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Idrobio
LIBRARY
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BOLLETTINO
DELLA
SOCIETÀ UMBRA
DI STORIA PATRIA
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DiON. D" Alicarn. Ant. Rorn. I, 19.
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PERUGIA
UXIOXE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
1896
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ATTI DELLA SOCIETÀ
Aduìiciìiza generale del 9 novcììibre 189ì>
Oggetti air ordine del giorno
1. Belnzìone del Presidente intorno ai lavori della Società;
2. Proposte per la pubblicazione di fonti storici ;
3. Relazione del prof. Mazzatinti delegato al VI Congresso Storico Ita-
liano in Roma ;
4. Resoconto dell' Economo suW andamento finanziario della Società;
5. Discussione del bilancio preventivo per V anno 1896 ;
6. Comunicazioni varie.
Presidenza Fuan.
Presenti i soci :
Ansidei conte dott. cav. Alessandro
Ansidei conte dott. Vincenzo
Ansidei conte comm. Pericle
Bartelli dott. Vincenzo
Bellucci prof. comm. Giuseppe
Brunelli prof. mons. don Geremia
CuTURi prof. cav. avv. Torquato
Fabretti prof. Ferdinando
Ferrini prof. Oreste
Fuju comm. Luigi
GlANNANTONI dott. prof. LuiGI
LUPATTELLI prof. ANGELO
Manzoni conte dott. Luigi
Mazzatinti prof. dott. Giuseppe
RoMiTELLi dott. mons. arcid. don Marzio
Rossi-Scotti conte comm. Gio-Battista
4 ATTI DELLA SOCIETÀ
Scalvanti prof, avv. Oscar
Straccali prof. cav. Alfredo
Tenneroni prof. dott. Annibale
Tommasini-Mattiucci dott. Pietro
Urbini dott. prof. Giulio
Valenti conte dott. Tommaso
Vallecchi prof. cav. Ottavio
Intervengono per invito della presidenza 1' on. Sindaco di Perugia
cav. dott. Ulisse Rocchi, la signora Quirina Alippi-Fabretti e la si-
gnorina Luigia Fabretti.
Si dà lettura di varie lettere e telegrammi dei sei<uenti
soci che giustificano la loro assenza :
Barbiellini-Amidei march. Alessandro
Blasi prof. Angelo
Cerretti dott. prof. Cesare
Faloci-Pulignani mons. Michele
Fangacci don Leonida
Guardabassi prof. Francesco
Lanzi prof. Luigi
Manassei conte cav. uff. Paolano
Fontani prof. Costantino
Pardi dott. prof. Giuseppe
Sensi dott. prof. Filippo
Tiberi prof. iug. Leopoldo.
Quindi prende la parola il Presidente e commemora il
presidente onorario Fabretti rilevando specialmente i suoi
meriti di studioso ricercatore della Storia umbra e peru-
gina ; ricorda i soci defunti Ruggero Bonghi e Fran-
cesco Pag notti. Dopo ciò passa a dare un rapido rias-
sunto dei lavori eseguiti dai soci e presenta il programma
ragionato dei lavori già pronti per il secondo volume del Bollet-
tino, segnalando fra gli altri il Canzoniere umbro preparato
dal prof. Monaci coli' aiuto del prof. Tenneroni. Per ultimo
formula tutto un disegno di pubblicazioni per i volumi delle
Fonti Storiche e sottopone alla considerazione dei soci le se-
guenti proposte :
ADUNANZA DEL IX XOVEMnUH MDCCCXCV ;>
1.^ — a) per un Regesto perugino compilato sopra do-
cumenti concernenti la legislazione più antica fino al secolo
XIV, con riguardo speciale a quegli atti che hanno attinenze
alla costituzione comunale più antica e che precedono le
compilazioni statutarie; — h) per gli Statuti del 1305 volga-
rizzati nel lo22, studiandoli a confronto della compilazione
antecedente del 1279.
2.'' — per un Regesto di Sassovivo, come quello che
illustra la maggior parte dei comuni dell' Umbria e di altri
luoghi finitimi, ed è guida allo studio della legislazione an-
tecedente agli Statuti municipali, rispecchiando lo stato della
ricchezza pubblica e di tutte le condizioni sociali avanti quel
primo assetto economico eh' ebbe principio con 1' assorgere
del comune umbro.
Raccomanda poi una raccolta di laudi umbre e la com-
pilazione della bibliografia storica umbra. Chiude con una
esortazione ai soci ad intraprendere tale ordine di studi e
ringrazia le signore F a b r e 1 1 i ed il Sindaco d' essere in-
tervenuti all' adunanza.
Posto fine al suo discorso, invita il socio Scalvanti a dar
lettura della relazione a lui affidata sulla prima proposta.
§ 1. — Come è noto, il più antico Codice delio Statuto
perugino è quello del 1279, ma sin da quando dei pre-
ziosi manoscritti deW Aì'chivio Comunale si occuparono
gli eruditissimi Bonaini, Polidori e Fabretti (1), apparve
manifesto che il Codice del 1279 non racchiudeva i primi
Statuti della cittcà. Si allegarono in appoggio di questa
opinione documenti di leghe tra Perugia e Foligno e
altre terre dell' Umbria, ovvero bolle pontificie della
prima metà del secolo XIII; ma in verità non era me-
stieri spigolare nei diplomi di archivio per giungere a
siffatta conchiusioue. Anzitutto la prova dell' antichità
(1) Ardi. St. Rai., Tomo XVI, Serie I, p. la, Firenze, Vieus-
seux, 18'0.
ATTI DELLA SOCIETÀ
dei perugini Statuti emergeva chiara e lampante dall'i-
storia dei secoli XII e XIII. L' org-auizzazione del go-
verno democratico in Perugia risale all'anno 972; e se
noi pensiamo alla importanza che il Comune aveva as-
sunto fino dal secolo XI, alle alleanze che seppe strin-
gere nel secolo dipoi, alle concessioni ricevute da En-
rico VI nel 1186, più favorevoli assai di quelle largite
alle città, lombarde colla pace di Costanza, noi, senza bi-
sogno di altri sussidi, potremmo persuaderci, che Perugia
ebbe Statuti propri fin dal secolo XII.
§ 2. — Ma poi, basta leggere il Codice del 1279 per
comprendere che esso è una riforma, non il primo getto
degli Statuti.
Infatti si nota che nella mag-gior parte delle Ru-
briche il testo è seguito dalle Addictiones, che incomin-
ciano colie parole — Additum est hiiic capitulo — o —
Adiungentes huic capitulo — o — Item duximus adiun-
gendum, ecc. — È inutile allegare esempi di queste ag-
giunte, imperocché si incontrino ad ogni pie sospinto. La
qual cosa non solo ci dimostra 1' antichità dello Statuto,
ma ci dà l' indice necessario per giudicare della evolu-
zione degl'istituti politico-giuridici verso la fine del se-
colo XIII.
Non mancano poi testi, i quali rammentino capitoli
anteriormente fatti, e che voglionsi ripristinare. Diamone
un esempio — « Statuimus, dice la rubrica 51, quod
ponatur in hoc Statuto capitidum factum tempore Do-
mini Milancii super filiis Dom: Andree Jacobi de verbo
ad verbutn totum, cassando omne capitulum, seu capitula,
que essent contraria huic capitulo » — . Dal che abbiamo
la prova, che tra il Capitolo allora ripristinato e lo Sta-
tuto del 1279 era intervenuta un' altra riforma. Simili
esempi si raccolgono dalla rubrica 37, ove si dice — « hoc
capitulum valeat et valere intelligatur ab anno Domini
currente MCCLXXV tempore Dom: Gregorii Pape X »
— . Lo che significa che questo Capitolo fu fatto prima
del 1279.
§ 3. — Ma v' ha di più. È noto che il Bonaini colla pub-
blicazione di un documento inedito del 7 maggio 1250
ha dimostrato che in quel mese ed anno esisteva in Pe-
rugia r ufficio di Capitano del popolo e degli Anziani,
che formavano il suo Collegio (1). Da questa scoperta
fi) Arch. St. Ital., Voi. XVI, Parte I, prefazione, pag. XLIII,
XLIV.
ADUNANZA DEL IX NOVEMBRE JfDCCCXCV 7
derivò un titolo di onore per Perug-ia, la finale nell' isti-
tuzione di questi uffici avrebbe preceduto Firenze, che
li ebbe solo nel 20 ottobre 1250 . Yj notisi, che il docu-
mento riferitoci dal Bonaini non riguarda l'introduzione
di quel mag-istrato, che già trovavasi stabilito a quel
tempo. Ad ogni modo tal carica non fu costituita, se-
condo l'affermazione del Mariotti, nel 1258, o nel 1255
(come ebbe a scrivere di poi nelle Lett(ive)\ ma risale
certamente oltre il mag-gio 12r)0.
Ora dal Codice che esaminiamo risulta non soltanto
che nel 1279 esistevano più riforme del primitivo Costi-
tuto; ma che, essendosi da più anni creato il Comujie
del Pojjolo retto dal Capitano e dag'li Anziani, questo
pure aveva g-ià i suoi Statuti. — « Addituin est (cosi la
rubrica 65) quod dictum capitulum cum Statiitin populi
de preconibus debet concordare » — . Simile richiamo è
fatto in materia di rappresaglie — « Possint autem ve-
nire illi quibus per Statutum Populi ad civitatem Perusii
anditus concessus est » — .E quando si parla alia ru-
brica 69 della elezione degli Arbitri per dirimere le con-
troversie, che insorgessero cum nostris vicinantiis^ al ter-
mine del testo si legge: — « Additum est huic capitulo,
quod hoc statutum cum Statuto j^opuli debeat concor-
dari » — . Segno evidente che quel Capitolo era stato
formato prima che si compilasse lo Statuto del comune
del popolo; ed è naturale che il Costituto generale lo
avesse preceduto.
A nessuno può sfuggire l' importanza grandissima di
questi ed altri richiami, che per brevità tralasciamo; im-
perocché ci istruiscano intorno ad una difficile e intri-
cata questione, e cioè sui rapporti fra il Comune del Po-
destà e il Comune del Popolo, i quali rappresentavano
un dualismo pernicioso per la saldezza di quei piccoli
Stati; ed è prezioso conoscere come e su quali punti i
savi legislatori cercassero di mettere in pieno accordo
questi due elementi della vita giuridica della città.
§ 4. — Detto della antichità, e volendo ora accennare
all' importanza di questo manoscritto, col quale general-
mente concorda il Codice dello Statuto volgarizzato nel
1322, a noi sembra, che da vari punti di vista l'impor-
tanza di quello Statuto debba venir considerata.
1.° — Innanzi tutto abbiamo in esso un efficace e
autorevole testimonio del grado di civiltà, a cui era giunto
il Comune sul declinare del secolo XIII. Si comprende
che il costume era severo e che i maneggi, i brogli e in.
ATTI DELLA SOCIETÀ
genere la corruzione non era ancora penetrata nel mo-
vimento della vita pubblica. Il culto religioso è sincera-
mente professato, perchè la religione è fondamento della
giustizia. — « Est a nomine Dei, cosi si esprime il Proe-
mio, inclìoandum, et voluerit et mine velit legum, tenere
seiUentiam recto tramite iustitie ambulans universitas Pe-
rusii » — .
Un sentimento di fiera indipendenza traspare da ogni
linea del Proemio e da molte rubriche del testo; è questa
un popolo che ha coscienza di sé, dei suoi destini, della
parte grandissima che gli spetta nel movimento demo-
cratico di quell'età; e a dare impulso al proprio incivi-
limento attende coli' opera delle leggi, le quali dimostrano
che la vita di quel!' organismo è già molto complessa
e varia, seguo infallibile di progresso.
2.° — Sussidio importantissimo rende poi lo Statuto
del 1279 al pari di quello del 1305, di cui parleremo in
appresso, alla grave e spinosa questione dell' Ordinamenta
dei magistrati in Perugia. Data la enorme specializza-
zione delle funzioni, era già assai arduo per gli storici
il ricostruire l'organismo dei pubblici poteri nella re-
pubblica nostra; ma tali oscurità e incertezze si accreb-
bero a dismisura, quando per le difficoltà interne, per le
discordie tra Nobili e Raspanti e per le diuturne contese
con vicine città si vennero creando altri offici temporanei,
taluni dei quali diventarono permanenti e invasero cosi
gli attributi del Collegio, che per Statuto sarebbe stato
chiamato ad esercitarli. E se era nei dotti vivissimo il
desiderio di legger chiaro negli ordini de' Magistrati cit-
tadini, altrettanto risultava impotente a soddisfarlo qua-
lunque più accurato studio delle fonti e degli storici. Ba-
sterebbe a provarlo la incertezza, che domina circa le
vere attribuzioni del Parlamento e del Consiglio generale.
Or bene, non diciamo che lo Statuto del 1279 sia de-
stinato a far cessare ogni disputa e a mettere in piena
luce l'organismo della repubblica; ma è innegabile che
esso può rendere assai facile il cammino alla mèta desi-
derata, tanto più se ravvicinato collo Statuto del se-
colo XIV, dove il disegno sull'ordinamento dei magi-
strati è completo. Vi è poi nel Costituto del 200 una ten-
denza a collocare ciascun pubblico ufficiale nel luogo suo,
né la rete delle diffidenze si é anco distesa suU' orga-
nismo della repubblica per cagionarvi una confusione,,
dalla quale non è possibile uscir vittoriosi. Vogliamo ci-
tarne un esempio. Lo Statuto del 1279 ammette che il
ADUNANZA DEL IX NOVEMI5KE MDCCCXCV 6
PoteslA possa essere — de civitate et comitatu Perusii —,
la quale disposizione inclarno si cercherebbe nelle poste-
riori rit'ormagioni, <iuaii(lo si andò «ieiieralizzando e im-
ponendo il costuiue di sceg-liere sempre un podesUV fore-
stiero.
Dallo Statuto inoltre si rileva quanto g-rande fosse
r autorità dei Consig'li. Il Consiglio generale ha compe-
tenza amplissima; che non solo senza di lui nulla sotie-
tas tei Conpagna fieri poiest (rubrica óO) ; ma esso si oc-
cupa ancora di minori affari, come della ordinazione del
Sindaco, che deve essere costituito — Procuraior in Po
mana Curia. — E poiché uno Stato fortemente organiz-
zato non può sussistere senza l'ordine, la pace e una
buona amministrazione della giustizia, cosi noi troviamo
essersi a questi fini rivolto l'animo dei legislatori. Alla
pace pubblica essi consacrano un testo da rubrica 54)
che noi vorremmo qui riferire interamente perchè si po-
tesse giudicare del senno di quei politici. Grande è la
cura per la funzione giudicatrice; e fin d' allora noi tro-
viamo introdotta e guarentita la pubblicità dei giudizi
(rubrica 11), e in più luoghi si cerca di dar sicurtà ai
cittad'ni, che nessuno verrà per qualsivoglia motivo o
pretesto impedito di presentarsi al Podestà o al Capitano
per ottenere giustizia (rubriche 11 e 20ì. E le sanzioni per
g-uarentire ai cittadini il libero accesso ai tribunali e ai
pubblici ufficiali sono così g-ravi da manifestare nei legi-
slatori la decisa intenzione dì conseguire l' intento.
Ma il desiderio di assicurare il trionfo della giustizia
si scorge anco nelle disposizioni riguardanti le rappresa-
glie, le quali hanno impronta di tale originalità da po-
tersi credere che Perugia sia stata tra le prime a disci-
plinare r uso di quei mezzi violenti, che si invocavano
per le dovute riparazioni di giiistizia (1).
3.0 — Lo Statuto ci informa inoltre degli ordini
amministrativi della città. Notevole tutta la parte finan-
ziaria, nella quale hanno tratto di originalità i metodi
per la vendita delle gabelle, per le collette, per la re-
sponsabilità degli ufficiali contabili di pubblico danaro,
per le pene cui andavano incontro il Podestà e il Capi-
tano — qui proposuerint in Consilio de avere comunis
(1) Su questo argomento si è intrattenuto il giovine Giusti-
niano Degli Azzi Vitelleschi, studente del nostro Ateneo, in una mo-
nografia, che presto vedrà la luce negli Annali dell' Università di
Perugia.
10 ATTI DELLA SOCIETÀ
Perusii alieni dare — . Importautissime poi le rubriche
31, 32, 33, 35, 58 e 59 sulle attribuzioui amministrative
che si affidavano al Podestà e al Capitano del Popolo.
Preziose notizie esso ci dà circa gli stipendi dei pub-
blici ufficiali. E se è vero (com'è difatti) che gli Sta-
tuti perugini dei secoli XIV e XV sono fra i più ricchi
di notizie sugli ordini fiuanziari di quelle età, è altret-
tanto vero che a conoscere il complicato congegno di essi,
g-iovauo assaissimo le semplici nozioni, che si incontrano
nello Statuto del 1279 e in quello del 1305, coi quali può
essere facilmente completato il disegno di uno stvidio im-
portante sul regime finanziario della repubblica.
Vedremo ancora come per tempo e mirabilmente ve-
nissero organizzandosi i servizi per l' igiene, per il gra-
tuito ministero dei medici e chirurghi, per la beneficenza,
pubblica, per l' annona e va dicendo ; come sarà di ca-
pitale importanza verificare non solo il meccanismo am-
ministrativo, che presiedeva alla esecuzione delle opere
pubbliche, ma anco il valore di esse e i modi con cui si
effettuavano. E tutt' altro che inutile sarà 1' accurata de-
scrizione dei lavori di sponda compiuti nel Lago Trasi-
meno, tutto il sistema di polizia di quelle acque (rubri-
che 246 e segg.), e dei lavori alle mura della città, alle
chiese, ecc. E dal lato della igiene sarà vantaggioso cono-
scere le disposizioni riguardanti l'acqua potabile, la costru-
zione degli acquedotti e delle fonti e la loro manuten-
zione (rubriche 165 e segg.). Né meno prezioso ci si offre
il titolo — De malefitiis — interessando alle materie i^oli-
tiche il verificare i sistemi riguardanti le pene di polizia,
le carceri e va dicendo ; e alla storia giuridica impor-
tando assai di conoscere, ad es., i principi dì quella le-
gislazione sulla duplicità delle pene (rubrica 280), sul
diritto e magistero della difesa, sulle prove per testimoni,
sull'arresto, sulla qualifica dei reati, ecc. (rubriche 281,
282 e segg. e 302 e segg.); sui provvedimenti atti a im-
pedire la falsa monetazione (rubrica 375) e via di seg'uito.
4.° — Ma lo studio dello Statuto può servire inoltre
ad illustrare storiche vicende della città. Nelle leggi
odierne il legame tra le loro disposizioni e i fatti che vi
hanno dato luogo, non è mantenuto in modo espresso.
Cosi non era nelle leggi antiche, nelle quali vediamo
spesso ricordati fatti storici come motivo dei canoni le-
gislativi. Molti esempi potrebbero addursi di ciò; ma noi
ci contentiamo di citare le rubriche sulle rapx>resaglie e
quelle sulle paci. E a modo di aneddoto storico alle-
ADUNANZA DKL IX NUVEMBUE MDCCCXCV 11
ghiaino anche questo. Og'nun sa clic il Cristo, che si vede
sulhi porta del Duomo verso hi pia/./.a (Ud Comune, vi fu
trasportato nel ir)40 all'epoca della <iuerra del Sale. Qui
non faremo la disputa se queir imnia^^ine vi fosse yi;Y o
se vi fu collocata proprio in quella occasione. E certo che
il Duomo venne in grau parte demolito nel secolo XIV
e ricostrutto più <;rande. È naturale quindi che fossero
distrutti anche gli ornamenti che vi si vedevano negli
ultimi del 200. Ma nuUaineno non ò egli prezioso il sa-
pere la ragione, per la quale nel 1540 il popolo si rivolse
di preferenza a quel simulacro e in quel luogo piuttosto
che in altro lo collocò? Eppure questa ragione ci vien
fornita dallo Statuto, da cui apprendiamo l'ordine dato
al Podestà e Capitano (rubrica 81) — « penitus et pre-
cise facete fieri et depingi figuravi Criicifixi ad introitum
ecclesie Sancii Laurentii super hostium ex parte ]}latee
Comunis, de bonis coloribus, quam pulcrior dieta figura
benedìcta potuerit ordinari » — . Duntiue in quel luogo
i perugini avevano sempre venerato 1' effigie di Cristo,
come simulacro di fede popolare, come cosa propria ; ed ò
naturale che ad essa si levassero preghiere e voti nel
terribile cimento, che doveva decidere della libertà di
Perugia.
5.° — E poi da segnalare un pregio nella forma
dello Statuto del 1279, al pari che in quello del 1305, e
cioè una maggiore parsimonia di dettato senza frequenti
ripetizioni e senza quelle ridondanze e superfluità, che
rendono noiosa la lettura di molti altri Codici posteriori.
6.° — Infine l' importanza del manoscritto è accre-
sciuta dal fatto che 1' archivio di Perugia possiede larga
copia di documenti riguardanti 1' età, in cui lo Statuto
venne riformato. Oltre i libri delle Sovimissioni, di cui
il Bollettino con molta opportunità ha intrapreso la pub-
blicazione sotto gli auspici dell' esimio archivista conte
Ansidei e del prof. Giannantoni, 1' Archivio possiede altri
documenti dell'epoca, come Bolle poutifi'cie. Atti pubblici,
Compendi, ecc., e finalmente gli Annali decemvirati. E
per quanto del secolo XIII non vi sieno che le raccolte
di soli 16 anni, pure il periodo dal 1208 al 1279 può es-
sere utilmente stiidiato anche col sussidio degli Annali.
§ 5. — Premesse queste considerazioni, veniamo ad
una breve descrizione del manoscritto. Esso è un in folio
grande in pergamena, che misura centimetri 46 per 29.
Consta di 72 carte, ossieno 144 facciate, e di 507 rubriche.
È diviso in quattro parti.
12 ATTI DELLA SOCIETÀ
La prima è uu Titolo generale, che abbraccia materie
svariatissime, ed è contenuto in 84 rubriche. Ivi si tratta
degli uffici del Podestà e del Capitano, dei loro ufficiali,
di alcune funzioni amministrative che loro spettano ; (iplla
amministrazione della giustizia, delle collette, della guerra,
delle rappresaglie, della concordia e della pace, di molte
opere pubbliche, degli approvigionamenti, ecc. È insomma
il titolo, nel quale si raccolgono le materie di ammini-
strazione e di governo della città. Invano si ricerche-
rebbe un ordine rigorosamente sistematico nella succes-
sione dei testi. La stessa materia finanziaria, che il legi-
slatore si propose trattare in XI Capitula precisa (ru-
brica 47), si trova poi disseminata qua e là in questa
titolo e in altri ancora.
Segue alla rubrica 85 la seconda parte — o titulus
offìtialiiiTn, qualiter prius salarium statuatur quarti alì-
quis offltialis eligatur — . Questo titolo contiene la descri-
zione àelV organismo preposto all' esercizio delle funzioni
amministrative e di governo.
Vien poi alla rubrica 280 il — Titulus de ìualefitiis —
e alla rubrica 302 il titolo — De deportatione armorum.
§ 6. — Tutto questo abbiamo notato per dimostrare,
che qualunque studioso si vada occupando dei Fonti le-
gislativi della gloriosa repubblica, deve tener presente
questo Codice importantissimo, richiamarne spesso le di-
sposizioni, farne, direm quasi, il piedistallo dell'opera sua^
Ma sarebbe conveniente per la Storia Patria intrapren-
derne ora una speciale e isolata pubblicazione ?
Certo, se la Società avrà modo di effettuare anche la
pubblicazione di questo manoscritto, farà cosa utilissima
agli studiosi. Ma se il pubblicare questo Statuto dovesse
di soverchio ritardare la stampa di quello in volgare del
secolo XIII, noi riterremmo più proficuo attendere alla
pubblicazione di quest' ultimo confrontato col Codice del
1279. Ed eccone le ragioni.
Anzitutto è noto che il nostro compianto presidente
Ariodante Fabretti ebbe iu animo di pubblicare egli stessa
lo Statuto del 1279 co' suoi tipi privati; ma la morte troncò
il suo divisamente, col quale voleva coronare l'opera da
lungo intrapresa, di dare in luce le più importanti cro-
nache e documenti di storia perugina. Fra le carte di lui
si trovarono infatti circa 90 esemplari di 6 fogli di stampa,
in piccolo formato, eguale a quello che l' insig'ne storica
adoperò per la stampa delle cronache. Il Fabretti pen-
sava certamente di far precedere questa pubblicazione da
ADUNANZA DEL IX X0VEMI5UE MDCCCXCV 13
un proemio; ma riteneva che il testo nou dovesse essere
annotato. Invece di adottare anche nella stampa di questo
importante Codice 1' aureo metodo osservato nella sua
opera magistrale sulle prammatiche perugine in materia
di leggi suntuarie, credette poter licenziare al pubblico
lo Statuto riproducendolo tal quale è, senza commento
alcuno. E qui ci duole dissentire dall' illustre uomo. Edi
vero, dal cenno che abbiamo dato del manoscritto appa-
risce chiara la necessità di qualche nota di raffronto o di
schiarimento. Basta aprire il volume e gettar gli occhi
sul breve proemio, per comprendere come esso stesso
racchiuda una seria difficoltà di interpretazione, che ò
d' uopo risolvere con una nota.
Ad ogni modo poi ciò che fece il Fabretti non è che
una settima parte al più dell' intero compito. Quindi e per
questa ragione e per il formato e per la scarsità degli
esemplari, l'opera del Fabretti non potrebbe gran fatto
giovarci.
§ 7. — D' altra parte, dal momento che egli intra-
prese la stampa del lavoro, e a quanto sembra, gli ese-
cutori delle sue volontà possiedono la trascrizione del-
l'intero manoscritto, pare a noi che sia il caso di augu-
rare, che la pubblicazione venga, a cura di essi, com-
piuta; e siamo certi che non mancherà loro l'appoggio
ed il plauso dei cultori delle storiche discipline.
Cosi, senza intralciare l'opera di questi egregi, la So-
cietà di Storia Patria, tenuto conto del Codice del 1279
e richiamando le sue disposizioni ad efficace commento
della vita giuridica dei perugini nel secolo XIII, potrebbe
dar mano alla pubblicazione del successivo Statuto del
1305. È noto infatti che lo Statuto del 1279 fu appunto
in queir anno riformato. Si comprende che non molto
numerose dovettero essere le correzioni, di g'uisa che il
dare alle stampe la riforma equivale g, rendere di pubblica
ragione lo Statuto più antico, con questo segnalato van-
taggio, che si può seguire lo svolgimento che i principi
giuridici contenuti nel costituto del 1279 ebbero per opera
dei savi leg-islatori della prima metà del secolo XIV.
§ 8. — Riflettasi inoltre che è quello il periodo più
glorioso della repubblica perugina, e segua quasi il cul-
mine della sua potenza. È il momento, in cui i Papi non
che ingiungere ordini ai perugini, usano con loro un
mite linguag'gio ; è il momento, in cui sembra divenire
realtà il vasto progetto di una forte confederazione di co-
muni sotto l'alta supremazia di Perugia: è il momento,
14 ATTI DELLA SOCIETÀ
iu cui ueg'li ordini cittadiui si introduce 1' ufficio del Prio-
rato; è il momento, nel quale molte arti importantissime
acquistano vita autonomica e statuti propri; è il mo-
mento, in cui Perugia sembra arbitra della pace tra tutti
g-li Stati vicini; è il momento infine, in cui essa accresce
le sue risorse, raddoppia la sua prudenza, moltiplica
quegli elementi di vita, che le hanno permesso di pro-
sperare, mentre tante altre repubbliche volgevano a irre-
parabile e precoce rovina.
Lo Statuto del 1279 può rappresentare dunque la balda
g-ioventù del Comune; quello del secolo successivo rap-
presenta la sua piena e forte virilità, il merig-g-io della
sua g-loria. Ora con una sola pubblicazione noi possiamo
illustrare quei due periodi di storia, queir ordinamento dì
pubblici uffici e quella legislazione, che i)i mezzo a mille
difficoltà guidarono Perugia fino al tristissimo evento del
secolo XVI.
Se non che ognuno di voi sa, che il Codice del 1305
è perduto, di g-uisa che non ne rimane che il volgariz-
zamento ordinato nel 1322. Ma se anche il Codice latino
del 1305 non ci fosse stato invidiato dal tempo, noi fran-
camente proporremmo la stampa delio Statuto volg'arizzato,
perchè essendo una scrittura della prima metà del tre-
cento, ha, oltre il valore storico-giuridico, anche im va-
lore letterario per lo studio circa lo svolgimento della
nostra lingua. E ben vero che la lingua usata dai tra-
duttori è soverchiamente dialettale; ma è altresì indu-
bitato che il periodo ha la bella semplicità e la conci-
sione che si ammirano nelle scritture del secolo XIV. E
per queste considerazioni, che oggi la stampa dei Codici
è assai più pregiata se condotta sugli esemplari in vol-
gare, che su quelli di una barbara latinità ; di guisa che
possiamo esser certi, che auche dal lato economico il suc-
cesso del nostro lavoro non potrebbe esser dubbio.
Nulla è da dire sul contenuto del prezioso Codice, poi-
ché già avvertimmo, che tranne le importanti, ma non
numerose riforme del 1305, esso riproduce l' antico del
1279 e ne ha tutti i pregi.
Purnondiraeno al solo fine di rilevarne l'ampiezza, di-
remo che esso consta di libri IV; il primo si occupa della
elezione del Podestà, del Capitano e del Giudice della
giustizia, insomma dell' ordinamento della repubblica, e
occupa ben 104 rubriche contenute in 98 carte. Il libro
II è la legislazione civile, ampiamente trattata in 77 ru-
briche. Mirabile è inoltre l' abbondanza delle disposi-
ADUNANZA DEL IX NOVEMIJUE MDCCCXCV 15
zioni relative al diritto penale, ossia la parte contenuta
nel 1 bro III e che cousta di 234 rubriche. Com' è natu-
rale, anche questo Codice ha una parte importantissi-
ma destinata all'edilizia, materia sulla quale si ag-gira-
vauo volentieri gli Statuti medioevali. Nello Statuto no-
stro a questa parte è destinato il IV libro, ed è di 157
rubriche, contenute in 49 carte. Questo cenno deve ba-
stare perchè ognuno comprenda la importanza del ma-
noscritto.
È per questo che (ove non sia pos^ibile la pubblica-
zione di entrambi gli Statuti) a noi parrebbe conveniente
la stampa dello Statuto in volgare, preceduto da un proe-
mio, che contenesse uu cenno storico dell' epoca, alla
quale i due Statuti appartengono, e quelle considerazioni
e raffronti di indole giuridica, che sono indispensabili
alla piena intelligenza di un testo legislativo. Le note
pure dovrebbero far rilevare non soltanto le mutazioni
introdotte nel 1305 allo Statuto del secolo precedente, ma
accennare brevemente alle disposizioni di qualche altro
importante Statuto in specie dell' Italia centrale. Cosi l'o-
pera riuscirebbe di decoro alla città, di incremento alla
Società nostra e di insigne vantaggio ai cultori delle
discipline storiche, allo studio dei quali verrebbe offerto
insieme lo Statuto del secolo XIII e quello del secolo
successivo.
§ 9. — E vorremmo ancora, che insieme allo Statuto
volgarizzato uscisse in luce il Regesto perugino dei do-
cumenti riferentisi all' epoca dei due Statuti. E un ottimo
metodo questo adottato dai moderni storici, e che l'illu-
stre nostro Presidente segui con tanto successo nella mag-
giore opera sua. La stampa di un Codice legislativo non
accompagnata da notizie storiche e dalla pubblicazione
dei documenti dell'epoca, è un'opera incompleta, e che
condanna gli studiosi ad un lavoro di ricostruzione sto-
rica, che non possono compiere senza incontrare il di-
sagio di trattenersi negli archivi, ove i documenti si cu-
stodiscono. Unendo alla stampa del testo legislativo una
parte a sé che contenga il Regesto, noi faremmo cosa
conforme all' odierno e razionale indirizzo degli studi
storico-giuridici ; e non 1' arida notizia di costumanze e
di leggi offriremmo all' ardore degli studiosi, ma la di-
pintura dell' ambiente, di cui leggi e costumanze non
sono che 1' eloquente espressione.
Prof. 0. Scalvanti.
16 ATTI DELLA SOCIETÀ
Si dà la parola al socio G-iannantoni per la relazione sul
Regesto perugino :
Gli Statuti di Perugia, dei quali si desidera di intra-
prendere il più sollecitamente possibile la stampa, costitui-
scono, come è evidente, la prima fonte del nostro diritto
pubblico interno ; ciò che si riferisce infatti alle magi-
strature, ai provvedimenti di polizia, tanto importanti
durante i secoli XIII e XIV, al diritto penale, a tutto
quanto insomma ha qualche relazione con la vita civile
e politica di un popolo, ivi è ricordato.
Ma non per questo devesi credere che tutto sia negli
Statuti. — Molti e pregevolissimi sono pure gli altri do-
cumenti che si custodiscono nell' archivio comunale di
Perugia ; limitandoci per ora a quelli appartenenti al
secolo XIII, diremo che essi in gran parte possono ser-
vire di illustrazione e di commento al più antico Statuto
che tuttora si conservi e che porta la data del 1279. —
Difatti non pochi di quei documenti anche anteriori a
quest' epoca pongono in luce gli ordini costituzionali ed
amministrativi del Comune, e da ciò il loro alto pregio
e la loro massima importanza ; sono essi soltanto che ci
porgono molte notizie intorno alle disposizioni che si con-
tenevano in altri Statuti che senza dubbio precedettero
quello del 1279.
Ciò premesso, si comprenderà subito l'opportunità o
per dir meglio la necessità di raccogliere e pubblicare i
più importanti di questi documenti per intero, gli altri
in forma di Regesto. Grave però è il compito.
Tra le prime cause di difficoltà è da collocarsi, ci
sembra, il gran numero di Codici che si debbono pren-
dere ad esaminare, come resulterà dalla breve e somma-
ria relazione che ora ne daremo.
Inoltre è necessario stabilire con quale ordine e con
quali criteri sia più opportuno procedere.
Per nostro conto osserveremo che, raggruppando tutte
quelle notizie che portano la stessa data ma che pur si
trovano in diversi volumi rilegati bene spesso in epoche
molto posteriori 'senza alcun criterio razionale, si ha il
vantag'g'io abbastanza considerevole di facilitare allo stu-
dioso le sue ricerche, di rendere il lavoro anche più or-
ganico, e, ciò che sommamente importa, di permettere
a chi si accingerà a fare la storia di Perugia e dell'Um-
bria l'attento esame del graduale svolgersi della vita
pubblica e in parte anche privata dei nostri maggiori.
ADUNANZA DEL IX NOVEMHUE MDCC'CXCV 1 7
Ci pennettiarno pertanto di in-oporrc la pubblicazione
in forma di Rpg-esco, se non di tutti, almeno dei più im-
portanti documenti del secolo XUl : questi varranno a
rivelare sempre meglio aj^li studiosi le generali condizioni
storiche dell' epoca, durante la quale gli Statuti furono
composti e regolarono i rapporti dei cittadini fra loro e
coi pubblici poteri. — Se il divulgare per le stampe quel
corpo di leggi farà noto lo stato del diritto .'-i pubblico
che privato negli antichissimi tempi, il Regesto, del quale
teniamo parola, servirà a porre in chiaro tutto l' am-
bieute sociale, in cui quelle manifestazioni giuridiche si
effettuarono.
Ed ora un brevissimo ceuuo dei mauoscritti che do-
vranno esser presi ad esame : ricorderemo prima i più
antichi volumi con cui incomincia la raccolta delle Ri-
formagioni e degli Annali decem virali.
La data più antica si ha nel volume D (11S9-1339)
ove accanto a molti altri atti di vario genere sono pa-
recchi documenti riflettenti il Chiugi, un trattato di al-
leanza fra Arezzo e Perugia, notizie di speciali rapporti
fra Perugia e Folignio, Perugia e Gubbio.
Di uou minore importanza è altro Codice, portante il
titolo « Consilia aarlorinn annorura seculi XIII » . Inco-
mincia cou r anno 12ófì e termina col 1278 e ci reca fra
le altre notizie degne di ricordo quella relativa al modo
cou cui procedevasi alla elezione del Capitano del popolo.
Il terzo Codice che all'esterno con nou perfetta corri-
spondenza all' iutero contenuto ha il titolo di « Atti del
Consiglio maggiore dal 1259 al 1416 » ci indica come si
procedesse alla compilazione dell' elenco dei sapienti, i
quali venivano appunto eletti per consilium speciale....
ad compositionem statutorum ; ci dice altresì che quei
consiglieri della città e rettori delle arti che dovevano
intervenire alla elezione dei consiglieri speciali e gene-
rali eran tenuti a fare detta elezione a mezzo di schede.
Il Codice, che è quarto per ordine cronologico, sul dorso
è seg'nato con vj< ed è intitolato: « Annales variorum an-
norum, » .• uell' interno porta la indicazione di « Liber
consiliorum », incomincia con il 18 aprile 1266 e termina
con il 30 decembre 1269. In esso veggonsi degli speciali
provvedimenti sulla moneta. A mostrarne subito l'impor-
tanza basterà citare le prime parole: Congregato Consilio
speciali et generali et alìoriim bonoìmm virorum civitatis
Perusij qui per statutum ad coììsilium venire consueve-
rant in presentia- capitanei populi perusini, etc.
18 ATTI DELLA SOCIETÀ
Quasi eguale per il couteuuto è 1' altro Codice che
anche secondo l' antico inventario dell' Archivio gli fa
seg-iiito immediatamente e che è contraddistinto con la
lettera .4. Sul recto infatti della 1* carta si leg-g-ono presso
a poco le stesse parole ; la prima data che vi si trova
scritta è quella del magg-io 1273 e l'ultima è quella del
gennaio 1276 (e. 170). Sono tutte deliberazioni e riforme
per la maggior parte importantissime.
Fauno seguito a questi altri quattro Codici, dei quali
i primi due seguati con la lettera L e gli ultimi respet-
tivamente con le lettere 7i e C.
Il primo dei Codici L comprende il periodo 1276-77 e in-
comincia con il 2 gennaio 1276 e con le parole seguenti:
Ista sunt Consilia sapientum de credencia et reformatio-
nes eorundem facta et facte... in ipso Consilio sapientum^
11 secondo abbraccia il breve periodo dal 1° maggio 1276
al 29 aprile 1277 e contiene le deliberazioni prese dal
Consiglio generale e speciale di 100 uomini per Porta, dei
consoli e rettori delle arti precepto Dortiinorum Potestatis
et Capitanei.
Più variato è invece il contenuto degli altri due vo-
lumi di questa collezione.
Nel volume B ad es. (13 ottobre 1284 — 2 gennaio
1298), a e. 7* si hanno scripture et instrumenta perti-
nentia promissioni et summissioni facte Communi Pe-
nisi] per Commune Fulginei. Dopo la e. 88 si leggono
sindicatus et reformationes consulian et rectorum artium.
Nel volume C finalmente (3 novembre 1296 — 10
aprile 1299) a e. 20' leg'g-esi, a tacere di molti altri
punti principalissimi : Hi] fuerunt sapientes homines electi
per consules ai'tium secundum tenorem reformationis con-
silij x>^puli inde facte ad deliherandum , ordinandam et
reforrnandum su])er electione novi capitanei.
Ci sembrano poi degni di particolare attenzione, oltre
alcune riforme del tempo dei consoli del 1288 e del 1292,
un piccolo volume del 1277 contenente note di ambascia-
tori, potestà e capitani del popolo, nonché due fascicoli,
nel primo dei quali è un elenco dei membri del Consi-
glio speciale e generale eletti secundum formavi statuti
comunis et populi... curente MCCLXXVII, e nel secondo,
dal titolo « Privilegi diversi della Città », son raccolte
copie di bolle papali e diplomi imperiali e si leggono do-
cumenti che riguardano i rapporti fra Perugia e paesi a
lei sottoposti.
Parecchi altri volumi ed altre carte portano date
'
ADUNANZA DEL IX NOVEMBRE MDCCCXCV 19
varie, ma g-eueralmente vanno dal 127(i al 1-2UC,. Si tratta
per Io più di asseg-ne, di sentenze, di elenchi di banditi
e condannati, ed in alcuni Codici si hanno memorie cosi
dettag-liate e precise sui delitti e sulle pene di quei tempi,
da poterne senz' altro trarre materiali suflicieiiti per ri-
costruire tutto quanto un sistema di diritto criminale.
Oltre a ciò accanto a molti altri frammenti di riforme
aventi al solito uno speciale valore per la piena intelli-
genza delle varie rubriche deg-li Statuti perugini, di cui
formano un complemento logico e forse indispensabile, sono
meritevoli di menzione otto fasci di sentenze senza data
ed altre dal 1255 al 1269, numero 66 perg-amene, della
raccolta « Bolle, Brevi e Diplomi » dal 12 ottobre 122-4 al
1° febbraio 1296, e numero 669 perg-amene della raccolta
« Contratti diversi » : la data più antica che vi si legg-e
è del 5 novembre 1202.
A studiare tutti i documenti dell'Archivio comunale
appartenenti al secolo XIII non resta che tener conto dei
quattro volumi delle Sommissioni, di cui peraltro si è già
intrapresa nel Bollettino e si va continuando la pubbli-
cazione.
Abbiamo sopra accennato al vantaggio che il Regesto
di questi documenti potrebbe fornire agli studiosi, dando
loro un' idea il più possibilmente esatta e completa di
tutta la vita sociale dei tempi, ai quali i documenti stessi
si riferiscono. — I volumi e le carte che si custodiscono
neir Archivio del Comune e di cui abbiamo fatto sopra
parola hanno certo una notevolissima importanza ; sarebbe
però da ascriversi a somma ventura se potessero esten-
dersi le ricerche ad archivi di altri enti, seg-nataraeute
ecclesiastici, la cui origine è anche più remota di quella
dei Comuni.
Questo è quanto, incoraggiati anche dalla benevolenza
del nostro chiarissimo Presidente, esponiamo a lui e agli
altri egregi nostri colleghi : essi con la ben nota loro va-
lentia in questi studi, giudicheranno se i documenti di
Archivio, ai quali abbiamo accennato, siano di tale natura
da meritare che ne sia compilato un Regesto.
V. ansidei.
L. GlANNANTONI.
20 ATTI DELLA SOCIETÀ
Finita la lettura della relazione Ansidei-Giannantoni, si
legge quella sul Regesto di Sassovivo del socio Monsignor
Michele FalociPulignani :
Sassovivo, vetusta Badia Benedettina fra i monti di
Foligno, possiede inedito un Regesto di qualche migiiaio
di ijergamene che dalla metà del Secolo XI scendono fino
al secolo XV.
Il sottoscritto, per invito ricevutone dall'egregio Pre-
sidente della nostra Società, ne propone la pubblicazione
integrale per queste ragioni :
1.° Perchè i documenti si riferiscono a quasi tutti
i Comuni dell' Umbria, a molti Comuni delle Marche,
del Lazio e taluni a Roma stessa. E quasi impossibile
assicurare che col pubblicarli in sunto non compromettasi
la esattezza di questo sunto, che in qualche caso può riu-
scire incompleto in quella parte che 1' editore giudicò di
poco valore. Spesso un nome, una frase, una parola, de-
termina la soluzione di un dubbio, chiarisce una questione.
2.° Perchè manca alla Storia Umbra un complesso
di antichi documenti che facciano conoscere le forme di
tanti contratti, vendite, permute, donazioni, enfiteusi, sia
sotto la legislazione Romana, sia sotto la legislazione
Longobarda, e questi contratti, specialmente per la parte
relativa ai Secoli XI e XII essendo largamente rappre-
sentata nel Regesto di Sassovivo, è necessario pubblicarli
integri, senza contrazioni o lacune.
3." Perchè alcuni atti e diplomi Papali che sono i
più interessanti, per le enumerazioni di nomi, di titoli,
di confini, di privilegi, sono assolutamente da pubblicarsi
testualmente.
4." Una pubblicazione integra presenta meno dif-
ficoltà tipografiche, per tanti segni che converrebbe sem-
l)re usare, per diversi tipi che converrebbe adoperare,
con maggiore spesa e tempo.
E cosa superflua accennare alla grande importanza di
questa pubblicazione, la quale, più che comunale, ha im-
portanza regionale, essendo in maggior numero i docu-
menti Umbri che quelli solamente Fulginati.
Un' introduzione di circa 150 pagine dovrebbe prece-
dere con numerazione separata il Regesto, il quale occu-
perebbe circa 400 pagine in 4° e dovrebbe incominciare
con i documenti del secolo XI fino all' anno 1467 in cui
r Abbazia fu data in Commenda. Dei documenti poste-
ADUNANZA DEL IX NOVIJMHUE MDCCCXCV 21
riori si potrebbe dare la sola indica/ione della data e
della materia.
Corredo opportuno, non indispeusalMle, dovrel)bcro
9 essere alcune tavole di sigilli, iscrizioni, monumenti di
Sassovivo, dei quali tanto più urg-ente apparisce il biso-
gno di conservarli in caria, (luanto minore è la cura con
la quale vennero custoditi.
Un indice alfabetico dei nomi sarebbe la fine di un
volume, il quale riuscirebbe una miniera sconosciuta per
la storia, per la tópog-rafia, per la cronolog'ia, per l'arte
umbra, essendo rappresentati in questo Reg-esto qiiasi
tutti i Comuni anche i minori della nostra e delle vicine
regioni.
Folig-no, 5 novembre 1895.
D -Michele Faloci-Pulignani.
Del ultimo si dà lettura della proposta per una raccolta
delle antiche « Laudi umbre » presentata per lettera alla pre-
sidenza dal prof. Filippo Sensi :
La pubblicazione delle più importanti raccolte di
laudi spirituali è un vecchio desiderio deg'li studiosi ri-
masto troppo lung-amente insoddisfatto. Mentre i prin-
cipali nostri antichi canzonieri hanno ormai visto quasi
tutti la luce, e una bella serie di illustrazioni intorno
ad essi pone a questo rig-uardo gli studi italiani a li-
vello dei mig-liori stranieri, i Laudari, dopo le felici
scoperte di E. Monaci, sono stati ingiustamente trascu-
rati ; tantoché ultimamente A. D'Ancona ristampando le
sue « Origini del teatro Italiano » aveva a lamentarsi
di dover condurre la ristampa potendosi solo g'iovare dei
materiali, sui quali aveva dato la prima volta mano al suo
lavoro.
Nessuno disconosce l' importanza di quelle raccolte ;
e sarebbe inutile l' insistere ancora nel far notare che
quell'importanza per la storia generale della coltura è
massima, sia sotto 1' aspetto letterario, pel quale le no-
stre vecchie laudi sono un documento fondamentale per
chi ricerca le origini del teatro europeo, sia sotto l'aspetto
religioso, rimanendoci esse il principal testimonio del sen-
timento che avvivò uno dei più notevoli movimenti reli-
giosi del Medio Evo. Tali ricordi valgano qui solo a far
22 ATTI DELLA SOCIETÀ
spiccare il valore storico di quella letteratura, anche se
si vog'lia iuteudere la parola storia nei suoi più ristretti
confini e a dare affidamento del favore che una simile
pubblicazione possa attendersi ovunque siano fa^tfiriti gli
interessi della cultura. Che poi la pubblicazione sia pro-
mossa da una Società di storia patria umbra apparirà
non solo naturale ma quasi necessario a chi, ripensando
allo stretto legame in cui si congiunsero per cosi lungo
tempo nella nostra regione la storia civile con la religiosa
e questa cosi spesso con la letteraria, senta il dovere
di far si che da nessun' altra parte sia tolta a noi l' ini-
ziativa della illustrazione di un aspetto cosi spiccata-
mente proprio della storia nostra.
La Società storica umbra è pertanto invitata a dar
parte nella sua collezione di « Fonti » a una « Eaccolta
delle più importanti collezioni di Laudi umbre ».
*
F. Sensi.
Si passa quindi alla discussione delle varie proposte e
s' incomincia dalla prima relativa agii Statuti.
Il prof. Cuturi dimostra la opportunità di rendere com-
pleta la pubblicazione statutaria facendola precedere dallo
Statuto del 1279, e ritiene che la Società non debba trovarvi
difficoltà, essendo cosi vasto il programma delle sue pubbli-
cazioni. Rileva r importanza e l' interesse che potrà avere
la stampa integrale di quel testo. Dopo scambio di idee in-
torno air argomento, si vota sulla prima proposta il seguente
ordine del giorno :
« L' Assemblea, udita la relazione del prof. 0. Scalvanti
sulla preparazione della stampa degli Statuti perugini e il re-
soconto dei signori Ansidei e Giannantoni intorno ai docu-
menti della legislazione municipale anteriore alle compila-
zioni statutarie ; sentite le osservazioni del prof. Cuturi ri-
guardo al testo del 1279; considerando che conviene dare
un' esposizione completa di tutto il corpo delle leggi e degli
ordinamenti statutari fino alla metà del secolo XIV, delibera
di affidare la preparazione e lo studio della edizione degli
ADUNANZA DEL IX NOVEMimE MDCCCXCV -ò
statuti allc'i Presidenza della SocietA e alla Commissione in-
caricata delle pubblicazioni, seguendo le norme seguenti :
a) Premettere la raccolta dei documenti integrali che
in qualunque modo chiariscono la condizione del Comune di
Perugia, i suoi rapporti fuori della sua giurisdizione e in ge-
nerale tutti gli atti concernenti la costituzione politica e
civile del Comune stesso.
h) Pubblicare integralmente il Codice del 1279 e quello
del loOf) sul testo volgarizzato nel 1322 preceduti dall'esame
giuridico, economico e politico desunto dalla suddetta rac-
colta dei documenti.
e) Illustrare con brevi ed opportune annotazioni tutto
ciò che sembrerà più necessario alla storia del giure medie-
vale, con raffronti sopra gli Statuti editi dei principali Co-
muni dell' Italia media, e allo svolgimento delle istituzioni
patrie e delle opere pubbliche.
d) Far seguire alla edizione un glossario di tutte le
voci e delle forme dialettali, dichiarandole.
e) Compiere la pubblicazione con un indice analitico
generale di nomi, luoghi e cose contenute nella prima e
nella seconda parte dell'opera.
f) Accompagnare alla pubblicazione la riproduzione di
saggi paleografici con facsimili eliotipici.
g) Consegnare il manoscritto di tutta l' opera completa
alla fine del triennio della vSocietà, di guisa che non s'abbia
a intraprenderne la pubblicazione senza la certezza che,
una volta iniziata, sia portata a compimento.
h) In omaggio alla memoria dell'illustre prof. A. Fabretti,
tanto per essere stato il Presidente onorario della Società
nell'atto della sua costituzione, quanto perchè egli stesso
aveva già intrapreso la pubblicazione di un volume degli
Statuti Perugini, sia dedicato questo volume primo di Fonti
al suo nome venerato e caro ».
Proseguendo la trattazione della stampa dei Fonti, si di-
24 ATTI DELLA SOCIETÀ
scute la proposta per il Regesto di Sassovivo e quindi si
vota il seguente ordine del giorno :
« L' Assemblea, considerato che la vetusta Badia Bene-
dettina di Sassovivo tra i monti di Foligno possiede inedito
un Regesto di pergamene clie dalla metà del secolo XI
scendono fino al secolo XV ; che i documenti si riferiscono a
quasi tutti i Comuni dell' Umbria, a molti Comuni delle Marche
e del Lazio, e taluni a Roma stessa ; considerando che manca,
alla storia Umbra un complesso di antichi documenti che
facciano conoscere le condizioni della regione nei secoli XI
e XII e che stabiliscano la topografìa di luoghi anche scom-
parsi ; delibera di commettere alla Presidenza come sopra la
preparazione di un secondo volume della collezione dei Fonti
storici che contenga il Regesto di Sassovivo da pubblicarsi
con i seguenti criteri :
a) Premettere un' introduzione critica del Regesto, dove
si tenga conto di tutte le osservazioni di paleografìa e diplo-
matica, si riassumano i caratteri generali della compilazione
tanto in riguardo alla storia del diritto come dell' economia
pubblica, si narrino le vicende dell' Abbazia, discorrendo
della sua influenza sociale nella regione e fuori e si dia la
cronologia degli Abati colla riproduzione dei sigilli che a
ciascun d' essi appartennero.
h) Riprodurre integralmente tutti i documenti papali
inediti ed i contratti contenuti nel Regesto, dai più antichi
fino al secolo XII inclusivo.
e) Degli altri documenti dal secolo XIII in poi dare un
Regesto esatto secondo le norme meglio approvate in pubbli-
cazioni di questo genere, salvo pubblicare per intero quelli
che sembrassero di suprema importanza.
d) Far seguire alla raccolta note dichiarative del testo
e storiche a chiarire luoghi, persone e istituti, nonché una
illustrazione artistica dello splendido monumento avanzato
della celebre Abbazia.
ADUNANZA DEL IX NOVEMIilU: MOCCCXCV 25
e) Chiudere il volume con facsimili eliotipici, coU'iudico
onomastico e cronologico e con un i;los.sario di voci non
comprese nel Du-Cange.
/') Intraprendere la pubblicazione solamente dopo com-
piuta la stampa dello Statuto perugino, seguendo le norme
espresse alla lettera della precedente deliberazione ».
Finalmente, tenuto conto delle ragioni esposte nella rac-
comandcizione del Presidente e nella proposta del prof. Sensi,
per provvedere alla raccolta delle Laudi spirituali e poi alla
preparazione della Bibliografia storica della regione ; considerato
in ordine alla prima come il socio prof. Monaci attende di pre-
sente alla pubblicazione del Canzoniere, si delibera di ufficiarlo,
come è anco desiderio del socio Sensi, perchè si compiaccia di
presentare alla Società un disegno per la scelta delle Laudi
umbre, indicando l'estensione della raccolta per averne ra-
gione nelle future deliberazioni della Società; e in ordine poi
alla seconda di invitare la presidenza a fissare in una circolare
1 termini precisi per una Bibliografia storica generale, asse-
gnando i confini entro i quali dev' esser compresa e dajido
il modulo delle schede perchè il lavoro resulti uniforme.
Esaurita questa parte relativa alla pubblicazione dei Fonti
storici, il prof. Mazzatinti, delegato a rappresentare la So-
cietà Umbra al congresso storico di Roma, dà lettura della
sea'uente relazione :
A rappresentare la Società nostra al VI Congresso sto-
rico italiano in Roma furono deleg-ati i soci prof. Leo-
poldo Tiberi, prof. cav. Torquato Cuturì, conte Vincenzo
Ansidei, prof. Annibale Tenneroni, prof. Giuseppe Pardi,
prof. Francesco Pagnotti, prof. Giulio Urbini, marchese
Giovanni Eroi!, prof. Alessandro Bellucci, prof. Filippo
Sensi, prof. Oscar Scalvanti, prof. Costantino Fontani,
prof. Luigi Lanzi; a me fu dato l'incarico, che accettai
con gratitudine e compiacenza, di riferire al Congresso
intorno all' opera compiuta dalla Società nel suo primo
26 ATTI DELLA SOCIETÀ
auno d' esistenza, ed a quanto è nei suoi voti di com-
piere per la illustrazione della storia nostra e in adem-
pimento al cò(npito suo. Neil' aula mag-na della R. Ac-
cademia dei Lincei il Congresso italiano fu solennemente
inaug-urato il 21 ottobre, presenti i Reali ed il Principe,
autorità e rappresentanti degl'Istituti storici e stranieri.
La g-iusta proposta del prof. Francesco Nevati, che a so-
stenerla ebbe a compagno il nostro socio prof. Sensi, che
cioè « nella pubblicazione di antichi documenti sia fe-
delmente conservato tutto ciò che attiene alla sostanza,
alla lingua e alla grammatica, e tutti i fatti grafici
che costituiscono una legge », e che inoltre « la ripro-
duzione integrale dei testi, cosi latini come volgari,
sino a tutto il secolo XVI, non sia limitato da distinzioni
uè di materia uè di scopo, e che per i secoli seguenti si
restring'a ai casi di evidente necessità » , fu unanimente
approvata. Giovi ricordare che la prima parte di tale pro-
posta fu discussa nel quinto Congresso in Genova nel
1892 (1). Accoglienza favorevole e plauso meritato ottenne
una erudita relazione del prof. Arturo Galanti sulla con-
venienza che le trattazioni storiche, « riconosciuto che
la paletnologia è parte dell'archeologia, tengano ragione
dei resultati ottenuti da paletnologi coli' indagine della
civiltà italica preromana ». Dei « provvedimenti da in-
vocare per la ricognizione dello stato in cui si trovano le
biblioteche comunali, per promuoverne, ove necessiti, una
più sicura conservazione e un migliore ordinamento e
sulla necessità di riordinare e tutelare gli archivi comu-
nali, degli enti e degl'istituti soppressi, e compilarne gli
indici», trattarono con singolare competenza e con asso-
luta opportunità il nostro socio prof. Sensi e il prof. Ora-
zio Bacci, rappresentante la Società storica della Valdelsa;
e le proposte loro furono con unanime consenso appro-
vate.
G. Mazzatinti, relatore.
Venendo alla parte dell'ordine del giorno che concerne
alla gestione finanziaria, un esatto e dettagliato resoconto
vien presentato all' adunanza dall' Economo signor conte Vin-
cenzo Ansidei, e procedendosi poi alla nomina di due revi-
(1) Adunanza del 21 settembre. Cfr. Atti del V Congressso. Genova, 1893, pag. 149
« segg.
ADl'XAXZA DEL I\ N(JVEM1JKE Mr>C'CC.\CV 27
sori del consuntivo^ Lale incarico viene affidato ai soci conte
comm. G. Battista Rossi-Scotti e i)rof. Ferdinando Fabretti.
Il Presidente accennando all' articolo dello Statuto che
concerne le riunioni che periodicamente dovrebbero te-
nersi in qualche città dell' Umbria, propone che per l' anno
venturo si designi fin d' ora la città di Spoleto. La proposta
è accolta all' unanimità e viene stabilito che questa riunione
debba aver luogo entro il settembre del 1896.
Tutti gli oggetti all'ordine del giorno sarebbero cosi esau-
riti, ma prima che l'adunanza si sciolga il socio mons. Ro-
mitelli domanda la parola: dice che essendosi costituita una
Società di Storia Patria, sarebbe desiderabile che essa po-
tesse anche servire di aiuto e di incoraggiamento a quei
giovani, che si volessero dedicare a questo genere di studi,
appunto per continuare le tradizioni della scuola del Vermi-
glioli, del Rossi, del Conestabile e del Fabretti, avviandoli
allo studio della paleografia e diplomatica.
Il prof. Scalvanti si dichiara favorevole in massima alla
proposta del Roraitelli, ma fa d'altro canto osservare che
essendovi ora in Firenze, a Roma e presso alcuni archivi di
Stato un corso di paleografia, non è difficile ai giovani volon-
terosi acquistare nella lettura dei caratteri antichi e nella
critica diplomatica quella pratica che è indispensabile a
chi voglia coltivare gli studi storici. Tuttavia è lieto di ri-
petere quello che già disse al Presidente, avere egli già
indirizzato su questa via qualcuno dei suoi scolari di Uni-
versità, e se ne ripromette anche presto qualche buon frutto
colla valida scorta della dottrina paleografica degli archivisti-
bibliotecari del Comune.
Dopo di che il Presidente ringrazia le signore Fabretti e
r onorevole Sindaco della città di avere onorato di loro pre-
senza r assemblea, e 1' adunanza è sciolta.
IL PRESIDENTE
Il Segretario — L. Giaknantoxi.
28 ATTI DELLA SOCIETÀ
SOCIETÀ u:\inRA
DI
STORIA PATRIA
Perugia, 20 novembre 1895.
Protocollo N. 60
CIRCOLARE AI SOCI
Oggetto
Materiale storico
(Seconda edizione).
Illiisfì'issimo Siyuore,
La Società Umbra di Storia Patria, fondata allo scopo
di preparare tiua storia critica, certa e severa, non a co-
modo di parte, ma fatta per rappresentare la vita del
nostro popolo, pone la base principale dei suoi studi ne-
gli archivi pubblici e privati della regione. Quindi fin
dalla prima adunanza del Consiglio direttivo e della Giun-
ta esecutrice del Bollettino e dei Fonti storici accennava
ad alcune norme da tenere nella ricerca e nello studio
della materia storiale, perchè 1' opera comune procedesse
con metodo uniforme e per via spedita quanto più fosse
possibile. La qual cosa apparve cosi opportuna, che al-
cuni soci lontani, tosto che n' ebbero sentore, si affret-
tarono a dimostrare il desiderio che venisse esposta, in
una breve circolare a tutti i soci, come una traccia or-
dinata delle avvertenze da osservarsi per chi intende a
lavorare sulle fonti. Xè indugio a contentarli, tenendomi
nei limiti della piìi stretta brevità.
E perchè non di rado avviene che chi si mette per
la prima volta a tale onorata impresa incontri un grave
ostacolo nel disordine in che trova gli archivi, e sgomento,
come chi non sappia da qual parte rifarsi, si senta forte
tentato di ritrarsene ; ovvero, superate anche le prime
difficoltà, metta mano a dare alle carte un assetto, e nel
corso del lavoro accortosi del poco profitto che ne ricava,
provando e riprovando, non mai abbastanza soddisfatto,
perda un tempo prezioso ; così a spianare 1' aspro cam-
mino, credo utile indicare quella che a me sembra la mi-
glior guida per un riordinamento razionale e facile degli
archivi comunali.
CIRC'OLAUE AI SOCI
29
A mio avviso, e per V esperienza eli vari anni negli
archivi di Stato toscani, prima di dar opera ad un la-
voro di tal g-euere, è necessaria una cog-ni/.ione della
storia del Comune o dell' istituto, cui 1' archivio appar-
tiene. Potendo, dovrebbesi studiare attentamente lo sta-
tuto, perchè la nozione fosse più sicura. Dag-li statuti si
apprende la forma del reggimento ptxbblico ; e dove le
riforme sono copiose e complete, si ha la storia delle di-
verse trasformazioni del governo nelle nostre piccole re-
pubbliche. Di qui si vede quanto lume viene per essi alla
conoscenza delle carte. Inoltre g-li statuti accolgono in
sé tutta la vita del Comune, e non v' ha istituzione pub-
blica che ivi non sia accennata, dando essi la chiara e
precisa designazione della natura ed estensione degli of-
fici e di tutti i rami della amministrazione che compon-
gono 1' organismo comunale. E perchè questo organismo
risulta di tre parti principali, civile o politica, ammini-
strativa e giudiziaria, vien bene la partizione generale
delle carte in questi tre grandi gruppi. Difatti è natu-
rale che chi prende a studiare la storia di un luogo, in-
tesa che ne abbia 1' antica sua costituzione (Statuti, Ri-
forme, Carta, Costituto, ecc.^ passi a conoscere il lento
e graduale svolgimento della sua vita politica nelle de-
liberazioni del corpo legislativo (Consigli di credenza,
MINORE, GENERALE^, e negli atti del corpo esecutivo (Con-
soli, Priori, Anziani, dai quali vengono le Commissioni,
i Mandati le Legazioni, le Belazìoni interne ed esterne,
dove entra anche il carteggio) e in quelli di tutti gli
altri ufficiali dipendenti (di Custodia, di Guerra, di Sa-
nità, d' Istruzione pubblica e di Lavori pubblici) ;
quindi venga alle forze produttive (Gabelle, Preste,
Catasti, e Uffici di entrata e d'uscita); e per ulti-
mo ricerchi le sue azioni morali negli uffici giudicanti
in civile e criminale (Potestà, Capitano di popolo, Ca-
pitano DI GUERRA, Magistrati di giustizia, Corti di
Assessori, Giudici e Collaterali, ecc.).
Ognuna di queste grandi divisioni si parte in serie,
e ogni serie si pone in ordine di dipendenza dall'ufficio
principale, dando ad ogni codice e ad ogni carta la sua
collocazione per cronologia rigorosa.
Questo per i codici e per le carte.
Per le pergamene si usa una distinzione e una clas-
sificazione separata.
Le pergamene si conservino arrotolate, e nel dorso ri-
producano la data (anno, mese, giorno e indizione).
30 ATTI DELLA SOCIETÀ
Dall' ang-olo destro, in alto della pergamena, si farà
pendere nn cartellino cucito, che lasci subito scorg-ere la
data che ivi verrà ripetuta. Si collochino, così arrotolate,
sopra un piano orizzontale di un armadio o scaffale a
più ordini di palchetti, e ogni palchetto abbia divisioni,
di venti o più anni, secolo per secolo, e ivi si dispong-a-
no per ordine cronolog-ico : così le pergamene saranno,
ad ogni bisogno, subito a mano. La distinzione che al-
cuni fanno di bolle pontifìcie, di diplomi imperiali e regi,
di atti più solenni, è sempre a carico del servizio e del
concetto razionale dell'archivista, come la classificazione
che altri fa per materie, per provenienze, per destinazio-
ni, e per fino (pur troppo ancora si usa!) per autografi.
Per l'archivista tutte le carte hanno uno stesso valore,
o che rechino la sottoscrizione di un gran sovrano o di
un oscuro notaro : — perchè dove uno non è attratto dal-
l'importanza storica, s'appaga della lingua; e mentre
uno indaga le ragioni che motivarono i grandi fatti nei
documenti officiali, un altro desume dalle cifre di un
obliato registro di dare e d'avere le condizioni stesse di
un popolo. — Quindi di tutte le carte abbia la stessa cu-
ra, cioè di conservarle, di inventariarle e di spogliarle.
Per gli inventari, quello pubblicato per l'Archivio di
Stato di Lucca può dare un saggio dei migliori che fin
qui siensi fatti.
Per gli spogli dei singoli documenti, dei quali è ne-
cessario avere tutta la sostanza e l'estratto di tutti i no-
mi dei luog'hi e delle persone nella loro originale lezione,
si può j^rendere norma dal Eegesto dei Capitoli del Co-
mune di Firenze compilato dall'illustre comm. Cesare Gua-
sti, di cara memoria. Per i documenti di corrispondenza
epistolare, dove la copia sia grande, basterà, per ora, una
breve notizia di nomi, di luoghi e di date a somiglianza
della pubblicazione della Soprintendenza degli archivi
Toscani : Le Carte Strozziane del R. Archivio di Stato in
Firenze (vedi Archivio storico Italiano, serie IV, disp. 2*,
dell' 85 e seguenti).
Finalmente una parola di consiglio circa il metodo
nella trascrizione e nella stampa dei documenti. Ricordo
qui come nel Congresso storico di Genova si lamentò che
in Italia non si fosse ancora raggiunta unità di metodo.
Notevole fu la trattazione del IV tema sulla uniformità
da tenersi da tutte le Società e Deputazioni storiche nel
pubblicare documenti medievali. Il prof. F. Gasparolo di
Alessandria ne riferì con competenza di scienziato, e il
ellU'oLAUE AI SOCI .'il
prof. Paoli, (la ([Uc! valente che ej^li è in tutte le (que-
stioni (li paleo^Tatìa e diplomatica, concluse ])roponendo
alla apjirovazione del Con<4resso che urlld jjKhblkdzione
degli antichi documenti sia conservato fedelmente tutto
ciò che attiene alla sostanza, alla lingua, alla gramma-
tica, e tutti i fatti grafici che costituiscono una legge Fer-
mo (piesto principio g-enerale che risponde alle vere esi-
g-enze della scienza storica, mi ero già permesso di cou-
sig-liare più particolarmente, al confronto dei casi a noi
Umbri più noti, che se è buono per i documenti più an-
tichi adottare un sistema rigoroso, per i meno antichi
fosse tollerabile una moderazione nella riproduzione iu-
teg-rale di tutte le forme grafiche.
Il nostro compianto Adamo Rossi si attenne sempre
alla più rigida osservanza, permettendosi appena di scio-
gliere le sigle e i nessi. Invece il nostro Ariodante Fa-
bretti, d' illustre e lacrimata memoria, amò spaziare in
una certa libertà. Faceva distinzione fra V e U, secondo
il suono richiedeva. Dava le maiuscole ai nomi propri e
alle parole dopo il pxinto, e della interpunzione moderna
si serviva per agevolare ai lettori quel retto senso del-
l' atto che egli prima di juibblicare aveva ripetutamente
studiato a vantaggio degli studiosi.
Ma dacché i nostri studi danno un grandissimo sus-
sidio ad altre scienze e specialmente alla linguistica e
alla dialettologia, che hanno fatto e fanno tuttodì gran-
dissimi avanzamenti, il Congresso storico di Eoma ha
raccomandato a proposta del prof. Novati e del nostro
prof. Sensi, l'integrale riproduzione della lettera dei testi
di qualsivoglia specie, in modo che le pubblicazioni jìos-
sano servire di base sicura ad ogni forma d' indagine
scientifica. A questo precetto conviene attenerci rigoro-
samente, per evitare che uno stesso documento si veda
a i50ca distanza di tempo riprodotto in differente maniera,
a correggere il capriccio o lo scopo di un solo studioso
per il punto di vista suo peculiare.
Ai giovani che chiedessero un avviamento per la let-
tura dei codici e per acquistare la critica necessaria, ri-
cordo le pubblicazioni seguenti:
Archivio paleografico italiano, voi. 1°, Miscellaneo, fasci-
coli I, II, III, Ftoma, 1882 88, in f.°, voi. IL — Mo-
numenti paleografici di Roma, fase. I, Roma, 188i,
in f.° (sotto la direzione dei professori Monaci e Paoli)
— Eliotipia.
32 ATTI DELLA SOCIETÀ
Carini — Sommario di paleografìa — Appunti per la
scuola Vaticana — Roma, 1888, in 8".
Gloria — Compendio delle lezioni teorico-pratiche di pa-
leografia e diplomatica, Padova, 1870, in 8°, con atlante.
Paoli — Programma scolastico di paleografia latina e
diplomatica, I ; Paleografia latina (2* edizione), Fi-
renze, 1888, in 8«.
Lupi — Manuale di paleografia delle carte, Firenze, in 4°.
POLiGOTTi — Nozioni di paleografia con tavole illustra-
tive del carattere notarile dei secoli XIV al XVII,
Roma, 1892.
Prou — Manuel de paléograpliie latine et francaise du
VI^ au X Ville siede sitivi cV un dictionaire des abré-
viations avec 23 fac-similiés en jyhototypie, Paris.
Compiuta alla lesta questa sommaria istruzione, altro
non mi rimane che ringraziare tutti i soci, cui è piaciuto
darmi prova della loro benevola deferenza. Starò atten-
dendo dalla loro operosa dottrina quei frutti di maturo
sapere che ognuno ha diritto di aspettarsi. La viva sod-
disfazione con che è stato accolto da ogni parte l'an-
nunzio della nuova Società storica, ci conforti ad intra-
prendere il grave compito dei lavori con coragg'io, e ci
animi a proseguirli con costanza.
L' Umbria, che nella storia politica nazionale del me-
dio evo ha saputo dare esempi fortissimi e gloriosi, e si
è acquistato un gran posto nella rinascenza delle arti,
non deve rimanere seconda nella gara delle altre regioni
intese ad illustrare il passato. Studiando la forma intima
delle antiche istituzioni, troveremo il segreto della forza
del nostro popolo, del valore dei nostri capitani, della
grazia squisita de' nostri artisti, e affretteremo il com-
pimento della storia nazionale, che sarà compiacenza e
insieme ammonizione per i futuri.
Il Presidente
LUIGI FUMI.
CIRCOLARE AI SOCI 33
SOCIETÀ UM15R.V
1)1
STORIA PATRIA
Perugia, 20 novembre 1805.
Protocollo N. 61.
CIRCOLARE AI SOCI
Oggetto
Bibliografia storica
Egretjìo collega,
Neil' Assemblea generale dei soci riunita in Perugia
addi 9 corrente, il sottoscritto per dovere dell' ufiBcio af-
fidatogli si fece a presentare e svolgere partitamente al-
cune proposte per lavori collettivi da pubblicarsi nei Fonti
storici, le quali proposte discusse e approvate vanno già
studiandosi con amore per mandarle quanto prima si
potrà ad effetto. Per ciò che concerne la compilazione
della Bibliografia storica regionale, l'Assemblea, non dis-
simulandosi la gravità e la difficoltà grande di colesta
compilazione non solo per evitare l'eccesso dei difetti, onde
siffatte opere non si scompagnano, ma per dare una certa
uniformità di metodo, invocata generalmente dagli stu-
diosi, incaricava la presidenza di indicare un sistema di
compilazione a norma de' soci che vi si volessero appli-
care.
Xon tardo a tenere l' invito, persuaso che a por mano
ad opera grande, come è questa, si richiede lungo spazio
di tempo e convenga affrettare, senza lasciarci prendere
dag-li sgomenti che non servono se non a ritardare e
sciupare i buoni propositi.
Parlare della utilità di una Bibliografia storica, anzi
della sua assolvita necessità, torna inutile agli studiosi.
Bene avvertiva il C a n t ù che se prima di accingersi ad
un' opera, si conoscessero tutti quelli che già vi si ado-
perarono, non si vedrebbe sciupare forze, tempo, ingegno,
spese a rifare il fatto e si terrebbe il proposito di dare
sempre un passo avanti {Arch. St. Ital., serie IV, t. I,
p. 141). Molti trattarono della convenienza di compilare
le Bibliografie storiche regionali, e vari tentativi si fe-
3
34 ATTI DELLA SOCIKTÀ
cero e più poderose opere sono iu corso di stampa. 'L'I-
stituto storico italiano il 5 aprile 1886 riconosceva infatti
la grande importanza delle Bibliog-rafie storiche regionali,
ma rimandava « quell' opera colossale a tempo più op-
portuno, lasciando per ora alla iniziativa delle Deputa-
zioni e Società di storia patria il provvedervi coi mezzi
loro propri, a tanto miglior ragione che già alcuni soci
di esse vi si posero con grande amore » {Bollettino del-
l' Ist. stor. ital., IV, I, p. 52).
Quanto malagevole sia questa impresa ognuno lo com-
prende. Non si può dire che abbia nemmeno ricevuto fin
qui una serie dì precetti che soddisfino a tixtti i bisogni,
appaghino tutte le ricerche e contentino tutte le esigenze.
Da qual punto ci si abbia a muovere e fino a qual li-
mire giungere sembra controverso. Qual sistema adot-
tato nel catalogo, se cioè si debba registrare per crono-
logia 0 per alfabeto o per materia è ancora discusso. La
estensione da dare all' opera è certamente il nodo più
difficile a sciogliere. Certamente il più agevole di tutti i
sisteini e più spedito è quello di attenersi a catalogare
le opere che parlano di storia propriamente detta. Ma si
comincia a dire: di quale storia ? La medievale sola, come
quella che più direttamente occupa 1' attenzione delle So-
cietà, secondo i decreti che regolano il fine per ciii fu-
rono istituite nello studio della storia patria ? 0 vera-
mente anche l'antica e la moderna? E se queste parti-
zioni di epoche sono fatte a comodo, se la storia non
possa conoscersi studiata monca e fatta a brani, ma debba
abbracciarsi tutta intera, perchè non si avrà a compren-
dere in tutte e tre le epoche ? E allora, quella scienza
che precedendo le epoche testimoniate dalle scritture e
dalle tradizioni orali trova i suoi argomenti e le sue de-
duzioni nel seno della gran madre, la terra, e l' altra per
la quale quando non si hanno viventi da esaminare, uè fos-
sili da scrutare, negli elementi glottologici si vanno investi-
gando le origini e le agnazioni, i costumi e gli usi dei padri,
dovranno essere lasciate in disparte ? Se una volta poteva
immaginarsi una bibliografia storica circoscritta dentro i
limiti più ristretti della parola, oggi per il nesso che
tutte le epoche hanno fra loro a partire dalle cosidette
IDreistoriche, pare conveniente doversi rifare dalla paleoet-
uolog'ia e dalla linguistica per giungere ai tempi ar-
cheologici e da questi passare ai medievali e ai successivi.
I progressi che ha fatto l'etnologia hanno innalzato la
storia sempre più al grado di scienza, spostando le teorie
CIUCOLAKK AI SO("I
dei filosofi della storia, come Vico e Ta-^ano, Schlegel,
Hegel e Miller, e per cousegueuza essa deve comprendere
e chiarire tutto il i)assato. Le spiegazioni di tutto il pas-
sato devono precedere la politica, e poiché ogni fatto è
storia, la bibliografia non sarà completa se non riassuma
tutto il movimento degli intelletti in ogni ordine di latti
a qualunque ramo del sapere sieusi rivolti. Quindi siamo
condotti ad inventariare tutte le forze vive e morte della
regione. Epperò giustamente Giovanni Sforza prendeva a
trattare il tema degli scrittori italiani in un cong-resso
storico italiano, e precisamente nel V cong-res^o tenuto
in Genova, svolgendo il suo argomento, otteneva che la
Commissione incaricata dell'esame preliminare, ne rife-
risse favorevolmente, e il barone .Mainio « con quella
chiarezza propria degli uomini che sono competenti ed
esperti nella materia di cui discorrono », come disse il
presidente Boselli, proponesse le sue assennate conclusioni
{Atti del quinto congresso storico italiano, Genova, 1898,
p. 116, 130 e segg.).
Per la qual cosa ci sembra dover proporre la Biblio-
grafia storica e la Biografìa insieme degli scrittori umbri,
dove si leggano i titoli di tutte le opere a qualunque
argomento attinenti, cosi alla storia della natura, come
alla storia degli uomini della nostra regione attuale ; ed
eziandio di tutti (luelli scrittori che nati, educati o vis-
suti qui hanno dato opere a stampa, si diano sommarie
e precise notizie biografiche.
Con questo avremmo accennato alla estensione del
nostro vasto disegno. Ora è da dire qualche cosa del me-
todo 'più opportuno a dargli forma.
Sarebbe ozioso investigare se convenga compilare tanti
cataloghi quanti sono Comuni o se invece venga bene
riunire gli scrittori in un catalogo solo, quando la storia
d'Italia è di natura sua essenzialmente comunale e le
regioni sono state solamente di fresco ristrette o allar-
gate, obbedendo, più che a' criteri storici, ad opportunità
d' indole amministrativa. La storia avrebbe reclamato per
r Umbria una più vasta zona di territorio italiano che
oggi non racchiuda: quindi pare che ogni Comune del-
l' Umbria attuale meriti un catalogo distinto dei suoi
scrittori, salvo poi, ad opera compiuta, riunire in vari
indici gli scrittori con gli opportuni richiami.
Come si abbiano a collocare, Comune per Comune,
gli autori, è cosa più ardua. Non si esce dai tre me-
todi accennati, cronologico, per materie e alfabetico. Ma
ìiQ ATTI DELLA SOCIETÀ
nessuno dei tre va immune da difetti. Chi studia un ar-
g-omeuto vorrà andare alla pesca di ciò che fa per lui in
un indice dove trovi a fior d'acqua 1' autore che lo tratta:
ma non sempre è dato ben disting-uere la materia conte-
nuta in un libro, potendo esso appartenere a più classi-
ficazioni scientifiche e venire collocato là dove non accada
trovarlo. Il cronologico non può essere a rigore osser-
vato ; r alfabetico non è fatto certamente per far guada-
g'nare tempo a chi avesse fretta di spacciarsi, oltreché
non tutti i libri vi troverebbero posto per nome di autori,
dove sieno gli anonimi. Il sistema da preferire sarebbe
quello che eliminando i difetti di ciascuno, si giovasse
de' vantaggi che offrono gli altri. L' indice per materie
è senza dubbio il migliore, perchè permette collocare gli
autori sotto gli argomenti speciali da loro trattati, e col-
locarli cronologicamente, senza rinunziare all' ordine al-
fabetico, che può venire come sussidio ultimo nell'indice
posto in fine. In tal modo ogni argomento si avrà l'e-
lenco degli scrittori disposti per ordine di tempo e la bi-
bliografia sarà storica di per sé stessa per ogni soggetto.
Venendo alla pratica, la nostra bibliografia sarà ge-
nerale e particolare, distribuita in tante classi quanti
sono i gruppi delle materie messe a catalogno. In molti
casi classificare, frazionare e suddividere torna utile,
perchè dove il numero delle opere soverchia, lo studioso
divaga e perde il fine per cui ricorre alla raccolta. Ma
se questo sistema delle partizioni e delle ripartizioni av-
vantaggia da una parte, dall' altra scapita e nuoce alla
economia del tempo e dello spazio. A non molti gruppi
sarebbe da distendersi, e la suddivisione dei gruppi ri-
serbata ai casi di una letteratura sovrabbondante.
Il sistema più comunemente usato dai bibliografi nel
designare i gruppi, indicato dal Garnier e messo in pra-
tica dal Martin e dal Barbier, è di dividere gli autori in
cinque classi : teolog'ia, giurisprudenza, scienze ed arti,
belle lettere e storia. Il Fortis d' Urban non fece che
invertire 1' ordine. Ma questo è un sistema più proprio
delle Bibliografie generali. Per le particolari e regionali
g'ioverà allarg-are il riparto, e al caso nostro sembrami
che si potrebbe stabilire nel modo seguente :
I. — Storia tjencrale l'tnbra.
1. Topografia ed etnologia.
2. Dialettolog-ia.
CIRCOLARE AI SOCI 37
3. Archeologia :
a) Monmneuti,
b) Musei e collezioni.
4. Agiografia o storia religiosa.
II. — storili 2>">'tir<)hire ilei Comuni,
1. Topografia ed etnologia.
2. Dialettologia.
3. Archeologia :
a) Monumenti,
6) Musei e collezioni.
4. Agiografia o storia religiosa :
a) Santi e reliquie,
b) Chiese e istituti religiosi.
5. Storia civile :
a) Storie,
b) Monografìe,
e) Guide,
d) Giornali.
6. Amministrazione ed economia,
7. Legislazione — Giustizia.
8. Industria e commercio.
9. Arti e mestieri.
10. Previdenza.
11. Beneficenza e soccorso.
12. Istruzione ed educazione.
13. Ricreazione.
14. Edilizia.
15. Arti decorative.
16. Genealogia e biografia.
III. — Scritini-i locali ili cose iion. itttiiietiti all'Umbria.
1. Teologia.
2. Giurisprudenza.
3. Scienze.
4. Arti.
ó. Letteratura.
6. Storia.
Articolo per articolo segnato sotto la sua classe avrà
il numero d' ordine — il nome dell' autore — il titolo —
l'editore, l'anno, il formato, il numero delle pagine. Po-_
tendo, avrà un cenno brevissimo della biografìa dell' au
o8 ATTI DELLA SOCIETÀ
tore. Dove il libro sia miscellaueo o possa considerarsi
tale, recherà l' indice dei capitoli. L' edizione più antica
sarà posta in principio e cosi per ordine cronolog-ico tutte
le altre. Se il libro è anonimo si noterà con due linee =,
se è pseudonimo con un asterisco, ponendo fra due pa-
rentesi quadre [ ] il nome accertato. I predicati nobiliari
e relig-iosi si porranno entro parentesi comuni immedia-
tamente dopo il cognome, e cosi i cognomi preceduti da
Di, Da, De, Del, Jm, San.
Queste le linee generali dell' opera, la quale per es-
sere di sua natura assai complessa, potrà man mano che
il lavoro procede incontrare nel suo disegno quelle va-
riazioni che si riconosceranno più opportune. Stabilire
precetti sicuri e criteri fìssi in questo caso non si può
tanto facilmente; e l'illustre barone Manno alla distanza
dal primo al secondo volume della sua grandiosa opera
ci avverte che « postosi all'ordinare la Bibliografia locale
senza mutare i primi criteri, ne allargò i limiti, esten-
dendo le ricerche, moltiplicando le notizie, ampliando il
disegno dell' opera e la portata del libro » (Bibliografia
storica degli stati della Monarchia di Savoia, Torino,
1891, voi. II, p. 7).
Del resto, che lavori di questo genere non possano
avere la pretesa di riuscire mai completi è cosa a tutti
ben nota, e noi non possiamo pretendere di certo di fare
tentativi che soddisfino tutti. Quei soci che si sentono
bene disposti a mettersi a tanta fatica, potranno applicar-
visi senza indugio, avendo presenti più che queste povere
parole gli esempi dei Jahresberichte der GeschicMwissen-
cìiaft, del Merkel per il sag-gio del 1885-91 e sopratutto
del barone Manno per la Bibliografia storica degli stati
della Monarchia di Savoia. La presidenza si j^ropone di
procurare dalla raccolta del conte Mazzucchelli le copie
di elenchi e di schede conservate nella Vaticana dei sin-
goli luoghi dell' Umbria. Per ora non occorre che i com-
pilatori si perdano a collocare gli autori in gruppi di
materie, essendo questa un' operazione da riserbare per
ultimo. Quello che di presente si richiede è la compila-
zione delle schede, distese su fogliolini separati in carta
ben consistente e con tutti i quattro margini rifilati a
macchina per aversi più facilmente a mano. La scheda
conterrà con perfetta precisione le indicazioni, di cui si
è detto sopra. Compilate che siano le schede in buona
quantità, saranno trasmesse alla presidenza insieme ad
una nota delle opere e delle collezioni scientifiche e let-
CIRCOLARE AI SOCI
:)D
terarie consultate per detta compilazione, affinchè quelle
opere e quelle collezioni che il conipilatore per avventura
non avesse tutto l'ag-io di avere tra mano possano essere
esaminate dalla presidenza, che così si assume la revisione
e la uniformità di ogni singola bibliografia. Nuovamente
poi i compilatori avranno sotto mano le loro schede, come
quelli che stando sul luogo sono messi in grado di por-
tarvi sempre nuovi miglioramenti fino al momento della
stampa. Esaurita che sia un giorno l'opera di tutti sulle
parziali biblio-biografìe, e finite di stampare, un volume
di indici tripartiti le abbraccerà tutte in un sol corpo. I
supplementi che di anno in anno si potranno pubblicare
emenderanno gli errori e le omissioni e terranno al giorno
la bibliografia e ne faranno manifesta la somma utilità.
Chi sentendo vivissimo 1' amore per la nostra regione
e per ì nostri studi e a cui sa male che ciò che per al-
tri fu intrapreso da noi non siasi per anco tentato, si
consacri a tanto lavoro, continuandolo con costanza e
con semplicità, nò lo distolga la natura ingrata di esso,
arida e interminabile. Giova qui ripetere le sapienti
parole del barone Manno : « La lode, il merito, gli onori,
le mercedi vadano pure agli autori che disegnano a
grandi linee e scolpiscono ricordi monumentali : ma non
disprezziamo la scienza sminuzzata, 1' entomologia della
storia. La storia togata ama il genio \ se però non
è sorretta dalla erudizione, rischia d'inciampare nei
fossi, come 1' astrologo della favola. I prolegomeni, i
paralipomeni della storia non sono che compito di faticanti
di criterio, essi però servono a quella perfetta informa-
zione, senza la quale non si può erigere un monumento
storico definitivo, che non sia o per malizia o per pas-
sione 0 per imperizia o per debolezza una perpetua co-
spirazione contro la verità » . (Manno, op. cit., voi. II, p. 10).
Non ci sgomenti la difficoltà dell'impresa, se sappiamo
che il Le Clerc, uno degli uomini più dotti del secolo XVI,
critico paziente e accurato, potè confessare la sua defi-
cienza in lavori di tal fatta. Siano ingrati, siano difficili,
siano lunghi, noi li vorremo intraprendere, perche som-
mamente necessari ; e la posterità ce ne sarà grata.
La S. V. si compiaccia di darmi un cenno di risposta
perchè la presidenza sappia da ehi può attendere inco-
raggiamento e speranze alla presente collaborazione.
Il Presidente
LUIGI FUMI.
41
LA VITA
DI
ANGELO GER ALDINI
SCRITTA
DA
ANTONIO GEHALDINI
L'antico manoscritto della vita di Angelo Geraldini che
ora, finalmente, m' induco a consegnare alle stampe, anche
in ossequio alle calde e gentili istanze del nostro egregio
presidente comm. Fumi, restavasi da gran tempo sconosciuto
e negletto presso un mio parente. Rinvenuto a caso, parve
pervenire nelle mie mani affinchè, pubblicandolo, fosse riven-
dicata dall'ingiusto oblio la memoria illustre di quel Ve-
scovo di Sessa, che come guerriero e come diplomatico,
tanto s' adoperò per la prosperità della Chiesa e dell' intera
società, che divenne una delle più belle glorie dell' Umbria.
Ritrovai dappoi nella Vaticana una copia in tutto con-
forme a questo medesimo manoscritto, contrassegnata col
n. 6940, e dopo averne fatta accurata disamina, mi avvidi
non essere il nostro che una trascrizione fatta su quell'esem-
plare stesso in miglior forma. Del resto, se questo impor-
tante codice cadde nella totale dimenticanza del secolo no-
stro, era però ben cognito ne' tempi andati. Onde Cesare
Orlandi {Delle città cV Italia, t. II, Perugia, 1772) ragionando
degli uomini illustri di Amelia, attesta aver dettata Anto-
nio Geraldini la vita di suo zio Angelo, che trovavasi
ancora manoscritta. E se attentamente si riscontri (luel
42 B. GEU ALDINI
tanto che scrisse l'Ughelli {It. sac, t VI, Venetiis, 1720)
relativamente al trigesimo vescovo suessano Angelo Ge-
raldini, si rileverà ben tosto non aver egli fatto che un
ristretto, abbastanza esteso, di questo stesso manoscritto,
ritenendone sovente le stesse frasi e le stesse parole. Ma in-
tanto dall' essere così rimasto dimenticato avvenne che di-
menticati fossero ancora i fatti in esso narrati, e quindi
dall'età nostra, proclive anche troppo ad encomiare, Angelo
non potè riportare i ben meritati onori, ancorché tanti
titoli avesse all' ammirazione e alle lodi di tutti i tempi
come quegli che, al dire dello scrittore della sua vita, figura
fra i più grandi personaggi dell'epoca sua. Pur nondimeno,
a lode del vero, devo aggiungere, come l' esimio autore delle
critiche osservazioni sopra i punti controversi nella storia di
Colombo (Lazzeroni, C. Colombo, osserv. crii., Milano, Treves,
1893) avuto il destro di ragionare dei due fratelli Geral-
diui, principali suoi cooperatori all' immortale impresa, e
scoperte ancora nella Barberiniana memorie inedite sopra
Angelo loro zio, non potè a meno di non consacrare a tan-
t' uomo una splendida pagina che si legge nella appendice II
del libro primo, lasciando a me la ben gradita cura di il-
lustrare le gesta di lui e degli altri illustri antenati. Mi credo
quindi in dovere di rendere all' egregio scrittore le più vive
grazie ed attestargli somma e perenne gratitudine, non
tanto per la stima, di cui, senza mio merito, si compiacque
onorarmi, quanto pei solenni e giusti encomi tributati cid
Angelo, che qual sole risplende nella famiglia Geraldini.
Del resto, nutro ferma speranza che la presente pubbli-
cazione;, mentre porrà in chiaro le qualità di Angelo Ge-
raldini, non lievemente gioverà all'intelligenza della storia
del secolo decimoquinto, diffondendo molta luce sugli avveni-
menti, di cui fu gran parte, per essere stato quasi sempre al
fianco di ben cinque pontefici e per averne compite molte rile-
vanti e difficili missioni. Godè tutta la fiducia ed intimità degli
Aragonesi tanto del reame di Sicilia, quanto di Spagna, e di-
l
VITA DI ANCIEI.O CKUALDINI 43
sbrigò, per essi, affari della più alta importanza sempre con
prospero successo.
Le cose di lui sono narrate dal nepote Antonio, il quale
sin dalla più verde età, a quanto lo stesso ci assicura, es-
sendo stato compagno dello zio ne' suoi viaggi, da lui me-
desimo ne apprese i particolari e con tutta fedeltà li registrò
per trasmetterli ai posteri. Senonchè, 1' egregio scrittore,
cosa veramente deplorevole, riportava gli avvenimenti della
sua vita sino al 31 genuciio 1470, laddove Angelo se ne mo-
riva ai 3 d'agosto 1486. Così in questo manoscritto non si
parla degli ultimi sedici anni del viver suo, il periodo, a
mio credere, più splendido delle sue imprese. Sembra che
11 biografo non volesse lasciare incompleto il suo racconto e
Intendesse di protrarlo sino tiUa morte: per questo si nel codice
Vaticano, che nel nostro, si vedono in fine tre carte in bianco,
per registrarvi, forse a suo tempo, il resto; ma impedito da
tante e gravissime cure presso la corte di Spagna e sorpreso
dalla morte tre anni appena dopo lo zio, non potè dare ef-
fetto a quel disegno.
Ciò non ostante, siamo fortunatamente in grado di col-
mare questa infausta lacuna. Nel codice XXXII delle Mi-
scellanee n. 103, p. 119 della Barberiniana si ritrova un pre-
zioso manoscritto intitolato « De Viris Geraìdinis », ove (men
diffusamente però che nel nostro) narrasi per intero la vita
del vescovo Suessano. Quantunque anonimo, pure e dal Ja-
cobilli {Bibìlotheca Umbria, Fulginae, 1685) e dall'Orlandi ci
viene assicurato esserne autore Onofrio Geraldini de' Cate-
nacci quello stesso che pubblicò l' itinerario del suo prozio A-
lessandro vescovo di S. Domingo; quello stesso che Prospero
Mandosi nella sua Bihììotheca Romana (Romae, 1682-92), Cent.
VI, n. 99, chiama oiriim notisslmum, qui totiis in expìicandis anti-
quitatibus fiiit. Possessore quale si dimostra d'importanti me-
morie relative alla famiglia Geraldini, senza dubbio pervenute
in sua casa coli' eredità dì Onofrio del fu Riccardo Geraldini e
Cecilia Busitani, questo valente scrittore fu certamente in.
41 B. GER ALDINI
grado di raccórre tutte le notizie risguardanti la vita dì
Angelo, suo parente; notizie, a cui senza riserva di poi s'at-
teneva il medesimo Ughelli nell' opera sopra citata. Quindi
niun ragionevole dubbio può insorgere sulla veracità di que-
sto illustre scrittore; e cosi da lui potremo conoscere inte-
ramente la vita di Angelo, supplendo con ciò a quanto
manca nel codice nostro. Noi pertanto aggiungeremo gli ul-
timi sedici anni della vita di lui, togliendone da tale suo
scritto le notizie che trascriveremo colle parole dello stesso
biografo. Renderemo anche queste di pubblica ragione, af-
finchè si possa rilevare il carattere di queir Angelo Geral-
dini, il quale nella sua morte fu pianto universalmente, a ca-
gione degli alti suoi meriti, e ritenuto per uno degli uomini
più eminenti del suo tempo. Lo attesta il Gamurrini nella vita
di lui (Fam. noh. di Toscana e Umbria, t. Ili, p. 170). Possiamo
essere indulgenti al nostro Antonio se preso d'entusiasmo
per il suo antencito, si lasciò andare a quelle enfatiche espres-
sioni, con le quali chiude il suo scritto, dove certamente non
fa difetto la retorica : « Debent igitur Geraldini Oliviferi, Ame-
« rini, Umbrique omnes Angeli nomen celebrare; ad nepo-
« tum memoriam honoratum sanctumque deducere, ut As-
« sirii Ciri, Persae Darii, Aegyptus Ptolomaei, Romani Cae-
« saris nomen servarunt et ut numen coluerunt ».
Frattanto credo non inopportuno premettere qualche
notizia sullo scrittore di questa biografia, voglio dire. di Anto-
nio Geraldini. Quanto saremo per dire lo abbiamo desunto
anche da Onofrio Geraldini, dal Gamurrini e da altri accre-
ditati scrittori. Dunque poche parole intorno a lui (1).
In Amelia, antichissima città dell' Umbria, verso la metà
del decimoquinto secolo ebbe Antonio i suoi natali da Andrea
(I) Così Antonio al n. 95 : « Gratiosa maior natu nupsit Andreae Geraldini lo-
hannis, concivi optimo, ex quo quatuor habuit lìlios, praeter ine ìnìnimum ». Se il
Gamurrini e 1' Orlandi ed altri liiografì che parlarono di lui avessero avuto sott' oc-
chio questa sua irrefragabile testimonianza suir origine paterna di se stesso, non a-
yrebbero al certo detto esser lui liglio di Andrea del Sognale ed in ossequio dello
VITA DI ANGELO (lEllALIMXI 45
Geraldini di Giovanni e da Graziosa di Matteo Geraldini (1). Sino
dai suoi più verdi anni attese con grande profitto alle belle
lettere sotto Grifone amerino, uomo peritissimo nella lette-
ratura, onde Antonio lo chiama il Quintiliano del suo tempo.
Ed ecco un altr' uomo, sconosciuto pe' suoi meriti letterari,
che onora la propria patria e 1' Umbria.
Ancor giovanetto venne inviato alla Università di Pe-
rugia, e quindi a sempre più raffinarsi nelle lettere, si recò
a Bologna, a Fano ed a Firenze: in una parola frequentò
1 più illustri studi d'Italia (2). Quale e quanto profitto fa-
cesse nella letteratura, si può facilmente conoscere da
que' suoi squisiti versi latini composti nei più difficili metri
che, non ventenne ancora, dedicava al Pontefice Paolo IL
In essi tu non sapresti che meglio lodare, se lo stile forbito,
ovvero i concetti alti e delicati. Per ben quattro secoli e più
questo primo e leggiadro parto del suo genio poetico rimase
nascosto nella Vaticana; ma finalmente nella fausta ricor-
renza del giubileo episcopale di S. S. Leone XIII mi fu
dato di darlo alle stampe, insieme ad altre sue poesie esi-
stenti nella stessa biblioteca. Ancorché ci abbia a ridire
qualcosa sulle frequenti allusioni mitologiche, difetto d' al-
tronde del classicismo di que'tempi, e si possa tacciare
come troppo prolissa qualche sua composizione, menda peral-
tro condonabile alla sua grande facilità poetica, non si può tut-
tavia contestare a questa sua prima produzione purezza nel
zio aver adottato il cognome, come più illustre, di sua madre Graziosa. Antonio, in-
vece, tanto per ragion di padre, che di madre, appartiene ai Geraldini, e propriamente
al ramo di Lello, che in me si estingue ; donde sì Giovanni, che Andrea derivarono,
come in seguito vedremo, dal nostro albero genealogico.
(1) Così apprendiamo da una sua bella elegia, inserita nell'opuscolo da me anni
or sono pubblicato: Antonii Geraldini specimen carminum (Ameriae, 189:?).
Tota tener complens non duo lustra puer,
Tanquam ad palladios l'ueras transmissus Athenas,
Formandum tellus te P e r u s i n a tenet,
Hinc es ad Haemiliae populos Fanumque profectus
Rursus ad Iletruscos inde docendus abis.
(2) Al num. 6 di questo manoscritto espressamente dice esser lui stato a studiare
in Firenze.
46 B. GER ALDINI
dire latino, classico sapore nel verseg^giare. Tutte queste odi
risentono dello stile oraziano, ma specialmente la dedica al
pontefice che incomincia: « Accipit latum gremio Timarum ».
L' ode seconda al cardinale Bessarione, la ventunesima al car-
dinale Valentino, l' ode finale sembrano al tutto degne del
secolo di Augusto, sia per l'eleganza e spigliatezza, sia pure per
sublimità e in alcune per grazie del tutto anacreontiche (1).
Il desiderio poi di arricchire la sua mente di nuos^e co-
gnizioni e sopra ogn' altro d' illustrarsi ancora nella via di-
plomatica, in cui il suo zio Angelo erasi così segnalato, gli
fece intraprendere con lui nel marzo del 1469 il viaggio
della Spagna, nell' occasione che esso veniva colà mandato
(1) Diamone qualche saggio. Così scrive al Cardinal Valentino ;
Te natura t'avens placidis amplectitur ulnis,
Borgia progenies.
Nascenti vultu riserunt cuncta sereno
Sydera fausta tibi.
Sparserunt Charites tua per cunabula flores
Lilia mixta rosis.
Effudit nato largissiraa dona soluto
ALnter amica sinu.
Accumulantur opes, crescit tibi copia rerum
Atque operitur humus
Inque genis gratum roseis dedit alma decorem
Gratia iuncta Deo, etc.
Così conclude a Paolo II il liljro :
lara diu emissae celeres quadrigae
Finibus prono emicuere cursu
Carceres spectant sua post relictos
Terga feroces.
Fraena laxavit vagabunda collo
Fortis auriga, et rapidos iugales
Increpat verbo vocitans anhelo ad
Verbcra pendet.
Hi vagos campi rapuere tractus
Arva pernici spatiosa cursu
Yix solum tangens quatit acris atram
Ungula terram.
Limitem pulsant ])ositum laboris
Ultimam cursus tetigere metani ;
lam jugis tempus madidis etjuorum
Solvere collo, etc.
VITA DI AN<;EL<) OEKAl.KINI 47
dal re Ferdinando di Napoli. Ben presto niostruvasi degno di
tanto maestro, dando prova di straordinario profitto e perizia,
da meritare ben tosto di andare come legato al re di Bosnia:
quindi cliiamato alla corte del re Giovanni di Aragona,
venivagli commesso l' onorifico e delicato officio di segretario
e consigliere dello stesso sovrano. In nome di questi fu s])edito
in qualità di ambasciatore a Francesco duca di Brettagna,
ad Edoardo re d'Inghilterra ed a Carlo duca di Borgo-
gna. Nelle quali legazioni ottenne sempre il più splendido
risultato, onde il biografo della Barberiniana soggiunge aver
talmente prosperate per opera sua le cose di Spagna, da
esserne ad ogni buon diritto ritenuto come la causa
della loro solidità. Prosegui ad essere segretario ed intimo
consigliere, come era stato prima in Sicilia, di re Ferdi-
nando ed Isabella aragonesi, quando essi adirono il trono di
Spagna, ed in quella circostanza fu da loro spedito con ispe-
ciale missione ad Innocenzo Vili, cui tenne un'orazione ma-
gnifica, r unica che si sappia essere stata licenziata alle
stampe. Venuto così il sommo pontefice in cognizione della
ben rara abilità del nostro Antonio, lo faceva suo nunzio
presso i medesimi reali di Spagna. Di ciò ci porge un docu-
mento quanto irrefragabile, altrettanto per lui onorifico una
medaglia di bronzo in onore del Geraldini colà coniata, esi-
stente ancora ai suoi tempi presso Onofrio Catenacci dei
Geraldini, nella quale intorno all' effigie di lui si leggeva :
Aìitonius Geraldinus pontifìcius logotheta, annaìium vates: nel
rovescio eravi raffigurata la Religione col turibolo in mano e
imj^ressa la epigrafe: Sancta rellgio. Ora, quel ponti fiàus lo-
gotlieta ci attesta appunto 1' alta missione che esso riteneva
in nome del papa presso i reali di Spagna, poiché ìogotlieta
precisamente significa colui che dà o rende la parola del
principe; in una parola v' era chiamato nunzio pontifìcio
ed anche annaìiuni vates per aver lui cantato in versi gli an-
nali di Alfonso d' Aragona.
Oltre poi la dignità di legato pontificio, vennero ad
48 B. GERALDINI
Antonio conferite altre onorificenze stando in Ispagna, come
di conte palatino, di protonotario apostolico, di commen-
datore della Badia di S. Angelo in Brolo di Sicilia (v. Ga-
ra urrini cit).
Se non che un' altra quanto mai propizia occasione di
mostrar l'acume e l'elevatezza del suo ingegno e la grandezza
dell'animo suo porgevasi ad Antonio al suo ritorno dalla le-
gazione al pontefice Innocenzo Vili. Come ci viene riferito
dall' illustre suo fratello mons. Alessandro, che con lui si tro-
vava alla corte degli Aragonesi, nel celebre suo Itinerarium
ad Indos Orientales, presentavasi appunto allora a quella
corte Cristoforo Colombo. E dopo aver presentato indarno
il grandiosissimo suo disegno ai re di Francia, d' Inghilterra, di
Portogallo e alla repubblica di Genova sua patria, finalmente
veniva a proporlo ai reali di Spagna, colla convinzione che
quando da loro gli fossero forniti i mezzi necessari al-
l' impresa, avrebbe scoperto e conquistato al loro regno un
nuovo mondo.
Si sa bene quale impressione producesse nei cortigiani
così strana proposta. Neil' universalità ritenuta come una
vera utopia, un sogno di mente alterata, ed anzi parecchi
de' più ragguardevoli ecclesiastici giudicatala contraria alla
Fede, a Colombo sarebbesi senza fallo riserbato l'esito che
incontrò nelle altre corti. Buoi per lui però, che colà ri-
trovavasi Antonio Geraldini, la elevatezza della cui mente
a, marcivigiia li velia vasi con quella del gran genovese. Con
tutta affabilità lo riceve, con grande attenzione ne ascolta
le ragioni nella dolce lingua della propria nazione, ed egli
ben tosto l'apprezza, intuisce la realtà delle sue vedute, di-
viene propugnatore e difensore dell' illustre ammiraglio e
adopra tutta l' influenza, che illimitata godeva presso i so-
vrani, perchè fosse ammesso alla loro udienza e fosse ac-
cettata la proposta. L' efficacissimo aiuto di lui avrebbe fi-
nalmente recato ad effetto le dimande di Colombo (onore
per altro riserbato al suo fratello mons. Alessandro), se a
AHTA DI AXGELO GEUAl.DINI 49
tanto patrono nel meglio delle speranze una immatura
morte, che lo rapiva nell'agosto del 1489 (l), non avesse
impedito di recare in atto la grande impresa. Attestano ben
gravi scrittori che all'annunzio di quella morte Colombo non
potesse trattenere le lagrime, ed il Cancellieri (Disserta-
zioni su C. Colombo, Roma, 1809), ricorda come esso por-
tasse lungamente nell'animo sì grande perdita (2). E aveva
ragione ; poiché con lui veniva a perdere il potente so-
stegno, anzi il tutto presso la corte; talché al suo morire, a
quanto ne assicura mons. Alessandro, si vide ben tosto da
tutti abbandonato e costretto, per non mendicare il vitto, a ri-
fugiarsi presso i frati della Rabida. L'essersi Antonio cosi
energicamente adoperato per TAlmirante, nel mentre eh' era
questi nella corte vilipeso ed osteggiato, non dimostra chia-
ramente l'elevatezza della di lui mente e la magnanimità
del suo cuore? Basterebbe questo solo a rendere caro
il suo nome.
3Ia quello che rese degno dell' immortalità il nostro
antenato é la valentia veramente straordinaria nelle let-
tere.
Già noi lo vedemmo non ancora ventenne, cioè prima
del 1469 (essendo poi passato in Ispagna) dedicare a Paolo II
quelle classiche poesie non indegne del secolo di Augusto :
ora devo aggiungere che la sua valentìa sopra ogn' altro
neir arte poetica, quell' estro in verseggiare latino con tanta
grazia e facilità gli meritarono poco appresso, a soli venti-
due anni, la poetica corona presso la corte di Spagna. Ecco
(1) Onofrio Geraldini dei Catenacci, seguito dal lacobilli, pone la sua morte nel
148S : però dalla lettera di Pietro Martire, di cui ragioneremo in seguito, diretta ad
Alessandro Geraldini, che ha la data del 23 agosto 14S9, chiaramente rilevasi essere
appunto in quell'anno e in quel mese trapassato mons. Antonio sui trentanove
anni e non già di trentadue; perchè in questo manoscritto, ultimato nel 1470,
dice di essere stato già coronato poeta di ventidue anni; nell'SS non ne avrebbe
potuto aver trentadue.
(2) Vedi l'opuscolo illustrato « L'Umbria all' Esercito » all' articolo: Cristoforo Co-
lombo e l fratelli Geraldini di Amelia, Roma, Tip. del Senato, 1892, p. 36.
50 B. GER ALDINI
com'egli stesso parla dell'insigne onore a lui conferito:
« Avendo io scritto nel primo fiore della mia giovinezza in
istile bucolico, elegiaco, satirico, lirico ben quattrocento
ventimila versi (tanto ferace era il suo estro poetico!),
nonché novantotto orazioni e dugento trenta epistole fami-
gliari, finalmente giunto nella Spagna inferiore per ordine
dell' invitto re d' Aragona, da Ferdinando re dell' ulteriore
Sicilia e figlio di lui primogenito e d'Isabella principessa
di Sicilia e nuora del medesimo, in un grande convegno di
nobili, grandi e magnati, fui fregiato con immenso plauso^
nel ventiduesimo anno dell'età mia, della laurea. Del qual serta
meritarono d'esser insigniti solo gl'illustri poeti e capitani
delle milizie nel loro terrestre trionfo ».
Delle principali opere sue poetiche, monumento insigne
del suo ingegno, il medesimo Onofrio dava un elenco nella
stesso manoscritto della Barberiniana, delle quali opere non.
furono consegnate alle stampe che dodici elegie « D e vita
Christi », giudicate molto eccellenti da Apostolo Zeno e
dagli autori da lui citati, talché egli deplorava che soltanto
quelle siansi stampate (V. Tieaboschi, St. della leti, ital., t, VI,
parte 2% XXXV, Milano, 1822-26). Una copia di queste elegie
fu da me trovata presso la biblioteca Angelica in Roma. Ec-
cone i titoli riportati dal sopracitato scrittore :
« De nativitate Domini. — De Regum adoratione. — De
perquisitione facta a Maria matre Dei et losepho. — De Bap-
tismate. — De Miraculis. — De institutione Sacramenti Eu-
charistiae. — De Passione Domini, de Resurrectione, de Ascen-
sione. — De Spiritus S." missione. — De ultimo judicio. —
De vita beata. — Volumen alterum cui nomen Epodon seu
sacrorum libri duo. — Libellus in quo poenitentialis psal-
modia in Carmen latinum aptissime est versa (Haec apud
Barberinam reperitur). — Fastorum libri Ferdìnandi Catho-
lici Hispaniarum regis. — ■ Orationum volumen. — Eius lau-
rea. — lUustrium virorum sui temporis praeconia. — Par-
VITA DI ANGELO GEKAI.IUNI .)I
thenopes. — Ilispania. — Corvus Noianus. — Riventum. —
Et alia multa variaque carmina ».
Fin qui il Catenacci. — A queste opere si devono ag-
giungere : « Paulo II, Liber carminum » che fu fatto da me
stampare nel libretto che intitolai: « Antonii Geraldini spe-
cimen carminum », al quale aggiunsi un'egloga sulla famiglia
Geraldini inserita nel nostro manoscritto ; nonché due elegie,
in una delle quali finge il poeta che sua madre gravemente si
lamenti per la sua lunga lontananza, nell' altra risponde
alle sue querele. Finalmente fra queste opere deve registrarsi
il manoscritto che noi adesso facciamo di pubblica ragione:
« De vita R.mi in Christo Patris Angeli Geraldini Episcopi
Suessani et de totius familiae Geraldinae amplitudine ».
Avendo suo fratello mons. Alessandro Geraldini dato
notizia a Pietro Martire d' Anghiera dell" immatura di lui
morte, questi gli scriveva una lettera di consolazione, la
quale può considerarsi come l'orazione funebre di tant'uomo,
come r eco della fama che meritamente erasi acquistata in
tutta la Spagna. In questa lettera ci è dato altresì di rile-
vare un altro insigne merito del nostro Antonio, d'essere cioè
stato in tutto il maestro e la guida al suo- fratello Alessan-
dro, il quale alla scuola di tal precettore, tanto si segnalò
anch' esso nella letteratura e nella diplomazia ; a lui, in una
parola, dobbiamo Alessandro.
Poiché non è cosi agevole l'aver fra le mani le lettere di
Pietro Martire, non credo far cosa inutile se qui per intero
la trascrivo. Questa é la settantesima del libro II delle sue
lettere e porta la data del 23 agosto 1489, ove appare a ma-
raviglia la somma stima dell' Angirese pel nostro poeta
laureato (D' Axghiera Pietro Martire, Opus eppy^ a cura di
G. Berchet, Roma, 1893).
« P. M. A. M. — • Alexandre Geraldino praeceptori minorum
filiarum regiarum de morte Antonii fratris eius Protronotarii.
« Exutum veste mortali fratrem tuum Antonium Geral-
dinum Prothonotarium significasti, mi Alexander; te propte-
52 B. GERALDIXI
rea vitam fore post hoc acerbam amaramque, dum vixeris,
acturum dicis extra patriam. In ilio fratre parentem tuae
peregrinationis callidum ductorem, aetatis tuae moderatorem
eximium amisisti, fateor, et vitae magistrum. At si felicita-
tem illius tuumque comodum cura incomodo pensaveris, si
illuni tu aequa lance viventem observasti, uti decuit, araor-
que ipsius erga te intimus promerebatur, nihil invenies pro-
pter quod torquere te debeas, aut prosternere. Sub tutelatu
illius tanquam veri parentis, agens mollis, blanditiosus tener
enutriebare adeo ut grandaevus effectus non minus Mare
tuum fuisset, quani quum mammas peteres infans. Naviga-
bas tu, ilio tuam navim per fluctus regente securus, profun-
dum dormiebas, nulla tibi erat de te ipso cura, nulla de fu-
turo sollecitudO;, inermis ad negotia humana, virique officia,
deliciosus surgebas. Utilis igitur non incomoda fuit illius tras-
raigratis. Disces namque per te ipsum vivere, nullo (extra
te) duce gubernari. Polles ingenio, rerum experientia, si vi-
tam annos aliquot excolueris in virum evades prudentem.
Excutit naturam dormientem necessitas, artes invenit, quibus
homines emergunt. Haec de te multaque alia, quae, ne pro-
lixus videar, est consilium praeterire. — De ilio autem quid
est cur doleas, quod ex teterrima valle miserrimoque specu, ad
splendidas lucidasque, ac summis gaudiis et felicitate oppletis-
simas aethereas sedes evolaverit f Invidere tuum erit. Creaverat
Deus heroicam illam animam,, illam doctrina multiplici refertis-
simam, Tiarmonia coelesti, poetica, oratoriaque vite cultam ut iri
eam perditam pateretur ? Qualis eratlyricis, quanto pede libero in-
surgebat? Quis praeterea divini cultus ilio curiosior, qu's Creatoris
amantior f Cum itaque extra patriam^ idest in hac peregrinatione,
Deum tota mente coluerit, amaverit, adoraverit ; ipsius Dei iustitia
liquefieret nisi mine illum in proprio sinu, super choros coelestes,
gaudentem, beatumque Deus ipse foverit. — Temperato igitur,
ratione media, quod est ali quando tempus deleturum. Vale.
Ex meo tentorio X Kalend : sept. MCCCCLXXXIX ».
63
ANTONI I GERALDINI
AMERINI POETAR LAUREATI
DE VITA Olii IN CHSTO PATBIS ANGELI GEBALDINI
EPISCOPI SLLiSSAM
ET DE TOTIUS FAMILIAE GERALDINAE AMPLITIDINE
«• i- 1. — Dicturi de vita amplissimi Patris Angeli Geraldiui Ame- Proemio,
riui, Pontificis Suessaui, nou erit si quaedam de Ameriae patriae
conditore priiis altius reteremus, deinde de antiquitate, ac prae-
stautia Familiae Geraldiuae, in qua idem priuceps et instaurator
5 fuit, cum ejus vita conjnncta nonnulla subuectemus, quae pri-
scorum annalium, quorum ea potissimum causa studiosi indaga-
tores fuimus, exemplo et auctoritate comprobantur.
De Ameriae conditore.
2. — Ameria, Plinio referente Catonis testimonium, condita Amerio fon-
fuit post nonigentos sexaginta quatuor annos ante bellum Persei, md'i'a.'^avant-
10 quem debellavit Paulus ^Emilius, teste Eusebio de temporibus, non J^^ (ii"Roraa'
multo ante septiugentesimum aunum ab Urbe condita. Constat
itaque Ameriae praedictae erectionem fundatiouem Romae ducentis
aunis precessisse (1). Illam, ut ait Festus Pompejus, Amerius con-
ditor a suo nomine sic appellavit.
15 Habet post terga a septentrione altissimos Umbriae montes, quin-
decim millibus passuum coutinuis jugis in ea parte se protenden-
tes. Ipsa in medio ad corum radices sita, in quodam amoenissimo
colle a laeva a Nare fluvio, a dextera a Tiberi pari quinque mil-
* e. 0. lium spatio distat. Et ad quintum lapidem * e fronte Nar in Tibe-
Toiiografia.
(1) Lo storico Orlandi (op. cit. II, 1) dalla stessa data di Plinio e dal computo fatto da
Stefano il grammatico deduce, che la fondazione d'Amelia precedesse di circa 3Ó0 anni
quella di Roma. Anzi soggiunge, come il dottissimo Bernardino Mandosi in una sua dis-
sertazione, ancor manoscritta, intitolata « De Ameria Civitate antiquissima in Umbria »,
attesti sopra documenti ritrovati in Germania, essere questa settecento anni più antica
di Koma. Il che a maraviglia confermasi dalle stesse mura, come meglio vedremo in
apposita appendice. Secondo il citato Mandosi, il fondatore d'Amelia sarebbe stato un
re degli Aborigeni chiamato Amiro. Nella guerra di Turno contro Enea, avendo
parteggiato pei Rutuli, la città presa a forza da' Trojani, sarebbe caduta in potere
degli Etruschi e sotto il loro giogo rimasta sino a Tullio Ostilio.
54
B. GER ALDINI
20
La rocca
d'Ilio.
Le antiche
mura.
30
35
40
45
• e. 3.
50
rim deflueus ante ipsam urbera triaiiguli speciem praestat, quam
oram prisci Sabini, Plinio attestante, iucoliiere. Fuitque omnis ille
ag-er araerinus, ut patet in oratione Marci Tullii Ciceronis, quam
prò Sexto Koscio amerino habnit, in qua qnidem asserii Sex : Ro-
sciura tresdecim latissima praedia juxta Tiberini possedisse.
3. — Amerius, de quo superius meutionem fecimus, centum
annos, postquani Albae regnum caeptum est, ex Aeneadum semine
ortus Ylionem ^Eneae socium inter auctores generis referens, as-
sequutus est a regibus albanis Umbriae partem, quam diximus
trianguli similitudinem referre. Dumque in clivo, qui magis regiae
sedi videbatur aptus, ut urbem fundaret, erexit in ejus vertice
arcem altissimam, et in exangulam turrim coelo equavit, cujus
pars major hodie perstat. Arcem vero Ylioneum noncupavit, ut Ylio-
nei progenitoris sui nomeu apud posteros celebraret.
Restitìt etiam in hunc usque diem uomen arcis in porta civi-
tatis, per quam subsidium arci inducebatur. Quae porta Ylionei
dicitur.
4. — Remanserunt quoque in haec tempora muri, quibus fun-
dator ipse et ejus propago urbem cinxit. Quos nisi per summam
pacis tranquillitatem, quam sibi studiosissime intra et extra regnum
compararunt, erigere non potuissent.
Quippe qui nec vetustate labi nec uUo bellorum turbine everti
potuerunt, sicut impossibile videtur humanis viribus eductos in
altum fuisse. Sunt enim constructi e saxis durisslmis, vastae molis,
non rectis lineis coeuntibus, nec quadratis, sed varias linearum
formas in structura referentibus, ita tamen composita, et conglu-
tinata * sunt, ut vix eorum juuctura dignoscatur. Nec alia Europae
urbs nec ipsa quidcm Roma se talibus circumdatam moenibus
fuisse jactare potest. Neque longe aberraremus si post septem orbis
mirabilia aedificia, quorum prisci scriptores suis operibus memi-
nerunt, amerinos muros octavum adnumeraverimus (1).
(1) L'autore che ciò opina non conosceva al certo le mura monumentali d'A-
latri, a' suoi tempi in gran parte sepolte, le quali finalmente ai giorni nostri per im-
pulso specialmente dell' alatrino mio amico signor canonico de Persiis e per l'inde-
fessa cura del valente archeologo senator Pietro Rosa, che con somma sagacia ne re-
golò gli scavi a spese dello Stato, rividero la luce e si possono ammirare nella
^or primitiva costruzione Tra queste stiipende mura ed una cinta delle mura
amerine appartenenti alla terza epoca intercede tal simiglianza di tecnica, che
diresti avere esse avuto lo stesso architetto ed 1 medesimi fondatori. Però presso
di noi esiste altra cerchia che ci attesta la civiltà delle prime epoche, come vedremo
nell'appendice.
VITA DI ANGELO OEUALDIXI 5i)
5. — Tdein Ainerius et oninis ejus proles maxime olivam ar- l-e insegne,
dai rami
borem in deliciis habueruut, recordati Yliouein oratorem Jliieae <i' olivo,
principem, cuni aliis oliva velatis accessisse ad Latinum, et pri-
mum loqiiiitmn pacem impetrasse, ut ait Maro in septimo, centum
55 oratores angusta ad moenia regis ire jubet ramis velatos Palladis
omnes. Et subinde et dieta Ylionei sit voce sequutus : « Rex genus
eg-res'inm Fauni » et reliqua. Xec non Xuma Pompilius, quern ex
Curibus parvo priscorum Sabinoruni oppido decimum octavum la-
pidem ab Ameria, ad romanum regnum post Komuli morteni ac-
GO citum fiiisse legùmus, pacis studiosus, oliva pacis praenuntia usus
est, ut idem poeta refert in sexto leneidos: Quls procul Illa au-
tem ramis Insignis olivae, Sacra ferens nosco crines incanaque
menta — Begis romani et reliqua, et deinceps : Cui deinde subibit oda,
qui rumpet. Dixit autem ocia qui rumpet, quia reg-ente Xuma
65 semper laui limiua fueruut clausa, cum reg-num bello fremente
I^acavit, Urbem seditionibus vacuam tenuit, cum finitimis pacem "
* e. 4. habuit; Eg-eriae Nimphae monitu leg'es * et judicia Populo Komano
coustituit. Quorum sub observantia et timore sub perpetua pace
quirites couquiescerent. Haud multo post Xumae regnum Amerii
70 regis et couditoris nepotes, non a majoribus suis uUa uuquara
in re degeneres in Romam cives adscripti, muneribus et honoribus
reipublicae perfuncti sunt. Et semper pareutum more pacis et quietis
studiosi, ut Ylionei, qui praetendens paciferae olivae ramum Lati-
num yEueae conjunxit. Et tamen sublimis imperii ^Eueadis causa
'75 fuit, et Amerii ac Xumae, qui regna in pace adservarunt merao-
riam ad successores proferrent, ut eos per illorum vestigia ad pacis
mauutentiouem illicereut, oliva prò insigne usi sunt. Addiderunt-
que tria astra circum oleam piugenda sive ut Jovis, Phoebi et Ve-
neris clemeutia sydera uotarent. Quae, Jlioneo ad fereudam cum
80 latinis, et Amerio ac Xumae ad regna in pace conservanda dextero
aspectu faverent, sive ut tres prefatos qui perinde ac stellae suis sae_
culis claruerunt posteris imitandos ad pacis studium persuaderent.
Interea eadem stirpi non minus Romae quain Ameriae in aviti g
sedibus sub olivifero cog-nomine floruit.
85 5. — Usque ad Geraldum insiguem jureconsultum, qui ex ea- Geraldini
dem progenie originem duxit, ejus progeniti Geraldini Olivifer^ Ohvifen.
noncupati sunt. Veruni magis celebre illud recentius coguomen
Geraldinorum apud omnes fuit, praeter quam apud Geraldum Ge-
raldi nepotem. Qui sub Quinto Flaminio, qui Insubres devicit, mi-
90 litans Oliviferum cognomen Mediolauum cum familia transtulit'
et ejus miuores hodie avitum insigne atque coguomen olivarura
B. GÈ R ALDINI
GeraUlini
in Bologna
GeraUlini
di Irlanda.
retinent. Sed proprio uomiue fere omues ejusclem generis alumnt
Geraldini vocantur.
• e. 5. H. — Multi '^ dum Bououia in Romanorum colonia deducta est, in
95 illam urbem penates patrios transtulerunt. Perraanentque adhuc
foecunda eorum semina. Ex illorum quoque stipite deductus est
uobilissimus ille Clirisogonus, Sexti Roseli Amerini inimicus, de
quo Cicero in rosciana oratione memiuit, qui deinde sub Svila di-
ctatore militavit. Et debellatis Fesulis cum aliis militibus syllanis-
e in Firenze. 100 iuxta Arnum fìuvium consedens, inter Florentiae conditores recen-
sentur, ac perpetua sui generis pignora illic propagavit. Quae, in
liane nsque aetatem Geraldinum coguomen tenuerunt. Atque ego
dum Florentiae studerem, illorum annales vidi, qui mihi latinam.
banc historiam extendendam iter aperuerunt.
105 7. — Eiusdem propagiuis palmites iu Hyberniam iisque per-
ducti snnt, patriamque appellationem adhuc servant. Cum euinx
Cajus Caesar, superatis Gallis Renum transisset, delude victis Ger-
manis ad Britandos tetendisset, posuissetque Oceano jugum, Ge-
raldiuos coeptorura socios in praemium tot bellorum, quos secuiu
110 gesserat, Hibernia insula donavit. In qua etiam uostris tempo-
ribus principatum teneut, ac saepe numero ad Angelum, de quo-
inferius dicendum proposuimus, literas dederunt, tanquam ad con-
sanguinitate conjunctum, eodem cognomine subscriptas (1).
8. — Hujus vero familiae, quam tanquam altissimam et feracis-
115 simam arborem inter tot orbis regiones ramos et brachia proten-
disse non contemneudis scriptorum testimoniis comprobavimus^
• e. 6". ■» praecipui truuci radices et verae originis pignora iu avitis Ame-
riae sedibus recto tracto subuluerunt. Ejus foetus sublimis in ex-
timatione summoque in praecio permulta saecula semper consti-
120 terunt. Verum deinde fortunae turbine oppressa arescere coepit^
et paullatim, deficiente robore, humo aequari (2). Donec tempestate-
Genitori
di Angelo.
(1) Checché ne sia di questo ramo della famiglia Geraldini emigrato in Irlanda, è-
fuor di controversia la sua esistenza in quelle regioni, sotto il nome (a quanto as-
serisce Mons. Rocco Cocchia « Cristoforo Colombo, e le sue ceneri » p. 77) di Fitz Ge-
rald. Ai tempi di Elisabetta figlia d'Arrigo Vili ancora ritenevano i Geraldini il prin-
cipato d' Irlanda, ed eroicamente contro lei combattei'ono per la fede, come estesa-
mente racconta il Gamurrini nella storia dei Gherardini di Firenze. Egli li ritiene come
consanguinei ai Geraldini di Amelia, sebben li creda derivati da Firenze. Ciò non
concorda punto con quanto attesta Mons. Antonio, assai meglio di lui informato..
Tutti i rami della stirpe Geraldina, a suo dire, originarono d'Amelia, donde poi este-
sero le loro propagini nelle altre contrade, come in Firenze, Cento, Bologna, Milano
ed anche in Irlanda.
(2) Nel ms. Aquari.
VITA DI ANGELO GERALDINI
57
nostra Matheus Geraldinus, tauquam revirescens oleastri
stipes nova domui Geraldinae germiua emisit. Et unum praecipue
sub cujus umbra polulantes alii surculi mirabiliter foti in coelum
125 usiue cacuinina substulerunt. Is luit prudens et optimus oiniiiuiu,
qui sua aetate vixerint, Elisabettaiu Geraldam non minoris i)ru-
dentiae nec dissimilem moribas uxorem duxit, christianae reliyio-
nis divinique cultus non miuus, quam ipse observautissimani, quae
in line noui mensis post conceptionem g-ravesceret, seque nixibus
130 prepararci, anxia prae desiderio pariendi marem prò se quaindam
fatidicam probaeque vitae mulierem exoravit, Deo preces et sup-
plicia ut fuuderet quo voti compos fieret. Ipsa, ut reor, spiritu
afflata, vigilaus, vidit in ea domo ubi genitrix paritura degebat,
spleudidissimuin palatium sumptuoso opere extemplo mirifice ere-
135 ptum, cujus in aula aeria fixa erat cathedra, in qua sacerdos pon-
tificalibus ornamentis indutus et mitram in vertice g-erens residebat.
Ad eam visum cum praesagio retulit.
•e. 7. 9. — Mater vero per quietem vidit iu hortulo suo domui - cou-
tig'uo oleara nasci ex quodam trunco, cujus e corticc g-ermen erupit
140 foecundum, quod postea stelligerum olympura vertice contiug'ere
visum est, extendens ramos et brachia late, circumdabatque so
lum, quod viridi umbra tegebat: deinde albaria nitidis flammis
illustrabat et ausonium g-enus foecuudabat fructu olivi, cui omnia
balsama cedebant.
145 Sequenti luce quarta bora ante solis occasum anno a christiano
natali millesimo quadrig-entesimo vig-esimo secundo (1), quarto ka-
lendas Apriles enixa est puerum, existente love in medio caelo
et Phoebi sydus amice vultu intuente. Ex quarum convenientia, et
sapientiam et principatus sub eorum afflata orieutibus influuut (2).
150 10. — Primogenitura filium pientissimi parentes, postquam sacri
Baptismatis rore perfusus est, Ang-elum nominaruut, unice coluerunt.
Et desterà indulgentia summoque affectu, quibus poterant, in de-
liciis ipsum infantem educarunt, ac probis moribus instruxerunt;
dehiuc pueriles ingressum annos, Magistro de Claravalle, viro do-
Visione
rifi'rita alla
madre par-
toriente.
Altra
visione.
Nascita
di Angel».-
Sua prima
educazions^
(1) Invece, attenendoci noi con più ragione alla lapide sepolcrale di Mons. An-
gelo, nella quale si dice esser egli morto ai 3 agosto 148G dopo aver vissuto anoj
settantaquattro, mesi quattro e giorni 5, lo dovrem dire nato ai 29 marzo del \4\2 ;
e quindi per una svista del biografoj o non piuttosto deli' ammanuense si pose la sua
nascita al 1422, cioè dieci anni dopo.
(2) Lo scrittore in questo passo ed anche in qualche altro non si mostra de'
tutto libero dai volgari pregiudizi de' suoi tempi.
58
B. GERALDINI
Segue
il capitano
Alessandro
Sforza.
170
Intraprende
gli studi
letterari. 175
Va alla
scuola
-del Filelfo
in Siena.
155 ctissimo et in primis moralissimo in iug-euuas artes erudiendum
tradiderunt. At vero ciim et animi et corporis vigore, et eloquentia
ultra quam credibile est, coetaueis praestaret, et illis iu pueri-
libus praeliis dux esset, praecipiie in certamine lapidum et can-
narum ludo, a quibiis vix poterat a praeceptore cohiberi.
160 11. — Miliciae studiosus, cum Alexander * Sfortia militum dux prae-
* e. cS. ter moenia urbis cum exercitu transiret, parentibus insciis, eis se puer
addixit ipsiusque castra sequutxis est ad camere cultum receptus.
Post sex mensibus a parentibus revocatus, cum post reditum e mili-
tia videret se ab aequalibus literarum eruditione superatum, ferra
165 non potens, Perusium recta conteudit. Ubi Guidus ex quadam parva
insula Trasimeni lacus in Etruria oriundus, latinas tunc literas
edocebat. Dumque Tuderti per iter in diversorio quietera sumeret,
sopitus vidit iu laboribus (?) patriis altissimas aedes, quae, laquea-
ria et culmina haberent aurea sibi quidem erectas. Ita tamen an-
gusti eraut primi gradus, per quos erat asceudendum, ut vix siae
praecipiti lapsu superari possent, et quo altiores erant minus arcti
videbantur, per quos omnis dum magna cum difficultate passim
obrepebat, obuitens tandem ad latiores gradus se multa vi ferebat,
et sudans demum ad fastigium aedium evexit. Quod dificultatem
primorum studiorum significare videbatur. Eventam tamen toti
generi fertilem et gloriosissìmum fore (1) pertendit. Experge-
factus ante lucem iter sequutus, Guidumque praeceptorem adivit.
Nec multo postea, ubi se profecisse non parum cognosceret, cupi-
dissimus gloriae, quae virtutis est stimulus, ea potissimum causa
180 patriam revisit, ut literatura se superiorem coevis ostenderet.
12. — Verum adolescens ipse virtutis amore naturali, ac potius
* e. 9. supernae ispirationis impulsu * iucensus flagrabat, non diu Inter
parentum complexus consistere potuit. Sed mox cum celebre
Francisci Philelphi, facundissimi oratoris, gravissimique philosophi
uomen audisset, qui ea tempestate forte Senis latiuae literaturae
185 volumiua explanabat, ad eum properavic, ut ejusdem sub disciplina
literis operam daret. Audivit ab eo nonnulla ex poesis oraroriaeque
facundiae praeceptis et racionibus.
(Continua).
(1) Il ms. ha fere.
59
UN'OPINIONE DEL BARTOLO
SULLA LIBERTÀ PERUGINA
I
§ 1. — Il Bartolo, che amò ricordare così di frequente la sua pa-
tria di adozione, lasciò scritto un giudizio sulla condizione politico-
giuridica di Perugia, che merita di essere conosciuto. Fra gli
storici della città tenne conto di quésta sentenza il Bonazzi, cui
l'additava il nostro erudito conte prof. Gian Francesco Cipriani.
Ma, a parer mio, l'apprezzamento che il geniale scrittore ne fece
nel volume I della sua Storia jjevufjina non risponde al concetto
dell'insigne giurista.
In altro scritto verificammo quali idee e quali sentimenti nu-
trisse il grande da Sassoferrato circa le forme di governo in ge-
nere e in specie circa gli ordini politici di Perugia (1). A queste
idee e a questi sentimenti, informati a spirito di vera libertà, egli
fece omaggio in ogni parte della sua gigantesca opera; talché ri-
spetto alle Costituzioni LXI e LXII del titolo De decurionibus, ecc.
(Cod. Lib. X, Tit. XXXI) egli scrive:
Facit haec lex, quod Civitas Perusina non subsit Ecclesiae nec
Imperio. Et si dicas, quicquid non subest Imperio, est sub Ec-
clesicij concedo; nisi Civitns aliqua non subsit Ecclesiae ex pri-
vilegio concesso, sed Perusina est hujusmodi, nam Imperator
donaint cani Ecclesiae, seu permutacit cum ea, et ex privilegio
Ecclesia liberavit eam (2).
Il Bonazzi, dopo aver riferito, non molto esaltamente, in nota
il passo del Bartolo, cosi ne ragiona nel testo — « I giuristi d'al-
(1) Scalvanti, Consideraziotìi sul io libro degli Statuti, ecc., Perugia, 1895.
(2) Opera Omnia, Tomo Vili.
60 O. SCALVANTI
lora avevano per aforisma, che ciò che non è soggetto all'Impero
è soggetto alla Chiesa, senza sospettare che fra questi due enti
ve ne fosse un altro di mezzo. Bartolo, per altro, pagando il suo
tributo al pregiudizio scientifico, faceva per la sua patria adottiva
una distinzione sostenendo che Perugia era stala data o permu-
tata dall'Imperatore alla Chiesa, e dalla Chiesa, mediante privi-
legio, restituita a sé stessa; ma Baldo, nobile e devoto, pare che
non riconoscesse questo incomodo privilegio ».
§ 2. — Anzitutto perchè chiamare pregiudizio scientifico\a. mas-
sima del diritto pubblico di quel tempo, che ciò che non era sog-
getto all'Impero era soggetto alla Chiesa? Altro che pregiudizio!
Quel principio era rigorosamente scientifico, perchè acconcio alle
condizioni del tempo, in cui le due costanti tendenze dei popoli a
organizzarsi con possente vincolo unitario su vasto territorio, o a
comporsi in piccoli organismi godenti di libertà interna, erano rap-
presentate dal ghibellinismo e dal guelfismo, veri partiti politici
e non fazioni, come piacque a taluno chiamarli. Cotale dottrina
aveva tutto il rigore scientifico di fronte all'età, nella quale venne
formandosi, ed è errore chiamarla pregiudizio quasi fosse stata
architettata dagli artifici di cavillosi ingegni. E oscura poi e fuor
di proposito la menzione, che il Bonazzi fa del Baldo, che per
essere nobile e devoto avrebbe riconosciuto incomodo il privilegio
concesso dai Papi alla Repubblica.
§ 3. — Noi pensiamo pertanto, che a comprendere interamente
il profondo significato di quel passo del Bartolo, occorra riflettere,,
che per il diritto pubblico medio-evale vi era una sola forza orga-
nizzatrice di Stati, r Impero. In esso si concentrava ogni dominio
in temjìoralibus ; e tutti gli attributi di potere sovrano che si ve-
devano, a cagione delle immunità e dei privilegi, trasferiti in prin-
cipi, città, vescovi e abbati si ricollegavano sempre alla podestà
imperiale, come quella che aveva espressamente o tacitamente ab-
bandonato nelle loro mani l'esercizio di qualche parte della sovra-
nità. Ma il dominio eminente dell'Impero non si cancella mai;
è inalienabile; né privilegio o concessione vale a distruggerlo.
La storia è là per provarlo, imperocché di fronte agli stessi li-
beri reggimenti delle città, 1' Impero vantò sempre diritti, affermò
privilegi, e si arrogò la facoltà di dettare ordini e di imporre
condizioni di sudditanza. Tutto questo perchè, per il sistema giù-
un' OPIXIOXH del IJAUTOLO sulla LIHEHTÀ l'ERUCHXA fil
ridico-pollìico del tempo, ogni oulorità leinporale derivava da Dio,
ma risiedeva nell' Impero. Né si può rimproverare, senza mani-
festa ingiustizia, ai giuristi di quell'epoca, se si acquietarono a
■questo assioma; come non sono da riprendere i quattro dottori di
Bologna e i venlotto judices per aver risposto al quesito di Fede-
rigo l sulle regalie imperiali — che tutto quello che non appa-
riva manifestamente e legalmente ceduto alle città doveva inten-
dersi appartenente all' Impero. — Per la qual cosa non vi era,
né vi poteva essere governo legittimo che quello dell'imperatore
o di chi lo tenesse direttamente da lui.
§ 4. — Comesi sia pervenuti a stabilire questo principio di di-
ritto pubblico è facile comprendere, quando si pensi alla virtù del
principio bandito dal cristianesimo — date a Cesare quel che è di
Cesare, date a Dio quel che è di Dio — Nessuna confusione può
avvenire pei veri interpreti del Vangelo, fra podestà temporale e
podestà spirituale. La cupidigia degli uomini, l'impero di circo-
stanze sloriche faranno sì che a quando a quando il potere poli-
tico si trovi congiunto al maestrato sacro; ma, dato il principio
cristiano, essi dovranno di bel nuovo separarsi; perchè una volta
pronunziato, quel principio così nuovo, cosi atto ad elevare e no-
bilitare il sacerdozio, doveva operare per virtù propria nei secoli,
e impedire la costante riunione delle due podestà aventi fini così
diversi. Era impossibile quindi che il Papato si facesse centro di
dominio politico nel mondo, in modo che come a tutti sovrastava
per il suo carattere sacerdotale, fosse superiore a tutti anche nel-
l'autorità temporale. Furono sibbene i papi principi di uno stato, ma
in virtù di donazione per parte dell' Impero, e al solo effetto che al
lustro della podestà sacra si unisse un qualche ufficio di tempo-
rale sovranità. Infatti questo stesso potere era limitato e soggetto
a condizioni tali da escludere il carattere giuridico di pieno ed
esclusivo dominio.
Vediamolo brevemente col mezzo di ricordi storici, che vanno
dalle prime ed autentiche concessioni fino all'epoca, in cui vi-
veva il Bartolo; e così potremo meglio comprendere la mente del
sommo giurista e il valore della sua sentenza,
§ 5. — Prima ancora che Carlo Magno fosse coronato Impe-
ratore, fu costituito a favore di lui, nell'ordine giuridico-politico
di Roma, il patriziato, in cui si riassumeva l'alto dominio della
62 O. SCALVANTI
cillà. Ma questo palrizialo era un ufficio puramente onorario ?
Stando a molli e gravi scrittori, fra i quali 1' Eccardo (1), parrebbe
di no. Egli infatti così si esprime: — « Patriciatum romanum cum
urbe Roma regibus Francorum integre subjectum fuisse, neque
pontifices sibi quidquam in eo jurisdictionis, aut ditionis arro-
gasse ». — Vero è che non sono mancati altri scrittori, i quali
hanno sostenuto il contrario; e cioè, che onorario fosse il palri-
zialo dei re, ma ciò non si accorda coli' idea che si aveva allora
di questa funzione. Il patrizio di Ravenna e il patrizio della Si-
cilia, ad es., non erano uffici onorari, ma effettivi ; e giustamente
opina il Muratori, che diverso non doveva essere il concetto del
patriziato romano riconosciuto da Adriano I in Carlo Magno nel
774, quando ricevendolo in Roma gli usò quegli onori, dice Ana-
stasio (2), sicut mos est ad exarchiun aut patricium suscipien-
dum. In questa opinione mi conferma un altro argomento sfug-
gito al Muratori. Difatli la parola — patriziato — tanto signifi-
cava effettivo potere, che lo stesso Adriano I volle rivendicarne
una parte a sé. — « Quia ut fati estis (scrive il Pontefice a Carlo
Magno) honor patriciatus vestri a nobis irrefragabililer conser-
vatur, simili modo ipse Patriciatus Beati Petri fauloris vestri,
lam a Sanctae recordalione Dorano Pipino, magno rege, genitori
vestro, in scriptis in integro confirmatus, irrefragabili jure jjer-
rnaneat (3) — ». Doveva quindi il patriziato di S. Pietro spettare
al Papa. Così aveva principio quella condizione di cose, che fruttò
col tempo l'acerba lotta fra Chiesa e Impero; da un lato l'Impero,
consapevole della sua alta podestà temporale; dall'altro lato la
Chiesa che cerca di avocare a sé non l'universale potere, ma una
parte di esso in Roma e in alcune provincie d'Italia. Questo ibri-
dismo di due poteri riuniti sopra lo stesso territorio si ebbe a ve-
dere quasi costantemente; e n' è, fra moltissimi, esempio l'auto-
rità, che anche in fatto di ordinamenti monastici seppe esercitare
nel 939 Alberigo principe di Roma, essendo pontefice Stefano Vili.
(1) Eccardo, Eer. frane. 1. 25, e. 38.
(2) Vita Haclriani I.
(3) Circa il carattere di effettivo potere, che ebbe il Patriziato romano si può
ricordare, cbe lo stesso Odoacre nel 476, secondo ci narra Malco {Hist. Byz. Tomo J),
si appagò di quel titolo; e difatti per quanto egli fosse appellato Re, pure Cassiodoro
ci dice che non usò mai la porpora né altre insegne regie, e non battè moneta colla
sua effigie.
un' opinione del cartolo sulla LIIìEKTÀ l'EKUGINA 63
§ 6. — Vernili alla restaurazione dell' impero di occideiile per
opera di Carlo Magno, nel dirillo pubblico si slabilisce la massima,
che lo stesso popolo romano deve prestare giuramento di fedeltà
all'Imperatore, onde Stefano IV, al tempo di Lodovico il l'io —
« slalim postquam ponlificalum siiscepit, jussit omnem populum ro-
manum fidelitatem cum juramento promittere Ludovico (1) ». — E
tanto era penetrala nella coscienza universale questa massima,
che la stessa Roma dovesse mantenersi ligia all' Impero, che gli
imperatori vollero ingerirsi ancora nella nomina dei pontefici.
Così, quando nell' 827 Gregorio IV fu eletto papa, narra Eginardo,
— « non prius ordinalus est, quam legatus im|ieraloris Romam ve-
nit, et electionem populi qualis esset examinavit ». — Col quale
scrittore si accorda l'Astronomo nella — Vita di Lodovico il Pio
— ove è detto, che — « dilata consecratione ejus usque ad consul-
tum imperatoris, quo annuente et electionem cleri et populi pro-
bante, ordinatus est in loco prioris ». — Anche quest'altro canone
di gius pubblico penetrò addentro nella coscienza dei popoli e nella
consuetudine politica del tempo, di maniera che nell' 848, per
quanto urgesse la elezione del pontefice, a causa dell' invasione
dei Saraceni, i Romani — « quoque novi electione pontificis (Leone
IV) congaudentes, coeperunt iterum non mediocriter contristari eo
quod sine imperiali non audebant auctoritate fulurum consecrare
pontificem, periculumque romanae urbis maxime metuebant, ne
iterum, ut olim, aliis ab hostibus fuisset obsessa (2) ». — E se la
consacrazione avvenne, ciò non fu se non dopo aver pronunziato le
più solenni proleste di non voler menomare i diritti dell' Impero.
La Chiesa anco ne' suoi Concili sanzionò poi il ritus canonicus
della consacrazione, che non poteva farsi senza l' intervento del-
l'imperatore o de' suoi legati (3). Su questo punto, a cui la Chiesa
(1) Tegaxo, De gestis Lud. Pii, n. 16. Su qiiesto proposito si ha ancora la t'orraula
del giuramento, che nell' 824 papa Eugenio II avrebbe imposto al clero e popolo ro-
mano verso Lotario imperatore. Ma sebbene essa ci sia stata riferita da Paolo Diacono
(MURAT., Rer. ital., P. II, T. I) ci sembra non essere documento autentico, per le ra-
gioni addotte dal Mcratori, {Ann., a. 824).
(2) Anastasio, Vita di Leone IV.
(3) Concilio di Ravenna dell'anno 898 sotto il pontificato di Giovanni IX. — « Quia
sancta romana ecclesia, cui auctore Deo praesidemus, a pluribus patitur violentias,
pontifice obeunte, quae ob hoc inferuntur quia absque imperiali notitia pontilicis Ut
consecratio, nec canonico ritu et consuetudine ab imperatore directi intersunt nuncii,
qui scandala Aeri vetent. Volumus, ut quum instituendus est pontifex, convenienti-
64 O. SCALVANTI
cercò limitare i diritti dell' Impero, non fu discorde nemmeno il
fìerissimo pontefice Gregorio VII (1). L'autorità imperiale seppe
dunque così fortemente stabilirsi, che, anche quando per cagione
di discordie fra i pretendenti al trono, o per la ignavia degl'im-
peratori, l'istituto decadde, i pontefici, in cambio di distruggere
un tal potere, cercarono conservarlo. Ciò si vide anche nel 915,
quando Giovanni X, considerato che nulla poteva sperarsi dal
cieco imperatore Lodovico, s'indusse a cingere delia corona am-
bita il Re Berengario: e l'autorità imperiale era così pregiata,
che l'anonimo poeta termina il suo panegirico con questo verso :
Et post imperli diadema resumite laudes.
Adunque tutto il temporale dominio accentravasi nell'Impero (2);
né nel diritto pubblico del tempo mancavano principi, in virtù
dei quali l' imperatore poteva più o meno ingerirsi anco negli
affari propri della Chiesa. E che tutto il temporale dominio derivasse
dall' Impero si dimostra in ogni pagina delle istorie italiane ; ma
n' è segno evidente il fatto avvenuto al tempo di Giovanni XII e di
Ottone. Dolse al pontefice vedere l'imperatore in armi contro Mon-
tefeltro, che stimava esser terra soggetta alla Chiesa; e Ottone gli ri-
spose: — « Omnem terram Sancii Pelri, quae nostrae polestali subie-
bus episcopis et universo clero, eligatur praesente senatu et populo, qui ordinandus
est. Et sic ah omnibus electus, praesentibus legatis iraperialibus consecretur. Nullu-
sque sine periculo sui, juramenta vel proraissiones aliquas nova adiventione audeat
extorquere; nisi quae antiqua exigit consuetudo, ne Ecclesia scandalizetur et impe-
rialis onoriflcentia minuatur ». — Questo documento, secondo il Muratori, non è da at-
tribuii-e a Stefano VI, che lo avrebbe emanato nell' 89(5, perchè in effetto si legge nel
Concilio di Ravenna dell' 89S; ma a me sembra possa bene attribuirsi a quel pontefice,
nulla vietando che del Decreto di lui siasi fatto poi un canone nel Concilio tenuto da
Giovanni IX.
(1) Appena eletto (1073), Gregorio scrisse della propria elezione ad Arrigo VII, il
quale inviò a Roma Eberardo conte per verificare se si era proceduto alla consacra-
zione del pontefice, nel qual caso gli diede podestà di dichiarare nulla la elezione.
Ma Eberardo trovò che la solennità della consacrazione non era avvenuta, di che l'Im-
peratore si mostrò soddisfatto. — « Et statim Gregorium VeruUensem episcopum Italici
regni cancellarium ad urbem trasmisit, quatenus auctoritate regia electionem ipsani
confirmavit, et consecrationi ejus interesse studeret ». (Ml'rat. Ann., a. 1073).
(2) Sono infinite le investiture date a Vescovi e Abbati dagl'imperatoi-i; ma ri-
cordiamo in special modo quella fatta da Arrigo IV nel 10P3 a Cenone o Corrado ve-
scovo di Mantova (Muratori, Diss. (37), revocata poi da Lotario III nel 113(5, quando
venne in Italia dopo la dieta di Wirtzburg. Di molte investiture poi è traccia nello
stesso testo della pace di Costanza.
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA 65
<;la est, promisimus reddere ; alque id rei est, quod ex hoc mu-
nilione Berengarium cum onini familia expellere nitimur. Quo
enim pacto terram hanc ei reddere possumus, si non prius eam
ex violenloruni manibus ereclam potestati nostrae subdimus ì" ». —
Qui apparisce evidente, che le terre dovute alla Chiesa, venivano
come nuovamente concesse dall' Impero, quando tornavano a lui
soggette. Non erano le armi imperiali ai servigi della Chiesa ; ma
al servizio dell' Impero, il quale poi delle terre riacquistate faceva
novellamente dono al pontefice. E talvolta era lo stesso pontefice,
che esortava i popoli a farsi vassalli dell' Impero, ancorché fos-
sero soggetti a Roma ; e ricordiamo il fatto dei Tiburtini, che nel
1001 per una contesa avuta coi Romani, decisero di dichiararsi
soggetti imperiali jure (1), e vi furono incoraggiati dal Papa Sil-
vestro II.
§ 7. — L'Impero tenne poi grandemente a stabilire, che tutto
quello che la Chiesa o altri possedevano emanava da lui ; e fu
sempre vivo negl'imperatori di occidente il desiderio di rendere
irrita e di niun effetto giuridico la vantata donazione di Costan-
tino; perchè con ciò si sarebbe ammessa una tradizione di tem-
porale autorità a favore dei Papi anteriore alla restaurazione
dell' Impero di Occidente. E chi legge e scruta le istorie ne vede
moltissimi esempi, Ira i quali degno di essere segnalato quello
di Arrigo II, per le proteste fatte contro le opinioni manifestate
da Leone IX e da Niccolò li (2). E se i Papi volevano con-
ferire autorità temporale ai principi, l' Impero se ne lagnava,
così che quando nel 1134 Ingilberto marchese fu investito da In-
nocenzo II del Governo della Toscana, l'imperatore gii fece com-
prendere, che non dal Papa, ma da lui doveva ripetere la sua
autorità (3). E lo stesso Muratori, sulla scorta dei cronisti del
(1) Pier Damiano, Vita S. Rom.
(2) Quando nel 1059 Niccolò II diede l'investitura del reame di Napoli ai Nor-
manni, sebbene in quel tempo e cioè nel 1053 Leone IX scrivendo a Michele Cerulario,
patriarca di Costantinopoli, riferisse un brano dell'apocrifa donazione di Costantino,
e in generale tutti a quel tempo la riconoscessero per autentica, pure l' Impero se ne
adontò, e Pier Damiano ci narra, che l'Imperatore Arrigo IV fece cassare omnia quae
ab eo (Niccolò II) fuerunt statuta (Vedi Pier Damiani, Opus. 4).
(3) Si legge negli Ann. pis: (Murat., Rer. italic, voi. VI) che — « III Kalendas.junii
Pisis est celebratum concilium per Papam Innocentium II et alios praelatos. In quo
concilio Ingilbertus de marchia Tusciae investitus est. Qui postea defensus a Pisanis
66 O. SCALVANTI
tempo, conviene che non poteva il Papa conferire ad altri le Pro-
vincie dell'Impero, escluse dalla eredità della contessa Matilde;
mentre sta in fatto, che l' Impero dispose invece di molti beni
compresi in quella eredità a favore delle repubbliche o dei prin-
cipi italiani (1) ; segno certo, che V Impero riteneva non essere
estranea la sua alta autorità a veruna parte del territorio sog-
getto alla podestà imperiale.
E noto poi che tra Innocenzo II e Lotario III le dispute fu-
rono violentissime. Basti, che quando l' imperatore venne nel 1137
in Italia e si trasferi a Roma, papa Innocenzo volle di sua mano
investire il Conte Rainolfo a Duca di Puglia. Ma poiché per il
diritto pubblico allora vigente ogni concessione di temporale do-
minio doveva emanare dall'imperatore, Lotario III pretese di fare
egli l'investitura. La contesa, secondo ci narrano gli storici, durò
trenta giorni, e finalmente fu convenuto, che il papa e l'impera-
tore tenessero entrambi il gonfalone da consegnarsi a Rainolfo.
Lo stesso accadde per l'investitura dell'abate di Monlecassino,
monastero che si considerava Camelea dell'impero. Anche qui la
disputa fu lunga ed aspra, ma prevalse la volontà del pontefice.
§ 8. — Ma dove meglio apparisce l'effettiva autorità imperiale
negli stati della Chiesa e in Roma stessa è nella materia giurisdi-
zionale, che nel diritto pubblico d'ogni nazione ha una parte im-
portante, come quella che racchiude un elemento sostanzialissimo
di sovranità. E niun dubbio, che in Roma gl'imperatori tenessero
funzionari e giudici per vigilare sul governo della città e ammini-
strare giustizia. Già ne]r823 pel fatto della uccisione di Teodoro-
primicerio e di Leone nomenclatore sorsero dispute fra l'impera-
tore e papa Pasquale; e sotto il successore di lui, Eugenio II,
l'Impero ebbe a vantare notevoli facoltà al dirimpetto della Curia
romana. Di ciò ci fa ricordo il biografo di Lodovico il Pio, il
quale narra che — « tantae querelae adversus Romanorum ponti-
et a Lucensibus ubique offensus et victus a])U(i Ficecchium in campo, Pisas cum la-
crj-rais fugiens, a Pisanis vindicatus est». — Resulta poi che nel 1137 l'imperatore mandò
al marchese Ingilberto, come a suo vassallo, buon nerbo di armati sotto il comando
del Duca Arrigo suo genero, perchè i toscani non volevano un principe, che re-
gnasse a nome dell' imperatore. Lo che dimostra che Lotario III aveva resa nulla
l'investitura fatta dal pontefice Innocenzo II.
(1) Scalvanti, Considerazioni sul primo libro degli Statuti perugini. Parte I»
Perugia, 1895, Tip. Boncompagni.
un' opinione del I5ARTOLO SIXLA LIIìERTÀ l'ERlCINA fJT
fìces judicesque sonarent, qiiod quorumdam ponlificiun vel igno-
ranlia vel desidia, sed et judicmn coeca el inexplobili cupidilale,
multorum praedia injusle fuerinl confiscala. Ideoqiio reddendo
qiiae injusle fuerunt sublala, Lolharius rnagnain populo romano
creavil laeliliam. Slalutum esl eliam, Juxta antiquuin niorcin, ut
ex ledere imperatoris millerenlur qui Judiciariam exercentes pote-
statem, jusliliam omni populo facerenl, el lempore quo visum foret
imperatori aequalance penderenl (1) ». — Da pochi anni è risorto
l'impero occidentale, e già è ricevuto come canone di osservata
consuetudine, che ex ledere impercdorìs seggano in Roma magi-
strali, che amministrino — justitiam omni pejpulo — . Vero è, che
il più delle volte questi tribunali si costituivano d' iinfirovviso,
sotto r influsso di circostanze speciali; ma è indubitalo che l'Im-
pero non cessò mai di usare lutti i mezzi per mantenere questa
sua prerogativa di sovranità. Si ha memoria neir829 dell'invio
a Roma di Giuseppe Vescovo e di Leone Conte per conoscere di
una vertenza insorta fra Ingoaldo, abbate del monastero di Farfa,
e la Curia romana. E notisi, che si trattava di grave accusa, im-
perocché alcuni papi si sarebbero resi colpevoli di denegata giu-
stizia (2). Il papa Gregorio IV non volle accettare la sentenza dei
giudici imperiali ; ma, si osservi bene, l'unica pretesa che avanzò,
fu quella di volere interpellare direttamente l'imperatore. Talvolta
poi è lo stesso pontefice, che chiede giudici straordinari alla corte
imperiale, come avvenne ai tempi di Adriano II (3) e di Gio-
vanni Vili (4). Un tribunale imperiale trovasi stabilito in Roma
(1) Astronomo, Vit. Luci. Pii.
(2) Ingoaldo, secondo il Pagi, dolevasi che — « unde tempore Stephani, Pascbalis
et Eugeni! sempei- reclamavimus et justitiam minime invenire potuimus ». —
(3) Adriano II nell' 868 chiese all' Imperatore dei magistrati per giudicare in Roma
Eleuterio, reo di ratto della figlia del papa e della uccisione di lei e della madre Ste-
fania. I cronisti narrano : — « Hadrianus papa apud Imperatorem missos obtinuit, qui
praefatum Eleutherium secvmdum legera romanam judicarent ». — I giudici imperiali
andarono a Roma, e pronunciarono la condanna di Eleuterio (Pagi Ad Ann. Bai-. — ).
(4) Papa Giovanni Vili neU'SSOcosi scrive a Carlo il Grosso: — « Pro justitiis autem
faciendis sanctae romanae ecclesiae, ut idoneos et fldeles viros e latere ve-itro nobis
de praesenti dirigatis, obnixe deposcimus, qui nobis pariter cum missis nostris proli-
ciscentibus, de omnibus justitiam plenissimam faciant, et vestra regali auctoritatc male
agentes corrigant et emendent » — . È a notare, che lo stesso Giovanni VIII nell'anno
dipoi (881) chiese nuovi messi impellali, ma in appresso non sembrò disposto ad ac-
cettarli per dirimere alcune controversie in Ravenna.
68 O. SCALVANTI
al tempo di Lodovico III (1). E quando nel 967 \\ praefectus urbis
e i consules di Roma si resero responsabili di gravi offese verso
papa Giovanni XIII, fu per opera dell'imperatore, secondo ci narra
Liutprando, che i colpevoli e loro seguaci furono assoggettati a
severissime pene (2). Al tempo di Ottone III si ha altro esempio
della giurisdizione imperiale in Roma. Ugo abbate di Farfa com-
parisce dinanzi all'imperatore nel palazzo imperiale di Roma, e
Ottone III insieme al collegio dei giudici risolve la disputa, per
la quale l'abbate querelavasi, e intima la pena di 100 libbre d'oro
puro ai contravventori, da applicarsi — « medietatem (notisi bene)
camerae imperatoris, et medietatem praefato monasterio Sanctae
Mariae in Pharpha (3) ». —
§ 9. — Ma oltre questa funzione giudicatrice, che esplicavasi col
mezzo di un tribunale ordinario in Roma tenuto da giudici ex lettere
imperatoris, era ricevuto anche un altro canone di pubblico diritto,
quello dell'ultimo appello dei romani all'imperatore. Tale principio
fu solennemente ammesso nell'898 nel concilio di Ravenna, es-
sendo papa Giovanni IX e Imperatore Lamberto (4).
Aggiungasi che in Roma noi troviamo in varie epoche sta-
bilito un magistrato imperiale, il praefectus urbis (5), il quale
(1) Si raccoglie tale notizia da una sentenza riferitaci dal Fiorentino, e che in-
comincia colle seguenti parole : — « Dura Domnus Ludovicus serenissimus imperator
augustus a regale dignitate Romam ad summura imperialis culminis apicem, ecc. ». —
(2) « Romanorum alios gladio, aiios suspendio interemit, oculis aliosprivavit, exsilio
alios relegavit ». — Di tale efferratezza, tutt' altro che giustificata per vendicare il mini-
stro di un Dio che perdonava a' suoi crocifissori, Liutprando cerca scagionare Ottone
presso Niceforo Foca, imperatore di Costantinopoli (Vedi Liut. in Legai.).
(3) Cronic. Farf. in Murat. Rer. ital., Voi. I, P. IL
(4) « Si quis romanus, cujuscumque sii ordinis, sive de clero, sive de senatu, seu
de quocumque ordine, gratis ad nostram imperialera majestatem venire voluei'it, aut
necessitate compulsus ad nos voluerit proclamare, nuUus eis contradicere praesumat ;
et neque eorum res quisquam invadere vel depraedari, aut eorum personas in eundo
et redeundo vel morando inquietare praesumat ; donec liceat imperatoriae potestati
eorum causas aut personas, aut per nos aut per missos nostros deliberare. Qui autem
eos inquietare eundo, vel redeundo, vel morando tentaverit, vel eorum quidpiam re-
rum auferre, postquara nostram misericordiam proclamaverint imperialis ultionis in-
dignationem incurrat ».
(5) « Si osserva che nel 1015 in Roma — grandiora urbis et orbis negotia longe su-
perexcedunt eorum judicia, spectantque ad romanum pontiflcem, sive illius vicarios
itemque ad roìnanum imperatoreni, sive illius vicarium praefectum urbis, qui
de sua dignitate respicit utrumque, videlicet domnum papam et doranum imperato-
rem, a quo accipit suae xjotestatis insigne, scilicet exertum gladium, ecc. » (Baluzio,
Mise, Lib. V, pag. 64).
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA 09
aveva vere funzioni di governo, e teneva nelle sue mani la
direzione della polizia (1). Ma {)iù di ogni altro riscontro del-
l'autorità imperiale in Roma, dopo le note concessioni fatte ai
pontefici, valga quello della facoltà concessa agl'imperatori di
emendare le stesse leggi, che i papi davano ai loro soggetti. I*.
Benedetto III, che nell'SSS scrive a Lotario e Lodovico una let-
tera riferitaci da Graziano, e così concepita : — « Nos si in-
competenter aliquid egimus, et subdilis juslae legis tramiiem
non conservavimus^ veslro ac missorum veslrorum cuncta volu-
mus emendare judicio. Inde magnitudinis vestrae magnopere Clc-
mentiam imploramus, ut tales ad haec quae diximus, perquirendo
missos in his partibus dirigatis, qui Deum per omnia timeant, et
cuncta diligenter exqnirant. Et non tantum liaec soia, quae su-
perius diximus, quaerimus ut examussim exagilent, sed sive minora,
ecc. (2) ». — E quando neir<S98 si volle reprimere il pessimo costume
di invadere, alla morte di un papa, il palazzo apostolico e sotto-
porlo a saccheggio, la legge a tal fine emanata terminava con
queste parole: — « Quodqui facere praesumpserit, non solum eccle-
siastica censura, sed etiam imperiali indignatione feriatur ». — Per-
tanto in questi tempi così favorevoli all'ampliamento dei diritti im-
periali, è naturale si venisse formando un gius pubblico, che ri-
spetto al dominio temporale tenesse soggetta la Chiesa all'Impero.
E perciò quando l'Impero donava una terra ai papi, essa passava
alla soggezione della Chiesa"; ma se questa le avesse accordato
libertà, non era che una libertas semipiena. E ben vero che per
privilegio la città donata dall'imperatore era divenuta patrimonio
ecclesiastico; ma poteva la Chiesa concederle in perpetuo libero
(1) Fra i molti esempi circa l'intervento del praefectus urbis si può citare il
fatto avvenuto nel 1086, quando i Romani elessero a forza papa Desiderio abbate di
Montecassino, che si nominò Vittore 111. Essi non avevano voluto piegarsi ad eleggere
ottone vescovo di Ostia, e il prefetto imperiale, lasciato in libertà dal duca Ruggiero,
tornò in Roma, ed esercitando la sua autorità in Campidoglio, perseguitò i Vescovi
aflinchè non avvenisse la consacrazione di Vittore III. Il quale, in quei frangenti,
volle tornarsene a Montecassino, donde poi si trasferi nuovamente a Roma chiamatovi
dal clero e dai cittadini. Ma bastò che giungesse in Roma un messo imperiale, che an-
nunziasse la prossima vendetta dell'antipapa Guiberto, perché i romani abbandonas-
sero tosto Vittore, sebbene universalmente amato. E se la elezione di Urbano II (a. ,088>
non sollevò minacele per parte dell' Imperatore, ciò fu per essere egli impegnato nelle^
gravi e sanguinose fazioni, che desolavano la Germania.
(2) Gratiax, c. 9, Dist: 10 et e. 1-il, 2.
70 O. SCALVANTI
reggimento, creando così un nuovo tipo di sovranità, che il diritto
pubblico di quei tempi era ben lontano dall' ammettere? Che l'Im-
pero, per benevolenza verso la Chiesa, si spogliasse di una parte
del suo dominio, si comprende; giacché la Chiesa era in continui
rapporti coli' Impero, ed esso stesso metteva capo all'alta autorità
dei pontefici. Ma non poteva la Chiesa, mediante concessioni di
privilegi, rinunziare al ricevuto dominio e in virtù di tale rinunzia
creare slati indipendenti da lei e dall' Impero. Noi vediamo che
anche quando era lo stesso imperatore, che accordava privilegi
alle città, e riconosceva i loro liberi reggimenti e le loro consue-
tudini, qualche cosa riservava a sé, come impronta di dominio, ora
sotto forma di giurisdizione in grado di appello, ora per mezzo di
un funzionario imperiale residente nelle città, ora col sottoporre i
comuni al pagamento del fodro e va dicendo. Questa recognizione
di dominio poteva essere di lieve peso per le città, ma costituiva
l'affermazione di un diritto, che alla prima occasione si faceva
valere. Ora se la cessione alla Chiesa fosse stata incondizionata,
e se coi privilegi concessi dai papi, le città si fossero trovate li-
bere e affrancate da ogni vincolo verso l'Impero, ne veniva di
conseguenza, che esse avrebbero ricevuto, coli' intermediario della
Chiesa, più di quello che l' Impero sarebbe stato disposto a con-
cedere direttamente. Vi era dunque nell'Impero un titolo di sovra-
nità, che tornava a rivivere tutte le volte che la Chiesa donataria
rinunziava alla concessione imperiale; perché questa doveva inten-
dersi fatta a esclusivo vantaggio di lei e non a vantaggio dei popoli.
E che le cessioni fatte dall'autorità dei papi o dei vescovi non
avessero efficacia di fronte all' Impero, fu sostenuto anco al tempo
della lotta fra l'Hohenstaufen e le città lombarde. Anche qui tratta-
vasi di regalie, le quali erano, per la massima parte, passate dalle
mani dei vescovi in quelle dei comuni, che ne affidavano l'esercizio
ai consoli da loro eletti. Ora, scrive giustamente l'Hegel, si voleva
costringere le città a riconoscere che tutti i diritti sovrani e gover-
nativi erano, giusta l'antica loro origine, diritti spettanti al re, e
che solo per U investitura o conferma da parte del re stesso po-
tevano legittimamente passare nelle loro mani (1). — A nulla
(1) storia delle Cast. ìiiun , Gap. IV.
UN OPINIONE DEL HAUTOLO SL'LLA I.IREHTA l'EUUGINA ( 1
valeva che il vescovo avesse ler/ìttimamente e cioè per imperiale
privilegio esercitato quei diritti sovrani; essi non |Jolevano venire
legittimamente trasferiti nei nuovi governanti, .se non per conces-
sione imperiale diretta. Dunque il diritto dell'Impero non era
estinto; solo se ne era ceduto l'esercizio ai vescovi, i quali non
avevano potestà di trasmetterlo in altri.
§ 10. — Tutto questo siamo venuti notando per dimostrare che i
canoni di diritto imperiale stabiliti nella stessa Roma erano i se-
guenti: — L'oche ogni concessione di temporale dominio doveva de-
rivare dall'Impero — 2.° Che l'Impero doveva per rito canonico
intervenire nella consacrazione dei pontefici — 3.° Che rimaneva
integro il diritto nell'Impero di avere anche in Roma un rafipre-
senlante, munito di larga ingerenza nel governo della città —
4.° Che vi si mantenevano giurisdizioni imperiali, e si faceva
luogo in ogni caso al ricorso dinanzi al tribunale supremo del-
l'imperatore.
Di qui la difficoltà di avere un governo, che non fosse soggetto
•né all'Impero ne alla Chiesa; perchè la donazione fatta dagl'im-
peratori ai papi era accompagnata da una tacila condizione, e
quasi diremmo, limitala dalla causa slessa che vi aveva dato luogo;
^ perciò il privilegio di libertà che si concedeva dalla Chiesa fa-
ceva stato di fronte a lei, ma non aveva valore di fronte all' Im-
pero, che poteva sempre far rivivere ed esercitare i suoi diritti
di alla sovranità. Bisognava dunque ampliare e modificare il di-
ritto pubblico del tempo, trovare il titolo giuridico della legitti-
mità e perpetuità dei governi autonomi, e porre a guardia di questa
•conquista scientifica le supreme ragioni di giustizia.
Intanto è da notare che il Bartolo, parlando della sua Perugia,
accortamente riconnelte il dominio papale a quello dell'Impero;
•con che mira a stabilire la legittimità di quel dominio nella Chiesa
concedente; legittimità che derivava dalla imperiale concessione.
Ma come pensò poi il Bartolo, che di fronte a Perugia fosse ve-
nuto ad estinguersi ogni diritto dell'Impero, mentre sembra che
ogni cessione che egli faceva, dovesse sempre intendersi fatta (e
ne abbiamo visti esempi) salvo in omnibus Jure imperiali? Stabi-
lito il titolo di legittimità nel potere dei papi, occorreva investi-
gare in qual modo la Chiesa, liberando la città, ossia restituen-
dola a libero reggimento, fosse venuta ad estinguere non solo le
72 O, SCALVANTI
prerogative della sovranità propria, ma quelle ancora della sovra-
nità imperiale, che, per una folla di esempi storici, sembravano-
essere inalienabili e imprescrittibili.
V'erano ragioni storiche, su cui poter fondare questa ardila
teoria ?
§ 11. — Intanto su questo punto essenzialissimo di ricerche è
d'uopo premettere, che sebbene» alta fosse l'autorità imperiale,
pure di fronte a lei sorgeva la podestà dei papi, e già abbiamo ac-
cennato come questa si affaticasse a conquistare un qualche tem-
porale dominio sulle città italiane. "Va bene, che chi poteva legit-
timamente investire la Chiesa di questa sovranità era l'Impero;,
e fu veduto ancora che, nonostante le concessioni imperiali ai
pontefici, l'autorità degl' imperatori si conservò certamente in jure
e spesso in facto fin nella stessa Roma. E se avessimo d'uopo
di aggiungere altri fatti a quelli già riferiti, vorremmo ricordare-
la parte presa dagl'imperatori nel combattere in Roma le fazioni,.
che miravano ad affrancare la città dal giogo imperiale ; onde le
fiere contese al tempo di Ottone I, il consolato di Crescenzio e
le sanguinose repressioni di Ottone III.
Ma se la Chiesa, ora in modo occulto, ora in modo palese, fin
dalla restaurazione dell' Impero aveva cercato di accrescere la sua
potenza non solo in spivitualibus, ma anche in temporalibus, quale
era ai tempi del Bartolo lo stato della disputa fra la Chiesa e
r Impero ?
Abbiamo osservato, che la Chiesa volle riconosciuto negl'impe-
ratori soltanto il diritto di presenziare la consacrazione dei papi;,
ma pure non scarseggiano nell' istoria esempi di protesta anche
contro questo rito canonico. Da documenti, di cui invano si re-
voca in dubbio l'aulenticilà, perchè provati sinceri alla stregua
dei raffronti storici, risulla che Adriano III nell' 884 volle ces-
sata la ingerenza imperiale nella elezione dei papi (1). E tanta
novità vi fu allora in questa parte del diritto pubblico della
Chiesa e dell'Impero, che Stefano V fu consacrato senza l'im-
periale intervento ; onde le ire di Carlo il Grosso, perchè — « eo
inconsulto illum ordinare praesumerunt (2) ». — Al qual fatto ri-
(1) SiGONio, De regno ita!., lib. V. e Ptolom: Lue. Hist. ecc., t. XI, Rcr: it.
(2) L.vMBECio, Ann. frane, in Murat., Rer. Hai., P. II, T. II.
un'opinione del HAKTOLO sulla LIllKUTÀ l'ERUC.INA 73
sponde quello verificatosi nel lOGl quando fu elello, per le cure
di Ildebrando, il pontefice Anselmo da Budugio, che prese il
nome di Alessandro li. K vero che in Roma vi era un parlila
diretto dai conti di Tuscolo, che voleva rispettale le prerogative
imperiali ; ma vi era pure, e prevalente, il |)artilo che istigava
a non osservarle. E così, mentre Arrigo li volle che i romani
non potessero eleggere il papa senza suo consenso, e Niccolò II
volle rispettato il costume antico, che riconosceva nell'impera-
tore il diritto di verificare la elezione e assistere alla ordina-
zione pontificia; nel caso, da noi accennato, si volle sopjiresso
anche quest'ultimo resto delle imperiali prerogative. Inoltre
abbiamo già visto, che lo stesso Giovanni VIII in alcune sue
Epistole protesta contro i messi imperiali, inviati a Roma per
amministrare giustizia. Né meno fiere sono le denegazioni di
Adriano IV nel 1159, quando insorge contro Federico I, che aveva
mandato in Roma dei magistrali per dirimere controversie, senza
l'assenso del pontefice. Ma più d'ogni altro documento serve a
dimostrare la resistenza che i Papi fecero contro la giurisdizione
imperiale, un testo delle Clementine, dove il pontefice, a proposito
di alcune sentenze ernanate da un tribunale imperiale in certe
questioni tra Arrigo e Roberto re di Sicilia, dichiara irriti e cani
cotesti giudicati, allegando che il re, sebbene citato regolarmente,
non era presente al giudizio (1). Oltre a ciò cercano i papi di
scuotere il giogo dei re, sollomeltendosi solo agl'imperatori, la
cui consacrazione slava nelle loro mani; talché quando Arrigo III,
che non aveva assunto ancora la corona imperiale, fece deporre
nel Concilio di Sutri i tre papi Benedetto IX, Silvestro III e Gre-
gorio VI, e il Baronio dice, che fu detestanda prosunzione del-
l' imperatore, dovuta al fatto che Gregorio VI era stato eletto-
(1) Il Muratori cita l' Epistola di papa Clemente col titolo — Pastoralem — mentre
incomincia colla parola — Pastomlls — e si legge nel Corjìus Juris canonici, Wj. II,
Clement., Tit. XI, Gap. II. Ivi è detto; — « Nos tam ex av.qierioritate quam ad Impe-
rium non est dubium nos habere, guani ex potesiate, in qua (vacante imperio)
Imperatori succedimus, et nihilominus ex illius plenitudine potestatis, quam Christus
Rex Regum et Dominus dominantiura nobis, licet immeritis in persona Beati Petri
concessit, sententiam et processus omnes praedictos, et quicquid ex eis securum est
declaramus fuisse ac esse omnino irritos et inanes Praehabitis per Imperatorem
eumdem quibusdam processibus contila eum (Regem) absentem tamen, quamvis legi-
time (juxta Imperatoris assertionem) citatum, ecc. ».
74 O. SCALVANTI
senza suo consenso, molli e gravi storici osservano, che di ciò
non poteva Arrigo dolersi, in quanto che, non essendo impera-
tore, nessun diritto aveva sulla città di Roma.
E cenno poi, sotto alcuni pontefici, del loro governo su Roma
etìam in temporalibas, come fu al tempo di Giovanni XII (1). Se
nonché le tristi condizioni della Chiesa non permisero a quel
pontefice e ai suoi successori di affrancarsi dall'impero. Anzi lo
stesso Giovanni XII, stretto da Berengario II e da Adalberto,
dovette ricorrere all' istituto giuridico deWadvocatia ecclesiae, in-
viando Giovanni diacono e Azo scrinarlo a Ottone per chiamarlo
a difesa della curia romana.
§ 12. — Ma ancorché a quando a quando la Chiesa si trovi nella
necessità di ricorrere all' Impero, ormai noi dobbiamo verificare un
continuo progresso nelle condizioni di lei. Lo stesso Ottone con-
viene di dover largheggiare colla Chiesa, ed è a questo proposito
preziosissimo il documento conservatoci da Graziano e che leg-
gasi anco nel Baronio (2). E una lettera, che Ottone indirizza da
Pavia a Giovanni XII, e dove dice : — « Si permittente Domino,
Romam venero, sanctam romanam Ecclesiam et te rectorem ipsius
exaltabo secundum posse meum ; et nunquam vitam aut membra
et ipsum honorem, quem habes, mea voluntate, aut meo Consilio,
aut meo consensu, aut mea exhortatione perdes. VA in romana
urbe nullum placilum, aut ordinationem faciam de omnibus, quae
ad te aut ad Romanos perlinent, sine tuo Consilio. Et quidquid
in nostrani potestatem de terra S. Petri pervenerit, tibi reddem.
Et cuicumque regnum italicum commisero, jurare faciam illum,
ut adjutor tibi sit ad defendendam terram Sancti Petri secundum
suum posse ». — E noto come queste. concessioni non approdas-
sero al fine di mantenere pacifici rapporti tra le due potestà. Le
lotte fra Gregorio VII e il quarto Arrigo, l'umiliazione sofferta
dall'autorità impei'iale a Canossa, la conciliazione avvenuta nel
1111 fra Pasquale li e Arrigo V, poco stante revocata (3), le ri-
li) MuKAT. Ann.^ voi. XXXIII, pag. 23.
(2) Annali Ecclesiastici all' an. 690, e Graziax. Dist. 63, e. 33. TU. Domln.
(3) Il papa aveva proposto, che egli rinunzierebbe a tutti gli stati e regalie, che
gli ecclesiastici avevano avuto e riconoscevano dall' Impero e dai regni di Carlo Magno,
Lodovico il Pio e Arrigo I, specificando città, ducati, comitati, zecche, gabelle, mer-
cati, avvocazie, corti, castella, ecc.; e il Re alla sua volta rinunzierebbe all' uso di in-
un'opinione del iìautolo sulla libertà I>E1U(;iNA 75
sorgenti contese fra Innocenzo II e Lotario III e tra Federigo I
e Adriano IV, le proteste degli Ottoni, i trionfi delia politica di
Federigo II e le sue discordie con Innocenzo III e Gregorio IX,
son tutti avvenimenti, su cui si intessono più secoli di storia ila-
liana. E ove ripensiamo alla stessa lotta delle investiture, se da
un lato ci apparisce manifesto l'accanimento, col quale T Impero
difese non solo le prerogative della sua temporale autorità, ma
ben anco il titolo della sua ingerenza nella nomina dei dignitari
ecclesiastici ; dall'altro si apprende che la Chiesa ormai riusciva
ad aver ragione dell' Im[)ero. Infatti col trattalo di Worms l' Im-
pero dovette cedere rispetto alla elezione dei prelati e alla inve-
stitura coli' anello e col pastorale; e solo gli restò il diritto della
temporale investitura collo scettro e della precedenza di questa,
al di là delle Alpi, alla investitura spirituale. Onde non ha torlo
l'Hegel, quando dice che in quel trattato, l'imperatore perdette
la causa sul punto telale, di cui trattavasi, e cioè che la Chiesa
■voleva possedere jure proprio le regalie anticamente concesse
agli ecclesiastici dall' Impero (1). E vero che la Chiesa non riuscì
colla dieta di Worms a vedere accolti i principi del Dictatus
papae di Gregorio VII ; ma tuttavia conseguì gran parte del suo
scopo, di rendersi cioè assai più indipendente dall'Impero. Ma
vediamo con ordine di ciò, che avvenne al tempo del Barbarossa.
Federico I, bene accorgendosi della influenza sempre maggiore
dei papi, non piegò ai voleri del pontefice, che non volle ac-
cogliere gl'inviati imperiali per amministrare giustizia in Roma;
parendogli, dicono gli storici, di diventare un imperatore dei Ro-
mani dì solo nome e da scena, quando se gli volesse levare ogni
potere e dominio in Roma (2). Né potevano piacere a Federico
tali propositi della curia romana, dal momento che nel 1154 gli ave-
A'ano offerto il dominio — « legati de omnibus civitatibus Tusciae,
vestire i vescovi e gli abati. AiTigo V andò sulle furie, e fece prigione Pasquale II.
Poi nel 1111, stabilito un accordo, Arrigo fu consacrato imperatore; ma in parte per
il mal volere di lui e in parte per l'opposizione dei vescovi, l'accordo venne a ces-
sare col Concilio latei'anense tenuto nel 1116. I vescovi disapprovarono che il papa
non avesse voluto riconoscere la possibilità di investiture a favore di religiosi per parte
di laici.
(1) Hegel, Storia cleUa Cast., Gap. VI.
(2) MuRAT, Ann. — ad an. 1159.
76 O. SCALVAMTI
nec non ex omnibus civitatibus Spoleti, munera condigna offeren-
tes, et subjectionem voluntariam promitlenles (1) ».
Pur tuttavia egli ebbe l'animo disposto a rispettare quei pri-
vilegi, che nel campo del temporale dominio gli ecclesiastici ave-
vano ricevuto dagl'imperatori. E ne è documento infallibile la Pa-
ce di Costanza, ove si legge: — « In civitate illa, in qua Episcopus
per privilegium Imperatoris vel regis comitatum habet, si consules
per ipsum episcopum consulatum recipere solent, ab ipso reci-
piant (2) ». — Con la quale disposizione Federigo confermava i pri-
vilegi antichi, e poiché l'investitura dei consoli era una facoltà
che riservava a sé (« alioqui unaquaeque civitasanobis consula-
tum recipiant »), riconoscendola in caso di privilegio nei vescovi,,
veniva quasi a crearli vicari imperiali.
§ 13. — Ma sebbene l'Impero manifesti di sovente e in termini
vivaci il desiderio di riconquistare intera la sua indipendenza, pure
dagli ultimi del secolo XII e nel secolo seguente, penetrano nel gius
pubblico delle massime e dei principi atti a liberare la Chiesa
dalla supremazia degl'Imperatori. A ciò diedero occasione le lun-
ghe e frequenti vacanze del trono imperiale; imperocché è noto
che dal 1251 al 1273 non si ebbe nessun imperatore o re dei ro-
mani. Nel 1273 fu re dei romani Ridolfo, che cercò invano di re-
staurare i diritti dell'Impero, onde inviò il figlio in Italia per com-
piervi una invasione nelle terre della Savoja. Nel 1292 succede a
lui Adolfo di Nassau, come re dei romani fino al 1298, anno nel
quale cotal titolo è assunto da Alberto tedesco. L'impero ritorna
nel 1312 con Arrigo VII, che si fa coronare imperatore a Roma,
mentre il papa è in Provenza. Ma dopo due anni la sedia imperiale
vaca di bel nuovo, e cioè dal 1314 al 1346, quando é incoronato
imperatore Carlo IV, quello stesso a cui il Bartolo fu inviato am-
basciatore (3). Questo stalo di cose determinò una corrente favo-
revole alla Chiesa, di cui il Bartolo, vissuto proprio al tempo nel
quale le lunghe vacanze dell'Impero avevano reso più facile il
lavorio di indipendenza della Chiesa roniana, dovette tener conto
nella costruzione della sua teorica.
(1) Weingart, Chronic apud Leibmtium, t. I. ,
(2) De lìace Constantiae, § Privilegia omnia, ecc.
(3) Scalvanti, Cons. sul prino libro degli Statuti perugini. Parte I, Pe-
rugia, 1895.
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERU(iINA 77
Anzi, lulla la storia registra in più occasioni il diritto che la
Chiesa volle rivendicare sul regno di Sicilia, e per citare un fatto
solo, perchè si collega a' due grandi nomi di Innocenzo III e di
Federigo II, ricorderemo le dichiarazioni, che il pontefice ebbe a
fare nel 1215 a Federigo, e cioè che se veniva esaltato come im-
peratore, doveva cedere immediatamente il regno di Sicilia al figlio
suo, che tal dominio riconoscerebbe dalla Santa sede.
§ 14. — Ma i tre istituti che la Chiesa, profittando di favore-
voli circostanze, cercò introdurre nel diritto pubblico del tempo
furono i seguenti :
1.° Che l'Impero era dato dal Papa in feudo agl'imperatori.
2.° Che nella vacanza dell' Impero, il vicariato di esso spet-
tava al Papa.
3.° Che come il Papa dava ai He l'Impero in feudo, cosi po-
teva tal concessione revocare.
1. — 11 primo cenno di concessione quasi feudale dell'impero
si ebbe nelle lotte fra Federigo I e Adriano IV. Fu nel 1157,
che quel pontefice mandò suoi ambasciatori a Besanzone, dove
trovavasi l'imperatore, per fargli rimostranze di non avere punito
ancora quei tedeschi, che avevano fatto prigione Esquilo arcive-
scovo di Lunden. E per stimolarlo a compiere quello che il papa
credeva stretto dovere dell'imperatore, Adriano IV ricordava nelle
sue lettere a Federico I, di avergli conferito la corona, di che,
aggiungeva, non avrebbe avuto mai pentimento, quando anche
— majora beneficia excellentia tua de manu nostra suscepisset — .
In specie quella parola — beneficia — , di cui Federigo, così vago
di definizioni legali, comprendeva certo il significato, spiacque
a lui e a' suoi fautori, perchè parve volesse il papa sostenere,
che Federigo teneva l'Impero da lui come in feudo. Nella quale
opinione lo confermava una scritta, veduta in Roma, e che leg-
gevasi nel palazzo lateranense sotto una pittura rappresentante
l'imperatore Lotario a' piedi del papa; la quale scritta era così
concepita ;
Eex venit ante fores, jurans x>rius urbis honores,
Post homo fit papae, sumit quo dante coronam (1).
(1) Ml'rat, Annali, ad an. 1157.
■
78 O. SCALVANTI
E per verità il senso dell'intera scritta, e in specie quella pa-
rola — homo — ricevuta in significato di vassallo^ non poteva
riuscire gradita al carattere imperioso di F^ederico. E poiché egli
ebbe a lagnarsene cogli ambasciatori del papa, uno di essi per
chiarire il concetto del suo signore, uscì in questa frase: — .4 quo
ergo habet si a domino papa non habei impteriumf — L'ira che
sollevarono tali parole fu tanta, che Ottone conte palatino di Ba-
viera poco mancò non uccidesse il legato pontifìcio (1).
2. — Ma ormai il principio era posto, e non mancava che trar-
ne le conseguenze; prima delle quali doveva esser questa, che
nella vacanza dell'Impero, l'alta autorità imperiale apparteneva a
titolo di vicariato al papa. La quale teoria andò formandosi negli
ultimi del secolo XIII e ai principii del XIV. La troviamo infatti
ricordata nel testo — Pastoralis — di Clemente altrove citato, là
dove si dice: — « Nos... a potestà te, in qua (vacante imperio) Im-
peratori succedimus ». — E lo stesso si afferma nel 1322 al tempo
di Giovanni XXII, quando a proposito dei diritti pontifici su Pia-
cenza, si nota che questa città — « immediate subjecta est et fuerit
ab antiquo Sanctae Romanae Ecclesiae » — e gli storici sostengono
che certo tal signoria doveva aver luogo nella vacanza deW im-
pero, come era avvenuto per Parma e Modena (2).
3. — E se fin dal tempo di Federigo si era affacciala l' idea,
che l'Impero fosse feudo della Chiesa, nessuno potrà meravigliarsi
che poco tempo dopo, e cioè nel pontificato di Celestino III (1191-
1198) si introducesse l'altro principio, che il papa poteva revo-
care la podestà concessa infeudo agl'imperatori (3). In tal modo
(1) Sebbene quest' idea del feudo sia sorta più tardi, piire un cenno di simiglianti
pretese s'incontra lino dall' 823. Infatti quando papa Pasquale invitò Lotario a Roma
per procedere alla coronazione imperiale, lo avvertì, che, senza tale solennità, egli non
poteva esercitare atti propri di un imperatore; e quindi era mestieri venisse in Italia
a cingere la corona, non al solo effetto della sanliflcazione, ma a quello eziandio
del potere — non taìii sancii ftcatione guani potestate et nomine — (Pascasius Ra-
TBERTUS in Vita Vallae ab. apud Mab.).
(2) Vedi fra gli altri Muratori, Ann. d'Italia.
(3) L'IIovedeno ne' suoi Annali narra che quando Celestino III diede la corona
imperiale ad Arrigo VI — « percussit cum pede suo coronam imperatoris, et dejecit
eam in terram, significans quod ipse potestatem ejiciendi eum ab imperio habet, si
ille demeruerit. Sed Cardinales statim arripientes coronam, imposuerunt eam capiti
imperatoris » — . Il cardinal Baronie accettò il racconto dell' Ilovedeno; ma, ad ogni
modo, posto che il fatto non siasi verificato proprio nel modo che narra 1' annalista,
è certo che qualche cosa di simigliante deve essere avvenuto per autorizzare il giudi-
zio degli storici.
un' opinione del BARTOLO SILLA LIltERTÀ l'ERl'GINA 79
questo pontefice andava preparando il terreno alle altre conquiste
che Innocenzo, suo successore, doveva intraprendere a favore della
Chiesa. Né deve stupire, che dopo essersi introdotta la teoria
dell'impero /eMO?o della Chiesa e del vicariato di essa, Bonifacio
Vili (a. 1294-1303) si proclamasse egli stesso — solus impvra-
tor — (1). Con questa corrente di idee si apriva il secolo XIV,
nel quale il Bartolo visse e insegnò.
§ 15. — Al suo tempo dunque nessun principio pacifico erasi sta-
bilito per sistemare in modo definitivo la posizione giuridica dell'Im-
pero nei suoi rapporti coll'Italia e in specie colla Chiesa; ma eviden-
temente questa andava ogni dì più guadagnando terreno. II grande
giurista, come abbiamo avvertito, volle innanzi tutto ricongiun-
gere lo stato di Perugia agli antichi diritti imperiali, uniforman-
dosi alle massime invalse nei secoli precedenti, ed a ciò che di
quando in quando l'Impero affermava anche al tempo suo. Non
bisogna infatti dimenticare l'Editto di Lodovico il Bavaro dell'an-
no 1339, col quale si vuole rendere affatto indipendente l'autorità
imperiale dalla ingerenza della Chiesa e stabilire che l'imperatore
per la sola elezione — « est rex verus et imperator Romanorum
censendus et nominandus » — senza bisogno di conferma o con-
senso della Sedia apostolica (2). A questa dichiarazione doveva
tener dietro tutto un sistema di restaurazione dei diritti impe-
riali ; talché, col voto di Uberto da Lampugnano e di Marsilio
da Padova, fu sancito, che dai tribunali ecclesiastici fosse dato
appello alla Corte imperiale ; che all'imperatore spettasse di inter-
venire per la convocazione dei concilii, per stabilire feste e di-
giuni, il numero dei templi e dei sacerdoti, e infine che a lui
spettasse la nomina a molte dignità ecclesiastiche, non esclusa
(1) Narrasi che Bonifacio, ricevuti gli ambasciatori di Re Alberto, dichiarasse che
il loro signore non era degno di rivestire l'imperiale autorità, essendosi ribellato al
Re Adolfo. E poiché i legati cercavano persuadere il pontefice a più ragionevole con-
siglio, narra Benvenuto da Imola (Hist. August) che Bonifacio, assiso sul trono e
tenendo la corona in capo con una spada a lato, bruscamente esclamò: — « /o sono
Cesare, io Vim2}eratore! » —
(2) « Declaramus quod imperialis potestas et dignitas est immediate a solo Beo,
et quod de jure imperii et consuetudine antiquitus approbata, postquam aliquis eligitur
in imperatorem ab electoribus, statim, ex sola electione, est rex verus et imperator
Romanorum censendus et nominandus, nec papae, sive sedis apostolicae confìrmatione
indiget vel consensu ». — (Fertile, Storia del Diritto italiano, voi. I). La quale teoria
Lodovico il Bavaro pose ad effetto facendosi eleggere dal popolo e incoronare da SciaiTa
Colonna.
so O. SCALVANTI
la ingerenza nella elezione del pontefice e la podestà di deporlo.
La stessa esagerazione che si nota in questo disegno di Lodovico
il Bavaro, ci dinaostra com'egli agisse per un forte spirito di rea-
zione contro le pretese papali ; ma tale teorica non durò nemme-
no la vita di lui, imperocché sia noto che, lui vivente, venne esal-
tato al trono imperiale Carlo IV (1).
D'altronde lo stesso Carlo IV pareva risoluto a rivendicare i
diritti dell' Impero, onde Clemente VI nel 1348 prima ancora che
Carlo divenisse imperatore (2), lo sollecitò a cedergli tutte le ra-
gioni imperiali sulla città di Avignone; il che conseguì in forma
solenne col diploma riferitoci dal Leibnitz (3). E poiché Giovanni
Visconti molestava le città italiane e i papi erano lontani da Roma,
molti comuni, tra i quali Firenze, Perugia e Siena, andarono sol-
lecitando Carlo IV a scendere in Italia, e la slessa Lega di Lom-
bardia del 1354 rinnovò tali pratiche, che raggiunsero l'effetto de-
siderato, imperocché in quell' anno Carlo IV si dispose a venire
nella penisola. Ove giunto, non si ristette dell'affermare qua e
colà i diritti dell' Impero, e ne è prova la mutazione introdotta
nel governo di Siena, di cui mise a capo Niccolò patriarca di
Aquileja, suo fratello naturale, poco dipoi deposto e cacciato.
§ 16. — Bisognava dunque aver sempre riguardo al diritto impe-
riale, e ricollegare a questa suprema fonte di temporale dominio
l'autorità della Chiesa su Perugia; e bisognava poi profittare della
evoluzione fatta dal diritto pubblico nei rapporti fra la Chiesa e
Impero, per giungere alla dichiarazione della libertà perugina (4).
(1) La venuta in Italia di Arrigo VII fu cagione che la parte ghibellina trionfasse
quasi dovunque, e poiché contro essa insorsero il papa e il Re di Napoli, i signori
ghibellini invocarono l'intervento di Lodovico il Bavaro. E notisi che questo prin-
cipe, tra per le contese avute in Germania con Federigo duca d' Austria e per la guerra
civile durata otto anni, quando scese in Italia non potè farsi accompagnare da buon
nerbo di armati, e la sua incoronazione a Roma, compiuta contro il volere del papa,
che lo scomunicò, non potè insignirlo legittimamente del titolo e dell'autorità impe-
riale. Mezzo disfatto a Roma, partì dall' Italia odiato e disprezzato da tutti i partiti.
(2) Il Muratori ritiene che Carlo IV fosse imperatore nel 1346, ma mi sembra
inesatto. In quell'anno egli ebbe il titolo di Re dei Romani. Ma la cerimonia avve-
nuta in Bonn nel 25 novembre 13 i6 non poteva conferire al nuovo signore la dignità
« la corona imperiale, che consegui a Roma nel 5 aprile 1355 per le mani del cardinale
Pietro di Bertrando, vescovo d'Ostia, deputato a ciò dal pontefice Innocenzo VI.
(3) Cod. jur. geni., t. I, n. 93.
(4) Tanto più poi era necessario tener conto della imperiale concessione, quanto
che l'Impero qualche regalia pareva voler conservare anche sulle città afirancate
dalla Chiesa (Vedi Scalvanti, op. cit., Parte I}.
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA 81
Il Bartolo mirò a questo fine così ragionando. Egli ammise che
tutto quello che non è sottoposto all'Impero soggiace alla Chiesa.
E ci sembra che nello stabilire questo punto, il Bartolo abbia
avuto presente la invalsa dottrina, che, cacante imperio, era il
pontefice che rappresentava l'alta autorità imperiale da darsi poi
al Re eletto quasi in ragione di feudo. Ma la proposizione aveva
il suo rovescio; di guisa che bisognava aggiungere — che tutto
quello che alla Chiesa non apparteneva, era di spettanza dell'Im-
pero. — Ora se avveniva che la podestà imperiale avesse, mediante
privilegio, concesso alla Chiesa la sovranità sopra un territorio,
e la Chiesa vi avesse rinunziato a favore dei popoli soggetti, la
città non ricadeva sotto l'alto dominio imperiale, perchè il papa
era quasi signore del feudo e certamente vicario imperiale, e se
alla concessione di quella città aveva l'imperatore rinunziato, ne
veniva che il papa avesse legittima potestà di conferire ad altri
la sovranità di quella terra. Dunque, se coli' antica concessione
alla Chiesa mantenevasi un gius imperiale; attesi gli attributi
dalla Chiesa stessa posteriormente acquistali, quel diritto veniva
ad estinguersi. A tale affermazione giunge il Bartolo esaminando
nelle Fonti l'efficacia dei privilegi rispetto all'ordine dei decu-
rioni, ove si nota che, ad esempio, alcuni dignitari, come i con-
soli, i patrizi, il prefetto del pretorio, il maestro dei militi e i loro
figli venivano esonerati dall'ordine dei curiali, e tale privilegio
durava anche dopo la cessazione dell'ufficio.
Nello stesso modo il privilegio della franchigia dall'Impero
accordata a favore della Chiesa nuova sovrana, doveva continuare
anche dopo che era cessato nella Chiesa slessa l'esercizio del di-
ritto, che aveva formato oggetto del privilegio imperiale. E come
il privilegio del padre, anche dopo la cessazione dell'ufficio, gio-
vava ai figli, così il privilegio di sovranità accordato alla Chiesa
giovava ai popoli, anche quando era venuto a mancare il diritto
sovrano dei papi. Questo pensiamo fosse il concello del Bartolo;
e per quanto l'analogia fra i casi contemplati nelle Cosi. 61, 64,
65 e 66 Cod : De decurionibus et flliis, ecc. non apparisca corretta
di fronte alla tesi sostenuta dal celebre giurista per giungere alla
proclamazione della libertà perugina, è un fatto che si volle so-
stenere, che la conservazione di prerogative imperiali era incom-
6
82 O. SCALVANTI
patibile colla sovranità della Chiesa, alla quale conchiusione pre-
stavasi il diritto pubblico del tempo.
Ecco perchè Perugia non suhest Ecclesiae nec Imperio; lo che
è quanto dire che tra l'autorità imperiale da un lato e la podestà
papale dall'altro sorge una terza e legittima forma di sovranità,
quella delle repubbliche italiane. Poco importava al Bartolo, vi-
vente nel secolo XIV, che si trovasse la sua città a godere di
libero governo anco per franchigie concesse direttamente da im-
peratori, ad es. da Arrigo VI ; poco gì' importava che la sua slessa
teorica trovasse qualche restrizione nelle vicende de' secoli XII
e XIII ; a lui premeva di stabilire scientificamente, che Perugia non
poteva più appartenere né all'Impero né alla Chiesa, e a ciò gli
servivano i materiali storici circa i recenti rapporti fra le due po-
destà. A far poi che i fatti rispondessero alla teorica il meglio
possibile, dovevano adoperarsi con industre ingegno i governanti,
come egli stesso vi si adoperò nel soddisfare ai pubblici uffici,
cui lo chiamavano i suoi concittadini. E se taluno ritenesse assai
specioso il mezzo escogitato dal Bartolo, e non gli paresse infor-
mato a larghi criteri di libertà, egli si abbandonerebbe al più fu-
nesto errore di uno storico, quello cioè di imprestare a lontane
età sentimenti e principi, che solo il tempo ha saputo risve-
gliare e maturare per la felicità dei popoli e la perfezione dei
governi. E l'affermazione del Bartolo potè molto anche sull'animo
dei dotti, che fiorirono nei secoli appresso; e noi vediamo, ad
es. Alberigo Gentile citare con certo orgoglio Perugia, come —
una in non multis Italiae, qaae libera a Papa et ab Imperio
est — (1). Ciò prova che la teorica del Bartolo non solo era stata
accolta dai giuristi del suo tempo, ma oltre due secoli e mezzo
dopo veniva citata da uomini insigni, come la formula più esatta
a significare la libertà perugina, ormai, ai tempi di Alberigo, ir-
reparabilmente perduta.
§ 17. — Ma a quali atti di donazione imperiale può essersi rife-
rito il Bartolo? Se noi volessimo tener conto di tutti gli atti in-
terceduti fra il Papato e l' Impero, non finiremmo più questa nota
al passo del Bartolo; ma a noi sembra che il grande giurecon-
(I) Laudes Academiae Perusinae et Oxoniensix, Hanovia MDGV.
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA -S:j
sullo non abbia pensalo esclusivamente ad un solo diploma per-
chè r espressione che adopera è incerla : — nani Imperator do-
navit eam (Perusiam) Ecclesiae seu permutacit cum ea — . Ora
altro è donazione, altro è permuta; l'una esclude l'altra, né po-
teva cadere in equivoco il dolio giurista.
Pur nondimeno è probabile egli si riferisse alla celebre con-
ferma dei privilegi riguardanti l'Umbria fatta da Lodovico il Pio
nel!' 818 al pontefice Pasquale. Si tratta del documento, chetante
ed erudite discussioni ha sollevato. Vuoisi infatti che il diploma
non sia sincero, ma finto; e il Pagi e il Muratori son giunti a
tale evidenza di dimostrazione da rendere presso che oziose al-
tre indagini. E di vero a far ritenere insincero quel documento
basta il trailo, nel quale l' imperatore cede alla Chiesta — insu-
Las Corsicam, Sardiniam et Siciliani sub integritate cura omni-
bus adiacentibus et territoriis maritimis — . Dato l'accordo e la
pace esistente tra Roma e 1' Impero greco, era egli possibile, che
Lodovico facesse al papa cessione di terre, che erano sempre
soggette all'imperatóre di Oriente? E tanto più dobbiamo confer-
marci in questa opinione^ quanto che nel diploma non occorre ve-
runa di quelle frasi restrittive, che si incontrano in allri docu-
menti di data posteriore. Potevano cedersi infatti territori, di cui
non si aveva a quel momento l'impero; ma si notava ciò con ap-
propriate espressioni, ad es. — patvimonium Siciliae, si Deus
nùstris illud tradiderit manibus — , la quale espressione o una
consimile non occorre nel testo in esame. Ma è duopo osservare
d'altro canto che lo stesso Muratori nella Diss: XXXIV (1) e
negli Annali non dichiara in modo assoluto che quel diploma è
finto; bensì avanza il dubbio che possa essere stato interpolato.
E questo è il vero; anzi a noi pare evidentissimo, che tutta la
prima parte del diploma sia vera ed autentica, mentre tra questa
parte e la chiusa v' è un passo interpolalo, che riguarda dona-
zioni inverosimili in altre parti d'Italia.
Abbiamo più sopra notato, che rispetto alla menzione della
Sicilia, Corsica e Sardegna non si incontra nel testo alcuna ri-
serva, la quale faccia intendere che V Impero non aveva in quel
(\) Voi. II, pag. 300 e seg.
84 O. SCALVANTI
tempo il dominio delle isole. Ebbene se noi poniamo a raffronto
il fatto della donazione della Sicilia, ecc. colla formula, che usa
l'Imperatore verso la Chiesa, abbiamo la prova evidente della in-
terpolazione. — « Ceterum ut diximus omnia superior nominata^
ita ad veslram partem per hoc noslrae confirmalionis decretum
roboramus ut in vestro, vestvoranique successorum permaneant jure
principatu atque ditione, ut neque a nobis ncque a fìliis noslris per
quodlibet argumenlum sive machinationem in quacumque parte mi-
nuatur vestra potestas, ecc. » — . Ognuno comprende che una formula,
in cui si conferma il privilegio, pel quale un territorio deve ri-
manere in principato alla Chiesa, non può riferirsi che a stati, città
e castelli che si trovavano di già soggetti alla medesima. E qui
invece abbiamo, che non solo non erano soggetti alla Chiesa, ma
in quel tempo non si trovavano nemmeno sotto il dominio del-
l' Impero, d'Occidente. Il quale concetto si incontra anche nel prin-
cipio del diploma, ove parlandosi della conferma data da Lodovico
il Pio si dice, che i Papi avevano fino allora in podestà le terre,
cui il privilegio si riferisce.
Pertanto la parte del documento, che riteniamo autentica, è la
seguente :
Ego Ludovicus Imperator Augustus statuo et concedo per hoc
pactum confirmationis tibi B. Petro Principi Apostolorum et prò
te Vicario tuo Dompno Paschali summo Pontifici et universali
Papae et successoribus ejus in perpeluum sicul a praedecessoribus
vestris usque nunc in vestra potestate et ditione tenuistis et di-
sposuistis civitatem Romanam cum ducatu suo et suburbanis atque
viculis omnibus et territoriis ejus monlanis ac marilimis, littori-
bus ac portubus seu cunctis civitatibus, caslellis, oppidis ac vicu-
lis. In Tusciae partibus idest Portum, Centumcellas, Chere, Ble-
dam, Marluranum, Sutrium, Nepe, Castellum, Gallisem, Hortem,
Polimartium, Armeriam, Tode, Perusiam cum tribus insulis suis,
idest majorem et minorem, Pulvensim,, Narniam, Utriculum cum
omnibus finibus ad supradictas civitates pertinenlibus. Simili modo
in partibus Campaniae Signam, Anagniam, Ferentinum, Alatrum,
Patricum, Frisilimam, cum omnibus finibus Campaniae.
Nec non Exarchatum Ravennatem sub integritate cum urbi-*
bus, civitatibus, oppidis et castellis quae piae recordationis Dom-
un' opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA 85
pnus Pipinus rex ac bonae memoriae genilor noster Karolus Im-
peralor Beato Pelro Apostolo et predecessoribus veslris jamdudum
per donalionis paginam restituerunt, hoc est civitalein Havennam
et Emiliani, Bobium, Caesenam, Forum p. p. Forum Livii, Fa-
ventiam, Immolam, Bononiam, Ferrariam, Comiacclum . . . Simul-
que et Penlapolim videlicet Ariminum, Pisaurum, Fanum, Sene-
galliam, Anconam, Hausimum, Humanam, Hesim, Forum Sem-
pronii, Montem F'eretri, Ulbinum et territoriuin Valvense, Kallem
Luciolis, Egubium cum omnibus finibus ac terris ad easdem civi-
tates pertinenlibus (1)
■ \- • • ■ : _ (2j.
Ceterum ut diximus omnia superius nominata ita ad veslrum
partem per hoc nostrae confirmationis decretum roboramus ut in
vestro, vestrorumque successorum permaneant jure principatu at-
que ditione, ut neque a nobis neque a fìliis nostris per quodiibet
argumentum sive machinationem in quacumque parte ininualur
vestra potestas, aut vobis de soprascriptis omnibus vel successo-
ribus vestris in aliquid sublrahatur de suprascriptis videlicet pro-
vinciis, urbibus, ecc.
(1) stimiamo utile dare le variazioni subite dai nomi di alcune città e castella
indicate nel testo. Portum — Portus Augusti, Porto (presso Fiumicino sul braccio
nord del Tevere): Centincellas -r- Civitavecchia; Chere — Caere, oggi Cerveleri
(circondario di Civitavecchia); Bledam — Bleram oggi Biecla (al sud di Vetralla);
Marturanum — Manturanum — Canale 3Ionterano (mandamento di Bracciano);
SiTRiUM — Sutri; Nepe — iXepi; Castellum — Castro dei Volsci; (mandamento di
Vallecorsa circondario di Prosinone); Gallisem — Gallese; HoRTEM-Horta oggi urte;
PoLiMARTiCM — Bomarzo (circondario di Viterbo); Armeri.vm — Ameriam, oggi a melia;
ToDE — Tuderte appellato attualmente Todi; insulam Majorem, Minorem, Pulvensim
— Isola Maggiore, Minore o Isoletta e Polvese nel Lago Trasimeno ; Narniam — Nomi;
Utriculum — Ocriculum oggi Otricoli; Signam — Segni; A's aosi au — Ana giti; Fe-
RENTiNU.vi — Ferentino presso Anagni — Alatrum — Alatri — Patricum — Patrica
(circondario di Prosinone); Frisilimann — Frisilunam oggi Fresinone ; Bobium o piut-
tosto Buidam, oggi Buda (sullo scalo Rondone, che mette nel canale di Medicina e
di là nel drizzagno del Reno), o anche Butriu.m, oggi Ponte di Budrio (sulla Rigotta
fra Cesena e Savignano di Romagna); Forcm p. p. — Forum Popilii oggi Fo ri imjìo polii
Forum Livii — Forlì; Faventiam — Faenza; Immolam — /»ìo;a,-.CoMiACLUM —
Comacchio; Ariminum — Rimini; Pisaurum — Pesaro; Fanum — Fanum Portunae
oggi Fano; Senegalliam — Sinigaglia o Senigallia ; Hausimum — Auximum oggi
Osimo; Humanam — Humanum oggi Sumana (nell'Adriatico a sud-est di Ancona);
Hesim — Jesi; Forum Sempronii — Fossomhrone; Montem Feretri — Macerata
Feltria; Ulbinum — Urbinum, oggi Urbino; territorium Valvense — Vadense, oggi
S. Angelo in Vado (Guado sul Metauro); Kallem Luciolis — Cagli; Egubium —
Iguvium oggi Gubbio.
(2) In questo luogo è il passo interpolato, ove si tratta della cessione di Corsica,
Sardegna, Sicilia, ecc.
86 O. SCALVANTI
Ego Lodovicus misericordia Dei Imp. subscripsi. Et subscrip-
serunt III filii ejus et Episcopi X et Abbates Vili et Gomites XV
et Bibliothecarius unus et Mansionariiis unus et Ostiarius unus (1).
§ 18. — Il tratto che nel Baronio si legge in tutto lo spazio
punteggiato è, secondo noi, l'interpolazione, che vi fu fatta con
molta probabilità nel secolo XI al tempo delle lotte fra la Chiesa
e r Impero (2).
Con questo o altro diploma pervenne nella Chiesa, secondo il
Bartolo, la sovranità su Perugia e le isole del Trasimeno. La
Chiesa poi — ex privilegio liheravit Ulani — ; ed io ritengo che
V insigne giurista si riferisse qui alla Bolla del 1198 di Inno-
cenzo III. Infatti cotesto documento non sottopone la concessione
delle franchigie ad altre restrizioni, che non fossero imposte dal
bisogno di proteggere l'ecclesiastica libertà e quel patrimonio di
esenzioni, di cui il clero godeva dovunque (3). il pontefice prende
la città sotto la sua protezione, ma, previa 1' approvazione delle
consuetudini antiche e di quelle nuovamente stabilite, le accorda
libera elezione di consoli e ampia giurisdizione anche in grado di
appello: — « Consulatum autem cum jurisdictione sua, vobis, au-
ctoritate Apostolica, confirmamus ; concedentes ut hiis, qui sunt
ipsms jurisdictioni subiecti, liberum sit ad Potestatem vel Consu-
les, qui prò tempore fuerint, legilime appellare ; consuetudines
vestras antiquos quoque et novas rationabiles (4) et communiter
(1) Baronio, Annali, a. 818 in f., tomo XIV, pag. 627.
(2) In ciò ci sembra concordare lo stesso Muratori, il quale dice che nel 1059
vennero pubblicandosi le asserte concessioni di Costantino, e con delle aggiunte i di-
plomi di Lodovico il Pio, di Ottone I e di Arrigo I (Ann., anno 1059).
'3i A confermare poi l'opinione nostra, che il Bartolo si riferisse al documento
di Innocenzo III, basti il riflettere alla parte grandissima, che ebbe quel pontefice nella
restaurazione dei diritti della Chiesa. Già vedemmo quali pretese affacciò con Fede-
rigo II rispetto all'investitura del reame di Sicilia: ed ora ricordiamo, che nel 1198, e
cioè nell'atto della sua elezione, egli dichiarò che la cai-ica di ìiraefectus urbis non
dipendeva più dagl' imperatori. — « Petrum urbis praefectum ad ligiam lìdelitatem
recepii, et per mantum quod illi donavit, de praefectura eum publice investivit, qui
usque ad id tempus juramento fidelitatis imperatori fuerit obligatus, et ab eo praefe-
cturae tenebat honorem ». — Dopo questi atti Innocenzo III potè riconquistare la Marca
d'Ancona, il Ducato di Spoleto, Assisi, Foligno, Nocera, ecc.
(4) Rationabiles perchè, per l'insegnamento del Diritto Romano — Consuetu-
dinis, ususque longaevi non vilis auctoritas est; verum non usque adeo sui valitura
momento, ut aut rationem vincat aut legem. {Cosi, di Costant., Cod. Lib. Vili, Tit. 52-2)
un'opinione del BARTOLO SULLA LIBERTÀ PERUGINA S7
observalas, duximus approbandas, salva in omnibus Aposlolicae
sedis auctoritale, pariter et justiliae et Ecclesiaslicorum omnimoda
liberiate ». — Ora se si confronta questo documento col diploma di
Arrigo VI del 7 agosto 1186 è facile rilevare che al solo privile-
gio concesso da Innocenzo III può applicarsi la frase del Bartolo
— liberacit illam — ; perocché nessun riservo di sovranità è fatto
dal Pontefice, mentre nel diploma imperiale si legge : — « Salvo
jvre appellationum que fiunt de rebus valentibus vigintiquinque
libras, ecc. « — le quali appellazioni 1' imperatore riserva al pro-
prio tribunale.
Il documento dell' 818 fu divulgato certamente al tempo delle
avvenute interpolazioni, e, come abbiamo visto, secondo ogni proba-
bilità nel secolo XI. D'allora in poi vi deve essere stata occasione
di ricordarlo, per modo che al Bartolo non potè essere sconosciuto.
Noto del pari dovette essergli il diploma di Innocenzo III di data
più recente, e che costituiva la base del diritto pubblico di quel-
l'età nei rapporti fra Perugia e la Chiesa. E v' ha di più. Nella
bolla pontificia occorrono queste altre espressioni — « Cicitatem
sub Beati Petri et nostra protectione suscipimus eam vero nun-
quanx alienabimus, sed semper ad manus nostras curabimus re-
tinere ». — In altro nostro scritto dimostrammo che la parola —
eam — deve essere riferita a protectionem e non già a — ci-
vitatem — , come voleva il Bonaini (1). Perciò il papa obbliga-
vasi a ritenere sempre presso di sé il protettorato della città. Ciò
era cosa di gran momento, imperocché la protezione di una città
non andava disgiunta da alcuni oneri per lei. Or bene in questa
dichiarazione del pontefice si legge l'obbligo, che egli assumeva di
non cedere ad altri il protettorato della città; non all'Impero f^i-
rettamente, perchè la repubblica non voleva abbracciare la parte
ghibellina, e non ad altri principi o signorie, perchè con ciò in-
direttamente si sarebbero fatti rivivere i diritti dell' Impero. Tutto
ciò dimostra la tendenza dei perugini a schivare in quel tempo e
sopra ogni altra cosa l'autorità imperiale.
Riassumendo la esposta materia al dirimpetto della formula
(1) B3N.VINI, Arch. st. it., T. XVI, Pref. pag. XXXII, e Scalvanti, op. cit.,
Cap. Ili, § 23.
88 O. SCALVANTI
del Bartolo, dobbiamo dire che l'antico principio, che ogni pode-
stà deriva dall'Impero, il quale può cedere ad altri tale dominio
— salvo in omnibus imperiali jure — spiega la parte della formula:
— Imperator donavit eam (Perusiam) Ecclesiae — ; e che le mas-
sime nuovamente introdotte nel gius pubblico fra la Chiesa e l' Im-
pero, giustificano l'altra parte della formula — Cicitas perusina.
non suhsit Ecclesiae nec Imperio — . A questa affermazione il
Bartolo pervenne considerando, che ormai il diritto imperiale era
divenuto più onorario che effettivo, e ad ogni modo aveva ces-
sato di esistere là dove era una espressa concessione alla Chiesa,
autorità divenuta capace di temporale dominio, e perciò capace
di trasferirlo liberamente e perpetuamente in altri con pienezza
di sovranità.
Perugia, dicembre 1895,
Prof. Oscar Scalvanti.
89
DOCUMENTI ILLUSTRATI
LE TRE FAMIGLIE OHSIM
DI MONTEROTONDO, DI MARINO E DI MANOPPELLQ
§ 1. — Una deliberazione del Comune di Orvieto.
La deliberazione, che mi dà occasione di spiegare un'altra
volta, in questo periodico, la fin qui confusa genealogia degli Or-
sini, è quella che i sette capi del governo in Orvieto presero, il
dì 6 maggio 1333, di mandare a Narni due ambasciatori col se-
guito di otto cavalli, affine di condolersi col Legalo Giovanni car-
dinal diacono di S. Teodoro per lo sgraziato caso sopravvenuta
ai due suoi nipoti Bertoldo Orsini ed il conte Francesco dell'An-
guillara, i quali pochi giorni prima erano stati crudehnente uccisi
di spada da Stefanuccio di Stefano Colonna e dai suoi.
« Die sexta mensis Maii.... elegerunt jì^udentes viros Memmum
Jacobi Raynerìi Guillelmi et Muccioluvi Cintii de Vaschiensibus cives
urbevetanos ambaxiatores et in ambaxiatores ituros et qui ire debent et
débeant ad civitatem Narnie cum octo equis inter ambos, super am-
baxiata exponendi prò pa?*<e dicti Communis Rev : Patri et D. D.
Johanni S. Theod. diac. Card. Apost. Sedis Legato, maxime ad condo-
lendum cum eo de sinistro casu nuper advenienti contra Brectulduin de
filiis Ursi et Comitem Franciscum de Anguillaria nepotes dicti domini
Legati, qui hiis diebus fuerunt per StepJianutium dni Stephani de Co-
luTnpna et ejus gentem gladio crudeliter interfecti » (1).
Il cardinale Giovanni, che nel 1333 esercitava in Italia l'uf-
ficio di Legato apostolico, è quello stesso Giovanni Gaetano Or-
sini, che, secondo il Ciacconio, fu creato cardinale diacono del ti-
tolo di S Teodoro nel 1316, cioè nella prima creazione di cardi-
(1) Archivio comunale di Oi'vieto. Rif. XXXIV, e. 19 r.
90 F. SAVIO
nali, fatta dal papa Giovanni XXII. Di chi egli fosse figlio il Ciac-
conio non dice, né dalle memorie finora edite punto si ricava con
certezza, se non fosse che il Villani, nel libro IX, capo 341 della
Cronaca, parlando della sua nomina a Legato, accaduta, secondo
lui, ai 17 aprile del 1326, lo chiama « il/esser Gianni Guatarli
delli Orsini dal Monte ». Ma con questa designazione quale del
ramo degli Orsini era indicato? Era forse, come alcuni supposero,
il ramo degli Orsini di Marino, che a quei tempi sembra posse-
desse pure delle case al Monte Giordano in Roma; oppure il
ramo degli Orsini signori di Monlerondo?
A sciogliere questa difficoltà ed a trovare gli ascendenti del
cardinal Giovanni gioverà primieramente la notizia del grado di
parentela, che era tra lui e Bertoldo.
Bertoldo dalla deliberazione municipale d'Orvieto è detto ni-
pote del cardinale Legato, vale a dire (trattandosi qui di due in-
dividui consanguinei, come indica V identità del cognome Orsini)
figlio di un fratello.
Chi fosse questo fratello del Cardinale è dichiarato in una
lettera di papa Giovanni XXll, del dì 17 giugno 1330, al medesimo
Legalo, con cui lo incarica di esortare alla pace Bertholdum Pon-
■celli nepotem suum (1). Bertoldo pertanto era figlio di Poncello, e
Poncello e Giovanni Gaetano cardinale erano fratelli germani.
§ 2. — Alcune dichiarazioni sulla genealogia degli Orsini.
Come già ho detto altrove, il nome di Poncello era certa-
mente un'abbreviazione di Napoleone, quasi Napoleoncello.
Ne reco due prove indubitale. Nel 1320 Bertoldo figlio di Orso,
che fu poi arcivescovo di Napoli e che era allora priore di S. Ni-
cola di Bari, lasciò erede Pietro suo nipote, figlio di suo fratello
Poncello. Che Bertoldo e Poncello fossero della discendenza di
Gentile Orsini è indubitato dalla menzione, che il suddetto Ber-
toldo fa nel suo testamento del cardinal Matteo Rosso, come di
suo zio paterno, pairui sui (2).
(1) Vatihanischen Akten zur deutschen Geschichte in der ZeU Kaiser Ludivigs
<les Bayern, Innsbruck, Wagner, 1891, pag. 463.
(i) Il sunto di questo testamento fu da me dato nel Bollettino della Società Um-
bra di Storia Patria, voi. I, pag. 536.
LE TUE FAMKILIE ORSINI, ECC. 91
Ora, di questo medesimo Ponoello si ha altresì il lestamento,
in data 4 dicembre 1335, ed in esso egli si chiama Napoleone.
Un'altra prova si ha in un accordo, che il di 4 maggio 1275
fecero i due fratelli Matteo Orso e Giacomo, della linea di Vico-
varo e Campo di Fiore.
Di questo accordo si slesero dal notaio vari atti, tutti nello
slesso giorno. In uno, Matteo Orso promette di osservare T ac-
•cordo anche a nome de' tre suoi figli minori d' età, cioè Napo-
leoncello, Tebalduccio e Giannuccio (1). In un altro Matteo Orso
fa la medesima promessa, ed il notaio non chiama più il primo
<Jei figli minori col nome Xapoleoncello, ma sebbene col nome
■di Poncello (2). Quindi commise un errore il Litla, allorché nella
tavola XIII degli Orsini, diede per figli ad Orso un Napoleone
ed un Poncello, mentre questi sono soltanto due nomi diversi di
una stessa persona, o, per dir meglio, due variazioni dello stesso
nome.
Del resto, i nomi di Napoleone o Poncello, di Bertoldo, di Orso,
<]i Matteo sono tanto spesso ripetuti, al principio del secolo XIV,
nei vari rami della famiglia Orsini, che di qui è venuta la diffi-
coltà principale, che impedi fin ora di stenderne una chiara ed
esatta genealogia. Più di tulli poi genera confusione il nome di
Napoleone, pel vezzo che allora avevasi di usare promiscuamente
o il nome intero o le sue abbreviazioni di Poncello e Poncelletlo.
Prendasi per esempio questa notizia del Gregorovius : « Nel 1312
i cardinali scrissero lettere urgentissime ai seguenti Orsini, cioè
Gentile, Romano, Poncello, Francesco e Poncelletlo del Monte » (3).
(1) « Nos Matheus Ursus filius quond. domini Nepoleonis lohannis Gaietani, et
nos Ursus et lacobus ftlii eiusdem, dni Mathei, ipso patre nostro presente et consen-
tiente nobis et auctoritatem suam prestante in omnibus et singiilis infrascriptis, no-
mine nostro proprio et nomine Nepoleoncelli, et Thebalducij et lanucij flliorum no-
stri Mathei donamiis et titulo donationis ìnter vicos damus et concedimus, cedimus
et ìnandanius vobis domino lacobo fratri nostri Mathei, et Nepoìeoni, Fortibrachie
et Francisco flliis vestris omnia scilicet iura et actiones que 7iobis Matheo et dictis
filiis nostris et cuilibet nostrorum com,petiint et competere 2^ossunt aut poterunt mine
■et in futuro in castro quod dicitur de Porcili et suo tenimento » (Archivio Oi'sini, li,
A, II, 3'.
(2) Matteo Orso promette di fare che « PonceUus et Thebalduccius flUi sui et olini
Mete uxoris sue (cioè della sua prima moglie Oddolina) statim quod pervenient ad
■etatem XIIIl annorum, » daranno il loro consenso (Ardi. Orsini, II, A, II, 5).
(3) Gregorovius, VI, 60. Qui si aggiunga la notizia, dataci da Ferreto Vicentino,
■che Gentile era allora ammalato per una ferita alla gamba (i?. I. S., IX, 1102).
92 F. SAVIO
Quanto a Gentile e Romano non v' è pericolo di confusione; il
primo era figlio di Bertoldo che fu rettore di Romagna al tempo
di Niccolò III nel 1278, il secondo era figlio di Gentile, e sì l'uno
che l'altro appartenevano alla linea di Soana e Pitigliano.
Ma il Poncello e il Poncelletto indicati in ultimo chi saranno?
Cercando nei vari rami della famiglia Orsini noi troviamo al-
meno sei individui, che portavano il nome di Poncello, e di essi con-
sta con certezza, o almeno con molta probabilità, che vivevano
nel 1312, cioè: 1.° Napoleone o Poncello della linea di Soriano,
figlio di Orso e fratello di Bertoldo arcivescovo di Napoli, di cui
abbiamo parlato sopra ; 2.° Un Poncello figlio di Matteo della
linea di Marino. Egli è nominato nel testamento di suo padre-
nel 1305, e non è niente improbabile, che fosse ancor vivO'
nel 1312 (1) ; 3.° Napoleone, cardinale di S. Adriano figlio di
Rinaldo, anch' egli della linea di Marino ; 4.° Poncello figlio di
Matteo Rosso della linea di Monte Rotondo, che fu vicario regia
in Roma nel 1323 (2) ; 5.o Un Poncello figlio di Fortebraccio della
linea di Vicovaro e Campo di Fiore ; 0.° Il Napoleoncello figlio di
Matteo Orso, della stessa linea di Vicovaro e Campo di Fiore, di
cui abbiamo parlato; 7." Un Poncello, figlio di Orso figlio primo-
genito di Matteo Orso suddetto.
Vero è che a quei tempi, per evitare la confusione che neces-
sariamente doveva recare questa ripetizione di nomi, si soleva
aggiungere non solamente il nome del padre, ma ancora quella
dell'avo, per es., Matthens Ursus filius quondam Napoleonis lo-
hannis Gaietani (3), Isabella uxor nobilis viri dom. Nepoleoni»
domini lacohi Nepoleonis de flliis Ursi (4), e persino del bisa-
volo, come in un breve di Niccolò IV, il quale è indirizzato a
Riccardo nato nobilis viri Fortibrachie lacobi Nepoleonis (5).
Ma siffatta nomenclatura (la quale usavasi solo negli alti no-
tarili) non fu sempre conservata esaltamente nelle traduzioni di
(1) Questo testamento mi fu indicato dal eli.™» Furai con altre carte Orsine,
esistenti nell'archivio Caetani in Roma. V. n. IX, delV Appendice, che è la lista delle carte,
quale da lui mi fu gentilmente trasmessa. Faccio però delle riserve suU' autenticità
di qualcuna, per es. della prima.
(2) Gkegorovius, vi, 124.
(3) Neil' accordo col fratello Giacomo del 4 maggio 1275 già da me citato sopra,
pag. 47.
(4) Testamento di Isabella nel 1270, marzo 9 {Archivio Orsini, II, A, I, 46).
(.5) Archivio Orsini, II, A, II, 32.
LE TRE FAMIGLIE OKSINI, ECC. 93
quei nomi in vc^lgare, poiché in queste non si tenne sempre conto
del caso genitivo e si tradussero quei vari nomi come se lutti
fossero nel caso retto ed appartenessero ad un solo individuo.
§ 3. — Differenza tra gli Orsini di Monterotondo
e gli Orsini di Marino.
Venendo ora a ricercare chi fosse il Poncello fratello del car-
dinal Gian Gaetano di S. Teodoro, un primo e forte indizio per
collocarlo debitamente al suo posto nell'albero genealogico degli
Orsini si trova nell'indicazione dataci dal Villani, che il Legato
era degli Orsini del Monte. Che con questa indicazione s' inten-
desse il ramo degli Orsini, discendente da Matteo Rosso, fratello
ultimo genito di Niccolò III, ne è prova eziandio il necrologio
della basilica vaticana, composto nella seconda metà del secolo
XIV, dove il medesimo Poncello, del quale discorriamo, è detto
figlio di Matteo Rosso del Monte : « Idibus iMaii. Ohiit magni-
ficus tir Poncellus domini Mathei Ruhei de Monte ».
Il Litta (tavola V) ammise bensì che il suddetto Matteo Rosso
ed i suoi figli e nipoti si chiamassero del Monte; ma credette
cosi significato il Monte Giordano di Roma. I documenti, che or
andrò citando, convincono che col nome di Monte si deve inten-
dere Monte Rotondo, principale possedimento di Matteo Rosso e
de' suoi discendenti ; e che perciò il Litta si sbagliò ancora dando
il nome di signori di Monterotondo ai discendenti di Rinaldo, al-
tro fratello di Niccolò III (tavola VII). Un terzo errore commise
il Lilla, nella stessa tavola VII, attribuendo a Giordano discen-
dente dal medesimo Rinaldo, i figli di un altro Giordano discen-
dente da Matteo Rosso, confondendo quindi stranamente le due
discendenze. Ma vediamo i documenti.
11 primo per ordine di tempo e, direi pure, d' importanza, è
l'atto di divisione di beni, che si compi nel 1286, maggio 21), tra
Matteo Rosso da una parte ed i figli di Rinaldo, defunto fratello
di Matteo Rosso dall'altra. L'atto si conserva originale tra le carte
dello Spedale di S. Spirito in Sassia, ora nell' archivio di Stato
in Roma, dov' io lo vidi, e fu pubblicato nelle sue parti sostan-
ziali dal Coppi nel tomo XV delle Dissertazioni della Pontificia
Accademia Romana di Archeologia, 1846, pag. 264 e seg. Quindi
mi basterà darne il sunto.
94 F, SAVIO
Alla presenza di Giordano cardinal diacono di S. Eustachio
(fratello di Niccolò III e di Matteo Rosso), i figli del fu Rinaldo,
cioè Napoleone e Matteo in proprio nome, ed in nome di Orso
e Giovanni ancora pupilli, come pure Ocilenna madre e lulrice di
costoro, volendo procedere alla divisione dei beni, che possede-
vano in comune fuori della città di Roma insieme con Matteo
Rosso loro zio, diedero a costui la terza parte del castello di Monte
Rotondo con tutto il suo tenimento congiunta per indiviso colla
terza parte appartenente a Matteo Rosso e colla terza parte ap-
partenente al cardinal Giordano.
Di più la terza parte del castello e del tenimento di Formello
in diocesi di Nepi, e tutti i diritti che potevano avere sul castello,
sulla rocca, e sul tenimento di Galeria, e sul castello, rocca, ecc.
di Mugnano, in diocesi di Bagnorea.
Alla sua volta Matteo Rosso diede a' suoi nipoti la terza parte
del castello di Marino e suo tenimento, posti nella diocesi d'Al-
bano, la terza parte del castello di Aliano nella diocesi di Orte,
come pure tutti i suoi diritti sul castello di Foglia in Sabina.
Dopo questa divisione di beni, uno dei possedimenti princi-
pali di Matteo Rosso divenne Monterotondo, dove da quel mo-
mento egli ebbe due terze parli dei diritti di sua famiglia, e forse,
quando morì il cardinale Giordano, acquistò pure la terza parte
restante.
Al contrario, uno dei possedimenti principali dei figli di Ri-
naldo rimase Marino, dove, oltre alla loro terza parte, ebbero,
pel citato alto, la parte di Matteo Rosso.
Sembra inoltre che l'abitazione principale in Roma degli Or-
sini di Monterotondo fosse sul Monte, che prima si diceva di
Giovanni Roncione e poi si disse Monte Giordano, prendendo
forse il nome da Giordano, nipote abiatico di Matteo Rosso sud-
detto. Questo io deduco da un atto del 1367 che dicesi fatto in
Monte magnifici viri Francisci Jordani de filiis Ursi (1).
(1) Ecco intero il sunto dell'atto, come si trova riportato dal Galletti nel cod. vat.
7931, pag. 49: « 1367, IndtcUone V, decem. 27. Nobilis vir lohannes Cinthii Cancellar.
Urbis, procurator magnif. viror. Domin. Raynaldi et lordarli de Ursinis militum
tradidit hospitali S. Spiritus in Saxia integrum castrum Fabrice cum perline ntiis in
Collinea districtus Urbis. Ab 1 latere tenimentuni Castri Corchiani, ab alio tenirnen.
castri Castilgionis, ab alio tenimen. Castri Carbognani, ab alio tenirnen. Castri Valle-
rani, ab alio teniinentuni Fallari. Item integrum Castrum Castilgionis in Collinea
LE TRE FAMKiLIE ORSINI, ECC. 95
Darò ora la genealogia degli Orsini di Murino, per [)Oler po-
scia discorrere più chiaramente del ramo di Monlerolondo.
§ 4. — Degli Orsini di Marino.
Dal citalo atto della divisione di beni impariamo quali erano
i figli di Rinaldo, divenuti possessori principali di Mai-ino, cioè
Napoleone, Matteo, Orso e Giovanni.
Napoleone era allora ecclesiastico, ed è il medesimo che poi
da Niccolò IV venne creato cardinal diacono di S. Adriano nel
1288.
Nel codicillo del suo testamento fatto nel 1341 egli stabilisce delle
messe « prò animahus dni Rainaldi patris et domine Octilende
matris nostrorum ». Elegge tra i suoi esecutori testamentari « Bay-
naldv.m de Ursinis niilitern nepotem. nostrum et eciam Jordanum
ipsius Raynaldi militis fratrem, si in loco quo decedemus, prae-
sens fuerit ». Fa pure un legato « sorori Thomasiae moniali mo-
nasterii Sancii Silvestri de capite nepoti nostrae » (1).
Matteo nel 1292 fu senatore di Roma, siccome risulta da
un atto del 4 aprile (2) e da un altro del 10 maggio di quell'anno.
In quest'ultimo egli sottoscrisse insieme con Stefano Colonna suo
collega nel senatorato la pace per Corneto (8). Fu di nuovo sena-
tore nel 1302, come da atto del 2 giugno (4).
Egli fece testamento nel 1305, istituendo suoi eredi i figli Or-
sello, Giannuccio e Poncello (5).
Di Orso non sappiamo altro se non che egli fu marito di
Margherita Aldobrandesca e che già era passalo di questa vita
nel 1297, siccome scorgesi da un atto del cardinal Napoleone suo
predicta: ab I latere tenimentwn Corchiani, ab alio tenimentuìn Fabrice, ab alio
tenimen. Castri Maxene, ab alio tenimen. Fallavi, ab alio tenimen. castri Aliani. Iure
permutationis quia hospitale dedit et cessit supradictis de Ursinis medietateni Castri
Asture cu/m adiectione quinque inilium florenorum aun. Actutn Rome in Monte
magnifici viri Francisci lordani de flliis Tirsi ».
(1) Codice vaticano 7930, pag. 154.
(2) Pflugk-Harttcxg, Iter Italicum, 623.
(3) Gregorovius, Storia di Roma, traci. Manzato, v, 5S4, e cita la copia della Jl/ar-
garita Cornetana, che è nel codice vaticano 7931, pag. 174.
(4) Pflugk-Harttung, Iter; Gregorovius, V, 584.
(5) V. infra Appendice, n. IX.
S6 F. sA^^o
fratello (1). Non sappiamo se sia egli o Giovanni, ultimo dei figli
dì Rinaldo, quel fratello del cardinale Napoleone, che mori im-
provvisamente durante il lungo e deplorevole conclave del 1292-94.
Da questa morte prese occasione lo zelante cardinal Latino Ma-
labranca per rimproverare a' suoi colleghi il disastroso rilardo
che frapponevano alla elezione del Papa, e per proporre la can-
didatura dell'eremita di Morone (2).
Rinaldo e Giordano, che vedemmo citati dal cardinal Napo-
leone nelle ultime sue disposizioni testamentarie, erano suoi pro-
nipoti, cioè figli di Oliscilo, figlio di Matteo. Quindi nei loro atti
essi si chiamano figli di Orso di Matteo di Rinaldo (3). Essi fu-
rono avversari di Cola di Rienzo. Questi in una lettera, in data
del 15 agosto 1350, chiama Rinaldo suo capital nemico (4). E pur
noto che egli andò ad assediar Giordano nel suo castello di Ma-
rino (5).
Dopo il 1375 non trovansi più memorie di Rinaldo. Forse
egli morì in questo tempo, e probabilmente senza figli; poiché
d'ora innanzi vedesi Giordano disporre da solo del patrimonio di
sua famiglia, fino a vendere Marino ed altre terre ad Onoralo
Caelani conte di Fondi.
Cito qui alcuni dei documenti, che, relativamente numerosi,
si hanno di lui (6).
Del 1375 esiste una lettera di Gregorio XI diretta a Jordano
de Ui^sinis de Marena (7). Avendo egli poscia aderito all'antipapa
Clemente VII, questi in data del 2 dicembre 1378, gli concedette
o riconobbe vari castelli, casali e possessioni, tra' quali il castel
(1) Appendice, n. VITI.
(2) Muratori, Ann. d' Ital ad an. 1294.
(3) Vedasi il mio articolo Delle origini e dell'antica nobiltà degli (h^sini, nel pe-
riodico La Civiltà Cattolica, fascicolo del 3» sabato di giugno 1895, pag. 669.
(4) Gabrielli, Epistolario di Cola di Rienzo, Roma, Forzani, 1S90, pag. 170.
(5) Theiner, III, 187.
(6) Dal Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie toscane ed umir e, Firenze,
1671, voi. II, pag. 41, è citata una carta del 1375 come esistente nell'archivio di Brac-
ciano, segnata col n. 8 tra le scritture di Giov. Paolo Orsini di Yicovaro. In essa Nic-
colò conte di Nola a nome suo e de' suoi nipoti Guido e Bertoldo, ed in nome di Ri-
naldo e Giordano signori di Marino, di Giovanni conte di Manoppello e di Ugolino
suo fratello, e di altri Orsini, cede, in riguardo del card. Giacomo della linea di Li-
cenza, ai fratelli di questo Cardinale la quarta parte della metà del governo di Roma.
Resta ora a vedere che cosa s' intenda per governo di Roma.
(7; Theiner, op. cit., II, 569.
LE TRE FAMIGLIE ORSINI, ECC. '•(
S. Elia, quei di Neini, di Genzano, di Ardea e parecchie posses-
sioni presso a Nepi del reddito annuo di 100 fiorini d'oro (1).
Il Gregorovius poi cita alcuni altri documenti, esistenti nel-
l'archivio Colonna, tra cui uno singolarissimo, in data del 13 feb-
braio 1383, col quale Giordano dichiara che Giacomo Orsini non
è suo figlio, avendolo sua moglie Anastasia sostituito nel parto.
Ai IG febbraio dello stesso anno il medesimo si confessa de-
bitore a suo nipote Onorato dei conti di Fondi di 60,U00 fiorini,
e due giorni dopo gli vendette Nepi, Monlalto, Marino, Aslura,
Campagnano ed altri beni.
Finalmente ai 19 giugno del 1384 fece il suo testamento in
Bassano d' Orte (2).
Come vedesi dalla carta XV citala neWAppendice infra, Mon-
talto di Castro nel 1309 si era data a Napoleone Orsini cardinale
e ad Orso suo nipote.
Questo possesso fu occasione di varie liti con Manfredi dei
Prefetti di Vico, il quale vi pretendeva. In fine si convenne che
gli Orsini e Manfredi lo possederebbero per metà. Ma, essendo
stato Manfredi scomunicato, la Chiesa succedette a lui nella sua
metà. Nel 1359 Montalto spettava per metà ai fratelli Rinaldo e
Giordano Orsini (di Marino), eredi del cardinale Napoleone (3).
Nonostante il citato allo del 13 febbraio 1383, in danno di
Giacomo Orsini, sembra ch'egli venisse sempre riconosciuto come
figlio di Giordano.
Nella sentenza di scomunica lanciata nel 1406 da Innocenzo
A''II contro i partecipi della congiura di Ladislao, è nominalo Gia-
como Orsini del fu Giordano, usurpatore, come dice il Papa, del
castello di Marino e di S. Pietro in Formiis (4).
(1) « Castrum S. Helie et Casale S. Pecappe (sic) cum Casali Portiani, que spe-
dare dicuntur ad Motiasterium S. Spiritus de Urbe et que situata sunt prope Civi-
tatem Sepesinam, quorum fructus, redditus et proventus centum ftoreìiorum auri
valorem annuum, ut asseritur, non excedunt, necnon Casalis Valliscagie, etdePe-
stedera et Pescarella, posita in districtu urbis, et que inhabitabilia esse dicuntur, et ad
dictum Monasterium S. Spiritus pertinere. Item Castra Nemi et Genciano Alban. Diec.
cum Casali, quod Montangiano vulgariter nuncupatur, ad Monasterium S. Anastasia
extra muros urbis pertinentia; et insuper Castrum. Ardie, et Casale Florani, quod
positum esse dicitur in terìHtorio dicti tui Castri Mareni, que etiani spedare dicuntur
ad Monasterium S. Pauli extra muros urbis predicte, ad Nos et Rom. Ecclesiam pre-
fatam lìleno jure spectantia » (Ratti, Storia di Gemano, pag. 105).
(2) Gregorovius, VI, 617.
(3) Theiner, op. cit., II, 26, 365, 3S1 e 401.
(4) R.UNALDi, Annali Eccl., anno 1406.
98
F. SAVIO
In un altro documento del 1428, ossia in un lascilo fatto da
sua figlia Orsina alla basilica di S. Pietro, egli è chiamato si-
gnore della città di Nepi (1).
Ecco ora l'albero di questo ramo degli Orsini.
Albero degli Orsini di Marino.
I
sp
RINALDO
ià f 1286
. Ocilenda
1
1
Napoleone
-'r 1342
1280 chierico
12SS card.
diacono di
S. Adriano
1
-Mal
sena
1292 €
teste
teo Giovanna
tore
1302
liOò
1 1
Orso Alessandra
nel 1286
impubere
già f 1297
sposa
Margherita
Aldobrandesca
1
Giovanni
impubere
nel 1286
Orsello
vivo 1305
e 1316
1
1
Giovanni
Pencolio
Rinaldo
1341,
1368
sig. di
Marino
1
Giordano
1341,1378
1383,1384
sig. di :Marino
sposa
Anastasia
1
Giacomo
già T 1428
1
Giacoma
sp. Niccolò II
conte di Fondi
1
Onorato
Gaetani
1
Orsina
viva
1428
1
Antonio
già "i" nel
1428
1
Anastasia
già T- nel
1428
(1) « Septimo hai. iunii. In nomine Domini, Amen. Anno Domini Millesimo qua-
dringentesimo vicesimo octavo, mense et die presentibus. Magnifica domina domina
Ursina filia cotidam lacobi de Ursinis olim domini civilatis Nepesine donavit sponte
Capitulo in Sacristia inaiavi in pecunia numerata dwo mttlia florenorum conver-
tenda in possessionibus emendls jjro augmento dicini cultiis et voluit quod omni anno
in perpetuum fleret anniversariwn prò anima prefati Magnifici viri lacobi de Ur-
sinis patris diete Ursine, videlicet die VII Septembris in capella sancti Martialis que
constructa et erecta est iier suos antecessores, in quo anniversario e.vpendantur de
pecunia camere manualiter jloreni auri quatuor. Etiam voluit quod die XII mensis
Novembris fleret anniversariìom in dieta capella sancti Martialis prò anima Magni-
flce Domine Domine Vannotie de Sabellis matris prenominate domine Ursine, in quo
similiter manualiter floreni quatuor expendantur. Etiam, voluit quod ultra dieta an-
niversaria flerent viginti quatuor anniversaria quolibet anno, scilicet duo mense
Quolibet, videlicet unum die XVI et aliud die XXI cuiuslibet mensis prò animabus
prefatorum Magnifici domini lacobi de Ursis patris et domine Vannotie de Sabelli-
matris diete domine Ursine, ac Antonii de Ursinis fratris et Anastasie sororis eius
sdem ». (Necrologio della basilica vaticana, e. 73).
La menzione della signoria di Nepi e del sepolcro nella cappella di S. Marziale,
dove era pure sepolto il card. Napoleone, non lasciano dubbio che (lui si tratta di Or-
sini della linea di Marino, e di Giacomo figlio di Giordano.
LE TUE FAMIGLIE OUSINl, ECC. 1)9
§ r>. — Gli Orsini di Monterotondo.
Rilornanrlo ora a parlare degli Orsini di Monlerolondo, noi ab-
biamo di PoNCEi.LO, figlio di Matleo Rosso, le seguenti nolizie.
Egli era senza dubbio il Poncellello del Monte, nominalo
nella lettera dei Cardinali del 1312, della quale ho dello sopra.
Nel 1314, maggio 2"), Domenico dell'AnguilIara vendette Mu-
gliano a Poncello di Matteo Rosso (1).
Nel 1323 Poncellus Mathei Ruhei era senatore (o vicario re-
gio) insieme con Giovanni Colonna e confermò lo statuto dei Mer-
canti (2). Kgli m(jri prima del 1328, poiché il 17 marzo di que-
st'anno il Papa scrisse da Avignone a vari romani, lodandoli della
lero fedeltà, e tra essi a « Bertholdo quondam Poncelli Matthei :
lacobo .\apoleonis : Ricardo Fortebrachi : Andree de filiis Irsi
de Campo Fior. Eodem die nob. viris Francisco militi et Pon-
cello germanis de jìliis Frsi de Campo Florum » (3).
Francesco, altro figlio di Matteo Rosso, venne fatto sena-
tore con Sciarra Colonna, subito dopo la partenza di Enrico VII
imperatore (4).
Nel 1325, in giugno, alcuni vollero per senatore Matteo di
Francesco del Monte, ma gli altri Orsini lo ricusarono (5). Può
essere che Francesco in quel tempo fosse ancora vivo; è certo
però che egli morì prima del 1337.
(1) TOMASSETTI, Caìnpagna Romana, I, 2iS, 456.
(2) GREGOROVirS, VI, 124.
(3) Vatikanische/i Akten zur deutschen Geschìchte in der Zeit Kaiser Ludicigs
des Bayern, Innsbruck, Wngner, 1891, pag. 368.
Dò qui intera la menzione che di Poncello si trova nel necrologio della basilica
vaticana, pag 68: « Idibus Maii: Obiit magnificus tir Poncellus domini Matthei Rubei
de Monte de filiis Ursi, qui reliquit Basilice nostre quingentos fiorenos auri, qui con-
versi fuerunt in em,ptia/ie quarti casalis domini Andree de Buccamatiis ; prò cuius
anima dicatur una missa in die cum, precedentibus vigiliis, perpetuis temjjoribiis, in
cappella sua S. Blasii, quain idem in ipsa basilica construi fecit: expendantur prò
anniversario suo floreni auri duo ».
(4) Gregorovius, vi, 86. Egli dice Francesco di Montegiordano, ma è un errore ;
doveva dire di Monterotondo.
(5j Id. VI, 12-4. Il Vitale dice che fu egli che non accettò. Nei Regesti Angioini
pxibblicati dal Minieri Riccio sotto il titolo di Genealogia di tarlo II d'Angiò nclFAr-
chivio Storico Napoletano, 18S2, v' é la nomina a vicario regio di Matteui-cio di Fran
Cesco Orsini del Monte nel di 14 maggio 1325, e la notizia che egli rinunziò.
100 F. SAVIO
Terzo figlio di Matteo Rosso fu Giacomo, il quale nel 1295,
stando in Monlerotondo delegò due canonici di Roma ed un certo
Federico di Manerio di Monlerotondo a prender possesso di un
canonicato di Chartres, che gli era stato conferito da Bonifacio
Vili (1). Egli fu pure canonico di S. Pietro, e di lui si fa me-
moria nel necrologio valicano sotto il di 7 gennaio (2).
Finalmente l'ultimo dei figli di Matteo Rosso, dei quali sia
a noi pervenuta memoria, è il cardinale Gian Gaetano, mandalo
nel 1326 legato apostolico in Italia. Egli morì nel 1335 in Avignone,
ma il suo corpo fu trasferito in S. Pietro nella cappella di
S. Maria del Parlo (3).
§ 6 — Segue degli Orsini di Monterotondo.
Vengo ora a parlare della discendenza dei due suddetti figli
di Matteo Rosso, cioè di Poncello, che pare essere slato il pri-
mogenito, e di Francesco. Dirò prima della famiglia di quest'ul-
timo, poiché i documenti relativi alla medesima servono eziandio
per stabilire quali fossero i figli di Poncello.
Oltre Matteo, che già ho nominato sopra, Francesco ebbe
Gentile ed altri figli, indicati come natos quondam Francisci de
(1) « 1290, indici. Vili. Mail sexta. Nob. vir lacobus natus magnifici viri dni.
Matthei Rubei de flliis Tirsi de Urbe canonicus camotensis xiì'ocuratores constituit
ìnagistrwn Angelmn canonicum ecclesie ò'S. Laurenti et Damasi, Paulum. canon, ec-
clesie SS. C'elsi et luliani de Urbe et Fredericum doni. lohannis de Manerio eiusdem
terre etc. Actuni in castro Montis rotundi magnifici viri domini Matthei Rubei. Mat-
theus de Morris notar. » (Carta dell'archivio di S. Spirito in Sassia compendiata nel
codice vaticano 7997, e. 9).
(2) « VII Idiis lannarii obiit veìierabilis vir lacobus domìni Matthei Rubei de
Filiis Ursi concanonicus noster, qui reìiquit nostre Basilice C. florenos auri, qui con-
versi fuerunt in eìnptione domus cum. signo sudarti, site in porticu et domus cum
signo mustelle site iu.vta portam, viridariam; expendatur prò anniversario suo
pensio dictarum duarum domorum. » (Ivi, e. 4).
(3) « Tertio Ka.lenrlas Sept. — Anno Dni. MCCC tricesimo quinto tertle indlctionis
mense Augusti. Obiit Reverendis.nius in C. pater et dominus dominus lohannes Gay-
tanus de domo Ursinorum sancti Theodori diaconi Cardinalis concanonicus noster,
cuius corpus requiescit apud suam cappellam sancte Marie pregnantis silarn in Bar-
silica nostra, qui in vita sua donavit nostre basilice prò redemjìtione animaruìn pa-
tris, ìnatris, fratrmn, nepotis et sua terras vinearum, Suverete et totum tenim.entun%
ipsius » (Ivi, e. 121). Il nipote, del quale qui si parla, è senza dubbio Bertoldo di Pon-
cello, ucciso nel 1333.
LE TRE rAMI(;LlE OUSINI, ECC. 101
Monte in un l)revG di Benedetto XII, in data del 5 agosto \'X.V7,
col quale confermò le tregue tra gli Orsini ed i (Colonna (1).
Matteo era già morto nel 1338, poiché non si trova più men-
zione di lui in vari alti, che abbiamo, relativi all'ercdii;! di ^no
fratello Gentile.
Costui era ecclesiastico e godeva di un canonicato a Gam-
brai. Nel 1337 fece testamento, lasciando erede Giovanni suo fra-
tello od i figli maschi nascituri. Ma lo slesso anno 1337, Giovanni
mori e tre mesi appresso, forse nel gennaio del 1338, Gentile lo
seguì nella tomba.
Sorse allora grande discordia tra gli Orsini, poiché Giordano
figlio di Poncello, anch' egli del ramo di Monterotondo, occupò
l'eredità dei due defunti, alla quale pretendevano pure, non si sa
con qual diritto, Rinaldo e Giordano della linea di Marino.
Si presero le armi e la città si divise in due fazioni, stando
con Giordano di Poncello il conte Bertoldo degli Orsini di Soana
e Giordano Savelli, mentre coi due di Marino stava Stefano Co-
lonna.
Nell'ottobre di quel medesimo 1338, per opera specialmente di
Giovanni arcivescovo di Napoli, fratello di Giordano di Poncello,
si venne ad un accordo. Tutto questo si ricava da una lellera (2)
(1) Theiner, Cod. iVpl., II, 22: gli Orsini sono cosi nominati: « yobiles viros
Matfieum et Bertholdum, natos quondam yeapoleonis niilitis, ac lorclanum quondam
Ponceìli de Monte, et lohannem eiusque fratres natos quondam Francisci de Monte,
ac Robertum yolanum et Bertholdum et Guulonem Comites Palatinos principales,
et lohannem comitem Anouìllane, ceterosque de domo Ursinorum ». Quanto a Matteo
e Bertoldo, essi sono certamente della linea di Castel S. Angelo. La qualilica di Conti
palatini principali data a Roberto, Bertoldo e Guido li designa assai chiaramente come
appartenenti alla linea dei conti di Soana e Pitigliano, un ramo dei quali ebbe; pure
la signoria di Xola.
(2) Sebbene la lettera scritta dai Senatori di Roma a Benedetto XII, non porti la
data dell' anno, tuttavia dal breve del Papa, di cui parliamo nella nota seguente, si
ricava che fu scritta tra il 17-21 gennaio 1339. In essa si legge: « Rem cum discor-
dia, e.vorta novissime de mense Augusti seu Septeìnbris inter nobiles viros domi-
■nos Raynaìdum et lordanum milites, nex>otes domini yeapoleonis cardinalis ex
una parte et lordanum quondaìn PoncelV. de flUis Ursi ex altera, occasione succes-
sionis Gentilis quondam Francisci de eadem domo dissensionem niaximam et scan-
dalo in Urbe parasset et predica milites adcersus eundem lordanum^ comitem Ber-
tuldum et lacobum de Sabello, domino Stephano de Columpna et eius flliis publice
adhesissent, ipseque partes, sicut manifeste nocimus, hinc inde se pararent ad guer-
ram, dictas partes citari fecimus Die 20 octobris Rev. Pater dom. Io. archiepi-
scopits yeapolitaìius lordanum germanum suum, comitem Bertulduin et la-
cobwn de Gabello ad reverentiam et obedientiam, V. Sanctitatis induxit » (V. Vati-
hanischen Akten, pag. 691).
102 F. SAVIO
dei senatori di Roma al papa Benedetto XII e da due brevi del
medesimo Papa (1).
Nel secondo breve, in data del 13 agosto 1338, essendosi già
verificato che di Giovanni non eran nati figli maschi, il Papa
ordina che siano eseguiti certi legati fatti da Gentile, quale ora
doveva considerarsi come succeduto in tutti i diritti di suo fratello
Giovanni, morto senza figli e premorto a lui. Ivi è notevole che
il Papa dà a Gentile il titolo di nipote del cardinal Napoleone.
Siccome Gentile non era figlio di nessun fratello di Napoleone,
resta che egli sia stato o suo nipote per sorella, oppure nipote,
come si dice, alla maniera di Brettagna, essendo in realtà solo
cugino del Cardinale, ma inferiore a lui per età e per dignità (2).
§ 7. — Ancora degli Orsini di Monterotondo.
Come vedemmo, i figli di Francesco, tutti morirono senza le-
gittima prole. Al contrario, dei figli di Poncello, cioè Bertoldo,
Giordano, Giovanni arcivescovo di Napoli, e Napoleone, due, cioè
quest'ultimo e Giordano ebbero una lunga serie di discendenti, tra
figli e nipoti.
(1) Il primo breve di Benedetto XII, in data 19 febbraio, anno IV del pontificato,
ossia 1338, dice: « Prìdem dilecto fllio nosù-o Neapoleone sancii Adriani diacono Car-
dinale executore testamenti quondam Gentilis clerici, fllii et haeredis quondaìn Fran-
cisci Mathei Rubei de fìliis Tirsi de Urbe, nobis exponente jìercepinius, quod praefatus
Gentilis condens de bonis siiis in sua ultima voluntate testamentum., quondam lo-
hannem fratrem suuin et ventrem, seu postumiiìn nasciturum ex dilecta in Christo
fllia nobili muliere Massia, tunc uxore, nunc relieta dicti lohannis vidua Romana
pregnante, si esset mMsculus, heredem in bonis instituerat antedictis, quodque licei
Massia, prout idem Cardinalis certiflcatum se fore dic'ebat, lohanne primo et deinde
Gentili prefatis viatn unicersae carnis ingressis, tempore obitus dicti lohannis de qua-
tuor vel circa de ipso lohanne ìJregnans remansisset, et tunc de septem ìuensibus tei
circa pregnans existeret, ac hereditas dicti Gentilis pro2')terea nomine ventris seu po-
stumi nascituri predicti custodiri deberet et etiam possideri, tamen nobilis vir lorda-
nus Poncelli de Urbe una cum fratribus suis hereditatem ac bona prefata post ipso-
ru)n lohannis ac Gentilis obitum in iniuria dicti ventris temeritate propria occuparat »
(Theiner, op. cit., 34).
Comanda il Papa che si custodisca l' eredità a nome della prole nascitura e se-
condo che questa sarà maschile o femminile, si faccia secondo il decreto del testatore.
Di qui si vede che quando il Papa scriveva, Massia era ancora gravida, quindi affinchè
la morte di Gentile coincida al settimo mese di sua gravidanza, la si deve supporre
avvenuta nel dicembre 1337 o nel gennaio 1338. Le discordie perciò, delle quali parlano
i .Senatori (vedi nota antecedente) avvennero nel corso del 1338: e la loro lettera, che
ha la data di gennaio tra il 17 e 21, deve credersi scritta nel gennaio del 1339.
(2) Theiner, 11, 37.
LE TUE l'AMKlLIK OKSINl, VAl\ 10.\
Bertoldo, quegli che fu poi ucciso nel 1333 da Slefjinuccio
Colonna, era già sialo vicario regio di Roma pel re Hoberlo prima
nel 1323, secondo il Gregorovius, poi nel 1329-1330(1). In quesla
carica era senza dubbio il 15 febbraio del 1330, come vedesi da
una bolla di Giovanni XXII (2). Secondo il Fflugk-llarllung, nel
132H, giugno 8, sarebbe sialo senatore (o vicario regio) liertol-
dits quondam Poncelli Ursini (3j, die sarebbe il nostro. Quindi
si dovrebbe in parie correggere quanto racconta il Gregorovius
che il 4 agosto 1328, appena partito Lodovico il Bavaro ed en-
trato in Roma Bertoldo Orsini, nipole del cardinal Legalo Giov.
Gaetano, egli fu fallo senatore insieme con Stefano Colonna (4).
Forse allora prese possesso della sua carica, alla quale già
era stalo designato prima. Ancora teneva quell'ufficio il 7 settem-
bre 1328, sebbene già fossero designati i successori, Guglielmo
di Eboli ed il conte Novello di Monlescaglioso (5).
Nel febbraio del 1329, il popolo insorse (non so per qual ra-
gione) contro i due Orsini e nominò (od accettò) per successori
Napoleone Orsini e Stefano Colonna.
Di Giordano di Poncello fanno ricordo molli documenti. Nel
1337, novembre 11, Giovanni abate di San Saba rinnovò a lui, a
Giovanni arcivescovo ed a Napoleone suoi fratelli « locationem
triam partium castri Rocche et Burgi Galerie.... quas anno 1276
locaverat Bertoldo et Rainaldo » (6), cioè a Bertoldo come rap-
(1) Gregorovius, VI, 124 e 206, dice che agli 8 giugno 1329 il re Roberto scrisse
a Napoleone Orsini ed a Stefano Colonna, annunziando d'aver nominati come loro
successori Bertoldo del fu Romano, conte di Nola e Bertoldo di Poncello. Onde deve
correggersi il Vitale, I, 240.
(2) Accettando l'abiura, che i Romani fecero dello scisma, Giovanni XXII parla
<iegli ambasciatori nominati per autorità del Consiglio « nec non dilectovum flliofuni
nobUium virorum Bertuldi Comitis Palatini et Bertuldi Poncelli quondam Matthei
<ìe flliis Ursi, vicarioruni carissimi in Christo fllii nostri Roberti Regis Siciliae illustris,
■vice nostra Urbis Henatoris predictae » Theiner, I, 570.
(3) Iter Italicum.
(4i Gregorovius, VI, 196.
(5) VI, 206.
(6) Nota del Galletti nel suo ras. che forma il cod. vaticano 7997; fol. 9. Riguardo
a Galeria aggiungerò, che forse il suddetto atto d'investitura o locazione, conceduta
dall'abate di S. Saba a Bertoldo e Rinaldo (e fors' anche a Matteo Rosso) nel 1276 do-
vette compiersi dopo la morte di Napoleone altro figlio di Matteo Rosso di Gian Gae-
tano; poiché é certo che egli nel 1267 possedeva la quarta parte di Galeria, quartam
partem totius Rocce et Castri Galerie. Questa, il 30 giugno di queir anno, egli ce
■dette al card. Giovanni (il futuro Niccolò HI). L'atto di cessione fu pubblicato dal Coppi,
nelle Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Roma, 1S64,
tomo XV, pag. 253.
104: . F. SAVIO
presentante di Gentile primo genito, ed a Rainaldo altro figlio di Mat-
teo Rosso : come pur figlio di costui era Matteo Rosso avo dei
tre suddetti che ricevettero l'investitura di Galeria.
Si osservi che dei figli di Matteo Rosso di G. Gaetano solo-
Gentile, Rinaldo e Matteo Rosso ebbero discendenza.
Dal 1351 almeno (1) fino al 1" dicembre 1364 Giordano fu ret-
tore a nome del Papa del Patrimonio di S. Pietro (2). Nel 1351
fu eziandio senatore di Roma. Probabilmente egli morì nel corsO'
del 1365 (3).
Figli di Giordano furono :
Francesco. Egli ebbe delle gravi contestazioni coi Prefetti
di Vico, le quali Urbano V s'argomentò di sedare con sue lettere^
di cui una in data del 10 settembre 1368 parla appunto della pace-
tra i De Vico et Franciscum quondam lordarti de Ursinis militem-
ac Bucivm eius fralrem domicellura Romanum (4). Le discordie
ripresero o continuarono, poiché alcun tempo dopo Francesco dei
Prefetti e Francesco Orsini si sfidarono a duello. 11 Papa di nuova
cercò di metter pace, con lettera del 19 aprile 1370, e d' impedire
il duello (5). Forse riesci nel suo intento, poiché in altra lettera
del 22 agosto 1370 egli ricorda certe tregue, alle quali obbligò i
due suddetti ed i loro consorti (6). Pegno della pace probabilmente
fu il matrimonio, che nel medesimo 1370 o nel ^72 si patteggiò tra
Francesco dei Prefetti del fu Giovanni (consenziente suo fratello
Battista) e Perna sorella di Francesco Orsini, figli del fu Gior-
dano Orsini de regione Pontis. Il V'ico obbligò tutto il castello di
Bieda (7).
Qualche tempo appresso Francesco morì, poiché in un trat-
tato di matrimonio tra sua sorella Giovanna e Giovanni figlio del
fu Censo (alias Cesso o Processo) Capoccia dei Capoccini, com-
(1) Theiner, II, 373. Secondo la Cronaca d" Orvieto \nR. I. S., XV, 651, egli era
già rettore nel 1347, quando procurò la pace tra gli orvietani e quei del Patrimonio.
(2) Il lo dicembre del 136-1 v' è una lettera a lui di Urbano V, da me veduta nei
Regesti manoscritti di questo Papa, tomo 247, fol. CLXXXIIIa.
(3) Nei medesimi Regesti di Urbano V, nel tomo XIV dei Regesti avignonesi,.
trovasi, in data del 10 marzo 1366, la dispensa a Bucio del fu Giordano, giMndam
lordani de Monte, di sposare Caterina del fu Giovanni di Supino.
(4) Theixer, op. cit. II, 459.
(5) Ih., pag. 474.
(6) Ib., pag. 477.
(7) Archivio Storico della Società Romana di st. pat., del 1S87, pag. 528.
LE TUE KAMICLIE OUSIXI, ECC. 105
piiUosi il di 7 febbraio 1374 in Monlerotondo, ebbe parlo il solo
Bucio, altro figlio di Giordano (1).
Bugio, giù nominalo, mori prima del 1389, agoslo 4, couìe ri-
levasi da un documenlo che parla di un suo figlio di nome Rai-
naldo (2). Quegli sposò Lodovica Savelli ed ebl)e per figlio Orso.
Mori prima del 1409, maggio 10 (3).
Francesco nel 1347 aveva conlrallo malrimonio con (Gostanza
figlia (li Niccolò degli Annibaldi, ed ebbe per figli Giov;inni, Pon-
cello e Paola, o Paoluccia, o, volgarmente, Palozia (4).
Giovanni e Poncello, domicelli romani, da Innocenzo VII rice-
vettero il di 11 novembre del 1405 (anno 1) la conferma delle
bolle colle quali Urbano V e Gregorio XI avevano conceduto a
Francesco loro padre e a Bucio del fu Giordano e a ciascuno di
loro, in modo che uno potesse succedere all'altro, e mancando i
maschi succedere le femmine, i castelli di Torre, S. Paolo, Col-
levecchio, Stimigliano, Selce e Monl'Arsoli (5).
(1) « Magnipcus Bucius natxs quondam lordani Poncelli de flliis Ursiproinittit
magnifìcam doniìnam dominam lohannanigernianam suam sororem in leyitimain
uxorem magnifici viri lohannìs quondam Censi Capuccie de Coupoccinis cuni dote
duoìttìn millium quingentorum florenorum boni auri ». Giovanni obhlifra alla sposa
metà del castello di Mentana «prò indiviso cum alia medietate ijisius lohannis » eia.
metii del castello di Gentile (Dalle carte del notaio Antonio de Scambiis, raccolte dal
Galletti nel cod. vat. 7930, pag. 74). Giovanna Orsini era già vedova il 15 gennaio 1380,
con tre Agli, Processo, Luigi (Aloysius) e Leila (Ib., pag. 137).
(2) « Magniflcus v r Raynaldus fiìius et haeres quondam Buccii lordani de
Ursinis de Urbe » (Ibid).
(3) 1409, maggio 10: « Magniflcus vir Vrsus de Ursis dontinus Castri Montis
Rotundi debitor reparationis ven. monasterii S. Pauli in ducentis florenis cur-
rentibus ad ratlonem XLVII soV.d.prov. v.gore legati facV per magniflcam dominam
dom. Ludovicauì de SabeUis vidiiam quondam Raynaldi de Ursinis matrem dicti
Ursi » (Dalle carte del notaio Lorenzo Impoccia raccolte dal Galletti nel cod. vati-
cano 7930, pag. 133).
(4) « Anno 1347 Franciscus vocatus Ceccolus fllius lordani de Ursinis con-
traxit matrirnoniutn cum dna Constantia f. quond. Nicolai de Aniballis cum
dote flor. 6250 auri. — Nob. Vir Franciscus quond. lordani de f. Ursi miles olim
■vocatus Ceccolus, pater et leaitimus administrator Ioannis, Poncelli et Paxile sive
Palotie flliorum suorum et Dne Constantie fllie q. Mccolai Ralli de Aniballis
Dni Castri S. Petri in formis. — Nicolaus de Aniballis heredem constituit Colam
eius fiiium et si decederet sine flliis ei substituit Cappellani S. lacchi in Ecclesia
Lateranensi; qui Cola postea decessit in ptipillari etite sine flliis ». (Indicazioni
compendiarie di carte esistenti nell' archivio della basilica vaticana, nel codice barbe-
riniano XXXIII, 29, pag. 33).
Nel 1392, agosto 22, in un atto sono nominati « Magniflri viri lohannes et
Poncellus germani fratres fllii quondam ìuayniflci viri dni Francisci de Ursinis
militis ». (Nelle carte di Antonio de .Scambiis indicate nel codice vaticano 7930, pag. 109 b).
(5) Codice vat. 7928, pag. 260, dai Regesti, fol. 75.
106
F, SAVIO
Nel 1388, settembre 24, giurando fedeltà ad Urbano VI, i mede-
simi avevano ottenuto i suddetti castelli, e di più la città di Narni (1).
Di Orso furono figli Giacomo e Lorenzo, ai quali nel 1448
Niccolò V concedette il vicariato del castello di Cisignano (2). Orso
viveva ancora nel 1421, poiché in quell'anno egli e suo figlio Gia-
como furono chiamati eredi da Semidea Orsini (3)
Raccogliamo ora nel seguente albero le notizie che ci fu dato
rinvenire sulle generazioni di questa linea degli Orsini, riman-
dando ad uno speciale paragrafo il parlare dell'ultimo dei figli
■di Poncello, cioè di Napoleone e de' conti di Manoppello, di cui egli
fu stipite.
Albero degli Orsini di Monterotondo.
MATTEO ROSSO
vivo 1295
I
' Poncello
1323 vicario
regio a Roma
T 15 maggio
tra 1325 e 1328
Giov. Gaetano
card, nel 1316,
nel 1326 Legato
in Italia
-]- 1335 e sepolto
nella cappella di
S. Maria del Parto
Giacomo
canonico
Francesco
già + 1337
I I I I
Bertoldo Giordano Giovanni Napoleone
T 1333 già -}- 1366 arcivescovo stipite
marzo 10. di Napoli degli Orsini
Rettore del 1328-1358 di
Patrimonio Manoppello
da 1351 a
1364 0 65
I
Matteo
Giovanni
Gentile
1325
i 1337
chierico
sp. Massia
i 1337
romana
o 1338
Francesco
1
Perna
1
Giovanna
1
Bacio
T tra 1370
nel 1372
nel 1374
vivo 1374
e 1374:
sp. Francesco
sp. Giovanni
già 'l' 1389
nel 1317 sposa
dei Pi-efetti
Capocci
sp. Caterina
Costanza di
di Vico
dei Capoccini
da Supino
Niccolò Ralli
viva 1400
degli Annibaldi
Rin<
lido
Giovanni
Poncello
1
Paola
1392.
1392.
0
vivo 1389
1402.
1402.
Palozia
nel 1369
sp. Adenolfo
Conti
già i 1409
sp. Ludovica
Savelli
1
Orso
1409.1421
1
1
Giacomo
1
Lorenzo
1448
1448
(1) CONTELORi, Genealogiae Familiae Comitum Roìnanoì^um, 'Roma.,\6ì>0,pa.g. 18.
(2) Cod. vat. 7930, pag. 164.
(3i « 1421. Dna Semidea de Ursinis de Regione Pontls fecit testamentam et
Heredes instituit Mar/. Viruin Ursuin quond. Mag. Viri Rainaldi Bucii de Ursinis
LE TKK FAMIGLIE OUSIN'I, ECC. 107
§ 8. — Degli Orsini di Manoppello.
Napoleone, ulliino dei figli fli Poncello di Matteo Rosso sposò
Maria figlia di Giovanni Rosso da Siiliaco (Sully) e di Totna-
sina di Sangro, erede dei feudi di Manopfìello e di Guardiagrele.
Questo matrimonio si fece prima del 1338 o del 1343, poiché nel-
l'uno o nell'altro di questi due anni, ai 7 agosto, Napoleone fece
trasportare da Prata a Guardiagrele il corpo di S. Niccolò. In
quell'occasione un fra Giacomo dei Rosso, francescano di Guar-
diagrele, compose un inno, dal quale si ricavano varie notizie re-
lative alla famiglia di Napoleone, per es., che a quel tempo egli
non aveva ancora figli maschi, ma solo due figlie, Antonia ed Or-
sina. Vi si parla pure con lode di Giovanni arcivescovo di Napoli,
(fratello di Napoleone), al quale il rozzo poeta augura il Papato (1).
Quest' augurio non si adempiè ; ma in compenso si verificò
l'altro, fatto a Napoleone, d'aver figli maschi. Quattro n' ebbe, Gio-
vanni, Tommaso, Ugo od Ugolino e Francesco. Quest'ultimo era
ancor vivo nel 1365 agii 8 dicembre (2), ma passò di vita prima
della morte del padre, la quale avvenne nel 1369. Di ciò ne istrui-
re Jacobum eiuf fllium et omnes fllios nascituros ex dicto Urso. Legavit Magnif.
Dne Due Baptiste de Ursinis Comitisse Anguillarie Castrum Nucigliani j)osituìn
extra portam Castelli toto tempore vite sue, et post eius mortem reliquit dicturn
Castrum Basilice S. Petri, Ecclesie Lateranensi et Monasterio S. Pauli extra
Muros urbis » (Codice barberiniano XXXIII, 29, pag. 79).
(1) « O lux splendor radiorum— 0 Dux candorme ritoruni — Domum serva
Ursi7iorum — Pro infinita saecula. Amen. — lohanneni 2}''iniuni praesitlem. —
NeapoUtanum principem — Vitadoctrina celebrem — Fac Papam in Ecclesia. Amen.
— 0 pater sancte plebium — NeajJolionem inclitum — In vita fac longissimum
— Per cuncta semper saecula. Amen. — Mariam caelso diligas — Ferventi amore
dirigas — Et virili prole iinpleas — Qui jubila sit in patria. Amen. — Antonel-
luni primuni auge. — Ursinellam pulchra^n valde. Et germanis multis junge —
Qui de stirpe sint Ursina. Amen. — Nicolae fac benigne — Dominam conserva
digne — Thomasiani sanctis junge — Et semper sint in gratia. Amen. — (Pansa,
Gli Orsini signori d' Abruzzo, Lanciano, Rocco Carabba, editore, 1 892). Questi crede
«he il matrimonio di Napoleone si compiesse nel 1330 o nel 1331 (pag. 37).
(2) Urbano V, ai VI id. decembris, anno quarto, concedette facoltà di eleggersi
il confessore e varie altre facoltcà a Giovanni, « Nob. viro lohanni primogenito ....
nobilis viri Neapoleonis de fll. Tirsi, Comitis- Manupelli et logothete regni Sicilie y».
Altre facoltà concede ad Ugo e Francesco fratelli di Giovanni, a Napoleone suo padre
ed a Roasia di Marzano sua moglie. (Tomo XIV dei Regesti avignonesi di Urbano V,
nell'archivio vaticano, fol. 173).
108 F. SAVIO
sce una lettera, che da Viterbo il 30 settembre 1369, Coluccio
Salutati scrisse ad Ugolino per consolarlo della morte del padre.
Parlando della diligenza, che questi aveva usato nell' educazione
dei figli, esclama: « quales autem filios fecit! majorem natie
praefecit regimini subditorum ; iiiedium Deo ohtulit ; tertium,
quantum in eo fuit, ita ut caeteros, omni morum elegantia exor-
navit » (1).
Il secondo, Tommaso, fu creato cardinale.
Napoleone da Giovanna I regina di Napoli venne creato lo-
goteta e protonotario del regno di Sicilia, nei quali uffici egli già
figura, secondo il Pausa, fin dal 1362 ; ma la data della sua no-
mina si deve molto anticipare. Avvi una lettera di Innocenzo VI
nel 1355, nella quale si dice che gli abitanti di Rieti, indotti dal
timore della regina Giovanna e di Luigi suo marito, avevano con-
sentito, in mano di Napoleone conte di Manoppello, protonotario
e logoteta del regno, a tenerlo per loro potestà a vita (2).
Napoleone rimase sempre fedele alla causa di Giovanna, la
quale ne lo ricompensò, dandogli, oltre le cariche predette, anche
il feudo di Larino.
Egli ebbe, d'accordo con Niccolò, conte di Nola suo cugino,,
intenzione di fondare a Roma, presso le antiche terme di Diocle-
ziano un monastero pei Certosini, e ne ottenne facoltà da Urbano V^
con breve del 1363, gennaio 5 (3); ma, prevenuto dalla morte, non
potè attuare il suo disegno. Vi attese Niccolò di Nola, al quale
Urbano V il dì 23 luglio 1370 scrisse un breve su questo argo-
mento (4).
Per le notizie finora esposte puossi meglio comprendere ed
in parte correggere quanto scrisse il Montemarle intorno a certi
fatti del 1386 (5). Egli narra che il cardinal di Manoppello, nomi-
fi) Epistolario di Coluccio Salutati, ed. Novati, in Fonti per la Storia d'Italia,
Roma, 1891, pag. 107.
(2) Theiner, II, 290.
(3) Regesti di Urbano V, tomo 261, fol. 21. a
(4) Riportato dal Be.sozzi, Storia di S. Croce in GerMsa7ewi?«e, Roma, Salomoni,.
1750, pag. 186. Qui si deve correggere V Adinolfi, II, 265, che crede Napoleone morto
nel 1366, e fratello del conte di Nola.
(.5) Cronaca inedita di Orvieto, pubt)licata dal Gualterio, Torino, Starap. Reale»
1846, pag. 56 e seg. Lo stesso errore di chiamar Cola fratello del Cardinale fu com-
messo dal Pellini, Historia di Perugia, Venezia, 1664, I, 1355.
hE TRE FAMIGLIE ORSINI, ECC.
lOD
nato vicario del Patrimonio da Urbano VI, fu assai maltrattalo
a Narni da Baciolo di messer Giordano, il quale era suo zio. Ciò
si deve intendere di Bucio, il quale è detto zio del cardinale, per
ragione dell'età assai maggiore, poiché in verità egli doveva dirsi
cugino germano. Poi aggiunge che il cardinale mandò al papa
Cola suo fratello. Qui vi è certo errore o nel nome di Cola in
luogo di Ugolino, o nella indicazione di fratello data a Cola, il
quale sarebbe stalo nipote, e non fratello, del cardinale. Infine
dice che nel 1387 fu preso a Narni prigioniero dal cardinale un
Poncello, nipote carnale di Baciolo e fratello cugino del cardinale.
Queste affermazioni son vere, trattandosi qui di Poncello figlio
del primogenito di Bucio, cioè di Francesco.
Di Giovanni, primogenito di Napoleone, nacque certamente
un altro Napoleone, il quale al par dell'avo, ebbe la contea di Ma-
noppello ed il titolo di logotela del regno. Egli nel 1390 fu man-
dato ambasciatore dal re Ladislao al papa Bonifacio IX (Theiner).
Albero degli Orsini di Manoppello.
PONCELLO
Napoleone
lo conte di Manoppello
-i- 1369
Giovanni
già -j- 1383
sp. Roasia
di Marzano
I
Napoleone
1390
I
Tommaso
Nicola
Ugolino
I
Francesco
vivo 1365
già T 1369
Torino, dicembre 1895.
Fedele Savio.
110 F. SAVIO
APPENDICE
CARTE RELATIVE AGLI ORSINI
nell' archivio di casa caetani a roma
I. 1235 — Certificato estratto dai registri di Federico II che Costanza
Caetaui era nepote di Teodoro Orsini signore del castello dì
S. Marco, Terra Saracena ed altri. 54, 58.
II. 1266, dicembre 16 — Matteo card, di S. M. in P. vende a Gior-
dano, Rinaldo e Matteo Orsini figli del q. Matteo la metà del ca-
stello di Marino per 6,500 lire di provisini del Senato, delle quali
2,000 in denaro, e per il resto gli fu dato in solutum il castello
di Tivera, il casale di Palmarolo e 1' orto del Torrone. 48, 6.
III. 1278 — Breve di Niccolò III per comandare all' Abate e ai monaci
di Terra Mag'giore che nella questione col vescovo di Trivento
stiano alla concordia stabilita da Lucio suo predecessore ed obbe-
discano al comando della sede apostolica (usa del proprio nome
di battesimo). 31, 49.
IV. 1286 — Metto (Matteo ?) Eosso de filiis Ursi vende a Napoleone,
Matteo ed Orso Orsini suoi nepoti per 12,500 fiorini d' oro le sue
ragioni sopra la Castelluccia ed altre terre nelle vicinanze di Al-
bano. 48, 11.
V. 1291, aprile 12 — Matteo signore di Scarpa avendo già venduto al
card. Napoleone Orsini una metà del castello di Scarpa, gli con-
cede la prelazione nell' acquisto dell' altra metà. 47, 61.
VI. 1292, gennaio 31 — Il card. Napoleone Orsini dà procura a Ber-
toldo Labro per fare delle convenzioni con Margherita contessa
palatina. 48, 22.
VII. 1293, marzo 23 — Il Consiglio di Montalto di Castro delibera di
eleggere per un anno a potestà e protettore il card. Napoleone
Orsini. 47, 57.
Vili. 1297 — Il card. Napoleone Orsini rinunzia alla tutela ed esecuzione
del testamento di Orso Orsini marito di Margherita contessa pa-
latina. 47, 54.
I
LE TUE FAMIGLIE ORSINI, ECC. Ili
IX. 1305 — Testamento di Matteo di Rinaldo Orsini, col quale (luesti
iustituisce eredi Orsello, Jannucoio e Poueelio suoi fi<;iiuoii ecc.
48, 31.
X. 1305, gennaio 22 — Marg'lieiita Aldol)randesea contessa palatina di
Soana dona il castello di Pian Castagnaio al card. Napoleone
Orsini. 47, 55.
XI. 1307, agosto 15 — Guido e Jacoljucco q. Francesco del castello di
Galera vendono al card. Napoleone Orsini il castello di Foglia iu
Sabina per 200 fiorini d' oro. 48, 3.
XII. 1307 — Transazione fra il card. Napoleone Orsini e il Comune di
Montalto di Castro che promette di pag'are in risarcimento dei
danni fatti 2,000 fiorini d' oro. 47, 53.
XIII. 1308 — Manfredo di Vico prefetto di Roma vende il castello di
Fabbrica al card. Napoleone Orsini per 3,000 fiorini d' oro. 48, 5.
XIV. 1308, ag'osto 22 — L' Abate di S. Salvatore di M. Amiata concede
iu enfiteusi perpetua al card. Napoleone Orsini il castello di Pian
Castag'uaio per il canone annuo di soldi 5 di denari cortonesi.
48, 4.
XV. 1309 — Procura fatta dall'Università di Montalto di stare 10 anni sotto
il reg-ime del card, (orsini Napoleone e di Orso Orsini. 47, 5G.
XVI. 1316, ottobre 1 — Orso Orsini cede la metà di Montalto a Man-
fredo, prefetto di Vico. 47, 64. 48, 29,
XVII. 1316, settembre 15 — Transazione fra il card. Napoleone ed Orso
di Matteo di Rinaldo Orsini da una parte e la comunità di M.
Alto dall' altra, la quale a soddisfazione di una multa di 60,000
marchi d' arg-ento cede il dominio e la proprietà de' beni feudali e
allodiali. 47, 48.
XVIII. 1316, settembre 10 — Sulla stessa materia. 47, 62.
XIX. 1316 — Giov. detto vende al card. Orsini il casale Alborucci con
sua torre in distretto di Roma per 5,500 fiorini d' oro. " 48, 23.
XX. 1318, mag-gio — Orso de filiis Ursi fa, procura a Gio. Bobbone per
comparire innanzi a Napoleone card. Orsini, e dichiarare che eg-li
voleva obbedire ai suoi ordini e donarg-li come a lui piaceva tutte^
0 parte delle terre e casali da esso Orso posseduti (si nominano).
34, 662.
XXI. 1318, dicembre 12 — Giacomo e Stefano Conti vendono al card.
Napoleone Orsini il casale Bonricovero e la torre di Bravis nella
parrocchia di S. Antonio per 2,000 fiorini d' oro.
XXII. 1321. — Nicola di Matteo di Ang-elo mercante del rione Campi-
telli vende a Orso Orsini per 1,500' fiorini d'oro vari palazzi, colon-
nati, case e botteg'he nel rione Campitelli. 48, 28.
XXIII. 1329, settembre 14 — Il card. Napoleone Orsini dichiara di avere
acquistato da Francesco Gavellato diversi fondi, trai quali il castello
di Guardia di Orlando, e si obbliga a restituire il castello qualora
in tre anni gli si pag'hi la metà del prezzo. 47, 69.
112 F. 8AVIO
XXIV. 1334, magg'io 20 — Istruzioni date dal card. Napoleone Orsini a
Matteuccio di Pog-g-io suo vicario nelle parti romane per ben am-
ministrare le terre e i beni che eg-li vi possedeva. 48, 18.
XXV. 1336, lug'lio 16 — Sentenza del Rettore del patrimonio in Tuscia,
colla quale restituisce al card. Napoleone Orsini la metà del ter-
ritorio di Castelluccio eh' eg'li godeva in passato prò indiviso colla
S. R. Chiesa. 47, 59.
XXVI. 1337, ottobre 5 — Bolla di Benedetto XII che ad istanza del card.
Napoleone Orsini ordina al Rettore del Patrimonio che lo informi
delle vessazioni fatte ag-li Orsini nell' esercizio della giurisdizione
sopra la metà del castello di Montalto. 48, 17.
XXVII. 1350, luglio 16 — Protesta fatta da Giacoma Orsini ved. di Ni-
cola Caetani contessa di Fondi a nome anche di Onorato e Gia-
como Caetani suoi fig'li contro la scomunica lanciata dal card. Le-
gato Anibaldo per aver essi occupato la terra di Sezze. 41, 24.
XXVIII. 1352 — Copia di lettera d' Innocenzo VI al vicario di Roma che
verifichi i beni e diritti posseduti da Giordano e Rinaldo Orsini
nel territorio di Montalto. 47, 58.
XXIX. 1363, settembre 12 — Paolo e Bartolomeo Anibaldeschi vendono
a Rainaldo Orsini per 8,000 fiorini d'oro le loro ragioni sul castello
di Campagnano. 48, 27.
XXX. 1364, agosto 17 — Giov. Caetani conte palatino vende Cerretello di
Ninfa a Rainaldo Ursi de if. Ursi di Marino per 300 fiorini d'oro.
28, 51.
XXXI. 1366, settembre 30 — Paolo q. Angelo Malabranca vende a Ri-
naldo e a Giordano Orsini la quarta parte della rocca d' Astura
per 3,900 fiorini d' oro. 34, 63.
XXXII. 1367, maggio 20 — Id. della 4* parte della Villa S. Giorgio al
detto Orsini per 400 fiorini d' oro. 2, 25.
XXXIII. 1368, maggio 14 — Id. della i^ parte della rocca d' Astura al
detto Giordano Orsini per 6,000 fiorini d'oro. 34, 60.
XXXIV. 1378, dicembre 2 — Bolla di Clemente VII (antip.) che concede
in enfiteusi a 3^ generazione a Giordano Orsini la metà di Mon-
talto e il castello di Lariauo per 30 fiorini annui. 50, 31.
XXXV. 1379, febbraio — Capitoli fra i fratelli Giordano Orsini del Monte
e Niccolò di Brusco Orsini da una parte e il popolo romano dal-
l'altra. ' 47, 51.
113
DI ALCUNI ATTI
DEL NOTAIO
GIO: CESIDIO DA GAVIGNANO
Il prolocollo (1) del notano Gio : Cesidio di Ser Giovanni da
Gavignano che abbiamo ritrovalo nell'archivio notarile di Calvi,
è un codicetto in 4° di carie 92 non numerale, ricoperto di
una pergamena che contiene un frammento del catasto di Ta-
rano in caratteri del XIV secolo e sulla quale si era scritto re-
centemente: Incognito di notare e di anno. Reca pure in testa
alla prima pagina questa semplicissima intestazione: « In nomine
domini Amen. Hic est liber Instrumentorum ad que rogatus fui
ego lohannes Cesidius Ser lohannis de castro Gabiniani sabi-
nensis diocesis publicus imperiali auctoritale notarius et iudex
ordinarius cum signo quo consuevi annis, indiclionibus mensi-
busque diebus infrascriplis ><.
Esso comprende gli atti dal 5 novembre 1485 al 10 gennaio
1488, e parecchi ci sembra possano interessare alla storia, spe-
cialmente quelli che richiamano falli di mollo anteriori all'epoca
del notaio. Esso infatti avendo assistito nel 1486 e '87 il signor
Lorenzo di Gio : Francesco de' Cerroni, del rione de' monti in
Roma, dottore in legge, delegato da papa Innocenzo Vili a de-
finire varie vertenze esistenti Ira alcune comunità e signori della
Sabina, ci ha tramandato nei suoi alti le composizioni eseguite e
le sentenze pronunciale dal detto commissario, dalle quali si rac-
colgono notizie non solo della Sabina e di molti suoi castelli, ora
(1) Abbiamo ragione di credere che questo sia il secondo protocollo di Gio:
Cesidio. Sulla copertina del libro delle Rif. del Coni. a. 152S-30 abbiamo trovato infatti
questa nota: « A primo protocollo notarli pubblici Io. Cesidii de Gabiniano Instrum.
« terminationis anno 1473 et ab altero Instrum. ecclesie malori Sabinae anno 11S7
« annot. per me notarium Io. Bart. ».
8
114: D. BENUCCI
distrutti, nel medio evo, ma indirettamente anche de' baroni ro-
mani che in Sabina ebbero più o meno contrastalo dominio a
quel tempo.
Molte notizie su questo soggetto raccolse sul finire del secolo
scorso il canonico Sperandio (1), e benché di alcuni suoi docu-
menti sia dubbia l'autenticità ed egli stesso sovente sia stato
troppo ardito nelle congetture, l'opera sua non manca per questo
d'esser notevole. Ci è parso quindi opportuno di tenerla presente,
né abbiamo lasciato di richiamarla, specialmente ove i nostri do-
cumenti vengono a correggere o ad illustrare quanto da esso fu
esposto.
Si trova negli atti di Giovan Cesidio la sentenza emanata dal
commissario pontificio Lorenzo de'Cerroni in data 27 luglio 148S
sopra la questione sorta tra il comune di Rocca Ranieri e quello
di Concerviano intorno ai confini del tenimento del diruto castello
di Antignano, già incorporato a Rocca Ranieri. Gli abitanti di
questo castello volevano avere assoluta giurisdizione fino al Rio
di Fonte Pasquale che mette nel Salto, mentre que.lli di Concer-
viano affacciavano il diritto di pascolo oltre a questo confine e
verso il Rio di Monte Piombarolo. A sostegno dei suoi diritti
Rocca Ranieri adduce: l'istromento di incorporazione di Anti-
gnano per mano di ser Nizio da Conligliano, « antiquitate fere
consumptus » e di cui l'anno, consunto del tutto, « infertur ab an-
tecedentibus annis quibus alia instrumenla fuerunt stipulata », e
cioè gli anni 1285, 1286 e 1287 ; una vendita di pascolo dal Rio
di Fonte Pasquale al Piombarolo fatta dal comune di Rocca Ra-
nieri ad uno di Concerviano; la tradizione conservala « ab eorum
maioribus et a senioribus in seniores » che il loro castello fosse
edificato « a comite Raynerio nobilissitno viro de Ravenna » e da
lui appellalo. In prova di ciò « ostendunt supra ianuam turris
ipsorum vetuslissimam tabulam marmoris albi huiusmodi lenoris
sex versiculorum, videlicet: Cuniarius Raynerius liane fórtem
erigit arcem | vìncens destruit Antignanum et Castra lohannis \
Resistit pugnanti forti manu imperatori Germani fratres Ray-
nerius atque Johannes [ Imperio dioiso amplectuntur ubique \
(1) Sabina sagra e lìrofana, Roma, Giovanni Zempel, MDCCXC.
DI ALCUNI ATTI DEL NOTAIO GIO : CESIDIO DA GAVIGNANO UT»
Semper et Arx hec deincle iniacta remansit ì>. Mancano, aggiunge
r islromenlo di Gio: Cesidio, i documenti per stabilire il tempo
di questo avvenimento, ma resta memoria della guerra, m"; si nega
dalla parte contraria che esiste nel monte contermino di delta
Rocca un luogo chiamato ancora « platea imperatoris ».
Ora se questo imperatore fu, come ci sembra ragionevole. Fede-
rico II, che, venuto a Rieti nel luglio del 1241 « feam] sibi rt^si-
stentem invenit », e tosto si affrettò, chiamato dal cardinal Gio-
vanni Colonna, a Roma (1), questo conte Ranieri è lo stesso dei
Dog. I e LXXVI dello Sperandio. Quest'ultimo noi abbiamo rive-
duto sull'originale, che si conserva nell'archivio comunale di Calvi.
È un verbale della Cerna di Calvi del 10 ottobre 1491, nella quale
è fatta menzione d'un antico istromenlo, dove il conte Ranieri
del fu Ranieri colla moglie Maria de Dompnigallia ed i figli Lam-
berto, Nicola, Bailardino, Adalberto, Lodovico e Guidone recessero
alla chiesa di Sabina i castelli di Altaino e Striano che da antico loro
appartenevano. Non vi si fa menzione è vero dell'anno, ma che
non si sia lontani dall'epoca da noi supposta, ci conferma questo passo
del Doc. I dello Sperandio che si riferisce alle vendite di ghianda
fatte dagli antichi vicedomini di Sabina : « Et anno 1251 illustri
comili d. Raynerio et illustri comitissae dominae Mariae de Dom-
pnigallia coniugibus prò eorum vaxallis de Gabiniano, ut habetur
ex Rofrido de Faida scriniario Episcopien. »
Su questo documento fu bensì gettato il sospetto di falso, ma
da parte interessata a volerlo tale (2). Noi troviamo questa indi-
cazione corrispondere così esattamente agli altri nostri due docu-
menti che ad ogni modo ci pare di non dover più mettere in dubbio
l'esistenza di questo Ranieri di Conio in Sabina verso la metà
del secolo XIII. E, poiché questo conte era anche signore di Ga-
vignano, ci sorse spontaneo il dubbio se non appartenesse alla sua
discendenza un certo Giorgio, nominato appunto in Gavignano,
(1) Chron. Riccardi Sangermanensis, ap. Mur.ìtori, R. I. S., t. VII. Federico
fu a Rieti anche nel 1233 a ricuperare ciò che i Reatini avevano conquistato del suo
regno.
(2) Questo documento é una sentenza di restituzione in pristinura della chiesa
di Sabina, lata nel 1431. Fu impugnato nel 1767 dalla Comunità di Torri contro il Pro-
curatore fiscale di Sabina specialmente per essere stato ritrovato neir archivio di Cer-
chiara da un tal Seratini famoso falsario.
116 D. BENUCCI
in un allo del noslro notaio. E anzi il primo che egli stenda come
cancelliere del Commissario pontificio (1), venuto a Gavignano
« depulalus et eleclus cum omnimoda facultale et poleslate dero-
gandi et validandi quicquid olim a domino Pelro Angelo de Ursi-
nis (2) factum fuit de hereditate et bonis hereditariis condam
domini comitis Georgii positis in perlinentia castri Gabiniani sa-
binensis diocesis », e che in tal qualità od a nome anche degli Orsini
transige cogli eredi del detto conte il 2 giugno 1486.
Per quanto però noi non siamo ripugnanti dal crederlo, non
abbiamo certo prove sufficienti per riconoscere nel conte Giorgio
un Coniario. Lo Sperandio (3) lo dà senz'altro per tale, ma come
figlio di Alberico da Barbiano, restauratore, secondo lui, di que-
sta famiglia dispersa. Al suo tronco, di conseguenza, egli attacca
anche gli eredi del detto conte, i fratelli Niccolò Sante e Pietro
Saraceno, i quali, insieme con tutti i loro figli maschi, nell'istro-
mento da noi citato, accettano in nome e da parte degli Orsini
ciascuno la somma di lire cento provisine che loro paga il Com-
missario d'Innocenzo Vili, e rinunziano con ciò, in favore degli
Orsini slessi, tutti i loro diritti su quella eredità, obbligando in
caso contrario tutti i beni ad essi pertinenti « ex iure proprieta-
lis in tenuta Collemonis seu lenimento diruti castri Tribuci et in
perlinentia castri Catini ».
Abbiamo riportato questo passo, perchè ci indica i possedi-
menti di questi due signori proprio in que' luoghi che lo Speran-
dio ha fatto centro dei possessi de' Coniarli in Sabina (4). Ma un
altro atto ci dimostra ancor più l'importanza di questi personaggi.
(1) È chiamalo in quest' atto Lodovicus, ma il trovare scritto in tutti i succes-
sivi Laurentius, colla stessa paternità e nella stessa qualità, ci fa dubitare d' una svista
del notaio.
(2) Del ramo di Castel S. Angelo (Vedi Bollett., voi. I, F. Savio, Simeotto Orsini
e gli Orsini di Castel S. Angelo).
(3) Egli pubblica sotto il n.o XXIII due documenti estratti dall' archivio di Poggio
S. Loi'enzo, dai quali si rileva come, ancora nel 1525, i Agli di Niccolò Sante e Pietro
.Saraceno affacciassero pretese sui beni del fu conte Giorgio comitis C'unii. — Nella se-
conda meta del secolo scorso (1762) un tal Ignazio Seraiini intitolatosi Conte di Cuneo»
intentò lite alla casa Olgiati, subentrata nei possessi degli Orsini, per la restituzione
dell'eredità di questo conte Giorgio, presentando un inventario dei suoi beni deiranno
1426. Fu scoperto eh' egli lo aveva falsificato servendosi di antiche pergamene da cui
aveva grattato i primitivi caratteri. La conoscenza del nostro documento avrebbe reso
vana la falsificazione.
(1) Egli infatti pone in Catino la sede principale de' conti di Conio in Sabina.
DI ALCUNI ATTI HEL NOTAIO GIO: CKSIDIO DA OAVIGNANO UT
Esso è la sentenza emanala da Lorenzo de'Cfrroni addì 2^ ngoslo
1487 Ira Niccolò Sanie e Pietro Saraceno da una [larle e la co-
munita di Poggioperusino dall'altra, la quale negava ai detti fra-
telli il diritto di pascolo nel proprio territorio. I due signori
producono i patti stipulati col cardinal Baldassarre Cossa, leg.tlo
pontificio, nel 1410, riconosciuti e confermati per placito di Mar-
tino V nel 1425, ne' quali ai loro predecessori e a tutta la loro
discendenza mascolina in perpetuo si accordava il privilegio di
essere « ubique locorum tainquam cives illorum exstimandos »,
in compenso della cessione fatta alla Chiesa di molli loro domini (1).
Ora benché in questo atto si legga la paternità dei due fra-
telli, figli di un tal Domenico Sante da Catino, né sapremmo come,
se lo Sperandio ne avesse avuto contezza, lo avrebbe fatto deri-
vare da Alberico da Barbiano (2), ci sembra evidente tuttavia che
costoro fossero eredi di una polente famiglia. Parentela avevano
(1) « Laurentius de Cerronibus.... cuin.... bene perspexerit pactiones faclas curii
« condam domino Cardinali Raldassarro Cossa legato Bononie per apostolicam sanctam
« sedem Romanara anno domini Millesimo CCCCX, ac bene cog-noverit placilum apo-
« stolicum olira sanctissirai domini Martini pape quinti felicis recordationis remmo-
« rantis (sic) anno domini Millesimo CCCCXXV dictas pactiones per quas patet apo-
« stolica romana acquisitio plurium locorum datorum et concessorum jìer dictas pa-
« ctiones apostolice sanate sedi Komanc placitum fuit compensare predeccssores
« dictorum germanorum fratrum ipsorumque successores masculos usque quod per-
« duiMverit eorum generatio masculorum ex eo quia eisdem datum et concessuni fuit
« ubique locorum taraquam cives illorum exstimandos fore et esse qulbuscunique non
« obstantibus et propterea eosdem habere tenere et possidere omnia et singula iura
« quo pertinent ad predictos cives oppidanos atque terrigenas in universo dominio
« temporali prefate apostolice sancte sedis Romane, nec non etiam cognoverit statuta
« et leges dictorum liominum et Communis Podii predicti, se mature cum Consilio
« plurium iuris peritorum prefata apostolica auctoritate facultate et potestate deter-
« minavit ad hanc diffinitivam sententiam et decretum tenoris. videlicet. Xristi no-
« mine invocato nos Laurentius de CerroDÌI)US etc. dicimus pronunciamus ac diftini-
« tive sententiamus et decernimus licitum fuisse et esse prefatos gcrmanos fratres
« Nicolaum Sanctem et dominum Petrum Saracenum ipsorumque successores masculos
« ducere duxisse ac ducturos fore et esse per se vel per alios nomine ipsoinim pro-
« prias capellas oves et alia animalia que sint et fuerint de iure proprietatis eorum
« ad pascendum in Montibus pertinentibus ad Commune et homines Castri Podii pe-
« rusini simul cum eisdem tamen hominibus usque quod eorum protenditur tenimen-
« tum iuxta confìnes designatos per olim dominos Bertuldum et Robertum de liliis
« Ursi ».
12) Lo Sperandio sostiene anche che tutte le principali famiglie romane. Or-
sini, Savelli, S. Eustacchio, etc, avessero comune l'origine coi Coniari. Ora nel nostro
istromento trovava questo passo « Bertuldum et Robertum de tìliis Ursi eiusdem
« generis cuius sunt prefati germani fratres.... ». La sentenza é emanata « in domo
olim predictorum dominorum Bertuldi et Roberti de filiis Ursi et nunc civitatis Rea-
tine vel eius Communis » posta in Poggio Perusino.
118 D. BENUCCI
anche coi conti di Marerio, giacché loro pro-ava era slata l' illu-
strissima signora Filippa, figlia del conte Nicola di Marerio,
come si rileva dal testamento di un conte Nicola di Marerio giu-
niore, contenuto nel nostro protocollo. Questi, anzi, appunto
perciò, lascia ai due fratelli e a tulli i loro discendenti maschi
in infinito venti rubbia di terreno nel lenimento del diruto
castello di « Vulghe recte » (presso Ascrea e Castelvecchio)
oltre al possesso in comune e <« prò indiviso » coi suoi figli dell'in-
tero lenimento di esso castello, « proul habilum fuil a venerabili
Monaslerio farfensi » (1).
Era però ormai finito il tempo delle signorie particolari e già
dagli alti menzionati appare come tulli questi nobili, ne' luoghi di
cui i loro predecessori avevano il dominio, si contentassero di
restare cittadini doviziosi. Più grosse e potenti famiglie ormai li
soverchiavano, e tra queste vediemo spandersi per Sabina, ove
avevan sempre tenuto un piede, gli Orsini, ora col favore ora a
dispetto de' pontefici.
Già vedemmo come Pier Angelo avesse occupato i beni del
conte Giorgio in Gavignano ed agli eredi di costui fosse parso
conveniente accettare un' indennità in danaro ; un altro atto di
Giovan Cesidio ci mostrerà come si comportasse Paolo Orsini in
Calino (2), di cui s'era fatto signore. I catinesi gli avevano ven-
duto nel 1480 per 1,600 fiorini d'oro le legna dei loro boschi, e
non vedendo arrivare ancora il pagamento, avevano ricorso al
pontefice. Lorenzo de' Cerroni è il commissario che viene a giu-
d) II testamento é fatto in Calvi ove il conte Nicola giaceva infermo in casa di
ser Marco Mattei [de' MarescottiJ il 10 marzo li87. Egli lascia, tra gli altri legati,
due cavalli per ciascuno a Troilo Orsini, Pietro Colonna e Pandolfuccio Savelli, no-
mina i due primi suoi esecutori e fldecommissari e riparte in tal modo l'eredità tra
I suoi cinque maschi: i possessi di Castelvecchio, Vallecupola ed Ascrea a Francesco;
quelli di Corbario e Villa a Griovanni e Filippo; quelli di Castel Colle, Borgo, Casaprota
•e Rocca Sinibalda a Tommaso e Gentile. Tutti loro istituisce eredi universali nella
contea di Marerio e ne' castelli del contado equicolano secondo il placito del Re Carlo
di Sicilia del li giugno 1265. All« due liglie stabilisce cinquanta florini d'oro di dote.
(2) È lo stesso che fini miseramente per le mani del Borgia (Barbiellini AMmEi,
II barone Ferreoli). Noi abl)iamo trovato nell'archivio notarile di Calvi, ne;;li atti di Mat-
teo de' Marescotti, un biglietto di Gio. Paolo Orsini, conte d' Atripalda, scelto arbitro tra
Organtino Orsini come Signore di Monistero e Vacone, e la L'niversità di Conflgni,
dato da Poggio Catino il 18 gennaio 1487. É senza dubbio lo stesso personaggio, figlio
del cardinale Latino. Apparteneva al ramo dei conti di Tagliacozzo, i quali ebbero
anche la contea d' Anguillara.
DI ALCUNI ATTI DEL NOTAIO OIO : CESIDIO DA GAVIGNANO IID
dicare anche di questa vertenza, ed alla sua presenza, il giorno
25 agosto 14S6, Troilo Orsini riunisce appunto perciò, nelle f(jrme
•consuete, il consiglio di Catino (1). Ivi, dopo aver dichiarato che
ognuno era libero di dire il suo parere, si lagna che i catinesi
abbiano ricorso al papa per esser pagati dal signor Paolo, suo zio,
■quando questi e il cardinal Battista, abbate commendatario di
Farfa, tanto li avevano aiutati contro il comune di Poggio Mir-
teto, ed oltre a ciò avevano già pagato 200 fiorini d'oro al co-
mune di Poggio Catino (2) : esser perciò « liberam ipsorum gra-
titudinem et debitum, amor amore pacandus [sic] ».
Il consigliere ser Antonio Marezzi risponde mostrando le ne-
■cessilà di Calino, ed ottiene che i signori Orsini paghino almeno
■500 fiorini d'oro, che il signor Troilo versa immediatamente nelle
mani del camerario del Comune. Nel discorso di ser Antonio
sono riassunte le vicende di Catino nel XIV secolo (3). Il passo
(1) Si noti che il primo dei consitrlieri nominati è Ser Pietro Saraceno.
(•2) « Xotandum est quia non fuit ah ipsis hominibus et Commune Catini expres-
< sum quod anno MCCCCLXXXI et sequentihus annis tam prefatus d. Paulus quam
« Reverendissimus d. Baptista diaoonus Cardinali» de Ursinis Commendatarius Abbas
« Monasterii Farfensis multum auxilium et operam dederunt predictis hominibus et
« Communi Castri Catini in litibus, causis, questionibus et controversiis inter eosdem
« et inter homines et Commune Castri Podii Mirteti sopra terminationem pro])rietatis
-» Montium : nec etiam espressum fuit quod jìrefatus dominus Paulus dedisset bis ccntum
« rtorenos auri Communi et hominibus Castri Podii de Catino etc. ».
(3) « Quibus omnibus et singulis l)ene auditis et intellectis, surrexit in pedo reve-
« rentia qua decet Ser Anthonius Marotii et suum consilium ad omnium libitum et
« ar1)itrium proponendo dixit: Non ignorari nec negari beneticia et patroclnium tam
« domini Pauli de Ursinis quam domini Cardinalis Baptiste ac decere futuros esse gra-
« tos, sed rememorandum est omnibus quod nostri predecessores homines de Catino
« usque quo » (Sembra veramente il segno del quia. A noi pare di dover leggere: usque
a q'to. Intatti nel doc. prima citato ove vuol intendere: fino a che, é scritto chiara-
mente: usque quod) « se ipsos dederunt et subposuerunt apostolice sancte sedi Ro
« mane nimiam diminutionem et dampna sustulerunt a malo in peius etiam ad esse
« subpositos domino Theobaldo de sancto Kustachio facto proprio vicario apostolico
« temporali Castri Catini et ipsius hominum, qui per patrocinium et potentiam do-
« mini imperatoris Heynrici voluit minuere vires et actionem et auctoritatem predi-
« ctorum hominum de Catino cum fecisset et obptinuisset homines Podii de Catino
« fore et esse Commune separatum et distinctum a nostro Communi et univcrsitate
« prout est et fuit hoc pluries assertum et probatum contigisse anno domini mille-
« Simo CCCXij, ob quod ipsi predecessores nostri ut assueti ex origine ad imperium
■« supra omnia Castra que erant in antiquo territorio illorum non substulerunt se
« ipsos subponere perpetuo vicai'io apostolico temjjorali et dicto domino Theol)aldo,
« cum (jUG pacilìcati fuerunt per opus germanorum frati'um dominorum lohannis et
« Sciarre de Columpna: non minorem diminutionem et atflictionem attulerunt bella
« seu guerre que fuerunt inter Guclfos et Ghibellinos, et nunc etiam fertur non esse
« pacatos de* agabello et venditione lignorum in montibus iuris nostre Communis prò-
120 D. BEXUCCI
principale è quello che si riferisce a Teobaldo di S. Eustachio.
Costui, ottenuto il titolo di vicario perpetuo di Catino (forse
dal primo de' pontefici che prese stanza in Avignone), favorendo
gli imperatori, intese a farsene addirittura un possesso. Perciò,,
dopo aver sminuito i privilegi de' catinesi, coli' intento d'indebolirli,
ottenne da Enrico VII che Poggio Calino, che prima da loro di-
pendeva, formasse un comune distinto. A questo punto non resse
la pazienza de' catinesi, i quali più non sostennero d'esser sot-
toposti al prepolente barone; ma egli, come ghibellino, molto pro-
babilmente anche prima che la venula di Lodovico il Bavaro a
Roma desse baldanza al suo partito (1), per mezzo di Giovanni
e Sciarra Colonna (2), fu rappacificato coi catinesi.
Nel 1477 tornò Catino alla S. Sede (e Sisto IV lo vendè a
Rieti) essendosi colla morte di Luigi estinta la discendenza dei
S. Eustachio. Essi possederono in Sabina anche il diruto ca-
stello del Monte de' figli d' Ugone (Monte Fido), che Giovanni ed
Agapito fratelli, sulla fine del secolo XIV, donarono ai preti mi-
nori di Aspra con atto di ser Sabba di Cola Barberi di Monte
Santa Maria, scriba del monastero farfense. Ciò sappiamo da un
altro istromenlo di Giovan Cesidio, in data 14 settembre 1487,.
ove è detto come, estinta la discendenza dei S. Eustachio, papa
Innocenzo Vili, « ob defectum dictorum presbyterorum », nomi-
nasse amministratore apostolico del castello del Monte de' figlr
d' Ugone Giacomo di Battista Savelli, signore di Palombara Sabina, e
come il suo procuratore, Accursio « condam domini Arnoldi » dì
« pi'ietatis nec nostrum Commune et iiniversitas habet et possidet nunc aliud bonum-
« a quo possit habere Iructura et utile quod habet et habuit in solis dictis montibusr
« nec minus ob reverentiam et ob gratitudinem beneflciorum receptorura et ob plu-
« res etiara obtentas gratias apud sanctissimum dorainum nostrum papam videtui* esse-
« bonum omnes predictos soeios liomines congregatos et coadunatos ut supra vocaiT.
« se contentos et integre pacatos dummodo statini dentur et tradantur nostro Com-
« munì Catini quinque centum florenos auri ad rationem .1. sollidorum prò quolibet.
« floreno, cura sint omnes constituti in magna necessitate propter expensas in litihus
« retroactis et ob penuriam et mala tempora ».
(1) Teltaldo fu tra i baroni che addestrarono il Bavaro neir entrare a Roma (Giov.
Villani, X, 541. Non ostante questa ribellione de' Catinesi, i successori di Teobaldo
fecero anche di peggio: specialmente Troilo, finché non fu ucciso da un ministro
(Vedi MoROM, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica).
(2) Sciarra Colonna fece nel 1314 la ])ace tra Terni e Narni. Egli ebbe in questo
secolo molta parte nelle vicende dell'Umbria (Vedi Bollett., voi. I, G. Pardi: Dìie paci
tra Terni e Narni etc. e Relazioni d'Amelia col Coni, di Roma etc). .
DI ALCUNI ATTI DEI- NOTAIO GIO : CESIDIO DA C.AVIGNANO 121
Canlaliipo, agabellasse a Nicolò de' Buccamazi di Scandriglia Tl'I*-
balico di dello castello, del quale sono designati i confini.
Un altro documento interessa specialmente la storia del mo-
nastero di Fiii'fa, ed è mollo curiosa la notizia che si lui nel li-
bello supplice degli abitanti di Castelnuovo, circa la fondazione,
forse leggendaria, di questo castello, falla da nomini coniJolli dal-
l'oriente e convertiti alla fede cristiana dal monaco Kaniero (1).
Già da gran tempo il monastero aveva perduto il suo antico
luslro per opera specialmente di Bonifacio IX papa, che spogliati
i monaci delle loro terre ne aveva investito col titolo di abbate coin-
niendalario il suo nipole ex sorore Francesco Carbone dotto an-
che Carbonacci o Tomacelli. Oramai fin dal 1420 l'abbazia non
aveva fatto che passare d'uno in un altro Orsini, quasi fosse un
loro feudo, e come si comportasse il cardinal Battista, f|uinto
abbate di questa casa, si può vedere dal nostro documento in data
13 settembre 1487 (2). A noi nel pubblicarlo parve quasi di compiere
(1) « In primis tenor predirti supplicis libelli prout apparet talis est videlicet:
« Universitas et horaines Castri novi de abhatia farfensi, maxima humilitate et ea
« summa qua decet reverentia supplices, consnltis ipsorum senioril)us prudcntihiis
« viris, die nona currentis Mensis Martii hoc anno domini Millesimo CCCCXXX, per
« manura Ser Johannis Anthonii pnhiici notarli de Podio sanati Laurentii, precantur
« omncs et singulos venerabiles et Rclipiosos viros dominos Monachos et Conventum
« venerabilis Monasterii farfensis, ut ipsi memores sint predecessorum sevi primorum
« honiinum Castri novi, qui ex orie: te ad sanctissimam Xristi fidem conversi per no-
« bilissimuni farfensera Monachum Kayneriura et ducti in hanc farfensem ])artem.
« habuerunt et rcceperunt a pietate Monachorum predecessorum tenimenta dirutorum
« Castrorum Agelli et Caballarie ad se sustentandum laboritiis, velint nunc omnes pre-
« dicti venerabiles domini Monachi, quovis titulo, dare et concedere predictis univer-
« sitati et hominibus quicquid maius videtur oportunum ad nccessitatem pascendi
« propria animalia a Petris lixis usque ad Rianara, promictentes quicquid eisdem do-
« minis Monachis placuerit lieri habere prò gratia quam Deus ipsis inspiret etc. ».
(2) « In nomine domini Amen. Anno domini Millesimo CCCClxxxvij indictiono
« quinta pontilìcatu sanctissimi in Xristo patris et domini nostri domini Innocenti!
« divina providentia pape octavi Mense septembre die decima tertia. In presentia mei
« notarii et testium subscriptorura ad liec specialiter rogatorum venerabilis et Relifrio-
« sus vir dominus frater Dionisius de Francia cellerarius Monasterii farfensis sancte Marie
« non vi coactus nec dolo vel errore et aliqua deceptione ductus sed ex eius certa
« scientia lilìeroque arbitrio et propria spontanea voluntate tam nomine suo quam
« vice et nomine omnium Monachorum dicti Monasterii farfensis ipsiusque Conventus
« absentium tamquam presentium ex ipsorum vive vocis oraculo ad perpetuam rei
« memoriam traditur factum et facta predictorum Monachorum et Conventus Mona-
« sterii farfensis ne in posterum successores in dicto Monasterio malori colludio et
« dolo sufferant dampna et preiudicia ob magnam dolosam dirainutionem et conver-
« sionem antiqui Manualis seu territorii diruti Castri Acutiani in tenimentum et per-
« tinentiam dirutorum Castrorum Agelli et Caballarie quicquid a Riana versus leni-
« menta dictorum dirutorum Castrorum Agelli et Caballarie erat et fuerat semper per-
122 D. BEN UCCI
la volontà di que' monaci, che della loro protesta contro gli atti
del prepotente abbate vollero lasciar memoria per mano di ser
Giovanni Cesidio, quasi un ultimo grido levato contro il cardinal
Battista, che poco di poi li spogliava anche del castello di Sali-
sano, ultimo rimasto alla mensa de' poveri frati (1).
Chiudiamo lo spoglio del protocollo di Giovanni Cesidio da
Gavignano facendo qui appresso breve menzione di alcuni altri
istromenti che contengono qualche notizia utile alla storia parti-
colare de' luoghi della Sabina.
■« tinentia seu manualis et tenimentum dicti Monasterii farfensis proxima usque tem-
« pora retroacta; iuravit ad sancta dei eangelia (sic) corporaliter habens in suis ma-
« nibiis scripturas oranes et singulos Monachos dicti Monasterii farfensis fuisse et eése
« violenter inductos atque coactos ab auctoritate et potestate Reverendissimi domini
« Cardinalis diaconi Baptiste de Ursinis Coramendatarii abbatis Monasterii farfensis
« ad dandum et prestandum eorum consensum instromento quo manu Ser Jacobi pu-
« blici notarii de Podio Mirteto die octava proxima preterita nomine falso tenimen-
« torum (sic) Agelli et Caballarie incorporata fuere et locata ad centum annos nniver-
« sitati et hominibus Castri novi sabinensis diocesis de abbatia farfensi, cum [non] es-
« set eisdem Monacis nec prò omni oorum iure permissum se ipsos apposituros fora
« et esse reservationes in diete instromento appositas ad servandum in integrum pro-
« pria iura predicti Monasterii, prout melius patet a presentibus duobus testibus ad
« perpetuam rei memoriam examinandis in hoc instromento . videlicet . nobili et sa-
« pienti viro domino Accursio condam domini Arnoldi de Castro Cantalu])i sabinensis
« diocesis eximio legum doctore et nobili viro domino Xicolao condam domini lohannis
« de Bucchamatiis de Scandrilia. Quorum examinatus ad perpetuam rei memoriam
« dictus dominus Accursius an ipse sciat quicquid proxima preterita die octava
« Mense septembre contigisset Inter Reverendissum dominum Cardinalem Baptistam
« ex parte una et inter Monachos Monasterii farfensis ex parte altera, iuravit ad sancta
« Dei evangelia corporaliter tactis scripturis noluisse prefatum dominum Cardinalem
« Baptistam admictere dictis Monachis quod in istromento nove locationis et incor-
« porationis teniraentorum Agelli et Caballarie raentionem aliquara Aeri esset de quo-
« dam supplici libello quo Universitas et homines Castri novi anno domini Millesimo
* CCCCXXX, consultis ipsorum hominibus postularunt eisdem concedendum fore et
« esse ius pascendi quolibet titulo Monachis placuisset ultra Perras lixas usque ad
« Rianam; nec etiam instromentura inseri quo patet nova affixio Fixarum Petrarum
« avulsarura facta anno domini Millesimo CCCClxxvij : sed omnino inopinanter et sta-
« tim prcdictos Monachos facere locationem novam dictorum tenimentorum hominibus
« et universitati Castri novi ad placitum et iuxta voluntatem prefati domini Cardi-
« nalis sic omnino volentis iubentis et suam auctoritatem et potestà tem contra predictos
« Monachos iactantem iactantis ». Nell'atto di reaffissione di termini del 1477 é ricor-
data la terminazione eseguita nel 1315, quando lo stesso tenimento era stato locato
all'Università di Castelnovo dal monaco Arnaldo, amministratore del Monastero.
(1) Il Castello di Salisano fu ceduto all'abbate Commendatario con Bolla di Ales-
sandro VI del 29 agosto 1492, ed i monaci ricevettero in compenso S. Maria in Canneto
«olle sue dipendenze (Barbiellini-Amidei, Op. cit.).
DI ALCUNI ATTI UKI. NOTAIO GIO: CESIDIO DA (iAVlGNANO 1215
1486, 12 febbraio. — Affitto del pascolo di Rocca Teobaldesca del-
l'Abbazia farfeus?. Vi souo descritti i confini del teniniento e si eccet-
tuano i seminati del Monastero e degli uomini di Castelnuovo. Atto in
Bocca Teobaldesca.
1486, 7 mag'gio. — Testamento di iiu certo Corasio del la Ayghio,
armeno, malato nell'ospizio di Farla, che lascia gemme e tesori al Mo-
nastero ed ai poveri.
1486, 8 luglio. — Transazione tra frate P\isticardo dell'ordine di
S. Agostino economo del Convento della Santissima Trinità, ora di S. Ma-
ria, iu Ponticelli, e i compratori delle ghiande del bosco lasciato al con-
vento dal conte Giannicola Virrocco. Costoro non avevano mai pagato
per negligenza dei famigliari dell'illustrissimo signor Francesco di Rai-
mondo degli Orsini che era stato lasciato amministratore dal conte Vir-
rocco. Atto in Offeio. Assiste come testimonio Lorenzo de' Cerroni.
1486, 22 luglio. — Sentenza del commissario Lorenzo de' Cerroni
nella questione vertente tra i Comuni di Castelvecchio, Mirandella ed
Ascrea. Gli uomini di Castelvecchio esibiscono un lodo di Giovanni di
Fara, arbitro tra l'Abbate del Monastero di S. Salvatore maggiore e i
signori Braccio e Filippo coi loro nipoti Nicolò e Francesco di Marerio
nell'anno lol2 ; il Comune di Mirandella un lodo del 1289 fatto da Ni-
colò di Gianni Cola Colelle da Rieti tra esso Comune e il Monastero d^
S. Salvatore suo padrone da una parte, e il Comune d' Ascrea e i si-
gnori Oddone ed Andrea fratelli suoi padroni dall'altra; il Comune
d' Ascrea presenta lo stesso lodo e l' istromento in cui fu confermato
nel 1315 da Poncello de Buccamazi di Scandriglia.
La sentenza entra ne' più minuti particolari circa ai confini e alla
giurisdizione dei tre Comuni. Atto presso l'eremo di S. Angelo nel Monte
Namnea.
1486, 11 agosto. — Sentenza dello stesso (come commissario del re
di Sicilia) tra i Comuni di Gergenti e S. Angelo in Equicolis per que-
stione di confini. Si richiamano le regie lettere di re Carlo del 22 giu-
gno 1265 per mano del cancelliere Stefano di Roano, da cui si rileva
la sentenza lata e la terminazione fatta in quel tempo da Tommaso di
Marerio. Atto in plano Mandrilium.
1487, 25 gennaio. — Componimento di Orso di Giovanni Orsini, si-
gnore di Striano, pel pascolo di questo castello venduto ai Calvesi. Atto
iu Calvi.
1487, 1° settembre. — Don Farolfo del fu Ser Giovanni Cole Futii
da Toflia, canonico di S. Sabina, apostolico economo ed amministratore
della chiesa Forouovana, eletto e deputato da Innocenzo Vili alla rifor-
mazione e restituzione della detta chiesa, elegge suo legittimo procura-
124 D. BEXUCCI
tore il uobil nomo Roberto del fu Laudone Lotti da Toffia, « ad obbligau-
dum et agendum ut omues universi tates Commuuia et homiues Castrorum.
oppidorum et locorum qui et que existuut et suut a flumine Tyberis
usqxie ad flumeu seu Rivum vel lagiam Kalendiui et usque ad culmina,
Montium ut aqua peudet versus diocesim sabinensem et tenimentum ca-
stri Tancie in integrura oblig-entur omui meliori modo ad illa antiqua
regalia et imperialia qnibus antiquitus ad dationes prestationes pensio-
nes et responsiones in quolibet anno tenebantur et adhuc usque etiam
aliqui tenentur et communiter vocitautur de comitatu sabinensis ecclesie
inaioris esse (1) », non che a riscuotere locazioni, censi, frutti, decime, ecc.
spettanti alla chiesa, ai suoi canonici e dignità come spettava aulica-
mente alia detta chiesa ; « cuius veneratio et devotio ab antiquis tempori-
bus memoranda ad nostra usque tempora manet apostoli sancti Petri in
Ursaciana domo Foronovano episcopio », ed a sostenerne il reg'ime con mera
e. misto imperio « supra et intra et extra Podium episcopii ». Atto iu
Tarano.
Calvi dell' Umbria, dicembre '95.
D. Benucci.
(1) Anche ((uesto passo concorda pienamente col Doc. I dello Sperandio più volte
citato e ribatte anzi alcune delle accuse sulla sua falsità.
nsr o T .^
Licenziavamo le bozze, quando ci é pervenuto II Comune di Nur-ni nel se e. XIII
del prof. Terrenzi (Terni, Alterocca, 1895). L' istronaento di cessione del castello di
Striano, fatta al Comune di N'arai nel 1238 da Pietro de Capite, pubblicato dall'A., non
sembra in accordo col documento di cui si ha memoria nella Cerna di Calvi del 1491^
da noi citata, o per lo meno colla data a cui son riferiti il conte Ranieri e Maria Don-
nigallia nel documento dello Sperandio. Xon mancheremo di fare ricerche in proposito.
125
POMPEO PELLINI
AMBASCIATORE DELLA CITTA DI PERUGIA A PAPA GREGORIO XIII
Antico e non mai spento desiderio degli studiosi è quello di
potere un giorno ritrovare di Pompeo Pellini, di questo erudito
« coscienzioso narratore della storia di Perugia, quella parte delle
sue istorie che per alcune vicende tipografiche e in mezzo ai casi
domestici dei suoi discendenti, andò miseramente smarrita. E se
mai da qualche vetusto e abbandonato armadio delle nostre antiche
famiglie patrizie, se da qualche ripostiglio non bene esplorato di
biblioteche o di archivi nostri, potranno uscire alla luce dispersi
o non conosciuti frammenti della antica storia e letteratura peru-
gina, pochi al certo sarebbero cosi pregiati e giungerebbero tanto
desiderali, quanto quelli che ci permettessero di riempire la consi-
derevole lacuna lamentata nella storia del nostro cinquecenlista (1).
Ed è facile comprendere la vivezza di tal desiderio quando si
noti che non v'ha storica narrazione più veritiera e diligente
della sua : né, chi vuole addentrarsi nello studio e nella ricerca
della storia locale, potrebbe avere guida più coscienziosa e si-
cura. Non spetta certo al Pellini, per l'acume politico o per lo
splendore della forma, uno dei primi posti fra gli storici del cin-
quecento, ma niuno forse fu così esatto e minuto e scrupoloso ri-
tessitore della storia della propria città sulle fonti antiche, sulle
carte e sui libri giacenti nei patri archivi.
Ebbi anch' io più volte l'occasione di verificare la indefettibile
precisione delle sue parole, confrontandole col testo degli antichi
statuti o delle riformanze. Ricordo fra le altre, che il compianto
Ariodante Fabretti nelle sue ricerche di documenti per la storia
degli ebrei e della prostituzione e sulle tariffe doganali dell'antico
(1) « Dell' Historia di Perugia di, Pompeo Pellini (parte I, II, III) nella quale si
contengono oltre V origine e i fatti della città li principali successi d' Italia per il
corso d' anni 3525. In Venetia MDCLXIV appresso Gio. Giacomo Hertz ».
126 A. BELLUCCI
slato perugino, studi che ei riprendeva dopo i suoi monumentali
lavori sulle nostre antichità italiche come dicersorium di una vita
mirabilmente operosa : ricordo dico, che il venerando vecchio per
lo più procedeva nella ricerca contronolando sulle storie del Pel-
lini tutte le menzioni, tutti i fuggevoli accenni relativi all'argo-
mento che studiava. Ebbene: neppure una delle citazioni tratte
dal Pellini fu trovata non rispondente al lesto degli statuti o-
delle riformanze, nell'anno e nei giorni indicati da lui (1).
Del Pellini quindi, più che ritessere la biografia sarebbe im-
portante ritrovare la parte smarrita delle sue istorie.
Giova per altro ricordarlo in qualche fatto memorabile della
vita sua, specialmente quando si consideri che ninno ancora si ac-
cinse a scriverne con larghezza.
Dell'incarico di governare Cascia, fecero menzione fra gli
altri e il Mariotti (2) e il Fabretti (3). lo ora rendo nota so-
lamente una lettera della Camera Apostolica di Roma al vice-
tesoriere di Perugia, ove si accenna a questo ufficio affidatogli dai
Reggitori del Comune.
Dai libri dell'archivio della Camera Apostolica di Perugia.
Lib. XIV, fol. 29.
Al mag-uifico amico carissimo raesser Aldieri della Casa vicetheso-
riere di Perugia,
Mag-niflco amico carissimo. Come dovete sapere, del mese di Marza
1564 fu scritto da mons. lUmo et Revermo signor mio il cad. Borromeo,,
et audio da me di volontà di N. S., che si dovessero pagare agli oflfitiali
di cotesta Prouiutia quelle medesime prouisioni che soleuano auere auauti
che se leuassero le legatioui. Hora pretendendo messer Pompeo Pellini,
quale alhora si trouaua al gouerno di Cascia, di restare creditore di qua-
ranta cinque scudi in circa, per compimento della sua prouisioue del
tempo che egli dimorò in quel gouerno, non ho potuto mancare di dirui
come faccio con questa, che uogliate riuedere bene il conto d'esso messer
Pompeo; et trouando che egli resti ueramente creditore, dobbiate sodisfarlo
(1) AuiODANTE Fabretti « Cronache della Città di Perugia » volumi quattro,
1887-'92, tipi dell'editore; e « Documenti di storia perugina » volumi due.
(2; « Saggio di memorie istoriche, civili ed ecclesiastiche di Perugia e suo con-
tado. — Opera postuma di Annibale Mariotti, Perugia, Baduel, 1S06>. (Vedi la dis-
sertazione proemiale).
(3) « Archivio Storico Italiano. Prima serie. Voi. XVI, parte II ».
POMPEO PELLIXI AMItASCIATOIlE, ECC. 127
di quanto g-iiistamente se g-li deue, con pigliarne le debite g-iustificationi»
con le quali ui sarà tatto tutto buono : et a voi mi raccomando. Di Roma
il di 21 d'Ag-osto 15G5.
Ma di ben maggiore importanza fu l'ufficio di ambasciatore
dei Perugini a Gregorio Xlll, commessogli dai Dieci Priori che
nel gennaio del 1575 reggevano i! Comune: e mostra in qual conto
di uomo prudente, di accorto ed esperto negoziatore, fosse il Pel-
lini avuto dai concittadini (1).
Non trovando che di questa ambasceria abbiano fallo ri-
cordo né il Mariolli, nò il Fabrelti, nò altri, io rendo ora di
pubblica ragione, come tratto inedito e non conosciuto della bio-
grafia di Pompeo Pellini, le istruzioni a lui date, per ordine dei
Priori, dal loro cancelliere, da quel Sante Pellicciari cioè, ricor-
dato nella « Bibliografia » di G. B. Vermiglioli, come autore di
una cronaca di Perugia, esistente manoscritta presso il Mariotli (2).
Ma siffatto documento merita attenzione anche sotto altri
aspetti.
Chi volesse prendersi il gusto di conoscere di che natura e di
che forma fossero le relazioni, nella seconda metà del secolo XVI,
fra la Curia Apostolica e le città assoggettate e omai facenti parte
dello Slato della Chiesa ; chi volesse vedere fino a qual punto
l'antico Comune perugino fosse omai asservito a Roma; non
avrebbe che a gettar gli occhi sopra documenti simili a questo.
La riottosa Perugia, la pervicace difendilrice delle proprie franchigie
(1) Altre notizie biografiche intorno a P. Pellixi, si trovano nello stesso volume
degli Annali. Dalla e. 65 t. si trae che ebbe 20 scudi di indennità, e dalla e. 75 t.
altri 5, per le spese della ambascei-ia. Dalle e. 66, 67 e passim si apprende che fu
Priore: e dalla e. 76 t., che egli come Procuratore e Sindaco della città, per prov-
vedere a certe indigenze, pose sui beni della città posti in Monte Malbo un censo an-
nuo di 225 scudi.
Dall'Archivio della Congregazione di S. Martino, sotto l'anno 1579, nel libro che
ha per titolo : « Libro delle adunanze della compagnia degli inferrai miserabili di
Perugia dal 1576 al 1643 > si ha che il Pellini fu nominato Vicepriore della compagnia.
(2) Vedi fra i mss. del Nuovo Fondo del mio « Inventario dei mss. della Comu-
nale di Perugia ». La Cronaca del Pellicciaki venne poi, probabilmente colle carte
Mariotti, alla Comunale. Reca questo titolo : « Memorie di cose successe in I^erugia ».
Sono per lo più brevi notizie sulle feste e sui funerali più solenni. A questa prima
scrittura ne tien dietro un' altra : « Ordine et modo di procedere dei signori Priori
di Santi Pellicciari Cancelliere ». La sua Cronaca comincia e finisce cosi : < Morto
dell' lUiiia signora Giovanna Bagliona della Corgna Marchesa di Castiglion Chugino,
1571, a di viij di Gennaro | quando li M. S. P. staranno ». y,ei Libri submissionum
128 A. HELUCCI
e delle proprie autonomie, ornai sia per addormentarsi nell'igna-
via del sei e del settecento: la Guerra del Sale, episodio epico
nella storia di questo popolo, è slata l'ultima manifestazione di
gagliardia, l'ultimo scalto di fiera indipendenza contro il dominio
dei Pontefici: ornai sul frontale del Forte Paolino, di quel bello
e gigantesco arnese di guerra eretto dal Sangallo per ordine di
papa Paolo ili, si legge la memoranda epigrafe: Ad reprimendam
Pernsinoriim audaciam.
Come vien fatto di ripensare a tutto ciò, mentre, scorrendo
coH'occhio il documento che viene appresso, si vede in che stretti
lacci di dipendenza, anche nelle più minute occorrenze del vivere
civile, omai Perugia e le altre terre della Chiesa si trovassero
per rispetto a Roma ! I dieci Priori, i Decemviri, come i cronisti
romanamente li appellano, la magistratura sovrana dell'antico
stalo perugino, domanda con diplomatica unzione l'assentimento
del Pontefice, sotto forma di brevi, per avere il permesso della
esportazione dell'olio, di abolire uno dei quattro Auditori di Ruota
(magistratura giudiziaria imposta dal Pontefice, ma pagata dalla
città); di aumentare fino a 100 some la messa, o, come diremmo
noi, la importazione, del pesce del lago durante la quaresima ecc.
Contribuirebbe non poco ad illustrare questo documento, una
notizia modesta, ma sicura, intorno alla entità, al meccanismo e
alla distribuzione di alcune gravezze imposte alla città di Peru-
gia ; come per es. : quelle dell'uno e dell'altro quattrino della
dell' antico archivio del Comune di Perugia, nel volume di esse segnato C, trovasi
che le carte 45 t., 46, 47, lasciate in bianco dallo scriba più antico, furono poi riem-
pite da Sante Pellicciari che vi copiò un documento importante del quale mi ac-
cingo a porgere ai lettori una succinta notizia.
C. 45 t. < Turris Ranche. — Laudura Inter conmune Perusij et conmune Assisij.
Ilec est copia cuiusdara laudi lati Inter magnilìcum conmune Perusij et conmune As-
sisi.), repertum per me santem Pelliciarum, notarium publicura et vicecancellarium
perusinum, in capsa magna existente (sic) in Archivio publico diete civitatis, in pre-
sentia magnifici domini etc. laudum scriptum et publicatum manu ser Xicolai Silve-
stri Andree de Perusio porte solis, tramsumptive tamen ab exemplo ser Bernardi ser
Francisci de Perusio, qui pariter copiaverat ab originale (sic) ser Ranutij olim Ilde-
brandini notarij et scribe Reformationura comunis Perusij etc. ». — La copia di ser Ber-
nardo leggesi negli Annali, anno 1385, 18 ottobre, carta 2)0. Il documento rogato da
.ser Ranuccio è del 1321. Arbitro di questa sommissione è Caute dei Gabrielli da Gub
bio, allora, « capitaneus guerre et Priorum Artium civitatis perusij ». Il patto di que-
sta sommissione consisté nel ribandire 1 favoreggiatori della Chiesa e nel cedere al
comune di Perugia il castello di Torre Ranca. —Vedi altra sommissione negli .\nnali,
sotto la data 13 decembre 1559.
POMPEO PELLIN'I AMBASCIATORE, ECC. 129
carne, dei cavalli morii e vivi, del sussidio triennale, del porlo e
fortificazione d'Ancona. Ma dal complesso del documento ci è
però dato di rilevare come nel 1575 la città avesse ottenuto di
permutare tutte le altre gravezze in una specie di imposta del
macinato, la quale gettava annualmente undicimila e quattrocen-
todieci scudi : di modochè mancavano all'erario perugino altri due-
mila novecentocinquantatre scudi, per cavare dalla nuova imposta
la somma di quattordicimila trecentosessantatre scudi, cioè l' in-
tero ammontare delle sue gravezze annue. La qual somma, se-
condo i computi comparativi dei valori antichi della moneta coi no-
stri, stante a quello che in generale ne dicono il Cibrario, il Leber _
ed altri nei loro libri, era certamente peso ingente per una non
grande città, in un tempo in cui il valore della moneta si può in
qualche maniera dedurre anche dal costo dell'olio. Né la Camera
Apostolica peccava in longanimità e remissività quando si trattava
di tributi che andavano a lei direttamente. Sullo scadere dei ter-
mini dei pagamenti, inviava (saremmo tentati di dire : sguinza-
gliava), certi speciali esattori con pieni poteri, chiamati Commis-
sarii e anche Commissarii Cavalcanti (1), i quali o in uno o in
un altro modo dovevano celermente tornare alla Camera Aposto-
lica colle intere somme che erano stati inviati a riscuotere.
Se del resto questa varia e antica e gradata soppressione delle
libertà, delle franchigie e delle autonomie locali nel Lazio, nella
Campagna, nella Marittima, nella Sabina, nell'Umbria, nelle Mar-
che, nelle Romagne, per dare compattezza e salda struttura al nuovo
stato che si era venuto formando: allo Stato della Chiesa ; merita
quel compianto cui invita il venir meno della libertà ; contemplata
da altro canto, sotto un rispetto non sentimentale, ma storico e
politico, vedremo che essa, obbedendo ad un intimo svolgimento
storico e sociale, era in fondo, come in Toscana, nella Lombar-
dia e nel Veneto, lenta preparazione a quella unità più larga
e più organica che si veniva giovando dell'estinzione dello spi-
rito particolarista e della fusione delle troppe varietà della vita
italiana : per quanto il regime che Roma impose alle varie parti
del dominio, fosse spesso improvvidamente assorbente o cieca-
(1) Neil' antico archivio dei Comune di Rieti vi sono appunto libri intitolati dal
nome di cotesti esattoi'i: Commissarii Cavalcanti.
130 A. BELLUCCI
mente prepotente, e molli atti di esso non possano meritare nep-
pure l'approvazione o la lode dei contemporanei.
Si suol dire fra noi e forse troppo spesso ripetere, che le isti-
tuzioni nostre politiche, militari, giudiziarie, ed anco le civili e le
amministrative sieno una cattiva copia di altrettali istituzioni fran-
cesi. Il lamento è in gran parte vero : ma per giudicare fino a
qual punto l'accusa sia meritata, bisognerebbe vedere se e quanto
è vero che la rivoluzione francese e il turbine napoleonico ab-
biano spazzato via completamente tutto il nostro passato nelle sue
consuetudini, nella sua intima vita civile
Ad ogni modo, per conoscere e studiare il diritto, e meglio
ancora l'andamento amministrativo nell'antico stato della Chiesa,^
documenti del genere di questo possono essere non inutili contri-
buti.
E infine curioso il vedere come le terre assoggettate si ribellina
contro il prepotere della Dominante, e più tardi si studino in più
maniere di opporsi alle soverchie ingerenze, ai troppo gravi o irra-
gionevoli tributi ; allo stesso modo che oggi, quasi un vivace moto di
ribellione delle membra contro il capo, agita i comuni e le provinci e
contro il così detto accentramento dello stalo nella capitale. Non
è privo di insegnamento il fatto che di questo aspetto dell'attuale
movimento interno, secondo il quale si cerca di ridare alle parti^
senza danneggiare la compagine e la inlima unità del corpo na-
zionale, quelle attribuzioni del governo che è più utile e più le-
gittimo dare a loro ; non è senza insegnamento, dico, che proprio
negli antichi stati della Chiesa si sieno rivelate le prime manife-
stazioni. Non è ignoto a nessuno che questo moto si deve in gran
parte all'intuito, alla cultura, alla iniziativa di un giovane polilico,^
dell'on. Fazi : ma è degno di nota, ripeto, che questa sana ten-
denza si sia proprio dall'Umbria allargata a gran parte d'Italia.
Siffatti documenti adunque non dovrebbero passare inosser-
vati neppure per coloro che si occupano più di studi politici che
di patrie memorie.
Doti. Alessandro Bellucci.
131
INVENTARI E REGESTI
I CODICI DELLE SOMMISSIONI
AL COMUNE DI PERUGIA
(Continuazione del Codice lo segnato ^ — Vedi Volume I, pag. 130-15 :ì).
Xin. — 1217, Decembre 31. — P., nella piazza del C, a
piedi del Campanile di S. Lorenzo. — Confirmatio facta
])ro parte Eugubinorum ac datio contentorum in dicto laudo
Comuni Perusij, e. 9 t.
« In presentia Suppolini Ugolini presbiteri investitoris et
Mincij Bonibaronis, lohannis Hanerij, Guidulij Munaldi Uguilio-
nis, Ugolini Coppoli, Uguilionis Ugonis, Fortis Brachie de Ghis-
lerio, Ranerij Christofani et Benserviti Slephani, Bernardi Rivaldi
et Armanni Comitis testium », il Potestà di Gubbio Ugolino « de
Sancto Paulo », presenti e consenzienti Pietro « de Serra »,
Bernardino « Uguitionis » e maestro Bianco cittadini di Gubbio,
concede a Bonifazio « Coppoli » Camerario e sindaco del C. di
P. (1) ogni diritto ed azione reale e personale utile e diretta
spettante al C. di Gubbio su tutto il territorio che rimane al
C. di P. e di cui si fa cenno nel lodo precedente. Similmente
gli Eugubini fanno ai Perugini ed ai loro alleati cioè ai Todini,
Spoletini, Spellani, Bettonesi, Cortonesi, Nocerini, Gualdesi ed
altri « finem perpetuam et refutationem irrevocabilem » per tutti
i danni arrecati al C. di Gubbio « prò facto guerre » (2).
(1) V. :Mariotti, Catalogo dei Potestà etc, pag. 197.
(2) Su detta guerra V. Pellini, Storia di P., parte I, lib. 4o, pag. 237, e Bo.
NAZzi, Storia di P., voi. 1, pag. 271. — Questo atto e i due precedenti {XI e XII) si
leggono anche da e. 48 r. a e. 50 t. dello stesso Codice. Della penale fissata in 1000
libbre di oro purissimo e ricordata nel documento a e. 50 t. non si fa qui menzione
per evidente errore dell'amanuense. — V. anche Bartoli, St. di P., pag. 324.
132 ANSIDEI E GIANNANTONI
XIV. — 1218, Giugno. — Divisione per Porte e per Parroc-
chie del terreno lavorativo spettante al C. di P., fatta da
dieci cittadini (due per ogni Porta) eletti dal Potestà,
e. 58 t.
Due cittadini per ciascuna delle cinque Porte, cioè Boninse-
gna « de Polo » e Piero « Tendini » per P. S. S., Uffreduzio « Ugui-
tionis » e Fabiano « Gualfredi » per P. S. P., il sig. Bonaventura
« Ranaldi » e Piero « Bernardoli Fabri » per P. E., il sig. Ar-
manno « Montanari] » e Orlandino per P. S. e il sig. Cristoforo
« Guiducij » e Aldobrandino per P. S. A. sono eletti dal sig. Andrea
Potestà di P. (1) « ad invenienduin et dividendunn per Portas et
consequenter per Parrochias totum terrenum laboraticium Comunis
Perusii ubicumque esset ».
La maggior parte di queste terre è nei pressi del Lago Tra-
simeno.
Riccomanno not. — "Benvenuto not.
XV. — 1218, Agosto 20. — Cagli. — Slndicafus CalUj,
e. 108 r.
Il Potestà di Cagli, Raniero « Gappei », consenziente il gene-
rale Consiglio di detta città, promette di ratificare tutto ciò che a
nome e nell'interesse di Cagli sarà per fare Bartolo « Bernardoli »
che è « sindicus sive yconomus sive actor » di detto C, per tutto
il tempo del suo regime.
Allo stesso sindaco sono concessi pieni poteri per tutti i negozi
in nome di Cagli conchiusi e da concludersi, nonché per ogni pro-
messa da farsi e da riceversi, per tutti i patti e transazioni, e
infine « ad omnia facienda et recipienda contra omnem hominem
et a quolibel homine nomine diete civitatis ».
Test. — Ugo « Berardi », Morico « Salvatici », Gentile « Si-
(1) Il Mariotti {Catalogo cit., pagf. 197) afferma essere questo Podestà Andrea
di Giacomo della famiglia dei Monteraelini e conte di Monte Gualandro.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMIXE DI PERl'CilA l.'W
nibalfli Forestici », Giovanni, il sig. Lazzaro, Ugolino « Doini-
nici », Giovanni « Litnzi » od altri.
Giovanni not. — 'Matteo noi. (1).
XVI. — 1219, 3ra^'gio 30. — P., nel palazzo del C. — Giu-
gno 5. — Cagli, nella Chiesa di S. Geronzio. — Callij
suhmissio, e. 108 t.
Bartolo « Bernardoli » sindaco della città di Cagli sottomette
questa città medesima e lutto il suo distretto al C. di P. rappre-
sentalo da Bombarone (2), promettendo di dargli aiuto contro lutti
i suoi nemici « ad preceplum et voluntalem poteslalis seu con-
sulum ».
Si obbliga parimente di aiutare con tulle le forze i Romani
ed i Perugini e di non far pagare agli uni e agli altri « nec pe-
dagium nec guidam », L'aiuto di Cagli è promesso ai Perugini
specialmente contro gli Eugubini e i Castellani e nei limili del
contado di Nocera dall'Appennino alla Marca: che se i Perugini
faranno guerra al di là di questi confini, i Cagliesi daranno loro
soccorso soltanto di cavalieri e d'arcieri.
Ogni anno i magistrali di Cagli entro un mese dalla loro no-
mina si recheranno in P. per giurare obbedienza a quelli Peru-
gini, ed ogni anno daranno ancora per la festa di S. Ercolano
quattro marche di buono e puro argento.
Cagli non farà tregua o pace con i nemici di P. senza il con-
senso di questa, a meno che i nemici non fossero il Papa e l'Im-
peratore.
Il Sindaco di Cagli s'impegna a fare ratificare questi patti
anche dal Vescovo di Cagli, e la penale stabilita è di 1000 mar-
che « boni argenti », il rettore o rettori della città di Cagli « prò
tempore » giureranno nell' assumere il loro officio l'osservanza
dei palli conchiusi. I Perugini dal canto loro promettono di di-
fendere i Cagliesi sopralutlo contro Gubbio e Città di Castello ;
i Cagliesi nel territorio perugino non dovranno pagare « peda-
gium neque guidam ».
(1) V. Sommissioni .\, 62 r. e C. 50 r., Bartoli, St. di P., pag. 32.5.
(2) Y. Mariotti, Catalogo etc, pag. 197.
134 ANSIDEI E GIANNANTONI
Test. — 11 signor Tommaso, giudice del C. di P., Ugolino
« Salomonis », Suppolino, « Ugolini presbiteri », Saraceno « Vi-
veni Herri », Ranuccio « Bebulci », Bucarello « Rainaldi Ma-
riani », Bartolo « domine Giare », Crispolto « Deotesalvi Boccavi-
telli », Monaldo « Guastaferri », Matteo « Ugonis Marcovaldi » etc.
A questo atto fa seguilo la ratifica per parte del Podestà di
Cagli Raniero « Capoccij » di tutto ciò che il Sindaco di Cagli
promise a quello del G. di P., e per parte di quest'ultimo di tutto
ciò che era stato promesso dal Podestà di P. La ratifica porta la
data del 5 giugno 1219 e fu stipulata nella città di Cagli e nella
Chiesa di S. Geronzio alla presenza dei testimoni Donadeo ca-
merlengo di Cagli, Bruno « de Cantieto », Guido « Galgani » e
Dante « Accomandi ».
D. Alberto vescovo di Cagli e Raniero abbate di S. Geronzio
consentirono a tutte le promesse fatte da parte di Cagli.
Ranulius not. — "Matteo noi. (1).
XVII. — 1234, Marzo 7. — P. nel Palazzo del C. — Do-
natio facta a Comune Perusij hospitali de Colle, e. 81 r.
Avendo il C. di P. costruito l'Ospedale di Colle nella diocesi
Perugina « ad leprosos et infirmos et pauperes sustenlandos » (2),
ed essendo onesto « circa illa eidem hospitali misericorditer pro-
ci) V. Sommissioni A. 61 r. e C. 49 r., Pellini, St. di P., parte I, pag. 240. —Il
Bartoli St. di P., a pag. 327 e segg. riporta l' intero documento. Il Bonazzi, St. di P.,
voi. I, pag. 272 rileva, l' importanza di quest'atto che resta, così egli afferma, fra i
nostri documenti come modello di perfetta sommissione.
(2) Nelle Memorie mss. sui castelli perugini è detto che « antichissima è la fon-
dazione dell' Ospedale di S. Lazzaro de' Leprosi di Colle » ed il Maru)tti vi aggiunge
che essa « forse é da fissarsi circa il 1100, cioè da poi che per la conquista fatta di
Terra Santa da Goffredo Buglione nel 1099 la vera lebbra endemia di detto paese fu
portata da' pellegrini in Europa al loro ritorno ».
Nell'Archivio Decemvirale di P., conservasi una Bolla di Gregorio IX data presso
Orvieto l'anno II del suo Pontificato e diretta al Priore e ai fratelli « hospitalis le-
prosorura de Colle ad romanara ecclesiam nullo medio pertinentis ». Con questa Bolla
il Papa conferma a favore dell' Ospedale tutte le immunità e tutti i privilegi che al
medesimo erano stati concessi dai Papi, nonché dai Re e Principi cristiani. — Il Papa
ancora minaccia « indignationem omnipotentis Dey et beatorum Petri et Pauli aposto-
Jorum » contro chiunque tenti di violare queste disposizioni.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 13i>
•videre per qtie possil eornm necessitalibus subveniri », il Potestà
Ramberlo « de Gisleriis » Bolognese (1) con l'approvazione del
Consiglio speciale e generale dà e concede per donazione « inler
vivos » a dementino « Bontadis » rettore dell'ospedale dei lebbrosi
lutto il terreno lavorativo, silvalo e non silvato e che trovasi tra
a seguenti confini, cioè « a pila que est prope agruiu Boneore de
Agello usque ad viain que venit de Agello et pilam Sancii Ru-
iìni et a pila predicta usque ad pilam Collis Montis Bolli (2) et usque
ad stratam que vadit ad capud plani Anguillarie et usque ad pi-
lam hospitalis leprosorum et ab ipsa pila usque ad pilam Collis
■et ab eadem pila ante Castilionem et ab ipso Castilione ab alia
parte usque ad pilam que est desuptus Castilione et ab ipsa pila
usque ad viain que venit de Agello ». La penale promessa dal
C di P. è di 500 marche di puro argento.
L'istrumento si chiude con le seguenti parole che addimo-
strano quale importanza dessero i contraenti all'atto che avevano
posto in essere: « Quicumque aulem prediclam donationem in loto
■vel parte infringere presunserit vel in aliquo contra venire tem-
ptaverit illam eandern maledictionem habeat et eiusdem pene ac
danpnalionis supplicio condenpnetur quam Dominus noster Jehsus
Christus dedit Nalham et .Abiron et lam ipse quam eius liberi et
heredes et res ipsorum in exterminium convertantur et condenpna-
tionis penam similem consequantur quam Dominus dedit Sodome
•et Gomorre. Amen, amen, amen ».
Test. — I signori Lazzarino e Bulgarino giudici del Potestà,
Luinardo notaro dello stesso Potestà, Maestro Selvatico notaro,
8 signori Bucarello e Matteo giudici, Bartolomeo « Benedicti Ba-
runtij », Bongiovanni « Rainerij Acetanlis », Cenelia ed altri.
Bonaccorso « Guidonis Arpinelli » Bolognese not. (3).
Il e. di P. sembra aver avuto qualche inprerenza neiraraministrazione di questo
■Ospedale, risultando da un documento del 27 ajrosto 1399 che i Priori ne nominavano
il notaro, sentito prima su detta nomina il parere del Priore dell' Ospedale medesimo
(Rifortnagioni 98 e. 32 r.).
(1) V. Mariotti, Catalogo etc, pag. 202, ove è ricordato che il nome di questo
Potestà si legge in una lapide (petra justitiae) tuttora esistente in una facciata del
nostro Duomo.
(2) Località poco distante da Pascilupo, nel conflne fra l'Umbria e le Marche.
(3) V. A. 65 r. e C. 53 r., Pellini, St. di P., p. I, pag. 249. — Anche il Bartoli,
St. di P., pag. 357, accenna all'importanza di quest'atto, e ne riferisce l'ultima parte
contenente le terribili imprecazioni, che i donanti facevano, secondo l'uso, dei divini
iiagelli contro chiunque avesse violato la donazione.
13o " ANSIDEI E Gì ANN ANTONI
XVIII. — 1238, Novembre 24. — « In burgo castri Valiane^
in domo quam inhabitat Peccorellus » . — Domini Andrea
Jacobi emptio tertie partis Vaìicme, e. 73 r.
Guido ed Uguccione, figli « q. Uguitionis Marchionis » (1) ven-
dono ad Andrea, figlio « q. Jacobi Francisci », la terza parte a pro-
indiviso » del Castello di Valiana e della sua curia e distretto,,
cioè fra questi confini: « a Porticiolo intus et mictit per Carrariam
ad fossatum Caminate et a Caminala secundum quod mictit per-
Carrariam ad capud Gorgonis et a capite Gorgonis secundum
quod mictit per viam traversam et mictit ad campum ohm Britij
qui est ad combrabiam de Mollano et ab ispsa combrabia secun-
dum quod mictit visum per fossatum qui est ab ista parte Gab-
biani et mictit in fossatum Vallis Floris et mictit in Clanibu&
ad portum de la Fracta ».
Di questa terza parte i venditori si obbligano a trasferire al
compratore il libero possesso ad eccezione di quelle terre che at-
tualmente possiede Manno, figlio del fu Ugolino di Pietro, sulla
quali terre pur tuttavia trasmettono al compratore « omne ius et
actiones utiles et directas reales et personales » che loro spettavano.
I venditori dichiarano di aver ricevuto da Andrea di Giacomo « in
veritale iusto pretio liberationem, quietationem et absolutionem et
paclum de non ulterius petendo de quinque milia quingentis sex-
tariis frumenti » che i venditori slessi avrebbero dovuto dargli
per vendita a lui fatta dal padre loro, nonché di tutti i debiti ed
obbligazioni da cui fossero in qualsiasi modo vincolati essi o it
padre loro e segnatamente « de sexcentis libris » che eran te-
nuti a pagare secondo risultava da pubblici istrumenti annullati
tutti, ad eccezione di quello per cui il padre dei venditori mede-
simi aveva venduto ad Andrea di Giacomo Monte Gualandro (2).
La penale a cui si sottomettono i venditori in caso d'inosservanza
(1) V. documento n. V, ove sono nominati Uguccione e Guido Marchesi figli
« q. Kaneri.i Marchionis ».
(2) È probabile che questo Andrea di Giacomo sia il potestà menzionato nel do-
cumento n. XIV.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMINE DI PERUGIA 137
dei palli è il doppio del prezzo patinilo e la rifazione di lulti i
danni e spese derivanti al compratore da tale inosservanza.
Test. — I sigg. Manno « oliin Ugolini Petri », Raniero « Ma-
nentis » e Girardino « q. Plantinelli », Paolo « oliin filins domini
Acerbi », Saraceno « olim Vivoli », Rainaldo « Maestri », Aliolto
« Giberti » ed altri.
Clarello noi. — *MonaIdo « Uarolini » noi.
XIX. -:r- 1239, Febbraio 4. — Valiana « ante domum Ra-
naldi de Pece ». — Domini Andree Jacobl emptio tertie
partis Val lane, e. 75 r.
Avendo Guido ed Uguccione « filii olim Uguilionis marchionis
de Valiana » venduto la terza parte del Castello di Valiana al
sig. Andrea « Jacobi », si obbligano a pagare 100 marche di
buono e puro argento in caso di inosservanza dei palli sopra sta-
biliti.
Test. — Raniero « Manentis », Guido « Bescie » e i signori
Crispollo, Manno « Ugolini », Gualterolo e Girardino.
Ranuzio noi. — *Niccola noi. (1).
XX. — 1244, Dicembre 30. — Chiusi, casa del sig. Mar-
tino « Bernardi » . — Domini Manni domini Ugolini em-
ptio cuiusdam poteris siti in Villa Vallane, e. 76 r.
Guido ed Uguccione marchesi di Valiana, figli « olim domini
Uguilionis marchionis » liberamente e irrevocabilmente a titolo di
donazione danno e concedono a Manno del fu Ugolino (2) di
Pietro ogni diritto di proprietà ed ogni azione reale e personale,
utile e diretta o mista sulla metà di tutto il podere che detta
(1) Di questo e dell'atto precedente si ha copia in una pergamena che esiste nella
collezione dei contratti dell'Archivio Decemvii'ale di P. e che è contraddistinta con la
segnatura AA. n. 14.
(2) Manno di Ugolino tigura come testimonio anche nell'atto precedente.
138 ANSIDEI E GIANNANTONI
Manno o altri per lui aveva « tempore discordie orte inter ipsura
dominum Mannum etdictos Marchiones de diclo podere » e che ora
Manno od altri per lui ha in Valiana « cum accessibus et egres-
sibus usque in vias publicas ». L'altra metà di detto podere il
sig. Manno aveva in feudo dai ricordati Marchesi.
E tale donazione e cessione questi fecero a Manno « propter
bonum meritum et juslum benefitium que fuerunt confessi se ab
€0 habuisse et recepisse ». La penale è fissata nella somma di
100 libbre « honorum denariorum senensium et pisanorura mi-
nutorum ».
Test. — I sigg. Aghineto giudice, Martino « Guelfutij », Ge-
rardino « Plantanelli », Griffolino Filippo « Jacobi », Nericone « Vi-
telli », Aringerio « Pisane » e Pietro « Guinizelli ».
Giannino figlio q. Finiguerre not.
XXI. — 1244, Dicembre 2. — Chiusi, casa del signor Mar-
tino «Bernardi ». — Confessio facta a domino Manlio do-
mini Ugolini se hàbere et tenere medietatem unius poteris
siti in Valiana ad feudum prò domino Guidone Marchio-
num, e. 77 t.
Il sig. Manno « olim domini Ugolini Petri » per sé e suoi figli
ed eredi confessa di aver ricevuto e di tenere « titulo feudi seu
jure feudi et ad rectum feudum » da Guidone (1) ed Uguccione
Marchesi di Valiana figli del fu Uguccione la metà « prò indiviso »
di tutto il podere situato in Valiana, che lo stesso Manno posse-
deva al tempo della discordia sorta a proposito del podere stesso
fra Manno e i ricordali Marchesi; giura inoltre fedeltà « prò dieta
medietate dictis Marchionibus secundum bonum usum et consue-
tudinem contrade » e promette di « non stare in dictis neque fa-
ctis nec dare aliquam operam vel sludium seu consilium quod
dicti marchiones vel eorum filii et heredes perdant vitam nec mera-
brum nec aliquid de jure eorum »; s'impegna a denunziare qua-
(1) Guido Marchese e de Valiana » fu presente come testimonio alla sommissione
<ii Castello della Pieve a Perugia del 13 maggio 1250.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI l'EUlOIA 139
lunque allentato alle loro persone e ai loro dirilli, non appena ne
abbia cognizione, a difenderli, e a non mantenere qualunque giu-
ramento avesse fatto a lor danno. Alla volta loro i Marchesi con-
fermano Manno nel possesso di questa metà e nel diritto di fare
tutto ciò che è conforme all'indole del contralto; le parti poi vi-
cendevolmente si promettono a titolo di penale il pagamento di cento
libbre « honorum denariorum senensium, lucensium et pisanorum
minutorum ». Dopo di che i Marchesi Guido ed Uguccione con-
cedono in feudo le terre menzionate al detto Manno « graliose
et liberaliter » e lo mettono solennemente al possesso « per por-
reclionem et corporalem investiluram eorum manuum ».
Test. — I sigg. Aghinetto giudice, Martino « Guelfulij », Ge-
raldino « Plantanelli », Griffolino Filippo « Jacobi », Nercone « Vi-
telli », Aringerio « Pisane » e Pietro « Guinizelli ».
Giannino figlio q. Finiguerre not. (1).
XXII. — 1251, Gennaio 29. — Gualdo, Palazzo del Comune.
— Sindicatus terre Gualdi ad submictendum eam Comuni
PerusiJ, e. 82 r.
Il sig. Benvenuto di Borgo S. Sepolcro giudice del C. di Gualdo
-e gli uomini dello stesso C. congregati in gran quantità « ad aren-
gam sono campane et voce preconis in platea dicli Comunis nul-
loque adslantium contradicenle sed omnino clamantibus fiat fiat »
creano maestro Bartolo da Sigillo loro sindaco * ad faciendum
mandata et precepta nobilis civitatis Perusij, ad deferendum claves
portarum dicti castri Gualdi et ad submictendum dictum castrum ».
Inoltre danno facoltà a Bartolo di fare al sindaco di P. ogni pro-
messa da questa città domandata « que pertineret ad honorem et
reverentiam civitatis Perusij et comodum comunis Gualdi.
Test. — I sigg. Bartolo « de Foresta », Oddone « Gilij » e Ba-
iigano.
« Franconus » not. (2).
(1) Il documento è interessante per le formole che contiene risguardanti la conces-
sione di terre fatta « titulo feudi ».
(2) V. Sommissioni A. 145 r., C. 19 t.
140 ANSLDEl E GIANNANTONI
XXIII. — 1251, Febbraio 1. — P. — Gualdi submissio Ci-
vitati Perusij cum traditione clamum, e. 83 r.
« Convocato Consilio speciali et generali (centum boni homi-
nes per quamlibet portam, rectores artium et bailitores sotietatum
civilatis Perusij) », avanti a detto consiglio si presentano maestra
Bartolo di Sigillo Sindaco e procuratore del Castello di Gualda
ed altri uomini di detto castello a ricevere gli ordini di Raniero
« Bulgarelli » (1) Potestà di P., giurano sia a nome del Comune
di Gualdo sia a nome dei privati in detta terra dimoranti di pre-
stare obbedienza al C. di P. sempre che e comunque vengano
loro gli ordini di questo comunicati, e a testimonianza che si pon-
gono sotto la protezione e difesa di P. consegnano in presenza
del Consiglio al Potestà le chiavi di Gualdo. Queste son poi re-
stituite dal Potestà allo slesso Sindaco Bartolo perchè custodisca
il castello di Gualdo « ad honorem Comunis Civitatis Perusij »
come in qualità di Sindaco aveva promesso.
Test. — I sigg. Almerico giudice del C. di P., Tancredi « de
Roscano », « Mazico de Aspello », Tudino « Coppoli », Giovanni
« Coppoli », Ermanno « Suppolini », Jacopo « Petrutij », a Pas-
solo Taurelli », Gualfreduccio « Tebaldi » ed altri.
Bongiovanni « Retri Marescocti » di Orvieto not.
Ecco l'elenco dei nomi di Gualdesi « qui juraverunt in Con-
silio secundum tenorem Sacramenti scriptum per Boniohannem
notarium Comunis Perusij ».
I sigg. Raniero « Rogerij », Tommaso o de Compresseto », Leo-
nardo « de dogano », Gualtiero « Ugolini », Baligano « Per-
fecli », Ildebrandino « domini Ranerij >>, Rolando « Bertraimi »,.
Oddo « Gilij », Bonamaza « Johannis », Ranaldo « Consulis »,.
Bartuccio « domini Petri », Trasmondo « Bonoscagne », maestro
Speranza notaro, Tommaso « de Insula », Montanaro « Bugati », Ja-
copuccio « Fortis », Mercalello « Petri », Bartolo « Transmundi »^
(1) V. Mariotti « Catalogo dei Potestà, pagg. 207 e 208 », ove affermasi che Raniero
è della famiglia dei Conti di Marsciano. Egli era Potestà anche nel 1250, come risulta
dagli atti riflettenti la sommissione del Castello della Pieve e i contrasti di questo
con P. (Sommis. A. e. 125 r. e C, e. 17 r. e segg.).
I CODICI DEI.LE SOMMISSIONI Al. COMUNE I>I PERUGIA 141
Pietro « Vinlure », Borgognone « Benvenuti », Uguccionello « de
Comprexeto », Genliluccio « domini Johannis » e Ventura « Jen-
nuarij » (1).
XXIV. — 1251, Febbraio 13. — Castello di Gualdo. — Peronis
de Podio Nucerij juramentum de ohediendo mandati.s Co-
munis PerusiJ, e. 84 r.
« Peronus Ranerij Guelfi de Podio » del contado di Nocera,
alla presenza di Raniero « Bulgarelli » Potestà di P. (2) « sponle
juravil sequilatnentuin et mandata ipsius Potestatis et Comunis
Perusij » obbligandosi anche in nome di suo fratello e degli altri
uomini del castello a considerare respettivamente come amici e
nemici quelli che son tali per P. e in modo speciale i Fulignati « Dei
et ecclesie et comunis Perusij proditores » e a recar loro offesa
« per se et suos juxta posse ».
Test. — I sigg. Tancredi « de Roscano », Raniero « Cri-
stofani », Ranuccio e Sensuccio « Domini Tancredi » ed altri.
Bongiovanni « Petri Marescoti » not. (3).
XXV. — 1251, Marzo 17. — GubbiO;, Chiesa della Canonica
« in loco quod dicitur paradisus ». — Venditio castri
Fossati facta Comuni Eugid)ij, e. 21 r.
Raniero e Bernardino « Bulgarelli », donna Aiguiria moglie
del detto Bernardino, Jacopo, Ugolinuccio e Trasmunduccio figli
(1) V. Sommis. A. e. 126 t., C. e. 20 r., le Storie di P. del Pellini (parte I, pag. 260),
del Bartoli (pagr. 407) e del Boxazzi (voi. I, pag. 295), nonché il Ciatti [Perugia pon-
tificia, lib. X, pag. 351).
(2) Questo Raniero é lo stesso ricordato nel documento precedente ed era, cre-
diamo, della medesima famiglia, alla quale appartenevano Bernardino (V. Doc. n. Ili)
€ Bolgarello (V. Doc. n. XI).
(3) Della sommissione di Poggio di Xocera é ricordo anche nel Pei.lini, op. cit.,
parte I, lib. 4o, pag. 260, e nel Bartoli, op. cit., voi. I, pagg. 407 e 408, dove son tra-
dotte le Aere parole contro i Folignati. — Il C. di Foligno aveva nel 16 novembre 1237
fatto lega con P., Todi, Gubbio e Spoleto « ad honorem laudera et reverentiam onni-
potentis Dei sacrosante romane Ecclesie matris nostre ac summi pontificis domini
Gregorij Pape noni etc. » (Sommissioni C, e. 28 t.), e successivamente aveva abbrac-
ciato le parti dell'imperatore Federico: di qui la guerra con P. rimasta fedele alla
Chiesa. — V. anche il Cod. Frammenti diversi del sec. XIII n. 28 a e. 11 t., e Bonazzi,
op. cit., voi. I, pagg. 298 e 299.
142 ANSIDEI E GIANNANTONI
del detto signor Raniero, Raniero e Bulgaruccio e Favarone figli
del detto signor Bernardino (1) vendono a Benincasa « Benlivol-
lij » sindaco del C. di Gubbio il Castello di Fossato con tutte le
sue pertinenze e con lutti i diritti ed azioni loro spettanti sugli
uomini e sui possessi del castello medesimo. Segue un elenco dei
nomi di questi uomini, dopo il quale si leggono le parole « et omnes
alios homines quos ipsi vel alii prò eis habent et possident in dicto
castro et curia Fossati ». La vendita è fatta per il prezzo da di-
chiararsi dai seguenti arbitri : I sigg. Pietro « Jacobi », « Saxone
Ranerij », Saxone Liazari », Ranuccio « de Serra », Jacopo « Ma-
riani » Armanno « Lazari », Bongiovanni « Benincase », Bonac-
corso « Petri », Recolo « Bonajuncte », Raniero « Graliani »^
Palmiere « Orlandoli » e Ventura « Blasij ».
Il prezzo dichiarato è di 4000 libbre; che se il valore delle
cose vendute sia per caso superiore, i venditori intendono fare
del di più donazione al G. di Gubbio. I venditori stessi rinun-
ziano al beneficio « nove constitutionis epistole Divi Adriani »
e la moglie di uno di essi al beneficio del senatusconsulto Vel-
lejano : sono poi ricordatele mogli degli altri venditori (Donna Val-
severina moglie del signor Raniero « Bolgarelli », Donna « San-
tesis » moglie di Raniero « domini Bernardini », Donna Isabella
moglie di Bulgaruccio « domini Bernardini », Donna « Schynka »
moglie di Ugolinuccio « domini Ranerij ») le quali rinunziano ai di-
ritti loro spettanti a garanzia delle doti respettive sulle cose ven-
dute « sub pena dupli ab ipsis dominabus ipsi syndico solem-
pniter promissa ».
Test. — 1 sigg. Tiverio « domini Ugonis » e Ugo « Ranulij », Pe-
truccio « domini Gabrielis », Guido « Salvoli », « Deotacurra Ra-
nerij X, Sabatino « Bernardi », il sig. Alberto « Guidonis » ed altri.
Ventura « Blasij » noi. — *Piero « Bonifatij » noi. (2).
(1) Notizie interessanti per la genealogia del Conti di Marsciano.
(2) Lo stesso atto è ripetuto a e. 31 t. di questo Cod., senza però il nome del no-
tare autenticante la copia. — Di esso è cenno pure nelle Memorie dei Castelli peru-
gini compilate da Giuseppe Belforti e ampliate e corredate di note da Annibale
Mariotti, il quale in una di queste scrive quanto appresso: « Fin dal 11S7 si ha me-
moria che questo castello apparteneva alla famiglia dei Conti di Marsciano e si crede
che in detto anno essi lo concedessero alla città di Gubbio ». Soggiunge poi che detti
Conti nel 1208 lo sottoposero al C. di P. ; ed in vero nel Cod. A Sommiss. a ce. 70 r. e
95 r. si hanno due copie di questa sottomissione fatta nel 4 sett. 1208 « per Bulgarel-
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 143
XXVI. — 1251, Giugno 11. — Nocera, nel Palazzo della
Canonica. — IShidicatus Niicerij siibmlssioìiis, e. 97 r.
Bonacoltus « Michaelis » Poleslà di Nocera ed il Consiglio
della stessa città, fra i membri del quale sono specialmente ri-
cordali Paolo « domini Leonardi », Giovanni « Aducti », Maffeo
« Portine », Massarone « Benvegnatis », Giovanni « Scangni -•>,
Jacopo « Venture », Ventura « Parisi] », « Incalzolo Berardutij »,
Aportolo « Adamoli », Ajuto notaro, Bevignate « Bernardi », Pe-
Iruccio « Egidij », « Varcolo Diamantis », Jacopo « Blasij », An-
sovino « Capece », Benvenuto « Junte », « Judone Johannis », il
sig. Murico giudice e Maffeo « domini Jacobi » camerlengo, creano
procuratore del C. di Nocera Raniero « domine Savie » a rinnovare
e convalidare il trattato già conchiuso fra i Perugini e i Nocerini
annullandolo soltanto in due capitoli, « quae capitula loquebantur
de non juvando nucerinos contra heugubinos et contra homines
Reali perusini. Tale rinnovazione doveva esser fatta innanzi a
Rufino « domini Robbacontis de Mandello » Potestà e al Sindaco
di P. (1).
Test. — Ventura « Bartholi » Magalotto « Brunatij », Guido
« Fiori » e Gualfreduccio « Pezzij » (2).
XXVn. — 1251, Luglio 11. — P., Palazzo del C. — Nucerij
submiss io, e. 97 t.
L'atto comincia col riferire la sottomissione di Nocera a P.
lum de Bulgarellis de Fossato insimul cum filiis Rainerio et Bernard no presentibus
et consentientibus ». Dell'atto del 1251 esistono nella raccolta delle Bolle e Contratti
(AA. n. 26 a. e 26 b.) due copie autentiche, in una delle quali si legge la data del
18 marzo.
(1) V. Mariotti, op. cit., voi. II, pag. 20S, in cui « Ruflnus domini Robbacontis »
è chiamato « de Mondello ». Nel doc. seg. lo stesso Potestà dicesi « de Bandello >.
(2) L'atto è ripetuto a e. 137 r. del Cod. A.
144 AXSIDEI E GIANNANTONI
portante la data del 12 dicembre 1202 (1). — Bonaccolto Potestà di
Nocera e Raniero Sindaco e Procuratore dello stesso C. pro-
mettono a Rufino « de Randello » Potestà di P. e al Sindaco
Andrea « Negozzoli » di osservare fedelmente tutti i patti stabiliti
nel riferito istromento del 1202, eccettuato il capitolo in cui si
stabiliva che i Nocerini non dovessero fare coi Perugini « guer-
ram et pacem et ostem contra homines de castro Reali quod
quidem capitulum in totum tollatur ».
Promettono altresì di trattare e definire innanzi alla curia
perugina « et coram ofitialibus eiusdem curie omnes et singulas
causas litis vel placiti appellationis a viginli libris supra ».
Si obbligano altresì a che il Potestà o il Console o il Rettore
della città di Nocera sia eletto o chiamato da P. ogni qual volta
non fosse eletto o chiamalo dalla stessa città di Nocera.
Nocera non chiederà né permetterà che altri chieda per lei
alcuna parte « de aliqua collecta, colta seu data », che i magi-
strati di P. imponessero al C. di Gualdo o alla sua giurisdizione
« non obstante capitulo quod loquitur quicumque Consul vel Do-
minus vel Rector Perusij fecerit generalem coltam per comitalum
Perusij faciet similiter per comitatum nticerinum et medietatem
colte facte per comitatum nucerinum habebit comunantia nucerina
et meditatem perusina ».
Alla lor volta il Potestà e il Sindaco di P. promettono la os-
servanza di tutti i patti sanciti nella precedente sommissione ec-
cettuato il capitolo « quod loquitur quod Comune Perusij non te-
neatur Comune nucerinum juvare contra Eugubinos », il qual
capitolo vogliono che sia totalmente annullato, intendendo anzi
far guerra contro gli Elugubini stessi.
I banditi dal C. di Nocera saranno considerati tali anche dal
C. di P., e chiunque dia loro ricetto ed aiuto, « substineat illam
penam seu solvat illud bannum que vel quod in capitulis civitatis
Perusij statutum de exbannitis continetur ». Sono eccettuati da
questa disposizione il C. di Gualdo e tutti i castelli, ville, corpora-
zioni e persone che sottostanno al C. di P. o sono con questo in
(1) V. doc. n. VI, del quale si ha un'altra copia in questo Cod. medesimo a e. 117 r.,
e dove leggesi che Nocera si obbliga a seguire P. in guerra ed in pace, fatta ecce-
zione per gli uomini « de Castro Reali » e che P. alla sua volta promette di aiutare
i Nocerini contro qualsiasi loro nemico, ma non contro gli Eugubini.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNK DI l'EKCCJIA 145
legiì e che, se non siano sottoposti al bando col consenso del C.
di P., non sono tenuti « ad solvendiini ipsuin Ijaiiniiin vel pcnain ».
Test. — I sigg. Guglielmo « Felri » cavaliere, Ingilfredo e
Guidalotto giudici, Giovanni « Coppoli », Luizeto notaro del Po-
testà e Piero" « Johannis Aldrovandini ».
Martino « Siginolfi » not. — 'Bartholus not. (1).
XXVIII. — 1257, Maggio 23. — Somaregio « ante portam
et juxta fossum castri ». — Castri Somaregij, Castri Glo-
giane, Rocche sancte Lucie, Podij sub Rifa, Castilionis,
Brescie, Laurini submissio, e. 59 t.
Il sig. Bartolo « Munaldi », Monalduccio e Jacopuccio « do-
mini Hainerij » del Castello di Somaregio, il sig. Raniero e Ca-
valca « domini Rogerij » della Rocca di S. Lucia, il sig. Bulga-
rello, il sig. Leonardo « domini Stefani », Ugolinuccio « domini
Petri » del castello di Glogiana e Rigacelo « domini Ranaldi de
Mucia » promettono a Ristoro « Bonaspene » Capitano nella valle
di Somaregio per il C. di P. stipulante ed accettante nell'inte-
resse del C. stesso di custodire bene e diligentemente secondo
lor possa a servizio e in onore del C. di P. « caslrum Somaregij,
castrum Glogiane, Roccam S. Lucie, Podium sub Rifa, Castiglio-
nem, Bresciam et Laurinum et eorum jurisdictionem et districtus »,
e di tenere questi castelli sotto la prolezione e il dominio di P.
Si impegnano, a far pace e guerra secondo che piacerà a P., a
fare in modo che i delti Castelli rimangan sempre sotto la pro-
tezione di P. e a denunziare al detto Ristoro o a qualunque altro
Capitano « qui lune temporis preessel ibidem » chiunque violasse
tali palli.
Test. — Piero « Ranerij », Jacopello « Falij cetadino de Came-
rino » notaro, Salimbene « Boni » ed altri.
Perugino not. (2).
(1) V. Bartoli, op. cit., voi. I, pag. 408. Anche di questo atto collegato al pre-
cedente si ha un'altra copia nel Cod. A, e. 137 t.
(2) V. Pellini, op. cit., p. I, lib. 40, pag. 264, e Bartoli, op. cit., voi. I, pag. 470;
nelle Memorie dei Castelli loerugini già menzionate si ha qualche incordo del Castello
10
146 ANSIDEI E GIANNANTONI
XXIX. — 1257, Agosto 29. — P. nella piazza del C. —
Castri Compresseti, castri Frecci submissio, e. 84 t.
Il sig. Tommaso « Munaldi » e Andreolo di luì nepole da
Compresselo (1) e Ivanuccio « domini Barlholi » di Frecce sot-
tomettono ad Aldrebando de Riva Potestà di P. (2)^ al sig. Ber-
nardo « Benincase » priore, ai sigg. Sinibaldo « magislri Mathei »,.
Tomagino « magislri Brunatij » giudici, a Raniero « Giiidonis »,
Giovanni « domini Rainaldi Munaldi », Benvenuto « Peri Yse »,
Jacopo « domine Vite », « Perusio Guerroli » e Jacopo « Ben-
cevenne » anziani « popoli Perusini » stipulanti pel C. di P. i
castelli di Compresselo, e di Frecco nonché gli uomini di detti
castelli e le loro giurisdizioni. Promettono pure di tenere i castelli
medesimi « ad honorem et statum comunis Perusij », di non con-
cedere su questi alcun potere a chicchessia e di far guerra e pace
« ad mandatum Comunis Perusij ». Il C. di P. alla sua volta prende
sotto la sua protezione i detti Castelli. Le parti contraenti si ob-
bligano inoltre a vicenda a pagare in caso di inosservanza dei
patti cento marche « boni et legalis argenti », ed impegnano re-
spellivamente i loro beni.
Test. — I sigg. Ermanno « domini Suppolini », Guiduccio
« Peri Paganelli », Jacopino « Jacobi », Tancredi « domini An-
dree Crispolili », Uguccione « Ranucini », Angelo « domini To-
rnassi », Mafeo « Centurarie » e Bonaccorso.
Brocardo not. (3). (Continua).
del Poggio di sotto, il quale, così afferma il Mariotti, apparteneva al territorio di
Assisi e nel 29 aprile l'i96 si sottopose al C. di P.
Infatti nel voi. degli Annali decemvirali di detto anno a e. 27 t. è rammentato il
« dorainium castri Podij prioris olira comitatus Assisij prò comuni Perusij » e a
e. 28 r. seguono in volgare i sei capitoli « con il castello del Poggio di sotto ».
(1) Un Tommaso di Compresselo figura anche nella sommissione di Gualdo, fra
gli uomini di quella terra che giurarono fedeltà a P. (Cod. iji e. 83 t.).
(2) Il Mariotti, Catalogo etc, pag. 210, afferma che il nome di questo Potestà è
« Aldobrandus de Ricca », ma ricorda che il Pei. lini, op. cit., parte I, pag. 264, lo
dice « Aldobrando de Riva ». Il nome che leggesi nel documento é « Aldrebandus de
Riva ».
(3) Pieve di Compresseto e Frecco, castelli fra Casacastalda e Gualdo Tadino, il
primo a nord e il secondo a sud di Schifano.] a. Di Compresseto è ricordo nelle citate
Memorie dei Castelli perugini, ove parlasi della signoria che di questo castello ebbero
i Monaldi e dove si rammenta anche « Mascius Monaldutij comes de Compresseto »
notato fra i nobili nel Libro Rosso del 1333.
117
COMUNICATI
PER LA PALEOGRAFIA UMBRICA
A PROPOSITO DELL'ARCHIVIÒ PALEOGRAFICO ITALIANO
(voi. I, fase. VII) diretto da E. Monaci.
In questo largo e svariato campo d'indagini e raffronti con-
ducenti a fissar le divergenze dalle paleografie contermini, quasi
nulla o troppo poco si è notato. Scarsissimi e rari sono i fac-
simili editi a corredo di qualche pubblicazione, sebbene ognun di
noi ammetta il non lieve vantaggio che da quelli può conferirsi
alla critica dei testi, e riconosca il bisogno di ordinare il mate-
riale necessario alla storia della scrittura in Italia ; la quale, non
altrimenti che la politica e la letteraria, vuoisi proceda di paese
in paese, di regione in regione. Ex libro lux, e non solo dal con-
tenuto, ma dalla sua grafia, dalla materia ond' è composto, dalla
legatura che lo riveste. Se non che oggi viene offerto a tal ge-
nere di studi,, e ne giunge quasi stimolo a ricerche ordinale e me-
todiche, un primo ed assai notevole contributo daWArclùvio Pa-
leografico Italiano (fase. VII, voi. I) che si pubblica in Roma
dall' ing. Augusto Martelli, sotto la direzione dell' illustre prof. Er-
nesto Monaci. E noto come questa raccolta, unita alle altre dei
Facsimili di ant. mss. per uso delle scuole e dei Monumenti pa-
leogra/ici di Roma, allo stesso professore egualmente dovute,
intenda pure assai efficacemente, per mezzo degli esercizi pra-
tici, ad ammaestrare nella scienza delle antiche scritture. La ri-
produzione eliotipica dei monumenti grafici vi accoppia alla fe-
deltà fotografica la durata della stampa, ottenendo, in molti casi,
un rilievo completo di segni nell'originale inafferrabili perchè
soltanto calcati o del tutto svaniti, ed una studiata perfezione,
da non temere confronti con i Facsim,iles of rnanuscripts and
inscriptions del Bond e del Thompson, con i Monumenta gra~
148 A. TENNERONI
pitica mecUi aeci del Sickel, con la Collezione fiorentina dei
proff. Paoli e Vitelli, con gli Exempla di Zangemeisler e Wat-
lenbach, e con la Paleogvaphie des Classiques latins diretta dallo
Chalelain. Sapiente vi è la scella e il ravvicinamento per iscuole
e regioni in ogni secolo dei documenti datati o che si lascian
con sicurezza datare; così che, dopo bei saggi della capitale
quadrata e rustica, si delineanS sott' occhio i diversi tipi, lo
svolgimento della corsiva e minuscola notarile, della libraria, della
commerciale e della letteraria. Vi soccorrono precise le noie sto-
riche e bibliografiche coi debili rinvìi alle opere ove leggesi tra-
scritto il testo del fac-simile. Di questo novissimo fascicolo, in fo-
lio grande, ricco di 12 tavole tirate su carta grave di lino, le prime
due contengono un Volgarizzamento, ritenuto non posteriore al 1228,
dell'arte Xotaria di Rainerio da Perugia, primiis cjuem constet
Bononiae Notariam puhlice docuisse (1). Non meno di sette fu-
rono destinale a cospicui saggi caratteristici della scrittura libraria
nell'Umbria durante i secoli XiV e XV. E sono le tavole 77, 78, 79
riproducenti le Laudes creaturarum o Cantico del sole, dal famoso
codice 338 della Comunale di Assisi, su cui si agita la questione
dell'autenticità del Cantico, la quale crediamo possa ancor meglio
definirsi, mercè un asame minuzioso delle diverse mani vergatrici
del codice, e dell'ordine e del collegamento dei quaderni. Nume-
rosi e più retti raffronti grafici concorreranno, senza dubbio, ad
accertarci se quel magnifico ritmo, o prosa assonanzata, sia real-
mente il più antico documento pervenutoci della nostra poesia
religiosa. Frattanto l'esame delle tre tavole c'induce a confer-
mare alla lettera del codice la data del secolo decimoquarto. E
ne sarebbero particolari argomenti, la superfluità e maniera di
qualche tratto e segno diacritico, il prolungarsi di alcune aste
fuori del rigo, il distaccamento delle parole, la non frequente fu-
sione di lettere, la promiscuità delle due forme minuscole della
r e della s, se bene v'abbia costantemente la k per eh. Vero si
è che il noto erudito Faloci-Pulignani, pur ammettendo la data del
XIV inc.j dimostra (2) come il suddetto miscellaneo 338 sia una
copia sincera di un testo indubbiamente anteriore al 1255; ma non
(1) Veggasi A. Gaudenzi, 7 suoni, le forme della città di Boloyna, ivi, 1S89.
(2; Misceli. Frane, voi. VI, fol. 2.
l'ER I.A rALKOGUAlIA IMIililCA 149
sappiamo ancora se in tutto, ovvero soltanto nella parie contenente il
ritmo. Certo egli ó che si continuerà dai più a credei-Jo imcora (Iellato
da S. Francesco, non ostante le sottili obiezioni messe in campo
dal prof. Della Giovanna (1), le quali vedemmo come infrangersi (2)
non solo avanti l'autorità del suddetto apografo, bensì alla nuova
dello Specidum perfectionis, asseritagli dal prof. Giulio Salvatori (3),
e a quella delle Conformilates, sancita dall'Ordine nel 1390.
La tav. 80 ci offre un saggio degli Statuti dei Disciplinati
di S. Caterina in Città di Castello, tratto dal codice unico giudi-
cato della lo metà del XIV'; le 81 e 82, due pagine degli Statuti dei
Disciplinati di S Antonio nella slessa città, da altro codice unico
recante le date: 1386 e 1397, ambedue usufruiti dall'avvocato B.
Bianchi nel pregiato suo studio sopra // Dialetto e la Etnogra-
fia di Città di Castello (ivi, 1888). E così ai Disciplinati, sino a
pochi anni or sono presso che dimentichi o ritenuti inferiori alla
critica, si vanno oggi sempre pii'i rannodando insieme con gli
studi sull'antica poesia religiosa, quelli della lingua e dei dialetti
italiani. Le laude, di liriche ed epiche trasformate in drammatiche
dai Disciplinati di Perugia, di Assisi e di Gubbio, per lungo tempo
apparse, in confronto alla poesia aulica, senza respiri poetici e,
se ricche di rime, prive però d'ogni lor leggiadria, non che di
eletti suoni, rideste ora sull'autorevole esempio del Monaci a nuova
e ben diversa vita, par che nobilmente si vendichino dell'ingiusto
silenzio patito, manifestandosi non più altrici o compagne di lu-
gubri pianti e battiture, ma di studi fecondi per la letteratura che
il popolo volle far sua.
La tav. 80 comprende due ce. la 23*^ e la 24* , della Regola
delle suore di S. Chiara di Assisi^ quale si legge in un codicetto
membranaceo mandatoci in esame dalle Clarisse del monastero
di S. Pace in Norcia, edificato nel 1518.
Per esser questo sconosciuto e di duplice importanza, al vol-
gare di fondo toscano e alla paleografia della nostra regione, gio-
verà qui darne particolare notizia.
E un membranaceo in 8° della metà del secolo XV, di carte
44 scritte in grossa lettera gotica con iniziali onciali filogranate in
(1) Giom. stor. d. leti, ital , voi. XXV, f'ol. 73.
(2) MisceU., cit.
(3) Innova Antologia, febbraio, 1895.
150 A. TENNERONI
rosso e in turchino, ntìaiuscolelle quadrate tocche di giallo, rubriche
rosse dei XXVI capitoli onde consta la Regola. Assai mediocremente
dipinta da mano posteriore v' è nel primo risguardo S. Chiara
con una palma nella destra e un libro nella sinistra, profferente
a una suora dinanzi lei genuflessa: Filia mei si eris fidelis dabo
tibi palmam victoriae.
Precede una lettera circolare del cardinal prolettore dell'Ordine,
colla quale trasmette ai monasteri delle Religiose Clarisse la seconda
Regola, ovvero mitigazione di Urbano IV alla prima, data da
S. Francesco alle medesime e già approvata da Innocenzo IV.
« Johanni per divina gratin diacono cardinale di sancto Xicolo
in carcere tidiano [Giovanni Orsini, poi Nicolò Ili]. Alle dilecte
in Christo figliole, a tutte le abbadesse et suore incluse del Or-
dine di sancta Chiara ecc. ». A e. 5^ « Nel nome del signore
Incomen(;a la regola de le suore de sancta Chiara : Capitulo pri-
mo. Tucte quelle donne le quale abandotiata la vanità del mondo
corranno intrare in questa nostra religione et perseverare in essa
è convenevole e necessaria cosa debbiano observare questa legge
de vita ed ordine in li loro costumi cioè vivendo In obedientia.
Sensa proprio et in castità et etiam sotto clausura ».
Termina a e. 40 col capitolo XXVI. « Che la regola non si
desprerata da le suore | Et acioche voi in questa regola
overo formula di vivere possiate resguardare come in uno spechio
ne per scordamento alcuna cosa veniate a despreg(^are ve sia
leda per spatio de omne quindici di una volta Ad niuno
adunqna homo sia licito rompere o guastare questa script ura de
la nostra constitutione, concessione, conformatione et absolutione
€um temerario et prosuntuoso ardire andarli cantra. Ma si al-
cuno questa cosa presumera de attentare et fare sappia che in-
correrà la indignatione de /' omnipotente Dio et de li beati apo-
stoli Pietro e Paolo. \ Data ad Orvieto a di diciasette de Octo-
bre nel terQO anno del nostro pontificato [1263]. Deo gratias »
Seguono da e. 41'^ 44'^ , copiale dalla slessa mano, « certe
ordinatiorie facte et ordinate nel monasterio de Monteluce [presso
Perugia](1). ^cz'ocAe meglio observiamo la nostra prefessione et stato
(ì) » Sed cura is conventus, qui sanctissimae Mariae raontis Lucis sacratus eva-
« sit, a recto Religionis tramite aliquantulura deflexisset, a beato .Joanne Capistrano,
« tunc univcrsae Cismontanae Famiiiae Generali Vicario, cum alijs plurimis, anno
li
PER LA PALEOGRAFIA IMIìUICA lól
religioso, le quale non obbligano ad peccato mortale ma solo a
le peniteiitie taxate ecc. ». E queste a noi danno lume sull'antica
provenienza e luogo di scrittura del libro.
11 volgarizzamento risulta per tanto uno de' più antichi fra i vari
•conosciuti della Regola, si per l'età da attribuirsi al manoscritto,
si perchè la sua lezione, che ponemmo in più passi a raffronto con
quella di un codice del quattrocento, esistente nella Comunale di
Siena, ed ivi messo a stampa nel 1853, ne appare assai sposso più
primitiva ed originale, spiegatene pure alcune differenze dal non
-aver l'editore conservato la lezione con quella rigorosa fedeltà,
cui dobbiamo oggi attenerci Ben si distinguono nel nostro codice
dall' italiano comune letterario alcune peculiarità fonetiche del
vernacolo umbro, tanto che la sua ortografia latineggianle ci sem-
bra più tosto consigliata al traduttore dal lesto Ialino, che dall'uso
invalsone, ed ancor meno introdottavi dalla saccenteria del copista.
1 nessi, le abbreviazioni vi s' incontrano meno spesso, ed è a sup-
porsi in grazie all'uso cui era il libro destinato. La sua scrittura,
identica sempre al fac-simile deir.4rc/?. paleografico, è in lettera
gotica minuscola di scuola, grossa, diritta, passante in modo ri-
gido, uniforme da' suoi grossi tratti ai sottili. Più volte avvertimmo
lo stesso tipo di lettera, quasi modello d'officina scrittoria umbra,
in altri codici del trecento, scritti in città prossime a Perugia,
maggior centro di cultura, quali ad es. il Laudario Frondiniano
di Assisi (già Manzoniano 8, ora Vitt. Eman. 478), V Inventario
di Sacri arredi nel cod. 184 della Comunale di Todi.
Chiudono il fascicolo due saggi di scrittura del laudario ap-
partenuto a un sodalizio laico di Sansepolcro, descrittoci dal Co-
razzini ne' suoi Appunti storici e filologici su la Valle Tiberina
superiore, dove segnandosi il confine umbro-toscano, le proprietà
grafiche dell'uno e dell'altro versante nella stessa guisa che le
dialettali si abbracciano e si confondono. La mano che vi copiò
!e laude sino alla e. 19 (.v. tav. 83) si volle dal signor Enrico
Betlazzi (1) circoscrivere agli ultimi del dugento o, lutt'al più, ai
-« Domini 14ì8, sub Nicolao V Pontifìce reforraatus, atque sub secunda beatae virgi-
-« nis Clarae Regula redactus est, sub qua et usque in praesens maxima cum laude
« eius sorores vixerunt » (Gonzaga Fr. De Origine Seraptcae Religionis. Roniae, 15S7,
voi. I, pag. 173).
(1) Giorn. stor. della letteratura ital., Torino 1891, Voi. XVIII, pagg. 25?-254.
152 A. TEXNERONI
primi del trecento, per poterne dedurre che la Toscana vantasse-
la sua fiorila di laudi volgari sin da quando Jacopone peregrinava
nell'Umbria. E le prove"? L'aspetto generale del carattere, il quale
invece ad ogni occhio discreto non appar differente che per certo
andamento mal sicuro dalla grossa minuscola gotica scolastica di
molli codici umbri e toscani con date della metà del secolo XIV
e per sino del 1492, come, non senza meraviglia, abbiamo testé
notalo nello Statuto dei Sarti di Todi, presso quella Congre-
gazione di Carità. L'uso inoltre del K per eh e e, quantunque
esso da solo non possa ritenersi certo confine d'età, specie poi
se, come in quel lesto, figuri insieme al eh: l'antichità del metro,
quando v' è precisamente il prediletto da Jacopone nella lauda-
ballata, od altro (1) più spesso ricorrente nei laudari dramma-
tici di Assisi, di Orvieto e della provincia di Roma. Né, dob-
biamo credere, valsero evidenti imitazioni, e ricordi di frasi e
modi Jacoponici a distoglierlo dell'arrischiare un'opinione tendente,,
non diremo a minuire una gloria della letteratura umbra, cui del
resto s' intese sempre affermare soltanto la priorità della lauda
drammatica, ma a spostare un centro d' irradiazione poetica re-
ligiosa, conlradicendo a giudizi su fatti sottoposti a rigoroso esame.
Che poi le forme, arcomperare, arvenire, argine, ariehate, fra-
gello e tamanto, ecc. testimoni ino proprio dell'esservi in quei 25-
carmi, de' quali tre ben conoscevansi per una Nota del prof. Mo-
naci all'Accademia dei Lincei (Roma, 1889), alcuni aretini, nes-
suno un po' cognito dei volgari di Perugia e di Todi potrà con-
sentirgli.
Ma torniamo al nostro argomento che porge occasione d'in-
vitar gli studiosi a voler segnalare al Bollettino i codici con data
certa dei secoli ^'III-XV, a preferenza tra questi i volgari, scritti
nella nostra regione, dandone qualche cenno sulla loro grafia. F*o-
tremo in tal guisa concorrere a determinare in breve le modalità
della lettera e de' suoi ornati, la sua nomenclatura islessa ancor
vaga e conlradetta, le varie maniere dei nessi e delle abbrevia-
zioni nella paleografia umbrica ; le quali per quanto si vogliano
e si credano, alla prima, simili e comuni ad altre regioni, pur sem-
(1) a b a bb ce d | e f e ff gg d.
TER LA l'ALEOGRAFIA UMIÌUIOA 153
pre ritengono tanto d'indole e forma propria da rivelare a un oc-
chio attento il grado d' influsso su di esse esercitato dalle scuole
limitrofe, specie dalla toscana.
Che se notevoli differenze naturalmente esistono anche in ciò
fra regione e regione italiana, ognuno imagina quanto maggiori
se ne abbiano colle altre nazioni. Non minore ò (juindi il bi-
sogno che si ha d'un lessico di abbreviature italiane, le quali se
non formaronsi a caso, evidente ne è il duplice vantaggio che
ne seguirebbe agli studi filologici sugli antichi testi volgari. (3ve
si eccettuino le poche abbreviature latine raccolte dal Gloria e
dal Lupi, classificate in 5 specie dal Paoli (Firenze, 1891 in 8)
e dal Volta (Milano, 1892) che si studiò di coordinarle alle
note tironiane e alle sigle romane con dichiarazioni in tav. lito-
grafiche non certo perspicue, siamo ancora tributarii, in punto a
dizionari o larghe trattazioni di esse, ai tedeschi Baringius (1),
Walter (2), Kopp (3) e più comunemente ai francesi Batlheney (4),
Chassant (5) e Prou (6), i quali però, come il Du Gange nel Le-
xicon niediae et infimae Latinitatis, rappresentano a noi il gran di-
fetto di non aver tratto esempi che scarsissimamente dai nostri
testi medievali.
Roma, dicembre '95.
A. Tenneroni.
(1) Clavis diplomatica, Hanoverae, 1754.
(2) Lexicon diìAomaticum , ahbreviationes syllabaruiyi etvocumin diploma-
tibus et codd. a saec. Vili ad XVII usque occurrentes exponens. Gottingae, 1747.
(3) Palaeo(jraphia critica, Mannhemii, 1817-1829.
(4) L'Archiviste frangois, au methodepour... déchiffrer les anciens e'critures.
Paris, 1775.
(5) Paléographie des chartes et des mss. Paris, 1S84.
(6) Manuel de pale'ographie latine et francaise... suivi d'un dictionnaire des
abbreviations. Paris, ed. A. Picard.
155
SUL RITROVAMENTO DI UN CODICE
DI CRONACA PERUGINA
Utilissime all'istoria patria e in specie a quella dell'Umbria
sono tutte le ricerche, che mirano a stabilire in quali rapporti si
trovassero le città guelfe colia Curia Romana. E questa una ma-
teria di studio, la quale non ha solo il pregio della erudizione,
ma quello altresì di ricostruire la verità storica in un punto del
Diritto pubblico italiano, dove l'impero delle passioni ha troppo
spesso fuorviato le menti degli scrittori. Per ciò deve essere re-
putata grande fortuna il ritrovamento di quelle scritture antiche,
•che, con la più schietta ingenuità, ci narrano le vicende delle re-
pubbliche guelfe negli anni, in cui si fecero più intime le loro re-
lazioni col papato.
E giacché appunto in questi giorni ci è toccato in sorte di
scoprire in un Archivio privato un prezioso manoscritto di cro-
naca perugina, che colma deplorate lacune di altri Codici proprio
nel tempo, in cui la Repubblica ebbe più stretti rapporti colla
Chiesa, così non sarà discaro ai lettori, che di questa scoperta
teniamo loro parola.
Quando nel 1850 i compilatori deWArchicio storico italiano
vollero dar mano alla pubblicazione delle Cronache e Storie ine-
dite della città di Perugia, assegnarono al primo dei volumi l'opera
poetica di Bonifazio da V^erona dal titolo — De rebus a perurji-
nis" gestis. Ann. MCL-MCC XCIII — tratta dal poema — Euli-
stea ; collocarono quindi gli Annali di Perugia dal H94 sino al
1352 ricavati da un Codice della biblioteca comunale per opera
del Fabretti ; e in ultimo diedero il luogo al Diario o Cronaca del
Oraziani, stimato, tra gli antichi lavori storici sulla città, il mi-
156 O. SCALVANTI
gliore, il più completo, il più esleso (1). Che fosse opera di u»
Graziarli non è accertato, imperocché l'unico indizio che si ha
sulla persona deiFaulore è l'enunciazione di quel nome nell'esterno
dei libro, e il fatto di averlo il Vermiglioli ritrovato nel 1837 in
Torgiano nella biblioteca di casa Oraziani. Ma se non si può ac-
certare il nome dello scrittore, questo è indubitabile, che il cro-
nista fu uomo di raro acume storico, accuratissimo nelle ricer-
che ed esattamente informato dei casi della sua patria. Alla quale
non limita le sue diligenti investigazioni, ma volendo tener di-
scorso delle vicende di altre città^ ricorre alle cronache del Della
Tuccia e di Giovanni di Juzzo speziale per Viterbo e per le cose
di Roma al Diario dell' Infessùra e va dicendo.
Sino al 1837 l'esistenza di questo Codice fu ignorata, e ne
dobbiamo il ritrovamento al dottissimo Vermiglioli. II manoscritto
si conserva nella Comunale di Perugia ; è un volume in forma di
ottavo, guasto dall'età, e, scriveva il Bonaini, difettoso di varie
carte. La scrittura dalle linee corrette e massiccie, è certamente
del secolo XVI alquanto inoltrato, e si legge con facilità. Questa
manoscritto fu pubblicato dal Fabretti neW Archivio storico italiano^
e vi ferero noie eruditissime il Fabretti stesso, il Bonaini e il Po-
lidori. Ma poiché il Diario era privo di molte carte, il Fabretti
ebbe l'accortezza di colmare le lacune del manoscritto introducen-
dovi dei supplementi ricavati da altre cronache, che poi diede in
luce nei due volumi pubblicati nel 1887-88 col titolo — Cronachedella
città di Perugia. — Il quale espediente é degno di lode, in spe-
(1) Gli eruditi di storia perugina sono unanimi nel riconoscere il pregio di questa
scrittui'a, dichiarata la migliore di tutte quelle, dello stesso genere, che ci informano
degli avvenimenti di Perugia fino al secolo XVI. Ma io vado più in là, e dico, che la
Cronaca del Oraziani é documento superiore anco ai lavori dei secoli XVI e XVII ;
e non sappiamo in verità come Adamo Rossi, potesse dire — « che di tutti i cronisti pe-
rugini non é chi meriti di essere conosciuto più di Giulio di Costantino, sia per la
condizione cui appartienp, sia pel sentimento, di che mostrasi pieno, sia per la cono-
scenza de' fatti, sia pel modo come li racconta » — (Vedi Ricordi di Giulio di Costantino
cUM ìól~ al l.'ióO pubblicati con Note di Adamo Rossi — Perugia, 1S68). Anzi tutto que-
sto popolano dà a divedere molta ignoranza della storia e scrive nel più sgramnftitico
dialetto, e poi, quanto al sentimento, di die mostrasi pieno, ci sembra essere tutt' altro
che elevato. E basti la introduzione alla Cronaca: — « In prima dirò che da poie che
io conobbe el male dal biene (quale io naque nell' anno 1503 o circa) e per insino a
r anno 1517, fu un vivere tanto bono e abundante de tutte i bene, die non se pode-
ria aquiperare » — . Il lettore rifletta al tempo a cui si riferiscono le lodi del cronista,
e giudichi poi il sentimento di lui.
SIL lUTRUVA.MKNTO IH IN CODICI; DI ( KoNACA l'KUrdlNA l.)(
•eie perchè adottalo con buon lume <li critica. Tutluvia por quanto
accurata riuscisse l'opera del P'abretti, non v'iia studioso di mate-
rie storiche dell'Umbria, il quale non abbia lamentato le troppo
frequenti lacune del manoscritto rinvenuto dal Vermiglioli, tanto
più se si rifletta che questo Diario non potè essere consultato nella
sua integrità nemmeno dal maggiore storico di Perugia, e sieno
quindi innumerevoli le notizie dateci dal Oraziani, e di cui non
è cenno nell'opera magistrale del Pellini (1).
11 diario incomincia coll'onno 130i), e prosegue fino al 1:^20,
ove è una prima interruzione fino al 1327, supplita dalla Cronaca
dell'Anonimo (2). Riprende da quell'anno, e giunge al 1350, ov'è
la lacuna di un anno colmala da un brano di Codice appartenuto
al Vermigliùli. La narrazione ricomincia coU'agosto del 13r)0 fino
al 1368 col vuoto dell'anno 13n9, e in parte del G8, al che sup-
plisce sempre la cronachetta dieW Anonimo. Mancano poi gli anni
dal 1370 al 1388, intorno ai quali si danno notizie alliiito a di-
versi cronisti. Continua il Diario dal 1388 al 1391 con una nuova
interruzione di 7 anni, e cioè fino al 1398 dalle stesse fonti ripa-
rala. 11 medesimo si osserva dal 1400 al 1424, dove pur troppo
l'intervalhj non si è potuto colmare, perchè del periodo della do-
minazione di re Ladislao nulla raccontano le altre cronache. Il
Diario riprende col 1424 e seguilo, con poche interruzioni di mi-
nor conto, fino al 1450, ov' è una lacuna di ben 37 anni, supplita
(1) Per limitarmi a pochi raffronti, quali ho potuto fare (ino ad ora tra la istoria
del Pellini e il manoscritto da me ritrovato, dirò che molti avvenimenti dell'anno 1451)
dal Codice registrati, non si trovano nell" opera dell' illustre storico. Questo ho ri-
ncontrato pel fatto della morte di Teodoi'ina moglie di Braccio, avvenuta a Bastia,
<■ della sepoltura della salma di lei in S. Maria degli Angeli. Citerò inoltre la narra-
zione dei tumulti di Perugia nel 1482, la quale è assai incompleta nel Pellini, mentre
è accuratissima nel manoscritto. Ad es. il Pellini non ci racconta — « che Averardo
de M. Sperelio insieme alli Ranieri se fecero forte in capo de la piaza tutti d'accordo;
e lì stettero saldi per lino a tanto che la scaramuccia fo staccata, la quale durò circa
2 ore e fu una terribile cosa a vedere, perocché andavano 1' uno contro 1' altro come
cani arrabbiati; e se non fusse clie Filippo de Ansideo venne giù con tutti li frati del
Monte con un Chroceflsso grande, li quali se cacciarono in mezzo gridando — Mise-
ricordia, ìniseriGurdia, pace, pace —, ce sarien morti moltissimi da una parte e 1' al-
tra, et similmente et vescovo di Asese se operò fortemente per fino a tanto che la cosa
fo relassata; onde che il Magnifico Guido de li Baglione essendo li a cavallo andò a
abbraciare il detto Chroceflsso, e disse — Sionor mio — ecc. — (Cte 631 e 632 del ms.) ».
— Di tutto ciò non è un cenno in verun altro cronista, e nemmeno nello storico Pel-
lini, il quale si limita a riferire la parte, che ebbe nella pacificazione il vescovo di
Assisi e il Tesoriere apostolico.
(2) Pubblicata dal Fabretti nel Voi. I delle Cronache Perug., 1S87, pag. 10 e segg.
158 O. SCALVANTI
colla Cronaca del Veghi e dei Villani, e finisce col tratto da|
1487 al 16 luglio 1491. Mancano quindi più di 100 anni di cronistoria^
e, quel che è peggio, mancano tratti di narrazione, che sarebbe
slato utilissimo conoscere, come quello dal 1450 al 1487, il periodo
di Serissima lotta tra Perugia e la Curia romana.
Quanto all'epoca, in cui venne compilata la cronaca, ha ben
ragione il Bonaini di affermare, che ciò dovette avvenire verso
la metà del secolo XVI. Di quest'opera, al tempo in cui venne
pubblicata neW Archivio storico, si conoscevano due soli esemplari,,
uno rinvenuto nella biblioteca Oraziani, e l'altro già posseduto dai
Minori Osservanti o del Monte, e che nel 1850 era nelle mani
del prof. Luigi Bartoli. Niun altro esemplare ricordano gli erudi-
tissimi compilatori, i quali ci attestano che il Codice Bartoli non
era che la copia di quello più antico appartenuto a casa Oraziani.
Di guisa che può dirsi che il ritrovamento dell'altro esemplare
presso il Bartoli nessun sussidio rese a colmare le deplorale la-
cune del Codice scritto nel secolo XVI.
E duopo però riconoscere che un altro e ben prezioso esem-
plare sfuggì alle ricerche di quegli eruditi, ed è quello da noi rin-
venuto, in occasione di altre ricerche, nell'Archivio di una egre-
gia famiglia di questa città (1), e sul quale vogliamo brevemente
intrattenere i lettori.
11 manoscritto consta di 813 pagine in folio, ed è ben con-
servato. Fu scritto poco dopo la metà del secolo XVI (2), e si
(1) La famiglia Angelini-Paroli, nel cui Archivio abbiamo ritrovato altri impor-
tanti manoscritti (Vedi il nostro lavoro dal titolo — Alcune notizie su Benedetto Barzi,
giureconsulto perugino del sec. XV — Perugia, 1895).
(2) Dapprincipio dubitammo di ciò, perché la scrittura non ha quella nitidezza
e quelle linee severe, che si ammirano nei Codici del 500. Ma oltre a considerare, che
nella seconda metà di quel secolo, il carattere andò assumendo minore semplicità di
forme, noi ci troviamo dinanzi a un riscontro, che non ammette dubbio di sorta. In
fatti neir ultima pagina del Codice si leggono queste parole — Rendesi detto quader-
nuccio adì 10 de luglio i562, Cojiia 5. a — Ora é ben vero che il numero 5 è formato in
guisa da potersi scambiare per un 6; ma d' altronde noi abbiamo intercalate nel testo
alcune bizzarre annotazioni di un Pompeo Barzi, che appartengono al 1655, e che evi-
dentemente ci furono introdotte, dopo che il Diario era stato copiato. Perciò la data
di questa copia non può riferirsi al 1662, che sarebbe posteriore a quella delle note
marginali di quello strano personaggio. Né si obbietti, che una parte del manoscritto
poteva essere stata approntata fino dal 1655, quando il Barzi ci scriveva quelle sue
bizzarrie o allu(-inazioni, che dir si voglia ; prima perché è evidente essere la scrittura
diluì di molto posteriore a quella del Oraziani; e poi perché la copia ha tale unifor-
mità da escludere che possa essere stata V opera di molti anni, quanti ne corsero dal
1655 al 1662. Osserviamo poi, che quelle annotazioni nulla hanno che fare col testo
(Vedi il nostro lavoro sul Giureconsulto Barzi, Perugia, 1895).
SUL RITROVAMENTO DI UN CODICE DI CRONACA PEKUCilNA 159
legge facilmente, sebbene la scrillura non sia così nitida come
quella del Codice della Comunale. K legato in pergamena ; e si
nota che una pagina del 145J1 fu dal legatore trasportata al prin-
cipio tra l'anno 1327 e il 1328. Tranne questa trasposizione, il
manoscritto non presenta altre irregolarità nel modo, col quale è
stato formalo in volume. Nemmeno qui è traccia del nome del-
l'autore. In varie pagine rimaste in bianco un Pompeo di Pompeo
di Fabrizio Barzi, possessore del manoscritto, vissuto alla metà del
secolo XVI I , inseriva le più stravaganti cose del mondo. Dapprincipio,
vedendo che egli parlava spesso del libro, su cui scriveva, dicen-
dolo di sua proprietà, sperammo che vi avesse almeno una volta re-
gistrato il nome dell'autore; ma la nostra speranza fu completa-
mente dehisa (1). Il manoscritto non ha frontespizio, e al pari
dell'allro presenta molle lacune, le quali però sono bene spesso
colmate dal Diario a slampa. I vuoti che esso contiene vanno dal
1309 al 1313, tratto che è completo nella Cronaca stampata ; dal
1314 al 1324, di cui l'intervallo dal 1313 al 1320 è riparato dal
Diario inserito noWAchivio storico, che avendo alla sua volta una
lacuna dal 1320 al 1327 trova nell'odierno manoscritto completati
gli anni 1325 e 26. Il Codice manca degli Annali dal 1366 al 1389;
e la Cronaca già conosciuta non ci dà di questo intervallo che la
sola narrazione dal 1366 al 1368 e 1370, e dal 1388 al 1389. Qui
rimane adunque una profonda lacuna. All'altra, che si riscontra
nel manoscritto, dal 1389 al 1442, ripara soltanto in parte il Dia-
rio stampato, perchè ancor questo manca del tratto dal 1391 al
1398 e dal 1400 al 1424. Fino a questo punto i due Codici non si
completano interamente; ma il manoscritto non presenta altri
mancamenti dal 1422 in poi ; e perciò gli anni dal 1422 al 1424
(che non si trovano nello stampato), e il lungo tratto di 37 anni
(1450-1487) mancante pure nel Diario edito dal Fabrelti sono piena-
mente reintegrati dal Codice ora scoperto, il quale ha ancora l'ul-
ti) Né miglior fortuna avemmo scorrendo le pagine del Codice segnato di lett. F.
e da noi pure ritrovato nell' Archivio Angelini. Anche in questo manoscritto il Barzi
scrisse molte stranezze, e richiamò quelle registrate nelle pagine bianche della cro-
naca. « Il ricordo della supplica che io feci di essi miei cento volte novecento milioni
di Mondi appare scritta per mano mia in un altro mio Libro segnato Croce a carte
86 seconda facciata e a carte 87 prima e seconda facciata ». — Il Libro cui accenna
è il Ms. della Cronaca, ma anche in questo richiamo nulla ci dice del nome dell' autore.
160 O. SCALVANTI
timo tratto dal 1491 al 1494, di cui è privo il Diario a stampa (1).
Ora sebbene nel volume si osservi qua e là qualche lacerazione
di carte, pure io ritengo che quei vuoti sussistessero al tempo, in
cui venne raccolto e legato. Questo Codice non apparisce essere
stato molto consultalo, giacché non vi sono annotazioni in mar-
gine, come si vede per lo più nelle carte di quel tempo, in specie
nelFaltro esemplare della Cronaca. Non crediamo ingannarci as-
serendo che questo manoscritto dovette essere esaminato dal conte
Girolamo Bigazzini, valentissimo genealogista, perchè in qualche
margine si veggono notati i nomi di alcuni nobili, di cui si nar-
rano i fatti nel testo ; e varie di queste annotazioni sono indub-
biamente di mano di quello scrittore. In complesso dunque il ma-
noscritto presenta una lacuna minore dell'altro, cioè 69 anni di
cronaca, mentre il Codice della Comunale ha un vuoto di oltre
un secolo. Non è poi difficile congetturare se la copia da noi rin-
venuta sia slata oppur no condotta sull'originale edito dal Fa-
fi) Rispetto a questo periodo della cronaca dobbiamo far menzione di un breve
scritto di A. Rossi, edito per le nozze Fumi-Cambi nel 27 aprile 1879. Il Rossi publ)licò
in quella occasione un brano della Cronaca di Oraziani dal 16 luglio 1491 al 2 set-
tembre 1493. Esso si riconnette al Diario pubblicato neir Archivio storico, ed è parte
del manoscritto scoperto dal Verraiglioli. Come il Rossi potè ritrovarlo lo accenna egli
stesso nella pubblicazione di quel Quadernuccio. Egli lo vide tra le mani di un salu-
maio, che era in procinto di lacerarlo. Lo volle sott'occhio, e conosciuto il pregio
di quella scrittura, ne fece acquisto per l'Archivio di Perugia. Ma il salumaio ne
aveva già stralciate alcune pagine, incominciando dall' ultima, ed ecco perché
il Quadernuccio non prosegue alla pari del nostro fino al 1494. Noi abbiamo con
fi'ontato r edizione del Rossi col manoscritto odierno, e poche sono le varianti.
L' egregio scrittore afferma, che il Oraziani intendeva continuare la sua Cronaca
lino al 1541 ; e noi non lo impugnarne. È certo però o molto verosimile almeno, che la
Cronaca non si prolungasse al di là del 1494, perchè il manoscritto da noi rinvenuto
non è tronco per lacei'azione di carte o lasciato in bianco per mancanza di originale,
ma termina con la già riferita annotazione del copista, che ha tutta 1' aria di essere
il terrjine dell' opera. Ora, per quanto preziosa scoperta facesse Adamo Rossi, essa
non è sufficiente a ristabilire nemmeno un breve tratto di cronaca. Ad es. nei punto
dove la sua pubblicazione cessa, il nostro manoscritto continua per informarci di un
fatto di molta rilevanza, ed è, che fra Bernardino da Montefeltro, il quale predicava
sulla piazza del Duomo, nell' 8 settembre 1493 lasciò improvvisamente Perugia — . « Et
-molto (fra Bernardino) confortava quelli a li quali apartiene el governo e che si non
se repara cascherà, el giudizio contro di loro, e poi se voltò al popolo e disse — eh" ogni
persona governasse la casa sua e chi non poie fare altro guardi sé medesimo e facci
bene, altrimenti el giudizio di Dio caschei'à sopra di loro. Et cosi confortava ogni per-
sona a far bene, e molto disse che si non se mutava modo al vivere de la cita che noi
dovemo aver peggio, che non avemo auto e presto. E questa fu la 7a predica che lui
facesse. A dì 8 detto se partì detto fra Bernardino la matina per tempo e in piaza se
aspettava che lui venisse a predicare però che era sonata la campana de S. Lorenzo
SIL RITROVAMENTO DI UN CODICE DI CROXACA l'ICRUCUXA IGl
brelli. Deve ritenersi infalli, che entrambe furono eseguile sopra
esemplari diversi ; perchè lanlo nell'una copia che nell'allra le la-
cune non sono soltanto determinale da lacerazione di carie, ma
anco dalla deficienza del lesto che si copiava, talché gli ama-
nuensi hanno lascialo in bianco molte pagine nella speranza di
ritrovare le parti mancanti del manoscritto die avevano sott' oc-
chio. E che il nostro Codice non sia copia dell'altro custodito nella
Comunale è agevole a provarsi con molti esempi ; ma due soli
ne scelgo per brevità. Noi risconlriamoche il copista del manoscritto
inedito ha lascialo in bianco una pagina antecedente all'anno 13^9,
io che significa che nell'esemplare che copiava, esisteva una la-
cuna. Se non che quando egli attende a copiare i fatti di quel-
l'anno, non incomincia dal 3 gennaio, come si legge nel Diario a
stampa, ma sibbene dal 14 di marzo. Ora se la copia fosse stata
condotta sull'esemplare ritrovalo dal Vermiglioli, perchè il copista
avrebbe tralascialo di riferire ciò che occupava in quel volume
a predica, et esso non aveva domandato licentia, et gran popolo era venuto alla pre-
dica come el consueto a 7 prediche che esso aveva fatto in piaza, onde che intenden-
dosi lui esser partito senza licentia et pensando la brigata alle cose, quale esso aveva
preditto, molto ciascuno rimase di malavoglia ». — Non é egli strano che questo
frat-" da Montefeltro, che presso il popolo aveva fama di profeta \ et più volte ce recordò
quelle cose le quale ce aveva aaunciate et preditte in qualche sua predica del
glassato, quale ce sonno advenute) lasciasse la città, proprio mentre la campana di
S. Lorenzo suonava a raccogliere i fedeli alla sua predica? Egli aveva avuto parole
di fuoco contro il mal vivere dei cittadini, contro 1 potenti, contro gli ambiziosi: e si
rileva anco dal passo inedito riguardante la 7a predica, dianzi riferito; e ci sembra
non arduo a immaginarsi, che appunto per opera di qualche potente fosse fatto uscire
di notte tempo dalla città. E poiché i raffronti sono il maggior sussidio, che abbia la
mente umana per intendere i fatti della storia, ricordei'erao, che in Perugia era
allora preponderante la fazione dei nobili, e doveva essere presso di loro sospetta
la propaganda di fra Bernardino, cosi strenuo propugnatore di libertà, di giustizia e
di popolare governo. Ricordisi inoltre che fra Girolamo Savonarola a Firenze, colla sua
predicazione per più anni continui (scrive il Guicciardini narrando i fatti del 1495) sì
era vindicato fama e credito di profeta, e aveva accennato ancora qualche cosa della
rautazione dello stato; e detestando iJubblicamente la forma deliberata nel Parla-
mento, affermava la volontà di Dio essere che s' ordinasse un governo assolutamente
popolare (Storia d' Italia, Lib. II, cap. I). L' accesa eloquenza del frate produsse due
anni dopo quello, in cui Bernardino si parti improvvisamente da Perugia, la costitu-
zione di quel Consiglio, che doveva attendere alla riforma dello stato fiorentino. Adun-
que erano tempi in cui rinfiammato zelo di religiosi si manifestava anco nelle poli-
tiche faccende, e non è meraviglia che a Perugia gli ambiziosi e potenti capi delle
fazioni nobiliari, paventando gli effetti delle prediche di fra Bernardino, procurassero
la partenza di lui, imperocché da più anni nella vicina Firenze un simile apostolato
esercitava il Savonarola, ed era prossimo il giorno, in cui se ne dovevano cogliere i
frutti.
II
162 O. SCALVANTI
varie pagine di scrittura ? Inoltre noi vediamo che il manoscritto
della Comunale all'anno 1445, registrali i fatti del 15 aprile, ha
un foglio bianco, dopo il quale manca per lacerazione altro foglio.
Ammettendo pure che il foglio straccialo fosse scritto, è certo che
l'amanuense trovò nell'esemplare una lacuna, la quale dovrebbe
riscontrarsi anco nel manoscritto inedito. Per contrario, mentre il
Codice della Comunale termina colle parole — A di 17 .... — e
riprende colle parole — e Mariotto dei Baglione et retornaro ; —
il nostro manoscritto continua spedito per altre due pagine dalle
parole — A di 17 de aprile — fino a ritrovare le parole — Ma-
riotto dei Baglione, ecc. — che appartengono alla cronaca del 9-
di luglio dell'anno 1445.
Noi crediamo che questa breve descrizione del Codice, oggi
ritrovato, sia sufficiente a provarne la grande importanza. Pure ci
sembra opportuno venire ad una più ampia dimostrazione di ciò.
Si rifletta prima di ogni altra cosa, che col nuovo manoscritto
vien riparandosi al tratto di 37 anni, mancante nel Diario a stampa.
E se ciò possa interessare grandemente gli studiosi di storia ita-
liana e massime umbra, facilmente si prova colle seguenti consi-
derazioni :
l.o — Anzi tutto bisogna, osservare alla importanza del pe-
riodo storico dal 1450 al 1487. In questa parte degli Annali oltre
la diligente e minuta esposizione delle frequenti contese fra la
Repubblica e il Papa noi abbiamo descritti i tumulti di Perugia^
di Viterbo, le discordie sorte in Firenze nel 1466, la liberazione
di Orvieto e la sua pacificazione nel 1468, la lega fra il conte Fe-
derigo da Montefeltro e il conte Carlo Forlebracci, le gesta del
Piccinino, di Nello Baglioni e di altri altissimi personaggi, le im-
prese di re Alfonso, le discordie fra Carlo Fortebracci e Carlo Ba-
glioni, le difficoltà insorte fra Siena e Perugia pel furto dell'Anello
della Vergine, la guerra fra i Senesi e il Piccinino, tra Perugia
e Firenze, la pestilenza del 1476, molte e gravi controversie colla
Curia Romana, quella in specie per il pagamento delle decime
nel 1483 e altre narrazioni interessanti la storia generale d'Italia
e di Europa. Aggiungansi le notizie più preziose circa i provve-
dimenti intesi a riformare lo stato all' interno, a soccorrere i po-
veri, mediante leggi speciali e fondazioni di Opere Pie, a dare
incremento alle arti della lana e della seta, a diminuire il lusso
SUL RITROVAMENTO 1)1 UN CODICE DI CRONACA PERUGIA Kj:}
dei costumi, ad abbellire la città, a provvedere alla pacificazione
degli animi, a riordinare la zecca e va dicendo.
2 ° — Tutto questo periodo storico così fecondo, cosi ricco
di avvenimenti è nel manoscritto distesamente narralo senza ve-
runa interruzione. Esso è contenuto in 350 pagine di fitta scrit-
tura, poco meno della metà dell' intero Codice. È dunque la parte
più estesa, più accurata, che fa fede di minutissime indagini, di
pazienti ricerche e di infaticabile zelo nel valente cronista. Si ha
poi la fortuna che il tratto offertoci dall'odierno manoscritto è il
sicuro addentellato del Diario a stampa (1).
3.° — Si deve considerare inoltre, che questa e le al tre aggiunte
ricavate dal manoscritto, suppliscono veramente ai vuoti della Cro-
naca, perchè son la Cronaca stessa ; mentre non è a dire il medesimo
dei supplementi introdottivi dal Fabrelti. Poco sopra riconoscem-
mo il grande servigio reso dall' illustre uomo nel volere annessi
quei supplementi al Diario Oraziani; ma non appena si gettino
gli occhi sul manoscritto, ognuno comprende a quale distanza si
trovino le cronache del Veghi, dei Villani e dell'Anonimo da quella
del Oraziani. Per non distenderci in troppi esempi, avvertiremo
che mentre dal Diario del Veghi e dai lavori di Villano e Ciancio
Villani non è stalo possibile trarre veruna notizia riguardante
l'anno 1453 onde supplire alla lacuna della Cronaca Oraziani,
il manoscritto nostro contiene ben 5 pagine relative a quell'anno,
e in esse si raccontano le visite imperiali a Siena, Viterbo e Roma,
i casi di Firenze, le scorrerie delle soldatesche del Re d'Aragona,
i danni che esse arrecarono al contado perugino, la venuta del
conte Federigo d'Urbino, la lega fra Firenze e Perugia e più
altre cose interessanti la storia d'Italia e quella della nostra re-
(1) Infatti il Diario edito dal Fabretti (pag. 628) termina con queste parole —
« A quisti di se disse che el conte Francesco era stato fatto duca de Milano. A dì 26 de
luglio ». — E il nostro manoscritto, dopo queste parole, continua — « A di 26
de luglio morì Cola de Restoro, che la mattina stette a la messa a S. Filippo, ecc. >. —
Né meno sicura è la ripresa al termine dell' intenallo dei 37 anni. Il manoscritto
giunge colla narrazione al 4 agosto 1487 e così dice — « A dì 4 de agosto Giovagnie
del Gentiluomo degli Arcipreti retolse Carlo famiglio de Piero de Raniere da le mani
dei birri e ferì 2 delti ditti birri in capo alla piazza — A dì detto Giovagne del genti-
lomo, fu messo per rebello, ecc. ». — Col corsivo riprendesi il testo del Diario a
stampa. Per tal modo il tratto che .si legge nel nostro Codice viene ad incastonarsi
nella Cronaca stampata, senza pur 1' ombra di interruzione o d" incertezza.
164 O. SCALVANTI
pubblica. Di tulio ciò non è verbo in alcuna delle cronache, da
cui dovettero allingersi i materiali per supplire ai mancamenti
del testo allora conosciuto. E quando pure queste cronache con-
tengono una narrazione, essa è insufficiente a darci notizia ade-
guata delle vicende della città. Ad es. nell'anno 1453, per il Sup-
plemento sesto al Diario Oraziani non vi sarebbe stato di note-
vole che il dono fallo dal padre Angelo del Toscano, generale
deirOrdine di S. Francesco, alla comunità di un ognia di Gri-
fone, la quale li era stata donata dal Re di Francia, e alli 20
di agosto mori e fu sepolto in S. Francesco. Ma invece a queslo
medesimo anno 1453 il manoscritto contiene preziose notizie su
Carlo di Braccio, sul Gentile, capitano della signoria di Venezia,
sui progressi delle armi turchesche in Costantinopoli e sui matri-
moni e morti di illustri cittadini. E come nell'anno appresso gli
altri cronisti si limitano a registrare la morte di Agamennone
degli Arcipreti e l'entrata in monastero di Berardo da Corgnia ;
il codice inedito ci parla, in mezzo a molle altre cose, del Breve
di Nicolò V sul pagamento delle decime dei benefizi, di cui erano
investiti gli abati e altri dignitari della Chiesa; continua la nar-
razione dei casi di Costantinopoli, della pace tra Venezia, il Duca
di Milano e i fiorentini; del passaggio di molte genti d'arme da
Perugia ; della richiesta di Carlo di Braccio condottiero dei vene-
ziani per avere messi perugini da inviare al pontefice; del con-
vegno degli ambasciatori di varie città in Perugia; della con-
ferma della pace tra il Comune nostro e Firenze; delle forze mi-
litari di Carlo Gonzaga; delle giostre tenute in Perugia nel de-
cembre 1454 e promosse da Braccio de' Baglioni e da Giapeco
degli Arcipreti, dove si fa memoria del nome dei giostratori, ecc.
Noi vorremmo proseguire nel raffronto tra il pochissimo che of-
frono le cronache Veghi e Villani e il mollissimo che s'ap-
prende da questo Diario inedito del Graziani; ma di un altro solo
saggio dovremo appagarci per non riuscire infiniti. L'anno 1455
della Cronaca Veghi col sussidio delle altre scritture ci porge
novella della pena del rogo inflitta ad una fattucchiera, dei tor-
menti che si diedero alla moglie di Carlo de' Graziani e del sacco
di Celona compiuto da Giacomo di Nicolò Piccinino. Or bene, no'
non possiamo nemmeno per sommi capi accennare alla pingue
materia contenuta nel Codice inedito sotto quest'anno 1455. Basti
SIL RITROVAMENTO DI IN CODICE DI CRONACA l'ERUCUNA 1(J5
il sapere clie la nnrruzione occupa venliciruiue pagine dell' in-folio,
perch<> non v'c'' mese, il quale non abl)ia dato occasione a nume-
rosi ricordi, che sono in lutto del numero di ottanta^ menlit> le
cronache del supplemento ne recano tre soltanto, insomma lad-
dove lutto il supplemento dal 1450 al 1487 è contenuto in 28 pa-
gine di testo con copiose note, il tratto del manoscrillo inedito è
di carte 350, senza conlare che nello slesso supplemento mancano
interi anni, come il 1472, che occupa 5 carte del manoscrillo, e
il 1480, che diede materia al cronista Oraziani di registrare 30 av-
venimenti di primaria importanza. Né sembrino al lettore trojipo
minuziose queste nostre indagini; perchè ad altro non miriamo
che a dimostrare vie più il pregio singolarissimo del Diario del
Oraziani, il quale si discosta dai lavori precedentemente compi-
lali, per la ragione che l'autore intese a raccogliere da molle cro-
nache e storie ogni interessante notizia. E naturale quindi die il
suo lavoro riuscisse più completo degli altri, da cui si tolsero i
supplementi.
Se poi ci siamo particolarmente intrattenuti sul tratto di sto-
ria dal 1450 al 1487, e se diciamo che eguale importanza ha la
narrazione degli anni dal 1491 al 1494 (1), affermiamo essere il
medesimo per le lacune meno eslese, e che il manoscrillo può
completamente colmare. Così mentre nell'anno 1361 la Cronaca
stampala ci narra solo della congiura ordita a favore di Alessan-
dro di Pellolo de' Vincioli per farlo signore della città, il mano-
scrillo ci racconta con maggiore particolarità il fatto e le sue con-
seguenze, e ci informa poi della compilazione dei Libri del Cata-
sto. Similmente nel 1360 al vuoto del Diario ripara il manoscritto,
il quale dà notizia non solo dei falli, che l'illustre Fabrelti ha ri-
cordalo in nota (2), ma anco dei moti di Assisi, della riforma sta-
tutaria, delle ambascerie al Papa, del passaggio delle compagnie
bianche, della presa del castel di Siena, dell'arrivo alla Fratta di
300 tedeschi, dell'occupazione dei borghi di quella città, e ci fa
ricordo di importanti deliberazioni del Consiglio dei 500 sulla
guerra, molle delle quali circo.-tanze furono ignorate dallo stesso
diligenlissimo Pellini.
(1) Vedi la nota a pag. 160.
(2) Cronaca del Oraziani, pag. 202.
166 O. SCALVANTI
4.0 — E olire a darci presso che completo il Diario Ora-
ziani, il manoscritto è preziosissimo sussidio a correggere qualche
inesattezza inseparabile da ogni lavoro di simil genere, nella quale
caddero i compilatori deWAr'chivio storico. Verbigrazia, abbiamo
riscontrato che essi talvolta riportarono nel testo delle annota-
zioni marginali evidentemente di mano diversa dello scrit-
tore della cronaca, e che nel Codice odierno non si veggono.
La qual cosa può generare difficoltà, oscurità e incertezza nel ri-
levare un fatto o una data storica (1). I raffronti col manoscritto
gioveranno inoltre a correggere alcune trasposizioni di testo, che,
per errore di copia, si incontrano nel Diario a stampa (2). In-
somma se Adamo Rossi nella dedicatoria a Luigi F'umi del la-
voro altrove ricordato, collocava poche pagine della Cronaca Ora-
ziani dal 1491 al 1493 tra le più preziose scritture del genere
prediletto agli studiosi; con quanto maggior ragione possiamo noi
rallegrarci della scoperta di un manoscritto, nel quale si ha circa
un secolo di storia perugina inedita ampiamente narrata. Ed è
perciò che ci siamo affrettati a informarne i lettori per utilità de-
gli studi storici riguardanti l'Italia e in special modo l'Umbria.
Perugia, novembre del '95.
0. Scalvanti.
(1) Vedi il nostro lavoro — Benedetto Barzl giurecons. del secolo XV — Perugia,
IJoncompagni, 1895.
(2) All'anno 1342 nel Codice stampato si trova una lacuna dopo il passo che
segue — « Del mese di settembre nel dicto millesimo, essendo raesser Ottaviano de
gli Begliforte signore di Volterra per modo de tiranno, el dicto meser Ottaviano et
gli suoi consorti dettero et sottomisero la dieta cita de Volteri'a el suo destretto a
messer Gualtiere Duca de Attena a vita, el quale era signore generale a vita de la
cita de Fiorenza e de suo destretto, benché dicto meser Otaviano remase pure Io mag-
giore de la dieta cita Et se partirò glie ditte loro conductore italiane, et non
volsei-n entrare nel contado de Peroscia con la dieta compagnia ». — Orbene, questo
ultimo passo in corsivo deve essere collocato innanzi al primo, al termine di un hmgo
periodo, che é contenuto solo in parte nel Diario a stampa. Il tratto poi prima della
lacuna viene di seguito al passo riferito in corsivo, e il manoscintto lo completa con
questa notizia, che manca nel Codice della Comunale: — « Di dicto millesimo il Co-
muno de Arezzo con volontà del Comuno de Fiorenza si sottomise e diede la detta
cita e destretto al sopradetto duca di Atene, fecero la detta sommissione in casa del
detto duca di .\tene, et li predetti casi furono del mese di settembre ».
i;7
A PROPOSITO DI UN ARTICOLO
DI
MASSIMO KOVALEVSKY
sulle conseguenze econoiniclie della Peste ini talia
Il KovALEvsKY, Studiando la legislazione niedioevale concer-
nenle il lavoro e la mercede, si è domandato quale influenza abbia
avuta la grande mortalità della peste del 1348 sulla elevazione
■della mercede medesima. Tale ricerca era già stata fatta, per ciò
che concerne l'Inghilterra, dal Rogers '{Histort/ of Agriculture
and Prices), dal Seebohm {The Black Death) e dal Gasquet
i^Black Death in England); ma nessuno di essi aveva pensato a
paragonare la legislazione inglese con le siiniglianti e contempo-
ranee norme legislative della Francia, dell'Italia, della Germania
e della Spagna. Specialmente forse le repubbliche italiane del me-
dioevo possono fornire interessanti notizie intorno a siffatto argo-
mento.
Il KovALEvsKY pertanto fece a tale proposito delle ricerche
negli archivi di Firenze, Siena, Perugia, Orvieto e Venezia, e ne
espose le conclusioni in una comunicazione fatta ad Oxford nella
sezione F del Congresso dell'associazione inglese per il progresso
della scienza : relazione che, tradotta in tedesco dal Redlich, è
comparsa recentemente nella Zeitschrift fìir Social-und \Mrth-
schaftsgeschichte, voi. Ili, fase. 3° e 4°, pag. 406-23.
1 dati intorno al decrescere della popolazione nelle città ita-
liche per cagion della peste sono stati talvolta esagerati dai Cro-
nisti; sarebbe pertanto necessario poterli controllare. Ma ciò non
é agevole fare per le grandi città, come Milano e Genova, i cui
archivi furono ripetutamente bruciati e distrutti. Invece piccole
città, quali Orvieto, Todi e San Gemignano, conservano nei loro
1G8 G. PARDI
archivi ricco materiale per la storia economica. Né quanto alla
prima città sono stati pubblicali i più notevoli documenti di tal
genere nella poderosa raccolta fatta dal Fumi dei più antichi do-
cumenti risguardanti la storia orvietana (Cod. JDip. d'Orvieto per
L. Flmi). Giacciono pertanto inedili nei respetlivi archivi, ed il
KovALEvsKY li ha esaminati accuratamente. Una delle conseguenze
economiche della peste fu che il prezzo della mano d'opera crebbe
molto. Dice a questo proposito Matteo Villani (I, 5): « E il la-
vorio e le manifatture d'ogni arie e mestiero montò oltre al doppio
consueto ».
Dopo aver esposto le notizie e i dati concernenti le mercedi
rinvenuti negli statuti di Mantova e di Bologna e nelle Provvi-
sioni del Maggior Consiglio di Firenze degli anni 1348-52, l'A. os-
serva come, nello stesso modo che a Firenze, non fosse fissato un
massimo delle mercedi negli statuti di Perugia, xuia città, la quale
era retta dal Priori delle arti sotto la superiorità più o meno
nominale del Papa e del suo Legato. Era questi allora il celebre
Egidio Albornoz, che dava opera a riformare gli ordinamenti di
Perugia quando scoppiò la peste del '48. Ora negli statuti perugini^
riveduti sotto la sua direzione ed apparsi nel 1349, si rinvengono
disposizioni somiglianti a quelle fiorentine. Poiché infatti i la-
voratori del contado e del distretto di Perugia lasciavano i fondi,,
che avevano in affitto, per prenderne altri concessi loro volen-
tieri a migliori condizioni per cagione della grande mortalità^
per tal modo la coltura dei campi era in vari luoghi abbando-
nata e le vettovaglie salivano ad un prezzo molto alto. Perciò
fu stabilito che nessuno affittuario potesse abbandonare i fondi
presi in affitto prima del termine di tre anni {Ann. decemv. di
Perugia, a. 1351, e. 59). Ma questa legge, olire a non conse-
seguire l'intento propostosi dai reggitori del Comune {Ann. de-
cemv., a. 1347) non determinava il massimo della mercede: e ciò-
in repubbliche di artigiani, quali Firenze e Perugia, mentre in-
vece repubbliche più aristocratiche , come Pisa ed Orvieto, fissa-
vano il massimo della mercede per i lavoratori della città e dei
contado. Così lo statuto pisano del 1350. Cosi le deliberazioni del
Maggior Consiglio d'Orvieto del 1349 (nella Zeitscrift f. S. u TI'.
G. è stampato erroneamente 1359), per le quali fu imposto che
ogni due mesi si scegliessero due commissari, i quali determi-
A PROPOSITO DI UN ARTICOL(J DI MASSIMO KOVALKVSKY, ECC. 1(51)
nassero il prezzo delle singole cose e del lavoro. Troviamo pure
nelle Riformante degli anni susseguenti le tariffe delle varie in-
dustrie e dei vari lavori.
Per tal modo Orvieto, grazie all'accurata monografia del
chiaro A., appare quale una delle città italiche, che più saggia-
mente e praticamente portarono rimedio al crescere del prezzo
delle cose vendibili e della mano d'opera — cagionalo dnlla grande
mortalità del '48 — fissandone il massimo.
Stimo pertanto non inopportuno esporre con una certa lar-
ghezza i provvedimenti economici presi dal Comune orvietano in
quella terribile calamità, provvedimenti sconosciuti fin qui, e ri-
portare per intero la tariffa del massimo delle mercedi stabilita
nel 1350, essendo quest'ultimo un documento non dispregievole
di sapienza economica, che porge occasione a fare alcune rifles-
sioni.
La peste del '48 non fu ad Orvieto meno tremenda che al-
trove: è stato detto che su 10 persone morissero 9. La città era
inoltre in quel tempo travagliata da guerre intestine. I figli del
morto Signore di Orvieto, Ermanno Monaldeschi, e più ancora li
crudele e potente Bonconte della Vipera, volendo maggioreggiare
in patria e trovando resistenza nel forte amore dei cittadini per
la libertà, li molestavano e danneggiavano continuamente per
mezzo dei numerosi loro sgherri e seguaci.
E bello il vedere, tra l'infuriare del morbo, che sentiménti
alti e liberi nutrissero gli Orvietani. Non abbattuti dalle calamità
della peste e della guerra, il 19 settembre 1348 si riformarono a
popolo e a libertà, « cum ipsa urbevetana civilas cum suo comi-
tatù et districlu a diu iugiter fuerit atrocibus guerris et sevis
angustiis et oppressionibus conquassata et sub tirampnorum pro-
tervia peditata et conculcata, et nunc, Deo propitio, in pacis dul-
cedine requiescat » (1). Sembra quasi che la pace e la libertà re-
casse loro tanta gioia quanto dolore non aveva apportato la mor-
talità; ed è manifesto che il fiore delle libere istituzioni sboccia
anche tramezzo agli orrori della desolazione e della morte.
E doveva esser proprio pietoso lo spettacolo di Orvieto in
(1) Ardi. coni. d'Orv. Riformante, voi. LXVI, e. 35.
170 G. PARDI
quel tempo, quasi vuota di abitanti e con le case mezzo abbattute
a cagion delle guerre intestine. Infatti il 18 ottobre "48 fu delibe-
rato dal Maggior Consiglio che fossero severamente punite le di-
struzioni di case, « quapropter dissensiones et scanda[la], que
atrociter^ hoste humani generis operante, in ci vitate urbevetana
viguerunt, nonnulle domus^ hedificia, menia et alia casamenta pa-
tent circumquaque diruta » (1).
Uno dei primi atti del nuovo Consiglio popolare riguarda il
prezzo delle mercedi. Considerando infatti che gli operai ed i ven-
ditori « propter sevam et inauditam pestem mortiferam, qué nuper
undique in humano genero est diffusa, pretium adeo carum tollant
quod cives et alii cuncti conqueruntur merito et, nisi provideatur
celeriter, non possunt facere facta sua, ex quo detrimentum non
modicum rei publice exoritur et iactura, ne igitur huiusmodi ap-
petitus noxius et nefandus usus in Urbisveteris civitate diutius
nec ulLerius vigeat et res predicte in congrua dispositione persi-
stant » (2); il Consiglio medesimo stabilì, il giorno 31 settembre,
che quanto alle cose da vendere ed alle opere personali non si
potesse richiedere se non il quarto di più di quello che si soleva
far pagare innanzi alla peste. Questo provvedimento, senza disco-
noscere le giuste ragioni dei rivenditori e degli operai per accre-
scere alquanto il prezzo delle cose e dei lavori, impediva loro
molto praticamente di portarli ad un prezzo troppo allo: accon-
tentava essi da un lato e da un altro tutti i cittadini. Vedremo
poi che questo criterio, di un quarto di più di quanto si soleva
prender prima, sia mantenuto anche nelle tariffe posteriori. Il che
prova come il Comune orvietano avesse trovato il giusto mezzo
per non disgustare né i lavoratori né i compratori.
Oltre alla difficoltà di concordare equamente il prezzo delle
mercedi, il Consiglio della repubblica si trovava in grande imba-
razzo perchè era stretto del bisogno di danaro, ma i pochi ed im-
miseriti abitanti dei pivieri del contado si rifiutavano di pagare
le imposte. Perciò il 18 febbraio del 1349 fu fatta una proposta
« super conservatione et reparatione pleberiorum comilatus, quo-
rum nonnulla iam defecerut in totum propter mortiferam pestem
(1) Ardi. com. d' Orv. Rif. LXVI, e. 4S r.
(2) Rif. LXVI, e. 44 r.
A PROPOSITO DI IN ARTICOLO DI MASSIMO ROVAI, KVSKV, KCC. 171
per orbem diffusam et gravia onera ipsis pleben'is per urbevela-
nuin Comune imposila ob que ipsa pleberia sunt vacuala ho-
minibus el poderia el bona in eisdem exislenlia prò maiori parie
incullivala persislunl » (1). Considerando laii Irisli condizioni delle
campagne i consiglieri preferirono che i loro abitatori continuas-
sero a lavorare i fondi senza pagare imposizioni, e determinarono
che nessuno li potesse molestare per cagione di gabelle o di taglie.
Gli abitatori della città, dove dimorava la parte più ricca flella
popolazione, si trovavano in condizioni differenti perchi' molli eran
divenuti doviziosi anche di poveri od avevano accresciuti i pos-
c^essi per mezzo di eredità. Quindi essi erano in grado di pagare,
ed a loro non furon risparmiale imposizioni e taglie: qualora man-
cassero, anche lassando questi, i denari necessari al Comune, si
ricorreva ad imprestili con Ebrei.
Tuttavia alcuni dei cittadini erano rimasti in misero stalo e
non potevano pagare. Perciò il 16 settembre del '49 fu deciso che
nessun popolano potesse venire molestalo od imprigionato per de-
biti sino al 1° gennaio del 1350. Fu concessa una dilazione al pa-
gamento delle imposte « ad hoc ut urbevetana civitas civibus re-
plealur, que occasione peslis et morlis generalis est quasi lotaliter
civibus vacuala » (2). Gli animi infatti, aggiunge la deliberazione,
per i terribili segni, che continuamente appariscono, debbono esser
volli piuttosto alla misericordia che- non alla severità. Un'altra
prova di misericordia fu quella di liberare i prigionieri: con il
che si veniva ad avere un risparmio nel mantenimento loro e
nella paga dei carcerieri, e nello stesso tempo si realizzò un
utile facendo far loro un'offerta in danaro. Fu inoltre proibito ai
cittadini di offendere, molestare o trarre alcuno in giudizio per
delti o fatti o cagioni di qualsiasi specie.
Un barbaro uso di quel tempo si era di vendicarsi dei nemici
non colpendoli nelle persone, ma nelle cose, distruggendo cioè le
vigne, guastando le messi, ecc. 11 che in quel frangente sarebbe
stato maggiormente pericoloso e dannoso per tutta la cittadinanza.
Perciò il Consiglio orvietano, il 29 novembre del '49, raddoppiò le
pene stabilite per i danni inferii ai fondi e specialmente alle vigne.
(1) Rif. LXVn, e. 17 r.
(2) Rif. I-XVII, e. 67 t.
172 G. PARDI
Per riparare allo spopolamento delle città i reggitori di queste
pensarono di concedere gli slessi diritti e privilegi dei cittadini
ai forestieri che venissero a stabilirvisi. Così fu fatto a Siena e
specialmente a Venezia ed in tutto lo stalo veneto. E così fu de-
liberato si facesse pure ad Orvieto, dove vediamo, ad esempio, un
tal Francesco di Soana venirsi a stabilire con diritti di piena cit-
tadinanza nel maggio del '49. E già il 18 ottobre del '48, « quia
urbevetana civitas propter scandala, guerras et angustias ac mor-
tiferam peslem nimium suis civibus sit vacuala » (1), era stalo-
deliberalo che chiunque venisse ad abitare in Orvieto avesse immu-
nità per 10 anni.
Un altro inconveniente della grande mortalità si fu uno stra-
ordinario numero di pupilli e di pupille, sopra i cui possessi i
tutori o le tulrici potevano commettere abusi o frodi. Perciò il 6
ottobre 1349 furono imposte pene ai tutori che facessero ciò e venne
deliberato che ciascuno di essi dovesse render ragione del suo-
operato a due persone dabbene del rione in cui abitavano. E ciò
almeno una volta Tanno e sempre quando ne fossero richiesti. Fi-
nalmente il 6 decembre vennero eletti due buoni uomini per ogni
rione cittadino, i quali, assieme al giudice del podestà o del ca-
pitano di popolo, rivedessero i conti dei tutori e delle tulrici
Altre disposizioni d'indole economica furono: che i macellai
dessero il peso giusto della 'carne e non vendessero una specie
di carne per un'altra (presa il 21 agosto 1348); che i panettieri
dessero il peso giusto del pane e si eleggessero due buoni uo-
mini per istabilirlo ai panettieri medesimi (presa il 6 novembre
1348) ; che il fiorino valesse 4 lire cortonesi e non più (presa il
3 febbraio 1349); che nessuno potesse vendere il vino ai fore-
stieri (presa il 15 settembre 1349); e che finalmente nessuno si re-
casse a lavorare fuori del contado orvietano.
E furono sagge norme anche queste. La carne ed il pane
sono gli elementi più essenziali per la vita e quindi si doveva
aver cura che i macellai ed i panettieri dessero il peso giusto e
che la carne fosse di buona qualità ed il pane ben colto. Essendo
molto instabile il prezzo del fiorino, poteva venirne esageralo il
valore : occorreva quindi determinarlo precisamente.
(1) Rif. LXVI, e. 48 t.
A PROPOSITO DI UN AUTICOLO DI MASSIMO KOVALEVSKV, ECC. 173
Una delle cure maggiori dei reggitori dei (Comuni era di evi-
tare la carestia ; in quel tempo pertanto, in cui molti campi ri-
manevano incoltivati, era utile impedire che elementi di prima ne-
■cessilà conie il grano (di cui in tutti i tempi mediovali fu proi-
bita od ostacolata ad Orvieto l'esportazione) ed il vino rimanes-
sero in città, e non fossero venduti a forestieri.
In quel frangente, in cui v'era bisogno di braccia per lavo-
rare i campi, è naturale si cercasse impedire che uomini validi
per il lavoro si recassero altrove e che si confiscassero quindi i
loro beni, quando si partissero dalla città e dal contado.
Ma la prova più chiara di sapienza economica fu data dal
Comune orvietano con il determinare il massimo delle mercedi.
Noi crediamo non far cosa disutile riportando qui appresso inte-
gralmente le tariffe delle singole arti, le quali ci suggeriscono le
seguenti considerazioni :
1.° — Abbiamo già detto che il criterio di un quarto di più
•di quanto si soleva far pagare una cosa od un lavoro prima della
peste del '48, è mantenuto in queste tariffe. Vediamo infalli che
ai calzolai per il cuoio e per l'opera loro è imposto di non ri-
chiedere « pretium quarti pluris illius quod accipiebant ante morta-
litatem que fuit anno .M.CCC.XLVllI. ». Cosi i tessitori e le tes-
sitrici di pannilani « accipiant et accipere possint quarlum plus
eo quod accipiebant ante mortalità lem ». Così i fabbri ed i ma-
nescalchi.
1 muratori ed i legnaiuoli potevano esigere la paga di lire 4,80
al giorno. Ora troviamo nel Cibrario (1) che il salario di un le-
gnaiuolo era di lire 3,44 al dì. Elevando al massimo di prezzo la
giornata di tale ar-ligiano sulla base di lire 3,44, abbiamo presso
a poco tre quarti della giornata di un falegname orvietano nel
1350, cioè di lire 4,80. Il che ci conferma nell'idea che le tariffe
stabilite dai consiglieri orvietani in quell'anno fossero ispirate al
criterio di un quarto di più di quello che si pagava prima del '48.
Invece ai giurali di alcune arti, che procacciavano un lauto
guadagno, quali i giudici, i notari^ i macellai, i tavernieri e gli
albergatori, fu ordinalo di rispettare gli statuti delle respettive
(1) Bella Ec. poi. del M. E., Ili, 349.
174 G. PARDI
arti : il che significava, s'io non erro, di non farsi pagare di più
di quello che erano soliti per l' innanzi.
2.° — F'er alcune arti, per le quali era agevole determi-
nare il prezzo massimo di ogni cosa e di ogni lavoro, questo fu
stabilito precisamente. Per altre poi, per le quali non era agevole
far ciò, furono elette due o più persone oneste ed intelligenti di
quella speciale arte, le quali tassassero coscienziosamente i ge-
neri di vendita e le mercedi dei lavori. Sopra di questi inoltre
erano dei tassatori generali, i quali, tenendo per norma la tariffa
stabilita dal Comune o fatta dai tassatori speciali, dovevano di
mese in mese confermare i prezzi o, se occorresse, modificarli,
poiché (come è osservato con pratica saggezza nella deliberazione)
« res cariores et minus care in unius mensis spatio et prò tempore
esse solent ». Eravi finalmente un esecutore con salario conve-
niente e sufficienti famigli per farsi rispettare e far osservare la ta-
riffa determinata dai tassatori generali, punendo i trasgressori
con una pena già fissata o, se non la vi fosse, imponendo egli
stesso a suo arbitrio una multa, che poteva giungere sino a 100
soldi di denari cortonesi (lire it. 43,65).
3.0 — Le disposizioni risguardanti le singole arti e l'enu-
merazione delle varie opere degli artisti danno un' idea della vita
e dei costumi del tempo, degli utensili allora adoperati, delle ve-
sti usate più comunemente.
É interessante a questo proposito la tariffa dei sarti, in cui
son dichiarate le diverse specie di indumenti usuali per uomo e
per donna. Vediamo, ad esempio, come uno degli oggetti più fini
di vestiario femminile fosse il mantello di saia d'Irlanda foderato
di drappo.
Dalla tariffa dei barbieri apprendiamo che essi solevano fare
la barba nella loro bottega o nelle case degli avventori (extra),
prendendo in questo caso il doppio di mercede : vale a dire in
bottega 4 denari cortonesi (lire it. 0,14) e fuori 8 (lire it. 0,29).
Al contrario, prima della pestilenza non potevano chiedere più di
2 denari (lire il. 0,07) (1).
I mugnai continuavano ad avere la stessa mercede, cioè la
(1) Arch. com. d'Orv. Statuti della Colletta, Cod. n. 2 (deiranno 1334), § CXLI
A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DI MASSIMO KOVALEVSKY, ECC. 175
ventesima parie delle biade macinale, come eran solili fare anche
nel 1334 (1).
1 calcinai dovean dare calcina ben colla e con giusla misura
e cambiare quella non colta bene.
E degna di nota, riguardo ai lavoratori di campagna, la di-
stinzione tra i vari lavori che compievano (mietitura, battitura del
grano, ecc.) e la ricompensa più o meno grande secondo la mag-
giore o minor fatica dell'opera loro.
4.0 — Tutte le tariffe stabilite nel 1350 risguardano cose di
prima necessità e di uso comune e non oggetti di lusso o adope-
rali da pochi. Infatti ai reggitori della repubblica stava a cuore
che si avessero relativamente a buon mercato le cose di uso più
comune. Quanto poi agli oggetti di lusso chi volesse procacciar-
seli doveva pagarli quanto piaceva al venditore od alTarlista. Ed
è naturale. Perchè chi voleva acquistare di tali cose superflue era
certamente ricco ed in grado quindi di rimunerare generosamente
l'operaio. Vediamo, ad esempio, che nella tariffa dei lavori da
sarto è dichiarato il prezzo dei soli indumenti semplici; quanto a
vesti più complicate di cucitura o ad abiti di ecclesiastici la mer-
cede è lasciata all'arbitrio dell'artista.
5.0 — I salari dei lavoratori orvietani nel 1350 completano
la lista inserita dal Cibrario nel 3° volume dell'-È'conomia politica
del Medio Evo, dando i prezzi di opere, di cui non si ha ivi al-
cun esempio. Riportandola pertanto qui appresso stimiamo dover
mettere a fronte delle mercedi in denari cortonesi (allora adope-
rati ad Orvieto) il valore correspettivo in lire italiane, accettando
il calcolo fatto dal Cibrario medesimo che ogni denaro cortonese
valesse quanto lire 0,0364 di nostra moneta.
(1) statuti della Colletta, Cod. n. 2, § LXXIII. Quod molendinarii non accipiant
nisi de viginti partibus unam.
A PUOI'OSITO DI IN AirriCOLO DI MASSIMO Ki » VAIJOVSK V, ECC.
177
Ordo artium, artificuui, latioratorum, rerum veodendarum el tiuiusmodi.
Arte dei giudici
■e dei notari.
Tariffa dei ci-
matori di panni.
Tariffa dei cal-
zettai.
Tariffa dei tes-
sitori e degli al-
tri operai dell'ar-
te della lana.
Tariffa dei cal-
zolari.
Tassatori dei
calzolari e dei
loro s?arzoni.
Omnes et siuguli de arte iudicum et no-
tariorum teueautur et debeant observare sta-
tutuui diete artis ad peuam .XXV. libraruni
deiiarloruin, et minus, ut officiali et executori
videbitur, cousiderata qualitate delieti.
Clmatores accipiaut, de cimatura panni fio-
rentini et ultramontani et hniusraodi, pretii
octo libr. [proj '? kanna vel ab inde supra bis
bene cimati .X. den. prò brachio, si semel pan-
nus ipse ciraabitur .VI. den. de aliis autem pan-
nis .VI, den. prò brachio.
Calligarii prò sutura de pari calliyarum
accipiaut duos soldos et sic de capputeo unius
brachii, ab inde supra et infra prò rata, et in-
tellig-atur de capputeo non lavorato nisi sutura
simplici tantum.
Testores artis lane accipiaut de tela
.XXXIII. postarum .IIII. libr, den. . . .
de tela .XXXVI. postarum .V. libr. den. ,
de tela ,XL, postarum .VI. libr. den. . .
de tela .XLV. postarum .VII. libr. den.
de tela .L. postarum .Vili, libr
de sag-is mesculatis et liscis ultra .XLV. postas
.Xll. libr
Laboratoribus aliis ipsius artis lane ponau-
tur taxatores artis.
Calzolari! de calciamentis coiaminis et co-
iamine et de ipsorum laboritio possint accipere
pretium quarti pluris illius quod accipiebant
antemortalitatem que fuitanno .M.CCC.XLVIII.
et non ultra, et sic faciant pueri de laboritio
eoruin, quorum calzolariorum et puerorum
Cola Larii \
Vannutius Ciutii / .
TI ^ o • . } sint taxatores.
Petrus Scei et l
Ciucciarellus Petri Federici ;
Lire Soldi
Denari
corlonesi
12
10
6
6
Lire
italiane
30
24
24
85
34 95
43 68
52 41
61 14
69 90
104*83
12
178
G. PARDI
Tariffa degli
orefici.
Arte dei fabbri
e dei manescal-
chi e loro tassa-
tori.
Aurifices accipiant de laboratura argenti
albi .X. sold. prò lincia, aurati autem siciit
solebant.
Fabri accipiant de cunctis ferris et labori-
tiis qiiartum plus eo qiiod accipiebant ante
mortalitatem et non ultra, et sic faciant mari-
scalei, quorum
Ceccarellus lacobelli Rustici
Mag-ister lannes Petri faber et sinttaxatores.
Tadeus Guidutii )
Arte dei pellic-
ciai e loro tas-
satore.
Pelliparii de sutura ut supra quartum plus
accipere possuut de sutura, quorum Martinus
Vellis sartor sit taxator.
Tariffa dei cu- Sutores de sutura robbe fornite et bene
^'■^o^^- sute, scilicet gonnella cum manicis de avan-
tagio, guarnacbia et mantello .XX. sold. den.
Cucitura di indu-
menti semplici.
de mantello .V. sold
de guarnacbia .VI. sold
de gonnella .VI. sold
de manicis de avantagio .III. sold. . .
de fodero guarnachie .V. sold
de farsitio schiecto vel mediato ad .XXIIII,"
rigas .XXVII. sold.
de indumentis et pannis mulierum a .XII. au-
nis supra medietas plus.
de pueris .XII. aunorum masculis et fernmiuis
et ab inde infra tertium miuus.
de mantello mulierum sarge Jrlande foderato
drappo .XX. sold
de mantello lane panni alterius .XII. sold.
de guarnello hominis .VI. sold
Cucitura di ve- hec vero locum habeant de indumentis mediatis
sti non semplici ^gj simplicibus et non in aliis, nec in indumen-
o per Ecclesia- ^ '
Etici. tis ecclesiasticarum personarum, de quibus
accipiant sicut est convenieus et labor exposcit.
Lire Soldi
Denari
cortonesi
10 —
20 —
5' —
6 -
6 —
3 —
5; —
27
Lire
italiane
20
12
6
4l 36-
73
18
61
61
30
18
77
7a
22
61
A PROPOSITO DI IX ARTICOLO DI MASSIMO KOVALEVSKY, ECC.
179
Arti dei macel-
lai, procaccianti,
tavernieri, ecc.
Macellari i
Procacciantes
Taberuarii
Pizicaioli
Salai oli
Fuuarii
Albergatores
Camagn aioli
Maciuarii
Tariffa dei mu- Muratores mag-istri et
ratori e dei le- .
gnaiuoli. Magistri liguaramis
et quilibet eonim servare de-
beut statiita, leges et ordiua-
menta artium et civitatis Ur-
bisveteris.
de ipsonim mag-isterio
accipiant prò die .XI.
sold. prò quolibet, et
non ultra. Manuales
antera .VII. sold.
Tariffa dei mu- Molendinarii prò molitura biadi accipiant
r gnai- (jg .XX. partibns imam, et non ultra.
Tariffa dei bar-
bieri.
Tariffa dei cal-
cinari.
Tariffa dei va-
sai e loro tas-
tatore.
Tariffa dei te-
gol ai.
Barberi! prò barba in apotheca .IIII. den.
extra .VIII. den. de coppa et heobottomia
.VIII. den. prò quolibet, extra duplum. . .
Calcinarii deut calcinam bene cottam ad
mensuram Comunis iustam et formatam prò
.X. sold. raserinm, et calcinam non bene cot-
tam carabire debeant.
Vascellarii de vasis, videlicet panata pititti
.X. den. accipiant, de panatella media pititti
.VI. den
de vascello pititti .XII. den.
de urceo .Villi, pitittorum .III
de ciotola pietà .IIII. den. .
de ciotola alba .III. den. . .
quorum Xerutius dni Vannis sit taxator
Tebularii accipiant de tebulis bene cottis
ad mensuram Comunis factis de centinario .L.
sold.
de centenario planellarum .X. sold
de centinario mactonum .XX. sold
sold
Lire Soldi
Denari
cortonesi
Lire
italiane
11 —
3 U.i
10
4 3G
10
12
4
I
3
50 —
21
4
8
180
G. PARDI
TarifTa dei vet-
turali.
Tariffa dei la-
voratori campa-
ij'nuoli: mietitori,
battitori di gra-
no, ecc.
Pene per chi
vada a lavorare
fuori del contado
orvietano.
Pene per chi
vada ad abitare
fuori della città
e del contado or-
vietano.
Victurales accipiaut de victuris et carregio
prope civitatem, per duo miliaria de quolibet
miliare dtios sold. ab inde supra .XVIII. den.
prò miliare.
Laboratores extivo tempore ed metendum
et vacteudum ad plus prò die acci pere possint
prò quolibet .X. sold
et expensas, in aliis laboritiis .Vili. sold. cum
uno medio pititto aquatitii tantum, et hoc a
kalendis aprilis usque ad kalendas novembris.
AUis vero temporibus .VI. sold. tantum cum
aquatitio, et siquis eorumdem laboratorum ali-
quo quesito colore plus acciperet vel peteret
aut accipi vel peti faceret, solvat nomine pene
qualibet vice .C. sold. den. et quilibet possit
accusare et denumptiare delinquentem et ha-
beat medietatem pene et teneatur sibi creden-
tia. Et siquis laborator extra civitatem et co-
mitatum Urbisveteris causa Iaborandi accede-
rei, solvat lìomine pene prò qualibet vice .X.
libr. den. et si moraretur dieta de causa ultra
octo dies, ex tunc de octo in octo penam .X.
libr. solvere teneatur, ita quod ultra primam
vicem tot sint pene .X. libr. quot erunt sum-
me .Vili, dierum. Siquis autem vellet ire ad
laborandum extra coinitatum Urbisveteris, ha-
bita licentia dnorum Priorum populi, iuxta
ipsam licentiam ire possit et stare libere sine
pena. Qui vero causa habitandi ob dictam cau-
sam se abseutaret a civitate et comitatu et ac-
cederei alio, inde ad .XV. dies reddire debeat,
aliter dicto elapso termino, ex tunc prout ex
nunc et ex nunc prout ex tunc, idem talis sit
ipso facto de civitate et comitatu Urbisveteris
exbanuitus et condempnatus iu centum libr.
den. et omnia bona sua sint applicata et con-
fiscata Comuni Urbisveteris. Et quilibet in quo-
libet dictorum casuum accusare et denumptiare
possit et teneatur sibi credentia et habeat me-
dietatem pene, que possit et debeat auferri de
facto et summarie sine strepi cu et figura iudicii
et absque prolatione sententie.
Lire Soldi
Denari
cortonesi
10
18
100
100
Lire
italiane
85
61
4
36
3
50
'
61
43
65
87
36
87
873
A PROPOSITO DI IN ARTICOLO DI MASSIMO KOVALKVSKY, ECC.
181
Tariffa dei for-
nari.
Tariffa dei tes-
sitori di panni.
Furuaiii suis liguis et sino foniatico et ab-
sque noccialis de raserio pauis bene cotti ac-
cipiaut ad plus .V. sold. deu
Textores et textrices pannorum liui, teva-
gliarum et huiusmodi de ipsorum laboritio ac-
cipiaut et acci pere possint qiiartum plus eo
quod accipiebant ante mortalitatem et uou ul-
tra, et siquis predictorum extra coniitatum et
civitatein accederei, iu illam peuam cadat si-
cut supra coutiuetiir de laboratoribus, et sinii-
lis modus erg-a deliuqueutem servetur et ser-
vari debeat
Tariffa delle Alumpue, bavle et iiutrices in civitate mo-
balie e nutrici, rantes suis expeusis in anno ad plus accipiant
.XVI. libr. den. Ille de comitatu libr .XIIII.
den. de bavlatico
Tariffa delle
Tariffa dei ser-
vitori.
Famule et servitrices suis calciamentis et
indumentis accipiant expeusis dui .XV. libr. in
anno. Ille autem que haberent expensas, indù-
menta et calciamenta cong-rua habeant quinque
libras et uou ultra
Famuli et servitores extra civitatem labo-
rantes cum expeusis dui habeant et accipiant
in anno .XXX. libr. den. et non ultra. Et si
haberent expensas et indumenta et calciamenta
solita et decentia, prò suo salario habeant in
anno florenos quatuor. Et si non haberent a
duo expensas, uec iudumeuta, nec calciamenta
et morareutur omnibus suis expeusis, habeant
quinquag-inta libr. den. prò quolibet ....
Lavoratrici e Laboratrices et curatores accipiant de ip-
curaton. sorxim labore quartum plus eo quod accipie-
bant ante mortalitatem.
Lire Soldi 1
Denari
cortonesi |
16
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G. PARDI
Tassatori di
varie cose ven-
dibili.
Tassatori gè
nerali.
Ufficiale ese-
cutore.
Quo vendautur prò duobus den. unum . .
\ siut supersti-
Cecchiuus Nutii Macthey Sal-
vatici
Bartucciolus Vanuis Davini
Guicciarellus Petri Federici
Lutius Bartolomutil
tes et taxato-
res super 11-
guis, paleis,
caseo, pullis,
anseribus, er-
ba et huius-
/ modi.
- Ceccarellus dui Niui
Contutius Yanuis Audrie
Paulutus lacobelli Magalocti
Uffolinus Nalli Cini
generales ta-
xatores super
omnibus et
sing'ulis arti-
bus et artifici-
bus et omni-
bus aliis, quo-
1 rum taxatloni
/ cum cousensu
dnorum Priorum popull stari et pareri debet,
et devlse In mensem taxationem per Ipsos
fieudam roborare nel reuovare debent, quia res
cariores et minus care In unius mensis spatio
et prò tempore esse solent, quorum taxatorum
officlum durare debet .VI. mejislbus et non
ultra.
Et super predictis et quolibet predictorum
slt et esse debeat unus officialis et executor
cum Ilio officio et salario et familia sicut per
Consilium fuerlt stabllitum. Qui officialis iuxta
elus discretionem, In omni casu in quo non
esset pena imposita, posset penam impouere
et auferre usque ceutum sold. den. prout ipsi
vldebitur et placebit, et tam In predictis quam
in aliis penam et penas de facto exig-ere et au-
ferre summarie, slue strepltu et fig-ura iudicil
et ab.-que prolatione sententie.
Orvieto, decembre 1895.
Lire Soldi
Denari
cortonesi
Lire
italiane
G. Pardi.
IHli
ANALECTA UMBRA
A prova della diffusione e della popolarità nelT Umbria dei uomi
dell'antica epopea, furono raccolti alcuni di questi nel fase. II, a. I del
presente Bollettino, \)cig. 4o2. Ag'giunoiamo, dedottili dal catalog-o dei
condannati eugubini dal 1240 al 44, che conservasi nell'Archivio storico
di Gubbio, questi altri : Jaunuarius Sibiline (fol. 1), Blancus Marsiliae
(fol. 3), Alisaute e Pag'anellus (ivi), Pag'anellus Bene e Pag-anellus Boni
(ivi), Juntolus Pag'anelli, Fraucus Gratiae, Januarius Viviani (ivi), Agura
OQannae (fol. 5 e seg.), Flore Paganelli (fol. 6), uxor Petri de Franco
(fol. 7), Jacobus Viviani, Vivianus Ade (ivi), Johannes Sibiliae (fol. 8),
Francolus Jaunis (fol. 9), Marsilia uxor domini Uguicionis (fol. 10), An-
drae Oliverii (13\
Com' abbiam fatto pel soggetto precedente, apriamo una rubrica per
la raccolta dei Fonti di Storia Umbra nelle biblioteche straniere. A Dresda
(cfr. Katalog der Handschriften der Kiinigl. óffentlichen Bibliotek zu Dre-
sden di Franz Schnorr von Carolsfed ; Leipzig, Teubner) trovansi, rela-
tivi alla storia nostra, i ms. seguenti :
Cod. F. 185. Coustitutiones domus Sapientiae Perusinae. Documenti
del secolo XIV ; copie del secolo XVI, in 4" di ff. 67.
Cod. F. 191. Iter Penisinuni, an. 1643 [di L. Holsteuio?], secolo XVII,
in 8^ di ff. 18.
Cod. F. 70. « Severii Minervii de gestis Spoletinoruin » : precede
l'epigramma di Niccolò Scevola (fol. 2-38). — ' « Hic est liber in se con-
tlnens omues labores, omnia onera et quae ego Thomas Martauus miles
imperialis de Spoleto passus sum toto tempore vitae meae », 1429-1440
{fol. 40-51). — « Vitae sanctorum qui apud Spoletum claruerunt », di
Giov. Battista Bracceschi dell' ord. di s. Domenico (fol. 51-77). — « Vi-
tae sauctorum Concordi! et Seutiae quae reperiuntur in quodam libello
ms., in pagina pergamena apud mouiales ss. Triuitatis civitatis Spole-
tinae » (fol. 78-80). — Vita Poutiani extracta ex libro pergara. vetustiss.
1S4: ANA1.ECTA UMBRA
ms. etiam cum figuris passiouis elicti saucti » (fol. 81-83). — [Simonis
de Raiuis parmeusis'?] vitae potestatum Spoleti, 1274-1278 (fol. 84-87).
— Cronaca Spoletina, 1305-1424. De uobilibus de Spoleto, 1378-1419 e
1347-1417 (fol. 88-135), Secolo XVII, di ff. 135. Fu comprato a Roma nel
1739.
E testé uscito un bel volume di documenti su la Signoria di Fran-
cesco Sforza nella Marca (Recanati, Simboli) raccolti nell' archivio di Re-
canati da Michele Rosi : sta in bella compag'uia con le altre memorie
pubblicate su codesto argomento dal prof. Gianandrea, dal Valeri e dal
Benadduci. Tra gli uomini d' arme vi è ricordato Antonello da Narni ;
tra gli uffiziali pubblici, Angelo da Perugia, Giovanni da Terni, Lotto
de' Sardi vescovo di Spoleto e commissario pontificio, ser Antonio da Spo-
leto e un Tommaso (da Rieti?) commisi^ario dello Sforza; trai presentati
ma non eletti alla Potesteria di Recanati, Angelo delli Jocusi da Terni,.
Antonio de Crisolinis di Amelia, un ignoto da Narni, Pieramico di Ar-
cangelo pitr d'Amelia, e ser Beninteso di Giacomo da Foligno.
Tra le spigolature di erudizione e di critica del prof. Francesco Fla-
mini (Pisa, Mariotti, 1895 ; edizione di 70 esemplari), un articolo è re-
lativo a Giovannautonio Campano, di cui il prof. Lesca die un saggio
biografico e critico (Pontedera, Ristori, 1892). Il Campano fu dal 1472
al 74 governatore per la Chiesa a Todi, a Foligno, ad Assisi e a Città
di Castello : dal 52 al 59 era vissuto a Perugia dove nel 55 ottenne la
cattedra di eloquenza. Il Flamini ne dà una succosa biografia. E a pag. 64
e seguenti descrive il ms. XIII, C, 32 della Nazionale di Napoli, che
contiene 1' Altro Marte di Lorenzo Spirito, non trascurando di menzio-
nare l'altro cod. eh' è nella Bodleiana di Oxford, ital. 41.
Dalla collezione di monete urbiche, posseduta dal prof. Bellucci, la.
sig.^ Ada sua figlia ha dedotto brevi ma sicure Notizie sulla zecca di
Gubbio (Perugia, Boncompagni), ch'ebbe vita dal tempo della signoria
di Guidautouio da Montefeltro sino al 1799. Di coloro che principalmente
illustrarono le monete eugubine, 1' autrice ricorda lo Zanetti, il Saverio-
e il Cinagii. E Rinaldo Reposati'?: e pure è autore notissimo Della zec-
ca di Gubbio in due grossi volumi (Bologna, Lelio dalla Volpe, 1772-73,
di pp. 448 e 499). I documenti che riguardano Paolo Emilio, Giuseppe,
Antonio e Giovanfrancesco Galeotti, zecchieri durante i pontificati da
Innocenzo X a Benedetto XIII, sono posseduti dal prof. G. Mazzatinti
che li acquistò da un rivenditore di carte da macero e sui quali può ri-
tessersi con pienezza la storia della zecca eugubina in quel periodo. Le
ANALECTA UMBRA 185
monete studiate in quest'opuscolo dalla sig-.* Bellucci, l'iirono inviate^ alla
recente Esposizione di Città di Castello, della quale In pubblicato (C. di
C, Lapi), per ciò che rig-uarda l'arte antica, il Catalogo per cura, cre-
diamo, del cav. Mag'herini Oraziani. Giacché finora in questo Bollettino
non se u'è fatta parola, crediamo opportuno di additare (jnalcuno dei
molti ogg'etti d'arte umbra, decoro di quella Mostra stiuisita. K, innanzi
tutto, la tavola, rappresentativi la vergine seduta in trono col bam-
bino, ed ai lati s. Caterina e s. Pietro Martire: in alto, sopra le due
colonne del trono, due angeli veduti in iscorcio. Nel Catalogo (juest' o-
pera bellissima è attribuita a Giovanni Santi : invece, è di Andrea .Man-
tegna. I tre possessori d'allora (adesso è stata venduta) l'acquistarono
in Urbino, dov'era collocata su l'altare della cappella del Palazzo du-
cale e poi, da qui remossa, era stata nascosta in un soffitto del Palazzo
stesso. Tale provenienza, la figura di s. Caterina che può giiulicarsi un
ritratto, se non d'una duchessa, d'una gentildonna della corte, le ini-
ziali A. M. (fu detto che indicavano Ave Maria anziché il nome del
pittore), la tecnica del quadro e tante altre circostanze importanti per
la sua storia esterna, non furono tenute in nessun conto dai possessori
inesperti e troppo creduli ai g-iudizi di piìi inesperti nella pittura, sì che
da essi fu recentemente venduta per un mitissimo prezzo. Chi l'acquistò
l'ha già rivenduta come una delle cospicue opere di Andrea Mantegna,
Ojtre a questa, notiamo: parecchie tavole d' ig'noti scolari del Perugino
e di seguaci della maniera di Ottaviano di Martino e della scuola um-
bra; il gonfalone di Benedetto Bonfigli in s. Francesco di Montone; pit-
ture di Francesco da Castello, di Sante di Tito e di Bernardino di Ma-
riotto; intagli in leg-no del Maffei da Gubbio; maioliche eugubine del
secolo XVI; un piatto e una tazza a riverbero di maestro Giorg-io; si-
g'illi medioevali di Castello e di Montone; bronzi umbri; il celebre pi-
viale della Cattedrale di Gubbio; i mig-liori paramenti sacri, og-g-etti ar-
tistici e documenti onde son ricchi il tesoro e l'archivio della Cattedrale
Castellana.
Nel numero 40 della Cronique des arts P. Durrieu ha stampato un
articolo dal titolo Le jyrimitif italien du Musée de Lisieux. Trattasi d'una
pittura che proviene da Perug-ia, ed ora è nel Museo di Lisieux in Nor-
mandia. Rappresenta la Verg-ine col bambino ed é firmata da « Mastro
Antonio de Calvis » .
Il Supplemento XIV alla ZeitscJirift fftr romaniftche philologie di Gu-
stavo Gruber contiene la bibliografia delle pubblicazioni del 1889 (Halle,
186 ANALECTA UMBRA
Niemeyer, 1894) clie può consultarsi cou frutto per la storia letteraria
<iella nostra regùoue.
Due belle raccolte di Canti popolari romagnoli e marchigiani rac-
colti a Fossombrone (Forlì, Bordaudiui, 1894: Pesaro, Nobili, 1895) sou
veuute ad arricchire la letteratura folkloristica mercè g-Ii studi e le cure
dei professori B. Perg-oli e D. Rondiui. Ai nostri studiosi giovi qui darne
l'annunzio per ciò che moltissimi canti di quelle due regioni son comuni
alla nostra: naturalmente g"li accurati annotatori hanno sempre avvertita
quella comunanza, ed è talvolta identità, di sentimento e di forma.
Nelle Cronache forlivesi di Andrea Bernardi, il più vero e mag-
gior cronista di Romagna, delle quali il volume I è stato ora pubblicato
su l'autografo da G. Mazzatiuti, auspice la R. Deputazione di Storia
Patria per le provincie romagnole, due capitoli trattano di storia nostra:
« La Cita de Castello tolta da M. Nicolò dai Vitello », e « La Cita di
Peruxa tolta alii Ode per li Baiune » . Non particolarità nuove : ma
semplice ed utile conferma di quanto su quei due avvenimenti ci era
noto. Il Cronista ha narrati con larghezza i due fatti, secondo che g-liene
giunse « per el devolghe » il racconto : e questa, in generale, è la fonte
delle sue cronache, le quali vanno dal 1476 al 1517.
Nel Catalogo della B. Pinacoteca di Milano [Palazzo Brera] (Milano,
Civelli) sono notate varie opere umbre. Due tavole di scuola umbra
(pag. 29) e un' altra della scuola del Perugino (pag. 30) appartennero
alla galleria Oggiani (Sala F). Una tavola di Nicolò di Liberatore (Sala II,
num. 180) è firmata ed ha l'anno 1465: proviene dalla chiesa dei Con-
ventuali di Cagli. Costituiva la parte centrale di un'ancona di quattor-
dici tavole, undici delle quali esistono nella stessa Pinacoteca sotto i
numeri 160, 161, 163, 165, 165 A-C, 180, 183,' 200, 276 e 278. Due scom-
parti, rappresentativi S. Michele e S. Gerunzio, furono ceduti per cam-
bio dall'Accademia a Filippo Benucci : un altro, in cui è raffigurato
S. Sebastiano, è nella galleria Oggioui, num. 602. Il Frenfanelli Cibo,
Nicolò Alunno (Roma, Barbèra, 1872, pag. 117), descrive questa tavola,
accennando soltanto a tre di quelli scompartimenti.
Nella 5* edizione del Katalog der gem.dldesammlung der Kgl. àlteren
Pinakotek in Miinchen sono descritti sotto i numeri 1034, 1035. 1036
tre belli dipinti di Pietro Perugino (Sala Vili, numeri 561, 550, 590).
Ne discorsero anche il Crowe e Cavalcasene, Geschichte, ecc., IV, 267
e 592.
ANALECTA UMBRA 187
Del nostro Presidente onorario i)rof. Ari<)(liiiit(! Fahrctli, il « ben vis-
suto sag'g'io », come lochiamo un suo coll('<;vi, ha tessuto una dilij^cntis-
sima biografia il prof. P>nianno Ferrerò e l'ha inserita nell' ^l/j////a/-/o
della R. Università di Torino (a. 1894-95). Delle sue opere è qui data
la bibliografia, dalle vite dei Capitani di ventura, pubblicate dal '42 al
'46, ai documenti per la storia di Perugia, de' quali gli ultimi videro
la luce nel '92.
Come fu annunziato nel precedente numero di (juesto Bollettino,
nella Miscellanea storica della Valdelsa (a. ITI, num. 2) è stato pubbli-
cato dal sig-uor U. Xomi-Veuerosi-Pesciolini 1' accurato studio sul (juadro
di Bernardino Betti (il Pinturicchio) esistente nella Pinacoteca Comunale
di San Gimig-nano. Fu fatto eseguire dai monaci di Monteoliveto : rap-
presenta la Vergine assunta, adorata da un papa (S. Greg-orio) e da un
santo abate (Bernardo da Chiaravalle). Il documento dell'allog-azione del
dipinto è qui prodotto, ed esiste nell'Archivio di Stato in Firenze: se
ne deduce che 1' opera era finita il 9 febbraio del 1512. Illustra il bel-
l'articolo la riproduzione fototipica del meraviglioso dipinto.
Angelo Lupattelli ha dato alle stampe oltre alla storia della jntt ara
in Perugia e delle arti ad essa affini dal risorgimento sino ai nostri
giorni (Foligno, Campitelli, 1895), come era stato annunziato nel nostro
Bollettino, I, 179, anche la Petit-Guide de Pérouse (Paris, Pedone Libraire
edit. 13, rue SoufRet, 1895); e l'Accademia delle Belle arti di Perugia
il discorso del colonnello Claudio Cherubini per la premiazione ed espo-
sizione dell'anno scolastico 1894-95 (Perugia, Santucci, 1895).
L'annuario dell'Accademia di Spoleto per il 1894 (Spoleto, Bassoni,
1895) reca una Nota sullo statuto inedito di Collestatte e Torreorsina. Fu-
rono due comunità delle diocesi di Spoleto rette con giurisdizione feudale
tino alla restaurazione del Governo pontificio dopo l'epoca napoleonica.
Il conte Paolano Manassei, autore della Nota, ricorda il privilegio di Be-
nedetto III del maggio 856, la costituzione del 1218 di Onorio III e gli
atti di Innocenzo IV, la soggezione agli Orsini e ai Manassei, i quali
ultimi tennero la giurisdizione feudale di Collestatte infino al 1799.
L'egregio conte Manassei si domanda: Quale ordinamento ebbero gli
istituti feudali nello Stato Ecclesiastico? A risolver questo e molti altri
quesiti che egli pone innanzi, osserva giustamente che « molto ha gio-
vato o gioverà l'esame e lo studio degli statuti che si conservano delle
Università feudali, statuti in cui la storia e la vita di esse si rispecchia ».
E così cerca di dare un' idea dello statuto di Collestatte e Torreorsina,
188 ANALECTA UMBRA
redatto uel 1663 (epoca, veramente, insufificieute a dare un lume) e dì-
viso nei soliti cinque libri.
Annunziamo con vivo piacere la pubblicazione deW Annuario della
Accademia Spoletina degli Othisi 1893-94 (Spoleto, tip. Bassoni, 1895)
che contiene: Avvertimento — CampeUo, Notizie storiche dell'Acca-
demia — Anfjelini C, Commemorazione Fontana e Sansi — Arcan-
geli D., Per una g-nida di Spoleto — Angelini G. F., L' ag-ricoltura a
Spoleto — Piergili G., Linfa fluente — Pomjnlj G., Pochi pensieri di
scienza medica — Caetani-Andreani M., A. Monteluco — Gori F., Pro-
posta di compilare una guida di Spoleto — Pizotta F., La letteratura
classica agraria — Campello., Tornata del 25 ag-osto 1894; relazione —
Campello, Commemorazione del canonico Bonaccia — Angelini G. F.f
Le attuali condizioni della musica italiana — Caetani-Andreani il/., In
morte di T. Gnoli Gualandi — Angelini C, Di un aifresco di Giovann
Spagna — Pomjnlj G., Il parroco Kueipp — Gherghi B., Cenni biblio
grafici e bibliologici delle opere di tre autori spol etini — JSIavai-sei P.
Nota sullo Statuto inedito di Collestatte e Torreorsina — Commemorazioni
dei soci De Eossi, Fabretti, Carini e Cantù — Avvertenza — Appendice
— Elenco dei soci — Magistratura novemvirale. Come Appendice al-
l' annuario 1893-94 sono pubblicati g"li atti della tornata 6 ottobre 1895,
dove dopo le parole del presidente Paolo Campello della Spina si dà il
discorso del socio sen. Gaspare Finali intitolato: Umbria nella Divina
Commedia.
Il nostro egreg-io socio Giuseppe Terrenzi nei suoi ajypiinti e note
storiche parla del Comune di Xarni durante il secolo XIII^ in un libretto
di pag'ine 77-XXII (Terni, Alterocca, 1895), prendendo le mosse dalla
sog-gezione in cui passò il Comune dall'Impero alla Chiesa, soggezione
che si riduceva al pagamento di sussidi, alla confeima degli statuti e
all' arbitrato da accettare dalla S. Sede. Narra gli avvenimenti di quel
secolo, le tendenze alle eresie patarine, lo spirito di rappresag-lia, l'in-
fluenza di S. Francesco, l'azione di Innocenzo III, di Onorio III, di Gre-
gorio IX, di Innocenzo IV, di Alessandro IV, l' alleanza di Narni con
Spoleto e Todi (1259), la costituzione interna del Comune, per la quale
si mantenne gagliardo nelle sue libertà, entrando a far parte di quella
lega umbra con Perugia, Todi, Spoleto e Assisi che Bonifacio Vili di-
sciolse, chiamandola cosa nefanda. La narrazione benissimo condotta
sulla storia generale, e scritta con cuore caldo, termina con un manipolo
di documenti, dodici in tutti, che si completano con la pubblicazione
del Pardi fatta nel l volume del nostro Bollettino: Due paci fra Tern^
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AXALECTA UMI5UA 189
■e Xarni, ecc., dove si produssero i documenti l-27)S decembre 1, dati
neirVIII e IX dal Terreuzi nucora.
Negli Atti della TI. Accademia delle Scienze di Torino, voi. X.XIX,
si contiene una nota del prof. Federico Paletta : Apjninfi da un viano-
scritto della Capitolare di Perugia, che contiene i franiinenti del vangelo
di S. Luca editi nel secolo scorso dal Bianchini (Evangeliarum tjuadru-
2)lej\ parte 2*, voi. 2", p. D e XI e seguenti) e da lui giudicati del prin-
cipio del secolo VI e di cui vedi Blume, Iter dal., 10, 249, Bellucci in
Mazzatinti, Inventario dei manoscritti delle Biblioteche d' Italia, Bettmanu,
Archivio di Pertz, XII, óló. L'egregio professore esamina con buona cri-
tica il manoscritto, esclude che vi sieno traccie di lettere in oro, uè pur-
puree, specialmente per avere osservato in un manoscritto di numero 29
del secolo XI nella parte interna di una delle assicelle della legatura
« traccie evidenti di un foglio e mezzo di pergamena bianchissima, scritta
a due colonne per pagina in antica e bella onciale. Le membrane forte-
mente incollate al legno furono malamente strappate, di modo che ri-
masero aderenti alla fodera brani di pergamena e l' inchiostro delle let-
tere, che ora appaiono naturalmente voltate in senso contrario ». Egli
colTassistenza del reverendissimo Romitelli vi ravvisò frammenti del van-
gelo di S. Giovanni appartenenti senza alcun dubbio allo stesso evange-
liario, di cui facevano parte i frammenti pubblicati dal Bianchini. Al-
l'altra assicella della legatura dello stesso manoscritto numero 2) era in-
collata una carta originale disgraziatamente mancante a sinistra, che
riproduce, emeudaudo il Bethniauu che l'ascrive al secolo IX, mentre
deve ritenersi del principio dell' XI.
In nn opuscolo intitolato Vita di S. Eraclio martire e descrizione
della sua chiesa nel castello di questo nome (Foligno, Artigian. di S. Carlo,
1895), monsignor Faloci Pulignani ristampa quanto di S. Eraclio, di
S. Giusto e di S. Mauro scrisse il Jacobilli nel 1G28 a pagine 131 134
delle vite dei santi e beati di Foligno con varie annotazioni e giunte.
Racconta poi brevemente le notizie della chiesa del secolo XI e delle sue
pitture del secolo XV fino a questi ultimi anni, in cui ridotta a teatro
ed altri usi, nel '95 fu ristabilita al culto, dopo lunghe contese, e col
concorso del Governo restaurata. Si danno in JBue vari cenni sopra al-
cuni che sortirono i natali in Sant' Eraclio.
Fra le recensioni del libro del prof. Turbini Giulio su la patria di
Properzio, aggiungiamo quelle accolte nei seguenti periodici : La lette-
ratura, IV, 19 (recensione favorevole di C. Antona Traversi) ; Revue
190 ANALECTA UMBRA
critique iV liistoire et de litterature, numero 46 (recensione favorevole di
Felice Ramorino) ; il Bibliofilo, X, 9-10 (favorevole) ; Berliner Philolo-
gische Worchenschift, X, 22, (ì9(S-700. Ivi il signor Ugo Magnas dice
che il libro « prova una scienza profonda ed un'ampia conoscenza della
letteratura speciale dell'argomento, da raccomandarsi anche in Germania
a tutti coloro che vogliono approfondire la questione ».
Pubblicazioni nuziali. — Il dotfc. Ugo Patrizi ha stampato per le
nozze Paci-Tommasi (Città di Castello, Lapi) due sonetti di Nerio Mo-
scoli, di cui e d'altri poeti umbri darà presto la vita e le rime il pro-
fessore Pietro Tommasini. I due sonetti com. : « Lor eh' io porsi la mano
en ver le rose » e « Do lo robaste, di, donna leg-giadra ». Il Mescoli, è
detto nella lettera dedicatoria, è di Castello e « vissuto tra lo scorcio del
1200 e 1 primi del 300 » : egli « conferma la tradizione che die' agli
umbri un alto posto nella vita del pensiero e nella forza dell' immagi-
nazione e del sentimento ». — Il prof. G. Donati ha tratto dal ms. H^
fi! della Comunale di Perugia un sonetto ( « Qual donna si puoy dar quel
vero vanto ») di Lorenzo Spirito e 1' ha pubblicato per le nozze Cone-
stabile Della Staffa-Moceuigo Soranzo (Perugia, Boncompagni), riprodu-
cendo con istrettissimo, e forse soverchio, rigore diplomatico la lezione
del codice. — Lo stesso prof, ha dato in luce per altre nozze illustri
(Pavxlucci de' Calboli-Lazari) il sonetto del Petrarca « Benedetto sia '1
giorno, ecc. » qual' è nel ms. C. 43 della biblioteca perugina. — Per
nozze Meniconi Bracceschi-Taticchi il conte Alessandro Ansidei ha ripub-
blicata (Perugia, Boncompagni) l'ode « Dolce mi suona ancora » d'Ip-
polito Pindemonte (edita già a Perugia nel 1780 per nozze Meniconi-
Oddi), che fu amico ed estimatore di Reginaldo Ansidei. — Su II ca-
stello dì SanV Elena ha raccolte notizie sconosciute il medesimo Conte e
le ha dedicate al prof. V. Sereni nel dì delle nozze di sua figlia Giuditta
con Francesco Bologna (Perugia, Santucci). Di questo, come dei tanti
altri castelli del territorio perugino, Giuseppe Belforti cercò e mise as-
sieme le memorie storiche, le quali Annibale Mariotti ampliò ed illustrò
di note eruditissime. Il conte Ansidei ha ritessuta la storia del castello
antico, di cui rimangono ancora gli avanzi severi e le mura, su quelle
memorie e su altre che dedusse dai privati archivi delle famiglie Ugo-
lini e Sansoni.
Nel Separatabdruct aics « Zeitsclirift fUr handelsrech » (Band. XLI)
trovasi una recensione del Goldschmidt ad una lettera del perugino Bal-
do degli Ubaldi pubblicata dal dott. Federico Patetta. Questa lettera di
Baldo (1327? — 1400), il quale fu una delle più salde colonne della giù-
ANALECTA l MllKA 191
risprudeuza medievale dopo la morte del suo grande iiiacstro Bartolo,
riguarda negozi cambiari, ed è perciò iuteressautissima ])ercliè non si
aveva fiu qui alcuna notizia che Baldo avesse egli stesso preso jìarte ad
affari commerciali e di cambio. La lettera edita dal Patetta trovasi nella
Vallicelliana di Roma (IIs. I). 24) ed il Goidsclunidt opina giustamente
appartenga agli ultimi anni della vita di Baldo, l'orse nel 1399, in cui
fu chiamato da Pavia, dove era insegnante, a Piacenza, al qual fatto
sembra riferirsi un passo della lettera medesima.
F. Meili nel suo scritto intitolato Die theoretischen Abhandlungen
von Bartolus iind Baldus uber </a.s' internationale Privat-iind Strafrccht
rusammengestellt (Leipzig, Duncker u. Ilumblot 1894, p. 64, in 8 — Ver-
mehrter Sondetabdruck aus der Zeitsch. filr internationale Privat u.
Strafrecht IV) trascrive le trattazioni di Bartolo e di Baldo relative al
diritto privato internazionale e con ampia dottrina le illustra, provando
che con Bartolo si inaugura un'epoca nuova per il diritto privato e pe-
nale internazionale e Baldo partecipa con lui all'onore del principato di
questa scienza.
Un bel discorso è quello che il Pardi ha pronunziato nella solennità
della distribuzione dei premi delle scuole Liceali, Ginnasiali, Tecniche
e Elementari di Orvieto il 20 novembre del 1895. Egli ha parlato della
storia e della sua importanza nell'insegnamento con parola elevata e
brillante. « Xella storia all' indagine paziente e minuziosa dei fatti si ac-
coppiano stiipendameute l'impeto della eloquenza, l'ardore ed i colori
smaglianti della poesia, la profondità di considerazioni della filosofia ».
E qui dà a grandi linee i sommi insegnamenti che si ritraggono dalla
suprema maestra della vita, abbracciando a larghi tratti la storia delle
popolazioni asiatiche, dove fu la culla della civiltà, la storia del popolo
romano, dalla unità del cui impero si dilatarono rapidamente dovunque
e senza ostacoli le belle massime del cristianesimo, la storia d'Italia, che
« sede una volta di un potentissimo impero, fiorente d' agricoltura anche
dove regna or la malaria, ricca di commerci «e d'industrie, invasa poscia
da stranieri di og-ui specie — gli uni meno barbari degli altri, ma cru-
deli i secondi più dei primi — divisa, sminuzzata, lacerata, vide a
poco a poco crescere con tanti e sicuri progressi da umili principi quella
cavalleresca casa di Savoia che doveva finalmente coronare il sogno dei
patrioti e dei martiri, l'indipendenza e l'unità della patria ». Il di-
scorso splendido offerto a S. M. la Reg-ina Margherita, ha incontrato dal-
l'Augusta Donna, che personifica la bontà e la cultura italiana, il più
sincero gradimento, e il giovane autore ha ricevuto dall'alta Signora i
192 ANALECTA UMBRA
più lusiughieri rallegramenti, felicitandosi coli' eg-regio professore, che
dalla cattedra eleva i giovani ai più nobili ideali del bello e della patria.
Il discorso è stato elegantemente stampato dalla Tipografia Boncompagni
di Perugia.
Il nostro socio prof. Carmelo Cali in xin opuscolo intitolato: « Pacifico
Massimi e l' Hecatelegium » discorre della lunga e agitata vita del poeta
Ascolano, dà la bibliografia delle opere di lui che « fu il creatore dì
quel genere di poesia a doppio senso che ha nome da Francesco Berni,
precorse in un certo qual modo Pietro Aretino e fu in polemica con An-
giolo Poliziano », rammenta l'opinione che di questo umanista ebbero i
contemporanei ed i posteri e conclude con l'affermare che il Massimi ha
lasciato nell'arte tracce indelebili. — L'opuscolo pregevole per la pro-
fonda ed estesa cultura, della quale il prof. Cali vi dà saggio, ha per
noi uno speciale interesse, poiché il Massimi visse in Perugia dal 1459
fino al 1467 per lo meno, fu protetto dai Baglioni e particolarmente da
Braccio II e ricordò in molte sue poesie uomini e cose di Perugia.
Un mazzetto di leggende Sublacensi illustrate, è una vera fioritui'a
di erudizione del signor Carlo Merkel che con questo titolo ha pubblicato
un libretto (Roma, Forzani e C.) di 40 pagine, di utile e gratissima let-
tura. Esse leggende hanno un valore storico notevole veramente, « Pro-
vano per quali robuste fila avvenimenti e racconti antichissimi si siano
conservati nella memoria del popolo... Queste leg'g'ende e questi usi che lo
scetticismo moderno non ha potuto soffocare ci fanno rivivere nei tempi
antichi, in cui l'Alighieri immaginò la Divina Commedia, ci rappresen-
tano ancora quel popolo pio ed immaginoso, dal quale per secoli usci-
rono tanti artisti maravigliosi ». I titoli sono questi: 1. Leggende di
S. Benedetto. 2. Santa Chelidonia. 3. Il Santuario della SS. Trinità.
Negli Atti deW Accademia Properziana del Subasio in Assisi (decem-
bre 1895, numero 3) il canonico Giuseppe Elisei egregiamente illustra
un sarcofago gentilesco, che trovasi nel sotterraneo dell'antica Chiesa
Ugoniana sotto la presente cattedrale di S. Rufino, e pubblica delle
memorie storiche sul coro grande della stessa Cattedrale, opera splendida
di maestro Giovanni da Sanseverino. — Le sculture del sarcofago sou
riprodotte in una tavola in fondo a questo fascicolo degli Atti della be-
nemerita Accademia Assisana.
1!>3
SPOGLIO DI PERIODICI (1891-92)
Archivio storico dell'arte (Roma).
1891, fase. 1. Fumi L., Ricordi d'un Oratorio del secolo XV nel
Duomo di Orvieto. Alle dilig-entissime notizie storiche seg-uouo 26 docu-
menti inediti, tratti dall'Archivio dell'Opera, dal 1402 al 1493. La cap-
pella venne demolita : « alcuni frammenti di marmo scolpito a busti di
santi e stemmi dell' Opera, rinvenuti dopo demoliti gli altari nel luogo
ove era stata la cappella, hanno indotto a crederli avanzi degli ornati
di essa. Ma nulla di certo ; e nuli' altro rimane di questa opera che il
ricordo pervenutoci dai documenti » . — Compimento del palazzo Marino
in Milano di Galeazzo Alessi : notizia.
Fase. 2. Fritz Harck, quadri di maestri italiani nelle Gallerie ]ìri-
vate di Germania. Nella Galleria Weber di Amburgo la scuola umbra
è rappresentata da una lunetta attribuita al Perugino, ma da ascriversi
piuttosto alla sua scuola. Due altre tavole pone l' Harck in compagnia
di quest'opera umbra : ma esse sono di Marco Palmezzano che è forli-
vese ! — Corrado Ricci, Fioravante Fioravanti e V architettura bolognese
nella prima m,età del secolo XV. Toccasi del F. in Perug-ia, dove « fe-
de lo chastello di Braccio » Fortebraccio a Montone, coni' è dichiarato
In una lettera di Jacopo della Quercia a un operaio del Duomo di Siena.
A Montone fu nel 1418 : questa data è stabilita dal R. mercè un docu-
mento deir Archivio criminale di Bologna. Anche si determina che i la-
vori dell'emissario perugino del Trasimeno sono suoi, malgrado l'asserto
di Annibale Mariotti che li attribuisce ad Aristotile Fioravanti ; e pur
suoi son quelli eseguiti al Velino presso la caduta delle Marmore. — E.
A., La remozione del coro della chiesa suiìeriore di s. Francesco d'Assisi.
L'a. esprime il proprio parere dichiarando che plaude alla remozione,
« poiché si riparò in tal modo ad un grave errore artistico compiuto nel
1500, l'errore d' ingombrare un tempio che artisticamente può dirsi il più.
13
194 SPOGLIO DI PERIODICI
bello e perfetto della cristianità » . La ragione del suo plauso sta uel fatto
che il coro del Sanseverinate « copriva parte delle pitture di Giunta e
di Cimabue, stuouava pure colle linee perfettamente euritmiche del mo-
numento, ed impediva che 1' altare potesse essere ricollocato uel mezzo
della crociera, suo posto originario ». Conclude: « meglio quindi che la
remozione sia avvenuta ».
Fase. 3. N. B[aldoria], Recensione dell' opuscolo di Luca Beltrami,
Andrea Orcagna sarebbe autore d'un disegno per il pulpito del Duomo
di Orvieto? Gli pare che il Beltrami «abbia colto nel segno attribuendo
quel prezioso frammento ad Andrea Orcagna, il quale, come si sa, prese
parte ai lavori del Duomo, sia come architetto, sia come mosaicista dal
1358 al 1361, dopo cioè aver terminato a Firenze il celebre tabernacolo
di Or San Michele ». Nuove e minute osservazioni del Baldpria confer-
mano e raiforzano questo giudizio. — Tiberi L., Adamo Rossi : necro-
logia e bibliografia de' suoi scritti editi sulla storia e di critica artistica,,
e degl' inediti. Fra questi sono da notarsi alcune memorie su la Catte-
drale di Perugia, su la fontana e 1' acquedotto, su la pittura dal seco-
lo XIII al XVI, il catalogo descrittivo della Pinacoteca Vannucci, vari
studi su Raffaello e un discorso su gli architetti fra Bevignate, Barto-
lomeo Mattioli e Galeazzo Alessi.
Fase. 5. A. Nardini Despotti Mospignotti, Lorenzo del Maitano e la
facciata del Duomo di Orvieto. Monografia ampia e diligentissima.
Fase. 6. E. Miintz, L'architettura a Roma durante il pontificato di
Innocenzo Vili: Nuovi documenti. Uno di questi, del 31 marzo 1485,
riguarda « magistro Gasparrino civi perugino architectori » .
1892, fase. 1. V è data la riproduzione del quadro di Fiorenzo di
Lorenzo, posseduto dalla Galleria Borghese, rappresentante il crocifisso
coi santi Girolamo e Cristoforo. « Da alcuni attribuito alla giovinezza
del Pinturicchio, splende come se fosse tutto incastonato di gemme, ha
la freschezza d'un'opera appena uscita dalle mani del suo autore ».
Fase. 2. Kristeller P., La xilografia veneziana. V è riprodotto il fron-
tespizio della « Spiritualis vitae compendiosa regula » di fra Cherubino
da Spoleto, in grandezza originale (Venezia, s. a., in 4). E v' è ricor-
data la rara edizione dei Fioretti (Venezia, 1490) di cui un esemplare è
nel Museo Correr G., 13 : a fol. 1 è incisa la figura del santo che riceve
le stigmate (cfr. la Bibliographie des livres à figures vénitiens del Duca
di Rivoli, pag. 85 e 170).
Fase. 3. A. Venturi, Disegno per il pulpito del Duomo di Orvieto.
E nel gabinetto delle stampe a Berlino e qui vien riprodotto (vedi l'ar-
ticolo del Beltrami sopra citato). Il prof. V. nota che « lo stile delle fl-
gurette del disegno di Berlino, stile più distinto che nelle altre di Or-
SPOGLIO DI l'ERIODICI 195
vieto, ha caratteri spiccatamente senesi, tanto che non sarciumo alieni di
credere che il diseg'uo apparteng-a a Lorenzo Maitani ».
Fase. 5. Boni G., Il Leone di s. Marco. S'accenna al Toro in bronzo
della Cattedrale di Orvieto e se ne dà la fototipia. K di Lorenzo Mai-
tani. — Nella Miscellanea si dà la notizia del liicollocainento del coro
in s. Francesco d'Assisi. Il Cavalcasene, che quel ricollocaniento com-
battè col Sacconi, col Cantalamessa e col Sacconi, torna a riaffermare il \ìto-
prio giudizio sulla giustizia della rimozione del coro (cfr. il rapporto del
Sacconi in Bollettino ufficiale, uum. 23 ; 30 dicembre e 4 maggio 1S!)2),
cui definisce « macchinoso mobile », pur riconoscendo (meno male !) eh' è
« non privo di pregi » .
Archivio della R. Società romana di storia patria (Roma).
1891, fase. 1-2. L. Fumi, Carteggio del Comune di Orvieto degli anni
1511 e 1512. Sono 28 lettere importanti per la storia delle imprese di
Giulio IL
1892, fase. 1-2. C. Calisse, Costituzione del patrimonio di S. Pietro
in Tuscia nel sec. XV. Ne fecero parte la contea di Sabina, compren-
dente i distretti di Narni, Terni, Rieti, Amelia e il territorio fra Spoleto
e la Nera. Anche vi sono studiati i diritti di Orvieto su vari Comuni.
Archiv fììr literatur und Kirchengeschiciite (Friburgo).
1891, fase. 1. Ehrle Fr., Die dltesten Hedactionen der Generalcon-
stitutionen des Franziskanerordens. In questa dotta trattazione sono pub-
blicati estratti di decisioni di Capitoli, fra i quali di quelli di Assisi. Fra
i manoscritti delle antiche costituzioni è studiato quello della Comunale
di Todi.
ARCin\ao storico italiano (Firenze).
1891, disp. 3. Necrologia del barone A. Sausi. Comprende un esame
accurato delle opere sue illustranti la storia di Spoleto.
Disp. 4. Favorevole recensione della Storia di Città di Castello del
Magheriui Graziani. — Nello stesso fase. E. Miiutz prende in esame i
lavori e le pubblicazioni sulla storia dell'arte italiana.
Fra le altre opere è notata quella dell' lieiss, Médailleurs de la Re-
naissance in mezzo ai quali è Ludovico da Foligno. Ed è pur ricordato
che in uno dei volumi del catalogo della Collezione Spitzer appare il
pastorale di Benci Aldobrandini vescovo di Gubbio (1331) e un bassori-
lievo magnifico dei Della Robbia, rappresentante l'Ascensione e prove-
niente da Città di Castello.
196 SPOGLIO DI PERIODICI
Arte e storia (Firenze).
1891, Bonucci I., Un'opera di Bernardino Pinturicchio. Crede sia
suo il- quadro dell'Assunta eh' è nel Museo di Napoli. — Faloci-Pulig-uani
M., La Maestà bella x>resso Foligno. È l' immagine a fresco d'una ma-
donna, dipinta nel sec. XV in un' edicola fuori della città da Pietro Moz-
zasti. Cfr. Tja Bondinella, strenua umbra, Spoleto, 1843, pag. 5 e seg*.
— Notizie di Spoleto sui restauri nel Duomo, e sulla scoperta del teatro
romano e della rocca.
1892, Miintz E., Gli architetti Cola di Caprarola e Antonio da san
Gallo il vecchio a Nepi. Cola fu illustrato con documenti da A. Rossi iu
Giorn. di erudiz. artistica, I, 3 e seg"., 343 e seg". Lavorò a Todi e a
Foligno.
Atti della R. deputazione ferrarese di storia patria (Ferrara).
1892, fase. 1. Venturini 0., Belgradi accademici conferiti dallo stii-
dio di Ferrara nel primo secolo di sua istituzione. L' 8 magg'io 1488 fa
conferito il « doctoratus in medicina » ad « Autonius de Vitellensibus
de Fulig-no » . Un « dominus Bandinus de Fulig-no » era tra i commissari
pei conferimenti delle cattedre nel 1402.
Axxuali dell'Università di Perugia (Perug-ia).
1892, 1. Scalvanti 0., Il Mons pietatis di Perugia con qualche no-
tizia sul Monte di Gubbio: con documenti.
Atti dell'accadeiiia la Nuova Fenice (Orvieto).
Rapporti delle tornate 1890-91, BuUettino 2-4. Il socio G. Cozza Luzi
lesse il discorso // Duomo d' Orvieto e Raffaello Sanzio nel trionfo eu-
caristico ; il socio Zampi trattò della pianta, e il socio L. Fumi delle de-
corazioni a stucco nelle cappelle del Duomo stesso e delle pitture che
qui furono eseguite dal 1337 iu poi ; il socio Onori della vita e delle ope-
re di Gentile da Fabriano che dipinse anche a Perugia, a Città di Ca-
stello ed in Orvieto, dove nel 1425 compiè in una cappella del Duomo
\?i, X>ulcerrima maiestas ; il socio Fumi discorse dei Moualdi e Filippeschi
a proposito de.' noti versi del canto IV del Purg. di Dante. Anche si
die conto del Diario Orvietano di ser Tommaso di Silvestro, di cui la
stampa è affidata alle cure amorose e sapienti del socio Fumi, e dell'Al-
bum poliglotto che fu da lui raccolto e pubblicato pel sesto centenario
del Duomo. Notevolissima in questo splendido volume la introduzione
storica del socio Rondoni, eh' è un felice riepilogo della storia medio-
evale orvietana, fatto sul Codice Diplomatico della città, messo assieme e
dato in luce nel 1884 dallo stesso socio L. Fumi. Sono altresì da segna-
SPOGLIO DI PERIODICI 197
larsi gli articoli del Lisiiii sui pareri di T^ori'iizo Maitaui e il Duomo di
Sieua ; del Gaudiui sulle tappezzerie dipinte nel J)uonio, con riprodu-
zioni eroniolitografìche ; del Beltrauii ohe indaga se Andrea Orcagiia lu
autore d'un disegno pel pulpito del Duomo; del Leonori su le più in-
signi cattedrali del secolo XIII; del Nardiui Despotti su i (|uadri a mo-
saico nella tacciata del Duomo. Il socio Cerretti vi pubblicò la lìappre-
sentazione del miracolo di Bolsena, prezioso documento per la storia del
teatro: cfr. Torraca, Il teatro Hai. (Firenze, Sansoni, 1885), pag-. VI.
Rapporti delle Tornate 1891-92. Il socio Fumi trattò di l'aolo 111 in
Orvieto uel 1536, secondo le notizie tramandate dalle Riforme e da lui
ilhistrate con note. Nella seduta del 15 giugno fu approvata la stampa
d' un opuscolo dal titolo Eapporti fra Genova ed Orvieto nel secolo XIV,
dimostrati da nove documenti ^^1300-1390) tratti dall'arch. coni, orvietano
e dal socio Fumi pubblicati in omag-g-io al quinto Cong'resso storico di
Genova. Questo numero del Bollettino è illustrato da un diseg-no di fram-
mento di tazza etrusca, che conservasi nel museo Faina, e da due piante
del Duomo.
Xum. 5-6. Il socio Cardella die larg-a notizia ' delle pitture di una
tomba etrusca a camera, scoperta presso Orvieto; die resoconto degli
scavi d'una necropoli il socio Mancini; dell'architetto militare e civile
Ascauio Vitozzi discorse il socio L. Furai e lesse una memoria che può
servire d' introduzione al Diario della guerra di Castro dal 1641 al 43
che conservasi ms. nell'archivio storico d'Orvieto: di Ugolino di Mon-
temarte, luogotenente dell'Albornoz, trattò il socio Tommaso Onori; del
materiale raccolto dal Fontanieri per una storia della diocesi orvietana^
11 socio Palazzetti ; della costruzione del Duomo e degli artisti che vi
operarono, il socio Zampi ; e da ultimo della vita di Gentile da Fabria-
no, ricordandone i dipinti in PeriTgia ed Orvieto, il socio conte Fabri
Stelluti.
COJIPTES-RENDU DES SÉAXCES DE l/ACADÉMIE DES InSCRIPTIONS (Parigi).
1892, gennaio-febbraio. Casati C, Note sur la nécropjole étrusque dé-
couvert en 1891 à Castiglione del Lago. E del sec. Ili a C.
Deutsche litteratiti zeiting (Berlino).
1892, num. 4:4. Frey C, Il Duomo d' Orvieto e i suoi restauri di L.
Fumi: recensione favorevolissima.
HiSTORiscHE ZEiTSCHRiFT (Monaco - Lipsia).
1892, fase. 1. Recensione de II Castello di Campetto di P. Campello.
Notasi che l'a. divaga dall'argomento.
198 SPOGLIO DI PERIODICI
Gazzetta letteraria (Torino).
1892, niim. 2. Del Cerro E., Attraverso V Umbria verde: Assisi.
Niim. 41. Del Cerro E., Perugia.
Giornale storico della letteratura itamana (Torino).
Voi. XVIII, fase. 1-2. R. Sabbadini, Briciole umanistiche. Vi si tratta
di Tommaso Fontano che il Lancellotti identificò con il Seneca da Ca-
merino, e il Biondo, da questi disting'uendolo, lo disse di Perugia. Il
Sabbadini non sa dov' egli fosse nel 1444, « ma probabilmente in qualche
paese dell'Umbria, giacché pare che egli abbia trascorso nell'Umbria
l'ultima parte della sua vita, come insegnante e come magistrato ». In
fatti alcune sue lettere, contenute nel cod. Vaticano Ottoboniano 1677,
•sono datate da Perugia e Foligno.
Voi. XIX, fase. 1. F. Novati, Le poesie sulla natura delle frutta e
i Canterini del Comune di Fii'enze nel Trecento. Naturalmente l'a. ricor-
da anche Benuccio da Orvieto e, pubblicata di sul cod. Redìano-Lauren-
ziauo 184 la sua canzone « 0 be' signior, poi che maug-iato avete », si
prova di stabilire le relazioni che corrono fra questo componimento e il
capitolo di Pietro Cantarini da Siena « Chari signor, po' che cenato ave-
te », e conclude che Benuccio, forse inconsciamente, modellò la canzone
sul capitolo del senese.
Fase. 2-3. Cesareo G. A., Su V ordinamento delle poesie volgari di
F. Petrarca. Riferisce la canz. « Spirto g'entil » a Bosone da Gubbio,
riportandola agli ultimi del 1337. E largamente detto per quali ragioni
la canzone non possa convenire ad altri, ma si bene al Raifaelli. Cfr.
Domenica del Fracassa, II, num. 2 e 8; Fan fidla della Domenica, 1886,
num. del 2 maggio.
Voi. XX, fase. 1-2. E. Lamma, Il cod. di rime antiche di G. G. Ama-
dei. Il L. dà la tavola di tre codici bolognesi, ne' quali si leggono anche
il sonetto di Bosone da Gubbio in risposta a Cino da Pistoia, i noti so-
netti di Andrea da Perugia al Petrarca, e la canzone « Cruda selvag-
gia, ecc. » di Bartolomeo da Castel della Pieve. — Recensione de La pro-
jìhetia fratria Mudi de Perusio pubblicata da R. Filippini sopra un cod.
napoletano (Fabriano, 1892). Umbro ne è l'autore; ma l' identificare ser
Mucio o Stramazzo con frate Mucio è cosa malsicura.
Il Muratori (Roma).
1892, fase. 1. Palmieri G., Seine degli abbati di Farfa in continua-
zione al Muratori. E ricavata da una storia di un Gregorio romano che
va dal 1101 al 1640. Continuaz. nei fase, successivi.
Fase. 2. Ballerini F., Le feste di Gubbio per la nascita di Federico
J
SPOGLIO DI PERIODICI 199
Ubaldo dei Duchi d' Urbino. Relazione dall'archivio Vaticano, Arni. LX,
1. Coutinuaz. nei fase, successivi.
L' Arcadia (Roma).
Ili, 6. Bartolini A., Dante in Gubbio.
La biblioteca delle scuole italiane (Modena-Veronaì.
1892, num. 3. F. Gabotto, Altri documenti su Tommaso I\[arroni da
Mieti. Cfr. questo Bollettino, I, 174 e 445.
MlTTHEILlTs'GEN DER KAISERLICHEN DEUTSCHEN ARCIIAEOLOfUSCIIEN IN-
STiTcTTS (Roma).
1891, fase. 2. Il Petersou dà conto di scoperte a Spoleto.
IsuovA Antologia (Roma).
1891, fase. 6. Recensione delle Cronache di Perugia, voi. III, edite
da A. Fabretti. Favorevole.
Fase. 14. Recensione de II duomo di Orvieto e i suoi restauri di L.
Fumi. Favorevole.
Notizie degli scavi d'antichità (Roma).
1892, gennaio. Scavi della necropoli di Todi e rinvenimento di og-
getti del sec. III-II a C.
Febbraio. Altri scavi a Todi.
Marzo. Altri scavi nella necropoli citata.
Ottobre. Notizia di un bollo figulinario scoperto a Perugia.
Nuova Rivista Misbna (Arcevia).
1891, num. 2. Anselmi A., Necrologia di Adamo Rossi.
Num. 6. E. Luzi, L'Università degli studi in Ascoli Piceno. Vi è
asserito che nel sec. X i monaci, emigrati da Farfa, fondarono in Ascoli
■e nel suo distretto i principali monasteri.
Xum. 7. Necrologia di A. Angelucci di Montecastrilli.
Num. 8. P. Tedeschi, Di Luciano da Lovrana. E l'architetto anche del
palazzo ducale di Gubbio. Qui se ne ritesse un'accurata biografia.
Num. 11. V. E. Aleandri, Bernardino di Mariotto da Perugia pit-
tore del sec. XVI e la sua dimora in S. Severino dal 1502 al 1521.
Notizie documentate di pitture da lui eseguite a S. Severino in quegli
■anni.
1892, num. 1. Anselmi A., Monumenti ed oggetti d'arte in Albacina.
200 SPOGLIO DI PERIODICI
Nella parete della casa Merloni Sautoui è un affresco di Orlando Merlini^
pittore perugino (sec, XV-XVI).
Nnm. 2. Id., id., in Arcevia. Due pilastrini d'una tavola del Siguo-
relli in S. Medardo sono della maniera di Niccolò di Liberatore : nella
sagrestia è una croce processionale d' argento di Cesariuo del Koscetto,
orafo perugino, fatta dal 1524 al 26. Nella chiesa di S. Maria degli Ere-
mitani di S. Agostino è una statua di S. Autouio abate, scolpita in le-
gno, di scuola umbra del sec. XV.
Num. 6. Id., id. in Sassoferrato. Nella chiesa di S. Pietro e S. Chiara
è una tavola da attribuirsi a Orlando Merlini che nel 1478 abitava in
Sassoferrato. Nella sagrestia è un frammento d'affresco, rappresentante
l'Annunziata, di pittore umbro del sec. XV. In S. Croce è il trittico di
Antonio da Fabriano, creduto finora opera di Nicolò di Liberatore. Nella
chiesa parrocchiale di Col della Noce esiste un trittico di Matteo da Gualdo
con la data del 1471.
Num. 10. Fra le Notizie e Varietà è dato breve cenno di una grande
tavola di Pietro Perugino, esistente nell' ex-monastero di S. Maria delle
Grazie in Senigaglia, e dei restauri eseguitivi a cura del Ministero di P. L
Kevue critique d' histoire et littérature (Paris).
1891, fase. 20. Recensione molto favorevole della Storia di Città dì
Castello del cav. Magheriui Graziani.
Eepertoriuji FiJR KuNSTWissENSCHAFT (Berlino).
1891, XII. Schmarsow A., Antonio Federighi. A questo scultore se-
nese attribuisce una pila d'acqua santa nel Duomo di Orvieto.
XIII. Thode, Sin uns Werke von Cimàbile erhalten ? Risposta al
Wickoff. Vi si tratta naturalmente della Madonna in S. Francesco e dei
Crocifisso in S. Chiara di Assisi.
Rendiconti della R. Accademia dei Lincei (Roma).
1892, voi. I, fase. 2 della Classe di Scienze morali, stor. e filol. E..
Monaci, Aneddoti per la storia letteraria dei Laudesi, dei Disciplinati e
dei Bianchi nel medio evo. Laude della provincia di Roìna. Da un cod^
del dott. Pietro Tommasini Matteucci di Città di Castello. La seconda
(« sopra ogni lingua, amore ») è di Jacopone ; la sesta (« Yhesù fac^o-
lamento ») gli è attribuita. Nella prima e quarta « si trovano pure delle
forme che sono dell'Umbria e non della Toscana»; ma è da concludere
che di queste laude « il fondo primitivo sia romanesco : sieno esse di
SPOGLIO DI PERIODICI 201
Roma, sleno di Nepi, intanto non par dubbio che alla provincia romana
appartengano ».
Rivista italiana di Nlmismatica (Milano).
1891, fase. 1-2. Milani L. A., Aes rude rinvenìifn alla Bruna jn-esao
Spoleto. — ]\Iarig-uoli F., Zecchino di j^apa l'io II attribuito a Foligno.
Rivista storica italiana (Torino).
1891, fase. 1., G. Mazzatinti, Recensione di II Castello di Campello
di Paolo Campello. Sfavorevole.
Fase. i. A. Melani, Recensione delle monografie storiche di L. Fumi
Il Duomo d'Orvieto e i suoi restauri. Il volume è giudicato « un eccel-
lente contributo storico agli studi architettonici italiani ».
1892, fase. 1. G. Mazzatinti, Recensione dei Costumi e superstizioni
dell' Ajypennino marchigiano di Caterina Pigorini Beri. Vi è notato che
il cauto di Fiorino è diffuso nell'Umbria, per esempio a Nocera ed a
Gubbio, e che con 1' Umbria hanno comuni le Marche molti cauti popolari.
Revue des deux Mondes (Parigi).
1891, fase. 15 giugno. Arvéde-Barine, S. Francois d'Assise. Ne ri-
tesse la vita e tratta dell' opera e della influenza sua.
Revue historique (Parigi).
1891, fase. 1. Nel Bullettino delle opere di storia italiana il prof.
C. Cipolla tien conto della Lirica religiosa nell'Umbria di G. Chiarini e
delle notizie su S. Bernardino da Siena in Orvieto e in Forano di L. Fumi.
1892, fase, maggio-giugno. C. Cipolla, Bullettin historique. Italie. Mo-
yen-àge. Tra le opere uscite in luce dall"88 al 91 e qui prese in rasseg-na,
alcune riferisconsi all' Umbria. Continuazione nel fascicolo successivo.
Studi e Documenti di Storia e Diritto (Roma).
1891, fase. 1. L. Fumi, Statuti e regesti dell' opera di S. Maria dì
Orvieto: continuazione.
Tue American Journal of Archaelogy (Boston).
1891, fase. 4. Relazione di scavi a Castiglion del Lago ed a Todi.
ZeITSCIIRIFT FiJR KiRCHENGESCHICHTE (Gota).
1892, fase. 2-3. Lempp E., Anfiinge des Clarissenordens. La vita di
SPOGLIO DI PERIODICI
202
S. Chiara, ritessuta con diligenza sulla scorta della leggenda più antica,
comprende lo studio su le regole e le vicende loro.
Zbitschrift FiJR Ethnologie (Berlino).
1891, 1. Undset J., Archaeologische Aufsatze ìlber sudeuropciische
FundstUcke. Vi si prendono in esame i monumenti dei Musei di Rieti,
Chiusi e Perugia.
203
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
Argii. Antonio Ganesthelli. — U Abbazia di S. Galgano, monogra-
fia storico-artistica con documenti inediti e numerose illustrazioni. —
Firenze, Fratelli Alinari editori, 1896, in 4° g-. di pag-. 15G.
Delle molte illustrazioni di monumenti pubblicatesi negli ultimi anni
in Italia, questa dell' Abbazia di S. Galgano, se non la prima, deve an-
noverarsi senza dubbio fra le migliori. Fino ad oggi quei ruderi vene-
randi, dove 1' edera verde s' abbarbica tra i filari alternati di mattoni e
di travertino, dove l'umile fiore del pruuo biancheggia sui roveti nel
pavimento, quei piloni ridotti a sosteg'uo di pochi valichi qua e là nelle
navate, e g'ii occhi e le belle bifore aperte tuttora nelle cadenti mura-
g'iie, erano tutte preziose reliquie ig-norate dai più, prima che fosse alla
portata degli artisti la bella e dotta illustrazione del Canestrelli. Nel
leg'g'ere il suo libro si prova più vivo quel mistico sentimento che si
sveglia in noi alla vista di un ediflzio religioso del medioevo. Se poi si
rifletta che di quel monumento lasciato da più secoli in balìa del tempo
e degli uomini, non rimangono che rovine, la venerazione si converte
in tristezza, e dobbiamo esser grati a queir anima gentile di donna che
< ora è soltanto una mesta e santa memoria » per avere con sentimento
squisito dell' arte, inspirato all' egregio A. suo compagno, lo studio del-
l'Abbazia di S. Galgano e all' illustre Direttore regionale per la conser-
vazione dei momimenti della Toscana che lo incoraggiava a pubblicarlo.
L' illustrazione è divisa in due parti, storica e artistica, coli' appen-
dice di quaranta documenti.
Dall'anno 1180, in cui Galg-ano Guidotti di Chiusdino nell'antico
Stato Senese, infisse la sua spada a guisa di croce nelle fenditure di un
masso sul Monte Siepi, e quivi vissuto romito fino al 3 dicembre del-
l' anno appresso, meritò per la santità della vita di essere canonizzato
nel 1188, noi per la lunga serie di sei secoli assistiamo quasi anno per
anno alle liete e tristi vicende della celebre Abbazia. La quale in mo-
deste proporzioni costruita in principio sulla vetta del monte, si com-
204 RECENSIONI 15IBLIOGRAFICHE
poueva di iiua piccola cappella di pianta circolare, tuttora esistente,
(fig. 1, pag-. 2) e di un piccolo cenobio dove presero stanza alcuni mo-
naci Cistercensi. Alla nascente Abbazia non mancarono donazioni e la-
sciti testamentari. E da privati e dal Vescovo Ildebrando della vicina
Volterra furono regalati i monaci di vasti terreni, con facoltà di costruire
un acquedotto per i mulini del monastero, e si arricchiva la piccola chiesa
con doni di preziosi arredi sacri e di ricche suppellettili (Gap. I).
Poi cresciuto il numero dei monaci si riconobbe necessaria la costru-
zione di una nuova Abbazia a pie' del monte nel piano della Merse (^1224),
intanto che alcuni di essi si trasferivano alla Badia di S. Salvatore presso
Firenze e ad altre Abbazie filiali, fra le quali è notata quella di S. Giu-
liana presso Perugia (Gap. II).
Né mancarono privilegi per parte di imperatori e di papi. Fu concessa
l'immunità ai monaci e protezione ad essi e ai loro beni. Nessuna città
o comune, nessun console o potestà poteva molestare il monastero né
imporgli gabelle od altre gravezze. Innocenzo III lo esonera dal paga-
mento delle decime ; Gregorio IX ordina ai vescovi e prelati della To-
scana di proteggere i monaci di S. Galgano, con facoltà di scomunicare
chi volesse loro imporre decime od estorcere largizioni di vitto ; lo stesso
papa conferma nel modo il più solenne la proprietà dei loro beni nelle
diocesi Senese, Grossetana ed Aretina ; Innocenzo IV li esenta dal pa-
gamento dei pedaggi per il trasporto delle provviste occorrenti alle ne-
cessità dei monaci, dà loro facoltà di officiare le chiese a porte chiuse
in tempo di generale interdetto, privilegi tutti confermati successiva-
mente da più pontefici fino a Bonifacio Vili che li ratificava da Roma
nel 1302.
Vollero alcuni che l'Abbazia di S. Galgano avesse facoltà di batter mo-
neta, e l'A. per fedeltà storica riproduce un quarteruolo di quel monastero
colla spada sul trimonte da un lato, una mano che tiene un pastorale dal-
l'altro (fig. 3, pag. 12), ma escluso per mancanza di documenti quel privi-
legio, ammette che il quarteruolo di S. Galgano non é moneta vera e pro-
pria, ma una semplice Tessera mercantile (Gap. III). Ad ogni modo dalle
citate facoltà e privilegi si rileva l'importanza morale e materiale dell'Ab-
bazia cui, con Brevi e Bolle pontificie furono unite nel 1398 e nel 144T
altri monasteri del territorio Senese, ed era capace di dare asilo a più
che cinquanta monaci (Gap. IV). Ad essi ricorrevano papi e vescovi, co-
muni e privati per pronunziare lodi e dirimere differenze e liti. Spesse
volte li vediamo fungere da giudici e da notari pubblici. Si fa parola
nei documenti di un frate Giacomo medico fiscale, di frate Ugolino me-
dico chirurgo, dell'abbate Ranieri fisico e di altri molti versati nelle arti
e, nelle idrauliche discipline o col titolo dà operarli o di magister operis
RECEX.SIOXI HIlUJOlìliAI'ICMB 205
lapidum, fra i (juali j)iace di ricordare il monaco Giiolo, cui fu dato in-
carico di studiare se l'acqua del fiume Merse si potesse derivare e con-
durre fino a Sieua (Gap. V). La Repubblica Senese accordò all'Abbazia
di S. Galg-auo protezione e tutela, adoperò quei monaci o come teso-
rieri del pubblico erario o come operai del Duomo, e allorché le com-
pafi'nie di ventura (1380) fecero « del monastero di San Ghaljiliano loro
« ricepto, et la robba delle villate et poderarii della corte di Fruosini
■a ridussero al detto Monastero per loro vivare » il concistoro della Re-
pubblica accordò somme per sopperire ai bisog-ni dei monaci, mai ces-
sando anche in seguito di aver cura delle loro proprietà e dei loro beni
(Gap. VI). Questi si componevano di vastissime possessioni di terreni,
case e moìini, di gualchiere e ferriere poste nelle varie corti e contadi
dell'antico stato di Siena e del Grossetano. Ebbero in Siena più case, e
la Ghiesa e lo Spedale di S. ^Maria Maddalena ed un palazzo, ora di pro-
prietà del conservatorio del Refug-io che già fu detto dei monaci di S.
■Galgano (Gap. VII).
La mala sorte toccata a tante illustri Abbazie italiane di cadere sog-
gette al dominio degli abbati commendatari, cioè di monsignori e cardi-
nali di S. Ghiesa, colpì la nostra Abbazia nei primi anni del secolo XVI.
La Balia Senese fa di tutto perchè l'Abbazia di S. Galgano non « tran-
seat in commeudam » ma una Bolla di Giulio II (lóOo) diretta al capi-
tano di popolo e ai priori di quel Gomune annunzia loro la nomina del-
l'abbate commendatario il cardinale Federigo Sauseveriuo. Alle opposi-
zioni del Gomune si risponde colla minaccia di un interdetto generale ;
cosi da un anno all'altro al succedersi dei commendatari vi fu sempre
contrasto fra essi, e il comiine di Siena, che nel 1513 inviò speciali am-
basciatori al pontefice per chiedere che l'Abbazia dì S. Galgano non
« vadat in commendam, quia est maxime importautie tam civitatis quam
civium et quod a c'.vibus fuit dotata », ma il cardinale abbate, cui pure
si presentarono gli ambasciatori, irritato rispose loro « Vos Senenses, qui
nihil potestis, audetis abbatiam nostram impedire nobis ?» È inutile di-
lungarsi nel ricordare le difficoltà, le lotte e gì' intrig-hi che ad ogni suc-
cessione sorgevano per la elezione dei nuovi commendatari, fra questi e
le famiglie degli antecessori ; solo ci fermeremo su quel mons. Giovanni
Andrea Vitelli dei Ghiandaroni eletto nel 1538. Questi, il cattivo genio
dell'Abbazia, « tutto il tempo che la tenne in mano attese alla distrut-
<■ tione di essa, lasciando usurpare molti beni, cadere i poderi, alienare,
■8 impegnare ciò che v' era di buono, et quel eh' è peggio vendere il
■« piombo che copriva tutta la cupola della chiesa stessa e della cappella
< del miracolo di S. Galgano » . È ricordato (1576) che nella chiesa sfor-
nita di arredi sacri non vi si teneva nemmeno il SS. Sacramento, per-
206 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
che il frate che vi era « valde pannosus et ig-uarns litterarum » non
aveva da comprar l'olio per la lampada. Involto il Vitelli in citazioni e
catture, ora è nominato « huomo da bene che non ha luogo più dove
« possa stare », ora si parla della « mala natura di quell' abbataccio »
il quale contro un compenso di 600 scudi all'anno rinunziò finalmente
l'Abbazia al cardinale Alessandro Farnese che ne ottenne il possesso nel
1576. Da quest'anno al 1724 in cui fu nominato commendatario mons, Giu-
seppe Maria Feroui, lunga è la serie dei più o meno savi amministra-
tori dell' illustre Abbazia. Il Peroni nel 1727 ottiene l'enfiteusi fino alla
terza g'enerazione a favore dei discendenti di un suo fratello, poi che
otto religiosi Minori Osservanti andassero a stare a S. Galgano per of-
ficiarvi la chiesa. Nel 1735 gli fu concessa una maggiore e più estesa
durata del livello, la riduzione del canone, e finalmente nel 1757 l'enfi-
teusi perpetua col canone che in principio era di scudi 1500, poi ridotto
a soli scudi 584. L'ultimo commendatario nominato da Pio VI (1787) fu
mons. Ranieri Finocchietti, La proprietà dei beni dell'Abbazia dalla fa-
miglia Feroni che ne affrancava 1' enfiteusi passò nel 1884 in proprietà
del marchese Ippolito Nicolini, attuale possessore della tenuta di Frosini,
nella quale è posto il tempio monumentale.
In si lunga serie d'anni il tempio e il monastero furono sempre la-
sciati in deplorevole abbandono. Nel 1666 pioveva nella chiesa da tutte
le parti : non si ha più cura di serrare ed aprire la porta ; così il gran
tempio « alcuna volta è ricetto di bestiami grossi e minuti ». È riferito
nel 1724 che la gran chiesa è « di continuo sottoposta ad imminente ro-
vina » (Cap. IX).
Rovinò il campanile ai 22 gennaio del 1786, e dopo tre mesi dal
granduca Pietro Leopoldo esonerata la famiglia Feroni dalla manuten-
zione del tempio, questo fu sconsacrato il 10 agosto 1789. Oggi caduto
il tetto, le volte e parte dei muri, non restano del bellissimo monumento
che macerie e rovine.
Tali notizie da noi riassunte sommariamente furono ricavate dai do-
cumenti originali di tre Caleffi ossia Instrumentari provenienti dall'Ab-
bazia di S. Galgano ora nell'archivio di Stato di Siena. Si g-iovò pure
l'A. di alcune pergamene dei Cistercensi conservate nell'Archivio di Stato
di Firenze e di altri documenti degli archivi mediceo e Feroni. Delle
notizie riportate da altri scrittori e cronisti tenne poco o nessun conto,
riferendole nei soli casi che in confronto ai documenti autentici gli det-
tero argomento di crìtica e dì profonda discussione.
Dalla storia del monumento passiamo all'esame della parte artistica.
L'A, nel suo studio si rivela cultore sincero dell'arte medievale e pro-
fondo conoscitore della sua storia. Al giorno d'oggi un monumento di
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 207
quell'epoca si analizza, si studia in se stesso, non jìIù in relaziono ad
altri che pure riscosserol 'animi razione generale nell'aurea epoca dell'arte
Greca e Romana, e nei secoli vicini a noi nel periodo dell'arte del Rina-
scimento. È ora dimostrato che la sesta medievale ebbe uno stile tutto
proprio, che se in qualche sua parte ci fa ricordare i più essenziali ele-
menti organici dell'arte antica, vediamo questi modificarsi e trasformarsi
radicalmente, man mano che l'arte più che colla civiltà del tempo pro-
grediva di pari passo col sentimento religioso che l'ispirava. Quegli ele-
menti che noi troviamo nelle prime basiliche cristiane e successivamente
nelle chiese della primitiva forma lombarda scompaiono può dirsi del
tutto dall'organismo degli ediflzi religiosi di stile ogivale, sia d'oltrenioute
che italiani. Diverso è l'ideale che ispira l'architetto del medioevo.
Nelle chiese cristiane non è più il solo sacerdote che entrar nella cella
mentre il popolo distratto e confuso rimane adunato nei vestiboli del
tempio ; il sacrifizio cristiano non ò pel popolo un mistero, che perciò si
unisce alle preghiere dei sacerdoti e sta con essi devotamente affollato
intorno al santuario. Ben diverso è pertanto il principio che dovette ani-
mare gli artisti delle due scuole pagana e cristiana. Nel tempio pagano
la cella colla statua del nume è il solo elemento essenziale. La camera
del tesoro, il doppio vestibolo, le ali in giro, la cripta sotto la cella ove
si ascondono i congegni necessari alle trasformazioni ed apparizioni di
rito, le gallerie superiori dei tempi ipetri dove facevano bella mostra,
come ora nei nostri musei, le statue degli altri numi, questi ed altri
erano elementi secondari ; tutto è materialismo. Invece il tempio cri-
stiano più che ai sensi parla allo spirito. E quando da un valico all'altro
delle sue navate si ripercuote solenne l'invito del sacerdote « in alto i
cuori », allora si che il popolo si solleva coll'anima al di là di quelle
volte e di quelle mura, e secondando coU'occhio e colla mente lo spin-
gersi su su delle sveltissime colonnine che formano fascio intorno ai pi-
loni, e r incontrarsi su in alto dei costoloni delle crociere, e le curve
arditissime delle arcate e le strette e le lunghe finestre, le cuspidi e i
pinacoli delle facciate e quegli archi rampanti che par si vogliano spin-
gere sempre a maggiore altezza, tutto in quel momento commuove l'ar-
tista cristiano che ama e che sente, tutto gli parla di Dio.
Pertanto non è più il caso di proseguire nel vezzo di dare l'appel-
lativo di barbaro a tutto ciò che sente di medioevo. E con vera compia-
cenza vediamo illustri scrittori darsi allo studio di quell' arte e di quei
monumenti, ricercarne la storia, e l'artefice che l'ideava, e il tempo di
loro costruzione con analisi critica del loro stile, mettendoci sott' occhio
coi migliori metodi delle arti grafiche i particolari tutti della loro pla-
nimetria ed ortografia, nonché i profili e l' insieme di tutte le più mi-
208 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
uute decorazioni. L'Illustrazione del Cane-itrelli è un modello del g-enere,
e ci sia permesso a sua lode di far parola sommaria dei suoi particolari.
L'indicazione precisa della costruzione della nuova Abbazia e del
tempio monumentale non è dato conoscerla dai documenti. Da questi è
solo possibile rilevare il periodo di tempo in cui si svolse la grandiosa
opera del monastero, ed in modo anche più incompleto quella del tempio.
Del monastero sappiamo che nel 1224 ai 10 febbraio rogavasi un
istrumento apud abbatiam novam. Nel 1229 è già ricordata la cloìnus
ojyere ed il luogo ubi actantur lapides operis : perciò non crediamo di tener
conto di altri documenti citati dall'A., perchè la citazione delle infer-
merie, del parlatorio e della porteria si possono è vero riferire ai detti
locali nell'Abbazia nuova, ma più probabilmente riguardano quelli del
vecchio monastero sul monte. Ad ogni modo è fuor di dubbio che il
nuovo monastero nel piano della Merse si cominciò a costruire nel primo
quarto del secolo XIII.
Anche più incerta è l'indicazione del tempo della costruzione della
chiesa. Piace all'A. di ammetterla contemporanea a quella dell'Abbazia
sulla fede di un atto rogato ai 24 di aprile del 1227 Jiixta Ecclesiam
superiorem Sancii Galgani. Dubita egli stesso che tale indicazione si ri-
ferisca alla piccola chiesa rotonda sul monte Siepi, e quel dubbio si fa
in noi certezza, perchè la citazione della chiesa superiore si associa è
vero all' idea di una chiesa inferiore, è però più naturale il supporre che
i monaci di S. Galgano trovandosi a disagio nel piccolo cenobio sul monte,
più che alla nuova chiesa abbiano prima provveduto alla costruzione
nella pianura di un monastero più ampio e più comodo, avendo già la
piccola chiesa superiore. Ci avrebbe offerto indizio ben più sicuro la ci-
tazione suddetta, se invece della chiesa superiore vi fosse nominata la
chiesa vecchia, che in tal caso era indiscutibile il fatto di una chiesa
nuova. Perciò non siamo lontani dal convenire coll'asserzione dei cronisti,
che riportano la costruzione del tempio al 1246. Da quell'anno non man-
cano sicure memorie dell'opera grandiosa che nel 1288 se non era del
tutto ultimata, certo è che la nuova chiesa era già uffiziata dai monaci
almeno in parte, essendo ricordato in quell'anno un istrumento rogato
« in ecclesia nova ante altare conventus ipsius mouasterii ».
Chi fosse il primo architetto del tempio e monastero di S. Galgano
non è il caso di ricercarlo. Nessuna memoria certa di documenti, né si
può prestar fede a quanto racconta il Libanori nella vita di Davide Dan-
dini di una contesa insorta fra i maestri e muratori della chiesa di S. Gal-
gano, dove è nominato il disegno o modello che in carta aveva formato
l'architetto chiamato Curzio nativo di Chiusi; ma da quali documenti
traesse il Libanori tali notizie, non è sicuro. L'A. pertanto dopo aver ri-
RECENSIONI lìinLIOfiUAFiriIH 209
cordate le scuole monastiche dei secoli XI, XII e XIII e i monaci ar-
chitetti che vi fiorirono, non dubita di affermare che ad essi è pure do-
vuta la chiesa ed Abbazia di S. Gal<i'ano, avendosi meinoria di (|ualche
monaco nominato operarlo, e fra questi di un Frate lI>;olino di Maffeo
chiamato nei Calefìi « mag-ister lapidum.... mag-ister operis.... operarius
opere ». Egli però non può essere ritenuto il primo architetto, non aven-
dosi di lui memoria prima del 1275 (Cap. I).
La chiesa ha la pianta a croce latina, è divisa a tre navi con sette
valichi a sesto acuto con doppio archivolto a spigoli netti in ciascuna
parte del braccio anteriore. Il transetto ha il collaterale dal lato delle
navate e due cappelle per parte dal lato opposto di fianco all'abside o
tribuna che è quadrata. Nella pianta ed alzato del tempio si hanno i
seguenti elementi di stile oltramontano. Tutte le volte si proiettano su
pianta rettangolare più o meno allungata, ad eccezione di quella della
tribuna, in cui gli archi diagonali si staccano dagli angoli del quadrato,
ma vengono sostenuti alla chiave da un sottarco trasversale, secondo il
costume di alcune chiese francesi. Sono bipartiti i contrafforti negli an-
goli esterni della tribuna e del transetto, e profilati a più riseghe si spin-
gono in altezza al disopra delle navi laterali. La sacrestia attigua alla
.sala capitolare non fa parte dell'organismo icuogTafico della chiesa. I pi-
loni delle navate sono a fascio su pianta crociforme con una colonna in-
castrata a due terzi in ciascuna faccia, però a differenza della scuola ita-
liana la colonna che prospetta sulla nave di mezzo si stacca non dalla
base, ma a più metri da terra, secondo le consuetudini della scuola bor-
gognona. I muri esterni non hanno archettatura, ma la cornice di fini-
mento non è sormontata da parapetto a traforo. L'altezza di tutta la
chiesa corrisponde al lato del quadrato, alla larghezza cioè dalla chiesa
stessa misurata da parete a parete esterna dei muri estremi laterali. E
soppressa finalmente la galleria sulle volte delle navi laterali e fu sosti-
tuito ad essa il triforio, che però, come ben dice l'A., può chiamarsi un
triforio atrofizzato, apparendo nella nave mediana in forma di piccole fi-
nestre rispondenti nello spazio sotto il tetto delle navi laterali.
Se però si considera che nel tempio di S. Galgano, prevale in tutte le
altre parti l'elemento proto-ogivale italiano, quello specialmente del pi-
lone a fascio, che, al dire del Nardini-Despotti, ha nella sua compagine
organica di elemento sostenente il germe della compagine organica del
sostenuto, cioè delle volte, cosicché i piloni e le volte « sono tra loro in
« intima correlazione e sono preordinati, coordinati e connessi tra loro»,
dovremo conchiudere coli 'A. che lo stile della chiesa di S. Galgano è
uno stile di transizione inspirato ai principi fondamentali della basilica
lombarda a volta ogivale, modificato in alcune disposizioni icnografiche
210 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
e Statiche da im'iuflueuza architettonica borgog-nona e in varie forme
decorative ed ornamentali prima da questa medesima influenza poi dal
sentimento artistico e dalle tradizioni locali.
Bello e profondo si fa lo studio dell'A. dopo che stabilito siffatto
principio riguardo allo stile del momimeuto da lui illustrato, ci dimostra
che non potendosi mettere in dubbio essere stati i monaci Cistercensi i
primi e soli architetti dell'Abbazia di S. Galgano, quella e non altra era
per essi la maniera di architettare, benché non avessero uno stile proprio
ed originale.
Dacché sullo scorcio del secolo XI dall'eremo di Solesme in Borgogna,
S. Roberto e i suoi monaci, contuttoché denunziati quai novatori fana-
tici, si trasferirono a Cistercio (Citeaux), poi pel crescere del loro nu-
mero a Pontignì e nel 1115 sotto la guida di S. Bernardo a Chiaravalle,
l'austerità originaria della regola di S. Benedetto fu rimessa in vigore
e si escluse dalle chiese e monasteri dell'ordine qualsiasi traccia di lusso
e di ornamento superfluo. Nelle chiese dei Cistercensi (in Italia le Ab-
bazie di Casamari e Fossanova), più che la decorazione, figura la sem-
plicità dell'organismo. S. Bernardo nella sua epistola riportata in parte
dall'A. (pag. 7(i, nota) condanna « l' inutile ampiezza delle navate, i ric-
chi materiali resi lucidi con tanta cura » , non vuole pavimenti istoriati,
perchè « il tallone dei passanti non colpisca il volto di un santo.... »,
non mostri...., non quadrupedi a coda di serpente....; non pesci a coda
di quadrupedi « ed altre simili bellezze deformi e belle deformità ».
Perciò i suoi monaci nel costruire le loro chiese si attennero alla mas-
sima semplicità ; più che regole e leggi di stile, osservarono alcune forme
generali, per cui le loro costruzioni assumono « un carattere di famiglia
che le fa riconoscere facilmente » .
Le chiese Cistercensi sono quasi sempre precedute da portico. Di
fianco alla tribuna, per lo più quadrata, alcune volte semicircolare, stanno
due cappelle per parte anch'esse o quadrate o a sesto di circolo. Il tran-
setto può dirsi elemento essenziale, però manca alle volte del collaterale.
I piloni sono a fascio o a base quadrata, mai monocilindrici. Nella ele-
vazione, lo stile e ^-li ornamenti assumono, secondo le varie regioni, ca-
rattere diverso col variare delle tradizioni artistiche locali. Ciò apparisce
evidente dallo studio comparato di alcune piante di Abbazie Cistercensi
che l'A. (forse in eccedenza al bisogno) riporta nella sua illustrazione
(pag. 80.... 84), quali le Abbazie di Thoronet, di Silvacaue, di Senanque,
di Fontenay, di Chiaravalle e di altre da esso semplicemente descritte,
della Germania.
E queste regole e norme consuetudinarie le vediamo osservate nel-
l'Abbazia di S. Galg'ano, che ha decisa somiglianza con quella costruita
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 211
pochi anni avauti in Casamari (fig. 14, pag-. 77). Lo stesso organismo,
la stessa maniera di semplicissima decorazioue, solo discostandosi da essa
in quelle parti, dove potè influire la tradizione artistica della regione,
che nel tempio di S. Galgano appare manifesta, specialmente nelle liue-
stre sopra i valichi delie navate, che nella tribuna, nel transetto o sul
primo valico della nave mediana sono piccole, ad una luce, con occhio
circolare nella lunetta dei mezzarchi, secondo i caratteri della scuola bor-
gognona, mentre le ultime sei verso la porta, mancanti dell'occhio supe-
riore, sono bifore con colonnina e traforo eguali in tutto alle finestre
della scuola senese.
Dall'insieme del monumento l'A. passa a descrivere i piloni, i va-
lichi e le volte, le porte, le finestre, le cornici interne ed esterne, i ro-
soni delle volte, particolari tutti da esso studiati con vero criterio arti-
stico, descrivendoli non solo, ma più specialmente facendovi risaltare
dove la decorazione subì l'influenza d'oltremonti e dove si mantenne
schiettamente italiana. In tutte predomina la semplicità, la sobrietà del-
l'ornato; trafori di finestre che a prim' occhio lasciano travedere il trac-
ciato geometrico delle loro figure, belle cornici, costoloni a profilo ar-
chiacuto, capitelli e rosoni, dai quali fu esclusa la fauna di animali mo-
struosi, od almeno fu ridotta a qualche testa qua e là d'uomo e di leone,
e ad eccezione di qualcuno di essi, dove fa capo qualche nastro a forme
geometriche, sono tntti trattati a foglie profilate e piegate quasi sempre
air italiana.
Del monastero poco è a dirsi. Come nelle altre Abbazie Cistercensi,
esso fiancheggia la chiesa alla sua destra. Il chiostro era ad arcate so-
stenute da piedritti di quattro colonnine a giorno, di cui avanzano soli
quattro capitelli (fig. oO). Alla sala capitolare si accedeva dal Iato est del
chiostro, al refettorio dallo stesso lato, e questo era diviso dalla sala per
r interposizione del parlatorio e della scala che couduceva al piano su-
periore di detto braccio, dove si aveva il dormitorio, le camere dell 'abate
ed una cappella colla sacrestia. Queste parti di fabbricato sono ancora
in piedi, ma nulla rimane delle corti, delle infermerie e dell'ospizio. Del
cimitero, alla sinistra del tempio, esistono tuttora un tratto di muro di
cinta e la cappella. Da notarsi è la bifora della sala capitolare (fig. 29)
che si distacca in ogni sua parte dallo stile e decorazione della chiesa.
Gli oggetti d'arte che ancora rimangono di quel tempio ricchissimo
sono: il gradino dell'altare con formelle a storiette dipinte, la bella an-
cona a più figure conservata, come il gradino, nell'Istituto di belle arti
in Siena. Il reliquiario della testa di S. Galgano è venerato nel mona-
stero del Santuccio di quella città, altro reliquiario di argento e rame
dorato con smalti nella villa di Frosini. Nel museo dell'opera di Siena
212 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
può vedersi il pastorale in rame dorato, nel cui riccio sta la figura di
S. Galgano.
Rimane a dirsi della struttura del tempio e del monastero. Di essa
l'A. ci dice soltanto dei materiali adoperati nella costruzione del tempio.
Questi furono il travertino, il sasso accapezzato, il mattone. Il para-
mento esterno in alcune parti è tutto a filari di travertino, in altre sono
questi alternati con filari di sasso accapezzato, e l'opera è dove più dove
meno regolare. Neil' interno per la massima parte la struttura dei muri
è di sasso o di mattoni. Il paramento di travertino figura in tutti i pi-
loni e nelle fronti di alcuni valichi, e della stessa pietra sono i cunei
dei sottarchi delle navi miiiori e i rosoni nel centro delle volte. I sot-
tarchi della nave mediana hanno una costruzione mista di materiale la-
terizio e di cunei di travertino. I costoloni e la maggior parte delle volte
erano di mattoni. Oltre a tali notizie avremmo ritenute opportune quelle
relative alla stabilità delle varie parti del monumento. Noi sappiamo che
il tempio antichissimo rimase dopo più secoli in completo abbandono e
che prima che il tetto e le volte rovinassero già le muraglie avevano
« aperture per tutto ». Ci è noto altresì che il cardinale Commendone
(1577) fece restaurare la chiesa di S. Galgano, e tutta l' incatenò « con
spesa almeno dì due milla scudi ». Si potè per la malizia degli uomini
e aver levato ferrate, guasti cori antichissimi per cavarne chiodi, levato
pestìi e bandelle d' usci et il tutto venduto » a proprio vantaggio ; po-
terono i monaci in causa delle scarse loro rendite ricusarsi alle ripara-
zioni urgenti al tetto della chiesa e al campanile, supplicando a farli
(1624) il commendatario « camminando le cose a manifesta rovina » (pag.
56) : ma il rifiuto, sempre riprovevole, opposto dall' abbate, e l' incuria
di questi potè essere la sola causa della rovina del monumento ? Ci na-
sce spontaneo il dubbio che forse al peso delle volte e della tettoia non
fosse adequata la resistenza dei sostegni ; che quei contrafforti esterni
della nave centrale così sporgenti i:>osati in falso sopra i sottarchi delle
navate laterali, abbiano influito col loro peso alla rovina degli archi e
delle volte, molto più che su queste per ì guasti della tettoia pioveva
per tutto. Lo stesso A. fa cenno di tale difetto (pag. 9) che riscontrato
.su altri monumenti dì quello stile, l'Enlart attribuisce all' imperizia dei
maestri italiani. Inoltre vi fu forse difetto nella stessa struttura o per
la qualità delle malte o dei materiali adoperati, dove in specie sì co-
struirono i muri di semplice sasso, benché acconciato e ridotto in forma
regolare. E ci domandiamo : Come mai potè rovinare il campanile che
ricoperto o da guglia o da tettoia, con poche volte o solai nei ripiani,
era sollecitato ad ogni modo da poche forze orizzontali o di spinta? E come
spiegarci quella speciale struttura nella facciata, dove figura fra le due
RECENSIONI ItIltLU>t;i:Al-I(IIK 2i:{
finestre un grosso pilone die «gravita sul vano della porta centrale e si
protende su in alto quasi a far sostegno alla chiave del niezzarco di fondo
della nave mediana V (.^uaie il parere dell'egregio autore?
Diremo in ultimo che le tavole e i disegni illustrativi della bella mo-
uog'rafia nulla lasciano a desiderare. Sono in parte vedute pittoriche
dell' interno e dell'esterno del monumento, in parte riproduzioni di dise-
gni ricavati dalla cartella di studi dell'A. Nelle testate e a pie' dei ca-
pitoli, nelle loro iniziali abbiamo particolari artistici messi \k con tutta
la civetteria dell'arte. E porte ed archi e valichi, pila e lavabo, porta-
torcie e campanelle di ferro, formelle, capitelli e mensole, freg-i e cor-
nici, il tutto è cosi bene scelto e riprodotto con tanto lusso e finezza da
esserne grati ai fratelli Alinari, veri paladini dell'arte fotografica. Essi
non contenti di avere arricchito i nostri studi della piii bella raccolta di
tanti tesori artistici, ora si fanno editori, e la splendida Illustrazione del-
l'Abbazia di S. Galgano, otfertaci qual primo saggio, ci promette una
lunga non interrotta serie d'illustrazioni di altri monumenti italiani. Il
libro testé venuto alla luce è di quelli che si fa leggere e studiare, ci
solleva e ingentilisce, e dopo finito, non sazii di tante bellezze, si vor-
rebbe che durasse ancora di più.
P. Z.
FoRTis Etruria. — Deuxièine partie. Eléments du Droit Etrusque — Ex-
trait de Vouvrage « Jus Antiquum » , par C. Charles Casati de Ca-
SATis, Paris, 1895.
Fin dal 1888 l'egregio giureconsulto e dotto archeologo francese, il
cons. Carlo Casati de Casatis pubblicò con il titolo Fortis Etruria, la
prima parte di un interessantissimo lavoro sulle origini etrusche del Di-
ritto romano, promettendo fin d'allora una seconda parte che compren-
desse più speciali nozioni sulla famig'lia, sulla proprietà, sulla procedura
ecc., ricercando così tutto che valesse a dimostrare come il Diritto ro-
mano non sia che il portato del Diritto etrusco, rivendicando all'incivi-
limento etrusco la parte d'influenza che gli spetta purauco nelle poste-
riori civiltà.
Il soggetto preso a trattare dal Casati è aifatto nuovo, nessuno es-
sendosi occupato prima di lui di Diritto Etrusco, e tal soggetto fu dal
Casati medesimo trattato con amore tutto speciale, con larghezza di ri-
cerche e con esattezza di giudizio degne del più grande encomio, ogni
asserzione documentando ed ogni fatto provando, in base alle analisi le
più accurate delle iscrizioni e dei monumenti.
Nella prima parte dell'opera erasi occupato a dimostrare l'incivili-
214 RECENSIONI lUBLlOtlAFlCHE
mento etrusco cou la scorta dei niouumeuti, l'orig-ine tutta etrusca dei
nomi di famiglia e della Gente romana; in questa seconda parte un ca-
pitolo è cousecrato al frammento del testo della Ninfa etrusca Lasa Veka,
uno dei rarissimi saggi del Diritto primitivo e sacerdotale; e gli altri
trattano del Diritto personale, del matrimonio etrusco, del divorzio, della
successione, della proprietà, del Diritto amministrativo, penale, ecc. ecc.,
il tutto accompagnato da copiose ed erudite note complementari.
Più di 3000 iscrizioni etrusche funerarie hanno pòrto il mezzo al Ca-
sati di stabilire la costituzione, o meglio l'organamento della famiglia
etrusca, la quale denota già un alto grado di civilizzazione per il posto
riservato alla madre di famiglia, allora appunto che le altre civiltà pri-
mitive lasciavano alla donna una parte assai umile ed oscura, quando
non la consideravano come un animale domestico e nulla più.
Particolare interesse ha per noi siffatta pubblicazione, poiché è nei
nostri monumenti locali che il dotto autore ha trovato mèsse abbondan-
tissima di documenti e di raffronti per rendere ai nostri progenitori quella
giustizia che fino ad ora era stata loro contrastata, per sostenere il suo
asserto così enunciato nella prima parte dell'opera:
« Il me parait établì par les textes et par les mouuineuts, coutrai-
rement à la thése du célèbre historien M. Mommseu, que la civilisation
romaine est néc de la civilisation ètrusque. Si Rome a subì l' iufluence
de la Grece, si la civilisation romaine est deveuue grecque, e' est a une
epoque postérieure; lorsque les Romaius eurent assujetté les Grecs par
les armes, les Grecs a leur tour firent passer les Romains sous le joug*
de leur genie litteraire et artistique, et alors l' enfliieuce ètrusque, ju-
sque-là toute puissante dans les moeurs et daus les arts, s' eflf'a(ja peuà peu
au poiut d'étre oubliè et niée, sans cependant riellement disparaìtre ».
L' interessante ed accurato lavoro del Casati merita di esser cono-
sciuto in Italia, e particolarmente in Perugia ove le scienze giuridiche
hanno antiche e splendide tradizioni, conservate tali fino ai nostri giorni;
e noi, discendenti dall' Etrusca gente, da questo popolo nobilissimo che
ebbe la forza dell' ordine, la virtù del sacrificio e la onesta serietà della
vita, siamo sicuri compiere opera buona ed eminentemente patriottica
annunziandolo e raccomandandolo con le parole ìstesse con le quali l'e-
gregio redattore in capo della Gazette des Tribunaux de Paris (14 no-
vembre 1894) chiudeva una sua elaborata recensione su l'opera grandiosa
Jus antiquum, di cui il volume in discorso é un estratto :
« Il convient de mettre en relief les travaux comme celui de M. Ca-
« sati et de féliciter leurs auteurs. Ils rendent d'éminents services a l'hi-
« stoire et a la science du droit » .
A. LUPATELLI.
215
NECROLOGIO
Ruggero Bonghi, socio onomrio, mori il 22 ottobre 1895
in Torre del Greco, riinpianto da tutti quanti amano la pa-
tria e gli studi. La nostra Società serberà la più venerata
memoria di lui che essendo in Perugia nei giorni in che si
fondava questa istituzione umbra, ebbe per essa parole cor-
tesi e incoraggiamenti lusinghieri, né saprà mai dimenticare
hi parte che egli ebbe per la erezione del Collegio di Assisi.
Fra le moltissime sue pubblicazioni noi dobbiamo ricordare
in modo particolare il suo studio su S. Francesco;, che fra
tutti gli scritti di lui « cotesto è stato il più e meglio letto
(lo dice egli stesso), appunto per questo: perchè spiega e
non turba, perchè risponde a una realità di sentimento e non
a una superbia di speculazione, perchè tocca affetti che sono
stati e saranno sinceri nell' uomo, e non ne lusinga di falsi
e corrotti; perchè rasenta i problemi più ansiosi dell'umana
lìatura e non li scaccia via o dileggia: giacché, è vano il
negarlo, l' uomo repugna al falso, ed è falso, checché una
supposta scienza pretende, il disconoscere la natura e pre-
tendere che la metà o la minor parte, ne sia il tutto ».
Francesco Pagnotti, nato il 17 ottobre 1869 in Montefalco,
morto il 22 ottobre 1895 in Roma, era nostro socio collabo-
ratore. Nel 1891 si era laureato in storia moderna con tesi
dichiarata degna di stampa sull'umanista Giannozzo Manetti,
del quale ricostrusse criticamente la vita da lui scritta di
Mccolò V. Ottenne uno dei due posti di studio di perfezio-
216 L. FUMI
namento per la storia moderna istituiti in quei giorni dal
Villari, e intanto frequentava il corso di giurisprudenza nella
Università di Roma, in cui si laureò nel '94. Frequentò il
corso di Paleografìa e Diplomatica presso il R. Archivio di
Stato, dando ottime prove di profitto e di attitudine alle di-
scipline storiche e paleografiche. Nominato lo scorso anno
professore nel ginnasio superiore Terenzio Mamiani, ascritta
alla R. Società Romana di storia patria, alla Società Geogra-
fica italiana e alla nostra Società Umbra, dedicò con grande
amore tutto il suo tempo alla scuola e alle ricerche storiche.
Di lavori a stampa non ne lasciò che due; uno studio pre-
paratorio alla nuova edizione critica della vita di Niccolò V
del Manetti pubblicato dalla Società Romana (1891) e la rela-
zione di una nunziatura in Savoia scritta da Bernardino Cam-
pello uditore del Nunzio di Torino (1624 27) inserita nell'Ar-
chivio della detta Società (1893). Da due anni e più lavorava
intorno alla vita di Innocenzo III scritta da Niccolò da Gurbio
(Niccolò da Calvi nell' Umbria), e ne aveva già bella e pronta
l'edizione, con un'ampia prefazione, dove accennava al sua
proposito di studiare tutte le vite de' pontefici del secolo XIIU
In buona parte aveva già trascritto un manoscritto Vaticana
di storia Umbra e segnatamente di Trevi, compilato nei primi
del secolo XVI da un Podestà di Trevi. Questa storia del
tutto sconosciuta e autografa non limita le notizie alla città
sua patria, ma ne dà anche delle altre città dell'Umbria^
dove fu parimente chiamato all'ufficio di Podestà, né manca,
di interessare alla storia di Roma, specialmente là dove ri-
ferisce le voci che correvano sulla vita privata di Alessan-
dro VI. La nostra redazione aveva accettato di inserirla nel
Bollettino, e senti con piacere fin dalla metà di aprile del 1895,.
che egli avesse condotto il lavoro già a due terzi e inten-
desse raffrontare la cronaca col Diario di Ser Tommaso di
Silvestro che si viene pubblicando a fascicoli dal Fumi, e il-
lustrarla con ricerche negli Archivi Umbri e con qualche
breve osservazione sul dialetto umbro, essendovi non poche
NECROLOGIO 217
forme peculiari che possono interessare anche il filologo. La
Società ha fatto vive premure alla desolata famiglia del va-
lente giovane per ottenere questo suo studio, affinchè non
restino inutili tutte le sue nobili fatiche e la sua memoria
resti vieppiù cara fra noi per quanto è sinceramente com-
pianta.
Il nostro amatissimo amico e collega prof. Giuseppe Maz-
zatinti ha avuto il dolore di perdere il suo padre diletto, e
la sventura che ha ferito il suo cuore di figlio ha colpito
tutti i suoi amici ed ammiratori che pubblicamente, a nostro
mezzo, gii esprimono la loro condoglianza profonda in queste
pagine illustrate dalla sua erudizione eletta e curate dal suo
costante amore.
La Redazione.
219
PERIODICI IX CMO 0 IN DONO - OJIACillO DI PtDDLlC.lZIOXI
Bullettino dell' Istituto Storico Italiano (Numeri 14 e Ifi). — Sommario del
n.° 16. — Le « Vitae pontificiim mediolanensium » ed uua « syl-
loge » epigrafica del secolo X, per L. A. Ferrai. — Al critico deg-li
« Aualecta Bollaadiaua » per L. A. Ferrai. — Documenti terracl-
nesi per I. Giorgi. — Studio sul « Prochiron legum » per F. Buan-
DILEONE.
Archivio Storico Italiano (Dispeuse 3* e 4* del 1895). — Sommario della
dispensa 4.* — Memorie e documenti. — Una bolla inedita e scono-
sciuta di Celestino V., F. Carabellese. — La cong-iura di Gerolamo
Gentile, M. Rosi. — Di alcune leg-g-i suntuarie pistoiesi dal XIV al
XVI secolo, A. Zanelli. — Nuovi documenti sforzeschi fabrianesi,
A. Giaxaxdrea. — La Società Colombaria di Firenze nell'anno ac-
cademico 1894-95, A. Alfani. — Archivi e Biblioteche. — Aneddoti
e varietà. — Corrispondenze. — Rasseg-na bibliog-rafica. — Necro-
log'ia. — Notizie.
E. Accademia delle Scienze di Torino. — Memorie. — (Serie II, Tomo XLIV,
Anno MDCCCXCIV). — Classe di Scienze morali, storiche e filolo-
g-iche. — Indice. — Le più recenti indàg-ini statistiche sug-li scio-
peri, S. CoGNETTi De Martiis. — Di alcuni manoscritti copti che
si conservano nella Biblioteca Nazionale di Torino, F. Rossi. — L'an-
tica Biblioteca Novaliciense e il frammento di un Codice delle Ome-
lie di S. Cesario, C. Cipolla. — Alfonso Corradi ricordato nei suoi
lavori scientifici in relazione alla Storia, G. Claretta. — Appunti
dal Codice Novaliciense del « Martyrologium Adonis » , C. Cipolla.
— L'ultima colonna della iscrizione etrusca della Mummia, E. Lat-
tes. — Notizia di alcuni codici dell'antica Biblioteca Novaliciense,
C. Cipolla. — Antichi inventari del Monastero della Novalesa con
la serie degli Abbati e dei Priori del medesimo, C. Cipolla. — Atti
(Voi. XXX, Dispense 1^ a 12% Anno 1894-95).
Archivio della R. Società Bomana di Storia Patria (Voi. XVIII, Fasci-
coli l"-2° e 3°-4°. — Sommario del Fascicolo 3''-4". — P. Savignoni,
L'Archivio Storico del Comune di Viterbo. — D. Oraxo, Il diario di
220 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
Marcello Alberini. — V. Capobianchi, Appunti per servire all'ordl-
namento delle monete coniate dal Senato Romano dal 1184 al liSS-
e degli stemmi primitivi del Comune di Roma. — Varietà. — Ne-
crologia. — Atti della Società Bibliografia. — Notizie. — Periodici.
Archivio Storico Lombardo (Serie III, Fascicoli 7° e 8"). — Sommaria
del Fascicolo 8'\ — Memorie. — Un giuramento di fedeltà a Bea-
trice di Tenda duchessa di Milano e signora di Pontecurone ed altri
atti del segretario ducale Cristiani, Z. Volta. — Notai milanesi del
trecento (Primo spoglio dell'Archivio notarile di Milano), E. Motta.
— Varietà. — Storia ed arte.
Archivio Storico per le provincie napoletane (Anno XX, Fascicoli III e
IV). — Sommario del Fascicolo IV. — Mastrojanni 0., Sommaria
degli atti della cancelleria di Carlo Vili a Napoli. — Cerasoli F.^
Urbano V e Giovanna I di Napoli (Documenti inediti dell'Archivia
segreto Vaticano. — Croce B., Intorno al comunismo di Tommasa
Campanella. — Gabotto F., La Chiesa di Bisceglie dal Vescovo Bi-
sanzio al Vescovo Nicolò. — X., Aneddoti di Storia napoletana. —
Sogliano a.. Miscellanea epigrafica napoletana. — Contributo alla
storia e topografia antica di Napoli. — Necrologia.
Archivio Storico per le x>rovincie jmrmensi (Voi. I, 1892) — Agnelli G.»
Archivio della Collegiata di Castel San Giovanni di Olubra. — Car-
RERi F. C, Antiche memorie della Pieve di Castellarquato nel Pia-
centino. — Passerini G., Appunti storici di notari parmigiani (Ales-
sandro Malgari, Lodovico Sacchi). — Restori A., La battaglia del
29 giugno 1734 e i primi documenti del dialetto urbano di Parma. —
Appendice: Sag'gio di bibliog-rafia dialettale parmense. — Tononi
A. G., Gl'inventari delle due chiese maggiori Santo Antonino e Cat-
tedrale di Piacenza dei secoli XII e XIV. — Capasso G., Il prima
viaggio di Pier Luigi Farnese Gonfaloniere della Chiesa negli Stati
Pontifici (1537) — « Lamento » per la morte di Pier Luigi Farnese.
— Passarini G., La Giureprudenza del Foro notarile parmense nel
secolo XVI sulla validità dei rogiti imperfetti.
Mivista eli Storia, Arte, Archeologia della Provincia di Alessandria
(Anno IV, Fascicoli 11" e 12"). — Sommario del Fascicolo 12°. —
Parte I. — Studi (Casale Monferrato) — Documenti storici del Mon-
ferrato (VII) — Relazione (seconda) esatta e sincera di ciò che è
passato nella resa di Casale alle armi imperiali nell'anno 1706. —
Studi (Alessandria) — Un episodio della Storia di Alessandria al fi-
nire del secolo XIV, G. Pittaluga. — Studi (Casale Monferrato) —
Il Moncalvo — Notizie su documenti, F, Negri. — Memorie e no-
tizie. — Bibliografia della Provincia. — Parte II. — Documenti. —
l'ERIODICI IN CAMBIO O IK DONO -• OMAdGlO DI ITlìHMCAZIONI 221
Documenti ed estratti di docuinoiiti \n'v la Storia di (iavi, C. Dk
Si MONI.
Atti e memovie della lì. Deputazione di Storia Patria per le provincie
modenesi (Voi. VII della vserie IV pubblicato a celebrare il primo
centenario dalla nascita di Mons. C. Cavedoni). — Indice. — Mons.
Celestino Cavedoni), Discorso del dott. B. Golfi. — Scritti arclieo-
loy-ici sulla Lunigiaua di Mons. C. Cavedoni raccolti ed annotati
dal cav. G. Sforza. — Tombe Li-'uri di IMassa Lunense dell' avv.
A. Crespet.lani. — Corrispondenza archeologica fra C. Cavp:doni,
A. Crespellani e G. Vandklli. — Lettere inedite di C. Cavedoni
a G. Paltrinieri pubblicate dal Sac. F. Ceretti.
Ecole Francaise de Rome — Mélanges d' Archeologie et d'IIistoire (XV
Année, Fase. 1 et 2-3). — Aug-uste Geffroy par L. D. — L'é-
pitaphe d'Abercius par L. Duciiesne. — Un dessin d'après l'an-
tique par S. Reinacii. — Notes sur l' itiuéraire du Pape Calixte II
de 1121 a 1123 par P. Fabre. — Notes sur quelques voies romai-
nes de l'Afrique proconsulaije par J. Toutain. — La dominatioa
francaise à Pise par C. de la Roncière. — Les inscriptions chré-
tiennes de l'Asie mineure par F. Cumont. — Chronique archéolo-
g-ique Africaine par S. G.sell.
Atti della Società di Archeologìa e Belle Arti per la provincia di Torino
(Voi. VI). — Indice. — I sepolcreti di Ornavasso, E. Bianchetti.
Bollettino della Società di Storia Patria Anton Lodovico Antìnori negli
Abruzzi (Anno VIII, Puntata XV). — Documenti inediti dell'Archi-
vio municipale dell'Aquila, I. Ludovisi. — Cenni g-eog-rafici e sto-
rici del Castello di Assergi, V. Moscardi. — Cenni biografici del
celebre archiatro napoletano Antonio Villari (lettera del Dott. Li'iGi
Villari al Prof. E. Casti). — Ricordi storici riguardanti g'ii Abruzzi
nella Rivoluzione del 1820, L. Palatini. — Giudizio di due dotti
tedeschi sull'Abruzzo, E. Del Re.
Bulletin de la societé d' histoire Vaudoise (n. 12) — Table des matières
— Déclaratiou de S. A. Sér. Mouseigneur Ernest Louis Landgrave
de Hesse en' faveur des Vaudois. — Histoire des persécutions endu-
rées par les Vaudois du Dauphiné aux XIII, XIV et XV siècles.
jB. Accademia dei Rozzi — Bullettino senese di Storia Patria (Anno II,
Fascicoli S"-!"). — Memorie originali. — I. Del Lungo, Il Savo-
narola e i Senesi. — G. Pardi, Della vita e degli scritti di G. Co-
lombini. — G. Rondoni, Il mistero di S. Caterina in un codice della
Biblioteca Comunale Senese. — Varietà. — Archivi. — Rassegna
bibliografica.
Studi e documenti di Storia e Diritto (Anno XVI, Fascicolo 4°). — Note
222 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO - OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
iutorno alla dottrina dei leg-ati, E. Carusi. — SuH' interpretazione
di nn passo di Tibullo iu rapporto ad antiche vie, A. Rocchi. —
Lettere e rime inedite di I. Frugoni, G. Zannoni.
Miscellanea Storica della Valdelsa (Anno III, Fascicoli 2" e 3°). — Som-
mario del Fascicolo 3°. — G. Carocci, Castelfiorentino, Ricordi
e notizie. — A. Neri, Castello e Badìa di Pog-g-io Marturi presso
Pog'gibonsi. — Varietà e Aneddoti. — Comunicazioni e quesiti.
Società Storica Comense. — Raccolta storica. — Atti della visita pasto-
rale diocesana (1589-1593) di A. Feliciano Ninguarda, Vescovo di
Como (Voi. Ili, Dispensa 2»).
Bollettino della Società Africana d'Italia (Anno XIV, Fascicoli l°-8°, e
9''-10'').
Nuova Rivista Misena diretta dal Prof. Anselmo Anselmi (Anno VIII^
numeri 7-10).
Miscellanea Storica Senese (Anno III, numeri 8 e 9).
Bullettino della Società Dantesca italiana (Voi. Ili, Fascicoli 1" e 2°).
La Critica, Rivista settimanale di arte diretta da G. Monaldi (Anno III^
numeri 1-4).
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Rendiconti (Serie II, Vo-
lume XXVIII, Fascicoli 16-20).
R. Accademia dei Lincei (Classe di Scienze morali, storiche e filologiche)
— Rendiconti (Serie V, Voi. IV, Fascicoli 6-11).
Commissione Municipale di Storia Patria e Belle Arti di Carpi. — Me-
morie storiche e documenti su Carpi (Voi. VI).
Erudizione e Belle J.?'^iV Miscellanea diretta dal Prof. Francesco Rava-
GLi (Anno II, Fascicoli 11" e 12°).
Accademia di Scienze^ Lettere e Arti degli zelanti e PP. dello Studio di
Acireale. — Atti e rendiconti (Nuova serie, Voi. VI).
Rivista di Storia antica e Scienze affini diretta dal Dott. Giacomo Tropea
(Anno I, Fascicoli 2° e 3°).
n Rinascimento, Rassegna di Scienze, Lettere ed Arti (Anno I, Fasci-
colo 8").
L'Educazione popolare, Rivista mensile diretta da Giuseppe Neri (An-
no II, Fascicoli 8° e 9°).
R. Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti. — Atti (Tomo 28°).
Pu^n L. — L' Inventario dei beni di Giovanni di Maguavia Vescovo di
Orvieto e Vicario di Roma. — Roma, Tip. Poliglotta della S. C. di
P. F., 1895.
PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO - OMAGGIO DI PUnBLICAZIONI 223
Cn'OLLA C. — Cesare Cautù ed Enrico vou Sybel. — Cenni commemora-
tivi. — Torino, C. Clausen, 1895.
Charitas. — Pubblicazione per cura di G. Sannucci. — Assisi, Tip. Me-
tastasio, 1895.
Manassei P. — Nota sullo Statuto inedito di Collestatte e Torreorsiua,
comunità della Diocesi di Spoleto rette con giurisdizione feudale fino
alla restaurazione del g-overno pontificio dopo 1' epoca napoleonica.
— Spoleto, Tip. Bassoni, 1895.
Broussolle J. C. — La Rocca d'Assise, Pèlerinag-e aux pays des vicux
paintres ombriens. — Paris, Letouzey et Ané, Editeurs, 1895.
A
225
IL CATASTO D' ORVIETO
DELL' ANNO 1292
i.ii',!ii:i
1 \
Aiiliiiiiii
ìilllIKl
S'-affah-
Fila
Nunu'i'o
Il Canestrini, nella sua opera magistrale « La scienza e l'arte
di Siato desunta dagli aiti ufficiali della repubblica fiorentina e
dei Medici », parlando degli statisti di Firenze, città che egli dice
aver dimostrata — come dimostrò realmente — una sapienza gran-
dissima negli ordinamenti economici, si esprime a questa ma-
niera (I, 7) :
« Ed in vero i nostri statisti ponendo ogni studio nel cercare
e conoscere esattamente tutta la ricchezza privala, tutta la mate-
ria imponibile, e nel procurare nello stesso tempo l'eguaglianza
contributiva non solo per ragione di giustizia ma ben anche per
accrescere sempre più la rendita dello Stato, e sostenere la po-
tenza e la riputazione dentro e fuori d' Italia della repubblica fio-
rentina, non si contentarono della proporzione approssimativa o
presuntiva nel riparto delle imposte, ma fecondi come erano d'in-
gegnosi ritrovati, e per la grande pratica degli affari e dei cal-
coli mercantili espertissimi nell'aritmetica politica, aiutati forse
anche dalle tradizioni della repubblica d'Alene, si applicarono ad
accertare con vari modi di calcolo la facoltà contributiva di ciascun
cittadino, a perfezionare sempre più la forma e il modo d' imposta
e della sua distribuzione, per cui divennero sempre più esalti e
severi ricercatori della ricchezza privala e delle risorse d'ognuno ».
Ma, ad onta di tutto ciò, la repubblica fiorentina, nelle impo-
sizioni sopra la ricchezza immobile, non fu così perfetta come
altre città della Toscana, avendo fino ai primi decenni del se-
colo XV adoperato V eslimo, avendo cioè presa per norma del-
15
226 G. PARDI
l'imposte la stima delle sostanze di ciascun cittadino, fatta a se-
conda della denuncia loro od arbitrariamente da ufficiali a ciò
deputati. Di qui una grande incertezza, instabilità, ineguaglianza
ed ingiustizia nel riparto delle imposte medesime, ingiustizia age-
volata dalle passioni politiche, poiché il partito dominatore si stu-
diava di aggravare, quanto più era possibile, gli avversari e di
sgravare al contrario i propri fautori (1). Ed il Canestrini stesso
(pag. 104) confessa Timperfezione deW estimo e ne nota i due
principali difetti: « il primo, che la gravezza veniva distribuita sul
numero dei cittadini e non propriamente sulla qualità e quantità
della ricchezza; il secondo, che nell' imporre e distribuire i pesi^
non sempre la legge, ma più spesso l'arbitrio degli uomini pre-
valeva; laonde le frodi, gli abusi, le parzialità ».
In questo adunque, vale a dire nella ricerca più certa e più
esatta della facoltà contribuitiva dei cittadini, furono, per così dire,
maestre a Firenze anche due cittadelle non poste nella Toscana
culla degli ordinamenti economici : Macerala ed Orvieto, le quali
con i catasti, del 1268 l'una (2) e del 1292 l'altra, stabilirono una
norma sicura per l' imposizioni sulla ricchezza immobile.
E cito Macerata ed Orvieto soltanto, perchè sul catasto del-
l'una è stato pubblicato un accurato studio dell'avv. Foglietti, e
perchè quello dell'altra è appunto materia del presente scritto. Ma
potrei ricordare catasti antichi di altre città, come quelli di Iesi
della metà del secolo XIII, di Amandola del 1328, di Ascoli del
1381 (3), e di Amelia mollo anteriore al 1357 (4).
Ho creduto degno d'esser reso di pubblica ragione un esame del
catasto d'Orvieto del 1292, monumento della sapienza politica ed eco-
nomica di questo Comune, compiuto lo stesso anno in cui si poneva
la prima pietra di un meraviglioso monumento d'arte, della calte-
li) La provisione dei catasto fiorentino comincia con questa dolorosa esposizione
dei danni arrecati dall'estimo;
« Quelli, quanti e quali cittadini la inegualità delle gravezze pubbliche abbia dei
beni spogliati, della patria pi'ivati, lo esterminio delle sostanze a disperazione quasi
abbia condotti, il desiderio di molti che desideravano ritornare alla patria abbia ri-
tratto, di quanti mali abbia dato cagione, spauriti e dubbiosi di suo stato abbia te-
nuti, con scrittura ovvero lingua dire non si potrebbe ».
(2) R. Foglietti, Il catasto di Macerata nell'anno 136S, Macerata, 1SS6.
(3) A. Crivellucci, L'antico catasto di Ascoli (Studi storici di A. Crivellucci ed
E. Pais, voi, II, pag. 493-522).
(4) Arch. coni. d'Amelia, pergamena del 1357, gennaio 7.
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 227
drale di S. Maria (1): duo avvenimenti notevoli, che attestano la
floridezza e grandezza della repubblica orvietana sulla fine del
secolo XIII.
Compatiscano pertanto gli amanti di queste ricerche chi, de-
sideroso di fare, si avvolge, errando forse, per i labirinti di un
intricato argomento, procurando di uscirne dopo aver acquistala
qualche cognizione giovevole, studiandosi cioè di giungere a qual-
che conclusione nuova e non inutile.
§ 1. — Descrizione paleografica dei due codici contenenti
il catasto della città e del contado d'Orvieto del 1292.
Il catasto della città è contenuto in un grosso codice mem-
branaceo, di carie 608, con varie lacune. Nel quartiere di Santa
Pace mancano le e. 51-2, 57-9, 08-89; nel quartiere di Posteria
mancano le e. 128-137 e non si legge la numerazione da e. 207
a e. 211, perchè il margine superiore è corroso; nel quartiere
Serancia mancano le e. 3-18.
Ogni e. è lunga 0,52, larga 0,28. Il margine superiore mi-
sura 0,04 e l'inferiore 0,10; nel margine sinistro sono scritti i
nomi dei possessori dei terreni ed i capiversi delle pagine, nel
destro le stime dei possessi. La somma della stima dei possessi
di ciascuno e le intestazioni dei quartieri sono in rosso.
Comincia in tal modo:
IN NOMINE DOMINI AMEN.
Ad Honorem et Reverentiam Omnipotentis dei Beate Marie semper
Virgiuis et Beatorum Apostolorum Petri et Pauli et omnium sanctorum
et sanctarum dei. Et ad honorem et reverentiam sacre sante romane Ec-
(1) Tra questi due fatti v' é alcuna relazione? Il Manente (Historie, pag. 157),
dopo aver narrato come per costruire il duomo d'Orvieto furono abbattute le due
chiese di S. Costanzo e di S. Maria Prisca, aggiunge che il pontefice permise si spendes-
sero nella fabbrica le offerte presentate al Corporale, e che inoltre « fu fatto et ordinato
il Catasto generale et sontuoso come al presente si vede per tal fabrica, et tutti Ba-
roni et cittadini volentiermente pagarono gran quantità di danari per la fabrica di tal
tempio ». Le parole del Manente, false per riguardo a molti fatti della storia orvie-
tana, sono state messe in dubbio anche a questo proposito; ma io reputo sien qui ve-
ritiere, perchè la concordanza della data tra l'istituzione del catasto e la fondazione
della cattedrale conforta l'asserzione del cronista.
228 Ct. pardi
elesie et Ad statura Pacificum et Quietum Civitatis Urbis Veteris Eius-
que Comitatus et districtus Civitatis prefate. Hic est Liber Appassatus
sive mensurationis Terrarum et Possessionura Hominum Civitatis et Co-
mitatus Civitatis prefate. Ac etiam Extimatiouis. Factus et conpositus
per Discretos Viros Mag'istrum Transmundum Egidii de Fabriano, Pal-
merutium Eius Filium, Bernardum Hermanni et Bonansegnam Bartholi
de Fulgiueo Agrimensores Terrarum. Et scriptus per me Jacobum Massei
de Fulgineo notarium, Sub Anno dni M.CC. LXXXXII. ludictione Quinta,
Tempore dni Niccolay pape Quarti, Et Tempore Potestarie Nobilis et
Egregii Militis dni Fiorii de Mediolano Honorabilis Potestatis et Capita-
nei Civitatis Eiusdem: Que quidem possessiones Extimate fuerunt per Re-
ligiosos Viros, Fratres ordinis Sancti Guilielmi.
Dopo questo titolo principia il catasto del quartiere di Santa
Pace, diviso nelle seguenti regioni:
De Rigoue saucte Pacis da e. 1 a e. 32
De Rigone sancti Christofani . . .
De Rigone Vallis Placte ....
De Rigone Ripe Ulmi
Dopo il catasto del quartiere di Santa Pace segue quello del
quartiere di Postierla intestato in tal guisa:
IN DEI NOMINE AMEN.
Ad Honorem et Reverentiam Omnipotentis dei et Gloriose Beate Marie
semper Virginis, Beatorum Apostolorum Petri et Pauli, Beati Constantii
Martiris et Omnium sauctorum et sanctarum dei. Ad honorem et Reve-
rentiam sacrosancte Romane Ecclesie. Et ad bonum et pacificum statura
Civitatis et Comitatus Urbis Veteris. Hic est liber appassatus et mensu-
rationis terrarum Viuearum et aliarum possessionum hominum et perso-
narura diete Civitatis, Videlicet de quarterio Pusterule cura extimatione
Ipsarum possessionum. Factus et conpositus per discretos Viros Tran-
smundmu Egidii de Fabriano, Palmerutium eius filium, Berardum Har-
manni et Bonansegnam Bartholoni de Fulgineo agrimensores, scriptus
per me Venturam Jacobi de Spello notarium usque ad Regionem sancti
Angeli et inde antea per Angelum Thorae de Fulgiueo notariiim.
Il quartiere di Postierla è diviso nelle seguenti regioni:
33
»
42
43
»
50
53
»
125
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 229
Inprimis de Regione saucte Marie . da e. 1 a e. 32
De Regione sancti Salvatoiis . . » 33 » 46
De Regione sancti Constautii . . > 47 » 80
De Regione sancti Blaxii .... » 81 » 100
De Regione sancti Egidii .... » 101 » 106
De Regione sancti Leonardi ... » 107 » 128
De Regione sancti Angeli ... » 137 » 202
De Regione sancti Stephani ... » 203 » 221
[Manca il rione di san ^Martino]
Segue il catasto del quartiere di San Glocanni e San Gio-
venale, scritto dal notaro Martino di Pietro da Fabriano:
De qiiarterio sancti Jiivenalis et santi Johaunis.
De Rigone sancti Juvenalis . . . da e. 1 a e. 72
De Rigone sancti Matthey .... » 73 » 80
De Rigone sancti Fustini .... » 81 » 90
De Rigone sancti Johannis ... » 91 » 128
Segue il catasto del quartiere Serancia, di cui non è indi-
cato da qual notaro sia stalo scritto:
De Regione Seraucis da e. 1 a e. 47
De Regione Sancti Angeli sub Ripa » 48 » 54
De Regione Sancti Laurentii ... » 55 » 67
De Regione Sancti Apostoli ... » 68 » 106
É infine la stima dei beni di persone, di cui non si sapeva
di che regione fossero o se appartenessero alla città od al con-
tado :
In nomine domini amen. Infrascripti snnt homines et persone recepti
cum Infrascriptis possessionibns, qui non fuerunt Noti de qua Regione es-
sent per Homines Regionum positos per Comune Civitatis Urbis Veteris,
Nec agnosci potueruut per aliquos homines requisitos ad hoc qui essent
et au essent de Civitate an de Comitatu.... da e. 120 a e. 134.
Il catasto del contado d'Orvieto è contenuto in un grosso codice
membranaceo, di e. 717, presso a poco delle stesse dimensioni
delle e. del catasto della città e con margini eguali. Non v' è nes-
suna lacuna. La somma della stima dei possessi di ciascuno è
230 G. PARDI
scritta, al solilo, in rosso, come pure le intestazioni dei paesi del
contado.
Comincia in questo modo :
IX DEI NOMINE AMEN.
Ad Honorem et Reverentiam Omnipoteutis dei et Beate Marie semper
Virg'inis, et Beatorum Apostolorum Petri et Pauli et Omuiiim sanctorum
et sauctarum dei et Ad honorem et Reverentiam sacre saucte Romane
Ecclesie et Ad statum Pacificum et Quietum Civitatis Urbis Veteris eius-
que Cornitatus. Hic est liber Appassatus et Meusurationis Terrarum et
Possessiouum hominnm et personarum Totius Comitatus et Districtiis,
Castrorum, Pleberiorum et Yillarum Civitatis Urbis Veteris Cum Extima-
tioue dictarum possessionum facta per Religiosos Viros fratres de Ordine
sancti Guilielmi. Factus et Compositus per discretos viros Magistnim Trau-
smundum Egidii de Fabriano et Paimerutium eius Filium de Eodem
Loco, Berardum Herraauui et Bonanseg'nam Bartholoui de Fulgineo Agri-
mensores Terrarum, Tempore potestarie Nobilis et Egreg'ii Militis dni
Fiorii de Mediolano Honorabilis Potestatis et Capitanei Civitatis prefate.
Sub Anno dui Millesimo Ducentesimo Nouagesimo Secundo. ludictione
Quinque (sic) Tempore dni Niccolay pape Quarti.
Il catasto del contado è diviso nella maniera seguente:
Pleberium FicuUi e. 1 — 68
Castrum Fabri e. 69 — 96
Pleberium sanate Marie in Forzano, e. 97 — 100
Castrum Campursilvuli e. 101 — 142
Castrum Alglaui ....... e. 143 — 146
Pleberium Aleronis e. 147 — 171
Castrum Rubialgli e. 172 — 174
Castrum Paterni e. 175 — 178
Pleberium Sancti Fortunati . . . e. 179 — 193
Pleberium Bardani e. 194 — 198
Pleberinm sancti Donati e. 199 — 238
Pleberium Mimiani e. 239 — 252
Pleberium sancti Abundi .... e. 253 — 260
Pleberium Sucani e. 261 — 292
Castrum Lubriani e. 293 — 312
Castrum Civitelle As'liani .... e. 313 — 332
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 231
Pleberiiim sancti Johannis .... e. 333 — 340
Castrum Fichiui e. 341 — 388
Plebcrium sancte Marie Stiole. . . e. 38U — 397
Castrum Mentis Guabionis .... e. 398 — 458
Pleberium Monti Long-i e. 459 — 477
Pleberium sancte Marie de Rosa. . e. 475 — 522
Pleberium sancti Felicis e. 522 — 538
Pleberium sancte Marie in silva. . e. 539 — 582 r.
Pleberium sacti Petri e. 582 t. — 584
Pleberium Moutis Jovis e. 585 — 596
Pleberium Montis Leonis .... e. 597 — 648
Pleberium Caruaiole e. 649 — 658
Pleberium Stennaui ...... e. 659 — 678
Pleberium Morraui e. 679 — 709
Castrum Turris e. 710 — 717
In questi due calasti non sono registrati se non i- possessi
consistenti in terreni. Di ogni singolo pezzo di terra è indicalo in
quale contrada si trova, se è coltivato, sodo, a vigna, ad orlo, a
prato, a bosco e ne sono espressi i confini, l'estensione e la slima.
Eccone un esempio: -
Dnus Spinellus Rayuutii Transmundi. Ha-
bet viueam in coutrata Tinaie iuxta Lunar-
dum Jacobi Terze d. II 1. [de duobus lateri-
bus] et viam. Que est unus mezalis et vigiuti
sex tabule. Estimata Trencencis uonaginta una
1. [libra] CXXII s. [sol-
dis].
Item habet terram [fei'ra coltivata] in po-
dio Mariani iuxta Nerium Saraceni, Nerium
Ug'izonis et fossam. Que est tres mezales.
Extiraata Vigintiquatuor 1.
Item habet terram in Plano Luce iuxta
Petrum Pecore d. II 1. et Nerium Ugizonis.
Que est unus mezalis et medius. Extimata . Duodecim 1.
Item habet pratum in Parrano iuxta ec-
clesiam sancti Johannis, dnum Ciptam et viam.
Que (sic) est unus mezalis et medius et decem
tabule. Extimata. ' . Quinquag-inta sex 1.
232 G. PARDI
Item habet unum tenimentum iu vocabulo
Vallis Canuaui et Fraucag-uauo iuxta heredes
Petri Ciptadini, iossam d. IL 1. et viam. Que
(sic) est duodecim tabule. Estimata. . . . Quatuorcentis quadra-
g'inta 1.
Item habet infra dictos confìues vineam.
Que est quinque mezales. Extimata. . . . Ducentisquinquaginta 1.
Item habet sodum infra dieta latera. Quod
est sex mezales. Extimatum Decem et octo 1.
Item habet unum ertale in dicto loco iuxta
heredes Petri dni Ciptadini et viam d. II. 1.
Quod est vig-intiquatuor tabule. Extimatum Novem 1. et XI s.
Item habet silvam infra dieta latera. Que
est unus mezalis. Extimata Tribus 1. (1).
(') Non sarà inopportuno accennare qui brevemente alle misure dei terreni ado-
perate in quel tempo. In Orvieto usavansi allora più comunemente la tavola ed il
messale. Quanto alla tavola è misura assai nota. Il Rezasco nel suo Disionario del
linguaggio italiano storico e amministrativo, scrive a questa parola: Misura delle terre,
che, in alcune lìarti della Toscana, corrispondeva a metri 3,S6: nel Genovese a 144
piedi quadrati, e nel Reggiano a quattro pertiche quadrate, computata la pertica a
sei braccia, ed il braccio a dodici onde. Ora, poiché la tavola corrispondeva a me-
tri 3,86 nella vicina Siena (Banchi, Statuti Senesi, II, 363), con la quale Orvieto ebbe
tante e svariate relazioni e da cui apprese alcuni ordinamenti economici (ad esem-
pio, quelli delle gabelle), non sarà irragionevole credere che fosse computata egual-
mente in quest'ultima città. Quanto poi al tnezsale non mi è avvenuto di poterne
trovar menzione o notizia in alcun libro da me consultato; per la qual cosa è da
supporre fosse una misura locale. Non riuscendo pertanto a stabilire quanto venisse
computato il m.e2zale, ho creduto poterlo dedurre dal confronto con la tavola, o me-
glio, dal ragguaglio della stima di terreni misurati con la tavola, con quella di altri
che si trovassero nelle medesime condizioni, misurati con il mezzale. Ecco un esem-
pio, il quale mi sembra dia un risultato abbastanza soddisfacente ( Catasto del con-
tado, e. 157 r.):
Rem habet sodum cmn quercubus, quod est quadraginta tabule, extimatum, —
duodecim s.
Item habet sodum cum quercubus.... quod est decem tabule, extim,atum — tri-
bus s.
Item habet sodum cum quercubus... quod est tres mediales, extimatum, quatuor^
l. et decem, s.
Un terreno sodo con querci della misura di 10 tavole era adunque stimato 3 soldi.
Un altro terreno nelle medesime condizioni, della misura di 40 tavole era stimato
12 soldi, cioè, al solito, 3 soldi ogni 10 tavole. Quindi un altro simigliante appezza-
mento di terreno, di 100 favole di misura, dovrebbe essei-e stato stimato 30 soldi. Tro-
viamo ora che un pezzo di terra, nelle medesime condizioni dei primi due, della mi-
sura di 3 meszali, è stimato 4 lire e 10 soldi, equivalenti a 90 soldi, vale a dire 30 soldi
ogni mezzale, il che fa precisamente la stima di 100 tavole di un siffatto tei'reno. Non
è pertanto senza fondamento l'opinione nostra che il ìnezzale fosse computato ICQ ta-
vole, ossieno 3S6 metri.
Finalmente, quanto al valore delle monete allora adoperate in Orvieto, ho osser-
vato altrove che quivi era usata come unità la liì^a cortonese, corrispondente a li-
re 8.736 di nostra moneta.
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
233
§ 2. — In qual modo erano divise le possessioni
ad Orvieto nel 12U2.
11 frazionamento della proprietà ò certo una delle coi-e più
interessanti a conoscersi nello studio della vila economica degli
Slati. 11 catasto orvietano del 1292 non registra se non i possessi
in terreni, non tenendo conto delle case, dei molini, della ric-
chezza mobile, ecc. A quelli adunque dobbiamo restringere le no-
stre ricerche. E poiché i maggiori proprietari vivevano in città,
dove si accentrava la ricchezza, mentre nel conlado la proprietà
era frazionatissima, cominciamo dall'esaminare il catasto cittadino,
quartiere per quartiere e regione per regione.
I. QUARTIERE Di S. PACE.
1. Rione di S. Pace.
In questo rione abitavano 146 proprietari di terreni. Nel
seguente prospetto li ho riparliti secondo il valore dei loro pos-
sessi.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
5-
9
9
46
21
28
28
Coloro che possedevano più di 2000 lire erano certo le per-
sone più ragguardevoli della città. Perciò reputo utile riferire qui
i loro nomi (nell'ordine in cui li troviamo nel catasto) con la stima
dei loro terreni in lire cortonesi e con appresso il valore corri-
spondente in lire italiane:
Aldrevauninus Scag-ui 1. 2796 uguali a 24425,85 1.
Angelus Rainutii Trausmundi .... I. 3055 » 26678,48 1.
Heredes Bouiohanuis de Miccinellis (1) 1. 5734 » 50092,22 1.
(1) Si noti che, per avere il valore reale dei possedimenti, biso;jna ancora mol-
tiplicare per 3 la somma ottenuta con la riduzione delle lire cortonesi in lire italiane.
Cosi, ad esempio, gli eredi di Dongiovanni dei Miccinelli, che avevano fondi stimati
lire cortonesi 5734, ossieno 50092,22 lire italiane, possedevano effettivamente 150276,66 1. i.
234
G. PARDI
Heredes Bartholi Petri Guidulie .
Celle Micciuelli
Cauis Moualdi
Foft'us Acconraanui
Giiidus Gilii Berti
Intende Cremoueusis de Optimellis
Luuardus lacobi Terze ....
Montanarius Berardi
'/^ Miiualdutiiis Catalani
Masseiis Rainntii
Missciuns Petri Guidilitie . . .
Org-esins Comes de Scitoua . . .
Petrucius Ricci Miccinelli . . .
Rayuerius Terze
Raynaldus Gentilis
Raynerius lohannis
Spinellus Raynntii Transmiindi .
Spinutius lallachyni
Uguliuus Uguliui Grece. . . .
Rayuuzzeptus lacobi Tasce. . .
Vauues Ugulini
Vannes Manentis
Vanues Gerardi Arezzani , . .
Petrus Beucevenne
Andreas Guillelmi de Bardano
4250 uguali
4775
2587
2732 »
3974
4859 »
3035
10438
2527
3367
2306 »
3768
3043
12613
2336
2984
9703
6385 »
2678
3139
3358
4376
3737
2271 »
7819
a 37128,00 1.
41714,40 1.
22600,03 I.
23866.75 1.
34716.86 1.
42444,22 1.
26513.76 1.
91186,48 1.
22075.87 1.
29413,.S1 1.
20145,21 1.
32917,24 1.
26883,64 1.
110187,16 1.
20417.21 I.
26068.22 1.
84765,40 1.
55779,36 1.
23395,00 1.
27422,30 1.
29334,68 1.
38228,73 I.
32646,43 1.
19839,03 1.
68306,68 1.
2. Rione di S. Cristoforo.
Possessori di terreni slimati
.>^otto 10 1. Da 10 a 50 Da 50 a 100 Da 100 a 500
13
24
Da
500 a 1000
11
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
Amideus Guidi Marci . . .
Egidius et Philippus Simonis
Heredes lacobi Ranaldi . .
lannes Morici
Niccola Farolfi Scarpette
Loctus et Vannes Cambii .
3868 uguali a 33790,84 1.
2526
s
22067,13 1
2621
»
22897,05 1
3318
»
28986,04 1
2969
»
25063,58 1
4245
t>
37084,32 1
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
235
3. I-liONE DI Valle PL\riA.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1. Da 10 a 50
Da 50 a lOODa lOOa 50o| ^.^^^^ \ looOa^oOO
10
31
11
Sopra 2000
Bracliyixs Brachyi Rayuutii.
Osiccus Micciaelli . . . .
1. 3948 uguali a 34489,72 I. i.
1. 4996 » 43645,05 1. i.
3. Rione di Ripa dell' Olmo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50 Da 50 a 100
Da 100 a 500
15
47
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
34
42
Sopra 2000
41
Heredes Andrée Scancati
Andreas Castaldi
Audrioctus et Berardinus Adbiduti .
Filii Alexandri Bernardi
Frater Berardinus
Bouiohannes Bonag-iunte
Bicchutius Raynaldi
Heredes Andrutii Boniohannis Bonaccursi
Berardinus Albonecti
Borgarutius lacobi
Ciceus et Monaldutius Guilelmi , . .
Dna Clara uxor quondam Neri Bercii .
Conte lacobi
Henricutius Bauli Zampi . . . . .
lannes Sperandei Sallamare ....
lohannes Ugizonis
lacobus Xiecole
lacobus Albonecti
lacobus Raynutii Ug'onis
Heredes lacobutii Castaldi
2251 ug^uali
3646
5003 »
2218
3928
2296
6669
7679
6300
3081
74.30
2098
4432
2522 »
3540 r>
2377
2461 »
5215 »
2450 »
3966
a 19664,73 1.
31851,45 1.
43706,20 1.
19376,44 1.
34315,00 1.
20057,85 1.
58260,38 1.
67083,74 1.
550.36,80 1.
28915,61 1.
64908,40 I.
18328,12 1.
38717,95 1.
22032.19 1.
30925,44 1.
20765,47 1.
21499,29 1.
45.5.58,24 1.
21403.20 1.
34646,97 I.
236
G. PARDI
Meus Guilelmì 1. 4407 uguali a 38499,55 1.
Nerius Romani 1. 3397 » . 29676,19 1.
Nerius Petri Sallamare 1. 2623 » 22914,52 1.
Filli Nini Guidecti Capitauei .... 1. 2854 » 24932,54 1.
Nerius Alexandri 1. 2044 » 17856,38 1.
Nerius Pepi 1. 2800 » 24460,80 1.
Petrus Forti Brazze 1. 4350 » 38001,60 1.
Picchius Rayuerii 1. 2624 » 22923,26 1.
Rayuuzzittus Ardizzoni 1. 5105 » 44597,28 1.
Senebaldus Ardizoni 1. 4978 » 43437,80 1.
Heredes Sallamare 1. 13372 » 116817,79 1.
Siuibaldas Petri 1. 2421 » 21149,85 1.
Stephauus lordani Stephani .... 1. 7844 » 68525,18 1.
Vannes Rabertutii Raynutii Philipp! . 1. 3628 » 31694,20 1.
Heredes Vannis Andree Rubei ... 1. 19178 » 167539,00 1.
Zanuis Petri 1. 4395 » 38394,72 1.
Zutius Paganelli 1. 3241 » 28313,37 1.
Francbus lacobi Franchi 1. 4547 » 39722,59 1.
Petrus lacobi 1. 2965 » 25902,24 1.
Petrus Castaldi 1. 2318 » 20250,04 1.
Petrus Mathei Toncelle 1. 2127 » 18581,47 1.
II. QUARTIERE DI POSTIERLA.
1. Rione S. Maria.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
12
45
53
78
23
14
10
Angelus Guidi
Bartus Petri Gani
Capozzarius Gu.lielmtitii et fratres .
Predo lacobi
Putius, Lig-o et Perutius Guidi Peri
Gottofredus Raynutii
Massucceptus Raynutii
Nerius Berardi ...*....
Raynaldus Petri Gani
Eaynuccepttis lacobi de Civitella. .
6234 ug-uali a 54460,22 1.
2489
2854
2623
2673
3206
4023
2125
3967
2451
21743,90 1.
24932,54 1.
22914,52 1.
23351,32 1.
28007,61 1.
35144.92 1.
18564,60 1.
34585,71 1.
21411.93 1.
IL CATASTO D OU VIETO, ECC.
237
2. Rione di S. Salvatore.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 l.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
24
Da
500 a 1000
10
Da
1000 a 20OO
Sopra 2000
lacobus Ursi Ragolìni I. 3797 uguali a 33170,59 1. i.
lacobinus Guasta 1. 4311 » 37660,89 1. i.
3. Rione di S. Costanzo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1. Da 10 a 50 , Da 30 a lOODa 100 a 500
10
23
69
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
19
Sopra 2000
19
Abbiduttis Benencase
Bouaveuture Benencase Abbiduti. . .
Bartutius Thederici Frederici Telonag-i
Cipta Herraanni
Cipta Giiidouis
Hermanmis Cittadini
Galienus, Berardinus et Viviauus magi-
stri Scagni Medici
Heredes Maynecti Boniohannis . . .
lacobus Guidi Trausmuudi
Heredes lannis Bartholi Benedictionis .
Matheus Boniohannis Olive
Mannus Trausmundi
Nerius Benencase Abbiduti
Frater Oddo Audree Heremiti ....
Heredes Petri Guidi Pecore ....
Tonus et Carloctus Raynutii Guìcto-
uis
Zutius Trasmundi
Heredes Zarfagle Cittadini . . . • .
Heredes Petri Cittadini
3246 uguali
3490
2430
4550
5706 »
6952 »
2138
2260
4783
2978
2690
3264
5923
2472
4747
2291
2740
13929
2161
a 28356,05 1.
30488,44 1.
21228.48 1.
39748,80 1.
49847,61 1.
60822,67 1.
18677,56 1.
19743,36 1.
41784,28 1.
25015,80 1.
23499,84 1.
28514,30 1.
51743,32 1.
21595,39 1.
41461.16 1.
20014.17 1.
23936,44 1.
121683,74 1.
18878.49 1.
238
G. PARDI
4. Regione di S. Biagio.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
10
31
20
47
8
2
4
Alioctus lacobi Quintavallis .... 1. 2418 uguali a 21123,64 1. i.
Leo, Farolfus, Petrus et nepotes eorum,
Comites de Monte Marti .... 1. 33925
Pandolfus Frederici 1. 3848
Thomasiuus lacobi Quintavallis ... 1. 4502
5. Regione di S. Egidio.
Possessori di terreni stimati
296368,80 1.
33616,12 1.
39329,47 1.
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
2
12
6
13
4
2 3
Aldrebandinus Pelle 1. 2517 uguali a 21988,51 1.
Heredes Bartholi Bucciconi 1. 2140 » 18695,04 1.
lanues Egidii Morichelli 1. 4336 * 37878,49 1.
6. Regione di S. Leonardo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 I.
Da 10 a 50
13
Da 50 a 100 Da 100 a 300
11
42
Da
500 a 1000
13
Da
1000 a 2000
10
Sopra 2000
Aldrebandinus Manuppelli sive Grece . 1. 2538 uguali a 22171,96 1.
Heredes Berzi Petri Fabri 1. 2995 » 26164,32 1.
Franciscus Uguizionis sive Grece. . . 1. 3164 » 27640,70 1.
Benencasa, Bartutius, lacovutius, Nutus
et heredes Petri lohannis Fallantie 1. 2079 » 18162,14 1. i
Munaldus Aldrebandutii Niccole ... 1. 18306 » 159921,21 1. 1
IL CATASTO n' ORVIETO, ECC.
23!»
Mathiutius et Girardutius Girardini Bel-
lanprati 1. 2312 uguali a 20197,63 1. i.
Petrus Aldrebaudutii Niccolo .... 1. 13219 » lir)481,18 1. i.
Raj-nucceptus Aklrebaudìui Manuppelli Grece [Mancano qui alcuni fogli].
7. Rione di S. Angklo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
5
59
82
150
31
19
17
Heredes Andrea Fallastate de Munaldischis I. 2375 uguali
Heredes Aldrevauuiui Ainodei Lupizzini 1. 2871 »
Berardus Fordevolie de Castro Civitelle 1. 7596 »
Cinus filius olim Raynucii Provenzani . 1. 7972 »
Meus filius olim Rayuucii Provenzani . 1. 7129 »
Ceccus Bouasii 1. 2165 »
Philippus Fidantie 1. 3318 »
Ofredutius Oddonis de Corbario . . .1. 2991 »
Heredes Lupiziui Scag-ni Petri . . . .1. 2241 »
Heredes Nini Amedei 1. 7192 »
Nerius Uguizionis Grece 1. 5254 »
Proveuzanus Amodei 1. 7215 »
Senebaldus Petri Senebaldi 1. 4101 »
Heredes Gemi Tabernarii 1. 2002 »
Therius Bouasii 1. 3970 »
Heredes Todini de Fordevolie de Civitella 1. 6387 »
Vannes Paganucii 1. 2534 »
8. Rione di S. Stefano.
Possessori di terreni stimati
a 20748,00 1.
25081,05 1.
66358,65 1.
69643,39 1.
62278,94 1.
18913,44 1.
28986,04 1.
26129,37 1.
19577,37 1.
62829,31 1.
45898,94 1.
63030,24 1.
35826,33 1.
17489,47 1.
34681,92 I.
55796,83 1.
22137,02 1.
Sotto 10 1,
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
4
41
24
47
16
4
2
Giliutius Aldrebandini de Paterno
Petrus Andree
3507 uguali a 30637,15 1. i.
3083 » 26933,08 1. i.
240
G. PARDI
III. QUARTIERE DEI SS. GIOVANNI E GIOVENALE.
1. Rione di S. Giovenale.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50 ; Da 50 a 100
40
46
Da 100 a 500
130
Da
500 a 1000
52
Da
1000 a 2000 sopra 2000
41
32
Augclutius lacobi 1. 3591 uguali a 31370,97 1.
Angelus Alexandri 1. 4004 » 34978,94 1.
Teus et Lutius filli Arloctl 1. 4635 » 40491,36 1.
Andrioctus Castellani 1. 2515 » 21971,04 1.
Niuus Andree Galisi 1. 2976 » 25998,33 1.
Buccolus Guidonis Azzare 1. 3747 » 32733,79 1.
Hugolinus Boniohannis 1. 2669 » 23316,38 1.
Beraldus Petri de Sciano 1. 2298 » 20075,32 1.
Berzus Aldrevandini 1. 6402 » 55927,87 1.
Dominicus Francisci 1. 3150 » 27518,40 1.
Forzore Bundi 1. 2049 » 17900,06 1.
Gerardus sive Grifus Ugolini .... 1. 2178 » 19027,00 1.
Johannes Cinfonis 1. 2884 » 25194,62 1.
Heredes Mathej' lohannis Citadini . . 1. 3690 » 32235,84 1.
Matheus Guidi medicus 1. 3047 » 26880,67 1.
Massius Ugolini 1. 3216 » 28094,97 1.
N. N 1. 2170 » 18957,62 1.
Nallus Vallonchi 1. 2175 » 19000,80 1.
Nerius Salimbene 1. 2039 » 17812,70 1.
Kutius Ugolini 1. 3224 » 28173,60 1.
Oddutuis Andrutii 1, 2236 » 19533,69 1.
Petrus Rainerii Rudigerii 1. 17458 » 152513.08 1.
Petrus Aldrovandini Sforzaterre ... 1. 5855 » 51149,28 1.
Petrus Sforzaterre 1. 9790 » 85525,44 1.
Filippus Bartutii 1. 3350 » 29265,60 1.
Petrus Muualdi Rainerii Stefani ... 1. 16960 » 148162,56 1.
Petrus Cappecta 1. 6634 » 57954,62 1.
Rainerius Munaldi 1. 15522 » 135600,19 1.
Tebaldutius Dominici Falsacappe. . . 1. 2060 » 17996,16 1.
IL CATASTO D ORVIETO, ICCC.
■2\l
Heredcs Tutii Bernardini 1. 2!i21 n<>uali a 2')'y\l,(M', 1.
Vaunutius Rainerii Vallonclii .... 1. 2332 » 20372,35 1.
Ug-olinus Aldrovaudini 1. 6182 » r)400:),!t5 1.
2. liioNE Di S. Matteo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
19
Da 50 a 100
13
Da 100 a 500
33
Da Da
500 a 1000 1000 a 2000
Sopra 2003
Severius Domiaichelli Fiorentini ... 1. 2101 uguali a 18354,33 1. i.
3. Rione di S. Faustino.
Possessori di terreni stimati
sotto 10 1.
Da 10 a 50 Da 50 a 100 Da 100 a 500
31
24
31
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
Angelus et Vannes et Zannes Rugerii
Mongnay 1. 2335 uguali a 20388,56 1. i.
4. Rione di S. Giovanni.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
2
24
18
57
21
8
11
Berardimis Rainerii Comes . . .
Ugolinus Bulgarutii de Marsiano
Franciscus Andree Andree . . .
Nerius Bulgarutii Comes . . .
Neri Munaldi Rayuerii . . . .
Xardus Bulgarutii Comes . . .
Petrutius Boniohannis . . . .
Ventura Malavere
21939 uguali a 191659,10 1
2698
»
23569,72 1
6777
»
59203,87 1
9694
»
84686,78 1
4238
»
37023,16 1
7879
»
68830,94 1.
2413
»
21079,96 1
4399
»
38429,66 1
10
24-2 G. PARDI
Simon Raynerii Guidonis .".... 1. 30836 ixg-uali a 269383,29 1.
Vaunes Audree Bele 1. 2824 » 24758,54 1,
Zelingixs UguizoniS' 1. 3150 » 27618,40 1.
IV. QUARTIERE DI SERANCIA.
1. Rione di Serancia.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2300
3
9
18
38
39
17
24
Aldrovaudinus Aldrovaudiui ....
Areugutius Arengherii
Barthutius Pandolj^hi Gurancie , . .
lacobutius Biechi Bernardi
lacobus Eainerii Guillelmi
Guido Euberti de Mezzano
Lucius Berardini •
Ninus lacobi Patri Caromi
Oddo de Medicis
Petrus Aldrovandutii Xerconi ....
Petrus lohannis de Albricis ....
Biccutius, Pangnus, Steplianutius et ne-
potes Philippi Riccomanui. . . .
Pellus et Xerius Guidi Francisci . . .
Petrutius et Massius Raynaldi Coltray .
Puctius Melior;s
Petrus Bernardini Bartholomeì . . .
Heredes Petri lacobi Petri Caromi . .
Raynaldus Aldrovandini
Rubertus Albizi
Munaldutius, Dominicus et Putius Ste-
phaui
Vannes Forzoris de Albricis ....
Vannes Bartholi Bernardini Lucie . .
Ugolinus Lupicini
Heredes Magalocti Petri Uguizonis cum
nepte (sic)
2199 uguali a 19120,46 1.
4678
4740
16444
3952
2330
3953
4967
2592
3327
3393
13183
4183
2734
2670
3646
4076
4725
11044
1. 5065
1. 3139
1. 3759
1. 15629
1. 3431
40867,00 1.
41408,64 1.
143654,78 1.
34524,67.1.
20354,88 1.
34533,40 1.
43391,71 1.
22643,71 1.
29064.67 1.
29641,24 1.
115166,68 1.
36542.68 1.
23884,04 1.
23325,12 1.
31851,45 1.
35607,93 1.
41277,60 1.
96480,38 1.
44247,84 1.
27423.20 1.
32738,62 1.
136534,94 1.
29937.21 1. i.
IL CATASTO I> ORVIETO, ECC.
243
2. Rione di S. Angelo sub Ripa.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 L
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
5
15
14
19
5
4
1
Frater Marcus Arlocti. 1. 2506 uguali a 21892,41 1. i.
3. Rione di S. Lorenzo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a lOO
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
1
15
11
41
12
10
1
Corradus Armauui 1. 14095 uguali a 123133, !i2 I. i.
4. Rione di S. Apostolo.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
3
8
20
43
30
14
12
Barthutius Eaynaldi Presbiteri ... 1. 2726 uguali a 23812,-33 1
FutiusGismuudicumlmudutioeiusnepote 1. 2219 » 19385,18 1
Meus et Vannes magistri Guidi ... 1. 3342 » 29195,71 1
Gibellinus Munaldi lordani 1. 3257 » 28453,15 1
lordanellus Beccoli 1. 2019 » 17637,98 1
Xerius Massei 1. 7298 » 63755,32 1
Petrus Novellus Munaldi 1. 9323 » 81445,72 1
Vivianus Marinotii I. 2907 » 25395,55 1
Ugolinus Boncontis 1. 11241 » 98201,37 1
Yangnes Massei 1. 7309 » 63851,43 1
Ugoliuus loliaunis Rubei cum nepote . 1. 4828 » 42267,40 1
Petrus lohauuis Adbruuamontis ... 1. 2004 » 17506,94 1
244
G. PARDI
V. Persone di cui non si potè sapere di qual Rione fossero
o SE appartenessero alla città o al contado.
Posseditrici di terrerd stimati
sotto 10 1. I Da 10 a 50 Da 50 a 100 Da 100 a 500 5ooS%00 1000^^000 ^^P^^ ^000
10
34
21
21
Dalle cifre sopra riportale dei possessori di terreni di ciascun
quartiere orvietano e della stima dei loro possessi si ottengono,
quanto ai vari quarieri, i seguenti risultati:
I. QUARTIERE DI S. PACE.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 \.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
7
44
31
148
77
80
77
II. QUARTIERE DI POSTIERLA.
Possessori di terreni stimati
sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 200O
33
216
226
470
124
63
65
III. QUARTIERE DEI SS. GIOVANNI E GIOVENALE.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
12
114
101
251
81
55
45
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
21:
IV. QL'AKTIEllE DI SERANCIA.
Possessori di terreni stimati
Sotto 10 1.
12
Da 10 a 50
4G
Da 50 a 103
63
Da
Da 100 a 500 590 a 1003
1000
Da
a 2000 sopra 2000
141
8(5
45
38
Infine, tirando la somma delle cifre riportale per i quartieri
orvietani, si giunge al risultato seguente:
ABITANTI DI ORVIETO
Possessori di terreni stimati
sotto 10 1.
Da 10 a 50
Da 50 a 100
Da 100 a 500
Da
500 a 1000
3G8
Da
1000 a 2000
Sopra 2000
64
420
421
1010
243
205
Ma poiché adoperavasi allora in Orvieto la lira cortonese,
equivalente a 240 denari cortonesi, ognuno dei quali aveva il va-
lore di 0,0364 della lira moderna, secondo un calcolo fatto dal
Cibrario: riducendo perciò in lire italiane le cortonesi (uguali a li-
re 8.736) si ha che nel 1292 vi erano in Orvieto i seguenti ca-
pita di terreni slimati quanto appresso:
Sotto 1.87,36
64
Da 1. 87,36 Da 1. 436,80
a 1. 436,80 1 a 1. 873,60
420
421
Da 1. 873,60
a 1. 4368
1010
Da 1. 4368 j Da 1. 8736 '«_„_„ 1 ,-,-.,
al. 8736 al. 17472 /^opra 1. 1/4/2
368
243
205
Inoltre, perocché nell'estimo dei terreni non si dà il valore
effettivo di questi, ma si ottiene, approssimativamente, il capitale
vero moltiplicando l'estimo per 3, facendo pertanto una tale ope-
razione si ha il risultato che ad Orvieto nel 12!)2 vi erano i se-
guenti capita di terreni, i quali avevano ciascuno il valore qui
sotto indicato :
246
Sotto
1. 262,08
Da 1. 262,08
a 1. 1310,40
Da 1. 1310,40
a 1. 2620,80
421
Da 1. 2620,80
al. 13104,00
Da
1. i3iai,oo
a 1. 26208,00
Da
1. 26208,00
a 1. 52416
248
Sopra
1. 52416
64 420
1010
368
205
Dalle cifre sopra riportale si può abbastanza agevolmente de-
durre che in quel tempo la proprietà in Orvieto era molto fra-
zionata ; il che, io credo, doveva conferire non poco al benessere
degli abitanti di questa città (1). Infatti, per quanto una volta si
considerasse come dannoso ai popoli un eccessivo frazionamento
della terra (2), ì moderni studi economici e sociali hanno condotto
gli uomini a riguardare con occhio più benevolo le piccole proprietà.
(1) Sebbene il frazionamento delle proprietà fondiarie sia stato da taluni consi-
derato come dannoso all'agricoltura ed alla ricchezza delle nazioni, non mancano in-
signi economisti, che 1' hanno ritenuto vantaggioso per la produzione favorevole al
benessere dei popoli. Citerò qualche esempio :
H. Baudrillart, Economie politique populaire, Paris, 1869, p. 103. « La petite
proprieté.... est trés-productive par l'énergique travail qu' elle developpe. Elle forme
des milions de familles attachées au sol ».
G. Filangieri, Delle leggi politiche ed economiche (Biblioteca dell'Economista,
.s. I, v. VI, p. 763). « Senza una buona ripartizione le ricchezze, invece di fare la feli-
cità della nazione, ne accelerano la rovina ».
G. S. EisDEL, Trattato sulV industria delle nazioni (Bibl. dell' Ec, s. I, v. Vili,
p. 320). « Una disuguaglianza eccessiva nella proprietà del suolo é più dannosa di una
disuguaglianza eccessiva nella distribuzione di ogni altra specie di proprietà ».
G. Droz, Economia politica o Principi della scienza delle ricchezze (Bibl. del-
l'Ec, s. I, v. VI, p. 993). « Senza enunciare idee scipite e false, si possono far valere talune
considerazioni in favore delle piccole proprietà ».
DcpLYNODE, Della proprietà territoriale in Francia (Bibl. dell' Ec, s. II, v. Il,
p. 123 segg.). « Se consideriamo gli effetti della piccola proprietà sotto rapporti divei'si
da quello dell'aumento della ricchezza, possiamo abbastanza congratularci a vedere il
suolo della Francia diviso fra un gran numero di mani. Col sentimento della proprietà,
e sopratutto della proprietà territoriale, sorgono i pensieri più alti e più nobili
Non solamente l'appropriazione del suolo da parte dei contadini é un fatto eminente-
mente civilizzatore, ma é ])ure una guarentigia di tutto il corpo sociale: giacché per
mezzo di esso si trovano nelle classi lavoratrici milioni di uomini prudenti, economi,
amanti dell' ordine stabilito e della libertà. Questa condizione di cose mi sembra tal-
mente importante, che io non saprei comprendere una libera democrazia, nella quale
esista qualche sicurezza per l'ordine sociale, senza immaginarci una grande divisione
di proprietà La divisione del territorio è ancora, e precipuamente, un beneficio
di primo ordine, in quanto permette ad un gran numero di persone di prender parte
ai godimenti della fortuna ».
(2) A questo concetto sono ispirate la legge prussiana del 4 settembre 1865, la
quale ordinava che tutte le pertinenze di una tenuta state alienate dovessero far ri-
torno a quella; la legge pel Nassau del 1700 determinante che la estensione di terre
necessaria pel mantenimento di una famiglia fosse di 6 morghen di campo e 4 lj2
di terreno erboso ; la legge boema del 1790 vietante di ridurre le terre ad appez-
zamenti troppo piccoli, ecc. ecc. (Vedi X. Meitzen, Agricoltura, Bibl. dell' Ec, s. Ili,
V. XI-XII, p. 284 segg.).
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 247
Non v'ò tuttavia clii non convenga elio le proprietà troppo
piccole arrechino qualche inconveniente economico. Un fondo, il
quale non abbia estensione sufficiente per mantenere una famiglia,
fa andare talvolta perduta la forza di lavoro eccedente i bisogni
del fondo medesimo. Inoltre l'essere il lavoratore legalo al suo
campicello, insufficiente a sostentare la propria famiglia, [miò an-
che costringerlo a lavorare ad un salario troppo basso.
Ma queste considerazioni non mi sembra valgano per la di-
visione del territorio orvietano nel 1292; dove la proprietà non
era tutta accentrata nelle mani di pochi (come avveniva allora
frequentemente e come accade ora pure) e dove, d'altra parte, i
fondi troppo piccoli non erano in grande quantità. Vediamo di-
fatti che la maggior parte dei capita descritti nell'antico catasto
orvietano valevano da 2020 lire a 13104 ed erano pertanto suffi-
cienti al mantenimento di una famiglia.
Confrontando infine l'antico catasto con quello odierno, dob-
biamo constatare che i possessi in terreni sono maggiormente ac-
centrati adesso che non nel 1292. Infatti, per quanto la popola-
zione sia diminuita considerevolmente (per riguardo alla città,
dove abitano le persone più facoltose) ed il territorio del circon-
dario orvietano sia alquanto minore di quello della repubblica me-
dievale, nondimeno i grandi proprietari sono sempre numerosi e
più ricchi di quelli antichi, possedendo taluno più di un milione
di soli fondi e superando non pochi le 300,000 e 400,000 lire di
possedimenti in terreni.
§ 3. — Artisti possidenti d'Orvieto neW anno 1292.
Un altro fatto, il quale ci conforta nell'opinione che in quel
tempo la proprietà fosse maggiormente frazionata che non ora,
si è il rinvenire un numero non insignificante di persone appar-
tenenti alle arti minori aventi dei possessi; mentre adesso non si
troverebbero certamente in Orvieto 17 calzolai, 15 legnaiuoli, 13 pie-
traiuoli ed 11 fabbri possidenti, come v'erano nel 1292. Per di più
si tenga presente che nell'antico catasto orvietano non sono regi-
strate se non le proprietà fondiarie.
L'arte, che più rendeva in quel tempo, sembra fosse la me-
dicina: i tre maggiori possidenti, tra i giurati delle arti, cioè
2-Ì8 G. TARDI
quelli che possedevano più di 2000 lire corlonesi (lire italiane 52,416)^
sono due medici ed un taverniere. Tra i possidenti da 1000 a 200O
lire corlonesi (cioè da 26,208 a 52,416 lire it.) troviamo un fortu-
nato calzolaio, un medico, uno scrivano, un sensale, uno spadaro
ed un usciere del Papa. Tra i nomi dei possidenti da 500 a 1000
lire cortonesi (vale a dire da 13,104 a 26,208 lire it.), leggiamo
quelli di tre sarti, di due funai, di due vasellai, di un barbiere,
di un muratore, ecc. E da notarsi anche tra questi il nome di un
faher serrator : il che dimostra come esso dovesse avere un gua-
dagno maggiore de' suoi compagni d'arte, perchè nessuno dei nu-
merosi fabbri (11) giunge a possedere 500 lire cortonesi.
I possessi più numerosi sono, al solito, quelli da 100 a 500
lire corlonesi (cioè, da 2G20 a 13,104 lire il.). Che abbiano poi
proprietà fondiarie stimale da 50 a 100 lire corlonesi (vale a dire
da 1310 a 2G20 lire il.) ve ne sono pure parecchi. Tra i posses-
sori di terreni slimali da 10 a 50 lire cortonesi (cioè da 2G2 a 1310
lire it.) troviamo 6 pielraiuoli, 5 legnaiuoli, 5 mugnai, 2 calzolai,
l'ortolano dei frali minori, ecc. Quei pochi, che possedevano meno
di 10 lire corlonesi, sono due legnaiuoli, un banditore, un brac-
ciante, un fornaio, un pietraiuolo, un salsettaro ed un sarto.
Tulio questo si potrà facilmente riscontrare nei quadri seguenti,,
da cui si scorgerà pure quali arti erano allora più esercitale in
Orvieto: come cioè vi fossero poco o niente esercitale le arti di
lusso, quali quelle della seta e della lana, e molto invece le arti
più direttamente utili alla vita pratica, come quelle dei calzolai,,
legnaiuoli, pielraiuoli e fabbri.
IL CATASTO D OUYIETO, ECC.
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I. QUARTIERE DI S. PACE.
1. Rione di S. Pace.
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Ugolinus
Cappellarius
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2. Rione di S. Cristoforo.
Andriottus Bevetutti Scagavire
Calcinarius
Boniohannes Parentis
Procazzantis
—
Frcdericus Barthi
lacobus
Tentor
Pellizzarius
—
Propicius
Tinctor
—
Laurentius
Calcinarius
-
Raynaldus None
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-
Egidius Berardini
Calcinarius
-
3. Rione di Valle Piatta.
Bartholomeus
Scopaius
—
Guillelmus Bartholi
Barberius
Micchael
Ortaiolus
-
Paulus Bonagratie
Macellarius
-
Franciscus loliannis Vindemie
Curatore
-
Vannes lobannis Astigane
Curator
—
250
G. PARDI
4. Rione di Ripa dell'Olmo.
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Bonvenutus Rogerii
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-
Magister Girardinus
Calzolarius
-
Guilielmxitius
Sellarius
-
Rainutiiis
Pettenarius
-
Nutus
Pellizzarius
-
Ninus Palmerii
Notarius
-
Hubertus
Faber cervellarius
-
Christofanus
Funarius
-
Ventura
Scrivanus
-
II. QUARTIERE DI POSTIERLA.
1. Rione di S. Maria.
Amodeus Vengnatis
Magister Lingnorum
—
Aldrebandutius
Faber
-
lohaimes d'Aynese
Petraiolus
-
Appressus
Laborator
-
Baronus Petri
Magister Lingnorum
-
Boccolus Petri
Magister Lingnorum
-
Brunatius et lacobus
Sergentes dni Pape
-
Blancus
Usscerius dni Pape
-
Magister Bosius magistri loliannis
Faber
Bombaronus Sembianze
Magister Lignorum
—
Bartholus Venzi
Procazzantis
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-
lohannes
Spadarius
-
Compagnus
Murator
-
Ciccus lacobi
Renaiolus
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IL CATASTO 1) (tUVIBTO, ECC.
251
(Continua) 1. Rioni-; ni S. Mahia.
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Aldrebaudutius
Pilizarius
-
Giliutius Tliomassi
Petraiolus
—
lacobus
Tigularius
—
lacobus
Petraiolus
-
lacobus Ugolini
Sellarius
—
lacobus Bilacque
Pillizzarius
-
lacobus Mariani
Mugnarius
-
Matheutius
Tigularius
-
Matheus Thome
Sartor
-
Masseus
Piscator
-
Masseus
Coltraius
-
lacobus
Renaiolus
-
Ninus dne Azze
Spadarius
-
Niccolecta
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-
Petrus
Pescaiolus
-
Paganellus
Mugnarius
-
Pepe Raynerii
Asinarius
-
Petruzolus Benciveni
Magister Lingnorum
—
Rusticliellus CTUillelnii
Pellizzarius
-
Raynerius Divitie
Sartor
-
Nutius Mazze
Cartarius
-
Restorus
Barberius
-
Raynerius Berardinì
Borsarius
—
Rubertus Benamate
Calzolarius
tSymoncellus
Mungnai'ius
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Vannes
Renaiolus
-
Vannes Petri Gratiani
Renaiolus
252
G. PARDI
(Continua) 1. Rione di S. Maria.
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Orvetanus Rodolli
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Zonus Venture
Petraiolus
2. Rione di S. Salvatore.
Aldobrandiaus RoUandi
Clavarius
—
Bartolus Boldroni
Negoziantis
-
Berardinutius Hommodei
Cartulai'ius
-
Mammillinus Andriocti
Pinctor
-
Coradus
Cartarius
—
Filippellus
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Gonnella
Celonarius
—
lacobus Egidii
Oliarius
-
lannes Longus
Calzolarius
-
Aldi'ebandutius
ISIagister Lingnorum
-
Putius Orvetani
Coltellarius
Rubertus Bonomi
Medicus
-
Thomas lohannis
Oliarius
—
Vannes
Salaiolus
-
3. Rione di S. Costanzo.
Angelus lohannis Morici
Salsettarius
—
Angelutius
Pillizzarius
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Negosiantis
-
Benavere Rencordati
Faber
-
Magister Xiccolaus
Barberius et Sartor
-
IL CATASTO D OKVIKTO, ECC.
253
(ContinuaJ 3. I^ionk di S. Costanzo.
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Magister Scangnus
Giacobellus Raynerii
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Johannes Volte
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Nicola et Florentinus Blasii
Prianus Compagni
Palmerius
Petrutius Darti
Entendi Benentendi Rubens
Raynerius
Raynaldutius
Thodinus
Ventura lacchi
Clavarius
Sartor
Medicus
Negosiantis
Calzolarius
Pecorarius
Procurator
Barberius
Salaioli et Oliarli
Cappellarius
Panicoculus
Negosiantis
Celonarius
Negosiantis
Vendi tor panni vecchi
Procurator
Ortolanus fratrum min.
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4. Rione di S. Biagio.
Angelutius Ventm'e
Alexandrutius
Corvenzinus
Defendi
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Johannes
lacobellus Angelicti
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Murator
Murator
LaV)orator
Pecorarius
Magister Lingnorum
Sartor
Faber
Petraiolus
Banditor
Sartor
254
G. PARDI
(Continua) 4. Rione di S. Biagio.
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Raynerius
Mugnaius
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Vito Aldrebandutii
Laborator
-
Zolus Bone
Fornarius
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5. Rione di S. Egidio.
Andreas Aspecte
Funarius
—
Dominicus Tebaldi
Magister Lingnorum
-
Franciscus Rosone
Petraiolus
-
Guido Simonis
Vascellarius
-
Johannes Lochesis
Funariiis
-
6. Rione di S. Leonardo.
Bolonginus Raynaldi
Funarius
—
Bartholomeus Girardi
Lanaiolus
-
Bartus ,
Caldararius
-
Cola Toste
Ortolanus
-
Ciccus Scelenguati
Sartor
-
Conpagny Massei Centelezze
Oliarius
-
Guillielmus
Pomaiolus
-
Magister Petrus
Faber serrator
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Magister Lingnorum
-
Bergaminus
Marescalcus
-
Petrus Michaelis
Calzolarius
-
Andreas
Magister Lingnorum
-
Petrutius Mathei
Calzolarius
-
IL CATASTO d' OKVIETO, ECC.
7. Rione di S. Angelo.
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Vannes Sometani
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Herardinellus Rustichelli
Laborator
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Butius Ranaldi
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Compag'nolus Guidonis
Laborator lilati
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Calzolarius
-
Dominicus Francisci
Pilizarius
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Franciscus
Calzolarius
-
Fahrutius Guillelmi
Notarius
-
Guilielmus Guercius
Ortolanus
-
Guilielmus Pepi
Setaiolus
-
Egidius Racchi
Sartor
-
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Calzolarius
-
lacobus Leonardi
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Funarius
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Salsettarius
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Johannes Deotallevi
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Michael Symoais
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Barberius
-
Magister Orvetanus
Medicus
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Petrus Deotallevi
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256
G. PARDI
(Continua) 7. Rione di S. Angelo.
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-
Nutius Mazze
Cartarius
-
Vannes Peri
Funarius
-
8. Rione di S. Stefano
Andreas
Magister Lignorum
—
Berardinus
Cappellarius
-
Bivianus
Magister Lignorum
-
lacobus Pliilippi
Calzolarius
-
Pleneria
Negoziantis
Tliomas Darti
Faber
-
Ugolinus
Magister Lignorum
-
III. QUARTIERE DEI SS. GIOVANNI E GIOVENALE.
1. Rione di S. Giovenale.
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Pretaiolus (sic)
—
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Notarius
-
Magister Guillielmus
Medicus
-
Magister Matbeus
Medicus
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IL CATASTO D OU VIETO, ECC.
257
(Continua) 1. Rionh ni S. Giovenale.
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2. Rione di S. Matteo.
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Johannes Massarie
Oddarellus
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Calzolarius
Calzolarius
Calzolarius
Pecoraius
Faber
3. Rione di S. Faustino.
Bartus Fortis
Pecorarius
—
Bencevenue
Faber
Johannes Guidi
Sartor
—
Zinbardus Deotalleve
Barberius
-
4. Rione di S. Giovanni.
Berrectinus
Petrus Guidi
Sensus
Gherardlnus
Petraiolus
Molendinarius
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258
G. PARDI
IV. QUARTIERE DI SERANCIA.
1. Rione di Serancia.
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Spinellus
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Pesciaiolus
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2. Rione di S. Angelo sub Ripa.
Guidectus Benvenuti
Johannes
Vascellarius
]Magister lignaminis
3. Rione
DI S. Lorenzo.
Boniohannes
Pissiaiolus (sic)
—
Barontius
Murator
-
Bartliutius
Vascellarius
-
Bentevengna
Pomaiolus
-
Durante
Pelliparius
-
Guillelmus
Sensalis
-
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Vascellarius
-
Nicola
Vascellarius
-
Nicolaus
Vascellarius
-
Petrus
Vascellarius
-
Romanutius
Calzolarius
-
Benvenutus
Calzolarius
—
4.
Rione di
S. Apostolo.
Mactheus
Magister lignaminis
—
Mactheus
Medicus
-
Tomaronus
Sartor
-
Petrus
Ortaiolus
—
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
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Per far vedere più chiaramenle quali arti fossero di prefe-
renza esercitate in Orvieto, porrò qui sotto in ordine alfabetico i
nomi di tutti i mestieri, con accanto il numero delle persone, che
li esercitavano, da noi rintracciate nel vetusto catasto orvietano.
Soltanto non possiamo aver la lista completa dei componenti le
arti, perchè non tutti certamente saranno slati proprietari di ter-
reni :
Asinariiis 1
Aurifex 1
Bauditor 1
Barbeiiiis 6
Bastarius 1
Borsarius 1
Calciuarius 1
Caldararius 1
Calzolaiius 17
Cainaug-uaiolus 2
Cappellarius 4
Cartariiis 3
Cartiilarius 1
Celonarius 2
Clavarius 3
Coltellarius 1
Coltraius 1
Conzadore 3
Curator 2
Faber 11
Faber cervellariiis 1
Faber serrator 1
Fornarius 1
Fuuarius 6
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Laborator 6
Laborator filati 1
Lauaiolus 1
Macellarius 1
]\Iagister lignorum 15
!Mag'uaniis 2
Mariscalcus 1
Mediciis 7
Merciantis 3
Moleudiuarius 1
Mugnaius 7
Murator 7
Negosiantis 1
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Ortulauus (i
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Pauicoculus 1
Pecorarius 5
Pellizarius 10
Petraioliis 13
Pettenarius 1
Pinctor 2
Piscator 2
Pisciaiohis 2
Pomaioliis 2
Procazautis 3
Procurator 2
Eeuaiolus 4
Salaiolus 3
Salsettarius 2
Sartor 11
Sartor grassus 2
Scopaius 1
Scrivanus . 1
Sellariiis 2
Sensalis 3
Sergeus domini Pape .... 2
Spadarius 3
Tabernarius 3
Tegularius 2
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Tigillarius 1
Tinctor 3
Usscerius domini Pape ... 1
Vascellarius 7
Veuditor panni vecchi. ... 1
260 G. PARDI
§ 4. — Forestieri possidenti in Orvieto nel 1292.
Di una specie di forestieri, diffusa in quasi tutte le<5Ìttà d'Ita-
lia, dov'essi vivevano in condizioni men dure che non in altri
paesi d'Europa, vale a dire degli Ebrei, non ne troviamo neanche
uno menzionalo nel catasto orvietano. E ciò è facilmente spiega-
bile, perchè gli Ebrei non impiegavano le loro ricchezze nella com-
pera di terreni, ritraendone un fruttato maggiore con il darli ad
usura. S'aggiunga poi che nella maggior parte dei luoghi non ave-
vano il diritto di posseder beni immobili (1). Nondimeno è certo
che degli Ebrei alcuno ve ne doveva essere in Orvieto. Ne tro-
viamo ricordati più d'uno negli atti dei podestà d'Orvieto degli
anni 1277 e seguenti. Inoltre sappiamo che, una ventina d'anni
dopo la compilazione del catasto, nel 1312, il Comune orvietano
accordò ad essi speciali condizioni, avendo bisogno da loro del-
l'imprestilo di una forte somma per far togliere l'interdetto^ il
quale da vari anni gravava sopra Orvieto.
Degli altri forestieri, venuti generalmente da città e borgate
vicine, troviamo in maggior numero Perugini, Cremonesi, Luc-
chesi, Senesi e Viterbesi. La maggior parte, al solilo, avevano
possessi da 100 a 500 lire cortonesi, uno appena ha più di 2000
lire di proprietà fondiaria, tre soltanto meno di 10 lire. Abitavano
i più nel quartiere di Postierla.
La condizione di questi forestieri, lavoratori o commercianti,
non doveva esser differente da quella degli altri cittadini.
« 1 forestieri (dice il Cibrario, I, 263) che voleano fare perpe-
tua o temporaria dimora in una terra doveano farsene accettar
borghesi, comprar casa d'un certo valore e soddisfare agli altri
obblighi della borghesia La borghesia si concedeva dal Con-
siglio del Comune a tempo od in perpetuo. Quando veniva a ren-
dersi cittadino alcuno dei grandi baroni, gli si concedeva per l'or-
dinario dispensa dall' obbligo di residenza e da qualche servizio
personale ».
(1) Cfr. in Fertile, Storia del diritto italiano, III, 184. Avevano nondimeno il
diritto di possedere immobili in Ascoli (Cfr. Crivellucci, L'antico catasto di Ascoli,
p. 518).
IL. CATASTO 1) ORVIETO, ECC.
261
« Chi non poteva o non volea rendersi borghese, usava met-
tersi in guardia del Principe o del Comune; e per tu! protezione
gli rispondeva un annuo censo d'un fiorino o d'un obolo d'oro,
o di poche libbre di cera, di pepe, di cannella, o di tali altre
derrate ».
Nel seguente quadro sono enumerati lutti i forestieri possidenti
in Orvieto con i relativi possedimenti:
Forestieri dimoranti in ORvir;To:
QUARTIERI DOVE ABITAVANO E POSSESSI LORO.
LUOGHI
DI
PROVENIENZA
QUARTIERI
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DI ABITAZIONE
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Acquapendente
Amelia ....
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Bagnorea . . .
Bologna . . .
Bolsena . . .
Camerino . . .
Casale . . . .
Città di Pieve .
Cremona . . .
Fermo . . . .
Firenze. . . .
Genova . . . .
Gubbio. . . .
Lucca . . . .
Milano . . . .
Montefalco . .
Montepulciano .
Parma . . . .
Perugia . . .
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262
G. PARDI
LUOGHI
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DI ABITAZIONE
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5. — Possessi di comunità ecclesiastiche e di pie istituzioni.
Grandissima era nel medio evo la potenza delle idee religiose,
le quali, per quanto non venissero facilmente comprese né di fre-
quente messe in opera dai rozzi guerrieri, eccitavano nondimeno
la loro fantasia, ispirando ad essi piuttosto superstizione che non
religione vera. I principi ed i baroni di quel tempo, reputando
di scontare le colpe, i fatti di sangue con il far doni ai monasteri
ed alle chiese, largheggiarono con gli ecclesiastici. La paura
millenaria, inoltre, fece moltiplicare senza fine le donazioni ai mo-
nasteri ed alle chiese, cagionando così l'accrescersi vie più della
potenza dei prelati, che vennero ad acquistare, oltre al potere spiri-
tuale, fortissimo allora, un potere temporale e numerosi privilegi.
Ma questi furono infrenati dai Comuni. Rimase tuttavia per
molto tempo ancora il privilegio, che dei beni delle comunità ec-
clesiastiche non fosse pagata l'imposta fondiaria. Ed infatti ve-
diamo che nel catasto orvietano non sono registrati i possessi di
tal genere. Eppure questi non erano poco numerosi, a giudicare
soltanto da quelli, che a caso si trovano ivi ricordati nel deter-
minarsi i confini dell'una o dell'altra proprietà. Ad esempio, l'ab-
bazia del Monte Orvietano aveva, come si capisce facilmente dal
■catasto del 1292, possessi addirittura sterminati. Così il monastero
di san Severo, i canonici di san Costanzo, ecc.
IL CATASTO L>' ORVIETO, ECC. 263
Scorrendo soltanto il catasto della città, mi ò venuto fallo di
notare varie pie istituzioni e comunità ecclesiastiche posseditrici
di terreni, che io riporto qui appresso in quell'ordine, in cui si
rinvengono nel catasto medesimo. Nò credo che la lista sia per
riuscire completa, perchè alcune potranno non esservi ricordate
ed altre essermi per avventura sfuggile.
1. Hospitale [sancte Marie], Catasto della città{Quartiere di S. Pace), e. 1 r.
2. Ecclesia sancii Sani, ivi.
3. Plebs Stempuani, e. 2 r.
4. Ecclesia sancii lohaunis, ivi.
5. Ecclesia saucti Silvestri, ivi.
6. Hospilale sancii Lazari, e. 2 t.
7. Cauouici sancii Conslanlii, e. 31 t.
8. Ecclesia saucte Crucis, ivi.
9. Ecclesia saucle Marie de Bethelem, ivi.
10. Abbatia Moatis Orvelane, e. 4 r.
11. Ecclesia sancte ÌMarie, ivi.
12. Ecclesia sancii Conslanlii, e. 4 t.
13. Episcopatus, h. 5 r.
14. Ecclesia saucle Trinitatis, e. 5 t.
15. Ecclesia sancii Martini, ivi.
16. Ecclesia sancii Petri, e. 8 r.
17. [Ecclesia ?] sancte Mustiole, e. 8 t.
18. Ecclesia saucti luvenalis, e. 9 r.
19. Ecclesia sancii Valentani, e. 11 t.
20. Ecclesia sancii Felicis, e. 13 r.
21. Ecclesia sancii Blaxii, e. 14 t.
22. Ecclesia sancii Sepiilcrì, e. 16 t.
23. Ecclesia sancii Spirili, e. 17 t.
24. Ecclesia saucti Pauli, e. 20 t.
25. Hospitale sancii lacobi, e. 22 t.
26. Ecclesia sancii Egidii, e. 23 t.
27. Ecclesia saucti Abuudi, e. 21 t.
28. Ecclesia sancii Donati, e. 31 t.
29. Ecclesia sancii Marci, e. 32 r.
30. Ecclesia sancii Andree, e. 32 t.
31. Ecclesia sancii Christophani, e. 34 r.
32. Ecclesia sancii Dominici, e. 35 r.
33. Ecclesia sancii Benedicli, e. 35 t.
34. Ecclesia sancii Bartholomei, e. 39 r.
2G4 G. PARDI
35. Ecclesia sancti Fustini, e. 40 r.
36. Ecclesia sancti Angeli, e. 41 r.
37. [Ecclesia?] sancte Augustiole, e. 41 t.
38. Mouasterium sancti Guilielmi, ivi.
39. Monasterium sancte Marie, ivi.
40. Mouasterium sancti Pauli, e. 54 r.
41. Plebs de Ficullo, e. 57 r.
42. Ecclesia sancti Laurentii, e. 55 t.
43. Ecclesia sancti Viti, e. ^<9 r.
44. Ecclesia sancti Antonii, e. ()i ?'.
45. Ecclesia sancte Lucie, e. 65 t.
46. Ecclesia sancti Fortunati, e. i(?0 r.
47. Ecclesia sancti Leonardi (Quartiere di Postierla), e. 8S r.
48. Ecclesia sancti lorg-ii, e. 34 r.
49. Ecclesia sancti Nicolai, e. 79 r.
50. Monasterium sancti Severi, e. iS5 r.
51. Ecclesia sancti Severi, e. 202 r.
52. [Ecclesia?] sancti Sebastiani, ivi.
53. Ecclesìa sancte Anastasio, e. 204 <.
54. Ecclesia sancti Stephani, e. 205 r.
55. Monasterium Mentis Aralis (Quartiere dei SS. Giovanni e Gioveìiale),
e. 96 r.
L'abbazia di san Niccolò del Monte Orvietano è, s'io non erro,
la comunità religiosa che aveva «laggiori possedimenti (1).
Un'altra abbazia, della quale son ricordate varie proprietà
nel catasto del contado, è quella di san Pietro di Acqualta, che
nel 1358 fece lega con i conti di Montemarte (2).
Numerose proprietà fondiarie avevano pure i canonici di
san Costanzo. Il più antico vescovo orvietano ricordato nei docu-
menti, Sigifredo, concesse loro nel 1209 molte chiese e molte terre.
Divenuti pertanto ricchi e potenti, osarono perfino proclamare un
vescovo colpevole di disonestà.
La chiesa di san Costanzo era la più ragguardevole della città,,
(1) Sorgeva presso il castello di Fienile. Neil' archivio comunale di questo paese
si conserva un inventario dei beni di tale monastero Benedettino, del tempo in cui fu-
rono ceduti in enliteusi perpetua al Comune licullese dai canonici di S. Maria Mag-
giore di Roma (anno 16^11).
(2) Tutte, o quasi tutte, le notizie storiche riportate appresso son tolte dal Codice
diplomatico d'Orvieto del Fumi, che io credo inutile citare volta per volta.
IL CATASTO IJ' ORVIETO, ECC. 265
l'antica calledrale, e sorgeva nell'area di quella odierna. Ma nel 12S4,
avendo il vescovo Francesco in ariiuio di edificare una nuova chiesa,
unì la parrocchia di san Costanzo con quella della vicina siinta Maria
Prisca e dei redditi riuniti delle due chiese costituì la rendila della no-
vella cattedrale, che cominciò a sorgere bellissima pochi anni dopo.
Delle altre chiese sopra menzionate quella di sant'Andrea
esiste ancora con lo stesso nome. Anlicaniente vi si stipularono
anche alti del Comune. Nel 1203 il podestà Parenzo concordò ivi
le condizioni della pace tra i Senesi ed il conte Aldobrandino.
Le chiesuole di san Bartolomeo, di santa Anastasia, di san Giu-
Ifano, di san Lorenzo e di san Matteo erano poco ragguardevoli
ed appartenevano tutte al capitolo di san Costanzo, a cui furono
confermate da un privilegio di Adriano IV.
Le chiese di san Biagio, di sant'Angelo, di sant'Egidio, di
san Leonardo, di san Martino, di san Salvatore e di santo Ste-
fano dovevan sorgere, evidentemente, nei rioni omonimi del quar-
tiere di Postierla. Così nel rione dello stesso nome del quartiere
di santa Pace la chiesetta di san Cristoforo ed in quelli corri-
spondenti del quartiere dei santi Giovanni e Giovenale le chie-
suole suburbane di san Matteo e di san Faustino.
La chiesa di san Giovanni (quartiere e rione omonimi) era
l'archivio del Comune e vi si riponevano il bossolo degli ufficiali
e vari altri atti e scritture. L'antichissima chiesa di san Giove-
nale (quartiere e rione omonimi), basilica pagana un tempo, è
giunta sino a noi cangiata solo in parte. È menzionata in un atto
del 1198 (lodo tra Orvieto ed Acquapendente).
La chiesetta di san Lorenzo era situata nel quartiere di Se-
rancia, ed in quello di santa Pace sorgeva il tempio di san Do-
menico, in cui, poco prima del 1292, Arnolfo di Lapo erigeva un
bellissimo monumento al cardinal di Bray.
Delle chiese del contado ricorderemo quelle di sant'Abbondio, di
san Felice, di san Pietro, di san Severo, da cui prendevano la deno-
minazione gli omonimi pivieri o ville. Viceversa le ville di Acqualta
(nel piviere di Monte Giove) e di Monte Orvietano (nel piviere di
Fienile) davano la denominazione alle due abbazie situate nel loro
territorio.
Oltre ai beni delle chiese sopra nominate erano numerosissimi
quelli appartenenti ai vari monasteri ed all'episcopato, perchè i
266 G. PARDI
vescovi furono, sul principiar dei Comuni, quasi principi o baroni
ed ebbero molta potenza e ricchezza.
I monasteri poi raccoglievano generalmente intorno a loro grandi
quantità di terreni donali da signorotti e da baroni. Ed in tali dona-
zioni si eccedeva forse un poco per il vivissimo sentimento religioso ;
ma per lo più tali beni donati erano pascoli, selve, sterpaglie,
luoghi deserti, che i monaci, quasi soli allora ad esercitare amorosa-
mente l'agricoltura, sapevano trasformare in belli e floridi possessi.
Tra i monasteri orvietani son degni di ricordo quello intito-
lato al fondatore del monacismo occidentale, san Benedetto, di cui
sopra vediamo menzionata la chiesa; quello di santa Croce, cHe
sorgeva nell'area della Piazza del popolo e fu abbattuto nel 1281
per costruir questa; il monastero di san Domenico sorgente presso
la chiesa dello stesso nome, nel cui capitolo gli inquisitori pro-
nunciavano le terribili sentenze contro gli eretici; quello della
santa Trinità di Spineta (luogo vicino ad Orvieto); quello di san Gu-
glielmo, divenuto ricchissimo quando Gregorio IX gli concesse
l'altro monastero orvietano di santa Maria di Massapalo; quello
di san Severo, di cui rimangono ancora in piedi una bella torre
decagona ed un elegante loggiato nell' interno ; quelli di santa Maria,
di san Paolo, di san Vito, ecc.
Anche le pievi avevano dei possedimenti, molti dei quali son
menzionati nel catasto del contado.
In quello della città troviamo soventi volte la espressione:
iuxta terram -plehis, senz'altro.
Molto ricca era certo la pieve di Stennano ricordata come
confinante a numerosi appezzamenti di terreno. Molte proprietà
fondiarie aveva pure la pieve di Ficulle
Tra le pie istituzioni una delle più altamente umanitarie son
gli ospedali. Mentre i governi comunali non si curavano di fondare
di tali filantropici istituti, lo spirito di carità religiosa, come dice il
Cibrario, ne faceva sorgere dovunque : lungo i fiumi e i torrenti, nei
passi difficili e nelle gole dei monti e sulle vette del san Bernardo
e del Moncenisio, nelle campagne e nelle città. Quasi ogni cat-
tedrale e ogni ricco monastero aveva un ospedale, o per i pelle-
grini (xenodochiumj , o per i vecchi (gerontocomium), o per gli or-
fani (ovphanotrophium) , o per i mendicanti (ptocotrophiumj, o per
i malati (nosocomium), o per i fanciulli poveri (brephotrophium) .
IL CATASTO 1>' ORVIETO, ECC. 267
L'ospedale più nolcvole d'Orvieto Tappellato nel catasto
Hoapitale semplicemente od Hospitale sanate Marie) fu quello
di sunta Maria della Stella. Nel 1292 ne era rettore frate Gio-
vanni da Firenze, il quale nel 1288 aveva ottenuto da Niccolò IV
che accordasse a' suoi frati la regola dell'ospedale di san Gia-
como d' Allopascio. Lo stesso pontefice, trovandosi a dimorare in
Orvieto nel 1291, concesse vari privilegi all'ospedale. 11 Comune
lo prese sotto la sua protezione nel 1310, gli accordò non pochi
favori e privilegi e per esso stanziò 873 lire annue di nostra mo-
neta. Nel § 41 della Carta del popolo al podestà ed al capitano
di popolo è prescritto di difendere e mantenere i beni e i diritti
di quell'ospedale.
Altri ospedali, annessi ad una chiesa o ad un monastero,
v'erano allora in Orvieto. Ad esempio un privilegio, concesso dal
marchese Ranieri nel 1113 alla chiesa di santa Maria di Massa-
palo, ricorda l'ospedale di questa. Un ospedale era congiunto pure
alle chiese di san Giuliano e di san Matteo. E nominato nel ca-
tasto anche un ospedale di san Giacomo; ma non so se sia lo
stesso che quello di santa Maria della Stella, avendo i frali di
questo abbracciata la regola di san Giacomo d' Allopascio e dedi-
cala al medesimo una cappella.
Mentre tali comunità religiose e pii istituti aveano l'esenzione
dal pagare l'imposta fondiaria, non ne erano esenti gli ecclesia-
stici come possidenti privati. Non troviamo tuttavia numerosi chie-
rici proprietari di terreni. Pertanto, od essi amavano impiegare
altrimenti che non in possessi fondiari il loro danaro, di cui al-
lora l'interesse era altissimo, o non erano mollo ricchi privata-
mente. La prima opinione ci sembra più probabile.
Altri Comuni concessero esenzioni agli ecclesiastici medesimi,
od ai medici, ai notari e agli avvocati, od ai forestieri invitati ad
esercitare qualche mestiere sul loro territorio. Ma dal catasto del
1292 non risulta che il Comune di Orvieto accordasse ad alcuno
tali esenzioni, poiché vi vediamo registrale proprietà di medici,
di nolari, di ecclesiastici, di forestieri.
§ 5. — Popolazione censita della città nel 1292.
Mentre l'Italia era andata decrescendo di popolazione a co-
minciare dall'anarchia militare del III e IV secolo dell'impero
268 G. PARDI
romano fino al sorgere dei Comuni, all'epoca di questi si ha in-
vece un rapido incremento di popolazione, prodotto ed indizio
certo delle condizioni migliorale. Si calcola infatti che Cremona
avesse, nel 1300, circa 80,000 abitanti, Firenze ne aveva a un di-
presso 100,000 nel 1336 e quasi 100,000 Siena nel 1348. In Or-
vieto nel 1292 erano più di 14,000 abitanti possessori di terreni;
dal che si può argomentare che la popolazione vera della città
fosse molto maggiore, quasi di 30,000 persone, come dedurremo
più innanzi dal confronto con i catasti e i focolari degli anni
seguenti.
Ad ogni modo, ammettendo pure che la proprietà fosse oltre-
modo frazionata, la popolazione d'Orvieto in quel tempo sarebbe
stala sempre più del doppio di quella d'oggi, che non giunge ad
8,000 abitanti secondo l'ultimo censimento.
La popolazione delle campagne, al contrario, dev'essersi sempre
accresciuta per ragioni facili a comprendersi. I Comuni del medio
evo, che avevano rinvenuta una fonte di prosperità e di grandezza
nella libertà concessa agli artisti, non estesero tale beneficio alle
campagne. Inoltre nuocevano alla floridezza dell'agricoltura le
guerre incessanti, per le quali i campi venivano devastati dalle
scorrerie dei nemici, ed improvvide leggi, che punivano talvolta
i colpevoli piuttosto nei beni che nella persona, ordinando si ta-
gliassero le biade dei loro campi e le viti delle loro vigne. Con-
tribuiva sopratutto all'affollarsi delle genti nelle città la poca si-
curezza dei luoghi non chiusi quando succedeva qualche guerra.
E queste disgraziatamente non erano molto infrequenti !
La popolazione della città dev'esser andata sempre crescendo
sino al fatale anno 1313, nel quale, dopo una lunga e feroce lotta,
furon cacciati d'Orvieto tutti i ghibellini e vennero distrutte le loro
case. Per tal modo gli abitanti di essa si riducevano quasi alla
metà. E vero che a non pochi fu concesso di ritornare in patria,
ma molti preferirono esulare.
La popolazione abbiente d'Orvieto è descritta nel quadro se-
guente, in cui ogni fuoco è calcolato 5 teste, quantunque^ come
dice il Foglietti a proposito di Macerata, si potrebbe forse portare
anche a 6 o 7 teste ogni fuoco, vale a dir quelle persone che ac-
cendevano un sol fuoco, che formavano una sola famiglia.
II. CATASTO D ORVIETO, ECC.
269
Popolazioni-: censita ni Oiwieto nell'anno 1292.
FUOCHI
TESTE
FUOCHI
TESTE
QUARTIERI
RIO N l
per ogni
per ogni
per ogni
per ogni
Rione
Rione
Quartiere
Quartiere
S. Pace ....
116
730
S. Pace
S. Cristofano. .
Valle Piatta . .
66
65
330
325
464
2320
Ripa fieli' Olmo
1S7
935
S. Maria . . .
223
1125
S. Salvatore . .
53
265
S. Costanzo . .
147
733
Postierla
S. Biagio . . .
S. Egidio . . .
122
42
610
210
1181
5905
S. Leonardo . .
97
485
S. Angelo . . .
363
1815
S. Stefano . . .
132
660
SS. Giovanni
e
Giovenale
S. Giovenale . .
S. Matteo . . .
S. Faustino . .
S. Giovanni . .
348
74
96
141
1740
370
480
705
639
3295
Serancia . . .
148
740
Serancia
S. Angelo sub Ripa
S. Lorenzo . .
63
91
315
455
432
2160
S. Apostolo . .
130
650
Fuochi (teste corr
spendenti) non iser
itti in nessun quartiere
80
400
Somma tota
le . . .
2816
14080
§ 6. — Quartieri e rioni d'Orvieto:
nomi loro e delie persone che li abitavano.
Orvieto nel 1292 era divisa in quartieri, suddivisi alla lor volta
in un numero maggiore o minore di rioni, nella maniera seguente:
270 G. PARDI
I. QUARTIEKE DI S. PaCE.
1, Rione di S. Pace. 3. Rione di Valle Piatta.
2. Rione di S. Cristofano. 4. Rione di Ripa dell' Olmo.
II. Quartiere di Postierla.
1. Rione di S. Maria. 6. Rione di S. Leonardo.
2. Rione di S. Salvatore. 7. Rione di S. Angelo.
3. Rione di S. Costanzo. 8. Rione di S. Stefano.
4. Rione di S. Biag-io. 9. Rione di S. Martino.
5. Rione di S. Egidio.
III. Quartiere dei SS. Giovanni e Giovenale.
1. Rione dì S. Giovenale. 3. Rione di S. Faustino.
2. Rione di S. Matteo. 4. Rione di S. Giovanni.
IV. Quartiere di Serancia.
1. Rione di Serancia. 3. Rione di S. Lorenzo.
2. Rione di S. Angelo sub Ripa. 4. Rione dei SS. Apostoli.
Il quartiere più vasto e popoloso d'Orvieto era quello di Po-
stierla (denominazione corrotta modernamente in Pistrella), così
chiamato perchè terminava alla Posterula (Porta Postierla),
delta poi Porta Soliana (porta solisj. Anche il quartiere fu ap-
pellato soliano e quindi della Stella; ma la regione così denomi-
nata non comprende se non una parte dell'antica.
La chiesa di santa Maria, da cui s'intitola un rione, fu ab-
battuta (assieme a quella di san Costanzo) per edificare sulla me-
desima area, notevolmente ingrandita, la cattedrale, che conservò
l'identica denominazione (santa Maria nuova o novella). Non esi-
stono più nemmeno la chiesa parrocchiale di san Salvatore, riu-
nita alla cattedrale, vicino alla quale sorgeva; né la chiesa di
san Biagio, riunita alla prossima parrocchia di santo Stefano dal
cardinale Girolamo Simoncelli nel 1605; né quelle di sant'Egidio,
di san Leonardo e di san Martino.
Sant'Egidio s'innalzava presso il monastero di san Pietro,
IL CATASTO I)' OKVIIOTO, KCC. 271
proprietà un tempo di monache domenicane, ora ridotto ad uso
di carceri giudiziarie. Nel 111'.' il vescovo d'Orvieto Guglielmo con-
cesse la chiesa ai monaci di Santa Croce di Sassovivo di Foligno, da
cui passò alle monache sopra menzionate. Recentemente, cioè nel
18(iO, la parrocchia di sant'Egidio ò stala per decreto vescovile
trasferita nella vicina chiesa di san Domenico.
San Leonardo era una parrocchia notev(jle perchè vi fu riu-
nita anche quella di san Cristoforo. Sorgeva sul Corso (la via prin-
cipale della città) dicontro al palazzo Febei-Piccolomini. Venne
demolita nel 1802 e la parrocchia di san Leonardo fu trasferita
prima nella chiesa della Madonna di Loreto e poscia in quella
di san Bernardo.
S. Martino era prossima alla Porsia Postierla e fu abbattuta
poco dopo il 1359 per ordine del cardinale Egidio Albornoz, che
nelle vicinanze fece costruire la celebre Rocca, detta appunto di
san Martino, pressoché spianata interamente dai Beffati (fazione
cittadina) nel 1395, ricostruita più bella per cura dei pontefici Bo-
nifacio IX, Martino V e Nicolò V, compiuta da Paolo II e Ur-
bano Vili e restaurata pure da Alessandro VII. La parrocchia
di san Martino venne riunita alla chiesa ancora esistente di
santa Maria Nuova dell'Ordine dei Servi.
Delle antiche chiese, da cui s'intitolavano i rioni del quar-
tiere di Postierla, non rimangono in piedi se non sant'Angelo e
santo Stefano.
Il tempio sacrato al culto di san Michele Arcangelo esisteva
fin dal secolo VI. V'era annesso un ospedale e l'officiavano tre
parrochi. Ciò indica la grandezza della parrocchia molto eslesa e
che annoverava più di duemila abitanti.
Non cosi antica come sant'Angelo era la chiesa di santo Ste-
fano, né tanto eslesa era la sua parrocchia. Nondimeno se ne hanno
notizie fino dal secolo XII, nel quale venne assoggettata al capi-
tolo e al clero di santa Maria della Stella.
Molto vasto e popoloso era pure il quartiere dei santi Gio-
vanni e Giovenale. I rioni di esso prendevano la denominazione
dalle chiese di questi due santi e da quelle di san Matteo e di
san Faustino.
Il tempio di san Giovanni Evangelista, detto de platea, fu edi-
ficato nel 916 da Giovanni X, ampliato e restaurato nel 1003 da
2(2 G. PARDI
Giovanni XVII, demolilo nel 1697. Sopra l'area di esso sorse la
chiesa moderna, più ristretta e del tutto nuova.
La chiesa di san Giovenale è notevolissima perchè conser-
vata in parte nella sua primitiva forma architettonica. Fu edifi-
cata nel 1004 a spese di sette nobili famiglie, tra le quali i Mo-
naldeschi ed i conti di Marsciano.
Le chiesuole di san Matteo e di san Faustino sorgevano pro-
babilmente nei suburbi della città, ora disabitati, presso Porta
Romana. Infatti tracce di abitazioni furono rinvenute nel fare l'at-
tuale Campo della fiera ed altre eran lì presso, dove i muri tu-
facei della città scaricandosi hanno reso pericoloso il luogo.
Il quartiere ed il rione di santa Pace furono così denominati
dalla chiesa di santa Maria della Face, costruita, assieme al
grandioso convento domenicano, nel 1233. Avvenuta la canoniz-
zazione di san Domenico, fu a lui dedicala.
Il cardinale Anibaldeschi ampliò il convento e la chiesa, che
eresse forse a tre navate. Vi stette come lettore di teologia, in-
torno al 1263, san Tommaso e vi compose, a delta di molti, l'uf-
ficio della festa del Corpus domini, allora istituita per solennizzare
il noto miracolo di Bolsena. In san Domenico sono la cattedra
del gran teologo e l'elegante monumento eretto da Arnolfo di Lapo
al cardinal Gugliemo di Braj, morto in Orvieto nel 1282.
La chiesa di san Cristoforo, da cui prende la denominazione
un altro dei rioni del quartiere di santa Pace, fu abbattuta innanzi
a quella di san Leonardo, in cui dapprima era stata trasferita
la parrocchia di san Cristoforo, corrispondente ad un dipresso
alla parrocchia attuale della Madonna di Loreto.
11 rione di Valle Pialla terminava ad oriente il quartiere di
santa Pace confinando con quello di Postierla : era così chiamato
perchè comprendeva un'ampia ed aprica valletta ben coltivala e
poco abitata, a nord-est della città.
Il rione di Ripa dell'Olmo corrisponde in parie all'odierno
luogo detto Ripa degli uomini : si estendeva per una lunga e stretta
striscia rasente alle ripe della città, a settentrione del quartiere
di santa Pace.
11 quartiere di Serancia non si sa perchè venisse così chia-
mato, forse perchè vi facevano la corsa del Saracino (giuoco della
quintana). Corrisponde al moderno Serancia per buona parte.
IL CATASTO D' ORVIETO, ECC. 273
Il rione di sant'Angelo fnib Ripa fu denominato fluiln chiesa
omonima, che doveva trovarsi nei suburbi meridionali della città
nel luogo appellato ora Surripa.
Quello di san Lorenzo similmente s'intitolò dalla chiesa del
medesimo nome, detta volgarmente san Lorenzo de Arari, forse
perchè non venisse confusa con san Lorenzo in Vineis sorgente
sur un colle di faccia ad Orvieto. Esisteva già nel 1028, al tempo
del vescovo Sigifredo, nel luogo ove ora è l'orto de' frati minori.
Poiché recava incomodo a questi il salmodiare dei preti, che of-
ficiavano in san Lorenzo, nel 1291 i Francescani ottennero che
fosse distrutta la chiesa. Nicolò IV lo concesse loro a patto che
ne edificassero un'altra, alla distanza di 40 canne. Sorse cos\
l'attuale san Lorenzo costruita dal vescovo Francesco Monaldeschi.
Il rione di sant'Apostolo prendeva il nome dalla chiesa dei
santi apostoli Filippo e Giacomo, eretta nel 1007 e dotata da varie
nobili famiglie orvietane. Fu una delle sette principali parrocchie an-
tiche. È ora proprietà del Seminario orvietano, a cui sorge accanto.
Il più popoloso quartiere della città era, come si è accennato
innanzi, quello di Postierla, che occupava circa un terzo dell'area
di Orvieto ed in cui abitavano più di 5,000 persone appartenenti
a famiglie posseditrici di terreni. Infatti gli antichi quartieri erano
divisi in modo differente dai moderni, i quali occupano quattro aree
presso a poco uguali e simmetriche, spartite da due linee quasi
rette, che s'incontrano nel centro della città nel crocevia della Torre
del Moro. Invece in antico i quartieri cittadini eran formati molto
più irregolarmente. Il quartiere di Postierla comprendeva tutto il
moderno rione della Stella e parte di quello della Corsica. Il quartiere
di santa Pace abbracciava parte dell'attuale rione della Corsica e
di quello dell'Olmo. 11 quartiere di Serancia era formato solo da una
parte del rione omonimo attuale. Finalmente il quartiere dei santi
Giovanni e Giovenale comprendeva, nella parte estrema della città,
contrapposto a quello di Postierla, una parte dei rioni dell'Olmo e
di Serancia. Talché questi due quartieri, con due lunghe striscio tra-
sversali, si spingevano da una parte all'altra d'Orvieto. Anche le
divisioni delle antiche regioni non corrispondono certo alle moderne
vie, ma seguivano piuttosto le delimitazioni delle parrocchie, conser-
vatesi senza grandi variazioni sino ai nostri giorni. Cosicché non
sarebbe difficile ricostruire la pianta topografica d'Orvieto nel 1292.
18
274 G. PARDI
Ritornando al quartiere di Postierla, osserviamo quali note-
voli personaggi dimorassero nel 1292 nei rioni di questo.
11 più ricco tra gli abitanti del rione di santa Maria era un
Angelo di Guido probabilmente dei Filippeschi.
Nel rione di san Salvatore dimorava Giacomino di Guasta
padre di quel Guasta di Giacomino, che nel 1316 fu con il capi-
tano di popolo, Poncello Orsini, all' assedio del castello di Bisenzo (1).
Nella vasta, popolosa e ricca regione di san Costanzo abita-
vano Avveduto, Bonaventura e Neri di Benincasa della nobile
famiglia degli Avveduti, favorita poscia dal re Ladislao di Napoli
quando s'impadronì di Orvieto; Cittadino di Ermanno Monaldeschi,
che prestò fideiussione per Orsello Orsini quando giurò fedeltà
al Comune d'Orvieto; il padre di lui, Ermanno di Cittadino, morto
poco dopo ; Giacomo di Guido di Trasmondo e gli eredi di Ciarfaglia
e di Pietro di Cittadino, appartenenti essi pure ai Monaldeschi.
Non è giusto pertanto l'asserire, come è stato fatto, che il
quartiere di Postierla fosse tutto di Ghibellini e di Filippeschi (2),
mentre nel rione di san Costanzo avevano la loro dimora i guel-
fissimi Monaldeschi. E di fatto, se il quartiere di Postierla fosse
stato tutto abitato dai Filippeschi, essi avrebbero formata quasi
la metà della popolazione cittadina.
Nel rione di san Biagio abitavano Leone, Farolfo e Pietro
della nobile famiglia dei conti di Montemarte con i nepoti loro.
I Montemarte furono cosi detti dal castello omonimo.
Andrea di Farolfo di Montemarte ricevette dai Todini, sulle
cui terre eran posti i maggiori suoi possessi, un'ingiuria atroce,
che l'attaccò grandemente agli Orvietani. Andrea ebbe cinque figli:
Leone, Oddo, Farolfo, Pietro e Landò. Oddo e Landò morirono
assai presto; ed il primo soltano lasciò discendenza, che non giunse
tuttavia alla seconda generazione. Leone, vivente ancora nel 1292,
non ebbe prole. Da Farolfo discesero i conti di Titignano, da Pietro
quelli di Corbara.
II conte Pietro fu tra i condottieri orvietani alla battaglia di
(1) Chr. Urbevetana (Arch. St. it., anno 18S9, p. 33).
(2) Questa falsa opinione é nata per le parole del cronista Planante, il quale al-
l'anno 1313 narra che furono abbattute 400 case di Filippeschi nel quartiere di Postierla.
Realmente molti Filippeschi abitavano lungo la via denominata ora soUana, ma questa
non era tutto il quartiere di Postierla, molto più vasto, come s' è detto, dell' odierno
rione della Stella.
IL CATASTO d' OKVIKTO, ECC. 275
Montaperli, ed il figlio Pielruccio uno dei mossimi sostenitori
della causa guelfa in Orvieto (1).
I figli di Pelruccio, Ugolino e Francesco (2), abbracciarono il
mestiere delle armi, che concedeva ai nobili d'allora, dopo il Ira-
mutamento dei Comuni in Signorie, di acquistare gloria ed una
maggiore indipendenza ; e tanto essi quanto i loro discendenti si
segnalarono in quell'avventurosa carriera.
Nel rione di san Leonardo abitavano numerose famiglie ap-
partenenti alla nobile casata Della Greca: Aldobrandino di Ma-
nuppello, Francesco di Uguccione e Rinuccetto di Aldobrandino
di Manuppello. Furono probabilmente dei Della Greca Monaldo e
Pietro di Aldobranduccio di Niccola, dei quali troviamo ricordati
i possedimenti nel rione di san Leonardo.
Ma il più notevole personaggio della casata Della Greca abi-
tava nel rione di sant'Angelo.
Ranieri o Neri di Uguccione (più comunemente detto di Ugo-
lino) ebbe in patria la carica più ambita dei nostri Comuni me-
dievali, quella di capitano di popolo, in cui fu riconfermato due
volte. Egli di guelfo si fece ghibellino per fierezza di sentimento
e per affetto alla città natale. Mentre infatti esercitava la capitanìa,
venne in Orvieto papa Martino IV, raggiuntovi da Carlo d'Angiò.
I soldati francesi di questo spadroneggiavano la città, la quale si
levò a rumore e gridò: morte ai Francesi! Neri, che avrebbe
dovuto consigliare la calma, incoraggiava invece la sommossa,
rivelandosi ghibellino di sentimenti. Più tardi fece nominare
un podestà ghibellino, il conte dell' Anguillura, e tentò far pri-
meggiare il proprio partito nelle cose cittadine. Non vi riuscì
perchè i Guelfi, capitanali dai Monaldeschi, eran troppo numerosi e
potenti. Nondimeno Neri Della Greca resta una delle più fiere,
nobili ed ardimentose figure della storia medievale d'Orvieto.
Dimoravano pure nel rione di sant'Angelo gli eredi di Andrea
di Fallastata Monaldeschi; gli eredi d' Aldevrandino, figlio di quel-
l'Amedeo Lupicini, che fu tanta parte delle cose cittadine (era
(1) Veggasi intorno a lui la Cronaca inedita degli avvenimenti d'Orvieto e d'altre
parti d'Italia dall'anno 1333 all'anno 1400 di Francesco Montemarte Conte ui Cor-
bara (Pubblicata da A. F. Glalterio, Torino, 1S46).
(2) È questi lo scrittore della Cronaca menzionata sopra.
276 G. PARDI
rettore di Orvieto nel 1266 come risulta da un atto del 29 giugno)
e venne dichiarato eretico e scomunicato assieme alla moglie Ste-
fania ed alla sorella Pacifica; gli eredi di quel Nino di Amedeo
(dei Lupicini anch'esso) morto nel 1289 nella battaglia, in cui fu-
rono sconfitti i Ghibellini di Arezzo (1) ; alcuni della nobile fami-
glia dei Provenzali, ossieno Gino e Meo di Rinuccio di Provenzano
e Provenzano di Amedeo (il cui avo, dello stesso nome, era stato
console ed anziano della città ed era morto paterino); Sinibaldo
di Pietro di Sinibaldo della ragguardevole famiglia degli Ardic-
cioni, ecc.
Nel quartiere dei santi Giovanni e Giovenale, nel rione di
san Giovenale, abitavano Angelo di Alessandro, probabilmente dei
Filippeschi, Filippo di Bartuccio Filippeschi, Ranieri di Monaldo
e Pietro di Ranieri di Redigerlo Della Terza (2), altra illustre
casata orvietana, Ugolino di Aldobrandino Della Greca, ecc.
Nel rione di san Giovanni erano i palazzi dei conti di Mar-
sciano: Bernardino di Ranieri, Nardo, Neri ed Ugolino di Bul-
garuccio.
I conti di Marsciano traggono origine — a quanto narra
rUghelli (3) — da un conte Cadolo di stirpe longobarda, ricor-
dalo in una donazione del figlio suo Lotario, che aveva ampi pos-
sessi in quel di Lucca e di Firenze; e presero il nome dal forte
castello di Marsciano, nome da èssi conservato anche dopo di aver
venduto Marsciano ai Perugini nel 1281 (4). I discendenti di Lo-
tario acquistarono vasti possedimenti nel territorio di Chiusi e
d'Orvieto e verso la Maremma, e specialmente con Orvieto ebbero
relazioni. Nel 1118 il conte Bernardino di Bulgarello fece alto di
sommissione e di vassallaggio al vescovo di Orvieto per il ca-
stello di Parrano, da lui posseduto e situato nella diocesi orvie-
tana (5): allo rinnovalo dal conte Bulgarello al vescovo Giovanni
il 17 novembre 1211,
(1) Fumi, Cod. dipi. d'Orvieto, p. 338.
(2) Il padre di Pietro, Ranieri Della Terza, abitava già tra la Piazza del popolo
e la Torre del Papa, ma nel 1281 (febbraio 16) aveva vendute le case da lui ivi posse-
dute al Comune, che le acquistò per fare la Piazza del popolo. Che uomo risoluto ed
audace fosse Pietro di Ranieri dimostra un fatto narrato nella Chr. Urb., p. 20.
(Z) F. UoiiELLi, Albero et Historia della famìglia de' Conti di Marsciano, Roma,
10G7.
(4) Ivi, p. 3
(5) Ivi, p. 21. Da Bernardino di Bulgarello discesero i conti di Parrano.
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 277
Il conte Bernardino di Ranieri, che aveva stanza in Oi'vielo
nel rione di san Giovanni nel 1292, era figlio di cpiel Ranieri,
stalo podestà di Firenze nel 1250 (1) e che conquistò Gualdo per
il Comune di Perugia l'anno appresso; e fratello di Bulgaruccio
o Bulgarello (di cui si conserva nell'archivio arcivescovile d'Or-
vieto il sigillo con l'arma, la più antica sin qui conosciuta de' Mar-
sciano, Ire gigli d'oro in campo rosso), che nel 1259 fu podestà
a Città di Castello e conseguì nel medesimo anno, assieme al fra-
tello Bernardino, la cilladinanza orvietana, o non solila — dice
rUghelli (2) — a conferirsi a' Baroni, e Signori di Feudo ».
Bulgaruccio morì prima del 1292 lasciando i tre figli Bernardo
o Nardo, Ugolino e Neri, che vediamo appunto abitare in Orvieto
nel 1292, dove viveva pure lo zio Bernardino. Assieme al quale
nel 1276 avevano avuto controversia con il Comune di Poggio
Aquilone a loro soggetto, e nel 1281 avevano venduto Marsciano
al Comune di Perugia per cinquemila lire. Erano così ricchi che,
sebbene (come appare dal catasto del 1292) avessero vastissimi
possedimenti in Orvieto, pure erano allirali per non meno che in
questa città nei registri del Comune di Perugia, sul territorio del
quale avevano castella e proprietà fondiarie in gran numero (3).
Nardo, il più potente dei fratelli, fu nel 1282 podestà d'Or-
vieto, « offitio — son parole dell' Ughelli (4) — solito allhora darsi
dalla Republica a Huomini di cospicui natali, e di valore emi-
nente ».
Dimoravano nel rione di san Giovanni anche i Ranieri, fami-
glia venuta in fama per Neri di Zaccaria, che, essendo nel 1315
podestà di Firenze, condannò per la terza volta all'esilio Dante Ali-
ghieri (5); e per Leonardo di Simone, che vendicò l'uccisione di
suo zio Guido e liberò la patria dalla tirannia di Matteo Orsini
nel 1345.
Nel 1292 vivevano Neri di Monaldo di Ranieri e Simone di
(1) Pellini, HistoìHa di Perugia, p. I, e. 260.
(2) Ughelli, op. cit., p. 25.
(3) Ivi, ivi, p. 26.
(I) Ivi, ivi, p. 27.
(5) Fu anche podestà d'Orvieto nel 1316 (G. Pardi, Serie dei supremi magistrati
e reggitori d'Orvieto dal principio delle libertà comunali all'anno i500, Perugia, 1895,
p. 51).
278 G. PARDI
Ranieri di Guido, uno dei più ricchi cittadini d'Orvieto, stato po-
destà nel 1265-6 e nel 1285 (1).
Nel rione di Serancia del quartiere omonimo avevano l'abi-
tazione Giacomuccio di Ranieri di Guglielmo, de' Ranieri anch' egli;
Oddone della famiglia dei Medici (i cui antenati avean ceduto al
Comune orvietano il castello di Bisenzio), il quale era stato sin-
daco del Comune nel 1270; Pietro di Giovanni e Vanne di For-
zore degli Alberici, che divennero poscia una delle più notevoli
famiglie della città; Roberto degli Albizi, di un ramo forse della
illustre casata fiorentina trapiantatosi in Orvieto; Ugolino di Lu-
picino Lupicini, uno dei Dodici eletti a far lega col Comune di
Perugia nel 1315 (atto del 3 ottobre di quest'anno) e sindaco nel
1330 del Comune orvietano per cingere la spada al novello cava-
liere Bicello de' Baglioni perugino.
Nel rione di san Lorenzo, presso le ripe della città, aveva
l'abitazione Corrado di Ermanno Monaldeschi, visconte del ca-
stello di san Venanzo, capitano di popolo in Firenze nel 1299,
eletto da papa Bonifacio Vili a presiedere alla fabbrica di santa Ma-
ria e alla difesa e al governo di Valdilago e di Acquapendente, e
morto nel 1300 in battaglia presso Radicofani. Egli accrebbe gran-
demente la potenza della propria famiglia sposando Latina dei vi-
sconti di Campiglia ed agevolò al figlio Ermanno l'acquisto della
signoria della patria (2).
Nella regione di sant'Apostolo dimoravano Neri di Masseo
(Monaldeschi?); Vanne di Masseo Monaldeschi, giudice e lettore
di leggi nello studio orvietano, uomo molto stimato per senno e
dottrina, uno degli otto sapienti scelti a trattare con la Curia ro-
mana la quistione dell'interdetto scagliato contro il Comune, sin-
daco e procuratore di questo per rinnovar la lega con Perugia (3),
uno dei Signori Cinque nel 1315 (4); Pietro Novello di Monaldo
Monaldeschi, ambasciatore al papa nel 1300, uno di Cinque, ca-
pitano di parte guelfa e capitano dell'esercito mandato in soccorso
di Firenze nel 1315 (5); Ugolino di Bonconte Monaldeschi, il cui
(1) G. Pardi, op. cit., p. 41 e 44.
(2) G. Pardi, La signoria di Ennanno Monaldeschi in Orvieto, Roma, 1S95, p. 12.
(3) Ivi, ivi, p. 10.
(4) G. Pardi, Il Governo dei Signori Cinque in Orvieto, ivi, 1894, p. 21 e 23.
(5) Cfr. le due op. qui sopra cit., l'una a p. 11 e l'altra a p. 24.
IL CATASTO I)' ORVIETO, ECC. 27!)
padre fu due volte podestà d'Orvieto (nel 1241 e nel 1256), avo
dell'altro Ugolino di Bonconte, che aiutò Ermanno Monaldeschi
ad impadronirsi della signoria della patria e dapprima divise con
lui il potere.
Nel rione di santa Pace del quartiere dello slesso nome erano
le case di Angelo di Ranuccio di Trasmondo Monaldeschi, di Don-
giovanni, di Celle e di Pelruccio di Riccio dei Miscinelli (1), po-
tente famiglia ghibellina mandata a confine nel 1315 (2); di Cane
di Monaldo Monaldeschi; di Intende di Cremonese degli Ottimelli;
di Lunardo di Giacomo e di Ranieri della Terza; di Montanaro
di Berardo, di Monalduccio di Catalano, di Spinello di l^anuccio
di Trasmondo e di Spinuccio di lallachino Monaldeschi; di Orge-
sio dei conti di Cetona (grosso castello dipendente dapprima da
Siena, poscia da Chiusi e finalmente venduto ad Orvieto dal
conte Aldobrandino); e di Ugolino di Ugolino della Greca, fratello
del famoso Neri capitano di popolo.
Nel rione di san Cristoforo abitavano Amedeo di Guido di
Marco ed Egidio e Filippo di Simone, probabilmente appartenenti
alla famiglia dei Ranieri, e Lotto e Vanne di Cambio dei Miscinelli.
Un altro dei Miscinelli, Osicco, aveva dimora nel vicino rione
di Valle piatta.
In quello di Ripa dell'Olmo eran le case di Andrea di Ca-
staldo, probabilmente dei Filippeschi, di Andriotto e di Bernar-
dino Avveduti; di Alessandro di Bernardo Filippeschi; di An-
druccio di Pietruccio di Bongiovanni della famiglia Bonaccorsi ;
di Giovanni di Sperandio e di Neri di Pietro Sallamare; di Neri
di Alessandro e di Stefano di Giordano di Stefano Filippeschi
e di Rinuccetto e di Sinibaldo degli Ardiccioni, famiglia ghibel-
lina molto potente (3).
Tali adunque i principali personaggi abitanti nei vari rioni
dei quartieri cittadini. La storia potrà forse acquistare dalla co-
noscenza delle loro ricchezze qualche lume — essendo la ricchezza
mezzo precipuo per venire in potenza ed in fama — ; e non lieve
(1) Petruccio di Riccio Miscinelli fu condannato come eretico nel 1268.
(2) Fui'on posti i Miscinelli nella prima cerna dei confinati composta de' più
ardenti ghibellini.
(3) Monaldo degli Ardiccioni fu capitano di popolo nel 1285. Una sorella di Ri-
nuccetto e di Sinibaldo, donna Imilga, nel 1268 (settembre 28) era stata condannata
come paterina.
280
G. PARDI
vantaggio ne ritrarrà la topografia dell'antica Orvieto, che aveva
allora una divisione molto diversa dall'odierna e da nessuno sin
qui conosciuta. Le vie di essa si popoleranno inoltre delle figure
di un'epoca gloriosa, rammentale a noi dagli avanzi dei palazzi
e delle torri dei Monaldeschi, dei Filippeschi, dei Della Greca,
dei Ranieri, dei Della Terza, dei Miscinelli. Infine si avrà quasi
la fisonomia della città, dove alcuni rioni (come quelli di san Matteo,,
di san Faustino, di sant'Angelo sub Ripa, di Valle piatta) non
erano abitali che da povera gente e non popolali che da basse
e miserabili case di tufo; mentre in altri (come quelli di san Gio-
venale, di san Giovanni, di san Costanzo, di Serancia, di santa Pace)
dimoravano i più ragguardevoli personaggi e si ergevano superbe
le caselorri merlate e si aprivano le botteghe dei grassi artigiani.
Per mezzo dell'esame, da noi intrapreso, dei nomi iscritti
nel catasto orvietano del 1292, oltre a rintracciare gli uomini più
notevoli del tempo, potremo pure farci un'idea dell'origine dei
nostri nomi, cognomi e soprannomi, che nella primitiva forma
latina medioevale faranno trasparire abbastanza chiaramente, come
attraverso un tenue velo, il loro significato. Avremo, inoltre, in
essi le più antiche tracce del dialetto orvietano.
Ecco adunque la più parte dei nomi adoperali nella città
d'Orvieto nel 1292, disposti in ordine alfabetico:
NOMI MASCHILI.
Accomandettus
Accoamannus
Accursutius
Actavianus .
Adelmus. ,
Admannitus
Albertus
Albouectus .
Aldrevauuinus
Aldoviuus . .
Aldoviuutius .
Alexander .
Alexius . . .
AUevatus .
Amadore.
Amoddeus . ,
Amoractus . .
1 r.
3 r.
100 t.
116 t.
1 t.
3 t.
44 t.
II, 106 t. Andreas I,
I, 8 r. Audrutius
43 r. Audrioctus
56 r. Anglutius
39 r. Ang-nelus (e Angelus) .
43 r. Auguelutius ....
54 t. Ansengna
59 t. Appressus II, 7 r.
1 r. Apollouius 108 r.
43 t. Argumeutus .... Ili, 5 r.
43 t. Arloctus 13 r.
1 r. Azzoliuus IV, 34 r.
56 t. Baldese Ili, 16 t.
Ili, 5 t. Baldus I, 92 t.
I, 42 t. Bambarouus .... II, 9 r.
II, 106 t. Barota 9 r.
I, 56 r. Baroncellus 138 r.
IL. CATASTO d' ORVIETO, ECC.
281
Barnabutius ....
Bartholus
Bartholomeus ....
Bartus
Beccarius
Becutìus
Benveiiutus
Bcrardus (e Beruardus)
Berardellus
Berardiuus (e Bernar-
dimis
Berarditius (e Beruar-
ditiiis)
Berrezoctus
Bertus
Berzus :
Bezocus (e Bizocus). .
Biccutius
Bindus
Bindatius
Blancus
Blaxiiis
Blaxiolus
Bonaccursus ....
Bonencasa
Bouifatiiis
Bouiohaunes ....
Borgarutius . . . .
Branchius
Bucculus
Bticciilutius . . . .
Bxindus
Cauappus
Cang-uus (e Cagnus) .
Caug-nolus
Caute
Cantutius
Castaldus
Castellanus
Catalaaus
Ceccus
Celle
Christophanus ....
Cinus
Cipta
I, 93 t.
44 t.
33 t.
1 r.
II, 204 r.
I, 58 r.
Ili, 15 t.
I, 12 r.
32 r.
3 r.
4 r.
Ili, 23 r.
I, 8 t.
Ili, 22 r.
II, 106 t.
IV, 38 r.
5 r.
20 r.
t.
t.
I,
15
20
II, 138
I,
III,
n,
I,
n,
I,
n,
59
61
5
56
61
44
16
24
28
25
62
25
6
6
53
7
12
6
5
20
7
51
Ciptus Ili, 2r. r.
Citanus 25 r.
Clarante I, 113 t.
Clottus 7 r.
Cola 34 t.
Comes Ili, 17 t.
Compiug'uiizolus ... Il, 9 t.
Copazoims 10 t.
Corvellus I, 62 r.
Damiauus II, 158 r.
Dayuese 10 t.
Deodatus 10 t.
Dominicus I, 45 t.
Domiuichellus. . . . III, 20 r.
Dompuadeus . . . . II, l.^iS r.
Dorauuus I, 37 t.
Eg'idiu.s 34 t.
Ermannus 15 t.
Farolfus 38 t.
Fassciolus 8 r.
Fllipputius 62 r.
Fortutius Ili, 17 r.
Forzore 28 r.
Franchus 126 t.
Francutius II, 12 t.
Franciscus I, 32 r.
Francischellus . . . . III, 27 r.
Fredericus II, 21 t.
Frederig-ellus .... 12 t.
Galganiis 45 t.
Galismiis I, 55
Gentilis II, 9
Gerardus 3
Gerardutlus .... 9
Gerì 5
Ghilius II, 8
Giliutius I, 14
Giottus II, 44
Gismundus IV, 74
Goctofredus .... I, 101
Colante II, 17
Gratiosiis 15
Grimutius III, 18 t.
Guasta II, 37 r.
Guastutuis Ili, 31 t.
^82
G. PARDI
Oualfredus II, 46 t.
Giialterius 66 r.
Giierrerius 103 r.
Ouidus (e Guido) . . 8 r.
Guidarellus 9 t.
Guidarotius .... 65 r.
Guidectus 8 r.
Giiilbertus 27 r.
Guilimutuis .... 66 t.
Guillelmus 37 r.
Guillelmutius .... 31 t.
Guiscardvis Ili, 61 r.
Henricus I, 26 r.
Hermanuiis . . . . I, 97 r.
Hermauuellus .... 158 r.
Hermitatius .... 64 t.
Hug-uliuus 14 t.
lacobus (e lacovus ed
lacomus) .... 3 t.
lacovutius 11 r.
laanes 5 t.
lillachynus (e lalachy-
nus) 24 t.
lughilbertixs .... IV, 73 t.
Intende I, 10 r.
lohanues 10 t.
lohanuellus 50 r.
lohannutius .... 10 t.
lordanus IV, 76 t.
loseppus 73 r.
lulianus I, 8 r.
Lambertutius .... 22 r.
Laxirentius 37 r.
Leo ....... II, 91 r.
•Leorsus (e Liorsus) . . I, 12 r.
Ligo II, 14 r.
liiorsellns I, 12 r.
Lippus II, 13 t.
Loctus ...... I, 42 t.
Loderius (e Locterius) . IV, 77 t.
Lunardus I, 11 r.
Macteus 6 r.
Mactutius .,..'. 93 r.
Maynente 6 t.
Manfrcdus 13 t.
Mannutius ..... I,
Marcus
Marcutius
Marcellus
Marianus
Martinus .....
Masseus
Massucceptus .... II,
Meliore IV,
Meus I,
Micchele
Moutanarius ....
Munaldus
Nallus
Namoratus
Nardus
Nepoleone IV,
Neri I,
Niccola I,
Ninus
Nisius
Nutius
Occinellus
Oddus
.Oddarellus
Offredus
Oraugnellus ....
Orgesius
Origone
Orrige
Osiccus
Orvetanus
Paganellus
Pandolfus IV,
Paulus I,
Paulutius
Pellus IV,
Pepus (e Pepo) ... I,
Peregrinus
Perus II,
Perutius
Petrus I,
Petrutius
Petruzzolus
Philippu.s
38 t
5 r
52
44
96
47
13
22
32
92
46
12
3
13
97
97 t.
36
14
11
97
123
47
99
16
22
36 t.
64 r.
15 r.
36 t.
54 t.
45 r.
47 r.
118 t.
39 t.
39
48
30
46
30
17
17 r.
4 r.
15 t.
16 r.
20 r.
IL CATASTO 1>" «JllVIICTO, ECC.
283
Picchiiis.
Polcrius .
Polli tiiis .
Prodeiitiiis
Propicius
Putius .
Puzzolus
Ranaldus
Raydiyerius
Rayueruis .
Raymizziuus
Rayuuzziptus
Kicchus .
Riccobaldus
Rodolfus.
Rollandus
Rollandinus
Romauus
Rubertus
Riiffiuus .
Rug'erius
Rusticus .
Sabbatiuus
Salomon .
Salvarelhis
Sascauellns ,
Savi u US .
Seuebaldus
Serali uiis
Severiis .
Sfforza .
I, 106 t.
10 r.
■lui t.
39 r.
32 t.
39 t.
101 t.
30 r.
Ili, 43 r.
I, 7 t.
1 t.
20 t.
I, 40 r.
44 t
103 t.
32 r.
16 t.
28 r.
40 r.
16 r.
49 t.
32 r.
1 r.
30 r.
Ili, 59 r.
II, 64 r.
Ili, 29 r.
I, 22 r.
24 t.
II, 30 r.
Ili, 27 r.
Soloinia
Spiiiellus ....
Spinutiiis ....
Stephaniis ....
Symon
.Syinoncellu.s . . .
Syribollus ....
Taldiis
Taucredus ....
Tauiis
Tebaldus ....
Teinpus
Thoniassus ....
Tinus
Transiniiudus . . .
Ufredutius ....
Ug-us ......
Vang-nes (e Vannes)
Vaug'uutius.
Veraldiis ....
Verzilliis ....
Zaccaria
Zart'aglia (e Zarfag-la)
Zarrus
Zeliugus
Zeus
Zouus
Zoltus
Zuccus
Zumbus . . . . .
Ziitius
I,
II,
I,
II, 07 t.
1, 2> t.
24 t.
22 t.
34 t.
30 r.
11--^ t.
Ili r.
I, 25 t.
HI, 00 r.
I, 92 t.
94 r.
2() r.
26 t.
1 t.
43 r.
Ili, 26 t.
I, 20 r.
31 r.
31 t.
40 t.
116 t.
76 r.
116 t.
111,126 t.
I, 117 t.
II, 33 t.
46 r.
Ili, 25 r.
IV, 28 r.
I, 117 t.
I,
n,
I,
NOMI FEMMINILI
Abbeduta .
Alamanua .
Aldruda . .
Alegranza .
Altedemaua
Amata . .
Audriiitia .
Ang-ela . .
Angelica
Armanna .
Azza . . .
II, 7 r.
I, 9 r.
Ili, 27 r.
II, 47 t.
1 t.
62 t.
27
82
85
104
II, 22 t.
I,
n,
IV,
Barnabea
Bellabruua
Bellaveui
Benamata
Benvenuta
Berta . .
Bianca .
Blancitiore
Biatrice .
Bona . .
Boutade .
I,
33 t.
n,
9 t.
III,
17 r.
n,
29 t.
7 t.
7 t.
III,
28 r.
II,
48 r.
9 r.
84 r.
I,
60 r.
284
G. PARDI
Bosa I, 40 r.
Calandra II, 12 r.
Caradonna 13 t.
Chiavoneria . . . . IV, 73 t.
Clara I, 34 t.
Diamante 49 r.
Dieta II, 85 r.
Divitia 158 r.
Domenag'olata. . . . Ili, 107 r
Drusta I, 41 t.
Encisa II, 16 t.
Fabressa 106 t.
Fiorentina II, 57 r.
Fontana Ili, 48 t.
Foresetana II, 109 r.
Francisca I, 35 t.
Galitiana 32 r.
Gemma 45 t.
Giiigiia 14 t.
Gradilitia 6 r.
Gratia II, 127 r.
Gudilitìa I, 12 t.
Guidocta IV, 74 t.
Guidulla I, 4 r.
lacoba 53 r.
luliana Ili, 31 t.
lunchetana I, 7 r.
Margarita IV, 106 r.
Marzia II, 109 r.
Mathea 4 r.
Micchilocta 108 r.
Odolina I, 37 r.
Oliva II, 12 t.
Pisana 97 r.
Plana I, 25 r.
Riccadonna Ili, 44 t.
Riccha 97 r.
Rosana 125 t.
Sabbatina I, 45 t.
Sebjlia Ili, 59 r.
Spadutia 59 r.
Stefania Il, 17 r.
Verde IV, 41 t.
Verdenevella .... 41 r.
Verdiana 76 r.
COGNOMI E SOPRANNOMI.
Adbiduti (Cfr. Avveduti) I, 53 t.
Advauzati (Cfr. Avvan-
zati 9 r.
Albese 44 t.
Alteneve 48 t.
Amoddei (Cfr. Amìdei) 49 t.
Aroui 11 r.
Ardizzari 14 r.
Arezzari 28 r.
Avaritie 30 r.
Baroni •■.... 16 r.
Bastantie Ili, 57 t.
Beccari I, 58 r.
Beccaromi 97 t.
Becchi IV, 85 r.
Becuneranti .... 72 r.
Belcortese Ili, 91 t.
Beldie II, 16 t.
Benassagi I, Ut.
Benefacti .... II, 67 r.
Bencevenne .... I, 4 t.
Bentevengne .... III, 81 t.
Bevetutti I, 33 t.
Bilacqua (Cfr. Bevilac-
qua) II, 16 t.
Boccabone I, 136 r.
Boccafrictelle .... IV, 131 t.
Boccalepre II, 16 r.
Boccalete Ili, 97 r.
Boccanera (Cfr. Bocca-
negra) I, 107 t.
Beccarle 40 r.
Bocatius dictits (Cfr. Boc-
caccio) II, 67 r.
Bonafede II, 89 t.
Bonaiuutis (Cfr. Bonag-
giunta) I, 10 r.
Bonaguide 49 t.
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
285
Bonavenere II, 49 t.
Bona/J (Cfr. Bonazzi) . I, 102 r.
Bonfils-li (Cfr. Donfigli) II, 7 r.
Boniusengna (Cfr. Bo-
7ì insegna) . . . . I, 12 t.
Bonostis II, 47 r.
Bouscg-noris (Cfr. Bon-
signorl) 19 r.
Borscette (Cfr. Borsetta) I, 32 r.
Bramandi(Cfr.J5r«7na?i<t!) I, 14 r.
Braiulalg:le(Cfr./ira«(Zrt^Zm) 103 r.
Brixnazzotti III, 62 t.
Bucciconi II, 102 t.
Bucti (Cfr. Butti) . . I, 26 t.
Busse II, 100 t.
Butrichelli I, 107 r.
Cacabassi Ili, 20 t.
Cag'ao:olpe(= cacacoZ^^e) 25 t.
Cambii (Cfr. Cambi) . I, 42 r.
Capraceche II, 47 r.
Cardinalis qui dicitur
(Cfr. Cardinali) . . III, 2 r.
Carebone 132 t.
Carmangne (Cfr. Car-
ìnagna) II, 102 r.
Carteblance* .... 88 t.
Casati I, 59 t.
Cavaldolo II, 38 t.
Cavalieri (Cfr. Cava-
glieri) I, 7 t.
Ceutucose Ili, .36 r.
Cicerle IV, 76 r.
Civenne II, 10 r.
Clazzarnesi (= schiac-
ciarnesif) .... IV, 80 t.
Cocce 33 t.
Compangui (Cfr. Com-
pagni) II, 25 t.
Cornacchia 178 r.
Crudelis (Cfr. Crudeli). 119 t.
De Albricis {Alberici) . I, 31 r.
De Claratenuta . . . 103 r.
DeFilippischis(^^^^7)^esc^^■) 54 t.
De Grecha (De^Za Greca) 26 t.
De Miccinellis (il/iscmcZ^z) 9 t.
DcMonaldischi.s(ilfonaWesc/</) 10 r.
DeOptiinellis(0<</7ne^/j) 11 r.
De Spada (Cfr. Spaila) III, 68 t.
De Tertia {Della Terza) I, 29 r.
De Turri {Della Torre) 215 t.
De caruodevale (^= di
carnevale) .... II, 167 r.
Deoceviva 66 t.
Deotallevi (Cfr. Diotal-
levi) 10 r.
Deotesalvi (Cfr. Dioti-
salvi) 109 r.
Fassce I, 39 t.
Faranfutii II, 6 t.
Ferraloca Ili, 50 t.
Flaccalussu (= fiacca-
lusso) Il, 107 r.
Fiorite (= fiorita) . . III, 21 r.
Fogalassci IV, 5 r.
Fortibrazze (Cfr. Forte-
braccio) I, 66 t.
Fortisguerre (Cfr. For-
teguerra) .... IV, 20 t.
Fragavire I, 33 t.
Frascanbocche. . . . 100 t.
Gentilezze II, 109 r.
Ghise I, 59 t.
Gibellinus dictus. . . Ili, 75 t.
Godete I, 30 t.
Grani II, 101 r.
Gra.ssci (Cfr. Grassi) . III, 60 r.
Grassilli (Cfr. Grasselli) 6 t.
Guance rossce {^^^ guance
rosse) 144 r.
Lazzarulli I, 10 r.
Leccardi II, 39 r.
Lomauge I, 63 t.
Maccari 66 t.
Madonne I, 94 r.
Malabranca II, 146 r.
Mancie 204 t.
Mancini I, 38 t.
Manzafoccaza (= man-
gia focaccia) . . . III, 56 t.
Marcabrini 31 t.
286
G. PARDI
Marconi I, 42 t.
Meldrude II, 30 t.
Mezzabanie I, 104 r.
Micci II, 97 r.
Monnezza (=imìnotidezza)l, 118 t.
Mucafave IV, 38 t.
Nasiis 66 t.
Nobilis (Cfr. Nobili). . I, 12 t.
None {Della Noìia) . . 40 r.
Occiili bovis .... Ir.
Orbene 97 t.
Pacipti (Cfr. Pacetti) . 10 t.
Pauaccattati .... II, 26 r.
Papilloni IV, 78 r.
Pazzus Ili, 24 r.
Pectorutius II, 25 t.
Pellis II, 13 r.
Penze I, 43 t.
Pessine (Cfr. Pessina) . Ut.
Pig-ulotti Ut.
Pilosus II, 196 t.
Pleueri I, 16 t.
Raffe 105 t.
Riccomondi II, 44 r.
Eig-alis I, 8 r.
Robbavilla ..... Ili, 67 r.
Eouciglioni Il, 20 t.
Rovai 15 r.
Rubens 15 t.
Saceutis IV, 21 t.
Salimbene Ili, 41 r.
Sallamare 96 t.
Scambii I, 44 r.
n,
III,
I,
90 t.
10 t.
16 t.
40 r.
30 t.
Ili, 12 r.
33 r.
IV,
II,
I,
Scancati I, 53 r.
Scangni 8 r.
Scarcamurus .... II, 58 r.
Scarpette I, 93 t.
Scelenguatus (= scilin-
guato) ....
Schiacte
Scolari
Seg-ni
Servidei
Settembrine
Siccadenari
Sig'ilbocti
Sordonus
Sperandei {Cf r.Sperandio)
Squinzacannelle . . .
Stabilis
Strambus
Taborie
Tartalg-li (Cfr. Tarta-
glia) 50
Tignosi 41
Truffe 116
Tundus 2
Vaccondei 30
Verdepalme 85 r
Vespe. ...... 3 t
Vidi 60 t
Villani 14 t
Viudemie 45 t
Zanforgrani .... 7 t
Zanforgnige .... 40 t
Zifere Ili, 40 r
40 r.
10 r.
67 r.
13 t.
104 r.
Ili, 12 t.
I, 26 t.
§ 7, — Pivieri^ castelli, ville e contrade:
nomi loro e delle persone che li abitavano.
A quel modo che la città parlivasi in quartieri (altrove in
sestieri, ecc.) ripartiti in rioni; così il contado dividevasi in pi-
vieri, ville e castelli.
Nel 1278, per ordine di Bertoldo Orsini, podestà d'Orvieto,
furono dichiarati i confini dei pivieri e delle terre del contado
orvietano (1). Ed i pivieri erano allora denominati in tal modo:
(1) Fumi, Cod. dipi., p. 320.
IL CATASTO U ORVIETO, ECC.
287
I.
Rculle.
II.
Carnaiola.
III.
Moutelcoue.
IV.
Fabro.
V.
Fichiuo.
VI.
Casteir orvietano.
VII.
Castel vecchio.
vili.
Camposelvoli.
IX.
Cetona.
X.
San Giovanni di Monte Pagliano.
XI.
San Donato.
XII.
Sant'Abbondio.
XIII.
Bardano.
XIV.
Sugano.
XV.
Petroio.
XVI.
Petramata o San Pietro in veteri.
XVII.
San Fortunato.
XVIII.
Santa Maria in Forzano.
XIX.
Agliano.
XX.
Vaiano.
XXI.
Castel dell'abbazia di santa Maria
di Vaiano
XXII.
Morrano.
XXIII.
Santa Maria di Stiolo.
XXIV.
San Felice.
XXV.
Santa Maria in Selva.
XXVI.
Rasi.
XXVII.
Stennano.
XXVIII.
Mimiano.
XXIX.
San Giovanni de Selvule.
XXX.
Monte Lungo.
XXXI
Monte Giove.
Nel catasto d'Orvieto del 1292 troviamo una completa indi-
zione di tutti i pivieri, i castelli e le ville del contado, che noi
riportiamo qui appresso. Noteremo qualche differenza tra la prima
e la seconda lista. Ad esempio il castello di Celona non è più iscritto
fra i pivieri, essendo piuttosto una terra dipendente dal Comune
d'Orvieto che non un piviere di questo. Viceversa vediamo ag-
giunti i pivieri di Alierona e di Montegabbione ed i castelli della
Torre, di Monterubbiaio, di Paterno, ecc.
288
G. PARDI
I. Pleberium Fienili.
II. Villa Abbatie Mentis Orvetani.
III. Villa Uzelle.
IV. Villa Rotansilve.
V. Villa Mealle.
VI. Villa Mentis Nibi.
VII. Villa Sancti Venantii.
VIII. Villa Vesscani.
IX. Villa Sale.
X. Villa Corvini.
XI. Villa Grilg-lani.
XII. Villa Zelle.
XIII. Villa Torselle.
XIV. Villa Porsene.
XV. Villa Carrarie.
XVI. Castrum Fabri.
XVII. Castrum Urbevetanura.
XVIII. Pleberium Saucte Marie in Forzano.
XIX. Castrum Campursilvuli.
XX. Castrum Alg-lani.
XXI. Pleberium Aleronis.
XXII. Villa Meane.
XXIII. Castrum Rubialgli.
XXIV. Castrum Paterni.
XXV. Pleberium Sancti Fortunati.
XXVI Villa Podii.
XXVII. Villa Canalis.
XXVIII. Pleberium Bardani.
XXIX. Villa Pagani.
XXX. Pleberium Sancti Donati.
XXXI. Villa Sancti Cleuci.
XXXII. Villa Auriaua.
XXXIII. Villa Vallonchi.
XXXIV. Villa Alviani.
XXXV. Pleberium Mimiani.
XXXVI. Villa Campilglolis.
XXXVII. Villa Fracte.
XXXVIII. Villa Podii
XXXIX. Castrum Suffii.
XL. Villa Sancti Abundi.
XLI. Villa Podii Ravnerii.
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
289
XLII. rieberium Sucaiii.
XLIII. Villa Mentis Seraldi.
XLIV. Villa rosolie.
XLV. Castruin Lubriaui.
XLVI. Castrum Civitelle Ag-liani.
XLVII. Pleberiuin Sancti lohannis iu Silvolis.
XLVIII. Villa Grisung-nani.
XLIX. Villa Francang'nani.
L. Villa Patrig'uoiii.
LI. Villa Seiaui.
LII Villa Capite.
LUI. Castnim Fichini.
LIV, Pleberium Saucte Marie Stiole.
LV. Castrum Moutis Guabiouis.
LVI. Villa Dalliane.
LVII. Pleberium Moutis Long'i.
LVIII. Villa Nervani.
LIX. Villa Spantis.
LX. Pleberium Saucte ]\Iarie de Rasa.
LXI. Castrum Vetus.
LXII. Pleberium Sancti Felicis.
LXIII. Villa Militis.
LXIV. Pleberium Sancte Marie in Silva.
LXV. Villa Siccaui.
LXVI. Villa Sancti Severi.
LXVII. Villa Cezzani.
LXVIII. Castrum Rote Castelli.
LXVIX. Villa Collis Longi.
LXX. Pleberium Sancti Petri in Vetere.
LXXI. Villa Petrorii.
LXXII. Pleberium Moutis lovis.
LXXIII. Villa Civitelle.
LXXIV. Castrum Montis lovis de Moutanis.
LXXV. Villa Abbatie Aque Alte.
LXXVI. Pleberium Montis Leonis.
LXXVII. Pleberium Caraiole.
LXXVIII. Pleberium Stennani.
LXXIX. Villa Cannarli.
LXXX. Villa Sancti Augustalis.
LXXXI. Castrum Guani.
LXXXII. Pleberium Morrani.
19
290 G. PARDI
LXXXIII. Villa Morrani.
LXXXIV. Villa Sancti Fustini.
LXXXV. Castrum Mucaronis.
LXXXVI. Villa Mouazzaui.
LXXXVII. Villa Sancti Petri.
LXXXVIII. Villa Fulglaui.
LXXXIX. Villa Balnei.
XC. Villa Cerreti.
XCI. Villa Montonis.
XCII. Villa Aucaraui.
XCIII. Castrum Turris.
Questi i nomi dei pivieri, delle ville e dei castelli orvietani
nel 1292. Ogni piviere poi e villa e caslello aveva varie contrade
con differenti nomi. Reputando inutile riportare i nomi di ogni
contrada, riferiremo soltanto quelli del piviere di Fienile, nell'or-
dine in cui si presentano nel catasto del contado:
Contrata fontane, cerri grossi, case longe, ragni, zeppeci, runilgloli,
caccoli, larciriani, sancti lohannis, casaline, mercati, fontis fébraie, sancti
Cristojyhani, rote, rijye, scojoite, cerreti, canalis, sancti Quirici, de bussolis,
scandilarii, revellate, vivolgle, ecc. Altre deuominazioui locali erano le
seguenti : iìi valle, in costis fontane, in elcito, in valle piada, in carbo-
naria, in valle vecchia, in plano, in plano montis, in fontanellis, in or-
talihus, in costa pantani, in podio donato, in strepalglis [sterpaglis], in
podio furcariim, in fornacibus, ecc.
Fienile, donde s'intitola il grosso piviere di tal nome, è ora
capoluogo di mandamento nel circondario di Orvieto. Fu il nerbo
della potenza dei Filippeschi; vi nacque il giureconsulto Serafino,
podeslrà di Orvieto nel 1200.
11 caslello dell'abbazia di san Niccolò del Monlorvietano sor-
geva a poca distanza da Fienile. Infatti l'abbazia con le case at-
torno era cinta di mura a guisa di fortilizio o castello.
Al mandamento di Ficulle appartengono Rotanselva, Mealla,
Montenibbio, Verciano e l'antico castello della Sala. Quest'ultimo,
situalo a sud-ovest di Ficulle, fu sottoposto alla giurisdizione del
Comune di Orvieto nel 1222, fu proprietà di Gentile Monaldeschi,
tiranno di questa città nel 1437 — egli dal caslello prese il so-
prannome di Gentile della Sala — e venne distrutto pochi anni
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 21)1
dopo. San Venanzo ò ora Comune a so nel inandainenlo d'Or-
vieto. Le terre di Zelle, Torselle e Porselle potrebbero forse ve-
nire identificale con i paesi odierni di Celle, Torsollino, e Po-
celle. Carrara, castello ora distrutto, sorgeva presso Ficullo. Vi
nacque, pare, il monaco Graziano.
Fabro, capoluogo di Comune nel mandamento di Ficulle, ap-
partenne ai Monaldeschi della \'ipera, al famoso Bonconte, cru-
dele tiranno d'Orvieto nel secolo XIV.
È sparita la denominazione di Caslellorvietano. Santa Maria
in Forzano corrisponde probabilmente al luogo detto Santa Maria
vicino a Fabro.
Camporsevoli o Camposelvoli è stato conteso tra gli Orvietani
ed i Senesi, si sottomise ai primi nel 1288, ma fu occupato sta-
bilmente dai secondi nel 1433. E ancora in quel di Siena.
Agliano appartiene ora al mandamento di Bagnorea nella pro-
vincia di Roma.
Allerona, grossa terra presso al Paglia, forma Comune nel
mandamento di Ficulle. Ad ovest di Allerona era la villa di Meana.
Castel Rubiaglio corrisponde all'odierno Monterubbiaio, paese
del Comune di Castel Viscardo nel circondario d'Orvieto.
Paterno denominasi ora Poggio Paterno e sorge non lungi
da Castiglion Teverina e da Baschi, con cui fu in lotta, riceven-
done una tremenda sconfitta, tanto che si diceva: chi vuol veder
Paterno vada a Baschi (imitazione di un altro più noto motto po-
polare). Nel 1348 sembra si fosse ribellato ad Orvieto. Infatti Mo-
naldo di Ermanno Monaldeschi chiese di poter tenere pedoni e
fanti nella Teverina « ad resistentiam illorum de Paterno et
Roccha Sberni ».
San Fortunato, piviere orvietano una volta, è frazione del Co-
mune di Marsciano nel circondario di Perugia.
La villa di Poggio corrisponde probabilmente a Poggio Aqui-
lone, che sta nel Comune di san Vito in monte (mandamento
d'Orvieto).
Canale è a sud e Bardano a nord di Orvieto, non lungi dalla città.
San Donato, piviere un tempo, è ora un podere della con-
tessa Piccolomini non lungi da Castel Giorgio (mandamento d'Or-
vieto); vi sono gli avanzi d' un'antica abbazia. Villa auriana,
Vallonchio e san Clencio eran località del piviere di san Donato.
292 G. PARDI
Alviano, castello del mandamento di Amelia nel circondario
di Terni, ò noto per i suoi signori, che furono valentissimi nelle
armi. Basterà ricordare tra essi Ugolino d' Alviano, capitano di
popolo d'Orvieto nel 1313, e Bartolomeo d' Alviano, che ebbe nome
non oscuro tra i condottieri del suo tempo. Presso Alviano, il
21 marzo 1214, furono stipulali i capitoli di amicizia e di alleanza
tra Narni ed Orvieto.
Il castello di Campiglia, ora in quel di Siena, fu sottomesso
ad Orvieto da Visconte di Gentile il 10 settembre del 1215. I vi-
sconti di Campiglia erano molto potenti e contribuirono alla gran-
dezza di Ermanno Monaldeschi, nato da una donna di quella fa-
miglia. Nella guerra tra Firenze e Siena, stettero con Orvieto,
alleata dei Fiorentini, contro i Senesi.
La Fratta si può forse identificare con Fratta todina (man-
damento di Todi, circondario di Perugia); e Castel Soffio potrebbe
aver qualche relazione con Castel Sozio, che stava a mezzogiorno
di Civitella d'Agliano.
Sant'Abbondio e Poggio Ranieri son due località del Comune
di Allerona.
Sugano, castello ad ovest di Orvieto, appartenne a Corrado
di Berardo Monaldeschi e fu occupato e bruciato nel 1413 dal-
l'esercito di re Ladislao: Monte Seraldo e Posolle erano località
del piviere di Sugano.
Il Castel di Fichino, a mezzodì della montagna di Cetona, non
lontano da Camporsevoli, fu contrastato mollo tra Orvietani e Se-
nesi : lo tennero gli uni per molti anni, finché agli altri fu con-
cesso da Pio II verso la metà del secolo XV.
Lubriano e Civitella d'Agliano sono ora nel mandamento di
Bagnorea (provincia di Roma). Lubriano appartenne ai Monal-
deschi del Cervo (vicino ad esso sorgeva il castello della Cervara)
e vi fu sepolto Benedetto di Ermanno. Civitella era uno dei pos-
sessi di Corrado e Luca di Berardo Monaldeschi. Venne distrutta
nel 1322 perchè ribellatasi più volte ad Orvieto, ma poco dopo
ricostruita.
Montegabbione è Comune nel mandamento di FicuUe.
Montelungo e Nervano sono poco lontani da Spante, frazione
del Comune di san Vito in monte.
Castelvecchio era verso Toscanella : nell'atto di concordia tra
IL CATASTO d' ORVIKTO, ECC. 293
i Comuni di Orvieto e di Toscunelln è stabilito che la rocchetla
di Castelvecchio non danneggerà quei di Toscanelia (1283 niag-
gio 23).
Villa Militis forse Rocca di Meleto sul Tevere non lungi da
Baschi, nella provincia romana.
Gezzano è il moderno Genzano (circondario d'Orvieto).
San Severo, il paese dove sorgeva l'abbazia dei santi Severo
e Martirio, è nel mandamento d'Orvieto: vi si conserva un bel
palazzo del cardinale Girolamo Simoncelli, erettogli forse da Si-
mone Mosca, con entro affreschi dei fratelli Zuccheri.
Rotacastelio ò nel Comune di san Venanzo nel mandamento
d'Orvieto. I suoi conti molestarono san Vito e furono perciò posti
al bando dal Comune orvietano e scomunicati dal vescovo.
Collelungo pure è nel Comune di san Venanzo.
San Pietro in teiere denominasi anche oggi san Pietro: sta
nel Comune di Fabro.
Monte Giove è nel mandamento di Ficulle: appartenne un
tempo alla famiglia Mazzocchi : fu posto a fuoco nel 1325 dai Vi-
terbesi capitanali da Silvestro di fianieri Gatti.
La villa di Civitella corrisponde a Civitella de' Pazzi, comune
di Baschi, mandamento di Todi, dove sorgeva pure un tempo la
celebre abbazia di san Pietro di Acqualta, luogo oggi detto
Abbadia.
Monleleone è Comune del mandamento di Città della Pieve
nel circondario di Orvieto, Carnaiola sta nel mandamento di Ficulle.
La denominazione di Stennano non esiste più; ma il luogo
così detto era situato tra Morrano e Spante, ad est di Orvieto.
A settentrione di Stennano è san Faustino (mandamento d'Orvieto).
Villa Cannarla non ha certo nulla che fare con Cannare del
mandamento di Bevagna nel circondario di Spoleto,, ma piuttosto
forse con il paese di tal nome situato nel circondario di Perugia.
Onano è nella provincia di Roma, mandamento di Acquapen-
dente. Apparteneva ai visconti di Campiglia, che lo dettero in pegno
al Comune di Orvieto. Fu poi feudo dei Farnese, contea di Corrado
e Luca di Berardo Monaldeschi, possesso di Luca della Cervara.
Morrano è a nord-est di Orvieto e trovasi nel di lei manda-
mento. Non è da confondersi con il paese dello stesso nome, che
fece parte un tempo del Contado aldobrandesco (in Maremma); ed i
294 G. PARDI
cui signori furono quasi sempre in pacifiche ed amichevoli relazioni
con gli Orvietani e vennero assoldali da Ermanno Monaldeschi
nella guerra da lui intrapresa contro gli Orsini.
Mucarone è una piccola località non lungi da Morrano (ora
più comunemente detta Maccarone) ; così Monazano (ora Molazano);
così Bagni e Montone (ora Poggio Montone) ed Ancaiano, tutti
luoghi del mandamento di Orvieto. E sparita la denominazione di
Cerreto, ma questa località doveva esser presso Morrano essa
pare. Non sappiamo se Fugliano si possa identificare con Fuli-
gnano, terra del Comune di san Vito in monte.
11 castello della Torre può corrispondere od a Torre Sanse-
vero od a Torre Alfina. Ma già abbiamo veduto che la prima era
denominata Sansevero semplicemente. Torre Alfina venne occu-
pala dall'esercito di re Ladislao quando assediò Orvieto; uomini
ragguardevoli furono Neri e Pandolfo della Torre, il primo dei
quali ebbe parte notevole negli avvenimenti politici d'Orvieto,
il secondo podestà di Orte. Torre Alfina appartenne ai conti di
Corbara (Francesco e suoi eredi). Ricostruita dai marchesi Cahen,
di cui è proprietà, sorge in vicinanza di Castel Viscardo (man-
damento d'Orvieto).
Da quanto abbiamo esposto sopra possiamo dedurre, che il
territorio dell'antica repubblica orvietana del 1292 comprendeva
tutto il moderno circondario d'Orvieto, si distendeva in quello di
Perugia dalla parte di Todi, penetrava nella Toscana dal lato di
Siena, invadeva la provincia di Roma in più punti, dilagando con
il Tevere nella valle da questo denominata.
Dipendevano inoltre da Orvieto in quel tempo molte terre e
castella, sulle quali, per riguardo alle recenti sottomissioni, non
si ponevano tasse uguali a quelle del territorio orvietano vero e
proprio, e per le quali quindi non era stato fatto il catasto: Acqua-
pendente (sottomessasi il 5 marzo 1251); Proceno, il contado di
Montorio, Piancastagnaio ed il castello di Saturnia (1251, luglio
11, 12, 14 e 16); Bisenzio, Castel Pero, Valentano (1257, giugno
12, 13 e 15); i forti castelli di Cetona e di Sarteano (1260, giugno
11 e 1265, settembre 7) la Terra guiniccesca sottomessa dal conte
Aldobrandino e di nuovo da Guido da Monforte (1285, giugno 2), ecc.
La repubblica orvietana aveva dunque i seguenti confini. A
settentrione il Montamiata e la montagna di Cetona, oltre la quale,
IL CATASTO I)' ORVrETO, ECC. 295
con i castelli di Celona e di Sarteano da essa dipendenti indi-
rettamente, si spingeva fino a Chiusi ed a Chianciano, che poi
occupò, venendo a confinare con la repubblica senese presso a
Montepulciano. Ma Chiusi fu ceduta ai Perugini da Ermanno Mo-
naldeschi, e la repubblica senese invase a poco a poco e tenne
per sé Chianciano, Sarteano, Celona, Piancastagnaio, Camposel-
voli e Fichino.
Ad oriente il corso del Tevere, confine valicalo in qualche
punto con l'occupazione, ad esempio, di Alviano in quel di Amelia.
A mezzogiorno presso a poco i moderni confini con cui tocca
la provincia di Roma, eccettuata una buona parte dell'attuale
mandamento di Bagnorea.
Inoltre appartenevano indirettamente ad Orvieto le terre della
valle del lago di Bolsena, di cui, dopo lunga lolla con la santa
Sede (per la quale incorse perfino nella scomunica), ebbe confermalo
il possesso da Bonifacio Vili, sulla fine del secolo XIII.
Ad occidente la montagna di Sanlafiore, il monte Penna e il
lago di Bolsena, oltrepassalo con le terre indirettamente dipen-
denti di Bisenzo, di Capodimonte e di Valentano.
Esaminali così i nomi dei pivieri, delle ville e dei castelli
del contado orvietano, veniamo ad osservare i nomi delle persone
di questo, i quali differiscono alcun poco da quelli cittadini. Nella
lista seguente son riportati nomi, cognomi e soprannomi non ri-
scontrali nel catasto della città, disposti per ordine alfabetico:
N 0 M I MASCHILI.
Acteuarte 651 t. Boccius 13 r.
Advoltrone 574 t. Bouadeus 696 t.
Aleviitiiis 70 t. Bonamente 519 t.
Allegiiri 590 t. Bondemanmis 106 t.
Alliutius 248 t. Bontadusus 630 r.
Altujuvnus f^ altogiorno) 325 t. Brazolus 76 r.
Anibaldus 139 r. Bucarutius 502 t.
Appulglesis f= pugliese) . 230 r. Buschiptus ('= boschetto) . 658 r.
Arrecabeue 562 t. Casella 296 t.
Asellus 154 r. Cenne .... ... 82 r.
Ballutius 258 t. Conversanus 93 t.
Barrutius 92 t. Crissus 484 t.
Berzellus 95 t. Cursus (=. Còrso) . . . 533 r.
29 G
G. PARDI
Datus 509 t.
Douus 560 r.
Donictulus 561 t.
Erculamis 10 r.
Eveuelhis 621 t.
Fatius 57 t.
Flaviamis 659 r.
Flore 88 t.
Forzatns 236 r.
Freug-uellus (= fringuello) 501 t.
Friulinus 502 t.
Fusarellus 322 r.
Geutilescus 96 r.
Guarnatiis 591 t.
Guelcus ....... 618 r.
Giierziiis ....... 255 t.
Guezzus 525 r.
lelcouus 555 t.
Lamontixis 32
Lanuus 3 r.
Lapus 76 t.
Maunatore (= wiayidatore) . 525 t.
Mauuatiis (= mandato) . 510 t.
Marnabiitius 630 t.
Masscius 142 r.
Melglorictus 6 t.
Naldus 1 t.
Odiatus 549 t.
PaltouTis 406 t.
Paltonutius 508 r.
Pannolfus 312 r.
Parronus 313 t.
Quintarellus 632 r.
Ricchardus 50 t.
Rig-us 301 t.
Sambuis 100 r.
Savarinus 59 t.
Scaug'noltis 141 t.
Sensus Ut.
Servictus (= servetta) . . 312 t.
Silvester 50 r.
Staotalus 622 t.
Sutius 93 r.
Symus 145 r.
Syfredus 179 t.
Taccaldinus 80 t.
Tacdeus 2 t.
T aìentvLcms {=^ talentuccio) 112 t.
Trincolus 577 r.
Turrese 714 t.
Vegnate 443 t.
Veng-nus 96 r.
Veuutillus 411 t.
Veuutouus 525 t.
Vianus 54 t.
Vìug-nalus 314 t.
Volante 160 r.
Volantellus 577 r.
Yo\glsi{= voglia) presbiter/ 579 r.
Zacheus 82 t.
Zanni 72 t.
Zardauellus 715 r.
Zovannes (^= Giovanili) . 73 t.
Zovannellus (= Giovannello) 72 t.
NOMI FEMMINILI.
I
Adalasca 121 t.
Abbandonata 35 t.
Addensata 27 t.
Advennata 627 t.
Agurella 79 t.
Albasia 634 t.
Alta 668 r.
Altadouna 274 r.
Altaviva 13 t.
Alturisu 74 r.
Alviva 41
Ang-ese 686
Armellina 298
Asina 668
Benag-ia 271
Bereza 133
Bonaccursa 273
Bonademani 251
Bonafemina 253
Bonora 668
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
297
Ceccola 578 t.
Chieineiitiua 133 t.
Coutadiua 097
Diluvia 714
Douuessa 121
Encasa 34
Florutia 79
Geutclecta 330
Gerarda 44 t.
Gilliaua 605 t.
Grifa 327 t.
Hermmaunutia 858 t.
Holiua 117 t.
lontula 056 t.
Imi Ida 75 t.
Isocta 677 t.
Mactiitia 87 r.
Masolata 220 t.
Meldina 382 r.
Mignarda 134 t.
Oliseli «gliela 501 t.
Oriiiamia 34 t.
Orvc'taua ;*)34 t.
Paula 60 t.
Perusiua 685 r.
Pocubella 502 r.
Proveutaua 84 r.
Rag-oldaua 377 t.
Rosa 512 r.
Sabina 690 t.
Santa 576 t.
Santiitia 07 r.
ScAuegìante (^ somigliante) 371 t.
Sibiliota 310 r.
Theodora. • 10 r.
Ysabella 583 t.
Ventorutia 215 t.
Viridis 658 t.
COGNOMI E SOPt^ANNOMI.
Acceptantis 160 t.
Adiuti 102 r.
Admaniti (Cfr. Ammaniti) . 69 t.
Alticelli 87 t.
Altinoris 659 t.
Ammirate 106 r.
Arregnati 75 t.
Artiuisci 10 r.
Bavosus 293 t.
Befulci 506 t.
Bellabrazzi 115 t.
Bellafonte 116 r.
Bellamadonne 630 r.
Bellamprae 384 r.
Bellautucte 622 t.
Bellassai 212 r.
Bencevenissi 371 t.
Beutezunga (== ben ti giunga) 221 t.
Besscotus 81 t.
Beste 85 r.
Bonadprehensi 501 t.
Bonagure 31 t.
Bonaparte 535 r.
Bonappressi 528 t.
Brime 76 t.
Brouzardi 7 r.
Bucchinus 243 r.
Buiani 56 r.
Burguuguoni (Cfr. Borgo-
gnoni) 222 t.
Caledule 49 t.
Calvuli 19 r.
Camaronis
Cammereui
Capigonis
Caputosti
Cavatoste
Cazaguerre (^^ caccia guerra)
Cimini
Claranibaldi
Congnoscentis
Consilii
Corvolutii 115 r.
Corvuli 116 r.
Crudi 95 r.
De boero 97 r.
294
78
126
374
120
175
46
331
677
43
298
G. PARDI
De urso 689 t.
Demandi 634 t.
Deotaccommandi .... 25 t.
Deotasservi 217 r.
Deotavive 21 i.
Deuteface 91 t.
Deiitefece 92 r.
Dilectissime 677 t.
Domestici ..... 590 r.
Dulcedompue 591 r.
Encresceutie 8 t.
Fabelle 547 t.
Falcouis 143 t.
Fasaui 711 t.
Feroci 373 t.
Finocchi Ut.
Fortinerie 45 r.
Frisce 16 t.
Frngerii 710 t.
Fascini 691 r.
lastimati 212 r.
Incontri 74 r.
Inforzati 256 t.
Tonte 46 r.
Iucche 153 t.
Lemosina 571 t.
Lepore . 95 r.
Lig-ere 81 r.
Lingue folle 254 r.
Luraay 71 t.
Luugus 89 t.
Mag-nafabe (eManzafava) 88 r. e 90 r.
Mantuani 41 t.
Manzarelli 522 t.
Mazzacape 35 r.
Mazzagalli 3.59 r.
Mazzi 19 r.
Melloritie 715 r.
Menabone 529 t.
Morandi 384 t.
Nurmerg-lini Ut.
Orlaudini 301 r.
Parriue 65 t.
Pasce 86 t.
Pedeconis 68 r.
Perfidi 655 t.
Porcaug'ni 93 r.
Pregadei 48 r.
Quintavallis 273 r.
Reguardi 69 r.
Robbe 180 t.
Rocchi (e De Rocchi) . . 43 r.
Rocole 590 t.
Ruibocti 3 t.
Rubbe 183 r.
Salaque 640 t.
Saldine 617 t.
Salladini 553 t,
Saporelli . 215 r.
Sauzaguerra. ..... 14 t.
Satulli 69 t.
Scambiolus 683 t.
Schifate 318 r.
Scor gnsLV acca, (^^scornavacca) 91 r.
Sculglatus 295 t.
Siuguine 104 r.
Solaradie 139 t.
Soldaneru 331 r.
Sommay 306 t.
Spene 39 r.
Sybone 588 t.
Submerge 273 r.
Talg-Iamilgli {== tagliamiglió) 271 r.
Talledite (= tagliadita) . 289 t.
Tardoneri 288 r.
Thodesche 549 t.
Those (Cfr. Della Tosa) . 106 t.
Tornabene 482 t.
Torsi 55 r.
Torti 94 r.
Toscasi 341 t.
Trabucchicti (= trabocchetto) 89 t.
Tramandati 81 t.
Tranquillus 383 r.
Tribator 2 r.
Triccaduri 633 t.
Trovaldie 341 t.
Turzanus 75 t.
Urmeg-lini 6 r.
Valentini 669 r.
IL CATASTO D ORVIETO, ECC.
2^)1)
Veni 50 r.
Verderose 082 t.
Venuli 75 t.
Viveune 714 t.
Virmilg'li f-^ i'erini(/lio) . 126 r.
Vizzii \ . . 199 t.
Varaclii 159 t
Zopparolli
Zoiitaronus
Zordungni
Zuce . .
204 r.
331 r.
COI r.
18 t.
§ 8. — Esame dei catasti
conservati neW arcl/irio comunale antico d' ^)rrieto.
Mancano documenti, che rischiarino la storia dell'imposta fon-
diaria in Orvieto prima del 1292, nel quale anno il Comune or-
vietano deliberò la istituzione del catasto generale delle posses-
sioni in terreni della città e del contado. Che non sia registrala
in questo la ricchezza mobile non fa meraviglia, perchè su di essa
i reggitori degli stati portarono in epoca alquanto più larda la loro
attenzione; ma desia invece sorpresa il non vedervi segnali i
possessi in fabbricali ed in molini, dei quali è già fatta menzione
nel catasto di Macerala del 1268. Può essere pertanto che le case
ed i molini non fossero sottoposti alla r/abella sulle jìossessioni
(come allora veniva chiamala l'imposta sulla ricchezza immobile) ;
o che le proprietà di tal genere fossero registrate in un libro ap-
posito, il quale sia andato per avventura smarrito.
Il catasto del 1292 è intitolato « liber appassatus terrarum
et possessionum cicitatis et comitatus » : è, vale a dire, un in-
ventario dei possessi fondiari. I quali vennero misurati dagli agri-
mensori Trasmondo di Egidio da Fabriano e Palmeruccio di lui
figlio, Bernardo di Ermanno e Boninsegna di Bartolo da Foligno.
Alla misura è unita la slima dei terreni fatta dai frati del mona-
stero orvietano di san Guglielmo.
Ma, sebbene fosse stalo compiuto questo primo e regolare
catasto, non si creda andasse in disuso V estimo o lira, che fino
a quel tempo aveva probabilmente servilo per istabilire T imposta
sulla ricchezza immobile; poiché l'istituzione della lira risale ai
primi tempi delle libertà comunali e fu forse suggerita « ai cit-
tadini de' Comuni, che venivano francandosi a libertà, dalle tradi-
zioni del censo romano, non perdutesi affatto durante i lunghi
anni dell'oppressione barbarica (1) ». Anzi talune leggi lango-
(1) G. Bacchi, Gli ordinamenti economici de' Comuni toscani nel inedia evo e
Jiegnatamente del Coìiiune di Siena, ivi, 1879, p. 15.
300 G. PARDI
barde sembrano accennare all'esistenza di un estimo, più o meno
imperfetto, dei beni immobili almeno; che, senza una forma em-
brionale di estimo, si sarebbero diffìcilmente eseguite le leggi di
Liutprando, in virtù delle quali l'obbligo del servizio militare va-
riava a seconda del valore dei possessi delle singole persone (1).
Comunque sia di ciò, è certo che Pisa fin dal 1162 avea per-
fettamente stabilito restimo, come si capisce dal Breve dei Con-
soli di quell'anno, pubblicato dal Bonaini tra gli Statuti pisani.
E nel 1198 cominciò siffatta istituzione in Siena, come attesta, a
quell'anno, il cronista Angelo di Tura. Nel secolo XIII era cer-
tamente adoperato l' estimo in Lucca, quantunque i Lucchesi
prendessero specialmente a base delle loro imposte le gabelle, la
più notevole delle quali era quella sull'entrata ed uscita delle merci.
Nel 1266 V estimo era stabilito a Firenze, poiché ce ne fa menzione,
a quell'anno, Giovanni Villani.
Sebbene adunque V estimo siasi introdotto nelle varie città in
tempi diversi, quasi dovunque ne troviamo accenni anteriori al
secolo XIV. E consentaneo a ciò argomentare che Orvieto pure
l'adoperasse prima del 1292; anche per la ragione eh' è quasi
impossibile sia il catasto di quell'anno la prima forma d'imposi-
zione fondiaria.
In tutte le cose umane si va per gradi e non si giunge d'un
tratto alla perfezione. Ed in Orvieto, come altrove, V estimo per-
durò per molto tempo dopo il 1292, servendo a completare il ca-
tasto. Infatti i reggitori della repubblica avevano in questo una
guida sicura per conoscere i possessi dei singoli individui; ma
per i cangiamenti di proprietà, che succedevano naturalmente di
anno in anno, adoperavano ancora V estimo, per non sostenere
troppo di frequente la spesa — non insignificante certo — della
compilazione d'un nuovo catasto.
Nelle necessità del Comune imponevasi la lira, imposizione
non annuale o da pagarsi a determinati intervalli, ma straordi-
naria in questo caso e posta, quando stringeva il bisogno, sui
beni ragguagliati alla lira, unità di misura monetaria.
Fin nel primo volume delle Riformanze del Comune orvietano,
a noi pervenute, troviamo accenni di siffatta imposta. Il 2 otto-
(1) ScHUPHER, Ist. 1)01. lang., p. 379.
IL CATASTO D' ORVIETO, ECC. 301
bre 1295 il capitano di popolo, UbaKlo degli Antelminelli di laicca,
propose nel Consiglio dei Consoli delle arti e degli anlerioni del
Comune e del popolo « si placet quod quadrtiginla solidi denario-
ruin [soldi di denari cortonesi] in civitale et comitalu colliganlur
prò singulo centenario per libram correclam, prò solvendis debi-
tis Comunis, sicut alias pluries reformatum est ».
Propose inoltre che la medesima /ira si esigesse nelle terre di
Val di Lago (terre poste in vicinanza del lago di Bolsena dipen-
denti da Orvieto); altrimenti si sarebbe dovuta levare una somma
maggiore dalla città e dal contado.
Ora la frase contenuta nella proposta del capitano Ubaldo,
come molte altre volte è stato deliberato dal Consiglio delle Ri-
formanze (reformatum est), fa capire che non era infrequente
una imposizione di tal genere, di cui numerosissimi esempi rin-
veniamo nei tempi posteriori.
In questo caso adunque lira equivale all'imposta medesima;
mentre generalmente lira od estimo significava la stima delle so-
stanze dei cittadini.
Il 24 decembre 1304 il Consiglio delle Riformanze deliberò
che fosse rifatto V estimo in tal modo: che venissero eletti 12 uo-
mini per ciascun rione della città, i quali, quattro per volta, com-
putassero la lira di tutto il rione. Le lire fatte dalle tre quaderne
di persone eran poscia divise per tre ed i resti ottenuti, sommali
assieme, formavan la lira reale, cioè la slima della sostanza dei
cittadini. Così per ogni rione.
I Dodici fli ciascuno di questi erano eletti, di tra le persone
più oneste e specchiate, dai sette Consoli delle arti maggiori.
Invece il 16 febbraio del 1316 fu deciso che la lira venisse
fatta a seconda della denuncia spontanea dei singoli proprietari
di beni, a cominciare dai più ricchi sino a quelli che possedes-
sero per una somma di 500 lire. Eleggevansi poscia un giudice
e notari forestieri per indagare se le denuncie fossero fatte co-
scienziosamente e per punire chi avesse detto il falso.
II metodo della denuncia era usato comunemente, come si de-
sume dagli ordinamenti del Comune fiorentino esposti dal Cane-
strini. Tale denuncia poteva farsi od oralmente (come sembra
fosse quella del 1316) o per iscritto (come fu nel 1350).
Infatti nel 1316 venne stabilito che si chiamassero nel Con-
302 G. PARDI
sigilo generale del Comune 25 nobili e 25 popolani alia volta, a
cominciare dai più ricchi; e che nel Consiglio medesimo essi fa-
cessero la lira dei propri beni. Non si capisce perchè l'avrebbero
dovuta fare nel Consiglio generale, qualora fosse stala per iscritto
e non una denuncia orale, che era probabilmente registrata dai
notari del Comune.
Scritta, al contrario, era la denuncia ordinata nel 1350. Con-
siderando infatti in quell'anno il Consiglio delle Riformagioni (1)
come molti, con astuzie e frodi, fossero riusciti a non farsi alli-
rare, deliberò che entro un mese tutti gli abitanti della città e
del contado dovessero assegnare in iscritto i loro beni, per vo-
caboli e confini e con la stima del valore di essi.
Mi son diffuso un poco a parlar della lira, perchè, come è
stato osservato innanzi, si collega strettamente al catasto, al quale
serviva di complemento in quell'epoca.
Nell'archivio comunale d'Orvieto (parte II, serie I) son con-
servati i seguenti catasti, estimi ed assegne :
I. e II. Catasti della città e del contado dell'anno 12'.)2, dei
quali abbiamo ormai diffusamente parlato.
III. Beni del Comune appartenuti ai ribelli ghibellini (Bona
Communis olim rehellium. — in busta, e. 40).
Nel 1313, essendo stati i Ghibellini vinti dai Guelfi dopo una
lotta tremenda, furon mandati in esilio ed ebber distrutte le case
e le torri. Fu inoltre stabilito dai vincitori che dessi non potes-
sero più né vendere, né comprare, né possedere cosa alcuna ; e
che i loro beni divenissero proprietà di tutti, vale a dire del Co-
mune, il quale se ne valeva per il pubblico interesse. Ma non
fruttando questi beni, per quanto numerosi, ciò che avrebber do-
vuto fruttare, o per appropriazioni indebite o per paura della ven-
detta degli esuli, il Comune, l'il ottobre del 1314, decise di ven-
derli. Furono infatti posti all'incanto sotto la vigilanza di un giu-
dice. Ma poiché parte di questi non potè esser venduta, venne
data in affìtto o coltivata per parte del Comune stesso (2). Ne fu
fatto pertanto un inventario, probabilmente tra il 1314 ed il '15,
che è quello conservato ancora nell'archivio comunale. Disgra-
(1) Rif. ad an., e. 36 t.
(2) G. Pardi, Il Governo dei Signori Cinque in Orvieto, p. 15-7.
IL CATASTO d' OUVIKTO, ECC. 30iJ
zialamenle non vi Irovioino regislruli i possessi di tulli gli esuli
ghibellini, essendo stali oramai venduti [ter la massima parte;
altrimenti da tale inventario avremmo potuto trarre copiose notizie
sul numero dei Ghibellini e sulle loro ricchezze.
Ecco i nomi dei più notevoli Ghibellini ivi ricordati:
Tiles Kayuerii, e. 1 t. Lenunus dui Petri, e. 2 t. Petrus dui Castaldi,
i possessi mag-g'iori del quale erano iu Salci, dove aveva uu palazzo ed
una torre, e. 3 r. Andriiitius dai Castaldi, e. 4 r. Pippus Optimclli, e. 5 r.
Luzzius Mei de Philippischis, e. 5 t. Filii lordani de Philippiscliis, e. ò t.
lauus dni Petri, e. 6 r. Heredes Albertutii de Mizziuellis, e. 7 r. Petrus
Cellis de Mizziuellis, e. 7 7\ Teste de INIizzinellis, e. 7 t. Celle de Miz-
ziuellis, e. 7 t. Vauues Greche, e. 9 r, Stephauellus lordaui de Philip-
pischis, e. 9 r.
Troviamo adunque tra i ribelli uno degli Ottimelli, tre Filip-
peschi, quattro dei Miscinelli ed uno della famiglia Della Greca,
guelfa dapprima e divenuta ghibellina al tempo di Neri di Ugo-
lino, quando videro i Francesi spadroneggiare la città sotto la pro-
tezione di Martino IV.
IV. Catasto del contado della prima metà del secolo XIV
(e. 1-97 ed 1-41, in busta).
È mollo guasto ed incompleto e non v'è menzionata veruna
persona ragguardevole. Non ne possiamo adunque ricavare alcuna
notizia degna di considerazione.
V. Addizioni al catasto della città e del contado (della prima
metà del secolo XIV, intorno al 1330 — voi. legato in pergamena,
guasto in principio, di e. 3-50, 1-57, 1-45).
Le più ragguardevoli persone, di cui sien registrati i beni,
appartengono alla famiglia dei Monaldeschi: Pietro Novello, che
nel solo paese di Castiglione (vicino ad Orvieto e nel quale si
veggono ancora tracce della dominazione dei Monaldeschi, come
un bel battistero nella chiesa con l'arme di questa famiglia) pos-
sedeva più 100,000 lire di terreni (De castro Castilionis, e. 1-6J ;
Bonconte di Ugolino, il quale vi aveva possedimenti ancor più
estesi (lei, e. 8-loJ ; Ciuccio di Nericcia, e. 16-8 ; Monakluccio
di Ciarfaglia, e. 28 ; e Monaldo di Ugolino « aliter dictus Arclii-
presbiter », e. 47-8.
VI e VII. Denuncie di possessi fatte l'anno 1360 e catasto
304 G. PARDI
del rione cittadino di santa Maria probabilmente dello stesso anno
(voi. legato in pergamena, di e. 1-18 ed 1-140).
Ecco un esempio delle denuncia, che i forestieri possidenti
sul territorio orvietano (poiché questo volume contiene quasi sol-
tanto denuncie di possessi di forestieri) dovevan fare innanzi ai
signori Sette:
Piperozzus Cole Bucciarelli de Bulseno venit coram dictis dnis Sep-
tem et asingnavit et asseniit se habere in civitate urbevetana, regione
saucti Gostantii, uuam donium intra viam et res filiorum Pepi dni Petri
et Angeli Tini etc. Que omnia asseruit et confessus fuit esse tributaria
dicti Comunis [Urbisveteris] e prò ipsis promisit prout in ordinamento
coutinetur, et prò quo fideiussit ser Simon Ciecchi promictens et reuun-
ptiaus etc. (e. 1 t.J.
Donde si capisce che i forestieri possidenti in Orvieto dove-
vano dare un cittadino orvietano per fideiussore, il quale guaren-
tisse il pagamento dei dazi, delle taglie, ecc.
Infatti donna Frattuccia di Bartolone di Baschi promette, per
un suo possesso posto nel castel di Paterno, di pagare « datia,
tallias, collectas et onera secundum formam ordinamenti loquentis
de ista materia ».
I forestieri adunque, possessori di terreni o di case posti sul
territorio orvietano, dovevan presentarsi in persona dinanzi ai
Sette, sotto pena di perdere ogni loro possedimento situato come
sopra. Qualora non potessero venire in persona, nominavano un
procuratore. Così fecero « Hermannus dni Raynerii de Viterbio »
e il nobile uomo « Tadeus dni lldribandini ».
YIII. Catasto dei rioni di sant'Angelo sub Ripa, san Lorenzo
e santi Apostoli (grosso volume, di carte non numerate, legato
in pergamena).
Questo nuovo catasto, o meglio estimo, di cui son rimasti
alcuni volumi, fu fatto l'anno 1363, nel tempo in cui era ufficiale
incaricato del rinnovamento dell'eskimo Righetto di Armanno de-
gli Altafesti di Gubbio. Ciò si capisce dal principio del volume,
che è il seguente :
lu nomine dni. Amen. Hic est liber sive quaternus coutinens in se
omues et singulas possessiones et res in mobiles positas in civitate et co-
mitatu Urbisveteris homiuum et personarum rionum santi Angeli de
IL CATASTO 1>' (MiVIETO, ECC. 305
subripa, santi Laiirentii et santorum Apostolorum diete civitatis, factus,
editus et conpositus tempore sapieutis et discreti viri dui Righetti Arniani
deAltafestis de Euj^ubio honoral)iIis oHicialis diete civitatis super coustruc-
tioue et coupositione nove libre ipsius civitatis et couiitatus ciusdeiu etc.
Di persone degne eli ricordo non vi sono menzionali i beni se
non di « Petrus Ursinus filius quondtiui Benedicli dni lionconlis
.de Monaldeschis ».
Benedetto di Bonconle, dello più comunemenle Benedello
della Vipera — e di vipera ebbe, olire cbe l'arine ed il sopran-
nome, anche l'astuta ferocia — tiranneggiò per vari anni Orvieto
dopo la merle di Ermanno Monaldeschi. Avendo egli condotta in
moglie Violante degli Orsini, Matteo di questa famiglia, eletlo Con-
rervatove dello stato pacifico della città (che, se prima non era
in pace, lo fu ancor meno sotto il di lui governo) si associò nel
potere, l'anno 1445, il cognato Benedetto, che divenne il più crudele
tiranno orvietano. Il figlio di Benedetto, Pietro, soprannominalo
Orsino a cagion della madre, fu dei capi della fazione melcoriiia,
che travagliò la città lottando con quella dei Muffali.
IX. Catasto dei rioni di sant'Egidio e di santo Stefano del-
l'anno 1363 (grosso volume e. s).
Non v'è menzionala alcuna persona ragguardevole.
X. Catasto del rione di san Giovanni dell'anno 1363 (voi. le-
galo in pergamena, di e, 1-190).
Nel rione di san Giovanni nel 1363 abitavano : Pietro
di Cola di Sinibaldo degli Ardiccioni, i cui possedimenti son ri-
portati a e. 755; Vanne di Monalduccio di Neri della Torre, il
qual Neri fu ricco e potente cittadino vissuto nella seconda metà
del secolo XIII (e. 95); e molli dei conti di Marsciano, vale a
dire « Borgarus, Lodovichus et Ugolinus quondam Tiberuccii
Lamberti comilis de Marsciano » (e. 13), Bandino, Bulgaruccio
e Corrado di Neri (e. 21, 28^ 57), Lodovico di Bindo (e. 107)
e Nollo di Giacomo (e. 107).
Abbiamo detto innanzi di Nardo di Bulgaruccio conte di Par-
rano, podestà orvietano nel 1282. Egli mori nel 1320 lasciando
un solo figlio di nome Neri, padre di Bandino, di Bulgaruccio e
di Corrado, che nel 1336 avevano l'abitazione loro in Orvieto nel
rione di san Giovanni. Un altro figlio di Neri, Pelruccio conte di
Migliano, aveva stanza in Perugia nella parrocchia di sant'Anto-
20
306 G. PARDI
nino, dov'era alliralo per lire 3538. E perciò che non Io troviamo
ricordato nel catasto orvietano, avendo ereditati i possedimenti
del padre posti su quel di Perugia.
Bulgaro, Lodovico ed Ugolino eran figli di Tiberuccio dei
conti di Parrano, cugino di Neri di Nardo di Bulgaruccio. Furon
alcun tempo in lotta con il Comune di Orvieto, terminala con una
transazione, per la quale Bulgaro si obbligò a pagar 1000 fiorini,
lasciando per sicurtà ostaggio il fratello Ugolino.
Lodovico di Bindo apparteneva probabilmente alla stirpe dei
conti di Marsciano signori di Monte Giove, essendosi in quel
tempo divisa la nobile famiglia nei tre rami di Marsciano, di Par-
rano e di Monte Giove.
Della stirpe dei conti di Monte Giove era Notto di Giacomo,
che fu fratello della beata Angelina Marsciana, fondatrice del terzo
ordine delle suore di san Francesco. Egli ebbe in moglie una Mo-
naldeschi di Orvieto, Angela di Nericcia di Ciuccio di Nericcia
dei Monaldeschi dell'Aquila.
XI. Catasto dei rioni di san Biagio, san Martino e sant'An-
gelo dell'anno 1363 (voi. legato in pergamena con carte in di-
sordine).
Non v'è menzionala alcuna persona ragguardevole. Tuttavia,
confrontando questo con il catasto del 1292, si può trarne la con-
clusione che il numero dei possessori d'immobili nel popoloso
quartiere di Postierla era notevolmente diminuito nel 1363 : indizio
forse del minore frazionamento della proprietà e prova certa della
diminuzione della popolazione della Postierla, decimata in parte
dalle pesti ed in parie mandata in esilio, perchè per buona parte
ghibellina, dopo la vittoria dei Guelfi nel 1313.
Per mezzo del catasto del 1363, se disgraziatamente non fosse
giunto a noi incompleto, avremmo potuto istituire un esalto con-
fronto con quello più antico del 1292, studiare la differenza di po-
polazione tra l'una e l'altra epoca, l'accentramento maggiore o
minore della proprietà, dedurne la floridezza più o meno grande
di questa o di quell'arie.
Ci dobbiamo invece accontentare di poter constatare che la
popolazione nel 1363 era certo alquanto scemata, ma, sebbene
decimata dalla terribile pestilenza del 1348, non si era ridotta ad
un numero cosi esiguo come vedremo avvenire negli anni se-
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 307
guenli. Il che potremo arguire dalle cifre poi?le qui appresso, le
sole che ci sia concesso riferire con sicurezza ; notando tuttavia
che nel catasto del 1363 son registrati anche i proprietari di case,
mentre non lo erano in quello del 1292. Ma il raffronto non è
meno sicuro, essendo pochissimi i possessori di soli fabbricati
iscritti nel catasto del 1363.
Il rione di san Lorenzo aveva, nel 1292, 91 fuochi corrispon-
denti a 455 leste; e ne ebbe, nel 1303, 67 corrispondenti a 335 leste.
11 rione dei santi Apostoli aveva, nel 1292, 130 fuochi, cioè
650 teste; e ne ebbe, nel 1363, 91 cioè 455 teste.
Il rione di san Giovanni aveva, nel 1292, 141 fuochi, vale a
dire 705 leste; ed ebbe, nel 1263, 124 fuochi, ossieno 620 teste.
Di un maggiore accentramento della proprietà parrebbe des-
sero prova le ricchezze dei discendenti di alcune famiglie registrate
nel catasto del 1292; ma non possiamo affermare nulla di sicuro
riguardo a ciò.
Quanto alle arti sembrano meno esercitate o meno fruttuose
di prima, poiché nei rioni di san Lorenzo e dei santi Apostoli non
troviamo ricordato, tra i possessori d'immobili, alcun giuralo delle
arti; nel rione poi di san Giovanni vediamo nominati un notaro,
e. 10, un sarto, e. 126 r., un legnaiuolo, e. 129 r., 3 calzolai,
e. 131 r. e srjg. 1 taverniere, e. 151 t.j un manescalco, e. 175 t.
ed un mugnaio, e. 186 t.
XII. Catasto di Civilella d'Agliano della 2» metà del sec. XIV
(voi. legalo in pergamena, di e. numerale soltanto sino alla Boa).
Il castello di Civilella d'Agliano, situalo ora nel mandamento
di Bagnorea, appartenne, fin dalla costituzione del Comune or-
vietano, a questo; ma sulla fine del sec. XIV, nel 1391, Bonifa-
cio IX lo concedette ai Monaldeschi, i quali avevano molto con-
tribuito a far ritornare Orvieto sotto la dipendenza della Chiesa
dopo la morte di Biordo Michelolli. E nel 1404 Innocenzo VII
confermava a Qorrado ed a Luca di Berardo Monaldeschi e loro
eredi « castrum Civitelle Agliani, diocesis balneoregensis, comi-
latus tum et districtus civitalis nostre urbevetane cum roccha
existenle in dicto castro et cum loto eius lenimento et dislriclu
ac omni dominio et quasi potestale, auctorilale, imperio et iurisdic-
tione, quod et quas populus prefate civitalis nostre urbevetane
habuerunl vel habebant de iure vel de facto seu consueludinibus
308 G. PARDI
quibuscunque el cum omni iure gabellarum el pedagii et omni
alio iure » ecc.
XIII. Catasto del 1372 (di e. 188, legato in pergamena e molto
guasto).
XIV. Frammenti di assegne catastali degli anni 1399-1402
(in busta, di e. 40, segnati con i numeri XV, XVI e XVII).
XV. Frammenti di catasti delle ville della prima metà del se-
colo XV (in busta, segnati con i numeri XVIII, XIX, XX e XXI).
XVI-XXI. Catasti e focolari degli anni 1402, 1404, 1411 e
1412, (in busta, segnati con i numeri XXII, XXIII, XXIV, XXV,
XXVI, XXVII, XXVIII e XXIX).
Morto Biordo Michelolli, che aveva signoreggiato su di Or-
vieto dal 1395 al 1398 con i titoli di governatore, difensore, irihuno
e signore generale, la città tornò sotto la Chiesa. Allora Bonifa-
cio IX nominava, nel 1398 medesimo, suo fratello, Giovanni Toma-
cello, rettore e capitano generale del Patrimonio e del ducato spo-
letino, facendo poi in modo che venisse chiamato per signore ad
Orvieto. Gli Orvietani, prima di darsi a lui, gli fecero promettere,
che non gli avrebbe molestati con gravezze per 10 anni almeno.
Ed il Tomacello, pur di avere la città in sua mano, promise.
Ma nel 1400 dovettero gli Orvietani pagare certa somma per
soddisfare Paolo Orsini spedito a soccorrer la Marca. E nel 1402
era imposta loro una tassa per dar la paga ad un tal capitano
Mostarda preso al soldo.
La somma a ciò necessaria (480 fiorini?) fu esatta in tre volte.
É stato smarrito il libro, che conteneva V allirato degli abi-
tanti della città e del contado per pagare la prima rata: quello
fatto per la seconda rata è tra i calasti della busta XVI-XIX e
porta il numero XXIV (di e. 76 in parte bianche). Comincia in
tal modo :
« lu nomine domini, amen. Hic est liber sive quateruus allibratus
homiuum et personarum civitatis et comitatus Urbisveteris debentes sol-
vere eorum libram ad rationem trium librarum denariorum prò quolibet
miliario prò secunda terzaria solvenda Mustarde Capitaneo etc. sub anno
domini millesimo quatriuceutesimo secundo ».
Da questo registro della lira imposta nel 1402 possiamo rica-
vare le seguenti cifre, che ci danno la popolazione censita d'Or-
vieto in quell'anno :
IL CATASTO D' ORVIETO, ECC.
309
QUARTIKRI
R 1 O N I
FUOCHI
dei
Rioni
TKSTE
FUOCHI
dei
Quartieri
TKSTE
S. Pace
Postierla
S. Pace .
Ripa dell'Olmo
Valle IMatU
S. Cristoforo
S. Costanzo
S. Maria .
S. Salvatore
S. Leonardo
S. Anpelo .
S. Stelano .
S. Hiajjfio .
S. Martino
S. Egidio .
58
102
4
43^
""54"
37
28
71
183
90
47
35
35
200
510
20
215
"260^
185
140
355
915
450
235
175
175
207
578
1035
2890
55. Giovanni
e Giovenale
s. Giovanni
S. Giovenale
124
244
Serancia
Serancia .
SS. A])Ostoli
S. Lorenzo
123
67
36
620
1220
~615"
335
180
Somma totale
368 I 18<0
226 1130
6895
Confrontando questo quadro della popolazione censita d'Or-
vieto nel 1402 con quello dell'anno 1292 da noi innanzi riporlatOj
ci accorgeremo :
1.0 Che erano spariti, nel quartiere di Serancia, il rione di
sant'Angelo sub Ripa ed in quello dei santi Giovanni e Giovenale
i rioni di san Matteo e di san Faustino: la qual cosa prova, a
mio credere, come nel tempo, in cui la popolazione ridondava nella
città, si fosse sparsa anche nei suburbi (eran rioni suburbani
sant'Angelo sub Ripa, san Matteo e san Faustino); donde si ri-
trasse tra le forti mura cittadine, dove non era pericolo di sor-
prese nemiche, quando le case furono rese semivuote dalle pesti-
lenze e dalle guerre intestine.
2.0 Che si erano quasi spopolati i rioni, popolosissimi un
tempo, di santa Maria e di santa Pace, mentre avevano ancora
un buon numero di abitanti i rioni di san Giovenale, di san Gio-
vanni, di Ripa dell'Olmo e di Serancia: indizio forse dell'esser
venuta meno nei rioni interni, un tempo affollati e pieni di vita
e di commercio, quella schiatta vigorosa d'artisti, che avea formata
la grandezza dei Comuni medioevali; laddove i contadini, soprav-
venuti, dalle loro tane scavate nelle rocce, ad occupare più comode
abitazioni in città, aveano invaso i quartieri attorno alle mura, dove
s'istallarono ed abitano ancora assieme ad animali domestici.
310 a. PARDI
3.0 Che il numero dei possidenti (e non di soli terreni, ma
anche di fabbricati e di case) si era ristretto nel 1402 a meno
della metà di quello del 1292: prova certa della grande diminu-
zione di popolazione, che, se non fosse stata addirittura straordi-
naria, non avrebbe potuto far scemare così notevolmente il nu-
mero dei proprietari. A decimare gli abitanti delle città medioevali
in generale e di Orvieto in particolare concorsero varie cause,
quali furono la cessazione della libertà (con il tramutarsi dei Co-
muni in Signorie), che portò con sé anche il decadimento della
vita rigogliosa economica e commerciale, agevolata un tempo dal
sentimento patrio e dalla semplicità maggiore dei costumi; più
ancora le guerre intestine, le quali fecero distruggere nel 1313,
come si è visto, popolosi rioni; e sopratutto le pestilenze, morbo
antico ricomparso più terribile verso la metà del sec. XIV, in cui
stese quasi un velo di morte sull'Europa e sul mondo, che in po-
chi anni disertò spietatamente. Nella pestilenza del 1348 narrano
antichi cronisti che ad Orvieto ed a Siena su dieci persone ne
morissero nove: cifra certamente esagerata, ma che fa nondimeno
capire la terribilità della malattia.
E dal 1348 al 1402 la peste infierì di frequente in Orvieto.
S'aggiunga che nel 1389 la città fu travagliata dalla guerra, da
un lungo assedio e dalla pestilenza. Aveva l'antipapa Clemente VII
ottenuta la signoria della terra e la manteneva con l'aiuto di Luca
e Corrado di Berardo Monaldeschi, a cui si può dire l'avesse in-
feudata. Il pontefice Urbano VI la volle rivendicare alla Chiesa.
Orvieto fu stretta da duro assedio, sostenuto vigorosamente dai
due potenti Monaldeschi e dai Muffati, seguaci dell'antipapa,
mentre la fazione dei Mercorini parteggiava per il pontefice romano.
Narra adunque il Manente all'anno 1389 che i Muffati asse-
diati « erano ridutti in gran calamità per il lungho assedio, es-
sendo nella città grandissima carestia d^ogni cosa, dove si beveva
acqua, e si mangiava carne de cani, gatti, cavalli et uccelli delle
torre et herbe, et molli moriron di fame, et il quarlengho del grano
si vendeva X. fiorini d'oro, et oltra la grande, et estrema carestia
vi fu la peste, et questa guerra, et assedio fu l'ultima ruina, e
destruttione d'Orvieto, e suo territorio, et morirono di ferro in
tal guerra più di 500 huomini fra dentro, e fuora, e per far fuoco,
•et altri bisogni quei di dentro guastaron molte case, e Chiese,
IL CATASTO D' ORVIETO, ECC. 311
che non si vidde mai obsidione tuie, che più presto volevan mo-
rire delia fame che rendersi a lor nemici ».
Così diminuita adunque, per le ragioni sopra esposte, era la
popolazione d'Orvieto nel 1-402. Noi abbiamo potuto rintracciare
il numero dei proprietari d'immobili, ma quale era quelb» dei
nullatenenti'^ A rispondere a questa domanda ci aiuta il volumetto
catastale n. XXIII ; nel quale è contenuto V allirato dei cittadini
orvietani, dimoranti nel quartiere dei santi Giovanni e Giovenale,
che dovean pagare, al solito, tre lire di denari per ogni migliaio,
per la terza rata del soldo da darsi al Capitano Mostarda (prò
ultima ierzaria). Nel medesimo libro, da e. 28 in poi, si trovano
i focolari degli abitanti del medesimo quartiere e di quel di Se-
rancia: « Infrascripta sunt focularia hominesque ipsa facientes
civitalis Urbisveteris, videlicet quarteriorum sancti luvenalis et
Serancis civilatis prefale, quorum quidem nomina et prenomina
inferius describuntur. Kt primo qui quidem infrascripti solvere de-
bent quatuor soldos denariorum prò quolibet foculari ».
Il nome di focolare ci riporta all'imposta detta focatico ed
anche focaggio, da pagarsi da coloro, che accendevano un mede-
simo fuoco e vivevan quindi sotto lo stesso tetto. I focolari delle
città medioevali sono i mezzi più sicuri per conoscerne la popo-
lazione. Disgraziatamente noi non abbiamo per Orvieto la descri-
zione completa di tutti i fuochi, ma soltanto di quelli, i cui com-
ponenti dovevan nel 1402 pagare 4 soldi di denari.
E già stato osservato che i possidenti (anche quelli allirati
per piccole somme come 12, 14, 20 lire) eran tassati a ragione
di 3 lire ogni migliaio. E pertanto naturale argomentare che le
famiglie, tassate di soli 4 soldi ciascuna fossero nullatenenti. Ac-
cettando questa ipotesi (confortata da un passo delle Riformanze
dell'anno 1452), si avrebbe che nel 1402 vi erano ad Orvieto i se-
guenti fuochi di persone non possidenti immobili, appartenenti ai
quartieri dei santi Giovanni e Giovenale e di Serancia :
Rione di san Giovanni — 119 fuochi corrispondenti a 595 teste
» di san Giovenale — 210 » 1050 »
» di Serancia — 116 » 580 »
» dei santi Apostoli — 64 » 320 »
» dì san Lorenzo — 43 » 215 »
312 G. PARDI
Essendo pertanto quasi uguale la cifra dei fuochi dei nulla-
lenenti a quella dei possidenti, si potrebbe inferirne che Orvieto
aveva nel 1402 una popolazione di circa 12,000 persone. Accet-
tando lo stesso calcolo per la popolazione del 1292 avremmo che
in quest'anno in Orvieto eravi ad un dipresso una popolazione
di 30,000 persone: l'una e l'altra cifra non mi sembrano molto
distanti dal vero.
Nel catasto del 1402 troviamo i nobili orvietani registrali a
parte. Leggiamo infatti a e. 62 del n. XXIII ed a e. 25 del nu-
mero XXIV: « Libra nobilium civium Urbisveteris et quantitates
quas solvere debent ». Di qui possiamo ricavar la ricchezza dei
più notevoli cittadini del tempo.
I figliuoli dello storico e guerriero conte di Corbara, Fran-
sco di Monlemarte, sono allirati per 18000 lire. Eran dessi i conti
Ridolfo ed Ugolino ricercali d'amicizia dal cardinale Baldassare
Cossa, che, salito sul trono pontificio, li ebbe carissimi, Ridolfo
fu capitano di 400 lance del papa ed il fratello Ugolino era così
potente, che da solo stringeva una lega con Siena nel 1443.
1 conti di Tilignano (altro ramo dei Montemarte non meno
glorioso di quello di Corbara) Bernardino e fratelli, che troviamo
ricordati nella pace tra i Muffati ed i Melcorini del 1385 giu-
gno 13, son allirati per 1. 3500. Altro conte di Titignamo, Farolfo^
(forse quello stesso che era stato nel 1345 cavallerizzo maggiore
e capitano di Luigi di Taranto re di Napoli?) è allirato con i fra-
telli per 1. 3500.
Dei Mon al deschi troviamo registrati Francesco di Bonconte^
e Monaldo di Bonconte, due polenti capi dei Mercorini inter-
venuti alla tregua del 1385 (allirati per 1. 400 ciascuno); Pie-
tro Antonio (1. 1500) e Pietro Novello di Monaldo (1. 1500); e
Corrado e Luca di Berardo, potentissimi Ira i Monaldeschi^
(l. 8000). Furono questi ultimi due capi dei Muffali e dall'antipapa
Clemente VII ebbero infeudala la città. Corrado fu visconte di
Lubriano, Sermognano, Civilella d'Agliano e Onano, e vicario di
Bolsena per Bonifacio IX; Luca conte di Bolsena, di Sugano,
di Meana, di Cervara, di Fichino e di Onano. Attorno a loro si
raggruppa tutta la storia di Orvieto in quel tempo.
Olire la taglia del 1402, un'altra fu imposta ad Orvieto nel 1404
per pagare certa somma al signore della città, Giovanni Tomacello,
IL CATASTO D' ORVIETO, ECC.
313
come si ricava dal volumello catastale n. XW'I. Il quale lia la
seguente intestazione:
« In nomine domini, amen. Infrascripli suut cives et inchole
urbevetani debentes solvere eorum fochuiaria ad ralionem quinque
librarum argenti valentium XII soldos antediclorum denariorunr»
prò quolibet fochulare etc. impositas civitati et coinitatui prefatis
ex deliberatione civium civitalis eiusdem prò exigendis et solven-
dis trecenlis florenis in auro magnifico et excellenli dno dno
lohannello Tomacello milite (sic) neapolilano prò sancla romana Ec-
clesia Patrimonii et Ducati et ex speliali conmissione diete civi-
talis Urbisveteris Hectori et Gubernatori generali, occasione con-
pensationis et conpositionis facte cum dicto dno prò parte Comunis
diete civilatis ne irelur per comunilalem diete civitalis et eius co-
milalus proul ipsa coraunitas receperat in mandatis a dno preli-
balo in occasione castri Suriani [luogo del Contado aldobrandescol
rebellis sancle malris Ecclesie etc. sub anno dni M. IIH.^ quarto
indiclione XII, tempore dni Bonifalii pape noni die ultima mensis
iunii ».
1 focolari, sopra i quali era messa l'imposta di 5 lire d'ar-
gento — focolari certo di persone possidenti — danno la seguente
popolazione censita d'Orvieto nel 1404, diminuita, sembrerebbe,
dal 1402 in poi :
QUARTIERI
RIONI
FUOCHI
dei
Rioni
TESTE
FUOCHI
dei
Quartieri
TESTE
5. Pace
S. Pace. .
Ripa dell' Olr
Valle Piatta
S. Cristoforo
no
52
78
5
38
260
390
25
190
163
865
Postierla
S. Costanzo
S. Maria .
S. Salvatore
S. Leonardo
S. Angelo .
S. Stetano.
S. Biagio .
S. Martino.
S. Egidio .
63
96
28
58
129
65
47
28
45
315
480
MO
290
645
325
235
140
225
557
2795
SS. Giovanni | S. Giovanni
e Giovenale | S. Giovenale
IDI
188
505
940
289
1445
Serancia .
Serancia SS. Apostoli
S. Lorenzo
103
51
22
515
255 176
110
880
Somma totf
de . . .
5985
314 G. PARDI
XXII. Catasto dei rioni di san Salvatore, di san Leonardo e
di sant'Angelo (assegne dall'anno 1410 al 1445 circa — cod. cari,
frammentario, senza numerazione di pagine).
Troviamo, nel quartiere di san Leonardo, i figli ed eredi del
conte Francesco di Corbara : Ranuccio allirato per 1. 11340 ed
Ugolino per 1. 1867.
XXIII. Catasto dei beni immobili posti nel contado di Fienile
dell'anno 1427 (cod. cart. senza numerazione di pagine e non ri-
legato: v'è aggiunto un bastardello).
XXIV. Catasto della città, ossia assegne degli anni 1445-6
(cod. cari, framm. senza num. di pag. e non rilegato).
Tra le persone, quivi ricordate, è da menzionare Monaldo di
Berardo Monaldeschi allirato per 1. 3600, mentre nel catasto del
1402 lo era soltanto per 1. 400.
XXV-XXVII. Catasto della città, ossieno assegne fatte proba-
bilmente intorno all'anno 1447. (Tre grossi codici cartacei, scritti
con chiarezza ed eleganza, con larghi margini, rilegati bellamente
con tavolette di legno. Il n. XXV è di e. 100, il n. XXVI di e. 145,
il n. XXVII di e. 250: il primo contiene le assegne del quartiere
di san Giovanni e Giovenale, il secondo di santa Pace ed il terzo
di Postierla).
Le persone più ragguardevoli abitanti in questo tempo in Or-
vieto sono :
Nel rione di san Giovanni « dnus lacobus de Vitaleschis de
Cornelo », allirato per 1. 1500 (e. 30 r.J ; « Le Rede di Manno di
Piergiuvanny dy Conty da Marsciano », allirati per 1. 2000 fc. 45 t.J
e Borgaro di Conte di Ugolino da Marsciano per I. 1500 fc. 66 r).
Giacomo, della potente famiglia dei Vitelleschi di Cornelo, era
conte del castello di Benano presso Orvieto. Infatti Eugenio IV,
con un Breve del 1432, gli concesse lo sgravio per i suoi castel-
lani di Benano dell'onere di 30 fiorini, perchè fossero impiegati
nella riparazione delle mura del castello.
Figlio ed erede di Manno di Piergiovanni da Marsciano fu
il conte Carlo di Parrano, che nel 1473 prestò giuramento al ve-
scovo d'Orvieto per il feudo di questo castello. Egli ebbe in isposa
Imperia figlia dell' orvietano Buccio Monaldeschi, capo dei Muf-
fali, ucciso la notte dell' 11 settembre 1437 dai Mercorini entrati
a mano armata in Orvieto.
I
IL CATASTO d' ORVIETO, ECC. 315
Nel quartiere di santa Pace abitavano il figlio di Buccio, Achille
Monaldeschi, che prese in moglie Tradita di Giov. Andrea Colonna
(allirato per 1. r»2G — e. 40 tj ; Pat)lo Pietro Moiialdeschi, che
sposò pure una della famiglia Colonna, donna Aurelia, e fu capi-
tano di milizie della Chiesa ed acquistò fama nella battaglia d'Aquila,
in cui peri Braccio da Montone (allirato per 1. 500 — e. 6^ rj;
Gentile e Luigi di Luca Monaldeschi (allirati l'uno per 1. 2745 e
l'altro per I. 664 — e. 55-57); Ugolino signore del castello di
Alviano (allirato per I. 2000 — e. 58 r) ; Cecco signore del ca-
stello di Baschi (allirato per I. 1200, ridotte a 1000 " per determina-
zione del Consiglio generale » il 2 aprile 1456 — e. (ÌO t).
Nel quartiere di Postierla avevan dimora Ranuccio ed Ugo-
lino conti di Corbara (allirati l'uno per I. 5038 e l'altro per 1. 1000
— e. 121 r), ed i conti di Titignano (allirati per 1. 6000 — e. 121 t).
Fra le altre assegne troviamo degne di esser ricordate quella
dei Consoli dell'arte della lana (« duo tiratoria cum aliquantulo
orto », stimati 1. 100 — e. 113 t. del quartiere dei santi Giovanni
e Giovenale); e quella di due Ebrei, « Abraham et Consilius Da-
ctali hebrey », per 1. 127 di terreni (ivi, e. 120).
Nel catasto del 1292 non troviamo ricordata alcuna persona
appartenente all'arte della lana: indizio certo che in quel tempo
non era in onore ad Orvieto, dove fu introdotta dalla vicina città
di Siena e dove divenne ben presto l'arte più ragguardevole e
ricca; tanto che nel 1451 due dei signori Nove erano eletti di tra
i giurati dell'arte della lana.
Quanto agli Ebrei, abbiamo osservalo come nel 1292 nessuno
di essi fosse possidente in Orvieto; ma nel 1313 fu stabilito che
alcuni Ebrei, i quali avean fatto un prestito al Comune d'Orvieto,
fossero, con i loro discendenti, considerati come veri e propri cit-
tadini orvietani; ed inoltre che potessero pignorare o prender pos-
sesso dei beni dei debitori e fideiussori e loro eredi, avanti e
dopo la condanna, venderli, ecc. Ecco perchè nel 1447 troviamo
degli Ebrei possessori di terreni in Orvieto.
Il catasto del 1447 ci fa conoscere come il dialetto orvietano
si fosse maggiormente accentuato ed avesse presa qualche diffe-
rente caratteristica. Ciò si potrà capire dai nomi e soprannomi
delle persone registrale nel catasto medesimo, i quali pure sono
molto cangiali dal 1292 a questo tempo.
316 G. PARDI
Ecco la lista dei nomi più comuni usali in quel tempo, tra-
scritti fedelmente dalle assegne del quartiere dei santi Giovanni
e Giovenale (n. XXV):
Alberti! e. 2 r. Catalnccio e. 3 r. Ag-nìhi e. 4 t. Fxxcciu e. 5 r. Ar-
chileo e. 5 r. Biancardo e. 6 t. Dariu e. 7 r. Bartolomeiu e. 7 r. Giu-
vani e. 7 t. Mascio e. 7 ^. Buoufante (dicto) e. S r. Petrucciu e. S <.
Petrocco e. 5 <. Pietrupaulu e. 10 t. Fecatella (dicto) e. 12 r. Mancino
e. y/ r. Perazza (dicto) e. i2 t. Coluzzu e. i5 ^. Cacartino (dicto) e. i3 ^.
Pieruantoniu e. i4 ?'. Punta e. iJ ^. Spetiale (dicto) e. i5 ?•. Puzzarella
e. 16 r. Picchio (dicto) e. 16 t. Pampaluua e. 18 r. El perù (dicto) e. 19 r.
Morbida e. i5 t. Gattivello e. i9 ^. Britio e. 19 t. Malacosa (dicto) e. 19 t.
Giliu e. 19 t. Cianfrog-na e. 20 r. Del Tostu e. 20 r. Del Morrone e. SO t.
Giuvampiero e. 2i t. Trombecta e. 2-? ^. Delamassaia e 22 r. Mechii
e. 22 ?'. Pugliarella e. 22 t. Che mai non suda (dicto) e. 25 ?\ Tomeiu
e. 2(> r. Formicchy e, 25 ^. De la sibia e. 58 r. Piato e. 5.9 r. Sensu e. 40 r.
Lucciarello e. 4/ t. Corso e. ^i <. Baunoccyo e. 42 r. Di cacioppa (dicto)
e. 45 ?'. Del Bello e. 44 ?*. Leale e. 45 ?\ Lollaiu e. 47 ^. Liicautouiii
e. 48 r. Biricchone (dicto) e. 54 t. Jacho e. 5(> r. Luccio e. 57 r. Torce
feccia (dicto) e. ffi t. Toroue e. 65 ^. Borgaro e. 55 r. Savino e. 57 ?•.
Pallocta e. 68 r. Mag-ag-niuo (dicto) e. 78 t. Narducciu e. 58 t. Caccione
(dicto) e. 78 t. Ciacciu e. 55 ?\ Cappellecto e. 55 r. Meccuccio e. 55 <.
Al fresco e. 70 ?'. Ferrancciu e. 70 r. Mqjo c. 7(? t. Del Villano e. 7i r.
Simoucellu e. 74 ^. Guasparino e. 75 ?% Ciuflfulacto e. 75 r. Guerriere
e. 75 t. Paternostro e. 75 t. Ciopag'no e. 77 r. Barone (dicto) e. 77 <.
Tucto bianco e. 78 <. Della mità e. 75 r. Porchettaio e. 8<9 ^ Abichiere
e. 8i ^. Del Malestro e. 84 r. Del Gierciu (dicto) e. 84 ^. Schiau e. 50 r.
Vechio (dicto) e 50 <. De la paia e. 91 t. Petricha e. 93 t. Bozzo (dicto)
e. 93 t. Vastellaiu e. 94 r. Tortorino e. 94.
XXVIII-XXIX. Allirato e focolari dell'anno 1449 (cod. cart.
senza rilegatura e senza numerazione di pagine).
Comincia in tal modo:
« In nomine dni, amen. Anno dni millesimo quatrincentesimo qua-
dragesimo nono etc. Hic est liber in quo scribuntur omnes cives urbe-
vetani et etiam alie persone habentcs eorum possessiones in territorio
urbevetano allibratas et accatastatas in allibratu et catastu civitatis Ur-
bisveteris, qui et que solvere debent eorum libram et eorum focularia.
Que libra et focularia imposita fuit tempore magnificorum dnorum Con-
IL CATASTO I>' ORVIETO, ECC.
317
servatorum etc. <\\v,\m libram exig-i debet ad rationcm dccem soldorum
prò quolil)et ceuteuario allil)ratus et prò qiiolibet foculari » .
Peusone allirate nel 1440
FUOCHI
FUOCHI
QUARTIERI
K IONI
dei
Rioni
TESTE
dei
Quartieri
TICSTE
S. Pace ....
46
230
& Pace
S. Cristoforo. .
24
120
HO
550
Ripa dell'Olmo.
40
200
S. Costanzo . .
48
240
S. Maria . . .
58
200
S. Salvatore . .
33
105
S. Leonardo . .
71
355
Postierla
s. Anj,'-elo . . .
161
820
514
2570
S. Egidio . . .
31
170
S. Stefano . . .
58
2'.)0
S. Kiagio . . .
27
135
S. Martino . .
21
105
SS. Giovanni
S. (liovanni . .
60
300
160
800
e Giovenale
S. Giovenale . .
100
500
Serancia . . .
98
490
Serancia
SS. Apostoli . .
46
230
173
865
S. Lorenzo . .
29
145
Somma totr
Ile . . .
4785
Focolari del 1449:
S. Pace ....
34
170
S. Pace
S. Cristoforo. .
Ripa dell" Olmo
18
36
90
180
88
440
S. Costanzo . •
27
135
S. Maria . . .
38
190
S. Salvatore . .
20
100
S. Leonardo . .
40
200
Postierla
S. Angelo . . .
S. Egidio . . .
S. Stefano . . .
S. Martino . .
S. Biagio . . .
107
18
46
21
2-1
535
90
230
105
120
341
1705
SS. Giovanni
S. Giovanni . .
38
190
115
e Giovenale
S. Giovenale . .
77
385
Serancia . . .
62
310
Serancia
SS. Apostoli . .
S. Lorenzo . .
34
19
170
95
115
575
Somma tota
de
3295
Come si vede pertanto dalle cifre sopra riportate, la popola-
zione d'Orvieto sembrerebbe notevolmente diminuita anche dal
1404 al 1447.
XXX. Focolari della città dell'anno 1456 (cod. cart. senza
numerazione di pagine e senza rilegatura).
11 numero dei focolari del 1456 non è molto differente da
quello dei focolari del 1447. Perciò crediamo inutile riportarlo.
318 G. PARDI
XXXI-XXXV. Assegne dell'anno 1470. (Codici cari, ben scritti
con larghi margini ed elegantemente rilegati con tavolette di legno,
eccetto l'ultimo. Il n. XXXI, con e. non numerate, contiene ras-
segne del quartiere dei santi Giovanni e Giovenale; il n. XXXIII,
di e. 44-144, del quartiere di santa Pace; ed il n. XXXV, con e.
non numerale, di Castel Rubello e di Forano).
Nel quartiere dei santi Giovanni e Giovenale troviamo ras-
segne di Riccardo di Conte e di Polidoro di Riccardo degli Al-
berici (1. 186 e 1. 325); di Giannotto dei Simoncelli, da cui uscì
un cardinale papabile, Girolamo, vescovo di Orvieto e protettore
degli artisti, per il quale lavorarono mollo i fratelli Zuccheri (al-
liralo per 1. 1402); di Ugolino di Borgaro dei conti di Parrano
(1. 2925) e del « magnifico conte Antonio da Marsciano » (1. 500).
Quest'ultimo fu « de' più segnalati della sua famiglia nell'arte
militare, la quale esercitò per la Repubblica di Venelia fin dai
primi anni, per la inlrodutlione, che gli diedero al servigio di
quella i meriti di Guerriero di Marsciano zio di suo padre, di Gen-
tile suo zio materno e di Gatlamelata (da NarniJ suo suocero » (1).
Antonio intorno all'anno 1459 venne elello uno dei tre governa-
tori delle lance spezzale di san Marco. Fu all'assedio di Trieste
nel 1463 con 1400 cavalli, si segnalò poscia nella guerra Ira i
Veneziani ed il Duca di Ferrara, ed era dal 1483 capitano gene-
rale dei Fiorentini, quando mori al loro servizio di un colpo di
bombarda. Di lui parlarono con lode gli storici.
Nel quartiere di Serancia abitavano nel 1470 Pirro e Oliviero,
Marco del Pazzello, Francesco d'Alberico e Guerriero di Marco,
tutti degli Alberici (allirati per 1. 855, 472, 313, 339); Oliviero
d'Azzo dei conti di Titignano (1. 205); Gentil Pandolfo di messer
Luigi della nobile famiglia Magalotti (1. 632) ed Achille Monal-
deschi (1. 580).
Nel quartiere di Postierla leggiamo l' assegne del conte Ni-
colao del fu Ugolino di Corbara (1. 1100); dei conti Lionetto, Ga-
leotto, Carletto e Radulfo di Corbara (1. 5100); del conte Antonio
da Marsciano (1. 1300); di Ranieri, di Pietro di Giovanni e di
Anselmo di Paolo dei nobili di Baschi (1. 800, 300 e 300).
Con questi volumi catastali giungiamo alla fine del secolo XV.
(1) UciiiELLi, op. cit., p. 32.
IL CATASTO d' OHVIKTO, ECC. 319
Gli altri codici conservali nell'archivio comunale antico di Orvieto,
non hanno per noi se non pochissimo interesse, contenendo o
qualche frammento di assegne di quartieri cittadini, o assegno di
luoghi del contado, come il n. XXXVII di Civilella, il n. XXXVIIl
di Kipalvella, il n. XXXIX di Collelongo, il n. XL di Luhriano,
i numeri XLI-XLIV di Fienile, ecc.
Dal 1292 sin dopo la metà del sec. XVI non ebbe Orvieto
un catasto fatto in modo perfetto come quello più antico, che re-
sta quale monumento della sapienza economica di quegli uomini,
da cui fu cominciata l'opera grandiosa d'innalzare la cattedrale
di santa Maria. Solo nel 1563, quasi dopo tre secoli, fu fatto per
Orvieto un catasto, non più per mezzo di denunzie o d'assegna,
ma con la misura e la stima esatta dei possessi, per opera del
Commissario apostolico Ferrante Ferri.
Uno dei numerosi volumi catastali del 1563 (n. LX) ha questa
intestazione: « Liber sive quinternus catasti magnifice civitatis
Urbisveteris eiusque comitatus et districtus, conlinens in se
omnium civium nomina, focularia, bona slabilia, mensurata et
extimata per agrimensores et extimatores respectivos magnifici
dni Ferrante Ferri asculani, Commissarii apostolici eie. quod ca-
taslum Ferrum appellari voluit ».
I catasti Ferri, grandi volumi con carte non numerate, scritti
con chiarezza ed eleganza, sono i seguenti :
LX. Quartiere di santa Maria.
LXI. Idem.
LXII. Quartiere di Serancia.
LXIII. Quartiere di Corsica.
LXIV. Quartiere dell'Olmo.
LXV. Idem.
Seguono alcuni volumi del catasto del contado.
Orvieto nel 1563, come risulta chiaramente da questi codici,
doveva avere una fisonomia alquanto differente da quella che pre-
sentava nel 1292. Non più gli antichi quartieri, divisi irregolar-
mente, di santa Pace, di Postierla, di Serancia e dei santi Gio-
vanni e Giovenale; ma quelli di Corsica, di santa Maria (detto
poi della Stella), di Serancia e dell'Olmo, spartiti regolarmente,
con linee quasi rette, dalla via principale del Corso e da altre
strade, le quali con questa s'incontrano al crocevia della Torre
320 G. PARDI
del Moro. Non più gli antichi rioni, denominati una volta da chiese
in gran parte abbattute. Non più gli antichi cognomi, rievocanti
le lotti medioevali, dei Monaldeschi, dei Filippeschi, dei Della Greca,
dei Della Terza — rimanevano solo, per giungere fino a noi, gli
Alberici, forse perchè meno degli altri avevan presa parte alla
vita libera, variata e violenta del Comune, e potevano quindi abi-
tuarsi alla esistenza nuova — ; ma una nobiltà meno belligera e
gloriosa era succeduta, della quale non ultimi furono i Gualterio,
da cui doveva uscire il marchese Filippo Antonio, uomo di stato,
patriota e storico, i Simoncelli, a cui apparteneva il cardinale Gi-
rolamo, ed i Manente, resi chiari dal buon Cipriano, che scrisse
amorosamente la storia della propria città.
Orvieto nel 1563 aveva perduto affatto ogni vestigio medioe-
vale ed erasi rinnovellata all'alito potente di vita moderna, che
da un secolo ornai soffiava sull'Europa e la trasmutava.
Orvieto, 1896.
G. Pardi.
321
IL CARDINALE ALDOBRAM)!?^!
E IL TRATTATO DI LIONE
Si è tanto scritto intorno alla vertenza fra le corti di Savoia
e di Francia a cagione del Marchesato di Saluzzo, che ormai po-
trebbe, per avventura, sembrare ozioso farne argomento di nuova
trattazione. Recentemente l'egregio prof. Carlo Manfroni nella Ri-
vista Storica (anno 8°, fascicolo 2°) e poi neWArcliivio della re-
gia Società Romana di Storia Patria (voi. 13, fascicoli ì° e 2°)
tornava sopra all'avvenimento narrato dapprima dal cardinal Ben-
tivoglio nelle sue Memorie, a cui attinsero, come a fonte origi-
nale, tutti gli scrittori fino al Ricotti e al Carutti, che nella Storia
della Diplomazia della Corte di Savoia più ampiamente e più
maestrevolmente ne ha discorso. Lo stesso prof. Manfroni sul-
V Archivio ridetto annunziava molti nuovi documenti venutigli
alle mani dall'Archivio della Santa Sede, e specialmente:
1." un Diario del viaggio fatto dal cardinal Pietro Aldo-
brandino neW andar fegato a Fiorenza per la celebrazione dello
Sposalizio della Regina di Francia, e dopo in Francia per la pace;
2.° due grossi Registri di lettere del Negoziato della Pace
conclusa in Lione dal cardinal Pietro Aldobrandini sopra le dif-
ferenze del Marchesato di Saluzzo.
Preziosa è certamente l'una e l'altra di queste nuove fonti.
Il Diario, scritto da un tal Agucchia, Segretario o Maggiordomo
del Cardinale, « che seguì l'Aldobrandino in tutto il suo viaggio
e tenne per lungo tempo la corrispondenza in cifra colla Cancel-
leria Pontificia », dà conto dei particolari dell'andata, nota le vi-
cende della Legazione e descrive lo stato delle cose fra le due
21
322 L. FUMI
Corti. Le lellere del Cardinale legalo, del Re di Spagna, del Papa,
del Cardinal di San Giorgio, del Nunzio di Savoia, del Duca e
dei Ministri spagnoli tracciano la parte politica della Legazione,
mettendo in evidenza (come dice il Manfroni) le ambizioni, le pre-
tese, gli infingimenti e le doppiezze dei due Principi e dei loro
Ministri; le male arti di quelli che, come il Cardinale Dossat, vo-
levano ad ogni costo che la pace non avvenisse, le irresolutezze
della Corte di Spagna e de' suoi rappresentanti in Italia, e nar-
randoci ad uno ad uno i generosi tentativi fatti dal Legato per im-
pedire che nel cozzo di tanto opposti interessi si riaccendesse
una guerra che allora sarebbe stata perniciosissima all'intera
Europa.
Ma qui il signor Manfroni lamenta la mancanza della Rela-
zione dell'Aldobrandino, la quale non ostante le più minute ri-
cerche sue e dell'Abate Palmieri, allora custode dell'Archivio
Segreto del Vaticano, è riuscito impossibile ritrovare.
Ora, mi è venuto fatto trovare l'ampia scrittura del Cardi-
nale in un Codice orvietano del tempo, che porta in fronte il titolo:
— Legaiione in Francia del Cardinal Pietro Aldobrandino. —
Il Codice orvietano proviene dalla libreria di un erudito del se-
colo XVII che fu archivista dell'Archivio Apostolico delia Santa
Sede collocato allora in Castel S. Angelo. Altra copia esiste ne' mss.
della Vittorio Emanuele di Roma in un codice distinto con nu-
mero 538, proveniente dalla Biblioteca dei Gesuiti che Io ebbero
dalla eredità di G. B. Barsotti (1). Ma è mancante della lettera di
Prefazione, per cui non appare da quello che ne sia autore il
cardinale Aldobrandino, e reca varianti qua e là da giudicarla
interpolata per adattarla a uso di storia.
Non è la relazione officiale ricercata dal Manfroni; che io
credo codesta relazione non essere stata scritta mai. E piuttosto
qualche cosa di più e di meglio di un documento officiale, in cui il
Legato dirigendosi al Pontefice non avrebbe mai avuto bisogno di
spiegare, così per filo e per segno come fa qui, tutti gli anda-
menti del negoziato, di cui era stato via via messo a parte per
lettere frequenti e lunghe, e in conversazioni intime, attesa la qua-
(1) Il suo titolo é questo: Relatione in forma di Historia della pace di Saluzzo
et suoi negotiati precedenti.
IL CARDINALI-: ALDOItKANltIM E IL TRATTATO DI LIONE 'S2'.i
lilà e i rapporti del personaggio, V amatissimo suo Cardinal ne-
jjote primo. E questa una completa ed accurata monografia storica
dettata dallo stesso Legalo, che è il soggetto, fru tutti gli nitri,
più importante, per l'altezza della missione sua non pure, ma
per il carattere e per !•' avvedutezza politica che vi seppe spiegare.
Dal parallelo che si faccia con le Memorie del lienticofjlio si vede
chiaramente non essere altro che questo il documento, ov' ei
fondò la sua minuta narrativa, la quale procede con la stessa di-
sposizione di fatti, con lo stesso ordine di idee e, talvolta, perfino
con una certa conformità di espressioni, anche dove non sarebbe
stato necessario per nulla l' attenervisi : per modo che oggi si
può asserire essere la storia del Benlivoglio una compendiata espo-
sizione della liela^ione dell'Aldobrandino. La quale nonpertanto
cessa di avere per noi carattere di originalità, poiché, a parte il
dettaglio dei vari negoziati, a cui lo scrittore si trovò in mezzo e
di cui fu l'anima, rivela, con molta chiarezza e precisione, la
somma tolleranza e destrezza politica di questo diplomatico pon-
tificio, degno di essere conosciuto in tutto il suo valore.
Messo alla prova dal temporeggiare del Duca, dagli infingi-
menti degli Spagnoli e dalle avventatezze dei Francesi, egli si
comporta sempre con mirabile correttezza di modi : previene i
colpi delle astuzie cortigiane con abilità e prontezza, al bisogno
si fa valere con dignità e nei casi disperati s'impone, sempre si-
curo del fatto suo.
Per questo rapporto, non meno che per la geniale narrazione
di ogni più particolare incidente delle lunghe e intricale trattative
che precedettero il concordato di Lione, ritengo di grande inte-
resse per la storia la pubblicazione di questa Legazione.
Premesse le generalità, vengo a dare una rapida e sommaria
indicazione della Relazione^, perchè si veda l'ordine della narra-
tiva e risaltino le cose ivi discorse con acume di osservazione
dal valente politico italiano in un affare che fu di tanto momento
per la penisola e per l'Europa.
Precede una lettera del Cardinale Aldobrandino al signor
Omero Tortora, scrittore della Storia Universale di Francia, dove
si scusa del ritardo da lui messo a fargli vedere i « Registri et
altre scritture della sua lec^atione di Francia ». Ciò fu cagione
324 L. FUMI
che quell'autore scrivesse la sua Storia, dicendo « poco, e quello
non in tutto aggiustato col fatto ». Ma quel libro se era slato
stampato, non però era pubblicato (1); e però egli vedendo i Re-
gistri del Cardinale, aggiunse molte cose e altre variò, mutando
e ristampando gli ultimi fogli. « Il che Be bene aggiustò quel
poco , non è che sia la cosa mollo mozza e manchevole ». A
facilitare la ristampa di quell'opera (2), il Cardinale si indusse a
fare « un racconto, overo una minuta narrativa di tutto quello
che successe in quella Legatione e gli manda il netto, intiero,
minuto e verissimo con le cause che di ciò s'andava operando ».
La narrativa è scritta 19 anni dopo l'avvenimento nel ponti-
ficato di Paolo V. Muove dalle prime origini della conlesa fra
Savoia e Francia. Celebra Clemente Vili, che animato da uno
spirilo retto, e infervoralo della pace e dello zelo per la estirpa-
zione delle eresie, assolse a tal fine dalle censure Enrico IV e si
adoprò alla pace fra lui e Filippo II di Spagna, conclusa col trat-
tato di Vervins nel 1598. In essa non venne fatto di poter com-
prendere il duca di Savoia, « come colui che haveva portato l'armi
contro Henrico, nel tempo dell' interregno e della turbolenza di
Francia, e con titolo di aderire alla lega, si era internato nella
Provenza et occupato alcune piazze in quella provincia e nei con-
fini del suo Stato, ma più d'ogni altra cosa lo havevano in quelle
guerre tenuto interessalo l'haver egli negli ultimi anni di Hen-
rico III occupato il Marchesato di Saluzzo che all'hora dal re di
Francia pacificamente si possedeva ».
Non fu possibile l'accordo per la restituzione di Saluzzo. Il
duca di Savoia diceva averlo ricuperato di diritto, come feudo ri-
cadutogli per esenzione della linea legittima di quei marchesi :
Francia allegava il pacifico possesso di molti anni. Qui il Cardi-
nale espone minutamente le pretese della Francia e il diritto di
Savoia, e rifa la storia del Marchesato a partire dal 1210 per la
recognizione in feudo fatta da una Adelaide contessa di Piemonte
(1) Tortora. Omer,o, Historia di Francia di Homero Tortona da Pesaro, divisa in
libri ventidue, nella quale si contengono le cose avvenute sotto Francesco Secondo,
Carlo Nono, Enrico Terzo ed Enrico Quarto — Venezia, Gio. Batta Ciotti, 1619, voi. 3 in 4o.
(2) Sebbene di quest'opera vi abbiano esemplari stampati a Venezia dal Ciotti
coiranno 1719, tuttavia sono la stessa edizione sopra ricordata.
Perciò la Relazione presente del cardinale Aldobrandino rimane sempre docu-
mento nuovo, degno di essere studiato.
IL CARDINALE ALDOIìRANIUNI E IL TRATTATO DI LIUNE 325
a favore di Guiccione Delfino di Vienna, zio di lei, e proseguendo
nel 121G, quando Tommaso di Savoia rilascia alla medesima una
quietanza d'ogni sua pretensione; onde i Francesi deducevano
« che i Conti di Savoia non bevessero che fare nel Marchesato
o che per questo atto vi havessero renuncialo ». Si allegava un
atto del 1290 e successivamente altri alti del 1295, del Ì'M'Ò, del
1354, e del 1390 a favore del Delfino, fino a Lodovico Marchese
di Saluzzo che si soggettò a Carlo Vili. Savoia per contrario co-
minciava a portare la ragione del trattato di Vervins che lasciava
un anno di tempo a terminare le questioni e frattanto le cose do-
vessero rimaner nello stato quo. Dicevasi non essere stata spogliata
Casa Savoia del Marchesato se non nel 1490; doversi non dividere
il possesso dal dominio in diritto; farsi luogo alla ragione col-
l'esame delle scritture che cominciano dal 11G9 con un lodo di
Bonifazio Marchese di Monferrato, per il quale il conte Amedeo
di Savoia dà in feudo perpetuo a Manfredo Marchese di Saluzzo
lutto il Marchesato per 60,000 fiorini d'oro e quattro terre in Pie-
monte, e continuano con alti del 1363, 1364, 1365, 1372, 1375,
1390 fino al 1490, ecc.
Qui si riportano le allegazioni di diritto da ambe le parti e
le contestazioni reciproche.
ft L'uno e l'altro, al mio credere, dice il Cardinale, abbrac-
ciavano volontieri la strada del giuditio ; poiché le loro ragioni
facevano apparire, che i Marchesi di Saluzzo riconoscessero per
supremi signori quando i Delfini di Vienna e Re di Francia, e
quando i Conti e Casa Savoia, secondo che la forza e la necessità li
costringeva per andarsi mantenendo. Colali sono i fondamenti, per
lo più, de' principati, i quali se dalla maggior parte si andassero
scuoprendo, si trovarebbero più deboli e più fiacchi che altri non
si creda ; ma il tempo e la forza il tutto ricuopre ».
Fu prorogato il compromesso di Vervins di 4 mesi. Al Papa
sembrò troppo breve, e ne chiese una proroga più lunga. Questa
domanda del Papa insospettì il He contro il Duca e gli Spagnoli;
di che il Papa si scagionò, senza farne persuaso l'animo di En-
rico, il quale propose di depositare il Marchesato in mano del
Papa. La proposta allarmò il Duca e gli fece credere che fosse
diretta a far cadere quello Stato nella persona del nepote e nella
casa sua, « calunnia uscita dalla solila malignità della Corte di
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Roma, dove la passione et invidia massimamente contro un Papa
glorioso fa ritrovar false invenlioni senza haver l'occhio alla ve-
risimilitudine ».
Il iiepote sfata questa diceria con buone ragioni.
Intanto il Duca prende la risoluzione di recarsi personalmente
in Francia dal He, e la ragione della sua andata (ce lo assicura
il Cardinale) fu appunto quel sospetto; ma non tace di tutte le
dicerie che correvano per questa gita, non ultima quella della
congiura del maresciallo di Birone contro la vita del Re; a pro-
posilo della quale congiura rammenta tutto quello che era perve-
nuto ai suoi orecchi. Discorre minutamente intorno alle trattative
intercedute fra il Re e il Duca fino alla sottoscrizione del capito-
lato di Parigi del 27 febbraio 1600, col quale il Duca si obbligava
a restituire il Marchesato col cambio della Bressa.
« Ma partito il Duca, non si tardò molto a conoscere eh' egli
non haveva punto di voglia di eseguire il Capitolo, et a dubitare
dell'esito della cosa, et il Nuntio di Savoia prattico dell' humore
di lui, avvisò il Papa, che non obstante la sottoscrittione de' Ca-
pitoli et ogni solennità, non tenesse la cosa per sicura, se di Spa-
gna non veniva chiara e reiterata commissione di eseguirla ». Do-
menico Belli, cancelliere ducale^, è spedito in Ispagna, sotto co-
lore di iscusare con quel Re la sua gita in Francia, di dargli
parte del negoziato ecc. ecc., ma veramente « per scusare la gita
<jon l'istanza et autorità del Papa, et con gli invili di Francia et
esortationi del Patriarca che biasimasse l'uno e l'altro dei partiti,
come nocivi non meno al Duca che pericolosi agli interessi del
Re di Spagna; e che l'haverli promessi e sottoscritti i Capitoli
oltre le strette preghiere e comandamenti del Pontefice, si attri-
buisse al trovarsi in gran pericolo in mezzo le forze del Re, dalle
quali per uscire non haveva trovato miglior rimedio: haver sco-
perto l'animo del Re di Francia essere di muovere l'armi contro
di Sua Maestà et in particolare in Italia ecc. ecc. ». — La ri-
sposta del Re di Spagna fu che se il Duca « non giudicava do-
vere stare all'accordato in Parigi, il Re non haverebbe mancalo
di aiutarlo; che non desse occassione al Re di Francia di muo-
vergli guerra, anzi usasse nel rimanente seco ogni buon termine;
ma quando Henrico l'havesse assalito. Sua Maestà Thaverebbe
■difeso; che si procurasse col Papa che ripigliasse il trattato per
IL CARDINALE ALDOUIIAXDIN'I K IL TUATTATO DI LIONE 327
moderalione de' parliti, di che si haverebbe falli fare caldissimi
officii con Sua Sanlità ».
Difalli, nel lampo slesso che rafforzava lo Stalo di Milano e
vi inviava il Conte di Fuenles, instò presso il Papa per la revi-
sione del trattato.
11 Papa se ne schermì abilmente. Intanto decorreva il termine
de' Capitoli senza che il Duca vi desse effetto, e passavano an-
che due altri mesi; oltre i quali il He si determinò alla guerra.
11 Cardinale dà qui luogo alla seconda parte della sua storia,
sebbene non abbia partizione apparente di alcuna sorte. Dice, come
il Papa, rammaricalo all'annunzio della guerra, perchè non si sa-
rebbe fermala fra i monti, a né rimasta fra gli angusti confini
della Savoia, ma haverebbe bentosto avvampata l'Italia e tutta
la Cristianità », adunò il Concistoro, vi espose lo stalo delle cose
per il Marchesato di Saluzzo, die conto di quanto egli aveva fallo
per impedire la guerra e del suo proposito di non abbandonare
il negozio, anzi adoperarsi con più calore ad ovviare maggiori
mali; e a tal fine domandava l'avviso del Sacro Collegio. Scrisse
ai due Re di Francia e di Spagna e al Duca di Savoia; e qui il
Cardinale dà il contenuto di ciascuna lettera. Commetteva al Nunzio
di Spagna di informare minutamenle il Re delle pratiche falle
dal Papa in lutto questo affare, dei pericoli, a cui si andava in-
contro con la guerra, e di insistere presso il Re e presso il Duca
di Lerma per la pace. Speciali istruzioni sono date ai Nunzi di
Savoia e di Francia e specialmente al Patriarca Coslantinopolitano,
proponendogli un convegno in un luogo terzo per venire ad un
trattato comune. Il Papa mirava ad assicurare gli Spagnoli del-
l'animo del Re di Francia, « che non volesse turbar le cose dopo
la restituzione del Marchesato » ; mirava ad assicurare i Francesi
dell'osservanza di ciò che loro si promelle.
« E perchè col lasciar la prolezione di Ginevra, il Re haverebbe
permesso che l'armi del Duca e de' Spagnoli si fussero voltate a
quella parte », volle il Papa che dal Patriarca si tentasse anche
questo. Proponeva di più che il Re si contentasse del Marchesato
di là de' monti, senza curarsi di Pinerolo o altra piazza di qua,
« parendogli che ciò dovesse togliergli a' Spagnoli ogni sospetto ».
Chiedeva intanto la sospensione degli armamenti: e perchè la
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guerra si faceva sempre più vicina, sì per i progressi dei Fran-
cesi, come per la venula del Conte di Fuentes e de' soldati spa-
gnoli in Italia, deputò suo negoziatore principale Erminio Valenti,
stalo già Segretaj*io del Cardinal Aldobrandino, con incarico di
proporre una transazione finale fra le parti. Di questa transazione-
sono tracciate tutte le linee principali, tanto per la missione sua
a Milano e a Torino, quanto e più specialmente a Parigi, dove
apprese le buone disposizioni di Spagna, minacciava il Cristianis-
simo unire le forze della Chiesa con quelle del Cattolico per te-
nere le armi lontane dall'Italia e faceva sentire la disposizione
del Papa di inviare un Cardinale legato a latere, « cosi per ri-
chiederlo l'importanza della cosa verso il Papa, come per dar sod-
disfatione alli Spagnoli et all'ambasciator di Savoia che ne face-
vano instanza, in maggior pretesto al Re di Francia di poter cessar
da Tarmi con sua reputatione ». Riportiamo i passi della Rela-
zione che concernono l'incarico dato a questo diplomatico umbro :
11 Papa Ma non contento di tutto ciò il Poutefice, vedendo tuttavia il fuoco
spedisce Er-
minio Va- più accendersi, e forse mag-g-iore il pericolo, e difficultarsi il rimedio, si
per li prog-ressi de' Francesi, come per la veuuta del Conte di Fueutes,.
e de' soldati spagnuoli in Italia, si risolse pochi giorui appresso di man-
dar a trattar questo negotio Ermiuio Valenti. Questi haueudo dal pren-
cipio del Pontificato seruito nella Segretaria del Cardinal Aldobrandino,
era da lui stato tirato al primo luogo di Segretario di Stato, essendosi
portato auanti nella gratia del Padrone con la fedeltà e diligenza nel
suo ministero, e con una naturai piaceuolezza et affabilità, che lo ren-
devano amabile et al Superiore et alla Corte et insieme in opinione di
singoiar bontà e sincerità. Onde amandolo il Cardinale, e disegnando
à portarlo à maggior grado, come fece, haueudolo poi, a suo tempo,
fatto far Cardinale, pensò d' incaminarlo à ciò con darli occasione di es-
sere adoperato dal zio in negotio di sì importante qualità, e nel quale
tanto il Pontefice premeua.
A due fiui riguardaua la missione del Valenti, à mostrare à quei
Preucipi la premura del Papa grande in accommodare queste differenze^
e stabilire la pace, e l'affetto che ui haueua dentro, mentre metteua
mano à persona tanto confidente e tanto necessaria al seruitio per la
qualità dell'officio suo, che l'allontanarla non poteua recare se non di-
sagio: l'altro era di proporre nuouo partito e nuoua negotiatione. Fa-
ceuasi ciò col professare il Pontefice di voler accommodare il negotio af-
fatto senza che ui rimanesse attacco veruno, che potesse per tal cagione
lenti.
IL CARDINALE ALDOHRANDINI E IL TUATTA IO DI LIONE 329
turbar mai più la ChristianiUi. Onde voloua, che si venisse ad vua tran-
satione finale senza, che ili hauesse à rimaner più lite ò compromesso,
o nascere altra sentenza.
Fu commesso dunque al Valenti di andar prima à Milano h trattar . " yalenti
incaricato d»
col Conte di Fuentes quiui di poco arriuato, e doppo essersi rallegrato recarsi a Mi-
seco del suo arriuo in Italia in nome del Pontefice, lo persuadesse a
voler essere Ministro di pace, non solo con quelle rat-ioni, che al suo
Rè stauano bene, ma per la partlcolar consideratione della sua persona,
per ciò che essendo egli soldato vecchio, e di molta riputatione, acqui-
stata col suo valore e con diuersi felici successi, non doueua facilmente
cimentarsi à nuove imprese, et arrischiar ad vn bora ciò che con tante
fatiche e tempo procurato s'hauea, potendosi far glorioso ancora con la
pace in quell'età, meritando molto appresso la Christianità per liuuerla
quietata in tempo di tanto pericolo.
Douea darle conto di tutto il successo del negotio e della necessità,
nella quale il Duca si era posto di restituire il Marchesato per le tante
promesse di ciò fatte; onde in far che il Conte principalmente appro-
uasse la restitutione, douea premere prima d' ogn' altra cosa; ma ciò fatto,
insinuar poi, che egli proporrebbe al Rè di Francia, che si contentasse
di ripigliar tutta la ricompensa di là da' Monti, credendo il Papa, che
ciò piacesse molto al Rè di Spagna et à suoi Ministri, tog'lieudo via i
sospetti concepiti, ma perchè non era sicuro che il Rè di Francia ha-
uesse abbracciato vn tal partito, bisognaua star saldo nel proposito di
restituir il Marchesato per finir la guerra. E per ciò fare ui era di me-
stieri, che il Conte non imbarcasse il Duca con le speranze di g-randi
aiuti e nuòue imprese e progressi di guerra, al che egli era pur troppo
inclinato, per ciò che imbarcato nelle sopra dette cose, si renderebbe dif-
ficile à lasciarsi gouernare et ad esseguire ciò che si negotiasse. Era
insieme necessario, che Sua Eccellentia si contenesse à non far atti
hostili contro il Rè di Francia, e non lo prouocare, nò desse occasione
à rottura maggiore anche con la Corona di Spagna, ma andando in ciò
trattenuto, desse luogo alla negotiatione.
Spedito dal Conte di Fuentes, doueua andare dal Duca di Savoia, e l' medesimo
incaricato di
seco trattar solo di fare, che restituisse il Marchesato liberamente e di recarsi in
maniera, che più dì questo parlar non si dotiesse, facendogli di ciò le
promesse rinouare, e per scrittura, non uolendo il Pontefice, che se li
desse speranza di nuovi partiti, ma si stesse stretto à quello della resti-
tutione. Voleua bene, che fatto tutto ciò si lasciasse intendere, quasi
come per cosa di veruna speranza, che se li venisse fatto, non lascia-
rebbe di parlare al Rè, anche del cambio di là da' Monti, ma che non
si uoleva in ciò ingolfare, hauendola per cosa irriuscibile, ma che per
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og-ui caso che potesse occorrere dì haver à trattar di ciò, Sua Altezza si
disponesse à dar cambio vantag-gioso, talmente che potesse persuadere
al Rè di torlo, e finire la g'uerra, tanto più essendo vn tal partito per
og-ni rispetto al Duca molto coramodo et vtile.
a i^^Yaièntì ^^^ *^^*^ l'arte e tutta la forza della sua neg-otiatione si douea porre
Si^^Francia^^ in opra col Rè di Francia per persuaderlo à ritirarsi dall'armi con ho-
neste conditioui, come che n'era maggior bisog-uo, e perciò con la let-
tera, che accompagnava il Valenti, g'ii diceva il Papa, che non si mera-
uigliasse Sua Maestà, se og-ni g-iorno hauerebbe lettere, o Messi, ò huo-
mini espressi da lui fin tanto, che quel nuouo fuoco non si esting-uesse,
non potendo se non uiuere tra tanto in continuo tormento per li mali,
che alla Christianità soprastauano. Per ciò le mandaua non pure il più
intimo Seg-retario, ma vno de più confidentie e fedeli seruitori che ha-
uesse, che era cousapeuole di tutto l'animo suo, et acciò la Maestà Sua
potesse non solo saper da lui og-ni suo pensiero, ma aprirsi seco libera-
mente.
Con tale introduttione doueua il Valenti insinuarsi col Rè, e procu-
rar di persuaderlo che haueudo eg-li fatto dire al Papa, che non faceua
la g-uerra se non per forza, che rihauendo il suo, e saluando la riputa-
tione cessarebbe volentieri da essa. Sua Santità g-li mandaua vn partito
nuouo, vtile, di riputatione, e sicuro ad esseguirsi, et era la ricompensa
tutta di là da' Monti per uia di vna transattione generale di non hauer
più à disputare né in possessorio, né in petitorio. Che facendosi per
questo capo con 1' autorità del Papa si poteva dire cosa nuova, non es-
sendosi più in vna tal forma trattato. Sarebbe stato vtile, perchè la ricom-
pensa sarebbe stata molto maggiore, aggiungendosi a ciò, che fu capi-
tolato in Parigi quello che si douesse dare di più in cambio di Pinarolo.
Il che farebbe scemare la necessità de' presidij e con essi la spesa, es-
sendo le piazze, che le toccassero, come incorporate col resto del suo
Regno. La reputatioue sarebbe totalmente salva, anzi si accrescerebbe,
poi che pigliandosi dal Rè la ricompensa per il possesso e per il dominio,
e pigliandosi assoluta, ciò non uoleva dir altro, che haver hauuta la sen-
tenza in favore, senza che la mossa dell' armi hauesse tutto intorno à
tal punto ciò assicurato. La sicurezza dell 'essecuzione dipendeua in gran
parte dal far tutto con sodisfattione del Rè di Spagna, il quale non si
doueua lasciare di chiamare in tal negotatione per i grandi interessi,
che ui haueua fatto in quella di Parigi. L'esito haver mostrato che non
haueua fatto bene.
A questi punti, et al filo della sua negotiatione doueua il Valenti
aggiungere le preghiere del Pontefice, e la rappresentatione del suo tra-
uaglio e del suo ardente desiderio, et il fine di quietare, e far bene a Sua
1
IL CARDINALE ALI»OBUAXI>INI E IL TRATTATO I»I LIOXE 331
Maest;\, et anche ;V tutta la Fraucia; e eoa quest'occasione uoleua, che
le facesse vn discorso di (juanto per quel Refluo e per Sua Maestà la
pace fusse necessaria.
Gli fu commesso che tutto trattasse di concerto col Patriarca et uni-
tamente seco, come piìi prattico delle persone e de g'I' humori di essi,
e che in tutto si ualesse di lui, che douea rimanere al resto del filo del
negotio, non essendo la sua gita, che per portare al Rè l'affetto del Papa,
mediante vna persona cosi intrinseca e confidente, a far le sue proposte,
et incominciar il trattato e tornarsene.
Al fine aggiunse il Papa, che potendo essere che si risolvesse à
inandare vn Cardinale con vna legatioue solenne, parendo che la qua-
lità del negotio il richiedesse, scuoprisse paese col Rè e con gli altri
personaggi nel negotio interessati, come tal risolutione sarebbe sentita,
et anco come la sentirebbono i Nuntij medesimi del Pontefice, solendo
auuenire, che parendo loro, che di questa maniera si tolga il negotio di
mano di essi, et il frutto delle fatiche fatte e la gloria della buona riu-
scita, coir attrauersare il Legato et la sua uegotiatioue, antepongono la
propria passione al publico seruitio.
Ma perchè « la negoliatione del Patriarca, che sempre era
stata viva, andava languendo, facendosi le pretensioni maggiori
et il trattar più duro, quella del Valenti non hehbe miglior for-
tuna ». — L'abilità del Sessa e dell'ambasciatore di Savoia era
tale che il Papa soleva dire: « In cambio di far la guerra al Re
di Francia, la facevano a lui con le continue molestie ».
La narrazione procede con riferire il modo onde venne sug-
gerita al Papa la scelta del nepote Aldobrandino. La legazione si
mostrava oUremodo difficile, dopo le dichiarazioni di Enrico IV
di non volere sospendere le armi, né parlar di tregua o di altro
partilo. Il che fa esclamare il Cardinale Aldobrandino : « Così la
felicità delle vittorie mula la volontà dei Principi e difficulta i trat-
tati ». Agevolò la via la richiesta falla dal Re al Papa della per-
sona di lui per benedire e solennizzare le regali nozze con Maria
de' Medici in Firenze. Premessi gli avvisi ai Principi, il Cardi-
nale, con un accompagnamento di più di mille persone, si parti di
Roma il 2G settembre 1600, diretto alla sua prima legazione, « dove
seppe valersi dell'autorità sua non a pompa della propria persona,
ma per far risplendere più chiaramente la maestà ed il decoro
Ecclesiastico ».
332 L. FUMI
Pochi giorni si trattenne dopo le nozze, « chiamandolo altrove
il negozio che andava sempre, per i progressi dei Francesi, peggio-
rando ». Ritenne un numero limitato del seguito, di cui fa tulli i nomi.
Partì per Milano. Conferi il 18 ottobre -a Stradella col Conte
di Fuentes ; e a cagion della stanza angusta, di lì si recarono a
Voghera.
a Due disegni haveva il Legato per se medesimo: il primo di
far la pace per servilio pubblico e reputazione del Papa e propria,
in ogni modo non si curando che costasse più ad una parte che
all'altra. Il secondo era di finire ogni cosa di sorte, che togliesse
affatto di briga il Zio, non volendo che gli rimanesse più il tra-
vaglio del deposilo o del giuditio, se fusse possibile; nel rima-
nente sempre che havesse potuto giovare alle parli e far loro
piacere, l'averebbe volentieri fatto ».
Non vi erano che due partili : la restituzione libera del Mar-
chesato e la ricompensa di là da' monti. Il secondo partito aveva
tre difficoltà molto grandi : 1.° il cambio di Pinerolo, a tenore del
trattato di Parigi ; 2.° la cessione di Contale, De Monte, Rocca
Sparviere e Castel Delfino, che dava ai Francesi un piede in Pie-
monte, senza il Marchesato ; 3.° il dubbio che il Re si contentasse
di un cambio proporzionato, nello stalo in cui erano allora le cose
in Savoia. Chiese liberamente l'opinione del Conte intorno alla
questione del cambio e fin dove voleva e poteva arrivare. Ma il
Conte e su questo e sulla restituzione non osava pronunciarsi da
solo. Lasciava travedere il suo desiderio per commettere il depo-
silo al Papa col giudizio in capo a tre anni. « E qui si conobbe
(dice il Legato) che la durezza di restituire il Marchesato non era
solo del Duca di Savoia, ma insieme de' Spagnoli, quali havereb-
bero voluto avanzar tempo e valersi della autorità del Pontefice ».
Convennero insieme di abboccarsi col Duca, « persuadendosi
di poterne cavar utile non poco intorno alla sicurezza dell' esse-
cutione di ciò che si appuntasse, togliendosi di questa maniera
a' Spagnoli et al Duca il rifugio di scusarsi un sopra l'altro, né po-
tendo negare di esseguire quel che insieme havessero promesso ».
L'indomani a Tortona ebbe luogo l'abboccamento. Il Duca insieme
col Fuentes e col Ministro di Spagna tendevano coi loro discorsi
a piegare il Legato ad una lega fra il Pontefice, Spagna, Venezia,
Savoia e altri potentati d' Italia, o a depositare il Marchesato in
IL CARDINALE ALDOUUAXDIXI K IL TRATTATO DI LIONK 333
man rlel Papa per Ire anni, o il Papa sentenziasse; e il compenso
riguardare tulio il territorio di là de' Monti, sostituito a Pinerolo
il bialiaggio di Gex. Se non si potesse far la lega, il Pupa pro-
mettesse al Re di Spagna di prendere l'armi e unirsi seco contro
i Francesi, in caso che col Marchesato infestassero il Duca overo
tentassero novità in Italia ».
Il Legato si sentì pungere di rimprovero, come se il Papa
avesse volte le armi di Fiandra e portatele in Italia, « e che cam-
minasse con troppo rispetto verso i Francesi ». Schivò egli il
colpo con destrezza, dimostrando con quanto zelo il Papa si fosse
adoperalo per la pace generale e a vantaggio di Spagna : l'unione
col Re cattolico non era cosa da trattarsi col Re di Francia, come
il negozio della pace, per la quale era stato inviato ; ma piuttosto
da agitarsi fra il Papa e Spagna : intanto della pace si parlasse
e non di altro : per la lega esservi sempre tempo, desiderando,
il Papa di star sempre unito col Re Cattolico, come fin dal prin-
cipio del Pontificalo lo era stalo, dopo la lega di Francia e la
guerra di Ferrara.
(Juesto primo congresso non approdò a nulla : anzi finì, dopo
che si fu ritirato il Legalo, con un po' di bisticcio fra il Duca e
il Conte. Il Duca non avrebbe voluto parlare di restituzione, se
non dietro ordine scritto a nome del Re di Spagna : il Conte non
ne volle sapere, per non fare della persona del Re il protagonista
del dramma.
Di poi anche il Legato si unì nella idea del Fuenles. Per non
disgustare interamente il Duca, si venne alla conclusione di fargli
scrivere dal ministro di Spagna, che sua maestà approverebbe
sempre la restituzione, e di fare scrivere una dichiarazione al Duca
pei'' cedere Saluzzo, ad intuito del Papa, quando dal canto di
Francia si venisse alla restituzione delle terre ducali. Questi due
atti sono del 25 ottobre.
Stabilito così il punto della restituzione, si venne a quello
della ricompensa. Il Legato promise di fare ogni sforzo per con-
chiudere più col cambio che con la restituzione, « havendo in ciò
premuto gli Spagnoli » ; e si fece promettere dal Duca, il quale
in cambio di Pinerolo non aveva offerto se non il Baliaggio di
Gex posseduto da Ginevra, che avrebbe pensato a qualche altra
cosa di cui si parlerebbe a Torino.
334 L. FUMI
L' importanza di questo congresso di Tortona ci appare in
questa Relazione assai maggiore di quella che per la storia fin
qui si sappia. Il Cardinale minacciò di non voler proseguire più
oltre il suo viaggio, se quivi non si gettassero le fondamenta so-
lide della pace. Il Duca che fino allora aveva ondeggiato nella
indecisione, partì poco soddisfatto per Torino. L'abboccamento di
Tortona dimostrò (dice il Legato) « quanto poco fondamento si fusse
possuto fare nelle promesse di esso prima seguite, e quanto fusse
stato necessario per incamminar bene questa negotiatione ».
Date le notizie del ritrovo di Torino, della guerra, del viag-
gio fino a Chambéry, delle accoglienze ricevute dal Re, passa a
dire delle trattative primamente intercedute, nelle quali, messo da
parte il trattato di Parigi, esclusa la tregua, furono invitali i De-
•putati di Savoia all'unico scopo di negoziare la pace. Essi furono
il signor Di Salisme presidente della Camera (Alimes) e France-
sco Arconati. Da parte del Re, Sillery (Brulard) e Jeannin.
Ai 30 decembre posto mano al trattato, si agitò del compenso:
« ma le offerte delli Savoiardi furono così basse e poco propor-
zionate all' ingordigia de' Francesi, che operorono poco buono ef-
fetto. Offerirono solamente la Bressa Alta e Bassa fino alla Ri-
viera di Enne, purché si desse e promettesse il passo per la gente
di guerra al Re di Spagna, per andare e tornare in Fiandra e
contado di Borgogna: offerirono di più il Baliaggio di Cesse, la
Volle di Barcellonetta interamente e quella di Stura, e con questo,
con rimanere al Duca Pinarolo et oltre al Marchesato di Saluzzo,
Centale, Demonte, Castel Delfino e Rocca Sparviera; ma perchè
queste cose erano le medesime tante volte offerte e ricusate, molto
presto li deputati di Francia mostrorono che non gradiva loro tale
offerta ». I Francesi poi erano eccessivi nelle loro pretese: libero
il Marchesato e come si trovava quando l'occupò il Duca con tutte
le munizioni e i forti, durante il tempo che fu in suo potere; le
spese di guerra: la risoluzione di tutte le differenze con Casa Sa-
voia : Momigliano in garanzia : non voler domandare ricompensa
né curarsene, ma aspettare un'offerta accettabile.
« Andavano li deputati di Francia con molto artificio, et oltre
le dimande esorbitanti, trattavano con superiorità et avantaggio...
duri nelle loro pretenzioni, ma nelle scritture che davano, pareva
IL CARDINALE ALDOURAN'DIXI E IL TU AITATO DI LIONE 335
che accrescessero sempre qualche circostanza più difficile, per
tirar t,'li altri a credere che per questa via fusse impo.^sibile con-
cludere la pace o che non si concluderebbe senza condizioni svan-
taggiose e poco honorevoli per loro... Cosi andò un pezzo cami-
nando questo trattato, guidato da' Francesi con artificio per scoprir
l'animo della parie avversa, più che per dargli fine, riservandosi
all'ultimo di cavar fuori le loro vere pretenzioni, per volerle a viva
forza conseguire, dandone loro le nuove felicità tuttavia occa-
sione.... ». Il Legalo si accorgeva delle loro arti e se ne ramuìa-
ricava: « ma poco muoveva né i padroni, né i ministri ».
La capitolazione del forte di S. Caterina, l'andata del He a
Lione, seguito dal Legato, la solenne entrata in quella città, la
pompa delle nozze reali, il ritorno ai negoziati di pace, ma in con-
dizioni sempre più sfavorevoli, distruggendo a Lione quanto prima
si era fatto a Chambéry con sempre nuove esigenze, onde si vide
al punto di ripassare le Alpi, sono tutte cose raccontate giorno
per giorno con la diligenza e la precisione di particolari di chi
vi ha avuta la prima parte.
Finalmente, scopertosi il Re inclinato al cambio di Saluzzo, nò
i Savoiardi mostratisene malcontenti, lo sforzo del Legato fu tutto
in migliorare le condizioni di questo cambio, che dopo lunghi con-
trasti fu stabilito nel modo ben noto per le storie.
In virtù del nuovo accordo, la Savoia doveva restituirsi al
Duca in quel modo e nelle stesse condizioni, nelle quali i Fran-
cesi nell'occuparla l'avevano trovata.
Premeva al Legato che il forte di S. Caterina non si sman-
tellasse e ne aveva molto innanzi già tenuto proposito dopo che
il Re lo aveva occupato.
Quel forte, demolito, avrebbe lasciato più facile il passo ai
calvinisti di Ginevra. Ma la notte stessa di quel giorno della con-
clusione del trattato, ecco il Re ordinare di abbattere il forte di
S. Caterina.
Era un mancar di parola, e il Legato, adontatosene fortemente,
mandava a dirgli: « Che egli non pure non credeva di essere
obbligato di servar la sua o farla servare alli Deputali di Savoia,
ma per procedere più cavallerescamente che poteva, havendo ri-
guardo più al suo nascimento et alle sue qualità che al merito
del caso, levava espressamente la parola al Re, e si dichiarava
33G L. Foii
libero, pretendendo che dalla parie di Sua Maestà si fusse man-
cato e di dover ricevere soddisfatione ». 11 contegno dignitoso e
autorevole dell' Aldobrandino onora altamente il carattere della
diplomazia italiana, ed è degno di essere notato in tempi, in cui
la prudenza politica e la ragion di Stalo sembrano consigliare una
grande moderazione nel risentimento per le offese al decoro na-
zionale. Egli pose in iscritto le sue dichiarazioni, non contento
di avere si alto levato la voce, e spedì la scrittura al Re. Vivo e
presente è il ricordo che il Cardinale, diciannove anni dopo, fa
di questo incidente, dove narra come ottenesse la dovuta ripara-
zione dai Ministri e dal Re e il compenso per Casa di Savoia.
Profittò il Legalo di questa soddisfazione per stringere i panni
agli Ambasciatori del Duca. Da loro ottenne la dichiarazione
scritta V8 gennaio 1601, senza della quale ben si vede per la Be-
lazione del Legato come la pace non si sarebbe effettuata mai più;
perchè il Duca, che scrisse ai suoi Ambasciatori di non più sot-
toscrivere i Capitoli della pace, certamente era entrato in nuove
speranze per i raggiri degli Spagnoli e per le mene del Mare-
sciallo di Biron.
0 Ma ricevuta questa lettera da loro, se ne andarono subito
dal Legato, e conferitogli l'ordine che tenevano, si scusarono di
non poter sottoscrivere i Capitoli. Il Legato, benché spesso s'in-
fastidisse di sì spessi accidenti e ne prendesse gran travaglio;
non di meno, fatto coraggio, e pensando quanto più erano spessi
gli accidenti e maggiori, più fusse da stringere i Deputati a sot-
toscrivere, altrimenti non si farebbe mai niente, disse loro: Avver-
tissero bene quel che facevano; che il negar di sottoscrivere,
era un porre il mondo sottosopra e tirare una colpa grande so-
pra di loro medesimi e sopra il loro padrone: la parola era già
data et il non sottoscrivere era mancamento che si faceva non
solo ai Francesi, ma a lui che 1' haveva data per loro et a loro
istanza : il Re se ne terrebbe offeso e pensarebbe che fusse un
fargli un tiro per vendicarsi dell'accidente del forte di S. Cate-
rina e si piccarebbe di sorte che non farebbe più la pace : e sì
come si erano tutti doluti del Re, che, dopo la parola data, ha-
vesse innovato, così si potrebbe ciascuno doler di loro e del
Duca, che, dopo la parola data, non volesse passare innanzi.
IL CAUDIXAI.E ALDOBKANDINI E IL TRATTATO I>I MONE 337
Quell'ordine del Duca non e^^ser arrivato a tempo, né haver
Irovalo la cosa da farsi, ma fatta; onde non esser da osservare;
perché non poteva il Duca, quando scrisse quella lettera, sapere
in che slato il Negozio fusse ; né ciò voler dir altro, senonchè
non facessero la pace, quando non fusse falla; mentre era data
la parola: che la scrittura si fa, perchè ne rimanga la prova;
ma la parola conclude i negotii : e pure anche la scrittura si po-
teva dar falla, poiché era stata rivista et appuntata e slabilila di
comun consenso ».
Concluse, che voleva si osservasse la parola e sottoscrives-
sero i Capitoli. Ma i Deputati ricusavano; che ne andava loro la
testa. In questo contrasto, pensarono di pigliar il parere dell'Am-
basciator di Spagna. Piacque al Legato che mandò il Patriarca
subilo ad informarlo; ma pregò lutti che si tenesse la cosa segreta,
dubitando che venendo all'orecchie del Re, s'insospettisse e non
volesse che i suoi Deputati sottoscrivessero.
« Arrivati dall'Ambasciatore i Deputati di Savoia e trovatovi
già il Patriarca, dopo haver parlato alquanto con l'Ambasciatore
medesimo, fecero un congresso tutti insieme, e si dispulò la cosa
lungamente; et i Deputali sfoderorno gli ordini loro per poterli
essaminare; e si vidde che il Duca aveva comandato che si fa-
cesse la pace e si sottoscrivesse non solo prima dell'accidente
del forte di S. Caterina, ma dopo ancora ». Così l'Aldobrandino.
Alle esortazioni del Legato si aggiunse il parere del Tassi,
e gli Ambasciatori del Duca accettarono dal Cardinale la scrittura
dell' li gennaio 1601 e firmarono i Capitoli.
Con che, non ha termine la Relazione, la quale si diffonde
ancora lungamente per riportare tutte le pratiche fatte per tirare
il Duca alla ratifica della pace entro il mese prescritto. Qui il Le-
gato spiegò una meravigliosa attività e un fine tatto di Diploma-
tico provello; poiché riusci a stornare i Francesi di ritornare alle
armi, quando finito il primo mese, ottenne la proroga di un altro
e più; sollecitò un colloquio col Duca e col Conte di Fuentes,
spedì e rispedì al Nunzio di Spagna, e risolse di partire per
r Italia egli stesso.
Tutte queste pratiche, di una difficoltà somma, non sono rac-
contale dal Bentivoglio, e quindi non sono note agli storici. Non
slimo di doverle riassumere sulle 20 pagine ultime della Rela-
22
338 L. FUMI
zione, perchè saranno più gradile leggerle a stampa insieme e
non disgiunte da tutta la importante scrittura. La quale è non
solo una testimonianza singolare della abilità diplomatica dell'Al-
dobrandino, e il documento fondamentale della storia del trattato
di Lione, ma altresì un nuovo libro per la letteratura del secolo
XVI e dei primi del XVI 1, in cui la chiarezza, l'ordine e la forma^
tuttoché soverchiamente prolissa, danno all'Aldobrandino un po-
sto di poco inferiore al Bentivoglio.
Dice il senatore Carutti : « Nelle memorie del Cardinal Ben-
tivoglio i discorsi e gli uffici del Cardinale Aldobrandini con Carlo
Emanuele, col Conte di Fuentes e con Enrico IV sono diffusa-
mente riportati.... Chi ha vaghezza nell'arte del negoziare e vo-
glia leggerli intieri, se ne diletterà e per lo stile e per certa ma-
niera propria dei Nunzi Romani ».
Che se dopo questa nuova pubblicazione Carlo Emanuele I
ne uscirà in opinione al disotto a quella che per le storie si ha
di lui, non per questo è scemalo il vantaggio che venne al Pie-
monte e all' Italia dal trattato di Lione, di cui può ormai dirsi
senza dubbio autore il Cardinale Pietro Aldobrandino.
Orvieto, 20 maggio 1896.
L. Fumi.
33*)
SULLE FONTI
DEI
FIORETTI DI S. FRANCESCO
Pochi libri son cosi universalmente conosciuti di nome come
i Fioretti di s. Francesco : pure pochi anche son quelli che li
abbiano letti interi. 1 più si fermano a frale Lupo, e quelli che
hanno il senso delle cose spirituali tengono il segnale, se pos-
siedono il libro, al capitolo della perfetta letizia. Difalli quelli son
due capitoli caralteristici ; perchè l'uno ci dà s. Francesco com'è
vivo nella memoria del popolo, l'altro, com'era inteso e ricordalo
dai suoi più fedeli seguaci : ma in questi due capitoli non son
tutti i Fioretti. Leggendoli ordinatamente, altre figure ad una ad
una attirano la nostra attenzione per alcuni tratti caratteristici,
che ce le danno non interamente disegnale e colorile, ma vive.
Sono i primi compagni di lui, quelli che ebbero per eccellenza il
nome di sodi: frate Bernardo « che si scalzò primo » e dette
tutti i suoi beni ai poveri per seguire s. Francesco, e di lui non
si dimentica la benedizione che ebbe come « primogenito » dalla
mano destra del Padre in contrapposto di frate Elia, vicario di
lui, ma non erede del suo spirito. Viene poi frate Leone « pe-
corella di Dio w, che ci si manifesta in tutta la sua semplicità
coi due colloqui della perfetta letizia e del novo mattutino degl'im-
properi mutati in lodi. Poi frale Masseo, che vediamo ancora come
s. Francesco lo fece aggirare intorno più volle nel Irebbio, per
sapere quale via dovessero prendere, e la refezione del pane ac-
cattalo con s. Francesco alla mensa della pietra così bella e della
fonte così chiara. Poi santa Chiara e il desinare di santa Maria
MO G. STADERINI
degli Angeli, dove la prima vivanda fu « il parlare di Dio si dol-
cemente, sì altamente, sì meravigliosamente, che tutti furono ra-
piti in Dio ». Altri capitoli parlano direttamente di s. Francesco,
la predica agli uccelli, il capitolo delle stuoie, la vigna del prete
da Rieti, il lupo di Gubbio, le tortore selvatiche. Poi tornano,
senz'ordine, frate Rufino con le sue tentazioni e ancora gli altri
già nominati, e frate Egidio col colloquio silenzioso avuto con
s. Luigi re di Francia. Vengono poi i santi delle seguenti genera-
zioni : sant'Antonio, Corrado da Offida, Giovanni della Penna, Ia-
copo della Massa, Giovanni della Verna e Iacopo da Fallerona ;
sant'Antonio coi suoi stupendi miracoli, gli altri con le estasi e
le visioni, che ci fanno qualche volta ricordare esser loro con-
temporanei di Dante. Finalmente abbiamo un'operetta a sé : « le
considerazioni delle sacre sante Istimate di s. "Francesco » e, nelle
edizioni a stampa dopo quella del Cesari, la vita di frate Ginepro
e quella di frate Egidio con la sua dottrina e i suoi detti.
Lasciando per ora i vari capitoli inediti o recentemente pub-
blicati come tali, prendo a esaminare questa raccolta, come è data
da quel codice Manelli, la cui superiorità su tutti gli altri è stata
giustamente messa in luce da L. Manzoni.
Chi legge per la prima volta i Fioretti ne riceve un' impres-
sione indistinta così pura e soave, che si stenta a forzar la mente
all'analisi : pure, poiché si tratta di fiori di varia natura, merita
conto fermarci un momento, per vedere quali son quelli veramente
vivi, onde sentiamo la freschezza e il profumo. Vedremo difatti
che un esame particolareggiato di questa raccolta ci conduce a
studiare e riconoscere il pregio di alcune tra le più antiche me-
morie francescane, e che d'altra parte il valore di queste più vi-
cine ai fatti che narrano, dà a certe parti di questo libro pregiate
finora solo per la loro bellezza, anche un'autorità storica non tra-
scurabile.
Ora il primo desiderio che viene a una persona mediocre-
mente colta e che sappia come i Fioretti sono una traduzione, è
d'andar a vedere l'originale. Quale fosse quest'originale s'è molto
cercato. La storia di queste ricerche fatta già dall'Alvisi (1) e dal
(1) In MoRANDi, Antol. critica, ed. 8a, pagine 300-2.
SULLE FONTI DEI FIORETTI 341
Manzoni (1) riassinno qui, solo accennandola, nei punii più es-
senziali.
Naluralmente, quelli che più degli altri avevano uno stitnolo
o solo un'occasione a tali ricerche, e nell'abbondanza dei mezzi,
più probabilità di scoperta, erano i Francescani ; e appunto un
Francescano, il Wadding (2), ò il primo che rovistando i tanti
scritti del suo ordine indica un Floretum, testo latino dei Fio-
retti ; ma per un pezzo senz'eco. L'Affò (3) riscontra nei Fioretti
capitoli fedelmente tradotti dalle CrunacJie dei AXIV Generali:
gli Accademici della Crusca (4) li registrano come volgarizza-
mento di una parte delle Conformitates ^s•. Francisci di fra Bar-
tolomeo degli Albizzi (che invece, come fu poi notato, è poste-
riore (5)). Il Barbieri (0) indica lo Speculum vitae b. Francisci
et sociorum eius. L'Alvisi nel convento di s, Isidoro a Roma
trova il codice, a cui alludeva il Wadding, col titolo di Actus
s. Francisci et sociorum eius, e lo segnala agli studiosi come testo
latino dei Fioretti.
Relazione tra i « Fioretti » e gli « Actus ».
La rispondenza dei Fioretti agli Actus è come di traduzione
fedele ad originale ; ma un semplice confronto dei due indici ci
mostra divergenze che non si possono trascurare. Perchè negli
Actus di s. Isidoro noi abbiamo diciassette capitoli che non han
riscontro nei Fioretti e viceversa otto capitoli di questi, oltre
quasi tutta l'operetta delle Considerazioni sulle Stimmate, non han
rispondenti nel testo latino di quel codice. Sicché non possiamo
dire che i Fioretti, quali li abbiamo nel cod. Manelli, derivino
direttamente dalla raccolta rappresentata a noi dal cod. di s. Isi-
doro : piuttosto da una simile, dove, con la libertà usata ordina-
riamente dai raccoglitori delle memorie Francescane, come di
(1) In Misceli. Frane, 1889, voi. Ili, fase. IV e seguenti.
{2} Script, ord. Min., pag. 179.
(3) Cantici volgari di S. Fr., Guastalla, 1777, p. CI.
(-1) Voc., Va Impress., 1843.
(5) \: Opus conformitatum fu presentato al capitolo gcn. dell'ordine il 1399, e
vi sono codici dei Fioretti anteriori; per esempio il codice Manelli (della Nazionale di
Firenze, Race, palat.. E, ">, 9, 84) è del 1396.
(6; Fioretti; Parma, 18.V.), p. VII.
342 G. STADERINI
esempi a scopo d'edificazione, erano stali probabilmente aggiunti
altri capitoli, gli altri capitoli che abbiam notato mancanti nel
cod. di s. Isidoro : ed è notevole che, tranne due derivanti da
altre fonti più antiche, gli altri hanno tutti evidentemente un'ori-
gine locale, essendo lutti di cose appartenenti alla provincia della
Marca. Sicché per il nostro scopo noi possiamo per ora metter
da parte i Fioretti e prendere in esame direttamente gli Actus.
Ricerca delle Fonti.
Come già s' è detto parlando dei Fioretti, che in questa parte
corrispondono perfettamente agli Actus, noi troviamo prima ca-
pitoli riguardanti non s. Francesco, ma alcuni dei primi socii,
Bernardo, Leone, Masseo, Rufino, Egidio, e inoltre tre capitoli
che parlano di santa Chiara. Ora gli stessi capitoli noi troviamo
in un'altra opera assai importante, perchè è quasi un'enciclopedia
storica dei primi due secoli dell'ordine, che porta volgarmente il
nome di Cronache dei XXIV Generali. Senza dubbio esse son
posteriori alla compilazione degli Actus, risultando chiara la loro
data dall'ultimo Generale (1), di cui danno la storia: ma questi
racconti riguardanti i primi socii, che in esse sono in gruppi re-
cisamente staccati, come tante vite a sé, ciascuna col suo Incipit e
quasi tutte con una introduzione, più ricche di fatti che negli
Actus, queste vite donde le ha tratte il compilatore delle Crona-
che? Esistevano già in quella forma? 11 proemio stesso di quella
compilazione può sembrar che le additi (2) : quaedam notabilia, quae
in aliquihus legendis, tractatibus, processibus, cronicis dispersa
repperi... nec non de vitis sanctorum fratrum inspecta quantum
potai... recollegi; ma quest'ultima frase, oltreché può essere che
si riferisca solo alle vite dei santi frali posteriori, di molti dei
quali si parla nelle Cronache e che le notizie sui primi socii siano
attinte da qualcuna delle altre categorie di fonti indicate, non ri-
sponde poi nemmeno con sicuro significato alla nostra domanda.
Una risposta sicura danno le Cronache solo per la vita di frate
Egidio, composta, come dice nel suo proemio l'autore, di cose che
egli ha vedute e udite dal santo stesso o udite da suoi intimi
(1) Eletto nel 1373.
(2) Dal bellissimo cod. dell'Angelica di Roma, Fondo Novelli, 1752.
SULLE FONTI DEI l'IOUETTI 343
compagni, e un di questi v' è in un lungo nominalo fr. Paulus
de Prato. Per altra via che le Cronache conosciamo poi le vite
o leggende di santa Chiara e di s. Antonio scritte, la prima cer-
tamente, probabilmente la seconda, da Tommaso da Celano, da un
contemporaneo dunque ; e son le vite stesse che danno le Cro-
nache. Finalmente non mi par trascurabile, se si mette insieme
con questi dati, quel passo di Tommaso nella 2» Vita, interrom-
pendo il suo elogio su frate Bernardo: sed huius liernardi laudes
■aliis narrandaa relinquimus.
K da notare però che in queste vile dateci dalle Cronache
mancano due capitoli, uno di frate Masseo e uno di frate Leone,
che si ritrovano nelle edizioni a stampa dei Fioretti. Dell'ultimo
dei due specialmente fa impressione la mancanza : è il capitolo
della perfetta letizia, quello che ci rivela più serena e profonda
J'anima di s. Francesco. Si potrebbe pensare che questi apparte-
nessero (per la forma, s'intende) al compilatore degli ^4c^ms ; ma
negli Actus possiamo determinare per eliminazione i capitoli che,
a notizia nostra, non risalgono a fonti anteriori, e ad essi manca
appunto quel carattere di semplice fedeltà al vero, quel candore
incomparabile che è proprio specialmente del colloquio sulla per-
fetta letizia ; e d'altra parte, per ammettere che ne fosse lui l'au-
tore, bisognerebbe riconoscergli una natura d'artista, quale tutta
l'opera sua, dove si può creder veramente sua, non ci lascia nem-
meno supporre. L'unica conclusione che si può trarre da questa
mancanza è che le Cronache non ci conservano queste vite in-
tere : né questo fa meraviglia in un'opera, che, sebbene accurata
quanto soglion essere le più accurate opere francescane, vuol rac-
cogliere però troppe cose, perchè non ne vada smarrita qualcuna.
Alle Cronache dunque dobbiamo ricorrere per aver un'idea
di queste vite, fino a che qualche fortunata scoperta non ci dia
intera anche questa parte preziosa dell'antica letteratura france-
scana. Il dialogo di Crescenzio da Iesi con le sue attraenti parole
iniziali : Venerabilium gesta patrum, per quel che se ne può ar-
gomentare dagli estratti che ne danno le Cronache slesse e dalla
stessa forma dialogica, non soddisferebbe probabilmente molto, se
si fosse conservato, questo nostro desiderio.
Assai più facile a determinare è la provenienza delle parti
che riguardano la Verna e la Porziuncola. La Verna dalle Slira-
344 G. STADERINI
male, la Porziuncola dal Perdono erano slate consacrale come i
due santuari francescani : era ben naturale che conservassero
anche in iscritto il ricordo di privilegi, di grazie divine, onde ve-
niva la vita loro spirituale e materiale.
Per la Verna, il primo racconto che ci si presenta, quello
appunto de incentione montis alvernae, porta chiara la testimo-
nianza della sua origine nelle famose parole, con cui esso finisce :
Hanc ystoriam habuit fratev iacohus de massa ab ore fratria
leonis et frater agolinus de monte fS.J Marie ab ore dicti fra-
tris iacobi et ego qui scriba ab ore fratris Ugolini viri fide digni
et boni. A proposito delle quali è da notarsi, come già è stalo
notato da altri, che il nome di frate Ugolino del Monte S. Maria
appare un'altra volta nei Fioretti come nome d'autore, nel capi-
tolo che racconta di fra Giovanni della Penna (XIV) ; dimo-
doché queste due indicazioni ci mettono sulla via per ritrovare
la provenienza di alcune parti di questa raccolta non derivanti da
fonti già note.
Quanto poi alla Porziuncola, appunto nell'opuscolo sulle sue
prerogative e sul Perdono, che compilò, com'è nolo, nella 1» metà
del sec. XIV fra Bartolo d'Assisi, si trovano i capitoli ad essa
relativi degli Actus di s. Isidoro. Può essere che in questo mano-
scritto quel piccolo gruppo di racconti e d'attestazione sull'Indul-
genza non sia che un estratto del libro di fra Bartolo ; e allora
bisognerebbe pensare a un'interpolazione posteriore, perchè diffi-
cilmente si può ammettere, dato eh' esso servì all'autore della rac-
colta avignonese (1), che il libro degli Actus sia posteriore alla
compilazione del liber sacrce indulgentice : ma poiché fra Bar-
tolo stesso cita come materiali raccolti in questo i racconti e le
attestazioni delle leggende antiche e delle nuove e gli altri detti
dei socii intorno al luogo della Porziuncola e alla singolare sua
santità e tutto quello che potè trovare riguardo all' indulgenza e i
miracoli relativi ad essa, può essere che a queste stesse fonti abbia
attinto direttamente il compilatore degli Actus. A questi capitoli
due altri si trovano innestali, più brevi, pure relativi alla Por-
ziuncola, ma d' indole diversa, trascritti fedelmente dalla 2" Vita
(1) Adotto la denominazione che al Salvadori (v. più giù, pag. 362) pare più chiara
dell'altra « Antif/ua legenda », per indicare la raccolta di memorie francescane con-
.servataci nel cod. vat. <1354.
SULLE FONTI DEI KlOUETTI 345
d'i Tommaso da Celano. Un dubbio può sorgere dal capitolo che
è primo in questo gruppo e che racconta l'acquisto della chiesa
di Santa Maria degli Angeli. Esso si trova nella stessa forma
in un'altra opera francescana, sul cui valore recentemente s'è
molto parlato, ma che ancora merita tutta la nostra attenzione ;
lo SpecuLiuìc perj'ect ionia: si ritrova anzi in quella parte dell'opera
che è sembrata più sospetta ed è invece quella che, se mai, ne
assicura meglio l'autenticità. A quest'opera stessa ci riporta un
altro racconto degli Actus, quello della tentazione de' topi e del
miracolo della vigna, in cui già il Della Giovanna (1) riconobbe
« un rimaneggiamento di due capitoli éeWo SptcìtLum »; rimaneg-
giamento in cui, osservo subito, è soppressa la parte che narra
l'origine del Cantico del Sole.
Altri capitoli sono negli Actus riguardanti s. Francesco, che
non appaiono o non nella stessa forma in altra delle fonti fran-
cescane an-teriori che io conosco. Basta leggerli attentamente, per
osservare un carattere speciale che nella loro varietà è loro co-
mune : son lutti miracoli o fatti slraordinarii, e quelli che d'altra
fonte vi si trovano hanno qui trasformazioni o aggiunte, in cui si
può riconoscere lo stesso carattere, d'un meraviglioso, cioè, im-
prontato d'un realismo un po' grossolano. Tra questi notevole è il
miracolo del lupo di Gubbio, dove s. Francesco inteso solo come
poteva essere dal popolo, conserva pure la sua geniale, arguta e
amabile semplicità. Non si creda dall'esser questo racconto tra i
capitoli che abbiamo cosi caratterizzati, che esso sia pura invenzione :
già Tommaso da Celano parla di lupi addomesticati da s. Fran-
cesco, e anche questo è un esempio del reciproco amore tanto
notato dai contemporanei Ira il Santo e tutte le creature sue so-
relle. Questo spiega forse come al racconto del lupo segua quello,
che non pare punto meraviglioso, delle tortole selvatiche ; stando
insieme altrove, non è improbabile che anche qui il lupo diventato
fratello si sia tirato dietro le sorelle tortole. Dico, non è impro-
babile : ma, chi osservi la chiusa del racconto, e come tutto il
sugo d'esso pare raccolto li, in quel fanciullo, che per le tor-
tole date a s. Francesco « factus est postea fr. Minor », più
naturalmente, mi pare, va riconnesso cogli esempi di conversioni
(1) S. Frane, d' A. giullare, in Giorn. st. della lett. it., fase. 73.
346 G. STADERINI
o di salutari operazioni della Provvidenza antecedenti e susse-
guenti a questo nella stessa raccolta.
Un'altra serie di capitoli troviamo negli Actus di s. Isidoro
riguardanti la vita di Corrado da Offida, Pietro da Monlecchio,
Giovanni della Verna, Giovanni della Penna, tutti marchegiani.
Evidentemente essi hanno origine da vite di questi santi frati,
(quella di Giovanni della Verna, che è la più lunga, ci è data di
fatto dalle Cronache). Delle quali un esempio bellissimo ci è dato
nei due capitoli degli Actus che raccontano dei due studenti bo-
lognesi Pellegrino e Richieri, che negli Actus di s. Isidoro tro-
viamo invertiti, ma mantengono il loro ordine nello Speculum
vitae (da e. 148 v. a e. 150 v.) ; sono una breve e intera leggenda
antica francescana nata nel luogo stesso^ dove colui di cui si nar-
rava era morto e col carattere di ricordo utile all'occasione per i
processi.
Con questi capitoli degli Actus vanno, e per il posto che oc-
cupano e per la materia, quelli dei Fioretti che gli Actus di s. Isi-
doro non hanno e che han comune con essi l'origine dalla pro-
vincia della Marca : è evidente, dalla stessa fonte chi ha attinto
più, chi meno. Restano i capitoli che han per carattere 1' ostilità
contro frale Elia : dei quali il primo ci appare quasi fin dal prin-
cipio degli Actus a proposito di Bernardo, che anche altre me-
morie ci rappresentano come suo contrario. Chi raffronti questi
capitoli con quelli dello Speculum vitae da e. 167 a e. 172 come
un'interpolazione nella vita di frate Egidio, vedrà che v'era tutta
una piccola letteratura contraria ad Elia, proveniente dalla parte
spirituale dell'Ordine (1); e non farebbe meraviglia che anche que-
sta si trovasse raccolta in un libello contro il prepotente Generale.
Sicché le fonti degli Actus sono :
1.0 Le vile dei socii più insigni scritte probabilmente da
altri socii ; quella di santa Chiara certamente, e probabilmente
quella di s. Antonio scritta da Tommaso da Celano: e quelle, dif-
ferenti d'età e di carattere, dei Minori di santa vita appartenenti
alla 2° e alla 3» generazione francescana.
2.° Opuscoli locali riguardanti la Porziuncola e l'Indulgenza
(1) Lo dimostrano anche gli accenni delle Vite e l' opuscoìx> di SaUmbene che si
intitola II prelato.
Sl'LLE FONTI DKl l'IOKIOTTI 347
del Perdono, la Verna e le Slitnmale ; che ancora, non imporla
se in altre redazioni, sono giunti tino a noi.
3.° Lo Speculum perfectionis.
4.0 Un probabile Liher ìniraculurnìii perduto.
5.0 Scritti polemici contro frate Elia.
I capitoli dei Fioretti che non hanno riscontro negli Actua
di s. Isidoro risalgono anch'essi a queste medesime fonti, fuorché
le considerazioni sulle Stimmate, la cui fonte è in massima parte
s. Bonaventura — Vita s. Francisci, cap. XIII, De Stigmatibus
sacris — con ampliamenti e interpolazioni varie, che vedremo in
un esame più particolare.
Analisi particolare.
Le Cronache dei XXIV Generali hanno sotto il titolo di Mia
Jratris Bernardi tutti i capitoli che sono negli Actus più uno sulla
missione a Firenze tolto dalla leggenda dei tre socii e, nel capitolo
della benedizione data in morte cancellatis manibus da s. Fran-
cesco, il racconto d'un' altra benedizione precedente, che si ri-
trova neWo Speculum perfectionis e che pare un duplicato di quella,
sostituito a Elia, per contrapposto di Bernardo, Egidio (è proba-
bile invece che la sostituzione sia slata l'inversa): e ancora, man-
cano negli Actus alcuni altri tratti più brevi, come quello di Ber-
nardo, che dietro Elia cavalcante un cavallo nimis altus et grossufi
J'ortiter insufflabat et percutiebat (jroppam; o dell'acqua rosacea
rifiutata da lui infermo perchè impedimento al meditare. Son come
disgregati ricordi, e a chi si debbano non possiamo determinare
con precisione; possiamo dir solo quel che dice il proemio della
raccolta avignonese, che queste notizie dei socii si debbono ad altri
socii: scripta socioruni exprimentia' titani et gesta <^ 6*/-' ^
sociorumque eius.
Con un carattere più evidente di vita ci appare nelle stesse
Cronache quella di Leone; è una serie di capitoli ben concate-
nata, che ci dà tutte le notizie che abbiamo di lui nelle memorie
francescane a noi note fino alla sua morte e sepoltura, con una
introduzione ricca d'immagini, quasi come un ornato ingresso, che
somiglia molto a quella della vita di Rufino: Quasi vas auri so-
liduni onxni lapide precioso pignientoruni suavitate confertuni inter
348 G. STADERINI
beati Francisci socios resplenduit frater leo eius secretarius et
confessor, quia virtutum quasi gemmar uni varietale tenendo vitam
activam modo mirabili adunatam, tandem fuit in vite contempla-
tive (sic) in ortum aromatum et regis cellam vinariam introdu-
ctus. Così introdotti nella vita di « frate pecorella », non si resta
un po' sorpresi a guardare questo gemmato stile? perchè la nar-
razione di quella vita è veramente tutta, come la vita ch'essa ri-
specchia, d'una « semplicità colombina », e quel proemio è lumi-
noso invece come l'aureola d'un santo. Chi può averlo scritto?
Espongo una congettura, così come m'è venuta, l.o stesso con-
trasto col proemio, che colpisce qui come nella vita di Rufino,
avevo notato leggendo il pi'ologo lutto sfolgorante d'immagini che
è in fronte all'umile Leggenda dei Tre Socii. Ora questo veramente
poetico prologo ha una singolare evidente somiglianza con quel
tratto di Tommaso da Celano nella 1» vita che è, si direbbe, uno
splendido saluto della poesia all'apparir di Francesco. Più che
imitazione, pare riproduzione; e poiché imitazione qui molto dif-
ficilmente si può ammettere, è molto probabile che l'autore sia
appunto Tommaso. 11 latino della Leggenda stessa dei Tre Socii,
se si confronta col latino dello Speculum perfeclionis, che, come
vedremo, ci conserva nella loro forma più genuina i ricordi tra
gli altri, dei tre socii, non pare un po' meno rozzo di questo, un
po' più ripulito? non si direbbe ricorretto? Cosi dicendo, ho
espresso una congettura sull'intervento di Tommaso nella Leggenda
dei Tre Socii: non mi pare improbabile che egli stesso abbia vo-
luto o accettato di presentare, quasi, con la sua parola ornata le
due umili vite di Leone e di Rufino, di cui sentiva bene, per
usare una sua espressione, « la gloriosa semplicità ».
Tornando dunque agli Actus, tutti i capitoli che essi danno su
fra Leone si riscontrano in questa vita che si legge, molto proba-
bilmente intera e nella sua forma primitiva, nelle Cronache dei
XXIV Generali. Del capitolo sulla perfetta letizia che vi manca,
s'è già detto nell'introduzione.
Anche per frate Leone gli Actus ci danno, com'è naturale^
una scelta. Due tra gli altri non ne riportano, che si trovano nello
Speculum perfectionis : l'uno, le famose parole scritte da Leone a
Corrado da Offida e depositate da questo a s. Damiano, così im-
portanti, come vedremo, per la storia dello Speculum; l'altro per
SULLE FONTI OKI FIORETTI 349
il quale pure è fonie Leone slesso, la visione in cui Crislo si la-
menta con lui dei vizi de' frali.
Mancano negli Actus di s. Isidoro: un suo dubbio sulla ver-
ginità di s. Francesco che si trova incastrato in una delle con-
siderazioni sulle Stimmate; tre visioni, di s. Francesco apparente
con ali ed unghie, dei frati arrampicantisi nel giudizio divino su
per le due scale vermiglia e bianca, dei frali che passano il gran
fiume od annegano, se liberi o coi fardelli, le quali si trovano qua
e là in qualche codice dei Fioretti. Né dagli Actus, né da alcun
codice, che io sappia, dei Fioretti, non son riportati : il capitolo
de zelo ad ecangelicam paupertatem, che narra della conca mar-
morea eretta da Elia nel tempio d'Assisi e spezzata da Leone, il
gratum miraculum quo impetravit lac cetulae ad parculum na-
triendum, e finalmente una visione annunzianle la morte di Rufino.
Notevole è il capitolo primo di questa vita che corrisponde
alla 2a metà del capitolo degli Actus, De incentione montis alcer-
nae, il noto racconto di cui come prima fonte è indicato negli
Actus, non nel testo delle Cronaclie, frate Leone.
La vita di Masseo, ben diversamente da quella di Leone, ha
un esordio che parrebbe tolto a un'opera di carattere più gene-
rale: somiglia agli esordi che hanno certi capitoli degli Actus:
Pastor sanctissimus beatus pater Franciscus grerjem suum gene-
raliter sollicite cvstodiens et gubernans singulari tamen super
sotiorum suorum custodia diligentius vigilabai. Et ideo pvudenter
considerans quod frater Masseus de virtute cresceret in virtutem...
gli assegna « l'ufficio della porta, della limosina e della cucina ».
Ma i capitoli di questa vita hanno lutti ben chiara quell'impronta
stessa d'ingenua fedeltà al vero, che han le vite di Leone o di
Rufino: alcuni anzi sono tra i più freschi, i più belli dei Fioretti.
Anche qui, come per Bernardo resta ignoto l'autore, ma difficil-
mente si può ammettere ch'esso non sia uno dei primi minori o
uno che abbia avuto tali racconti da uno di loro (1).
(1) Notevole questo passo che non si trova negli Actus: « Iste fi*. Masseus fuit
cum beato Francisco, quando indulgentiam plenariam in sancta Maria de Portiuncula
Perusii a dno papa impetravit », che mi ricorda il passo degli Actus (cod. di s. Isidoro,
e. 22 v.) « sicut recitavit fr. iacobus de massa, sanctus homo, qui omnia supradicta
350 G. STADERIXI
Come per fra Leone manca il caratteristico capitolo della per-
fetta letizia, per frale Masseo manca quello anche così vivace de-
gli Actus con quell'interrogazione improvvisa: Unde tihif Unde
tibif Unde Uhi?
Non son riportali negli Actus Ire brevi capitoli: de eius or-a-
iione et abundantia lacrymarum, d'un singoiar turbamento nella
sua faccia naturallter semper iocunda, e un terzo, quantum sihì
murmura dislicehant. I capitoli riportati dagli Actus hanno al
solito un preambolo più o meno lungo, pieno d'unzione.
La vita di Rufino l'abbiamo già messa accanto per il suo
proemio con quella di Leone e anch'essa, come questa, pare,
qual'è nelle Cronache, una vita intera. Vi si riscontrano precisa-
mente tutti i capitoli, che leggiamo, con qualche aggiunta e qual-
che omissione, negli Actus: aggiunte ed omissioni che servono a
spiegarci meglio che scopo avesse questa compilazione. E comin-
ciamo dal proemio com'è nelle Cronache. Quasi arcus refulgens
inter divine contempiationis nebulas varietate virtutum picturatus
in civitate Assisii a pii (sic) exemplari vita resplenduit et inter
alias beati Francisci discipuLos caritatis rubare Lilia (sic: lilii?)
pmritatis candore enituit ac generalis fragravit redalentia san-
ctitatis Negli Actus il capitolo corrispondente al primo di questa
vita non ha più quest'introduzione: al suo luogo ce n'è un'altra,
sulla penetrazione che avea s. Francesco, « tamquam bonus pa-
stor », dei segreti dei suoi; e Rufino è citalo come l'esempio più
opportuno (« ut unum de multis commemorem ») e finito l'esempio,
ripiglia difatti il discorso di prima (« sicut bonus pastor aves suas
noverai » etc.) e cita ancora altri esempi (fr. Helias, fr. Johannes
de Gapella, fr. cuius guttur tenebat diabolus, etc). Lo slesso si
vede nel cap. Qualiter vidit plagam lateris s. Francisci, dove, a
differenza dal testo delle Cronache^ il soggetto principale è sem-
pre s. Francesco. Due capitoli mancano negli Actus. L'uno è una
visione: Rufino e Leone son gravemente infermi alla Porziuncola:
habuit ab ore fratris massei, qui in iUo miraculo (la predica agli uccelli) fuit socius
sancti patris Francisci ».
I Sodi in tanto hanno importanza, in genere, in quanto testimoni della sua vita
e della sua parola. Il nos qui cum iìiso fuimus non é che il suggello necessario e na-
tui'ale d'ogni loro testimonianza.
SULLE KONTI DEI FIOUKTTI 351
Leone vede in sogno una processione di Minori, Ira cui con oc-
chi raggianti Bernardo nnorlo prima, che vengono a prendere
un'anima morihonda; ed egli crede di sé, ma Rufino lo trae d'm-
ganno: clarissinie vigilando ha veduto egli venire a sé con lulla
quella turba Francesco e d'un bacio di lui dolcissimo la bocca
sua esala ancora tutta fragrante d'un odore meraviglioso. L'altro,
prout fr. Conrardiifi de ()//ida persanctissinms (^sic : vir sanctis-
simusi?) recitavit, narra d'una tremenda tentazione del demonio
in forma d'angelo a lasciar Francesco, per ritirarsi in solitudine,
ed ha una gran somiglianza con l'altro ad esso seguente nelle
Cronache, riportato dagli Acius, dove il demonio appare in forma
di Cristo: dei due racconti simili in quello che ha scelto il com-
pilatore (se l'ha scelto) ha molto maggior parte s. Francesco, ed
è notevole quella prolissità che amano in genere i libri devoti.
Con frate Egidio si fa un po' più di luce, grazie, come s'è
detto, al proemio della vita sua che si legge nelle Cronache: « ... ad
dei honorem et ad audientium utilitalem aliqua cerha domini et ma-
gnifica opera que in beatissimo patre nostro fratre Egidio ope-
ratus est spiritica sanctus prout a suis sotiis intellexi et ah eodem
viro sancto cui familiaris fui experientia didici licet indignus
script are commendavi ».
1 tre socii nella lettera con cui presentano a Crescenzio da
Jesi la loro leggenda, ricordano tra le persone che han consultato
per essa « fratrem Johannem socium venerahilis pairis fratris
Egida, qui plura de his habuit ab eodem fratre Egidio et san-
ctae memoriae fratre Bernardo; e nn frate Giovanni compagno
del detto frate Egidio » è ricordalo in un capitolo dei Fioretti
(XLVIII) che narra di frate Jacopo della Massa. I quattro capi-
toli che di Egidio danno gli Actus hanno in questa raccolta la
stessa forma che nelle Cronache, senz' altra aggiunta che quella
semplicissima chiusa caratteristica della maggior parte dei suoi
capitoli: ad laudem domini nostri Jesu Christi.
Restano degli Actus le vile di santa Chiara e di s. Antonio,
per le quali non abbiamo più bisogno d'un confronto con le Cro-
nache, essendo già note, s'è detto, come vile o leggende a sé.
Per la prima, la leggenda di santa Chiara, non fo che trarre le
notizie che mi paiono più opportune dal recente scritto di G. Cozza
352 G. STADERINI
Luzi « II codice Magliabechiano della storia di santa Chiara »
(15 marzo 1895, inserito nel Bollettino della Società Umbra di
Storia Patria, voi. I).
Dal prologo ad essa dunque (che è nel cod. Magliabechiano,
XXXVIII, n. 135) risulta scritta da Tommaso da Celano per or-
dine di papa Alessandro IV; e notevole è la lettera (riportata
pure in quel codice) con cui egli la presenta al papa, la quale ci
può dire in che modo lo storiografo ufficiale dell'Ordine procedesse in
queste sue compilazioni: « .... Reputando non essere cosa sicura
procedere a questa opera per le informatione, le quali trovavo
defettuose, mi disposi di havere di queste colloquio con gli com-
pagni di s. Francesco et col venerabile collegio delle sante ver-
gini compagne di essa beatissima Clara... Et havendo io havuto
piena iiìformatione della santa et laudabile vita della gloriosa
vergine Clara, dagli compagni di sancto Francesco e dal sacro
collegio delle suore, mi disposi di procedere all'opera... et perchè
comunemente la brevità a tutti è piacere (sic) et grata delle molte
cose raccogliendone poche, con pieno (piano ?J et facile stile et
simplice ordine mi sono sforzato di scriverle ». E dal prologo
risulla come furono fatti i processi, i quali pure ebbe certamente
in mano fr. Tommaso: « ... Bartolommeo vescovo di Spoleto
per comandamento del beat.'>^o Innocentio papa Quarto insieme
con M. Jacobo arciprete di Traevi et gli frati san.^i cioè frate
Leone et frate Angelo da Rieti compagni di santo Fran.<^<^ et
frate Marco frate m.inore et ser Martino notaio personalmente
andò al monastero di Santo Damiano et con giuramento astrinse
a dire la verità alquante suore di antichità et santità fam.ose
di quello che sapevano circa la vita et conversione et miracoli
di questa vergine Clara. Le quali cose intese diligentemente
esaminate et fedelmente inscritte per il pubblico notaio al .so-
prad. sommo pontefice furono destinate ». Tutto questo ho vo-
luto trascrivere, perchè può esser utile ricordarlo anche per un'al-
tra parte di questo studio. Di questa vita tre capitoli soli son ri-
prodotti negli Actus tali e quali.
Che allo stesso Tommaso da Celano si debba anche la leg-
genda di s. Antonio è un'opinione, non so se già espressa da
altri, certo dal P. Ilario da Parigi in una lettera del 4 marzo 1895
allo stesso ab. Cozza-Luzi (v. in nota allo scritto stesso di quest'ul-
SULLK FONTI DEI FIORETTI 353
timo). Anche a me pare che a chi conosce il suo stile, il suo
nome debba venir in mente spontaneo nel leggerla: ma, per conto
mio, sento che ho bisogno di studiare ancora la questione, prima
di poter dire qualche cosa di concludente in proposilo. Certo quella
exquisila eloqiientia che tutti riconoscevano a Tommaso, come
gli riconoscono ora i suoi lettori, era più adatta n rispecchiare la
vita piena di meraviglie di s. Antonio, che la grande ma sem-
plice vita di santa Chiara. Certo tra queste due vite, quella di
s. Antonio specialmente, e le altre vite dei socii che leggiamo
nelle Cronache, salta vivo agli occhi quel contrasto che appare
ogni tanto a chi studia queste prime memorie francescane, tra lo
spirilo di pura semplicità che nulla nasconde e lo spirito scola-
stico, tra il francescano e il letterato: un letterato, sì, Tommaso,
che era francescano e poeta, e quando, come non di rado avviene,
lo spirito di s. Francesco e il suo istinto di poeta cospirano in-
sieme, vibra il suo stile non frasi concettose, ma fulgori: ma per
quanto abbia fitti gli occhi in colui « qui semper locutiotmm vita-
vit aenigmaia et verborum faleras ignoravit n, alla relorica che
gli ha infcjrmato la mente e che al suo tempo appariva quasi lul-
t'uno con l'arte, egli rinunzierebbe malvolentieri: pure umiliando
il suo stile a quella « referentium simpliciiatem », egli guarda
quasi istintivamente i dotti, quasi perchè s'accorgano che è lui che
vuole umiliarlo. Invece nelle vile di Bernardo, di Rufino, di Mas-
seo, di Leone, d' Egidio, di Ginepro, con quello stile sempre di-
messo e piano, come di chi non scrive, ma parla e parla sem-
plicemente, è ben riconoscibile l'umile linguaggio dei socii, quella
vera parola francescana che ci attrae leggendo lo specchio di per-
fezione e la leggenda dei tre socii: quei tratti anzi di quello e di
questa che abbiam visto nella vita di Bernardo e in quella di
Leone, hanno un' impronta così uniforme al resto, che non si nota
la differenza.
Capitoli riguardanti la Porziuncola e la Verna.
Qui è una differenza notevole tra la compilazione degli Actus
e i Fioretti. Per la Porziuncola, come per la Verna, gli Actus
ci rappresentano ancora come vaganti i racconti relativi ai due
celebri luoghi francescani: per l'una e per l'altra ci danno il primo
23
354: G. STADERINI
nucleo con alcuni altri elementi che poi s'andrà ingrossando di
attestazioni e di racconti fino al liber sacrae indulgentiae di fra
Bartolo d'Assisi e alle Considerazioni sulle Stimmate, dei Fioretti.
Intorno al luogo della Porziuncola noi abbiamo quel che ne
ha scritto Tommaso da Celano nel cap. XII della 2» Vita. Qui è
come il germe di tutti gli ampliamenti posteriori: il primo nucleo^
che però non esclude che qualche cosa di originale dimenticato
da lui ci sia nel racconto dello Speculum. Nello Speculum ab-
biamo il racconto che è riportato negli Actus e in qualche codice
dei Fioretti, come s. Francesco ebbe questo luogo dai Benedet-
tini del Subasio, e come ne volesse solo l'uso, riconoscendone la
signoria dai monaci con l'offerta annua di una fiscinula piena pi-
sciculis qui vocantur lasce, offerta a cui i monaci rispondevano
con un vaso d'olio. A s. Francesco premeva che vi fosse un luogo
che servisse come d'esempio, Speculum, a tutti gli altri della re-
ligione, la Porziuncola, e lasciò detto anche nel testamento come
si dovesse custodire: e, come la ragione che gli aveva fatto la-
sciare Rigotorto era stata una scortese distrazione dal silenzio
della contemplazione e della preghiera, volle, che qui il silenzio
si osservasse particolarmente. Abbiamo anzi una speciale costi-
tuzione a questo proposito contra verba inuiilia et ociosa, che an-
ch'essa fece poi parte degli opuscoli illustrativi della Porziuncola.
Ma la principale delle prerogative era l'indulgenza del Per-
dono. Essa è già designata da Tommaso nella 2^ Vita con la vi-
sione della moltitudine dei ciechi che un frate vide affollata at-
torno a questo luogo « pregar per pace e per misericordia ».
La più antica testimonianza risale a fr. Masseo, che, a quanto
pare, fu compagno di s. Francesco in questa andata al papa a
Perugia per ottenerla, e l'estensore sarebbe stato Marino nipote
di Masseo, da cui più volte l'aveva inteso, che morì nel 1308
« plenus dierum et sanctitatis ».
Del fatto abbiamo testimonianze, sempre derivanti dalla stessa
fonte di Masseo, di Benedetto d'.Arezzo, che fu uno dei socii e di
Ranieri anch'esso aretino, compagno di fr. Benedetto: testimo-
nianze di compagni ed amici degni di fede, che risalgono ad un
uomo titae probatissimae e quindi anch'egli buon testimone. Ma
Teobaldoj vescovo d'Assisi, nel privilegio scritto nei primi anni
del trecento cita anche una testimonianza di frale Leone: « fr.
SrLLE FONTI DEI FIORETTI iìófi
Leo unus de sociìs eius tir jjrobatissimae ciiae [relulit] sicut ah
ore s. Francisci [ac]ceperat n. Dov'è questa testimonianza ? Nella
raccolta avignonese, in una parte che conserva un gruppo di no-
tizie prese, sembra, dalle prime fonti perdute, abbiamo un rac-
conto semplice e breve, che ha un'impronta di verità superiore
a quella di tutti gli altri. Il Sabatier, che aveva infirmato la ve-
rità dell'indulgenza, davanti a questo racconto si ricredè.
Vat. 4354, e. 108 r.
Cum autem b. Fr. ecclesiam de Porchiucola dedicare vellet, ibat cum
socio prò iudulgentia ad summum Poutiticem, qui Urne erat Perusii. Cura-
tine ab ilio indulgentiam ad dictam ecclesiam humiliter petivisset, papa
numerum certura assig-uans ait: Vis tu tot dies? Et Frauciscus : Non — Vis
tu tot aunos? — Franciscus: Non Quid vis ergoV ait pontifex. Kt Franci.scus :
Domiue, remissionem volo omnium peccatorum. Et ille : Grandem rem patisti.
Et cum b. Fr., non minus velie' papa sencieus eum virum domino
plenum dedit sibi per octo dies remissionem omnium peccatorum. Car-
dinales vero hoc audieutes indig-nati dicebaut summo pontifici quod per
hoc curia vilificaretur, quia nullus curatur ilhic venire. Quod saltem sic
mitigaret quod hec iudulg'entia per diem naturalem duraret. Sicque fa-
ctum est quod b. Fr. cum gratiarum actione Ictus recessit. Dumque per
viam incederet, subito vis somnii irruit in eum dixitque ad socium: Ora,
frater, quia me oportet parumper quiescere. Cumque se inclinasset post
paululum surrexit iocundus et g-audens. Quod advertens socius quesivit
de quo g-auderet et dixit : Revelatum est mihi, frater, quia quod papa fe-
cit in terris Christus coufirmavit in celis. Sicque exultans spiritu domum
rediit.
Può esser quello il racconto di fra Leone? La congettura, già
probabile, diventa certezza, se si confronta con un'altra attestazione
sull'Indulgenza dataci dagli Acius (almeno dal cod. di s. Isidoro)
e riprodotta a e. 13 del suo libar da fra Bartolo d'Assisi, che la
trovò, egli dice « in Sacristia Perusii scriptum vianu propria re-
verendi patris fratris Angeli de Perusio ». Se s'ha da credere
dunque a fr. Angelo, a lui ha riferito D. lacohus Coppali de Pe-
rusio questo racconto, così come glielo raccontava, da lui richie-
sto, frate Leone coram uxore sua (di Iacopo) et quadam alia do-
Tìxina et lacohutio (sic).
E il racconto, solo lievemente alteralo dal discorso indiretto,
356 G. STADERINI
è lo stesso che ci dà la raccolta avignonese: sicché, se qui ab-
biamo un « dixit fr. Leo », vien da sé che là supponiamo un
0 fr. Leo scripsit ».
Il nome di fra Leone ci riporta naturalmente alla Verna. Egli
infatti, come s'è visto, é indicalo in fine del capitolo De incentione
montis Alcernae, come fonte di quel racconto, probabilmente per
la sua ultima parte soltanto, dov'egli appunto appare compagno
di s. Francesco nella Quaresima di s. Michele: e mentre di que-
sto è documento scritto indiscutibile l'autografo di Leone che è
nel Sacro Convento d'Assisi, neppure della veracità di quell'indi-
cazione non vedo ragione di dubitare: é tutto d'una semplicità e
d'una verosimiglianza evidenti.
Della prima parte, che più propriamente risponde al titolo
del capitolo, ignoro la fonte. Della realtà del fatto narratovi attesta
V instrumentum donationis montis alvernae, che si conserva nel-
l'archivio di Borgo San Sepolcro, con cui il 9 luglio 1274 il figlio
del conte Orlando di Chiusi autentica la donazione fatta a voce
dal padre VS maggio 1213: e ha bene un'impronta di verità an-
che nei suoi particolari il racconto che ne danno gli ActuSj dalla
a magna solemnitas milicie nove » alla grandissima festa e alle-
grezza delle sorores avicide, insolita, ma tanto lì naturale.
Questo per la Verna : del miracolo delle Stimmate gli Actus
di s. Isidoro danno solo una narrazione tarda, secondo una rive-
lazione avuta da un frate nel 1282, e altri due racconti, d'una
visione e d'un miracolo, tardi anch'essi, che si leggono anche nel-
r ultima Considerazione dei Fioretti.
Quest'operetta delle Considerazioni h nata molto probabilmente
dal capitolo sulle Stimmate di s. Bonaventura (XIII).
É quello che ha dato non solo l'ordine dei racconti, ma il
fondo principale, che, preceduto, com'era naturale, dal racconto
de inventione montis ALvernae, abbellito qua e là di tutti quei par-
ticolari che parvero più opportuni e arricchito di nuovi miracoli,
fu diviso, poiché le Stimmate « furono cinque secondo le piaghe
del N. S. G. C. », in cinque considerazioni. E ora, per trattarne
un po' più particolarmente: la 1» e la 2* considerazione son com-
poste essenzialmente del racconto de inventione m. A., aggiuntovi
il racconto di fra Leone, con interpolazioni a ogni passo tolte da
più luoghi di Bonaventura : le parole ai demoni per esempio, i
SULLE FONTI DEI KKmETTI 307
colloqui con Dio, la fonte scaturita improvvisa per dissetare il vil-
lano, la cortesia del falco: la melodia dell'angelica viola, che se-
condo Bonaventura egli udì gravemente infermo, a Rieti come ag-
giunge Tommaso, suona qui anch'essa, non si sa come, quasi a
prepar l'animo con la sua « intollerabile dolcezza » al doloroso e
dolce mistero. Nella 3» considerazione all'ultima parte del cap.
De inventione m. A. segue il racconto come in Bonaventura,
fuorché nella « cisitazione preparativa » dell'angelo, tratta da
quella slessa larda rivelazione narrata più sotto, da cui son ripor-
tate anche le parole di Cristo, segue, come in Bonaventura, fino
alla discesa dalla Verna che pare un sunto di quella lettera di
fra Masseo così semplice e bella, con quei dolcissimi addii di
S. Francesco, che non pare possano esser d'altri che d'un testi-
monio del vero.
La 4» è invece un mosaico alla meglio connesso di racconti
attinti a varie fonti ; a Bonaventura specialmente e allo Specalum
perfectionis o ad uno dei suoi elementi.
Anche più disgregala è la 5» : come appare dai vari litoli, è
una serie di visioni e di miracoli deposti in vari conventi dei Mi-
nori ; e sono indubbiamente la parte più tarda di tutta la raccolta
dei Fioretti.
Speculum perfectionis.
Nella ricerca delle fonti abbiamo già visto che, direttamente
o no, deriva dallo Speculum perfectionis quel capitolo degli Actus
che dà fusi insieme il racconto della tentazione dei topi col mira-
colo della vigna del prete di Rieti; ma s'è potuto vedere già per
le parecchie citazioni fatte e lo vedremo meglio dopo, lo Speculum
perfectionis è una fonte importante anche per gli Actus: a ogni
modo la questione sulla sua autorità è così vitale per la primitiva
storia francescana, che non mi sembra fuor di luogo fermarcisi
un po' particolarmente anche in uno studio sulle fonti dei Fioretti
di s. Francesco.
Una semplice lettura dello Speculum può bastare ad attestarne
la sincerità, così come per il capitolo sulla perfetta letizia o la let-
tera di Masseo narrante l'addio di s. Francesco alla Verna; con-
3Ó8 G. STADERINI
tuttociò, siccome c'è chi n'ha dubitato (1), bisogna addurne le
prove.
Le più famose testimonianze intorno a quest'opera le abbiamo
da Ubertino da Casale, noto specialmente per i versi di Dante
(ver. XII, 124) in cui è opposto come eccessivo zelatore della po-
vertà a Matteo d' Acquasparta :
ma non tia da Casal né d' Acquasparta,
là onde veg-nou tali alla scrittura,
che l'uu la fug'g'e e l'altro la coarta.
Egli dunque nel libro V del suo Arbor citae crucifixae, opera
del 1305, più passi cita testualmente, letteralmente corrispondenti
ad altri passi dello Speculnm, siccome: « In dictis et in scriptis
sancti viri et socii sui (di s. Fr.) fratris Leonis reperilur ex-
presse », « sicut sanctus pater socius beati Francisci multum
continuus fr. Leo manu sua conscripsit » ed altre espressioni
simili.
La più notevole citazione è questa:
Quoad testimoulum celicum quod ista regala habuit a duo Ihu Xpo: ....
quod sequi tur a saucto fratre Conrado predicto.... et viva voce audivit a
sancto fratre Leone qui praeseus erat et reg'ulam scripsit. Et hoc ipsum
in quibusdam rotulis manu sua couscriptis, quos commendavit in moua-
sterio sauctae Clarae custodiendos ad futurorum memoriam dicitur conti-
neri. In illis autem multa scripsit, sicut ex ore patris audiverat, in factis
suis viderat ; in quibus mag-nalia contiuentur de stupendis sancti et de
futura corruptioue regulae et de futura renovatioue ipsius et de magna-
liis circa regnlae insti tutionem et renovationem a deo : et de intentione
h. fr. super observantiam reg'ulae.... cum multo dolore audivi illos rotulos
fuisse distractos et forsitau perditos, maxime quosdam ex eis ».
Sicché dalle attestazioni di Ubertino neW Arbor si raccoglie
che fra Leone ha scritto di propria mano dei ricordi di s. Fran-
cesco e che altri ricordi di lui riferì a viva voce specialmente a
(1) V. Dki.i.a Oiovanna, S. Frane. d'A. giullare, nel Giorn. stor. dellalett., fase. 73^
SULLE FONTI DEI FIORETTI 3^9
Corrado da Offida, il quale visse per mollo tempo con fra Leone.
Questi ricordi Corrado li avrebbe poi deposti ad Assisi nel mona-
stero di santa Chiara, come nel sacro depositario delle memorie
dell'Ordine (1). Ubertino non avrebbe visto l'originale di Corrado,
bensì o gli autografi di Leone o delle copie.
In un'altra solenne occasione udiamo la testimonianza di Uber-
tino, in mezzo a quel gran processo dibattutosi nel principio del se-
colo XIV ad Avignone, con tanto commovimento d'animi e di li-
belli. Ira gli Spirituali, di cui egli appunto era il rappresentante, e
i Conventuali, Ira chi coartava la regola e chi la fuggiva. Come
naturale, Ubertino ha più volte occasione, invocando l'aiitorità di
s. Francesco, di citare gli scritti di Leone. Nb cita infatti e ricita
con insistenza parecchi passi perfettamente corrispondenti anche
questi ad altri passi dello i^pecidum : « Sicut patet in dictis fra
tris Leonis manu sua conscriptis, sicut ab ore s. patris audivit »,
« sicut in cedulis sanctae memoriae fralris Leonis legi manu sua
conscriptis »: ed altre espressioni simili; ma una tra le altre è
notevole :
« Omnia {circa V intenzione di s. Fr, sulla povertà) patent por sua
verba expressa quae per sanctum virum Leonem eius socium tam de
mandato s. patris quani de devotioue eius fueruut solemniter conscripta
in libro qui habetur in armario fratrum de Assisio et in rotulis eius quos
apud me habeo manu eiusdem fr. Leonis conscripta ».
Dalle parole dunque d'Ubertino nel processo risulta ch'egli
aveva letto e possedeva tuttora dei ricordi di s. Francesco in ce-
dole o rotoli autografi di fr. Leone; che potrebbero anche essere
quegli stessi scritti di Leone, di cui, come abbiam visto, nel 1305
trascriveva dei passi nel suo Arhor vitae crucifixae: ad ogni
modo, non v'è certo contraddizione in questo tra le due testimo-
nianze. E non v'è nel fatto che \\e,\V Arbor parla di rotoli deposi-
tati nel monastero di santa Chiara che con dolore ha inteso es-
ci) Cfr. Spec. perf. fnel Cod. Vat. 43S4, paragr. XLII); « Infrascripta verba fr. Leo
socius et confessor s. f rancisci scripsit fratri Chonrado de Ofììda dicens liabuisse ab
ore b.i fr.i que idem fr. Chonradus retulit apud sanctum Daraianura prope .\ssisium ».
360 G, STADBRINI
sere stati portati via e forse perduti, e nel processo parla d'un
libro qui habetur in armario fratrum de Assisto.
Che le memorie conservate ad Assisi lì sian chiamale rotvli
e qui libery non può destar sospetto, posto che quando scriveva
VArbor non le aveva viste e forse faceva confusione. E le parole
di Ubertino son confermate, come nota anche il Della Giovanna
che a lui non crede (e in tutta questa questione sullo Speculum
mi par troppo deliberato di non voler credere a nulla), dalla testi-
monianza veramente notevole che il nolo rappresentanle degli Spi-
rituali Giovanni Olivi fa nella sua Expositio regulaes. Fr , cap. 10:
« cedulas fratris Leonis quas de his quae de Paire nostro, tam-
quani eius singularis socius, viderat et audierat, conscripsit », at-
testazione probabilmente anteriore al 1292, anno della sua ultima
condanna; e da quella, importante anch'essa, del B. Francesco
da Fabriano morto nel 1322, che nella sua Cronaca dice: « Fratrem,
Leonem ego vidi et scripta eius legi quae recollegit de diciis et
vita sanctissimi Patris nostri Francisci ». Può essere che que-
st'ultima si riferisca alla Legenda triiim sociorum, ma l'espres-
sione dictis et vita è ripetuta più volte per designare i ricordi che
abbiam nello Speculum, mentre nella Leggenda dei tre socii non
abbiamo altro che i discorsi falli nei capitoli.
« Ad ogni modo, dice il Della Giovanna, [questi rotali] non
sarebbero mai da confondersi con lo Speculum pjerfectionis, che
non può essere opera di fra Leone, perchè in esso egli è ricor-
dalo con parole d'encomio, come già ebbe a notare l'Affò ». Ora
anch'io ho studiato il codice bolognese studiato dal Della Gio-
vanna, che « è proprio quello slesso nel quale l'Affò ha trovato il
volgarizzamento dello Speculum, corrispondenlissimo all'incorrotta
codice bussetano », e in quel testo non ne ho trovale punto: le
rare volte che Leone è nominato, è nominato semplicemente
frate Leone. Ad ogni modo, se anche in altri codici si trovassero
capitoli dello Speculum nominanti Leone con parole d'encomio, ciò
non contrasterebbe per nulla con l'idea che ci facciamo dello Spe-
culum. dal suo proemio slesso: « La quale opera è compilata e
composta per modo di leggenda di alquante antiche, le quale in
diversi luoghi scrissono e fecono scrivere o vero riferirono i com-
pagni del Beato Francesco ».
SULLE FONTI DEI FIORETTI
3(il
Ma la prova decisfva della sincerila dello Speculiim è, secondo
me, il confronto con la 2» Vita di Tommaso, quello appunto che il
Della Giovanna invoca come prova del contrario. Alcuni capitoli
dello Speculum son tratti evidentemente di lì, e col proemio dello
Speculum non c'ò contraddizione. Altri, e son la maggior parte,
riferiscono fatti e discorsi riferiti anche da Tommaso, ma in forma
diversa e molti portano quel famoso suggello dei compagni del
santo « Xos qui cum ipso fuimus ». Dò qui un saggio di questi
capitoli corrispondenti:
Spec. perf. (1).
Tom. 2", 2» Vild, III, e. CI.
Fratri etiam qui faciebat
et operabatur Ugna dicebat ut mm-
quara totum arborem incideret, sed
incideret taliter arbores quod sem-
per aliqua pars remaueret integra
amore illius qui salutem nostrani
in lig'no crucis voluit operari. Si-
militer fratri qui faciebat hortum
dicebat ut non totani terram cole-
ret nisi prò herbis comestibilibus,
sed aliquam partem terre diraitteret
ut produceret herbas vireutes que
temporibus suis producere[«<] fra-
tribus flores amore illius qui dicitur
flos campi et lilium convallium.
Lig'na cedentes fratres pro-
hibet totam succidere arborem ut
spera habeat iterum puliulaudi ; iu-
bet hortolanum indefos.sos limiteK
circa hortum dimittere ut suis tem-
poribus herbarum viror et tiorum
venustas praedicent speciosum re-
rum omnium patrem.
Tommaso, con quel suo quasi sallustiano studio di brevità,
ci dà in forma tutta succinta il racconto che nello Speculum <"*
in una forma più naturalmente piana ed aperta, come è proprio
della viva voce: è evidente che quello dei due è l'originale, che
dà la materia, per dirla con l'autore della leggenda in versi di
S. Chiara, « luce sua cestita », quello che penetra « veri dulce-
dine mentem ».
Ma necessariamente poi Tommaso per tutti i fatti avvenuti
(1) Lo dò nel testo latino della Race. Avign.. perfettamente corrispondente alla
Spec. Bolognese, cap. 117.
o()2 G. STADERINI
durante la sua assenza e per molli altri probabilmente anche
quando era in Italia dovette ricorrere ai socii di S. Francesco e
più specialmente ai suoi più famigliari.
Difatti, mentre per la 1» Vita egli dichiara d'aver attinto an-
che alle testimonianze dei sodi: ea quae ex ipsius ore anelivi tei
a fidelibas et probatis intellexi; la 2^ Vita è presentata nel proe-
mio generale come lavoro collettivo dei socii, di quelli quibiis ex
assidua conversatione illius plus ceteris diutinis experimentis
innotuis.
La composizione di queste due vile, per cui egli è come il
biografo ufficiale dell'ordine, è analoga molto probabilmente, molto
naturalmente alla composizione che della Vita di santa Chiara ci
è attestala dal prologo ad essa riportato più sopra.
Un'altra prova, e molto importante, dell'autorità dello Specu-
lum traggo senz'altro da appunti delle lezioni su s. Francesco e
la prima letteratura francescana fatte quest'anno nell'Università
di Roma dal prof. G. Salvadori, a cui devo anche il suggerimento
di questo mio lavoro:
n Noi abbiamo una testimonianza a questo proposilo, il cui
« valore non è slato ancora abbastanza considerato, cioè il proe-
« mio della Raccolta d'antiche memorie del Santo conservala nel
« cod. valicano 4354 e tradotta nel vaticano oltoboniano 681, che
« contiene, come il Della Giovanna ha notato, buona parte dello
« Specularli perfectionis . Or bene, il compilatore di quella raccolta
« si dà a conoscere per un Minore il quale nella prima metà del
« Trecento, parte altrove, parte in Avignone, volle mettere assieme
« un supplemento alla Legenda nova di s. Bonaventura, racco-
« gliendo più cose notabili ed utili di due specie. Primo, intorno
« allo zelo della carità, dell'umiltà, della povertà, e all'intenzione
« di s. Francesco circa l'osservanza di queste virtù e della Re-
« gola, e queste egli dice d'aver tolte dalla slessa Legenda vetus,
« alla quale aveva attinto frale Bonaventura, che è nome dato
« dopo il 1260 alle due vite di Tommaso da Celano; e poi dai
« Detti dei socii scritti da uomini approvati dell'Ordine. Poi i fatti
« straordinari o i miracoli, che egli tolse, prima da un libro di
« un Federigo arcivescovo di Riga, che quasi senza dubbio è il
« francescano Federico Barone morto nel 1340; poi ancora dalla
« Legenda vetus di Tommaso; poi dagli scritti dei socii che dicono
SII.I.E FONTI DEI FIOUETTI 3().'ì
« la vita e le gesta di alcuni dei più ricordali Ira i [»riini Minori;
« poi alcune cose di s. Antonio, del b. Giovanni della Verna e
* di altri. Ora, credo si possa supporre con fondamento che il
« libro di P'ederico arcivescovo di Riga era, sebbene solo in parte,
« quello degli Actus sancii Francisci che possediamo anche noi.
« Questo libro conteneva, come contengono gli Aclus, il racconto
« dei fatti più straordinari e dei miracoli e le tradizioni riguar-
« danti la Porziuncola e la Verna, e in esso abbiamo quindi in
« parte il Testo latino dei Fioretti. Quali sono dunque le fonti
« che rimangono della Race, avignonese?
« La 2» Le<jenda di Tommaso; le notizie intorno alle virtù
« di Fr. date dai suoi Compagni e scritte da uomini approvati
« dell'Ordine; le Legende scritte dai Compagni stessi di Fran-
« Cesco e da alcuni tra i primi Minori ; le Legende di S. Antonio,
« del b. Giovanni della Verna, di Corrado da Offida, di Giovanni
« della Penna. Ora, se andiamo per eliminazione, alla parte della
« Raccolta avignonese corrispondente aWo Speculum perfectionis,
« vediamo che corrispondono i nomi di Tommaso e dei Tre Socii :
« e, se ne togliamo i paragrafi di Tommaso che si possono ri-
« scontrare, noi abbiamo che secondo il compilatore le notizie
« dello Speculum perfectionis, o sono scritte dai Tre Socii, o sono
« date da loro e scritte da uomini approvati dall'Ordine ».
Liher rìiiraculorunif
Ora, lasciando di cercare quali fossero precisamente i limiti
del libro di Federico Barone, posto che noi abbiamo una serie
di falli, la quale non risale ad alcuna delle fonti note, dobbiamo
supporre che ve ne sia una ignota, e dal suo contenuto le con-
verrebbe bene il titolo di liher miraculorum o exemplorum.
Ed è possibile che il libro di Federico Barone, se non era
una cosa con gli Actiis, avesse appunto questo titolo.
Nella prima parte di questo studio ho già detto che i capi-
toli riguardanti i santi Minori della 2^ e della 3» generazione son
presi da vite che prima correvano separale (1). Di autori non co-
nosciamo dai Fioretti che quello della vita di Giovanni della Verna,
(1) Questo appare chiaramente da un confronto tra gli Actus e i Fioretti.
364 G. STADERINI
Ugolino del Monte santa Maria (f 1322). Ugolino resta autore
diretto di questi capitoli (1) e indiretto del cap. De inventione
montis Alcernae: non d'altro. Il compilatore vero degli Actus ri-
mane ignoto, e del resto alla materia raccolta non aggiunse molto
del suo: e quasi piace che il primo autore dell'opera nella quale
s. Francesco è apparso al popolo sempre vivo, rimanga oscurata
nella sua luce.
Roma, 14 ottobre 1895.
Giuseppe Staderini.
(1) Dal pi'oemio degli Actus parrebbe che tutti quei capitoli dei santi della Marca
non entrassero nel piano della compilazione:
Sunt quaedam notabilia de b.o f.o et sociis eius et quidam actus eorum mirabi-
les, qui ifi legenda eius praetermissa fuerunt : una conferma potrebbe essere il fatto
che la chiusa caratteristica degli altri capitoli : ad laudem domini nostri lesu Christì
manca in questi ; i due primi soltanto hanno Dea gratias. Ma e su questo e su al-
tri punti del presente lavoro ritornerò ancora.
365
RICERCHE SULLA ANTICA CITTA DI REGILLO
Tito Livio, nel secondo libro delle sue Istorie, all'anno 247
di Roma, così si esprime :
« Erano consoli Marco Valerio e Publio Postumio. In quel-
« l'anno, fu ben pugnato contro i Sabini. I Consoli trionfarono.
« Quindi i Sabini si apparecchiavano alla guerra con maggiore
« accanimento. Contro essi, e perchè non nascesse insieme qual-
« che pericolo repentino da parte del Tuscolo, con cui sebbene
« non vi fosse aperta guerra, vi era però sospetta, furono eletti
« consoli, Publio Valerio per la quarta volta, e Tito Lucrezio per
« la seconda.
« Una sedizione sorta nei Sabini, tra quelli che amavano la
« guerra, e quelli che preferivano la pace; aumentò alquanto le
« forze dei Romani. Imperciocché, Azio Clauso, a cui poscia fu dato
« il nome di Appio Claudio in Roma; mentre, essendo egli fau-
ci tore della pace, veniva perseguitato dai partigiani della guerra;
« né si trovava in forze sufficienti da tener testa all' oppoeta fa-
« zione; dal vico Regillo, con grande seguito di amici e clienti
« si ritirò a Roma. Ad essi fu tosto data la romana cittadinanza,
« ed assegnati i campi che sono al di là dell' Aniene: e fu questa
« chiamata l'antica tribù Claudia, aggiuntivi poscia quelli che pro-
« venissero da quell'agro. Appio, ascritto tra i Padri, non andò
« molto, che pervenne alla più alta riputazione.
« I Consoli, con nemico esercito, partiti per l'Agro Sabino,
« quando ebbero, colla devastazione e la guerra, ridotte a tale le
« forze del nemici, che per lungo tempo non avessero più a te-
« merne alcuna ribellione, tornarono a Roma trionfanti. Publio Va-
366 A. BARBIELLINI-AMIDEI
« lerio, che a giudizio di tutti era riguardato per il principe nelle
« arti della guerra e della pace, l'anno dopo, morì, sotto il conso-
« lato di Menenio Agrippa e Publio Posturnio, con gloria inn-
« mensa, e con beni di fortuna così esigui, da mancare il denaro
« per il funere. Fu questo fatto a spese del pubblico. Le matrone
« lo piansero come Bruto » (l).
Questo fatto saliente della storia romana, che Livio, coll'usato
suo laconismo, ha tratteggiato con poche parole, mi ha fatto na-
scere il desiderio di ricercare le circostanze ed i dettagli che ac-
compagnarono questa grande decisione di Appio Claudio e dei
suoi seguaci, e di rintracciare il sito dove sorse Regillo.
Atta o Azio Clauso, detto poi Appio Claudio in Roma, fu primario
cittadino di Regillo, e quasi onnipotente in Sabina per il suo sapere,
per le sue ricchezze e per il largo seguito dei suoi amici e fautori.
Riaccesasi contestazione e discordia tra i Sabini ed i Romani, opinò
che si dovesse preferire la pace alla guerra coi medesimi.
Il partito avverso alla pace, sparse malignamente la voce che
Clauso amava la pace coi Romani, per potere coli' aiuto dei me-
desimi divenire signore e tiranno dei Sabini. Questo ingiusto so-
spetto gli lacerò l'anima; e siccome era fiero ed indomito, nel 247
di Roma^ 505 anni avanti Cristo, abbandonò la sua patria, a ciò
incoraggiato anche dal romano Valerio Publicola suo amico; e si
condusse a Roma con 7,000 famiglie sabine, nelle quali erano 5,000
uomini atti alle armi.
I Romani accolsero lui ed i suoi festosamente: li ascrissero
ad una delle prime tribù istituite dai Re, che più lardi fu chia-
mata Vetus Claudia Trihus, come dicono Livio e Virgilio (2);
dettero loro la cittadinanza romana e le terre che erano tra Fi-
culea e Fidene, oggi Monte Gentile e Castel Giubileo.
Claudio fu subito ascritto al Senato, e tra le famiglie patrizie.
La guerra seguita tra i Sabini ed i Romani, dopo l'emigra-
zione di Appio, fu subito perduta dai Sabini. Claudio divenne il
(1) TiT. Liv., Hist., Lib. II, e. 16.
(2) TiT. Liv., Hist., Lib. II.
Ecce Sabinorura prisco de sanguine magnani
Agraen agens Clausus, magnique ipse agminis instar,
Claudia nunc a quo diffunditur et trihus et gens
Per Latium, postquam data Roma Sabinis. Virg., Aeneid., VII.
RICERCHE SULLA ANTICA CIITÀ IH KEdlLLO otJT
signore di Roma ed il direttore della politica romana. Fu con-
sole, fu l'ispiratore della creazione della terribile dignità dillalo-
riale, che incusse spavento ai contemporanei ; ma insofferente di
carattere, e soverchiamente severo, si creò dei nemici che lo chia-
marono a render conto di tanti atti di giustizia eccessivamente
crudeli.
Piuttosto che giustificarsi, si uccise nel 470 avanti Cristo,
convinto di essere stato giusto e di non avere mai mancato al
suo dovere. Fu tanta la sua potenza, che, durante la sua vita ed
il suo apogeo, fu detto: data Roma Sabinis-, perchè egli era tutto.
Fondò la celebre famiglia Claudia romana, e l'imperatore
Claudio, si vantava di essere suo discendente. Tacito, al LibrdXI
degli Annali, gli fa dire: Majores mei, quorum antiquissimus CLau-
ses, origine Sabina, simul in Ciciiaiem Romanam., et in J'amiUas
Patriciorum adscitus est.
Questa famiglia nobilissima si divise in cinque grandi rami,
da cui uscirono vari imperatori ed un numero infinito di uomini
illustri e di consoli. Dal ramo dello dei Fulcri uscì Appio Clau-
dio il cieco, il fondatore della Regina omnium ciarum, la famosa
Via Appia, che da Roma conduceva a Brindisi.
I Claudi proseguirono a possedere in Sabina, anche dopo la
loro emigrazione in Roma : ed il suggello di un mattone, trovato
presso delle rovine antiche nel secolo passalo, nel territorio di
Montopoli, prova che avevano una villa in quei pressi, anche dopo
-vari secoli dal loro trasferimento a Roma :
PAET. ET- APRON- COSS-
EX. PR-
T. CLAVD- QVARTI
II quale suggello ci dà due notizie utili ad un tempo. La prima,
che Tito Claudio Quarto, della famosa famiglia dei Claudi, vi avea
una villa, come si desume da quel ex praedio ; e che questa villa fu,
per ciò che riguarda i fabbricali, o adornata con nuovi edifizì, o
restaurata negli esistenti, nell'anno 168 dell'era volgare, sotto gli
imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero. La seconda, ed è utilis-
simo per la storia, ci fa vedere, che vi fu un console sostituito
in quell'anno; e che questo fu quel Peto qui nominato insieme ad
368 A. BARBIELLINI-AMIDEI
Apponiano. Giacché, dai Fasli Consolari, risultano consoli a quel-
l'anno solamente Aproniano e Lucio Vegio Paolo.
Ma ora che la storia di questa grande famiglia Regillense
ci ha tanto interessato viene naturale la domanda : dove era Re-
gillo?
Molli hanno fantasticalo sulla sua posizione: e nel secolo
decimosettimo, vi fu perfino un distinto prelato, Monsignor Pier
Francesco De Rossi, che senza alcun antico avanzo, senza alcun
documento, acciecalo dall'amore che portava ad un piccolo feudo
in Sabina, volle vederlo nel microscopico Poggio Sommavilla.
Dionisio d'Alicarnasso lo pone a 160 stadi da Roma; Svetonio
e Stefano geografo ne fanno menzione, senza precisarne il silo;
Plinio ed Olstenio non ne parlano.
Strabene, che nacque in Amasia 54 anni avanti Cristo, e morì
21 anni dopo Cristo, e visse perciò sotto Augusto e Tiberio, non
nomina Regillo; e cosi si esprime delle città Sabine a suo tempo :
>< I Sabini hanno poche città, e quelle rovinate
« dalle continue guerre, come Amilerno, Rieti, a cui è vicino il
« castello di Antrodoco, eie.
« Vi sono anche i Foruli dei Sabini, scogli più atti a fare
« rivoluzione, che ad abitarvi. Curi ora è un villaggetto, etc. (1).
« Inoltre Trebula, Ereto ed altre residenze di tal genere, sono
« piuttosto da annoverarsi tra i villaggi, che tra le città » (2).
Cluverio, nella sua Italia antiqua, parla molto superficial-
mente di Regillo, e la mette a caso tra Curi e Farfa, senza pre-
cisare alcun posto.
Ma Plauto ci dice che Regillo era così chiamalo, quasi pic-
cola Regia e villa reale della città di Curi, regia della Sabina (3).
E che Regillo non fosse lontano da Curi, capitale dei Sabini,
lo prova il fatto che Clauso, nobile Regillense, era al giorno di
tutte le trame che si ordivano in Curi per avversare il suo piano
(1) Eppure Curi ebbe un miglio e mezzo di diametro.
(2) Sabini urbes liabent paucas, easque continentibus bellis attritas, .\miter-
num, Reale cui vicinum est oppidum Interocrea, etc. Sunt et Foruli Sabinorum, saxa
ad rebellionem quam habitationem aptiora. Cures nunc viculus est, etc Praeterea
Trebula, Eretum et alia Id genus domicilia, pagis potius quam urbibus adnumeranda.
Strab., GeograiìMcoì^uin, Lib. Y, p. 228, B.
(3) Plaut. in Epit.
RICERCHE Sri.LA AN'HCA CITTÀ DI REdlLLO ;{()!»
di pace e conciliazione coi Romani, e muovere invece di nuovo
guerra ai suddetti.
Dunque, data la distanza da Roma, stabilita da Dionisio, lo
scopo di villeggiatura dei Re Curensi, a cui dovea il suo nome,
come dice Plauto, la presenza d'interessanti ruine che n'attestano
l'esistenza, lutto concorre a farla stabilire nella contrada Maja-
lino nel territorio di Mompeo, che oltre di racchiudere lulli que-
sti estremi, è bagnala alle falde dal fiumicello Riana, che nei
documenti Farfensi è chiamato Regiano, quasi fiumicello Regio
o di Regillo.
Descriveremo per poco la località. Forse due chilometri fla
Mompeo verso Rieti, si erge un bel monte, tutto esposto a mez-
zogiorno, che dolcemente declina fino al fiumicello Riana. Sulle
falde di quel monte vaghissimo, dei ruderi esistenti attestano
l'antico vico Regillense.
Una parete di questi muri, fino a non molli anni fa, si ergeva
a circa trenta metri di altezza, come persone ancora viventi as-
seriscono; e questa gente di campagna chiamava la torre. Molte
rovine si trovano nei pressi ; ed anche alla parte opposta del
monte di Majalino, al di qua del fiumicello Riana. Anzi sulla col-
lina a nord-est di Majalino, e quasi incontro al medesimo, si tro-
vano, oltre avanzi antichi informi, delle pietre tagliale e lavorale;
e due di esse, lunghe due metri e larghe centimetri ottanta con
degl'incassi nel centro, rivelano che forse servirono di basi osti-
pili di porta. Muri e pietre lavorate si trovano per ogni verso;
ed una grande conserva di acqua, divisa a più stagni, che oggi
volgarmente chiamano Grotta Ciollina, dimostra che questa ser-
viva o agli usi di Regillo, cavalcando con apposite opere di arte
e condutture il fiumicello Riana, o serviva ai fabbricali che erano
nella parte opposta di Regillo. Molte incrostazioni calcaree deno-
tano il pelo dove giungeva l'acqua.
Anche in questi ultimi tempi, dei terrazzieri, lavorando a caso,
vi hanno trovalo delle tombe con vasi della più remola antichità,
contenenti ossa umane.
La presenza di queste interessanti ruine in una località in-
cantevole, e che naturalmente invitava ad abitarvi o villeggiarvi,
ha fatto vedere al chiaro archeologo signor Chaupy, in quel silo,
l'antica Regillo; ed il signor D'Anville, seguendo la fondala opi-
370 A. BARBIELLINI-AMIDEI
Dione del suddetto antiquario, nella Tavola premessa al Tomo I
della Storia Romana di Rollin, metteva nel territorio di Mompeo
la città di Regillo, come Curi in quello delia Fara.
Calindri mette pure Regillo nel territorio di Mompeo, e dice
che altri credono che le rovine di Regillo contribuissero alla edi-
ficazione di Mompeo.
Ma di questo parleremo più tardi.
Il dotto Cluverio, nella sua Italia antiqua, non precisava cosi
esattamente la località, ma pure in qualche modo l'accennava,
quando credeva che fosse esistita tra Curi ed il fiume Farfa.
Anche la presenza della Villa dei Claudi, del secondo secolo
dell' impero, nel territorio di Montopoli, mentre esclude Regillo
dalla casa rurale dei medesimi, fa supporre che la vecchia città
non fosse molto lontana da quella.
Guattani nei suoi « Monumenti Sabini » sostiene che Mom-
peo, prima che fosse acquistato da Pompeo, era Regillo ; ma noi
mostreremo che sebbene la famosa Villa del Magno Pompeo, da
cui Mompeo prende il suo nome, non era lungi da Regillo, non
per questo era la medesima cosa, e due buoni chilometri sepa-
ravano l'uno dall'altro.
Le rovine che si trovano nella località, chiamata Majalino,
sono della più remota antichità e del tempo dei Re, e per nulla
accennano all'epoca di Pompeo; perciò più atte ad indicare la
città di Regillo di antichissima origine e che come tutte le città
Sabine decadde, quando fu stabilita definitiva pace e concordia
tra il popolo romano e sabino. Giacché, ammessi i Sabini alla
cittadinanza ed a tutti gli onori di Roma, fino ad avere un quar-
tiere nobilissimo loro designato, l'attuale Quirinale, che da loro
prese il nome, finirono per stabilirsi in Roma quanti avevano de-
naro o potere, abbandonando le loro città natie.
Da questo loro installamento nella città di Roma provenne
l'abbandono e decadenza quasi totale delle loro città, talmente che
Strabone e Dionisio di Alicarnasso trovarono, a loro tempo, ri-
dotte a modesti villaggi città che furono nobilissime. Strabone ci
fa sapere, che la regia città di Curi (da cui è venuto il nome di
Quirino, Quiriti e Quirinale) che nei tempi felici aveva avuto un
diametro di un miglio e mezzo di abitazioni, a suo tempo era
ridotta ad un villaggetto, viculus. E così deve essere avvenuto
RICERCHE SILLA ANTICA CITTÀ DI KKMI.I.O 'MI
anche di Regillo, che pian piano disparve in guisa da non la-
sciare quasi traccia di so al principiar dell' impero.
Però da lutti gli argomenti addotti superiormente, e dalle ro-
vine tuttora esistenti, si può con tutta sicurezza stabilire che
Regillo esistesse nella bella falda meridionale che scende dalla
montagna di Majalino nel territorio dell'attuale Mompeo.
Ma siccome, nel mondo, le cose piuttosto che a sparire del
tutto, sono destinate a modificarsi ed a trasformarsi ; così dalla
vicina Regillo, quasi sparita al cader della Repubblica ed al co-
minciar dell'Impero, surse la grandiosa Villa del Magno Pompeo,
che i più interessanti monumenti, ancora esistenti, ci ricordano.
Cadde, perciò, in errore il Guattani, quando scrisse che
Mompeo, prima che fosse acquistato da Pompeo, era Regillo ;
perchè se è vero che erano vicini, non erano però la medesima
cosa, passando una bella distanza tra loro, ed essendo del tutto
diversi i monumenti che ricordano Regillo e la Villa Pompejana.
Già prima del grande rivale di Cesare, un'altra villa era
sorta in quei pressi.
Fabio, detto Massimo, anch' egli volle trovare riposo alle sue
cure politiche nei freschi recessi della Sabina : e nella loca-
lità, anche oggi corrottamente chiamata Villa Marsa nel terri-
torio di Mompeo, ebbe egli la sua casa campestre. La ricordò
anche Cicerone nelle sue opere, scrivendo : Villa Fabii Maximi
in Agro Sabino.
Ma questa dovea essere eclissata da quella, che per opera
del Magno Pompeo, dovea sorgere nel posto più eminente di quella
vaga contrada.
La bellezza del monte, su cui sorge Mompeo, ridente per la
feracità del terreno, l'abbondanza delle acque, e più per gl'incan-
tevoli panorami che vi si godono per ogni verso, dovette invitare
quel grande ad edificarvi la sua dimora campestre, che ancora
tanti avanzi antichi ricordano e fanno vedere quanto dovette es-
sere grande e magnifica.
Il suo grande amico ed ammiratore, Marco Tullio Cicerone,
dovette andarvi qualche volta a vederlo, come appare dalle sue
lettere (1).
(1) In Pompejanum statim cogito, sed faciam te certiorem. Cic, Epist. 4, Lib. VII.
oT2 A. BARBIELLlNI-A>nDEI
Cerio, il nucleo dell'antica villa dovette essere dove oggi sorge
il palazzo baronale, che per le varie edificazioni e raffazzonamenti
che ha subiti, ha fatto quasi sparire le più antiche costruzioni.
Ma delle sue dipendenze restano ragguardevolissimi monu-
menti, specialmente nella parie del monte che discende verso la
strada che conduce a Salisano, e verso una piccola chiesa, detta
la Madonna del Mattone. Ivi veggonsi ruderi di antichi bagni,
avanzi di sepolcri magnifici, quali quelli della Via Appia a Roma,
pavimenti in musaico, e muri antichi, di cui alcuni reticolati, per
una larga estensione, dimostranti quanto grande e bella dovesse
essere quella villa.
La semplicità e l'ignoranza dei passali abitatori ha disperso
gli ornamenti e le lapidi che ornavano quei magnifici sepolcri, ed
appena una ne fu letta al posto dal Marocco (1) salvala dai rovi
e da una moltitudine di rami di quella pianta chiamata Ficus In-
dica che copriva e cingeva quasi del tutto quel venerabile monu-
mento, come esso dice. Io però non sono riuscito a vederla. Que-
sto bellissimo monumento, oggi chiamalo la Palombara, ha una
bella camera sepolcrale a volta, ridotta a stalla, e l' iscrizione che
vi lesse il Marocco, moslra che fu innalzato ad onore di una li-
berta di Pompeo, di nome Pasidiena, e ad una figlia di questa.
Ecco r iscrizione :
PASIDIENAE
P. L. CLIMENAE ET MEGISTAE FILIAE
FECIT HIMER-
P. L. vuol dire Pompei Lihertae.
Le altre lapidi che doveano designare i bei monumenti se-
polcrali, esistenti lungo quella via, sono state disgraziatamente
disperse. Una ne ho letta murata nel palazzo baronale, e dice :
PETILIA T. ET
P. ATRL L. ETHERA
P. ATRIVP. E.
L. SYNEROS
CONLIBERTAE ET SIBI
(1) Marocco, Monwnenti dello Stato Pontìftoio, Tom. II, p. 75.
RICBRCIIK SILI,A ANTICA CITTÀ DI REOILLC) 373
Dall'insieme si veiJe che questi monumenti sepolcrali, sebbene
grandiosissimi, erano dei liberti dei signori del luogo, i quali
avevano in custodia la villa e le sue vaste dipendenze.
E giacché, per fa vicinanza di Regillo, abbiamo fallo parola
<lella sontuosa villa di Pompeo, rappresentata oggi dal cnstello di
Moinpeo ; a diletto dei nostri lettori, faremo la storia, per quanto
ci I' dato dai documenti, di questo simpatico villaggio.
La maggior parte degli antichi avanzi, di cui abbiamo fatto
parola, sono del periodo imperiale, e certamente del primo e se-
condo secolo: e ciò dimostra evidentemente che anche dopo la
caduta e la morte in Egitto del grande Pompeo, i suoi successori
seguitarono ad usare come luogo di delizia quel luogo, e certo
almeno per due secoli dopo la sua morte, come quei monumenti
rivelano.
Di là comincia il bujo della storia, che aumentato per la
guerra civile in permanenza nella seconda metà del terzo secolo
per l'ambizione di tutti quei generali o tiranni che aspiravano al-
l'impero, e nel quarto, quinto e sesto secolo per le irruzioni bar-
bariche, ci fa perdere ogni traccia di Mompeo fino ai tempi di
Adriano I (772-795), in cui per la prima volta lo ritroviamo no-
minato sotto il modesto nome di Fundus Pomjjejanus.
Trovasi così scritto in una lapide di quel Papa, che è nell'alto
del Portico di S. Pietro ; ed è ricordato come quello, che sommi-
nistrava l'olio per le lampade che ardevano sulla tomba dell'Apo-
stolo nella Basilica Vaticana.
In una iscrizione del secolo ottavo, esistente nella Chiesa di
S. Maria in Cosmedin, trovasi scritto, Fundus Pompejanus. Nella
Collezione Deusdedit, trovasi egualmente Fundus Pompejanus.
Nell'anno 816, Papa Stefano IV, tra gli altri fondi, conferma
all'Abate di Farfa, Ingoaldo, sotto Ludovico Pio, nel terzo anno
del suo impero, Fundum Pompejanum (1).
Nel Diploma dell'imperatore Lotario (820-849), riportato nei
Codici Farfensi, si trova richiamato il Fundum Pompejanum (2).
Dai surriferiti documenti, si vede bene, che l'antico fondo di
Pompeo era divenuto proprietà della famosa Abbazia di Farfa.
(1) Reg. Farf.
(2) Reg-. Farf., pag. 74.
374 A. BARBIELLINI-AMIDEI
Infatti, neir 875, l'Abate Giovanni dà in enfiteusi Mompeo
{Pompeje) ad un tal Francone, e tra i confini è designato un rivo
che scende dalla Bocca di Azzone.
E due anni dopo, neir877, il nnedesimo Abate Giovanni per-
mette a Francone di edificarvi un castello.
Ecco il principio e la fondazione dell'attuale Mompeo, il quale
dalla decadenza dell' impero fino a quest^anno '877, non era stato
altro che una tenuta, chiamata ora Pompejanum, ora Praedium
Pompejanum, ora Fundus Pompejanus.
Da ora in poi, non è più la squallida tenuta che si presenta;
ma il Castrum Pompei coi suoi fortilizi ed i suoi abitatori.
Si vede che la linea feudataria di Francone dovette estin-
guersi, oppure che per demeriti fosse spogliata dall'Abate Far-
fense del feudo; perchè all'anno 956, sotto il Papa Giovanni XII,
troviamo che l'Abate Adamo dà in enfiteusi a terza generazione,
il che vuol dire in investitura, ai fratelli Gaiderisio ed Ottaviano,
figli di Buza, il castello di Mompeo, chiamato in quell'atto Pom-
peje (1).
Dai documenti Farfensi parrebbe che non tutte le terre di
quel territorio fossero comprese nell'investitura feudale, perchè,
nel 998, l'Abate Ugo che succedette ad Alberico nel 997, dà in
enfiteusi un terreno a Mompeo, chiamato Bove gelato (2).
Dall'investitura di Gaiderisio ed Ottaviano di sopra nominati,
non sappiamo se ve ne siano state altre, prima che il feudo pas-
sasse nella casa degli Orsini, discendenti di Simeotto Orsini, si-
gnori di Castel S. Angelo in Roma.
Un'antica arma di questa famiglia, molto tozza nella forma,
con due orsi per supporti, ho veduto murata in un portico o cor-
tile del palazzo baronale, la quale, rivelando una grande antichità,
mi fa supporre che già circa il duodecimo secolo, gli Orsini di
Castel S. Angelo fossero padroni del luogo.
(1) Codex 2, Lib. Largitox'ius.
(2) Quest'Abate comprò con denaro la sua dignità da Gregorio V, papa accessi-
Inle air oro, e meritò il rimprovero di Ottone III imperatore, nel Placito del 998, dove
dice: Qui sibi hnperialis Abbatiae (l'Abbazia di Farfa, era detta Imperiale, perchè
dipendeva direttamente dagli Imperatori Germanici) absqìie nostro asseristi regimen
usurpaverat, et quod deterius est, pretto enierat a Romano Ponti/Ice. Chronic.
Farf., 492.
I
RICERCIIK Sl'LLA ANTICA CITTÀ NI KIOfill.KO 375
Anzi io credo che debbano allribuirsi a loro parlo del recinto
fortificalo e due torrette rimaste a memoria dell'antico castello,
quasi interamente distrutto, e raffazzonato nella forma di palozzc)
baronale dai Marchesi Naro, ultimi signori del luogo.
Addurremo ora quei documenti, che a questa famiglia si ri-
feriscono, come signori di Mompeo.
Ai 2G di aprile del 1423, Bertoldo di Troilo Orsini, nomina
dei procuratori per ricevere dagli eredi degli Anguillara e degli
Alberteschi quanto gli spetta in Castiglione ed altrove, secondo
l'arbitrato del Cardinale Giovanni vescovo di Albano, e di Pon-
cello Orsini, zio del Cardinale, ed a ricevere quietanza a favore
delie comunità di Foglia, Pompegio e Gravignano (1).
Nel 1448, il magnifico Pier Angelo Orsino, signor di Mom-
peo, donò al Priore, monaci e Monastero di santa Maria di Farfa,
il castello di Montefalcone, che era nei pressi di Mompeo, con
tutto il suo territorio, ragioni, azioni, e gius padronato ecclesia-
stico sopra le sue chiese, e segnatamente su quella di s. Luca.
Ora è intieramente sparito tale castello (2).
Dal testamento del suddetto Pier Angelo Orsini, in data
29 marzo 1476, per gli atti del notaio Egidio Micaronio, si viene
a conoscere, che a quel tempo, uno dei figli del testatore, di
nome Troilo, era già morto. Perciò egli lasciò erede il figlio
superstite, Pier Francesco, in tutti i suoi castelli, terre, rocche,
eie, nominatamente in castro Aloni is Pompei, etc. (3).
E da questo nome di Monte di Pompeo, è certamente deri-
vato il nome di Mompeo, più naturalmente di quello che molli
scrittori vogliono dire, che invece provenisse dal cambiamento
della lettera P in M.
Nel 1559, il feudo apparteneva ancora ai discendenti di Si-
(1) Arch. Stor. Rom., anno 1887, voi. X, p. 252.
(2) In tal donazione, sono cosi enunciati i confini : A serina montis MaJoUni ver-
sus dictum Castruììi montis Falconis, et versus Castrwni Salisani, et ab alio latere
est rivus Andrianus et alias fines. Actum, in Castro Potnpei in domibus seu palatio
solita^ habitatìonis praefati D. Petri Angeli, Mattheus magistri Cicchi de Tio^'i, nO'
tarius et jiidex ordinar ius.
Quinterno n. 12, Arch. Reat.
Ed in Marocco, tona. Ili, pag. 23.
(3) Arch. Vatic. Cod. Collectanea ad Ursinos.
376 A. BAUBIELLINI-AMIDEI
meotlo, come risulla dalla lapide esistente sulla porta della chiesa
parrocchiale, dedicata alla Natività, dalla quale risulta che il po-
polo del castello di Mompeo, restaurò, in quell'anno, questo lem-
pio, mentre erano signori del luogo Alessandro e Virginia Orsini,
e sedeva sulla cattedra di Pietro, il santo Pontefice Pio V. Ecco
l'iscrizione :
HOC TEMPLVM FVIT RESTAVRATVM A POPVLO
C. MOMPEI SVB DOMINATIONE ALEXANDRI
ET VIRGINIAE VRS. ET SVB PONTIFICATV
DOMINI NOSTRI PII PP. V. PONT. MAX.
A. D. MDLIX.
Ma, gli Orsini, riempitisi di debiti, furono presto obbligati a
disfarsi dei loro possessi in Sabina; ed in tale circostanza, ven-
derono il castello di Mompeo ai marchesi Capponi di Firenze.
Questi alla lor volta, lo venderono alla nobile famiglia Naro ro-
mana, che l'ha posseduto fino al primo quarto di questo secolo.
Questa famiglia, ora estinta, fu la vera provvidenza di questo
luogo, e fece del tutto per riportarlo all'antica grandezza.
Il marchese Bernardino Naro, vero signore dall'animo grande
e generoso, volle far risorgere la villa di Pompeo, là dove da
tanto tempo era disparita.
Disfece quasi per intero il castello ed i fortilizii dei passati
signori e degli Orsini, lasciandone solo due torri a ricordo. Sul-
l'area di quello, edificò un bel palazzo baronale, che sebbene ab-
bandonato e negletto dai presenti possessori, fa ancora arguire
dal suo stalo fatiscente la primitiva grandezza e magnificenza.
Circondò questo di giardini, fontane e deliziosissimi viali, che
il Piazza, testimonio oculare, lo fa credere il castello incantato di
Armida, esclamando che per quel luogo erano tornali i bei tempi
del grande Pompeo (1).
Il suddetto marchese Bernardino Naro, all'ingresso della terra,
costruì un maestoso portone in travertino al di fuori, da cui si
gode il vago prospello della Sabina, della Tuscia Romana e di
Roma stessa.
(1) Piazza, Gerarchia Cardinalizia, pag. 188.
KICERCHB SILLA ANTICA CITTÀ DI KKfUI.I.O 377
Apri e lastric(') slrade, Ira cui una, che da quelito portone,
conducesse direttamente al suo palazzo.
Volle anche lasciar ricordo della sua pietà a quei buoni ter-
razzani.
Riedificò perciò dai fondamenti la Chiesa parrocchiale nel ìCAY.i,
non essendo stali sufficienti i restauri fattovi dal popolo di Monipeo
nel 155U. Ed a dimostrare V affezione sua particolare a questo
luogo, vi edificò una cappella, gentilizia, dove dispose, che dopo
la sua morte vi fosse deposto il suo cuore ; costume, che osser-
varono i suoi discendenti fino a tutto il secolo decimosettimo,
come risulta dalle lapidi ivi esistenti.
Così, mentre seppellivano i loro corpi nella bella chiesa della
Minerva in Roma, ove avevano una splendida cappella, manda-
vano a deporre i loro cuori nel loro amato Mompeo.
Il medesimo Bernardino Naro provvide con lascili ai poveri,
alle ragazze da marito, ed al restauro e dotazione di altre piccole
chiese campestri.
n figlio Fabrizio se non assomigliò il padre nella magnifi-
cenza, non gli fu secondo nella pietà.
Arricchì il tempio paterno con ricchi reliquarii ed insigni re-
liquie ; trasportò da una chiesa campestre, nella cappella genti-
lizia dal suo padre edificata, un antichissimo crocifisso intagliato
in legno, grande forse più del naturale, che per la sua rara per-
fezione artistica, commuove il cuore al vederlo, e desta nello slesso
tempo venerazione ed ammirazione.
Piazza ha descritto pateticamente con particolari dettagli que-
sta Traslazione, che dovette essere un vero avvenimento per quel
villaggio.
Ottenuta, Fabrizio Naro, da Papa Clemente X l'indulgenza a
forma di giubileo per tulli gli astanti, invitò a questa festa tutta
l'aristocrazia Romana, facendo coniare medaglie di argento comme-
morative, che distribuì agl'intervenuti. Tutta la Sabina vi accorse.
Era il 17 maggio 1674: deposto il Cristo sopra un talamo,
sontuosamente ornato di stoffe preziose, fu questo portato da do-
dici poveri vestiti di panno paonazzo, con i sandali all'apostolica,
mentre dei nobili romani sostenevano un ricchissimo baldacchino
che lo ricopriva, ed il Vescovo di Sabina e gli altri personaggi
chiudevano il corteo.
25
378 A. BARBIELLINI-AMIDEI
Furono dotate, in memoria, tulle le ragazze povere, e fatte
larghe elemosine a storpii ed indigenti (1).
Ma, con i Naro, fini ogni grandezza di questo luogo ; ed ora,
tolte le bellezze della natura, che vi spira ridente per ogni verso,,
nulla più vi rimane, all' infuori delle memorie da noi accennate.
Sono però ancor celebri i frutti del suo territorio, che fanno
ricordare l'antico adagio romano su loro: Omnia mala, mala,
praeter Appia Pompejana. Che è un calembour, o giuoco di pa-
role bello e buono. Giacché, in latino, la parola malum, signifi-
cando egualmente male e melo^ l'adagio voleva dire: che tulli i
mali erano mali, all' infuori delle mele appiè di Mompeo.
In mezzo a tutte le vicende e traversie passate, è grato a
quei buoni terrazzani conservar memoria della loro origine. Così,
il suggello del Comune porta la scritta: Communitas Pompejana;
sul Granajo di proprietà del Comune, leggesi la sigla P. C. P.
che vuol dire Pubblicae Commoditati Pompei; e sulla facciata
della Chiesa di S. Carlo, edificata dal popolo di Mompeo nel 1620,
è scritto :
PIETATIS STUDIO POPVLI A POMPEJO SABINI.
I lettori vorranno, nella loro gentilezza, scusarci, se ricer-
cando la città di Regillo, abbiamo sorvolato le memorie di Mom-
peo; perchè Regillo trovasi nell'attuale territorio di questo, e
perchè ci pareva che valesse la pena d'illustrare un luogo, che fu
deliziosa dimora di quel grande, che per poco non supplantò Ce-
sare nella signoria del mondo.
Roma, maggio 1896.
Alessandro Barbiellini-Amidei.
(1) Piazza, Sabina, p. 188.
I
•MU
L'AMMINISTRAZIONE ECONOMICA
DELL'ANTICO COMUNE DI PERUGIA
La saggezza negli ordinamenti finanziari e nei processi del
pubblico riscontro economico è certamente da riguardarsi come una
delle cagioni onde Perugia si alzasse tra mezzo alla barbarie e
si ingrandisse tanto da poter essere annoverala fra le cospicue e
libere città d'Italia. E riesce veramente incresciosa la mancanza
di lavori, che facciano conoscere con certezza i servizi dell'entrata
e della spesa, le varie scritture ed i conti di questo antico co-
mune, che, per lungo tempo e attraverso fortunose vicende, seppe
mantenere intatta la sua autonomia.
Di questo mi era forza parlare fin dalle prime, non per vana
compiacenza nel mostrare ch'io intendo colmare una lacuna, ma
per il desiderio vivo di sapere che presto altri compierà un la-
voro tanto utile, con quella pienezza di ricerche e con quella pro-
fondità di considerazioni, per le quali io non ho né mente né lena
bastevoli.
La legge del minimo mezzo va rigorosamente applicata alle
pubbliche amministrazioni, nelle quali, purtroppo, come nei tempi
che corrono, la intralcialura dei regolamenti, prodotta dalle nu-
merose variazioni successivamente apportale al verificarsi di ogni
bisogno, senza riordinare mai le disposizioni già prese, e talvolta
anche la facilità nel concedere cariche ai numerosi petenti, hanno
promossa T eccessiva estensione di una burocrazia troppo onerosa
per l'azienda. Ma l'applicazione di tale legge suppone unità e
o80 V. ALFIERI
armonia di movimenti e perciò una sapiente istituzione di organi
amministrativi e una sapiente distribuzione di funzioni, alle quali
si può giungere soltanto col trarre le norme amministrative dalla
considerazione larga e coscienziosa dei fatti, ricercando il passato
con grande amore e lungo studio, applicando, in somma, alle di-
scipline amministrative, specialmente alla ragioneria, che si rife-
risce al controllo economico, quel metodo sperimentale, a cui
molte scienze debbono il loro continuo incremento.
E deve riescire molto profittevole l'esame accurato degli or-
dinamenti governativi nella antica Perugia, per sapere come, col
sorgere e l'aggrandirsi delle libertà cittadine, si tendesse a creare,
sviluppare e coordinare gli organi amministrativi, ad adattare alle
nuove esigenze quelli già esistenti, a regolare i singoli servizi in
guisa da segnare ad ogni magistrato la via da percorrere e da
raltenerlo costantemente in essa, onde avesse l'intiera ammini-
strazione comunale a foggiarsi in modo da permettere alle parti
sue di compiere azioni legate sempre da mutua dipendenza. Ma
non si creda che questo esame debba partire esclusivamente dalla
convinzione di trovare negli antichi documenti amministrativi tutte
le disposizioni necessarie e sufficienti al reggimento delle odierne
aziende. Sono considerabili le evoluzioni subite dal pubblico con-
trollo economico, vuoi per il progresso nella produzione e nella
circolazione della ricchezza, vuoi per il perfezionamento nei mezzi
e nei processi finanziari, vuoi per i mutamenti di tendenze della
vita sociale e per lo sviluppo del reggime rappresentativo, vuoi
per l'accrescimento dei bisogni comuni e quindi perla sopravve-
gnenza di nuove spese e l'ottenimento di nuove entrate pubbliche,
vuoi infine per la integrazione e la conseguente differenzazione
degli organisiTii politici. Del resto, il controllo economico si svi-
luppa a mano a mano che cresce la ricchezza, specialmente quella
mobiliare, perchè l'importanza sua è in ragione composta della
quantità dei beni economici e della rapidità delle loro mutazioni;
e tale controllo aumenta in estensione e intensità a misura che
il lavoro amministrativo diventa più complesso e si fa più grande
la divisione sua, perchè, crescendo la differenzazione amministrativa,
crescono eziandio le forze dissolventi, onde l'integrità dell'orga-
nismo non può essere serbata lungamente senza un efficace con-
trollo, che renda perfetta la coesione delle parti. Se, qualche se-
l'amministrazione economica, ecc. '^Hl
colo addietro, quando le pubbliche aziende non erano inolio com-
plesse, si poteva sostenere che l'arte del controllo non era ardua,
ora devesi pur convenire che le funzioni di ragioneria e gli or-
gani a cui sono deputate prendono una parte ben grande nella
compagine amministrativa. Bisogna rilevare e studiare lutto il la-
voro economico nelle sue cause e nei suoi effetti, stimolarlo e vin-
colarlo in guisa che abbia sempre a procedere convenientemente.
La valutazione degli elementi patrimoniali e dei loro mutamenti,
gli inventari, le previsioni, la costrizione dei fatti amministrativi,
le registrature analitiche e sintetiche, i rendiconti e le revisioni
loro sono ora funzioni di controllo, che, nelle pubbliche aziende,
si manifestano piene e convincenti più che in passato.
Negli scorsi secoli vi furono ordini veramente buoni, ma tal-
volta contrastavano al fine ultimo per cui erano emanati, avendo
in sé troppa rigida severità. Ora i debitori del fìsco non temono
più la sospensione dei diritti politici, l'esclusione da tulli gli onori,
offici e benefici dello stalo, la confisca dei beni, l'esilio, la distru-
zione delle loro case. E questa mitezza di mezzi del controllo
economico moderno ne attesta di certo la superioranza rispello a
quello antico. Ora la qualità di ministro delle finanze non attira
più l'odio popolare, i pubblici tesorieri non ritardano più a loro
talento i pagamenti, i pubblicani non possono più conseguire lucri
favolosi, non si affida più il denaro pubblico ai frati camerlenghi
o Chiavari o massari, perchè il conlrollo moderno tende a forzare
ognuno, che lavora nell'azienda, ad essere, anche malgrado suo,
onesto ; a differenza del controllo antico, che spesso si fondava
troppo sulla rettitudine e sul sentimento religioso.
E rimoto il tempo in cui i tributi e le lasse si corrispondevano
in natura ; perciocché i reggitori delle pubbliche finanze cercarono di
ridurre a denaro tutte le rendite e per conseguenza anche le spese,
onde riuscisse meno intralciala la gestione e più efficace il suo ri-
scontro. Aumentando l'iinporlanza relativa del denaro nelle funzioni
dell'entrata e dell' uscita, divenne cura precipua dei governanti
l'accogliere in tempo nelle casse i fondi necessari. Per semplificare
il processo dell'entrata e per rendere pronte e sicure le riscos-
sioni, si indussero anche a dare ad appallo le gabelle; talvolta
anzi ricorsero purtroppo a un metodo più sbrigativo, cedendo
temporalmente ai creditori dello statr) i proventi delle imposte e
o82 V. ALFIERI
delle tasse. Volendo regolare il servizio del tesoro, gli slatisli non
seppero da prima escogitare altro espediente che quello di affidare
à speciali magistrati tante casse quanti erano i cespiti delle en-
trate e delle spese. La molteplicità delle casse e l'imputazione
dei fondi provenienti da determinate rendite all'eseguimento di
■'e spese sono, per avventura, le caratteristiche che ebbe, negli
stati nostri medioevali, il servizio del tesoro. Nella veneta repub-
lica, pressoché tutti i magistrati avevano casse proprie e gene-
ralmente più d'una, ove custadivasi il denaro secondo le fonti da
cui proveniva e l'impiego che doveva farsene, ed a cui attendevano
speciali cassieri e speciali scontri, obbligati a tenere giornali e
quaderni separali (1). La limitazione delle varie categorie di spesa
si faceva prima dal consiglio dei dieci, poi, dopo la sua riforma,
dal senato; uno speciale magistrato, i provveditori alla scansazione,
vigilava perchè non si uscisse dalle limitazioni fatte; la distribu-
zione del pubblico denaro ai vari magistrati si faceva con regola-
zioni di casse generali o parziali, avuto riguardo a ciò che dove-
vasi spendere nell'anno e procurando di deputare a ogni ufficio
o reggimento le intere rendite di uno o più dazi, o di una o più
camere (2). Anche a Firenze si applicò il metodo di assegnare a
ciascuna categoria di spesa i fondi provenienti da determinate
rendite o tasse, e di custodire simili fondi in casse separate;
avendo cura di vincolare alle uscite più importanti le entrate
più sicure, alle spese relative a un dato luogo i proventi ivi otte-
nuti, e comminando pene severe a chi erogasse le somme riscosse
in modo diverso da quello prefisso. Così il camarlingo del Monte
aveva assegnamento a carico delle gabelle più sicure, cioè quelle
del sale, delle porte, del vino al minuto, in una somma stabilita
annualmente o mensilmeHte; quando si istituì la decima, venne
destinato il prodotto di essa a redimere il debito pubblico, per il
che fu detta anche tassa di redenzione; nel 1351 fu deliberato dai
consigli che tutto il denaro riscosso per il comune nella terra,
corte o distretto di Prato, per la gabella del vino al minuto, si
spendesse nel condurre a termine il cassero di Prato e che il ca-
(1) F. Besta, La Ragioneria, Vroìxi^ìone letta, nella solenne apertura dejrli studi,
per l'anno scolastico 1880-81, alla R. Scuola superiore di comraei'cio in Venezia, pag. 52.
(2) V. Besta, op. cit., pag. 53.
I
l'ammixisth AZIONE ECONOMICA, ECC. :>>^:i
inarlingo dei governanti di della gabella dovesse pagarlo ai sopra-
stanti alla costruzione del cassero stesso, sotto pena di lire cin-
quecento (1).
Ma tali ordinamenti del servizio di cassa, sebbene valessero
a separare nettamente le previsioni di cassa e la ripartizione dei
fondi dalle autorizzazioni delle entrale e delle uscite ed a stabil-
mente fissare le rendite e limitare le spese, non erano tuttavia
scevri da inconvenienti, poiché rendevano numerose le scritture,
complicali i riscontri, troppo grandi le somme, che dovevano ri-
manere nelle diverse casse, necessari gli storni da cassa a cassa,
quando tardava l'entrala dei fondi deputati alle singole spese, e
difficile il disporre con sollecitudine del pubblico denaro secondo
le occorrenze. Laonde, in progresso di tempo, si cercò di ridurre
il numero delle casse, lasciando ai diversi magistrati, non il ma-
neggio, ma la sola disposizione del denaro; di separare la facoltà
■di accertare le entrale e le uscite da quella di custodire il denaro
e di curare gli incassi e i pagamenti; ed in questo modo si venne
all'unità del tesoro, vale a dire all'unità del magistrato, che deve
presiedere alla custodia del denaro e alla distribuzione sua nei
vari luoghi dove si manifestano interessi da soddisfare. L'unità
del tesoro eliminò necessariamente la molteplicità dei fabbisogni
di cassa; i dati di questi si riunirono in un solo bilancio; e allora
le previsioni relative alle entrate e alle uscite di un determinalo
periodo amministrativo si considerarono, nei governi parlamentari,
come autorizzazioni definite, le quali segnavano, specialmente per
la spesa, limiti fermi.
Nei secoli andati, il controllo pubblico si rivolgeva piuttosto
a reprimere e punire anziché a prevenire e frenare ; era in gran
parte susseguente e non antecedente e concomitante al lavoro am-
ministrativo. Non si definivano previamente in ogni loro fase gli
affari o i negozi, nei quali svolgevasi la pubblica gestione ; non
sempre si astringevano efficacemente i funzionari, con la vigi-
lanza, l'opposizione d'interessi, gli ordini e le ricevute per iscritto,
alla esatta osservanza del loro mandato. Non di meno la costri-
zione dei fatti amministrativi, nei liberi nostri comuni, ebbe mani-
ci) P. RiGOBON, La Contabilità di stato nella repubblica di Firenze e nel Gran-
ducato di Toscana, pag. S4.
384 V. ALFIERI
festazioni imporlanli. A Firenze i camarlinghi addetti alle diverse
gabelle, i notari e gli scrivani di entrata dovevano registrare quo-
tidianamente gli introiti, sotto pena di lire cento ; i governatori
delle singole gabelle dovevano tutti i giorni, meno i solenni e i
festivi, notificare ai regolatori dell'entrata e della spesa l'ammon-
tare dell' introito della giornata precedente a mezzo di cedola scritta
dal camarlingo e sottoscritta dal notaio postogli accanto ; per gli
ordinamenti di camera del 1289, i camarlinghi non potevano am-
mettere ordini di pagamento dei signori, che non fossero sotto-
scritti da cinque di loro (1). A Venezia si faceva obbligo ai ma-
gistrati di registrare il fatto amministrativo in presenza della parte
interessata odi un suo rappresentante; si consentivano ai singoli
uffici, cui eransi deputate somme, per la diretta esazione, dalle
camere o dai magistrati dei dazi, l'autorità di avvogadori fiscali^
ponendosi cosi saggiamente in giuoco opposti interessi ; il sinda-
cato sui ministri subalterni e sui magistrali era assiduo ed era
quasi costantemente efficace l'attrito di opposte tendenze fra essi (2).
Più sviluppato era, per avventura, in quei tempi, il controllo
consuntivo ; poiché si era scrupolosi nel confrontare il fatto col
diritto, nel prescrivere la conservazione dei documenti di prova e
la registrazione delle operazioni effettuate ed obbligare ciascuno,
che aveva il maneggio del pubblico soldo, a rendere ragione del
suo operato. L'ordinamento amministrativo dei liberi nostri co-
muni non permetteva, forse, la compilazione e la resa di conti
per dimostrare lo stato della pubblica fortuna ed i risultamenti
generali del governo in un dato periodo di tempo. Nulladimeno
si obbligavano gli officiali aventi maneggio di denaro a render
conto dell'azione loro, specialmente quando essi uscivano di ca-
rica ; ma, invece di riassumere e ordinare in acconci prospetti i
dati relativi alla gestione, presentavano i libri da essi tenuti e
dai quali avrebbero dovuto ricavare quei dati. A Venezia i diversi
cassieri dovevano saldare essi stessi ogni mese i loro registri,,
portare i loro libri così saldati e contare il residuo ai camarlinghi
del comune ; a Firenze i libri dei camarlinghi erano saldali e
chiusi dai magistrati revisori, i quali determinavano la situazione
(ì) P. RiGOBOX, op. cit., pag. 88, 89.
[ti) F. Desta, op. eit., pag. 53, 78.
L' AMMIXISTKAZION'B ECONOinCA, KCC. 3H5
finale ed il resto, che avrebbe dovuto essere versato (1). Si lia
tuttavia qualche esempio di documenti, che accennano alle gene-
rali entrate e spese delio stato ; tali sono, per esempio, due ca-
pitoli della cronaca di Giovanni Villani risguardanti le rendite as-
sise e le spese ferme del comune di Firenze nel 133H, e i brani
della cronaca Alberegna, che ricordano le rendite e le spese di
Venezia nel 146!). (ìiova però osservare che non si compilavano
bilanci fondati sui risultamenti reali della gestione in \\n determi-
nato spazio di tempo, sibbene prospetti, che non erano né pre-
ventivi ne consuntivi, ma piuttosto conti d' avviso, tendenti a di-
mostrare a quanto sarebbero montate annualmente le rendite e le
spese dello stato, ove questo si fosse mantenuto nelle condizioni
normali (2). Solamente più tardi si pensò a ottenere dati compen-
diosi intorno alla gestione di ogni anno decorso ed a presentare
veri conti per la dimostrazione dell'intiera opera amministrativa.
Benché non fosse ordinata la compilazione periodica di consun-
tivi, poteva non di meno essere stabilita la tenuta e richiesta la
presentazione dei libri, nei quali fosse ricordato l'avvenimento di
ogni annua entrata e uscita pubblica. Infatti, a Firenze, con deli-
berazione, di poco anteriore al 1384, si stabilì che i priori ordinas-
sero, usando dei mezzi più opportuni, che si calcolasse e annual-
mente si rivedesse con diligenza la ragione integra di tutte le en-
trate e di tutte le uscite del comune, in modo da poter vedere
ogni anno chiaramente il montare delle rendite e delle spese av-
venute in quello decorso ; e la sopraintendenza alla compilazione di
tali scritture venne affidala ai provveditori della camera (3). Ma
se la compilazione delle scritture complesse trovava non lievi in-
ciampi nell'organismo amministrativo e nei processi finanziari dei
nostri comuni, le registrature elementari avevano per controverso
largo sviluppo. E riuscivano eziandio laboriose, perchè molle erano
le magistrature richieste dalla molteplicità e moltiformilà dei pub-
blici bisogni e volute specialmente da un principio fondamentale
di governo, per cui, anziché aumentare le attribuzioni ai magi-
strati esistenti, se ne dovevano istituire altri, acciocché fosse li-
ei) P. RiGOBON, op. cit., pag. 12-1.
(2) F. Besta, op. cit., pag. 02, 63.
(3) P. RiGOHON, op. cit., pag. 102, 103.
386 V. ALFIERI
mitato sempre il loro potere. Per una disposizione contenuta ne-
gli statuti fiorentini, riordinati nel 1415, il notaro e il cannarlingo
erano obbligati a presentare i loro libri allo scrivano o ragioniere
dei regolatori, entro un mese dopo discesi di carica ; e, se gli
uffici del notaro e del camarlingo cominciavano in tempi diversi,
li primo doveva tenere un libro per ogni camarlingo e il secondo
doveva tenere un libro per ogni notaro. Le provvisioni della ca-
mera, prese a Firenze nel 1289, prescrissero che giornalmente
venissero registrate da uno dei numeratori del denaro le singole
entrate e dall'altro le singole uscite, e che i notai di camera re-
gistrassero in due distinti quaderni le entrate e le uscite^, divise
in capitoli. E, dopo la riforma della camera, avvenuta nel 1458,
il cassiere doveva segnare, in un solo libro, da una parte le ri-
scossioni e dall'altra i pagamenti, ma sempre alla presenza dei
notaio e dello scrivano ; il notaio, per chiarezza e per riscontro,
doveva tenere un altro libro delle entrate e delle uscite; e lo scri-
vano doveva tenere, secondo l'ordine dei massai della camera, un
libro grande, per la trascrizione e la classificazione dei pagamenti
€ delle riscossioni, il quale libro confrontavasi dai ragionieri or-
dinari col registro del cassiere, quando il cassiere o lo scrivano
scadevano di carica (1). A Venezia, con decreto del senato, in
data 1° febbraio 1515 (more veneto), venne stabilito che a comin-
ciare dal 1° marzo 1516 si tenesse all'ufficio dei camarlinghi un
libro ordinario nuovo con un giornale nuovo per notare gior-
nalmente i fatti nel modo seguilo dai banchi di scritta, ossia in
partila doppia (2).
A disegno mi sono fermato sulle principali condizioni del go-
verno economico nei liberi comuni medioevali d'Italia, per facili-
tare il giudicio dei pubblici ordinamenti amministrativi, in parte
almeno veramente originali, che Perugia seppe darsi nel tempo
della maggiore sua gloria.
Reputo espediente trattare prima dell'organismo amministra-
tivo, poi delle funzioni di direzione, di gestione e di controllo, e
disporre le notizie nel modo indicato dal seguente sommario:
(1) P. RiGOiiON, oj). cit., pag. 98, 99, 112, 113.
[2) F. Besta, op. cit., paj?. 79.
Jl
l'ammixistkazionk economica, ecc. 387
Gli organi ((iinninistrativi.
i. I coni«jli — il pot('!itn — il capitfino del popolo — / priori.
2. Il consifjlio dei priori — il con,sif/li(j dei priori e dei came-
rari delle arti — il consi(/lio dell'adunanza (jenerale — il con-
siglio dell'aringo — il consiglio generale — il consiglio mag-
giore — il consiglio del popolo.
3. / direttori delle imposte — gli officiali collettori — il ca-
merlengo.
4. / massari — i conservatori delle monete — gli officiali del-
l'abbondanza.
5. / magistrati deputati a sercizi speciali — gli agenti minori
— i castellani.
6. / notari — i computisti — i cancellieri e gli abbreviatori
delle riformagioni — gli officiali delVarmario.
7. / sindaci degli officiali superiori — il maggior sindaco.
Le funzioni aimninistrative.
8. // .servizio di cassa — l'autorizzazione delle entrate e la li-
mitazione delle uscite.
9. L' introito della camera dei massari — /' introito della ca-
mera dei conservatori delle monete — /' introito della camera
dell'abbondanza.
10. L'esito della camera dei massari — l'esito della camera dei
conservatori delle monete — l'esito della camera dell'abbon-
danza.
11. La riscossione delle rendite e il pagamento delle spese — /
mutui pubblici.
12. La vendita dei frutti di beni comunali e dei proventi delle
gabelle.
13. // catasto.
14. / libri dell'armario — i libri della cancelleria — i libri dei
massari — i libri dei conservatori delle monete — i libri degli
officiali dell'abbondanza — i libri dei sindaci e dei castellani.
Svolgerò questa materia alla buona, da ragioniere, non da
giurista, ed ometterò le osservazioni comparative, perchè a me
388 V. ALFIERI
non sembra agevole istituire confronti fra gli ordinamenti antichi,
che sono prova luminosa di senno pratico, ed i moderni, che si
dicono frutto di indagine scientifica, e perchè il lettore, non an-
noiato dagli eccessivi ragionamenti, potrà così afferrare certi fatti
essenziali,, annodarli, definirne la natura, le relazioni, le leggi,,
raccogliere da sé in un punto le cose più disparate e lontane e
dedurne le idee generali.
Gli organi amministrativi.
Il pubblico governo economico nell'antica Perugia, dovette
certamente adattarsi allo spirito di associazione, alle tendenze indu-
striali, forse anche al sentimento religioso, che informarono le
varie corporazioni artigiane, e sopratutto ebbe a subire l'influenza
del genio democratico, che presiedette all'organizzazione comunale
e l'incitò a svolgersi con speciale indirizzo e notabile energia.
L'aiuto pei'sonale, la protezione giuridica furono i primi fini
delle compagnie artigiane; poi, divenuto il popolo ricco e potente,.
la classe media trovò in esse appoggio per mantenere lo stato;
le arti entrarono nel comune come corporazioni fortemente costi-
tuite, coordinale tra loro, partecipi del governo, si manifestarono
operose per fini economici, politici, amministrativi e religiosi, e
parte del diritto pubblico e privato apparve nei loro statuti (1).
Anche a Perugia, città non semplicemente commerciale, ma traf-
ficante, con proprie industrie, le arti ebbero grande azione poli-
tica, e si può credere che, trovandosi il comune intimamente le-
gato alle corporazioni locali, conformasse, in parte almeno, il suo
riscontro economico a quello che in esse veniva esercitato.
Perugia, al pari di altre gloriose repubbliche italiane, ebbe
un'operosa democrazia, che andò assumendo sempre maggiore
importanza, che recò in grembo le sorti di novelle istituzioni, vo-
lute dal popolo desideroso ognora di far valere i suoi diritti, che,
sino dal cadere del secolo X, rese autonoma l'amministrazione
pubblica e seppe mantenerla incolume fra l'imperversare degli av-
venimenti politici ed a fronte ancora dell'autorità papale, a cui
(li T. CriTKi, Le corporazioni delle arti nel Comune di Viterbo, pag. 90, 1.
L' AMMIXISTRAZIOXK KCONliMICA, KCC. :ìH9
potè chiedere protezione, come ebbe u callivarsi l'appoggio degli
imperatori, ma non lasciò sottometterla fino al 15:5!). I perugini
si mostrarono costantemente alieni dal concedere ai vescovi un
governo temporale nella città e si adoprarono sempre in modo che
il clero non intralciasse le faccende comunali; considerarono la
qualità di ministro del culto incompatibile coH'esercizio degli offici
civili e non ammisero perciò ecclesiastici al disimpegno di pub-
bliche funzioni, fuorché in casi ben radi e specialmente quando
giudicavasi espediente, per il buon esito dei negozi, l'intervento
della chiesa (1).
Per conoscere bene l'indole del pubblico riscontro ecojiomico
svoltosi anticamente in Perugia, occorre badare alla organizza-
zione amministrativa del comune ed esaminare le molle disposi-
zioni statutarie, che ad essa si riferiscono. Ma tale esame pre-
senta difficoltà non lievi, perciocché nei comuni la ragione pub-
blica si alzò a tal punto che non si rivolse solamente a qualche
parte del diritto, ma abbracciò l'intiera legislazione, ad indicare
forse i principi di quell'ordine, che doveva col tempo in tutta la
sua pienezza essere stabilito (2). E dagli statuti comunali, neces-
sariamente complessi, lo studioso non può sempre con sicurezza
trarre tutte le notizie, che vorrebbe convenientemente classificare
ed esporre con chiara sintesi. Di più, è bene ricordare che, nelle
amministrazioni pubbliche, non è sempre possibile una differen-
zazione netta e piena tra gli organi, che hanno funzioni eco-
nomiche e quegli altri, a cui sono deputate funzioni, le quali mi-
rano direttamente a conseguire i fini dell'azienda; talché vi pos-
sono essere bensì, e, per poco che l'organismo sia complesso, vi
sono in fatto organi, che hanno solamente funzioni economiche,
ma vi hanno funzioni economiche, anche importanti, che vengono
compiute da organi istituiti per altre capitali funzioni (3). Questa
circostanza emerge purtroppo dagli statuti perugini, nei quali, al
dire del moderno storico di Perugia, si vede frequentemente at-
(1) L. BoxAzzi, istoria di Perugia, voi. I, pag. 326, 337. — O. Scalvanti, Consi-
derazioni sul 2irimo libro degli Statuti 2)erug ini, {Bollettino della Società umbra di
storia iMtria, voi. I, fase. II, pag. 234).
(2) L. Ciccoxi, Origine e progresso della civiltà europea, voi. Ili, pag. 20.
(3) F. Besta, Corso di Ragioneria pì'ofessato alla classe di magistero nella,
R. Scuola Superiore di Commercio in Venezia, voi. I, pag. 165.
390 V. ALFIERI
tribuita, in casi disparalissimi, a tulli quanli gli ufficiali del go-
verno (quocumque nomine nuncupenlur) la esecuzione d'uno slesso
decrelo e uno scambio di uffici non corrispondente al titolo degli
ufficiali (1). E perciò riesce ardua, forse vana, la classificazione
di tulli gli antichi magistrati comunali rispello alle loro attribu-
zioni di direzione, di gestione e di controllo.
Perugia reggevasi con proprio statuto anche prima che si
compilasse quello del 1279: se ne ha prova in un documento
del 1201 relativo alla lega coi Folignati, nell'atto di sommissione
dei Monlonesi del 1210 e ancora in una lettera di Innocenzo Ili
nel 1215 (2). Ma gli statuti, secondo i mutali bisogni, di tempo in
tempo si rinnovellavano : così si ha notizia di riforme ad essi ap-
portate nel 1305, nel 1366 e nel 1415 (3). E questo fatto aumenta
ancora la necessità delle indagini estese e profonde, per chi vo-
lesse, con piena sicurezza, ricostruire idealmente l'intiera ammini-
strazione economica dell' antico comune perugino. Nondimeno,
senza avere la pretesa di accingermi a lavoro si arduo, debbo ac-
cennare alle principali magistrature perugine risguardanti il ser-
vizio dell'entrata e della spesa comunale affinchè possano riescire
chiare le notizie del pubblico riscontro economico, che, nel se-
guilo di questo scritto, andrò esponendo.
Perugia, simile in questo a molte altre città italiane, alternò
per assai tempo il governo dei consoli a quello del potestà, il nu-
mero 'tlei consoli variava secondo le locali circostanze od i momen-
tanei bisogni: dieci erano i consoli alla dedizione dell'Isola Pol-
vese del 1130 ; sei dinanzi ad Arrigo VI, quando il cancelliere
imperiale suggellava al campo di Gubbio la concessione del 1185;
sedici, con a capo il camerario, nella sommissione di Castel della
Pieve del 1188 (4). Forse la numerosità dei consoli fu talvolta
cagione di interne fazioni e anche di impedimento all'unità e im-
(1) L. BoxAzzi, op. cit., voi. I, pag. 553.
(2) F. BONAiNi, Prefazione al tomo sedicesimo dell'Archivio storico italiano,
pag. XXXI] I.
(3) La più antica raccolta di statuti perugini che tuttora si conserva è del 1279,
in latino, su membrana. Esiste anche una raccolta in vernacolo con la data del 1343,
e un'altra in latino e a stampa del 1527. Vedasi il Compendium. iuris municipalis ci-
vitatis Perusiae, pag. 249 e segg., di Bartolomeo Giliano.
(4) F. BONAINI, op. cit., pag. XXXI.
l'amministrazione economica, ecc. :{;H
parzialità di governo ; laiche si pensò di deputare la s(jiiuiia di-
rezione del comune al potestà. Nel liT-i il potestà di l'cingia era
in Venezia con altri che tenevano la stessa carica e coi consoli
di cospicue città d'Italia, per corteggiare Federico I e papa Ales-
sandro ili. Ma la carica di potestà, sino alla fine del XIl secolo,
non fu che straordinaria, presso a poco come dittatura, per Ih
quale il consolato restava momentaneamente abolito, sinch<"', dopo
i primi anni del XIII secolo, apparve come regolare e ordinaria
autorità suprema dei municipi. Questo alto magistrato venne poi
sopraccaricalo di uffici ; doveva essere nobile, forasliero, dotto in
legge; doveva durare per un solo anno e, più tardi, per sei mesi
soltanto ed essere sindacato all'uscir di carica; doveva portar
seco tre aiutanti (socios), sette giudici, dei quali uno almeno fosse
barbiere (1).
Consoli e popolo solamente ci presentano gli antichi comuni ;
ma, scemata poi la confidenza popolare, sorsero accanto ai con-
soli i consigli, dei quali si ha notizia anche nella storia perugina,
fin dall'accordo del 1200 con Montone. Il consiglio minore era
composto dei personaggi più cospicui, specialmente per dottrina;
venne istituito a fine di non trattare col popolo, adunato in piazza,
affari delicati, che richiedevano molla circospezione, e fu anteriore
al consiglio generale, scelto fra persone d'ogni condizione e isti-
tuito dagli stessi consoli per diminuire la propria responsabilità,
fra gli impedimenti che loro opponevano il feudalismo, il papato
e l'impero. L'istituzione del potestà, fornito di grandi poteri, non
poteva andare disgiunta da quella di un consiglio sorvegliante,
che, a Perugia, nel secolo XIII, era costituito da cinque consoli
delle arti, scelti uno per porta (2).
Il capitano del popolo, già esistente e giudicante in Perugia
verso il 1255, aveva comune col potestà il giuramento e comuni
sovente anche le incumbenze, ma specialmente era investito del
potere militare e di una parte del potere giudiziario, mentre il
potestà continuava ad essere il rappresentante politico del co-
(1) L. BoNAZzi, op. cit., voi I, pag. 331.
(2) L. BONAZZI, op. cit., voi. I, pag. 331, 333.
392 V. ALFIERI
inune (1). Ambedue poi erano tenuti a mantenere la dignità della
loro carica e ad osservare l'imparzialità del loro ufficio, evitando
specialmente la domestichezza coi cittadini (2). L'istituzione del
capitano del popolo sarebbe stata nulla se non avesse trovato ap-
poggio in un nuovo consiglio, che fu detto degli anziani e com-
posto di dieci membri. L'ufficio di capitano del popolo talora fu
congiunto in Perugia a quello di potestà, il che seguì pure ri-
spetto alle cariche del potestà e del capitano di guerra; al capitano
del popolo si aggiunse poi il capitano di parte guelfa, che, fra i
magistrali, fu l'ultimo a morire, perchè non fece mai niente (3);
a questo si aggiunsero ancora il giudice di giustizia e il sindaco
maggiore, per aiuto e sorveglianza ; e, osserva il moderno storico
perugino (4), quasiché i consigli non bastassero, si crearono, nel
1290, i savi del ritocco, per la trattazione di negozi delicati e se-
veri. Fin dal 1259 Perugia aveva, fra i primi magistrati della re-
pubblica, un priore delle arti, che teneva assai del carattere del
proconsole in Firenze; quarantaquattro anni dopo, essendosi sop-
pressi i consoli delle arti, vennero istituiti i priori. Erano dieci;
due dovevano appartenere al collegio della mercanzia, e il primo
dei due era capo, uno al collegio del cambio, gli altri toccavano
in sorte a sette delle arti, che rimanevano delle quarantaquattro
allora esistenti. Dovevano essere popolari e perugini, possedere
un censo di cento lire, che poi fu ridotto a cinquanta, e non avere
mai esercitato professione servile. Da principio, oltre il vitto, eb-
(1) Teneatur potestas et capitaneus et maior sindicus et quilibet eorum scilicet
potestas suam potestariam et otìicium et capitaneus suam capitaneriam et maior .sin-
dicus eius officium bene legaliter et fldeliter exercere et iura communis Perusie de-
l'endere et gubernare et prò ispsis inveniendis et habendis investigare omni solicitu-
dine qua poterunt ampliori: Et observare et observari lacere iuxta eorum posse tam
ipsi quam eorum et cuiuslibet eorum iudices et officiales et cuiuslibet eorum omnia
ordinamenta artium et artis cuiuslibet. Stai. Perus., voi. I, rub. 2. — Xos potestas et
capitaneus communis. et populi perusini et quilibet nostrum iuramus corporali ter ad
sancta dei evangelia tacto libro toto posse salvare defendere et manu tenere in pace uni-
tate et bono statu totum commune et populum civitatis et comitatus Perusie... Rub. 3.
(2) Nec habeant ispi potestas et capitaneus nec aliquis de eorum famiglia con-
servationem seu familiaritatem cum aliquo perusino. Et non possint ipsi nec alter
eorum commendere nec libere cum aliquo perusino vel habitatore ipsius civitatis cle-
rico vel laico in civitate bui'gis vel suburgis perusie. Stat. Perus., voi. I, rub. 2.
(3) L. BoxAZzi, op. cit., voi. I, pag. 552. Vedasi la inconcludente rubrica 473 del
volume primo degli statuti.
(4) L. BONAZZI, op. cit., voi. I, pag. 340.
l' AMMIXISTRAZIOXK ECONOMICA, FX'C. 393
bere Io stipendio di dieci soldi al giorno; più lardi la paga venne
cresciuta, ma questa fu senìpre in ragione inversa del potere, di
maniera che linirono col percepire un fiorino d'oro (1) al giorno
quando la democrazia non aveva più importanza. L' autorità loro
risguardava la politica e l'economia, non la giustizia, giacché la
facoltà di sentenziare nelle materie criminali e civili spettava, se-
condo i casi, al potestà, al capitano del popolo e loro corti, e in
quelle delle arti; da priiria non fu piena, ma, a partire dal 1313,
venne accresciuta. L'elezione loro fu da principio falla a scrutinio
segreto dai rettori e cittadini d'arte, divisi per porta; poi dai due
priori della mercanzia e dai rettori delle arti, che erano tenuti a
nominare due individui, non già della propria porta, ma dell'altra
susseguente alla propria; quindi da diciassette arti, scelte dai
priori, otto per bimestre, compreso sempre il camerlengo della
mercanzia; e così incominciò l'uso delle borse annue contenenti
i nomi degli eletti (2). Finalmente, nel 1313, fu stabilito che i priori
(1) L. CiBR.vRio {Dell'economia politica nel medio evo, voi. II, lib. Ili, pag. 16^)
e segg.) determinò il valore di moltissime monete, che ebbero corso in Europa dal 1257
al 1587, fondandosi sui cambi diretti o indiretti accertati nei vari tempi tra esse mo-
nete e il liorino d'oro di Firenze, che serbò sempre il peso originario d'una dramma
f. la suprema purezza a ventiquattro carati e al quale riconobbe il valore di lire ita-
liane 12,3655; ma, osserva F. Besta {Corso di Ragioneria, voi. I, pag. 471), non tenne
cosi verun conto delle variazioni avvenute nei rapporti tra i valori dell'oro e dell'ar-
gento. Il valore della moneta è indubbiamente la sua ragione di scambio con le altre
merci, e, se i prezzi delle merci variassero tutti nella stessa proporzione, sarebbe fa-
cile inferirne le variazioni nel valore della moneta, che li rappresenta. Ma il rapporto
fra i prezzi delle diverse merci non è sempre costante e le ricerche sul valore nor-
male delle antiche monete possono condurre soltanto a risultamenti approssimativi.
Il numero delle lire, dei soldi, dei denari e dei piccioli, che entravano in un fiorino,
andò sempre crescendo, talché questo, che in principio valeva lire 3,02, come attesta
(Giovanni Villani, più tardi, secondo il Bonazzi, valse in Perugia lire 4 1/2 e poi lire 5.
Il Bonazzi dice che, sul principio del secolo XV, l'antico fiorino, l'idotto al piede di
cento ogni libra d'oro, si chiamò a Perugia ducato di camera. Per la mala fede degli
zecchieri toscani, chiamati a Perugia, la moneta scapitò tanto che si dovette j)oi ag-
giungere un articolo allo statuto affinché i cambisti accettassero il fiorino al giusto
valore {Stat. Perus.. voi. IV, rub. 118, 120). Si cei'cò, al dire di Vermigligli {zecca z>e-
ragina, pag. 13, 17), di coniar monete d'oro e d'argento nel 1259; ma forse non si
improntarono fiorini, giulii e bolognini avanti il 1395. Da prima si batterono sola-
mente piccole monete di basso titolo, come denari, quattrini e sestini. Del resto, la
zecca perugina esisteva già nel 1240. I rettori del cambio, prima detti consoli e poi
auditori, erano deputati a curare ciò che fosse della zecca e, nella udienza dell'arte
loro, ad imprimere il suggello sulle monete d'oro di cui si volesse guarentito il valore.
(2) L. BoxAZZi, op. cit., voi. I, pag. 379.
26
394 V. ALFIERI
fra tutte le arti eleggessero per ogni bimestre d'un anno intero
dodici probi cittadini, e i dieci estratti fossero i nuovi priori (1).
Per consueto venivano eletti nella città, ma non mancò occasione
che fossero trascelti anche fuori, come accadde nel 1311, quando
si nominarono nel contado di Todi (2). La durata ordinaria della
carica priorale era di due mesi, ma nel 1494 cominciò ad essere
di tre. I priori prendevano parte a lutti i consigli pubblici, e, an-
che in assenza di alcuno di essi, i rimanenti deliberavano (3).
Erano capi del potere esecutivo, avevano seco cancellieri e notari,
presiedevano direttamente all'annona, al catasto, alia custodia della
città, all'osservanza degli statuti (4); ma legislatore e sovrano era
sempre il consiglio generale composto di cinquecento cittadini
d'arte coi loro camerlenghi e rettori, oppure l' arengo ossia il par-
lamento convocato, nei casi più gravi, in piazza S. Lorenzo. Sette
erano però i consigli ordinati a trattare la cosa pubblica in Peru-
(1) Pro salubri statu et conservatione populi Perusini et eius manutentione pa-
cifica, cum sine capite ordinata ad regendum et gubernandum ipsum populum stare
et observari non posset: provvida deliberatione statuimus et ordinamiis : quod in Con-
silio popiili perusini more solito congregato semper de duobus mensibus in duos
inenses extrahantur de sacculis communis perusie decera boni et legales sufficientes
et idonei homines de populo et de artibus civitatis et burgorum perusie, duo de qua-
lihet porta, qui sint et appellentur priores populi et artium civitatis perusij : de quibus
decem prioribus, semper duo sint de arte mercantie: ita que singulis duobus mensi-
bus duo priores sint de arte et collegio mercantie : unus de arte campsorura ; Alij
vero semptem priores sint et esse debeant de alijs artibus et de collegio aliarum ar-
tium Stat. Perus., voi. 1, rub. 65.
(2) F. Bjnaini, op. cit., pag. LV.
(3) F. BONAINI, op. cit., pag. LVI.
(4) Et studeant ad bonum et pacilicum et tranquillum statura coramunis et
populi Perusini et eius districtus. Et ad iura et ad iurisdictiones et lionores commu-
nis et populi Perusini promovere, conservare manutenere et augere prò posse. Dare
insuper prò viribus studium quod populus et artes et artiflces diete artis insolita
et vera libertate et flrmitate persistant Pecuniam avere res et bona communis Pe-
rusie diligenter facei-e costudiri et ipsara non expendere nec expendi facere inuliter
nec contra forraam statutorum et ordinamentorum communis et populi Perusini. Stat.
Perus., voi. I, rub. 66. Itera quod dicti priores liabeant et habere intelligantur arbi-
triura, bailiara et auctoritatem super ))ladis et aliam victualium habundantia liabenda
et facienda in civitate Perusie et occasione habundantie habende expensis et de pe-
cunia communis Perusie faciendi et ordinandi et debitum leneratitium sive non fene-
ratitium contrahendi et bladum emendi et prò minori pretio revendendi faciendi
Stat. Perus., voi. 1, rub. 67. Vedasi anche la rub. 71 del voi. I, relativa alla osser-
vanza degli statuti e degli ordinamenti.
l'amministrazione economica, ecc. ;3*(5
gia(l); nei quali, o non potevano aver luogo se non irulividui
ascritti a qualche collegio, o, se anche i colleggiati eranvi aiutnessi,
la maggioranza costituivasi tli artefici giurati. Nulla <• a dire ri-
guardo al consiglio dei cinque o dei dieci dell'arbitrio, a cui spesso
accennano gli annalisti municipali, temporaneamente istituito in
aiuto dei priori e che talvolta, a somiglianza delle balie fiorcmlino,
ebbe poteri dittatoriali.
Dopo questo cenno sopra i sommi magistrati direttivi, debbo
ricordare gli officiali comunali deputati alle singole faccende, e
che, per verità, furono in Perugia abbastanza numerosi. Torna
utile qui il dire che gli impieghi erano pressoché tutti tempora-
nei, duravano ordinariamente sei mesi o un anno, e che si di-
stribuivano per porta (2). Così, osserva argutamente il moderno
storico perugino, niuno artigiano abbandonava l'arte sua per l'im-
piego, le cui facili funzioni esercitava senza la burbanza dei nostri
burocratici (3). Kd a quei tempi, diversi in questo dai nostri, vo-
levano le saggie leggi municipali che gli uffici assegnabili dagli
stessi magistrali non dipendessero da nessuna raccomandigia o
da attenenze di parentela (4).
(1) Ad hoc ut nostra respublica beate et recte regatur et gubernetur : Statuimus
quoti Consilia civitatis perusie et nostre reipublice .sint ista videlicet consiliura domi-
norum prioruni artiura civitatis perusie sit primum qui debeant esse deccm : consi-
liiim doniinorum priorum et canierariorum artiura ipsius civitatis quorum caraera-
riorum numerus totus est quadx'aginta octo sit secundum. Itera consiliura adimantic
generalis ((uingentorum seu trecentorum artilicum de artihus diete civitatis: Qui
etiara scripti sint in matriculis ipsaruni artiura sit tertiura consiliura. — Itera consi-
liura maximum arenglie seu arenglii et parlamenti sit quartum. — Itera consiliura
generale sit quintum. — Itera consiliura raaius sit sextura. — Itera consiliura populi
sit septimura. Stat. Perus., voi. I, rub. 222.
(2; Ad hoc ut officia sint omnia et non singularibus personis applicanda: Statui-
mus et ordinamus presenti capitulo aliquo alio non obstante: quod omnia officia po-
testatura sindicorum et vicariorum danda per coramune Perusie ad brevia per formani
alicuius statuti vel ordinamenti communis Perusie debeant eligi et fieri per portas et
Illa porta in que fuerit electus in aliquo dictorura otficiorum vel alicuius eorum
non possit vocari nec eligi aliquis in aliquo dictorum offìciorura donec in ali.js portis
non fuerint electi et vocali et ipsa officia exercuerint et finitis illis portis ad priraani
porta electio supradicto devoluatur et liat modo et ordine supradicto et sic de poi'ta
in portara liat electio predictorura aliquo capitulo precedente vel sequente non ob-
stante et sit precisura salvis scraper sacchettis et ordinibus sacchetti et per hoc ca-
pitulura in nullo derogatur. Stat. Perus., voi. I, rub. 103.
(3) L. BON.vzzi, op. cit., voi. I, pag. 55^).
(-1) Nec etiara possint dicti doraini priores eligcre ad allquod ofticiura cura sa-
lario percipiendo a comrauià vel ad aliquara anibasiatara niittere ali(iuem eorura vel
396 V. ALFIERI
Fra i magistrali più importanti preposti alla pubblica gestione,
ricordo i direttori, che venivano eletti di sei mesi in sei mesi, con
un esperto notaio, e che dovevano sollecitare tutte le esazioni (1),
esercitare assidua vigilanza sopra gli officiali deputati alla riscos-
sione e alla custodia del denaro (2), in modo che fossero sempre
tutelati gli interessi del comune e rispettati pienamente i diritti
dei contribuenti (3). Avevano adunque attribuzioni di riscontro
finanziario, ma eziandio facoltà giudiziali, poiché erano chiamati
a definire liti e controversie relative alle esazioni (4). La rubrica
degli statuti, che determina l'ufficio dei direttori, è ben rilevante
nei riscjuardi del governo economico e dovrebbe essere considerata
alicuius eorum consag-uineum usque in tertium graduili inclusive nec eorum notarium.
Stat. Perus., voi. I, rub. 6Q. — Nec possint (massarij) eligere aliquem ex dictis mas-
sarijs actinentera ex linea ascendenti vel discendenti nec aliquem stantem cum eis
ad unum panem et unum vinura. Rub. 351.
(1) Statuimus et ordinamus per hanc legem auream inviolabiliter observari:
Quod decetero eligantur et debeant eligi de sex mensibus in sex menses tres boni ho-
mines de populo Perusino qui vocentup directores et unum expertum notarium qui
sint et esse debeant officiales comraunis Perusie ad sollicitandum omnes et singulas
exactiones fiendas per comraune Perusie de omnibus et singulis que deberentui' ipsi
communi et cuicumquara causam dicti communis hahenti tam conservatorum monete
quam etiam massariorum dicti coraraunis quam etiara officialium carapionis biadi vel
cuiuscumquam alterius camere dicti communis: et dieta debito cum effectu exigi et
exequi faciendum per ofticialem et exactorem communis Perusie ad liec specialiter
deputatum. Stat. Perus., voi. I, rub. 7.
(2) Qui boni horaines et officiales et notarius eorum ex debito sui offici.j tenean-
fur et debeant perquirere et investigare a dominis conservatoribus monete massarijs
et quibuscumque alijs offlcialibus communis Perusie de omnibus et singulis debitis et
exactionibus que deberentur per quoscumque causa ipsi communi Perusie et ipsis ca-
meris et cuilibet eorum quorum eorum notarius de predictis debitis registrum facere
teneantur. Stat. Perus., voi. I, rub. 7.
(3) Volumus etiam statuentes quod predicti tres boni liomines et officiales sic
eligendi sint et esse intelligantur officiales super indebitis et immoderatis gravami-
nibus que quotidie inferuntur civibus et comitatensibus perusinis Stat. Perus.,
voi. I, rub. 7.
(4) Habeant etiam cognitionem et iurisdictionem dicti directores de et super
omnibus litibus et controversi.) s vertentibus et que verterentur Inter emptores qua-
rumcumque communantiarum comraunis Perusie et Inter fancellos ipsorum et etiam
inter quascumque personas nomine et occasione gabellarum Et etiara habeant co-
gnitionem et iurisdictionera quarumcumque exactionum et executionura (^ue fierent
vel fieri deberent prò dicto communi vel prò alijs personis vel commitatibus prò dicto
communi vel occasione dicti communis. Et dictas lites videndi diffiniendi et termi-
nandi summarie et de plano sine strepitu et figura indicij et .sine solutione alicuius
decimi. Stat. Perus., voi. I, rub. 7.
l'ammini.stuazi«»xe economica, kcc. 397
nella sua interezza, senza tralasciare neppure la relativa ad-
dici io {Y), da chi volesse trattare largamente dell'organizzùzitjne
amministrativa nell'antico comune di Perugia.
Degli officiali collettori, ossia degli agenti di riscossione, poco
dicono gli statuti; e solo incidentemente accennasi ad essi in
qualche rubrica (2). La ragione di questa circostanza va cercata,
come dimostrerò in seguilo, nella consuetudine di appallare le
rendile di beni comunali ed i proventi delle gabelle.
La cura del pubblico tesoro veniva affidala al camerario o
camerlengo (3), che fu magistrato di gran momento nella costi-
tuzione perugina, quando l'ufficio suo era congiunto a quello di
console (-4) e anche dopo che il comune passò al reggimento del
potestà (5). E tanta era in quei tempi l'importanza attribuita al
titolo di camerario, che i camerari delle corporazioni artigiane,
l'ufficio dei quali veniva dagli statuti dichiarato grave e ponderoso
(est grave officium et ponderosum prò comuni et populi Perusino),
costituivano uno dei selle consigli direttivi del comune ((!). Forse,
(1) Nell'edizione a stampa del 152G, le disposizioni del secolo XVI sono distinte
dalle precedenti sotto forma di addictiones. — Vedasi il Coìnpendmm iuris ìnunici-
palis Civitatis Pei'usiae, pag. 249 e sepg.
(2) conservatores monete possint teneantur ed debeant exarainare
rationes introituum et exituum quorumcumque omnium et singulorum offlcialium col-
lectorum fancellorum et notariorum presentium et Cuturorum deputatoruni et dopu-
tandorum ad exigendum gabellas seu communantias Stat. Perus., voi. I, rub. 3i7.
(3) Si disse anche massario, poiché nel mandato dei 1230, rilasciato a line di con-
trarre accordo con Città di Castello, viene espresso che ciò si fa dal potestà per fa-
colUi del comune una cura Massarijs et Consiliis specialibus et (jeneraìibus. \edasi la
prefazione del Bonaini al tomo sedicesimo deir,4rc7i. Stor. Ital., pag. 4. Del resto tale
magistrato ebbe nomi diversi nei diversi stati e nelle varie corporazioni medioevali,
e si nominò: camarlingo, camerario, clavario, massario, borsiere, chiavaro, chivigero,
depositario, cassiere, tesoriere, ecc. Vedasi il Dizionario del linguaggio storico e ara-
ministrativo di G. Rezzasco.
(4) Nell'atto del IISS, relativo alla sommissione di Castel della Pieve, il camera-
rio flgui'a il primo fra i consoli notati: nel trattato del 1200 con Gualdo é invece l'ul-
timo di essi.
(5) Nel trattato con Montone, stipulato in Perugia, si obbligavano solo pel co-
mune il potestà e con esso lui il camerario, senza che intervenissero di persona i
membri del consiglio generale e speciale, che pure nell'atto vengono nominati come
coloro dalla cui volontà l'accordo derivava. Vedasi la prefazione al tomo sedicesima
éaWAi'Ch. i>tOì\ Ital., pag. 1.
(6) Stat. Perus., voi. I, rub. ìjO, 224.
")98 V. ALFIERI
nell'anlico comune di Perugia, l'erario non si affidò regolarmente
a religiosi, come avvenne in altri stati medioevali, per la convin-
zione che così fosse più sicura la custodia del denaro e più onesto
il suo maneggio (1). Furono dal comune adoperati i frali in pa-
recchi uffici, probabilmente fin dal secolo XIII e di certo nel se-
colo seguente, ma erano becchetti o padri della penitenza, beghini
o pinzocheri professanti il lerz' ordine di s. Francesco (2).
L'ufficio dei massari, che dagli statuti consideravasi ponde-
roso (3), risguardava l'introito e l'esito del comune (4). I massari
erano due, duravano in carica un semestre (5), avevano presso
di sé un aiutante o ragioniere e un notaio per eseguire e regi-
strare i riscuotimenli, un altro aiutante o ragioniere e un altro
notaio per eseguire e registrare i pagamenti (6), di più un mes-
saggiere o commesso (7). Si stabilì poi che, prima di entrare in
(1) A Firenze non radamente i camarlinghi del comune erano frati. Nel 1267, se-
condo l'asserzione di Giovanni Viltani, si fecero camarlinghi della pecunia i frali della
Badia di Settimo e d'Ognissanti. Verso il 1289 i camarlinghi fiorentini erano quattro,
uno dei quali religioso, col salario di lire cento e rimanente in carica sei mesi, gli altri
.secolari, da rinnovai'si ogni due mesi ed eletti da dodici probi uomini, chiamati dai
priori insieme ai consoli delle arti. (P. Riuobon, op. cit., pag. 48).
(2) L. BoNAZzi, op. cit., voi. I, pag. 328, 379.
(3) Officium massariorum communis perusie est offlcium ponderosum et ipsura
officium. hucusque fuerit gestum et ministratum et factum per massarios communis
perusie circa pagaraenta et alia plurima plus ex arbitrio quam ex ordine sufficienti
]jro factis communis perusie et privatorum negociorum expenditione. Stai. Perus.,
voi. I, rub. 351.
(4) (;}uorum massariorum sit et esse debeat officium et intelligatur super introi-
tibus et exitibus dicti communis perusie eisdem debitis et permissis per formani sta-
tutorura communis perusie. Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(5) Statuimus quod in civitate perusie sint et esse debeant et eligi duo boni \n'\i-
dentes et legales homines de populo perusino qui sint massarij dicti communis per
semestre tempus: et eligaatur et insacchulentur per bonos homines qui deputabuntur
ad faciendum sacchectura officialium dicti communis et publicentur de sacchulo de
^sex mensibus in sex menses. stat. Perus , voi. I, rub. 351.
(6) Et habeant dicti massarij per expeditione dicti eorum officij prò adiutoribus
eorum duos fancellos unum qui scribat introitus et alium qui scribat et scribere te-
neatur exitus et pagamenta et ipsos fancellos dicti massarij eligere possint et debeant
prout videbitur. Et habeant et habere debeant secum duos notarios una cum eis
insacchulandos et publicandos quorum notariorum sit et esse debeat videlicet unus ad
scribendum introitus alter vero ad scribendum exitus et solutiones fiendas per ipsos
massarios. Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(7) Et habeant etiam et eligant et eligere iiossint dicti massai-ij prò exi)edientihus
ad officium eorum unum i uuciuin Stat. Perus., voi. I, l'ul). 351.
l/ AMMINISTRAZIONE ECONOMICA, ECC. 39!)
carica, i massari, i loro notai e i loro ragionieri o conipiilisli do-
vessero prestar giuramento davanti ai priori (I), e che i massari
non potessero rinunziare al loro ufficio (2). Lo stipendio dei mas-
sari venne fissalo dagli statuti a quindici tiorini d'oro, quidlo dei
loro notari a quindici pure, quello dei ragionieri a dodici e quello
del messaggiere a sei per semestre (3). Gli statuti stabilivano che
ogni provento, non assegnato ad altre camere o ad altri luoghi,
dovesse pervenire ai massari (4) e vietavano a tutti i magistrali
di depositare o far depositare somme di denaro in nessuna camera
o tavola fuorché in quella dei massari (5). Ed anche ordinavano
ai massari, ai loro notai e ai loro ragionieri o compulisti (fancelli
ratiocinalores sive calculatores) di rimanere tutta la gi(jrnala (de
mane tempestive usque ad noctem) nella camera comunale (in ca-
mera comunis Perusie uhi sunt solili morari alij massarij") e cu-
rare assiduamente le entrale e le uscite di denaro o le allre fac-
cende alle quali venivano deputali. I massari dovevano badare,
nei riscuolimenti di denaro, al giusto valore delle monete d'oro
e d'argento (6), non potevano volgere ad altre casse le riscossioni
ad essi assegnate (7), avevano facoltà di spendere le somme de-
positate nella loro camera, anche se l'erogazione non riguardava
(1) Quod massari.j et eonnn notarij et fancellus debeant iurare (H)rura ofticiiim
ci)rara dorainis prioriijus. utat. Perus., voi. I, rub. 101.
(2) Qnod massari.j communis non pcssint l'enunciare ofticium vel cessare ab ad-
uiinistratione officij. Stat. Perus., voi. I, rub. 463.
(3) Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(4) Iteni perveniant et pervenire debeant ad manus dictorura niassarioruni et ad
ipsos raassarios omnis alia pecunia et res alie dicti communis que non essent depu-
tate in alia camera vel loco et que non deberent pervenire ad alios otticiales dicti co-
munis Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(5) Item quod potestas et capitaneus vel maior sindicus et index iusticie vel
priores artium seu aliquls offìcialis communis Perusie nuUam pecunie quantitatem in
niagnam quantitatem vel parvam de eo quod debet pervenire in communi, ut ordi-
natum est, possint deponere vel deponi Tacere in aliqua tabula vel camera stat.
Pe>-us., vul. I, rub. 351.
(6) Et ipsi massari.j bonam pecuniam ad usum civitatis Perusie recipere tenean-
tur: Et quod tlorenos aureos et raonetam arjrenteam teneantur recipere prò eo precio
et quantitate quod valebit et determinata erit in camera ubi stat et teneatur pondus
communis Perusie et non ultra Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(7) Et teneantur et debeant tamen ad cameram communis Perusie in qua mo-
rantur ad oflicium esercendum lacere debentibus recipere pagamenta et non ad ta-
bulam vel cameram alicuius. Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
400 V. ALFIERI
il deposilo (1), erano obbligati a reslituire il denaro ai depositanti
ed a consegnare ai nuovi massari il fondo di cassa, considerando
la specie e il valore delle monete ricevute ed esistenti (2), resta-
vano infine responsabili dell'eccedenza dei pagamenti sui riscuo-
timenli da essi effettuati e dei debiti assunti nel loro officio senza
valido motivo (3). Altre disposizioni vennero emanate per la proroga
dei versamenti (4), per la stipulazione dei prestili con interesse (5)^
per la consegna dei residui di cassa (6), per la regolarità delle
esazioni (7), ecc. Ed acciocché fosse maggiormente saggia e sicura
(1) Et possint raassarij communis Perusie et debeant depositum aliquod factum
eis vel alteri eorum vel ali.j persone recipienti pi'o aliquo facto prò communi in in-
troitibus communis perusie ponere et tale depositura expendere non obstante quod
sententia lata non fuerit super eo prò quo factum fuerit depositum. Stat. Perus.y
voi. I, rub. 351.
(2) Et teneantur idem massarij eandem monetam restituere tara deponentibus-
quam massarijs communis Perusie qui succederent loco sui ei in eadem specie
et per eodem valore prò quo reciperint: quod si massarij non observarent in C libra-
rum denariorum vice qualibet conderanetur. Stat. Perus., voi. I, rub. 351.
(3) Preterea dicti massarij taliter debeant suura ofticium exercere quod in fine
sui officij communi Perusie debitum aliquod non assignent per ipsos massarios con-
tractura modo aliquo sine causa. — Et si debitum quod ipsi fecerint assignarent sibi
tantum debeant imputari ed de suo ipsum debitorem solvere et satisfacere teneantur.
Stat. Perus., voi. I. rub. 351.
(4) Quod liceat massarijs proi'ogare terminum solventi ante tempus determinatum.
Stat. Perus., voi. I, rub. 361.
(5) Quod non liceat massarijs accipere pecuniam mutuo sub provisione vel fe-
nore sine deliberatione dominorum priorum et camerariorum. Stat. Perus., voi. I,
rub. 363.
(6) statuimus quod massarij communis perusie teneantur et debeant infra unum
mensem post fìnem eorum officij immediate sequentem dare et consignare et effectua-
liter restituere eorum successoribus omnem quantitatem tlorenorum et pecunie seu
cuiuscumque alterius rei que quomodolibet superfuisset eis asumptibus et expensis
et pagaraentis factis tempore eorum officij sub pena C C C C C librarum denariomm
prò quolibet et restitutionis dupli quantitatis que quomodolibet superfuisset Stat.
Perus., voi. I, rub. 366.
(7) Cura mala consuetudine sit inductum in perniciem substantie et haveris rei-
publice perusine quod pagamenta lìant per emptores seu exactores communantiarum
seu gabellarum seu per debitores dicti communis vel alios extra cameram massario-
rum et non per massarios vel sic quod utilitas publica non modicum fraudatur ne talia
fieri possint imposterum presenti capitulo duximus statuendum : Quod decetero nul-
lius emptor .seu exactor alicuius communantie seu gabelle dicti communis seu debitoi-
vel alius quicuraque possit vel debeat quoquo modo de introitibus et pecunijs debitis
vel debendis camere massariorum aliquam solutionem facere vigore alicuius ordina-
menti vel statuti vel provisionis quod seu que imposterum fieret quoquo modo etiara
per habentes arbitriura ab adunantia generali alieni persone corpori collegio vel uni-
l'amministrazione economica, ecc. 401
l'opera dei massari, si stabilì ancora che un consulente avesse
ad assisterli nel disbrigo delle faccende più difficili (1). Le entrale
e le uscite ordinarie o permanenti della camera dei massari ven-
nero dagli statuti comunali diligenlemenle considerate nell'indole
loro. Quelle dipendevano in gran parte da gabelle e da beni de-
maniali, queste si riferivano alla pubblica beneficenza, al cullo e
alle pompe, agli stipendi e alle mercedi spellanti a parecchi offi-
ciali comunali; e per le spese non stanziale dagli statuti occorreva
la deliberazione dei competenti consigli (2). Ma delle entrale e
delle uscite, al pari delle relative registrature, dirò nel successivo
capitolo.
Simile a quella dei massari era la magistratura dei conser-
vatori delle monete (3). ! conservatori delle monete erano tre,
duravano in carica un semestre (4), avevano presso di sé un
computista e un notaio per l'esecuzione e la registrazione dei
riscuotimenli, un altro computista e un altro notaio per l'esecu-
zione e la registrazione dei pagamenti (5), inoltre potevano eleg-
versitati nisi massarijs vel eorum fancello. Stat. Perus., voi. I, ruh. 375. — nias-
sarijs communis Perusie nulla ratione vel modo sit licitura vel permissuiii quovis
iure causa seu tbniia (luomodocumque et qualitercunniue j)er se vel aliuni seu alio.s
dlrecte vel indirecte post flnem eorum offìci.j esigere seu exigi facere ab aliquo com-
muni universitate vel singulari persona ali(iuam quantitatem rtorenorum seu pecunie
vel aliquid aliud que vel quod deheretur communi perusie quoquo modo causa seu
forraam: sed talera exactionem facere possint durataxat et (ter unum mensem post
finitura offtciura. Rub. 365.
(1) raassarij communis Perusie possint et eis liceat super quiijuscumque
casibus opportunis et qui quomodolibet eraergerent seu dubitationem afferrent in
vel super casibus provisis per formam statutorum camere ipsorum quomodocumque
aut qualitercumque consulere consultorem una cum eis publicandum de sacculis: et
si non publicaretur eligendum per eos Stat. Perus., voi. I, rub. 367.
(2) Quod ultra exitus in presenti statutorum volumine contentos massarij com-
munis Peinisie niliil possint expendere sine deliberatione consilij opportuni. Stat. Pe-
rus., voi. I, rub. 471.
(3) L'autorità dei massari fu poi trasferita nei conservatori delle monete: Bulla
Non. Regini. in 5 regist. Cancell. Comm., pag. 32. Vedasi il Compendium iuris muni-
cipalis Perusiae, pag. 191 e 96.
(4) presenti capitulo valituro perpetuo duximus statuendura : Quod eli-
gantur et eligi debeant tres boni prudentes et legales cives perusini : Ita quod distri-
butio electionis ipsorum per portas equaliter observetur et insacchulari debeant in
conservatores et prò conservatoribus monete communis perusie: Quorum officiura du-
ret et durare debeat tantum sex mensibus Stat. Perus., voi. I, rub. 229.
(5) Et prò expeditionc eorum offìci.j et executione habeant et habere debeant
duos bonos fideles et expertos fancellos super quibuscumque introitibus et expensis
402 V. ALFIERI
gere un officiale sopra dei pignoramenti (1). Conservatori, notari
e computisti, all'inizio del loro officio, dovevano giurare, in pre-
senza dei priori, di osservare gli statuti coscienziosamente (2). La
custodia del pubblico denaro, il servizio di cassa per determinate
entrate e uscite, l'effettuazione degli ingaggi (3) e, più tardi, la
vendita del pesce del lago Trasimeno e la locazione dei beni co-
munali (4) erano le principali attribuzioni dei conservatori delle
monete. Disposizioni varie regolavano la rielezione dei conservatori
e dei loro impiegati (5), l'intervento dei conservatori all'ufficio (6),
la proroga dei pagamenti (7), la riscossione dei proventi (8), l'as-
sunzione di prestiti con interesse (9), la consegna del fondo di
cassa ai successori (10), ecc. Nell'intento di rendere più oculata
ot exitibus eorundem : habeant insuper iluos expertos et sufficientes et lideles notarios
quorum unus ad scribendum introitus alter ad scribendum exitus et expensa per
diotos conservatores faciendas Stat. Perus., voi. I, rub. 229.
(1) Statuimus et ordinamus quod conservatores monete possint et valeant elig'ere
et deputare unum fancellum super pignoribus conservandis : Et quod pignora vendi
possint tempore debito et permisso. Stat. Perus., voi. I, rub. 350.
(2) Quod conservatores massarij ofificiales abundantie et eorum notarij et fan-
celli debeant eorum iurare offlcium corani dominis prioribus. Stat. Perus., voi. I,
rub. 327.
(3) ad quorum manus perveniant et pervenire debeant omnes et singuli in-
troitus redditus et provenctus infra scripti et prout inferius continetur: qui conser-
vatores sint et esse ifitelligantur oflflciales communis peru-sie ad exigendum et reci-
piendum infra scriptos introitus redditus et provenctus: Et de ipsis nomine communis
perusie liniendum et refutandum : Necnon ad concedendum stipendiarios equestres et
pedestres ad stipendiura vel provisionem communis perusie et stipendio vel provi-
sione solvendum et solvere promittendum secundum forraam presentium statuto-
rum Stat. Perus., voi. I, rub. 229.
(4) Vedasi il Compendium iiiris municlpalis Civitatis Perusie, pag. 97.
(5) Quod quilibet conservator ab officio conservatoratus vacasse debeat per tres
annos notarij et fancellus per duos. Stat. Perus., voi. I, rub. 256.
(6) Quod suffìciant due ex conservatoribus monete ad officium excrcendum.
Stat. Perus., voi. I, rub. 257.
(7) Quod liceat conservatoribus prorogai'e terminum solventi pecuniam ante
tempus. Stat. Perus., voi. I, rub. 270.
(8) Quod de provenctibus camere conservatorum nulla soluti© Aeri possit per
alios nise per conservatores seu fancellum. Stat. Perus., voi. I, rub. 2S7.
(9) Quod non liceat conservatoribus acci pere pecuniam mutuo sub provisione
vel fenore sine deliberatione dominorum priorum et camerariorum. Stat. Perus.,
voi. I, rub. 272.
(10) Statuimus quod conservatores monet et massari.) ofilciales abundantie et alij
«luicumquo ofilciales cives perusini quois officio fungerentur, teneantiu", et debeant
infra unum mensem post flnem eorum et cuiusque eorum officij immediate sequen-
l' AMMIXISTKAZIONK KCOXOMll'A, KCC. . 403
l'aziono dei conservalcjri si [jermise poi che eleggessero h loro
consulente un cilladino espei'lo e dolio in dirillo (I). Secondo gli
staluti, le enlrale ordinarie della camera dei conservalori delle
incmete dipendevano da gabelle e da beni demaniali, e le uscite
ordinarie riferivansi a censi ecclesiaslici, paghe agli armigeri,
sli|)endi dei magistrali, oggetti di cancelleria, costruzioni pubbli-
che, ecc. La limitazione delle uscite era ordinata con bastevole
rigore, poiché vietavasi ai conservatori di face spese in misura
maggiore di quella degli introiti e non determinale nell'indole
loro dagli statuti (2). Cercherò di spiegare nel successivo capitolo
l'esecuzione e la registrazione di queste entrate e uscite.
Magistratura di gran momento era eziandio quella che con-
cerneva l'annona. Gli officiali deputati all'annona (officiales abun-
danlie et campionis biadi, officiales biadi clusij) erano tre, quattro,
tem dare consignare et effectualiter restitucre eorum et ciiiusque eoruin successoribus
omncm quantitatem florenorum pecunie, grani, biadi et alterius cuiuscumque rei
•lue quomodolibet superCui.^set eis a sumptibus expensis et pa}.'amenti Cactis tempore
(^oruni vel alicuius coruni sub pena C C C C C libraruni denariorum Stat. Perus.,
voi. I, rub. 275.
(1) conservatores monete po.ssint et eis liceat super casibus opportunis qui
<luomodolibet eraergerent seu dubitationem att'errent in vel super casibus provisis per
J'ormam statutorum camere ipsorum quomodocumque aut qualitercumque eligere
unum consultorem civera lidelem et expertum et doctura in iure quem voluerint qui
possit et debeat quotiens fuerit requisitus verbo vel inscriptis consulere ipsis conser-
vatoribus super premissis fldeliter. Stat. Perus., voi. I, rub. 278.
(2) Statuimus quod nulli officio conservatoratus sit licitum vel permissum modo
aliquo seu forma de introitibus proventui"is ad cameram conservatorum tempore of-
ticij conservatoratus successoris cxpendere seu exjìendi tacere directe vel indirecte
quomodocunKiue aut (jualitercumque aliquam florenorum seu pecunie quantitatem.
sine expressa deliberatione dorainorum priorum et camerariorum Stat. Perus.,
voi. I, rub. 325. — Quoniam imraoderati seu inordinati exitus non solum privatorum
su)>stantiam sed cuiuslibet ojiijulentissime reipublice dissipant et evertunt: presenti
salutari capitulo duximus statuendura quod conservatores monete eonimunis perusie
non possint nec debeant quoquo modo iure causa seu forma directe vel indirecte per
se vel alium quomodocumque aut qualitercumque ultra exitus contentos in presenti
voluraine statutorum editorum presenti anno millesimo quadringentesimo et publi-
catorum die ultimo marti) de quibus cxitibus in precedentibus capitulis et presenti
volumine mentio factam extitit. aliquid pagamentum seu solutionem aliquam facere
vel aliquod aliud dare de bonis aut pecunia seu rebus, communis perusie que quo-
modocumque aut qualitercumque perveiierint ad eorum manus contra seu preter for-
mara seu exigentia precedentium statorum in presenti volumine contentorum et si
secus vel alter facerent quod factum fueriti non teneant ipso iure , rub. 32G.
404; . V. ALFIERI
cinque e talvolta anche più; duravano in carica forse un anno (1);
avevano presso di se un computista e un notaio per effettuare e
notare l' introito, un altro computista e un altro notaio per effet-
tuare e notare l'esito della loro camera (2), tre misuratori al più
e due serventi (3). Gli officiali, i notari e i compulisti applicati
alla camera dell'abbondanza erano obbligati a giurare innanzi ai
priori di adoperarsi fedelmente nel loro ministero (4). Era studio
precipuo di questi officiali d'impedire e di prevenire la scarsezza
delle vettovaglie; nulla dovevano trascurare affinchè le sostanze
alimentari si spacciassero in giusta misura, a buon prezzo e ben
condizionale sotto l'aspetto igienico; dovevano fare incetta e som-
ministrazione di derrate; ad essi spettava il riscuotimento dei pro-
venti di non pochi appalti (communantie) e il pagamento di varie
spese, e però, come i massari e i conservatori, avevano cassa
propria (5). Si statuì in appresso che i magistrati preposti alla
(1) Quod eligantur ed eligi debeant duo tres vel quatuor vel quinque fldelissimi
cives perusini officiales et prò offlcialibus super abundantia et campione biadi dicti
communis prò ilio tempore sicut cognoverint prò utilitate publica commodius expe-
dire Stat. Perus., voi. I, rub. 475. — Ad refrenandum supertluos exitus dicti com
munis et camere abundantie et etiam moltitudinem officialium que moltitudo conf'u-
sionera generat ut plurimum ubiscumque: presenti capitulo duximus statuendum:
Quod olìicialibus noviter eligendis et etiam qui eligerentur iraposterum seu publica-
rentur de sacculis non possit nec debeat fieri additio officialium : et si fieret non va-
leat ispo iure. Rub. 476.
(2) Et prò expeditione eorum offici,] et esecutione habeant et habere debeant
duos et expertos fideles et sufficientes notarios quorum alter sit ad scribendum introi-
tus alter ad scribendum exitus et expensas per dictos officiales faciendas occasione
eorum officij: Necnon ad scribendum varias et diversas scripturas prò -expeditione
dicti officij quoiTiodolibet opportunas lial)eant etiam duos fanccllos expertos et fideles
cives Perusinos, quorum unus sit et esse debeaut super introitibus pecunie et super
introitu grani et biadi et cuiuscumque alterius rei, alter vero super exitibus et expen-
sis : Qui quidam notarij et fancelli eligantur et eligi possint et debeant per ipsos offi-
ciales, et eligendorum conflrmatio per dictos officiales tam notariorum quam fancello-
rum spectet ad dominos priores et camerarios ai'tium civitatis Perusie. Stat. Perus.,
voi. I, rub. 475.
(3) Habeant etiam dicti officiales et habere possint prò executione eorum officij
usque in tres raensuratores et habeant etiam et habere possint duos famulos quos raen-
suratores et famulos sibi possint eligere quos expertos et fideles esse cognoverint.
Stat. Petrus., voi. I, rub. 475.
e») Quod officiales abundantie et eorum notarij et fancelli debeant eorum iurarc
offirium coram dominis prioribus. Stat. Perus., voi. I, rub. 546.
(j) sint et esse intclligantur officiales super abundantia grani, Iliadi et
onmium ves_^cil)iliuiii procuranda habenda et conservanda abundantia in civitate et co-
l'a.mmimstrazionk kco.nomica, ecc, 405
camera dell'abbondanza non potessero ricusare il loro mandalo o
cessare dalla loro amministrazione (1), che non dovessero slipii-
lare mutui a interesse, vendere o far eslrarre biade senza deli-
berazione o licenza dei priori e dei camerari (2), che avessero fa-
coltà di prorogare i pagamenti delle biade, di costringere alla da-
zione delle derrate i renitenti e di multare i trasgressori dei loro
ordini (3), che inoltre fossero obbligati a consegnare ai successori
mitatu perusie: Kt ctiani super campione }?rani et biadi dicti coiuinunis; Kt siiit et.
<^sse intelligantui' oflicialcs communis prodicti ad exigendum et recipiendum fru-
ctus redditus et proventus postarura clusi.j Perusini venditarum et vendendarum im-
posterum et omnium et singularum communantiarum dicti communis eorum camere
«luomodolibet deputatarum seU imposterum deputandarum et etiam ad exigendum et
recipiendum iiuoscumque fructus redditus et proventus et precia queque quomodolibet
])roventura ex ^rano biado farina seu pane venditis qiioijuo modo vel ex alijs (juibuscum-
<1U(' bonis seu rel)us ad dictani caraeram pcrtinentibus sive spectantibus quo((UO modo:
Kt de ipsis omnibus et quoiibet eorundem nomine dicti communis lìniendum et refu-
tandum quotiens et prout noverint convenire. — Sint etiam et esse inteliigantur of-
lìciales communis Perusie super exitibus expensis et pagamentis quibuslibet facien-
dis prò dicto communi occasione eorum oflicij iuxta et secundum exigentia infrascri-
l)torum capitulorum. Stat. Perus., voi. I, rub. 475.
(1) Statuimus quod nullus qui ad olììcium abundantie quomodolibet eligeretur
vel de sacculis publicaretur vel quomodolilìet surrogaretur possit audeat vel presu-
mat renunciare dicto ofticio vel quomodolil)et cessare ab administratione vel cura
dicto officij sul) pena et ad penam mille librarum denariorum Stat. Perus., voi. I,
rub. 477.
(2) Quod non liceat ofticialis abundantie acquirere pecuniam mutuo sub provi-
sione vel fenore sine deliberatione dominorum priorum et camerariorum. Stat. Perus.,
voi. I, rub. 493. — Et etiam salvo et expresse reservato quod officiales abundantie non
possint nec debeant vendere nec vendi tacere nec mutuare de grano seu granum dicti
communis sine expressa licentia dominorum priorum et camerariorum artiura qui prò
tempore fuerint. Kub. 478. — Nulli officio abundantie vel alijs offlcialibus communis
lìeriisie vel alteri cuicumque persone sit licitum vel perraissum alieni concedere
licentiam portandi seu portari faciendi extra comitatum perusie aut extrabendi gra-
num seu farinam vel aliud genus biadi contra seu preter formam presentium statu-
torum sine espressa licentia el deliberatione dominorum priorum et camerariorum
artium civitatis perusie. Rub. 502.
(3) officiales abundantie communis perusie possint et eis liceat cuilibet
communi corpori seu universitati vel singulari persone quod vel que eis solverei
aliquam quantitatem pecunie vel aliquam quantitatem grani vel biadi ante debitum
et pretìxum tempus et terminum solutionis ipsius quantitatis tali solventi prorogare
terrainum ad solvendum quod deberet solvere eisdem offlcialibus de tantumde tem-
poris et quantitatis pecunie vel grani seu biadi ante terminum solute per eum.
Stat. Perus., voi. I, rub. 492. — Pro conservatione abundantie statuimus quod ofli-
ciales abundantie possint et eis liceat quotiens venerit opportunura comi)ellere et
compelli facere de facto omnes et singulos tam cives quam comitatenses quam etiam
forenses et alias quascumque personas cuiuscumque gradus habitus seu dignitatis
406 V. ALFIERI
i fondi di cassa e di magazzino entro quindici giorni dalla fine
del loro officio e ad otninelLere ogni esazione un mese dopo aver
lascialo la carica (1). Anche agli officiali dell'abbondanza si as-
segnò un consulente, che avesse ad assisterli nella osservanza
delle disposizioni statutarie risguardanti il loro ministero (2).
Della effettuazione e della registrazione delle entrale e delle uscite
di beni economici, risguardanti la camera dell'abbondanza, trat-
terò nel successivo capitolo: basti ora ricordare che a tale camera
venivano dagli statuti assegnati le rendite di determinate località
(poste seu communantie clusij perusini) ed accollale diverse spese
fisse relative a salari, a oggetti di cancelleria e specialmente a
somministrazioni di vettovaglie, e che, per le erogazioni non con-
existant ad assignanduni ipsis ofiicialibus vel deputandis ab eis per mensui'atoreni
omnem quantitatem grani biadi seu farine quara in civitate vel comitatu Perugie
\el alio quocumque haberent loco. Rub. 501. — Ad hoc ut ofliciales ipsi possint effi-
catius eorum officium exercere et oranes pareant eis circa concernentiam offici.j
ipsorum : statuimus quod ipsis ofiicialibus sit licitum et permissum posse quemlibet
inobedientem seu non observantem eorum mandata seu eorum offlcialiura vel com-
missariorum de facto mulctare prò eorum arbitrio voluntatis in V florenos de auro
si fuerit civis vel comitatensis perusie: Si aut fuerit forensis punire et mulctare de
facto possint in X florenos de auro, et si fuerit castrum vel universitas alicuius castri
in L florenos de auro, et si fuerit villa vel ville universitas in XXV florenos de auro
Rub. 479.
(1) Statuimus quod ofliciales abundantie communis perusie teneantur et debeant
infi'a XA' dies post linem eorum et cuiusque eorum oflicij immediate sequentes dare
consignare et eff'ectualiter restituere eorum et cuiusque eorum sucessoribus omnem
quantitatem florenorura pecunie grani seu biadi et alterius cuiuscumque i-ei que quo-
modolibet super fuisset eis a sumptibus et expensis et pagamenti» factis tempore eo-
rum vel alicuius eorum oflicij sub pena C C C C C librarum denariorum Stat. Perus.,
voi. I, rub. 494. — offlciales abundantie communis perusie nulla ratione vel modo
sit licitum vel pei'missum quovis iure causa seu forma quomodocumque aut qualiter-
cumque per se vel alium seu alios dircele vel indirecte nisi per unum mensem post
linem eorum offlcij exigere seu exigi lacere ab aliquo communi universitate vel sin-
gulari persona aliquam quantitatem grani biadi et alterius generis victualium vel flo-
renos vel pecunie vel aliquod aliud que vel quod deberet diete camere abundantie
quoquo iure causa seu forma. Sed talem exactionem facere possint dumtaxat infra
terapus offlcij ipsorum et de inde infra mensem. Rub. 545.
(2) Ut cuncta sub libra procedant iusticie presenti capitulo duximus stntuendum:
Quod offlciales abundantie communis perusie possint et eis liceat sub casibus oppor-
tunis qui quomodolibet emer^-erent seu dubitationem afferrent in vel super casibus
provisis per formam statutorum camere ipsorum quomodocumque et qualitercumque
eligere unum consultorem civem fidelem et expertum et doctum in iure videlicet il-
lum quem conservatores monete in eorum camera eligerint qui possit ed debeat quo-
tiens fuerit requisitus verbo vel in scriptis consulere ipsis oflioialibus super premis-
sis fldeliter. Stat. Perus., voi. I, nib. l'Jó.
l'ammixi.stra/.ioxk econo.mk'a, ecc. 407
tempiale dalle leggi, era necesi?ai'io l'assenso dei priori e dei ca-
merari (1).
Bastevolinenle numerosi erano gli officiali delegali a servizi
pei quali non occorrevano speciali casse. Tali officiali non ave-
vano sempre, per verità, dirella allenenza col governo economico,
ma io repulo espedienle ricordarli qui succinlamenle, affinchè sia
meno incompiuto questo cenno intorno all'oi'ganismo amminisira-
tivo dell'antico comune di Perugia.
Della vigilanza sopra slrade, fonti e ponti erano incaiicati
cinque cittadini, eletti uno per porta, i quali avevano con sé un
notaio, per le debite scritture, e ritnanevano in carica un anno (2).
L'edilità e l' igiene pubblica erano affidate a un cittadino coadiu-
vato da un notaio e da un ministro del potestà e del capitano del
popolo (3). La preslatura di bestie da cavalcare o da someggiare
a prezzo stabilito era regolata da un cittadino e da un notaio, che
rimanevano in officio sei mesi ed avevano per salario venti soldi
di denari (4).
(1) Quod ultra exitus in presenti statutorum voluraine contentos odiciales almn-
dantie niliil posslnt expendere sine deliberatione dominorum priorum et camerario-
rum. Stat. Perus., voi. I, rub. 549.
(2) quod deinceps eligantur quinque boni horaines de populo perusino vi-
delicet unus per porta : quorum officium durare debeat uno anno de quiijus liat sac-
cliectus et trahantur de anno in annum quorum quilibet sit prò sua porta: Qui te-
neantur et debeant saltem semel in singulis duobu.s raensibus ire in comitatu et in-
spicere et providere vias maxime principales et publicas pontes, fontes et similia et
ubi defectum in talibus invenirent quod eo casu adiacentibus locis portiones talis
operis assignet per castra et villas prout miserit ut qualitas negoci.j suadebit,
que omnia scribantur in publicam formani et per publiciim notarium quem quilibet
dictorum officialium ducere et habere debeat et ad sacchectura eligi una cum oflicia-
libus supradictis et eo modo Stat. Perus., voi. I, rub. 217.
(3) Statuimus et ordinamus quod eligatur et eligi debeat unus providus et ido-
neus civis qui sit et esse debeat ac iurisdictionem liabeat super tabernarijs, pizica-
rellis, panacoculis, fornarijs et super fontibus i-eactandis, murandis et meliorandis et
purgandis ubi fuerit opportunum cum quo sit unus ex notarijs potestatis cum socio
potestatis cum socio vero capitanei sit unus ex notarijs capitanei. — Debeat insuper
dictus civis cum dictis notarijs ac socijs super esse porcis qui vadunt ad stratum
per civitatem et burgos et palloctantibus et balistarijs et possit et debet ex eius of-
licio inquirere de omnibus eis coramissis et accusari et condemnari possit contrafa-
cientes in predictis et quolibet predictorum. Stat. Perus., voi. 1, rub. io.
(4) Insacculetur unus bonus homo et unus notarius cum eo quorum offìciuni
duret sex raenses et habeat quilibet eorum prò suo salario a communi prò dictis sex
mensibus XX solidorum denariorum. Qui ofllciales teneantur facere banniri per toiam
civitatem et burgos semel omni mense quod omnes habentes equos seu niulos causa
408 V. ALFIERI
Ai guasti e alle espropriazioni di beni dislrelluali erano de-
legali per sei mesi un officiale ed un notaio, che, pel ministero
loro, potevano condurre seco un misuratore (1). Per la concessione
di rappresaglie erano eletti di sei mesi in sei mesi cinque uomini
di arte, uno per porta (2). Un cittadino ascritto alla mercanzia e
un notaio, eletti dai consoli dei mercanti per sei mesi, curavano
le riprese e le vendile di cose dipendenti da. staggimenti o rap-
pressaglie (3). Due officiali nominati per un anno, con lo stipendio
dandi ad vecturam compareant coram eis cum ipsis equis et mulis infra octo dies a
tempore banniraenti assignandis ipsis officialiljus et ipsos equos et mulos qui occa-
sione dandi ad vecturam coram eis fuerint assignati et omnia signa et maculas et ma-
gagnas eorum scribi faciant et postea eos bonaflde sine fraude debeant extimare ita
quod illi quorum fuerint extimationes scire non valeant. Stat. Perus., voi. I, rub. 170.
(1) unus bonus homo et officialis et notarius qui eligetur et eligi debeat
ad sacchectum et de sacculo extrahi et publicari de sex mensibus in sex raenses
et cogantur ipsi officiales et notarius et intelligatur ipse officialis esse et sint com-
munis perusie ad recipiendum portionem bonorom devastandorum vel etiara publi-
candorum prò communi et secum ducat tempore quo ibit ad destructiories faciendas
seu ad accipiendum partem )jonorum publicatorum prò communi suum notarium et
unum mensuratorem quem secum ducere voluerit et sit etiam sindicus ad vendendum
dieta guasta et ad recipiendum precium et ad dividendum Inter commune pei'usie et
speciales personas. Stat. Perus., voi. I, rab. 16P.
(2) Statuimus quod super represali.js concedendis officiales extracti de sacculis
et in futurum extrahendi qui sint et esse debeant de artibus scilicet unus prò qua-
libet porta que electio dictorum quinque bonorum hominum fiat et fieri debeat et
insacculetur per officiales positos ad sacculos componendum et sic ad electionem et
publicationem dictorum oflicialium de sex mensibus in sex menses procedatur. — Qui
boni homines et officiales habeant plenam potestatem concedendi represalias cui de
iui'e cognoverint concedendas et concessas tollendi scilicet que prò debito de quo non
appareret instrumentum confessionatum vel guarentigiatum concesse essent cui cre-
diderint concessa non fore de iure. atat. Perus., voi. I, rub. 171.
(3) Eligantur etiam unus bonus homo de mercantia et unus notarius cum eo
super rebus que reprehendentur quibus vel alicui eorum quicumque aliquid repre-
lienderit debeat illud assignare et etiam officiali de cuius licentia i-eprehenderit infra
tertiam diem a die reprehensionis ad penam C C C C C lilirarum denariorum. Et nihi-
lominus cadat a iure suo in rebus reprehendis ipso iure quam contrafaciens solvere
teneatur et possit etiam de robbaria niliilominus accusari qui officialis esse debeat
cum militibus sive socijs potestatis et capitanei et ipsas ras reprehensas tacere banniri
quotiens eis et dictis militibus videbitur convenire. Et factis bannimentis ipse res ven-
dantur prò insto et convenienti precio per dictum bonum hominem de mercantia et
predictos milites potestatis et capitanei dum tanto illas res non debeant concedere
illi qui eas reprehendisset seu reprehendi fecisset vel alicui alij quod ad ipsam valeat
pervenire et quando fient bannimenta predictam ille qui fecerit represaliam vel alius
prò eo non intersit et illud precium quod liaberetui* ex venditione dictarum rerum
L' AM.MINISTKAZIONK ICCOSOMICA, ECC. 403
ili Irenta fiorini d'oro, baduvuno al campione di-Ile carni (1). Ac-
ciocché fosse conservala e migliorala la pescagione, venivano
elelli, di anno in anno, un officiale e un notaio, che, in cerle
tipoche, dovevano far mettere nel lago Trasimeno, dagli appalta-
tori, lina determinala quantità di anguille (2). Altri magistrati (in-
cora si trovavano in Perugia con attribuzioni di varia indole: per
esempio, alle scarcerazioni da effettuarsi in alcune festività ve-
nivano deputati due cittadini con un notaio, eletti per un seme-
stre dai priori e dai camerari (3) ; olire al potestà, al capitano e
ai conser-vatori delle monete si delegavano anche alle mostre mi-
litari e alle riviste delle munizioni da guerra speciali officiali e un
notaio (4). Dai priori e dai camerari, riuniti in consiglio, si elegge-
r('l>rehcnsai"uin (lehfat silii (lari Quo ek'ftio (lieti boni hominis et notarij liat et
lieri debeat de sex mensil)us in sex menses per dictos consules mercatorum sub pena
<: C C C C libraruni denariorum prò quilibet consule contrafaciente vel neglif,fente. Stat.
Perus., voi. I, rub. 172.
(1) Item dare et solvere teneantur et debeant diiobiis oi'licialibus campionis car-
nium communis pei'usie solum visa eorum electione seu publicatione prò anno (pio-
libet tlorenos XXX de auro prò utro()ue eorum. Stat. Perus., voi. I, rub. 418.
(2) Itera ut lacus predictus anguillis uberius abundet: Et ut quantitas anguilla-
rum in lacu predicto mittenda non possit aliiiualiter defraudari; statuiuius et ordi-
mus quod eligantur et eligi debeant per viam sacchetti continue unus bonus homo
et unus notarius quorum oflicium duret per unum annum integrum qui bonus homo
sit et esse intelligatur onicialis communis perusie ad recipiendum anguillas inmittendas
in dictum lacum que sit et esse debeat numero XV milia anguillarum vivarum qua-
rum emptores fructuura aque dicti lacus quinque milia inmittere teneantur: reliquie
vero X milia per piscatores dicti lacus inmitti debeant secundum distributione et de-
claratione taciendara per dictum oftìcialem i)er postas dicti lacus. Stat. Perus., voi. I,
rul). 218.
(3) Item statuimus et ordinamus quod prò tempore futuro eligi debeant duo
lioni homines per priores et camei'arios novos vel per maiorera partern ipsorum in
({ua electione adesse debeant ad minus septera ex priorlbus presentes in concordia
et de camerarijs ad minus triginta presentes et viginti in concordia de sex mcnsibus
in sex menses et unus notarius cum eis que electio fieri debeat per sex mensibus pro-
xime futuris incipiendis in Kalende .JanuariJ proxime venturi infra tempus X dierum
ante principium introilus eorum ofiicij et simili modo fiat per priores et camerarios
(jui extraverentur de mense .Junij et sic fiat quibuslibet sex mensibus de anno in
annum. Qui officiales habeant potestatera et bailiam ad excarcerandum captivos de
«■arcex'ibus dicti communis in festivitatibus infrascriptis modo et ordine infra scri-
lito stat. Perus., voi. I, rub. 187.
(4) Ut stipendiarij tam equites quam pedites serviant communi perusie debite
sicut decet cum eorum personis et etiam cum equis : Statuimus et ordinamus quod
<Iecetero civis et notarius i)ublicandos de sacchulis perusinis sint et esse intelligantur
super monstris gentium armigerarum equitum et peditum quorumcumque : Kt etiam
410 V. ALFIERI
vano i custodi di rocche, fortezze, bastite, castella (castellani, arx et
arcis custos) ; i quali avevano diritto a stipendio e dovevano, dopo
sei mesi, lasciare la loro carica, fare inventario e dare ragione
delle diverse cose avute in consegna (1).
Nel libro, che contiene le disposizioni relative all'organismo
amministrativo dell'antica Perugia (Magistratuum ordines et Au-
ctorilatem), sono anche distintamente considerati i particolari agenti
del comune, per esempio, i cursori (2), i lubatori (3), i campa-
oranium et singulorura castellanorum et aliarum quorumlibet habentiura custodiam ali-
cuius cassari fortilitij et bastie comitatus perusie seu civitatum terrarum ca.stroruru
et locorum quorumlibet que recomendatorum vel quomodolibet summissorum com-
muni perusie: Et etiam omnium et singularura faraulorum eorum et cuiuscumque
eorura. Et etiam omnium et singularum raunitionum quas castellani liabere et tenere,
debent secundum formam statutorum Stat. Perus., voi. I, rub. 244. — Statuimus
quod monstre gentium armigerarum tam equitum quam peditum quomodolibet mili-
tantium ad stipendium seu provisionem communis perusie possint et debeant bene
diligenter et sollicite sepe sepius revideri tam in civitate perusie quam alibi ubicum-
que fuerint tales gentes quomodolibet deputate ad minus una vice mense «(uolibet
per conservatores monete seu alium civem deputatum per ipsos conservatores, seu
sit marescalcus vel non et per ofRciales de sacclmlis publicand s. Rub. 245.
(I) Quod quotienscumque necessitas fiagitaret domini priores et camerarij artium
civitatis perusie obtento tantum premitus partito super unaquaque electione castellani
ad bussolas et fabas albas et nigras per omnes priores concorditer vel ad minus per no-
vem et per omnes camerarios concorditer vel ad minus triginta quinque possint et eis
liceat eligere et deputare in castellanum seu castellanos illos quos putaverint convenire
et mittere ad illa loca prout et sicut putaverint opportunum. Salvo quoii nerainem pos-
sint eligere qui esset debitor communis perusie vel condemnatus seu exbannitus modo
aliquo seu forma Decernentes quod massarij communis perusie possint teneantur
et debeant visa tali electione facta iuxta exigentiam premissorum seu facienda tales
castellanos et eorum famulos conducere et scribi tacere debeant per pila et signa si-
cut sit de gentibus armigeris et de quecumque pecunia dicti communis et sine alio
precepto vel mandato solvere et solvi facei'e ad rationem duorum florenorum cum
dimidio prò qualibet paga retinendo tantum debitam gabellam ad rationem II solido-
rum Stat. Perus., voi. I, rub. 450 duxiraus statuendum quod iraposterum
nullus castellanus alicuius, cassari fortilitij vel bastie comitatus perusie seu civita-
tum teri'arum castrorum vel locorura communi perusie recommissorum seu recom-
mittendorum imposterum possit audeat vel presumat per se vel alium directe vel in-
directe vel quovis coloro quesito quoquo modo iure causa seu forma retinere seu facere
retineri cassarum vel bastiara seu fortilitium aliquod ultra tempus sex mensium
Rub. 180. — Quod castellani quaruradam roccliarum reddant rationem et inventarium
faciant de rebus existentibus in eis. Rubr. 192.
(2) De baiulis et ofificio baiulorum. Rub. 181.
(3) De tubatoribus communis Perusie et eorum officio et salario. Rub. 183.
l'amministrazione economica, ecc. in
nari (1), i nuirutori (2), i medici ('A), i luaniscalchi (4), i custodi
delle masserizie, del palazzo de' priori e delle forili (5), gli spaz-
zini (6), i carcerieri (7), i donzelli e i birri (8), ecc. E tulli ave-
vano salario : i donzelli del comune (doinicelli), il cappellano, il
lubatore, il cuoco dei priori avevano due fiorini al mese, e si
scendeva a un fiorino pel sotto cuoco (quactero), pei custodi delle
porle, per gli uscieri, pel chitarrista, che allietava la mensa dei
priori, e pel naccherino, che accompagnava le trombe dei bandi-
tori a cavallo (9). Ma di tulli questi impiegati non è necessario
eh' io discorra. Piuttosto è bene che, prima di chiudere il capitolo,
io dica brevemente ancora degli officiali delegali alla compilazione
e alla custodia delle scritture risguardanti il governo economico,
e eh' io accenni eziandio ai magistrati sindacatori, tanto iinpor-
tanli per la compagine amministrativa della antica repubblica pe-
rugina.
La molliplicilà delle magistrature e la necessità di sindacare
ogni officiale rendevano molto importante la registrazione dei sin-
goli falli anmiinislralivi. Non credo di essere remolo dal vero af-
fermando che più di cinquanta erano in Perugia gli impiegali,
che dovevano compilare o custodire le scritture riguardanti la ge-
stione comunale. Ho già dovuto accennare ai notari del potestà,
del capitano e dei priori, dei direttori, dei massari, dei conserva-
tori delle monete, degli officiali dell'abbondanza, dei magistrali
sopra strade, fonti e ponti, sull'edilità e sulla pulitezza, sulle vet-
ture, sopra guasti ed espropriazioni, sulla concessione di rap-
presaglie, sulle scarcerazioni, sulle mostre militari. E si è pure
(1) De campanaris et corani officio et salario. Rub. ls-1.
(2) De muratoribus et eonim garsonis et salarijs eorum. Rub. 5Ì'5.
(3) Quoti medici salariati a communi non recedant sine licentia doniinorum prio-
rum et camerariorum. Rub. 5S1.
(4) De electione duorum marescalcorum qui declarent signa et iiilos eiiuorum.
Rub. 253.
(5) De quantitate grani dandi custodibus t'ontis platee. Rub. 539. Vedansi anche
le rubriche 422 e 208.
(6) De salario dando mundatori platee. Rub. 447.
(7) De custodia et custodibus carcenim communis i^erusie. Rub. 185.
(8) De forma iuramenli iudicum sociorum domicellorum et Ijerruariorum pote-
statis et capitanei. Rub. 5.
(9) L. BoNAZzi, op. cit., voi. I, pag. 554.
412 V. ALFIERI
visto che talvolta slavano con i notari i fancelli raziocinatori, ossia
i ragionieri, specialmente se la magistratura concerneva entrate
e uscite di denaro. L'elezione dei notari doveva essere fatta a
sorte fra i matricolati ed in guisa che agli offici più rilevanti si
potessero assegnare le persone più idonee (1). La matricola ve-
niva formata dai tre priori del consorzio notariale insieme a venti
notari buoni ed esperti, da essi trascelli in numero di quattro per
ciascuna porta (2). Perchè i notari attendessero con assiduità al-
l'impiego, vietavasi ad essi l'assunzione di qualsiasi mandato non
risguardante il loro officio (3). Si dovette anche, per utilità pub-
blica e comodità dei cittadini, proibire che i notari esigessero o
accettassero somme oltre quelle ad essi spettanti per salario o
(1) Volumus statuentes quod de omnibus offlcijs que inferiiis declarantur et qiie
dantur per commune perusie notarijs de civitate perusie et que in futurum dabuntur
eisdem lìant sacchuli et ad ipsa officia notarij per viam et modum sacchetti eligantur
et extrabantur et publicentur in maiori et generali Consilio civitatis perusie ad hoc
ut boni notarij et experti ad bona et magna officia ponantur mediocres ad mediocria
et parvi seu minores ad minora officia assumraantur: Et liant et fieri debeant dicti
sacchuli sive saccliecti per officiales qui eligerentur ad refectionem sacchulorum
omnium officialium civitatis et comitatus perusie dummodo omnes notarij scripti et
sci'ibendi in matricula notariorum civitatis et burgos perusie et consortij notariorum
eiusdem civitatis ponantur et mittantur in ipsis sacchulis et scribantur ipsa officia
inter eos secundum modum predictum Officia vero ad que poni et mitti debent
ipsi notarij in dictis sacchulis sunt infrascripta videlicet. — Officium notariatus In
armario communis perusie et notariorum qui sunt in dicto armario ad copiandum. —
Officium notariatus cum officialibus biadi clusij. — Officium notariatus cum officia-
libus massarie et aconciminis palatiorum communis Perusie. — Officium notariatus
cum officiali vel priore de Colle. — Officium notariatus ad copiandum in curia sin-
dici et iudicis iusticie. — Officium notarius cum sindicatoribus potestatis et capitane!
et aliorura rectorum communis Perusie. òtat. Perus., voi. I, rub. 207.
(2) Volumus ordinantes quod priores notariorum civitatis et burgorum perusie
una cum XX bonis et expertis notarijs eligendis per ipsos priores notariorum quatuor
per portam premisso sacramento teneantur si viderint opus esse esaminare et inve-
stigare de condictione et qualitate omnium notariorum civitatis et comitatus perusie
sub pena C C C C C librarum denariorum prò quolibet eorum et quos invenerint esse
legales et sufficientes faciant eorutn nomina et pronoraina et loca unde fuerint de-
scribi in matricula de verbo ad verbum ponantur in statuto populi perusini scilicet
l)OSt ipsum volumen per notarium qui statuta scribet. Stat. Perus., voi. I, rub. 209.
(3) Et ad hoc ut quilibet notarius intendant melius et haliilius ad suum officium
exercendum ad quod deputabitur: Volumus quod talis notarius durante ilio officio
ad aliud officium a communi perusie habere vel exercere non possit nisi aliud per
commune perusie fuerit provisum vel de sacchulis communis perusie extraberetur :
contrafaciens vero puniatur in I> librarum denariorum. Stat. Perus.. voi. I, rub. 207.
l'amministrazione economica, ecc. 41:j
provvigione (1). Heileralamenle si ordinò oi nolari di mostrarsi
ed essere valenti, onesti e diligenti nel loro officio, iiarticoUir-
menle nella tenuta dei libri relativi a entrale e uscite di beni ; e,
se riconoscevansi incapaci o negligenti, venivano sostituiti da altri
notari nominati ilai priori e dai camerari (2). Ordinarono i legi-
slatori che alla registrazione degli introiti delle camere dei mas-
sari e dell'abbondanza si deputasse un notaro veramente esperto
e dotto; e dagli statuti risulta che, nel 1389, fu eletto a ttile of-
ficio, per tre anni, couiinciun<lo dal primo di luglio, e con stipen-
dio annuo di trenta fiorini d'oro, ser Niccolò di Giglio, notaro pe-
rugino di porta S. Susanna (3). Anche i libri di entrata e uscita
(1) Utilitati publice et coiiunodo civiuni et comitatensiuin intendentes : Statuimu.s
•juod nullii^ notarius qui liaberet officium cum salario a communi perusic super ;,m-
hellis macinatus buccarum et salaria pedagij vel alicuius earura vel alterius cuiu-
scumque persone dicti comniunis : non possit seu debeat (iuo({UO modo ab aliquo coin-
iiiuni corpore collofi-io seu singulari persona occasione vel causa talis odici.j prò re-
lutationem vel alia quacumque causa aliquam suscipcre quantitatem, nisi dumtaxat
salariuni debitum et taxatum, sub pena C C C C C librarum denariorum prò quolibet
et vice (iualibet: Ed idem iutellig-atur de notarlo custodie civitis perusie : Salvo quod
solum possit notarius accii)ere prò una litera in sex monses facienda de castellantia
per se et famulo duos anconitano* et non ultra. Stat. Penìa., voi. i, rub. 332. Vedasi
anche la rubrica 5G7.
r2) teneantur et debeant parere efficaciter eorum officialibus circa admini-
strationem eorum officij et in eorum offlcium concernentibus debitis et honcstis et
assidua vigilantia excubare circa exercitium et gestionem officij et libros ordinate
componere et assidue tam introitus quam exitus et alia quecumque emergentia in eo-
rum vel alicuius eorum officio mittere et seriose describere prout decet et omnia et
.singula facere ad que tenentur seu quomodoliljct tenerentur circa tale officium ad
quod esset quomodolibet aliquis electus i:)ublicatus vel surrogatus omni negligentia
l)rocul pulsa. — Et si negligentiam aliquam conimitterent in premissis vel aliquo eo-
rum vel non parerent ipsi vel aliquis. eorum : Quod domini priores et camerari.j ar-
tium diete civitatis perusie ad requisitionera officialium talium rotariorum seu no-
tarij negligentium vel remissorum seu negligentis aut remissi possint teneantur et
debeant alios vel alium loco inobedientum seu inobedientis vel remissi idoneos aut
idoneum surrogare et eligere omni vice vacationem aliquam non habentem per for-
mam aliquorum statutorum communis predicti. Stat. Perus., voi. I, rub. 331. — Ve-
dansi anche le rubriche 46;) e 548 perfettamente uguali alla rubrica 331.
(3) Cum prò ordinatione introituum caraerarum massariorum et alìundantie
communis perusie sit non solum utile sed summe necessarium providere ut depute-
tur unus diligens et expertus et fidelis notarius super registris prò utraque camera
cum officio et potestate prout est et habet notarius camere con.servatorum ad hoc ut
introitus utriusque camere sub debita ordinatione procedant: presenti capitulo duxi-
raus statuendum quod decetero semper sit et esse debeat et deputari unus notarius
lidelis expertus et diligens civis perusinus super registris camere massariorum et
camere officialium abundantic et utriusque cum oflicio et potestate prout lialx't et
414 V. ALKIERI
delia camera dei conservatori delle monete furono affidali a no-
tari : si può leggere negli statuti che le registrature dovevano es-
sere compilate secondo le forme usate da ser Benedetto di Pietro,
notaro dal tempo di Rolando del Sulino, e che valente erasi di-
mostrato nell'ufficio suo ser Giovanni di Angelo del Cerqueto (1).
Spettava ai priori ed ai camerari, e non ad altri, l'elezione dei
cancellieri e degli abbreviatori delle riformagioni (2). Importante
era la magistratura dell'armario, per la quale venivano semestral-
mente eletti due cittmiini buoni ed idonei e due notari. Gli officiali
dell'armario dovevano custodire e inventariare i documenti e con-
segnare le carte e le chiavi dell'armario ai successori entro otto
giorni dal termine dell'officio (3). I notari potevano fare addizioni
cxei'cere possit notarius super registris camere conservatorum cura salario XXX flo-
renos de auro in anno sine aliqua solutione vel retentione gabelle cuius quidem sa-
lari.j dimidia solvatur et solvi debeat sine alio precepto vel mandato solura visa eius
electioiie per massarios communis perusie et alia dimidia solvatur et solvi debeat per
ofliciales al)undantie FA. quod tale offlcium requiritpersonam fldelem doclam pa-
riter et expertam considerantes fidei diligentiam et sufflcientiam ser Nicolai gilij no-
tari j de perusio porte s. Suxanne ipsum tenore presentis capituli ad dictura offlcium
l)ro tempore trium annorum incipiendorum in Kalendis iulij proxime de presenti
anno MCCCLXXXVIIII cura dicto salario et alijs muneribus in dicto officio duximus
eligendum et eligimus aliquo non obstante. Stat. Perus., voi. I, rub. 459.
(1) Item ut in camera conservatorum et massariorum communis perusie appa-
l'eant exitus et introitus ordinate et cuncta modo recto et ordine procedant: duximus
statuendum quod in camera conservatorum monete dicti communis fieri debeat unum
registrum et unum in camera massariorum dicti communis in cartis edinis in quibus
registris scribi et registrari debeant omnes introitus et exitus dicti communis per
notariurn super dictis registris deputandum qui notarius sequi debeat in dietis re-
gistris formam consuetam et usitatam olim per ser benedictum ser petri notarium pe-
rusinum tempore domini rolandi de sulino, qui notarius non scribat ncque scribere
de))eat in dictis registris creditorera sine debitore nec econverso debitorem sine cre-
ditore super quibus registris eligatur et eligi debeat unus notarius valens e^ legalis-
siraus sicut olira fuit ser ioannes ser angeli de cerqueto per dominos priores et ca-
merarios cum salario per ipsos declarando et sibi solvendo per conservatores monete
videlicet prò medietate et prò alia medietate per massarios dicti communis. Stat. Pe-
rus., voi. I, rul). 5G0.
(2i Item statuimus quod electio cancellarij communis Perusie et abreviatoris re-
formationura dicti communis spectet et pertineat et spedare et pertinere debeat ad
dominos priores et camerarios et non ad alium quovis modo et si secus fleret non te-
neat ipso iure et nihilominus pena C C 0 C C librarum astanti et prioribus et alijs
aliter acceptantibus quoquo modo. Stat. Perus., voi. I, rub. 79.
(3) Statuimus et ordinamus (juod deinceps ad custodiara dictorum liliroruni et
scripturarum ponantur et eligantur et eligi debeant duo boni idonei et legales viri
de civitate Perusie de ])0])ulo Perusino ad sacchectuin et i)er formam sacchecti et de-
sacculo fxtrabanfur et ])ul)lic('atui- et cxtrahi et pulilicari delìcant in Consilio populi
L' AMMINISTKAZIONK ECONOMICA, ECC. 41')
o correzioni ai libi'i posli neirarinnrio, ma non |iot(n'aMo comporre
registralure dopo di aver deposta la carica (I). Precipua incmn-
benza di (piesli magistrati era, come meglio si vedrà nel capitolo
seguente, la formazione e la rettificazione del catasto, e perciò
anche la tenuta dei libri dell'estimo (2). Non era permesso di ca-
var fuori i libri dell'armario, ma, in seguito a richiesta degli in-
teressali, si faceva copia delle scritture (3). La copiatura delle
scritture esistenti nell'armario era deputata a cinque notari eletti
<ji sei mesi in sei mesi e retribuiti in ragione di due soldi e sei
de sex niensilms in sex inenses : (|ui lìoni homines teneantur et debeant restituere
libros et clavcs dicti arniarij et ea que ad eos pervenerunt ratione dicti oflieij succes-
soribus eorum infra odo dies iiroximos post linitura eorum ofliciura cum inventario
<iuod fecerint ut infra dicetur: Kt quod domini priores et camerari.) artium civitatis
pcrusie qui jìro tempore fuerint quotiens eis placuerit habeant auctoritatem arbi-
trium et bailiam eligendi unum vel duos bonos et legales viros et etiam duos notarios
qui notarij sint esperti et consueti esse in dicto armario (jui debeant facere et scribere
inventarium de omnibus libris et scripturis ligatis et condemnationum et absolutio-
num factarum et latarum per quoscumque ofliciales communis Perusie a sexaginta
<innis cifra: qui et que reperirentur in dicto armario: quod inventarium debeant
l)refecisse infra tempus eis dandum per priores et camerarios in cartis membranis et
auctenlicare quod inventarium semper debeat ibi remanere. Stat. Perus., voi. I,
rub. 97.
(1) Iteni ((uod quilibet ex notarijs doputatis vel dcputandis ad scribendum ad-
ii ictiones dirainutiones errorum correctiones permuta tiones et alias scripturas ad
eorum oliicium spectantes causa oflieij predicti in dicto armario et catrasto com-
munis i)erusie possit et sibi liceat impune et sine pena predictam omnia et scripturas
quacumque ad eorum ofiicium spectantes scribere, cassare, addere et minuere in liln'is
quibuscumque et manu cuiuscumque notarij scriptis publicis vel non publicis: non
ol)stante quod manu ipsorum notariorum armarij scripti non apparerent vel essent
Stat. Perus., voi. I, rub. lOC. — Item volentes modum salubrem et ordinem dare
offlcialibus armarij librorum communis perusie et eorum notarijs statuimus et ordi-
naraus quod officiales et notarij principales ipsius armarij debeant sindicari de gestis
in eorum ofiicio et quod Unito eorum ofiìcio nihil ])Ossint scribere in libris dicti
armarij Rub. 561.
(2i officiales armari) communis perusie presentes et futuri et eorum notarij
de mandato ipsorum offlcialium possint et eis liceat teneantur et debeant lacere 11-
bram ij)sis non habentibus libram in civitate vel comitatu scilicet civibus in civitate
vel Ijurgis et forensibus in civitate inter forenses tantum si in civitate al)itarent
Stat. Perus., voi. I, rub. 128. — Item quod officiales predicti vinculo iuramenti et ad
l)enam C librarum denariorura prò quolibet eorum teneantur facere summam sum-
marum librarum hominum et personarum alliliratus in ipso catrasto reducendo quod-
libet miliare ad minutam ad centinarium. Riib. 113.
(3) officiales et notarij armarij teneantur et debeant omni die in quo non
<isset aliquod solemne festum non obstante quod essent ferie de se copiam facere in
<licto armario et de mane et de sero omnibus petentibus. Stat. Perus., voi. 1, rub. 123.
41(5 V. ALFIERI
denari al più per ogni caria (1). Per riordinare i documenti esi-
stenti nell'armario, si dovette poi nominare un indoneo cittadino,,
al quale si assegnò l' incarico di esaminare, insieme agli officiali
dell'armario, le diverse scritture, di appartare quelle inutili e di
far posto alle nuove (2).
Dall'esame delle disposizioni sulle antiche magistrature pe-
rugine si trae questo concetto, che alia amministrazione comunale
dovevano prendere parte molte persone, non solo per la molte-
plicità delle faccende e quindi per la opportuna divisione del la-
voro, ma eziandio perchè i legislatori forse opinavano che l'ef-
ficacia del controllo suole essere in ragione diretta del numero
degli agenti. I molti con più difficoltà si corrompono o si colle-
gano : ecco la giustificazione di non pochi ordinamenti ammini-
strativi dell'antica Perugia. E, per aumentare il riscontro econo-
mico, si cercava ancora di evitare l'immediato contatto e la troppa
dimestichezza fra officiali, col proibire le elezioni di quelli che
fossero parenti od anche semplicemente amici dei magistrali dai
quali avrebbero dovuto dipendere. Forse non erano sempre de-
terminali esattamente e irrevocabilmente i particolari offici, forse
non erano sempre definite previamente tulle le mosse ammini-
strative, forse non era incitala e vigilala sempre l'azione di ognuno
mentre si compieva ; ma^ senza dubbio, non lasciavasi mai insin-
dacata l'opera dei singoli magistrati.
Il potestà, il capitano, il maggior sindaco, il giudice di giu-
stizia e gli officiali loro, venivano sindacati da tre cittadini, che
eleggevansi a sorte nel giorno della restituzione dei libri ed ai
(1) in dicto armario esse debeant quinque notarij singulis sex mensibus ad
copiandum et exemplandum scripturas in dicto armario existentes et copiam exem-
piandum petentibus. — Qui V notarij insacculentur deinceps et de sacculis extraban-
tur scilicet unus per porta et semel tantum Et recipere debeant prò eorum mer-
cede et salario prò scriptura cuiuslibet carte duos solidos et sex denarios ad plus
Slat. Perus., voi. I, rub. 97.
(2) domini priores artium civitatis perusie possint teneantur et debeant eli-
gere et deputare unum bonum et expertum civem perusinura qui una cum officiali-
bus armarij librorura comraunis videat provideat et examinet scripturas et libros inu-
tiles in armario existentes que iam sunt in quinquaginta annis vel ultra ex quo fuc-
runt in dicto armario presentate et remisse que ad presens requiruntur et possint
teneantur et debeant ipsas scripturas et libros prout ei dictis ofticialibus armarij vi-
debitur alia loca ipsius armarij restringendo reducere et seorsum ponere ita quod
novis et supervenientibus detur locus Stat. Perus., voi. I, rub. 142.
l'amministka/.ione economica, ecc. ut
quali era data ampia facollA di inquisire e giuilicare. Questi scin-
daci riscuotevano per salario tre fiorini d'oro dai niassar'i ed ave-
vano presso di se un notaio per la copiatura in pubblica forma
delle sentenze e un giudice del fóro per gli opportuni consigli (1).
Gli statuti regolavano scrupolosamente questo alto sindacalo, in cui
manifestavasi di certo nella pienezza sua l'autorità democratica :
ne consideravano partitamente gli obbietti, prescrivevano i modi
di effettuarlo secondo le circostanze, minacciavano pene ai tra-
sgressori; e si deve credere che il popolo, geloso dei suoi diritti,
non lasciasse insindacala l'azione dei principali magistrati comu-
nali (2). V^i furono certamente irregolarità amministrative, infra-
lì) Statuiiims et ordinanms quoti ad sindicanduin potestatem et capitaneiim et
forum lamiliani eligrantui* et deputentur tres l)oni liomines de populo l'erusino ad
sacchectum et de sacculo tara facto quain fiondo qui sacchcctus Jieri debeat tempore
quo sacchecti liunt Priorura et aliorum oflìcialium communis Perusie per illos bonos
liomines et extrabantur de dicto sacculo die restitutionis librorum dictorum oHicia-
lium prò cuius sindicatu traberentur et eius officialium et lainilie f|ui lial)ent et lia-
bere del)eant secum unum iudicem forensem (jui eligetur per ottieiales ad lieo depu-
t^tos vel deputandos a quo possint recipere consiliura et informationem super dicto
sindicatu et testes et eorum dieta recipiant et examinent cui examinationi etiam
adesse possint dicti sindici. Et dictis sindicis consilijs dare de iure tara super proces-
sibus factis per potestatem vel capitaneum quam etiam super his qui fient coram di-
ctis sindicis. Et etiam habere debeant unum notarium qui de sacculo una cum dictis
sindicis cxtrabatur et habeant et habere debeant dicti tres boni homines iurisdictio-
nem et arbilrium auctoritatera et liailiam in cog'noscendo jjrocedendo et sentcntiando
quod et quam liabent et habere ])ossent quicnnique ad sindicandum eligercntur per to-
tum populum Perusie. Et eorum processus et sententie valeant et teneant et execu-
tioni mandentur tamquam valerent iudicum ordinariorura quorumcumque... Item quod
dicti boni homines et eorum notarius habeant et habere et percipere possint et de-
beant prò eorum salario a Massari.js communis Perusie tres florenos auri ])ro quolibet
eorum et notarios duos lìorenos auri visa solum eorum elcctione et publicationt^ de
sacchetto et sine alia apodissa precepto vel mandato quod salariura dicti Massarij
eisdem bonis hominibus et notano dare et solvere teneantur. Stat. Perus., voi. I, rub. 14.
(2) Potestas et capitaneus et maior sindicus et index iusticie et offlcialis damno-
rum datorum et quilibet alius ofRcialis et quilibet eorum : Et qui temporibus futuri»
erunt vel cum altero eorum steterit in civitate perusie finito suo officio et regimine
debeat examinari et sindicari per sindicos ad hec deputatos vel deputandos super eo
quod dicti domini potestas, capitaneus, maior sindicus index iusticie et quilibet alius
officialis vel socij vel iudices vel notarius eorum vel alicjuis eorum reperirentur de-
fraudasse de avere communis Perusie vel alicuius specialis persone furtum vel rob-
bariam commississe vel barattariam in quatruplum quantitatis defraudate et subtracte
vel derobbate vel per barattariam habite debeant condemnari Et priores et came-
rarij non possint ordinare nec reformare nec etiam priores proponero noe etiam no-
tarius scribere nec aliquis arengare quod ante tempus a su])radicto statuto ordiuaiuni
418 V. ALFIERI
zioni alle leggi del riscontro economico, ma ordinariamente si
cercò di punire gli incapaci ed i disonesti, di onorare i saggi ed
i leali (1). Nel 1390, si « elessero huomini a vedere tulle l'intrate
« e uscite della citlàj, con facultà di poter vedere i Conti a lutti
« gli officiali, che havevano in fino allhora maneggialo danari
« public!, a tulli i gabbellieri e appaltatori di Lago, di Salara, di
« Macinato, e di tutti gli altri luoghi, onde entravano danari in
« comune. Et ordinarono poi che per l'assenza del Capitano del
« popolo, a cui apparteneva di rivedere le punlalure, e l'altioni
« de' Priori doppo la fine dell'officio loro, e ben vedute e discorse,
« ò di ammetterle ò di riprovarle, che il Podestà in sua vece do-
« vesse vederle per l'avenire, e particolarmente a i due Magi-
« strali, che poco avanti erano usciti d'officio; il che non habbiam
« voluto tacere, perchè i moderni sappiano, che quello officio,
« ch'era il primo della (^illà, stava anch' egli a sindacalo, e an-
« corche havesse la briglia dell' amminislralione del governo in
« mano, erano però tali quegli antichi nostri padri, che per raf-
« frenare la baldanza de' Magistrati, volevano, che l'altioni loro
« stessero al giudicio del Capitano del popolo, e de' Camerlenghi,
absoluatur ita quod ad sindicandum non stet ; Et si priores vel aliquis de predictis
contrafecerit puniantur pena C C librarum denariorum prò quolibet de quo expresse
debeant sindicari per eoruin sindacatores dicti priores camerari) et notarins et alie
singulares persone per potestatem et capitaneum et maiorera sindicnm in dieta pena
debeant condemnari facta probatione quod arrengaverint per duos testes de auditu
et accusator vel denunciator habeat tcrtiam partem banni a massarijs comrannis Pe-
rusie sine aliqua appodissa precepto vel mandato eius quod venerit in communi. Stat.
Perus., voi. I, rub. 15.
(1) Nel 1359, i peruji-ini vollero che si chiamassero a sindacato coloro che avevano
amministrato i denari per la guerra, e però fu chiamato per sindacatore Geri de' Pazzi
liorentino. Non avendo potuto questi eseguire le sue sentenze contra i condannati, se
ne parti. Se ne chiamò un altro, ma questo fu messo prigione, ed ivi fini i suoi
giorni. — Fu soppresso per parecchi anni T officio del maggior sindaco e fu poi ri-
messo nel 1408. — Nel Ì33S, al potestà (Xobilis et potens Miles Dominus .Joannes Do-
mini Vinciguerre de Panciaticis Pistoriensis Potestas Perusie) fu dai priori donata una
corona d' oro, che gli fu messa in cipo in presenza di una gran moltitudine di gente,
e ciò pel suo buon governo e per la sua giustizia ed equità. Nel 137S, fu concesso al
potestà (Nobilis et potens Miles Dominus Errigus Malaspina de Obizis Lucensis Po-
testas Perusie), per la buona sua amministrazione, di aggiungere alla sua arme il
griffone, insegna di Perugia. — Veggasi il Saggio di memorie Istoriche civili ed eccle-
siastiche della Città di Perugia e suo contado — opera postuma di Annib.\le Ma-
KiuTTi. Torno I, parto II, i)agg. 2^3, 315, 200, 296.
f
l/ AMMIXISTKAZIONK KC'f )NO.MICA, ECC. 419
« per le mani iJe' qvi.ili si rivedevano iniiintis^iinaiiieiile gli alti
« loro, de' quali spesso n'erano re|)r'ovali nmlli » (1). Leggendo
gli slaluli di Perugia si vede allrihuila, in ^asi disparalissiini, a
diversi officiali del governo la esecuzione di uno stesso decreto,
e si rileva uno scambio di incumbenze non sempre giustificalo
dal titolo dell'officiale. Già ho dovuto accennare a questa circo-
stanza, che può indurre a giudicare non sempre ordinata razio-
nalmente l'amministrazione comunale. Per esempio, il maggior
sindaco appare occupato di strade, di delitti, di birri, di carceri,
di (Ianni dati, di arredi (2), ecc. Ma, fra le attribuzioni proprie
del maggior sindaco, si devono ricordare la vigilanza sopra le
elezioni, e specialmente il sindacalo dei priori delle arti, dei mas-
sari, dei conservatori delle monete, degli officiali dell'abbondanza,
e di tulli gli altri impiegati comunali (3). I magistrati del comune
(1) P. Pei.lini. — Bell' Ili-storia di l'eruyia, parte seconda, libro decimo, pa-
jjrina 1-1. — Già dal 1315 erasi staliilito che i priori dovessero sottostare al sindacato
<lel capitano del popolo e del giudice di giustizia. (P. Pelmni, op. cit., parte prima,
libro (luinto, pag. 410).
(2) Teneatur et debeat dictus maior .sindicus et index iusticie ex debito sui of-
licij : Et ad eius spectet ofiicium facere lieri aptari et explanari et sterni vias comi-
fatus et districtus Perusie a portis burgorura civitatis extra Stat. Petrus., voi. I,
rub. 16. — Statuimus et ordinamus quod dictus maior sindicus et ludex iusticie sit
et esse debeat offlcialis super omnibus et singulis damnis datis et (jue darentur in
comi tatù Perusie toto tempore sui offici.j et uno mense ante per quacumque personas
et in Civitate vel burgis vel suburgis Perusie et de damnis datis de (|uibus penderei
processus Rub. 22. — Item statuimus quod dictus maior sindicus potestas et
capitaneus et ([uilibet eorum sit et esse intelligatur ot'licialis sujjer arrcdijs et vijs
Rub. 26.
(3| Statuimus et ordinamus quod maior sindicus et iudex iusticie teneatur et
dolìeat ex otficio in([uirere contra omnes et singulos qui eligerentur ad aliqua officia
per commiine Perusie et contra eligentem et insacculatos et contra insacculatores: Kt
si invenerint aliquem esse electura vel elegisse vel insacculasse vel insacculatus esset
<;ontra vel preter formam statutorum et ordinamentorum seu rel'ormationum civitatis
Perusie debeat electionem cassare et annullare et electum et eligentem insacculatum
et insacculantem condemnare in penis contentis in statutis et ordinamentis civitatis
perusie. stat. Perus., voi. I, rub. 16. — Ad officium autem dicti iudicis iusticie et
sindici pertineant sindicare, exarainare, punire et absolvere et condemnare dominos
jiriores artium et omnes et singulos alios ofliciales homines et personas contenta.s
in presenti capitulo qui fuerint in oftìcio vel qui aliquid commiserint contra formam
statutorum civitatis i)erusie in tempore vel infra tempus sex raensium precedentium
proxime initium sui ofticij quorum ofiicium expiravit ante initiura sui oflici.j. Rub. 20.
— Item quod massarij communis Perusie eorum notari.j fancellus et nuncius et qui-
libet ipsorum et omnia et singula per eos et quelibet eorum gesta et administrata
t(Mni)ore eorum oHlciJ quoqxio modo possint et debeant diligentissime sindicari et
420 V. ALFIERI
non potevano essere assolti prima della fine del loro officio, e
nemmeno potevano essere rieletti immediatamente, fosse pure fa-
vorevole il giudizio dei sindaci (1). Anche gli officiali forensi do-
vevano essere sindacati al termine della loro carica, e, se il sin-
dacamento compievasi prima, i conservatori delle monete erano
obbligati a sospendere i pagamenti dei salari (2). Dei sindaci di
castelli e ville (Sindici Castrorum vel Villarum Comitatus), ricor-
dati nel primo e nel terzo libro degli statuti, e che, fra le prin-
cipali loro incumbenze, avevano la denuncia dei misfatti e dei
danni avvenuti nella loro giurisdizione (3), non reputo espediente
examinari per raaiorem siiidicum civitatis Perusie secundum formam statutorum
Rub. 462. — Statuimus quod conservatores monete eorum notarij, fancelli, nuncij et
marescalchi et quilibet ipsorum omnia et singula per eos et quelibet eorum gesta et
administrata tempore eorum offlcij quoquo modo possint et debeant diligentissime
examinari et sindicari per maiorem sindicum civitatis secundum formam statuto-
rum Rub. 328. — Statuimus quod offlciales abundantie eorum notarij fancelli
mensuratores et famuli et quilibet ipsorum et omnia et singula per eos et quelibet
eorum gesta et administrata tempore offlcij quoquo modo possint et debeant diligen-
tissime examinari et sindicari per maiorem sindicum civitatis perusie secundum for-
mam statutorum Rub. 547. — Item sindicet omnes et singulos offlciales et supre-
stites alicuius vie fontis vel pontis vel alterius laborerij communis Perusie ad quo-
rum manus pervenisset aliqua pecunia vel aliquid aliud a communi Perusie vel ab
aliqua universitate vel speciali persona occasione talis officij aliquo non obstante per
totum tempus eorum offlcij Rub. 21.
(1) Pro statu raeliori communis perusie et populi statuimus et ordinamus quod
non possint nec debeant domini potestas et capitaneus et index maior iusticie com-
munis perusie nec aliquis offlcialis communis perusie seu eorum offlciales absolui
anteciuam suum regiraen et offlcium finiatur vel ante tempus sindicationis flende de
eis vel aliquo eorum per commune perusie nec possint vel debeant alieni eorum para-
bole seu licentie dari ad aliquod eundi regimen vel offlcium suo durante officio extra
comitatum perusie antequam sit lata sententia super examinatione sui offlcij per
eorum sindicatorcs. — Et nullus de predictis officialibus communis perusie iurisdi-
ctionem habentibus possit in offlcio refìrmari vel conflrmari seu eligi nec in eodem
officio vel in alio communis perusie eligi vel assummi a die depositi officij ad octa
annos tunc proxime accessuros salva tamen forma infra scripta Stat. Pei^us.,
voi. r, rub. 204.
(2) XuUus offlcialis forensis communis perusie aliquo modo iure cavisa seu forma
vigore alicuius statuti vel ordinamenti communis perusie possit vel debeat sindicari
vel quomodoliliet absolui seu eidem sindicatus remitti infra tempus sui offlcij vel
eius durante officio quoquo modo vel aliquid provideri seu fieri possit quo minus
iuxta formam statutorum communis perusie et exigentiam electionis stare debeat ad
sindicatum Et quod conservatores monete vel alij officiales communis perusie
tali contra dictam formam sindicato vel absoluto non possint nec debeant ullo modo
iure causa seu forma solvere ultimam pagam sui salarij. Stat. Perus., voi I, rub. 270.
(3) Vedansi le rubriche 513 e 503 del primo libro e le rubriche 3, 172 e 173 del
libro terzo.
L' AMMINISTIJAZIONE ECONOMICA, ECC. 421
discorrere. Cosi termino questo cenno sull'organisino annninislra-
tivo dell'antico comune di Perugia ; ed ora mi accingo a Irallare
brevemente delle funzioni amministrative.
Le funzioni amministrative.
Le azioni, in cui si manifesta l'amministrazione economica,
mirano direttamente o indirettamente a rendere la ricchezza dell'a-
zienda nella massima misura efficace. Quelle, che tendono diretta-
mente a tale scopo, costituiscono la gestione; quelle, che tendono
indirettamente a tale scopo, costituiscono la direzione, se sono ri-
volte a coordinare e dirigere le prime, e costituiscono il controllo,
se sono rivolte a rilevare, ricordare, stimolare e frenare il lavoro
economico (1).
La gestione comprende l'effettiva accumulazione di beni eco-
nomici, la trasmissione loro e il loro dispendio o impiego al con-
seguimento dei fini per cui l'azienda esiste. Le entrale e le uscite
di beni economici sono fenomeni della gestione e possono dipen-
dere da falli amministrativi di varia indole: da compere, da pro-
duzioni, da riscossioni, ecc., oppure da vendile, da consumi, da
pagamenti, ecc. Sono suscettibili di essere considerate in vari
aspetti : riguardo ai fatti da cui derivano, riguardo agli elementi
patrimoniali, che vengono aumentali o diminuiti, riguardo all' im-
portanza loro, riguardo alle condizioni dell'azienda, ecc. Non è
quindi né facile né breve lo studio delle entrale e delle uscite di
un'azienda, specialmente se questa è pubblica e complessa e di
più remola e spenta. Ma giova osservare che certe entrale e certe
uscite sono intimamente legate ad altre uscite e ad altre entrale,
e che perciò, considerando quelle, si considerano implicitamente
anche queste. Fra gli elementi patrimoniali, i cui accrescimenti ed
i cui scemamenli sono legali a sceraamenli e ad accrescimenti di
molli altri elementi patrimoniali, v'è il denaro, che, per i suoi
movimenti, ha grande rilevanza nei fatti di gestione. Nelle aziende
pubbliche, particolarmente in quelle di corporazioni, nelle quali
la ricchezza si raccoglie proporzionalmente al numero e all' inten-
ti) F. Besta, op. cit., voi. I, paj?. 29.
422 V. ALFIERI
sita dei bisogni da soddisfare e deriva da contribuzioni delle per-
sone cui l'azienda giova, la maggior parte delle entrale è a
denaro e per conseguenza anche le uscite sono in gran parie a
denaro. Adunque io credo di non lasciare grave lacuna se mi re-
stringo qui a considerare, entrate e uscite a denaro e se delle
olire entrale e uscite mi occupo incidentemente soltanto.
Anche a Perugia, come nelle libere città greche (1) ed in pres-
soché tutte le repubbliche medioevali, era parso che il modo mi-
gliore di effettuare a tempo le erogazioni necessarie per la di-
gnità, l'onore e il benessere del comune, dovesse consistere nel
vincolare a ciascuna spesa ordinaria o permanente i fondi prove-
nienti da determinate rendite o lasse, e nel fare eziandio custodire
il denaro in casse separale presso distinti magistrali. Così depu-
tavansi alle spese più importanti le rendile più sicure ed alle spese
meno rilevanti le rendite meno certe; così facevasi fronte alle
spese ordinarie con rendile ordinarie e alle spese straordinarie
con rendite straordinarie; così ollenevasi la fissazione delle en-
trale e la limitazione delle uscite. Le rendile si determinavano,
nell'indole loro, nella loro misura, nei modi di ottenerle, con atti
solenni e per tempi non brevi, da coloro che esercitavano l'auto-
rità eminente. La facoltà e insieme il dovere di esigerle si as-
segnavano con gli slessi alti a magistrati speciali. Parimenti le
spese si decretavano per tempi determinali o finché durava la
loro ragione di essere, ed i relativi pagamenti si accollavano ai
singoli consegnatari del pubblico soldo. Perchè agli officiali non
mancassero i fondi necessari per i pagamenti, assegnavansi a cia-
scuno di essi determinale riscossioni; e, nell'intento di evitare i
possibili storni fra le diverse erogazioni, ordinavasi per l'appunto
che si dovesse custodire il denaro in particolari casse, e all'uopo
comminavansi anche pene pecuniarie.
Talvolta, nell' imputazione dei fondi, si collegavano, non solo
gruppi di rendile con gruppi di spese, ma anche rendile singole
(1) Ricorda Aristotile che i magistrati maneggiavano quasi tutti pulìblico de-
naro; e Demostene, nell'orazione contro Androzione, narra che una volta il senato
ateniese non potè far eseguire la legge di Temistocle, la quale imponeva la fabbrica-
zione di venti navi all'anno, perché il cassiere del magistrato, a cui incumbeva tale
ufficio, era fuggito portando seco due talenti e mezzo. Veggasi la prolusione di F. De-
sta: La Ragioneria, pag. 51.
l'am.mixistkazioxk KCO.NO.MICA, iocc. 42H
con singole spese. Negli stallili pci'n^ini, alla nilifica 12:^ il.'l
primo libro, r dello che i provenli ilella gabella dei posli-iholi siano
erogali nella niannlonzione de' palazzi e delle masserizie comu-
nali; e, nella rubrica 42:) dello slesso libro, A dello ancora che le
rendile della gabella delle emine siano impiegale nella manuten-
zione delle campane e nell'acconcime degli ammallonali. Si hanno
anche antichissimi esempi di queste destinazioni di speciali rendile
a speciali spese. Nella riformanza del 15 luglio 1276, è dello che
«< militihus (jui debent ire Spoleturn in succursu ipaius commitnis
deheret satisficri et solri de eorum stipendisi de denariis montia
MalìA » (1).
A Perugia, adunque, l'erario era diviso; ma il sistema della
molteplicità di casse non ebbe certamente grande sviluppo, come
a Venezia, e ciò forse per la minore importanza dei bisogni pub-
blici e dei mezzi economici (2). Vi furono casse transitorie, istituite
in vista di speciali servizi e di mutabili circostanze, special-
menle nel primordio del comune, quando cioè l'organismo ammi-
nistrativo non era ancora formato e rassodato in modo convene-
vole (3). Perugia, alle volte imitatrice di Firenze, forse non ebbe casse
generali e speciali ordinate in guisa che a determinate epoche 1
resti di queste si versassero in quelle (4). Le casse principali e
(1) Ebbi quest'ultima notizia dall'egregio bibliotecario conte Vincenzo Ansidei.
Debbo ringraziare il conte Ansidei, il professore Torquato Cuturi e il professore Luigi
(Jiannaiatoni dei consigli, che, per agevolare questo mio lavoro, benevolentemente mi
diedero.
(2) Nel 1738, a Venezia, erano quattro soli i magistrati, per cui si sostenevano
spese, che non avessero cassa propria. — Nella scrittura de' Dep. ed Agg. alla prov.
del den., del luglio 1720, si legge, a proposito di studi fatti per tentare una riduzione
di casse : « fu di mestieri far un'anatomia generale di 54 magistrati che regirano
soldo pubblico e distinguer in la diramazione di 21S casse, de' quali 101 principali
vengono registrate in libri separati, ed il rimanente che sono casse 112 subalterne si
unisce nel registro a' libri delle principali sopradette ». — Veggasi l'opera già citata
di F. Besta, pag. 52.
(3) Dalla riformanza, poc'anzi citata, si trae che, nel 1276, esisteva un « cameria-
rius raontis Malbi », il quale, è detto nella stessa riformanza, non voleva pagare i de-
nari nel termine stabilito. — Del resto, si può rilevare dagli statuti, clie talvolta ma-
neggiavano denaro, non solamente i massari, i conservatori ed i magistrati dell'abbon-
danza, ma eziandio gli officiali delle masserizie, gli officiali sui guasti, ecc.
(4) A Firenze, le casse d' uscita, oltre ad avere assegJiamenti sulle casse speciali
d'entrata, ne avevano spesso su quella generale della camera, oppure ricevevano
somme da essa, quando qualcuna delle casse d' entrata, sulla quale stavano assegna-
424 V. ALFIERI
permanenti erano tre: la cassa dei massari, la cassa dei conser-
vatori delle monete e la cassa degli officiali dell'abbondanza. A
ciascuna di queste casse erano assegnate speciali rendile ed ac-
collate speciali spese dagli stessi statuti comunali. Per tal modo
si otteneva stabilità nella fissazione delle rendite permanenti o as-
sise e nella limitazione delle spese ferme. Ma, per avventura, si
aumentavano inutilmente le scritture ed i riscontri col passaggio
del denaro da cassa a cassa, si lasciavano inoperose somme di
denaro relativamente troppo grandi, si rendeva difficile la pronta
e conveniente erogazione dei fondi al soddisfacimento dei bisogni
più urgenti. Di qui la ragione di alcune incongruenze, forse me-
ramente apparenti, che si crede di rilevare, esaminando le dispo-
sizioni statutarie e le diverse riformagioni di quei tempi.
Per dimostrare chiaramente il servizio del tesoro nell'antico
comune di Perugia, reputo espediente di epilogare qui le diverse
disposizioni statutarie relative all' introito e all'esito delle tre pre-
cipue casse:
Introito della camera dei massari.
1. Gabella liguorum, palearum et herbarum,
2. Gabella pignorum,
3. Gabella bestiarum quadrupedum que veudiiutur iu civitate burgis et
suburgis Perusie,
4. Gabella accusatiouum coucordiarum laudorum sententiarum et deci-
morum,
5. Gabella Buccarum,
6. Gabella meusurarum civitatis et comitatus perusie qiie deputata est
per aconcimiue foutinra et cetera,
7. Communautie pasture clusij Perusini (1),
8. Communautia pedatarum et pasture montis malbe (2),
9. Commuuatie montis malbe liguaminis et calcinarioriiTm,
menti, non era in grado di contribuire colla somma stabilita. Le casse della camera,
specialmente quella generale, oltre alle poche rendite, che vi dovevano affluire dai
contribuenti, ricevevano dalle diverse casse i loro resti o fondi di cassa ad epoche
determinate. Così é scritto neir opera già citata di P. Rigobon, pag. 85.
(1) Dei Chiugi perugino.
(2) Monte Malbe è a nord-ovest di Perugia.
l/ A.MMINISTKAZKJXE ECONOMICA, EC<'. 425
10. Comnuuiantia quiuque crtiiieniriiin sitanun in sii|naiiiiinnii in donii-
bus cainpiouis (1),
11. Condemuatioues que liuut per dominos potestatein et capitaneuiu iiia-
ioreni sindiciun et per quoscuinqne alios officiales foreuses civitatis
perusie : Et etiam conservatorein iusticie coniitatus perusic : Kt etiam
piM- officiales abuudautie et salarle,
12. Punctature castellanorum et alioruin officialluin solveiule in dieta
camera seciiudiiin tbrniam statutorum camere couservatorum de mou-
stris revideudis et puuctaturis solveudis,
13. Commuuautia postriboli (|ue solvi debet otìicialil)Us massariarum com-
inniiis Perusie,
11. lutroitus ceusuum et paliorum qui et que anuualiter presentautur
commuui Perusie iu lesto saucti Herculani,
1."). Gabella duorum solidorum prò qualibet libra oiniiiuin (|iiantitatum
que solvi debeut in camera massariorum que deputata est jier ma-
uutentione fontis aque ductus et cetera (2).
Esito della camera dei massari.
1 in perpetuum et anno quolibet iu lesto decolatiouis glo-
riosissimi raartyiis Herculani liat et fieri possit et debeat annua eli-
mosina de triginta tribus vestimentis et esse debeant quadraginta
septem canne panni bigij ad rationem uuius lioreni prò qualibet
canua et etiam quod dicto die domini priores artium qui prò tem-
pore luerint teneantur et debeant trigintatribus pauperibus ob Chri-
sti reverentiam iu eorum palatio commestionem dari facere : Et quod
prò tali expeusa babere possint et debeant a camera massariorum
auuo quolibet iu dicto testo tres ttorenos auri (3).
(1) Sulla piazza del Sopraniuro pranvi casamenti per i pubblici granai.
(2) Itera perveniant et pervenire debeant ad manus dictorura massariorum et ad
ipsos massarios omnis alia pecunia et res alle dicti communis que non essent depu-
tate in alia camera vel loco et que non deberent pervenire ad alios oflicialcs dicti com-
munis secundura formam statutorum et ordinamentorum communis predicti. Stat.
Perus., voi. I, rub. 351.
(3; Stat. Perus., voi. I, rub. 37S. — Dice il Pollini che, nel 1389, « i nuovi Priori,
« capo de quali fu M. Alberto di Nino de Guidalotti, per non mostrar di essere meno
« religiosi de gli altri, tra le prime cose, che facessero dopò V bavere il dì di Santo
< Herculano ricevuti i debiti Pali ordinarono per avvertimento di un Reverendo Padre
* dell' Ordine Osservante di S. Francesco, che si vestissero tredici Poveri, e si desse loro
« la Domenica prossima da desinare in palazzo, ad imitatione dei Salvatore, quando il
« giorno innanzi la sua morte volse nell'ultima Cena lavare i piedi a Discepoli » (op.
cit. parte prima, libro nono, pag. 136S - 1369).
28
426 V. ALFIERI
2 possint" teneautur et debeaut siue aliquo alio precepto vel
mandato de quacixmque pecunia dicti communis expeudere prò cera
emenda prò faculis et candelis et cereis emendis et dandis et distri-
buendis (1).
3 teneautur et debeant fieri facere unum calicem argeuteum
deauratura in quo suut sculta arma communis perusie valoris et
precij X fioreuorum quem calicem dicti massarij de quacumque pe-
cunia dicti communis emere teneautur et expendere dictam sum-
mam et offerre in die festivitatis s. Ambrosij ecclesie saucte Marie
nove de perusio anno quolibet sub pena CCCCC librarum deua-
riorum (2).
4 dent et soluaut anno quolibet camerario pictorum prò pi-
ctura imaginis herculani X librarum deuariorum siue solutione gla-
belle (3).
5 teneautur possint et debeant dare et solvere siue alio pre-
cepto vel mandato hastiludentibiis equestribus in platea communis
Perusie ad anulum in festivitatibus sancti Herculani et omnium san-
ctorum cuilibet lucranti anulum in utroque festo prout extitit con-
suetum decem libras deuariorum (4).
6 possint et debeant dicti massarij expendere de pecunia di-
cti communis prò fulcimeutis braviorum : ad que curritur in fe-
stivitatibus sancti Herculani et omniiam sanctorum et prò thauro,
porchetta, pane, aucipitre et hastis frangentibus in diebus ordinati»
tisque in quantitatem LX florenorum de auro in totum ad declara-
tionem dominorum priorum et camerariorum diete civitatis (5).
7 possint teneatur et debeaut dare et solvere de quacumque
pecunia dicti communis que pervenit seu perveniet ad eorum ma-
nus siue alio precepto vel mandato prò elemosina anno quolibet vi-
delicet in Kalende Aug'usti cuiuslibet anni — Fratribus sancti Frau-
cisci — Fratribus sancti Dominici — Fratribus saucte Marie nove
— Fratribus sancti Agustini — Pro quolibet conventu dictorum
(1) Nelle successive rubriche 3S0, 381, 382, 383, 384, 385, 380, 387, 388, 389, 390, 391,
392,393, 394, 393, 396, 397, 398, 399, 400, 401, 402, 403, 404, 405, 406, 407, 408, 410, sono pe-
culiarmente fissati il numero e il peso delle candele e delle torcie di cera da sommini-
strarsi, per processioni, luminarie, funzioni ecclesiastiche, ai singoli magistrati del
comune, a chiese, badie e conventi, sopratutto nelle feste di S. Costanzo) di S. Erco-
lano e di S. Lorenzo.
(2) Rub. 409.
(3) Rub. 412.
(4) Rub. 413.
(5) Rub. 414.
L" A.M.MINISTUAZIONE ECONOMICA, KCC. 127
qxxatuor coiiveutiium libras L denaiiorum videlicet in totuiii lil)ias
tlucentas — Itcìii monasterìo sancte Marie de moute lucido anno
(luolibet libras XXV deuarioruni — Item fratribus saucte Marie ser-
vorum libras XXV denarioniin — Item nionasterio saucte Marie Mad-
dalene libras vigintiquinque denarioruni — Item dicto monasterio
dent et solvant C libras denarioriini anno quolibet videlicet qiiiu-
quaginta in lesto uativitatis et alias (luinqueginta in festo ])ascatis
dominice resurectiouis — Item de decennio iu deceuuium dent et
solvant xinum palium de offerendis coniiuuuis Perusie (1.
8 dent et solvant et dare et solvere teueantur et debeant
gubernatori seu rectori saucte Marie maiestatis de volta prò oleo emendo
prò lanipadibiis accensis retinendis in dieta maestate ad eius revo-
rentiam mense quolibet unum fiorenum de auro si et inquantiim
oleum quod recoligitur seu recolligeretur iu bonis diete niaestatis
non sufficeret : quo casu dictam <|uantitatem solvere teneatur et alter
vel alio modo non sed solum solvere debeant iu defectum dicti olei,
prout opus fuerit ad ratiouem uuius floreui prò qualibet mense (2).
9 cum societas sani in festivitate gloriosissimi martyris Her-
culani iu ferendo imag-inem dicti martyris iu ludis celebrandis iu
dieta festivitate se preteritis exercuerit, et preteritis temporibus a
massarijs communis periisie iu dieta festivitate habere consueverit
sex tlorenos de auro et XX libras denariorum ut ad decorem diete fe-
stivitatis valeaut excitare : duximus statueudum quod massari.]' com-
mixuis possi ut teneatur et debeant anuo quolibet iu dicto festo dare
diete societati saxi dictam qxiantitatem sex florenos de auro et XX
libras denariorum siue aliquo alio precepto vel mandato aliquo non
obstaute — Item societatis montis lucidi prò ludo et festo faciendis
apud modum predictum libras L denariorum auno quolibet (3).
10 deut et solvant de quacumque pecunia dicti communis qua
perveuient ad eorurn manus capellano sancii Laureutij (jui pulsat
(1) Rub. 4 5. — Ricorda il Pellini che, intorno al 14(5S, fui'ono donati « cento fio-
« rini doro, e altre somme in diversi tempi alli Reverendi padri di Santa Maria degli
« Angeli di Perugia fuor delle mura in porta san Pietro Canonici Regolari di san Sal-
« valore detti delli Scopetini per risarcimento della loro Chiesa, altri quattrocento lio-
« rini alla Chiesa di san Francesco in porta Sansanne, alla cui fabrica s'era largamente
« dalla Città sovenuto, e altri mille dugento ne diede alla fabrica, che la pia casa della
« Misericordia faceva nella piazza minore, dove lioggi è lo studio, e il Monte della
« Pietà » (op. cit., parte seconda, libro decimoterzo, |)ag. 697).
(2) Rub. 416.
(3) Rub. 417.
428 V. ALFIERI
campanam prò scholaribus anuo (]Uolibet libras decein denarionim
siue alio precepto vel mandato (1).
11 anno qaolibct in Kalende ianuarij teueantur et debeant dare
et solvere sine alio precepto vel mandato capellauo sacristie palati.)
dominorum prìorum prò oleo emendo et prò lanteruis manntenendis
per ipsum capellauum cum lumina de nocte in scalis palati,) domi-
norum priorum floreuos deeem de aviro sub pena CCCCC librarum
deuariorum prò quolibet coutrafaciente — Item massari.] presentes
vel futuri teneantur et debeant sub dieta pena dare et solvere officia-
libus massaritiarum prò dictis lanteruis emendis et ordiuandis in
scalis dicti palati,! : ad boc ut lumem de nocte continue habeatur,
prò honore dicti palatij et etiam commodum ascendeutium seu de-
scendentium per scalas dicti palatij floreuos X de auro (2).
12 teneantur et debeant omnem quantitatem floreuorum seii pe-
cunie perventure ad eorum manus tempore eorum offici,] ex g-abella,
que solvitur et solvi debet in dieta camera ex quautitatibus floreno-
rum seu pecuniarum per massarios solvendis sine alio precepto vel
mandato prò manntentioue foutis platee et eius aqueductus et cister-
uis, dare et solvere officialibus massaritiarum communis perusie (3).
33 possint teneantur et debeant siue alio precepto vel mandato
solvere et solvi facere officialibus massariarum dicti communis prò
mauutentione palatiorum et massariarum dicti communis et prò ali]s
circa eorum officium opportunis omnem quantitatem florenorum aiiri
et pecunie percipieude ex gabella postribuli anno quolibet ad
eorum introitus poni et reg'istrari facere (4).
14 teneantur et debeant sine alio precepto vel mandato dare
et solvere officialibus massariarum communis perusie prò manuten-
tione campanarum et horolog-i,] et earum pulsatioue et prò aconcimine
matonatus civitatis et btirg-orum portarum et suburgorum perusie
omnem quantitatem floreuorum seu pecunie que quomodolibet per-
veniet ex gabella eniinarum et mensurarum civitatis predicte bur-
goiiim et suburgorum (5).
15 possint teneantur et debeant sine alio precepto vel man-
dato dare et solvere septem domicellis deputatis seu deputandis per
(1) Ruh. 419.
(2) Rub. 120.
(3) Rub. 421.
(4; Rub. 422.
(5) Rub. 423.
l'amministrazione economica, ecc. 421»
(lomiaos priores et camerarios iu palatio liabitationis dominoruni prio-
ruin artium civitatis perusie yl).
IG dent et solvant et dare et solvere teneaiitur et debeaut
prò septem raubis septem domicellorum deputatorum seu deputan-
dorum ad servitia domiuorum priorum prò (luolil)et anno iu lesto
beati Constantij ad rationem X tiorenorum de auro prò (|ualil)et rauba
iu totiiin prò quolibet anno Horenos LXX sine ali(|ua sohitioue j;a-
belle (2).
17 dare et solvere teueantur et debeaut dicti massari)' sine
aliquo alio precepto vel maudato solimi visa eorum electioue prò iu-
dumeutis uuucij domiuorum priorum et prò duodecim raubis famu-
lorum et portiuarij et eorum notarij ad rationem IIII fiorenoriim
auri prò qualibet rauba dictorum tamiilorum et portiuarij et prò in-
dumentis nuucij sexdecim tloreuorum de duobos mensibus iu duos
meuses iu totum Horeuos LXIIII de auro cum debita tamen reten-
tioue gabelle sub pena CCCC libraruin denariorum prò (|Uolibct cou-
trafacieute et vice qualibet (3).
18 dent et solvant et dare et solvere teneautur et debeaut de
mense quolibet sacristie capelle domiuorum priorum vel eius succes-
sori prò suo salario duos Horenos de auro sine alicuius retentioue
gabelle sub pena cento librarum denariorum (4:).
19 deut et solvant et dare et solvere teneautur et debeaut
uni coquo eligendo per dominos priores prò toto tempore officij prio-
ratus duorum meusium Horenos quatuor de auro — Itcìii uui gua-
.etaro et qui verrat palatium domiuorum priorum eligeudo per dictos
dominos priores prò tempore duorum meusium iu totum duos iiore-
uos de auro — Item uni qui hauriat aquam eligendo per dictos do-
minos priores tempore otticij prioratus et ferat ad coquinam et ad
salam iu totum fioreuos III de auro: et quod dictas quantitaies sol-
vere teneautur et debeant solum visa eorum electioue sine alicjuo
precepto vel maudato cum debita retentioue gabelle sub pena C li-
brarum denariorum (5).
20 solvant et solvere teneautur et debeaut notarlo domiuorum
priorum prò salario scripturarum et libri restituendi in cancellarla
commuuis perusie per eum in forma publica de eis de quibus roga-
(1) Rub. 42 i.
(2) Rub. -J25.
(3) Rub. 426.
(4) Rub. 427.
(5) Rub. 428.
430 V. ALFIERI
tus fiierit prò tempore cuiii.slibet prioratus tiorenos X de auro cum
debita retentioue g-abelle (1).
21 deiit et solvant et dare et solvere teneautur et debeaut can-
cellario coiiimuuis peru^ie per eius quotidiano victu temporibus et
sub peua prout iu eius electioue exprimitur ad rationem XX solido-
rum denariorum prò quolibet die sine alia solutioue vel retentioue
gabelle prò anno (|Uolibet in totum libras CCCLXVI denariorum —
Item eideni prò lumiue liabendo in cancellarla communis Perusie
mense (|Uolibet duas libras candelarum cere sine aliqua solutione g-a-
J)elle — Item eidem anno (luolibct in subsidium expeusarum ultra
dictas quantitates tiorenos (luindecim de auro sine aliqua solutione
gabelle — Item eidem prò pensione domus anno quolibet XX Hore-
nos de auro (2).
22 possint teneantur et debeant dare et solvere abreviatori re-
formationum communis Perusie temporibus et sub pena in eius ele-
ctione contenta prò sublevatione expensarum anno quolibet florenos
quindecim de auro sine aliqua solutione vel retentioue g-abelle (3).
23 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant
duobus nuncijs g-onfaloneriorum prò duabus robbis et duobus caputeis
anno quolibet florenos vig-inti de auro et libras decem (4).
24. Item dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant prò sep-
tem robbis, tubatorum et unius naccbarini ad rationem X florenorum
prò qualibet robba solum visa eorum electioue florenos LXX de auro
retinendo g-abellam ad rationem XII denariorum prò qualibet li-
bram (ó).
25 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant prò
salario dictorum tubatorum et unius naccbarini cum uno equo prò quo-
libet eorum ad rationem V florenorum auri quolibet mense et quo-
libet eorum si ronzinum retineverint : et si ronzinum non retineve-
rint ad rationem trium florenorum prò quolibet mense et quolibet
eorum de quo quidem ronzino monstram et assig-nam tacere te-
neautur (6).
2(5 volumus et mandamus quod capitulum et fratres s. Marie
servorum curam habeant capello s. Honofrij in doinibus carcerum
(1) Rub. 429.
(2) Rub. 430.
(3) Ruh. 431. — Il salario il(';j:li alilireviatori delle rif'oriiiagioni era pagato, come
si vedrà ia .seguito, dai conservatori delie monete.
(4) Rub. 43:2.
(5) Rub. 433.
(6) Rub. 434.
h'AMMlNI.STllAZlOXIi KCOXOMICA, KCC. 4.'51
site habeaiit a inassarijs comumiiis penisie anno quolibot unum
ceiuin cere poiuieris \'l liliraruiii et liljras VI caiidclaruiii (^1).
27 deut et solvaut et dare et solvere teueantur et dcbeant (juincjue
custodibus carcorum ooininunis perusie prò tempore duorum mensium
ad ratiouem XII solidoruin denariormn prò quolibet eorum et <|U0-
libet die solum visa eorum electioue seu publicatione de duobus meu-
sibus iu duos menses libras CLXXX denariorum. Et si plus minus
ve capereut dies prò bimestrali tempore solvere debeaut ad rationem
XII sulidorum denariorum prò quolibet die ut cai)ieut (2).
2.S deut et solvaut et dare et solvere teneautur et debeant sine
precepto vel mandato custodibus carcerum coramunis Perusie solum
visa eorum electioue seu i)ublicatione prò oleo liabeudo prò lumiue
tenendo iu dictis carceribus et etiam prò aqua habenda prò carceratis
florenos duos de auro de duobus mensibus iu duos menses (3).
2!) dare et solvere teneantiir bouo homini et uotario dictorum
carcerum prò eorum salario de duobus mensibus in duos menses li-
bras X denariorum solum visa eorum electioue seu publicatione (4).
30 teneautur et debeaut dare et solvere sindicatoribus officia-
liuui foreusium communis perusie solum visa eorum electioue seu pu-
blicatione prò eorum salario florenos tres de auro prò quolibet eorum
et notarlo ipsorum sindicatorum solum visa eius electioue florenos II
prò quolibet officio sindicatus (5).
ol massari.)' possint teneautur et debeant sub peua C librarum
denariorum prò (juolibet et vice qualibet us()ue iu niuiierum duode-
cim baiulorum taui electorum quam eligcndorum prò dominos prio-
rem artium ad ratiouem II tloreuorum prò (juolibet eorum et (|Uoli-
bet mense solum visa eorum electioue et habita fide ad officialibus
quibus suut yel erunt deputati depeuso servitio de tempore in tem-
pus ad hoc ut illis debeat satisfleri qui servieut, prout decet (6).
*{)2 dent et solvaut et dare et solvere teneautur officialibus ar-
niarij librorum communis Perusie prò (jUolibet eorum prò tempore
semestrali ad rationem XII florenorum de auro prò (juolibet eorum
in totum florenos XXIIII de auro solum visa eorum electioue seu
publicatione (7).
(1) Rub. 435.
(2) Rub. '436.
(3) Rub. 437.
(4) Rub. i3S.
(5) Rub. 43'.).
(0) Rub. 410.
(7) Rub. 411.
432 V. ALFIERI
33 dare et solvere teueautur et debeant uui uotario officialium
custodie solum visa eius electione seu publicatioue de sex mensibus
in sex menses in totum prò tempore semestrali liorenos VI de auro
cum debita retentione g-abelle : Et uui famulo ad rationem unius fio-
reni de auro mense quolibet videlicet unum iiorenum prò quolibet
eoruni et quolibet mense et famulus vacare debeat sex menses (1).
34 dare et solvere teneantur sine alio precepto vel mandato prò
peunonibus tubarum et eorum fulcimentis dandis tubatoribus com-
munis perusie anno quolibet tempore consueto et expendere perperea
de quacumque pecunia commuuis perusie quolibet anno usque in sum-
mam LV tìorenorum de auro prò bis omnibus (2).
35 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant prò
iustitia facienda cuilibet malapezze et vice qualibet ad bullectenum
oflficialium forensium qui iusticiam fieri fecerint libras duas dena-
riorum perusinorum et prò alijs causis opportunis perperea secundum
bollectenum talium officialum omnem quantitatem opportunam
Et quod per massarios communis perusie debeant solvi alimenta et
vestimenta condecentia dictis duobus malapezzis videlicet prò quo-
libet malapezza XV fiorenos auri in anno (3).
36 dare et solvere teneantur et debeant heredibus occisi vel occi-
dendi sine alio precepto vel mandato tertiam partem totius condem-
nationis que solveretur communis Perusie (l).
37 dicti Massarij possint teneantur et debeant sine alio precepto
vel mandato dare et solvere omnibus et singulis oflficialibus forensi-
bus prò inveutiouibus armorum ludi et invenctis de nocte et pun-
ctaturis castellanorum et famulorum et potestatum et rectorum co-
mitatus et civitatis et terrarum suppositarum communis Perusie. Et
de invenctis coutra devetum et in salarium fraudem, committentibus :
Et de alijs que venire fecerint in communi omnes quantitas fìoreuo-
rum et pecuniarxim eis debitas per formam statutoruin dicti com-
munis (5).
38 possint teueautur et debeJint sine alio precepto vel
mandato dare et solvere mundatori platee communis perusie anno
quolibet visa solum publicatioue seu electione libras L denariorum (6).
(1) Rub. -142.
(2) Rul). 443.
(3) Rub. 444. — Qui è stabilita la paga ai carnefici.
(4) Rub. 415.
(.5) Rub. 446.
(6) Rub. 447.
I.' AM.MINISTKAZIONE ECONOMICA, KCC. 433
39 dare et solvere teucantur et debcant duol)us oHicialilms cain-
pioiiis caruiuiii coimnunis perusie .soliiin visa eoriim elcctioiie seu pu-
blicatione prò auuo quolibet florenos XXX de auro prò iitro(iue eo-
nim {V).
40 possiiit teneantiir et debeant dare et solvere prò salario
advocati vel sindici communis perusie (piotiens prò d(!leiisa iuriuiu
comuiunis in aUijiia lite controversia vel causa mota vel uioveuda
coutra conmmne perusie eli<i"eretur per doininos priores artiuin ad
mandatuni dictoruiii doniinoruni et canierarioruni anno (|U(jlil)('t iis(|Ue
in quautitateni X tìorenoroni de auro prò quolibet eoruni (2).
41 possiut teueantur et debeant visa electione facta
castellauos et eorum famulos de (|uacuni(|ue pecunia dicti coni-
niuuis et sine alio precepto vel mandato solvere et solvi lacere ad
rationem duorum llorenorum cum dimidio prò qualibet paga retiueudo
tanien debitam gabellam ad rationem II solidorum prò qualibet libra
de quibus quidem castellanis et eorum famulis revideri possit et de-
beat moustra prout et sicut revideri debet de alijs castellanis et eo-
rum lamulis et punctari et puniri prout et sicut debent alij castel-
lani (3).
42 deut et solvaut rectori vel ambasiatori cuius fuerit equus
ronziuus vel mulus mortuus vel iuutilis eff'ectus emenda ipsius equi
ronzini vel muli secundum extimationem de ipso factam per couser-
vatores monete communis perusie seu per dominos priores artium ci-
vitatis perusie (4).
43 duximus statuendum quod decelero quotienscumque ad do-
minos priores artium civitatis perusie venerit aliquis nuntius cuia
aliqua victoriosa palma vel alicjua felicia seu importautia nova re-
portaverit et videretur esse deceus prò honore communis ipsum nun-
cium seu nuucios quocumque fuerit honorare in vestimentorum lar-
g'itionibus seu pecuniarum sicut personarum seu l'acti qualitas po-
stulare! massari communis perusie possint teneantur et debeaut
dare et solvere otìicialibus massaritiarum communis perusie omnem
quantitatem de quacumque pecunia dicti communis que pervenit
seu perveuient ad eorum mauus : quam quantitatem dicti officiales
massaritiarum teneantur et debeant expeudere in bonorandis talibus
uimcijs (5).
(I) Rub. 448.
{2} Rub. 449.
(3) Rub. in).
(4) Rub. 151.
(5) Rub. 452.
■434: V. ALFIERI
-44 Statuimiis quod de cetero domini priores artiuin qui i^ro
tempore fueriiit possiut teueantur et debeant iu pascate nativitatis
dominice resurrectiouis et peutecostem quolibet die trium dierum
cuiuslibet pascatis domiuum potestatem, capitaneum popoli, maiorem
siudicum, et eorum collateiales, caucellarium, abreviatorem refor-
mationem, capitaueum, custodie et notarium deputatum seu depu-
taudum ad Consilia congreg-anda iu dicto palatio et quemlibet eorum
honorabiliter convenire sicut prò houore et magniflcentia dicti com-
niuuis et honore oflKcij fuerit oportuuam : Et quod prò quolibet quo
dictos officiales convivaverit iu qualibet festivitate pascali prout su-
perius est expressum, ipsi domini priores habeant et habere debeant
sine precepto vel mandato solum habita fide de tali convivatione fa-
cta a massarijs communis Perusie florenos tresdecim de auro et unum
tertium alterius floreui indequacumque pecunia dicti commuuis que
perveniet ad eorum mauus (1).
45. Ad reverentiam g-loriosissimi martiris Hercolani et mag-uiflcentiam
et honorem commuuis et populi perusini duximus statueudum
quod domini priores artium civitatis Perusie qui prò tempore fuerint
possiut teneantur et debeant in dicto die festivitatis convivare hono-
ritìce sicut decet officiales forenses in precedenti capitulo declaratos
omnes et sing'oios ambasiatores seu siudicos civitatum terrarura et
locorum et dominorum communi Perusie suppositorum seu reccomen-
datorum qui ad dictam civitatem Perusie veuerint ad preseutandum
bravia seu alia quecumque censualia in tali testo dictis dominis prio-
ribus prò communi Perusie recipientibus : et quod prò tali convivio
dicti domini priores habeant et habere possiut et debeant sine alio
precepto vel mandato a massarijs communis perusie fiorenos triginta
de auro de quacunKiue pecunia dicti communis que pervenit seu
perveniet ad eorum mauus (2).
-46. Cum sepe contingat ad dominos priores artium civitatis Perusie di-
rigi nuncios a diversis partibus et persouis Statuimus quod mas-
sarij commuuis Perusie precedente tamen deliberatione dominorum
priorum et camerariorum et obteuto partito ad bussolam et fabas albas
et nigras ad minus per duas partes possiut teneantur et debeant visa
solum tali deliberatione sine alio precepto vel mandato de quacumque
pecunia dicti communis que pervenit seu perveniet ad eorum manus
dare et solvere dictis dominis prioribus usque in vigiutiquinque li-
bras denariorum tempore cuiuslibet prioratus et non ultra (3).
(1) Rub. 453.
(2) Rub. 454.
(3) Rub. -ióS.
L' A.MMINIsrUAZION'IO ICCOXo.MU'A, ECO. 435
47 possiat et eis liceat precedente taineu deliberatione domino-
rum ])riorum et camerariorum ex pendere de pecunia dicti com-
iiiunis que perveniet ad corum manus seu pervenire deberet ex jtre-
ci.js camerarum dicti communis deputatarum camere massarioruui
prò reparatione tectorum hostiorum et fenestrarum quantitatem op-
portuuam in ea summa prout et sicut per dominos priores et came-
rarios extiterit declaratum (1).
4S possint sino alio precepto vel mandato ex pendere et solvere
de quacumque pecunia dicti communis que pervenit seu perveniet
ad corum manus prò cartis bombicinis, pecudinis, cera rul)ea, ver-
nice, attramcuto prò li^-aturis et copertis lil)rnrnm et prò alijs simi-
libus opportunis prò cancellaria communis jx'rusie notaro dominorum
priorum, oflicialibus super custodia, olHciali super bullectino, otHcia-
libus super unione siudicatoribus officialium tbrensium prò camera
dictorum massariorum et cuiusque eonnii tempore officij cuiuslibet
massariatus prò tempore semestrali in totum usque in quantitatem
septuag-inta tiorenorum auri (2).
49 possint et debeant siue alio precepto vel mandato de ipia-
cnmqvie pecunia dicti communis solvere anno quolibet ratiocinatoribus
maioris sindici prò salario eorum et cuiuslibet ipsoruin solum visa
eorum electione seu publicatione tìoreuos octo de auro alitino non
obstante (3).
50 possint et debeant quotieus casus emerserit aliquem medi-
cum terre iudicium iu aliquo casu membri debilitati vel cicatricis vel
alter solvere cuilibet medico quantitatem debitam et cousue-
tam (4).
ól possint teneautur et debeant de quibuscumqu.e iutroitibus pro-
veuturis ex montemalbe vel de alia quacumque pecunia que perve-
nit seu perveniet qiaomodolibet ad eorum manus expendere dare et
solvere officialibus ma^isaritiariiim communis perusie totiens quotiens
opus fuerit prò aptandis et mamitenendis campanis existentibus in
turri palati)' dominorum priorum et reparatione diete turris et etiam
prò horolog'io construeudo in dieta turri (5).
ó2 Statuimus quod quotiens casus emerserit, mas>^arij communis
Perusie ad mandatum dominorum priorum et camerariorum artium
(1) Rllli. 457.
;2) Rub. 438.
(3) Rub. 464.
(4) Rul). 465.
(5) Rul). 466.
436 V. ALFIERI
civitatis penisie qui prò tempore fueriut possiut et debeaut expen-
dere de quaciiraque pecunia commuuis Perusie vel solvere prò houo-
rando fuuus cuiuseumqiie prioris qui decederet in posteruni eius du-
rante officio (1)
53. Pro nutrimento populi Perusini : Statuimus quod massarij commu-
nis Perusie ad mandatum seu declarationem dominorum priorum et
camerariorum artium civitatis Penisie qui prò tempore fueriut omni
vice possiut et debeaut prò abuudantia facienda in civitate et comi-
tatù perusie omuem quantitatem florenorum et pecunie ad eorum
manus perveuturam solvere officialibus abuudantie (2).
Introito della camera dei conservatori delle ìnonete.
1. Comuuautia fructuum reddituum et proveuctuum aque lacus elusi.]
perusini et gabelle piscium,
2. Gabella salmarum grossarum et pedagij de pede platee,
3. Gabella salarle,
4. Gabella contractuum,
5. Gabella vini et bestiarum et mercatorum comitatus Perusie,
6. Introitus et proventus collectarum et prestautiarum prò preterito per
commune Perusie,
7. Gabella II solidorum prò libra qualibet retineuda per ipsos couser-
vatores seu ipsis conservatoribus solvenda de omnibus et sing-ulis
solutionibus et pagaraentis faciendis per ipsos conservatores vel la
camera ipsorum conservatorum quibuscumque personis quomodocum-
que et qualitercumque non obstante quod caveatur quod ipsas solu-
tiones vel aliquam earum facere possent vel deberent sine reteutione
vel solutiones alicuius gabelle preter in casibus iu presenti volumiue
statutorum specialiter exceptviatis,
8. Omnes et singule puuctature faciende de stipendiarijs communis pe-
rusie equestribus et pedestribus secundum formam pactorum com-
munis perusie: Et etiam pene quas ipsi stipendiarij incurrerint prò
inobservantia et inobedientia secundum formam pactorum : et etiam
punctature que fient de castellanis,
9. Omnes punctature que fient de officialibus forensibus et eorum familijs
secundum formam statutorum et ordinamentorum communis Perusie,
10. Omne residuum quod restabit et super erit cuicumque officiali com-
(1) Rub. 468.
(2) Hub. 46). — Qui si la cenno dei probabili storni, ossia delle probalìili trasmis-
sioni di (ondi da cassa a cassa.
LAM.MIXI.STUA/.IOXE ECONOMICA, ECC. 437
inuiiis perusie ab executione sui officij, exceptis ina.ssari.js et officiali-
Inis super g^uasto : Et etiam exceptis otticialibus al)uudantie et biadi
et etiam campiouis carnium et ofiicialibus super niassaritijs,
11. Omuis utilitas et omne melioranientunì percipienduni per ipsos con-
servatores et eorum faucellos de bavere et pecunia comuiunis perusio
ad eorum maiius perveuta seu perveuieuda tempore eorum offici.j,
12. Omnis quautitas Horenorum et pecunie qui et que communi perusie
solvi debefet per commautiam terranim subiectam seu recommenda-
tarum ipsi communi seu per alias quascumque sing'ulares personas
et prò honore censu et seu pacto ipsi communi Perusie prestando
prò nuuc vel in tuturum.
13. Commuuantia omnium et siugularum camerarum sitarum in palatio
populì habitationis domini capitanel civitatis perusie quarum fructus
vendi cousueverunt quod palatium nunc habitat dominus potestas
civitatis Perusie,
14. Communautia camerarum sitarum iu palatio habitationis domini po-
testatis civitatis perusie et iuxta et prope locum maestatis iuxta di-
ctum palatium et domorum seu voltamenti zecche quarum fructus
vendi consueveruut,
15. Communautia camerarum sitarum in domibus campiouis biadi qua-
rum friictus vendi constieverunt,
16. Communautia miuus orti qui olim fuit ecclesie saucti Fiorenti.),
17. Commuuantia mentis tetij (l».
18. Communautia honorum olim Bertaconis,
19. Communautia faldi,
20. Communautia uuius tenimenti terrarum posita vecchia clusij Periisini,
'21. Communautia portus et poteris olim fratonis panzi (2),
"22. Commuuantia pedatarum aque lacus communis perusie (8),
23. Communautia uuius tenimenti terrarum positi in clusio perugino
prope campum stundece et possessioues rivi maioris que vocantur le
macchie.
24. Communautia unius tenimenti et domus et vim positarum iu perti-
uentijs laviaui,
(1) Monte Tezio, a nord di Perugia.
(2) Rispetto l'antica ortografia, e però scrivo anclie i nomi con l'iniziale mi-
nuscola.
(3) Sotto la voce pedate, sono intese tutte quelle terre, che sono intorno al lago
Trasimeno, dalla riva di esso insino alle strade. Cosi dice il Pellini (op. cit., parte se-
conda, libro decimo, pag. 110).
438 V. ALFIERI
25. Commuuautia bouorum olim areugutij et ix^-oliui iiositorum in loco
qui dicitur caioucole, saltichie et paciano,
26. Comuuautia de casa Castalda,
27. Commuuautia duarum bubulchariarum que olim fuerunt Renerij
Giialterij,
28. Commuuautia honorum olim mutij domini Fraucisci,
29. Commuuautia saucte Saviue i^l),
i30. Commuuautia Collis,
31. Commuuautia duarum bubulchiariarum positarum in colcello,
32. Commuuautia molendiuorum poutis novi,
33. Commuuautia moutis aieri cuius quidem precium redditus et pro-
veutus debeut oftìcialibus massari tiarum commuuis nostri per acou-
cimue viarum civitatis burg-orum et suburgorum perusie anno quo-
libet prout capieut et sumraabuut,
34. Commuuantia bubulcharie castri Alghesis,
35. Commuuautia castri fossati,
36. Communantia quatuor bubulchariarum terreni posititi in clusio Inter
lacum et clauas (2),
37. Communantia Colcelli,
38. Communantia arboreti olim lippoli tilis (3).
Esito della camera dei conservatori delle monete.
1 quod couservatores monete qui prò tempore fuerint possint
teneautur et debeaut solvere et solvi tacere sanctissimo in Christo
patri et domino domino Bonifacio digua die providentia pape nono vel
eius successori canonice intranti vel cui prefatus summus poutifex
vel eius successor mandabit, quautitatem debitam et debendam dicto
domino summo pontifici et Romane ecclesie prò ceusu secundum
formam capitulorum pacis editorum inter dictum summum pontificem
et dictam romauam ecclesiam experte una, et dictum commune pe-
rusie experte altera (4).
(1) Terreni presso Ellera, ora detti i Sodi di S. Saliina.
(2) Il torrente Caina ;
(3) Itera omnes et singule alie communantie seu gabelle et introitus ipsarum
quarum redditus et provenctus nec debentur vel in futurum deberentur camere ii)so-
rum conservatorum : Et omnes communantie et gabelle et introitus quicumque et que
.massarijs vel alijs officialibus dicti communis deputati non essent veniant et venire
debeant et solvi camere ipsorum conservatorum monete et ad ipsos conservatores jiei'-
veniant. Stat. Perus., voi. I, rub. 23().
(4) Stat. Perus., voi. J, rub. 290. La pace di Genova, nel 1392, fra il papa e i
Visconti é firmata anche dai Perugini, come alleati di Galeazzo. I Perugini spediscono
i/amministkazioniì economica, kcc. 439
2 possiut ipsi conservatores et debeant secunduiii putta et con-
ventiones firmata et firniatas seu liniiaiida cium (iuihusi-uiii(|iu' p-n-
tibus armigeris equitibus seii peditibtis (|UOcuiii<nie modo vel torma
conductis seu iuposterum conduceiidis solvere et solvi tacere de
quacumque pecunia dicti coiiiiimnis qiie ad eorum iiianus pervenit
seu perveniet (1).
3 dent et solvant et dare et solvere teueantiir ilomiuis priori-
bus artium civitatis perusie qui prò tempore fueriut videlicet prò
quolibet prioratus diiorum mensium in totum prò eis et eorum no-
tario prò salario eorum et previsione fiorenos quiug-entos septuagiuta
duos de auro libras IIII et solidos VI deuariorum perusiuorum sine
aliqua solutione vel reteutione g-abelle (2).
4 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant do-
niinis Camerarijs artium vel eorum procuratori prò toto tempore se-
mestrali ducentos fiorenos de auro sine aliqua solutione gabelle (3).
5 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant do-
mino potestati civitatis perusie prò suo et eius officialium et famu-
lorum salario prò tempore semestrali duo milia fiorenos de auro
cum solutione gabelle (4).
6 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant do-
mino Capitaueo populi maiori «indico indici iusticie prò suo et offì-
poi ambasceria a Bonifazio IX per offrirgli l'assoluto dominio della città, a condizione
che vi venisse a risiedere, e che, quando ne stesse assente per più d'un anno, o ne
partisse con animo deliberato di non tornarvi, allora ritornasse al comune il vicariato
di S. Chiesa, secondo i patti stabiliti con Urbano VI. Il Papa accetta e viene in Pe-
rugia, la quale consacra 2iOO fiorini d'oro alle feste ufficiali, non ostante l'impoverito
tesoro. Ritornano i Raspanti. Pandolfo Baglioni insorge. Ma i popolani vincono ed
esiliano i nobili. Biordo Michelotti entra in Perugia. Si fa guerra a Bonifacio IX e si
conchiude la pace nel 139G. — Vedasi la Storia di Petnigia per L. Bon.vzzi, voi. I,
pag. 513 e segg.
(1) Rub. 291.
(2) Rub. .292. — Lo stipendio de' priori venne mutato parecchie volte. Da prin-
cipio fu di dieci soldi al giorno, oltre il vitto : poi di un fiorino al giorno. Vedasi il
capitolo precedente. — Alla rubrica 299 é scritto ancora: Item dent et solvant et dare
et solvere teneantur et debeant ser Antonio alleutij de piro et ser Christoforo vagnutij
de gualdo deputatis ad servitium dominorum priorura (come notari) prò eorum et fa-
mulorum salario mense quolibet quantitatem contenta in eorum conducta et famu-
lorum seu reflrma tam facta quam facienda Et similiter solvere debeant usque in
dictara summam cuilibet alteri officiali post depositum ofiicium seu refirmam dictorum.
(3) Rub. 293.
(•4) Rub. 29J.
440 V. ALFIERI
cialiiim et famulorum salario prò tempore semestrali florenos mille
quadringentos de auro ciim debita tameu solutione gabelle (1).
7 dent et soliiant et dare et solvere teueantur et debeaut can-
cellarlo communis Perusie prò eius salario prò auuo quolibet florenos
ducentos viginti octo sine solutione gabelle (2).
8 deut et solvant et dare et solvere teueantur et debeant abre-
viatori reformationum communis Perusie prò eius salario anno quo-
libet florenos ceutum septuaginta de auro sine aliqua solutione vel
reteutione gabelle (3).
9 dare et solvere teueantur et debeant capitaneo custodie pa-
lati,]' domiuorum priorum prò tempore semestrali florenos CCCL de
auro cum debita solutione gabelle (4).
10 dent et solvant electionarijs videlicet domini potestatis do-
mini capitanei populi et majoris sindici ad mandatum faciendum
prò dominos priores artium diete civitatis prò triginta diebus sala-
rium consuetum : videlicet in totum Inter electionarios notarium et
sindicum florenos centura viginti de auro prò quolibet officio electio-
nariorum potestatis et capitanei cum debita solutione glabelle (5).
11 dent et solvant electiouario notarlo et siudico ad eligeudum
capitaneum custodie palatij dominorum priorum prò XV diebus In-
ter omnes XXXVII florenos cum dimidio de auro cum debita solu-
tione gabelle (6).
12 dént et solvant et dare et solvere teueantur cuilibet consultori
forensi eligendo ad consuleudum sindicatoribus potestatis vel capi-
tanei maioris sindici usque in quantitatem quadraginta floreno-
rum prò quolibet cum debita reteutione gabelle (7).
(1) Rub. 295. — Nel Vi]2, il capitano del popolo aveva di stipendio, per tutto il
semestre, 800 fiorini d'oro. Cosi scrisse il ■SIariotti (op. cit., tom. I, parte II, pag. 344).
Ma il Pelijxi (op. cit., parte I, pagg. 385, 386) disse che, nel 1311, dal primo magistrato
di detto anno fu accresciuta la paga del capitano lino a 1800 fiorini d'oro il semestre. —
Nel 1388, fu stabilito da un general consiglio che al potestà e al capitano del popolo
fossero dati, per l'avvenire ed in perpetuo, 1700 lìorini per semestre e 50 corbe di spelta
per ciascuno. Nel 1397, fu stabilito che il capitano del popolo, che per qualche anno
non vi era stato, avesse per sua provisione 1300 fiorini d'oro per semestre e il potestà
1.500 (Peli.ini, parte II, pag. 86).
(2) Rub. 296.
(3) Rub. 297.
(4) Rub. 298.
(5) Rub. 300.
(6) Rub. 301.
(7; Rub. 302.
L' AM.MIN'ISTKAZIOXK IX'ONOMICA, ECC. 441
13 dcnit et solvaut uni consultori civi (iiiciii coiisciNatores eleg'o-
riut prò suo salario prò tempore semestri in totum tlorciios (|uiii-
(|ue de auro siue alio precepto vel mandato (1).
14 dicti conservatores possint prò se ipsis et eoruni salario ro-
tiuere de quacuinque pecunia dicti coiniiiunis prò tempore semestrali
libere licite et impune tioreuos XV de auro prò (luolibct eorum
Item dent et solvaut et dare et solvere teueautur ed deljeant si ne
precepto vel mandato duobus notarijs eorum camere prò eorum et
cuiusque eorum salario prò tempore semestrali tloreiios XX de auro....
duobus fancellis dumtaxat super introitibus et exitibus ])er ipsos eli-
gendis prò tempore semestrali usque in (juantitatem XL fiorenos de
auro uni nuncio p(!r ipsos conservatores elicendo prò suo sa-
lario uiiiun tiorenum prò (luolibet mense uni vel duobus maru-
finis (2) elig'endis prout ipsis conservatoribns oportunum vide-
bitur usque in quantitatem trium liorenorum prò quolibet eorum et
mense quolibet (3).
1» dent et solvant et dare et solvere teueantur et debeant sine
alio precepto vel mandato notarijs diete camere super reg'istris
deputatis et imposterum deputandis prò eorum salario ad rationem
XL florenorum de auro prò quolibet anno sine ali(iua retcntione
gabelle (4).
16 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant offi-
ciali super bollectino sine alio precepto vel mandato prò se et alijs
suis officialibus ad rationem octo florenorum de auro prò quolibet
mense inter omues (5).
17 dent et solvant et dare teneantur et debeant fratribus sancti
Dominici anno quolibet in festo corporis Christi siue alio precepto
vel mandato libras L denariorum prò elimosina facienda dictis fra-
tribus (6).
18 dent et solvant et dare et solvere teneantur et debeant offi-
ciali et notarlo revisionis monstrarum cassarorum et fortilitiorum
coramuuis perusie prò eorum salario prò quolibet die quo equitave-
(1) Rub. 303.
(2) Marrufflni o ministri di arte di lana e di seta.
(3) Rub. 304.
(i) Rub. 305.
(5) Rub. 306.
(6) Rub. 307. — Si ila (jui un esempio di irregolare assegnamento delle spese,
poiché le erogazioni relative alla beneficenza e al culto spettavano per l'ordinario ai
massari.
29
442 V. ALFIERI
riut prò eorum officio exerceudo XXX solidos denarionim prò quo-
libet equo videlicet officiali prò duos equis et notarlo prò uuo
equo (1).
19 dent et solvaut et dare et solvere teueantur et debeant
pulsatori quitarre iu refectorio dominorum priorum prò anno quo-
libet XII fioreuos de auro item in festo sancti Constantij prò una
veste decem florenos de auro (2).
20 possiut et eis liceat prò opportunitatibus dicti communis con-
ducere ad stipeudiurn seu salarium dicti communis usque in quatuor
cabalarios et usque in quinque cursores cives districtuales seu fo-
renses: Et ipsis caballarijs de quacumque pecunia dicti communis sine
alio precepto vel mandato dare et solvere prò quolibet et quolibet
mense usque in Villi florenos. Et cursoribus prò quolibet eorum
et quolibet mense usque in quinque florenos (3).
21 possint et eis liceat deputai-e et eligere super moustris fa-
ciendis et de g'entibus armig'eris unum civem in officium ire deben-
tem cum officialibus publicaudis ad revidendum monstras gentium
armig-erarum.... et tali officiali solvere prò suo et equi salario prò die
quolibet ad rationem XXX solidorum prò quolibet die (4).
22 possiut teneautur et debeant sine alio precepto vel mandato
dare et solvere officialibus super monstris gentium armigerarum ca-
stellauorum potestatum et aliorum quorumlibet officialium foren-
siura quartam partem omnium et siugvilarum punctaturarum sci-
licet quantitatum que remanserint propterea in communi seu in com-
raune venerint quoquo modo (5).
23 dent et solvaut et dare et solvere teneautur et debeant cu-
stodibus portarum civitatis burgorum et suburgorum perusie prò eo-
rum et cuiusque eorum salario prò mense quolibet sine alio precepto
vel mandato florenum unum de auro et solidos XL (6).
24 possint teneautur et debeant ad maudatum et provisioue fa-
ciendam prò domiuos priores et camerarios artium civitatis perusie
de tempore in tempus, prout uecessitas postulabit dare solvere vel
numerare officialibus abundantie dicti communis prò grano emendo
(1) Rub. 308.
(2) Rub. 309.
(3) Rub. 310.
(4) Rub. 311.
(5) Rub. 312.
(6) Rub. 313.
l' AMMINISTKAZIONE ECONOMICA, ECC. 41:5
aiit emi faeiemlo ile (|uaeuiiitiuc pecunia (lieti eoniiimiiis i|ue porvc-
nit seu perveuiet ad eornm iiianns occasione eonim oflici.j (1).
25 possint teneantur et debeant de (|iiacuin(|U(r jH-cuiiia sol-
vere et uiunerare emptoribus campionis carniiiin dicti coiiiiimiiis onnii
vice qua dietimi campione venderctiir et prò ipso faciendo et con-
servando de tempore in tempns secundiim deliberationeni laciendam
per dominos priores et camerarios ([Ui prò tempore luerint uscpu! in
summam duorum milium Horenoruni [2).
26 dent et solvant et dare et solvere teneautur et del>eaut de
<iuacuinque pecunia ad declarationem et maudatuin diuntaxat
domiuoriuii priorum et camerarioruin per aconcimine, lortitìca-
tioue et perfectioue castrorum clusij Perusie (3).
27 Statiiimiis qiiod prò perfectioue castri spedalicclii comitatns
Perusie per offlciales deputati seu depiitaudi imposteruin super cou-
structioue dicti castri spedalicchi habeant et habere debeant de mense
in iiieusem usqiie ad consumationem et pcrfectionem integram dicti
castri Horenos C de auro sine solutioue gabelle (4).
28 dent et solvant seu ad introitum et exitum inittant florenos
C C C de auro solvendos super et de introiti! gabelle pedagij et ga-
belle grosse de pede platee vel de alijs iutroitibus si eis non sit sa-
tist'actum siudico capitiili et ordiuis cartusiensis vel eiiis procu-
ratori occasione restitutionis domorum olim comitis nolani (5).
29 possiut expendere sine alio mandato ex precijs qiie ex ca-
meris coptuinatis seu coptumandis per conservatores pervenire debent
ad eorum caineram per aconcimine hostioruin tectorum et feuestra-
riini vel alicuius earum omnem quantitatem (juam viderint necessario
expendendam (6).
30 possint teneantur et debeant absqiie aliquo alio precepto vel
mandato omnia et siugula provisa declarata exequi observare
adimplere et fieri lacere prò reparatione porte voltularum civi-
tatis Perusie et bolagarij (7) et muri superioris. — Pro palatio de
(1) Rub. 31 i. — Anche qui sono considerati i passaggi di denaro da camera a
camera, come nella rubrica 469, già ricordata.
(2) Rub. 315.
(3) Rub. 318. — Trattasi di spese ti-ansitorie, come alla rubrica seguente.
(4) Rub. 319.
(5) Rub. 32).
(6) Rub. 324. — K anche spesa della camera dei massari. Vedasi la rubrica 457,
già notata.
(7) Anche oggidì v' è una via di Perugia detta del Hulagaio e un fossone a nord
della città, al quale si dà lo slesso nome.
444: V. ALFIERI
capite platee et cameris et platea palennim et lignorum facienda et
satisfactioue precij prò casalenis venclitis per commime. — Pro re-
paratioue calzi saucti Herciilaui (1). — Pro statutis copiandis et libris
faciendis et reg'istris (2).
31 possiut i^ro carta libris, vernice, actrameuto, et cera qiiorao-
dolibet opportuuis iu eorum camera de quacumqiie pecunia ex-
peudere prò quolibet tempore semestrali iisque in quantitatem XXX
floreuornm de auro si ne alio precepto vel mandato (3).
Introito della camera delV abbondanza.
1. Posta castilionis clusini,
2. Posta pozzoli,
3. Posta sive commuuantia Zippe valiani et colcelli,
4. Posta sancti Fatiicchij,
5. Posta Abbatie,
6. Posta pannicaiole,
7. Posta capauuarum,
8. Posta petrig'uaui,
9. Posta case maioris,
10. Posta paterni,
11. Posta portus Filippi,
12. Posta laviaui,
13. Posta vaiani,
14. Posta cautag-aline (4),
15. Communautia bonorum omnium rebellium communis Perusie pre-
sentium et futiirorum (5).
(1) Muraglie a scarpa della chiesa di S. Ercolano.
(2) Rub. 321. — In questa rubrica, che risguarda deliberazioni del 1389, sono in-
dicate ancora diverse spese particolari « Pro satisfactioue Marcho boncagni de ottin-
gentis quinquaginta florenos Ceccholino de Tuderto de mutuo ducentorum flo-
renorura Ebrèis de mutuo ducentorum florenorum domino Petro vencioli
vel alteri prò eo mutuanti si miituaverit de quingentis florenos. — Pro quantitate
mutuanda secundum formam contractus celebrati inter commune Perusie et em-
ptores campionis carnium de mille quingentis florenos. — Pro solutione facienda
super censum et alijs debitis romane ecclesie Gentili de Assisio de centum florenos
in anno. — Pro subventione facienda Petro de sancto Severino prò uno anno de
quindecim florenos Pro satisfactioue facienda Baldino ceccholi de tribus milibus
ducenti quadraginta fìorenos ».
(3) Rub. 323.
(4) Son tutte rendite di terreni del Chiugi.
(ó) Item omnes alle poste seu communantie solite vendi seu concedi per came-
ram abundantie vel campionis grani non preiudicando iuribus aliquorum tenentiuni
vel possidentium aliquam ex dictis postis. Stat. Perus., voi. I, inib. 475.
l/ A.M.MINIS rUAZlONE ECONO.MICA, ECC. -ikó
Esito della camera dell' abbondanza.
1 quoti officialcs abiiudantie possine vt eis liccat liljcrc licite et
iinpiaue expeudere de quacuinciue pecunia dicti cominunis (lUe c|Uo-
modolibet perveait seu perveuiet ad eorum maiuis jìro emptioue
grani biadi et aliorum quoruncumque victiiaiiiim pio a])undantia eon-
servanda iu civitate et coniitatu perusie et etiam prò vectuiis pcda-
g'ijs et gabellis opportuuis prò reducendo seu reduci faciendi ad ci-
vitatem perusie g-rauuni seu bladum quomodolibet et oume geuus
vectualiain enipta omnem quantitatem Horeuoium seu pecunie quo-
modolibet opportunam siue aliquo alio precepto vel mandato (1).
2 possiut et eis liceat libere licite et impune prò exercitio eo-
rum ofticij de quacumque pecunia commuuis perusie emere seu emi
lacere unum vel duos equos vel ronzeuos prout putaverunt opportu-
uum quos ecjuos seu ronzenos unum vel duos possint retinere con-
tinue seu temporaliter sicut putaverunt opus esse et prò quolibet
mense prò victu cuiuslibet equi seu rouzeni d'ordeo et spelta com-
muuis perusie dare et expeudere usque in medium corbcm ordei et
medium corbem spelte et ferratura stramine et alijs opportuuis de
pecunia dicti communis expeudere usque in uuum florenuiii de auro
prò quolibet eorum et mense quolibet [2).
3 possint et debeaut de g-rano dicti commuuis dare et mcnsu-
rari tacere cuilibet officio prioratus artium civitatis perusie ad reciui-
sitionem et beueplacitum dominorum priorum artium civitatis pre-
dicte qui prò tempore existeutium prò bimestrali usque iu «(uautita-
tem viginti corbium grani boni et puri inclusive ad rationem et prò
precio trium fioreuoriim de auro prò quolibet corbe dando et in(!u-
surari facieudo dictam quautitatem grani prò dicto precio siue ali(|U0
alio precepto vel mandato (3).
4 possiut teueantur et debeant siue alio precepto vel mandato
solum visa electioue domiuorum potestatis capitanei populi maioris
siudici et iudicis iusticie civitatis Perusie vel alicuius eorum de grano
dicti communis dari et mensurari tacere cuilibet ipsorum qui prò
tempore fuerit petenti ad eorum et cuiuslibet eorum beueplacitum
prò tempore semestrali inclusive usque in quautitatem quadragiuta
corbium grani boni et puri ad ratiouem et prò precio trium Moreno-
(1) Rub. 528.
(2) Rub 529.
(3) Rub. 530.
44') V. ALFIERI
rum de auro prò (]Uolibet corbe uou obstaute quod g-rauum prò tem-
pore plus valeat (1).
5 possint teueantur et debeant si ne alio precepto vel mandato
de spelta commuuis perusie dare et mensurari facere prò tempore
semestrali siue alio precepto vel mercede sed g-ratis cuilibet potestati
capitaiieo populi et malori siudico qui prò tempore fueriut solum
visa eorum electioue (|uadrag'iuta corbes splelte (2).
•! dent et mensurari faciant sine ali([UO precio ex dono amore
dei monasterio capitulo et conventui monialium sancte Marie Magda-
lene de porta santi petri anno quolibet decem corbes g-rani videlicet
<iuinque corbes g-rani in testo nativitatis domini nostri JesuChristi:
Et quinque corbes g-rani in festo pascatis resurrectionis (3).
7 sine alio precepto vel mandato teneautur et debeant de grano
dicti commuuis bono et puro dare et mensurare et mensurari facere
cancellarlo commuuis perusie ad eius petitionem anno quolibet sex
corbes g-rani : Et similiter abbreviatori reformationum dicti commu-
uis sex corbes g-rani ad eius petitionem prò precio iufrascripto vide-
licet quod inquautum corbes g-rani sit valoris duorum fiorenorum
inclusive vel abinde supra vel sic comiter vendatur in platea civi-
tatis perusie vel per ipsos officiales de g-rano commuuis quod solvant
et solvere debeant dimidiam valoris et precij dicti g-rani prout ca-
piet et summabit in quocumque valore fuerit a duobus iiorenis su-
pra. Si verbo fuerit valoris a duobus florenis infra quod solvere de-
bet ad rationem XXXX solidorum prò quolibet emina g-rani (4).
8 dent et mensurari faciant sine aliquo jjrecio ex dono amore
dei capitulo et conventui fratrum s. Marie servorum prò capella
s. Honofrij sita in domibus carcerum oftìcianda sex corbes g-rani anno
quolibet (5).
9 possint teueantur et debeant de grano, farina, pane, ordeo,
spelta, vino, acceto, carnibus, et alijs quibuscumque victualibus et
in quacumque quantitate mittere et mitti facere in campum seu exer-
citum dicti commuuis seu ad eiusdem g-entes ubicumque fuerint : Et
etiam ad quecumque et quacumque castra, loca, fortilitia, civitates
seu terras in ea sumraa et eo modo et forma prout et sicut fuerit
quomodolibet provisum seu declaratum (6).
(1) Rub. 531.
(■2) Rub. 532.
f3) Rub. 534.
(4) Rub. 535.
(5) Rub. 536.
(C) Rub. 537.
1/ AM.MIN'ISTRAZIONK ECONOMICA, ECC. 447
10. Cuin sepe coutiug'at ad civitatein i)eriisie venire revercndissimos
doininos Cardinales et alios prelatos nec non ilhistres doiniuos et
alios speetabiles viros quibus prò honore et inagniHceutia coininunis
perusie decens esse dig-uoscitur larg-itiones et enxenia tacere
diixiiims statuendxiin quod officiales abiindantie ijossint te-
neantur et debeant dare et meusurare et ineusurari lacere de ordeo
et spelta dicti communis vel altero eorum occasioue predicta illis per-
sonis et iu Illa qiiantitate et siunnia prout et sicut per
doininos priores et camerarios fuerit quoniodolibet provisuui seu de-
claratum (lì.
11 possiut teneantur et debeant solum visa electionc lactam vel
t'acienda per doniinos priores et officiales super fonte platee de anno
in annuin dare et ineusurari tacere de grano dicti communis tres
corbes g-rani custodi lontis platee prò eius annuo salario retenta
tameu gabella ad rationem XII deuariorum prò qualibct libra exti-
matiouis dicti grani (2).
12 possint et eis liceat de quacumque pecunia dicti communis
que perveuit seu perveniet ad eorum manus prò g-abella macinatus
ex g-rano seu biado dicti communis solvere et expendere oranem
quautitatem tiorenorum seu pecunie quomodolibet opportuuam prout
capiet et summabit secundum ordinamenta diete gabelle inaciuatus
siue aliquo alio precepto vel mandato, salvo quod dieta quautitas
non possit nec debeat quoquo modo execedere prò corbe grani sum-
mam XX solidoruin deuariorum etiam si g-abella macinatus augu-
meutaretur vel aliqua pars quomodolibet super adderetur: ita quod
omni tempore et in quacumque forma gabella exigatur seu vendatur
solummodo gabella macinatus prò grano dicti commuuis solvi debeat
ad rationem XX solidorum denarioram prò corbe et non ultra (3)
lo possint teneantur et debeant de pecunia exigenda a comi-
tatensibus perusini vel de alia quacumque pecunia sine
alio precepto vel mandato cuilibet emptori postarum clusij dare et
solvere prò vectura XXX solidos denariorura prò quolibet corbe grani
delati perusie et dictis ofticialibus seu fancelli prò dicto communi
recipientibus inensurati et quod duos corbes ordei computari debeant
prò uno corbe grani (4).
(1) Rub. 53S.
(2) Rub. 539.
(3) Rub. 540.
(4) Rub. 541. — Sembra che l'orzo avesse un valore presso a poco uguale alia
metà di quello del grano.
448 V. ALFIERI
14 possiut et eis liceat siue alio precepto vel mandato de qua-
cumque pecunia dicti communis que pervenit seu perveniet ad
eoiirm maniis expeudere et solvere prò libris, carta, cera, vernice, et
atramento opportunis durante tempore cuiuslibct annalis officij et ad
ipsam rationem si plus tale duraret officium prò rata anno quolibet
usque in quantitatem quadraginta florenorum de auro (1).
15 possiut libere licite et impune sine alio precepto vel mandato
de quacumque pecunia dicti communis prò eorum et cuiusque eo-
rum salario retinere et ipsis solvere florenos usque in XXV de auro
prò quolibet anno et quolibet eorum sine aliqua solutione gabelle. —
Item possint et debeant solvere duobus uotarijs ipsorum et prò quo-
libet anno ad rationem trium florenorum in mense. Et si plus du-
raret officium ad rationem uuius floreni cum dimidio de auro prò
quolibet mense et utroque ipsorum sine aliqua solutione vel reten-
tione g-abelle quantitatem opportunam. — Item duobus faucellis prò
anno quolibet possint dare et solvere siue aliqua solutione vel reten-
tione gabelle florenos usque in XXIIII de auro prò utroque eorum
mensuratoribus usque in numerum trium prò anno quolibet
prò salario cuiuscumque ipsorum annuo siue solutione gabelle sala-
rium deliberandum per officiales abundantie. Item quod dieta salaria
possint augmentari prout dominis prioribus et camerarijs placuerit
conditione labore et qualitate temporis consideratis (2).
Le spese, adunque, distinguevansi in tre grandi categorie.
Alla camera dei massari erano accollate le spese per la benefi-
cenza e il culto, per le feste, le onoranze e i ricevimenti, per la
conservazione di masserizie, cisterne, fontane, acquedotti e piazze,
per i salari ai sindacatori, agli officiali del campione delle carni,,
agli officiali dell'armario, ai ragionieri del maggior sindaco, ai
castellani, ai carcerieri, ai carnefici, agli spazzini, ai tubatori, ai
serventi dei priori, ecc. Alla camera dei conservatori delle monete
erano accollate le spese per il soldo delle milizie, per le opere di
fortificazione, per gli stipendi dovuti ai priori, al potestà, al capi-
tano del popolo, al maggior sindaco, al cancelliere, agli abbre-
(1) Rub. 543.
(2) Rub. Mi. — In certe occasioni, sopratutto in tempo di guerra, poteva il mi-
nisterio deg-li ofliciali dell'abbondanza diventare gravoso ; di qui la ragione della fa-
coltà lasciata al consiglio dei priori e dei camerari di aumentare 1 salari.
l' AMMlNl.STllAZIONE ECON(J.MlCA, ECC. 1 !'.•
viatori delle riformazioni, al capilano tlella ciislodia del palazzo
priorale, ai consulenti dei sindacalori e dei conservatori, agli offi-
ciali sulle rassegne militari, ai custodi delle porte, ecc. Alla ca-
mera dell'abbondanza erano accollale le spese per acquisto di
biade (1), per distribuzione di grano ai jioveri (2), ])er vettova-
gliamento delle soldate.^cho, per somministrazioni di grano e di
spelta ai priori, al potestà, al capitano del [jopolo, al maggior
sindaco, al cancelliere, ai custodi delle fonti, ecc. iJi più, gli offi-
ciali di ciascuna camera potevano, entro limiti prefissi, acquistare
direttamente libri, carta, cera, inchiostro, per le occorrenti scrit-
ture, e prelevare « liber, licite et impune » dai fondi di cassa, gli
stipendi loro e quelli dei loro nolari e computisti. Alcuni officiali
deputali a speciali servizi, per esempio, il cittadino e il notaio, che
dovevano far mettere le anguille nel lago Trasimeno, erano pa-
gati in ragione delle giornate di lavoro (3) ; altri officiali incari-
cati di particolari riscuoiimenti di denaro, per esempio. Tur. ino di
mercanzia e il notaio, che dovevano curare la vendita delle cose
dipendenti da rappresaglie, avevano diritto a pagarsi in propor-
(1) Net MGS « il Magistrato, perche si vedeva alterare il prezzo de' prani, e
« sperarsene mala raccolta per l'anno futuro, per non mancare della sua diligenza,
« ancorché in tutto l'anno il prezzo maggior di esso non ascendesse più, che a' cin-
« quanta soldi la mina, che hoggi è prezzo vilissimo e bassissimo, ordinò nondimeno,
« che chiunque portasse grano forestiero in Perugia si guadagnasse un carlino per
« somma, e che si vendessero delle farine a minuto, e molti altri ordini fece, tutti al
< mantenimento dell'abbondanza volti : tanto havevano gli antichi nostri a cuore la
« povertà, e il vedere abbondante la città loro. Et Galeotto di M. Lello de' Baglioni,
« che a Roggiero de' Ranieri successe, fece instanza al Papa, che di già s'era veduto
« il mal ricolto de' grani, e il gran bisogno, ch'era per haversene, che le piacesse di
« darne la tratta dal patrimonio, e dalla Marca per otto mila somme, e nel consiglio
« ordinario furono vinti due mila liorini per comperarne con animo di prenderne tut-
« tavia col ritratto di essi, e delle farine, che di continuo si vendevano ». (Pellini,
op. cit., parte seconda, libro decimoterzo, pag. G97).
i2) Nel 1381, i priori « accioche Iddio gli mantenesse nella loro libertà, e desse
« loro aiuto contra quelli che cercavano d'occupargliela, diedero facultà à tré Citta-
« dini di dispensare à poveri della Città e del contado, cinquanta Corbe di Grano
« amore Dei » (Pellini, op. cit., parte prima, libro nono, pag. 1278).
(3) Ita quod in totum non stent ultra XL dies et habeant et habere debeant inter
omnes postas et piscatores prò eorum salario prò quolibet eorum et quolibet die <|no
serviverint ad predicta XL solidos denariorum et debeant stare et vivere eorum sum-
ptibus et expensis Stat. Fcrus , voi. I, rub. 218.
450 V. ALFIERI
zione del montare delle esazioni falle (1). Gli officiali, che non
avevano cassa propria e che dovevano spendere per il comune,
ad esempio, i cuslodi delle masserizie, ottenevano dalle camere
iscrizioni a loro credilo (2). 1 notari talvolta erano retribuiti in
proporzione del numero delle carte scritte (3).
La misura delle uscite veniva stabilita in due modi : a mon-
tare netto (sine relentione gabelle) oppure a montare lordo (cum
retenlione gabelle) (4). La limitazione delle uscite era fatta più o
meno strettamente, prescrivendo che si erogasse qualunque pro-
vento (quamcumque pecuniam communis) oppure solamente alcune
determinale rendite (introilum ex gabella ).
Le spese straordinarie, non indicate dagli statuti, venivano
deliberale nei consigli, prima di essere effettuate, soprattutto nel-
r adunanza generale (consilium generalis adunantie) o nel parla-
mento (consilium maximum et summum arenghe seu parlamenti).
Le spese ordinarie e fìsse, contemplale dagli statuti nelF indole e
nel montare, potevano essere compiute dagli officiali delle com-
petenti camere senza speciale autorizzazione (sine alio precepto
vel mandalo). Le spese ordinarie e variabili, considerate dagli
statuti solamente nella natura, dovevano essere eseguile in se-
guito a ordinazione del consiglio dei priori e dei camerari (prece-
dente tamen deliberalionem dominorum priorum et camerariorum
(1) Et (lieti bonus homo et notarius habeant et liabere debeant prò eorum sala-
rio sex denarios prò qualibet libra (luantitatis que redigeretur ex rebus reprehensis....
Stai. Perus., voi. I, rub. 172. — Anche gli ofliciali incaricati di esecuzioni contro i
debitori del comune o contro chi frodava la gabella, ottenevano mercedi proporzio-
natamente alle esazioni fatte. Veggansi le rubriche 271 e 362 del primo volume degli
statuti e quanto si dirà ancora nel corso di questo scritto.
(2) Kt quod dicti massari.) teneantur et debeant et eorum notarij et fancellus
dictam quantitatem ad petitionem dictorum officialium ed eourum introitus et
cxitus poni lacere et registrari Stat. Perus., voi. I, rub. 423.
(3) Veggasi, a cagion d'esempio, la rubrica 97; già citata nel primo capitolo.
(4) Nei pagamenti, gli ofliciali delle camere ritenevano ordinariamente, a titolo
di gabella, due soldi per ogni lira: « Ad hoc ut commune perusie circa eius introi-
tum malora suscipiat augumenta: Statuimus quod decetero nulla solutio alicuius
quantitatis tlorenorum seu pecunie fieri possit vel debeat per conservatores monete
seu fancellum vel aliquem eorum modo aliquo seu forma vel per aliam personam prò
eis alieni persone corpori collegio seu universitati quomodocumque aut <iualitercum-
que sine solutione vel retentione gabelle ad rationem II solidorura denariorum prò
qualibet libra (juantitatis (jue solveretur ». — Stat. Perus., voi I, rub. 280. Veggasi
anche la rubrica 373 relativa ai pagamenti dei massari.
L' A.M.MlMSTI{AZI()Nfc: ECONOMICA, ECC. 451
arliuin — ad mandaluiii seu declaraliono (loiiiinoiuin pi'ioriiin et
cainerarioruin arliuin) (1). Per vcrilà, reffelluazione della ripesa
non avveniva sempre secondo !e regole; e talvolta l'acconsenli-
niento per le spese straordinarie era dato dai priori, senza il volo
dei consigli, ai quali rimaneva sollanlo il dirilto eli giudicare e
sanzionare l'operalo (2).
La frequenza e la ineguale ripartizione della collella (collecla
vel multa), imposizione straordinaria, che, nei primi tempi, era
l'unico mozzo di sopperire, risanguando l'erario, ai bisogni del
comune, fu cagione di tristissimi umori. Nel 1215, volendo com-
porre le discordie Ira popolani e nobili, pajia Innocenzo III de-
stinò, come suo messo ai perugini, Stefano cai'dinale dei SS. dodici
Apostoli e camerlengo di Santa Chiesa. E i patii che si ferma-
rono furono questi : che le rendile dei comuni soggetti si doves-
sero dare in appallo (ad cottimum) a coloro che più denaro offe-
rissero (qui plus voluerint dare); che non si potessero imporre
gravezze in città e nel contado se non quando la rendila ordina-
ria mancasse in tutto o non fosse bastevole a soddisfare al papa
o altrimenti all'imperatore, al popolo di Roma e ai bisogni della
guerra generale, che il comune movesse; che la ripartizione della
collella si facesse non per libra, ossia per possidenza, ma per
(1) non possint nec debeant quoquo modo iure causa sea forma directe vel
indirecte per se vel alium (luomodocumque aut qualitercumque ultra exitus contentos
in presenti volumine statutorum aliquod pagamentum seu solutionem aliquam
lacere vel aliquid aliud dare de bonis aut pecunia seu rebus communis perusie (jue
•luomodocumque aut qualitercumque pervenerint ad eorum manus Salvo quod
precedente tamen deliberatione consili.j dominorum priorum artium civitatis perusie
«[ui prò tempore fuerint et camerariorum : et obtento partito ad minus per novem
jn-iores et triginta quinque camerarios ad biissolam et fabas dicti consilij super uno
quoque casu, possint et eis liceat espandere orar em quantitatem tlorenorum seu
pecunie Stat. Perus , voi I, rub. 326, 471, 549.
(2) Il Pellini lasciò scritto: « e vi fu (nel 1377) approvato e vinto, ch'al-
« cuni doni, ch'erano stati fatti da' Priori a Giovanni .\.guto, e al Conte Lucio, fossero
« benfatti, percioche il Magistrato de' Signori, come anco per l'adietro era stato
« quello de' Consoli dell'Arti, non havevano facultà di fare spesa senza l'Autorità del
« Consiglio fuori che d'una picciola somma di danari, il che é in uso anco hoggi,
« benché diversamente, percioche alle spese sopra quella ordinaria somma, e' habbiam
« detto, è necessario, che vi concorrano in luogo del Consiglio li Camerlenghi, con
« una tanta quantità, e strettezza di voti, che rendono il pili delle volte difficili tutte
« le sorti di spese straordinarie, che si pensano di fare da Magistrati, ancorché evi-
« dentemente si vedessero utili e necessarie ». (Op. cit., parte prima, libro nono,
pag. 11S7J.
452 V. ALFIERI
pavroccJiia, ossia per testa e da due cittadini eletti dai parroc-
chiani (I). La ripartizione della colletta per possidenza spiaceva al
popolo e piaceva ai nobili, i quali avevano i loro beni esenti da
gravezze, per diritto feudale, o li avevano fuori del comune (2).
La colletta riscuotevasi il più delle volte in denaro, unico pro-
cedimento che fosse privo di quei soprusi che seco recava la pra-
tica, non affatto ignota nella stessa Perugia, di togliere come tri-
buti i cereali (3). Invece della colletta talvolta si imposero pre-
stanze ai cittadini e agli ebrei; modo spiccio di risanguare il pub-
blico tesoro. Queste prestazioni forzate erano fatte per libra, e da
sei soldi salirono anche a venti ed a quaranta sopra ogni cento
lire per la città e metà pel contado (4). Nel 1384, gli ebrei sono
compresi in una prestanza obbligatoria in occasione di guerra ;
altra prestanza è imposta agli ebrei, nel 1386, per sopperire agli
stipendi delle milizie assoldate ; in un' imposta generale del 1409
si comprendono gli ebrei per 33 fiorini d'oro e 30 soldi di denari;
si obbligano, nel 1416, gli ebrei e la loro sinagoga di prestare
cento fiorini d'oro al comune per i bisogni della guerra; ancora
si obbliga, nel 1434, la sinagoga degli ebrei a prestare al comune
cinquecento fiorini (5). Alle volte si contraevano prestiti di de-
naro, che poi si estinguevano in una sola epoca, più o meno lon-
tana, determinata o indeterminata, oppure mediante rate e con
gli annui proventi di certe gabelle. Così, nel 1448, il comune di
Perugia restituisce il denaro avuto in prestito dalla università
degli ebrei; e, nel 1389, avendo gli ebrei prestati settecento fio-
rini d'oro, per mantenere l'abbondanza delle vittovaglie, si stabi-
lisce di pagare il debito del comune mediante le rendite delle ac-
que del lago (6).
(1) Lib. submiss., lett. A, pag. 57. — L. Bon'azzi, op. cit., voi. I, pag. 266. — F.
BoNAixi, op. cit., pag. 52. — P. Pellim, op. cit., parte prima, libro quarto, pag. 234.
(2) L. BONAZZI, op. cit., voi. I, pag. 266.
(3) F. BONAINI, op. cit., pag. LUI.
(4) L. BoNAZZi, op. cit., voi. I, pag. 412.
(5) A. Fabretti, Documenti di storia perugina, voi, II, pagg. 104, 106, 119, 129.
(6) A. Fabretti, op. cit., voi II, pagg. 143, 112. — Xi massari e ai conservatori
delle monete si vietò la stipulazione dei prestiti a interesse senza la previa delibera-
zione dei priori e dei camerari : « Ut imposterum commune perusle non ledatur de
facili in cambi.js provisiouibus seu fenore ab acquisitiones pecuniarum qui lìeri in
preteritura sepe numero consueverunt : duximus statuendum ([uod non possint
l' amministrazione economica, i:cc. 453
Da un importanle documenlo del 1410, già publjliculo da un
esimio e diligente cultore di storia patria, si possono rilevare le
norme particolari, che si avevano a Perugia nell' imporre gravezze
e le forme e i modi che si seguivano nell'esigerle. Nel 1410, il
comune di Perugia ordinò una imposizione per un anno agli abi-
tanti della città e del contado, e la mise all'incanto per cederla
agli offerenti migliori. « I cittadini a/lihro(i, cioè descritti nel
« catasto comunale, pagavano in ragione delle libre che possede-
« vano, ma in una progressione discendente, ossia il rovescio
« dell'imposta progressiva: cinque bolognini per 25 libre, sei bolo-
« gnini da 25 libre a 50, otto da 50 a 100, e soldi 20 per ogni
« centinaio dalle 100 libre in su. I nullatenenti e le loro famiglie,
« cosi della città come del contado, pagavano in ragione del nu-
« mero delle bocche, cioè dieci soldi per bocca, e s'intendevano
« dall'età di quattro anni in su; ma, se le due prime bocche della
« famiglia*pagavano dieci soldi, per le altre la tassa era ridotta
« a cinque soldi. Agli ebrei serbavasi un trattamento speciale,
« più oneroso; s'essi tenevano banco o prestavano danaro, paghe-
« rebhero venticinque soldi per bocca, sempre da quattro anni in
« su: lutti gli altri quindici soldi per bocca, ossia tre volte più
« dei cittadini. La imposta colpiva tutti i cittadini, non esclusi i
« forestieri; ma le eccezioni erano molte. Andavano esenti i servi
« e le serve, i poveri e gl'inabili al lavoro, i frati o fraticelli
« mendicanti, certi officiali pubblici, alcuni ecclesiastici e gli sco-
« lari forastieri » (1). Era costumanza dei comuni medioevali di
sottrarre a certe gravezze chi poteva recare utile e lustro alla
città; così, a Perugia, ottennero esenzioni siffatte i creditori del
comune, i dottori forensi e gli scolari (2).
nec debeant quoquo modo acquirere seu acquiri facere sub aliqua provisione, costo
l'enore, seu cambio aliquam (|uantitatem florenorum seu pecunie prò communi Pe-
rusie sine deliberatione dominorura priorum et camerariorum artium » Stai. Perus.,
voi. I, rub. 272 e 363.
(1) A. Fabretti, op. cit., voi. II, pagg. 69 e 70.
(2) « Imposero (nel 1381) una Imprestanza a tutti li forestieri habitanti nella Città,
« e Contado, che pagando ciascuno secondo la tassa fatta da gli officiali sopra ciò de-
« putati, s'intendessero esser fatti Cittadini della Città, il che fu anco conceduto a
« tutti gli Hebrei, che concorsero ad un pagamento di cinquecento Fiorini d'oro, che
« donarono a' Magistrati, purché essi fossero liberati dalle tante ordinarie, e straor-
« dinarie gravezze, che giornalmente pagavano, di che furono fatti essenti per due
454 V. ALFIERI
A Perugia l'esazione delle imposte si faceva il più spesso
per appallo, radamente a percezione diretta; e forse preferivasi
il primo modo per i dazi e il secondo per l'estimo (1). Pertanto,
il riscontro dell'entrata si restringeva alla vigilanza sugli appal-
tatori (emplores) per parte delle camere. Ma, se la forma dell'ap-
palto agevolava o, per meglio dire, semplificava il riscontro finan-
ziario, era anche una confessione permanente dell'inefficacia od
almeno della imperfezione di tale riscontro. Le malleverie o cau-
zioni non erano sempre sufficienti né potevano mancare agli
appaltatori i pretesti per rompere contratti gravosi: soltanto i più
deboli soggiacevano, ma da essi poco o nulla otteneva il fisco.
Fra le ragioni, per cui simile forma di esazione era adottala dai
nostri comuni, si hanno queste: che gli appaltatori potevano, die-
tro compenso, anticipare i fondi che i tributi avrebbero dovuto
gettare, e che il comune non era obbligato ad aumentare, per il
servizio dell'entrala, il numero dei suoi agenti. Quando non basta-
vano le imposte sulle proprietà immobili né su quelle mobili a
far fronte alle spese, si ricorreva ad imprestiti, come già si è
visto, e talvolta, per guarentire la restituzione dei denari presi a
prestito, non rimaneva ai reggitori dei comuni altra via se non
« anni, dovendo per quel tempo concorrere solamente alle spese che pagavano gli Ori-
« ginarij Cittadini della Città ». (P. Pellini, op. cit., parte prima, libro nono, pag. 1276).
— Nel 1304, il consiglio generale esentò Boscolo di Aj-ezzo dalle pubbliche prestanze,
essendo questi tenuto a prestar danari agli scolari « pi'o honore Comunis et studio
conservando in civitate » (A. Fabretti, op. cit., voi. I, pag. 5). — Veggasi anche la rubrica
322 del primo libro degli statuti perugini: « Coniirmatio privilegiorum concessorum
scholaribus et inmunitas declarata in solutione pedagij et gabelle tam prò doctori-
bus foren.sibus quara scholaribus ».
(1) Venezia, progredita tanto nel riscontro linanziario, non trovò, per l'esazione
delle imposte dirette, modo migliore dell' appalto. Del resto, in parecchi stati a lìnanze
esauste, si vendevano adirittura le tasse esigibili in più anni ed anche in perpetuo.
Eppure l'esperienza di tutti i tempi mostrava che l'appalto era spesso dannoso ai con-
tribuenti ed al pubblico tesoro. Cartagine, quando voleva arricchire i patrizi impove-
riti, li mandava ad esigere gravezze nelle città sudditte. Il senato romano, nell'anno
587 di Roma, deliberò di rinunciare all'esercizio delle miniere di Macedonia, venute
in potere della repubblica, per timore che gli appaltatori spoglia,ssero i sudditi e de-
rubassero l'erario ! Per certo, negli stati fortemente costituiti, non mancarono esempi
di appaltatori, che fecero magri affari col flsco, ma é pure sicuro che poco utile no
toccasse all' erario. (F. Besta, Sunti Utografati delle lesioni di Contabilità di Staio).
l' AM.MINISTUAZIOXK i;(()Nf).MI(A, EV'f. 455
quella di porre nelle mani dei crnMlltori i pruvenli [nilililici, di ven-
dere cioè le gabelle, invece di appallarle (t).
La gabella delle some r/rosse e del pedaggio, della anche, in
qualche cronaca perugina, gabella grossa, fu da prima appaltala
per Ire anni in tem|)n di pace e per un anno in tempo di guerra,
come risulta da una cedola del 1375); e |»iù lardi venne ceduta
per annate, sia in tempo di guerra che di pace. In una cedola
del 1391, i dazi sono espressi in moneta perugina, cioè in lil)re,
soldi e denari, per qualtrocenlovenlinove specie di meicanzie (2).
E in tale cedola sono fissale anche le norme per la esazione dei
dazi da appaltarsi. Per esempio, i gabellieri erano tenuti, sotto
pena di venticinque lire di denari, a dare le polizze per l'entrala
e per l'uscita delle mercanzie. Chi domandava le polizze era obbli-
gato a dichiarare specificatamente le mercanzie, allriinenli perdeva
le cose non denunziate e pagava venticinque lire, di cui la metà
spettava al comune, un quarto all'appaltatore e l'altro quarto allo
scopritore della contravvenzione. Coloro che venivano a Perugia
con mercanzie, dovevano lasciare pegno alla porta, dove erano le
guardie, sotto pena di venticinque lire, e pagare la gabella all'en-
trata delle mercanzie o due giorni dopo. Le mercanzie potevano
essere estratle enlro quindici giorni, compreso quello della loro
entrala, ma non più lardi, sotto pena di cinquanta lire e del dop-
pio della gabella. Per non pagare il dazio di uscita, bisognava
notificare che le mercanzie introdotte si sarebbero estralte, e giu-
(1) Oenova, avendo, nel lliS, giieri-a con i Saraceni di Spagna, contrasse un de-
bito con i Veneziani, assicuraiido ai mutuanti, per malleveria dei denari sborsati,
i proventi di alcune galielle per un determinato tempo. Venezia fece un somigliante
imprestito negli anni 1164 e 1207. Pisa, nel 1315, avendo preso a prestito dai cittadini
loOOO fiorini d'oro, cedette ai crediloi'i, per la sicurezza del rimborso, le gabelle co-
munali. Orvieto, nel 1304, quando istituì le gabelle, le obbligò ai creditori in estin-
zione del debito contratto di 22000 lire cortonesi. — (G. Pardi, Gli statuti della col-
letta del comune d' Orvieto — Bollettino della Società Umbra di Storia Patria,
fase. I, pag. 76).
(2) Ecco alcuni dati: allume di rocca, per soma, lib. 1 e soldi :>; acciaio, per
soma, lib. 1; bambagio tinto, per soma, lib. 4; coltri di seta nuove, per ciascuna,
lib. 1; carta bambagina, per soma, lil). 1; carta pecorina, per soma, lib. 2; corame
grezzo, per soma, lib. 1, sol. 10; corame lavorato, per soma, lib. 2; grana di Roma,
nia, per soma, lib. 25; lino viterbese, alessandrino, napoletano e padovano, per soma-
lib. 1; lana di provenza, per soma, lib. 2, sol. 5; riso, per soma, lib. 1; solfo, per
soma, sol. 10; vino nostrano, per soma, sol. 10; vino di malvagia, per soma, lib. 2, ecc.
456 V. ALFIERI
rare poi che non si erano permutale; e chi frodava era costretto
a pagare venticinque lire e il doppio della gabella. Nessuno aveva
diritto di entrare in città e di uscirne o di attraversare il contado
con mercanzie senza la polizza dei gabellieri, ed ai contravventori
veniva comminata la pena di cinquanta lire e del doppio della
gabella (1).
La gabella del macinato (gabella macinatus) fu, nel 1382,
venduta per un anno, e, nella relativa cedola, si stabilì che venisse
computala in proporzione diretta del numero delle bocche, ossia
delle persone, e in progressione crescente del montare delle libre,
ossia delle sostanze (2). Affinchè i ricchi concorressero convenien-
temente ai tributi, e forse per evitare i danni che avrebbero po-
tuto derivare dalla convenienza di far figurare le biade da macinare
in proprietà di chi aveva minor censo, si ordinò a chiunque avesse
pagato la gabella in ragione inferiore a un fiorino d' oro per cen-
tinaio di peso, sopra venti soldi per focolare, di pagare ancora
semestralmente la differenza. I sindaci dei castelli e delle ville
erano obbligati, sotto pene pecuniarie, a notificare agli appaltatori
gli abitanti della loro giurisdizione, in principio di ogni semestre;
od anche gli officiali dell'armario erano tenuti, sotto pene pecu-
niarie, a dare copia agli appaltatori delle somme allibrate. Gli
appaltatori dovevano tenere sempre in ordine 1' estratto catastale,
e, se in questa bisogna mostravansi negligenti, erano colpiti da
una multa di cinquecento lire; e soggiacevano anche al pagamento
di cento lire, se la pesatura delle biade non facevasi regolatamente.
Il prezzo della gabella era versato dagli aggiudicatari, a rate bi-
mestrali posticipate, nella cassa dei conservatori delle monete (3).
Prima di mandare le biade al mulino, era necessario farle pesare
(1) Nel 1410, la gabella grossa fu venduta per settecentosessanta fiorini d'oro, e
nel 1432, per fiorini duemilanovecentosettantadue. Veggansi i Documenti di storia
perugina editi da Ariodante Fabretti, voi. II, pag. 1 e segg.
(2) Ecco alcuni dati: fino a venticinque libre di catasto, si dovevano pagare 28
denari per ogni centinaio di peso di grano da macinare; da venticinque a cinquanta,
2 soldi; da cinquanta a cento, 2 soldi e 6 denari; da cento a duecento, 3 soldi; da
duecento a trecento, 3 soldi e 6 denari ; da trecento a quattrocento, 4 soldi; da quat-
trocento a cinquecento, 5 soldi; da cinquecento a seicento, C soldi; da seicento a
settecento, 7 soldi, ecc.
(3) Della prima rata, metà doveva essere data ai conservatori uscenti di carica
e l'altra metà ai conservatori entranti in carica.
l' AMMINISTRAZIONE ECONOMICA, ECC. A'Ù
<iirufficio della gabella e dichiarLire, anche con f^Miiranienlo, il nome
del proprietario di es^e. I ragionieri delhi gabella noUivuno sopra
un libro a due sezioni la data della presentazione, la qualiln e la
quantità delle biade e il nome del proprietario, e slaccavano da
tale libro i polizzini, che, muniti del bollo della gabella, dovevano
poi essere, con le biade, consegnali ai mugnai ; i quali, di mese
in mese o di bimestre in bimestre, li resliluiviino all'ufficio della
gabella. Chi non faceva pesare le biade, prima di recarle al mu-
lino, incorreva in una multa di dieci lire, delle quali, la metà an-
dava al comune, un quarto all'accusatore e l'altro quarto ai ga-
bellieri ; chi era trovato a far macinare, senza avere la bolletta,
pagava cento soldi ogni corba ; chi aveva la bolletta, ma per una
quantità di biade inferiore alla vera, perdeva l'eccedenza delle
biade. I mugnai, che macinavano senza aver ritirala la bolletta,
erano costretti a sborsare, per ogni infrazione,' dieci lire. La
farina, prima di inviarsi ai proprietari, portavasi all'ufficio della
gabella, perchè fosse pesala e registrata come le granaglie, e per-
chè, sulla legatura dei sacchi, fosse posto il sigillo dei gabellieri.
Nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre,
la differenza fra il peso del grano dato a macinare e quello della
farina ottenuta non poteva essere superiore a dodici libbre ogni
cento libbre di grano, ed a dieci libbre negli altri mesi: delle mag-
giori differenze erano responsabili i mugnai 11 pagamento della
gabella si eseguiva, per la città, i borghi ed i sobborghi di Pe-
rugia, quando riliravasi la bolletta ; per il contado, era fatto dai
sindaci, al termine di ogni semestre. Alla vigilanza sulla giusta
imputazione della gabella, alla tutela dei diritti dei contribuenti e
alla composizione delle controversie fra questi e gli appaltatori
erano deputali tre cittadini (1).
Il campione delle carni fu venduto, nel 1386, per cinque anni
e, nel 1389, per quattro anni, a rischio e ventura dell'aggiudica-
tario. Nella cedola del 1386 (cedula venditionis campionis carnium)
venne stabilito che il compratore ottenesse in prestanza dai con-
servatori delle monete milleottocento fiorini d'oro sopra i proventi
(1) Ve^rgansi i Documenti di storia iJevugina editi da Ariodante Kabretti,
voi. II, pag. 233 e segg.
29
458 V. ALFIERI
delle acque del lago Trasimeno, anch'esse appallale; che mela di
tale somma fosse dal compralore reslituila al lermine del conlralto,
l'altra metà un anno dopo, e che, in caso di trasgressione ai
palli, il compralore dovesse risarcire il comune delle spese falle
per l'abbondanza delle carni. L'aggiudicatario riceveva in uso dal
comune i casamenti tenuti dagli officiali del campione e tulli gii
arnesi occorrenti per l'esercizio della professione. Di più, aveva
diritto di mantenere nel Chiugi perugino, su monte Malbe e in
altri territori comunali, le bestie da macello. Riscuoteva anche la
gabella della pastura del Chiugi, ma doveva pagarne il prezzo
annualmente al comune, in ragione di trecento fiormi d'oro per
anno. Chi introduceva bestiame nel distretto perugino non pagava
gabella; chi voleva eslrarre bestiame dal contado doveva sbor-
sare il decimo al compratore del campione, il quale era obbligalo,
solto pena di cinquecento lire, a lasciar passare il bestiame ed a ri-
mettere al conduttore una polizza di transito valevole per otto giorni
(1). Era fatto obbligo al compratore del campione di curare l'ab-
bondanza delle diverse carni (castratine, porcine e vitelline) e di
venderle a prezzi prefissi (2). Le carni dovevano essere buone e
sane, altrimenti il compratore e gli agenti suoi venivano multati
per due lire ogni volta che si conslastava la contravvenzione. I
cittadini deputati alla vigilanza sul campione delle carni, potevano
costringere l'appaltatore a ritirare le carni non buone; e, se l'ap-
paltatore non era sollecito nell'obbedire, incontrava una pena di
cento lire. All'appaltatore era vietala la vendila delle carni fuori
del suo macello, sotto pena di lire cento per chi vendeva e per
chi comperava; ed era pure comminala la pena di quaranta soldi
all'appaltatore, se rifìutavasi di vendere le carni poste in mostra (3).
La gabella sulla vendita del vino (gabella vini quod venditur
ad minulum et in grossum) nella città, nei borghi e sobborghi di
Perugia, fu, nel 1387, venduta per un anno. Secondo la cedola, i
venditori del vino dovevano chiedere licenza all'aggiudicatario.
(1) I-"cco alcuni dati: per i cavalli e per i buoi, si pagava 10 lire ogni centinaio;
per le pecore e le capre, lire 2 e soldi 10.
(2) Ecco alcuni dati: la carne di castrato si vendeva a 2 sol. la libb. ; la carne
di porco e di vitello a 20 den. ; la carne di bue e di vacca a 15 den.
(3) Veggansi i Documenti di storia jJemgina editi da Ariodante Fabretti,
voi. II, pag. 196 e segg.
L' AMMINISTKAZIONE ECONOMICA, KCC. 45f>
allrimenli incorrevano nella uiullu di venlicin(|iie lire, di f:ui, la
metà apparteneva al comune, un quarto al giudice o agli officiali
sulle gabelle e l'altro quarto all'appaltatore; inoltre erano obbligati
a pagare il doppio della gabella sul vino venduto senza licenza.
Al compratore delle gabella, se non emetteva le polizze richieste
per l'attestazione della licenza, inttiggevasi la pena di cinquanta
lire; e la metà di questa sonnna apparteneva al comune, un quarto
a chi aveva chiesta la licenza e l'altro quarto agli officiali sulla
gabella (I).
La gabella sulla legna, sulla paglia, sull'erba, fu vendtita,
nel 1387, per un anno. Nella cedola (cedula venditionis gabelle
lignoruni), fatta in quell'anno, è detto che il prezzo della gabella
doveva essere versato nella cassa dei massari, ogni bimestre.
Chi si recava a vendere in città o chi faceva venire in città legna,
paglia, fieno, carbone, era tenuto a pagare la gabella (2).
La gabella sui postriboli fu venduta, nel 1389, per cinque
anni, alla condizione che il pagamento si dovesse fare, secondo
la cedola (cedula postriboli), di quattro mesi in quattro mesi, agli
officiali sopra le masserizie. Le meretrici dovevano restare in un
determinalo luogo della città, e, in caso di disubbidienza, erano
costrette a pagare al comune, la prima volta, trenta lire, la se-
conda, cinquanta lire, e la terza volta, venivano frustale pubbli-
camente. A chi, senza licenza, ricettava merilrici, niinacciavasi la
pena di cento lire (3).
Per meglio dimostrare l'amministrazione economica dell'antico
<;omune di Perugia, mi proverò ad epilogare qui le principali dispo-
sizioni statutarie relative alla vendita e alla esazione delle gabelle;
poscia dirò brevemente del catasto e chiuderò il capitolo con alcune
notizie sulle registrature delle entrate e delle uscite.
I conservatori delle monete ed i massari, due mesi prima
(1) Veggaasi i Documenti di storia periKjina editi da Akiodantk Fahretti,
voi. II, pag. 190 e segg. — Veggasi anche la rubrica 203 de primo volume degli sta-
tuti : « Quod gabella vini et bestiarum comitatus Perusie prò una quaque porta in-
simul vendi debeat de porta in portam ».
(2) Per una soma di legna, paglia o fieno, si dovevano pagaie 12 soldi, e per un
sacco di carbone, soldi 2. — Veggansi i Documenti di stoì^ia perugina eàìl\ à-à .\rio-
i>ANTE Fabretti, vol. II, pag. 182 e segg.
(?; Veggansi i Documenti di storia perugina editi da Ariodante Fabretti,
voi. I, pag. 57 e segg.
460 V. ALFIERI
che scadesse l'affilio dell'anno precedenle, dovevano far bandire,
soUo pena di cenlo lire per ciascuno, la vendila delle gabelle (1).
E gli aggiudicatari erano lenuli, entro due giorni da quello del-
l'aggiudicazione, a presentare la malleveria di cittadini peFugini
sufficienti per numero e censo (2). Le cedole della vendita delle
gabelle dovevano essere integramente registrate dalla cancelleria
del comune (3). Agli esattori delle imposte era comminata la pena
(li cinquecento lire, se recavano discapito al pubblico erario (4).
(1) teneantur et debeant art penam C librarum denariorum prò quolibet
ftcrum caiitrafaciente de anno in annum duolius mensihus antequam gabelle seu
communantie recad>int seu revei-tantur ad commune perusie banniri et subhastari fa-
cere per publicum preconem communis perusie gabellarum fructus et conimunaii-
tiarum dicti communis Stat. Perus., voi. I, rub. 259 e 353.
(2) Statuimus quod conservatores monete et alij quicumque vendentes commu-
iiantias et gabellas communis perusie possirit teneantur et debeant recipere bonos
et sufficientes tìdeiu sores ciws perusinos ab emptoribus earum seu alj illis quibus
l'uerint stabilite infra secund^jm dieni a die stabilimenti iuxla et sicun lum modum
qualitateni et numerum infra scriptum videlicet : Pro gabella communantie aque
lacus usque in viginti fideiussores. — Pro gabella vini in civitate Perusie hurgis et
suburgis usque in decem fideiussores. — Pro gabella salarie usque in decem fi-
deiussores. — Pro gabella pedagij et gabella grossa usque in decem fideiussores.
— Pro alijs quoque communantijs seu gabellis usque in quinque fideiussores prò
qualibet. Stat. Perus., voi. I, rub. 2S4. — Ab emptoribus communantie vel gabelle
cuius precium esset anuale a L llorenos infra dedisse debeant fideiussores bonos
quorum extimum seu catrastum sit et esse debeat ad minus centarum librarum de-
nariorum ad grossam. — Et si anuale precium esset a L florenos supra usque ad C
florenos delisse debeant fideiussores bonos quorum extimum seu catrastum sit et
esse debeant ad minus quinqueginta librarum ad grossam. — Et si precium anuale
excederet summam C florenoruni dedisse debeant fideiussores bonos quorum ex-
timum seu catrastum sit et esse debeaf. ad grossam ad minus extimationis dupli to-
tius preci.] prò quo talis communantia seu gabella venderetur prò uno anno
Rub. 35(5.
(3) conservatores monete et massarij communis vel alij ofliciales dicti
communis ad quos bannimenta stabilitio et venditio communantiarum gahellarum
seu aliorum bonorum dicti communis pertineret teneantur et debeant antequam ad
bannimenta dictarum communantiarun? gabellarum et seu bonorum procedant faciant
et facere teneantur cedulas dictarum venditionum registrari de verbo ad verbum in
cancellarla communis Perusie. Stat. Perus., voi. I, rub. 344.
(Ji nullus oflicialis communis perusie collector fancellus seu emptor ali-
cuius comiiunantie vel gabelle dicti communis per se vel alium directe vel indirecte
vel quovis colore quesito possit vel debeat de aut super quantitate aliqua que sol-
veretur per commune Perusie vel per ipso communi et ad eius exitum poneretur fa-
cere vel fieri facere aliquod pactum, defalcationem, cambium, baractariam, simo-
niam vel fraudem aliquam quoquo modo sub pena CCCCC librarum denariorum...
Stat. Perus., voi. 1, rub. 315.
l'amministrazione economica, ecc. 4(>1
L'esazione delle gravezze non poteva essere falla che nel lempo
dell'appallo e nel semestre oppure nell'anno successivo, secondo
' casi; se no incorrevasi nella multa di cento lire (1). Se gli
appaltatori non pagavano in tempo il prezzo delle gabelle e perciò
gli officiali delle camere ricorrevano a mnlui, per avere i tondi
necessari alle pubbliche spese, gli interessi palluili restavano a
carico degli appaltatori morosi (2). La vendita delle gabelle non
poteva essere fatta dagli officiali delle camere per tempo maggiore
di quello prefisso e senza la deliberazione del consiglio dei priori
e dei camerari (3). Era a tutto rischio e pericolo degli acquirenti
delle pubbliche rendite qualunque infortunio potesse succedere,
come cavalcale, guerre, gelo, grandine, sterilità, ecc., e perciò il
comune non era tenuto a concedere diminuzioni del prezzo delle
(1) Nullus eniptop vel socius alicuius comnuinantie vel galieUe commniiis pe-
rusie possit vel debeat ullo modo petere accipere vel exigere aliquam quantitateni
tlorenorum pecunie vel alterius rei quarti dioeret sibi deberi quoruodocumque aut
qualiter cumque ab aliqua persona communi collejTjo, corpore, vel univeisitate occa-
sioiir galielle vel communantie cnus fnisset emptor seu socius, nisi dumtaxat, du-
rante tempore quo esset emptor ipsius communantie vel gabelle inquaiitum preiium
communi solverint temporibus debitis ut teiientur. — PU siquis emptor vel socius
alicuius communantie vel gabelle per se vel alium executionem aliquam peteret seu
faceret vel Heri faceret ultia dictum termiiiuin iiicidnt in penam C librarum de-
nariorum Stat. Perus., voi. I, rub. 3G4. \ella rubrica 273, il tempo suppletivo di
esazione é fissato a un anno.
(2) conservatoribus monete raassarijs commun's perusie vel oflìcialihus
abundantie quiijus precia deberentur et soluta non essent tempore debito sit
licitum et permissum tale precium seu precij quantitatem quod seu que conventio
tempore solutum seu soluta non esset acquirere seu acquiri facere sub quacumque
provisione vel cambio seu tenore prout commodius fieri puterit suraptibus etexpen-
sis eniptorum non solventium Stat. Perus., voi I, rub. 200, 354, 4S2.
(3) non possint seu debeant quoquo modo vendere seu vendi facere aii-
quam communantiam seu gahellam eorum camere deputatara prò maioi-i tempore
vel alter seu sub alijs pactis modis seu conditionihus nisi dumtaxat usque in tempus
et cuni illis pactis in cedulis talium gabellarum et communantiarum ordmatis de
presenti anno MCCCLXXXVIIII et de mense Aprilis per reguiatores communis Pe-
rusie. — Et etiam non possint nec debeant venditionem facere aliquam de talibus
coramunantijs seu gabellis vel aliqua earuni ad contante sine expresse deliberatione
doininorum priorum et camerariorum artium civitatis perusie opportuna. Stat. Pe-
rus., voi. I, rub. 355. — Vedasi anche la rubrica 201 : « Quod nulla ex infrascriptis
coramunantijs seu gahellis possit vendi nisi prò uno anno nec etiarr. a contante »
e la rubrica 262: « Quod gabella salarie et gabella pedagij non possint vendi sine
deliberatione censii j dominoru;!! priorum et camerariorum cum triginta quinque
fabis albis ».
4G2 V. ALFIERI
gabelle (l). Cosi disciplinalo e frenalo, l'appalto non generava gravi
abusi e il comune aveva il beneficio di poler riscuotere somme
determinate a epoche fisse e compensava in gran parte il profitto
degli appaltatori con il risparmio di spese derivante dall'energia
del tornaconto.
Per determinare l'imposta con precisione, per distribuirla
giustamente, per graduarla secondo la condizione economica dei
singoli, occorreva naturalmente la istituzione di regolare catasto;
e Perugia si accinse per tempo alla notazione delle proprietà pri-
vate e alla compilazione dei libri dell'estimo (2).
Nessuna mutazione era fatta alle scritture catastali senza
l'assentimento degli officiali dell'armario (3). Chi aveva venduto
tutti i suoi beni irumobili poteva chiedere di essere tolto dal cata-
sto, e gli officiali dell'armario erano tenuti a registrare il trasfe-
rimento della proprietà (4). Per far cancellare dai libri dell'estimo
i beni perduti in seguito ad alluvione, occorreva la fede di quattro
o cinque testimoni; ed i beni ottenuti in seguito ad alluvione
(1) Quod deinceps omnes et singule communantie et gabelle communis perusie
iiecn ni poste cliisij perusini et fructus redditus .et proventus earum et cuiuslibet
earuna per conservatores monete massarios ofRciales ahundantie et quoscunique alios
oSìciales communis perusie nomine dicli communis ad tempus vendende vel alter
concedente qualitercumque et quandocumque vendantur et concedantur quihuscum-
que emptorihus et eas emere volentibus ad omne ipsorum riscbium, .pericuìura, et
fortunam Stat. Perus., voi. I, rub. 25S e 352; — Forse non sempre gli appaltatori
rinunciavano a richiedere diminuzioni del prezzo e il comune si rifiutava a conce-
derle. Sul principio del secolo XIV, a Lucca, avendo soldati mercenari tedeschi gua-
state le campagne, i compratori delle gabelle della vicai-ia di Camaiore chiesero di
essere reintegrati de" danni sofferti e l'ottennero. (G. Pardi, op. cjt., pag. 78).
(2) Xel 1313 furono eletti dieci frati della penitenza per riordinare le libbre dei
possidenti, non convenientemente descritte nei libri pubblici. (A. Makiotti, op. cit.,
tomo I, parte 2a, pagg. 245, 246)
(3) rulla mutatio diminutio seti augumento cancellatio vel descriptio de
novo vel aliquid aliud possit fieri de aliqua lil)ra catrasto seu extimo alicuius : nisi
de presentia consensu et voluntate ofRcialiiim dicti catrasti Stat. Perus., voi. I,
rub. 09.
(4) si aliquis civis vel comitatensi perusinus vendiderit omnia sua bona
Te! rem aliqunm immobilem : qua vendita nihil immobile siì)i remanserit : si voluerit
et petierit coram officialibus armarij se et eius catrastum et libram et omnia sua
l)ona toUi cassari et elevari de diete catrasto: possint dicti officiales talia bona ven-
dita vel in alio quocumque translata em|itorihiis ipsarum rerum vel alio titnlo ipsas
res acquireniil)ns por.ere et aca trastare in eorum catrasto et libra Stat. Perus.,
voi. I, rub. &S.
L' AMMINISTHAZIONK ECONOMICA, ECC. 4G3
•dovevano essere denunciati entro un semestre dui ^ioi'nn dcH'ac-
cessione, sotto pena di cento lire, ai^li officiali dell'armario, i
quali erano obbligati pure, sotto pena di cento lire, di farli stimare
a spese del proprietario e di notarli in catasto (1). Le case disaf-
fittate non erano comprese nel catasto, purché il disaflitto fosse
testimoniato da tre o quattro convicini (2). La pigione assegnavasi
per l'eslimo in montare netto (3). Le case usale dagli slessi pro-
prietari per l'esercizio di qualche loro arte dovevano esseri; alli-
brate secondo la pigione che si avrebbe potuto percepire (-4). Si
poteva chiedere di essere allibralo nel luogo ove Irasferivasi la
dimora, purché in esso si rimanesse due anni, si avesse casa
propria e la maggior parie dei beni posseduti (5). Gli eredi erano
(1) si per inundationem vel alliivionem vel aqiiarum inipetum terremim
vel domus vel aliqua alia res aliiljrata seu acatrastata alicui seu aliquibus toUeretur
ili totum vel in partem occuparetur : quod f'acta (ide legitima de predictis per qua-
tuor vel quique testes fidedignos de libro et catrasto eius cuius t'uerit talis i-es abiata
aut occupata ex causa predicta elevetur et removeatur Kt si alicui aliquod ter-
renutn accreverit per alluvionem aque vel tluininis redditam : ponatur tale terrenum
et addatur ei cui accreverit seu pervenerit in coniitatu Perusie l'U ille cui accre-
verit vel obvenerit vel sic acquisiverit terrenum predictum teneatur assignare infra
sex menses a tempere quo sic ut dictum est acquisiverit modo predicto qua assi-
gnatione facta predicti ofliciales teneantur lacere dictum terrenum mensurari et ex-
tiniari expensis assignantis : secundum quam extimationem in catrasto ponatur et
accatrastetur pena non assignanti et otfìcialibus in predictis negligentibus C libraruni
denariorum Stat. Perus., voi. I, rub. 100.
(•>) domus sive camere allibrata vel allibrate ratione pensionis prò tem-
pore quo non pensionarentur : eleventur et minuantur de libra illius cui alibrate
forent: facta fide de predictis per quatuor vel per tres testes de coiivincinia Stat.
Perus., voi. I, rub. 102.
(3) si aliquis domum suani ampliori pensione locaverit alienam v^rbo
jniiiori pensione conduxerit: tanto mtius debeat assignare quantum est illud quod
pensionis nomine prò aliena domo solvere est obligatus. Stat. Perus., voi. I, rub. 103.
(4) si aliquis exerceret artem in domo propria <|uod illa domus debeat
allibrari et acatrastari per inde ac si dictam domum locaveret seu pensionaret liabita
consideratione ad redditum seu ad pensionem que ex dieta domo percipi posset. Stat.
Perus., voi. I, ruu 114.
(5) si contigerit aliquem alibratum in aliquo castro vel villa ire ad habi-
tandum ad aliquem alium locum castri vel ville comitatus perusie et ibi continue
per iluos annos habitaverit: et domum propriam habuerit: quod possit petere coram
olììcialibus arniarij se alibrari vel acatrastari in loco ubi liabitabit, si et inquantum
in loco ubi habitat habuerit maiorem partem bonorum suorum et se elevari et eius
libram cassari de loco unde discessit. Stat. Perus., voi. I, rub. 101.
4:61 V. ALFIERI
obbligati a farsi catastare in luogo del defunto (1). I proprietari
di case erano allibrali nella parrocchia dove avevano le case loro
e non in quelle dove abitavano; e se avevano case in diverse
porle e parrocchie, venivano allibrati nella porta e nella parroc-
chia da essi scelta (2). Gli allibrati in diversi luoghi del contado
dovevano ridurre la libra nel solo luogo in cui più dimoravano
per gli interessi loro (3). Le variazioni catastali relative agli abi-
tanti del contado facevansi ordinariamente in seguito a notifica-
zione e domanda dei sindaci (4). Chiunque reputava eccessiva
l'estimazione dei suoi beni aveva facoltà di farla rivedere a sue
spese (5). Coloro i quali commettevano frodi riguardo al catasto^
simulando compre e vendile di beni, venivano puniti con il paga-
mento di duecento lire e la confisca dei beni comprati e ven-
duti (6). I beni venduti a prezzo maggiore dell'estimo dovevano
(1) si aliquis alibratus in libro et acatrastatus in catrasto communis pe-
rusie decesserit superstite sibi ali(|UO suo Alio lierede vel aliquo alio suo vel eman-
cipato vel estraneo lierede cuiuscumque condictionis existat et dictus lieres velit suum
nouiem scribi et poni in catrasto et libra decedentes cui successerit Stat. Ferus.,
voi. I, rub. 107.
(2) unus quisque liabeat librara suam in porta (t parrochia in que habi-
tat et moratur: sed si in una parrochia domum habet propriam in alia verbo habi-
tat: in parrochia propre domus libra fiet. — Si aut in diversis portis vel parrochijs
domos habet proprias : et in altera ipsarum vel utriusque habitet: sit in allibrandi
electione in que de dictis portis et parrochia voluerit allibrari Stat. Perus.,
voi. I. rub. 120.
(3| si aliquis comitatensis esset alibratus in duolius vel pluribus castris
vel villis quod tota eius libra reducatur et sibi fiat in castro vel villa in qua fanii-
liariter habitaverit prò bonis suis ubicumque positis vel existentibus Stat. Perns.y
voi. I, rub. 122.
(4) Sindici castrorum et villarum comitatus perusie ex forma alicuius
ordinamenti de venditione, alienatione, translatione et adiustatione possessionum et
rerum honiinum et personarum mortuorum absentatorum et depauperatorum et ani-
bitatorum eoruni universitatis tenentur nie.n facei'e olBcialir.us armari] et catrasti
communis perusie ad hoc ut tempore res et possessiones de ipsa libra et catrasto
eleventur et acquirenti seu dictas res possidenti in suo catrasto ponantur et scriban-
tur Stat. Perus., voi. I, ruli. 126. — Vengasi anche la rubrica 111.
(.5) si aliquis deinceps conquereretur coram offlcialibus armarij quod
immensuratione et mensurationibus sue possessionis vel possessionum erratum fue-
rit : possint et teneantur dicti offlciales armarij omnes et singulas possessiones talis
conquerentis suis expensis facere revideri et mensurari et tales mensurationes ad
veritatem reducere Stat. Perus., voi. I, rub. 110.
(6) siquis comitatensis vel alius quicumque venderet vel alienaret vel
alio modo trasferret aliquam possessionem alicui in frau lem vel fictitie ad cessan-
L' AMMINISTKAZIONK IX'OXOMICA, ECO. 4<)i>
essere notali in catasto secondo il valore accerUito (1). (ìli ufticiuli
dell'armario avevano obbligo di mettere sempre in catasto il mag-
gior valore e di accrescere la libra a qualsiasi ricbiedente (2). Ad
essi era anche deputata la correzione degli errori rilevali in cata-
sto (3). In caso di compera e vendila di beni, si presentava la cedola
del contralto ai nolari dell'armario, i quali eseguivano la necessaria
voltura (4). Diversi erano i limili dell'eslimo per la città e per gli
abitanti del contado (5). Sui beni posseduti fuori del comune non
si ponevano gravezze ('i). 1 forestieri, dopo Irenl'anni di residenza,
dovevano essere cataslali, e cosi potevano godere di alcuni privi-
dum onus libre et factioruni conimuuis perusie : (luod tam verclit^r sseu alienato!"
quam emptor seu acquieiitor puiiialur tt coiiiiemnetur per potestalem et capitaneuiri
in OC libras denariorum et rem ipsam venditam vel alienatam perdaiu et in communi
deveniant et conliscetuf ipso iure. Stai. Perus., voi. I, rub. 112.
(1) possessiones (|ue venduntur et aiienantur ultra quai'fitatem (pie esti-
mate sunt in catrasto delieant extimari ementi et acquirenti secund'uni i>recium et
secunduni quantitatem preci.) et tion minus aliquo non ohstante. Slat. Perus., voi. I,
rub. 1K>.
(2) officiales armari.) in descriptionihus extimationum pcnant preciura
si fiierit maius quani extimatio et si extimatio fuerit maior precio ponantnr extima-
tio : Ita ([uod semper maior quantitas describant et alibretur. Stat. Perus., voi. I,
rub. 125 leneantur it deheant ad penani C lilirarum denariorum a i:j;ere et accre-
scere libram et summam libre cuiuscumque petentis Rub. 135.
(3) Et quacumque ratione vel causa error apparent ex eorum arbitrio et
officio corrigere et emendale et ad veritatem debitam reducere ad petitionera peten-
tis et eorum officio summarie et sine strepitu et ligura iudici.j Stat. Perus.,
voi. I, rub. 1:^.1. — Veggasi anche la rubrica i;ì3.
(4) quicum(iue tam civis quam comitatensis perusinus vei quicumque
alius vendiderit vel alio quoquo modo alteri concesserit ali(iuam rem sibi allil)ra-
tam: qucd ad eius petitionera vel alterius cuius interesset seu sindici castri vel ville
unde esset venditor vel concessor habita cedala venditionis seu coi cessionis talis rei
vendite vel concesse: officiales armari.) possint teneantur et debeant taiem rem de
libra vendentis vel cedentis elevare et cassare et ponere et describere in libra emen-
tis vel alter acquirentis Stat. Perus., voi. I, run. IIG.
(j) civibus Perusinis et allibratis in civitate et etiam forensibus allibratis
in civitate perusie vel allibratis inter -absentalos de comitatu liat et (ieri debeat libra:
Kt facta esse intelligatur ad minus XXV librarum ad grossam : Kt comitatensibus
perusinis et allibratis in comitatu lìat et fieri debeat libra v librarum ad grossam
ad minus Stat. Perus.., voi. I, rub. 132
(G) omnes et singuli cives et comitatenses perusini qui aliqua bona sta-
bilia possiderent extra comitatum et distrlctum perusie non teneantur nec debeant
solvere prò ipsis bonis aliquas datas nollectas vel factiones imponendas per commune
perusie si prò ipsis bonis in civitate castro vel loco in cuius territorio et districtu
sunt talia bona solverint dummodo dare et piene probent se alibi factiones solvere
et onera suportare prò bonis predictis. Stai. Perus., voi. I, rub. 141.
466 V. ALFIERI
legi ciltadini (1). Nessun forestiero aveva diritto, per venti anni,
da che era stato allibralo o erano stali allibrati gli ascendenti
suoi, di assumere pubblico officio o esercitare una delle quaran-
taquattro arti (2).
I libri del catasto,, conservati nell' armario, erano di perga-
mena e disposti in modo che ad ogni proprietario si potesse as-
segnare un conveniente numero di pagine. In capo alla prima
facciala di ogni serie di pagine slavano il nome, il casato e l'arme
dell' allibrato; seguivano la descrizione dei beni e l' indicazione del-
l'estimo e poi uno spazio in bianco per le successive variazioni.
1 notai principali dell'armario dovevano tenere, secondo gli sta-
tuti, un libro di cartapecora, per notare le cassazioni di condanne,
di focolari, di beni perduti per alluvione, delle pigioni, gli allibra-
menti dei forestieri, ecc. ; e dovevano depositare tale libro in can-
celleria, entro tre giorni dal termine dell'officio (3). Agli officiali
dell'armario si comandò anche di far compilare dai loro notari
due registri, in cui fossero notati compendiosamente ed alfabetica-
mente i condannati, e di trasmetterli ai massari, affinchè gli of-
(1) siquis forensis habitaverit continue per XXX annos in civitate Peru-
sie qucd possit et debeat deseribi inter cives absentatos in armario librorum dicti
communis et acatrastari et allibrari in ea porta et parcchia prout sibi libuerit
Stat. Perus., voi. 1, rub. 135.
(2) siquis ori^inaliter forensis nunc quomodoliljet allibratus inter cives
orijjinarios perusinos seu absentatos et quomodolibet descriptus a XX annis citra
seu infra ipsum tempus quod a die descriptioris et acatrastationis facte quomodolibet
inter cives infra XX anni s seu inde ad XX annos, non possit nec debeat quoque
modo liabere vel quomodolibet exercere per se vel alium a]iqu<jd offlcium communis
Perusie vel XXXXIIII artium civitatis perusie vel alicuius earum neccivitatum ter-
rar'im seu locorum communi Peiusie suppositorum seu recomendatorum seu reco-
mendandorum imposterum qucquo modo Stat. Perus., voi. I, rub. 137.
(3) Hat unus liber in armario supradicto expensis dictorum notariorum
in cartis pecudinis in quo etfectualiter dicti notarij prir.cipales teneantur scribere et
notare de tempore in tempus infrascripta que sunt importantie et maxime efficacie
videlicet. — Cassationes quarumcumque condemnationum. — Cassationes foculario-
rum. — AUibrationes forensium seu comitatensium allihrandorum de novo inter
civis seu absentatos. — Cassationes quorumcumque honorum per alluvionem et im-
petum aquarum. — Cassationes et positiones estimati num pensionum seu rerum
que pensionantur que extimari debeant secundum formam statutorum de tali ma-
teria loquentinm qui liber deposilo officio infra tres dies restitui debeat per ipsos
nutarios in cancel.aria communis Stat. Perus., voi. I, rub. 561.
L'A>:MiNisri{.\/,i(>Ni.: economica, i:cc. 4G7
liciali d(!lle camere polo^sero conoscere chi ncjn aveva dirillo a
paga dal comune (1).
1 nolari dovevano inslnimentare, ossia redigere in piddilica
forma, ogni alto amminislralivo. 1 contraili erano, in cancelleria,
nolali sopra un libro detto lihcr ronlrarOnini (2). Le riforma/ioni
erano Irasci'itte in un liher maf/nus di carta pecora, che tenevasi
nella cancelleria del comune (3). Le diverse condizioni e forma-
lità di vendita delle rendite comunali erano esposte in un registro
<ìgX[o fornm la ri II 1)1 communaniiarvm et (jaheUni'inn , posto ancli'esso
in cancelleria (4). Le rapiiresaglie erano descritte in un speciale
(1) officiales armarij et eorum notarij de proximo publìlicandi possint fe-
jicantur et debeant lieri facere duo registra in cartis niembranis (|uorum alteruiu
stare debeat in camera massariorum sub tabulis liKatum : in ((uihus <iuideni re;,'istris
teneantur et dobeant sub compendio registrare et registrnri facere omnes et singulos
<;ondemnatos dicti communis a MCCC LXXV de mense decemt)ri citra scribendo no-
nien condemnati, jjrout descrii)tum est in condemnatione, cum nomine pronf)rain(;
-•i;;nomine et loco et tempore et tjuantitate seu ((ualitate condemnationis per ordinem
-•ill)liabeti : ut faciiiter valeant inveniri Ka omnia decernentes ut conservatores
massari.) et alij ofliciales commimis Ferusie neminem possint conducere vcl eligere
qui esset condemniitus vel alter assumere seu salarium provisionem vel stipendium
solvere vel aliquid concedere quoquo modo. Stat. Perus., voi. I, rub. 330.
(2) Si cancellarius notarius priorum et notarij potestatis vel capitanei vel aliquis
eorum seu aliquis eprum notarius fuerint rogati de aliquo contractu communis Pe-
rusie seu aliquem contractum emptionis vel permutationis vel sindicatus vel alterius
rei seu alterius conditionis pertinentis vel spectantis ad dictum commune fecerint vel
rogati fuerint facere teneantur ille notarius qui tale scripserit vel fecerit instrumentiim
seu contractum intra XV dies postquam rogatus fuerit ipsum cancellarlo caneellario
assignare qui cancellarius teneatur et debeat scribi facere per eundcm et autenticare :
Et ipse etiam teneatur de ijs de quibus rogatus fuerit in publicam formam scribere
in quodam libro qui esse semper debeat in cat^cellaria communis de cartis pecudinis
et ligatum et coopertura cum assibus et vocetur liber contractuum communis Peiii-
sio Stat. Perus., voi. I, rub. S.
(3) notarius dominorum priorum artium debeat restituere librum suum in
cancellaria integrum et sine aliiiua obmissione et sine ceteris pena mille librarum
denariorum prò quolibet contrafaciente ;. et teneatur dictus notarius registrari facere
in registro retinendo in cancellaria dicti communis omnes reformationes perpetuo du-
raturas de quibus rogatus fuerit de quibus cancellarius communis debeat notitiam
facere oflficialibus forensibus dicti communis. Stat. Perus., voi. I, rub. 565 Et
de predictis reformationibus liat unus liber magnus per dictum notarium cancellarium
vcl abreviatorem cum subscriptione notarij predicti vel cancellarij vel abreviatoris
sTibscriptioni in ijs et alijs piena ad hibeatur fìdes aliquo non obstante in cartis pe-
«•udinis qui semper remaneat in cancellaria communis predicti. Rub. 78.
(4) Statuimus et ordinamus ([uod liat et ordinetur in dictam cancellaria unus
liber qui vocetur formularium communantiarum et gabellarum communis perusie in
([uo libro ponantur scribantur et registrentur manu cancellarij cnnununis perusie veL
468 V. ALFIERI
libro, detto registrum repvesaliarum, custodito pure in cancelle-
ria (1). Le residenze e le paghe dei castellani e dei loro famuli
erano ricordale nel liher conductarum, che stava pure in cancel-
leria (2). Si conservavano ancora in cancelleria i registri nei quali
i notari delle varie camere scrivevano i debitori del comune (3).
Le principali scritture della camera dei massari distingue-
vansi in due sistemi ; uno relativo all'introito e l'altro relativo
all'esito. E per ciascun sistema si avevano due registri : uno era
di carta e rimaneva sempre nella camera, l'altro era di membrana
e, alla fine dell'officio, si presentava, come rendiconto, al maggior
sindaco e poscia depositavasi nell'armario (4). Di più, nella ca-
mera dei massari, si tenevano due altri libri : in uno si scrive-
vano le vendite dei fruiti di beni comunali, indicando il luogo, il
tempo, l'appaltatore, *il fideiussore, il prezzo, ecc ; nell'altro si scri-
vevano le vendile dei proventi di gabelle, indicando la data, il
termine, l'aggiudicatario, il mallevadore, la quantità, il montare.
alteriiis experti notarij pei* dictum cancellarium eligendi omnes et singule forme se-
cundum quas in presenti tempore vendi consueverunt ipse coramunantie et gabelle-
ita quod quelibet communantia et gabella in dicto libro per se habeat foi'mam suam
cum pactis modis et cum capitulis consuetis Stat. Perus., voi. I, rub. 146.
(1) Statuimus quod liat et fieri debeat et stare continue in cancellaria communis
Perusie unum registrum in cartis membranis quod registrum massarij communis pe-
rusie expensis communis Perusie fieri faciant sub tabulis ligatum quod vocetur regi-
strum represaliarum : In quo quidem registro describantur et describi debeant omnes
et singule represalie et alie quecuraque licentie concesse liactenus ad alicuius vel ali-
quorum istantiam Stat. Perus., voi. I, rub. 177. Veggasi anche la rubrica 467.
(2) descriptlo castellanorum et famulorum lìeri possit et debeat per no-
tarium super exitibus camere massariorum in uno libro depei'se: Qui quidem nota-
rius teneatur et debeat notarium talis castellani cum numero pagarum et locum
ad quem dirigitur ex scripsisse et registrasse in cancellaria communis perusie in liln'o
conductarum Stat. Perus., voi. I, rub. 450.
(3) ofHciales abundantie et alij quicumque officiales dicti communis electi
.seu eligendi possint teneantur et debeant per eorum notarios registrar! facere in
registro existenti in cancellaria dicti communis omnes et singulos debitores dicti com-
munis Stat. Perus., voi. I, rub. 49).
(4) Teneantur notarij facere duos libros omnium introitum dicti communis
scilicet unum prò eorum orriginali in carta bombicina et alterum ponendo in armario
communis Perusie et omnium expensarum quas facient dicti massarij similiter faciant
duos libros quorum unum habeant dicti massarij prò eorum orriginali et alterum
]>onant in dicto armario prò comtnuni quos liljros ponendo» in armario faciant lleri
in cartis pecudinis et non in cartis bombicinis Stat. Perus., voi I, rub. 351.
l' AMMINISTRAZIONE ECONOMICA, ECC. 4(!!)
ecc. (1). E lenevasi anche un libro dei dehilori, ]jer quanto con-
cerneva la camera (2), e un libro delle paghe spellanli ai castellani
e ai loro famuli (3). I massari dovevano, in forma pubblica ed
entro un mese dalla fine del loro officio, consegnare i libri della
camera ai successori (4).
Le principali scritture della camera dei conservatori distin-
guevansi in due sistemi: uno relativo all'introito, Tidlro relativo
all'esito. E per ciascun sistema si avevano due registri: uno era
di carta e rimaneva sempre nella camera; l'altro era di membrana
e, alla fine dell'officio, si presentava, come rendiconto, al mag-
gior sindaco e poscia deposilavasi nell'armario (5). Di più, nella
camera dei conservatori, si tenevano due altri libri: in uno si
scrivevano le vendile dei frutti di beni comunali, indicando il
(1) Statuimus quod in camera massariorum sint et esse debeant et lìeri do
novo in cartis membranis et inter tabulas ligati duo libri : in quorum uno scribantur
omnes communantie communis perusie camere massariorum prò extensum et ubi site
sunt in quo libro scribi debeant sub breviloquio homines et persone quibus tales com-
munantie vendite sunt et prò quanto precio et ipsorum lideiussores et promissio pre-
ciorum ubi etiam scribantur solutiones pagamentorum preciorum ipsarum comunan-
tiarum cura millesimo mense et die in alio verbo libro scribantur omnes gabelle
communis perusie diete camere deputate per extensum et que venduntur per ipsura
commune et cui et nomina lìdeiussorum cum (juantitatibus millesimo mense et die
Stat. Perus., voi. I, rub. 359.
(2) massari.j communis perusie possint teneantur et debeant sub pena CCCC C
librarum denariorum prò quolibet negligente et vice qualibet de facto auterendarum
\>er maiorem sindicum vel alium oHicialem dicti communis reduci lacere in uno regi-
.stro deperse in eorum ca;uera omnes et singulos debitorcs camere eorum Utat.
Perus., voi. I, rub. 360.
(3) descriptio castellanorum et famulorum fieri possit et debeat per nota-
rium super exitibus camere massariorum in une libro deperse iilat. Perus.,
vel. I, rub. 450.
(4) Libros aut introitura et exituum et gestorum tempore eorum oflici in forma
publica massari,! et eorum notarij et fancellus teneantur et debeant restituisse et as-
signasse infra mensem post finem eorum offlcij Stat. Perus,, voi I, rub. 366.
(5) Statuimus quod per notarium conservatorum qui fuerit super introitibus
deputatus fiant et Aeri debeant duo libri: Et in quolibet ipsorum scribantur omnes
et singuli introitus conservatorum quorum est notarius, quorum librorum unus sit
in borabicinis et remanere debeat in camera dictorum conservatorum : Alter verbo in
pecudinis et coram maiori sindico in line oftici.j iuxta consuetudinem debeat presen-
tai'e, et simili modo fiant per notarium conservatorum qui fuerit ad scribendum exitu.s
deputatus duo libri, et in utroque eorum scribantur omnes et singuli exitus et ex-
pense fìaciendi per ipsos conservatores: quorum unus in dieta camera debeat rema-
nere alter verbo coram maiori sindico producatur Stat. Perus., voi. I, rub. 26S.
■470 V. ALFIERI
luogo, il tempo, rappallatore, il fideiussore, il prezzo, ecc ; nell'al-
tro si scrivevano le vendile dei proventi di gabelle, indicando la
(lata, il termine, l'aggiudicatario, il mallevadore, la quantità, il
montare, ecc. (1). E lenevasi anche un libro dei debitori, per
quanto concerneva la camera (2), e un registrum credilorum, in
cui erano notati i creditori del comune (3). 1 conservatori delle
monete dovevano, in forma pubblica ed entro un mese dalla fine
del loro officio, consegnare i libri ai successori (4). Spettava ai
conservatori delle monete la revisione bimestrale dei conti degli
officiali collettori. Gli officiali collettori, i loro notai e computisti
erano obbligati a presentare ai conservatori i relativi libri (codices
rationes introituum et exituum), e, se rilevavasi frode a danno del
comune, venivano deferiti al maggior sindaco per l'applicazione
delle pene comminate dagli statuti (5).
(1) Statuimus quod in camera conservatorum predictorum sint et esse deb^ant
et fieri de novo in cartis membranis et inter tabulas ligati duo libri in quorum uno
sci'ibantur omnes communantie communis Perusie per extensum et ubi site sunt
in quo libro scribi debeant sub breviloquio homines et persone quibus tales commu-
nantie vendite sunt, et prò quanto predo et ipsorum fideiussores et promissio precio-
rum, ubi etiam scribantur solutiones pagamentorura preciorum ipsarum communan-
tiarum cum millesimo mense et die In altero verbo libro scribantur gabelle com-
munis perusie per extensum et que venduntur per ipsum commune et cui nomina II-
deiussorum cum quantitatibus millesimo mense et die Stat. Perus., voi. I, rub. 207.
(2) conservatores monete massarij communis perusie offlciales abundantie
et quicumque alij officiales seu exactores quarumcumque gabellarum seu coramunan-
tiarum dicti communis i)Ossint teneantur, et debeant sub pena C C C C C librarum de-
nariorum prò quolibet negligente et vice qualibet de facto auferendarum per maio-
rem sindicum vel aliura officialem dicti communis reduci facere in uno registro de-
perse in eorum et cuiusque eorum camera omnes et singulos debitores camerarum
predictarum vel alicuius earum seu communantiarum seu gabellarum predictarum....
Stat. Perus., voi. I, rub. 269.
(3) conservatores proxime futuri et aliJ qui prò tempore fuerint teneantur
et debeant per notarium super registris in eorum camera in uno registro quod vo-
cetur registi'um creditorum communis perusie registrare et registrar! facere omnes
et singulos creditores dicti communis Stat. Perus., voi. I, rub. 3-10.
(4) libi'os aut introituum et exituum et gestorum tempore officij ipsorum
in forma publica conservatores massarij officiales abundantie et officiales campionis
carnium si venditio de eo non fieret in futurum et eorum et cuiu.sque eorum nota-
ri.i teneantur et debeant restituisse et assignasse in fra mesem post flnem eorum et
cuiusque eorum officij Stat. Perus., voi. I, rub. 275.
(5) conservatores monete presentes et qui prò tempore fuerint possint te-
neantur et debeant sul) pena C C C C C librarum denariorum a quolibet neglijjente seu
reculante per maiorem sindicum eo ipso revidere ad minus de duobus mensil)us in
duos menses diligentissime et examinare rationes introituum et exituum quorumeum-
L' AMMINISTKAZIUNK KCONOMICA, ECC. lil
Le principuli scrillure della caiiieru deirabbùndaiiz}! dit:lingue-
-vansi in due sistemi: uno relalivo alla cassa, l'allro relativo al
magazzino. Le scritture di cassa suddividevansi in due sistemi
minori: uno dell'introito, l'altro dell'esito; e per ciascuno si ave-
vano due registri : uno era di carta e rimaneva sempre nella ca-
mera, l'.dlro era di membrana e, alla fine dell'officio, si presen-
tava, come rendiconto, al maggior sindaco e poscia deposilavasi
nell'armario (1). Parimente le scritture di magazzino suddivide-
vansi in due sistemi : uno dell'entrata di derrate, l'altro dell'uscita ;
e per ciascun sistema si aveva un libro speciale (2). Di più, nella
camera dell'abbondanza, si teneva un registro, in cui si notava di
anno in anno la presupposta misura delle rendile delle terre del
que omnium et singulorura officialium colleotorum fancellorum et notariorum pre-
sentium et fiiturorum deputatorum et deputandorum ad exigendum frabellas seu com-
niunantias dicti communis prestantias seu collectas imiiositas aut imponcndas et ma-
xime gahellam seu communantiam salane galjellam pedagij et alias quascumque ga-
bellas et coramunantias et introitus quoslibet provenire debentes ad cameram conser-
vatorura: Et quod orani officiales coUectores notarij et fancelli et quilibet ipsorum
sub dieta pena, et ut supra premittltur, auferenda possint teneantur et debeant ad re-
quisitionem ipsorum conservatorum vel duorum ex eis ostendere et assignare ipsis
conservatoribus codices rationes introltuum et exituum quorumcumque Utat. Pe-
rus., voi. I, rub. 3^17.
(1) Statuimus quod per notarium ahundantie civitatis perusie qui fucrit super
introitibus deputatus liant et fieri debeant duo libri: Kt in ([uolibet ipsorum scribantur
omnes et singuli introitus oflicialum abundantie civitatis Perusie quorum est notarius
quorum librorum unus remanere debeat in camera dictorum oflicialum et alter vero
corara maiori sindico in line ofìicij iuxta consuetudinera debeat presentari. Kt simili
modo fiat per notarium ot'ficialum qui fuerit ad scribendum exitus deputatum duo
libri et in uno quoque eorum scribantur oranes et singuli exitus et expense faciendi
et faciende per ipsos officiales quorum unus in dieta camera abundantie debeat re-
manere alter vero coram cancellano communis perusie vel maiori sindico produca-
tur Stai. Peì^s., voi. I, rub. 489.
(2) officiales abundantie per eorum notarios et fancellos possint teneantur
et debeant in uno libro deperse singuliter et destincte describere et describi facere omnes
«luantitates grani seu biadi quas quomodocuraque aut qualitercumque emerent seu emi
facerent ab aliqua universitate domino vel singulari persona describendo et describi
faciendo tempus emptionis facte et a quibus seu quo emerint et prò quanto precio
Kt simili modo describi faciant in uno libro deperse singuliter et distincte omnes et
singulas venditiones grani seu biadi quas facerent de die in diem describendo cui
persone et prò (juanto precio designando personam co modo et forma prout et sicut
in emptione tenentur facere cum effectu. — Kt similiter describi faciant deperse sin-
guliter et distincte omnem quantitatem grani seu biadi quam de die in diem face-
rent quomodolibet macinari et cui molendinario granum dcderint ad molandum ad
hoc ut de die in diem videri et discerni possit quantitas que perperea ad exitum
mitteretur. Stat. Periis., voi. I, rub. 500.
472 V. ALFIERI
Chiugi (1). E si teneva anche un libro dei debitori, per quanto
concerneva la camera. Gli officiali dell'abbondanza dovevano, in
forma pubblica ed entro un mese dalla fine del loro officio, con-
segnare i libri ai successori.
Delle armi e degli arnesi esistenti nelle rocche e nei castelli
si faceva inventario in pubblica forma; ed ogni castellano, recan-
dosi alla residenza assegnatagli, doveva portare seco una copia
dell'inventario, per riscontrarla e, entro quindici giorni dall'arrivo,
significare le variazioni al capitano oppure al potestà ed ai priori (2).
Dopo queste notizie relative all'ordinamento dei registri, si
può conchiudere che, nell'antica Perugia, se non cercavasi di adat-
tare le scritture a qualunque esigenza, se non conoscevasi la
massima potenza computistica dei melodi di registrazione, sape-
vasi però ricordare bene con la scrittura ogni fatto di gestione,
per conoscere assiduamente lo stato dell'azienda e chiaramente di-
mostrare l'opera amministrativa.
Perugia, giugno 1896.
Alfieri Vittorio.
(1) prò officiales abundantie tam presentes quam qui prò tempore fuerint
liat et lieri possit et debeat unum registrum de anno in annum per ali<iuera ex no-
tarijs diclorum oftìcialium cui dicti ofliciales mandaverint : in quo fiat et (ieri debeat
compendiosa descriptio in totum collecte extimi et libre seu catrasti cuiuslibet castri
seu ville comitatus perusie deperse et similiter describi debeat sub descriptione talis
libre extimi seu catrasti facienda ut supra ad descriptionem cuiuslibet castri loci
seu ville dicti comitatus quantitas grani et biadi et que prò ilio anno debet percepì
ex dicto clusio et quantitas que prò rata tali castro contingeret : Et similiter quanti-
tas pecunie que tanget tale castrum locum seu villam ad rationem XXX solidorum
denariorum quolibet corbe prò rata secundum exitum seu librara talis castri loci seu
ville Stat. Perus., voi. I, rub. 488.
(2) Ex nunc in antea talis modus servetur videlicet quod de omnilms et singu-
lis balistis, sagiptamentis, corazzis, armis, ferramentis, arnesibus, massaritijs et cun-
ctis rebus alijs roccharum civitatis perusie et castri plebis et aliarum roccharum que
.sunt vel erunt in terris communis Perusie fiat et fieri debeat inventarium et inven-
taria in publicam lorraam: Et quod quilibet castellanus quando vadit seu ibit ad di-
ctum oflicium teneatur et debeat secum portare copiam registri: Et inquisitionem
facere postquam fuerit in ipsa roccha de rebus predictis et si reperierit aliquid esse
sub tractum ablatum vel asportatum diminutum vel vastum significare per literas
domino capitaneo populi Perusini vel potestati vacante capitaneo et dominis prioribus
artium civitatis Perusie infra quinque dies a die principij sui ofllei.j computandos
Stat. Perus., voi. I, rub. 192.
473
. ANTONII GERALDINI
AMEHINI POHTAK LAUKHATI
DE VITA BMI IN CHÌTO PATBIS ANGELI GEBALOINI
EPISCOPI SL'ESSAM
ET DE TOTIUS FAMILIAE GERALDINAE AM IMITI KINE
(Continuazione vedi fascicolo I, anno II, pay. 58).
13. — His pneritiae rudimentis, nec i vulyaribus ])riinicii.s cxa- Studialegge.
ctis, quarto decimo aetatis anno (1), die festum divi Lucae Evau-
190 g-elistae seqiieuti ; ad leg-iim civilium studia cum esset conver-
sus, Mattheus g-enitor, titpote qui filiorum quiuque totidem femella-
rum alternis vicibus feminis post mares ex eadem uxore natis educan-
dorum onus ferre non poterai ipse solus, graviter tulit primogenitum,
quem in alenda sobole socium habere sperabat, studio literarum sibi
195 abdnctum, et se dispendium potius, quam opera ab ipso eodem tem-
pore expectare. Misit itaque Bartholomeum fratrem et Angelum Ar-
changeli lilium Geraldinum propinquum suum, qui Alio paternos la-
bores fratruinque et sororum catervam prius commemorarent,
deinde ipsum revocarent. et ad lucrosum aliquod studium exhorta-
200 reutur. Patruum et et propinquum talia sibi patrio nomine refe-
rentes hoc responso est prosequntus: quod quamquam eorumdem
hortatu milicias destituerat, nullo modo in animum ducereut se
ipsorum quoque persuasioni bus ingenuarum artium studia relictu-
* e. iO rum, * quae, magis domui suae, couducibilia futura erant, (juam
205 quodvis aliud lucrosi opilìcii studium.
14. — Quibus dimissis, receptus est in collegium, quod quidam Entra nel
collegio Qal-
Galeranus, qui prò bene actae vitae, sanctitatem in beatorum lerano.
numerum a posteris relatiis est. Ibidem constituerat, ubi quadra-
ginta juvenes, qviilibet prò septem annorum victu sexaginta au-
210 reos primo ingressu pendentes, Jureconsultorum digestis, impera-
toriisque sanctionibus, ac pontificiis decretis studiosissime invigi-
laut, parce, et religiose sub peritissimi jurisconsulti doctrina de-
gunt. Si erraverint, ut proclive est juvenibus, magistri imperio
plectuntur; eodem assistente, singulis diebus de jure disputant.
(1) Intendi, a/itio 1426.
30
474 B. GEKALDINI
215 Qnotidie missae sacrificio christiano iutersunt, eodemque catholico
ritu quater in auuo peccata fatentur, et eucharistiam totieus quo-
tanuis pio corde siiscipere cousueverimt Talibus vitae istitntibus as-
sueti facile studeutibus caeteris bouarum artium scieutia, et vitae
cultu antecelluut. Inter eos educatus Angelus utrique juri accuratis-
220 sime studuit. Euituit semper non minus studiorum excellentia, quam
prudenti rerum Consilio, et actione. Atque ita coUeg'arum, et praece-
ptoris extimatioue, census omnes illius collegii mag'istratus prius
g-essit.
e l*"tt°^"'d'^l- ^^' — Deinde publicis omnium Senis studentium in muueribus
r università 925 praefectus inter universi studii cousultores unus bis duobus aunis
«Il biena, ^
ad illuni mag'istratum electus est. Idem annos leg'endi muneris,
quam lecturam vocant, communi omnium consensu obtinuit, miraque
auditorum frequentia, siug'ulari ac pene divina laude absolvit. Se-
• e. il nensium g-ratium consequutus * multos amerinis concivibus apud
230 eos magistratus impetravit, pluresque compatriotas ad literarum
studia suis exhortatiouibus, et auxiliis convertit. Inter quos Ber-
nardinum fratrem, secundo g'enitum, dnodecim annos natum Senas
ad se accesivit, quem humanis prius artibus erudiri curavit, deinde
fructiferi jnris sententiis instrni, qnibus eidem quoqne ut sibi iter
235 ad jndicandi rationem aperireret. Cam in g-eminatos fratris sui ac-
cessione sumptns videret, nec haberet unde sibi ad impensas sub-
sidium, et fomenta polliceretur, diffldens caeptorum operum exitu,
cura obstare sibi adversam rerum seriem vereretur, consilium rau-
tavit, et Francisco Philelpho procurante, oratores Reg-is Cipri seque-
240 batur; Qui eum ad Regem deducebaut futurnm ipsius cousiliarium,
et secretorum partici pem, non si ne mag-no honore atque usu. Au-
diens antera, dum Ferrariae esset, in itinere a Dominico narinensi,
quod Petrus Boccariuus, et Pax Cerichella, cum de generis prae-
stantia, et studiorum aemulatione primis usque annis contenderei,
245 publice de jure responderant, invidia gloriae motus quod studia,
quae ipse tunc reliuquebat, prosequeutes clariores se in patria fu-
turos extimabat, retulit pedem, seque studiis toto pectore reddidit.
Fratrem prinium Senis, deinde apud Massam Cararam judicem con-
stituit, utrumque magistratum per annum integrum administratu-
250 rum. Ex quorum emolumento ^ ad studia literarum vires, et parva
• e. a quaedam amnicula (?) reparavit.
Inviato a 16. — Deinde decreto senensis Senatus Papiam tetendit, ut
Bologna. Martinum Laudensem in utroque jure consultissimum ibidem le-
ctorem publico stipendio conduceret. Eadem causa profectras est
255 Bononiam ad Bonerium liberaralium artium, et medicinae profes-
VITA DI AX(;i<:i-o (;i;i{Ai.i)iN"i 475
sorem. Quibus conductis iu sui laboris iirot-uiiiua non ii.iriiiii mi-
litatis ab eodem senatu cousectus est. Quod ci ad suinptuuin suf-
fectnm maxime profuit. Cura certamen esset inter Sieulum, et
Aquilauuin uter eorum imiversis studentibus rector propoueretur,
2G0 studeutescjue inter se dissidentes pars aquilani, i^ars siculi studiis ^u* accor-
haererent, ipse aquilano, qui miuus potcns fuit; favebat, utc|ue illum
competitori praeferret, Perusium prò sutt'ra<i;iis impetrandis festi-
uavit, et quadrjig-inta illinc studontes sua prudoiitia, suasionibus
auctoritate Seuas perduxit. Quorum vocibus et favore a(iuilanus
265 sieulum superavit, regimeuque obtiuuit. Quod Ang-elo nostro non
minorem Perusii quam Senis laudein, et <j;-loriam obtinuit.
17. — llis meritis iusignis juventutis nationis romanae priuceps ha- Da saggio
pubblico.
beri apud socios meruit. Dum Eug'enius quartusejusnomiuisPontifcx
Max: cum omni Romana curia ibi per sex nieuses ageret, juris nodos,
270 et leguua euigmata ter corani onniibus iu pubblicis foris siunino acu-
raiue, mirandaciue gravitate dissolvit. Ob quae, virtutis non vulgaria
testimonia universis sacrae, religionis principibus gratissiinus extitit.
Precijniani vero gratiam, et extimationem uactus est apud ceu-
* e. 13. suram - illius gravissimi, et maximi Patris Dominici de Capranica •
275 Firmani Cavdinalis, cujus judiciuni non minoris ponderis fuit aetate
nostra, quam olim Catonianum. Severissimus enim erat ceusor, nec
quidquam adprobare cousuevit quin ulla ex parte labasset. ]\Ie- Entra in
.... . . , . , . . 1 .... grazia del
minit igitur ipsius, dum mtentus esset ad eripiendum mvicti du- Card.CaiJra-
cis Francisci Sfortiae manibus Piceuum, quod ante Mediolani domi-
280 nium in duodecim annos occupatum tenuerat cum exercitu quator-
decim millium partim peditum, partim equitum, in eam provintiam
legatus a summo Pontifìce Eugenio praedicto, qui tuuc noviter in
urbem redierat. Ex qua discedente, patrum concilio pulsus fuerat,
deinde in eam revocatus, Umbriam recuperaverat. Cum ergo Cardi-
285 nalis restaurando sacro Pont, imperio incumbens, et tanta rerum
mole septum censpiceret, se prudenti aliquo diserto viro indigere, Questi lo
chiama suo
cuius opera, et fide in tam arduis negotiis uti posset. Ilunc elegit intimo con-
quem consilii et eloquii, ac fidei copiam habere arbitratus est.
18. — Angelum itaque e Senis Picenum, ubi tunc »erat cum
290 exercitu per literas accivit. Is antequam peteret, Romam divertit,
ut ibi, posteaquam christiano ritu sacerdoti peccata fuisset fassus,
culpae indulgentiam, quae divorum Petri et Pauli, et Johannis
Apostolorum aedes visitantibus concessa est, assequeretur. Dum
ille iter perageret prima nocte posteaquam Senis (1) egressus fuerat,
295 quiescens vidit, subeunte aurora, in avita sede profundum extemplo
repentem vivae aquae puteum, ex quo multi limpidissimi emer-
(0) Ms : Senas.
476
15. GERALDINI
• C. i4.
.".00
Canonico
di Amelia.
305
Rilevanti
missioni.
310
315
320
Il forte Gi-
rone di Fer-
mo.
330
Prosegue
gli studi le-
gali in P e-
ruiria.
335
gereut * rivi, quorum uou erat promptum diguoscere ubertatemne
aquarura, au puritatem magis admirari deberet. Excitatus tanti
visus ordine paulisper attouitus, iter et propositum suum sequutus,
atque eo itinere Romam cum applicuisset, ab Eugenio Summo
Pontifice canonicatus, et praebendae jus obtinuit in tempio Ca-
thedrali divae Firmiuae Ameriae patriae indigetis, felix profecto
priucipium, cum tanta deinceps accessio facta est. Qui subinde,
illic abscedeus, tandem ad cardinalem Tolentinum piceni urbem
recepit. Illuni cum prudentissimus dominus clementer inter intimos
domesticos recepisset nihil ab opinione, quam de eo coneeperat im-
mutatus est, verum ejus presentia adauctus.
19. — Bis ipsum Romam ad Eugenium Max: Pontiiìcem misit,
quater ad illustrem Franciscum Sfortiam praefatum tunc hostem.
Bis ad Anchonitanos, ter ad Camertes, semel ad Ricinnatenses,
ad Firmanos, Tolentiuates, Fabrianeuses, et totiens ad Cingulanos
legavit. Cingulani praedicti, et Sanseverinates per ejus manus,
eo constituente conditiones pacis acceperunt.
20. — Alexander quoque Sfortia, Francisci frater, Gironem fir-
manam arcem, in qua fuerat obsessus, cum apostolico imperio
reddere cogeretur, certis conditionibus, ipso interveniente, confir-
matis Cardinali restituit, ob quod meritum Firmani multum Angelo
debentes ipsum semper maxime observaruut. Illius euim opera rece-
ptam arcem, quae urbi exitio erat, postea permittente summo Ponti-
fice, ut sibi jugum demereut, everterunt. Erat enim arx in nativo sco-
pulo super urbem vetusta, et miranda mole erecta, quae inexpugna-
bilis urbi domiuabatur. Nec universa Europa tutiu.s, aut nobilius
opus fuisseaudivimus. — Ipse * delude quaecumque operae praecium
luit nunc ad amicos, nunc ad hostes profectus. Nec inimicorum
timuit iusidias, neque ulla quae utrimque ingruebant pericula
detrectavit, cum ubique fraudes vigerent, undique inter bellorum
turbiues vis immiueret, atque omnni ex parte se raptores circum-
ferreut, ut mos est, inter Martis tumultus. Atque ita omne pice-
num apostolico juri Eximum (Oximum) usque restitutum est.
21. — Haec postquam egerat, Cardinalem, qui se illinc ad re-
formaudum Perusinam Remp: et Umbriam in meliorem cultum
redigendum, contulerat, sequutus, studia repetiit, quae per annum
fere omiserat. Quotidianaque disputatione, quae coram ipso Car-
dinale privata post prandium flebat, et quadam publica repetitione,
quam fecit, reseraus pontificii juris latebras, abditosque recessus,
inauditam de sua indole spem, et expectationem innovavit, atque
exausit.
VITA 1>I ANOELO (;eualdini 477
luterea Eug'euius, ut diximus, Umbria, et oiiinibus IMceni ar-
cibus, oppidis, atque urbibiis Eximuin usi|U(^ in (littioiifiii receptis,
340 ipso Cardinale suadente, ut ejus vices invicto animo adente redi-
geudi «fuociue in suam pote.statem Bouoniam rcbelicm spem cou-
cepit. Et quam primum opere ipso spem sequutus est.
Adhibuit Tarctarum de Bectona, et Eliseum cives Periisinos,
Nicolai Piccinini ma^ni ductoris olim secretarios, cum aliquibus
345 civibus Bououieusibus ad rem couficiendam, caeptorum ministros.
Veriim ad hoc cum Philippi Mariae tum ducis Mediolani milites
necessarii viderentur, prudeutiae sagacitatjs ipsius Angeli cura
demandata est, cum Eliscus, et Tartarus praetati addicti fuerant
• e. 16. socii. * Hos deduxit prope Ferrariam dissimulato corporis cultu,
350 per mille capitis discrimina iuter consertissimos hostes ; ibi ipsis „ Recupera
relictis, ad ducem peuetravit (juam celerrime. Obtinuit ab eo lu-
liauum Forliveusem exercitus dncem. Quem cum copiis mille quin-
quegeutoram equitum et mille peditum in agrum Bououiensem
conduxit, quibus major pars oppidorum Bouonicnsium sacro Ec-
355 clesiae imperio reparata suut. Ipse bis post tertium meusem pe-
ractis, ad Cardiualem rediit Perusium.
22. — Ibi reperit per meusem ante reditum Collegii uovae Sa- Rettore del-
pieutiae noucupatae rectorem (se) fuisse designatum. Collegium illud pienzain Pe-
studentium domiciliura a Benedicto Guidalotto piissimo, Recina- '""fe''*-
360 tensique psaesule fuerat institutum. Morte praeveutus Benedictus,
cum absolvere opus non potuisset testamento statuit illud perfici
e suis opibus debere, reliquitque testamenti executorem Cardiua-
lem Firmauum. Quo costituente, quadragiuta studeutes in illud
admissi suut. Illi cum de aliquo preficieudo agereut huuc, «luam-
365 vis abseutem novi collegii rectorem desiguaruut.
His compertis Angelus in utroque iure consultorum, quos do-
ctores vocant, praestautiam infra triduum assertus est die natali
beati Johanuis Baptistae anno aetatis vigesimo secuudo (1444) (1).
Dedueta pompa in palatium Cardiualis, et vigiuti octo utriusque
370 jurisconsultis examiui assistentibus. Qui omnes, praeter quinque, Laurato in
mercedis suae, quam in simili solemnitate accipere consueveruut, dénza.^^"^^*
pecuuias eidem ob virtutem liberaliter reddiderunt, ipsumque in
utreque jura consultissimum, nullo discrepante, adprobarunt.
23. — His omnibus octo et viginti jureconsultis Cardiualis lau-
375 tissimum convivium constituit, dumque in sumptuosa illa coena Giurecon-
^ '- sultoinsi-
• e. is. * regifico liixu parata discumbeutes essent prope finem, ecce qua- gne.
draginta studentes primum et novum Rectorem ut exciperent,
venerunt, peratocque convivio mag-na caterva stipantes ad colle-
li) Piuttosto trigesimosecundo.
478
B. GERALDINI
Migliora-
menti da lui
portati nel
suo Collegio.
Vicario del
Vescovo di
Perugia.
Rettore del-
la Sapienza
vecchia.
g'ium, et ad mag-istratum (1) tuoc primum iuiti admiaistrationem
380 comitati suut, et partim Cardi ualis favore, partim ob virtutis
suae merita et expectationem, quam de se contraxerat, partim
propter reg'eudi coUeg'ii mimus noviter delatum tanto honore tau-
toque omnium plausu, et jurecousultorum couseusu ad g-radum
illum juris consulti asceudit, quanto neminem uostris temporibus
385 obrepisse audltum est.
24. — Interim credito sibi uovo reg-imini intentus, duas et vi-
g^inti cameras studentibus costruxit, translatos alio Benedicti au-
ctoris libros recuperavi t, et in bibliotecam composuit, Illos, quos
costruendi colleg'ii aedibus praefuerant ad reddendam rationem
390 malae administratiouis reos deprehensos daranorum refactioni
coeg-it. Ex quibus repetundarum accersitis multam pecuniam ex-
tortam iu colleg'ii beneflcium convertit. Praesentibus et futuris
ibi studentibus vivendi raciones, et leg'es tradidit, a quibus parens
et auctor colleg'ii uominari et meruit, et obtiuuit. Non enim mi-
395 noris est faciundus, qui urbem legibus, quam qui moeuibus fun-
davit. Nec minora Quii-itibus Numae leg'um, quam Romulo ma-
rorum fundatori gratia habenda, et g'ioria reddeuda fuit.
25. — Antequam haec pereg-isset nondum postinitummag-istrutum
mense exacto, factus est Perusiui Praesulis vicarius. Ibi haec of-
400 fìeii monumenta sui reliquit. Quindecim monialium mulierum con-
• e. is. veutus episcopali gubernationi submissos * ab ingredientium corru-
ptorum labefactione prohibuit, et ab omni virili congressu. Mari-
bus enim praeter leg'em adeuntibus, comuni christianae religionis
comercio beueficiis interdixit, sacerdotes concubiuas dimittere com-
405 pulit. Extremae testantium voluntates, multos aunos ante illud
temporis impeditae, ipso statuente, execjuutae fueruut.
26. Est etiam Perusii collegium, quod sapientiae veteris dicitur,
ad novi colleg'ii difereutiara. Per Nicolaum Capacium Romanum
S. Ecclesiae Cardinalem olim sumptuoso opere erectum, et magno
410 patrimonio dotatum, iu quo circiter octuaginta studentes jugiter
aluntur, cousuevitque ejus rector, qui nunquam nisi eximius ali-
quis jureconsultus esse solitus est. Episcopi quoque vices gerere.
Aegre tulerunt illius coUegii alumui munus illud Rectori suo fuisse
ademptum, et in uovi collegii Rectorem trauslatum. Ideoque de-
415 decus regentis iguaviae objectantes, rectorem, quem habebaut, re-
pudiaruut. Et Angelo Geraldino illius magistratus gerendi hono-
rem detulerunt; partim ejus virtute illecti, partim ut amissura mu-
(1) Ms. Magistratus.
VITA DI AN(;Kr.O GKUALDINI 479
neris honorem roparerent. At iiovac, ut dixiinus, sapieutiac socictas,
cum Kectorem suiiin ad alioiuiii rc^iinen transterri non aequo
420 animo pateretur, impetravit ex ambabus Ang-elus, ut eodem tem-
pore utique novae, et vetri congregationi preeset.
27. — Hoc tertio munere suis iionoribns addito haec oilicia prae- S"» a>'"ni.
nistrazionu.
stitit; quod veteris coileyii aedil)U.s tecta niinam innovavit minan-
tia; Damuosum domus et reddituum ministniiu uiultoruiii nobilium
425 favore fulctum a tali adininistratione - expulil; vinuiri dum maj'-no
• 0. 10. dispendio ad studt'iitiuni usuni (luotannis (uneretur, vincas domui
utillimas parvo ejusdcMn siuiiptu |)ropa<jari curavit. Acdcs nobilis-
simas foro iinminentes litiyio ab ojusdem colle^-ii jure alienas fa-
ctas summa industria recuperavit. Interini practer consuetudinem
430 oblatus est ei leg-endi lionos eum stipendio solis civibus ante id -i- ^r^^ff^'*'^*
temporis dari solitus. (^ueni «j-essit niag-na cum facundia, et gravi-
tate, habuitque frequentissimos auditores.
28. Additus est praeterea liis titulis alius honor. Quod per re-
cessum Petri de Capranica, is est substitutus, qui Cardinalis loco,
435 ejus curiam celebrantes audiret, causarumque seutentias, et judicia delcardi'nale
proferret. Hos quinque magistratus, quibus quinque insig-nes juris Capranica.
consulti potiri consueveruut, ipse solus citra sex meusium cursum
obtinuit, g-essitque eodem tempore, quod nunquam prius coutiu-
g'erat, ut tot honores in unum uno tempore in Illa urbe conge-
440 rereutur.
Ex temporis curriculo, quo Episcopi (ut diximus) Perusini vlces
gerebat, quatuor et otaginta studeutes in jure cousultorum numero
recepti, et adprobati sunt. Totidem oratioues, quot ipsifuerunt, sicut
Vicarii est officium publice habuit disertissimas quidem et horna-
445 tissimas. Eorum privilegia vicarii, ut mos est, nomine expedita
sunt. Quod ei maxime gratum fuit, quod se (Trante, et examini pre-
sidente, tres concives, multi compatriotae, et plurimi sodales inter
houoratum jureconsultorum ordinem relati fuerunt. Praecipuam vero
iudustriam et sapientiam adhibuit ad regendos lubricos, variisque
450 (leg: variosque)juvenum studentium*animos,etmultiplices volunta- S^°' 'alunni.
' e. 50. tes. Nani, quamquam veluti consueti sunt, multi fidis(l) factiouibus
agitati diversa semper inter se sentiebant. Rarusque inter plurimos
cum alterius voluntate conseutiebat. Ita tamen ad benevolentiam
sui concordes habuit, ut ad bene de se sentienduin uuanimes, ut
455 nemo illorum esset, qui se primum apud ejus praecordia esse non
existimaret. Et de illius virtute omnia vel mandita sibi pollicere-
tur. At vero Angelus, cum instabiles illorum mentes cognosceret,
veritus ne aliquid de benevoleutia, aut de opinione, quam de se
(1) Forse deve leggersi inlidis.
480
B. GER ALDINI
Premura
per i suoi
concittadini.
Richiamato
a Roma.
Giudice d'ap-
pello e luo-
gotenente
generale in
Fabriano.
habebant, novìs inter ipsa colleg-ia discentiouìbus exortis, immuta -
460 retur, et ut suum munus recte perficeret utramque societatem com-
muni foedere ligavit. Et uovas illis ueg-otiorum litium occupatio-
nes objecit, aliisque in dies actionibus implicavit. Nam prius in re-
parandis juribus colleg'iorum, quae praemisimus, intentos habuit.
Deiude exortatus est, et persuasit, ut causam ag-itarent contra stu-
465 dentes cives, qui ipsos in publicis arg-umentationibus praecedere
voluissent, et auxilio eisdem fuit, dum locum suum cum honore
tuerentur. Atque ita eo tempore quo illis praefuit, egit, ut inter
se non dissiderent, verum et publicum bonum omnes intenderete,
nec, ut eorum mos fuerat, contra reg'entem rebelles verterentur. Re-
470 cordabatur enim, quod ipse et in Senis in colleg-io expertus fuerat,.
studentes, cum externis carerent belli.s, intestina quaerere, et per-
saepe in ipsum rectorem verti consuevisse.
Praemissa dum ageret semper studiosissimus, non aliarum actio-
• e. 21. num oblitus, quae * virtutis essent, Baptistam Geraldinum g-erma-
475 num tertio genitum, undecim annos natum, Pascalem Gerardum
consobrinum, Angelum Archangcli propinquum, Evangelistam
Racanum, deinde Jacobum Mandosium Perusiura ad leg'em et
bonarum artium studia convocavit. Quorum Baptistam in eque-
strem ordinem deinde referri meruit. Alii omnes clarissiraorum
480 jureconsnitorum titolos accoperunt. Multos praeterea concives,
et flnitimos ad totius patriae, decus illuc ad ingenuarum artium
studio perduxit, partim officio, cui et locum, et studendi faculta-
tem in amicorum civium Perusinornm domibus praestitit, partim
sui aemulatione pertrassit. Qui uunc diversis artibus peritissimi ;
485 multi eorum patriae nomen suis virtutibus illustrant.
29. — Vigesimo secundo mense posteaquam jureconsulti nomen
adeptus est, bis honoribus iusignis, accersitus Romam a Cardinale
reliquit in duobuy magistratibus successorem Paulum a sancto Ge-
mino finitimum et amicum. In alios tres alii succcsserunt.
490 Romam cum accessit, Eugenius e vita migravit, Nicolaus eju&
appellationis quintus pontificatui successit. Ab eo Monasterii Sancti
Erasmi, quod est diocesis Spoletanae, situm super oppidum Ce-
sarum consequutus est. Et quamvis ejus redditus custodibus arcis
Cesàrum destinati essent, obtinuit tamen ut sibi relinqueretur.
495 custodiumque salarium e propriis Pontificatus Max : redditibus
penderetur. Cardinalis postea quartum piceni legatus eo die, quo
•e. 22. Fabrianum Angelus est ingressus, * ipsum constituit judicem, quem
appellatiouum dicunt. Cujus primum est de alienis judiciis judi-
care. Et locum tenentem geueralem in generalibus esse jussit,
VITA DI ANGELO (ÌEKALH1NI 481
500 credi(lit(|ue ei vices suas. Euindcm statini i)(».st 'roleiitimiin iiiisit,
ut universae curiae lìiccnae tVequeutiain Sausevcriimin traduceret.
Quod ipse diligeutissiine absolvit.
30. — Reddita est tuiic priimun Italiae pax per Nicolaiiii» Poii- Rivede icr
,, . ... . ^. • 1 11- I' •• cause agita-
tihceia Maxiimiin, (lUi ocii et (|Uictis ainator oimiia bellica huj^euii te in tempo
505 coepta diiiiisit. l'>oiioiiiat<iue habeua.s certi.s condictioiiilms rec.iepit, ' fe'"""'"'"'''-
pacato etiain Picaeuo, ijisi oiiiniuin Judicioniiii, (|iiae l)elloruin
violeutia, veteri justitiae inimica, oppre.ssa jacueruiit co<'iiitio re-
missa fuit.
Non limito post Franciscus St'ortia, de quo superius dictuiii est,
510 ciim ad iiiajora evocarctur ipsunuiue, et virtus et fortuna comes
ad Mediolaui dominium evelierent, acceptis ab apostolieae sedis
fastigio duobus et vigiuti minibus aureorum, ut pepigerat, Esira
restuit iu Angeli manus, <iui ea causa, eo mi.ssus fuerat. Quod
oppidum solum ipse Franciscus in ea usque tempora retinuerat,
515 atque illuc curia generalis Picaeni translata est. Ibi quoque per ^jf*iggf°'
ipsum Angelum res pubblica reformata, judiciaque rcnovata sunt.
Et omnia quae bellorum concussa iinpetu labebantur firmis legibus
stabilita. Revocati primum ejusdem opera exules, qui apostolicas
partes sequuti sfortianorum potentiam profugerant. Revocati deinde
520 Sfortiaui, qui sibi conscii de bis, quae contra pontifitios, egerant
• e. 23. sauctae Ecclesiae imperii censuram formidantes aufugerant, * pars ■
Pontitìcuin clementia, et liberalitate uti noluit, atque extorris re-
mansit. Qui redieruut non minus adversae factionis, quam amici
in g-ratiam quocumque tempore redeuntes recepti sunt, lUisque
525 evangelico praecepto indultum est. Aequis deinde legibus utraque
subjugata, etiam pari regimine urbs omnis reformata,
Eodem modo ToUentinantiuin respub : in meliorem cultum re- Montecchio*
dacta est, Monticuluin quoque ejusdem provinciae oppidum tunc
duo millium incolarum suo accessu illustravit, et mirifice munivit.
530 Cum enim niinis latus esset murorum ambitus, qui sine multis
custodiis, et propugnautoribus ab impugnantium vi, et insidiis,
haud facile tueri possit, obtinuit primum ut sexcentae casae de-
molireutur, et moenia contraerentur, munirenturque propugnacula.
Deinde cum nullo modo possent convenire inter se de pretio cul-
535 tores, diversa enim erant, et rustica capita, egit cum illis, quo-
rum domus contractis maeuibus extra circuitum relinqui debebaùt,
illas dirimi patereutur. Et ab aliis impetravit, qui duplices habebaut
casas, exclusis quae (quas) ipsis colebant habendas relinquerent.
Visa est vero talis oppidanorum, et praecipue agrestium de praetio
540 domorum conveuieutia fere omnibus impossibilis. Cum ad omnia
482
B. GEUALDINI
È a lui defe-
rita la causa
•dei Varano.
E fatto udi-
tore del Car-
dinale peni-
tenziere.
Condanna i
Permani.
545
e. 24.
550
555
560
565
570
• e. 25.
Sua vittoria 575
580
cousilia sibi, quamvis utilia adversari consueti, tuac damuosis
privatum si respicias comodum, et calamitosis rebus facilem as-
sensum praebuisseut ex tanta rerum confusione expeditissimi, ae
ipsius Consilio consultissimi fuisseut.
Montis Luponi, et Montisphilatrani incolis, suis ratiouibus per-
suasit, ut Sigismundi Pandiilfì Malatestae, qui ea occupaverat,
jugo se subtraherent, et ad saucta Poutiflcum jura ultro * rever-
terentur. Atque ita illa duo tbecundissinia oppida apostolico obse-
quio sine vi, et sine ullo bellorum fremitu restituta sunt.
31. — Nobiles A^'aranenses, Camerini domini, qui Canderolam
oppidura Ecclesiae juri subditixm hostiliter invasissent, cum esset
Angelo delegata causa, illos reos judicavit, resarciendorum da-
muorum, quae intulerant, vicariatus titulis, et praeminentia ci-
vitatis Camerini privavit, illos, et municepes a comuni christianae
religionis participatione abdicavit. Urbi sacris iuterdixit, villas et
oppida ab xirbis dominio segreg-avit, et privileg'iorum, muneribus,
quibus a summis Pontificibus donata fuerat spoliavit. Cum autem
a Pont: Nicolao nobiles ipsi indulg'entiam essent assequuti, ipsius
opera factum est, ut non ante in gratiam reciperentur, quam Can-
derolam, Montemrotundum, et Belfortem oppida sacrae Ecclesiae
relinquerent.
Post XVIII mensem cum Cardinali Romam repetiit, remansitque
mag'ister familiae ipsius Cardinalis, et ejus vices in auditione ser-
vans. Fuit subinde in Cardinalaem a Pont. Max : collatum munus,
quod poenitentiariae dixerunt, cuius officium est poeniteutibus in-
dulgere. Is quoque Cardinalis loco auditor institutus veniam poeni
teutibus pontifìcia auctoritate peccatorum culpara remisit.
32. — Non longe postea tempora Firmani ceperunt proditione
castellum Montisoctonis, quod episcopali sceptro debetur. Exorta
proterea inter Cardiualem et Firmanos controversia, quinquies ad
prosequendam litem Angelus Picaenum prosequutus est. * Tandem
definitiva judicis sententia Firmani ejus opera sunt ad restitutio-
nem condemnati, quibus sacrorum beneficio interdixit, privilegiis,
et oppidorum et villarum veterl conjuuctione privavit.
33. — Cardiualem Bononiensem Nicolai Quinti Pont: fratrem, ut
contra Firmanos cum exercitu contenderet, exoravit. Poenituit fa-
cti Firmanos, cum sibi sacris interdictum, et militares copias in
se ruentes conspexissent. Miserunt idcireo Oratores ad Cardiualem,
qui veniam supplico nomine supplices implorarent. Indulsit illis
Cardinalis, castellumque, et amorem, et observautiam a Firmanis
VHA DI AXGELO GEKALDIXI 483
civibus ii)sius Aiis"i'li fii)era, et iiuliistria rcc-upcravit. (^>uo(l fiiit
beueficiuin non vulvare.
34. — Cassiani a Cardinali niissus civiles tniiinltns coini)rt'ssit, f^o'nprime in
' ' Cascia 1 ci-
statuitque iuter eos paceni, (|uani us»iue ad ir^iininis rcip: inno- '^'''' tumulti.
585 vationem per aunum cuni medio teuuerunt. Ejus foedere sul)lato,
in nova mao-istratunni i)artit'one disentionibns exortis, niutuis cla-
dibus in Panli Pontitìcatum ad extrenium n.sijue exitinin patriani
perduxeruut.
35. — Anno a Kedentoris Natali quintiuag-esinio super millesi-
590 mum iu celebritate lubilei, quo fere omnes Cliri.stiaui ex omnibus
oris Romam coutiuuut, et a comuni g-aiidio, quod ex culpae cri-
minum remissione assequuntur annuni jubilei dictum fuisse opi-
uor, adbreviatoris quos, rectius compendiatoris diceremus, muuus
desig-natus est. Horum officium est, apostolicas qiias Bullas vocant,
595 componere, et limare et de illorum structura iudicare. Is ad pri- Diviene Ab-
' ' .'I l»reviatore di
mum, et secundum prius : deinde infra annum ad tertium g-radum P''^'"co »nag-
^ ' " giure,
obrepsit. Ad quem ueminem recipi nisi per decennium autem iu
• e. 26. primo, etiam in secundo * versatus fuerit decreto Pont: statutum fuit.
Est enim Magistratus ille triplicis gradus. Nam priinus breviato-
600 rum ordo est, cui licet pontificiae largitiones literas ab aliis scri-
ptis videre. Non tamen de ipsorum compositione judicium pro-
ferrre, qui primae visionis noncupatur, Seciindus appellatur de
parco minori, qui et videre, et de nonullis levibus jure suo indu-
cere potest. Tertia series nominata est de parco majori, quae de
605 omnibus tam parvi, quam magni pouderis censere solita est, atque
illas corrigere, expolire, et expedire. In hunc igitur tertium bre-
viatorum gradimi, non obstarunt saeverae Pontitìcum institutiones,
quomiuus ante aunum exactum post primum reciperetur.
Verum multiplex ejus virtus, et fama Celebris arcta legum vincula
610 coufregeruut. Illa tamcu breviatorum munera, nonnisi iu peritis-
simos, iu facundissimos, prudentissimostiue viros conferri mos uu-
quam fuit. ludigeut enim eorum praefecti maguae peritiae, ma-
gnaeque facundiae uec miuoris prudentiae.
Ex ea vero perfectione singulai-is, et inaudita ipsi laus prove-
615 venit, partim ex mansetudine, et promptitudiue audiendi omnes
ad se proflciscentes, quibus se facillimum, et studiosissimum prae-
stabat, partim ex liberalitate in amicos, et curiales, a quibus nun-
quam laboris praemium exaegit, partim etiam doctrina, et Consilio,
quibus in transigeudis eorum ncgociis, utebatur.
620 36. — Hic quoque magnum illi bumauae fortunac excmplum
484
B. GER ALDINI
I Geraldini
d'Irlanda gli
inviano una
deputazione.
La riceve
con sommo
onore.
Costruisce
in patria uno
splendido pa^
lazzo.
se obtulit, quo antiquum illud ijroverbium comprobatur « Homi-
num frontes persaepe occurrere, montium vertices nunquam ».
Dum enim in poutificiarum literarum terg-o curu nomine et co-
• e. 27. gnomen iscriberet, * ut mos est, hiberni Geraldini de quibus in re-
625 petitioue Geraldini g-eneris, in principio operis diximus, Angelum
Geraldinum Amerinum in tergo legentes socium cog'nomen reco-
gnoverunt, et adrairati sunt. Et memores priscae originis stirpis
suae, quae in Ameria fuerat, Romara miseruut nuunullos, quibus
iujunxerunt Ang-elum Geraldinum g-eneris consortem consanguineo
630 nomine salutarent, gratularenturque cum eo de familiae felicitate,
quae tam clara pig'nora ab antiqna origine non degenerantia hac
aetate produxisset ipsum tulerit virtute, dig-nitate, et gloria insi-
g:nem. Deinde facta quoque et eventus suos in Hybernia docerent,
qui a tempore Julii Caesaris in illuni usque diem principatum te-
635 uuissent. Delude ipsorum favorem, opes, et potentiam eidem utenda
oiferrent tamquam consanguineo. Nuntios illos magnifice Angelus
excepit, liberalissimeque dimisit. Mutuo enim prius, cum illis de
successibus Geraldinae sobolis, et de dominio gratulatus ac-
ceptis eorum oblationibus, vicissim operas, et fortunas suas arbi-
640 trio illorum paratissimas fore detulit, pollicitationesque, reipsa
prosequutus eorumdem negotia in romana Curia offieiosissime egit.
Omnes porro Hyberni, qui postea Romam venerunt, quousque An-
gelus in praedicti muneris administratione permansit, non reeba-
tur se in romana Curia aliquid impetrasse, nisi ejus nomine 11-
teras expeditas in Hiberniam reportasset. Maximo enim favore il-
lud cognomen omnes prosequebantur magni auspicii maximaeque
felicitatis esse late credebant.
37. — Ex eodeni magistratu, ut peripatetico more, opes velut
virtutum fomenta cum virtute conjungamus, * nec illis admuiculis,
et ornamentis carere velimus, quae ex divitiis proficiscuntur, multas
fortunas comulavit, remque familiarem longe amplifìcavit. Qua-
tuor enim sororum dotes, quae dum nupserant promissae maritis
fuerant, solvit. Cum pater ex genere gravis familiae aliaenum aes
conflasset, omnia ejus debita dissolvit. Construxit uovas, et splen-
655 didissimas aedes, in propria avitarum sedium sita, ubi tam felici-
ter fata etiam posteris se protendebant, eversis prioribus, quae fa-
ciem primi parietis pulcherrimam, et quadratìs vivìs lapidibus
compositam habebaut, nec altera illis similis tota urbe reperiebatùr.
At illa demolita, ut pulchrior fìeret, tam gravi, et iniquo animo
660 tulit genitor, ut nunquam posteaqaum solo aequatus prior paries
645
• e. 2S
650
VITA IH ANGELO OKU ALDINI 485
fuerit, doiniira videro i)Otuerit, aiiteqxiain novus ilio praestautior
erectus fuerit.
Aedes itaque novas tanto suinptu, tautaque architectura compo-
suit, ut nullum in tota urbe vestigium sit, (juod simile ante id
665 teiuporis aedificium ibi fiiissc iudicet.
f^mit etiam ex breviatiirae (quanti sic vocantì emolumento, po-
marium, intra urbis moenia septemtrioni oxpositum, (luod in tres,
et quinquag'inta hortulos divisum erat, et a totidcm possessoribus
emendum fuit. Atque ut in iinum redig'eret aequaretque, quator-
670 decim casas, majori qua par erat praetio emptas, a fundamentis
convulsit, et delevit, ac in unam aequam formam redactum muris
palchrisque aedificiis circumdedit. Addit praetera patrimonio multa
latissima, et feracissima praedia. Quorum unum octif^cnta soli jug^era
suo gremio complectitur, in quo ipse et decem fructiferarum arbo-
675 rum millia * sua expeusa consevit, tamque lata vineta propagavit,
• e. 29. quam ad totius cujuslibet populi, quamvis ampli, usum satìs esset.
Emit ([uoque castellum Seppi aprico clivo prope Balneoregium, Acquista il
feudo Seppi
et Lubrianum situm, quod principium dominii fuerat, et sedes dai Cervara
nobilibus de Cervaria Monaldeusiljus cog'nomiuatis. Magna profecto schi.
(580 ejusdem castelli fortuna, quod semper in celebre uobilium domi-
nium jure esse debeat. Multa demura sub eodem Pontiflce maxime
in domum ornamenta congessit. Multos finitimos officiis sibi et suis
devixit. A vicinis enim Luouanensibus, tum ob ag-rum Porchiani
oppiduli diruti eorum juribus additum, cum jure exigendi Ibidem Privilegi
685 vectigalia, tum etiam quod illis a Pontiflce impetrarat ut navim in °
Tiberim trahere liceret, exemptus fuit et ipse, et Geraldiui omnes
ab orani et vestigalium, et navali solutione.
A Tudertibus civitate donatus cum omui progenie Geraldina,
quae in omnia ipsius Reip : munera ejus meritis adscripta est.
690 'ò8. — Federici Imperatoris augusti, qui Xicolao Pont : regnante
. Roraam venerat, ardua negotia, cum sapientissime diligentissimeque l Geraldini
expedisset, pater et fratres cum sobole futura ejus beneficio comites palatini da
Palatini fieri meruerunt per pviblicas et augustas literas. Ab eodem ^ ^"*^
prò galeae insigne in christis pardo donati sunt. Sublato deinde
695 ex humano comercio Xicolao Pontifico Kalistus valentinus, tertius
ejus nominis, sublimi divi Petri chatedrae insedit.
Venerat forte paulo ante lacobus Nicolai Piccinini fllius, acer-
rimus ipse quoque militiae ductor, cum multis copiis, ut sacram
• e. 30. Pontificum potestatem * infestis armis adoriretur. Sed Alphonsus
700 perpetui nominis Rex, cum eum a caeptis revocasset, in Senenses
exercitum vertit.
486
B. GERALDINI
Inviato in
ajuto ai Se-
nesi asse*
diati.
Il Piccinino
messo in
fuga.
Riconcilia il
Papa con
Francesco
Malatesta.
Segretario
di p. Callisto.
39. — Challìstiis et ut Seueusibus iu tanto periculo adesset,
et bellorum rabiem a sua sede compesceret, seueusibus rebus in-
tegris, maguas copias coeg'it. Habuitque auxiliares, et ducis Me-
705 diolani, et Venetum, et Florentiuorum acies equitum decem millia,
et quatuor millia peditum. Quibus Johauuem de Ceutomilio fortis
simum belli ducem perfecit summo imperio. Et Augelum in castra
leg-atum misit, cuius auctoritate omnia in expeditione gereuda
commissa sunt. A qua commissione similes legati comissarii appel-
710 lari censueverunt Romani de his, quae acta sunt rescribere, et de
agendis summo Pontifici consulere.
Primo congressu lacobus cum suis turmis a delectu pontificio
in fugam compulsus coactus fuit in oppidum quod Castillionis de
Piscaria dicitur, se recipere, quod quidem erat sub potestate Al-
715 phonsi Regis, atque illuc usque apostolicae, cohortes insequntae
sunt. Verum ab eo manus abstinueruut, ne bellorum cum Alphonso
quoque causam darent, si illuni in agris dictioni ejus subditis
impugnassent. Cousederant Piscarium, ut Jacobo iter interclude-
rent, ne aut Perusium, aut Lucani per agruni Pisanum tende-
720 ret. Seuenses, qui vim hostium formidantes voluerunt cum ipsis
iuiquis couditionibus pacisci, Angelus ab inhonesto proposito con-
tinuit.
luterea ejusdem Jacobi milites anonae defectu compulsi omnes
difugerunt, intra undecimum mensem, ex quo praefatus ductor
partim in Castillione, partim in Orbiteli© obsessus fuerat, composita
est pax inter Pontificem * et Jacobum hac prima condictione, ut
ablata Seueusibus restituerentur.
40. — Exorta est inter Pontificem, et ducem Mediolani Fran-
ciscum Sfortiam, qui tria millia equorum ad nutum Rallisti in
ejus custra suppetias miserat, maxima auspicio quam idem An-
gelus e medio sustulit, confi rmavitque pristinum eorum foedus,
ex quo dux praedictus Angelo multuui debere, et scepe, et. pu-
blice testabatur.
41. — Hisce peractis Angelus, cum primum ad Kallistum rediit
735 in meritorum primo admissus est ad participationem arcanorum
Pontificum, quod munus secretariorum dicitur, coucessitqueei e sacris
beneficiorum emolumentis primo vacantibus sub ditione pontificia,
et a quacumque praesule conferendis tenus suramam quiugento-
rum ducatorum quotanuis futuram.
740 Designavitque suis publicis literis Matheum ejus genitorem, et fra-
tres omnesque eorum haeredes, et posteros comites palatinos cum
facultate restituendi inlegitime genitos in omnia legitimo conubio
725
• e. 31.
730
VITA DI an<;elo <;erali)1ni 487
nascentium Jura, et tabelliones iustitueudi, ipsos<|Ue ab oiimi onere
corporeo exeinptos esse jussit.
745 42. — Viterbiuin, quaiii Iturbiuni prisci dixeruiit, a l'ont: l)is fiiit viierfo'^ "*
legatiis. Duin fiuoribus civilil)us, et piiblicis depredationibus excia-
deretiir, incenden'ntuniixe, semel ut concivium raptaeopcs resiyna-
reutur, rursus ut arma depoucreutur, et iitrum(|iie asseiiuutus est.
Troilus, et Galeottiis Gacteuses, quae t'amilia primaria in urbe i-i'^era dalla
' III pena di inor-
750 Illa esse consuevit, cum deiude uoa conciuiescerent a bello civili, es- to i Gatte-
chi,
sentque deducti captivi in arcem Soractis, et etiam nulla esset
mora ciuominus capite damnati Poutilicis mandato laqueo suspen-
derentur, is retiuuit praeceps eorum fatum, fuitque causa ut vita
illis produceretur. Iterum cum Guj^lielmi Gacti ejusdem san<4'uinis,
755 diversae tamen factionis, per insidias trucidati bona deriperentur,
is a rapina servavit.
' e. 32. 43. — Deiuceps Bononiam jussu Pont: maximi profectus, * Bouo- g^è spedito
nienses, qui occupaverantoppida Plebis, et Centi Bonouiensis Epi- »' Bolognesi,
scopi sceptro subdita, ad restitutiouem movit, suaditque oppidauis
760 Centi, ut sub cons:ueti praesulis jug-um ultro revertereutur. Ilabuit
vero ad haec sua vota Centi optimates, quibus Geraldiui cog-nomea
est, facillimos adiutores. Quos generis sotios esse tuuc primum com-
perit ex illis Romauis Geraldini originem habuisse, qui cum Bo-
nonia deducta fuit colonia, ibi restiterunt. Ipse Angelus tum me-
765 minit, et (ut) ipsi referebant. Gratulati igitur ad invicem de ori-
ginis societate multis se honoribus mutuo prosequebantur.
Est ipsa domus amplissima, quae plusquam septuaginta viros ha-
bebat, hoc tempore in sexdecim lares divisos, voluntate tamen
conjunctissimos. Omnium primus est Nicolaus senior, qui paterno
770 nomine a toto genere appellari non iramerito possit. Compositis È ricevuto
rebus Angelus Bononiam rediens ab urbis praefecto niaximo onore in Bo-
honore, et plausu exceptus est, et ab iisdem illi couvivium niaximo °^"^"
apparatu celebra tum. In cuius frequeutia dum esset, nunciatum
est Aeueam Seuensem Cardinalem, qui postea Pii secundi nomen
775 accepit, Kallisto defuncto, ad poutificatus culmeu evectum fuisse.
Maximam ex tam fausta felicique relatione loetitiam accepit An-
gelus, audiens veteris amici, a quo amplissimus postea dignitates
assequutus, felicitatem.
44. — Fuit enim ab eo, quamvis in actioue, de qua modo dixi- P'ojl 1°
780 mas, abesset, Datarius designatus, cuius officium est supplicatio- rio.
nes porig-ere, eius signaturae assistere, deinde diem et locum, ubi
datae sunt conscribere, atque idcirco Datarius appellatur. Ad quod
munus, uounisi quivis breviatorum peritissimus eligi consuevit.
488
B. GER ALDINI
Lo fa Pro-
tonotario.
Dal papa
è spedito a
Francesco
•Sforza ed al
Duca di Sa-
voja.
Renato Re
di Francia.
Come si di-
portasse con
quel Re.
Est antera non minus Inerosa administratio propter mag'istratus
785 emolnmenta, quam honorificnm propter pontiflciae sìg-naturae prae-
seutiam. Vernm deinde novns Pontifex mag-istratnm illuni Lau-
• e. 33. rentio Roborellae detnlit, censens * multiplicem virtntem, promptum,
invidumqne ingeuiura Angeli semper in arduorum dificilinraque
negotiorum expeditione versatum, iuter rnilitares tnmnltus, in re-
790 gendis feris populorum animis, in Pontificum legationibus, con-
flciendisque Inter principes foederibus, non dignnm esse quod
tam in ociosa actione lentesceret. Cura igitur primum in curiam
revertisset, procubuissetque ante suos pedes, eum sereno vultu
excipiens [in] protonotariornm collegium assurapsit. Hi praelati
795 vocautur, et ab Episcopis corporis cultii in nullo differuut, prae-
ter quam in subtegmine pilei, quod bis e nigro serico est, illis e
viridi. Solebaut publicis Pontificum cousistoriis assistere, atque
omnia de quibus in eis referebatur prius quam alii notare.
45. — Ipsum tura legavit ad invictum Mediolani Ducem Fran-
800 cescum Sfortiam, ut de ejus voluntate certior fieret in tuendis re-
bus Ferdinandi Alphonsi filii, qui post obitum patris paterno regno
successit. Deinde ut ad ducem Allobrogum proficisceretur ad com-
pouendos utrìusque ducis controversias. Quae omnia sibi injuncta
accuratissime peraegit. Nam ducis mentem cum Pii voluntate con-
805 junxit. Ducum veteres lites pontificia auctoritate sopivit. Per ea
tempora Pius Neapolira misit Latinum Romanum Cardinalem, cui
Ursino, ac (a) familiae nomine cognomentum fuit, et Nicolaum
Pistoriensem Cardinalem Teauensem. Qui Ferdinaudum, et trabea,
et regni diademate apostolico nomine induernet.
46. — Angelum vero ad regem Rhenatum Ferdinandi Regis
hostem, et ejusdem regni competitorem, ac postea invasorem, Mas-
siliam misit ut primum justam Pontificis causam ipsi palam face-
ret, qua motus praefatum honoriflcentissimis decretis Regem ap-
pellasset, et corouarit. * Deinde firmum, et justum propositum in
eodem tueudo declararet, admoneretque si arma in ipsum Regem
moveret, pontificem oppositum habiturum.
Cum Rhenatus oratoris, qui jam Avinionem perveuerat adven-
tum, legationisque causam intellexisset in populos evulgavit se
Pontificis legatura non adraisurum. At Angelus haec audiens decre-
820 vit ad eura non ire nisi prius, ut accederet, per literas ipsius roga-
retur. Atque eo usque in Avinione perraansit, quo duo ad se no-
biles venerunt, qui Rhenati noraine ipsura obsecrarent, coraitarentur-
que in Regis tecta. Exposita corara ipso oratione sibi coraissa, et
anirao Regis corapresso, Roraam repetebat Angelus, cum redditae
810
• e. 34.
815
VITA DI ANtlHlJ» «IKUALDINI 489
825 fiierint ei PoiitiHcis literac, (|iubu.s ij).si iiijuu;j;t'l)atur, ut Carpcii-
turatae omni Vencsino coinitatui g'iibernando consisterei.
47. — ()iii iu Narbonensi Gallia est sub apostolicis scciìlri iinpe- i; i-itto f,'o-
' • ' verna toro di
rio per sexa^inta annos illuc "'uberuatoris pontificii admissi non c-iriientnra-
fiienint. Ipse vero, adhil)itis yallis niilitibus, et sacroruni interdi Contea «lei
, ,« . .... ... ^11. Veiiaisino.
8o0 ctione, relig'iosisqiie arnus in gxibernatoreni receptus esl. Quod lìo-
niae magna ciim laetitia, et adrairatione postea renunciatum, aii-
ditunuiue fuit, dum iutellcctum esset quod cotnitatus praedicti
.jura sedi pontificiao per eum summa cuin mag-nitudine reparata
fuissent. Sunt in eo tres Urbes opulentissiniae, oppida vero duo et
835 septuag-iuta. His Angelus duormn anuorum cursu praefuit ; judicia
coustituit, jure pontificio populos ad nielioreni vitae rationern re-
deg'it. Soepe tamen prò Ecclesiae sublimitate vitae discrimen iu-
currit, praesertim cum quidam V Carpenterate, ubi erat ejus sedes.
• e. .i'.5. Cives, qui patriam Khenato voluerunt * prodere, plebejos illicere
840 coepissent rapinis opum jiuleorum. Quorum partein interemerunt,
partem sacri ba])tismatis unda irrorarunt, septuaginta<jue illorum
domus omne suppellectile spoliarunt. Moisis, et omia aebraica vo-
lumiua minutissime lacerata in publicam viam coujeceruut. Eorum
violentiam Angelus summa fortitudine repressit, adbibito externo
845 praesidio, vicitque, et de illis justvim suplicium sumpsit. E converso Reprime una
Judeis, qui usura totius regionis fortunas hauserant, cum fere t'uzione*con-
omnes debentes sibi reddidissent totani provinciam sub ,jug"a tra- ^^° »'' '''"■«'•
xerunt, iuhibuit ne iu mutuis contrahere possent publicis istru-
mentis, sed acceptis pignoribus, et deposito, ut minus rapidum foe-
850 nus exercerent, tolleravit. Deinceps cum inveterata consuetudo
penes eos esset (juod creditores ejus proviuciae vocareut debitores
suos in judicium ad aliena fora, obligarentque illos ad externa
tribunalia apud illos praecipue a quibus faciliorem exactionem de- sa„n.ie ]^,„^i
beutibus damnosum magis et incomodum expectabant. Is evertit f-'^, ""P'-dire
'^ ^ le loro usure.
855 hauc iniquam consuetudinem, universo populo calamitosara, et in-
credibilis jacturae. Quippe quod hi, qui statuto tempore non fuis-
sent solvendo, statim ad tam longinqua judicia postulati aut magno
cum dispendio, duplicatis debitis, proficiscebantur, aut pars bonorum
in pnblicum referebatur, et aliaenum aes et eorum bonis exigebaUir
860 solvebantque laboris praemiura exactoribus, at([ue ita omnis eorum res
familiaris evanescebat, et persoepe illi cui niil debebant detineban-
tur in alienis urbibus, et per aliorum debita poenas luebant. Quod
injusticiae genus represalia in jure vocant. Ipse itaque constituit ne
debitores extra ecclesiae jura obligaudi cuiquam potestas esset. Sta-
865 tuta muleta iis qui se obligarent, qui eos ad hanc obligationem co-
32
490
B. GERALDINI
Difende i
deboli.
Dirime in sei
mesi oltre
niìlleliti pro-
tratte da pa-
recchi anni.
Come libe-
rasse la pro-
vincia dai la-
trocini.
Viene a patti
colCardinale
di Fuso.
• C. 36.
870
875
880
885
890
• e. 37.
895
900
935
gereut * tabelliouibus, qui tam iuiqiiain oblig-ationem annotassent.
Omues vero tam uobiles, quam plebeos mansuete, constauter,
dilig-enterque audiebat. Pupillos, viduas, pauperesque omnes a ma-
gnatum oppressione tuebatur.
Lites ad multos annos a causidicis productas ipse statini iusta
trutiua diremit, cum omnes audiret indefessus. Xullara coutra-
versiara senteutiae censura, sed omnia per concordiam termlnabat.
Et sic litigia ultra mille primis sex sui mag-istratus mensibus sus-
tulit, utraque parte tam rei, tam actoris ad concordiam reducta.
Valerius causidicus,qui veteri quorumdam lite alebatur, cum ad
eum accersitus ire distulisset, iterumque accitus tandem ad guber-
natorem accessisset, et ab eo increparetur respondit subridens,
sciebam equidem quod tibi veteri lucro privare animo sedebat,
atque idcirco citus non veni. Nani me non latebat, quod postea-
quam venissem arte tui eloquii quocumque volebas perdtixisses.
Est euim tuae praecipuum curiae munus ut quoscumque tuis sua-
sionibus quocumque impellas. Latrocinia quae antiquo usu in ea
provincia justa esse videbantur, passimque fiebant ea lege extin-
xit. Quod de multis latronibus aequae poenae sumptae sunt, et
universis tum urbium, tum oppidorum cultoribus severis mandati»
imperatum, ut agrum suum a raptoribus vacuum et tutum viato-
ribiis praestarent et, si minus expoliatis ìpsì satisfacerent, et si ca-
ptivum latronem in jus suae curiae non deduxissent certa poena
mulctarentur. Itaque omnibus peregre proficiscentibus erant itinera
(secura) etiamsi fulvum aureum palam in manibus tulissent.
48. — Petrus Cardinalis a clarissimo genere de Fuso ortum
duceus, tempore Eugenii quarti, quo Christiana ecclesia scismatica
discensione laborabat, et concilium contra ipsum Pont: apud Ba-
sileam frequens * erat, armis Avinionem invasit, quam tribus et
trigiuta annis tenuit sub praetextu perpetuae legationis, et sati-
sfactionis, quae in belli sumptibus expenderat. Cumque is cum
Pio Pontifice discederet (forsau dissideret) Avinionenses Pium
exortabautur ad dejciendum ipsum ex urbis potestate, suadentes
pontifici, quod illuc impium in eum concilium cogere moliretur.
Studium officiumque su.um ad conficiendum facinus, et ad rempubli-
cam sub antiquum sacrae ecclesiae jugum retraheudam promit-
tentes. Delegata est Angelo talis expeditionis cura, ut Cardinalem
ipse cum aliis coepti sociis ex ilio solio deturbareut. Verum An-
gelus adverlit fieri tuto non posse. Habebat enim in potestate pa-
lacium Avinioneuse, et quinque arces in venesino comitatu, quae
non potuissent tam cito expugnari, eratque priculosum ne ipse
VITA DI ANGKLO GEKALIUNI 4!)1
cum se talibus diticultatibus ciuctum viderct, cimi Kenato Reg-e
conveuiret, qui tuin coutra Ferdiuanduin lle^ein, (|U('in Poutifex
tuebatiir, iu compauia bella g^ercbat, ipsi(|ue Avinioiiein traderet.
910 Ratus itaque caiitius esso apostolicae sedi, et sibi tutius ne avin-
cioaensem legationem, dum uimis avide quaereret forte utrainque
et illara, et venesinam amitteret; decrevit pace potius, et securi-
tate qiiam bello, et disciimiue rem agere.
Pepigit cum Cardinali bis conventionibus. Quod Cardinalis sil)i
915 omues arces resignarct et praeteritorum bellorum expcnsis cede-
rei, ne ea causa Fusani proceres Cardinalis cousang-uiuei post fa-
timi eius illam urbem invaderent. Ipse Cardinalis ad extremum
vitae termiuum iu legatione confirmaretur, coustitueretur(iue le-
• e. 3S. o-atus, quem de latere * dixeruut, iu provincia Narbouensi.
920 49. — Forte eodem tempore inter se discors erat ordo Cartliu- . Concorda
siensis relig-ionis, cuius prima sedes est quiudecim millibus super
Granopolim, quam magnam Charthusiam vulgo appellant inter
alpium jiiga continua nive praetecta toto anno inaccessibilis erat,
praeterquam duobus mensibus, nisi viae, super altissimas nives
925 sternantur magno sumptu.
Generalis enim minister ordiuis sibi conscius, veritus ne a ma-
gistratu excuteretur, anuuum totius religionis concursum, quem
capitulum vocaut, ne fieret secundum ordinis instituta, impediebat,
multosqne ipsius antistites, qui suis votis obsistebant a priorati-
930 bus deturbavit, multos carceribus clansit, atque religionis obser-
vantia, et illius ordiuis congregationes primatum discussionibus
evertebautur. lUuc Angelus a Pont : missus et ordinis priores, et
antistites in eumdem locum iu votum coegit, ac generale capi tu- Presiede
" " '■ al lor capi-
lum eo anno celebravit cum pontificio nomine, et iutertuit et tologenerale
e tof^lie degli
935 praefuit. Statutum est ejus opera in illis adventitiis communi abusi.
omnium consensu, ut quotendis capitulum servatis priscis illius
religionis institutis, et novis rejectis celebraretur. Priores depositi
in pristinam dignitatem restituii fuerunt, in vinculum conjecti
soluti, et carceribus demissi. Omnesque sacri ipsius religionis ritus
940 instaurati, et multi ad majorem regulae, et quietis rationem et
divini cultus incrementum innovati.
Religionis ipsius cultores, pietatis divinorumque officiorum dili-
gentissime observatores sunt. Taciturni silentii ita studiosi, ut
mussare non audeant, nisi prius a superioribus venia impetrata. A
945 carnium cujiTsque generis esu, sanctius quam pictagorei abstinent,
• e. 39. iitopte * qui etiam in extremis vitae laboribus earum cibum ventri
non indulgent. Xon mendicant, sed vivunt redditibus annuis. Clausi
■Ai)2
B. GERALDIXI
Prosciuga
le paludi
del Sorga.
Ritorna in
Roma.
sunt in amplissima.s aedes iu suis cameris beue compositis, ortulum,
piiteiim ci.stcniani, et locvim oratiouis cum pluteolo habeutibus,
950 ter in hebdomada iu couvictura aliorum fratrum prodeunt. Quibus-
que septem diebus fateri peccata cog-untur. lUorum di.sceptatio-
iiibus uuuqiiam animo se apostolica auctoritas iuterpossiierat. Ve-
runi ipso tunc praeseute omnis religionis ritns boni coufirmati
sunt et in meliorem formam redacti.
5)55 50. — Sorg-a est fous in provincia Narbonensi(l), qui fuerat cele-
bratus cautilenis Francisci Petrarcae ; duin spirat quidam ventus in
loco ubi oritur trinm turrium spatio aquas iu altum ejaculatur paulum
sub casum in quinque rivos dividittir. Quorum medius et melior, et
latior fiuit. Nullns eorum vado transit, sed aut ponte, aut cimba
060 trajciendus est. Alvei rivorum ex ag-eribus facti jacentes campos su-
pereminent. Yerum multis in locis rupti, agros arabitu quadraginta
passuum millium ab anti(iuo iuondaraut, et noviter faeracissima prae-
dia ag-rediebantui", fecerantque stag'uum, ex quo multa redundabaut
incomoda. Nani romanum iter viatoribus impediebat, agros, ut dixi-
!)65 mus, late occupabat, nebulas emitlebat, quae et foetus arborum, et
aeris salubritateni animantibus corrumperent. Ipse ig'itur utile 0f)us
comuni labore fieret excog'itavit, nt obicibus tabularum hostiis ri-
vorum interpositis sing'uli subtraherentur prius, deinde alvei pur-
g'arentur, erig'enturque ag-g-eres, atque ita via publica, omnesque
1)70 stagnantes campi reparati, saluberque aeris tractus illi provinciae,
eius Consilio redditus, planitiem illam ab inundatione servatain
apostolico juri adjudicavit, et Inter quosdam ejus nomine dividit.
• e. 40. Qui * quotendis certuni tributum ejus aerario pendere debebant, si
venderent quarta praecii pars ejus rationibus cederet, deberentqiie
975 ' rivorum alveos purg-atos conservare ag'eres, si qua parte laberent,
reficere, ne rursus ag-ri illi rivorum inundatione obruerentur.
51. — Haec omnia cum summa laude in ea provincia, cui duo-
bus annis praefuit, praestitisset, nec quidam aliud g'ioria dig-num
ibi posse fieri perspexisset, versus curiani Romanam retulit pedem
980 sperans, fremente bellis Italia, se aliquid ibi sua industria rece-
pturum dignuni, ex quo et laudem et dig-uitatis amplificationem
consequeretur. Mediolano iter faciens, per Insubriam ab invicto
Francisco Sfortia duce bonore maximo in hospitium exceptus est.
Qui ei profusissimum convivium celebravit luxu pene inaudito :
9H5 ordine mirifico gratia et hilaritate, quamquam paulo posterius eius
mater defuncta erat, incredibili. Quatuor in ea mensa convivae
(1) :ms. cui.
VITA DI ANfiEI.O GERALDINI i*Xl
fuerimt. Ipse Poutificis max: lo^-atus a (U-xtcra, regius Onitor a
sinistra raedii iuter tluecin Franciscuin et lilaiicam uxon-ni sc-
debant.
990 E fronte discumbebat ducis primogenita Hippolita, quae Al-
phonso Calabriae duci, Rcg'is Ferdinandi primog-cuito, nupta est,
futura Partlienopis Kogiua, cuin aliis fonnosissiuiis illustriljusciuc
puellis in eodeni convivio, quamvis lugubrem adirne cultum ser-
varent. Xobiles ministri omnes ultra quadrigentoruin numorum aut
995 nigri serici, aut hyacentiuis vestibus induti erant, quod pulchruni
fuit spectaculuiii.
52. — Romani cum pervenisset a sumino Pontitice aliique cliri-
stianae religiouis proceribus mag'uo amore praecipuaque laetilia
* e. di. receptus fuit. Intulerat* tuncbellum Pius II Jacobo Sabello Auicum Kiconcilia
1000 Ecclesiae tuuc hosti [qui] Jacobo Piciniuo miliciae (1) duci con FMo il.
couseutierat, atque ea causa multa ejus oppida expugnaverat. An-
gelus soepe ad utrumque profectus Jacobo Pontificem conciliavit.
Fecitqiie aequum et ratum inter eos foedus.
53. — Dehinc Neapolim una triremi ad Regem profectus est Pon- inviato al
'■ '^ '■ Re (li Napoli.
1005 tificis jussu ut Ducem Sorae, Cotronaeque domiuum, quem 'Mnr-
chionem dicunt, regiae fidei adderet, concordesque cum eo red-
deret et Hystrie Domiuum rebellari paratum in fide coutincret,
quod fieri non potuit, sed duo illi priucipes, qiios praemisimus,
cum Rege se vincierunt. Non din tamen. Xum postea rebelles facti,
1010 fidem non servarunt. Postremo uterque principatu depulsus poenas
luit perfidiae. Exinde Pontificis, et Regis nomine Florentias pergens,
obstilit legatis gallis, qui illuc tenderai, ut Florentinos exorarent,
faverent partibus Renati Regis. Mandato dai
Papa, e «lai
Atque ita egit cum Cosimo Medicae illius Senatus primate Re Alfonso
1015 aliisque optimatibus ut Fiorentini non modo Regi Renato nom con buon ri-
adessent, et se medios servarent ; veruni ut si Ferdiuandus Ilex ^'^ **'°'
aliquo modo soccubuisset, ejus partes adiuvarent.
54. — His peractis Angelus Romanain curiam sequutus est re-
gis orator et procurator, cujus nomine bis tributuin censura ecclesiae
1020 sublimitati solvit, equum album cum auratis faleris anno priore e-
lapso tempore. Nani Rex post terapus statutum miserat. Quod
Pontifex aegre tulit. Secundo anno ne Pontifex Regi, ut prius,
succenseret, equum album cum phalcris eniit inscio Rege (ut) in oratore e
'e. 42. tempore ad Pontificem ejus nomine duceret. Duxitque Pientiam, pfpi-iir.i.tore
"^ ■' ^ ' delReAlfon-
1025 novam Civitatem* Hetruriae, a Pio Pontifice institutam, et ab ejus sopressoPio
' • li.
(1) Ms. duce.
494
B, GER ALDINI
Presenta in
nome del Re
il tributo con
molta avve-
dutezza.
Viene.
È nomina-
to da Pio li
vescovo di
Sessa.
nomine dlctam, tibi Pontificis Pii natalis tuei'at, seciue illnc retii-
lerat voluptatis studio, et ut natale solum, quibus posset orna-
mcntis aug'eret. Sacraverat co die cathedrale ipsius orbis templum,
quod ipse fundaverut. Et exibat diviuis rebus peractis templi 11-
1030 mina, cuni Angelus ibi expectaus tributum, et munus Regium
loculeuta oratione sequntus est. Quod et Regi, et Pontifici fuit
jocundissimum. Fuit vero illa prima, et ultima ceusus pensio.
Cum ante Albiensis Cardinalis, qui erat fautor Renati adversarii
Regis Ferdinandi, ei obiceret, quod oeto et quadraginta aureorum
1035 millia prò tributi censura debebat, noii solvisset, miraretur cum pon-
tifex illud ferret, respondit Angelus, Pium justius Gallis, qui Fer-
dinandi bella intulissent, contempta pontificii culminis auctoritate,
quam Regi suo irascì posse, qui tuendo regno suo ab eorum insul-
tibus intentus, impediebatur quominus debitum censura penderei.
1010 55. — Interim Pier biasius Zaccheus Spoletauus cohortis prae-
fectus, qui tum sub duce Sinuessano Regi Ferdinando inimico mi-
litabat, et prius Angelo interpetre a Pont : Kallisto tertio stipendio
obtinuerat, concedente e superis praesule Suuuessauo, sedera illam
vacare, eidem ut meriti vicem referret, significavit, et is Pium
Pontificem certiorem reddidit. Qui profecto tunc Angelum Suessae
Praesulem creasset, ni Cardiuales Galli obstitssent. Qui desuaserunt
Sumrao Pontifici asserentes, cura Angelus Regis partes sequere-
tur, et Bernardinus ejus germanus eidem obsecundaret, nullo modo
fieri posse ut a duce ipso Regi contrario, episcopatus possessiouem
assequeretur unquara. Plus qui illoruni dissuasionibus honeste re-
fellere non potuisset, sibi tunc in animo sederet, si aut per Regis
victoriam, ant per ducis assensum unquara daretur Angelum in sede
Suessani Praesulis collocare, subticuit, et passus est dignitatem
illam novem mensibus sessore carere.
1055 56. — Tandem cum Ferdinandus Rex hostes apud Troyam apu-
lam superasse! anno quadrigentesimo sexagesimo primo supra mil-
lesimum a Christi natali, trig-esirao nono natalis ipsius ajnid Pien-
tiam Plus Suessae episcopum Angelum coustituit, declaravitque
honorificentissimae vocis oraculo, duobus taraen annis dignitatibus
1060 illius fructibus caruit. Nani etsi dux Suessae crebris literis horta-
batur ut Suessam accederet, pontificatusque sui jura acciperet,
nunquam taraen ejus hortatum obsequutus est. Nec Suessam no-
luit ingredi dura ille Dux urbi dominabatur veritus ne aut summo
Pontifici, aut Regi suspitionem uUo pacto moveret, post viginti
1065 mensium decursum et is suae dignitatis sedem obtinuit.
57. — Exacto mense, cura Cadens Imolae, et Astorgius Faveu-
1045
e. 4:ì.
1050
VITA DI ANGELO f.KK ALDINI 405
tiae domini hic patruus, ille fratris lìlius, discordia ag-itarentiir, itimettc la
„ 4. ■ 1 II- • ■ i j. ■ ..,. • ci»ncor<iialra
miituisquo. bellis se invicem peterent, ipse suessanus poutitex (luiu- (.adente si-
que dieniin intercapedine mandato Pii inter utrumque concordiae |^,"''.Vi' 'istor-
1070 nexus jecit, receptis apostolico nomine Oriolo, et Montebacta":lia ^'.", "''t-'norc
' ' ' ' ' "di lac-ii/a.
castellis. Quae Astorgùus occnpaverat in depositum quousqne jiiris
examiue decerneretur utri eoruin iure deberentur. ( »bstabat con-
• e. 44. ventioni * buie, tantiiiam obices, stipendia, <iuae Astorg-ius militibus
dederat. Ipse hoc modo solvit hoc scrupuhim, (|Uod cuin eo pepi-
1075 g-it, ut apostolico nomine coudouaretur ei tributum aureorum quod
prò tribus annis censum debebat pontificiae sedi, cuius nomine vi-
carius illud dorainiiim teuebat, seciueretunjue cum copiis ad summi
Pontificis obsequia. Qui tum Dominicum Pandulfum Malatestam Vittoria so-
debellabat Apostolicae sedi Bertinoro incensa ; et Cervia urbibus, latesta.
1080 vicarium, et noviter rebellem vulg-atum, quia Sig"ismondo germano
apud Ariminum, Fanum et alias iirbes vicario Pontificio, Pontifi-
cis rebelli adhaesisset atque ita factum est, et utraque ex parte
Malatestae invasi. Nani illustris Federicus Urbini doininus forti.s-
simus, prudentissinnisque belli Diux cum Xicholao Pistoriense Car-
1085 dinaie Teauense iuvicti animi summoeque prudentiae Pontificis tum
leg'ato ab uno latere Sig'ismundi urbes expiignabant, ex alio latere
de im proviso Ang'elus etiam a Pontifice missus Astorg^ium praedi-
ctum in Dominicum duxit cum exercitu mille ducentorum equi-
tum, et trium millium peditum partim oppidanorum, partim ex-
1090 terorum. Quod clarum facinus Pontifici quam g'ratissimum fuit,
et praecipiie qualiter insperatum (1), hostibus vero summo terrori
quod Malatestae uudique oppugnarentur. Ipse uno die antequam
dux cum delectu Meldulam diverteret ad Ciccum, et Pinum vica-
rios apostolicos Forliviiim contenderet, ut ab illis obtineret aut pou-
1095 tificias partes adiuvareut, facta pactione praedae dividendae,* aut
• e. 45. saltem ne adversarentur, praestarentque tutum trausitum, et co-
meatum per ag-rum suum. Verum hoc secuudiim tantum impetra-
vit, tunc deinde Meldulam prolectus, eo quod audivei-at exercitum
Astorgii illuc pervenisse, possuisseqne castra, et meldulanos se in-
1100 terim expectare cum quo deditione paciscereutur. Couditiones acce-
perunt quod si infra triduiim a Doraiuico non videretur subsi-
(1) L'autore ammirando la celerità della mossa strategica narrata al n. 57, al
margine della pagina 4-1 inseriva questi distici « luxta liane sententiara, quam alibi
versibus clausi » Improvisa raagis delectant gaudia mentera
Quam per tardas consenuere moras,
Ille magis gaudet, cui res ex tempore parta est
Quam qui paulatim multiplicavit opes.
496
B. 6ER ALDINI
Ksempìo di
fedeltà 'alla
'lata parola
in rig-iiardo
as-'li ostaggi
torlivesi.
Altro e-
s empio di
lealtà d'An-
urelo.
dium, ultro oppitliim apostolicis reserarent, dederuutque octo ob-
sides oppidi priraiores. Astorg-ius, cui falso i-enunciatiim fueret
suppetias Mcldulauis adveiitare, coepit timere et retro pedem vo-
1105 lebat ferre.
58. — Hunc Angelus, cum ad mediae noctis horam hortationi-
bus, et snasionibus pene invitum teauisset, formidine aucta, terg'a
oppidum verteutem. iterum inde ad unum miliare, iu quodain an-
gusto adito retinuit. Rursus trepidantem in fugamque versum du-
Ilio ceni ad tria passuum millia prope Forlivium cum exercitu sistit.
Cum vero videret quosdam in fronte exercitus abscendeutes, jamque
paulum ad aliis semotos, Angelus puucto calcaribus equo, citato
cuisu, omnes preteriit, qui medii erant, ferturque ad illos, quos
ab iliis recedere viderat. Quos libi deprehendit obsides esse qui
1115 farailiaribus Astorg-ii circumdati, captivi Faveutiam contra pactio-
nem deducebantur, iratus consistere jussit, cum dux ira excan-
descens, advocato tam celeriter notarlo protestaretur obsides ca-
ptivos prò utilitate Ecclesiae tenendos, ut aut Meldulani oppidum
dareut, aut exigerentur ab eis octo millia aureorum si subsidiuem
1120 Malatestae adveuisset. Ipse quoque cum inquam esse ducis* sen-
• e. 46. teutiam censeret, eodem modo accito notarlo protestatus est non
esse fug'iendum, sed redeundum si Meldulam potiri voluissent,
praesertim liullo inimico adversante. Atque ita obsidibus liberta-
tem reddidit, et ne a militibus astorgiams spoliareutur Forlivium
1125 usque comi tari jussit, et ut tuti ab eorum iusultu proti cisceruutur,
ex quo magna ipsius fama servatae fìdei per omnes illos Aemiliae
populos ac exteros provagata est.
59. — Astorgius per uuius dìei cursum retro exercitum reduxit^
1130 quem vix tertio die potuit impellere, ut alia via hostes adoriretur.
Johanna ejus uxor apud Augelum precibus institit, ne a marita
tam sene, tantum animum, audentiam que extorqueret.
Motis castribus Caminatorum oppidum aggressi expuguaruut,.
diripueruutque. Oppidani, qui cum omni preciosa suppellectili se
1135 receperant, Franciscum uizanensem Astorgii scribam, Angeli no-
mine funibus iu arcem per moenia substulerunt. Deinde nonnullos
alios, eodem modo adniiseruut, cum quibus paciscerentur. Frau-
ciscus vero cum sociis postquam se oppidanis potentiorem vidit,.
liortatus est illos ut supellectilem in turrim ex arce comportarent,
1140 suadeus illis tutiorem fore ab aliis militibus. Ipse autem turris
jus prius ceperat, et deinde propter fidem advenientes sing'ulo&
cum opibus cepit ligavitque. Angelus semper perfidiae inimicus,
VITA DI AN(;iCI,0 UKKAM)INI 497
mag-na cotitcutioue egit, ut oppidaiii diiuitteieiitur, ooniinque (ut
aequum erat) in turri direptae restitucreutur.
1145 GO. — Eadein die arx Montis Veneris expu'^nata. Deinde Civjtel-
hun deducta expeditione, ca|ttis suburbis, cani praeliari caeptnm esset
•e. 17. contortnia est ex ore * Bonibardae bellicae niacbinae, novitcr iuven-
tae orbiculare saxuni in An<4eliin» leg'atuni directuni, (juid (quod) Corre peri -
, ... . • , A i- . .1 ^°^° ^^ '■*'■
Inter pedes eiiui nwiiis tran-^ieus cuiu.sdam Angeli assi.stentis pedem stare ucciso
1150 contuudit. Kuuior fuit apud oppidauos legatuui eo ictu occidis.se, bombanla.
atque deditiouis actio paulo iuterceptaest. Mox cum legatuni incolii-
meni, et aliuin percussuni luis.se piane illis innotiiisset, se nitro pontifi-
cio juri, cum aliis tribus oppidis toedere connexis dediderunt.
61. — Coniitatuuni (ìiaccioli, et Fontis frigidi priiicipes, (!t ejus
1155 subditi cum apostolico Icg'atoconsonsiorunt.ComitatusetiamCoserculi
principes, cum suis oppidis cum eju.sdem voluntate couvenerunt.
Cultores vallis Oppii, coserculauo comitatui subditi, paulo ante,
quam principes praedicti toedus cum Ponti ficis legato percussis-
sent, arcem ubi congesta eraut, omnia praetiosa domiuorum sup-
1160 pellex, ceperunt tradideruntque legato. Quam Angelus, postea-
quam in suam potestatem recepisset, retinuit, ne principes inco-
laruni iujuriam ulciscereutur. Coserculauis principibus omnia bona
praeter arceni restituii. Inde prog'ressus Angelus cum Astorg'io,
cum undique hostiles populos invadereut, ceperxmt antir|uissimum
1165 civitatem Sarsinani Plauti Poetae conuci patriam.
62. — Karolus Malatesta Sog'liauensis domiuus Castripondi, Ga-
leoctus domiuus Castrilunarii, Rog-erius dominus Vallenucis, cui
titulus est vicecomitis Archiepiscopatus Ravenuae cum suis op-
pidis conditioues pacis ab apostolicis acceperunt. Deinde locata
1170 sunt castra contra Castrmn novum, quod expuguaturn est arce
• e. 46. Ecclesiae, * spoute tradita.
63. — Mox cum statuisset proximo vesperi cum aliis copiis Libera A-
storgio da
jung'i, quibus illustris Urbiui dux et Cardinalis theaueusis ponti- gravissima
ficio nomine praeeret ut Cesenam obsidione cingereut, Astorgius, suo LM-ande-
1175 ut uotam formidinis Meldulae acceptam dilueret, sine aliorum con- P^"'^" °-
sensu ^leldulam reversus est, quam circum castra disposuit post
non multos dies, cum hostes de improvise superveuisseut, Astorgio
extra castra profecto, omnem exercitum ipsius fudissent diripuis-
seutque impedimenta, nisi Angelus magno discrimine, majorique
1180 animo obstitisset illis.
64. — Quidam quem Marchiouem de Malaspina appellant, cum Generosità
Angelum capere contenderet ab ejus familiaribus captus est. Angelo.
Huuc Angelus postea, relieto ei eqiio, et armis praoter consuetu-
498
B. GBRALDINI
1185
1190
1195
'C.49
1200
12Ò£
1210
Suo rigore
contro i col-
pevoli d'in-
■cendio e di
■stupro.
La sua mo-
derazione
ammirata
■dagli stessi
nemici.
1215
1220
• e. 50.
diuem dimissit. Astorg'ius interim certamini super accedens, cum
•sexag'iuta equitibus, quos in sui corporis tutelam adducebat octua-
g'inta juxta pontein occidit. Et si, ut Ang-elus suadebat, fuisset
victoriam tunc sequutus actum fuisset de Malatestarum statu,
vidissent eo die postremum belli eventum Dirempta pugna, castra
mutata, et in monte collocata sunt ut majori securitate fruerentur.
Accessit illis Corradus de Alviauo cum quadrig-eutis equitibus. Cum
delude paucos post dies ab alio exercitu ecclesiae, de quo supra
mensionem fecimus, convocata essent, et hostium terras populan-
tia se aliis coujung'ere niterentur, Cesenam uudique circumsede-
rent, assiduis pluviis a caeptis milites .sunt prohibiti ; erant enim
pruinosi Novembris finis, hyematum * omnes secesserunt. Quatuor
et trig'inta diebus postea, quorum ex Faventia delectum eduxe-
rant, ab utriusque copiis captae sunt duae urbes Malatestarum
Sarsiua, et Seneg-allia, cum castellis ducentis et pluribus ; ditatus
praeda uterque exercitus.
Astorg'ius cum majori militum parte Faventiam remeavit.
65. — Angelo centum equites, et octigeutos pedites, reliquit,
quos cum aliis quatrigeutis equitibus ad statioues per ea loca dis-
posuit per quae operae praecium videbatur. Ipse reliquis partim in
Castrouovo collatis, partim per alia loca, quae ceperat dispersis,
cum omni equitatu ei ducentis peditibus in oppido Caminatarum
in hibernis constitit, Consuluit statini itinerum securitati cum mi-
lites ageres qui aquam iìuminis advertendas Meldulanorum molas
deducunt, vellent evertere non permissit, cen.sens non esse demo-
lieuda ea, quea Mekhilanis tunc non multum obesset, et si postea
Meldulani ditionem recepissent mag-no sumpto forent reparanda,
Supplicium sumpsit de illis. qui villas incendernnt. Ultus est Ja-
cobum Ferrariensem, qui Meldulanae, mulieri vini intulerat. Tan-
taque moderatione erg'a hostes, et justitia apud omnes eg'it ut
non minus ab inimicis, quani amicis amaretur timeretur honore-
turque. Et tres latentes prodictiones, quae in ipsum pontificio-
sque ag-ebantur eidem ub hostibus detectae fuerunt.
66. — Obrepsit ea liyeme inter oppidanos, qui sacro pontificum
jug'o praedicta quatuor et trig'inta dieruni intercapedine subditi
fuerunt g-eneralis quorumdam conjurationis contagio. Repercul-
serat eorum animos, ut arbitror pristini domiuii, *quamvis tyrannici,
amor, studebantque ut ad consuetiiin jugum, quamvis asperum,
et iniquum colla prenienda reducereut. Nec uovas blauditias sa-
craeque Ecclesiae indulgentiam, et aequitatem ferre satis noverut.
Ut a natura inditum est fera animalia nunquam recte mansuescat.
VITA I>I ANCELO (IICHALDINI 499
1225 sed silvas oiniiiuo alii repetaut urbaiiitatis iiidocilia. Sic veteri
proverbio peues omues vulg-atum est liauas lil>enter ad paludes.
67. — Rebellarunt eodeiii tempore octo et vij^iuta oppida. Reli-
qua uou potuerunt, riiiidain enim perditionis miiiister, qui lite- Scopre una
teras defercbat, omnia inetu, cruciatuque revelavit. Cam omuia "^""S'ura.
1230 cospirantium cousilia deprehendisset Ano-elus, dixit eum meutitum
fuisse, in liis, qnae detulerat. illnnuint' libere ad suos remeare iiis-
sit, et admonuit ne desciscere j)arati.s diceret se ali(iuid de illis re-
tulisse legato, ne cimi minime veruni esset ab ipsis interfìceretur.
Hoc autem fecit Ang-elus eo Consilio ne vul.i>atae proditionis rei,
1235 onines alii statini rebellarent. Minister ad suos rediit, dixit([ue
ipsorum cousilia adliuc latere. Interini leg-atus cuin exercitu ae Di lui ac-
^ cortezza af-
quitans magno astu Coserculis domino, et Civitellae primatibus Unchò non si
couspirationis consciis captis, recepit in potestatem Civitellae, Con- ribellione.
serculis, et quorumdam aliorum oppidorum arces, domiuum vero
1240 praedictum Faventiae relegavit, arcem autem Coserculi, quae non
a domino sed a inatre sibi libere eredita l'uerat, libereque ejusdein
matri restituit post exitum bellorum magna cum dificultate; fuerat
enim per Pontiflcis literas Angelo iujunctum ut eam Giactioli co-
mitatus principibus in damuoruin rependia consignaret, fini multa La doma.
1245 amiserant oppida ea tempestate, duin sacrae * ecclesiae fìdem iute-
• e. 51. meratam servare studuisset.
68. — Postquam ineunte vere, omnes a stationibus hiberuis in
castra retulissent, omuia oppida, quae desciverant, rursus debellata
suut. Tanta vero inquietudine bellorum Angelus Dominicum Ma-
1250 latestam tmdique adortus est, ut eum compulerit, dimisso Sigis-
mundo germano, cum solio pontificio pacem quaerere. Qui pepi-
git, ut dum ipse vita frueretur, Cesenae dominium retineret, et Costringe
,.,... T-i . • Dora: Mala-
post fatum ejus cederei apostolicae ditiom. Eratque inter primos testa a ri-
pactiones, ut omnino a fratris subsidio abstineret. coUa'chiesa.
1255 Has pacis couventiones idem suessanus Poutifex, qui auctor
fuerat, expedivit apud Reversanum oppidum, quo Malatesta pesti-
litatem fugiens, quae Cesenae seviebat, se receperat. Coegitque omnes
civitatis et oppidorum, quae Dominico suberant in suis manibus
pontificiae sublimitati tìdem adjurare. Dominicum vero a censuris
1260 poutificiis solvit, ipsumque divinis ofìiciis, et christianae religiouis
partecipationi restituit, quo non multo poste vita migrante, omne
illud dominium pontificiae potestati fidelìter paruit.
69. — Sigismundus quoque Pandulphus ejus germanus in gra-
tiam Pontificis Pii receptus, assignatis eidem legato Cisterna, et
500
B. GERALDINI
Anche Sigi-
smondo Sfor-
za è costret-
to a far pace
col Poutetì-
CP.
1265
• e. 53.
1270
1275
Pacificata
laRomagna,
n'è costituito
Legato.
1280
1285
1290
• e. 53.
1295
1300
Fano e Ce-
sena restano
alla Chiesa.
Umbria, et arcibus Pcunabilli, Manli, et saucti Leonis, ([X\ae iu
sua Ade permauserant. Illi vero Ariminum cuni tribus millibus pas-
sumii ag'ri circum circa rciuausit, coutractis domimi tinibiis, mi-
uus louga procuratioue Iil)eratus. Fiiit deiude ad comiiuia christia-
uae relig'iouis beneficia, (luibus - ob perfidiam interdictum (interdi-
ctus) tuerat, restitutus per ipsum Angelum sunnni Poutilicis man-
dato, et a censuriis pontificiis absolutus, dato in re jurejurando se
uunqixam in posterum apostolicae sedi fastig-inm contempturum.
Et iis qui Romanae Ecclesiae, partes fueraut secuuti et iu exiliiim
pulsi tutuni in patriam reditum daturum, et omnia eorum bona
illaesa cousig'naturus.
70. — Sopitis tandem bellorum incendiis in Haemilia, et omnium
Malatestarum statu ditioui pontificiae subdito praeter Ariminum
(ut diximus) in quo tributum annuum mille aureorum Ecclesiae
addictum fuit, omnium copiarum, quae ad tutelam bello partarum
restatutae (restitutae) fuerant, reg-imen totius provinciae guber-
natio suessano Praesuli a Pont: Maximo delegata fuit.
Consignavit dono primum, eo jubente, Amalfitano duci, ejusdem
nepoti, ac regio genero, Civitatem Seuog'alliae cum comitatu et vica-
riatum, quem appellaut, olim (?) ut ajunt Fani comitatum cuju&
sunt numero oppida octo et triginta. Quod etiam Regis Ferdiuandi
voluntate factum est. Erant enim obbligata illa oppida, per quatuor,
et quadraginta millibus aureorum, quorum jus Rex in dotem fì-
liae assignavit, quae ipsi duci nupsit.
Urbini vero duci, quem uou latine, comitem noncupant, sex et
quinquagiuta oppida elargitus est, quae in ea regione sunt, quam
Montisfereti dixerunt. Charolo Sogiiauensi Malatastae, Castellum
Sancti Johannis iu Galilea. Alexandre Sfortiae Vicario apud Pisau-
rum Gradariam oppidum nobile cum duobus aliis tradidìt ^.
Antonello Foropo piliensi equitum ductori Tamellum cum duobus
aliis oppidis concessit, Johandi Francisco de Bagno decem oppida
dono dedit. Gotfredo Cini Cesenati Castri novi jus assignavit eju-
sdem Pontificis (nomine). Qui omues praedicta oppida in prae-
mium bene gestae militiae receperunt.
Civitas Fani insig-nis cum omni comitatu, et oppida comitatu
Arimini, et Cesenae, quibus postea ipsa Cesena accessit per obitum
Malatestae, nulli principi adscripta dono fuerant, sed sub pontificio
jure permanserunt. Ac ne Pio grave esset dispendium, quod ex
gubernatorum municipumque stipendiis proficisceretur, atque ea
causa reliqua oppida parta eo bello ab ecclesiae ditione eodem
VITA i»i AXCEr-o gi:i:am»iNI 501
1305 modo faceret aliena, og-it apud cives, et incolas oiiines, ut pio
simili salario nitro solvorent dimidium tril)uti, »|Uod ante tiranno
pendenbat. Et sic factum est, ut illis non esset gravis dimidiata
annui tributi ])ensio: «ino diutius clementi pontificum iniperio,
quae, mera est libertas, fruereutur. Et sublata i)ontifìcibus causa,
1310 qua oppida a se alienare compellerentur. Consedit «^-ubernator Fani
prò majori temporis parte. Xunquam g-ravem provincialibus im-
peusam intulit, quarnvis soepe provinciam visitasset, cui non mi-
nori justitia, quam fortitudine praefuit. Constituta ubique iudicia
et omnia sacris legibus renovata, quae bellorum incomodis con-
1315 senucrant; puniti ab eo fures. Multi latroues fiag-ellis caesi, multi
in crucibus pepederunt, et omnis provincia pacata est. Proviucia-
les, qui dum rebellassent, militum gazas, et arma diripuerat re-
stitutionem compulsi eo temperamento ut militibus satisfieret; op-
pidani non pessundarentur.
1320 71. — Pancielta * Fanensis popularis tumultus caput, et rebellari Reprime la
* e. ói. paratus, re per Angelum prudenter cognita suspensus laqueo vitam dei^Pando^
abrnpit. Alii factiosi sicarii ejus sequaces relegati omnes fuerunt. ^^'
In Carticceto, quod caput est Fanensis comitatus arcem fundavit,
ne Iterum rebellaret, eodem modo prospexit ne Savignauo facile
1325 esset factu.
Cum vero deinde Sigismundus Venetae militiae Dux designatus
contra Mahumethum Amiram christianae religionis acerrimum
impugnatorera, ac turcharum principem in Peloponessum exerci-
tum ducerei-, illi ad veterem tyrannura redire noluerunt.
1330 Indignatus idcirco Pius Pontifex urbem illam Ingo tirannico as-
assuentam, Amalfitano Nepoti suo sororio dominandam tradere
decrevit.
Erat prefecto et dificile, et periculosum, cum propter multiplicis
populi mentes diversasque sententias, tum propter contrarlam poii-
1335 tificii coUegii voluntatem. Hujus consilii curam Angelo Injunxit.
Dederatque duci literas bullatas, quibus titulum ac jus domiuii
eidem concessarat, ibatque Fanum ut urbem illam occuparet. Cives,
cum id suspicari caepissent, vulgari tumultu costituerunt eum
escludere, si venisset. Quod magno dedecori fuisset summo Pou- Mirabilis-
1340 tifici. Angelus ne id fieret persuasit duci (per) literas non vulga- s'""'^ '^"o «^^
res, simularetque se ad invisendam Senegalliam, aliaqne oppida
sua tendere. Atque ita dux intra urbem cum gratia admissus, di-
missusque est. Pius interim per literas Angelo jussit daret (dare)
operam, ut cives ipsi in domimim accirent. Rursus contraria erat
sua accor-
tezza.
502 15. fu;iiAr-i)iNi
1345 Cardinal ili III Kontcìitia, (piia nullo modo assentiri dccrevorant urbera
illaiii jiiii apostolico subduceio.
At(jU(!Utnim(|ue ^uboriiatorem *dis.sonis i)Ctitionibn.ssollicital)ant.
•c.ùr>. Jlinc (."jirdinales rniuitabaiitur, si talia rnoliretiir, inde IMus iusta-
bat nt <|uamprimurn rv.m perag'eret. Nec tutum erat si alterutri
parti dispiccret. Tali in dificuitatc constituto sucssano Pontiflce (1),
erat eniin amborum discordibus vohuitatibus in eodem re obtem-
1355 porandum, dixit Federicus Urbini dux, qui tamen erat illius con-
silii eonscius, cxpertus siim equidem in arduis, et dificillimis actlo-
nibus pnidentiam tuam, verum in boc nullus relictus est pruden-
tiae locus. VX aut in Scyllarn, aut in Carybdim vertas necesse est.
Cepit tandem g-uberuator hoc consilii, ut Pio sig'nificaret rem esse
1360 labore, et periculis ita plenam, ut per se absolvere eam non possit
propter populi dissentioncm, praesertim etiam cum pars civium,
(|uae ducem dominum abnucrct, aut capieuda, aut belio extra ur-
l}em pellenda esset. Quod magno dedecori eidem foret, sed tutius
esse rem diforre us(|ue ad ejus adventum in Ancbonenj, ex <iua
1365 Fanum ca causa poterat se coiiferre, et rem ncpotis conficere.
Cujus sententiam Pius coinprobavit, Cardinalibus cadcm via satis-
factum est. Atque ita tali onore, et discrimine lovatus est Ang'C-
lus, et vafro, ac dextro Consilio olapsus prcidicas bine inde di-
sposi tas.
l.')70 72. — Misorat int(^roa l'ins per omnos oras p]uropae cruciferos,
qui universos Cliristianae roligionis cultores undi([uo exciront, ad
debellandum impurum Mahumetam Amiram Turcharum principem.
At(jue ipso cum omni pontificum congTog-atione in eam expeditio-
nem iturus, Anchonorri se vehei jussorat, ut inde cum ali((uibus
1375 praovius Ragusam Illyriorum caput transfetaret. At(|UO illuc omues
• e. r,o. *christicolarum legionos usque ad novum ver opperitur. Ang-elum ad
ClermanoH, ac Panonios Icg'averat sexaginta cruciferorum millibus
Da Fio li praofoctum. C^ui oiimos ad tam sanctum facinus suiiimum Cliri-
costituito
condottiero sto optimo maximo futurum oblocaustum.
mila crocia- 13H0 Vcrum Pius Aoncas Pontifcx Maximus, infectis rebus ad supo-
nià'e i'nFan- ros" concessi t, atquo ita omnis illa indita sauctissimaque expeditio
intercepta est.
73. — Invictus Dux Frauciscus Slortia eo tempore Augelum
Suossao poiitificom optabatdesignari Arcbiopiscopum Gonuaeinsig'nis
1385 Liguriao M(;tropolis (|uam tunc novitor suo iin])orio addidcrat. At-
que ea de re ad suprcmum Pont: litcras dederat, post (|uam Pius
noma.
(1) Ms. Pondlici.
VITA L>I ANGELO GERALULNI 503
inexorabilem mortalium legem subivit. Aug-elus proviuciam sibi n Duca
creditam siue aliquo tunniltu, uec iiiiuimo <|uidem motu facto sub sforza^*de«i"
fide Romanae P^cclesiae coutinuit. j^^* presen-
tarlo Arci-
1390 Episcopo subinde Perusino in provinciam sibi successore misso, ^eacovodi
et Petro Barba (Barbo» cui Paulo secundo postoa nomen fuit ad
summum Poutiticatum assumpto, Angelus in Komanam euriara
se referebat, vulgato prius per praecones suo recessu, ut si cui ipse
vel familiares quid(|uam debuissent. satisfaceret. Xemo fuit qui
1395 nihil cuiquam debebant repeteret. Verum omnes ejus abscessum
aegre ferebant, non ut gubernatoris, qui jiiste in aliquos severius
animo advertisset, sed ut patris patriae, qui se omnibus clemen- insigni at-
testati di \>e-
tissinium exibuisset, atque ipsum moesti optimates bine inde glo- nevolenza
... ,1 . .,,. . . dei Fanesi al
merati extra urbem ad multa passnum millia comitati sunt, tan- partire d»
1400 dem dimiserunt. ^°^*'''-
T-l. — Faciebat per Ameriam natalem urbem iter Angelus, cum
ad patriae portam perveuisset, 'audivit lugubrem campanarum so-
uum, quae ob sui parentis pientissimi obitum pulsabantur, ut a
concive intellexit. Ingressu urbem ad aediura limiua reperiit Ma-
1405 trem. * Hyeronimum germanum, sorores, patrueles, et consobrinos
•e. 57. fratres, et sororis nepotes, propinquos, et affines funebribus vestibus
flebiliter tectos, et plorantes cives omnes tara plebejos, (luam patri-
tios lugentes, qni patris funus ad sancti Francisci templum secuti
fuerant. Quod tanta vexillorum fanalium, clamantiumque pompa
1410 elatum fuit, quanta nuuqnam in ea urbe fuisse aliud alium) fer-
tur. Fnit enim comunis patriae luctns, parti m propter defuncti
probitatem, partim propter farailiae araplitudinem. Ipse, quamvis
incredibili dolore angeretur, patrem enim ingenti pietate colebat,
et observabat tum publicam fati necessitatem recordatus, quod in
1415 tam acerbo casu mirandum fuit, non lacrimarum quidem unam
emisit, quod fuit maximae constantiae documentum.
Nonullis diebus pateruae animae exequiis ibi pie solutis, Romam
petiit, interfuitque Pontifìcis Maximi coronationi. Dehinc et regi-
mina, et legationes detrectans Romae magistratuum immunis de-
1420 gere cupiebat, tantum consequendo Archiepiscopatui Genuensi in-
tentus, ut dux quotidianis literis exortabatur. Ante non exa-
ctum mensem novus Pontifex, peractis divinis rebus e vesper-
tino rediens offitio obvium sibi Angelum (adì se vocavit, dixitque
ipsum Tibur proficisci decrevisse, et admonuit ut in ea re consu-
1425 leret rectius. Post quindecim dies ea causa ad se accivit coram è stato go-
Philippo Cardinale Bonouiensi. et Angelo de Capranica Cardinale xivoU***" ^
Reatino, araplissimis basibus pontificii culminis. Cum Angelus re-
504
15. GER ALDINI
Innalza il
forte di Ti-
voli.
1430
• e. 5S.
1435
1440
Si reca in
Sessa.
1445
1450
Stupende
riforme e mi-
glioraraenti
che in pochi
mesi v'intro-
duce.
1455
1460
e. 59.
1465
miisset, nostra, iiiqiiit, causa, Pout : Max jubemxis illud miiuus
snbeas. Cupimus enim tibiirtiuae arcis opus quod imperfectura
peudet, te presidente, absolvatnr, et reg"imeu illkis civitatis con-
cussum, ac labaus fulciatur prudentia tua. Scimiis enim te Tibur-
tìuis te notiim, et carum iitpote antiquum Firmani Cardinalis
familiarem, quem ipsi tum * observant.
75. — Invitiis igitnr fere Tiburs (se coufert) Angelus, duin cu-
pit quamprimunn Romam repetere, ante sex mensium cursum
arce finita, et Reip. statu reformato ab eo munere se abdicavit,
dimissione a sumino Pontifice impetrata sub eo excusationis tecto-
rio, quod episcopatum suum suessanum visere cupiebat, quo nun-
quam post suae diguitatis promotionem duobus et triginta mensi-
bus ante illud temporis factam, accesserat.
76. — Suessam perveuiens ab universo populo poutifex summo
cum plauso publicaque loetitia exicipitur, et tanto gratior, quanto
ìnsperatior accessit. Audiverant enim novam diguitatis Genuensis
agitationem, intellexeruntque piane incliti ducis mediolanensis vo-
tum, et studium. Ipse uonuihl ibi immoratus, posteaquam Suessa-
nos omnes tum Sacerdotes, quam alios cives amplexatus est,
quamprimum Partenopem ad Regem contendit. Quem uti par e-
rat, visit, et debita reverentia prosequutus est. A rege quoque re-
galiter receptus Sinuessam se retulit, ubi quatuor estivis mensibus
moram traxit" Ibi primum divinorum (divini numinis) cultum in-
vocavit, auxitque.
Clerum coucubinas dimittere jussit, et ad continentiam religio-
nemque sacerdotalem retrassit. Novis moribus institutis, praeteri-
torum criminum reatum dimisit impunem Subsidium quod chari-
tatis appellant novis praesulibus debitum illis indulsit.
Atque omnem dioecesim gratis visitavit, nulli vel minimam im-
pensam inferens, ubique sacra faciens. Coujugatos omnes a pelli-
cibus senjunxit. Tccta majoris templi labentia reparavit. Sublimem
majoris altaris testudinem terremotu collapsam, instauravit, illam-
que cum ambabus eidem bine inde adherentibus tunicari, de-
albarique fecit, media tota pietà. Totum templum amotis altari-
bus sepulchrisque iucongruis reformavit, * structisque circum circa
lapideis sedivis. Parietes quoque sacrarli uovo tectorio praetegi
dealbarique suis suumptibus curavit. In duas partes divisum in
unum redigi sacrarium. Templum quoque extra urbis moenia si-
tum, in suessano siuu per totam viciniam celeberrimum, quod dici-
tur sanctae Mariae in planitiae, tuuc per eum reparari coeptum
est. Deinde totum reformatum deletis parietibus, sepulchris, et
VITA Iti AN'C.El.O f;rOUAM)INI 505
aris non Ih'iic', positis, et ubi opus luit crcctis, ttiiiifatuiii dciilba-
1170 tumque. Aedes episcopales in Sinuessa, cpiae partim collapsae
eraiit, partim riiinam ininal)antTxr omnes reparataes.
Condituinquc uoviirn pontificale palatium, cui in tota Campania Kabrica a
. T ■ • • 1 1 -Il suo spese uno
Simile non mvenitur. In ejus erectioue ex proprio loculo iiullc (|ua- s|.len<lido ve-
... j.. .scovato.
tng-euto.s aureos expcndit.
1475 Proedia pontificatus sui per muitos anno.s coli jussit, emptis a-
g-ricoli.s bobus, et sub.sidio pecuniarum coloni.s praestito, atque ita
omnes agri renovati sunt. Duo millia quing-enta olae in ei.s con-
sitae, Arbores partim ad vitae substinendas, quas pergiilas recte
dicimus, partim fructiferae quatuor millia propagatae. Jura, et
1480 emolumeuta epi.scopalia per nobile.s occupata undi([iie magno stu-
dio recuperata sunt.
77. — Aestate cxacta Romam redìit, et curiam per biennium
sequutus, causam genuensis archiepi,scopatus prosequebatur. Verum
deinde summus Poutiflex ab ea supersesedere jussit, donec qui tunc Ritorna a
^ , ~ ... . .1, T^. 11. T. Roma.
148o arcbiepiscopatui praesidebat Duci suspectus ad aliam dignitatem eve-
heretur. luterea maguorum opcrum expertem aetatem non ducebat.
Xum vcueratissimum germanum Johauem Geraldinum ad preasula
tatum ChatliaceiLsem assumi curavit in cujus dig'uitatis competitione
muitos habuit aemulos. Verum et Pontifex Max: et Rex Xeapolitanus
1490 Angeli causa omnibus competetitoribus Johannem preaetulerunt.
Est autem Cathanzarium primaria * urbis Calabriae Ferdinandi
• e. 00. regis sceptro subdita.
78. — Deinde Suessam repetens adhibitis aliis tribus episcopis, Consacra
., ,. . -, vescovo il
ipse, ut mos est, suis mauibus tratrem consecravit, quod rarum fratello Gio-
1495 antea auditum. Episcopis illis et universo clero, ac nobilibus sues-
sanis solemne convivium celebravit. Fratrem sacratum bipartita
.supellectiti, media cum parte equorum, et omnium ornamentorum
.suorum et pontificatus Cathacensis po.ssessionem magno cum comi-
tatù misit.
1500 79. — Deinceps Romam revertit, tutatusque Guglielmum Ra-
nerum, et Franciscum germanos dominos Baschiae affines a non
nuUorum oppidorum rebellione, qui freti favore aliquorum proce-
rum, et principum in Curia Eomana insontes eos impug-uabant.
Et jam summi Pontificis mentem flexerant ut dominos illos ejiceret Difende
presso il Pa-
1505 dominio. Verum Pontifex suessanus impugnationibus obstitit, sua- pa i signori
sitque Pontifici maximo, cum progenitores eorum propter probi-
tatem, et justitiam quadrig-entos anuos in ilio oppido regnassent,
inhonestum, impiumque esse nepotes etiam inoxios ab avito solio
deturbari, et obtinuit ut ab ipso summo Pontifice in priucipatu
33
di Baschi.
50G
B. GEH ALDINI
È visitato
in Sessa da
Re Ferdi-
nando.
Ambascia-
tore ai Fio-
rentini, ai
Veneti per
ottenere la
confedera-
zione italia-
na.
1510 coufirmareutiir, nec multo post eosdem a Tudertium impugnatioue
defendit. Qui Baschiae jus iu agro suo sitae repeteutes in domi-
nos iusurrexeruut.
Nec multo post corrupto coeli tractu pestilitateque saeviente Sues-
sam secessit, ea lue coutracto Fraucisco Geraldino, mag-na dili-
1515 gentia, ingeutique sumptu mederi jussit. Verum immedicabilis
lues raedelam uullam admissit, et lepidissimus ille juvenis infra
• e. 61. triduum *iuteriit, mag'no dolori misero parenti suo Nicholao futurus.
80, — Ante exactum mensem Ferdinandus Italiae lumen, et Re-
gum decus, Suessam veniens, semper deiude in liunc usque diem
1520 ejus offiiciis, et obsequiis in suis arduis negotiis usus, delectatus-
que est. Misit ipsum primum ad summum Pontificem ad compo-
uendas utriusque contraversias. Mox ad Floreutinam Rempubli-
cam ; dehinc cum novum iu gallia cisalpina iuter diicem Milani,
et Venetos bellum oriretnr, Venetias legavit principem Oratonim
1525 Italicae confederationis, Habiiit in eo Senatu omnium oratorum
nomine orationem hictilentissimam ; tandem post mnltos bine inde
consnltationes pacem reformanmt. Legatum ipsum cum regium,
tum pontificìae dignitatis prudentissimum, facundissimumque ma-
gno honore ad publica, secretaqne Consilia veneti admiserunt, et
1530 per urbem magna patrum caterva stipantes, comitabantur. Osten-
deruutqne fora in arena fundata, deductusqiie in aequore moles,
navalia, innumeras cimbas, biremes, triremes naves, omnia arma-
menta neptunia. Ipsi duo navigia capedibus obtecta, et auleis, qui-
bus per sinus, et aquosas urbis vias cum suis veherentur, concesse-
1535 runt. Peracto legationis munere, cum esset venetum agrum egressus,
miserunt pone scribam, qui muuus zachari, caerae et ziuzeberi
transmarini, et quantitate et qualitate pra,estans deferret. Is aliud
iter facieus per mare euim prius deinde per padum vectus est.
Legatum prevenit et in quodam oppido agri ferrarensis ofifendit,
1540 rediditque praestantissimum muuus. Angelus postquam recepit
munus; deditque scribae et munerum latoribus * coenam ; Centum
'e. 02. petiit, Geraldinosque ejus oppidi proceres, qui tam mulieres, quam
viri, quam juvenes ipsi obviam prodeuntes magno plausu, et fre-
quentia, comunique loetitia cousanguineum exceperunt. In domo
1545 Nicolai Geraldini optimatis hospitio receptus ea nocte quievit. Se-
quenti luce Bonouiam divertit, a qnindecim Geraldinorum illuc
usque comitatus.
Quibus 8enatum illius urbis, et Johannem Baptistam Sabellum
pontificium protouotarium, gubermatoremque exoravit, ut inter
1550 civium numerumque, et jus referreretur.
VITA DI ANGELO GERALDINI 507
Bonouiae quoque ab aliis Geraldinis Bououiensibus mira curri
hilaritate receptus est. Atque illinc multo Geraldiuorum cum co-
mitatu recedeas Florentiam pervenit.
81. — Ibi(iueque orig'iuis consortes repeiit Geraldiuos a Chriso-
1555 srouo (ut diximus) Sillauo milite "-euus duceutcs. Ab co senatu iGeraMini
o \ ^ o jj Firenze.
assequntus est, ut Mag-istratus Baptistae germani sui, qui praetor
florcntiuus fuerat desig-natus, tuuc ad gMibernatioucm Corsicae a
Duce Mediolaui missus, praeturam illam adire non potiiisset in a-
liud tempus gerendus diferrerentur.
1560 Illic lacobum Geraldinum, juvcnem gratum, et modcstum ex
Ceuto se, iusciis parentibus, sequutum, ut exteras vidcrct uationes
iuter suos recepit.
Dehiuc Seuesis Senatus, cum per eam urbcm iter faceret, et Kicevo o-
houoribus, et muneribus prosequutus est. natò<lisienu'
1565 82. — In Urbem cum porvenisset summus Pontifex de reditu
ipsius certior fàctus, quatuor horis cum eo colloqui voluit. ]Multa
•e. 63. vero cum ejus fastigio verba * fecit Ang'ekis, multis rationibus us-
us ut iuter eum et regiam Majestatem concordiam sanciret, et ja-
ceret quietis Italiae fundameuta. Tandem peracta leg'atione ad Re-
1570 gem in Apuliam couteudit. Qui prius ea, (|uae egcrat exposuit, et
retulit, quae sibi a Poutifìce Max. fuerat iujuucta, ut suo nomine
Regi diceret, gratissiinum habuit, valdeque ejus solertia et indu-
stria delectatus est. Misit deinde ipsum ad Alphonsum ducem Ca-
labriae, primogeuitum, et ad concilium suum Partenopes, ad quod
1575 de omnibus referret, asserens se infra triduum postremam volun-
tatem suam de pace cum Paulo II sancienda, literas ; de bis, ([uae
agenda essent, quas istructiones vocaut, post eum Xeapolim mis-
surum, ut illieo ad Pont: Max rediret italicae quietis fulcra (1).
83. — Interea lohaunes Renati lilias Andegavensium dux Fer-
1580 dinaudi regis invicti ad regni competitionem inimicus, impetrato
a Rege galliae praesidio, coactis multis bine inde copiis pirineos
transivit, irrupitque magno fragore in Hispauiam citeriorem, ut e-
minentissimi Regis lohannis Alpbonsi immortalis nominis ger- è mandato
mani, ac patrnì Ferdinand! regis praefati reguum invaderet. Fuit ^l^^ediSpa-
1585 hoc cordi Ferdinando, cum ut patrui sui reguum a veteris hostis
irruptione tueretur, tum ut suum tutum ad omui futura invasione
periculisque servaret. Ratus si dux lohannes ibero regno per victo-
riam potiretur nullam moram fore quomiuus in suum in Italiam
(1) addendum forsan jacienda cum in Ms: incompleta remaneat i)eriodus ex
amm: errore.
508
H. GKRALDINI
K spedito
dal R.' Al-
lonso ili Spa-
trila per aiu-
tare il Re di
S p a !.' n a a-
irre.dito dai
Francesi.
Nella spe-
dizione gli si
aggiunge a
compagno il
nepote Anto-
nio Geral-
dini.
Pa- ; da
Xapoli il 7
marzo 1169.
15i)0
• e. 04.
W.)ò
IGOO
1605
IGIO
• e. 65.
1615
KJ20
1625
rediret, ex quo enm iternin inag-no ciim labore, et immortali laude
sua ac maximo gallorum dedecore detruxerat.
* Mutavit ig-itur propositum novis emergeutibus causis. Et An-
gelus, (jnem Romam redire statuerat, decrevit in Hispauiam cite-
riorem transfetaret. Ad patruum ipsiim prius, deinde ad proceres,
priucipes, et Remp. hispauiae legatus iturns ad sistendas homlnum
inentes, ad couciliandos eidem priucipum auimos, ad subsidium
favoresque bine inde aucupandos, ad declarandam universis men-
tem suam ad tutelam regni sui patrui paratissimam. Ut prius clas-
sem, quam in ejus subsidium miserat per alios quatuor menses
perlatis stipendiis coufirmaret, ut Regi assisteret, consuleret, et
quocumque Rex Johannes voluisset, proficisceretur. Elegit itaque
triremes ex amplissimo castramentario suo Rex Ferdinaudus, quae
Angelum legatura eum familia veherent, et bonorifice comitarentur.
84. — Ipsum ego Autonius tune sum sequutus, partim avidus
exteras oras videndi, partim ut ei perlougi itineris incomoda
adessem, istruererque sub eo Regum negotia transigenda. At vero
quanivis latius de ipsius iteueris rationem ad Episcopuni Catha-
censem opusculum descripserim, non erit alieuum si quaedam quae
in protectionis decui-su uobis obtigerunt, deferemus.
Anno a Cbristi natali quatrigeutesinio sessagesimo nono super
millesimo, quinto Idus Martias e portu parthenopeo solvimus ma-
gno bombardarum strepitu in tonitrus similitudiem, et loetitiae
siguum emisso, et per ora Caprarearum, atque Aenariae in lucis
crepusculo sumus progressi ad lylibeum trinacriae promontorium
proras * detorquentes. Veruni Zephirus nos ad Liparem, vulcanlas-
que insulas praeter voluntatem irapulit, pernoctavimusque in vul-
cauiarum portu, et ea vidimus, quae de nocturnis incendiis ex il-
larum insularum vertice, diurnoque fumo in piceae nubis simili-
tudiuem erumpeutibus, et a poetis, et ab bistoriographis referun-
tur. Hinc non ventorum sed remorum vi ducti Panhormum ap-
plicuiraus. Ibi Johannes de Centimilio militiae dux, de quo diximus
in expeditione illa, Kallisto tertio jubente, deductain lacobum Pic-
ciniuum militiae iraperatorem, recordatus veteris amicitiae, et
contuberni! quod cum Angelo (habuerat) ad eum praestantissima
munera ciborum ex zaccharo conditorum, quae confecta appellant,
misit. Quibus perexitialem illam aegrotationem, qua apud Aponia-
uam, comuni quadam contracti fuimus coutagione usi, ab inte-
ritu fuimus viudicati. Deinde ericinum inontem praeterlabentes
ad Drepanum mox ad lylibeum appulsi sumus hinc ad apouiauam
ubi febris, quae postea veluti quadam lues per omnem familiam
VITA DI ax(;elo (iEi{ aldini 501)
1630 serpit me primiim invasit. Inde olapsi Sardiniae et Corsicac litora Tn via-po
in lybiam verg-entia aml)iviimis. Sardiniae quinqiiagintu arietes y^,a. ^ " *'*"
apiid Auristagniini dono dati per triremes divisi siint.
Corsicac, etiain numera accepimiis non indij^na ab ainicis
Baptistae Geraldini, qui tiinc prò duce Mediolanensiiim Galeatio
1635 Maria Stbrtia Franciscii tìlio illam iusnlam giibernabat, et proto-
etiouis nostrae insciiis non venerat ad litiis, ut nos transeunte»
•e. 66. videret. Illinc Xiceam antiquissimam * Allobro.^Mim i^l)nrbem trajeci-
mus, mox per Narbonensems innm. Scmper inde per hostilia litora
magno cum periculo, et rerum, quae aegros relevassent, inopia.
1640 Taracouem usque navigavi mus nullo e Iolo anonam viatico reno-
vare poteramus, nec aqua, tum quidam noslri.s remigibus ire tu-
tum erat. Vernm, qnamvis aegri, sordidis aliqnibns vilibusqne nan-
laruin, el remiguin cibariis nlebamnr.
Duo hostiuui navigia piscatoria, quae uri caeperant naiJtae cre-
164:5 mari, nt ipsi statuerent, Angelus passus non est. Nec equas ar-
mentarias, et equos pullos, et admissarios, qui ad litus uscpie ve-
nerant iuterfici. Quinto Xonas Majas ad Taracouem Hispaniae ci-
terioris olim caput iu coutiueutem desceudimus.
85. — Dumque illuc aegra corpora omues curaremus, et legatus Re gìo
1650 lethalibus pene exureretur febribus, iuvictus Rex Johannes, (jui con t"© If Le^
ut gallorum froutibus se opponeret, tan(iuam ad Regni limeu Ta- frJ)Ja„rave-
raconam paruniper accesserat, veuit cum omni concilio suo, et uobi- mente in-
^ ■* ' ferino.
lium curialiuni caterva ad Angeli hospitium, ut eum viseret, horta-
returque ad pristinam valetudinem recuperandam, et de ejus ad-
1655 ventu maxime gratularetur. Ipse non multo post convaluit, sta-
timque ad Regem pergeus se legationis causam, me prae sente, in
frequenti concilio maxima cum facundia exposuit, deinde classem
ad regis auxilium confirmavit, persolveus quatuor mensium sti-
pendia. Erat ea classis viris, et armis mirifice instructa, quae
1660 rebellem Barcellonam per mare obsidebat, dum defectu rei fru-
■ e. 69. nientariae laboraret, ut eidem - omne marittimum subsidium
intercluderet.
Gallorum vigiuti (millia) (2) quos pyrineos superasse diximiis, cum
pars ad expuguandos arces in ipsis montibus consedisset, pars Ge-
1665 rundam circumsederet, eminentissimus Rex legavit Angelum sues-
sanum pont : ad celeberrimos regni sui proceres opulentis.si-
masque Respublicas, ut omnes ad praestandos cum militum, tum pe-
di Ms : Allóbrogorum (sic).
(2) Millia, es menda ammanuensis ommissum p<f.
510
B. GEUALDINI
ciiuiariim sdppo.tias ad repelleiidos e fiuibus exhortaretiir hostes:
cimctosqiie ad regMiorum siiormn, et patriae libertatis propug-ua-
1G70 tiouem concitaret. Qiiod ipse diligeatissime perfecit et apud Va-
leutiuiim Seuatum, qui iu illiim usqiie diem se dificilem ad jDrae-
staiida Reg-i siibsidia praestiterat. Eleg-antissimam, omuinra sen-
teutia, orationem habnit, obtiniiitqiie uon parviim pecimiarum et
g-entiiim siibsidiiim. Itaque ex hoc et aliis hmc inde auxìliis
1G75 compnratis, sola Gerimda uou vi expiignata, sed a qiiibiisdam pri-
matibiis prodita in hostium potestatem de veni t.
Venit eo tempore Valentiam Rex Siciliae ulterioris, Reg-is Jo-
hanuis primog'euitiis, qui ad Histabellam, cui superioris Hispa-
uiae reg-num debetur, accitus ad perageudum cum ea connu-
1G80 bium, iturus erat. Et Ang*elum ut ipsum ad nuptias comitaretur
fuerat a parente requisitus. Reg-em igitiir Siciliae Caesararug-u-
sfam nsque, caput celtiberiae quae mine Arag-onia dicitur, sequuti
sumus. Veruni ipse Rex, mutata sententia, dissimulato corporis
cultu, cum paucis familiaribus ad Isabellam principem incog-nitus
1685 penetravit. Nos vero ad g-euitorem ejus Regem reversi sumus et
•e. OS. iu Taraca * oppido non long-e a Taracoue moram trahentes de feli-
cissima Regis Trinacriae coujugii celebratioue certiores facti sumus
ex tali matrimonio magnae rerum mutationem (mutatio) auimo-
rumque mutationes emerserunt (1) cum quantum regno scesptro inde
1690 auctoritatis accessit, tantum ab ejus adversariorum animi deces-
sit. Nec satis Regi Enrico sororiae nuptiae satisfacere videbantur.
Verum ipsum quoque hostem Ibre certo autumabant.
His rerum dlficultatibus septi, Rex Johannes, et piissimus primo-
ÈfaUopri- g-enitus Angelum Suessae pontifìcem suum consiliarum creaverunt,
mo ministro
di Re Gio- l(9o ejus in Consilio magnani habentes flduciam detuleruntque ipsi
ponlificatum (ponlificalus) annui redditus (2). regni caput.
Et ipsum suum iu llaliam legatura illieo remiserunt. Qui optatis
ipsorum cupieiis satisfacere longam perigrinalionem agressus est.
Genuam divertii ad confirmandas cum illa Republica indutias,
1800 (jtias illi apud Johannem clemenlissimum regem irapetraverat, san-
cieralqiie certis condilionibus. Et prinium, ut omnes captivi, qui
ad reniig'ium mullis jam aniiis delinebantur, dimillerenlur. Qui
omnes Angelus, dura esset Dertusae, nuovo obtinuit magna conleu-
tione a triremium dominis, ut solverenlur, restiluerenUirque pa-
1705 triae et propinquis; liberale piumqiie sludium, Deo et homiuibus
Sue lega-
zioni in Ita-
lia.
(1) Ms. emerxerunt.
(2) L'autore tace la quantità dell'assegno .somministrato allo Zio, pov ragioni a
lui note.
VITA I>I ANOKLO (iKItALDIM 511
f|iiam <>Talissiiniiiii. (^tiiii)]»!' limili caplivnnim foiijiiyali, niiilli pa-
Ireslaiuilias, imilli oorum cives eraiiL ainplissiiui in civilalt*. Nec
•e. 69. animi dubiiiin smini non soliim * (1) iixoru.s, liln-ros, et propincjiios
assiduo in liicln vilani ducere, Deotjiie opliiiio illonini c'a[)livila-
1710 lem objeelare, sed iirlteni i|ii<)(pie, el imiversani Li;;-iiriam anii.s-
sorinn civiiiin jacLiirani, t'aniilianinKnie oibitaLeni assidue deplorare.
Qiiod lanlo niagis illi palriae Angeli olhciiim yraliim esse di-buil,
qiiam diHciliiis full quo miniis illis speraliini. C^iod lol annis ante
1715 consecpii non poUieninl, el Deo gralius, qui orbalae reipiiblicae,
familiarnmqiie clamanlium lamenlalionos, ac preces aiidiebat.
86. Leg-aliouem siiara secnliiriis est Aug-eliis ad petendiim nia-
rilimiim ab iuviclo reg'e Ferdinando classo, regnis, anclorilaleqiie
poleulissimo. A quo ad palruuni (ul diximus) fuerat leg-aius. E
1720 Xeapoli Romana profeclurus ad poscendam ipso a siimmo Ponli-
fice dispeusalionem prò ipso Reg-e Ferdinando lohannis regis filio
qui Hisabella uUerioris Hispaniae haeredem sibi sangniine juuclam,
nxorem duxit. Ad renovandam sislendamque amici liani cum FIo-
rentinis, Venelis, et Duce Mediolaui, aniplissimis Ilaliae poleulalibus.
1725 Deinde in Galliam Belg'icam ad jaciendum cum duce Burg-undiae
foedus, mox is celiicam ad sanciendam cum Reg'e Galliae pacem.
Et demum por Aquilaniam ad componeudas res snperioris Hispa-
niae ad Reg'em Henricum ilurus solvit e Derthusa dio Februari
anno sepluag-esimo supra millessinunn per hoslia Iberi in mare
1730 egressus.
APPENDICE — 1.
Con la spedizione di Angelo al re Enrico, intrapresa nel fe-
braio 1470, termina il racconto di Antonio sulla vita di lui.
Prosegue la narrazione degli ultimi anni Onofrio Geraldini de'
Catenacci, scrittore già noto al lettore. Esso, dopo avere come
di volo indicale le legazioni sostenute dai Vescovo di Sessa a
favore del re di Spagna dal 1409 al febraio 1470, già ricordale
dal nostro poeta, e dopo avere aggiunto, esser lui ancora stato
(1) Qui seguono tre pagine lasciate da Antonio in bianco forse per potervi re-
gistrare le altre gesta dello zio sino alla sua morte.
512 B. GERALDINI
di nuovo legalo del re Giovanni a Paolo II morto ai 20 luglio 1471^
prosegue così il suo compendiosissimo racconto.
« Mox a Sixto IV bis in Galliam legalus, deinde Avinionen-
« sium, et Gomitatus Gubernator renunciatus ponlificium aucto-
« rilalem solide stabilivi!, ac sumnia cum laude administravit.
« Postea Perusiae, et Umbriae praefuit, in universam Germa-
« niara, et ad Caesarem legatus, ac pontificatui Caminensi pre-
« positus, seditiosum concilium, immo conciliabolum nec iure a falsO'
« Archiepiscopo Cranerio Magunliae contro ponlificem inchoa-
« tum nec minore fortitudine quam industria disolvit.
« Sub Innocentio Vili ad Ferdinandum, et Elisabettam cite-
« rioris, ulteriorisque Hispaniae reges nuncius missus ea lega-
« tione egregia functus.
« Vix Romani regressus coorto inter Ponlificem Max : et
« Regem Neapolitanum bello, iterum castrorum legatus designa-
« tur, ubi dum pontificiam auclorilatem Consilio, vigilanlia, omni-
« que conatu tueretur, castrorum laboribus, atque assidua armo-
« rum delalione afflictalus, dum Cardinalis ab Imperatore, et Ke-
« gibus expeteretur (1) septuageaario major obiit apud Vejos (2)
« tertio (3) Nonas Augusti anni 1486 summo sui desiderio familiae,.
« relieto, quam praeclaris litulis auxit. Patriae quam pluribus or-
« namentis, et eadificiis, ac muneribus Principum ornaral, Pon-
ce tifici et Eclesiaslicae dignitali, quos cum vitae, jaclura adversus-
« omnes hostes, et etiam amicos Reges tutatus erat, ac omni
« hominum generi, cui beneficum, et gratissimum semper se prae-
« buit, ac extitit meritissimum amicorum exemplar.
« In Urbe amerina cadaver suorum cura vectum in Ecclesia
« S. Francisci in Capella S. Antonii Geraldinorum gentilitia inter
« suos conditus est cuius monumenti sub ejus integra in sarco-
« phago statua, talis est inscriplio
(1) II Gamurrini inoltre aggiunge esser stato ritrovato presso Mons. Angelo un:
pontilicio documento, conservato ancora pi'esso i suoi eredi ai tempi del medesimo-
storico, col quale Papa Innocenzo Vili promettevagli di promuoverlo al Cardinalato
al primo Concistoro. Ma disgraziatamente non vi giunse.
(2) \ei tempi dello scrittore ritenevasi che Civita Castellana l'osse l'antica Vejo,
jnentre oggi si ha quasi per certo che esistesse nei dintorni di Buceano.
(3) Nella lapide sepolcrale Icggesi Non: Aug:
VITA DI ANGELO (JEKALDINI 513
ANGELO GERALDINO
SIESSANO ET CAMINENSI PONT.
IOANNES GERALD. PONT. CATIIACENSI.S
BERNARDINUS GERAL. NEAPOLIS AC BAPTISTA GERAL.
FLORENTINAE EQUESTRIS. ORD : PRAETORES FRATKES
AXTONIUS. Ql'E GERAL. XEPO.S
H. M. P.
Vix • Au * Ixx iiii • Meu • iiii • Dies • v obiit • An. Sa.
MCCCCLXXXVi mi Xou: Aug-.
Ed il nostro poeta laureato a piò dello stesso sepolcro vi ap-
poneva i versi seguenti, che in carattere diverso trovo riportali
in questo stesso nianoscrillo :
Ille Geraldini generis celeberrinius auctor
Augehis Antistes pulera Suessa tuus
Hic jacet : heii qualem amisit sacer ordo patiouum
Perdidit heu qualem gens amerina patrein
Dulichio siinilis, lustraverat aequora terras '
Dum patriae vig-ilans cousulit. et patribns,
Sed nimis ingestos alios superaddere fasces
Dum studet, imraeusum uou tulit uuus ouus
Occidit ergo aliis, sed uou sibi, quando peregit
Fortia, quod dederant, fata sequtus iter.
Il feracissimo estro poetico di Mons. Antonio, oltre al sur-
riferito epitaffio, ne dettava un altro che trovandosi in questo
manoscritto trascriviamo.
Qui egli più esplicitamente allude ai fatti dello zio, e special-
mente alle vittorie riportate in Germania, ed alla spedizione con-
tro il re di Napoli. L'esser poi morto a Vejo, famosa per l'espu-
gnazione di Coroliano dopo dieci anni d'assedio, suggerivagli la
brillante epigrammatica chiusa : Eccolo
Aliud Epit."
Quum Patrum Autistes Sinuessae jura tuetur
Asserii et meritis poutificale decus
Haerculeas adiit metas : boreaeque recessus
Et maris, et terrae, cuucta pericla tulit.
Ó14 B. GERALDIXI
Veruni, qiiem adversis studiis g-ermania freudens
Reddidit, et multa beticus arte vafer :
Abstulit iufaustis castris oeuotria mater,
Poutificis ad Veijos dum pia signa reg-it.
Quod vix Roma fereus Veij retinete Camilluin,
Clamat, et huuc uobis reddite quaeso ducem
A questi disliei tien dietro un'altra iscrizione per il sepolcro
del medesimo :
Ang-elo Geraldino Ameriuo
Suessae et Camineusi Episcopo
De pontificio culmine: de Geraldinorum familia
Deque omni hominum g-enere meritiss :
Io : Epis : Cathacen. Fr : Ant : pontificius Protonota :
Reg'umque Hispaniae legatus Nepos
Bern : et Bapta equites Amerini al Praetores Neapolitauus, e Florentinus
Fratresque pientiss.
Patrono indulg'eutissirao posuerunt
H. N. S.
Vix annas LXX Mens Dies
Forse mise an : LXX e non LXXIV, come in realtà leggesi
nella lapide sepolcrale di Angelo, o perchè non ben ne ricor-
dasse l'età, ovvero la tenesse preparata qualche anno prima della
morte di lui non avendoci neanche apposto il millesimo.
Collo stesso carattere, che potrebbe essere dello slesso Poeta,
trovo riportalo un altro epitaffio composto da un tal Pier Francesco
Laurclio amerino. Affinchè non rimanga in appresso perduto
{non meritando d'altronde di esser dimenticato) credo bene di
trascriverlo, anche perchè concisamente allusivo alle più illustr
imprese di Mons: Angelo.
P. Franciscus Laurelius Amerinus
Angelus hic situs est: gentis et auctor
Geraldinae: Idem praesul Arunca tuus.
Ter Gallos : quater Hispanos : Germaniaque regna
Orator Regum Pontifìcumque adiit.
Sed dum castra regit : Romamque tuetur ab hoste,
Pontifice Innocuo sceptra tenente, obiit.
Tot patriae titulos : generique hic attulit unus
Quot vel non omnis Gens Amerina dedit.
VITA I>I AXUELO liKKALDIM i*ìì^
Neppure creilo dover:*! <limenlicare qnes^tn allri versi di An-
tonio riportali nel codice \'aticano, come allestanli un beli' allo di
munificenza, verso la sua chiesa di Sessa.
Illa Geraldini g-eneris celcberrimus Anctor
Angelus Ausouiae fama, decusque patruiu
Elargitus agTOs propio, qixos emerat, aere
Institnit triplex, hoc pietatis opus.
Pauperibus frug-es : pueris alimenta doceudis
Muuera, et ad sacrum quaelibet apta dari ;
Foelix Pontificis mentis Siuuessa profecto !
Piguore plus foelix uibs amcrina tuo!
Finalmente non mi sembra dovere omellersi un'altra cosa di
Angelo, della quale il Catenacci non fa parola. Si è lo avere ospitato
per ben venti giorni in sua casa il Pont: Sisto IV. E ricordato da
un apposita lapide, esistente ancora sopra il portone dello stesso
palazzo, ove abitò, di proprietà al presente del sig. Avv. Carpenti.
Questa stessa iscrizione altresì, riportata dall'annotatore del Ciac-
conio sotto l'anno 1476 al lom. 2°, pag. 1279 edizione del 1G30,
il quale attesta ancora di aver lette alcune lettere del medesimo
Pontefice dirette ad Angelo quando Irovavasi Pro-legato in Avi-
gnone ed oratore del Papa colla potestà di legato a latere.
Ecco per tanto la detta iscrizione :
SIXTUS IV PONT. MAX PRID. KAL. JULII
DOMUM HANC GERALDIXAM IXGRESSUS EST IX QUA
DIES XX PLACIDISSIME CONQUIEVIT AMOEXITATE
HOSPITII PLURIMUM DELECTATIS DEINDE
EPISCOPORUM EQUITUMQUE GERALDIXORUM
nOXORE REFOCILLATO AXIMO PROFECTUS
AXXO SALUTIS MCDLXX^T
APPENDICE SECONDA.
Compendio della vita di Angelo.
Ora lasciamo riprendere il discorso ad Antonio Geraldini, il
quale riepiloga il detto intorno allo zio aggiungendovi qualche
altra notizia della sua vita.
516 B. GERALDINI
II. QUAEDAM DE EJUS STATURA, MORIBUS, ET VITA TER COMPENDIUM.
•c. 75. 1. _ * Haec fuit in huuc usque diem Angeli vita quam per se-
riem servato temporum ratione in hoc eompendiuin redegimus.
Ntxnc ag-e quaedam confuso temporum ordine summatim et per-
stricta collecta recenseamiis. Deinde de pietate in patriam, ac pa-
5 rentes, deinde de meritis in familiam dicendum est.
Corpore fuit procero, exilitate non indecora, sed quae, dignitatem
augeret. Fronte lata, et veneranda, facie alioquin oblonga, et ma-
jestatis piena. Oculis honoratis, et pupula oculorum nigerrima,,
vivaci, atque hilari. Coeteris membris, et liueamentis aptis et al-
io titudini corporeae respondeutibus. Valetudine prospera usus est, ut
qui contiuentissime vixerit. Nam, ut alia exempla omittam, in Ca-
minatis haemiliae oppido sacerdotem sibi virgineuj stuprandam
offerentem altercatione multisque jurgis repulit. Niimquam impu-
dicum verbum fundere est auditus, atque ipsa continentia lacessi-
15 tus in virilitate lumborum calore atque dolore diu oppugnatus
luxum naturae gestatione topacij cohercebat (?). Robustissimus
fuit, et laboris, ealoris, frigorie tollerantissimus, deinde caloros
aeg'rius tollerabat, utebaturque simplici toga in media hyeme.
Impatiens inediei, postquam statuta mensis bora adventasset, ut
20 qui adhustae, bilis est. Soepe tum nocturnam coenam * non susce-
• e. 74. pit. Cibum parce sumebat, nec praeciosum aut delicatum, sed co-
munem tantum, mundumque appetebat. Potum dilutissimum ad
continentiae studium, et tantum ad extinguenduu reuum aestus.
Somni parcissimus ; non enim quatuor horis continnis quietem ad-
25 mittebat et eam levissiraam. Quod reliquum erat noctis ducebat
insomue, et aut legebat, aut scribebat, aut supplicationes, et preces
debitas per horas a summis Pontifìcibus insti tutas, religiosissime
persolvebat. Erat enim rcligionis studiosissimus, et plus culto
(cultu) meridiano somuo raro soccubiiit, primo diluculo e strati»
30 non mollibus erig-ebat. Nunquam enim i^lumis utebatur, sed crasso,
et obduro grabato, quod lumbos minime foveret. In rerum actio-
nibus expeditissimus fuit, ac diligentissimus.
Omnemqiie moram inique tixlit. Nec domesticos quidem ne par-
vo ocio frui sinebat. Nec ludis, aut jocis iudulsit. Neque illis dele-
35 ctari suos ìndulgentius patiebatur. Verum statim ad seria revocabat,
et aut ipse de historia, de moribus, aliquave insigni re loqueba-
tur, aut ab aliis, ut loqueretur, exigebat, quos actentissime audie-
bat. Ubi negotia defuissent, familiaribus novas occupationes obi-
ciebat. Magno Consilio persaepe rerum diligentique examinatarum
VriA DI ANdELO OKUALDINI f)!?
40 praevidebat eventus. Mag-uo animo fortunae nmtationes acerbosqiie
casus ferebat. Couvivia inajore gratia, (|uam aniiicntia, et prodi-
gai ita te faciebat,
•e. 75. 88. — Amicos studiosissime * colere et officiosissime retiuere con-
suevit. Xeminem verbis lacesserc, neque nìaledicentiaiii aocjuo
45 auimo tollerare.
Conciliandae lioiiiiiuim gratiae intenderò, et ad i»romereudum
mirixm in modum propensus esse. Inpensarum rationem habens,
nil temere de partis prodig-ere, nec illis parcere ubi expendere
operae praetium erat. XuUius mercedem retiuebat, cum in eri-
50 g-endis aedifìcis viridariis praedisque colcndis tot opcrariorniii la-
bore nsus sit.
Oblatas sibi pecuuias, et opes ab liiis qui non habebant, non*
accepit. Renuit bellatorem equum a sigismundo Paudulpho Mala-
testa sibi dono missum diceus, sacerdotibus mula opus esse, atque
55 ipsum qui in Turcas expeditionem duceret mag'ni ilio equo indig-ere.
Quemdam sibi multam pecuniam ofFerentem reuni crimiuis judi-
catum uon absolvit sed Hag-ellis caedi jussit. lustitiae acerrimus,
et iutrepidus defensor se prò ejus tutela capitis discrimen adiit, et
praecipue in carpenterateusi tumultu, dum judeorum opes a vulgo
60 diriperentur passinique trucidarentur judeì. Xec ullo praecio, aut
ducum, pontifìciumque imperio (imperium) ei vim fecit. Priorem
conventus cartiiusini apud Papiam literis ducis Pontificisque sibi
comeudatum, maguumque aureorum numerum offerentem, sed
male meritum a prioratu deturbavit. Quemdam hortantem ut con-
G5 ditionem acciperet redarguit, non precuuiarum, sed immortalitatis
rationem habeudam. Eodem modo dimisit alium priorem a duce
•e. 76. Borgundiae sibi per literas comendatum. * Renuit et magnam pe-
cuniae summam a judeis delatam ut in mutiiis pnblico instrumento
contrahere permitteret.
70 Sacerdoti ex metallornm comistione, ac phucatione, magnas et
siibitas divitias policenti si praevio deposito adiuvaret, dixit non
esse habendam fidem inopi divitias promittenti.
In adolescientia rehtoribus, et poetis dedit operam. In juventute
augustis sanctonibus pontificioque jure peritissimus, ut diximus.
75 In munus breviatorum de parco raajori receptus, librum ejus disci"
plinae compo.gxiit, in qua divino ingenio, sing'ula quae, ad apo-
stolicos compendiatores pertinent, complexus est.
Suessae Pontifex designatus, ad sacras literas theologiamque
anirauu, cui viglantissime cum a publicis actionibus requisceret,
80 incumbebat.
518 B. GERALDI.NI
Vohimeu maximum lucubravit de viciis, et virtvitibus pleraque
insignia ex claris aiictoribus excerpens.
II. De EJi s pietate in patriam.
89 — Fuit in patriam iitilitatem officiossissimus. Xam civitatis,
85 et diverticula ciim convulsa essent, et coeuosa coctilibus lateribus
sterni curavit, i^opulares tumultus, bellaque intestina compressit.
Obtinuitque a Nlcolao V ejus nominis Pontefice, ne in factionis
participes anlmadverteretur. Quodfuit patriae salus; omnes enim
erant ejus crimnis rei, et omnium punitionem, si justum de omni-
90 bus l'uisset sumptum supplicium, omnls patria corruisset.
Focis oppidum, quod dlim rebellasset, ab amerinis captum, et
ad arctiorem ambitum reductum fuerat, patriae dictoni per judi-
cium addici operatus est. Deinde a Nicolao Pontifice max : confir-
• e. 79. mari. * Nouullis illud destruere nitentibus, obstitit.
95 Eg-it patriae causam cum illis de CoUicello, qui ab ejus di-
tioue subtrahere conarentur. Cum nobiles Canali Ameriam op-
pug'narent, et Collicellum cumbussissent, consequtus est, ut Plus
Pont: Max: ipsos debellaret, oppidumque illud, quod lohannem
Geraldinum fratrem. Pontifici Max: nomine iter facientera oppi-
100 dani cepissent, nec statim dimississent, rejecto Pii Poutificis man-
dato, summus Pontifex indignatus everti jussit. Valles Turris
Picchi ad jus patriae reduci curavit, et eas coli, cum nuuquam
aetate nostra fuissent cultae.
Castelhim Saucti focetoli ut restauraretur, colereturque plurimum
105 semper studii et industria impendit.
Bartholomei Geraldiui patrui, et Autonii Cresciolini, quamvis tunc
aemuli, qui auctores fuerunt ut Lacuscellum oppidum rebelle diri-
peretur et solo acquare tur, quatuorque fratres rebellionis principes
ad unam arborem suspensi laqueo darent poeuas, ipse in romana
110 curia patrocinium suscepit, ne plecterentur. Omnibus palam facieus
praedictos cives prò patriae tutela, et honore, ac prò eorum meritis
juste in iilorum excidium populura concitasse. — Multis leg'atio-
nibus suae reip : jura defendit, nec nunquam mercedem recepii.
Ut Alviaui, Attillaui, Guardejae lovis, et Pinnae oppida finitima
115 in jus ac potestatem patriae suae redirent persaepe dilig-entissi-
mam operam dedit.
Concivium litibus nunquam se ut patrouus inseruit, sed ad
eorum concordiam propensior semper extitit. Ad versa verum for-
tuna passis et Consilio et ope adfuit.
VITA DI ANMiKLO (ii:UAM)INI 511)
120 Miiltis ad literaruni .studia opitiilatus est; * iiiultis ad ma^-istratus
• e. 7cS. conse(iuendos ; multos ad viituteiii, et lionorcin cxortatiouibus
et auxilio cduxit.
His atque aliis, curii in cives, et jìatriaiii meritis, tuiii multipli-
cibus fratniiu mayistratilìus, et oniainentis patriam universam,
125 insig-nciii, honoratissiinaiiiquc reddidit, ut non iujuria patriae
Pater, et decus, et <4loria dici iiieritus. Haec et plura tuerunt ia
patriam merita; uuuc in familiani tantum Gcraldiniam munifi-
ceutiam, et studium succiucte referamus.
III. Descriptio Geraldini generis Amerini.
130 90. — Omue Geraldiuornm geniis, qiiod Ameriae constitisse in
operis primordio dictiim est, continuata a priscis prog'enitoribus
serie nostro tempore in quiuqiie larcs divisum erat. Miuus omuinm
Geraldinorum sanguine conjnncti siint ei familiae Angeli Geraldini
fìliornm Archaugeli, qui et rem familiarem et lares inter se divisos
135 habeut. At quia ipsì aurifices erant opulentissimi, et opilitio suo
intenti ad gerendos magistratus miuus apti videbantur, nec praetu-
ras, nec munera illis adeuuda procuravit, verum in corum prolem
multa coutulit.
Riccardura enim Angeli industrii et prudentissimi viri filium
140 ultra sanguiuis jnra condiscipulum, et sodalem meum ad litera-
rum (studia) convertit fovitque.
Qui humanis studiis maxime perfecit sub Grifone amerino, et
licteratura, et instruendorum puerorum disciplina altero aetate
nostra Quintiliano. Is deinde uxorem duxit, fuitque Angeli studio
145 accitus scriba lohanuis comitis pontifìciarum * cohortium ducis.
* e. 79. 91. — Francisco vero Geraldino praefati omnium profecto aeta-
tis suae optimo fìlio primogenito quator annis ad iugenuarum
artium studia Romae facultatem praebuit. Cum ad Reuatum Re-
gem tempore Pii Pontificis Maximi (ut premissimus) legatus Mas-
150 siliam contenderei per Bononiam iter facturus, eum secum duxit.
Dumque Bonouiae esset ipsum in collegium, quod Petrus de An-
chorauoclarissimusjureconsultus iustituit, gratis alendum recipi pro-
curavit, relictis ei multis suis libris, et annua ad studiorum fomen-
tum pensione pecuuiarum eidem ex suis rationibus institiita. Is post
155 septem aunorum studiuni peritissimus neniine discrepante in hono-
ratum jureconsultorum ordinem assertus est. Dum studerei onmes
coUegii magistratus gessit. Legendi munus cum praemio, procurante
etiam Angelo est assequutus.
520 B. GERALDINI
Delude peues Baptistani Geraldimim praetorein Mediolami bien-
160 Ilio jndex fiiit. Floreutiae jiidex in hunc iisque diem permansit,
et quotidie de ejus virtute ampliora expectantur (1)
Minores ejiis fratres omnes Augeliis ad studia literarum illexit
promovitqne.
92. — Nicolaus Francisci filius patruelis Angelo fuit propinquior
165 vir profecto eloqueutissimus, et gravissiraus. Ipse Angeli opera est
assequutus domus piilcherrimas aedibus Angeli coutiguas, ejus-
dem quoque auxilio patrimoniiim amplificnvit. Auximi et Imolae
praeturas gessit, ex quibns vexilla retulit. Eximi (2) ac Viterbiensis
eidem est delata. Guberuatienem habuit comitatus Ariminensis,
170 Lunano praefiiit, atque singiilis siiae patriae muneribus. Per-
' e. 80. slam ejus filiam * Nicolao Boccarino Angelus conjugavit. Fuerunt
Nicholao filli sex. Frauciscum qui Romae pestilentia correptus est,
penes se Angelus educavit. Evangclistam Grifoni doctissimo eru-
dientum tradidit. Reliqui quatuor parvi admodum sunt.
175 93. — Proxiraior fuit Angelo Bartholomeus patruus. Is cum ad
Genesiam praeturam Angeli studio fuisset designatus, eam renuit.
Curae familiari iuteutus Inter primarios civitatis maxima semper in
extimatione est habitus, omnibus suae reip: muneribus functus est.
Acerrimus patriae defensor castella Porchiani, Nicolai Focis,
180 Lacuscelli, et Canalis, ut diruerentur effecit. Dives in summa
opulentia popolarique favore consenuit.
Filios habuit Petrum, cui Angelus Civitellae arcis in Hemilia
curam demandavil. Angelum Antonium, quem idem humanis
stiidiis erudiri curavil. Et deincps scribae honorem penes ducem
185 Columnae ad eum deferri, qui postea ditissimam duxit uxorem.
In Lucianum Petri filjum sacrorum beneficiorum honorem, et
redditus couferri studuit. Justum ejus fralrem latiuis literis instrui:
IV. Merita ix parentes.
94. — In parentes vero se pieulissimum, observanlissimumque
190 semper gessit. Solvit primum palris debita, quae ex onere fami-
liae contraxerat, erexit illis splendidas aedes, et pomarium am-
plum emil coluitque, emit et agros feraces, et latos, et Seppi op-
pidum, omnes fortuuas suas in eorum arbitrium, aut jus semper
• e. 81. relulit. Matheo * parenti Maceratae, Exii (?) (Esii), et Nuceriae
195 civitatum praeturas conquesivit. Quibus omnibus gestis insigui-
(1) Fu anche governatore di Orvieto nel 1491.
(2) p:sii.
VITA DI ANGELO GEUALItlNI r)21
bus iiil)is (loualiis est. Arcis C.-iesanun, el lerraniiii Ariiulformii
reg'imeu ciiin mercede oideiii coniparavit, ni palaliuiis coiiies ijìse
culli siiiis omnibus recto tramile ab ejiis origiucm ducenti tiercl
a Callisto pjiis nominis III siimmo Pontefice, et a Federico Cae-
200 sare obtiniiit, ciim aucloritate coustiliioudi tabelliones, ni in inle-
gitimo couiibio g-enitos ad logitiine g-euitornm jnra constiliiomli.
Eumdem demiim in patriam summo cimi houore revisil, ut ii)i
rei familiaris ciiram gcrens (g-orenlcm). Nani fìlii oiiines in g-ercn-
dis exteris mag'islratibiis semper aberant iuter siionim ora conqiiie-
205 scerent. Qui municipalibiis magislratibiis conlenlus, abiindaule
patrimonio, tranquillissime soniiit. Exadoqne inter iirbes antisli-
lis vcxilliferi miiuere obiit, magna liberonim felicilale, inler iixo-
ris. Hyeronimi ultimi g-enili, ualaniiiKiiie complexiim. Vidil natos
dig'iiitalc el houoro prae stanlos. Vidit lilias bene niiptas, et feli-
210 citer prole Ibecimdas. Vidit nepotiim et pronepolum numeriim.
Nec miniis iiltimis honoribiis decoratus fuit. Fimiis ei nig-ris vexii-
lis eqiiis fiinebribus faleris leclis, et per civitatem dnclis iuuii-
meris fiiualibiis iiiag-na propiuqiioriim pullalornm pompa comuni,
ac publieo lucili, ednctiim per urbein, celebratumque fuit mag-no
215 sumpter el impeusa, qnam Ang-eliis pientissimiis uatus persolvit.
' e. s-^. Klpitaphinm el carmiuibiis soluta oratioue * sepulcliro ejiis cae-
landiim qiiod sequi tur eg'ocomposui.
Matheo Geraldino Amerino Parenti optimo. Seniori, et Augustali
Angelus Pont: Suessames lohannes Pontifex Cathacensis
220 Bernardinus, Baptista, Hyeronimus equites et turmarem praetores
Com : palatini nati pientissimi dedicarunt.
Clauditur hac foelix g-enitor Matheus in urna
Quem statuit prolis inclytus ordo piae.
Angelus hoc satus est Senuessae praesul amoenae,
225 Quo Geraldina est nobilis aucta domus.
Xatus et buie g-eneris soboles divina lohannes
Praesul apud Calabros est Cathacensis agri.
Bernardinus et bine, bine et Baptista creati
Ambo equites, aequus rector uterque virum.
230 Tu quoque bellig-eras ducens Hyeronime turmas
Xatorum decoras ultimus ipse greg-em.
Hoc et avo celebrem series g-enerosa nepotum
Pullulai in cultis g-ens Amerina tuls
Indeque preclarum ducens Antouius ortum
235 JNIanibus hic positi carmina sacrai avi.
34
5:22 B. GER ALDINI
Liicubravi quoque iu perpeUiinn ejiis mounmenlum, epislolam fii-
ucbrem alqueXeuias, qiiasim lueiselegis, siquis qiiaesierit, reperiet.
•e. S3. Helisabecla g-enetrix adhuc superestcs, oniniinii * bonoriim liilrix
et domina remausit.
240 94. — Sorores ei fuerunt quinque. Gratiosa major natii, Andreae
Geraldino filio lohannis concivi optimo niipsit. Ex quo qualuor
habuit natos preter me ininimun, Inter vivenlium comercium non
fdturos diulurnos. Viro non multo post vidiiata Paci Bossetano
conjugala est.
245 Ex 00 Alexandrum (1) ac Costanlinum mares, Sidoniam et Tul-
liani femellas.
Johanna secunda fuit ; tradita Petro Nicolai Cioni filio ex quo
prior Johannem et Doranam suscepit, quae ab ipso Angelo Tadeo
Artimisio, viro nobili et literato in gerendis magistratibiis exer-
250 citato conjugata est. Obiit Jhoanna saevieute pestilitate Amerlae
morbo quoque contracta.
Catherina est quarta (tertia) soror Mario Piccinino nupta pesti-
litate interiit antequam pareret. Loetitia quae quarta in ordine
femellarum exorta est nupsit Alberto Rhacauo viro nobili, tulit
255 ex eo mares duos.
Honesta, quae ultimus parentum fuit foetus diuturna non fuit
sed in primoevo flosculo pestilitate correpta, extincta est. Quum
et Catharina soror, quamvis pius germanus Angelus tuuc ex pi-
ceno in Umbriam se retulisset ut sorores ex loethali tunc urbe
260 abduceret, nani fratres iu piceno reliquerat.
Sororum, et Sororiae nepotibus dotes ipse Angelus solvit, nun-
quam Ameriam rediit, quamvis ipsas secum iuaequalea dignitate
' e. S4. constitutus ad mensara in ordine * honorifice discumbere voluerit.
Soepissime dum abfuit diversa ad illas iiiunera misit, ut fratrem
265 piuni decebat.
!)5. — Germani eidem Angelo quatuor fuerunt, quorum educau-
dorum non velut frater, veruni potius velut pater, curam habuit
non vulgarem.
Bernardiniim duodeeim annos uatum Senas advehi curavit, et
270 primis elementis prius euridiri, dehiuc rhetoricis poeticisque
preceptionibus et imitatione exerceri. Mox civilibus digestis au-
gustisque sauctionibus instrui. His studiis peritus dignoscendis
(1) Il celebre Vescovo di S. Domingo pel cui ajuto Colombo intraprese r immor-
tale spedizione.
VITA DI ANGELO GEKALDINI 'y2'ò
caiisis per aimiini uirtusnriis ejii.scl('in Aiif;eli opera Seuis praefici-
citiir, deiude iu Massa civitat«.
275 Deindeqiie Siierchiani arx et adjacentia oppiiia eideiii refenda
counuittuntur. iiinc Saxoferrali Moulis jiisli, lìochae, ci Xiiceriae
praeluras administravit. Mox vice comilis, quein diclini iminere
in Valle cuppina fiinctiis esl, Roniae criininmn jiidcx fiiit, Adivit
praeliiraiii Nepesinae civitalis. Qua gesta arci Valerani et capenis
280 praefnil montibus. Postea in palatinorinn coiniliiin niuneruni a
Kallislo Pout: Max:, iu ecpieslris ordinis dig-nilaleiii a Ferdinando
Keg-e relalus.
Asciili praeloria poteslale jnra reddidit. Accepit Inni jnsliliae
sceplnini a Baplisla Geraldino fratre, qui ipsum in ea praetnra
285 precesserat. Quod novum el adniirabile fnit germauum germano
in simili mag'istratii snccedere.
Peracto siimma cmii jiislilia eo iu miinere Nursiae praclor exlitit.
Deiude Penisii praelor designalus praeluram illaiu uon adiil a
• e. se. Rege Ferdinandiim * Neapolim accitns. Fnuclus est praetnram,
290 qnam capilanatiim vocanl, ciijiis ejus jiis in patralrores crimiuiim
de facto ut ajunl, auimadvertere, per sex meuses.
Deiude pra'-tura, cui regenlis nomeu indiliim est, el priiis solet
civiles, ac crimiuales cansiias iu universo Regno Xeapolilauo de-
ceruere per bieunium integrum. Alque eam urbem, bollorum fre-
295 milu soeviente fortuna, Regi Ferdinando, Alplionsi lilio trauquil-
lam, et obsequiosain sub fide con servavit. Exinde praelor, qucm
capilaneuuì dici meminimus, el prò (l) Rex Capuae fuit unum
aunum tempore bellorum siimma poteslale. Postea ad praeluram
rediil parlhenopeam. Peracto anno ilio illins muueris functione
300 licii Reg'is viccs gessit. Hiuc juslitiae apud Brulios gencralis mi-
nister annum ac sex menses complevit praediclis magistratibus
functus, cujuslibet urbis insiguia domum relulil, et sua iu qiia-
lecumque urbe reliqiiit. Neapoli sub ejus iusig'ue esl piclum hoc
epigramma quod sequitur.
305 « Insiguia Magnifici d. Bernardini Geraldiui Ameriui equestris
« ordinis et co: Pa : qui belli ac pacis inviclissimi Regis Ferdi-
« nandi tempore tres aunos, el sex menses, ter lume praelor
« vexillum Regni Siciliae Vexillnmque, et aiilenm magistri Jndi-
« ciarii priucipis gratiam ac hominum beuevolenliam iu optimac
310 « adminìstraiionis praemium tulit MCCCCLXVIIII. XV Feb ».
Ciiius vexilla coronas, lacernas, et pelves argenteos ego vidi
(1) Forse : Pro rege.
524 B. GBR ALDINI
circiiiii alria disposilos: pulchnnii quidem spectaciilum, qui domiim
reviseus diiodecim imo die relulit vexilla, et insig'uia bene gesto-
• e. S6. rum immerum egregia testimonia. *
315 Deinde Bareli praetor, lertitim Neapoli fiiit. Nimc Bareti repetiit,
gessitque luag'istratum in quo ileruiu confìnnatus est. Fuit desi-
g'uatus ad praeluram Rhealinani, Auconitanam, Firmanani, Medi-
olanensem, Mantuanam, Rhicinueteusem. Duxit uxorem Persiani
Crescioliui filiam nobilem et honoralissimam. Ex qua Agabitum,
320 (ìplaviinn, Cainilknn, Alphonsum, Virgiliuni, et Regentem quem
Neapoli dum regens esset proetoria potestate regentem nomi-
uavit, filios quidem formosissimos non indole a parentibus de-
generes (1).
96. — Baptista germanus tertius in ordine, dum Angelus Car-
325 dinali Firmano carissimus Perusii mag'istratum g'ereret ab eodem
duodecim anuorum puer accersitus ad literarum studia usque ad
quiulum decimum aetatis anuum sub variis praeceptoribus diver-
sis in locis ipsius Angeli impensa altus est. Rhetoricae, poesique
artibus apprime erudkus demum leg'ibus studere incepit. Ei San-
330 dina Caesana, una ex nobilibus de Macerino dives, et honoratis-
sima pupilla uxor data est. Quae ArgenLinam formosam sexto
aetatis anno Bernardino Boccarino nobili adolescenti desponsatam
ac Belisarium pulcherrimum nostrae aetatis puerum (2). Deinde
Mentis Falconis (1456) praetureas gessit. Praeterea a Kallisto Ter-
335 tio ejus appellationis Pontiflce in equitum ordinem adscriptus
asculea in urbe praetor fuit, habuilque Bernardiuum fratrem in
eo magistratu successorum.
* e. 87. Ipse deinceps Firmuniim praeturam adiit, et ante duos menses*
exactos iuivit Lancianensem quam per annum gessit, et eodem
340 tempore utraque fuugebatur. Quibus gestis locum tenens gene-
ralis in Brutioi-um provincia declaratiis est. quia in administra-
tione illud suo Regi obseqium prestitit, qui, quamvis adversante
tunc fortuna quae postea secunda fuit, lacobus Piccinini belli dux
rebellasset, Matlieum Capuanum militum ductorem ab ejus sti-
(1) Dal cenotalìo che si legge nella cappella gentilizia di S. Francesco, nel quale
in genere si dice quanto ne racconta Mons. Antonio, si sa che Bernardino visse 75
anni essendo morto nel 1474. A lui fu concesso che la famiglia Geraldini potesse in-
nestare al propio lo stemma di casa Aragona.
(2) Moriva di soli 17 anni nel 1482, essendo già protonotario Apostolico ed Ar-
cidiacono Cavallicense e lo zio Angelo gli faceva fare un monumento in marmo an-
cora esistente in S. Francesco.
Vri'A DI ANGIOLO GEKAMìlNI o2o
345 pendiis ;id regia casltM jtcrtliixil. Id t'iiil Heiri ad viclofiaiii non
vulgare principium.
Mox Anclionae jL'l Reale praetoi'iam di^iiilalem oliliiiiiil. Deiiide
Bi'utiorm [monliuin praeses fiiil. Mediolaneiisein pi-ealiiram i|tia-
luop annis inlegris tenuit. Quod nulli arileu conligisso uudilumest.
350 lllic Geraldini Oliviferum generis sotium conn[)erit. Quia Ge-
raldo jnrecoiisullo Geraldini cognominis alidore, ut dicium est,
se originem ducere, me praesenle, asseruil, el eadeui viridanlis
coelivae insignia in amilo relala geslabat.
Sic lacobus Geraldini ulrius(|ue jurisconsullus Bassignani
355 incola in agro papiensi dum Mediolani degerem cum avunculo
se Geraldo OliviCero consauguineum esse i-olulil, et Baplistam
Praelorem, ut generis sotium convenit. Sunt apud Insubres
parenlales eorum liisloriae, quae ab hoc ordine nostro non aber-
rant, in origine generis Geraldini ab Amerio Rege deducti (?).
3G0 Verum de serie prognalorum alter meminerit.
El inter eos maximus fuit jureconsultorum ordo. Fuit Inter nos
contraversia de Divo Himerio, olim Ameriae Pontifico, ciijus
* e. 8'J. corpus intergerrimum post tot soecula ab omni labo * servatur
Cremonae divino lionore colitur. Nam ipsi in unam genealogiam
365 divum referunt quare ejus corpus Cremonae corKpjievil. Nos vero
inter genesim nostra m (|uare amerinus fuerat Ponlifex recense
ibmus. (Hoc ludicrc dlctum).
Corsicam prò lllmo Duce Mediolani duobus annis gubernavit.
Et illam bis rebellem ad ducis imperium magno aslu el Ibrtilu-
370 dine reduxit. In ea puerum ([iiem Sfortiam vocavit, lulit. Is
etiam vexilia splendidissima et urbium insignia mullis in magi-
stratibus est consequnlus.
97. — lohannes Geraldini (|uartus frater fuit. Hunc optennem
dum pestilentia Ameriae saeviret in picenum dcduxit Angelus
375 aluitque sub diversorum praeceptorum disciplina ; profecit pluri-
mum in oratoria facultale, bisloriai'um et jui'is Pontificii perilis-
simus fuit.
Diutius in Romana curia penes Angelum moram Iraxil. Eidem
Angelus dum pestifero contagionis tempore ipse quoque mortem
380 limerei renuit omnibus suis muneribus, sacrorumque benifi-
ciopum redditibus, ut si ipse interiisset, fratri juvenculo ad li-
terarum studia relinqueret. Maximae profecto pielatis documen-
tum, quod non solum in vita, sed in morte sua etiam fratribns
consultum voluerit. Procuravit ipsi sua industria Angelus, ut
385 persaepe in arduis regcim et principum negociis cum honore ex-
52(5 B. GKR ALDINI
ercerotur. Fuit in secmido iibrevialonim, seii mclius, nposlolico-
rum compendiuloruin gradu, (|iii, ut diximus, de minori parco
nuncupoiitur.
Deinde ejus studio et prudentia Cathacensis Catliedrae praesul
390 insedit, Angeli manibus consecratus, ^ media equorum vestium
• e. sy. ornamentorumque pontificalium parte donatus. Ipsius cura aba-
cie Tabernensis in suo diocaesi sitae proventus in comendam,
uli dicunt, recepit. Noviter ejusdem opera ducis Calabriae pro-
curator, et orator in romanam curiam reversus est (1).
395 98. — Ultimus in fratrum serie Hieronymus, qui quinquennis
in conlagione amerina in picenum quoque evectus fuit Angeli
cura. Is multis in locis, impensum non recursantem (non recu-
sante?) literis studuit. Et deinde in versuum solutaeque oratio-
nis structura magnoperc edoctus in collegium Perusinuui, quod
400 novam vocant sapientiam ejus opera admissus. Civicis populi
Romani legibus operam dedit. Nobilem uxorem habuit Cherubi-
nam Cbrislopbori luris consulti de Balneoregio, filiam pupil-
lam divitem, et multis perexpetitam, octennem domum duxit.
Deinde Amatricis praeturam administravit. Mox Bruciis monti-
405 bus praeses designatus, et Leonissae praetor. His magistralibus
functus ad rei militaris laboriosum honoratunque munus conver-
sus est. Militavit sub Braccio Blaglione Pontificiae Militiae du-
clore triginla aequilum stipendio receptus.
Meruit deincps sub Frederici Urbini duce, turmarum prae
410 fectus prò quinquaginta equitibus stipendium habuit. Postremo
a lacobo Picinino fuerat conductus salario centum equilum. Ilio
a Rege Ferdinando capto, et Matlieo parente defuncto, tribus
annis Ameriae in otio degit familiaris ;"ei curam liabens. Nunc
Neapoli praeloria dignitale a Ferdinando Rege in equestris ordi-
415 nis amplitudine ascriptusest.
■* e. 90. Composuil materna lingua multa carminum ^ milita dvi\cis, et
gentilitiae venae non inferiora Francisci Petrarcae cantilenis (2).
(1) Giovanni (1488) eresse l'arcidiaconato nella chiesa cattedrale d'Amelia, ove si
vede il suo monumento con questi versi :
« Construis et generi et tibi Geraldine lohannes
Presul apud Calabros hoc Cathacensis opus »
(2) Mori il 14 ottobre del 1481, di soli anni 39, mesi 8, giorni 8. Ciò rilevasi
fin Ila lai)ide del suo marmoreo monumento nella cappella gentilizia di S. Fi'an-
VITA DI ANGIOLO GKliAI.DlNI 527
1)9. — Noe iniupi.i rieraldiinmn geiius pi-iiclofiiiin fognoininari KpiloL'osul-
possef, ciijus geniti tot praelnriis gessertiiil. llli muilos legatio- .ievìa'^famT-
420 ues inclyliirum nrbium per divei-stis mundi regiones udministra- Jj|^^ Reral-
runl, nec alia tota Europa, quae tot itinclionibu.s, tot lam am-
plis tiUilis, et lionoriltus decorata fner-at i)rivalorum lamilia re-
perilur, si privali appeilari dobonl, ([ni in pubiicis actionibus
semper sunt versali. Gesserunl enini praeliiras et magislralus,
425 ex (|uìbus insignia (ìoinnm roldlcrmit, bene gestortun rnnncrum
monnmentnm.
Legalionibus vero (?) functi sunt. Fiiit vero ilhid aduiirabiie
quod tam ampia familia nullus abrjua membi-ornm conlraclione,
exuperalione. defectione aul laésionc deformis fuil Sed omnes
430 sua mansuetudine, eloquenlia, prudenlia, privalo forensiciue usu
regibus principibus summisipie Ponlificibus gralissimi exiilerunt,
omni bonarum arlinm disciplina eruditi, omnes in dignitate con-
stituli.
Nam duos pontificali amplitudine, Ires equestri ordine fratres,
435 omnes comites palatinos vidimtis. Raro et hoc contigit, quod
alter germanus, alter in magislratibus snccesseril, ut Bernardi-
nus, et Baptista tValri in asculea praelura. Angelus vero sues-
sanus Pontifex Jobannem Pontifìcem catbacensem consecravit.
Nun((nam illis obligli ut pnlrios lares, aul alio una omnes conve-
440 nirel, nisi semel ab Angelo Ameriam convocati per unum diem
• e. 9i. cum parentibus et sororibus moram Iraxerunl, * ut de re familiari
simul constituerent. Semper enim et antea et post variis slndiis
et gerendis magislratibus per varia orbis plagas fueruut diffusi.
100. — Illis ani (aulem) spectanda Nepotum comilum palati-
445 norum series subolemus.
Agabilus adolescens magni ingenii ad carmina maternae, la-
tinaeque linguae industrius, cullusque et in primis suae vere
Cesco, ove si vede la sua statua al naturale in divisa militare. Questa lapide è del se-
guente tenore :
llieronimo Geraldini; equità praeclaro, armis togaque insignis :
qui Nursiac Spoleti, Firmensis, Xeapoli, Aprutinis Bononiae re.
Florentiae Praetor integerrime jus dixit
A. Suessanus Carainensisque . Io : Cathacensis Praesules
Bernardinus . Baptista Equites Geraldini germano
B . M . F.
Vixit ann. XXXVIIII . menses Vili dies Villi
Obiit XIII Octobr. MCCCCLXXXI.
528 B. GER ALDINI
jucunda lepidaque consuetudine gratissimus (1). Oclaviu?, et Ca-
millus latinis literis npprime erudilus (2).
450 Belisarius, Alplionsus, Virgilius. Regens el Sfortia, cum per-
aelatem licueril, erudiendi.
101. — Ego quoque, his Inter prinnos nepotes accessi, qui An- ■
geli fratrumque ciana imitatus vestigia, ipsum et fratres a teneri^
annis per varias oras et postremo sum in Hiberiam sequutus,
455 cum in primaevo juventutis flore, bucolico, elegiaco, satyrico, li-
rico, heroicoque stilo ad quadraginta tria et viginti millia car-
minum lucubrassem, orationes vero decenti, et octo, et epistolas
familiares ducentas et triginta duas.
Deinceps in ulleriorem accedens Hispaniam mandato invicti
460 Regis Aragonum, a Ferdinando ulterioris Siciliae Rege ejus pri-
mogenito, et ab Isabella principe Siciliae Regina, ejusdem nuru
laurea in magna nobilium procerum magnatunque frequentia
ingenti plausu donatus sum vigesimo secundo aetatis anno^
Cujus serto nonnisi spoetati poetae et militiae imperatores ter-
465 restri trinmpho olim insignir! meruerunt. De recepta laura pa-
nagricum, quod lauream appellavi, [conscripsi?].
V. Repetitio et coNCLUSio FACTA IN LAUDBM Angeli Pont: Suessani^
Angelus itaque, cujus causa hos comentarios conteximus haec
precipua dona est assequutus.
470 Qui in Romana Eclesia quinque summis* Pontificibus, et apud ■
* e. 92. lohannim Reges Iberiae Regem et Ferdinandum fratris filium, eju-
(1) Nella detta cappella gentilizia avvi una lapide dipinta sulla parete, dedicata-
qualche secolo dopo alla memoria di quest' illustre loro antenato da Giulio, Gaspare
€d Agapito Geraldini fratelli. Questa é concepita in tali termini;
D. O. M.
Agapito Geraldino . Bernadini Alio
Archidiacono Amerino, Protonotario Apostolico ac Abreviatori
Omni literarum genere ornato
Alexandri VI Pont: Max: Segretario
Db praeclaras animi dotes. ad preces
Fridericii Siciliae Regis electo
Archiepiscopo Sipontino
Immature sublato ann : salutis MDXV.
lulius I . V . D Archid. Amer : Gaspar et Agapitus Fratres
Posuerunt.
(2) Camillo fu Abbreviatore apostolico, e Arcidiacono della Cattedrale : mori di 24
anni nel 1480.
VITA DI ANGELO GEKAI.DINI 52&
sdem loliundis priinogeiiilmn inferioris Siciliuc He^om Consiliarius
fuit eodem tempore, et omnium legolus, dum o'ro erumdem Secre-
tarius essem, eo procurante, tot muneribus, lol lionoribus, et tilu-
475 lis functus est, qiiot aut raros, aul niillum |)(jliliim esse audivi-
mus. Tantum telliiris obivit, «[luiiitiiin nec Lilionim, tiec Alcidem
legimus.
Is arentia, et bumilia slii-pis siiae germina ad viridilalom, sii-
blimilalem(|ue t'elici irroralione reduxit. Fralics, nepoles pro])iii-
480 quo», concives ad bonarum arlinm studia excitavil, fovitque.
Is familium, ac totam patriam, magistratibus, lilulis, multisiiuc
meritis accumulavi t.
Debcnt Geraldini Oiivifei'i, Anieriiii, Umbrique omncs Angeli
nomen celebrare, ad iiepottim omnisque ftosteriljilis memoriam bo-
485 noratnmque deducere ut Assyrii Ciri, Persae Darii, Aegyplu.s Plo-
lomei, Romani Caesaris nomen serv^i-unt, et ut.numina coluerunt.
Crevit olivitcro foelix e stipite ramus
Qui, reuovat prolis robora prisca suae,
Lans Des optimo Max : II Jan : MCCCCLXX.
V. F.
490 Angelo Geraldino «Amerino Pont : Suessano
B. M. Restauratori Domus Geraldinae
Amerinae. Iam. Pridem. Ad Extera.s
Translatae. Et Fraternae ac Nepotem
Amplitudinis. Originis. Fratres Gratissimi
495 posuerit
Lans Deo Am.
Terminalo il racconto (iella vita di Angelo, il nostro Poeta
inserisce nel suo manoscritto un'egloga, allegorica alla famiglia
Geraldini adombrata dall'olivo, emblema dello slemma gentilizio.
Raffigura sotto il nome di Titiro Angelo, sotto il nome di Dafni
Giovanni, sotto quello di Mopso Bernardino, sotto l'altro di Co-
ridone, il fratello Battista.
Antonii Geraldini egloga, qua methaforice loquitur
de domo geraldina sub forma pastorali.
1 Flava ceres siccis cum forte arderet in arvis
Syrus arentem cum fiideret aestifer orbem Cronografia.
Pastores tum Inter florebat ditior umbros
•• Et pecoris foetu, atque agrorum limite largo
530
B. «ERALDINI
Titiro.
Esperienza
di Titiro.
Suoi viaggi.
Topografia
della città di
Amelia.
Parole di
Titiro.
Quantum milvius edax rapidis non circuìt alis.
5 Tityrus et spectaus fessos sudoribus aestus
Messores, dixit, ramos captemus opacae
Arboris iuveutae victricis Palladis arte.
Ag-restum huic fuerat vetus experieuta renim,
Usus, et antiquus pecoris. Nam gallica pavit
10 Armeuta, atque truces nimia feritate juvencos.
Adodaui liquidas rheg'it post pabula lymphas,
Haemiliae viridi saturavit gramine tauros.
Picenturaque greges olim, et nutrivit etruscos
Xajades Hadraici testes mlhi litoris omnes.
15 Tirreuique freti, testis mihi tibridis unda.
Ipse et occiduae telluris lictus oberrans
Herculis extremas perveiiit adusque columuas.
Videre hesperii uereydes aequoris et qui
Nereus in mediae terrae perfunditur orbem
20 Qua sol iu rutilas prius demergitur undas
Hoc duce campano tractu Sinuessa salubri
Fixa salutaris prati depascitur herbam.
Forte sub apricis regioiiis coUibus umbrae
Urbs amerina patet clivoso coudita monte.
25 Hujus loeta vireut contermina moenibus urbis
Quae Boream excipiunt lata pomaria flexu.
Vix glaucis foetus sustentans frondibus atros,
Captatum veniunt omnes bue arboris umbram
Geutis oliviferae quiui pulcro ordine fratres.
30 Quarum qui primus sic Tytirus incipit ipse.
Cernitis hanc dulci, quae uos amplectitur umbra
Et nigris baccis, quam brachia pandit olivam
Alta magis priscis fuit, et foecuudior annis.
Quae tibi non liquido sicionia cedat olivo,
35 Picenis oleis major, placidique venafri
Ubere : tarchesiis felicìor illa trapetis
Et tiburtinis fuit illa feracior arvis.
Hujus ab annoso excissas jam stipite plantas
Insula dumosis excepit Hiberuia campis;
40 Germinaque insubrium subolescunt Palladis arvis
Et saturis retinet foecunda Bononia sulcis.
Lydia rura genus servant vivacis olivae ;
Quae demum longo consumpta exaruit aevo
Restitit et sterilis siccato robore truncus
VITA DI ANGIOLO (;KKAI,I UNI
531
45 Cuius caiidicibus sectis, (niis ercth'ri-t ini'iuaiiiV
Exiit e sicco loecuiuluiii eortice f^eriiu'ii.
Quod modo stelli^'cruin couting-ere vertice olyiiipuin
Creditur, esteudens ramos, et brachia late ;
Circuindatiiue soluin, molli (jiiod prote^it uiiil)ra
50 Illustraus nitidis divorum altaria Haimiiis;
Et genus ausoaiduin fructii loecundat olivi,
Balsama cui cedaiit albo sudantia li^iio.
Quare ag'ite ag-ricolae tnmcos dilerte perag-ros
Nam truncis meliiis radix oleag-ina crescit.
55 Solis utraiiKiue oleis terram reph^te colendo
Quos super instillet caelestis semina roris
Atque salutifero perfundat luppiter imbre.
His contra Daphuis Cathacensis pastor ovilis
Lanig'eri pecoris custos, (1) <iuod terg'ore gestat
•60 Sydonio calabrum ting'endum murice vellus.
Daphuis — Audieram memini, dum per declivia fuudi
I'>rabam nostri, Xvmphae cantare solebaut
Admixtae satiyris victricia dona Minervae
Cum patruns curvo percusserat arva tridente
65 Bellig'erumque eduxit aequor, mavortia sig'ua,
At dea cecropiam conquassans cuspide terram
Expulit bine g'iaucos ramos viridantis olivae,
Munera frugiferae semper praenuutia pacis.
Tumque dedit victrix optatum nomen Athenis
70 Hoc nos nunc Calabros impleutes arbore saltus
Tityre: jam jam oleo remur ditescere ping-ui
Mopsus — Ast eg'o, Mopsus ait, seu praedia dulcis oberro
Partheuopes ; Capuaeve solum, seu Brutia lustro,
Aut Bareti aestiferaeve colo ipse novalia Leucae;
75 Haec mihi prae cunctas arbor g'ratissima surg-it
Hanc juxta sordet nobis et vitis hyachi
Et Veneris mirtus Alcidae populus apta (alta)
Chaoniae que lovis glandes, et laurea Proebi.
Quiu memorant olea paphiam venisse columbam
80 Arcibus e superis munitam, et tecta subisse
Lig'nea; daedalia senior qui condidit arte,
Aequoris antiquis cum finibus unda recepta est
Diftusum quondam cum pontus lictus obivit
Vertice caeruleo, qui terras texerat ante
Parla Dafni.
Risponde
Mopso.
(1) Qui?
532
B. GERALDINI
Interloquì- bo
sceCoridone.
90
95
Augurio di 100
Firsi.
105
110
120
Conclusio-
ne di Titiro.
125
Invadeus, alpesque altas, arcesqiie supinas
Coridon — lam sic excepit Coridou haec unica curae
. Arbor erit uostrae quoque fortuna vocabit ;
Gratior liaec uobis est, quam Cibeleya pinus,
Thurea quam molles, quae ditat virga sabeos,
Quam uemus aethiopuin, quod molli veliere canet
Quam per oderatos uascentia ciunama lucos,
Major et hiuc usus maaat, victusque facultas.
Haec ig'itur uostris semper revirescet agellis
Seu mihi piceni cultus praebetur ovilis
Seu me pastorem saltus spectabit hetruscus
Graudia seu romanae armeuta tuebimur Urbis.
Nunc apud insubres cum messis quarta recurrens
Pascere me vidit disteutas lacte iuvencas
Omnibus insevi fundis saera dona Minervae.
Tirsis — Ultimus haec Tirsis, facili dehinc voce loqutus;
Haec etiam prisco fuerat jam grata Catoni
Hanc etiam olens sumpsit de fronde coronam,
Cum Victor quondam coutempsit Olympia circum
Defluat assiris quamvis e germine nardus,
Caucasea piper et rugosum in rupe virescat;
Mollis arabs varìos, e silvis carpat odores
India sic costp, et praecioso dives amomo ;
Crescat idumeo quamvis in vertice palma ;
Spiret odorati libani per jug'era cedrus
Ideiique jugis niteat licet alta cupressus-,
Robora palladii tunc haec gratissima ligni
Semper erunt, nostris hic palmes vivet in ortis.
Haecque legent pingues foecunda ex arbore baccas,
Qui venient nostri seri de stirpe nepotes.
Omnibus applausit ridenti Titirus ore
Atque haerens trunco teretis sic addit olivae
Tityrus — Hanc lovis aura favens, et Phaebi sidus amae num
Et Venus, ac placido foveat Cyllenius astro :
Hinc procul armisoni siut noxia sidera Martis
Et gelidus rigida lateat Saturnus in arce
Nec nisi clementi despectet Delia vultu.
Finis
Antonii Geraldini Amerini
Opus
Amelia, agosto 1896. B. G-eraldim.
533
POMPEO PELLINI
AMBASCIATORE DELLA CITTÀ DI PERUGIA A PAPA GREGORIO XIII
Dopo l'articolo del dott. prof. Alessandro Bellucci pub-
blicato sotto il riportato titolo a pag. 12d, anno II, fase. I
di questo Bollettino, non furono per errore pubblicate le istru-
zioni date al Pellini e riflettenti l'ambasceria al Pontefice,
alle quali il detto articolo si riferiva. Ripariamo alla invo-
lontaria omissione, riproducendo l'importante documento.
Riformanze dell'antico comuue di Perugia.
Volume degli anni 1574:-'75-'76.
(Carta 57 r.) Die dieta [XXViij Jauuarij 1575] omues antedicti do-
mini Priores, numero decem, in comuni solita adunantia etc, misso inter
eos partito per sutfragia approbantia et reprobantia, eoque obtento per
omnia decem alba suffragia in pixidem constituta, nulla in contrariura
reperta, unauimiter et concorditer elegerunt nomiuaverunt et deputave-
runt, omnibus melioribus modo, via, jure, causa et forma quibus magis
melius vallidius et efficacius de jure tacere potueruut et possunt debue-
runt et debent ac eisdem licuit et licet, magnificum virum dominum
Pompeum de Pelliuis de Perusia nuncium ad sanctissimum Domimim
Nostrum Papam et totam romanam curiam, ad pertractandum, agendum,
faciendum et negociandum in Urbe, illa negocia augustae civitatis no-
strae Perusiae, quae in scriptis eidem domino Pompeo per ipsos M. D.
Priores tradita fuerunt, ex omnibus eorum arbitriis, authoritatibus et
facultatibus, ex forma quorumdam statutorum eis datis attributis et con-
cessis
534 A. BELLUCCI
Die [vig-esimauova Jaunarij] predicti Magnifici D. l'riores numero
deceni, in eorum solita Audientia prò tribunali sedeutes, uuanimiter viva
voce obtinuerunt, omni modo meliori;, quod mag-nificus domiuus Pompeus
Pellinus ab eis nuncius electu>, absumptus et deputatus ad sauctissimura
Dominum Nostrum Papam et Romanam Curiara, habeat ag-ere et tractare
neg'ocia aug-ustae civitatis nostrae Perusiae super infraseriptis punctis,
de communi ordine, merito et commissione, et matura deliberatione, factis
et extensis per egreg'ium virum Santem Pelliciarum, eorumdem M. D.
Priorum cancellarium. Quorum puuctorum tenor talis est qui sequitur.
I Priori delle Arti e del Popolo di Perugia.
Molto magnifico messer Pompeo Pelliui, ambasciatore destinato da
Noi alla Santità de Nostro Signore Gregorio per divina provvidenza papa
XIII. A ricordo, per essere voi stato uno dei principali del Magistrato
passato, et altrimenti ancora, quasi di continuo versato nelle cose pub-
bliche; et non accadesse stendersi molto intorno alle commissioni che
habbiamo a darvi, ma che solamente notassimo i capi d'esse, et rimet-
terci nel resto alla prudenza vostra ; nondimeno a sodisfazione et giu-
stificazione vostra vi diremo :
Prima : che, dopo il bascio dei ssmi piedi, debbiate con quel maggiore
aifetto che potrete, ringratiare S. Santità, a nome Nostro, della benigna
gratia che l'è piaciuta farci, di concederci che possiamo levar le gra-
vezze dal sale et dalla carne, et impor quelle, coll'altre che non have-
vano assegnamento, a questa sola della macina ; mostrandole, che oltre
alla sodisfatione che universalmente se n'è presa da tutti quelli che a-
mano il ben publico et il servizio della Santa Sede, il nogotio comincia a
riuscire tanto bene che, se non viene impedito da chi volesse cavillare
sotto pretesto di prerogative et privilegi, si spera che sia per continuare
con tanta felicità, che veramente se ne tiene et terrà grado di memoria
sempre graditissima alla gran bontà di sua Beatitudine.
Ma perchè alli giorni passati, Monsignor Illustrissimo il card. Ales-
sandrino, ha fatto presentare a' nostri appaltatori un monitorio del' Au-
ditore de la Camera, prohibendo loro espressamente che non diano alcuno
impedimento a chi vuole andare a macinare alle Mole del suo Priorato,
ma che si lascino andare liberamente come prima; supplicherete umil-
mente S. Santità, che Le piaccia farci gratia d' imporli perpetuo silentio,
acciocché non ci convenga necessariamente litigare con S. Signoria Illma,
come per le cose nostre ordinarie ci è stato forza di fare in tempo della
felice memoria di Pio iiij, nonostante che havessimo ottenuto in Ruota
POMPEO PELLINI AMBASCI ATOUE, ECC. 535
tre seutentie conformi contro il Cardinal Salviati suo antecessore. Et poi
che, nò nostri capitoli, non si vieta a nessuno l'andare a macinare dove
gli piaccia, si contenti ordinare che, chi vuole andare alle sue mole, o
sia lavoratore o ministro del suo Priorato, o altri chi si vo<rlia, da fo-
restieri habiemnti in poi, sia oblig-ato pigliare da' nostri appaltatori la
bolletta et pagar loro la gabbella come gli altri ; conforme alla gratia
che a S. Beatitudine è piaciuta farci, senza riservo di persona alcuna;
perciò che se si lasciasse aperta la strada di andare alle sue mole senza
bolletta et pagamento di gabbella, oltreché non sarebbe possibile de ri-
parare alle fraudi infinite che si farebbono per il gran concorso che là
havrebbono le genti, per non pagar gabbella ; sarebbe cosa di tanto malo
esempio che non mancarebbono degli altri, i quali hanno le molina et
pretendono qualche privilegio, che cercarebbono per questa via di fare
ancora essi il medesimo ; et cosi il negotio perderebbe di reputazione et
portarebbe pericolo di risolversi in fumo ; come per rispetto delle fraudi,
erano per fare quelli del sale et della carne, se a Sua Beatitudine non
piaceva di prevenire, con la gratia di permutargli sopra la macina. Et
poi non si servarebbe né anche l'equalità, come per bolle de' sommi
pontefici è stato ordinato, et in particulare dalla Santa Memoria di Pio
V, il quale rivocò tiitte sorti di privileggi et essentioni, et dechiarò che
dal sussidio triennale, tasse de' cavalli morti et quatrino della carne,
non fusse esseota persona alcuna di qualsivoglia dignità, etiandio cardi-
nale, eccetto quelle che fossero veramente onerose per causa deffectuale
sborscio di danari.
Et in questo proposito. La supplicarete anche humilemente che per
torre ogni dubbio a chi volesse cavillare contro questa esactione et per
non haver sempre a fastidire S. Santità et suoi ministri, si degni, in es-
segutione de' suoi brevi, farci gratia di dar commissione espressa a Mon-
signor Reverendissimo Governatore, per sé et successori suoi, che debba
astringere a pagar questa gravezza tutte quelle persone cosi ecclesiasti-
che come secolari che d'allora in qua, che da' noi fu fatta la composi-
tione del sussidio triennale con l'arcivescovo Sauli, commissario aposto-
lico, hanno per tassa et in qualsivogli altro modo, preso il sale dalla no-
stra salala, et concorso con gli altri a questa gravezza et a quella della
carne: etiandio che da quel tempo in qiaà, l' havessono per qualche
tempo per lemosina della Reverenda Camera senza l'augumento ; et che, per
via di fraude o per rispetto de la trascuraggine degl' appaltatori che
sonno stati, havessero intermesso, differito o cessato il pagamento ; cer-
tificando S. Santità che per una volta non pnò fare a questa devotissi-
ma città gratia che le possa apportare più sodisfactione et partorire mag-
gior quiete che questa, di dar ordine et modo che ognun paghi, et tor
536 A. BELLUCCI
via la materia degl'odii intestini et discordie civili che per ciò potessero
nascere.
Ancora esporrete a S. Santità, che per haver questa sua devotissima
città penato più d' un anno e mezzo, prima che abbia potuto trovare et
ottenere un asseg-uameuto fermo onde potesse cavare quel che le man-
cava per pag-are le tasse de' cavai morti et vivi, il porto et la fortifìca-
tioue d'Ancona, et l'aug'umento della porcina salata, era restata tanto
adietro coi pag-amenti, che le è convenuto pigliare a censo 2 milia scudi
per sodisfare i Commissari d'una parte-, a talché tra questi, e quel che
resta a dar loro, et che necessita anco di far buoni a gli Appaltatori della
.salaia et de l'uno e l'altro quatrino della carne perchè consentissero a
far questa permuta della Macina, hog-gi si truova il debito oltre a tre milia
scudi ; oltre poi, che importando le sue gravezze 14363 scudi l'anno, et non
cavandone della macine più che ii4i0, vengono a mancarle ogni anno 3953
[2953] scudi. Di maniera che, per non trovar altro modo, s' è andato
considerando di ristrignere le cose del palazzo fino che sia possibile et
patire anche di qualche cosa, per fino a tanto che si vegga il ritratto
che in questo primo appalto si farà della macina. Et perchè, tra l'altre
provisioni, s'è pensato di ridurre la nostra Ruota a tre auditori soli, per
impiegare li 240 scudi che si danno di salario al quarto aixditore, negli
interessi di due altri milia scudi da pigliarsi a censo, et questo non può
farsi senza la benigna gratia di S. S. per essere gli ordini di detta Ruota
approvati per breve del Papa, La supplicarete humilemente che, per far
in un medesimo tempo duo gran beueficj alla sua città. Le piaccia con-
cederci gratia di poterlo fare ; atteso massime che questo quarto audi-
tore non serve per altro che per fare immortali le liti; poiché per ispe-
rienza s'è molto ben conosciuto in più e diverse cause di grand' impor-
tanza, che per essersi tirati duo Auditori per banda, non hanno mai
potuto accordarsi a sententiarci, di che u'é seguito et è per seguire
tuttavia grandissimo danno a' nostri Cittadini ; ove che riducendosi a
tre auditori, ogni volta che due saranno d'accordo, il terzo non potrà im-
pedire che le cause non si spedischino.
Esporrete parimente a S. Santità che per essere alli mesi passati dato
a l'olio il prezzo di XI paoli, per vendersi d'intorno a' nostri confini,
per tutto, a ragione di XVI, XVIII et XX paoli il mezzolino, Mons.
Illiìio Governatore, con tutta la diligenza che usa in ogni cosa, non può
fare tante provisioni che non siano più l' inventione che si trovano per
cavarlo sin dentro le casse contro-bando ; a tal che non essendo bastante
la Corte a rimediarci né a fare che chi l'ha non lo tenga celato per non
darlo al prezzo limitato, questa città et suo contado ne son caduti in
tanta necessità, che l'andar tutto di' cercando da comprarne etiando con
POMPEO PEM.INI AMBASCIATORE, ECC. 537
Bollettino di S. S. II., (senza che si possa liavcr per danari) ai poveri
uomini, 6, si può dire, un'altra g'ravezza, cosi per il tempo che perdono
come anche per non poter la notte veg-liaro a g-uadagnarsi il pane; oltre
che se na paté ostremamonte anco por vìvere et per l'esercitio della lana
et d'altri che l'adoprano.
Et imperò La supplicarete humilmente, che poiché s'è adempito l'oh-
blig'O delle cento some che si fuorono imposte jier Roma, Le piaccia ri-
volger l'occhio della misericordia verso i nostri jìoveri et dar licenza che
si possa vendere per quel che .se ne truova ; perciiè og-ni volta che i pa-
droni d'essi sieno liberi nel venderlo, non ò, dubbio che la città ne sarA,
tanto abondante, che noq pur ne havrà per sé, ma potrà darne ag:l 'al-
tri ; et non havendo mercantia più viva di (|uesta, jtotrà mantenere il
commertio che per l'adietro ha tenuto .sempre con Bologna, et altre
città de Komag'ua, mandandovi l'olio, et ricevendo altre robbe ; et ma-
giormente potrebbe farlo, quando a S. Santità piacesse contentarsi che
quello che sopravanza possa cavarsi 2>er lo Stato di Santa Chiesa libera-
mente ; poiché alla R. Camera, pag'ato che le sera la sua g-abella, non
ne seg-ue alcun preg'iuditio ; anzi tanto più utile, quanto che questa Città
sarà più mercantile. E di questo La supplicarete anco per ispecial g-ratia.
Supplicarete anco S. Santità con tutta l'efficacia et humilti'i mag*-
g'iore, che, per Sua bontà, si deg-ni consolar questa .sua devotissima Città
in farli gratia che ne' suoi monasterii .si possine accettar le zitelle che
sonno ben disposte a .servire a Dio, et che le g-ià accettate, stando in
proposito, possine pig-liar l'abito, et non siano più trattenute, come son-
no tuttavia ; sendo che esse e i poveri lor padri et attinenti non sap-
piano che fin sia per haver il caso loro, né che tampoco sperino di po-
ter rihavere le doti che anticipatamente hanno pagato ; che veramente,
per esser la sua città incredibilmente povera et [per] aver non meno copia
di monasterii ehe forsi habbia alcun' altra città, lo riceverà per uno dei
mag'g'ìor benefitij, che mai per alcun tempo potesse ricevere; attesoché
per esser già bene incamìnato l'ordine dato che siano sovvenuti d' ele-
mosine pubbliche, non v'è più pericolo che alcun di quelli che sono po-
veri patino talmente del vivere, che non possino accettare molto mag-
gior numero di quel che vi sia stato per l' adietro ; oltre che non riuo-
vandosi in essi le persone per morir.si di quelle che vi sono, i monasterij
si serrerebbono in breve tempo, e i poveri Cittadini carichi di famiglia,
mancarebbono di questa commodità di poter locare le lor zitelle.
Apresso, perchè nella cedola del lago si dispone che ì conduttori di
esso siano obligati, nel tempo della quaresima, mantenere abondante la
città di pescio, et mettervene ogni settimana settanta some, tra grosso
et minuto, in modo che ogni giorno ve ne sia abondanza ; et per esser
35
538 A. BELLUCCI
molto cresciuta la gente et esservi lo studio, et tanti monisterij et luoghi
pij, le dette settanta some non possono bastare, anzi se ne paté tanto
estremamente, che non si conosce che habbiamo un lago tanto abondante
qui vicino ; supplicarete humilmente S. Santità, che si degni farci gratia
di disporre che la detta messa di pesci o si debba fare di cento some la
settimana, a ciò che si possa fare la quaresima come conviene a buoni
Christian!; o almeno, non contentandosi di questo, Le piaccia deptarci
per Commessario IMons. Revermo Vescovo nostro, come quello che sta
qui fermo, con darli piena facultà di farci osservare in questa parte la
cedola ; et la pena che in essa viene applicata alla capella del Palazzo
et conservatori della moneta, applicarla al monte della Piata ammini-
strato da S. S. Illma, con ordine espresso che non possa farne remissione
0 gratia alcuna; poi che si vede manifesto che per il rispetto che si
porta al thesaurario et altri interessati in detto lago, non si procede mai
alla essegutione di detta pena, ancor ch'essi siano ogni anno mancati
purassai in grosso di adimpire l'obbligo loro, massime da 1' bora in qua
che senza intemento [intendimento?] della Città fu rifermata la cedola,
et dechiarato che detta messa di pescio si faccia et osservi sì et in tal
modo che li detti conduttori debbano alla palma d'oliva haver messo
detta quantità; la qual dechiaratione essendo mal interpretata, ne segue
ch'essi fanno, stentare il pesce in tutta la quaresima; et alhora poi che
non ve n'è più bisogno et che affronta nella mutation del nostro magi-
strato, non v' è neanche chi si curi di far resentimento contra i detti con-
duttori, et così ogni anno si va di male in peggio etc. In fede etc. Dato
in Perugia nel Palazzo della nostra residenza il primo di febbraio
MDLXXV.
Sanctes Pellicciarius Cane, mandatus.
539
UN NUOVO DOCUMENTO
SULLA CONCESSIONE DEL PERDONO DI ASSISI
(Testimonium Michaelis Bernardi)
Nelle passate edizioni della Vita di S. Franceftco io avevo
creduto di non potere accettare tutto ciò che riguarda la conces-
sione delia famosa Indulgenza della Porziuncula o Perdono d'As-
sisi; ma nuove ricerche da me compiute a Firenze, a Roma e in
Assisi mi hanno fatto persuaso ch'io mi era ingannato: esse in-
fatti non solo mi hanno condotto alla scoperta di documenti nuovi,
ma mi hanno anche provato che i documenti tradizionali, che si
adducono in favore dell'Indulgenza, sono in generale autentici.
Gli storici però che li trascurarono, come se fossero carte senza
valore, meritano veramente di essere scusali, perchè nel passare
per le mani di copisti ignoranti, e talvolta anche poco scrupolosi,
quelle avevano a poco a poco perduto la maggior parte di quei se-
gni, onde a prima vista si riconosce un documento originale. Nella
prossima edizione francese della Vita di S. Francesco, darò in
extenso tutti i documenti che si riferiscono alla concessione del
Perdono di Assisi, a seconda degli originali. Intanto sono lieto di
farne conoscere ai miei amici dell'Umbria uno, il più curioso,
senza dubbio, della serie.
Sarà bene anzitutto di mostrare ai lettori, come in un quadro,
il posto de' principali documenti:
Ognuno sa come nessuno dei veri e propri biografi di Fran-
cesco parli in modo del tutto esplicito di questa famosa Indulgenza :
dirò altrove della ragione di questo silenzio e del perchè i docu-
menti si raggruppino intorno a certe date.
540 P. SABATIER
1" gruppo (1277).
1. Testimonianza di Benedetto d'Arezzo;
2. Racconto di frale Leone;
3. Testimonianza di frate Oddo d'Acquasparla ;
4. Testimonianza di Pietro Zalfani;
5. Disputa di Pietro Giovanni Olivi.
2o gruppo (circa 1310).
1. Testimonianza di Giovanni dell'Alvernia;
2. Parole di Ubertino da Casale;
3. Testimonianza del B. Francesco da Fabriano;
4. Notificazione di frate Teobaldo, vescovo d'Assisi.
3° gruppo (1335).
1. 11 libro del Bartoli ;
2. Diploma di Corrado, vescovo d'Assisi.
Possiamo dire che i nove documenti dei due primi gruppi si
avvalorano vicendevolmente, in quanto sono espressioni differenti
dello stesso argomento, ed è probabile che nessuno avrebbe mai
pensato a mettere in discussione il Perdono d'Assisi se si fossero
avuti dinanzi. L'esame minuto di essi prova, infatti, l'auten-
ticità della concessione dell'Indulgenza e come costituiscano, si
può dire, la tradizione ufficiale dell'Ordine in riguardo allo stesso
fatto. Invece, i due documenti del terzo gruppo son cosa del tutto
diversa. Tanto nel libro del Bartoli, quanto nel diploma di Cor-
rado troviamo lo stesso argomento, ma in mezzo ad una varietà
di nuovi racconti. L'edificio primitivo è sialo distrutto e se le
pietre vennero usate nella nuova costruzione furono però così spar-
pagliate e tanto bizzarramente disposte, che non è più possibile
farsi un' idea dell'antico disegno.
Che mai era avvenuto e donde proveniva questa ricchezza di
nuovi materiali? Né il Bartoli, uh il vescovo Corrado ce lo dicono:
ma la seguente pubblicazione ci permette in certo modo renderci
conto dell'origine dei loro lavori.
UN NUOVO OOCUMENTO, KVC. 541
Mentre nell'Ordine dei Frali Minori si perpetuava il r-arconid
della storia autentica della concessione dell'Indulgenza e ^i puli-
blicavano i documenti indicati superiormente, si veniva a poco a
poco formando in mezzo al popolo una leggenda, che descriveva
sempre i medesimi fatti, ma con quella forma maravigliosa di cui
l'immaginazione popolare si compiace rivestire tutto ci»'» clic l'in-
teressa.
Il Bartoli (ed io dimostrerò nello studio critico dell'edizione
francese che il vescovo Corrado non ha fallo che cppiarlo), il Bar-
toli, dico, trovandosi dinnanzi alle due tradizioni, concernenti
un solo e identico fatto, non ebbe il coraggio di scegliere l'una
coll'escludere l'altra; trascinato dallo zelo per la sua cara F'or-
ziuncola, nulla volendo omettere che gli sembrasse poter contri-
buire alla gloria di quella, dimentico che, come dice il Vangelo,
non bisogna cucire un pezzo di panno nuovo su un vecchio abito,
cercò di accordare, quasi cucendoli insieme, i racconti più disparati.
Dal che provenne che per secoli la storia dell'Indulgenza è
stata uno dei punti più oscuri e che molli storici spregiudicati,
colpiti da tutte le conlradizioni dell'opera del Bartoli, non videro
che essa, invece, racchiudesse tutto un complesso di vere e pro-
prie testimonianze.
Mancavano gli indizi delle vie da seguire per addentrarsi in
quel dedalo e separare la storia dalla leggenda, e giustamente ha
detto il Le Monnier: « Non è facile di scorgere dove fermarsi in
questo progressivo moltiplicarsi di abbellimenti » (1).
Il documento che segue, la testimonianza di Michele Bernardi,
ci rappresenta la tradizione popolare sulla concessione dell'In-
dulgenza.
Ponendolo nella sua integrità, accanto ai documenti più in-
nanzi indicali, abbiamo sotto gli occhi le medesime fonti che ebbe
il Bartoli, ed è quindi facilissimo vedere come egli procedette.
Questa tradizione popolare così isolala ed esaminata nella sua
interezza non è senza un certo valore storico. I fatti vi sono molto
alterati nei contorni, ma in mezzo alle alterazioni il critico storico
scoprirà molto utili indicazioni. Si prova l' impressione di ascol-
ti) Histoire de S. Fr. >. I, pag. 319, Paris, in 80, 1889.
542 P. SABATIER
lare un racconto in cui sollo forma di parabola si esponga un
fallo slorico.
La prima metà del documento si trova nello Specidum, 71 a-72 b,
ed io, già disperalo di giungere a conoscere il resto, l'ho trovalo
nel ms. Val. 4654. E su questo ms. sarà fissato il testo che segue.
La divisione in versetti è stata introdotta per rendere più fa-
cili le ricerche e le citazioni. La punteggiatura, che quasi non
esiste nell'originale, è stata aggiunta; l'ortografia è stata conser-
vata rigorosamente.
{fol. 154 a.) [1] lu nomine domini et individue trinitatis patris et filij et
spiritiis sancii et beate marie semper virg-inis et omnium sauctorum, ad
revereutiam quinque plag-arum quas dominus noster iesiis christus suscepit
in crucis patibulo prò salute li umani generis [2]. De quibus sanctus fran-
ciscus contemplaus affectuosius consignatus est in corpore similitudinarie
stigmatibus ipsius [3]. Ego michael bernhardi olim de spello et coucivis
uunc et habitator civitatis assisi], tamquam devotus et spetialis beati
francisci et ipsius ordinis [4], Accessi quadam die ad locum beate marie
de angelis sive de portiuncula, et ibi inveni fratrem bernhardum quinte-
vallis [5], fratrem leonem, fratrem petrum cbatanii, fratrem augelum de
reate, fratrem philippum longum de costa saucti severini, fratrem mas-
seum de marignano : et fratem gnilielmum qui mutuo loquebantur ad
invicem [6]. Et cum accessissem ad eos et videus quod abscouse loque-
reu'tur, rubore ductus volui recedere [7]. Et ipsi vocaverunt me : et
ego accessi ad eos. Et illud erat colloquium ubi nunc beatus franciscus.
Et unus illorum cepit loqui ad me, scilicet frater petrus catannii et dixit:
[8] Audi, micbahel, valde mirabile quod accidit diebus istis proximis
preteritis, quia cum ipsa pia mater nostra, videlicet beatus franciscus,
qui nunc moratur in carcere montis sub assisio [9] Et frater bernhardus
venit hodie ab eo, qui assotiavit eum ibi, quia cum esset iu taberna-
culo, hoc est in cella, que erat in horto post ecclesiam sancte marie,
quam ostendit tuuc hoc anno digito [10] de mense iauuarij proximi pre-
teriti tempore nocturno quasi media nocte [11]. Et ecce sathanas venit
ad eum iuxta tabernaculum, cum ipsa pia mater esset in oratione et di-
xit ei : Fraucisce, quare vis tu mori ante tempus, quare ista et talia
facis ? [12] Nescis tu quod dormire est potissimum alimeutum corporis ?
Tu iuvenis es, tui dormire et quiescere potissimum est, et alias dixi tibi
in quadam ecclesia, que vocatur quattuor capelle de comitatu tudertiuo,
quod tu es iuvenis et poteris alias facere penitentiam de peccatis tuis [13].
(fol. 154 h.) Ad quid ergo affligis tu te tantum in vi'gilijs et orationibus ? Et
UN NIOVO UOCIMKNTO, ECC. ÌA'.\
tuuc sanctus l'rauciscus cxpoliaus se tuuica exivit de tabernaculo et
introivit per gTOSsam clausain et sepem et ingressus est silvani durissiniaia
et spiuosani, qiie erat pliilippi iacobi iuxta ecclesiain de portiuucula [14J. Et
cum ipsa pia iiiater, videlicet beatus IVanciscus, esset in medio silve cum
corpore a spinis coucremato et sanguinolento, dixit [lu]. Melius est iue-
stimabiliter quod sic agnoscam passionem domini nostri, quam ego
obtemperem delitiis et blanditiis deceptoris [16]. Et statini fuit in medio
silve lumen magnum et in inaximo gelu, sicud est in ianuario, flores
rosarum apparueruut et cetus angelorum innumerabilis apparuit tani in
Silva qiiam in ecclesia, iuxta quam erat silva predicta [17] : et tunc an-
geli viva voce dixerunt beato Francisco : Accede velocit(!r ad salvatorein
et matrem eius stantes in ecclesia [18] (Tunc beatus frauciscus invenit se in-
dutum uovo vestimento, quomodo vero etqualiter, ipse ignorabat : et tunc
apparuit via recta strata de serico ornata ad eundum in ecclesiain ip-
sam (1)) [19]. Et ipse beatus frauciscus accepit de rosario rosas rubeas
et rosas albas : et ivit statim per viam illam in dictam ecclesiam sanctc
marie et accessit ad altare et posuit ibi rosas quas detulerat [20]. Et
tunc vidit domiuum ihesum stantem et beatam virginem matrem eius
stantem a dextris eius cum magna multitudine angelorum [21]. Et tunc
ipse dominus noster locutus est beato francisco prostrato in terram ante
conspectum eius et matris eius virginis marie [22], et dixit: IVancisce,
postula quod vis circa salutem geutium et reparationem ecclesie terrestris.
Et ipse iacebat quasi raptus in conspectu divinitatis [23]. Et tandem,
ad cor reversus, locutus est dicens : Sanctissime pater, illud supplico ego
miser peccator, quod digueris tacere hanc gratiam humano generi [24],
quod concedas veuiam et indulgentiam omnibus et singulis venientibus
ad locum istum et iutroeuntibus ecclesiam istam omnium peccatorum
siiorum universaliter et singulariter, de quibus confessiouem fecerunt
sacerdoti et mandato comparuerunt [25]. Et supplico beate marie ad-
vocate humani generis quod prò liac re adiuvare et apud piissimam et
clementissimam maiestatem {fot, 155 a.) tuam intercedere dignetur [26], Et
ipsa celorum regina humilissima et cleinentissima, inclinata precibus
beati fraucisci, statim cepit supplicare filio suo dicens [27]. Altissime oin-
uipoteus deus, supplico divinitati tue et humiliter intercedo, quod dignetur
maiestas tua se inclinare procibus fratris francisci famuli tui [28]. Et ipsa
divina maiestas locuta est dicens : Satis grande est quod petisti, sed ma-
ioribus dig'nus es, frater fraucisce, et majora habebis et ego petitiouem et
(1) Il versetto 18 non si ti'ova nel codice Vat., 4654, ma quel che segue prova che
ciò dipende da una pura dimenticanza del copista : è stato dunque aggiunto dal testo
dello Speculum 71 b.
544 1>. SAKATlER
orationem tuain admitto. [29] Determiua taiiieu diem in qua fieri debeat et
tempus: [30] b. franciscus franciscus satini locutus est dicens: Sanctissime
pater noster, ordinator celi et terre, tu digneris ordinare propter mag-nam mi-
sericordiam tuam diem istani assistente ad hoc beatissima Virg-ine matre tua
humani generi advocata. [31]. Et sic divina majestas statuit, a vesperis pri-
me diei augusti usque ad vesperas secuude diei [32], ut quicumque venirent
eo die contriti et contessi de peccatis suis, de quibus existerent, quod
remissa fuerint eis omnia peccata per eos commissa a die baptismi usque
ad diem adventus et iutroitus ecclesie. [33] Et ipse beatus franciscus alt:
Sanctissime pater noster qualiter fiet quod veniat in scientiam et in cre-
dulitatem humauo generi? [34] Et ipse dominus noster ait: Francisce,
hoc flet, deo favorante et preparante et auxilium prebente gratie sue
[35]. Tu autem ire debes ad vicarium rome, quem coustitui, cui potesta-
tem dedi ligandi atque solvendi, ut ipse faciat prò te fieri, prout ei vide-
bitur. Et beatus franciscus dixit : [36] Qualiter credit (sic) mihi vicarius
tuus, forte non credit (sic) mihi peccatori. Et ipse omnipotens deus dixit
beato francisco : [37] Deferas tecum testes aliquos de sotiis tuis, qui hoc
audierunt et rosas albas et rubeas quas iu mense ianuarii collegisti in
Silva in afflictione et disciplina corporis tui, et numerum rosarum sicud
tibi videbitur expedire [38]. Predicta omnia audierunt fr. petrus cathanii
fr. ruphinus syphii, fr. beruhardus quintevallis {fol. 155. lì) fr. masseus de
marignano et socii [39], qui stabaut in tabernaculis suis idest in cellls extra
ecclesiam in orto ubi est cella beati francisci [40]. Et beatus franciscus
de illìs rosis accepit tres rubeas et tres albas ad honorem sanctissime
trinitatis et ad laudem beate virginis hoc fecit presente ipsa majestate
divina simul cura matre [41]. Et demum maximus chorus angelorum qui
surrexeruut et cantaverunt, te deutn laudamus [42]. Post hoc in mane, b.
franciscus recepii tunicam suam et accessit ad istos tres fratres sotios suos
et dixit illis [43] : Preparate vos ad veniendum romani et imposuit
eis silentium de hiis que audierant. Et hii sunt fratres, scilicet, f. petrus
cathanii, fr. bernhardus quintevallis et fr. Angelus de reate [44], et ce-
perunt iter ad eundum Romam, relictis aliis sociis in loco. Et in-
gressi civitatem romam, direxerunt gressus iuxta ecclesiam lateranensem
et ibi invenerunt papam honorium successorem innocentii vicarium do-
mini nostri ihesu christi [45]. Cui beatus franciscus adhesìt cum piis
sotiis suis, significaus sibi omnia supradicta et de hiis perhibuerunt testi-
raonium tres fratres predicti [46] et illi detulerunt VI rosas, scilicet tres
rubeas et tres albas, ut superius notatum est [47]. Et ipse papa honorius
aspiciens in mense ianuario rosas ita virentes tanti coloris et odoris [48],
et dixit: Hoc verum miraculum est et divina bonitate scimus quod ve-
ram est testimonium eorum [49]. Nos tamen loquemur cum fratribus no-
UN NfOVO DOCIME2NTO, ECC. 515
stris, dixit papa, et audienuis in Consilio secreto intentiouein eoruin et
(leliberabimiis quod super hoc facieudum sit [50]. Et iussit ut reci pere-
tur beatus franciscus cum sociis suis in loco congruo et honesto et da-
rentur cis necessaria, et mandavit beato traucisco ut se<|uenti die esset
(fol. 156 a.) diluculo coram eo [51]. Ylt statini sequeuti die beatus franci.scus
stetit coram domino papa: l)i<i;'ne christi vicarie, adimpleatis circa ma-
teriam stipra dictam voluutatem reyis cplestis et matris eius ob cuius
vocabulo ecclesia ang-elorum sive de portiuucula vocatur [52]. Kt dixit
papa beato francisco: afteras coram fratribus meis que sit voluntas dei
et matris eius, licet alias dixerim [53], Beatus franciscus respondit: Vo-
luntas dei est, ut a vesperis prime diei augusti usque ad vesperas se-
cunde dici dicti meusis [54], quod quicumque intraverit et quìcumque
ibi venerit in ecclesiam s.c marie de angelis sive de portiuncula assisi-
natis dyocesis remlttautur sibi omnia peccata a die baptismi [55], videli-
cet que tuuc recordaverit et ibi non recordatur, in penitentia, scilicet in
confessione, memoriam fecerit et mandatum susceperit a sacerdote corde
contrito et humiliato et absolutus fuerit per ipsum sacerdotem post man-
datum. [5G] Papa respondit: Fr. fraucisce, magnum est quod petis, sed
postquam rex celestis dominus ihesus christus ad instantiam beate vir-
ginis marie matris eius tuam orationem exaudivit [57], nos scribcnnis
episcopis perusii, assisii, tudertini, spoletiuo et fulginati et nucerino, ur-
beveterauo [58], quod ad locum predictum saucte marie prima die au-
gusti conveniant et notificeut veuientibus indulgentiam que tibi placue-
rit [59]. Et beatus franciscus cum sociis suis accepit litteras summi
poutiflcis ed ad dictos episcopos venerunt et litteras dictas fecerunt pre-
sentar! [(50]. Et procuravit ipse beatus franciscus quod in die prima ka-
leudarum augustorum (sic) omnes predicti episcopi venirent ad ecclesiam
supradictam [61]. Et factum est pergulum ligneum in quo omnes dicti
episcopi ascenderent simul cum beato francisco [62]. Et cum magna mul-
titudo gentium esset iuxta perg-ulum congregata, et circum adiacentia
dixit iteriam beatus franciscus episcopis [63]. Quls vestrum vult predicare
et veniam aununtiareV Et ipsi convenerunt in unum et intra se dixc-
runt : [64] Nos habemus sequi voluutatem fratris fraucisci, secuudum
teuorem litterarum papalium [65]. Et dixit beatus franciscus: Licet non
sim diguus, volo aliqua {fol. 156 b.) dicere et predicare in conspectu gen-
tium et auuuntiabo indulgentiam matris dei [66]. Et vos de mandato
summi pontificis auctoritatem prestabitis et annuntiabitis una mecum.
Et surrexit et predicavit beatus franciscus adeo benigne et humiliter, ita
ut videretur angelus celestis et non homo carnalis [67], Et perfecto ser-
mone, denuntiavit indulgentiam, videlicet quod quiciimque venirent ad
illam ecclesiam et iugressum haberent [68] a vesperis prime diei in ka-
5-46 P. SABATIER
leudis augusti, usque ad vesperas secunde diei dicti mensis, tam de no-
cte, quam de die, includendo noctem sicut diem [69]. remitterentur sibi
omnia peccata sua postquam coufessionem fecerint a die baptismi usque
ad dictuni diera, et hoc locum haberet quolibet anno in perpetuum [70].
Audientes vero episcopi, indignati sunt et scandalum passi sunt de hoc
quod dixerat beatus franciscus [71] atque dixeruut: Licet doraiuus papa
mandavit nobis quod sequamur circa hoc voluntatem tuam [72], non fui t
sue opiuionis quod sequeremur in hoc, quod congruum non est. linde
denuntiemus indulgentiam X annorum [73]. Et surrexit episcopus assi-
sinas ad dicendum decem annis, et dixit quidquid dixerat beatus fran-
ciscus et aliud non potuit dicere [7-t] : ad hoc sunt multi testes tam de
perusio, quam de aliis civitatibus et de coutrata. [75] Dicitur etiam quod
omnes alii episcopi sing-ulariter unus post alium surrexerunt ad id quod
dictum fuerat coutra dicendum. [76] Et omnes quod beatus franciscus
dixerat affirmaverunt aliudque dicere minime valuerunt. [77] Testes
autem inter alios qui interfueruut : Suppoliuns hugoliui presbiter, domi-
nus andreas de monte mellino de assisio, dominus neapoleo de armen-
zano [78], dominus Johannes presbiter de geormini, petrus tubaldini, et
ut predicitur multi alii, quos esset difficile nominare.
P. Sabatier.
547
COMUNICATI
ANCORA GLI ORSINI
Al prof. Fedele Savio, che con lanla opporliinilà ha impreso
a dislricai'e la fin qui confusa genealogia degli Ore-ini, offriamo
come atleslalo della nostra slima queste poche notizie, che siamo
lieti d'aggiungere a quelle già da lui pubblicate in questo Bollettino.
Tra gli scarsissimi documenti del XIV secolo da noi racca-
pezzati a stento nell'archivio notarile di Calvi, annoveriamo un
fascicolo di bastardello in mezzo foglio che va dal 2 maggio 1372
al 1374, ed un quinterno staccato di ugual sesto, ma di cui non si
può apprender Fanno, i quali dal contesto appariscono esser del
notaio Ser Pietro Bartolomelli da Calvi (1). Ebbe costui relazione
cogli Orsini, e fu, come si rileva dai suoi atti, loro vicario in
Monterotondo nell'aprile del 1373; ci ha lasciato perciò vari atti
die li riguardano.
11 più importante è dell' 8 luglio 1373. Esso è dato in Fiano
Romano (Plagiano Romagne) nella chiesa di s. Biagio ed è scritto
in un foglio, che poi piegato, come gli altri, per la lunghezza, fu
cucilo nel fascicolo mentovato. In esso Francesco di Giordano Or-
sini, dovendo pagare alle sorelle Giovanna, Alessandra e Simo-
netta, nonché a Bucio suo fratello presente e stipulante per le so-
relle, prò ipsarum doiibus et aliis quihus est dicto Bucio ohliga-
tus, la somma di fiorini 4135 d'oro, a norma dell'arbitrio dato tra
esso Francesco e Bucio da Giovanni Orsini conte di Manoppello,
e volendosi esonerare da detto debito, promette e si obbliga di
(1) Crédiamo di poter attribuire a questo notaio anche un quinterno in folio con-
tenente sentenze del vicario di Calvi nel 1372.
548
D. BENUCCl
dare ogni anno al detto Bacio, per sé e sue sorelle stipulante,
fiorini 700 d'oro, metà a marzo e metà a maggio, fino alla intera
soddisfazione del debito. A garanzia del pagamento vincola i red-
diti e proventi del castello di Galera, al qual fine nomina fin d'al-
lora vicario generale delle sue terre e di detto castello Cecchum
de Albei'inis dictum stupposuin di Roma, rione S. Eustachio,
« absente tamquam presente ».
Sono testimoni all'atto: « dno Nicolao de Ursinis nolano et
palatino comiti, dno Troylo dni Io. de Ursinis, dompno dominico
abbati de Mon. S. Andree in Flam., dno Angelo Sassi de Urbe
de Rione pince, lanne Vivaldi de Urbe de Rione campi martii,
Ceccho Montanaro de Rione S. Euslachii et dno Nicolao de Ca-
nimorluo et ser Antonio Cecchi de Plagiano not. » il quale si
sottoscrive.
Dunque nell'albero degli Orsini di Monterotondo, datoci dal
Savio (1) dobbiamo aggiungere a Francesco di Giordano altre due
sorelle: Simonetta ed Alessandra. Che nel nostro atto non si faccia
menzione di Perna, è evidente pel detto del Savio ch'essa andò sposa
nel 1372. Ma ciò che principalmente importa osservare è quel che
riguarda lo slesso Francesco. 11 Savio lo crede morto tra il 1370
e il 1374 perchè il solo Bucio interviene al matrimonio di Gio-
vanna, compiutosi appunto in quest'anno a Monterotondo. La con-
gettura ragionevolissima, cade ora facilmente, perchè sappiamo
appunto come Bucio si fosse assunto verso il fratello l' incarico
di provvedere alle sorelle. Francesco, infatti, era vivo ancora
nel 1376. Ciò apprendiamo da lin breve contralto contenuto nel fa-
scicolo d'un bastardello d'ignoto, che comprende dal 1373 al 1377.
É un prestito di 35 fiorini d'oro tra Calvesi e il debitore, in caso
d' inadempimento di patti, si obbliga alla multa di 50 fiorini, d'ap-
plicarsi metà a Francisscho et Bucio de Ursinis e metà al credi-
tore. È in data del 20 marzo 1376.
L'importanza di quest'atto così semplice è grandissima per
noi. Anzitutto è l'unico che finora accenni ad una signoria degli
Orsini a Calvi prima del XVI secolo, in cui fu per 45 anni degli
Anguillara. Ma ci dà lume anche sopra un altro punto.
fi) Le tre famiglie Orsini di Monterotondo, di Marino e di Manoppello {Bollet-
tiiw n. 1).
ANCORA OLI OKSIN'I iMit
Narra il Savio sulla scoria del Monlemarle da Orvieto, che
il Cardinal di Manoppello, nominalo vicario del patrimonio da l'r-
bano VI, fu mallrallato nel 1)^/86 in Narni da liaciolo di messer
Giordano ch'egli ritiene per Bucio fralello di Francesco. Aggiunge
come nel 1387 fosse preso, pure a Narni, Poncello di Francesco,
il quale poi, secondo il Conlelori, ottenne, giurando fedeltà a
Urbano VI insieme col fralello Giovanni, olire altri castelli, anche
a città di Narni il 24 settembre del 1388.
Ora ecco il passo del Conlelori: « Joliannea et Poncel-
lufi fila qu. Francisci de Ursinist iuvant fidelitotem Turbano Sexto
prò Castri.s Turris, Siticis, Mondsasiile, Collisveieris, Stimi iiani,
S. Poli et Civitate Narnie prò quibis censum ndn pkrsou e-
RANT Camerae Apostolicae » (1). Ciò vuol dire che gli Orsini di
Monterotondo possedevano Narni (e Calvi con esso) anche prima
del 1388.
Il nostro documento ci porla a stabilire che ciò fosse almeno
fin dal 137<i. Non tuttavia oltre il 1374, nel qua) anno (10 gen-
naio) troviamo in Calvi Ser Andriolo « dni Jacobicci de palma »
vicario di S. K. Chiesa. Ed anche non fu il loro possesso senza
conlrasli se, al dir del Moroni (2), Tommaso di Manoppello (fra-
tello di Giovanni nominalo nell'atto del nostro Barlolomelli), le-
gato per Marche ed Umbria di Urbano W, ricuperò al pontefice
Narni, Amelia e Terni nel 1379.
Degli altri Orsini nominati nell'atto dell'S luglio 1373, Nicolò
conte di Nola è figlio del conte di Manoppello, Giovanni (3) ; Troilo
di Giovanni ò senza dubbio di quel ramo di Soriano e Castello
(1) Geìiealogiae Familiae Comitum Romanorum, Roma, 1050, paff. 18. Non rile-
viamo le inesattezze pili volte incorse al Savio nella traduzione de' nomi de' luoghi
della Saijina essendo facilmente corregifibili da chi non n' è ignaro. Due atti del Bar-
tolomelli concernono il dominio di Bucio in Collevecchio, Stimigliano e Santoiiolo.
Sono del 10 agosto (1371 ?) e trattano di ordinaria amministrazione, ma ci i)iace di
aggiungere a conferma delle congetture del Savio circa il Monte Giordano, che sono
fatti in Roma in domibus i2)sii/s Bvcii in camera iuxta salam positam in monte
Vrsincrum.
(2) Dizionario di ertidisione storico-ecclesiastica, voi. XLIX, pag. 166.
, (3) Abbiamo dal Bartolomelli, in data 11 marzo 1373, un atto tra alcuni fedeli del
conte di Manoppello, tutti di Xerola, ed un soldato di Xami ; actum in villa S. Anto-
nii in domo comitis supradicti in proaulo diete domus esistente supra portam
dicti castri (Nerola).
550 D. BBNUCCI
S. Angelo, di cui il Savio slesso ci die la genealogia nel suo scritto,
su Nicolò Ili (1), e quindi cugino di Simeotto che fu argomento
d'una memoria dello stesso autore nel n. 3 di questo Bollettino.
Del brevissimo tempo che costui fu signore di Orte, ribella-
tasi nel 1375 a Gregorio XI per istigazione de' Fiorentini (2), ab-
biamo scoperto un episodio, a quanto sappiamo finora ignorato,
in una pergamena adoperata per fodera d' un bastardello del
1489-93 del notaro ser Cherubino lacobuzi di Calvi. Questa per-
gamena, rifilata in calce, sul margine destro ed in parte del si-
nistro, contiene copia di una condanna, trovata nei libri del co-
mune di Orte, lata da Carsucio di Franceschino « de Carsidociis »
di Perugia, vicario di detta città pel magnifico principe Simeotto
degli Orsini nel 1376. Il detto Carsucio, avendo trovato il processo
iniziato dal suo predecessore contro un tal Egidio « magistri
Cardi de Orto et contrata porcini », imputalo di cospirazione e
tradimento per aver trattato di dare la città al signor Giordano
di Marino, ed essendo scaduto per il reo il termine di comparire
o farsi rappresentare, lo condanna in contumacia al taglio del
capo ed alla confisca dei beni. Il vicario è assistilo dal suo as-
sessore Enrico del fu Matteo de' Beccatelli di Bologna e dal suo
nolaro ser Cecco « Baccii » di Perugia. Ecco il passo in parola, in
cui si rileva come Egidio mandasse ai suoi complici, « inler alia,
quandam licteram q[ua apparel quia homines] predicti cum quibus
predicla traclabat, quorum nomina tacentur, ad presens volebant ac-
cedere ad dandam civitalem ortanam dno lordano de Marino et
eius gen[tibus armigeris, et expli]cite quia ipse Egidius operarci
ita et taliter cum effeclu quia diclus dnus lordanus dabit gentes
armigeras pedestres et [equestrejs et faciet omnia que [necesse
essent ad plenam ejxpeditionem negolii predicti, et per ipsum
Egidium non stetit quin presens bonum et pacifichum stalum di-
ete civitatis orlane lolleretur, frumperetur] seu mularetur et ad-
nulla[relur, nec quia orlana civitjas ocpcupata {sic) et invasa non
esset, nec quia dictus dnus lordanus ad predicla attendere et con-
sentire noluil » (3).
(1) Civiltà Cattolica, an. 1894, Quad. \0M.
(2) MoRONi, loc. cit., pag. 187.
(3) Le parole chiuse tra parentesi quadre sono quelle da noi sostituite sulle man-
canze dei margini e dei guasti della pergamena.
ANCORA OLI ORSINI 551
Si Irallava di Orsini contro Orsini, giacché questo Giordano
è del ramo di questa famiglia detto di Marino, del quale pure si
è occupato il Savio nel Bollettino del gennaio scorso ed al (piale
rimandiamo il lettore.
Calvi dell'Umbria, marzo 189^.
I). Bknucci.
I
i
553
GLI ANNALI DEGLI OLORINI
E I MANOSCRITTI DI CRONACA SPELLANA
Giovanni Targa Olorini, discepolo di Baldo, scrisse gli Annali
di Spello, sua patria, tino al 1338; lianuccio, suo proni|)ote, li
continuò fino al 1472; Giovanni e Guido, pronipoti del suddetto,
fino al 1594. Ma, com'è già stato notato da altri, non si sa dove
siano andati a finire; e negli ultimi decenni non sono stati citati,
a quanto pare, se non di seconda mano. Nella prima metà del
secolo scorso furono posseduti, non si sa se autografi, dal Passa-
rini (V. Arme ecc., p. 94); e in una Posizione stampata a Roma
coi tipi della Camera apostolica, nel 1738, per la canonizzazione
del b. Andrea Caccioli (Sacra Riiuum Congr., p. 35), un ca-
nonico attesta d'aver letto notizie d'esso beato in un Ms. di Guido
Olorini, nella Libreria de' Conventuali, costituente ora la massima
parte della Comunale, catalogata nel 18f)5 dal dott. F. Rosi, che
non inventariò parecchi opuscoli e Mss , accatastali, con le carte
dell'Archivio di S. Andrea, nelle Colonne 7 e 8, dove ò cercato
invano l'autografo di questi Annali. E di Guido Olorini non si
trova più un Ms. De origine, antiquitale et nobilitate
Hi spelli (1610), notato dal Doni [L., p. 567, n. V) e dal Ma-
rucelli [M. m., v. XCVI, a. 62) e posseduto dal Passarini (1. e).
Parimenti andò perdutala II istori a di S pel lo di Fausto Gen-
tili (1021), ricordata dallo lacobilli {B. U., p. 101), dal Maru-
celli (l. e), dal Passarini (p. 57), dai Bollandisti (3 giugno).
Rimangono tuttavia i seguenti Mss. cartacei, non ancor ca-
talogati, che in massima parte derivano, più o meno direttamente,
e con molte inesattezze e incoerenze, dai detti Annali Oloriniani.
1. Il i storie di Spel I o |j e t Annali, di ff. 15 in 4° picc,
alla rust., in cali, st., nella Libreria Rosi, ora Dini. Sul retto
36
554
G. TUBINI
della coperlina v' è lo stemma degli Olorini, riporlalo nel verso
con un cappello cardinalizio e le parole: Rainaldus Offreduccius
de Olone, Patviarcha Hierosolimitanus (crealo da Gregorio V
nel 998). Comincia : Venuta di S. Pietro, Principe degli Apostoli,
in Italia; finisce: ... non volle accettare, e giunge con le notizie
al 1598; ma, essendovi a p. 4 il distico del Donnola su Orlando,
non può essere anteriore al 1635.
II. Con le parole: si trova un antiquiss.° e nobiliss.° ac-
quedotto comincia ora un frusto e acefalo Ms della Comunale, di
pp. 124 in 4° picc, alla rust., con disordinata numerazione e di-
verse interfoglialure, già posseduto e in parte scritto da T. Don-
nola, che vi cita una sua Historia di Spello (?). Oltre un suo
abbozzo su La Patria di Properzio e una diceria di Fausto Gen-
tili, ecc., v'è uno scritterello Sulte Statue di Spello, una silloge
d'iscrizioni romane, ignota al Bormann, e, a pp. 31-49, una
Descrizione dell'antichi s si ma Terra di Spello, con lo.
traslazione delle reliquie del b. Andrea Cacciala, composta dal
i?.^o don Nevio Feliziani di Spoleto, nel 1597, trascritta però
posteriormente; della quale si legge un' altra copia, di mano
del Dorio, a ce. 288-298, 300-311 del codice A. V. 5 della Jaco-
billiana di Foligno, segnato nel dorso: Umbria, t. X. E ricordala
dallo Jacobilli {B. U., p. 206), dal Marucelli (I. e), dai Bollan-
disti (1. e), dal Sansi {St. di Spoleto, II, 262). Questo Ms. ter-
mina con la parola mortuus; ma in fine v'è aggiunto un pezzo
di carta con un'iscrizione (n. 5264 del Bormann), che termina
EIDEMQ. PROB.
III. Antichità II e diversi Successili di Spello, di
ff. 136 in 4" picc, alla rust., in cali. si.,, nella Libreria Dini. Sul
verso della copertina è incollato un polizzino di uno della fa-
miglia Targa Olorini, con la data 1651. E mutilo fino alla p. 17,
che comincia: Di San Felice, detto il Vecchio ...; manca dei
ff. 35-41, 56, 101, 112;' contiene molte cose inutili e in fine la
copia d'una lettera dell'ag. 1671, che termina: ... accennato, etc.
IV. Alcuni Successi dal 246 al 1360, di pp. 21 in
4° picc, alla rust, nella Comunale. Comincia: Compendio cacato
dagli Annali di Spello; contiene anche una Relazione estratta
dal Convento di Valdigloria (cioè da una sua Cronaca mscr.) e
un Summarium ex Libello Patris Thomae [Vagnoli] de Hispello,
GLI ANNALI l)E<iLI OLOIUNI, ECC. 55')
extraciuTìi a 1). Joanne de 7\irgarinis, ad aelernam mcrtiorium
b. Andrene Caccioii, 1630, ricordato pure dui Boilandisli (I. e),
e neir ultima pagina à una giunta di F. A. Sideri, in data 7 ot-
tobre 1729, che termina: ... è seppellito nel Cono. d'Orrielo.
V. Passerini (Ab. Ferdinando), Arme || delle Famiglie
ci ttad i n e II d i S pel I o || me.sse insieme con le Annotazioni
istoriche del medesimo \ nel 1721 : autografo di ff. 132 in A" picc,
leg. in perg. e posseduto dal signor L. Berretta. Comincia con
una Prefazione (Non vi à dubbio...) e termina con 1' Indice
(.... Vainoli e Vignatoli). Nell'Archivio municipale ce n'ò una
copia co IV aggiunta fatta in fine di alcune altre famiglie dal Capno
Michelangelo Michelangeli, nell'an. 1775, di pp. 149 in 8", leg.
in perg.: un'altra copia, ricordata dal Laspeyres, è nella Li-
breria Dini; un'altra, infine, è posseduta dal signor Leone Nar-
doni in un Ms. di Notizie sloriche di Spello, compilato
circa il 1819 (cfr. Bormann, C. 1. L. XI, p. 765).
VL Di Spello e suo antico splendore, di pp.8, in 4"
picc, nella Libreria Dini. Comincia: Spello, secondo riportano
le antiche sue istorie, e al riferir di Gio. Targarini.... ; v'è ri-
cordato l'anno 1720, e termina: ... da essa. In altre 4 pp. dello
slesso caratlere segue il Catalogo dei Vescovi che stabilirono in
Spello la fede cattolica e che ressero (juesta chiesa.
VII. Magnani (don F. Andrea), L'.\nlichità di Spello,
Terra insigne dell'Umbria, provata dagli antichi scrittori e la-
pidi esistenti in essa (1770?), Ms. di ff. 26, posseduto da Mons.
M. Faloci Pulignani di Foligno. Nel cap. I Iralla Degli scrittori
antichi e fabbriche antiche di S.; negli altri due delle lapidi, e in
fine v'è l'enumerazione dei mausolei (cfr. Bormann, p. 765). —
Dello stesso Magnani il P. G. Fratini ricorda, senza però dir
dove sia, un grosso Ms. di Memorie dei cittadini spellani pas-
sati al cielo con fama di santità (1793?), e nel tomo IV, pp. 10-13,
dei Mss. di Memorie spellane, da lui depositali nella Biblioteca
d'Assisi, à trascritto: Brevi cenni biografici su ventidue servi e
seroe del Signore, oriundi di Spello, estratti dai Manoscritti
del Magnani. — Del quale potrebb' anch' essere, una Breve no-
tizia della Chiesa e del Convento di S. Onofrio di Spello, di
f)p. 12 in 4" picc, che comincia: Nell'anno 1523..., e termina: ...
in breve compendio .
556
a. URBINI
Il Laspeyres {Die Bauwerke der Renaissance in Umbrien,
p. 54) dice d' aver consultato nella Libreria Rosi una Descri-
zione di Spello, del can. Meschini, camarlingo di S. Giacomo,
dell'anno 1728, che non si sa dove sia andata a finire. — E qui
prendo occasione di notare come qualcuno abbia ricordato anche
una « Storia di Spello, di Benedetto da Bevagna », cioè di Teodoro
Benedetti, priore di S. Lorenzo dal 1656 al 1692; la quale non è
affatto citata fra le opere di lui né dallo Jacobilli, né dal Passe-
rini, né dall'Alberti: solamente ò veduto, nell'Archivio capitolare,
diversi appunti storici, riguardanti la Collegiata, che paiono di
sua mano e sono ricavati in parte dal Libro dP grosso, raccolta
di rogiti e d'altre memorie, di cui gli dobbiamo un minuto indice
alfabetico.
Giulio Urbini.
I
557
DI BONIFACIO DA VERONA AUTORE DELL' EULISTEA (D
Perugia non ha cronache anteriori all' Eiilislea che si cre-
dette perduta e che poi ritrovò il conte Giancarlo Conestabile.
L'esemplare smarrito era membranaceo : così, infatti, leggesi nel-
r Inventario, redatto nel 1380, dei documenti riposti in S. Dome-
nico dal Cancelliere del Comune : « In capsula diete casse recon-
didi ego Franciscus de Montepolitiano cancellarius Perusie lihrum
Eulisteos continentem gesta Perusinorum heroico Carmine, in pe-
chudinis cartis et sub assidibus ligatum ». Nel 1440 un altro Can-
celliere, Tommaso Pontano, rifacendo lo slesso Inventario, cosi
indicava quel manoscritto: « Item liber Eulisteos in cartis pecu-
dinis sub assidibus ligatus, copertus corio rubeo, qui incipit Quo-
niam in omni speculatione ». Il volume dunque, perduto, come
attesta il Vermiglioli, dopo il 1380 e scoperto a Cortona, trafu-
gatovi non sappiamo da chi e per quale ragione, nel 1382, riap-
pariva nuovamente fra i documenti per la storia perugina : si sa
che i Priori di Perugia concessero la cittadinanza a un Egidio
da Cortona che trovò modo di restituire al Comune il poema. Ma
da una nota marginale, scritta dal Pontano stesso a canto alla ci-
tata indicazione del manoscritto, deducesi che questo tornò a scom-
parire nel 1440. L'esemplare che oggi abbiamo di codesta Cro-
naca e sul quale fu edita neWArchivio storico italiano, non è il
membranaceo menzionato negl'Inventari del 1380 e del 1440, ma
(così lo descrive il Bonaini) « una copia condotta su carta bam-
(1) Vedi in Archicio storico italiano^ XVI, parte I, le Cronache e storie inedite
della città di Perugia, ecc. a cura di Francesco Bonaini, Ariodante Fabretti e F. L. Po-
lidori: G. 0. Conestabile, Memorie di Alfano Alfani, Perugia, 1848, pag. 5 e segg. ;
Vermigligli, Saggio di memorie istoriche, civili ed ecclesiastiche della città di Perugia,
Perugia, 1806, pag. 10-12: Maffei, Scrittori Veronesi, tomo II; L.vbbe, Nova biblioteca
latina mss. Ubrorum, Parigi, 1653, pag. 66.
558 G. MAZZATINTl
bagina da amanuense vissulo al finire del secolo XIII o in quel
torno, quando doveva nei Perugini essere ancora molta la curio-
sità di leggere le loro imprese metricamente celebrate dal poeta
forestiero ». Di ciò che intorno a questi congetturò e scrisse il
Maffei ; s'egli, come al Rovetta sembrò e il Maffei stesso riferì,
sia da identificarsi con il Bonifazio degli Scaligeri, ancor vivo nel
1290 ; e se, prestando fede al Labbe, sia da attribuirsi a lui la
« Veronica heroico poemate mille versuum celebrata », io non
dirò qui per non uscir d'argomento: nolo però che il poema,
nell'esemplare che il Bonaini ebbe sott' occhio per la stampa, fi-
nisce così : '( Explicit Eulistea sive liber Eulystidos Bonifatii Ve-
ron. ac electi Principis ». Non sappiamo se codesto titolo di Prin-
cipe conveniva in realtà all'autore, o se sia un'aggiunta arbitraria
dell'amanuense; certo è che, accettando il parere del Bonaini,
non parmi fuor di proposito, tanto più che in un luogo del rifa-
cimento in prosa del poema l'a. dichiara di essere « inmensa co-
niunctus familiaritate » con la Maestà di « Rodulfì serenissimi
Romanorum regis ». Per cattivarsi l'animo di re Rodolfo ed es-
sere di sua particolare benevolenza onorato, dovè, congettura il
Bonaini, esser necessario che l'a. avesse per lungo tempo fre-
quentata la sua corte : forse fino al luglio del 1291 (ma ignoro da
quale anno), quando Rodolfo morì. L'ipotesi dell'esser egli vis-
suU) prima di quest'anno e fino a quest'anno fuor di Verona è
resa probabile da due ragioni che mi sembrano valide: la prima
è che l'a. fu bandito dalla nativa città durante la tirannia di Eze-
lino, morto nel 1259 ; la seconda che non anteriormente al 1293
egli dovette recarsi a Perugia, dove pose mano, nel luglio, alla
cronaca poetica. Dell'esilio egli stesso ci dà notizia nel libro IX:
« Me Verona tulit ; me repulit inde tyrannus Ecelinus atrox » (1).
Del tempo in cui scrisse in versi e poi rifece in prosa la cro-
naca, dell'incarico e del prezzo convenuto per compilarla, rica-
viamo le testimonianze dagli Annali Decemviralij che qui sotto
riporto.
(1) E continua: « Aquilas et lilia scrlpsi, iDivinos apices Griphonis et arma pO-
tentis Gestaque multorum quorum sua fata per orbem ». Che abbia, dunque, com-
posto tre opere, oltre all' Eulistea, la prima e la seconda sul sacro romano Impero e
sul regno di Francia, e la terza su le gesta d'uomini di fama e gloria « Pare : e parve
anche ai Bonaini (op. cit., pag. XVI nota;.
Di BONIFACIO DA VERONA Al'TOUH DKM/kIMSTEA 559
Né come sierico e poeta sollanlo dovellero slimarlo i Peru-
gini, ma pur come legista, si che gli avrebbero affidalo !' inse-
gnamento del diritto civile nello stesso anno in cui scrisse la cro-
naca (1). Nel 'Ui era tuttavia a Perugia e die' consiglio nelle
trattative di pace fra le discordi parti politiche di Città di ('astello.
[Arch. Coiu. di Perug-ia, Ann. Deceinv. 1284-95, Ibi. 19(5]. [1293]
die martis ultima Junii. Congreg-ato Consilio speciali et generali populi
civitatis PeiusiJ in sala doinoniiii domini Von(;oIi more solito. In (pio
Consilio domiuus Celle capitaueus dicti populi de assensu et voluntate
d. Consulmn arcimu proposuit et consilium postulavit. ... Item cum ma-
gister Bouifacium de Verona magister in Estroloia et in versificando
veuit ad civitatem Perusij et velit solempne opus tacere et librum auti-
quitatum et negotiorum Comuuis Perusij et autiquitates reducere ad
memoriam prò honore Comunis Perusij, Si placet Consilio qiiod dum sta-
bit in ci vi tate Perusij ad compilaudum et conficieudum dictuin opus,
qnod debeat habere expensas a Comuni et quod profecto dicto opere
provideatur sibi quod videbitur Consulibus prò tempore existentibus et
consilium populi eousulatur. (Nei marg-ini sono due note. Una è del se-
colo XV, e dice : « Opus quod conscriptum Bonifatius composuit est in
Armario cancellerie Comuni Perusij albo et dicitur Eulìssca: signatum
30 et coopertum est corio pavonatio ». L'altra è del secolo XVI e dice:
« X.* quod pulclirum notabile esset hoc refici opus »).
[Ivi, voi. cit., fol. 197]. [Arloctucius OddouisJ consuluit et dixit quod
magister Bouifacius fabricaverit opus autiqiiitatum Comunis Perusij de-
beat habere expensas a Comuni prò se et filio et consules arcium te-
ueautur et debeant de moneta Comunis fieri facere expensas predictas
et perfecto opere provideatur sibi de salario suo quod recipere debeat
prò remuneratione sui laboris ut Consilio populi videbitur.
[Ivi, fol. cit.]. [In reformatione consilii... stanciatum et retbrmatum
fuit] quod de moneta Comunis Perusij fiant expense magistro Bonifacio
et filio donec stabit et faciet librum de antiquitatibus Comunis Perusij
et consules arcium predictas fieri faciant expensas ut eis videbitur con-
venire et perfecto opere predicto provideatur dicto Mag'istro Bonifacio
prò remuneratione sui laboris sicut videriut convenire.
[Ivi, voi. cit., fol. 207]. Die lune XVI mensis novembris [1293]. Cum
(1) Cosi afferma il Bini, Mem. Ust. della perugina Univ. degusticeli; Perugia, 1816,
parte I, pag. 21.
560 G. MAZZATINTÌ
magister Bonifacìus de Verona in cstroloia poeta construxit et eddiderit
queindain libruni suo docmate de memoiiis autiquitatum Perusiuoruiu
seciiudum quod die ultima Juuii proximi lapsi ordiuatum fuit in cousilio
populi. Et quod sibi prò mercede de lavore debetur provideri ad votum
consilii populi. Quod salarimi! placet eis sibi ordinari prò mercede labo-
ris dicti operis ei solutorum de avere Comuuis Perusij cum sit dig-nus
mercenarius premium suscipere prò labore consulere debeatis.
[Ivi, fol. cit. Si delibera nello stesso consiglio] quod per dominos
Guidonem de Corg-nia et Tribaldum iuris professores ordinetur et con-
cedatur salarium magistro Bonifacio prò remuneratione laboris operis
nuncupati. Et valeant et rata sint que per eos fient et ordinabunt et
fiant polizia de avere Comunis. Item fuerunt cousilium et consiliarii in
piena concordia facto partito de sedendo ad levandum per domiuum ca-
pitaneum et stanciaveruut et reformarunt quod auctoritate et decreto
prefati consilii et consiliariorura Cum comune Perusii non desinat me-
morare beneficiorum collatorum nec deficiat suis amicis et servitoribus
prò obsequiis beneficia retribuere iuxta posse Et sit digaus premium re-
cipere mercenarius prò mercede Per dominos Guidonem de Corguia et
Tribaldum iuris professores viros prudentes Magistro Bonifacio poete in
dictamine qui eddidit et ordinavit et fecit unum librum suo dictamine
ut ordinatum fuit per consiliiun populi perusini per eundem debere fieri
dictum opus de gestis memoriarum et antiquitatibus perusiuorum prò
mercede et labore quem passus est prò ordinatione libri et operis ante-
dicti ordinetur et concedatur salarium quod percipere et habere debeat
a Comuni Perusij et de avere Comunis quod eis videatur Et salarium
quod per eosdem sibi ordinabitur et coucedetur poliqiam fieri faciat do-
minus capitaueus et pagamentum de avere Comunis Et eflficaciam ha-
beant et sint rata et firma que per eosdem circa premissa extiterint or-
dinata statuto aliquo non obstante.
[Ivi, voi. cit., fol. 209; anno e giorno cit.]. Prudentes viri domini
Guido de Corgnia e Tribaldus iuris professores ob baliam eis concessam
et attributam supra concessione et ordinatione facienda ad votum eorum
de salario magistri Bonifacii prò opere libri sui dictaminis facti de gestis
Comunis Perusij eorum Consilio et cum Consilio et deliberatione infra-
scriptorum iuris sapientum videlicet dominorum
Guidonis Ugonis Michael Angeli
Raynaldi domini Tancredi Bonaparte Gualfredotti
Bonaventure Elimosine Vgucjionis Bonaventure
et Gue(;'ii domini Andree deliberarunt et ipsi sapieutes iuris cum eisdem
quod magister Bonifacius prò opere quod fecit suo dictamine de gestis
Comunis Perusij habeat et habere debeat de avere Comunis Perusij et a
LA LEZENDA DE Vìi\ KAIN'KKU FAXANO 5(51
Coniuui Perusiuo .XXV. Ilor. iiuri de t|un)us sil)i tlomimis capitaneus apo-
li(,-.iaiu tieri faciat et solutiouein inas.sario dv. avere Coiiiunis. Et <|UO(l
ipse mayister Bonilacius teneatur et (lel)eat ii)suiii opu.s prosaico distin-
guere et ordinare et componere Et prò diete opere prosayce faeiendo et
ordinando per eurn cuni lactuni erit habere debeat de avere Comuuis
Periisij .XXV. fior, auri qui sibi exsolvantur de avere Coniunis prò
mercede laboris et opere supradicto si per euni fiet et ordì nabi tur ut
dictum est et dare debeat Coniuui dictos libros.
11.
LA LEZENDA DE FRA RAINERO FAXANO.
Il codice donde ho traila questa leggenda e che esiste nel-
l'Archivio della fraternità di S. Maria della Vita in Bologna, fu
nolo a G. B. Vermiglioli, il quale, anzi, ne fece eseguire per
conio proprio una copia (cfr. Nuova riforma delle costituzioni
della cen. compagnia dei ss. Andrea e Bernardino detta della
Gius(i::ia di Perugia; Perugia, Baduel, 1804, pag. 5 : e Biblio-
grafia stor. perug., I, 119). E coiilenula ne' primi due fogli del
ms., che è membranaceo, in fol., del sec. XIV. Negli altri fogli
leggonsi gli evangeli con minialure, sequenze, preci, ecc. Veg-
gansi in proposito E. Monaci, Uffizi drammatici, ecc. in Rie. di
fil. romanza, 1, 250; D'Ancona, Origini del teatro ^, I, 111 e sg. ;
Bonazzi, Storia di Perugia, I, 305 e sg.
LEZENDA DE FRA RAINERO FAXANO.
Questa è la vita de fra Rainero Faxauo de Pcroxa comenzatoro de
la regola di Batudl in Bologna.
Anno Domini Millesimo ducentesimo quinquagesimo octavo, tempore
domini Rolaudini de Mariscotis potestatis Peruxij. Cum hoc sit quod ad
honorem omnipotentis Dei patris et filij spiritus sancti et ob honorem
et reverenciam Virginis gloriose et passionis et aspersionis sanguinis
filij Dei, frater Rainerius Faxanus de Peruxio fecerit disciplinam occulte
decem et octo annis et plus ; accidit quadam uocte quod dictus frater
faceret disciplinam, aspiciendo ymagiuem Virginis gloriose vidit de oc-
culis beate Marie virginis lacrimas exire ; et videus hoc fortiter cepit
5G2 G. MAZZATINTl
se percutere. Et sic stando, venit quidam ad hostiiim celle dicti fratris,
iiiveniens dictum fratrein paratuiii ire per terrain. Et dixit ei : — Eg-o
volo venire tecum ad discipliuani. — Et frater Rainerius respoudit : —
Quis es tu? — Et respoudit ille: — Ego sum frater Beuvig-nay. Non
me coguoscis? Steti enim tecum decem annis — . Et aspiciendo vidit
plures alios cuui eo. Et dixit ei : — Qui sunt hii qui sunt tecum V Et
tunc respoudit sanctus Benvig-nay : — Isti sunt sanctus Gerolimus, san-
ctus Floreucius, sanctus Cesarius et sanctus Ciriacus — . Et sic sociatus
ivit cum eis usque dum pervenirent ad ecclesiain sancti Florencij. Et
clausis ianuis intraverunt ecclesiam predictam et ante altare sancti Flo-
rencij ceperunt facere disciplinam. Et faciendo, sic venit ad eos sacrista
illius domus; et non videns nisi fratrem Raiuerium miratus est valde.
Et dixit dicto fratri : — Es tu solus? Et frater respoudit: — Non; immo
est hic mecum sanctus Benvig-nay, sanctus Florencius, sanctus Cesarius
et sanctus Ciriacus — . Et dixit sacrista: — Unde intrastis ecclesiam?
— Qui dixit: — Uude Domino placuit — . Et parum stando, exivit di-
ctus frater ecclesiam, hostiis ecclesie fìrmiter clausis. Et de hoc dompnus
Manza sacrista expavescens, die sequenti ivit ad confìtendum peccata
sua. Et confessus cepit uudus ire per terram disciplinam faciendo. Et
sic faciens, in capite octo dierum defunctus est. Sequenti vero nocte,
dum dictus frater Rainerius in media nocte faceret disciplinam, occulis
levatis versus Crucifixum et ymagiuein gloriose Virgiuis, vidit ab utra-
que parte unum puerum. Et parum stando, venit in medio illorum que-
dam puella defereus litteram in manu sua. Et posita littera super tabu-
lam, disparuit cum pueris. Et statini dictus frater ex admiratione cepit
fiere et valde turbari. Dicebat frater semper infra se ipsum : — Bene-
dictus Deus in donis suis et sanctus in omnibus operibus suis — . Et sic
stando, apparuit sanctus Benvig-nay diceus dicto fratri: — Quare ploras
et quare turbaris? — Et frater Rainerius respoudit: — Propter ea que
vidi indignus — . Cui sanctus Benvignay ait: — Non turberis, quia
que vidisti a Deo sunt. Pueri quos vidisti uuus est sanctus Michael,
alter est sanctus Gabriel. Puella quam vidisti est mater Domini nostri
Jhesu Christi, Et dico tibi quia propter peccata innumerabilia et tur-
pia, scilicet sodomitarum feneratorum et propter corruptionem fidei
Christiane, scilicet propter incredulitatem patarenorum gazanorum pau-
perum lenonis (?) et aliorum multormu, volebat Dominus mundum
istum subvertere : precibus tamen pie Virginis inclinatus Dominus
Jhesus Christus, largitur spacium christianis penitenciam faciendi, et
vult quod disciplina, quam occulte diu fecisti, publice fìat a populis.
Unde ibis cras ad episcopum perusinum et ei litteram preseutabis ut
quod continetur iu littera publice denunciet populo. Adveniente die ivit
LA LEZENDA DE FRA UAlNEUO t'AXANO 5G3
dictus frnter Raiiierius ad episcopuin et sibi litteraiii preseutavit. Krat
enim sic disposita litteia quod uou poterai aperiri. Et si^iuificans epi-
scopo qualiter sibi liierat litteia presentata, tunc respoudit episcopus
dicto fratri: — Tu e-ì bonus, set vis nielior rcputari — . Et accepta lit-
tera, frater Kaiuerius reversus est ad cellani suam et verecuiidia captus
cepit fiere et rogabat Deuui patrein et beatani Vir-^ineni ut, si velie
suum esset, predicta deberent mandari ad effectuni. Et tuuc facta oratione,
venit ad eum sanctus Beuvignay et dixit: — Noli timere, frater, et noli
turbari ; set revertaris ad episcopum, et ipse faciet velie tuuin — . Ad-
venieute die reversus ad episcopum, dedit sibi litteram dicens quod super
eam celebraret divina. Et accepta littera cecinit inissam episcopus super
eani. Et statini aperta est littera ; et episcopus confestim cuni littera in
nianu ivit ad scalam palacij Comunis Peruxij et congregato populo dixit
coudictionera littera et qualiter portata fuit et id quod contiuebatur in
ea. Et Inter cetera leglt ibi hunc versiculum protete: x\pprehendite di-
sciplinain, ne quando irascatur Dominus et pereatis de via insta. Lecta
autem littera, multi cum domino fratre Raineiro nudi ceperunt facere
disciplinam ; et sic, cohoperante divina gracia, secunda die nuUus re-
mansit in iirbe qui non iret nudus faciens disciplinam. Et oraues qui
habebant odia ad pacem et concordiam pervenerunt. Et sic, ut est omni-
bus manifestum, dieta penitencia discipline per universum orbem chri-
stianorum excrevit, cohoperante Dco patrc eiusque vinigenito filio Jhesu
Christo ac amborum spiriti! sancto paraclito, cui sit honor laus perennis
et gloria per omnia secula seculorum. Amen.
G. Mazzatinti.
56;')
ANALECTA UMBRA
Sul poeta perugino Francesco Pontano dà alciiiie notizie il i)rof. Re-
mig-io Sabbadini nelle Briciole umanistiche stampate nel Giornale storico
della letteratura italiana (voi. XXVII, fase. 80-81).
In detto Giornale, negli stessi fascicoli, a proposito delle pubblica-
zioni, alle qnali ha dato luog-o il terzo centenario di Torquato Tasso, An-
gelo Solerti discorre della conferenza che il nostro socio conte Paolo di Cam-
pello della Spina lesse al Circolo Romano di Studi, e cosi scrive: « Il conte
di Campello fu assai misurato, mostrò di aver presa conoscenza dei più
recenti documenti, e non si peritò di affermare che molte leggende sono
ormai sfatate e la figura del Tasso ci si presenta sotto un aspetto molto
diverso che per lo passato » .
Nei medesimi fascicoli del Giornale storico della letteratura italiana,
è una recensione del volume di A. Wesselofsky, « Boccaccio, la sua
società e i suoi conteìnporanei » (Pietroburgo, tip. dell' imper. Accademia
delle scienze 1893 94), nel qual volume è un « non fuggevole cenno »
dei maestri del Boccaccio, fra cui Paolo da Perugia.
Neil' Archivio storico italiano (serie V, tomo XVII, fase. I), il pro-
fessore Lodovico Zdekauer si occupa delV Inventario dei beni di Giovanin
di Magnavia vescovo di Orvieto e vicario di Roma, pubblicato dal nostro
Presidente Luigi Fumi, affermando che siffatte pubblicazioni non hanno
un valore « puramente auedottico e di sola curiosità, ma servono invece
come fonte principale per le nostre cognizioni intorno alla vita privata,
la vita vera, e che forse in molti casi importa più della politica, della
quale talvolta aiuta a spiegare l'andamento ».
Sono uscite le prime dispense dell'opera del prof. Getulio Ceci,
Todi nel Medio Evo. Del volume che tratterà della Storia medievale di
566
ANALECTA UMBRA
Todi fino al papato di Bonifacio YIII inclusivamente e che sarà diviso
in due parti, la seconda delle quali contenente gli Statuti tudertini del
1275, discorreremo quando ne sarà completa la pubblicazione.
Della signoria su Todi di Malatesta di Pandolfo Malatesta, la quale,
secondo il Montemarte {Cronaca d'Orvieto)^ durò fino ai primi del 1395
e fu susseguita da quella di Biordo Michelotti, ha discorso lo stesso pro-
fessore Ceci in uno opuscolo intitolato, Malatesta di Pandolfo Malatesta
e il Comune di Todi. Vi è riprodotto l'atto del 17 agosto 1392, col quale
questo signorotto nominò i suoi procuratori per deveuire col pontefice
Bonifacio IX ad un accordo, di cui sono espresse nel documento le con-
dizioni assai dure pel Malatesta.
Per le nozze Tenueroui-De Lorenzi il prof. Getitlio Ceci ha dato
alle stampe quattro lettere di *S'. Carlo Borromeo, tre delle quali dirette
al luogotenente di Todi Ercole Rossi da Montefortino e la quarta indi-
rizzata al Vicelegato di Perugia, Mons. Grassi. Gli originali delle quattro
lettere si conservano nell'archivio di S. Fortiinato.
Nel fase. VI (serie seconda, anno I) àelV Archivio storico dell'arte
si legge un interessante articolo del nostro socio corrispondente prof. An-
selmo Anselmi intitolato : Le maioliche dei Della Bohhia nella provincia
di Pesaro-Urbino. Ne diamo qui notizia, imperocché, come dice il chiaro
autore, « questa bellissima e gentile arte delle terre cotte invetriate che
prese il nome da Luca della Robbia per quasi un secolo fiorì espan-
dendosi maggiormente, dopo la Toscana, nelle Marche e uell' Umbria,
regioni finitime » .
Il prof. Francesco Ravagli nella sua Miscellanea di Erudizione e
Belle Arti (anno II, fase. XII) scrive un articolo su I fratelli Gucci e
l'origine dell'arte della stampa in Cortona, ove con largo corredo di
dottrina dimostra che fin dal 1541 Cortona ebbe una tipografia per opera
di Niccolò Gucci e Antonio Mazzocchi. Niccolò e Antonio insieme a un
altro Gucci, Bartolomeo, stamparono nel 1538 gli Statuti di Città di Ca-
stello, il primo libro che abbia veduto la luce nella medesima città. Da
un manoscritto della Biblioteca etrusca di Cortona, Le notti Coritane,
risulterebbe che il Gucci o il Mazzocchi avessero esercitato V arte loro
anche in Perugia, ma nulla si è pocuto trovare di stampato da detti ti-
pografi in questa città.
Il nostro socio Canonico prof. Anastasio Rotelli ha pubblicato le
Memorie della vita e del culto del B. Giacomo da Cerqueto agostiniano.
ANALECTA ISmRA f)»)?
L'opuscolo contiene interessanti notizie stilla storia della Chiesa peru-
g-ina e su Cerfjueto, uno dei più notevoli ed antichi castelli dell' arci-
diocesi di Perugia.
A cura del dott. Cesare AriosTiNi hanno veduto la luce in un ele-
g-ante volumetto (Perugia, Unione tipografica cooperativa, ISSKì) VAuto-
hiografia e f/li scritti minori del prof. Luigi Bonazzi. Ognuno leggerà
con vero interesse la vita che di sé medesimo- ha scritto in (|uella forma
vivace e al tempo stesso correttissima che g-li era propria lo storico
della città nostra. All'autobiog-rafia fanno seguito bozzetti, discorsi poli-
tici e bellissimi versi.
Nel n. 6, anno XV, del periodico di Ilienze Arte e Storia, il profes-
sor Giulio Urbini, sotto il titolo di Passef/fjiate ai'tisfirhc, continua ad il-
lustrare con molto amore e con pari erudizione i non pochi monumenti
d'arte dei quali son ricchi Spello e i suoi dintorni.
Nel fase. I del voi. II di questo Bollettino (pag. 09) fu ricordata,
tra gli articoli di storia unibra inseriti nei periodici, una breve mono-
grafia di A. Bartolini su Dante a Gubbio, che leggesi nel fase. VI del
voi. Ili de L'Arcadia. L'a. s'appoggia al Pelli, all'Arrivabene, al Trova,
al Balbo, alTHell e ad altri, i quali affermarono che Dante fu a Gubbio,
senza notare che 1' asserzione loro deriva da un' unica fonte, cioè dal
Trattato della famiglia, della ])erso7ìa, degl' impieghi e delle opere di
Me^ser Bosone da Gubbio di F. M. Raffaelli : ha tale provenienza quanto
il Tiraboschi e il Mazzuchelli scrissero di lui. Codesta venuta dell'Ali-
glieri a Gubbio, la sua visita all'Avellana e le sue relazioni politiche e
letterarie con messer Bosone, che l'avrebbe accolto nel castello di Col-
mollaro, son fatti, dice il B., che « trovano difficoltà per alcuni critici
moderni »; e se la prende in ispecial modo con Adolfo Bartoli, che ac-
cettò le conclusioni di un altro critico di cui il B. non fa neppure il
nome. Il Eaflfaelli designò un Bastiano tra i discendenti di Basone?:
ora, Bastiano nel Teleutelogio parla di Dante come di suus pn'aeceptor ;
dunque a Bastiano, figlio di Bosone, Dante fu maestro. Cosi il B. ra-
giona. Ma noi gli domanderemo se ignora che del Teleutelogio fu data
fin dal 1881 un' ampia notizia da G. Mazzatiuti nel tomo VII delia se-
rie IV AqW Archivio storico italiano; che un Bastiano non fu figlio o tra
i discendenti di Bosone; che un Bastiano non fu autore di quel libro
morale, ma sibbene Ubaldo di Sebastiano (Jllis Ubaldum me mater dul-
ci.s alebat, dice egli stesso nell' ultimo carme) ; e che di lui e della fa-
miglia sua nulla per ora si sa. Il Bartolini ignora tutto questo, e pur
568 ANALECTA UMBRA
d'im figlio di Bosone e alunno di Dante discorre con tanta disinvoltura.
Per lui ha peculiare importanza il fatto che nelV Avventuroso Ciciliano
« si scorge alcuna cosa di sicuro che arieggia la Divina Commedia ;
e questa tinta dantesca del racconto di Bosone non si potrebbe spiegare
senz' ammettere un lungo avvicinamento fra il poeta nostro e il guer-
riero di Gubbio ». Le poche frasi del libro attribuito a Bosone che dal
Nott furono avvicinate ad alcune della Commedia, sembrano « favore-
voli » al B. per concludere collo stesso Nott che tali « rassomiglianze
nascessero non da una parziale cognizione della D. C, ma dalla reci-
proca ed intrinseca comunione dei pensieri e degli studi di ambedue
questi valenti scrittori » . Pel Nott, giovi ricordarlo, è certo che nel 1311
la Commedia era finita e Bosone aveva compiuto il romanzo ; dunque
dev' esser chiara la ragione onde « queste rassomiglianze si trovano
ixg'ualraente ricavate dal Purgatorio e dal Paradiso ». Il Bàrtoli giusta-
mente dubitò che il libro di Bosone fosse terminato in quell'anno, anzi
credette che, cosi coni' è, Bosone non l'abbia scritto -, ma, dice il Barto-
lini, « queste cose sono (dal Bartoli) accennate di volo e messe in mo-
stra piuttosto come difficoltà negative che come asserzioni positive contro
la nostra tesi ». Le aveva forse accennate di volo il Mazzatinti nello
studio critico su Basane da Gubbio e Te sue opere che il Bartolini non
ha letto nel voi. I degli Studi di filologia romanza diretti dal prof. E.
Monaci?: al Bartoli bastò di semplicemente accennarle. Ma è proprio vero
che del 1311 il romanzo era compiuto?: o il Bartolini non 1' ha mai letto,
0 non s' è accorto che e' è la diceria del 1316, recitata da Dino Com-
pagni a Giovanni XXII, la lettera del re Roberto ai fiorentini del 2 di-
cembre 1333, e vari squarci delle versioni del Ceffi del 1321. Ed è pro-
prio vero che il libro è opera di Bosone?: ma legga l'a. ciò che il Mazza-
tinti ne scrisse a pag". 324 e seg. del citato volume deg'li Studi. E la-
sciamo andare anche le somiglianze tra questo goffo racconto e la Com-
media di Dante, delle quali il Bartolini ne riporta cinque sole : si tratta di
somiglianze come questa : « quanta viltade si raccoglie ne' vostri animi » ,
e Dante « Perchè tanta viltà nel cuore allette? ». — Ma, più che per
altro, per la « tradizione popolare » si dee tenere per fermo che Dante
fu a Gubbio : « l'epigrafe ch'è sulla casa dei conti JFalcucci è una testimo-
nianza d'un popolo intero, è la sintesi di vecchie tradizioni-, quella sem-
plice epigrafe ha un'eloquenza più viva d' un' orazione dell'Arpinate ».
Chiacchiere ; tanto più che la casa Falcucci non fu quella dei Raffaelli :
Bosone abitava presso al Vescovato, e del suo palazzo restano ancora
due piccole fenestre bifore e lo stemma di sua famiglia. Se mai Dante
fu a Gubbio, qui avrebbe dovuto albergare. 0 1' iscrizione, allora, della
casa Falcucci Nie mansit Dantes, etc. ? : la vanagloria del Falcucci, è
ANALECTA UMIìUA 5G9
chiaro, g'iimso fino a questo punto ; fino audio a qiii'llo di notare tale
inventata circostanza nel ms. 14, Pluteo 42, della bil)lioteca Laurenziana.
— « Fu poi veramente l'Alighieri maestro dei figli di Bosone? », do-
manda il B. : forse si, risponde ; e si deduce dal sonetto e Tu che stanzi
10 colle ecc. » ch'eg-li riproduce, ma più mostro di quanto sia in rfóiltj'i,
(l'ultimo verso, per esempio, eg-li lesse e stampò cosi: « che tra dal vc-
drallo esser vedutto »). Ma chi non sa og-gù che quel preteso autog-rafo
è del secolo XVI?; chi non v' ha scorto in margine l'anno 150SV E non
sia quel sonetto opera di Dante, g-encrosamente concede il B. ; ma con-
clude : « senza proferire sicuro giudizio intorno al sonetto, possiamo as-
serire che la convinzione non pure del Kaffaelli, ina di molti storici, che
esso appartenesse al poeta, è una conferma della tenace tradizione po-
polare che asserisce la dimora di Dante a Gubbio » . Quanto disg-raziato
sonetto ! : lo rifece a modo suo un eug'ubino nel secolo XVII, forse col-
r intendimento, rabberciatane la forma e rifatti a nuovo alcuni versi,
di gabellarlo più agevolmente per nna felice opera del grande Poeta.
11 Mazzatinti ne possiede l'autografo che qui si riproduce:
Sonetto di Dante a Busone lìafaeUì.
O tu cir hahiti il colle omlìi'oso e fresco
Sopra del fiume che non é torrente ;
Quinci Molle lo chiama quella gente
Con nome italiano e non tedescho ;
Ponti sera e mattin contento al descho
Poiché del cor flgliuol(o) vedi presente
Il frutto che sperasti e sì repenta
S' avanza nello stil greco e francesco.
Gavazzi pure il primo Rafaello :
Poiché cima d'ingegno non istalla
In quest' Italia di dolore hostello ;
La cui fama vedrai al cielo alzarla
Sopr' ogni ingegno più fiorito e bello
Come sovr" acqua si sostien la galla.
Un' ultima domanda : e chi ha mai detto e dimostrato che i Gabrielli
furono consanguinei dei Raffaelli e che, per conseguenza, Dante fu pa-
rente con Bosone? Fantastica asserzione, dalla quale si ricava un bel
colpo di scena : « da una parte la condanna fiera, dall'altra l'accoglienza
amorevole : la vita del grande poeta mosse sempre fra questi due punti
polari, l'amore e l'odio: da un lato gli amici, dall'altro i nemici ». Al-
tro che « ipercritica » colle sue « rigide spire »! Al Bartolini « spiace
di vedere tolte dalla biografia dantesca quelle pagine che ci ricordano
Campaldiuo, frate Ilario, l'ospitalità di Bosone, per non dire dell'amba-
570 ANALECTA UMBRA
sceria a Bonifacio che si vorrebbe ora contendere » ; ma come confor-
tarlo ? La vita e l'opera di Dante non si studiano con le lagrimette e i
sospiri per le tradizioni che la critica seria scuote e distrugge, e collo
svenevole desiderio che « si lasci che cantino i nostri monti, le nostre
valli, i nostri antichi monasteri, i nostri antichi castelli, Gubbio ed Avel-
lana — Onorate l'altissimo poeta »: fatti si oppongono all'ipercritica,
non congetture senza base, anzi a base di fiorita retorica. Del resto, a
quanto scrisse Armando Perotti nel Pantagruel (a. II, num. 12 ; Trani,
2 maggio 1888) sullo stesso argomento, rispose il prof. Pasquale Papa
nel num. 15 del medesimo periodico (Trani, 22 maggio), ampiamente
esponendo le ragioni che qui sono state ripetute e combattendo quelle
del Perotti che sono appunto le ragioni del Bartoliui. Perchè, dunque,
tornare adesso su quel vecchio tèma che non può e non deve esser so-
stenuto e difeso?: perchè il Bartolini forse ignora, come si è detto, la
monografia del Mazzatinti e l'articolo del Papa.
Nel fase. Ili, a. I, di questo Bollettino fu data notizia d'una lettera
del prof. Lupattelli sopra la tavola di Luca Signorelli in Umbertide.
Qui giova aggiungere che i documenti relativi a questa bell'opera d'arte
furono stampati da Michele Gualandi nelle Memorie originali italiane
risguardantl le belle arti, serie VI, 1845 (Bologna, Sassi, pag. 36 e seg.).
Il Signorelli ebbe, secondo tali documenti, tre fiorini e 36 soldi una
volta, un fiorino un'altra, e poi il 29 luglio 1516 « per termine dei la-
vori » 70 fiorini. Cfr. 1' appendice del Milanesi alla Vita del Signorelli
di G. Vasari (ediz. Sansoni, III, 703).
In appendice all'opera magistrale De claris archigymnasii hononien-
sis jyfofessoribus a saeculo XI usque ad saeculum XIV di Mauro Sarti
e Mauro Fattorini, splendidamente ristampata da Cesare Abicini e dal
comm. Carlo Malagola (Bologna, Merlaui, 1888- 1896), è riprodotta la se-
rie degli Scholares illustres dello Studio. Tra questi appaiono : all' a.
1268, Mag. Ventura de Perusia scriptor ; all' a. 1269, D. Munandus fi-
lius domini Rainaldi Napulionis de Fulginio prior sancte Marie Foris-
porte; all'a. 1270, D. Petrus de Urbeveteri decretorum doctor ; all'a. 1276,
D. Johannes de Perusia ; all' a. 1284, D. Hugolinus archipresbiter de
Urbeveteri ; all' a. 1285, D. Gerardus Hugolini de Spoleto ; all' a. 1286,
D. Jacobi de Spoleto, Mag-. Butus Tasoni de Urbeveteri, D. Johannes
Arnaldi de Assisio, D. Paulus domini Philippi de Spoleto, D. Runipi
domini Francisci de Spoleto; all'a. 1287, D. Raynalduccius domine Egi-
dio de Spoleto ; all'a. 1289, D. Silvester Blaxius Maphei de Perusio e D.
Vanne sive Vignolius domini Silvestri de Spello ; all' a. 1291 Mag. An-
ANALECTA IMTÌRA 571
gelus filius Oddoni.s de civitate Perusii, D. Franciscus doiiiiiii Pctri de
Gubio ; all'a. 1292, D. Lambertus domini Zanis de Peruxio ; all'a. 1293,
D. Bernardus de Turi de Spoleto e I). Stephanus domini Petri licniti de
Urbevcteri. Vn Mayister .Joiianues de Assisio è testimone ad un atto
del 1295 (II, 232). Un Ottaviano rettore dell'ospedale di S. Maria d' f)r-
vieto è ricordato nel 12(59 (in Vita di Arimoudo da S. Pietro, I, 183),
Di uu professore d'Orvieto, Jacobus Orbevetanus pliysicus, sono dati
brevi cenni biog'rafici (I, 54(jj. Più ampia, se bene concisa anche questa,
è la biografia di Raniero da Penig-ia (I, 506), professore di notarla: in
uu atto del 1228 è notato il nome della sua moglie, Anastasia. Nella
matricola dei Notai il suo nome è desig'uato cosi : « Magister Raynerius
Peruxinus »•, ma « non solum notariae, sed etiam iuris civilis peritus
erat ».
De La famujlia di Pondolfo Collenuccio il dott. Medardo Morici ha
pubblicato memorie (Pistoia, 1896) di sulle Cronache di Gualdo di Du-
rante Dorio, l'autore della Historia della famig-lia Trinci. Il codice con-
servasi nella Jacobilliana del Seminario di Foligno, e offrì materiale uti-
lissimo al prof. M. Faloci Pulig-nani pel suo studio su « Le arti e le
lettere alla corte dei Trinci » . Codeste cronache sono (e cosi furono ret-
tamente giudicate nelle Dissertazioni Vossiane da Apostolo Zeno) uno
zibaldone di accatastate e farraginose notizie di storia umbra e marchi-
giana. Fatti nuovi sul Collenuccio deduce da tali memorie del Dorio il
dott. Morici, ed altri già storicamente accertati : prova evidente della
veridicità dello storico ed erudito nostro.
Nella libreria di Ulisse Franchi di Firenze, tra i libri e i manoscritti
de' quali si fece la vendita il 27 aprile scorso, è da segnalarsi un co-
dice di Statati perugini (num. 707 del Catalogo ; a. XIX, num. 128), di
cui è così dato il titolo: « Quiste sonno li stattute dei Cape | tanie del
contado de Perugia facte per 1 li magnifici signiore de Perusia e per | li
nobilie... del m | agnicho (?) e presente facto e confer | mato per mss.
pietro donato vesscovo | pacduano governatore per sancta | romana cclesa
per Io presente stato ». L'anno 1465 leggesi nel tergo del fol. 23, col. 2,
in fine. Il ms. è dichiarato « pregevole, su pergamena ». — Alla stessa
asta erano in vendita sette lettere autografe, formanti uu « carteggio
importante » dal 1806 al 1827 di G. B. Vermiglioli. — Altri manoscritti
di storia umbra sono da segnalarsi in un Catalogo di libri antichi e mo-
derni dei fratelli Bocca (Roma, Catal. num. XIII). Un volume autografo
di « Lectiones XI in laudem Perusiae et Perusinorum » dell'Alessì ; un
volume contenente un « Discorso sopra la famiglia Corgna di Perugia » ,
572 ANALECTA UMBRA
la g-enealogia dei Baglioai, e due discorsi sopra i Oraziani e i Crispolti
(sec. XVIII)-, frammenti di cronache di Nocera e Gualdo Tadino (se-
colo XVI") ; un indice delle bolle e dei brev^i pontifici che sono trascritti
in fine dello Statuto di Foligno (sec. XVIII) ; la « Series Legatorum ac
Praesidum Aug\ Perusiae a Braccio » fino al 1754 (con molti stemmi);
un volume di « Memorie de' fatti occorsi in Perugia a' suoi tempi >
del Maciuara (sec, XVII ineunte: è citato dal Vermiglioli, Bibliografìa,
pag. 92); una raccolta di « Notizie antiche di famig-lie perugine » (se-
colo XVII) ; e un' altra di notizie storiche della Bastia (sec. XVI e seg'. ;
g'ià dell'Archivio Frondini),
Il signor Angelo Lupattelli, r. Ispettore per gli scavi e monumenti,
ci comunica la scoperta di una tavola di Ottaviano di Martino di Nello.
« In Pietralunga (Mandamento di Umbertide) mi fu dato scoprire nel-
l'ex-chiésa di S. Agostino una tavola a tempera, ben conservata nelle
parti principali, a cinque scomparti rettangolari, terminati a triangolo,
con pilastrini alle estremità laterali e con la leggenda seguente, in caratteri
del quattrocento, che corre in tutta la lunghezza della base: Hoc opus
feceriint fieri heredes Pelvi Corsutii prò anima dui A. D. MCCCCIII
die V mensis Madii p. maniis Otaviani de Euguhio Deo gratias am.
Nello scomparto centrale è la Vergine in trono seduta con il bam-
bino in braccio; a destra, in piedi, S. Paolo ed una santa martire; a
sinistra un santo vescovo in sembianze giovanili (forse S. Ubaldo) e
S. Antonio. Nei pilastri sono sei figure di santi, pure in piedi, in piccole
dimensioni. Nel triangolo sovrastante alla Vergine, il Padre Eterno a tre
faccie, circoscritto da eleganti decorazioni in pastiglia dorata : negli
altri triang'oli, quattro piccoli angeli, pure circoscritti da decorazioni in
pastiglia, le quali corrono anche nelle altre parti del dipinto. Il non
conoscersi fino ad ora di Ottaviano da Gubbio che due sole opere di
cavalletto, e queste nemmeno sicure, l'una in S. Agostino di Gubbio e
l'altra in Montefalco — secondo L. Bonfatti — , reude preziosissima
questa tavola^ conservata nella sua integrità, ed ora assicurata e garan-
tita dai danni dell'umidità nella sala del Consiglio del Comune di Pie-
tralunga ».
Tra / manoscritti della R. Biblioteca Biccardiana (fase. V, Roma,
1895) descritti dal dott. Salomone Morpurgo riguardano la letteratura
della nostra regione i segg. ms. 1258 (Profezia di Tommasuccio da Fo-
ligno), 1278 (Fioretti di S. Francesco: una laude di Jacopone), 1287
(un volgarizzamento del sec. XIV della vita maior di S. Francesco, di
cui si servì il Mauui per l'edizione fiorentina del 1735), 12!»0, 1295, 1312
ANALECTA UMBRA 573
(Fioretti di S. Francesco), 1-294 (Laude di Jacopoue), 1304 (Proverbi di
Jacopone). Il ms. 1295 contiene un'altra copia del citato volgarizza-
mento.
SuH'arg-onieuto della battaglia di Tag-iua è apparsa una pregevole noti-
zia del dott. B. Feliciaugeli ueUa Nuova Rivinta Miaeiia (a. Vili, fase. 1-2:
Estr. in (S" di pagg". 10), col titolo un' opinione poco nota inforno al luoi/o
della così detta battaglia dì Tagina. Codesto luogo fu indicato vaga-
mente da Procopio, tantoché Flavio Biondo lo pose tra Cagli ed Acqua-
lag-na, e il Baldi lo seg-ui in tale opinione : il Claverio credette avvenuta
presso Gualdo Tadino, altri la suppo.se nel Casentino; l'IIodgkin presso
la Scheggia, il Mazzatinti — fondandosi sulla tradizione locale — nel
piano che si distende dinnanzi a Gualdo, il Valsecchi tra Città di Ca-
stello e Boi'go S. Sepolcro. Invece l'Acquacotta nelle Monorie storiche
di Matetica opinò che Totila e Narsete combattessero « nelle vicinanze
di Casteiraimondo » e che Totila ferito morisse « in una villetta piccola
e oscura a pochi passi da Santa Natòlia che fino ad oggi Capriylìa vieu
nominato e potrebbe esser bene il luogo Capras che ci accenna Proco-
pio » . Ma il Feliciang'eli, riferita e vagliata code-;ta opinione, conclude
che sebbene non regga all'esame critico, pure essa « non è meritevole
dell'oblio iu cui è restata ».
Nei numeri 6 e 8, a. IV, del periodico Natura ed Arte G. Campari
ha inserito le note di un suo viaggio Da Orvieto a Viterbo, corredate
d' illustrazioni di vari e preziosi monumenti orvietani ; e C. Buffoni
Zappa alcuni cenni storici su Narni (Città italiane dimenticate. Nomi)
e la descrizione illustrata delle principali opere d'arte che ammiransi in
quel Duomo.
Nel fase. 4 del voi. XI della lUvista storica italiana il prof. G. Maz-
zatinti prese in esame la Cronaca in ternari di Giovanni Santi intitolata
Federico di Montefeltro duca d' Urbino, che nel 1893 aveva integral-
mente pubblicata il dott. Enrico Holtzinger di sul Codice Vaticano-Ot-
toboniauo 1305. Se bene il Santi si limitò a trattare delle gesta del duca
magnifico e guerriero, pure codesta cronaca ha valor grande anche per
la storia nostra, che Gubbio, ad esempio, fece parte del ducato, e teatro
delle glorie militari del principe fu l'Umbria. Sta qui la ragione onde
in questo Bollettino si dà notizia della scoperta d'una vita di Federico,
che il Mazzatinti e 1' Holtzinger, e prima di loro 1' Ugolini ed altri, cre-
dettero perduta, e che è la fonte diretta a cui attinse il Santi per la
Cronaca rimata. Il Mazzatinti, non isfuggitagli la simiglianza sorpren-
574 ANALECTA UMBRA
deute che corre fra il testo del Santi e la vita di Federico del Baldi,
sospettò che l'uno e l'altra discendessero da una fonte sola; cioè dalla
vita di Federico del Paltroui, che il Baldi citò qualche volta. Il sospetto
era giusto, ed ora, anzi, è assoluta verità: il Baldi rifece la vita del
Paltroni e il Santi la versificò. La recente scoperta d'una bella copia,
di mano del sec. XVI, del testo del Paltroni, che fu segretario del duca,
importa a noi perchè costituiste un'ottima fonte e genuina di storia
umbra negli anni più belli del rinascimento. Alla gentilezza del signor
G. Castellani di Fano dobbiamo la comunicazione di questo prezioso
esemplare. E cartaceo, misura mill. 252x155, di fogli 104 numerati e 3 non
numerati, scritti da una mano del secolo scorso ; quella stessa, forse, che
scrisse il titolo: « Commentari della vita e gesta gloriose dell'invittis-
simo e magnanimo Federico Feltrio duca d' Urbino, raccolti e scritti da
Pierantonio Paltroni urbinate suo secretarlo » . Il racconto, sospeso al
fol. 104, v' è continuato e comjnuto « mediante una copia levata fedel-
geute dal suo originale esistente nella Biblioteca Vaticana ». Da questo,
che oggi più non esiste, derivarono probabilmente le altre due copie
che sono ora nell'Archivio di Urbino e che dall'amico prof. E. Calzini
ci vengono descritte. La prima, oltre alla vita, contiene il « Ricordo
della famiglia che teneva la fel. mem. dell' 111. et ecc. Signore Federico » ;
una « dissertazione in forma di lettera intorno alla vita e fatti dell'in-
vittissimo Federico » di Giov. Gallo Galli ; « Notizie intorno alla nascita
del duca » dello stesso Galli. La seconda, eh' è di fogli scritti 159, ha
soltanto la vita, e termina, come la precedente e quella del sec. XVI,
con le parole: « come scrive frate Leandro ». L'una e l'altra copia sono
del secolo scorso. — Constatato il fatto che dalla Vita del Paltroni pro-
cedono quella del Baldi e il poema del Santi, si dovrebbe concludere
che questo e quella non hanno più il valore storico che dianzi veniva
a loro attribuito. Sarebbe questa una logica conclusione se anche il Santi
nei 23 libri che suddividonsi in 105 lunghi capitoli e che formano il
poema, avesse versificato soltanto il testo del Paltroni: ma a concludere
a quel modo si oppone il fatto che il rifacimento in versi della Vita del
Paltroni giunge fino al capitolo 62 ; uè può supporsi che pochissime
pagine del Paltroni (sono otto nel testo posseduto dal Castellani) siano
la fonte di altri 43 capitoli del Santi. Per ciò il poema rimarrà, nella
seconda parte, fonte attendibile per la storia del Duca, finché almeno
non si possa stabilire da quale più ampia biografia di Federico discenda,
0 se in quella parte il Santi abbia narrato fatti de' quali fu testimone.
Nel num. 3, a. I, di questo Bollettbio fu annunziata la monografia
del prof. Egidio Calzini : Il palazzo ducale di Gubbio, eh' è ora apparsa
AXALECTA UMBRA OiO
*
ncW Archivio storico dell'Arte (Roin;i, tip. Coop., l.SiMJ; cstr, di |»j>. lo).
Alle due domande clie l' a. si la, — Chi ne l'u T architetto? — e — In
([uale anno fu costruito? —, risponde coi confronti istituiti con sinyohiri
serietà e competenza tra questo e il j)alazzo ducale di Urbino. K sou
posti a confronto, riprodotti in fototipia, i due cortili, due capitelli, tre
fregi di camini, una candelliera d'un pilastro della scala del palazzo ur-
binate e l'arco d' ingresso a pie' della scala nel palazzo eugubino. Lu-
ciano da Lovrana fu l'architetto di questo ; che però non sorso sotto la
sua direzione immediata e continua. « Quando sul finire del 1472, o,
meg-lio ancora, sul principio dell' anno seguente si gettarono le prime
fondamenta del' palazzo di Gubbio e si allargarono quelle preesistenti,
i lavori d'Urbino dovevano trovarsi nel massimo del loro sviluppo : dun-
que la presenza di Luciano, più che necessaria, doveva ritenersi indi-
spensabile uel capoluogo del ducato. Però, accertato che l'architetto del-
l'edifìcio di Gubbio fu il Lovrana, bisogna anche supporre ch'egli si re-
ca.sse sul posto a dirigere il primo impianto della nuova fabbrica e a
presiedere alla costruzione, almeno, del voltoue e del cortile... Poiché
non bisogna dimenticare che proprio il portico nel cortile di Gubbio è
la sola parte della costruzione ove si mostri indubbiamente palese la
presenza dell'illustre architetto: il tratto importantissimo del palazzo da
lui non solamente disegnato ma forse anche in parte diretto. Del cortile
infatti osserviamo, a colpo d' occhio, la struttura elegante, la solidità
perfetta, le proporzioni delle colonne, la grazia dei capitelli, e vi ve-
dremo lo stile, il genio di Luciano ». Per l'epoca, appoggia l'afferma-
zione del Calzini un documento che ci rivela come nel 1480 la parte
principale della corte era compiuta : non sia, pertanto, « ardito il sospet-
tare che la fabbrica eugubina non debba essere stata principiata se non
cinque o sei anni prima del 1480 ». E vero che così vien distrutta « la
tradizione gentile che quelle stanze, un tempo cosi signorili, accoglies-
sero una fra le più elette gentildonne del rinascimento », cioè Battista
Sforza -, ma non v' è gentilezza di tradizione che tenga dinanzi alla cri-
tica giustamente severa. Gli archivi di Gubbio non danno aiuti a ritro-
var gli artisti che operarono in quella corte magnifica: però è lecito sta-
bilire che « gli scultori i quali vi lavorarono non souo da confondersi con
quelli che operavano ad Urbino, guidati nell'opera loro, ricca e geniale,
dallo stesso architetto ». I cultori dell'arte avranno da compiacersi per
la felice illustrazione del palazzo eugubino dataci dal prof. Calzini ; ma
nel tempo stesso avranno infinite ragioni di ripetere con noi — Quanta
vergogna ! — a veder quella mole superba deperire e cadere.
Lo stesso prof. Calzini, nella solenne tornata Accademica del 28
57fi ANALECTA UMBRA
marzo, ricorreudo il 413" anuiversario dalla nascita di Raffaello, lesse in
Urbino un discorso su Timoteo Viti, che non fu una delle solite eserci-
tazioni accademiche, come ivi solca farsi og-ni anno per la stessa circo-
stanza. Dicendo della prima educazione di Raffaello, confermò il fatto
ch'egli non potò avanti il finire del 1499 essere affidato a Pietro Peru-
gino : di questi seguendo le peregrinazioni in Toscana, nel Veneto, in
Lombardia, nelle Marche dal 1492 al 1499, dimostrò che entro a tal periodo
non potè accogliere nel proprio studio di Perugia i giovani che consa-
cravansi all'arte. Il Sanzio, quando andò a Perugia sullo scorcio del 1499,
era stato iniziato nella pittura dal su.o concittadino, il leggiadro Timoteo
Viti, che a 26 anni era tornato in patria artista provetto dalla scuola
di Francia e di Lorenzo Costa. Non come alunno, dunque, o apprendista,
come suol dirsi, Raffaello si presentò al Perugino, ma si bene come aiuto;
tant' è vero che poco dopo, nel 1500, il maestro si servì dell' opera siia
neir eseguir le pitture nella sala del Cambio. Raffaello allora aveva 17
anni. Ed a mostrare che per venire in quel tempo in aiuto di Pietro,
doveva Raffaello essere stato educato all' arte da un altro maestro, il
Calzini prese in esame diversi dipinti e disegni suoi che non riflettono
ancora la maniera del Perugino, mentre rilevano all'evidenza l'arte del
Viti. Codesto discorso, ricchissimo d'osservazioni originali e forbito, non
è che l'orditura di una piena monografia su Timoteo alla quale il Calzini
attende con amore e dottrina.
Nel voi. V degV Inventari dei ìnanoscritti delle Biblioteche d' Italia
pubblicati a cura di G. Mazzatinti, è venuto in luce (Forlì, 1896 ; di
pagg. 244) quello dei tanti mss. ond' è ricca e pregiata la Comunale di
Perugia. Di pochi aveva data notizia il prof. A. Rossi ; parecchi, i più
antichi e di valore classico, erano stati indicati dal Bethmann e dal
Bluhme ; dei greci dierono la descrizione l'Alien e il Weinberger nel
Centralhlatt filr Bibliotekswesen. Ora il completo catalogo appare mercè
le cure intelligenti del prof. Alessandro Bellucci che ha pur descritti i
volumi di recente provenienza (quelli, ad esempio, del Brizi e di A. Fa-
bretti), ed ha tessuta la storia della biblioteca stessa dalla sua fondazione
per il lascito cospicuo di Prospero Podiani. Moltissimi sono i mss, che
riguardano la nostra storia e la nostra letteratura: gli annali di Carlo
Baglioui, i diari e le corrispondenze epistolari del Bonciari, le memorie
del Frollieri, gli scritti del Lancellotti, la storia del Crispolti, le memo-
rie del Sozi, la cronaca del Maturanzio, le miscellanee dell' Oldoini, le
corrispondenze del Vincioli ; e poi in grandissimo numero documenti per
la storia della città e dello Studio. Degni di nota vari codici di rime
antiche, il poema di Candido Bontempi, la Fenice dello Spirito, un cau-
ANALECTA UMBRA 577
zoniere (muii. 709) d'ig-noto rimatore perugiuo. Abbondano i codici uma-
nistici e di classici. E questo un de' mig'liori catalojilii che finora co-
stituiscono la raccolta edita dal Mazzatinti.
Su / Gabrielli di Gubbio, cospicua famiglia d' illustri cittadini e guer-
rieri, ha raccolte copioso notizie Carlo Gabrielli e ne ha stampata la prima
parte nei fascicoli VIII-XII dclV A re li ir io .storico gentilizio del Xdpolefdjui.
Più ricche sarebbero state se l'a. avesse potuto esaminare l'Archivio comu-
nale di Gubbio e quella miniera storica eh' è l'Archivio di Vincenzo Ar-
manni. A proposito di Girolamo Gabrielli, che vuoisi crociato con Gof-
fredo di Buglione, l' a. cita la Cronaca del GrefFolino (meglio, fram-
mento di cronaca) che si conserva nella Biblioteca di Gubbio : ma co-
desto Greffolino, che altri chiamò Greftblino di Valeriano, e che il Lu-
carelli {Memorie e guida stor. di Gubbio, pag. 356) disse vissuto nella
seconda metà del sec. XIII, non è mai esistito ! Anche è citata la Cro-
naca di Guerriero Berni che il Muratori pubblicò : per chi non se ne ri-
cordasse (ma ormai s' è ripetuto a sazietà) quella Cronaca è di Silvestro
Campioni da Gubbio, e il Mazzatinti la ristampò su l'autografo nell'^lr-
chivio storico per le Marche e l'Umbria. Copiose notizie, si è detto ; e
in realtà s'avvantaggiano di molto su quelle che die' il Lucarelli : però
fa meraviglia il fatto che talvolta siano esposte colle parole stesse del-
l'autore delle citate Memorie. Veggasi, per citare un esempio, il cenno
biografico di Gante II di Giacomo che nelle Memorie del Lucarelli è a
pag. 4:01 e seg. e nell'Archivio cit. a pag. 274 e seg.: l'opera del Luca-
relli è citata in nota, ma la pura e semplice citazione non basta quando
si tratta di riprodurne integralmente un brano così lungo.
La R. Deputazione di storia per le provìnce delle Marche ha pub-
blicato il voi. I de' suoi Atti e Memorie (Ancona, Morelli, in 8", pa-
gine 276). Tra le pubblicazioni proposte dai Soci nell'adunanza annuale
del 1894 è notevole per noi quella del prof. Plergili : Sj)igolature dagli
auìiali di Spello riguardanti il marchese di Ancona Raimondo di Spello
da cui avrebbe avuto nome la terra di Castel Raimondo. Colla storia
della nostra regione ha attinenza, se bene non intima, la memoria ac-
curatissima del prof. Dino Feliciangeli Intorno ai rajjporti tra il comune
di Camerino e Francesco Sforza signor della Marca (pag. 43 e segg.).
Un prezioso manoscritto della Biblioteca Comunale di Gubbio è stato
ora studiato con sommo profitto dal dott. Eurico Simonsfeld della Uni-
versità di Monaco in Baviera : è quel volume bambagino, qua e là molto
deperito e a mala pena leggibile, che contiene l'autografo della Cronaca
578 ANALECTA UMBRA
del Cautiuelli. Se uè leg'ge uua diffusa notizia a pag'. 360 e seg'g-. dei
voi. Ili Aus den Sitzungsberichten cler philos.-philol.-und ìiistor. Classa
der k. haijer. Akad. d. Wissen., dov' è pubblicata la inonog-rafia dal ti-
tolo Untersuchu>i[/en zu den Faentiner Chroniketi des Tolosanus und
seiner Fortsetzer. Il dott. Simousfeld ristamperà tra breve codesta Cro-
naca SII r autog-ratb eugubino : apparirà tra i Monumenta Germaniae
Mst. dei quali farà parte anche la vita di S. Ubaldo vescovo di Gubbio,
scritta da Teobaldo suo successore, a cura del dott. Holder-Egg-er che
riprodurrà l'antico testo esistente nel voi. I delle Riforniauze dell'Archi-
vio comunale di Gubbio.
È uscita ora l'edizione critica delle Rime di Francesco Petrarca con-
dotta sugli autografi, col sussidio di vari codici e stampe, e corredata di
varianti e note dal prof. G. Mestica. Il son. XX della prima parte del
Canzoniere è in risposta a quello di Stramazzo da Perugia (La santa
fama) che qui è riprodotto secondo la lezione del cod. Vaticano 3213,
dove sta sotto il nome di « Ser Mutio altramente detto Stramazzo Pero-
scino », ag-g-iuntavi la postilla « Altrove trovo fosse chiamato Andrea
peroscino » . La Cauz. VI (Spirto g-entil) è esplicitamente dichiarata come
scritta « A Bosone da Gubbio senatore di Roma >- (ottobre 1336-ottobre
1.387).
Il nostro socio conte Luigi Manzoni ha testé pubblicato (Bolog-na,
tipografia Alfonso Garagnani e figli, 1896) alcune notizie inedite da lui
raccolte su « Frate Francesco Pipini da Bologna de PP. Predicatori.
Storico, geografo., viaggiatore del sec. XIV » . Il detto lavoro, nel quale
il Manzoni con molta cura ricostruisce la vita del Frate bolognese e dà
importantissimi rag-g'uag'li sulle condizioni deg'li studi g-eografici in Italia
durante il detto secolo, è seg'uito da notevoli documenti: fra questi ne
piace seg'nalare alcune notizie sul modo che tenevano 1 pellegrini nel
recarsi in Terra Santa, notizie che il conte Manzoni ha tratto dal Cod.
E. 39 della Biblioteca Comunale di Perugia. — Il Cod. contiene un
« tractatello dele indulgentie di terra Saucta cum le sue dichiaratioue
compillato per frate Francesco Surian de l'ordine de li frati de la obser-
vantia de Sancto Francesco ne li anni del Sig'nor mile quatrocento
octantacinque » . Di questo viaggio stampato una sola volta a Venezia nel
1524 per Francesco Bindocci, nonché degli studi g-eog-rafici ed astrono-
mici in Perugia il conte Manzoni nel libretto di cui teniamo ora parola
promette di occuparsi in questo nostro Bollettino, e noi facciamo voti
perchè eg"li possa presto mandare ad effetto il suo divisamento.
ANELECTA fMlJKA 57!)
Nel fascicolo 111 {vo\. XX -XI, della serie Illj delle Memorie del
II. Istituto Lombardo di Scienze e lettere — Classe di lettere, scienze
storiche e morali — si le^-ge una memoria del prof, Francesco Novali
su « Maestr' U.ijoUno da ^[l)nte^'atilìi medico del secolo XIV ed il suo
Imitato de' bagni termali d'Italia ». — Con questo scritto il chiarissimo
prof. Nevati porta un bel contributo alla storia della medicina in Italia
durante il secolo XIV, facendo rivivere nelle pagine brevi, ma ricche di
notizie con og-ni amore raccolte, la figura di Ug'olino Caccini che del-
l'arte salutare fu in quei tempi una vera illustrazione. — Segnaliamo il
lavoro del prof. Novati, perchè maestro Ugolino, dopo aver peregrinato
in varie cittA d' Italia, fu nel 1417 a Città di Castello in (jualitii di
.< medico, fisico e salariato pratico », e passò poi nel 1411) a Perugia
chiamato a leggere, nel nostro studio da Braccio Fortebraccio. — In
Città di Castello il valente medico pose mano a quel trattato De balneis,
che doveva tanto raccomandare il nome di lui alla posterità, e in Pe-
rugia egli potè, avendovi avuto da un medico d'Assisi notizia della
scrittura di Matteo da Piantinone sui bagni di Pozzuoli, da Bindaccio
Ricasoli luogotenente di Braccio copia degli epigrannni di Pietro da
Eboli ; per detti bagni potè, diciamo, rendere più completo il trattato
medesimo.
Da un opuscoletto su Bettona Umbro- Etnisca e Romana edito a Fi-
renze (tipografìa Minori Corrigendi, 1896) si rileva che il nostro socio
cav. Giuseppe Bianconi sempre con vero amore raccoglie ed illustra
tutto quanto si riferisce alla storia del suo paese nativo.
In un articolo stampato nella Rivista settimanale di Venezia La
Scintilla (anno X, num. 1, 5 gennaio 1896) il dott. F. C. Carreri discorre
del Coro e degli Autifonarj di Spilimbergo, e ricordando wu documento
del 1489, in cui si accenna a « fra Piero de Columbaita scriptor de li
antiponarii o graduali » suppone, nella considerazione che a Perugia
fuori di Porta S. Susanna esiste la piaggia Colombata, che questo fra
Piero sia da Perugia. Poiché il Vasari, rammentando nella vita di Agnolo
Gaddi il miniatore Pietro da Perugia afferma che questi imitò la ma-
niera di Stefano Veronese, sarebbe desiderabile, come accenna lo stesso
autore dell'articolo, che un accurato confronto fra le opere di StelVmo e
gli autifonarj di Spilimbergo venisse a confortare di nuove prove la sup-
posizione del dott. Carreri.
Il signor Adolfo Morini in una breve ma interessante pubblicazione
intitolata Cursula (Roma, tipografia Avvocati, 1896) tratta dell'antichis-
580 ANALECTA UMBRA
sima origine della città di questo nome, che esisteva nel territorio di
Cascia, e sommariamente ne ricorda le vicende, accennando alla impor-
tanza che essa ebbe nell' epoca Romana, alle istituzioni municipali di
cui godette, alle famiglie che la illustrarono e da ultimo a Vespasia Polla
madre dell' imperatore Flavio Vespasiano, la quale vi sorti i natali.
Il dott. Bartolomeo Nogara nell'Annuario 1895 96 della R. Accade-
mia Scieutifìco-Letteraria di Milano ha pubblicato una memoria su alcune
iscrizioni del sepolcreto etrusco di Bruscalupo omesse o inesattamente
pubblicate nel nuovo Corj^us inscriptionmn etruscarum e sulle iscrizioni
messapiche attualmente esistenti alcune fra le quali ancora inedite.
Il sig. Giovanni Guiraud, antico allievo della scuola normale supe
riore e della scuola francese di Roma, professore aggregato di storia al
Liceo di Marsiglia, ha pubblicato il bel volume dal titolo : L'état ponti-
ficai adris le grand schisme, étude de gtographie politique (Paris, E. Tho-
rin, édit, 1895, pag. 252, con atlante). Ne parleremo di proposito nel fa-
scicolo primo dell'anno III.
5K1
SPOGLIO DI PERIODICI (1893-95:
Accademia la NrovA Fenice (r)rvioto).
Bullettino 5-fi. Nelle sedute del 1H93 94 trattarono di Giovanni Ma-
g-navia vescovo d'Orvieto il presidente L. Fumi ; del Governo dei Cinque
in Orvieto il socio prof. Pardi; della costruzione del Duomo il socio
Zampi ; degli affreschi del Sig-uorelli nel Duomo il prof. Presenzini -,
dell'antica chiesa di S. Ang-elo il socio Catenacci; del volgare orvietano
del trecento il socio Cerretti. Tra le necrologie è quella (pag-. 121) del
baron Sensi. — Nella seduta del 7 giugno 1894 il socio on. Bracci
parlò del monumento al card, di Brave in S. Domenico di Orvieto, opera
di Arnolfo.
Akchivio storico ITALIANO (Firenze).
Disp. 3-4, 1893. De Fabriczy Cornelio, Il codice dell'anonimo Gad-
diano nella Nazionale di Firenze. Contiene biografie di artisti, per lo
più fiorentini. In fine è semplicemente notato il nome di « Pietro Peru-
gino discepolo di Sandro Boticello ». Ciò dimostra, come il De Fabriczy
avverte alla nota 226, che l'autore ebbe in animo di scrivere la biogra-
fia su^j o « qualche ragguaglio su esse: il che poi non avvenne ». —
Recensione espositiva del voi. II dei Documenti di storia jicrugiìin editi
da A. Fabretti.
Disp. 1, 1894. Loeviuson E., Intorno alla sottomissione di Spoleto a
Perugia nel 1324. Il documento è ora nell'Archivio di Stato a Roma. —
Recensione favorevole, ma con qualche appunto, della vita di S. Fran-
cesco del Sabatier. — Recensione fav. del voi. IV delle Cronache di Fé
rugia pubblicate da A. Fabretti.
Disp. 2, 1895. Sforza G., Il falsario Alfonso Ciccarelli e Alberico
Cgbo Malaspina. E questi « tra i personaggi di conto gabbati dal Cic-
carelli »: la storia della loro relazione è tessuta sui documenti dell'Ar-
chivio di Stato di Massa.
582 SPOGLIO DI PERIODICI
Archivio storico dell'arte (Roma).
A. VII. Reymond M., L'angelo che suona del Bargello e la Fontana
di Perugia. Cfr. questo Bollettino, I, 433. — Calzini E., Marco Palmeg-
giani e le sue opere. Ve tenuto conto d'una delle tante repliche dell'^l^i-
data al Calvario del pittore forlivese, posseduta dalla galleria Ran-
g"liasci-Bran Galeoni di Gubbio. Cfr. Bollettino, 1, 435.
Serie II, a. I, fase. 1. Riproduzione fototipica della Crocifissione di
Pietro Perugino nella chiesa della Calza a Firenze. Fase. 3. Recensione
del libro The early of Raphael di Giulia Cartwrig-ht (M. Henry Ady),
Londra, 1895. V è notato che il contatto di Raffaello col Perugino si
verifica nel 1500, quando questi aveva compiuti i dipinti nel Cambio. A
tale periodo, che ne rappresenta la simig'lianza sensibilissima delle opere
del maestro con quelle dello scolaro, appartiene il quadro della Croci-
fissione g-ià. a Città di Castello, ora proprietà Mond. Ma tutto il libro
ha stretta attinenza colla storia dell'opera di Pietro Perugnuo.
Fase. 4. Diego di Sant'Ambrogio, Di due marmi sopravanzati nel-
l'antica chiesa di S. Eufeviia d' Incino del sec. XIII e di un altare
d'Oi'vieto del XII. E l'altare della chiesa di S. Giovenale d'Orvieto, la
quale è dello scorcio del sec. XI: la scultura è di un Guidubaldo che
l'esegui nel 1170. La chiesa, malgrado le trasformazioni subite nel
sec. XIV, « rivela nell'organismo suo chiari i capisaldi della pristina
architettura lombarda ».
Fase. 5. Calzini E., Il palazzo ducale di Gubbio.
Fase. 6. Anselmi A., Le maioliche dei della Robbia. Naturalmente
v'è detto anche delle opere che sono a Città di Castello ed a Fonte
Avellana.
Arte e storia (Firenze).
A. XIII. Pag. 92. Buccoliui Tito, Il coro di M. Domenico Indivini
in S. Francesco d'Assisi. — Pag. 37. Urbini G., Due affreschi del Pe-
rugino a Spello. — Pag. 75. Id., La tribuna di S. Maria Maggiore
a Sj^ello. — Pag. 126. Id., La chiesa di S. Claudio a Spello. — Pag. 157.
Necrologia di A. Fabretti.
A. XIV. Pag. 2. Urbini G., La chiesa di S. Andrea a Spello. —
Pag. 50. Id., Le opere d'arte della chiesa di S. Lorenzo a Spello. —
Pag. 139. Id., Opere d'arte di Spello. — Pag. 170 e 181. Sordini G., Il
sepolcro di Gabriello Garofoli da Spoleto.
Atti della R. Accademia delle scienze (Torino).
1893 94. Patetta F., Appunti da un ms. della Capitolare di Perugia.
Cfr. Bollettino, II, 189.
SPOGLIO DI PERIODICI 5S3
Voi. 2H. Ciati V., Ancora dello Sjìirto jicntil di Frane, l'cfrarca.
V'è dottamente dimostrato che la canzone non è diretta a Hosoue da
Gubl)io, ma a Cola. Vedi, fra l'altre, una recensinuc in Xiimn .\,tfi>/nf/i>i,
serie ni, voi. IH, j)ag', 160 e seg*.
Atti dkm.a Società d'akciiicoi.okia e iìem.k akti di Toimno iTorino).
V. (!. Fabretti A., Iscrizione romana di Gubbio e Terni nel Museo
di Torino.
Atti della Società ligure di storia patria (Genova).
XXIV, 2. Rosi M., La riforma re.licjiosa in Lif/uria e Terefico uìnbro
Bartolomeo Rartoccio. Cfr. Bollettino, I, 486.
BiLLETTiNO DELLA SOCIETÀ DANTESCA (Firenze).
1895, fase. 8 (mafi;'gio). G. Mazzoni, a proposito de f.a Poesie du
Moìjen Af/e di Gastou Paris, tratta del Sigieri di Dante e ammette col
Paris che è quel ntedesimo di cui nel Fiore è detto che fu morto a ghiado
in Orvieto.
Comunicazioni di l'x Collega (Berg-amo).
A. I, num. 3. Alla domanda, fatta nel nuin. 1, Dove cadde Totila,
si rispondo dal prof. Valecchi che pare errata la indicazione di Matelica
e Gubbio.
CoMPTE-RBNDiT DES sÉANCES DB l'Académie des Inscriptionis (Paris).
1893, fase, settembre-ottobre. Hérou de Villefosse, La tessere de Bi-
zerte. Confrontasi questa tessera con quelle di Tolentino, ora nei mu.sei
di Berlino e di Perug-ia.
Eco DI S. Francesco (Sorrento).
1894, 30 novembre. Priori mous. X., Il giorno della morte di Santa
Chiara. Stabiliscesi che fu l'undici agosto, anziché il 2:2, come da molti
s' è detto e creduto.
Erudizione e belle arti (Cortona).
I, fase. 3. Aucillotti L., Perugia artistica.
Fase. 10. Urbini G., Intagli e tarsie di m. Andrea Campano da Mo-
dena. Trattasi del coro in S. Lorenzo di Spello che altri avea descritto,
ma di cui nessuno disse l'autore. Il suo nome appare in un documento
dell'Archivio della Collegiata.
Fase. 11. Ausidei V., G. B. Vermiglioli e 201 lettere del Maturanzio.
584 SPOGLIO DI PERIODICI
Notizie sul ms. E. 5 della Bibl. Comuucale di Perugia. Cfr. Bellucci, In-
ventario dei mss. della Com. di P., Forlì, 1895.
A. II, fa.sc. 1. Urbiui G., Lo spedale di Sjìello. Se ne descrivono
le cose d'arte.
Fase. 2. Urbini G., La rotonda di Sx>ello. E a breve distanza da
Spello e dovrebbe piuttosto chiamarsi Madonna di Vico. Rotonda si dice
anche ora perchè il Donnola opinò che vi fosse un mausoleo romano.
Fase. G. Urbini G., Opere, d'arte di Spello. Chiese sidmrhane. S. Ma-
ria in Paterno, S. Anna, S. Ventura. Dilig-eutissime descrizioni.
Fase. 7. Umbria artistica. Notizia di un affresco da attribuirsi alla
scuola di Fiorenzo di Lorenzo, ritrovato nel Nosocomio di Perugia.
Fase. 9. Lupattelli A., DI un quadro di Luca Signorelli esistente in
Umbertide. Cfr. Bollettino, I, G23.
Fase. 12. Bavagli F., I fratelli Cucci e r origine della stampa in
Cortona. Furono essi che stamparono gli Statuti di Città di Castello dove
si recarono nel 1538 chiamativi da quei Priori. Vi restarono fino al 1839 e
vi fecero 1" edizione del « De obsidioue Tifernatum » di Roberto Orsi.
Pare, secondo il R., che un dei due stampasse anche a Perugia, ma nulla
ne dicono gli Annali tipografici del Brizi.
Gazete des beaux-arts (Paris).
1893, 1 aprile. Lefort P., Le m,usée de Prado. La peinture italienne.
V'è tenuto conto delle pitture di scuola umbra che il museo stesso possiede.
1 ottobre. Reymond M., La sculpture fiorentine au XIV-XV siede.
Vi son presi in esame i bassorilievi del Duomo di Orvieto.
Giornale storico della letteratura italiana (Torino).
Fase, 64 65. Bellucci A., Un cancelliere poeta nel 500. E « Lucan-
gelus de Palmis de Malliano Sabiuorum civitate » che fu cancelliere de-
gli Anziani d'Amelia nel 1518 ed autore d'un capitolo in ternari in lode
d'Amelia, che qui si riferisce.
Fase. 73. Della Giovanna I., S. Francesco d' Assisi giidlare e le Lau-
des creaturarum. Cfr. Bollettino, I, 434.
Giornale dantesco (Roma).
A. Ili, fase. 4. Cosmo U., Della così detta cappella dantesca in
Terni. E la cap])ella « haeredum d. Johaunis de Paradisiis de Interamna »,
che poco dopo il 1350 fu dipinta da un artista umbro a noi ignoto. Il
C. descrive i tre regni dell'oltretomba ivi rappresentati, ne lamenta il
pesdmo stato in cui sono oramai ridotti per l' incuria dei frati e per
quella non meno vergognosa del Comune che la fa « servire da magaz-
SPOGLIO ni PKRIODICI 5H5
ziuo alle fcrravecchie », e ricono'-ce che il pittore mediocre, arido, freddo
non dovè certo ispirarsi alla Divina Commedia, che di dantesco poco o
nulla e' è veramente : il pittore, anzi, non dovè nemmeno conoscer l'o-
pera di Dante. < Ma un giorno (dice il C.) piovve a Terni un disg-ra-
ziato qualunque, che doveva da qualche vecchia carta aver rilevato ciò
che ora pur troppo hi nella cadente cappella non si vede più: dette alle
pitture un par d'occhiate e ci fece sopra una sua pappolata dove tu non
sai se sia più offesa la grammatica o il buon senso o il rispetto severo
agli studi nostri. Il nome per pietà non faccio. Piansero i cittadini com-
mossi e la cappella dantesca parve per un momento un fatto accertato ».
Tanta pietà nel non fare il nome di quel tale che con sì poca i)ictfi e
molta scortesia vien detto « un disgraziato qualunque x>! Quella pappo-
lata, se non erriamo, è il discorso che il prof. A. L. lesse a Terni il 23
ottobre 1882 e che poi a spese del Comune e per desiderio della Giunta
fu stampato coi tipi del Ceccarelli in un opuscolo di pag. 20 in 8.° Il
prof. L., dopo aver veduta la cappella (ed ebbe tempo di darle più d'un
par d'occhiate) ne descrisse gli affreschi, giovandosi anche e largamente
della descrizione inedita che n' avea fatta il prof. Carattoli. I raffronti
colla Divina Commedia sono del Carattoli, e il prof. L. (chi scrive qxieste
linee ha sotto gli occhi il ms. e 1' opuscolo dell' uno e dell' altro) fedel-
mente li riferi. Sbagliò od esagerò il Carattoli, ed altrettanto fece il L.
a volergli credere e a voler vedere per forza la ispirazione dantesca in
quelli affVeschi : ma non bastava dire che errarono tutti e due, e fecero
tutti e due della retorica? C'era proprio bisogno di ricorrere a modi scor-
tesi verso uno di loro?
La Carità (Roma).
1894, decembre. Tenueroni A., Lauda del b. Jacopone. È quella che
comincia 0 novo canto. Ristampata su l'edizione del 1490 e collazionata
sul cod. Manzoni 59.
La Nuova Rassegna (Roma\
A. II, num. 11. Labanca B., Francesco d'Assisi e i francescani dal
1226 al 1328. Larga esposizione e critico esame della vita del Sabatier.
Il Muratori (Roma).
1893, num. 5. Ballerini F., Feste a Gubbio, ecc.: continuazione. —
Num. 6. Lettere di A. Geraldini; continuazione nei numeri 7-10.
Il Propugnatore (Bologna).
1893. Frati L. e C, Indice delle carte di P. Bilancioni. Vi sono in-
38
586 SPOGLIO DI PERIODICI
dicati i codici e le edizioni che contengono tre canzoni e un sonetto
di Sinibaldo da Perugia; cinque sonetti di Stramazzo da Perugia ; la pro-
fezia di Tommasuccio da Foligno. — G. Rossi, Tavola delcod. 1739 della
Bihl. Univ. di Bologna. Vi son contenute rime di Bartolomeo Monalde-
schi, di Andrea da Perugia e di Monaldo da Orvieto.
Iahrbuck des Kais. Deutschex archaeoloCtISChen Instituts (Berlino).
1893, fase. 2. Hauser F., Eire Tyrrenische amphora. Appartiene alla
collezione Bourguignon e fu trovata in Orvieto. Se ne studiano le rela-
zioni colle amfore tirreniche e colle calcidiche e corinzie.
Literarische Rukdschau fììr da,s Katholische Deutschland (Fri-
burgo).
1893, 1 giugno. Baumgarten P. M., Zur Centenarfeier des Domes
von Orvieto. E data notizia delle molte e splendide pubblicazioni scien-
tifiche italiane su tale argomento. — Nel num. del 6 giugno tratta delle
tre opere del Fumi: Il Duomo d'Orvieto e i suoi restauri; Statuti e re-
gesti delV Opera di santa Maria d'Orvieto; I palazzi dei papi e del capi-
tano del jyopolo in Orvieto.
Miscellanea francescana (Foligno).
Voi. VI, fase. 1. Faloci Pulignani M., S. Francesco d'Assisi e la
città di Foligno. — D'Alec^on E., Sul jnù antico poema della vita di
S. Francesco; continuazione. Cfr. Bollettino, I, 447.
Fase. 2. Faloci Pulignani M., Gli autografi di S. Francesco. Oltre
alla descrizione e trascrizione, se ne dà il facsimile in fototipia. Sono la
benedizione di fra Leone, le Laudes creatoris e la lettera allo stesso frate.
— Sabatier P., Il b. Tommaso da Celano e il suo trattato de miraculis.
Questo è qui pubblicato sul ms. 338 della Bibl. di S. Francesco di As-
sisi. E un brano dell'opera di Tommaso sui miracoli di S. Francesco. —
Faloci Pulignani M., Il Cantico del Sole, .ma storia, sua autenticità. Si
confutano le conclusioni a cui pervenne il prof. Della Giovanna col .suo
studio su S. Francesco Giullare., edito nel Giorn. stor., fase. 73. — L'Um-
cria Serafica: continuazione. Dal 1478 al 1485. -- Brevi recensioni del-
l' inventario dei mss. della Coni, di Assisi, compilato da G. Mazzatinti e
L. Alessandri, e degli studi su S. Francesco di A. Bournet, H. Cochin,
P, Sabatier, G. Salvadori.
Miscellanea storica della valdelsa (Castelfiorentino).
1895, num. 2. Un quadro di Bernardino Betti detto il Pinturicchio
nella Pinacoteca di S, Gemignano, Cfr, Bollettino, 11, 187.
SPOGLIO DI rEHlODICI 587
MlTTHEILUNGEN DES INSTITrT.S FUK SESTEHUEICIll.SCUE GE.SClIlCnTSFOK-
scuuNG (Innsbruck).
1894, fase. 2. Riegl A., Alfonso Ceccarelli unti scine Falschungen
von Kaiserurkunden. E dato anche l' inventario dei diplomi imperiali
falsificati da Ini. L'Ottenthal nello stesso fascicolo torna su rarnomctito
e fa qualche appunto allo studio del lìieyl.
Mélaxges d'archeologie et d' histoire (Paris-Rome\
1893, 3 luglio. Fal)re P., Une charte jìour Fonte Avellana en 1192.
È pubblicata e illustrata.
Nuova antologia (Roma).
1893, 15 febbraio. Recensione favorevole dei Documenti di storia j)e-
riigina, voi. II, editi da A Fabretti.
1894, 1 giugno. Tesorone G., La città di Gubbio e i soffitti del pa-
lazzo Panfili. Il soffitto al pianterreno (dov'è ora una bottega da calzo-
laio) non esiste più : le mattonelle bellissime furono vendute alla spic-
ciolata a forastieri. Un soflìtto, ancora intatto, ò nel piano superiore del
palazzo ed è stato recentemente acquistato dal Ministero di P. I. : sarà,
credesi, conservato in una camera del palazzo comunale. Del soffitto di-
strutto conserva alcune mattonelle il prof. G. Mazzatinti : hanno, come
il Tesorone racconta, ornati, dorature e l'arme de' Pamphyli.
1895, 1-15 febbraio. Salvador! G., Su S. Francesco d'Assisi a propo-
sito d'una sua vita recente: quella del Sabatier.
Oriente Serafico (Assisi).
A. VII, 1895. Patrem M., Cronologia Francescana. In vari articoli
vengono corrette molte circostanze cronologiche rammentate dai biografi
di S. Francesco.
Rassegna bibliografica della letteratura italiana (Pisa).
A. I, num. 1. Recensione favorevole delle Cronache, voi. Ili, e dei
Documenti di Perugia, voi. I-II, editi da A. Fabretti.
A. II, num. 2. Novati F., I tnss. ital. d'alcune biblioteche del Bel-
gio e delV Olanda. Nella biblioteca reale di Bruxelles, ms. 14614, è il
cap. di Bosone da Gubbio su la Div. Com.
Un esemplare della leggenda maior di S. Frane, volgarizzata nel
sec. XIV, e dei Fioretti è nel ms. V, 69 della r. bibl. di Gravenhage.
A. Ili, num. 3. Recensione dello studio di mons. G. Cozza Luzi su
Chiara d'Assisi (Roma, 1895, di pp. 48). Fra l'altre cose notisi che la
scrittura del Cantico del Sole contenuto nel cod. 338 della Com. di As-
588 SPOGLIO DI PERIODICI
sisì, è assegnata al sec. XIII ; mentre il p. Ehrle e il Mazzatinti l'attri-
buiscono al successivo.
Rassegna piTtLiese (Traui).
Voi. X, num. 11-12. Toniolo G., Francesco d'Assisi e il suo secolo;
Studi di F. Prudenzano. A proposito della 11* edizione di quest'opera;
Napoli, 1893.
Revub des ql'estions historiques (Paris).
1895, 1 gennaio. Cochin H., S. Francois d'Assise d'dprés son der-
nier historien. Questi è il Sabatier a cui si fa rimprovero di non avere
intuito lo spirito dell'Assisano per preconcetto anticattolico.
Revue des deux mondes (Paris).
1894, fase. 1. Valbert G., *S'. Francois et ses derniers hiograjjhes. A
proposito delle due vite del Le Mounier e del Sabatier. Per quest'ultima
vegg'ansi g-li appunti di C. Guignebert in Le Moyen Age, 1894, fase. 3.
Rivista storica italiana (Torino).
XI, 4. Rinaudo C, Commemorazione di A. Fabretti.
Rivista delle tradizioni popolari italiane (Roma).
1893, fase. 4. Roux 0., La maschera i^erugina. E Bartoccio.
Studi e doctoienti di storia e diritto (Roma).
1894, fase. 1-4. Fumi L., 7L' inventario dei beni di Giovanni di Ma-
gnavia vescovo d'Orvieto e vicario di Roma. Cf. Archivio stor. ital., di-
spensa 4* del 1895, pag. 438.
1895, fase. 1-3. Pardi G., La signoria di Ermanno Monaldeschi in
Orvieto.
589
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
GirsTiNiANO Degli Azzi Vitelle.schi. — Le rappresaglie negli stniidi
perugini. — Studio storico. — Perugia, tip. Boucompag-ui, l.S!)5, in
ottavo, di pag'ine 64.
Gli studiosi devono esser grati al signor Giustiniano Degli Azzi Vi-
telleschi delle fatiche ch'egli ha sostenute per recare col lavoro annun-
ziato un utile contributo alla storia del diritto italiano ; poiché essi pos-
sono trovare nelle brevi pagine che compongono il lavoro di questo gio-
vane e valente aiitore, notizie interessanti e disposizioni legislative non
mai ancora ricordate da altri scrittori. Con chiarezza il signor Degli Azzi
Vitelleschi ha saputo esporre specialmente la procedura delle rappresa-
glie, quale risulta dagli statuti di Perugia del 1279 e del 1526; e la sua
esposizione, in cui sotto distinti capitoli sono raggruppate le principali
prescrizioni statutarie, è, per quel che concerne la parte teorica, sufficien-
temente completa. Egli tratta difatti delle ragioni per cui si potevano
chiedere le rappresaglie e delle persone che le potevano domandare ed
ottenere ; della procedura in generale ; dei magistrati cui spettava la co-
noscenza delle rappresaglie; delle persone e cose immuni dall'esercizio
di tale diritto; della pubblicità e della cessazione delle rappresaglie.
Impossibile è naturalmente seguirlo passo passo nel suo discorso ;
ma non voglio però lasciar di osservare che a differenza della pratica
seguita altrove, e specialmente a Firenze, il Podestà condivideva a Pe-
rugia col Capitano del popolo 1' autorità suprema in fatto di rappresa-
glie; né pare che i Consigli vi avessero, come nel Comune fiorentino,
ingerenza in siffatta materia. Altre disposizioni degne di essere notate
sono quella che proibisce di concedere rappresaglie contro i forestieri che
venivano a Perugia per farsi curare e l'altra per cui le licenze concesse
erano colpite da una prescrizione decennale che vi poneva fine.
La notizia di tali provvedimenti basta già da per sé a rendere in-
teressante il lavoro del signor Degli Azzi Vitelleschi ; lavoro che natu-
ralmente avrebbe acquistato un'importanza molto maggiore se l'autore
590 Recensioni bidliografiche
avesse riportato iu appoggio delle disposizioni statiitali, citate cou tanta
dilig'euza e sag'acità, alcuni esempi tolti dalle altre serie di documenti
conservate nell'archivio perugino.
Ma se tali esempi egli non ha creduto opportuno di presentare in
questo primo saggio lodevolissimo, io spero che non trascurerà di offrir-
celi quando egli darà alla luce una nuova edizione del suo lavoro.
Gioverà allora pensare se non conveng-a togliere addirittura l'ultimo
capitolo sul Comune del Popolo e quello del Potestà, che non ha che fare
col tema trattato -, e se non sia meglio distinguere nettamente fra loro
le disposizioni contenute nello statuto del 1279 e quelle dello statuto del
1526 perchè nessuno possa muovere all'autore il rimprovero di aver con-
fuso le varie epoche fra loro, di non avere colla debita precisione distinto
i magistrati, le leg'gi e i caratteri che presiedettero a questa istituzione
nello spazio dì quasi due secoli e mezzo. Sarà altresì opportuno di ve-
dere se sia lecito affermare che nel Regno delle due Sicilie « poco o
nulla, od almeno più tardi che altrove, allignò » « quest'uso barbaro e
incivile » (p. 10), quando si ricordi che Sicardo principe di Benevento
ci dà fin dal secolo IX uno dei primi esempi della legislazione delle
rappresaglie.
Non sarà poi affatto inutile osservare che se il primo statuto di Pe-
rugia è del 1279, la prima rubrica fiorentina relativa alle rappresaglie è
almeno contemporanea, se non anteriore a questa data ; poiché essa non
si trova già nella Balìa generale del 1309, che non concerne se non la
Corte della Mercanzia, ma bensì in una carta di concessione del 1280
dal prof. A. Del Vecchio e da me pubblicata nel nostro volume^ dove
appare molto più elaborata e perfetta che non quella perugina,
E finalmente l'autore potrà accorgersi che non deve ritenersi per una
violazione del diritto delle genti, come egli vorrebbe (p. 17), la proibi-
zione fatta ag'li stranieri di chiedere iu Perugia rappresaglia contro i
perugini stessi ; essendo invece tale proibizione naturalissima. Sui loro
cittadini i magistrati avevano piena autorità e potevano costringerli co-
gli ordinari mezzi legali a risarcire il danno recato ad altrui; senza che
fosse necessario di ricorrere a quel provvedimento straordinario delle rap-
presaglie, al quale non potevano rivolgersi se non quando, difettando
di mezzi legali di coercizione, avevano esaurito tutti quelli di cui paci-
ficamente potevano disporre ed avevano ricevuto dai giudici del danneg-
giatore un formale diniego dì giustizia. Ed a questo proposito osserverò
ancora che non condivido l'opinione dell'autore; secondo il quale (p. 24)
r ofteso senza « prendersi il disturbo di chiedere la riparazione del danno
e la restituzione del tolto al Comune cui apparteneva l'offensore » si
querelava subito ai giudici della sua patria per ottenere soddisfazione ;
RECENSIONI niHhlOdUAIMClli: 591
poiché tale afferinazioue non mi pare ibiulata sopra alcuna delle dispo-
.sizioni contenute nelle rubriche pubi)licatc a pajiina 20 della memoria.
Questi miei appunti e «pieste mie osservazioui non tol<5ono piMÒ
niente alla sincerità delle lodi che ho espresso iu principio su questo la
voro, del quale riconosco di nuovo l' importanza e l' interesse.
Mi compiaccio sinceramente di vedere un giovane valente dedicarsi
con amore e cou utilità per la scienza a studi a cui mi sembra vera-
mente inclinato ; e mentre lo incito a continuare nella sua lodevole fa-
tica, lo ringrazio cordialmente a nome del mio illustre maestro e colla-
boratore e a nonu; mio per i benevoli <^iudizi espressi sul nostro volume.
Firenze, magyio 18%.
EUOKNIO CASANt)VA.
Conferenze della Commissione Senese di Storia Patria. — Siena, tip. e
lit. sordo-muti di L. Lazzari, 1895.
Sono qiiattro preg-ievoli lavori di storia senese iu forma di conferenza.
Nella prima di queste conferenze sulle origini di Siena il chino prof.
P. Rossi riassume a grandi tratti e con chiarezza mirabile tutto ciò che
può dedursi dalle tradizioni popolari e dalle leggende, nonché dalle cro-
nache intorno ai primi secoli di vita di quella Sena vetus che occupa a
buon dritto un posto cosi eminente nella storia delle città italiane. L'au-
tore dopo essersi brevemente intrattenuto a parlare delle due famose leg-
gende {la romana e la gallica), passa, ad esaminare la questione se il
ove oggi sorge Siena, fosse in origine umbro, ed a questo proposito egli
scrive: « La cosa è per dir vero probabile, poiché i più recenti studi
hanno dimostrato che la parte centrale della nostra penisola fu in ori-
gine abitata quasi esclusivamente dai Latini e dagli Umbri, due rami
poi suddivisi dal pi'imitivo pojjolo italico ».
L' invasione etrusca apparterrebbe ad un periodo storico posteriore,
periodo che è ben messo iu rilievo dalle numerose iscrizioni e da tutti
gli altri documenti che l'autore ricorda, dando prova di una non comune
erudizione storica e di una grande familiarità con le opere celebri del
Gori, del Palcretti e del Gamurriui.
Si fa menzione da ultimo della terza fase storica di quella città, del
periodo cioè della dominazione romana, e si viene a stabilire che Siena
già centro di qualche rilievo durante la dominazione etrusca, aveva l' im-
l^ortanza e il grado di città autonoma, emancipata dalla dipendenza di
città vicine, se non prima, probabilmente all'epoca dell'unificazione ro-
mana. — La seconda e la terza conferenza contengono respettivamente
degli studi molto seri sulle « prediche volgari di S. Bernardino in Siena
592 RECENSIONI BIBLIOGRAI'ICHE
uel 1-427 e su Sauta Caterina » ; l'una è opera del prof. 0. Bacci e l'al-
tra del nostro socio corrispondente prof. C. Calisse.
Chi ha udito o letto queste due belle conferenze non può non aver
veduto apparire nitide e luminose dinanzi alla sua immaginazione quelle
due grandi figure : da un lato il fraticello tutto animato dalla santa idea
di fare il bene degli altri, fiero ed instancabile nel combattere i mali
costumi che affliggevano molte città d' Italia in quel tempo; dall'altro la
popolana senese, la cui vita tutta quanta si riassume in una serie di atti
improntati sempre alla più schietta dolcezza e soavità di modi, ma la
cui missione, come giustamente dice il prof. Calisse, non è destinata
alla tranquillità della contemx>lazione ina all'operosità della vita; come
la favilla luminosa s'innalza verso il cielo e jyoi ricade alla terra, gri-
dando sempre ed ovunque pace, pace, jìace.
Luigi Giannantoni.
Nozze Mancini-Imbrico. — Per il matrimonio della signorina Vittoria
Mancini con il cav. Ulrico Imbrico, Tenente dei RR. Corazzieri, gli Ac-
cademici Etruschi di Cortona hanno dato alle stampe, facendola prece-
dere da una gentile lettera alla sposa dovuta alla penna elegante della
marchesa Teresa Venuti, una descrizione inedita delle feste nuziali ce-
lebrate in Cortona quando il suo sesto signore Francesco Casali sposò
Antonia Salimbeni nobile senese. La importante narrazione è tratta da
un codice cartaceo ove si legge la storia dei Casali scritta dal canonico
Filippo Alticozzi, il quale codice è ora di proprietà del cav. Girolamo
Mancini. Nello stesso opuscolo è stata per la prima volta pubblicata per
opera del chiarissimo prof. Francesco Ravagli una lettera diretta dal
card. Lorenzo Pucci ai Priori di Cortona il 23 febbraio 153L In essa il
cardinale rivolge preghiera e quasi comanda ai magistrati di questa città
che ai canonici e al capitolo della cattedrale cortouese sien restituiti gli
splendidi paramenti sacri donati al medesimo capitolo dal card. Silvio
Passerini. I canonici avean consentito che il Comune di Cortona desse
in pegno detti parati ad alcuni cittadini di Siena, dai quali il Comune
stesso aveva tolto in prestanza 600 ducati. Il prestito era stato fatto per
poter pagare al principe Filiberto d'Oranges la intera somma di 20,000
ducati, che i cortouesi, disperando d'esser soccorsi da Firenze dopo l'as-
salto dato dal principe alla loro città il 14 settembre 1529 e da loro va-
lorosamente respinto, e nella dolorosa certezza di non poter resistere ad
un nuovo attacco, s'erano impegnati a pagare entro il termine d'un mese
al capitano delle truppe imperiali. Tanto la descrizione delle feste nu-
ziali quanto la lettera del cardinal Pucci sono accompagnate da oppor-
tuuissime notizie illustrative. Chiudono l'opuscolo due graziosi sonetti
RECENSIONI BIHLIOGRAFICHE 593
dettati dalTavv. Antonio lU-rti nel vernacolo cortonese che ha tanta ana-
logia con quello delle campagne ])erugine.
Meritano la raagg'ior lode gli egregi promotori della liiblioteca Cri-
tica della Letteratura italiana, e la Casa editrice Sansoni ha certamente
acquistato un altro titolo di benemerenza dai cultori degli studi letterari
in Italia.
Pubblicar di nuovo le monografie che non possou consultarsi facil-
mente, quelle che per la foga superba di una critica troppo giovane,
troppo moderna, furono ingiustamente dimenticate, quelle sopratutto che
nei limiti di un modesto ambito di ricerche hanno pur diffuso tanta luce
di metodo ed hanno suscitato tanto entusiasmo di studi severi e geniali,
coordinar questa scelta, darle un afflato organico, è quasi un' invenzione,
direbbe il Montesquieu.
E noi confidiamo che questa avveduta e sapiente antologia sia sem-
pre ispirata da cosi sani principi e non degeneri in un raccogliticcio di
esotici arbusti brulli di fronde e pieni di spine.
I primi due volumetti contengono le note dissertazioni del Giesebrecht
e dell' Ozauam intorno all'Istruzione in Italia nel Medio Evo: a queste
succedono gli studi del Capasso sui Diurnali di Matteo da Giovenazzo, e
dello Zenatti su Arrig-o Testa.
Insieme con due monografìe del Paris furono inoltre pubblicati lo
studio del Sainte Beuve intorno al Fauriel e Manzoni ed al Leopardi, ed
una stupenda lettura del Carhie sopra Dante e Shakspeare.
Auguriamo alla nobile impresa il più felice successo.
Abbiamo anche ricevuto, con gentile dedica dell'autore, \\\\ piccolo
manuale di Letteratura italiana. Sono cenni storico-critici di Onorato lìoux
(Roma, Fratelli Centenari, 1896).
Come compilazione destinata a richiamare alla memoria dei giovani
le date e i nomi più importanti della nostra letteratura, questo scritto
può avere un certo valore; e noi crediamo che questa per l'appunto
sia stata l'intenzione del noto scrittore, a cui va per ciò tributata ancora
una volta la lode di una instancabile operosità.
J. C. Broussolle. — Pélerinages ombriens. — Paris, Librairie Fisch-
bacher, 1896.
In questo volume, in cui l'abate Broussolle si occupa con vero amore
dell' Umbria nostra, di alcuni artisti ai quali essa diede i natali, di molte
delle opere d'arte che si ammirarono un tempo o si ammirano anche
adesso nei nostri paesi, invano si ricercherebbero profonde indagini
591 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE
critiche apportatrici di nuova luce nelle questioni storico- artistiche che
tuttora si agitano. A sitfatte iudag-ini il signor Broussolle si palesa e fran-
camente aftermasi del tutto contrario, e noi non sapremo rimproverargli
la sua avversione se prendiamo a considerare quella critica eccessiva-
mente minuziosa che non sa elevarsi alla sintesi, e la cui azione è tutta
demolitrice. Ci sembra però che al signor Broussolle a proposito del suo
libro possa con opportunità ripetersi — in medio stat virtus — : se l'e-
gregio e valente scrittore francese avesse tenuto in maggior conto i se-
veri studi critici e avesse esposto il lisultato di questi (ai quali egli, con
il suo acuto ingegno, avrebbe campo di applicarsi molto utilmente)
nella forma geniale e brillante che gli è propria, dal volume Péleri-
nages ombriens, che presenta già tanto interesse, sarebbe venuto alla
storia dell'arte un contributo più notevole; il capitolo su Benedetto Bon-
figli avrebbe con mag'giore larghezza trattato dell'opera di quel maestro,
e nell'altro De Pérouse à Pérouse sarebbe stato facile al signor Broussolle
discorrere più diffusamente delle numerose opere d'arte che si conservano
anche nei più piccoli paesi dell' Umbria. — In una nuova edizione di questi
Pélerìnages, che si leggono tanto volentieri, allarghi il chiarissimo
autore 1 suoi studi e le sue ricerche ad altre parti della nostra regione,
sulle quali per ora egli ha taciuto o sorvolato ; se ne occupi con quel di-
ligente e intelligente amore, con cui ha descritto ed illustrato la piccola
Chiesa della Rocca S. Angelo o Rocchiciola presso Assisi, che pur non
contiene, come egli stesso afferma, pitture di speciale importanza e va-
lore, e gliene saranno molto grati non solo gli Umbri, ma tutti quanti
dell' Umbria amano le bellezze naturali ed artistiche. — Noi rivolgiamo
fidenti questa preghiera al signor Broussolle, perchè conosciamo in lui
un ammiratore appassionato dell'Umbria verde: tale egli si rileva nel
capitolo del suo libro intitolato Les Paysages ombriens, capitolo in cui
con grazia squisita, con entusiasmo sincero, descrive i paesi nostri. —
Egli non si sente straniero nell'Umbria, e del su^o affetto verso questa
regione e Perugia ci è gradita testimonianza la parte del suo volume
— Les Pérugins de Pérouse et les pillages artistiques des armces de la
revolution et de l'empire — . Le notizie che il signor Broussolle vi dà
non sono certo inedite, ma egli col diffonderle a mezzo dì un libro che
avrà non pochi lettori anche all'estero, ha cooperato al trionfo della
verità e della giustizia.
Abbiamo sopra affermato che l'abate Broussolle non si sente straniero
fra noi ; aggiungiamo ora che egli per la sua non comune cultura, di cui
è prova la pubblicazione che ci occupa, e per l'amabilità perfetta delle
sue maniere si è guadagnato in questa provincia numerosi amici, che
ben volentieri lo rivedrebbero in mezzo a loro, intento ad ampliare e
RECENSIONI HllUJodltAKlCllE 5i)5
completare i suoi studi artistici ; di tali studi cj^li ha ^ià oIVcrto un hcl
saggio in questi Pélerinage.s, che hauuo veduto la luce in un elegante
volume adorno di molte riproduzioni (talune delle ijuali per opera dell'e-
gregio pittore Sebastiano Novelli) dei ([uadri di maggiore bellezza, dei
più insigni laonuinenti, lU'i più incantevoli paesaggi uniljri.
V. A.
Coi tipi della Tuione Tipogralica Cooperativa di Perugia ha testé
veduto la luce uno studio del dott. Angelo Fani su La Deportazione.
— Dell" importante e promettcntissimo lavoro, clie considera la depor-
tazione anche dal punto di vista storico, dobbiamo, nostni malgrado, per
l'abbondanza della materia di questo doppio fascicolo, rimandare al pros-
simo numero la recensione.
n!)T
l)U
0 IN DONO - OMAGGIO DI POI
a. latituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Memorie. — Classe di let-
tere e scieuze storiche e morali (Voi. XX-XI della Serie IH, Fasci-
coli 2"-3*'). ~ Carlo Gii'.ssani, La <iuestione del linguaggio se-
condo Platone e secondo Epicuro. — Fkance.sco Novati, Maestr' Ugo-
lino da Montecatini medico nel secolo XIV ed il suo trattato dei
bagni termali d' Italia. — Rendiconti (Serie II, Fascicoli V a 15").
B. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — Pacomio Rusauo
grammatico greco del secolo XVI e i manoscritti autografi delle sue
opere, Ricerche storiche di C. Castellani. — Antonio Favauo,
Nuove contribuzioni alla storia delle scienze nel decimosettimo se-
colo, Tito Livio Burattini — Nuovi contributi alla storia del pro-
cesso di Galileo — Don Baldassarre Boncompagui e la Storia delle
Scienze matematiche e fisiche. — Gii'seppe Occioni-Boxaffons, De-
gli studi storici relativi al Friuli nel triennio 1883-1885 — Insurre-
zioni popolari a Rovigo nell'Istria (1752-1796) — Del commercio di
Venezia nel secolo XVIII — Un episodio di Storia ecclesiastica con-
cordiese — La liturgia slava nell'Istria secondo recentissime pubbli-
cazioni. — Galanti Ferdinando, Saggio di Versioni da Filemone. —
Cesare Augusto Levi, Dei culti orientali nell'antica Venezia; Di-
chiarazione di un monumento mitriaco in Torcello ; Appunti di
critica storica sulle analogie fra Mitra e San Marco — Studi archeo-
logici su Aitino — Su Cheronzio Augustale, Taide da Licopoli e
Publio Clodio Quirinale. — Pompeo Molmenti, Di un' antica forma
di rappresentazione teatrale Veneziana. — Bernardo Morsolin, Il
Consiglio di Vicenza, episodio della Storia del Concilio di Trento
(1537-1538). — Nicolò Papadopoli, Del Piccolo e del Bianco anti-
chissime monete veneziane — Moneta Dalmatiae. — Fertile An-
tonio, I laudi del Cadore. — Agostino Rossi, La elezione di Co-
simo I Medici. — Federico Stefani, Sul vero autore della Storia
arcana della vita di Fra P. Sarpi attribuita a mons. Giusto Fontanini.
— Nuovi appunti sul conte Carmagnola e sui documenti che lo ri-
598 PERIODICI IN CAIVIBIO O IN DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
g-uardauo. — E. Teza, Le geste di S. Cristoforo nella tradizione
armena. — G. B. De Toni, Frammenti Vinciani ; I. Intorno a
Marco Antonio Dalla Torre anatomico veronese del XVI secolo ed
all'epoca del suo incontro con Leonardo da Vinci a Pavia.
Archivio Storico Italiano (Dispense l*-2* del 1896). — Sommario della
dispensa 2^. — Atti della R. Deputazione. — Memorie e documenti.
— Della vita di Filippo Brunelleschi attribuita ad Antonio Manetti
con un nuovo frammento di essa tratto da uu Codice pistoiese del
secolo XVI, A. Chiappelli. — Biella e i Vescovi di Vercelli, Ri-
cerche, F. Gabotto. — Una minaccia di rappresaglia contro il Co-
mune di Firenze nel 1309, P. L. Rambaldi. — Aneddoti e varietà. —
Corrispondenze. — Rassegna bibliografica. — Necrologie. — Notizie.
E. Accademia delle Scienze di Torino. — Memorie. — (Serie II, To
mo XLV, Anno MDCCCXCVI). — Classe di Scienze morali, storiche
e filologiche. — Indice. — L' immigrazione dei Gesuiti spaguuoli
letterati in Italia, V. Cian. — Maine de Biran e la sua dottrina an-
tropologica. G. Allievo. — Frammenti torinesi del Codice Teodosiano,
F. Patetta. — Brevi appunti di storia novaliciense, C. Cipolla. —
Studi psicofisiologici, G. Allievo. — Atti (Voi. XXX Dispense 13^
a 16% Anno 1894-95, e Voi. XXXI, Dispense 1^ a 5^, Anno 1895-96).
Archivio Storico per le Provincie napoletane (Anno XXI, Fascicoli l''-2").
— Sommario del Fascicolo 2". — Cerasoli F., Clemente VI e Gio-
vanna I di Napoli (Documenti inediti dell'Archivio Vaticano, 1343-
1352), {continua). — Nunziante E., I primi anni di Ferdinando
d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò, {continua). — Ceci G.,
Il giuoco a Napoli durante il medio evo. — Schipa M., Un ministro
napoletano del secolo XVIII (Domenico Caracciolo), {continua). —
De Crescenzo S., Notizie storiche tratte dai documenti angioini,
conosciuti col nome di Arche, {continua). — Beltrani G., Un ms.
inedito di Onofrio Fiani da Torremaggiore sui fatti del novantanove
iu Napoli. — Capasso B., Notizie intorno alle artiglierie apparte-
nenti alla città di Napoli dal secolo XV fino al 1648.
Atti e memorie della E. Deputazione di Storia Patria per le provincie
di Romagna (Serie III, Voi. XIII, Fascicoli 4" a 6°). — Comelli G. B.,
Pianta di Bologna dipinta nel Vaticano, e altre piante e vedute di
questa città. — Bagli G. C, Contributo agli studi di bibliografia
storica romagnola. — Manzoni L., Fr. Francesco Pipino da Bologna
dei pp. Predicatori. — C. Malagola, Segretario., Atti della Depu-
tazione.
Archivio Storico lombardo (Serie III, Fascicoli 9'' a 10"). — Sommario del
Fascicolo 10'', — Memorie. — L' assedio di Milano nel 1526 dappresso
PERIODICI IX CAMBIO 0 IN DOSO - OMAOOIO DI PUBBLICAZIONI 'jfMI
mia corrispondenza inedita di Francesco Guicciardini commissario
del Papa nell'esercito dei Colleg-ati, G. Bickxakdi. — 1/ Tmanista
Lodovico Odasio alla Corte dei Duchi di orbino, A. l'iNK'm ed
E. E. Odazio. — Nozze e funerali alla Corte dei Gon'/aj^-a, \hi'J-ì'ìiiO,
G. B. Intra. — Varietà. — Archeologia.
lìirisfa di Storia, Arte, Areheoloyia della proiincia di Alessandriti (An-
no V, Fascicoli 13"- 14°). — Sommario del Fjiscicoio 14". — Studi.
— P. Valente, Il Comune xYstiji^iano e la lotta contro Federico I. —
F. Negri, Il Moncalvo. — F. Gabotto, Asti e il Piemonte al tempo
di Carlo d'Orléans (1407-1422). — Memorie e notizie^. — Documenti.
— F. Savio, Indice del Mnriondo. — C. De Si.moni, Documenti di
Gavi.
R. Accademia dei Lincei (Classe di Scienze morali, storiche e tìlolog-iche).
Rendiconti (Serie V, Xoì. IV, Fascicolo 12" e Indice del Volume e
Voi. V, Fascicoli 1" a 5"). — Atti. — Rendiconto dell'adunanza so-
lenne del 7 g'iug^no 189().
Archivio della li. Società Romana di Storia Patria (Voi. XIX, Fasci-
coli 1° - 2"). — P. Saviononi, L'Archivio storico del Comune di Viterbo.
— D. Orano, Appendice al Diario di IMarcello Alberini. — V. Ca-
POBiANCHi, Appunti per servire all'ordinamento delle monete coniate
dal Senato Romano dal 1184 al 1439 e degli stemmi primitivi del
Comume di Roma. — G. Tomasetti, Della Campagna romana. —
B. Fontana, Sommario del proces o di Aouio Paleario in causa di
eresia. — Varietà. — Atti della Società. — Bibliog-rafia.
Atti della Società Ligure di Storia Patria (Voi. XXVII). — Le Monache
nella vita genovese dal secolo XV al XVII per M. Rosi. — La morte
di Jacopo Boufodio per M. Rosi. — Un g-eneologista del Principi
Cybo, del socio G. Sforza.
Bollettino della Società di Storia Patria Anton L^odovico Antinori negli
Abruzzi (Anno Vili, Puntata XVI). — Elog-io storico del march. Giu-
lio Dragonetti, V. Moscardi. — L'Abruzzo uella « Storia documen-
tata di Carlo V » di Giuseppe de Leva, L. Palatini. — Stato del-
l'Aquila degli Abruzzi nei grandi periodi sismici del 1315, 1349- e
1461-62, G. Vittori. — Uua corsa pel paese dei Vestini, I. Ludo-
visi. — Un opportuno ricordo bibliogTafìco di pubblicazioni abruz-
zesi e marchigiane, V. Moscardi. — Un documento inedito (sulla
beatificazione del Ven. Sertorio Caputo), L. Palatini. — Pergamene.
Rivista bibliografica. — Appunti bibliografici e critici. — Corrispon-
denze e varietà. — Atti ufficiali della Società.
La Critica, Rivista settimanale di arte, diretta da G- Monaldi (Anno III,
numeri 5 a 13).
600 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
Bollettino della Società Dantesca italiana (Voi. Ili, Fascicoli 3", 4° e 5").
Miscellanea Storica Senese (Anno III, numeri 10, 11 e 12, e Auno IV,
mimeri 1 a 8).
B. Accademia dei Rozzi — Bollettino Senese di Storia Patria (Anno III,
Fascicolo 1°). — Atti della Commissione. — Memorie originali. —
A. LuscHiN, I sepolcri degli scolari tedeschi in Siena. — G. Pardi,
Sulla vita e gli scritti di Domenico da Monticchiello. — Varietà. —
Archivi. — Rassegna bibliografica.
Nuova Rivista Misena, diretta dal prof. Anselmo Anselmi (Anno VIII,
numeri 11-12, e Anno IX, numeri 1-2).
Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno XX,
Fascicoli 1° - 2° e 3" - 4"). — Sommario dei Fascicoli 3° - 4°. —
Pellegrini A,, Nota sopra un' iscrizione egizia del Museo di Pa-
lermo. — Sampolo L., Accademia Siciliana 1790-1818, nuove ricer-
che. — Lagumina B., Di un preg'evole ripostiglio di monete arabe
trovato a Palermo. — Atti della Società.
La Favilla, rivista letteraria delV Umbria e delle Marche, diretta da Leo-
poldo TiBERi (Anno XIX, Fascicoli V a 6").
Studi e documenti di Storia e Diritto (Auno XVII, Fascicoli l°-2"). —
Note intorno allo dottrina dei legati, [cont. e fine), E. Carusi. —
Annali d' Italia dalla morte di Valeutiuiano III alla deposizione di
Romolo Augustolo (Anni 455-476), L. Cantarelli. — Il diverticolo
Frontiniano all'acqua Tepula, A. Rocchi. — Il Catalogo della Bi-
blioteca di Pomposa, G. Mercati.
Miscellanea Storica della Valdelsa (Anno IV, Fascicolo 1°).
Bollettino della Società Africana d'Italia (Auno XIV, Fascicoli 11" -12°
ed Anno XV, Fascicoli 1\ 2° e 3").
Società Storica Comense. — Atti della visita pastorale diocesana (1589-
1593) di F. Feliciano Ninguarda vescovo di Como (Voi. Ili, Di-
spense 3^ a 6^).
Commentari dell' Ateneo di Brescia jjer l'anno 1895 (Brescia, Stab. Tip.-
Lit. Apollonio, 1895).
Ecole Frangaise de Rome — Mólanges d' Archeologie et d'Histoire (XV
année. Fase. 4 - 5 ; XVI année, Fase. 1-2 et 3-4). — Un acte de la
Légation du Cardinal Jean Halgrin en Espagne, par M. L. Au-
VRAY. — La question des blés daus la rupture entre Florence et le
Saint-Siége en 1375, par M. L. Mirot. — Notice du manuscrit Va-
ticau latin 3881, par M. J. Paquier. — Le livre de la Chasteté
compose par Jésusdenah, Evéque de Ba^rah, publié et traduit par
M. J. e. Chabot. — Le Monument de Benoìt XII daus la Basilique
l'KRIODICI IN CA.MItlO (I IN IXiNO -- < l.MA( H IH » DI l'LlUtLirA/.K »NI »»Ul
(le Saiut-Picnt', par M. (ì. Dai Min. l'iie colU'clioii de; tcssères,
par M. 11. (ÌKAILIA)T,
Archlrio Storico per le prorincie jxtruicnsi Voi. II, 1S!)3). — K. Ca.sa,
Memorii' storiche di Panna dalla morte del 1 >iiea Antonio Fanie.sc
alla dominazione dei IJorhoni di Spagna i 17:')l-17il)). — E. Casa, Storia
deirammiiiistrazione di (ìn^lielmo Du Tillot pei duchi Filippo e Imm"-
dinando di Boritone nel governo degli Stati «li Parma, Piacenza e
(lua.stalla dall'anno 1704 all'anno 1771.
lilri.sfa ili Storia riiitica e scienze a/p ni, diretta dal dott. Giacomi • Tuoi-ka
(Anno I, Fascicolo 4°).
J.a Ciriltà Cattolica i^Serie XVI, Voi. V-VI, Dal (juad. 10i»:3 al «luad. 1102).
Bollettino Storico-hihliografico Subalpino, diretto da Feuuinanim» (Iamottc»
(Anno I, numeri 1, 2 e .'5).
Nuovo Arc/iirio veneto, ])uì)blicazione della lì. Deputazione niufit ili
tutoria Patria, Direttore connn. Fedeiìico Stefani (Anno \'l, nu-
meri 21 e 22). — I Conti di Verona, parte prima, B. Baidi di Ve-
SME. — Della patria e della nazionalità del B. Odorico da Porde-
none, V. Savi — Guarino Veronese e la polemica sul Carmagnola,
R. Sahuadini. — Ancora del (Jobbo di Rialto, A. Moschetti. —
La morte, il monumento di Vettor Pisani, V. Lazzaiuni. — Pubbli-
cazioni sulla storia medioevale italiana (1894), C. Cipolla. — I teatri
musicali di Venezia nel settecento, (contimca), T. Wiel.
Analecta Bollandiana (Tom. XIV, Fascicoli 1", 2° e 3°, Toni. XV, Fasci-
coli r, 2° e 3").
In morte di Cesare Cantìj a cura della Famiglia ; Milano, XI marzo
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Conferenze tenute nei giorni 16, 23, 30 marzo e G aprile 189ó ;
Siena, Tip. e Lit. Sordo-muti di L. Lazzeri, 1895.
Getulio Ceci. — Todi nel medio evo ; Todi, Tip. Trombetta. —
Quattro lettere di S. Carlo Borromeo pubblicate per nozze Tenne-
roni De Lorenzi, VIII gennaio MDCCCXVI. — Malatesta di Pau^
dolfo ]\Ialatesta e il Comune di Todi ; Todi, Franchi, 1890.
Gaudenzio Claretta. — Delle principali relazioni politiche fra Venezia
e Savoia nel sec. XVII ; Venezia, Tip. Visentini, 1895. — Il de-
si)
(J02 PERIODICI IN CAilBIO O IM DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
posito delle Reliquie tli S. Agostino a Pavia e il Re di Saideg'ua
Carlo Emanuele ITI ; Pavia, Tip. Fusi, 1894.
MoRiNi Adolko. — Note istoriche del Comune di Pog-giodomo ; Ca-
meriuo. Tip. Marcili, 1894. — Cursula, Ricerche giovanili; Rom;i.
Tip. Avvocati, 189(i.
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in Perugia. — Facoltà agraria universitaria o Scuola agraria supe-
riore':* -, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 189G.
ToKUACA Francesco. — Biblioteca critica della letteratura italiana ; Fi-
renze, Sansoni, 1896.
(tIUSEppe Bianconi. — Bettona Umbro -Etnisca. — Bettona Romana :
Firenze, Tip. Minori Corrigendi, 1891).
Bartolomeo Xogara. — Iscrizioni etrusche e messapiche. (Estratto
diiW Annuario lS9ò-dii deUa R. Accademia Scientifico-letteraria di
Milano).
Onorato Roux. — Letteratura italiana. Cenni Storico -critici ; Roma,
Tip. Centenari.
(;o:{
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economica dell'antico Comune di
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Andrea da Perug'ia, 19H, 578.
A N G E L u e e I A. , 199.
A X 8 E L M I A., 506.
A x 8 I D E I V., KJ, 190, 593. I co-
dici delle sommissioni al Comune
di Perugia, 131.
Assisi, 192, 193, 19H, 200, 539.
Baldo da Perugia, 190, 191.
B A R B I E L L I N I A M I D E I A. , Ri-
cerche sulla antica città di Re-
g'illo, 3(55.
B A R T o (; e I o B., 583, 588.
Bartolo, 59.
B A R T o L o M E o da Castel della
Pieve, 198.
Bellucci A., Pompeo Pellini
ambasciatore di Perugia a Gre-
g-orio XIII, 125, 533, 184, 576.
B E N u e e I D., Di alcuni atti del no-
taio Gio. Cesidio da Gavig-nano,
113. — Ancora g-li Orsini, 547.
B E X r e e I o da Orvieto, 198.
Bernardi A., 186.
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Betti B.; vedi Pinttiricchio.
B E T T o N A , 579.
Bianconi G., 579.
BoN Azzi L., 567.
Bonghi R., 215.
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B R o u s s o L L E J. C, Pélerinag-es
ombriens ; recensione di V. A.,
593.
B R r s f • A L u p o , 580.
Cali C, 192.
Calzini E., 574, 575.
C AMP A R I G., 573.
C A M p E L L o , castello di, 197, 201.
C A N E s T R E L L I A., L'abbazia di
s. Galgano; recensione di P. Z.,
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Carré RI F. C, 579.
Casanova E., 589.
Casati de Casatis C, For-
tis Etruria; recensione di A. I^u-
pattelli, 213.
Castiglione del Lago, 197,201.
Ce e i G., 565, 566.
Ce e carelli A., 581, 587.
C E R Q u E T o , 566.
()0i
TAVOLA de' nomi DI PERSONE E DI LUOGHI
C E 8 A R I N o flcl Roscetto, 200.
Cesidio Gio. da Gaviguano,
li;}.
Chiara (s.), 201, 583, 587.
Città di Castello, 195, 200,
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C O L L E S T a T T E , 187.
C U K S U L A , 579.
Degli A z z i V i t e l l e s c h i
G., Le rappresaglie negli Statuti
perug-iui ; receusioue di G. Ca-
sanova, 589.
Donati G., 190.
D o R I <) D., 571.
DlRRIEU P., 185.
G E R A L I) I N I B., La vita di Ang-.
Geraldini, 41, 473.
G I AN N AN TO N I L., 16, 591. I Co-
dici delle sommissioni al Comu-
ne di Perugia, 131.
Gualdo Tadino, 572.
Gubbio, 19B, 198, 199, 567, 574,
577, 582, 583, 585, 587.
G U e e I fratelli, 566, 584.
G uiR AUD G., 580.
I N D I viN I D., 582.
Jacopo NE da Todi, 200, 572,.
573, 585.
E LENA (s.), castello di, 190.
Elisei G., 192.
P"AB RETTI A., 4, 187, 588.
Faloci-PulignaniM., 20,189.
F A s A N I Raniero, 561.
Fattorini M., 570.
Feliciangeli B., 573.
Ferrerò E., 187.
Fiorenzo di Lorenzo, 194.
Flamini F., 184.
FOLKiNO, 201.
F o N T E Avellana, 587.
Francesco (s.) d'Assisi, 201,
.339, 572, 573, 585, 586, 587, 588.
Fumi L., 28, 33, 565. Il cardinale
Aldobrandini e il trattato dì
Lione, 321.
Gabrielli C, 577.
G A viGN AN o(Gio.Cesidioda),113.
<r E r A L D I N I Angelo, 41, 473,
585.
— A n t o n I o , 41, 473.
KOVALEVSKY M., 167.
Ludovico da Foligno, 195.
L u p A t T E L L I A., 187, 213, 570,
M A G N A V I A (di) Giov., 565.
Manassei P., 187.
Manoppello (gli Orsini di),
89.
Manzoni L., 578.
Marino (gli Orsini di), 89.
Massimi P., 192.
Matteo da Gualdo, 200.
M A T u R A N z i o , 583.
Mazzatinti G., 186. Di Boni-
fazio da Verona, 557. La lezenda
di Raniero Faxano, 561.
Meili F., 191.
Mbrlini O., 200.
M E RKEL C, 192.
M E Z Z AS TI P., 196.
Milano (Pinacoteca di\ 186.
M I N E u V I o S., 183.
TAVOLA Di; NOMI DI l'ICUSONIC K DI Monili
Gor»
^Monaco in l'avicni l'iii.u'otec.'i
di), 1H(J.
M O N A L I) E S V II I B., ì)Hiì.
yi o N A L I) o da Orvieto, 5S().
!M O N T E HO T <) N' I) O ( l^li Orsilll
di\ SS).
^I o N T O N E , 19;}.
M o K ic I M., 571.
M o KiNi A., Ó79.
M o n p UR G o S., Ó72.
Mo SCOLI N., 190.
M V z 1 o ser, iùH.
N A K N 1 , 188, 57:5.
X I e o h ù di Liberatore, 200.
N o CEKA, 572.
XoG ARA B., 580.
X o V A T I F., 579,
r.7i, .">72. r)7t;, .'.si, 5h2, .'.«.!,
r).s7.
r 1 i: r I! o (la l'i-ru^ia, .'n9.
V i N T CRIC c MIO, 187, 19(>, 58(».
Po N T A N O F., 5(55.
— T., 19S.
P K O !■ E R y, I O , 189.
H A F K A E L L I H O S O N K , li)8,
5<)7, 583, 587.
li A V A G L I F., 5GG.
r e g i l l o , 3(j5.
Rieti, 202.
Rondini D., 18(5.
Rosi M., 184.
Rossi A., 194, 199.
Ro TELLi A., 566.
Roux 0., 593.
< ) L o R I N 1 Giovanni, 553.
— Guido, 553.
— Ranuccio, 553.
Orsini, 89, 547.
Orvieto, 167, 193, 194, 195, 196,
197, 199, 200, 201, 225, 573, 581,
582, 584, 586, 588.
Ottaviano di Martino di Xello,
P A G N o T T I F., 215.
Paolo da Perugia, 565.
Pardi G., A proposito di uu ar-
ticolo di M. Kovalevski sulle
conseguenze della peste in Italia,
167. Il Catasto di Orvieto del
1292, 225.
P A TETTA F., 189, 190.
Patrizi U., 190.
Pel LI NI P., 125, 533.
Pergoli B., 186.
Perugia, 5, 1(5, 131, 155, 183,
189, 196, 198, 199, 202, 379,
S A H A T I e R P., Un nuovo docu-
mento sulla concessione del Per-
dono di Assisi, 539.
S A B B A D I N I R. , 565.
San SI A., 195.
Santi G., 573.
Sarti M., 570.
S A s s o V I V o , 20.
Savio F., Le tre famiglie Orsini
di Monteiotondo, di Marino e di
Manoppello, 89.
Scalvanti O., 5. Una opinione
del Bartolo sulla libertà peru-
gina, 59. Sul ritrovamento di
un codice di cronaca perugina,
155.
Sensi F., 21.
SiGNORELLi L., 200, 570, 584.
S I M O N S F E L D f]., 577.
SiNiBALDO da Perugia, 586.
Società Umbra di Storia Patria,
Atti, 3.
S p E L L o , 553, 567, 577, 582, 583,
581.
<JOj tavola de' nomi di peusoxe e di luoghi
Spirito L., 190. Terrenzi G., 188.
Spoleto, 183, 184, 188, 19(), Todi, 199, 201, 565, 56G.
199, 201, 581. T o M M A s IT e e I o da Foligno, 572.
StaderiniG., Sulle tbuti dei Torreorsina, 187.
Fioretti di S. Francesco, 339.
S T n A M A z z o da Perugia : Vedi
Muzio e Andrea da Perugia. Urbixi G., 189, 5<J7. Gli Annali
degli Oloriui, 553.
TenneroniA., Per la Paleo-
grafia Umbrica, U7. V a n x u c c i P., 193, 200, 581, 582.
Tern 1 , 583, 584. Vermigligli G. B., 571, 583.
t
GJ<
INDICI'] 1)1:1; SKCON'DO VOLII.MK
^Iffi (/<//(( Sorirfà.
Adunanza "-enerale del i) noveiiil)rc' 1S95 J^ff/- -^
Circolare ai Soci sul Materiale storico t. i>,s
Circolare ai Soci su la JHÌjUnt/ra/ia storica » :;;>
JFcmoì'ie.
La vita di Angelo Geraldiui scritta da Antonio Ceraldini
(Moxs. B. Geualdini) Pagine 41, 47:^
Un'opinione del Bartolo sulla libertà i^erugina (0. Scalvanti) Pa;/. Wà
Il Catasto d'Orvieto dell'anno 1292 (G. Pardi) » 22.')
Il cardinale Aldobrandini e il trattato di Lione (L. Fumi). . » ;>2l
Sulle Fonti dei Fioretti di s. Francesco (G. Staderini) ... » ì53J>
Ricerche sull'antica città di Reggilo (Barbiellini-Amidbi A.). » oG5
L'amministrazione economica dell' antico Connine di Perug'ia
(V. Alfieri) » 37Ì)
Docuìnenti ithistvati.
Le tre fainig'lie Orsini di Mouterotondo, di Marino e di Ma-
noppello (F. Savio) » Hl>
Di alcuni atti del notaio Gio. Cesidio da Gavig'nauo (D. Be-
Nrcci) » IIB
Pompeo Pellini ambasciatore della città di Perug'ia a papa
Gregorio XIII (A. Bellicci) Pagine 125, 5'ò'ò
Un nuovo documento sulla concessione del Perdono di Assisi
(P. Sabatier) Paff. 539
Inventari e regesti.
I codici delle sommissioni al Comune di Perugia (V. Ansidei
e L. GlAXXANTONlì » 131
(!08 INDICE DEL SECONDO VOLUME
Coninìiicati.
Per la Paleografia Umbrica. A proposito dell'Archivio paleo-
grafico italiano (voi. I, fase. 7) diretto dal prof. E. Mo-
uaci (A. Tenneromi) P^^9- 147
Sul ritrovamento di un codice di cronaca perugina (0. Scal-
vanti) » 155
A proposito di un articolo di Massimo Kovalevski sulle con-
seg'uenze economiche della peste in Italia (G. Pardi) . . » 167
Ancoia gli Orsini (D. Benucci) » 547
Gli Annali degli Oloriui e i manoscritti di cronaca Spellana
(G. Urbini) » 553
Di Bonifacio da Verona autore delTEulistea (G. Mazzatinti). » 557
La lezenda de fra Rainero Faxauo (G. Mazzatinti) .... » 5G1
Analecta Umbra Pagine 183, 565
Spogli di periodici 1891-92, 1893-95 » 193, 581
Mecensloni hlhliogvafirhe.
Canestrelli a. — L'abbazia di S. Galgano (P. Z.). . . . Pag. 203
Casati de Casatis C. — Fortis Etruria. Deuxième partie.
Eléments du Droit Etrusque (Lupattelli A.) > 213
Degli Azzi Vitelleschi. — Le rappresaglie negli Statuti
perugini (K. Casanova') » 589
Conferenze della Commissione Senese di Storia Patria (L. Gian-
N ANTONI) » 591
Nozze Mancini-Imbrico » 592
Biblioteca critica della letteratura italiana » 593
Broussolle J. C. — Péleriuages ombriens (V. A.) .... » 593
Necrologio.
Ruggero Bonghi » 215
Francesco Paguotti » 215
Periodici in cambio o in dono — Omaggio di pubblicazioni Pagine 219, 597
Tavola de' nomi di persone e di luoghi Pay- t03
DG Deputazione di storia patria
975 per l'Umbria
U5D^7 Bollettino
V,.
PLEASE DO NOT REMOVE
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