banchi 
di sabbia, così agglomerati da impedirne l'esplorazione. Lo Cholet allora 
rimontò il N° Goco Questo fiume è largo al più 200 metri nel tratto per- 
corso dalla Spedizione, e dopo breve risalita a monte, verso N.-O., lo si 
trova incanalato tra alture sempre più considerevoli e coperte di boschi. 
Ivi ricomparisce l'elefante, che manca affatto lungo le rive del Sanga. Il 
N’ Goco è alimentato, .0 meglio formato, da più affluenti, tra cui il Man- 
gango, che per rapide scende da N.-E. con un letto largo roo metri 
circa verso la confluenza coll’altro Fiume Momba che viene da N.-O., 
serpeggiando tra i monti. Mentre più sotto, verso Uoso, s’ incontra an- 
cora qualche villaggio, anzi tre di numero su tre isole, rimontando dalla 
confluenza del Momba e del Mangango non si vede traccia d'uomo nè 
dell’opera sua. Nelle larghe vallate, vere praterie piane, tra monti e 
monti, vagano tranquilli a truppe elefanti, buoi selvatici ed ippopotami. 
Essendo riuscito vano il tentativo di superare certe rapide scogliose del 
Momba, il giorno 15 maggio, l'esploratore decise di ritornare. Nel ri- 
torno potè meglio e più davvicino studiare i costumi, la lingua e l’indole 
degli Afuru. Non sono antropofagi. Anche quelli che videro per la prima 
volta un bianco, rassicurati, entrarono volentieri in relazione di commercio. 
Si reggono pacificamente con capi di villaggio, che pare dipendano in 
gran parte da Minganga di Uoso. Parlano una lingua che assomiglia a 
quelle usate dai Pahuini e dagli Udombo. Le loro armi, certi or- 
namenti, le danze ed altri usi rivelano pure una certa relazione di 
singue o di commerci con quelle tribù vicine; soltanto un modello 
speciale di perle, che si vendono esclusivamente nell’ Ogoué ed a N. 
del Gabon, li distingue da essi. Il paese poi, lungo il Sanga, non pre- 
senta grandi risorse evidenti, all'infuori dell'avorio e di alquanto cauc- 
ciù. L'esploratore si duole però di non aver potuto proseguire la sua 
esplorazione, che avrebbe forse dato maggiori risultati. In breve egli 


— 1116 — 


spera di pubblicare carte ed itinerari, di cui intanto offre due schizzi 
(Compte-rendu della Soc. geog. di Parigi, n. 14, 1890). 

L'ALTO UBANGHI E GL’INDIGENI Boncio. — In altra sua ispezione 
ai posti dell'Alto Ubanghi nel 1886, lo stesso sig. J. Cholet esaminò 
minutamente il letto del fiume. Questo è ivi molto largo, ma ingombro 
d'isolette basse e boscose e di banchi di sabbia. Perciò la navigazione 
a vapore vi è quasi impossibile in certa parte dell’anno. Fino al 4° di 
latitudine N. il paese circostante è montuoso e le rive del fiume a bo- 
schi e paludi, di quando in quando però alternate da dirupi. I Bongio, 
indigeni abitanti lungo il fiume, sono veramente antropofagi, eppure 
rispettarono il visitatore, che penetrò anche disarmato nei loro villaggi 
e nelle loro piantagioni. Anzi, dice egli, mostravano di temerlo, massime 
le donne e i fanciulli. Segni evidenti dell’antropofagia erano nei luoghi 
dei banchetti, i crani e le mandibole inferiori dell'uomo, misti a quelli 
d’elefante, ecc.. L'aspetto loro è veramente terribile; eppure anch’ essi 
usano lo scambio del sangue e le consuetudini degli altri negri non an- 
tropofagi (Compte-rendu della Soc. geog. di Parigi, n. 14, 1890). 

PORTOGHESI ED INGLESI NELL’AFRICA AUSTRALE. — Telegrammi dei 
giornali politici annunziano che il noto ufficiale ed esploratore porto- 
ghese Pavia d'Andrade, avendo invaso il territorio sottomesso all’ In- 
ghilterra nel £raa/ di Motuca e in altri punti, abbattendone la bandiera, 
sia poi stato vinto e fatto prigioniero dalle forze della Compagnia an- 
glo-africana e tradotto nel Forte Salisbury. (Za Rgforma, 6 dicembre 1890). 

SCOPERTE NELL’IsoLra FERNANDO Poo, — L’ esploratore Rogo- 
zinski, che da parecchio tempo attende a ricerche scientifiche nel- 
l'Isola Fernando Poo, vi scoperse in una recente sua escursione tre 
laghi finora ignorati (I) ed una sorgente termale ricca delle qualita 
terapeutiche di cuì si vanta quella di Carlsbad in Boemia. Il Ro- 
gonzinski sta intanto lavorando anche intorno ad una nuova carta del- 
l'isola stessa (Deuts. Runds. f. Geog. u. St., n. 12, 1890). 

ESTENSIONE DELL'AFRICA TEDESCA. — Secondo un calcolo recen- 
temente eseguito dall’ Istituto geografico di Weimar, l'Africa tedesca si 
estenderebbe complessivamente a 2,152,200 km. q., di cui 939,100 
km. q. nelle colonie e possessi orientali, 832,600 km. q. nei possessi 
e colonie sud-occidentali, 319,500 km. q. nel Camerun, e 61,000 km. q. 
nel Togo. (Deutsch. Kol. Zeitung., n. 23, 1890). 

LE CONDIZIONI DEL SULTANATO DI ViTU dopo il trattato anglo-ger- 
manico sono ancora poco rassicuranti, come lo ha provato la strage avve-- 
nuta della Spedizione Kiintzel, che vi fu distrutta dagl’ indigeni Suaheli, la 
notte dal 15 al 16 settembre p. p.. Ora giunsero in Germania notizic 
più esatte e particolari sulla strage stessa. Gli esploratori intendevano 
di stabilirsi per qualche tempo in Vitu, donde muovere all’interno per 
i loro fini pacifici; quando il Sultano Fumo Bacari sollevò difficoltà, do- 
mandando un consenso scritto degl’Inglesi. Intanto il Kiintzel, attendendo 
questo consenso, s'era ritirato a Mconumbi. Di là fu tratto co’ suoi, ad 
arte, un’altra volta a Vitu. La Spedizione fu disarmata, e poi, mentre 
già era riuscita a fuggire fuori di Vitu, fu assalita e distrutta dopo 
eroica resistenza. (Deuts. Kolon Zeitung, n. 23, 1890). 





— I1I:7] — 

IL PROTETTORATO INGLESE NEL VITU fu recentemente esteso fin 
presso a Kismaju, dove l'Italia continua ad esercitare i diritti ivi da 
lei acquisiti. Ora un erroneo telegramma di questi giorni, che annun- 
ziava avere l'Inghilterra esteso il suo protettorato anche « al N. di Kisi- 
maju >, fu in via ufficiosa smentito e corretto (Za Riforma, n. 377, 1890). 

IL MAGG. WISSMANN ED IL DOTT. PETERS, per l’opera da loro data 


‘a consolidare ed estendere il dominio coloniale tedesco nell'Africa orien- 


tale, furono decorati con le due prime grandi medaglie al merito afri- 
cano. Esse sono della grandezza di un pezzo da 5 marchi, e portano 
dall’un lato l'effigie della persona decorata, dall’altro la. figura allegorica 
della Germania e la scritta « Ostafrika, 1889-1890 ». (Deuts. Aolon. 
Zeitung, n. 23, 1890). 

IL PROTETTORATO INGLESE SU ZANZIBAR fu, secondo i dispacci di 
molti giornali politici, solennemente proclamato nella città, sede del 
sultano, fin dal 7 novembre p. p. (Ze Mouv. Glographigue, n. 26, 1880). 


E — AMERICA. 


ESPLORAZIONI NELL'AtASCA. — Il prof. J. C. Russel ed il sig. M. 
B. Kerr, membri dell'Ufficio geodetico degli Stati Uniti d'America, fe- 
cero una spedizione scientifica nella passata estate in Alasca, e preci- 
samente nella contrada circostante al Monte Elia. Il Russel si occupò 
di preferenza dei ghiacciai e dei fenomeni da essi dipendenti. Il Kerr 
attese alla misurazione trigonometrica delle più alte cime di quei monti, 
dalla quale si ebbero risultati importanti in generale, alcuni anzi ina- 
spettati. Primo a notarsi questo: che il Monte Elia, finora creduto il 
più alto della regione, per la misura del Dall (m. 5,840), non s’ inalza 
veramente che m. 4,120, e quindi resta al disotto del Monte Wrangel, 
il quale va oramai considerato il più. alto monte dell'America setten- 
trionale. La quota del Kerr è, a dir vero, ancora provvisoria, ma non 
potrà soffrire, a quanto sembra, che piccole correzioni. Non si potè fare 
l’ascensione completa del monte, che fu salito fino a 2,740 metri. D'al- 
tronde una prova indiretta della minore altezza del Monte Elia, viene 
data dai risultati della misurazione del Monte Cook (in. 3,120) e del 
Monte Vancouver (m. 2,860), che entrambi furono pure trovati più 
bassi di migliaja di metri al confronto delle antiche quote. Altro risul- 
tato, non meno importante, di questa Spedizione fu la completa e de- 
finitiva determinazione delle principali posizioni astronomiche della linea 
di confine con il dominio inglese, fatta sulla base della Stazione di 
Port Mulgrave: da queste determinazioni fu posto fuori di dubbio, che 
il Monte Elia sorge entro i confini degli Stati Uniti. — Anche la Stazione 
Kamport-House, che finora credevasi situata su territorio inglese, è in- 
vece su quello dell’ Unione, e precisamente a 32 chilometri circa ad O. 
del 141° meridiano di confine. €iò risulta accertato dall’altra Spedi- 
zione compiuta nel passato inverno 1889-1890 nella valle del Porcupine, 
sotto il comando di J. H. Turner. (Pet. Mitt, n. XI, 1890). 

Ebmonpo Corteau, il valente e geniale viaggiatore francese che 1 
nostri lettori conoscono, fu nell'agosto passato nell’Alasca, per farvi una 


— 118 — 


rapida ma non inutile escursione. Già da molto tempo, per le relazioni 
degli esploratori era venuta in fama quella regione, coi suoi ghiacciai, 
fjordi ed altri aspetti e fenomeni, che la fanno credere qualche cosa 
di simile alla Norvegia ed alla Svizzera in un temp stesso. Il Cotteau 
volle accertarsene: vi si recò e di quanto vide, veramente meraviglioso, 
egli fece una bella descrizione in lettera, da lui diretta al Zemgs (n. ro, 
sett. 1890), appena ritornato dall'escursione e datata da Victoria (Co- 
lombia Britannica). L'itinerario tenuto dal battello, su cui egli viaggiò, si 
svolse intorno all'Isola Vancouver, per lo Stretto: della Regina Carlotta 
poi all'Isola del Principe di Galles, a Porto Wrangell. Passato un ca- 
nale strettissimo, il viaggiatore giunse fino in vista del Ghiacciajo di 
Tacu; indi all'Isola Douglas e sulla riva opposta del continente, a Ju- 
neau, centro di miniere d'oro Di là al Fjord di Chilcat, alla Baja dei 
Ghiacciai, visitando quello gigantesco di Muir. Finalmente, viaggiando 
in vista dei ghiacciai del Pacifico e di S. Elia, e dei monti di La Pé- 
rouse, Fair Weather, Orillon, ecc., il Cotteau giunse a Sitca. Il suo ritorno 
a Victoria fu diretto. In tutto impiegò nove giorni e mezzo. 

MONTAGNA IN MOTO NELL’OREGON. — Da molti anni era comune 
opinione, ma non accreditata dalla scienza, che nei Monti delle Cascate 
nell'Oregon (Stati Uniti dell'America settentrionale) un colle s'andasse 
spostando. Ora recenti osservazioni diedero per risultato la conferma di 
‘tale opinione. Questo monticello fenomenale trovasi molto vicino alle 
rive del Fiume Columbia, s’eleva a circa 600 metri d'altezza dal fondo 
della valle, ed è costituito da un masso basaltico che s'inalza con ret 
punte. Probabilmente esso gizce sopra un substrato di arenarie molto 
porose, in cui filtrando le acque sotterranee o lo trascinano sempre più 
verso il fiume, ovvero ne riducono a tale il substrato stesso, da far sì 
che il monte sovrapposto per il suo stesso peso, scenda dal pendio della 
valle nelle acque del Columbia. Le prove esterne di questo continuo 
avanzarsi del suolo del monte, sono parecchie; ma più evidente di tutte 
quella della distanza delle guide della ferrovia, che percorrendo per più 
di ro km. quel terreno, da due anni in qua furono portate su tutta la 
linea ben 3 metri più a valle verso la riva del fiume. (Deuts. Ruads. 
f. Geogr. u. St., n. 12, 1890). 

L'IpAHO, che finora era stato fra i Territori della grande Repub- 
blica degli Stati Uniti d'America, ha ottenuto, come il Wyoming, d’es- 
sere elevato a Stato dell’Unione. Così in quest'anno il numero degli 
Stati Uniti del Nord d'America è salito a 44 L'Idaho avrebbe già con- 
tato nel 1888 circa 52,500 abitanti su 223,510 chilometri quadrati 
di superficie. (Deuts. Runds. f. Geogr. u. Stat., n. 12, 1890). 

ESPLORAZIONI NEL Messico. — Da una esplorazione geologica del prof. 
A. Heilprin, risulta che la Penisola dell' Jucatan non è punto costituita di 
strati corallini. Gl'itinerarî del ch. professore in quella regione si svolsero 
da Progreso a Tuncas per E., e attraverso i monti da Uxmal a Tabias. 
Molte altre e non meno importanti furono le sue ricerche ed osserva- 
zioni durante quel viaggio. Un'altra esplorazione è stata compiuta dallo 
stesso viaggiatore nell’altopiano del Messico, ed ebbe tra l'altro per scopo 
la misurazione di parecchie vette montuose di quel paese, coll’aneroide. 


— 1119 — 
Quest'ultima misurazione ha valore anche di fronte alle antiche, ma non del 
tutto accettabili, . misurazioni trigonometriche, alcune delle quali risalgono 
ancora ai tempi di Al. di Humboldt. Così l’altezza del Monte Orizaba 
(Citlaltepetl) fu da lui corretta da m. 5,450, in m. 5,549, il Monte Popo- 
catepetl da m. 5,420 in m. 5,341, il Monte Iztauihuatl da m. 5,105 in m. 
| 5,170, il Monte Nevado de Toluca, da m. 4,570 in m. 4,558. Anche la 
città di Messico, dalle ripetute osservazioni dell'Heilprin e dai risultati del 
rilievo fatto per la costruzione della ferrovia, fu trovata 37 metri più bassa 
della quota trigonometrica, e precisamente a m. 2,240. Vuol essere no- 
tato che le osservazioni all'aneroide furono appoggiate, per il controllo, ai 
dati di due stazioni, Messico e Vera Cruz (Pet. Mitteil., n. XI, 1890). 
UN NUOVO PORTO AMERICANO è stato riconosciuto e, quantunque fre- 
quentato già da grossi piroscafi del Pacifico, è poco noto finora nell'America 
stessa. Esso trovasi sulla costa occidentale nello Stato del Guatemala, e porta 
il nome del vicino fiume Ocos, che ivi ha la sua foce in mare. Il porto di 
Ocos ha buon ancoraggio, con profondità da ro a 19 metri. Però dicesi 
che l’aria vi sia malsana in tutte le stagioni (/Vof. to Mar. n. 45, 1890). 
SCOGLIERA E CORRENTE IN Costa Rica. — Gli scogli sparsi presso la 
Punta Gujonos, lungo la costa occidentale dell’ America Centrale (Costa Rica) 
vanno via via congiungendosi per l'azione d'una corrente, che spingendosi 
a N. con grande velocità, trasporta sempre nuove materie che inalzano 
il fondo marino intorno ad essi. (/Vof. fo Mar., n. 45, 1890). 
SPEDIZIONE COUDREAU IN Guyana. — Dopo essere stato abbando- 
nato dalle guide indiane sui Monti Émerillon, il viaggiatore francese 
Enrico Coudreau, benchè fosse di pieno inverno (gennajo 1890), non 
volle rinunziare al disegno di esplorare l'Alto Ojapoc. Trovati final- 
mente al Salto di Mutuscì, poco lungi dai Tumuc-Humac, nove indiani 
disposti a condurlo in piroga, egli si ripose all'opera. Malgrado la triste 
e pericolosa stagione, il Coudreau potè condurre a buon punto il rilievo 
idrografico di sette grandi affluenti dell’Ojapoc, rimontandone cinque 
dal confluente fino alle sorgenti, e gli altri due per sufficiente tratto. In 
tal modo egli riuscì poi a rilevare più di 690 km. q. di superficie frap- 
posta a questi fiumi, oltre 380. km. q. nella valle alta dell’ Ojapoc stesso. 
I fiumi rilevati sono, oltre il Camopi, l'Inipi, 1’ Jarupi, l’Eureuponcigne, 
|’ Jingarari, il Motura e l’Jaue. In mezzo ad essi vi sono vaste paludi 
e stagni, e l'estesa regione (circa 30 mila km. q.), mezzo deserta, 
non presenta che rovine di villaggi indiani abbandonati. Il Coudreau 
ha osservato co’ suoi occhi lo spopolarsi della regione, non soltanto pel 
vajuolo e la dissenteria, che fanno numerose vittime fra gl’indigeni, ma 
anche per l'emigrazione verso il S.-O., prodotta dalla ricerca di donne 
e di lavoranti, che annualmente fanno i vicini Rucujenni, in cui tra 
breve si confonderanno le poche migliaja o centinaja di Caicuci ed O- 
jampi sopravvissuti. La fama delle miniere d'oro attirerà forse i creolì 
od altri coloni, ma seri ostacoli si opporranno non soltanto alla lavora- 
zione delle miniere, ma anche alla penetrazione fino ad esse, principale e 
gravissima la infinita serie delle cascate sui fiumi. Il viaggiatore nella 
sua escursione ne contò ben quaranta. Ora il Coudreau dovrebbe tro- 
varsi verso la fine di un’altra esplorazione, alle sorgenti dell'Ojapoc, che 


— 1120 — 
egli stava per risalire il 21 luglio p. p., quando dava le qui riferite sue 
notizie al Ministro dell’ Istruzione pubblica di Francia. (Compte-rendu 
della Soc. geog. di Parigi, n. 14, 1890). 


F. — OCEANIA. 


LA SPEDIZIONE SZECHENYI. — Qualche tempo addietro era partita 
d' Europa una Spedizione scientifica ungherese, sotto il comando del 
conte Andor Szechenyi, diretta per l’ Australia. Suo scopo era uno stu- 
dio ampio della storia naturale delle isole dell’ Oceano australe. Passati 
alcuni mesi, ne mancarono ulteriori notizie, e si fu in timore d’un di- 
sastro. Ora però giunse la buona nuova che la Spedizione era entrata 
felicemente nelle acque di Honolulu e che presto sarebbe di ritorno 
in patria. (Deuts. Runds. f. Geogr. u. St, n. 12, 1890). 

La CATENA BELLENDEN KER nel Queensland settentrionale fu di- 
ligentemente esplorata nell’ estate 1889 da A. Meston. Oltre ad una 
ricca collezione di piante e di animali, |’ esploratore fece anche una 
serie di osservazioni scientifiche per la geologia e la geografia di quella 
contrada montuosa.: Utile fu pure la sua ricerca dei nomi indigeni delle 
varie località e dei Monti della Catena. Furono pure determinate le 
quote d’ altezza delle principali sommità della catena stessa: la vetta 
più elevata di tutto il sistema, di cui fu fatta l’ascensione, supera metri 
1,600. Il Monte Bartle Frère, che sorge di fronte al mare, ha l'altezza 
di metri 1,525 ed è ricco di prodotti naturali importanti per la scienza. 
Le Petermanns Mitteilungen (n. XI, 1890), nel dare notizia di questa 
esplorazione, deplorano che il Meston non abbia unito alla sua relazione 
una carta, che facesse meglio conoscere nei particolari e nell'insieme 
l'importanza di essa per la topografia. Credono d'altronde che il Meston 
s' inganni senz’ altro là dove sostiene che la suprema vetta della Catena 
Bellenden Ker sia la più alta di quella regione; poichè bisogna pur 
prestar fede al norvegiano C. E. Borchguevink ed al queenslandese 
E. Brown, i quali in seguito ad un’ ascensione del M. Lindsay e se- 
condo accurati calcoli, ne stimarono |’ altezza in m. 1,741. 

UN ARBITRATO ED UNA CARTA DELLE ISOLE MARSHALL. — Nel 
dicembre 1885 S. S. papa Leone XIII aveva fissato, in qualità d’arbitro, 
i confini germanici e spagnuoli per le Isole Caroline, in modo che il 
gruppo Ugelong, ossia delle Isole della Provvidenza, poste a 9° 40' lat. N., 
161° long. E. Green., doveva restare alla Spagna. Però fin dal 13 set- 
tembre 1886 il protettorato tedesco era stato esteso allo stesso gruppo. 
Ora poi una nuova carta delle Isole Marshall, pubblicata dall’ Ufficio 
idrografico tedesco, confermando la posizione e |’ unicità di un gruppo 
così denominato, vi ammette senz’ altro la sovranità dell’ Impero ger- 
manico. Ciò fa credere all'esistenza d’ un nuovo atto, con cui in que- 
ste parti almeno, sia stato infirmato l'arbitrato del pontefice, che stabi- 
liva come confini il parallelo 11° di lat. N. ed il meridiano 164° di 
long. E. Green.. (Pet. Mitteil., n. XI, 1890). 


(1) V. BOLLETTINO, luglio-agosto 1890, p. 729. 





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— 1121 — 

NUOVI SCANDAGLI NELL’ OCEANO Pacirico. — La nave austro-un- 
garica « Fasana », passando fra Tiga e Maré, due delle Isole Loyalty, 
ottenne per scandagli fatti, le seguenti misure barometriche : a 21° 5’ 42” 
lat. S., 168° long. E. Green. metri 2,049; a 21° 12’ 36” lat. S., 167° 
48 48” long. E. Green. m. 1,223; a 21° 25’ 36” lat. S., e 167 36’ 
long. E. Green. m. 1,799. Il fondo del mare nei luoghi scandagliati era 
sopratutto costituito da fine sabbie coralline. (Wot. fo Mar., n. 44, 1890). 


G. — REGIONI POLARI. 


ESCURSIONE DEL THORODDSEN IN ISLANDA. — Nell’ estate di que- 
st’ anno (1890) Th. Thoroddsen fece l' annunciata (1) sua escursione 
scientifica nell'Isola d’ Islanda. Questa volta egli esplorò minutamente 
la parte N.-E. del distretto di Borgarfjord, esaminò le molte sorgenti 
termali della Valle di Reykholt ed i torrenti di lava del Langjékul. 
Poi, attraversando I’ altro distretto di Myra, si fermò ad osservare i 
parecchi vulcani minori che vi esistono, riuscendo a sciogliere più di 
un quesito di geotectonica. Importante è il risultato dell’ esplorazione 
geologica del Vulcano Snaefellsnesjékul nella Penisola Snaefellsnes. Egli 
potè constatare che questo imponente vulcano incominciò le sue eru- 
zioni molto tempo prima del periodo glaciale, le continuò poi fin oltre 
questo periodo, ma non ne fece mai nei tempi storici. Nel distretto di 
Dala, pure da lui visitato, si scopersero, oltre ad altre materie, nuovi 
depositi di liparite. In generale poi il Thoroddsen osservò che i vul- 
cani da lui veduti in questa escursione, non hanno la direzione comune 
agli altri meridionali, da S-O a S.-E., ma formano piuttosto una spe- 
cie di semicerchio intorno alla piccola Baja di Faxe, che si presenta 
come una vera e propria depressione vulcanica. Il Thoroddsen scrive in 
una sua lettera, da cui prendiamo queste notizie, ch'egli spera di poter 
fimalmente compilare una buona carta generale geologica di tutta quella 
regione, poichè la liberalità del barone Dickson gli aveva permesso di 
completare le sue ricerche scientifiche, prima fatte nel N.-O. e nel S. 
della parte occidentale dell’ Islanda. (Peter. Mitteilungen, n. XI, 1890). 

LA SPEDIZIONE SVEDESE ALLE SPIZBERGHE. — L’ illustre professore ba- 
rone A. J. Nordenskjéld, nel rispondere a certe richieste di informazioni 
rivoltegli dalla Società Geografica di Parigi sulla progettata Spedizione an- 
tartica, aggiungeva una breve relazione sull’esito di quell'altra, pure sve- 
dese, che era stata condotta da suo figlio, il geologo Gustavo Nordenskjéld 
alle Spizberghe (1). Questi, col zoologo A. Klinckowstrém e coll’altro na- 
turalista J. A. Bjérling, partiva su una nave a vela il 27 maggio di 
quest’ anno, da Tromsoe. Il giorno 6 giugno i viaggiatori erano già 
all'Isola degli Orsi (Beeren-Eiland), che però la nave non potè avvici- 
nare. Il 13 successivo erano già in vista delle Spizberghe ed il 15 
Nordenskjéld e Bjérling sbarcavano presso Hornsound. Fu da essi fatta 
un’ escursione, faticosa ma abbastanza sicura, attraverso i ghiacciai esi- 
stenti tra Hornsound e Recherche-Bay. Si poterono così fissare i punti 


(1) V. BOLLETTINO, /uglio-agosto 1890, p. 729. 





— 1122 — 


necessarî per la triangolazione che ivi mancava ancora, e nello stesso 
tempo si scoperse una piccola catena di monti, dell’ altezza di circa 
gio metri, le cui sommità appena spuntano dal ghiaccio in cui stanno 
sepolte. Dal 21 giugno ai primi del mese seguente si fecero, in man- 
canza di meglio, alquante perforazioni e scandagli e parecchi rilievi 
idrografici e topografici lungo gli orli de’ ghiacciai. I migliori lavori 
furono poi eseguiti intorno ad Icefjord, e furono scavi zoologici ed osser- 
vazioni idrografiche. Da tutti questi risultati si conferma che i din- 
torni di Icefjord e la penisola tra Icefjord e Belsound rappresentano 
coi loro magnifici ghiacciai e con le loro belle montagne, ricche di 
fossili d'ogni età, la storia geologica più vasta e antica del globo. Pa- 
recchi ghiacciai furono ritratti con la fotografia. Si fecero numerose 
raccolte di piante fossili, trovate nelle formazioni terziarie, a livello di 
mare ed anche a considerevoli altezze montuose. Si esplorarono geolo- 
gicamente parecchie vette dei monti di quella contrada; anzi ad una 
di esse, tra le più alte (metri 1,115), fu dato il nome di Monte Nor- 
denskjéld. Gli strati di quegli altipiani sono costituiti di schisti e di 
melme argillose, in cui s’ osservano le impronte di piante terziarie, che 
per la loro piena e bella conservazione possono gareggiare colle piante 
fossili per ciò più famose. Il 13 agosto la Spedizione abbandonò Ice- 
fjord e procedette lungo la costa occidentale delle Spizberghe, toc- 
cando Clovencliff, non lungi dall’ 80° di latitudine boreale. Ivi presso, sui 
pendii nevosi, fu osservato il fenomeno ottico della riflessione del colore 
roseo delle alghe, che finora non vi era stato mai veduto o notato 
dai viaggiatori polari. La Spedizione si spinse poi in’ direzione N. e 
N.-E. raggiungendo il parallelo di Verlegenhook, ad 80° 45’ latit. N., ed 
avrebbe potuto, per le condizioni del mare, avanzarsi per altri 50 o 60 mi- 
nuti di grado, se la nave fosse stata mossa dal vapore. Da quel punto fece 
ritorno, visitando un’altra volta la Réde-Bay e la Recherche-Bay, dove pure 
furono fatte delle fotografie di ghiacciai, anche per poter fare il confronto 
con i rilievi eseguiti ivi, 52 anni addietro, dalla fregata francese « Re- 
cherche ». Il 17 settembre la Spedizione rientrava nel porto di Trom- 
soe. (Compte-rendu della Società Geografica di Parigi, n. 14, 1890). 


IV. — BIBLIOGRAFIA (1) 


F. — AMERICA. 


1) Libri. 
BALDRICH J. A.. — Las Comarcas virgenes. El Chaco central norte. 
Buenos Aires, 1889. Vol. di pag. 292. 
Barsosa RODRIGUES J.. — O Muyrakyta: estudo da origem asiatica da” 


civilisacdo do Amazonas, nos tempos prehistoricos. Parte 1°. Manaos, 
Tip. do Amazonas, 1889. Vol. di pag. XV-162 con 2 tavole.’ 

L'origine, la diffusione e l’uso della giadeite, pietra verde 
che ancora oggidi si scopre in quantità considerevole nell’ Asia 
Centrale, e insieme alcune conclusioni filologiche sui nomi etnici 
e geografici di Cara e Caraibi inducono |’ Autore a sostenere la 
nota tesi dell’ immigrazioni preistoriche di tribù asiatiche a po- 
polare l’ America, nominatamente la Centrale e la regione dello 
Amazzoni, fin dai primi secoli dell’ èra cristiana. L'Autore si dif 
fonde assai a discutere le tradizioni, le leggende ed anche le 
Opinion! scientifiche che toccano il suo assunto, e in ciò mostra 
non comune coltura ed erudizione. 


BioLLEy P.. — Costa Rica et son avenir: ttude accompagnée d'une carte. 
Parigi, Giard, 1859. Volume di pag. 127 con carta alla scala 
di I: 1,000,000. 

Scopo della presente pubblicazione è, giusta quanto ne dice 
l'Autore, quello di dissipare un certo numero d' errori geografici 
e scientifici e molti falsi giudizî che si fanno intorno a Costa Rica, 
ed inoltre, e forse in primo luogo, quello di attirare l’ attenzione 
degli emigranti europei su di un paese ancora ben poco conosciuto. 
In separati capitoli l'Autore descrive quindi il paese, gli abitanti, 
i terreni, il commercio e le finanze. Nella conclusione il sig Biolley 
si mostra molto fiducioso nell’ avvenire di quella repubblica, che 
reputa una delle migliori fra le consorelle dell’ America Cen- 
trale, e consiglia gli emigranti a recarvisi. Per venire ad una tale 
conclusione egli, naturalmente, dichiara molto esagerate le lagnanze 
che, come è noto, sollevarono qualche anno fa, gli operai italiani 
recatisi a Costa Rica per eseguirvi costruzioni ferroviarie, e rimasti 
poi senza lavoro. 


CHaRNAY dott. — A travers les foréts vierges: aventures d'une famille 
en voyage. Parigi, Hachette et C., 1890. Vol. di pag. 380. 


(1) Vedi BOLLETTINO, luglio-agosto, settembre e novembre 1890, p. 730, 850 e 1031. 


$ 


-— 1124 — 

In questo volume si trovano con molta arte intrecciate le avven- 

ture romanzesche d’ una famiglia in viaggio, con una serie di no- 

zioni scientifiche e di descrizioni geografiche del paese da essa attra- 
versato negli altipiani del Messico. 


Coppin H.. — Quatre Républiques de l'Amtrique du Sud. Préface de 
R. Frary. Parigi, E. Dentu, 1890.. Vol. di pag. XIX-344- 


È specialmente con intenti commerciali che il sig. H. Coppin 
eseguì il suo viaggio attraverso la Repubblica Argentina, il Para- 
guai, l' Uruguai ed il Chili, del quale egli nel presente volume 
dà una compendiosa relazione. Le notizie che in essa si con- 
tengono sono in particolar modo rispondenti allo scopo del viaggio ; 
non mancano però alcuni dati sulla storia dei paesi visitati, sugli 
usi e le abitudini, le condizioni politiche, ecc. 


Cusas A. G.. — Etude glographique, statistique, descriptive et historique 
des Etats Unis Mexicains, Messico, Tip. del Min. dei L. P., 1889. 
Vol. in 8° gr. di pag. 415. 


DemancHe G.. — Au Canada et ches les Peaux-rouges. Parigi, Hachette, 
1890. Vel. di pag. 192 con carta ed illustrazioni. 


Il 4 agosto 188s partiva dall'Havre il piroscafo « Damara » con 
una delegazione di Francesi che, inaugurando la nuova linea di na- 
vigazione franco-canadese, si recavano a visitare Je colonie dei loro 
compatriotti, discendenti dai rimasti sulle rive del San Lorenzo dopo 
la cessione del Canadà agli Inglesi, avvenuta nel 1763. Di questa 
Delegazione faceva parte l' Autore, che nel presente lavoro rende 
conto del viaggio compiuto in quell’ occasione attraverso il Dominio 
del Canadà. Come è facile a comprendersi, l'attenzione dell'Autore 
era rivolta specialmente’ a studiare la condizione dell’ elemento 
francese di fronte alla preponderanza anglo-sassone. In generale 
però il lavoro serve a dare una completa idea ‘sulle condizioni di 
tutto il vasto paese che si estende al N. degli Stati Uniti d'America, di 
cul tanta parte attende ancora una larga colonizzazione. Lo studio 
è fatto con cura, ed il libro è piacevole ed istruttivo. 


EcHEVARRIA y Reyes A.. — Geografia politica de Chile. Santiago, 1890. 
Due vol. in g°. 


FrLIx J. e LENK H.. — Seitrdge sur Geologie und Paldontologie der 
Republik Afexiko (Contributi alla Geologia ed alla Paleontologia della 
Repubblica del Messico) Parte 7. Lipsia, 1890. Volume di pa- 
gine VITI-114 in 4° con tavole ed illustrazioni. 


FERNANDEZ L.. — Historia de Costa Rica durante la dominacion espa- 
hola , 1502-1821. Madrid, Man G. Hernandez, 1889. Volume 
di pag. 640. 

Gourp E. W.. — fifty years on the Mississippi (Cinquant'anni sul Mis- 
sissippì ). S. Zwigi, Nixon Jones, 1889. Vol. di pag. 750. 

GREEN Sporswoon W.. — Among the Selkirk Glaciers, ece. (Attraverso 
i Ghiacciai dei Monti Selkirk: relazione di una faticosa esplora- 


— 1125 —. 
zione nelle regioni dei. Monti Rocciosi della Columbia Britannica). 
Londra, Macmillan e C., 1890. 

, + Vedi BOLLETTINO, /uglio 1890, pag. 725. 

Grossi dott. prof. V.. — Fra eli Eschimesi delle Isole Aleuti; feste, 
tradizioni e leggende. Genova, Ciminago, 1890. Opus. di pag. 23. 

Breve raccolta di tradizioni e leggende sulla vita futura, e de- 
-‘scrizione delle feste degli Eschimesi e. specialmente degli abitanti 
‘ delle Isole Aleuti. 

Grossi V.. — Geografia commerciale dell'America del Sud: I, Chili. 
Genova, Stab. Artist. Tipogr., 1890. 2° Eris. Op: di pag. 62. 

L'Autore presenta in questo breve lavoro un sunto della ma- 
teria da lui svolta nelle sue lezioni all’ Università di Genova. Il 
lavoro è diviso in due parti, |’ una generale e l’altra speciale. La 
prima contiene notizie di Geografia fisica e politica, di statistica 
e di Geografia economica; la seconda si suddivide in singoli capi- 
toli, riflettenti l'agricoltura, le miniere, l'industrie ed il commercio, 
e la colonizzazione. 

Grossi V.. — Lingue, letteratura e tradizioni popolari degli indigeni 
d'America: Parte 1°: Eschimesi, Pelli-rosse, Messicani. Genova, 
Ciminago, 1800. Opusc. di pag. 59. 

Nel presente volumetto |’ A. ha riassunto una Memoria sul « Folk- 
Lore e la letteratura dei popoli primitivi d'America », da lui pre- 
sentata al VI Congresso internazionale degli Americanisti, tenutosi 
a Torino nel settembre 1886 ; della quale Memoria questo periodico 
ebbe già ad occuparsi. Vedasi in proposito il fascicolo del gen-- 
najo 1887, pag 46. 

Grossi V.. — Appunti di Geografia commerciale dell'America. 1° : Chili. 
Genova, tip. del Commercio di Genova, 1890. Un op. in 10° di p. 15. 

Grossi V.. — Guida pratica dell emigrante italiano al Chill: notizie 
geografiche e commerciali. Genova, Artisti-Tipografi, 1590. Op. di 
pag. 30. 

Vedi BOLLETTINO, /ug/io-agosto 1890, pag. 657. 

Guiamne L.. — Za République Argentine physique et tconomique. Ex- 

posé de ses conditions et ressources, de son agricolture, ecc. Parigi, 
1890. Vol. in 8°. 

HENRIQUE L. — Les colonies frangaises, notices illustrées, Colonies d'Amé- 
rique: La Martinique — La Guadeloupe — Saint Pierre et Mi- 
quelon — La Guyane. Parigi, Quantin, 1889. Vol. di pag. 425 
con carte ed illustrazioni nel festo. 

Anche in questo volume il sig. Henrique segue il metodo, già 
adottato in altri precedenti, di fornire poche notizie, ma precise, re- 
centi, e sistematicamente ordinate e scelte con cura sui paesi che 
intende illustrare. Egli tratta nel presente della Martinica, della Gua- 
dalupa, delle Isole di S. Pierre e Miquelon, e della Gujana. Pre- 

. messi alcuni cenni storici, egli presenta la descrizione geografica 
. di quei territori, e tratta quindi dell’ amministrazione pubblica e 


— 1126 — 


delle condizioni politiche, economiche e sociali di essi, corredando 
la sua esposizione con dati statistici e bibliografici, con illustra- 
zioni e con carte. È una pubblicazione che, per il modo in cui 
è compilata e per il carattere ufficiale che riveste (essendo fatta 
per ordine del Sotto-Segretario di Stato per le Colonie di Francia) 
offre garanzia di notizie attendibili e torna di pratica utilità. 

Vedi BOLLETTINO, dicembre 1889, pag. 1067 € soffo, p. 1133. 

KAERGER K.. — Brasilianische Wirtschaftsbilder (Schizzi economico-com- 
merciali del Brasile: osservazioni e ricerche). Berlino, 1889. Volume 
di pag. VIII:530 in 8°. 

Lavasseur E.. — Le Brésil. Deuxitme tdition, accompagnte d'une appen- 
dice et d'un album de vues du Brésii, ecc. Parigi, H. Lamtrault, 
1889. Vol. di pag. VIII-100 în 4° a due colonne, con carte, inci- 
sioni, ecc. in Album di 94 favole. 

In questa seconda edizione del lavoro pubblicato dal sig. E. Le- 
vasseur, nostro Membro d'onore, nella Grande ZEnceyclopédie sotto 
la voce « Brésil », sono notevoli le aggiunte e modificazioni, intro- 
dotte togliendole da fonti più recenti e più sicure. Al lavoro fanno 
poi seguito due appendici, |’ una sulla lingua Tupi, l'altra circa 
le istituzioni primitive del Brasile, compilata dal sig. E. Glasson. 
L’ edizione è ricchissima di carte e di illustrazioni nel testo; e 
merita speciale menzione |’ Album di vedute del Brasile, che fa 
parte dell’opera, ed è dovuto alla collaborazione del sig. J. M. Da 
Silva-Paranhos, barone di Rio Branco. 


MAGLIANO R.. — /ateressi italiani nell! America Centrale. Roma, Tip. 
delle Mantellate, 1889. Vol. di pag. 193. 


Molto opportunamente il cav. Roberto Magliano, R. Ministro 
residente presso le Repubbliche dell'America Centrale, ha raccolto 
in questo volume gli estratti dei suoi rapporti al Ministero degli 
Affari Esteri per quella parte che più direttamente si riferisce agli 
interessi nostri in quei paesi. Con larghezza di vedute e dovizia 
di dati statistici precisi egli tratta in singoli rapporti: 1° dell’ immi- 
grazione italiana nell’ America Centrale; 2° dell’ immigrazione nelle 
sue attinenze colle importazioni dalla madre patria, e riconosciuto 
che scarsa è la nostra importazione in quelle regioni, mentre po- 
trebbe prendere un ben più largo sviluppo, ne studia le cause e 
ne propone i rimedi, esaminando partitamente ciò che dovrebbero 
fare gli esportatori e ciò che dovrebbe essere affidato all’ azione 
del Governo, e corredando le sue considerazioni con numerose 
illustrazioni statistiche; 3° degli scambî commerciali dell’ Italia con 
Y America Centrale e del loro possibile sviluppo, discorrendo ad 
uno ad uno dei prodotti che potrebbero essere importati ed espor- 
tati; 4° del commercio dei vini italiani nell’ America Centrale; 
e 5° delle istituzioni bancarie nelle Repubbliche dell'America Cen- 
trale e del progetto d'un Banco italo-centro-americano. In complesso 
è questa, come si disse, una pubblicazione molto utile ed oppor- 
tuna, il cui studio è da consigliarsi a chi sia chiamato ad occu- 


— 1127 — 

parsi sia della emigrazione che del commercio italiano nelle regioni 
della America Centrale, ancora così poco conosciute, e che pure 
potrebbero offrire così largo campo all'attività dei nostri conna- 
zionali. 


- MARC A.. — Le Brésil: excursion è travers ses 20 provinces. Parigi, 
Tip. Charaire e figli, 1889. Due vol. di pag. VII-617. 


Con uno studio diligente e particolareggiato sulle condizioni 
economiche e politiche del Brasile, l’ Autore ha avuto I’ intendi- 
mento (lo dichiara nella prefazione) di esporre « un quadro sin- 
cero della situazione di quel vasto paese sotto i suoi principali 
aspetti, col solo desiderio di mostrare agli Europei quanto valga 
quel paese, ciò che vi si fa, come esso progredisca ed in qual 
modo utilizzi le risorse e le attività che il vecchio mondo gli con- 
fida ». L’opera infatti può dirsi una delle più ricche raccolte di 
dati e di notizie su ciascuna parte del territorio brasiliano, sul 
commercio, |’ industria, l’ immigrazione, le qualità naturali del suolo 
ed i suoi prodotti, gli istituti di credito, il clima, i mezzi di comu- 
nicazione e di trasporto, i costumi, e su quant’ altro può servire 
a dare una idea vasta e completa del paese, che |’ Autore addita 
all’ attività commerciale dei suoi compatriotti e che ritiene chiamato 
ad un grande avvenire di prosperità e di progresso civile. 


Marcano G.. — Zthnographie prtcolombienne du Venezuela. Valltes 
d'Aragua et de Caracas. Parigi, Hennuyer, 1889. Vol. di pag. 97 
con 20 tavole. 


Marquina P. R.. — Za Provincia de Tucuman: breves apuntes. Tu- 
cuman, « El Orden », 1890. Op. di pag. 20. 


È la seconda edizione corretta ed aumentata dalla sommaria 
descrizione della Provincia di Tucuman, già pubblicata dall'Ufficio 
di statistica. Vi si contengono notizie geografiche, , commerciali, 
economiche sulla città e provincia, fondate su dati statistici 
ufficiali. 


Mayr H. — Die Waldungen von Nord-Amerika (Le foreste dell’Ame- 
rica settentrionale). Monaco, Rieger, 1890. Vol. in §& gr. di pa- 
gine XII 448 con 2 carte, ro tavole e 24 illustrazioni. 


Mepina J. T.. — ZArnsayo acerca de una mapoteca chilena, ecc.. Santiago 
de Chile, Ercilla, 1889. Vol. di pag. 254. 


Con un lavoro paziente ed accurato il sig. J. T. Medina ha 
riunito in questo volume una larga collezione di dati bibliografici 
relativi alla cartografia chilena, che gli vennero sott’ occhio in occa- 
sione di ricerche da lui eseguite sulla storia del Chilì. Precede il 
catalogo una diffusa introduzione, nella quale I’ Autore tratta con 
molta competenza della storia delle esplorazioni nel territorio chi- 
leno, compiute specialmente durante il periodo coloniale, e della 
storia cartografica del paese. Il catalogo è poi diviso in cinque 
sezioni distinte in ragione del territorio rappresentato nelle carte 
e mappe. 


— 3128 — 

MopricH G.. — Repubblica Argentina: note di viaggio da Buenos. Aires 

alla Terra del Fuoco. Milano, Galli, 1890. Vol. di pag. X-447. 
In 59 paragrafi, con stile spigliato e con acuta osservazione di 

uomini e cose, l’ Autore narra i suoi viaggi e descrive i luoghi ve- 
duti nella Repubblica Argentina. Quantunque egli s'occupi più 
spesso della vita politica di quel paese, e dei .costumi e delle con- 
dizioni economiche di quello Stato, tuttavia il libro non manca 
qua e là di note interessanti alla cognizione geografica generale e 
talvolta offre anche conferma di fatti topografici o statistici noti 
incompletamente. 

Monnier M.. — Des Andes au Para, Equateur-Ptrou-Amasone. Parigi, 
Plon e C., 1890. Vol. in & di pag. 440 con 4 carte ed illustra- 

| zioni. . 

NELSON W.. — Five years în Panama (Cinque anni a Panama). Nuova 
York, 1890. Vol. in 12° con illustrazioni nel testo. 


PIERRE P. P.. — Viaggio d'esplorasione fra le tribù selvaggie dell'Equa- 
fore nell'America del Sud. Milano, tip. pont. di S. Giuseppe, 1890. 
Vol. în & di pag. 255. 

Resasco F.. — Alle rive del Plata; ricordi di viaggio. Milano, Treves, 
1890. Vol. di pag. 453. 

Il sig. Resasco espone in questo volume le impressioni da lui 
riportate da una recente escursione nelle principali città della Re- 
pubblica Argentina, e dalle due traversate dell'Oceano. Le condi- 
zioni politiche ed economiche del paese visitato, le scene pittore- 
sche ed interessanti di un viaggio in mezzo agli emigranti, sono 
tratteggiate con vivacità e chiarezza dall’Autore, ed il libro si legge 
con piacere. 

SELER dott. E.. — Retsebriefe aus Mexiko (Lettere scritte in un viaggio 
nel Messico). Berlino, Diimmler, 1889. Vol. di pag. IV-269 con 
& favole e Ir incisioni nel testo. 

Al nome del dott. Seler va unito per verità e giustizia quello 
di sua moglie, la quale l’ajutò efficacemente nelle fatiche e nelle 
noje del viaggio, e scrisse anche una buona, per non dire la mas- 
sima parte di queste lettere, che descrivono minutamente il viaggio 
stesso. Il dott. Seler, valente americanista, specialmente archedlogo, 
espone qua e là nelle lettere sue i risultati delle sue’ ricerche, che 
talora lo condussero alla scoperta di nuovi monumenti o ‘sulla 
traccia di tradizioni del periodo precolombiano. Però di non mi- 
nore importanza per la cognizione generale del paese e degli abi- 
tanti di certe contrade più remote del Messico, tornano le osser- 
vazioni continue, profonde ed argute della signora Seler, che mostra 
varia e vasta cultura nella geografia e nella storia di quella'parte 
dell'America. Poichè le lettere furono frequenti, e regolarmente 
scritte in tutti i luoghi di maggiore importanza o appena dopo 
averli visitati, argomento e stile concorrono a rendere interessante 
il racconto di questo viaggio, che da San Luigi svolge il suo iti- 
nerario per Santa Fè, El Paso, a Messico, e poi a Vauhtepec, a 


— 1129 — 

Xorhicalco. Indi una faticosa e lunga escursione a Cerritos, alla 
Ciudad del Mayz, a El Salto e fino a Tanquanhuitz, passando per 
San Luis de Potosi. In seguito le lettere contengono altri. tratti 
‘ , dell'itinerario: a Tanquian, a Tampico, poi di ritorno a Messico, 
: e di là a Tlacolula e Mitla, a Totolapam, a Huitzo e Dominguillo, 
. ad QOrizaba. Gli Huaxteca ed i Zapoteca, Indiani delle contrade 
meno frequentate dagli Europei, sono ritratti al vivo, coi loro co- 
stumi, le loro superstizioni, nel tempo stesso che i grandiosi mo- 
‘numenti dell'antica civiltà americana sono rappresentati con l'abilità 

dello scienziato che li ha veduti e studiati sul luogo. 


‘Srou O.. — Die Ethnologie der Indianerstimme von Guatemala (L’et- 
nologia delle tribù indiane del Guatemala). Zeida, Trap, 1880. 
Vol. in 4°, di pag. XIT-107 con tavole ed illustrazioni. 


VAN BruvysseL E.. — La République Argentine, ses ressources naturelles, 
ses colonies agricoles, son importance comme centre d'emigration. Pa- 
rigi, 1889. Vol. di pag. 272 in 8°. 

©  Quantunque scritto qualche tempo prima dello scoppio della crisi 
economica che ora attraversa l'Argentina, e nel momento forse in 
cui migliore e più solida sembrava la condizione di essa, questo 
libro non è perciò meno interessante per la copia di dati e d’ in- 
formazioni che contiene intorno alle singole parti di quella repub- 
blica. La situazione economica e morale, l'immigrazione, l'agricol- 
tura, I’ industria pastorale e le varie industrie manifatturiere, vi sono 
studiate in appositi capitoli con cura e diligenza. L'ultima parte 
del volume è dedicata alle colonie agricole delle provincie di Cor- 
doba, Entre Rios, Santa Fè e Buenos Aires, e vi sono riferite le 
leggi relative all'immigrazione ed alla colonizzazione, le notizie sul 
valore delle terre, e sul tasso medio dei salarî. 


VINCENT F.. — Around and about south America (Intorno ed attraverso 
l'America meridionale). Nuova York, Appleton e C., 1890. Vol. di 
pag. XXIV-473 con illustrazioni e carte. 


Il ben noto viaggiatore sig. Frank Vincent presenta con questo 
interessante volume il risultato di successive visite, eseguite negli anni 
1885-87, nelle città principali e nei porti più importanti dell’Ame- 
rica meridionale, di escursioni nell'interno del Brasile e della Re- 
pubblica Argentina, e lungo i Fiumi Paranà, Amazzone, Orenoco 
e Maddalena. Il primo porto toccato dall’Autore fu Aspinwal, sul 
Panamà, a quasi mezzo miglio dalla città francese Cristoforo Co- 
lombo, costruita in causa dci lavori per il taglio dell’istmo ed abi- 
tata esclusivamente da persone addette ad essi. Visitati i lavori, il 
Vincent si recò a Guayaquil e quindi traversata la cordigliera giunse 
a Quito, « la città della eterna primavera ». Dopo una escursione al 

| vicino Pichincha, il più attivo vulcano del mondo, e dopo aver 
. ammirati i vicini gruppi di quelle catene eminentemente vulcaniche, 
egli tornò a Guayaquil e di là per Callao giunse a Lima. Interes- 
sante è il capitolo in cui l'Autore descrive il viaggio in fer- 
rovia da Mollendo, sul mare, ad Arequipa, alta circa 2,290 metri 


— 1130 — 

‘sul livello del mare, ai Laghi Saracocha e Cachipuscana, e special 
mente al Titicaca, il più alto lago che sia solcato da battelli a 
vapore, € dal quale si gode l'incantevole panorama della Cordigliera 
delle Ande, molto rassomigliante, in quel punto, all’ Himalaja. Vi- 
sitato poi Valparaiso e Santiago, il Vincent fece una breve sosta 
alle Isole Falkland e prosegui quindi per Montevideo, Buenos Ai 
res, Asuncion, Rosario e Corrientes. Ad Asuncion notò una grande 
prevalenza di donne. La statistica ufficiale prova che le donne sono 
sei volte più numerose degli uomini, il che pare debba attribuirsi 
alla lunga e sanguinosa guerra sostenuta col Brasile nel 1870. Di 
là il Vincent compì una interessante escursione, risalendo il Pa- 
ranà, dal confluente dell’Iguassù fino alla Cascata. Le difficoltà di 
questo viaggio, dipendenti specialmente dalla inaccessibilità delle 
rive e dalla incomodità della navigazione, sono moltiplicate dalla , 
frequenza degli alligatori, da nugoli di insetti e dal caldo fortissimo. 
Solo dopo superate tali difficoltà si giunge alla Cascata dell’ Iguassù 
che l’Autore propone venga chiamata la « Cascata di Daly » in 
onore dell'illustre presidente della Società geografica americana. 
Qui ricordiamo, per incidenza, che a quella cascata ed alle varie 
parti sue e del Fiume Iguassù furono già assegnati nomi di Ita- 
liani nella escursione che vi fece il rimpianto capitano Bove (1). 

. Tornando a Buenos Aires, l’egregio viaggiatore Vincent visitò Rio 
de Janeiro, e di là fece una escursione nella importante provincia di 
S. Paolo. Risalendo poi il Rio S. Francesco egli ebbe occasione 
di studiare alcuni speciali fatti geologici. Anche da Pernambuco 
egli si addentrò, ma di poco, nell'interno, per visitare le immense 
piantagioni di zucchero e di cotone. Notevole è poi il racconto 
della escursione fatta sul Fiume delle Amazzoni, risalendone la cor- 
rente fino a Manaos. l)opo una visita all’ Isole Barbados, il Vincent 
si recò nella Gujana inglese e risalì per poco I’ Essequibo, fiume 

- aurifero, il cui corso superiore, ben noto agli indigeni, non è stato 
ancora scientificamente esplorato. Proseguendo per Paramaribo e 
Cajenna, egli raggiunse l' Isola della Trinità, dove non mancò di 
recarsi al famoso Lago di Pece, e quindi risalito l'Orenoco fino a 
Bolivar, si fermò pochi giorni a Caracas e di là per il Rio Mad- 
dalena giunse a Bogotà, ove ebbe termine il suo lungo viaggio. Il 
racconto che l'Autore ne fa, oltre che piacevole per la forma, è 
ricco di osservazioni importanti, di dati e di notizie sugli usi, sui 
prodotti, sulle industrie, sulle condizioni politiche, sulla conforma- 
zione dei paesi visitati. Il volume è poi largamente illustrato ed 
è corredato di una carta, in cui è indicato l'itinerario del viaggio, 
e di un bellissimo ritratto dell'ex Imperatore del Brasile, Don Pe- 
dro II, cui il lavoro è dedicato. 


— Voyage a'exploration d'un missionnatre dominicain chez les tribus saw 
vages de l'Éiquateur. Parigi, 1889. Un grosso volume con carta. 
L'opera, scritta con sincerità da uno o più missionari anonimi, 


(1) Vedi BOLLETTINO, v. XXI, p. 825, 908. 


— 1131 — 
allarga considerevolmente le cognizioni intorno alle regioni equa. 
toriali. 


‘Watcace A.-R. — A narrative of travels on the Amazon and Rio 


Negro (Racconto di viaggi sull’Amazzoni ed il Rio Negro). Londra, 
Ward, Lock e C, 1889. Volume di pag. 363 con carta ed iliu- 
sfrazioni. 


WHEELER cap. G. M.. — Report ecc. (Relazione sulle esplorazioni geo- 
grafiche degli Stati Uniti d’America, per i rilievi ad O. del 100° 
meridiano Vol. I. Relazione geografica). Washington, tip. nasionale, 
1889. Vol. di pag. 780 con 38 tavole e 3 carte. 

Le esplorazioni geografiche americane ad O. de] 100° O. Green- 
wich, fatte per lunghi anni e più, alacremente e minutamente, dagli 
ufficiali dell’ « Engineer Office » degli Stati Uniti del Nord d'America, 
furono di recente pubblicate in uno splendido volume, arcompagnato 
da atlanti, geologico e topografico, ed illustrato con carte e tavole. 
Determinazioni di aree occupate, di altitudini e distanze misurate, 
delineazioni di itinerarî percorsi, descrizioni di popoli, industrie, 
vie di comunicazione, canali e pozzi, classificazione di paesi, ecc., 
formano materia principale di questa importante pubblicazione. Poi 
vengono in appendice, a compimento dell’opera, parecchie note ed 
elenchi di rilievi, di latitudini, longitudini, ecc.. Di speciale e note- 
vole importanza è quivi inserita una Memoria sui viaggi, le scoperte, 
le esplorazioni ed 1 rilievi sulla costa occidentale dell'America del N. 
e nell'interno degli Stati Uniti ad O. del Mississippi dal 1500 al 
1800, con note e fac-simili di carte. A schiarimento maggiore del 
lavoro è poi in fine aggiunta una spiegazione sull’ origine, 1’ orga- 
nizzazione, le funzioni, i progressi e le spese delle esplorazioni geo- 
grafiche, fatte per il rilievo ad O. del 100° meridiano. 

Wricut G. F.. — Zhe ice age in North America, ecc. (L'età del ghiac- 
cio nell'America settentrionale; i suoi rapporti coll’antichità del- 
l’uomo). Londra, Kegant, Treuch e C, 1889. Vol. di pag. XVIII-622. 


2) Carte. 


BARTHOLOMEW J. B.. — Zhe Pocket Atlas of the Dominion of Canada 
(Atlante tascabile del Dominio del Canada). Quebec, /. M. Har- 
per, 1890. 

BranconI F. E Crisanto MEDINA. — République de Guatemala. Scala 
1:750,000. Parigi, Chaix, 1890. 

HANDTKE F.. — Generalkarte der Vercinigten Staaten von Nord Ame- 
rica (Carta generale degli Stati Uniti dell’America settentrionale). 
Scala 1: 6,000,000. Glogau, Flemming, 1889. 

HANDTKE F.. — Generalkarte von Siid-Amerika (Carta generale del- 
l'America meridionale). Sca/a 17: 13,000,000. Glogau, Flemming, 
1889. » 

ISTITUTO GEOGRAFICO ARGENTINO — Allas de la Republica Argentina, 
Buenos Aires, Ist. geogr. arg., 1890. 


— 1132 — 

Fino ad ora ne sono state pubblicate 3 carte in cromolitografia, che 
rappresentano la città di Buenos Aires, la provincia di Rioja e la 
provincia di Corrientes.. Una introduzione esplicativa, di 25 pagine, 
precede l'Atlante. 

Lanza F. A.. — Mapa de Ferro-carriles y teligrafos de la Republica 
Oriental del Uruguay. Montevideo, tip. lit. Oriental, 1889. 

La carta delle ferrovie e telegrafi del sig. F. A. Lanza, ispettore 
generale di questi servizi all' Uruguai, ha importanza non solo 
perchè ripara ad una lacuna finora esistita, ma per la esattezza 
del lavoro cartografico. Il terreno della carta è puramente idrogra- 
fico, ma eseguito con accuratezza da G. G. Canepa, alla scala di 
I: 925,000. Nitido risulta il quadro nei riguardi grafici per la fe- 
lice scelta dei segni convenzionali parecchi, destinati a far cono- 
scere le strade ferrate interne ed esterne, le linee telegrafiche ter- 
restri e sottomarine, le telefoniche, ecc., con le loro suddistinzioni 
per ragione di luogo e di costruzione. 

Ramonpi A.. — Mapa del Perù. Scala r: 500,000. Fol. 1-5. Parigi, 
Erhard, 1889, 

Ranp Mc Natty, E C.. — General Map of the United States, ecc. 
(Carta generale degli Stati Uniti, con parte del Dominio del Ca- 
nada e della Repubblica del Messico). Scala 12: 2,852,110. Cas- 
cago, 1890. 

G. — OCEANIA. 
1) Zibri. 

Beccari O.. — Malesia: Raccolta di osservazioni botaniche intorno alle 
piante dell'Arcipelago indo-malese e papuano, ecc.. Firenze-Roma, Fra- 
tells Bencini, 1889-1890. Vol. 2 di pag. 112, 152, con favole. 

Sì è nel corrente anno compiuta la pubblicazione di questa gran- 
diosa opera dedicata dall’Autore alla illustrazione dei risultati bo- 
tanici ottenuti durante i suoi viaggi nell’Arcipelago indo-malese e 
papuano negli anni 1865-1876. Per quanto il luvoro, per la ma- 
teria trattatavi, mon possa essere con la necessaria competenza 
esaminato in questo periodico, è facile riconoscere come esso faccia 
grande onore al suo Autore ed al R. Istituto di Studî superiori, da 
cui è stato pubblicato 

CoMmETTANT O.. — Aw pays des Kangourous et des mines d'or: ttude des 
moeurs et coutumes australiennes, impressions de voyage. Parigi, 
Fischbacher, 1890. Vol. di pag. 384. - 

Il sig. O. Comettant, giurato francese alla esposizione interna- 
zionale di Melbourne nel 1888, ha raccolto in questo volume le 
sue impressioni intorno al viaggio compiuto ed al paese visitato. 
Con forma facile e piacevole egli offre al lettore il modo di for- 
marsi un concetto della vita australiana e specialmente di quella 
di Melbourne e di conoscere un paese molto interessante per il 
suo rapido sviluppo civile e per le sue ricchezze. 


— 1133 — 

-Coox :S.. — Tie Jenolan Caves, ecc. (Le Caverne di Jendlan ; escursione 
nelle terre meravigliose dell'Australia). Londra, Eyre e Spottiswoode, 

: . 1889. Vol, in 4° di pag. 190, con carte ed illustrazioni. 

Futa J. C.. — Nation Making (Formazione di uno Stato; storia della 

. Nuova Zelanda). Zondra, Longmans Green e. C., 1890. Volume di 
pag. 402. 

Gites E.. — Australia twice traversed, ece. (L'Australia attraversata due 

‘volte, avventure dell'esplorazione, e racconto tratto dai giornali di 
cinque Spedizioni entro ed attraverso il. centro dell'Australia meri- 
dionale e dell'Australia occidentale dal 1871 al 1876). Zondra, 
Sampson Low e C,, 1889. Volumi 2 a pag. LIX-320 e IX-3763, 

- con carte. 
HALLIGON J.. — Sex mois 2 travers POctanie. Parigi, Berger Levrault, 
°° 1889. Vol. di pag. 336. 

HENRIQUE L.. — Le colonies frangaises: IV. Colonies et protectorats dé 
f Océan "Pacifique — La Nouvelle Caltdonie — Tahiti — Iles sous 
le vent — Les Wallis — Futuna — Kerguelen — Suivis d'une 
notice sur les Nouvelles Hebrides. Parigi, . Quantin, 1889, Vol. di 
pag. 407 con 4 carte e incisioni nel testo. 

Il presente volume, che costituisce la IV serie della completa 
illustrazione delle colonie francesi, riguarda le colonie ed i pro- 
tettorati dell’ Oceano Pacifico, ed è compilato col sistema già ac- 
cennato a pag. 1125 del presente fascicolo. 

Imzaus E. N.. — Zes Nouvelles Hebrides. Parigi, Berger-Levrault e C., 
7890. Un vol. în 8° di pag. XV-163. 

Il sig. E. N. Imhaus, che. ebbe ripetutamente occasione di visi- 
tare le Nuove Ebridi, ne offre ora una accurata relazione, che riesce 
tanto più interessante e per le incomplete notizie che finora se ne 
avevano, e per le contestazioni testè sorte per il possesso di quelle 
isole. Le ricerche etnografiche e quelle relative alla natura ed ai 
prodotti del suolo attrassero specialmente l'attenzione del viaggia- 
tore, il quale si mostra in generale favorevole alla colonizzazione 
di quelle terre. Il volume contiene buon numero di illustrazioni 
ed una carta. 

Jacoss H.. — Mew Zealand, ecc. (La Nuova Zelanda). Zondra, S. P. 
C. K., 1859. Vol. di pag. 498. 

Kennepy E. B. — Blacks and Bushranges, ecc. (N egri e foreste, avven- 
ture nel Queensland), Londra, Sampson Low e C., 1889. Vol. di 
pag. XIT.312 con illustrazioni. 

MARTIN A. PATCHETT. — Australia and the empire (L'Australia e l'im- 
pero). Einar en Douglas, 1889. Vol. di pag. XVI-285. 

Mc FarLanE S.. — Among the cannibals of New Guinea, ecc. (Fra i 
cannibali della Nuova Guinea, storia della Missione). /i/adelfia, 

. 1889. Vol di pag. 192 in 12° con ritratto, carta ed illustrazioni. 

— Nachrichten iber Kaiser Wilhelms-Land und den Bismarck Archipel 

(Notizie sulla Terra dell’ Imperatore Guglielmo e sull’Arcipelago Bis- 





— 1134 — 
marck). Pubblicasione della Compagnia dellà Nuova Guinea: 5° an- 
mata. Berlino, 16889. 


La Compagnia tedesca per la Nuova Guinea ha raccolto in 
questo volumetto tutte le disposizioni legislative e regolamentari, 
relative alla Terra dell’ Imperatore Guglielmo ed all'Arcipelago 
Bismarck. Ad esse fanno seguito notizie sui prodotti e sui mezzi 
di comunicazione ed osservazioni riguardanti il clima del paese. 

Rwo dott. F.. — Ze isole della Società e gli indigeni della Polinesia, 
note d'un viaggio sulla « Caracciolo ». Roma, Forsani, 1889. Of. 
di pag. SI. 
Vedi BOLLETTINO, marso 1890, pag. 298. 


Von WERNER B.. — Ein deutsches ecc. (Una nave da guerra tedesca 
nei mari australi). Lipsia, Brockhaus, 1890. Vol. di pag. XX-592 
con 5 carte, e molte illustrazioni e tavole. 

L'Autore, contrammiraglio della Marina germanica, narra in questo 
libro quanto vide ed esaminò personalmente in un viaggio di cir- 
cumnavigazione fatto già nel 1878, descrivendo però con più mi- 
nuti particolari i molti gruppi «lella Polinesia, dov'ebbe a fermarsi 
più a lungo. Dedicati prima due soli capitoli alla traversata dal- 
l'Europa per lo Stretto di Magellano nel Pacifico, il Von Werner 
passa ad esporre le cose osservate, le note prese e le sue proprie 
riflessioni intorno ai luoghi ed alle popolazioni incontrati in quei 
paraggi. Le Isole Marchese, le Tahiti, le Isole della Società, Samoa 
visitata quattro volte, Je Tonga, le Figi, le Marshall ed altri gruppi 
minori circostanti ; poi l’Arcipelago di Bismarck e la Nuova Zelanda, 
sono tutti largamente rappresentati con molta ricchezza di notizie 
d’ogni genere, etnologiche, geologiche, statistiche, economiche; e 
nel tempo stesso il lettore apprende volentieri la storia del viaggio, 
narrata con stile facile e con la semplicità del vero immediata- 
mente espresso nello scritto. 


ZILLMANN J. H. L.. — Past and present australian life (La vita austra- 
liana passata e presente). Londra, Low, 1889. Vol. di pag. 206. 


2) Carte. 


Forses H. O. e CurHBERTSON W. R.. — Map of part ecc. (Carta di 
parte della Nuova Guinea sud-orientale, abbracciante le sue acque 
Nord e Sud, ecc.). Brisbane, Uff, Geod. generale, 1889. Fogli 2. 

Questa carta fu compilata specialmente in base ai rilievi dei due 
Autori, ma anche su quelli d'altri esploratori mandati dal Governo 
della Nuova Guinea britannica e sulle carte dell’Ammiragliato. 


H. — REGIONI POLARI. 


Bave CH.. — Premiers voyages au pays des glaces. Mons, Manceaux, 
1889. Vol. in 4° di pag. gog con carte. 
CLUTTERBUCK W. J.. — Te skipper in arctic seas (Il marinajo olan- 





— 1135 — 
dese nei mari artici), Zosdra, Longmans, 2589. Vol. di pag. 270 
con carta ed illustrazioni. 

CoLtinson R.. — Journal of H., M. S; «è Enterprise », ece. (Giornale 
della nave inglese « Enterprise », nel viaggio alla ricerca della 
Spedizione Franklin, nello Stretto di Behring, 1850-55). Pubblicato 
dal fratello, mage. gen. T. B. Collinson. Londra, Sampson Low e 
C., 1889. Vol. di pag. Xi-53tr. 

DANIELSSEN D. C.. — Den Norske ecc. (La Spedizione norvegiana di 
Nord-Havs, 1876-1878. XIX: Zoologia. Actinida). Cristiania, Gron- 
dahl e f., 1890. Vol. di pag. V-184 con 25 tavole ed una carta. 

Una nuova illustrazione ai materiali raccolti durante la .Spedi- 
| zione norvegiana del 1876-1878, è data in questo volume dal Da- 
nielssen, il quale vi tratta con accuratezza ed ampiezza dei 4Mfa/a- 
codermata ed Actinida, rinvenuti nei mari polari. Essi vengono 
da lui distinti secondo i criterî dell’ Hertwig e d'altri, in varie tribù 
e famiglie; le tribù Hexartiniae, Edwartsiae, Zoantheae, Ceriantheae, 
Aegireae ; le famiglie numerose e distinte nei vari individui. Il la- 
voro è accompagnato da tavole contenenti le figure dei singoli 
molluschi in disegni veramente ammirabili per finitezza di linee e 
di colori. 


HANN J.. — Die Ergebnisse der dinischen internationalen Polar-expe- 
ditionen im Jahre 1882-83 (I risultati delle spedizioni polari inter- 
nazionali danesi nell'anno 1882-1883). Vienna, Meteorolog. Zeit 
schrift, 1890. Fasc. di pag. 22. 

In queste poche pagine si condensano dal prof. Hann 1 molti 
ed importanti risultati che il sig. Adam Paulsen, meteorologo da- . 
nese, trasse dalle osservazioni fatte nella Spedizione a Godhaab 
nel 1882-1883. Queste osservazioni meteorologiche furono allora 
estese lungo le coste occidentali della Groenlandia, ed accompa- 
gnate con altre barometriche e termometriche. Però il prof. Hann 
credette opportuno di aggiungervi un'altra serie di osservazioni po- 
steriori, fatte invece sulla costa orientale di quella regione polare, 
a Nennortalik e ad Angmagsalik, dalla Spedizione Holm negli anni 
1883-1885 e discusse dal sig. G. Jantzen, come pure i risultati di 
alcuni studî fatti sui fenomeni dell’aurora boreale, osservati dal 
suddetto sig. Paulsen in Groenlandia. Questo materiale scientifico, 
tutto quanto, è della pit grande importanza, e per le conclusioni 
speciali a cui conduce -negli studi meteorici, e non meno per i 
nuovi e veramente preziosi sussidî che viene a porgere alla geo- 
grafia fisica della zona glaciale artica. 


PARKER Snow W.. — Zhe Franklin mystery (Il mistero della Spedi- 
zione Franklin). Kent, Tip. propria, 1889. Volume in 16°. 
L’ Autore intende con questo suo lavoro, consacrato alla memoria 
dei morti nella Spedizione Franklin, di chiarire coi fatti e con i 
documenti come fu condotta quella ardita impresa, ed a chi spetti 
la responsabilità dell’esito infelice che essa ebbe. 


Smpson E. — Report of ice and ice movements in Bering sea and 


— 1136 —. 

+ * the aretic basin (Rapporto sul giriaccio e sul movimento di’ esso 

nel Mare di Bering e nel bacino artico). Washington, U. St. Hy 

. Grographse office, 1590. Op. di pag. 25 con cartina. 

‘In occasione della crociera fatta nell'inverno del 1889-90 dalla 

nave degli Stati. Uniti d'America « Thetis » nelle acque del Mare 

di Bering, vennero eseguiti accurati studî intorno ai ghiacci in 

quella regione. La presente pubblicazione contiene appunto il rap- 

porto dell'ufficiale E. Simpson snlle osservazioni eseguite, special- 

mente nell'intento di stabilire quale azione esercitino le correnti 

. ed i venti colà predominanti sul movimento dei ghiacci, non solo 

nel Mare di Bering propriamente detto, ma in tutto il bacino artico 

circostante, secondo i varì punti, in cui le osservazioni furono 

fatte. Al rapporto è unito anche un breve elenco degli infortunî 

causati nell'ultimo decennio dai ghiacci nelle località che furono 
studiate. 

VakHtINn.. — Vitus Behring e le sue Spedizioni nell'Oceano Pacifico e 
mel Mar Glaciale (in russo). Pietroburgo, Società geografica russa, 
1890. Of. estratto. 

In questa monografia si rivendica al navigatore danese ed ai 
suoi compagni la vera scoperta dello stretto, che divide l' America 
dall'Asia, L' Autore fa la storia delle due grandi Spedizioni del Be- 
ring, corredandola dei giornali di viaggio annotati dal Ciaplin e 
dal Ciricov, e della relazione fatta dal capitano stesso all’ imperatrice 
Anna Ivanovna sulla prima Spedizione, ideata dal grande Pietro I. 
Di non minore importanza è l’analisi del progetto della seconda 
Spedizione, in cui Bering morì. Il fine umanitario, l’amore della 
scienza andarono sempre uniti nel Bering alla missione politica 
in servizio della Russia, e l' Autore lo dimostra in guisa così splen- 
dida, da farne uno dei più grandi esploratori e civilizzatori moderni. 





_V.. — SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI (1) 


a) — IN GIORNALI ITALIANI 


Nuova AnToLOoGIA. — Roma, XXII, 1890. 
In viaggio per |’ Harar, di ZL. Bricchetts-Robecchs. 
SocreETA D ESPLORAZIONE COMMERCIALE IN AFRICA. — Milano, V-1r, 
1860. 
Colonie e colonizzazione, XI, di V. Fochif. — Note africane, di P. Longe. — 
Il buddismo esoterico (fine), del magg. 7. Bardberis, 
BOLLETTINO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESsrERI. — Roma, otto- 
bre, 1890. 

. L'emigrazione italiana nella provincia di Pacasmajo, di A. Arrigoni. — Movi- 
mento commerciale del porto di Bombay nel 1889-1890, di XA. Plescio. — Il nuovo 
porto di La Pallice, di 4. d’Ordigry. — Commercio e navigazione del Portogallo 
nell’ anno 1889, di /. Cotta. — Movimento commerciale della Rumania nel 1888-1889, 
di G. Tesi. — Statistica del commercio e della navigazione in Amburgo nel 1889, 
di 4. Pinto. — Relazione sul commercio e sull’ industria dell’ Anatolia, di G. 
Zamboni. 

Crus ALPINO ITALIANO. —- Torino, IX-11, 1890. 

Un arcobaleno nell’ alta Valle Anzasca. 
Società METEOROLOGICA ITaLIANA. — Torino, X, 1890. 

Le correnti telluriche all’ Osservatorio vesuviano, di Z. Palmieri. — Terremoto 
di Beaujoevangie. — Arcobaleno lunare, di Cafanni. — Stazioni polari. — Escur- 
sione scientifica al Monte Bianco. 
L’ ILLUSTRAZIONE ITALIANA. — Milano, n. 46, 1890. 

Un grande esploratore (Burton). — Paesaggi giapponesi. — Il viaggiatore Ro- 
becchi fra i Somali. 
R. Comitato GroLocico D' ITALIA. — Roma, III, 9 e 10, 1890. 

Il bacino quaternario del Piemonte, del dott. F. Sacco. 
SOCIETÀ AFRICANA D'ITALIA. — Napoli, X-9-10, 1890. 


11 capitano Casati e la Provincia equatoriale (continuazione), di Z. Sambon. — 
Spedizione Morghen-Zenker. — Esplorazioni italiane nella Somalia: corrispondenze 
di LZ. Robecchi e di Baudi di Vesme. — Convenzione anglo-portoghese per I’ Africa. 
— Sotto I’ Equatore (cont.), di S. Ssole-Rogosinski. ~- Convenzione franco-britannica 
per l'Africa. — Notizie del Congo, di G. Corona. 


(1) Si registrano i soli articoli geografici dei giornali pervenuti alla Società. 


— 1138 — 
GiornaLE LIGUSTICO DI ARCHEOLOGIA, STORIA E LETTERATURA. — Ge- 
nova, XVII-g-10, 1890. 
Antonio Gallo e la famiglia di Cristoforo Colombo, di M. Staglieno. 
Società Asiatica ITALIANA. — Roma, IV, 1890. 
La Catena orientale dell’ Egitto : notizie geografiche, archeologiche ed etnografi- 
che, del prof. £. Schiaparelli. 
MARINA E COMMERCIO. — Roma, 2, 9, 16, 30 novembre 1890. 


Gli spazt inoccupati della Terra. — Il commercio dell’ Egitto coll’ estero, e par- 
ticolarmente con I’ Italia. — Relazioni commerciali con la Colombia. — La fiera di 
Nijni Novgorod. — Il commercio e la navigazione di Genova nel 1889. — Raccolta 
mondiale del frumento nel 1890. — Il commercio dell’ Italia con l' Austria-Unghe- 
ria. — Il meridiano di Gerusalemme. — Il Canale fra Sulina e Galaz. — Strade 
ferrate in Turchia. 


SOCIETÀ DEGLI INGEGNERI-ARCHITETTI ITALIANI. — Roma, V-5, 1890. 


Dell’ influenza che esercitano i diboscamenti e dissodamenti delle terre sul regime 
dei fiumi e torrenti, dell'ing. D. Zocci. 


b) — NELLE RIVISTE SCIENTIFICHE ESTERE 


SOCIETE DE GitocraPHIE. — Parigi, Compte-rendu, 7 novembre 1890. 


Sindacato geografico, nota di M. A. Bing-Bénard. — Nota sulla climatologia, 
di A. Penk. — Sull opera del gen. Tillo intorno alla pressione atmosferica in Rus- 
sia, nota di A. Venucov. — L’ ascensione dell’ Ararat, lettera di G. Zec/ercg. — La 
esplorazione dell’ Asia centrale, lettera di G. Bonvalet.—I Vedda del Seilan, di £. 
Deschamps. — Da Scemmih (Colonia Lixos), di P. de la Martinitre. — Il problema 
della navigazione del Niger, di £. Caron (con cartina). — Sulla carta-itinerario della 
missione Fourneau, di Lannoy de Bissy. — Un’ escursione all’ Alasca, di £. Cotteen. 
— Esplorazione della valle dell’Orenoco, di Chaffanjon. — La campagna invernale, di 
E. Coudreau in Gujana. — L'ultimo viaggio di A. Zhouer nell’ Africa del Sud. — 
Esplorazioni del Pilcomajo. — Spedizioni polari svedesi, di 4. &. Mordenskjild, — 
I cliff-dwellers (abitazioni trogloditiche) della Sierra Madre, di £. 7. Mamy. — Le 
regioni del Niari e del Fiume Sanga, di %. C#olet (con cartine), — Nel bacino 
del Pecciora, negli Urali settentrionali e nella Siberia occidentale, di C. Radot. 
REVUE DE G&OGRAPHIE. — Parigi, XIV-5, 1890. 

Osservazioni sulle sorgenti dell’ Oxus (Amu Daria), di G. Cagus (con carta). — 
Un angolo del Giappone: la provincia di Hida ‘(cont.), di G. Appert. — Popola- 
mento eccessivo in Giava, del dott. /7. Meymers d'Estrey. — La Francia al Mada- 
gascar dal 1674 al 1750 (fine), di Z. Vignols. — Il nuovo governo autonomo della 
Australia occidentale, di CA. Hackenderger. 
REVUE GÉOoGRAPHIQUE INTERNATIONALE. — Parigi, n. 180, 1890. 


La Costa degli Schiavi (fine), di A. ZZege/. — La carta ‘dell’ Adrar, delineata 
secondo i ragguagli dati da sette prigionieri tuareghi (con carta), di ZissueZ. — Le 


inondazioni del Fiume Rosso, ecc.. — Il Mei Cong: viaggio di Piquet. — Nota - 


geografica sull’ Isola Riunione. — Viaggio di Gauthier e Pavie (cout.), di C. Ganthser. 
— Viaggio di tre Normanni nel XVII secolo (continuazione), di G. Gravier. — Il 
Queensland e l’ Australia (fine), di Mad. Couvreur. — L'emigrazione cinese: nel 
Cambogia (cont.), del dott. Raésel. 


Le Tour pu MONDE. — Parigi, 1, 8, 15, 22, 29 novembre 1890. 


Trenta mesi nel Tonkino (cont.), del dott. £. Hocguard, — Un’ escursione in 
Groenlandia : il ghiacciajo, di C. Aa5of. — Al paese dei M' Fan: viaggio d’ esplo- 














razione di P. Crampel nel N. del Congo francese, di Harry Alis. — Da Cutei a 
Bangirmasin : viaggio attraverso I’ Isola di Borneo, di C. Bock. 
LA G£OGRAPHIE. — Parigi, n. 101, 102, 103, 104, 1890. 


R. F. Button. — Gli statuti della Compagnia Reale del Niger. — La coloniz- 
zazione fatta dalle Compagnie commerciali, di Z. Sevin-Desplaces. — Sanga e 
Ubanghi, di #. CAésron. — Progetto per risolvere la questione dell’ ora universale. 
— La spartizione dell’ Africa. — L'Italia e l'ora universale, con lettera di C. Zon- 
dini de Quarenghi. 

Revue Des Deux MonDES. — Parigi, 1, 15 novembie 1890. 

L'India nera. — Il viaggio di E. Stanley. — La Francia e l'Europa in Africa, di 
E. M. de Vogué. — La Francia in Tunisia: oasi, foreste, lavori pubblici, conclu- 
sione (fine), di £. Plauchut. — Dal Danubio all’ Adriatico. 

Revue MARITIME ET COLONIALE. — Parigi, novembre 1890. 

Viaggio al Laos, del capitano Heurtel. 

Revue FRANGAISE DE L’ETRANGER ET EXPLORATION. — Parigi, n. 105, 
106, 1890. 


Da Parigi a Bocara e Samarcanda (fine), di Z. Cockard. — Sette anni di pri- 
gionia nel Sudan. — L'’antischiavismo inglese in Tunisia, di 4. Goguyer. — Le 
colonie penitenziarie in Africa, di Z. Delmer. — Lettera dal Tonkino, di Zorssal. 
— La flora del Caucaso, di Cusnetsov. — Inglesi e Portoghesi allo Zambesi. 


SOCIETE DE GEOGRAPHIE DE Lyon. — Lione, IX-3, 1890. 

Esplorazioni e lavori scientifici dei missionarî negli anni 1887 e 1888, di V. 
Groffier. — Due mesi in Egitto, di Z. Desgrand. — L'Isola di Giava, di Agassis. 
SOCIETE DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DE BORDEAUX. — Bordeaux, 

n. 18 e 19, 1890. 

Le dune della Guascogna, il bacino dell’ Arcachon, ecc. (cont.), di Dwu/igron- 
Desgranges. — La strada ferrata transcontinentale dell’ America del Sud, di 7. V.. — 
I ghiacci nell’ Atlantico del Nord, di A. Hautreux. 

Socrété DE GEOGRAPHIE DE Tours. — Tours, VII-6, 1890. 

Confini dell’ antica provincia di Turenna prima del 1789, di A. Chauvigndé. 

SOCIÉTÉ DE GÉOGRAPHIE COMMERCIALE DU Havre. — Havre, settembre 
e ottobre 1890. 


La Bassa Senna, di 4. Dormoy. — Il Canada (cont.), del cap. Stuart Fossard, 
— Quattro mesi di prigionia al Madagascar. — Tre settimane in paesi della Scan- 
dinavia, di H. Coutagne. — Origini del Mediterraneo, del comand. 2Low/angier. — 
Una missione commerciale francese al Laos, di Harry Alis. 


SOCIETE DE GROGRAPHIE DE LILLE. — Lilla, n. 10, 1890. 


Una traversata dell’ Africa, del cap. 7Ysvier. — Due anni al Senegal e nel Su- 
dan (continuazione), di Z. /.. — La produzione del carbon fossile in Europa, di 
A. Renouard. 


Socitté RovAaLE DE GtocraPHIE. — Anversa, XV-1, 1890. 
Enrico il navigatore e I’ Accademia portoghese di Sagres, del gen. Wauwermans, 
Le MouveMENT GfocraPHIQUE. — Bruxelles, n. 25 e 26, 1890. 


Esplorazione delle diramazioni superiori del F. Mongala, di A. Hodister. — 
Nella regione delle cataratte del Congo: schizzi etnografici, di. CA. Z.. — A propo- 
sito della morte del maggiore Barttelot. — L'Isola di San Tommaso. — Stanley 


alle berlina. — Gli affluenti del Congo, di A. Delcommune. — Attraverso il Congo 
francese. 


SOcIEDAD GEOGRAFICA DE MADRID. — Madrid, XXIX-3 e 4, 1890. 
Fiumi del Venezuela e della Colombia, di C. F. Duro. — Notizie autentiche 


6 


— 11430 — 
del famoso Fiume del Marafion (cont.), di AL. Fimenes de la Espada. — I Pirenei 
spagnuoli, del conte di Sant-Sand. — Una nuova carta dello Zambesi. — Le mis- 
sioni spagnuole di Fernando Poo. 


SOCIEDADE DE GEOGRAPHIA DE LisBoa. — Lisbona, IX-6, 1890. 
La Spedizione al Cubango (1889): relazione del cap. A. de Paiva. 
SOCIEDAD CIENT{FICA ARGENTINA. — Buenos Aires, XXX-4, 1890. 
Fisiografia e meteorologia dei mari del globo (cont.), di f. Lilerena. 
SOCIEDADE DE GEOGRAPHIA DO BraziL. — Rio de Janeiro, VI-2, 1890. 


Fiumi e strade nel Brasile, di 7. Zeào. — Descrizione del Rio Dolce e dei 
terreni ch’ esso bagna, dell'ing. LZ. 9 Alencourt. 
PETERMANNS MITTEILUNGEN. — Gotha, XI, 1890. 

Tentativo d' una sintesi dei risultati scientifici della traversata dello Stanley, del 
prof. dott. Fed. Ratzsel, — Il Lago di Molveno in Tirolo, di G. Damian (con car- 
tina). — L’ Atlante di fac-simili di A. E. de Nordenskjéld, del prof. /. FR. v. Wieser. 
— La nuova edizione a dispense dell’ Atlante Manuale dello Stieler, di HW. Zfade- 
nicht (con saggio cartografico comparativo). — Supplemento n. 98: Cefalonia ed 
Itaca, monografia geografica del dott. G. Partsch. 


K. K. GEOGRAPHISCHE GESELLSCHAFT IN WIEN. — Vienna, XXXIII-10, 
1890. . 


Le miniere di carbon fossile dell’ Umbili in Sumatra, di V. A. Andriessen. — 
La data alle Filippine (con cartina). 

Das AUSLAND. — Stoccarda, n. 44, 45, 46, 1890. 

Contributi alla cognizione degli usi e costumi dell’ Africa, di H. Schurts (conti- 
muazione e fine). — Il Congresso internazionale degli Americanisti. — Le antiche 
associazioni dei villaggi e dei distretti del Perù (fine), di A. Cunow, — GI’ Indiani 
Quekhi (fine), del dott. C. Sapper-Coban..— La costituzione fisica della provincia 
peruviana di Carabaja, di C. Nusser- Asport, 

DEUTSCHE RUNDSCHAU Fiir GEOGRAPHIE UND STATISTIK. — Vienna, 
2, 1890. 

Sulle variazioni del clima nell’ epoca storica, del dott. W. Ue. — Schizzi di 
viaggio nell’ Africa settentrionale, di Z/isa Zmmel. — Il Canale di Githa, di O. 
Lehmann. — Bombay, di £. Schlagintweit. — Nuova Zelanda (con carta), di J. 
Greffrath. 


GEOGRAPHISCHE NACHRICHTEN. — Basilea, n. 21 e 22, 1890. 

L’ Isola Aland, di 4/. Baumgartner. — I Kirghisi, secondo. F. Fuhrmann, di 
D. Grònen. — Quant'è grande 1’ Africa, di 7. S. Gerster. — Viaggi d'esplorazione 
di Russi nell’ Asia Centrale. — Spedizione svedese alle Spizberghe. — Contrade 
ignote nell’ America settentrionale. — La ripartizione dell’ Africa orientale tedesca. 


DEUTSCHE KOLONIALZEITUNG. — Berlino, n. 23 e 24, 1890. 
I Portoghesi e gl’ Inglesi nell’ Africa S.-E. (con carta). — Camerun, II, di H. 
Seidel. — I Vaniamuesi (fine), di /. Reichard. — Stanley-Barttelot, Emin Pascia- 


Jephson. — Descrizione delle coste tra Mossamedes e Porto Nolloth (con carta), del 
dott. 7. Bokemeyer. — L’ alfa. — Quel che vale I’ Africa, di 2. A. KGrnig. 


.OSTSCHWEIZERISCHE GEOGR. CoMMERC. GESELLSCHAFT IN ST. GALLEN. 


— S. Gallo, II, 1890. 

Nel monti del Camerun, di P. Steiner. — Dall’ Africa orientale, di Z.. 
Export. — Berlino, n. 45, 46, 48, 1890. 

La situazione politica del Brasile. — La nuova èra del Perù. — Il Mare Me- 
diterraneo, considerato fisicamente e storicamente. 


RoyaL GEOGRAPHICAL Society. — Londra, n. 11, 1890. 
Zambesia, il nuovo possesso britannico nell’ Africa australe centrale, di £. 4. 


— 1141 — 

Maund. — La spartizione dell’ Africa (con carte). — L’ Egitto secondo Cl. Tolomeo, 
(carta), — Ill Medio Egitto secondo gli ultimi rilievi (carta). — Il territorio dei Ma- 
tabele : dintorni di Gubuluvajo (carta). 

NATURE. — Londra, n. 1097, 1098, 1099, tIoo, 1890. 

Le cause dei cicloni ed anticicloni, di #7. /. Blanxford, — Geografia elementare 
dell’ India, del Barma e di Seilan, di H. F. Blanford: recensione. — La regione 
circostante al Lago Niassa. — Nubi luminose, di O. Fesse. — Il censimento degli 
Stati Uniti d'America. — La genesi dei cicloni tropicali, di 7. /. Blanford. — Il 
Territorio dei Matabele, del luogot. £. A. Maund. 


Tue Scottish GEOGRAPHICAL MAGAZINE. — Edimburgo, n. 11, 1890. 
La spartizione dell’ Africa (con carte), di A. Silva White. — La cartografia della 
Terra: carte dell’ Africa, (con carta), di X G. Bartholomew. 


Science. — Nuova York, n. 404, 405, 406, 1890. 

Fluttuazioni nella pressione dell’ atmosfera, di 4. A. Hazen. — Esplorazione 
antartica, discorso di G. S. Griffiths. — Il punto culminante del continente nord- 
americano, di A. Heilpfrin. — Il Monte S. Elia, di Wm. H. Dall. 


Kon. NEDERLANDSCH AARDRIJKSKUNDIG GENOOTSCHAP. — Amsterdam, 
VII-4, 1890. 


Su Borneo, conferenza di S. V. 7romp. — La carta nazionale dell’ Olanda, del 
cap. P. A. van Buuren (con schizzi). — Contributo alla conoscenza del suolo della 
Frislandia, II, del dott. 7. van Cappelle (con schizzo e profilo). — Comuni neerlan- 
desi con popolazione superiore a 10 mila abitanti, ecc., di 7. A. Hoekstra. — Il 
suolo dell’ Olanda (con tavole), di 7. Ayer. — La vegetazione del Westerwolde in 
relazione con la sua configurazione, del dott. Hommo Tonkes (con carta). — Un 
viaggio di servizio da Amboina alla costa settentrionale di Ceram, di C. Rogge. — 
Notizie sulla esplorazione scientifica delle Isole Kei e dell’ Isola Flores, di 7. 0. W. 
Planten. 


Socitgté DES ETUDES INDO-CHINOISES. — Saigon, I-2, 1890. 
Studio sul Canale di Scio-gao (con schizzo), di A. Pont. 


Società IMPERIALE Russa DI GEOGRAFIA. — Pietroburgo, Isvijestia (No- 
tizie), XXV-6, 7, 1889, XXVI-1, 2, 3, 4, 1890. 

Determinazioni astronomiche del cap. Grombcevski fatte durante il viaggio a 
Cangiut e al Raskem (con carta), di K. V. Scharnhorst. — Determinazioni barome- 
triche dello stesso capitano nel medesimo viaggio, di D. D. Gedeonov. — Note di 
climatologia, di Z. Grombceuski. — Notizie della Spedizione nel Tibet con lettere. 
— Viaggio al centro ed all’ E. di Bocara, di WM. N. Pocotilo, — Giornale d’ una 
esplorazione fatta nella steppa dei Kirghisi nel 1831 (con carta), di G. C. Carelin. 
— Determinazione di altitudini nella valle di Ciatcal, del generale MM. Baranov. — 
L' orografia della Russia Europea nella costruzione della carta ipsometrica (con 3 
carte e catalogo d’ altre), del generale 4. A. Tillo. — Sulla necessità della fonda- 
zione di un periodico geodetico per gli studî occorrenti in tutta I’ estensione dell’ Im- 
pero Russo sotto l'aspetto geografico, di Z. A. Covevski. — Altre notizie sulla Spe- 
dizione al Tibet, con nuova lettera di V. 7. Roborovski. — La Spedizione di 
Grombcevski (con carta). — La costa normanna della Scandinavia: sua natura, in- 
dustria ed importanza, di Z. /. Podgayeski. — Viaggio nel Distretto del Pecciora 
nell’ anno 1889, di 47. /stomin. — Sulla necessità di fare scandagli per conoscere 
le profondità delle acque del Mar Nero, di N. Andrusov. — Sui venti dominanti 
nella città di Prscevalsk (con tavola), di Z. Corolov — Nei Monti del Caucaso 
N.-0., di C. N. Rossicov. — Viaggio alle sorgenti dell’ Orcon ed alle rovine di 
Caracorum, di #. Af. Fadrinzev. — Le Spedizioni russe in Asia: altre nuove. 


— Sezione della Siberia Orientale. — Irkutsk, Isvijestia, XX-5, 1889, 
XXI-1, 2, 3, 1890. 
Esplorazione per la ferrovia tra l’Angara e il Lago Raical, di N. A. Voloscinov. — 


Sui fenomeni dei ghiacciai nella regione circostante ad Olemkin e Vitim (con tavole), 
di 7. A. Cosmin. — Viaggio nell’ Alto Angara (con carta), di MV. Grigorouski. 


INDICE GENERALE DEL VOLUME XXVII 


DEL BOLLETTINO 


(SERIE III. — VOL. IIL — 1890) 


ATTI DELLA SOCIETÀ 


Elenco dei Membri della Società Geografica Italiana nel gennajo 1890. . 
A) Adunanse del Consiglio Direttivo: 
Seduta del 5 dicembre 1889 . . . . . . . . 


» » 20 dicembre 1889 . . . . . . . . 
» » 18 gennajo 1890 . . . . ° . ° . 
» >» 93 gennajo 1890 . . . . . . A . 
» » 8 febbrajo 1890 . . . . . ° A . 
» » sr febbrajo 1890 . . . . . ° . . 
» » 27 marzo 1890 . . . . . . ° . 
» >» sg aprile 1890 . . . . . . . . 
» » 7 giugno 1890 . . . . . . . 

» » 14 giugno 1890 . . . . ° è . 

» » 30 giugno 1890 . . ° . . . . . 
» >» a9 novembre 1890 . . . . . . . . 


Comunicazioni della Presidenza. . . . . . . 
» » a e e . e e e e . ° 
» » » . . . . . e ° e 
» » » . . . . . . . . . 
Doni: Fasc. I, Pag. 48; II, 13x; III, 220; IV, 306; V, 415; VI, 595; VII- 
VIII, 630; IX, 768; X, 863; XI, 948; XII, 1061. 


) Adunanse dei Sock: 

Adunanza generalo amministrativa del 26 gennajo 1890 . 
Relazione sui conti dell'anno 1888 . . . . . . . 
Relazione sui bilanci consuntivo e patrimoniale dell’. anno 1889 , A ° 
Elezione dei membri della Presidenza e del Consigtio . . . ° 
Conferenze sociali: 

del 15 dicembre 1889. — Rissetio cav. R.: Alessandrina Finn, viag- 


giatrice africana . . . A . ° 
del 18 febbrajo 1890. — Scalabrini prof. A.: Sulla emigrazione e 
colonizzazione italiana, specialmente nell’ America del Sud . . 


Fase. I 


I 

I 

II 

I 

IMI 

Ill 

IV 

Vv 
VII-VITI 
VII-VII 
VII-VITI 
XII 


VI 
IX 
x 


XI 


= 


» 
8 


am 


47 
47 
229 
129 
217 
218 
305 
413 
627 
699 
629 
1059 


525 
767 
863 
947 


132 
133 
334 
238 


st 


453 


— 1144 — 


I. — GEOGRAFIA GENERALE 


a) —— MEMORIE E RELAZIONI. 





@ Gerardo Mercatore e le sue carte geografiche, memoria del prof. AM. Ziorini 


Id. id. id, 
Id. id. id. 
Id. id. id. 
Un nuovo lavoro sulla storia della Geografia medioevale, nota del prof. G. 
Marinelli . . . A . . . . . . . 
Sir Enrico Yule, cenno necrologico, di £. H. Giglioli . . . 


Studî per la Raccolta Colombiana: 

o) 7) Lettera del Re Emanuele di Portogallo a Ferdinando e Isabella di 
Castiglia, sopra [a navigazione di Pedro Alvarez Cabral nel suo 
ritorno dal Brasile alla costa d’ Africa (1500-150:), pubblicata dal 
prof. L. F. Belgrano . A . è . 

8) Cenni sul procedimento dei lavori della Commissione, del segre- 
tario della Giunta centrale, G. Malvano . . . . . 
® 9) Sui ritratti di Paolo dal Pozzo Toscanelli fatti da Alessio Baldo- 
vinetti e da Vittore Pisano (con disegno), del prof. G. Usielli . 
20) Un opuscolo rarissimo intorno al Pizzarro, lettera del prof. A 
Salvagnini . . . . . 
John Ball, F. R. S., del socio onorario o prof. 7A H. Giglioli . . ° 
© I Globi di Gerardo Mercatore in Italia, per A. Fiorini A . a A 
Il cap. Casati a Roma. . ° è . . . . . 
L'area della Terra abitata secondo Strabone, nota del socio corrispondente 

ing. L. Hugues . . . . . 
Discorso tenuto nella Braidense di Milano per ri inaugurazione della Sala 
Correnti dal senat. 7. Massarani . . . . . . 
Pietro Della Valle e i suoi viaggi in Turchia, Persia e India, del socio 
prof. G. Pennesi . 2 A . . . . . . . 

Id. id. id. 


5). — NOTIZIE ED APPUNTI. 


La partenza del conte P. Antonelli. — « Rivista di Topografia e Catasto n, 
— Testo Atlante Ghisleri. — Sui precursori di Cristoforo Colombo. 
~ L. Fea ed E. Modigliani, — Congresso internazionale medico . 
Su Cristoforo Colombo. — La differenza di livello del mare. — L’ « Aus- 
land ». — La Società fisico-economica di Koenisberga. — La Società 
Geografica di Lisbona nella questione anglo-portoghese . . . 
Le scuole italiane all’ estero. —- La Spedizione talassografica tedesca. . 
La repressione della tratta degli schiavi e l'Italia. — Onori al cap. Casati 
in Egitto. — Il dott. V. Ragazzi. — Emin pascià non ritorna in Eu- 
ropa. — I Manuali di Geografia antica dell’ Hugues. — Testo Atlante 
storico Ghisleri. — Biografia del gen. Prscevalski . . . . 
Società ligustica di scienze naturali e geografiche. — Geografia antropolo- 
gico politica. — « Italian explorers in Africa ». — Un Italiano pre- 
miato dalla Società Geografica di Londra. — Il viaggiatore Giulio 
Borelli. — Studi pratici di Geografia. — Congresso dei naturalisti e 
geografi russi. — Le profondità dell' Atlantico . . . ‘ . 
Il colonnello O. Baratieri. — Onorificenze al cap. Casati. — Le intenzioni 
del cap. Casati. — XXII Congresso degli Alpinisti italiani in Roma. 
=- Congresso geografico nazionale in Francia. — VIII Congresso in- 
ternazionale degli Americanisti. — Il Congresso degli Americanisti 


Fasc. 


Fasc. 


I Pag. 


II 
NI 
IV 


Hl 
HI 


III 

Vv 

VI 

x 

IV 

VI 
VII-VIII 
VII-VITI 
x 


XI 
XII 


II 
MII 


IV 


94 
282 


349 


232 
238 


272 
494 
585 
gris 
337 
55° 
633 
640 


866 


950 
1063 


197 
288 


392 


500 


di Berlino (1888). — La presidenza della Società Geografica di Pa- 
rigi. — Variazione di latitudine ed oscillazione dell'asse terrestre . 
Un' altra carta nautica genovese. — Carte geografiche popolari in rilievo. — 
Società ligustica di scienze naturali e geografiche. -- Società Geo- 
grafica di Finlandia. — Una Società meteorologica. — L’ Associazione 
francese per il progresso delle Scienze. — Congresso internazionale 
degli Americanisti. — IX Congresso internazionale degli Orientalisti. 
— La Conferenza telegrafica internazionale e l'ora universale. — 
Esposizione russa europeo-asiatica. — La Conferenza antischiavista 
di Bruxelles. — Scandagli nel Pacifico. — Il calcolo del volume. — 
Le cause dei cicloni nell'Atlantico settentrionale. — Declinazione, in- 
clinazione ed intensità magnetica nel Mare Caraibico. — Terremoto. 
= ‘Triplice arcobaleno solare. — Dati anemometrici nell’ Impero 
russo . . . . . . . . . . . . 
11 dott. C. Peters. — Al viaggiatore Giulio Borelli. — Un monumento a 
Camillo Douls. = Società Geografica di Brooklyn. — Congresso in- 
ternazionale di scienze geografiche a Berna nel 1891. — Giunta cen- 
trale nazionale spagnuola per il centenario di C. Colombo. — Ono- 
matologia geografica. — ll fuoco di S. Elmo. — Per reggere le 
carte murali . . . . . . 
L’ VIII Congresso degli Americanisti. — ll giornale di bordo del capitano 
Cook. — Movimento del Canale di Suez. — La produzione mondiale 
dell’ oro e dell'argento . . ° . . ° . e . 
Congresso internazionale di scienze geografiche in Berna. — « Geografia 
moderna » del prof. Porena. — Museo commerciale italiano in Bogota. 
= Società americana d'Italia. — Le marine mercantili del Globo . 
Cristoforo Negri a Gaetano Casati. — In memoria del viaggiatore e si- 
nologo B. Brollo. — Una scuola pratica di preparazione per i 


viaggiatori — Dizionario Prinzivalli. — « Ferdinando Magellano ». 


-— Le profondità dell'Atlantico . . A ° . ° 


Neerologia: Fasc. I, faz. 112; II, 198; IV, 395; V, sor; VI, 606; VII- 
VIII, 713; IX, 838; X, 927; XI, rorz; XII, x120, 

Sir Enrico Yule, cenno necrologico, di £. H. Giglioli. .. . ° . 

John Ball, F. R. S., del socio onorario prof. £. H. Giglioli . . è 

Prof. Amadio Ronchini . . A . . - . . 

Cav. Enrico Salvagnini . . . . . . . . . 


If. — EUROPA 


a) — MEMORIE E RELAZIONI. 


La densità della popolazione in Europa (a proposito di un errore statistico) 
nota del dott. N. Virgilii . . . 
Studio etnografico sulla popolazione del Caucaso, del “dott. A. Wolynski . 


d) — NOTIZIE ED APPUNTI. 


Le costruzioni ferroviarie in Italia. — Schizzi oro-idrografici dell'Italia. — 
Banchi di spugne. — Punta Ciatagnera del Nord. — I ghiacciai al- 
pini del Guslar e del Vernagt. — Parigi porto di mare. — La popo- 
lazione della Grecia. = Il terremoto in Grecia. . . . . 

I terremoti in Italia. — La superficie della Monarchia Austro-Ungarica . 

e Costumi inglesi ». — Lo scoglio di Manfredonia. — L’Istmo di Corinto. — 
Nuove quote barometriche d’ altitudine del Peloponneso. — Le carte 
del Comarov. — La Grotta di Erminio . . . . . . 

Il Canale di Corinto, — « Les Cevennes ». — Il sollevamento delle coste 
finlandesi. — Le ascensioni del Caucaso nel 1889 . . . . 


Fasc. 


VI 


VII-VII 


IX 


XI 


XII 


Fasc. NI 


Fasc. 


Fase. 


IV 
Vv 
Vv 


VI 
IX 


HI 


IV 


Par. 


Pag. 


Pag. 


604 


709 


836 


926 


1009 


1106 


833 
337 
498 
499 


540 
784 


133 
198 


290 


396 


— 1146 — 
La carta idrografica del Regno d'Italia. -— Terremoti in Italia. — Una 
violenta eruzione di Vulcano. — Carta geologica generale delle Alpi. 
— Il gran ponte sul Forth. — Il commercio esterno generale del- 
I’ In-ghilterra . . 
La densità della popolazione del Tirolo. — Il Lago di Costanza. — Il ghiac- 
ciajo del Rodano . . . . . . . . . 
L'emigrazione italiana nel 1889. — « Avifauna italica e avifaune locati ». 
— Le foreste dell’ Europa. — Nella Grotta di Adelsberg. — Le città 
delle Rupi in Boemia. — It Monte Jaman Tau. — Le coste della 
Danimarca. — Esploraziune scientifica del Mar Nero . . 
Sulla Punta del Sonnblik. — Una ricca miniera di carbon fossile. — n ter - 
remoto nell'Impero Austro-Ungarico. — Esplorazione negli Stretti 
« La provincia dell’ Istria ». — « L'Isola di Minorca ». — Il prosciuga- 
mento del Lago Copaide. — Colonizzazione delle grandi lande ger- 
maniche. — La popolazione della Danimarca. — Hammerfest . . 
L'Italia fuori dei suoi confini. — Scaudagli e studî sut Mar Nero. . 
Il Lago di Molveno — L’emigrazione italiana all'estero. — La popolazione 
dell'Olanda. — Scoperta di un altro ghiacciajo nel Caucaso . . 


III. — ASIA 


a) — MEMORIE E RELAZIONI. 


Alcuni cenni sulla tribù dei Palaung, del sig. G. 2. Sacchiero, vice-console 


d'Italia a Rangun . . . . . . 
Notizie geografiche e commerciali del Tonkino . e dei nuovi mercati cinesi 
(con tre cartine nel testo), di ZL. Nocentini . . . . . 


L'esplorazione Rabot nelle regioni del Peciora e dell'Ob . 


3) — NOTIZIE ED APPUNTI. 


Un viaggio a Nias. — Il Monte Ziarot Dagh in Armenia. — Ferrovia tran- 
siberiana. — La Spedizione Russa Pievzov. — Il Governo della Borneo 


Britannica. — Popolazione dell'Impero Giapponese . . . 
Notizie del cap. Grombcevski. — Nuove esplorazioni del cap. Younghusband 
nell’ Asia centrale. — « Cinque anni in Birmania ». — Un viaggio 
d’ esplorazione nella Cina orientale . . . . . . 
La coltivazione del cotone nell' Asia centrale . . ° . . 
Altre notizie della Spedizione Pievzov. — La navigazione del Mecong. - 
Un nuovo lago salato. — Un nuovo vulcano nel Giappone. — Un 
osservatorio meteorologico . . . . . 
All’ uscita del Mar Rosso. — Travancore ed i Canicara.. — Il Tibet e l’ab. 


Desgodins. — Il Coladine e il Boinu-Ti-Pi. — Esplorazioni di Dau- 
vergne a N. dell’ Hinducush. — Lavori geografici nelle Indie neer- 
landesi. — Le Isolette Boudrouet. — Il movimento commerciale e- 
sterno del Giappone . . . . . . . 
Nell’ Hadramaut. — Fenomeni tellurici nel Turkestan russo. — Caracorum. 
= I rilievi topografici nel Nepal e nel Butan. — Le rapide di Chonc 
superate. — Le coste meridionali di Flores. — L'Isola Formosa 
L'esploratore E. Modigliani. — L'Isola Camaran. - Terremoto in Ar- 
menia. — Idraulica persiana. — I depositi miocenici nella Siberia 
occidentale. — La Spedizione Bonvalot. — Lo Stretto di Mulo nella 
Malesia. — L’ Isola di Palauan. — Al cartografo giapponese Ino Ciuki 
Tell Hesy in Palestina. — Una Spedizione inglese ad E. delle Indie. — Le 
ultime esplorazioni russe nell'Asia centrale. — La Spedizione Pievzov. 
~~ Alle sorgenti dell’ Irauadi. — Da Hanoi a Lao-Cai . è . 


Fase. 


Fase. 


Fasc. 


Vv Pag. 
VI » 
VII-VIII » 
TX = 
x » 
XI » 
XII » 
IX Pag. 
XI » 
XII » 

{ Pag. 
II » 
HI » 

IV » 

Vv » 
VI » 
VII-VIII » 
IX » 


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734 


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1013 


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3:6 


%99 
291 


397 


593 


7t7 


839 








— 1147 — 

Esplorazione scientifica nell' Asia minore occidentale. — Alcuni risultati 
delle Spedizioni russe nell’ Asia centrale. — Le regioni tolte dalla 
Russia alla Cina. — Il passe e gli abitanti dell’ Amur. — Nelle ac- 
que di Borneo. A . . 

Ascensione del Monte Ararat. — Spedizione del Principe E. d’ Orléans: - 
Una Spedizione geologica russa. — Spedizione Grombcevski. = Viag- 
gio tra i Battak ed all'Isola Nias. — La Spedizione Bonvalot. . 

Un viaggio scientifico nell'Isola di Cipro — Nuove stazioni meteorologiche 
russe. — Notizie, lavori e progetti della Spedizione Grombcevsk. — 
Everest e Gaurisancar. — « L’India » — Il confine Indo-Britannico 
verso & Cina e la Russia. — Il sig. Mechel. . . . . 


IV. — AFRICA 


a) — MEMORIE E RELAZIONI. 


Itinerario in Etiopia (1885), del dott. C. Nerassini (con una carta). +. 
Id. id. id, 
L'antica e l'odierna Abissinia, di £. Glaser . . . . . 


La Cascata del Maletsuniane, da una lettera del socio corrispondente cav. 
G. Weitsecker (con una illustrazione)  . . . . . 

Un caso di « Samun » a Massaua, lettera del socio onorario A. d'Abbadie 

I Portoghesi a Massaua nei secoli XVI e XVII, nota del prof. F. Gallina. 

Lingue parlate Somali, Galla e Harari, note e studî dell’ ing. L. Bricchetts- 


Robecchi . . . . . . . . . . . . 
Id. id. id. 
Id. id. id. 


Pitture di Boscimani (con disegni nel testo ed una tavola), del socio corr. 
cav. G. Weitsecker . . . . . . . . . . 
Le esplorazioni di Gaetano Casati: 
1) Lettera del cap. A. Cecchi al prof. G. Dalla Vedova . . . 
s) Serie degli itinerarî percorsi da G. Casati (1880-89) . . . 
Una escursione nell’ Africa australe, lettera (con un disegno) del socio 
corr. cav. G. Weitsecker . . . . . . . 
Itinerario fra i Somali, del cap. £. Baudi di Vesme . . A . . 
Lettera alla Presidenza, del dott. ZL. Traversi . . . . . . 
Due escursioni nel Dembelas: 
1) Relazione del colonnello C. Aiîragàki (con disegni) . . . 
2) Itinerario di marcie attraverso il Dembelas del cap. Sf Hidalgo. 
Viaggio nel paese dei Somali, dell’ ing. L. Bricchetti-Rodecchi : 
1) Lettera del viaggiatore al Presidente della Società Geografica . 
2) Lettera del viaggiatore al Segretario della Società Geografica . 
3) Lettera del sig. Vittorio Bienen fold Rolph al Segretario della So- 
cietà Geografica . . . . . 
La Grammatica amarifia del prof. Guidi, nota del prof. £ Tesa . . 
Alessandrina Tinne, viaggiatrice africana, conferenza del sccio cav. A. Rissetto 
Viaggio nella penisola dei Somali dell'ing. LZ. BriccAhetti- Robecchi: 
x) Versione di una lettera del socio d’ onore G. Soleinfurt all'ing. 
L. B.-Robecchi . . . 
3) Osservazioni meteorologiche fatte dall'i ing. Z. 3. Robecchi da 
Aden ad Obbia, a bordo della R. cannoniera « Volturno » . . 
3) Id. id. ad Obbia . . . 


6) — NOTIZIE ED APPUNTI. 


I possedimenti e protettorati italiani nel Mar Rosso. — Protettorato italiano 
sull’ Aussa. — Impero etiopico. — La Spedizione Peters. — Gli 


Fasc, k 
» XI 
» XII 
Fasc. I 
» II 
» II 
II 
III 
III 
» III 
» IV 


Par. 938 
‘ D I0I4 
» XIII 
Par. 54 
» 240 
» 173 
» 178 
» ass 
» 933 
» 257 
» 380 


» VII-VII » 689 


> IV » 332 
» V 419 
» V » 422 
» VI > 528 
» VII-VII » 637 
» IX » 770 
» IX » 773 
» XI » 973 
» xX 2 869 
» X » 877 
» X » 878 
» X » 879 
» X » 886 
» XI » 996 
» XI » 997 
» XI 2000 


— 1148 — 
Usehuga. — Picco dell’ Imperatore Guglielmo. — La carta di Usam- 
bara. — Il cap. Trivier . . . . . . . o Fase. I Pag. 118 
Statistica commerciale dell’ Egitto nel 1888, — Una ritrattazione alla Scioana. 
= I Laghi Vittoria e Urigi. — L’ ascensione Stairs sul M. Rueven- 
sori al S. del Lago Alberto. — Il dott. O. Baumann e la Società te 
desca per |’ Africa orientale. — Le esplorazioni dello Stanley in 
Africa. — Notizie di Stanley, Emin e Casati. — Le Comore occiden- 
tali. — Esplorazione dell’ Ubanghi superiore. — Il viaggio del dott. 
E. Zintgraff da Camerun ad Adamaua. — Li viaggio del cap. Binger 
dal Niger al Golfo di Guinea . . . . . . . e » I > 203 
Il trattato fra l’Italia e l'Imperatore d’ Abissinia. — Trattato italiano col 
Sultano di Aussa, = La legislazione italiana in Africa. — Il ritorno 
di Emin Pascià e di Casati. — Le coordinate geografiche di Came- 
run. — Il dott. Zintgraff. — I Francesi nel Dahomei . . . » II » 292 
I nostri viaggiatori. — La nuova circoscrizione militare nella Colonia Eritrea. 
= L’altopiano dei Mensa. — L'Africa meridionale ed il commercio 
italiano. - Trattato fra l'Italia e lo Stato Libero d'Orange. — Il 
cap. Wissmann. — La strada ferrata di Lorenzo Marques. — La 
Spedizione scientifica francese al Madagascar. — Il Lago Rianza. — 
Il sig. Fourneau. — Dalla costa del Dahomei. — La navigabilità del 
Niger superiore. — 1] Governo francese nel Senegal . . . » IV » 399 
« Geografia e Geologia dell’ Africa ». — La carta d'Africa del Liiddecke. — 
« Etiopia ». — «Storia d’ Etiopia ». — « Le zone coltivabili dell’Abis- 
sinia settentrionale ». — Viaggiatori italiani in Africa. — Il cap. 
Casati. — La bassa Valle del Giuba e la regione fra il Giuba e il Tana. 
— L’ etnologia del Lago Alberto. — Osservazioni meteorologiche di 
Emin e Junker nell’ Africa centrale. — Il viaggio dell'inglese Pigott. 
= La Spedizione Peters. — Il Lago Rucua o Leopoldo. — Il corso 
del Fiume Sannaga. — « Reisebilder aus Liberia ». — Occupazione 
di Segu . ° . . . . . . A . . . » V » 508 
« Possedimenti e protettorati europei in Africa ». — Le stazioni di Kisi- 
maju, Brava, Merca, Mogadoxo ed Uarsceik. — Convenzione italo- 
etiopica, — I Beni-Amer. — Nella Colonia Eritrea. — Lo scoglio 
Penguin. — Una escursione nel paese dei Somali. — L'ing. Bric- 
chetti-Robecchi ad Obbia. — « Nell' Africa tenebrosa ». — La lettera 
del dott. Peters. — Emin Pascià. — Kiloa, Lindi e Mikindani. — 
Colonie portoghesi in Africa. — Progressi nello Stato Indipendente 
del Congo. — Le stazioni dello Stato Indipendente del Congo. — Il 
territorio del Sancuru. — I Boggiaeli. — Il tenente Kling nel Togo. 
— Confine anglo-francese nell'Africa occidentale. — Occupazione 
francese sul Niger . . . . . . . . . » VI » 609 
Il dott. L. Traversi. — L'abolizione della schiavitù in Tunisia. ~ La tec- 
tonica dell’ Africa orientale. — L' Uganda. — I nani incontrati dallo 
Stanley. — Trattato anglo-tedesco. — Il cap. Wissmann. — Notizie 
del dott. O. Baumann. — Il territorio a N. dei Becciuana. — L’av- 
venire dello Stato Indipendente del Congo. . . - » VII ® 719 
« Dieci anni nell’ Equatoria e ritorno con Emia ». — Industria italiana alle 
Canarie. — I protettorati europei in Africa. — Una convenzione 
anglo-portoghese. — L'opera dell’ Egitto moderno nella Geografia. — 
Il commercio estero dell’ Egitto nel 1889. — L'esplorazione Foureau 
nel Sahara algerino. ~ La ferrovia transsahariana. — Strade ferrate 
e piroscafi nell’ Africa tropicale. — Notizie di Emin Pascià. — Spe- 
dizioni portoghesi nell’ Africa australe. — Spedizione svedese al Ca- 
merun. — La carta delle foci del Camerun. — Il delta fra il vecchio 
Calabar e il Meme. — L'ultima Spedizione del Tappenbeck . . >» IK » 849 
« Emin Pascià, il capitano Casati e la ribellione all’ Equatoria ». — La 
liberazione di Emin e Casati secondo il colonnello Messedaglia Bei. 
= Un ponte sull’ Hauash. — La convenzione anglo-portoghese. — Il 
Lago Ricua (Rucua). — Esplorazione Crampel al centro settentrio- 
nale dell’ Africa. — Tra l' Uelle-Ubanghi e I’ Aruhuimi. — Il dott. O. 


Baumann. — Il nuovo Distretto dello Stato del Congo. — Una Spe- 
dizione tedesca distrutta nel Vitu. — La pace nel Dahomei . . 
Le recenti modificazioni nella carta politica dell’ Africa. — Conferenza anti- 
schiavista di Bruxelles. — L'escursione Davico. — Il commercio col 
sultanato d'Obbia. — Alla scoperta delle sorgenti del Giuba. — 
Nuova Spedizione Trivier nell’ Africa equatoriale. — Esplorazione 
tedesca nell’ Africa australe. — Assalto di una Spedizione francese 
sul Niger. — Nuovi protettorati francesi al Senegal. . . . 
Una lettera di Emin pascià. — La navigabilità del Niger. — Comunicazioni 
fiuviali e terrestri nel Bacino del Niari. — Il Fiume Sanga. — L'alto 
Ubanghi e gl’ indigeni Bongio. — Portoghesi ed Inglesi nell’ Africa 
Australe. — Scoperte nella Isola Fernando Poo. — Estensione nel- 
l'Africa tedesca. — Le condizioni del Sultanato di Vitu. — Il pro- 
tettorato inglese nel Vitu. — Il maggiere Wissmann ed il dott. 
Peters. — Il protettorato inglese su Zanzibar. . . . A 


V. — AMERICA 


a) — MEMORIE E RELAZIONI. 


Il Perù e la scienza italiana, lettera del bar. C. Negri, Presidente fondatore Fasc. I 
Le miniere della Repubblica di Colombia, lettera del socio dott. R. Ragnini 


L’ Uaupès e gli Uaupès (con disegni nel testo), del conte £. Stradelli . 
Sulla emigrazione italiana specialmente nell’ America del Sud, conferenza 
del socio prof. A. Scalabrini . . 7 . . . . 
Sculture d' indigeni dell’ Alto Orenoco (con disegni nel testo), del conte G. 
Orsi di Broglia di Mombello . . . A . . . . 

e Al Brasile » del Lomonaco, nota del cav. £. Rossi. . . . . 
e Guida pratica dell’ emigrante italiano al Chill », nota del cav. £. Rossi. 
Leggenda dell’ Jurupary, del conte £. Stradelli. . . . . . 
Id. id. . . . . . . 


d) —— NOTIZIE ED APPUNTI. 


Gli Stati Uniti del Brasile. — Le esplorazioni del cap. J. Page. — La po: 
polazione di Montevideo. — Il Chile nel 1888 . . . . . 
Gli indiani Odscibve. — Gli Stati Uniti del Venezuela. — Dizionario geo- 
grafico della Repubblica dell’ Uruguay . . ° è A . 


La Rada di Ceiba. — Alle foci del Parà . . . . 
Progressi della Repubblica di Colombia. — La Gujana centrale. — Una 
escursione al Brasile. . . . . . . 


Le coste e le isole dell’ Alasca. — ll Lago Mistassini. — Una grande mi- 
niera di nikel. — Le miniere d’argento dell’ Utah. — L'altezza del 
Vulcano Popocatepetl. - Spedizione scientifica all’ Jucatan. — Nel- 
l'Isola Baily . . . . . . . . . . 

« America ». — Un viaggio del dott. Hettner nel Perù centrale. — Depo- 
siti di fosfato nella Florida . . . ° . . . . 

Congresso panamericano. — Hawkins, — La Nuova Gran Bretagna. — Sul 
clima del Dominio del Canadà. — La catena dei Monti Selkirk. — 
Il letto del Fiume Savannah. — Il commercio di esportazione del 
Messico. — La popolazione del Guatemala. — Terremoto a Lima. = 
Coordinate geografiche nel Chil) . . . . 

Il Wyoming. — Santa Rosalia di California. — Nelle Isole Bahama. - La 
popolazione di Porto Rico. — Il Canale di Nicaragua. — Ferrovia 
sull' Istmo di Tehuantepec. — Esplorazione Chaffanjon in Gujana 

La popolazione degli Stati Uniti d' America. — L’ Isola di Cook nell’ Arci- 
pelago di Alasca. — Conferenza Godio sull’ Argentina. — Il com- 
mercio della Repubblica Argentina . . . A . . A 


Fasc. X 


Fasc. I 


XI 


XII 


IV 
Vv 


Vv 

Vv 

VI 
VII-VIII 


VII-VII 
IX 


II 
INI 


IV 


VI 


VII-VIII 


IX 


Pag. 


Pag. 


Pag. 


933 


1018 


1113 


52 
309 
425 
453 


474 
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659 
798 


208 
297 


517 


618 


938 


— 1150 — 
Una esplorazione di giornalisti americani . . . . . . 
Esplorazioni nell’ Alasca. «= Edmondo Cotteau. — Montagna in moto nel- 
l’ Oregon. — L’ Idaho. — Esplorazioni nel Messico. — Un nuovo 
porto americano. — Scogliera e corrente in Costa Rica. — Spedi- 
zione Coudreau in Gujana . . . . . . . . 


VI. — OCEANIA 
a) — MEMORIE E RELAZIONI. 


Esplorazione del sig. Tietkens nell’ Australia centrale; relazione tradotta 
dall’ originale inglese . . ° . . » . . 
Lamberto Loria alla Nuova Guinea: 
x) Nota del socio march. G. Doria. . . . . . è 
a) Lettere dirette al march. G. Doria . . . . ° . 
Altre lettere dirette al march. G. Doria . . . . . . . 


6) — NOTIZIE ED APPUNTI. 


La Spedizione Favenc. — Occupazione inglese delle Isole Unione e fenice. 
Nella Nuova Guinea Germanica. — Nuova annessione tedesca nell’ Oceano 
Australe . . . ° . 
Sulle Isole della Società ed intorno agli indigeni della Polinesia. — La 
Convenzione per le Isole Samoa . . . . . . . 
L'Isola del Falcone . ° . A . . . . . 
La Spedizione Weston nel Queensland settentrionale. — La popolazione di 
Melbourne, — Censimento della popolazione in Tasmania. — Gli abi- 
tanti della Nuova Caledonia. . . ° . . A ° 
Nuove traccie della Spedizione Leichhardt. . . . . . 
Coordinate delle principali città australiane. — Le Isole Ngatik. — La lon- 


gitudine delle Isole Ujae. — Le Isole Morrell e Rica de Oro . . 
Le tribù australiane . . . . . . . è . . ° 
Scandagli nell’ Oceano Pacifico australe . . . . . . . 
Nuova esplorazione nella Nuova Guinea . . . . . . . 


La Spedizione Szechenyi. — La catena Bellender Ker. — Un arbitrato ed 
una carta delle Isole Marshall. — Nuovi scandagli nell'Oceano Pa- 
cifco . . . . . . . . . . . . 


VII. — REGIONI POLARI 


NOTIZIE ED APPUNTI. 


L' idrografia dell'Islanda . . A . . ° . . . . 

Progetto di esplorazione polare svedese . è . . . . . 

Il movimento dei ghiacci nel Mare Artico. . . ° . . 

La Spedizione polare antartica. — Una nuova Spedizione polare . 

Al Polo Nord. — Le coste orientali della Groenlandia . . . 

La Spedizione polare norvegiana . . . . . . . 

L’ aerostato nelle Spedizioni polari. — La Spedizione alle Spizberghe. — 
Una nuova esplorazione in Islanda . . . . . . . 

Spedizione polare artica del Nansen . . . . . . . . 

I progetti della Spedizione polare Ryder . . . . . . 

L' Oroefa Jocul . . . . . . . ». ° 


Escursione del Thoroddsen in Islanda. — La Spedizione svedese alle 
Spizberghe . ° ry . D) . 4 e e e e ° 


. Fasc. 


Fase. 


Fase. 


Fase. 


XI Pag. 


XII 


VI 


I Pag. 


II 
IV 


Vv 
VI 


VII-VIMN 
IX 

x 

XI 


XII 


I Pag. 


II 
HI 
IV 
Vv 
VI 


VII-VII 
IX 

X 

XI 


XII 


1095 


xI37 


479 


559 


rss 
sto 
407 
519 
619 
798 
939 


1029 


1720 


133 
arr 
299 


520 
619 


729 
849 
940 
1030 


— IISI — 


VIII. — BIBLIOGRAFIA 
A) Geografia generale . . . . . . è . . «+ Fasc. VII-VII Pag. 730 


Testo-Atlante storico Ghisleri . . . . ° ° . . » I » 113 
Id. id. . ° . . . . . . . » IV » 395 

Un nuovo lavoro sulla Storia della Geografia medioevale, nota del ° 
prof. G. Marinelli A . A ° . . . » III » 232 
I Manuali di Geografia antica dell’ Hugues . . . . . » IV » 394 
Biografia del generale Prscevalski . . . . . . è » IV » 395 
Geografia antropologico-politica . . . . . . . » V » 500 
« Italian Explorers in Africa » . . . . . . . » V » 500 
Carte geografiche popolari in rilievo ° . . . . . » VII-VIII » 709 
« Geografia moderna » del prof. Porena . . . . . . » XI » oro 
Dizionario Prinzivalli . . . . . . . . è » XII » 1108 
« Ferdinando Magellano » . . . . . . . A » XII » II08 
») Italia . . . . . . . . . Fasc. VII-VIII Pag. 745 
Schizzf oro-idrografici dell Italia . . . . . . A » I » 113 
La carta idrografica del Regno d'Italia . . . . . A » V » 503 
« Avifauna italica e avifaune locali» . . . . . . » VII-VIIT =» 715 
« La Provincia dell’ Istria» . ° . . . . . . » X » 937 
« L'Italia fuori dei suoi confini politici » . . . . A » XI » 1013 
c) Il resto dell'Europa . . ot . . . A . . » VIIVIM = 75: 
« Costumi inglesi » . . . . ° . . . . . » II » 290 
« Les Cevennes » . rr IV » 396 
Carta geologica generale delle Alpi . ° - ° ° . . » V » 502 
« L’ Isola di Minorca » .. . . . . . . . . » X » 927 
n) Asia . . . . . A . ° . . . . . » IX » 850 
« Un viaggio a Nias », di E. Modigliani . . . . A » I » 116 
« Cinque anni in Birmania » . . . . . . . . » II » 900 
« L'India » . . . . . . . . ° . . » XII » ria 
x) Africa . è . A . . . A . » XI » 1032 
Carta delle esplorazioni dello Stanley i in Africa . . ° ° » II » 204 
L’ Africa meridionale ed il commercio italiano . . . ° . » IV » 403 
« Geografia e geologia d’ Africa » .. A . . . . . » V » 508 
La carta d' Africa del Liiddecke . . . . . A . » V » 508 
« Etiopia » di G. Sapeto. 0. +. © © © «© © «© »* V » 508 
« Storia d' Etiopia » di E. Costi . è . . . » V » 509 
e Le zone coltivabili dell’ Abissinia settentrionale » di C. Dove . » V » 509 
« Reisebilder aus Liberia », di J. Bittikofer . . . . . » V » 517 
« Possedimenti e protettorati curopei in Africa» . . ° . » VI » 609 
« Nell’ Africa tenebrosa » . . . . ° è . >» VI » 614 
« Dieci anni nell’ Equatoria e ritorno con Emin » . . . . » IX » 842 
L’ opera dell’ Egitto moderno nella Geografia . . . . . » IX » 843 
La carta delle foci del Camerun . . ° A ° » IX » 847 
La grammatica amarifia del prof. Guidi, nota del prof. A Tesa . >» X » 879 
« Emin Pascià, il cap. Casati e la ribellione nell’ Equatoria » . . » X > 933 
F) America . ° . ° » XII >» £223 
Dizionario geografico della Repubblica dell Uruguay ° . - » II » g10 
« Al Brasile » del Lomonaco, nota del cav. £. Rossi. . » VI » 557 

« Guida pratica dell’ emigrante italiano al Chill », nota del cav. £. 

Rossi . . . . . . . A ° . e . » VII-VII » 657 
G) Oceania è . . . ° ° A . . » XII » 1132 
Le Isole della Società e gli indigeni della Polinesia. ° . . » II » 298 


H) Regioni polari . . . . . . A . . e . » XII > 1134 


— 1152 — 


SOMMARIO DI ARTICOLI GEOGRAFICI. 


a) In giornali italiani: Fasc. I, Pag. 133; II, art; III, 300; IV, 409; V, 522; VI, 620; VI-VIII, 
758; IX, 858; X, 94; XI, 1053; XII, 1237. 

8) Nelle riviste scientifiche estere: Fasc. 1, Pag. 125; II, 212; III, 302; IV, 409; V, sea; VI, Gaz; 
VII-VII, 759; IX, 859; X, 942; XL 1054; XII, 1138. 


CARTE E TAVOLE. 


V 3. Itinerario Adua-Ambaciarà-Macaliè-Adua, di C. Nerassini (sc. 1: 400.000). Fase. II Pag. 216 
‘ 2. Pittura di Boscimani in una caverna di Thaba-Phatsua, distretto di Leribe, 


Basutoland . e e . e . e . 2 IV » 412 
V 3. Itinererio di Pietro Della Valle, 1614-1626, alla scala di I 22,400,000 . » XI « 21058 
V4. Itinerarî nel Dembelas dei col. C. Airaghi e del cap. St. Hidalgo . » XI » 1058 


ILLUSTRAZIONI INTERCALATE NEL TESTO. 


Veduta delle cascate di Maletsuniane. . . . . . . - Fasc. II Par. 179 
Pitture di Boscimani: 
L'uomo che munge. . . 2000 IV >» 333 
Alce e scimmie . . . . . . . . . » IV >» 334 
Due alci . . . . . e . . . . ® » IV » 335 
Ritratto del cap. G. Casati o» . . . . . . » V » 418 
Incisioni esistenti sulle pietre di Jauaretè (Cascata d' Uaupès) . . » V » 426 
Scogli della Bocca dell'Inferno (Orenoco). . . . . « . » V > 47% 
Id. id. . . . . . . . » V » 47S 
Sierra di Cuchuvero . . «+. «- . » V » 476 
Caverne delle Chiuse di Chicagua (Orenoco) . » Vv > 477 
Roccie presso Caicara . . ‘ > V > 477 
Pietra scoperta nelle colline di Padilla (Valencia-Venexuela) . . . » V » 478 
Itinerario della Spedizione Mac-Gregor . . A . . . . » V » 490 
Pitture di Boscimani a Masitisi. . . . . . . » VI » 533 
Riproduzione dei ritratti di Paolo dal Pozzo Toscanelli e Marsilio Ficino . » VI » 587 
Profili del territorio del Dembelas . . . . . . . . » IX >» 975 
Il ciglione del Gundet nel Dembelas . . . . . . : A » IX » 776 
Vetta del Debendrias. . . . . . . . . . . » IX » 777 
Profilo generale del Dembelas . . . . . . . . . » IK » 778 
Stratificazione geologica . . . . . . . . . » IX > 738 
Le tre rupi di Heret. . . . . . . . . . » IX » 78: 
Carattere generale del Dembelas . . . . . . . . » IK » 783 


INDICE Dez VOLUME . . . . . . . . . ° - Fasc. XII Pag. 1143 


FINE DEL VOLUME III DELLA SERIE III 


(XXVII del? intera Collezione). 














CFT