Skip to main content

Full text of "Del reggimento degli stati di fra Girolamo Savonarola, con due Opuscoli del Guicciardini e l'Apologia di Lorenzo de' Medici"

See other formats


I 



1 


I 



Digitized by Google 



Digitìzed by Google 



f*v 




Digitized by Google 



DEL 


REGGIMENTO 

DEGLI STATI 

DI FRA 

GIROLAMO SAVONAROLA 

CO* DDK 

OPUSCOU DEL GUICCIARDINI 

E 

L’APOLOGIÀ DI LORENZO 

DE’ MEDICI 


PISA 

PRESSO NICCOLÃ’ CAPURRO 

CO* CARATTERI DI F. DIDOT 

mdcccxviii. 


« 




Digitized by Google 


COLLEZIONE 

DI OTTIMI 

SCRITTORI ITALIANI 

IN SUPPLEMENTO 

AI 

CLASSICI MILANESI 


VOLUME SECONDO 



AVVERTIMENTO 


Questa Collezione si compone di XX Volumi , che 
si vendono a coloro che acquistano la Collezione in- 
tera a ragione di 4 franchi ( o paoli 7 toscani ) il vo- 
lume . I volumi separati si venderanno più o meno , 
secondo la lor mole, ma non meno mai di 4 franchi . 

Essendosi scoperta finalmente, dopo molte ricerche , 
nella Biblioteca Vaticana la Vita del Savorgnano, 
scritta da Donato Giannotti, mentre trovavasi fuoru- 
scito in Venezia, la daremo unita alla Repubblica dei 
Veneziani , dello stesso Autore . 

L’intaglio, che si offre in questo volume della cele- 
bre Corniola di Giovanni detto dalle Corniole , ove 
un qualche devoto, o ammiratore fece incidere il Ri- 
tratto del Savonarola, e indi passata tra le più prezio- 
se suppellettili della Famiglia Medicea, è della stessa 
grandezza dell’originale: e si è amato meglio di dar- 
lo similissimo, quantunque piccolo ( ed è riuscito, co- 
me ognun può vedere , di una gran verità ) che corre- 
re il rischio di alterarne i tratti, ingrandendolo. 

Di questa collezione si pubblicheranno due altri vo- 
lumi dentro il 1818, uno de’ quali sarà la Cronaca di 
Dino Compagni . 

Giova intanto avvertire che dietro le infinite richieste 
che ce ne vengono fatte , nel carattere istesso di questo 
avvertimento nuovo di Didot, nella stessa forma di pa- 
gina, e in carta velina, s’ è intrapresa una nuova e bella 
edizione del Guicciardini, colla divisione de’ libri in 
capitoli , cogli argomenti posti ad essi, e con l’ortogra- 
fia variata affatto, onde rendere più facile l’intelligen- 
za , e meno penosa la lettura di quel famoso Istorico, 
secondo i suggerimenti del chiarissimo Sig. Conte Na- 
pione ; il quale scriveva, che per Venire a capo di que- 
sta fastidiosissima impresa non ci vuol meno dell’inge- 
gno d’un Italiano e della pazienza d’ un Tedesco . 


Digìtized by Google 


AVVERTIMENTO 


1 1 seguente Trattato del Savonarola è 
stato inserito in questa Collezione per 
consiglio del chiarissimo Sig. Conte 
Napione, celebre dentro e fuori d’ Ita- 
lia . Pubblicato verso il 1 493, colle 
stampe di Francesco Bonaccorsi, di- 
venne presto rarissimo ; e tale è anche 
attualmente , ad onta della pessima e 
scorrettissima ristampa fattane in Fi- 
renze nel 1765, colla falsa data di 
Londra, appresso Roberto Wilson . 

Ridotto a miglior lezione , e coll ’ or* 
to grafia secondo l uso più comune, ve- 
de per la terza volta la luce, accom- 
pagnato dal Discorso deLto dal Savo-r 
narola medesimo a Carlo Vili, quan- 
do fu spedito Oratore de’ Fiorentini a 
quel Re, che minacciava di volersi far 
Signore della città loro . 



li 


Quale impressione facessero le am- 
monizioni del Frate nell’ animo di Car- 
lo, non sarebbe facil cosa a investigarsi, 
se non che deducendola dagli avveni- 
menti, ma può assicurarsi , senza timo- 
re d’ essere ingannati , che di maggior 
forza sarà stata per esso la magnani- 
ma risposta datagli in Firenze da Pier 
Capponi . 

A queste due operette del Savonaro- 
la tengono dietro il Discorso di France- 
sco Guicciardini a Papa Clemente VII. 
dopo l assedio di Firenze del i53o; e i 
suoi Avvertimenti in materia di Stato , 
fatti già stampare da Jacopo Corbinel- 
li in Parigi, e più volte ristampati in 
Italia prima per opera di Remigio Fio * 
reatino, quindi per quella del Sanso- 
vino; Avvertimenti di molto rilievo , e 
non indegni del profondo Scrittore del- 
le Storie del suo tempo (i). 

(i) L’ edizione di Venezia del i588 è preceduta dal 
seguente Proemio: 


Digitized by Google 


Ili 

I 

In fine si è posta V Apologia di Lo- 
renzo di Pier -Francesco de’ Medici , 

Messer Francesco Guieriardino nobilissimo Istori- 
co fra tutti gli altri de’ tempi nostri , fu gran Giuri- 
sconsulto , ed ebbe per ciò molti governi , e carichi 
d’ importanza, e fu più volte Ambasciadore, non so- 
lamente nel tempo della Repubblica, ma nel Principa- 
to de’ Medici; sotto ai quali governò esserciti , e fu 
Commessario Generale di S. Chiesa , nelle guerre im- 
portanti, che si fecero in Italia, sotto Papa Leone De- 
cimo; con tanta autorità, eh’ è noto ad ogn’uno, che 
tutte le lettere, così del Papa , come di qual si voglia 
altro Prencipe, che gli passavano per le mani , men- 
tre eh’ esso era in campo, le apriva, e correggeva, e 
mutava nelle materie, secondo, che pareva al giudi- 
ciò suo , che ricercassero le occasioni dei negozj , e 
ciò con permissione d’ essi Prencipi , conoscendo essi 
quanto fosse grande il consiglio, e la prudenza di così 
fatto uomo. Per la dottrina adunque, per lo maneg- 
gio delle cose di Stato , per li governi , e per le azzio- 
ni, che esso trattò lungamente in sua vita , divenuto 
fra tutti gli altri uomini di Stato , eccellentissimo , 
seppe meglio d’ ogni altro dell’età nostra, scriver la 
Istoria delle cose ch’egli vide , e maneggiò , con tan- 
to spirito , come ogn’un vede. Scrisse parimente di- 
verse lettere, delle quali si spera, che il mondo ab- 
bia a godere, quando che sia. E scrisse eziandio que- 
sti presenti Avvertimenti, pieni di sugo, e da lui fer- 
mati per lunga prova per veri, e infallibili. I quali es- 
sendo utili a chi attende alle cose de’ governi, così in 
Principato, come in Republica , abbiamo voluto da- 
re in luce , a beneficio commnne di tutto il mondo . 


Digitized by Google 



IV 


divenuta assai rara , da molte parti ri- 
chiesta, e corretta dagl’ infiniti errori 
dell’ edizione di Leida, copiati nella ri- 
stampa, che ne fu fatta al N°. lxxxiv 
dell’ Appendice alla Vita di Lorenzo 
il Magnifico, del celebre Sig. Gugliel- 
mo Roscoe . 

V intagliò in rame dell* effigie del 
Savonarola, che accompagna questo 
volume, è copiato esattamente e nella 
stessa forma dalla famosa Corniola , 
che conservasi nella R. Galleria di Fi- 
renze; come si potrà meglio conoscere 
dall ’ Illustrazione seguente . 



Digitized by Google 


ILLUSTRAZIONE 
DELLA CORNIOLA INTAGLIATA 

COLL' EFFIGIE 

t , * 

DI 

F. GIROLAMO SAVONAROLA 

SCRITTA DAL CHIARISSIMO 

SIG. ABATE ZANNONI 

ANTIQUARIO REGIO 


Li intaglio coll’ effigie del Savonarola , qui 
riportato in istampa a maggiore ornamento 
del libro, appartiene alla ricchissima Col- 
lezione di Gemme, che si conserva nel Reai 
Museo di Firenze . È opera di Giovanni 
delle Corniole, che ebbe tal cognome, per- 
chè le Corniole intagliò eccellentemente; ed 
è la più bella, che uscisse dalle sue mani, 
secondo l’autorevol giudizio del Vasari, al 
quale fece in certo modo eco Giovanni 
Pickler , che la giudicò degna di qualunque 
Greco Artefice. 

L’ ingegno di Giovanni ebbe , come acca- 
der suole., sviluppo ed alimento dalla feli- 
cità del tempo, nel quale égli visse, che 


Dìgitized by Google 



VI 

quello fu del Magnifico Lorenzo dei Me- 
dici. Dilettavasi quest’uomo straordinario 
di antiche Gemme, e molte ne avea rac- 
colte nella sua Casa , che quasi ad ogni 
umano sapere fu ospizio, quando per in- 
trodur l’ arte in Firenze , chiamò a se da 
varj paesi i maestri di essa, i quali a lui 
racconciarono gli antichi lavori, e ne con- 
dussero di nuovi . 

Sebbene questi Maestri fossero i miglio- 
ri di quel tempo, non dimeno l’Arte par- 
goleggiava anco in loro . Giovanni ebbe 
la gloria di trarla dalle fasce . Imparò dai 
detti Maestri il meccanismo, e si attenne 
pel resto alle opere dell’ antica età. Per 
questo intagliò con tanto sapere, che ca- 
der fece in dimenticanza tutto quel che di 
meglio aveano gli altri in avanti operato . 

Questo intaglio non è da ascriversi agli 
anni più verdi di Giovanni , ma sì a quei 
più maturi, in che egli era certamente do- 
po la morte del Savonarola. Che il lavoro 
appartenga a questo tempo, è manifesto 
dall’ esser 1’ infelice Cenobita nell’ iscrizio- 
ne, che gira attorno al Ritratto, chiama- 
to martire: nome, che non potè darglisi 
se non dopo che fu a lui con infame sup- 


Digitized by Google 


plizio tolta la vita, e per feroce ira di par- 
te, consumato il cadavere con le fiamme. 
Ciò noto, perchè il Vasari e gli altri, che 
parlano della presente Pietra, non lo han- 
no avvertito . E se questa appartiene a 
tal tempo, ed è la più bell’opera di Gio- 
vanni, accresce essa il numero dei fatti, i 
quali mostrano, che gli uomini, che or 
siamo usi chiamare di genio , qualunque 
disciplina professino , vinti i contemporanei 
e quei che gli precedettero , intendono sem- 
pre a rendere se più perfetti ; e se supera- 
rono quelli con ardito e generoso slancio , 
essi poi procedono gradatamente a questa 
loro ulteriore perfezione. 



Digitized by Google 


NOTIZIE 

SULLA VITA 

D I 

F. GIROLAMO SAVONAROLA 


INLicque Girolamo Savonarola nel i 452 in 
Ferrara d’una famiglia padovana (i). Aveva 
il suo avo esercitata con lode la medicina 
al servizio della Casa d’ Este (a ) . La sua ima- 
ginazione ardente lo fece fuggire dal secolo , 
e senza la saputa , o approvazione dei geni- 
tori, nell’ età di anni 22 vesti in Bologna 
l’ abito di S. Domenico . Si distinse altamente 
nelle scienze , e in specie nella predicazione 
ma soprattutto per la santità dei costumi, e 
austerità della vita ( b ). Lorenzo il Magnifico, 

che cercava gli uomini di merito d’ ogni sor- 

• 

(1) Son estratte queste notizie dalla Storia di Tosca- 
na del celebre Lorenzo Pignoni , che come Regio Isto- 
riografo ebbe campo di esaminare le più minute parti- 
colarità di quei tempi nei pubblici Arcliivj di Firenze. 

(a) Alcune altre illustrazioni si sono poste in fine di 
queste Notizie, citate colle lettere alfabetiche. Vegga- 
si pag. XLIII. 

Sav. b 


Digitized by Google 



X 

te, l’attirò a Firenze, ove divenne Priore 
del convento di S. Marco: ma o sdegnando 
di lusingare l’ambizione de’ grandi, ovvero 
odiando l’usurpazione del governo dei Me- 
dici , si tenne sempre lontano da quella Ca- 
sa , cui , come fondatrice del convento , era- 
no usi i superiori di coltivare; e qualora 
Lorenzo visitava il convento (c) , o appariva 
nell’ orto, fra Girolamo si chiudeva nella 
cella. Finche però visse Lorenzo [d), benché 
non lasciasse d’ attaccarlo ne’ privati discorsi 
non osò alzar pubblicamente la voce contro 
di lui, o disarmato dalla moderazione di es- 
so , o conoscendo l’ inefficacia delle sue pa- 
role . 411 a sua morte gli crebbe il coraggio , 
e nella riforma del Governo di Firenze , dopo 
la cacciata de’ figli di Lorenzo de’ Medici, 
nella predicazione» in cui era divenuta sì 
grande la sua fama, osò mescolare alle mas- 
sime del Vangelo le discussioni politiche . Il 
dritto di parlare al popolo adunato , che ap- 
parteneva ai Consoli , e agl’ Imperatori , dopo 
la ruina dell’Impero Romano, e lo stabili- 
mento della Cristiana Religione, era passato 
ai ministri del Santuario . Quest’ arme poten- 
tissima capace d’eccitare, e sedare i popola- 
ri tumulti, diveniva anche più formidabile 


Digitized by Google 


XI 


ne’ sacri Ministri, i quali parlando a nome 
del Cielo, sono ascoltati dalla moltitudine 
con devota parzialità;* onde qualora , in vece 
di limitarsi ai loro sacri doveri, presero par- 
te negli avvenimenti politici, abusando del 
loro ascendente sui popoli, eccitarono per 
lo più pericolosi tumulti; e i secolari governi 
non posson mai vegliare abbastanza per re- 
primere questi faziosi missionarj. Tale era 
Fra Girolamo. Amante del governo popola- 
re o per principi , o per farsi più accetto al 
popolo, non solo il consigliò modestamente, 
ma preso il tuono profetico de’ Sacerdoti 
d’Isdraello, osò annunziare perentoriamen- 
te tale esser la volontà del Cielo , che parla- 
va colla sua lingua ; e in una predica , da cui 
escludendo le donne , e i fanciulli , invitò la 
Signoria , i Magistrati e il popolo , espose 
diffusamente i suoi principi mescolando teo- 
logia, politica, e profezie (e). Era riguardato 
da un numeroso seguito di cittadini come 
ispirato dal Cielo , perchè nelle sue anterio- 
ri prediche avea annunziato a Firenze, e 
all’ Italia quelle disgrazie, che ogni buon 
politico potea prevedere , e che verificate gli 
conciliarono un’alta considerazione. La sua 
voce tuonando dal pergamo fra i due partiti 


Digitized by Google 



XII 


diè il tratto alla bilancia , e fece prevalere il 
governo popolare. Giuliano Salviati, uno 
de’ 20 Accoppiatori , ftì il primo ad obbedire 
al Frate, dimettendosi dalla carica; e appres- 
so a lui tutti gli altri o volontariamente, o 
costretti. Ruinata pertanto l’antica forma 
aristocratica , che per 60 anni avea regnato , 
si fece un Consiglio generale, in cui avessero 
voto tutti i cittadini legittimamente capaci 
d’ essere impiegati . E in tal maniera fu sta- 
bilito in Firenze il governo popolare . In esso 
mescolossi sempre Fra Girolamo, come tutti 
gl’ Istorici Fiorentini ne fan fede: ma secon- 
do il famoso detto del Machiavelli a lui di- 
retto , che i Profeti non armati li avea veduti 
sempre capitar male , non potè resistere alle 
conseguenze dell’ avvenimento , che or siamo 
per narrare. 

Era la Repubblica divisa in due Fazioni: 
la più grande seguiva i dommi politici del 
Savonarola , e si appellava la setta de’ Pia- 
gnoni, perchè l’austerità religiosa del Frate 
gli avea accostumati a deplorare sui piaceri , 
e le vanità mondane : l’ altra degli Arrabbia- 
ti. dal malcontento d’ aver perduto l’ arbitrio 
del governo , che dei Compagnacci anche fu 
detta, perchè non seguitavano le rigide mas- 


Digitiz'ed by Google 


Xill 


sime di vita del Frate, e amavano più il pia- 
cere . Se ne nomina anche una terza detta 
de’ Bigi, che era quella , che più strettamen- 
te era attaccata ai Medici (2) . Questa però 
si teneva nascosa, e aderiva palesemente ai 
Piagnoni , vedendoli più potenti , onde la sua 
apparente moderazione la fece crescere di 
favore , e potenza , per cui varie persone di 
essa furono ammesse alle prime cariche. Fra 
queste , Bernardo del Nero partitante dei 
Medici era stato creato Gonfaloniere. Cre- 
dette Piero questa circostanza opportuna per 
tentare un nuovo colpo . Favorito dal Duca 
di Milano, e dai Senesi, avendo concertato 
co’ suoi fautori, che in Firenze si levasse ru- 
more al suo arrivo , si parti segretamente di 
Siena , e s’ avviò verso Firenze con 800 ca- 
valli , e 3 mila fanti ; e la mattina del di 28 
aprile , poco dopo il far del giorno , fu a S. 
Gaggio , presso la Porta S. Piergattolini . 
Sceso alle Fonti , si pose dietro di esse per 
evitare i colpi di colubrine che si tiravano 
dalla torre della Porta stessa già serrata. 
' Aspettò ivi per alcune ore che i suoi amici 
nella città si levassero a rumore , e gli apris- 
• ' • * * 

( 2 ) Nerli y commen . Uh. 4- 


Digitized by Google 



XIV 


sero la Porta; ma il partito dominante avea 
qualche ora innanzi appresa la sua venu- 
ta (3), e date le opportune disposizioni per 
difendersi, lo che avendo visto gli amici di 
Piero, non osarono muoversi; ed ei dopo 
lungo e inutile indugio credette necessaria la 
ritirata, perchè non gli fosse impedita da 
qualche corpo di quei che trovandosi verso 
Pisa , potevano , venendo per la Val d’ Elsa , 
tagliargli la strada . Cosi trionfò la setta dei 
Piagnoni, e si confermò al Savonarola la qua- 
lità di profeta (4). La città s’ empi di sospetti 


(3) Si narra variamente il fatto : la maniera più na- 
turale è quella contata dal Nardi: che Piero fu obbli- 
gato da una dirottissima pioggia a dimorar due ore a 
Tavernelle , ove le sue genti si rinfrescarono . Per 
cautela facea ritener tutti i viandanti , perchè non ne 
portassero l’avviso alla città; che un contadino però 
rimandato indietro dalle genti a cavallo, che lo pre- 
cedevano, prese una scorciatoja, giunse a Firenze, e 
ne diede notizia . Nardi Ist. lib. a. Il Guicciardini fa 
le genti di Piero non più di 6oo cavalli , e 4°o fanti , 
l’ Ammirato dà il numero da noi descritto . 

(4) Ammir. lib. •>.]. Nardi, lib. i. Narra questo, che 
quando Piero era vicino a Firenze , e perciò la città in 
tumulto, il Benivieni mandato da uno de’ Signori al 
Savonarola gli dicesse spaventato che il nemico s’ avvi- 
cinava, e che il Frate, che leggeva, alzando il capo 
con un sorriso gli rispose come Gesù Cristo al Principe 
degli Apostoli: Modica Jidci , quare dubitasti? Non 


Digitìzed by Google 



XV 


contro l’antica fazione, non parendo proba- 
bile che Piero si fosse tanto accostato a Fi- 
renze, e tanto avesse aspettato, senza avere 
nella città delie forti intelligenze . S’ era real- 
mente formata una cospirazione in suo favo- 
re da molti de’ principali cittadini, fra i qua- 
li si contava lo stesso Gonfaloniere eletto pro- 
babilmente per intrighi del medesimo parti- 
to , che usato ad avere per mezzo dell’ in- 
fluenza de’ Medici il governo esclusivamente 
in mano , vedea di mal occhio una democra- 
zia, che lo lasciava obliato nell’oscurità . Ma 
sconcertati i congiurati nel vedere scoperta 
l’impresa prima dell’ arrivo di Piero, e le 
misure di valida difesa prese dal Governo, 
restarono tranquilli . Passò qualche tempo 
in cui i sospetti non si poterono verificare; 
nè forse si sarebbe la congiura svelata senza 
Lamberto deU’AnteUa, che fuoruscito, co- 
me aderente ai Medici, volendo rientrare a 
ogni patto in Firenze, venne all’ Antella con 
intenzione di palesare il trattato. Arrestato 

ivi, e condotto in città giustificò la sua inten- 

* 

sapete » che il Signore è con voi ? » Può darsi che la 
sua persuasione fosse tale ; ma non è impossibile , che 
come capo del partito fosse già informato dei gagliar- 
di provvedimenti presi. 


Digitized by Google 



XVI 


zione con una lettera , che gli fu trovata ad- 
dosso , scritta al Gualterótti , uno dei Dieci , 
in cui lo avvertiva di dovergli parlare segre- 
tamente di cose spettanti alla Repubblica. 
Rivelato da lui il trattato, furono scelti 20 
cittadini per sentire gli esami degli accusati , 
dopo la relazione de’ quali si adunò una 
straordinaria Pratica di 160 cittadini, tratti 
dalle prime cariche dello Stato , che esamina- 
ti i deposti e le prove , dichiararono i prin- 
cipali rei, Bernardo del Nero di non aver ri- 
velato il trattato ( a cui si provò , che era no- 
to nel tempo del suo Gonfalónierato) Loren- 
zo Tornabuoni , Giovanni Cambi , Giannozzo 
Pucci, e Niccolò Ridolfi d’aver tramato di ri- 
mettere i Medici in Firenze, che furono tut- 
ti condannati a morte . Ma avendo essi ap- 
pellato al Consiglio generale , in cui secondo 
l’ ultima riforma , dovea esser confermata la 
sentenza , il partito dominante temeva , che 
in si numerosa adunanza pel favore , e pre- 
mure dei parenti , i rei fossero salvati . Ot- 
tennero perciò che in una nuova Adunanza , 
o Pratica di Consiglieri scelti, la più parte al- 
meno, dalla loro fazione, fosse deliberato se 
si potesse sospendere la legge dell’ appello , 
per impedire le sedizioni : asserendo , dice il 


Digitized by Googl 



Guicciardini , che le leggi medesime concedo- 
no , che per fuggire i tumulti , possono essere 
le leggi in caso simile dispensate (5) ; massi- 
ma pericolosa ed ingiusta , la quale se la ne- 
cessità ha fatto qualqhe volta ammettere, le 
circostanze, che la giustifichino, ricorrono 
appena una volta in un secolo . Non era que- 
sto il caso presente ; e i motivi , o i pretesti 
appariscono frivoli, giacche in quel governo 
sempre si poteva temere l’influenza de’ pa- 
renti e degli amici , onde o la legge era difet- 
tosa , o dovea cuoprir tutti egualmente . La 
violazione diveniva anche più ingiusta, per- 
chè era stata proposta dal partito che volea 
violarla, e più crudele, perchè si trattava 
della vita de’ cittadini . Grandi furono i con- 
trasti su questo appello . I più imparziali so- 
stenevano che la legge non dovea violarsi. 
Intanto l’ agitazione del Consiglio era giunta 
al sommo, e colla più scandolosa indecenza 
s’ era pronti a venire alle mani : onde il Gon- 
faloniere, vedendo tapto tumulto, propose 
l’ esecuzione della sentenza , protestando pe- 
rò che si violavano le leggi. Approvata la 
condanna , il partito vincitore , temendo ogni 


( 5 ) Giticciard ist. lib . 3 . 



XVIII 


indugio, la fece la notte stessa eseguire; e fu 
dopo la mezza notte mozza la testa ai con- 
dannati. Bernardo del Nero avea passati i 
settantacinque anni, onde porse il collo al 
carnefice con molta franchezza, dicendo, che 
poco era quello , che gli toglievano . Moriro- 
no tutti con coraggio. Altri fuggiti, furono 
dichiarati ribelli, altri confinati, o bandi- 
ti (6). 

Questa esecuzione esasperò gli odj de’ due 
partiti , e riunì , e concentrò per dir così sul 
Frate i raggi dell’ira della fazione, che do- 
veano o viepiù illuminarlo, o distrugger- 
lo (7). Nelle sue impetuose declamazioni con- 

(6) Nardi lib. 2. Guicc. lib. 3 . Amm. lib. 27. Nerli 
lib. 4 . 

(7) Il voler persuadere, per difendere il Frate, che 
forse gli fu ignoto quest’affare fin dopo l’esecuzione 
della sentenza , è un meschino e puerile compenso . 
L’ affare fu agitato per qualche tempo con tanto cla- 
more, eh’ era noto anche fuori di Firenze; e da Ro- 
ma vennero delle premure in favore degli accusati » 
Inoltre il Savonarola era il capo della fazione; l’affare 
era de’ più importanti , e v’ entrava la coscienza : e 
appunto in questi casi , concedono i suoi apologisti , 
era consultato . Niun uomo di senno ammetterà que- 
st’ignoranza , lasciando da parte l'autorità d’AntonM. 
Graziani Vescovo d’Amelia, che assicura che i paren- 
ti dei rei si posero in ginocchione davanti al Savona- 
rola per ottenere l’appello . » De casibus viror. illus . Il 


Digitized by Google 



tro il vizio, non avea risparmiato la Chiesa, 
e gli era fuggita di bocca qualche espressio- 
ne che la Chiesa d’ Iddio avea bisogno di ri- 
forma . Queste parole riportate , e forse esa- 
gerate al Pontefice, a cui (seppur conóbbe 
mai i rimorsi ) pur troppo la coscienza dovea 
rinfacciare la verità delle parole del h rate , 
gli eccitarono contro un più terribile parti- 
to, da farlo awedere quanto pericoloso ufi- 
zio sia quello di riformatore del Clero , Più 
volte il Papa si dolse colla Signoria di Firen- 
ze di questo temerario predicatore, che osava 
portar la mano nel Santuario * lo chiese ai 
Fiorentini , e minacciò degl’ interdetti . Ma 
nelle lettere di risposta della Signoria si 
scorge la determinata fermezza di sostenere 
il Frate (8). Vedendo il Papa senza effetto il 
timor delle pene ecclesiastiche in un popolo 
fanatico, minacciò de’ mali più reali, l’esilio 
dei mercanti fiorentini da Roma, e la confi- 
sca de’ loro beni . Si scosse a questa minac- 
cia l’ avidità fiorentina , e adoperò in guisa 
la Signoria, che il Frate si astenne per qual- 

Cerretani ( istoria manoscritta ) dice: » Fu Fama che 
« Fra Girolamo avesse mandato al Magistrato a d ire 
« che Dio voleva si facesse giustizia » . 

(8) Si trovano nell’ archivio delle Riformagioni . 



XX 


che tempo dalla predicazione . Allora in sua 
vece montava in pergamo Fra Domenico da 
Pescia , che più fanatico , perchè più sempli- 
ce, ripeteva, e accresceva le declamazioni di 
Fra Girolamo. Questo per altro , conoscendo 
la potenza di Roma, tentò dissipar la tem- 
pesta con umile lettera al Papa, in cui se 
aveva errato in detti, o in fatti, si offriva 
pronto a emendarsi a ogni cenno del Pon- 
tefice (9). Pareva che in risposta il Papa lo 
dovesse paternamente ammonire : ma ;è una 
massima delle fazioni di non scendere a par- 
ticolari dettagli , quando si vuole opprimere 
alcuno . Intanto la dottrina teologica , e po- 
litica de’ due Domenicani eccitava le più 
forti convulsioni nei divoti fazionarj , che 
ciechi dal fanatismo non distinguendo i li- 
miti della decenza, ne’ quali deve ristrin- 
gersi anche la devozione, ponevano in prati- 
ca mezzi ridicoli , e delle sacre farse , onde 
più volte edificarono, o divertirono il carne- 


(9) » D igne tur, Sanctitas Vestra, mihi communica- 
« re quod ex omnibus quae dixi et scripsi sit revo- 

* candum , et ego id libentissime faciam , nam hac 
« vice, et semper, sicut dixi, et etiam scripsi, me 
« ipsum , et omnia mea dieta subijcio correctioni S. R . 

* E. et S. V. Savori, epis. ad Alex. VI. 


Digitized by Google 



XXI 


vale di Firenze . Cosi una volta a istigazio- 
ne loro un numeroso stuolo di fanciulli, fat- 
ti i deputati per (/) ogni Quartiere andarono 
con umiltà , e devozione a tutte le case do- 
mandando l’ anatema , cioè tutto quello , che 
vi era di profano, e pitture lascive, e libri 
poco modesti, che liberamente si concedeva- 
no loro : e il devoto sesso feminile , cedendo 
umilmente a quelli innocenti predicatori , si 
lasciava spogliare della più cara suppellettile 
del mondo muliebre , e delle finte capelliere 
ed altri ornamenti da testa, delle pezzet- 
te di Levante, belletti, odori, e di tutto 
ciò che r industria femminile ha saputo in- 
ventare per accrescere , o per mentir la bellez- 
za . Nè qui s arrestava l’ anatèma ; ma tavo- 
lieri , scacchiere , carte da giuoco , arpe , 
liuti, e cento altri mezzi anche d’innocente 
trastullo , erano sotto lo stesso titolo confisca- 
ti. Nell’ultimo di poi del carnevale, dopo 
avere udita la messa, vestiti di bianco, por- 
tando in testa ghirlande d’ olivo , e delle cro- 
cette rosse in mano, vennero salmeggiando / 
sulla piazza dei Signori , ove era stato eretto 
un piramidale catafalco , in cui superiormen- 
te si trovavano depositati quelli istrumenti 
di piacere, e di lusso profano. Saliti i fan- 


Digitized by Google 



XXII 


ciulli nella ringhiera de’ Signori, dopo aver 
cantate delle laudi spirituali, i quattro de- 
putati scesero colle torcie accese , e messero 
il fuoco alla pira , che andò consumandosi Ira 
le voci di gioja e il suono delle trombe (io). 
Il popolo ama lo spettacolo, e la novità; 
e fu forse più dilettato da questa comica rap- 
presentanza, che dal solito nojoso corso di 
maschere . Nello stesso tempo del carnevale 
il Padre Girolamo non isdegnò la danza : la 
parola, per cosi dire, di guerra de’suoi segua- 
ci per riconoscersi era viva Cristo . Riuniti 
pertanto nel carnevale in S. Marco i suoi più 
caldi fautori, gridando viva Cristo , il Padre 
Girolamo facevagli escir di Chiesa sulla piaz- 
za insieme co’ frati : si prendevano per ma- 
no, e formando una circolare ampia catena, 
alternandosi un frate , e un secolare , gridan- 
do con alte entusiastiche voci viva Cristo , 
e ballando e saltando , stranamente asseriva- 
no esser bella, e santa cosa impazzire per 
Cristo( 1 1 ). E siccome F uso di quei tempi era- 
no le canzoni a ballo , si componevano que- 
te da Girolamo Benivieni, uno dei più caldi 

(io) Nardi Is. Hi. a Nerli comm. lib. 4- 

(n) Nardi, lib. a. Nerli comm. lib. 4- 


/ 


Digitized by Googl 



xxm 


partitami del Frate , e de’ migliori poeti di 
quella età , che volle avvilire la sua Musa al- 
le più strane idee, ed espressioni (ia). Ma 

v 

( 12 ) Diamo qualche saggio di questi versi: 

« Non fu mai pili bel sollazzo, 

. « Più giocondo , nè maggiore , 

« Che per zelo e per amore 
« Di Gesù divenir pazzo . 

« Sempre cerca , onora ed ama 

« Quel che il savio ha in odio tanto , 

« Povertà, dolori e pianto 
« 11 Cristian , perch’ egli è pazzo. 

« Non fu mai ec. 

« Discipline e penitenzia 
« Son le sue prime delizie , 

'« E i suoi gaudj e le letizie , 

. È martìr, perch’egli è pazzo. 

« Non fu mai ec. 

e termina così : 

« Ognun gridi com’io grido 

« Sempre pazzo, pazzo, pazzo. 

È strano che nè il poeta, nè i devoti s’accorgessero 
del doppio senso, che potevan ricevere siffatti versi, 
e che anche un libertino poteva con compiacenza can- 
tarli. Altra canzone non meno singolare è la seguente : 
« lo vo’ darti, anima mia, 

« Un rimedio sol, che vale 
« Quanto ogn' altro a ciascun male , 

« Che si chiama la pazzia. 

« To’ tre onde almen di speme , 

• « Tre di fede, e sei d amore, 

« Due di pianto, e poni insieme 


Digitized by Google 



XXIV 


un uomo, la di cui celebrità e forza stava 
nella predicazione, non potea restar lunga- 
mente muto , senza che il suo credito decli- 
nasse. Ad onta delle proibizioni del Papa, 
improvvisamente tornò a predicare , asseren- 
do essere ispirato dal Cielo (g) . Sdegnato il 
Pontefice fulminò contro di lui la scoiVmnica, 
che» per un sacro contagio dovea comunicarsi 
a tutti quelli che l’ ascoltavano . Messer Gio- 
vanni da Camerino , che portava l’ Interdetto 
per pubblicarsi in Firenze, s’arrestò a Sie- 
na, nè osò venire innanzi per timore d’ es- 
ser trucidato dai devoti fanatici; tuttavia 
per mezzo de’ nemici del Frate furono i Bre- 

« Tutto al foco del timore. 

« Fa dipoi bollir tre ore, 

« Premi infine, e aggiungi tanto 
« D’umiltà, e dolor quanto 
« Basta a far questa pazzia . 

« Io vo’ darti ec. 

« 0 pazzia mal conosciuta 

« Da color che t’ han per pazza ec. 

Non solo il miglior Poeta fiorentino, ma anche il più» 
gran pittore , Baccio della Porta , fu sedotto dal fana- 
tismo del Savonarola a segno d’ abbandonar 1’ arte in 
cui era sommo , sentendo declamare contro la sua 
arte come seduttrice; e in uno di quei devoti baccana- 
li gettò le sue pitture , i suoi disegni , e tutto il suo 
studio nel fuoco , e vestì 1’ abito Domenicano , col no- 
me di fra Bartolommeo. Vasari, Vita di Fra Bart. 


Digitized by Google 


XXV 


vi affissi in varie parti di Firenze . Allora fra 
Girolamo , lasciata ogni moderazione , asserì 
pubblicamente che le ingiuste censure non 
hanno forza alcuna . Declamò còn tutto il vi- 
gore contro la scandalosa vita del Clero , so- 
stenendo che la Chiesa avea necessità di ri- 
forma . E in vero il Savonarola non avea gran 
torto . Più volte altri uomini d’ ingegno co- 
me Dante , e Petrarca aveano più di lui ful- 
minato ne’ versi le dissolutezze ecclesiasti- 
che: ma se mai vi fu tempo in cui siffatte 
declamazioni potessero sembrar giuste, era 
appunto nel regno d’un Papa, che insieme 
coi figli nel Vaticano avea superato le ricer- 
cate libidini, che ne’ cupi recessi di Capri 
disonorarono lo stesso Tiberio (i3), e che 
erano eclissate da più atroci delitti, ove si 
poneva in uso il ferro, il veleno (i4)> o per 
private vendette , o per acquistar le ricchez- 
ze delle vittime sacrificate. Tutti quei però 
che credono che l’ammanto ecclesiastico , e 

( 1 3) V. Guicciardini e tutti li Storici . 

(i4) è cosa manifesta essere stata consuetudine 

frequente del padre ( Alessandro VI. ) e sua ( del Va- 
lentino ) non solo d’usar veleno per vendicarsi contro 
i nemici, o per assicurarsi de’ sospetti, ma eziandio 
per scellerata cupidità di spogliare delle proprie facol- 
tà le persone ricche ec. Guicciard. lib. 5. 

Sny. c 


Digìtized by Googte 



"XXVI 


specialmente il papale, qualunque individuo 
rivesta, debba coprire da ogni censura, in 
somma tutti i superstiziosi imbecilli si scan- 
dalizzarono della disobbedienza di Fra Giro- 
lamo ; e s’ indebolì alquanto il suo partito . I 
preti dipendenti sempre dalla Corte di Ro- 
ma, gli altri Ordini religiosi rivali, traen- 
dosi dietro gran numero di devoti, prese- 
ro a declamare contro la sua disobbedienza . 
Leonardo de’ Medici , Vicario dell’ Arcive- 
scovo , proibì al Clero d assistere alle pre- 
diche di Fra Girolamo, e comandò a tutti 
i Parrochi di protestare ai parrocchiani , che 
se andassero alle di lui prediche, sarebbero 
rigettati dalle confessioni , e comunioni , co- 
me scomunicati , e come tali privati di se- 
poltura . Tutto fu inutile : i Magistrati parti- 
giani del Frate decisero ch’ei predicasse, e 
minacciarono al Vicario Medici la pena di 
ribelle, se in due ore di tempo non si fosse 
licenziato dall’officio di Vicario. (i5). Niente 
è più capace di questo fatto a mostrare la 
potenza del Frate, e l’entusiasmo de’ Fio- 
rentini, benché diminuito. Realmente era 


(i5) Vedasi a questo proposito il Nardi ist. lib. 2 , 
che come testimone oculare ne parla lungamente. 


Digitized by Googlc 



XXVII 


tuttavia grande il numero di quei che gli re- 
stavano attaccati, e nel cuore de’ quali le 
opere devote, e la vita austera d’un uomo 
come Fra Girolamo, contrapposte all’ infa- 
me carattere, e grossolane lascivie d’Alessan- 
dro , facevan pender la bilancia in favore del 
primo. Potevano altri ancor rammentare 
gl’ ingiusti interdetti di Sisto IV. e il corag- 
gio con cui la città gli avea dispreizati. 
Animati però e dallo zelo per l’autorità di 
Roma , e dall’ invidia contro la celebrità del 
Frate, e la considerazione che n’avea acqui- 
stata l’Ordine Domenicano, e dal partito 
dei Compagnacci, e Arrabbiati, erano sorti 
dei rivali negli Ordini Francescano, e Ago- 
stiniano, che dai pulpiti di S.- Croce, e di 
Santo Spirito combattevano gli «altri due sa- 
cri antagonisti Fra Girolamo e Fra Dome- 
nico. Il concorso or qua or là era fre- 
quentissimOj e non si risparmiavano dalle 
arrabbiate Sette neppur gl’ insulti agli stessi 
predicatori, battendosi per le strade, ed es- 
sendo anche obbligato Fra Girolamo nel 
condursi da San Marco alla Cattedrale a far- 
si guardare da gente armata . Due schiere di 
ragazzi spesso si battevano coi sassi, una 
per offendere, l’altra per difendere il Frate; 


Digitized by Google 



XXVIII 


e talora infanciullendo anche gli uomini gra- 
vi vi si mescolavano qualche volta. Il per- 
gamo dove dovea predicare fu trovato im- 
brattato di sozzure, e una volta coperto di 
una pelle d’asino. Talora si facevano stra- 
ni rumori per interromper la predicazione 
fino coi tamburi (16). Ma la di lui ruina 
cominciò dall’ indiscrezione del fanatico com- 
pagno Fra Domenico da Pescia . Egli ebbe più 
volte l’imprudenza di asserire dal pergamo 
che la dottrina del suo maestro era così vera , 
e le profezie ispirate dal Cielo , che , quando 
anche ne fosse stato uopo , sarebbero pronti 
a confermarle entrando nel fuoco . Non era- 
no ancora affatto abolite dalla ragione le su- 
perstiziose prove tanto impropriamente chia- 
mate Giudi^j di Dio , e si manteneva la me- 
moria di S. Pietro Igneo * di cui si narrava , 
che nella stessa città passò a traverso il fuoco 
per dimostrare la simonia d’un vescovo di 
Firenze. Fra Girolamo, benché non appro- 
vasse l’imprudente offerta del compagno, 
non poteva opporsi troppo' vivamente, per 
non diminuire in esso e negli altri fanatici 
la cieca fede che avevano in lui; e benché 

( 16 ) Nardi, lib. 2 . 


Digitized by Google 



XXIX 


aneli ei non negasse , che si poteva , quando 
occorresse, ricorrere a quella prova; pare 
però che avvertisse gentilmente il compagno 
della sua imprudenza (17). Ma dov’è fana- 
tismo, non vi può esser prudenza. Fra Do- 
menico replicò più volte la stessa offerta, 
sfidando i predicatori del partito contrario 
a cimentarvisi . Gli Ordini nemici, special- 
mente quello di Santa Croce , dopo seria de- 
liberazione determinarono con riflessioni ca- 
villose d’accettar la disfida, non disperando 
fra un numero s\ grande di loro, trovarne 
uno assai semplice e fanatico da accettar la 
disfida. Realmente, nel primo momento dei 
bollore del fanatismo, Fra Francesco di Pu- 
glia si offerse al cimento ; ma la fredda rifles- 
sione gli fece trovar de’ pretesti per ritrattar- 
si (18) .Successe a lui nella coraggiosa offerta 
Niccolò dei Pilli fiorentino : anche l’ ardor di 
questo fu agghiacciato da più matura consi- 
derazione . Ma convien cercare il cieco fana-< 

(17) Cosà è contato il fatto dal Nerli lib. 4 - II Nardi 
poi dice , che la disfida venne dal Predicatore di S. 
Croce Fra Francesco, che si vantò d’ entrarvi esso, se 
Fra Girolamo volesse seguitarlo , ma pesando le altre 
espressioni, pare più. verisimile il racconto del Nerli, 
benché anche nel diario del Burcardo si seguiti il Nardi. 

( 18 ) Nardi lib. 2 . 


Digitized by Google 



XXX 


tismo ov’è più d’ignoranza, e in quella clas- 
se appunto onde esci un Fra Clemente, cioè 
trai frati laici. Si ritrovò Fra Bartolommeo 
Rondi nelli (19), che meno riflessivo o più 
fanatico accettò la disfida, e perseverò nel 
proponimento. La sua costanza fu tale, che 
giunse ad asserire, che non gl’ importava di 
morire tra le fiamme, purché ardendo (co- 
me era sicuro) l’antagonista, si smascheras- 
sero cosi, l’ imposture di Fra Girolamo (20). 
Benché moltissimi del partito del Savonaro- 
la , come asseriscono gli storici suoi parzia- 
• li (21), si soscri vesserò per esporsi alla prova , 
toccò a Fra Domenico il pericoloso onore, 
cui fu ceduto volentieri dal suo maestro. De- 
liberarono i Magistrati , ed altri gravi citta- 
dini sopra una esperienza tanto contraria 

(19) Questo è il caso di cui parla Omar a Maomet- 
to. Voltaire, tragedie le Fanatisme act. 2. se. 6. 

« Tes autres favoris zélés avec prudence , 
m Pour s’éxposer à tout ont trop d’expérience; . . 

« Ils sont tous dans cet àge , oìt la maturità 
« Fait tomber le bandeau de credulità , 

« Il faut un coeur plus simple , aveugle avec courage etc. 
Il casato del frate che accettò fu Rondinelli , ma da al- 
cuno è chiamato Francesco, da altri Giuliano: il Nardi 
spettatore della tragicommedia lo chiama Bartolommeo. 

(20) Net lì , contea, lib. 4. 

(ai) Nardi, lib. a. 


Digitized by Google 



XXXI 


alla religione, alla umanità, e al buon sen- 
so; nè è da lasciarsi la saggia proposizione 
d’ un uomo di spirito fra i Signori , Giovan- 
ni Canacci: egli disse, che senza tanto pe- 
ricolo, si poteva ottenere lo stesso miraco- 
lo, facendo entrare i due frati in un tino di 
acqua tiepida , e che quello che n esciva 
asciutto fosse il vincitore (22). La pluralità 
del Consiglio acconsentì all’ esperimento del 
fuoco, sperando forse alcuno de’ più saggi 
che ardendo nelle fiamme i due rivali , avreb- 
bero fine sì pericolose dispute che tenevano 
la città tanto divisa . Si elessero quattro de- 
putati per assistervi , due per partito : dalla 
parte del Frate, Jacopo Salviati, e Alessan- 
dro Acciajoli : dalla contraria Piero degli Al- 
berti, e Benedetto dei Nerli. Fecero questi 
preparare un palco di grosse tavole lungo 4 o 
braccia , largo cinque, e due e mezzo alto da 
terra , che dal Palazzo dei Priori si estende- 
va verso il tetto de’ Pisani. Fu coperto di 
terra smaltata di mattoni crudi assai grossi 
da resistere al fuoco . Da destra , e da sini- 
stra era il palco coperto da due file o argini 
d’arido legname di quercia, scope, e altre 

« 

(a a) Nerli, comm. lib. 4. 



XXXII 


materie combustibili , e solo nel mezzo si 
apriva una via della larghezza d’ un braccio , 
per la quale si sperava dalle due fazioni di 
veder passeggiare illesi i loro campioni , co- 
me i tre giovani Ebrei nella fornace di Ba- 
bilonia. Fissato f esperimento pel di 17 a- 
prile, sabato avanti alla Domenica delle Pal- 
me, la moltitudine dalla campagna, e dal- 
la città concorsa a questo spettacolo fu im- 
mensa. Onde presi provedimenti pel buon 
ordine, si sbarrò la piazza, e all’ora fissata 
si chiusero le Porte. I primi a comparire fu- 
rono i Religiosi Francescani, fra i quali Bar- 
tolommeo Rondinelli, senza apparato e in 
un profondo silenzio, e furono collocati in 
un palco di legno diviso in due parti per ri- 
cevervi i due Ordini. Vennero indi in pom- 
pa ecclesiastica i Frati di S. Marco: Fra Gi- 
rolamo parato portava il Sacramento nel ta- 
bernacolo; e nell’ entrar della piazza intuo- 
nò con voce forte, e terribile il versetto, 
Exurgat Deus, et dissipentur inimici ejus etc. 
Fra Domenico era ancor parato col Croci- 
fisso in mano. Gli accompagnavano i loro 
numerosi partitanti con fiaccole in mano, 
cantando ad alta voce ; e anch’ essi presero 
posto. Stando il pubblico nell? più ansiosa 

/ 


. Digitized by Google 



XXXIII 


espettazione , si senti esser nate delle diffi- 
coltà. Vollero i Francescani che Fra Dome- 
nico si spogliasse de’ suoi abiti , e ne vestisse 
altri , temendo che avesse indosso qualche 
fattucchieria, che lo difendesse dalle fiam- 
me; e il Frate gli compiacque. Pretese egli 
allora, consigliato da Fra Girolamo, entrar 
nelle fiamme portando seco il Sacramento» 
ciocche i suoi avversarj gli negarono , alle- 
gando lo scandolo che nascerebbe fra gl’ idio- 
ti se vedessero in questa solenne prova ar- 
dere il Corpo di Cristo . Il Savonarola avea 
un gran svantaggio in questo cimento : il co- 
raggioso frate Rondinelli avea pubblicamen- 
te asserito , che credeva sarebbe arso , ma si 
sacrificava pel bene pubblico, giacche ar- 
dendo anche Fra Domenico , l’esito era con- 
tro i Domenicani , che pretendevano provar 
col fuoco la verità delle profezie del Savo- 
narola . Perchè egli restasse vittorioso , con- 
veniva che ardesse il Rondinelli, e Fra Do- 
menico restasse illeso , di che forse non era 
ben persuaso Fra Girolamo stesso; onde pa- 
re che , impegnato dall’ imprudenza, del com- 
pagna, per un sotterfugio proponesse, che 
Fra Domenico portasse il Sacramento, per 
impedir 1’ esecuzione , come di fatto avven- 


Digitized by Google 



XXXIV 


ne , o per prepararsi una difesa; giacche non 
restando illesa l’ Ostia sacrata , come poteva 
restare il corpo di Fra Domenico? Forse 
sperò Fra Girolamo, che come gli altri due, 
il Rondinelli alla vista della pira nell’ ora del- 
Y esecuzione si spaventerebbe: ma l’intrepi- 
do fanatico lo deluse . L’ ostinarsi a non vo- 
ler entrare nel fuoco senza il Sacramento, 
quando questa condizione non era necessa- 
ria, e quando il rivale non la domandava 
per se , era lo stesso che impedir l’ esperi- 
mento (2 3) . Dopo lunghe dispute , che trat- 
tennero il popolo adunato quasi tutto il gior- 
no, dopo una ruinosa pioggia si sciolse il 
congresso senza esperimento. Un’adunanza 
popolatissima eccitata dalla curiosità e spe- 
ranza d’ un avvenimento straordinario, co- 
stretta dopo una lunga , e nodosa espettazio- 
ne a disciogliersi quasi delusa, concepisce 
un’ alta indignazione contro quei che ne han- 
no impedito l’effetto . Questi erano i Dome- 
nicani ; onde contro di essi , e de’ loro devo- 

(a3) II Cambi, che vivea in quel tempo, racconta che 
anche avanti aveano tentato i frati di S. Marco in altre 
maniere d’ impedire il pericoloso sperimento , irta che i 
loro rivali ricusarono, vedendo probabilmente che a 
spese d'un loro individuo il vantaggio era tutto dalla lo- 
ro parte . 


1 


Digitized by Google 



XXXV 


ti declamava il pubblico, chiamando Fra 
Girolamo impostore . Lo insultò nel suo ri- 
torno 3 S. Marco a segno, che appena fu 
protetto dal Sacramento che avea nelle ma- 
ni . Giuntovi , e salito in pulpito fece un bre- 
ve ragguaglio di ciò che era avvenuto, in 
propria difesa, ma invano: a molti de’ suoi 
stessi partitanti rincrebbe che fosse stato 
impedito l’esperimento. Diminuito così as- 
sai il suo credito, il giorno appresso , Dome- 
nica delle Palme , fece un patetico sermone ; 
e quasi presago della disgrazia imminente, 
disse eh’ era pronto a soffrir la morte per le 
sue pecorelle . Ma il giorno , predicando Fra 
Mariano degli Ughi, uno de’ suoi discepoli, 
fatto da’ suoi nemici tumulto nella chiesa , si 
corse affarmi, si serrarono le porte del con- 
vento , il quale fu assalito , e difeso dalle due 
fazioni : e andatavi d’ ordine del Governo la 
forza pubblica, fu quietato il tumulto, e ar- 
restato Fra Girolamo, Fra Domenico, e un 
terzo frate , Fra Silvestro Maraffi . Francesco 
Valori, uno de’ principali cittadini, e degli 
amici, più Zelanti del Frate, era fuggito, e 
riparatosi alle sue c^se , ove il giorno appres- 
so s’affollò il popolaccio in tumulto in spe- 
ranza del saccheggio . Il Valori vide uccider- 




Digìtized by Google 



XXXVI 


si sotto gli occhi la moglie colpita da un pas- 
savogate nel capo, mentre fattasi alla fine- 
stra si raccomandava al popolaccio : e^li chia- 
mato dalla Signoria andava insieme coi maz- 
zieri intrepidamente ; ma giunto presso a S. 
Procolo, alcuni dei parenti degli ultimijcon- 
dannati per cospirazione lo assalirono, e Vin- 
cenzo Ridolfi , tirandogli con una roncola 
sul capo, l’uccise. Fu il Valori un ottimo, e 
virtuoso uomo , amante della patria , zelante 
per la libertà , di rigidi costumi , e un po’ trop- 
po severo, paragonato da’ Fiorentini a Cato- 
ne, e indegno di quella morte (24). Ma il 
fervore delle fazioni non conosce giustizia. 
Si fece intanto il processo ai Frati da’ Magi- 
strati loro nemici; e furono mandati dal Pa- 
pa Commissarj per assistervi . E sempre dif- 
ficile il trar fuori la verità dal caos dei parti- 
ti , ove o la mala fede , o il cieco fanatismo al- 
tera, e confonde .i fatti, e addensa sempre 
più le tenebre. Pare non possa dubitarsi, 
che molte irregolarità fossero commesse , co- 
me avviene , quando 1 ’ odio della fazione 
vuole ad ogni modo condannare una perso- 
na invisa. I tormenti, e in specie la corda, 

(a4) Silvano Razzi, vita di francesco Valori . 


Digitized by Google 



XXXVII 


di cui si fece uso contro i rei , fecero più vol- 
te confessare, e disdirsi Fra Girolamo . A noi 
non appartiene 1 entrare nella minuta discus- 
sione del processo , e si possono consultare 
i suoi tanti istorici, e apologisti (25). Do- 
po lunghi e replicati esami ebbero i tre Re- 
ligiosi condanna di morte. Degradati colle 

0*5) Il Nardi dice , che fu Ietto il processo pubbli- 
camente nella sala , ma non davanti ai rei , nè davanti 
al Magistrato. Aggiunge, che uno de’ grandi cittadini, 
che nemicissimo del Frate era intervenuto al processo , 
dopo molto tempo, trovandosi alla campagna collo 
storico, gli confessò in presenza di sua moglie: che 
dal processo di Fra Girolamo, a buon fine s’ era tron- 
cata qualche cosa, e aggiunta qualche altra is. lib. a. 
Timoteo Parigino nella vita del Savonarola , asserisce 
che il processo pubblicato fu falsificato , e supposto al 
vero da un Cecconi Notaro . Lo Spizelio assicura che 
dal Magliabechi ebbe molti schiarimenti su questa fal- 
sificazione. Benedetto Varchi racconta nella sua istoria 
che nel i53o fu giudicato, per consiglio di Lorenzo 
Ridolfi, doversi il processo del Savonarola toglier dal- 
la camera , come fatto contro ogni legge d’ equità . Il 
Guicciardini ancora asserisce che molti credettero che 
la confessione ','che si pubblicò, fosse stata falsamente 
fabbricata , lib. 3. Si dice nell’ istoria del Cerretani , 
che viveva in quel tempo di questi tre frati: « in Fra 
« Domenico non trovaron nulla, in modo che pensa- 
« rono camparlo, ma il Commissario di Papa Alessan- 
« dro disse: un frataccio di più, o un meno importa 
« poco; vadanvi pure tutti tre. 



XXXVIU 


solite formalità, e consegnati al braccio se- 
colare nel di a3 maggio, vigilia dell’ Ascen- 
sione, furono in quel posto istesso, ove do- 
vea seguire Esperimento del fuoco, a una 
antenna alta io braccia, traversata verso la 
sommità da un altro legno, onde si rappre- 
sentava una croce, appiccati; indi messo il 
fuoco a una gran catasta di legne , da cui era 
circondata l’ antenna , arsi i loro corpi , e le 
ceneri gettate in Arno . Incontrarono il sup- 
plizio con tutta la costanza senza disdirsi; e 
il solo Savonarola nell’ atto d’ esser degra- 
dato , riprese colui , che per errore lo sepa- 
rava dalla Chiesa trionfante . Fu considerato 
da un partito come un sedizioso impostore , 
dall’altro come un martire. Non è facile fis- 
sarne con precisione il crattere. Ci conten- 
teremo di poche riflessioni . Non può dubi- 
tarsi che la sua vita fosse pura, i costumi 
illibati , i precetti santi } ma dettati da un ri- 
gorismo di condannare anche i piaceri in- 
nocenti , senza de’ quali la società umana di- 
verrebbe una trista adunanza di severi, e 
feroci individui rigorismo, che invece di 
giovare alla morale Cristiana, le nuoce, per- 
chè la rende troppo difficile ed austera, e 
dipinge sempre col fulmine alla mano un Dio 


Digitized by Google 



XXXIX 


di pare , e di mansuetudine . In somma il suo 
indiscreto fervore trasportava questo Reli- 
gioso al di là di quei limiti , entro de’ quali 
ogni virtù dee esser ristretta (26) . Ebbe il 
torto di mescolarsi negli affari politici , e di 
prendervi tanta parte , come se fosse stato 
uno dei principali cittadini, anzi di farsi 
capo d’pn partito, ciocche disdice somma- 
mente a un religioso . L’ esperimento del 
fuoco è una parte assai difficile a difendersi 
da’ suoi apologisti , giacche in siffatte circo- 
stanze non comparisce in lui quella Aposto- 
lica confidenza che aver dovea chi si crede- 
va ispirato dal Cielo, e sicuro d’un miraco- 
lo, ma vi trasparisce qualche caviliosa dop- 
piezza . Era il promotore della più estesa de- 
mocrazia , a cui probabilmente la sua elo- 
quenza dominatrice sulla moltitudine lo fece 
inclinare (27). Egli fu il predicatore più ri- 

(26) Dante pieno sempre di giustezza nel pensare , 
nota questo punto di mezzo: 

« Ma quando al mal si torce ; o con più cura 
« O con men che non dee, corre nel bene, 

« Contro il fattore adopra sua fattura » . 

(27) Se si dovesse stare al giudizio degli scrittori 
che lianno parlato di quest’uomo , e che sono numero- . 
sissimi , se ne troverà un egual numero, si contro, che 
in favore ; e fra questi, uomini sommi . Ci contentere- 


Digitized by Google 



xr. 


nomato de’ suoi tempi . Leggendo le sue predi- 
che si trovano in vero de’ pezzi assai eloquen- 
ti ( h ) , che animati dalla sua voce , dalle la- 

mo di accennarne alcuni per la varietà de’ loro princi- 
pj . Macchiavello che ne parla con grandissima stima 
disc. sopra Tit. Lio. lib. i. cap. 1 1, e questo sia per la 
politica . Gli altri per la santità della vita sono S. Fran- 
cesco di Paola, che 20 anni dòpo la morte del Savona- 
rola , fa in una lettera un grande elogio di lui , dicendo 
essergli stato rivelato da Dio, che quel santo uomo fu 
oppresso dalla cabala , e dall’ invidia , e che le di lui 
ceneri facevan miracoli . li altro è S. Filippo Neri , 
sotto Paolo IV. an. i 558 che ne raccomandò al Papa 
la canonizzazione . Bernar. lucen. Apoi. Rainaldus an. 
i 558 . S. Caterina de’ Ricci, e Suor Domenica del Pa- 
radiso , fondatrice del convento della Crocetta , sono 
state due fautrici di cjuesto frate per testimonianza del 
Nerli , Commentar. È da notarsi però che nell’edizio- 
ne stampata colla data d’ Augusta , che è la sola che io 
conosca, an. 1728, ma probabilmente di Firenze, si 
trova nell' indice nominata Suor Caterina dei Ricci, ma 
alla pagina 76, ivi citata , scorgesi una lacuna con dei 
punti che indicano mancanza . Ne’ due autografi però , 
manoscritti, esistenti nella libreria Magliabechiana si 
citano in uno ambedue le Suore , nell’altro la sola Ca- 
terina , detta la S. de Ricci che si dice essere in S. Vin- 
cenzo di Prato . 

Fra gli ammiratori del Savonarola , fu il celebre poe- 
ta Flaminio, come si deduce dal seguente epigramma : 

« Dum fera fiamma tuos, Hieronyme, pascitur artus, 
« Religio sanctas dilaniata comas 

« Flevit , et o dixit , crudeles parcite flammae , 

« Parcite , sunt isto viscera nostra rogo » . 


Digitized by Googli 


XI.I 


crime che spargeva , dall’ idea che s’ era di 
lui formata il popolo, che fosse un profeta, 
dovean produrre un effetto mirabile negli 
uditori , che sovente 1’ interrompevano col 
pianto . Le frequenti apostrofi e interroga- 
zioni , di cui abbondano , ne rendono lo stile 
assai animato. Dove non è oscurata dalla 
nebbia scolastica la sua dizione è assai chia- 
ra, e semplice, e non dubitiamo di asserire, 
che alcune delle sue prediche son preferibili 
alla falsa eloquenza di molti moderni sacri 
oratori , nella quale le verità evangeliche in- 
vece d’ essere ornate di decenti spoglie , so- 
no anzi travestite in stile gonfio e ricercato, 
in cui si scorgono i mal temprati colori del- 
la poesia, senza l’inspirazione (28). I suoi 
devoti, ed in specie i Domenicani, trasmi- 
sero ai posteri una venerazione di quell’ uo- 
mo eh’ è durata fino ai nostri tempi (29) . Non 
deve omettersi che il giorno stesso in cui fu 

(28) Furono raccolte da Ser Lorenzo Vivoli, dalla 
viva voce del predicatore tenute a memoria, e poi scrit- 
te. Nerli lib. 4. 

(29) Fino alla metà del caduto secolo la mattina 
de’ 23 maggio si trovava ciò che chiamasi in Firenze 
la fiorita , sparsa sulla piazza nel posto ove furon bru- 
ciati quei frati, come suol farsi davanti alle chiese nel- 
la festa di qualche Santo . 

&JV. d 


Digitized by Googlc 



XLII 


« 


arrestato in Firenze il Savonarola , mori di 
apoplessia Carlo Vili. , evento che ambedue 
i partiti interpetrarono in loro favore ; i ne- 
mici del Frate , per essere smentita la profe- 
zia che ritornerebbe, gli amici per essersi 
verificata la minaccia fattagli dallo stesso del- 
l’ ira del Cielo, se non osservava ai Fioren- 
tini la fede. Molti Protestanti non potevano 
mancare di colmar d elogi un declamatore 
contro il Romano Clero ; ed essi specialmen- 
te dovrebbero considerarlo come profeta , a- 
vendo predetta una riforma, che si è solo 
nella loro chiesa avverata (3o) . 

(3o) Le profezie di Fra Girolamo erano 

« Ecclesia Dei indiget reformatione , et renovatione . 
« Ecclesia Dei flagella bitur, et post flagella reformabitur. 
* Infideles ad Christum , et fidem ejus convertentur . 

« Florentia flagellabitur, et post flagella renovabitur, 

« Et prosperabit . 

A cui aggiungeva Fra Domenico : 

« Quod excornunicatio facta de Patre nostro Jeronime 
« non tenet, non servantes eam non peccant » . 

Numerosissimi sono gli scrittori di quest’uomo cele- 
bre . Noi , consultandone molti , abbiamo tenuto da- 
vanti l’istoria del Nardi contemporaneo che ne osservò 
tutte le sue azioni , e fino il supplizio. Egli è però suo 
partitante, onde abbiamo cercato contrapporgli il Nerli 
suo nemico , tenendoci nella strada di mezzo . 


Digitized by Google 


ILLUSTRAZIONI 


(a) Nacque in Ferrara di Niccolò Savonarola , e del- 
l’Elena Buonaccorsi, come oggi chiamasi questa Fami, 
glia, il dì ai Settembre i45a; ma la sua casa era orgina- 
ria di Padova. Il suo modo di vivere solitario, ed il 
naturale austero e grave più che a giovane si conveni- 
va, dimostrarono sin da principio la sua disposizione 
alla singolarità . Ebbe presto desiderio di farsi Religio- 
so, col proposito di voler esser Laico per non passar, 
com’ei diceva, dal secolo nel secolo, se gli fossero 
state addossate le cattedre ed i governi della Religio- 
ne. Ma questo proposito non fu tale, che lo distoglies- 
se dall’applicazione allo studio , la quale ebbe grandis- 
sima, specialmente per la Teologia e per la Filosofia 
Peripatetica , che trovava in grado eminente nelle Ope- 
re di S. Tommaso d’ Aquino. Queste formarono la sua 
costante lettura , nè sapeva distaccarsene , che per oc- 
cuparsi alcun poco in far versi Toscani , di cui molto 
si dilettava ; cosa da notarsi , per conoscer eh’ egli eb- 
be il genio Apollineo in tutti i significati . 

(t) Giunto all’età di 22 anni, parvegli dormendo una 
notte, che gli piovesse sul corpo una doccia d’acqua 
gelata , da cui risvegliato fece l’ ultima risoluzione di 
abbandonar la vita secolare e darsi tutto a Dio nella 
Religione , comecché fosse stata quella una chiamata 
Celeste , e che quel salutifero gelo gli avesse già spen- 



XLIV 


to il fuoco dell’età più fervida. Fu questa la prima 
delle tante sue visioni e rivelazioni, della sicurezza 
delle quali non ebbe mai verun dubbio . Quindi il dì 
a4 d’ Aprile 1 47 5 senza saputa di nessun dei parenti 
ed amici , fuggissi a Bologna , e vestì l’ abito di S. Do- 
menico. Dicono gli Scrittori della sua vita (t) essere 
accaduto per Divino volere, che egli si dimenticasse 
totalmente del proposito di farsi Laico . 

Appena furon conosciuti i suoi talenti nella Religio- 
ne che i Superiori lo destinarono Lettore di Dialet- 
tica e Metafisica, e sostenne questo carico per lun- 
go tempo, parte in Ferrara, e parte in Firenze (a). 
L' occasione di venire in questa Città fu la guerra di 
Ferrara coi Veneziani . Convenne sgravare il Conven- 
to delle bocche superflue , e toccò tra gli altri a par- 
tirsene a Fra Girolamo . Quivi dimorando si cimen- 
tò alla predicazione in una Quaresima nella Chiesa di 
S. Lorenzo , ma non riesci , nè per la voce , nè per 
l’azione, nè per l’eloquenza. Egli si riconobbe, e 
propose di attender solamente all’ esposizione delle 
Sacre Scritture. Intanto però fu trasferito in un Con- 
vento di Lombardia , donde , dopo qualche anno ri- 
chiamato da Lorenzo de’ Medici alle istanze di Pico 
della Mirandola , ritornò nel i 4&9 maggiormente eser- 
citato nell’eloquenza del pulpito, sempre però sforni- 

(i) V. Ciò. Francesco Pico della mirandoli , Vita del Savori, 
pubblicata dal v. quetif, Cap. III. burlamacCHI, nell App. alle 
Misceli, del Baluzio Tom. I. ediz. di Lucca. 

(a) Le sue Opere Filosofiche si trovano MS. nel Cod. XXIV. del- 
la Laureziana Plul. LXXl. alcune delle quali furono anche stam- 
pate in Venezia per i Giunti nel i54a. 


Dipìtized by Google 



to d’arte, a cui suppliva il suo zelo. Mi convien pre- 
dicare , egli diceva al Popolo, perchè Dio mel coman- 
da, e per la vostra utilità; la vostra corruttela è ma- 
nifesta , e Dio mi rivela i gastiglii che vi son prepara- 
ti , se voi non abbracciate una vita più perfetta e Cri- 
stiana. ... Il Popolo gliel credeva, perchè non vi è co- 
sa più verosimile, che sia nel mondo dell’imperfezio- 
ne morale, e che sien per accader dei travagli. Si 
combinava dipiù , che tutta la Cattolica Chiesa era ri- 
piena in quel tempo di scandali e di turbolenze; il co- 
stume degli Ecclesiastici era'egualmente scorretto che 
quello de’ secolari ; e tutta l’ Italia era sconvolta da 
guerre e da rivoluzioni . Era dunque opportuna la sta- 
gione per erigersi in Profeto . 

Adunque nel suddetto anno incominciò ad esporre 
1’ Apocalisse nella Chiesa di S. Marco con gradissimo 
concorso di popolo . Ognun sa quanto sia facile per un 
oratore troppo fervido, e che pretenda a rivelazioni, 
l’abusare dell’autorità di cotesto santo Libro, stante 
1’ arcana e moltiplice intelligenza di ciascheduna delle 
sue parole . Tre cose propose al popolo ; primo che la 
Chiesa si dovea rinnovare , secondo che l’Italia sareb- 
be flagellato, terzo che le dette cose sarebber presto. 
Perocché amava di predicar cose terribili e minaccio- 
se ; le altre materie gli recavan tedio e fastidio : Già - 
diits Domini super terram, cito et velociter, era questa 
una delle sue più frequenti ripetizioni (3) . 

L’ anno dopo fu richiesto di Predicare in Duomo, 

( j) Con quest' epigrafe fu impresso il rovescio cT una Medaglia 
in bronzo in onor suo , che si trova nella Galleria di S. A. R. 



XLV1 


» 


dove si disse che per la vastità di essa Chiesa 1 ’ udien- 
za sarebbe stata più comoda . Nonostante fu tale il con. 
corso, che bisognò molte volte, escludere i fanciulli e 
le donne, e destinar loro de’ giorni particolari. Quel 
che fa maggior maraviglia si è, eh’ ei predicasse per 
più di ott’ anni nella stessa Città , mantenendo sempre 
lo stesso credito, in guisa tale che quando tornava dal 
Duomo al suo Convento dopo la Predica , tutte le stra- 
de eran talmente affollate di popolo, che bisognava cir- 
condarlo d’armati per fargli strada. 

(c) Avvi un fatto che prova la natura deU’animo suo 
inflessibile ed orgogliosamente superiore a tutti i ri- 
spetti umani. Nell’anno suddetto 1490, egli fu fat- 
to Priore del Convento di 8 . Marco . Era già intro- 
dotto 1 ’ uso che i promossi a tal dignità negli Ordini 
Regolai, andassero a presentarsi a Lorenzo dei Me- 
dici pCT riconoscerlo come capo della Repubblica , 
e pregarlo della sua protezione . Il Savonarola noi 
fece; e per quanto i Frati vel consigliassero, e Lo- 
renzo mostrasse di desiderarlo e di volerlo, rispose 
sempre , che era stato eletto Priore non da Lorenzo , 
ma da Dio , nè mai si mosse a fargli il minimo atto 
di riverenza . 

( d) Un’altra volta lo stesso Lorenzo fece pregare il Fra- 
te per mezzo di cinque Cittadini de’ primi della Città, 
acciò desistesse dal minacciar disgrazie e tribolazióni , 
perchè ciò alterava quella pace che pareva allora che 
incominciasse. Egli però non solo non obbedì , ma an- 
zi ( in termini però molto equivoci ) annunziò al Po- 


Digitized by Cìoogle 


XLV1I 


polo che presto sarebbe successa la morte di esso Lo- 
renzo de’ Medici , siccome accadde . 

Si verificò questa predizione il dì 9 Aprile ligi. E 
si racconta che trovandosi Lorenzo infermo a morte , 
nonostante il rispetto negatogli , come si è detto , do- 
mandò per confessore il Prior di S. Marco. Il quale por- 
tatosi al letto del malato, e questi avendo recitati i suoi 
peccati , e domandatone umilmente il perdono, il Fra- 
te disse a Lorenzo che Dio gli farebbe misericordia, 
quando si risolvesse ad osservar tre cose : la prima, che 
avesse una viva fede; e quegli disse di averla grande: ' 
la seconda , che restituisse per quanto fosse possibile 
ogni cosa male acquistata ; e dopo di essere alquanto 
ristato sopra di se , promise di farlo : la terza , che re- 
stituisse Firenze in libertà e nel suo stato popolare ad 
uso di Repubblica ; alle qùali parole gli voltò le spal- 
le, nè gli diede mai altra risposta. 

(e) Non starò a dir qui delie altre sue Profezie, per 
accertar le quali troppo lungo esame sarebbe necessario. 
Egli è però agevole il supporre che per molte congettu- 
re potesse aver preveduto la venuta del Re Carlo Vili, 
in Italia. Questa adunque egli predisse, insieme con 
la ribellione di Pisa, e perciò essertdosi conciliata mol- 
ta stima , allorché il suddetto Re venne a Pisa per muo- 
versi verso Firenze, e poi passare a Roma ed a Napo- 
li, a conquistar quel Regno, egli fu spedito Ambascia- 
tore dalla Repubblica al detto Re, acciò placasse l’odio 
che aveva contra la nazione , e facesse si eh’ ei passas- 
se come amico per la Città, non come nemico. Fra 
Girolamo parlò al Re Carlo col tuono di una missione 



XLVIII 


divina, non con quello di una ambasciata (4); ma rie- 
sci di poco momento il suo dire . Ei però rimase nel- 
l’ amicizia col detto Re , il quale non ebbe difficoltà 
qualche volta di scrivergli . 

Altro servigio importante egli rese a Firenze, al- 
lorché si trattò di stabilire un nuovo reggimento nel- 
la medesima , dopo la cacciata di Piero de’ Medici, fi- 
gliuol di Lorenzo. Amatore com’egli era, della sem- 
pre tumultuante libertà della Repubblica, fu uno dei 
più formidabili awersarj della Casa de’ Medici; onde, 
e per questa ragione, e per la fiducia che aveasi nella 
sua dottrina e nella sua probità, fu data al medesimo 
la commissione di parlare avanti alla Signoria, d’ una 
nuova forma di governo (5). Propose adunque nel suo 
ragionamento un sistema di governo popolare, istituen- 
do un Consiglio Grande di 'tutto il Popolo, presso al 
quale stesse l’autorità di distribuire gli Ufizj e gli Ono- 
ri, e la suprema Maestà . Ma perchè sarebbe stato dif- 
ficile il congregare ogni giorno, o almeno frequente- 
mente tutto il Popolo, propose che s’istituisse un cer- 
to numero di Cittadini scelti , ne’ quali il Popolo stes- 
so trasferisse 1’ autorità sua. Aggiunse per la perfezio- 
ne del detto piano esser necessario ancora che si faces- 
se generalmente una riforma di costumi , si pospones- 
se la privata utilità al comun bene, si dimenticassero 

(4) Si legge il Discorso fatto in tale occasione , nel suo Libro del- 
le Rivelazioni ; ed i quello , che trovasi a pag. 69. di questo libro. 

( 5 ) Questo Discorso fu reso pubblico con le stampe, quasi subito - 
dopo che lo recitò ; e perchè la prima edizione era divenuta raris- 
sima , fu ristampato nel 1765 colla falsa data di Londra; ed i 
quello che ora si riproduce . 


Digitized by Google 



XLIX 

gH odj e le ingiurie dei tempi passati, e finalmente si 
amministrasse la giustizia la più incorrotta, premiando 
i buoni Cittadini e condannando i cattivi. Questo Ra- 
gionamento fu da lui recitato in Duomo davanti al Ma- 
gistrato ed al Popolo. 

(/) «Dopo questo tempo (1496) avendo lasciato Fra. 
• te Jerommo il predicare per non fare isdegnare tanto 

' suoi avversar j e persecutori, successe a lui, come 
« altre volte soleva, il suo compagno Frate Domenico 
« da Pescia , predicando ne’ giorni festivi insino alla 
« Quaresima, con tanto spirito e devozione, benché 
« in apparenza fosse tenuto di non molta dottrina , che 
« non so come ciò credere si possa, che nel detto spa- 
« zio così breve , persuase al popolo di cavarsi di casa 
« tutti i Libri così latini , come volgari , lascivi e diso- 
« nesti, e tutte le figure, e dipinture di ogni sorte, che 
« potessero incitare le persone a cattive , e disoneste 
« cogitazioni. Et a questo effetto commise a’ fanciulli 
« con ordine di loro Custodi , o Messeri, o Signori, o 
« Ufiziali fatti e deputati tra lor medesimi fanciulli, 
» che ciascuno andasse per le case de' Cittadini de’lor 
« Quartieri, e chiedessero mansuetamente , e con ogni 
« umiltà a ciascun 1 ’ Anatema ( che così chiamavano 
« simili cose lascive , e disoneste ) come scomunicate , 

« e maladette da Dio, e da’ Canoni di S. Chiesa. Ai*. 

« davano per tutto ricercando, e chiedendo; e face- 
« vano a ciascuna casa , dalla quale qualche cosa simile 
« ricevevano, una certa benedizione o latina, o volga. 

« re ordinata loro dal detto Frate molto devota , e bre- 
* ve. Sicché dal principio della Quaresima , e nell’Av- 



L 


« vento infitto al Carnovale fa lor data , e raccolsero 
« eglino una moltitudine maravigliosa di così fatte fi- 
« gare, e dipinture disoneste , e parimente capelli 
» motti e ornamenti di capo delle donne , pezzette di 
« Levante , belletti , acque lanfe , muscadi , odori di 
« più sorte, e simili vanità, ed appresso tavolieri bel- 
« li e di pregio t carte da giocare , e dadi , arpe , liuti , 
« e cetere, e simili strumenti da suonare, l’ opere del 
« Boccaccio, e Morganti, libri di Sorte, libri magici 
» e superstiziosi una quantità mirabile. Le quai tutte 
« cose il giorno di Carnovale furon portate , e allogate 
« ordinatamente sopra un grande, e rilevato suggesto 
« fatto in piazza il giorno precedente. Il quale edilìzio 
« essendo da basso largo di giro sorgeva a poco a poco 
« in alto in forma di una ritonda piramide, ed era cir- 
â–  condato intorno di gradi a guisa di sederi , sopra i 
« quali gradi o sederi erano disposte per ordine tutte 
« dette cose, e scope, e stipe, ed altre materie da arde- 
« re. A così fatto spettacolo concorse il giorno di Car- 
« novale tutto il popolo a vedere, lasciando l’efferato, 

* e bestiai gioco de’ sassi, come s’ era fatto l’ anno pas- 
« sato, e in luogo delle maschere, e simili feste carne- 
« scialesche, le compagnie de’ fanciulli , avendo la mat- 
« tina del carnesciale udita una solenne Messa degli 
Angeli, divotamente cantata nella Chiesa Cattedrale 
« per ordine del detto Frate Domenico, e dopo desi- 
« nave essendo radunati tutti i detti fanciulli co’ loro 
« custodi ciascuno nel suo Quartiere, andarono al- 
« la Chiesa di S. Marco tutti vestiti di bianco, e con 
« ghirlande di ulivo in capo, e crocette rosse in mano, 


Digitized by Google 



LI 


« e quindi poi essendo ritornati alla Chiesa Cattedrale 
« offersero alla Compagnia de’ poveri vergognosi quel- 
« la cotanta elemosina, che in quei giorni aveano ac- 
« cattata. E ciò avendo fatto, andando sulla piazza si 
« condussero sulla ringhiera, e loggia de’ Signori can- 
« tando continuamente Salmi, ed Inni Ecclesiastici, e 
« Laudi volgari, dal qual luogo discendendo finalmen- 
« te li quattro custodi , e capi di Quartieri colle torce 
« accese messero fuoco nel sopraddetto edificio, e ca- 
« pannuecio, che dire ci vogliamo, e così arsero a 
« suono di trombe tutte le predette cose . Nardi. 

Piacque a Fra Girolamo, secondochè ne scrisse il 
Burlamacchi, di rinnovare questa rappresentazione 
negli anni appresso, parimente in tempo di Carno- 
vale . Sin dove giungeva mai la cieca venerazione 
verso Fra Girolamo , ed i suoi compagni ! L’ an»o 
1498, si fece la processione degli stessi fanciulli sot- 
to la scorta del Savonarola, come si era fatto l’anno 
avanti « e giunti in piazza (dice il citato Storico, ) tro- 
« varono il secondo edilìzio più ornato e più ricco as- 
« sai del primo , dove erano alcune teste di sculture 
« di donne antiche e bellissime, come la bella Benci- 
« na, la Lena Morella, la„bella Bina, la Maria de’Len- 
« zi, e altre scolpite in marmi di valentissimi Scultori. 
« Eravi tal Petrarca così adorno d’oro e di miniature, 
« che valeva cinquanta scudi . Eravi dintorno conti- 
« nuamente la guardia acciò nulla fusse rubato . Venu- 
« ta dunque la processione, circondò la detta macchi- 
« na ; poi tutti furono accomodati , come 1’ altra volta 
« avevano fatto, avendola pria aspersa con l’acqua be- 


Digitized by Google 



L1I 

« nedetta con molte laudi mentre la circondavano. In 
« ultimo vennero i Custodi , e con torchi accesi vi ap- 
« piccorno il fuoco suonando con gran festa le campa- 
« ne, le trombe, e molti altri istrumenti musici della 
* Signoria con grande allegrezza del popolo , che can- 
« lava Te Deum laudamus. 

( g ) Le Prediche di quest’oratore dovevano aver tan- 
to più di effetto, quanto che gli uditori potevan chia- 
ramente conoscere, che esse non erano studiate ne 
imparate a mente , ma partivano da un improvviso 
e naturale sfogo d’interna persuasione. Imperocché 
il Savonarola non le scriveva , ma quali le abbiamo , 
furon bensì scritte da alcun di coloro che le ascolta- 
vano . 

(A) Checché siasi però detto, circa la mediocrità del 
Savonarola nel predicare, allorché si legge essere sta- 
to sentito tanto volentieri , fa duopo credere , che 
quanto la sua eloquenza mancava di eleganza e di 
metodo , altrettanto abbondava d’ energia naturale e di 
sentimento, che suol esser quello che fa i gran colpi 
negli animi degli uditori . Vi ha un luogo nel suo Qua- 
resimale, dove l’editore avverte che gli ascoltanti tut- 
ti proruppero in dirotte lacerne e grida altissime , tal- 
mentechè il Predicatore anch’esso piangendo dovè ter- 
minare . Il luogo è quello con cui finisce la Predica 
del sabato dopo la seconda domenica di Quaresima . 
Quivi dopo aver pregato il Signore ad ammollire i 
cuori ostinati de’ peccatori , così conchiude : » Io non 
« posso più: le forze mi mancano: non dormi più, o 
« Signore , su quella Croce , esaudisci , Signore , que- 


Digitized by Google 



LIII 


* ste orazioni, et respice in faciem Christi fui. O Ver- 
« gine gloriosa , o Santi , o Beati del Paradiso , o An- 
« geli , o Arcangeli, o Corte tutta del Cielo, pregate 
« per noi il Signore, che più non tardi ad esaudirci. 
« Non vedi tu, o Signore, che questi cattivi uomini 
« ci dileggiano, si fanno beffe di noi, non lascian far 
« bene a’ tuoi servi? Ognun ci si volta in deriso, e siam 
« divenuti l' obbrobrio del mondo . Noi abbiam fatta 
« orazione: quante lagrime si sono sparse, quanti so- 
« spiri ! Dov’ è la tua provvidenza , dov’ è la bontà 
« tua , la tua fedeltà. Age ,f ac, Domine , et respice in 
« faciem Christi tui. Deh non tardate però, o Signo- 
« re, acciocché il popolo infedele e tristo non dica: 
« Ubi est Deus eorum ? dov’ è il Dio di costoro , che 

« tante penitenze han fatto, tanti digiuni ? Tu 

« vedi che i cattivi ogni giorno divengon peggiori , e 
« sembrano ornai divenuti incorrigibili . Stendi, sten- 
« di dunque la tua mano , la tua potenza . Io non pos- 
« so più , non so più che mi dire , non mi resta più 
« altro che piangere . Io mi voglio sciogliere in lagri- 
« me su questo Pergamo. Non dico, o Signore, che 
« tu ci esaudisca pe’ nostri meriti , ma per la tua bon- 
« tà , per amor del tuo Figlio : respice in faciem Christi 

« tui Abbi compassione delle tue pecorelle. Non 

« le vedi tu qui tutte afflitte, tutte perseguitate? Non 
« le ami tu, Signore mio? Non venisti tu ad incarnar- 
« ti per loro? Non fosti tu crocifisso , e morto per lo- 
« ro ? Se a quest’ effetto io non son buono , e a que- 

* st’ opera; tolle animam meam, toglimi di mezzo, o 
« Signore , e mi leva la vita. Che han fatto tutte le tue 


Digitized by Google 



LTV 


« pecorelle ? Esse non han fatto nulla . Io sono il pec- 
« catore; ma non abbi riguardo, o Signore, a’ miei 
« peccati, abbi riguardo una volta alla tua dolcezza, 
« al tuo cuore , alle tue viscere , e fa’ provare a noi 
« tutti la tua misericordia. Misericordia , Signor mio 


Digìtìzed by Google 



TRATTATO 

DEL GOVERNO 

DI FRA 

GIROLAMO SAVONAROLA . 




Digitized by Google 



Digitized by Google 



TRATTATO 


DI FRATE 

JERONIMO SAVONAROLA 

CIRCA IL REGGIMENTO, E GOVERNO 
DELLA CITTA DI FIRENZE 


Avendo scritto copiosamente, e con grande 
sapienza molti eccellenti uomini, e d’ingegno 
e di dottrina prestantissimi , del Governo delle 
Città, e dei Regni, Magnifici ed Eccelsi Signori, 
parmi cosa superflua com ponere altri libri di 
simil materia, non essendo questo altro che 
multiplicare i libri senza utilità. Ma perchè le 
Signorie Vostre mi richiedono, non che io scri- 
va del governo de’ Regni, e delle Città in genera- 
le, ma che particolarmente tratti del nuovo 
Governo della Città di Firenze quanto spetta al 
grado mio, lasciando ogni allegazione e super- 
fluità di parole, e con più brevità che sia pos- 
sibile; non posso onestamente denegare tal co- 
sa, essendo convenientissima allo stato vostro, 

Savori . t 



TRATTATO 


ed utile a tutto il popolo, e necessaria al pre- 
sente all’officio mio. Perchè , avendo io predi- 
cato molti anni per volontà di Dio in questa 
vostra città, e sempre prosequitate quattro ma- 
terie; cioè sforzatomi con ogni mio ingegno di 
provare la Fede esser vera : e di dimostrare la 
simplicità della vita cristiana essere somma sa- 
pienza: e denunziare le cose future, delle quali 
alcune sono venute , e le altre di corto hanno 
a venire: ed in ultimo di questo nuovo Gover- 
no della vostra Città: e avendo già posto in 
iscritto le tre prime, delle quali però non ab- 
biamo ancora pubblicato il terzo libro, intito- 
lato Della Verità Profetica ; resta che noi scri- 
viamo ancora della quarta materia , acciocché 
tutto il mondo veda che noi predichiamo scien- 
za sana, e concorde alla ragione naturale ed al- 
la dottrina della Chiesa. Edavvengachè mia in- 
tenzione fusse e sia di scrivere di questa mate- 
ria in lingua latina, come sono ancora stati 
composti dai noi li primi tre libri, e dichiarare 
come e quanto e quando si aspetta a uno reli- 
gioso a trattare ed impacciarsi delli stati secu- 
lari; nientedimeno, chiedendomi le Signorie 
"Vostre che io scriva volgare e brevissimamente 
per più commune utilità, essendo pochi quelli 
che intendono il latino, a comparazione degli 
uomini litterati, non mi rincrescerà prima e- 
spedire questo Trattateilo ; e dipoi quando po- 


* 


Digitized by Google 


I>FX GOVKRIYO 


3 


trò essere più libero dalle occupazioni presen- 
ti , metterò mano al latino con quella grazia 
che ci concederà l’onnipotente Dio. Prima a- 
dunque brevemente tratteremo dell’ ottimo Go- 
verno della Città di Firenze : Secondo del pessi- 
mo . Perchè avvenga che prima bisogni esclu- 
dere il male, e dipoi edificare il bene; niente- 
dimeno perchè il male è privazione del bene , 
non si poterla intendere il male se prima non 
si intendesse il bene. E però è necessario, secon- 
do l’ordine della dottrina, trattare prima del 
Governo ottimo, che del pessimo. Terzo noi 
dichiareremo qual sia il fondamento da torre 
via il Governo pessimo, e da fondare e fare per- 
fetto e conservare il presente buon Governo , ac- 
ciocché diventi ottimo in essa città di Firenze . 



Digitized by Google 



Digitized by Google 


TRATTATO PRIMO 


CAPITOLO PRIMO 

Che è necessario il Governo nelle cose umane ; e 
quale sia buono, e quale sia cattivo Governo. 

L onnipotente Dio, il quale ottimamente 
regge tutto l’universo, in due modi infonde 
la virtù del suo governo nelle creature . Peroc- 
ché nelle creature, che non hanno intelletto e 
libero arbitrio, infonde certe virtù e perfezio- 
ni , per le quali sono inclinate naturalmente ad 
andare per li debiti mezzi al proprio fine senza 
difetto , se già non sono impedite da qualche 
cosa contraria, il che accade rare volte: onde 
tali creature non governano se medesime, ma 
sono governate e menate alli fini proprj da Dio 
e dalla* natura data da lui. Ma le creature , che 
hanno intelletto , come è l’uomo, sono da lui 
per tale modo governate, che ancora vuole che 
governino se medesime : perchè dà a loro del- 
l’ intelletto , per lo quale possano conoscere 
quello che loro è utile, e quello che è inutile; 
e la facoltà del libero arbitrio da potere elegge- 
re liberamente quello che a loro piace. Ma per- 
chè il lume dello intelletto è molto debole, 



V 


6 


TRATTATO 


massimo nella puerizia, non può perfettamen- 
te un uomo reggere se medesimo senza adiuto- 
rio dell' altro uortìo; essendo massime quasi 
ogni uomo particolare insufficiente per se me- 
desimo, non potendo provedere solo a tutti li 
suoi bisogni, così corporali come spirituali. 
Onde noi vediamo che la natura ha provvisto 
a tutti li animali di quello che hanno bisogno 
per la vita loro , cioè di cibo, di veste , e d'ar- 
me da difendersi: ed ancora quando s’inferma- 
no, per instinto naturale, si governano, e cor- 
rono all’ erbe medicinali, le quali cose non so- 
no state provviste all’ uomo . Ma Dio , gover- 
natore del tutto, ha dato a lui ragione e lo 
instrumento delle mani, per le quali si possa 
per se medesimo preparare le predette cose . E 
perchè, considerata la fragilità del corpo uma- 
no , sono necessarie quasi infinite cose per nu- 
trirlo, augumentarlo, e conservarlo, alla pre- 
parazione delle quali si richiedono molte arti , 
le quali saria impossibile, o molto difficile che 
si potessino avere tutte insieme da un uomo 
solo, è stato necessario che li uomini vivano 
insieme, acciocché uno ajuti l’altro, dando o- 
pera alcuni a un’arte, ed altri ad un’altra, e 
facendo insieme tutto un corpo perfetto di tut- 
te le scienze , ed arti : per la quale cosa bene è 
detto , che chi vive solitario , o che è Dio, o che 
è una bestia; cioè, o che è tanto perfetto uo- 


/ 


Digitized by Google 



DEL GOVERNO 


7 

mo che è quasi come uno Dio in terra , perchè 
come Dio non ha bisogno di cosa alcui\a , così 
egli non ha bisogno di adiutorio di alcuno uo- 
mo , come fu San Giovanni Batista, e San Pao- 
lo primo eremita, e molti altri: o vero che è 
come una bestia, cioè, che è totalmente priva- 
to della ragione, però non si cura di vesti , nè 
di case, nè di cibi cotti e preparati , nè di con- 
versazione di uomini, ma va seguitando lo i- 
stinto della parte sensitiva, rimossa da se ogni 
ragione. Perchè dunque si trovano pochissimi 
uomini che siano di tanta perfezione, o di tan- 
ta bestialità; excepti questi, tutti gli altri souo 
costretti a vivere in compagnia, o in città f o 
in castelli , o in ville, o in altri luoghi . Ora es- 
sendo la generazione umana molto proclive al 
male, e massime quando è senza legge e senza 
timore, è stato necessario trovare la legge per 
raffrenare l’ audacia dei cattivi uomini , ac- 
ciocché quelli, che vogliono vivere bene, siano 
sicuri; e massime perchè non è animale più 
cattivo dell’ uomo , che è senza legge. Onde noi 
vediamo 1* uomo goloso essere più avido, e più 
insaziabile incomparabilmente di tutti gli altri 
animali, non gli bastando tutti i cibi, nè tutti 
i modi di cuocergli che si trovano nel mondo, 
e cercando non di satisfare alla natura, ma al 
suo sfrenato desiderio . È similmente sopra tutti 
gli animali nella bestialità della lussuria , peroc- 



TRATTATO 


8 

cbè non serva, come le bestie, nè tempi nè modi 
debiti, £pizi fa cose, chea pensarle, anzi a udirle, 
sono abominevoli, le quali nè fa nè s’immagina 
di fare bestia alcuna. Nella crudeltà ancora gli 
supera, perchè non fanno le, bestie così crude- 
li guerre insieme , massime quelle che sono di 
una medesima specie, come fanno gli uomini, 
quali\etiam trovano diverse armi da offendersi, 
e diversi modi da martoriarsi , ed ammazzarsi . 
Oltre a queste cose, nelli uomini poi è la super- 
bia, ambizione, ed invidia: dalle quali ne se- 
guitan tra loro dissensioni, e guerre intollera- 
bili. E però, essendo gli uomini necessitati a 
vivere in congregazione degli altri, volendo vi- 
vere in pace, è bisognato trovare le leggi, per le 
quali i cattivi siano puniti, e i buoni premiati. 
Ma perchè non appartiene a fare leggi se non 
a chi è superiore, e non si possono fare osser- 
vare se non da chi ha potestà sopra gli uomini, - 
è stato necessario costituire chi abbia cura del 
ben commune , e chi abbia potestà sopra gli al- 
tri. Perchè, cercando ogni uomo particolare il 
proprio bene, se qualcuno non avesse cura del 
ben commune, non poteria stare la conversa- 
zione umana, e tutto il mondo anderia in con- 
fusione. Alcuni uomini dunque convennero 
insieme di costituire un solo, che avesse cura 
del ben commune, al quale ognuno obbedisse, 
e tale governo ft| dimandato Regno , e Re colui 


Digitized by Google 



DFX GOVERNO 


che governava . Alcuni altri , o pep non potere 
convertire in uno, o per parer lgato meglio co- 
sì, convennero nei principali, e migliori, e piu 
prudenti della Comunità, volendo che tali go- 
vernassero, distribuendo tra loro i Magistrati 
in diversi tempi ; e questo fu domandato Go- 
verno, degli Ottimati. Altri volsero che il gover- 
no rimanesse nelle mani di tutto il popolo , il 
quale avesse a distribuire i Magistrati , a chi 
gli paresse, in diversi tempi, e questo fu chia- 
mato Governo Civile , perchè appartiene a tutti 
i cittadini . Essendo adunque il governo della 
Comunità trovato per avere cura dei ben co- 
mune, acciocché gli uomini possano vivere in- 
sieme pacificamente, e darsi alle virtù , e con- 
seguitare più facilmente la felicità eterna; quel 
governo è buono, il quale con ogni diligenza 
cerca di mantenere, ed accrescere il ben co- 


mune, ed indurre gli uomini alle virtù, ed al 
ben vivere , e massime al culto divino : E quel 
governo è cattivo , che lascia il ben comune , 
ed attende al suo bene particolare, non curan- 
do delle virtù degli uomini, nè del ben vivere, 
se non quanto è utile al suo ben particolare ; 
e tal- governo si chiama Tirannico . Sicché ab- 
biamo vista la necessità del governo negli uo- 
mini, e quale è buono, e quale è cattivo gover- 
no in generale . 



Digìtìzed by Google 





TRATTATO 

CAPITOLO li. 


^wengachè il Governo di uno, quando è buono , 
sia di sua natura ottimo, non è però buono 
a ogni Comunità . 


Essendo dunque quel governo buono , che ha 
cura del ben comune, così spirituale, come 
temporale, o sia amministrato per un solo, o 
per li principali del popolo, o per tutto il po- 
polo, è da sapere, che parlando assolutamente, 
il Governo Civile è buono , e quello degli Otti- 
mati è migliore, e quello de’ Re è ottimo. Per- 
chè, essendo 1* unione e pace del popolo il fine 
del governo, molto meglio si fa, e conserva 
questa unione e pace per uno, che per più, e 
meglio per pochi, che per la moltitudine ; per- 
chè quando gli uomini di una Comunità han- 
no a risguardare ad un solo, e quello obbedi- 
re , non si distraggono in parte, ma tutti si co- 
stringono nell’amore, o nel timore di quello . 
Ma quando sono più, chi risguarda a uno, e 
chi ad un altro, e a chi piace uno, a chi piace, 
o dispiace un altro; e non rimane il popolo 
così bene unito, come quando uno solo regna; 
e tanto meno rimane unito, quanto sono più 
quelli che governano. Item la virtù unita è più 
forte che la dispersa : onde il fuoco ha più for- 


Digitized by Google 



T)EL GOVERNO 


IX 


za quando ha unite e costrette insieme le sue 
parti , che quando le sono sparse e dilatate . 
Conciosia dunque che la virtù del governo sia 
più unita e costretta in uno che in più , segui- 
ta che di sua natura il governo di uno, quando 
è buono, sia migliore, e più efficace degli al- 
tri . Item, essendo il governo del mondo, e del- 
la natura ottimo governo, e seguitando l’arte 
la natura ; quanto più il governo delle cose u- 
mane s’assomiglia al governo del mondo e del- 
la natura, tanto è più perfetto. Conciosia adun- 
que che il mondo sia governato da uno, che è 
Dio, e tutte le cose naturali, nelle quali si ve- 
de qualche governo , siano governate per uno, 
(come le api per un Re, e le potenze dell’anima 
per la ragione, e i membri del corpo per il co- 
re, e’1 simile è nell’ altre, che hanno governo;) 
seguita, che quel governo delle cose umahe, 
che s’amministra per un governatore, di sua 
natura sia ottimo tra tutti i governi. Ónde il 
nostro Salvatore, voleudo mettere nella Chiesa 
sua ottimo governo, fece Pietro capo di tutti i 
fedeli, ed in ogni Diocesi, anzi in ogni Parroc- 
chia e Monastero volse che si governasse per 
uno ; e che finalmente tutti i capi minori fosse- 
ro sotto un capo Vicario suo. Sicché , assol ina- 
mente parlando, il governo d’uno, quando è 
buono, supera tutti gli altri buoni governi ; e 
saria da instituire tale governo in ogni Comu- 


13 TRATTATO 

nità se si potesse, cioè, che tutto il popolo con- 
cordemente facesse un Principe buono , e giu- 
sto, e prudente , al quale ognuno avesse a ob- 
bedire . Ma è da notare, che questo non è buo- 
no , nè si può , nè si debbe attentare in ogni 
Comunità, perchè molte volte accade che quel- 
lo, che è ottimo assolutamente, non sia buono, 
anzi sia malo in qualche luogo , o a qualche 
persona , come è lo stato della perfezione della 
vita spirituale, cioè lo stato religioso, il quale 
in se è ottimo stato, e nientedimeno non è da 
imponere tale stato a tutti i Cristiani, nè tal 
cosa si debbe attentare, nè saria buona , perchè 
molti non la poteriano portare , e fariano scis- 
sura nella Chiesa, come dice il nostro Salvatore 
nell’ Evangelio : Niuno cucia il panno nuovo al 
vecchio, altrimenti si romperla il vecchio , e fa- 
riasi maggiore scissura, e niuno metta il vino 
nuovo negli otri vecchi, altrimenti si rompe- 
rìano gli otri , e spargeriasi il vino . Onde noi 
vediamo ancora che qualche cibo in se è buo- 
no, ed ottimo, che a qualcuno se lo mangiasse 
saria veleno; un’aria in se perfetta, è cattiva a 
qualche complessione. Cosi etiam il Governo 
di uno in se è otfimo, il quale però a qualche 
popolo inclinato alle dissensioni saria cattivo, 
e pessimo , perchè spesso accaderia la persecu- 
zione, e morte del Principe, dalla quale resul- 
teriano infiniti mali nella Comunità ; perchè* 


* 


Digìtized by Googte 


I 


DSL GOVERNO l3 

morto il Principe , il popolo si dividerebbe in 
parte, e ne seguiteriala guerra civile, facendo- 
si diversi capi tra di quello ; e chi superasse gli 
altri , diventeria Tiranno , e finalmente guaste- 
rà tutto il bene della città, come |dimostrere- 
mo di sotto. E se in tale popolo il Principe si 
volesse assicurare, e stabilirsi , saria necessario 
che egli diventasse Tiranno, e che scacciasse i . 
potenti, e togliesse la roba ai ricchi, e aggravas- 
se il popolo con molte angherie, altrimenti non 
si poteria mai assicurare . Sono dunque alcu- 
ni popolala natura de’ quali è tale, che non 
può tollerare il Governo di Uno senza grandi, e 
intollerabili inconvenienti'; come la comples- 
sione, e consuetudine di alcuni uomini usi a 
stare all’aria, e nei campi è tale, che chi gli 
volesse fare stare nelle buone , e calde camere 
con buone vesti, e cibi delicati , gli feria subito 
infermare, e morire . E però gli uomini savj e 
prudenti, i quali hanno a instituire qualche go- 
verno , prima considerano la natura del popo- 
lo^ se la natura sua , o consuetudine è tale , 
che facilmente possa pigliare il governo di uno, 
questo innanzi agli altri instituiscono; ma se 
questo governo non gli convenisse, si sfor- 
zano di dargli il secondo degli Ottimati. E se 
questo' ancora non lo potesse patire, gli dan- 
no il governo civile con quelle leggi , che alla 
.natura di tal popolo si convengono . Ora vedia- 


Digitized by Google 



l4 TRATTATO 

mo quate di questi Tre buoni Governi più con- 
viene al Popolo Fiorentino. 

CAPITOLO III. 

Che il Governo Civile è ottimo nella città 
di Firenze. 

Non si può dubitare (per chi considera di- 
ligentemente quello, che abbiamo detto) che 
se il Popolo Fiorentino patisse il Governo di 
Uno , saria da instituire in lui un Principe, non 
un Tiranno, il quale fussse prudente, giusto, e 
buono . Ma se noi esaminiamo bene le senten- 
ze, e ragioni dei sapienti, così Filosofi come 
Teologi, conosceremo chiaramente, che, con- 
siderata la natura di questo Popolo, non gli 
conviene tale governo. Però che dicono tale 
governo convenirsi ai popoli, che sono di na- 
tura di servile, come sono quegli, che manca- 
no di sangue, o d’ingegno, o dell’uno e del- 
l’altro perocché, awengachè quegli che ab- 
bondano di sangue, e son forti di corpo, siano 
audaci nelle guerre, nientedimeno mancando 
d’ingegno, è facil cosa a fargli stare subietti a 
un Principe ; perchè contro di lui non son 
facili a macchinare insidie per la debilità del- 
l’ingegno, anzi lo seguitano come fanno le api 
il suo Re, come si vede nei Popoli Aquilonari; 



Digitized by Google 


DEE GOVERNO l5 

quegli, che hanno ingegno, ina mancano di 
sangue, essendo pusillanimi, si lasciano facil- 
mente sottomettere a un solo Principe, e quie- 
tamente vivono sotto quello, come, sono i Po- 
poli Orientali, e molto più quando mancassi- 
no nell’una, e nell’altra parte. Ma popoli, che 
sono ingegnosi, e abbondano di sangue, e so- 
no audaci, non si possono facilmente reggere 
da Uno, se non li tiranneggia , perchè conti- 
nuamente per gl’ ingegno macchinando insidie 
contro il Principe, e per la loro audacia facil- 
mente le mettono in esecuzione, come si è vi- 
sto sempre nell’Italia, la quale sappiamo per 
la esperienza dei tempi passati insino al pre- 
sente, che non ha mai potuto durare sotto il 
reggimento di un Principe. Anzi vediamo che, 
essendo piccola provincia, è divisa quasi in 
tanti Principi, quante sono le città, le quali 
non stanno quasi mai in pace . Essendo dun- 
que il Popolo Fiorentino ingegnosissimo tra 
tutti i popoli d’Italia, e sagacissimo nelle sue 
imprese, ancora è animoso, ed audace, co- 
me si è visto per esperienza molte volte; per- 
chè, avvenga che sia dedito alle mercanzie, e 
che pare quieto popolo, nientedimeno quando 
comincia qualche impresa, o di guerra civile, 
o contro gl’ inimici esterni, è molto terribile , 
ed animoso , come si legge nelle croniche delle 
guerre, che ha fatto contro diversi gran Prin- 


Digitized by Google 


TRATTATO 


V 16 

cipi, e Tiranni , Alti quali non ha mai voluto 
cedere , anzi finalmente si é difeso , ed ha ripor- 
tata vittoria. La natura dunque di questo Po- 
polo non è da sopportare il governo di un 
Principe, etiam che fosse buono, e perfetto; 
perchè essendo sempre più i cattivi che i buo- 
ni, per la sagacità, ed animosità de' cittadini 
cattivi, o che saria tradito, e morto (essendo 
loro massimamente inclinati all’ ambizione), o 
che bisogneria che diventasse Tiranno. E se 
più diligentemente consideriamo , intendere- 
mo che non solo non conviene a questo Popo- 
lo il Governo di Uno , ma ancora non gli con- 
viene quello degli Ottimati , perchè la consue- 
tudine è un’altra natura; perocché come la 
natura è inclinata a un modo , e non si può 
cavare di quello, come la pietra è inclinata a 
descendere, e non si può fare salire se non per 
forza , così la consuetudine si converte in na- 
tura, ed è molto difficile e quasi impossibile 
cavare gli uomini, e massime i popoli, dalle 
loro consuetudini etiam male, perchè tali con- 
suetudini son fatte al loro naturale . Ora il Po- 
polo Fiorentino, avendo preso anticamente il 
Reggimento Civile, ha in questo fatto tanta con- 
suetudine, che, oltre che a lui questo è più 
naturale e conveniente di ogn’ altro governo , 
ancora per la consuetudine è tanto impresso 
nella mente de’ cittadini, che saria difficile, e 


Digitized by Google 


DEL GOVERNO 


*7 

quasi impossibile a rimuovergli da tale gover- 
no . E avvenga che siano stati già molti anni 
governati da Tiranni, nientedimeno quei cit- 
tadini , che si usurpavano il principato in que- 
sto tempo, non tiranneggiavano per tal modo, 
che liberamente si pigliassero la Signoria del 
tutto, ma con grande astuzia governavano il 
popolo, non lo cavando del suo naturale, e della 
sua consuetudine: onde lasciavano la forma del 
governo nella città, e i Magistrati ordinarj; a- 
vendo però l’ occhio, che in tali Magistrati non 
entrasse se non chi era loro amico. E però, 
essendo rimasta la forma del Governo Civile nel 
popolo, è tanto a lui fatta naturale, che a vo- 
lerla alterare, e dare altra forma di governo , 
non è altro , che fare contro al suo naturale, e 
contro l’antica consuetudine . La qual cosa ge- 
nereria tale turbazione, e dissensione in que- 
sta Comunità, che la metterla a pericolo di far- 
le perdere tutta la libertà. E questo molto me- 
glio dichiara l’ esperienza , che è maestra delle 
arti. Perocché ogni volta che nella città di Fi- 
renze è stato occupato il governo dai Principa- 
li , sempre è stata in gran divisione, e mai si è 
quietata infino che una parte non ha scacciata 
l’altra, e che un cittadino non si è fatto Tiranno. 
Il quale poiché è stato fatto , ha per tal modo 
usurpata la libertà, ed il ben cojnune, che gli 
animi del popolo sono sempre stati mal con- 

Savon. i 


Digitized by Google 



TRATTATO 


18 

tenti , ed inquieti ; e se fu divisa, e piena di di- 
scordia nei tempi passati per l’ ambizione , e 
per gli odj dei principali cittadini , massima- 
mente saria al presente, se Dio non gli avesse 
per sua grazia , e misericordia provvisti, essen- 
do ritornati i cittadini, li quali furono scaccia- 
ti in diversi tempi da chi ha governato, mas- 
sime dal trentaquattro (i) in qua, ed essendo- 
si in lei in questo tempo nutriti molti odj per 
le ingiurie fatte a diverse case, e parentadi, 
per i quali , se Dio non vi avesse posto la ma- 
no, si saria sparso di molto sangue, e disfatte 
molte case, e seguitate discordie , e guerre ci- 
vili, così dentro come di fuori. Ed essendo sta- 
te le cose, che sono state per la venuta del Re 
di Francia, non è dubbio per alcuno che si è 
trovato in essa città in questi tempi, e ha qual- 
che giudizio, che questa era l’ultima sua de- 
struzione; ma il consiglio , e governo civile, il 
quale fu in lei fondato non da uomini , ma da 
Dio , è stato instrumento della Virtù Divina , 
mediante le orazioni dei buoni uomini, e 
donne, che si trovano in lei, a mantenerla nel- 
la sua libertà. E certo, chi non ha totalmente 
per i suoi peccati perso il giudizio naturale , 

(i) Dopo il ritorno di Cosimo dall’esilio, è noto 
che moltissimi cittadini furono involti in una proscri- 
zione, a cui non mancò che il sangue per esser pa- 
reggiata alla Sillana. 


Digitized by Google 


DEL GOVERNO 


*9 

considerando in quanti pericoli è stata da tre 
anni in qua, non può negare, che non sia sta- 
ta governata, e conservata da Dio. Dunque con- 
cludiamcf che, si per l’autorità divina, dalla 
quale è proceduto il presente governo civile , 
si per le ragioni precedenti, nella città di Fi- 
renze il governo civile è ottimo, benché in se 
non sia ottimo; ed il governo di uno, benché 
in se sia ottimo, non è però buono, non che 
ottimo al Popolo Fiorentino; come Io stato del- 
la perfezione della vita spirituale è ottimo in 
se, benché non sia ottimo nè buono a molti fe- 
deli Cristiani, ai quali è ottimo qualche altro 
stato di vita , il quale in se non è ottimo . Ab- 
biamo dunque dichiarato il primo punto, cioè 
qual sia il governo ottimo della città di Firen- 
ze. Ora è tempo di dichiarare il secondo, cioè, 
qual sia il pessimo governo in lei . 


Digitized by Google 




TRATTATO SECONDO 


CAPITOLO PRIMO 

Che il Governo di Uno, quando è cattivo , sia 
pessimo, massime di quello , che di cittadino 
è fatto Tiranno. 

Come il Regno di Uno quando è buono, è ot- 
timo tra tutti i Governi , così ancora è più sta- 
bile , e non così facilmente si converte ih Ti- 
rannide , come il Regno di Più. Perocché quan- 
to più si dilata il governo , tanto diventa più 
facile a generare discordie. Nientedimeno, co- 
me è perfetto, e più stabile, quando è buono, 
così quando è ingiusto e cattivo, è pessimo di 
sua natura tra tutti i cattivi governi. Prima, 
perchè come il male è contrario al bene, così 
il pessimo è contrario all’ottimo. Essendo dun- 
que il governo di Uno ottimo, quando è buo- 
no; seguita che sia pessimo, quando è cattivo. 
Item, come abbiamo detto, la virtù unita è più 
forte, che quando ella è dispersa. Quando dun- 
que regna un Tiranno , la virtù di tal cattivo 
governo è unita in Uno; e perchè son sempre 
più i cattivi che i buoni, e ogni simile ama 
il suo simile, tutti i cattivi uomini cercano di 


Digitized by Google 


TRATTATO 


22 

unirsi a lui, massime quegli, che desiderano di 
esser premiati, e onorati, e molti ancora si uni- 
scono per timore: e quegli uomini, che in tutto 
sono non pravi, ma pure amano le cose terre- 
ne, o per timore, o per amore di quello, che 
desiderano gli fanno coda; e quelli che sono 
buoni, ma non in tutto perfetti, per timore lo 
seguitano, e non hanno ardire di resistere; e 
trovandosi pochi uomini perfetti, anzi quasi 
niuno, tutta la virtù del governo si unisce in 
Uno. E però essendo quello Uno cattivo e in- 
giusto, conduce ogni male a perfezione, e fà- 
cilmente deprava ogni cosa buona . Ma quando 
sono più cattivi che regnano, uno impedisce 
l'altro; ed essendo la virtù del regno sparsa in 
più , non hanno tanta forza a far quel male , 
che desiderano, quanta ne ha un Tiranno solo. 
Item tanto un governo è più cattivo, quanto 
più si parte dal ben comune. Perchè, essendo 
il ben comune fine di ogni buon governo, quan- 
to più si accosta a quello, tanto è più perfetto, 
e quanto più s'allunga da quello, tanto è più 
imperfetto. Perchè ogni cosa acquista la sua 
perfezione per accostarsi al suo fine, e disco- 
standosi da quello, diventa imperfetto. Ma cer- 
ta cosa è, che il governo cattivo di molti si di- 
scosta meno dal ben comune, che quello di u- 
no, perchè, avvenga che quelli più si usurpi- 
no il ben comune, e lo dividino tra loro, cioè 


Digitized by Google 



DEL GOVERNO 


a3 

l'entrate, e le dignità, nientedimeno rimanen* 
do in più persone, in qualche modo tal bene * 
riman comune . Ma quando tutto il ben comu- 
ne si risolve in Uno , non rimane in parte al- 
cuna comune, anzi diventa tutto particolare ; 
e però il cattivo governo di Uno tra gli altri 
governi è pessimo , perchè si parte più dal ben 
comune, ed è più distruttivo di quello. Item 
queste ragioni sono ajutate dalla diuturnità, 
perchè il governo di Uno di sua natura è più 
stabile, che quello di più, e non si può ( ben- 
ché sia cattivo) così facilmente impedire, e 
spegnere, come quello di Più; perchè i mem- 
bri vanno dietro al capo, e con gran difficoltà 
insorgono contro il capo . E nel governo del 
Tiranno è molto difficile a fare un capo contro 
di lui : perocché egli sempre vigila a spegnere 
gli uomini, che potriano far capo, ed è solle- 
cito a fare che i sudditi non possano fare ra- 
dunate, e sempre sta vigilante in queste cose. 
Ma quando più persone governano, è più facil 
cosa a tor via il loro cattivo governo, perchè 
si possono più facilmente congregare gli uo- 
mini buoni con chi fa bene, e mettere dissen- 
sione tra i cattivi , acciocché non s’ uniscano 
insieme, il che è facile, perchè ciascheduno di 
loro cerca il bene proprio , per il quale presto 
tra loro nasce discordia . E però il cattivo go- 
verno di Uno, quanto a questa parte, è ancora 


Digitized by Google 



TRATTATO 


3 4 

peggiore degli altri , perchè è più difficil cosa 
impedirlo, e spegnerlo. Bisogna però notare, 
che avvengachè di sua natura il cattivo governo 
di Uno sia pessimo, nientedimeno qualche vol- 
ta accadono più grandi inconvenienti nel cat- 
tivo governo di Più che iu quello di Uno, mas- 
sime nel fine; perchè quando il governo di Più 
è cattivo, incontinente è diviso in più parti, e 
cosi si comincia a dilacerare il ben comune, e 
la pace, e finalmente se non si rimedia, biso- 
gna, che una parte rimanga superiore, e scacci 
l’altra. Dalla qual cosa ne seguita infiniti ma- 
li , e temporali, e corporali, e spirituali . Tra i 
quali il massimo è, che il governo di Più si ri- 
solve in Uno, perchè quello che ha più favore 
nel popolo, diventa di cittadino Tiranno. Ed 
avvenga che il governo di Uno , quando è cat- 
tivo (come abbiamo detto ) sia pessimo; nien- 
tedimeno è gran differenza dal governo di co- 
lui , che è diventato di naturale , e vero Signo- 
re Tiranno; e dal governo di colui, che di cit- 
tadino è diventato Tiranno ; perchè da questo 
ne seguitano molto più inconvenienti, che dal 
primo; perocché se vuol regnare, gli bisogna 
spegnere, o per morte, o per esilio , o per al- 
tri modi i cittadini, non solamente suoi av- 
versai 'j , ma tutti quegli che gli sono eguali , o 
di nobiltà, o di ricchezze, o di fama: e torsi 
dinanzi dagli occhi tutti quegli, che gli posso- 


Digitlzed by Google 



DEL GOVERNO 


l5 

no dar noja . Dalla qual cosa ne seguitano infi- 
niti mali. Ma questo non accade in quello, che 
sia stato Signore naturale, perchè non ha alcu- 
no, che gli sia eguale; e i cittadini essendo usi 
ad essere subietti, non vanno macchinando co- 
sa alcuna contro il suo Stato. Onde egli non 
vive in quelle sospezioni, nelle quali vive il 
cittadino fatto Tiranno . E perchè nei popoli, 
che hanno Governo di Ottimati, o Governo Ci- 
vile,. è facile per le discordie degli uomini, che 
occorrono ogni giorno, e per la moltitudine 
dei cattivi, e sussurroni , e maledici, far divi- 
sione, e incorrere nel governo Tirannico, deb- 
bano tali popoli con ogni studio , e diligenza 
provvedere con fortissime leggi e severe , che 
non si possa fare Tiranno alcuno , punendo di 
estrema punizione, non solamente chi ne ra- 
gionasse, ma etiam chi tal cosa accennasse; e 
in ogn’ altro peccato aver compassione all’uo- 
mo, ma in questo non gli aver compassione 
alcuna , a riserva, che l’anima si deve sempre 
aiutare, onde non si deve diminuire pena al- 
cuna , anzi accrescerla per dare esempio a tut- 
ti, acciocché ognuno si guardi , non dico d’ ac- 
cennare tal cosa, ma etiam di pensarla. E chi 
in questo è compassionevole o negligente a pu- 
nire, pecca gravissimamente appresso a Dio, 
perchè dà principio al Tiranno, dal cui gover- 
no ne seguono infiniti mali, come dimostrere- 


Digitized by Google 



l6 TRATTATO 

mo di sotto; perchè quando i cattivi nomini 
vedono, che le punizioni son leggiere, prendo* 
no ardire, e a poco a poco si conduce la Ti- 
rannia, come la gocciola dell’acqua a poco a 
poco cava la pietra. Colui dunque, che non ha 
punito tal peccato gravemente, è causa di tutti 
i mali, che seguono dalla tirannia di tali cit- 
tadini, e però debbe ogni popolo che si gover- 
na civilmente, più tosto sopportare ogn’ altro 
male, e inconveniente, che seguitasse dal go- 
verno civile, quando è imperfetto, che lasciar 
sorgere un Tiranno. E perchè ognuno inten- 
da meglio quanto male seguita dal governo del 
Tiranno, benché altra volta ne abbiamo predi- 
cato; nondimeno a maggiore intelligenza lo de- 
scriveremo nel seguente Capitolo, quanto alle 
cose principali: perchè il voler dire tutti i suoi 
mancamenti, e abusioni, e gravi peccati, e 
quelli mali , che ne seguano da lui , saria im- 
possibile, essendo infiniti . 

CAPITOLO IL 

Della malizia , e pessime condizioni del Tiranno. 

Tiranno è nome di uomo di mala vita, e pes- 
simo tra gli altri uomini , che per forza sopra 
tutti vuol regnare, massime quello, che di cit- 
tadino si è fatto Tiranno . Perchè prima è ne- 


Digitized by Google 



OEL GOVERNO 


2 7 


cessarlo dire , che sia stiperbo , volendo esal- 
tarsi sopra i suoi eguali, anzi sopra i migliori 
di se, e quegli, a’ quali più tosto meriteria di 
essere subietto. E però è invidioso, e sempre 
si contrista della gloria degli altri uomini, e 
massime de’cittadiui della sua città, e non può 
patire di udire lodar altri, benché molte volte 
dissimuli, è oda con cruciato di cuore : e si ral- 
legra dell’ ignominie del prossimo per tal mo- 
do, che vorria, che ogn’uomo fosse vitupera- 
to, acciocché egli solo restasse glorioso. Così 
per le gran fantasie, e tristizie, e timori, che 
sempre lo rodono dentro, cerca dilettazioni, 
come medicine delle sue afflizioni : e però si 
trova rare volte, o non forse mai Tiranno, che 
non sia lussurioso , e dedito alle dilettazioni 
della carne . E perchè non si può mantenere 
in tale stato, nè darsi i piaceri che desidera, 
senza moltitudine di denari, segue, che inor- 
dinatamente appetisca la roba : onde ogni Ti- 
ranno, quanto a questo, è avaro , e ladro , pe- 
rocché non solamente ruba il Principato, che 
è di tutto il popolo, ma ancora si usurpa quel- 
lo, che è del Comune, oltre le cose , che appe- 
tisce, e toglie a’ particolari cittadini con caute- 
le, e vie occulte , e qualche volta manifeste . E 
da questo segue, che ’l Tiranno abbia virtual- 
mente tutti i peccati del mondo. Primo, perchè 
ha la superbia, lussuria, e avarizia, che sono 


$ 



TRATTATO 


9.8 

le radici di tutti i mali. Secondo, perchè aven- 
do posto il suo fine nello Stato che tiene , non 
è cosa, che non faccia per mantenerlo. E però 
non è male , che non sia apparecchiato a fare, 
quando fosse al proposito dello Stato, come 
l’esperienza dimostra, che non perdona il Ti- 
ranno a cosa alcuna per mantenersi nello Sta- 
to, e però ha in proposito, o in abito tutti i 
peccati del mondo. Terzo, perchè dal suo per- 
verso governo ne seguono tutti i peccati nel 
popolo, e però egli è debitore di tutti , come se 
gli avesse fatti . Onde segue, che ogni parte 
dell’ anima sua sia depravata. La memoria sua 
sempre si ricorda dell’ ingiurie, e cerca di ven- 
dicarsi, e dimenticasi presto i benefizj degli a- 
mici: l’intelletto sempre adopra a macchinare 
fraude , e inganni , ed altri mali : la volontà è 
piena di odj , e perversi desiderj: l’ immagi- 
nazione di false, e cattive rappresentazioni ; e 
tutti i sensi esteriori adopra male, o in pro- 
prie concupiscenze, o in detrimento , e derisio- 
ne del prossimo , perchè è pieno d' ira , e di 
sdegno. E questo a lui interviene, perchè ha 
posto il suo fine in tale stato, che è difficile, 
anzi impossibile a mantenerlo lungamente; pe- 
rocché niuno violento è perpetuo. Onde, cer- 
cando di mantenere per forza quello, che per 
sè rovina, bisogna, che sia molto vigilante . Ed 
essendo il fine cattivo, ogni cosa a lui ordina- 


Digitized by Google 


PEL GOVERNO 


2 9 

la bisogna che sia cattiva; e però non può mai 
pensare il Tiranno, nè ricordarsi, nè immagi- 
narsi, nè fare se non cose cattive, e se pure 
ne fa qualcuna buona, non la fa per far bene ? 
ma per acquistar fama, e farsi amici per poter- 
si meglio mantenere in quel perverso stato : 
onde è come il Diavolo re dei superbi, che 
mai non pensa altro che a male; e se pure di- 
ce qualche verità, e fa qualche cosa che ha spe- 
cie di bene, tutto ordina a cattivo fine, e mas- 
sime alla sua gran superbia. Cosi il Tiranno 
tutti i beni che fa, ordina alla sua superbia , 
nella quale per ogni modo , e via cerca di con- 
servarsi . E però quanto il Tiranno di fuori si 
dimostra più costumato, tanto è più astuto, e 
più cattivo, et ammaestrato da maggiore e più 
sagace Diavolo, il quale si trasfigura nell’An- 
gelo della luce per dare maggior colpo. 

Ancora il Tiranno è pessimo quanto al go- 
verno, circa al quale principalmente attende a 
tre cose: prima, che i sudditi non intendano 
cosa alcuna del governo, o pochissime, e di 
poca importanza, perchè non si conoscano le 
sue malizie. Seconda, è circa di mettere di- 
scordia tra i cittadini , non solamente nelle 
città, ma etiam nelle castella, e ville, e ca- 
se, e tra i suoi ministri , et etiam tra i consi- 
glieri, e familiari suoi; perchè così, come il 
regno di, un vero e giusto Re si conserva 



TH ATT \TO 


.Ho 

per l’ amicizia dei sudditi, cosi la Tirannia si 
conserva per la discordia degli uomini , peroc- 
ché il Tiranno favorisce una delle parti, la 
quale tiene l’altra bassa, e fa forte il Tiranno. 
Terza, cerca sempre di abbassare i potenti per 
assicurarsi; e però ammazza, o fa mal capitare 
gli uomini eccellenti, o di roba, o di nobiltà, 

0 d’ ingegno, o di altra virtù; e gli uomini sa- 
vj tiene senza reputazione, e gli fa schernire 
per tor loro la fama, acciocché non siano se- 
guitati . Non vuole avere per compagni i citta- 
dini, ma per servi. Proibisce le congregazioni, 
e radunale, acciocché gli uomini non facciano 
amicizia insieme, per timore di qualche grave 
congiura contro di lui, e si sforza di fare , che 

1 cittadini siano insieme più salvatichi, che si 
può, conturbando le amicizie loro, e dissol- 
vendo i matrimonj, e parentadi, volendoli fa- 
re a suo modo. E dipoi, che son fatti, cerca 
di mettere discordia tra i parenti , e ha gli e- 
sploratori, e le spie in ogni luogo, che gli re- 
feriscono ciò che si fa , p che si dice , cosi ma- 
schi, come femmine» così preti, e religiosi, 
come secolari. Onde fa, che la sua donna, e le 
figliuole, o sorelle, e parenti, abbiano amici- 
zia, e conversino con l’ altre donne, acciocché 
cavino i segreti de* cittadini da loro, e tutto 
quello, che fanno, o dicono in casa. Studia di 


Dlgitized by Google 


DEL GOVERNO 


3l 


fare, che il popolo sia occupato circa le cose 
necessarie alla vita, e però, quanto può lo tie- 
ne magro con gravezze, e gabelle. E molte vol- 
te, massime in tempo di abbondanza, e quie- 
te, l’occupa in spettacoli, e feste, acciocché 
pensi a sé, e non a lui: e che similmente i 
cittadini pensino al governo della casa propria, 
e non si occupino nei segreti dello Stato, ac- 
ciocché siano inesperti, e imprudenti nel go- 
verno della qjttà, e che solo egli rimanga Go- 
vernatore , et paja più prudente di tutti. Ono- 
ra gli adulatori, acciocché ognuno si sforzi di 
adularlo, e di essere come lui, e ha in odio 
chi dice la verità, perchè non vuole, che gli 
sia repugnato, e però ha a sdegno gli uomini 
liberi nel parlare, e non gli vuole appresso di 
sé. Non fa conviti molto con i suoi cittadini, 
ma più tosto con gli estranei .~E tiene le ami- 
cizie de’Signori e Gran Maestri forestieri, per- 
chè i cittadini reputa suoi avversarj , e di loro 
ha sempre paura ; e però cerca di fortificarsi 
contro di loro con i forestieri. Nel governo 
suo vuol essere occulto, dimostrando di fuori 
di non governare, e dicendo , e facendo dire 
a’ complici suoi, che egli non vuole alterare il 
governo della città, ma conservarlo; onde cerca 
di essere domandato Conservatore del ben co- 
mune , e dimostrarsi mansueto ancora nelle 
cose minime, dando qualche volta udienza ai 



TRATTATO 


3a 

fanciulli, e fanciulle, o a persone povere, e 
difendendole molte volte etiam dalle minime 
ingiurie . Cosi di tutti gli onori , e dignità 
che si distribuiscono ai cittadini, egli se uè 
mostra autore, e cerca che ognuno le ricono- 
sca da lui; ma le punizioni di quegli, che er- 
rano o che sono incolpati dai suoi complici per 
abbassarli, o farli mal capitare, le attribuisce 
a’ Magistrati , e si scusa di non potere ajutar- 
li , per acquistare fama , e benevolenza nel po- 
polo, e per fare, che quegli, che sono nei Ma- 
gistrati , siano odiati da quegli che non inten- 
dono le sue fraudi . 

Similmente cerca di apparire religioso , e 
dedito al culto divino; ma fa solamente certe 
cose esteriori, come andare alle chiese, far cer- 
te elemosine, edificare templi, e cappelle, o fa- 
re paramenti, esimili altre cose per ostenta- 
zione. Conversa etiam con religiosi , e simula- 
tamente si confessa da chi e veramente religio- 
so per parere di essere assoluto; ma dall’altra 
parte guasta la Religione usurpando i beneficj , 
e dandoli ai suoi satelliti ,e complici , e cercan- 
doli per i loro figliuoli , e così si usurpa i beni 
temporali , e spirituali . Non vuole , che alcun 
cittadino faccia alcuna cosa eccellente , come 
maggiori palazzi , o conviti , o chiese , o mag- 
giori opere nel governo, o nelle guerre di lui, 
per parer lui solo singolare. E molte volte 


Digitized by Googli 


DEL GOVERNO 


33 


abbassa occultamente gli uomi grandi, e poi- 
ché gli ha abbassati, gli esalta manifestamente 
ancora più che prima; acciocché si reputino ob- 
bligati a lui , e che il popolo lo reputi clemen- 
te, e magnanimo, per acquistar più favore. 
Non lascia fare giustizia ai giudici ordinar] , per 
favorire , e per ammazzare, o abbassare chi pia- 
ce a lui . Usurpasi i denari del Comune, e tro- 
va nuovi modi di gravezze , e angherie per con- 
gregare pecunia , della quale nutrisce i suoi 
satelliti , e con essa conduce al soldo Principi, 
e altri Capitani , molte volte senza bisogno del- 
la Comunità, per dar loro qualche guadagno, 
e farseli amici, e per potere più onestamente 
aggravare il popolo, dicendo, che bisogna pa- 
gare i soldati. E per questa cagione ancora 
muove, e fa muover guerre senza utilità, cioè, 
che per quelle noh cerca , nè vuole vittoria, nè 
pigliare le cose d’altri, ma solamente lo fa per 
tenere il popolo magro , e per stabilirsi meglio 
nel suo Stato. Ancora delle pecunie del Comu- 
ne molte volte edifica palazzi grandi, e templi , 
e le armi sue appicca per tutto, e nutrisce can 
tori, e cantatrici, perchè cerca di esser solo 
glorioso. A’suoi allevati, che sono di bassa con- 
dizione, dà le figliole dei cittadini nobili per 
donne, per abbassare, e torre la reputazione 
ai nobili, ed esaltare tali persone vili, le quali 
sa che gli saranno fedeli , perchè non hanno 

Savori. 3 


Digitized by Google 



34 trattato 

generosità d'animo, ma hanno bisogno di lui, 
essendo comunemente tali persone superbe , e 
reputando tale amicizia essere gran beatitudine. 

Li presenti riceve volentieri per congrega- 
re roba , e però rare volte presenta i cittadini, 
ma più tosto i Principi, e i forestieri, per far- 
seli amici. E quando vede qualche cosa di un 
cittadino, che gli piaccia, la loda, e guarda , e 
fa tali gesti , che dimostra di volerla , acciocché 
quel tale o per vergogna, o per paura glie la 
doni; ed ha presso di sé gli adulatori, che ec- 
citano quel tale, ed esortano a fargliene un pre- 
sente : e molte volte le cose che gli piacciano , 
se le fa prestare, e poi non le rende mai. Spo- 
glia le vedove, e pupilli, fingendo di volergli 
difendere, e toglie le possessioni, e campi, e 
case a’ poveri, per fare parchi, o pianure, o pa- 
lazzi, o altre cose da darsi piacere, prometten- 
do di pagarli il giusto prezzo, e poi non ne 
paga la metà . Non rende ancora la mercede a 
chi lo serve in casa , come merita, volendo che 
ognuno abbia di grazia a servirlo. I suoi satel- 
liti cerca di pagargli della roba d’altri, dando 
loro officj , o beneficj , che non meritano , e to- 
gliendo ad altri gli officj della città, e dandoli 
a loro. E se qualche mercatante ha gran credi- 
to, cerca di farlo fallire , acciocché niuno ab- 
bia credito come lui . 

Esalta i cattivi uomini , i quali senza la sua 


Digitized by Google 


BEL GOVERNO 


35 


protezione sanano puniti dalla Giustizia, ac- 
ciocché lo difendino, difendendo in questo mo- 
do ancora se medesimo : e se pure esalta qual- 
che uomo savio, e buono, lo fa per dimostrare 
al popolo che è amatore delle virtù: nientedi- 
meno a tali savi, e buoni sempre tiene l’occhio 
addosso, e non si fida di loro, e però gli tiene 
per tal modo, che non gli possano nuocere . 

Chi non lo corteggia, e chi non si presenta 
alla casa sua, q quando è in piazza, è notato 
per nemico, ed ha i suoi satelliti in ogni luo- 
go, che vanno sviando i giovani, e provocan- 
doli al male , etiam contro i padri proprj*, e 
conducongli a lui, cercando d’implicare tutti 
i giovani della terra nei suoi malvagi consigli, 
c fargli nemici a tutti quelli, che lui reputa 
suoi avversarj , etiam al padre proprio ; e si 
sforza di far lòrovconsumare la roba in conviti, 
e in altre voluttà, acciocché diventino poveri, 
ed egli solo rimanga ricco. 

Non si può far offiziale alcuno, che egli non 
voglia sapere , anzi che egli non voglia fare; ed 
iufino alli cuochi del palazzo , e famigli de’Ma 
gistrati, non vuole, che senza suo consenso si 
facciano . Esalta negli ufizj molte volte il minor 
fratello , o il minore della casa , o che sia di 
minor virtù e bontà, per esaltare i maggiori, 
e migliori ad invidia, e odio, e mettere tra lo- 
ro discordia. Non si può dar sentenza, nè lodo, 



36 


TRATTATO 


nè far alcuna pace senza lui, perchè egli sem- 
pre cerca di favorire una parte, ed abbassar 
l'altra, che non è così secondo la sua volontà. 

Tutte le buone leggi cerca con astuzia di cor- 
rompere, perchè son contrarie al suo governo 
ingiusto, e fa continuamente nuove leggi a suo 
proposito. In tutti i Magistrati, e Ufizj così 
dentro della città, come di fuori, ha chi vigi- 
la, e chi referisce ciò che si fa e dice, e chi dà 
legge da sua parte a tali ofiziali , come hanno 
a fare: onde egli è il refugio di tutti gli uomi- 
ni scellerati, e resterminio de’giusti. Ed è som- 
mamente vendicativo in tanto che etiam le mi- 
nime ingiurie cerca con gran crudeltà di ven- 
dicare, per dar timore agli altri, perchè egli 
ha paura d’ognuno. 

E chi sparla di lui, bisogna che si nasconda, 
perchè lo perseguita etiam infinó neH’estreme 
parti del mondo, e con tradimenti ; o con vele- 
ni, o altri modi fa le sue vendette, ed è grande 
omicida , perchè desidera sempre di rimuovere 
gli ostacoli del suo governo, benché sempre 
mostri di non esser quello , e che gli rincresca 
della morte d’altri. E simula molte volte di 
voler punire chi ha fatto tal omicidio ; ma poi 
lo fa fuggire occultamente, il quale simulando 
dopo un certo tempo di chieder misericordia, 
lo ripiglia, e tienlo appresso di se. 

Ancora il Tiranno in ogni cosa vuol essere 


Digitized by Google 


DEL GOVERNO 


3 7 

superiore etiam nelle cose minime, come in 
giocare, in parlare, in giostrare, in far corre- 
re cavalli, in dottrina; ed in tutte l’ altre cose, 
nelle quali accade concorrenza, cerca sempre 
d’ essere il primo ; e quando per sua virtù non 
può, cerca d’essere superiore con fraude, e con 
inganni . 

E per tenersi più in reputazione è difficile a 
dare udienza, e molte volte attende a’ suoi pia- 
ceri, e fa stare i cittadini di fuori, e aspetta- 
re, e poi dà loro udienza breve, e risposte am- 
bigue, e vuol essere inteso a cenni ; perchè pa- 
re che si vergogni di volere, e chiedere quello, 
che è in se male, o di negare il bene; però di- 
ce parole mozze, che hanno specie di bene, ma 
vuol essere inteso. E spesso schernisce gli uo- 
mini dabbene con parole, o con atti, ridendo- 
si con i suoi complici di loro. 

Ha segrete intelligenze con gli altri Principi, 
e poi non dicendo il segreto che ha, fa consi- 
glio di quello che s’ha a fare, acciocché ognu- 
no risponda a ventura, ed egli solo paja pru- 
dente, e savio, e investigatore dei segreti dei 
Signori; e però egli solo vuol dare le leggi a 
tutti gli uomini, e vai più un minimo suo po- 
lizzino, o una parola di un suo staffiere appres- 
so a ciascun Giudice, e Magistrato, che ogni 
giustizia. 

In somma, sotto il Tiranno non e cosa sta- 



TRATTATO 


38 

bile, perchè ogni cosa si regge secondo la sua 
volontà, la quale non è retta dalla ragione, 
ma dalla passione; onde ogni cittadino sotto 
di lui Sta in pendènte per la sua superbia, ogni 
ricchezza sta in aria per la sua avarizia, ogni 
castità e pudicizia di donna sta in pericolò 
per la sua lussuria ; e ha per tutto ruffiani , e 
ruffiane, i quali per diversi modi le donne, è 
figliuole d'altri conducono alla mazza, e mas- 
sime nei conviti grandi , dove molte volte le 
camere hanno vie occulte, ove son condotte le 
donne, che non se ne avvedono, ed ivi riman- 
gono prese al laccio; lasciando stare la sodo- 
mia, alla quale è molte volte etiam dedito per 
tal modo, che non è garzone di qualche appa- 
renza, che sia sicuro. Saria lunga cosa voler 
discorrere per tutti li peccati, e mali, che fa il 
Tiranno; ma questi basteranno al presente trat- 
tato, e verremo al particolare della città di Fi- 
renze . 

CAPITOLO TERZO 

De Beni delle Città , i quali il Tiranno impedisce , 
e che il Governo del Tiranno fra T altre Città 
è massimamente nocivó alla Città di Firenze. 

Se il governo del Tiranno è pessimo in ogni 
città, e provincia, massimamente parmi questo 
esser vero nella città di Firenze, volendo noi 


Digitized by Googl 


DEL GOVERNO 


39 

parlare, come Cristiani. Perchè tutti i goverfti 
degli uomini Cristiani devono essere ordinati fi- 
nalmente alla Beatitudine a noi da Cristo pro- 
messa. £ perchè a quella non si va, se non per 
il mezzo del ben vivere Cristiano, del quale (co- 
me abbiamo provato in altri luoghi) niuno può 
esser migliore, devono i Cristiani istituire tutti 
i loro governi e particolari ed universali per tal 
modo, che questo ben vivere Cristiano conse- 
guiti da quelli principalmente , e sopra ogni 
altra cosa . E perchè questo ben vivere si nu- 
trisce, ed augumenta dal vero Culto Divino , 
debbono sempre sforzarsi di mantenere, e con- 
servare , ed augumentare questo Culto , non 
tanto di ceremonie , quanto di verità , e di 
buoni, e santi, e dotti Ministri della Chiesa, e 
Religiosi ; e dalla città, quanto è lecito, e quan- 
to possono, rimuovere i cattivi Pretine Religio»- 
si; perchè non si trovano, come dicono i San- 
ti, peggiori uomini di questi, nè che più gua- 
stino il vero Culto Divino, e il ben vivere Cri- 
stiano, ed ogni buon governo. Ed è meglio a- 
ver pochi e buoni Ministri, che assai e catti- 
vi; perchè i cattivi provocano l’Ira di Dio con- 
tro la città, e procedendo ogni buon governo 
da lui, son causa che Dio tira a se la mano, e 
non lascia correre la grazia del buon governo 
per la gravezza , e moltiplicazione dei loro pec- 
cati, per li quali si tiran dietro gran parte del 


Digitized by Google 



TRATTATO 


4o 

popolo, e perseguitano sempre i buoni, e giu- 
sti uomini ; onde leggete , e rileggete nel Vec- 
chio , e Nuovo Testamento , e troverete, che 
tutte le persecuzioni de’Giusti sono da tali uo- 
mini procedute , e che per i loro peccati son 
venuti i flagelli di Dio nel popolo, e che essi 
hanno sempre guasto ogni buon governo, cor- 
rompendo le menti dei Re, e Principi, ed altri 
governatori. 

Bisogna dunque avere gran diligenza , che 
nella città si viva bene, e che ella sia piena di 
buoni uomini, massime Ministri dell’ altare, 
perchè crescendo il Culto Divino, ed il ben vi- 
vere , è necessario che il governo si faccia per- 
fetto. Primo, perchè Dio, e gli Angeli suoi ne 
hanno special cura , come si legge spesso nel 
Vecchio Testamento, che quando il Culto Di- 
vino stava o cresceva, sempre il regno dei Giu- 
dei andava di bene in meglio . E questo mede- 
simo si legge dopo il Nuovo Testamento di Co- 
stantino il grande , e di Teodosio , e d’ altri 
principi religiosi. Secondo, per le orazioni, 
che continuamente si fanno da quelli , che son 
deputati al Culto Divino, e dai buoni, che 
sono nella città , ed etiam per le orazioni co- 
muni di tutto il popolo nelle solennità ; onde 
leggiamo nel Vecchio, e Nuovo Testamento le 
città per le orazioni essere state cavate di gran- 
dissimi pericoli, e da Dio dotate d’innumera- 


Digitized by Google 



DEL GOVERNO 


4f 

bili beni spirituali, e temporali. Terzo, per i 
buoni consigli , per li quali si conservano , ed 
augumentano i regni perchè essendo buoni i 
cittadini, sono specialmente illuminati da Dio, 
come è scritto : exortum est in tenebris lumen 
rectis mrde; cioè, nelle tenebre delle difficoltà 
di questo mondo i retti di cuore sono da Dio 
illuminati. Quarto, per la loro unione, perchè 
dove è il ben vivere Cristiano, non può esser * 
discordia ; perocché tutte le radici della discor- 
dia son rimosse, cioè, la superbia, ed ambi- 
zione, avarizia, e lussuria; e dove è unione, 
bisogna che sia forza ; onde si è provato nei 
tempi passati che i Regni piccoli per l’ unione 
son fatti grandi, e li grandi per la discordia si 
sono dissipati. Quinto, per la Giustizia, e per 
le buone Leggi lp quali amano i buoni Cristia- 
ni : onde dice Salomone: Justitia firmatur so- 
lium ; cioè , per la Giustizia si ferma il Regno . 
Cresceria ancora per questo ben vivere il Re- 
gno in ricchezze, perchè non spendendo su- 
perfluamente , congregariano nell’erario pub- 
blico infinito tesoro, per il quale pagheriano 
gli soldati, ed officiali, e pasceriano gli poveri, 
e fariano stare in timore i suoi nemici , e mas- 
sime, che intendendo il loro buon governo i 
mercatanti, ed altri uomini ricchi, volentieri 
concorreriano alla città ; ed i vicini, che fosse- 
ro mal governati da altri, desidereriano il loro 


Digitized by Google 



TRATTATO 


4a 

governo. E per l’unione loro, e benevolenza de- 
gli amici averiano bisogno di pochi soldati , e 
tutte le Arti, e Scienze, e Virtù verriano nella 
città, e quivi si congregheria un infinito teso- 
ro, e dilateriasi il suo regno in molte parti ; la 
qual cosa saria buona, non solamente alla cit- 
tà, ma etiam agli altri popoli, perchè sariano 
ben governati, ed il Culto Divino si dilateria , 
*e la Fede, ed il ben vivere Cristiano cresceria , 
la qual cosa saria gran gloria di Dio, e del no- 
stro Salvatore Gesù Cristo Re de’ Re, e Signore 
de’ Signori . Ora tutto questo bene impedisce , 
e guasta il governo Tirannico; perchè non è 
cosa, che più abbia in odio il Tiranno, che il 
culto di Cristo, ed il ben vivere Cristiano, pe- 
rocché è direttamente suo contrario, ed uno 
contrario cerca di scacciare l’altro; e però il 
Tiranno si sforza quanto può, che il vero Culto 
di Cristo si levi della città, benché lo faccia oc- 
cultamente. E se si trova qualche buon Vesco- 
vo, o Sacerdote, o Religioso, massime che sia 
libero in dire la verità, cautamente Io cerca di 
rimuovere dalla città, o di corrompere la men- 
te sua con adulazione, e presenti. E fa dare i 
benefizj ai cattivi Preti, e ai suoi Ministri , ed a 
quegli, che sono suoi complici, e favorisce i 
cattivi Religiosi, te quegli che lo adulano . 

Così sempre cerca di corrompere la gioven- 
tù, e tutto il ben vivere della città, come cosa 


Digitized by Google 


nr.t governo 


43 

a lui sommamente contraria. E se questo è gran- 
de, anzi sommo male in ogni città, e regno, 
massime è gravissimo in quelle de* Cristiani , 
tra le quali a me pare , che sia ancora maggio- 
re nella città di Firenze. Prima, perchè questo 
popolo è molto inclinato al Culto t)ivino, come 
sa chi ne ha pratica, ohde saria facilissima co- 
sa instituire in lui un perfettissimo culto, ed 
ottimo vivere Cristiano, se fosse in lui un buon 
governo , che certo, come noi proviamo ogni 
giorno, se non fossero i cattivi Preti, e Reli- 
giosi, Firenze si ridurria al vivere de’ primi Cri- 
stiani , e saria come uno specchio di religione 
a tutto il mondo : onde noi vediamo al presen- 
te, che frà tante persecuzioni contro il ben Vi- 
vere de’ buoni, e tanti impedimenti di dentro 
e di fuori, e fra èscomunicazioni-, è male per- 
suasioni , si vive per tal modo nella città dai 
buoni, che, sia detto con pace di ogn’altra, non 
si nomina, nè è alcun’ altra città, dove sia mag- 
gior numero , e di maggior perfezione di- vita 
della città di Firenze. Se dunque fra tante per- 
secuzioni , ed impedimenti la cresce, e fruttifi- 
ca per il Yerbo di Dio , che farebbe lei , quando 
fosse in essa un quieto vivere dentro , rimossa 
la contradizione de’ tepidi, e cattivi Preti) e 
Religiosi, e cittadini ? 

Questo ancora più conferma la sottilità degli 
ingegni, che si trovano in lei, perocché è noto 



TRATTATO 


44 

a tutto il mondo, che i Fiorentini hanno spi- 
riti sottili. Così noi sappiamo esser cosa peri- 
colosissima, che tali spiriti si volgano al male, 
e massime, che in quello si avvezzino da fan. 
ciulli, perchè sono dipoi più difficili a sanare, 
e più atti a far moltiplicare i peccati in terra . 
E per contrario , se si volgono al bene , sarà 
difficile a pervertirgli, e saranno atti a molti- 
plicare tal bene in diverse parti . E però biso- 
gna nella città di Firenze aver gran diligenza , 
che vi sia buon governo, e che per modo alcu- 
no non vi sia Tiranno, sapendo noi quanto ma- 
le ha fatto in lei , ed in altre città il governo 
Tirannico , perocché tante sono state le loro a- 
stuzie, che hanno molte volte ingannati i Prin- 
cipi dell’ Italia, e tenute in divisione non sola- 
mente le città vicine, ma etiam le remote. E 
questo tanto più facilmente può fare , quanto 
che è città pecuniosa, ed industriosa, onde ha 
molte volte messo in confusione tutta l’ Italia . 

Ancora più conferma il detto nostro, che non 
può durare il governo Tirannico lungamente , 
perchè niuno violento (come abbiamo detto) 
può essere perpetuo, e perchè, parlando come 
Cristiano, il governo Tirannico è permesso da 
Dio per punire , e purgare i peccati del popo- 
lo, i quali poi, quando son purgati, bisogna, 
che cessi tal governo , perchè rimossa la causa, 
bisogna che sia rimosso ancora T effetto. Se 


Digitized by Google 



DEL GOVERNO 


45 

dunque tal governo non può durare nell’ altre 
città, e regni, massimamente a Firenze non 
può durare lungo tempo in pace, perocché ta- 
li ingegni non si possono riposare ; onde si è 
visto per esperienza, che spesso in lei è stata 
qualche commozione di cittadini contro a chi 
governava; e da queste commozioni, e guer- 
re civili ne è seguita alcune volte la commozio- 
ne di tutta l’Italia, e si son fatti di molti mali. 

Per queste ragioni dunque, ed altre, che per 
brevità lascio, appare manifestamente, che se 
in ogni città si deve rimuovere il governo Ti- 
rannico, e più tosto patire ogn’ altro governo 
imperfetto , che quello del Tiranno , dal quale 
ne segue tanti e così gran mali , che non se 
ne può trovare, nè più, nè maggiori; molto 
maggiormente si debbe questo fare nella città 
di Firenze , e chi bene gusterà le cose prece- 
denti , senza difficoltà intenderà che non è pe- 
na, nè flagello alcuno tanto grave in questo 
mondo , che sia proporzionato alla gravità del 
peccato di colui, che cercasse, o tentasse, o an- 
cora desiderasse di essere, o di farsi Tiranno 
nella città di Firenze, poiché ogni pena, che si 
può pensare nella vita presente, è piccola a 
comparazione di tal peccato: ma l’Onnipotente 
Dio giusto giudice lo saprà punire come meri- 
ta , ed in questa e nell’ altra vita . 



Digitizèd by Google 



TRATTATO TERZO 


CAPITOLO PRIMO 

Della Istituzione , e modo del Governo Civile . 


Avendo noi determinato, che nella citta di Fi- 
renze F ottimo Governo è il Governo Civile , ed il 
Tirannico tra tutte le città in lei è pessimo , re- 
sta , che noi vediamo, come si può provvedere, 
che non si faccia in lei alcun Tiranno , e come 
si ha a introdurre tal Governo Civile . E perchè 
qualche volta per forza dell’ armi si fa il Tiran- 
no, e alla forza non si può resistere con ragio- 
ne; circa a ciò non possiamo dar altra istruzio- 
ne ; ma intendiamo di dichiarare, come si può 
provvedere, che un cittadino, non per forza 
di armi, ma con astuzia, e con amici non si 
faccia Tiranno della città a poco a poco , pi- 
gliando il dominio di quella, come si è fatto 
per i tempi passati. Ma perchè poteria credere 
alcuno, che bisognasse provedere, che niun 
cittadino fosse eccessivamente ricco, atteso che 
i denari congregano a sè il popolo, e facil- 
mente il cittadino eccessivamente ricco si fa 
Tiranno, e perchè volendo così provedere, ne 
seguiteriano molti inconvenienti, essendo trop- 


Digitized by Google 



TRATTATO 


48 

po pericoloso a volere tor la roba a’ ricchi, e 
troppo difficile a metter termine alle ricchez- 
ze de’ cittadini; però diciamo, che le ricchezze 
non sono la causa principale, che un cittadino 
si faccia Tiranno , perchè se un cittadino ricco 
non avesse altro che le ricchezze, non congre- 
gheria a sè la moltitudine degli altri cittadini, 
dalla quale dipende il governo della città, po- 
tendo assai poco sperare da tal ricco ; perocché 
i cittadini per pochi denari non consentireb- 
bero, che uno si facesse Tiranno , ed uri citta- 
dino sia ricco quanto si voglia, non può in u- 
na città cosi grande comprare tanti cittadini , 
che faccia il bisogno , volendo ciascuno gran 
quantità di pecunia , ed essendo la maggior 
parte ricchi, e naturalmente sdegnandosi di 
farsi servi, a chi loro si reputano eguali. 

Perchè dunque i cittadini cercano più tosto 
dignità, e reputazione nella città che denari , 
sapendo essi che la reputazione aiuta 1’ uomo 
ad arricchirsi , bisogna provvedere, che niuno 
cittadino abbia autorità per modo alcuno di 
poter dare i Beneficj, ed Officj , e Dignità della 
città: perocché questa è proprio la radice, che 
fa nelle città un Tiranno, amando molto i cit- 
tadini l’ onore, e volendo esser reputati. E pe- 
rò quando vedono che altrimenti non possono 
avere i Beneficj, e Onori della città, si sotto- 
mettono a chi credono , che li possa dare . 


Digitized by Google 



DEL GOVERNO 


49 

É così crescendo a poco a poco il numero dei 
cittadini , che si sottomettono a quello , che 
ha maggiore autorità, si fa il Tiranno; e quan- 
do sono più che si usurpano tale autorità, bi- 
sogna, che il popolo si divida, e che finalmen- 
te combatta l’uno contro l’altro, e quello che 
ha più seguito, o che rimane vittorioso, di- 
venta Tiranno. È necessario dunque instituire, 
che l’autorità di distribuire gli oftìcj, ed onori 
sia in tutto il popolo, acciocché un cittadino 
non abbia a risguardare all’altro, e ciascuno 
si reputi eguale all’altro, e che non possa far 
capo . 

Ma perchè saria troppo difficile congregare 
ogni giorno tutto il popolo, bisogna institui- 
re un certo numero di cittadini, che abbiano 
questa autorità da tutto il popolo: ma perchè 
il piccol numero poterla esser corrotto con 
amicizie, e parentadi, e denari, bisogna costi- 
tuire un gran numero di cittadini: e perchè 
forse ognuno torria essere di questo numero , 
e questo poteria generar confusione, perchè 
forse la plebe vorria ingerirsi nel Governo, la 
quale presto partorirebbe qualche disordine, 
bisogna limitare per tal modo questo numero 
de’ cittadini, che non v’entri chi è pericoloso 
a disordinare, e ancora che niun cittadino si 
possa lamentare. Fatto dunque questo nume- 
ro di cittadini, il quale si domanda il Consiglio 

Savori. 4 



5o 


TRATTATO 


Grande, e avendo ivi a distribuire tutti gli 
onori, non è dubbio, che questo è il Signore 
della Città ; e però è necessario, di poi che è 
creato, far tre cose. 

Prima, stabilirlo con debiti modi , e fortissi- 
me Leggi , acciocché non gli possa esser tolto 
lo Stato. E perchè i cittadini male amorevoli 
alla sua città, son più solleciti alla loro specia- 
lità, che al ben comune, però non si curano 
di radunarsi al Consiglio (per la qual negli- 
genza poteria tal Consiglio perdere la sua si- 
gnoria, e disfarsi) si vorria provedere, che chi 
non si congregasse al tempo debito, non es- 
sendo legittimamente impedito, pagasse un 
tanto per la prima Volta , e la pena fosse grave, 
e la seconda volta più grave, e la terza privarlo 
totalmente del Consiglio, acciocché quello, 
che non vuol fare per amore , essendone debi- 
tore, lo faccia per forza: perocohè ognuno 
debba più amare il ben comune, che il pro- 
prio; e per quello è obbligata ad esporre la 
roba , e la vita, massime considerato che dal 
buon governo procedono tanti beni , e dal 
cattivo tanti mali, quanti abbiamo detto. Si- 
mili altre Leggi , e pene , e provisioni biso- 
gna fare, secondo che l’esperienza va dimo- 
strando di mano in mano, per firmare il Con- 
siglio, e stabilire lo Stato del Signore della 


Digitized by Google 


DEL GOVERNO 


5l 

Città , perchè tolto via quello, ogni cosa rovi- 
nerebbe. ... . , 

Secondo, si debbe provedere che tale Signore 
non possa diventare Tiranno : perchè come 
qualche volta un uomo, che è naturale Signo- 
re, si lascia corrompere da’cattivi, e diventa 
Tiranno, così un Consiglio buono, per la mali- 
zia de’ cattivi diventa cattivo, e tirannico: e 
perchè gli uomini viziosi, e sciocchi quando 
moltiplicano sono causa di molti mali nei go- 
verni, bisogna provedere di escludere tali uo- 
mini dal Consiglio, quanto è possibile . Item 
provedere con gravissime pene, che non si 
potesse fare intelligenze, nè chiedere fave, o 
suffragj, e chi fossi trovato in fallo senza remis- 
sione alouna fossi punito: perchè qhi non è 
severo in punire y non può conservare i regni. 
Bisogna dunque provedere diligentemente di 
rimovere tutte le imperfezioni, e male radici, 
per le quali il Consiglio potesse esser corrotto, 
e potesse venire, massime la maggior parte, 
nelle mani de’ cattivi uomini: perchè inconti- 
nente saria distrutto, e si faria il Tiranno nel- 
la città . 

Terzo, bisogna provedere che non sia troppo 
aggravato , cioè che per ogni minima cosa 
s’abbia a radunare tanti cittadini: onde etiam 
i Signori attendono alle cose importanti, e ai 
sudditi commettono le minori: conservandosi 



TRATTATO 


5a 

però sempre l'autorità di distribuire gli Uffizj , 
e Beneficj, acciocché ognuno passi per il suo va- 
glio, per tor via il principio della Tirannia , co- 
me abbiamo detto; e però bisogna far provisio- 
ne, che si l'aduni a certi tempi meno incomodi 
ai cittadini, e radunare di molte cose insieme, 
che si abbino a fare in tal dì, che si raduna, e 
trovar modo, che delezioni siano brevi, e che 
si spediscano più presto, che si può. Noi po- 
tremo dire molte cose circa a ciò, e venire più 
al particolare; ma se i cittadini Fiorentini ser- 
veranno quello, che noi abbiamo detto, e quel- 
lo diremo nel seguente Capitolo, non avranno 
bisogno di mia istruzione, perchè loro mede- 
simi, se vorranno , con l’adiutorio di Dio, sa- 
pranno provvedere ad ogni cosa a poco a poco, 
imparando ogni giorno meglio per 1’ esperien- 
za . Io non vorria eccedere i termini dello stato 
mio, per non dare etiam materia agliavversarj 
nostri di mormorare. 

CAPITOLO II. 

Di quello, che avrebbero a fare i Cittadini per 
dar perfezione al Governo Civile . 

Ciascun cittadino Fiorentino, che vuol essere 
buono membro della sua città, ed ajutarla, co- 
me ognun deve volere, bisogna prima, che 


Digitized by Googl 



DEL GOVERNO 


53 

creda questo Consiglio, e Civile Governo essere 
stato mandato da Dio , come è in verità , non 
solamente perché ogni buon Governo procede 
da Lui , ma edam per special provvidenza , che 
ha Dio al presente della Città di Firenze : della 
qual cosa, chi in essa è stato in questi tre an- 
ni passati, e non è cieco, e totalmente senza 
giudizio, è chiaro, che se non fosse stata la 
mano di Dio, non si saria mai fatto tal Gover- 
no in tante, e si potenti contradizioni, nè si 
«aria potuto mantenere infìno a questo giorno 
tra tanti insidiatori , e pochi adjutori: ma per- 
chè Dio vuole, che noi ci esercitiamo con l’in- 
telletto, e libero arbitrio, che ci ha dato, fa le 
* * 

cose che appartengono al governo umano pri- 
ma imperfette, acciocché noi col suo adjutorio 
le facciamo perfette. Essendo dunque questo 
Governo ancora imperfetto, e mancando in 
molte parti, anzi non avendo quasi altro che. 
il fondamento, debbe ciascun cittadino desi- 
derare, ed operare quanto può di dargli la sua 
perfezione: la qual cosa volendo fare, biso- 
gneria , che tutti , o la maggior parte avessero 
questo quattro cose. 

Prima, il timor di Dio; perchè certa cosa è, 
che ogni regno, e governo procede da Dio, 
come etiam ogni cosa procede da lui , essendo 
lui la prima causa, che governa ogni cosa; e 
noi vediamo , che il governo delle cose natu- 


Digitized by Google 



54 TRATTATO 

rali è perfetto, e stabile, perchè le cose natu- 
rali sono a lui subiette, e non repugnano al 
suo governo; cosi se i cittadini temessero Dio, 
e si sottomettessero ai suoi Comandamenti, 
senza dubbio gli guideria alla perfezione di 
questo governo, e gl’illumineria di tutto quel- 
lo, che loro avessero a fare . 

Secondo, bisogneria, che amassero il ben 
comune della Città, e che quando sono nei 
Magistrati, ed altre dignità , lasciassero da can- 
to ogni loro proprietà, e le specialità de’ pa- 
renti, ed amici, ed avessero solamente l’occhio 
al ben comune, perchè quest’affetto prima il- 

lumineria l’occhio dell’ intelletto loro, ed es- 

► • 

sendo spogliati di proprie affezioni, non ave- 
rtano gli occhiali fallaci, perocché risguardan- 
do il fine del governo, non poteriano facil- 
mente errare nelle cose ordinate a lui. Dall’ al- 
•tra parte meriteriano , che il ben comune da 
Dio fosse augumentato, onde tra l’altre ragio- 
ni, che i Romani dilatarono tanto il suo im- 
perio, questa se ne assegna, perchè essi mol- 
to amavano il ben comune della città ; e però 
Dio volendo rimeritare questa operazione buo- 
na (il quale non vuole che alcun bene sia ir- 
remunerato^ non meritando tale opera vita 
eterna, perchè era senza la grazia) la remeritò 
di beni temporali corrispondenti all’opera, 


Digitized by Google 


DEL GOVEHNO 


55 

cioè, augumentando il ben comune delle città, 
e dilatando l’Imperio loro per tutto il mondo. 

Terzo, bisogneria che i cittadini si amasse* 
ro insieme, e lasciassino tutti gli odj, e di- 
menticassino tutte le ingiurie dei tempi pas- 
sati , perchè gl’ odj, e le male affezioni , ed in- 
vidie accecano l’occhio dell’intelletto, e non 
lasciano vedere la verità : e però nei Consigli , 
e nei Magistrati chi non è ben purgato in que- 
sta parte fa di molti errori, e Dio li lassa incor- 
rere in punizioni dei suoi, e dell’altrui pecca- 
ti, il quale gl’ illumineria quando fossero di 
tale affezione ben purgati. Oltre di questo, es- 
sendo concordi, ed amandosi insieme, Dio ri- 
munereria questa loro benevolenza, dando lo- 
ro perfetto governo, e quello augumentando: 
e questa è ancora una delle ragioni che Dio 
dette tanto imperio ai Romani, perchè si ama- 
vano insieme, e stavano in concordia nel prin- 
cipio: e benché questa non fosse carità sopra- 
naturale, era però buona, e naturale, e però 
Dio la rimeritò di beni temporali. Se dunque 
i cittadini di Firenze si amassero insieme di 
carità naturale, e sopranaturale, Dio moltipli- 
cherìa loro i beni spirituali, e temporali. 

Quarto, bisogneria che facessero giustizia, 
che purga la città dei cattivi uomini, o li fa 
stare in- timore, ed i buoni , e giusti rimango- 
no superiori, perchè sono eletti nelle diguità 


Digitized by Google 



56 TRATTATO 

volentieri da chi ama la giustizia ; i quali sono 
illuminati poi da Dio di tutte le buone leggi, 
e son causa d’ogni bene della città, la quale 
per questo si riempie di virtù , e la virtù sem- 
pre è premiata dalla giustizia, e si moltiplica- 
no i buoni uomini , i quali si congregano vo- 
lentieri dove abita la giustizia : e Dio per que- 
sto poi ancora dilata l’Imperio, come fece ai 
Romani; ai quali ancora per questa ragione, 
cioè , perchè erano severi in far giustizia , det- 
te l’Imperio dell’universo, volendo che i suoi 
popoli fossero retti con giustizia . 

Se dunque i cittadini Fiorentini volessero 
considerare diligentemente , e col giudizio del- 
la ragione, che a loro non conviene altro go- 
verno che quello , che abbiamo detto , e vo- 
lessero credere con fede, che è stato a loro 
dato da Dio , ed osservassero queste quattro 
cose predette, non è dubbio, che in breve 
tempo tal governo diventeria perfetto , si per 
i buoni consigli , che fariano insieme , nei 
quali Dio l’illumineria di quello che cercasse- 
ro di fare ; sì etiam perchè li averia special- 
mente illuminati per i suoi servi di molte 
particolarità, che essi non sapriano per se 
medesimi trovare, e già averiano fatto un go- 
verno di paradiso , e averiano conseguitate di 
molte grazie così spirituali , come tempora- 
li : ma se non vorranno credere questo gover- 


Digitìzed by Google 



DEL GOVERNO 5^ 

no essere a loro dato da Dio, nè essere il loro 
bisogno , nè temere Dio , nè amare il ben co- 
mune, ma attendere alle sue voglie proprie, nè 
amarsi insieme, ma stare sempre in divisione, 
nè fare giustizia, il governo fatto da Dio starà, 
e loro si consumeranno insieme, e saranno da 
Dio a poco a poco consumati, ed a’ loro figliuo- 
li sarà data la grazia di questo^perfetto gover- 
no . E già Dio ha mostrati segni dell’ira sua, 
ma essi non vogliono aprire le orecchie, i qua- 
li Dio punirà in questo mondo, e nell’altro, 
perchè in questo staranno sempre inquieti di 
mente, e pieni di passione, e tristizie, e nel- 
l’altro staranno nel fuoco eterno, poiché non 
hanno voluto, nè seguitare il lume naturale 
che dimostra questo essere il vero loro gover- 
no, nè il sopranaturale, del quale hanno visto 
segni . E già una parte di quelli che non sono 
andati retti in questo governo, e sono sempre 
stati in esso inquieti , patiscono al presente le 
pene del Inferno. Sicché avendo Voi Fiorenti- 
ni per molti segni visto che Dio vuole, che 
questo governo stia, non essendosi mutato in 
tante contradizioni che si son fatte contro di 
lui dentro, e di fuori, essendo gl’ impugnatori 
di quello minacciati da lui di tante punizioni , 
vi prego, per le viscere della pietà del nostro 
Signore Gesù Cristo, che ormai siate contenti 
quietarvi, perchè se non lo farete, manderà 



58 


TRATTATO 


maggior flagello assai sopra di voi, che non ha 
fatto sopra e’ passati, e perderete questo mon- 
do, e l’altro: ma se voi lo farete, conseguitere- 
te le felicità, le quali descriveremo nel seguente 
capitolo . 

capitolo ni. 

Della felicità di chi ben regge , e miseria 
de' Tiranni, e suoi seguaci. 

Essendo dunque il presente Governo più di 
Dio, che degli uomini , quei cittadini, che con 
gran zelo dell’onore di Dio, e del ben comu- 
ne , osservando le predette cose , si sforzeran- 
no quanto potranno di ridurlo a perfezione , 
acquisteranno felicità terrena , spirituale , ed 
eterna. . , 

Prima, si libereranno dalla servitù del Tiran- 
no, la quale quanto sia grande , l’abbiamo di- 
chiarato di sopra , e viveranno in vera libertà , 
la quale è più preziosa che V oro , e l argento , e 
staranno sicuri nella sua città attendendo al 
governo delle case loro, ed agli onesti guada- 
gni , ed ai loro poderi , con gàudio, e tran- 
quillità di mente . E quando Dio moltiplicherà 
loro la roba , o gli onori, non avranno paura 
che siano tolti loro. Potranno andare in villa , 
o dove vorranno senza domandare licenza al 
Tiranno, e maritare le loro figliuole, e figliuoli, 


/ 


Digitized by Google 



OEL GOVERNO 


5 9 

come piacerà a loro , e far nozze, stare allegri , 
ed avere quei compagni, che a loro piaceran- 
no, e darsi alle virtù, o agir studj delle scien- 
ze , o dell’arti come vorranno , e fare simili al- 
tre cose, le quali saranno una certa felicità 
terrena . 

Di poi ne seguiterà la felicità spirituale, per 
che ciascuno potrà darsi al bon vivere Cristia- 
no, e da niuno sarà impedito. Nè sarà alcuno 
costretto con minacce a non fare giustizia, 
quando sarà nei Magistrati , perchè ognuno sa- 
rà libero : nè per povertà, a far cattivi con*- 
tratti , -perocché essendo buon governo nella 
città, abbonderà di ricchezze, e per tutto si la- 
vorerà , e i poveri guadagneranno , e i figliuoli 
loro, e figliuole potranno nutrire santamente. 
Faranno leggi buone circa l’onestà delle donne, 
e de’ fanciulli, e massime che si moltiplicherà il 
Culto Divino; perocché Dio vedendo la buona 
mente loro, ne manderà buoni Pastori , dicen- 
do la Scrittura, che Dio dà i Pastori secondo i 
popoli, e potranno tali pastori senza impedi- 
mento reggere le loro pecorelle. Moltiplicheran- 
no i buoni .Sacerdoti, e buoni Religiosi, massi- 
me che non vi potranno vivere i cattivi; perchè 
un contrario scaccia l’altro: e così in breve 
tempo si ridurrà la città a tanta Religione, che 
sarà come un paradiso terrestre, e viverà in 
giubilo, e in canti, e salmi; e i fanciulli, e 


Digitized by Google 



Go 


TRATTATO 


fanciulle saranno come angeli, e gli nutriran- 
no nel viver Cristiano, e civile insieme: per gli 
quali poi al tempo suo si farà nella città il go- 
verno più tosto celeste, che terrestre , e sarà 
tanta la letizia dei buoni, che avranno una cer- 
ta felicità spirituale in questo mondo . 

Terzo, per questo non solamente meriteran- 
no la felicità eterna, ma etiam grandemente 
augumenteranno i loro meriti, e crescerà la 
corona loro in cielo. Perchè Dio dà massimo 
premio a chi governa bene le città : perocché 
essendo la beatitudine premio della virtù, 
quando la virtù dell’ uomo è maggiore , e fa 
maggior cose, tanto merita maggior premio; 
conciò sia dunque che sia maggior virtù reg- 
gere sè, ed altri, e massime una comunità , e 
un regno, che reggere solamente se medesimo , 
seguita che chi regge bene una comunità me- 
riti grandissimo premio in vita eterna . Onde 
noi vediamo che in tutte le arti si dà maggior 
premio al principale che regge tutte le cose 
dell’arte, che ai serventi che obbediscono al 
principale; certo maggior premio si dà al Ca- 
pitano dell’esercizio nell’arte militare, che ai 
soldati: e nell’arte dell’ edificare similmente si 
dà maggior premio al maestro, ed all’architet- 
tore, che ai manuali, e simile è nell’altre arti. 
Item, quanto la operazione dell’uomo è piu ec- 
cellente , e più onora Dio, e fa maggiore utilità 


Digilized by Google 


DEL GOVERNO 6l 

ai prossimi, tanto è più meritoria. Conciò sia 
dunque che il governare bene una comunità , 
massime una tale, qual’è la Fiorentina, sia ope- 
ra eccellente, e che resulti massimamente nel- 
l’onore di Dio, e faccia grandissima utilità all’a- 
nime, e corpi, ed a’ beni temporali delli uo- 
mini, come si può facilmente intendere per 
quello, che abbiamo detto di sopra, non è da 
dubitare che merita eccellente premio, e gran- 
dissima gloria. Item noi vediamo, che chi fa 
una elemosina, o pasce pochi poveri è grande- 
mente premiato da Dio, dicendo il nostro Sal- 
vatore che nel di del Giudizio si volterà ai 
giusti e dirrà : Venite benedetti dal Padre , pos- 
sedete il Regno a voi apparecchiato dall origine 
del mondo , perchè quando lo avevo fame , e 
sete , e che Io erg miào , e peregrino , mi avete 
pasciuto, e vestito, e ricevuto ; e visitato, quando 
ero infermo ; perocché quello , che avete fatto a 
uno dei miei minimi , avete ancora fatto a me. Se 
dunque per l’elemosine particolari Dio premie- 
rà grandemente ognuno, quanto premio darà a 
chi governerà bene una città grande, per il 
governo buono della quale si pascono infiniti 
poveri, si provede a molti miseri, si difende 
le vedove, e pupilli; si cava delle mani de’ po- 
tenti e iniqui le persone, che non si possono 
altrimenti contro la loro forza difendere; si li- 
bera il paese da’ladri, ed assassini; si custodi- 


Digìtized by Googte 



V 


6a TRATTATO 

scono i buoni; e mantiensi il ben vivere, ed il 
Culto Divino, e fannosi infiniti altri beni. Item, 
ogni simile ama il suo simile, e tanto piu è 
amato da lui, quanto più a lui si assomiglia ; 
essendo dunque tutte le creature simili a Dio, 
sono da lui tutte amate ; ma perchè alcune so- 
no più simili a lui, che l’altre, vi sono anco- 
ra quelle da lui più amate: conciò sia dun- 
que che chi governa è molto più simile a Dio , 
che colui, che è governato, è cosa manifesta, 
che se governa giustamente è più da Dio amar 
to, e premiato, che nelle proprie operazioni, 
quando non governa ; massime che chi gover- 
na ha il maggior pericolo , e maggiori fatiche 
di mente, e di corpo, che colui, che non gor 
verna; onde ancora merita maggior premio. 

Per contrario chi vuol 'essere Tiranno, è in- 
felice in questo mondo, primo, d’infelicità ter- 
rena, perocché quanto alle ricchezze, non le 
può godere per molte afflizioni d'animo, e ti- 
mori, e continovi pensieri, e massime che bi- 
sogna spendere assai per mantenersi in Stato ; 
e volendo tener subietto ognuno, egli sta più 
subietto a tutti, bisognando, che serva a tutti 
per farsi ognuno benevolo: dipoi è privato 
dell'amicizia, la quale è dei maggiori, e più 
dolci beni, che possa aver l’uomo in questo 
mondo, perchè non vuole nessuno eguale a sè, 
e tiene ognuno in timore, e massime, perchè 


Digitìzed by Google 



BEL GOVERNO 


63 

il Tiranno « quasi sempre odiato da ognuno 
per li mali che fa, e se è amato dai cattivi, 
non è perchè vogliano bene a lui, ma amano 
quello, che vogliono cavare da lui, e però tra 
tali non può essere vera amicizia è privato 
ancora di buona fama, ed onore per i mali 
che fa, e per essere sempre odiato, ed invidia* 
to dagli altri. Non può mai avere una vera con- 
solazione senza tristizia, perchè sempre ha da 
pensare, e temere per l’ inimicizie , che ha, 
onde sta in timore sempre, e non si tida anco- 
ra delie sue guardie medesime. Ancora ha in- 
felicità spirituale, perchè è privato della grazia 
di Dio, e di ogni sua condizione, è circondato 
di peccati, e d’uomini perversi, che lo segui- 
tano ognora, e lo fanno precipitare in molti 
errori, come abbiamo dichiarato di sopra . Ul- 
timo, avrà ancora l’ infelicità eterna , perchè il 
Tiranno è quasi sempre incorrigibile , sì per la 
moltitudine dei peccati, che si vede aver fatti:, 
nei quali ha fatto tanta consuetudine, che è 
molto diffìcile a lasciarli, sì perchè ha a resti- 
tuire tanta roba mal tolta, ed a rifare tanti dan- 
ni fatti , che bisogneria, che rimanesse in ca- 
micia; la qual cosa, quanto sia difficile a chi 
è consueto vivere in tanta superbia, e tante 
delizie, ognuno facilmente lo può intendere: 
sì etiam per gli adulatoti , che egli ha, i quali 
alleggeriscono i suoi peccati, anzi gli danno ad 


Digitized by Google 



TRATTATO 


64 

intendere esser bene quello , che è male , onde 
edam i tepidi Religiosi lo confessano , ed as- 
solvono , dimostrandoli il bianco per il nero : e 
però è misero in questo mondo, e poi ne va 
all’ inferno nell’altro, dove ha gravissima pena 
più degli altri uomini , sì per la moltitudine dei 
peccati che ha commesso, e fatto fare agli al- 
tri, sì etiam per l’offizio, che si ha usurpato; 
perocché come chi regge bene, è sommamente 
premiato da Dio , così chi regge male , è massi- 
mamento punito . Tutti quelli ancora che se- 
guitano il Tiranno, partecipano della sua mi- 
seria , così nelle cose temporali , come nelle 
spirituali, ed eterne: onde perdono la libertà 
che è sopra tutti i tesori, oltre che la loro ro- 
ba, ed onori, e figliuoli, e donne sono in po- 
testà del Tiranno : e i peccati suoi vanno con- 
tinuamente imitando, perchè si sforzano di fa- 
re ogni cosa che gli piace, ed assomigliarsi a lui 
più che possono: e però saranno nell'inferno 
gli artefici della sua gravissima pena. 

Ancora tutti i cittadini, che non sono con- 
tenti del governo civile, benché non sieno Ti- 
ranni, perchè non possono, partecipano que- 
ste medesime infelicità, mancando di ricchez- 
ze, e d’onori, e reputazione, ed amicizia, per- 
chè a loro si congregano tutti i magri cittadi-, 
ni per rifarsi, e tutti li cattivi uomini: onde 
bisogna che spendino, e dai buoni sono fuggi- 


Digitized by Google 



DF.L GOVERNO 


65 


ti, e però non hanno con alcuno vera amici- 
zia, uia ognuno che li seguita gli cerca di ru- 
bare; e per le compagnie cattive fanno migliaja 
di peccati , che non farebbono, e sono inquieti 
di core, e sempre pieni di odj , invidie, e mor- 
morazioni, e hanno l’inferno in questo mon- 
do e nell’altro. 

Essendo dunque (come abbiamo provato) fe- 
lice e simile a Dio chi regge bene, ed infelice e 
simile al diavolo chi regge male, debbe ogni 
cittadino lassare i peccati, e le proprie affezio- 
ni, e sforsarsi di reggere bene, e conservare, ed 
augumentare, e fare perfetto questo governo 
civile per onore di Dio, e salute dell’ anime, mas- 
sime essendo stato dato specialmente da Lui per 
l’ amore che porta a questa città , acciocché sia 
felice, e in questo mondo e nell’altro , per gra- 
zia del nostro Salvatore Gesù Cristo Re de’ Re, 
e Signore de’ Signori, il quale col Padre, e Spi- 
rito Santo vive , e regna in saeeula saeculo- 
rum . Amen . 


Savori. 


5 


Digitized by Googte 



Digitized by Google 


DISCORSO 

A CARLO Vili. RE DI FRANCIA 

DI FRA 

GIROLAMO SAVONAROLA 

« 

QUANDO FU SPEDITO A PISA AMBASCIATORE 
PER LA REPUBBLICA FIORENTINA 


Digìtized by Google 



Digiiized by Google 


DISCORSO 

DI FRA GIROLAMO SAVONAROLA 


L Onnipotente Dio, nella mano del quale è 
ogni potestà ed ogni regno, Cristianissimo Re , 
e Ministro Magno della Divina Giustizia, distri- 
buisce, e communica l’infinita sua bontade 
alle sue creature per due vie, cioè per la via 
della misericordia , e per la via della giustizia . 
Per la via della misericordia, traendo a sè, e 
convertendo al suo amore la creatura; per la 
via della giustizia, molte volte scacciandola da 
sè per li suoi demeriti. Le quali due vie sono 
però tanto unite, che in tutte le opere, e creatu- 
re sue si trovano sempre insieme. Ai dannati fa 
giustizia, perchè gli punisce dei loro peccati* 
fa etiam misericordia, perchè gli punisce circa 
il condigno, cioè manco che non meritano. Ai 
beati fa misericordia* perchè dà a loro gloria 
maggiore , che non meritavano le operazioni , 
e le fatiche loro. Fa ancora giustizia, perchè 
dà a loro della sua gloria più, e meno, secon- 
do che più , e meno si sono affaticati . E per- 
chè il mezzo participa della natura degli estre- 
mi, quello che abbiamo detto de’dannati, e 
de 1 beati si può facilmente comprendere nel- 



DISCORSO 


70 

l’altre creature : cioè che la misericordia, e la 
giustia sempre vanno insieme , benché abbiano 
diverse condizioni, e diversi effetti: perocché 
alla misericordia appartiene pazientemente tol- 
lerare i peccati, longanimemente aspettare i 
peccatori a penitenza, suavemente chiamargli, 
e a sé tirargli dolcemente; poiché sono venuti, 
abbracciargli, clementemente perdonargli, be- 
nignamente giustificarli, largamente magnifi- 
carli nella sua grazia, e copiosamente glorifi- 
carli nell’ infinite ricchezze della sua gloria. 
Alla giustizia appartiene, poiché pazienteme n- 
te ha tollerato il peccatore, e longanimemente 
aspettatolo, e soavemente molte volte chiama- 
to, non essendo voluto venire, privarlo della 
sua grazia , torgli le virtudi, subtrargli la sua 
luce, obtenebrargli l’ intelletto , lasciarlo cade- 
re in ogni precipizio di peccati, fargli coope- 
rare ogni cosa in male, e finalmente punirlo 
nel supplicio dell’ inferno senza fine. Avendo 
dunque l’immensa bontà di Dio, amatrice de- 
gli uomini, pazientissimamente tollerati gli gra- 
vi peccati dell’Italia, e longanimemente già 
tant* anni aspettatola a penitenza, e suavemen- 
te innumerabili volte per molti suoi servi chia- 
matola, e non avendo ella voluto aprire le orec- 
chie, nè conoscere la voce del suo Pastore, nè 
far penitenza dei suoi peccati, anzi convertendo 
la pazienza di Dio in superbia, e moltiplica»- 


Digitized by Google 


»I G. 8A.VONA.ROLA. 


7 1 

do ogni dì più T offese, ed aggravando i suoi 
peccati, non conoscendo, nè curando i bene- 
fizj di Dio, anzi sprezzando il Battesimo, e il 
Sangue di Cristo, e facendo faccia di meretri- 
ce, e la fronte dura come adamante; ha deli- 
berato il Magno, e Onnipotente Dio procede- 
re oramai contro di lei per la via della giusti- 
zia. E perchè, come abbiamo detto, la miseri- 
cordia , e la giustizia sempre sono unite in tut- 
te le opere divine, tanta è stata la sua bontà, 
che per fare al popolo suo giustizia con mise- 
ricordia, manifestò a uno suo inutile servo tra 
gli altri, questo Sacramento: cioè che intendeva 
reformare la Chiesa sua mediante un gran flagel- 
lo; il quale Sacramento questo servo inutile pei^ 
inspirazione, e comandamento di Dio, già sono 
passati quattro anni, cominciò a predicare nella 
città di Firenze. Nel qual tempo non ha mai 
fatto altro che gridare per condurre gli uomini 
a penitenza . Testimonio di questo è tutta la cit- 
tà, testimonili nobili, e testimoni gl’ignobili, 
uomini e donne , piccoli e grandi , cittadini e 
contadini: tra i quali pochi credevano, altri non 
credevano, altri se ne facevano beffe. Ma Dio, che 
non può mentire, ha voluto verificare le sue pa- 
role, e non ha fatto venire ogni cosa a punto 
come egli fece pronunziare insino a quest’ ora 
presente , acciocché gli uomini intendino che 



DISCORSO 


7 2 

quello, che non è ancora venuto, e stato pre- 
nunziato, verrà senza dubbio in quel modo 
che è stato detto, e di questo ancora ne son 
testimonj tutti quelli che abbiamo nominati di 
sopra. E benché il servo inutile non nominas- 
se mai la tua Corona , non essendo la volontà 
di Dio, che ancora fosse nominata, nientedi- 
meno Essa era quella, la quale egli nel suo pre- 
dicare intendeva, e latentemente accennava, 
e la quale finalmente si aspettava. Itaque tan- 
dem advenisli , u Rex , advenisti , Minister Dei , 
advenisti , Minister Justitice. Dico che finalmente 
tu sei venuto, o Re, tu sei venuto, Ministro di 
Dio, tu se' venuto, Ministro della Giustizia. Noi 
ti riceviamo col cor giocondo, e con la faccia 
lieta. La tua venuta ha letificati i nostri cori, 
ha esaltate le menti nostre, ha fatto rallegrare 
tutti i servi di Cristo, e tutti quelli che amano 
la giustizia , e desiderano di ben vivere : perchè 
sperano, che Dio per te abbasserà la superbia 
de’superbi, esalterà l’umiltà degli umili , pro- 
sternerà i vizi, esalterà le virtudi, rindirizzerà 

le cose torte, rinnoverà le antiche, e riforme- 
* 

rà tutto quel che è deforme. Vieni dunque 
lieto, sicuro , e trionfante, poiché colui ti man- 
da, che per nostra salute trionfò in su il Legno 
della Croce. Nientedimeno, o Re Cristianissimo , 
attentamente ascolta le parole mie, e legatele 


Dìgitized by Google 



DI G. SAVONAROLA â–  ?3 

al core. Il servo inutile, al quale è stato rivelato 
questo Sacramento, da parte di Dio, idest del- â–º 
la SS. Trinità, Padre , Figliuolo, e Spirito Santo , 
e del Nostro Salvatore, Gesù Cristo vero Dio, Fi- 
gliai di Dio vero. Uomo, Re de’ Re , Signore 
de’ Signori , e di tutta la Corte Celestiale , Te da 
lui mandato esorta, ed am monisce, che a simi- 
litudine sua tu faccia in ogni luogo misericor- 
dia, massime nella sua città di Firenze, nella 
quale (benché siano molti peccati) ha però 
in lei molti servi e serve, cosi nel secolo , co- 
me nella Religione , per i quali tu devi riguar- 
dare la città , acciocché più quietamente pos- 
sano pregare per te, ed adjuvarti in questa tua 
espedizione. Da parte di Dio ti esorta, e t’am- 
monisce il servo inutile, che con ogni diligen- 
za tu riguardi, e difenda l’ innocenza, le vedo- 
ve, e’ pupilli, e le miserabili persone, e massi- 
mamente la pudicizia prcesertim dei monaste- 
rj delle spose di Cristo, acciocché per te non 
si moltiplichino i peccati, i quali moltiplican- 
do debilijeriano le forze della gran potenza, 
che Egli ti ha data. Da parte di Dio t’ esorta, e 
t’ammonisce a perdonare l’ offese, cioè, che se 
dal popolo Fiorentino , o da altri popoli tu sei 
stato offeso, volentieri tu 'inclini l’animo a 
perdonare, perché ignorantemente hanno pec- 
cato, non sapendo Te esser mandato da Dio. 


Digitized by Google 



74 DISCORSO DI G. SA.VONAJROL4. 

Ricordati del tuo Salvatore, il quàìe pendendo 
• in croce perdonò a’ suoi crocifissori . Le quali 
cose se tu o Re farai, Dio dilaterà il tuo regno 
temporale, e daratti vittoria in ogni luogo, e 
finalmente ti darà il regno perpetuo . 


Digitized by Google 



DISCORSO 

DI 

FRANCESCO GUICCIARDINI 

CIRCA ALLA RIFORMA DI FIRENZE 

FATTO A PAPA CLEMENTE VII. 
dopo l’assedio 
A DÌ 3o GENNAIO l53l. 


Dìgitized by Google 



Digitized by Google 


DISCORSO 

DI FRANCESCO GUICCIARDINI 


Ancora che in chi ha a discorrere dello Stato 
di Firenze cessi la prima difficoltà 5 che soglio- 
no avere i fisici , cioè il non conoscere la na- 
tura del male; nondimanco è materia molto 
difficile il potere nella mala disposizione di 
quest’ infermo accomodare rimedj, che giovino 
a una cosa, e non offendino un’altra non me- 
no sustanziale . Non è per questo che chi n’ è 
padrone debba differire il risolversi, perchè 
l’indugio accresce la difficoltà; e manco deb* 
be pigliar partito di abbandonarlo, perchè in 
questo non è fine nessuno, se non dannoso e 
disonorevole. 

Le difficoltà principali mi pajono due : la pri- 
ma, che questo Stato ha alienissimi da sè gli uo- 
mini della più parte della città , i quali in uni- 
versale non si possono guadagnare con qualun- 
que maniera di dolcezza, o di benefizj; la se- 
conda, che il Dominio nostro è qualificato in 
modo che non si può conservare senza grosse 
entrate , ed il nervo di queste consiste nel- 
la città propria, ch’è tanto indebolita, che se 
non si cerca di augumentare quell’industria 


Digitized by Google 



DISCORSO 


78 

che vi è restata, ci caderà un dì ogni cosa di • 
mano. Però è necessario aver rispetto assai a 
questo, il quale ha impedito il potere usare 
molti rimedj gagliardi , che erano appropriati 
alle prime difficoltà , e se questa ragione non 
ostasse, era da fare quasi di nuovo ogni cosa; 
non essendo, nè utile, nè ragionevole aver pie- 
tà di coloro, che hanno fatti tanti mali, e che 
si sa , che come potessino , farebbono peggio 
che mai. Ma quanto la città ha più entrate, 
tanto è più potente chi ne è capo, pure che sia 
padrone di quella: e il diminuire ogni dì l’en- 
trate con esenzioni ai sudditi è male conside- 
rato; perchè in alcuni è inutile, essendo di 
qualità che importano poco ; altri sono come 
è nostri , che avendo per fine il governarsi da 
se, non ci diventano amici; per questo gli e- 
sempli di quasi tutti i nostri sudditi sono sì 
freschi, che non accade replicarli, e se noi era- 
vamo savj , gli Aretini ci avevano insegnato a 
bastanza , i quali noi andiamo ingrassando, 
perchè alla prime occasione si possano meglio 
ribellare; e senza dubbio lo faranno. 

Ma per tornare al proposito, parmi navicare 
tra queste difficultà, ricordandosi sempre eh’ è 
nacessario mantenere la città viva per poterse- 
ne servire , e quello che per questo rispetto si 
degnassi riservare ad altro tempo, fusai dila- 
zione e non oblivione, cioè, non mancare mai 


Digitized by Google 



DI T. GUICCIARDINI 79 

di camminare destramente a quel fine che l’uo- 
mo si fosse una volta proposto, e intratanto 
non perdere occasione alcuna di stabilire bene 
gli amici, cioè di fargli partigiani, perchè come 
gli uomini sono ridotti qui, bisogna vadino da 
se medesimi, e proponghi no, e riscaldino tutto 
quello che tende a sicurtà dello Stato, non aspet- 
tando di essere invitati , come forse si fa ora . 

È vero che gli amici son pochi, ma sono in 
luogo, che se non sono totalmente pazzi, co- 
nosceranno non potere stare a Firenze, non vi 
stando la Casa de Medici; perchè non intervie- 
ne a noi, come a quelli del XXXIV. che ave- 
vano i nemici particulari , e in tempo di 12, 
o i 5 anni restorno liberi dalla maggior par- 
te di loro; abbiamo per inimico un popolo 
intiero, e più la gioventù che i vecchi, in mo- 
do che ci è da temere per cent’anni , in modo 
che siamo forzati desiderare ogni deliberazio- 
ne, che assicuri lo Stato, e sia di che sorte vo- 
glia . Non ho già per sicuro fondarsi totalmen- 
te in questa necessità degli amici, che non si 
cerchi anche legarli con qualche satisfazioue , 
acciocché abbiano a desiderare la conservazio- 
ne di questo Stato, manco per amore che por- 
tino, che per timore dell’altro, che fussi per 
venire; altrimenti non so, se si facessi il conto 
bene, perchè la più parte degli uomini sono 
imprudenti , e quando non si trovino satisfatti 



fio msroRso 

in qualche parte di quel che conviene, Io sde- 
gno, la mala contentezza gli fa desiderare quel- 
lo che spesso è la loro rovina, o almanco di- 
ventano freddi, e non tengono conto delle co- 
se, le quali chi indugia a ordinare, quando 
vede il pericolo in viso, non è a tempo, per- 
chè e necessario usare diligenza in trattener- 
gli, e sosdisfargli il più che si può, non aven- 
do in questo rispetto a cosa alcuna, eccetto a 
quelle che disordinassino l’altro capo sostan- 
ziale, ch’io ho detto nel principio. Ma, perchè 
in fatto noi siamo pochi inter tantos , è ne- 
cessario cercare compagni, e de’più qualibcati, 
tali però che si possano acquistare, nè far tan- 
tocapitale del numero assai, perchè non ci è 
da pascere tanti, quanto di persone che im- 
portino; e credo che molti verrebbono a que- 
sta via per tutte quelle cause, per Ip quali gli 
uomini hanno a desiderare di essere in buon 
concetto di chi regge , e tanto più quanto si 
venisse in opinione di avere a vivere in modo 
da tenere lo Stato. 

E’ modi di fare una massa sicura, e certa di 
amici nuovi, e vecchi non sono facili, per- 
ch’io non biasimo soscrizione, e simili inten- 
dimenti, ma non bastano: bisogna sieno gli 
onori, egli utili dati in modo, che chi ne par- 
teciperà diventi sì odioso all’ universale (i) , 

(i) Massima degna del Libro del Principe . 


Digitized by Google 



di f. GuicciARnrai 8'r 

che sia forzato a credere non poter, esser salvo 
in uno Stato di popolo. Il che non consiste 
tanto in allargare, o.strignere il Governo un 
poco più, o manco, in stare in su i modelli 
vecchi , o trovarne de’ nuovi, quanto in accon- 
ciarla in modo, che ne seguiti questo effetto; 
al che fa difficultà assai la povertà , e male 
condizioni nostre. E certo, seie cose fussino 
governate con quella diligenza, e assiduo e 
buono ordine, che le governarono i Vecchi di 
questa Casa , direi forse non essere necessario 
pensare ad altro; purché chi distribuisse bene 
gli utili, e gli onori, e avvertisse a tutti i parti- 
culari, e sapesse far capitale d’ogni cosa, e pi- 
gliar bene tutte le occasioni, farebbe gli effetti 
volesse; ma questa diligenza così minuta, non 
si può sperare nell’età del Duca, nella forma 
che ha presa la grandezza loro , nel non poter 
avere qualunque forestiero che vi sarà intera 
notizia delle cose nostre; e però bisognerebbe 
ridursi a un modo, che in qualunque parte fa- 
cesse per se stesso gli effetti buoni, e il ridur- 
si totalmente a forma di Principato, non veggo 
dia per ora nè maggior potenza , nè maggior 
sicurtà , ed è una di quelle cose che quando si 
avesse a fare , crederei che fusse necessario con- 
durla con tempo, e con occasione, ed in modo 
venisse quasi fatta per se stessa, e con propor- 
zionare con la proporzione che si conviene le 

Savori. 6 


Digitized by Google 



TRATTATO 


82 

membra al capo , cioè fare de’ Feudatarj per il 
dominio, perchè il tirare ogni cosa per «e so- 
lo, farebbe pochi amici, 

E come questo ri possa fare al presente, sen- 
za disordinare l’entrate, e senza scacciare l’ in- 
dustria della città , io non lo veggo in questa 
scarsità di partiti; ma occorreva, che spento il 
modello de’ Consigli, e di quelle chiacchiere' 
vecchie, s'eleggesse per ora una Balia di 200 
cittadini, non vi mettendo dentro se noti per- , 
sone confidate, o da acquistare; da questi si ca- 
vassino 60,0 80 con queU’autoritào più, o man- 
co che avevano già i sessanta, ed a questi ol- 
tre l’adoperargli, e fargli il membro principale 
dello Stato, si desse l’anno -dal pubblico una 
provvisione di i 5 o, o aoo ducati per uno, che 
li metterebbono tutti in tant’odio, ohe non si 
potrebbe mai purgare (1); e li eleggerei orni 
disegno fussino perpetui, ma farei forse la pri- 
ma elezione per due , o tre anni, per tenere 
pure gli uomini con qualche freno, e per la- 
sciare indietro di tempo in tempo quelli , che 
alla giornata non si mostrassiuo pronti a bene- 
fizio dello Stato . Darei loro divieto da tutti gli 
offizj di fuora, eccetto Ambasciatori, e Com- 
messarj, e questo perchè agli altri amici restas- 
sino tanto più uffici di utilità, acciocché con 

(1) Seconda massima . 


Digitized by Google 


DI f. GlJICCIABDmi 83 

questa satisfattone , e con la speranza di poter 
entrare nel predetto nomerò , quando ne va- 
cherà, stessino ancora loro contenti . Nè. è in- 
conveniente, che, come gli uomini sono diver- 
si di qualità, sieno anche dissimili di gradi , e 
d’ onori, anzi è proprio degli Stati stretti; e pe- 
rò con le pratiche, e comodi simili, cioè con 
più adoperargli, onorerei anche più quelli del 
primo numero, che fussino di più qualità, per- 
chè dove non è distinzione non può essere sa* 
tisfazione . Crederei che modo simile sforsasse 
gli amici ad essere caldi , e facesse desiderare a 
molti di essere amici, e che alla giornata cre- 
scesse da ogni banda la fede, e l’amore, le 
quali cose se non s’incarnano bene, non so 
che sarà alla fine di noi; e se questa disposi- 
zione non può venire fatta in un dì, assai è 
che una volta si dia principio a entrare su la 
strada di far bene . 

Quando questo modo piacesse, peraltro sa- 
ria difficultà la povertà del pubblico , al quale 
non si può far peggio, che gravare le spese, 
pure farebbe, se si potesse riserrare quell’altra 
uscita, tanto che senz’ accrescere le spese si ca- 
vasse quest’assegnamento, e quando a Nostro 
Signore costasse qualche cosa l’anno, non do- 
verebbe ritrarsene, benché l’ajuto di Sua San- 
tità non vorrebbe esser volto per assegnamen- 


Digitized by Googlc 



N 


84 DISCORSO 

to a questo, perchè bisognerebbe che questi 
salarj uscissino direttamente dalla città per far 
più odioso chi ne avesse. 

Certo è che se gli uffizj tutti si distribuissi- 
no a mano con la diligenza, e considerazioni , 
debite; se ne farebbe più frutto, che rimetter- 
gli alla sorte, ma non si può sperare, perchè è 
impossbile ogni dì alle spezialità, e importu- 
nità degli uomini, e forse non è anche bene 
mettere a ognora in concorrenza gli amici, ed 
anche molti, per non parere troppo cupidi, o 
meschini, massime se sono uomini qualificati, 
si vergognerebbono domandarne, che si sati- 
sfanno più di questo modo della sorte per po- 
terne avere come gli altri. Vorrei bene lo squit- 
tinio stretto da quella larghezza in fuora che 
sia necessaria, per tenere gli uomini desti a pa- 
gare le gravezze . In somma vorrei procedere in 
tutte le cose con questa massima , che a chi 
non è de’ nostri non fusse fatto benefizio alcu- 
no, eccetto quelli sono necessari per trarre da 
loro più utile , e più frutto si potesse : tutti gli 
altri non solo son gettati via ma sono nocivi. 

Di levar la Signoria , e ridurla a minor nu- 
mero, o lasciarla star così, non dico niente; per- 
chè nel farlo , o non farlo, non mi par consi- 
sta sustanzialità alcuna, e tenerla viva tutto, o 
in parte, fa solamente questo bene, che con 


Digìtized by Google 



DI F. GUICCIARDINI 85 

questi gradi si pasce qualche uno, e chi ha lo 
stato debbe conservarsi quanto può la facul- 
tà di far piacere agli amici, non solo con gli 
onori, e con gli utili, ma etiam con le spe- 
ranze, e con tutte quelle cose che non costano 
niente. 




Digilized by Google 



Digitized by Google 


AVVERTIMENTI 

CIVILI 

DI 

FRANCESCO GUICCIARDINI 


Digitized by Google 



Digitized by Google 



AVVERTIMENTI 


L 

Un Principe, che col mezzo del suo Ambascia- 
tore vuole ingannar l’altro, deve prima ingannar 
l’Ambasciatore, perchè opera, e parla con mag- 
gior efficacia , credendo che così sia la mente 
del suo Principe, il che non farebbe se credes- 
se essere simulazione, ed il medesimo ricordo 
usi ognuno, che per mezzo d’altri vuole per- 
suadere a un altro il falso. 

n. 

Dal fare o non fare una cosa, che paia mini- 
ma , depende ben spesso momento di cose im- 
portantissime, e però nelle cose picciole devesi 
essere avvertito , e considerato. 

ni. 

Facil cosa è guastarsi un bell’essere , difficile 
al racquistarlo ; però chi si truova in buon gra- 
do deve fare ogni sforzo di non lasciarselo u- 
scir di mano. 

IV. 

E pazzia sdegnarsi con quelle persone , con 
le quali per la grandezza loro, tu non puoi spe- 
rare di poter vendicarti, però se ben ti pare 


/ 

\ 


Digitized by Google 



AVVERTIMENTI 


90 

essere ingiuriato da questi , bisogna patire , e 
simulare . 

v. 

Nelle cose di guerra nascono da un’ ora a 
un’altra infinite varietà, però non si deve pi- 
gliare troppo animo delle nuove prospere, nè 
viltà delle avverse; perchè spesso nasce qual- 
che mutazione, ma questo deve insegnare, che 
a chi se li presenta l’occasione non la perda, 
perchè dura poco . 

vi. 

Come il fine de’ mercanti è il più delle volte 
il fallire, quello de' naviganti il sommergere; 
così spesso di chi lungamente governa il fine 
è capitar male . 

vii. 

Le cose, che sono universalmente desidera- 
te, rare volte riescono; la ragione è, che li po- 
chi sono quelli , che cominuue mente danno il 
motto alle cose , e allì fini, di che sono coutra- 
rj assai gli appetiti di molti . 

vai. 

Tutte le sicurtà, che Si possono avere deU’i- 
nimico son buone, di fede, di amici, di pro- 
messe e d’ altre assicurazioni ; ma per la mala 
condizione degli uomini, e variazione dei tem- 
pi nissuna altra è migliore, e più ferma, che 
accomodarsi in modo, che l’inimico non abbia 
potestà d’ offenderti .. 


Digitized by Google 


JM F. GUICCIARDINI 


9 1 


IX. 

Nessuna cosa deve desiderare più 1 uomo in 
questo mondo, nè attribuirlo più a sua felici- 
tà , che vedere l’ inimico prostrato in terra , e 
ridotto a termini tali , che tu l’ abbia a discre- 
zione: ma quanto è felice a chi accade questo, 
tanto deve farsi glorioso con l’usarla laudabil- 
mente, cioè, esser clemente a perdonare, cosa 
propria degli animi generosi, ed eccellenti. 

x. 

Questi ricordi sono regole , che in qualche 
caso particolare, che ha diversa ragione , han- 
no eccezione, ma quali siano quei casi partico- 
lari, si possono male insegnare altrimenti, che 
con la discrezione . 

XI. 

È laudato appresso gli antichi , ed è verissi- 
mo proverbio; Magistmtus virum ostendU, per- 
chè con questo paragone non solo si conosce 
per il peso che si ha, se l’uomo è d’assai, o da 
poco , ma per la potestà , e licenza si scuopro • 
no le affezioni dell’ animo, cioè, di che natu- 
ra l’uomo sia, perchè quanto altrui è più gran- 
de, tanto manco freno, e rispetto ha a lasciarsi 
guidare da quel che gli è naturale . 

XII. 

Ingegnatevi di non venire in mal conoetto 
appresso di chi è superiore nella patria vostra, 
nè vi fidate del buon governo del viver vostro, 



AVVERTIMENTI 


9 a 

che sia tale , che non pensiate d’ avergli a ca- 
pitar nelle mani, perchè nascono infiniti, e non 
pensati casi di aver bisogno di lui ; e per con- 
verso il superiore se ha voglia di punire , e di 
vendicarsi di te, non lo faccia precipitosamen- 
te, anzi aspetti il tempo, e l’occasione, le quali 
senza dubbio li verranno di sorte, che senza 
scoprirsi maligno, o appassionato , potrà sodi- 
sfare al suo desiderio. 

xii r. 

Tutti gli uomini sono buoni, cioè, dove non 
cavano piacere, o utilità del male, piace più lo- 
ro il ben che il male : ma sono varie le corrut- 
tele del mondo e fragilità loro, e spesso per lo 
interesse proprio inclinano al male . Però dai 
savj Legislatori fu per fondamento delle Repub- 
bliche trovato il premio e la pena, non per 
violentare gli uomini, ma perchè seguitino la 
inclinazione naturale . 

XIV. 

Chi ha da governare città, o popoli, e li vo- 
glia tener corretti, sappia che ordinariamente 
basta punire i delinquenti a soldi quindici per 
lira, ma è necessario punirli tutti, che in ef- 
fetto sia castigato ogni delitto, ma si può ben 
far qualche misericordia, eccetto dei casi atro- 
ci, che bisogna dare esempio. 

xv. 

Se gli Scrittori fussero discreti, o grati, sa- 


Digitized by Google 



DI F. GUICCIARDINI 


93 

rebbe onesto, e debito , che i padroni li bene- 
ficiassero quanto potessero , ma perchè sono il 
più delle volte d’altra natura, e quando sono 
pieni, o li lasciano , o li straccano, però è più 
utile andare con loro con la mano stretta , e 
trattenendoli con speranza , dar loro di effetti 
tanto che basti a fare che non si disperino. 

XVI. 

Il ricordo di sopra, bisogna usarlo in modo, 
che l’acquistar nome di non esser benefattore, 
non faccia, che gli uomini fugghino,ed a que- 
sto si provede facilmente , con beneficiarne 
fuor della regola qualch’uno, perché natural- 
mente ha tanta signoria negli uomini la spe- 
ranza , che più ti vaierà presso agli altri , e più 
esempio fa uno che tu abbia beneficiato , che 
cento che non abbino da te avuto rimune- 
razione . 

XVII. 

Più tengono a memoria gli uomini l’ ingiu- 
ria, che i beneficj ricevuti, anzi quando pure 
si ricordano dei beneficj , lo fanno nell’ imagi- 
ne sua minore, che non fu, riputandosi meri- 
tar più che non meritano . Il contrario si fa 
dell’ingiuria, che duole ad ognuno più, che 
ragionevolmente non doveria dolere, però do- 
ve gli altri termini son pari, guardatevi di far 
quelli piaceri, che di necessità fanno ad un al- 
tro dispiacere uguale , perchè per la ragione 



AWFRTIMENTl 


94 

fletta di sopra, si perde in grosso , più che non 
si guadagna. 

XVIII. 

Più fondamento potete fare in uno eh’ abbia 
bisogno di voi, o ch’abbia in qualche caso l’in- 
teresse comune, che in uno ch’abbia ricevuto 
da noi beneficio, perchè per esperienza si ve- 
de, che gli uomini non sono grati, però nel 
fare i calcoli tuoi, o nel disegnar disponér de- 
gli uomini, fa’ maggior fondamento in chi ne 
consegue utilità , che in chi s’ha da muover 
solo per rimnnerarti, perchè in effetto i bene- 
fici si dimenticano. 

XIX. 

Ho posto i ricordi di sopra , perchè sappiate 
vivere, e riconosciate quel che le cose possono, 
non acciocché vi ritiriate dal beneficiare , per- 
chè oltre che è cosa generosa, e che procede da 
buon animo, si vede, che pur tal volta è rimu- 
nerato qualche beneficio ed anche spesso di 
sorte, che ne paga molti, ed è credibile che a 
quella potestà ch’è sopra gli uomini piaccino 
l’azioni nobili, e però non consenta che siano 
senza frutto. ♦ 

XX. 

Ingegnatevi d’avere degli amici, perchè son 
buoni in tempi, luoghi, e casi, che voi non 
penserete, e questo ricordo benché volgato, 
non lo può considerare profondamente quanto 


Digitìzed by Google 



DI r. GtJtCCIARDISI g5 

vaglia , a chi non è accaduto in qualche sua 
importanza sentirne l’ esperienza . 

XXI. 

Piace universalmente, chi è di natura vera, 
e libera, ed è cosa generosa, ma talvolta nuo- 
ce. Ma dall’altro canto, la simulazione è utile, 
ma è odiata, ed ha del brutto, ed è necessaria 
per le male nature degli altri , però non so qua- 
le si debba eleggere; credo però, che si possa 
usare l’una ordinariamente, senza abbandonar 
l’altra, cioè nel corso tuo ordinario, e comune 
usar la prima in modo, che acquisti nome di 
persona libera, e nondimeno in certi casi im- 
portanti potrai usare la simulazione, la quale 
a chi vive così è tanto più utile, e si crede me- 
glio, quanto per aver nome del contrario , ti è 
facilmente creduto. 

XXII. 

Per le cagioni di sopra, non laudo chi vive 
sempre con simulazione, e con arte, ma scuso 
bene chi qualche volta l’usa . 

XXIII. 

Sia certo che se tu desideri, che non si sap- 
pia che hai fatto , o tentato qualche cosa, che 
è sempre a proposito il negarla. Perchè anco- 
ra che il contrario sia quasi scoperto e pubbli- 
co, tuttavia negandola efficacemente, se bene 
non lo persuadi a chi ha indizi, o crede il con- 


Digitized by Google 



AVVERTIMENTI 


9 6 

trario , nondimeno per la negazione gagliarda 
se gli mette il cervello a partito. 

XXIV. 

È incredibile quanto giovi a chi ha ammini- 
strazione, che le cose sue sieno segrete, perchè 
non solo i disegni suoi, quando si sanno, pos- 
sono esser prevenuti , ed interrotti, ma ancora 
l'ignorare i suoi pensieri, fa che gli uomini 
stanno sempre attoniti e sospetti a osservare 
le sue azioni. E d’ogni suo minimo moto, si 
fanno mille commenti, e interpretazioni, il che 
gli dà gran riputazione, però chi è in tal gra- 
do doverebbe avvezzare i suoi ministri non so- 
lo a tacer le cose, che mai si sappino, ma an- 
cor tutte quelle, che non è utile, che si pub- 
blichino , 

xxv. 

Osservai quando ero Ambasciatore in Ispagna 
appresso il Re Ferdinando d’ Aragona Principe 
savio, e glorioso, che egli quando voleva fare 
una guerra, o impresa nuova, o altra cosa d’im- 
portanza , non prima, la pubblicava , e poi la 
giustificava, ma per il contrario usava arte, che 
innanzi s’intendesse quello ch’aveva in animo, 
e si divulgava, il Re doverebbe per le tali cagio- 
ni far questo, in modo, che.dopo pubblicando- 
si quel che già pareva giusto ad ognuno o ne- 
cessario, è incredibile con quanta laude erano 
ricevute le sue deliberazioni. 


Digitized by Google 



DI F. GUICCIARDINI 


97 


xxvi. 

Ancora quelli, che tribuendo tutto alla pru- 
denza, o virtù, s’ingegnano escludere la fortu- 
na , non possono negare, che non sia grandis- 
sima sorte nascere a quel tempo, o abbattersi 
a quelle occasioni , che sieno in prezzo quelle 
parti, o virtù in che tu vali. 

\ XXVII. 

Non voglio già ritirar quelli , che infiammati 
dall'amor della patria si mettono a pericolo per 
rimetterla in libertà, e liberarla da’Tiranni ; Dia- 
dico bene, che chi cerca mutazione di stato per 
suo interesse non è savio, perchè è cosa perico- 
losa, e si vede con effetti, che pochissimi trat- 
tati sono quelli che riescano; e poi quando be- 
ne è successo, si vede quasi sempre, che nella 
mutazione tu non conseguisci di gran lunga 
quel che tu hai disegnato, ed inoltre ti obbli- 
ghi a un perpetuo travaglio, perchè sempre tu 
hai da dubitare, non tornino quelli, che tu 
hai scacciati, e ti uccidino. 

XXVIII. 

Non vi affaticate a quelle mutazioni, che 
non partoriscono altro, che mutare i visi degli 
uomini : perchè che beneficio ti reca se quel 
medesimo male , o dispetto, che ti faccia Pie- 
tro, ti faccia Giovanni? 

XXIX. 

Chi pur vuole attendere a’traltati, si ricordi, 

Sat>on. 7 



I 


9# AVVERTIMENTI 

che nessuna cosa li rovina più, che il desiderio 
di volerli condurre troppo sicuri, perchè chi 
vuol far per interponere maweo tempo, implica 
più uomini, e più mescola cose, dalla qual cau- 
sa si scoprono sempre simili pratiche . Ed an- 
co è da credere, che la fortuna, sotto l’animo 
di chi sono queste cose, si sdegni con chi vuol 
liberarsi dalla potestà sua, ed assicurarsi; però 
è più sicuro volerli eseguire con qualche peri- 
colo, che con troppa sicurtà. 

XXX. 

Non disegnate su quello, che non avete, nè 
spendete su li guadagni futuri , perchè molte 
volte non succedono, e ti trovi inviluppato, e 
si vede il più delle volte, che li mercauti gros- 
si falliscono per questo, quando per speranza 
d’ un maggior guadagno futuro, entrano sui 
cambi, la moltiplicazione de’ quali è certa, e 
a tempo determinato, ma li guadagni molte 
volte, o non vengono, o si allungano più, ehe 
il disegno, di modo che quella impresa, che 
tu avevi cominciata come utile, ti riesce dan- 
nosissima . 

XXXI. 

Se avete fallito, pensatela bene, e misuratela 
bene innanzi che entriate in prigione, perchè 
ancora che il caso fusse molto difficile a sco- 
prire, tamen è incredibile a quante cose pensa 
il giudice diligente , e desideroso di trovare la 


Digilized by Google 



DI F. G IUCCI AR1>I>' I 


99 

verità; ed ogni minimo spiraglio è bastante a 
far venire tutto a luce. 

XXxm 

Io ho desiderato come gli altri uomini l’ono- 
re e l’ utile, e insin qui per grazia di pio è suc- 
ceduto sopra il disegno, e nondimeno quando 
ho conseguito quel, che desideravo., uon vi bq 
trovato dentro alcuna di quelle cose, eh? mi 
avevo imaginato; ragione, a chi ben là coiisir 
derasse , che doveria bastare ad estinguere as- 
sai la sete degli uomini. 

xxxm. 

La grandezza di stato universalmente è desi- 
derata, perchè tutto il bene eh' è in lei appa- 
risce di fuori, il male sta dentro occulto, il 
quale chi vedesse non ne avrebbe forse tanta 
voglia, perchè è piena senza dubbio di perico- 
li, di sospetti, di mille travagli, e fatiche. Ma 
quel che la fa forse desiderabile ancora nell’a- 
nime purgale , è l’appetito , che s’ ha d’ essere 
Superiore agli altri uomini, il che è certo cosa 
bella, e beata, atteso massime, che in nessuna 
altra cosa ci possiamo assomigliare a Dio . 
xxxtv. 

Le cose non prevedute, nuocono senza com- 
parazione più, che le previste, però chiamo io 
animo grande, e perito quello, che regge, e 
non si sbigottisce per li pericqlj, ed accidenti 



lOO 


AVVINTI MENTI 


subiti, e repentini, cosa che a giudicio mio è 
rarissima . 

XXXV. 

Non è dubbio, che quanto più l’uomo in- 
vecchia, più cresce l’avarizia. Si dice commu- 
nemente esserne causa , perchè l’animo dimi- 
nuisce, ragione , che a me non è capace, per- 
chè è bene ignorante quel vecchio, che non 
conosce averne minor bisogno, quanto più in- 
vecchia, ed inoltre veggo, che ne’ vecchi s’au- 
gumenta per il contrario la lussuria, (dico 
l’appetito, e non la forza) la crudeltà e gli al- 
tri vizj ; però credo, che la ragione vera sia, 
che quanto più si vive, tanto più l’uomo s’abi- 
tua alle cose del mondo, e per conseguente, 
più l’ama . 

xxxvi. 

La medesima ragione fa, che quanto più l’uo- 
mo invecchia, tanto più gli par fatica il mori- 
re, e sempre più con le azioni, e con li pen- 
sieri vive, come se sapesse non avere mai a 
morire . 

XXXVII. 

Si crede, ed anco spesso si vede per espe- 
rienza, che le ricchezze male acquistate, non 
passano la terza generazione. Sant’Agostino di- 
ce, che Dio permette, chè chi l’ha acquistate 
goda in rimunerazione di qualche bene, che ha 



•• / 


Digitized by Googte 



Di F. GtJICCI ARDINr IO! 

nanzi, perchè è giudicio di Dio ordinariarnen. 
te, che così vada di male la robba male acqui- 
stata. Io dissi già ad un padre, che a me oc- 
correva un’altra ragione, perchè chi ha acqui- 
stata la robba, è communeniente allevato da 
povero, l’ama, e sa l’arte di conservarla; ma i 
figliuoli che sono nati, ed allevati da ricchi, non 
sanno, che cosa sia l’acquistar roba, e non 
avendo arte, o modo di conservarla, facilmente 
la dissipano. 

• XXXVIII. 

Non si può biasimare l’appetito di aver fi- 
gliuoli, perchè è naturale: ma dico bene, che 
è specie di felicità non averne, perchè eziandio 
chi gli ha buoni e savj, ha senza dubbio mol- 
to più dispiacere in loro, che consolazione. 
L’esempio l’ho veduto in mio padre, che a’suoi 
dì era esempio di Firenze di padre ben dotato 
di figliuoli; però pensate come stia, chi gli ha 
di mala sorte . 

V 

XXXIX. 

Non biasimo interamente la giustizia civile 
del Turco, che è piuttosto precipitosa, che 
sommaria : perchè chi giudica a occhi chiusi 
ragionevolmente , spedisce la metà delle cause 
giustamente, e libera le parti da spese, e per- 
dita di tempo, le quali cose sono tenute male 
nei nostri giudizj; chè spesso farebbe più per 
chi ha ragione avere avuto da prima la senten- 


Digitized by Google 



ioa 


AVVERTIMENTI 


za contra, che Conseguirla dopo tanto dispen- 
dio, e tanti travagli, senza che o per maligni- 
tà, o per ignoranza dei giudici, ed ancora per 
osservanza delle leggi si fa del bianco rièro . 

ki» 

Erra chi crede , Che i Casi , chè la leggé ri- 
rilette ad arbitrio del giudice, sieno rimessi a 
sua vòlontà , ed a suo beneplacito, perchè la 
legge non gli ha voluto dar potestà di farne 
grazia, ma non potendo nei casi particolari, 
perla varietà delle Circostanze, darne precisa 
defeTminiizionè, si dimette all’arbitrio del giu- 
dice, cioè alla sua cosciènza, che, considerato 
il tutto, faccia quel, che gli pare più giusto, 
ed onesto; e chi altrimente T intendesse, s in- 
ganna, perchè la forza della legge lo assolve di 
averne a dar conto , perchè non avendo il caso 
determinato, si può sempre scusare , ma non 
gli dà facultà di far dono della roba d’altri . 

XLI. 

Si vede per esperiènza, che i padroni tengo- 
no poco conto de’ servitori, è per ogni sua 
commodità, ed appetito gli mettono da patte, 
lo làudo que’sérvitori, che pigliando esèmpio 
da’ padroni , tengono più contò degl’ interessi 
suoi, che di loro, il che però cònsiglio, che si 
faccia , salvando T onore e la fede. 

XLII. 

E impossibile, che l’uomo (se bene è d’otti- 


Digitìzed by Google 


DI F. GUICCIARDINI 


! 


.1 ©3 

mo ingegno, e giudizio naturale) possa ag- 
giugnere, e bene intendere certi particolari , 9 
però è necessaria l’esperienza, la quale, non al- 
tro, gli insegna; e questo ricordo lo intenderà 
meglio, cbri ha maneggiato faccende assai, per- 
chè con l’ esperienza medesima ha imparato 
quanto raglia, e sia buona l’esperienza, 
i acuii. 

Piace senza dubbio più u-n Principe ch’ ab- 
bia dei prodigo, che uno ch’abbia dello stretto, 
e tamen doverebbe essere il contrario ; perchè 
ài prodigo è necessitato fare estorsioni , e rapi- 
ne ; lo stretto non toglie a nessuno; più sono 
quelli , che patiscono delle gravezze del prodi- 
go, che quelli, che hanno beneficio della lar- 
ghezza: la ragione dunque al mio giudicio è, 
che negli uomini può più ila speranza, che il 
timore, « più sonoiqudlli , che sperano conse- 
guir qualche cosa >da lui <, che quelli, che temo- 
no essere oppressi . 

XI» IV. 

L’intendersi bene con i fratelli, e con i pa- 
renti, fa infiniti beni, che tu non conosci, 
perchè non appariscono ad uno per uno, ma 
infinite cose ti profitta , e fatti avere in rispet- 
to; però devi osservare questa opinione, etiam 
con qualche tua incomodità : ed in questo 
s’ ingannano spesso gli uomini, perchè si muo- 
vono da qualche poco di danno, che apparisce, 


Digitized by Google 



AVVERTIMENTI 


104 

e non considerano quanto siano grandi i beni, 
che non si veggono . 

XLV. 

Chi ha autorità, e Signoria può spingersi, e 
stenderla ancora sopra le forze sue, perchè i 
sudditi non veggono, e nou misurano appun- 
to quel che tu puoi fare, anzi imaginandosi 
molte volte la potestà tua maggiore , che non 
è, cedono a quelle cose a che tu non li potresti 
costringere . 

XLV1. 

Chi non si cura d’essere buono, ma desidera 
buona fama, bisogna che sia buono, altrimen- 
ti è impossibile , che lungamente sia tenuto 
buono . 

XLVII. 

Io fui già d’opinione di non vedere etiam col ' 
pensare assai, quel che non vedevo presto: 
ma con l’esperienza ho conosciuto essere fal- 
sissimo, però fatevi beffe di chi (dice altrimen- 
ti. Quanto più si pensano le cose, tanto meglio 
s’intendono, e si fanno . 

XLVIIf. .â– * . 

Quando ti verrà occasione di cosa che tu 
desideri, pigliala senza perdere tempo, perchè 
le cose del mondo si variano tanto spesso, che 
non si può dire d’aver cosa alcuna, fin che 
non sia in mano. E quando ti è proposta qual- 
che cosa, che ti dispiace, cerca il differirla più *' 


Digitized by Google 



1)1 F. GUICCIARDINI I OD 

che tu puoi, perchè ogni ora si vede, che il 
tempo porta accidenti , che ti cavano di queste 
difficoltà , e così s’ ha da intendere quel pro- 
verbio, che dicono i savj , che si deve godere 
il beneficio del tempo. 

XLIX. 

Sono alcuni uomini savj a sperare quello che 
desiderano , altri che mai lo credono, insin che 
non ne sono ben sicuri ; e senza dubbio più 
utile è sperare in simili casi poco, che molto, 
perchè la speranza ti fa mancare di diligenza 
e ti dà più dispiacere, quando la cosa non 
succede . 

L 

Se tu vuoi conoscere quali sieno i pensieri 
de’ Tiranni, leggi Cornelio Tacito, quando fa 
menzione degli ultimi ragionamenti ch’ebbe 
Augusto con Tiberio . 

LI. 

Il medesimo Cornelio Tacito, a chi ben lo 
considera, insegna per eccellenza come s’ha 
da governare chi vive sotto a un tiranno. 

LIf. 

Quanto ben disse colui : Ducunt volente s 
fata , nolentes trahunt: se ne veggono ogni dì 
tante esperienze, che a me non pare, che mai 
cosa alcuna si dicesse meglio. 

un. 

Il Tiranno fa estrema diligenza di scoprire 



WVKRT'lMF.RTt 


106 

l'animo hio, cioè, se ti contenti del tuo stato; 
considera gli andamenti, e modi tuoi, con cer- 
care d’inteuderlo dà chi conversa teoo, e con 
ragionar teco di varie cosà, e ponerfi partiti, e 
domandarti parere: però se non vuoi che t’in- 
tenda, bisogna, che ti guardi con grandissima 
diligenza* da’ mezzi che egli usa, non usar ter- 
mini che abbiano a dar sospetto,, guardando 
come parli , ettaro con gl’ intimi tuoi , e seco 
ragionando, e rispondendo di sorte, che non 
ti possa cavare; il che ti riuscirà, se tà presup- 
poni sempre quell’ obbietto, che egli quanto 
può, ti circonviene per scoprirti . 

IjIV. 

A chi ha condizione nella patria , e sia sotto 
un Tiranno sanguinoso, « bestiale , si posso» 
dare poche regole , che sieno buone , eccetto il 
torsi l’esilio . Ma quando il Tiranno, o per pru- 
denza, o per necessità del suo stato si governa 
con sospetto, un uomo ben qualificato deve 
cercare di essere tenuto da assai, ed animoso , 
ma di natura quieto, nè cupido d’ altercare , se 
non è forzato, perché **u tal caso il Tiranno ti 
accarezza, e cerca di non darti causa di far no- 
vità; il ohe non faria se ti conoscesse inquie- 
to, perchè allora pensa ogni modo che tu non 
sia per stare fermo , onde è necessitato pensare 
sempre l’occasione di spegnerti . 


Digitized by Google 



RI F. GUICCIARDINI I07 

LV. 

Secondo il tèrmine di Sopra, è meglio non 
essere dei più intimi e confidenti del Tiran- 
no, perchè non Sólo ti acccarezza, ma in mol- 
te cose, fa manco a sicurtà teeo, che con i 
suoi; così tu godi la sua grandezza, e nella ro- 
vina sua diventi grande: ma di questo ricòrdo 
non se ne può valere chi non ha condizione 
grande nella sua patria. 

'• IV*. 

È differenza d’avéne i sudditi disperati, ad 
averli mal contenti , perchè quelli non pensa- 
no mai ad altro, che a mutazione di stato, e la 
cercano etiam con suo pericolo, questi se bene 
non si contentano, e desiderano cose nuòve , 
tamen non invitano le occasioni, ma aspetta- 
no che da se tfenghino. 

lvii. 1 

Non si possono governare i sudditi bene sen- 
za severità, perchè la malignità degli uòmini 
cerca così , ma si vudl mescolar con destrezza , 
e far dimostrazione, acciocché gli uòmini cre- 
dano, che la crudeltà nòn piace, ma che l’usi 
per necessità, e salute pubblica. 

tVm. 

Si doveria attendere agli effetti, non alle di- 
mostrazioni, e superficie, e nondimeno è in- 
credibile quanta grazia, e favore ; ti concilino 
appresso gli uomini le carezze, e la umanità di 



AVVERTIMENTI 


108 

parole: la ragione credo che sia, perchè ognu- 
no si stima, e gli par meritare più che non va- 
le, e però si sdegna, quando vede, che tu non 
tieni quel conto di lui, che se gli convenga . 

LIX. 

E cosa onorevole a un uomo non promettere 
se non quello che vuole osservare, ma comur 
nemente tutti quelli, a chi tu neghi, e giusta- 
mente, restano mal soddisfatti, perchè gli uo- 
mini non si lasciano governare dalla ragione. 
Il contrario interviene a chi promette, perchè 
intervengono molti casi, che fauno che non 
accade fare l’esperienza di quello che tu hai 
promesso, e cosi hai soddisfatto con la mente; 
e se pure s’ha da venire all’atto non mancano 
spesso scuse , e molti sono sì grossi , che si la- 
sciano aggirare con parole , nondimeno e si 
brutto mancare alla parola sua , che questo 
prepondera ogni utilità, che si tragga dal con- 
trario; e però l’uomo si deve ingegnare di trat- 
tenersi quanto può con risposte generali , e 
piene di buona speranza, ma non di sorte, che 
ti obblighino precisamente . 

LX. 

Guardatevi da tutto quello, che vi può nuo- 
cere, e non giovare, però in presenza d altri, 
non dite mai senza necessità cose, che dispiac- 
cino, perchè è pazzia farsi nimico senza pro- 


Digitized by Google 



lil F. GUICCIARDINI 


IO9 

posito, e ve lo ricordo, perchè quasi ognuno 
erra in questa leggerezza. 

uxr. 

Chi entra ne’ pericoli senza considerare quel, 
che possano, o importino, si chiama bestiale: 
ma animoso è quello, che conoscendo i peri- 
coli, vi entra francamente, o per necessità, o 
per onorevol cagione . 

LXII. 

Credono molti, che un savio, perchè vede 
tutti i pericoli, non possa essere animoso. Io 
sono di contraria opinione, che non possa es- 
ser savio chi non è animoso, perchè manca di 
giudizio, chi stima ad avvenire il pericolo, più 
che non si deve; ma per avventura questo pas- 
so , che è confuso, devesi considerare, che non * 
tutti i pericoli hanno effetto , perchè alcuni ne 
schifa l’uomo con la diligenza, ed industria, e 
franchezza sua: altri il caso istesso, e mille ac- 
cidenti, che nascono, portano via; però chi co- 
nosce i pericoli , non li deve mettere tutti ad 
entrata, e presupponere, che tutti succedano, 
ma discorrere con prudenza quel, che altrui 
può sperare d'ajutarsi, e dove il caso verisi- 
milmente gli può far favore, farsi animo, nè 
ritirarsi dall’ imprese virili , ed onorevoli per 
paura di tutti i pericoli , che conosce esser nel 
caso. 



I to 


A.VVFRTIMEITTX 


WCIII. 

Erra chi dice, che le lettere, e gli studj gua- 
stano il cervello degli uomini, perchè forse è 
vero a chi 1’ ha dehQle» ma dove le lettere tro- 
vano il naturale buono, lo fannu perfetto, per- 
chè il buon naturale eongiuntQ col buone ac- 
cidentale fanno buonissima compesiwne. 

lxiv . , 

» 

Non furono trovati i Principi per far benefi- 
cio a loro, perchè nessuno si sarebbe messo in 
servitù gravissima, ma per interesse de’ popoli, 
perchè fussero bene governati ; però come u n 
Principe ha più rispetto a se, che ai popoli» 
non è più un Principe, ma è Tiranno. 

LXV. 

. È senza comparazione più detestabile in un 
Principe l’ avariza, che in un privato, non solo 
perchè avendo più facoltà da distribuire, priva 
gli uomini tanto più: ma etiam perchè quello, 
che ha un privato, è tutto suo, e per uso suo , 
e ne può senza giusta querela d' alcuno dispo- 
nere, ma tutto quello, che ha il Principe, gli è 
dato per uso, e beneficio d’altri, e però rite- 
nendolo in sè, frauda gli uQmini di quel, che 
deve iofa . 

t-xyi. 

Dico che il Principe , che fa mercanzia 
non solo fa cosa vergognosa, ma è Tiranno, 
facendo quello che è officio de’ privati , e non 


Digitized by G'oogle 



DI F. GUICCtAHDl.NI ' 111 

dei Principi j e pecca tanto verso i popoli, 
quanto peccherieno ipopoli verso lui, volen- 
do intromettersi in. quel eh’ è officio solo del 
Principe. . . • 

LXVJI. 

Le cose del mondo sono varie, e dipendono 
da tanti casi , ed accidenti, che difficilmente si 
può far giudizio del futuro, e si vede per e- 
sperienza, che quasi sempre le congetture dei 
savj sono fallaci, però non laudo il consiglio 
di quelli, che lasciano la commodità d'un ben 
presente , benché minore, per paura di un mal 
futuro, benché maggiore , se non è molto pro- 
pinquo, e molto certo, perchè non succeden- 
do poi spesso quello, di che temevi , ti trovi 
per una paura vana aver lasciato quello, che ti 
piaceva ; e però è savio quel proverbio: Di cosa 
nasce cosa. 

UCVIII. 

Nelle cose dello Stato ho veduto spesso er- 
rare chi fa giudizio, perchè esamina quello 
che ragionevolmente dovria far questo, e quel 
Principe, e non considera quello che farà, ver- 
bi grazia il Re di Francia, perchè deve aver più 
rispetto , qual sia la natura o costumi d’ un 
Francese, che a quello dovrebbe far ciascun 
Principe, prudente, saggio , e giusto. 

LXIX. 

Io ho detto molte volte , e lo dico di nuovo , 


Digilized by Googl 



I 12 


AVVERTIMENTI 


eh’ un ingeno capace, e che sappia tare capita- 
le del tempo, non ha causa di lamentarsi , che 
la vita sia breve, perchè può attendere ad infi- 
nite cose, e spendere utilmente il tempo , e gl* 
avanza tempo . 

LXX. 

Chi vuole travagliare, non si lasci cavare di 
possessione delle faccende , perchè dall’ una 
nasce l'altra, sì per l’adito, che dà la prima 
causa alla seconda , come per la riputazione , 
che ti porta il trovarti in negozio, e però si può 
anco a questo adattare il proverbio: Di cosa 
nasce cosa . 

LXXI. 

Non è facile trovare questi ricordi, ma è più 
difficile eseguirli, perchè spesso l’uomo cono- 
sce, ma non mette in atto; però volendo usarli, 
sforzate la natura, e fatevi un buon abito, col 
mezzo del quale, non solo farete questi, ma 
ancora vi verrà fatto, senza fatica , tutto quel- 
lo, che vi comanda la ragione. 

LXXH. 

Non si maraviglierà dell’animo basso e ser- 
vile di molti popoli chi leggerà in Cornelio 
Tacito, che i Romani soliti a dominare il mon- 
do, e vivere in tanta gloria, servivano sì umil- 
mente sotto l’Imperio, che Tiberio, uomo ti_ 
ranno e superbo, aveva esosa tanta dappocag- 
gine. 


Digitized by Google 



DI F. GUICCIARDINI 


1 1 3 

T.XXIII. 

Se avete mala sodisfazione d’uno, ingegna- 
tevi quanto potete, che non se n’accorga, per- 
chè subito si alienerà da voi , e vengono molti 
tempi , e occasioni che vi possono servire, e 
non servirebbevi , se col dimostrare d’averlo in 
mal concettose l’avesti giocato; ed io con mia 
utilità n’ho fatto l’esperienza, che in qualche 
tempo ho avuto mal animo verso d’uno, che 
non accorgendosene, m’ha poi in qualche oc- 
casione giovato, e m’è stato amico. 

LXXIV. 

L’ambizione dell’onore, e della gloria è lau- 
dabile, e utile al mondo, perchè dà causa agli 
uomini di pensare e fare cose generose e eccel- 
se. Non è così quella della grandezza, perchè 
chi la piglia per idolo, vuol averla per fas e 
nefas, ed è causa d’infiniti mali. Però veggia- 
mo che i Signori e simili che hanno questo o- 
bietto, non hanno freno alcuno, e fanno un 
piano della roba, e vita degli altri, purché così 
gli conforti il rispetto della sua grandezza . 

LXXV. 

L’imprese e cose, che hanno da accadere non 
per impeto, ma perchè prima si consumano, 
vanno assai più in lungo , che non si credeva 
da principio, perchè gli uomini si ostinano a 
patire, e patiscono, e sopportano molto più, 
che non si sarebbe creduto. Però veggiamo, 

Savori. 8 


Digitized by Google 


AVVERTI MESTI 


114 

eh’ una guerra che s’abbia a finire per fame, per 
l’incomodità, per mancaménto di danari, e simi- 
li modi, ha più lungo tratto che non prima s'a- 
rebbe creduto, come ancora intrkviene ad uno 
che muore d’etico o di tisico, che la sua vita 
sempre si prolunga oltra l’opinione che hanno 
avuta i medici; così uh mercante inanzi che 
fallisca, per essere consumato dagli interessi, 
si regge più tempo, che non era creduto. 

LXXVl. 

Chi conversa con grandi non si lasci levar 
a cavallo da carezze e dimostrazioni superficia- 
li , con le quali essi fanno comunemente bal- 
zar gli uomini come vogliono* e affogarli nel 
favore. E quanto questo è più difficile a difen- 
dersi , tanto più deve sbigottirti, e col tenere 
il campo franco non ti lasciar levare facilmente. 

tXXYlì. 

Non potete aver miglior parte, che tènere 
conto dell’onore, perchè òhi fa questo non te*- 
me i pericoli, nè fa rhai cosa che sia brutta , 
però tenete fermo questo capo, e sarà quasi 
impossibile, che tutto non vi succeda bene: ex- 
pertus loquor . 

ucxviu. 

Fatevi beffe di questi che predicano la liber- 
tà, non dieso di tutti, ma n’eccettuo ben pochi, 
perchè ognuno di questi tali, che sperasse ave- 
re più bene in uno sfato stretto, che in un li- 


Digitized by Googl 



1)1 F. GOICCIAROINI 


i(5 

bero, vi correrebbe per le poste, perchè quasi 
tutti posporranno il rispetto deir interesse 
loro, e son pochissimi quelli che conoscono 
quanto vaglia la gloria, e l’onore. 

LXXIX. 

M’è parso sempre difficile a credere, che Dio 
abbia a permettere, che i figliuoli del Duca 
Lodovico abbino a goder quello stato, quan- 
do io considero, che il padre suo l’ha usurpato 
scelleratamente, e per usurparlo è stato causa 
della rovina, e servitù d’Italia, e di tanti trava- 
gli seguiti in tutta Cristianità. 

LXXX. 

Dico che un buon cittadino, e amatore della 
patria, non solo deve trattenersi col tiranno 
per sua sicurtà, perchè è in pericolo quando 
è avuto in sospetto, ma ancora per beneficio 
della patria, perchè governandosi così , gli vie- 
ne occasione con consigli, e con opere di fa- 
vorire molti buoni, e disfavorire molti mali; e 
questi che li biasimano , sono pazzi, perchè 
starebbe fresca la città, e loro , se il tiranno 
non avesse attorno altri che tristi. 

LXXXI. 

Laudo chi nelle guerre d’altri sta neutrale, 
chi è potente di sorte, o ha tal considerazione 
di stato, che 'non ha da temere il vincere, per- 
chè fugge il pericolo, e la spesa, e la strac- 
chezza, e i disordini d’altri possono pararti 



AVVERTIMENTI 


I l6 

qualche buona occasione: fuor di questi termi- ' 
ni la neutralità è una pazzia, perchè attaccan- 
doti con una delle parti, corri solamente peri- 
colo della vittoria, ma stando di mezzo tu sem- 
pre rilevi , e vinca chi si voglia . 

LXXXII. 

La natura de’ popoli è come quella depriva- 
ti , di volere sempre augutnentare del grado in 
che si trovano, però è prudenza negare loro le 
prime cose, che domandano, perchè conceden- 
do non li fermi, anzi gl’ inviti a domandar più, 
e con maggior istanza , che non facevano da 
principio, perchè col darli spesso da bere se gli 
accresce la sete . 

Lxxxnr. 

Osservate con diligenza le cose de’ tempi pas- 
sati, perchè fanno lume alle future, cum sit, 
che il mondo sia sempre d’ una medesima sor- 
te, e che tutto quello che è , e sarà , è stato in 
altro tempo , perchè le medesime cose ritorna- 
no, ma sotto diversi nomi e colori; però ogni 
uno non le conosce, ma solo chi è savio, e le 
considera diligentemente . 

LXXX1V. 

Senza dubbio ha miglior tempo in questo 
mondo, più lunga vita, e si può chiamare in 
un certo modo felice, chi è d’ingegno più bas- 
so, che questi intelletti elevati; perchè l’inge- 
gno nobile, serve piuttosto a travaglio, e cru- 


Digitlzed by Google 



DI F. GUICCIARDINI II? 

ciato di chi l’ha; nondimeno l’uno partecipa 
più dell’animal bruto che d’uomo, l’altro tra- 
scende il grado dell’uomo, e s’accosta più alle 
nature celesti . 

LXXXV. 

Se osservate bene, trovate che d’età in età si 
mutano non solamente i vocaboli, e modi del 
vestire, e i costumi, ma ancora, quel che è più, 
i gusti e l’ inclinazioni dell’arme, e questa di- 
versità si vede etiam in un tempo medesimo di 
paese in paese, dove non solo è diversità delle 
distruzioni, ma ancora dei gusti de’cibi, e degli 
appetiti varj degli uomini. 

LXXXVI. 

Inanzi al MCCCCXCIV. nel qual tempo l’am- 
bizione, e cecità del Duca Lodovico aperse la 
via alla rovina d’Italia, erano, come ognuno sa, 
i modi della guerra molto diversi da questi* 
l’oppugnazione delle città, le uccisioni, i con- 
flitti d’altra sorte , e quasi senza sangue, in mo- 
do che chi aveva uno Stato , difficilmente gli 
poteva esser tolto : dipoi si ridusse, che chi e- 
ra padrone della campagna, aveva vinta la guer- 
ra, come in un momento ; e se erano due eser- 
citi in campagna, si veniva in uu tratto alta 
giornata, ed era data la senteuza della guerra; 
così vedemmo senza romper lancia perdersi il 
Regno di Napoli , il Ducato di Milano, e con la 
fortuua d’un solo giocarsi tutto lo stato de’ Ve- 



AVVERTIMENTI 


I I 8 

neziani. Oggi il Signor Prospero primo ha di- 
mostrato diverso modo di gueriia , che col met- 
tersi nelle terre ha soggiogato l’ impeto di dii 
era padrone della campagna ; ma non riusci- 
rebbe bene questo a chi non avesse la disposi- 
zione de’ popoli favorevole, come ha avuto egli 
quella di Milano contra i Francesi. 

LXXXVill . 

Le medesime imprese, che fatte fupr di tem- 
po, sono state difficilissime, o impossibili, 
quando sono accompagnate dal tempo e dal- 
l'occasione, sono facilissime, però si vuole ten- 
tarle altrimenti, perchè se tu le tenti fuor del 
tempo suo, non solo non ti succedono, ma 
porti pericolo, che ;con l’averle tentate non le 
.guasti per quel tempo , che facilmente sareb- 
bouo riuscite, però sono tenuti savj i pazienti. 

ixxxvui. / 

Ho osservato ne’ miei governi, ehe quando 
mi è venuta inanzi una causa, che ho avuto 
per qualche giusto rispetto desiderio d’ accor- 
darla, non ho parlato d’accordo, ma col mette- 
re varie dilazioni, e stracchezze ho fatto, che le 
medesime parti J’ hanno ricercato; così quello, 
che se nel principio io l’avessi proposto, saria 
stato ributtato , s’ è ridotto in termine , «che 
quando è venuto il tempo suo , io ne sono sta- 
to pregato . , 


Digitized by Google 



DI Jf. poicqURDINI 


H9 

ijxxx- , . . 

Non è gran cosa, eh’ un governatore usando 
spesso asprezza , o effetti di severità , si faccia 
tepaere, perché i sudditi hanno facilmente pau- 
ra di chi li può sforzare, e rovinare, e viene 
facilmente all’esecuzione; ma laudo io quelli 
governatori, che con far poche asprezze, ed e- 
secuzioni, sanno acquistarsi, e conservar nome 
di terribili. 

*c. â–  

Ngn che chi tiene gli Stati pon sia necessita,- 
tp metter le mani ziei sangue , ma dico bene , 
che non si deve far senza gran necessità, e che 
il più delle volte se ne perde più, che non se 
ne acquista, perchè pon solo s’offende quelli 
che sopo tocchi» ma angora si dispiace uni- 
versale degli ^hri, e se bene tu levi quello ini- 
mico, o quello pstacolo, pop però se ne spe* 
gue il seme, cum f&, she in Ipogo di quello 
sottentrano degli altri» e spesso intrayiene , 
come si dice dell’ Idra , che per ognuno ne na- 
scono sette. . 

. ' » zm- 

Ricordatevi di quello, che altre volte ho det- 
to di questi ricordi, .che n°U s’hanno ad osser- 
vare sempre indistintamente, ma in qualche , 
caso particolare , che a ragione diversa non so- 
no buoni, e quali sippo questi cas» » npp si può 
comprendere con regola alcuna, pè si trova li- 



1 20 AVVERTIMENTI 

bro, che l’ insegni , ma è necessario, che questo 
lume te lo dia prima la natura , e poi l’ espe- 
rienza . 

xcu. 

A miogiudicio in nessun grado, o autorità 
si ricerca più prudenza, e qualità eccellente, 
che in un Capitano d’ uno esercito, perchè so- 
no infinite quelle cose, a che ha provvedere, e 
comandare, infiniti accidenti, e casi varj,chedi 
ora in ora se gli presentano, in modo , che ve- 
ramente bisogna, che abbia più occhi d’Argo , 
e non solo per l’importanza sua, ma per la pru- 
denza, che li bisogna, reputo io ogni altro pe- 
so niente. 

xeni. 

Chi disse un popolo, disse veramente un 
pazzo, perchè egli è un mostro pieno di con- 
fusione, e d’errore, perchè le sue opinioni so- 
no tanto lontane dalla verità, quanto è secon- 
do Tolomeo , la Spagna dall’ India . ■ ■ 
xciv. 

È differenza ad essere animoso, e non fug- 
gire i pericoli, per rispetto dell’onore; l’uno, e 
1 altro conosce i pericoli, ma quello si confida 
potersene difendere, e se non fusse questa con- 
fidenza non gli aspettarebbe, questo può esser 
che tema più del debito, nè stia saldo perchè 
non abbia paura , ma perchè si risolve a voler 
più tosto il danno, che la vergogna. 


Dìgitized by Google 



PI F. GUICCIARDINI 


121 


XCV. 

Come colui c’ha aiutato, o è stato causa, 
che uno salga in un grado , lo vuol governa- 
re in quel grado, già comincia a cancellar il 
beneficio, che gli ha fatto, volendo usar per 
se, quel che prima ha operato che sia di quel, 
l’altro'; ed egli ha giusta causa di non compor- 
tarlo, nè per questo merita essere chiamato 
ingrato . 

xcvi. 

Non s’attribuisca a laude; chi fa, o chi non 
fa quelle cose, le quali se omettesse, o facesse 
meriteria biasmo. 

xcvii. 

Dice il proverbio Castigliano , il fil si rompe 
dal lato più debole : sempre che pensi venire 
in concorrenza o comparazione di chi è più 
potente o rispettato, più succumbe il più de- 
bole , non ostante , che la ragione , o l’onestà , 
o la gratitudine volesse il contrario , perchè co- 
munemente, s’ha più rispetto all’interesse che 
al debito . 

xcvni. . • 

Non posso io, nè so farmi bello, nè darmi 
riputazione di quelle cose, che in verità non 
sono così, e tamen saria più utile fare il con- 
trario, perchè è incredibile, quanto giovi la 
riputazione, e opinione, che hanno gli uomi- 
ni, che tu sia grande . Con questo rumore solo ti 


* 


Digitized by Google 





AVVERTI MESTI 


corrono dietro, senza, che tu n’abbia a venire 
9I cimento. 

. , . xeisc. 

Ninno conosce peggio li servitori suoi , che 
i) padrone, e proporzionatamente il superiore 
i sudditi, perchè non si presentano innanzi a 
Ini tali quali si presentano agli altri, anzi cer- 
cano coprirsi a lui , e parere d'altra sorte, che 
in vero non sono . 

c. 

Concordano tutti essere migliore lo stato di 
uno quando è buouo , che di pochi , e di np>l- 
ti , e buoni ; e le ragioni sono manifeste : cosi 
concludono, che quello d’ uno più facilmente 
di buono diventa cattivo, che gli altri, e quan- 
do coattivo, è peggiore di tutti, tanto più quan- 
do va per successione, perchè rare volte ad uu 
padre buono e savio , succede un figliuolo si- 
mile. Però vorrei, che questi politici m’avesse- 
ro dichiarato , considerate tutte queste condi- 
zioni, e pericoli, qual sorte abbia a desiderare 
una città , o di cadere nel governo d’ uno ,0 di. 
molti , o di pochi . 

Gl. 

Tu, che stai in corte, e seguiti un grande, e 
desideri essere adoperato da lui in faccende, in- 
gegnati di starli tuttavia dinanzi agii occhi, per- 
chè d’ora in ora nascono occasioni, che egli 
commette a chi vede, o a chi gli è più propin- 


Digitized by Google 



DI f. GUICCIARDINI ja'l 

quo, che se ti avesse a cercare , o aspettare noa 
ti si commetterebbe, e chi perde un principio 
bene!'.-' picciolo, perde spesso l’introduzione, 
e adito a cose grandi . 

cn- 

io ve Io dico di nuovo , i padroni fanno pò- 
co conto de’ servitori , e per ogni interesse li 
strascinano senza rispetto; però sono savj i 
servitori, che fanno il medesimo verso i padro- 
ni, non facendo però cosa» die sia contri la 
fede, e l’ onore, 

cui. 

Chi si conosce avere buona , sorte, può tentar 
l’imprese con maggior animo, ma è da avver* 
tire, che la sorte non solo può essere varia di 
tempo in tempo, ma anco in un tempo mede- 
simo può esser varia nelle cose , perchè chi ps- 
serva vedrà per esperienza , molti essere fortu- 
nati in una specie di cose, e in un’altra essere 
sfortunati, ed io in mio particolare ho avuto in- 
sino a questo dì tre di Febbraio MDXXJdL in 
molte cose borissi ma sorte,, tameu non l’ho si- 
mile nelle mercanzie, e negli onori, che io cer- 
co d’avere, perchè non cercandoli mi corrono 
naturalmente dietro, ma come comincio a cer- 
carli, pare che si discostino . 

civ. 

Non ha maggiore inimico l’nomp, che se 
stesso, perchè quasi tutti i mah, pericoli, ,e 



\ „ \ 

la4 &.VVKRI1MEJS ri 

travagli superflui che ha, non procedono da 
altro, che dalla sua troppa cupidità . 

cv. 

Le cose del mondo non stanno ferme , anzi 
hanno sempre progresso al camino , a che ra- 
gionevolmente per sua natura hanno da anda- 
re, e finire, ma tardano spesso più, che il cre- 
dere nostro, perchè non le misuriamo secondo 
la vita nostra, che è breve, e non secondo il 
tempo suo, che è lungo, e però i passi suoi 
sono più tardi, che non sono i nostri , e si tar- 
di per sua natura,. che ancora che si movino, 
non ci accorgiamo spesso de’ suoi moti, e per 
questo sono spesso falsi i giudizj che noi fac- 
ciamo. 

evi. 

L’ appetito della roba nasce da animo basso, 
o mal composto, se non si desiderasse per al- 
tro, che per poterla godere, ma essendo cor- 
rotto il vivere del mondo, come è chi deside- 
ra reputazione, è necessitato a desiderare ro- 
ba, perchè con essa rilucono le virtù, e sono 
in prezzo, le quali in uu povero sono poco sti- 
mate, e manco conosciute. 

cvn. 

Non so se si devono chiamare fortunati quel- 
li , a chi una volta si presenta una grande oc- 
casione, perchè chi non è prudente, non la sa 
ben usare, ma senza dubbio sono fortunatissi-. 


Digitized by Google 



1)1 F. GUICCIARDINI Ia5 

mi quelli, a’ quali una medesima grande occa- 
sione si presenta due volte, perchè non è uo- 
mo cosi da poco, che la seconda volta non la 
sa ppia usare, e così in questo caso secondo s’ha 
ad avere tutta l’ obbligazione con la fortuna, 
dove nel primo ha luogo la prudenza, 
cvm. 

La libertà delle Repubbliche è ministra della 
giustizia , perchè non è fondata ad altro fine, 
se non per difensione, che l’ uno non sia op- 
presso dall’ altro , però chi potesse essere sicu- 
ro, che in uno stato d’uno, o di pochi s’osser- 
vasse la giustizia, non avrebbe causa di desi- 
derare la libertà. Questa è la ragione, che gli 
antichi Savj , e Filosofi non laudarono più de- 
gli altri que’ governi, che vivono in libertà, ma 
quelli , nei quali era meglio provvisto alla con- 
servazione delle leggi e della giustizia. 

cix. 

Quando le nuove s’hanno d'autore incerto, 
e sieno nuove verisimili, o aspettate, io li pre- 
sto poca fede, perchè gli uomini facilmente 
fanno invenzione di quello, che s’aspetta, osi 
crede , e più orecchi vi presto se sono nuove, 
stravaganti, o inaspettate, perchè manco oc- 
corre agli uomini fare invenzioni, o persua- 
dersi quello, che non è in alcuna considera- 
zione^ di questo ho veduto in molte volte l’e- 
sperienza . 

\ 


Digitized by Google 


ra6 


AVVERTIMENTI 


CK. 

Gran sorte è quella degli astrologi , che an- 
cora , che la loro professione sia vanità , o per 
difetto dell’arte, o suo, tamen più fede gli dà 
una verità, che pronosticano, che cento falsità; 
e tamen negli uomini intraviene il contrario, 
che una bugia , che sia reprobata da uno , fa , 
che si sta sospeso a crederli tutte l’ altre verità, 
eprocede dal desiderio grande ch’hanno gli uo- 
mini di sapere il futuro, di che non avendo 
altro modo di avere certezza, credo no faci-men- 
te, a chi fa professione di saperlo lor dire, co- 
me aU’infermo il medico, che li promette la 
salute . 

Ckl. 

Fate ogni cosa per non trovarvi dove si per- 
de, perchè ancora, che non vi sia colpa vostra, 
ne avete sempre carico, nè si può andare a 
tutte le piazze, e banchi a giustificarsi, come 
chi si trova dove si vince, si porta sempre lau- 
de, edam senza suo merito . 

citi. 

È vantaggio come ognun sa nelle cose priva- 
te , trovarsi in possessione antica , che le rtìgio* 
ni non si mutano, e i modi de’giudicj e di con- 
sigliare il suo sono ordinar], e fermi, ma senza 
comparazione è molto maggior vantaggio in 
quelle cose, che dipendono dagli accidenti de- 
gli stati, o dalla volontà di quelli, che domina- 


Digitized by Google 



1)1 t. CtMCCIAftttlNI I 27 

no , perché non avendosi A combattere con ra- 
gioni immutabili, o con gludicj stabili, nasco- 
no ogni dì mille casi , che facilmente ti solle- 
vano da chi può pretèndere di levarti di pos- 
sesso . 

Clllt. 

Chi desidera èssere amato da’sUpefiori, biso- 
gna mostrar d’avere ,Joro rispetto, e riverenza, 
e con questo esser piuttosto abbondante, che 
scarso, perchè nessuna còsa offende più l'ani- 
mo d’ uh superiore , che il parergli , ché non li 
sia avutò quel rispètto e riverenza, che giudica 
convenirseli . 

• cxiv. 

Fu crudele il decréto de’SiraCusa ni, di che fa 
menzione Livio; che infido alle dotine nate dei 
tiranni fussero ammazzate, ma non però al 
tutto Senza ragione, perchè thancato il tiranno, 
quelli che Vivevano volentieri sotto di lui , se 
potessero he farebbóno Un altro di cera, e non 
essendo così facile Voltare la riputazione a un 
uomo nuovo, si ritirano sotto ogni reliquia, 
che resti di quello. Però una città, che esca 
nuovamente dalla tirannide, non ha mai ben 
sicura la libertà se non spegne tutta la razza, e 
progenie de’tirahni, dico però li maschi, e non 
lè femmine. 

cxv. 

Non è in potestà d’ognuno eleggersi il gra- 



ia8 


AVVERTIMENTI 

do, e le faccende, che 1’uomo vuole, ma non 
bisogna spesso far quelle, che t’appresenta la 
tua sorte, e che sono conformi allo stato in che 
sei nato , però tutta la lode consiste in far la 
sua bene, come in una commedia, non è man- 
co lodato , chi ben rappresenta la persona d’un 
servo , che quelli , a chi sono messi in dosso i 
panni del Re, o d’altra persona degna: ognu- 
no in effetto nel grado suo può farsi onore. 

cxvi. 

Ognuno in questo mondo fa degli errori, dai 
quali nasce maggiore, o minor danno, secon- 
do gli accidenti , e casi, che seguitano, ma buo- 
na sorte hanno quelli, che s’abbattono ad er- 
rare in cose di minore importanza , o dalle qua- 
li ne seguita manco disordine. 

CXVII. 

E gran felicità potere vivere in modo , che 
non si riceva, nè si faccia ingiuria ad altri, ma 
chi s’adduce in grado, che sia necessitato,© ag- 
gravare, o a patire, deve per mio consiglio pi- 
gliare il tratto a vantaggio, perchè è così giusta 
difesa quella che si fa. per non essere offeso, 
come quella, che si fa quando l’offesa ti è fatta: 
è vero, che bisogna ben distinguere i casi, nè 
per superflua paura darsi senza causa ad inten- 
dere d’esser necessitato a prevenire, nè per cu- 
pidità , nè per malignità, dove in vero non hai, 
nè devi avere sospetto volere con allargare que- 
sto timore, giustificare la violenza, che tu fai . 


Digitized by Google 



di r. Gt'icciAr.njfi 


i*9 

CXVIII. 

Negli uomini eia pazienza, e l’impeto sono 
bastanti a partorire cose grandi, perchè l’uno 
opera con l’urtare gli uomini, e sforzare le co- 
se , l’altra con lo straccarli, e vincerli col tem- 
po , e l’occasioni, però in quello che nuoce 
1 uno, giova l’ altro, ed è converso, e chi po- 
tesse congiugnerli, e usare ciascuno al tempo 
suo, sarebbe divino; ma perchè questo è impos- 
sibile, credo, che omnibus computati, la pa- 
zienza e moderazion sia laudabile in un Prin- 
cipe per condurre maggiori cose a fine, che 
l’impetò e la precipitazione. 

cxix. 

Se bene gli uomini deliberano con buon con- 
siglio , gli effetti sono però spesso cattivi, tan- 
to sono incerte le cose future ; nondimeno non 
si vuole come bestia darsi in preda alla fortu- 
na, ma come uomo andar con la ragione, e chi 
è savio, ha da contentarsi di essersi mosso con 
consiglio buono, ancorché l’effetto sia stato 
cattivo, che se con un consiglio cattivo, aves- 
se avuto l’effetto buono . 

cxx. 

Nelle cose dell’Economica, il verbo princi- 
pale è risecare tutte le spese superflue, ma 
quello in che Uni pare, che consista l’indu- 
stria , è chi fa le medesime spese con più van- 

Savon. 9 


Digitized by Google 



AVVERTIMENTI 


i3o 

faggio, e come si dice volgarmente , spendere il 
soldo per quattro quattrini . 

cxxi. 

' * \ * 

Tenete a mente, che chi guadagna, se ben 

può spendere qualche cosa di più che non gua- 
dagna, tamen è pazzia spendere largamente 
sul fondamento de’guadagni, se prima non hai 
tanto buono capitale , perchè l’ occasione del 
guadagnare non dura sempre, e se mentre essa 
dura non ti sei acconcio, passata che ella è , ti 
trovi povero come prima, e di più hai perdu- 
to il tempo, e l’ onore, perchè alla fine è tenu- 
to di poco cervello , chi ha avuta l’occasione 
bella, e non l’ha saputa usare bene; e questo 
ricordo tenetelo bene a mente, perchè ho visto 
a’ miei dì infiniti errori. 

CXXII. 

Diceva un padre, che più onore ti fa un du- 
cato in borsa, che dieci, che ne hai spesi: pa- 
role molto da notare, non per diventar sordi- 
do, nè per mancare nelle cose onorevoli, e ra- 
gionevoli , ma perchè ti sian freno a fuggire le 
cose superflue . 

CXXIII. 

Rarissimi scotio gli instromenti, che da prin- 
cipio si falsificano, ma dopo fatti, secondo che 
gli uomini pensano la malizia , o che nel ma- 
neggiare le cose s’accorgono di quello avreb- 
bono di bisogno, si cerca far dire alli instro- 


Digitized by Google 



DI r. GUICCI ARDIRI 


i3i 

menti, quello, che l’uomo vorrebbe, che di- 
cessero; però quando sono gli instromenti di 
cose vostre d’ importanza , abbiate per usanza 
farveli levare subito, e averli in casa in forma 
autentica . 

cxxiv. 

È certo, che non si tien conto dei servizj fat- 
ti ai popoli in universale , come di quelli, che 
si fanno in particolare, perchè toccando col 
comune , nessuno si tien servito in proprio : 
però chi s’affatica per li popoli, ed università, 
tìon speri, che s’affatichino per lui in un suo 
pericolo, o bisogno, o che per memoria de’be- 
neficj, lascino una loro commodità; nondime- 
no non sprezzate tanto il fare servizio a' popo- 
li , che quando vi si presenti l’occasione la per- 
diate, perchè se ne viene in buon nome, e 
buon concetto, che è frutto assai della fatica, 
senza pure, che in qualche caso giova quella 
memoria, e rimuove a chi è beneficiato, se non 
sì caldamente, come i benefici proprj , alman- 
co sarà parte di quanto si conviene; e sono 
tanti questi, a chi tocca questa lor leggiera im- 
pressione, che può alcuna volta mettendo in- 
sieme là gratitudine, che si sente da tutti, esse- 
re notabile. 

cxxv. 

Del far un’opera buona, e laudabile noif si 
vede sempre il frutto , però chi non si satisfa 



AVVERTIMENTI 


i3a 

solum del ben far di se stesso, lasci di farlo, 
non parendogli trarne utilità; ma questo è in- 
ganno degli uomini non picciolo, perchè il fa- 
re laudabilmente, se ben non ti portasse altro 
frutto evidente , sparge buon nome, e buona 
opinione di te, la quale in molti tempi, e casi 
ti reca utilità incredibile. 

cxxvr. 

Chi ha la cura d’una terra , che abbia a esse- 
re combattuta, o assediata, deve fare pochissi- 
mo fondamento in tutti quei rimedj, che allun- 
gano, e stimare assai ogni cosa, che tolga tem- 
po, etiam picciolo alli nimici, perchè spesso 
un dì più, e un’ora porta qualche accidente 
che la libera . 

cxxvn. 

Chi facesse su un accidente giudicare da un 
uomo savio gli effetti, che nasceranno, e scri- 
vesse il giudicio, troverebbe , tornando a veder- 
lo in progresso di tempo , sì poche cose verifi- 
cate, come si trova a capo dell’anno degli a- 
strologi , perchè le cose del mondo sono trop- 
po varie . 

CXXVIIt. ! . 

Nelle cose importanti non può fare buon 
giudicio, chi non sa bene tutti i particolari, 
perchè spesso una circonstanzia, e minima, va- 
rtà tutto il caso, ma vi dico bene, che non ha 
notizia di altro , che di generali , e questo me- 


Digitized by Google 



DI F. GUICCIARDINI 1 33 

desimo giudica peggio intesi i particolari, per- 
chè chi non ha il cervello molto perfetto e mol- 
to netto dalle passioni, facilmente intendendo 
molti particolari, si confonde e varia. 

cxxix. 

Spesso s’inganna, chi si risolve su i primi 
avvisi, che vengono delle cose, perchè vengo- 
no sempre più caldi, e più spaventosi , che non 
riescono poi con gli effetti ; però chi non è 
necessitato aspetti sempre i secondi , e di ma- 
no in mano gli altri . 

cxxx. 

Non combatter mai con la religione, nè con 
le cose, che pare, che dependano immediate 
da Dio , perchè questo obietto ha troppa forza 
nelle menti degli uomini . 

CXXXI, 

Se d’ uno s’ intende o legge, che senza alcuno 
suo commodo, o interesse, ami più il male, 
che il bene , si deve chiamar bestia , e non uo- 
mo, poi che manca dell’appetito naturale, 
cxxxii. 

Non credete a questi, che predicano che a- 
mano la quiete, e d’essere stracchi dell’ambi- 
zione, e avere lassate le faccende, perchè qua- 
si sempre hanno nel cuore il contrario, e si 
sono ridotti a vita appartata, e quieta, o per 
sdegno, o per necessità, o per pazzia: l’ esem- 
pio sene vede tutto il dì, perchè a questi tali 



AVVERTIMENTI 


l34 

subito che s’appresenta qualche spiraglio di 
grandezza, abbandonano la tanto lodata quie- 
te, e vi si mettono con quel pericolo, che la il 
fuoco ad una.cosa secca . 

CXXXJII. 

L'inclinazioni, e deliberazioni de’popoli sono 
tanto fallaci, e menate più spesso dal caso che 
dalla ragione, che chi regola il traino del viver 
suo, non iu altro, che in sulla speranza d’avere 
ad essere grande col popolo, ha poco giudizio, 
perchè opporsi è piuttosto ventura che senno . 
cxxxiv. 

È buon mezzo a guadagnarsi favori il mo- 
strare a quelli, da chi tu vuoi guadagnare il 
favore di farli capaci, ed autori di quella cosa, 
nella quale n’hai di bisogno, perchè la più par- 
te degli uomini, presi da quella vanità, o am- 
bizione, vi si affezionano in modo, che dimen- 
ticati i rispetti contrarj , ancora de’ più ragio- 
nevoli e più urgenti, cominciano a favorire 
quello, che per altro avrebbono disfavorito . 
cixxv . 

Infinite sono le varietà delle nature, e dei 
pensieri degli uomini, però non si può imagi- 
ilare cosa, nè sì stravagante, nè si contra ragio- 
ne, che non sia secondo il cervello d’ alcuno; 

A 

per questo quando sentirete dire, ch’altri ab- 
bia detto, o fatto cosa, che non vi parrà verisi- 
mile, nè che possa cadere in concetto d’uomo. 


Digitized by Google 



DI F. GDICCIARDINI 


1 35 

non ve ne fate leggiermente beffa, perchè quel- 
lo che non quadra a te, può facilmente trovare 
a chi piaccia , o paia ragionevole . 

cxxxvi. 

Quando si fa una cosa, se si potesse sapere 
quel che sarebbe seguito , se non si fusse fatta, 
o si fusse fatto il contrario , senza dubbio mol- 
te cose sono dagli uomini laudate, che non sa- 
riano, anzi meriterebbono contraria sentenza. 

CXXXVIf. 

Pare che i Principi sieno più liberi , e più 
padroni delle loro volontà, che gli altri uomi- 
ni: non è vero ne’ Principi che si governano 
prudentemente , perchè sono necessitati proce- 
dere con infinite considerazioni, e rispetti, in 
modo che molte volte cattivano i lor disegni, i 
loro appetiti, e l’ altre volontà loro; ed io che 
l’ho osservato, n’ho vedute molte esperienze. 

CXXXVIII. 

Accade molte volte in una deliberazione che 
ha la ragione da ogni banda, che ancora, che 
1’ uomo abbia diligentemente pensato, che poi 
che ha fatto la deliberazione, gli pare aver e- 
letto la parte peggiorerà ragione è, che poi che 
tu hai deliberato , ti si appresentano solamen- 
te alla fantasia le ragioni, che erano nell’ opi j 
nione contraria, le quali considerate senza il 
contrappeso dell’altre, ti paiono più gravi, e 
più importanti, che non parevano innanzi, che 



i33 


AVVERTI MENTI 


tu deliberassi. 11 rimedio di liberarsi da questa 
molestia , è sforzarsi di riandare tutte le ragio- 
ni, che sono hinc, et inde, perchè questo con- 
corso, e contrarietà, che ti appresemi innanzi, 
fa, che le ragioni che si concedevano, non ti 
paiano più di maggior peso , o importanza di 
quello, che veramente sono. 

cxxxtx 

Uno uomo, che non sia prudente, non si 
può reggere senza consiglio; nondimeno egli 
è molto pericoloso pigliar consiglio, perchè 
chi dà consiglio , ha spesso più considerazione 
all'interesse suo, che a quello, che lo domanda; 
anzi propone ogni suo picciolo rispetto, e so- 
disfazione all’ interesse , benché gravissimo , e 
importantissimo di quell'altro, però dico, che 
in tal grado bisogna, che s’abbatta con amici 
fedeli, altrimenti porta pericolo di non far ma- 
le a pigliar consiglio, e male e peggio fa a non 
lo pigliare. 

cxt. 

Chi sul fargiudicio del futuro vuol pigliare 
qualche deliberazione, come spesso calcula, la 
tal cosa anderà, o nel tal modo, o nel tale, e 
su questo discorso piglia il suo partito, perchè 
per la varietà delle cose, e degli accidenti del 
mondo, viene molte volte in terzo o quarto 
caso, che non fu mai iu considerazione, e che 


Digitized by Google 



/ 


DI F. GUICCIARDINI 

diffìcilmente si sarebbe immaginato, che potes- 
se essere, molte volte si trova ingannato. 

CXLI. 

Non si può chiamare infelice una città, che 
fiorita lungamente, viene a bassezza, perchè 
questo è il fine delle cose umane, nè si può 
imputare infelicità Tessere sottoposto a quella 
legge, che è comune a tutti gli altri; ma infeli- 
ci sono quei cittadini , ai quali ha dato la sor- 
te nascere più presto nella declinazione della 
sua patria, che nel tempo della sua buona for- 
tuna. 

CXLII. 

Quando nelle consulte sono pareri contrarj, 
se alcuno esce fuora con qualche partito di 
mezzo, quasi che sempre è approvato, non per- 
chè i partiti di mezzo, il più delle volte non 
sieno peggiori, ma perchè i contradittori ca- 
lano più volentieri a quello, che alTopenio- 
ne contraria, e anco gli altri, o per non di- 
spiacere, o per non essere capaci, si gettano 
a quello, che par loro che abbia manco di- 
sputa . 

CXL1II. 

Un Principe, che volesse torre il credito agli 
astrologi, che stampano i giudicj universal- 
mente, non avrebbe il più facil modo, che co- 
mandare, che quando si stampa il giudicio lo- 
ro, per Tanno futuro, fusse ristampato, eap- 


Digitized by Google 



i38 


AVVERTIMENTI 


piccato cou esso loro il giudicio dell’anno pas- 
sato, perchè gli uomini rileggendo in quello 
quanto poco si sieno apposti del passato, sareb- 
bono sforzati non prestar fede al futuro , ed a- 
vendosi dimenticato le bugie dell’anno passato, 
la curiosità naturale, che hanno gli uomini di 
sapere quel che ha da essere, gli inclina facil- 
mente a prestarli fede . 

CXLIV. 

Possono male gli uomini privati biasi mare 
o lodare molto le azioni de’Principi, non solo 
per non sapere le cose come stanno, e per es- 
ser gli interessi, e i loro fini incogniti; ma an- 
cora perchè la differenza è dall’avere avvezzo 
il cervello ad uso de’Principi, ad averlo avvez- 
zo ad uso de’privati, fa che, ancorché lo stato, 
e i fini delle cose, egli interessi f ussero all’uno 
noti come all’altro, le considerazioni però so- 
no molto diverse, e si discorrono le cose con 
diverso occhio, e si giudicano con diverso giu- 
dicio, ed in fine, l’uno le misura con diversa 
misura dall’altro. 

CXLV. 

Chi è richiesto da un’amico d’aiutar qual- 
che suo desiderio, e mostra le difficoltà, che 
sono in potergli far ottenere la cosa desiderata, 
ancora, ch’elle sieno vere, e che risponda vo- 
lerne fare ogni opera possibile, fa che colui il 
più delle volte comincia a credere, che non lo 


Digitized by Google 



1)1 F. GUICCIARDINI * 3 9 

voglia servire: il contrario intraviene a chi fa 
larghezza di speranza , e di facilità , perchè si 
acquista più colui , ancor che l’effetto non rie- 
sca : così si vede, che chi si governa con arte , 
o per dir meglio, con qualche avvertenza, è 
più grato, e più fa il fatto suo ; nè procede da 
altro, se non da essere la più parte degli uomi- 
ni ignoranti al mondo, che s’ingannano facil- 
mente in quello che desiderano. 



Digitlzed by Google 



APOLOGIA 

DI 

LORENZO DI PIER FRANCESCO 

DE’ MEDICI 


* 


Digitized by Google 



Digitized by Google 



LETTERA 

DI 

LQRENZO DI PIER FRANCESCO 
D E’ M E D I C I 

A 

FRANCESCO DI RAFFAELLO 

DE’ MEDICI 

SCRITTA 1)1 VENEZIA IL 5 FEBBRAIO l536. 


JJa poi che io mi partii di Firenze , io non ho 
mai scritto a persona, pensando (come in simili 
casi suole intravenire ) eh’ a certi sia paruto bene 
quello che ho fatto , ed a certi altri male ; però 
giudico che con quelli a quali ne paresse bene, 
non accadesse giustificarmi ; con quel, F altri mi 
par\>e tempo perduto : perchè non gH movendo 
il fatto, non potevo sparare di far frutto con le 
parole . Ma sapendo io quanto bene voi mi vo- 
lete , e quanto potete credere , che io ve ne vo- 
glia in qualunque modo la cosa vi sia referto , 
mi è parso di farvi intendere F animo mio , per- 
ché voi abbiate questo contento di sapere avere 
un amico , al quale non paja d’aver fatto nien- 
te, nè portato alcun pericolo, rispetto a quelli 
eli egli è pronto a portare in servizio della Pa - 


Digitized by Google 



LF.TT ER A 


144 

trìa, acciò che voi mi difendiate contro a quelli, 
ai quali, pare che io abbia fatto bene, ma mi 
sia governato male, e mi danno di poco animo, 
e di poco giudizio ; perchè se considereranno 
bene. , vedranno eh’ io non potevo far altro di 
quello eh’ ho fatto; perchè voi vi potrete imagi- 
nare, che dura cosa sia conferire con persona 
tali segreti ; ma di quelle diligenze, che io pote- 
vo usare, non mancai di nessuna ; cioè d’ inten- 
dere F animo di tutti quelli che mi parevano 
d’ importanza ( e che io tenevo certo , che non 
avéssino in tal caso a mancare alla Patria) mas- 
simamente allora che il Tiranno era vivo , e non 
potevo credere che morto avessino a mancare a 
loro medesimi. 

Di averlo , e non averlo fatto in tempo non mi 
par di parlarne, perchè queste son cose che biso- 
gna farle quando si può, e non quando si vuo- 
le, ancorché disputandola, le ragioni son per 
me; perchè il farlo innanzi o adesso, quando le 
cose di Cesare erano in fiore , e eh’ egli era in 
Italia, e tornava vincitore d’ Affrica , pareva il 
dare occasione a chi non voleva la libertà di 
volersi servire di questa paura, per coperta del 
suo mal animo : nel differire s' incorreva in pe- 
ricoli infiniti, o più tosto nella rovina manifesta 
della città, che sapete non si pensava ad altro 
che a por gravezze, e spendere senza profitto 
alcuno, e nell aver eletto altro tempo, che il 


Digitized by Google 



LETTE R A 


145 

Signore Alessandro Vitelli era fuora, mi pare 
aver data grand’ occasione a quei Cittadini di 
pigliare la superiorità della Città, e di poter 
pensare di disporre il prefato Signore per qual- 
che verso. Circa aW essermi fuggito, e il non 
aver chiamati i Cittadini, e V aver mancato di 
una certa diligenza dopo il fatto , scusimi quello 
eh’ è seguito dopo, che dimostra non solo che io 
non avrei giovato alla Patria in conto alcuno , 
ma vi averei messo la vita , la quale io riserbo 
pur salva per impiegarla un’altra volta in suo 
servizio, ancorché io avessi in animo di farlo ; 
ma il sangue , che mi usciva in quantità straor- 
dinaria da una mano, che mi era stata morsa , 
mi fece temere, che nel V andare attorno non si 
manifestasse quello, che bisognava tener segreto 
un pezzo, volendo far cosa buona : e così mi 
risolvetti et uscire fuori di Firenze, dove io non 
mancai di quelle diligenze , ch’io potetti; ma la 
mia mala sorte volse che il primo Messer Sal- 
vestro Jldobrandini a Bologna, eh' io scontrai, 
non mi credette, e così ebbi a perder tempo, e 
spingermi più innanzi per trovar chi mi credesse. 
Di poi me ne andai alla Mirandola per solleci- 
tare se niente si facesse , e con qualche pericolo 
mi messi a passare per luoghi sospetti, tenendo 
sempre ferma speranza, che la cosa non potesse 
cascare se non in piedi; perchè non mi pareva 
possibile , che dopo tanti mali non avessimo a 

Savori. so 


Digitized by Google 



LETTERA 


146 

pensare d'essere uniti, massime sapendo che i 
Capi tendevano a questo di vivere in modo che 
ognuno avesse il luogo suo ; e pareva, che spenta 
ogni sospezione di Tirannide, questo ne avesse 
da succedere facilmente ; e certo ne succedeva 
seji fosse avuto fede l’ uno ad altro , e pensato 
che gli uomini da bene vogliono prima che tutte 
le altre cose il bene della Patria loro , e non ri- 
cuoprono i loro appetiti con dire di far quello 
che fanno per non poter far meglio. Nondimeno 
io ho speranza, che un de’ meglio informati del 
vero s’ abbia da per se stesso a medicar que- 
st’ ulcere innanzi ch'egli incancherisca , e ch’egli 
abbi bisogno di più gagliardi rimedi ; che sapete, 
che medicine potenti nel levare il tristo, menono 
assai del buono ; tanto che io sto in dubbio se 
io desidero piuttosto il male , che la medicina ; 
atteso la miseria in che è ridotta codesta povera 
città , e il suo dominio . Ma con tutte queste cose 
io non mi doglio della mia sorte, parendomi 
aver mostro al Mondo, qualsia la mia fede, e 
alla mia P.atria in qualche modo satisfatto , e 
non mi pare over fatto troppa perdita sendo 
privo d’una Patria dove si tiene sì poco conto 
della ' Libertà ; avendo pure questa salivazione 
di sapere eh' ella non possa esser sottoposta più 
a Tiranno . S io avessi pensato, che questa let- 
tera vi fisse per dar carico alcuno*, vi potete 
tener per certo , che io non ve l’ averei scritta» 


Digitized by Google 



L FTTER A 


147 

ma non mi pare intendere , che noi siamo in sì 
tristo termine che non si possa parlare ; imperò 
letta che V avere te, ardendola sarete sicuro ch’el- 
la non vi possa nuocere ; perchè ella averà fatto 
il corso suo ogni volta che , sfogandomi , io vi 
abbia mostro quella fede eh’ io ho in voi , aven- 
do per certo che in questo grado, che io sono , 
voi non abbiate a mancare alt onor mio; anzi 
mi abbiate a difendere dovunque sarà di biso- 
gno, facendo larga fede delV animo mio ( quale 
credo eh’ abbiate conosciuto prima che adesso) 
tale è stata V amicizia nostra: e senz altro dirvi 
darò qui fine; certificandovi che in ogni evento 
voglio esser vostro, come fin qui sono stato, e a 
voi, e a vostro padre mi raccomando . 


Di Venezia li 5 Febbrajo 1 536 . 



Digitized by Google 



APOLOGIA 

DI 

LORENZO DI PIER FRANCESCO 

DE’ MEDICI 

SOPRA LA NASCITA, E MORTE 
D’ ALESSANDRO DE’ MEDICI 

PRIMO DUCA DI FIRENZE 

Se io avessi a giustificare le mie azioni appresso 
di coloro, i quali non sanno che cosa sia Liber- 
tà, o Tirannide, io m’ingegnerei di dimostrare, 
e provare con ragioni , che molte sono, che gli 
uomini non debbono desiderare cosa più del vi- 
ver politico, e in libertà per conseguenza, tro- 
vandosi la polizia più rara, e manco durabile in 
ogni altra sorte di Governo , che nelle Repub- 
bliche; e dimostrerei ancora, com’ essendo la 
Tirannide totalmente contraria al viver politico, 
che debbono parimente odiarla sopra tutte le 
cose: e com’egli è stato prevaluto, oltre questa 
opinione, che quelli, che hanno liberata la loro 
Patria dalla Tirannide, sono stati reputati degni 
de’ secondi onori dopo gli Edificatori di quel, 
la. Ma avendo a parlare a chi sa, e per ragione, 
e per pratica, che la Libertà è bene, e la Ti- 
rannide è male, presupponendo questo univer- 
sale, parlerò particolarmente della mia azione, 


Digitized by Google 



l5o APOLOGIA. 

non per domandarne premio o lode , ma per 
dimostrare che non solamente io ho fatto quel- 
lo, a che è obbligato ogni buon cittadino, ma 
che io averei mancato ed alla Patria, ed a me 
medesimo, se io non l’avessi fatto. 

E per cominciarmi dalle cose più note, io 
dico che non è alcuno, che dubiti, che il Duca 
Alessandro (che si chiamava de’ Medici), non 
fusse Tiranno della nostra Patria, se già non 
son quelli, che per favorirlo, e per tener la par- 
te sua ne diyenivan ricchi, i quali non pote- 
van però essere tanto ignoranti, nè tanto acce- 
cati dall'utilità, che non conoscessero ch’egli 
era Tiranno. Ma perchè ne tornava a lor bene 
particolare, curandosi poco del Pubblico, se' 
guitavano quella fortuna; i quali in vero era. 
no uomini di poca qualità, ed in poco numero, 
tal che non possono in alcun modo contrapesa, 
re al resto del Mondo, che lo reputava Tiran- 
no, nè alla verità: perch’ essendo la città di Fi- 
renze per antica possessione del suo popolo, 
ne seguila, che tutti quelli, che la comandano, 
che non sono eletti dal popolo per comandar- 
la, sien Tiranni, come ha fatto la Casa de’Me- 
dici, la quale ha ottenuto la superiorità della 
nostra Città per molti anni cou consenso, epar- 
ticipazione della minima parte del popolo: uè 
con tutto questo ebbe ella mai autorità, se non 
limitata, insino a tanto che dopo molte alterazio- 


Digitized by Google 



APOLOGIA 1 5 r 

ni e mutazioni di Governi venne Papa Clemente 
VII. con quella violenza, che sa tutto il mondo, 
per privare di libertà la Patria sua, e farne que- 
sto Alessandro Padrone; il quale giunto che fu 
in Firenze, perchè non si avesse a dubitare s’egli 
era Tiranno, levata via ogni civiltà, e ogni reli- 
quia, e nome di Repubblica, e come se fusse ne- 
cessario per esser Tiranno non esser men’ em- 
pio di Nerone, nè meno odiatore degli uomi- 
ni , e lussurioso di Caligola, nè meno crudele 
di Falari , cercò di superare la sceleratezza di 
tutti; perchè oltre alle crudeltà usate ne’citla- 
dini, che non furono punto inferiori alle loro, 
e’ superò (nel far morire' la Madre) l’empietà di 
Nerone, perchè Nerone lo fece per timore del- 
lo stato, e della vita sua, e per prevenire quel- 
lo, che dubitava che fusse fatto a lui ; ma Ales- 
sandro commesse tale sceleratezza solo per mera 
crudeltà, e inumanità, come io dirò appresso. 
Nè fu punto inferiore a Caligola col vilipendere, 
beffare, e straziare i cittadini con gli adulterii, 
e con le violenze, con parole villane, e con 
minacce (che sono a gli uomini, che stiman 
l’onore, più dure a sopportare che la morte, 
con la quale al fine gli perseguitava). Superò la 
crudeltà di Falari di gran lunga , perchè dove 
Falari punì con giusta pena Perillo della cru- 
dele invenzione per tormentare, e far morire 
gli uomini miseramente nel Toro di Bronzo, si 


Digitized by Google 



APOLOGIA. 


i5a 

può pensare, che Alessandro l’avrebbe premia- 
to, se fosse stato al suo tempo, poiché egli me- 
desimo escogitava nuove sorti di tormenti, e di 
morti, come, murare gli uomini vivi in luoghi 
cosi angusti , che non si potessero nè voltare, 
nè mutare, ma si potevan dire murati insie- 
me con le pietre, e co’ mattoni , e in tale stato 
gli faceva nutrire miseramente e allungare l’in- 
felicità loro più ch’era possibile, non si saziando 
quel mostro con la morte semplice de’suoi citta- 
dini; talché isett'anni, ch’egli visse nel princi- 
pato, e per libidine, e per avarizia, e crudeltà e 
per empietà siposson comparare con sett’ altri 
di Nerone^ di Caligola, e di Falari, sciegliendoli 
per tutta la vita loro i più scelerati,a proporzio- 
ne però della città, e dell’ imperio, perchè si tro- 
verà in sì poco tempo essere stati cacciati dalla 
Patria loro tanti cittadini, e perseguitati e morti 
poi moltissimi in esilio, tanti essere stali decapi- 
tati senza processo, e senza causa, e solamente 
per vani sospetti, e per parole di nessuna impor- 
tanza , altri essere stati avvelenati, e morti di sua 
mano propria, o de’suoi satelliti , solamente per 
non avere a vergognarsi da certi , che l' avevano 
veduto nella fortuna, in ch’egli era nato, e al- 
levato; e si troveranno inoltre essere state fatte 
tante estorsióni, e prede, essere stati commessi 
tanti adulterii, e usate tante violenze, non so- 
lo nelle cose profane , ma nelle sacre ancora , 


Digitized by Google 



APOLOGIA. 


1 53 

ch’egli apparirà difficile a giudicare chi sia sta- 
to più, o scelerato, ed empio il Tiranno, o pa- 
ziente, e vile il popolo Fiorentino, avendo sop- 
portato tanti anni così gravi calamità, essendo 
all’ora massime più certo il pericolo nello star- 
si , che nel mettersi con qualche speranza a li- 
berar la patria, e assicurar la vita loro perl’avve- 
nire. Però quelli che si pensassero, che Alessan- 
dro non si dovesse chiamar Tiranno, per essere 
stato messo in Firenze dall’ Imperatore , qual’ è 
opinione che abbia autorità d’investire negli sta- 
ti chi gli pare, s’ingannano, perchè quando l’Im- 
peratore abbia cotesta autorità , egli non l’ha 
da fare senza giusta causa, e nel particolare di 
Firenze egli non lo poteva fare in nessun mo- 
do, essendosi ne’ Capitoli, ch’ei fece col popo- 
lo Fiorentino alla fine dell’assedio del i53o, e- 
spressamente dichiarato eh’ e’ non potesse met- 
tere quella Città sotto la servitù de’Medici; ol- 
tre che quando ben l’Imperatore avesse avuto 
autorità di farlo, e l’avesse fatto con tutte le ra- 
gioni, e giustificazioni del Mondo, tal ch’ei fusse 
stato più legittimo Prencipe che non è il Re 
di Francia, la su^vita dissoluta, la sua avarizia, 
e la sua crudeltà l’averebbono fatto Tiranno : il 
che si può manifestamente conoscere per l’e- 
sempio di Jerone, e di Jeronimo Siracusani; 
dei quali l’uno fu chiamato Re, e l’altro Tiran- 
no ; perchè essendo Jerone di quella santità di 


Digitized by Google 



APOLOGIA 


1 54 

vita, che testificano tutti gli scrittori, fu ama- 
to, mentre visse, e desiderato dopo la morte 
sua da’ suoi cittadini, ma Jeronimo suo figliuo- 
lo, che poteva parere più confermato nello sta- 
to, e più legittimo mediante la sua successione, 
fu per la sua trista vita così odiato da’medcsimi 
cittadini, ch’egli visse, e morì da Tiranno; e 
quelli che l’ammazzarono furono lodati, e ce- 
lebrati, dove, s’eglino avessino morto il padre , 
sarebbono stati biasimati, e riputati parricidi ; 
sì che i costumi son quelli, che fanno divenire 
i Principi tiranni contro a tutte l’investiture, 
tutte le ragioni, e successioni del Mondo. Ma 
per non consumar più parole in provar quello, 
ch’è più chiaro del sole, vengo a risponder a 
quelli, che dicono, ancorché egli fusse Tiran- 
no, che io non lo dovevo ammazzare, essendo 
io suo servitore, e del sangue suo , e fidandosi 
egli di me: i quali non vorrei, che portassino 
altra pena dell’invidia, e malignità loro, se non 
che Dio gli facesse parenti, servidori, e confi- 
denti del Tiranno della loro Patria , se non è 
cosa troppo empia desiderare tanto m ale ad u- 
na Città per colpa di pochi } poiché cercano 
di oscurare la buona intenzione con queste ca- 
lunnie, che quando le fussino vere, non avreb- 
bono esse forza alcuna di farlo , e tanto più , 
che io sostengo, che io non fui mai servitore 
di Alessandro, nè lui era del sangue mio, o 


Digitized by Google 



A P O I.OG I A 


1 55 

mio parente, e proverò, che ei non si fidò mai 
di me volontariamente. In due modi si può di- 
re , che uno sia servo o servitore di un altro, 
o pigliando da lui premio per servirlo, e per 
essergli fedele, o essendo suo schiavo, perchè i 
sudditi ordinariamente non son compresi sotto 
questo nome di servo, e di servitore. Che io 
non fussi schiavo di Alessandro è chiarissimo, 
si come è chiaro ancora (a chi si cura di saper- 
lo) che io, non solo non ricevevo premio, o 
stipendio alcuno , ma che io pagavo a lui la 
mia parte delle gravezze, come gli altri cittadi- 
ni, e s’egli credeva, che io fussi suo suddito, 
o vassallo, pepch’egli poteva più di me , e’ do- 
vette conoscere eh* ei s’ ingannava quando noi 
fummo del pari, sì che io non fui mai, nè po- 
tevo esser chiamato suo servitore. Ch’egli non 
fusse della casa de’Medici, e mio parente, è ma- 
nifesto, perchè egli era nato di una donna d’in- 
fimo, e di vilissimo stato, da Colle Vecchio, in 
quel di Roma, che serviva in casa il Duca Lo- 
renzo agli ultimi servizi della casa, ed era mari- 
tata a un vetturale, e intìn qui è manifestissimo. 
Dubitasi, se il Duca Lorenzo in quel tempo, 
ch’egli era Fuoruscito, ebbe a fare con questa 
serva , e s’ egli accadde , accadde non più duna 
volta; ma chi è cosi imperito del consenso de- 
gli uomini, e della legge, ch’ei non sappia, 
che quando una donna ha marito, e ch’ei sia 


Digitized by Google 


1 56 


A. P 0 L'O G I A. 


dove lei, aucorch'ella sia trista, e ch’ella espon . 
ga il corpo suo alla libidine di ogn’uno, che 
tutti i figliuoli ch’ella fa , son sempre giudicati, 
e sono del marito? perchè le leggi vogliono con- 
servar l’onestà quanto si può. Se adunque que- 
sta serva (a) da Colle vecchio ( della quale non 
si sa per la sua nobiltà nè nome, nè cognome) 
era maritata a un vetturale, e questo è manife- 
sto e noto a tutto il mondo, Alessandro, secon- 
do le leggi umane e divine, era figliuolo di 
quel vetturale, e non del duca Lorenzo; tanto 
ch’egli non aveva meco altro interesse, se non 
ch’egli era figliuolo di un vetturale della casa 
de’Medici . Ch’egli non si fidasse*di me, lo pro- 
vo, perch’egli non volle mai acconsentire, che 
io portassi armi, ma mi tenne sempre disarma- 
to, come faceva gli altri cittadini, i quali egli 
avea tutti sospetti. Oltre a questo egli mai si fidò 
meco solo, ancor che io fussi sempre senz’armi, 
ed egli armato, che del continuo aveva seco 
tre o quattro de’suoi satelliti ; nè quella notte , 
che fu l’ultima, si sarebbe fidato, se non fusse 
stata la sfrenata sua libidine, che l’accecò, e lo 
fece mutare contro a sua voglia proposito. Ma 
come poteva egli essere, ch’egli si fidasse di 
me, se non si fidò mai d’uomo del mondo? 
perchè non amò mai persona ; e ordinariamen- 
te gli uomini non si posson fidare, se non di 
quelli, che amano . E ch’egli non amasse mai 

(i ) Vedi 1* Nota in fine. 


.Digitized by Google 



APOLOGIA 


1S7 

persona, anzi ch’egli odiasse ogn’uno, si cono- 
sce, poi ch’egli odiò, e perseguitò con veleni , 
e insino alla morte le cose sue più propinque, 
che gli dovevano esser più care, cioè la Madre, 
ed il Cardinale Ippolito de’ Medici, ch’era ripu- 
tato suo Cugino. Io non vorrei, che la grandezza 
delle scelleratezze vi facesse pensare, che queste 
cose fussono finte da me per darli carico , perchè 
io son tanto lontano dall’averle finte, che io le 
dico più semplicemente, che io posso, per non 
le fare più incredibili di quello ch’elle sono per 
lor natura . Ma di questo ci sono infiniti testi- 
monii, infinite examine, la fama freschissima, 
d’onde si sa per certo, che questo mostro, que- 
sto portento, fece avvelenare la propria Madre, 
non per altra causa, se non perché vivendo el- 
la, faceva testimonianza della sua ignobiltà; 
perchè, ancorché fusse stato molti anni in gran- 
dezza, egli l’aveva lasciata nella sua povertà, e 
nei suoi esercizi a lavorar la terra sin tanto, che 
quei cittadini, che avevan fuggita dalla nostra 
città la crudeltà , e l’avarizia del Tiranno insieme 
con quelli, che da lui n’erano stati cacciati, vol- 
sero menare all’Imperatore a Napoli questa sua 
Madre per mostrare a sua Maestà d’ ond’ era, 
nato colui, il quale ei comportava , che coman- 
dasse a Firenze. Allora Alessandro non scorda- 
tosi per la vergogna della pietà, e dell’ amor 
della Madre (quale lui non ebbe mai) ma per 


Digitized by Google 



APOLOGf A 


I 58 

una sua innata crudeltà, e ferità, commesse, che 
sua madre fusse morta avanti, ch’ella andasse 
alla presenza di Cesare, il che quanto li fosse 
difficile, si può considerare , immaginandosi 
una povera vecchia, che stava a filar la lana, e a 
pascer le pecore: e s’ella non sperava più ben 
nessuno dal suo figliuolo, almeno la non teme- 
va cosaj sì inumana, e sì orrenda , e se ei non 
fusse stato , oltre al più crudele e il pi ù insensa- 
to uomo del Mondo, ei poteva pure condurla in 
qualche luogo segretamente, dove se non l’a- 
vesse voluta tener da madre, la poteva tener 
almanco viva, e non voler all’ ignobiltà sua 
aggiugnere tanto vituperio, e così nefanda sce- 
leratezza. E per tornar al proposito io conclu- 
do, che, poiché lui non amò nè sua madre, nè 
il Cardinale de’Medici, nè alcuno altro di quel- 
li, che gli erano più congiunti, egli non amò 
mai alcuno; e perchè,' come io ho detto, non ci * 
possiamo noi fidare di quelli, che non amia- 
mo, io non fui mai suo servitore, nè parente, 
nè egli mai si fidò di me. Ma e’ mi par bene, 
che quelli, che per esser male informati, o per 
qualch’ altro rispetto, dicono ch’io ho errato ad 
ammazzare Alessandro , allegandone le soprad- 
dette ragioni; mostrino esser molto manco in- 
formati delle leggi ordinate contro a Tiranni , 
e delle azioni lodate fra gli uomini, che hanno 
morto infìno i proprj fratelli per la libertà del 




Digitfeed by Googl 


APOLOGIA 


i5 9 

la patria : perchè se le leggi non solo permet- 
tono , ma astringono il figliuolo ad accusare il 
padre "in caso che ei cerchi di occupare la Ti- 
rannide della sua Patria , non ero io tanto più 
obbligato a cercar di liberare la Patria già ser- 
va con la morte di uno, che quando fusse sta- 
to di casa mia ( che non era) a loro modo sa- 
rebbe stato bastardo , e lontano 5, o 6 gradi da 
me? E se Timoleone si trovò ad ammazzare 
il proprio fratello per liberar la Patria, e ne fu 
tanto lodato , e celebrato, che ne è ancora, per- 
chè averanno questi malevoli autorità di biasi- 
marmi? Ma quanto all’ammazzane unoche si fidi 
( il che io non dico di aver fatto) dico bene, che 
se io l’avessi fatto in questo caso, io non avrei 
errato, e se io non l’avessi potuto fare altrimenti, 
l’avrei fatto. Io domando a questi tali, se la loro 
Patria fusse oppressa da un Tiranno, se lo chia- 
merebbono prima a combattere, o, se gli fareb- 
bono prima intendere, che lo volessino amazza- 
re, o se eglino anderebbono deliberati per am- 
mazzarlo, sapendo di aver ancor loro a morire, 
o vero, se cercherebbono di ammazzarlo per 
tutte le vie, e con tutti gli inganni, e con tutti 
li strattagemmi, purch’egli restasse morto, e 
loro vivi? Quanto a me, io penso, che non pi- 
gliarebbono briga di ammazzarlo nell’un modo, 
e nell’altro, nè si può credere altrimenti; 
poiché biasimano, chi ha preso quel modo. 


Digitized by Google 



l6o APOLOGIA 

ch’era più da pigliare. Se questo consenso, e 
questa legge, che è fra gli uomini santissima , 
di non ingannare chi si fida, fusse levata via, 
io credo certo eh’ e’ sarebbe peggio essere uo- 
mo, che bestia, perchè gli uomini manchereb- 
bono principalmente della fede, dell’amicizia, 
del consorzio, e della maggior parte delle qua- 
lità, che ci fanno superiori agli animali bruti , 
essendo nel resto una parte di loro e di più for- 
ze di noi, e di più vita, e manco sottoposta ai 
casi, e alle necessità umane. Ma non per questo 
vuole la conseguenza , che questa fede, e que- 
sta amicizia si abbia da osservare ancora con i 
Tiranni , perchè siccom e loro pervertono , e 
confondono tutte le leggi, e tutti i buoni co- 
stumi, così gli uomini sono obbligati contro 
tutte le leggi, e tutte l’usanze a cercar di levar- 
gli di terra, e quanto prima lo fanno, tanto più 
sono da lodare . Certo sarebbe una buona leg- 
ge per i Tiranni questa che vorrebbesi intro- 
durre, ma cattiva per il Mondo , che nessuno 
debba offendere il Tiranno di quelli in cui egli 
si fida, perchè fidandosi egli di ogni uno, non 
potrebbe per vigore di questa vostra legge es- 
ser offeso da persona, e non avrebbe bisogno di 
guardie, o fortezze; sì che io] concludo, che i 
Tiranni in qualunque modo e’ si ammazzino, e 
si spenghino, siano ben morti . Io vengo ora a 
rispondere a quelli , che non dicono già , che 


Digitized by Google 



APOLOGIA 


l6f 

io facesse errore ad ammazzare Alessandro, ma 
che io errai bene nel modo del procedere dop- 
po la morte; ai quali mi sarà un poco più diffi- 
cile il rispondere, che agli altri; perchè l’even- 
to pare che accompagni la loro opinione; dal 
quale loro si muovono totalmente senza avere' 
alcun’altra considerazione, ancorché gli uomi- 
ni savj sieno così alieni dal giudicare le cose 
dagli eventi, ch’eglino usino lodare le buone, 
e savie operazioni, ancor che l’effetto sortisca 
tristo e biasimevole; le triste ancorché lo sorti- 
scano buono. Io voglio oltre a questo dimo- 
strare, che io non potevo fare più di quello 
che io feci ; ma ancor se io tentava altro , che 
e’ ne resultava danno alla causa , ed a me bia- 
simo. Dico dunque che il fine mio era di libe- 
rare Firenze, e l’ammazzare Alessandro era il 
mezzo. Ma perchè io conoscevo, che questa era 
un’impresa, la quale io non potevo condur so- 
lo, e comunicarlo non volevo per il pericolo 
manifesto, che si corre in allargare cose simili, 
e non tanto nella vita , quanto del non le pote- 
re condurre a fine; io mi risolvetti a far da me 
fin che io potevo fare senza compagnia, e quan- 
do io non potevo far più cosa alcuna da me, 
allora allargarmi, e domandare ajuto; il qual 
consiglio mi successe felicemente fino alla mor- 
te d’Alessandro, che insino all’ora io stavo suf- 
ficiente a far quanto bisognava ; ma d’ allora 

Sa ton. 1 1 


Digitized by Google 



in qua cominciai ad aver bisogno d’ajuto, per- 
chè io mi trovavo solo senz’amici, e confidenti, 
e non avevo altra arme che quella spada, con 
con che io l’ avevo morto . 

Bisognandomi dunque domandar ajuto, io 
non potevo più couvenientemente sperare in 
quelli di fuora,che in quelli di Firenze; avendo 
visto con quanto ardore, e con quanto animo 
loro, cercavano di riavere la loro libertà, e per 
contrario con quanta pazienza, e viltà quelli, 
eh’ erano in Firenze, sopportavono la servitù; 
e sapendo, che gli erano parte di quelli, che 
nel MDXXX. si erano trovati a difendere così 
virtuosamente la loro libertà , e che il resto e- 
rano fuorusciti volontarii , d’ onde si poteva 
sperare più in quelli, che in quelli di dentro ; 
poiché quelli vivevano sotto la Tirannide, e 
questi volevano esser più tosto ribelli, che 
servi; sapendo ancora, che i fuorusciti erano ar- 
mati, e quei di dentro disarmatissimi ; in oltre 
tenendo per certo, che quei di fuora volessero 
tutti unitamente la libertà, e sapendo, che in 
Firenze vi erano mescolati di quelli, che vole- 
vano anco la Tirannide, il che si vedde, vale il 
giudicare degli eventi, che in tutta quella città 
in tanta occasione non fu chi si portasse, non 
dico da buon cittadino, ma da uomo, fuor 
che due o tre: e questi tali che mi biasimano , 
par che cerchino da me eh’ io aveva ad andar 


Digitlzed by Google 



APOLOGIA 


l63 


convocando per la città il popolo alla libertà, e 
mostrar loro il Tiranno morto; e vogliono, che 
le parole avessero mosso quel popolo , il quale 
conoscono non essere stato mosso da’ fatti. Io 
avevo dunque a levarmi in spalla quel corpo 
morto a uso di facchino , e andar gridando per 
Firenze come pazzo? Dico solo, che Piero mio 
servitore, che neH’aiutarmelo ammazzare si era 
portato così animosamente , doppo il fatto, e 
poich’egli ebbe agio a pensare al pericolo, che 
egli avea corso , e che ancora li poteva correre, 
era tanto avvilito , che di lui non potevo dise- 
gnare cosa alcuna. E non avevo io a pensare, 
sendo nel mezzo della Guardia del Tiranno, e 
si può dire nella medesima casa, dove erano 
tutti i suoi servitori , che essendo la notte per 
sorte un lume di luna splendidissimo d’aver a 
essere oppresso, e morto prima che io avessi fat- 
to tre passi fuor della porta? E se io gli avessi le- 
vata la testa, che quella si poteva celar sotto un 
mantello, dove avevo io a indrizzarmi, essendo 
solo e non conoscendo in Firenze alcuno, che 
io confidassi, chi mi averebbe creduto? perchè 
una testa tagliata si trasfigura tanto, che ag- 
giunto il sospetto ordinario, che hanno gli uo- 
mini di essere tentati o ingannati, e massime 
da me, che ero tenuto di mente contraria a 
quella ch’avevo io, potevo pensare di trovar 
uno, che mi ammazzasse, che uno credesse, 


Digitized by Google 



APOLOGIA 


l64 

che la morte mia in quel caso importava assai , 
che qverebbe data reputazione alla parte con- 
traria, e a quelli che volevano la Tirannide, 
potendo parere, che, io morto, fusse in parte la 
morte d’Alessandro vendicata ; e cosi proceden- 
do per quel verso, io potevo più nocere alia 
causa, che giovare. Però io fui di tanto contra- 
ria opinione a quella di costoro, che io in vece 
di pubblicare la morte d’Alessandro, cercai di 
occultarla, e più eh' io potetti in quell’ instan- 
te, e portai meco la chiave di quella stanza do- 
v’egli era rimasto morto, come quello che ave- 
rei voluto, se fusse stato possibile, che in un 
medesimo tempo si fusse scoperto e che il Ti- 
ranno era morto, e inteso che i fuorusciti s’e- 
rano mossi per venire a recuperare la libertà; e 
da me non restò che cosi non fusse . Certi altri 
dicono, ch’io dovevo chiamare la Guardia del 
Tiranno, e mostrarglielo morto, e domandar 
loro che mi conservassero in quello stato come 
successore, e in somma darmi loro in preda; 
e di poi quando le cose fussero state in mio po- 
tere , che io avesse restituita la Repubblica, co- 
me si conveniva. Questi, che la discorrono per 
questo verso , almanco conoscono che nel po- 
polo non era da confidare in conto alcuno; ma 
e' non conoscono già che se quei soldati in quei 
primi moti, o per il dolore di veder li morto 
il loro Signore, avessero morto me, come è veri- 


Digitized by Google 



A t> 0 T O C. T A 


1 65 

simile cbe l’avessero fatto, che io averei per- 
so insieme la vita, e l’onore; perchè ognuno 
averebbe creduto che io avesse voluto far Ti- 
ranno me, e non liberare la Patria; pel qual 
concetto, così come io sono stato sempre alie- 
nissimo nel mio pensiero, così mi sono inge- 
gnato di tenere lontani i pensieri degli altri . 

Sì che nell’un modo, io averei nociuto alla 
causa, neH’àltro alFonormio. Ma io confesso 
facilmente d’avere errato non avendo preso un 
di questi, o simili partiti, se io non avessi à- 
vuto da sperare, che i fuorusciti non avessero 
meco a finir l’opera , che io avevo cominciato; 
perchè io avendoli visti così frescamente a Na- 
poli venire cou tanta reputazione, e con tanto 
animo, e così mutamente perla loro libertà in 
presenza del Tiranno ch’era non solo vivo, ma 
genero dell’Imperatore, a chi e’ la domandava- 
no; or non avevo io a tener per certo, che da 
poi ch’egli era morto, e che l’Imperatore era 
in Spagna e non a Napoli, che gli avessero a 
raddoppiare, eia potenza, e Fanimo , ch’io a- 
vevo visto in loro, e che dovessero venire a ri- 
pigliar la libertà? Certo e’ mi parebbe essere 
stato maligno s’io non avessi sperato questo 
da loro, e temerario s’io non avessi preso que- 
sto partito prima eh’ alcun altro, lo confesso, 
che non mi venne mai in considerazione, che 
Cosimo de’ Medici dovesse succedere ad Ales- 


Digìtized by Google 



\ 

l66 APOLOGIA 

sandro, ma quando l’avessi pensato, e creduto 
io non mi sarei governato altrimenti doppo la 
morte del Tiranno, che come io feci; perchè io 
non mi sarei mai immaginato, che gli uomini, 
che noi reputiamo savj dovessero preporre alla 
vera presente, e certa gloria la fortuna incerta, 
e trista ambizione. Egli è altrettanta differen- 
za dal discorrere le cose a farle, quanta n’è dal 
discorrere le cose doppo il fatto; però quelli 
che discorrono ora cosi facilmente quello che 

10 doveva fare allora, se si fussero trovati sul 
fatto avrebbero un po’ meglio considerato quan- 
to era impossibile sollevare un popolo sbigot- 
tito, ed avvilito, battuto, disarmato, e diviso 
che si trovava in corpo una Guardia , e in capo 
una Fortezza, che gli era di tanto maggiore spa- 
vento, quanto la cosa era più nuova, ed inso- 
lita a Firenze; e tanto più che era a me diffici- 
le, eh’ oltre al portare il nome de’ Medici , era 
in concetto d’amatore della Tirannide. E così 
quelli, che discorrono le cose doppo il fatto, e 
veggono che le son mal successe, se mi avesse- 
ro avuto a consigliar allora quando avesse- 
ro visto da un lato tanta difficultà, dall’altro i 
fuorusciti con tanta reputazione, in tanto nu- • 
mero, così ricchi, così uniti per la libertà, co- 
me tutto il mondo credeva, e che non avessero 
ostacolo alcuno al tornare in Firenze , poiché 

11 Tiranno era levato via ; io credo che sareb- 


Digitized by Google 



APOLOGIA. 


1G7 

bono stati di contraria opinione a quella che 
sono ora. Ed in somma la cosa si riduce qui, 
che dove volevano , che io solo e disarmato an- 
dasse svegliando , e convocando il* popolo alla 
libertà, e che io m’opponessi a quelli, eh’ era- 
no di contraria opinione, il che era impossi- 
bile, io lo volevo fare in compagnia de’ fuoru- 
sciti, e col favore degli uomini del Dominio, 
quali io sapevo che erano la maggior parte per 
noi ; e se noi fussimo tornati alla volta di Fi- 
renze con quelle celerità , e resoluzioni , che 
si ricercava , noi non trovavamo fattoci contro 
provedimento alcuno ; nè l’elezione di Cosimo, 
ch’era così malfondata, e così fresca, ci poteva 
impedire, o nuocere. Se adunque io-gvessi trova- 
to i fqprusciti di queU'animo, e di quella pron- 
tezza, che ei dovevano essere, e che era però la 
maggior parte di loro, ma quelli che potevano 
manco, quando e’non avessero avuto altre qua- 
lità, che essere fuorusciti, nessuno negherà che 
la cosa non fusse successa appunto com’io m’e- 
ro immaginato, e che si può provare con molte 
ragioni , che per non essere troppo lungo si la- 
sciano; e per il caso di Monte Murlo, perchè 
doppo molti mesi eh’ e’ dovevono , e dapoichè 
gli avevono lasciato acquistare agli avversarj 
oltre alle forze tanta reputazione quanta loro 
ne avevono perduta , succedev’ egli di liberar 
Firenze, seia malignità, e l’inetta ambizione 


Digitized by Google 



l68 APOLOGIA 

«li pochi non avesse data agli avversarj quella 
vittoria, che lor medesimi non sperava n mai , 
i quali quando si veddero vincitori non potc- 
vono ancor credere d’aver vinto, tanto che i 
fuorusciti persero un’impresa, che da ogni uo- 
mo era giudicato che non si potesse perdere. 
Però chi non vorrà di nuovo giudicare secondo 
gli eventi, conoscerà che essi allora avrebbe- 
ro messo Firenze in libertà , se si fussero lascia- 
ti governare; e tanto più era la cosa certa, se 
doppo la morte d’Alessandro immediatamente 
avessin fatto la metà dello sforzo, che feciono 
allora, e che non feciono quando e’ dovevano, 
perchè ei non volsono; eh’ altra ragione non 
se ne può allegare . Ancora voglio confessare a 
questi tali d’ essermi mal governato doppo la 
morte d’Alessandro se loro confessano a me di 
aver fatto questo medesimo giudizio, in quello 
istante, ch’eglino intesero ch’io l’avevo morto, 
e che io ero salvo; ma se fecero allora giudizio 
in contrario, e se parve loro che io avessi fat- 
to assai ad ammazzarlo, e salvarmi , e se giudi- . 
carono subito, essendo usciti fuori tanti citta- 
dini così potenti, e di tanta reputazione, che 
Firenze avesse riavuta la libertà, io non vo- 
glio contendere ora , che si ridino , nè che 
pensino ch’io mi partissi di Firenze per po- 
co animo, e per soperchio desiderio di vive- 
re ; conciossiachè mi stimerebbono di trop- 


Digìtized by Google 



APOLOGIA 


*Gc) 

po poco giudizio, se volessero ehe io avesse in- 
dugiato infino all’ora, perchè quel che io trat- 
tavo, si trattava con pericolo; ma se considere- 
remo tutto, e’ conosceranno, ch’io non pensa- 
vo mai alla salute mia più di quello eh’ è ragio- 
nevole pensarvi, e s’ io me n’andai poi a Co- 
stantinopoli, io lo feci quand’io veddi le cose 
non solo andate a mal cammino, ma disperate; 
e se la mala fortuna non m’avesse perseguitato 
in fin là, forse quel viaggio non sarebbe riusci- 
to vario . Per tutte queste ragioni io posso più 
presto vantarmi d’aver liberato Firenze, aven- 
dola lasciata senza Tiranno, che non possono 
dir loro che io abbia mancato in conto alcuno; 
perchè non solo io ho morto il Tiranno, ma 
son andato io medesimo ad esortare e solleci- 
tare quelli che io sapevo che potevano, e pen- 
savo, che volessino far più degli altri per la li- 
bertà della Patria loro . E che colpa dunque è 
la mia s'io non gli ho trovati di quella prontez- 
za e di quell’ardore, che avevano ad essere? 
O che più ne poss’io? Guardino in quello che 
ho potuto fare senza l’aiuto d’altri, se io ho 
mancato ; nel resto non domandate dagli uomi- 
ni se non quello eh’ e’ possono, e tenete per 
certo che se mi fusse stato possibile fare, che 
tutti i cittadini di Firenze fussero di quell’ani- 
mo verso la Patria, che doverebbono, che co- 
sì com’io non ebbi rispetto per levar via il Ti- 


Digìtized by Google 



APOLOGIA. 


I70 

ranno, ch’era il mezzo per conseguire il fine 
propostomi, mettere a manifesto pericolo la 
vita mia, e lasciare in abbandono mia madre, 
mio fratello, e le mie cose più care , e mettere 
tutta la mia casa in quella rovina, ch’ella si 
trova al presente, che per il fine istesso non 
mi sarebbe parso tanta fatica spargere il pro- 
prio sangue, e quello de’ miei insieme; essen- 
do certo che nè loro nè io avessimo potuto fi- 
nire la vita nostra più gloriosamente, che in 
servizio della Patria . 



Digitizedby Google 



INDICE 


Avvertimento Pag» 1 

Illustrazione delT Effigie del Savonarola . . v 

Notizie della sua Vita . . . 

Trattato del Governo 1 

Discorso a Carlo Vili. 69 

Discorso di Francesco Guicciardini a Cle- 
mente VII. 77 

Avvertimenti Civili dello stesso &9 

Lettera di Lorenzo di Pier Francesco dei 
Medici a Francesco di Rafaello de’ Me- 
dici *43 

Apologia dello stesso sulla nascila e morte 

del Duca Alessandro *49 


Digitized by Google 



Digitized by Google 



Digitized by Google