ffl
. IMI
HH
HHHMR
BALLETTINO
&3E®IH!®IL®(&a®® HAVGUL&VAItO
D i L L r T T I \ 0 ARCHEOLOGICO WPOLITWO
NUOVA SERIE
PUBBLICATO PER CURA
DI GIULIO MINERVINI
ACCADEMICO ERCOLANESE
SEGRETARIO PERPETUO DELL' ACCADEMIA PONTANIANA ; SOCIO DI ONORE DELLA REALE ACCADEMIA
DI ARCHEOLOGIA DI MADRID ; CORRISPONDENTE DELL' ISTITUTO DI FRANCIA , ACCADEMIA DELLE
ISCRIZIONI E BELLE LETTERE ; DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE , E DELLA SOCIETÀ AR-
CHEOLOGICA DI BERLINO ; DELL' ISTITUTO DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA ; DELLA PONTIFICIA
ACCADEMIA ROMANA DI ARCHEOLOGIA; DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO; DELLA
REALE ACCADEMU DI BELLE ARTI DELLA SOCIETÀ REALE BORBONICA ; DELLA SOCIETÀ FRANCESE
PER LA CONSERVAZIONE DEMONUMENTI ISTORICI: E DI ALTRE SOCIETÀ SCIENTIFICHE E LETTERARIE.
ANNO TERZO
pai 1 IXGLIO 1854 al 30 cnJCNO 18SS.
NAPOLI
DALLO STABILIMENTO TIPOGRAFICO DI GIUSEPPE CATAKEO
fico S. Giovanni Maggiore n. C t 9.
1855
PREFAZIONE
E
iccoci pervenuti al termine del terzo anno del bullettino. Io spero di non avere
in tutta questa serie di pubblicazioni demeritato gli sguardi benigni degli archeologi
e degli amatori.
Le notizie delle più recenti scavazioni , segnatamente le pompejane , la epi-
grafia , la numismatica, l1 antichità figurata trovarono in questi fogli un notabile
posto. Deggio poi con soddisfazione annunziare che il quarto anno non sarà
meno ricco di importanti novità , le quali già in parte avvenute saranno quanto
prima comunicate a' dotti cultori de' classici studii.
Non tralasciai e non tralascerò cura e spesa per la continuazione di un' opera,
che eccita le simpatie di tutta la colta Europa. E sebbene la condizione de1 tempi
fa si che non sieno materialmente ricompensate le mie fatiche, mi reputerò abba-
stanza rimeritato dalla buona accoglienza de1 dotti , e dal pensiero di concorrere
come che sia alla diffusione degli studii solidi, principalmente fra' miei concittadini.
Mi veggo poi nell' obbligo di render grazie a' dotti colleghi , i quali vollero
arricchire le pagine del bullettino nel terzo suo anno colle loro erudite osservazioni
e ricerche. Un dovere di gratitudine mi spinge a ricordare con distinzione il nome
illustre di un Borghesi , e quello del celebre numismatico di Modena prof. D. Ce-
lestino Cavedoni, il quale forniva al terzo anno del bullettino numerosi e rimar-
chevoli lavori , pieni d1 ingegnosi trovati e di profondo sapere. Abbiansi essi per ciò
tutta la mia riconoscenza.
Nel chiudere questa breve prefazione non so tralasciare una necessaria dichia-
razione. Ed è ; che la continuazione del bullettino archeologico napolitano è prin-
cipalmente dovuta alla protezione del Governo di Sua Maestà. L' Eccellentissimo
Principe di Bisignano Soprantendente generale della Real Casa , il Commendatore
Scorza Direttore del Ministero degli affari ecclesiastici e della istruzione pubblica,
ed il Direttore del Ministero dell' Interno sig. Commendatore Bianchini non man-
carono di accordare il loro favore a questa patria pubblicazione. Eglino seppero
richiamare su di essa gli sguardi dell' Augusto Sovrano, diesi degnava protegger-
la, acquistando finanche un numero di esemplari per la Sua Biblioteca particolare.
Queste mie parole valgano a soddisfare un debito del mio cuore , ed a pale-
sare la mia gratitudine verso tutti coloro che concorsero ad animare la stampa del
mio giornale ; ma segnatamente verso V Augusto Monarca, che mostrassi in questa
occasione, come in tante altre, fautore magnanimo de' buoni studii e della classica
letteratura.
L Editore
GlOLIO MiNERVIM
ERRATA
CORRIGE
Pag.
1 col 1 lin. 4, 5.
2 24
26 1 29
27 1 7
31 2 37
34 2 1
39 2 16
40 (così va letto in vece
di 30)
40 1 1
1 5
2 1
2 27
47 1 13
48 1 penult.
2 lo
2 22
49 1 1
56 2 33
102 2 1
HO 2 6
114 1 31
120 1 35
133 2 1
180 2 11
12
a conservatore e direttore
pensa ad appartenersi
desisamente
OPONttis
XapivÒs
assserito
10
12
13
14
15
Itt) n ( vel potius ìrr\
litografi alemanni
ed acquistando
concittladini
supplic
( Abel he àgla )
thumswissemschaft
Giudea
il pare che
Xctra£
Xora?
a direttore
pensa appartenersi
decisamente
OPONTt]S
Xcc/mvòs
asserito
12
li
15
16
17
Ir {ce i- ( vel potius Ìtìx
litografi elvetici
e destinando
concittadini
supplici
agg. continua
( Abel ha rEglà )
thumswissenschaft
Giuda
agg. continua
il che pare
XaTa!
XoeW
BULIETTIXO MCUEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
TV.0 51. (1. dell'annoili.)
Luglio 1854.
Ossa e scheletri diseppelliti in Pompei. — Bassorilievo in marmo greco pressi i signori Ciccarelliin S. Maria.
Terrecotte scoverte in vicinanza di Atri , nel l.° Abruzzo Ulteriore. — Iscrizioni latine.
Ossa e scheletri diseppeliti in Pompei.
11 nostro chiarissimo collega ed amico professore
Stefano delle Chiaje , conosciuto per le sue dotte e
diligenti pubblicazioni in fatto di storia naturale ,
chiamalo dopo la morte del cav. Nanula a conserva-
tore e direttore del gabinetto di anatomia patologica
nella Regia Università degli Studi, ebbe la felice idea
di chiedere che ivi fossero raccolte le ossa e gli sche-
letri, che sono di quando in quando disotterrati dalla
città di Pompei. Le sue premure secondate dal eh. Pre-
sidente della pubblica istruzione Monsignor Apuzzo,
e dall' attuale sopranlendenza degli scavi, furono su-
bilo soddisfatte: e già si vede una importante colle-
zione di ossa pompejane nel museo anatomico della
Re«ia Università, collezione che interessa l'archeolo-
go del pari che lo scienziato , e che finora dee ripu-
tarsi unica e singolare. Il professor delle Chiaje non
fu contento di ordinare quei residui delle antiche po-
polazioni, ma li sottomise benanche a dotte ricerche:
ed i risultamene delle sue osservazioni furono con-
segnati in una memoria letta al reale Istituto d'in-
coraggiamento nel passato anno , che ha per titolo
cenno nolomico patologico sulle ossa umane scavate in
Pompei. Fortunatamente queslo lavoro è già pub-
blicalo nel giornale delle scienze mediche diretto dal
eh. cav. de Renzi ( Filialre-Sebezio an. XXIV. voi.
XLVII1 p. 3 e segg. ).
Noi estrarremo da questo importante lavoro tutte
le osservazioni che possono interessare la storia e l'ar-
cheologia , tralasciando quelle che unicamente alle
scienze naturali si riferiscono , le quali non possono
trovar luo<;o in una pubblicazione destinata alla illu-
strazione delle antiche memorie della umanità.
ARNO HI.
L' a. comincia dall' osservare che le scavazioni di
Pompei e di Ercolano già diedero un notevolissimo
saggio degl'istrumenti cerusici usati dagli antichi: ed
aggiunge che non torneranno di minore vantaggio
gli studii istituiti sulle ossa umane venute fuori da
quelle celebri località. Arrogi che pochissime noli-
zie inesatte finora si avevano di queste scoperte : ed
è notevole che non erasi neppur pensato a fare al-
trove una estesa raccolta di antiche ossa, tratte da' se-
polcri di Roma e della Toscana. Sarà dunque ono-
revole pel nostro paese la introduzione di questo no-
vello museo , che non tarderà ad essere imitata da
altre civili nazioni.
Nel § I, che s'intitola osleo-notomia , l'a. consi-
dera la prima serie di ossa normale o fisiologica , e
questa è la parte che maggiormente richiama l'atten-
zione dell'archeologo. In generale osserva l'a. che
l' ossame pompejano dell' uomo e degli animali do-
mestici sempre più dimostra che la loro statura non
differiva da quella de' (empi attuali; e che sotto que-
slo riguardo la specie nostra non sia andata decli-
nando. Dall' osservare una triplice forma ne' teschi
pompejani , alquanto globosa , ovoidea , e bislunga,
il sig. delle Chiaje pensa ad appartenersi ad uomini
di razze diverse : e ricorre giustamente alla idea de-
gli schiavi , che venuti dalle più lontane regioni pre-
stavano i loro servigi in Roma , e nelle romane co-
lonie. I teschi degli schiavi pompejani, secondo l'a.,
hauno qualche approssimazione con quei de' popoli
intertropicali , razza media fra il tipo arabo ed il
nero , la più barbara e feroce nel genere umano. A
delta genia , ed alla nostra nella proporzione di 3 a
10 appartengono i craaii diseppelliti a Pompei. Nel
maggior numero de' teschi si vede l'angolo facciale
1
o
Camperiano come è richiesto per la razza Caueasica;
ma è lo stesso frequentemente contrastato dalla gob-
ba occipitale della Etiopica , con somma prominenza
della sua cresta. L'a. concilia questa apparente con-
traddizione osservando che il primo carattere dee ri-
putarsi intrinseco connaturale , ed il secondo acqui-
sito eccezionale, forse pel genere di vita oziosa ed in-
chinevole alla libidine, favorita pure da quel sito de-
lizioso ed incantato. Non lascia pertanto di avvertire
1' a. che più di un teschio de' pompejani schiavi ha
rassomiglianza con alcuni cranii di Cabili, e precisa-
mente con uno conservalo nello stesso museo della
Regia Università, pervenuto dall'America meridio-
nale , e scoverto da Pentland dentro antiche tombe
Peruviane presso il Iago di Titicaca , destinate a' soli
capi di quelle rozze tribù.
Passa l' a. ad esporre Io stato diverso di conserva-
zione notato nelle ossa pompejane ; e lo considera in
quattro categorie. 1) Alcune, e son queste la massi-
ma parte, compariscono di avere sofferto tutti i danni
di quella tremenda catastrofe , indi per le successive
alluvioni ridotte ad una specie di pappa ossea , più
all'interno che all'esterno: 2) altre sotto le ruine e
fra' rottami delle fabbriche crollale hanno alquanto
resistito all'interro , ma cadute a contalto di statue ,
o di utensili di bronzo, per lo continuato umido della
terra , e lo stillicidio delle acque , ne sono poi rima-
ste in più punti macchiale: 3) altre, in più scarso
numero, presentansi di tale integrità, che sembrano
fossero rimaste col macero da pochi anni spolpate
delle molli loro parti ; il che è più osservabile nelle
ossa di bue o di cavallo : 4) tra più di ottanta cranii
presentatisi all'esame della, uno solamente, rinvenuto
presso la casa di M. Lucrezio, mostravasi invaso dalla
cenere vesuviana infocata ; quindi reso bigio , ester-
namente incrostalo di minuto lapillo, sfoglioso all'in-
terno , pesante, compatto, sonoro , fragile come ve-
tro, poco diverso da una scoria silicea di quell'igni-
vomo monte. Più di un teschio di uomo assai ben
conservato, solamente ove tocca il suolo vedesi sfon-
dato, e nei margini calcinalo, roso, sgretolalo: molti
altri esempli ofTrironsi alfa, in altre parti dello sche-
letro , veggendosi esse più o meno conservate secon-
do la diversa loro compattezza.
Tralasciando le osservazioni anatomiche , fatte a
tal proposilo dall'autore , e ciò che dice sulla pianta
crittogama , che tapezzar si vede la superficie delle
pompejane ossa (osleo-epifìto pompejano), uoleròsol-
tanto, che egli riporta le analisi chimiche falle, a sua
richiesta , dal dottor Lehman di Lipsia rinomato per
le analisi di chimica organica. Risulta dal lavoro del
dotto professore di Germania, che i varii componenti
delle ossa antiche sono presso a poco nella medesima
proporzione, paragonati con quelli delle ossa moderne.
La sola diversità è nella grandissima quanlila del fluo-
rato di calcio, e generalmente nella diminuzione delle
sostanze organiche osservabile nelle antiche. Quel
che maggiormente interessa in questa analisi del Leh-
man , si è che le ossa le quali appajono più calcinate
non presentano traccia di metamorfosi di materie or-
ganiche: per lo che la loro apparente calcinazione non
può attribuirsi ad eccessivo calore. Perciò il signor
Lehman pensa che questa diminuzione delle orga-
niche sostanze provenga da un processo di putrescen-
za secca, facile ad immaginarsi nella terra e nella ce-
nere vulcanica.
Dall'insieme di tutli i fatti raccolti il sig. delle
Chiaje è di opinione, che le diverse alterazioni notate
nell' ossame in parola indurrebbero a credere , che
Pompei fosse stata subbissata piuttosto da alluvione,
che dalla pioggia di lapillo e di cenere infuocali. Non
tralascia però di avvertire che in vista del teschio
invaso dalla infuocata cenere (e noi aggiungiamo di
altri numerosi fatti osservati in materie inorganiche)
potrebbe ancor dirsi che quella fiera catastrofe av-
venne per entrambe, ossia fu pria il fuoco poi l'ac-
qua , che distrussero le due famose città di Pompei e
di Ercolano.
Dalla seconda parte , comunque dottissima , che
tratta della osleo-palologia, non abbiamo a trarre pel
nostro proposito che pochissime osservazioni. La pri-
ma è 1' uso degli specilli nella carie delle ossa , la
quale essendosi rinvenuta nei cranii pompejani va
messa in relazione co' numerosi specilli ritrovali in
Pompei.
La seconda concerne una frattura trasversale del
corpo dell'omero, nella quale i punti di contado e
d'innesto de' due estremi rotti hanno avuto luogo
— 3 -
nella più perfetta direzione , senza superstite storpio
o rilevante disuguaglianza e prominenza. Dal che
l' a. deduce 1' esaltezza del metodo operatorio , non
che la felice applicazione e riuscita di appropriato
macchinismo.
Tanto basti alla notizia delle ossa pompejane , e
delle ricerche alle quali il loro studio può dare ar-
gomento. Noi siamo lieti che la più interessante rac-
colta di antichi ossami siasi falla la prima volta fra
noi , e che già un uoslro dolio concittadino abbiala
sottomessa a scientifiche considerazioni. D'oggi in-
nanzi si aprirà un novello campo d' indagini altresì
agli archeologi , fondale sulla conoscenza delle anti-
che ossa: ed ognun vede come questa conoscenza
possa tornar vantaggiosa alla storia , alla etnografia ,
e (manco a studiare i costumi delle spente popolazio-
ni. Dal che vuoisi dedurre un' altra pruova della con-
catenazione strettissima delle umane cognizioni ; men-
tre quelle che sembrano esser fra loro più disparale
e disgiunte presentano di falli tali punti di connessio-
ne, che devono riputarsi di vicendevole utilità a con-
correre a' progressi dello scibile umano.
Minervini.
Bassorilievo in marmo greco presso i signori Ciccarclli
di S. Maria.
Nella tavola prima fig. 1 . presentiamo la incisione
di un bellissimo bassorilievo (alto pai. 1, 5) posse-
duto da' signori Ciccarelli di S. Maria, i quali gen-
tilmente permisero che rilrar ne facessi un accurato
disegno. Da esso , e più dall' originale , si rileva che
questo monumento è per arte pregevolissimo ; e ri-
manghiamo sorpresi come la deslra mano della figu-
ra alata, e la sinistra dell'altra non presentino il me-
desimo sapere e la medesima accuratezza di esecu-
zione osservabile in tutto il rimanente : il che non fu
taciuto da altri che prima ne ragionarono.
Pria di dir poche cose sul prezioso marmo de' si-
gnori Ciccarelli ricorderò che il dottissimo Mazzoc-
chi ne fé più volte menzione, e nello spicilegio biblico
(Ioni. I pag. 151 not. 2), e nella sua opera sull'an-
filealro Campano (in multi. Camp. Amphilh. titulmn
pag. 149 not. 90 ed. sec), e finalmente nel secondo
volume de' suoi opuscoli, che rimane tuttora inedito;
sebbene prossimo ad esser pubblicalo per cura della
reale Accademia Ercolanese (opuscul. collect. altera
voi. II p. 51, vedi la noia 23 del Cala). Quel sommo
filologo credè di ravvisare la Pitia colla lira , ovvero
la Sibilla, presso la delfica cortina, cui 1' alata figura,
della quale non determina l'attribuzione, sparge nella
patera l'acqua, come indizio della idromanzia.
Non è dubbio per noi che nella figura colla cetra
debba ravvisarsi il Pitio Apollo nella solila stola ,
della quale diceva Tibullo ima videbaiur lalis illu-
dere palla ( lib. Ili eh 4 , 35 ). Né diversamente Pro-
perzio : Pythiusin longa carmina veste sonat (lib. II,
el. 31 , 15). Frequentissimi sono i monumenti che
in tal modo rappresentano il dio de' vaticinii , ed ol-
tre quelli citati dal Mùller ( Handbuch der Archaeol.
§ 351 pag. 545 pag. e seg. edit. Welcker), son da
vedere le cose notate dal eh. Gerhard alle tav. XXIII
a XXX dell' Auscrles. griech. Vasenbilder: e noi stessi
un'altro esempio neaggiugnemmo col pubblicare un
bel vasellino nolano, forse proveniente ancor esso da
S. Maria, ove si vede egualmente Apollo con lunga
tunica manicata, a cui fa libazione una femminile fi-
gura ( bullelt. arch. di Avellino an. VI. pag. 52. cf.
tav. II n. 5 , 6).
Anche l'acconciatura de' capelli è propria e par-
ticolare di Apollo : e noi rimandiamo a quel che di-
cemmo nel secondo anno di questo bulletlino p. C6,
ed alle più estese ricerche del Raoul-Rochette (quesl.
del l hhloire de Vart. pag. 1 93 e segg. della ediz. in
4). Soltanto mi piace di aggiugnerc a questo pro-
posito , che 1' Apollo del bassorilievo Capuano pre-
senta un altro confronto all'Apollo pompejano di
bronzo , di cui allora favellammo ; offrendoci egual-
mente la copiosa chioma ravvolta intorno al cordone
che ne cinge la testa. La quale particolarità , in modo
più somigliante alla statua pompejana , si osserva
pure nella prolome apollinea delle belle medaglie della
famiglia Pomponia, al rovescio dellTIERCVLES M V-
SARVM, ed in altri denarii (vedi Cavedoni raggua-
4
(jlio de precip. ripostigli p.184, s. ) Ma non è questo
il luogo di ragionare più distesamente di quel pre-
gevole bronzo , di cui dovremo parlare in altro no-
stro lavoro , esaminando le idee emesse ancora da'
chiarissimi nostri colleglli comm. Quaranta , e cav.
Finali; il primo de' quali ne tenne discorso in una
memoria letta alla reale Accademia Ercolanese, ed il
secondo nella illustrazione alla tav. XXXIII del voi.
XV del real museo Borbonico, ove il monumento vedesi
per la prima volta pubblicato ; sebbene in tal guisa
che fa desiderare una seconda pubblicazione. Tor-
nando all'Apollo del bassorilievo di Capua , è ben
conosciuto cbe il delfico dio offriva non poco delle
forme dell'acconciatura e degli ornamenti femmini-
li ; su di che, oltre il Visconti (mus. Pio-Clem. toni.
III. tav. XXXIX pag. 50), veggasi pure il dottis-
simo Borghesi dee. XIV, 3 , e ciò che scrisse ulti-
ma menle il eh. Cavedoni sopra alcune monete de'
Delfi confrontate con le analoghe de' Focii , nel bul-
letlino dell' Ist. di corr. arch. 1833. pag. 93. e seg.
E che sia nel monumento Capuano figuralo appun-
to il Delfico Apollo rilevasi pure dall' omphalos co-
perto di un particolare ornamento , sul quale mol-
te coDghielture furono presentate dal Mazzocchi (o-
pusc. voi. II. pag. 52) : ma noi non vorremmo con
quel gran filologo riconoscere in quelle tre lacinie
la pelle del serpente Pitone; e piuttosto vi ravvise-
rò larghe tenie messe a fregiare quel simbolo del
delfico oracolo (ofxfpaXos rsraiviu>iAs'vos). Veggasi a tal
proposito ciò che scrissero copiosamente il Brondt-
sted voyag. et recherch. dans la Grece, voi. I p. 117
e seg. , il Passow Archàolog. und Kunsl p. 158; il
Raoul-Rochette mori. inéd. p. 188, ed il Mùller.4e-
schglos Eumeniden p. 101. Non posso tralasciare, a
compiere la illustrazione di questa prima figura del
capuano bassorilievo, una osservazione che la numi-
smalica di quella città offre un vicino confronto al-
l'Apollo de' signori Ciccarelli. Di falli incontriamo in
una medaglia la testa di Apollo nel ritto , ed al rove-
scio la lira (Carelli tab. LXIX, ll,p.20, 15: Fried-
laender Osk. Miinzen tav. Ili n. 25): esarà interes-
anle il vedere la medesima delfica divinità effigiata
in un pubblico monumento , e nel bassorilievo che
può considerarsi come una privala offerta. Intanto non
sarà fuor di luogo l'avvertire che latesla dell'Apollo
nella medaglia è laureata , mentre nel bassorilievo
presenta un'acconciatura che si assomiglia alle più
arcaiche immagini di quel dio ; dalle quali può cre-
dersi derivala.
Ma chi dovrà ravvisarsi nell'alata figura cbe fa li-
bazione ad Apollo? Senza alcuna difficoltà dovrà in
essa riconoscersi la Vittoria, la quale è qui sostituita
alla più comune figura di Diana , solita a vedersi in
simile atteggiamento in numerosi esempli, ed in mo-
numenti di diverso genere. Non parmi pertanto che
la libazione ovvia in simili rappresentanze alluda ,
siccome pensa il Mazzocchi , alla idromanzia. Parmi
piuttosto che voglia accennarsi al ritorno di Apollo
dopo la uccisione del serpente Pitone , quando egli
prende possesso del delfico oracolo. Questo ufficio
ben si commelle frequentemente alla sorella ed alla
madre; ma più risulta evidente sul nostro monumento,
in cui la libazione viene al dio dalle mani della Vit-
toria, e succede presso V omphalos. Sicché larappre-
senlanza del bassorilievo di Capua esprime una scena
precedente a quella effigiata in una bella medaglia di
argento di Delfi , ove Apollo slolato già siede sopra
l' omphalos , appoggiandosi alla cetra , eh' è presso il
fatidico tripode (trésor de num. gal. myth. pi. XXXIII
5. Veggasi il eh. Cavedoni spie. num. pag. 79. cf.
annali dell' Ist. 1847 pag. 365, e bullelt. 1853 pag.
96). Nello stesso senso dee credersi aggruppalo e-
gnalmente Apollo colla Vittoria in alcune medaglie
di Commodo, ov'è figurato Y Apollo Palalinus (Ec-
khel doclr. num. tom. VI pag. 94, 107; tom. VII.
pag. 124). Non mancherò da ultimo di notare che
la Vittoria aveva pure in Capua un particolare culto,
e probabilmente anche un tempio: il che viene altresì
comprovato da' tipi di due capuane medaglie ( Cicer.
de divin. I, 43. cf. Raoul-Rochette fouillcs de Capoue
p. 25 e 97). Sicché entrambe le divinità effigiale nel
bassorilievo de' signori Ciccarelli erano venerate nel
sito , ove esso fu rinvenuto.
Intanto il confronto delle medaglie, ove compari-
sce Y Apollo Palalinus, può farci per avventura in-
dagare a quale scuola appartenga il gruppo di S. Ma-
ria. Sappiamo in fatti da Plinio che V Apollo Palati-
mis era lavoro di Scopa (lib. XXXVI, 25). Orse
dalle monete rileviamo la gran somiglianza di quella
statua col nostro bassorilievo , non sarà improbabile
il supporre che sia in esso conservato un prodotto
della scuola di quel celebre scultore , o almeno una
nobile imitazione di quella rinomata sua opera. Ri-
serbando ad altro tempo una più ampia discussione
su questo argomento , rimandiamo per ora a quel che
ha scritto di Scopa e delle sue opere il eh. sig. dottor
Brunn nella sua recente ed interessante Geschichteder
Griechischen Kunsller , voi. I p. 318-333 : ove a p.
319 parla dell'Apollo.
MlSERVIXI.
Terrecotte scoverte in vicinanza di Atri, nella provin-
cia del l.° Abruzzo Ulteriore.
Dobbiamo all' egregio sig. Gabriello Cherubini la
notizia di alcune terrecotte scoverte non ha guari nel
piccolo villaggio di 5. Romualdo presso Atri. Si vi-
dero esse uscir fuori in buon numero ed a poca pro-
fondità in un terreno del sig. Forcella. Molle ne fu-
rono spezzale e distrutte dalla ignoranza de'contadini;
ma fortunatamente il sig. Cherubini pervenne a sal-
varne una parte , ed è quella appunto che forma il
soggetto della presente notizia. Sono esse varie sta-
tuette frammentale tra le quali una lenente un' oca
col destro braccio (forse una Proserpina); quattro pic-
coli buoi sopra basi ; uu cinghiale parimenti sopra
una base ; varie leste femminili velate ; un fallo ; un
unguentario ; piedi con calzari di naturale grandez-
za ; mani variamente atteggiate ; gambe nude o ve-
stile ; e tulio poi ricoperto di una rossa lucentissima
vernice. Il sig. Cherubini avverte ancora che fre-
quentemente si ritrovarono nel medesimo sito le fi-
gure bovine, molte delle quali furono rotte e distrutte
dagli imperiti lavoratori. Osserva , in quanto alle u-
mane membra , eh' esse non sembrano aver mai ap-
partenuto a statue , ma che fossero destinale a star
da se: nella quale idea gli ricorrono giustamente al
pensiero gli ex volo tanto frequenti nell'antichità. Ri-
cordando poi una simile scoperta, avvenuta da molti
anni in quelle vicinanze , di numerose terrecotte te-
ste , braccia , mani , eie. insieme stivale , pensa che
questi differenti deposili appartenessero per avventura
a qualche tempio , ove prima avevano figurato come
offerte , e poscia erano stale gettate nelle circostanti
fosse , che , come è nolo , venivano denominate fa-
vissae ( Geli. II, 10 : vedi il giorn. arcad. tom. II p.
119. s. ). Questa ingegnosa opinione merita di esser
fecondata : e sarebbe utile il ricercare se in quei din-
torni si trovi effettivamente la traccia di qualche sacro
edifizio, senza di che uon potrebbe oltrepassare il va-
lore di una probabile conghiettura. Noi inviliamo lo
stesso signor Cherubini a proseguire le sue osserva-
zioni, e gli saremo gratissimi di qualunque ulteriore
notizia e comunicazione. Inlanto sin da ora vogliamo
richiamare, come un interessante confronto per que-
sti depositi di lerrecotle, la grandissima quantità rin-
venutane inS. Maria in un fondo de' signori Pattorelli,
della quale ragionammo pure nel secondo anno di que-
sto bulletlino p. 160, 185. Ora aggiugniamo che fra
esse veggonsi pure alcune parti del corpo umano, che
servirono di ex volo. Ed è notevole che quelle fosse,
nelle quali sono raccolte, trovansi appunto intorno al
recinto di un sacro edifizio , come fu da noi in quel
medesimo luogo avvertilo. Sarebbe intanto deside-
revole che anche in S. Maria nuove ricerche e nuove
scavazioni ci mettessero al caso di ragionarne con
quella esattezza , che in simili investigazioni si ri-
chiede.
Il sig. Cherubini ci avverte che nello stesso villag-
gio di S. Romualdo appajono grossi macigni poligo-
ni , parli di forte costruzione , ma dubita se possa
credersi quel sito uell' ambito dell' antica Hadria.
Ma a me sembra che non possa dubitarsene, essendo
cerio che per varie miglia si veggono tracce delle an-
tiche mura , e delle porte della città ; siccome venne
osservato dal Romanelli (topogr. t. Ili, p. 311 ).
MlXERVIM.
— 6 —
Iscrizioni Ialine.
1.
DM-
TI • IVLIVS FORTVNA
TVS • SIBI • ET • CLODIAE
FELICISSIMAE • COIVGI
SVAEFEC ETLIB LIBERTA
BVSQ . SVIS DE
Anche questa proviene da Pozzuoli , o da' luoghi
vicini. Nuova ci sembra la Corniola finale DE, ove,
ognuno avrebbe atteso D • S , De Suo.
DM-
L LOL • SEVERO ■ EVSEBIO
QVI VIX ANN ■ V M • IIII • D ■ UH
L-LOL SEVERVS ETOTACILIA
APOLLONIAFILDVLCISSIMO-
BENEMERENTI ■ FECERVN
Questa iscrizione, a noi comunicata dal sig. Arcan-
gelo Bruschi, precede l'altra da noi innanzi pubbli-
cata (bullett. arch. n. s. an. II p. Ili n. 21); ed ap-
partiene forse allo stesso sepolcro di famiglia. Di fatti
L. Lollio Severo pone in essa quella memoria ad O-
tacilia Apollonia Marcella sua moglie, dopo che en-
trambi ebbero la sventura di perdere il loro piccolo
fifiliuolino Eusebio.
D • M •
Q • VALERIO • FELICI
VETERANO ■ COIIOR
X PR PATER FECIT
B • M SED • 1S • MIHI
DEBVIT • FACERE . QVAM
SENECTAE • MEAEDOLVM
RELINQVERE
Trovasi non poche volte nelle nostre iscrizioni ram-
mentata la decima coorte pretoria , e molli esempli se
ne riportano nella raccolta del eh. Mommsen ( inscr.
r. neap. lai. n. 2845, 2852, 3994, 4326, 6346).
Bella è la conchiusione della epigrafe , colla quale il
padre di Valerio Felice si lagna di essergli sopravvis-
suto: il che è pur frequente nelle iscrizioni. Ma non-
dimeno notevole ci sembra e forse nuova la signifi-
cazione della voce dolus, siccome trovasi nella no-
stra epigrafe adoperata. Di fatti non sembra applica-
bile al sentimento dell' afflino padre la intelligenza
di frode , o d' inganno ; che non ha nulla che fare
colla perdita del figlio. All' opposto il significato di
dolore , e di afflizione è più conveniente alla circo-
stanza: e ci sembra probabile che la voce dolus fosse
ancora adoperata per dolor ; essendone anche giusta
e regolare la derivazione dal verbo doleo. Ciò potreb-
be appoggiare la opinion di coloro, che la medesima
origine riconobbero nelle voci dolor e dolus ; essen-
do io quest' ultima la inlelligenza di cosa nociva e
perciò spiacevole (vedi Dòderlin. Syn. I. pag. 119.
coli. Ili pag. 217).
Questa iscrizione, proveniente pur da Pozzuoli, fu
da noi osservata presso il negoziante di antichità sig.
Raffaele Barone.
4.
/
D •
/
M •
ORIENS
■ AVG
VERNA
VIX • ANN
•XLVII
Questa iscrizione , rinvenuta ultimamente in Sor-
rento , ci è stata comunicata dal eh. sig. Giuseppe
Fiorelli. È notevole unicamente per gli apici, i quali
trovandosi finanche sulle consonanti, si mostrano messi
senza una particolare ragione , ma per mero orna-
mento. Su questi segni vedi le cose raccolte dal Kel-
lermann pubblicate dopo la sua morte dal eh. pro-
fessore Jahn {specim. epigraph. p. 103, e segg. ).
5.
Non sarà discaro che io riferisca un frammento da
me osservato alcun tempo fa presso il sig. Barone :
— 7 —
esso è in lellere piuttosto grandi , e veggonsi incisi i
caratteri in una lastra di marmo. Il frammento è il
seguente, e sembra parte di una importante iscrizione,
la quale sventuratamente ci ostata rapita.
rivandone la nota famiglia Aiania. Un simile nesso è
poco dopo adoperato nel T
tamente al nome.
F, che segue immedia-
VLLI LATI? • HOC
MANV • VLLIVS HOI
••■ SACERDOTALIBVS • MIL
• EXEMPTVM SACRARVML1T--
NATIONIS QVI M ■ HABV ■•••
••• VT RELIGIONI SATISFIAT
•1NEVM CVMTR AM
• RATION
La iscrizione è troppo monca, perchè tentar sene
possa un probabile supplimento. Ci asterremo per-
ciò da qualunque conghietlura, e saremo unicamente
contenti di offrire il frammento allo studio de' dotti :
non essendo neppure impossibile che un giorno reg-
gasi compiuta la epigrafe , o almeno in parte restau-
rata, per la scoverta di qualche altro frammento.
6.
VASP.
T • AINIVS TF (mon.)FIR
Questa iscrizione si legge sopra di un'anfora fram-
mentata ritrovata alle vicinanze di Atri. Essa ci è stata
comunicata dall' egregio sig. Gabriello Cherubini di-
ligente investigatore delle antichità del6uo natio pae-
se. Nelle lettere VASP ■ noi leggiamo Vinum aspe-
rum , opposto a lene ( vedi Seneca ep. 36 , Terent.
Heautont. 111,1,49). Plinio annovera fra' vini generosi
quello di Adria , sebbene s' intenda da'commentatori
dell'Adria veneta (nal. hist. lib. XIV seg. 8). Ed A-
teneo più distesamente ne favella in tal guisa : 6 b\
'A'Sjua.tòs xaXoviJLiifOS suttvous, a' xvoSgtos , aXt/Tos rò
trt'voXoK, e lo pone fra' vini che han bisogno di per-
dere la troppa forza (deipn. lib. I pag. 33). Alvino
di Adria accenna pure Dioscoride 5. Segue il nome
del possessore T. Ainio Firmo , se pure non voglia
supporsi un nesso di A ed N nella terza lettera, de-
Le seguenti iscrizioni sono già una sola volta puh-
blicate nel rendiconto della reale Accademia Ercota-
ncsc. Non sarà dunque mal fatto riprodurle in questo
luogo, per proccurarne la diffusione, ora special-
mente che si prepara la grande collezione di tutte le
iscrizioni latine in Berlino; essendone affidata la cura
ad uomini capacissimi , tra' quali citeremo i signori
Henzen , Mommsen , Ritschl per la Germania, ed in
Italia il cav. de Rossi (1).
Nell'estratto di una mia memoria sulla iscrizione
di Ottavio Agatopode , notevole per varie particola-
rità , e segnatamente per la memoria di un consolato
del 41 dell'era volgare {rena. eh. p. 1 1 Nov. 1S51
p. 25 ) , che noi però tralasciamo, perchè già trovasi
nella grande raccolta del Mommsen (n. 7225 ), ri-
portasi l'altra epigrafe di L. Fulvio Gavio Emiliano
posseduta dal sig. Teti in S. Maria, la quale qui ri-
produciamo, sebbene sia edita dallo stesso eh. Momm-
sen (n. 360Ì), per far conoscere i supplementi pro-
postine dal dottissimo Borghesi ( rend. cil. p. 27 ).
L • FVLVIO • GAVIO • Nummo
AEMILIANO • COS . Salio. coli.
PONTIF • ELECTO • AB . OPtimo fmp.
ALEXANDRO • AVG • ad ■ ius. die
PER • REGIONEM • TRAnspadanam
PRAET • CAtidid • melario
LVGDVNENses
Osserva il Borghesi che la dedica fatta da' Lione-
si ad Emiliano accresce un fondamento per opinare
che la sua famiglia fosse di quella città, del che ave-
(l) Perchè non resti un equivoco intorno ad altra iscrizione da
noi pubblicala (bull. nap. n s. an. Il p. 103 n. 13), vogliamo
avvertire che il nome TAGAENAE va letto LACAENAE , siccome
abbiamo verificato ora che !» epigrafe è nel real Museo Borbonico:
e perciò non è Riversa da quella edita dal Mommsen inscr. r.
ruap. o. 3208.
— 8^
vano già suscitalo sospetto due marmi ivi esistenti ,
eretti in onore di altre persone della sua casa, e pub-
blicati negli Archives hisloriques du depart. de Rhóne
t. II p. 56.
8.
Piccola iscrizione rinvenuta in una tomba pu teo-
lana comunicante con quella di Ottavio Agatopode
(rend. cit. p. 28).
MARIA • LIGVSTINA
VIXIT • ANNOS • V
FELICIANVS DVLCITIA
IN CONIVGIO HIC • DEPOSITVS CONIVGI
VIXIT ANNISEST XII KAL • DECEM CONTRA
SEX D • XXV QVI • VIXIT • A • XXXIII • D • XXV
VOTVM . FECIT
Questa iscrizione, da me veduta presso il negoziante
di antichità sig. Raffaele Barone , parmi cristiana , e
senza dubbio va letta così — Felicianus hic deposilus
est XII Kal. Decerti, qui vixit a. XXXIII d. XXV —
In coniugio vixit annis sex d. XXV — Dulcilia con-
iugi contro, volum fecit ( rend. cit. pag. 28 ).
10.
In un' altra mia memoria sui monumenti dell' an-
tica Gnalhia ho riportalo le due iscrizioni seguenti.
La prima dice cosi :
d • M •
• • • TED1VS
EPAPHRO
D1TVS V
A XII
T • ELAVIVS DA
VS (sic) FRBMP
Me ne fu comunicata la copia dal sig. Feliciano
Adami (rend. cil. pag. 29).
11.
Più interessante è la seconda, della quale mi inviò
un facsimile il mio amico signor Luigi Pepe.
D • M
L • AVD • VERVs
AED • I • D • V • a.
XXX • VII
H • S E
D . M
L • HELVIVS
VERVS • AED
I • D • V • A • XXV
helvia • haspa
sia • conivg;
et • filio • b • m
Notevole è la menzione dell' aedilis iuridicundo in
Gnalhia, che assomigliar mi fece la politica forma di
quell'antico municipio in (empi romani a quella di
Arpino, di Cere, di Lanuvio e di allri, ne' quali non
dovettero esservi magistrati superiori all' Edile. Ma
non è qui il luogo di entrare in lunga discussione, e
rimandiamo a quel che dicemmo in breve nel citato
rendic. pag. 30 e segg. , e più alla slampa della no-
stra memoria , nella quale cercammo pure di conci-
liare le varie opinioni sul dictalor di alcuni antichi
municipi!.
(Continua) Minervini.
Giono Mineuvini — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Catàneo.
BLLLETTLXO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 52. (2. dell1 anno III.)
Agosto 1854.
Le Plejacli in vaso di S. Maria. — Lucerna con bassorilievi. — Satiri e Baccanti in vaso dipinto. — Nuovi
acquisti epigrafici del redi museo Borbonico.
Le Plejadi in vaso di S. Maria.
Dobbiamo alla gentilezza del sig. Vetla il permesso
di far prendere il lucido di un vaso dipinto da lui
posseduto , e ritrovalo in S. Maria a poca profondità
del terreno. Noi ne abbiamo data la incisione nella
nostra tav. II. n. 1,2: presentando nel n. 1 una
delle rappresentazioni nella grandezza dell'originale,
e nel n. 2 la forma del vaso nella quarta parte delle
sue dimensioni. Non altro si vede in questo curioso
monumento , ultimamente acquistato pel real museo
Borbonico, ebe sette teste femminili fra'manicbi con
simboliche ramificazioni e palmelte : una distinta in
una delle facce del vaso, e nella opposta faccia le altre
sci fra loro accollate, e messe tutte in continuazione.
Lo stile è piuttosto rozzo, e grossolano e poco accu-
rata n'è la esecuzione; vedendosi le linee, principal-
mente de' sei profili , grosse e senza quelle varietà di
chiaroscuro, che costituiscono la eleganza dei contor-
ni. Quello che apparrà notevole a chicchessia, si è la
cura eh' ebbe l' artista di non ripetere identicamente
le fisonomie ; per modo che ben considerando si scor-
ge la diversità a bello studio messa nel naso, nella
bocca e nel mento delle femminili protomi: sebbene
possa in tutte ravvisarsi un tipo comune.
Volendo indagare che cosa siesi voluto indicare con
queste sette protomi insieme riunite, mi si è presen-
tato spontaneamente al pensiero il coro delle Plejadi.
È ben Risaputo che queste figliuole di Atlante (He-
siod. op. v. 383, 572, 6 19) erano appunto selle Elet-
tra, Alcione, Celcno , Taiyitc, Sterope, Merope, e
Maia (Apollodoro IH , 10 , 1 : Timeo, apud Schol.
Hom. //. X, 486: Diodor. Sicul. lib. HI. e. LX:
AKXO III.
Plin. II, 41 , eie). Ora è stato sovente notalo che
sebbene fossero sette , non pertanto sei sole ne appa-
rivano : il che fé dire a Proclo , che fossero effetti-
vamente sei (de sphaera: vedi pure Tzetzeadllesiod.
Op. lib. II. v. 1 e segg. , il quale parla lungamente
delle Plejadi, e nota che questa costellazione dicevasi
comunemente ÉSccWfpov ). Notevoli sono i passaggi
degli antichi scrittori , che favellarono di questo va-
riabile numero delle Plejadi. Cosi Arato :
\itnroiito^oi ori fxl ys \x.ir ày^^óvoui vòiovra.1
\z, cii'M wsp hvffou ìiro-^iiiu rfy'Ùa.\\x.oii'jiY
[Phaenom. 257 , s. )
I quali versi furono da Germanico resi con questi
aliri :
Septem traduntur numero, sed carpitur una
Deficiente oculo distinguere corpora parva.
Ed Avieno, che più si distende a parlar delle Ple-
jadi:
Fama velus septem memorai genitore creatas
Longaevo : sex se rutila inter sidera tantum
Sustollunt (Arat. phaenom. 577 seg. ).
Cosi pure Ovidio (Fastor. IV , 169 , s. ).
Quae septem dici , sex tamen esse solent.
Veggasi pure Igino [ab. CXCII , ed ivi le anno-
tazioni de' dotti: cf. A. Gellio noci. Altic. XIII e. 9.
Di questa disparizione di una delle sorelle allegano
gli scrittori molte mitologiche tradizioni , le quali si
trovano ricordate principalmente da Ovidio, e da A-
vieno. Presso Ovidio si riferisce una doppia narra-
zione , o che la Pleiade ascosa sia Merope , perchè
la sola che si congiunse ad un mortale , ovvero E-
lettra, la quale veder non volle l'eccidio di Troja
(/. e. Y. 1*3 5 seg.). Lo stesso riscontrasi in Avieno,
— 10 —
sulla fede di Minte, notandosi che Elettra era fuggita
dal cielo perseguitata da Orione ; non senza aggiu-
gnersi la menzione del suo lutto perla ruinadiTroja,
e ciò che concerne Merope (I. e. v. 583 e segg. ,
veggansi ivi le note di Grozio Sintagma Arateor. p.
96 ). Notevoli sono i due versi , ne' quali parlandosi
appunto di Elettra, avverte il poeta (v. 590, 591):
Nonmtmquam Oceani tamen istam surgere ab undis,
In convexa poli, sed sede carere sororum.
Le cose finora raccolte bastano a dimostrare la
convenienza della proposta spiegazione. Così veggia-
mo nel vaso di S. Maria sette sorelle , ma sei si veg-
gono fra loro riunite , ed una in disparte; non altri-
menti che delle Plejadi fu detto. Sicché in quella di-
stinta e singolare, la quale caret sede sororum, va ri-
conosciuta Merope, o piuttosto Elettra per le ragioni
che tra poco saranno da noi allegale. Ma vi è un'al-
tra osservazione che sempre più conferma la nostra
spiegazione. Osserva Igino : Nonnulli exislimant ila
nominalas, quia inter se coniunclae, quod est plesion,
ideo aulem confertae sunt , ut vix numerenlur ( fab.
CXCH ). Nò diversamente si esprime Plinio : Iam
Vergilias in caeìo notabiles caterva fecerat (lib. XVIII
cap. XXVII). Ed è per lo stesso motivo che Manilio
le appella Pleiadum glomerabile sidus ( Astron. IV ,
520). Dalle quali cose vuoisi dedurre che l'antico
artista non poteva meglio esprimere la vicinanza di
quelle stelle informate dalle figlie di Aliante che ef-
figiandole tanto strettamente riunite ir'krplw , nella
slessa idea del confertae di Igino, della caterva di Pli-
nio , e dell'espressivo glomerabile di Manilio.
Se la rappresentanza del nostro vaso si manifesta
affatto conveniente alla spiegazione propostane, avuto
riguardo alle sole artistiche ed esterne forme di essa:
altre ragioni ci persuadono a ritenerla siccome in
pieno accordo col monumento , in cui è figurata. 11
mito delle Plejadi è propriamente funebre. Secondo
il citato frammento di Timeo , le figlie di Atlante
piangendo la morte del loro germano Iante (HyasJ ,
furono trasportate nel cielo: cinque furon dette Iadi
(Hyades), le altre sette Plejadi, e queste erano perite
gi*i di dolore, quando furono messe fra gli astri (Schol.
Hom. //. % 486). Da questa tradizione rilevasi che la
idea originaria delle Plejadi accenna non solo a fune-
bre intelligenza, ma benanche a rigenerazione ed a-
poteosi. E così appunto a noi le presenta Diodoro quasi
per la loro virtù fatte degne della immortalità, e della
celeste dimora (III, 10, 1 ). Avuto riguardo alla sua
importanza, vogliamo riferir per esteso l'intero pas-
saggio di questo scrittore : AfoVsp ov ixóyov ir%p' hiotS
Twc J3apj3apa>v , àXXà xcù Trapà ro7i EXX^ffj rovi
vr'ksHirous fóuv xpxouQTwrujv rpujwv sìs Toivra.5 àm-
tyhw tÒ yivos. 'Tropea/ S' cuiràs x%\ ffwtppovas &<a-
tp~póvru>s , xoù (Airù. rry fiXivrvy rux/iv ctSavarou
rnirfi irv.p àvBpunrois xoù xaOioptffis/ffaS ìv rw~ xi<S\uS'
x%\ rr~ tcuy TVku%&u>Y TrpoSrjyop/a ^rspiX^Sf/ffa?.
'E*Xyj97)<ray Sì <xi 'AtXcm"t7&S xoù yv{).§'M <$<à to roùs
lyX.wpiovi xoiYr\ ras ywxlxatS vvixtyctS orpofa.yopsvuY.
Probabilmente per questa funebre idea immaginò Q.
Smirneo che le Plejadi insieme colle Ore e coli' Au-
rora piangessero l'ucciso Mennone (posthom. II, 605).
Questo primo rapporto delle Allantidi vale a spiegar
la scella della loro effigie sopra un monumento di fu-
nebre destinazione.
Né in qualunque caso dovrebbe far maraviglia la
immagine di divinila cosmiche ( Guigniaut relig. de
l'antiq. al n. 463), le quali hanno un principale po-
sto fra gli astri , e che per la divisione dell' anno ,
pe' solari rapporti , per la loro influenza su' frutti
della terra , e sull' agricoltura ( Salmas. plin. exerc.
p. 509 e 522-527), furono dall' antichità in par-
ticolare modo considerate. Per nulla dire che Proclo,
nel suo comento ad Esiodo (op. 1. e.) , nota esser le
Plejadi le anime delle sfere de' varii pianeti : il che
darebbe loro, secondo l' antichità, una tolale influenza
sulle umane cose. Ma questa idea , dovuta per av-
ventura a' Platonici ed alla scuola alessaudrina , non
va forse citata nella presente ricerca.
Non parmi neppure da omettere la tradizione, at-
tribuita a Ferecide, che fossero le Plejadi riputate fi-
glie di Licurgo e nutrici di Bacco, e perciò fatte de-
gne del cielo insieme colle Iadi , che pur si ebbero
lo stesso ufficio presso il fanciullo Dioniso (Germa-
nie Schol. ad v. 244 e seg. : vedi Creuzer Symbo-
lik voi. IV. p. 14, 3 ediz. ). Una tale mitica narra-
zione attribuisce alle Plejadi la intelligenza mistica e
— ti —
dionisiaca. Sicché per lutti i modi considerate le Ple-
iadi, o che sieno le Atlanlidi, o le figliuole di Licur-
go, nella loro intelligenza funebre , e di apoteosi , o
nella significazione cosmica, o finalmente nella misti-
ca e dionisiaca relazione , ben si rattrovano sul vaso
dell' antica Capua , di cui ragioniamo.
E qui mi sia lecito ancora fare una ullima avver-
tenza. Già notammo di sopra che fralle Plejadi Elettra
compariva in disparte dalle sorelle ; e che probabil-
mente nella testa singolare e distinta doveva ricono-
scersi quella appunto piuttosto che Merope. Voleva-
mo accennare alla popolare credenza che Capua avesse
a fondatore il Irojano Capi ( Raoul-llochette fouilks
de Capoue p. 5: cf. Klausen Aeneas und die Penateti
t. II p. 1 1 14 , 2344 e. ). Ora è risaputo che Elet-
tra, una delle Plejadi , con Giove procreò Dardano
(Apollod. Ili, 12 , 1 ). Era dunque un culto in Ca-
pua conveniente quello prestato alla Ninfa , da cui
provenne il fondatore mitico della Dardania; mentre
era in Capua volgare la opinione delle colonie frigie
ed atlantiche ( vedi pure Jannelli tei. Oscor. inscript.
p. 20).
In quanto ai monumenti, che rappresentano le
Plejadi , osservo che Omero nel descrivere lo scudo
di Achille, fragli altri astri, fa menzione altresì di
quella costellazione (//. X , 480). Ma non si rileva
dalla narrazione del poeta , se fossero figurate sotto
una particolare personificazione , ovvero a foggia di
stelle : siccome nel zodiaco egiziano puhblicato nel
voi. IV della descript, de l'Egyple pi. 21, e riprodotto
nell'opera del Creuzer dal sig. Guigniaut relig. de
V anliq. pi. L n. 193. Lo stesso dee dirsi della pit-
tura descritta dal giovine Filostrato (imag. XI, 6),
della quale non possiamo formarci una precisa idea.
Tra' monumenti tuttora esistenti havvene un solo che
sia stato riferito alle Plejadi ; ed è il cratere ove fu
da alcuno ravvisato Dioniso tauriforme nella sua so-
lare intelligenza , che guida le Plejadi : mentre altri
vi riconobbero il Minotauro , che trascina le giova-
ni Ateniesi per immolarle ( Guigniaut 1. e. pìanches
CXXVII n. 402, ed expìicat. p. 192). Noi non ci
fermiamo a discutere queste diverse spiegazioni; per-
chè quel monumento è slato riconosciuto per lavoro
moderno ; e perciò non può entrare nelle archeolo-
giche ricerche (Muller Handb. § 400 not. 4 p. 050
ed. Welcker ). Restano soltanto le immagini dello
Plejadi tratte da un antico manoscritto di Germanico,
e pubblicale accuratamente da Grozio ( Syntagma
Arateorum, v. Germanici Aratea ib. p. 43) , il quale
avverte: Imaginesex manuscripii fide excudi fecimus,
ad quas notas eliam conscripsimus quas infra reperies
( not. ad German. phaenom. p. 2. ) ; e poco innanzi
parlando delle medesime , osserva : quas (imagines)
quamquam anliquitatis nomine et schematum vclusto-
rum expressione , aliisque de causis non levibus , sum-
mopere venerer eie. (ib. p. 30). Queste cose abbiamo
voluto richiamare per far rilevare quanta importanza
debba metlersi alle immagini delle Plejadi effigiale iu
quell' antichissimo manoscritto. Ora è notevole che le
Atlanlidi sono figurate appunto come nel vaso di S.
Maria , cioè quali sette protonii femminili , sei delle
quali sono collocate in cerchio, ed una è nel mezzo.
Sicché nella sola disposizione vi è quella differenza la
quale dipende dall'epoca diversa de' due monumenti,
e dal diverso geuere a cui appartengono. È notevole
che nel manoscritto ognuna delle Plejadi ha figurata
una stella sulla sommità del capo : il che vuoisi at-
tribuire al sistema serbato in tutte le figure del ma-
noscritto , ove sono indicate con piccole stelle gli a-
stri costituenti le diverse costellazioni. La media ha
il capo velalo, ed il Grozio ben si appone nel giudicarla
Elettra con un lugubre ornamento qual si è il velo
che la ricopre (ib. p. 40). Intanto ognun vede quanto
sia interessante questo confronto a conferma della no-
stra interpretazione; mentre probabilmente le figure
di quell' antico manoscritto erano state tratte da an-
tichi monumenti piuttosto che effigiale a capriccio.
Ciò rilevasi principalmente dall'Andromeda, che ve-
desi figurata in quel modo medesimo che ne' vasi di-
pinti , nelle pitture murali , ed in altri monumenti ;
siccome avremo l'occasione di mostrare in altro no-
stro lavoro.
Mlnervini.
*
12 —
Lucerna con bassorilievi.
Dobbiamo alla nota gentilezza del signor cav. Bo-
nichi di Roma il disegno di una interessante lucerna
proveniente da Pozzuoli, e da lui acquistata recente-
mente in Napoli. Noi ne diamo la incisione nel n. 3
della nostra tavola II. Sono in essa nella parte supe-
riore figurati a bassorilievo cinque Amorini, quattro
de' quali sono intenti a trasportare la enorme clava
di Ercole , mentre il turcasso e la leonina pelle ve-
donsi ad essi vicino sospesi; ed il quinto pone la fac-
cia in un vaso a cui si attiene con ambe le mani. È ben
conosciuto che un simile soggetto scorgesi sopra un
bellissimo cammeo del museo Fiorentino. Il Gori (mus.
druse, toni. I (ab. 38 n.o), che prima ne die la illu-
strazione, non indovinò il soggetto: ed il Zannoni (</a?-
ler. di Firenze, cammei ed intagli ser. V, tav. 26 p.
202) , tuttoché riprendesse per tal motivo l'archeo-
logo fiorentino, pure non indicò bene il pensiero che
guidò la mano dell'artista. Egli crede che ci si mo-
stri il furto delle armi di Alcide commesso dagli A-
mori , mentre egli era intento a vagheggiare alcuna
donna. A comprendere tutto il pensiero del cammeo,
e della lucerna pulcolana, basta ricordare due dipinti
pompejani , uno de' quali è già da molti anni cono-
sciuto, sebbene fosse stato da poco tempo pubblicato
dal sig. Raoul-Rochelte (choix de peint. de Pompei
pi. XIX : vedine la illustrazione a p. 239 e s. ) , e
l'altro è tuttavia inedito. Vedesi nella prima pittura
Ercole coronalo di edera , con tenue crocolta e cal-
zari, che, essendo sdrajato sopra una pelle, eleva la
destra facendo colle dita lo scoppietto (tw o%xru-
\wy x7eoxf6rripja. ) , e colla sinistra lien leggermente
lo scifo, ove un Amorino caccia il capo lenendolo con
ambe le mani. Altri Amorini circondano l'eroe. Senza
parlar di altre figure , avverto che presso a' piedi di
Alcide è un gruppo di quattro Amorini neh" atto di
trasportare la clava somigliantissimo a quello del cam-
meo di Firenze. L'altro dipinto, a cui accennavamo,
rinvenuto in un edificio , del quale non ancora è fi-
nito il disgombro , rappresenta egualmente la figura
di Ercole quasi dello stesso modo sdrajato, e fregiato
de' medesimi vestimenti: scorgesi da presso l'Amori-
no, che prende lo scifo, una costruzione piramidale,
alla quale è appoggiato un quadro con dipinto ritraen-
te, come sembra, un erma: vedi un gruppo di Amori
che trasportano parimenti la clava; ma vi ha di più
un albero a cui altri Amori sospendono il turcasso
dell'eroe , e (re donne in allo, una delle quali, ch'è
la media, più nobilmente abbigliata, tien colla destra
un flabello a foggia di foglia cordifornie.
In una memoria da me Iella alla reale Accademia
Ercolanese sopra questi due pompejani dipinti, cer-
cai di dimostrare che fosse rappresentato in esse l'Er-
cole Lido, il quale nella regia di Omfale oppresso dal
vino dava campo agli Amori di rapirne le tremende
armi. Posteriormente il signor Raoul-Rochetle , nel
pubblicare il più antico, espose presso a poco le me-
desime idee, sebbene ci riserbiamo di esaminare alcu-
ne parti della sua spiegazione , quando avrà luogo la
slampa della noslra memoria accademica. Soltanto ci
piace di qui ricordare che il dotto archeologo, di cui
deploriamo la immatura perdila, richiamò (p. 247
not. 1) la gemma del Zannoni, ed un intaglio in dia-
spro rosso già del gabinetto Poniatowski (Visconti
espos. di gemme antiche, opere varie toni. II. pag.
228 num. 236 ). A me sembra che questi alati fan-
ciulli , i quali rapiscono le armi di Alcide , non deg-
giono considerarsi del lutto appartenenti al ciclo del-
l'Amore, ma quasi formanti parte del bacchico tiaso
( Creuzer Dionysus pag. 164; Avellino casa <^on ca-
pitelli fgur. pag. 54). In fatti la ebrietà dell' eroe dà
loro il campo di rapirne le armi, e non si addila con
questa azione la vittoria dell' Amore , ma piuttosto
quella del vino: benché non vorremmo affermare che
in questo fatto non abbia alcuna parte l' afrodisiaca
inlelligenza.il confronto de'duc dipinti pompejani col
cammeo di Firenze, colla pietra Poniatowski, e colla
lucerna da noi pubblicata , che particolarmente ncll'
episodio della clava tanta somiglianza presentano , e
quasi identità di attitudini e di posizioni , mentre da
un lato ci addita che furono essi tratti per imitazione
da qualche celebre originale, dall'altro ci addimostra
abbastanza che l' intagliatore della pietra fiorentina ,
e tulli gli altri artisti che Iraltarono lo slesso sogget-
to, figurar vollero la perdita delle armi, in seguito
13 —
della ubbriache/za di Ercole. Ciò è sufficientemente
indicato da quell'Amorino, che tiene lo scifo, il quale
accenna alla scena precedente, la quale non deve im-
maginarsi diversa da quella che appare nelle due
pompejane pitture.
Non è qui il luogo di citare i luoghi degli antichi
scrittori, che parlano dell'Ercole Bibace, oi monu-
menti che attribuiscono ad Ercole lo scifo ; ma que-
ste cose meglio si troveranno allogate nel lavoro ac-
cademico , sopra rammentato , a cui rimandiamo i
lettori del ballettino. Resta a dir brevemente della
iscrizione sottoposta alla scena della lucerna da noi
pubblicata. Pare che sian messe in bocca dell' Amore,
che più è oppresso dal peso della enorme clava, le
parole adiuvate sodatesele quali dinotano tutto lo
sforzo sofferto dalle tenere membra di quei fanciulli
nella difficile operazione. E questa particolarità ag-
giunge un novello pregio al grazioso monumento del
cav. Bonichi , che va certamente noverato tra' più
rari e preziosi dello slesso genere.
Mineuvim.
Satiri e Baccanti in vaso dipinto.
La pittura di vaso che diamo incisa nella nostra
tav. II n. 4,5,6 appartiene essa pure a S. Maria, e ci
fu permesso di pubblicarla per cortesia del possessore
sig. avvocato Teli. È una patera nolana che da cia-
scuna delle due facce ci offre un Sileno con tirso che
perseguita una Baccante. Queste seguaci di Dioniso
si difendono con vani mezzi , e segnatamente colla
pietra. La litobolia nella occorrenza di simili erotici
assalii è stata osservata in altri monumenti : ed io già
descrissi un vaso di Barone , ed un altro della colle-
zione Jatta , ove occorre una simiglianle rappresen-
tazione (dewiz. de' vasi Jatta p.43,44). Anche nelle
scene in cui il giovinetto Cefalo, o Titouo è quasi rag-
giunto dall'Aurora, egli difeudesi con una pielra , o
con altre armi: e può allo stesso atto la medesima in-
telligenza atlrihuiisi (Minervini mon. ined. di Barone
p. 20 ). Volendo ora fare qualche particolare osser-
vazione sopra ciascuna delle due facce del vaso , av-
verto da prima che il corto gonnellino , i coturni ,
l' arco ed il turcasso , che si veggiono presso una delle
Baccanti, richiamano al pensiero le popolazioni della
Tracia o di sili prossimi , ove il cullo dionisiaco era
pur antichissimo. Questo si è voluto certamente in-
dicare da quel particolare costume, che mollo si as-
somiglia a quello delle Amazzoni. E non è poi nuovo
ne' monumenti, ne' quali lo slesso Bacco apparisce
talvolta colla breve tunica , e co' coturni.
In quanto alla rappresentazione dell' altra faccia
del vaso, avverto che il persecutore Sileno mostrasi
itifallico. La Baccante inseguita a lui presenta a difesa
un serpente. È ben conosciuto che questo rettile fu
riputato simbolo di Bacco , per modo che ponevasi
in seno degli iniziali. Veggasi il Vossio de idol. lib.
II cap. 14 , e lib. IX cap. 29 ; il Bolle recherches
sur le eulte de Bacchus toni. I p. 1 13esegg., il quale
attribuisce appunto alla natura de' serpenti di Tracia
e dei luoghi vicini la loro dimestichezza colle Bac-
canti ibid. p. 134 e seg. Il che venne pure osservato
dal Lobeck Aglaophamus p. 296. È poi conosciuto
che ora un serpente ora due uscir si veggono dalla
mistica cista in numerosi monumenti : e già dotta-
mente ne favellarono il Lami sopra le ciste mistiche
ne saggi di Cortona toni I, ed il Panel de cistophoris.
Comunque sia , in varii bassirilievi veggonsi Menadi
con serpenti fra le mani (Lachausse mus. roman. secf.
II n. Il; Maffei mus. Veronese CCXVHI-CCXIX ;
mon. Mattejana IH tav. XX , 2, 33; Zannoni illu-
slraz. di un antico vaso in marmo tav. d'agg. 2 p.
22 not. 53 ). Il sig. Raoul-Bochette già fece una dolla
discussione sulle differenti figure , alle quali si trova
dato l'attributo del serpente, per distinguere fra loro
le Baccanti , le ninfe delle fontane, Teli , Cleopatra ,
(mon. inéd. pag. 22 e segg. ). Non so pertanto se
debba facilmente ammellersi che la statua del Vatica-
no, già conosciuta col nome di Cleopatra, sia da ri-
tenere per una Teli addormentata , e non piuttosto
per uni Baccante : come fu opinione di altri archeo-
logi.
MijicnviNi.
— 14 —
Nuovi acquisii epigrafici del real museo Borbonico.
In questi ultimi anni il real museo Borbonico ven-
ne notabilmente accresciuto o per doni ricevuti dai
particolari , o per novelli acquisti. E non sarà discaro
il trovare in questo luogo riunite le notizie relative
alla collezione epigrafica , le quali vengono a modi-
ficare quelle già date da altri archeologi , e princi-
palmente dal Franz nel Corpus inscriptionum grae-
carum , e dal cb. Mommsen nella sua vasta opera
sulle antiche iscrizioni del regno di Napoli.
Iscrizioni in dialetti italici (1). 1. Fu certamente
uno de' più importanti acquisti quello della celebre la-
pida di Orecchio, già conosciuta per le pubblicazioni
dell' Istituto di corrispondenza archeologica (rnon.ined.
voi. IV tav. LX, 2, annali t. XX p. 429), e del eh.
Mommsen ( unlerital. Dialeklen tav. II pag. 333). È
nota la rarità delle iscrizioni in carattere e dialetto
sabellico , di cui non conoscevasi , oltre la lapida di
Orecchio , se non il frammento di Cupra marittima
( Mommsen /. e. tav. XVII p. 333 ): e non ha guari
fu pubblicata dal eh. sig. de Guidobaldi un5 altra in-
teressante iscrizione rinvenuta a S. Omero (Alessan-
dro e Bucefalo p. 143). Riesce dunque di sommo in-
teresse il veder conservato in uno de' più celebri mu-
sei di Europa un monumento di cosi difficile inter-
pretazione , che richiamerà le cure e le ricerche dei
dotti.
2. Trovansi nuovamente collocale fralle terrecotte
antiche le (egole con osebi graffili , di cui dicemmo
nel 2 anno di questo bullctlino pag. 118, seg.
3. Non parlo dell'altro capitale acquisto fatto alla
scienza con la lapida viaria pompejana, di cui te-
nemmo più volle discorso in questi fogli; perchè tro-
(1) Al dialetto etrusco appartiene una patera con graffilo sotto
la base , che si risente dulia influenza sannitica ( è pubblicato in
questa nuova serie del bullctt. an. 1 lav. 1 n. 2 ): essa fu recente-
mente acquistata, e collocata fra' vasi dipinti. Non è lo slesso della
patera di Marnerei), siccome per equivoco fu da noi asserito: vedi
questo bull. an. II pag. 168; ma ritrovasi tultavia nelle mani del
cav. Bonichi.
vasi tuttora sopra luogo, e non ancora è stala collo-
cata fralle iscrizioni pompejane del real museo.
4. Ma son certamente da ricordare le terrecotte
con bassirilievi e con sannitiche iscrizioni rinvenute
nell'antica Oapua , e pubblicate in questo bullettino
(an. I. tav. XIII. n. 2, ed an. II. tav. V, num. 1),
le quali presentano reliquie non solo di quel dialet-
to , ma ancora dell' arte coltivata presso quell' antica
popolazione. Sono ancora nella raccolta delle terre-
cotte.
Iscrizioni greche. Valga per tutte la insigne base di
L. Claudio Arriano , che ci presenta ad un tempo
un console sconosciuto, e la novella fratria de' Cre-
tondae (vedine la pubblicazione in questo bullettino
an. I p. 9,s. ). Al qual proposito mi piace di notare
che la frequenza del finimento in wvetas in nomi d' i-
scrizioni beotiche , non pruova che quella fratria fosse
di origine beolica, siccome ha osservato il mio dotto
collega Garrucci (bullelt. nap. n. s. an. I pag. 18 e
79 ) ; perciocché è ben risaputo che simili nomi ap-
parvero non di rado altresì nelle epigrafi dell' Attica
e di altre regioni , come faremo osservare alla pub-
blicazione della nostra memoria accademica su quel
patrio monumento.
Iscrizioni greche e latine donate a Sua Maestà dal
sig. Principe di S. Giorgio. Il eh. Direttore del Real
Museo Borbonico e soprantendente generale degli
scavi del Regno , trovandosi a possedere non pochi
marmi greci o latini , ne fé la offerta all'Augusto So-
vrano , il quale graziosamente accettando quel do-
no , comandò che fossero le lapide collocate nel real
museo.
Sono in questo numero cinque greche iscrizioni.
La prima fu pubblicata da vani anni nel bullettino
archeologico di Avellino (an. V p. 117), e poi ri-
prodotta dal Welcker (Rhein. Mus. 1850 p. 618 n.
9), e dal eh. Franz (corp. inscr. gr. tom. IN. pag.
1258 n. 5854 b). Alla 1. 5. leggi CPMHC , siccome
era slato notalo nell' errala alla primitiva pubblica-
zione.
La seconda fu pubblicata dal Guarini (eomm. XIV
p. 16) , ed ora è nel corpus insci: graecarum (pag.
1257 n. 5827 b). Dalla nuova pubblicazione, che
— 15 —
qui ne diamo , si rileveranno le poche varietà di le-
zione.
OKTAOTIA • TAIOTA
n€A€T0€PA • OIKO
TMCNH • nOTBAICOI
*OTAOTIC0I nOTB
AIOT An£A€T©€P
COI • BAAGTCOI
Nota il significalo e la costruzione della voce ol-
xovixevr\. Nel principio della 5 linea è chiaramente un
A per A, per errore del quadratario.
Inedite sembrano le seguenti.
1.
ArAQOKAHC
TPftfCONOS * TIOC
ZHC€N • CTH • NH
NII'PeiNOC AA€A*OC
e©HK€N
Nella 4 linea l' A della voce AA€A$OC manca della
traversa : le due ultime lettere di AA£A<I>oC sono
più piccole.
2.
A • TPCBCONI
OC • IAMBOG
TP€BU)MA
CTOAIA CTM
BICOMNHMHC
XAPIN
CTAAKKIA
CTOPrH
11 nome Sllaccim è assai frequente nelle iscrizioni.
Sembra di significazione presso a poco simile alle voci
latine Stlalta, Sllatlarius. E pur risaputo che si trova
un A. Tellius A. I. Sllatla appo il Marini (Arvali p.
62). Sicché non è improbabile il supporre che Stiac-
cia sia lo stesso che Stlaliia per il solito scambio del
t col e, specialmente avanti un i seguito da altra vo-
cale. Anzi questo scambio si verifica anche senza l'i,
come altrove osservammo (in quatuor graeca dijAom.
p.39, e 40). A proposito di questo nome, non voglio
mancar di notare che il eh. Garriteci lesse in graffiti
pompeiani Latta, Laltagus, Lattario (vedi add. ad
ci. praet. Miscn. p. 80 n. 241 ); ove però il lalta-
gus sembra originalo dal greco XccVa? , e \<t.rxyr\.
La ortografia del doppio t nelle voci sllatla, o latta e
loro derivati, pone alquanto di dubbio se debba rico-
noscersene la origine dal latino antico stlalus per lalm
(Festus p. 313 ed. Miiller), che il sig. Curtius para-
gona col greco TrXan's ( vedi la Zeilschrift fiXr ver-
gleichende Sprachforschung del signor Kuhn, 1853
pag. 157).
Molte iscrizioni latine furono da noi pubblicate nel
secondo anno del bullettino pag. 103 n. 11, 12, 13
(cf. la correz. an. IH pag. 7 not. 1), 14, 15, 16;
p. 104 n. 17, 18, 19: pag. Ili n. 20, 21: p. 112
n. 22, 23, 24, 25, 26, 27: p. 136 n. 28: p. 151
n. 33: p. 152 n. 35 ; ed una nell'anno III p. 6n. 1.
Altre molte trovansi già riportate nell'opera del Mom-
msen ìnscripliones regni neapolilani lalinae: e noi qui
le accenneremo per indicare alcune varietà di lezione
da noi rilevate , avendo avuto la opportunità di stu-
diarle coi nostri proprii occhi.
Mommsen n. 2680 : esattamente pubblicala. Ulti-
mamente fu riprodotta dal Garrucci (ci. pr. Misen.
pag. 38 n. 41 ).
N. 2722. È un frammento mal conservato. Nella
3 linea dopo il SEPTES seguono tracce di due let-
tere che sembrano E M. Nella 4 linea leggo ODINE
Appariscono nell'ultima residui di caratteri, da' quali
nulla di certo può ricavarsi. Vedi pure il eh. Gar-
rucci cl.pr.Mis. add. ad p. 80 n. 241.
N. 2770. Nella 5 linea leggi AN ■ LX in vece
di AN • • IX • Vedi pure Garrucci (ci. praet. Mis.
add. ad p. 49 n. 59.).
N. 2781, e meglio n. 7219. La iscrizione non
— 16-
manca cbe di una sola lettera io alcune linee. Va
letta come segue :
D • M
C • EPIDIVS • FIRMVs
EX III HERCVLINA*
tfESSVS VIXlT ANNIS
XXX • MILITA • ANN X
• • • T • COM1N1VS
Nulla di certo è nell' ultima linea.
Veggasi pure il eh. Garrucci, il quale legge per
congbieltura alla 5 linea • • • • ANN ' XX (ci. pr.
Miseri, add. ad p. 64 n. 160).
N. 2783. La sola varietà è alla 4 linea , ove si
legge C • LONG1N1VS invece di LONGINVS. Il eh.
Garrucci non ha riscontralo il marmo originale , e
perciò ritiene LONGINVS (ci. pr. Mis. add. ad. p.
68 n. 17).
N. 2810. Fu riprodotta dal eh. Garrucci (ci. pr.
Mis. p. 65 n. 166), il quale ne presentò le corrette
lezioni nell'appendice alla citata opera.
N. 2822. Nella prima linea appariscono tracce di
lettere; la terza dee leggersi MILIT • ANNIS • XXIIII.
N. 2870 : esattamente pubblicata.
N. 2965 : esattamente pubblicata.
N. 2970. Lin 4 VIXIT; lin. 5 ìli: in fine di que-
sta e della seguente sono due punti triangolari.
N. 2978. Ben legge il Mommsen GAMICE.
N. 3012. Lin. 2 - BI • XIT. Lin 3 - ME . SI •
BVS, e IV LE- Lin. 4. -A • GAL • LE- IA- MA-
TER. Nella sesta linea accanto al TI sono scolpile
una corona e due palme , che mancano affatto nelle
prime pubblicazioni.
N. 3047. Non vi manca nulla, mentre tutt' altro
rilevasi dalla prima pubblicazione del Guarini. Per-
ciò le prime tre linee vanno lette così :
D M
TI • CL • STEI'HANVS
ET • MIND1A DROSfS
In fine della iscrizione sono due foglie di edera col
gambo.
, /
N. 3076. Vedesi un apice sull' E alla prima linea:
e nella terza leggesi 1SIDORAE , con AE in mono-
gramma.
N. 3096. Esattamente pubblicata.
N. 3122. Leggasi
FOLIA • M • L • HILA
L'Aè quasi in seno dell' L. I punti sono triangolari.
N. 3189. Esattamente pubblicata.
N. 3228. Sulle sigle D ■ M si osservano gli apici.
E confermata la lezione SECVNDILA (lin. 5) del
Guarini. Neil' ultima linea è FEC non FECIT.
N. 3233. La seconda linea va letta così
L • SVTORIVS • EVTYCHVS • B • M • FECIT
N. 3292. In fine di questo frammento veggonsi
due foglie di edera alternate con le parole ET SVIS.
N. 3326. Esattamente pubblicata , se non che la
5 linea si legga :
ET • DVRONIAECALLITYCHE
N. 3328. Vedi le cose dette nel 2 anno del pre-
sente bullellino pag. 1 5 1 e seg.
N. 3364. Esattamente pubblicala.
E uno degli esempli del Marcus adoperalo come
cognome. Vedi questo bullcttino an. II pag. 104.
N. 3377. Pare che alla seconda linea debba leg-
gersi LI e non II.
N. 3437. Leggesi alla linea 4. KAIETTANVS.
Questa ortografia accoppiala all' uso del K mostrano
una greca fisonomia. Kaietlanus è un altro di quei
cognomi derivali da cillà, de' quali parlammo altro-
ve (an. II p. 101, e 152).
N. 3450. Esallamente pubblicata.
(Continua)
MlNERVlNI.
Giulio Mikervi.m — Editore.
Tipografa di Giuseppe Cataheo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 53. (3. dell' anno III.)
Settembre 1854.
Nuove osscivazioni sulla napolilana epigrafe dì Teltia Catta. — Monde di Pyrnos della Caria illustrale.
Nuove osservazioni sulla napolilana epigrafe
di Teltia Casta.
Dopoché pubblicai per le stampe nell'anno 1845
la illustrazione della napolilana iscrizione di Teltia
Casta ( 1) , molti uomini dotti nel dar conto di quel
mio lavoro , sottomisero il monumento a novelle ri-
cerche ed osservazioni. Tali sono le recensioni de' si-
gnori dottor Teodoro Mommsen (bullett. dell' istit. di
corr. arch. 1845 p. 206-208), prof. Carlo Federigo
Hermann ( Goellingische Gelehrte Anzeigen 1846 n.
184 p.1834 eseg. ), dottor Guglielmo Henzen (bal-
lettili, eit. 1846 p. 73 e 159); e le osservazioni del
sig. dottor Franz (bullett. arch. napol. an. V p. 13
e s. Corpus inscr. graec. voi. Ili p. 745 s. n. 5838),
e del Conte Bartoìommeo Borghesi (bullettàio archcol.
napolitano an. IV p. 34). Non parlo di un articolo
del sig. Teodoro Avellino inserito nel medesimo bul-
lonino (an. IV p. 35 e seg. ) ; perdio non contiene
che una semplice notizia del mio lavoro ; come pure
della novella pubblicazione di parte dell' epigrafe falla
non ha guari dal eh. Corcia (storia delle dueSic.\oì.
Il p. 232). Ora intendo di presentare ancor io alcu-
ne nuove osservazioni sulla importantissima lapida ,
di che è parola. Serviranno esse di appendice al mio
precedente lavoro , che ne rimarrà in parte emen-
dalo iu parie confermato. In alcune opinioni trovan-
domi tuttavia discorde da taluno de' dotti sopra no-
minati, ho credulo opportuno di far seguire poche os-»
servazioui relative ai supplimenti , ed alle cose con-
tenute nella parte esistente della epigrafe. Nelle quali
ho sviluppato le ragioni che mi conduceano a se~
(1) L'antica lapida napolilana di Tenia Casla a miglior lezione
ridona ed illustrala. Napoli 1845 in 8,
4JY.YG ///.
guirc le nuove opinioni, ed i nuovi supplimenti pro-
posti da' dotti, ovvero ad allontanarmene. Intanto
per nulla tacere , che sia attinente alla storia delle
varie pubblicazioni della nostra lapida, dirò che il
Romanelli moltissimi errori commise nel parlarne
(Napoli ani. e moderna parte 1 pag. 42 e segg. ).
Egli asserì che fosse iu un gran tegolo di creta colla;
pubblicò i soli cinque primi versi portati da Ignarra,
soggiungendo giacché i restanti poco hanno d' interes-
sante ! : adottò sulla casa del pianto la spiegazione d'1-
gnarra , e credè ebe fosse un solo senatusconsulto.
Io per me credo che il Romanelli non l'avesse né
veduta né letta giammai. È poi da ricordare che an-
che nella guida di Napoli, pubblicata nella occasione
del settimo congresso degli scienziati italiani , si ri-
tiene la falsa lezione AIANOT (voi. I p. 56); men-
tre già il cav. Avellino nei suoi opuscoli aveala da
ben lungo tempo emendala.
Stato della iscrizione
Prima di tulto credo opportuno di avvertire che
la tavola da me presentata ritraeute la iscrizione, non
dee considerarsi un fac-simile. Cercai di metter sotto
gli sguardi del lettore un apografo , per quanto po-
tevasi colla stampa ; ma per ottener veramente l' in-
tento, era d'uopo di trarre un diligente disegno delia
iscrizione, e farne poi eseguire un'accurata incisione.
La mancanza di tale avvertenza ha fatto sì che al-
cuni dotti si sieno persuasi che qualche linea fosse
capace di maggiore o minor numero di lettere di quelle
che io avea immaginato ne' miei supplimenti.
Per tali molivi slimo utile dare tutte le dilucida»
zioni suU' attuale slato della pietra , e sulla diversità.
3
18 —
di grandezza de' carotieri dello differenti linee, le quali
cose sono necessarie a sapersi per fondare i giusti sup-
pliraenti.
La pietra, come non mancammo di notare, trovasi
inGssa nel muro al medesimo sito in cui fu messa da
principio, o almeno in cui era a tempo del Falcone.
Questa osservazione, già da noi fatta nelle varianti della
iscrizione dopo la pag. 2 del nostro precedente lavo-
ro, viene opportuna a richiamarsi dopoché ha scritto
il sig. Franz « et quod Minervinusnegat cerni a Fal-
» conio potuisse TlOT KAI ob fracturam lapidis ,
» falli videtur , quum fieri possit , ut quo tempore
» transcripsit Falconius , margo lapidis minus dclri-
» tus fuerit ; idemque factum esse v. 4, 5, 7, 18,
» conseulaneum est». Ripeto che la supposizione del
sig. Franz parrà inverisimile a chiunque abbia da
presso esaminato il monumento originale. I margini
si veggono tuttavia circondali dall'antico intonico del
muro, entro di cui è infisso. Non ha dunque poluto in
niun conio verificarsi che rimanendo in opera il pezzo
di marmo siesi infranto non dico a caso, ma neppure
per deliberala volonlà di taluno. Perchè ciò seguisse,
era necessario tagliare l' intonico, che si vede intatto
intorno la pielra ; ovvero tagliar la pietra rimanendo
l' intonico , ed in tal caso dovrebbe comparire senza
1 intonico il silo occupato originariamente dal marmo.
Siamo perciò sicuri che la oculare ispezione della
lapida avrebbe impedilo al sig. Franz di pensare che
i supplimenli del Falcone fossero in fatti esistili al-
l'epoca della sua pubblicazione.
A questa ragione di fallo, la quale non può incon-
trare alcuna difficollà , altre non meno valide aggiu-
gniamo, !e quali tendono a dimostrare che tutte quelle
parole che leggonsi nel Falcone ed ora non compa-
riscono verso la estremila destra della iscrizione, fu-
rono supplimenli da lui immaginati.
In falli avvertimmo pure nella noslra prima pub-
blicazione, che rilenendo nel v. 1 1 la lezione TIOT
RAI, mancherebbe la esalta designazione del conso-
le, restando dubbioso chi fosse quel Cesare figlio di
Augusto: e quantunque una tale reticenza si possa di-
fendere dalla ricordanza di quel Cesare già fatta nel
precedente decreto, pure converrebbe citare esempli
analoghi in ap| oggio della slessa.
É poi contrario a qualunque probabilità, che fosse
avvenuta una frattura in tal modo, che un sol verso
di minute lettere sporgesse in fuori , mentre gli altri
superiori ed inferiori fossero rientranti. Or questo sa-
rebbe il caso del v. 6, in fin del quale si aggiugnedal
Falcone --TOT OTTQS EAOSlìN. Se dunque da
questa considerazione si ricava che Falcone certamen-
te ha aggiunto qualche cosa del suo , verrà pur di-
moslrato che anche nelle altre linee non dovrà faro
alcun peso la sua autorità pe' v. 4, 7, 18. Più im-
pressione far potrebbe l' autorità doli' Ignarra per Io
finimento del 5 verso, ove legge l' inlero IOTNIOS
invece dell' IOTN , essendo egli sialo un diligente e
dolio ellenista ; ma la sua lezione trovasi conlraslata
da quelle degli altri , e specialmente dal Falcone ,
più inchinevole a compire le parole ( I ) , che a la-
sciare interrotle quelle che fossero realmente com-
piute. Deduciamo dal fin qui detto che non bisogna
contare sulle immaginarie lezioni del Falcone : la quale
deduzione riesce unicamente importante per eliminar
l' idea del finimento al v. 11 TlOTKAI , dalla cer-
tezza del quale, come da falso punto di parlenza, si
è riuscito in un torto cammino.
Vengo ora a dare l'esalta allezza di ciascuna linea,
perchè meglio possa valutarsi la probabililà de' sup-
plementi. Lio. 1 allezza 0ra,84— Lin. 2 alt. 0m, 60—
Lin. 3 ali. 0ra, 41— Lin. 4 alt. 0m,36— Lin. 5 alt.
0m,26— Lin. 6 a 21 alt. 0m, II— Lin. 22 alt. 0ra,
53 — Lin. 23 ali. 0ra, 43. Un'ultima avvertenza di
fatto si è che nel verso 12 tra noTAHS e IIOII-
IlA-" non vi è già una lacuna o un indizio di ledere
mancanti , ma vedesi la pielra liscia ed intatta senza
che vi sia traccia di carallcri. Quindi non vi è luogo
a supplire alcuna voce ; e perciò non dee ammetlersi
la ipolesi del Franz , che dopo il Jlot'ó'y.s vorrebbe
supplire NE per viuir^os. Manca dunque ogni appog-
gio anche alla lezione NE di altra napolitana iscrizio-
ne , proposta dallo stesso Franz ( corp. ima: gr. n.
5813 Ioni. Ili p. 750); e noi riteniamo la nostra le-
zione KAATAIOS nOTAXEP.
(I) Cosi al v. ti dopo avere erroneami'iiie leilo infine OT in
vece di ET, riporta l' inlero OTTnj;. Questo fa scorgere aeuf-
licicnza quanto poca autorità meritino i finimenti del Falcone.
- 19 -
Possibilità de supplementi. vole che l'dv/xoms di Pindaro, e l'àv/xorau di A-
Parlcndo dalla terza linea , di cui sono sicuri i rislide si riferiscono entrambi a sacri oggetti ed a re-
supplementi AOMITIavoD tÒ — xoù , è chiaro fatti i ligiose offerte. Comunque sia di ciò , non voglio la-
convenienti calcoli del numero comparativo delle let- sciar di notare che la voce àvccffraW era venuta an-
tere co' rimanenti versi, che le linee son capaci de'se- che a me in pensiero ; ma nel mio precedente lavoro
guenli supplementi. volli tutto lasciare nell' incertezza ; perocché la lel-
Lin. 1. Non può il supplemento oltrepassare le 4 «era che mi parve più chiara era il %.- Non pertanto,
lettere; quindi non può accogliersi l'I E FOT delsig.
Franz , che d' altronde non è necessario. Così quaudo
nella nota iscrizione di Lanuvio si è menzionata la
cuna mulierum , non si è apposto l' epiteto di sacra.
Lin. 2 è capace di 7 lettere , appunto quante ne
sono nella voce \J/*$jffftóc.ra.
Lin. 4. può contenere altre 8 lettere quante ne sono
con l'abbreviazione ypxl). if<x.prpxY: risulla perciò
impossibile che fosse per esteso ypvttyoyi.svuj , come ha
supposto il sig. Franz.
Lin. G possono aggiugnersi 28 lettere: noi ne ag-
giugnemmo 2G ; piccola diversità , se si consideri la
probabilità di una insensibile differenza di spaziatura
delle lettere fra loro.
Lin. 7 è capace di altre 28 lettere; noi ne supplim-
trallandosi di un luogo assai corroso , e non essendo
nuovo che in tali circostanze il X ed il 55 siensi tra
loro scambiati anche agli occhi di un diligente osser-
vatore , riterrò per poco i supplementi del Franz
àyxnró.(jìti tali Sioìi ìx rtov ìoiuit 7roiV)^AMENHÌ.
I troppo brevi suppHmenli del eh. Hermann non sono
da ammettere: ipyvpwv «.vSpia'vTwv diix ìfrfUfiaqiMifi,
oppure Trokinvaanisi-rfi: anche perchè, se si trattasse
di onore da attribuirsi a Tettia , non sarebbesi detto
in generale eh' ella era degna di statue di argento.
Lin. 11 , è capiente di altre 38 lettere; quante
sorgono appunto da' supplimenli da noi immaginati.
Lin. 13 può contenere altre 41 lettere. I nostri
supplementi ne contenevano solo 33: per tal motivo
riteniamo col sig. Franz 7rpòs tw" 7roi:<<73ou invece
mo 23. Vale la slessa osservazione che facemmo per del nostro 7TQÒS ruT 7rouTv, con che si aumentano al-
la lin. precedente. 11 supplimento ywcuxòs del sig.
Frauz compie appunto il numero di 28 lettere ; ma
ci sia lecito di notare che sembra necessaria la men-
zione del lodevole esercizio del sacerdozio , mentre
la parola yvmizòs toglierebbe quella opportunità.
Lin. 8. Noi rimanemmo dubbiosi sulla lezione
ANEX in fine di questa riga, e sulla parola, che
avrebbe poluto rappresentare. Potrebbe tentarsene il
cune lettere, giugnendo al numero di 38.
Liu. 14 è capace di altre 42 lettere : adottando il
xx) proposto dal sig. Franz innanzi a <j?ì$x\w<j%i ci
troviamo coi nostri supplementi a 43 lettere; lad-
dove i supplementi del sig. Franz sono inammessi-
bili, perchè lo spazio non comporta affatto altre 51
lettere. In quanto al 7rpQ<Tx)x\u<TX:iY immaginalo dal
sig. Hermann, pecca al conlrario di troppa brevità, e
supplimento col significato della voce av=xwj come quindi non può da noi accogliersi.
trovasi adoperala da Pindaro:
nX;?<TTot fjtfv où/p' v.'òwoirois éLviXPvriì
(iyxo|X. fragni. 2 pag. 605 Boeckh) ; ovvero richia-
mando il luogo di Aristide , il quale parlando delle
pitture sospese ne' templi come sacri donarii , sog-
giugne: in xx) tvn àncora/ \y ^icoii rrÀi UpoTs
Lin. 15, Accettiamo il {hp-oc/w \ir xi vto proposto
dal Franz, e dal dottissimo Hermann.
Lin. 18 è capace di lett. 48 quasi eguale al nu-
mero di lettere da noi supplito.
Lin. 22 può contenere altre 1 5 lettere salvandola
simmetria; perciò invece di THirATKTTATilI, po-
[hlhm. in Nept. tom. I p. 28 ed. Jebb). Non ignoro tremino ritenere THIET5;EBE5;TATHI,ocosasimile.
che quosle parole sogliono spiegarsi in significato di-
verso (Letronne appena, aux lettrcs d'un anliqu. pag.
33-34); ma la precisa determinazione h fjJffotS roìs
i'epo7s, e la formazione stessa di quella voce , par che
ci richiami ad una significazione di sito: ed è note-
Liu.23 è capace di lettere 19, e quindi èammes-
sibile il nostro supplimento.
Ecco dunque come, a parer nostro, vanno emen-
dali i supplimenli finora proposti , non senza trar
profitto dalle osservazioni de' dotti.
te
Cd
Iti. Cd
P g
w
o-
o
H
H
O
vr
e
Hs„*2
o o
w
VI
G
H
& vi
" O «sì
H
-,
P-
<
P
S-
C
t-H
E-
O
P
ti
2
e
Cd
te
«3
-
M
te
h
<
<
H
M
<l
VT
C
Ph
Ih
LL O
eq
H
vr
s
M H e
H h,
VT
l-H
<1
t— (
W
«<
te
PC
H
E«
Cd
<j
w
H
VT
«sì
VT
Cd
X
w
I— I
e
VT
l-H
Cd
vt
<J
Eh
W
«sì
«* te
^ «s:
vt
VX VX
n ^
g
c
1
Eh
w «s; ^ ^ (f, C
i-H m tri c-, P 9i r1
VT e
O b
<ì
vr
° ^
K
te; fc
Ph
a °
VT
O w
X
M a
«
vr
VT
e
Ph
p
te
Eh
te
S
E
Eh
<!
te
te
=
te
■ /--. ^H —
^£« /*^ ^H
VT
«ì
Eh
te
Eh
-
e
Ph
H
O
Ph
O
Pu
VT
VT
O
HH
«
H
O
<J
M
e:
H
re
M
«sj
o
Ph
P
Ss
w
VT
e o
B te
w G
te
G
H
&
«sì
1— ■ (
P-
<
te
-<
te
G
Ph
E-i
Ph
P-
-s)
te
«*!
c
te
Eh
Cd
w
e
1
I—
Ph
Eh
<
P
VT
H-
—
Eh
te
Ed
H
VI
g
te
te
-*:
Eh
Eh
W
H
G
VT
Eh
Ph
XI
I— . I
a
•4
o
Oh
td
Èh
0
b^
vx
w
Eh
o
■<
Ò
H
H
O
te
te
ce
© _3
o
Cd
G
H
VT
P-
e
te
w
g
te
Eh
VT
<!
te
Eh
H
5 VT
<
— H
Cd
V»
<
Eh
te
P-
<
te
te
Eh
te
1—1
-=!
c
te
sa
a
vt
<!
VT
M
®
Eh
Ph
<!
c:
te
«-H
Eh
VT
W ^
VT i4
Cd fc
1 —
H
vr
pg
>r
W
c
Ph
-Si
VT
td
Eh
C
-:
A
Vi
c
Ut Cd
o
<l
Cd
VT
G
H
O
ti
VT
G
te
VT
PC
P-
■<
Cd
G
te
Cd
o
•&
-«I
Ph
Ph
te
Cd
M
c
<1
Cd VT
VT P
VT g
L~L P-
Ph
Cd
te
vi
<
VX
i-
G
e
Eh
fd
^ te
Sa
^^ 1—4
o M
H
H
H
^ H-
Pd
^ H
te
Cd
te
ce
te
•<
VT
c:
Eh
a
Cd! H
H O
p.
Cd
Eh
te
*»!
C
te
ce
G
te
Ph
te
PC
Eh
Cd
ca
Cd
VT
Eh
Cd
te
G
Eh
te
ce
<
te
G
Eh
te
K
'r-
■x.
H
VI Pd
Cd jg
PS ^
te VT
te
W
ce
VT
Ph
ce
te
e;
H
Cd
-1
<
c
III
Cd
Eh
Eh
tri
Eh
VI
VT
PC
<1
f-
c
Cd
vt
e
M
Eh
P
<^
VT
P
C
VT
o
Cd
Eh
P
i
il
i-<
O
Eh
E
Cd
CC
te
G
te
P-
**•
VT
c
c
PL
Cd
VT
P
pa
Eh
O
G
H
PC
«3
te
Ph
«ejj
te
VT
l-H
O •
te >-<
^G
Cd
Eh
VI
-
r-
Cd
te
Cd
Cd
G
VT
C
PC
VX
<!
■<
PH
Cd
G
Eh
Eh
o
VT
C
Eh
ì
Ph
PL
cc
o
H
Eh
P
O
Ph
Cd
P
te
G
te
p-
o
E-
fc
Cd
l-H
c;
<
i
te
Cd
PP
s
l-H
X
VX
0
<
Cd
<J
PC
>— (
te
Cd
PC
S
HH
G
PO H
« O
Cd
VT g
Eh
Eh Kd! H
G 2
p
Cd
^<
VT
O
H ffi
te h
Cd VT
*S VT
Cd
H
e
Cd
<l *
tr5
©
È
;>
<
A
Eh
g VT
G
Eh
VT
Cd
Eh
Eh
Eh
C
G
ce
a
Cd ^
te te
S vt Cd
-si
te
Eh
h ,^ h B.
|-H Cd
Cd ed
Cd
w
ce
te
Cd
VT
O
PC
<]
te
Cd
S
PC
te
«sì
p
-<
1
Ph
C-
<<
W VT
' PC
Ph
P
te
G
te
Cd
g
O
e
-
Ph
te
G
P S
vi
e
Ph
Cd
te
vi
C
Eh
te
Cd
Usi
te
Cd
te
PC
te
VT
O
Ph
P
P
PL
Cd
«sì
E-
P
M
PC
te
PC
te
ce
te
«s!
P
«sì
te
«sì
VT
P
s
PC
Eh
Eh
Ph
-sì
s
G
te
«<
Cd
Eh
VT
G
VT
Eh
Ph
te
Ph
g
->
Eh
o
I— l
—
«sì
«sì
E«
P
Eh
P
te
t(j
Ph
— ì
VI
C
G
Eh
=
A
£
P
.H te
«Si >T
0 pq
^g
. Cd
te
CC
Cd
VT
E-
te
Cd
Eh
E«
C
H
P
P
te
Cd
P
Cd
Ph
^ nh'
>-< «sì
P ©
Cd VT
te o
HH <
Cd -.
Cd S
<1 P
PC <
w p
VT «
te
G
H
«sì
Cd
Cd
Eh
0
1-1
Eh
pq
te
G
H
•A
hH
Ph
«sì
P
w
Cd
-<
Eh
te
P
G
P
o
Eh
G
Eh
E«
«Sì
I— t
G
H
Ph Eh
Cd « Ph
P Eh H
«^^
m Cd
W
Cd
Ph
te
Pd
g
VT
ce
te
© HH
VT
se
Eh
VT
PC
•Jj ut
HH
VT a
H
Ph
CC IH
K
H
VT VT
<]
f-ì -H
C-(
<!
H VT
C
O H
«r<
H-
S
< H
te
«<
— 21 —
Osservazioni sulla parie esistente Mìa iscrizione.
Lin. 1 e 2 IEPEIA. Si è trovato dubbio dal sig.
Henzen sul sacerdozio di Teltia , avvertendosi che
tale opinione non era fondala sopra altra ragione ,
che sulla circostanza di essere traile altre divinità
Cerere in Napoli venerata. Ma non fu questo solo
motivo che ci spingesse a presentar quella conghiet-
lura. Il maggiore appoggio io rinveniva nel sagro
collegio di donne , a cui ella presedeva ; come ha già
notato il cav. Avellino (Bull. arch. nap. an. V pag.
119). Del rimanente ci piace di ricordare che il eh.
C. Federico Hermann , ed il eh. Franz trovarono la
opinione probabile, come dalle loro pubblicazioni ri-
levasi.
Al che aggiungiamo che tale si fu benanche il pa-
rere del dottissimo sig. cav. Welcker , il quale in
una sua lettera del 26 ott. 1845 a me diretta nel ri-
cevere la mia illustrazione , così si esprime « C est
» bien probable que l' oìxos yvyouxóóv se rapporto au
» eulte de Cérès, et une prètresse, qui avaitdesfon-
» clions pendant les cérémonies pratiquées dans cette
» curia mulierum , était panni le nombre des prè-
» tresses de la déesse, quoique pour le rang et pour
» le tilre il y avait sans doute des grandes diffé-
» rences ».
Riteniamo dunque la nostra opinione , la quale
trovò favore presso uomini di somma dottrina come
sono i sig. cav. Avellino, Hermann, Franz, e cav.
Welcker. E forse nella linea 7 era menzione della
divinità , di cui occupava il sacerdozio ; giacche le
parole Ar^Tfos jspow«<A£[vyiS trovami in piena cor-
rispondenza dello spazio mancante.
Voglio qui di passaggio avvertire che la famiglia
di Tettia e del marito di lei esser doveano delle prin-
cipali in Napoli, perocché il sacerdozio esercitato da
lei le imponeva obblighi annuali, a' quali erano scelte
particolarmente le mogli de' facoltosi ( Laporte Du
Theil recherches sur les Thesmoph. nelle mém. de l'A-
cad. des inscr. et bellcs letlr. toni. XXXIX p. 218).
E facoltosa esser dovea la nostra Teltia, la quale tante
beneficenze aveva fatte alla sua patria, offrendo pure
ne' templi statue di argento.
Si raccoglie da un luogo d'Iseo, che i mariti spen-
devano talvolta per le loro mogli , allorché fossero
ricchi, perchè adempissero a' sacerdotali doveri: e
questi si vanno in tal guisa annoverando: SzGixo^óf, ix
sarixv rxs yuvxìxxs, x.xì r xWx fax ^pocr,*;, Xh-
roupy-ly h fuT orgjuo (orai, de Pyrrhihered. infine).
Queste erano per avventura le cure affidale alla na-
politana sacerdotessa nel guidare quella casa di donne.
Alle quali ella aveva pure aggiunto il donativo delle
statue di argento, offerte forse nel tempio della dea ,
di cui sosteneva il sacerdozio. Sul Thesmophorion ,
su' banchetti avffirtrta. ivi celebrali, e sulle offerte
presentate dagli iniziali veggasi ciò che scrive il Ilaoul-
Rochctle (leltres archeologi /pia p. 174 e seg. , e 183
e s. ). Le sacerdotesse, di cui parla Iseo, erano però
annuali, ed ogni illustre matrona cercava di procu-
rarsi una tale onorificenza. Diverso era l'onore più
ampio di un sacerdozio a vita, del quale appunto go-
deva la nostra Tettia.
Altre memorie di simili sacerdozii, olire quelli da
noi citali , trovansi ora noli' ultimo volume del cor-
pus inscr. graec. Tali sono kpéx 'S'fixurr.s Ev^otL?
§lx [òiw (a. 3858) — xpxnp-vi otx fot'ov rov i-yn^xn-
arxrou 'èìov A.iowjOu (a. 3979) — Upy.nvo-.rx otx
filov (n. 4239)-/=psì>> SapccWos à,à j3/w (n. 43G5-)
— Upiòs 'llcxz'kiov; $;à frtoy (a. 4366) — l;pù'i ù=i~s
P»Vl> oià fii'ov (a. 4366,1») — 'npìvs 'Ac^X^ttioc o. (2.
(n. 4366, i). Veggansi pure i n. 5908, 5909, 591 1,
5913, e negli addenda n. 4340 f, g, p. 1158, s. e
n. 4366 p. 1165. — Sacerdoti a vita troviamo pure
ricordati in iscrizioni di Gythium di Sparta ( Vedi la
rev. archéol. del sig. Leleux an. II. p. 211 ).
Traile varie iscrizioni riferibili a questi sacerdozii
a vita, nel mio precedente lavoro (p. 4 not. 1), citai
una sacerdotessa di Cerere, la quale pure è detta §ix
(jiov h EXivffiòi Upux. Su questa voglio fermarmi al-
quanto, per proporre una mia idea diversa da quella
del dottissimo editore del corpus inscr. graecarum.
La iscrizione è riportata conio segue ( n. 386 t. I
pag. 443).
— 22 —
ETMOAniAnNATKOMIAA
AIABIOTENEAETSE1NIMEN
AAOftlYENSAMttAETHS
ETiEBlASE\EKATHS[n]PO[ST]AS[0EA2]
EniIEPElAi*AAOTlASAAOAAMElAiTHiKAEITOT
*ATEr25,e[TrATPOi]
Il Boeckh osserva: h EXìuuiTn /x\v (fortasse Ar\- tersi col senso precedente. D' altronde la lunghezza
(xr^rpos xx\ Kópr\S vel tale quiddam) , h tdpqt $k rrp delle righe può determinarsi dalla penultima linea ;
["'Hpxs?]. Al verso 3 poi dice parlarsi delle solenni sicché la seconda è capace di circa quindici lettere di
Aloe di Cerere; benché non sappia comprendere, co- supplimento. Ove dunque si ritenesse Ayyxr\rpo$ xcxì
me la voce 'Akuiouv si leghi col rimanente del di- Kopjs , si giungerebbe al numero delle lettere possi-
scorso. Io credo che potrebbe facilmente supplirsi la bili, senza trovar maniera di spiegare l' AAfifiN.
epigrafe, senza incontrar la difficoltà di quella parola, Io leggerei così tutta la iscrizione,
che per verità non può convenientemente connet-
ETMOAITIAONATKOMIAA
AIABIOTENEAETSEIMMEN[TON0EQNTONME]
[rjAfAjnNENiAMQAETHSfHPA-SIEPElAN]
ETSEBlA5ENEKATH2[n]PO[£T]A2[@EAS]
EniIEPElAi;$AA0riA2AA0AAMEIAìTH*KAEIT0r
#ATEi2S0[TrATPOS]
Nel primo verso manca il nome della sacerdotessa,
la quale apparteneva alla geute de' Licomidi o Lieo-
medi , che al riferir di Pausania (1, 22) ebbe un«-
}.s7rr\ptov nel pago de'Fliesi ( Lobeckh Aglaopha-
mus pag. 982): il che fa bel riscontro al finimento
della iscrizione. Nelle altre righe si determinano i
diversi sacerdozii , fra' quali mi è piaciuto ritenere
espresso quello delle divinità delle Tesmoforie per
tmv Bìwv vùiv \xiycxkwy , con piccola correzione all'
AAfifiN, da cui nessun senso può ricavarsi. È poi
noto che Ssal ixiyol'ku.t sono appunto chiamate Ce-
rere e Proserpina da' Greci scrittori. Così presso So-
focle (Oed. Col. 685), e nell'epigramma di Metapo
presso Pausania , il quale si serve egli pure della
stessa denominazione (IV, 1, 5 e s.). Veggasi il dot-
tissimo signor cav. Welcker (Rhein. Museum 1835
pag. 584 ) , il quale avverte ancora come v\ ix<yoL>.r\
.Steòs trovisi sovente nelle iscrizioni ad indicar Cere-
re (1). Ma torniamo alla epigrafe napoletana di Tedia.
In quanto all' otxos in significalo di sacro edifizio ,
ci piace di citare alcune altre autorità, olire quelle da
noi riportate, alle quali nessun' altra se ne aggiunse
finora, eccetto quella della iscrizione di Haliarlus ri-
portata dal sig. Henzen. Anche nell' ullima edizione
parigina del tesoro di Stefano v. olxos, nessun novello
esempio si riferisce; meno ì'olxosixutrrixòs di un luogo
di Dione Crisostomo ( Orai. XII ) : ma ha già notalo
il sig. Teodoro Avellino ( Bullclt. arch. nap. an. IV
pag. 40) che nella critica edizione del sig. Emperius
(p. 233) trovasi preferita la lezione \wxM txvarixòs.
Citerò pria d'ogui altro un luogo di Euripide, nel
(I) Il Welcker fece queste osservazioni nella occasione d'illu-
strare una laminelta d' argento di Posidonia, in risposta ad una let-
tera del cav. Avellino inserita nel medesimo giornale. Veggasi sulla
stessa ciò che dice il Raoul-Ilochelte nelle mém. de F Acad. dei
inscr. et belles lellr. voi. XIII pag 576, e la nuova osservazione
del eh. Cavedani riprodotta nel corpus insci . graec a. 5778.
— 23
quale parlandosi appurilo di un tempio, si dice oixtw
Sichórouv (Eurip./on v. 1548). Ma andava certamente
citalo a confronto dell' olxas dell'Efesia Diana un epi-
gramma di Timoteo ( apud Macrob Satur. V. 22 ) ,
che appunto di Diana parlando dice in fine: "Ho* rari
KsyXfw Tifi/o» olxov '-'x.-'- Parve al sig. Guhl che
s'intendesse il tempio famoso della Efesia Diana (E-
phesiaca p. 1 G5 ) ; e così sembra pure a noi, perchè
già ricordammo che quell' edifìzio fu denominato an-
cora olxos da Aristofane (/' ant. lap. Nap. di Telila
Casta pag. 39). Tutti questi luoghi tra loro parago-
nali si danno luce a vicenda. Nello stesso luogo ( p.
37 not. 4) citai una iscrizione ove il eh. Lebas leg-
geva TON NAON KAI TO TnGTAlON. Ora però
non voglio mancare di avvertire, che quella lezione
fu posteriormente messa in dubbio (rev. ardi. an. Ili
p. 288). Del resto sulle costruzioni sotterranee di al-
cuni (empii vedi gli annali dell' Ist. 1840 p. 69.
Lin. 3. L'epoca precisa del monumento resta dub-
biosa. È però indubitalo che non si ricorda il primo
consolalo di Domiziano. Nell'alternativa proposta dal
sommo Borghesi tra lo sposlamenlo del Leneone , e
la differenza del Valerio Festo da quello che fu col-
lega di Domiziano nell' 824 , io prescelsi questa se-
conda ipotesi. 11 signor Franz, ed il eh. Hermann
trovarono poco probabile questa duplicità di un per-
sonaggio della stessa famiglia. Olirà le osservazioni
da noi premesse, tendenti a dimostrare l'TIOTKAl
della linea 8 un'aggiunzione del Falcone, dalle quali
risulla non esser necessario riferirci al primo conso-
lato di Domiziano, alfre ragioni fortissime, sviluppale
dal Borghesi, lo ridussero alla conclusione «che mal-
» grado l'identità de' nomi e del collega,, si è for-
» zatamenle costretti di confessare , che i due Festi
» furono indubitatamente due personaggi diversi ».
Siamo perciò oltremodo lieti di veder confermata
all' evidenza quella fra le due ipotesi , che ci parve
la più probahile. Non vi sarà quindi necessità di
supporre lo sposlamento del Leneone, di cui non vi
è alcuna dimostrazione per l' antica Napoli ; quan-
tunque non neghiamo che potevasene ammettere la
possibilità , quando assolutamente ve ne fosse sialo
Insogno.
Lin. lo. ix. uu. r. |3. bvp.o<slu) '&rai\yw. Oltre gli
esempli da noi citati sulla voce fxctpwpot'fjia< col da-
tivo , alcuni altri se ne ritrovano nell' ultimo volu-
me del corpus inscr. gr. : fjLxprvfnfau fuT ivofi (n.
3831 ) ; fxflwpvp^ffai ctÙTuT ifj.p v\xiiv (n. 3832 , cf.
3833). Onori pressocchè simili a quelli che si accor-
darono a Tedia , furono ancora attribuiti dal popolo
di Astipalea ad un tal Putieuclo; come rilevasi da una
iscrizione già conosciula per le pubblicazioni di molti
(giorn. ardi, di Atene 1841 num. 10 p. 457-458
n. 684. Raoul-Rochelte leltr. à mon. Schorn. § III
n. 298 p. 386 2." ediz. questioni de l'art, p. 142-
143. Boeckh e. i. gr. n. 2488 e t. Il add. p.1098).
In essa è pur detto che WiyL<x.Gi....ht«.ivw, j^vasuiffn-
$%vm, eie. Cosi pure nella celebre iscrizione di Rodi,
ov'è menzione del collegio degli Eliasli : 'erlfiours....
htauYut) xpuffiu> ar-^xYM eie. (Bulletl. dell' Ist. arci).
1834 p. 218; corpus inscr. gr. n. 2525, b p. 392
d cf. add. p. 1099. Su questa epigrafe sono da leg-
gere ancora le dotte osservazioni del celebre Cavedo-
ni nel Giornale leder, di Perugia an.III p.163 e s.).
Lin. 19. àirò rov rg/^ous h y&Tuintw. Importami
osservazioni ha falte il sig. Mommsen su questa parie
della epigrafe (vedi pure quel che dicemmo nel real
museo Borbonico voi. XV tav. XXV-XXVI p. 6) ; e
quandanche nulla di cerio puossi rilevare, pure sem-
bra che quella regione bassa di Napoji fosse appunto
verso le mura della cillà : e forse, ove potesse effet-
tuarsi uno scavo in questo sito, di immense scoverle
epigrafiche potremmo arricchirci. Del resto delle an-
tiche muraglie di Napoli fa pur menzione Vellejo Pa-
tendolo; vires aulem veteres earum urbium (Clima e
Napoli) hodieque magnitudo ostentai moenium (lìb. I
cap. 4).
Dobbiamo poi, ad onor del vero, dichiarare che le
voci h \Kifuriroo da noi interpretate in fronte, furono
da noi riferite al muro di fronte del monumento di
Tettia , che chiuderlo dovea verso la strada. Così
interpellò le nostre parole il cav. Avellino (bidlett.
arch. nap. an. IV p. 128) , e così infatti ci sembra
anche adesso. Veniva prima il muro della città , poi
la pubblica strada, ed in essa il fronte del monumento,
che io prendo pel muro esteriora dalla parie della
— 24 —
strada. Di contro a questo muro per lo spazio di 30
o 36 piedi non era permesso ad alcuno V edificare ,
onde non ascondere il sepolcro della onorata sacer-
dotessa. E dico 30 o 36 piedi, giacché forse van me-
glio divise così le parole ìvròs 7roòòJv TaiaLxovrtx \%oi-
xohóiAHv ìTrtTpiTMY. intra pedes 50 exaedi ficare liceat;
siccome non tralasciammo di notare nella nostra pri-
ma pubblicazione.
Non vogliamo aggiugnere alcuna particolare av-
vertenza sulla politica forma dell' antica Napoli , e
sulla quistione più volte agitata fra' dotti, se la no-
stra città addivenne giammai romana colonia , ed iu
qual tempo. Sarà più opportuno toccarne alcuna cosa,
quando ci sarà dato di pubblicare la nostra memoria
sulla epigrafe della nuova fratria de' Crelondae , letta
alla reale Accad. Ercolancse. E solo conchiuderemo
questo nostro articolo col manifestare di nuovo il de-
siderio che la lapida di Tettia Casta sia acquistata pel
real museo Borbonico , e per tal modo sottratta alla
distruzione, o almeno a'guasti, a' quali trovasi espo-
sta. La perdila degli altri due decreti del napolitano
senato, pertinenti alla medesima epoca; la distruzione
miserevole della celebre lapida relativa alla fratria de-
gli Aristei , della quale non rimasero che pochi fram-
menti , conservali nel real museo Borbonico ; e la
disparizione di altre importanti epigrafi napolitane ,
ci spingono a consigliare la più diligente custodia di
quelle che fortunatamente sono fino a noi pervenute.
Il ritrovamento della lapida de'Theotadae venne a di-
leguare le false lezioni , che furono argomento di sva-
riate conghie ttu re per parte di arditi filologi: e la
conservazione di questo importantissimo monumento,
dovuta alle cure del defunto Avellino , che ne pro-
pose l'acquisto pel real museo Borbonico, sarà la
base di tutte le ricerche , che potranno sul medesi-
mo istituirsi. Così avviene di qualsivoglia patrio mo-
numento, segnatamente epigrafico; giacché dallo stu-
dio delle napolitane iscrizioni può trarsi non poco
vantaggio a diradare le tenebre che offuscano le me-
morie dell' antica Napoli; al che non bastano le nar-
razioni degli storici, e degli altri antichi scrittori.
Non possiamo dunque a sufficienza raccomandare
la riunione dei documenti superstiti del nostro paese
in un sito, ove siano al sicuro da qualunque danno ,
ed aperli allo studio de' dotti.
E ciò diciamo in modo precipuo della iscrizione
di Tettia Casta , della cui importanza non può muo-
versi dubbio da alcuno.
MlNERVINl.
Monete di Pmkos della Caria illustrale.
La città della Caria di nome Ilypvos, Pyrnos, non
trovasi memorala che da Stefano Bizantino , e da
Plinio [Nat. h. V, 29), il quale ne insegna anche li
sua situazione nella Perea , in faccia a Bodi, con di-
re : oppidum Cannos liberimi, deinde PYRNOS. Essa
non ne trasmise che poche ma belle monete di rame
così descritte dal Mionnet ( Descr. n. 424 , 425: cf.
Pellerin , Ree. pi. LXV11, 50 ).
Testa d'Apollo laureata, vista di prospetto.
)(PrPNHaN oppure FTP, Conchiglia marina
univaha. iE3, 1 7S F.*, F.tk
La testa del ritto , il bello stile , e la forma semi-
arcaica del r , che parve T al Mionnet , le mostra
impresse ai buoni tempi, allorché la Perea dipendeva
da Bodi. La conchiglia poi turbinata , che vedesi nel
riverso, ne forma il più bel pregio, poiché ne mette
solt' occhio la vera forma della conchiglia, della quale
usavano i pittori Greci , e che raccoglievasi segnata-
mente nell'acque della Caria ( Aristot. hi$t. anim. V,
15 : cf. Schneider ad Vìlruv. VII, 13, 3): ru> Vi e>2
■ypocpsìs t&rTpsw ^ptèrt"r«|j 7roLxct ** foXì» y7rsp|ìoXXsj,
xoù s^wSsv rov òarpctKQ'j tò óV&os hfiyiy¥pnu ' licrl hi
rà. roio-ùrci. ( o<rrpi% ) f^aXicrra 7tip] rovi róirovi rovs
Trip] Kap/av. La conchiglia della medaglia di Pyrnos,
stando al disegno del Pellerin , risponde alle parole
del greco naturalista ttxxii irokv vTrtpfìàfWu . Del re-
sto , anzi che concha univalvis , come la chiama il
Mionnet, credo doversi essa appellare mitylus, o con-
cha bivalvis,
C. Cavedoni,
Giono Minervim — Editore,
Tipografia di Giuseppe Càtanbo,
BOLLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 51 (1 dell' anno III.)
Settembre 1851
Dichiarazione di alcune medaglie del Chersoneso Taurico , e della Sarmazia Europea. — Su di una iscrizione
di Ponlelalone.
Dichiarazione di alcune medaglie del Chersoneso
Taurico, e della Sarmazia Europea.
Con questo tenue scritto altro non intendo che di
far qualche giunta e rettificazione al detto dal som-
mo Eckhel; e mi duole di non avere potuto consul-
tare iu proposito gli scritti del dotto Koehler.
CERCINE scu CERCINITIS
Questa nuova città numismatica fu primamente po-
sta in luce, un dieci anni addietro, dal eh. Friedlaen-
der (Annali arc/ieoZ.f.XFJ,p.232-234, lav.d'agg.L.)
colla descrizione , disegno ed illustrazione delle se-
guenti tre monete di rame del R. Museo di Berlino
provenienti dalle parli della Russia.
1. KEPKl , Figura virile barbala, vestita di una
pelle, o di stretta vesta, sedente sopra uno scoglio, che
con la s. si appoggia allo scoglio slesso, e con la d. tie-
ne una scure di forma barbarica.
X KAAAIA, Cavallo gradiente. ^E. 5.
2. Altra simile con HlflOKPA nel riverso.
3. KEP, Testa di Diana con la chioma ruccoltain
nodo al didietro, ornala di un motiile di perle , e con
faretra air omero.
)( EPMA, ferro gradiente fornito di larghe cor-
na ramose. JE. 5.
Egli rapporta i luoghi di Amano e dell'Anonimo
del Periplo del Pouio Eusino, che ne attestano come
KspxiuTis era situata fra le città di Cherroneso Tau-
rico e K%\òv Xiu/vot ; e ne illustra i tipi co' riscontri
di Strattone e d'altri scrittori antichi. Il sospetto, che
venir potesse in mente ad altri , che quelle monete
ANMJ III.
spettar potessero all'isoletta Cerciae posta nelle vici-
nanze d' Efeso ( Plin. ÌV. Hisl. V, 38, 2 ) resta escluso
si dalla provenienza come dalla maniera della fab-
hrica di esse singolare ed analoga a quella delle mo-
nete d'Olbia e di Panticapeo. Arroge la forma della
scure posta in mano all'eroe sedente sopralo scoglio,
la quale è assai somigliante alla scure Amazonica o
barbarica, che nelle monete d'Olbia vedesi posta da
lato alla faretra ovvero corylus. Quell'eroe ignoto
vuoisi probabilmente credere fondatore di Cercine ,
e sedente sopra lo scoglio quale figliuolo di Nettuno,
e di nome analogo a quello di Kepxt'òuv figliuolo di
Nettuno slesso. Al nome suo Kipxucuv , o simile, al-
luder potrebbe fors'anche la stretta vesla o pelle vil-
losa eh' egl' indossa (cf. Hesyeb. v. Kspcos- oìttXti,
al. Ki'pxu ).
Alle sovra descritte tre medaglie di Cercine forse
aggiunger potrebbesi la seguente (Mionnet Suppl. n.
205 sub Caria ).
4. Testa di Giove barbata laureata.
XJSracw *»• **■*-•■
Questa fu dal Sanclemente attribuita a Chersoneso
della Tauiide, e poscia dal Sestini (Leti. nutn. cont.
T. IV, p. 12) data a Ceramo della Caria: ma il tipo
della clava ed il nome Tracico KOTTOS meglio si
converrebbe a monela di Cercine della Tauride.
CHERSONESVS
1. XEP , Testa giovenile laureala radiata, con li-
tuo militare al dinanzi.
)( Donna turrita stante con freccia nella d. e con
arco nella s. AVR. i %,
— 26
L'Eckhel si siede contento ad avvertire il pregio
insigne di questa medaglia per riguardo al nobile suo
metallo: ma vie più pregevole parmi in riguardo al
tipo del riverso , che rappresenta la città personifi-
cata , oppure Diana di lei fondatrice e tutelare , a-
vendosi da Mela ( de situ Orb. II, 1 , 3 ) : oppidum
Cherrone a Diana (sic creditur) conditimi. Il dotto
Tzschucke a questo luogo commenta : quis vero cwn
Mela urbemaDiana condilam tradal, ignoro. Callimaco
peraltro sembra accennare a simili credenze [in Dian.
v. 34); e nelle monete di Cerasa della Decapoli, co-
me altra volta avvertii (Spiai, num. p. 275: cf. Bull,
ardi. 1837 p. 168), presso la testa di Diana è scritto:
APTEMIC TYXII TEPACS2N. In altra moneta di
Cherroneso della Tauride, di rame, ricorre lo stesso
tipo di Diana turrita, o della Tt'x"/j della città, e nel
ritto v'ha la lesta barbata di Pan; ed ho gran sospet-
to, che nel ritto dell' aureo descritto dal Sestini , in-
vece del lituus militaris, vi fosse un pedum pastorale.
2. Leone stante a dritta con la lesta rivolta a sini-
stra e col pie sinistro alzato.
)( XEP, Testa di Pallade a dritta: il lutto entro
un quadralo incuso. AR. 6 '/» F. a. *.
Questa insigne monela di fabbrica arcaica bella
(Mion. Suppl. n. 1 ) può credersi impressa circa ai
tempi di Erodoto; di che si conferma l'avviso del eh.
Boeckh ( Corp. I. Gr. T. Il, p. 90) riguardo alla ra-
gione del silenzio di quello storico intorno alla città
Cherroneso. Il tipo del diritto è desisamente Milesio;
e non sapendosi che i Milesii avessero parte nella fon-
dazione di Chersoneso ( C> I. Gr. T. II, p. 89 ) , il
tipo stesso sembra doversi riferire ad una concordia
tra Cherroneso e Panlicapeo fondala da coloni Mile-
sii [ih p.98 ); tanto più, che in allre monete di Cher-
roneso ricorre la lesta di Pan ( Mion. descr. ». 2.) ri-
traila evidentemente da quelle di Panlicapeo. Del re-
sto , in una lumina aurea proveniente da Panlicapeo
(Arneth, Gold-und-silber-Monum. p. 22, n. 20, taf.
G. I, n. 20) veggonsi le teste di Pallade e di Pan ac-
coppiale a guisa di Giano.
3. S3X , Eroe ignudo , con pileo o galea conica in
testa, che piegando un ginocchio a terra protende /' a-
sla con la d. e tiene nella s. lo scudo alzalo ; fra' suoi
yiedi , la h Itera T.
)( OPONT , Protome di cinghiale alalo ; il tutto
entro un incavo rotondo come martellato. Ali. 5 F. a*.
Anche questa insigne medaglia del R. Museo di
Monaco (Sestini, lett. num. coni. T. IV, p. 10 , n.
1 ) risale verso i tempi d' Erodoto , ed è pregevole
per ambo i suoi tipi. La protome del cinghiale alato
è lipo proprio delle monele vetuste di Clazomene
dell'Ionia, e d' Ialiso di Hodi altresì (v. annali ardi,
t. XIII. p. 145); e sembra accennare a concordia
de' Chcrronesii co'Clazomenii, i quali avevano erette
alcune specole (axcnràs) verso il Bosporo Cimmerio
(Slrabo À7 p. 494: Pliu. VI, 7, 1), oppure è sim-
bolo di forze navali (Annali ardi. T. XIII , p. 148).
L'eroe, in atto di agguato, o di aggressione, protetto
dal grande suo scudo, fu reputalo e detto Achille
dall'Eckhel e dagli altri numografi. Il signor Raoul-
Rochette ( //ere. Assyr. p. 224) ha di recente posto in
dubbio quella bella e felice interpretazione , non al-
tro ravvisandovi che un lipo d' origine asiatica , che
ricorre anche in monele arcaiche di Cizico, di Tarso
e d'altre città della Cilicia. Ma qualunque sia l'eroe
del tipo asiatico , quei riscontri non tolgono che
nelle monete del Chersoneso Taurico non siasi vera-
mente rappresentato Achille stante come in agguato;
tanto più che in altri monumenti, siccome nella grande
idria vulcente rappresentante la morte diTroilo (An-
nali ardi. T. XXII p. 72 lav. d'agg. E, F), vedesi
Achille similmente armato di galea, di lancia e di
scudo rannicchiato con un ginocchio a terra , stante
in agguato dietro il fonte. I Cherronesii poi ebbero
non una ma molte ragioni per rappresenlare il figlio
di Tetide nelle loro monele; giacché, olire la vicina
isola d'Achille, il corso d'Achille ed il sacrario d'Achille
(Strabo VII p. 307, 310), nel Ponto veneravasi A-
chille, qual nume signore IIONTAPXHS (Corp. 1.
Gr. num. 2077 , 277 b. cf. T. II. p. 87). La par-
ticolarità poi di figurarlo così rannicchiato o riguar-
da l' agguato guerresco , oppure è maniera propria
segnatamente dell' arie prisca , come costa dal ri-
scontro delle medaglie arcaiche d'ogni regione, pro-
babilmente per meglio empiere il campo della mo-
neta e ritrarre la figura più in grande. Un guerriero
similmente posto in agguato col deslro ginocchio a
terra ricorre anche nelle pilline dell'ipogeo de' cui-
27 —
fori di Mitra scoperti presso il cimitero di Pretestato
che sono del terzo secolo all'indica (Boltari, Roma
solter. T. Ili in princ. Bull. ardi. 1833 p. 87-93).
Solo mi lascia qualche luogo a dubitare , che non
fosse mai altro eroe indigete , la sigla T la quale
prendersi dovesse per iniziale del nome suo; giacché
il nome del magistrato OPONtvjs è nel riverso della
moneta (cf. £ /• Gr. n. 2000, 2068, 2089).
4. EAET0EPAC, od EAEX(->EpiA, Bue in allo
di coricarsi, o di cozzare.
)( XKP,o XEPCONHCCO.oXEPCONHCOT,
Figura feminilc seminuda, che raggiunto un cervo lo
preme col ginocchio e sia per trafiggerlo con un vena-
buio. /E, 6, 5, 4, 3 F. o.
Il eh. Boeckli ( C. I. Gr. T. II. p. 90 ) con huone
ragioni argomenta, che Cherroneso fosse dai Roma-
ni dichiarala libera nell'anno Varroniano 718 all'in-
circa, e le monete col titolo EAET0EPAC, EAET-
0EPAC, anche in riguardo alla forma del sigma lu-
nato o quadrato , sembrano tutte del tempo dell' im-
pero. Alla libertà e prosperità de'Cherronesii può ri-
ferirsi il tipo del hue che sta in alto di coricarsi o
di cozzare, siccome altra volta dimostrai (Spicil. n.
p. Sì: Annali ardi. T. XXII. p. 188-189). Se la
lettura EAETeEPlA data dal Sestini (Lei. coni. T.
lY.p. 12 n. 13.) è giusta, iCherronesii avrebbero ce-
lebralo, del pari che i Plaleesi, le feste annue EAET-
©EpEIA ( C. I. Gr. n. 1068). Nel tipo del riverso
i numograti sogliono ravvisare Diana cacciatrice; ma
per cagione della nudità , troppo disdicentesi alla ca-
sta dea, io preferiva e preferisco di ravvisarvi la Ver-
gine, Ilaf&syoS, che a\ea tempio insigne e simulacro
in Cherroneso ( Strabo VII p. 508. Caved. Spicil.
man. p. 31 ). Che quella IIap&/foS fosse diversa da
Diana panni potersi arguire dalle parole di Strabone,
chela dice oaifxoya Ttvx, e dal riscontro d'altre mo-
nete di Cherroneso, nelle quali Diana è decentemente
slolata (Mion. suppl. man. 22). Il culto singolare di
Diana , e della Vergine 'OpsjX^K] , vuoisi in parte
ripetere dalle frequenti cacce de' cervi e de' cin-
ghiali che facevansi nella penisola selvosa della Tau-
ride (Strabo VII. p. 312); alle quali può riferirsi
anche il tipo del cane corrente (Mion. suppl. n. 16).
La scrittura XEPCONHCCO per XCPCONHCCOr,
e di ETAPOMO per ETAPOMOT ( Mion. Descr. 3
Suppl. 19,20), ha il suo riscontro in parecchie iscri-
zioni del Bosporo Cimmerio (£ /. Gr. a. 2109 d,
e, al. ).
5. Testa giovatile diademata.
)( XEP, Clava giacente, XOPEIOT. /E. XF.o.
Il Sestiui disse testa d'Apollo (Leti. coni. T.IVp.
12 n. 10) quella del ritto, senza buona ragione.
Forse meglio dir potrebbesi lesta d' Achille nON-
TAPXOT (£ /. Gr. n. 2077, 2077 6.); sia che
s'intenda del Pelide , o sia che d'altro eroe Achille
re degli Sciti presso il corso d' Achille , del quale
alcuni credettero aver detto Alceo ( ap. Eust. ad Pe-
rieg. v. 306), 'Ax,iXksù, 'òs fate %xu&ixàs puòzìiS.
Una simile testa giovenile diademata ricorre anche
nelle monete della vicina Panticapeo.
HERACLEUM.
Le monete di stile semibarbaro con la testa d' Er-
cole imberbe nel ritto, e con HPA, HPAKA e la
clava e l'arco nel riverso, attribuite dall'Eckhel al-
l'ignobile Heracleum del Chersoneso Taurico , me-
moralo dal solo Tolomeo , non rinvenendosi altri—
menli in quelle contrade , ed essendo frequenti nel-
l' Illirico , furono con tutta ragione dai eh. Steinbu-
chel e Nisiteo restituite ad Eraclea dell' Illirico (Bull.
ardi. 1838 p. 89), alla quale ben si convengono an-
che per riguardo alla loro fabbrica ed alla loro qua-
lità di metallo.
PANTICAPAEVM.
Il eh. Boeckh (C. I. Gr. T. II p. 91, 98) ha
comprovato che questa celebre città greca, metropoli
de' Bosporani Europei e sede regia , fu fondala da
coloni Milesii intorno all'Olimpiade LX.
1. Testa di Pan con barba e chioma caprina ricinta
d' edera.
)( PAN , Grifo a testa di capra, o di pantera
cornuta , con cuspide di venabulo infranto fra' denti ,
incedente sopra una bella spiga di grano giacente.
AIR. 4 7* F. \
— 28 -
Questo insigne aureo di fabbrica assai bella (1) fu
pienamente illustrato dal eh. Duca de Luynes ( An-
nali Ardi. T. XIII p. 141-145), e può credersi
impresso intorno all'Olimpiade CXV1II allorché Pan-
ticapeo prosperar dovette , per l'immunità imparti-
tagli da Eumelo ( Diod. XX, 24 Bocckh C. I Gr. T.
II p. 93-94).
2. Ceffo di Icone di prospetto.
)( I1ANTI, Testa di ariete e pesce; il tutto entro
un quadralo incuso AR. 3 F.a.*
3. Testa di Pan coronata a" edera.
)( ITANTI, o IIAN, Testa d'ariete, oppure lesta
di bue con parte del collo AR. 3, 4, F. *.
I tipi delle teste di ariete e di bue sogliono rife-
rirsi alle località della Tauride e del Kfiov [Xirwvoy;
ma forse appellano anche a relazione con Samo ,
Clazomene ed altre città del litlorale dell'Asia mi-
nore , che avessero parie nella colonia condotta dai
Milesii nel Bosporo Cimmerio.
)(IIANTI, Cavallo pascente; al disotto, due fori
in sui loro steli. AR. 8. F. o.
Notevole si è la particolarità delle due erbe fiorite,
awcrlita dal Mionnel {Descr. n. 8), e che alSestini
( Leti. coni. T. IV p. 1G) parve indizio di prato.
Così l' artefice antico avrebbe espresso il detto inge-
nuo d'Omero {Il.B. 775).
i7T7ro; de 7rap apiJ.cr.civ cicriv sxa.ffTOS
Xwrov £pi7rrófj.iyoi iXsoTpfTTToV tì ctjXivov
'i<7T%<70.Y.
Ma essendo il Chersoneso Taurico in parte abitalo
dai Tauri Scilici ( Slrabo VII p. 311), può sospet-
tarsi che quell'erba fiorila sia la celebre Scythice ,
specie di glirirriza frequente nelle contrade della pa-
lude Mcolide , ovvero l'altra detta hippace odhippice,
(1) La cosi dilla piccola medaglia d'oro di Panticapeo in (or-
ma di bottvw:, descritta nel catalogo Welleoheim (n. 1201), e
che ora conservasi nel r. museo Estense, ba forma di patera um-
liilicula , o sia di piccolissima scodelliti» con ginnetto nel bel mez-
zo della parte concava ; e nella parte opposta convessa mostra qual-
che indizio di attaccatura dell' appicagnolo che vi fosse apposto; si
che può rerisimilmeote aver servito di grazioso bottoncino (cf. An-
nali ai eh. T. XII p. 17). I vicini Scili veneravano certi oggetti
d' oro , che credevano caduti di Cielo nella loro terra , fra' quali
una fiala ; e fiale a" oro solcan riporre ne' sepolcri ( Herodot. IV,
3, 10,71).
da Plinio {Nat. h. XXV, 43, 44, XXVII, 1 ): Scy-
thia primum eam {inventi herbam), quae Scylhicevo-
calur, praedulcem alias , utilissinuiinque ad ea quae
spasmala vocant. Magna et ea commendano, quod in
ore eam habenles [ameni silimque non sentimi. Idem
praeslal apud eosdem hippace dieta, quod in equis
quoque eundem effeclum habeat : Iradunlque bis dua-
bus herbis Scylhas eliam in duodenos dies durare in
fame silique.
5. Testa di Giove barbala.
)( ITANTIKAIIAITQN , Pegaso pascente. M. 6.
6. Testa di Pan imberbe con globetto in sul vertice.
)( nAN, Protome di Pegaso saliente /E. 3. F.o.
Congetturai altra volla (Spicil. num. p. 32: Bull,
ardi. 1850 p. 11), che il tipo insolito del Pegaso
pascente, proprio di re Mitridate, si riferisca al suo
dominio; e tanto si conferma pel riscontro di Plinio,
il quale narra come Mitridate tentò di piantare lauri
e mirti ia Panlicapeo [Nat. hist. XVI , 59). 11 pic-
colo globo, che assai dislinto scorgesi in sul vertice
della testa del dio Pan ( Mionn. Supp. T. II pi. II n.
1 ) forse indica come quel nume simboleggiava l'u-
niverso, e s' identificava col sole ( Macrob. Salurn. 1,
22 ), che sì di sovente ha per suo attributo il globo.
7. Testa imberbe coverta d' un pilco frigio ornalo
di stelle , con chioma ondeggiante che le ricade al di-
dietro; nel campo :l: e diversi simboli.
)( nANTIKAilAlTON, Bacco stante in veste
succhila con la d. stesa con tirso nella s. e con pante-
ra a' suoi piedi : monogramma nel campo e lettera A
neir csergo. JE. 9.
Io congetturai, che la lesta dui ritto sia del fabu-
loso figlio d'Eeta, 'Air\rou {Bull. 1850 p. 11 ); ma
forse meglio direbbesi testa di Attide , amasio della
Dea Frigia venerata in Panticapeo ( C. I. Gr. n.
2107 ò), proprio del quale era il pileo ào-Tepa/TOj
[journ. des Savants 1845, p. 539). Simile testa ri-
corre in monete d' Amastri della PaDagonia ( Spicil.
num. p. 126) posta di rincontro a Panticapeo {Slrabo
VII, p. 309). 11 culto d'Allide e della Dea Frigia
ben si connette con quello di Bacco parimente vene-
ralo in Panticapeo ( €. I. Gr.n. 2107 e), ove le viti
coltivavansi difendendole dal gelo nell'inverno col
— 29
seppellirle sollo molla (erra (Slrabo VII pag. 307).
8. Testa d'Apollo laureata.
)( IlANTIKAnAlT«N, Prolome di cavallo sa-
liente. AH.ì F. o.
Simile lipo ricorre in monete de' Maroniti di Tra-
cia, e di Sparadoco re degli Odrisi (Noav. Annales
1836 T. 1, pi. B); e potrebbe quindi riferirsi ad al-
leanza o concordia di Panticapeo con esso loro.
THEODOSIA.
Teodosia, o Teudosia che dir si voglia, fondala da
coloni Milesii , del pari che Panticapeo, divenne sog-
getta ai re del Bosporo intorno all' Olimpiade CV1I
(Boeckh C. I. Gr. T. II, p. 96-97). La sua moneta
peraltro ha tipi che sembrano imitare quei d'Olbia
della vicina Sarmazia , sia per alleanza sia per altra
ragione.
Testa giovenile galeala.
)( ©ET, Clava e corylus col suo arco. sE.'&.F.o.
Il corylus, o sia astuccio da arco, è simile a quello
delle copiose monete d'Olbia , in altre delle quali ri-
corre la clava, la lesta giovenile galeala, e benanche
le lettere ©ET (Mion. Suppl. n. 45 ) ; di che altri
dubitar potrebbe che la moneta sovra descritta spet-
tar potesse ad Olbia slessa.
OLBIA SARMATIAE EVROPAEAE.
Olbia, della anche Borysthenes e Milelopolis, fu
fondata da coloni Milesii circa l'anno 653 innanzi
l'era nostra ( C. I. Gr. T. II, p. 86-87); ed ha co-
piose monete di bronzo con poche d'argento, di che
si pare la ragione del beneficio di Protogene, il quale
per l' impresilo fallo alla cillà di 1000 aurei \xo\xi-
c«to x%\x.w \x Tiry*.y.o<siwY ( C. I. Gr. T. II p.
124 6).
1 . Testa barbata con due corna laurine, che le spun-
tano socra la fronte, e talora coronala di pianta pa-
lustre.
)( OABIO , Corylus , dal quale in parie emerge
l' arco ; scure Scitica, e uome greco o barbarico accor-
ciato (1). M. 6, 5, 3.F.o.
(1) Questa scure forse ritrae la forma della scure di fattura au-
rea , che gli Scili veneravano come caduta di cielo nella loro terra,
insieme con altri ordegni d' oro , a' tempi de' primi loro re discen-
denti da Giove e dalla figliuola del fiume Borislene ( Herodot, IV 5).
11 Seslini (Lell. coni. T. IV p. 24) e gli altri nu-
mografi dicono di Pan la testa del rido; ma non pare,
non avendo i lineamenti nò le orecchie acute, e non
convenendosi à Pan le corna laurine nascenti. Queste
mostrano anzi , che sia cosi rappresentato un Fiume
(cf. Eckhel T. IV, p. 313-316). Vero è che nelle
monete sicule e della Magna Grecia le teste de' Fiu-
mi fornile di corna taurine sono per lo più giovenili;
ma gli Ateniesi rappresentarono l'Ilisso con protome
virile (ornila di corna nascenti, x{p%r% hì tVo^x/vovrsc
( Aelian. var. Just. Il, 33 cf. Muller Handbuch§ 403):
e gli Olbiopoliti con vie maggior convenienza pote-
rono dare sembianze virili, anzi quasi senili, all'ima-
gini di uno de' due grandi loro fiumi, dell' Ilypanis
cioè e del Borysthenes. Sebbene Olbia fosse situala
in sull' Ilypanis pure preferirei di ravvisare nelìe
suddette sue monete la testa del Borysihenes Ira per-
chè Olbia stessa venne appellala Borysihenes , e per
la grandezza e celebrila di quel Fiume, che a parere
di Erodoto (Hist. IV, 35) repulavasi massimo dopo
l' Islro , e fecondissimo non solamente fra gli scitici
fiumi, ma fra tutti gli altri, salvo l'egizio Nilo. Non
saprei ben dire, se a questo riguardo, o per allra ra-
gione, in una di quelle monete (Seslini Leti. coni. T.
IV, tav. II, 10) la sua tesla veggasi ricinla da una
maniera di corona radiata.
2. Testa femminile ornala di monile e di corona
turrita.
)( OABIO , Figura virile quasi nuda, con peri-
zoma o pelle cinta alle reni, che piegalo a terra il. gi-
nocchio s. siede in sid suo calcagno , e sta in allo di
saettare tenendo V arco con ambe le braccia slese.
jE. 6, 5, 3. /•'. o.
Nel n'Ito è effigiata la città stessa di Olbia, la quale
era munita di molle e forli torri , alcune delle quali
duravano tuttora a' (empi di Dione Crisostomo, che
vi si recò sotto l' impero di Domiziano (Orat. XXXVI
Borysthen. cf.C.I.Gr.T.II pag. 87, 123, 139). Nel
tipo del riverso il Seslini [Leti. coni. T. IV, p. 25)
ravvisò Ercole avente la spoglia del leone cinta alle
reni, e in allo di tender l'arco; ma dovea anzi dire
in atto di saettare le Stinfalidi ; lo che chiaro si pare
dal riscontro di una insigne moneta di Slinfalo dell'
— 30 —
Arcadia (Cab.d'AUier d'Hauleroche pi. VI, 22: Mion.
Sup. n. 1 10: Miiller Handb. § 410, 4): Ercole Ignu-
do con la clamide raccolta in sul braccio s. , che pie-
galo il ginocchio d. a terra sta in atto di saettare.
)( Augello volante fornito di lunghi e adunchi ar-
tìgli : il tutto entro un quadrato incuso. AR.l.F.a*.
Le Slinfalidi, secondo alcuni mitografi, furono da
Ercole uccise in Arcadia; ma secondo allri furono
sollanlo da esso lui fugale, e si ricovrarono nell'isola
Areliade nel Pouto Eusino (Apollon. Argon. II, 1033,
1033: Hvgiu. fab. 30: Etym. M. in Xiear, et in
%ruiA<$xkiòss). Di là furono discacciate dagli Argo-
nauti, e sen volarono a traverso il mare ne' monti
opposti, nella Scitia cioè, donde altri diceanle venu-
te [Schol. Apollon. Argon. II, 1090): cioè proprio
verso Olbia ed il Borislene. Gli Olbiopolili forse le
credevano saettate da Ercole nelle loro contrade o
nelle vicine isole, giusta il variar di colali favole. I-
gino in un luogo (Fab. 30) le dice uccise dalle saette
d'Ercole nell'isola di Marte, ed altrove (Fab. 20) le
pone nell'isola Dia, e S. Isidoro (Orig. XII, 7) nelle
isole Slinfalidi, e Pausania nell'Arabia deserta (Paus.
VIII, 22). Né ciò dee crear meraviglia, perchè, come
ben disse il Cupero , raro fgmenla conveniunt. Del
resto, Ercole dicevasi dai Greci abitanti al Ponto aver
percorse le contrade degli Scili (Ilerodot. IV, 10).
3. Testa feminile ornata di monile e corona d'edera.
)( OABIO, Aquila ad ale aperte stante sopra un
del 'fi no preso. AR. 6. F. o.
Il Sestini (Lelt. coni. T. IV. p. 20-21 ), che esa-
minò questo raro nummo d'argento di Olbia, asse-
verava non essere quella del ritto testa di Cerere co-
ronata di spighe, come parve al Pellerin (Ree. pi.
XXXVI, 15) ed al Mionnet; ma sibbene testa di Bac-
cante coronata d' ellera. In altre monete d' Oblia ri-
corre un grappolo d' uva ed una foglia di vite ( Sest.
/. e. n. 63; Mion. Sup. n. 07). GÌ Olbiopolili avranno
coltivale le viti riparandole da' geli sotterrandole nel
verno, siccome adopravasi nelle contrade del Bospo-
ro Cimmerio (Slrabo VII, p. 307).
4. AT • KA • C€ • AA€ZANAPOC, Teslalaurea-
(a d' Alessandro Severo.
)( OABIOriOAlTWN, Bue gradiente. JE. 4. F.v.
5. Testa di Cerere coronata di spighe, sopra la quale
vedesi recuso un bue in allo di coricarsi.
)( O A B I O , Aquila coli' ale raccolte stante so-
pra un pesce in allo di divorarlo; al disotto le sigle
BSE(I). M3.F.o.
Il bue gradiente , o sia che tulus rura perambulat
(Horat. IV Od. V, 16), od in atto di adagiarsi tran-
quillo , è simbolo di pace e di sicurezza pubblica
(Spicil num. p. 83), e moslra che Olbia fosse protetta
e difesa da Alessandro Severo , del pari che da An-
tonino Pio (cf. C. I. Gr. T. II, p. 87). Le sigle BSE
(Sestini l. e. 11. 48, 31, 83), ed altre analoghe, co-
me a dire BA E* (Mus. Est.), forse indicano i nomi
dei re Scitici, a'quali gli Olbiopolili prestar dovevano
ossequio e doni annui (cf. C. I. Gr. T. II p. 87). In
parecchie monete d'Olbia veggonsi apposte due o più
contromarche incuse rappresentanli un caduceo, o le
lettere H , A, od un monograma, che dal Sestini (/.
e. p. 32) spiegasi XAP, ma che può anche interpre-
tarsi APX. Questo forse dee spiegarsi APXwv , ed
Hy£f*/'> la sigla H , ed il caduceo può simboleggiare
gli edili o sia óyopxnfco/ (cf. C. I. Gr. T. II. p. 88,
et n. 2078); per l'autorilà de' quali cotali monete lo-
gore fossero così rimesse in corso ed approvate. La
sigla A potrebbe quindi tenersi per iniziale di §oxt-
txctc&ÌS oppure di o'oxiiAu.vrrp. Per simile modo molte
monete Romane logore furono approvate pubblica-
mente , rimesse in corso legale , con la impressione
della contromarca NCAPR, cioè Nero Caesar kugu-
gustus PRobavit (Borghesi, Dee. Ili oss. 8). Che poi
anche nelle medaglie Greche le contromarche sianvi
state apposte, almeno talvolta, per rimetterle in cono
nella città stessa, ove furono impresse, parmi potersi
argomentare anche dal riscontro di una moneta lo-
gora dell'isola Tenos del R. Museo Estense, nel ritlo
della quale in contromarca vedesi improntato un
(1) L' augello stante sopra il pesce in atto di rapirlo, o di divo-
rarlo, parve corvo al Sestini, che in altre monete d'Olbia ravvi-
sava I' aquila pcrcnoplcros d' Aristotele ( p. 26, 34 ) ; ma Io stile
rozzo di quelle non permette di trarne argomento per determinare
la specie precisa dell' augello rapace : ne' medaglioni d' Olbia per
altro pare figurala la quinta specie dell' aquile d' Aristolel* mede-
simo, della «Xi«<étos , haliaeeius ( cf. Cuvier not. ad Plin. nat.
h. I, 3).
— 31 —
grappolo d'uva della forma slessa clic quello ohe ri-
corre in altre monete di quell'isola (cf.journ. desSa-
vanls 1822 p. 493. Revue niun. 1851, p. 169).
Del resto, la numismatica d' Olbia è singolare an-
che in ciò, che alcune sue monete in bronzo di fab-
brica arcaica sono di grandezza e peso straordinario,
a guisa delle prische librali di Roma; ed altre di fab-
brica bella, anzi che no, sono di modulo e peso mi-
nimo. Nel r. museo Estense ve n'ha tre col tipo del
pesce nel riverso dilania piccolezza, che non aggiun-
gono che ad una metà del modulo minimo della scala
del Mionnef.
C. Cavedoni.
Su di una iscrizione di Pontelalone.
L' illustre nostro Canonico Mazocchi nel suo dotto
commentario In mutilimi ampith. Campani titulum
(ediz. sec. 1797 p. 48) pubblicò la iscrizione sepol-
crale di un C. Terenzio Carino, che intitolavasi PRac-
feclus ìuris Vicundi MONTIS D1ANAE TIFatinae.
Il Mazocchi nel riferirla in sostegno della sua conget-
tura di essere il Monte Tifata una Prefettura della
Colonia Capuana, affermò che la detta iscrizione esi-
steva in Pontelalone in agro Calalino, e ne aveva ri-
cevuta copia da un Silvestro da S. Giovanni suo ami-
cissimo. Or un tal monumento al Mazocchi commu-
nicato e da lui non veduto , ed anche ignoto al Da-
niele che andò raccogliendo pel suo Museo Casertano
tutte le antiche lapidi Capuane e de' dintorni, ha fatto
nascer sospetto della sua sincerila al nostro eh. colle-
ga sig. professore T. Mommsen (1): oltre di che, vi
sono alcuni, e tra questi un dolio di alta sfera, i cui
oracoli io soglio venerare, i quali non credono esser-
vi slato nel Monte Tifata un borgo tale da avere una
magistratura propria municipale. Io a togliere ogni
dubbiezza e per rivendicare l'onore del Mazocchi Irop-
po severamente taccialo di aver riferita una iscrizione
da lui non vedula, né da altri rammentata, ho voluto
prender cura di assicurarmi per ogni modo della sua
esistenza, e rinvenutala darne tutte le particolarità. Mi
diressi a tal oggetto a persona di quei luoghi quanlo
(1) Inscript. Rcgn. Pieapol. Lipsiae 18b2 n. 3020.
intelligente altrettanto gentile , la quale con alacrità
ed esattezza ha compito il mio desiderio, annunzian-
domi che la iscrizione esiste realmente in Ponlelato-
ne Comune di Terra di Lavoro nel Circondario di
Formicola, e'1 marmo, che la contiene, serve di pie-
tra angolare della Sagrestia di quella Chiesa Arcipre-
tale rasente la via pubblica che mena a Formicola.
È allo il marmo palmi quadro napolitani , e largo
un palmo e due once : a sinistra della iscrizione è
scolpilo l'orciuolo, e nella faccia destra, che sta na-
scosta nella fabbrica, vi sarà la patera, come suol ve-
dersi in aldi monumenti sepolcrali. Ecco la iscrizione
esemplata fedelmente dal marmo originale, ove non
più si distinguono i punii diacritici tra alcune voci ,
che veggonsi nella copia del Mazocchi , che ha una lie-
ve inesattezza nella lin. 4.
D M S
C • TERENTIO
C • FILIO
CHARINO
PR I D MONTIS
DIANAE TIF
C • TERENTIVS
I1YPERCOMPVS
FILIO BONO
CONTRA VOTVM
Questa iscrizione, concepita con tanta semplicità di
siile, e con tanta proprietà di sapore latino, non me-
ritava in vero di esser tenuta sospetta sol perchè non
era stala vedula dal Mazocchi né da aldi rammentala.
C. Terenzio padre, greco di nazione, fu liberto della
nobil famiglia Terenzia , mostrandolo il suo nome
servile 'T7ripxoy.Trc$ superbus, valde elatus, gìoriosus ,
che come ognun sa diveniva cognome acquistata la
libertà , e quello del figlio L. Terenzio Charino da
Xflpi grada (I) , cui forse o per meriti personali , o
(1) Il nome XaP'yo> non si legge ne' lessici: incontrasi però un
Arconte Xupivos. Diod. Sic. lib. XX e. 37 cf. Corsini fast. alt. t.
IV. pag. i'ó , ed un atleta vittorioso dello slesso nome : Pausan.
VI. 15, 2. Il medesimo XAPINOS si legge in un vaso Ruvese
del Real Museo, presso ad un uomo che tiene la lira ; il qual vaso
rappresentante una didascalia è stato descritto dal eli. sig. <!e\Yille
— 32
per benemerenza verso il padre fu conferita la carica
diPrefetloa regger giustizia nel Monte Tifata (I). Ora
alle falde di questo Monte essendovi il celebre tem-
pio di Diana Tifaiina (2), santuario molto frequen-
tato da gente, ebe vi concorreva dalle convicine ed
ancor lontane regioni, tutto porla a credere, che il
medesimo fosse abitalo da parecchi, sia per divozione
alla dea , sia per motivo di commercio; se pure non
vogliamo limitarci a coloro che servivano al (empio,
i quali costituivano per avventura un grosso borgo
con popolazione tanta da dovervisi destinare per am-
ministrar la giustizia un Magistrato municipale. Per
la stessa considerazione, che un simile borgo esistesse
nelle vicinanze del rinomato Tempio di Diana Nenio-
rense presso Aricia , io altrove (3) il congetturai al
proposito della iscrizione votiva di un P. Cornelio
Trofimo interpretata dal Marini (Arval. pag. 416),
e ripetuta dall' Orelli (n. 1455). So bene, che di ciò
niun antico scrittore, o monumento desse sentore ;
ma non debbesi, a mio giudizio, aver per sospetta ov-
vero insussistente una opinione fondala su di un mo-
numento sincero. Sanno i dotti , che non di tutte le
particolarità che osservansi nella antichità puossi dar
certa ragione, attesa la perdita di tanti antichi autori
negli Annali dell' Istituto Archeologico di Roma an.VI J841 p. 303,
■v t'di la pag. 307, e pubblicalo ne' Monum. dell' lstit. voi. Ili lav.
XXXI. Vogliamo aggiugnere che il cb. cornili. Quaranta ne lesse una
memoria alla r. Aec. Ercol , e che ima nuova pubblicazione ne fu
fatta dal eh. Wieselcr Thcatergevaeude. Goellingen 1851 lav. VI n.
2 cf. p. 47 ; il quale già ne parli) più dislesamenle neh' altro suo
scrino die Satyrspiele stampato in Gottinga nel 1850 p. 10 e seg.
Una p ù ampia illustrazione di questo importantissimo vaso si at-
tende dal mio dolio amico signor cav. Lebas. Il nome femminile
Xapnv»] occorre in una iscrizione dell'agro Romano appo il Gudio
p. CXIII , 4, ed ora nel corp. inrer. gr. t. Ili, p. 1013, n. 6696.
(1) Di una condizione non inferiore al certo al nostro Carino debbe
credersi quel C. Velleio Uibano, il quale in una gran base Cam-
pana del Rial museo Col. LII senza numero Ira le sepolcrali, in-
titolasi MAGister FAN» DIAXac TWatinae , olire il vanto che se
gli dà da' genitori di essere sialo decoralo dall' Imperatore Anlo-
iiìhii ÉQVO PVBLfco dell' eia di anni cinque. Ora mancano alla
iscrizione alcune lellere in line (Ielle righe 4,5 e 6, ma il Capaccio
la li ascrisse intera, e da costui la ripele il Fabrelti Interi pi. Do»
mrst. p 400, 88, ed il Marini Arval. p.53. Nella raccolta delsig.
Momtusen è riferita nel n. 2636.
(2, Con i ruderi e eolle ruine di quel magnifico tempio, alla
disianza di due miglia dall' antica Capua, ora S. Maria, fu creila
li Chiesa di S. Angelo in Formis con un conveutino antica Badia
de' I'P. Benedettini, che vien descritta (ragli altri dall'egregio ar-
chitene Luigi Calalani in un libretto col Idolo « La Chiesa di S.
Angelo in Formi* alle falde del Monte Tifala fuori Capua an-
tica, ricerche Napoli 1814. 8.
(3) Vedi la mia dissertazione Intorno alla iscrizione Puleolanpi
de Luccei. Napoli 1851. p. 00.
e mollo più di monumenti che ne avrebbero forse
con chiarezza indicati gli usi ed i costumi. Il Reine-
sio, che fu certamente uno de' più arditi filologi del
secolo XVII , ebbe a confessare perciò la sua igno-
ranza ( I ) a. Propter anliqukalh insciliam, cuius mores
et rilus pcnitus hodic non cognoscimus , pìeraque MI-
RARI magis, quam INTELLIGERE possumus. Quanti
punti vi sono in epigrafia per (al causa ignorali, sen-
za dire di quelli controversi tuttavia e non definiti !
Ne sia un esempio, per (acerne molti altri (il che da-
rebbe materia di un'ampia trattazione) il nome di
quel Console L. Claudio Arriano, al quale la Fratria
Napoletana de' Crelondae ( di fresco venula in luce )
pone una base onoraria come a suo benefattore. E 'l
nome di questo Console è non solo sconosciuto nei
Fasti Consolari, ma quel eh' è più, il lume degli studi
nostri il sig. Conte B. Borghesi , il quale con tanto
studio va raccogliendo da più anni monumenti per
correggere ed aumentare quei Fasti , non ha sapulo
trovarne traccia nemmeno tra quei quasi G00 Con-
soli suffelti , i cui nomi tiene egli notali nelle sue
schede (2). E qui viene il destro di ripetere la inge-
gnosa similitudine espressa da uno de' più insigni fi-
lologi dell'età nostra, il eh. professore di Kónisberga
C. A. Lobeck (3), parlando degli sludii della gram-
matica greca , e che può ben applicarsi agli studii
dell'archeologia in generale: Adirne enim in vestibulis
arlis consistimus speculabundi, similesque lurbae cu-
riosae, quae die festo dominanthtm palatici luminosa
circumslat per rimas speclans vocesque forte emissas
avidis captans auribus. Intus omnia piena lucis et
candoris, et appanni per feneslras piclurae parielum et
lacunarium ornamenta et circumeuntium capila cri-
slaeque nulantes. Extra lenebrae et conieclurae ex an-
gue leonis. A. Gervasio.
(1) Synlagma Inscript. Anliqu. p. 361.
(2) bullcttino Archeol. Napolitano Nuova Serie Ann. I p. 10.
(3) Palhol. Lingu. Graecae. p. 5.
Correzione alla pag. ili.
Noi dicemmo essere forse traile inedite la greca iscrizione di Stiac-
cia; ora avveniamo ch'essa fu pubblicata da! Guarini ( Comment.
XIV p. 17 ), «poscia dal Franz nel corpus inscr. gracc. add. ad
voi III p. 1258 n 5816 6, Mimskviki.
Giulio Mineuyim - Editare.
Tipografia di Giuseppe Cataxeo,
BULLE1TIIV0 ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 55. (5. dell' anno III.)
Ottobre 1851
Notizie de più recenti scavi di Pompei. Continuazione del n. 45. — Iscrizioni latine. Continuazione del n. 51.
Notizie de' più recenti scavi di Pompei. Continuazione
del numero 45.
Si è proseguita la scavazione nelle nuove terme
alla slrada Slabiana , di cui cominciammo a discor-
rere nel secondo anno di questo bulletlino pag. 145
e segg. Abbenchè 1' edilizio non siesi ancora total-
mente scoverto , pure le parti finora disotlerrate of-
frono interessanti particolarità , ebe non possiamo
tralasciare di prontamente descrivere ed annunziare.
Innanzi lutto avvertiamo ebe la prima stanzetta di
entrata al bagno ha pavimento di pietra vesuviana ,
con alcuni pezzi di travertino. Per una larga soglia
di marmo si passa nella più ampia sala di tratteni-
mento già da noi descritta (an. II. pag. 146). Sulla
detta soglia di marino si veggono due fori quadrati
per la chiusura certamente di legno. Il pavimento
della enunciata sala è di pezzi di marmo bigio , re-
staurato con lastre di bianco marmo in alcune parli :
nel giro è per Ire lati una fascia di pietra vesuviana,
che quasi contorna il rimanente del pavimento. Alla
base del sedile che prima descrivemmo è un piccolo
grado per poggiare i piedi, con rivestimento di bian-
co marmo in parte conservato.
Ne' due angoli interni sono al suolo de' canali per
lo scolo delle acque , le quali penetravano in ascosi
condotti , mercè due piccole aperture praticale in
quel medesimo silo : ed è notevole che a destra ve-
desi 1' incavo per lo scolo delle acque ricoperto in
tutta la sua estensione da pietruzze di marmi di dif-
ferenti colori. Non saprei se questi fori servissero per
ripulire la sala ; giusta quello che leggesi nelle pan-
dette : foramen in imo pariete conclavis , vel Iridimi,
ANKO III.
qnod esset proluendi pavimenti causa (lib. Vili, tit. 2
1. 28 ). Si è compiuto il disgombro della più piccola
sala con volta adorna di stucchi colorali, della quale
circa un terzo rimaneva a scoprire. Nella volta com-
pariscono altri stucchi ne' circoli, rappresentanti Amo-
rini , mostri , animali ; ma in variate attitudini , per
modo che l'uno può dirsi differente dall'altro. An-
che in questa porzione della volta nuovamente venuta
fuori veggonsi parimenti due bassirilievi più grandi,
rappresentanti due femminili figure. Quella a sinistra
ha panno svolazzante, è coronata di fiori, e tiene eoa
ambe le mani un cornucopia pieno ugualmente di
fiori. Quella a destra ha un paniere o canestro anche
ricolmo di svariati fiori. Nella parte posteriore di
questa stanzetta è una larga apertura , che mena ad
altre parti dell'edilìzio non ancora disotlerrate. Al
lato destro è praticata un'altra più piccola apertura;
nella cui parte anteriore veggonsi le tracce delle im-
poste di legno del tutto carbonizzate. Da questa pas-
savasi nel Calidario, a cui si aveva pure l'ingresso
dalla più ampia sala precedentemente descritta. Noi
già offrimmo la descrizione degli stucchi , che fre-
giano il Calidario nel sito più elevalo, e prossimo alla
volta : ora aggiungiamo che le ulteriori scavazioni
hanno mostralo il pavimento in gran parte caduto;
offrendosi perciò la sottoposta costruzione di pilastrini
di fabbrica messi a piccola distanza fra loro, con una
tegola in cima ed alla base: giusta la descrizione eh»
ne dà Vilruvio ( lib. V e. XI Ioni. I pag. 305 e seg.
ed. Marini!). Ricordiamo poi che un simile pavimento
sospeso comparisce nelle già conosciute terme di Pom-
pei , secondo il diligente disegno deli' egregio archi-
tetto Pietro Valente , ora Direttore del reale Istituto
8
— 34
di Belle Arti , che si vede pubblicalo nel rcal Museo
Borbonico (voi. II tav. 41 ) : vedi la spiegazione e le
indicazioni del signor Bechi alla suddetta tavola , ed
alle altre riferibili al medesimo edilizio. Tornando al
Calidario novellamente rinveuuto, osservo che a de-
stra di chi entra apparisce una vasca rettangolare, la
quale era io origine rivestila di marmo , ma non si
è ritrovalo il rivestimento. Solo dirò che quanto ho
assserito rilevasi dalle impronte delle lettere lasciate
a'due lati sulla superCcie esterna de' muri della vasca:
giacché essendosi adoperate a fregiarli lastre di mar-
mo che già servirono d' iscrizione , le lettere lascia-
rono la loro forma sulla calce fresca. Non sono che
frammenti di una epigrafe pubblica de' tempi Augu-
stei : e studiali attentamente ci sembra sieno da leg-
gersi nel seguente modo :
IMP • CAESARI [DIVI ■ FIL •] AVG V S T 0
IMPERATOSI] Xlfi • TRIB • P[OTESTATE • XJV PATRI P[ATRlAECOSXI
Abbiamo credulo indicarsi il consolato XI , e la
tribunicia potestà XV , secondo i calcoli dell' Eckhel
(doclr. num. net. lom. VI p. 110): che corrisponde
all'anno di Roma 755, 2 dell'era volgare. Non sa-
prei a quale antico edilizio di Pompei fosse stata in
origine adattata questa iscrizione. Il cerio si è che al-
tre epigraG dedicale egualmente ad Augusto furono
pur ritrovale in Pompei frammentate e mancanti. Ci-
terò a tal proposito la iscrizione relativa al tribunale
della Basilica , della quale ha parlato il eh. Garrucci
( bullctt. napol. n. s. an. II p. 1 e segg. e 23 cf. tav.
1) , e di cui non può determinarsi con precisione l'e-
poca. Presso la vasca innanzi descritta , ed in un li-
vello inferiore apparisce la fornace , di cui pure di-
cemmo di sopra, corrispondente al corridojo esterno
che abbiamo parimenti descritto.
Intanto si è proseguita la scavazione al dorso del-
l' ediDzio : ove si sono imbattali in un terrazzo , o
solarium, sul quale si eleva alquanto il muro delle
terme. In questo muro vedesi praticata una finestra
rotonda, che dà luce alla stanza con la volta a stuc-
chi colorati; ed alla parte superiore del muro mede-
simo compariscono tuttavia in opera le tegole ed i
canali , per lo scolo delle acque dalla coverlura dello
ediCzio. Alla superGcie esteriore del muro innanzi
descritto era dipinta una caccia con alberi e differenti
animali , ora quasi del tutto perduta. Tralasciando
altre particolarità , che cercheremo di raccogliere
dopo ulteriori scavazioni , dirò che da questa parte
compariscono le cime delle colonne di un peristilio,
di cui ci proponiamo di favellare, quando sarà fatto
il disgombro di una più larga estensione ; e che sul
terrazzo vi è una specie di condotto con larga aper-
tura destinata forse ad illuminare i sottoposti com-
presi : ovvero per altro uso , come diremo a tempo
più opporluno.
In questa direzione fu rinvenuto caduto e rove-
sciato sul terrazzo un monumento di pariicolare im-
portanza, che richiede una più eslesa notizia. È que-
sto un orologio solare di travertino : e ben fu collo-
cato in un sito assai conveniente, per essere esposto
a' raggi del sole nella più alta parte dello ediGzio.
L' orologio è formato di un semicircolo incavato in
un rettangolo , ed a' due lati offre a sostegno due
zampe di leone (1): a' due laterali sono graziosi fregi.
Veggonsi poi nell' incavo segnate le solite linee a
distinzione delle ore, le quali non sono però indicale
da alcuna cifra. Sono le dette linee costituite da una
rctla media e da altre cinque rette per ciascun lato: e
tutte sono intersegate da tre curve fra loro concen-
triche. È la prima volla che comparisce lo gnomone
perfettamente conservato, il quale vedesi nella parte
superiore e collocalo orizzontalmente. Non v'ha dub-
bio che neh" interessante monumento ora acquistato
alla scienza , debba riconoscersi un solarium horolo-
gium, ùpdkóyiov r^txxiv: e non vi è da far su di que-
(1) Abbenchè sia comune un tale ornamento nel sostegno degli
antichi oggetti ; pure può considerarsi in un orologio solare parti-
colarmente trascello, essendo il leone simbolo solare : e ciò preci-
puamente nelle idee orientali.
35 —
lo alcuna discussione. Già molti dotti scrittori ragio-
larono di simili monumenti : ed io sarò conlento di
itare il Sallier [mém. de V Acati, des inscr. et beìles
ttlres lom. IV p. 148) , lo Zuzzeri ( Sopra una villa
coperta sul dorso del Tuscolo i 7-ì 6 in 4), il Martini
su'. quadranti degli antichi), gli Accademici Erco-
anesi (pitture toni. III. pag. V), il Gualtani (man.
mi. ined. dell'anno 1787 p. XXXV), il Delambre
v. giornale encicl op. di Napoli IS15 tom. II p. 225
segg.), il Piale (memor. encicl. romane sulle belle
irti, anticli. etc. lom. V p. 103 e segg.), lo Scliau-
tach (storia dell' astronomia greca impressa nel 1802),
>er lacere di altri moltissimi, che veggonsi citati dal
Marche '> Marini nel suo classico coniento a Vitruvio
lih. IX cap. VI not. 1 voi. II p. 219). Solo osser-
erò che gli scavi pompejani ed Ercolanesi ci forni-
ono non pochi orologii solari. Tali sono quei cinque
ulti provenienti da Pompei conservati fra' marmi del
eal museo Borbonico, e presso a poco della mede-
ima forma di questo recentemente scoperto: tali sono
ragli altri que' due rinvenuti nella casa con capitelli
igurati, tanto dottamente illustrata dal comm. Avel-
ino (Descrizione di una casa Pompe jana , eie. Napoli
1837 p. 00), uno de' quali, pubblicato nella tav. X
ì. 12 , è perfettamente simile al noslro per la indi-
cazione delle ore. Nò di diversa costruzione è l'oro-
ogio Ercolanese pubblicalo nella gazzella letteraria
li Londra (an. 1S23 pag. 283), citalo dal Férussac
bulletin des scirnces hislor. 1824 tom. I p. 230) , e
lall'Ideler (manuale di cronol. tom. II pag. G16), e
•iprodotto più recenlemente dal Franz (corp. inscr.
\raec. tom. Ili n. 5802); ove le ore sono designate
lalle greche lettere dell' alfabeto. Tra gli orologii
pompejani non tralascerò di rammentare quello che
redesi presso al così detto (empio di Ercole, con una
iscrizione relativa alla sua costruzione, che annunzia
essersi fatto l'orologio col danaro di due pompejani
duumviri (de Jorio Pompei p. 81 cf. Guariui fast,
iluumv. di Pompei p. 45 ed. 1, e Mommsen inscr.
r. ncap. latinae n. 2227).
Non voglio citare a lai proposito la tavola delle
ore trovata nella Nubia, la quale sebbene non risalga
ad un'alta antichità, pure va senza dubbio rammen-
tala fralle varietà degli orologi solari. E su di essa
son da leggere le osservazioni del dottissimo Lelron-
ne, inserite nell' annales des voyages di Malle-Brunu
( Ioni. XVII p. 358 cf. corp. inscr. gr. tom. Ili p.
474 n. 5038). Non è difficile additare a quale classe
di orologii solari appartenga quello delle nuove ter-
me pompejane ; sol che ricordiamo la esalta dichia-
razione e distinzione, che ci presenta Vitruvio di si-
mili oggetti. Ecco le parole, che si riferiscono al no-
stro orologio: Hemicyclium excavatum ex quadralo,
ad enclimaque succisum Bcrosus Chaldaeus dicilur inve-
nisse (lib.lX e. VII). E la deposizione delle linee rclte,
e delle Ire curve che le intersegano, fu espressamente
descritta dall'anonimo autore dell' archileclurae com-
pendium cap.XXIX (inVitruv. toni. Ili p. XXXVI ed.
Marini). Ecco come egli si es[ rime: Horologium autem,
quod hemicyclium appellalur, simili modo de lapide
vel de marmore uno , quatuor partibus sursum latio-
ribus, infra anguslioribus, componalur ita, ut ab ante
et a tergo laliores parla habeat: sed frons aliquantum
pr ornine at , atque umbram faciat maiorem. Sub hac
fronte rolundilas ad circinum noiatur, quaetavata in-
trorsus hemicyclii faciat schema. In hac cavatura tre*
circuii fiunt; unus prope summitatem horologiì, alias
per mediani cavaluram, terlius prope horam signelur.
A minore ergo circulo usque ad maiorem circulumho-
ralcm lina et decem lirieae directac acquali parlitionc
ducanlur, quae horas demonstrent. E segue additando
l'uso di quei tre circoli, o piuttosto semicircoli, se-
condo le differenti stagioni dell' anno. Ognun vede a-
dunque che la maggior parte degli orologii finora da
noi rammentati, non escluso il più recente, sieno della
maniera di cui fu a Beroso attribuita la invenzione. E
già per altri simili ne fecero la osservazione il Bo-
schowich, il Marchese Poleni, il Zieglero, e principal-
mente il già citalo Piale, ed il Zuzzeri; il cui orologio
Bcrosiano fu ripubblicato dallo slesso Marchese Ma-
rini , nell' atlante che accompagna la sua edizione di
Vitruvio (lab. CXXII n.l). Interessantissimo riesce il
nuovo monumento pompejano ; perchè ci presenta
perfettamente conservato lo gnomone di bronzo (ae-
neus gnomon : Vilruv. lib. le. 6 ) , che fu da' Greci
y>ou;xuJv e crx/xSrpas denominalo. Esso è collocato
— 36 —
orizzontalmente nella parte superiore: e non so co-
me possa immaginarsi l'emiciclio Berosiano con uno
gnomone verticale nella parte inferiore , siccome fu
opinato dal Piale (l. e. ) a proposilo di un orologio
solare, nel quale V indice delle ore non erasi conser-
vato: vedi pure il Corp. inscr. gr. n. 6179.
Ma il nuovo monumento, oltre la importanza finora
additata, presenta un'altra notevole particolarità, che
lo rende assai più pregevole , e sulla quale richiamo
precipuamente l' attenzione de' lettori del bullettino.
Nella parte anteriore della piccola base che ne for-
ma il sostegno leggesi una epigrafe osca in tre linee,
la quale riesce oltremodo interessante pe' cultori dello
studio degli antichi dialetti italici; offrendoci una no-
vella voce, e determinando senza alcun dubbio il si-
gnificalo di altre parole conosciute.
La iscrizione è la seguente :
*R3vn>3 • avrai-ra» • m • *hhitr • cm
l>HRT*r-3IHH3aWV>l *IR>lr-*RTWW
9388RHRWRR
Appena fu rinvenuta questa iscrizione, il eh. Diret-
tore del real Museo Borbonico signor Principe di San
Giorgio me ne mostrò gentilmente la copia a lui per-
venuta : ed io potei correggere agevolmente alcune
piccole inesattezze di trascrizione : dopo di che, trat-
tandosi di formole note , mi riuscì di darne al mo-
mento la interpretazione. Ma non tardai a recarmi in
Pompei , ove mi fu dato di osservare il monumento
originale, e vidi pienamente confermate quelle lezio-
ni, che da lungi aveva emendato. Così potei lasciare
la mia spiegazione all' egregio architetto locale signor
Campanelli, il quale me ne richiese, per poterne al-
trui dar contezza, ove ne fosse interrogalo. È questa
la spiegazione, elle qui presento, ampliandola con al-
cune mie osservazioni sopra le diverse parli della epi-
grafe.
Mr. Atiniis Mr. È ormai risaputo che nelle let-
tere Mr. debbasi riconoscere il prenome Marius, fre-
quente a ritrovarsi innanzi a' nomi degli Osci. Così
lo attribuiscono gli storici a varii sannitici personaggi
Marius Statuita , Marius Blossius , Mariti» Alfius ,
Marius Egnatius : e veder si potranno citali gli esem-
pli dall'Avellino (iscriz. sannit. nelle meni, della reg .
Accad. Ercol. voi. V p. 23 ) , e dal eh. Mommsen
(unterà. Dialek. p. 277). Non è per avventura di-
verso il Maras, che rinviensi altresì in epigrafi Vibo-
nesi, e nella celebre iscrizione de' Manierimi (Momm-
sen op. cit. pag. 192-193). Lo stesso va riconosciuto
nel Ni. Liivkl. Mr di una rarissima medaglia Sanni-
tica, ove dee leggersi Numerius Loucilius Marii filius,
e sulla quale dopo le osservazioni dello Swinton(p7u'-
losophical Transactions voi. LVIII pag. 253 n. 3; o
voi. LXIH p. 22 ) , e del Mérimée ( nella revue nu-
mismatique 1845 pag. 100 , 103) , sono da leggere
le cose dette dal Cavedoni (bull. arch. nap. an. VI
p. 76), dall'Avellino (ibid. p. 78 e segg. ) , e più
recentemenle dal eh. Friedlaender (oski&chc Mihnzen
pag. 77). Ho Ietto Loucilius il Lùvcil.; e parmi che
questa ortografia non sia dissimile da quella che nei
più antichi monumenti del Lazio si osserva : e della
quale molti esempli recenlemenle ha raccolto il dot-
tissimo Ritschl (monum. epigr. tria , Berolini 1852
p. 3 , s. ). E certamente questo confronto delle voci
osche ove dopo l' o (ù) segue come un v consonante,
dimostra vera la opinione del eh. Mommsen che cre-
dette quella riunione non già di due vocali , ma di
una vocale e di una consonante (unter. Dialek. p. 217
seg. ) , il che ha più eslesamente dichiaralo ed illu-
slrato lo stesso Ritschl (op. cit. p. 33-38). Comun-
que sia, il nome Marius è uno di quelli che sostiene
la opinion di coloro, i quali credettero fossero gli Osci
insigniti di varii nomi piuttosto che di veri prenomi
(Garrucci nel bull. arch. nap. an. I p. 41 ): siccome
ebbi io pure la opportunità di osservare, colla occa-
sione d' illustrare un vaso di bronzo rinvenuto nel-
l'antica Capua, e notevole per una Sanuitica iscrizio-
ne (bull. cit. an. II pag. 138; vedi pure ciò che ho
scritto nell'an. I p. 164).
Sicché i nomi , che cominciano la nuova epigrafe
pompejana , non offrendo alcuna difficoltà , vanno
voltali in Ialino : Marius Alinius Marii filius.
Segue la voce quaisstur con doppio s : ortografia
comune a tutte le altre pompejaue iscrizioni, che ci
presentano la slessa parola.
=-37-
Eìliuvad ÀJùltasiead. Già il eli. Commenti. Avel-
lino die il primo la esalta interpretazione della parola
eiliuva , spiegandola per pecunia e nella iscrizione di
Adirano , e nella Sannitica epigrafe di Molise , ov' è
colla ortografia eiìiv, e finalmente nella tavola ban-
tina , ove si legge eilua ( iscriz. Sannil. nelle meni,
dell' Accad. Ercol. voi. V pag. 34 e segg. ). Questa
verità fu agevolmente riconosciuta da tutti coloro ,
che seguitarono ; e principalmente da' filologi della
Germania, i quali rivolsero il loro studio al linguag-
gio degli Osci. Così il Mommsen («inferii. Dialekt.
pag. 257); così pure ilKirchhoff (dasSladlrechtvon
Banda. Berlin 1853 pag. 18 e 19), il Lange (die
oskìsche Tnschrifl der tabula Baritina, Gòllingen 1853
p. 9 ) , ed il Bugge ( v. la Zcilschrifl far venjleichen-
de sprachforschung del signor Kuhn , voi. Ili p. 419
seg. ) ultimi illustratori della tavola Lucana. Ora la
nuova iscrizione pompejana pone fuor di ogni dub-
bio una tale significazione ; perciocché la seguente
voce mollasiead, nella quale facilmente si riconosce
la corrispondenza col mullatica de' Latini , non può
con altro suslanlivo accoppiarsi, se non con pecunia,
di cui è destinalo a determinare la specie e la qualità.
Quello in che disconvengono i dotti, è la origine o
la vera intelligenza della parola eilua, o sitiva, sulla
quale fa duopo fermarci alcun poco a ragionare.
Il Commend. Avellino presentò alcuni dotti ed in-
gegnosi confronti, ora paragonando Y eilua all'osco
iduo quasi Uno dividere ; essendo la moneta divisibile
in un grandissimo numero di valori: ora richiaman-
done la metafora usata presso i Greci ed i Latini ,
tratta dal verbo eo , ad indicare il danaro , sebbene
in unione di alcune particelle : quindi reditus ed exi-
tus, Trpóffo&os, ìtoàos, ed efrooos (meni. cit. pag. cil.).
Il signor Peter ne offerse la derivazione dal prono-
minale la, Iva, la moltitudine, la somma (-4%. Lìl-
ter Zeil. 1842, 2 sp. 58): ed altri filologi della Ger-
mania, che ne favellarono, poco o nulla aggiunsero
di preciso alle osservazioni dell'Avellino. Solo dirò
che il Lange ed il Bugge, rintracciando nel sanscri-
to le origini delle antiche lingue, avvertirono pro-
venir quella voce dalla radice i andare, e dal suffisso
tuo; quasi che cammina, che corre: dal che lo para-
gonarono al sanscrito dravinas la ricchezza , che già
il eh. Aufrecbt [Zàtschr. /'tir vergleich. Sprachf. tona.
II. p. 148) aveva derivalo egualmente da dru, cor-
rere. (Vedi la citata Zeitschrifl toni. Hip. 419-420).
Ove queste ingegnose idee si ritenessero , dareb-
bero una spiegazione comune della significazione di
cammino o corso in ciò clic riguarda le rendite, o
piuttosto la moneta, nelle differenti lingue ove quella
maniera di vocaboli incontrasi adoperata ; ma non
resterebbe men vero che il rapporto riconosciuto dal-
l' Avellino fra le voci corrispondenti nel linguaggio
de' Greci e de' Latini coli' osco eiliuva non è in so-
stanza diverso dalle osservazioni degli Alemanni. Rea
■ilua è per questi il danaro circolante , e non era al
certo diversa la idea del dotto filologo napolitano ;
abbenchè l'avesse presentata con una certa circospe-
zione , ed abbenchè non sia ricorso al sanscrito ; del
che non saprei quanto fosse da riprovare. Contento
di citare queste somiglianze mi asterrò dal ricercare
io stesso le origini più lontane , ben sapendo quanto
sia sdrucciolevole la via delle etimologie. Avuto ri-
guardo alle esposte osservazioni , forse troppo seve-
ramente il eh. Mommsen dichiarò la voce di scono-
sciuta derivazione (/. e).
Mollasiead. Siccome avvertimmo di sopra, è que-
sta una parola non prima comparsa. Conoscevasi già
la voce mollo in differenti casi incontrata in non po-
che iscrizioni osche ; ma l' addietlivo mollasica , cor-
rispondente al latino mullatica, riesce perfettamente
nuovo. È notevole che la solila ortografia della voce
multo è col punto sull' V; d'onde rilevasi che pro-
nunziavasi molto. Sono ben conosciuti i luoghi degli
antichi scrittori, che attribuiscono espressamente la
voce multa al linguaggio degli Osci. Così dice Gellio :
Vocabnlum mullae M. Varrò in undeviecsimo rerum
humanarum non latinum, sedSabinumessedicil.idque
ad suam memoriam mansisse ail in lingua Samnilium,
qui sunl a Sabinis orli ( noci, attic. lib. X e. I ) : e
Festo: Multam osce dici, pulanl pocnam quidam. M.
Varrò ail poenam esse, sed pecuniariam , de qua subii-
l'iter in l. i quaestionum epislolicarum re feri (p. 142
ed. Miiller). Dal quale ultimo luogo è chiarita altresì
la intelligenza della voce eiliuva, che riportata ad uu
— 38
adJictlivo di multa non può altro additare che pecunia.
Comunque sia di ciò, osservo che i Latini, quando
trassero forse dall'osco la parola multa, la conserva-
rono colla originaria pronunzia di molta : difatti nelle
più antiche iscrizioni troviamo 1' addietlivo moltaticus;
come in quella riportata dal Maffei : Quaislores aire
mollalicod dederunl (mus. Veron. 469, 2): nella quale
osservasi la ortografia quaislores , ed il d paragogico,
come nell'osco moltasicad. Avverto poi che gli Osci
in questa voce usano la sibilante in vece della muta,
non altrimenti che avemmo la occasione di avvertire
pe' finimenti de' verbi prùfattens, teremnattens, ùpsens
etc. illustrando la celebre lapida viaria della porta
Stahiana (v. meni, della reg. accad. Ercolanese voi.
VII appendice pag. 8). Non crediamo opportuno di
fermarci a richiamare i confronti delle frequenti men-
zioni della pecunia multalicia presso gli antichi scrit-
tori , o dell' aes mullalicum nelle antiche iscrizioni ;
come cosa già nota e risaputa.
Combcnnieis tanginud. Io credo col Guarini , coli'
Avellino (iscr. sann. man. cit. p. 44), e con la mas-
sima parte di coloro , che trattarono di cose osche ,
render si debbano conventus decreto. Non voglio trop-
po fermarmi sulla origine della voce tanginud , che
altri derivarou dal greco rstWw, altri paragonarono
al latino longerc ( Mommsen unler. Dial. p. 298. s :
cf. Aufrecht in Zeitschrift fér vergi. Sprachf. tom. I
pag. 333). In quanto all' altra combennieis dal retto
combenniis, mi sembra corrispondere affatto al con-
ventus de' Latini, avuto riguardo al mutamento delu
in b tanto simili fra loro nella pronunzia, ed alla dop-
pia nn che corrisponde pure nell'osco all' nd de' La-
tini : al qual proposito va citato l' opsannam quasi ope-
randam, faciendam di altra pompejana iscrizione. Sic-
ché la somiglianza tra combenniis e conventus è tanto
vicina ed evidente, che non so come il eh. Garrucci
ebbe la idea che Cùmbenniis fosse il nome di una par-
ticolare tribù pompcjnna, non altrimenti che Trim-
paraciniis quello di un'altra, opinando che il popolo
pompelmo si dividesse in tribù, e che queste prese-
dessero successivamente alle decisioni nel corso dell'
anno ( Bull, arch. nap. an. II p. 7 e 1 6G ).
Si chiude la nostra epigrafe colla voce altre volte
incontrata aamanaffed. Varie furono le opinioni sulla
intelligenza di questo vocabolo. Il commendatore A-
vellino presentando ingegnose derivazioni fu di parere
che signiGcasse perfecit, richiamando l' xrwàc Greci,
e l' armare de' Latini [iscr. sannit. meni. cit. p. 24 e
s. , e più estesamente nelle illustrazioni al tempio d'
Iside p. 24). Il sig. Peter ricordando il manus (bonus)
pensa che dinoli il probavit (Allg. Liner. Zeit. 1842
pag. 63 ) ; ma ciò si dimostra falso dalla pompejana
iscrizione di Popidio, nella quale l' aamanaffed vedesi
accoppialo col profatlcd : e non può esservi più dub-
bio che questa ultima voce ha il significato di proba-
vit. V Aufrecht pensava a dedicavit. 11 Mommsen ri-
fiutando queste diverse opinioni lo credè corrispon-
dente all' ùpsannam deded (unler. Dial. p.2ì4):egià
prima l'Avellino si era occupato a far lo stesso confron-
to, notando le differenze di queste formolo analoghe.
La derivazione del Mommsen è da amnud(\'. pure la
pag. 248). Non saprei d'onde abbia tratta la voce il
eh. Garrucci , il quale la spiega saepsil in una parti-
colare iscrizione (v. bull. ardi. nap. an. II p. 166).
Senza entrare ad esaminare tulle le suddette deriva-
zioni, osservo che la nuova iscrizione pompejana, la
quale ci addita che Alinio aamanaffed queir orologio
col danaro delle multe, determina il significato della
parola per fare eseguire , e con una voce sola espri-
me quel che fu altrove indicato co' due vocaboli
opsannam deded.
Volendo indagare la origine del verbo aamanaffed,
parmi assai meglio ricorrere a manus, la mano; on-
de i Latini trassero il mandare, oiubere. L' aamanaf-
fed è quasi composto dalla particella aa (de) e manaf-
fed quasi manna fed; essendosi per la duplicazione del-
l' f seguente diminuita nella pronunzia la forza del
doppio nn, che precedeva. Or chi non vede che tutta
la voce aamannafed corrisponde perfettamente al de-
mandavit , parola nella quale è appunto la significa-
zione medesima del feri iussit ? Questa intelligenza
mi sembra la più facile ; e si applica assai bene in
tulle le altre iscrizioni, ove quella parola trovasi ri-
petuta. Così Vibius Popidius Vibii /il. Meddix luticus
mandavil (feri imsilj idem probavit (Mommsen op. cit.
p. 181 n. XXI ) : Numcrius Trebius Trébii ftlius med~
— 39 -
clìxlutìcus mandami (fieri ìussìt) (Momms. Op. cit. p.
182 n. XXII) : Maius Purins(Furius) Mai flimquae-
stor .... mparacinìi decreto mandavi t (fieri iussitj
(Moni. p. 183 d. XXV cf. Carnicci nel bull. nap. an.
II. p. ICS, s. ). In tulli i quali luoghi la intelligenza
di commettere (o fare eseguire) è assai meglio richie-
sta di tutte le altre finora proposte di jirobavit, dedi-
cava , perfecil , saepsit.
Dopo le esposte considerazioni , la nuova epigrafe
pompeiana andrà facilmente tradotta : Marita Alinius
Marii filius quaeslor ex mullalicia pecunia conventus
decreto (fieri) mandavil.
Abhiamo dunque la certezza che l'orologio pom-
pejano fu eseguito a* tempi in cui vigeva tuttora la
lingua osca , e che precedevano forsa la romana co-
lonia. Siccome l' orologio era sopra un terrazzo alle
spalle delle nuove terme, ove appariscono in parte le
colonne di un peristilio; dee credersi che da quel lato
era la principale veduta dell' edifizio , e che l'eniici-
clio Berosiano fosse appunto destinato a segnar le ore
per comodo di quel pubblico stabilimento. (Sul tem-
po di lavarsi, principalmente verso l'ora ottava, vedi
Martial. ep. XI , 52, Spartian. in Hadrian. e. 22 ed
ivi gli annotatori : cf. Baccio de Tliermis lib. VII e.
XII pag. m. 43 1 , s edit. Venet. ann. MDLXXXVHI).
Quello che mi sembra interessante è che forse fu
questo orologio sin dal principio destinato a quell'uso
ne' tempi osci di Pompei: e perciò proverebbe la mag-
giore antichità de' nuovi bagni paragonati con quelli
già prima scavati.
Non può dubitarsi che molte rifazioni furono fatte
in appresso in epoche diverse : ed oltre le osserva-
zioni da noi presentate a tal proposito quando comin-
ciammo a tenerne discorso, si aggiunge ora la circo-
stanza qui sopra notata della impronta delle lettere
sui muri esterni della vasca , e della perfetta man-
canza de' marmi ove esse erano incise. E certamente
dee credersi che quel rivestimento fu fatto dopo i
tempi di Augusto. Ma non può con certezza dedur-
sene che la vasca ed i marmi che la ricoprivano ap-
partengono alla originaria costruzione.
Noi siamo inclinali a credere, come altra volta fu
da noi avvertilo , che la costruzione primitiva delle
terme nuovamente scoperte precede quella delle altre
già da molti anni conosciute : sebbene in tempi po-
steriori molte rifazioni , forse ancora nella parte or-
namentale , vennero eseguile (1).
Del resto le ulteriori scavazioni chiariranno meglio
questo punto. E se esse metteranno in piena luce che
le terme furono edificale dopo i tempi augustei , do-
vrebbe conchiudersi che l'orologio già prima adope-
rato in epoca anteriore fu in seguilo desliuato per
l' uso de' bagni.
(continua] Minervini.
Iscrizioni latine. Continuazione del n. 5L
Le seguenti iscrizioni , tulle provenienti da Poz-
zuoli , mi furono comunicate dal signor Arcangelo
Bruschi.
10.
C • OCTAVIVS • IIICETES • SIBI
ET TEBENTIAE CEPIAE (sic) VXORIET
C • OCTAVIO • NEPOTI • PATRI ETFILIO
ET
ET
L1BERTIS • LIBERTABVSQVE • SVIS
C. Ottavio Icete riunisce la memoria della sua mo-
glie a quella del padre, e di un figlio, che avevano
entrambi il nome di C. Ottavio Nepote. Con non in-
solilo costume si sono lasciate due linee senza alcuna
scrittura , e precedute da un ET , per occuparle co'
nomi di altri individui della famiglia , che fossero in
seguilo trapassali.
11.
mori
L • CALPVRNIVS ■ OLYMP1CVS
CALPVRNIAE • ELATI
L • CALPVRNIVS • AMPLIATVS
(1) Queste osservazioni sono siale da me comunicale alla reale
accademia Ercolanese nel mese di Novembre; ma le scavazioni a
cui si riferiscono appartengono al mese di Ottobre. 11 eh. Corniti.
Quaranta ha Ietto pure alla medesima Accademia la illustrazione di
questo importante monumento.
— so-
DIS MANIBVS
L • CALPVRNIO
SPERATO
13.
VARIA • L • L • EPHESIA
A me pare che Ephesia non sia il cognome di Va-
ria , ma che ne dinoti la patria : siccome può desu •
mersi dalla seguente iscrizione greca , rinvenuta nel
silo medesimo, ed appartenente ad un'altro Calpurnio.
0 - K
Ko KAAIIOTPN • POT
*OS EO>ES • KOK
[AAITA]PTONTI-AnE
Essa va letta così :
Kouros KaX7rot'pv(os 'Poìtyoj 'E<p/cnoS
Ko'tvrro KaXirovpyiw Apvovri «,7rs\su§/pw.
Le lettere da me supplite occupano precisamente
lo spazio mancante: e questo aggiunto all'altro mo-
tivo che il nome ApvHuv trovasi adoperato come pro-
prio presso gli antichi scrittori , me lo ha fatto pre-
ferire all'altro 'Pvùw, il quale offriva egualmente una
giusta e regolare derivazione. Anche qui, come nella
epigrafe di Varia , si fa menzione di persona prove-
niente da Efeso. Sicché non vi ha duhhio che i nuovi
monumenti puteolani vengono di giorno in giorno a
dimostrare che da tutte le più lontane regioni accorre-
vasi in quel frequentatissimo porto, emporio dell'an-
tico commercio: ove persone di svaria lissime nazioni
trasferivano anche sovente la loro sede, e stabilivano
la loro industria.
14.
C • CAESONIVS • DEMTRIVS (sic) mon
FABER TIGNARIVS SIBI ETNYMPHENI
CONLIBERTAE SVAE • ET • C
CAESONIO • METROPHANI • L •
ET • SECVNDAE • L • ET •
PRIMOGENI • L • CAESONIAE
AMPLIATAE • METROPHANIS
L • VIX1T • ANNOS XIIII ET
MENSES III • VXORI
Mi sembra evidente che C. Cesonio Demetrio po-
nendo il monumento per uso de' varii liberti di un
Cesonio , da cui egli stesso aveva preso il nome, de-
dica quella memoria a Cesonia Ampliata sua moglie,
la quale era liberta di C. Cesonio Melrofane. Se la
lezione XIIII è certa , si tratterebbe di una donna in
età assai giovanile ; ma potrebbe anche stare che la
vera lezione fosse XL1II , nel qual caso la moglie di
Cesonio sarebbe in età provetta.
E notevole che i nomi di differenti liberti nominati
nella iscrizione sono greci, Demeirius , Nijmphene,
Metrophanes : e probabilmente appartennero ad indi-
vidui di greca origine trasferiti in Pozzuoli. Dopo la
ultima voce VXORI compariscono tracce di lettere
a bello studio rimosse collo scalpello. Il che non sa-
prei a quale particolare veduta possa attribuirsi.
15.
D • M
CLAVDIAE • SP • FIL • ALYPIADI
QVAE • VIX1T • ANN • LIIII • D • VII
TI • CL • ADIVTOR ■ MAM • B • M • F
Certamente nell' abbreviazione MAM* dee ricono-
scersi il sustantivo mammae; ma rimane dubbioso se
Claudia Alipiade fosse zia, o nutrice di Claudio Adiu-
tore ; giacche è nolo usarsi questa voce nell' uno e
nell' altro significato anche nelle antiche iscrizioni :
come osserva il Furlanelto nel Lexicon del Facciola-
ti v. mamma. Dal nome comune della loro famiglia
può desumersi pertanto esser fra essi piuttosto una
relazione di parentela.
(continua) Mi.nervini.
Giulio Mimervim — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catakeo.
BULLETTLXO AKCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 56. (6. dell' anno III.)
Ottobre 1854.
Osservazioni sopra alcuni luoghi del Corpus Inscriptionum Graecarum Giunta all' articolo precedente.
Notizia di una greca iscrizione di Pozzuoli.— Bibliografia. Le case ed i monumenti di Pompei.
Osservazioni sopra alcuni luoghi del Corpus Inscri-
ptionum Graecarum (1).
Una delle più insigni epigrafi greche di Alene si è
quella die riguarda la denunzia de' proventi degli o-
Jiveli dell' Attica, sì felicemente supplita e spiegata
dal ci). Boeckb (n. 355), lasciando peraltro talora
EOE
alcuna cosa a desiderare. Essa incomincia : K N ©
AAPIANOT ATTOK xtX.
11 lodato siguor Boeckh lesse , benché dubbioso ,
xù.-vu vc(XOS SwfAwy 'Aopixvov, Iubet lex quae estin-
te)' constilutiones Hadriani. 11 Franz (Elcm. cpigr.
Gr. p. 300) riferiva , come non destituita di proba-
bilità, l' interpretazione xsksuoctvros YOjxo^ii'knxoS ,
>}=ov, datane dal eh. Thiersch. A me poi parve do-
versi leggere KE^ccXouok NOftow ©Efffxiof ( ovvero
©Eoi)) AAPIANOT ATTOKpaVopos. Almeno il sup-
plimento KEpaXouov mi parve certo pel riscontro di
quelle parole di Cicerone (ad Alt. III. ep. 15,6):
CAPVT LEGIS a Godio in poste Curiae fixum;
tanto più che questo capo delle leggi di Adriano pro-
babilmente fu proposto in duplice esemplare, presso
il foro cioè e nell' Olimpico di Atene ( Boeckh in
lemm.). Ora la suddetta interpretazione mi pare quasi
certa per questi altri antichi riscontri. Il Montfaucou
( Paìaeogr. Gr. p. 340) fra' compendii delle scritture
Greche pone anche Kì per xeQctLkouov ; e ne' Croma-
rci veieres (pag. 203-200 Lachm.) ricorrono le sigle
K LUI, KL MI, K-L-V, che valgono Kaput Legis
III, II1I, V (cf. Marini, Aro. p. 118). «Tutti sanno,
(I) Lo scrivente suppone note al benigno tenore le sue Anno-
tazioni al Cokpcs iKScmpTioxvu Gkaccahvx. Modena, !848.
A.yyo ni.
scrive il Marini (/. e), che le Leggi si dividevano in
capi, che i forensi chiamano ora paragrafi ». Lungo
sarebbe l' annoverare i luoghi degli scrittori antichi ,
ove trovansi numerati i capi delle leggi [cf. Cic. 2.
Agi: 6, 10: A. Geli. //, 15: Plin. X ep. 115: Thes.
Gr. Ling. ed. Didot, t. IV p. 1493). La spiegazione
©Eoi) AAPIANOT può stare nel supposto che quel
capo di legge fosse esposto in pubblico dopo eh' egli
era stato annoverato fra' Divi ; e fors' anche prima,
avendosi un'iscrizione dell'Olimpico che lo dice ©EON
AAPIANON [C. I. Gr. n. 337), e sapendo che gli
fu dedicata un'ara ivi stesso, non che in altre città
della Grecia (Spartian. in Iladr. 13: Dio LXIX, 16:
cf. Eckhel VI, p. 518).
Quel capo poi di legge, o leggi, d'Adriano sarà
senza meno stato ricavato dal corpo delle Leggi det-
tate da quell'Augusto agli Ateniesi, a loro inchiesta,
intorno all'anno 123 dell'era nostra, come si ha da
Eusebio e da S. Girolamo nel cronico al detto anno:
'Abpi%vòs 'A&rpouotS cc|i6w(7a<nv , ìx rwv Apctxovros
xoù SoXwvos, \ó\A.rMìlrxio~uviTc/.h: Hadrianus Athenicn-
sibus LEGES petentibus, ex Draconis et Solonis reli-
quorumque libris, iura composuit. Anche Dione Cas-
sio (Hist. LXX1X , 10) accenna fra 1' altre leggi date
da Adriano agli Ateniesi [hoixo^ìTrfi Sì òiWx ri
TroXXà xrX. ) quella, che niun senatore né di per se
stesso, né per mezzo d' altri , prender potesse in ap-
palto le entrate pubbliche. Le leggi poi da esso lui
dettate agli Ateniesi, almeno in parte, avranno avuto
autorità anche presso i Megaresi ; poiché que della
tribù Adrianide in Megara chiamano Adriano ròV
ì'xvrtoY xriaryy xoà lOfAG^iT^v xoù Tfofpiot ( C. I. Gr.
n. 181 ). Sapendo poi dal riscontro di Eusebio e di
6
— 42 —
S. Girolamo come Adriano ritrasse le nuove leggi
Attiche da quelle di Dracone, di Solone e d'altri,
chiaro si pare che questa della denunzia del ricolto
delle olive non era altrimenti in lutto nuova, ma ri-
chiamata in vigore conforme a legge anteriore , sic-
come d'altronde avea arguito anche il eh. Boeckh.
N. 418. In quest' altra iscrizione Attica ricorre
'kvrioxps xtelirfyfi 7ra/£«/v Ka/capo?, cioè, a parere
del eh. Boeckh , Anliochus aliptes pverorvji Caesà-
ris , hoc est alimentariorum. Nelle annotazioni a
questo luogo io inlesi ricordato un collegio ginnasti-
co di giovinetti, o paggi, posti sotto la speciale pro-
tezione del Cesare imperante, confrontando il pre-
sente Antioco atipia col MAG1STER IATRALIPTA
PVERORVM EM1NENTIVM CAESARIS Nostri di
una iscrizione di Roma (Murai p. 884, 4). E tanto
si conferma pel riscontro di un'iscrizione Greca di
Roma stessa (C. I. Gr. n. 6291 ) , ove leggesi vai-
òwY luyiviouy J:-priS Tjp^oc àjSacrxotXn'ji (cf.n.27 1 5 os. 7).
N.1166,a.TEAETH, ET0HMA, EIIIKTHSlS,
in un bassorilievo di Thyrea, dell' Argolide ( v. ert-
ila// arch. t. 1. tav. C, 1 p. 132). La prima voce sta
scritta dinanzi ad una donna sedente in seggio ornato
di sfingi , la quale ha la d. stesa, la s. appoggiata al
bracciuolo del sedile, e tiene un utensile incerto po-
sato iu sulle ginocchia. Dinanzi a lei sorge un arbore,
fra' rami del quale è collocato un piccolo simulacro,
che pare di Diana; e da uno de' rami pende un'in-
fula, che forse sosteneva una tavoletta votiva. Appiè
dell'arbore è un'ara quadrata con simulacro femmi-
nile sopra, che con ambe le mani sostiene una tazza
od altro vaso rotondo ; e nel Ganco dell' ara stessa è
scritto ET0HMA. La terza voce EIIIKTHSIS è
scritta nell'appoggio del sedile della donna. L'uten-
sile, che questa tiene in sulle ginocchia, parve patera
al eh. Gerhard (/. e.) ; ma vorrei sospettare che sia
anzi cista , xI<stt\ , che troppo bene si converrebbe
alla TsXstyj, iniziazione ; poiché Pausania vide sì A/-
GirQiv%, come Cleoboea vergine iniziata , aventi xltrrry
lii'i toìs ylvAGiv, xifìusròv lv Toìs ■yoxatn (Pausan.VlII,
37 , 2 : X , 28 , 1 ). L' Eu8rtvt% , o sia abbondanza ,
sosterrà probabilmente una lazza, o piatto ripieno di
frutti o di spighe (cf. Miiller, Handb. § 406, 2: Ec-
khel t. IV, p. 47 j.
N. 21 19 : \<Txvpù> Siioj Socvspys? x%) 'Acrrapa. Io
posi a riscontro del XwspyìTdi questa iscrizione sacra
di Fanagoria il ZETS STPrASTHS delle monete
di Tio della Bitinia ; ed ora aggiungo, che un' insigne
lapida del musco di Brescia è dedicata DIS'PATER-
NIS SVRGASTEO MAGNO PATRO da un Q. M.
Trifone probabilmente oriondo d' Asia (Labus, mar-
mi ant. Brcsc. p. 130, n. 171 ).
N. 2793f, 2794, 2771 , al. Nelle iscrizioni della
Caria, più di frequente che in altre, ricorre la figlia-
zione Quasi e xx$' Ì'ioSìc/cik, o sia per natura e per
adozione. E questa particolarità si scambia luce col
racconto di Arriano intorno ad Alessandro Magno
(Exped. Alex. I, 23), al quale venne incontro Ada
figliuola di Ecatomno e vedova di Idrico (che le avea
commesso morendo la signoria di tuttala Caria) dan-
dogli nelle mani la città di Alinda, che sola le resta-
va, e adottando in suo figliuolo Alessandro medesimo,
x%) 7r«ì§a oJ rfèì\x{)v\ 'A Xs^vdpov. Alessandro poi la-
sciò ad essa la signoria di Alinda, e non disdegnò di
chiamarsi di lei figliuolo , xxì tò oyopux, rov va-ioòs
ovx à-7rr^i'uirfì ; e dopo che si fu impadronito di tutta
la Caria , ad esso lei ne diede l'intero dominio. Ada,
sendo da qualche tempo vedova , dovea trovarsi in
e!à da potersi convenientemente chiamare madre del
grande conquistatore in allora assai giovine. In quella
contingenza creder potrebbesi impressa la moneta
d' Alinda avente nel ritto la lesta d'Ercole giovine, e
nel riverso la Vittoria gradiente (Mion. descr. n.47).
N. 2957. In questa insigne iscrizione dedicala dal
senalo e dal popolo d'Efeso, di conserto con l'altre
città e genti Elleniche abitanti nell' Asia Minore , a
Giulio Cesare , egli è detto discendente avrà "Aptws
xcù 'Atyofoirrp : ed il eh. Boeckb avverte, che unum
hoc singulare est, quod Anchisae loco Mars ponitur ;
cuius rei caussam aliis indagandam relinquo. Questa
particolarità fece caso anche all' Eckhel ( t. VI , p.
4 ) , senza peraltro eh' egli ne indagasse la ragione.
Altra volta avvertii come M. Antonio nell'orazione
funebre di Giulio Cesare (Dio XLIV, 37) lo disse
ingenerato àvò f^xat'kiuiy x-xi 9sw; e quindi anche
da Marte padre di Romolo e de'Romulidi. Ora veg-
go, che la gente Giulia fra le imagini de'suoi maggiori
avea pur quella del padre Romolo , come si raccoglie
— 43 —
dalle seguenti parole di Tacito (Anna! .IX ,Q) ove accen-
na i funerali di Druso: Funusimaginum pompa maxi-
me illustre fuil, cum origo luliae gentis, Aeneas, om-
nesque Albanorum reges, et condilor urbis ROMVLÌ S,
post Sabina nobililas, Altus Clausus, ceteraeque Clau-
diorum effigies, longo ordine spedar entur. Vuoisi inol-
tre consultar Macrobio (Salurn. 1 , 12) ove espone
la ragione, per la quale hodieque in sacris MARTEM
PATREM YENEREM GENETRICEM vocemus.
N. 2967. In un marmo d'Efeso leggesi il seguen-
te dislieo diviso in quatlro linee :
Tovrov, 'òv eìsopotxS, warov ó'pSiov 'Avtujyìivou
AwfoHsos IlTsXsr, $r\x<x.TO xpwrtfcvov.
Il eh. Boeckh, prendendo la voce nrsXsr, pel no-
me prisco di Efeso , spiega col Jacobs : Dorotheus
quidam Antonini statuam terra obrutam protraxit et
ilerum dedicavit. A me parve meglio prendere quella
voce nel significato suo semplice di olmo, sìcheDo-
roleo dedicasse un simulacro di Antonino Pio, ripo-
sto entro il cavo di un olmo, imitando così le Ama-
zoni fondatrici di Efeso, che dicevansi avere simil-
mente collocalo il simulacro di Diana Efesia 7rps,avw
Ivi irrskérf (Dionys. Perieg. v. 829: Callim. in Dian.
v. 237). Al riscontro che addussi dell'analogo ele-
gante epigramma Lalino , il quale incomincia (Fa-
bretti insci: doni. p. 230 n. 607) SILVANE SACRA
SEMICLVSE FRANINO, mi giovi ora aggiungerne
alcuni altri. Plinio, giunto a discorrere degli arbori
[Nat. hist. XII, 2), comincia dal dire: haec [nere nu-
misuìi templi ; priscoque ritu Simplicio rura etiam
moie Deo praeceìlentem arbore dicant. Il Dalecampio,
ed il recente editore Parigino, intesero queste parole
dell'usanza di pianlare arbori esimii dinanzi agli edi-
fici sacri; ma voglionsi anzi spiegare dell' usanza, che
dura tuttora nel contado nostro, di collocare qualche
sacra mingine in alcuno de' più begli arbori lunghes-
so le vìe, segnatamene ne' trivii e quadrivii, o presso
le case rurali. Così le intese anche il dotto Greppo ,
che di recente ne diede restituita alla vera sua rap-
preseutazionc una insigne moneta di Myra della Li-
cia, in prima non ben descritta dal Vaillant, impressa
sotto Gordiano, nel cui riverso vedesi il seguente ti-
po [Revue man. t. XIV, p. 420): Vecchio arbore, fra'
cui rami posa, od emerge dal tronco, un simulacro di
donna multimammia con ampio velo in testa , che le
giunge fino a' piedi e le copre anche le braccia aderenti
alla persona: a pie dell' arbore sono due uomini ignu-
di, o quasi ignudi, uno di qua e l' altro di là, ciascu-
no de quali lenendo con ambe le mani una bipenne al-
zata, è in atto di menare un colpo al ceppo dell' arbore
slesso per reciderlo; nel qual mentre due serpenti, che
sembrano come sbucati dal pie dell' arbore , si avventa-
no contra i due uomini e stanno per morderli al dorso.
Il lodato ahb. Greppo tenta così di dare l'interpre-
tazione di quel singolare tipo: « Un simulacro di dea,
che in appresso dovette avere culto continuato nella
città di Mira, sarebbesi a caso trovato riposto fra' ra-
mi di un arbore; o se meglio piaccia , quell'arbore
sarebbe sialo scelto a disegno dalla divozione nascente
degli abitanti , perchè servisse come di edicola sacra
al simulacro stesso. Alcuni uomini, sia che innocen-
temente col solo intento di apprestarsi legna, o sia che
sacrilegamente , avrebbero posta la scure alle radici
dell'arbore sacro e privilegiato; ma de'serpenli, mossi
da possanza sovranaturale, sarebbonsi posti a guardia
del venerato simulacro ; ed avventandosi a que' le-
merarii, gli avrebbono fatti accorti della presenza di
un idolo incognito, e castigando que' profanatori, ec-
citalo avrebbero i cittadini di Mira a prestargli nuovo
culto speciale ». Egli ravvisa in quel simulacro un*
imagiue di Diana multimammia, e ben s' avvisa che
il tipo si riferisca a qualche domestica istoria fabu-
losa de' Mirei ; ma confessa di non trovarne riscontro
particolare negli scrittori antichi. Nella mia memoria
intitolata Obsercalions sur les anciennes Monnaies de
la Lycie (che, tradotta in Francese dall'esimio mio
amico Raoul-Rochetle di cara memoria , venne nel
1845 inserila nel volume primo della prima serie
delle memorie des Savants étrangers dell' Accademia
delle Iscrizioni), io congetturai, che il suddetto tipo
delle monete di Mira riguardi il seguente racconto di
Appiano Alessandrino (Mithrid. 27): Mitridate, posto
V assedio a Patara della Licia , tagliava il bosco sacro
a Lalona, per costruir machine, fino a che, atterrito da
un sogno, si rimase dal profanare que' legni sacri. La
voce popolare avrà di leggieri imaginato e divulgato
— u
un portento simile a quello, che Callimaco (in Cercr.
v. 33 seg. ) narra come avvenuto allor che il sacri-
lego figliuolo di Triope fece porre la scure alla ra-
dice degli arbori sacri a Cerere. I servi d' Eresinone,
alla vista gigantesca della dea, che loro apparve e li
rampognò , atterrili retrocessero , lasciando le scuri
infitte nel ceppo dell'arbore a lei sacro (Callim. «n
Cor. 60, 61 ). A quel sacrilego attentato, avvenuto
nel Triopio della Caria (anzi che alla metamorfosi di
Mirra in arbore) vuol riferirsi il seguente tipo di due
rare monete di Afrodisiade della Caria medesima, di
recente pubblicale (Reme mmism. t. XIV, p. 428:
XVI, 236):
Arbore fornito di molti rami , presso il quale sono
due uomini coverti il capo dipileo frigio ; uno de quali
con la bipenne alzala sta per dare un colpo alle radici
dell' arbore stesso, e V altro sen fugge come atterrilo.
Il pileo frigio forse non allro significa, che la loro
condizione servile; sapendosi, che Eresinone inviò
venti de' suoi più robusti servi a recidere gli arbori
del bosco sacro a Cerere. I due serpenti poi, che nella
moneta di Mira della Licia si avventano al dorso dei
due temerarii violatori, saranno i custodi del luco sa-
cro a Latona, e simbolo di vicina morte, come con-
sta dal riscontro di parecchi monumenti arcaici. L'ar-
bore della moneta di Mira parve di fico al eh. Grep-
po ; ma per quanto può arguirsi dal disegno di essa
(Revue num. t. XIV, pi. XIII, 1), potrebbe pur dirsi
di vecchio platano ; lanto più , che a detto di Plinio
(Nat. hist. XII, 5) : mine est darà in Lycia (platanusj ,
gelidi foniis socia amoenilale , itineri apposita , domi-
cilii modo, cava oclogìnla atque unius pedum specu,
nemorosa vertice, et se vaslis protegens ramis , arborum
instar, agros longis obtinet umbris, cet. (cf. Ilerodot.
VII, 31: Aclian. var. hist. II, 14). Riguardo agliai-
bori sacri alle deilà de' Gentili , ed alle deità stesse
delle Ai}op7ra.i, *Evó;y'6poi, veggasi quanto dottamen-
te ne scrisse di recente il eh. Minervini ( Mon. ani.
ined. di Barone, voi. I pag. 63-63). Egli ricorda un
curioso vaso dipinto proveniente dalle parli di Nola,
rappresenlante due persone , l' una barbata e 1' altra
imberbe, che escono ciascuna dal tronco di un ar-
bore. Vorrei sospettare, che rappresenti i progeni-
tori della favolosa gens virum truncis et duro roborc
nata ( Virg. Aen. Vili, 313 : cf. Odyss. XIX, 163).
Hoc figmentum, avverte Servio, Homcricum est, et or-
lum est ex antiqua hominum habiiatione, qui, antefa-
clas domos, ani in cavis arboribus , aut in speluncis
manebanl; qui cum exinde egrederenlur, aut suam edu-
cerenl prolem, dicli sunt inde procreati. Similmente
può dirsi, che prima della costruzione degli edifici
sacri, i simulacri degli dei colloca vansi entro le ca-
vila de' tronchi degli arh )ri annosi ; e che Doroteo
Efesino dedicando entro un olmo cavo l'effigie di An-
tonino Pio, volesse indicare come quell'ottimo Augu-
sto richiamava col mite suo impero la felicità de'pri-
schi tempi e del secol d'oro. Del resto, anche nell'
insigne bassorilievo di Tirea, con le epigraG TEAE-
TH, EIIIKTHSlS ed ET0HNIA da aggiungersi al
Corpus inscr. Graec. , vedesi un piccolo simulacro di
Diana collocato fra' rami di un arbore annoso , con
indizio di tavolette votive pendenti da tenie (Annali
arch. t. I, tav. agg. C, 1, p. 132-134).
N. 3176. In questa lettera di M. Aurelio Cesare
al sinodo di Bacco Briseo di Smirne, colla quale ren-
de grazie a que' collegiali dell' esultanza da esso lor
dimostrata pel nascimento di un figliuolo di lui , le
parole sì x%) èr/poui rovro à7nfòr\ parvero al chiar.
Boeckh indicare , che quel neonato fosse poco dopo
mancato di vita. A me parve , che anzi significhino ,
che la cosa era accaduta altramente da quel eh' essi
aveano inteso per falsa novella , vale a dire che in-
vece d' un figlio gli era nata una figliuola , come
realmente accadde per fede di Capitolino. E che in
falli lalor corressero di si fatte novelle premature ed
inesatte, costa da altri simili casi. Tosto che Domizia-
no si fu separato dalla moglie sua Domizia infamata
per adulteri, ed ebbe comincialo ad usare familiar-
mente con Giulia figliuola di Tito, sua nepote, non
mancò chi credesse, ch'egli avesse contratto matri-
monio con quesla ; e corsane la fama fino in Asia, in
Efeso se ne fecero fesle pubbliche con sacrifici (Phi-
lostr. vii. Apollon. VII, 7: Dio, LXVII, 3), ed in
Pergamo venne impressa una moneta con le teste
congiunte dei due supposti novelli sposi, Domiziano
e Giulia di Tito (Eckhel t. VI, p. 363, 366).
— 45
N. 3609. Mapov 'AypjWav tov fft/vyjvfcc #<ù Tra-
Tpwva ty,S woXswS xa] wicryi<rrfì svi fr\ Tp'JS ty,v
9sòv svcrsfìiM xoù tir] rrt 7rpós ròv orjixov swoia.. 11 eh.
Boeckh non fa alcuna osservazione sopra questa in-
signe epigrafe incisa in una base trovala nel sito del-
l' antica Ilio, la quale avrà sostenuto la statua di quel
grand' uomo. GÌ' Iliesi, come già avvertii, appellano
M. Agrippa ffvvyeréx, sia come disceso da famiglia
Troiana, o sia come genero di Augusto ed attinente
perciò alla gente Giulia proveniente da Gitilo di Enea
Troiano. Per simile modo i Segestani di Sicilia chie-
sero il ristauro del (empio ruinoso di Venere Ericina,
nota memorante* de origine cius et laeta Tiberio , il
quale suscepit curarti libens ut CONSANGVINEVS
(Tacit. Annal. IV, 43: cf. Eckhel t. I, p. 230-237).
GÌ' lliesi poi probabilmente avranno dedicata quella
epigrafe con la sua statua a M. Agrippa dopo ch'egli,
ad intercessione di Erode Magno, si fu con esso loro
riconcilialo nell' anno di Roma 740. Si ha da Giu-
seppe Flavio {Ani. lud. XVI, 2) e da Nicolò Dama-
sceno ( Frag. hist Graec. t. Ili p. 350 ed. Didol ) ,
che Giulia di Augusto, moglie di M. Agrippa, sendo
giunta di notte ad Ilio, corse pericolo di restare som-
mersa co' suoi domestici nelle acque dello Scamandro
rigonfio per dirotte piogge, senza che gV Iliesi le pre-
stassero soccorso. Agrippa, probabilmente istigato da
quella donna indispettita, multò gì' Iliesi per la som-
ma di cento mila dramme d'argento; ed essi impo-
lenti a tanto, mandarono un' ambasceria incontro ad
Agrippa, che era di ritorno dalla spedizione navale
nel Bosporo Cimmerio (cf. Dio, LIV, 24); il quale,
reso placato dalle parole di re Erode, scrisse un'epi-
stola amichevole agi' Iliesi , che fu tosto loro recata
da Nicolò Damasceno, che, lasciato Agrippa in A-
miso (I), navigò a Bizanzio, e di là tosto alle spiagge
della Troade. Gli ambasciatori d'Ilio, disperando di
ottener grazia, erano di già tornali in patria; sì che
può ognuno imaginare (piai festa e letizia far dovet-
tero gì' Iliesi allor che ricevettero quell' epistola del
genero di Augusto : e quindi panni assai verisimile ,
che in allora dedicassero la statua di lui nel sacrario
di Pallade Iliade a riguardo della di lui pietà versola
dea, e benevolenza verso il popolo. Nel C. I. Gr. ri-
corrono per lo meno tre altre iscrizioni onorarie di
Agrippa ( n. 309, 1878, 2176 ); niuna delle quali
contiene tanti motivi del tributatogli onore, quanti
questa del popolo d' Ilio. Del resto non so come il
eh. Mùller nelle annotazioni alla vita di Nicolò Da-
masceno (Frag. hist. Gr. t. III pag. 350) anticipi di
circa due anni la riconciliazione di Agrippa congl'I-
liesi, assegnandola all'anno 16 innanzi l'era volgare.
N. 3694. La flotta, arò.os, di cui era crToXapx^ì
quel Crispino Ravegnano sepolto in Cizico , dovea
stanziare in quelle acque, come già avvertii racco-
gliersi dal riscontro delle monete di Cizico stesso. I-
noltre Dione Cassio (Hist. LXXIX, 7), testimonio di
vista, ne allesta, che nell'anno 219 dell' era volgare,
fra gli altri che subornarono le milizie Romane per
usurpare l' impero, vi fu pure un uomo privato che
ardì di movere a rivolta l'armata del porto di Cizi-
co, tÒv <7toXok tov iy fi\" Kv^ix(o vafXoxortTa. Il
eh. Boeckh avverte, che al disotto dell'epilaOo dello
(TroXapxrfi Crispino scidpta est navis cum viro stante,
qui dextra clavum tenel, et sub sinistro brachio erti-
menarti habet; e può dirsi così rappresentato lo ffrd-
Xos stesso ; poiché in una moneta di Nico media (Mion-
uet, descr. n. 323) CTOAOC vedesi apposto ad una
figura virile ignuda col braccio destro steso , con ti-
mone di nave nella sinistra, e con una prora di nave
a' suoi piedi.
(I) Agrippa in quella spedizione marittima si recò in persona al-
meno fino a Sinope, ove lo raggiunse re Erode ( Flav. et Damasc.
II. te. ) ; ed in quella occasione , esplorando le coste del Ponto Eu-
sino , avrà fatto prendere le misure anche del celtbralissimo Corso
di Achille, avendosi da Plinio ( Nat. hist. IV, 26, 2 ): Dromos
Achilleos, cuius longiludinem octoginla millium passuum tradii
Agrippa. Del resto, Agrippa venne onorato anche dopo morte e in
Roma ed altrove. 11 eh. borghesi ( Dee. VI, oss. 5, 6) comprovò
con argomenti cronologici , che le monete insignite delle teste d'
Augusto e di M. Agrippa impresse in Achulla dai due proconsoli
dell' Africa P. Quinlilio Varo, e L. Volusio Saturnino, spettano agli
anni di Roma 747 e 748 Rimaneva ad indagar la ragione del ri-
comparir che fa l' imagine di M. Agrippa un cinque anni dopo la
sua morte; e ne la rivela Dione narrando (Hist. LV, 8) come nel
dello anno varroniano 747 furono dati in Roma gli spettacoli gla-
diatore per onorare la memoria di lui (t\ Annali arch. l.XXII,p.203).
— 46-
N. 6780 a ■ CCroMAPOC
OTIAAONCOC
TOOTTIOTC
NAMATCATIC
eiOOPOTBHAH
CAMICOCIN
NCMHTON
Questa epigrafe , omessa dal eh. Franz , leggesi
( credo a lettere di rilievo ) in un ciottolo alto centi-
metri 25 e largo 31, trovato a Vaison ( Vasìone Vo-
conliorum) nella Gallia Narbonese l'anno 1840, e
nell' anno appresso riposto nel museo delle antichità
d'Avignone. 11 eh. De la Saussaye, che l'ebbe dal
eh. Mérimée , e la pubblicò nella sua Numismatique
Narbonnaise, opina che riguardi un santuario, NsfXTj-
vòv, dedicato da Segomaro a Belinus o ad altra deità
locale ; e che TX%iMu/ff&?iS sia l' etnico di Nemausus ;
ma non pare, anche perchè Stefano Bizantino ha in-
vece N^iaWjos, •/] Nsfxaw/Vos (3). La voce yi/x^tòy
ricorre in un iscrizione di Orcomeno della Beozia
(C.I.Gr. n. 1584 vs. 37); e se il dottissimo Boeckh
ebbe a dire: nixrfrls àyìov qui sit nescio , con vie
maggior ragione potrò io dire di non sapere, che si-
gnifichi il \ìfj.Y,TQi del sasso di Vaison. In vecedi2?e-
lìnus altri ravvisar potrebbe 1' epiteto BELISAMA
dato a Minerva in iscrizioni Latine della Gallia ( 0-
relli n. 1431 ). Del resto, riguardo a simili ciottoli
scritti, di fede dubbia, veggasi il eh. Lelronne presso
Franz che ne riportò due sotto Marsilia (C. I. Gr. n.
G765, 6766).
N. 6790. Intorno a cotali mattoncini di terra cotta,
in forma di piramide tronca, ovvero di trapezoide ,
che trovansi in ogni dove, scritti in Greco od in La-
tino, o con figure o senza, discorsi anch'io nel rag-
guaglio degli scavi fatti in Modena nel 1845 (p. 35-
36 not. 34), seguendo l'opinione di chi li reputatesi
da stadera. Altri li tengono per pesi da telaio o da
uscio ; e la questione potrebbe esser decisa dai dotti
ispettori delle escavazioni che si fanno in Pompei. Pesi
(3} N a\i.ava 'dns parrebbe piuttosto nome relativo alle supersti-
zioni mitriactae , anche perchè analogo a quello della dea Siria
ArupyxTi; (Strabo XVI p. 748).
da telaio, \ùoi, parvero a\éi.1{angabè(Antìq.Hellen.
p. 155, n. 12), il quale attesta, che se netrovauodi
frequente alcuni riposti ne' sepolcri dell' Attica.
C. Cavedoni.
Giunta all' articolo precedente.
Applaudendo alle dottissime osservazioni contenu-
te nell' articolo precedente , mi sia lecito aggiungere
poche parole in appoggio di una sola tra esse ; dalle
quali rimarrà forse meglio chiarita la opinione soste-
nuta dal celebre autore.
A ben comprendere perchè nella greca iscrizione
di Efeso (n. 2957 ) dicasi Giulio Cesare discendente
da Marte e da Venere , basta il considerare che gli
Efesii non intesero di rammentare un conjugio di
quelle due divinità , ma solamente gli dei che nella
discendenza della gente Giulia ebbero la loro parte ,
sebbene in epoche diverse. Ed era più interessante
per quei popoli mostrare la parentela di Giulio Ce-
sare con divinità da essi pure onorate, trascurando
affatto gli eroi , e specialmente quelli che son da ri-
putare propriamente Latini. Or rivolgendo uno sguar-
do a tutta la discendenza di Enea, come ci vien pre-
sentata da Livio ( lib. I. init. ) , si osserva facilmente
che Venere è la divinità la quale si pone a principio
di tutta la stirpe, e Marte è 1' altra la quale nella con-
tinuazione si rammemora. Di fatti dopo Enea, Giulo
( quem . . . Iulia gens auctorem nominis sui nuncupat
dice Livio), Silvio, Enea Silvio, Latino, Alba, Ati,
Capi , Capeto , Tiberino , Agrippa , Romolo Silvio ,
Proca, Numitore, si giunge a Rea Silvia che solari-
mane di quella famiglia ; giacché la discendenza di
Amulio è tronca ed impedita. È chiaro dunque che
per la stessa genealogia Romolo è tra' maggiori di
Giulio Cesare; perciocché se la gente Giulia discende
da Giulo , è evidente che nella linea retta di tutte le
generazioni s'incontra Rea Silvia, e quindi Marte.
Non mi pare dunque cosa di difficile indagine de-
terminare il motivo di quella menzione : ed i luoghi
citati dal eh. Cavedoni trovano un pieno appoggio e
confronto nella genealogia della casa Giulia, come si
presentava nel maggior vigore della sua potenza; cioè
a dire a tempi di Tito Livio. Minervini.
— 47 —
Notizia di una greca iscrizione di Pozzuoli.
É già qualche tempo che dal mio eh. collega sig.
Canonico Scherillo mi venne communicala la seguente
epigrafe proveniente dalle scavazioni puteolane.
CeOTHPIANOCACKAHniOAOTOC
THrATKTTATHCTMBIU)ATP<5AAOTIA
APPIANCIKOMHAICCHMN HMI1C
XAPIN ZH T€
I€
Questa va facilmente Ietta
%:.ovrpi%Y'ji 'AaxkvpriooéraS ft\ ykvxvrxrt] cuij.-
fc[»j AypjX/a «fXacwx 'Appia Ne/xojMio/ff<r*| ixvfjxr^
X*?>y- %Tpd.i5% Irr, /£..(vel polius Irr. ...fxr.t %i... rp.--
poc? li ). Pare che ne' due ultimi versi sievi una lacu-
na, per esser forse roso e consumato il marmo ; e noi
abbiamo creduto di supplir le mancanze nel modo
sopra indicato.
L' uso dell' £ , C, ed U) lunati , la forma delle M
quasi corsiva, la totale mancanza dell' iota ascritto, e
la multiplicità de' nomi diAurelia Flavia Àrria fanno
riportar la iscrizione ad epoca non tanta antica (vedi
pure i monumenti inedili di Barone tom. I pag. 43).
Se supponiamo il nome di Aurelia venuto alla defun-
ta dal marito, potremmo riportare il marmo a' tem-
pi di Alessandro Severo, o piuttosto di Caracalla, che
pur sovente chiamalo Aurelio Severo ( Cavedoni an-
notazioni al corpus inscriplionum graecarum p. 50).
È poi noto che i Nicomediesi dedicarono a Caracalla
una statua ; e sono ben conosciute le medaglie co'
VOTA SOLVTti DECcnnalia da essi coniale in onore
dello stesso imperatore ( Eckhel t. VI p. 206 cf. Ca-
vedoni annoi, cit. p. 161-162). In quanto ad Aure-
lia Flavia Arria, appartenne ad una famiglia, che al
nome preso da' Flavii aggiunse gli altri due nomi a'
tempi di Antonino Pio : giacché entrambi semhrano
derivali dalla casa imperiale , non escluso quello di
Arria, che accenna ad Arria Fadilla madre dello stesso
Antonino. In qualunque modo la nuova epigrafe pare
da riferirsi all' epoca degli Antonini.
La nostra Aurelia Flavia Arria dicesi N£ixo(*r$iff-
0"^: ed è noto che questo femminile s' incontra in al-
tre iscrizioni (Boeckh corp. inscr. gr. n. 873 voi. I.
p. 523; e n. 378i voi. II p. 970). Solo è ad osser-
vare il dittongo li nella prima sillaba , invece della
semplice i ; la quale ortografia non è però infrequen-
te nel greco ( vedi quel che ho detto nel bullettaio
archeologico napolitarw antica serie an. II pag. 44 ,
e 154). Rimane finalmente ad avvertire che la nuo-
va epigrafe di Pozzuoli dà la certezza di una fami-
glia di Bitinia ivi stabilita ; giacche se la moglie era
di Nicomedia , il greco marito Asclepiodoto appar-
teneva probabilmente alla medesima regione : il che
siamo autorizzati a supporre, non additandosene la
patria. Ora, se poco innanzi vedemmo persone da E-
feso venute nella industriosa e commerciante città di
Pozzuoli (v. sopra pag. 30), sarà piacevole l'osser-
vare altresì personaggi di Nicomedia; non altrimenti
che quei di Alessandria, di Tiro, di Berito, di Elio-
poli, e di altri luoghi dell'Oriente: non che i Deca-
trensi o abitanti del Catlaro, e i Melitesi ; siccome a
noi venne fatto di rilevare da altri monumenti. Vedi
la nostra memoria su la voce Decatrenses inserita nel
voi. IV part. I delle memorie della regale Accad. Er-
colanesc p. 349 e seg. ; ed i monum. ined. di Barone
p. 43 ed appendice p. VIII-IX. Mlneryini.
BIBLIOGRAFIA
Le case ed i monumenti di Pompei disegnati e descritti.
É questo il titolo di un'opera, che comincia a ve-
der la luce fra noi, e di cui è già pubblicato il primo
fascicolo.
La idea di questa interessante pubblicazione è do-
vuta agli egregii signori Fausto e Felice Niccolini ,
i quali si propongono di non risparmiare a cure ed
a spesa per condurre a termine una così nobile im-
presa, nel modo medesimo come ad essa diedero co-
minciamcnlo. Trattasi di pubblicare le venerande re-
liquie della sepolta Pompei , monumenti pubblici ,
private abitazioni, ed oggetti rinvenuti in quelle clas-
siche scavazioni; dando esatti disegni degli edifizii,
e de' monumenti principali, e la piena descrizione di
tutto il rimanente. Gli editori hanno in questa splen-
48 —
dida e magnifica pubblicazione adoperata la cromo-
litografia, la quale mettendo sotto gli sguardi de' let-
tori gli svariati colori, specialmente delle dipinte pa-
reti di Pompei , rende un notabile servigio a' cultori
dell* archeologia e delle belle arti. Le descrizioni ed
illustrazioni , che costituiscono il testo , saranno in
certi limiti ristrette : essendo proposito degli editori
di non omettere alcuna notizia relativa a' monumen-
ti, ed a coloro che ne ragionarono, aggiungendo bre-
vemente le novelle illustrazioni e dilucidazioni, delle
quali le pompejane antichità sono capaci; ma nel tem-
po stesso di non estendere il lavoro con troppo eru-
dite ricerche , alle quali la economia dell' opera non
può certamente prestarsi. Queste idee sono esposte in
una elegante prefazione premessa a tutta l' opera da'
direttori. Noi dobbiamo pertanto aggiungere che il
nostro Augusto Sovrano, inteso a favorire ogni patria
pubblicazione, che tenda ad accrescere il decoro del
nostro paese, mettendo sotto la sua alta protezione la
impresa de' Signori Niccolini, volle che gli accademici
della Società Reale Borbonica , e principalmente i
membri della Reale Accademia Ercolanese , fossero
incaricati di fornire le descrizioni de'differenti edifizii,
ed in esse le illustrazioni delle tavole.
11 primo monumento, che i Signori Niccolini han
cominciato a pubblicare, è la bellissima casa di M.
Lucrezio, degna di tulla la considerazione principal-
mente pe' pregevolissimi dipinti, de' quali va a dovi-
zia fornita. Il primo fascicolo, di cui diamo l'annun-
zio, comprende tre tavole, tratte da'disegni del valente
artista signor Giuseppe Abbate, nelle quali vedesi la
pianta dell'edificio, pitture inedile, statue, graffiti, e
finalmente una intera parete eseguita con tulli i colori
dell' originale. Non posso tralasciare di encomiare la
esecuzione delle litografie ; e senza spirito nazionale
può con tutta giustizia confessarsi che il primo saggio
ili cromolitografia, che sia comparso fra noi , può già
contrastare colle pubblicazioni straniere, presso le
quali quei melodi sono da ben lungo lempo introdotti.
Del che sia lode non solo a' litografi alemanni signori
fiichler, e Frauenfelder, incaricati di queslo difficile
lavoro, ma benanche a' signori Niccolini, che ne fu-
rono i zelanti direttori. E principalmente , per quel
che concerne la parete, non può disconvenirsi che la
esattezza de' contorni, e la delicatezza delle tinte nelle
varie figure de' quadrelli che vi si veggono, soffre il
confronto di qualunque straniera pubblicazione; e se
n'eccettui alcune litografie del Zahn, e del Ternite ,
può ben dirsi che le altre opere pubblicate in Fran-
cia ed in Germania pareggiano appena la nuova pub-
blicazione napolitaua. E ciò sia detto pure per la fi-
gurina, che fregia il frontespizio, di difficilissima ese-
cuzione per la grande varietà de' colori. Non posso da
ultimo tralasciar di avvertire che gli editori provvidero
benanche alla nitidezza della stampa, valendosi del ri-
nomato tipografo Gaetano Nobile , ed acquistando i
più eleganti caratteri , per 1' uso esclusivo di questa
splendida edizione. Sicché i signori Niccolini meri-
tano gli applausi de' loro concittadini, e degli stra-
nieri, per avere impresa un'opera cotanto utile, senza
tralasciare alcuna cosa, che render la potesse degnis-
sima di considerazione. Ma una particolare lode ad
essi si aspetta da' proprii concitttadini per avere intro-
dotto un nuovo metodo di litografia , finora tra noi
sconosciuto, e per aver superato tutte le difficoltà per
offrirne tali saggi che accrescano il lustro del proprio
paese. Sicché bene a ragione il magnanimo Sovrano
ne premiò i nobili sforzi con generose associazioni.
Nulla aggiungo sul testo, di cui appena uni pic-
cola parte si è data in questo primo fascicolo ; giac-
ché la descrizione della casa di M. Lucrezio è stala
a me stesso affidala ; ma non mancherò di far cono-
scere le novelle osservazioni ed illustrazioni de' miei
chiarissimi colleghi , quando per opera loro si porrà
mano alla descrizione ed illustrazione degli altri pub-
blici e privati edifizii di Pompei.
Ho creduto di dar pronto e sollecito annunzio di
una delle più notevoli pubblicazioui archeologiche ,
per conciliare le più vive simpatie verso una diffici-
le quanto nobile impresa, che merita suffragii ed in-
coraggiamenti da parte di tutti gli amatori della clas-
sica antichità.
MlMÌRVIM.
Giulio Mineuvini — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataxeo.
BULLETTINO ARCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 57. (7. dell' anno III.)
Novembre 1851
Breve dilucidazione di un vaso dipinto rappresentante il supplizio delle Danaidi. — Iscrizioni latine. Conti-
nuazione del n. 55. — Dei tipi e simboli di alcune monete autonome e regie dell' isola di Cipro.
Breve dilucidazione di un vaso dipinto rappresentante
il supplizio delle Danaidi.
Il monumento, a cui accenniamo, fu da noi alcun
tempo addietro osservato presso il negoziante di an-
tichità signor Raffaele Barone , che a noi ne per-
mise gentilmente la puhblicazione : ed è quello ap-
punto che vedesi figurato nella nostra tavola 111.
di questo anno terzo del bullettaio. Ora appartiene
all' egregio signor Marchese Campana in Roma , il
quale ha aggiunto quest' altro giojello alle sue ric-
chissime collezioni. Al primo sguardo si riconosce
il soggetto di questo raro dipinto: e sarà facile di rav-
visare nelle cinque idrofore del piano inferiore le fi-
gliuole di Danao , le quali pagano il fio della loro
crudeltà versando eternamente 1' acqua dalle idrie
nel pilhos senza fondo, che per metà si mostra all'e-
stremo della rappresentazione. Parlano, fra gli aldi,
di queste tradizioni Eschilo ( Promelh. v. 850-872),
Apollodoro ( II, 1, 4), Igino [fai. 277 168, edivi
il Munckero), Eustazio (ad Hom. 7/. A, 42 p. 37),
Plinio (hist. nat. VII, 36), Nonno (Synagoge ad Greg.
Nazianz. I, num. 67 ) , Diodoro Siculo ( V , 58 ) ,
Strabone ( XIV ,2,11), Eusebio ( pag. 314 edif.
Mai), Filostrato (Apollon. Vita lib. VII e. VH),Pau-
sania (lib. II e. 24, 2, ed altrove; come avremo oc-
casione di rilevare in seguito), ed altri scrittori. No-
teremo particolarmente che fra' poemi del ciclo epico
era pure la Danaide, che fornirebbe al certo preziosi
sussidii per Io studio di questo mito. Lo stesso dee
dirsi della Commedia di Aristofane intitolata Danai'
des , della quale non ci rimangono che pochi fram-
menti. Ed è pur da deplorare che siensi perdute al-
axnq ni.
tresì le Danaidi di Eschilo , le quali colle Supplir
costituivano un magnifico insieme : non essendoci ri-
masto altro che il principio di quei mitici fatti , che
incontravano la continuazione ed il termine nelle altre
drammatiche rappresentazioni miseramente perdute.
Varii monumenti ci offrirono l'infernale supplizio
delle Danaidi : tale si è il vaso pubblicato dal eh.
Panofka (mas. Blacas tav. IX p. 29 seg.) , il basso-
rilievo del Vaticano dottamente illustrato dal Visconti
(mus. Pio-Clcmcnlino toni. IV tav. XXXVI), il vaso
di arcaico stile con quattro alate Danaidi, che ver-
sano l' acqua nel gran dolio, figurale in tal guisa co-
me anime ( Inghirami vasi ftlt. tom. II. tav. 135.
Gerhard Gefltigelg. tav. I num. 8 ) ; ed altri monu-
menti, che veggonsi citati nell'ultima edizione del-
l' archeologia di Mullcr [Handbuch §. 397. not. 1.
pag. 641 ed. Welcker) ; a' quali va aggiunto il vaso
colossale con scena del mondo inferiore , posseduto
dal Sig. Gargiulo , ove appariscono tre Danaidi colle
loro idrie, quasi atterrite dalla vicinanza del Cerbero
( vedi la descrizione che diedi di questa parte del mo-
numento nel ballettino dell' lst. 1851 p. 43). E forse
va pur riferita alle Danaidi la scena effigiata da Po-
lignoto nella Lesche; sebbene Pausania (X , 31) ne
dia una più generale interpretazione ( vedi ciò che
scrive il Welcker die Composition der Pohjgnotischcn
Gemaìde pag. 64 seg. cf. la tav. Un. 22, 23 ; e nelle
aggiunte al cit. luogo del Mùller), la quale potrebbe
giudicarsi eziandio applicabile al mito dell' infernal
supplizio delle stesse Danaidi. Comunque sia, le idrie
che ricorrono in tutti i monumenti sono proprie delle
Danaidi particolarmente nell' Orco: ed è da ricordare
ciò che scrive l'autor dell' Axiochos (§ 21 p. 166
— so
Fischer): sv£)a x.wpx àffifìwv xcc) Amx'ìÌIm l$p[%t
ìtìXhì. Quello però che richiama particolarmente
l'attenzione nel vaso del sig. marchese Campana, è
il cercine (arculus, ceslicillus, ti'Xtj, «wrapot ) , di che
quasi tutte le idrofore veggonsi munite, chi lenendolo
già sul capo, chi colla mano, e chi al braccio sospe-
so. Noi già avemmo altra volta la occasione d' illu-
strare questo arnese delle idrofore , dichiarandone
l' antichità , e mostrandone 1' applicazione a' monu-
menti delle idroforie , non senza ricordare special-
mente una delle figlie di Danao , cioè Amimone , la
quale trovasi quasi sempre indicata con quel simbolo
nelle sue relazioni con Nettuno ( bullelt. dell' Istit.
1843 pag. 119-123: cf. Vasi Jatla pag. 14 e 156;
e bullett. arch. napol. an. IH pag. 51, segg. ). Ora il
nuovo monumento, che stiamo illustrando, dà piena
luce e conferma a tutta quella discussione. Il vesti-
mento delle figlie di Danao è perfettamente ellenico,
senza alcuna mistione di barbarico costume. Questa
circostanza , che frequentemente si osserva pure ne-
gli altri monumenti , si spiega dalla loro origine ar-
giva, della quale esse stesse più volte si vantano nelle
Supplici di Eschilo ( v. 274 segg. cf. v. 322 , seg. ;
530 segg. ). Gli specchi e la patera , che presso di
loro si veggono , accennano per avventura alle loro
mistiche e sacre cerimonie ; essendo ben risaputo da
un classico luogo di Erodoto che lor si attribuiva la
introduzione delle Tesmoforie nell' Argolide ( lib. II
e. 71 : vedi su questa particolarità, e sopra lutto ciò
che concerne alle Danaidi, il Creuzer Symbolik tom.
IV. pag. 144 segg. 3. ediz. ). Parmi che il numero
di cinque sia riferibile alle cinque decadi delle figliuole
di Danao, le quali son tutte rappresentate : e questa
ci pare la miglior maniera di figurarle, non potendo
esser tutte effigiate in un' artistica composizione. So
bene che in altri monumenti ne compariscono tre sole,
come nel vaso del museo Blacas, e nell'altro del sig.
Gargiulo, quattro nell'altro edito dall'Inghirami; ma
potrebbe citarsi a confronto del monumento che illu-
striamo il marmo di Paros , ove si narra che alcune
delle Danaidi giunte dall' Egitto in Argo furono scelte
a sorte, per edificare il tempio di Minerva : e da' resi-
dui delle lettere , e dallo spazio il dottissimo Boeekh
supplisce appunto cinque nomi, certamente per la me-
desima idea di trovar le rappresentanti di ciascuna
decade (v. i v. 1 4, s. cf. Boeckh corp. inscr. gr. tom. II
p.300 e 312). La parte più interessante di quest'or-
dine inferiore di figure consiste nell' attitudine, in cui
si vede una delle sorelle di gettar l' acqua dall' idria
nel gran recipiente , che non dee ritenerla. Porfirio
accenna al pithos senza fondo supplizio delle Danai-
di (III e. ult. pag. 140) ; e Pausania rammenta più
volle il proverbio tratto da questo mito : h twy A%-
YrMóu> v 7r/^ov t'Opo^opyja'i/v ( Timon. 18), ed altrove :
oióy ti 7r%<TX,ov<Tiy xt rov Aavotoù aera; TapShvoj sìs
ròy nrprjixsvov W&ov tTrxvrXovGn.i ( Dial. mori. XI ,
4 cf. Hermot. 61). Questo vedesi dunque in altri
monumenti , siccome nel vaso dell' Inghirami e nell'
altro del museo Blacas, ove apparisce benanche ascoso
per metà fra' sassi , fra' quali è collocato. Non vorrei
pertanto riconoscere lo stesso foralo dolio nel gran
vaso di Canosa , ove manca affatto la presenza delle
Danaidi ; ed il mio eh. amico signor dottor Braun sof-
rirà che in ciò mi allontani dalla sua opinione (cf.
annali dell'ut. 1837 pag. 238). Bicordo poi in que-
sto luogo che il eh. sig. Duca de Luynes riconobbe
una relazione fra il pithos infernale delle Danaidi col
rito de' 360 egiziani sacerdoti di versare in un gran-
de dolio le acque del Nilo [annoi, dell' islit. 1833
pag. 319). Comunque sia di questa notevole corri-
spondenza , fa pur duopo avvertire che nel vaso del
signor marchese Campana vedesi presso le Danaidi
scorrer l' acqua nel letto di uno de' fiumi dell' Infer-
no: così più vicino al pertugiato vaso vedi precipitar-
si da' sassi le onde, ed a' margini del girevole e tor-
tuoso fiume spuntar si mirano acquatiche pianticelle;
mentre verso l'opposta estremità acquatici augelli, for-
se oche , stendono il collo e le ali. Del resto , la pu7
nizione delle Danaidi avviene, secondo le tradizioni,
in un silo vicino a quello, ove commisero il loro de-
litlo; giacché racconta Pausania eh' esse uccisero i fi-
gli di Egitto presso Lerna ( Pausati, lib. II. e. 24 ,
2), e la Lernea fonte è da considerarsi come la con-
tinuazione de' fiumi dell' Orco. Data brevemente la
spiegazione del primo ed inferiore ordine di figure,
passiamo a dir qualche cosa del secondo. È senz' al-
— 51 —
cun dubbio effigiata nel mozzo la coppia dogi' Infer-
nali Iddii, Hades col suo consueto ed ornalo veslire,
tenendo lo scettro, e Proserpina , alla quale ben con-
tiene la decussata face , che l'è vicina ( cf. Avellino
annoi, dell' I ut. 1829 p. 255 segg: ed opuscoli voi.
II p. 175 segg.). Notevole è l'ornamento delle oche
nel lembo della sua tunica ; dal quale sempre più si
conferma lo stesso rapporto di quel funebre uccello
colla regina dell'Orco, siccome venne osservalo dal
eh. sig. cav. Gargallo-Grimaldi (amioi. dell'Iti. 18 il
pag. 2G4 segg.), dal eh. sig. Cons. Schulz (bullett.
dettisi. 1842 pag. 59), e dal Raoul-Rochelte(j'our-
nal des savanls 1843 pag. 552, e choix de pei ni. de
Pompei p. 88 n. 1 ; cf. Mincrvini ras/ di Jatla pag.
55 e 104). E lo slesso dee dirsi della figura di Eca-
te, che sta colla fiaccola presso a Plutone, giacché
questa dea, della pure ^wa^os Lucifera (Muncker
ad Anton. Liberal, cap. 29 pag. 254 edit. Kocb), va
considerata benanche traile infernali divinità. Intanto
la relazione delle oche, o di altri acquatici uccelli
colle infernali divinità, inconlra una bella illustra-
zione nel nostro vaso ; giacché vediamo quegli animali
abitar nelle acque altresì de' fiumi dell'Orco. Impor-
tante è la particolarità della corona turrita attribuita
a Proserpina , ed è por avventura da ricordare 1' a-
nalogo ornamento del modio proprio di Perscphassa ,
non senza avvertire che fu da taluno assegnata a Pro-
serpina la intelligenza della Terra (Varrò ap. S. Au-
gust. de civilate Dei VII, 24; cf. Munckero ad Igino
p. 635 ne' mitogr. del Van-Staveren, e Spanheim ad
Callimach. hymn. in Ccr. v. 133). Le due figure una
femminile e l' altra virile, le quali si veggono presso
la divina coppia, a me sembrano Ipermnestra e Lin-
ceo, che godendo la felicità dell'Elisio fanno un ben
inteso contrasto colle punite Danaidi.La sposa di Linceo
rice>e essa sola il premio della sua virtù, della quale
parlarono assai spesso gli antichi. (Vedi le annotazioni
de'dotti alla XIV delle Eroidi di Ovidio). Narra Apol-
lodoro eh' ella non uccise Linceo, perchè questi ne ri-
sparmiò il virgineo pudore (l)(lib. II, 1,5), onde ebbe
(I) L' abborrimento di contrarre le nozze co' loro cugini spinse
le Danaidi a fuggire in Argo: vedi Esehilo che dà più volle quesla
idea Suppl. init. cf. 336, s. , 392, s.
a soffrir dal padre la prigionìa, ed un giudizi •> porlo
quale venne assoluta, e dedicò in seguito della sua
vittoria statue a Venere Nicephoros, ed a Diana (Pau-
san. lib. II cap. 20, 7, e cap. 211 ). Apollodoro e
Pausania parlano del loro felice coniugio: e quest' ul-
timo favella pure del loro figliuolo Abante fondatore
di Abac città sacra ad Apollo ( lib. X e. 35, 1): tra-
dizioni ricavate probabilmente da Eschilo, presso di
cui si rammenta il matrimonio di Linceo e d' Iper-
mnestra, annoverandosi Alcide fra' loro discendenti
[Prometh. v. 850-872). L'amore di questi due spo-
si fu dall' antichità celebralo. Linceo si diceva sepol-
to accanto alla sua diletta Ipermnestra ( Pausan. lib.
II e. 2 1 , 2 ); si giunse a costruir loro un sacello co-
mune: Hypermncslrae et Lynceo [unum factum (Igino
fab. 108) ; e le loro statue vedevansi vicine in Delfi
(Pausan. lib. X e. 10, 5).
Nel nostro vaso vedesi Ipermnestra già fatta par-
tecipe dell' apoteosi e col capo circondato di mistica
corona tener colla sinistra il giovanile trastullo della
sfera (1); mentre a lei si appressa Linceo, che dopo
il cammino della mortale vita va a raggiugner la spo-
sa, ancor egli fatto degno della meritata cotona. E
qui non posso mancar di avvertire che già il eh. Pa-
nofka ebbe una simile idea intorno al giovine sedente
presso alle Danaidi nell'Orco, ebe si vede nell'im-
portante vaso del museo Blacas da noi più volte ci-
tato. Ora la opinione del dotto archeologo di Berlino
ci sembra bellamente confermala dal vaso del signor
Marchese Campana, ove la presenza della pietosa I-
permnestra determina senza dubitazione la figura di
Linceo. La patera che mirasi presso a' due sposi al-
lude pure a sacra e mistica intelligenza ; se pure dir
non si voglia che accenni alle nuziali libazioni , per
dinotare il vicendevole rapporto fra loro di quei due
personaggi. Le guerriere armi , e la lira sono da ri-
ferire alle occupazioni ch'ebbero già nella vita i due
(1) Anche Amimone, o le sue compagne, cioè altre Danaidi, ten-
gono in altri monumenti la sfera ( Bullett. arch. nap. antica serie
an. I pag. hi, 56). A dichiarazione de' varii monumenti, che ci
presentano idrofore colla sfera mi sembra a proposito richiamare
un classico luogo di Dione Crisostomo: «•»■£ ov tsujq.ì» oùòt
tnt^rw^i /3a<r<XtW o'as vhp'jfyapùv Kit) iralCtir irupà rais
vrorau.(Js: Or. VII p. 128.
— 52 —
sposi defunti accoppiate a' simboli mistici e funebri
del flabello e della tenia. La importanza della rap-
presentazione maggiormente si accresce, quando si
volge il pensiero alle due Cgure cbe son collocate
dietro il sedile di Plutone. L' alalo demone con ser-
pentelli sul capo , o che dir si voglia una Furia , o
l' Apale , è certo che richiama al delitto che fu causa
del supplizio delle Danaidi : a questo appunto accen-
na la spada, simbolo di strage e di assassinio ; ricor-
dando quel ferro, che Danao diede a ciascuna delle
sue figlie (Apollod. II, 1, i). Analogo è il ferro che
si pone in mano al demone che precede Medea : e
tutto il personaggio colla spada è somigliantissimo a
quello che assiste alla scena del congedo di Amfiarao
da' suoi figli, in allusione al futuro matricidio di Al-
cmeone, in altro magnifico vaso da noi descritto nel
secondo anno di questo bulletlino (p. 115) , e di cui
ora diamo la incisione nella nostra tavola V. Ma se
da un lato il demone colla spada accenna al delitto
delle Danaidi causa della loro punizione, sembra dal-
l'altro che la figura di Ecate coli' accesa face dinoli
la pietà d' Ipermnestra che ne cagionò il premio e
l'apoteosi. Racconta in falli Pausania che Linceo fug-
gito solo dalla minacciata morie recossi in Lircea ,
ove die segno con una fiaccola nrv^òv hk\}y hrsì-~
Ssc ; giacché avevano concertalo con Ipcrmneslra di
sollevar ciascuno una face per annunziarsi a viceuda
di esser salvi. Quindi, soggiugne il Periegete, venne
presso gli Argivi la festa delle fiaccole : 7rvfffòuy hf.-
rrt (lib. II cap. 25, 4). Sicché non possiamo discon-
venire che la spada e la face, sebbene sieno conve-
nienti a' due personaggi che le tengono, pur tuttavia
sono da considerare simboli evidenti de' due avveni-
menti, che costituiscono l'insieme di questa bellissi-
ma dipintura.
È inutile 1' avvertire come un soggetto relativo al
mondo inferiore, e col quale si collegauo le idee più
alte della religione e de' misteri] dell' antichità , sia
bene adattato all'ornamento di una tomba. Per chiu-
dere ciò che concerne la prima faccia del vaso, dirò
che sul collo vedila figura o della Vittoria, o diEhe,
che guida una quadriga traile simboliche ramificazioni:
e questa, secondo le osservazioni da me più volle svi-
luppate, accenna al passaggio delle anime nella regione
lunare e di Venere sfa «roùs aeX'fy'/f xu.) 'Atyoblrrfi
X;iixù/y%s per farsi degne della palingenesi^, il che av-
veniva appunto a' veri amatori : secondo un classico
luogo di Plutarco ( amalor. p. 766, B: vedi le cose
da noi notate nel V anno dell'antica serie del bullet-
lino pag 151 e monum. di Barone pag. 70). Le
quali cose volemmo qui ricordare, perchè ad Iper-
mnestra si concede in fatto il premio del vero ama-
tore : a lei spettò la vittoria nella accusa intentatale
dal suo genitore, e come innanzi vedemmo, ella ne
rese gli onori alla lunare divinità Diana, e ad Afro-
dite. In questo giro d'idee rinviensi una notevole
corrispondenza colle mistiche allusioni della vittorio-
sa quadriga. Dall'altra parte del vaso, oltre il bac-
chico ornamento dell'edera, vedi sul collo una Dio-
nisiaca e mistica rappresentanza ; e sulla pancia del
vaso una edicola funebre con varie figure che reca-
no offerte. Nella parte anteriore della edicola e effi-
giato il defunto, che tenendo una patera da cui pen-
de una corona, riceve da un giovinetto la bevanda
dell'apoteosi e della immortalità. Le ruote , lo scudo,
e l'elmo sospesi alla edicola, e l'asta tenuta dalla se-
dente figura, dinotano che il vaso fu destinato al se-
polcro di un giovine guerriero, a cui si attribuisce il
premio delle sue virtuose operazioni. Poche parole
aggiungiamo sul piede di questo prezioso vaso ; che
offre da una delle facce una testa muliebre di profi-
lo, e dall'altra una testa pur femminile di fronte fra
complicate ramificazioni. È notevole che la protome,
che si vede di fronte, ha fra capelli l'ornamento di
fiori di loto: e noi ne presentammo la incisione della
grandezza dell' originale, perchè meglio rilevar si
potesse quella notevole particolarità. Panni fuor di
dubbio che questo ornamento, ora attribuito ad Iside
ora alle gorgoniche teste, abbia una significazione lu-
nare ( vedi il 1 anno di questo bulletlino pag. 190).
Sicché quesla testa, o che creder si voglia di Pro-
serpina , o di altra lunare divinila , accoppiata allo
gorgoniche leste che fregiano i manichi, ed alle leste
delle funebri oche ( animali sacri egualmente a Pro-
serpina), o de' cigni, in che terminano inferiormente
i manichi del vaso, assegna a lutto l' insieme di que-
53 ~t
sto interessante monumento quel carattere funebre e
religioso, che venne da noi additato, e che ci sembra
comune a tutti i vasi della medesima epoca e della
medesima provenienza.
MlKERVlNI.
Iscrizioni Ialine. Continuazione del n. 55.
18. (1)
D • M
PCAVLIOCOERANO
NEGOTIATORI
FERRARIARVM ■ ET
VINARIARIAE
ACIRAS • LIB
PATRONOMERENTI
Questa iscrizione, venuta fuori non ha guari dagli
scavi di Pozzuoli , ci fu comunicata dal sig. Arcan-
gelo Bruschi , al quale dobbiamo non poche simili
notizie. Il cognome Coeranus dal greco xolpxvos è già
comparso in altre iscrizioni anche delle nostre regioni
(Marini Avvali p. CLXXVIII: Mommsen inscr. r.
neap. lat. n. 6484, 7074). Più rari sono il nome
Caulius e l' altro cognome Aeibas ; del quale ci sem-
bra ignota la derivazione. In quanto al primo , os-
serviamo che si trova un P. Caulius Alimetus nella
nota base del real museo Borbonico relativa alla tribù
Succusana ( Mommsen op. cit. 6769 p. 385 ). ACIBA
leggesi in altra epigrafe puteolana cosi riferita ( Ma-
tranga nel bullett. deWIst. 1850 p. 177 :cf. Momm-
sen n. 7222):
DM
P ■ CLAVDIVS • ACIBA
SIBI • FEC1T
(1) Questo numero fa seguito al n. 15, ch'esser dovrebbe 17,
e così i numeri precedenti dal 10 in poi pag. 39 e seg. debbono
accrescersi di due unità, facendo continuazione al n. 11 della p. 8.
La singolarità del cognome, e questo accoppialo al
P. Claudius, ci fa sospettare che il primo trascrit-
tore scambiò l'insolito Caulius colla più comune voce
Claudius: e dovrebbe sembrar probabile che fosse
la modesta memoria di P. Caulio Aeibas, di quello
stesso che pose la nuova iscrizione al suo patrono
Coerano. 11 che viene per avventura confermato dalla
grande somiglianza de' due nomi , e dalla stessa pa-
tria di ambe le epigrafi. Un' ultima avvertenza mi re-
sta a fare sul nome Aciba o Aeibas. Non avendo os-
servalo co' miei proprii occhi le due iscrizioni , non
posso accertare la corretta lezione di questa parola.
D' altronde il nome Aeibas apparisce , come osser-
vammo , d'ignota derivazione. Mi sia dunque lecito
di proporre una conghieltura, salvo sempre ad ab-
bandonarla , quando mi riuscirà di verificare la le-
zione sulla pietra recentemente scoperta. Io dunque
mi persuado che nelle due epigrafi sia il nome Ali-
bas , nome famoso in quei medesimi sili , a' quali
è ora comune opinione de' numismatici doversi attri-
buire le piccole monetine colla epigrafe AAAIBA-
NilN (vedi Millingen med. grecq. inni. pi. I n. 9 p.
16, e considér. p.142; Avellino opusc. toni. II p.GO,
Fiorelli mon. ined. p.20: Mommsen unlerit. Dialekt.
p. 10G; Raoul-Rochette nel journ. des Savanls 1S54
pag. 247, s. ). E sarebbe V Alibas uno di tmei nomi
locali tanto frequenti nelle antiche iscrizioni ; facen-
do eziandio un bel confronto a quella numismatica
attribuzione. Mollo interessante è pure la nuova epi-
grafe puteolana ; perchè ci fa conoscere che Caulio
Coerano era negoliator ferrariarum et vinariariae.
Non pare sia da richiamare il nome ferrarla per fer-
rifodina , siccome è notato da' lessicografi ; giacché
non è questo significato in conveniente rapporto col
negoliator. Piuttosto è da ricordare il luogo di Plinio:
ferrariae fabrorum ofjìcinae (lib. XXXV , 15, 51 ) :
ed erano appunto varie officine di fabbro fcrrajo ,
nelle quali Caulio esercitar dovea la industria del suo
negoziato. Nello stesso senso è detto sustantivamente
vinariaria la industria del vinajo: e sebbene sia noto
per altre iscrizioni il vinariarius, negotians vinaria-
rius, negoliator vinariarius (Marini iscr. alb. p. 89) ;
pure riesce nuovo assolutamente il negotialor vina-
-64 —
riariae : e debbe intendersi offìcinae vìnarìariae , non
altrimenti che ferrariarum o/pcinarum va supplito
nella parola precedente.
MlNERVINl.
Dei tipi e simboli di alcune monete autonome e regie
dell' isola di Cipro.
V inclita ed opulenta Cipro, una delle cinque mag-
giori isole del Mediterraneo, che fino da' tempi della
guerra Troiana, e prima ancora, accolse colonie Gre-
che ( Raoul-Rochette , colon. Gr. t. II , p. 385 ) , si
rimase quasi priva di moneta propria fino a questi
ultimi anni ; ne' quali per opera de' chiarissimi Bor-
rell, e Signor Duca De Luynes, le furono rivendicate
di molle e belle monete antiche, che da prima atlri-
buivansi alla Cirenaica ed alla Cilicia. Quest' ultimo
insigue archeologo nella recente dotta sua opera in-
titolata Numismatique et Inscriptions Cyprioles (Paris,
1852) , col riscontro delle iscrizioni Cipriote , sco-
pertesi nell'isola (1), e della moneta del re Menelao,
datane già dal Borrell, insignita di un carattere del-
l'alfabeto Ciprio, riuscì felicemente a restituire a Ci-
pro stessa buon numero di monete che in primo va-
gavano fra le incerte della Cilicia. Siccome poi , un
dieci anni addietro, proposi alcune osservazioni sopra
le monete dei Re di Cipro edile dal Borrell ( bull,
arch. 1844 p. 46-48, 124); così ora mi giovi farne
alcune altre sopra quelle che furono di recente pub-
blicate dal eh. De Luynes.
Nella tavola I egli ne porge raccolte in uno ben
quindici varietà delle monete Ciprie aventi nel ritto
una pecora adagiata, come in atto di ruminare dopo
il pasto , e nel riverso una bella testa d' ariete , op-
pure la croce ansata. Egli avverte come in Cipro so-
(1) Riguardo a quelle difficili iscrizioni avvertirò pure, che il se-
gno , l$| , credulo di punluazione ( pag. 39, 49 ), ricorre anche in al-
quante iscrizioni Eugance ( Furlanetto, Lap. Patav. tav. 78: Momm-
icn, IHitth. der Ant. Gescll. in Zurich 1833 p 200-259).
levasi immolare a Venere un ariete insieme col suo
tosone , giusta un rito recatovi da Corinto ( Laur.
Lyd. pag. 92 ed. Schow ). Sarà quella del ritto una
delle Amathusiacae bidenles ricordate da Ovidio (met.
X, 227); ed accennerà lutt' insieme al provento fe-
lice de' greggi, che in Cipro manlengonsi belli anche
al presenle. Ancora parmi notevole la particolarità
delle monete di Cipro, che rappresentano si la pecora
come la capra tranquillamente adagiata al suolo, lad-
dove in quelle di Celenderi della vicina Cilicia la ca-
pra è in alto di levarsi su riguardando allo indietro.
11 riposo tranquillo della pecora e della capra forse
appella a tempi di pace e sicurezza pubblica, siccome
il bue così adagiato in monete dell' Eubea ( cf. Ec-
khel t. II p. 322 : Caved. spicil. num. pag. 85 ). Il
ramo fronzuto, apposto sott' esso la testa dell' ariete in
una delle suddette monete di Cipro (PI. 1 , 12) , si
scambia luce col grazioso tipo di una moneta di Po-
lirrenio di Creta rappresentante un pastore seduto, che
porge un ramuscello ad una pecora stante dinanzi a
lui (Seslini Mus. Hederv. n. 13: cf. Odyss. XVII,
224).
Ai lipi della pecora adagiata e della testa dell'ariete
fanno bel riscontro quelli della capra pure adagiata,
e del bue stante su quattro piedi oppure talora in alto
di grattarsi il capo con la zampa sua posteriore (PI.
Ili, IV, V 3, VI 5). La copia delle capre nell'antica
Cipro può arguirsi anche dal racconto di Euriptole-
mo figlio di Meslore Ciprio , denominato da prima
Aìyovo/Aots perchè, sendo slato abbandonalo dalla na-
scita , venne lattato da una capra ( Pollux II , 95 ) :
non che dal dello di Plinio {Nat. Hist. X\\ 37) che
in Cipro il ladano raccoglievasi haedorum barbis et
genibus villosis adhaerens. Anzi è assai probabile, che
in Cipro , del pari che nella vicina Cilicia , le capre
si solessero tosare a guisa delle pecore (Aristot. hist.
anim. VIII, 28).
I lori di Cipro dovevano avere una forma parti-
colare ; poiché Tazio (de amorib. Clitoph. I. 11 ) li
dice deformi $vsetot7is, e Capitolino (in Gordiani», 3)
ricorda Cypriacos tauros come ben diversi dai comu-
ni. Servio (ad Georg. I, 138), citando Aristotele,
riferisce che i tori di Cipro erano gibberes, aventi
— 55 —
cioè una gibbosità alle spalle, yj3w. Nelle monete ri-
vendicate a Cipro dal eli. De Luynes il toro ha di fatti
aspetto non del tutto bello , ampia cervice e paglio-
laia , ed un principio d'intumescenza alle spalle (1).
A motivo di tale conformazione esso giunge a stento
a grattarsi la testa con la zampa destra deretana (PI.
V, 3 : VI, 5). Al eh. editore (p. 25, 28) parve, che
il toro in queste monete abbia la zampa destra po-
steriore legala all'anteriore corrispondente, e che stia
per cadere a terra con la testa fra le ginocchia ; ma
nel disegno non appare indizio veruno di legatura ;
e pel riscontro delle monete di Eretria dell' Eubea ,
nelle quali un bue stante in simile attitudine eviden-
temente si gratta la testa (Cadalvene, PI. Ili, 14, 15,
p. 216), panni che non altra sia la rappresentazione
delle monete di Cipro ( cf. Mionnet , Ree. de PI. I ,
8 ). I quadrupedi dall' unghia solida solo nella loro
infanzia scabunl aures poslerioribus cruribus ( Plin.
XI , 108 ) ; ma que' dall' unghia fessa sogliono grat-
tarsi la testa anche adulti sì stando in piedi come gia-
centi. È proprio poi dell' arte Greca il rappresentare
simili graziosi atteggiamenti, siccome questo e l'altro
della colomba che in una monetina di Sicione ( Ca-
dalvene PI. II, 23 p. 179) vedesi in alto di nettarsi
ovvero di grattarsi con la zampa sinistra il becco.
Colali tipi sembrano proprii segnatamente di monete
impresse in tempo di pace, come detto è di sopra.
Il leone nelle monete di Cipro per lo più è figu-
rato giacente e con gola aperta , come in altre mo-
nete Greche ; ma singolare e notevole si è la figura
del leone stante , e riguardante all'iudietro, con la
coda ripiegata verso il suo dorso, sovra la quale ve-
desi una maniera di caduceo (PI. 11,14,15: VI, 7,8).
Al eh. editore in questo simbolo parve espresso il
mah-rou Assiro o Persiano ; ma la sua forma si ac-
costa più al caduceo di quello che al mah-rou ( vedi
(1) In una delle monete Ciprie il loro mosira avere impresso nella
coscia la marca p (PI- IH, 7, p. 17, 19); e cotale usanza pare d'origi-
ne orientale , poiché anche ne' monumenti d' Egitto gli armenti regii
veggonsi contrassegnati con marchio quadrangolare nella coscia ( Ro-
solimi, Mon. civ. tav. 27), e similmente uno de' cavalli della biga di
Abdemone Fenicio re di Cipro La la coscia coutrassagnaia da un V
(Htt-ue num. 1850, p. 310).
Sacy , ani. de la Perse pag. 200 ). A dello di Plinio
(Nat. hist. Vili, 19) leonum animi index cauda: —
immola ergo placido : — in principio iracundiae terra
verberalur; incremento terga, ceu quodam incitamento
flagellanlur : e parmi che il Blumenbach , od altro
recente naturalista , avverta come la coda del leone
fu a tal fine fornita di un pungolo dalla natura. Quindi
pare, che il leone sia in allo di flagellarsi , adirato ,
il tergo colla coda; e che il caduceo, simbolo di pace
e d'alleanza, accenni all'ira placata. Quel tipo per-
tanto convenir potrebbe alla circostanza di Cipro rap-
paciGcala col grande re de* Persi. Al dello tipo rispon-
de nell' altra faccia della monda quello di un giovine
ignudo, fornito di grandi ale alle spalle e di alette ai
talloni, con la destra protesa e con un ginocchio pie-
gato, in atto di rapida corsa, con piccolo caduceo al
disopra del suo braccio sleso ; e sembra così rappre-
sentato un genio nunzio di pace. In una moneta della
vicina Cilicia vedesi similmente atteggiata la Vittoria
(Mionnet, Suppl. t. VII, pi. VIII, n. 4). Che se in
questa di Cipro altri preferisse di ravvisare Mercurio,
che talora è similmente fornito di grandi ale (Moller,
Handb. § 369, 3), riferir potrebbesi all'origine de'
primi re di Cipro discendenti da Cefalo figlio di Erse
e di Mercurio medesimo ( Apollod. Ili, 14, 3).
Alle origini Ciprie da Cefalo e da Aoo [Etym. M.
v. 'Awoi) vorrei riferire anche il tipo singolare del
toro androprosopo respicienle, e in atto di adagiarsi
o di levarsi su, di una insigne moneta Cipria (PI. VI,
2 ). È ornai comprovato , che il toro androprosopo
rappresenta il fiume Acheloo (nuovo bull. arch. nap.
An. I, p. 57: Bull, dell' Tst. 1853 pag. 126); e potè
figurarsi nelle monete di Cipro sia in riguardo a Ce-
falo oriondo da regione vicina all' Acarnania , o sia
rispetto al cullo prisco quasi universale dell'Acheloo
medesimo ; poiché , a detto di Eforo ( ap. Macrob.
Sat.V, 18), 'Ax=Xwov jxóyov 7ry.vra$ xvììpwTrous guia-
fìijl^xiv rttx%v , giacché da' Greci vetustissimi solea
nominarsi Achelous prò quacumque aqua , per essere
esso reputalo il più aulico fra tutti i fiumi (Macrob.
1. e. ).
Al mito d'Acheloo, ed alle origini prime de'Ciprii
da Cefalo e dall' Aurora , può riferirsi anche il lipo
^-86 —
d' altre monde di Cipro aveiili nel ritto (PI. IV) Er-
cole ignudo , sedente sopra un sasso ricoverto della
spoglia del leone, che con la d. tiene la clava posata
a terra e nella s. appoggiata al ginocchio ha un corno
hovino eh' ei tiene per la punta capovolto. Quel corno
mostra essere stato fiaccato e divelto da una testa bo-
vina (cf. Mionnet Suppl. t. VII, pi. X , n. 2) ; onde
può dirsi Ercole in riposo dopo avere superalo A-
cheloo, fiaccandogli uno de' suoi due corni. Pure non
ardisco asserirlo ; giacché questo tipo riguardar po-
trebbe un mito locale di Cipro : tanto più che l'isola
ab antico fu nominata anche Cerastia o Cerastide ,
perchè favoleggiavasi che fosse un tempo abitata da
uomini gemino quibus aspera corna frons eral (Ovid.
Met. X, 223: Audrocles ap. Schol. Lycophr. vs. 447).
Del resto , Araatunte, città antichissima fra quelle di
Cipro, da alcuni dicevasi nomata da Amatunte fi-
gliuolo d'Ercole (Steph. Byz. v. ' A/xaSoSs) ; e l'Er-
cole in riposo col corno bovino, scambiato poscia col
cornucopia, può dirsi Ercole placido (vedi Miiller,
Handb. §411, 5).
I due augelli associati al tipo del toro, e rappre-
sentati l'uno stante e l'altro volante (PI. Ili, p. 18),
sembrano di specie diverse. 11 primo di essi potrebbe
forse dirsi avvoltoio, molti de5 quali veggonsi tuttora
pe' campi di Cipro ne' mesi estivi (Mariti, viaggio 1. 1,
p. 32): e l' altro colomba di Venere, giacché, a detto
di Anlifane (ap. Athen. XIV, p. 635 B), Cipro aveva
di molte colombe esimie, 7n\il%s ìi^'fovi.
II tipo di Europa portata dal toro ( PI. V , 2 , 3 :
VI, 5) ha il suo riscontro in una rara moneta di Soli
della vicina Cilicia (Taylor Combe, tab* X, 17) rap-
presentaute Europa turrita portata dal toro (cf. Vi-
sconti, op. var. t. HI pag. 63). L' altro tipo analogo
di una donna portata da un ariete, e che sembra co-
me natante a traverso il mare (PI. V, 3: VI, S pag.
25), anzi che Elle portata per aria, creder potreb-
besi la Bisaltide Teofane traslata nell' isola Crumissa
da Nettuno converso in ariete (Hygin. fab. 188: Ovid.
Met. VI, 17).
Il tipo della donna alata tenente con ambe le mani
un disco all'altezza della sua cintura, e che piega un
ginocchio in atto di precipitosa corsa (PI. VII, 2,3,
4), può prender luce dal riscontro di alcuni specchi
Etruschi (Gerhard Elr. Spieg. taf. XXXVI, 2). Sem-
bra Nemesi, o Fortuna od altra dea del Fato; giacché
in altre simili monete vedesi una figura virile bar-
bata alata corrente in atto di sostenere un disco o
clipeo che dir si debba (Raoul-Rochelte, Croix ansée
p. 70-72). Il tipo corrispondente del cigno ne porge
qualche argomento a ravvisarvi Nemesi inseguita da
Giove trasformato in cigno (v. Eckhel t. I , p. 200).
Una bella monetina d'argento (PI. VI, 4) ha nel
diritto il tipo d' Ercole che strozza il leone, e nel ri-
verso Pallade sedeute sopra la prora di una nave ro-
strata, che tiene nella sinistra un obbietto alato in-
distinto, che può essere una civetta od una piccola
Vittoria , e nella d. l'asta appoggiata alla spalla. Il
eh. editore la repula impressa allor che Cabria Ate-
niese giunto in Cipro con la flotta pose Evagora in
possesso di tutta l'isola nell'anno 387 innanzi Cri-
sto , e preferisce di ravvisare nella mano s. di Palla-
de una Vittoria; ma vorrei anzi ravvisarvi una civet-
ta, come simbolo proprio ad indicare il soccorso A-
(eniese; tanto più che in Atene il simulacro di Palla-
de 'Apx*iy/T'§of yX-xvxx H\ì\ h rr~ %up} (Schol. A-
ristoph. Av. 515. Miiller, Handb. '§, 370, 7. Cave-
doni, Monnaies de la Ii/c/cp.36; C. inscr. gr. n.4332:
Annali dell' Inst. t. XIX p. 158). Il tipo di Pallade
Archegetide, o Procategelide , riferir potrebbesi an-
che al soccorso antecedente dato dagli Ateniesi ad
Evagora nell'anno 391 ( Clinton, Fasti Hell. p. 292
ed. Kruger (1) ).
C. Cavedoni.
(1) Evagora, a detto d' Isocrate (in Evag.) e di Demostene (Epist.
Philipp. ) fu per le singolari sue beneficenze ascritto alla cittadinanza
dal pupolo Ateniese, e nell' Acropoli di Atene di recente si scoperse un
frammento di quel decreto ( Rangabé, Ant. Heller», p. 358 ).
Giulio Mineiivini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catakeo,
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 58. (8. dell'annoili.) Novembre 1851
Alessandrini in Pompei, e loro sepolture. — Dei tipi e simboli di alcune monete autonome e regie dell' isola
di Cipro. Continuazione del n. precedente. — Vaso colla partenza di Anfìarao. Dichiarazione della tavola
V di questo anno del bullellino n. 1-4.— Toro androprosopo nelle monete Ispane. — Nuovi acquisti epigrafici
del real museo Borbonico. Continuazione della pag. 16 Iscrizioni latine. Continuazione della p. 55.
Alessandrini in Pompei , e loro sepolture.
Già son conosciute per le altrui pubblicazioni ,
molte epigrafl incise all' esterno delle mura di Pom-
pei ; e furono in parte riferite dal Signor de Clarac
[Pompei p. 3) , dal Mazois (p. I pi. 12 p. 36), dal
Romanelli ( viaggio a Pompei I p. 280 ) , ed ultima-
mente dal eh. Mommsen ( inscr. r. neap. lat. p. 357,
num. 6307, 76-83). Tralasciando per ora le altre
iscrizioni , dirigerò la mia attenzione a quelle , che
scorgonsi fuori la porta d' Iside, ovvero di Nola (Bre-
lon Pompeia p. 185 descrive la porta, ma non parla
affatto delle iscrizioni ) , le quali sono dal Mommsen
riportate , secondo la lettura eh' egli medesimo ne
fece. Io comincerò dal notare alcune piccole varietà
di lezione , soggiugnendo di tutte una spiegazione ,
the pare non sia stala finora tentata dagli scrittori
delle cose pompejane.
1 (n. 76 del Mommsen)
mori
AFISTIV
LOCV
Questa iscrizione è incisa a caratteri cubitali, che
superano di grandezza tutte le altre seguenti.
2 ( n. 77 del Mommsen )
PROTVS
3 (n. 78 del Mommsen.)
Vedesi una iscrizione in due rige , che merita di
essere più attentamente studiala; ma dalle tracce che
ne rimangono, non ci sembra sorgere la lezione rife-
rita dal eh. Mommsen , che vide AV.NU ■ F
i.YA'0 in.
4- ( n. 79 del Mommsen )
IOLA
Così leggo chiaramente , e non LOIIA , eome fu
riportato dal primo trascrittore.
5 (Mommsen /. e. )
AOAAIA
XHAEIAvpN
Così dice senz'alcun dubbio, e non XEIAEIAGON",
siccome offre il Mommsen, ovvero XHAKIACOlV ,
come sta presso il Mazois ( p. I pi. 12 p. 36).
6 ( n. 80 del Mommsen )
C • VENIN
Così panni, piuttosto che il C ■ VENNdelMomm.
7 ( n. 81 del Mommsen )
ALLEIA
CALAL5 mon
AL • NVPHE
L' ultima linea è poco esaltamente riportata dal
Mommsen AL ■ IVVFE
Trascuriamo alcune altre piccole epigrafi , come
NA , XAI ; ovvero il principio di altri nomi , come
CAI • • • , LO • • • • ed altri : e vengo a dar di tutte
le iscrizioni una particolare interpretazione.
E evidente che i numeri 2, 4, 5, 6,7 ci presen-
tano alcuni nomi quasi sempre di Greci personaggi.
Tale si è certamente il Protus , il loia nome servile
non dissimile dal lolla di una tessera del real museo
Borbonico , della quale si vegga Avellino ( memor.
della reg. Accad. Ercolanese lom. Ili p. 77 ) ; sebbene
questo monumento non sia scevro da qualche sospetto:
cf. il eh. Henzen amia?. MI' hi. 1848 p. 288, ed il
8
— 53 -
Momnisen inser. r. neap. lat. a. G304. Evidentemente
greco è pure il nome seguente AoKktx Xrìksiììwv (sic),
nel quale non può riconoscersi un personaggio servile,
ma ravvisar dobbiamo una greca di libera condizione
(forse una liberta), avuto riguardo al nome della gente
Lolita. Il C. Veninìus, o Vennius, che viendopo, non
dimostra che si tratti di un personaggio non greco ;
giacché è svanito il cognome, ch'era per avventura
di ellenica derivazione. Finalmente lo stesso dee dirsi
della ultima epigrafe Alicia Calaes, o che intender si
voglia una Alicia Calaes serva , ovvero piuttosto due
genitivi Alleine Calaes; essendo svanite le lince del-
l' A finale che costituivano in monogramma il dit-
tongo AE. Del resto è ben conosciuto che simili ge-
nitivi in aes sono stali riscontrati in iscrizioni latine.
Tale si è la famosa iscrizione , che sembra capuana,
ov'è menzione di una Rufa Dianaes liberta (Momni-
sen inscr. r. neap. n. 3789 ) : tale si è il nome del
vaso pompejano di bronzo COMNELIAES •ClIELì-
DONIS (mus. Borb. toni. Ili tav. 14: cf. Mommsen
op. cit. p. 351 , n. 6305 , 5); ed altri esempli fu-
rono pur ricordali dal eh. Garruccì , a proposito di
alcuni pompejani graffili col nome Dadomencs, o Da-
domcneis (bulica, arch. nap. n. s. an. II pag. 8ì).
Sembra indubitato che quel finimento debba attri-
buirsi ad influenza di grecismo : ed il vederlo in que-
sto luogo adoperato in Pompei , ove si scorge fra
nomi tulli di greca fisonomia , ed anche in parte
scritti con greci caratteri, conferma sempre più que-
sta idea. Dopo Calaes vedesi un AL ■ NVPHE , ed è
probabilmente un'altra Alicia, alla quale si attribui-
sce il cognome di Nuphe. Potrebbe taluno in que-
st' ultimo nome riconoscere una particolare pronun-
zia di Nymphe, per la non insolila soppressione dell'
m anche in greche parole ; ma noi opiniamo che debba
tenersi piuttosto un nome di singolare derivazione, del
che diremo fra poco.
Se si pongono a confronto tutti questi nomi col
silo ove furouo incisi , si riconoscerà egualmente la
ragione di tulle quelle differenti epigrafi. Ricordo
quel che fu da noi precedeulemente riferito in questi
fogli , ed è che fuori la porta di Nola vedesi , a co-
minciar dalla superficie esterna delle mura della città,
un umile sepolcreto, essendo le ossa seppellite o nella
nuda terra , o in semplici e rozze olle di terracotta.
Non sarà dunque dubbioso che quei nomi scrini in
corrispondenza delle sepolture valessero ad indicare
i defonti : al che durevolmente preslavausi epigrafi
incise su' forti massi , che serbavano lungamente la
memoria de' trapassali. A questa funebre destinazione
del luogo mi sembra alludere la iscrizione AFISTIV
LOCV messa quasi a dinofare la generale idea di quel
luogo disabitalo. Afistiu loca sta per afìstium locum :
ed è frequente la mancanza dell' m finale , siccome
già fu avvertito da molti, ed anche non ha guari dal
eh. Ritschl (index scholar. mdccclii p. VII). Veggasi
pure quel che dissi io medesimo (novelle dilucidazioni
sopra un ant. chiodo magico p. 8 , s. ). Or in questo
locum afìstium apparisce pure un vocabolo greco la-
tinizzato ; ed è YàfyKrmos la stessa cosa che l'xtysffnosi
non altrimenti che sQsff'TiaS ed bnWioS, derivali tutti
da !«a ovvero hri%. Né può al Ira cosa intendersi se
non che il luogo era fuori dell' abitalo e privo di
abitazioni: la qual significazione, mentre corrisponde
alla reità intelligenza di quel vocabolo, si adatta pure
perfettamente ad un sito fuori le mura di Pompei , e
perciò incapace di contenere alcun privato edilìzio ,
e quindi ancora acconcio alla sepollura. Per quello
che spella poi alla ortografia afìstium per aphistium,
gioverà ricordare la nota iscrizione della Venus Fi-
sica pompejana (Capaccio hist. neap. lib. II: cf. Rei-
nesio p. 42, Orelli t. I n. 1370, Mommsen inscr.
r. neap. n. 2253 ) , la quale incontrò non ha guari
un riscontro in un graffilo riportalo dall'Avellino
(bull. arch. nap. an. IVp.90), e più correttamente
dal Mommsen (ivi pag. 118). Dalla quale epigrafe
graffila il eh. Fiorelli trasse argomento valevolissimo
a leggere nella iscrizione del Capaccio IMPERIO ■
VENEKIS • FISICAE • POM piuttosto che IO-M,
siccome era stata riferita ( Pompei, proemio alle illu-
strazioni pag. VII), essendo quell'epiteto di Pompe-
jana attribuito anche allre volte a quella divinità. Ma
tornando alle nuove inscrizioni incise sulle muraglie,
mi sia lecito di fare una osservazione, che sembrami
non poco importante perle antichità pompejane. Que-
sta sepoltura tutta di Greci, e che apparisce cotanto
miserabile, dovrà per avventura riferirsi in parie agli non contrasta con gli altri dati storici ; ma anzi al-
Uessandrini, che trasmigrali in Pompei v'introdussero l'opposto con essi maravigliosamente cospira. Di fatti
» vi allargarono il culto d'Iside, e delle altre egizie di- 1' emigrazioni di Alessandrini dovettero aumentarsi
inità. Questa congliiettura potrà sembrar più probabi- dopo il 724 dilloma.in cui vinta Alessandria fu ri-
e, quando si consideri che appunto da questo lato della dotto l'Egitto in provincia romana. Fu probabilmente
•illà apparisce il famigerato tempio d'Iside , e che la poco dopo di quello avvenimento che successero più
sorta, fuori la quale si osservano quelle meschine se- frequenti trasmigrazioni in Pompei di personaggi A-
polirne, non è distante da quell'edilizio; anzi può dirsi lessandrfni. Ed una valida dimostrazione di questo fal-
n grandissima vicinanza allo slesso. Mi sembra che to, che fa bel confronto alle sepolture di Greci indi-
in notabile appoggio alla esposta opinione venga dal vidui fuori la porta di Nola, si rinviene nella nota iscri-
ìome Nuphc , che vedemmo di sopra attribuirsi ad zione pompejana di Giulio Efestione , già pubblicala
ma donna in quel medesimo luogo sepolta. E pare dal de Jorio [pian de Pompei lav. IV n. 2) , e dal
:he in quel nome ravvisar si deggia una derivazione Geli ( Pompejana London 1837 p. 65) , ripetuta in
la quello della egizia divinila Chnouplùs, colla sola fac-simile dal Sig. ab. Venlriglia (inveluslitteratum
Inferenza che per non insolita mollezza di pronunzia si marmor Pompeiis ejfossum, Neapoli 1 832 in 8 lab. I ),
: omessa l'aspirata, che forma il principio della parola, e sulla quale fecero alcune importanti osservazioni il
Dalle quali cose sembra potersi ragionevolmente de- eh. Gervasio (iscr. de Lucca pag. 79 e seg.), il dot-
lurre, che molli Greci eransi in Pompei trasferiti, che tissimo cav.Boeckh (v. Gervasio nel presente hullcltino
ra questi furono probabilmente alcuni Alessandrini di an. I p. 158 e s. , ed il Corp. inscr. gr. toni. Ili p.
poco agiata coudizione, che appunlo nel quartiere da 1260 n. 5866, e), ed il Cavedoni (annoi, al corp.
loro occupato promossero il culto degli dei egizii , e inscr. gr. pag. 242). Siccome questa epigrafe appnr-
princi pai mente d'Iside; e che finalmente in vicinanza tiene al 751 di Roma, ed è in essa menzione del Gio-
iti tempio, a cui forse erano addetti, seppellirono le ve Frigio, e del mese degli Alessandrini Pharmulhi,
[issa de' loro defunti senza pompa, e senza nobillà di non può dubitarsi della trasmigrazione di quelle po-
sepolcrali ediflzii, che alla loro condizione per avven- polazioni in Pompei nell'epoca stessa a cai appartiene
lura mal convenivano. Queste nostre idee trovano una il greco sepolcreto, di cui favelliamo, che si estende
conferma altresì Dell' epoca di quel sepolcreto. Noi appunto, come fu innanzi notato, da Sesto Pompeo
notammo di sopra rilevarsi dalle monete raccolte nelle a Tiberio. Del resto può anche aggiugnersi che altri
olle contenenti le ossa dei defunti che quella sepoltura argomenti si avevano della venula di Alessandrini in
non è più antica degli ultimi tempi della romana re- Pompei , e che forse ci sarà pur dato di ritrovare
pubblica, estendendosi da Sesto Pompeo a Tiberio (au. nelle future scavazioni altre dimostrazioni della espo-
II p. 149). Or questa epoca coincide presso a poco con sta conghietlura.
quella del diuturno stabilimento del cullo d'Iside in Noi sottomettiamo queste nostre brevi osservazio-
Roma (Jannelli intorno all'epoca in cui fa introdotto ni al giudizio de' dotti, attendendo che altri dia de'
in /foniti il culto il' Iside etc. nel giornale il Ponlano falli da noi narrati quella interpretazione, che cre-
lom. I , voi. 1 pag. 1 e segg. ) , che per Pompei derà più probabile.
si attribuisce in parte agli Alessandrini ivi stanziali, Mineiivisi.
non allrimenti che a Napoli ed a Pozzuoli (Corcia
stor. delle due Sicil. lom. II p. 385 : cf. per Napoli Dei tipi e simboli di alcune monete autonome e regie
il Martorelli th. calam. pag. 641 e seg.). 11 nuovo dell'isola di Cipro. Contin. del n. precedente.
sepolcreto pompejano dimostrerebbe che questa stra-
niera popolazione non si fissò in Pompei se non che Alle origini od alle geste di Evagora I può nfe-
agli ultimi tempi della repubblica; la quale deduzione rirsi l'uno e l'altro tipo degl'insigni suoi aurei ^Pl.ll,
— co —
18. XII, 6); la lesta femminile cioè coronata di torri
e l'aquila posata in sulla groppa di un leone stante
sopra la preda, con grande aslro raggiante al disopra.
La tesla feminile turrita suol dirsi di Venere; matrop-
po diversa si è la testa di Venere Pafia delle monete
di Nicocle, la quale invece della corona turrita ha un
alta corona a guisa di calalo ornata di palmelte e di
clipei o patere che dir si delibano. Nel ritto degli au-
rei di Evagora parmi senza meno rappresentata la
lesta della Ti'x») , o sia genio feminile di Salamina
fortificala di mura e di torri da Evagora per modo
ch'essa polè a lungo resistere alle forze del grande
Re (Isocral. in Evatjor. xxì rsixTl fpoSTrsp/sfìs&STo).
Ancora la tesla di Venere Palla nella moneta di Ni-
cocle ha la chioma (ulta raccolta adorno al capo; e
quella di Salamina l'ha in gran parte ricadente in
sulla cervice, conforme all' uso delle donne di Cipro
(v. Mariti, viaggi in Cipro t. I, pag. 12). L'aquila
in sulla groppa del leone , e respicienle , riferir po-
trebbesi alla vantala origine di Evagora daEacoeda
Giove, e da Telamone compagno d' Ercole (Isocr. in
Evag. Pindar. hlhm. VI, 25 s.); oppure all'alleanza
di Evagora con Ecalomno re della Caria, che gli som-
ministrò grandi somme di pecunia (Diodor. XV, 2 :
cf. Clinton, Fasti Hellen. p. 298 ed. Kruger), e che
in una rara sua moneta pose per lipo il leone (Ec-
khel t. II, p. o96) (1).
Il busto del satrapo coverto della cidari , rappre-
sentalo di prospello, che al eh. edilore parve di Eva-
gora I (PI. V, 11 p. 30), prende luce da Erodoto,
il quale ne accerta come i re di Cipro fino da' tempi
di Serse cingevansi le leste con mitro , dX^oro pu-
rpr/r; (Herod. VII, 90). La tesla del ritto di quella
moneta pare di dea, anzi che di Lclo moglie di Eva-
gora ; poiché ricorre simile nel beli' aureo di r.e Me-
nelao (PI. V, 7), diademala cioè e con una ciocca di
capelli serpeggiante attorno alle tempia solto il dia-
dema, quasi nel modo slesso che nelle monete di fa-
miglie Romane vedesi acconciata la testa d' Apollo
(v. Caved. Ragguaglio de ripostigli p. 265).
(1) L' aslro raggiarne può tenersi per simbolo di prospero augurio;
poiché STEI.r.AM significare ail Atehu Capito lucimi! et prospe-
rum (FesllU p. 331 Moller).
Ora mi giovi soggiungere qualche osservazione in-
torno ai simboli, che ricorrono nell'area di alcune
monete di Cipro , qualcuno de' quali talora trovasi
anche posto per tipo, siccome l' astragalo ed il fiore
o germe aperto (I). L'astragalo parve anche a me
(Bull, dell' Fst. 1854 p. 124) riferirsi a Venere Pafia ;
ma ricorrendo in parecchie monete di Cipro senza
relazione alla dea, ora parmi più verisimilmente in-
dizio di pastorizia e di abbondanza di belle pecore e
di buone lane (v. Bull. Napol. an. II, pag. 104:111
pag. 57-58). E tanto si conferma pel riscontro della
moneta arcaica di Taranto col lipo dell'astragalo (Ca-
relli tab. CV, n. 45 : p. 13) in riguardo alle esimie
lane Tareuline ; e dell' altra moneta arcaica con lo
stesso tipo, la quale, meglio che ad Atene , si attri-
buisce a Clazomeue dell'Ionia, nelle cui monete po-
steriori ricorre sì di frequente la tesla d'agnello ola
pecora intera (v. Mionnet Ree. de PI. XL, 6 p. 14:
Sappi. Clazom. 27, 30). Similmente Cipro nella pri-
sca semplicità avrebbe poslo l' astragalo per tipo o
per simbolo, e poscia la figura intera della pecorella
e la lesta dell'ariete (cf. PI. I, VI, XII).
In alcune monete arcaiche col simbolo dell' astra-
galo si congiunge quello di una foglia d'edera ; ed i
tipi principali sono la Sfinge alata stante sopra un
tralcio fiorito o germinante , ed un grande germe o
fiore di forma simile a quello del tralcio slesso ( PI.
XII, 4, 5: cf. PI. VI, 3). La foglia d'edera e la Sfin-
ge sembrano senza meno riferirsi al cullo di Bacco
ed al copioso ed esimio prodotto delle viti di Cipro
(Slrabo XIV, p. 684: cf. Cavedoni Spicil. p. 178):
e similmente il germe aperto della vile o d'altra pianta
analoga, giacché xv7rptqxòi si disse la gemma aperta
o sia la germinazione della vite e d'altri arbori (cf.
Thes. L. Gr. ed. Didot s. v. ); onde il tipo sarebbe
full' insieme allusivo al nome della felicissima isola
Kr^rpos (2). Non vorrei per altro oppormi a chi amas-
(1) Il lipo del volto Corgonio, che ricorre in una delle più antiche
monete ora rivendicate i Cipro, appellar potrebbe alla colonia Argi-
va , fondatrice della città di Curio ( Herodot. V , 113 : Slrabo XIV ,
pag. 683).
(2) Il culto speciale di Bacco in Cipro ne viene attestato anche dalle
iscrizioni die ricordano il colli'gio rùv vifi riv Ai'ovwov rt^virù*
(C. inscr. Gr. n. 2619, 26-20).
— 61-
sc meglio dì ravvisare in quel fiore o germe il fiore
dell' arboscello xt'irpos, che secondo alcuni antichi a-
vrebbe dato il nome all'isola stessa (Eustath. ad Pe-
rieg. v. 508), e che tuttora vi abbonda ed è pregiato
dalle donne Cipriote (Mariti, Viaggi t. I p. 27 : cf.
Prosp. Alpin. de planlis Aegypli cap. XIII).
II bello e grosso grano d'orzo, posto per simbolo
al disopra del tipo della capra adagiata (PI. IV , 1) ,
accenna di certo alla fertililà delle pianure di Cipro,
nelle quali sì felicemente proveniva l'orzo, che Rhoe-
cus re degli Amatusii , reduce in Cipro , inviò tanto
orzo agli Ateniesi, che andò in proverbio la "PcUou
xpi3o7rcixirtx (Hesych. s. v. ). Il vasello monolo (PI.
Ili, 3) può dirsi scifo col eh. editore, vedendosi si-
mile in mano d'Ercole nelle monete di Crotone (Ca-
relli tab. CLXXXIV); ma polrebbe anch'essere un
vaso pastorale da latte, perchè ricorre parimente nelle
monete di Sesto Pompeo Fostlo, ove è senza dubbio
mulctra o sinus. Il ferro di bipenne , che vedesi al di-
sopra di una sola delle due monete col tipo del bue
che si gratta la testa (PI. V, 3: VI, 5), per ciò stesso
pare non si connetta col tipo medesimo ; e sembra
anzi riferirsi alle copiose miniere metalliche di Cipro,
ed alle eccellenti officine d'armi e d'altri ordegni di
ferro e di bronzo. Cinica re di Cipro dicevasi aver
fatto dono di una lorica di bronzo ad Agamennone
(lliad. A. 20: cf. Alcidam. orai. inPalamed.); ed il
re di Citio donò ad Alessandro Magno una jx'/xajpx
di mirabile tempra e leggerezza (Plut. in Alex. 32) (1).
L'ara apposta al cigno nelle monete attribuite a. ìfa-
rathvs dal Raoul-Rochetle , ed a Maritati dal eh. e-
dilore , accennar potrebbe alla fama che faceva i Ci-
prii inventori de' sacri ficii , 9i>t<xt,s (Greg. Nazian.
in Iulian. orat. I, 109 : Tatianus adv. Geni. l),e
conforterebbe la novella attribuzione. In altra di quelle
monete controverse ( PI. VII, 4) ricorre un pesce,
che forte dir potrebbesi x^rpìios (cf. Thes. L. Gr. s.
(1) Per simile modo Temesa de' Bretiii pose nelle sue monete tipi
esprimenti le sue miniere ed officine d'armi (Millingen, Consid p.8i-
82 ). I Ciprii a preferenza d' altre opere delle loro officine , avranno
scello la bipeune in riguardo all' uso grande che far se ne dovette per
disboscare molta parte dell' isola e per la costruzione delle navi (Stra-
to XIV, p. 684).
t\). Il ramicello con tre bacche e dm foglie (PI. Ili, o)
polrebb' essere la Paphia myrlus (Stat. Tlieb. IV, 299),
ovvero la Cypria laurus femina et baccalia et baccalia
dieta (Plin. XV, 39: XVII, 1 1 ).
C. Cavedom.
Taso colla partenza di An/ìarao. Dichiarazione della
tavola V di questo anno del bullettàio n. 1-4.
Vedesi in questa (avola V effigiato il bellissimo
vaso da noi sopra descritto ed illustralo , ritraente
nella sua faccia principale la partenza di Anfiarao
per la guerra tebana (v. questo ballettino arinoli p.
1 13 e segg.). Noi rimandiamo a quanto ivi fu espo-
sto sulle differenti figure: e solo osserviamo che nei
nuiu. 1 , 2 e 3 abbiamo presentalo le varie parli del
vaso la metà dell'originale; laddove nel num. 4 ri-
portiamo la forma di tutto il monumenlo in piccole
dimensioni. Fralle cose da noi precedentemente av-
vertite , si è la lunare significazione della testa col
ricurvo pileo , che ci dava argomento a confermar»
le nostre idee sulla funebre intelligenza di quelle pro-
tome figurale sul collo o sul piede de' vasi dipinti.
Vedi pure la preced. pag. 52. Ed è da notare altresì
che Y Artemis orientale si offre non poche volte fra
due animali o che sieno due paniere , ovvero due
leoni , ovvero un leone ed una pantera ; come nella
cassa di Cipselo. La sola parlicolarilà nel vaso ap-
pulo di che ragioniamo consiste nelle ali de' due sim-
bolici quadrupedi , le quali in altri monumenti Iro-
vansi invece attribuite alla stessa divinila. Vedi sopra
simili rappresentazioni un dotlo articolo del mio chia-
rissimo amico e collega Sig. Cav. Gerhard , che di-
chiara la dea Persica Diana , riportando non pochi
monumenti che la riproducono (Arcliaeol. Zeilung ,
Denckm. und Forschung. 1854 pag. 177 e segg. tav.
LXl-LXIII). Ad essi va aggiunto il bellissimo spec-
chi di Crotone pubblicato in questo bullettàio ( an.
Il tav. V ) , che noi già riportammo egualmente a
Diana (ivi p. 188).
Ora aggiungiamo talune avvertenze sopra una in-
-C2-;
(era classe di vasi, che di funebri e mistiche rappre-
sentazioni veggonsi fregiati. Occorre assai frequen-
temente ne' vasi di Puglia, specialmente nelle anfore
a mascheroni , il vedere sul collo da una faccia una
femminile testa di fronte, dall'altra una protome an-
che muliebre di profilo : entrambe tra fiori , e com-
plicale ramificazioni. Richiamando i due classici luo-
ghi di Plutarco ( de fac. in orbe Lunae XXVII, e Ama-
tor. p. 776 B ) , ci sembrò che le protome di fronte,
le quali in generale hanno una lunare significazione,
alludessero a' prati della Luna roTs aù.ryrfi Xaixùjrn
mentovali dal Cheroneo. Ora soggiugniamo che l'al-
tra prolome di profilo , fregiata talvolta di radii ,
siccome nel vaso che ora pubblichiamo, esprima so-
^enle Afrodile, ed accenni a quei prati di Venere
rammentati dallo stesso Plutarco ; fra' quali repu-
tavansi aggirarsi le anime , per divenir degne della
palingenesia, e della immortalità. Questa duplice al-
lusione a Venere ed alla Luna mi sembra pure indi-
cata dal più consueto ornamento de' manichi in questa
classe di vasi. Nella parte superiore del manico vedi
sposso a bassorilievo gorgoniche maschere, con evi-
denti allusioni lunari , essendo non poche volte for-
nite delle piccole corna , che sporgono dalla fronte.
Nella parte inferiore finiscono i manichi in teste di
cigni ; e non so che siesi data giammai una plausibile
spiegazione di questa particolarità. Ma se ricordiamo
che il cigno è animale sacro a Venere ed all'Amore
(vedi le autorità da noi raccolte ne' mon. ined. di Ba-
rone p. 12); non farà più maraviglia il vederlo in
un funebre monumento in rapporto colla prolome
stessa di Venere, accennando a' mistici prati {y.nfxwat)
di questa medesima divinità.
Minervim.
Toro andropresopo nelle monete Ispane.
Il toro androprosopo, che dall' Eckhel(t. Ip. 129)
era stato limitato entro i conGni della Campania, della
Sicilia e dell' Acarnania, ora ha esleso il suo domi-
nio di mollo, e comparve anche nelle monete arcai-
che di Cipro (v. Due de Luynes, Numism. Cypr.
pi. VI, 2), ed in alcune monete Ispane di argento
con epigrafe Celtibera (Sestini, Med. Isp. p. 106,
tav. IV, 6, 7: Gaillard, Cab. Garda p. 40 pi. I, 3),
che sogliono rinvenirsi nelle vicinanze di Barcellona
e nell'isole Baleari, e sono come segue:
Testa virile imberbe laureala, con clava apposta al
collo: nel campo, un astro.
)( Epigrafe Cellibera. Toro a volto umano barbato
stante e riguardante: nel campo, luna bicorne. Arg.
La testa nel ritto , che talora pare coverta colla
spoglia del leone , e ornata di monile o torque , dir
potrebbesi di Celle figliuolo d' Ercole e di Esperide
(v. Spiai, num. p. 6, 9). II Seslini fu d'avviso, che
il tipo del bove a faccia umana barbata fosse preso
dalle medaglie della Campania e della Sicilia; ma non
par verisimile , perchè le monete Ispane hanno tipi
domestici , e inoltre può rendersi buona ragione del
comparire che fa quel tipo in monde Ispane ora che
è dimostrato, segnatamente per ciò che ne scrisse il
eh. Minervini , che il toro androprosopo è imagine
del fiume Acheloo, che favoleggiavasì antichissimo
fra tutti i fiumi, figliuolo dell' Oceano e sommamente
venerato presso tutti i popoli (Macrob. Sai. V, 18).
Senza dire dell'Oceano, padre d' Acheloo, che bagna
da due Iati la Spagna, il cullo dell' Acheloo potè pro-
pagarsi in quelle contrade per mezzo delle colonie
Greche, che dicevansi dedottevi in diversi luoghi fino
da' tempi della guerra Troiana e prima (v. Raoul-
Rochette colon. Gr. t. I, pag. 403 : t. II pag. 414).
Strabone (I. Ili p. 157) pone come fallo storico il
viaggio di Ulisse fino agli estremi confini occidentali
della Spagna. Silio Italico (Punte. Ili, 366: XVI,
368) ricorda più \olte la città Ispana Tyde , ch'egli
dice Aelola , vago Diomedi condita. Tulli gli antichi
scrittori concordano nel dire Sagunto fondata da una
colonia di Zacinlii : alla quale origine accennar volle
anche 1' autore dell'Itinerario argenteo scopertosi all'
acque Apollinari (Marchi, Stipe p. 28) scrivendo il
nome di Sagunto con la greca vocale T, SAGYN-
TVM. Nell'insigne frammento del libro XCI delle
istorie Romane di Livio, scoperto dal P. Giovenazzì,
-03 —
trovasi memorala una ciltà mediterranea della Spa-
gna citeriore delta Conlrebia , quae Leucada ; e pare
così cognominata da coloni di Leucade, isola del mare
Ionio , da prima congiunta al continente dell' Acar-
nania bagnata dal fiume Acheloo, che nelle moneto
dell' Acarnania slessa ha forma di toro androprosopo.
C. Cavedoni.
Nuovi acquisti epigrafici del real museo Borbonico.
Continuazione della pag. 16.
Intorno al n. 3437 aggiugniamo che una esatta
lezione ne fu presentata dal eh. Garrucci (bullelt.
nap. an. I p. 44 ) , il quale notò la somiglianza del
cognome Vincius , e Vinicius. Avverto pure che la
greca epigrafe di Stiaccia fu pubblicata dal Guarini
(comm. XIV pag. 17) , ed ora è nel corp. inscr. gr.
Ioni. Ili add. pag. 12S5 n. 5816, b: e che la iscri-
zione di C. Avianio Epagato da noi edita nel II anno
di questo bullettino p. 103 n. 11 era stala già esat-
tamente pubblicala dal eh. Fiorelli (Pompei, proemio
alle illustr. p. XL). Appartengono alla stessa raccolta
offerta dal sig. principe di San Giorgio la iscrizione
di Licinio Pulcolano, che fu recentemente pubblicata
dal eh. Gervasio (monum. diGavia Marciana p.12),
1' altra di Amalio Lucrione pubblicata dallo stesso ar-
cheologo (ani. iscr. di Lesina p. 20, e 34 not. 1 ) ,
non che la gruteriana p. DCXV11I, 8, ove si fa men-
zione di un CORIARIVS •ACTARIVS (subactariusj.
Sembrano inedile le seguenti
2.
Non meno interessante è la seguente, la quale e
pure ignota alle collezioni epigrafiche.
D M
LVCIA • PAPIRIA
VIX • ANNIS • LII
IVL • INGENVS
COIVGI • INCON
PARARILI • ET
PAPIRIVS • INGE
NVS • ET • PAPIRIA
VITALIS • MATRI • DVL
CISS • M • FECIT
Si noli la ortografia inconparabili , ed il nome In-
genua, ove si osserva un solo V ; siccome in molti
altri esempli, che furono in parie citati dal eh. Gar-
rucci (stor. d'Isernia p. 1 53 seg. ; e bull. nap. nuova
serie an. II p. 82), e da me nell' antica serie del bidl.
arch. nap. (an. II p. 140).
Importante ci sembra questo frammento
• • • LPICIO CoS
• • • • E • STATVAM
• • • • VDOS • • •
nel quale è menzione di un console Sulpicio , e forse
ancora di qualche sacro o pubblico monumento.
4.
LVCCEI/A • HEROPIIIL
BALBI.L/.NVTR1XS
P • CARPI/NARIVS
• P LHILA/RVS
0 • FVLV • 01
•LES • QVI • PR- •■
•P • DOMITIAI
•GERM • ET
•VG • ET • IVLIA-
•DIVINAE-
1 • ET
— 64 —
Tralascio i supplementi , cbe potrebbero proporsi
in questa epigrafe, nella quale si fa certamente men-
zione dell' Imperator Domiziano.
Senza parlare di qualche altro frammento, cbe
non merita di essere qui ricordato ; avverto che for-
mava parte della medesima collezione la seguente
epigrafe cristiana , la quale è incisa in un marmo di
forma circolare : il che la rende di qualche interesse.
f
V1CTORIAE
BENEMERE
NTI IN PACE
Questa semplice iscrizione è notevole pel mono-
gramma del Cristo, che vedesi in cima, e per la nota
formola cristiana IN PACE , della quale sono fre-
quentissimi gli esempli : e basterà per noi rimandare
a quel cbe dicemmo di sopra nel I anno di questo
lullenino pag. 31.
(continua) Minervim.
Iscrizioni latine. Continuazione della pag. 53.
19.
C • ANGVRI • C • F n
L • GARGONI • L F "
SACELLVM D • S
SAEPIVNDVM
COVRAVERVNT
Questa bella iscrizione , rinvenuta alle vicinanze
di Atri, mi fu comunicala dall' egregio sig. Gabriello
Cherubini, il quale mi avverte cbe il Q è messo al-
lato a' due nomi con una grappa. C. Augurio e L.
Hargomo sono, a mio giudizio , denominati quaeslo-
rej:-e sarebbe questa la prima memoria superstite
de' questori di Adria. La iscrizione, e per quello che
il sig. Cherubini mi dice della forma de' caratteri , e
per la semplicità del dettato, non escluse le sigle D'
S (de suoj, e finalmente per la ortografia COVRA-
VERVNT , si appalesa de' buoni tempi. Se non che
questa ortografia è da reputare insolila , essendo più
comune ed usala nelle iscrizioni arcaiche, fino a quelle
de' tempi Auguslei , l' altra di coerare. Del resto in
moltissime altre voci si osserva 1' V lungo tramutato
in OV : e su di ciò leggasi la dotta discussione del
eh. Rilschl ( mon. epigraph. tria pag. 3 , s. , e 33
e segg. ).
20.
L • TETT1VS • PRImvs
ET • GELATIA ■ SATVRnina.
È un frammento rinvenuto in un podere del sig.
de Donatis, comunicatomi dallo stesso sig. Cherubi-
ni. Non è notevole per altro che per la insolita gente
Gelalia.
21.
C M • PH (mon)
22.
M ANM
MODESSTI
Le due iscrizioni cbe precedono sono due bolli
metallici comunicatici dallo stesso sig. Cherubini : e
nel primo pare vada letto il nome C. Marcius Phì-
Uppus; essendo ben conosciuto che il cognome Phi-
lippus trovasi dato a non pochi personaggi storici
della gente Marcia. In quanto al suggello di M. An-
nio Ulodesto non offre altro ad osservare che la du-
plicazione della sibilante ; il che s' incontra non di
rado nelle epigrafi greche e nelle latine.
(continua)
Mjnehvini.
Giulio Mi.nervim — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catakeo.
BCLLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 59. (9. dell' anno III.)
Dicembre 1854.
Alcune monete Ispane illustrale col riscontro del nuovo frammento di P. Annio Floro. — Bibliografia.
Alcune monete Ispane illustrate col riscontro del nuovo
frammento di P. Annio Floro.
Il eh. Oeblcr, a questi ultimi anni, rinvenne in un
eodice membranaceo del secolo XII della Biblioteca
di Bruxelles un insigne frammento intitolato : P. An-
nii Fiori, Yirgilius oralor, an poeta, che fu da prima
pubblicato da' eh. Rilschl e Schopen nel Museo Re-
nano (I p. 302 segg. ), e poscia più accuratamente
dal eh. Otto Jahn ( Praef. ad Epit. Iulii Fiori pag.
XLI-XLIIII ) , pel riscontro del quale parmi si dia
bella luce ad alquante antiche Monete della Spagna
Belica e Tarraconese (I).
P. Annio Floro , come si raccoglie dal suddetto
nuovo suo frammento, e da altri rapportali da Spar-
ziano {in Hadr. 16) e da Carisio (I, p. 38, 99, 1 13),
fiorì sotto l' impero di Traiano e di Adriano ; e On
da giovinetto, di forse XI LI anni (cf. Orelli Inscr. n.
2603), nel decennio decorso dall'anno 86 al 96 dell'
era volgare , concorse in Roma inter poetas Latino»
al premio della corona del certame sacro di Giove
Capitolino, che gli venne aggiudicala summo consensu,
ma ch'egli non potè altrimenti conseguire dalla mano
stessa dell' Augusto imperante , come di rito , invilo
Coesore et resistente, ne Africa coronam magni lovis
attingerei; probabilmente pel rancore di Domiziano
conlra gli Africani, che mostraronsi avversi al padre
suo Vespasiano e benevoli verso Vitellio (Tacit. Hist.
II, 97: cf. Suelon. Vesp. 4). 11 giovinetto poeta gran-
demente adontato di quell' ingiusto riGuto, andò va-
gando per mare e per terra in lonlani e diversi paesi,
e da ultimo , passali i Pirenei , si pose ad abitare in
(i; Mi duole di non avere potuto riscontrare il citato articolo
del Museo Renano.
ANNO III.
una città del littorale della Spagna Tarraconese, ove
aperse scuola di lettere Latine. Egli avea perseverato
in quella vita faticosa un cinque anni, quand' ecco un
bel dì , che stanco per gli studi stavasi ricreando all'
aria libera in luogo ameno presso uu tempio , gli si
fecero incontro alcuni Ispani della Betica, che, di ri-
torno per mare dagli spettacoli di Roma , erano stali
sospinti a quella spiaggia dal vento sinistro dell'Afri-
ca. Uno di quelli, uomo di molle lettere, che gli era
stato favorevole nel concorso dell' agone Capitolino ,
lo salutò cortesemente e lo riconobbe. P. Annio Flo-
ro , dopo che gli ebbe raccontato i suoi viaggi e le
sue vicende, conchiuse lodando così il suo soggiorno
in quelle contrade: Et ecce iamfamiliar itale continua
civitas ipsa nobis blanditili; quae, si quid credis mihi,
qui multa cognovi, omnium rerum, quae ad quielem
eligunlur, gratissima est. Populum vides, o hospes et
amine, probum frugi quietimi tarde quidem, sed iudi-
cio hospilalem. Caelum peculiariter temperatimi miscet
vices , ci nolani veris lolus annus imitatili: Terra fer-
lilis campii et magis collibia — nani Italiae vitcs a/fe-
ctat et comparai areas — serotino non erubescil autumno.
Si quid ad rem perline!, civitas ipsa generosissimis au-
spiciis inslitula; nani praeter Caesaris vexilla, quae
porlant triumphos, unde nomen accepil , adest eliam
peregrina nobilitai : quippe, si velerà tempia respicias,
lite ille colilur corniger praedo , qui Tyriam virginem
portans, dum per tota maria lascivit, hic amisit et sub-
slitit, et eius quam ferebat oblitus subito nostrum litui
adamavit.
Il definire la città della Tarraconese , così vaga-
mente accennala dal nostro Floro , si è un curioso
problema non troppo facile a risolversi. Il eh. Kilscbl
fu d'avviso, che sia quivi indicata la città di Tarra*
9
— CG —
fona, quae colonia lidia Victrix nominala est et Le-
gioni* VI Vicinai slatio full; e la sua opinione parve
probabile anche al eh. Jahn (Praef. ad Fiori Epit.
ji. XLV). Da prima parve tale anche a me, pensan-
do che dalle parole di Floro, quae portoni triumphos,
argomentar si potesse, che le sigle COLTVTTAR-
RAC delle lapidi e delle medaglie spiegar si dovessero
COLonia lidia Yictrix T/7H»i/)/ia/tsTARRACo; tanto
più che il municipio Ipasturgi Tiiumphale cognomi-
natum est (Plin. Ili, 3, 6); ma poscia ponderando
meglio ogni particolarità mi parve, che Floro inten-
desse anzi indicare Carlhago Nova, o sia Cartagena.
I titoli lidia Victrix non sono altrimenti di per se
sufficienti a riscontrare in Tarracona la città accen-
nala da Giulio Floro, poiché sono essi comuni a pa-
recchie altre città si della Spagna Tarraconese come
della Belica. Il titolo distintivo della città in quistione
vuoisi anzi ritrarre dalle parole di Floro Caesaris
vexilla, quae portimi triumphos, le quali meglio accen-
nano a Cartagena, di quello che a Tarragona ; poiché
nelle medaglie di questa nulla si riscontra che riguar-
di i vessilli trionfali di Cesare, ma sibbene più tipi ad
essi relativi ricorrono nelle monete di Cartagena. Il
vessillo solo, o posto di retro ad un'aquila legionaria
(probabilmente per indicare una legione equilata) ri-
corre nelle monete di Acci, di Carthago nova, di Cae'
saraugusla, d' Ilici e d' Italica ; ma più di frequente,
che in altre , in quelle di Carthago nova, spesso ac-
compagnato dal tipo di una quadriga triumphalis a
passo lento , e talvolta in corsa veloce ( Florez tav.
XVI, pag. 350: Seslini, med. hp. pag. 124, n. 3).
.Nel vessillo pertanto delle medaglie di Cartagena ac-
compagnato da una quadriga trionfale, o circense che
dir si voglia (cf. Borghesi Dee. XVI, oss. 7) , mari-
guardante i trionfi di Cesare, si riscontrano adegua-
tamente le vexilla Caesaris, quae portoni triumphos.
Carthago nova nelle sue monete s' intitola Colonia
Xictrix lulia Nora Karlago, o Carthago, del pari che
tante altre città della Spagna, che furono fedeli e be-
nevole a Giulio Cesare Dell'ultima guerra civile, e
che dopo la battaglia di Munda si ebbero colonie di
veterani e que' titoli dal Dittatore vittorioso e trion-
fante (Dio, XLIII, 39: Borghesi Iscr. Perug. p. 4) :
ma Cartagena ebbe un diritto speciale a que' titoli
gloriosi. Essa nel 708 resistette a Gneo Pompeo fi-
glio, che pare non la potesse assoggettare che a forza,
e parimente nel 710 si oppose alle armi di Sesto suo
fratello (Dio, XLIII, 30: XLV, 10). Cesare dopo la
vittoria di Munda concesse alle città della Spagna ,
che gli si mantennero fedeli e benevole , immunità ,
terre, cittadinanza Romana e diritti di colonia (Dio,
XLIII, 39); i quali benefici furono da lui elargiti in
Cartagena slessa, capitale del convento che da lei si
nomava (Nic. Damasc. Vit. Aug. II, 12). Il senato
Romano decretò a Cesare vincitore ed a' suoi generali
un triplice trionfo, supplicazioni di cinquanta giorni,
e ludi circensi in perpetuo nelle Palilie, perchè ne'
primi vespri di quel giorno giunse in Roma la no-
vella della vittoria di Munda (Dio, XLIII, 42); ai
quali onori sembra riferirsi il tipo della quadriga
trionfale lenta, e talvolta in piena corsa, delle monete
di Cartagena (1). Ma questa riguardar potrebbe an-
che spettacoli equestri, che dato avesse Cesare io Car-
tagena stessa, siccome fece poscia in simili circostanze
Augusto, allor che istituì la colonia Emerita dopo
aver vinti gli Asturi e i Cantabri (Dio LUI, 27). Il
tipo poi del vexìllum Caesaris delle monete di Carta-
gena forse fu posto, a preferenza d' altre insegne mi-
litari , in riguardo ad una mossa di cavalleria dalla
parte di Cesare , che decise della vittoria nella san-
guinosa giornata di Munda ( Bell. Hisp. 31 ). II ves-
sillo medesimo vedesi talor collocato di mezzo a due
fasci consolari (Florez tav. LXI, 4 : cf. Seslini, med.
Isp. p. 123, n. 1), che riferir potrebbonsi al legato
propretore di Augusto, uomo consolare, che nella
stagione invernale soggiornar soleva in Cartagena del
pari che in Tarragona ( Strabo III, p. 167). Che se
a Cartagena spelta la moneta co' tipi del vessillo e
dell'aquila legionaria, attribuitagli dal Sestini ( Med.
Isp. p. 124, n. 9), questa ricordar potrebbe la LEG*
Villi • TRIVMPHaOv'cem, che seguì costantemente
(1) Che ne' ludi Circensi corressero le quadrighe , del pari che
le bighe ed i desultori, ne lo attesta Svetonio {in lui. 39). Stra-
tone (I. Ili p 155; narra come gl'Ispani 'izjaxòvs àywvus riXaìiffiv:
e le lapidi della Spagna ricordano ludi CIHCENS. dati anche da
persone municipali (Florez, l'sp. sagr. i. X p. 75; Creili n. 1571).
— G7 —
le bandiere di Cesare , e che forse si guadagnò il li-
tolo di Irionfalriee nella battaglia di Munda ( Bor-
ghesi, Isa: di Burbuì. p. 10), e farebbe bel riscon-
tro alle parole di Floro : Caesaris vexilla , quae por-
tavi triumphos (1). All'altre parole di lui civilas ge-
nerosissimis auspiciis instiluta, nelle monete di Carta-
gena risponderebbe il tipo singolare del sacerdote
stante di prospetto col vaso dell' acqua lustrale nella
d. e col ramo per aspergerla nella s. ( Florez tav.
XVII, 1 ) ; tipo che pare senza meno da riferirsi alle
ceremonie sacre della inaugurazione della colonia
Romana ivi dedotta (cf. Mionnet Sappi, t. V, pag.
394, n. 702).
La posizione poi geografica di Cartagena , meglio
forse che quella di Tarragona, corrisponde alle par-
ticolarità indicate dal nostro Floro , come chimo si
pare dalla bella descrizione che , seguendo Polibio ,
ne diede T. Livio (Hist. XXVI, 42: Polyb. X, 10):
Sita Carlhago sic est. Sinus est maris media fere Hi-
spaniae ora, maxime Africo vento oppositvs, et quin-
gentos passus inlrorsus retraclus, paulluloplus passuum
in latitudìnem patens. Huius in ostio sinus parva in-
sula obiecta ab allo porlum ab omnibus venlis , prae-
lerquam Africo, lutimi facit. Ab inlimo si mi peni usui a
excurrit , tumulus is ipse, in quo condita urbs est , ab
ortu solis et a meridie cincia mari ; ab occasu sta-
gnimi claudit , paullum et ad septemtrionem fusum ;
iiicertac altitudinis , uteumque exaestuat aut deficit
(1) A queste parole, quae portarti triumphos, vie meglio ri-
sponderebbe il tipo ilei trofeo e del ramo di palma delle monete
Ispane colle sigle VIC, che l'Eckhel cercò di rivendicare a Car-
tagena ( t. I, p. 45 ). 11 Florez le attribuiva a Celsa , che credesi
fosse situala nel luogo che ora si appella Velilla ( Sestini, med.
Isp. p. 129 ); di che altri congetturar potrebbe, che Gelsa si co-
gnominasse Yexillaria, e che essa l'osse la città accennala da Flo-
ro: ma osta la situazione di lei mollo discosta dal littorale ; quando
mai non si dovesse supporre, che la nave Belici, sospinta dal vento
sinistro dell' Africa, non trovando altro luogo sicuro , si riparasse
su pel fiume Ibero. Ostano inoltre gli argomenti dell' Eckhel che
mostrano spellare quelle monele col irofeo assai più verisimilmenle
a Cartagena anche per la menzione che vi si fa de' Quinquennali,
che ricorrono in monete certe di Carlhago Nova. In alcune di
queste leggesi QVINQ • IN V • I • N • K, eh' egli spiega QVINQuen-
nalis IN Motrice lulìa Nora Karthaginc : ma che forse meglio
spiegar polrebbesi l.NV'ic/ae, in riguardo al resister che fece alle
armi de' due figliuoli di Pompeo nel 709 per mantenersi fedele a
Cesare, a somiglianza di Sagunto, che s' intitola INVi'cta.
mare. Alle parole di Livio , sinus maris maxime A-
frico vento opposilus, troppo bene rispondono quelle
di Floro, quos ab Urbis speclaculo Baelicam reverten-
les sinister Africae venlus in hoc littusexcusserat. Tav-
ragona riesciva forse un po' troppo orientale; e poi
essa era senza porlo né rada (Slrabo III, p. 1 o0 : cf.
Tzschucke ad Melae li , 6 , 5 ) ; laddove Cartagena
presentava più porli sicuri (Slrabo III, p. 158). Floro
stava ricreandosi euriporum fri gore , che può inten-
dersi del fresco prodotto da canali di acque artefatti,
ma fors' anche da quelle dello stagno vicino a Carta-
gena, quas auget veniens refluusque reciprocai aestus
(Silius, Punk. XV, 226). Ancora le parole del Be-
tico amico di Floro, nec in nostrani Baelicam excur-
ris , assai meglio, che alla troppo lontana Tarragona,
eonvengonsi a Cartagena non mollo discosta dai con-
fini della Belica stessa. A Cartagena lodata dolibus
ani uberis (Silius, XV, 196), e posta non mollo
lungi dai colli (Slrabo 111, p. 158, 161 ), ben si ad-
dicono le parole di Floro, terra ferlilis campii ci ma-
gis collibus. Egli la dice omnium rerum, quae ad quie-
tali eliguntur gratissimam ; e Slrabone (I. Hip. 158)
chiama Cartagena emporio massimo di tutte le merci
sì di terra come di mare.
Ma la notizia più preziosa per la illustrazione delle
monete antiche Ispane, che ci venga dal nuovo fram-
mento di Floro , si è quella del toro rapitore di Eu-
ropa venerato in una città della Tarraconese , e che
favoleggiavasi aver posta sua sede in quel delizioso
littorale. Fra le monete antiche Ispane assai comune
si è la seguente, posta fra le incerte dal Florez (tav.
LV1II, 1, pag. 659) , e a gran torlo trascurata dal-
l' Eckhel :
Testa nuda virile: Q • ISC ■ F, L • QVL F.
)( M * C • F , Europa portata dal toro corrente e
avente la coda attorcigliata, in atto di raltenere con
la d. il velo suo svolazzante , che le s' inarca attorno
al capo , e di attenersi con la s. al corno d. del toro
medesimo. ^E- 8.
Il Florez lasciò in incerto , se spetti a Calagurris
Fibuìaria, ovvero a Castulo Felix; ma parrebbe da
preferirsi la spiegazione Municìpium Castulo Fidele,
oppure Fidimi o Firmimi, Ira per essere sìata Cala-
— 68 —
giirris Fibularcnsìs città ignobile e stipendiarla , e
percbè il nome del magistroISC confronta con quello
d'ISCER, che ricorre nelle monete di Castulo stesso
col tipo della Sfinge (1). Ora peraltro che consta dal
nostro Floro, essersi venerato ne' templi vetusti di
Carlhago nova Giove rapitore di Europa, lice sospet-
tare che la moneta Ispana insignita del tipo di Euro-
pa rapita dal loro spetti a Cartagine stessa , fondala
da Asdrubale Cartaginese , e che le sigle M • C ■ F
possano spiegarsi Municipium CarthagoFidum , oYe-
lix, oppure Faventia, Fidmtia, cognomi noti d' altre
città della Spagna presso Plinio. Così Cartagine nova,
città insigne del littorale, non si rimarrebbe priva di
moneta propria autonoma come fece sinora; e 'I tipo
di Europa accennerebbe al suo fondatore di stirpe
Agenorea.
A Giove rapitore di Europa può riferirsi il loro
slanle e placidamente riguardante, che ricorre nelle
monete di parecchie altre città della Spagna (cf. Ec-
khel t. I p. 40: Caved. Spicil. p. 1 ); e vie più ve-
risimilmente il toro corrente, o natante, o cornupe-
ta , o col collo leso in atto di mugghiare , o in atto
di piegare le zampe anteriori per adagiarsi a terra
(Florez lab. LXI, LXIV) , quasi per esprimere così
ch'egli, perduta la vergine Tiria, Hispanum litus a-
damavit, per usare delle parole del nostro Floro. Nelle
monete di Obulcone ( Florez lab. LXIV ) da un lato
veJesi il loro stante col pie d. anteriore sospeso, e
dall'altro l'aquila di Giove ad ale aperte. Notevole
si è anche la particolarità del tenere che fa la coda
sua attorcigliala [intorla, cf. Plin. Vili, 77, 3) il loro
portante Europa nella moneta M CF ; e che si os-
serva anche nel loro stante di una moneta d' Huci
(Florez lab. LIV, 13), benché la coda del loro di sua
natura pare non possa ripiegarsi a quel modo, come
(1) L' Eckbe! disse incerta ed enigmatica la ragione del tipo della
Sflnge ricorrente in monete di Caslulone e di città della vicina Be-
tica. Siccome la Sfinge è attributo proprio di Bacco ( v. Caved.
Spicil- p. 178 ), così congetturar polrcbbesi die nelle monete di
Caslulone appelli a Mitico compagno di Bacco, ebe fu suo primo fon-
da'.ore ( Silius, Punic. 99 ): ma panni più verisimile, che la Sfin-
ge fosse introdotta nella Betiea dalle colonie Fenicie, anche in ri-
guardo al pileo che copre la testa della Sfinge Ispana del pari che
quella della Sfinge Asiatica ( v. It. ltochelte, Une. Assyr. p. 76,
pi. Vili ).
far suole quella del porco in islato di benessere (1).
Da ultimo ne giovi indagare il lempo preciso del
colloquio del nostro P. Annio Floro coli' erudito suo
amico Betico. Questi dice al poeta Floro : ne e in no-
strum Baeticam excurris, nec urbem illam reviùs,ubi
versus tiri a lectoribus eoncinuntur , et in foro omni
clarhsimus Me de Dacia triumphus exullal ? Il eh.
Jahn scrive (/. e. p. XLV) : ibi (Tarracone) Florum
eliam sub Traiano commoralum esse Dacia triumphi,
qui anno p. dir. 101 actus est, commemoratio docet.
Hunc triumplium Florus cannine ceìebravit. Ma, con
pace del dottissimo uomo , il trionfo primo Dacico
dee riportarsi all'anno 10ì, ed il secondo (più veri-
similmente celebralo da Floro) all'aprirsi del 107
(Borghesi, Iter, di Burbul. p. 20-22: Giorn. Arcad.
t. Vili, p. 58-59). Traiano diede spettacoli gladiatorii
e scenici sì pel primo come pel secondo suo trionfo
Dacico ; ma quelli del secondo furono assai più ma-
gnifici e protratti per lo spazio di ben centovenlilre
giorni, o sia per quattro mesi interi, e in essi furono
uccise ben undicimila fiere e pugnarono diecimila
glidialori (Dio, LXVIII, 10, 15). Gli è quindi assai
più probabile, che que' curiosi si movessero dalla
estrema Betica nella contingenza del secondo trionfo
Dacico di Traiano, e si trattenessero in Roma ne' pri-
mi quattro mesi del 107 ; onde di ritorno in patria
verso il mezzo o la fine di maggio, sospinti dal vento
sinistro dell'Africa, approdassero al lido della Tar-
raconesc e precisamente a Cartagine nuova, allorché
cominciavano a farsi sentire i calori esiivi , sì che
trovassero il buon Floro che ricreavasi plurimarum
arborum amoenitale, euriporum [rigore, aeris liberiate.
Ancora al secondo trionfo Dacico, vie meglio che al
primo, convengonsi quelle enfatiche parole che Floro
pone in bocca del suo ospite Betico : nihil le mocet
lux et fulgor felicis inperi (sic) , qui in se rapii alque
converta omnium oculos hominum ac deorum ? La fi-
gura feminile delle monete di Traiano COS V stante
(1) Nel vasetto dipinto di Capita rappresentante il ratto di Eu-
ropa ( nuovo Bull. Kapol. An. Il , p. 116, lav. VII ) il toro cor-
rente ha la coda distesa. Del resto, quel raro subbietto in vasi di-
pinti forse vuoisi ripetere dal culto di Europa presso i Corinlii
( Athenaeus XIV p. 678, A ) primi autori dell' arte Ggulioaria.
— 69 —
con caduceo nella d. e con cornucopia nella s. , op-
pure in alto di appoggiarsi con la s. ad una colonna
(Mus. Caes. n. 88, 89), può dirsi Felicità secura del
suo imperio, e troppo ben risponde alle parole stesse
di Floro lux et fulgor felicis imperii.
C. Cavedoni.
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale Accademia Ercolanese di archeo-
logia-\o\. IV parte I : voi. IV, parte II : voi. VI :
voi. Vii-Napoli, nella stamperia regale.
La regale Accademia Ercolanese in questi ultimi
anni è stata feconda di non poche pubblicazioni, enei
giro di soli tre anni videro la luce ben quattro volu-
mi delle sue memorie ; delle quali non sarà discaro
a' lettori del bulletlino vedere in questi fogli un breve
annunzio.
Voi. IV parte I (1852)
1 . Illustrazione di un codice greco palinsesto della
rcal biblioteca borbonica, di monsig. Angelo Antonio
Scolti: p. 1-18, con una tavola incisa.
2. Di una pittura pompejana rappresentante V A-
gricollura che si fa guidare dalla Luna, del cav. Ber-
nardo Quaranta: pag. 19-36, con una tavola.
Rappresenta questo pregevole dipinto, già pubbli-
cato nel real museo Borbonico v. XII, t.V , una mulie-
bre Ggura alala e coronala di foglie, la quale ha corta
tunica e stivaletti di giallo , e tien colla sinislra un
ricurvo bastone, mentre pende al sinistro braccio un
azzurro panno ravvolto. É essa in attitudine di vo-
lare, e le poggia traile ali un'altra femminile figura
in parie nuda , e col capo coverto di fazzoletto , la
quale tiene con la destra un bianco peplo svolazzante
ad arco sulla lesta, e colla sinistra una fiaccola accesa.
Dal titolo della memoria si rileva la spiegazione
del eh. autore, il quale riconosce, con dotte ed inge-
gnose ragioni, nell'alata figura l'Agricoltura, e nel-
l'altra la Luna. Noi pertanto opiniamo che nell' alala
diviuità debba invece ravvisarsi Iride , determina-
la dal succinto vestimento , dagli slivalelli , e dal ba-
stoncello (paj3oos), che siringe colla sinislra. Né far
dee maraviglia la forma del bastone ricurvo nella
parte superiore ; giacché non cangia la essenza di
quell'arnese, che nella sua significazione s'identifica
col bastoncello diritto, ed anche col caduceo, simboli
di una divinità messaggiera, ed astronomica. Deter-
minala la figura d'Iride, non sarà difficile determinar
quella che n è trasportala ; la quale dovrà credersi
Hcmera, o l'Aurora: né mi sembra necessario citar
confronti ed autorità per dimostrar la convenienza
della bianca veste , e della fiaccola accesa , alla dea
del giorno e della luce. La riunione poi di queste due
divinità è benissimo immaginata , essendo ben risa-
puto che Iride ha presso 1' antichità la intelligenza di
messaggiera degli dei, non senza una stretta relazione
alla luce.
3. // mito di Talo, d'I cav. F. M. Avellino: pag.
37-1 14, con tre (avole incise.
Questo dotlo lavoro fu già pubblicato dal eh. au-
tore negli ultimi periodi della sua vita , io un sesto
di folio grande, esimendolo appunto dal volume delle
memorie, di cui ora diamo l'aununzio, e che trova-
tasi in corso di stampa.
Nella prima parte trattasi il mito del Cretese Talos,
con una lunga discussione de' luoghi degli antichi
scrittori, che favellarono di quel famigerato figliuolo
di Crete. Nella seconda parie si occupa l'a. de' varii
monumenti che allo slesso si riferiscono. Parla da pri-
ma delle monete di Phaeslus, illustre città di Creta ,
adottando la spiegazione del celebre numismatico di
Modena prof. Cavedoni, il quale nell' uomo nudo ed
alato con ali e braccia aperle , dimostrò essere effi-
gialo Talo custode dell'isola di Creta (annali deliist.
1835 p. 154 e s.). Ricorda in seguilo il famoso spec-
chio coli' alato fanciullo denominato EPEVR fralle
braccia di Ercole (mon. dell' ist. tom. II tav. 6 ), ri-
ferito allo slesso Talo dal eh. Cavedoni ; e mette in
dubbio tulle le differenti opinioni finora proposte su
quel difficilissimo monumeuto. La più interessante
discussione archeologica di questa seconda parte della
memoria concerne ilclassico vaso colla morie di Talo,
— 70
principale ornamento della collezione Jatla in Ruvo,
e del quale già lo stesso Avellino aveva fatta la pub-
blicazione nel suo bullettino archeologico an. Ili tav.
II. e VI ; an. IV. tav. VI. Ora nel presente volume
delle memorie dell' Accademia quelle tre tavole sono
ripetute a confronto dell'ampia e dotta illustrazione;
la quale offre la dimostrazione delle cose brevemente
annunziate nel citato bullettino an.IVpag. 137-139.
Tutte le particolarità di quel prezioso monumento
dell'arte ceramica, e quelle di ciascuna figura sono
minutamente illustrate : e noi non intendiamo di far
rilevare le numerose osservazioni sparse principal-
mente nelle note. Solo vogliamo avvertire che il eh.
Cavedoni presentò alcune osservazioni sul classico
vaso della collezione Jalta neìbulletl. archeologico na-
politano an. V p. 57 ; e che il eh. cav. Panof ka nel
ripubblicare questo pregevolissimo monumento , vi
fece alcune nuove osservazioni nell' Archaeologische
Zeitung di Berlino (an. Ili Beilàge pag. 196; ed an.
IV p. 315 seg., ove si pubblica il vaso tav. XLìV,
XLV). Posteriormente lo slesso archeologo compì la
detta pubblicazione riproducendo un' altra parte del
vaso nell' anno VI di quel dotto giornale tav. XXIV,
e facendo alcune giunte alla sua illustrazione p. 369
seg. Altri lavori sopra i monumenti di Talo furono
presentati dal Bergk nella stessa gazzetta archeologica
di Berlino an. VI p. 48, e dal eh. Meiklin die Talos-
sage Petersb. 1851 in 4. Vedi pure come parla bre-
vemente di questo bellissimo monumento il eh. Jaha
nella sua recentissima dotta opera Bcschreibung der
Vasensammlung Kónig Ludwig* in der Pinakotek zu
Miinchen, Einleilung p. XLI-II not. 241. Il cav. A-
vellino chiude la sua memoria con una particolare
discussione sulla origine del mito di Talo, nel quale
egli riconosce con molli moderni mitografi una par-
ticolar personificazione del Sole. E propone una sua
conghiettura a spiegare come possa a questo senso
adattarsi la morte che a luì si fin^e data da Medea.
Egli riconosce in Medea una divinila lunare, e quindi
ctonia, la quale estinguendo la luce solare , covra di
tenebre la terra già prima da quella luce allegrata.
Noi ci asteniamo di qualunque esame di questa opi-
nione del dottissimo autore; giacché non è nostro in-
tendimento di esporre proprie ricerche , ma solo di
annunziar quelle che si leggono in questi varii volu-
mi delle memorie ercolanesi. Torneremo poi con par-
ticolari articoli sopra varii punti , che meritano un
più accurato esame.
4. / funerali di Archemoro rappresentali sopra un
vaso greco di creta pitturata del r. ìnuseo Borbonico :
del cav. Bernardo Quaranta, pag. 115-201 con tre
tavole incise in rame.
Il eh. autore con questa lunga ed elaborata memo-
ria presenta la illustrazione di un vaso ormai celebre,
e più volte pubblicato in Napoli e fuori. (Annali civili
delle due Sicilie voi. XV; Inghirami vasi fittili tav.
CCCLXXI-CCCLXXIII: Gargiulo raccogli, 43-46:
nouvelles annales de V Institut tav. V, VI : Gerhard
Archemoros und die Hesperiden, Beri. 1838, in 4).
Ora cominciamo dall' avvertire che la pubblicazione
dell'Accademia Ereolnnese è la più esatta e diligen-
temente eseguila ; giacché il disegno ne fu tratto dall'
originale già spogliato de' moderni restauri, dall'e-
gregio artista sig. Andrea Russo. E perciò non vedesi
riprodotta che tutta la parte aulica, laddove in altre
precedenti pubblicazioni, non attendendosi a'restauri,
si erano accolte come antiche varie figure quasi to-
talmente moderne. E sebbene già altra volta avessi
li occasione di notar queste inesattezze delle prece-
denti pubblicazioni (bull. arch. nnp. ant. serie an. II
p. 93); pure riescir dee assai gradevole vederne una
novella ripetizione , sulla quale può ciascun archeo-
logo istituire le sue ricerche noi altrimenti che sul!"
originale.
L'a. si fa ad illustrare tutte le particolarità delle
varie rappresentazioni che adornano questo prezioso
monumento; e noi avremmo a dilungarci troppo, se
volessimo qui rapportare tutte le sue osservazioni e
ricerche. Diremo solo che , in quanto alla prima
faccia del vaso, comincia dal rammentare le tradizioni
relative al mito del fanciullino Ofelte; e poscia favella
brevemente degli scrittoli delle cose tebane. Passa
in seguito ad illustrare i funebri riti, che bellamente
ci si offrono nel primo piano di questa nobilissima
dipintura : e ragiona pure delle figure di eroi e di
divinità , che si ammirano nell'ordine superiore.
— Tl-
Si ferma poi a discorrere della gara di Enomao e
di Pelope, che fregia il collo del vaso; e della Sirena
tra' fiori, alla quale dottamente attribuisce una fune-
bre intelligenza; sebbene sia di opiuione che nel vaso
del real museo sia messa a celebrar col canto e co'
fragorosi cembali la vittoria di Pelope. Notevoli sono
le idee proposte dall' autore intorno agli ornamenti
de' manichi, che pur richiama a funebre significalo ,
riconoscendo nelle protome a bassorilievo le telemi-
strie, e nelle teste di cigno una funebre allusione , a-
vuto riguardo al canto di quell' augello, che fu cre-
duto annunziarne la morte. Noi parlammo più volte
di questi ornamenti ; ed ultimamente ancora qui so-
pra pag. 62, ove potranno rilevarsi le nostre idee ,
alquanto diverse da quelle del eh. autore. Il cav. Qua-
ranta nell' alata donna che termina in fogliame, ed è
circondata da complicate ramificazioni con fiori , ri-
conosce una delle Ore Thaìlo <dctXkw la compagna di
Carpo K*p7rw, la quale come regina de' fiori, fu ca-
gione alla morte di Ofelte, e perciò trovasi, secondo
l' autore, in rapporto con la principale rappresentanza
di questo maraviglioso monumento. Ragiona poi dell'
altra faccia del vaso, ove è Atlante Ercole e le Espe-
ridi. A questo proposito l'a. osserva che il gesto detto
comunemente infesto pollice, che tanto frequentemente
s'incontra ne' vasi di Puglia, e sì spesso altresì in que-
sto di Archemoro, sia destinato ad indicare un con-
citalo discorso, indirizzato a persuader con forza chi
ascolta. Da ullimo parla della bacchica scena , che
sul collo da questa parte si mira. E chiude la me-
moria sostenendo che il vaso debba credersi dalo in
premio a qualche vincitore ne' giuochi Nemei. Trae
l'a. questa conclusione dall'esame di tulle le varie
figure, che repula fra lor collegate ad uno scopo co-
mune. Egli le considera in due ordini, uno di letizia
ed un allro di ludo ; a suo giudizio, appartengono al
secondo Archemoro , Euridice, Issipile, Giove, Ne-
mea, i cigni, le Telemistrie; al primo Pelope vinci-
tore, Atlante, l'Esperidi, Ercole, Espero ed il Sole,
la Sirena , la Stagione , la lepre fuggente , le belve
che s' inseguono , e Bacco ed Ariauna accompagnali
da' festivi Satiri. Così del pari va considerato il milo
di Archemoro , che nella sua origine è funebre, ma
che dando causa alla istituzione dei giuochi Nemei ,
fu causa della clamorosa letizia prodotta da' ludi , e
principalmente dalla corsa de1 carri : il che giudica
accennarsi dalla gara di Pelope e di Enomao, che si
vede sul collo del vaso. Osserva pure che tutti gli
eroi principali messi in iscena hanno più o men vi-
cino rapporlo co' giuochi Nemei , e perciò possono
considerarsi come precursori del possessore del vaso;
e le loro gloriose gesta quasi un confronto con quelle
del loro imitatore. Riferisce alla stessa idea la bac-
chica scena, quasi allusiva a' lieti Iripudii di un via-
cilore. Ma queste ed altre osservazioni del eli. autore
saran meglio rilevale dalla lettura della memoria ,
alla quale rimandiamo i lettori del bullellino. Olirà
le cose dottamente discorse dall' autore , e dal eh.
cav. Gerhard, molli parlarono di questo vaso , e ne
illustrarono le varie particolarità. E noi pure avem-
mo più volle la occasioue di parlare de' differenti sog-
getti, di che si vede adorno. Così, principalmente per
quanto concerne al soggetto di Archemoro , non po-
che osservazioni avemmo la occasione di presentare
nel bullonino archeologico napolitano antica serie an.
II p. 92 segg. ; ed anno VI pag. 63 e seg. Inquanto
al soggetto di Atlante dicemmo alcuna cosa nel cit.
bullett. an. IV p. 105, e nel Mieli, dell' hi. 1843p.
119 seg. È poi risaputo che la figura sola di Atlante
fu ripetuta dal Raoul-Rochetle nella tavola annessa
alla sua memoria sur lesreprés"ntalionsdupersonnage
d' Alias. Sulla gara di Pelope discorremmo nel cit.
an. VI del bull. p. 66, eoe'' monumenti inedili di Ba-
rone toni. I pag. 31 seg. ; ed è pur da leggere quel
che ha scritto recentemente il sig. Papasliotis in un
dolio articolo sopra i monumenti di Pelope, inserito
nell'arca. Zeilung del eh. Gerhard per l'anno 1853
p.33 e s. : vedi sul vaso del real museo la p. 56-57.
Ora vogliamo pure aggiungere che il vaso trovasi nuo-
vamente pubblicato in parie dal eh. Overbeck (Gallerie
Heroischer Bildicerke der alien Kunst tav. Ili n. 3). E
sebbene non han polulo evitarsi le inesattezze delle più
antiche pubblicazioni, pure merita di esser letto ciò che
si dice di esso a pag. 114-119: e sopra i vari monu-
menti rappresentanti il mito di Archemoro vedi ivi
pag. 107 segg.
— 72 —
5. Dell' uso de' sotterranei anfiteatrali, di Giacomo
Rucca : p. 203-237.
11 nostro eli. collega prende le mosse a cominciar
la sua trattazione dalla importante scoperta delle so-
struzioni dell' anfiteatro Campano. Dopo aver dato un
rapido sguardo sull' arena di questo grandioso edili-
zio, e dopo aver rilevato che dai sotterranei larghi ,
solidi, eleganti si avessero quattro spaziose uscite al
di fuori , esamina a qual uso abbiano potuto esser
destinati. Rifiuta la idea di cloache, e conchiude che
le magnifiche sostruzioni sieno interamente ed esclu-
sivamente ad uso degli spettacoli. In questa idea, rite-
nendo che tutto dal fondo dell'ipogeo salisse in sull'
arena , enumera i vari spettacoli maraviglisi degli
anfiteatri. Tali sono la pioggia di croco ; le nauma-
chie, e le cacce in acqua di animali acquatici e terre-
stri, e talvolta le marine Ninfe in variate occupazio-
ni. Avverte l'a. che l'uso frequente de' sotterranei
anfiteatrali era quello di servire a costruire e custo-
dire le macchine , che produceano tutto il mirabile
degli spettacoli: e finalmente di tener raccolte ed am-
massate le fiere , eh' erano talvolta numerosissime ;
senza tacere de' gladiatori, che veniano sì di sovente
a conflitto con le formidabili bestie. Tutte queste dif-
ferenti cose illustra l' a. con sufficiente numero di an-
tiche autorità.
G. Su l' ipogeo dell' anfiteatro puteolano; dello stesso
p. 239-252.
Iu questo lavoro 1' a. paragona le sostruzioni di
parecchi anfiteatri, e principalmente del Campano col
Puleolano : dal quale confronto ricava la superiorità
del primo. Con questa occasione osserva l'autore in-
contrarsi nelle sostruzioni dell' anfiteatro di Pozzuoli
una conferma alla opinione , che ne stabilisce 1' uso
per servire agli spettacoli : e solo osserva che la Nau-
machia non era possibile nell'anfiteatro puleolano ; nel
che è a riputarsi da meno del Campano e del Roma-
no. Noi avremmo potuto ricavare dalla memoria del
eh. Rucca tutte le notizie , che vi si trovano sparse
sull'anfiteatro di Pozzuoli; ma ce ne siamo astenuti,
perchè intendiamo ili presentare una piena descrizione
e dilucidazione di quell'interessante edifizio, accoppian-
dovi i corrispondenti disegni : il che probabilmente ci
sarà conceduto di fare nel quarto anno del bullettino.
7. Dichiarazione di un luogo oscuro delle epistole
di Cicerone, del cav. de Cesare : pag. 253-257.
II. cav. de Cesare chiama ad esame un luogo di
una dell'epistole di Cicerone diretta ad M. Marium
et ceteros , ove il sommo oratore dice al suo amico :
ex quo libi Slabianum perforasti, patefecisti Seianum
etc. (ad div. lib. VII ep. 1). Dopo aver notato alcune
opinioni de' dotti, i quali intesero quel passaggio va-
riamente , e variamente tramutarono la parola Seia-
num, l'a. si oppone alla interpretazione del sig. Cor-
eia, il quale pensar volea alla così detta grotta di Seia-
no. Invece il cav. de Cesare osserva che il Seianum
ritrovar dovrebbesi accanto allo Slabianum; e difalti
ricorda un borgo o casale sotto il monte di Vico E-
quense appellato propriamente Sciano: e crede chea
questo appunto alludesse il latino scrittore.
8. Illustrazione di un vaso ruvese del real museo
Borbonico: di Giulio Minervini: pag. 259-283 , con
due tavole incise.
La memoria concerne ad un vaso già conosciuto
per precedenti pubblicazioni (mon. deli hi. voi. II
tav. XXXVI-XXXVII ; Inghirami vasi fittili tav.
CCCXXX1II , CCCXXXIV ; de Witle e Lenormant
élite des mon. céram. voi. II tav. LXXV). Ora nel vo-
lume dell' Accademia presentasi più esattamente ri-
prodotto il monumento , non solo in quanto alle fi-
gure , ma altresì per le epigrafi , le quali erano mal
collocate ed erronee. Noteremo tra esse la Musa U-
rania additata dal suo nome OPANIHX; mentre da
tutti gli altri che ne parlarono era stata letta OPA-
riES: il che vogliamo qui particolarmente citare;
perchè quella determinazione iuesatta trasse in equi-
voco i chiarissimi descrittori del museo britannico , i
quali in molte Ggure furono tratti a ravvisare una
fiaccante Oragie ( a calalogue of the Greek and Etru-
scan vases in the British Museum n. 813, 816, 861,
863, 920, 977).
(continua) Minervini.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catakeo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 60. (10. dell'annoili.)
Dicembre 1854.
Insigne vaso etmano con figure a rilievo, del zig. Marchese Campana in Roma. — Alessandrini in Pompei , e
loro sepolture. Supplemento all' articolo contenuto nel numero 58. — Bibliografia.
Insigne vaso cumano con figure a rilievo , del signor
Marchese Campana in Roma.
Questo mngnifico, e quasi dirci unico monumento,
al quale accenniamo, fu rinvenuto verso la fine dell'
anno 1853 in un sepolcro dell'antica Cuma , che da
poco tempo a questa parte si mostrò feconda di ma-
ravigliose novità in fatto di archeologia. Io ebbi la
fortuna di ammirare questo classico pezzo presso il
negoziante di antichità sig. Raffaele Barone : e pochi
giorni dopo seppi dal mio eh. amico Raoul-Rochelle,
che il vaso era ilo ad accrescere le grandi collezioni
dell' egregio sig. Marchese Campana. Non tardai al-
lora a rivolgermi alla nota cortesia di questo nobile
uomo : ed ottenni da lui la generosa profferta di far
pubblicare la prima volta in Napoli uno de' più no-
tevoli prodotti archeologici del suolo napolitano. Ed
in fatti, appena le sue molliplici occupazioni gli die-
dero agio di rivolgere il pensiero all' attuazione della
sua promessa , la compì gentilmente , inviandomi il
tanto bramato disegno eseguito dall' egregio scultore
romano signor Menghini. È questo che io presento
inciso nella tav. VI di questo anno del bullettino : e
pria di cominciare a dir brevemente di questo pre-
zioso avanzo dell'antica arte ceramica, mi corre l'ob-
bligo di render pubbliche grazie al nobile possessore,
per la sua grandissima cortesia di preferire un ar-
cheologo napolitano nel far conoscere un acquisto
tanto interessante alla scienza. Egli si abbia in que-
sti fogli un durevole attestato della mia più viva ri-
conoscenza. Non sarà intanto discaro che noi ripro-
duciamo poche parole dell' insigne archeologo fran-
AHfiO ni.
cese innanzi citalo , le quali furono già pubblicate
nella gazzetta archeologica di Berlino ; e che servi-
ranno pure a dare una idea di ciò che non ci è dalo
finora di esprimere nella nostra tavola ; sebbene ci
proponiamo di ripetere la pubblicazione del monu-
mento co' colori e colle dorature, affin di presentare
tulle le particolarità dell'originale. Ecco le parole
del Raoul-Rochette , il quale dando la notizia de'
preziosi monumenti cumani recentemente acquistali
dal Marchese Campana, parla del nostro vaso in tal
guisa. « Nel numero di questi oggetti vi è un vaso ,
eh' è uuico al mondo per la bellezza della fabbrica ,
e per una circostanza, finora senza esempio , che lo
rende il monumento forse più prezioso della greca
ceramica giunto sino a noi. È un vaso di grandissi-
me proporzioni, a tre manichi, con vernice nera, la
più fina e brillante che possa vedersi ; è ornato a
varie altezze, di fregi scolpiti in terra colla e dorati;
ma ciò che gli attribuisce un valore inestimabile , è
un fregio di figure, da 4 a 5 pollici di altezza, scol-
pite in bassorilievo , con le teste , i piedi , e le mani
dorate , e gli abiti dipinti di vivaci colori , azzurri ,
rossi, verdi, del più bello stile greco, che possa im-
maginarsi. Molte leste, da cui l'oro si è distaccalo,
lasciano vedere le parti modellate, in modo così de-
licato e finito , come nel più bel cammeo antico. In
breve, è una maraviglia, a cui nulla io conosco da
potersi paragonare etc. » ( archaeol. Zeitung, arch.
Anzeig. Febr. und Marz 1854 p.434). Tulli coloro,
che han potuto osservare l' originale, non troveranno
esagerate le lodi dell' archeologo francese , e si spie-
gheranno facilmente l' entusiasmo, da cui si mostra
animato. Abbeuchè offriamo la incisione del monu~
10
inculo, riesce però necessaria una descrizione , per-
chè si rilevi la varietà de' colori e delle dorature in
ciascuna figura , ovvero in ciascuno oggetto , che
nelle vario parti del vaso si osservano. L' orlo supe-
riore del vaso, gli ovoli che ne adornano il lemho
esteriore, e la ghirlanda che ne circonda il collo sono
dorali. In quaulo alla magnifica ed interessante com-
posizione di dieci figure, ritenendo che la carnagione
in tutte è dorata, ci limiteremo ad indicare le altre
particolarità, che concernono a ciascuna, comincian-
do dalla sinistra de' riguardanti. La prima femminile
figura, sedente sopra un hianco sedile, ha bianca tu-
nica orlala di oro, e tien colla sinistra Io scettro , il
cui superiore ornamento è parimente dorato. La se-
conda figura ha rossa tunica, alla quale si sovrappo-
ne una clamide bianca, come gli stivaletti : la grande
fiaccola che tiene colla destra è dorata. La terza in
tutta la persona, e negli accessorii che la circondano
è affatto dorala , insieme coli' alata biga di serpenti ,
ov'è collocato. La donna seguente ha bianca tunica
orlata di oro, stretta ne' lombi da aurea cintura: ella
si appoggia col sinistro gomito ad una bianca colon-
netta, sopra di cui si eleva un aureo tripode, e tiene
colla sinistra un dorato tirso : la clamide raggruppata
presso la colonna è azzurra. Vien poi uu' altra divi-
nità sedente sopra un rosso sedile : la tunica in parte
bianca ha pure orli dorati; ed è altresì doralo lo scet-
tro : gli oggetti che veggonsi al suolo sono pure do-
rali. Nella seguente figura pare che la doratura ri-
vestisse anche tulio, non escluse le vesti e la fiaccola.
Si osserva poi un giovine con clamide rossa ; mentre
dorali sono gli oggetti, ch'ei reca con ambe le mani.
La figura di Pallade ha vesle in parte bianca in parte
dorala, e siede sopra azzurro sedile. Nella nona fi-
gura con doppia face tutto è dorato , tranne la rossa
clamide: e lo stesso è a dirsi dell' ultima, se n'eccet-
tui la bianca veste, ed il rosso sedile. Gli animali che
veggonsi in giro nella fascia, che interrompe le bac-
cellature, son tutti a bassorilievo, e dorati. L'altezza
del vaso è palmi 2, b.
Per quel che concerne alla parte tecnica di questo
prezioso monumento fa duopo avvertire che già si
conoscono non pochi esempli di dorature, e dell'uso
di differenti colori ne' vasi dipinti. Noi ne citammo
altra volta parlando di un elegante vasellino ruvese
della collezione Jatta,ove le ali degli Amori sono do-
rate ( descriz. della collez. Jatta pag. 34 e segg. ).
Non mancammo allora di richiamare le osservazioni
del Raoul-Rochetle, che nelle dorature , e negli ac-
cessorii di differenti colori, riconosceva un tratto di
fabbrica attica, ricordando il bel vasellino di Pantica-
peo col nome di un artista Ateniese (leltr. à mons.
Schom p. 63 sec. edizione ).
E per quanto concerne a questi differenti colori ,
il cav. Avellino, citando i rari esempli di somigliante
maniera, ebbe avvertito che simili lavori ricordano
quo' xscouua..... xzxr,poy[.a.<$rl!XiY!X. XfwiA<xGi 7r»vTOio/5,
de' quali è menzione in Callisseno, presso Ateneo (lib.
V. p. 200 Dalech. ). Vedi il mito di Talo nelle me-
mor. della reg. accad. Ercolanese voi. IV pari. I p.
77. Non sono neppure nuovi, specialmente nella Pu-
glia e nella Basilicata, i vasi con bassirilievi : ed al-
cuni assai notevoli , provenienti da Armento , ne fu-
rono descritti da Avellino ( Btdlelt. nap. an. II pag.
73 segg. ). Sulla qual classe di vasi ha detto pure al-
cuna cosa il eh. Jahn (Beschreibung der Vasensamm-
lung Konlg Ludwigs der Pinakolek zu Miinchen, Ein-
leilung pag. CCXIX not. 1394) citando quel che
fu detlo dal Raoul-Rochelte anche sul nostro classico
vaso di Guma. Soltanto noi vogliamo qui fare una
particolare avvertenza: ed è che il monumento del
Sig. Marchese Campana, principalmente per 1' aurea
ghirlanda che ne fregia il collo, e perle dorature del-
l' esterno lembo, e degli ovoli, che adornano la parte
superiore , merita di esser paragonato col vasellame
tulio di nero con isvariati ornamenti dorati , rinve-
nulo in un sepolcro della medesima Cuma; e di cui
fu da noi data notizia nel 1 anno di questo bulleltino
( pag. 103 e 165 ). Né vogliamo mancar di avver-
tire che la stessa maniera di vasi neri con ornamenti
dorati venne Cuora dalle tombe di Capua; siccome fu
da noi precedentemente osservato ( bull. arch. nap.
nuova ser. an. II. p. 178). La notevole particolarità
nel vaso del sig. Marchese Campana , quello che al
dire del Raoul-Rochelte , lo rende unico nel suo ge-
nere, è appunto la doratura in tutte le carnagioni ,
mentre gli accessorii si veggono di differenti colori.
Questa circostanza può avere una plausibile spie-
gazione coli' immaginare aver voluto l'artista presen-
tarci una imitazione de' lavori ad empaestica, coli' of-
frire auree figure in parte rivestile di smallo, che fos-
sero quasi incastrate in un vaso di men nobile male-
ria. Questa imitazione in terracotta di preziosi oggetti
di oro è frequente ad incontrarsi ne' sepolcri delle no-
stre regioni, ove appariscono di sovente collane ed
altri ornamenti in terracolla dorata. Dal che noi tra-
emmo altra volta che fossero destinale appunto a ser-
vir di ornamento alla tomba, senza che fosso molto
grave la spesa del loro acquisto. ( Vedi il bulletlino
arch. nap. di Avellino an. VI pag. 85).
Venendo ora a dir qualche cosa della ricca ed e-
legante composizione, die rende prezioso il vaso di
Cuma, avvertiamo, che lutto il dipiuto si rapporta
a' misterii eleusini!.
Questo soggetto non è nuovo a vedersi ne' vasi del-
la medesima località : ed uno di bellissimo disegno e
di accuratissima fattura ne fu pubblicala dall' Avelli-
no nel primo anno del suo bulleltino ( lav. I. pag. 6
cf. Schulz bullelt. dell' Itisi. 1842 pag. 9, e Gerhard
arch. Zeitung 1843 p. lo) (1). Vedi Tritlolemo nel
suo alato carro tiralo da serpenti, siccome compari-
sce in altri monumenti: e solo rimane alquanto dub-
bioso se nel vaso di Cuma le ali appartengano al car-
ro medesimo , ovvero agli animali , che vi sono at-
taccali. È poi noto che questa ultima foggia di carro
vedesi in altri non pochi monumenti ; come in un
bel cammeo del gabinetto di Parigi (mém. de l'Acadé-
nùe des inscr. I, 276; Millin </a/Vr. mylhol.pl.XLYllì,
220; de Guigniaut relig. de V ant. pl.CXLlV, 547),
nelle medaglie di Atene (Haym thes. brilann. lom. I p.
186 seg. tab. XVII, 2), e di Nicea o di Alessandria
(Mionnet dcsc. dcs med. anc. voi. II p. 454 ; voi. VI p.
116 s. ). Questi monumenti veggonsi citati dal eh.
lloulez (mclanges fascili, 4. p.3 not.3), il quale riferi-
sce pure altre varietà del carro di Tritlolemo: cf. pure
il de Guigniaut rei. de l'ani., notes du livre huit.f. 1 23 i .
A tal proposito ricordo che Tzetze nel suo commen-
to ad Esiodo in tal guisa descrive il carro del giovi-
ne Ateniese: xoù imcuirùv %.pi/.v. òpxx<jvrwv (ad Ile—
siod. pag. m. 35. 36); riportandosi certamente alle
antiche tradizioni concernenti a quel mito. Tritlolemo
nel nostro vaso ha la mistica corona di mirto ( Rou-
lez mélang. fase. HI , 4. pag. 2 not. 1 ; e choix de
vascs peints du musée de Lcide pag. 1 6 not. 1 ) , e lo
scettro, o come uno de' re di Eleusine ( vedi la mia
descrizione de' vasi Jatta parte 1. p. 136, ed il Rou-
lez choix de vas. peints du mus. de Lcide p. 16 not.
3), ovvero siccome civilizzatore della umanità (vedi
quel che ho detto in questo bulletlino an. II p. 100),
o finalmente per la dignità da lui raggiunta in se-
guilo della iniziazione. Le due principali divinità di
Eleusine seggono a' due lati di Triltolemo. Hanno
entrambe a coverlura della testa un modio di parti-
colare foggia , che però non è nuovo a vedersi sul
capo delle grandi dee: e lor si è messo in mano uno
scettro , la cui estremità superiore esce in fiore di
melogranato , che ben si riferisce alle mistiche tra-
dizioni ( Meurs. Eleusin. cap. 25 ; Ruhnkenio ad
hytnn. in Cer. v. 372). Per quanto si raccoglie dalle
particolari altitudini delle due dee, e dalla loro di-
\ersa fisonomia , ci sembra che l'ultima figura a si-
uislra sia Cora, e l'altra Demeter. Non pare che nelle
due figure una giovanile in succinta tunica, e l'altra
femminile (I), una delle quali è presso aProserpina,
l'allra presso la madre, porgendo alle dee una fiaccola,
o tenendola preparala per esse, debbano riconoscersi
alcuni personaggi della famiglia di Celeo: e ciò princi-
palmente perchè un' altra simile giovanile figura vedesi
con due faci fra due altre divinila; siccome faremo tra
poco rilevare. Ci sembrano queste figure indicar gene-
ralmente misti; i quali sono messi in rapporto colle
divinità elcusinie come portatori delle fiaccole. Ed è
(1) In questa femminile figura portatrice della face potrebbe an-
(1) In questo monumento il eh. Roulez crede rappresentarsi il cora ravvisarsi Ecate solita compagna di Cerere: rna forse a questa
momento della partenza di Triltolemo per partecipare alla umanità idea sarà meglio rinunziare non solo per la sua esteriore apparenza;
il benefizio della semina del frumento. Yedi la sua recentissima ma anche perchè si vede accoppiata a personaggi certamente i i : n
dona e splendida opera choix de vascs peints itti muscé de Ltide, ordine diverso, che dividono con essa il carico di recar faci ac\ es •
(.and 183-ì, pag. 15. aj cnorc delle divinila elcusinie.
nolo che le accese faci convengono alle sfesse dee ,
siccome si fa chiaro dalle tradizioni (hijnm. in Cer.
v. 48 ) , e da' monumenti: convengono pure a.' misti,
i quali le recavano, e principalmente in una parti-
colar giornata delle cleusinie (vedi de Guigniaul no-
tes citi //tre hitit. pag. 1 183 e 1 188). Ed è , a mio
giudizio, da ravvisar nel giovinetto il daduco, e nella
donna una ierofantide. Al quii proposito mi semhra
da ricordare una importantissima iscrizione di Ate-
ne , ove una sacerdotessa (editerà è messa appunto
in rapporto con un daduco (corp. inscr. gr. n. 1533) :
e su questa riunione del daduco colla ierofantide son
da veder pure le altre autorilà citate dal eh. de Gui-
gniaut nelle note al libro Vili png. 1 164 ; alle quali
il nuovo monumento cornano fa un sì vicino con-
fronto. Notevole è la colonnetta , su cui poggia un
aureo tripode. Sembra indubitalo che questo sacro
ùonario sia indizio di un santuario , e probabilmeute
di quello di Eleusine. La slessa particolarità si os-
serva in un vaso della seconda collezione di Hamil-
ton (Tischbein IV, 10; Inghirami vasi fitt. II tav.
CLXII; Lenormant e de Witte élite des mon.céram.
pi. LVII ), alla quale non dee giudicarsi dissimile la
presenza di una o più colonne ( Campanari vasi di
Vejò (av. IV; Lenormant et de Witte élite eie. pi.
LXI : ed in vaso agrigentino , Politi cinque vasi di
premio , vedi Minervini nel bull. arch. nap. an. I p.
13, Gerhard, arch. Zcit. an. I p. 12, élite pi. LXII).
A questi sacri oggetti diede pur la medesima intelli-
genza il eh. Roulcz (choix des vascs de Leide p. 15),
opinando che venisse da quelli indicato un tempio
della dea. Ed in quanto a questo tripode, che si scor-
ge nel vaso cornano, e nell'altro del Tischbein, non
sarà fuor di proposilo il rammentine che la sua \i-
cinanza a Cerere ed a Proserpina, divinità alle quali
va attribuito il significato della Gaea, potrebbe per
avventura spiegarsi colle tradizioni , che attribuiscono
alla Terra il più antico possesso del delfico oracolo :
per lo che sarebbe da ritenere il tripode ne'nostri mo-
numenti siccome simbolo di vaticinio. Su di che son
da leggere le cose da noi osservate nel mito di Ercole
e Jole p. 57-58. Ma chi sarà quella donna col tirso ,
verso la quale par che si volga Triltolemo? Potrebbe
da taluno dirsi generalmente che questa dionisiaca fi-
gura voglia significare il culto dionisiaco in Eleusine :
essendo hen risaputo che i misterii di Cerere furono
accoppiati con quelli di Bacco. Anche per questo
motivo osserviamo ne monumenti simboli dionisiaci ,
o bacchiche figure in rapporto col mito di Cerere e
di Triltolemo (uned. anliq. of Attica eh. 4 tav. 7:
Gerhard am. Griech. Vasenb. I tav. XLI pag. 165.
segg. ). E noi già riferimmo simili rappresentazio-
ni alle Tesmoforie in differenti vascularii dipinti; co-
me nel bel vaso di Armento del real Museo Borbo-
nico (bull. arch. nap. an. I pag. 54 seg. ), e più re-
centemente in quello di Alife illustrato nel secondo
anno di questo bulletlino (p. 97 e segg.) ; ove appa-
risce il giovine Dioniso co' suoi rapporti alla vigna,
e l'eroe Triltolemo colle spighe allusive alla semina
del frumento. Comunque sia di queste osservazioni,
ed indipendentemente da esse, potrebbe la donna col
tirso , alla quale Triltolemo attentamente rivolgesi ,
aver la significazione dell' Ora , ovvero della Sta-
gione , la qual figura comparisce pure in altri mo-
numenti; sebbene sotto forme alquanto diverse. Una
delle Ore si osserva altresì nel celebre vaso Ponia-
(owski , ed in altro edito dal eh. Gerhard, ov' è pur
la presenza di Bacco (ant. Bildwcrkelàv. CCCX , 1-2
pag. 400 seg.) ; nò diversamente Prassitele aveva in-
sieme aggruppate le figure di Triltolemo , di Cerere,
e di Flora (cioè dell' Hora) , al riferir di Plinio (lib.
XXXVI ,4,5.). Intanto non ci sembra strano che
diasi alla Stagione il simbolo del tirso. È risaputo
che le due attiche Ore sono Thallo e Carpo : e nella
nostra figura va meglio ravvisala la Stagione, in cui
spuntano le piante , in cui la natura comincia una
novella vita; che quella appunto , la quale corrispon-
de a tutto il mito della rapila Proserpina, ed alle co-
se che ne conseguitarono. Or la Thallo non è che
una forma differente del nome ©tó.:/* , essendone
una sola la intelligenza ed il significalo. Quindi non
può sembrare mara viglioso che l'artista Cumano ab-
bia dato alla Stagione Tallo il medesimo simbolo, che
a Talia trovasi non poche volte attribuito (vedila
nostra memoria sopra un vaso di Ruvo p. 1 e seg. ,
uelle memor. della reg. accad. Ercolanese\oì. IVpart.
77 —
I p. 260)), e che ben si riferisce, avnfo riguardo alla
superiore pannocchia di vegetali sostanze , alla ger-
minazione della vegetante natura, e quindi ancora a
tutte quelle idee, le quali si rannodavano alla profon-
da intelligenza de' niisterii.
E qui mi piace di fare un'altra osservazione, clic
mi sembra rilevante. Nel nostro vaso manca l'eroe
Trittolemo dei simboli delle spighe , o della patera ;
né tampoco si mirano essi in mano alle divinila, che
lo assistono. Da ciò potrebbe per avventura dedursi
esser vera la opinione di coloro , che pensarono la
istituzione de'misterii, e la destinazione futura della
umanità esser la originaria idea delle eleusinie ceri-
monie ; esser poi sopravvenuta l'altra allusione alla
semina del frumento , ed allo stabilimento della so-
cietà. Fu osservalo di fatti che nuli' inno a Cerere non
si fa motto della diffusione dell'agricoltura, la quale
si suppone preesistente (I). Così pure nel nostro vaso
non vedesi alcuna cosa , che accenni al frumento od
alla vigna; ma lutto si riduce ad una mislica riunione,
a cui può attribuirsi un più alto intendimento, qua! si
è quello della iniziazione di Trittolemo, eh' è come
capo di tutti gl'iniziali (2). Non disconviene a questo
giro d' idee il sagrificio di un porchelto, che si prepara
alle grandi dee, e che sappiamo da una greca iscrizione
(t) Veggasi il eh. sig. de Gnigniaut relig. de Vani. Ioni. Ili pari.
3. noi. du li v. luiit. p. UIC. Noi avemmo frequente occasione di ci-
tarli le annotazioni concernenti a' mistcrii , che appartengono quasi
tutte al sig. de Guigniaut, e che ci presentano un interessante lavoro
su quella oscura ricerca.
(2) Né con diversa significazione fu messo da Platone Trittole-
mo fra' giudici dell' Inferno : il che incontrò non ha guari un bel-
lissimo confronto nel vaso di Altamura da me descritto nel bui-
lettino dell' Ut. 1851 pag. 38 segg. (Vedi pure ciò che ho dello
ne' man. ined. di Barone p. 71 noia 1 ) : sul quale son da ve-
dere alcune osservazioni del Bruna, che vi riconobbe egregiamen-
te le riOINAl (ib. 1818 pag 23: cf. Arch. Zcilung del Gerhard,
arch. Anzeig. 1848, IX p. 80 seg. W'elcker alte Denkm. IH p. 122
segg. : ed il eh. Jahn Vasensammlung zu Munchen , Einleit. p.
XXXVII, Dot. 208 ). A confronto poi del vaso di Cuma merita di
esser richiamato 1' altro bellissimo vaso , in cui appare Trittolemo
pur senza simbolo alcuno in un carro trailo da alali serpenti, Ce-
rere , Proserpina , due donne con faci , e tre giovani con simbolo
incerto , se pur non veglia dichiararsi benanche per una fiaccola :
Panofka cab. Pmirlatès tav. 16 cf. Creuzer Symbolik tom. IV
lav. VI n. 1G pag. 466. Non è questo il luogo di esaminare le
spiegazioni di alcune ligure proposte dal eh. Panofka e da altri: e
ci proponiamo di ragionarne in altra occasione.
che si eseguiva in Atene a' 17 di boedromionc (corp.
ìnscr. gr. n, 523). Né diversamente vanno interpretate
le numerose lerrecotlc di Pesto, le quali ci offrono 0
la stessa Cerere col porchelto, ovvero misti e ierofan-
lidi che recano la gradila offerta alla dea (Gerhard Ani.
Bildwerkc lav. XCIX fig. 1-9-13 p. 3 VI. Vedi pure
altri monumenti con questa relazione presso Caylus ree.
d'ani. VI pi. XXXVII, Panofka Terrakollen dcsKoe-
nigl. Museums zu Berlin lav. LVII, ljeLVIII, l e 2:
de Wide Calai. Durando. 1652, 1655 s. ; Cavedoni
Spicilegio p. 18-19) (1). Ma il monumento che merita
di essere più prossimamente paragonato col bassori-
lievo di Cuma è il nolo bassorilievo di Elcmi, ove si
vede Cerere con modio scettro e patera , Proserpina
con fiaccola e spighe, e misti che fanno il sagrifizio
di una porchetta (de Guigniaut pi. XLV bis, 5'r9:
cf. explic. des pi. p. 223, e notes du liv. Vili p. 651).
Sembra poi indubitato che questo sagrifizio è sim-
bolo di purificazione; essendo già provato per molti
luoghi di antichi scrittori citati a proposilo dal mio
eh. amico signor de Witle (V expialion d'Oreste,
explic. d'un vaso peint, Paris 1850 pag. 16 e seg., e
p. 22-21), essere il porchelto simbolo di espiazione e
di purificazione: nel qual senso trovasi attribuito non
solo a Cerere ma ancora ad altre divinità , come sono
Giove ed Apollo. E questo medesimo sagrifizio ci ram-
menta che nel mistico mito di Eleusi , Cerere mede
sul fuoco il piccolo Demofoonfe, per purificarlo d'ogni
terrena debolezza; come narra l'autore dell' inno a
Cerere (v. 239 s.) , e come conferma Ovidio... hu-
manum purgel ut ignis onm(Fast. IV, 553). Nel vaso
di Cuma già arde il fuoco sopra una piccola aretla, o
piuttosto escara, a cui si sono sovrapposte alcune le-
gna, mentre un giovine , probabilmente 1' S7nj3w|u.ics
(Euseb. praep. evang. IH, 12: cf. corp. inscr. gr. n. 71 ,
181, 192—1 91) reca altre legna e la vittima. E qui
osservo che le piante messe ad accendere il fuoco nel
bassorilievo di Cuma potrebbero farci comprendere
un luogo di Esichio relativo a questo sagrifizio , che
sembra non bene inleso finora. Dice il lessicografo;
Sua., tt. Qu'jA'vx T'ùv Sìscùv. E' pare che voglia accen-
(1) Sul porco sacro a Cerere vedi i! Lobeck Aglaophamus pag.
827 , segg.
— 78 —
nare alla odorosa pianta detta Stw, adoperata nel sa-
grifizio in onor di Cerere e di Proserpina. Teofrasto
dice il Srov simile al cipresso (hist. pi. 5, 3,7): ed a
primo colpo d'occhio nel nostro vaso rilevasi questa
somiglianza di forma nelle due piantoline collocale
ad accendere il fuoco suli' ara. Sicché possiamo con
tutta probabilità conchiudere che il sagriGeio alle dee
denominato 8ux non era già in questo modo appel-
lato per una generale denominazione ; ma perchè
dell'arbore 3</ov si servivano in quella occorrenza. Se
la prima parte della rappresentanza offre cotanto in-
teresse, non meno importante è da riputar la presenza
delle altre due divinità. E prima viene in considera-
zione Pallade,la quale era fralle altre giovinette tra-
stullandosi con Proserpina , allorché questa fu rapita
da Plutone ( Hymn. in Cer. v. 424 ; Diod. Sic. V.
pag. 332; Valer. FI. V, 345; Statius Achill. II,
150; Claudian. de raptu Proserp. 1,227 : vedi Ruhn-
cken. ad hymn. in Cer. v. cit.). Ricordo a questo pro-
posito la statua frammentata con calato e Gorgoneo
sul petto , la quale aveva rapporto al culto di Eleusi
(Spon e Wheler voyages li pag. 216 segg. ). Il eh.
Gerhard vi scorge una Demeler-Cora (Antike Bild-
iverke, Prodromus pag. 19, 30, 35 cf. pag. H7). II
eh. de Guigniaut la dichiara una Proserpina-M iner-
va, una Gaea Olympia (noi. da livr. huit. p. 1230).
Senza dire dell' altra idea del eh. Preller , che pen-
sava ad una semplice calatefora ( Demeler und Pcr-
seph. p. 375 s.), a me sembra che quelle duplici de-
nominazioni mal convengano ad una sola forma : e
già questo sistema fu riprovato da altri archeologi.
Ora il nostro vaso di Cuma , ove si veggono presso
alle eleusinie divinità anche Minerva e Rea , pruova
che pur quella statua debba ritenersi per un idolo di
Minerva eseguito alla maniera delle più arcaiche im-
magini di questa dea. la quale ci si offre talvolta ezi-
andio col modio.e non indicata da altro simbolo che
dal gorgoneo sul petto ( vedi questo bullcHino an. I.
p. 48 ). Né questo affettato arcaismo può disconve-
nire a' tempi di Adriano, in cui Erode Adiro imita-
va le forme della più antica scrittura nelle celebri
tavole triopec , e che meno strano dovrà sembrare ,
trattandosi di statua pertinente ad un insieme di re-
ligioso cullo, che va tra' più antichi della Grecia. Del
resto la figura di Pallade , indipendentemente da qual-
sivoglia altra considerazione , è sempre conveniente
in una scena, che ha luogo nell' tifica, regione mes-
sa sotto la protezione di quella dea : ed è pur da ram-
mentare che Pausania spiegava per Minerva una fi-
gura femminile , che vedevasi presso le statue delle
grandi dee (Vili, 31 , 1 ). Né meno acconciamente
trovasi Rea in rapporto col mito di Cerere e di Pro-
serpina, colle quali era in sì vicine relazioni. Ce-
rere , secondo le tradizioni , è figlia di Rea ( hymn.
in Cer. v. 60 ed altrove ). E questa si collega stret-
tamente co' misterii Eleusinii , s' egli è pur vero che
la istituzione ne provenne da Samotracia, come ha so-
stenuto il dottissimo Ollofredo Mùller ( Eternimeli
nell' Allgem. Encyclop. pag. 294). È poi ben risapu-
to che un tempio di Rea (ovvero metroon) era in Ate-
ne; e su di questo ha scritto recentemente una dotta
memoria il mio chiarissimo amico sig. cav. Gerhard
[uber das Metroon zu Athcn, Berlin, 1851 ). Abbiamo
poi spiegala per Rea l' ultima figura del vaso di Cu-
ma, per le sue relazioni con Cerere, e per lo peplo,
che le discende dal capo (I). Intanto l'altro daduco ,
che sia fralle due dee , porgendo verso ciascuna di
esse una face , mostra che questa parte della com-
posizione si rannoda col rimanente : e mette in evi-
denza il rapporto di Rea e di Minerva co' misterii di
Eleusi. Dopo le esposte considerazioni sarà facile
ravvisare le varie parli del cuni.ino bassorilievo. Ve-
di Trittolemo che riceve la iniziazione , ricordando
la fondazione de' mislerii: vedi il sagrifizio proprio
alla purificazione ed alla espiazione; e finalmente al-
tre divinità le quali sono in stretto rapporto coli' At-
tica , e col cullo di Eleusine. Nel senso da noi indi-
cato 1' eroe Ateniese , in un funebre monumento ,
esprime la felicità degli uomini dopo la morte, feli-
ciià che, secondo gli antichi, era negala a' profani ,
ma sol pt omessa agi' iniziati ( vedi ciò che dicemmo
(I) Si confronti il bv\ vaso nolano, ove fu riconosciuto Tritto-
lemo , Cerere , Proserpina , Rea , Ecate , 1' Ora , ed Hades ( ann.
delllst. 1829 p. 2C1, mon. 1, tav. 4: cf. Creuzer Symboìik lom.
IV pjv IV, n 12 p. 461, s. ) Anche questo monumento richiede
ullerior dilucidazione.
— 79
nel dono dell' Accad. Ponlaniana agli scienziati d' I-
talia p. 86, e seg. ). Poche parole aggiungiamo sulla
fascia che adorna la pancia del vaso , ove dorati a-
nimali, o mostri, sono tra loro in dissidio, e si con-
trastano forse la preda a traverso della pianticella, che
li divide. Questa rappresentazione può credersi messa
in opposizione della scena superiore. Di fatti la ferina
e selvaggia natura di quelle belve, il loro rissarsi nello
slato di natura, fa un preciso contrasto colle idee di
società e di civiltà, che van sempre collegate col per-
sonaggio di Trittolemo, l'eroe civilizzatore della Gre-
cia , anche consideralo dal lato puramente religioso.
Queste poche cose ho creduto di esporre sul clas-
sico vaso del sig. Marchese Campana. Con queste
brevi osservazioni non intendo di aver esaurito quan-
to ci offre d'interessante questo prezioso monumento.
Ma tanto basti ad accompagnarne la pubblicazione.
Mi riserbo di tornare a parlarne per dar la diluci-
dazione di alcune particolarità degne di attenzione.
Noi siamo sicuri che il bassorilievo di Cuma eccite-
rà lo studio degli altri archeologi, e sarà senza dub-
bio richiamato in tulle le ricerche, che d'ogg' innanzi
saranno proseguile sopra i misterii di Eleusi ; della
quale ellenica istituzione mollo rimane oscuro ed ine-
splicato , perchè la superstiziosa antichità non osava
disvelarne appieno la conoscenza (1).
Minervim.
Alessandrini in Pompei, e loro sepolture. Supplemento
all' art. contenuto nel n. 58.
In conferma delle cose da me disputate sul nome
egizio Nuphe, mi piace di riferire alcune osservazio-
ni a me comunicate da un dotto amico. Esse sono
le seguenti. « Ho letto con singolare soddisfazione i
fogli di ottobre e novembre; e mi accosto ancor io al
parere che Nuphe sia un cognome di lingua egizia-
na. Era già noto Noi/^is nel C. I. 4863, b e nei com-
posti 'OpcgyoiXpis 4852, Uzirctperotfyts 48S5, nxrpx-
(1) Queste osservazioni sono state da me comunicale all' Acca-
demia Ponlaniana.
x&cv^is 4877. La voce Nuphe significa buono. Per
la qual cosa non credo necessario di ricorrere a x>oy-
£/? o x^'V'S, lultocchè ben conosca la radice di que-
sto vocabolo essere voufi o KQiXp, e 1' uso di scambia-
re questi due elementi nella lingua coplica , dagli e-
sempi inoltre raccolgo clic il basmurico articolo X,
non si tralascia nel composto. Cosi Us'rsx.vovftis 4853,
IL<t5XvO(»a/s 4854, na'xvoKfrs 4868, 4893, V&XW-
|2iS 48621» , 4893 , S/^h'x^s 4893. II nome poi
X»orj2is,o XyovijliS fuor di composto non mi è occor-
so sin ora tra gli appellativi onomastici : lo che mi
rende ancor più restio ad ammettere la soppressione
dell'articolo, ossia x* certo che nonio tralascia giam-
mai nel proprio uso di nome solare ».
Intanto mi sia lecito di notare che io stesso aveva
fallo presso a poco le medesime avvertenze , avendo
incontralo, oltre i sopra citati , anche l' altro nome
4>avou$jS (corp. inscr. gr. n. 4893): non che I7a-
votxpis (n. 4999. 5008. 50 IO ); se pure in alcuni di
essi non venga in composizione cutyis, come nell'altro
*P/q(4>ìs (n. 4990. 5028). Voglio pure osservare che
il nome U&rxpiYovQiS fu poi letto Ils'reap/votxpjs (vedi
add. et corr. ad voi. Ili ad n. 4855 p. 121 8, -per lo
confronto di altra epigrafe riferita nel medesimo voi.
Ili p. 1197 n. 4716. d.4i. Come si è notato disopra,
frequenti sono i composti di X>wJ3<S, o XVQvfiiS, ed i
nomi n*x>oyfjiiS, e ¥i*X.yovlu{ s'incontrano in non
poche altre iscrizioni, oltre le già citate: vedi le ad-
denda al voi. Ili del corp. inscr. gr. p. 1 193, 1194,
1 196. In qualunque modo, io accetto la osservazio-
ne del mio chiarissimo amico , anche perchè , ri-
tenuta la derivazione di quel nome da KOvtp? nel suo
significalo di buono , si avrebbe una bellissima con-
ferma delle mie idee dal considerare che Alicia Cala
è quasi la traduzione greca dell' egiziano Alicia Nu-
phe, corrispondendo il copto nuphe al greco x.%kòi nel
senso morale. Né dovrebbe recar maraviglia la ripe-
tizione dello stesso nome in due differenti lingue: anzi
una tale ipotesi dà la spiegazione dell' abbreviazione
AL per ALLEIA , che era sufficientemente indicata
dallo stesso nome scritto per esteso nella linea pre-
cedente.
MlNERVINI.
— 80 —
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale aeeademia Ercolanese. Voi. IV.
parie I. Continuazione del numero precedente.
Ora veggiamo con piacere che la nostra lezione è
slata adottata da un valentissimo archeologo, il quale
ebbe altra volta a trattare lo slesso monumento (Jahn
Yasensammlung Kònig Luduigs in der Pinakolek zu
Munchen, Einleitung p. CXV, n. 839). E certamente
il eh. Roulez ebbe torlo a richiamare la voce OPA-
1NIES del nostro vaso (da altri erroneamente riferita)
a confronlo del nome di un Salirò che comparisce in
una bacchica scena di un vaso del museo di Leida ,
Dome variamente interpretato , e da lui letto OPA-
T1ES. Vedi la dotta opera di questo illusile archeo-
logo choix de vases peints du musée de Leide p. 1 8 not.
9: e la tav.V. Noi non crediamo di ripetere un sunto
della nostra nuova interpretazione di questo vaso, la
quale non differisce da quclla.che ne presenfammo nell'
antica serie del bullett. archeol. napol. an.Vl p. 25, s.
Solo avvertiamo che nella memoria accademica le
nostre osservazioni son confermate da maggior nu-
mero di autorità: e specialmente laddove si (ralla la
ricerca delle tre Muse, messe in rapporto colle Si-
rene , e colle Grazie , e degl' istrumenli diversi suo-
nali da esse. Avvertiamo fiualmente che il eh. Wie-
scler fece su questo monumento alcune osservazioni
nella Zeitsehrifl fiir Allerlhumsivissenschafien 1847
p. 839, le quali mi rimasero ignote alla stampa della
mia memoria : e che lo slesso mio dotto amico , fa-
cendone una nuova pubblicazione nella continuazione
a' Dcnkmàler der alten Kunst del celebre Miiller (voi.
li n. 488), cita ed approva le cose da me osservate,
tenendo presente altresì la memoria accademica. Vedi
il testo che accompagna quelle tavole pag. 40-41.
9. Il supplizio di Dine , del cav. Giambattista
Finali : pag. 283-308 con cinque tavole incise.
Il eh. autore in questa memoria comincia dal pre-
sentare alcune particolari osservazioni sopra un di-
pinto pompeiano , coli' indicato soggetto , già dotta-
mente illustrato dal cav. Avellino. Il cav. Finali ri-
cordando come in varii monumenti trovasi Dirce in
differente guisa legata allo stizzito loro, ora veggen-
dosi la fune avvinta alle corna, ora alla coda, ora al
corpo del furioso animale , spiega questa diversità
non tanto dal capriccio degli artisti, quanto dalle dif-
ferenti esigenze delle arti, a cui i monumenti appar-
tengono; mostrando avere anche in ciò seguito gli
antichi quel modo che meglio alla scoltura o alla
pittura si addiceva. Passa in seguito l' autore a consi-
derare il famoso gruppo in marmo del nostro real
museo, che è conosciuto sotto il titolo di Toro Far-
nese : e dopo aver presentale talune osservazioni so-
pra certe parlicolarilà di questa celebre scollura ,
dalla bellezza della composizione rileva essere lavoro
di greci artisti, e propriamente quello che Plinio rac-
conta essere stato eseguito da Apollonio e Taurisco.
In questa ricerca il cav. Finali, anche per l' esame
accurato del defunto professor di scoltura Angiolo
Solari , va notando tulli i moderni restauri, che de-
turparono il bello di quella opera insigne: e così si
apre la via a ragionar delle parti certamente antiche,
nelle quali è facile ravvisare mano maestra, e peri-
tissimo greco scalpello. Fermasi finalmente a dile-
guare le obbiezioni , che si desumono dal luogo di
Pl:nio, messo a confronto col monumento rinvenuto
nelle terme di Caracolla: avvertendo pure non esser
certo che nel gruppo indicato da Plinio esistesse una
epigrafe : e conchiude promettendo un altro lavoro,
col quale si propone di restituire l' antico gruppo al
suo primitivo archetipo, coll'ajuto de' monumenti di
diverso genere rappresentanti il medesimo soggetto.
(continua)
Mi NERVINI.
Giglio Mineiivini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtaneo.
BUILETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 61. (11. dell'annoili.)
Gennaio 1855.
Le medaglie di L. Valerio Acisculo, ed altre di Famiglie Romane , dichiarate col riscontro di quelle della
Spagna.
Le medaglie di L. Valerio Acisculo , ed altre di Fa-
miglie Romane, dichiarate col riscontro di quelle
della Spagna.
Le medaglie di L. Valerio Acisculo , se per una
parte sono delle più belle ed inleressanli per la varietà
e novità de' loro tipi, per altra parte moslraronsi più
eh' altre finora ritrose agli sforzi de' numografi per
illustrarle e determinarne l'età, pel decorso di un tre
secoli, venendo da Fulvio Ursino fino al eh. Borghe-
si. Questi ne diede sì l'accurata e precisa descrizione
di alcuni tipi, ma non riesci a definirne l'età; la qua-
le venne poi determinata agli anni decorsi dal prin-
cipio della guerra civile di Cesare fino al susseguente
triunvirato , o sia dall' anno Varroniano 705 fino al
cadere del 711 (v. Cavedoni, Append. p. 198: Rag-
guaglio de' Ri post. p. 226) , col riscontro de' ripo-
stigli scopertisi nell' agro Bolognese e nel Modenese.
La ragione poi de' diversi tipi mitologici di Acisculo
venne inutilmente indagata da me e da altri ( Saggio
p. 188: Annali archeol. t. XI p. 320: Bull. arch.
1845 , p. 188 : Ragguaglio p. 139): e se ora posso
infine ripromettermi di darne una definitiva dichiara-
zione, ne vado debitore ad un cenno, che me ne porse
il dotto e giudizioso Monsignor del Torre , il quale
riscontrando il cognome ACISCVLVS con quello del
glorioso Martire di Cordova detto ACISCLVS da Pru-
denzio (Peristeph. IV, 19), argomentava che quel
santo Martire appartenesse alla famiglia Valeria , del
pari che il nostro monetiere ( Monum. vet. Antii p.
22). Egli peraltro prese abbaglio nel riputare chela
voce acisculus , in significato di martello usalo nelle
miniere, derivi da ascia; mentre che manifestamente
ANNO ni.
è diminutivo dedotto dal greco àxìs , siccome pidii-
sculus da pulvis. Quell'ordegno rappresentalo in tutte
le diverse monete di L. Valerio Acisculo , non solo
come allusivo al suo cognome , ma tutt' insieme per
accennare alle ricche miniere della Spagna , ha for-
ma ora di martellina ed ora di martello muratorio
(v. Ridi. arch. 1845 p. 189), e dai Greci si disse
XttTOfxls, cripL-pcc tw >.aT&'/Accv, rvxos (Pollux VII,
118), e probabilmente anche ixls , in riguardo ad
una o ad entrambe le sue estremità Irnienti in punta
tagliente. Che poi fosse veramente di cotal forma il
martello usalo nelle miniere, ne lo accertano le mo-
nete di Damastio dell' Epiro col tipo di un ordegno
simile all' aciscidus di quelle del nostro Acisculo , ed
allusivo alle ricche miniere di Damastio slessa (Ec-
khel t. II, p. 104: t. V , p. 331).
Il raro cognome ACISCVLVS, che in tutta l'an-
tichità Romana forse non ricorre che solo nelle mo-
nete di L. Valerio Acisculo , nella persona del san-
to Martire Cordovese ACISCLVS ( cf. Florez , Esp.
sagr. t. X. pag. 288 ) , ed in uno scherzo oratorio
ricordato da Quintiliano (Fnslit. VI, 3, 53), nativo
di Calagurris della Spagna Tarraconese, mi porse un
primo buono argomento a riputare oriundo dalla Spa-
gna il monetiere Romano L. Valerio Acisculo; tanto
più che un sì raro e singolare cognome da prima do-
vette darsi a persona che avesse attinenza colle mi-
niere , ove adoperavasi l' acisculus , e che abbonda-
vano cotanto nelle Spagne e segnatamente ne' monti
della Betica. D' altra parte i Valerii sovrabbondano
nelle lapidi e nelle monete delle Spagne; più vera-
mente nella Tarraconese , ma eziandio nella Betica
(v. Prudent. Peristeph. IV, 79: Florez, Esp. sagr. t.
11
82
XII, p. 11-12, a/.); e lice congellurare, che il patire
od aldi de' maggiori di L. Valerio Acisculo , venuto
in grandi ricchezze col provento delle miniere, fosse
ascritto alla Romana cittadinanza da un L. Valerio, e
l'orse da L.Valerio Fiacco questore di M. Pisone nella
Spagna intorno all'anno 682 (Cic. prò Fiacco 2, 3).
E questa prima congettura si risolve in certezza per la
convenienza de' tipi delle varie monete di Acisculo con
quelli delle monete della Betica e colle testimonianze
degli antichi scrittori intorno a quelle regioni. La ra-
gione poi di tale e tanta convenienza ripeter potrcb-
besì anche solo dalla consuetudine de' monetieri Ro-
mani di famiglie nuove, degli ultimi tempi della re-
pubblica, che non potendo vantare glorie avite, rap-
presentarono nelle loro monete tipi riguardanti la loro
patria, come consta dall'osservazione; pure certe par-
ticolarità di quelle di Acisculo, e segnatamente la co-
rona di mirto , che in quasi tutte ricorre attorno al
tipo , sembra richiedere , che le sue monete fossero
impresse non in Roma , ma sibbene nella Betica per
uso delle milizie di Cesare, nella guerra dell'anno di
Roma 709 contra i figli di Pompeo. Cesare , sebbene
con mirabile rapidità si recasse da Roma ad Obulcone
della Betica in soli 27 giorni (Slrabo III , p. 160),
e riportasse addì 17 di Marzo quella insigne vittoria
di Munda , che decise della sorte de' suoi avversari;
pure egli impiegar dovette circa sette mesi nello spe-
gnere del tutto le reliquie della guerra Ispana (Nic. Da-
masc. de inslit. Augusti 10); nel decorso de' quali ,
senza dire dello stipendio e de'premii dell' esercito suo,
che lo avea preceduto , facea d' uopo di un' ingente
copia di pecunia. E poscia , allor che si trattenne in
Cariogena , per ricomporre le cose di quelle Provin-
cie , e per appreslare il necessario pel suo ritorno
trionfale a Roma verso la fine del detto anno 709 ,
egli avrà fallo convertire in moneta buona parte dell'
argento contribuito dalle citlà e sottratto benanche al
tesoro del sacrario d' Ercole Gaditano ( Dio, XLUI,
39) (1).
Ora ne giovi soggiungere la descrizione delle di-
verse monete di L. Valerio Acisculo , per fare vie
meglio vedere come dal riscontro di esse con quelle
della SpagnaBelicaeconallrianlichi documenti chiaro
si pare che fossero impresse in quelle contrade; lo che
viene indicalo anche dalla maniera della fabbrica per
lo più rozza e trascurata.
1. ACISCVLVS, Testa d'Apollo con capelli ina-
nellati ricinti da diadema , e con barba nascente alle
guance e sotto il mento : astro al di sopra , e martel-
lina o martella al didietro ; il tutto entro una corona
di mirto.
)( L. VALERIVS, Uccello stante, o gradiente, con
collo e testa umana goleata , e con un clipeo e due a-
slicciuole apposte all' ala sua sinistra: il tutto entro una
corona di mirto. Denario.
2. Lo stesso diritto che nel prec n. 4; ma per lo più
senza la corona di mirto.
)( L' VALERIVS , Europa vestita di tunica , che
le lascia scoverta la d. mammella, seduta in sul dorso
del toro corrente, in alto dirattenere con ambelemani
il manto, che le s' inarca attorno al capo, e di attenersi
con la s. al d. corno del toro medesimo. Denario.
3. Lo slesso diritto che nel prec. n. i.
)( L. VALERIVS, Testa feminiìe con chioma com-
posta e ricinla da tenue vitta a più ricorsi ; il tutto en-
tro una corona di mirto. Denario.
4. ACISCVLVS , Testa giovenile del Sole ricinta
da largo diadema o cerchio radialo; al di dietro mar-
tello o martellina.
X L. VALERIVS, Diana slolala con luna bicorne
in sul vertice , in biga veloce di cavalli , con lo scudi-
scio nella d. alzala e con la s. alle redini. Denario.
5. ACISCVLVS , Testa barbala laureala di Gio-
ve ; martello o martellina al didietro ; il lutto entro
una corona di mirto.
)( L. VALERIVS , Gigante anguipede con la d.
appoggiata minacciosamente all' anca, e con la s. al-
zata in atto di ripararsi il capo. Denario.
(i) Da prima io reputai impresse nel 7M le monete di L. Vale-
rio Acisculo (Appena, p 106-I08: Itagguaglio de' ripost, p 22C),
per essere esse mancate ne' ripostigli di Villola e di Collecchio e
no vaini poi io quelli di S.Anoa « di Sassoforte; ma in que' pri-
mi due ripostigli non esplorati per iniero poterono mancare sì per
essere esse alquanto rare e sì perchè , posto ebe venissero im-
presse nella Spagna ulteriore, non poterono aver pieno cono nella
Calila Cisalpina, «e non dopo un guitto spazio di tempo.
B
G. Butto alato della Vittoria.
)( ACISCVLVS , scritto attorno ad un acisculus; il
tutto entro una corona di mirto. Quinario.
7. Diceras , ossia doppio cornucopia vittato.
)( ACISCVLVS, scritto attorno ad un acisculus,
ossia martellina. Sesterzio.
N. 1. Una simile testa d'Apollo con capelli inanel-
lati (ricinti per altro da laurea invece del diadema),
ricorre in monete di Obulcone e di Salpesa della Belica
(Florez tabi. XXXIV, 7-12: XLII.7); ed in Obulcone
era l' esercito di Cesare allor ch'egli lo raggiunse da
Roma in soli 27 giorni di viaggio (Strabo III, p.160).
In questo primo denario di Acisculo sotti) il diadema
d'Apollo ricorre per lo più una ciocca di capelli
tortuosa , ebe ha sembianza di serpe; ed in una mo-
neta di Carbula della Betica vedesi una similissiraa
testa d'Apollo con capelli inanellati ricinti da tenue
diadema , e con serpe che ergesi al dinanzi di essa
(Florez tabi. LX , 12). In altri di questi denarii di
Acisculo il diadema cinge la chioma d'Apollo a due
ricorsi; e simile particolarità riscontrasi in parecchie
monete Ispane.
L'Uccello a collo e testa umana galeata fu detto dai
numografi Sirena, Chimera, Stinfalide , Arpia; e da
ultimo augello di Pallade dall'Eckhel e da altri: e tale
par veramente , ma di Pallade Ispana , se pure non
si voglia tenere per effigie o simbolo dell' anima di
un defunto (v. Mùller , Handbùch % 397, 3 : Wel-
cker, Annali arch. t. XIV, p. 107: Raoul-Rochette,
Jlerc. Assyr. pag. 77). L'augello del denario di Aci-
sculo con testa umana difesa da galea Corintia, e con
torque al collo, non può dirsi Arpia , perchè le Ar-
pie hanno inoltre petto e braccia umane ( v. Millin-
gen , Sylloge pi. Ili , 39; Mon. ined. dell' Inst. ardi.
Voi. IV, tav. 3 ) , e molto meno Sirena per la stessa
ragione (cf. Morelli fam. Petronia, al.). In uua mo-
neta di Gabala della Seleucide ( Trésor de num. Gal.
mythol. pi. XXI, 12) vedesi un augello simile a testa
umana posalo sopra un clipeo ed un'asta , stante di-
rimpetto ad una Sfinge (ululata (cf. Raoul-Rochette,
Herc. Assyr. p. 76, pi. Vili); e similmente in un'A-
pula kylix l'augello a testa umana è posto di rincon-
tro ad una Sfinge (Annali arch. t. XIV, pag. 107);
onde potrebbe pure congetturarsi, che il simbolo A-
siatico dell'augello a testa umana fosse nella Betica
introdotto dalle colonie Fenicie del pari che la Sfinge
tutulata , la quale ricorre sì di frequente nelle mo-
nete della Betica stessa ( Eckhel t. I pag. 7) ; benché
il tipo della Sfinge ripetersi possa anche dal culto di
Bacco recatovi poscia dai Greci ( Silius , Punic. Ili,
100). L'augello a testa umana ricorre anche in una
moneta d'argento di fabbrica semibarbara, che sem-
bra appartenere alla Spagna anche per essersi rinve-
nuta in un antico ripostiglio presso Rhodas insieme
con altre, che in parte sono verisimilmen'e d'origine
I»paua(l);ed è come segue (v. Eckhel t. IV p. 170,
172: Mus. Caes. P. I p. 289: Gaillard, cab. Gar-
da p. 91):
Busto di donna con chioma composta; e dinanzi ad
esso , arbusto o ramo carico di bacche.
)( AI1VO XIR, Uccello a testa umana stante o gra-
diente a d. colla faccia volta all' indietro. Arg. I.
L' augello a testa umana , similmente respiciente ,
vedesi posato sopra l' asta di Pallade , appoggiata al
carro della dea, sopra le cui redini stassi la di lei ci-
vetta, in un vaso dipinto di stile arcaico rinvenutosi
in Egina (Annali arch. t. XIV, p. 107: Mon. ined.
Voi. Ili tav. XLVI, 2 ). Per questi ed altri riscontri
chiaro si pare , che l' uccello a lesta umana , segna-
tamente se fornito dell'armi di Pallade, può conside-
rarsi quale attributo della dea della guerra; ma quello
de' denarii di L. Valerio Acisculo ha senza meno un
significato più determinato e proprio della Spagna ,
perchè il clipeo accompagnato da due aslicciuole, ed
apposto all'ala sua sinistra , è simbolo tutto proprio
di quella bellicosa nazione ; laddove Pallade non ha
(1) Fra l' altre v'era una moneta d'argento con ariete stante
presso il tronco di un grande arbore avente i rami ripiegati ver-
so terra, e dall' altro lato la scritta SVICC.A ed un cavaliere astalo
( v. Pellerin , Ree. pi. Il , 27 ). Il Pellerin la riportò fra le incerte
della Spagna in riguardo alla provenienza ed alla maniera della fab-
brica : e tanto si confrrma pel riscontro del racconto di Posidonio
( ap. Strab. III. p. 175), che dicea avere ammirato presso Gades
un simile arbore singolare per avere ò'£<jl>s xa\i.nrro\).ivovs s/'s
scSatfos, '7ro\\dx,i; Sì (fyXXa £i(£>osjSrj, e d'altra parte gli arieti
di Spagna erano anche ab antico grandemente pregiati ( Strabo
III. p. 14t). Pe' quali riscontri sembra che l'Eckhel (t.IVp. 173)
a torto riputasse simili monete provenienti dalle officine della Tra-
cia e della Dacia.
— Si
inai , o quasi mai , che sola un'asta. La Spagna per-
sonificata nelle monete di Pompeo Magno, de' suoi
due figliuoli , di Galba , e d'altri , ha le sue due a-
slicciuole , accompagnate dal clipeo, sotto l'ascella
s. o apposte all'omero (Fckhel t. I p. 8). In una mo-
neta di Sagunto vedesi il clipeo Ispanico con a lato
due diversi gladii e con le due as'.icciuole ad esso so-
vrapposte (v. Bull. ardi. 1848 p. 126: Florez, t.
Ili p. 33). Silio Italico, sì accurato nelle cose e con-
suetudini Ispane, ricordar suole le due asticciuole di
metallo del paese ( Punk. XVI , 464 , 527 ):
Bina lulit patrio quatiens haslilia ferro.
L'augello pertanto a testa umana , che sembra sim-
boleggiare la prestezza del pensiero della sapienza guer-
resca, nelle monete di Acisculo può dirsi imagine della
Pallade Ispana, oppure della Spagna bellicosa e cul-
trice di Pallade stessa. La testa di Pallade ricorre in
parecchie monete della Tarraconese , della Betica e
della Lusitania ; e segnatamente la Betica dovea in
ispecie venerare la dea sì in riguardo al sacrario di
essa, che dicevasi fondato da Ulisse nella regione mon-
tana al disopra di Abdera , e sì per la copia e bontà
degli olivi della Betica stessa (Strabo III, p. 157: Plii.
IH, 3). In alcune monete d'Adriano, nativo d'Italica
della Betica, quella bella provincia vedesi rappresen-
tata per mezzo del lipo di Pallade galeata stante con
asta nella s. e con la d. stesa verso un arbore d'oli-
vo, appiè del quale è un coniglio, nolo simbolo della
Spagna ( Florez tabi. LIX , 2 : Trésor de nutn. Em-
per.pl. XXIX, 10). E vuoisi pur ricordare come
Pallade dopo di avere eccitato Ulisse al valore, si tras-
formò in rondine, e si posò ne' lacunari della reggi
la
di lui (Odyss. XXII, 237).
L'uccello a testa umana ricorre anche ne' dipinti
parielarii di un antico sepolcro Romano di alcuni
Valerii ( Gronov. ant. Gr. t. XII p. 13 fìg. XI); di
che altri arguir potrebbe , che anche nel denario di
L. Valerio Acitculo l'uccello a testa umana galeata
rappresenti l'anima di un guerriero defunto: ed an-
che in questo supposto quel simbolo bene si conver-
rebbe alle regioni Ispane , e segnatamente alla Beti-
ca. Slrahone (I. III pag. 149) opina , che Omero a-
vesse cognizione di Tartesso , della anche Beli, po-
sta in sull' estremo occaso , e che ivi ponesse il Tar-
taro e la sede di Plutone e delle anime de'trapassati.
Plinio (Nat. hisl. XXXIII , 1,21), parlando delle
ricche e profonde miniere della Spagna , esclama :
imus in vincerà eius (terrete) , et in sedes MANIVM
opes quaerimus: - ìlla noi ad 1NFEBOS agunl, quae
occultavi! atque demersil (cf. Strabo Hip. 146-147;
Diodor. V. 36, 37). Il nostro Acisculo, che, come
indica il cognome suo, verisimilmente venne in gran-
di ricchezze co! provento delle miniere, forse intese
simboleggiare le doviziose miniere della patria sua
coll'imngine di uno degli dei Maui. Inoltre fu costu-
me de' bellicosi lberi di consecrare la propria vita
agl'Inferi promettendo di pugnare fino alla morte in-
torno al loro duce ogni qual volta questi cadesse in
campo di battaglia (Plut. tfl Serlor. 14).
N. 2. Il lipo identico di Europa portata da Giove
converso in toro riscontrasi in una moneta Ispana po-
sta fra le incerte dal Florez [tabi. LVIII, 1), la qua-
le , secondo l' originale che ho soft' occhio , è come
segue :
Q. ISC. F , L. QVL • F , Testa virile nuda im-
berbe.
)( M. C. F , Europa seminuda seduta in sul dorso
del toro corrente, in alto di raltenere con ambe le ma-
ni il suo velo , che le s' inarca attorno al capo , e di
attenersi tutl'insieme con la s. al corno d. del loro me-
desimo. /E. 6.
Il Florez (p. 659) lasciò in incerto, se questa mo-
neta assai ovvia fra le Ispane spelli al municipio Ca-
lagurris Fibularia , oppure a Caslulo , propendendo
per questa città della Betica , nelle cui monete non
dubbie ricorre lo strano gentilizio ISCER. Io con-
getturai che appartener possa a Carlhago Nova, che
prima della colonia dedottavi da Giulio Celare si ap-
pellasse Municipium Carlhago Fidum, o Fidele , o
con altro cognome analogo. Ma comunque sia di ciò,
certo si è , che in una cillà della Tarraconese , non
molto discosta dalla Bulica (I), ebbe culto speciale il
toro rapitore di Europa , come ora consta dalle se-
guenti parole di P. Annio Floro poeta Africano, che
(1) Vedi queslo Bullettino aono IH. p. 67 scg.
— 83 —
fioriva a giorni di Traiano e di Adriano (v. Jahn ,
Praef. ad Iulii Fiorì Epitom. p. XLIll): quippe , si
velerà tempia respicias, htc Me colilur corniger prae-
do, qui Tyriam virginem portjns dum per loia maria
lascimi , hic amisil ci substitit , el eim quam ferebat
oblittis subito nostrum ìitus adamavi t. A queste ulti-
me parole del poeta Floro fauno bel riscontro alcune
monete di Epora e di Grippo della Belica col tipo di
un loro eh' è in atto di piegare ambo le ginocchia an-
teriori per adagiarsi tranquillamente a terra. Del re-
sto , per indicare il toro lasciviente , nel denario di
Acisculo gli si è data la coda inflessa a spire come di
serpente; e nella moneta Ispana del Municipium C
F. . . esso ha la coda attorcigliata come tenerla suole
il porco quando è in pieno benessere ; benché il toro
forse non possa di sua natura attorcigliarla in quel
modo (ci. Plin. Vili, 7: XI, 111).
N. 3. Anche questo denario può dirsi impresso
nella Betica per ragion della testa d' Apollo , che si-
mile ricorre in monete di Carbula , di Obulcone e
di Salpesa, come detto è di sopra. La testa poi fenri-
nile del riverso è simile iu parte a quella che ricorre
in una moneta di Carisa della Betica ( Florez. labi.
LXI, 1), e molto simile a quella del ritto del dena-
rio di T. Carisio con la Sfinge nel riverso , che, co-
me vedremo in appresso , impresse anch' egli le sue
monete nella Betica, e fu collega di L. Valerio Aci-
sculo nel triunvirato monetale. Che se quella testa
femminile è, come parve ad altri , della Sibilla, può
riferirsi a L. Valerio, che nel 678 di Roma fu man-
dato ad oracida Sibyllina conquirenda (Lactant. Dio.
Inst. I, 6, 14).
N. 4. La testa raggiante del Sole, e la corrispon-
dente figura di Diana-Luna in biga , sono tipi assai
convenienti a monete impresse nella Spagna ulterio-
re , ove gli antichi ponevano l' estremo Occidente ,
edil confine deldìedella notte (Strabo III, p. 137-138).
Ivi, al dire di Omero (ap. Slrab. Ili p. 149), il Sole,
giunto all'occaso, cadeva nell'Oceano seco menando
l' oscura notte ;
\\>.tsvt(tu XafX7rpov (f)a&s 'HsXi'ojo
ÌXxuiy n'xru. (7.sXaiv*v \ir\ {uìuipjv apoypxv.
Non molto discosto dalle foci del Beli era il sacrario
del Crepuscolo, o Fosforo che dir si debba, denomi-
nato Lux-dubia dai Latini (Strabo HI p. 140): ed i
poeti favoleggiavano , che il Sole lavar solesse i suoi
corsieri iiell' onde dolci del Beli medesimo (Silius,
Pun/c. XVII, 639), I Celtiheri festeggiavano con danze
notturne il plenilunio (Strabo HI p.164); e nella Be-
tica il culto della Luna ver (similmente invalse vie più
anche in riguardo al singolare flusso e riflusso delle
acque di quelle piagge cotanto proficuo agli abitanti
(Strabo III p. 173, 174). Presso il Promontorio Sa-
cro si rinvennero due iscrizioni dedicale SOLI ET
LVNAE con gli avanzi di un tempio (Florez, Esp.
sagr. t. XIII p. 55-56); e non lungo da Malaca era
un'isola Noctilucae ab incolis sacrata pridem (Avie-
nus , Ora marit. v. 429 ). Quindi la testa del sole
cinta di raggi ricorre nelle monete di Asido, di Asla-
pa, di Malaca e fors'anche di Gades; senza dire della
Luna bicorne accompagnala da uno o più astri, eh' è
un distintivo proprio delle monete della Betica (Ec-
hhel t. I p. 7). Ancora la testa feminile accompagnala
da una grande luna falcata, che ricorre nelle monete
di Obulcone e di Elia, sembra senza meno effigie della
Luna stessa , o sia di Diana Selene.
N. 5. Anche il tipo singolare del Gigante anguipe-
de stante di prospello con la d. minacciosamente ap-
plicata all' anca , e con la s. alzata sovra il suo capo
come iu atto di schermirsi, ma inutilmente, dal ful-
mine di Giove , la cui tesla è nel ritto di questo de-
nario , ben si conviene a moneta impressa nella Be-
lica, probabilmente dopo la sconfitta del giovine Pam-
peio e l'insigne vittoria di Cesare a Muuda. Lo sco-
liasle Veneto di Omero ( Iliad. 0. 479 ) , edito dal
Villoison, pose la pugna de' Giganti nell' estremo Oc-
cidente, e precisamente in Tartesso della Betica, ove
a parere di Slrabone (I. Ili p. 149) Omero slesso i-
maginò il Tartaro. « I Giganti, scrive il citato Sco-
liaste , figliuoli della terra , indignali per la sconfitta
de' Titani , in Tartesso , città situala nelle vicinanze
dell' Oceano , apprestaronsi a grande guerra contra
Giove; e Giove venuto con esso loro a conflitto, tutti
li debellò , e precipitatili tutti nell' Èrebo, restituì al
padre Saturno il suo regno (cf. Miiller, Fragni. Hist.
Gr. t. Ili p. 517-518). Ofionc poi, che superava in
— 86 —
grandezza e forza tutti gli altri Giganti , fu da Giove
sconfitto ed oppresso sotto la mole di un monte, che
per ciò stesso venne chiamato OQonioa. Vero è, che
Ofione, '0$i'u>v, da Apollonio Rodio (Argon.l, 503),
e da Licofrone (Alex. 1592) è detto re de'Titani ; ma
sa ognuno come anche gli antichi confusero e scam-
biarono non di rado i Giganti a' Titani (v. Heyne ad
Apollod. I, 6, 1). Con lo scoliaste di Omero in parie
si accorda Eustazio (ad Perieg. vs. 64), che riferi-
sce come Abila e Calpe da prima appellaronsi Co-
lonne di Saturno , poscia di Briareo , e d' Ercole da
ultimo; e Tartesso, secondo alcuni, era la stessa città
che Carleia vicina a Calpe. Seneca poi, con altri an-
tichi, fu di parere, che lo stretto frapposto ad Abila
e Calpe venisse aperto dalla violenza de' tremuoti e
degl' incendii sotterranei (Nat. quaest. VI, 29): His-
panias ab Africae conlexlu mare et terrae Iremores e-
ripuerunt. I moderni geologi osservarono nella Beli-
ca indizii manifesti di vulcani spenti appiè delle vette
del monte Mariano (Malte-Brun, Geogr. Libr. CH'I,
t. Vili Pari. I p. 10 ed. Mil.); e d'altra parte consta
come gli antichi posero la sede della pugna de' Giganti ,
o sia i campi Flegrei, quasi in ogni regione soggetta a
frequenti e forti tremuoti e ad incendii sotterranei (v.
Heyne ad Apollod. I, 6, 1). La Belica poi fu la pri-
ma fra le regioni della Spagna a conoscere le lettere
e le tradizioni mitologiche de' Greci (Slrabo III, pag.
157-158).
N. 6. Nel quinario di Acisculo il busto della Vit-
toria è tipo consueto e proprio di quella moneta det-
ta perciò villorialo ; ma può luti' insieme accennare
ad una delle vittorie conseguite da Cesare nella Be-
tica, segnatamente a quella diMunda. L'acisculus poi,
o sia martello da scavatore, oltre l' allusione sponta-
nea al cognome del mouetiere ACISCVLVS, sembra
appellare al vanto delle ricche miniere della Betica.
N. 7. Il sesterzio insignito del tipo del gemino cor-
nucopia vittato , che fa riscontro all' acisculus, mo-
stra vie più chiaramente , che 1' uno e l' altro tipo
si riferisce alle dovizie singolnri della Betica stessa;
poiché, al dello del geografo ( Slrabo III p. 142,
145 , 148), non conosceva:si a' tempi antichi veru-
n' altra regione , che in sì poco tratto di paese desse
tutto insieme tanti proventi di ricolti d' ogni maniera
e tanta copia di metalli preziosi , celebrati per fama
fino nelle parti d'oriente , leggendosi ne' libri santi
( 1 . Machab. Vili , 3 ) come i Romani col costante
loro valore conquistarono fra l' altre contrade la Spa-
gna , et in poteslatem sitavi redegerunl melalla argenti
et ami. Gl'Ispani poi cotanto pregiavano la ricchez-
za delle loro miniere, che tributavano divini onori ad
un eroe loro indigeno , di nome Alete , che dicevasi
primo inventore delle miniere dell' argento, e ad esso
lui consacrarono uno dei colli vicini alla nuova Car-
tagine (Polyb. X, 10).
All'argomento tratto dalla corrispondenza de* tipi
delle diverse monete di L.Valerio Acisculo con quel-
li delle monete e delle condizioni della Belica , non
che dalla consonanza del raro cognome di esso lui
col nome del santo Martire Cordovese Acisclus, per
reputarle impresse nella Betica, si aggiunge il riscon-
tro di un accessorio assai notevole , pel quale parmi
si ponga come il suggello all'ipotesi che Acisculo stes-
so fosse oriondo o nativo della Betica, e che più ve-
risimilmente improntasse le sue monete , almeno in
parie, nella Betica medesima. In quasi tulte le sud-
dette sette diverse monete di Acisculo, da un lato di
esse, o da entrambi i lati, vedesiil tipo rinchiuso en-
tro una ghirlanda consistente di due ramicelli d'arbo-
re a foglie fitte e piccole, la quale ricorre attorno al-
l' orlo ; e la stessa particolarità si osserva parimente
nelle monete della maggior parte delle citlà della Be-
tica ; in quelle cioè di Callet , di Carino, di Caura ,
di Epora , d' Ipagro , d' Irippo , di Lastigi , di Mala-
ca, di Obulco, di Salpesa e di Searo. Colali corone,
che sembrano di mirto, o di olivo , anzi che di lau-
ro , erano cotanto usate nella Belica , che ricorrono
alìresì identiche attorno ad entrambi i tipi di un cu-
rioso medaglione antico di piombo della ricca colle-
zione Garcia (Gaillard p.24 pi. VI) scopertosi nelle
vicinanze di Cordova , e che sembra aver servito di
amuleto. Le città della Betica forse si piacquero del-
l'ornamento di quella ghirlanda in riguardo all' ame-
no aspetto del loro territorio , giacché i dintorni del
fiume Beli presentavano ridente aspello di verzure
spontanee e di piantagioni elaborate (Strabo III p.
— 87 -
142). Amenissimi parimente erano i diutorni di Va-
lenza della Tarraconese, che similmente pose una ghir-
landa attorno ad ambo i tipi delle sue monete ; e
probabilmente per la stessa ragione il simile fecero
anche le colonie Cabellio e Nemauso della GalIiaNar-
bonese ( Morelli, Fara. Aemil. lab. 2, VII, Vili: Saus-
saye, Num. Narb. pi. XVII. pag. 144, pi. XIX , 7,
p. 156) (1). L'identica ghirlanda consistente di due
ramicelli a foglie dense e tenui, e sì volte allo ingiù,
come nelle monete di L. Valerio Acisculo , ricorre
altresì attorno al tipo del riverso di due denarii di T.
Carisio triunviro monetale degli anni decorsi dal 703
al 71 1 di Roma , il quale in altre sue monete pose
tipi che trovano il loro riscontro in monete della Be-
tica ; onde parmi quasi certo ed evidente, che T.Ca-
risio stesso fosse collega di Acisculo nell'anno 709,
e che imprimesse parte delle sue monete nella Spa-
gna, di che ne porge indizio sufficiente anche la ma-
niera della fabbrica trascurata e in parte rozza. Ec-
cone la descrizione.
1, ROMA, Testa di Roma con galea ornata di due
lunghe penne.
)( T. CARISI, oppure T. CARIS, Globo terraqueo
ton cornucopia sopr' esso , posto di mezzo ad uno scet-
tro e ad un timone di nave : il tutto entro una corona
di mirto. Denario.
2, MONETA, Testa di Giunone Moneta con chio-
ma raccolta in nodo al didietro.
X T* CARISI VS , Incudine , malleo, tenaglie e pi-
leo laureato di Vulcano : il tutto entro una corona di
mirto. Denario.
3, Testa femminile con chioma ricciuta e stretta da
larga vitta a più ricorsi.
)( T- C ARISI VS. III. VIR, Sfinge alala, accoscia-
(1) Nel riverso di una rara moneta di Nemauso ( Saussaye pi.
XIX, 7 ) vedesi un' urna riversa , con la scritta NEM • COL al di-
sotto ; il tutto entro una corona di lauro ovvero di mirto. Il eh.
Saussaye ( p. 165) la repula relativa alle lustrazioni solile farsi
nella dedicazione delle colonie Romane ; ma il vaso dell' acqua lu-
strale per quella sacra ceremonia avea forma di silula ;( cf. Morelli
ranni. Postumia lab. 1. n. Villi); laddove l'urna della moneta di
Nemauso è simile a quella delle monete di Terina de' Breltii, onde
sembra anzi da riferirsi al cullo del fonte celebre di Nemauso, al
•ui Genio offmansi anche delle monete patrie fin sotto l' impero
( cf. Saussay* p. 171).
ta con testa femminile ridilla da villa o diadema.
Denario.
4, Bmlo della Vittoria con ale agli omeri.
)( T • CARISI , Vittoria slolala in biga veloce con
laurea nella d. alzala. Denario.
5, S. C, Busto della Vittoria con ale agli omeri.
)( T- CARISI , Vittoria slolala in quadriga veloce
con laurea nella d. alzata. Denario.
6, Busto della Vittoria con ale agli omeri.
)(T- CARISI, Roma goleata sedente sopra una con-
gerie di scudi con parazonio nella d. ed asta nella s.
e con globo sotto il pie d. Quinario.
7, Busto di Diana con arco e faretra agli omeri.
)( T- CARIS, oppure T. CAR, Cane da caccia in
lulla corsa. Sesterzio.
8, T. C ARISI VS, o T. CARISI, Testa barbala di
Sileno.
)( III- VIR, Pantera stante e riguardante, con tirso
nella zampa s. appoggialo all'omero. Serterzio.
Dal riscontro delle monete di T. Carisio con quel-
le di L. Valerio Acisculo chiaro si pare come cia-
scuno di loro impresse cinque denarii diversi , un
quinario ed uno o due seslerzii. Le monete poi di
entrambi loro per la più parte danno indizio di la-
voro affrettato e trascurato , quale si può aspettare
da officine provinciali e quasi dissi castrensi. Nella
prima e nella seconda di T.Carisio attorno al tipo del
riverso ricorre la identica corona, che vedesi nella più
parte di quelle di Acisculo , consistente cioè di due
ramicelli a foglie minute e spesse , colla punta volta
parimente alf ingiù. Inoltre anche i tipi di T. Carisio
hanno quasi tutti il loro riscontro in monela della
Spagna Belica e della Tarraconese. Il tipo del globo
terraqueo accompagnato dal cornucopia, dal governo
di nave e dallo scettro, che nel primo denario diT.
Carisio, per denotare l' imperio di Roma sopra tutto
l' orbe, ha il suo riscontro in monete di Romula col
globo accompagnato dal cornucopia e dal timone di
nave, ed in alcune d'Italica col cornucopia soprappo-
sto al globo terraqueo. Inoltre lo slesso tipo del globo
accompagnato dal limone e dallo scettro laureato, ri-
corre ne' copiosi denarii di Gn. Lenlulo, che da pri-
ma s'intitola CVRafor X- (Denariorum) FLandorum
— 88 —
EX S • C , e poscia Quaestor , i quali per la maniera
della fabbrica loro rozza ed affrettala , e per ragion
de' tempi (v. Ragguaglio de Ripost. p. 206) voglionsi
probabilmente credere impressi nelle Spagne pe'biso-
gni dell'esercito Romano nella guerra conlra Serto-
rio , allor che nel 679 imperalorcs Hispaniae stipen-
dium , milite* arma , frumentum poscebant ( Orat. C.
Cottae Cos. ap. Sallurt.). Anche la lesta di ROMA,
con galea ornala di due penne o ramuscelli , ha il
suo riscontro in monete di Sisipo (Florez <aW. LVIII,
3 : Sestini tav. HI, 9) con simile lesta nel ritto, che
per ciò potrà dirsi di Roma stessa.
Il pileo di Vulcano ricinto di lauro , ovvero di
mirto, e accompagnato dalle tenaglie e dagli altri or-
degni fabbrili , trova il suo riscontro nella testa di
Vulcano coverta di pileo parimente inghirlandato e
accompagnato dalle tenaglie , che ricorre in monete
di Malaca , di Osicerda e di Ugia della Betica , nelle
quali pare senza meno riferirsi alle ricche miniere
ed alle operose officine metallurgiche di quelle con-
trade. Anche l'acconciatura della chioma della dea
MONETA nel secondo denario di T. Carisio ha par-
ticolare somiglianza con quella delle teste feminili
delle monete di alcune città della Belica, e di quella
de'denarii del proconsole C. Annio impresse, alme-
no in parte , nelle officine della Spagna (v. Raggua-
glio p. 21 ). La Sfinge accosciata del terzo denario
di T. Carisio, sebbene creder si possa allusiva al no-
me suo, perchè CARISA vafram signifìcat ( Festus
s. v. v. pag. 44 Mueller) , pare riferirsi alla Betica;
poiché ricorre in molte monete di quella provincia,
in quelle cioè di Amba, d'Uiberi, di Munda, di Osca,
di Ursone , ed in quelle di Caslulone non lontana
dalla Betica stessa. La Sfinge delle monete della Be-
lica ha per lo più la tesla coverta da un pileo acu-
minato, sicché parrebbe d'origine Asiatica ed intro-
dottavi dalle colonie Fenicie (Raoul-Rochette, Herc.
duyr. p. 76 pi. Vili); talora per altro mostra ave-
re la testa nuda o ridala da villa o diadema Bacchi-
co , come ne' denarii di T. Carisio, onde pare che in
tempi posteriori, dopo ricevuta la coltura Greca, si
riferisse al cullo di Bacco, che diccvasi aver percor-
se anche quelle regioni occidentali (Silius.Pum'c. Ili,
100: cf. Raoul-Rochette, Colon. Gr. t. 1, p. 412).
La testa feminile del ritto del terzo denario diT. Ca-
risio ha certa somiglianza con quella di una moneta
di Carisa della Betica ( Florez labi. LXI, 1, cf. Gail-
lard pi. HI, 2).
Il busto della Vittoria, e la Vittoria stessa in biga
od in quadriga veloce, degli altri due denarii ( n. 4,
5 ) appellano alle vittorie riportate da Cesare nelle
Spagne, e segnatamente a quella di Munda, che de-
cise del dominio suo sopra l'orbe Romano, il quale
nel quinario (n. 6. ) vien deferito a Roma stessa, per
evitare le detrazioni degl' invidi avversi al Dittatore.
Il busto di Diana con arco e faretra all'omero ,
posto nel rilto del primo de' due sesterzii di T. Ca-
risio (n. 7), ricorre identico in monete d'Emporie
della Tarraconese (Florez, tabi. XXIV, 9) , onde
lice congelturare che una parte delle monete di T.
Carisio venisse impressa nelle officine d'Emporie sles-
sa. Il cane corrente , eh' è nel riverso del sesterzio
slesso, ha il suo riscontro in monete Celtibere aventi
nel ritto un simile cane da caccia corrente posto die-
tro una testa virile nel rilto , e nel riverso un cava-
liere corrente , in sulla groppa del cui cavallo è po-
salo un augello, che probabilmente può dirsi otide,
o sia otlarda , che cotanto abbondava nelle Spagne ,
e che tracciavasi da'eacciatori col sussidio del caval-
lo, col quale ella ha simpatia singolare ( v. Gaillard
fi. I, 5, p. 74: Florez tabi. LXVII , 8: cf. Slrnbo
III p. 163: Athen. IX p. 390: Aelian. hist. anim. II,
28: Oppian. Cyneg. II, vs. 406). Consta inoltre, che
Diana ebbe cullo insigne nel promontorio detto per-
ciò Dianium, situalo fra Cariogena eSucrone(Slrabo
III p. 159 , 161), e che gl'Ispani erano amantissimi
della caccia (Avienus Ora marit.).
(continua)
C. Cavedoni.
Giulio Minervim - Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataneo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 62. (12. dell'anno III.) Gennaio 1855.
Le medaglie di L. Valerio Acisculo , ed altre di Famiglie Romane , dichiarale col riscontro di quelle della
Spagna. — Tombe scoperte in Albanella ad oriente e settentrione di Posidonia. — Iscrizioni latine. Conti-
nuazione del n. 58.
Le medaglie di L. Valerio Acisculo , ed altre di Fa-
miglie Romane , dichiarate col riscontro di quelle
della Spagna.
I tipi Racchici dell'altro serlerzio (n. 8) riferir po-
trebbonsi al culto di Racco , che dicevasi aver per-
corse le Spagne fino all'estrema Lusitania (Plin. Ili,
3, 3: Silius, Punk. Ili, 100), ed agli esimii vini di
quelle contrade (cf. Florez. tabi. XIV, 1 1: LXIII, 5):
ma forse meglio può supporsi impresso in Roma, do-
po il ritorno di Cesare, con tipi allusivi alle largizio-
ni ed agli spettacoli scenici dati da esso lui pel suo
quinto trionfo (Dio XLIII, 41 ).
T. Carisio poi fu probabilmente oriondo dalla Spa-
gna Retica, del pari che il suo collega L. Valerio A-
cisculo ; poiché il nome suo gentilizio pare derivato
da quello della citlà Carisa ( cf. Forcellini v. Carisia-
eus ) , ed i primi Carisii che trovinsi memorati negli
storici e ne' monumenti Romani sono per appunto il
nostro T. Carisio, che un venti anni dopo , cioè nel
729 fu legalo di Augusto nella diffìcile guerra con-
tra gli Asturi e i Cantabri, probabilmente come uo-
mo esperto de'luoghi e dell' indole ed usanze di quelle
genti feroci ( Dio, LUI, 25: L1V, 5 ); e P. Carisio Le-
galo di Augusto Propretore nella Lusilania, che in-
torno a quegli anni impresse copiose monete in Eme-
rila(Eckhel t. V. p. 164).
II nostro triunviro monetale T. Carisio mostra a-
vere continuato ad improntare monete olire i limiti
dell' annua sua magistratura, forse fino ne' primi mesi
del 710; come può arguirsi da quelle che nel ritto
hanno le sigle S. C. col busto della Vittoria , e nel
Anno ni.
riverso la Vittoria in quadriga veloce, la quale par
riferirsi ai Circensi perpetui decretati dal senato in
memoria della vittoria riportata da Cesare a Munda
(Dio XLIII, 42).
Posto pertanto, che T. Carisio e L. Valerio Aci-
sculo fossero triunviri monetali nel 709 , resterebbe
a definire chi fosse il terzo loro collega, e non saprei
ben dire, se P. Accoleio Lariscolo, ovvero A. Lici-
nio Nerva. Nel ragguaglio de' ripostigli io assegnai
a questi triunviri anni diversi; ma ora veggo che le
monete di Acisculo e di Lariscolo poterono manca-
re ne' ripostigli di Villola e di Collecchio tra perchè
alquanto rare, e perchè quelle di Acisculo impresse
oltremare non poterono avere pieno corso nella Gal-
lia Cisalpina, se non dopo un anno all' incirca.
La corona di mirto , o d' olivo che dir si debba ,
la quale ricorre nelle monete della Betica, ed in quel-
le di T. Carisio e di L. Valerio Acisculo, verisimil-
mente impresse in quella provincia , trovasi anche
nelle monete d' altre Famiglie Romane , non senza
qualche relazione alla Spagna, a quel che pare, e so-
no le seguenti :
1. C. ALLI BALA, dell'anno 650 all'incirca.
2. L. COT (Aurelius) dell'anno 666?
3. LENT- MAR- F dell'anno 657 all' incirca.
4. AV-FONTEI- CF- dell'anno 670 all' incirca.
5. CN- GELI dell'anno 620 all' incirca.
6. M- LVC1LI- RVF dell'anno 660 all' incirca.
7. EX- S- C-, scritto attorno ad un cornucopia
vittato ; il tutto entro una corona di mirto, dell' an-
no 680 ad un dipresso.
I denatii di C. Allio Rala e di Lentnlo figlio di
12
— 90 —
Marcello (n. 1 , 4) sono per lo più di fabbrica sì roz-
za e trascurala, elle sembrano impressi fuor di Roma
(cf. Borghesi presso il Sestini, serie del mus. Fontana
p. 42); e la particolarità della corona di mirto ne
porge buon argomento a crederli improntati nella
Belica allor che guerreggiavano in quelle contrade M.
Mario, D. Silano, C. Celio Caldo, L. Dolabella, T.
Didio e P. Crasso (Fasti triumph. Capii, cf. Borghe-
si , Dee. VI, oss. 10). C. Allio Baia può inoltre re-
putarsi oriondo dalla Betica in riguardo al suo co-
gnome BALA , che pare senza meno d' origine Fe-
nicia (v. Cavedoni, Spicil. num. p. 263. SlraboXVI,
751 ). Nel riverso di un quadrante di CordubafFlo-
rez tabi. LXII. 2 ) leggesi BAL in lettere connesse ,
che spiegar potrebbonsi anche BALA (1). Il tipo stes-
so di Diana ledifera ben si addice alla Betica , nelle
cui monete ricorre sì di frequente la Luna. Che poi
la gente Alita o sia Àelia fosse per tempo propagata
nella Betica consta da' monumenti e dagli storici Ro-
mani, e ne basti pur ricordare l'Augusto P. Aelius
Hadrianus nativo d'Italica (cf. Florez, Esp. sagr.
t. Vili p. 198, 208, 210: IX p. 1 13: Medal. tabi.
LV1I, 14, 13). P. Lenitilo figlio di Marcello, olire
che probabilmente impresse le sue monete nelle Spa-
gne intorno all'anno 657, fors' anche sotto il gover-
no di un Nasica (v. lui. Obseq. de proci. CXI: cf. Bor-
ghesi Dee. VI, oss. 10), adorno al tipo dell'Onore
che incorona la Virtù (Caved. Appena, p. 72 ),o«lel
Genio della Spagna che incorona Roma, polo porre
la corona di mirto in riguardo a Marcello fondatore
di Cordova (StrabolII, p. 141. cf. Polyb. XXXV,
2: Appian. Ilisp. 17: Florez, Esp. sagr. t. Xp. 133),
o di alcuno de' Lenluli che militarono nelle Spagne
durante la seconda guerra Punica ( v. Glandorp. O-
tiom. ), od anche di P. Scipione fondatore d'Italica
(Appian. Hisp. 38); giacché il nostro Lentulo figlio
(I) Nel rillo di quel quadrarne leggesi CN ■ IVL1 -L • F ■ Q, on-
de l'Eckhel lo reputa impresso da un questore Romano in quella
provincia per lo stipendio delle milizie ( t. 1. p. 18). Del resto,
il nesso BAL è scritto in lettere maggiori , per mostrare che non
si. connette col nome COKDVbA . che inoltre è scritto in senso
opposto. Non vorrei per alno oppormi a chi spiegar volesse BAL-
neare, o lihtnealicum , sapendosi come il quadrante era per
appunto il prezzo consueto de! bagno ( v. Bull. areb. 1841 p. 30).
di Marcello mostra avere vantato fra le glorie avite
della famiglia, nella quale fu inserto, anche Scipione
Nasica ( Cic. de Harusp. resp. 11. cf. Orelli Onom.
Cic. p. 177-178).
I copiosi denarii serrati di L. Aurelio Cotta con
la testa di Vulcano enlro una corona di mirto nel
ritto , e con l' Aquila fulminifera entro una laurea
nel riverso, sono di fabbrica si rozza e trascurata, che
sembrano senza meno impressi fuori di Roma.
Io li supposi impressi intorno al 666 dal console
del 689 (Ragguaglio de' ripost. p. 199); ma ora
proprenderei ad assegnarli al L. Cotta , che fu tri-
buno della plebe nel 659 (v. Orelli Onom. Cicer. p.
90 ) , e che intorno al 650 avrebbe potuto impron-
tarli nella Spagna per la guerra contra i Lusitani
(lui. Obseq. eap. 104: Annali arch. t. XXI. p. 10.
11(1)).
La corona di mirto , che ricorre attorno al lipo
del riverso de' bei denarii di Manio Fonteio figlio di
Caio impressi nell'anno 670 all' incirca, (v. Raggua-
glio de riposi, p. 199 , 202) , può riferirsi a Manio
Fonleio suo parente , che intorno a quegli anni era
legato questorio nella Spagna ulteriore (Cic. prò Font,
e. XVI: et fragm. a Niebuhr. ed. e. Ili, § 6), o ad
altro de' suoi maggiori pretorii accennati da Cicero-
ne, che conseguisse qualche magistratura nelle Spa-
gne. Io supposi impresse intorno all'anno 620 le
monete di Cn. Gellio; e la corona di mirto, che gira
attorno alla testa di Roma nel ritto del suo denario,
riferir potrebbesi all' insigne trionfo che P. Scipione
Emiliano menò nel 622 ex Hispania de Numanlineis.
Inoltre lice congetturare, che Cn. Gellio fosse orion-
do di Spagna , siccome il L. Gellius Segovianus ri-
cordato da Cicerone (ad Fam. X , 19 ed. Orelli).
M. Lucilio Rufo , triunviro intorno 1' anno 660 ,
pose anch'egli la testa di Roma entro una ghirlanda
di mirto, probabilmente per ricordare quella gloria
(I) La moneta di bronzo , aggiunta dal Patin , ed omessa dal
Riccio , con L ■ COT e la testa di Vulcano ripetuta , ovvero con
testa di Vulcano da un lato e con lesta di un figlio suo dall' altro,
avrebbe il suo riscontro in monete di Malaca con lesta gemina, e
con testa di Vulcano ora barbata ed ora imberbe (Florez tabi LVI,
LXIII). Un P. Aurelio Colla ricorre in monete d' Emporie ( Florez
labi. XXIV, 10. Morelli famil. Aurtl. liti. E). • •
91 —
domestica del poeta C. Lucilio, che Numantino beilo
eques militava sub P. Africano (Velleius II, 9).
Il denario anonimo con la testa di Venere nel rit-
to , e con le semplici sigle EX S- C apposte ad un
cornucopia vitlato , entro um corona di mirto , tra
per questa particolarità e per la fabbrica rozza anzi
che no, ha tutta l'apparenza d'essere stato impresso
nella Belica ; tanto più , che nelle monete di Cordu-
ba è la lesta di Venere di forme assai somiglianti, e
che il cornucopia ricorre in monete di Asido, diCar-
teia , di Corduba , d' Italica , di Osset e di Turiaso
della Betica stessa, non che in quelle di Valenza della
Tarraconese. Io supposi impresso questo denario in-
torno al 680 ( Ragguaglio p. 200 ) per la procura-
zione frumentaria; ma ora parmi più probabilmente
improntato in Ispagna pe'bisogni dei due eserciti Ro-
mani di Q. Cecilio Metello Pio e di Cn. Pompeio Ma-
gno, dopo che questi con quella veemente sua lette-
ra ottenne da Roma EX S- C lo stipendio arretrato
di un biennio per 1' esercito suo ( Plut. tn Lucuti. 5,
in Seri. 21: Sallust. Hist. III p. 386). Nelle Spagne
per certo furono impressi circa il detto anno 680 i
denarii di M. Poblicio legalo propretore di Pompeio
medesimo, come arguirsi può dalla fabbrica loro per
lo più rozza ed affrettata; e credo che fossero impron-
tali precisamente nelle officine di Emporie, nelle cui
monete ricorre una testa di Pallade con galea somi-
gliantissima segnatamente per riguardo alla doppia
sua criniera; e d'altra parte consta come Emporie era
in potere di Pompeio, e non già di Sertorio(v. deBros-
ses, Hist. de la Rep. Rom. t. II, p.67). Nel denario
di M. Poblicio vedesi Pompeio vitlorioso stante presso
o sopra una prora di nave ( v. Ragguaglio p. 205) ;
onde parmi assai verisimile, che insieme col suddetto
denario avente la semplice scrilta EX S- C venisse
impresso l' asse semionciale con le stesse sigle EX S-
G apposte ad una figura armata stante sopra la solita
prora di nave ( Riccio tav. LVHI , 3 ) , che rappre-
senterebbe Pompeio medesimo. Inoltre la corona di
mirto, che gira attorno al cornucopia ed alle sigle EX
S- C nel ridetlo denario anonimo, trova il suo riscon-
tro nella laurea che similmente ricorre attorno al ti-
po deiì' orciuolo e del lituo ed alla semplice epigrafe
IMPER nel riverso del denario anonimo di Q. Ce-
cilio Metello Pio , impresso nella Spagna dopo l'in-
signe vittoria da esso lui riportala sopra Sertorio e
Perperna (Ragguaglio p. 205 ).
Alla Spagna sembra doversi riferire anche il sin-
golare li pò del riverso dei denarii di Q. Fabio Massimo
impressi intorno all'anno 625, consistenle di un cor-
nucopia attraversato da un fulmine e racchiuso entro
una corona composta di due serti consistenti ciascu-
no di un mazzetto di foglie di lauro o d'olivo, di un
capo di papavero, di altro mazzetto di foglie, di due
ghiande di forma bislunga, e di due spighe, che sem-
brano luna di orzo o farro e l'altra di frumento. Colai
serti sono convenienlissimi per indicare la somma fer-
tilità delle Spagne; poiché nelle monete di Galba la
Spagna personificata tien nella d. due spighe con un
pò di papavero, ed un ramo di olivo in quelle di A-
driano , e le ghiande mangerecce delle Spagne , che
servivano di vitto a' montanari Iberi per due stagioni
dell'anno, bene si stanno consociate ai doni di Cere-
re (cf. Slrabo III p. 155: Plin. XVI, 6). Il tipo poi
del cornucopia decussato col fulmine ricorre non solo
nelle monete di Valenza , ma in alcune altresì di A-
sido e di Carteia (Florez tabi. LX, i: LXI, 9); sì che
ne'denarii di Q. Massimo sembra senza meno riferirsi
alle gesle gloriose de' maggiori di lui nelle Spagne
conlra Vinato (v. Cavedoni, Saggio p. 43-44): e tanto
si conferma osservando come M. Metello collega di
Q. Massimo pose il clipeo Macedonico eulro una lau-
rea imitando in ciò i tetradrammi de'presidi Romani
della Macedonia, ne' quali ricorre similmente una
laurea attorno al tipo ed all'epigrafe del riverso.
Intorno all'anno 681 io supposi (Ragguaglio p.
206 ) impressi i denarii di Cn. Lentulo , che s' inti-
tola ora CVRafor x (denariorum)FLandorum, edora
Quaestor, perchè nel mentre che era curatore dovet-
t' essere nominato questore; e gli diedi per collega P.
LENI'- P- F- L- N parimente Quaestor, che impresse
anch' egli i rari suoi denarii S* C: ed ora parmi as-
sai probabile che entrambi improntassero quelle loro
monete nelle Spagne dopo che il Senato Romano de-
cretò a Pompeio il richiesto sussidio di pecunia per
lo stipendio ed altri bisogni de'due eserciti che guer-
— 92 -
reggiavano nelle Spagne contra Sertorio. I denarii di
Cn. Lentulo per ferino mostransi impressi fuori di
Roma per la maniera della frabbrica loro molto rozza
ed affrettata ; e quelli di P. Lentulo hanno nel ritto
una testa virile di faìtezze Erculee con chioma e barba
crespa, che ricordai torti crines Ibe rorum (Tacit. vit.
Agric. XI), la quale sembra senza meno testa d'Ibero
figlio d' Ercole ( Mai Script. Vatic. t. II p. 487; cf.
Cavedoni Appena, p. 84-85); tanto più che simile
testa ricorre in parecchie monete Ispane ed in quelle
altresì di Cn. DOMftùu (Calvinus) COS. ITERwm
IMP , impresse in OSCA nel 714 ovvero nel 715.
Anche i denarii di P. Lentulo questore poterono im-
primersi in Osca stessa, che dopo la morte di Serto-
rio per tempo si arrese a Pompeo ed a Metello. Nel
riverso poi di questi denarii vedesi il Genio del Po-
polo Romano barbato, diademato, seminudo, sedente
in sella curule col pie d. posato sopra l'orbe della
terra , con cornucopia nella d. e con Scipione nella
s. in atto di volgersi e riguardare verso la Vit-
toria volante , che venendo dall' alto tiene un ra-
mo di palma nella s. , ed una laurea nella d. ste-
sa per incoronarlo : e questo tipo sembra imitare
quel machinamenlo degli onori più che umani tribu-
tati a Metello vincitore ad un trailo di Sertorio e di
Perperna, col quale sedenti in transenna demissum
Mctoriae simulacrum, cum machinato strepitìi toni-
truum, coronam ei imponebat (Sallust. ap. Macrob.
Sat. II, 9). Metello stesso, o il monetiere, per ragion
di modestia , avrà deferito cotale onore al Genio del
Popolo Romano , la cui testa ricorre anche nel ritto
de' denarii analoghi dell'altro questore Cn. Lentulo
impressi contemporaneamente , o poco prima, nelle
Spagne.
Del resto, non è a far caso che i duci degli eser-
riti Romani belligeranti nelle Spagne, ed i magistrati
lor subalterni, imprimessero più monete in quelle che
in altre provincie; poiché nelle Spagne abbondava ,
più che altrove, l'argento di quelle ricche miniere a
segno che fino a' tempi di Strubone (lib. Ili, p. 1 55) i
Lusitani ed altri Ispani tuttora barbari non avevano
pecunia lor propria, ma permutar solevano le merci,
oppure divano in ricambio pezzi di argento tagliati
dalle verghe di quel prezioso metallo. Quindi ancora
sotto Augusto il di lui legato P. Carisio impresse co-
piose monete di argento in Emerita , mentre che le
altre città della Spagna stavausi contente all'impres-
sione di sole monete di rame.
Più presto potrebbe far meraviglia , che Sertorio
nel decorso degli otto anni della sua guerra non im-
prontasse moneta di sorta, se non forse alcune delle
monete di argento con caratteri Celtiberi , siccome
fece forse in appresso L. Afranio legato di Pompeo,
giacché, non oslante i dubbi dell'Eckhel, ad esso lui
attribuir potrebbonsi i denarii Celtiberi con la scritta
A<fPA (l). Ma Sertorio abbondava d'oro ed' argen-
to provvedente parte dalle miniere Ispane e dai po-
poli e dalle città che a lui si diedero o si arresero ,
parte dai ricchi senatori Romani, e segnatamente da
Perperna, che presso lui rifuggivansi nella proscri-
zione Sillana ed in appresso ( v. Plut. in Sert. 14,
15, 22); senza dire delle prede frequenti ch'egli fa-
ceva sorprendendo i convogli nemici, e nelle batta-
glie vinte. Ciò non ostante Sertorio scarseggiava di
pecunia , per lo che nell'alleanza da lui contralta con
re Mitridate, questo gli promise l' ingente somma di
quattromila talenti ( Plut. in Sert. 24).
Per le cose fin qui discorse ponno pertanto repu-
tarsi impresse nelle Spagne, qual più qual meno pro-
babilmente, le seguenti monete di Famiglie Romane.
Anno 650 C- ALLI BALA—CN IVLI L- FQ-
in quadranti di Cordova?
Anno 657 LENT • MAR • F ■
Anno 672 C- ANNI • T F- T • N • PRO • COS .
Anno 679 QCMPI; oppure IMPER— EXS C-
Anno 680 M ■ POBLICI • LEG ■ PRO . PR ■ — CN.
LENTCVR- ^FL, oppure CNLENQEX SC —
P • LENT PFLNQSC-
(1) Nelle Spagne sembrano impresse anche le monde di bronzo
ile' due Prefetti della dulia di Cesare C. Clovio e Q. Oppio Digli
anni 708-709 pe' bisogni dell' armala navale comandata da C. Didio
(Dio XLI1I, 13, 31: cf. Cavedoni Appcnd- p. 66-67). La testa della
Vittoria in quelle di C. Clovio ha l' acconciatura sim;le a quella di
Diana delle monile di Emporie ; ed il Capricorno , posto tal ora
dietro la testa di Venere Vincitrice in quelle di Q. Oppio, troppo
bene vi starebbe come tyrannus Betperiae undae ( Horat. Il Od.
17, vs. 19).
— 93 -
Anno 703. Denarii Celtiberi con A$PA?
Anno 708-709 M MIN AT • SAB1N • PR • Q • — T-
CARISIVS-III VIR • L- VALERIVS ACISCV-
LVS— C- CLOVIPRAEF?— Q OPPIUS. PR ?
Anno 714 DOM • COS • ITER • IMP •
Anno 729-732 P ■ CARISI VS LEG • PROPR ,
oppure LEG • AVGVSTI (x.Annaliarch.i.XXU,
p. 180).
C. Cavedoni.
Tombe greche scoperte in Albanella ad oriente e set-
tentrione di Posidonia.
In Albanella, terra della Provincia di Salerno a sei
miglia circa da Posidonia verso il fiume Calore , nel
mese di settembre si sono scoperte tre tombe con-
tenenti non pochi vasi di argilla dipinti ed armadure
di bronzo. La pietra, di che si compongono questi se-
polcri , è quella medesima usata nelle costruzioni dei
Monumenti Pestani. Le pareti sono adorne di dipin-
ture di stile greco, accuratamente eseguile, e simili
in parte a'd'pinli dell' altro sepolcro scoverto in que-
sto scorso anno nella necropoli di Posidonia, però di
uno stile meno antico, ed appartenente forse ad una
città di non tanta importanza.
La prima tomba di pianta rettangolare giace alla
profondità di circa palmi 3 ; ogni Iato è formato di
un sol pezzo di pietra , i due lati lunghi sono cia-
scuno di lunghezza palmi 7, di altezza palmi 5 e di
grossezza palmi 0, 5 circa; ed i rimanenti lati corti
ciascuno è di altezza e grossezza simile a'precedenti,
e di larghezza palmi 4. Il coperchio vien costituito
da due pezzi posti ad angolo formanti un tectumpecti-
natum. Le pareti interne, traune la covertura, sono
rivestite di una specie di stucco che sembra formala
di calce e gesso. Nel mezzo di una delle pareti lun-
ghe vedesi dipinto un letto , avente i piedi con base
rotonda di color rosso, sul quale giace vestita una
donna estinta calzata con nere scarpe e tibiali bian-
chi croati di rosso sul fiauco. Di questo letto si di-
stinguono i pulvinari , che sostengono il capo della
estinta , avendo due fascette rosse nelle connettitu-
re, e tra cui appariscono molti punti rossi , che sem-
brano essere i fori per dove passavano le tenie : si
distinguono ancora l'andamento delle culcite, una bian-
ca covertura che scende quasi fino al suolo ornata di
linee e meandri rossi con gli orli bleu, e sul medesimo
letto al fianco dell'estinta un unguentario. Dietro il
capezzale evvi una figura muliebre con lunga veste
rossa in atto di dolore con le braccia conserte al se-
no, e dopo questa altra figura sedente, che ha nella
mano dritta una corona di foglie e la sinistra poggia-
ta sulla spalliera della sedia. Tra il letto ed il fondo
del dipinto vedesi altra figura muliebre in piedi, te-
nendo la mano sinistra poggiata sull'estinta, e la destra
alzata in atto di far cenno ad altra figura di donna ,
eh e ai piedi del letto, e si accinge a danzare al suo-
no di doppia tibia , tenuta con ambe le mani da un
uomo barbato, il quale sta alle spalle della preceden-
te figura. Fin qui pare che la scena rappresentasse
la funebre cerimonia ed il lutto de' congiunti.
Nella parete a rimpetlo della descritta vedonsi sulla
dritta due pugillatori in atto di combattere colla ma-
nicete (fxs/X(^ct/) di cui hanno armate ambe le mani ,
dei quali quello a destra ha la carnagione fosca e
sembra essere un amicano. In seguilo a dritta della
parete stessa ravvisasi appena il frammento di un uo-
mo con lancia , e qui pare che la scena ritraesse un
combattimento, avvegnaché veggonsi diverse cuspidi,
dardi e scudi variamente disposti , quasi fossero intenti
a ferirsi tra loro i combattenti che le impugnavano.
Le rimanenti due pareti erano anche esse dipinte, ma
dispiacevolmente non vi si ravvisa quasi che nulla,
essendo le dipinture coverte dallo strato di pietrifi-
cazione avvenuto pel filtramento delle acque; solo in
una di esse scorgesi il capo e la porzione del collo
di un gallo. Di rincontro è un uomo a cavallo ar-
mato di galea, recando sulle spalle una lancia, a cui
son sospesi Io scudo e la sua cintura di bronzo.
Nella sommità di tutte e quattro le descritte pareli
ricorrono due zone di color rosso, tra cui un foglia-
me giallo inserto ad uno stelo rosso. Dalla zona in-
feriore pendono varii festoni di tende russe e dello
stesso fogliame in più modi distribuiti.
Finalmente in ciascun la'.o de' due timpani appa-
riscono le medesime zone rosse, e tra esse un festo-
94 -
tìe di foglie simili al precedente contornate di bende
rosse disposte a guisa di festoni legati al precedente ,
e nel mezzo un incerto disegno, perchè distrutto, di
colore anche fosco.
Nella medesima tomba si sono rinvenute le ossa
dell'estinto, oltre un vaso,cioèun%ae7ios(l)di terra
cotta a vernice nera, e con figure gialle di mediocre
stile, che ricoverto come è da un incrostamento cal-
careo non lascia vedere la scena che vi era rappre-
•entata: sotto le due anse stanno dipinte le solite pal-
tnette.
La seconda tomba è anche costruita e rivestita di
stucco come la precedente. In una delle pareti lun-
ghe vedi a sinistra dipinte una galea della grandezza
del vero , e due ocree a chiaroscuro: in seguito della
stessa parete appajono appena i frammenti di alcune
figure virili, dipinte di rosso, che sembrano combat-
tere , e sul finire della parete a dritta sta una figura
muliebre che pare essere vestita con lunga tunica ,
ed è quasi interamente distrutta. Nella parete a rim-
petto della descritta verso il lato sinistro vedesi una
figura virile , di cui vi rimangono solo il capo e le
braccia, sonante una tibia ; la medesima sembra es-
sere seguita da due cavalli , de'quali sfortunatamente
sino superstiti solo le teste e porzione del collo. A
quanto può rilevarsi dagli avanzi delle loro bardature,
sembra che quivi fossero stati ancora altri cavalli che
uniti a' precedenti tiravano una quadriga; perciocché
se ne ravvisano anche degli altri avanzi incerti. Nelle
due rimanenti pareti corte sembrano esservi state di-
pinte due figure a cavallo , di cui appena si veggono i
frammenti. Di rimpelto appariscono due figure, l'una
virile armata di manicete con ventre rigonfio e grosso
fallo, l'altra forse muliebre in atto quasi di difendersi
•hlla prima : chiudono questa scena da entrambi i
liti due vitte (forse di lana) pendenti dall'alto. In
seguito delle cennate pareti nel lato superiore è di-
pinto un ornato di ovoli rossi con lancette nere, enei
piede uno zoccolo rosso. Finalmente ne' due timpani
(I) Per far comprendere senza dubbio le forme dei differenti
vasi, abbiamo seguile le denominazioni del eh. Panofka , non in-
tendendo per altro di approvar quelle, che offrirono a' doni filolo-
gi oggetto di giusta opposizione.
sta dipinto di rosso un ornato di palmetle con modi-
glioni inferiori oltre due balaustii. In questa tomba
si sono trovate le ossa del morto , una corazza di
bronzo ed i rispondenti fermagli. Ne' lembi di dette
armi si osservano tanti piccioli fori , ne' quali si ser-
bano ancora i filamenti delle cuciture , che tenevano
aderenti ad esse i rivestimenti interni ; oltre due vasi
di creta con vernice nera , cioè una lepasle ed una
oenochoe prive di ornati , i quali vasi di unita a' di-
versi frammenti della corazza si conservano dal pro-
prietario del fondo, in che furono scoperti.
L'ultima tomba costruita come le due precedenti,
ha le pareti anche dipinte , ma non vi si può osser-
vare nulla di particolare , essendo quasi per intero
coverte dallo strato di concrezione. Solo delle due pa-
reti brevi , una offre una Nereide che cavalca un ip-
pocampo, e l' altra una figura muliebre, avente nella
mano sinistra una lekylkos. In giro poi delle pareti ,
nella parte superiore ricorrono due zone con un or-
nato intermedio simile a quello che è nella prima
tomba già descritta, e nel piede vi gira uno zoccolo
rosso. I due timpani sono anche essi ornati di palmette,
di modiglioni e di due balaustii. In questa tomba si
sono anche rinvenute le ossa dell'uomo sepolto, oltre
undici vasi di terra cotta figurali gialli su vernice ne-
ra , cioè :
Due lekane , delie quali la prima mancante di un
manico dipinta con le solite palmette sotto le anse ,
ed una testa muliebre in mezzo alle solile ramifica-
zioni; e l'altra un poco più piccola senz'alcuno orna-
mento mancante di coverchio e di ambe le anse.
Due kyali mancanti di coverchio e di un manico,
dipinti anche con figura e palmette nelle anse , le
quali appena si distinguono trovandosi coverte dalla
medesima pietrificazione per lofiltramento delle acque.
Una lopas intera con qualche ornamento di fogliami-
Dna lepaste priva di coverchio; in cui si ravviate»
pochi frammenti di ornati.
Un kolylo intero dipinto con le solile palmette
sotto le maniche.
Tre ìekyli , de' quali due sono anche dipinti con
figure e palmette sotto le anse, in uno dei quali scer-
gesi una figura muliebre alata sedente.
— 95 —
Finalmente un kratere ancbe dipinto , avendo da
un lato due muliebri figure , e dall' altro forse due
Satiri, e sotto i manichi le solite palmette.
Ulisse Rizzi — architetto.
Iscrizioni latine. Continuazione del n. SS.
23.
D • M
PAERAEGRI
NO MYRMIL
LONI PRISCA
COI VX PRIMO
PALO BESEmerenti
Questa iscrizione, da noi osservata presso il ne-
goziante di antichità sig. Raffaele Rarone , proviene
dalle vicinanze di Pozzuoli ; per modo che non può
con certezza determinarsi , se a Pozzuoli stessa ov-
vero a Cuma debba riportarsi. Essendo rosa dal tem-
po e dalle acque salmastre , presenta non poca diffi-
coltà alla lezione ; la quale dopo diligente esame mi
è riuscito di ritrovare in quasi tutta la epigrafe. No-
tevole è il dittongo AE per E nelle due prime sillabe
del nome Peregrino; il che dovrà per avventura at-
tribuirsi a locale pronunzia , essendo ben conosciuto
lo stucchevole iato , principalmente in alcuni parti-
colari siti della moderna Pozzuoli. Il nostro Peregri-
Ho mostrasi di condizione servile, ed apparteneva a
quella classe di gladiatori , che venivano denominali
myrmillones. Non ci fermiamo a discorrere di questa
specie di gladiatori,! quali presero il nome dal pesce
insegna della loro galea ; essi pugnavano coi retiarii,
i quali , come sembra , erano lo stesso che i Galli;
su di che veggansi le cose notate dal eh. Henzen (ex-
plicatio musivi in villa Burghesiana osservati pag. 43,
seg. not. 99 e seg.) e quel che scrisse in questo bid-
et lino il eh. Garrucci (an. I pag. 1 13 e seg.). La più
notabile particolarità della nostra iscrizione si è il ti-
tolo di primo palo assegnato al mirmillone Peregrino.
Prima d'ogni altro la nostra epigrafe concorre con
altri rari monumenti a dimostrare non esser già al-
trove Palo nome proprio , siccome fu opinato dal
Lipsio (Salumài. II, 7): né esser titolo unicamente at-
tribuito a' soli sccutores, giusta la opinione del Casau-
bono e del Salmasio (ad Lamprid. Commod. 15), non
che del dottissimo Marini (Anali, p.694 n.66). Qui
troviamo un mirmillone appellato primo palo : sicché
se ne dovrà conchiudero che la distinzione di primo e
di secondo palo conviene a differenti classi di gladia-
tori, a? sccutores, ai retiarii (Welcker syllogc epigr.
gr. p. 65 e segg.), e, secondo la nuova epigrafe pu-
teolana , altresì a' mirmilloni. In quanto poi alla si-
gnificazione e derivazione di questo nome , ci sem-
brano assai degne di considerazione le cose osservate
dal lodalo eh. Henzen, che pensa al latino palus, piut-
tosto che ad altra voce di greca origine (loc. cit. pag.
37: cf. Marini Arvali 1. e. ). E certamente, ove si
ponga mente al palus , che servendo alle gladiatorie
esercitazioni, era presso ad ognuno che si addestrasse
a quel faticoso mestiere , non si potrà credere strana
cosa il supporre che col titolo di palus venisse lo stesso
gladiatore indicato : sicché poteva dinotarsi con una
permanente denominazione colui che in una partico-
lare fazione aveva meritati i primi o i secondi onori,
appellandosi primus palus, secundus palus, quasi pri-
mus e secundus gladialor. Ci piace da ultimo di av-
vertire che la memoria di un mirmillone primo palo,
o che si riferisca a Pozzuoli, o a Cuma, ricorda idue
grandi anfiteatri di queste due località ; e principal-
mente quello di Pozzuoli , di cui ci proponiamo di-
scorrere partita mente a tempo più opportuno.
24.
Non meno interessante è la seguente epigrafe in-
cisa nel lembo esterno di uno de' lati di un sedile di
marmò. È questo composto di una lastra di marmo
con architettoniche modanature in tre lati, rimanen-
do rozzo e non lavorato il solo lato posteriore, ch'es-
ser doveva appoggiato al muro : compivano il sedile
due laterali sostegni , egualmente di marmo , con-
formati nella parte anteriore a zampe di Icone.
La iscrizione in minuti caratteri dice com :
SEDES SEP • M • LAELI • M • F • FAL • MAXIM!
La epigrafe sembra de' buoni (empi , veggendosi
indicato il padre e la tribù (Falerina) di M. Lelio
— 96 —
Massimo. Importante ci sembra la iscrizione , anche
perchè ci fa sapere che quel sedile apparteneva ad un
sepolcro : sedes sepulcri. Già in altre iscrizioni si trova
memoria di somiglianti sedili : e son da citare a tal
proposito due lapide beneventane, in una delle quali
ricorrono le note sigle L. D. D. D. soggiugnendosi
CVM. SEDIBVS (Mommsen inscr. r. neap. lat. a.
1752), nell'altra poi si dice
HIS SEDIBVS
AD1VNCTVS
EST LOCVS
SEPVLTVRAE eie.
(Mommsen n. 1805). La città di Pompei ci of-
fre non pochi esempli di tali sedili accanto a' sepol-
cri : e Mazois avverte che a questo uso possano rife-
rirsi quelle sporgenze , che osservansi presso quasi
tutti i sepolcri pompeiani. Ma sono certamente note-
volissimi i due emicicli annessi alle tombe della sa-
cerdotessa Mammia,e del tribuno militare A. Veio ,
de' quali ebbi occasione di ragionar non ha guari ,
facendosene la pubblicazione nel real Museo Borbo-
nico voi. XV tav. XXV, XXVI. Un esempio però, che
offre più vicino confronto al sedile del sepolcro di
M. Lelio in Pozzuoli , si è il sedile rettilineo di Clo-
ralio rinvenuto pure alle vicinanze di Pompei in una
necropoli diversa , della quale scoperta veggasi A-
vellino nel suo bull. arch. napol. an. IH p. 85. ed il
Mommsen op. cit. n. 2377.
25.
ELIO ■ AVG
SATVRNINO
PROCVR • CAST
PLEBS AERECONL
OBADSIDVAM ET LIBERAM
MVNIFICENTIAM ElVS
Questa iscrizione mi è slata trascritta dal eh. Pri-
micerio D. Gaetano Ciuffi di Traetto , il quale mi
annunzia con sua lettera essere stala con alcune altre
epigrafi rinvenuta scavando in un terreno dell' antica
Minturnae. Essa è scolpita in una base cilindrica ,
sulla quale il Ciuffi crede che dovea esser collocata
una statua. La pietra, di ben grandi dimensioni, tro-
vasi dentro di un fosso limite di una strada vicina
all' antico teatro , o piuttosto anfiteatro , secondo la
opinione del lodato eh. Ciuffi ( vedi la sua recente
opera memorie storiche ed archeologiche della città di
Traetto pag. 74 e segg. ). Pare che sieno perdute al-
cune lettere per esser corrose dal tempo, e che tutta
la epigrafe vada restituita così
• ■ • ^urELIO • AVG • «6 ■
SATVRNINO
PROCVR • CAST
PLEBS • AERE • CONL
OBADSIDVAMETLIBERAM
MVNIFICENTIAM • EIVS
E certamente dee credersi la iscrizione messa a' tempi
degli Antonini, trattandosi di un personaggio , che da
alcuno di essi prese il suo nome. La carica di Au-
relio Saturnino è quella di Procuralor Castrensi»,
la quale è già nota per altre iscrizioni , come per la
Fabrettiana pag. 198, 480 dichiarata sospetta dall'
Orelli n. 2972 , ma creduta vera ed illustrata con
dotto commentario dal sommo Marini {Anali p.95).
Quest' uomo insigne inlese il procurator castrensi»
quasi procurator rationis, stationis, numeri castrensis;
delle quali diverse denominazioni va indagando pur
la esistenza nelle sigle di altre epigrafi , ove non fu-
rono prima riconosciute /. e. e p. 553. Pare che il
procurator castrensis corrispondesse a' moderni Cóm-
mifsarii di guerra. Notevole ci sembra che si ricor-
di PLEBS senz'altro , non indicandosi il municipio,
a cui si riferisce quel nome ; sebbene debba credersi
che si accenni alla stessa Minturnae , sito del ritro-
vamento. E l' epitelo di libera dato alla munificenza
attribuisce a Saturnino la lode di una larghezza non
comandata, ma dipendente dalla sua propria volontà ;
vale a dire più di quello , che dalla sua carica veni-
vagli imposto.
(continua)
MlNERVINI.
Giulio Mitvervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàiìeo.
BULLETTINO ARCUEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 63. (13. dell'anno III.)
Febbraio 1855.
Medaglie inedite o rare.
Medaglie inedite o rare.
Nella nostra tavola Vili pubblichiamo alcune im-
portanti medaglie , le quali ci sembrarono degne di
richiamar l' attenzione de' numismatici. Appartengono
esse tutte, se n'eccettui il solo n. 3, all'egregio sig.
Luigi Sambon, alla cui amicizia debbo il permesso di
far trarre gli esalti disegni di quei monumenti. Il sig.
Sambon è possessore di una notevole raccolta di an-
tiche medaglie , precipuamente delle nostre regioni ,
eh' egli va giornalmente accrescendo di novelli ac-
quisti. Desideroso che questa sua collezione tornasse
di vantaggio alla scienza numismatica , mercè una
esalta pubblicazione, il sig. Sambon c'invitava ad os-
servarla, non senza richiamare su' principali pezzi la
nostra attenzione. Frutto delle nostre osservazioni è
la tavola , a cui accennammo ; ed altre importanti
novità numismatiche teniamo pronte altresì per una
prossima pubblicazione. Lo stesso ho a dire della
moneta riportala sollo il n. 3 , che appartiene alla
Collezione numismatica dell' esimio avvocato napoli-
tano sig. Giuseppe Lauria , la quale acquista ogni
giorno considerevoli aumenli. Lo stesso zelo nolato
nel sig. Sambon per la diffusione delle novità archeo-
logiche , segnatamente della nostra patria , spinsero
il sig. Lauria ad aprirmi, e mettere a mia piena di-
sposizione la sua interessante raccolta. Ricavo da
essa questo primo monumento , di cui presento la
incisione; ma non pochi altri disegni di pregevoli
medaglie sono già in mio potere , per farne quando
che sia la pubblicazione. Queste poche parole , che
valgano di ringraziamento a' due onorevoli amici sopra
mentovati , serviranno spero ad animare i culti pos-
sessori di antichi monumenti a proccurarne la solle-
ÀX!fO III.
cita pubblicazione. Ed io non dubito che la presente
tavola Vili, ed altre che seguiranno, non dieno una
chiara dimostrazione della importanza e vastità della
numismatica delle nostre regioni , che quando per
l' abbondanza delle medaglie già note potrebbe ripu-
tarsi quasi esaurita, vedesi aumentata ad un (ratto di
classiche novità, che danno occasione a sempre nuove
ricerche.
ATELLA CAMPAMAE.
1. Testa barbata laureala a d.
)( Aquila con ali spiegate , innanzi la epigrafe
A(]3SR Ae. 7. (Riccio).
Questa monetina di Alella è perfettamente inedita ;
non conoscendosi finora che quattro tipi di quell'an-
tica città; Giove in quadriga, i giuranti, il trofeo, e
V elefante ( Friedlaender Osk. Miinzen tav. IV. pag.
lo, Raoul-Rochette journ, des Savants 1854 pag.
303). Per ciò che spetta a questo ultimo tipo, giova
ricordare che il Reynier tìe pubblicò una variante ,
nella quale vedesi l'elefante al rovescio della testa
di Giove (précis d'une collect. de méd. ant. pag. 14
tav. 1 Cg. 23 ). Ma questa monetina , sebbene citata
dal eh. Avellino (opusc. tom. II p. 31 ), rimane dì
dubbia attribuzione per la monca epigrafe ■ -93 • • :
e questo esser dovè il motivo che la fece escludere
dalla pubblicazione del signor Friedlaender , da cui
però avremmo voluto vederla ricordata almeno nel
testo. La posizione dell' aquila nella monetina del si-
gnor Sambon , ed alcune tracce tuttavia esistenti
sotto i suoi artigli ci fanno pensare al fulmine , che
esservi dovea originariamente effigiato. Per quanto
sia nuovo un tal tipo per Atella , è però ripetuto
nella numismatica della principale città Sannitica della
Campania , vogliano dire dell' antica Capua. È staio
13
— 93 -
già osservalo che la numismatica Alellana si confor-
ma in tulio alla Capuana : e la novella monetina di
cui offriamo la incisione viene appunto in conferma
di questa osservazione. Capua ci presenta un meda-
glione di bronzo , col tipo dell' aquila sul fulmine al
rovescio della testa di Giove , che il eh. Mommsen
reputa un trienle (das Rdmische Milnziccsen p. 395
negli alti di Sassonia 1850 , corrispond. alla pag.
173): ed il Raoul-Rochelte un asse di infima ridu-
zione ( fonilles de Capoue pag. 90 ). Ma parci pro-
babile la opinione del eh. Riccio , che lo diffinisce
per un semisse (rep. man. pag. 13); potendo cre-
dersi appartenere ad un asse col Rifronte di peso
maggiore del conosciuto, ed avendosi in tal modo un
rapporto co'tipi della monetazione romana, nelle sue
varie divisioni dell' asse. L' altra moneta di Capua
co' medesimi tipi è quella di argento (1), la quale
offre dimensioni presso a poco simili a questa di
bronzo di Atella. E non sarebbe fuor di luogo il
pensare che la monetina del sig. Sambon fosse ori-
ginariamente inargentala, figurando la moneta di ar-
gento di quella città, finora sconosciuta affatto , ma
di cui argomentar potevasi la esistenza dalla somi-
gliante argentea moneta della vicina Capua. Questa
nostra conghieltura non è però esclusiva ; giacché
non vorremmo opporci a chi trovar volesse nel no-
vello bronzo una minima divisione dell' asse Alel-
lano, senza alcuna indicazione di peso , come si os-
serva in tutta una serie numerosa di piccole mone-
tine di Capua, nelle quali si acceuna al cullo di sva-
riale divinità , sebbene tra esse non sia finora com-
parsa la testa di Giove.
CALES CAMPANIAE
2. Testa imberbe goleata a s. innanzi CALENO ,
dietro al collo A.
)( Gallo a d., innanzi A. Ae. 9.
Assai notevole ci sembra questa moneta per la
particolarità della epigrafe, che vedesi innanzi la te-
sta galeata invece di trovarsi presso al gallo. Intanto
(1J Noi annunziammo altrove la comparsa di un'altra moneta di
argento di Capua (bullell. arch. napol. an. II. della nuova serie
£ag. 1 90) : ora avvertiamo eh' essa è andata ad arricchire la gii
tanto ricca collezione de' signori Santangelo.
la lettera A , che si ripete al dritto ed al rovescio
della moneta , e che essendo di particolare forma e
di grandezza maggiore non può riputarsi segno di
moueliere, richiama la nostra attenzione. A me sem-
bra che possa pensarsi ad una moneta di concordia
fra Calcs ed Aquino , la quale ultima città verrebbe
indicala dalla sola iniziale. Non poche volte , e pur
fralle monete pertinenti a'siguori Sambon e Lauria,
mi è venuto fatto di osservare alcune di Aquino ,
colla forma dell' A molto simile a quella della no-
stra medaglia. E precisamente in alcune (citando al-
tresì la raccolta del sig. Lauria) non vedesi altroché
un A presso al gallo, e nel campo un astro ed un
piccolo delfino , essendo assolulamenle mancanti di
qualunque altra iscrizione. Noi non dubitiamo che
appunto ad Aquino debba questa moneta attribuirsi,
anche per la particolarità dell' astro , che ad indizio
del peso vi è figurato, non altrimenti che nelle mo-
nete di Aquino e di altre antiche città ci vien fatto
di osservare. Se dunque riesce probabile che la mo-
neta colla sola iniziale debba riportarsi ad Aquino ,
non sarà fuor di luogo il supporre che l' altra da noi
pubblicata sia da attribuire a Cales in concordia con
Aquino. Noi sappiamo che altra moneta di federa-
zione fra Suessa e Cales è menzionata dal eh. Riccio
(rep. num. p. 12): nel catalogo del medagliere del
real museo Rorbonico trovo descritta una moneta di
federazione tra Napoli e Cales ( v. in Carelli tab. p.
30 ed. Lips.); ed altra molto interessante di Suessa e
Neapolis vedemmo nella insigne raccolta de' signori
Santangelo. E forse ad una simile concordia dovrà ri-
ferirsi quella medaglia descritta dal dottissimo Avel-
lino come una moneta di Napoli battuta sopra un'altra
di Sessa (vedi Carelli tab. pag. 30 edit. Lipsiae).In
qualunque modo noi opiniamo che la moneta di A-
quino colla sola iniziale del nome della città, nonché
V altra di federazione con Cales da noi pubblicata ,
sieno di epoca alquanto meno remota delle altre mo-
nete di Aquino, ove apparisce la intera iscrizione ; co-
me ci sembra altresì desumersi dalla fabbrica , e dalla
stessa forma dell' A.
Non è agevol cosa f indagare in quali circostanze
ebbero luogo queste federazioni fralle città diverse
-99 —
della Campania , e specialmente fra quelle clic ad-
divennero ciltà latine. Soltanto può con alquanto
di probabilità eonghietturarsi che avvennero al tem-
po delle puniche guerre, nelle quali molte di quelle
città si mantennero fedeli a' Romani, e pensarono for-
se a stringersi di novelli legami fra loro , ajutandosi
a vicenda contro gli occupatoli nemici. È poi nolo che
Caìes ed Aquino furono appunto fra esse ; e che la
prima di queste due città fu celebre per aver dato
ricetto all'esercito di M. Claudio Marcello nella se-
conda guerra punica: per lo che Tito Livio ne fa so-
vente menzione (lib. XXIII, e. XXXI) e XXXVI ; lib.
XXIV , e. X , XIII ; lib. XXVI , e. IX ). Del resto
Bull' epoca e la significazione del tipo del gallo nelle
monete di Aquino, Caiatìa, Cales, Sessa, Teano tulle
con iscrizioni latine, non che nelle piccole monetine
di argento di Napoli , ci proponiamo di presentare
quando che sia alcune nostre conghielture.
CVMAE CAMPANIAE.
3. Testa di donna con larga tenia ed orecchino, e
collana a d.
X Toro a volto umano coronalo dalla Vittoria: sotto
la linea de piedi la epigrafe KYMAION. Arg. 9.
Questa rarissima medaglia è già conosciuta per
la descrizione datane dal Mionnet, il quale la cita
dalla raccolta di lord Nortwich a Londra {descr. lom.
Ip. 114, 115).
Ma pare che poca fede vi prestassero finoggi i nu-
mismatici ; giacché non trovo che sia stala conve-
nientemente illustrata. Anzi è da notare che il Ric-
cio espose ultimamente la opinione che debbansene
supporre rifatte le lettere (rep. numism. pag. 4 delle
note , nota 25 ). Giudicai dunque opportunissima la
pubblicazione della moneta del sig. Lauria , perchè
essa mette fuor di dubbio la esistenza di una tale
coniazione , essendone la iscrizione d' indubitata an-
tichità (1). Il che ritenuto, ci sembra venirne non
poca luce alla storia ed alla numismatica di Clima.
(1) Il cav. Saniaogelo ci assicurò che egli possedeva un' altra
medaglia simile a quella del sig. Lauria , ma nella quale la epi-
grafe è uscita iu parte fuori del conio. Noi la osservammo, e pare
in fatti che debba attribuirsi a Cuoia , sebbene il toro sia volto a
sinistra.
Osservando la moneta del sig. Lauria , e per la fab-
brica, e per la forma delle lettere, e per la compli-
canza stessa del tipo, ove apparisce la Vittoria coro-
nante il toro, si viene a conchiudere che fu essa co-
niata in epoca non tanto remota; per modo che non
potè , a nostro giudizio , precedere la occupazione
sannitica, avvenuta nel 335 di Roma, ovvero 419
anni prima della nostra era (vedi questo ballettino
an. I p. 165). Questa osservazione esclude la idea
che Cuma non battè più moneta dopo la occupazio-
ne de'Sannili. Già ne ammisero l'Eckhel (doclr. num.
toni. I p. ili cf. num. vct. anecd. pag. 25), ilMil-
lingen (comidér. p. 128), il eh. Fiorelli (mon. ined.
tav. I pag. 1-3 ), ed il eh. Cavedoni (ad Carell. (ab.
LXXI n. 10). Né mi sembra da seguire il sentimento
del Raoul-Rochette, il quale nega assolutamente ogni
residuo di numismatica cumana , dopo la invasione
Sannitica (Joum. des Sav. 1854 pag. 304, e segg. )
Il che poteva unicamente avvenire , quando fosse
stato annullato finanche il nome della città occupata.
Ma noi la veggiamo ricomparire anche dopo nella
storia sotto la sua denominazione, e ritenere sino ad
epoca posteriore tracce di costumi ellenici : ó'fxws
o' OVV iti GUl&TOU 7TcX\x ?Xyyl "rov ' EWYjY l XOV XO—
fffiov, x%) rt/jy hpwv, xoù twy vofiifAutr (Strab. lib. V
e. IV). Certamente in tal quislione non fu ricordata
la medaglia , che ora pubblichiamo. Risulta da essa
che la città di Cuma non desistette assolutamente dal
coniare, abbenchè fosse decaduta dall'antico lustro.
Per lo che non potrà dalla più recente fabbrica trarsi
un argomento contro l'attribuzione proposta di alcu-
ne monete di bronzo, le quali furono riferite a Cuma.
Vedi per altro ciò che ho detto in questo bullellìno
an. II p. 124. Oltre le osservazioni già fatte sull'epo-
ca del monumento , avuto riguardo alla sua fabbrica
ed a' caratteri della epigrafe , è chiaro che lo stesso
tipo del toro a volto umano concorre a dimostrare la
più recente coniazione. Ci sembra evidente che que-
sto tipo fu preso dalla vicina Napoli , il che dovette
avvenire in una notabile circostanza, nella quale Cu-
ma ebbe a lodarsi de' Napolitani. Questa circostanza
ci presenta appunto la storia ; ed è posteriore alla in-
vasione dei Sanniti in Cuma. Sappiamo che i Napo-
— 100 —
Ulani accolsero con isli'aordinaria amorevolezza gli
esuli Cumani dopo la rovina della loro città (Dionys.
Hai. exccrpt. t. IV p. 2318 Reisk.); per modo che è
fondala opinione, che da quel tempo si costituì in Na-
poli la fratria de' Kvfxaioi (Ignarra de phralr. p. 190
segg. cf. corp. inscr. gr. tom. Ili p. 715 e 716).
Certamente dopo quel tempo i Cumani impressero
sulla loro moneta il tipo de' Napolitani , per cele-
brarne il ricevuto beneflzio : e ciò avvenir dovette
probabilmente, quando ritornati in libertà non pote-
vano temere col palesare la loro riconoscenza, lo sde-
gno de' vincitori. Questa mi sembra la idea più pro-
babile a spiegare la fabbrica ed i tipi della nostra
moneta. Vogliamo nondimeno presentare qualche al-
tra avvertenza su questa rara medaglia, la quale può
offrir campo ad altre conghietturali interpretazioni.
Non parmi strano il pensare ad una particolar conia-
zione eseguila in Napoli dagli esuli Cumani ricevuti
in ospitalità , e costituiti in particolar comunanza , o
fratria. La stessa idea di gratitudine e dipendenza dai
loro benefattori dovea consigliare ad adottare il tipo
napolitano , la cui precedente esistenza fra noi è pro-
vata da una serie di monete arcaiche di Napoli certa-
mente assai più antiche di quella, di cui abbiamo ra-
gionato. Non sarà intanto da tralasciar la osservazione
che Slrabone parlando di Napoli la dice appunto ori-
ginata da' Cumani : parò. Vi Aixxioipx/xv hrrì NEA-
IlOAIS KTMAlftN. Sicché potrebbe da taluno opi-
narsi che la nostra moneta fosse battuta in Napoli po-
steriormente alla emigrazione de' Cumani, e da' Na-
politani medesimi, i quali vollero per avventura in
quella loro ospitale accoglienza significare il loro af-
fetto verso i Cumani antichi fondatori della loro città.
Un simile rapporto di società e di alleanza co' Ro-
mani fu da' Napolitani indicato in altra moneta colla
leggenda PflMAIftN ; sebbene questa appartenga ad
epoca a noi più vicina (in Carelli tab. p. 29).
NEAPOLIS CAMPANIAE.
4. Testa di donna con tenia , orecchino, e collana a d.
)( Toro a volto umano, che piega alquanto il capo,
e Vittoria che lo incorona: sotto la linea de' piedi iscri-
zione fenicia. Ar. 9.
Appena si getta un rapido sguardo sulla iscrizione
segnala in questa moneta , se ne ravvisano i carat-
teri fenicii. Intanto mi piace di avvertire che due al-
tre monete di Napoli della medesima fabbrica si co-
noscevano, nelle quali la epigrafe fenicia non fu rav-
visata da' dotti che ne fecero la pubblicazione. Una
di esse fu edita dal dottissimo Avellino , il quale ne
dichiarò la iscrizione viziosa e barbara (bullelt. arch.
nap. an. 1 p. 129 tav. Vili, 1 ). Un altro esemplare
è inserito nelle tavole del Carelli (lab. LXXII n. 20),
ove nella recente edizione di Lipsia il chiarissimo
numismatico di Modena sig. Cavedoni se ne riporta
alle parole stesse dell' Avellino ( pag. 23 ). Questo
avvenne certamente per la poca conservazione di
quei due esemplari , ne' quali non appariva la epi-
grafe integra e perfetta. Dalle tracce però de' carat-
teri che ne rimangono , e dalla espressione della te-
sta femminile nel ritto, non che dalla posizione stessa
del toro, evidentemente deducesi che tutte tre quelle
monete appartengono ad una medesima fabbrica, ed
alla stessa epoca ; e furono perciò coniate nella me-
desima circostanza. Intanto la moneta del sig. Sam-
bon offre nella scienza una capitale importanza , co-
me quella che essendo di perfetta conservazione si
presta facilmente allo studio ed alle ricerche de' dot-
ti : tanto più che delle altre due è assolutamente igno-
to il destino , essendosi per avventura disperse inos-
servate in qualche privata raccolta. E qui non posso
far a meno di ricordare un altro fatto come con-
fronto a questa epigrafe fenicia in medaglie napolita-
ne. Alcun tempo addietro osservai presso il nego-
ziante di antichità sig. Raffaele Barone una moneta
di Napoli col tipo non comune della testa femminile
di fronte , nella quale apparivano pure aleuni nomi
di magistrati. Io non tardai a dichiarar per fenicii i
caratteri, che ne formavano la principale iscrizione:
il che non parve possibile al mio dotto amico Ra-
oul-Rochette , che trovavasi allora in Napoli , e che
ne fece l' acquisto. Posteriormente lo stesso Raoul-
Rochelte mi scrisse che il eh. sig. duca di Luynes ,
esimio cultore degli sludii fenicii, aveva fatta la me-
desima mia osservazione su quella rara medaglia ,
prendendola per la sua insigne collezione. La poca
conscrvatezza della epigrafe nella medaglia del sig.
— 101 —
Duca de Luyncs me ne impedì allora lo studio. Ma
ora veggo che le vestigia de' caratteri superstiti cor-
rispondono a quelli , che mi è dato in questo mo-
mento di offrire allo studio de' dotti orientalisti. E
non vo neppure tralasciare un'altra osservazione;
ed è che qualche altra volta i numismatici avverti-
rono trovarsi caratteri harbari nelle monete di Na-
poli. Il che vuoisi forse attribuire alla negligenza de-
gli studiosi , nel non aver richiamato l' elemento fe-
nicio per la interpretazione di quelle epigrafi. E d'oggi
innanzi guardandosi con queste nuove idee non sarà
forse improbabile rinvenire novelli , benché sempre
rari, confronti.
Dopo queste generali osservazioni passo all'esame
de' caratteri della nostra iscrizione, per tentarne una
qualunque siesi interpretazione , lasciando una più
estesa discussione a' dotti orientalisti. La prima let-
tera non può tenersi che per un 3 , non potendo in
essa riconoscersi uno Ti?, ove volesse supporsi con-
sumata la linea prima a destra. Noi allontaniamo
una tale idea mossi non solo dalla perfetta conserva-
zione della medaglia , ma benanche dalla considera-
zione che avendosi due forme diverse nella medesi-
ma epigrafe corrispondenti al a ed allo t£J, non po-
trebbe ammettersi una differente forma per la stessa
lettera. 11 secondo carattere è certamente un'aspira-
zione un ri; ed incontra un bel confronto nella mo-
neta di Palermo da me pubblicata (mon. ined. dì Ba-
rone tav. XX n. 1 ), ove si scorge la identica forma
del n. Nella terza lettera dee riconoscersi uno ti) ,
eh' è evidente. Non ci opporremmo peraltro a chi
volesse ravvisarvi un 22, essendo tra loro somiglian-
tissimi questi due elementi nella scrittura fenicia.
Ammessa però una delle due lettere in questo luo-
go , il quinto carattere dovrà ritenersi per 1' altra di
esse. Non può dubitarsi del valore della lettera quar-
ta, nella quale apparisce evidentemente un p. Resta
alquanto dubbioso 1' ultimo elemento della iscrizio-
ne ; giacché la linea estrema sembra staccata dalla
retta, che l'è vicina. Ove voglia considerarsi per un
solo elemento , dovremmo riputarlo egualmente un
3: all'opposto sarebbero le due lettere St. Dalle
quali considerazioni, fatte senz'alcuna preventiva con-
ghiettura, parmi possa dedursene la seguente lettura
}Qp VT\Z ovvero <?Tnp lyrtf. La prima voce 'OTM
Nechosch ha nel Caldaico la sigificazioue di aes , e
può quindi trasferirsi a significar la moneta , con
senso non disconveniente al monumento. Più diffi-
cile è la seconda parte della leggenda. Volendo con-
siderare gli ultimi due segni per una sola lettera ,
erami venuto al pensiero il nome della città di Cli-
ma }Cp (Qumon); polendo riferirsene la significazio-
ne all' aes Cumarum o Cumanum: nella qual maniera
d'intendere, la moneta non apparterrebbe a Napoli,
ma sibbene a Cuma; alla quale non disconviene il tipo
del toro a volto umano , che abbiamo dato nel no-
stro n. 3. Ma più ragioni, principalmente archeolo-
giche , non ci lasciano pienamente conlenti di una
tale spiegazione.
Nò sarebbe forse miglior divisamento ammettere
la voce f*Dj? (Qamin) hostium, adversariorum, nella
intelligenza di aes hostium , quasi fosse una moneta
da preda ; giacché mancherebbe il * indice del plu-
rale , che sarebbe necessariamente richiesto a fissar
la intelligenza della parola. Sicché proponiamo piut-
tosto di leggere jop (Qaman) in vece di Ijn'p (()«'-
manù) adversarii nostri (gen. sing. ) , supponendosi o
soppressa , o mancante nel conio la 1 finale. Intanto
non serve il dire che la medesima significazione si
riterrebbe di una moneta coniala dalla preda del ne-
mico : e troveremo che questo senso non si oppone
alla idea che sorger può nella mente per la spiegazio-
ne dello straordinario avvenimento di una moneta na-
politana con caratteri fenicii.
Per essere esatti, non vogliamo però trascurare di
avvertire che l'ultimo carattere presentasi come due
segni distinti non solo nell' esemplare del sig. Sam-
bon, ma in quello benanche riportato dall'Avellino:
per modo che un nome quadretterò venir dovrebbe
in considerazione. Questo ci sembra non poter esse-
re altro che 7TDp ; ma quale intelligenza possa darsi
a questo vocabolo, e se nella sua composizione possa
giudicarsi il nome 7T ( la porla ) per lo scambio del
*7 nella lettera affine T, lo lasciamo al giudizio de'più
dotti di noi in questi difficilissimi studii. Ed altronde
noi opiniamo esser miglior consiglio ritenersi in certi
— 102 -
limili , piuttosto che andar vagando nel campo va-
stissimo delle poco fondale conghietture.
5. Testa di Apollo laureala a d.
)( Mezzo toro a volto umano nuotante a d. : sull' o-
mero è un astro a quattro raggi: nel campo è una pic-
cola lira. Sopra è una epigrafe fenicia. Ae. 9.
Pria di passare a dir qualche cosa di questa insi-
gne moneta, mi piace di avvertire che un altro esem-
plare n' esiste nel nostro regio medagliere , come ri-
levo dalla descrizione fattane dall' Avellino , il quale
però non si avvide che la leggenda era fenicia , e la
riportò con lettere greche ^IQBIOM Morethis retro-
grado. Ma noi non dubitiamo affatto che caratteri
fenicii si presentino a' nostri sguardi , de' quali in
gran parte non è neppur dubbiosa od equivoca la
determinuzione.
Nella prima lettera ben si riconosce un X, che si
accosta a quella de' più antichi caratteri greci , i quali
pur da' Fenicii ne presero certamente la forma ( v.
Gesenius scripti linguaeque Phoen. monum. p. 21 ).
Così mostrasi di fatti nella greca iscrizione antichis-
sima di Delo (Franz , epigr. gr. eleni, p. 102, s. ).
È pur notevole che 1' Aleph quasi della medesima
forma si osserva nelle medaglie fenicie di Ebusus;
sulle quali si veggano le dotte osservazioni del eh.
sig. de Saulcy (mém. de V Académie des inscr. et bel-
le» lettr. voi. XVpag. 188).
Nella seconda lettera parci di riconoscere un 2 ,
nel quale non vedesi però prolungata Y asticciuola ,
come costantemente s' incontra ; ma questa differenza
non ci sembra tanto notabile da farcene abbandona-
re l'attribuzione (1). La terza lettera parrebbe molto
somigliante ad un ♦ ; ma non crediamo andar lungi
dal vero attribuendole piuttosto il valore di 7 , po-
tendosi supporre formata con una certa irregolarità
da un artista non fenicio , tanto più che si tratta di
piccole lineette. Vien dopo un' aspirazione H. Seguo-
no indubitate le lettere )) , 3, , 7, e finalmente un'al-
tra X. Ove dunque ritengasi la prima parte della no-
stra lezione, tutta la epigrafe presenta la seguente in-
(I) Un segno simile , ma rivolto all'opposto, trovasi in leggen-
de 'li alcune africane monete , col valure di {£ : vedi Gesenius
mon. Phoen. p 30.
terpretazione N7ayn 73X (Abel he'Agla) Campus VI-
tulae. È poi noto che la voce 73X è vitalissima nelle
geografiche determinazioni: e basterà consultare gli
esempli citali dal Gesenius a questa parola (leocic.Hebr.
et Chald. p. 8 edit. Hoffmanni). Colla nostra epigrafe
non sapremmo se volle accennarsi all' Acheloo toro,
oggetto dell' indigeno culto della Campania e de' Na-
politani, del quale Parlenope era giudicata figliuola;
ovvero al suolo stesso delle napolitane campagne ab-
bondante di bestiami, significazione non dissimile a
quella di Eumelo e degli Eumelidi. Senza intrala-
sciare altresì la idea che la Vilula della nostra epi-
grafe possa accennare generalmenle all' Italia, al cui
nome fa riscontro il simbolico toro, che vedesi figu-
rato sovente nelle medaglie della lega marsica. Re-
sta a dir qualche cosa a spiegazione di questo impor-
tante fenomeno numismatico , per lo quale ci si of-
frono leggende fenicie nelle monete napolitane.
La eleganza della fabbrica di queste medaglie ci
fa riportarne la coniazione ad epoca non troppo re-
mota. Ma la storia non ci presenta stabilimento fe-
nicio o punico nelle napolitane contrade in tempi
corrispondenti all' età delle nostre medaglie. Abbia-
mo soltanto il fatto che Annibale Cartaginese stette
intorno a Napoli e ne depredò le campagne, sebbene
non giugnesse ad impadronirsi della cillà, mosso dal-
l'imponente aspetto delle fortissime mura. Sarà im-
portante leggere la relazione che fa Livio di questo
avvenimento.... ipse (Ilannibal) per agrum Campa-
num mare inferum petit , obpugnaturus Ncapolim, ut
urbem maritimam haberet. Ubi fines Neapolitanorum
inlravit , Numidas partirti in insidias , ( et pleraeque
cavae sunt viae, sinmque occulti) quacumque apte pò-
terat, disposuit : alios , prae se àctam praedam ex
agris ostentaittes, obequilare portis jussit , in quos,
quia nec multi, et incompositi videbantur, quum lurma
equitum erupistet, ab cedenlibus consulto tracta in in-
sidias, circumventa est etc. Ab urbe obpugnanda Poe-
num absterruere conspecla moenia, haudquaquam prom-
ta obpugnanti ( lib. XXIII , e. 1 ). Anche dopo im-
padronitosi di Capua , fece de' tentativi sull' animo
de' Napolitani , ma inutilmente , dopo di che invase
il territorio Nolano : Hannibal, Capua recepta, quum
103 —
iierum Neapoìitanorum animai, partita spe, partirti
metu, nequidquam lenlassct.in agrum Noìanum exer-
cilum traditeti ( lib. cit. e. XIV ). Rimase inlanlo de-
sideroso il Cartaginese d'impadronirsi di Napoli, e
solo non lo (enlò di nuovo per la presenza del ro-
mano prefetto M. Giunio Silano: Sub adventum prae-
toris Romani Pocnus agro Nolano excessit,tt ad mare
proxime Neapolim dcsccndil, cupidus maritimi oppiai
potiundi, quo cursus navibus lulus ex Africa esset etc.
( ib. e. XV ). Ed anche in seguito devastò il territo-
rio napolitano per vendicarsi della loro fermezza:...
ad populandum agrumNeapolitanum magisira quam
potiundac urbis spe, processit. (lib. XXIV, e. XII). E
già simili devastazioni aveva più volte commesso nel
territorio Cumano ( lib. XXIII e. XXXVI , e lib.
XXIV e. XIII). Per quest'ultimo è pur conosciulo
che Amilcare vi fece altresì somigliante devastazione
( Polibio histor. lib. 1 , e. LVI ). Comunque queste
relazioni con Cuma potrebbero appoggiare il rap-
porto de' Cartaginesi con quell'antica città, pur non
di meno sarà miglior parlilo volgersi a Napoli, a cui
certamente si riferisce la moneta di rame , ed a cui
van pure meglio riportale quelle di argento. Non
dovrebbe , a nostro giudizio , sembrar maraviglioso
che il superbo Cartaginese il quale per lungo tempo
si tenne alle vicinanze di Napoli, facendo inutili sfor-
zi per guadagnarne l'animo, ovvero per espugnarla,
pensasse in quella occasione a far coniare monete
co' tipi di Napoli, come quella che tanto interesse in
lui risvegliava. La spiegazione che sorge spontanea
dalla leggenda della moneta di argento potrebbe for-
se confermarsi dalla circostanza in cui fu battuta.
L' irato capitano solito a far pompa delle prede ne-
miche prae se aclam praedam ex agris ostentantesete.,
come vedemmo in Livio , e che più volte aveva de-
predato il territorio napolitano, potè aver la idea di
battere nel tempo delle sue ostilità co' Napolitani
monete col metallo ad essi rapito , additandone la
provenienza per mezzo della epigrafe fenicia messa
in rapporto co' tipi del nemico. Lo stesso è a dire
della medaglia di bronzo : nella quale ove pur si vo-
lesse la Vitula riferire all' Italia, sarebbe da richia-
mare ciò che dice lo stesso Livio, che Del trattato di
Filippo re di Macedonia co' Cartaginesi , si prevede
che ove si fosse debellata la spiaggia marittima, tulli
la Italia sarebbe in potere di Annibale ( lib. XXIII
cap. XXXIII ): e certamente Napoli era il punto più
interessante verso il mare , per lo che taula impor-
tanza metteva il punico duce di tenerla dalla sua ,
ovvero di superarla colle armi. È poi evidente che
nella coniazione delle medaglie, di cui ragioniamo ,
il duce Cartaginese valer si doveva dell'opera di ar-
tisti Campani , a' quali dee certamente attribuirsi la
fabbrica delle monete da noi pubblicate. In quesla
ipolesi appunto si darebbe soddisfacente spiegazione
della moneta posseduta dal eh. sig. Duca de Luynes,
nella quale insieme colla epigrafe fenicia vedonsi in
eleganti caratteri greci alcuni nomi di magistrati. Sa-
rebbe la moneta predala , nella quale si è sostituita
la leggenda punica a quella che esprimeva in greco il
nome della città, ritoccandosene le antiche lettere per
comando del duce Cartaginese. Queste non sono che
conghiellure; e noi non intendiamo di accordar loro
un peso maggiore di quello che meritano ; attenden-
do che altri diadi questo notabile fallo una più plau-
sibile spiegazione.
6. Testa imberbe laureata a d.; dietro AP in mono-
gramma.
)( Toro a volto umano a d. ; sopra astro ad otto rag-
gi in una corona: sotto la linea de' piedi "TTLOAV",
(ralle gambe del toro A Ae. 8.
7. Lo stesso tipo, col monogramma.
)( Lo slesso tipo, e solo varia la epigrafe sotto la li-
nea de' piedi, la quale si offre chiaramente -Olio AI- ••
Ae. 8.
8. Testa femminile con capelli svolazzanti a d., ha
diadema ed orecchini ; presso al collo è una piccola fi-
gurina di Pallade con scudo ed asta.
)( Toro a d., di cui non apparisce la lesta certamente
umana, per essere uscita fuori del conio: sopra veg-
gonsi tracce della Vittoria volante , sotto la linea dei
piedi è la epigrafe -IOOA1T-NO Ar. 9.
Non ci fermiamo gran fatto su questa ultima mo-
netina da noi riportata sotto il n. 8, unicamente per
la epigrafe IOOAIT'NO dovuta senza dubbio a ne-
gligenza od ignoranza dell' artista , che la segnava.
— 104 —
Simili errori nelle leggende delle medaglie furono
non poche volte osservali, anche nella più bella fab-
brica : e noi intendiamo di pubblicare la presente
moneta siccome una curiosità di questo genere. Non
cosi per quanto concerne all' altra moneta riferita
sotto il num. 6, la cui epigrafe NJETIIOAl[THS ci
sembra dovuta a particolare pronunzia ed a partico-
lare dialetto. Già un' altra medaglia napolitana colla
leggenda NETITOAITHS , ma con differenti tipi, fu
descritta dal dottissimo Avellino (Vedi in Carelliitab.
p. 22 n. 19 ed. Lipsiae). La quale dialettica forma
incontra il confronto del AxuxiXxpx^^ più volte
ripetuto nelle napolitane iscrizioni ( Corp. inscr. gr.
n. 5790 , 5796 , 5797 ed appena, voi. HI n. 5790
b p. 1255). E certamente il f\iv7roXtrri?, ripetuto in
due differenti medaglie, appoggia la idea di coloro che
riconobbero nella XaimX*px<* un composto di Xaòs':
giacché, giustamente rifiutata la lezione tv.vxikrj.pxrr
cas , che vien costantemente contrastata da' monu-
menti, non pare sia da seguire la opinione esposta dal
eh. Franz, che cioè nel X'xvxù.ct.pxjPxS debba rico-
noscersi uno scarnino del v in >>., e che perciò sia me-
stieri pensare ad un magistrato relativo a cose ma-
rittime (Corp. inscr. gr. toni. IH p. 723). Noi giudi-
chiamo degnissima di considerazione la conghiettura
esposta dall' Avellino che la laucelarchia fosse una
magistratura sacra, e propriamente relativa a' misteri
di Celeo, penetrati certamente in Napoli insieme col
culto Eleusiuio. Veggasi la iscrizione , che diede il
maggiore appoggio ad una tal conghiettura nel bull,
arch. nap. antica serie an.VI tav. I fig. 2, e nel bull.
dell'Iti. 1847 p. 105. La memoria poi dell'Avellino
letta alla reale Accademia Ercolanese vedrà quanto
prima la luce , e così potran meglio valutarsi le ra-
gioni dell'illustre Autore.
Tornando alla nostra monetina, mi sia lecito di no-
tare eh' essa è in tutto simile per lo stile e pe' tipi a
quella del n. 7, non escluso il monogramma e la let-
tera A. La sola differenza consiste nella iscrizione ,
che nel n. 7 era certamente NEoriOAITHS. Questa
diversità di dialetto, ed alcune altre varietà di lavoro,
principalmente nella corona di alloro , che cinge la
testa , vuoisi attribuire alla diversità dell' artista ado-
perato a fabbricar le due monete. Da ultimo avver-
tiamo che altro esempio di gionico dialetto si aveva
nelle rarissime monete di argento colla iscrizione
NEHIIOAI£ , le quali appartengono a' tempi primi-
tivi della nostra città, e di cui un didrammo è posse-
duto dal eh. sig. Duca de Luynes , ed un tridrammo
dal eh. signor Principe di San Giorgio ( vedi annali
dell' ht. t. XIII p. 132 e man. tom. IH tav. XXXV,
3; Avellino bull. ardi. nap. an. II p. 26 tav. Un. 12;
Cavedoni in Carelli tab. p. 22 ; Raoul-Rochette nel
journ. des Sav. 1854 pag. 309). Altra volta richia-
mammo l' altra leggenda NEOIIOAlTEfiN, pubbli-
cando pure un esemplare posseduto dal sig. principe
di San Giorgio (v. questo bullellino an. II pag. 91 e
173 tav. IX n. 4). Ora vogliamo annunziare che in
altre due monete napolitane una della collezione San-
tangelo , l' altra del sig. Sambon leggesi la epigrafe
NEOIlOAITHaN , che dee parimenti attribuirsi a
dialettica forma. E forse dovrem giudicare che simile
varietà appartenga ad epoca meno antica. Riesce pe-
rò, a nostro giudizio, sommamente interessante an-
dar raccogbendo tutte queste differenti leggende delle
napolitane medaglie, le quali sono cotanto variate, e
riportandosi a diversi dialetti spiegano sovente la ori-
ginaria fondazione della città. Così fu altra volta os-
servato che la leggenda NEOITOAITAS aveva pari-
menti rapporto all' eolismo de' primitivi Cymaei, che
fondarono la città nostra insieme con altri greci co-
loni. Vedi il eh. Cavedoni in Carell. tab. p. 23, ed
in questo bullellino an. II p. 91, ove parla di alcune
varietà nelle epigrafi delle medaglie napolitane.
(continua)
MlNEUVINI.
Giulio Minervim — Editore.
Tipografia di Givseppe Cìtaxeo.
BULLETTINO ARCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 64. (14. deir anno III.)
Febbraio 1855.
Giudei in Pozzuoli. — Orologio solare pompeiano. — Bibliografìa — Memorie della regale Accademia Ercolanese.
— Fjorelli, Monumenta epigraphica pompeiana, eie. — Iscrizioni latine. Continuazione del n. 62.
Giudei in Pozzuoli.
Noi già pubblicammo in questo bullellino una la-
tina iscrizione messa a P. Caulio Coerano dal suo
liberto Acibas ( v. sopra pag. 53 ). Lo stesso nome
di Aciba s incontrò non ha guari in altra epigrafe
puleolana già pubblicata dal eh. Matranga ( btdlctt.
dell'Ist. 1850 pag.l77;Mommsen insc. r. neap. lai.
n. 7222). Non avendo veduto co' miei medesimi oc-
chi queste due iscrizioni , io proposi già il sospetto
che il nome Alibas si leggesse in entrambe le epi-
grafi, invece di Acibas, richiamando certe locali de-
nominazioni, che potevano dar sufficiente spiegazione
di quello strano cognome : e soggiunsi che avrei ab-
bandonata una tal conghieltura, quando mi riuscisse
di verificar la lezione sulla pietra recculemente sco-
perta. Ora di fatti ho potnfo osservare il marmo ,
che tuttora esiste presso il negoziante di antichità
sig. Raffaele Barone. Questo titolo sepolcrale è for-
mato a foggia di edicola , e nella parte sua anteriore
è la epigrafe in buoni caratteri accuratamente scolpi-
ti. Mi sono dalla oculare ispezione convinto che il
nome del liberto è Acibas ; rimane quindi da accet-
tare l' Aciba altresì nella epigrafe del Matranga , o
che dir si voglia lo stesso individuo, o piuttosto due
differenti persone. Ritenuto il fatto, abbiamo un si-
curo indizio di Giudei stabiliti in Pozzuoli in epoca
abbastanza remota. Di fatti il nome Aciba ci ram-
menta il famoso Rabbino , che additò il Messia nel
celebre impostore Barliocheba ; d' onde poi venne il
noto tumulto de' Giudei , e la loro totale distruzione
per opera di Adriano. Sicché non ci sembra da du-
bitare che per questo confronto debba riconoscersi
in Pozzuoli la esistenza di Giudei, in un'epoca pres-
AXNQ III.
so a poco corrispondente allo storico fatto di sopra
additato: non volendo neppur giudicare se il fanati-
smo di quel falso dottore ponesse in voga il nome
Akiba presso gli accecati Giudei , che prestaron fede
alle sue parole. Comunque sia di ciò , non voglio
mancar di notare che altra memoria di Giudei nelle
vicinanze di Pozzuoli, e propriamente in Bacoli , già
conoscevasi per altra iscrizione ritrovata in quel si-
to. Si fa in essa menzione di un Erode figlio di Afro-
disia, che dicesi Ascalonita; per la cui sepoltura fu
acquistalo il suolo dal comune de' Baulani : ab ordine
Baulanorum (Pralilli presso Calogerà opusc. I. XXXIX
p. 357 segg. Scotti, dìsserl. corogr. di Miscno e Cu-
ma p. 122:Orelli n. 4565; Mommsen inscr.r.neap.
lat. n. 2581 ). Dalle quali cose deducesi che anche
uomini della Giudea recaronsi in Pozzuoli , o nelle
vicinanze , ad esercitar le loro industrie , ed il loro
commercio. E come ora altri due fatti si aggiungono
a quello innanzi conosciuto , per confermare una
tale conclusione ; non sarà fuor di luogo il supporre
che si ritroveranno ancora altre memorie simili in
queste medesime località , che ci danno ogni giorno
nuovi ed importanti monumenti, ad illustrazione della
storia , ed a vantaggio dell' archeologia.
MlNERVIM
Orologio solare pompe jano.
Avendo precedentemente discorso di questo im-
portantissimo monumento (pag. 34 e segg. ), abbia-
mo credulo opportuno farne ora la pubblicazione.
Vedesi di fatti nella nostra tav. IX n. 3 e 4 il mo-
li
— 106-
numento nella quarta parte delle dimensioni dell' ori-
ginale. Si è pur segnato lo gnomone, ed uno de' la-
terali ornamenti. Questo orologio è stato già pubbli-
cato dal eh. sig. Comm. Quaranta in una particolare
memoria recentemente impressa ( L orologio a sole
di Beroso scoperto in Pompei addì XXIII di settembre
MDCCCLIV, ed illustrato — con una tavola litografi-
ca— Napoli 1854 in 4. ). Nondimeno abbiamo cre-
duto di fare una eccezione nel dare a' nostri associati
un monumento non inedito , non solo per la sua
importanza , ma anche perchè se ne diffonda più fa-
cilmente la conoscenza in questi nostri fogli. Con
questa occasione vogliamo pure avvertire che il
Comm. Quaranta presenta la illustrazione del mo-
numento e della osca iscrizione che vi si leggere noi
rimandiamo il lettore alla sua medesima dissertazio-
ne. Avvertiamo solo che in essa il eh. a. spiega la
voce aamanaffcd quasi derivata da admanare, nel
significato di preparare (p. 27). Noi tenemmo già
una diversa opinione ; e per verità la significazione
di preparare non sembra troppo bene adattata né
alla presente iscrizione , né alle altre ove la medesi-
ma voce s' incontra. Ed è certamente notevole che
lo stesso eh. autore nel presentare la versione ita-
liana della epigrafe pompejana, non dice già che A-
tinio preparò Y orologio , ma che il fece fare ( pag.
14) : le quali espressioni applicabili in tutte le altre
epigrafi finora conosciute sono quelle logicamente
richieste , e rientrano nella intelligenza da me data
alla parola aamanaffed, che mi parve corrispondente
al demandavit, o fieri mandami, dinotando l'incari-
co, o la commissione di far qualche cosa. Da ultimo
notiamo che il eh. Fiorelli ha pubblicata di nuovo
la iscrizione osca dell' orologio pompejano nella in-
teressante opera , di cui diamo qui sotto la notizia
( monumenta cpigr. pompei. pars 1 -inscr. ose. apogr.
tav. V n. 3 ); e ne ha pur ragionato alla pag. 9: ri-
cordando poi nella prefazione ( pag. II ) le cose da
me disputate in questo bullettino , le quali vennero
più tardi a cognizione del cb. editore.
MlNEHVINt.
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale accademia Ercolanese. Voi. IV.
parte I e II. Continuazione del numero 60.
1 0. Illustrazione di un frammento di cronaca greca
e di un bassorilievo rappresentante un' avventura del
Bucefalo: del socio P. Raffaele Garrucci p. 309-348
con una tavola incisa.
Questa memoria è diretta ad illustrare un fram-
mento in marmo palombino , già conosciuto per una
precedente notizia datane dal eh. p. Secchi ( bullett.
dell' Ist. 1843 p. 191,192), ed ora collocato nel mu-
seo Capitolino. Esso offre da una faccia una greca epi-
grafe in due colonne , dall' altra un bassorilievo di
tredici figure, e di quattro cavalli. L'a. ne presenta
un facsimile della iscrizione ed un disegno del basso-
rilievo eseguiti accuratamente dal sig. Andrea Russo.
Egli comincia dal paragonare il nuovo frammento con
altri simili monumenti già conosciuti. E mettendo poi
a disamina la iscrizione, a vv ver te com'essa è una nota
di varii fatti pertinenti alla storia romana, o a quella
de' Greci , i quali si veggono insieme raccolti senza
alcuna dipendenza fra loro, molti omettendosene, che
non erano da riputare di minore importanza di quelli
rammentati nella nostra cronichetta. Opina l' a. che
la epigrafe appartenga all'anno terzo dell'impero di
Tiberio. Segue la restituzione ed il commento della
iscrizione medesima : nel quale lavoro non seguiremo
il nostro eh. collega , trattandosi di osservazioni pu-
ramente storiche e filologiche. E tanto più ci astenia-
mo da questa esposizione, perchè leggemmo un'altra
pubblicazione di questa slessa cronichetta greca ese-
guita dal eh. Henzen in modo così diverso , special-
mente in alcuni punti, (annali dell'Istituto 1853 pag.
83 e seg.), che riesce quasi impossibile decidere sulle
varietà di lezione, senza tener sotto gli occhi l'origi-
nai monumento. Debbo pertanto confessare che la le-
zione del Garruèci è sovente confermata dal disegno
del signor Russo , il quale sappiamo esser tratto da
un gesso preso dal monumento stesso. Comunque sia
di ciò , l' autore nella seconda parte del suo lavoro
— 107 —
presenta la spiegazione del bassorilievo, che scorgesi
figurato nella faccia opposta del marmoreo frammen-
to. Egli vi ravvisa un fatto della storia di Alessandro
il Grande: cioè il famoso cavallo Bucefalo restituito
al Macedone da' Alardi che lo avevano rapito. Dal
che è tratto a presentar la conghiettura, che in que-
sta tavola di marmo tutta fosse esposta in vignette o
pìccoli riquadri la storia dell'ammirato domator di
Asia , del quale tanto superstiziosa religione rimase
tra i popoli , non altrimenti che la lazza di elettro di
Cornelio Marco ricordata da Trehellio , tutta intorno
istoriata de' fatti del magno Alessandro.
1 1 . Nuove osservazioni intorno la voce Decatiìekses
la quale s'incontra in alcune iscrizioni puleolane: di
Giulio Minervini: pag. 349-364. lu questa breve
memoria imprende l' a. a diciferare la nota voce dei
Decatrenses, che costituivano in Pozzuoli un collegio.
Già su quella parola molte opinioni furono presentate
da' chiarissimi Osann, Orelli, Furlanetto, Gervasio, e
Cavedoni. L'a. senza entrare a discutere il merito di
quelle precedenti conghiellure, propone una novella
interpretazione diversa. Egli crede che i Decatrenses,
così semplicemente nominali nella iscrizione di Ma-
vorzio juniore , sieno un particolare popolo trasfe-
rito iu Pozzuoli ad abitare. L'a. ritrova in appoggio
di questa sua opinione che la città ed il golfo di Cat-
taro sono chiamali appunto Decatera , e Decatara
negli scrittori Bizantini : osservando esser questo un
bell'esempio dell'ajuto, che prestar possono gli autori
de' bassi tempi per lo studio dell' antichità. Avverte
l' a. esser conveniente il finimento io enses , senza che
far possa impressione il confronto d^' Catari della Pan-
nonia. Ed osserva come non sia strana cosa il vedere
in un emporio dell'antico commercio, qual era certa-
mente Pozzuoli , trasferiti a negoziare anche i popoli
della Dalmazia, che valenti navigatori erano, ed indu-
striosi commercianti. E hene a ragione stabilir si do-
vevano relazioni di protezione e di riconoscenza con
Mavorzio Lolliano, che essendo Prefetto del pretorio
d Italia , ebbe sotto la sua giurisdizione anche parte
dell' Illirico e la Dalmazia. Al qual proposito cita altri
esempli di onori prestali a' romani magistrati dalle
particolari regioni di una città; dileguando la difficoltà
che desumer potevasi dal dirsi collegium Decalren-
sium , essendo da non pochi esempli comprovata la
esistenza di queste corporazioni seguite dal nome dei
popoli a' quali appartenevano. Indagando poi l' a. a
qual classe appartenesse quella riunione, giudica più
probahile che fossero negozianti, e ricorda le miniere
della Dalmazia , non senza palesare la sua idea che
i Decalrensi di Pozzuoli fossero addetti principalmen-
te allo smercio dell'oro e dell' argento grezzo , che
si traeva dalle cave della loro patria, e desiti ad essa
vicini. Chiude l'a. la sua memoria, col riferire un
brano di lettera del sommo Borghesi , il quale con-
forta la sua spiegazione di novello appoggio. Questa
opinione fu pure approvata da altri dotti epigrafisti
ed archeologi , come sono il Comm. Avellino , il P.
Secchi , il Mommsen, il Cavedoni , e l'Henzen ; che
ne tenne particolare ragionamento nelle tornale del-
l'istituto archeologico di Boma (bullett.dell'ist. 1853
pag. 5G). Vedi pure quel che ho detto ne'mon. ined.
di Barone an. 1 pag. 43, append. p. V11I-1X , e nel
bullelt. arch. nap. an. Ili pag. 47.
VOLUME IV -PARTE II, 1832.
1. Interpretazione di un luogo di Strabene, Ai Gia-
como Bucca : pag. 1-28. L' argomento di questa
memoria è la dichiarazione di un famoso luogo di
quel greco geografo nel quinto libro , là dove parla
della grotta scavata da Coccejo a cominciar da Poz-
zuoli, ove Strabone fa uso delle voci IttÌ Nsav ttó>./v
ìx A/xcc/apx»*? Wi Ta~s Baiai?. Molto si è faticato da
tulli gì' interpreti , per raggiungere la vera intelli-
genza di questo difficilissimo luogo. Il eh. autore per
varie ragioni sostiene che la vsi nrCkii additata dal
geografo sia l'antica Baja, ove sorgeva quasi una no-
vella città : e veniva , secondo lui , ad indicarsi mer-
cè quelle espressioni , un cammino che da Pozzuoli
menava alla nuova città di Baja , osservando come
le parole sv) roùs BaicuS non erano necessarie a com-
pire il pensiero , ma aggiunte sol dall'autore per to-
gliere qualunque equivoco. Negando che Strabone
abbia detlo di un cunicolo che da Pozzuoli menasse
a Napoli , secondo la opinione di alcuni, l'a. prende
— 108 —
la occasione di opporsi a coloro i quali nel passaggio
Slraboniano opinarono accennarsi alla grolla della
volgarmente di Scjano. L'a. cerca di dimostrare che
la descrizione della grotta di Coccejo riferita da Stra-
bone non corrisponde all'attuale grotta di Sejano.nè
per la posizione né per la costruzione medesima del
cunicolo. Egli opina che la grotta di Sejano venne
costruita da Lucio Lucullo. Una tale spiegazione del
luogo di Strabone è dovuta in origine al Martorelli
ed al Pellegrino, come non manca di avvertire l'au-
tore ; ma questi due dotti si astennero dal presentare
tutte le ragioni che potevano appoggiare le loro ri-
cerche. Ora il sig. Rucca ha cercato di riparare una
tale mancanza, convalidando quell' antica interpreta-
zione con sue proprie osservazioni e dilucidazioni.
2. Dichiarazione di alcuni luoghi di Strabone, do-
ve si parla dell' Acerno, del Lucrino , di Miseno , Cli-
ma, Baia e della grolla napolitano, al presente chia-
mata di Pozzuoli: del cav. Bernardo Quaranta: pag.
29-124. Questa lunga disseriazione dui comm. Qua-
ranta , della quale la brevità richiesta in questi fogli
non ci permette di dare una idea compiuta, è diretta
ad illustrare varii passaggi di Slrabone concerncnii
certe particolarità delle nostre regioni; esegnalamenle
lo stesso luogo illustrato dal sig. ab. Rucca nella me-
moria da noi precedentemente annunziata. Il eh. a.
si fa a riferire dislesamente le varie opinioni de' dot-
ti , opponendo ad esse le sue critiche osservazioni.
L'a. nel luogo di Strabone, e propriamente nelle
dibattute parole: rov Koxxafw tqv Troir^ffxr'roS Tr\v
oiu'puya. ìx:iyv\y fs, x%) \ntì Nexv trùk» lx Atxoa<x.px,'ois
?7rì rcus Bxix<s, !'7r<xxoXo(/}-/i'7a.vT05 eie. suppone es-
servi la ellissi della voce b%ov, quasi che quelle espres-
sioni fossero equivalenti alle altre i; ó^ov AixociCLpfcloiS,
dalla via che stendesi da Pozzuoli, aggiungendosi ha
rxìs Baiai» lasciata Baja : « il che , dice il Quaran-
ta, in altri termini importava un come dire, la grotta
che menava a Napoli , formar bensì l' unico passag-
gio da battersi da coloro che dalla w di Pozzuoli vo-
levano per quel cunicolo a Napoli andare ». L'a.
appoggia questo suo divisamenlo con ragioni geogra-
fiche e filologiche ; dimostrando per le prime come
Strabone descrive appunto il viaggio da Baja a Na-
poli, ed illustrando per le allre le grammaticali con-
giunzioni te xoù, la ellissi della voce o^où , ed il si-
gnificato dell' Itt) nel senso di dopo. Finalmente il
eh. autore ragiona delle Acle di Pozzuoli, dilucidan-
done filologicamente la intelligenza , col determinarle
per le spiagge scogliose, che veggonsi dopo il Lucrino,
prima di Pozzuoli. Indispensabile giudichiamo la let-
tura dell'intero lavoro del nostro eh. collega per for-
marsi una idea adeguata di tutte le minute discus-
sioni, alle quali dà luogo una ricerca di simil natu-
ra. In una quistione cotanto dibattuta , e dottamente
discussa da molti, mi sia lecito proporre alcune brevi
osservazioni. Ancorché la opinione del comm. Qua-
ranta sia molto ingenosa ed eruditamente sostenuta,
pure io confesso di non essere pienamente persuaso
della ellissi della voce 6§où da lui immaginata. Trat-
tandosi di una frase, nella quale precede una preposi-
zione, che regge il secondo caso, non si può mai es-
ser sicuro della ellissi, non potendosi in verun modo
liquidare se il genitivo Atxa.fx.px^i appartenga al
reggimento del sostantivo soppresso, ovvero a quello
della precedente preposizione. Malgrado una tale av-
vertenza, io ritengo pienamente la intelligenza data a
tutto il senso dal comm. Quaranta: e solo nonparmi
vi sia bisogno di ricorrere a quella ellissi ; percioc-
ché le parole fat\ N/xv vóXiv lx. Aixy.i%pxi%5 son de-
stinate appunto a significare non la estensione della
grotta , ma sibbeue il passaggio messo in rapporto
con coloro che lo percorrevano : intendendosi di quel-
la grotta che da Pozzuoli menava a Napoli. Né dee
far maraviglia che venisse in tal modo indicata quella
ascosa via, mentre è lauto distante da Pozzuoli; giac-
ché il geografo considerò la relazione frallc due città
più vicine , essendo Pozzuoli 1' unico sito , che fosse
degno di memoria per Io numero degli abitanti. E
qui si noti che Slrabone nelle parole che prossima-
mente precedono indicò in modo differente la esten-
sione di un'altra grotta: vai dire sctto noi 'Aópyou....
\j.{\^{ K(V?]S. Nel luogo , di cui facciamo la disami-
na , considerò l' uso di coloro che da Pozzuoli diri—
gevansi in Napoli , ed usò le voci affatto diverse hi
n/xk ■jto'Xjv lx Aix<xioi.px,i%s. Ritenuta dunque questa
significazione , rimane a spiegare la ragione di quella
— 109
circostanza aggiunta da Strabone colle parole sV} rx7s
Bai'xis. Furono esse con maggiore o minore proba-
bilità interpretale da varii dotti scrittori: ma dobbia-
mo per verità confessare die tutte le opinioni , non
eccettuata alcuna , mostransi più o meno soggette a
difficoltà ed opposizioni ; per modo ebe non lasciano
lo spirito pienamente convinto della loro ragionevo-
lezza e della loro evidenza. Noi crediamo di potere
facilmente restituire la vera lezione nelle parole di
Strabone , le quali rimasero per sì gran tempo non
interamente comprese, ed interpretate. Comincio dal-
l' osservare che per rannodarsi bene fra loro le pa-
role , bisogna ripetere 1' articolo : e non dubito che
il geografo scrisse di fatti roù KqxxyJqu irorfpxvros
tt,v hicópuyx Ixilvyy ti xx\ [t7,v] sV) Neay tto'X/v ìx Ai-
xxtxpx'W- il che venne altresì in mente al Tyrwhilt,
il quale ben si avvide di questo errore grammaticale,
che non può attribuirsi a quell' elegante scrittore
(emend. in Strab. p. 6 ed. Harles). Risanato in tal
modo per la prima parte il luogo di Strabone , non
sarà difficile restituirlo alla sua vera lezione , dopo
alcune brevissime considerazioni. A compiere il senso
delle tanto dibattute espressioni già dicemmo sup-
porsi che l'autore consideri nel far menzione della
grotta il passaggio, che per essa avevasi da Pozzuoli
a Napoli : manca adunque il verbo che esprima un
tal passaggio. Allorché Strabone ha favellato dell'al-
tro cunicolo, nel far menzione della sua estensione,
non ha intralasciato di compire il senso col verbo
Wtfiu'ffrjS} nell'altro luogo mancherebbe il verbo di-
notante la idea del passaggio da Pozzuoli a Napoli ,
quante volle si ritenessero le parole tulle in quel mo-
do in cui al presente si mostrano. Questo verbo, che
io reputo necessario ad aprir la vera mente dello
scrittore, si asconde nelle parole \k\ rxìs Bai'*/?: ed
io credo di aver ritrovalo tal voce , che nelle mani
de' copisti si confuse coli' svi (3oucus. È questa il par-
ticipio £7r;|3àcrotv , che rende perfetto il periodo , e
chiarifica la idea di Strabone ryy lm N/av vrÓkiv ìx
Aixxixpxtxs \iti§xaa.y, esprime quell'ascoso passag-
gio che da Pozzuoli si conduce in Napoli. Ci sembra
poi degno di osservazione che lo stesso Strabone nel
parlar delle strade, usa i composti di jJx/iw. Così ra-
gionando della via Latina , e delle sue varie dira-
mazioni, il geografo si esprime in tal guisa : xpx'.rxi
hi xirò ty,ì ' kiarlxi h xpicn^x" xtt' uvr-rfi lxrzì/7ro-
ixivy] vkvfloi 'Pc4i7]S , tira, hix TouaxzuXxvou opot/S
TIIEPBASA x. r. X. (lib. V. cap. III). Ognun
vede , come così semplicissimamente ridotto alla vera
lezione il luogo di Strabone, tutte le difficoltà sva-
niscono , e risulta chiarissima la sua intelligenza. Né
potrà alcuno opporre che la grotta , di cui intendia-
mo , non viene propriamente da Pozzuoli ; giacché
oltra le ragioni di sopra addotte tendenti a provare
che il geografo ebbe in mira il rapporto tra Napoli
e Pozzuoli ; vi è anche quella che volgarmente la
nostra grolla appellasi la grotta di Pozzuoli , ricono-
scendosi nella vivente popolazione quel rapporto me-
desimo che tanli secoli addietro palesavasi nella men-
te del dottissimo geografo.
Che se uno scriltore va maravigliosamente spiegato
con le sue medesime idee, e colle sue medesime frasi,
può ben dirsi che da Strabone la grotta di cui è pa-
rola dovea principalmente indicarsi come un punto
intermedio fra Napoli e Pozzuoli. Di fatti ragionando
egli altrove dello stesso passaggio si esprime in tal
guisa : ieri Vi xxì hSxh htwpv'i x:v7rrr\ rov ixìtx%v
épOfS, Tri? ri Aixxixpxt'xs, xx) rrf Nsx7rt\scs vTnp"> x-
g'òìvtos; le quali espressioni sono il miglior comento
delle altre , di cui finora favellammo. Queste nostre
osservazioni tanto più acquistano forza e valore, quan-
do si considera ebe dalle ultime parole sembra de-
dursi estendersi insino alla grolta il territorio puteo-
lano. Di fatti Io slesso Slrabone non pone fra Poz-
zuoli e Napoli luoghi intermedi! , dicendo: Me7* hi
Aixxixpfctxv £ffr! N:'aVoX/s Kvyixlwv. Onde propria-
mente parlando la grolla ih quislione poteva dirsi
i7t\ ìsìxv ifóXiv ìx Aixxixpx,txs i7ri~5x<jx, cioè uscente
dal territorio di Pozzuoli nel territorio napolitano. E
qui nuli' altro aggiungeremo, sottomettendo le nostre
conghietture al giudizio dei dotli.
3. Sopra una iscrizione Siponlina osservazioni di
Agostino Gcrvasio: p. 123-192. Questa disseriazio-
ne, che fu la prima volta pubblicata dall' a. nel 1837,
vede ora per la seconda volta la luce, non senza il
corredo di nuove aggiunte ed osservazioni. La epi-
110-
grafe, sulla quale il sig. Gervasio diresse le sue dotte
ricerche, è ora riprodotta dal eh. Mommsen nell'o-
pera inscr. regni neap. latinac p. 50 n. 929. Noi ci
asteniamo dal riferire le cose dette dall' a. in questo
suo lavoro , perchè da più tempo conosciute ; essen-
dosene data una onorevole notizia e dal sig. Urlichs
ne btdlettini dell' Istituto di Corrispondenza archeolo-
gica 1837 pag. 158 s. , e dal dotto epigrafista Cle-
mente Cardinali nella rivista archeologica del giornale
Arcadico voi. 74 del 1S38 pag. 139. Noterò dun-
que solamente le varietà e le aggiunte di questo la-
voro , come vedesi riprodotto nelle memorie della
regale Accademia Ercolanese , alla quale originaria-
mente fu presentato. Trattando copiosamente della
ragione alimentaria il sig. Gervasio faceva menzione
del famoso frammento della tavola de' Liguri Bebia-
ni : ora aggiunge le citazioni di coloro , che in que-
sti ultimi anni si occuparono della pubblicazione ed
illustrazione di queir insigne monumento : citando
( pag. 143 ) i lavori del eh. Garrucci , e del eh.
Henzen, che sparsero non poca luce su tutta la qui-
stione della ragione alimentaria. Vedi una notizia dei
differenti lavori di questi due dotti data da me nella
prima serie del bullettino ardi. nap. an. V p. 121 s.
A proposilo della epigrafe di C. Cesio (Grut. p. MXX,
10, Doni ci. II, 67) , il sig. Gervasio aggiunge al-
cune nuove osservazioni , e sulla esistenza della fa-
miglia Cesia ne' dintorni del moderno Fabiano , e
sulla interpretazione delle sigle , che in quella iscri-
zione s'incontrano (pag. 171). Alla sua seconda
appendice aggiunge 1' a. una importante osservazio-
ne (pag. 183 segg. ). Nel parlar della voce Altegia ,
egli aveva richiamato a confronto la epigrafe di Se-
verinio Satullino edita dal Grutero p. LIV, 11. Ora
aggiunge che il Marini tenne per sospetta quella iscri-
zione (pap. diplom. n. CI an. 949): alla quale opi-
nione si oppone principalmente perchè lo Schoepfliu
dichiara di aver veduta la pietra egli slesso: insculpla
est tabula etiamnum integra (Alsat. illustr. t. II pag.
445 e 446): e questa autorità rimaner dovette ignota
a quel sommo uomo quando dubitò della legilimilà
della iscrizione gruteriana.
Interamente nuova è la terza appendice alla dis-
sertazione del sig. Gervasio. Il sig. Grotefend sup-
pose due divisioni dell'antica Napoli, una delle quali
credè appartenesse alla tribù Meda , Y altra alla Ga-
leria: e ciò in corrispondenza della più antica divisione
di Palepoli e Napoli ( v. la Zeilschrift far die Alter-
thumswissernscliaft 1833 p. 915 a 947). La. esamina
da prima la quistione relativa alla distinzione Ira Pa-
lepoli e Napoli, ricordando tutte le ricerche de' dotti
su tal proposilo. (Vedi ora la recenlissima disseriazione
del sig. Capasso sul medesimo argomento). Osserva in
seguito il sig. Gervasio che ne' lempi posteriori i Na-
politani furono ascritti unicamente alla tribù Meda :
facendo brevi avvertenze sulle differenti iscrizioni
napolitane, che di questa tribù fanno menzione. Cila
fralle altre la iscrizione bilingue di M. Cominio Ve-
recondo , osservando come i due primi versi furono
in Ialini caratteri sostituiti a quelli che prima con
greche lettere vi erano stati scolpili. La quale parti-
colarità non avvertila dal dottissimo Borghesi ( bul-
lett. dell'Ini. 1831 p. 50) rimase pure ignota al eh.
Mommsen ( inscr. r. neap. lai. n. 3067 ) , ed a' dotti
editori del corp. inscr. gr., che la riferiscono sotto il
n. 5837, b: sebbene fosse generalmente riconosciuta
dagli archeologi napolitani. Vedi pure il rendiconto
delle tornate dell' Accademia Ponlaniana an. II pag.
146. In quanto alle altre iscrizioni colla menzione
della tribù Galeria , riferite dal Grotefend alla no-
stra citlà, il sig. Gervasio giustamente sostiene esser
quei marmi in parte interpolali e corrotti , in parte
venuti in Napoli da altre località, secondo un costu-
me assai comune fra noi negli scorsi secoli, ne'quali
i signori Napoletani facevano per ogni dove 1' acqui-
sto di antichi monumenti, per adornarne le loro ville
ed i loro palagi. Non voglio intanto mancar di av-
vertire che una notizia della prima edizione di que-
sto lavoro fu data dal defunto sig. prof. Zumpt di
Berlino, il quale fece pure alcune particolari osser-
vazioni sulle voci ponderarius e sacomarius (Jahrbù-
cher [tir Wi&tenschaftliche Krilik, giugno 1844 num.
103); e che il dottissimo cav. Boeckh, nella sua se-
conda edizione della Economia politica degli Ateniesi,
citò le diligenti ricerche del sig. Gervasio sul Saco-
ma ed i Sacomarii , approvando la sua osservazione
— ili —
sulla migliore interpretazione della voce dbttpJ* ( tom.
II p. 358).
(continua) Minervini.
Monumenta epigraphica Pompeiana ad fidem arche-
typorum expressa. Pars prima. Inscriptionum osca-
rum apographa , curante losepho Fiorellio ordini
Academicorum Herculanensium adleclo, et Instituti
archaeologici sodale — Neapoli — Sumptus fccit Al-
bertus Delken Bibliopola , typis et formis Caietani
Nobile— Super, perm. MDCCCLIV, editio C exem-
plarium.
Noi già facemmo altrove menzione di una impor-
tantissima pubblicazione napolitana relativa alle anti-
chità di Pompei , nella quale vedevasi per la prima
volta introdotta fra noi, in modo degno di considera-
zione, la cromolitografìa. Ora siamo lieti di annun-
ziare un'altra opera non meno lodevole, e non meno
interessante di quella precedentemente annunziata.
Come rilevasi dal titolo messo in fronte del presente
articolo, trattasi di una compiuta collezione delle epi-
grafi pompeiane, dovuta alle cure del eh. sig. Giu-
seppe Fiorelli , di cui son troppo noti gli studii su
quella classica città. L' autore delle illustrazioni , in
una prefazione , espone tutto ciò che intende di ren-
dere di pubblica ragione: cioè le iscrizioni osche, le
greche , e le latine. Di queste ultime presenta una
quadruplice divisione, proponendosi di pubblicare le
iscrizioni in pietra, quelle dipinte sul muro, i graffiti,
e finalmente le differenti epigrafi, che leggonsi su' vasi,
sulle lucerne, e sopra altri antichi oggetti di pompe-
iana provenienza.
Il eh. editore comincia dalle iscrizioni osche , che
costituiscono la prima parte di questo difficile e com-
plicato lavoro. E noi dichiariamo volentieri che da
questa prima porzione dell' opera può trarsi argo-
mento a ben giudicare delle altre che seguiranno. In
dieci tavole di grandissime dimensioni ci si pongono
sotto gli sguardi tulte le epigrafi osche di Pompei, ese-
guite accuratamente in litografia, riproducendosi con
la massima esattezza tutte le più minute particolarità
de' monumenti riportati , o che si consideri il colore
della materia ove sono le iscrizioni scolpite, dipinte,
o graffite, o che si riguardino tutte le minuzie osser-
vabili ne' caratteri, e per la loro forma, e per le frat-
ture, e per le varietà subite ne' colori a causa dell'u-
mido, o per qualsivoglia altra cagione, che ne abbia
alterati i contorni. Noi sappiamo che il eh. editore
ha lavorato egli stesso con assidua diligenza all' opera
di trarre i lucidi esattissimi da' monumenti originali,
da' quali poi furon ricavate le litografie. Questo metodo
di pubblicazione, sebbene renda il libro assai costoso
e di non facile acquisto , è però utilissimo a coloro prin-
cipalmente, che aver non possono sotto gli occhi con-
tinuamente i monumenti origioali. E noi saremmo di
parere che le belle litografie dell'opera di cui diamo
l'annunzio, dovrebbero acquistarsi da tutti i musei del
mondo; ne'quali si vedrebbero per tal modo esposte le
epigrafi pompejane per esser sottomesse all' esame ed
allo studio de' dotti, che ricavar ne potrebbero tutto il
vantaggio, e per le ricerche paleografiche, e per quelle
che concernono le novelle spiegazioni de' monumenti
soggetti a varie interpretazioni , ed a lezioni diverse.
Per quanto spetta poi a' programmi, ed a' graffiti , è
troppo noto come sieno essi soggetti a deperire , e
talvolta anche a subire la totale distruzione, a causa
del fragile intonico su cui furono segnati. Per lo che
una identica riproduzione è destinata a servire un
tempo in luogo degli originali, conservandone la fre-
schezza e talora la esistenza.
Noi osserviamo che una pubblicazione di tal fatta
vede ora per la prima volta la luce. Sovente si presen-
tarono le antiche epigrafi a facsimile, ma allorché i
monumenti erano di grandissime dimensioni, offrironsi
agli sguardi degli studiosi ridotti ed impiccioliti. Non
così nella presente pubblicazione ; il che la rende non
solo oltremodo splendida e magnifica, ma utilissima
ancora , secondo che fu da noi di sopra accennato.
Per ciò che risguarda il testo che accompagna le ta-
vole , noi non sappiamo abbastanza lodare la idea
dell'autore nel dettar le illustrazioni nella lingua del
Lazio , la quale spiacevolmente vedesi abbandonata
da' dotti, anche sovente nelle più difficili trattazioni
filologiche. In quanto poi alle osservazioni fatte dal-
l' autore a ciascuna iscrizione , noi lodiamo in gene-
— 112
rale la diligenza e la erudizione dello scrittore, il quale
ba diligentemente raccolto e sottomesso alla critica ,
quel che innanzi fu scritto sulle osche epigrafi pom-
pejane. Parleremo più particolarmente in un secondo
articolo de' varii monumenti , de' quali ragiona l' a. ,
e delle sue particolari osservazioni. Ci basti ora il di-
chiarare che il Signor Fiorelli si ha con questa no-
bile pubblicazione acquistato un novello titolo alla
stima ed alla riconoscenza de' cultori della filologia ,
e degli studiosi delle antichità pompejane. Nò meno
abbiamo a lodare il librajo sig. Alberto Delken , che
ha fatto la spesa della edizione, e che non ha nulla
risparmiato perchè fosse eseguita colla maggiore ele-
ganza di tipi dal notissimo tipografo cav. Nobile , e
colla maggiore esattezza ne' fac-simili dal diligentissi-
mo litografo signor Richler.
MlNERVINI.
Iscrizioni latine. Continuazione del n. 62.
Sono state recentemente scoverte in Pozzuoli al-
cune tombe , in una delle quali furono rinvenute le
seguenti iscrizioni latine. Mi furono esse da prima
comunicate dal sig. Arcangelo Bruschi , e ne potei
poscia verificare in parte io medesimo le lezioni.
bene ora sia svanita la traversa che costituiva la let-
tera H nel mezzo.
27.
D- M
TITTIA • FESTA
VIX1T • ANNIS
V • MENSIBVS III
DIE M • T • POMPEI
FELIC1TAS
MAT BENEMEREN
ER TI
Pare che sia una Tiltia piuttosto che Tettia Festa,
visse soli cinque anni tre mesi ed un giorno. La picco-
lezza del marmo fece adottare quella maniera così stra-
na di scrivere. È notevole che le parole T. POMPEI
FELIC1TAS
sono scritte di più minuti caratteri: e pare sia un'ag-
giunzione richiesta dal padre della fanciulla, che volle
inserire quelle tenere ed affettuose parole , concor-
rendo alla idea di porre una memoria alla figli uo-
lina defunta, insieme colla sua consorte.
28.
26.
D M
VERRIAE A
GATETYCHE
Si noti che siccome il finimento TYCHE offre le
due ultime lettere in monogramma , così esser do-
vea nel principio AGATHE col nesso di THE ; seb-
D M
VERRIAE • AGATHEMERIDI
Questa Verria appartenne alla stessa famiglia di
Venia Agathetyche: ed è notevole come avessero en-
trambe un nome di analoga formazione.
MlNERVINI.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETT1N0 ARCI1EOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 6J. (15. dell1 anno III.)
Febbraio 1855.
Recherehes sur la Numismatique Judaique par F. Db Sàvlcy Memore de YInslitut, Académie des Inscriptions
el liclles-Lettres. Paris, Dìdot 4854, in 4.— Descrizione di alcuni frammenti architettonici rimcìiuti sulla
grossezza del muro di cinta della antica Pesto.
Recherclws sur la Numismatique Judaique par F. De
Saulcy, Membre de l' Inslitut , Académie des In-
scriptions et Bellcs-Letires. Paris, Didot 1854, in 4.
Il eh. De Saulcy , che non suole scrivere per ri-
petere il dello da altri , in questa ragguardevole sua
opera , corredata di beu XX tavole , ha giovato di
molto all' avanzamento di questa serie importantissi-
ma delle antiche medaglie , ma nello stesso tempo ,
volendo innovare di soverchio , la fece in certo qual
modo retrocedere; e mostrò vero anche in tale par-
ticolare la saggezza dell' aulico apoflemma MHAEN
ArAN.
Delle molte monete Giudaiche insignite di epigrafe
Ebraica in caratteri Fenicio-Samaritani , che Onora
eransi attribuite a Simone Asmoneo, fratello di Giu-
da Maccabeo , egli ragionevolmente ne assegna gran
parte a Simone Barkokeba ; ma fuor d' ogni verisi-
migliauza riporta l' altre a' tempi di Alessandro Ma-
gno , lasciando così il buon Simone Asmoneo , che
pur si ebbe da' re della Siria ampia facoltà d' impri-
mere moneta propria nel suo paese , spoglio affatto
di pecuuia , senza peraltro togliergli la speranza di
poterne accattare qualcuna, che coìl'andar degli anni
si venisse a discoprire.
Il eh. autore pone impresse sotto il pontificalo
d'Iaddo, regnando Alessandro Magno, dall'anno 332
al 329 innanzi l'era volgare, le seguenti monete Giu-
daiche autonome : Sicli <f Israele degli anni I , IL e
III; mezzi Sicli degli anni I, e li; monete di bronzo
dell' anno IV della redenzione di Sion. L' argomento
suo precipuo per fare cotale innovazione 6 dedotto
dal riscontro delle suddette monete con altre di fab-
brica e stile d' età posteriore , eh' egli crede apparte-
nere senza meno a Giuda Maccabeo , ed a Gionatane
suo frafello. Ma questo argomento perde ogni valore
qualor si dimostri, che le monete, attribuite dall'au-
tore troppo francamente a Giuda Maccabeo ed a Gio-
nalane fratel suo, spettano anzi ad altri principi Asmo-
nei posteriori a Simone ; a Giuda Aristobulo cioè e
ad Alessandro Ianneo , detto anche donatane, come
vedremo in appresso. L' autore si fonda anche sopra
i privilegi concessi da Alessandro Magno a' Giudei in
Gerusalemme ; sopra 1' autonomia cioè, che, a parer
suo, porta necessariamente il diritto d'imprimere mo-
neta propria. Ma consta , che in realtà il conquista-
tore Macedone altro non concesse ad Iaddo ed ai Giu-
dei , che di vivere secondo le loro leggi , e di essere
esenti dal pagare i consueti tributi nell'anno sabbatico,
non già negli altri anni (Flavius, Ant. Iud. XI, 8, 5).
Anche Cesare Augusto con editto speciale, e senato-
consulto, concesse a' Giudei di vivere giusta le loro
leggi (J?\a\. Ant. XYl, 6, 2); ma non per tanto sarebbe
stato lor lecito imprimere monete proprie nazionali
senza un permesso speciale (cf. Eckhel t. IV p. 497).
Inoltre , consta che i sicli e semisicli attribuiti finora
comunemente a Simone Asmoneo sono di argento al-
quanto scadente , contenendo una sesta parie di me-
tallo elerogenco ( Bayerus de man. Hebr. p. 66 ) , e
che non pesano che grammi 1 h, 20 all' incirca; lad-
dove gli stateri di Alessandro Magno impressi in A-
rado ed in Ateo della vicina Fenicia sono di argento
puro e conformi ne! peso al tetradrammo Attico, pe-
sando oltre 16 grammi (Saulcy , Rech. p. 2i: Mus.
Est.). D'altra parte il titolo scadente dell'argento
de' Sicli e Sanisicli d'Israele troppo bene si addice ai
- 114-
tempi di Simone Maccabeo, ne' quali anche le mo-
uete dei re di Siria erano d' argento parimente sca-
dente (Eckhel T. I p. XXV, cf. T. Ili p. 542), e lo
statere Fenicio pesava similmente grammi 14,20
(Cavedoni, Num. Bibl. p. 43: cf. Pinder, Beitraegc
p. 209 ). Se a' giorni di Alessandro gì' Israeliti aves-
sero avuto piena autonomia, con facoltà d'imprimere
moneta propria, Giuseppe Flavio non avrebbe omesso
di ricordarla; e per l'opposito ne accerta come Si-
mone Asmoneo nel bel primo anno del suo princi-
pato ebbe liberato il popolo d' Israele da ogni suddi-
tanza a' monarchi Macedoni , e dal tributo che avea
dovuto pagare ad essi pel decorso di 170 anni; per
lo che il popolo stesso incomincia a scrivere ne' do-
cumenti sì pubblici, come privati , l'anno I di Simo-
ne evergete ed einarca de' Giudei (Flav, Ant. XIII, G,
6). Lo stesso ne attesta lo scrittore divinamente in-
spirato del libro I de' Maccabei (cap. XIII v. 41 ),
che inoltre rapporta la lettera di Antioco VII re di
Siria a Simone stesso , scritta un due o tre armi ap-
presso , nella quale dice fra l'altre cose (1 Maehab.
XV , 0 ): et fermino libi facere percussuram proprii
numimalis in regione tua; Ierusakm autem sanclam
esse et Uberam. Simone Asmoneo pertanto si rimanga
in giusto e fermo possesso de' Semisicli d' Israele de-
gli anni I, II e III, ne' quali Gerusalemme dicesi la
fama, e delle monete di bronzo altresì dell'anno quar-
to della Redenzione di Sion insignite de' tipi del Calice
sacro e del Lulab e d' altri relativi al culto divino
per la festa de' Tabernacoli.
Il eh. autore attribuisce a Giudea Maccabeo una
moneta di bronzo , di terzo modulo della scala del
Mionnet , che è come segue :
Corona di olivo , o d' altre [rondi , con epigrafe E-
Iraica in lettere Samaritane , eh' egli spiega : Giuda
Sacerdote illustre ed amico de Giudei.
)( Due Cornucopie ornate di vitle.che si toccano con
le estremità loro inferiori, e capo di papavero che s'er-
ge di mezzo ad esse.
Quel eh' io dissi capo di papavero con la comune
de' numografi , dall' autore vien detto costantemente
pomo granato , o sia melagrana ; ma non è tale per
fermo , poiché la melagrana ha picciuolo piuttosto
corto e alquanto inflesso ( cf. Due de Luynes, num.
des Satrap. pi. Ili); laddove in queste ed in altre mo-
nete Giudaiche l'oggetto posto di mezzo alle due cor-
nucopie ha stelo assai lungo e diritto.
Non so poi comprendere come Giuda Gran-Sacer-
dote de'Giudei potesse intitolarsi amico de'Giudei; poi-
ché cotale appellazione sarebbesi unicamente conve-
nula a principe di nazione straniera. Così Giuda Ari-
slobulo , figliuolo di Giovanni Ircano , si cognominò
Fìlellene , «I^X/xX^v (Flav. Ani. XIII, 11,3), ma non
gici Filogiudeo. E siccome la voce ebraica *Oft può
leggersi tanto Cheber, quanto Chabar o Chaber , così
vorrei congetturare, che tutta l'epigrafe ebraica possa
rendersi : Giuda gran Sacerdote e la società ( o sia il
popolo) dei Giudei ; sì che queste monete , e simil-
mente quelle di Giovanni Ircano, e di Alessando Ian-
neo o sia Ionatane, fossero impresse a nome del Gran
Sacerdote , e della nazione de' Giudei tutt' insieme ,
nel modo stesso che no' documenti diplomatici di quei
tempi , p. e, nella lettera di Demetrio re di Siria in-
dirizzata patri lonathae, et genti ludaeorum (I Ma-
ehab. XI, 30). Anche la voce ebraica che il eh. Saulcy
rende ìUuslrc penso che debba leggersi 7"nA, per avere
il titolo diplomatico di Sacerdote Grande , anzi che
illustre, che sarebbe fuori dell'uso del parlare: tanto
più che in queste epigrafi a lettere ebreo-samaritane
p'ccoline e sfuggenti torna facile lo scambio del ghi-
mel al lamed.
Ma comunque sia delle proposte mie congetture ,
parmi certo che la moneta attribuita a Giuda Macca-
beo dal eh. Saulcy debba restituirsi a Giuda Aristo-
bulo, figliuolo di Giovanni Ircano, che tenne il som-
mo sacerdozio ed il principato per soli due anni ; di
che chiara si pare anche la ragione della somma ra-
rità delle sue monete ora per la prima volta pubbli-
cate dal eh. Saulcy. Copiose per lo contrario , e da
molto tempo ben note, convenientemente sono le mo-
nete di Giovanni Ircano , che tenne il sommo Ponti-
ficalo per ben 29 anni ; le quali sono in tutto simili
a quelle di Giuda suo figliuolo , che mostra averle
ricopiate, sostituendo solo il nome suo lehudah a
quello del padre lehochanan. La ragione pertanto dei
tipi della corona che rinchiude l'epigrafe, e del dop-
— 115
pio cornucopia, vuoisi ripetere dalle circostanze e
contingenze del principato di Giovanni Ircano. La co-
rona raccbiudente l'epigrafe ricorre in monete di An-
tioco VI Epifane Dioniso (Eckhel T. Ili p. 233), ed
il doppio cornucopia decussato in alcune di Alessan-
dro li Zebina (Mionnet, Descr. n. 730, 731), il quale
contrasse alleanza con Giovani Ircano ( Flav. Ant.
XIII, 9, 3). La corona inoltre può riferirsi alle vit-
torie riportate da Giovanni, e segnatamente a quelle
che gli meritarono il nome d' Ircano, oppure al dono
della corona aurea che gli facesse Antioco Sidete od
Alessandro Zebina (cf. / Mach. X, 20); ed il gemino
cornucopia può indicare le dovizie insigni di lui se-
gnatamente dopo i tesori scoperti ne' sepolcri regii di
Gerosolima (Flav. Ant. XIII, 8, 4: 10, 1, 4, 5).
In alcune delle monete di Giovanni Ircano al diso-
pra dell'epigrafe ebraica, proprio nel silo ove si ac-
costano a vicenda le estremità superiori de' due rami
formanti la corona, ricorre un A greco di forma mag-
giore di quella dell' altre lettere. 11 eh. Saulcy opina,
che vi stia per indizio dell' alleanza di Giovanni me-
desimo con Antioco VII Sidete oppure con Alessan-
dro 11 Zebina ; ma potrebbe anche denotare che la
corona stessa fosse un dono di Antioco , o di Ales-
sandro re di Siria , inviato per ragione di onore e di
amicizia a Giovanni Ircano, siccome consta di Ales-
sandro I Baia re di Siria, che mandò a Gionata som-
mo Sacerdote purpuram ci coronarti auream (I Mach,
X, 20 ).
A proposito dell' alleanza di Giovanni Ircano con
Antioco VII Sidete, il eh. Saulcy propone la conget-
tura, che fossero impresse in Gerusalemme le piccole
monete di quel re della Siria, che sono come segue:
BASIAEUS ANTlOXOTETEPrETOT. Ancora dei
Seleucidi con presso le noie numeriche AIIP, BIIP
(anno 181, 182).
)( Fiore a calice molto elevato e con due foglioline
nell'imo del corto suo gambo. y£. 3.
Ma colali monetine sembrano impresse nella Siria,
tra perchè fanno riscontro alle analoghe insignite dei
tipi del ceffo del leone e della clava d'Ercole, e per-
chè ve n'ha colla data dell'anno 181 fino al 184, e
con è altrimenti verisimile che un re della Siria con-
tinuasse l' impressione di colali moneluccie in Geru-
salemme pel decorso di quattro anni. Né faccia diffi-
coltà, che il eh. Saulcy ne ricevesse ben cinque esem-
plari raccolti nelle vicinanze di Gerusalemme; poiché
avendo esse tipi comportabili anche pe'Giudei, vi sa-
ranno state recate ab antico dagl' Israeliti della Si-
ria, che più volte in ogni anno visitavano il Tempio
nella ricorrenza delle tre maggiori solennità. Del re-
sto, il fiore che vedesi nel riverso delle ridette mo-
netine di Antioco Sidete non è altrimenti fior di giglio,
come lo chiama il eh. autore, masibbene deciso fiore
di melograno, o sia balaustio, che dai Greci appella-
vasi ff/^rj, ed il cui frutto ricorre nelle monete di Side
della Panfilia; onde manifestamente appella al sopran-
nome di Sidete dato ad Antioco VII in riguardo al
primiero suo soggiorno in Side medesima (v. Viscon-
ti, le. Gr. P. Il p. 451 ed. Mil.).
Il eh. autore, avendo date a Giuda Maccabeo le
sovra descritte monete con epigrafe ebraica , per non
lasciare privo di moneta Giuda Aristobulo, figliuolo
di Giovanni Ircano, fu costretto ad assegnare a lui
alcune monete con epigrafe greca mal conservala e
di lezione incerta; ed in ciò fare egli contravvenne al
suo sistema di classificazione per cerio ordine pro-
gressivo ; poiché posto che colali monete greche fos-
sero impresse da Giuda Aristobulo, Alessandro lan-
neo suo successore e fratello riescirebbe retrogrado,
avendo impresso alcune monete ebraiche, e poscia
altre bilingui, aventi cioè epigrafe ebraica in una delle
due facce e greca nell'altra, come pur fece realmen-
te : lo che non è altrimenti credibile. Per l'opposito,
attribuendo , com'io feci qui addietro, a Giuda Ari-
stobulo sole monete ebraiche, vedesi serbato un ra-
gionevole ordine progressivo, poiché le monete di
Simone Asmoneo, di Giovanni Ircano suo figliuolo e
di Giuda Aristobulo suo nepote, mantengono costan-
temente la pura e semplice epigrafe ebraica naziona-
le, e da ultimo Alessandro Ianneo, che da prima usò
egli pure la sola scrittura ebraica , incomincia a far
uso eziandio della greca di conserto coli' ebraica, e
similmente adopera Antigono ultimo della stirpe de-
gli Asmonei.
La moneta attribuita dal eh. Saulcy a Giuda Ari-
— 116 -
stobuìo, giusta il disegno datone da esso lui, è come
segue :
Corona di lauro, o d'olivo, entro la quale è la scritta
IOTA
TUIA
A
f\
)( Due cornucopie congiunte insieme con le estremità
loro inferiori, e capo di papavero che s erge di mezzo
ad esse.
Egli legge dubitando IOTAA"BA£IA?A? Dal di-
segno slesso chiaro si vede, che la moneta è logora,
e che alquante lettere sono di lettura incerta; ed inol-
tre, com'egli avverte » lo stile di questa moneta dif-
ferisce notevolmente da quello delle monete di Gio-
vanni Ircano, sendone il taglio assai più largo e cras-
so. >■> Per le quali cose tutte credo di non dover pa-
rere di troppo ardito nel sospettare, che debba inve-
ce leggersi IOTAIA C€B , e che la moneta spetti a
Giulia, o sia Livia, vedova di Augusto e madre di
Tiberio. Anzi la proposta congettura quasi si risolve
in certezza pel riscontro di una moneta Giudaica di
Tiberio del Ducale Museo di Parma, la quale è come
segue {v. Cavedoni Num. Bill. p. 64 n. 11 ).
KAI-CAP scritto in due righe entro una laurea; il
tutto in un cerchio di globcttini.
)( Due cornucopie congiunte in uno con le estremità
loro inferiori, fra le quali TIB e LB (anno II); il
tutto entro un cerchio eli globcttini. M. 3.
11 taglio largo e crasso , avvertito dal eh. Saulcy
nella sua, ben si conviene a' tempi di Tiberio.
Altre monetine co' tipi dell'Ancora e dell'Astro,
nelle quali il eh. Saulcy lesse IOTA SB?. .. oppure
...AOT BAS... sono senza duhhio di Alessandro Ian-
neo colle ultime lettere del nome AAEgANAPOT
legate insieme, come raccolgo dal riscontro di una si-
mile da me posseduta, e di un' altra che fu del sommo
Neumann ( P. II p. 87 lab. 3 n. 6).
Ad Alessandro Ianneo, fratello di Giuda Aristo-
bulo, che anche per confessione del eh. Saulcy chia-
mavasi tonatane con nome ebraico, debbono resti-
tuirsi le monete da esso lui attribuite a Ionatane fra-
tello di Giuda Maccabeo, non solo perchè a' tempi del
primo Ionatane i Giudei non avevano peranche avuta
facoltà d'imprimere monete proprie, ma per altra
ragione perentoria che sono ora per dire. Le monete
ebraiche attribuite dal eh. Saulcy a Ionatane fratello
di Giuda Maccabeo sono come segue :
Corona di lauro o d'olivo, entro la quale è un epi-
grafe ebraica in lettere samaritane, distribuita in quat-
tro o cinque righe, la quale può rendersi: Ionalhan il
gran Sacerdote e la nazione de'Giudei.
)( Due cornucopie congiunte in uno con le estremità
loro inferiori, di mezzo alle quali s' erge un capo di
papavero. M. 3.
Per dono grazioso del rev. P. Antonio da Cento
de' Minori Osservanti io posseggo una di queste mo-
netine , proveniente da Gerusalemme , nel riverso
della quale fra le due cornucopie in alto sono le due
sigle greche L A, cioè Anno I. A' (empi di Ionatane
fratello di Giuda Maccabeo credo che né manco il eh.
Saulcy vorrà ammettere l'uso promiscuo delle lettere
greche colle ebraiche in sulla stessa moneta. Per lo
contrario bene sta , che il figlio di Giovanni Ircano,
che avea pel primo apposta la sigla greca A al diso-
pra dell' epigrafe ebraica in alcune poche delle sue
monete , ponesse le sigle numeriche L A nel riverso
delle sue, impresse nel bel primo anno del suo regno.
E tanto si conferma a meraviglia pel riscontro della
seguente moneta impressa dallo stesso Alessandro Ian-
neo, o sia Ionatane , nell' anno sesto del suo regno
(Neumann P. II p. 87, tab. Ili, 6; cf. Sestini, Mus.
Hederv. P. Hip. 118 n. 2).
BA2IAEQS AAESANAPOT. Ancora nautica en-
tro un cerchio, con le sigle L «r, una a destra e l'altra
a sinistra dell' ancora stessa.
)( Astro ad otto raggi posto entro un cerchio, attor-
no al quale in lettere ebreo-samaritane è scritto Iona-
than re. /E. 3.
Il dotto e giudizioso Barthélemy, che da prima at-
tribuiva cotali monete bilingui a Ionatane fratello di
Giuda Maccabeo , alleato con Alessandro I Baia re
della Siria, dopo che vi ebbe letto chiaro il titolo
ebraico MELEK, rè, convenne col Bayero nell' attri-
buire simili monete ad Alessandro Ianneo: e pare che
vi acconsenta anche il eh. Saulcy. E di fatti, bene sta,
che Ianneo ne' primi anni del regno suo imitasse le
117 —
moDele del padre, e che poscia inlrodueesse l'inno-
vazione della scrittura bilingue in riguardo alle non
poche città greche a lui soggette, ed adottasse tipi suoi
proprii, l'ancora nautica cioè e l'astro ad otto o sei
raggi, relativi alle sue imprese e conquiste. Egli di
fatti venne in possesso delle città marittime Gaza, Ra-
fia, Antedone, Torre di Strabone, Apollonia , loppe,
lamnia, Azoto e Rinocolura (Flav. Ani. XIII, 13, 3:
15, 4). L'astro può riferirsi alla prosperità delle sue
spedizioni militane segnatamente alla conquista delle
regioni de'Moabitiede'Galvaditi(Flav. Ant. XIII, 13);
poiché nella letizia delle vittorie egli potè facilmente
vantarsi dell'adempimento del celebre vaticinio pro-
nuncialo da Balaam in quelle regioni stesse (Numer.
XXIV, 17): orietur STELLA ex lacob , et consurget
virga de Israel; et perculiet duces Moab , vastabitque
omnes filios Selli. In altre monete di Alessandro Ian-
Deo è il tipo di un fiore sbocciarne , che pare di rosa
semplice , e che somiglia molto ad un fiore che ri-
corre in alcune monete di Antioco Vili Gripo ( Pel-
lerin, Rois pi. XII: Trèsor de num. RoisGr. pi. LII,
10); e potrebbe riferirsi ad alleanza contratta da Ian-
neo con quel monarca; oppure allo slato florido del
suo regno.
Nuova del tutto e molto importante riesce una
monetina della regina Alessandra , vedova di Ales-
sandro Ianneo, edita dal eh. Saulcy , la quale è co-
me segue :
AAESANA BAXIAIS, scritto attorno ad un an-
cora nautica.
)( Stella ad otto raggi, negl'intenti zìi de'quali scor-
gonsi le vestigia di un epigrafe ebraica , della quale
solo un thau è riconoscibile. JE. 3.
Questo raro cimelio , proveniente da Gerusalem-
me , serve mirabilmente a confermare , che il Iona-
than delle monete bilingui Giudaiche sia realmente
Alessandro Ianneo , e non già Ionathan fratello di
Giuda Maccabeo.
Le monete similmente bilingui di Antigono, ulti-
mo re de' Giudei della stirpe degli Asmonei, che con
nome ebraico si appella Mathalhias, qualora portino
per tipo un doppio cornucopia, pesano pure il dop-
pio di quelle col cornucopia semplice. Per simile
modo in monete greche ì tipi dimezzati sembrano
posti per indizio di una metà del valore dell'intero
(cf. Caved. Spie. num. p. 87, nota 97).
La prima delle monete di Erode Magno , di già
conosciuta, ma ora più fedelmente delineata ne' di-
segni del eh. Saulcy e del eh. Akerman ( Num. t7-
lustr. of the ncic Tistam. p. 3), nella quale suol dirsi
rappresentata una galea nel ritto ed un' ara nel ri-
verso, ho grande sospetto che rappresenti aqzi og-
getti sacri pel cullo del Tempio di Gerosolima. La
così detla galea non sembra altrimenti tale , perchè
consta di un'oggetto di forma emisferica interamente
separato dall'oggetto inferiore, che appare fornito
di due come piedi o sostegni e di due prominenze ai
lati nella parte sua superiore; e le credute bucculac
o paragnalidi della supposta galea riescirebbero fuori
di posto. Quella poi che diecsi ara, pare anzi un ti-
miatere sostenuto da un tripode; e potrebb' essere
quello che dal sommo sacerdote introducevasi nel
Sancta-sanctorum sola una volta ogni anno nel dì
solenne della espiazione [Levit. XVI, 12: ad Hebr.
IX, 4); tanto più che Erode espugnò Gerusalemme
proprio in quel giorno, cioè addì 10 del mese Giu-
daico Tisri dell'anno 716 di Roma , e terzo del suo
regno (Patritius, de Evang. I. III. disi. 35 n. 28).
Il eh. Saulcy aggiunse alle monete in pria cognite
di Erode Magno la seguente monetina proveniente
da Gerusalemme:
Aquila stante con Vale raccolte.
w BACIA scritto in linee parallele a lati di un
* HPOJA corno bovino. JE. 3.
Egli vi ravvisa delineala l'aquila aurea fatta col-
locare sopr'esso la porta principale del Tempio da
Erode Magno verso la fine del suo regno ( Flav. Ant.
XYT , 6, 2, 3). Ma può ragionevolmente congettu-
rarsi , che queste monetine fossero anzi impresse da
Erode re della Calcidc , sì perchè in monete di To-
lomeo tetrarca della Calcide stessa ricorre il tipo di
un'aquila volante, e sì perchè l'epigrafe così dispo-
sta in due righe parallele al tipo è particolarità pro-
pria delle contrade della Siria, laddove nelle monete
certe di Erode Magno V epigrafe suol essere dispo-
sta in giro attorno al tipo. D'altra parte poi consta
— 118 —
come Erode re della Calcide, dopo la morte del suo
fratello Agrippa Magno, chiese ed ottenne da Clau-
dio la sopraintendenza del Tempio e della pecunia
sacra, e la nomina altresì de 'sommi Sacerdoti (Flav.
Ant. XX, 1,3); alle quali facoltà riferir potrebbesi
il tipo del corno , che può tenersi o per recipiente
dell'olio per la consecrazione dei sommi Sacerdoti
( cf. Buonarroti , vetri tav. II, III ) , oppure per una
delle ciste del gazofilacio che avean forma di corno
riverso (Buxlorf. Lexie. Talmud, p. 2506). Il eh.
Saulcy lo dice cornucopia; ma dal disegno datone da
esso lui pare corno semplice bovino fatto per conte-
nere qualche liquore , poiché nulla vedesi emer-
gere dalla sua sommità. Anche il tipo dell' aquila ,
non troppo conforme alle osservanze Giudaiche, tor-
nava più comportabile ai tempi tardi di Erode re
della Calcide , che non a quelli di Erode Magno.
Il eh. Saulcy collauda la mia congettura, che alla
inaugurazione della riedificazione del tempio , nel-
l' anno XV del regno di Erode Magno , si riferisca
t impressione e la data della seguente sua moneta
(v. Num. Bibl. p. 50 n. 3 e p. 54).
Clipeo simile al macedonico.
)( BASlAEttS HPOAOT. Galea di forma conica
fornita di paragnatidi, e di cimiero ricadente dai la-
ti : nel campo € da una parte ed I dall' altra. JE. 3.
Io , seguendo l' Eckhel ed il Froelich (Nulit. ehm.
tal. XX, 7), intesi denotato l'anno XV da quelle
sigle , ma ora osservando eh' esse restano disgiunte
dalla galea ad esse frapposta, e che nelle monete de-
gli Erodiadi la nota numerica minore suole posporsi
alla maggiore , ho grande sospetto che debba anzi
leggersi £rous I, anno X, che verrebbe a coincidere
coli' anno varroniano 723, nel quale accadde la bat-
taglia d' Azzio ; si che Erode avrebbe improntata
quella moneta mentre egli teneva tuttora le parti di
M. Antonio. Del resto, i tipi del clipeo e della galea
macedonica , non che i nomi proprii di Antipatro,
di Archelao , di Antigono , di Filippo ed altri rifalli
nella famiglia d'Erode Magno, danno forte argomento
a credere eh' egli pretendesse derivare dalla stirpe
de' re Macedoni (v. Cavedoni Spicil. num. p. 289 ).
Anche nelle monete di Archelao , figliuolo di Erode
Magno, colla epigrafe HPOOAOT CtìNAPXOT , ri-
corre una galea cristata vie più simile alla macedo-
nica ricorrente in monete di piccolo bronzo dei re
macedoni Antigono Gonata, Demetrio II, Filippo V,
e d'altri, ove spesso vedesi accompagnata da un pic-
colo caduceo (Trésor de num. Rois Gr. pi. XIX),
del pari che nelle ridette monetine di Archelao Einar-
ca della Giudea.
Alle due monete già cognite di Erode Archelao
due altre ne aggiunse il eh. Saulcy , che sono come
qui appresso :
1. HPU)... scritto attorno ad un'ancora fornita di
anello e di doppia traversa.
v €9 f . x scritto entro una corona di quercia or-
*"• AN ^ ' nata nel sommo di gemma orbicolare.
JE. 3.
2. HP,#* , scritto attorno ad una prora di novero-
strato, con tridente apposto di traverso.
)( €0N, scritto entro una corona d' alloro, o di olivo
che dir si debba. JE. 3.
La prora rostrata accompagnata dal tridente, e l'an-
cora, che pare ritratta da quella che ricorre in alcune
monete di Erode Magno , appellano al possesso di
città marittime ed al possesso navale ; e di fatti consta
dall'istoria (Flav. Ant. XVII, 11, 4), che Archelao
per beneplacito di Augusto ritenue il possedimento
d' loppe e di Cesarea , ambedue città marittime for-
nite di porti insigni, e che nelle monete loro usarono
de' tipi stessi dell' ancora e del tridente.
Attenendomi all' Eckhel io attribuii ad Agrippa II
le seguenti monete ben note (Num. Bibl. p. 51, 59):
BACIACCOC ArPiniTA (talora ArPIIIA). Om-
brello o conopeo ornalo di ricche frange ali intorno.
)( L € , oppure L < , L Z , L e ( Anno V , VI ,
VII , IX ). Tre spighe di stelo assai corto nate dallo
stesso cespo. JE. 3.
Il eh. Saulcy non ammette che la sola data L < ,
anno VI, e tiene tutte l' altre per abbagli presi da chi
avea sott' occhio esemplari mal conservali ; e quindi
attribuisce cotali monete ad Agrippa I Magno , che
impresse le avrebbe nell'anno VI del suo regno, XLII
dell' era volgare , allor eh' egli trovavasi in Gerusa-
lemme per la ricorrenza delle feste pascali. Io feci
— i 19 —
ricerche diligenti per sapere, se (renisi altra data
nelle monete di Agrippa the si conservano ne' prin-
cipali musei d'Italia, e per gentile risposta de' chia-
rissimi Signori Biondelli, Frali, Lopez, Promis, Spi-
nelli Principe di San Giorgio , e Tessieri , seppi che
non trovasi di certo altro che la data suddetta L <? ,
talora di colai forma che sendo logora polea da un
osservatore meno attento prendersi per un V oppure
per un 0 giacente. La dala L 0 (non già L H come
scrive il eli. Saulcy per disattenzione ) fu quella che
determinò l' Eckhel ad assegnare queste monete ad
Agrippa II , anzi che ad Agrippa 1 , che non regnò
che soli VII anni non compiuti. L' Eckhel si appog-
giò all' autorità del Froelich ; e questi probahilmente
a quella dell' Harduin ( 0;>. sei. p. 350) edclPiove-
ne [Mus. Farnese t. IX, tav. VI, 1S: VII, i),chene
diede due distintamente descritte e disegnate , una
colla data L <, e l' altra con la data U 0. Se questa
sussiste, trovar dovrebbesi nel R. Museo Borbonico;
ma il lodato sig. Principe di S. Giorgio mi scrive ,
che quel medagliere , dopo la deplorabile morte del
commend. Avellino si rimase fino al presente sotto
suggello. Del resto , la dala L €, scartala anch'essa
dal eh. Saulcy , trovasi appoggiata all' autorità dell'
Harduin , che la riporta come esistente presso di lui
e museo nostro, op. sei. p. 333).
11 eh. Saulcy con pari franchezza rigetta anche le
date delle monete Giudaiche , insignite del nome di
Cesare Augusto , anteriori all' anno XXXVI dell' era
azziaca ; non ammettendo che le sole LA?, L A0 ,
L M, L MA da sé vedute nelle monete originali. Par-
rai veramente soverchia arditezza il rigettare le da-
te LA, L Ar, LAA, L AC datene dall' Eckhel e da
altri accurati numograG , segnatamente poi la L AA
del Sestini (Descr. num.vet. p. 597), che non potea
provenire , come forse qualcuna dell' altre date , da
scambio di lettere simili. Nel catalogo Wellenheim (n.
6973,6974), che suol essere accuratissimo , trovansi
registrati gli anni LA, LAA, che ricorrono anche in
due di quelle monete esistenti nel ducale museo di
Tarma, come mi attesta il eh. cav. Lopez. Vero è che
ivi le note numeriche A A sono attaccate 1' una all'
altra per modo che potrebbero spiegarsi anche per
MA legate in nesso ; ma non paiono tali, perchè in
quelle colla data MA le due lettere sono separale, e
perchè anche la controversa monda di Erode Anti-
pa, nella quale il Vaillant lesse MA, si veriflcò poscia
dover leggersi AA, benché queste due lettere siano
attaccate insieme (cf. Eckhel t. Ili p. 487-488). Ma
comunque sia delle suddette date inferiori all' anno
XXXVI, il eh. Saulcy che nel 1853 [Reme num. p,
192) non ammetteva dala inferiore alla L A0 , nel
1854 (Recherches p. 138) si vide astretto ad ammet-
tere anche l' inferiore LA?;e questa pur sola basta
a sconcertare e ad abbattere tutto il suo sistema in-
torno alle monete imperiali Giudaiche, ch'egli sup-
pone impresse soltanto dopo che la Giudea venne nel
759 di Roma aggregata alla Siria, e retta da un pro-
curatore Cesareo; il primo de' quali si fu Coponio.
« Neil' anno 36 dell' era Azziaca , scrive il chiaris-
simo Saulcy , Coponio primo procuratore imperiale
della Giudea prese possesso della sua carica ^se-
gnalò il suo arrivo coli' impressione di monete pu-
ramente imperiali, di un peso eccedente quello delle
monete Giudaiche di Archelao; rispettando peraltro
i pregiudizi! della nazione col non adottare alcun ti-
po che potesse essere tacciato ». Non so come il eh.
Saulcy potesse dirle di peso eccedente quello delle mo-
nete di Archelao; poiché il eh. Frati mi accerta , che
nel Pont, museo di Bologna ve n' ha una conserva-
lissima di Cesare Augusto , che pesa gram. 2, 63,
ed una di Archelao che pesa gram. 2, 68. Quelle di
Cesare Augusto del museo Estense non oltrepassano
i gram. 2, 30, benché una di esse sia di perfetta con-
servatezza:e quella d'Archelao pesa soli gram. 2,00;
ma non dà regola per essere logora e difettosa. Co-
munque sia peraltro del peso di colali monete, certo
si è che quella dell' anno XXXVI venne improntata
durante il principato di Archelao, e innanzi l' arrivo
di Coponio nella Giudea; poiché il detto anno XXXVI
dell'era Azziaca risponde all'anno varroniano 758;
e d' altra parte consta che Archelao venne accusato-
e richiamato a Roma nell' anno appresso , cioè non
prima della neomenia del mese Nisan del 759 ( Dio,
LV, 27 : Patritius de Evangcl. 1. Ili, diss. 35, n. 40).
Il eh. Saulcy non. sarebbe incorso in questo grave
— 120
abbaglio cronologico, se avesse avuto presenti alla
mente le parole di Giuseppe Flavio, che pone il cen-
simento fatto da Quiriuio nella Giudea Taixx.oG'Tw'
x.aÌ ij&ójuuc ìrii dopo la sconfitta di M. Antonio ad
Azzio (Ani. XVIII, 2, 1). Le monete Giudaiche per-
tanto coll'anno XXXVI, L A<? , di Augusto detto
semplicemente KAIGAP , e probabilmente anche al-
tre notate co' precedenti anni dell'era Azziaca, do-
vettero essere impresse durante il principato di Ar-
chelao, sia per ordine di quell'etuarca affine di con-
ciliarsi la benevolenza di Augusto, oppure per dispo-
sizione del sinedrio e del sommo sacerdote e de'ma-
gistrali di Gerusalemme. Giuseppe Flavio ne attesta
(Ant. XX, 10), che alcuni de' sommi sacerdoti sotto
il principato di Erode e di Archelao amministrarono
la cosa pubblica, tirókirtóaoLvro ; e che dopo l'esilio
di Archelao il sommo sacerdote stava a capo del go-
verno aristocratico della nazione. E di fatti 1 impe-
ratore Claudio nell'anno quinto de! suo impero scrisse
una lettera indirizzata ai magistrali di Gerusalemme,
al senato , al popolo ed alla nazione tutta de' Giudei
(Flav. Ani. XX, 1,2). Niuno certo vorrà negare,
che i magistrali di Gerusalemme, 'Ispod'oXijtjView «p-
XÒvrsS , potessero imprimere moneta insignita del
nome dell'Augusto imperante, non ostante che di-
pendessero dal procuratore Cesareo e dal preside
delia Siria in molte cose; poiché a c'ò bastava un
permesso in proposito ottenuto da Roma o da An-
tiochia, siccome consta anche dal riscontro di alcune
monete di Berito della vicina Fenicia impresse PER-
Mtssu SILANI (cf. Eckhel T. IV p. 497). D'altra
parte non v' ha forse che solo un esempio del nome
di un procuratore , EIHTPOIIOT, memorato, pro-
babilmente per officiosità, in una moneta della Bili-
aia (Eckhel T. IV p. 249). C. Cavedom.
Descrizione di alcuni frammenti architettonici rinvenuti
sulla grossezza del muro di cinta della antica Pesto.
Tutte le volte che mi sono recato a visitare le mu-
ra di ciuta di quella città greca , ho osservato che
qualche cosa di nuovo si offre sempre allo studio del-
l'Archeologo , e dell'Artista, cui lasciano mollo a
desiderare le dotte pubblicazioni fin qui fatle di quei
pregevolissimi monumenti.
Nello scorso mese avendo dovuto colà recarmi per
ricercare alcuni sepolcri , ho avuto occasione di osser-
vare nella grossezza delle mura medesime la dispo-
sizione di alcuni massi di pietra che addimostrano la
formazione di altri compresi, oltre quelli delle torri,
serviti forse ad uso pubblico , allorché vi si andava
a diporto. Ed in vero mi è riuscito trovare sulla gros-
sezza del muro medesimo due capitelli con porzione
de' corrispondenti pilastri di ordine dorico , i quali
si scorgono molto rastremati , indicazione non dubbia
dell'arte greca primitiva: in mezzo ai medesimi scor-
gesi risaltalo dallo stesso masso altro pilastrino eoa
suo capitello ionico pure di stile antico ; oltre alcuni
frammenti di cornice che consistono di un listello su-
periore, grande guscio, gola rovescia, fregio con tri-
glifi, goccetle, metope ed architrave, come apparisce
dal qui riportato disegno, (tav. IX fig. 1, 2 (1) ).
Questi frammenti trovati sulla grossezza del muro
in un sito meno danneggiato ed il più elevato , mi
hanno fatto supporre che tutte quelle regolari dispo-
sizioni di pietre, che si mostrano sulla grossezza del
muro , formavano forse que' locali che servivano di
trattenimento e di riposo al pubblico nelle passeg-
giate, e che gli accennati frammenti erano adibiti alla
costruzione e decorazione de' compresi medesimi.
Simile esempio della unione di due ordini sopra
indicato, cioè dorico e ionico, si è avuto nella scover-
ta del quarto tempio pestano, di cui sei colonne coni
rispettivi capitelli trovansi attualmente a Salerno nel
palazzo Vescovile, dove già le vide il eh. Wolff [Bull,
dell' ht. 1830, pag. 135); dopo la quii cosa il fu
Bianchi venne a discoprire il silo di quel quarto mo-
numento , secondo che egli stesso narra in una sua
lettera pubblicata nel Bull, medesimo pag. 227.
Ulisse Rizzi.
(t) Abbiamo creduto opportuno di riportare ridotto in più pic-
cole dimensioni il disegno de] sig Rizzi ; ritenendone la grandezza
solo nel capitello, che abbiamo ripetuto perfettamente come ci ven-
ne comunicato.— L Editore.
Giulio Mi.>ehvlm — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 66. (16. dell' anno III.)
Marzo 1855.
Illustrazione di una lapide dell' antica Narona.
Illustrazione di una lapide dell'antica Narona.
La seguente iscrizione trovata a Narenla nella Dal-
mazia , ossia nell'antica Narona, mi fu communicata
fino dal 1841 dalla eh. meni, del Furlanello, a cui
poco dopo la sua scoperta era slata trasmessa dal dottor
Francesco Lanza.
TEMPLVM LIBERI
PATRIS ET L1BERAE VETVS
TATE DILAPSVM REST1TVIT
COHIBLGADIECTIS POR
TICIBVS CVRAM AGENTE
FLVICTOBE > LEG-AD-P-
SEVERO ET POMPEIANO
ìTcos
Leggo e supplisco nella sesta riga : centurione le-
gionis . . . Adiutricis Piae Fidelis, restando incerto se
sia la prima o la seconda di questo nome, che stan-
ziarono ambedue nella contigua provincia della Pan-
nonia inferiore. Non mi è ignoto che il Lanza aveva
in animo di pubblicarla, ma non so se abbia poi con-
dotto ad effetto il suo divisamente, o se altri l' abbia
poi fatto. Questo so che fin qui dal pubblico erudito
non si è risentito il vantaggio che può ricavarsene
per illustrare due chiarissimi personaggi, e per retti-
ficare qualche punto della storia della casa Augusta.
ìjvjyo ///.
È vero che a prima vista non si avrà avuto grande
incentivo a farla soggetto di studio , nuli' altro sem-
brando offrire d' importante se non che la memoria
della coorte prima dei Belgi già memorata in altri
due marmi ( Biagi Musco NaniT. 3 p. 177, Paulovich
admarm. Macar. brevis addiiio p. 6), dai quali si era
pure risaputo, che risiedeva di guarnigione nella Dal-
mazia. Tutto il suo pregio consiste nella noia dell'ite-
rato onore aggiunta al secondo dei rettori ordinari
dell'anno Varroniano 926 corrispondente al 173 del-
l'era nostra, atteso che sono pochi i collegi consola-
ri, che più di questo abbiano esercitato l'ingegno dei
cronologi, e quel eh' è peggio con minor successo.
Le antiche collezioni di fasti segnano concordemente
Severo 11 et Pompeiano, se non che Prospero e Mariano
Scoto negano anche al primo la geminata magistra-
tura, mentre i fasti Greci minorila concedono retta-
mente ad ambedue. Di marmi sinceri non avevamo
se non che un ruolo di soldati pretoriani corretto nei
Vigili del Kellermann n. 103, che spesso si contenta
di ricordare il primo soltanto dei consoli, il che pur
fece questa volta scrivendo SEVEBO- IL COS. Co-
minceremo adunque dall' essere obbligati alla nuova
scoperta , perchè da lei ci viene insegnato , che sebbe-
ne sia stata assegnata ad un anno posteriore , siccome
in progresso vedremo , a questo però si deve resti-
tuire un'altra lapide, Dalmalina anch'essa di Arbe,
già serbata nel Museo Nani (Orelli 1632), riscontra-
tami a Legnaro dal lodato Furlanetto, nella quale vi-
ceversa per la frattura del marmo non si è salvato che
il nome del secondo eponimo.
16
— 122 -
NYMPHIS AVGSACRVM
C RAECIVSLEOAQVAM QVAM NVL (VA nesso)
LVSANTIQVORVM (NT if) IN CIV1TATE
FVISSE MEMINERIT (NE it.) INVEN
TAM 1MPEND10 EX VOLV
mate CRAECI RVFICVPATRON
(/pDICAVIT
Severo eT POMPEI ANOIICOSVHDVSNOV
Né qui si (rovi difficoltà per vedere all'opposto
risparmiala a Severo l'indicazione dell' iterimi, non
essendo insolito chela cifra numerale posta da ultimo
sia comune ad ambedue i prenominati. Cosi MAR-
CELLET CELS IICOS trovasi nell'anno 882 (Fa-
brelli p. 506 n. 106), APRONIANO- ET- PAVLLO-
II COS nel 921 (Letronne statua vocale di Melinone
p. 249), FVSCIANO- ET- SILANO- II- COS nel 941
{Lysons Rei. Srit. Rem. T. IV. p. CI. n. 1),DDNN-
CONSTANTIO ETM AX1MI ANO UH CCSS CONS-
nel 1055 (Marini fiìscr. Christ.'p. 512. 10), DD-NN-
CRISPO- ET- COXSTANTINO- NOBB- CAESS- IT-
COSS- nel 1074, preterendo altre epigrafi di tempi
più bassi.
Ma anche senza l'autorità di questi esempi, a to-
gliere ogni dubbiezza sarebbe bastevole la regola ge-
nerale sotto l'impero, che chi raddoppiava i fasci otten-
ga la precedenza sopra il collega , che assumevali
la prima volta, per cui se fosse diversamente, Pom-
peiano vedrebbesi nominalo innanzi a Severo.
L'oscurità che ricopriva le persone di questi consoli
fecesperare al Ligorioche non si sarebbero smascherate
le sue imposture. Immaginò da prima PSEVERINO.
IIETTICLAVDIOPOMPEIANOCOS, che inedito
ho rinvenuto nei suoi manoscritti diTorino(L.17p.
292), da lui poscia cambiato inLSEPTIMIOSEVE-
RO-II-ET- C- CLAVDIO- POMPEIANO- COS ( Gudio
p.25.2). Ma anche la mutazione non ebbe credilo, e
meritò poi le censure dell'Orelli 5035. Miglior fortu-
na incontrò col M- AVRELIO- SEVERO- II- ET. T-
CLAVDIO POMPEIANOCOS da lui ripetuto in due
iscrizioni, nell'ultima delle quali variò il prenome Tito
in quello di Tiberio. La prima fu ammessa dalGru-
tero (p. 1025. 6), confessando tuttavia di averla tolta
dalle screditale Ursiniane, e riuscì ad ingannare il Rei-
nesio (cU.n.39p.66), il Pagi (€n'<.J5ar.T.l.p.l67),
il Noris(ep.cons.an.926), ilRelando(nei fasti di quel-
l'anno) ; non però il circospetto Maffei (A. C. lap. p.
381), il quale si accorse, ch'era slata manifestamente
dedotta dai titoli della nota AniciaFaltonia Proba vis-
suta due secoli più tardi. E quantunque ricavata ex
adversariis di Achille Statio gran spacciatore di merci
Ligoriane grata accoglienza è stata fatta alla seconda
dal Doni (ci. IV. n. 19) dal Bianchini ( hist. eccl. quadr.
T.l.P.II.p.169), e dal Muratori (p. 337.4), non che
da tutti i moderni fastografi, a segno lale, che quan-
tunque il Panvinio avesse veduto, che anche il primo
di quei consoli doveva appartenere alla gente Claudia,
non di meno il Cardinali [Mem. Rom.d'aniich. T.IV.
p.98 e 1 1 1) si prevalse di lei per rimproverare e cor-
reggere l'Almeloveen,che l'aveva seguito. Con tutlo
ciò conviene credere, che ad eccezione dell'Orelli
(2376), il quale ne diffidò , niuno degli altri 1' abbia
presa in accurata considerazione, giacché preterendo
altre pecche i nomi dei sodalizi in essa memorati SO-
DALITITIALI ET- SODALI- AELIAN- HADRIA-
NALIETANTONIALI ETFAVSTINlANsono così
discordi dai veri SODALI- TITIO o TITIENSI, SO-
DALI- HADRIANALI , SODALI- ANTONINIANO
per bastare essi soli a farne odorare la falsità , come
ho già avvertito nel mio frammento di fasti sacerdo-
tali pag. 124, ancorché non ne prestasse più gagliar-
do indizio la strana novità di quel sacerdozio maschile
dei Faustiniani consecralo al culto di una diva fem-
mina. Sarà dunque un'altro merito della pietra di
Narenla l'aver rivolto in certezza questi sospetti, im-
perocché assicurandoci che anche Pompeiano nel 926
ebbe i fasci per la seconda volta ci proverà , che se
le due lapidi Ligoriane fossero sincere ed antiche non
avrebbero potuto ricusargli il doppio onore, che han-
no concesso al suo compagno.
Espulso il fittizio M. Aurelio Severo a lutti igno-
tissimo, benché a torlo da taluno sulle indicate tracce
del Ligorio siasi voluto confondere col consolare Set-
timio Severo parente dell'imperatore di questo nome
( Spartiano Sev. e. 1 ), il legittimo pretendente al po-
sto da costui un qui ingiustamente usurpato ci viene
— 123 —
ora offerto da un'insigne base di Pompeiopoli nella
Paflagonia edita nel CI. Gr.4154.
ArAGHI TTXHI
TN • KAAXAION
SEBHPON AlS
THATON IIONTI
4>1KA TAMBPON
KA1SAPOS M ATPH
AIOT ANTC0NE1NOT £E
BHPOT nATPCJNA KAI KTI
£THN H METPOnOAlS
THS nA4>AArONIAS AIA
n • AOMITIOT ATTOPEINOT
KAWAIOT KAABEINOT
nPOJTOT APXONTOS
POH ETE
Un cenno di questo genero di M.Aurelio erasi già
avuto da Dione L. 79 e. 5 , ove ci dice che Annia
Faustina maritata nel 974 ad Elagabalo fu Claudii
Severi et 31. Antonini neptis, xTróyovo?. Per lo che il
eh. Franz il quale da prima nell'Antonino Severo
della lapide aveva creduto di ravvisare il fratello di
Gela, ritrattandosene nelle Addenda T. 3. p. 1 1 14 vi
riconobbe poscia l'Imperatore filosofo. Ma dopo aver
portato il secondo giustissimo giudizio, avvalorato di
più dalla ragione non meno grave , che Caracalla non
ebhe né generi né figlie, appartenendo allo stesso M.
Aurelio le citale dal Froelich(lV jT>n<.p.454), si di-
menticò poi di aggiungere alla rettificazione degli er-
rori da lui avvertili nella copia di questa lapide mal
descritta anche un'altra correzione, che viene di con-
seguenza da quel giudizio. Ben si sa per attestato di
Capitolino ( M.Aurel.c. 1.), che M. Aurelio da fan-
ciullo chiamossi Severo in memoria di Catilio Severo
suo proavo materno, ma si sa pure che dopo essere
stato adottato non adoprò più questo cognome. Per
lo che non dubito che nel marmo invece di £HBHPOT
si avesse da leggere SEBAXToT, come parmi che
nell' ATTOPEINOT con minor mutazione di lettere
piuttosto che ANTCONEINOT si possa riporre ATTtì-
PINOT. Ciò posto l'esatta corrispondenza dei tempi,
in cui fiorì questo Claudio congiunta con quella della
gemina magistratura , e colla identità del cognome
assicureranno abbastanza i suoi drilli alla compagnia
di Pompeiano , avendo insieme un riguardo alla sua
parentela colla casa imperiale, per cui è da pensare,
che la seconda volla almeno non fosse confuso tra la
(urba dei suffetti , ma se gli accordasse l'onore d'im-
porre all' anno il proprio nome. Se non che una ra-
gione molto più decisiva in suo favore trovo io nella
data POH ETEI, ossia anno CLXXVIII, in cui fu in-
cisa la lapide. Non si sa come si computassero gli an-
ni a Pompeiopoli, essendo questo il primo esempio
che ce n'è pervenuto; ma non avendosi alcun'indizio
di un'epoca sua particolare si avrà tutto il dritto di
tenere , che vi fosse seguila 1' era comune al resto
della Paflagonia, la quale comparisce sulle medaglie
delle altre sue città di Germanicopoli, e di Neoclau-
diopoli. Ora l'Eckhel ha già mostrato (T. II. p. 388)
esser ella la medesima che adoperavasi nella limitrofa
Amasia del Ponto (p. 345), la quale incominciava dal-
l'autunno dell'anno Varroniano 747. L'anno adunque
178 di quei popoli principiò dall'autunno del Roma-
no 925 per compiersi nell'altro autunno dell'anno se-
guente, eh' è il tempo per l'appunto in cui cade il
secondo consolato del nostro Severo. E cosi conosce-
remo eziandio il motivo ch'ebbe Pompeiopoli per de-
dicargli quella base, essendo ora dimostrato che fu
ordinario costume delle città e dei clienti di celebrare
coli' erezione della loro statua l'esaltamento alla por-
pora consolare dei loro patroni.
Passando poi a ciò che di lui e della sua casa si è
addotto finora, il primo di questo nome che s'incon-
tri giunto agli onori è Cn. Claudio Severo socio di
Erucio Claro nel consolato ordinario deil'899, di cui
a riserva del nudo nome confermato da molte lapidi
niuno ha saputo dire cosa alcuna. Succede un'altro
Severo, ma sull'etto, del quale scrive Galeno (depi-ac-
cognit. e. 2.): Simililcr et Barbar us avunculus Impe-
ratoria Ludi qui in Mesopotamia exercitui praeeral,
ipse quoque sicut Paulus disciplinam desiderabat : po~
stea ctiam Seocrus consulatum tum gerens, qui Aristo-
telicae disciplinae operam dederat. Quindi dopo di aver
indicato le sezioni anatomiche, che loro mostrò, sog-
124 —
giunge: Laudibus summis me exaltabant Boelhus et
Severw apud Imperalorem M. Aurelium Antoninum,
qui Romne lune erat, nani Lucius ad belluini Parlhicum
a Vologese i Hat um urbe exi erat. Infine lo chiama aper-
tamente Claudio Severo nel cap. 10, ed a lui poscia
indirizzò i suoi scritti sui libri di Menodoto. Devesi
al Noris ( ep. cons. an. 926) di aver tratto fuori que-
sto suo consolato, che ilTillemont(art.3.surM.Aur.)
ed il Marini (Arv.p. 66 nota 140) hanno stabilito circa
il 9 1 6, e giustamente a mio parere. Imperocché quan-
tunque L. Vero partisse per l'Oriente nel 915, e tor-
nasse trionfante nel 919 non mosse però contro la
Mesopolamia se non che sul principio del 916 come
prova la medaglia dell' EckhelT. VII p. 90 con PRO-
FECTIOAVGTRPIII, e Barbaro dall'altra parte
lasciò Roma nell'anno seguente per accompagnargli ad
Efeso la sposa Lucilla , onde quelle sezioni anatomi-
che si fecero certamente in quest'intervallo. Capitolino
fra i vari precettori del giovine M. Aurelio (c.3) no-
mina Claudio Severo, dal quale apprese la filosofia
Peripatetica, per cui essendosi sapulo da Galeno che
il memoralo da lui Aristolelicae disciplinae operami
dederat fu stimato dal Noris, e si è comunemente te-
nuto in appresso , che fossero la medesima persona.
La qual' opinione fu pure da me seguita nel Giornale
Arcadico T. 42, restando incerto solamente s'egli si
dovesse confondere col console ordinario nell'899, o
se piuttosto quest'ultimo si avesse da reputare suo pa-
dre. Ma dopo che il marmo di Pompeiopoli ci ha fatto
conoscere quest'altro Claudio Severo, che si assise di
nuovo sulla maggiore curule nel 926 non potrà più
dubitarsi ch'egli sia quel desso, che l'occupò la pri-
ma volta nel 916. E se questi fu il genero di M.Au-
relio ne verrà di conseguenza, che il più antico del—
1899 sia slato viceversa il maestro di quell'impera-
tore, essendo del resto naturalissimo ch'egli abbia
iniziato anche il proprio figlio nei medesimi sludi. E
realmente starà bene, che il primo Severo sia stato
onorato dei fasci nei tempi medesimi in cui lo furono
gli altri, che istruirono quel principe, come Erode
Attico e Cornelio Frontone, che li ottennero nell'895,
Claudio Massimo nell' 897, e Giunio Rustico che la
prima volla li ebbe forse alquanto più presto , sicco-
me accennai nella mia lettera sull' età di Giovenale.
E così inlenderassi insieme il perchè da M. Aurelio
nell'opera de se ipsoL. l.c. 14, di cui s'ignora l'età,
ma che si suppone scritta a Carnunto dopo la pioggia
prodigiosa del 927, in cui nomina i suoi maestri , il
solo Claudio Severo si chiami suo fratello, apellazio-
ne non disconveniente se era suo consocerò , mentre
all' incontro se fosse stato suo genero pare che piut-
tosto avesse avuto a dirlo figliuolo. A questo più
antico Severo crederei diretta un' epistola di Fronto-
ne (L.l. ad amicos cap. 3), con cui gli raccomanda
la causa che doveva giudicarsi in senato di Sulpicio
Corneliano , sembrandomi scritta prima che questi
divenisse segretario degli Augusti Fratelli, secondo
che ricavasi da Frinico, del quale ufficio non si sco-
pre in essa alcun cenno.
Dalla distinzione di questi due Severi nasce un bar-
lume per guidarci nell'indagare qual fosse la figlia di
quell' imperatore data in moglie al secondo di loro ,
e per correggere ciò che avanzai nel citato volume
dell' Arcadico. Lascio da banda la notissima impera-
trice Annia Lucilla maritata in prima a L. Vero , e
poscia al vecchio Pompeiano, che fu la primogenita
(Erodiano L.l. e. 6 e 8), nata sulla fine dell' 899, o
sul principio del 900 , siccome dopo Capitolino (M.
Ani. e. 6 ) ci ha confermato il eh. Cavedoni col ret-
tamente interpetrare l'epistola del padre data dal Lo-
rio ai 28 di Marzo del suo primo tribunato, e ripor-
tata nelC.l.Gr.n. 3176. E taccio pure della fanciulla
Domizia Faustina memorala da Frontone ( L. IV ad
M. Caes. ep. 11 e 12) e premorta all'assunzione del
padre al principato per testimonianza del suo epitafìo
veduto nel mausoleo di Adriano dall'anonimo Einsil-
dense. Dirò invece che non ho motivo, di pentirmi
dell'ordinamento dato alle tre altre, che per attestato
di Lampridio ( Comm. e. IV ) sopravissero al fratello
imperatore ucciso l'ultimo giorno del 945. Fu dun-
que la prima Fadilla dichiarata la maggiore delle vi-
venti sorelle di Commodo dal lodato Erodiano (L.l.
e. 12), e CorniGcia la seconda, del cui giorno nata-
lizio già celebravasi la ricorrenza mentre era ancor
vivo il fratello Antonino gemino estinto di quattro
anni nel 9 1 8 ( V. le prime lettere del L. 1 . di Frontone
— 125 —
ad M. Imp. ) , fatta morire da Caracalla in eia già
avanzata (Erod. L.IVc. G) circa il 968 (Dione ediz.
delBekkerT.H.p. 414). E conto per terza Vibia Au-
relia Sabina, che sarà la figliuoletta di tre anni ancor
balbettante, la quale era col genitore in Pannonia cir-
ca il 924 (Filostrato Sopii. L. U.c. 11.), di cui oltre
le dueGruteriane p.252. 8 e p.589. l,si è ora avuta
una terza lapide della Numidia ( Excurs. dans l' Afr.
sept. T.I. App. p. 14, n.38). Non ci restano memorie
che precisino il rispettivo marito di alcuna di loro,
benché oltre a Pompeiano siano conosciuti generica-
menle gli altri tre generi di M. Aurelio, per cui se-
condo l' apparente età di ciascuno si era loro distri-
buita la sposa. Quindi ad Aulislio Burro ( Lampi*.
Com. e. 6) che fu console nel 934 si era assegnata
Fadilla, e colla stessa norma io aveva data CorniG-
cia a Petronio Mamertino (Lamp. Com. e. 7), che lo fu
nell'anno seguente, riserbando Vibia Sabina a Claudio
Severo, di cui non si aveva contezza veruna, ma che
se era il figlio del console del 916, come allora opi-
navasi, aveva l'aspetto di essere il più giovane degli
altri. Nella qual' opinione concorse anche il Mionnet
{Rarelé etc. p.354), che congiunse questa Sabina al Ti.
Claudio Severo console nel 953. Una tale aggiudi-
cazione viene interamente turbata dopo essersi in oggi
conosciuto che Severo lungi dall' essere il minore fu
anzi il più provetto dei suoi due cognati. Per lo che
converrà conchiudere di accoppiarlo invece a Fadil-
la, la sola delle tre sorelle che apparisca in un'età
capace di matrimonio prima del 926.
Ma questa conclusione incontra una gravissima
difficoltà nelle lettere vicendevoli di M. Aurelio, e di
Faustina sua moglie inserite da Vulcatio Gallicano
nella vita di Avidio Cassio (e. 9 e segu.). N'è il sog-
getto l'insurrezione di costui, e spettano manifesta-
mente al 928. Ora in una di esse (e. 10) la madre
attesta espressamente che Fadilla era tuttavia a quel
tempo puella virgo. La difficoltà sarebbe di tal na-
tura da non vedersi il modo di scioglierla , se quelle
lettere presso i moderni critici non perdessero ogni
giorno più di autorità. Il Tillemont è stato il primo
a dichiararle false , consecrando l'intera nota XIX so-
pra M. Aurelio, a rilevarne le contradizioni e il dis-
senso dalle testimonianze degli altri scrittori. Egli si
fonda specialmente sull'apparirvi che quell'imperato-
re apprese ad Albano vicino a Roma la rivolta di
Cassio, e che mentre questi era ancor vivo trovavasi
a Formia ed a Capua, quando tutti convengono che
egli allora guerreggiava nella Pannonia, ove anzi fe-
ce venire il figlio Commodo per dargli la toga virile
ai 7 di Luglio, e di dove parli con esso per l'Oriente
dopo intesa 1' uccisione del ribelle. Io rimetterò al
dotto Francese chi desidera di conoscere le prove
dell' iusussistenza di quelle asserzioni, e noterò solo
non potersi imputare a Xililino, ma provenire diret-
tamente dal tanto più autorevole Dione la sostanziale
opposizione, che quando M. Aurelio tornò a Roma
nell'anno seguente 929 erano già molli anni da che
ne mancava, avendo il Mai trovato egualmente quel
brano tra gli escerpli del Porfirogenito. E veramente
vi è molta apparenza che quelle lettere siano state
supposle collo scopo di liberare Faustina dall'accusa
di complicità in quella rivolta , taccia non ignota a
Capitolino, ma datale apertamente dai due primi sto-
rici di quei (empi Mario Massimo e Dione. Niuno in
appresso si è arrischiato di assumere la difesa di quelle
lettere, e i più recenti si sono limitati a chiamarle
sospette. Io pure ho seguilo allra volta il loro esem-
pio : ma ora non dubito di sottoscrivere pienamente
alla sentenza del Tillemont dopo la nuova mentita che
vengono a ricevere dalla base di Pompeiopoli. Né a
declinarla gioverebbe di ricorrere al disperato par-
tilo di supporre che Claudio Severo invece di Fadilla
abbia avuto in consorte un'altra figlia di Faustina,
perchè questa imperatrice nella medesima epistola
significa abbastanza che Pompeiano era allora l'unico
loro genero. Il che pure viene contradetto dalla la-
pide, se in essa fino da due anni prima lo slesso Se-
vero si vantava di avere anch' egli per suocero il di
lei marito. Per le quali cose senza avere più alcun
riguardo a quelle lettere apocrife io riterrò, che nel
suo secondo consolato questo Severo fosse dato avver-
titamente in compagno al lodato Pompeiano, perchè
generi ambedue dell' imperatore. E così sarà anche
soddisfatto all'obiezione proposta dall'Eckhel (T.VII.
p. 261), che se Annia Faustina fosse stata semplice-
— 126 —
mente nipote di M. Aurelio e di Claudio Severo suo
maestro diverrebbe troppo attempata perebè avesse
da iocapricciarseDe un ragazzo di dieciselte anni, qua-
lora Elagabalo nel 974, per cui ha dato un senso più
esteso ma non insolilo a.\Ytx7róyovoS di Dione, giudican-
dola loro pronipote. Tale infatti risulterà dalle cor-
rezioni portate alla genealogia di questa famiglia, per-
chè il precettore di M. Aurelio sarà il suo bisavo, e
l'avo ne sarà il nostro console del 916 e del 926.
Dal cui coniugio con Fadilla sarà nato il di lei padre
Ti. Claudio Severo proposto dal Mionnet, il quale per
avere l'età consolare nel 953 deve appunto esser nato
nel 920 o nel 921. Fratello di lei sarà probabilmente
il Cn. Claudio Severo console nel 988 provenuto dal
frammento di fasti dato dal eh. Ilenzen nel ballettino
Bomano del 1849 p. 132, collega del Ti. Claudio
Quinliano forse suo congiunto e discendente dal Clau-
dio Pompeiano Quintiano , di cui sarò per dire più
sotto. Del Severo poi, di cui abbiamo parlato finora,
non so che si abbiano altre notizie se non che sembra
aver accompagnato M. Aurelio nella sua corta spe-
dizione in Oriente dopo la morte di Cassio trovandosi
in sua compagnia in Atene, quando ne fu di ritorno
nel 929 (Fiiostrato Soph. L. II. e. 10 ).
Imbarazzi forse maggiori aveva fatto nascere Pom-
peiano. Ecco intanto ciò che da tutti si conviene spet-
targli. Egli provenne da una famiglia non abbastanza
nobile di Antiochia, e nacque da Claudio Pompeiano
semplice cavaliere (Capitolino in Marco e. 20). Nulla
si sa dei suoi anni più floridi, consumati come pare
tra l'armi , e la prima notizia rimastaci deriva da un
diploma ( Cardinali Dipi. XXIII ), il quale e' insegna
che al principio di Maggio del 920 era legato della
Pannonia inferiore , e per conseguenza già consolare.
11 che si conferma da Erodiano (L. I. c.2), da cui si
attesta che M. Aurelio diede le figlie viris senatorii
ordinis optimìs: e noto ciò perchè da molti e anche
dall' Eckhel (T. VII. p. 98) si è creduto , che Pom-
peiano fosse tuttora dell' ordine equestre quando gli
concesse in moglie la sua primogenita Lucilla vedova
del suo collega L. Vero. Queste nozze seguirono pri-
ma che fosse spirato l'anno del lutto per la morte del
primo marito avvenuta verso la metà di Gennaro del
922, mentr' egli era già provetto in età (grandaevus)
motivo per cui non soddisfecero uè alla sposa, né alla
di lei madre Faustina ( Capitolino l. e. ). Seguì po-
scia il suocero alla guerra Marcomannica, e nel 925
colla qualità di suo Legalo fu spedilo insieme con Per-
tinace contro i Catti , che si erano avanzati fino alle
porte d'Italia, sui quali riportarono un'insigne vitto-
ria, cacciandoli dalla Retia e dal Norico (Dione L.71
e. 3, Capitolino Pert. e. 2). Né lo abbandonò nelle sue
ultime spedizioni Germaniche, talché trovossi presente
quando mancò di vita a Vindobona nel 933. Quan-
tunque il più anziano dei consiglieri da lui lasciati al
figlio Commodo [reliquos aetate anleibat) tentò indarno
persuaderlo di non tornare a Roma prima di aver
imposto fine alla guerra (Erod. L.I. c.2). Continuò
questi tuttavia ad averlo in onore cogli altri amici
del padre , finché nel 935 avendo inalzalo Perenne
alla prefettura del pretorio abbandonò a costui la cu-
ra dell' impero, il che nell'anno seguente mosse Lu-
cilla ad ordire una congiura contro i suoi giorni. Ero-
diano (L.I. c.8) attesta apertamente ch'ella non ne fece
alcun molto al marito, perchè lo conosceva troppo
attaccalo al fratello, e difatti egli non fu involto nelle
pene che dovette pagare la stessa Lucilla cogli altri
congiurati (Dione 1. 72 e. 4). Temendo però lo sde-
gno di Commodo si ritirò in campagna a Terracina,
e scusandosi colla sua vecchiaia e colla debolezza dei
suoi occhi assai di rado veniva in città , né interve-
niva ai giuochi, nei quali costui offriva spettacolo di
se, benché mandasse i figli a vederli ( Dione L.72 ,c.20,
L. 73 e. 3 ). Ma appena intesa l'uccisione di lui ri-
comparve a Roma, ove non si lasciò piegare dalle in-
sinuazioni di Pertinace di accettare in sua vece l'im-
pero (Capilol. Pert. e. 4). Dione ci è testimonio che
sotto il nuovo principe frequentava la curia, e che
allora vedeva ed adempiva alle parti di senatore. Suc-
ceduto però Didio Giuliano nel 946 tornò a fingersi
malato, e respinse l'offerta che anche questi gli fece
all'avvicinarsi di Settimio Severo di rinunziargli il
principato ( Spart. in Didio e. 6 ).
La pietra principale d'inciampo, nella quale ragio-
nando di lui hanno urtalo i cronologi, e fra questi
anche il Noris ( ep. cons. an. 926) il Marini [Aro. p.
— 127 —
701 ) , e il Cardinali ( Dipi. p. 242) fu loro opposta
dalle citate lettere apocrife di M. Aurelio e di Fau-
stina riferite da Vulcalio Gallicano. Nella prima (e. 1 0)
vuol' essa persuadere al marito di non perdonare ad
Avidio Cassio, ma di provvedere alla sicurezza sua
e dei Ggli, rappresentandogli: Commodus nostcr vides
in qua aetale sit. Pompeianus gcnerel senior est et pe-
regrinus. A cui risponde M. Aurelio (ci 1) coli' enco-
miare la clemenza, e col conchiudere Pompeianum
nostrum in annum sequenlem consukm dixi. Ognuno
ha tenuto per fermo, che una medesima persona sia
mentovata in ambedue quelle lettere, ed essendo chia-
ro che dal falsario si pretesero scritte nel 928 entro
il trimestre , pel quale durò la ribellione di Avi-
dio, nel susseguente 929 si sono concordemente col-
locali i primi fasci del vecchio Pompeiano, giudican-
doli suffetti atteso che L. Calpurnio Pisone, eP. Sal-
vio Giuliano furono gli eponimi di quell'anno. E pa-
rimenti suffetti, ma di anno incerto si sono reputati
i secondi, che gli vengono assicurati da Capitolino
( M. Aur. e. 20 ) , richiamando cosi a quel tempo il
frammento.. . eTPOMPEIANOHCOS, che ho su-
periormente trascritto. Infine non sapendo che fare
del Pompeiano, che i fasti notano ordinario nel pre-
sente anno 926 sono ricorsi all'espediente di supporlo
un suo fratello, quantunque non se n'abbia da altra
parte il minimo sentore, e malgrado della uiuna pro-
babilità , che si fosse potuta trovare nei fasti una nic-
chia per questo sconosciuto a preferenza del fratello
già sen/or, e che da quattro anni avea sposata un'Au-
gusta.
Ad onta perù del giudizio di questi dottissimi è
impossibile di ritardare fino al 929 la prima sua ele-
vazione all' ipatica magistratura dopo eh' è venuto
alla luce il citato diploma, il quale ci prova che l'ave-
va esercitata innanzi il 920, in cui governava la Pan-
nonia inferiore. Conciossiachè quella provincia era
allora riserbata a personaggi ch'erano già stati deco-
rati di quell'onore, come consta dalla conosciuta con-
dizione degli anteriori legati Minicio Natale, Neratio
Prisco giuniore, Ponlio Leliano, e dei posteriori Ul-
pio Marcello, Nonio Macrino, Settimio Severo poscia
imperatore, Settimio Gela suo fratello, ed altri. Se il
comando degli eserciii non si conferiva dagli Augusti
se non che a consolari per testimonianza di Ulpiano
(Dig. lib. 3. 2. 2) e di Vegelio ( de re milil. L. 2c.9 )
come dubitare che Pompeiano fosse già di quel nu-
mero allorché M. Aurelio eum bello ducerà praefecit
secondo ch'egli stesso confessa nella sua lettera sulla
pioggia miracolosa del 927, che si trova dopo la se-
conda apologia di S. Giustino: se din mililibus prae-
fuil ( Spartiauo in Didio e. 8 ) ; e se nel 925 aveva
riportata l' insigne vittoria memorata da Dione, con
cui rispinse i barbari dai confini dell'Italia? E se vorrà
salvarsi lo stesso Spartiano [Carne, e. 3) da un'aper-
tissimo mendacio ove parla del Pompeiano console
nel 9G2 fatto morire da Caracalla circa il 908 dicen-
doci : Occidit etiam Pompeianum Marci nepotem ex
filia natum et Pompeiano , cui nupta fueral Lucilla
post mortem Veri Imperaloris , quem et consulem liis
fccerat, et omnibus bellis praeposnerat, quae gravissima
tunc fuerant, converrà ammettere che il quem consu-
lem bis feceral con quel che segue non si riferisca già
al nipote di Marco, ma si bene al suo genero, perchè
altrimenti si domanderà quali furono le gravissime
guerre del figlio di Settimio Severo anteriori al 96S.
Infine se si esaminerà più attentamente il luogo di
Capitolino ( M. Aur. e. 20 ) filiam suam grandacrn
Claudio Pompeiano dedit.... quempostea bis consulem
fecit, quumfìlia eius Augusta esset et Auguslac filia, si
vedrà che invece di trarne, che poscia lo fece console
due volte, si ha meglio da intendere , che in sequela
dello sposalizio gli ripetè quell'onore, onde fosse più
degno di una moglie Augusta. E che questo sia il ve-
ro senso di quel passo ce lo ha ora ampiamente con-
fermato la nostra lapide di Narenta, mostrandoci ve-
rificato il detto del biografo nel Pompeiano del 92<».
Per lo che da questa lapide eziandio emanando uu
nuovo argomento contro la legittimità delle lettere di
Vulcalio si avrà di qui innanzi da stabilire, che ingiu-
stamente si erano ridardati di troppo i due consolati
del Pompeiano seniore : eh' egli ottenne il primo di
sostituzione in un'epoca ancora incerta, ma però an-
teriore alle nozze del 922, edanzi alla legazione Pan-
nonicadel920:e che in premio della vittoria del 923
gli fu conferito il secondo nelP anno seguente , ma
— 128 —
questa volta ordinario, secondo il più frequente costu-
me dei consuìcs iterum.
Ma in favore dell'opinione seguita finora alcuno
potrebbe addurre che i primi suoi fasci nel 929 tro-
vano appoggio nel brano di un' altra epistola succes-
siva di M. Aurelio, esistente presso lo stesso Vulcatio,
in cui dopo la vittoria di Martio Vero sopra Avidio
Cassio scrive al senato; Habetis igilur, P. Cprogra-
tulalione victoriae generum meum consulenti. Pompeia-
nutn dico, cuius actas olim remunerando, f aerai con-
sulalu, nisi viri forles intervenissent , quibus reddi de-
buti, quod a republica debebatur. Su questa lettera non
cadono le accuse di falsità che si sono apposte alle
precedenti , e desunte dal tempo e dal luogo , in cui
si dicono scritte , che anzi i sentimenti di clemenza
ivi spiegati verso i figli e i seguaci del ribelle piena-
mente si accordano con quanto ci narrano Capitoli-
no, Temistio e Dione. Tultavolla la compagnia delle
altre lettere apocrife lascerebbe sempre gravitare dei
sospetti anche su questa , finché avessero un fonda-
mento nel consolato che si è combattuto finora , se
non restasse forse una via per tentar di difenderla da
questo lato. Osservo adunque che il passo sopra alle-
gato non rinchiude una positiva ragione che ci sforzi
di attribuirlo al vecchio Pompeiano , quando non man-
ca un contemporaneo dello stesso nome , a cui può
egualmente convenire. Narrando Lampridio ( Com.
e. 4) la congiura tramata nel 936 contro la vita di
Commodo da Lucilla sua sorella, e da Umidio Qua-
drato figlio o nipote di una sorella di suo padre , ci
dice : Datum est negolium peragendae nccis Claudio
Pompeiano propinquo , qui ingressus ad Commodum
districto gladio , quum faciendi polestalem habuissel in
hacc verba prorumpens, hunc libi pugionem senatus
militi, detexit facinus fatuus, nec implevit..,Poslhaec
interfecli sunt Pompeianus et Quadratus. Corrispon-
dono anche nelle minute circostanze del fatto gli altri
storici, se non che Dione (L. 72c. 4) e Zonara (L.12
c.4)convengono con Lampridio nel chiamarlo Claudio
Pompeiano , mentre Erodiano (L. 1 e. 8) ed Ammia-
no Marcellino (L. 29, 1. 17) lo appellano Quiutiano,
aggiungendosi dal secondo, eh' era un senatore, t7/t-
cilae cupidinis homo. 11 Reimaro ha il merito di aver
conciliato questa discrepanza nella nota 21 al citato
libro di Dione, tenendo che costui si chiamasse con
intera nomenclatura Claudio Pompeiano Quintiano.
Niente infatti di più comune in questo secolo quanto
di veder provveduti i nobili di doppio cognome, l'uno
desunto dal padre, l'altro dalla madre, per cui Ero-
diano potè preferire il secondo affine di meglio distin-
guerlo dal più antico dello stesso uome. Lo stesso Dio-
ne (/. e.) chiarisce il propinqaus di Lampridio coll'in-
formarci : Hic quum uxorem duxisset filiam Lucillac,
non cum hac solum, sed cum inatre eius siimi rem ha-
bcbat,qua de causa Commodo ila familiaris erat,utuna
ambo epularenlur , una iuvenarentur. Veramente la
storia non fa altro ricordo dei figli di L. Vero: ma un
nuovo cenno sen'èpoi avuto da Frontone ( p.88 ediz. di
Roma)chedopo il ritorno di lui dall'Oriente gli com-
mette socrum et liberos vestros saluta, ed altro ne ha
tratto l'Eckhel (T. VII. p. 99) dalle medaglie della
moglie , in cui è rappresentata la Fecondità ora con
una ora con due , ora con tre figure fanciullesche ,
le due maggiori delle quali in un sesterzo conserva-
tissimo della mia raccolta dalle vesti mi appariscono
feminili. Ora se Pompeiano Quintiano ebbe in isposa
una figlia di Lucilla fu dunque progenero di M. Aure-
lio: ma Ulpiano(D/</. L.50. 16.130) ci ha avvertito:
Generi appellatone et neplis et proneptis tam ex filio,
quam ex filia editarum, celerarumque maritos contineri
manifeslum est. Ecco pertanto un'altro Pompeiano più
giovine, genero anch'esso di quell'imperatore, a cui
potè egli destinare i fasci nel 929. Né osta se asserisce,
che la sua età avrebbe richiesto di essere rimunerata
prima col consolato, se non se gli fossero dovuti an-
teporre gli uomini forti, perchè basta per ciò ch'egli
avesse oltrepassata l' età consolare ossia i trentadue
anni compiuti di due otre anni, spazio che in un se-
colo, in cui si avevano per lo meno otto consoli all'
anno fu più che sufficiente per concedere questo pre-
mio a chi se l' era meritato nelle ultime guerre.
(continua) B. Borghesi.
Giglio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàneo.
BILLETTIAO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 67. (17. deiranno III.)
Marzo 1855.
Illustrazione di una lapide dell'antica Narona. Continuazione. — Nuove scoperteSannitiche. — Poche osservazioni
sull'articolo precedente. — Brevi osservazioni su' dipinti di alcune tombe di Ali amila.
Illustrazione di una lapide dell'antica Narona.
Continuazione del numero precedente.
Al contrario se ivi si parlasse del Pompeiano se-
3Ìore, ch'esser doveva quasi sessagenario, come in
anti anni non si sarebbe trovato un ritaglio di qual-
che mese per guiderdonarlo dei suoi servigi , e co-
me poi non comprenderlo nel numero degli uomini
forti dopo la vittoria , con cui aveva salvata l'Ita-
lia dall'incursione dei barbari? Vero è ebe Pompeia-
ao Quintiano non poteva a quel tempo aver già con-
lotto in moglie la primogenita di L. Vero, perche se
la madre di lei non si maritò se non che nel 917, la
Qglia nel 929 non doveva contare se non che dieci o
undici anni. Poteva però essergli stata promessa , e
potè in contemplazione dei conchiusi sponsali decre-
tategli la porpora consolare. Anche Claudio promise
la sua figlia Ottavia quasi bambina a L. Silano, a cui
abbreviò per questo la strada degli onori, e quantun-
que quelle nozze non avessero poi efletto, ciò non im-
pedì a Seneca e Dione di chiamarlo suo genero.
Ma chi sarà questo Claudio Pompeiano Quintiano?
Dicevasi figlio del console del 926, che come ho an-
nunziato stimavasi un'ignoto fratello del vincitore
de' Catti. Ma questo fratello sarà divenuto un'ente
immaginario dopo essersi veduto che quel console
altri non fu che il vincitore medesimo. Per lo che
considerando che la stirpe dei Claudi Pompeiani sco-
nosciuta per l'addietro non fu Romana, ma Antioche-
na, io non so dare a Quintiano altra origine se non
quella di reputarlo il primogenito dello stesso Pom-
peiano seniore nato da un suo matrimonio giovanile
con una Quintia , ben supponibile in un' uomo di
quella età. Quando egli sposò la vedova di L. Vero nel
arno ni.
922 sarà stato all' incirca quinquagenario, se da Ca-
pitolino si nota che era allora grandaevus, onde po-
teva ben avere un giovine che sette anni dopo oltre-
passasse di alcun poco l'età consolare. Ugualmente se
nel 933 in cui morì M. Aurelio aeiale anteibat, per
autorità di Erodiano, tutti gli antichi amici di lui, era
dunque, se non può asserirsi di altri , più attempato
di Pertinace, che aveva a quel tempo cinquantaquat-
tro anni. D'altra parte qual difficoltà che quel prin-
cipe amasse di ristringere maggiormente i vinco-
li delle loro famiglie con un' iterato sposalizio? Così
Augusto maritò la sua Giulia a Tiberio nato da Livia
sua moglie, e così Claudio ed Agrippina strinsero in
nodo coniugale i loro precedenti figli Ottavia e Ne-
rone. La mia congettura ha poi anche un fondamento
in Lampridio ( Comm. e. 5), da cui si racconta , che
dopo essere stata messa a morte Lucilla occisus est
etiam Claudius quasi a latronibus, cuius fìlius cum pu-
gione quondam ad Commodum ingressus est. È vero
ch'egli si è ingannato, perchè Pompeiano il padre so-
pravisse a Commodo, e che ilCasaubono nelle note a
quel luogo, e nel'e altre alCaracalladi Spartiano^c.3)
ha trovato altresì la ragione di un tale errore , ma
ciò non toglie che quello storico abbia creduto che il
congiurato fosse figlio del secondo marito di Lucilla,
Queste cose siano dette per chi volesse sostenere
l'autenticità della lettera di M. Aurelio al senato , e
per mostrare che anche ammettendo sulla dubbia fe-
de di Voìcatio un Pompeiano suffetto nel 929 non
emerge da ciò alcun pregiudizio all'anteriorità che si
è determinata ai due consolati dell'autore della gran-
dezza di quella casa. Anche dal seeondo e più splen-
dido coniugio ebbe egli successione ricordandosi da
Dione i figli che mandava ad assistere agli spettacoli
17
— 130 —
offerti da Commodo sulla fioe del suo impero. Uno
di loro sarà il Ti. Claudio Pompeiano, che nei primi
anni di Settimio Severo era tribuno militare della le-
gione 1. Minervia memorato in una iscrizione di Lio-
ne (Orelli 2100), il cui prenome di Tiberio mi con-
forta a conservarlo anche a suo padre , quantunque
siano cessate le antiche ragioni, per cui se gli era im-
posto, derivate dalla lapide Ligoriana, che ho riget-
tata sul principio. Havvi tutta l'apparenza ch'egli sa
stato poscia insignito del consolalo ordinario del 902,
e che sia il nipote di Marco tolto di vita per ordine
di Caracalla, siccome ho già detto affermarsi da Spar-
tiano (Carac. e. 3). Reputo poi generato da lui l'al-
tro Claudio Pompeiano, ch'ebbe anch'esso i fasci or-
dinari da Alessandro Severo nel 984, persuadendo-
melo l'appellazione di Commodo, che gli vieti data
dai fasti Greci maggiori, e che richiama i suoi illu-
stri antenati, cioè l'imperatore L. Vero fratello per
adozione del suo bisavo materno, che originariamente
cognominavasi L. Commodo, e l'imperatore Commo-
do fratello di sua nonna. Per la stessa ragione ho già
sospettato, che da Claudio Pompeiano Quintiano, e
dalla figlia del medesimo Augusto L. Aurelio Vero
sia discesoli console del 988, che nel suo cippo presso
il iMommsen (Inscr.R.Neap. 3597) si chiama Lucius
Tiberius Claudius Aurelius Quintianus, atteso che i
nomi di Ti. Claudio accuserebbero la sua ascendenza
paterna , e gli altri di L. Aurelio quelli dal lato di
fernina. Per le quali cose riepilogando il fin qui det-
to, in mollo pregio si avrà da tenere la nostra lapide,
siccome quella che insegnandoci a riscrivere ne' fasti
del 920 Cu. Claudius Cn. F.Severus II, Ti. Claudius
Pompeianus 7/reslituisce loro due dei più chiari per-
sonaggi di quel tempo , in vece di due soggetti fittizi
per conseguenza osrurissimi, e viene con ciò ad illu-
strare le famiglie di questi due generi dell'imperatore
M. Aurelio, e insieme con esse la storia Augusta.
B. Borghesi.
Nuove icoperte Sanniliche.
miglia dieci da Campobasso , durante il mese di mar-
zo ultimo , nel sito denominato Campo Laureili , o
largo della Liscia, furono rinvenute varie monete e
suppellettili antiche. Il luogo in parola giace sul ver-
tice della collina, che scende dolcemente sino al fiu-
me sottoposto detto Zappino , ed ha la estensione di
circa palmi 100 per 80, scorgendosi nel lato che
guarda oriente, un frammento di antico muro a sec-
co alto circa palmi due dal suolo e lungo palmi 20,
formato di massi di pietra non lavorati ed abbastanza
grandi : inoltre dispersi pel terreno si trovano molli
rottami di tegole , e qualche masso di pietra grezza.
Avendo eseguiti alcuni saggi di scavamento , vi tro-
vai alla profondità di circa palmi due delle grosse te-
gole frammentate disposte in doppia fila, l'una avanti
l' altra , e sotto alcune macchie nere e piccoli pez-
zetti di carboni e di ossa , nonché alcuni denti ed al-
tri pezzetti di teschi umani , e talvolta anche qualche
piccolo vasetto di terra colta, con vernice nera e della
forma dei soliti unguentarii. Delle monete rinvenute
una porzione furono trovale in un vasetto a forma di
skyphos, e le altre disperse pel terreno con tutti gli
oggetti misti tra gli avanzi delle tegole. Quindi dalle
descritte particolarità , e dalle monete rinvenute ,
nonché dai diversi oggetti incontrati , ho potuto de-
durre esser questo un antico sepolcreto sannitico ,
tanto più che in questo sito non si sono scoperti al-
tri frammenti di qualsivoglia antica costruzione.
In tutto lo scavo si sono raccolti i seguenti ogget-
ti. Mortele di argento — Fistelia con leggenda sanni-
tica 24 — Idem con doppia leggenda greca e sanni-
tica 2 — Idem senza leggenda 17 — Allibarli 8 —
Hyrina 3 — Napoli 5 — Nola 1 — della Campa-
nia 3 — Taranto 5 — Metaponto i — Posidonia 1 —
Turio 2 — Velia 5 — Crotone 2 — Pitanali 2(1).
Moneta mal conservata 1 — Sesterzio romano 1 —
Denario della gente Flaminia 1 — Idem della Mar-
eiafCensorinusJ i — Idem della Tiluria 1 — Quinario
della Iulia — Quinarii di Augusto 2 — Monete di
bronzo — Tiali di Mezzano modulo 1 — Arpi 1 —
(0 Avendo avuto occasione di osservar queste monete , abbiamo
rilevato che in una la epigrafe è dritta nelP altra è retrograda. —
glia tre a settentnone di Toro , comune distante circa ma detr editort.
Nella provincia di Molise alla distanza di circa mi-
— 131
Assi romani di bronzo fusi 2 — Idem coniali 5 —
Trienle di Lucerla fuso 1 —Monete irriconoscibili 3.
Olire alle indicale monde se ne sono rinvenute
circa altre cento , dulie quali la maggior parie , giu-
sta le relazioni avute , appartengono anche a Fi-
stelia.
Da ullimo si sono trovati numero sei cerchietti di
ferro a guisa di braccialetti , forse per le slrigili, due
lamine di coltello , un forceps, imo striglie di ferro,
tre fibule di argento e molli altri frammenti simili ,
non che varie fibule di bronzo , alcune intere , ed al-
tre frammentate di elegante lavoro greco , diversi
anelli di argento di filo (ondo, uno che ha incuso nel
di sopra una figura femiuile sedente, una piccola la-
minetla di argento lunga circa palmi 0,40 terminata
negli estremi a guisa di cuspide (forse per uso di ago
crinale) ; più un anello di oro di filo tondo , ed una
lamina anche di oro , lunga circa pai. 0,80 , e larga
pai. 0,05 , avente nel mezzo incusa una testa mulie-
bre con sparse chiome, terminante in uno degli estre-
mi a guisa di uncino , una piccola figurina anche di
lamina di oro , ed in fine un anello grande di bron-
zo e varii vasetti di terracotta con vernice nera di
poca importanza.
Volendo prendere norma dal gran numero di mo-
nete appartenenti a Fislelia , ivi raccolte , pare che
la positura di questa vetusta città dovesse essere piutto-
sto sila nel Sannio che altrove, come già pensarono
molli archeologi che soslennero la medesima opinio-
ne ; dappoiché essendo il luogo in parola un sepol-
creto, dovea certo trovarsi poco discosto da una cit-
tà , di cui sebbene non esiste alcun rudero non può
aversene dubbio. Imperocché tale è la condizione di
quasi tutte le antiche città del Sannio , che non ne
rimangono più vestigia , e tra le altre di Larino nei
Frentani , di cui oltre a pochissimi avanzi del solo
anfiteatro , non esiste rudero alcuno.
Questa medesima considerazione sul gran numero
delle monete di Fistelia ci venne comunicata dal eh.
«gnor Principe di San Giorgio , Direttore del Real
Museo Borbonico , e Soprantendente generale degli
scavi del Regno , il quale ne traeva la stessa conclu-
sione , proponendosi di presentare una più ampia di-
scussione sul sito dell' antica Fistelia , e sulle monete
di quella città.
VArchitetto-V lisse Rizzr.
Poche osservazioni sull' articolo precedente.
Molto interessante ci sembra la idea del eh. signor
Principe di San Giorgio.il quale dal gran numero di
monete pertinenti a Fistelia ritrovate nel sito delle re-
centi scoperte ne trae la conferma che queste possano
credersi proprie della distrutta città , di cui restano
quei miserabili avanzi. Dal diligenlissimo nostro ami-
co e collega signor Ambrogio Carabba sappiamo che
trai vasi rinvenuti in questa novella interessante loca-
lità, tutti dipinti a vernice nera, havvene uno, sotto il
cui piede veggonsi graffile le due lettere sannitiche
8B. Per quanto sia scarso questo elemento sannitico,
pure ci sembra interessante di richiamarlo come uni-
co confronto alle sannitiche monete di Fislulis , nel
medesimo luogo trovate. Ricordo che il sig. Reynier
ebbe già osservato che le monete di Fistelia proven-
gono più comunemente dal Sannio , e perciò le de-
scrive appunto sotto quella regione ( Précis d'une
collection de medailles antiques pag. 7,8). Un' altra
osservazione ci fornisce la novella scoperta , ed è che
le monetine senza leggenda col leone, e sotto il ser-
pente debbano attribuirsi egualmente a Fistelia. Tem-
po fa i numismatici ne fecero quislione ; ma ora non
più ne dubitano, avuto riguardo alla simiglianza della
fabbrica colle monete cerle di Fistelia. Ora a questa
fortissima ragione si aggiunge ancora il nuovo fatto
della scoperta di un notabile numero di tali moneti-
ne insieme con quelle di Fistelia , come raccogliesi
dalla relazione del signor Rizzi. Finora i numisma-
tici non presentarono alcun confronto vicino a que-
sto nome della Sannitica città di Fislulis ; anzi le ul-
time ricerche fan riportare quelle medaglie a Poz-
zuoli, e quindi alla Campania. Io dovrò fra poco trat-
tar più ampiamente una tale quislione , quando dovrò
ragionare di alcune monete di Fistelia, di cui farò la
pubblicazione. Per ora , a prender data , mi piace di
offrire una mia osservazione , per la quale mi sem-
bra che trovinsi in Livide sole poche notizie di que«
— 132
sta aulica città. Nella seconda guerra punica racconta
lo Storico patavino , come Fabio recossi a devastare
il Sannio. Ecco le precise parole dello Storico — Fa~
bius in Samnium ad populandos agros recipiendasque
armis, quae dnfecerant, urbes processit. Caudinus Sa-
mnis gravius dcvaslatus ; perusti late agri , praedae
pecudum hominumque actac : oppida vi capta , Cotti-
pulletia , Telesia , Compsa , Mclae, Fulfulae , et Or-
bitanium etc. ( Lib. XXIV Cap. XIX , toni. III. pag.
8Ca edit. Drakenborch. ). Il Drakenborch riferisce
moltissime varianti nella parola Fulfulae. I varii co-
dici presentano Filulae, Fugifulae , Fuifulae , Fur-
fulae , Fursulae , Fiusulae , Fuisulae , e Fuhulae.
Ognun vede quanta incertezza vi sia nello scegliere
la vera lezione fra nomi tanto diversi. Ma non può
dubitarsi che le varianti Filulae , Fiusulae , e Fuisu-
lae sonu assai vicine al nome Fistulae delle monete di
Fistelia. Così Io scrittore latino e le monete si danno
una vicendevole luce. Il Fiusulae di Livio, che non
ha riscontro né negli antichi scrittori nò ne' monu-
menti, paragonato col Fistulis delle medaglie, che pur
non aveva confronto alcuno , trova una probabile
spiegazione , ed emenda , polendo ormai sostituirsi
la lezione Fislulae a quella tanto variabile e diversa.
E qui mi piace di osservare che il Trutta traendo dal
luogo di Livio che Fuisulae , siccome egli lo appel-
la , appartenne a' Sanniti Caudini , ne riconobbe i
ruderi presso Faicchio a poche miglia da Telese ( Trut-
ta Ant. Alti fané p. 261 ); nel che è pur seguito dal
eh. Corcia (Storia delle due Sicilie tom. 1 p. 347).
Ma noi non crediamo necessario il supporre che tutte
le città mentovate da Livio fossero de' Sanniti Cau-
dini; giacché egli avea prima parlato generalmente
del Sannio , e delle devastazioni e delle conquiste
delle Sanuitiche città. Se fa in seguito la considera-
tone che i Caudini ebbero a soffrire più acerbamen-
te , non è però da dubitare che le devastazioni e gli
assalti , di cui ragiona in appresso , sono applicabili
a tutta la regione. Ciò posto : se l' Olstenio riportò
Furfulae alla regione degl' Irpini ( adnot. ad Cluver.
p.270 ), ci crediamo autorizzati anche noi a situarla
nella nuova località vicina al comune di Toro , di
cui è detto nella precedente relazione. Non vogliamo
intanto tralasciar di notare che della medesima città
trovasi fatta menzione nell' epitome di Giulio Floro,
ove pure si osserva ne' codici diversità di lezione. Par-
landosi della guerra sociale notasi la piena distruzione
di talune città principalmente del Sannio » Ecce Ocri-
culum, ecce Grumentum, ecce Faesulàe , ecce Carseoli
Aesernia Nuceria Picenlia penilus ferro et igne va-
stantur ( III , 18 ). Così riportasi nella più recente
edizione del eh. Iahn , pag. 84 ; ma nelle note si av-
verte come nel codice segnalo colla lettera B, si leg-
ge pessulae. Ecco dunque senza dubbio ricordata la
stessa sannitica citlà, nella quale noi riconosciamo la
Fistulis delle monete. E così la Storia di Fistelia sa-
rebbe compiuta , sapendosi com' essa dopo aver su-
bita una prima devastazione da' Romani a tempi della
guerra Annibalica, fu poi quasi totalmente distrutta
all'epoca della guerra sociale.
MlNERVINI.
Brevi osservazioni su dipinti di alcune tombe
di Albanella.
Ricorderanno i lettori del presente bullettino la
notizia data dall'egregio architetto signor Rizzi di al-
cune tombe scoverte in Albanella in vicinanza del-
l' antica Posidonia (vedi sopra p. 93 e s.). Ora avendo
avuto la opportunità di proccurarci i lucidi di quelle
pitture eseguiti dal diligenlissimo artista signor Ab-
bate, alla cui gentilezza ci professiamo particolarmente
obbligati, abbiamo creduto utile presentarne la inci-
sione , riducendoli alla quarta parte degli originali.
Veggonsi le pitture della prima tomba nella nostra
tavola X, quelle della seconda e della terza nella tav.
XI. E non sarà fuor di luogo accompagnare una tale
pubblicazione con alcune nostre brevi osservazioni.
La scena principale del primo dipinto ( tav. X. fig. 1 )
ci mostra la protesi, o la esposizione del cadavere
di una donna sul funebre letto. Pare che l'ornamen-
to visibile presso a' piedi della defunta non apparten-
ga a' tibiali , ovvero calze , ma sibbene alla tunica ,
vedendosi assai somigliante a quello della tunica del-
l'altra donna stante in mesto atteggiamento. Di fatti
il bianco panno che tutta ricopre la estinta trova il
— 133-
confronto ne' simili drappi che avvolgono i defunti
su'bassirilievi etruschi (Micali monum. 5C;Inghirami
moti. elr. VI, tav. 7, 2), e principalmente nel bianco
panno osservabile in un bellissimo vaso ateniese of-
frente egualmente la protesi , illustrato dal mio eh.
amico signor dottor Guglielmo Henzen ( Mon. ined.
dell' hi. voi. IH tav.LX, v. annali voi. XV p. 276 s.).
Vedi sulle bianche vesti de' cadaveri i classici luoghi
di Plat0neZ.e3.XlI p.947,di Pausania IV,13, 1, di Plu-
tarco de aud. poèt. 6; cf. Hermann griechische Antiquii.
tom.III p.200. n.7, Becker Charikles tom.II p.88,89
edit. Hermann. Son da vedere citati presso del signor
Henzen varii monumenti colla esposizione del morto ;
tra' quali è certamente notabilissimo il vaso del nostro
Real museo col mito di Archemoro, nel quale il gio-
vinetto figlio di Euridice vedesi egualmente collocato
su funebre letto, mentre gli si preparano intorno le fu-
nebri cerimonie. Intanto sembraci importante il no-
tare che la tomba di Albanella presenta una scena
rarissima nelle pitture delle tombe , unica se si pon
mente a' dipinti de' greci sepolcri. Le tre donne , che
in varie attitudini stanno intorno alla defunta mostran-
do con ciò il loro cordoglio, senz'alcun dubbio sono
intese alla conclamazione solita a farsi appunto dalle
donne in simili circostanze di lutto. Ed è certamente
un bellissimo confronto al dipinto di Albanella il so-
pra citato vaso di Atene , nel quale si veggon pure
alcune donne occupate al funebre canto. Vedi Henzen
1. e. p. 282. Noi già riconoscemmo una simile intel-
ligenza di funebri lamenti nelle femminili figure di
non poche Appule urne di terracotta , ove ravvisam-
mo assolutamente una sepolcrale destinazione [Mon.
ned. di Barone pag. 72, s. ) ; e citammo a proposito
i cori delle antiche tragedie greche , nelle quali le
donne sollevano lugubri canti al suono della tibia.
Anche nel nostro dipinto di Albanella accompagna
certamente il canto il tibicine in barbarico vestimen-
to , e munito di cpop/3f/à, o capislrum. Al qual pro-
posito vuoisi notare che il tibicine osservasi frequen-
temente negli antichi monumenti greci col berret-
to , e con vestimenti proprii di straniere nazioni
( Braun, negli Annali dell' hi. Voi. Vili p. 65). E
così appunto comparisce nel dipinto di che ragionia-
mo: il pare che possa attribuirsi alla condizione servile
di simili personaggi. Sono di fatti ben conosciuti i bar-
barici vestimenti degli asiatici schiavi presso i Greci:
e mi contenterò di notare i pedagoghi che in somi-
gliante costume si veggono frequentissimamente sui
vasi dipinti : del che si legga quel che altrove fu da
noi notato in questo medesimo bulleltino (an. II. pag.
58, segg.). Una osservazione bisogna non pertanto ag-
giungere in rapporto al nostro tibicine; ed è ch'egli of-
fre l'aspetto ed il costume frigio. Ora è ben conosciuto
che la invenzione stessa della tibia si riferisce appun-
to alla Frigia (Lobeckh Aglaophamus p. 298). E que-
sto può dar la spiegazione dell'uso di attribuire a' ti-
hicini asiatici vestimenti , quasi convenienti a colore
che si tenevano addetti a suonare quel frigio istru-
mento. E per quel che concerne particolarmente i
funerali , ricordiamo che i Frigi erano adoperati ap-
punto a questo ufficio ; così ne avverte lo Scoliaste di
Eschilo : ol -yàp Mwoi xcù oì <&puys; \xxki<z% dai Sp?]-
vrjTjxo/ (ad Pers. v.1054). Ed è pur da ricordare che
la stessa nenia lugubre è qualificata da Polluce di Fri-
gia : rò $ì vy|v/*Tov W* fx;v tyóyiov (lib. IV. sez. 79).
Ma vi ha di più che Stazio ne avverte avere i Frigii
introdotto il costume della funebre tibia ne' funerali
di Archemoro :
Tum signum luclus cornu grave mugil adunco
Tibia, cui teneros suelum traducere manes,
Lege Phrygum moesta. (Theb. lib. VI v.120 segg.).
Sicché la tibia, che vedesi in bocca all'asiatico suo-
natore nel dipinto di Albanella, è l'xuXòi SpY|V7,T<xòs,
invenzione de' Frigi mentovata dallo stesso Polluce
( lib. VI segm. 75 ). Su di che si vegga il Fabro
( scmestr. lib. 3 cap. 2), ed il Kirchmanno (de funeribus
Roman, lib. II cap. VI ), ov' è illustrato il costume
pur de' Romani , tratto probabilmente da' Greci di
cantare le funebri nenie al suon della tibia. Se non
che questo ufficio era presso i Greci affidato sovente
alle congiunte ed amiche dello estinto, e non sempre
alle prefiche prezzolate ; siccome interveniva presso i
Romani. Su questo pianto delle donne a suon di tibia
veggasi pure Hermann gr.Antiq.p. 201 e seg. n. 21.
22 , Becker Charikles tom. II pag. 92 e segg. edit.
Hermann. Platone parla di persone prezzolate che
— 134 -
accompagnavano il morto con Carica canzone (Kap/x9j
rtvt ixova-%) leg. VII p. 800. Ma pare che debba in-
tendersi de' soli tibicini , quando si confronta col-
Va.uXr/x.9. Kapfxòt- di Polluce IV, 75.
Non serve il dire che l'unguentario poggiante sul le -
to accenna alle solite unzioni del cadavere tanto usi-
tate dagli antichi, probabilmente a Gne di evitare il
cattivo odore , che necessariamente esala da un cor-
po privo di vita. Vedi su di ciò un notabile luogo
di Luciano de luclu §.11, ove si mentova pur la co-
rona. Cf. Hermann grìcch. Antiquii. voi. Ili p. 200
n. 5-6, Becker Charikks tom.II p. 87 seg. ed. Her-
mann. Notevole è la figura della donna sedente ,
che tien preparata laf funebre corona , da cinger-
si al capo della defunta , secondo antichissima con-
suetudine. Vedi la dotta dissertazione dell' Avellino
sulla celebre corona d' oro di Armento, inserita nel-
le memorie della regale Accademia Ercolanese tom.
1 pag.207 e segg. Nel vaso Ateniese sopra accennato
la corona vedesi già circondare la testa della estinta,
mentre le donne conlinuano i funebri lamenti. Al-
l'opposto nel vaso dell' Archemoro una donna è sul
punto di coronare il capo dello spento fanciullo. Nel
dipinto di Albanella questa cerimonia succederà alle
lugubri canzoni. Intanto questa donna sedente ci sem-
bra da paragonare colla donna egualmente seduta nel
più volte citalo vaso di Atene , nella quale il eh.
Henzen volle riconoscere lamoglieolamadre del de-
funto ( l. e. p. 282 ). Il confronto del dipinto di Al-
banella ci dimostra poco autorizzata una simile deter-
minazione ; non potendo affalto pensarsi alla mede-
sima idea. La corona tenuta da questa donna , atteso
il suo rosso colore , potrebbe riputarsi una di quelle
corone di nobili metalli , che s' imponevano tanto
spesso al capo de' defonti , specialmente nelle greche
costumanze: sulle quali oltra le cose dette dall'Avel-
lino nella sopra citata dissertazione, vedi pure le cose
da me notate (lapida napol.di Tetlia Casta pag.2 1 ,seg.),
a proposito della corona di oro decretata alla napo-
litana sacerdotessa Teltia Casta. Pausania parla , in
rapporto alla protesi , della bianca veste e della co-
rona di oro: IV, 13, 1. Intanto la donna sedente nel
dipinto di Albanella presenta due Dotevoli particola-
rità. Son questi i piedi nudi , e le dita della sinistra
mano conformate a corna ; gesto di nota significazio-
ne appo di noi, ma di difficile intelligenza in un mo-
numento antico. Ricordo solo a questo proposito che
la mano trovasi non poche volle adoperata su' funebri
monumenti segnatamente Romani; ma pare che sia in
una particolare intelligenza, che non ha nulla che fare
colla conformazione della mano cornuta. Quesla non
trova confronti scritti, sebbene sia stata non poche
volte ravvisata ne'monumenti antichi (v. Jorio mimica
degli antiche p. 89-120). E parci che la pittura di Al-
banella ce ne offra un novello esempio ; sebbene non
possa compiutamente intendersene la significazione. In-
tanto sulla mano ne' monumenti funebri , e sulla ma-
no cornuta, vedi pure ciò che di recente ha dottamen-
te raccolto il mio eh. amico signor professore lahn
iiber den Abcrglauben des bdsen Blicks bei den Alien
ne' Berichte der Kónig. Sàchs.Gesellschafl der Wissen-
schaflen 1855 pag. 53-58. Non sembra da ravvisare
in questa figura una dea , che prepari alla estinta la
corona della immortalità, non potendo a ciò indurci
neppure l' ornamento della sua testa , che presso a
poco simile si riscontra nella defunta ed in una del-
le due donne stanti. La figura più dignitosa ed or-
nata è quella con rossa veste con fregio , e distinta
da collana , la quale si duole a' piedi del funebre
letto. Le altre tre tutte in bianche vesti credersi po-
trebbero individui meno degni della famiglia, proba-
bilmente ancelle, che accompagnano il duolo della
madre forse o della sorella della estinta. Comunque
sia: le pendenti corone, e la tenia regolarmente so-
spesa in alto sulla defunta accennano al funereo ap-
parato , colla intenzione di apoteosi e d'immortalità.
I corti capelli , ravvisabili principalmente nella
donna che quasi tocca l'estinta, sono riferibili al ta-
glio della chioma indizio di lutto , che vien ricorda-
to da molte autorità , e che non di rado riscontrasi
ne' monumenti. Non havvi alcun dubbio che il se-
polcro appartenne ad una donna. Apparisce sema
dubbio femminile la figura distesa sul funebre letto.
Questa osservazione rende meno facile la spiegazione
del guerriero a cavallo co' militari arnesi , e della
pugna di varii altri guerrieri armati di asta , della
— 135 —
quale si mostrano tuttavia alcune tracce. Non essen-
do possibile trarre ad alcuna convenevole spiegazio-
ne queste guerriere scene messe in rapporto colla se-
poltura di una donna ; io son di opinione che debba
Btipporsi nella medesima tomba sepolto un guerriero,
eh' ebbe strette relazioni colla defunta , e di cui si
effigiarono le militari imprese , per serbarne la me-
moria. Così vedesi un bel contrapposto tra il placido
sonno di morte di una delicata persona , e la vita at-
tiva ed operosa di un forte uomo dedito al duro e
faticoso mestiere delle armi. E non saprei diffinire ,
se il pugnace gallo , di cui apparisce solo una parte,
messo a rincontro del guerriero che riede dalla bat-
taglia, faccia allusione agli esercizii di Marte, ovvero
al corso della vita umana come allusivo alla misura
del tempo e delle ore (vedi le cose notate nel II anno
di questo bulhllino pag. 106, seg.). 11 cavaliere par
che ritorni finalmente fralle pareti della sua casa, dopo
aver superato i perigli di sanguinosa mischiai E questo
fatto ha, per rapporto ad un estinto, la più alla intelli-
genza del raggiungere la felicità dopo le guerre e le lotte
subite dall'uomo nella mortale esistenza.È stato soven-
te notato come il funebre cavallo trasportatore delle
anime accenni a questo fortunato passaggio. Alla qua-
le significazione non sembra disconvenire la idea che
sorge dal contrasto de' funebri ludi; quale si è cer-
tamente nel dipinto di Albanella la lotta impegnata
tra due dissimili atleti , uno de' quali fu bene dal si-
gnor Rizzi determinato per africano. Tale di fatti ap-
parisce e dalla fosca carnagione della sua pelle , e
dalla formazione medesima del suo viso. Le manicete
o hsìX<x<xi date a' nostri pugilalori sono di uso an-
tichissimo appo i Greci, come ne fa sapere Pausauia
( lib. Vili , 40: cf. Philostr. vspì yuixva<rr, pag. 23
ed. Kayser): e noi ne citammo pure alcuni esempli
da' vasi dipinti (Tischbein voi. 1 tav. 56 ; Panofka
mus. Blacas p. XI ) , a confronto della classica urna
di bronzo rinvenuta nell'antica Capua,ove si osserva
una simile particolarità (mon. ined. di Barone p. 131
segg.). E qui ci sia lecito proporre una nostra idea
a spiegazione di questa singolare lotta fra un perso-
naggio di elleniche forme ed un Africano. Noi ben
conosciamo che Alcide, quell'eroe che fu tipo pu'Greci
di qualunque atletica gara, ebbe una volta a contrastare
coli' Africano Anteo, che superò poi sollevandolo con
insolita forza dal suolo. La mancanza totale di qualun-
que simbolo erculeo pare allontanar la idea che si fosse
di fatti effigiata quella mitica lolla. Ma, ove non voglia
ritenersi che le armi di Alcide sieno perdute insieme
con una gran parte di queste dipinte pareti , sarà
sempre una probabile conghicttura, che nella esecu-
zione de' funebri ludi , a' quali vuoisi almeno riferire
questa scena di pugilato, si commettesser fra loro un
greco ed un africano quasi novella coppia di Ercole
e di Anteo, perchè provassero fra loro le forze.
Questa nostra idea vogliamo che si abbia come una
semplice conghicttura ; giacché non essendo conser-
vate tutte le pareti della tomba , non può da quel che
rimane formarsi un sicuro giudizio delle scene tutte
che vi erano effigiate. Solo aggiungiamo che , rite-
nendosi Ercole combattente con Anteo , può con
questa lotta accennarsi pure al contrasto dell'essere
benefico, simboleggiato da Alcide, con i malefici prin-
cipii indicati generalmente da tutti que' personaggi
che furono vinti e superati da quell' eroe.
Nella nostra tav. XI veggonsi alcune delle pitture
che fregiano il secondo sepolcro, come sono i gam-
bali e la galea n. 4 e 5 , i residui di una figura a ca-
vallo n. 3, ed il singolare lottatore n. 2. Dalle rap-
presentazioni guerriere in parte da noi pubblicate in
parte descritte dal signor Rizzi , non che dall' arma-
tura di bronzo rinvenuta presso al defunto, viene a
conghietturarsi che fosse la tomba di un uomo de-
dito alla professione delle armi. E la virile figura suo-
nante la doppia tibia , accennata dallo stesso signor
Rizzi , crediamo abbia lo stesso significato della fri-
gia e funebre cantilena; sebbene nulla possa raccorsi
di certo in qual modo fosse accoppiata con gli altri
personaggi di tutto il dipinto. Singolarissimo , come
innanzi dicevamo, è il pugile aggruppato con altra
incerta figura, da noi pubblicato sotto il n.2. Le tenie
sospese a' due lati ne limitano la rappresentazione.
Intanto è notevole la conformazione del pugile la cui
grossa pancia ed il fallo pendente ne ravvicinano il
soggetto a quelle comiche scene, che incontriamo non
poche volte ne' vasi dipinti ed in altri monumenti.
— 136 —
aiutili comiche rappresentazioni, ove spesso si vede
il fallo delle virili figure, sono da vedere nel Wieseler
Theatcrgeb&ude tav. VI e IX , ed Annali dell'Istituto
di coir. Archeol. toni. XXV pag. 29 esegg. tav. d'agg.
A-B, C-D, E; nel Geppert die altgriechische Buhne
tav. IV e segg.; ne\Y Arch. Zeitung di Berlino 1849
tav. V, 2p. 43, 44;nelLenorrnant quaest. cur Plato
Aristophanem in convivium induxeril, Parigi 1338; cf.
la memoria del cav. VaaoikaParodienundKarikaturen
aufWerkender Klassischen Kunst esiratta dalle memo-
rie della Reale Accademia di Berlino per l'anno 1851).
Noi non intendiamo di indovinare la significazione di
questa dipintura, o se possa aver rapporto a qualche
noto scherzo comico dell'antichità; ma solo vogliamo
osservare che il vedere una somigliante scena adope-
rata ad ornamento di un sepolcro ci fa allontanare
qualunque obbiezione poteva da taluno desumersi con-
tro la destinazione funebre de'vasi dipinti da tali scher-
zevoli rappresentazioni. L' antichità offre alcune sin-
golarità , che non possono compiutamente spiegarsi :
ed il ravvicinamento de' varii monumenti fra loro è
la più sicura via per eliminare le preconcette opinio-
ni,e per indagare l'ascosa intelligenza di certi soggetti.
Il n. 1 della nostra tav. XI presenta 1' unica pit-
tura superstite della terza tomba : e questa ci offre la
figura di una Nereide che valica le onde seduta so-
pra un cavallo marino. Comunque nulla conosciamo
delle pitture, che componevano un insieme con que-
sta Nereide , pure possiamo probabilmente asserire
che questa figura ebbe relazione al passaggio delle
anime per le onde dell' Oceano , affin di pervenire
alle isole fortunate , ed a' campi Elisii. Sono fre-
quenti ne' sepolcrali monumenti queste marine allu-
sioni , ora mostrandosi Tritoni , ora ippocampi ed
altri simili mostri nella medesima intelligenza. Io
ebbi la occasione di richiamare simiglianti idee in al-
tro lavoro ( Mon. ined. di Bar. pag. 71 ). Ora ag-
4i:ingo che simili ornamenti come sepolcrali furono
da me riconosciuti nel sedile semicircolare pompe-
jano collocato quasi rimpetto all'altro emiciclo di
Mammia (Real Mus.Borb. tom:XV tav.XXV-XXVI).
E più altri esempli se ne mostrano ogni giorno ne'
bassirilievi di stucco messi a fregiar le tombe di epoca
romana. Nella pittura di Albanella la femminil figura
trasportata sul dorso dell'ippocampo può indicar pro-
priamente la defunta , che va a godere della felicità
a lei preparata a' confini dell'Oceano. E la medesima
idea dar si volle nel vaso di Altamura, ora nel Real
Museo Borbonico, colla femminil figura sopra un ip-
pocampo presso a' fiumi dell' Inferno ( vedi il Ballet-
tino dell' Islit. 1S51 pag. 42 ). Ci duole che i di-
pinti di questa terza tomba sieno per la massima
parte distrutti ; giacché si palesano di stile superiore
a quelli delle altre tombe , mostrandosi la Nereide
ed il cavai marino di forme eleganti, qual si convie-
ne ad un' opera di greca arte. Minore eleganza e re-
golarità di forme si osserva nelle pitture di tutte le
altre tombe non solo nelle figure umane, ma altresì
in quelle degli animali. Sicché veniamo a conghiet-
turare che questi sepolcrali dipinti vennero eseguiti
in un'epoca non tanto antica, e che si risentano della
rozzezza della bellicosa gente de' Lucani , che abitava
quei siti. Noi ci proponiamo di tornare a discorrere
più ampiamente dello stesso argomento, a proposito
di altra più nobile pubblicazione , che stiamo prepa-
rando. Ma sin da questo momento vogliamo avver-
tire che questi dipinti di Albanella , ed altri di siti
vicini , ci offrono sicure produzioni dell'arte lucana,
nelle quali predomina l'elemento ellenico , ma si
scorge insieme qualche cosa di particolare , quel fa-
re proprio, che distingue le opere di una nazione e
di una scuola da -quelle di un'altra: le quali diver-
sità sebbene non sieno percettibili ad occhi poco eser-
citati , pure esistono senz' alcun dubbio. E noi cre-
diamo di ravvisar le tracce di questo stile e di que-
sta maniera lucana anche nelle pitture vascularie di
quella provenienza, siccome avremo la opportunità
di fare in altra occasione rilevare.
MlNBRVINt.
Giotto Mishrvwi — Editort.
Tipografia di Giuseppe Cataxbo.
BILLETTINO ARCI1EOLOGICO NAPOLITANI.
NUOVA SERIE
N.° 68. (18. dell'annoili.)
Marzo 1855.
Recherches sur la Numismalique Judaique par F. De Saulcy, Memore de V Institut, Académie des Inscriptions
et Bcllcs-Lellres. Paris, Didot '1854 in 4. Continuazione del n. 65.
Recherches sur la Numismalique Judaique par F. De
Sàvlcy, Memore de V Institut , Académie des In-
scriptions et Belles-Letlres. Paris, Didot -1854) in 4.
Continuazione del n. 65.
Ne' primi anni del principato di Archelao venne
impressa altra moneta a nome di Cesare Augusto, la
quale è come segue :
KAICAP , scritto al disopra di un cratere a due
anse ; appiè del quale dal lato d. è la nota numerica
A, e dall'altro lato dovea essere la si gì a L ora perduta.
)( Foglia di vite con parte del tralcio. JE. 3.
Nel ritto di questa moneta il Mionnet (Descr. V,
p. 552 n. 192) ed il eh. Lenormant [Reme num.
1845 p. 185) lessero L A; e A leggesi anche ne'di-
segni del eh. Saulcy (Revue num. 1853 pi. XI, 8:
Rech. pi. Vili, 5) : ma egli pretende che debha leg-
gersi A, e che la moneta spetti all'anno I dell'im-
perio di Tiberio. Ma se essa spettasse veramente a
Tiberio, mancar non dovrebbe il suo nome , che di
fatti trovasi intero od abbreviato in parecchie altre
sue monete Giudaiche. D' altronde poi ad Augusto
troppo ben si conviene il tipo dell' elegante cratere ,
cui fa bel riscontro il pampino della vite , sapendosi
come Cesare Augusto di conserto con Livia sua mo-
glie, e con altri della sua casa, offerse in dono al
tempio di Gerusalemme parecchi bei vasi d'oro fatti
per contenere e versar vino ne' sacri riti. Filone
( Oper. p. 1014 E) ne attesta, che Augusto ixoyovoù
TrctvoixioS àvot.&rjAKTuiy 7ro\vrs7jJrxis rò hpòv \x.M\i.rpì\
e Giuseppe Flavio {B. Iud. V, 13, 6) narra che Gio-
vanni Giscala fra gli altri sacrilegi non si astenne
neppure dalla rapina twv virò roù Xi^aarcù xoà rrf
yvyixixòs ivrov 7n\x^-yrujy axpa.rQZofwv . L'anno
poi XXX dell'era Azziaca segnato appiè del cratere
che corrisponde al 752 Varroniano, ne porge buon
argomento a credere, che Augusto inviasse que'doni
al tempio poco prima, e forse li consegnasse in mano
ad Archelao nel 750 , allor che questi era per tor-
narsene da Roma a Gerusalemme.
Vorrei pure congetturare , che in Gerusalemme,
anzi che in Alessandria d' Egitto , cui sogliono attri-
buirsi , fossero impresse alcune monetine di bronzo
col nome di Cesare Augusto e con tipi che non si
disconvengono alle osservanze della legge mosaica ;
e segnatamente la seguente :
KAIEAP , scritto negl' interstizii de raggi di un
astro, con L M fanno XLJ al disotto.
)( EEBAETOE scritto nel campo del riverso (Se-
slini, mus. Font. P. II tav. XI, 4). /E. 3.
Il diritto di questa monetina trova il suo perfetto
riscontro in alcune monete Giudaiche di Alessandro
Ianneo, ove il nome ebraico Ionalhan di esso lui ve-
desi parimente scritto negl' interstizii di un astro ad
otto raggi. Né faccia difficoltà la forma quadrata del
E greco ; poiché ricorre anche in alcune monete di
Agrippa I Magno, che altre volte usò il % di forma
lunata. L'astro poi può tenersi per simbolo generico
di prosperità; e fors' anche ricorda l' astro Giulio , o
sia Dioneo, che rifulse in sul vertice del giovine Ce-
sare alla battaglia d' Azzio (Virg. Aen. Vili , 681 );
tanto più che sott' esso è scritto l'anno XL dell'era
Azziaca, corrispondente al 762 di Roma.
Anche il eh. Saulcy (Revue num. 1853 p. 200)
sospettava che ad officina Gerosolimitana spettar po-
tesse la prima delle seguenti cinque monete di Au-
gusto, eh' egli diede imperfettamente disegnata e de-
scritta sopra un esemplare logoro.
18
- 138-
1. KA1EAP. Cornucopia semplice.
)( EEBACTOE. Ara, nel cui prospedo è scrino l'anno
AH (XXXVIII) (Sestini, Mus. Hederv. P. Ili p. 10
n.4) jE. 3.
2. KAIEAPOE. Cornucopia doppio.
)( EEBAETOT. Ara , nel cui prospètto è scritto
l'anno K (XX) (Sestini, Mus. Font. P. II tav. XI, 1).
M. 3.
3. KAIEAPOE, scritto attorno ad un' ara, nel cui
prospetto è scritto l'anno KH (XXVIH).
)( EEBAETOT, scritto in due righe entro una
laurea (mus. Estense: pesa gram. 3,00). JE. 3.
4. KAIEAP scritto in due righe entro una laurea.
)( EEBAETOE. Trireme (Mionnet, Descr. T. VI,
p. 49 n. 35 bis).
5. KAISAPOS scritto in duerighe entro una laurea.
)( SEBAXT... Ara rotonda ornata di encarpo e po-
sta di mezzo a due arbori (Mionnet Le. n.35). JE. 3.
Il cornucopia, e la laurea racchiudente l'epigrafe,
sono tipi ricorrenti in monete degli Asmonei e de-
gli Erodiadi. L'ara può appellare ai proventi costituiti
da Augusto sopra le proprie sue rendile pel mante-
nimento del culto e de'quotidiani sacrifici nel tempio
Gerosolimitano (Philo oper. p. 1035, 1036). La tri-
reme può riferirsi all'approdo di Augusto alla spiag-
gia della Siria nell'anno 734 di Roma, ove fu in-
ronlrato ed ossequiato da Erode Magno ( Flav. Ant.
XV, 10, 3: Dio, LIV.7). Quella poi che il Mionnet
l'hiama ara posta fra due arbori sarà anzi la porla
della casa di Augusto, che nelle monete di L. Cauinio
Gallo (ove parimente fu da qualcuno presa per ara)
vedesi posta fra due arbori di lauro ( Borghesi Dee.
XIII, oss. 5, 10); sì che anche questa moneta, pro-
babilmente Giudaica , può credersi impressa intorno
all'anno 736 di Roma.
Fra le monete Giudaiche di Giulia Augusta , im-
presse sotto l'impero del figliuolo suo Tiberio, sono
assai notevoli le tre seguenti.
1. IOTAIA scritto entro una corona.
)( L A , L A , Urna a due manichi e coperchiata.
m. 3.
2. IOTAIA. Grappolo con parte del suo tralcio.
)( L A. Urna come nella prec. n. 1. /E. 3.
3. IOTAIA, scritto in due righe entro una corona.
)( L r , L <?. Tre fori di narciso , che emergono
dallo slesso stelo. JE. 3.
L'urna a due manichi e coperchiata , cui fa riscon-
tro il pampino di vite , oppure una corona , veri-
similmente ne pone sott* occhio la forma di uno dei
vasi pel vino sacro, àxpa.ro$épu>v, offerti da Livia in
dono al tempio di Gerusalemme ( Flav. B. Iud. V ,
13, 6). Il triplice fiore emergente da un unico stelo
suol dirsi di giglio , ma non pare altrimenti tale, se-
gnatamente in riguardo a quella parte sua rigonfia al
disotto del calice, che è anzi distintivo tutto proprio
del narciso. Fra le diverse figure del narciso datene
dal Mattioli , che le ritrasse dal vero , ve n'ha una
(n. Vili) assai somigliante al triplice fiore delle mo-
nete di Giulia Augusta. Ella , per legato di Salome
sorella di Erode Magno, possedeva l'amenissima con-
valle denominata Fasaélide (Flav. Ant. XVIII, 2,2),
nella quale fra gli altri bei fiori proveniva il rubem
liliutn, lodatissimo dopo quello di Antiochia e di Lao-
dicea ( Plin. XXI , 1 1 , 2 ) : e polea parimente pro-
sperarvi una specie di narciso assai pregiata , forse
quella che da Virgilio è detta (Ed. V, 38: Cir. 96)
narcissus purpureus suave rubens.
In una delle monete Giudaiche dell' anno XVI di
Tiberio ricorre un vaso, che dai numografi fu detto
Simpulum o Capeduncula ; ma pare tutt' altra cosa ,
poiché ne' disegni del eh. Saulcy e d' altri ha corpo
tondeggiante, fondo piano, e manico che partendo da
un lato dell' orlo suo superiore s' alza verticalmente
e poi si ripiega in direzione quasi orizzontale ; e di
più talora appare coperchiato. Il eh. sig. cav. Promis
poi mi avverte, che nelle monete originali del r. mu-
seo di Torino il manico di detto vaso non si ripiega
mica ad angolo retto , come parrebbesi dai disegni
del eh. Saulcy , ma sibbene ad angolo ottuso. Il cb.
Saulcy segue a chiamarlo capeduncula , come lo chia-
mava io pure prima di averne veduto la vera forma
in disegno; ma un vaso di cotal forma, e talora for-
nito di coperchio emisferico, non può altrimenti dirsi
capeduncula. Fra' diversi vasi antichi Romani non mi
ricorda averne giammai riscontrato alcuno di cotal
forma ; onde parmi assai verisimile , che sia questo
— 139 -
uno de' vasi sacri del tempio Gerosolimitano, e pro-
babilmente uno dei vasi d'oro offerto al tempio stesso
da Tiberio , o da Giulia Augusta. Tolta pertanto di
mezzo la capeduncula Romana sacrificale, non rimane
più nelle monete Giudaiche altro tipo disdicevole alle
osservanze legali, che quello del lituo augurale, che
non saprei come escusare, e che par riferirsi al sin-
golare trasporto di Tiberio per le vane osservanze au-
gurali (Flav. Ant. XVIII, 6, 9 : Suet. Tib. 72). Al-
l' anno li e III della prima guerra Giudaica contra i
Romani molto ragionevolmente il eh. Saulcy riporta
due delle monete di piccolo bronzo , che da prima
attribuivansi a' tempi di Simone Asmoneo. Lo stile ,
la fabbrica ed il peso loro assai bene confrontano con
le monete certe Giudaiche dell'anno V. di Nerone.
L' epigrafe ebraica in lettere samaritane viene a dire:
Anno secondo, anno terzo della libertà di Sion. La
stessa voce misnica fllin, Cheruth, che male si con-
veniva a' tempi de' Maccabei , assai bene si addice a
quelli della suddetta guerra Giudaica, e parimenti ai
giorni di Barhokeba. I tipi poi del cratere a corpo
baccellato, e del pampino della vite, o si riferiscono
alla letizia de'Giudei per la ricuperata libertà, ovvero
al cullo sacro del tempio, i cui vasi, almeno in parte,
erano per appunto a corpo baccellato fépòuiais xve-
yìyXvTrrQ (Flav. Ant. XII, 2, 9).
Il melilo precipuo dell'opera del eh. Saulcy con-
siste nell'avere rivendicato a Simone Barkokeba,ed
al tempo della seconda guerra Giudaica, molte delle
monete che attribuivansi da prima a Simone Asmo-
neo. 11 dotto accademico Francese Henrion , fin dai
primi anni del secolo scorso , avea asserito , che a
Barkokeba spettano tutte le monete antiche ebraiche
portanti il nome di Simone (Aead. des Inscr. t. Ili,
hist. p. 184): ma non fu creduto , e non avea forse
gli argomenti ed i sussidii prodotti a questi ultimi an-
ni dai chh. Saulcy e Lenormant. Di tutte le monete
Giudaiche d' argento del peso di una dramma , che
credevansi quarti di siclo, ed impresse da Simone A-
smoneo, si conoscono oggimai esemplari che riten-
gono qualche vestigio di lettere latine o greche, odi
tipi primitivi, donde chiaro si pare che sono altret-
tanti denarii romani o dramme greche imperiali re-
cuse dopo i tempi di Vespasiano e di Traiano ; si che
è posto fuor d'ogni dubbio che spettano a Barkoke-
ba, e ch'egli si nomò veramente Simone. A Simone
Asmoneo attribuivansi pure parecchie monete di bron-
zo aventi da una parte un'epigrafe ebraica, che vale
della libertà di Gerusalemme, attorno ad un pampino
di vite , e dall' altra parte il nome ebraico Simeon
scritto presso un arbore di palma fruttifera. Ora il
eh. Saulcy ha pubblicato una di colali medaglie ,
presso l'orlo della quale nel ritto restano tuttor leg-
gibili le lettere greche ATT KAI TPA, enei riverso
le due lettere Eli : di che si vede che colali monete
furono impresse dopo Traiano, e perciò a' tempi del-
l'ultima furiosissima sollevazione de'Giudei sotto A-
driano , servendosi non di rado di monete imperiali
greche. Questa vien detta semisesterzio dal eh. Saul-
cy ; ma più propriamente direbbesi dupondio, al quale
corrisponde sufficientemente il suo peso , che oltre-
passa di poco gli undici grammi. Il eh. autore potea
confortare l'importante sua osservazione anche col
riscontro di un simile dupondio di Simone Barkoke-
ba, nel quale il Sestini ebbe avvertite le vestigia della
testa di Giove barbato stiacciata dal conio ebraico
(Mus. Hed. P. Ili p. 117, n. 6). Questa può credersi
un dupondio imperiale delle officine di Antiochia ; e
quella datane dal eh. Saulcy , per ragione dell' Eli
dir potrebbesi un dupondio di Traiano, odi Adriano,
dell' officina di Epifanea della Siria , ovvero di Gaza
della Giudea.
I sicli , o stateri che dir si vogliano , co' tipi del
Lulab e dell' ediOzio (etrastilo, attribuiti anch' essi un
tempo a Simone Asmoneo, sono da restituire a Si-
mone Barkokeba in riguardo alla voce misnica Che-
ruth, al modulo, stile e peso loro, che varia da gram.
13, 60 a gram. 13, 18, mentre che il peso de' sicli
certi di Simone Asmoneo varia da gram. 14, 6o a
gram. 14, 20. Non so poi come il eh. Saulcy non si
curasse di trar profitto anche dall'astro posto al disopra
dell' edificio letrastilo di questi sieli per rivendicarli
a Simone Barkokeba. Sa ognuno come quell'impo-
store fu tenuto per Messia, segnatamente perchè co-
me tale venne riconosciuto dal celebre Akiba , e co-
me pretese che in esso lui si adempiva l'oracolo an-
— 140 -
fico di Balaam (Xumcr. XXIV, lT):orìelW stella ex
Jacob; giovandosi a ciò anche del nome suo Bar-ko-
keba , che suona in ebraico figlio della Stella , sia
ch'egli lo portasse fin dall'infanzia (come il primo
Apostolo del Signore quello di Simon Bar- Iona), o
sia che lo assumesse allor eh' egli fu creato Principe
d' Israele, conforme al costume orientale di rimutare
il nome alle persone innalzate a dignità ed autorità
singolare ( v. Ackermann, Archaeol. Bibl. §. 163).
E pare che quel falso Messia si compiacesse in modo
speciale del simbolo della Stella; poiché nell'insigne
suo medaglione del museo di Parigi con l'epigrafe
ebraica Simone principe d' Israele , rinchiusa entro
una corona ornata nel sommo di grande gemma cli-
peata , il vau samaritano del nome Simeon , invece
della solita sua forma , prende quella di una stella a
sei raggi ( Saulcy pi. XIII , 8 ) ; alla quale notevole
particolarità il eh. autore pare non ponesse mente.
Neil' altra faccia del detto medaglione è un' urna a
due anse, assai somigliante a quella che in un antico
vetro cimiteriale vedesi apposta a due candelabri Giu-
daici insieme con due corni per l' olio delle conse-
crazioni ( Buonarroti, vetri tav. II, III p. 22-23 ); di
che vorrei congetturare, che il medaglione slesso
venisse impresso per la cousecrazione ed incorona-
zione di Baikokeba a principe d' Israele , avendosi in
esso i due precipui simboli dell' inaugurazione , la
corona cioè ornata di gemma preziosa e lo stamnos ,
o qual altro vaso si sia, per l'olio della sacra unzio-
ne. Egli poi era tenuto dal popolo sedotto quale astro
venuto di cielo a liberarlo dalla schiavitù ( Euseb.
Eia. cccl. IV, 6 ).
Ed il Bossuet , se avesse avuto cognizione di que-
ste monete di Baikokeba insignite del simbolo della
stella, ne avrebbe potuto trarre argomento a confer-
ma della sua esposizione del capo Vili dell'Apocalis-
se , ove intese designato Baikokeba medesimo sotto
l' imagine profetica della stella magna, ardens tam-
quam [acida , che cadendo dal cielo cagionò tanti
inali.
L'edilìzio letraslilo, sopra il quale rifulge la stella
ne' sicli di Barkokcba, vien detto dal eh. Saulcy tem-
pio teli a (ilo con polla nel mezzo; ma non può più
reputarsi tale ora che consta essere queste monete
posteriori alla distruzione del tempio di un sessanta
e più anni. Ancora la supposta porta non sembra al-
trimenti tale, perchè ella resta elevata notevolmente
dal suolo, ed ha anzi l'aspetto di una nicchia fatta
per riponi qualche cosa. Io pertanto vorrei anzi rav-
visarvi, come feci altra volta (Spicil. num. p. 288),
il sacrario di uua sinagoga giudaica con Aron , o sia
armadio, nel mezzo per riporvi i volumi della Legge
e d'altri libri santi, de' quali pare siano indicate le
estremità in alcuni di questi sicli, del pari che in ve-
tri antichi cimiteriali (Buonarroti, vetri tav. II e III),
in uno de' quali al dinanzi dell' Aron sono delineate
anche due colonne, forse perchè la ristrettezza dello
spazio od il lavoro affrettato non permise figurarne
quattro come ne' sicli di Baikokeba. Giusta le tradi-
zioni giudaiche , Adriano avrebbe in quella guerra
fatto distruggere ben 480 sinagoghe ( Basnage , hist.
des Juifs, I. VI eh. 9 § 24): e Baikokeba avrà fatto
rappresentare il sacrario di una sinagoga, fatto a so-
miglianza di quello del tempio, per vie più accendere
il furore fanatico de' suoi, quasi che pugnassero, co-
me al tempo de' Maccabei, pel loco santo.
Le due trombe , che ricorrono nelle monete mi-
nori di argento di Baikokeba , panno tenersi tutt'in-
sieme per sacre e guerresche, come le mosaiche che
davano il segnale per movere l'esercito e mutare gli
accampamenti ( Num. X, 1 ): ed è notevole la corri-
spondenza speciale della loro forma con la descrizio-
ne datane da Giuseppe Flavio (Ant. Ili, 12, 6).
Del resto, le monete ora rivendicate a Barkokeha
sono preziose anche per la luce che danno in parte
all'istoria oscura ed incerta della seconda guerra giu-
daica, che durò come la prima per oltre quattro an-
ni , e che fu fors' anche più fiera e sanguinosa. Essa
scoppiò nel 132 dell'era volgare , e finì nell'estate
inoltrata del 136 (v. Borghesi, Isc. di Burbul. p. 64-
68 ). Lo Scaligero ( animadv. ad Clironic. Euseb p.
216), ed il Fabricio (ad Dionis hist. LXIX, 12-14)
non prestarono fede ad Eusebio , a S. Girolamo e
ad altri scrittori ecclesiastici , che asserirono , essere
stata Gerusalemme incendiata e distrutta per la se-
conda volta da Adriano ; ma doveano almen credere
141 —
ad Arriano scrittore contemporaneo, il quale (Syriac.
50) ne attesta come Gerusalemme fu presa e distrutta
da Vespasiano , e di bel nuovo da Adriano, a' giorni
suoi, far'lf/uov. Ora le monete del primo anno di Si-
mone Barkokeba con la scritta ebraica Lacheruth Ie-
rusalcm (della libertà di Gerusalemme ) mettono fuor
d'ogni dubbio, che nell'anno primo di quella guerra
Barkokeba s' impadronì di Gerusalemme , cacciando
o spegnendo la colonia dedottavi da Adriano , e che
Gerusalemme dev'essere stata una delle cinquanta
città fortificate de' Giudei , che furono espugnate dai
Romani (Dio LXIX , 13). Quindi si conferma a pie-
no il detto di S. Girolamo (Coni, in Daniel. IX ,
27): usque ad eoctremam subversionem, quae sub Ila-
ariano accidit : — quando Cochebus dux Judaeorum
oppressus est, et lerusalem usque ad solum diruta est.
Non trovandosi poi monete certe dell'anno li di Bar-
kokeba col nome lerusalem, ma solo con quello d'I-
srael ; torna molto probabile , che verso la fine del-
l' anno primo , o nel principio del secondo, i Giudei
perdessero la loro metropoli, e fossero costretti a ri-
tirarsi ed afforzarsi segnatamente in Bether , ove poi
resistettero ai Romani per tre anni e mezzo ( Buxtorf.
Lexic. Talmud, p. 372 ); cioè sino alla fine dulia se-
conda guerra giudaica, che così sarebbe per appunto
durata circa quattro anni e mezzo. Capta urbs Bether,
scrive S. Girolamo , ad quam multa milita confuge-
rant Iudaeorum, aralum templum, in ignominiam gcn-
tis oppressae, a Tineio Rufo ( Coni, in Zaehar. Vili,
16-17). A queste parole del massimo Dottore fa bel
riscontro la medaglia di Adriano, nel cui rovescio
leggesi : COL AEL CAP1T COND attorno al tipo di
un personaggio Romano velato che regge due bovi
aggiogali all'aratro presso un vessillo militare infisso
in terra. Adriano, dopo finita quell'atrocissima guer-
ra, dovette adunque rinnovare la colonia Elia Capi-
tolina, che per fede di Dione v'era stala da lui de-
dotta in prima , probabilmente allorché passò per la
Giudea nell'anno 130 dell'era nostra, e che fu la
cagione precipua della furiosissima sollevazione dei
Giudei contra i Romani.
Il eh. Saulcy mostra avere inteso di darne un elen-
co completo di tutte le monete Gnor cognite della co-
lonia Elia Capitolina; ma parmi , ch'egli lasciasse
molto a desiderare. Egli omise una moneta di An-
tonino Pio, descritta dal Mionnet [Suppl. n. 8), avente
nel riverso le sigle G A • G col tipo di tre figure fe-
minili stolate stanti , che sembrano senza meno tre
Ninfe, quali ricorrono in monete di Apollonia del-
l'Illirico e di Anchialo della Tracia. E la ragione dì
questo tipo si ha dal cronico Alessandrino, che narra
come Adriano colle reliquie del Tempio di Gerusa-
lemme fece costruire in Elia Capitolina un teatro ed
un quadruplice Ninfeo, T-rpafffxpOK (cf. Thcsaur. L.
Gr.ed.Didot s.v.). A quel teatro, che si connetteva col
culto di Bacco, sembra potersi riferire il tipo di Bacco
in monete di Elia Capitolina intitolate IMP ANTO-
NINO AVG P P P, che venne anche acclamato NEOS
AIONTSOS dagli artefici scenici in un' iscrizione
che pare di Alene ( Franz eleni, epigr. Gr. p. 260 :
cf. Eckhel t. VII p. 18). Il eh. Saulcy nel riverso
di una moneta di Elia Capitolina, con la testa d'A-
driano nel ritto, ravvisa Giove Capitolino sedente in
un tempio distilo fra due figure stanti ed appoggiate
all'asta, senza dirne che rappresentino : eppure l'Ec-
khel ( t. Ili p. 443) v'ebbe riconosciute l'altre due
deità Capitoline , Pallade cioè e Giunone. Anzi con-
frontando questo tipo con quelli di alcune monete
de' Flavii relative al Campidoglio restauralo , chiaro
si vede che quello d' Elia Capitolina è ritratto dal ti-
po delle dette monete di conio Romano. 11 eh. Saul-
cy invita i numografi a veder di ritrovare qualche
moneta di Commodo fra quelle di Elia Capitolina ,
che pur non dovrebbe mancare; perchè ella da quel-
l'Augusto si ebbe il titolo di Commodiana. Ma l'avea
di già data il Pellerin (Mei. I p. 282) con la scritta
IMPCL-AEL-AV • • • e con la testa di Commodo ,
che dal eh. autore pare fosse non rettamente attri-
buita ad Antonino Pio, scambiando la quinta lettera
L ad un T. Il Pellerin medesimo (II. Sup. pi. Il, n. 12
p.52) ne avea dato il disegno di una rara moneta di
Antonino Pio avente nel riverso le lettere KAC scritte
al disopra di un cinghiale o porco gradiente, che dal
Seslini (Descr. num. vel. p. 545 : Mus. lied. P. III.
p. 1 1 1), e dal Mionnet (Descr. n. Ì4) furono letteK-
A-C, e spiegate per Kolonia Xclia Capitolina; alla
142
quale troppo bene si converrebbe quel tipo, sapen-
dosi come in fronte eius portae , qua Belhlehem egre-
dimur, SIS SCALPTVS in marmore, significans Ro-
maiiae potestati subiacere Iudaeos (S. Hieronym. in
Chron. an. XX Hadr.J. Il eh. Saulcy legge invece
KA€, e tiene per più che sospetta la lezione del Mion-
net, senza far motto del Pellerin e del Sestini. A lui
fece grave difficoltà il K posto invece del C per ini-
ziale di Colonia; ma, per tacere d'altri riscontri, tro-
vasi pure KOA e KOL per COLonia in monete la-
tine di Damasco ( Basche , sub v. KOA) ; e d' altra
parte egli troverebbesi molto imbarazzato a rintrac-
ciare una città , il cui nome cominciasse per KA€ ,
the imprimesse monete bilingui, siccome farebbe que-
sta, posto che dovesse leggersi KA£, mentre che nel
ritto leggesi 1MP CAES ANTONINO. E vuoisi pure
avvertire, che il nome dell'augusto imperante in pa-
recchie altre monete di Elia Capitolina trovasi simil-
mente posto in terzo caso.
11 eh. de Saulcy (p. 162) a ragione dice di nou
avere molta confidenza nell' esistenza di una meda-
glia coloniale di Elia Capitolina a leggenda greca ;
ma lagnasi poi a torto , che il Mionnct non ne dices-
se donde l'abbia presa. Egli la ritrasse da quella del
museo imperiale di Parigi, che fu un tempo del Pel-
lerin ( Ree. pi. CXXXV, 9) , e dall' Eckhel ( t. Ili
p. 443). Questi due sommi maestri peraltro presero
abbaglio, per difetto di conservatezza nella moneta,
attribuendola ad Elia Capitolina, mentre ch'essa real-
mente spetta a Carré della Mesopolamia , come ora
consta dal riscontro d'altra simile moneta più integra
pubblicata poscia dal eh. Rauch ( Annali archeoì.
iUl. t. XIX pi. P. n. 5p. 282). Dal confronto dei
disegni datine dal Pellerin, dall' Eckhel ( Cat. mus.
Caes.lab.IV,14) e dal Rauch, non che di un esem-
plare ben conservato del museo estense, ma difettoso
rispetto alle epigrafi, ne raccolgo la seguente descri-
zione.
CeiITIMIOC C€OTHPOC. Testa laureala.
)( KOA AVbHAIA KA (sic). Tempio telraslilo, nella
cui cella di mezzo è un simulacro di forma ovale sor-
montato da luna falcata , velato e sostenuto da una
base o mensa tripode; in ciascuna delle celle laterali,
è un insegna militare Romana con ornamento a gui-
sa di tempietto e sormontata da luna falcata; e nel
timpano del tempio è altra luna falcata.
Nel simulacro di mezzo il eh. Lajard ( Académit
des inscr. t. XX part. II p. 56) ravvisa il Dio Men
o sia Lunus; ma potrebbe anche dirsi simulacro del
Sole Invitto Elagabalo (Eckhel t.IIIp. 511). Al culto
di quel nume orientale potè congiungersi in monete
di Carré quello delle insegne delle legioni e coorti
Romane, in riguardo alle insegne Romane perdute
dallo sconsigliato Crasso nelle contrade di Carré sles-
sa, e poscia felicemente ricuperate da Augusto : tanto
più che Severo percorse per ben due volte vittorioso
quelle regioni medesime. Il tempietto poi , entro il
quale è riposta ciascuna delle due insegue Romane,
ne pone sott' occhio la forma del vìwS ixtxpòs delle
aquile Romane memorato forse solo da Dione Cassio
{hisl. XL, 18), e che l' Eckhel (t. VIII p. 493) con-
fessava di non avere giammai riscontrato sopra ve-
runo monumento antico. Di forma analoga esser do-
vettero i tempietti di legno , entro cui riponevansi
dai Romani le imagini ceree de' maggiori lor trapas-
sati (Polyb. VI, 53: cf. Bull. Nap. n. s. ann. I. p.
Se alquanto mi dilungai nel difendere e spiegare
queste monete greche della colonia Elia Capitolina ,
noi feci certo a perdita di tempo, avuto riguardo alla
singolare arditezza con che il eh. Saulcy ne pose in
dubbio l'esistenza, o a meglio dire l'autenticità. Egli
pertanto si abbia merito e lode speciale per avere di
molto arricchita , e in gran parte riordinata la serie
importantissima delle antiche monete Giudaiche ; ma
nello stesso tempo non vi sia chi lo segua nella ve-
ramente eccessiva arditezza di rigettare le monete da
se non vedute , senza avere riguardo all' autorità di
sommi numografl, che le videro e ne le diedero per
sincere, quantunque alcuna volta presentino qualche
particolarità non facile ad esplicarsi.
C. Cavedom.
— 143 —
BIBLIOGRAFIA
Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie
romane raccolte da Gennaro Riccio, e compilato
dallo stesso possessore — Dalla stamperia e cartiere
del Fibreno— Napoli 1855 pag. Vili e 232 in 4.
A tulli è noto che il cb. autore di questo catalo-
go è possessore della più ampia raccolta di antiche
medaglie consolari e di famiglie romane , il cui nu-
mero ascende a parecchie migliaia. E poiché i catalo-
ghi delle grandi collezioni numismaliche tornano di
sommo vantaggio alle ricerche scientifiche , le quali
in fatto di archeologia , sono principalmente fondate
su' confronti de' monumenti , reputiamo ottimo divi-
samento quello del signor Riccio di averci fornito il
catalogo del suo ragguardevole medagliere.
In una prefazione l' autore ne fa conoscere come
siesi andata formando la sua insigne raccolta, notan-
do precipuamente gli acquisti delle più rare monete.
Egli comincia il suo catalogo dagli assi anepigrafi , e
loro divisioni , che soglionsi attribuire all' aulica Ro-
ma ; a cui fa seguire quegli altri determinati dalla epi-
grafe ROMA. Parla in seguito delle monete campane
colla iscrizione ROMA, o ROMANO ; delle altre at-
tribuite a Luceria , ad Herdonea, a Canosa, e ad al-
tre incerte città dell' Apidia. Ragiona poi particolar-
mente di alcune monete familiari di sicula fabbrica ,
secondo le ricerche de' signori Landolina Paterno di
Palermo. Continua la descrizione delle piccole mo-
ndine co'simboli di varie divinità , e colle lettere S.
C; cui vien dopo quella delle monete incerte di fa-
miglie in argento con simboli o senza, aggiungendosi
gli assi fusi italici attribuiti a Luceria. Questa prima
parte della descrizione offre qualche inesatlczza di or-
dine , senza dire della inclusione di alcune medaglie
che sono da riferire ad una serie diversa. Così le mo-
nete Campane, le Lucerine, e quelle di altre appule
città andrebbero meglio allogate in un catalogo di
monete urbiche. Egualmente fralle incerte di argen-
to veggonsi introdotte alcune pertinenti a' tempi im-
periali : e principalmente le piccole tessere di bronzo
con S. C. , le quali appartengono senz' alcun dubbio
a' tempi dell' impero. Del resto questo difetto , rico-
nosciuto in parte dall'autore medesimo, sarebbe im-
perdonabile in un catalogo scientifico e generale di
una serie di medaglie ; ma trattandosi di una colle-
zione particolare , si rende più tollerabile, ed anche
utile sotlo certi riguardi; perchè ci presenta la noti-
zia di un maggior numero di fatti. E per verità gli
assi di Luceria , e delle allre città dell' Apulia, costi-
tuiscono nella raccolta del Sig. Riccio una serie tanto
importante, che dobbiamo saper grado all' autore di
avercene presentata una distinta enumerazione. La
seconda parte, più ampia della prima, comprende la
descrizione della serie consolare e di famiglie ro-
mane ; nella quale veggonsi pure introdotte alcune
monete di altre serie , che l' autore possiede a con-
fronto di qualche particolarità della sua raccolta. A-
vremmo però desiderato assolutamene che i mezzi
vittoriati colla epigrafe VNI , tanto probabilmente at-
tribuiti a Claudius Unimanus dal dottissimo Borghesi,
si fossero descritti sotto la Claudia , e non già sotto
una gente Unimana. Finalmente a pag. 207 l' a. ag-
giunge la descrizione di alcune medaglie a lui perve-
nute durante la stampa del catalogo.
L'a. sopra le varie monete della sua collezione ri-
corda le ricerche de' dotti , non esclusa l'ultima no-
tevole opera del dottissimo Cavedoni Ragguaglio dei
Ripostigli etc. , della quale fu da noi dato l'annun-
zio in questi fogli ( an. II p. 157): ed aggiunge al-
cune sue particolari osservazioni e deduzioni. Noi ci
riserbiamo di ritornare sulla parte dottrinale dell'ope-
ra , e sul vantaggio che si ritrae da'fatti in essa con-
tenuti ; anzi ci attendiamo le dotte osservazioni del
eh. Cavedoni , che saranno da noi pubblicale volen-
tieri come solito ornamento di questo nostro bulletli-
no. Una sola osservazione voglio qui far di passag-
gio ; ed è che l'a. riferisce a pag. 136 n. 6. 7 due
quadranti della Marcia, ove continua a leggere M.
MARCI. M. F, riportandosi al monogramma 58 del-
la tavola annessa; e già una simile lezione avea pre-
sentata nella seconda edizione delle monete delle an-
— 144 —
fiche famiglie di Roma impressa nel 1843. Ora pia-
cerai di ricordare che sin dal 1841 vennemi fatto di
osservare che quel monogramma , erroneamente ri-
portato da altri , dovea sciogliersi piuttosto in M. Mar-
cim Manii filim (bullelt. dell' ist. di corr. arch. 1841
pag. 24 ) : il che non ha guari sembrami fosse ap-
provato dal eh. Cavedoni [Ripostigli pag. 192 not.
173) , come a me ne scrisse egli pure in una delle
sue lettere. Il nuovo catalogo del signor Riccio pre-
senta una preziosa conferma a quella mia congiun-
tura; giacché ci offre due quadranti con MAN MAR-
CI (pag. 136 num. 11. 12). Noi avremmo desiderato
che l' a. ne presentasse il facsimile di quelle meda-
glie , dalle quali può trarsi forse qualche utile dedu-
zione suU' epoca altresì de' denarii di M. Marcio , la
quale è tuttavia in quistione. Vedi Cavedoni ( Ripo-
stigli 1. e. cf. Borghesi Dee. IH oss. 1). 11 qual nostro
pensiero avendo comunicalo all' a. medesimo, egli ci
ha assicurato che certamente lo avrebbe fatto, se quelle
due rare monete non gli fossero pervenute dopo che
si trovavano interamente compiute le tavole annesse
al catalogo, e di cui veniamo a discorrere. Restami a
dire di questa ultima particolarità osservabile nell'ope-
ra del eh. Riccio, ed è che veggonsi in Gne sei tavo-
le sulle quali sono riprodotte a galvanoplastica le più
rare medaglie della collezione. Le prime due ci of-
frono medaglie di oro , altre due medaglie di argen-
to , e finalmente le ultime di bronzo. Generalmente
parlando noi non siamo troppo amici di questa ma-
niera di pubblicazione , la quale è soggetta a molte
difficoltà , e che non può essere utile che sotto certi
rapporti. Confessiamo però francamente che la cre-
diamo utilissima per la riproduzione delle medaglie
estremamente rare , le quali non possono esaminarsi
da' numismatici , che in alcune particolari collezioni,
le quali non sono sempre accessibili o per la lonta-
nanza , o per altre peculiari circostanze. In questa
categoria presso a poco raltrovasi la pubblicazione
del sig. Riccio ; e noi non sappiamo abbastanza lo-
darlo , per aver cominciato a proGttare de' metodi
galvanoplastici a beneficio della scienza. Questi nuo-
vi saggi (i primi forse che siensi tentati in Italia) sono
ben lungi dell' aver raggiunta la perfezione di quelli
che già furono presentali in Germania, ed anche me-
glio in Inghilterra , a vantaggio di opere elementari
di numismatica. Ma noi non dubitiamo che si vedran-
no ancor fra breve introdotti fra noi metodi più esatti
per simiglianli pubblicazioui, che noi vorremmo però
veder sempre limitate alle monete rarissime , per le
quali è tanto interessanle una riproduzione perfetta-
mente identica agli originali.
Ml.NERVrNI.
SuU' antico silo di Napoli e Palepoli dubbi e conghiet-
ture di Bartolo m meo Capasso — Napoli, dallo sta-
bilimento dell'antologia legale 1855 pag. 64. in 8.
In questo erudito opuscolo l' autore tratta diligen-
temente la quistione sul sito di Napoli e Palepoli, esa-
minando tutte le conghietture de' nostri patrii scrittori
sul medesimo argomento. La disseriazione del signor
Capasso riesce molto interessante per la topografia
dell'amica Napoli, ad illustrazione della quale il eh.
a. ha raccolto numerose notizie sparse in moltissime
opere principalmente di patrii autori. Poco innanzi
vedemmo che il eh. Gervasio si occupò brevemente
di Napoli e di Palepoli in una memoria letta alla rea-
le accademia Ercolanese (voi. IV pari. II. pag. 185
e seg. : vedi sopra p. 110): ora notiamo che le os-
servazioni del signor Gervasio sono rimaste ignote al
signor Capasso.
MlNERVINI.
Giono Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 69. (19. dell'annoili.)
Aprile 1855.
Monete inedile o rare. Continuazione del n. 63.
Monete inedite o rare. Continuazione del n. 63.
NEAPOLIS PEUCETIAE.
CAELIUM APULIAE
9. Testa di toro di fronte con in fule pendenti.
)( Diola, ed intorno la epigr. KAIAIN Ar.3 */,
Perfeltamenle inedita è questa monetina , ed offre
perciò non lieve interesse. La testa di toro con infule
pendenti a' lati ricorre nelle monetine della vicina Rubi
ora al rovescio del fulmine ora della lira ( Avellino
Rubast. num. calalog. p. 6 n. 1 0- 1 1 lab. 1,5). Avelli-
no attribuiva il bucranio al culto di Giove , a cui il
bove era sacrificato (ib. p. 14). Vedi ora una di que-
ste monetine nelle tavole Carelliane della edizione di
Lipsia (tav. XCV , 9 pag. 37). Del resto, poiché il
toro è immolato a varie divinità , basterà per noi che
l'ornamento di che è fregiato accenni ad una sacra de-
stinazione: senza diffinire se fosse in particolare allu-
sione a Giove. Il tipo della diota è simile a quello di
Taranto ; anzi una medaglia di Taranto con ambi i
tipi simili a questa di Ceglie fu pubblicata dal eh.
Fiorelli (bullett. dell' Jstit. 1841 p. 173): il che per
avventura è dovuto , come ha osservalo il Millingen,
alla influenza della numismatica tarantina su quella
de' Celini ( consid. p. 149). La epigrafe KAIAIN[ON]
ricorre altra volta sulle medaglie, sebbene non sia
infrequente la ortografia KAIAEITffJN. Del resto è
stato già avvertilo come le monete fermano la orto-
grafia del nome di questa appula città , che KeX/'oc
appellavasi da Slrabone ( lib. VI p. 282 Casaub. ) ,
KoifX/a da Tolommeo (III, 1 , 73), e Coelium da Pli-
nio (lib. Ili, s. 16). Veggasi Avellino llal.vet. num.
tuppl. t. 1 p. 25. n. 10, Millingen ancienl Coins tav.
I. n. 8. pag. 9. Mommsen Untcr. Dial. p. 62, s.
ANXO III.
1 0. Testa di Cerere velala , con spiga uscente di
sotto al velo.
)( Spiga , e presso la epigrafe NEAI1 Ae. 7 '/t
La fabbrica di questa monda , la sua provenienza
dalle nostre regioni, e quel ch'è più la epigrafe NEAII
ne fanno determinar l'attribuzione ad una Napoli di
Peucezia , sconosciuta agli antichi geografi. Già altre
medaglie furono attribuite alla medesima città: in una
si vede la lesta di Bacco ed il grappolo ( Hunler tav.
40, II, Seslini lettere cont. t. VI tav. I, 1; Mus. He-
derv. tav. XXII n. 488), in altra una testa o masche-
ra Bacchica di fronte, ed al rovescio il grappolo (Carel-
li descr. n. 4), in altra una lesta giovanile ed il tridente
( Millingen suppl. tav. Un. 14), in altra finalmente
la testa di Diana , e l' arco ed il turcasso ( Fiorelli
monete ined. tav. II n. 1 ). Queste monete furono at-
tribuite dagli editori ad una Napoli di Puglia , giusta
l'osservazione del Romanelli (lopogr. tom. Il p. 148)
e. del Millingen (consid. p. 147) ; facendosi corrispon-
dere all'attuale Polignano. Vi si oppose però il dot-
tissimo Avellino , osservando essersi quelle monete
tolte a torlo alla Napoli di Macedonia (opusc. tom. Il
p. 50 ). Nondimeno la moneta pubblicata posterior-
mente dal eh. Fiorelli , e questa che ora diamo daila
collezione del sig. Sambon , vengono a confermare
fcppula attribuzione di tuttelealtre.Aciòsi aggiunga
che le medaglie di Macedonia sono tutte di argento, e di
fabbrica totalmente diversa, e la epigrafe è NEOFI e
non già NEAFI. Per tali motivi noi riterremo Pappina
appartenenza di lulle le enunciate monete , la quale
poi sembra non più contraddetta dallo stesso Avellino
(Bull.arch.nap. au.Yl p.72). Veggasi sopra Polignano-
19
146 —
ed altri sili vicini anticamente abitati , una memoria
del sig. Barone di Walckenaer sur une porlion de la
voieAppienne,ne\le mem.delle iscr. e belle lelt. voi. VII
p. 186 segg. Per quel che concerne a' tipi , credia-
mo un poco ricercata la opinione del chiarissimo Ca-
vedoui che dal grappolo con foglie e ramo venisse in-
dicata 1' uva destinata alla mensa ( ad Carelli lab. p.
39 ) : e solo ci sembra che si volle alludere agli ot-
timi vini di quella località , che n'è tuttavia feracis-
sima. E cosi la spiga della nuova moneta , oltre il
suo rapporto alla divinità effigiata nel ritto, accenna
iusieme con questa alla fecondità delle appule terre,
ricchissime di frumenti , del pari che la spiga delle
metapontiue medaglie. In quanto a' tipi di Diana cac-
ciatrice, possono alludere alle cacce eseguite nelle
selve dell' Apulìa , di cui parla Ovidio (met. XIV,
314 ) : e colle quali il eh. Cavedoni paragonò le mo-
nete di Salapia ( bull. arch. napol. di Avellino an. Il
p. 104). Il Fiorelli spiegò quel tipo con troppo in-
gegnose assonanze di parole ( mon.ined.J). 11).
CROTON BRUTTIORUM
1 1 . Tripode , a sin. epigr. °PO , a d. graffilo ARI
)( Tripode incuso: tracce di un graffito, che lascian
vedere la sola lettera A Ar. 13.
Abbiamo pubblicato questa medaglia di Crotone
unicamente per la particolarità del graffilo , che vi
si legge da una faccia e che probabilmente ripetevasi
dall' altra faccia. Non saprei a che attribuir si possa
quella iscrizione. Solo ho frequentemente osservate
in monete anche antichissime queste lettere granite ,
delle quali sovente non ci è dato indagare la inter-
pretazione , perchè dovute alle particolari circostan-
ze di chi possedea la moneta: se pure dir non si vo-
glia che simili graffiti possano riferirsi ad offerte fatte
in un tempio o sacrario; come furono spiegatele let-
tere KH graffite in una moneta di Taranto , dal eh.
Cavedoni ( bullett. arch. nap. di Avellino tom. IV. p.
46 ). Vedi pure altri esempli ed altre spiegazioni di
queste lettere graffite sulle medaglie presso il eh. Fio-
relli (annali di numism. an. I p. 7 ).
12. Tripode a rilievo, di lato < >10 , intorno un
giro di globelti, sotto il tripode una linea di globelti,
e poi le lettere IA.
)( Tripode incuso, sotto una linea ; intorno un giro
di globelti Ar.8.
Notevole ci sembra la particolarità delle lettere IA
sotto il tripode , che non sembrano semplici numeri,
trattandosi di una moneta di remota antichità. Potrebbe
a tal proposito richiamarsi 1' altra moneta della slessa
Crotone, ove fu letto dall'Avellino hocPoS o AITOINoS
( bullet. nap. an. VI p. 9 1 ) ; non che V altra ove era
profondamente graffito HAPON TO Ano (Raoul-Ro-
chelte mém. de numism. p. 34 tav. HI , n. 24 ) , che
il dotto editore, ed il eh. Cavedoni interpretarono per
danaro sacro ad Apollo. Del danaro sacro di Mileto
parlano le monete di quella città ( Mionnet suppl. t.
VI p. 267; Millingen Sylloge p. 70 seg. ); ed in una
iscrizione di Patara si fa menzione di dramme sacre ad
Apollo 1EPAS AIIOAA£2NI (corp. inscr. gr. voi. Ili
n. 4293 ). Cf. Miiller die Dorier lib. II e. 6. §. 2 ;
ed il eh. sig. Duca de Luynes nelle nouvelles annal.
tom. I p. 415. Vedi pure quel che ho detto in que-
sta nuova serie del bulleltino an. I p. 138; ed il Ca-
vedoni ad Carellii lab. pag. 102. Da questi confronti
veniamo a conghietlurare che nelle lettere IA , ini-
ziali di due parole, volle esprimersi appunto lo stesso
che nelle altre due monete di Crotone ; o che si ac-
cenni al sacro riscatto «frrwos , ovvero alla monela
sacra di Apollo : se pure dir non si voglia che s' in-
dicò unicamente IApov ()q\jlig\x%), con ortografia si-
mile a quella che appare nelle citate monete di Cro-
tone stessa, nella scure di bronzo edita in questo bui-
lettino ( an. I tav. V. fig. 2 ), ed in altri monumenti
pertinenti al dorico dialetto (Boeckh corp. inscr. gr.
t. I p.720: cf. Ahrens de dial. dor. append. p. 484 ).
CROTON — MEDMA?
1 3. Testa della Giunone Lacinia di fronte
X Ercole imberbe, sedente a s. sulla pelle di leone ,
tien colla d. lo scifo: in alto sono nel campo le sue ar-
mi , cioè f arco , il turcasso , e la clava : epigr XP 20T
Ar. 9.
Questa moneta , la quale apparisce in lutto simile
— 147 —
a' soliti didrammi di Crotone di bella fabbrica , offre
la particolarità della epigrafe KPOT intrecciata con
l'altra ME. Correrebbe da prima al pensiero che que-
ste lettere fossero destinate ad indicare qualche segno
di fabbrica, come si potrebbero credere le lettere MA
in altra moneta di Crotone pubblicata nelle tavole del
Carelli ( lab. CLXXXIV , 35 ) : e come appariscono
eziandio altre lettere nel ritto di altre medaglie ( Ca-
vedoni ad Carellii lab. p. 101). Nondimeno il modo
come ritrovansi le due iscrizioni , egualmente visibi-
li , ed in sito egualmente degno , ci porge una pro-
babilità che fosse indicata una concordia fra Crotone
ed altra città forse Medina o Metaponto. In quanto
a Metaponto , abbiamo un' altra medaglia di bronzo,
che indica la federazione di quella città con Cro-
tone; e di questa diremo fra poco , avendone fatta
di nuovo la pubblicazione per richiamarla a con-
fronto.
Dobbiamo poi avvertire che un' altra moneta di
argento fu dichiarata di concordia fra Crotone e Med-
ina : fu questa pubblicata nel catalogo del Museo Wic-
zay ( tav. I fig. 9 ) , e poscia dal Sestini ( classes ge-
ner. p. 16 , 17 ; e lettere numism. 2 serie tom. VI p.
1 1 ). Ma il Millingen non si persuase di tale attribu-
zione , e piuttosto nelle lettere MEAA.., che dichia-
rò di erronea lezione , riconobbe un nome di magi-
strato ( eonsidér. p. 77 seg. ). Noi non sapremmo qual
cosa decidere, sebbene il mio defunto onorevole ami-
co Conte Capialbi sostenne fortemente la esistenza di
questa federazione non solo nella suindicata medaglia
ma benanche, con minore probabilità, in altra posse-
duta dall' egregio sig. consigliere Betti ( vedi la quarta
edizione della sua memoria Mesma e Medama furon
due o una città! — Napoli 1848 p, 9-10, 18, 48).
Del resto è noto che Crotone celebrò più di sovente
nella sua numismatica le alleanze colle altre città della
Magna Grecia. Così abbiamo nell' epoca più antica
quella con Temesa e con Pandosia sua colonia (Avel-
lino opusc. tom. I p. 118 segg. cf. t. Ili p. 122 seg.);
ed in tempi meno remoli la concordia con Metaponto
in moneta di bronzo , e 1' altra con Caulonia in mo-
neta egualmente di bronzo, spiegala egregiamente dal
eh. sig. Principe di San Giorgio, che ne fece la pub-
blicazione sino dall' anno 1823 ( nella biblioteca ana-
litica giornale napolitano). E qui avvertiamo di pas-
saggio che con sorpresa vedemmo identicamente ri-
prodotta questa rarissima moneta dal eh. Riccio ,
dicendosi per equivoco esislenle presso di lui ( re-
perì, numism. p. 105; cf. tav. Un. 4); men-
tre sappiamo che si conserva invece nella insigni'
raccolta Santangelo , a cui fu offerta dal primo illu-
stratore. Dalle quali cose vogliamo inferire che,
se Crotone ha celebrato le sue relazioni con varie al-
tre città de' Brunii , ed anche con alcuna della non
vicina Lucania , non dovrebbe sembrare strano che
una simile federazione con Medma apparisse nella sua
numismalica.Ma noi non insistiamo su questa conghiet-
tura, la quale potrà soltanto veuir confermata da no-
velli monumenti.
CROTON — METAPONTUM
1 4. Spiga , ed epigrafe META
)( Tripode Ae.7 ■/«
Questa monetina è identica a quella , che vedesi
pubblicala dal eh. Fiorelli fosserv. tav. II fig. 7pag.
02), e poi ripetuta dal sig. Riccio (rep. numism. p.
VII cf. tav. Un. 5 ) ; se non che in questa del sig.
Sambon non si veggono presso al tripode aggiunti i
simboli del grano d'orzo , e della cicogna. E forse
potrebbero riputarsi quei simboli consumati dal tem-
po. Questa federazione si spiega assai bene per la ori-
gine acaica comune a Crotone ed a Metaponto ( Raoul-
Rochctte colon, grecques tom. Ili p. 187 segg., e t. IV
pag. 39 e seg. Corcia Slor. delle due Sicilie tom. HI
p. 247 segg., e 326 segg.), e per l'uso delle acaiche
città di stabilir federazioni fra loro , e di rammentarle
sulle mouele. Su di che è da vedere la dottissima di-
scussione dell'Avellino f opusc. tom. Hip. 122 seg. );
sebbene a proposito di una medaglia da lui per equi-
voco riputata di federazione ( Vedi la dichiarazione
dello stesso Avellino nel 1 anno delsuotW/eMi'/ioar-
cheologico napolitano p. 133). Ed a questo proposito
tralasciando altri luoghi degli antichi scrittori, mi piace
di ricordare i versi di Scimno di Chio , ove parla
unitamente di Crotone, di Pandosia, de'Turii e di Me-
— 148 —
lapouto , annunziando come tutte queste città furono
fondate dagli Achei venuti dal Peloponneso (perieg. v.
325-328) (1). E forse Metaponto , nella sua restau-
razione, ricevette coloni Achei appunto da Crotone;
giacché in tal modo si spiegherebbe meglio quel che
dice il Sincello, che Pandosia e Metaponto furono fon-
date nel medesimo tempo (c/irono</r.p.212 Goar). Or
s'egli è noto che Pandosia dee la sua seconda fonda-
zione a Crotone, che vi mandò una colonia (Sci inno
àiChio per ieg.V. 325 segg.);pare che a questa voglia
alludere il Sincello (Avellino optisc.t.W p. 132 noi a),
e quindi dovrà intendersi anche Metaponto ricostituita
da' medesimi coloni Crotoniati. Ecco quindi una suf-
ficiente spiegazione della monetina, di cui presentiamo
il disegno: la quale , all'opposto di quel che ne pen-
sava il Fiorelli , noi crediamo battuta in Metaponto
non già in Crotone ; polendo la somiglianza della fab-
brica e dello stile alle medaglie di questa ultima città
attribuirsi alle strette relazioni di Metaponto colla città
madre , ed alla esistenza stessa di artisti Crotoniati in
Metaponto.
TARENTUM CALA BRI AE?
15. Mensa a quattro piedi , sopra Ire gioielli: nel
rampo fra' piedi della mensa un ramuscello , e la let-
tera K.
)( Simile mensa a quattro piedi di più piccole di-
mensioni, e sopra parimenti i tre globetli Ar. 5.
È la slessa moneta, che fu già pubblicala da Avel-
lino (bulica, arch. nap. an. I t. Ili fig. 12): se non
che in quella manca il ramuscello , e la lettera K. Il
primo editore per la fabbrica ed il modulo ne fece
l' attribuzione a Taranto ; spiegando per una sacra
rr*7riZ,% la mensa in essa effigiata (l. e. p. 131 ). Ci
duole che l'esemplare del sig.Sambon non ci offre mi-
gliori indizii per determinarne la patria. Di fatti ,ove
si supponesse per poco che il K sia destinato ad indi-
carla, correrebbe il pensiero a Crotone, piuttosto che
a Taranto. Ma non possiamo pertanto mancar di no-
(t) Il eh. Corcia osserva che le amiche tradizioni fanno altresì
pensare ad una originaria fondazione da Corinto comune a Crotone
ed a Metaponto : Star. I. Ili p. 327.
tare , che la moneta giudicar si dovrebbe tarantina ,
ove si ritenesse quella lettera come iniziale del nome
di un magistrato , riscontrandosi non poche volle la
medesima iniziale nella numismatica tarautina.
Medaglie inedite o rare.
Articolo secondo.
In questo secondo articolo noi diamo una breve
illustrazione delle antiche medaglie , che pubblichia-
mo nelle tavole XII e XIII di questo III anno del bui-
lettino. Appartengono per la massima parte a' signori
Sambon e Lauria ; ed anche taluni al signor D. Do-
menico de'Baroni Oliva, ed al Rev. P. Tortora del SS.
Redentore. Noi ricorderemo in rapporto di ciascuna
inoueta il nome del possessore.
TAVOLA XII.
ARIMINUM UMBRIAE
1 . Testa virile barbala a destra , con torque gallico
al collo.
)( Conchiglia pecten. Ar. 1 1 +
Presso il signor Lauria.
Non sembra da dubitare che questa moneta appar-
tenga ad Ariminum, avuto riguardo alla fabbrica ed a*
tipi. Non ignoriamo che già è nota, e che altro esem-
plare ne fu pubblicato da'eh. padri Marchi e Tessieri
[aes gr. del mus.Kircher. CI. IV fig.7 della lav.I);ma in
quella pubblicazione manca qualunque indizio della
barba , che nel nostro è evidentissima, non altrimen-
ti che in altro esemplare del real museo Borbonico
descritto recentemente dal dottissimo Avellino ( hai.
vet. num. pag. 70 ). L esemplare del museo Borbo-
nico pesa gr. 16,80. Due n'esistono nel museo Rir-
chcriano , uno de1 quali pesa 6 dramme, l'altro 5
dramme ( Gennarelh la moneta primitiva etc. pag.
72). Perciò s'è vero che gli esemplari del Kirche-
riano debbano riputarsi semoncie , come nota il si-
gnor Gennarelli , è pur probabile la opinione del-
l'Avellino che il borgiano ( pes. dr. 13 ) sia da giù-
149 -
dicarc un' oncia , essendo di un peso quasi doppio
(/. e. ). Questo del signor Lauiia pesa poco più di
gr. 24, ed era probabilmente un'oncia. Non ripetere-
mo le dalle ricerche de' chiarissimi Borghesi e Ca-
vedoni , per le quali ò messo fuor di dubbio che
la testa barbala del litio sia da riportare a' Galli Se-
noni, che s'impadronirono di Ariminum, nò le altre
del eh Lenormant sull'epoca di tali monete (introd.
à l'elite des mon. céram. p.30 seg. ed. in 4.). Vedi le
osservazioni loro riferite nella citala opera postuma
dell'Avellino (pag. 69,70), il quale avverte pure
doversi riputare il tipo della conchiglia conveniente
a città marittima. Ora sulle monete di Ariminum si
legga pure ciò che ha scritlo di recente il eh. Cave-
doni ( bull, dell'Ut. 18:i0 pag. 79, SO, ragguaglio del-
l' opera intitolala Francisci Carellii numor. hai. vet.
lab. cai. pag. 14).
CAPUA CAMPANIAE
2. Testa di Giunone a d. con stefane , orecchino ,
collana , e scettro presso la spalla
)( Spiga , a destra simbolo incerto come wn tripodet-
to , a sinistra la epigrafe DIN)!. Ae. 8 f
Posseduta dal sig. Sambon.
Assolutamente nuova è questa monetina di Capila,
per la riunione de' tipi che Irovavansi separali nella
numismatica Capuana. Scorgesi di fatti la spiga al
rovescio della lesta velata , ed una (esla di divinila
perfetlamente simile a quella della moneta del sig.
Sambon vedesi insieme col (ipo del doppio simula-
cro e con quello del fulmine (Friedlaender Oik. Mun-
zm tav. IHn. 22 , 23, 24). Oltre di una tale parti-
colarità , è pur da notare che la nuova moneta è di
grandezza e peso maggiore di tutte le altre finora co-
nosciute senza indicazione di peso : il che la rende
ancora non poco pregevole ; perchè ci dimostra una
serie di divisioni altresì in questa parte della numi-
smatica Capuana , la quale comincia probabilmente
dall' oncia rappresentata dalla nuova moneta , e va
a terminare alle minime divisioni della stessa. Ora in
quanto alla testa del ritto , osservo che paragonando
la nostra moneta con quella già nota col tipo della
spiga , può ragionevolmente dedursene che sia in en-
trambi la testa di Giunone. La lesta velala non offri-
va alcun simbolo proprio di Cerere, e perciò bene a
ragione fu riportala a Giunone dal eh. Friedlaender
(oilc Miinzcn p. 14 n. 24). Il mio dallo amico sig.
Raoul-Rochclte credeva quella divinità Cerere (fouiL-
les de Capoas pag. 91 not. 3 e p. 98) , trailo proba-
bilmente in equivoco dal vederla congiunta col tipo
della spiga ; ma la nuova moneta offrendoci egual-
mente la spiga al rovescio di una testa indubitatamen-
te di Giunone, toglie qualunque difficoltà sulla deter-
minazione della testa velata. É poi noto che il velo sxyòv
conviene assai bene alla sposa di Giove, alla quale tro-
vasi data appunto nelle omeriche poesie (//. S, v.175).
Cf. Abeken negli annali del l'I st. 1838 pag. 24.Raoul-
Rochetle choix de peint. de Pompei pag. 1 4. Voglia-
mo finalmente notare che il simbolo determinato ge-
neralmente per un tripode osservasi in tutte tre le
monete accanto al tipo messo al rovescio della testa
di Giunone; e non manca neppure nella nuova mo-
netina del sig. Sambon: il che ci sembra degno di os-
servazione non tanto per meglio determinare il signi-
ficalo di quel simbolo , che pur lascia luogo ad ulte-
riori ricerche, quanto per islabilire esser dovute tut-
te queste differenti monete ad una sola coniazione ,
esprimendo forse l'oncia e due differenti divisioni di
essa. È però da notare che in questa divisione l'oncia
offrirebbe un modulo ed un peso minore di tutte
le altre , ove trovasi l' indizio del peso ; giacché la
nuova monela non pesa più di gr. 5. 08 ; mentre il
peso di tutte le altre once è stato trovalo maggio-
re ( Mommsen Ramisene Miinzwesen p. 398. ). Pren-
diamo questa occasione per proporre una nostra
cònghiettura sulla intelligenza de'due simulacri vela-
ti , che veggonsi in una delle Capuane monete. Non
può dubitarsi che sieno due idoli ; ma dalle ricerche
del ch.Cavedoni, e del Millingen, non che dalla lun-
ga discussione del Raoul-Rochcttc non si ricava al-
cuna stretta relazione con Capua (fouilles de Capoue
pag. 1 02—1 06 ). lo osservo che le tradizioni attribui-
vano a Capua una frigia origine; per modo che s'in-
dicava il trojanoCapi come fondatole della città. Ora
non può dubitarsi ebe il culto degli dei Penati venne
— 150 -
appunto introdotto da Enea in Italia , e doveva per-
ciò essere ricordato nella numismatica di una città di
frigia derivazione. Non parmi dunque strano il sup-
porre che le due immagini delle monetine di Capua
esprimano appunto i Penali , con strettissima rela-
zione a Capua ed all'Italia. Fa al nostro proposito
un classico luogo di Licofrone , ove si ricordano i
7ri7r\oi , co' quali Enea ricoperse i Penati nel tra-
sportarli da Troja. Così si esprime il poeta :
Atlixxi oì <jrtx'jv Miwijc TJxWr^tot,
Ylxrpuo' xyx\sxxr lyxxroixtit Sswf,
'A &t„ Trxpwvxi xxì ì>x\xxprx, xxì nr-.xyx,
Kxì xr-rpiv aXXyjv épvjtwx.v xuiav}\iwv,
Xvv tw yiqxiòi nxrpì rn,pir;[Liuj'7-rxi,
nEIlAOIX nEPI^XON eie. v. 1261 segg.
Il Meursio , anche senza il confronto delle meda-
glie , ha ben compreso il signiGcato delle ultime pa-
role , riportandole appunto a' panni , di che rico-
prir si solevano le immagini delle divinità. Nò diver-
samente si esprime l'antico Scoliaste: Kxì xxì-v^xs Iv
tc?s 7r«rXoiS,'7) to?»" lymrrloiS. È da notare altresì che
ne'varii monumenli rappresentanti la fuga di Enea,
gli dei Penali non appariscono allo scoperto, ma so-
no talvolta racchiusi entro qualche ripostiglio , per
tenerli celati agli occhi di tutti ( v. Overbek Gallerie
heroischer Bildwerke p.Coo segg. ). Ognun vede adun-
que come il luogo di Licofrone fa bel confronto col-
la moneta di Capua , nella quale il cullo degli dei
Penali assolutamente italico, e proveniente dalla Fri-
gia, trova una così chiara e sicura applicazione. E qui
mi piace di osservare che se vogliamo nella testa del
ritto riconoscer più tosto la dea Vesta, la stessa forse
che vedesi velata in rapporto coll'allro tipo della spi-
ga (1) ( essendo ben noto per qualche altro esem-
pio convenire a Vesta lo scettro , Gerhard negli an-
ttali del 1850 p. 21 1 e seg.) ; potremmo richiama-
re la nota relazione del culto di Vesta a quello dei
Penati appo i Romani ( Tacit. Annal. XV, 41 , Ma-
crob. Satura. Ili, 4). Ma ciò sia dello per semplice
(tj Vota apparisce anche velala nelle medaglie della gente dis-
tia, e qualche volta ornata di stefane (Cavedoni ripostigli pag. 63).
Veggasi pure un bassorilievo in ara marmorea pubblicato dal Daniele
( AiUonii Thylesii carmina, et epitlolae — Napoli MDCCCYHI ,
p.22).
conghieltura , offrendo quelle divinità le forme più
prossime a quelle di Giunone. Comunque sia, il du-
plice numero de' Penati verrebbe ancora bellamente
spiegato da un notabile luogo di Senofonte, il quale ne
avverte che Enea portò seco gli dei paterni e mater-
ni: Alvilxs dì ffwTxs fXiv rovi irxrpwous xxì ixr\rpwovì
Sioòi ( cyneg.l, 15). Ed è pur da ricordare che nella
numismatica delle famiglie romane i Peuali sono ap-
punto due , e si confondono co' Dioscuri : come si
osserva sulle medaglie della gente Amia , della Fon-
teia , e della SuJpicia. Vedi la dotta discussione del»
l'Eckhel (doctr.num.vel. t. V p. 318 e segg. ), e ciò
che dice il sommo Borghesi ( Dee. VI, oss. 7). Per
tutte le quali ragioni, noi non dubitiamo affatto del-
Piuterpretazione per noi data al doppio simulacro delle
monete di Capua.
Ma lo stesso luogo di Licofrone ci apre la via a spie-
gare un' altro difficile tipo non ancora ben compreso
delle Capuane medaglie, costituendo uninsieme ed un
nesso di differenti tipi che a vicenda si spiegano , ri-
portandosi ad una sola serie d' indigene tradizioni.
Racconta l' oscuro poeta che Ulisse s' incontrò in
Italia con Enea , e fece con lui alleanza ; e che lo
stesso incontro ebbe luogo co' figli di Telefo Tarcon-
te e Tirseno. È utile riportare le parole stesse di Li-
cofrone :
%vv §/ <r$j (x'%u (p/X(ov £x$|MS 8» erparov
OPKOIS KPATHSAS, xxì >.irx7s
rOTNASMATS^X
NocvoS TrXxvxiTi ttxvt ìqiuyrfxi \avxj'v
'AXof n, xx) yrfi. gÙv dì ?><Wrt%o; tóxoi
MTXftN ANAKTOS, «' tcot' OÌxovpoS hópu
Tyx'x^u QsojkoS, ymx trvròrGxì y.vyoti,
Tag^wy, **' Tepcrjvòs, tu&wves \vxoi,
Tùv HPAKAEmN ìxyiywns A1MATON.
Avverte Tzelze a tal luogo v. 1242 e segg. Ulisse
ed Enea avv'&rptxs (x=r xWr{kwY xxì ùpryry ■noirpxi.
A me sembra che questa mitica alleanza volle effigiar-
si sulle monete di Capua e di Atella , che ne imitò i
tipi. Di fatti nessuno de' tipi di Capua offre una rela-
zione storica , e nessuna potè probabilmente propor-
sene del tipo di cui ragioniamo ( Raoul-Rochette/bui/-
les de Capoue pag. 95 , s. ). All'incontro la mitica
— Voi —
federazione di Ulisse, o piuttosto de' figli di Telefo
con Enea , era un tipo acconcissimo ad una popola-
zione , che in sé riconosceva l' elemento ellenico , e
l'italico, che tutte le tradizioni ritenevano per Frigio
o Dardanio : il che non solo limitava» a Roma ed alle
finitime città , ma da particolari tradizioni locali cstcn-
devasi propriamente alla stessa Capua( v. R. Rochet-
te fouilles de Capone art. I, e colonies grecques t. II.
p. 357 ). E qui mi piace di osservare che gli opxoi
rammentati da Licofrone sono appunto quelli che se-
condo i frigii costumi si facevano col sagrifizio di una
porchetta , e che furono poscia introdotti in Italia :
ed è notevole che io riconosco nelle Xiroù yovYouriÀx-
rvuv di quell'oscuro sciatore un'allusione al giovinet-
to inginocchialo, che vedesi in altre ripetizioni di'si-
mili sagrificii in occasione di alleanze offertici sulle
monete : al qual proposito è da richiamare particolar-
mente l'aurea moneta di fabbrica campana, di cui si
attribuisce la coniazione alla stessa Capua ( Lenonnant
introd.à l'elite p.36, s. Raoul-Rochelle fouillesde Ca~
poue p. 9G). Vedine ora il fac-simile nel catalogo
delle monete del Sig. Riccio tav. 1. n. 21. A questa
medesima alleanza de'Misi si riferiscono i tipi di Er-
cole e del poppante Telefo, che s'incontrano in altre
medaglie , e che confrontano pure col cita'o luogo
di Licofrone. In tal modo questi tre tipi più diffi-
cili delle Capuane medaglie si spiegano bellamen-
te colla origine frigia della città , e colla mistione
forse primitiva de'Misi, che secondo Licofrone si
unirono in alleanza colle schiere di Enea. A que-
ste tradizioni si collega la introduzione del culto dei
Penati (1) , la federazione mitica de' Greci e de' Fri-
gii , il rapporto co' Misi e quindi con Telefo , e col
suo divino genitore Alcide. In tal maniera d' intende-
re la numismatica di Capua acquista un interesse ,
che finora non fu da altri riconosciuto.
CAPUA CUM NOM. CAMPANORUM
3. Testa imberbe, con galea laureala a d.
( ) Un rapporto de1 Penati col sacrifizio di una troja è narralo
da Varrone , e da Dionisio di Aliearnasso. Vedi Eckhel ( doctr. t.
V p. 321 ).
)( Toro a volto umano stante a s., sopra la epigrafe
KAMITANo[N] , sotto due rami che si congiungono
situati in opposte direzioni. Ar. 9 -f-
Presso il sig. Sanibou.
Crediamo sempre interessante il pubblicare tutte
le varietà di queste belle medaglie de' Campani, che
si attribuiscono generalmente a Capua: vedi Raoul-Ro-
chette {fouilles de Capouc p. 77-85), e questo bui-
lettino ( an. IL pag. 189-190). Non ricordiamo che
altro esemplare finora pubblicato ci presenti il dupli-
ce ramo sotto la linea del toro : e questa particola-
rità accoppiata alla bellezza dell' arcaica fabbrica ci
han fatto credere opportuna la pubblicazione della
medaglia del sig. Sambon.
CUMAE?CAMPANIAE
4. Galea.
)( Conchiglia
Presso il sig. Sambon.
Ar. 2,
Questa minima divisione nella numismatica di Cli-
ma non incontrossi finora , sebbene ne fossero già
conosciuti i tipi ( Avellino opusc. tom. II. tav. 3 n.
2,3). Non ha guari il eh. Fiorelli pubblicò due mo-
netine di Napoli della medesima grandezza di questa
nostra , ma con qualche varietà di fabbrica ( monete
ined. dell' Ital. ani. tav. 1. fig. 2, 3 ): giacché la con-
chiglia e la galea sono rivolte ad opposte direzioni.
Siccome le monetine edite dal sig. Fiorelli offrivano
una sicura determinazione dall' epigrafe appostavi ,
così questa da noi pubblicata non presentando alcuna
traccia d' iscrizione ci lascia nel dubbio, se a Napoli
od a Cuma farsene deggia l'attribuzione. Del resto a
qualunque delle due città voglia riferirsi, sarà sem-
pre vero che i tipi sono da riputare assolutamente
Cumani; come osservava per quelle da lui pubblicate
lo stesso eh. Fiorelli ( /. e. pag. 4) , avendo relazio-
ne alla conchiglia del Lucrino (Millingen méd.grecq.
inéd. p. 5), ed alla galea plutonica (Avellino opusc.
tom. IL p. 39 e bullelt. arch. Napol. an. III. pag*
65 segg. ). E questa imitazione delle medaglie di Na-
poli da quelle di Cuma, della quale le storiche narra-
zioni forniscono la spiegazione (vedi sopra pag. 99, s.
— 152 —
e Capasso sul sito di Napoli e Palepoli pag. 3 e segg.)
è stata già per altre occasioni avvertita ( vedi Avelli-
no opusc. t. II. p. 44, Raoul-Rochette j'ourn. dessav.
1854 pag. 304.).
NOLA?CAMPANIAE
5. Testarti donna con diadema, orecchino, e collana
a d., innanzi residui di una epigrafe irriconoscibile.
X Toro a s., sopra Vittoria che lo corona. Ar. 9
La fabbrica assolutamente campana di questa me-
daglia , e la particolarità del loro non a volto uma-
no la rende sigolarissima. La testa del ritto si trove-
rà somigliantissima a quelle di Nola, alle quali pure
è da confrontare per la maggiore spessezza e pel ri-
lievo più pronunziato. Assai difficile riesce indagare
il motivo di questa varietà di tipo nel rovescio : e
noi non oseremmo presentare alcuna certa eongbiet-
tura. Vogliamo soltanto avvertire che nelle guer-
re sanniliche Nola si collegò co' Sanniti contro Roma,
e venne poscia occupata da' suoi medesimi alleati, che
la tennero sino al 441, nella quale epoca venne loro
nuovamente ritolta dalle armi romane ( Liv. lib. IX,
28; Strabone lib. V p. 249: cf. Diod. Siculo XIX,
101 ). Sicché potrebbe giudicarsi per avventura la no-
stra moneta coniata nel tempo di quella occupazione
sannilica, la quale durò assai poco. E si darebbe ra-
gione della sostituzione dell'italico toro vittorioso al
toro campano a volto umano, che già figurava nella
numismatica nolana. Non altrimenti nelle medaglie
posteriori della lega Marsica vedi sovente ripetuto il
toro italico , o sannitico, e principalmente quando è
figurato nell'alto di abbattere la lupa simbolo di Roma.
7. Testa imberbe galeata a d.: sulla galea è ramo
di alloro e civetta.
)( Mezzo loro a volto umano nuotante a d.: sopra
la epigrafe $IWT$I8 ar. 5
Queste due monete, la prima delle quali appartie-
ne al sig. Lauria, l'altra al sig. D. Domenico de'Ba-
roni Oliva, presentano entrambe qualche particola-
rità. La prima (n. 6) offre nella iscrizione a notare
la forma del quinto elemento , che rassembra ad uà
A rovesciata, e l'ultima lettera, che in tutti gli esem-
plari conosciuti apparisce sempre un S , qui si mo-
stra somigliantissimo ad un V\, sebbene possa ripu-
tarsi un S giacente. La seconda monetina poi era già
conosciuta per la pubblicazione fallane dal eh. Fried-
laender ( osk. Munzen tav. V. n. 7 ) ; se non che it
carattere della fabbrica è lotalmenle diverso, e la i-
scrizione apparisce A3T^I8, e non già come nella no-
stra *IVvHRI8. Vedi le cose da lui osservate pag.
32 e seg. della citala opera (1).
È ben conosciuto quanto sieno varie le opinioni
de' dotti sull'attribuzione di queste medaglie , e sul
silo dell'antica Fistulis o Fislelia. La discussione fat-
ta a tal proposilo dal sig. Raoul-Rochette non dà al-
cuna luce ad una tal quistione (journ. del Savanl$
1854 pag. 244 e segg. ) Noi facemmo di sopra al-
cune brevi osservazioni su questo difficile punto ( p.
131 seg.). Ora vogliamo aggiungere sul medesimo
argomeulo poche altre parole. Nella numismatica , a
stabilire le dubbie attribuzioni, giova non poco la no-
tizia della patria delle monete, ed il sapere in quali siti
se ne fece il maggiore ritrovamento.
Continua
Minervino
FISTLUIS SAMNU
6. Testa femminile di fronte , con capelli pendenti
di lato , apparisce alla gola un residuo della collana.
y Toro a volto umano a s., sopra la epigrafe 81-
STVVNA , sotto la linea de piedi delfino. Ar. 8 '/..
(t) In un altro esemplare di questa moneta posseduto dal ne-
goziante di antichità sig Barone abbiamo riscontrata la simile epi-
grafe riportata dal sig. Friedlaender. Per equivoco poi il sig. Ric-
cio credè che il Friedlaender avesse pubblicala una iscrizione di-
versa, ed apprezzò pochissimo la moneta , quasi che si trattasse di
moneta comune. ( repert. num. p. S).
Giulio Mixeiivim — Editore.
Tipografia di Gwseppb Cataneo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 70. (20. dell' anno III.)
Aprile 1855.
Monete inedile o rare. Continuazione del n. precedente.
Monete inedile o rare. Continuazione del n.prcc.
Era stato da altri notato che provenivano più fre-
quentemente dal Saniiio le monete di Fistelia. In questi
ultimi tempi fralle rovine di una sannitica città sen' è
rinvenuto un notabile numero. Sicché resta probabil-
mente dimostrato che a quella località creder si deg-
giano pertinenti. Già il sig.Friedlaender riputava san-
nitiche le monetine anepigrafi col leone corrente e sot-
to il serpente (op.cv7.pag.30): e questa era pure la opi-
nione degli archeologi napoletani ; come apparisce
altresì dalle stesse tavole del Carelli , ove sono messe
nel Sannio insieme con quelle sicure di Fistelia. E
per verità non siamo affatto mossi da ciò che scrisse
recentemente il Raoul-Rocheltc a favore dell' attri-
buzione ad Eraclea (journ. des sav. 1834 p. 247);
giacché lo stile totalmente diverso di quelle due se-
rie di medaglie , ed il sistema della testa di fronte e
non già di profilo, che apparisce pure negli altri obo-
li certi di Fistelia , ci conducono ad altra idea. Né
vale il dire che la numismatica del Sannio non ci
presenta division dell' argento in oboli ; giacché la
città di Fislelia costituir doveva una eccezione. In
qualunque sito voglia supporsi , sempre dee riputar-
si una città mista di greco e di sannitico ; anzi do-
veva assolutamente predominare l'elemento greco.
Or questa particolarità notabilissima , sino a vedersi
una duplice iscrizione nelle sue medaglie, non incon-
tra alcun confronto nella numismatica antica : e per-
ciò non può sembrare strana una eccezione relativa
ad una città che altre ne offre nella sua costituzione
e nelle sue monete. A tutte queste ragioni, come di-
cemmo, si aggiunse il luogo di Livio ( lib. XXIV e.
XIX toni. HI pag. 863 ed. Drakenborch ) , e l'altro
di Floro ( IH,, 18 pag. 84 ed. Jahn) da me per la
prima volta richiamali in questa importante ricerca.
Noi rimandiamo a quella filologica discussione; nella
quale ci sembra di aver dimostrato che il Fisllus delle
monete incontrando quell' unico confronto ne' do-
cumenti scritti , può con esso mettersi in relazione
con maggior fondamento di qualsivoglia altra arbi-
traria attribuzione. Tale io reputo quella di Pozzuol
già proposta dal Mazzocchi ( lab. Hcracl. p. 300 ) ,
e poi dal Sestini (class, gen. p. 14), e dal Millingen
( ancient Greek Coins p. 7 ) , che in seguito ha egli
medesimo ritrattata (consid. p. 20:); sebbene con in-
gegnose ragioni sia stata sostenuta di nuovo dal eh. Le-
normant (introduct.à l'elite, p. 40,87-88), dal Moni-
msen funter. Diakk. p. 309), e poi dalsig. Fried-
laender ( oste. Miinzen p. 30 ). Né fa alcun peso che
si trovino in quel sito da noi accennato monumen-
ti posteriori alla totale distruzione della città, indi-
cata da Livio ; giacché è stato già da altri avvertito
che Slrabone e lo slesso Livio presentano spesso co-
me interamente distrutte città che a tempi loro offri-
vano ancora grandiosi monumenti superstiti ( Dod-
wel aìcunibassirilievi della Grecia, Roma MDCCCXH
pag. II ). Ed in quanto a' tipi , da' quali si è voluto
dedurre un sostegno alla opinione che le medaglie di
Fislidis attribuisce a Putcoli , perchè simili in parte
a quei di Clima , può questa particolarità spiegarsi
con qualche colonia di Cymaei, che andò a costituire
la parte greca di Fistelia. É poi noto che non poche
volte tipi marittimi furono adottati nelle monete delle
città mediterranee ( Cavedoni nel Indi. ardi. nap. di
Avellino an. IL p. 103). Sinché una migliore opi-
nione non si proponga , io riterrò la Fistelia delle
medaglie corrispondente alla Fuisulae o Fiusulae dei
20
— 154 —
codici di Livio , e non mi allontanerò dal Sannio
per ritrovar la patria di quei monumenti.
MALIESA SAMNII ?
9. Testa di Apollo laureata a d.
)( Toro, di cui non apparisce la testa umana a d.:
sopra galea con paragnatidi, sotto la linea de' piedi
MAVIES Ae. 7.
8. Simile lesta di Apollo laureata a d.
)( Toroavollo umano ad., sopra testa galeata ad.:
manca assolutamente la epigrafe. Ae. 6 '/.,
La prima di queste monete è nella raccolta del
sig.Lauria, la seconda è posseduta dal sig. Sambon.
Pare che pur la seconda possa attribuirsi a Maliesa,
avuto riguardo alla fabbrica ed alla piccolezza del
conio. Comunque sia di questa , è perù certo che
l'altra appartiene a Maliesa , siccome viene indicalo
dalla epigrafe. La nostra medaglia conferma la lezio-
ne stabilita dal chiarissimo signor Lenormant ( in-
troduci, à l'elite des mon. céramogr. p. 42); e ci
sembra di fatti latina MAVIES. Vedi sulle varie le-
zioni finora ravvisate in differenti esemplari il chiaris-
simo Mommsen (unter. Dial. pag. 102), ed il eh.
Friedlaender (osh. Miinzen pag. 67) , non che le cose
recentemente dette da Raoul-Rochette (journ. des
Savanls 1854 pag. 243 segg.). È da notare che gli
ultimi numismatici riconoscono una mistione di gre-
co e di latino nella leggenda MAUES ; e così pure
corregge lo stesso eh. Mommsen ( Rdmische Munzwe-
sen p. 423 ). Se la stessa lezione si verifica in tutti gli
esemplari, dir si dovrebbe che nella monetina del
sig. Lauria la inferiore asta del % venne mora del co-
nio per la ristrettezza dello spazio. Intanto mi piace
di richiamare che ho in questi ultimi giorni osservato
presso il sig. Sambon due altre monetine co' mede-
simi tipi campani, ed in entrambe si osserva sotto il
toro la epigrafe MA..., MA A.. ..Quello poi che merita
una considerazione maggiore, si è che innanzi la testa
apollinea nel ritto in una di esse si legge la epigrafe
IvEonOAITftN. Io mi contento di richiamar questo
fatto, proponendomi di discorrerne più distesamente,
quando farò la pubblicazione di quelle due interessanti
medaglie. É ben conosciuto che le medaglie di Maliesa
furono attribuite ora a Melae o Meles del Sannio,
cui si fa corrispondere il nome della odierna Molise
( Millingen ancient Greek Coins p. 3; Avellino suppl.
ad hai. vet. num. p. 48 ; Sestini class, gener. ) , ora
a Benevento ( Carelli num. hai. vet. descr. p. 10;
Millingen considér. p. 223-224 ; Lenormant introd.
à l'elite p. 42-43; Mommsen Ramisene MilnzuìCS.^.
233 ). Il eh. Friedlaender prudentemente colloca
fralle indeterminate le monete di Maliesa (osk. Miin-
zen p. 67), ed il Raoul-Rochette seguendolo in que-
sta riserva non sa persuadersi della identità di quel no-
me con l'altro di Benevento (journ. des Sav. 1854
pag. 243 , 1 . ) ). Assolutamente nuovo è il tipo del-
l'Apollo laureato nella numismatica di Maliesa; e
senza dubbio gli archeologi , i quali sostennero la
identità di Maliesa con Benevento , ne trarranno un
argomento a loro favore per lo riscontro del me-
desimo tipo nelle monete colla epigrafe BENVEN-
TOD. Io non saprei con sicurezza seguire una tale
opinione; rimanendo perù dubbioso se al Sannio ov-
vero alla Campania riportar si debba l' attribuzione
di queste medaglie.
ITALIAE INCERTA
10. Testa virile barbata a d., dietro l-HET
)( Quadrupede che rivolgendo il capo abbassalo è
nell' atto di blandire un putto , di cui si vedono appe-
na le tracce. Sopra sono due globetti Ae.12.
È notevolissima la fabbrica di questa moneta , la
quale per la sua rozzezza dee credersi assolutamen-
te Sannitica: le forme di questa testa barbata offrono
un aspetto in certo tal modo somigliante a quello del-
la barbata figura sedente dipinta sulla parete di una
tomba Sannitica di Capua , pubblicata nel 2.° anno
di questo bui lei tino (tav. X). A questa Sannitica re-
lazione si presta benanche la epigrafe WET , nella
quale l' elemento W è pertinente a scrittura sanniti-
ca.Né dee fare ostacolo l'esser dritta e non retrogra-
da la iscrizione; giacché non è nuova questa situazio-
ne delle epigrafi sannitiche : e basterà citare le mo-
nete di Fislluis , alcune delle quali offrono la epigra-
— 155 —
fe da sinistra a destra. Notevolissimo è il rovescio ,
ael quale a prima vista potrebbe taluno ravvisare la
tipa che allatta Romolo e Remo , come apparisce
ie' sestanti appartenenti alla divisione dell' asse di
lue once , che il sig. Raoul-Rochette attribuisce al-
resì a Gapua ( journ. dvs savants 1854 pag. 318 ).
Ha meglio considerando le forme del quadrupede
i troverà che la conformazione della testa , e {' un-
;hia perfettamente visibile in lutti i quattro piedi
:e la fan senza dubbio determinare per una cer-
ra ( 1 ). E corre tosto il pensiero alla cerva allattatri-
ce di Telefo , che presso a poco nella medesima po-
rzione si scorge in alcune monetine di Capua. Sa-
ebbe mai un rozzo conio dell' antica Capua , dovu-
o propriamente all'arte sannitica senz' alcuna mi-
lione di greca influenza? Io non oserò decidere una
ale quislione. Solo voglio in tal luogo avvertire che
i conosce della medesima fabbrica il Iriente col bi-
ronte imberbe e conia epigrafe HHETnel ritto , ed al
©vescio un incerto quadrupede , e sopra un uccello
rolante. 11 sig. Reynier, che ne fece la pubblicazione
précis d'une collect. de méd. antiq. tav.3 fig. 56), ri-
onobbe nella epigrafe i caratteri sannilici ; e rico-
loscendo nel quadrupede un elefante propose 1' opi-
ìione che fosse quel (riente battuto in onore di Me-
dio da qualche città del Sannio.
Questa conghiettura non ci sembra fondata sopra
dcun valido appoggio : e noi vorremmo nel WET
•avvisar piuttosto il nome di qualche sanniticoduce,
in Metius forse , nome già famoso sin dalla più an-
ica storia de' Sabini ; e che ritrovasi pure ne'Sanni-
ici monumenti (Mommsen unter. Dialek. pag. 279
r.Metiis). In qualunque modo, il mito di Telefo era
celebre in Italia ( vedi i miei mon. ined. di Barone
)ag.l21),e quindi se conviene aCapua,non potreb-
)e disconvenir neppure ad altra Saunilica città del-
' Italia. In quanto al tipo riportato dal Reynier, è a
nio giudizio molto dubbiosa la determinazione di
juello sconcio quadrupede ; ma ove mai potesse ri-
putarsi un elefante, vorrei pensar piuttosto ad Anni-
bale ed alle puniche guerre, richiamando l'elefante
(1) Lo stesso chiaramente si osserva in altro esemplare conser-
missimo esistente presso lo stesso sig. Lauria.
delle medaglie di Capua, di Atella, e di Nuceria, Ma
forse nel quadrupede accoppiato coli' augello potreb-
be meglio ravvisarsi un indizio di Sannitica migrazio-
ne, sotto la guida àeìi'hirpus,e degli augurii. Pertanto
in mancanza di un più accurato disegno, non voglia-
mo entrare in più estese conghietture , ed ipotetiche
interpretazioni. Notiamo soltanto che il bifronte di
questa moneta mostrasi imberbe, e perciò somigliante
al bifronte Etrusco non che a quello di Capua , che
merita di esser distinto dal barbato Giano delle ro-
mane medaglie. Vedi pertanto le mie osservazioni nel
bulleltino arch.nap. di Avellino an. Ili p. 73 segg.
ASCULUM APULIAE
11. A nel campo
)( Fulmine. Ae. 7.
Questa moneta fusa appartiene al sig. Lauria , il
quale ne possiede pure due altre cioè il sestante, ed
il triente.È notevole che il peso del trienteèdigr.46,
quello del sestante di gr. 22, 72 mentre la monetina
che qui pubblichiamo pesa gr.6, 68. Sebbene il peso
si trovi un poco maggiore di quel ch'esser dovrebbe,
noi crediamo senz'alcun dubbio che ci si presenti la
semoncia.É poi conosciuto che il trienteed il sestante
furono pubblicati dall'Avellino ( buìlelt. arch. nap. an.
II tav.il fig.4. e 5), il quale ne ragionò alla pagina
37 di quel volume, non senza entrare a discorrere
di altre monete attribuite altresì ad Ascoli di Puglia.
Per questo motivo noi ci siamo astenuti dal ripro-
durre le altre due monete del signor Lauria ; delle
quali però credemmo opportuno indicare il peso che
mancava nella relazione dell'Avellino. Non vogliamo
intanto tralasciar di notare che di questa medesima
città co' tipi identici si conosce altresì l'oncia, perti-
nente al eh. Riccio, la quale venne pubblicata dal eh.
Fiorelli ( mon. ined. dell' hai. ant. tav. II n. 1 pag.
10) (2). Sicché la monetina del signor Lauria viene a
compire la serie della moneta fusa di Ascoli dal
triente alla semoucia , nella quale notasi la divisio-
(2) 11 sig. Riccio ha descritto le tre parli innanzi note dell'asse
di Ascoli additandone il peso: più di 2 once, 3)4 di oncia , e l\ì
oncia o poco meno: reperì, mtmitm. pag. 39.
— 156 —
ne progressiva io lutti gli spezzali finora conosciu-
ti. Veggasi pure sulle monete di Ascoli di Puglia
quel che recentemente fu pubblicato dal eh. de Mi-
nicis {monete di Ascoli nel Piceno p. 2. seg.) dalCa-
vedoni (in Carditi tab. p. 8.), e dal Raoul-Rochette
fjòurn. des 5uuan<s 18 54 p.299). Ci sembrano alquanto
ricercale le cose delle sul tipo del fulmine e dal-
l'Avellino, che pensò ad un'allusione alla vicina Ce-
rauniola ( oggi Cirignola) (bull. ardi. nap. an. II. p.
37), e dal eh. Fiorelli che vi conobbe una significa-
zione solare (mon. ined.p. 10). Vedi non pertanto lo
stesso Avellino epist.de arg. anecd. Rubastin. n. pag.
2-3, ed il Burmanno Z. K. cap. XV.
CAELIUM APULIAE
12. Testa di toro con infide pendenti dalle coma:
sopra KAI
)(Lira con tenia che fa cappio per sospendersi. Ar.4 '/„.
Perfettamente inedita è questa monetina , che è
posseduta dal sig. Lauria. Già conoscevasi una mo-
netina di Ruvo co' medesimi tipi sino da' tempi del-
l'Eckhel (doctr. t. I p. 142), da cui ne trasse la de-
scrizione il Mionnet (ioni. I suppl. p. 2G6). Se ne ve-
de la pubblicazione presso il Sestini (mus. Hedercar.
toni. 1 p.26 tab. 2 n.20), il Millingen (ancient Coins
pag. 10 tav. I fig. 10), ed il cav. Avellino ( Ru~
baslinor. numor. catalogus tav. I n. 6 cf. p. 11 not.
11). E bene fu osservato dal Millingen che il tipo del-
la lira fu tolto dalla vicina Canosa. Non dee dunque
far maraviglia che i medesimi tipi fossero adottati da
un'allra città dell' Apulia, qual si fu Caelium. Il eh.
Cavedoni riputò la lira un tipo appulo , e non imi-
tato ( bullel. ardi, di Avellino an. II. p.102); ed il-
lustrò il cappio della lira nelle monetine di Ruvo e di
Canosa ( ivi p. 52 ). Sul tipo della testa di toro) vedi
quel ebe dicemmo di sopra p. 145.
13. Testa imberbe galeata a d.
)( Vaso a due manichi, intorno la epigrafe KAI AI-
NON ( retr. ) Ar. 4 »/..
Presso il signor Lauria.
Sono i medesimi tipi della moneta fatta incidere
dal Carelli ( (ab. XCVIII , n. 1 ): gol che n'è diver-
sa la fabbrica e la epigrafe.
Quella , che ora pubblichiamo, apparisce di epoca
più antica ; avuto riguardo alla situazione della iscri-
zione ed all' uso dell' O invece dell' CI. Una notabile
particolarità è nella medaglia del Carelli ; e questa
consiste nelle lettere IT messe al di sopra del vaso.
Il eh. Cavedoni pensò alla ITaX/ix , di cui Ceglie era
forse al confine(ad <afr.c(f.p.38ed.Lipsiae). Ma io va-
do piuttosto all' idea di una concordia fra due appule
città , come sarebbero Tiati e Caelium : nella quale
ipotesi si sarebbero distinte le due epigrafi dalla loro
diversa situazione. Noi altrove parlammo di altre me-
daglie, nelle quali dee riconoscersi una simile federa-
zione di Tiati con altre città dell' Apulia ( bullelt.
arch. nap. an. I p. 107 e segg. ). In una di esse da
noi pubblicata (l. e. tav. IV n.9) leggesi appunto la
iscrizione ITA1T retrogada , invece della solita TIA-
TI. Dal che ci sembra confermata la conghiettura
nostra relativa alla monetina del Carelli: e noi la sot-
tomettiamo al giudizio dello stesso dottissimo numi-
smatico di Modena, che espose già una diversa opi-
nione.
LUCERIA APULIAE
1 4. Testa imberbe con tenia pendente dietro all'oc-
cipite a s., innanzi presso al collo I segno dell'asse.
)( Gallo a s., intorno la epigrafe SE. POS. P.
BAB. V. Ae. 28.
TAVOLA XIIL
1. 2. Gli stessi tipi, ma senza iscrizione, e con
qualche varietà di fabbrica. Ae. 30 e 28.
Tutte tre queste interessanti monete fuse apparten-
gono pure al signor Lauria. Noi le abbiamo pubbli-
cale (utte per metterle insieme a confronto: ed anche
perchè essendo la prima indubitatamente di Lucerla,
viene a determinarsi ancora per Lucerina l'altra simile
mancante affitto di epigrafe, già nota per la pubbli-
cazione de' eh. padri Marchi e Tessieri, che la collo-
carono nella V classe delle incerte ( tav. I. n. 1 . ) , e
l'altra del Zelada (assestine. tab. X, 1 ), da cui la tras-
se il Carelli (tab. XXVI, 3), che erroneamente l'at-
— 15T —
tribuì ad Hadria ; sebbene ha già notato il eh. Cave-
doni che la fabbrica della moneta fa pensare ad altra
regione (pag. 7 ad Le. edit. Lips.). È però da osser-
vare che il disegno del Carelli , principalmente in
quanto al gallo, è molto più elegante di quello che
sia effettivamente lo stile negli originali monumenti.
Dicevamo indubitatamente di Luceria la prima, giac-
ché comparisce in essa la V arcaica , indizio della
zecca Lucerina. I magistrati che sono segnati nel nuo-
vo asse di Lucerà, per quanto ho potuto rilevare su
di una moneta non poco rosa dalla ossidazione, pare
siano SE. POS. C.BAB. Sergius o Servius Postumius,
e C. Babidius o altro simile nome. Questo asse Lu-
cerino riesce importantissimo, perchè il secondo che
comparisca con nomi di magistrati. Sapevasi di fatti
l'altro asse colla testa di Apollo nel ritto, ed al ro-
vescio il cavallo corrente con astro: sul quale si veg-
gano le dotte osservazioni del eh. Cavedoni ( bul-
let.dell' Ist. i$b7 pag. 159-160). Avvertiamo poi clic
quell'asse già conosciuto ed attribuito a Pesto (Sesliui
mus.Hedervar. Pars I p.35.tab.II f.42;Mionnet suppl.
1. 1 pag. 317 n. 819), fu poi pubblicato di nuovo dal
Mommsen, il quale ne ritenne l'attribuzione a Luceria
(das Burniscile Milnzw. init.; cf. pag.40 1 , ove interpre-
ta Gracchi fdius); ed un altro esemplare d' indubitata
antichità, benché inciso profondamente nel diametro
delle due facce , ne abbiamo osservato presso il eh.
signor principe di S. Giorgio. 11 monumento che
ora diamo alla luce confrontato con l' asse già noto,
conviene con esso e per lo tipo della testa di Apol-
lo, e per la particolarità de' duumviri; se non che
non saprei se possa credersi il nostro alquanto più
antico : siccome parrebbe desumersi dalla fabbri-
ca simile in tutto a quella degli assi anepigrafi coi
medesimi tipi; sebbene non possano riputarsi però di
epoca molto fra loro diversa. Essendo la colonia Ro-
mana dedotta in Luceria nel 440 di Roma, ne segue
che queste monete non possono appartenere ad epoca
più antica (Mommsen Bpm. Mwzices, p. 233): onde
vien comprovato che durava dopo il 440 l'uso delle
monete ponderali di getto; siccome osservano il eh.
Principe di San Giorgio ( memor. numism. p.77), ed il
Cave doni (annali eh. p. 160), il quale stabilisce l'asse
fuso colla testa di Apollo verso la fine del V secolo
di Roma. (Vedi pure lo slesso Cavedoni Bagguaglio
dell'opera intitolata Francisci Carellii num. Bai. vet.
lab. CCI1 pag. 17). In quanto al tipo di Apollo, ha
già notato il Cavedoni che l' asse Luccrino offre per
tipo principale quel dio , come principale divinità
di Lucerà, ricordando gli Apollinarcs delle Lucerine
iscrizioni ( cf. Cavedoni marmi Modenesi p. 187; Por-
cellini x.'Mercurialis §. 4; ed ora Mommsen inscr.
r. neap. lai. n. 9o9-962). In quanto al tipo del gallo,
potrebbe riportarsi ancora alla sua solare significa-
zione, messo in rapporto colla testa di Apollo nel
ritto; e questa è pur la opinione del Cavedoni ( ad
Cardi, tab. XXVI 3 p. 6 ). Solo vogliamo avvertire
che i medesimi tipi della lesta di Apollo e del gallo
compariscono nella numismatica di Napoli , e che
ad essi fu già assegnala una simile intelligenza (Avel-
lino Opusc. tom. II p. 47 ).
Un' ultima avvertenza facciamo , che ci sembra di
una certa importanza. E risaputo che gli assi ita-
lici pesano appunto 9 once, ed i romani 11 once.
Ora questa medesima diversità di peso si verifica tra'
due assi lucerini senza iscrizione , e quello co' nomi
di magistrali. Sicché veniamo a conchiuderne che
gli anepigrafi sono anteriori alla romana colonia ,
alla cui epoca appartiene quello colla iscrizione ; es-
sendosi allora soltanto introdotto il sistema mone-
tario ponderale de' Romani. Ma di ciò direm più
ampiamente in altra occasione.
RUBI APULIAE
3. Testa di Minerva goleata ad. : sulla galea è l'or-
namento di una Scilla.
)( Ercole che cerca di soffocare il leone , dietro Si ,
sotto la linea de' piedi AAKO" Ar. 5 Ve-
Presso il signor Lauria.
Questa monetina è perfettamente simile ad altra
edita dal Sestini ( descriz. del mus. Fontana parte 3
p. 2 e HO lav. 1 fig. 4 , 5 , 6 ), e poi di nuovo dal-
l' Avellino ( Bubaslinor. num. calai, tav. Un. 11,
12 , 13 ). Essa viene a rettificare quell'antica pub-
blicazione, dimostrandoci che le lettere TOT, HOT, A
— 158 —
su quelle tre differenti monete altro non sono che il
residuo dello stesso nome di magistrato AA^OT, che
a piene lettere si legge nella monetina del sig. Lau-
ria. Dall'altra parte il conio venuto troppo a sinistra ,
mentre lascia esattamente vedere la epigrafe %I, na-
sconde poi l'altra PT, eh' esser dovea certamente dal-
l'altro lato; siccome si raccoglie da altre monete di
Ruvo , le quali veder si potranno presso lo stesso A-
vellino f Rubast. mini, calai, lav. Il n. 4, 5, 6); e
principalmente dall' ultima , ove le medesime leggen-
de accompagnano i medesimi tipi. Pare che a Ruvo
egualmente vada attribuita qualcuna delle monete ri-
ferite ad Arpi dallo stesso dotto numografo (1) (A-
vellino Lai. veler. numism. t. 1 p. 102) , edalMion-
vel{suppl. t. 1 p. 259).
Noi crediamo che la epigrafe Si PT di queste mo-
netine , del pari che della nostra , sia slata egregia-
mente spiegata dallo slesso Avellino , che vide accen-
narsi ad una concordia da lui ritenuta probabile fra
SUvium e Rubi (Rubast. mini, calai, p. 17 , e 20).
Di fatti non sembra che il SI debba riputarsi un no-
me di magistrato , siccome parve al Sestini. Questa
opinione , che veniva già rifiutala dalla situazione di
quella parte dell'epigrafe, è dimostrata anche meno
probabile dalla nuova monetina del sig. Lauria : giac-
ché esistendo il nome del magistrato sotto la linea dei
piedi dell'Ercole e del leone , non si sarebbe collocato
in un sito diverso un altro nome di magistrato. Un'al-
tra di queste monetine posseduta dall'avvocato signor
Luigi Minervini, e della quale darò in altra occasio-
ne il disegno , offre la importante particolarità che il
SI ritrovasi al di sotto del gruppo, ma non si è di-
stinta la iscrizione dal gruppo medesimo mercè una
linea, per dinotare che trattasi di una indicazione diver-
sa da quella di un magistrato. Del resto il vedere que-
ste altre città dell'Apulia indicate con due sole lettere,
merita di confrontarsi colle lettere IT da noi riportate a
Tla-n in altra monetina , di cui discorremmo qui sopra
p.156. Il nome del magistrato AAKOT non è nuovo
nella numismatica di Ruvo ; giacché occorre in altra ar-
gentea medagliuzza (2) pubblicata dallo stesso Avellino
posteriormente al catalogo delle monete ruvesi (de arg.
anecd. Rubaslinor. mimo, Neapoli MDCCCXXXXIV) ,
ove osserva la frequenza di questo nome nell'Apulia
(pag. 6): su di che dottamente fu scritto dal mio eh.
amico sig. prof. Teodoro Mommsen ( unler. Dialeht.
pag. 72 ). Un' ultima osservazione voglio qui fare ;
ed è che ammessa nelle monetine colla epigrafe Si
PY una federazione fra due appule città, si riconosce
che un diritto maggiore vi abbiano i Silvini, come più
prossimi a Ruvo ed egualmente mediterranei. Ma
non sarebbe poi strano pensare a' Sipontini popoli
di antichissima fondazione , che Strabone attribuisce
a Diomede ( VI p.2Sì) appellandola %tirovi\ e così
parimenti vien delta da Stefano Rizanlino ( s. v. ) , da
Polibio (Just. X , 1 , 8 ) , e da Tolommeo ( III, 1 ).
Che se dee probabilmente tenersi falsa l'attribuzio-
ne già data dal Sestini ad una medaglia di oro, da lui
prima creduta di Siponlo (Gervasio iscriz. sipontina,
nel voi. IV parte II delle memorie della reg. accad.
Ercolanese p. 172, s. ) ; rimarrà questa sola classe di
argentee monetine , che potrà con dubbio riportarsi
all'antica Siponto, ricordando forse la sua alleanza con
Rubi, avvenuta probabilmente intorno all'epoca stessa,
in cui Alessandro di Epiro invase le nostre regioni.
Del resto su questo correre dell'Epirota per le appule
contrade , e sulle sue federazioni ivi stabilite , ven-
gasi lo stesso Avellino nella Epistola più volte citata
di sopra de argenteo anecdoto Rubaslinorum numo.
TARENTUM CALABRIAE.
4. Testa imberbe giovanile con corno ritto sulla
fronte , in giro 4 globetli.
)( Piccola torre con tenie svolazzanti, apparisce un
gìobello. Ar.4 '/»•
b. Simile testa, e 4 globetli.
)( Torre perfettamente conformata, con fastigio, *
con due aperture o finestre nella parte anteriore; in-
torno 5 globelti. Ar. 4 Vi.
(2) La nostra medaglia dà la conferma che il AA in questa mo-
(1) Questa idea venne poi allo stesso Avellino ( de arg. anecd. netina esprima appunto lo stesso Dazo , sebbene pareva dubbioso
Rubastinor. num. p. 0 ). all' Avellino ( (. e. p. 7 ).
— 139 —
a. Testa femminile a. d.
Piccola torretta con fastigio acuminato , con una
sola apertura o finestra nella parte anteriore, e tenie
svolazzanti da un lato: alla sommità del fastigio è
un piccolo augello. Ar.4 '/..
La prima medaglia appartiene al Sig. Lauda , le
altre due al Sig. Sambon.
11 eh. Avellino pubblicò un esemplare di questa
seconda varietà: ma la poca conservazione della me-
daglia fece sì che non fosse esattamente disegnato
il tipo del rovescio (bullel. arch. nap. an. II. tav. II
fig. 1 3 ). Noi abbiamo creduto inutile di ripetere il
tipo del ritto , perchè vedesi esattamente riportato
in quella prima pubblicazione. Il dotto editore ri-
conobbe nel tipo del rovescio una roccia , da cui
sgorga l' acqua , e conghielturù che potesse la mo-
neta attribuirsi a Laus ( bullett. cil. an. I pag. 42 ).
Non ha guari il eh. Riccio ne presentò la descrizione
fiotto Taranto, determinando per bottiglia o lanterna
il tipo del rovescio ( reperì, numism. pag. 59 ). E
per verità questa attribuzione sembra meglio fon-
data ora che può farsene il paragone colla varietà
del n. 4. e della lett. b; giacché a crederla pertinente
a Taranto siamo indotti non solo dalla fabbrica , ma
benanche dalla particolarità de' globetti , che circon-
dano i tipi del ritto e del rovescio , la quale è tanto
comune nelle più piccole monetine di argento nella
numismatica tarantina. E qui mi piace di rettificare
l' atribuzione di alcune altre monetine, le quali
furon credute di Eraclea dal Millingen , da! Raoul-
Rochelte , e da me ( vedi questo bulle t tino an. II
pag. 141 e segg. ). Intendo de'piccoli oboli colla te-
sta di Minerva messa nel mezzo dell' egida , che oc-
cupa tutto il campo ( tav. IX fig. lo, 16, 17 del
citato anno del bullellino ); i quali si mostrano , pel
tipo del ritto, somigliantissimi al bellissimo didram-
mo di Eraclea coli' Ercole sedente collo scifo , al
rovescio. Intanto il sistema de' globetti , che circon-
dano ambi i tipi di quegli oboli , ovvio nella nu-
mismatica tarantina affatto sconosciuto in quella di
Eraclea, poteva persuadere a restituirli a Taranto,
da cui certamente furon tratte le effigie sì di Mi-
nerva che di Alcide. Questa osservazione trovasi
egregiamente confermala dal folto; giacché presso
il eh. Sig. Principe di S. Giorgio abbiamo recente-
mente veduto uno di questi rari oboletli determi-
nato per tarantino dalla chiarissima epigrafe TA ,
la quale dilegua ogni dubbiezza. Tornando alle mo-
netine che ora pubblichiamo, avvertiamo che quella
riportala sotto il n.° 4 ci offre nel ritto la immagine
di un fiume con piccolo corno sporgente dalla fron-
te, non altrimenti che quella del Sebeto nelle napo-
letane medaglie ( bull. arch. napol. an. I tav. Ili
fig. 1 , 2 ) , ed altre non poche in altri monumenti
numismatici , destinate ad indicar le città presso le
quali scorrevano. Sarà dunque da ravvisare nella
nostra monetina il fiume Taras omonimo alla vi-
cina città, che s'identifica coli' eroe fondatore della
stessa ( Dionys. Halic. fragni, pag. 502 ed Maii:
Pausan. X, 10, 8: Steph. Byzant. v. Txyxs; Strab.
geogr. I. VI pag. 279: Eustath. ad Dionys. perieg.
v. 3T6: Servius ad Aen. Ili, 531 : Probus ad Georg.
II, 197: cf. Corda Storia p. 347,. E forse lo stesso
fiume volle soveate indicarsi col tipo tanto frequente
del giovinetto che cavalca un delfino, che già sin dai
tempi di Aristotele spiegavasi appunto per Taras fi-
glio di Nettuno (ap. Polluc. onom. lib. IX e. 6 §80.
cf. Eckhel numi veler. p. 33, e doclr. t. 1 p. 146 :
giacché a noi sembra che la paternità di Nettuno ,
ed il cavalcare il delfino ben si conviene ad un fiume,
che tanto stretta relazione ha colle acque marine ,
nelle quali va finalmente a sboccare (1).
Nel tipo del rovescio panni di ravvisare una torre,
o che si voglia credere una delle forti6cazioni dellit-
torale Tarantino, ovvero un faro per sicurezza di quel
famoso porto 'Strab. VI p.278; Appian. Annib. VII,
34; Polvb. VIII, 31). I nostri scrittori ricordano le
numerose torri del porlo di Taranto, una delle quali
tenea scolpita l' immagine del gallo ( Inverberalo ap.
Carducci, note alle delkiae tarentinae del d'Aquino
p. 47). Potrebbe per avventura aver rapporto ad una
tale determinazione il piccolo augello appena visibile
nell'alta cima della torre ( let.a/? E volendo mettere
(1) Veggasi pertanto la bella discussione del Raoul-Rochcite sulla
numismatica tarantina (mém. de numitm. et d' anliqu- p. 167.
1G0 —
in relazione i due tipi del ritto e del rovescio , sa-
rebbe facile il comprendere che sboccando il fiume
Taras nel mare piccolo di Taranto , trovarsi doveva
egualmente in vicinanza delle fortificazioni e del faro;
non altrimenti che del fiume Galeso narra Virgilio,
ricordando ancor egli le prossime torri di Taranto:
Namque sub Oebaìiae memini me lurribus allis ,
Qua niger humeclat flavenlia culla Galaesus etc.
Georg.IV, 123, s.
Sicché se da un lato i due tipi di queste eleganti
monetine accennano al celebre fiume di Taranto, ed
alle sue note costruzioni ; dall'altro ben si comprende
altresì la convenienza della loro riunione sulla mo-
neta medesima. In quanto alle aperture o finestre
delle torri figurate sulle nostre monete , basta leggere
ciò che dice il Marchese Marini di simili feritoje nelle
fortificazioni delle città (ad Vilruv..4rc/u<. lib.I,cap.V,
tom. I p.46 ). Riescono di difficile intelligenza, in rap-
porto ad una torre ovvero ad un faro , quelle tenie
svolazzanti da un lato in alcune delle monete da noi
pubblicale. Potremmo giudicarle una specie di ban-
diera collocata al di sopra delle torri , per segnale
( (TJjxswt ) : ma non ci è riuscito ritrovare ricordati si-
mili vessilli collocati nell'alto delle fortiGcazioni; seb-
bene sembri cosa conveniente alla militare destina-
zione di tali costruzioni.
Una sola parola aggiungiamo sulla testa femmi-
nile , che vedesi nel ritto della moneta edita da Avel-
lino , ed in altri esemplari da me osservati. Parmi
che debba riconoscersi in essa la Ninfa Satura madre
di Taras, eroe fondatore della città; la quale è messa
ad indicare la località , non altrimenti che la proto-
me del figlio nelle altre monetine: ed appartiene a
quella classe di tipi che ci presentano la Ninfa fo-
rale, tanto frequente nell'antica numismatica, e sul-
la quale si vegga pure il Raoul-Rochette ( mém. de
numism. et d'antiquate p. 173. e segg. )
IN'CERTA CALABMAE VEL LCCANIAE
5. Testa imberbe goleata ad.: la galea è coronala
di alloro.
)( Ercole poggiando al suolo, afferra colla s. il leo-
ne , mentre tiene colla d. la clava. La lesta delV eroe
pare munita di parlicolar covcrlura. Ar. 5.
Abbiamo pubblicata questa monetina del sig. Sam-
bon unicamente per lo stile particolare, che si risente
della maniera rozza ed arcaica. Pare vada attribuita
piuttosto ad Eraclea; ma nulla può diffinirsi con si-
curezza , essendo un tipo comune a moltissime città.
Solo , in quanto alla fabbrica , crediamo possa re-
stringersene 1' attribuzione a qualche città dell'antica
Calabria , o della Lucania.
POS1DONIA LCCANIAE.
6. Nettuno con clamide sulle braccia , che vibra il
tridente a d., dietro POME, innanzi M^5n.
)( Lo stesso tipo : dietro *3MOH , innanzi MXV\.
Ar. 9.
Presso il sig. Sambon.
Bella è questa moneta per la sua conservazione , e
pel modulo , che sembra alquanto più piccolo di
quello delle altre simili medaglie finora conosciute
( Mionnet suppl. I , p. 306 ; Raoul-Rochette calai.
Gosselin p. 16, 17: cf. Micali V Italia av. il dom.
de' Romani tav. LIX n. 2,3). Intanto notiamo di
passaggio che la epigrafe r/lts accenna al fiume r'ls
rammentato da Licofrone (Cass.v.724), che scorreva
presso Posidonia ; giusta la osservazione dell'Avelli-
no ( bullctl. archeol. nap. an. I p. 24 ) , nella quale
però era stato prevenuto dal Barthélemy (mém. dei
inscr. et belles leltr. tom. XLVII p. 179-180 ): sic-
come facemmo già rilevare in altra occasione (v. que-
sta nuova serie del bulkltino an. 1 p. 47 ).
MiNERVINI.
Continua
Giclio Mi.nervim — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataiìeo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 71. (21. dell'anno III.)
Maggio 1855.
Annotazioni del eh. ab. D. Celestino Cavedani ali anno II di questo Bullellino. — Bibliografia.
Annotazioni del eh. ab. D. Celestino Cavedoni
all' anno II di questo Ballettino.
Scultura. I fregi del fulmine , della testa del leo-
ne , dei due alati mostri con testa di pantera cornu-
ta , ed altri che ornano la bella statua di M. Olconio
Rufo (p. 11, 12) , hanno il loro riscontro in quelli
della lorica lintea di un grandioso monumento se-
polcrale di Modena {Annali arch. T. XVIII p. 120,
fef), ed in parecchie altre statue di militari Romani
j Canina , Deser. del Tascolo tav. 29 al. ). Non vor-
rei parere ardito di troppo col proporre la congettu-
ra, che la diversità dello stile osservabilissima fra la
testa , ed il rimanente della statua, ripeter si debba
dall uso che vi fosse di far venire di Grecia statue
simili , di lavoro finito , eccetto che nella testa , la
quale si lasciasse sbozzata , affinchè le si potessero
poi dare le vere forme ed i lineamenti della persona
Onorata ( cf. Cavedoni , Marmi Mod. p. 119).
La particolarità delle redini , che recingono la per-
sona sì di Pelope come di Euomao nel bassorilievo
cumano (p. 42), confronta con l'usanza degli aun-
ghi delle corse circensi ( Visconti Mus. Pio Clem.
t. Ili tav. 51. t. V tav. 58-43) , e ricorre anche in
alcune delle figure degli arcaici bassirilievi voìsci ( In-
ghirami, mon. etr. Ser. VI tav. 11,4). La figura
seminuda adagiata al suolo e col braccio s. appoggia-
to ad un rialto petroso, pare che rappresenti l'Elide,
che dividevasi in xoiXtjv xa.} ópivrp ( Strabo Vili p.
336 ); tanto più che la sua chioma parfeminile. Del
resto , Pelope , al suo primo arrivo in Elide , sem-
bra volgersi meravigliato e inorridito a riguardare i
cranii de' precedenti proci d' Ippodamia affissi sopra
esso 1" ingresso della reggia d' Enomao.
axxo in.
La quadriga di fronte rappresentata nella piccola
ara Agrigentina ( p. 103 ) ricorda VAeragas magna-
nimum quondam gcnerator equorum di Virgilio (Aen.
Ili, 704).
Col gruppo fittile rappresentante una donna avvolta
nel suo manto e seduta sopra un gallo , che se la por-
ta, può confrontarsi un balsamario fittile di Pantica-
peo con putto tutto avvolto nel suo pallio e sedente
sopra un capro, che lo porta forse verso gli Elisi
(Acad. dei laser. T. XIII p. 591, pi. Vili, 2. cf.
Gerhard, Denckmaeler 1851 taf. A'XAT).
Pitture di Pompei. La fiaccola rovesciata, che ve-
desi presso la piccola ara quadrata ardente , nel di-
pinto rappresentante Oreste e Pilade in Tauride ( p.
70), pare quella che ha servito ad accendere l'ara me-
desima ( cf. Annali arch. t. XXIII, p. 245 n. 15 J.
Il trofeo d' armi con bipenne e con uno scudo insi-
gnito dell'emblema di uno scorpione (p. 146), forse
ricordava le glorie di un cittadino di Pompei che mi-
litalo avesse contro i Reti e nella Comtnagene ( v.
Annali arch. tom. XXIII p. 221: Borghesi Dee. XV
oss. 2 ).
Pitture vascularie. Il bellissimo toro macchiato di
bianco e di flavo colore, che sta per rapire Europa
(p. 58), ha il suo riscontro nelle pitture delle tom-
be dell' antico Egitto rappresentanti parimenti tori e
bovi macchiati a colori diversi ( Roselliui Monum.
civ. tav. 21, 52 ).
Il simbolo che comparisce varie volte presso Mer-
curio ne' vasi dipinti (p. 97-98), pare indicare un'ara,
in riguardo a Mercurio stesso considerato per autore
de' riti religiosi ( cf. Eckhel t. VII p.60); tanto più
che in altri dipinti simili ( p. 113) al nume vedesi
apposto un bucranio.
21
162 —
Ai riscontri addolli dal eh. Minervini per dover ri-
conoscere un lpw$tòv nell'augello posto di mezzo a
Venere ed a Pauuichide , nel vaso de' signori Sanlan-
gelo (p. 127), ne giovi aggiungerne alcuni altri, pe'
quali la sua congettura si risolve in certezza. Leggesi
in Omero ( //. K. v. 274-276 ) come ad Ulisse ed a
Diomede, che di notte tempo s'incamminavano verso
il campo Troiano, per esplorarlo, Pallade mandò un
augurio fausto e felice.
to7<ji $■ Siiióv f,xiv tpuàiìv lyyvi Idoìo
HaXkxs A9r;vx»V toI S' oòx fòov ó0x\ixo~<Ti
vuxrx Sj'opyva/r,v , àXX* x\xy~.xvTOS xxovcxy.
Eustazio a questo luogo avverte , che wxròs xyp-vu
6 spwSios; e lo scoliaste Veneto del Villoison parimen-
te osserva , che l' erodio vy&gpa ri xx\ wxrì xp^rcu,
hipyi$un. Ambedue i commentatori distinguono Y ero-
dio in varie specie, una delle quali chiamasi Ipwoiós x-
ppoài'cns, che troppo bene si sta presso la seggiola di
A<l>POAITH. Del resto, sendo esso fornito di un ciuf-
felto assai lungo di penne ricadenti dal vertice della
testa in sulla cervice , pare senza meno della specie
Plalalea mestolone del Ranzani ( Ornilol. Parte Vili
p. 502 ), o sia Plalalea leucorodia del Linneo.
L'esattore de' tributi, sedente alla sua mensa Del-
l' insigne vaso dipinto di Canosa (p. 129-130, 132,
170 ), vuoisi confrontare con un trapezita osia ban-
chiere rappresentato in un contoruiato di Nerone
( Morelli, Neronis lab. VII, 11: Eckhel t. VIIIp.307).
Che il grande sacco ripieno e legato alla bocca rap-
presenti il Irihuto del frumento , come parve al eh.
Minervini, confermasi pel riscontro delle monete de-
gli Arsacidi col tipo di una donna, che riverente of-
fre al re sedente per lo più una corona od una pal-
ma , e talora due spighe di frumento ( Eckhel t. IH
p. 530, 545). In questi tipi la corona e la palma vo-
glionsi riputare d' oro, e rappresentanti così vieppiù
nobilmente l'annua offerta o tributo solito farsi dalle
Provincie in denaro, che mantenevasi nella Siria an-
che sotto il dominio de'Seleucidi, leggendosi nel li-
bro primo de' Maccabei (cap. XIII, 37): ròv <sri§v.-
>gv tòx xprffot'f *» TV fiùv/]//, r\v %irt<rru\%T- , xs—
XOfUCHiSot.. L' ornamento poi della corona turrita ,
dato all' ASIA nel vaso di Dario, è tutto suo proprio,
e conforme a quelle parole di Euripide ( Bacch. vs. 19)
intorno all' Asia marittima abitata tuli' insieme da
Greci e da barbari , ed tx°L"r% xxWnrupycurous iró-
Nell'altro insigne vaso di Canosa rappresentante
Andromeda liberata da Perseo (p. 171 ) la graziosa
particolarità della terza Nereide avente uno de' suoi
piedi coverto da bianco calzare , e l' altro ignudo ,
sembra riferirsi all' aggiunto di xpyvpóirì%% dato a
Tetide ( //. A. 538 ), lasciando peraltro indecise le
varie opinioni de' grammatici intorno al significato di
quella voce.
Pitture Sannìiìche sepolcrali di Capita (p. 177-
184). L'arnese incerto, che sospeso ad una asticciuo-
la portasi un giovine con la sinistra dietro la spalla
corrispondente , pare senza meno una valigia o sia
sacco da viaggio , sendo assai simile a quello che
porla Teucro rappresentato nel momento di dipartirsi
dal padre suo Telamone insieme con Aiace ( Raoul-
Rochelte, mon. inéd. pi. LXXl, p. 311 ). Quel far-
dello vien dello calatóia <xxyr\ da Eschilo ( Coèph. vs.
670 ) ; onde pare che fosse fatto a guisa di rete , ca-
yryi) , come anche nel dipinto sepolcrale di Capua.
In parecchie urne cinerarie Elrusche vedesi figurata
l'ombra del defunto in viaggio per l'altro mondo, ac-
compagnata da un servo che le porta dietro la sua
valigia (Inghirami mon. elr.ser. I tao. 31, al. );e nel
sepolcro sannitico di Capua quel giovane sarà pari-
mente rappresentato in atto d'incamminarsi all'altro
mondo , portandosi seco il suo sacco da viaggio , ov-
vero quello del suo padrone.
Neil' altro dipinto sannitico la particolarità della ga-
lea gialla fornita di due gialle corna frammezzate da
un bianco pennacchio (p. 180) trova il suo riscontro in
un clipeo reto-etrusco , ov'è figurala una simile ga-
lea proposta per premio del pugilato ( v. Bull. arch.
1846 p. 18: Giovanelli , antich. rezio-etrusche tan.
IV). Simile a questi credo che sia anche l' elmo con
cresta falcata riscontrato dal eh. Borghesi in un vit-
toriato antico (Dee. XVII, oss. I, n. 33). Anche le
due alette, che sono a'due lati della galea del perso-
naggio Sannita, hanno il loro riscontro in una statuet-
ta di bronzo , scopertasi di recente Dell' agro nostro
- 1G3 —
reggiano , rappresentante .Marte (I) con galea forni-
ta nel sommo d'ampia criniera , e dai lati di due alet-
te simili a quelle della galea della lesta feminile del-
le prische monete d'argento di Roma ; di che confer-
masi l'avviso di chi ravvisa in queste la testa di Ro-
ma figlia di .Marte , anzi che quella di Pallade.
Che la figura tutta avvolta in un manto , che le ri-
copre anche la hocca e l'estremità altresì del naso (p.
188), rappresenti un'omhra di persona defunta (2),
confermasi pel riscontro di simili figure parimente av-
volte tutte in un manto , che ricorrono in cinerarii
Etruschi in alto d'avviarsi all'altro mondo portale da
un cavallo, o da mostri marini (Inghirami, mon. elr.
ser. I lav. 6, 7).
La danzatrice , che move i passi al suono di una
tihicine , e suona anch' essa con ciascuna mano i cro-
tali ricorre anche in una scultura funebre di Chiusi
(Mieali, mon. ined. tav. XXIV). Vedesi di sovente
anche in rappresentazioni di lieti convivii, ove fa bel
riscontro alle parole di Properzio (/. IV el. S, 59 J :
Niloles libìcen erat, crolalislria Phyllis. L'ornamento
del capo della danzatrice crolalislria del sepolcro ca-
puano , al quale il eh. editore non diede nome deter-
minalo (p. 184), pare senza meno quello così de-
scritto da Esichio ( s. v. ) : %x>.U, ir\<zy{iL% xa.\oÙàu>
cjmsiov, o \ir) tt.S x-y'A.7.rp tyopiòuffiv ai AaCxourou' o»
Sì Jk>X/oc. Pare che fosse proprio sì delie hierodulac e
sì delle danzatrici ; e fu bene illustrato dai chh. Wel-
cker ( Annali ardi. T. V p. 451-454) e Millingen
( Sylloge p. 51, pi. Il, 13 ), che ne diede un'insigne
medaglia di Abdera con simile danzatrice nel nverso.
In una sardonica scopertasi a Fiesole nel 1718, in for-
ma di parallelepipedo ottagono e traforato pel lun-
go , veggonsi quattro baccanti danzatrici con la ffxX/a
in capo, che il Gori (mus. etr. tab. 199, toni. II p.
435) male disse aventi il capo crebriscornibus radia-
twn. Altre simili danzatrici portanti la ff*XA in capo
(1) Sa ognuno come i Sanniti ebbero origine dal ver sacrum
della gioventù sabina, sacrala a Marie, e guidata verso la regione
degli 0|iici da un loro inviato loro da Marte medesimo ( Sirabo l.
V. p. 230 ).
(2) L' ombra del defunto credevasi che andasse agi' inferi pas-
sando per antri ventosi ( Plin. 11 , 44 , cf. Aen. fi , 262 j , in
loca pallidula, rigida, nudala (Spart. in Hadr. Ti).
ricorrono in vaso rosso, probabilmente Aretino, ve-
nuto a luce dal suolo di Capua ( Riccio, scar. di Ca-
pila, lav. V) (3). Del resto troppo digiuno si rimane
l' articolo della voce %a\fct nel tesoro della lingua
Greca che si stampa ora dal Didot a Parigi.
Numismatica. Coll'epigrafe PALACIXV delle mo-
nete attribuite a Palatimi (p. 13-16) vuoisi confron-
tare V Interamnae PALETINO Piceni degli scriltori
gromatici ( p. 226. Lachmann).
II denario con la testa di Venere nel ritto e col
semplice EX S. C. apposto ad un cornucopia viltato
che io supposi impresso in Roma (p. 43), per ragion
della corona di mirto , e per la fabbrica sua rozza ,
mi parve poscia impresso nella Betica(t\ questo Bull.
ann. III. p. 91).
La moneta appula con la scriltura intera rPASA
(p. 123-124) ne dà un nome di città analogo a
quello di CREXA , isola della non lontana Liburnia,
o sia degl' Iapydes ( Plin. ///, 25, 2, ), che il d' An-
ville rimutò , forse non bene , in Crepsa.
La particolarità della testa di Pallade posta sopra
l' egida sua distesa , in una maniera , che , a parere
del dotto Raoul-Rochetle , è senza esempio in tutta
la numismatica greca (p. 140), presenta pure uni
tal quale analogia colle imagines clipeatae , co' volti
cioè delineati nel mezzo di uno scudo rotondo , che
ricordava il valore del personaggio ( cf. annali arch.
T. XXIII p. 226 ). Ai riscontri delle monete di al-
cune ciltà del Ponto con l'egida distesa avente nel
mezzo il volto di Medusa , addotti dal eh. R. R. ( p.
142), vuoisi aggiungere quello del tipo idenlieodiuno
dei diversi denarii di Manio Cordio Rufo , triunviro
monetale di Pompeo Magno in quelle regioni nell'an-
no di Roma 703 ( Cavedoni Ragguaglio de ripost. p.
70,217).
Propongo dubbioso la congettura , che il fiume
^■miSos ( p. 1 73) fosse così nominato dalle cyprixi,
vfprewu , che abbondassero alle sue foci , trovando-
fa) Il eh. Riccio ( op. cit. p 15) non avverti, ch'io poscia mi
arresi agli argomenti addotti dal eh. Fabroni per credere prove-
nienti dalle officine di Arezzo i bei vasi rossi venuti a luce dall' a-
grò modenese, e di parecchie altre lontane contrade (Bull- archeol.
1841 p. 142 — 144;.
— 164 -
si nomate %v\<xuot,, t/rprla. varie località (v. ihesaur.
ling. gr. t. VII p. 194-193 Didot. cf. Strabo V p-
284: ^rptiovì ì-irl rwv Grpuwi).
Epigrafia. Nella insigne iscrizione di Augusto, ma
miseramente lacera (p. 1-4) non pare comportabile
il supplirmelo D. F invece di DIVI- F. , ed il titolo P- P
meglio si starebbe posto infine della seconda riga ( v.
questo bull. ann. HI. p. 34).
I Ministri Augusti, Mercurii, Maiae (p. 4) pren-
dono luce anche da quelle parole di Orazio ( / od. 2,
43): almae filius Maiae, dette di Angusto. La corona
di quercia posta fra due lauri, che orna una delle quat-
tro facce dell'ara dell' augusleum di Pompei ( p. 5),
vuoisi confrontare anche con un aureo di Augusto
impresso nel 736 dal triunviro monetale L. Caninio
Gallo , nel cui riverso vedesi figurata la porta della
casa di Augusto con la corona di quercia al disopra
e con un arbore di lauro da ciascun lato ( Morelli,
Caninia n. 4. cf. Borghesi, decad. XIII, oss. 5 ). Lo
stesso tipo ricorre anche in una monetina greca di
bronzo attribuita ad Alessandria dal Mionnet (Descr.
t. VI p. 49 n. 35), ma che potrebbe anche reputar-
si impressa nella Giudea.
L' appellazione , che prese Pompei di COLO/u'a
VENcna COR/ie/ia ( p. 17), può forse in parte ri-
petersi dall' agnome diP. Cornelio Siila, che, a detto
di Appiano [beli. civ. 97 , 105) si gloriava del nome
'EirxZpo'òlTov , Fausti, datogli per senatoconsullo ( cf.
Eckhelt. V. p. 193-194). L'avviso del eh. Garruc-
ci , che il tempio della Venere di Pompei situato fos-
se a capo del forum , nel luogo più elevato (p. 17),
confermasi pel riscontro dell' Uriosque aperlos di Ca-
tullo {carm. XXXVI, 12).
La scrittura COPO per CAVPO ( p.26 ) dovea es-
sere molto diffusa e comune , poiché ricorre anche
in un bel marmo modenese (p. 234, 236 ), e pare
fosse usata anche da Cicerone (prò Cluent. 59). L'ab-
breviatura dell' altro programma pompeiano ( p. 27
n. 8) SCR forse supplir polrebbcsi anche SCRibae
( roganl).
Nelle insigni iscrizioni delle mura di Ferentiuo i
nomi de' due censori A. Irzio e M. Lollio veggonsi
alternati ( p. 36 ) per ragione di parità (cf. Borghesi,
decade III. oss. 6 ). Il Lollio Palicano poi , del qua-
le si conoscono varie monete d' argento , non fu già
questore nel 692, come suppone il eh. Garrucci (p.
39 ), attenendosi forse all' Avercampio, ma sibbene
triunviro monetale intorno agli anni 708, 709 (v.
Cavedoni , monete della Ciren. p. 67-68 : ragguaglio
de ripost. p. 224).
Il MACELLVM dell'iscrizione di Eclano (p. 40)
pare non fosse una semplice piazza di comestibili ,
come scrive il eh. Garrucci , ma che vi fosse annes-
so un edificio forse simile a quello che vedesi nelle
monete di Nerone con la epigrafe MXCellum AVGu-
sii ( v. Eckhel t. VI p. 273 ).
Giuba Gemella, che PEPER1T- XVIII. (p. 46)
non fa tanta meraviglia , quanto l' Eutychis a XXli-
beris rogo inlala Trallibus, la cui effigie meritò aver
luogo fra le donne meravigliose che ornavano il tea-
tro di Pompeo Magno ( Plin. VII, 3, 2).
Il nome VESV1VS (p. 50) sembra contratto da
Vesuvius, e derivato da quello del celebre vicino mon-
te ( cf. Forcellini v. Vesvius, Vesbius).
Nella insigne iscrizione di Fausta moglie di Costan-
tino Magno, e madre di tre Cesari, forse meglio sup-
plir potrebbesi genEiRhl, anzi che procrEajRIcI, che
torna voce di troppo ricercata in un'epigrafe pubblica.
Le sigle C* D- spiegate per Consensu Decurionum
dal eh. Garrucci (p. 56) , siccome l'altre D- C* fu-
rono da me interpetrate Decurionum Consensu (Bull.
Nap. dell'Avellino an. V. p. 60) , e dal eh. Mom-
msen (/. R. iV.p. 484) per Decurionum Consulto ,
a parere del dotto Furlanetto (ant. lap. patav. p.
XXII, XXIII) debbonsi anzi spiegare Centumvirum
Decreto, Decreto Centumvirum: e cosi par meglio, an-
che in riguardo all'altre sigle D- C. D, D- C- S non
bene interpretate dal Mommsen medesimo, e che beo
si spiegano col Furlanetto De Centumvirum Decreto,
De Centumvirum Sententia.
La scrittura DELPIS per delphis nella lapide arcai-
ca di Lecinaro (p. 56) bene sta , siccome l'analoga
PILIPVS in denarii impressi da Q. Marcio Philippus
intorno all' anno di Roma 625.
Neil' iscrizione onoraria di C. Paccio Felice la
scrittura HONORIB- ET- HONERIBVSVE forse sta
— 165
per ET ONERIBVSQVE , con l' accoppiamento non
infrequente delle due copulative ET e QVE , sicco-
me ET SVTSQVE in una lapide modenese (Caved.
marmi mode», p. 253, 255).
Il cognome PSYCIIARI della liberta Babidia (p.
96 ) forse è per se integro , oppure può supplirsi
per PSYCHARFn o PSYCHARIs , sapendosi come
anche nella grecità decadente si disse ^TXAPIN in-
vece di ¥TXAPN>N ( cf. C. I. Gr. n. 506 , 704:
Welcker, syll. epigram. n. 13). Così in un epitafio
di Taranto leggesi FILEMATIN, non bene rimutato
da altri ( 1. R. N- n. 582 ) in FILEMATIoN.
Nell'epitaGo de'duc coniugi Ianuarii (p.101) pare
che a sinistra manchi più di quello che suppone il eh.
editore , sì che nelle due ultime righe legger si pos-
sa : — tuo , cum twiERIT SVMMA DIES ET inelu-
ctabile fEMPVS.
Il caso retto del dativo EVTTCHINI (p. 103)de-
v' essere Eutychis, siccome è Floriana di Floriancni
fvedi appresso p. 163 an. II).
Nel gentilizio CEPIO pare che non manchi il dit-
tongo , quasi fosse per Caepio (p. 112), ma forse
manca il raddoppiamento del P , avendosi tre Quin-
ti CEPPII in un'iscrizione di Pesto (I. R. N. n 92
98: cf. Carellii tab.p. 72 ed Lips.). Questo nome con
la semplice P ricorre in un'epitafio di Pozzuoli (vedi
questo bull. an. III.p. 59 ». 10 ).
Nell'altra iscrizione Puteolana ( p. 151 , n. 32),
che incomincia colle parole poetiche Fata suum pe-
tiere diem , si avrebbe il compimento dell' esametro
leggendo in seguilo, qui reddidil hic est-situs : e forse
così scrisse l' antico epigrafista , e lo scarpellino po-
se invece hic situs est , secondo l' andamento consue-
to di queste voci negli epitafii prosaici. Del resto, al
verbo reddidil può sottintendersi anche la voce de-
litum commune omnibus (Boldetli, cimit. p. 275: cf.
Ordii n. 3453, 4482).
Il veterano L. Antestio Celere col porre l'epitaGo
alla moglie e a se ET SVPERIS SVIS forse intese
dire , che lo fece anche per gli altri suoi parenti su-
perstiti, detti superi in riguardo alla moglie medesi-
ma già defunta.
L. Giulio Asclepiade BIX. PR ( p. 152 , n. 35 )
orse fu YlXillarius, cioè vexillarius fRaetonanorum
(cf. Kellermann vigil. n. 233, 6).
Le tre lettere greche €, C ed U) avvertite dal eh.
Garrucci ( p. 83 ) in due alfabeti scritti ab antico nel-
la calce ancor molle di una parete di Pompei, hanno
il loro riscontro nelle note numeriche e nelle lettere
greche di cotal forma , che servirono a distinguere i
conii e le varie officine monetarie di Roma a mezzo
il secolo VII ed in appresso ( v. Cavedoni , raggua-
glio de ripost. p. 170).
Il nome ITX%ro:as, che ricorre in parecchie iscri-
zioni Messapiche ( p.45), pare senza meno d'origine
illirica, poiché n>.xVa/p nomavasi il duce degl'Illirii
mandati da re Filippo in aiuto de'Polirrenii ( Polyb.
IV, 55). Plalor chiamavasi anche un fratello diGen-
tio re dell'Illirio, e similmente altro illirio, che diedo
Oreo in man de' Romani ( Livius, XXVIII, 6. XLIV,
30) (1).
Mi sia permesso avventurare una congettura an-
che riguardo alla voce osca Cumbenniis , che al eh.
Garrucci parve nome di una particolare tribù Pom-
peiana (p. 7 an. II). 11 eh. Minervini poscia (an. Ili
p.38) coll'Avellinoe con altri sostenne, che le voci
combennieis tanginud render si debbano conventus de-
creto ; e parmi che con tutta ragione. Solo mi sem-
bra, che invece di conventus sostituir si potesse la vo-
ce consessus, considerando la voce osca combenniis
come derivata dalla voce benna, che dicesi gallica ,
ma che potè essere tult' insieme osca, se anche i La-
tini usarono la voce combennones in significato di ca-
dérti benna sedenles (Festus s.v. Benna p. 52 Mùller ).
Cicerone chiama consessum ordinis, e conscssores i giu-
dici. Ma io fui troppo ardito ; e confesso di non co-
noscermi a bastante delle ragioni della lingua osca.
Da ultimo mi giovi avvertire, che la Croce effi-
giata sopra la lucerna fittile cristiana del nuovo am-
bulacro del cimitero detto di santa Caterina presso
Chiusi (p. 16 1,1 62) non ha la forma j-, ma sibbe-
ne questa altra J^ , e che è posta alquanto obliqua,
(1) Da questo e da altri riscontri confermasi il detto dagli an-
tichi (Tlin. Mst. nat. 07 , 16, 3 : Festus p. 69 Mailer: Varrò
ap. Probum ad Yirg. ed. VI, 5\ ) intorno alle origini illiriche
de'Daunii , de' Pediculi e de' Messapii ( cf. Moramsen , unUril.
Dial. p. 92 ;.
— 166
o col braccio suo inferiore in parte coperto dalla te-
sta della colomba volante, sì che potrebbe anche re-
putarsi X greco iniziale del nome Xpiaràs.
Un' altra importante scoperta si fece poscia nell'al-
tro antico cimitero cristiano di Chiusi , partecipata-
mi gentilmente dal eh. mons. Antonio Mazzetti, che
addì 31 Marzo del corrente anno 1855 mi scrivea
quanto segue. « Mi faccio pregio d'inviarle copia di
una lapide di marmo scritta , che abbiamo ritrovata
nelle catacombe di santa Mustiola. Sebbene sia essa
in parte mancante, giacché si trovò rotta in più pez-
zi , pure dev'essere interessante e pei due consoli che
vi sono nominali , e per essere (se io non erro) di
un Vescovo; ed è questa, come sta nell'originale (1).
.... IO- DEXTRO
AT-
EPiSCOPPQVI VIXIT
lralci0 ANNISLXVIPATRI KAR ucceli0
di viie ISSIMOLPETRONII.QVI
NQVEF1LII POSVERVNT.DP
V A V
M.IDSDECPROVINOET(mon.)ILIANO
COSS
Da questa lapide così ricorretta in più luoghi ab
antico (siccome anche l'altra del giovinetto Stefano
del cimitero medesimo di santa Mustiola ) impariamo
come nell' anno 322, nel quale furono consoli Pe-
tronio Probiano e Anicio Giuliano , addì 1 1 di De-
cembre , fu deposto in quel cimitero il corpo di L.
Petronio Deslrovescovo di Chiusi, che visse anni LXVI,
per cura de' cinque suoi figliuoli superstiti, che tutti
ritennero il nome e prenome del caro lor padre , e
che avranno avuto ciascuno il proprio loro cogno-
me che li distinguesse. Notevole si è il vedere come
in questo ed in parecchi altri epitafii cristiani dei due
cimiteri chiusini a lungo si mantenne l'uso della pie-
na nomenclatura. Del resto quel buon Vescovo di
Chiusi , L. Petronio Destro , dovett'essere, quale lo
volea l'Apostolo f I ad Timoth. IH, 4-4 ) filios ha-
bens subditos cum omni canniate ( gr. ffeixvórriro?) ed
unnu uxoris vir; la quale , non trovandosi nomina-
(t) Non abbiamo potuto riprodurre colla slampa l' indizio di ta-
bella tccuriclata, che vedesi a' due iati della epigrafe. L'Editore.
ta nell'epitafio, sarà ad esso lui premorta. Anzi egli
sarà stato eletto vescovo dopo la morte di lei ; o se
lei vivente, avranno di pari consenso serbata perfetta
continenza. Certo eh' egli in vita sua non ebbe che
quell' unica moglie , dalla quale gli nacquero i cin-
que suoi figliuoli, che gli posero amorevoli l'epita-
fio. Il tralcio di vite, che vedesi rozzamente delinea-
to dal lato sinistro, e la colomba posata sopra l'estre-
mità destra della tabella securiclala, appena sbozzata ,
sono due simboli cristiani ben cogniti e convenienti
( v. Boldetti , cimit. p. 24 , 27 ).
Nello slesso cimitero Chiusino di S. Mustiola si
rinvenne un epitafio posto SVLPICIO FELICISSIMI
IACONI, che io sospettai doversi supplire dIACONI
fragg. di due dm. di Chiusi p. 21 n. Vili) ; ed il
eh. cavaliere de Rossi poscia mi avvertì .chela voce
IACONI bene sta per Diaconi in quell' epitafio chiu-
sino , siccome anche nel seguente scopertosi nel ci-
mitero romano di S. Alessandro nell' Ottobre' dello
scorso anno 1854.
IOBINVS B1XIT ANNOS XXXVMII
ET D XIV IACONVS FVIT ANNOS V M II
DEPOSITVS POST TERTIV IDVS
FEB VXOR FECIT BENEMERENTI
CVMQVEM FECIT ANNOS XH1IMII-
Egli mi avverte inoltre , che il suddetto Sulpicio
Felicissimo diacono chiusino trovasi ricordato anche
in un' iscrizione di Perugia ( Vermiglioli , iscr.perug.
parte II p. 59/, n. 22) la quale v'ha tutta la proba-
bilità per credere che provenga dal cimitero di santa
Mustiola del pari che quella di Ulpia Faustina ver-
gine neofita di Chiusi ( Vermiglioli , op. cit. n. 23 ).
C. Cavedoni.
Vesta nella pittura de> dodici dei in Pompei.
11 eh. sig. cav.Eduardo Gerhard facendo una breve
discussione sulla pittura de' dodici dei in Pompei ,
venne a conchiudere che la prima figura a sinistra
dovea riputarsi Vesta, e m'interrogò a qual classe di
animale credersi potesse appartenere il quadrupede
che l' è vicino. Io traendo profitto dalle osservazioni
proprie, e da quelle del diligentissimo artista sig.Rus-
— 1C7^
so , non lardai ad accorgermi che quella bestia ripu-
tar si poteva un asiuo ; dal che il eh. Gerhard trasse
argomento a conferma di quella sua dotta spiegazio-
ne (annali dell'ist. 1850 pag. 211, segg.). Ora il sig.
F. Lanci, tornando su quell'argomento , annunzia di
aver riveduta la pittura, e di aver con evidenza rilevato
essere un cavriuolo (bullett.deW kt. 1854 p. XI.). Su
di che vuoisi osservare che 1' esame accuratissimo da
me fatto co' proprii occhi mi convinse dell' opposto ,
cioè eh' esser non poteva un capriuolo : e ciò credo
opportuno di dichiarare, perchè non resti l' equivoco
accennato dal sig. Lanci, che io me ne riportai alla
Tista di altri. A ciò deesi aggiuguere che la pittura
esposta continuamente alle intemperie ed al sole va
di giorno in giorno perdendosi : sicché sembra ma-
raviglioso che al sig. Lanci sia paruta tanto chiara la
determinazione di quell'animale, che cinque o sei
anni fa dovea sembrare almeno dubbia e problemati-
ca. Già il Gerhard ricordò la convenienza di quel-
l'animale alla divinità, che può unicamente suppor-
si collocata in quel sito nel pompejano dipinto. L' a-
sino è sacro a Vesta , per le mitiche tradizioni che
la concernono , le quali son da vedere copiosamente
citate dal Goetz (de pistrinis veler. cap. VI, §. V. p.357
segg. ). Né si dica che la piccolezza della bestia nel
pompejano dipinto effigiata tende a farci escludere
la proposta determinazione. È generalmente cono-
sciuto che gli animali , messi come simboli presso le
divinità, sono dall'antichità figurati di piccole di-
mensioni ; ed è inutile citarne esempli da' monumenti
greci e da' romani. Soltanto credo utile al nostro
proposito richiamare un'ara già del museo di Fran-
cesco Daniele a Caserta , nella quale vedesi figurata
appunto la dea Vesta sedente con velo e slefane , che
tiene colla d. la patera ; e presso è un asinelio di
piccole dimensioni , e di forme somigliantissime a
quello della pompejana pittura. ( Vedi il Daniele men-
tenti Thyksii carmina el epistolae, Neapoli AIDCCCVIIl
pag. 22 ). Questo vicinissimo confronto, sfuggilo be-
nanche al eh. Gerhard , ci sembra mettere fuor d'
dubbio la sua attribuzione- della divinila effigiata in
Pompei: e noi abbiamo profittato di questa occasione
per confermarne la verità. Minervim.
BIBLIOGRAFIA
Di un sepolcreto etrusco scoperto pres;o Bologna , re-
lazione del conte Giovanni Gozzadini — Bologna
1834 pag. 51 in 4; con otto tavole litografiche.
II eh. autore di questa relazione appartiene a quel-
la classe privilegiata , che alla nobiltà della nascita
accoppia quella dell'intelletto e dello studio. Egli era
già noto nella repubblica letteraria per due impor-
tanti lavori storici , ricchi entrambi di numerosi do-
cumenti , e pregevoli per 1' ampiezza e la diligenza
delle ricerche (1). Ora poi si è esercitato altresì nel
difficile aringo delle classiche antichità, pubbhcando
l'opera di cui diamo l'annunzio.
II sig. Conte Gozzadini , possessore di una tenuta
a Villanova nell' agro bolognese , ebbe il pensiero di
pratlicare in essa una scavazione : lodevolissimo pen-
siero , che eseguito con quella cura e con quell'amo-
re, che vi pose il eh. autore della relazione, non può
non riuscire sommamente proficuo a' nostri studii ,
che nelle esatte osservazioni trovano il loro precipuo
fondamento.
Ci fa sapere l' a. che le sue ricerche si estesero
al numero ben grande di 122 sepolcri: essendosi fe-
licemente imbattuto in una necropoli estrusca. Comin-
ciando poi più speciGcatamente la sua relazione, par-
la pria delle tombe in generale , e di tutte le parti-
colarità in esse osservale, richiamando i funebri riti
degli antichi , a confronto della novella scoperta. In
un secondo articolo ragiona delle figuline rinvenute
ne' sepolcri da lui discoperti , le quali si addimostra-
no senza dubbio di lavoro etrusco, essendo rosse, e
più frequentemente nere , con semplicissimi ornati
graffiti, e qualche volta con figure di uomini e di
animali. Riporta pure a pag. 20 un fac-simile dei
segni graffiti sui vasi, o sotto il piede de' medesimi ,
tra' quali vedesi molle volte ripetuto il fenicio Tau.
Nella terza parte del lavoro favellasi de'bronzi, e de-
gli altri oggetti rinvenuti in quella scavazione : ed è
(1) Sono questi: Memorie per la vila di Oioranni Il BentiToglio—
Bologna 1839 in 8. = Cronaca di lìonzano e memorie di Loderingo
d'Andalò frate gaudente — liulogna 1831 in 8.
168 —
da notare la varietà degli arnesi , de' quali l' a. pre-
senta la illustrazione , lasciando dubbia la determi-
nazione di alcuui utensili, con quella prudenza , che
si accompagna sempre colla scienza. L'ultima ricer-
ca concerne l'epoca del nuovo sepolcreto etrusco: e
l'a. la Ossa verso il 39 all'82 di Roma, (714-671
av. 1'. e. v.). Questa conclusione è fondata sopra va-
rie ragioni enumerale dal sig. Conte Gozzadini, ma
principalmente sulla esistenza di alcuni pezzi di aes
rude, dirimili per tali da' chiarissimi prof. Rocchi ,
doti. Frali, e P.Marchi. Segue a tutto ciò un'appen-
dice distinta in differenti articoli. N." 1 — Sigilli di
figuline romane scavate a poca distanza dal sepolcreto
di Yillanova, e osservazioni del eh. prof.F.ROCCHl-
N.° 2. Lettera del eh. prof- L. Calori intorno a due
scheletri umani del sepolcreto di Villanova, e partico-
larmente sul teschio di uno di essi. Da diligenti os-
servazioni il prof. Calori conchiude che le ossa da
lui esaminate appartengono alla razza caucasica —
N.3. Considerazioni del ch.prof.cav.G. SGARZI tratte
dal suo Rapporto ec. intorno ad alcuni quesiti fattigli
sai coloramento delle figuline del sepolcreto di Villa-
nova — N. 4. Intorno V antichità dell'uso di radersi
la barba, da lettera del chiarissimo professore F. Roc-
chi del 24 gennaio 4855. È una lunga e dotta discus-
sione sulla barba degli antichi , tanto per la parte
degli scrittori quanto per quella de' monumenti.
Equi non possiamo fare a meno di lodare il signor
Conte Gozzadini anche per aver profittato delle ricer-
< he ed osservazioni de' suoi dotti amici a conferma
delle sue proprie osservazioni, o ad illustrazione dei
monumenti , de' quali aveva a trattare.
Sono io fine otto tavole litografiche , le quali li
pongono soli' occhio la costruzione de' sepolcri, e gli
oggetti in essi ritrovati; cioè vasi fittili , utensili ed
ornamenti di bronzo e di ferro : i quali disegni rie-
scono di sommo vantaggio per qualunque archeolo-
gica disquisizione sul sepolcreto di Villanova.
Gli stretti limili del nostro giornale ci vietano di
entrar nell'esame de'parlicolaridi questa interessante
pubblicazione; ma nel darne l'annunzio ne raccoman-
diamo caldamente la lettura agli studiosi delle antichità
etrusche, e dell'antica civiltà italica, la quale ne' mo-
numenti pubblicati dal Conte Gozzadini si mostra in-
digena , e non modificata da ellenica influenza.
Noi ci auguriamo che il eh. Autore della relazio-
ne non mancherà di fare novelle scavazioni a profit-
to de' nostri studii: e già ne abbiamo un argomento
nell'avvertenza, che trovasi in fine di tutto il lavoro;
dalla quale apparisce come non si arrestò nella no-
hile intrapresa. Si abbia il Conte Gozzadini le nostre
sincere congratulazioni e per le sue scoperte , e pel
modo di parteciparle al pubblico. Avuto riguardo al
suo zelo par la ricerca de'patrii monumenti, siamo
sicuri di dover fra breve ripetergli simili congratu-
lazioni.
MlNERVINI.
Dello studio della Storia e della Filologia , considera-
zioni di Federico Rursotti — Parte prima —
Dello stalo presente della Filologia e della Storia — •
Napoli 1855 pag. 62 in 8.
Nobilissimo è lo scopo dell' egregio autore del
presente lavoro, qual si è quello di rimimare gli stu-
dii storici e filologici presso di noi coli' emendare e
correggere i metodi d'insegnamento. Ecco il motivo,
che ci spinge a dare almeno l'annunzio di questa pri-
ma parte dell' opera ; quantunque non si riferisca pro-
priamente agli studii dell' archeologia. Vogliamo pe r-
tanto notare che l' a. parlando de' nostri principali
scrittori dà una idea compiuta di tutte le dottrine slo-
riche e filologiche esposte dal nostro chiarissimo con-
cittadino non ha guari defunto Cataldo Jannelli. Ed
è certamente utilissimo trovare in poche pagine rac-
colto quanto contiensi in molti volumi di malagevole
letlura : il che porge agli studiosi il destro d' impa-
dronirsi di quelle ricerche , per seguitarne le con-
clusioni, ovvero abbracciare sopra talune di esse di-
versa sentenza. Minervini.
Giulio Mi.vervim — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataxeo.
BULLETTINQ ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
TV.0 72. (22. dell' anno III.)
Maggio 1855.
Monete inedite o rare. Continuazione del n. precedente.
Monete inedile o rare. Continuazione del n. 70.
PAESTCM LUCAMAE.
7. Testa di Ercole con pelle di leone a d.
)( Testa di cinghiale a d.: sopra due globetti , sotto
I7A. Ae. 4+.
Presso il sig. Sambon.
La presente monetina viene a confermare V attri-
buzione di altra simile , ma priva di epigrafe , già
pubblicata e ben detcrminata per pestana dal eh. Fio-
relli fosserv. p. 52 tav. 1 n. 23/ Egli ricordava in
rapporto a' tipi il cinghiale d' Erimanto , ed in gene-
rale i cinghiali delle selve lucane, de' quali è men-
zione in Orazio fSerm. II, 8 v. 6-9 ). Merita pure
di essere ricordata la osservazione delCavedoni, che
i tipi di questa bella monetina prendono luce anche
dal racconto di Diodoro ( hist. IV , 22 ) intorno allo
smisurato cinghiale ucciso nella regione de' Posidu-
niati , ed intorno al passaggio d' Ercole per quelle
contrade (bullet. arch. di Avellino an. II p. 118).
TBCRIUH LUCAMAE.
8. Testa di Minerva goleata a d.: sulla galea co-
rona di alleno.
\ Toro che rivolge la testa: sopra OOY Ae. 7 '/,.
9. Gli stessi tipi ed epigrafe Ar. 4 '/ .
La prima di queste due monete appartiene alla
raccolta del sig. Sambon, la seconda al sig. D. Do-
menico de' baroni Oliva ; ma pur di questa vedemmo
un altro esemplare presso lo stesso sig. Sambon. Una
medaglia simile a quella del nostro n. 8 trovasi nelle
tavole del Carelli sotto Sibari ( tav. CLX1V , 20 );
ANltO in.
ove osserva il eh. Cavedoni che la testa di Minerva
è mal riprodotta , essendosi delineata la chioma in-
vece della galea ( descr. p. 90 edit. Lips. ). Le due
monete, che ora pubblichiamo, dimostrano che quella
del Carelli appartenne benanche a Turio. Sarebbe in
fatti una eccezione quella sola moneta di bronzo in
tutta la numismatica di Sibari.L'Eckhel appena cre-
deva che vi fossero medaglie di Sibari in quel me-
tallo ( doct. tom. 1 pag. 163 ): e noi siamo del me-
desimo parere , per la ragione che la introduzione
della moneta di bronzo nella Magna Grecia corrispon-
de presso a poco alla distruzione di Sibari ( vedi il
Principe diS. Giorgio memor.numism.y. 31). L'Eckhel
pubblicò una monetina simile a quella di argento da
noi edita sotto il n. 9 ; e la spiegava in modo singo-
lare. Egli suppone che dopo la fondazione di Turio
non si perdette il nome di Sibari ; ma mentre gli an-
tichi Sibariti conservavano la denominazione della di-
strutta loro patria, gli altri Greci , che con essi colle-
garonsi a riedificarla , introdussero il novello nome
di Turio : e ciò crede confermarsi dalla moneta da
lui pubblicata, nella quale si vede il tipo del toro di
Sibari accoppiato alla epigrafe OOY ( doctr. 1. e. ). A
dir vero , mi sembra che le due monete da noi pub-
blicate dieno argomento ad una contraria osservazio-
ne. La città nuovamente fondata non potè , a nostro
giudizio , riprendere l'antico nome , mentre un altro
ne assumeva. E sebbene nella numismatica si adottasse
da principio il tipo Sibaritico , questo accompagna-
vasi però col novello nome , e non già coli' antico.
Una tale deduzione ci sembra assolutamente legitima.
Di fatti , coloro i quali batterono le due monete da
noi presentate erano certamente del partito de' Siba-
riti , se ne adottarono il tipo : e quindi , ove la ipo-
21
— 170 —
lesi dell' Eckhel fosse ammisibile , non avrebbero
mancato pure di aggiungere il nome di Sibari e non
già quello di Turio. Senza dubbio le due monete, di
che favelliamo , appartengono a' primi tempi di Tu-
rio , ne' quali durava tuttavia la memoria della di-
strutta Sibari, e la influenza de' Sibariti superstiti. Ma
1' uso di quel tipo durò certamente pochissimo tem-
po , cioè sino alla quasi totale distruzione de' Siba-
riti , succeduta alle intestine discordie ; siccome narra
Diodoro Siculo ( lib. XII, cap. XI ). Dopo quell'epoca
ci sembra probabile che si dismettesse del tutto il tipo
degli odiati Sibariti ; il che spiega la somma rari là
delle monete simili a quelle da noi pubblicate. Sap-
piamo poi dallo stesso Diodoro che il fatto avvenne
sotto il consolalo di T. Menenio e di P. Seslio Capi-
tolino ( /. e. cap. XXII ). Perciò , se la cronologia di
Diodoro dee a questo riguardo riputarsi esatta, le no-
stre monete creder si deggiono coniate appunto in
quell' anno , o poco innanzi : e perciò 1' epoca ne ri-
mane con tutta precisione determinata.
AXYZIA ACARNANIAE.
10. Quadrato incitso diviso in quattro parli, in
ciascuna delle quali è una piccola elevazione del me-
tallo.- nel piano della incusionc è la epigrafe A AYZI A ,
quasi serpeggiante e boustrophedon.
)( Pegaso corrente a s. di arcaico lavoro , sotto 9
Ar. 9.
Presso il iev. P. Tortora del SS. Redentore.
Non può esservi alcun dubbio sulla determinazio-
ne di questa rarissima medaglia , la quale appartiene
certamente ad Alyzia /lell' Acarnania. Per la prima
volla comparisce il suo nome intero nella numisma-
tica; giacché Cnora conoscevansi alcune monete colla
epigrafe dimezzala AAT (Eckl.el doclr. lom.II p. 185:
num. vel. lab. Vili n. li pag. 122: cf. Mionnet descr.
t. II p. 79, e suppl. t. Ili p. 455). Tra esse havvenc
una di bronzo, che il Combe attribuì ad Alvona della
Liburnia: ma noi non oseremmo decidere, senza esa-
minar la fabbrica e lo stile di quel monumento; seb-
bene i tipi possano in certo modo appoggiare la opi-
nione del Combe. Vedi intanto quel che ho delto nella
mia disseriazione sulle medaglie dell'antica Dahon
inserita nel voi. IV parte li delle memorie della re-
gale Accademia Ercolanese p. 267. La nostra moneta
ferma la vera ortografia del nome di quell' antica
ciltà dell' Acarnania 'A\vZ,i'x, come ritrovasi in Tu-
cidide ( VII, 31), in Senofonte {i)(Hellcn. V,4, 65),
in Slrabone ( X, p. 450, e 459 edit. Casaub. ), e fra'
Latini in Cicerone (epist. fam. lib. XVI, ep. 2): mentre
'AXurrloi. rinviensi in Scilace ( Peripl. §. XXXIV),
'A\vZu% in Tolommeo ( lib. IH cap. XIV (2)), ed in
Stefano Bizantino ( s. v. p. 106 seg. ed. Berkelii ) ;
d' onde 1' Halyzea di Plinio ( lib. IV e. 1 ). Il genti-
le provenicnle da questa seconda denominazione è
'AXt^s/b?, siccome ritrovasi in una iscrizione del-
l'Acarnania ( corp. inscr. graec. lom. II n. 1793 );
'A\u&ùs ed 'AXy^owoj presso Stefano Bizantino ( l.c.)',
ma il più comune è'AXi/?a7oS, siccome leggiamo pure
in Diodoro ( XVIII, 1 1 ) , e come apparisce benanche
in una magnifica medaglia colla epigrafe AATZAION
pubblicata dal Millingen ( Ancient Coins tav. IV n. 2,
p. 54) , la quale libera forse da sospetto altra meda-
glia con simile iscrizione citata dal Rasche [lex.num.
t.lV p.12 ). La origine del nome di Alyzia si trae da
Ahjzo figlio d'Icaro, secondo Stefano Bizantino (s. v.
'A\vC,ìi% ); ma Slrabone riporta una tradizione di Efo-
ro , per la quale si attribuisce ad Alyzeo e Leucadio
figli d' Icario la fondazione di due omonime ciltà del-
l' Acarnania ( Strab. geogr. X , p. 452 ). Da questo
luogo pare debba correggersi altresì la narrazione
di Stefano. Scarse sono le notizie storiche di Alyzia: e
per tacere di quelle che riguardano tempi più antichi,
le quali mancano affatto, e sono in parte restaurate dalle
medaglie, osserviamo soltanto ch'essa la tenne sempre
per gli Ateniesi principalmente nelle guerre di Ma-
cedonia. Così Tucidide la dice occupata dagli Ateniesi
(l. e); Diodoro pone gli Alyzaei fra' popoli che si col-
legarono contro il Macedone (l.c); e Senofonte narra
come presso quella citlà trionfasse Timoteo nella pu-
gna navale contra lo Spartano Nicoloco (l.c) .In tempi
(1) È chiaro che cosi debba correggersi I' Ah.vZia in questo
scrittore.
(2) Io tutte le edizioni , non esclusa quella del Nobbe.è 'A£v-
X«'« 'ri 'A£i)Xsi« i, | p, 202: ma è un mero equivoco di copista.
— 171 —
posteriori è da ricordare che il celebre Arpinate vi
dimorò alcun tempo , e ebe di là scrisse una delle
sue auree epistole ( le. ). Al tempo di Strabone Aly-
zia con molte altre piccole città dell' Acarnania era
quasi considerata come un municipio di Nicopoli (lib.
X p. 450). Da quel che dice Tucidide , che la pone
presso Leucade ed Anaclorio (l. e), Strabone, che ne
descrive esattamente la posizione sedici stadii lungi
dal mare ( lib. X p. 450, e 459 ), e Cicerone , che
ne definisce in certo modo la situazione : Et ìocus est
cifra Leucadem stadia CXX(Lc), venne a dedursi
che sieno da attribuirsele le rovine esistenti pres-
so Condili, luogo distante 4 leghe al N. 0. dal-
l' isola di S. Maura ( Leake norlh. Greece IV pag.
14; Pouqueville voyage de la Grece tom. Ili pag.
4G3). Non voglio poi mancar di notare alcune parti-
colarità narrate da Strabone intorno la città , di cui
ragioniamo. Egli ne avverte che presso al mare vi-
cino ad Alyzia era un porto ed un tempio sacro ad
Ercole ( lib. X p. 459 ) : ed altrove racconta che in
quelle vicinanze furono ritrovate le fatiche di Ercole,
opera di Lisippo , e mandate in Roma da uno di quei
magistrati ( lib. cit. pag. cit. ). Questa relazione di
Ercole può dar sufficiente spiegazione della medaglia
del museo Hunteriano ( lav. Ili fig. 2 1 ; Eckhel doctr.
t. II p. 151 ; Mionnet descr. tom. II pag. 79 n. 8, e
suppl. voi. Ili p. 455 n. 13 ), di cui dicemmo di
sopra ; nella quale il tipo di Ercole può accennare
altresì a quel porto ed a quel tempio sacro all'eroe.
Qaello però che dee riputarsi di maggiore importan-
za per la storia di Alyzia , è ciò che concerne i più
antichi tempi, e che ci viene insegnato dalle monete.
Avuto riguardo a' tipi della Minerva e del Pegaso
nelle medaglie finora conosciute , tipi propriamente
Corinlii, se n'era assai ragionevolmente dedotto dal-
l' Eckhel (II' ce.), e poi dal Millingen (/. e.) che fosse
una delle varie colonie Corintie dell' Acarnania, seb-
bene mancassero assolutamente i documenti storici.
Ora la nuova moneta del P. Tortora viene bellameule
a confermare una tale conghiettura; giacché oltre l'in-
tero nome della città , vedesi presso al Pegaso il Co-'
rintio ll\ che met'.e fuor d' ogni dubbio la dipendenza
e deri vazione di Alizia da Corinto, non altrimenti che
si osserva per altre colonie della stessa Corinto, e se-
gnatamente in alcune rare monete di Siracusa, nelle
quali pur si scorge sotto al Pegaso il 0 , mentre pre-
so la testa di Pallade si legge la epigrafe 2JTPAKO-
SIQN (Torremuzza tav. LXXIX n.2 ): e di queste uria
è pur posseduta dal lodato P. Tortora. Intanto, lungi
dall' attribuire a Siracusa tutte le monete insignite
del O, secondo le cose esposte dall' Eckhel (doctr. t.
II p. 245 e segg. ) , saran da seguire le conclusioni
tratte dal medesimo dotto scrittore nella bella discus-
sione sopra le medaglie battute dalle colonie di Co-
rinto , nelle quali adottaronsi i tipi della città madre
non solo per ricordare la loro origine , ma ancora
per dimostrare la loro dipendenza da essa (num. vct.
p. 12S). Ignota è l'epoca della colonia Corintia in
Alyzia ; ma a noi sembra probabile la opinione del
Raoul-Rochelte, che la stabilisce coeva alla fonda-
zione delle altre colonie corintie dell' Acarnania, cioè
a' tempi di Cipselo , circa 060 anni prima dell'era
volgare ( colon, grecq. tom. Ili p. 290). Certo si è
che la nostra medaglia apparisce di remota antichità:
e sarà bene che ci fermiamo alquanto ad illustrarne
le particolarità. Le più antiche monete di Corinto of-
frono il Pegaso col O, ed al rovescio una impressio-
ne simile alle medaglie d' Himcra divisa in 8 parti
triangolari, quattro rilevate e quattro incavate (Mion-
net descr. t. II p. 166 n. 130 ). Lo stesso sistema ,
benché diverso, di impressione si osserva al rovescio
del Pegaso nella moneta di Alyzia che illustriamo; la
quale incontra poi un'altra somiglianza colla moneta
di Corinto sopra citala , che il Pegaso vedesi pari-
menti volto a sinistra.
Intanto è da notare che questo sistema di poco de-
terminate impressioni al rovescio dell' unico tipo si
ravvicina a quello osservabile nella più antica moneta
eginclica : ed è pur da notare che Fidone Argivo , il
quale visse circa 700 anni prima dell'era volgare, in-
trodusse la coniazione della moneta in Egina ed a Co-
rinto ( iMùller Aeginct. p. 63; Roeckh corp. inscr. gr.
t. II p. 335 , e indi'. Unters. p. 93 segg : Cavedoni
numism. Ubi. p. 5 e segg. ; Weissenborn HeJlen ra-
giona lungamente di Fidone ; vedi sulla sua moneta
p. 66 e segg. ). Sicché non dee parere che in pieno
— 172 —
accordo colla storia incontrare un sistema presso a
poco simile nelle più antiche medaglie di Egina e di
Corinto ; e preziosa dee pure a questo riguardo con-
siderarsi la nuova moneta di Alyzin , la quale mostrasi
coniata in un tempo, in cui non erasi ancora adottato
da Corinto e dalle sue colonie V uso del duplice tipo.
L' altra particolarità degna di osservazione nella me-
daglia del P.Tortora si è la epigrafe quasi rozzamente
segnata in quella informe incusione : il che per altro
è piuttosto comune nella numismatica della Macedo-
nia. I caratteri usati nella epigrafe sono poco soggetti
ad un accurato esame , essendo quasi frettolosamente
segnali , e collocati in piccolo spazio : il che doveva
di necessità impedire la mano dello scrittore. Nondi-
meno 1' T è di forma talmente simile a quello della
moneta di Tulio da noi riportata nella medesima ta-
vola (n. 8 ) , che merita assolutamente di esser con
quello paragonato : tale si osserva in varie iscrizioni
di vasi dipinti , ed apparisce pur somigliante quello
dell' alfaheto segnato nel vasetto ceretano , pubblicato
dal Lepsius ( annali dell' ht. voi. Vili p. 186 segg. )
e poi dal Franz ( elem. epigr. gr. p. 22 ) ; nel quale
sono molti indizii di caratteri Corinlii.
Gli altri caratteri della nostra epigrafe non offrono
argomento di particolare osservazione : e solo ci pia-
cerà di avvertire che tutte le lettere costituenti il no-
me di Alyzia sono disposte in modo di spira , il che
conviene altresì alla maggiore antichità del monumen-
to. Ci resta a dir qualche cosa del tipo del Pegaso ,
del quale ci sembra notabile lo stile ed il lavoro. Di
fatti le ali in particolar modo conformate , ed i glo-
betli che vi si mirano , sono da paragonare ad alcune
pitture di vasi dipinti di lavoro corintio , alle quali
perfettamente si rassomigliano (1). Citerò principal-
mente la piccola patera dell' antica Capua da me pub-
blicata in questo bulleltino , ove si scorgono due alati
cavalli tenuti da un giovinetto (an. I tav. XI fig. 8):
ne' quali si veggono le ali quasi allo stesso modo di-
fi) Su' vasi di maniera Corinlia vedi Raoul-Rochelie negli annaK
dell' Istituto iom. XIX p. 234 e segg : cf. lahn MUnclien Vatm-
Sammlung , Einleitung p. XXIV seg.
pinle , e segnata di amaranto sulla groppa la mede-
sima parte , che nella nostra moneta si vede espressa
con un incavo. In qualunque modo, la moneta del P.
Tortora ci sembra di grandissima importanza, e per
la sua maggiore antichità , in confronto con tutte le
altre dianzi pubblicate, e perchè offre la certezza della
Corintia derivazione nell'arcaica O, ne'caratleri della
epigrafe, nel sistema della informe incusione al ro-
vescio, e nella maniera del lavoro del Pegaso volante
ASCCLTJM APULI àE
Nella nostra tav. XII n. 1 1 noi pubblicammo una
monetina fusa di Ascoli di Puglia , della quale ra-
gionammo di sopra p. 155. Avvertimmo allora che
doveva quella riputarsi una semoncia , e che si ave-
va la serie della moneta fusa di Ascoli pressoché
compiuta ; cioè il triente , il sestante , l'oncia , e la
semoncia. Mancava in quella progressione il qua-
drante ; ma ora vogliamo annunziare che ci è venuto
fatto di osservare anche il quadrante , essendoci stato
in questi ultimi giorni mostrato dal Sig. Sambon , che
n' è il possessore.
Ripetiamo qui la tavola comparativa di tutti i pesi
delle divisioni dell'asse di Ascoli.
Triente gr. 46,00
Quadrante 27,18
Sestante . 22,72
Oncia 13,00
- Semoncia 6,68
Dalla scala sopra riferita è facile rilevare che le
divisioni dell' asse di Ascoli in quanto al peso , non
altrimenti che nelle monete fuse di altre italiche città,
non corrispondono mai perfettamente al valore : il
che dee senza dubbio attribuirsi principalmente alla
fusione , la quale non può dare che difficilmente un
peso esatto ed identico. Al contrario riesce esso va-
riabile e diverso secondo le particolari circostanze ve-
rificabili nell'atto della fusione.
MlNERVINI.
Giono MiNERVMi — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataneo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N° 73. (23. dell' anno III.)
Giugno 18-").").
Ercole trasportato al Cielo in vaso dipinto dì Ruvo. — Sopra uno de' cinque gruppi dell'insigne caso Cum.ino
del sig. Marchese Campana. — Postilla del eh. Caccdoni alle osservazioni sull'opera del eh. de Saulcy: Re-
therches sur la numisinalique Judaìque. Continuazione del n.fJS. — Sopra alcuni luoghi del corp. inscr. gr.
Conlin. del n.56. — Sulle monete Ispane illustrale col nuovo framm. di P.Annio Floro. Contili, del n.ò9. —
Anello di oro scoperto in S. Maria. — Capedine di argento con greca iscrizione.
Ercole trasportalo al Cielo , in vaso dipinto
di Ruvo.
11 vaso dipinto, che qui pubblichiamo (lav. XIV),
orma parte della raccolta dei Signori Caputo di Ruvo.
Nella faccia principale vedesi Ercole imberbe, che
iscende sopra un cocchio tirato da quattro corsieri
;uidati da una donna alata : 1' eroe è coperto dalla
«elle di leone, colla destra tiene la clava , e colla si-
listra stringe /' anly.v del carro. Innanzi alla quadri-
fa è una figura Silenica nuda e corpulenta con orec-
hie caprine; ha la destra sul capo e fa un gesto par-
icolare colla sinistra: al di sotto della quadriga è
ina pira accesa : due donne vestite di tunica e con
laudali versano sul fuoco 1' acqua dalle loro idrie ,
neutre un'altra si avanza coli' idria in mano: dietro
a quadriga , ed iu livello alquanto superiore, vedesi
ina donna con le gambe incrociate e con mantello or-
lato di astri, la quale colla sinistra alza il peplo sulla
palla, e porta la destra verso la sua mammella sini-
tra. Più iu allo, al di sopra de'ca valli, è uua cervella
he corre , e poi un Amore alato sedente con patera
lenirò cui è un ramo. Il suolo è indicato con punti-
li e pianticelle : al di sopra sono due fiori.
Comparisce nuovamente questa importante rap-
iresenlanza di Ercole dopo altre più o meno somi-
;lianti (1).
{{) Tralasciamo di far qui parola delle altre pitture vascularie ,
he ci presentano semplicemente Ercole nella quadriga , o pure
on altre divinila : queste riscontrar si possono in Laborde I- pi.
ANNO IH.
La prima di queste fu già pubblicata dal Gerhard
{Anl.RUdw. I. XXXI— Cf. Guigniaut Rèi. de l'ani.
pi. CXCI , G79. — Welcker Ifyperbor. Roem. Situi.
p.301. — ed ani. Denkm. Ili p. 298. Iahn Reschreib.
der Vas.zu Munck. Einleitung pag.LXHI.), e diffe-
risce in alcuni punti dalla nostra, imperocché l'eroe
è barbato , vestito di clamide , con corona di mirto
e benda sul capo. Innanzi alla quadriga vedesi Her-
mes , e poi Apollo: dall'altro lato è una figura vi-
rile, nella quale alcuni ravvisarono Giove, altri Iolao,
ed altri la personificazione del Monte Oeta (V. Rou-
lez an. dell' List. voi. XIX pag. 270-271.) : nel fon-
do vedesi indicato un portico , e mancano le figure
nell'ordine superiore: il corpo o meglio il tronco
dell'eroe brucia ancora nella pira; una sola ninfa vi
versa l' acqua , mentre Filollele o Poean trasportasi
il turcasso colle frecce donategli da Ercole.
La seconda pittura di simil genere è pubblicata dal
eh. signor Roulez ( an. d. Inst. voi. XIX. pag. 203
a 278. Mon. tom. IV pi. XLL — Cf. Iahn Re<ehreib.
der vas.zu M 'unch-n. 384., e de Wille Cat.Etr. n. 96).
Mancano quivi ancora le figure dell' ordine superio-
re : nella quadriga Ercole è accompagnato da Miner-
va: vedonsi ancora gli avanzi del corpo dell'eroe sulla
pira : due ninfe vi sono dappresso: una versa l'acqua
LXXVI. — Millingen Peint. ant. inéd. de vas. Gr. PI. XXXVI.
Dubois Maison. Peint. de Vas. II pi. XVIII. cf. Gal. Mythol CXXUI.
402. — Gerhard Ncwrworb. ant. Denkm. IH. n. 1708, e 1711.
Iahn Scschrcib. der Vascns. *u MUnch. n. 69 e n. 484- — Iahn
antiquar. Aufsaetze pag. 96 segg. — Ercole sul rogo si vede in
un elegante scarabeo ( Bullet.dlnstit.ltiW. cent. V.27. pag.102.)
23
— 174 -
dalla sua idria , ed è contrasegnata da una iscrizione,
nella quale si è creduto scorgere il nome APE0O£A:
l'altra si accosta portando ancora l'idria sul capo, ed
è distinta da altra iscrizione che si è letta IIPEMNO-
XI A. Sono inoltre presso al rogo due Satiri, uno dei
quali tiene la clava colla destra , accosta la sinistra
sulla fronte per derisione, o per veder meglio , don-
de forse il nome di SKOITA che vedesi scritto presso
lo stesso : 1' allro con ferula stende il braccio verso
il compagno , ed è caratterizzalo dal nome TBPlS.
Diverse sono le antiche tradizioni che ci narrano
l' abbruciamelo del corpo di Ercole e il trasporlo
dell'Eroe nell' Olimpo.
Secondo Diodoro (IV. 38. p. 169-170. Wessel.),
Ercole ascese il rogo e Filottete vi appiccò il fuoco:
in un attimo il rogo islesso toccalo dai fulmini del
cielo si incenerì insieme colla spoglia mortale dell'e-
roe , dal che si pensò che egli fosse stato ricevuto
nel consorzio dei numi. Apollodoro ( II. 7, 7) narra
che mentre le Gamme consumavano la pira, l'eroe fu
inviluppato in una nube e trasportato in mezzo allo
slrepito dei tuoni nell'Olimpo, dove ricevè la immor-
talità dopo essersi riconciliato con Giunone. Ovidio
poi (melam.lX 271-272) riferisce cheErcole, dopoché
il suo corpo fu consumato dal fuoco, fu da Giove ri-
cevuto nell'Olimpo in una quadriga.
Nella nostra piltura dunque Ercole mostrasi, come
in altri monumenti relativi alla sua apoteosi, imber-
be, quasi ringiovanito dopo essere stato purificato dal
fuoco (Lucian. Hermot. §.7. Tom. 1 . p.746 edil.Wet-
sten. — Minervini moti. ined. Tav. XVIII. p. 83. ).
Egli si attiene colla sinistra aì\' anlyx del carro ( V.
le osservaz. del Millin sui Vasi di Dubois Maison. II
pi. XVIII. pag. 31. G. I. pag. 47. not. 2. ), e questo
gesto si osserva generalmente non solo in quasi tutte
le pitture di tal fatta riferite di sopra, ma benanche
in altre dove semplicemente vedonsi eroi vincitori ,
o numi in quadrighe ( V.Dubois Maisonn. Peinl. de
Vas. I. pi. XXIV.— Millingen Peint. de Vas. de la
Col. Coghill pi. IX — Bu.Uet. Arch. Nap. an. II. Tav.
VI. — Gerhard Archaeol. Zeit. n. F. 1848. Taf.
XVII. pag. 257. segg. )
L'Eioe è accompagnalo sul carro da una figura a-
lala , la quale piuttosto che Nike è stata spiegata per
Irti (V. Millin Vasi del Dubois Mais. II. pag. 31.
32-cf. Zoega Bassiril. II. pag. 124. ) ; e muove ver-
so le sedi dei celesti indicale dall'Amore alato (I).
Priva d' indizii particolari , che potessero con cer-
tezza determinarla , è quella femminile figura , che
vedesi presso alla quadriga. Pensar non possiamo alla
regina de' numi Giunone. Ma meglio ci sembra rico-
noscere in essa Ebe , che fu data in isposa all' eroe ,
quando trovossi nell' Olimpo ( Hom. Odyss. XII. 600
seg. hymn. XXVI , 7-8; Hesiod. Theog. 950-955;
Pind. Isthm. IV, 55 segg.; Eurip. Heraclid. 913-916).
A questa conghieltura non disconvengono né le for-
me né la posizione d' incrociar le gambe simbolo di
tranquillo riposo , non che il gesto di tirare alquanto
presso la spalla il peplo , che venne attribuito a fem-
minil civetteria od a pudore ( Minervini vasi di Julia
p. 22 seg.). Del resto non sarebbe forse neppure fuor
di luogo ravvisare in quella donna la madre dell'eroe
Alcmena , che Seneca fa assistere con grave mestizia
alla scena dell' Oeta ( Herc. Oet. v. 1668 seg. ) , e
che non di rado comparisce in simili monumenti
( Mueller Handb. §. 411 n. 1 p. 683 edit.Welcker).
Del resto un bel vaso relativo ad una scena di poco
posteriore a quella che illustriamo fu pubblicato dal
Sig. Minervini ( man. ined. di Barone tav. XVIII ),
ed illustrato a pag. 81 e segg.
La cervetta che mirasi quasi atterrita saltellare
nello stesso piano superiore potrebbe accennare alle
vette dell'Oeta ripiene di selve e di boschi ( Ovid.
mei. IX. v. 165); ma meglio potrebbe essere un sim-
bolo del culto di Diana , la quale veneravasi in un
tempio che restava in quelle vicinanze ( Sophocl.
Trachin. v. 635, segg. et schol. ibi ).
Formata si scorge la pira di grossi tronchi, arbori-
bus caesis (Ovid. j'Wd.v.230), i quali fanno ben ravvi-
sare la vkrp rrfi (3*9( pp/^a Spt/òs , e l'aypjov i\ou or, di cui
la disse costruita Sofocle [Trachini. 11 95. 1197) (2).
(1) In allre pitture Ercole è accompagnato nella quadriga da Mi-
nerva , come vedevasi sul irono amiclco ( V. Pausali, lib. III. e.
XVIII. p.25b,e e. XIX p.2S8. cf. Heyne antiquar. Aufsaelze I.p. i-)
(2) Sulla pira di Ercole come indizio dell'apoieosi V. R. Rochet-
te nelle mém. de V acad. d. Inscr. et bel lei. Voi. XVII. p. 30
31. e p. 28S.
— 175 —
In quelle (re ninfe occupate ad estinguere roll'ae-
|ua le fiatarne del rogo ravvisar possiamo le tracce
Iella tradizione che narrava essere surto improvisa-
iiente il fiume Dyras nei contorni dell'Oda, appunto
jer rinfrescare l'eroe colle sue onde (V. Herod.VII.
198 — Strabon. IX. 428. C. ).
Vi sono esempi di fiumi, o piuttosto delle sorgenti
li fiumi, in figura femminile: queste però vedonsi ada-
giale sul gomito, come è solito ordinariamente de'Gu-
ni ( Winckelmann Op. voi. IV. p. 390. Monum.
rav. CXIV. n. 270. ediz. di Prato); laonde nel no-
tro vaso riconosciamo piuttosto le Ninfe o Naiadi del
ìume Dyras, the versano l'acqua dalle loro idrie. Pau-
auia ( L. Vili. e. 31 p. 664 ) ci reca un esempio
li ninfe idrofore. Conosciamo d'altronde diverse ninfe
luviatili, che prendevano il nome dai fiumi cui ap-
>arlenevano , così le ninfe A'viyploss , il cui antro era
ricino al fiume "Anypos presso Elide ( Pausan. L.V.
. V. p. 386 ) , le ninfe A'fivifftowss del fiume "Aixnaos
Slepli. Byz. v. «f*v«roS; Callim. H. in Dian. lo) ,
e ninfe 'AxeTuwsS dell' Acheloo , cui voglionsi ag-
iungere le ninfe Paclolides, che avevano stanza fra
5 onde del Patlolo ( Ovid. Mei. VI. 16. ). Nel vaso
escritto dal signor Roulez sembra che si leggano
iresso quelle ninfe i nomi di APE0OSA e I1PEM-
fOSIA ; e quel dolto suppose ancora che fossero ninfe
ocali, cui furon dati nomi di celebri fontane quan-
unque site in luoghi diversi e discosli( An. d. List,
hi XIX. p. 271-272. ).
Assai singolare è da reputarsi quella figura Sile-
lica , la quale precede la quadriga. In altre pitture
omiglianti scorgiamo in quel sito Mercurio (Dubois
Iaison. II. pi. XVIII. -Laborde I pi. LXXV. — Iahn
ìeschr. der Vas. zu Mundi, n. 69 e 184 ) , e questa
livinità.cui era proprio ancora l'uffizio di condurre
e anime all'Olimpo, trovasi certamente colà bene al
iuo posto.
Il nostro Sileno piuttosto che reputarsi psychopom-
>os sembra introdotto con altre vedute e in un senso
bbastanza incerto ed oscuro , meritevole ancora di
dteriori ricerche. Nonpertanto non vogliamo man-
are di soggiungere su tal soggetto alcune riflessioni.
E stato già osservato che gli artisti dell' antichità
introducevano sovente nelle loro composizioni alcune
figure bacchiche, le quali non avevano alcuna rela-
zione coi soggetti principali ( Milling. Peint. do Vas.
de Voghili pi. XLVI- Dubois Maison. II. pi. Vili.):
e i dotti crederono rintracciare il senso di queste
nella frequenza delle scene dionisiache in gran vo-
ga appo gli antichi , donde gli artisti per seguire il
vezzo di quell'epoca compiacevansi introdurre tali
figure nelle rappresentazioni che toglievano ad ese-
guire (V. Milling. a pag. 42, ed il Milita a pag. 18
noi. 4 delle op. cit. ).
Nei soggetti Erculei , di cui al presente ci occupia-
mo , non mancano ancora di comparire soggetti bac-
chici : ed oltre della nostra pittura, possiamo ricor-
dare un' altra dove sotto la quadriga di Ercole con
Minerva osservasi Bacco assiso con altra figura mu-
liebre, mentre dall'uà dei lati è una Menade dall'al-
tro un Satiro, il quale alza la sinistra con un gesto
particolare (V. Milling. Peint. de Vas. gr. PI. XXXVI).
Più vicino confronto ci offrono i due Salili 2KOIIA
ed TBPIS nell' altro vaso illustrato dal sig. Roulez.
Vogliamo ancora qui rammentare il celebre basso-
rilievo della Villa Albani dell'Ercole ANAITATO-
MENOS (Zoega Bassoriì. II. Tav. LXX. LXXI), do-
ve osservasi 1' eroe in riposo intento a gustare i pia-
ceri del vino in compagnia di soggetti bacchici, frai
quali vedesi la parte superiore di una figura satire-
sca , la quale fa colla sinistra lo stesso gesto del no-
stro Sileno , se non che avvicina nel tempo stesso an-
che la mano alla bocca (1).
Si potrebbero forse ravvisare in questa riunione
di figure bacchiche con Ercole le relazioni che esi-
stono fra questi numi, e specialmente nel nostro vaso
potremmo richiamare quella riferita iu un epigramma
dell' antologia ( V. Brunck Anal. III. pag. 201 , e-
pigr. CCLI. Tom. IV. 169. ediz. Jacobs), cioè l'es-
sere stati Bacco ed Ercole entrambi segno all' ira di
Giunone , ed essere entrambi dal fuoco ascesi all'O-
limpo. Tuttavia i gesti violenti e concitati di queste
figure, segnatamente il nomeTBPlS, sembrano ac-
cennare a un' idea di derisione e di ironia , idea che
(1) Soprn simile gesto in altre figure Satiresche , vedi Milling.
Peint. de Vas. de Cogniti pi. XXIV. Dub. Maison. 11. pi. Vili.
— 176 —
è slata ravvisata anche nel Sileno ( V. Daub und
Creuzer Stud. voi. II. p. 231 segg. e 291. ), cui sem-
bra essere stalo proprio anche il nome di v[òpi<Trrlsì
argomentandolo da un luogo di Platone (in Symposio),
il quale attribuisce ai Satiri ed ai Sileni un parlare
leggiero e burlesco, e dopo aver congiunto il Satiro
col Sileno , continua il paragone chiamando il Satiro
i |2f«7TTjS, e comprendendo in questa voce naturalmen-
te anche il Sileno ; cosicché pare die il Sileno della
nostra pittura potesse chiamarsi anche rj2p ;s come il
Satiro dell' altra.
Laonde in ciò forse meglio sarebbe scorgere la
idea traveduta ancora dal eh. sig. Roulez ( An. de
Tinsi, voi. XIX. p. 277. sg.) dell'indizio di un qual-
che dramma satirico sul soggetto di Ercole , di cui
l'antichità non era scarsa. Sappiamo in fatti che A-
stidamante scrisse un dramma intitolato (Hp%xXrls 5}<x-
rvptxòs (Athen. L. X. p. 41 1. A. ), e un buon nu-
mero di monumenti ci presentano la figura di que-
sto eroe sotto l'aspetto di un personaggio comico e
satirico (I). Teodoro Avellino.
Congetture sopra uno de cinque gruppi , che ornano
V insigne vaso cumano del signor Marchese Cam-
pana di Roma.
Le dieci figure di rilievo , che ornano la parte su-
periore dell' indicato esimio vaso cumano ( v. addie-
tro p. 15, tav. 17 dell' a n. Ili ), riguardandosi insie-
me a due a due , formano come cinque gruppi , che
fanno piacevole e mirabileeffetto. Nel penultimo grup-
po verso la destra del riguardante vedesi Pallade se-
dente sopra un azzurro sedile iu atto di volgersi addie-
tro a favellare con una figura maschile gioveuile ignu-
(1) V. su di ciò Curtius HcraUes dcr Salyr. Gerhard Ncuer-
worb. III. n. 1812. Bullct dell' Inst. 1836 pag. 113 — lahn Arch.
Aufsactzc pag. 111-145. II eh. sig. Panofka ravvisò Ercole sotto la
figura di Sileno in un manico di vaso Arch. Zeitung { 18-17 ,
17* ): e lo stesso sig. Curtius secondo 1' analogia dell' HpaxXt/-
o^uv^ias di Aristofane ( Jìan. 499. ) vorrebbe riconoscere anche
un Hpxy.Xéo(r;Xr,»òs ( ivi pag. 15 noi. 13) — La Dgura di Sile-
no è stata ancora ravvisata come indizio di un satirico dramma-
lalm Archacol. Auf. p. 141 noi. 50. n. 50.— Curtius 1. e— Pauofka
Parodicn und Earik. pag. 24.
da, tranne che ha la clamide avvolta attorno ai lom-
bi , che la ricopre fino al ginocchio, la quale con la
mano destra abbassala tiene per una delle zampe de-
retane un porchetlo penzolone , e con la sinistra so-
stiene 1' estremila della clamide e tutt'insieme due co-
me clave capovolte , e sta riguardando attentamente
la dea. Pel riscontro de' quadranti di Valenzia dei
Bruzzìi , nel riverso de' quali ricorrono due clave si-
milmente congiunte e capovolte , che si connettono
con la testa d' Ercole rappresentata nel ritto (Carelli
tal). CLXXXV1I, 38 ), parmi assai verisimile , che
il giovine stante a colloquio con Pallade sia per ap-
punto Ercole che ascolla la dea, perpetua sua tutela-
re, la quale lo istruisce intorno al modo di consegui-
re 1' espiazione e poscia l' iniziazione ai misteri eleu-
sinii , ai quali si riferiscono tulle l'altre figure, come
ha egregiamente dimostrato il eh. Minervini. Io non
saprei ben reuder ragione della duplice clava data ad
Ercole : ma le citale monete di Valenza, e quelle al-
tresì di Tuderte con le due clave parallele, pongono
il fallo fuor d' ogni dubbio. Vero è , che le fattezze
della Ggura giovenile in questione non sono le solite
d' Ercole , ma vuoisi avvertire la particolarità della
chioma sollevata in mezzo alla fronte e ripiegata al-
l' indietro , siccome quella d' Alessandro Magno suo
discendente. Ercole poi di fattezze giovenili , e con
la clamide o con altro ammanto similmente avvolto
attorno ai lombi, e con la clava parimente capovolta
nella s. ricorre in altri monumenti , segnatamente in
alcuni specchi etruschi ('Gerhard, taf. HI, HI, 158,
465 J. E consta dagli scrittori antichi come egli ven-
ne due volte iniziato ai misterii di Cerere, prima ai
minori appositamente istituiti per lui dalla dea e po-
scia ai maggiori eleusinii, sia che da Orfeo , o sia che
da Eumolpo, il quale come di dovere, pria lo espiò
( Diodor. IV, U,2ò: Apollod. //, 5, 1%). Le due cla-
ve, che veggonsi decussate presso l' escara ardente ,
dir potrebbonsi quelle d' Ercole ivi ripetute per mo-
strare che ivi egli compirà la sua espiazione, oppure
clave de' Centauri da esso lui uccisi ( cf. Mus. Pisani
num. lab. XXIII, 5), e dalla strage de' quali egli non
erasi peranche purificato ('Apollod. /. e). L'Ercole in
riposo, rappresentalo ne'denarii di Eppio legato di Q.
— 177 —
Metello Scipione , posa la clava sopra una base , nel
dinanzi della quale sono due clave o simili oggetti de-
cussali ( v. Cavedoni appena, al saggio p. 420).
C. Cavedoni.
Postilla del eh. Cavedoxi alle osservazioni sull'opera
del eh. de Savlcy Reeherches sur la numismatique
juda'ique. Continuazione del n. 68.
Leggesi nella Civiltà Cattolica ( Ser. 1. 1. IV. p. 558),
che nel museo Kircheriano si conserva una moneta
recusa da Barcoeheba, che è una moneta di Antiochia,
probabilmente uno statere , del tempo di Vespasiano.
Ora per favore de' reverendi PP. Marchi, Patrizi
e Pianciani , godo poterne dare la descrizione pre-
cisa, che torna di somma importanza , perchè pone
fuor d'ogni dubbio, che i sicli o telradrammi giu-
daici , che già si attribuivano a Simone Asmoneo ,
siano senza meno da resliluirsi a Simone Barkokeba.
Quello pertanto del musco Kircheriano è come segue:
LACHERVTH IERVSALEM fin lettere ebreo-Sa-
maritane). Lidab con bel fruito di cedro dal lato de-
stro di esso. Fra la cima del lulab e la lettera jod, ini-
ziale di IERVSALEM, scorgonsi le vestigia delle let-
tere grecite NOC assai chiare.
)( SIMEON (in lettere ebreo-Samaritane). Edifìcio
telrastilo, cui sovrasta una stella. Arg. 7
Questa moneta d' argento, che come pare, prima
della recusione era molto detrita , pesa grani Roma-
ni 274 , che credo equivalgano a grammi 13. 90 al-
l'incirca, che corrispondono al peso approssimativo
degli altri telradrammi o sia sicli giudaici insigniti del
nome SIMEON e de' tipi del lulab e dell'edificio te-
trastilo, che io tengo per sacrario di una sinagoga.
L'avanzo poi dell' epigrafe greca NOC mostra evi-
dentemente, che Simone Barkokeba nell'impressione
tumultuaria delle sue monete, ricuse non solo denarii
Romani e dramme Greche imperiali, ma telradram-
mi Antiocheni altresì, e fra gli altri questo del mu-
seo Kircheriano , che ad un esperto numografo par-
ve di Vespasiano, ma che polrebb' essere anche di
Tito, o di Domiziano, ovver di Traiano o d'Adriano.
Pochi telradrammi Antiocheni saransi allor recusi ,
perchè i meglio conservati eccedono quasi di un gram-
mo il peso medio de' sicli di Barkokeba, che perciò
avrà preferito di squagliarli con suo lucro. Del resto,
fin dall'anno 1838 io sospettai , che i sicli giudaici
co' tipi del lulab e del sacrario della sinagoga resti-
tuir si dovessero a Barkokeba, anche per ragion della
stella allusiva al suo nome fSpicil. num. p. 288- 288);
ed ora mi consola il vedere risolta in certezza quella
prima mia congettura ; e vie più se ne dee consolare
il eh. De Saulcy, che decisamente diede a Barkokeba
sicli medesimi. C. Cavedoni.
Giunta all'articolo inlilol. Osservazioni sopra alcuni
luoghi del Corpus inscr. graec. Cont. al n. 56.
Dopo il n. 680o. Cannone in convenlu Hispalensi.
0EOIS
AAIMOSIN
MAPKIOIN"
EAAIW
ETON N
(sic) ESTOSOI TH EAA
4>PA
Leggevasi in tavola d' alabastro scopertasi in Car-
inomi , e conserva vasi presso Don Pietro Leonardo
de Villa Zevalos, un secolo addietro , come attesta il
dotto P. Florez ( Espagna sagr. T. IX, p. 115 ), che
siili' asserto del possessore la dice d' indubitala anli-
chità. C. Cavedoni.
Giunta all' articolo sopra le Monete Ispane illustrale
col riscontro del nuovo frammento di P. Annio
Floro. Continuazione del n. 59.
Domiziano si moslrò avverso ai giovinetto poeta
Africano fors' anche in riguardo alla ribellione dei
Nasamoni, che da prima vincitori furono poscia scon-
fitti e sterminali da Fiacco preside della Numidia nel-
1' anno di Cristo 88 ; sì che il concorso di P. Annio
Floro alla corona del Certame Capitolino probabil-
mente si determinerebbe al secondo lustro di quello
( S. ITyeronvm. in Chronic. anno p. Chr. SS cf. An-
nali ardi. T. XXV p. 26-27). C. Cavedom.
178 —
Anello di oro scoperto in S. Maria, e recentemente ìn~
tradotto nel real museo Borbonico.
Alcuni anni fa alle vicinanze di S. Maria di Capua,
o poco lungi dal ponte di battelli, fu rinvenuto il pre-
zioso monumento , di cui diamo la notizia. Poco tem-
po dopo la sua scoperta fu acquistato dal nostro Au-
gusto Sovrano , il quale ne valutò la importanza con
quel finissimo gusto per le arti, che tanto lo distingue:
ed in questi ultimi giorni , desiderando che la bel-
lezza di tanto insigne lavoro fosse da tutti gustata ,
volle che si esponesse alla pubblica vista nel Real Mu-
seo Borbonico , fra gli altri oggetti preziosi che ivi si
conservano.
L' anello , di cui è parola , è di oro massiccio ; e
solo nella parte superiore, al sito del castone, vedesi
il metallo imbianchito dalla mistione coll'argento; per
modo che costituisce un piccolo campo bianco , che
circonda la incisione , di cui diremo tra poco. Il suo
peso è tre once e trappesi quattordici. La forma del-
l' anello è ovale nel suo piano superiore, essendone i
diametri trenta per trentacinque millimetri. Vedesi
su questo piano profondamente incavata una testa di
profilo a s. di finissimo lavoro con molta intelligenza
condotta; e di lato si legge la epigrafe incisa a caratteri
minutissimi , e retrogradi, perchè risultassero dritti
nella impressione :
I3 0n3
...SAAI3ANA...
La gobba frontale molto prominente , V occhio se-
vero , le parti del volto fortemente pronunziate, e la
chioma che copre gran parte della fronte , fecero de-
terminare la pregevole incisione per lo ritratto di
Marco Bruto; come si trae dal confronto delle meda-
glie consolari , e del busto capitolino : su di che si
vegga il Visconti (1) ficonogr. rom. pag. 178 e segg.
tav. VI ediz. di Milano ). Così in fatti fu determinato
sino dall'epoca della primitiva scoperta dal eh. signor
Principe di S.Giorgio, ch'ebbe occasione di osservare
il monumento. E così pure venne riconosciuto dal eh.
(1) lì Visconti fa una lunga e minuta discussione sulla vita pub-
blica e privata di M bruto attribuendogli non pochi vizii, fra'qual1
quello dell'avarizia e delle usure mollo gravi tonilo le cillà ed '
principi di Cipro e di Cilicia.
sig. Comm. Quaranta , che ha ledo su questo anello
una particolare memoria alla reale Accademia Ercola.
nese,eda me dopo la oculare ispezione di quel ritrat-
to.Siccome è stato osservato che il medesimo processo
di arte si richiede nella incisione de' metalli e delle
pietre fine ( Raoul-Rochette lettre à mons. Schorn p.
69 e segg. cf. Hennin marnici de numismat. élém. §§
62 e 69), sarebbe da confrontare coll'anello del Real
Museo la sardonica pubblicata nelle centurie del sig.
Cades ( dalla collezione Vannutelli: v. oullelt. del-
l'ht. dì corr. archeol. 1839 p. 1 1 1 n. 63), per osser-
vare se dal lavoro di quella gemma , che dicesi pre-
gevolissimo , possa trarsi argomento ad attribuirlo al
medesimo artefice, ch'eseguì l'anello. Fralle pietre in-
cise havvene una dell'artista Agatliopus, che offre un
ritratto attribuito egualmente a M.Brulo, sebbene al-
tri pensasse piuttosto a Cn. o Sesto Pompeo ( Gori in-
scr. ant. Elrur. t. I tab. I n. 3 ; mus. Florent. t. II
tab. I n. 2: Middleton antiq. etc. p. 109:Kunslblatti
1830 n. 85 p. 331). Ed il Raoul-Rochette, seguen-
do il Visconti (opere var. tom. II p. 121 e 303), ed
il Gori (col. ìib.Liv.Aug.jì. 154) opinò che fosse lo stesso
Agathopus, che dicesi aur ifex nelle iscrizioni de'libert»
di Livia (let. à mons. Schornp. 106 ed. sec). Comun-
que sia; l'artista che incise l'anello del real Museo è indi-
cato nella greca iscrizione 'Av«.?/X*s \n6u, dalla quale ci
si dà la notizia del greco artefice^ nassilao finora non co-
nosciuto; sebbene sia degnissimo di esserlo per questa
pregiatissima opera a noi tramandata. Ed ormai dovrà
il nome di Anassilao aggiugnersi a quelli notati nel
catalogo del Sillig, e principalmente nella seconda
edizione della lettera a Schorn , opera del mio de-
funto amico Raoul-Rochette. Non può cader dubbio
che 1' anello , di cui diamo notizia , appartiene alla
classe degli anelli signalorii , essendo disadatto a por-
tarsi al dito per la sua grossezza , e pel suo peso. Ed
è pure indubitato che questo anello signatorio noD
potè ad altri appartenere che allo stesso Bruto (2).
(2) Non altrimenti Augusto, come scrive Svetonio , usava a sug-
gellare di un anello colla sua immagine , opera del greco artista
Dioscoride ( Aug. e. 50 J. Di simili anelli signalorii parla "Plinio :
mitili nulla* admittunt getnmas, auroque ipso signant ( lib.
XXXI, i ). Vedi Raoul-Rochelle nelle mém. de J'4c«d. des inscr,
et belles-lettrcs voi. XIII p. 655 not. 5.
— 179
Certamente con esso suggellava le sue lettere , ed i
comandi eh' era nell' obbligo di dare per le cariche
pubbliche da lui sostenute ( delle lettere di Bruto fa
menzione Plutarco in Bruto e. 2 , 22 , 28 , 29 ; due
in unione con Cassio si trovano nel libro XI ad fa-
miliares di Cicerone; altre si citano altrove dallo
stesso Cicerone): e forse gli fu lavoralo quell'anel-
lo in Grecia, ove tanto frequentemente si trat-
tenne , come si raccoglie dalla sua vita. La bellezza
ed il valore intrinseco dell'anello signatorio di M. Bru-
to ci ricorda quel che di lui narra Plutarco , che
amava nelle sue milizie la magnificenza e lo splendo-
re , per modo che godeva a vederle adorne di oro e
ili argento ( in Bruto e. 38 ): il che non so come
possa conciliarsi colla lettera, di cui parla Plinio, scritta
ilal campo presso Filippi , colla quale dolevasi che i
comandanti usassero fibule di oro: Sed in militici quo-
que in tantum adolevi t haec luxuria, ut M. Bruti in
Philippinis campis epislolae reperiantur fremente* fi-
)ulas tribunicias ex auro gerì ( lib. XXXIU , cap.3. ).
\ noi sembra che questa lettera debba riputarsi fitti—
uà, insieme con molte altre , che furono attribuite a
M. Bruto. Non dee poi far maraviglia che questo
jnello siesi conservato anche quando venne in potere
\ugusto , e gli altri della casa Giulia ; imperciocché
ìon furono abbattute neppure tutte le statue di lui,
le quali erano tanto più visibili agli occhi di tutti.
È) noto in fatti Io scherzo di Augusto verso i Mila-
aesi, i quali avevano eretta a Bruto una statua di
esimio lavoro ; ed è noto com' egli volle che rima-
nesse al suo posto, lodandoli perchè non avevano
cessato di mostrar benevolenza a quel loro amico già
caduto ed estiuto ( Plutarco comp. Dionis et Bruti
e. 5 ). E la stessa lQde toccò ad un certo Publio, già
questore di Bruto , che non cessò di conservarne in
sua casa le immagini £tx& a.i (Appian ci», lib. IV §.51).
Il metallo, che circonda la incisione, siccome innanzi
licemmo , è bianco nella superficie , e dee riputarsi
quella mistione, che gli antichi appellavano eleclrum.
Parlarono distesamente di questa lega metallica , che
apparisce anche sovente nelle medaglie, l'Harduino
ad Plin. lib. XXXIH § 23), il Bochart (hieroz.pars
poster, lib. VI e. XVI), il Binckio (de vet. num. pot.
e. XI §.7), lo Spanhcim (Cesar* de Julien p.18, 19),
e l'Eckhel (doctr. prolegom. p. XXIV -XXV). Non
posso però ammettere la idea dello Spanhcim, e del-
l' Eckhel che si fosse nelle medaglie sovente adope-
rato per la imperizia dell'arte metallurgica; giacché
si trova in monete della medesima città, e quasi della
medesima epoca, l'oro puro e l'elettro. A ciò si ag-
giunga che Plinio dice espressamente che quella mi-
stione si proccurava a bello studio: juvat argentum
auro confundere ut electra fiant (lib. IX § 65): laqual
finezza di arte spicca particolarmente nell'anello di cui
diamo la notizia , essendosi preparata la superficie di
elettro, o per ottenere maggior facilità ad inlagliarla;ov-
vero perchè rimanesse un fondo bianco intorno alla in-
cisione; ovvero finalmente per adulazione dell'artista,
che volle circondar la effigie di Bruto di quel nobile
metallo, che veniva riputato il metallo di Giove, laddo-
ve gli altri metalli atlribuivansi ad altre minori divinità.
Certamente l' anello di oro nuovamente introdotto nel
real museo Borbonico , e per la bellezza del lavoro ,
e per la celebrità del personaggio storico da cui fu
adoperato, dee ritenersi come uno de' più rari cimelii
della romana antichità. E tutti gli archeologi e gli
amatori debbono saper grado al nostro Augusto Mo-
narca , che volle ad essi partecipata la conoscenza di
un monumento unico e singolarirsimo.
MlNERVTNI.
Capedine di argento con greca iscrizione.
Assai grazioso è il vasello di argento (1), di cui
presentammo la incisione la quarta parte dell'origi-
nale. La testa di cane eh' è alla estremità del manico,
e le eleganti baccellature che ornano la parte conves-
sa della coppa rendono ancor più pregevole questo
grazioso monumento.Trovasi altra volta il simpulo ter-
minante a testa di animale: così vediamo una testa di
cigno in un simile vaso di bronzo ritrovato in Egitto
notevole pel segno della croce ansata, che vi si scorge
(vedi il eh. Lajard negli annal. dell' Inst. 1845 p. 21
tav.d'agg.A),e la slessa lesladi cigno si osserva in al-
(1) Fu da noi osservato presso il nogoziante di amichila «ignor
Barone.
— i 80 —
tri simpuli di argento di greco lavoro ritrovati nelle
scavazioni di Kertch nella Crimea ; giusta la relazione
datane dal eh. Achit (annui. dell'Imi. 1840 p. 20
tav. d'agg. C n. 10) , che ne ha poi ripetuta la pub-
blicazione nella sua opera sul regno del Bosforo scritta
in lingua russa (voi. Ili lig. 219 cf. la pag. 91). Sen-
ì alcuno ornamento apparisce nel magnifico vaso d1
Vivenzio colle Menadi, che fan libazione ad una im-
magine di Bacco ; ove si vede una delle Baccanti che
attinge da un gran vaso il licore per versarlo in una
tazza pur da lei tenuta colla sinistra : ma poi la stessa
testa di cigno si scorge nel simile arnese di bronzo
rinvenuto insieme col detto vaso ( vedi real musco
Borbonico t. XII tav. XXI-XXII). Altri simili vasie-
gualmente di bronzo , alcuni de' quali colla solita te-
sta di cigno, veggonsi nel real mus. Borbonico (voi .IV
tav. XII ). Cf. pure Becker Gallus tona. III p. 221
ed. Rein , ove alcuni se ne riproducono.
Ci contentiamo di citare questi esempli, senza ricor-
dare le monete di romane famiglie, nelle quali la ca-
pcduncula si osserva non poche volte cogli altri istru-
menti da sagrifizio. Pare che il nome conveniente al
nostro vasellino sia capedo, capis e copula; così detto ap-
punto perchè poteva facilmente prendersi a causa del
lungo manico , di che era fornito ( Varrone de ling.
Lat. lib. IV, 26; Prisciano VI, 708). Non so se vada
egualmente bene adattato a questo arnese il vocabolo
di simpulum , o simpuvium , che pur si trova come
jstrumento di sagrifizio.
A me sembra che simpulum sia un termine più ge-
nerale, come vaso di cui servivansine'sagrifiziienelle
libazioni ; ma veniva poi dello stesso determinala la
forma dal lungo manico , che facevagli attribuire il
nome di capis, o capedo. Non è dissimile la derivazio-
ne della voce capulus nel significato di manico , che
si applica più di frequente al manico della spada. In-
tanto non sarà fuor di proposito osservare che la te-
sta del cane in allusione al manico (XaJ3ri) ci ricorda
il luogo di Aristofane, in cui si dà ad un cane il nome
di Aa]3*)ì (Vespac v. 836), appunto, come nota lo
scoliaste, avrò roù Xa/xjìa>£<K (ad /. e p. 153 edit.
Didot ). Nella parte interna della nostra capeduncuìa
è graffito 1' ornamento, che abbiamo riportato nella
citata tav. I della grandezza dell'originale, e fra gli
ornati sono disseminate sei greche lettere, le quali sem-
bra doversi leggere neh' ordine seguente AATTPH.
Assolutamente nuovo riesce questo greco vocabolo.
Pare che sia il nome dell' istrumenlo medesimo; ma
non sembra potersi derivar da X«,'^)3ayw quasi corri-
spondente al latino capedo o capula.È noto che XaVa?
è delta da Suida una goccia di liquido : Xctra? r\
\xiyrù.v\ craywy (s.«.). Ateneo però spiega Xdfj.% e
\a/fdyi\ tò Ixienerov \x Tr$ xvìjxos vyqov (XI p.
479 E): il che e dallo stesso Ateneo, e da molli
altri scrittori si applica al giuoco del collabo. In
qualunque modo; come \xrx% veniva a dinotar le
gocciole che cader si facevano da un vaso in un al-
tro recipiente , non dovrebbe parere contro le deri-
vazioni delle greche parole che la voce \%rvpr\ indi-
casse appunto la medesima idea, corrispondendo in
ciò al gutlus de' latini. Non vogliamo intanto trala-
sciare di presentare un'altra conghietlura : ed è che
fosse svanita una lettera nello spazio che intercede fra
A edH, e che si fosse per l'età consumala la lineetta
inferiore nella prima di quelle due lettere , in guisa
che apparisse A in vece di A. In tale ipolesi suppli-
remmo la voce [TjAATTPH, per indicare trattarsi
di un vaso destinato ad attignere acqua ; ricordando
il frammento de' Cabiri di Eschilo .... \xf\ò\ xqwg-
<rovi\xr\r oìvripous nrft' t'docTVjpot'S [fragni. 1 17 Ahrens,
ex Polluce VI, 23 ), nel quale si attribuisce appunto
ad un vaso simile epiteto. Del resto nulla di certo si
conosce della forma del xpwdxos , su di che si vegga
il Letronne (journal des Savanls 1833 p. 307, 308,
311, 402 ). Ma non vogliamo aggiungere ulteriori
conghielture ; ed attenderemo su queste da noi pro-
poste l'autorevole giudizio de' più dolti filologi.
MlNERVlNI.
Giclio Mi.neuvim — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 74. (24. dell' anno III.)
Giugno 1855.
Dell'origine del cullo di Giove Labraundo o sia Labrandeno. — Pietre antiche , presso il negoziante di antichità
signor Barone, pubblicate nella nostra tav. I fig. 3, 4, 5, 6. — Lucerna fittile. — Statuetta di bronzo. —
Iscrizioni latine. Cont. del n. 46. — Osservazioni diverse sopra alcuni monumenti , de' quali si parla nel
3." anno del bullettaio. — Bibliografia.
Dell'origine del cullo di Giove Labraundo
o sia Labrandeno.
Il eh. Boeckb (Corp. tnscr.jr.n. 2750) sommamente
ada le cose dette dall' Eckhel e da un dotto Inglese
ritorno al culto di Giove Labraundeo diffuso segna-
amente nella Caria e nelle vicine regioni. Io ignoro
ì ragioni addotte dall' anonimo Inglese intorno al-
altribulo della bipenne proprio e distintivo di Gio-
e Labraundeo o sia Strallo , che ricorre segnata-
ìente nelle monete di Milasa e dei re della Ca-
ia; ma parmi quasi certo ed evidente, che il cul-
) assai antico di quel nume debba , del pari che
uello d' Ercole , e d' altre deità greche , ripetersi
all'Assiria. Nelle scoperte di Ninive del eh. La-
ard ( p. 259, volg. Malvasia, Bologna 1855 ) ve-
esi rappresentata una pompa sacra di guerrieri As-
iri vincitori, che a quattro a quattro portano in su
; loro spalle quattro simulacri delle deità del po-
olo da loro debellato, l'ullimo de'quali è una figu-
a virile barbata, vestita di corta ma ricca tunica,
vente quattro corna in sul vertice del suo capo , la
uale nella d. alzata tiene una scure , e nella s. pro-
;sa un come fulmine. Anche il eh. Layard vi rav-
isa effigiato Giove Babilonese , del quale leggesi nel-
epistola del profeta Geremia (Baruch VI, 15 , lat.
4): ìx,n %\ ìyx,uQp>lOV <>=?'* *«' •jtsXsxvy. Egli per
ltro non chiama a riscontro di quell' insigne monu-
jento di Ninive le monete dei re della Caria e di Mi-
asa col tipo analogo di Giove Labraundeo stante pal-
ÀtiNO in.
liato con bipenne nella d. e con asta , o sia scettro ,
nella s. La lieve differenza del vestire greco , e del-
la bipenne sostituita alla scure semplice^ parmi non
tolga per nulla la sua forza all'avvertilo riscontro;
tanto più che la bipenne di Giove Labraundeo dice-
vasi quella d'Ippolita Amazone , rapitale da Ercole
(Plut. quaest. gr. 45 ), e d'altra parte la forma del-
l' Amazonia securis varia di molto ne' diversi monu-
menti greci. A conferma della derivazione del culto
di Giove Labrandeno dalle regioni dell'Assiria torna
il riscontro delle sovra allegate parole del profeta ri-
sguardanti l' idolo Babilonese : habel etiam in manu
gladium et securim, con quelle di Eliano (hist. anim.
XII , 30), che ne attesta come di riscontro al simu-
lacro di Giove Labraundeo, o sia Stratio, era sospe-
so un gladio.
C. Cavedoni.
Pietre antiche, presso il negoziante di antichità signor
Barone, pubblicate nella nostra tav. I fig. 3,4, 5, 6.
La prima pietra (fig. 3) è di agata, ed offre nel mezzo
un foro, per potersi sospendere. Nella parte principale
si mostra a rilievo una testa imberbe e velata, dietro
al cui collo si scorge una piccola testa di un anima-
le , come sembra di un cane. Nella opposta faccia è
incisa la greca lettera X. Noi ci asteniamo per ora da
qualsivoglia illustrazione di questo singolare intaglio,
e ci riserbiamo di proporre talune nostre conghiet-
ture nel prossimo anno del bulleltino.
24
— 182 -
La seconda pietra incisa ( fig. 4 ) rappresenta il
piano inferiore di uno scarabeo di arcaico lavoro , in
corniola. Esso offre la rappresentazione , tanto co-
mune ne' monumenti di Asiatica derivazione , di Ieo-
dì che addentano un toro. Su questa simbolica pu-
gna , vedi la dotta dissertazione del eh. Lajard (nou-
velles Annales de l'Instimi Archéol. tom. Ili p. 397 -
445 ), il Raoul-Rochette ( Hercule Assyrienel Phéni-
cien p. 1 12 e segg. ), e la terza memoria dello stesso
Lajard nelle sue recherches sur le culle de Venus pag.
1 1 9 e segg.
Non meno interessante è la incisione dello scara-
beo in corniola , che ci offre Ercole nudo e bar-
balo in ginocchio , che tien colla destra la clava e
1' arco colla sinistra. Co' medesimi simboli vedevasi
la statua di bronzo offerta da quei di Taso in Olimpia
lavoro di Onata ( Pausan. V , e. 25 , 12 cf. Brunn
Griechisch. Kimsller t. I p. 92 ). Se non che nella
pietra incisa da noi pubblicala l'eroe è ginocchiato in
posizione propria di un arciero ; come si scorge in
una intera serie di medaglie di Tliasos, ove Raoul-Ro-
chelte riconobbe un tipo fornito dall'arte fenicia. Ve-
di su di ciò , e sopra simili figure di arcieri inginoc-
chiati la sua dotta memoria Hercule slssyrien et Phé-
nicien p. 177 segg., e propriamente sopra Ercole pag.
222-223. Sembra poi che a ragione siesi opinato che
questa attitudine di Alcide si riferisca alla pugna col
leone , traendone argomenlo da una serie di antiche
medaglie italiche , nelle quali vedi 1' eroe in quella
posizione alle prese col tremendo quadrupede. Ma ciò
vien pure confermato dalla nostra incisione, in cui non
si altribuisce ancora all' eroe la leonina pelle, appun-
to perchè non aveva ancor superala la belva feroce.
Di arcaico lavoro si è pure il diaspro verde inciso
nella fig. 6, che offre due buoi pascolanti. E da notare
che l' artista fingendo che uno de' due animali si tro-
vasse Dascosto da quello eh' è interamente visibile ,
non ne ha segnato allro che la testa ed il collo , per
evitare le difficoltà di disporre acconciamente le rima-
nenti parti del corpo : il che si osserva allresì nello
scarabeo ('fig. 4) , ove uno de'due leoni non mostra
che la semplice testa.
MlNERVINl.
Lucerna fittile ( Tav. VII fig. I ).
Interessante è questa bella lucerna , che fu da noi
osservata presso il più volte citato sig. Barone. Ve-
desijnessa sedente una divinità alata con lunga tunica,
e col capo ricoperto da galea , la quale colla sinistra
tiene un cornucopia, e colla destra presenta la patera
ad un serpente, che si attorciglia ad un'ara con offerte,
che si eleva innanzi a' di lei piedi. Sono intorno ad
essa i simboli di molte divinità, l'aquila di Giove,
il delfino di Nettuno (1), il turcasso e la clava di Er-
cole, il sistro d' Iside, la lira di Apollo, la tanaglia di
Vulcano, il caduceo di Mercurio, il tirso di Bacco, i
cimbali di Rea sospesi alle melograne di Proserpina, e
più innanzi la spiga di Cerere, un augello forse l'iynx
simbolo di Venere, e nel mezzo in alto una testa im-
berbe accoppiata con un ornamento a foggia di luna
crescente, e sotto un'allro simbolo (2) non troppo bene
determinato. Intanto un'altro serpente comparisce pres-
so le ali della sedente dea. Pare che in questa divinità,
circondata da simboli così diversi, debba ravvisarsi la
Fortuna Pantea ( Reines. Synt. inscr. p. 8; Spon mise,
erud.anliq.scct. 1 art. V, et antiq.sel.quaest.dissert. VII),
la Tt'xT) Sìùv ( Pausan. II, c.2, e V, e. 17) ; la quale
in un romano monumento trovasi denominata FOR-
TVN • OMNIVM • GENT • ET • DEOR-(Spanheim<7<?-
sars de Julien , preuves p. 97 ). Nella nostra lucerna
vedesi la Fortuna colla galea , non altrimenti che in
una pietra incisa pubblicata dallo Spon ( IL ce), ed
in altri monumenti ( Lajard rech.sur le culle de Venus
p.84 segg.); per modo che offre l'aspetto di Pallade: su
di che notiamo che la Fortuna o Nemesi fu riferita pure
alla Pallade Pronoia ( Gerhard Prodromus p. 99, s.;
Schulz negli annali dell' Istit. 1 839 p. 1 04. Sulla Pallade
Pronoia o Pronoea vedi lo stesso eh. Gerhard Grie-
chische Mylhologie t. I p. 227 seg. ). La sua rela-
zione col serpente , simbolo dell' Agathodaemon ,
non è nuova per somiglianti effigie della Fortuna, che
comparve anche talvolta offrente la patera al serpen-
te ( Spanheim /. e. ; Buonarroti medagl. p. 225 ; cf.
(1) Sul simbolo del delfino ittribuilo a Nemesi v. Miiller Bandbueh
§.398 p.645, ed.Welcker: cf.Lajard rech.sur le culle de Venus p.84.
(2; Puy riputarsi una ruota.
— 183 —
Scliulz /. e. p. 103). È poi nota la relazione di Fal-
lacie stessa al serpente ne' monumenti antichi , molti
le'quali veggonsi riportati nella memoria del ch.Ger-
ìard ( Minervenidole Athens tav. II, e segg. ). Sopra
deuni di essi avremmo bramato che il eh. archeolo-
go di Berlino avesse ricordato le cose dottamente di-
sputale dall'Avellino (descriz. di una casa Pompeja-
xa, appendice: nel voi. Ili delle memorie della regale
iccademia Ercolanese ). L' altro serpente , che sor-
re dietro la dea nella lucerna del signor Barone , ci
ichiama quei monumenti ne' quali mirasi una coppia
li quei rettili ; le cui relazioni con non poche divi-
lilà sono dottamente notate dallo s'esso ch.cav. Ger-
lard (Agalhodaemon und Bona Dea not. 17-28pag.
18 segg.). In questi ultimi tempi il eh. lahnhapub-
jlicato un disco di terracotta , che servì forse per te-
nersi sospeso come amuleto ; nel quale sono i simboli
li moltissime divinità , sebbene manchi la presenza
Iella Fortuna ( uber den Aberglauben des bosen Blicks
tei den alien negli atti di Sassonia 1855 tav. V , 3
fi la pag. 52 ). Io posseggo il disegno di altro si-
mile disco della raccolta del defunto sig. Mongelli ,
che vedesi ora collocato nel real Museo Borbonico ,
per lo quale ne fu fatto recentemente l' acquisto.
Mi propongo di farne la pubblicazione nel pros-
simo anno del bullellino: e sarà allora il momento di
lume una più distesa esposizione, paragonandolo col-
'altro edito dal lahn, e con la lucerna di cui breve-
mente abbiamo favellato. Minervjm
Statuetta di bronzo.
Nella nostra tav.VIIfig.2 è pubblicata una piccola
statuetta di bronzo , che dicevasi proveniente da Ca-
pri , quando la osservammo presso il sig. Raffaele
Barone. Le sileniche fattezze del volto, la lunga bar-
ba , il pallio filosoGco che ne ricopre le spalle , ci
danno a credere che siesi voluto effigiare Socrate , il
celebre maestro di Platone e di Senofonte ( lahn an-
nali dell' ht, 1841 p. 280 seg. ). È pur conosciuto
che questa somiglianza fra Socrate e Sileno è tanto
notevole, clic fu l'uno coll'altro confuso talvolta
ne' monumenti; ed uno degli esempli a noi lo forniva
la importante cassa con bassorilievi rinvenuta in
Pompei ( Avellino descr.di una casa pompcj. con cap.
pg. tav. VI p. 45 seg. ) , nella quale un dotto ar-
cheologo alemanno riconoscer volle il filosofo Ate-
niese ( lahn l. e. ). Ma son da leggere a tal propo-
sito le nuove osservazioni dell' Avellino ( bullet. arch.
nap. an. Il p. 28 e segg. ), e del Raoul-Rochette
( choix de peintures de Pompei pag. 105 not. 1. ).
Vogliamo soltanto notare, relativamente alla nostra
statuetta , che Socrate andar soleva co' piedi nudi,
siccome ha osservato il Voss (mytholog. Briefc 1 , 21),
mentre il monumento di Capri ce l' offre calzato. Ma
questa particolarità non ci sembratale che possa farci
abbandonare una spiegazione per tanti altri motivi
probabile. Volendo indagare che cosa il filosofo tiene
collajsinistra, ci sovviene tantosto la velenosa bevanda,
che fu cagione della sua morie (Plalonis P/wc/o.oper.
t.Ip. 117 ed. Stephani; Dioscorid. lib. IV e. LXVII;
Diogen. Laert. lib. II seg. 42, Aelian. var. hist. lib.
I e. 16, e lib. Ili e. 36;Ciccr. Tttsculan. disput. lib.
I e. XL; Ovidius Ibis 495, s.; Persius Sat. IV. 1-2;
Plin. nat. hist. lib. XXV, e. 13; luvenalis Sat. VII,
205 ; Seneca ep. XIII). Sembra di fatti fuor di dub-
bio che il poculum, o scyphus , che il barbato perso-
naggio tiene colla sinistra , accenni appunto a quel-
l'avvenimento della vita di Socrate. E la franchezza,
e l' atto pronto e vivace , che mostra il nostro bar-
bato filosofo , sono in pieno accordo colla tranquil-
lità di Socrate, quando era vicino a sorbire la morte.
La quale tranquillità ed arditezza si attribuisce da
Senofonte ( hellen. lib. II e. 3 in fin. ) e da Tullio
(Tuscul. disput. \ib. I e. XL) anche all' Ateniese Te-
ramene, che dopo avere ingozzala la velenosa bevan-
da , fé cadere i residui con quella destrezza adope-
rata dagli antichi nel giuoco del coltabo, per ottenere
che le gocciole rimaste in fondo al bicchiere facessero
nel cadere un particolare rimbombo.
MlNBBVIKI.
184 —
Iscrizioni latine. Continuazione del n. 46.
29
D-/-M-
CERR1NIAE • VE
NERIAE • MATRI
TREBATIA • SARI
NA . B • M • F .
Mi ho copiata questa iscrizione da un marmo esi-
stente presso il signor tenente de Benedictis in S. Ma-
ria, il quale la disse proveniente da Avellino.
30
Più interessante è la seguente rinvenuta in S. Ma-
ria , ed or posseduta da D. Francesco Arcano
D • M • S •
QVARTIONI • VII
♦ • R . SID . QVI • V • A
XC • FILI.
RI . R • M • F •
È ben facile proporre i supplimenti di questa la-
pida , la quale va certamente tetta in tal guisa.
DMS-
QVARTIONI VII
viR ■ SID • QVI ■ V • A
nnoS • XC FILI
pam B M • F •
Si noti che nella quarta linea il quadratario aveva
scritto FIILI, e poscia corresse lo sbaglio raschiando
uno de' due I. Non è infrequente il nome Quartio de-
rivato da Quartus , non altrimenti che Secundio da
Secundus , Quintio da Quintus , Sextio da Sextus , e
forse ancora Terlio da Terlius ; nomi che s' incon-
trano tulli nelle iscrizioni. Merita attenzione la lon-
gevità del nostro Quarlione, il quale visse novant' an-
ni. Ma la principale importanza della nostra epigrafe
si è il titolo , che si dà al defunto VII eiR • SID • Io
non dubito che bisogna interpretar quelle sigle Se-
ptemviro Sidicinorum , ed intenderle della Teano dei
Sidicini. È ben noto che così vennero appellati fre-
quentemente que' popoli e da Cicerone (PM. 2, 41),
e da Livio (lib. VII, 29 ed altrove), e che la quali-
fica di Sidicini era giudicata talmente necessaria, che
si espresse altresì sulle medaglie osche di qnell' an-
tica città ( v. Eckhel doctr. I p. 118: cf. Carell. tab.
descrip. p. 18 ed. Lips.). Non sapremmo ben di (finire
la carica di Septemviro sostenuta da Quartione.
Non sembra che il septemvirato di Quartione possa
reputarsi una speciale magistratura municipale. Noi
sappiamo essere stati in Teano i duumviri (Mommsen
inscr. r. neap. lat. 3984 ) , forse gli stessi che i du-
umviri i. d. ( Id. ib. n. 3998 , 4016); che in epoca
diversa furono tramutati ne' quatuorviri i. d. ( Id. ib.
n. 3996,3997). Potrebbe congbietturarsi che Quar-
tione fosse uno de Septemviri destinati alla divisione ed
all'assegno de'campi, de'quali parla Cicerone (P/h7»'»j>.
V§.VH;VI §.V;VIU §.lX;XII§.IX;adii«ic.lib.XV.
ep.l9):la quale carica aver dovette la sua applicazione
altresì nelle romane colonie, ove forse a' romani magi-
strati accoppiavasi qualche cittadino del municipio,
che fosse istruito della condizione delle terre da divi-
dersi.Nondimeno fa difficoltà la espressione Septemviro
Sidicinorum, che accenna ad un incarico locale.Tro-
viamo in altri siti d'Italia mentovarsi certe partico-
lari magistrature , costituite da un variabile numero
di membri. Tali sono gli ottoviri di varii municipii,
i quinqueviri di Nuceria ( Mommsen n. 2096 ). Per
quel che concerne gli ottoviri , sono note le ricerche
del dottissimo Borghesi, il quale opina che fosse con
quella voce indicato il complesso di tulli i magistrati
municipali; sebbene in alcuni casi li creda di un or-
dine inferiore riputandoli i capi del collegio de' fab-
bri (vedi il giornale di Perugia fase, di aprile, mag-
gio, giugno 1838: cf. altre osservazioni dello stesso
Borghesi nell' articolo del sig. Gennarelli su' marmi
ottovirali inserito nel ballettino dell' Istit. 1839 pag.
53-63). Sono appunto gli ottoviri di questa seconda
— 185 —
classe , che meritano di essere paragonati col Scttem-
viro Quartione; perchè sono essi semplicemente ad-
ditati da quel titolo , cui segue il nome del munici-
pio a cui appartennero. Al qual proposito van parti-
colarmente ricordate due iscrizioni , in una delle quali
si parla di un VIIIVIR TREMA , nell* altra di un
VI1IVIR FIRMI ( bull. cit. p. 59 ). 11 nome quasi ser-
vile di Quartione, e l'essere additato semplicemente
come seltemviro de' Sidicini, ci fa inchinevoli a rite-
nerlo per uno de' capi «lei collegio de' fabbri Sidicini,
fabrum sidicinorum , i quali esser dovevano sette ,
siccome in Trebula , ed in Fermo erano otto.
Minervino
Osservazioni diverse sopra alcuni monumenti,
de' quali si parla nel 5." anno del bulletl'ino.
Epigrafia.
La iscrizione di T. Ainius ( p. 7 n. 6 ) non è di-
pinta , ma sibbene impressa sull' argilla ; siccome
rileviamo da una particolare lettera dello stesso sig.
Cherubini. Per lo che riesce molto dubbiosa la inter-
pretazione per noi data delle sigle VASP. E forse
sarà da preferire l' altra propostami per lettera dal
lodato sig. Cherubini , il quale vorrebbe spiegarla
VAS Vicenum, o WScularius Picenus; richiamando
la nota celebrità delle figuline del Piceno. È poi ri-
saputo che Plinio loda la fermezza delle Hadrianae
anfore: Cois laus maxima, Hadrianis firmitas ( lib.
XXXV, 12 seg. 46). Ma pare che non intenda della
nostra Hadria , né tampoco della Veneta , alla quale
vorrebbe attribuir quel passaggio anche ilMiiller(di'e
Etrusker voi. II p. 245: cf. Avellino num. vet. hai.
p. 89 not. 57 nella parte tuttavia inedita ). Di falli
Esichio riunisce spiegando KipzupjJoi à^eps/i- ri.
'A^pwà xifafjK* ( s. v.) : dal che giustamente fu de-
dotto che si alludesse alle anfore di Corcyra , iden-
tiche MeAdriane, cioè a quelle provenienti dall'A-
driatico ( Letronne obscrvat. sur les noms des vases
gr. pag. 17 seg. cf laho uber ein Vasenbild icelches
eine Tòpferei vorslelll ne' Berichle di Sassonia 1854
p. 34 seg. )
Il dativo Nympheni della epigrafe di C. Cesonio (p.
40 n. 14) sembra derivare da Xymphes , non altri-
menti che Florianes esce in Florianenis, Eutychis in
Eulychinis eie. Vedi la osservazione precedente del
eh. Cavedoni pag. 165.
A dichiarazione del nome Acibas, o Aciba incon-
trato in alcune iscrizioni puteolane ( p. 53, e 97),
mi piace di riportare alcune osservazioni a me comu-
nicate da un dotto collega. Esse sono le seguenti —
« Altro esempio dell'.4c<6a è nella collezione Campana
C . IVLIVS . ACIBA
IN.FR.P.IV
IN . AG . P . VHS
C • IVLIVS . THEODORV
Il nome or Acibas , or Aciba proviene dal fenicio
passando però pel greco , siccome dimostra la finale
as, che i soli Greci danno non di rado a simili nomi
fenicii in al. Così 1' Adherbal di Sallustio è greca-
mente 'ATap|}«s , Asdrubal è 'Affojpo^JaS , Bomilcar
è Bcw(xfX_xas, Hamilcar è 'AfjuXxas, Hannibal è 'Am-
P*s, Maharbal è McLafòouT, MastanabaI è MoufrarafiaS,
Slembai è Srffxpaj. Il suo originale è VV'2'fiX. cioè
amico o fratello di Baal , come nella vera religione
rVhX ed IrVfiK vuol dire fratello , ossia amico di
Dio ». Qualunque sia la derivazione del nome ^ciòa,
a me basta che fosse portato da un famoso Giudeo
per sostenere lo stabilimento di Giudei in Pozzuoli.
E forse il vederlo adottato da un seguace della legge
giudaica potrebbe allontanare il pensiero dalla deri-
vazione immaginata dal mio eh. collega e farcene so-
stituire un'altra non meno semplice, col richiamare in
composizione il ^2 , che ritrovasi nel significato di
cuore (Daniel. VI, 15), che si estende ancora a quello
di animo , e di mente nel siriaco , e nell' arabo. Sic-
ché potendo Y Acibas avere un significato particolare,
non veggo la necessità di ricorrere al culto idolatrico
di Baal , che mal si addiceva all'entusiastico annun-
ciatore di Barkokeha, il quale doveva mostrarsi in-
vece attaccato alla giudaica religione , se volea per-
suadere che fosse giunto l'aspettalo Messia.
— 186 —
In quanto all' ortografia COPO per CAVPO ( pag.
1 64. ) è da leggere ora quel che recentemente ha
scritto il sig. prof. Fiedler, a proposito di un vaso
da bere di romano lavoro , colla iscrizione COPO
IMPLE. Vedi Jahrbiicher des Ycreins von Alterthums-
freunden in Rheinlande, 1854 tom. XXI p. 57 seg.
Antichità pompejane.
A confronto de' pavimenti sospesi delle antiche
terme di Pompei (p. 33 seg.) vedi le dotte osserva-
zioni del eh. Cavedoni su gli usi de'mattoni per g\'i-
pocausli delle terme (ragguaglio archeol. intorno agli
scavi fatti di recente in Modena - Modena 1845 in 8-
p. 16-24).
Il sig. Breton ( Pompeia p. 290 ) riporta alcune
delle iscrizioni incise sulle mura di Pompei fuori la
Porta di Nola , di cui diciamo a p. 57 ; ma non ne
dà alcuna spiegazione. A proposito dell'egizio nome
NVPHE da noi ravvisato in una di queste iscrizioni
( pag. 59 ), e poi paragonato al CALAES, quasi Al-
ida Nuphe corrispondesse ad Alleia Calaes ( p. 79 ),
mi piace d'illustrare una vascularia rappresentazione
rimasta finora senza spiegazione. E questa in un vaso
ì invenuto nelle scavazioni di Etruria , rappresentante
da un lato Priamo che viene a riscattare il corpo di
Ettore, dall'altro una scena non per anco interpreta-
ta. Vedi un giovine in greco vestimento che conduce
un cavallo, ed è indicato dalla epigrafe KALIS0ENES:
segue un giovine in frigio vestimento con tiara e anas-
siridi , che conduce pure un cavallo , ed è denomi-
nato NV*ES (retr. ): vien poi una donna KALIS ,
che reca sulla testa un canestro, e finalmente un al-
tro giovine KALIS...., che conduce un altro caval-
lo (Inghirami gall.omer. tav. CCXXX VIII-CCXXXIX :
rés.étr. p. 21, 11 : de Witte cat. élr. n. 144: lahn
Vasens. zu Miinchen n. 404). Pare che tulli coloro,
i quali parlarono di questo interessante monumento,
pensarono che le due facce del vaso fossero tra loro
in rapporto, e che questa seconda ci additasse la con-
tinuazione de' doni offerti all'uccisore di Ettore : spie-
garono poi il nome del frigio giovine Nt^r,? (cf.
Keil anal. epigr. p. 173). Anche ritenuta la spiega-
zione del soggetto, come innanzi fu fatto, poteva rav-
visarsi in quel giovine un guerriero dell' Etiopia , e
quindi ravvisare nel N V<È>ES le tracce d'indigeno lin-
guaggio , corrispondente al KALOS di altre epigrafi
di vasi. Ma a me sembra che possa nel giovine in
barbarico vestimento riconoscersi lo slesso Mennone;
il quale ben si trova all'opposto del suo fiero avver-
sario. In tale ipotesi sarehbe indicato dall' epiteto
NV<J>ES invece del solilo KALOS per indicar la pro-
venienza etiopica di quel barbarico guerriero. Una
tale idea sembra pur confermata dalla parte interna
della patera , ove si scorge un giovine coronato di
pampini , sedente sopra un ocladias, e tenente colla
s. un ramo di alloro : presso è la iscrizione ME-
MNON KALOS. Adunque la relazione di un giovine
Mennone richiamava spontaneamente l'artista a figu-
rar nel vaso l'eroe omonimo figlio dell'Aurora : a cui
però non assegnò per qualifica il greco KALOS, ma
1' egizio etiopico NV^ES. Se le cose da me esposte
possono riputarsi probabili , il vaso di cui è parola
ci offrirebbe il più aulico confronto al coptico nouphi,
e perciò sarebbe da giudicare di somma importanza.
Numismatica.
Neapolis Campaniae. Sono nell'obbligo di dichia-
rare che la moneta del sig. Barone, di cui è detto a
pag. 100, fu osservata benanche dal sig. cav. D. Mi-
chele Sanlangelo ; il quale ne ravvisò i caratteri fe-
nicii indipendentemente dalla mia propria osserva-
zione : nel che ci trovammo di accordo , senza che
l' uno sapesse dell' altro.
Capua Campaniae. Il eh. cav. Gerhard fu pure
di opinione che la testa adorna di stefane al rovescio
del doppio simulacro ( p. 149-150 ) sia da riputare
testa di Cerere o Bona Dea ( v. la sua memoria
Agathodaemon und Bona Dea p. 36 ad tav. II, 6 ).
Se questa spiegazione potesse giudicarsi probabile,
sarebbe da ricordare ciò che dice Servio: Tusci
— 187 —
Penales Cererem, Palem, et Fortunam dicunt ( ad
Aen. II , 325 ); giacché vedersi potrebbe la riunione
di tutte tre queste femminili divinità sulla moneta di
Capua, ove da un lato sarebbe Cerere, dall'altro forse
Pale e la Fortuna : costituendo insieme gì' italici Pe-
nati. Non parmi poi da tralasciare che la denomina-
zione stessa di Penati conduce alla idea di divinità
ascose e recondite , e perciò ben convengono loro i
velami , da' quali si mirano ricoperte.
Alyzia Acamaniac. Ove ho detto che Alyzia a tem-
pi di Strabone era considerata come un municipio di
Nicopoli ( p. 171) , si aggiunga la menzione, che
si trova di questa fusione di tutte le piccole città del-
l' Acarnania nella sola Nicopoli , per opera di Augu-
sto , in un epigramma di Antipatro ( anlh. palatina
tom. II p. 196 Jacobs). In esso si nominano Leucade,
Ambracia, Thyrreum, Anactorio, ed Argo Anfdochio;
ma non si parla espressamente di Alyzia. Però dee
considerarsi compresa nella general menzione del
poeta.
Ka< ÓTT'awa. paicraTO xvxKu»
'AffTs' ìirfàpUKTXUJY ì)0Vp\X%YT\S TTu'kltA.OS.
Del resto è da notare che il sommo Alessio Sim-
maco Mazzocchi aveva preparata una dotta disserta-
zione de Actia Nicopoli, che forma parte del secondo
volume de'suoi opuscoli impresso per cura della reale
Accademia Ercolanese , e non per anco pubblicato
( Alexii Symm. Mazochii opuscul. collectio altera,
voi. II p. 79 ad 134 ), e che si occupò ancora nel
cap. II ( pag. 91 seg. ) del citato epigramma di An-
tipatro , che vedesi ivi illustrato più estesamente da-
gli editori. Debbo pure aggiungere a compimento di
quel che fu scritto sulla numismatica di Alyzia, che
il sig.Raoul-Rochette in una sua memoria sulle an-
tiche medaglie di Ambracia parlò pure di quelle di
Alyzia. Egli dalle monete colla intera iscrizione AAT-
ZAIQN trasse argomento a sostenere la giusta attri-
buzione delle altre colla dimezzata voce AAT; con-
tro i poco fondali sospetti del celebre Mùller (Die
Dorier , 1, 7, 3 ). Ricorda che altro esemplare col-
la epigrafe AAT era nella collezione del Carelli, ed
altro in quella del signor Allier d'IIauteroche ( de-
script, des méd. du cab. de feu M. Allier d'Hauter.
pag. 43: Cousinery méd. de la ligue Achéenne pi. Il
n. 21 p. 21 p. 139). Vedi gli annali dell'Istituto di
coir, arc/i.1829 p.3 1 i ; si parla di Alyzia a p.338,s.
Voglio qui non pertanto osservare , che comunque
creder si possa probabile la grande emissione de'Co-
rintii Pegasi a' tempi di Tiinoleone, giusta il sentimento
di Raoul-Rochctte , pure non può dubitarsi che già
prima erasi quel tipo introdotto in Corinto e nelle
sue colonie. Certamente la medaglia del P. Tortora
da me pubblicata appartiene ad epoca più remota. E
ciò confronta , come osservammo , co' dati storici ;
mentre il primo introduttore della moneta eginetica
la introdusse pure a Corinto: perciò dovette subito
propagarsi ancora quella utile istituzione alle colonie
di Corinto, che la trassero dalla madre patria, quan-
do popolarono l'Acarnania, e le altre parli dell'Acaia.
Minervino
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale Accademia Ercolanese. Voi. IV
parte li. Continuazione del n.° 64.
4. Intorno ad una iscrizione onoraria di C. Celio
Vero questore alimentario, di Agostino Gervasio :
paj
193 — 266 : con sette tavole incise in rame.
La iscrizione , sulla quale il eh. autore rivolge le
sue dotte ricerche, è la Gruterianap. CCCXCIV, 3,
che era stata tenuta per sospetta dal Cardinali , e dal
dottissimo Borghesi. Il sig. Gervasio riferisce da pri-
ma i nomi di coloro che pubblicarono il marmo ; po-
scia annunzia di averlo scoperto in Napoli in uno dei
pie dritti di un arco, che forma quasi il vestibolo del-
l'uscio da via del Monastero di monache denominato
la Croce di Lucca, nella strada di S. Pietro a Ma-
jella. Riporta poi la iscrizione come al presente si
mostra, la quale noi ci asteniamo dal riferire, perchè
già si legge nella raccolta del eh. Mommsen ( inscr.
r. n. lai. 1951 ). Solo avvertiamo che in fine del-
la linea 7 il signor Gervasio legge T. VESINNIVS
in vece di T. HERE.WIVS, ed in fine della lin. 10
188 —
vede soltanto un Q , laddove il Mommsen ritrovò
un V dopo il supplimento Quaeslores. Ne fa cono-
scere l'a. che al rovescio di quella iscrizione erave-
ne un'altra di ben venticinque linee , la quale perù
riesce impossibile di leggere : e solo gli è venuto
fatto di distinguere alcune voci staccate INCOLIS ,
FVIT ed in fine
SET AGRIC...
VN1A REMISSA
che van riferite alla nota forinola Honore Acccpto Pe-
cunia Remissa.
La iscrizione di C. Celio Vero è un decreto decu-
rionale di Avella del 908 di Roma 155 di G. C,
siccome avverte il eh. a. Egli ne fa il paragone con
altri simili monumenti , e poscia si ferma ad illu-
strarne le varie parti richiamando a confronto le
altre iscrizioni dell'antica Avella. Ed innanzi tutto
ragiona de' varii decurioni , de' quali si leggono i
nomi in quel decreto. Il primo è M. Munazio, figlio
di Marco , Piisciano.
Il secondo L. EgnazioRufo già noto per altra no-
bilissima iscrizione di Avella (Gruter. p.CCCCIV, 2)
malamente da molti riputata napolitana. L' a. ne fa
pure la illustrazione pubblicandola nella sua tav. I ,
insieme colla rappresentazione dell'anfiteatro avella-
no , effigialo nel destro lato della base ; il quale an-
fiteatro fu inauguralo a' 21 marzo del 922 di Roma
170 dopo G. C. , siccome si raccoglie da una iscri-
zione incisavi al di sopra. E perchè nell' anterior
parte della base si legge il nome di L. Egnatio In-
vento padre di L. Egnalio Rufo, il eh. a pensa che
possa al medesimo attribuirsi una delle tre statue
frammentate ed acefale incastrate nel muro delle case
nel chiassuolo rimpetto al Mercato in Avella , di
cui presenta la incisione nella tav. VI. Aggiunge il
sig. Gervasio altri confronti dalle iscrizioni di Avella
e di un M. Egnazio Rufo , e del cognome Rufo in
quei siti comune. Con questa occasione l'a. sostiene
essere rescritte due iscrizioni del real Museo Borbo-
nico , siccome aveva già pria opinato ( osserv. sull'i-
scr. onor. di Mavorzio Loll. p. 29, e 36) difendendo
quella sua osservazione contro gli attacchi del eh.
Mommsen ( oullett. dell' hi. 1847 p. 50, 51 ).
Il terzo decurione mentovato nel decreto abellano,
come innanzi dicemmo, fu ledo dall'a. e dall'Avel-
lino T. VESINNIVS. Il quarto decurione è Numcrio
Pettio figlio di Numerio , che 1' a. crede lo stesso che
il Numerio Pettio Rufo della tribù Galeria, di cui è
menzione in altra iscrizione di Avella ( Gruter.
p. CCCCLI , 5 ) da lui pur pubblicala nella tav. II.
È notevole che nel lalo sinistro della base , ov' è la
delta iscrizione , sono scolpite due lunghe bacchette
rotonde e parallele , che il Remondini disse essere
atte ad appianare il grano nelle misure ( della Noi.
ecck$. islor. t. I p. 265 ); ma l'a. non sa definirne
1' uso. Il quinto ed ultimo decurione è A. Fuficio
Prisca; a cui fa riscontro la epigrafe di un suo liberto
A. Fuficio Anfione che l'a. pubblica nella tav. III. n.° 3.
Ricava poi l'autore dalla monca epigrafe di C. Ce-
lio Vero , che il decurionato di Avella decretogli la
onorificenza del pubblico funerale , perchè essendo
questore degli alimenti meritù la riconoscenza del
pubblico nell' esercizio di quella carica.
In un secondo articolo della sua memoria il sig.
Gervasio parla dell' antica Avella , detta da' Lalini
Abella e Rella. Egli ne discute le origini , ne ricorda
le poche nolizie storiche , e principalmente al tempo
de' Romani : e poiché delle particolarità intorno ad
Avella antica ne' tempi Romani , delle sue cose sa-
cre , delle magistrature, degli edifizii pubblici etc. ,
non puù trarsi miglior contezza che dalle sue iscri-
zioni , perciù l'a. tutte le riunisce e le illustra.
Continua
MlNERVINI
Giglio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catàneo.
INDICE DEGLI ARTICOLI.
Ossa e scheletri diseppelliti in Pompei . Pag. 1
Bassorilievo in marmo greco presso i Signori
Ciccarelli di S. Maria 3
Terrecotte scoverle in vicinanza di Atri , nella
provincia del 1. Abruzzo Ulteriore ... 5
Iscrizioni latine 6
Continuazione 39
Id 53
Id 64
Id 95
Id 112
Id 184
Le Plejadi in vaso di S. Maria 9
Lucerna con bassorilievi 12
Satiri e Baccanti in vaso dipinto 13
Nuovi acquisti epigrafici del real museo Borbo-
nico 14
Continuazione 63
Nuove osservazioni sulla napolilana epigrafe
di Tettia Casta 17
Monete di Pyrnos della Caria illustrale. . . 24
Dichiarazione di alcune medaglie del Chersoneso
Taurico , e della Sarmazia Europea ... 25
Su di una iscrizione di Pontelatone . . . . 31
Notizie de' più recenti scavi di Pompei ... 33
Alessandrini in Pompei e loro sepolture . . 57
Supplemento al detto articolo 79
Orologio solare pompejano 105
Osservazioni sopra alcuni luoghi del Corpus in-
scriptionum Graecarum 41
Continuazione 177
Giunta all' articolo precedente 46
Notizia di una greca iscrizione di Pozzuoli . . 47
Breve dilucidazione di un vaso dipinto rappre-
sentante il supplizio delle Danaidi. ... 49
Dei tipi e simboli di alcune monete autonome
e regie dell' isola di Cipro 54
Continuazione 59
Vaso colla partenza di Anfiarao. Dichiarazione
della tav. V di questo anno del bulleltino
n. 1-4 61
Toro androprosopo nelle monete ispane. . . 62
Alcune monete ispane illustrate col riscontro del
nuovo frammento di P. Annio Floro. . . 65
Supplemento 177
Insigne vaso cumano con figure a rilievo , del
sig. Marchese Campana in Roma. ... 73
Le medaglie di L. Valerio Acisculo , ed altre
di famiglie romane , dichiarate col riscontro
di quelle della Spagna. 81
Continuazione 89
Tombe greche scoperte in Albanella ad oriente
e settentrione di Posidonia 93
Brevi osservazioni su' dipinti di alcune tombe di
Albanella 132
Medaglie inedite o rare 97
Continuazione 145
Id 153
Id 169
Giudei in Pozzuoli 105
Osservazioni del eh. Sig. ab. D. Celestino Ca-
vedoui sull'opera intitolala — Recberches sur
la numismatique Judaique par F. de Saulcy ,
membre de l'Insti!., Académie des inscriptions
et belles lettres. Paris, Didot, 1854, in 4. . 113
Continuazione 137
Postilla 177
Descrizione di alcuni frammenti architettonici
rinvenuti sulla grossezza del muro di cinta
dell' antica Pesto 120
Illustrazione di una lapide dell' anlicha Naroua. 121
Continuazione 129
Nuove scoperte Sanniliche 130
Poche osservazioni sull' articolo precedente. . 131
Annotazioni del eh. ab. D. Celestino Cavedoni
all' anno li di questo Bulleltino . . . .161
Vesta nella pittura de' dodici dei in Pompei. . 166
Ercole trasportato al Cielo in vaso dipinto di
Ruvp 173
Congetture sopra uno de' cinque gruppi , che
ornano l'insigne vaso cumano del sig. Mar-
chese Campana di Roma 176
Anello di oro scoperto in S. Maria , e recente-
mente introdotto nel real museo Borbonico . 178
Capedine di argento con greca iscrizione. . .179
Dell'origine del culto di Giove Labrauudo o sia
Labrandeno 181
Pietre antiche , presso il negoziante di antichità
sig. Barone , pubblicate nella nostra tav. I
fig. 3, 4, 5, 6 181
Lucerna fittile 182
Statuetta di bronzo 183
Osservazioni diverse sopra alcuni monumenti ,
de' quali si parla nel 3." anno del bulleltino. 185
BIBLIOGRAFIA.
Le case ed i monumenti di Pompei disegnati e
descritti 47
Memorie della regale Accademia Ercolanese di
archeologia, voi. IV parte I: voi. IV , parte
li: voi. VI: voi. VII. Napoli Stamperia regale. 69
Continuazione 80
ld 106
Id 187
Monumenta epigraphica pompeiana ad fidem ar-
chetyporum expressa. Pars prima. Inscriptio-
num oscarum apographa , curante Iosepho
Fiorellio ordini Academicorum Herculanen-
sium adlecto, et Instiluli arcbaeologici sodale -
Neapoli - Sumptus fecit Albertus Detken Bi-
bliopola, typis et formis Caietani Nobile-Su-
per, perm. MDCCCLIV , editio C exempla-
rium: fol. max Ili
Catalogo di antiche medaglie consolari e di fa-
miglie romane raccolte da Gennaro Riccio, e
compilato dallo stesso possessore. Dalla stam-
peria e cartiere del Fibreno - Napoli 1855
pag. Vili e 232 in 4 143
Sull'antico sito di Napoli e Palepoli dubbi e
conghietture di Bartolommeo Capasso- Na-
poli, dallo Stabilimento dell'Antologia legale
1855 pag. 64 in 8 144
Di un sepolcreto etrusco scoperto presso Bolo-
gna, relazione del conte Giovanni Gozzadini-
Bologna 1854 pag. 51 in 4.; con otto tavole
litografiche. 167
Dello studio della Storia e della Filologia, con-
siderazioni di Federico Bursotti- Parte pri-
ma - Dello stato presente della Filologia e
della Storia -Napoli 1855 pag. 62 in 8. .168
NOMI DI COLORO CHE HAN FORNITO ARTICOLI AL BULLETTINO.
Avellino (Teodoro) 173.
Borghesi ( Bartolomeo ) 121, 129.
Cavedoni (ab.D. Celestino) 24, 25, 41, 54, 59,62,
65, 81, 89, 113, 137, 161, 176, 177, 181.
Gervasio (Agostino) 31.
Minerwni (Giulio) 1, 3, 5, 6, 9, 12, 13, 14, 17,
33, 39, 46, 47, 49, 53, 57 , 61 , 63 , 64 , 69,
73, 79, 80, 95, 97, 105, 106, 111, 112, 131,
132, 143, 144,145,153, 166, 167, 168,169,
178, 179, 181, 182, 183, 184,185, 187.
Rkzi (Ulisse) 93, 120, 130.
INDICE DELLE TAVOLE.
j. Fig. 1 . Bassorilievo in marmo illustrato a
pag. 3 e segg.
Fig. 2. Capedine di argento , di cui
si dice a pag. 179.
Fig. 3, 4, 5, 6. Pietre antiche, di cui si
parla a pag. 181 seg.
II. Fig. 1. 2. Vaso con le Plejadi , di cui si
ragiona a pag. 9 segg.
Fig. 3. Lucerna con bassirilievi, illustrata
a pag. 12 seg.
Fig. 4,5,6. Vaso dipinto di S. Maria ,
di cui si ragiona a pag. 13.
. 111. Vaso colle Danaidi , dichiarato a pag. 49
segg.
IV. Fig. 1. Terracotta di Armento , di cui si
parlerà nel quarto anno del bullonino.
Fig. 2 Musaico di Pozzuoli , di cui si dirà
nel quarto anno del bullettino.
, V. Fig, 1-4. Vaso colla partenza di Anfia-
rao, illustrato a pag. 61 e segg. cf. an.
II p. 113 segg.
Fig. 5. Ornamento di bronzo con iscrizio-
ne , di cui si dirà nel quarto anno del
bullettino.
Tav. VI. Insigne vasoCumano con figure a rilievo,
illustrato a pag. 73 e segg. e 177.
Tav. VII. Fig. 1. Lucerna Gitile illustrala a pag. 182.
Fig. 2. Statuetta di bronzo, di cui si parla
a pag. 183.
Fig. 3. Terracotta di Siracusa , di cui si
dirà ne' prossimi fogli del bullettino.
Tav. Vili. Medaglie antiche , illustrate a pag. 97 e
segg. e 145 segg.
Tav. IX. Fig. 1 , 2. Capitello pestano , di cui si fa-
vella a p. 120.
Fig. 3, 4. Orologio solare pompeiano, il-
lustralo a pag. 34 e segg. e 105.
Tav.X. XI. Dipinti di alcune tombe di Albanella, di
cui si parla a pag. 93, e 132 segg.
Tav. XII. Medaglie antiche illustrate a pag. 148 seg.
153 segg.
Tav. XIII. Medaglie antiche, di cui si ragiona a pag.
156 segg. e 169 segg.
Tav. XIV. Vaso dipinto coli' apoteosi di Ercole], il-
lustrato a pag. 173 segg.
BULLETTINO
&&<GmS<OMì><&X<BlD H&JP@ILinrMI©
MLLITTIÌI ARCHEOLOGICO NAPOLITANO
NUOVA SERIE
PUBBLICATO PER CURA
DI GIULIO MINERVINI
SOCIO ORDINARIO DELLA REALE ACCADEMIA ERCOLANESE ; SEGRETARIO PERPETUO DELL'ACCADEMIA
PONTAN1ANA; SOCIO CORRISPONDENTE DELL'ISTITUTO DI FRANCIA, ACCADEMIA DELLE ISCRIZIONI
E BELLE LETTERE ; DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE , E DELLA SOCIETÀ ARCHEOLOGICA
DI BERLINO ; DELL' ISTITUTO DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA ; DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA
ROMANA DI ARCHEOLOGIA; DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO ; DELLA REALE
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DELLA SOCIETÀ REALE BORBONICA ; DELLA SOCIETÀ FRANCESE PER
LA CONSERVAZIONE DE' MONUMENTI ISTORICI: E DI ALTRE SOCIETÀ SCIENTIFICHE E LETTERARIE.
ANNO QUARTO
DAL 1 LUGLIO 1855 AL 30 GIUGNO 1856.
NAPOLI
DAf.f.O STABILI MEM-O TIPOGRAFICO DI GIUSEPPE CATANE©
fico S. Giovanni Uaggiore N. 6 — 0.
ISSO
PREFAZIONE
N
el dar compimento al quarto anno del presente ballettino, non possiamo man-
care di esprimere la nostra soddisfazione, per aver potuto arricchirlo d' importanti
monumenti , e di svariate notizie.
Ampia materia ci apprestarono le pompejane scavazioni ; le nuove scoperte
avvenute in Pozzuoli, ed in Capua ; quelle latte in Clima da S. A. R. il Conte
di Siracusa ; le tombe ritrovate in vicinanza di Rapolla ; ed i preziosi dipinti delle
tombe di Pesto.
Le raccolte del negoziante di antichità signor Raffaele Barone , e de' signori
Jatta di Ruvo non mancarono di fornirci largo campo ad importanti pubblica-
zioni. E ricorderò pure un vaso dipinto di arcaico lavoro rinvenuto in Sardegna,
di cui dovemmo la comunicazione ali1 egregio signor Cav. Canonico Giovanni Spano
di Cagliari.
Anche la epigrafia trovò non ultima parte in questo anno del bullettino: che
nuove iscrizioni furono da noi pubblicate , e presentate osservazioni e ricerche so-
pra quelle già conosciute.
Più estesa è stata la parte numismatica : che ci fu dato di dar fuori non po-
chi insigni monumenti di privati musei , tra' quali merita il primo posto quello
de' signori Santangelo : e dobbiamo mostrarci grati all' egregio signor Cavaliere
D. Michele, il quale ci ha permesso di pubblicare importantissimi pezzi di quella
classica e ricchissima collezione.
Ci sentiamo ancor nel dovere di rendere pubbliche grazie a' chiari archeolo-
gi , che si resero nostri collaboratori : Ira' quali citerò principalmente il Borghesi,
ed il Cavedoni : e massime quest1 ultimo , che colle sue osservazioni numismatiche
ha dato un prezioso appoggio alle nostre pubblicazioni.
E qui mi gode 1' animo di annunziare che il bullettino archeologico napolita-
no, mercè l'ajuto di altri dotti collaboratori, acquisterà nel quinto suo anno una
maggiore estensione , e più larghi confini.
Le antichità cristiane de' primi secoli verranno particolarmente trattate dal
signor Cav. G. B. de Rossi , di cui son troppo noti gli studii su' cristiani monu-
menti. Questa parte di archeologia non venne giammai pretermessa nel bullettino
napolitano ; ma ora acquisterà maggiore interesse per le diligenti ricerche di que-
sto mio dotto collega
Figureranno per la prima volta le antichità orientali , mercè la cortesia del
mio illustre amico signor Cav. Adriano di Longpérier : il cui nome basta a farci
attendere le più esatte notizie e date in modo degno della scienza.
Le nuove scoperte romane , che in questi ultimi tempi maravigliosamente si
accrebbero , sono affidate alla gentilezza del celebre signor commendatore Luigi
Canina , al quale tanto deve la romana topografia.
Ne saranno trascurate le notizie delle nuove scoperte di Grecia , per le quali
speriamo il sussidio di un valente collaboratore..
La parte bibliografica, assai ristretta finora, verrà considerevolmente aumentata.
Cercheremo di dar breve annunzio di tutte le pubblicazioni archeologiche , le
quali vedran la luce nel Regno delle Due Sicilie : e presenteremo almeno il ca-
talogo di tutte quelle, che avran luogo in Italia e fuori, e che perverranno a no-
stra notizia.
Noi tenteremo in tal guisa meritarci la costante approvazione de' nostri as-
sociati , a' quali daremo , ove sia necessario , un maggior numero di fogli , senza
renderne maggiore la spesa.
Facciamo seguire a questa nostra prefazione il catalogo delle associazioni.
Si rileverà da esso quanto il nostro Augusto Sovrano protegga e favorisca il
bullettino archeologico napolitano , che da questa protezione appunto riconosce la
sua vita , e la sua durata.
Tutti gli eccellentissimi Ministri e Direttori , meno qualche rarissima ecce-
zione, degnarono la nostra pubblicazione d' incoraggiamento e di appoggio. Mi credo
poi nell1 obbligo di ripetere i miei particolari ringraziamenti ali1 Eccellentissimo
Signor Principe di Bisignano , Maggiordomo maggiore di S. M., al Commendatore
D. Francesco Scorza Direttore del Real Ministero degli affari ecclesiastici e della
Istruzione pubblica, ed al Commendatore D. Ludovico Bianchini direttore de'Reali
Ministeri dell1 Interno e della Polizia generale.
Siccome il favore di questi personaggi verso la nuova serie del bullettino non
ebbe mai limite , così non avrà neppur limite la riconoscenza dell' Editore.
Napoli, settembre 1856.
Giulio Minervini
ASSOCIAZIONI BELLI-: VARIE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO
Reale Accademia Ercolanese 5
Accademia Pomanìana 1
R. Archivio generale del Regno 1
Biblioteca privala di S. M 10
Biblioteca Borbonica
Biblioteca della Regia Università.
Biblioteca Brancacciana. . . .
Biblioteca degli Annali Civili . .
Biblioteca comunale di Foggia .
Biblioteca comunale di Lucerà .
RR. Collegii e Licei de' Reali dominii di qua dal Faro. . . 17
R. Ministero degli affari Ecclesiastici e drlla Istruz. Pubblica. 7
R. Ministero della Presidenza 3
R. Ministero di Grazia e Giustizia 2
R. Ministero de' Lavori pubblici 2
R. Ministero dell'Interno
R. Ministero della Polizia generale
R. Miuisiero di Guerra e Marina — Direzione della Marina
2
2
2
R. Museo Borbonico 6
ASSOCIAZIONI PARTICOLARI
Acclavio (Pietro) in Taranto
Acton (cav. Riccardo) in Napoli
Biblioteca di S. M. il Re di Sardegna
Biblioteca della Regia Università di Torino
Biblioteca Pontificia di Bologna
R. Biblioteca Estense in Modena
Bonichi (cav. Carlo) in Roma
Bonucci (Carlo) in Napoli
Braun (Emilio) in Roma
Bruzza (p. Luigi Barnabita) in Napoli
Canonico (p. M. Giuseppe) in Napoli
Capasso (Bartolomeo) in Napoli
Caraba (Ambrogio) in Montenegro
Caruso (Vincenzo) in S. Maria
Cassero (S. E. il Principe di ) in Napoli
Castrucci (Monsig. Giacomo) in Napoli
Cherubini (Gabriello) in Airi
Collegio privato de' pp. Gesuiti in Benevento
Collegio privato de'pp. Scolopii in Benevento
Conestabile (Conte Gian Carlo) in Perugia
Cremonese (D. Francesco Saverio) in Agnone
Detken (Alberto) librajo in Napoli 30
Fimo (cav. Luigi) in Napoli
Gal (cav. Canonico) io Aotla .... . .
Gargallo-Grimaldi (cav. Filippo) in Firenze . . .
Gazzera (cav. Costanzo) in Torino
Guidobaldi (Domenico de') in Napoli . . . .
Iahn (pr. Ottone) in Bonn
Landolina-Paternò (Francesco) in Palermo . . .
Minieri-Riccio (Cantillo) in Napoli
Moschitii (Ciro) in Napoli
Pellet-ano (Benedetto) librajo in Napoli . . . .
Persico (Carlo M.) in Napoli
Pisani-Verdino (ab. Salvatore) in Napoli . . . .
Riccio (Gennaro) in Napoli
Roberto (Gaetano de) in Napoli
Rocco (Giovanni) in Napoli ,
Romano (Baldassarre) in Palermo
Romano (p. Giuseppe d. e. di Gesù) in Palermo.
Sambon (Luigi) in Napoli
Sideri (Giovanni) in S. Maria
Sniiin (ab. Raffaele) in Venosa
Spano (cav. Canonico Giovanni ) in Cagliari. . .
Stella (Giuseppe) librajo in Napoli
Tortora (p. Luigi del SS. Redentore) in Napoli.
Tufano (padre de' min. convent.) in Napoli . .
Ventriglia (abate) in Napoli
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 75. ( 1. deiranno IV.)
Luglio 1855.
Monumenti creiti agli Antonini dagli Scabilìarii Puleolani. — Bibliografia.
Monumenti cretti agli Antonini dagli Scabilìarii
Puleolani.
Una importante scoperta avvenne recentemente
in Pozzuoli , sulla quale richiamiamo 1' altenzione
de' nostri lettori. La scavazione ebbe luogo fortuita-
mente al dorso di un ed tìzio di un ricco proprietario
D. Prospero Maglione , il quale far volendo un ca-
vamente nell' attiguo giardino , per ampliare il suo
fabbricalo, s'imbattè negl'importanti ruderi, di che
intendiamo discorrere (I).
L' antico edifizio , che ci si offriva agli sguardi ,
mostrasi in uno stato di quasi totale distruzione : ap-
pariscono pezzi di muro inclinati o crollati , minuti
frammenti di differenti marmi , architettonici ornati,
o modanature, porzioni di colonne sfasciale; cose
tutte che additano un monumento già in massima
parte perduto. Noi pertanto diamo una breve descri-
zione di ciò che rimine , aggiungendo talune osser-
vazioni sull'attuale stato del monumento.
Vedesi in parte disolterrato un compreso con
pavimento a musaico ; al quale avevasi l' ingresso
per una soglia di bianco marmo , ove si mirano ben
cinque incavi due circolari e tre rettangolari per le
tenute di una chiusura probabilmente di legno. Alla
parte anteriore di questa soglia di marmo veggonsi
collocati due pezzi di marmo lavorato , i quali
(1) Le osservazioni che esporremo sono state da noi fatte in
stguito di un esame eseguilo sopra luogo in unione de' colleghi
Cav. Finali , ed Ab. Pisano-Verdino , costituenti una Commissione
iella Reale Accademia Ercolanese insieme eoa ine e con l' inge-
gnere D. Gaetano Genovese.
jLf/NO 1¥.
offrono differenti modanature : per modo che è evi-
dente che furono posteriormente messi in quel silo, per
evitare Io scolo delle acque provenienti dall' esterno.
Tanto più si conferma questa posteriore destinazione
di quei pezzi di architrave, dall' osservare che sono
essi situati semplicemente sulla terra , e non già in-
castrati o fermati con calce o con altro cemento.
Dalla soglia di marmo si passa al pavimento a mu-
saico , costituito tutto di bianche pietruzze : se non
che innanzi all'entrata vi è una fascia, la quale si
estende per soli dodici palmi , con meandro intrec-
cialo con ornamenti di varii colori: sono pietrt zze
bianche , nere , rosse , gialle e verdi elegantemente
fra loro combinate. Solo è da dolere che questa fa-
scia sia stata non poco danneggiata dal tempo , ve-
dendosi in lulla la sua lunghezza screpolala e rolla.
La forma della sala pavimentata a musaico era non
poco irregolare. Il muro a sinistra entrando non può
determinarsi essendo tutto crollato, ed in parie il si-
to ingombro da terra. Nel muro a destra apparisce
dalla parte interna un piccol dente; e pare che una
porzione di esso sia posteriormente costruita. Il lato
destro costituisce col muro di fronte un angolo acuto:
il che dà a tutta la sala poco gradevole aspetto. Fin-
ché non si verifichi il fatto , possiamo supporre che
pur dal lato sinistro fossero egualmente disposti i
muri, offrendo simmetrica costruzione. E certamente
attribuir si dee a particolare intendimento la forma
trapezoide della sala diche favelliamo. Pi esso al mu-
ro del destro lato abbiamo veduto al suolo un fram-
mento di base corintia di marmo , ed una costruzio-
ne di tempi modernissimi.
All'esterno della descritta sala, della quale non
può determinarsi precisamente l' ampiezza , veggonsi
le basi di quattro colonne , le due medie di marmo ,
le altre due estreme di fabbrica di tufo : e della de-
stra apparisce benanche porzione del fusto.
Innanzi a queste colonne si elevano due piedestalli
di marmo , uno a destra in onore di Faustina , a si-
nistra l'altro in onore di Antonino; de' quali di-
scorreremo più distesamente tra poco: ed è notabi-
le che il piedestallo di Antonino poggia sopra masso
di fabbrica , e quello di Faustina sopra terra.
Il piano delle colonne è quello del pavimento a
musaico ; ma poi si eleva alquanto a cominciar dal
silo , ove son collocati i piedestalli. Alla distanza di
soli quindici palmi dalla faccia esterna de' piedestalli
medesimi si eleva un muro di fabbrica reticolata di
non trascurato lavoro. Ed è appunto da questo lato
che l' edificio guarda il mare. In questo medesimo
silo vedesi al suol caduto un terzo gran piedestallo
in onore di M. Aurelio : il quale dovette poi destinarsi
ad altro uso , vedendosi in uno degli angoli superio-
ri profondamente scalpellato sino a formare un inca-
vo , annullandosi finanche talune lettere. Ne' laterali
di tulli e tre i piedestalli si veggono grossolanamente
scolpiti il prefericolo e la patera, soliti vasi da sagri-
fizio. È poi degno di osservazione che la bellezza dei
caratteri delle iscrizioni forma un deciso contrasto
colla ineleganza delle sagome de' piedestalli , e col
lavoro materiale dello scalpello , che lasciò il marmo
grezzo e non levigalo; non essendovisi fatto uso della
lima.
Un pezzo di tubo di piombo è stato ritrovato nelle
terre , sul quale abbiamo riconosciute le lettere COL*
FL • probabilmente COL ■ FLAVIA • AVG - PV-
TEOLI ; come rinviensi in altri tubi di piombo
della medesima località. Appariscono pure alcuni
frammenti di fusto di colonne di marmo africano ,
forse porzione di quelle che si ergevano al fronte
della sala col musaico.
Si è pur fra ruderi e frammenti raccolta una lapi-
da di marmo opistografa ed incompiuta d' ambi i lati
spezzata in due porzioni. Da un lato sono di bei ca-
ratteri le seguenti lettere :
^ONORATO
EX • QVINQ • DE
IN • OR DIN • DEC
Dall'altro lato, in caratteri secchi e di epoca assai
posteriore , si legge
. . ly . . .
AAEPVTEOL/
VIAENEAPOLITAN :
VS- IN- CIVES- AC
NADQ- MVNIFICENTIAM
È malagevole immaginare quel che contenevasi
nelle due iscrizioni di questo interessante frammento:
e non sapremmo se la voce precedente alla menzio-
ne de' Napolitani e de' puteolani possa supplirsi de-
cj'MAE. In qualunque modo, è certo che la epigrafe
incisa in caratteri più secchi ed ineleganti appartiene
ad epoca mollo bassa : dal che senza dubbio si dedu-
ce che 1' edificio , ove fu ritrovata , subir dovè non
lievi mutazioni dalla sua originaria forma e destina-
zione. Quesla medesima idea sorge evidente dall'esa-
me di tulle le particolarità del nostro monumento. Os-
servami architettonici ornali di tempi diversi e di dif-
ferente lavoro ; pezzi di marmo adoperati ad usi non
conformi alla loro primitiva destinazione , e collocati
secondo le posteriori esigenze.
Per le quali cose veniamo nella conclusione che
1* edificio , come ora si presenta agli sguardi , non of-
fre una sola Csonomia: e quindi dee credersi che in
epoche diverse venne a subire differenti modificazio-
ni ; per le quali venne grandemente deturpato il suo
primiero aspetto.
La principale importanza della novella scavazione,
come innanzi avvertimmo , consiste ne' tre piedestalli
eretti dagli Scabillarii di Pozzuoli ad Antonino Pio ,
a Faustina , ed a M. Aurelio. Noi riferiamo prima le
iscrizioni , e poscia facciamo seguir sulle stesse alcu-
ne brevi dichiarazioni.
— 3
Primo piedestallo.
Alt. pai. 5 , 92
IMP • CAESARI
DIVI • HADRIANI • FIL •
DIVI • TRAIANI
PARTHICI • NEPOTI
DIVI • NERVAE • PRON
T • AELIO • IIADRIANO
ANTONINO • AVG • PIO
PATRI • PATRIAE
PONTIFICI • MAXIMO
TRIB • POTES • lì • COS • fi ■
COLLEGIVM
SCABDLLARIOR
QVIBVS SC- COIRE • LICET
L. D. D. D.
Secondo piedestallo
Alt. pai. 5 , 75
FAVSTINAE • AVG
IMP • CAESARIS
T • AELI • HADRIANI
ANTONINI • AVG • PII ■ P • P
TRIBVNTC • POT fil • COS ììì
COLLEGIUM
SCABILLARIORVM
QVIBVS SC- COIRE • LICET
L. D. D. D.
Terzo pie desia Ilo
Alt. pai. 6, 68
Im P. CAESARI
M. AVRELIO
ANTONINO • AVG •
Di VI • ANTONINI • F •
Di VI • HADRIANI • NEP
Divi • TRAIANI • PARTHIC • PRON
Dm ■ NERVAE • AB • NEPOTIj-
PonHF • MAX • TRIB ■ POT • XV
COS • III
C • IVLIVS • FORTVNATVS
QVINQVENNALIS
NOMINE • SOCIORVM
SCABILLARIOR • PVTEOLANORVM
QVIBVS • EX • S • C • COIRE • LICET
PEQVNIA • SVA • DONVM • DAT
L. D. D. D.
_4 _
Dalla prima iscrizione rileviamo che il collegio
degli Scabillarii di Pozzuoli pose una statua all' Im-
peratore Antonino nella sua seconda tribunizia pote-
stà , e nel secondo suo consolato ; che giusta i calcoli
dell'Eckhel, trovaronsi a cominciar tutti due alle ca-
lende di Gennajo dell'anno 139 di Cristo. É in que-
sto anno appunto che principia Antonino a prendere
il titolo di PATER PATRIAE : ed anche in ciò la
nostra iscrizione fa bel confronto alle medaglie ,
ove la medesima particolarità si riscontra ( Eckhel
doctr. voi. VII p. 3 e seg. , e voi. Vili p. 414 );
essendo non poco sospetta la moneta del museo Fi-
coroni pubblicata dal Vignoli ( de column. Ant. p.
61 ), dalla quale parrebbe dedursi che Antonino
prendesse quel titolo nel suo primo consolato (Eckhel
doctr. voi. VII p. 36 ). La seconda delle nostre in-
scrizioni fu messa in onore di Faustina dallo stesso
collegio degli Scabillarii nell'anno 140 dell'era vol-
gare, quando Antonino assumeva la terza potestà
tribunizia ed il terzo consolalo. Ella dicesi Faustina
Augusta Antonini Augusti , cioè uxor; con un modo
assai solito d'indicare una tale relazione non solo
nelle iscrizioni, ma benanche nelle medaglie.
La terza iscrizione accenna ad una statua eretta
a M. Aurelio Antonino nel suo terzo consolalo , e
nella tribunicia potestà XV. È noto che M. Aurelio
appena si ebbe una 6glia dalla più giovine Faustina
sua consorte , ottenne la potestà tribunizia ( Capito-
la, in Aurei, e. 6 ). Per lo che , quando venne a
morte Antonino Pio, egli era nella XV tribunicia po-
testà e nel terzo consolato; corrispondente all'anno
di Cristo 161 ( Eckhel dodi: t. VII p. 48 segg. Lo
stesso Eckhel ha con valide ragioni dimostrato che
anche M. Aurelio cominciò ad assumere quei titoli
alle calende di Gennajo ). Sicché gli Scabillarii di
Pozzuoli elevar dovettero al novello imperatore una
statua dopo il mese di marzo di quel medesimo an-
no, appena che M. Aurelio successe al suo padre.
E perchè è ben noto che M. Aurelio associò L. Vero
a tutti gli onori di Augusto , escluso unicamente il
Ponteficalo massimo , non sarà fuor di luogo il sup-
porre che dalle novelle scavazioni verrà probabilmen-
te fuori un quarto piedestallo ìu onore di L. Vero ,
che costituiva con M. Aurelio in quell'anno una
coppia di Consoli Augusti.
Inlanlo non sarà inutile il rammentare che altre me-
morie si hanno in Pozzuoli di opere pubbliche fatte
costruire da Adriano e da Antonino, che si resero
perciò benemeriti della Colonia Flavia. E noi ci con-
tentiamo di ricordare quelle relative alle famose pilae
del molo di Pozzuoli , una delle quali ricorda appun-
to la seconda tribunizia potestà ed il secondo conso-
lato di Antonino : e su di esse rimandiamo alla dotta
discussione , che già ne fu fatta dal eh. collega sig.
Gervasio nella sua memoria intorno ad una iscrizio-
ne puleolana inserita nel voi. IH delle memorie della
regale Accademia Ercolanese p. 95 a 137. Vedi la se-
conda edizione di questa memoria , Napoli 1854 in
4. Ricordiamo pure l'altra iscrizione messa tre anni
dopo allo slesso Antonino da tutti coloro che prese-
ro parte al sacro certame iselaslico da lui istituito ,
che diconsi sodi, liclores, populares , denuntialores
puleolani ( Lasena del ginnasio napol. p. 114; Gruler.
thes. p. CCLIV , 4 ; CCCXIV; Capaccio hist. put.
p. 255; Ignarra pai. p. 740: Mommsen inscr. r. nap.
n. 104 ).
In tutti i nostri piedestalli sono invece gli Scabil-
larii , che onorano Antonino, Faustina, ed il loro
figliuolo M. Aurelio.
Chi fossero questi scabillarii fu molto dispulato
fragli eruditi , i quali non convennero neppure sul
vero significato della voce scabillum. Ci sembra in-
dubitato che scabillum venne a dinotare un oggetto,
che serviva a portar la battuta a' simfoniaci per re-
golarne l' armonia. Si pensò quindi che fossero gli
scabillarii una parlicolar classe di gente destinata a
tale ufizio ; e s' immaginò a tal uopo un istrumento
più o meno complicato, che valesse ad ottener quel-
l'intento: citandosi ancora alcune statue, che ci met-
ton sott' occhio un arnese di simil fatta (Ruben, de re
vestiar. lib.II cap.17: Bartholin.Je iibiis tav.III fig.2:
Montfaucon Ant. expliq. tom. I tav.164 e 176; t. Ili
tav.l91:Spon mise. erud. ant. sect.l art.7, ed altri).
Certamente gli scabillarii costituivano un esteso e ricco
collegio : come si trae dalle costose onorificenze de-
cretate da essi in Pozzuoli a' Romani imperadori , e
— <ò —
come costa allresì dalla epigrafe Interamnate , ov' è
menzione di quattro decurie di Scabiilarii (Orelli n.
2643 ). Sicché non pare che possa immaginarsi una
grande riunione di persone destinate unicamente a
reggere colla battuta la musica , ovvero a costruir
per essi analoghi islromenti. Al che si aggiunga non
trovarsi in tutta 1' antichità ricordali questi individui
particolarmente addetti a portar la battuta. Non sarà
inutile un breve esame biologico della voce scabillum,
per determinarne la vera intelligenza. Non è certa-
mente un islrumento, che percosso rende un suono;
ma la sua evidente etimologia ci conduce appunto alla
idea di una parlicolar calzatura destinata a percuotere
il suolo. Di fatti a noi sembra indubitato che la vera
derivazione di questa parola sia da scabo, a cui non
manca il significato di scaìpere. Non può dunque farsi
alcun dubbio sulla etimologia della voce scabillum, la
quale ne illustra nel tempo slesso il significato e l'uso.
Per le cose esposte finora noi riconosciamo nello sca-
billo un zoccoletlo colla suola di ferro o di legno, che
davasi a coloro i quali percuoter dovevano , princi-
palmente nel teatro , il suolo col piede , per accom-
pagnare con sonori colpi le armonie delle voci e de-
gl'islrumenti. Ciò non esclude che lo Scabillum fosse
talvolta munito di doppia suola, perchè rendesse un
suono da se, senza l'ajuto di un suolo rimbombante:
e opiniamo che fosse appunto indicato dal crotalo dei
piedi, che troviamo rammentarsi da Fozio(pag. 180,
22 ) (1). Determinata la intelligenza della voce sca-
billum, non sarà difficile diffinire chi fossero gli Sca-
biilarii mentovali nelle iscrizioni ; quando avremo
fatto alcune osservazioni sulle persone , che di que-
sto risonante calzare fecero uso. E per verità fatta
considerazione su' luoghi degli antichi scriltori , che
di una rimbombante calzatura fanno parola , non tar-
deremo a riconoscerebbe il collegio degli scabiilarii
corrisponde identicamente al collegio de'iibicini, che
comprendeva in Roma anche i fidicini (Mommsea de
coli, et sodaliciis p. 30): ed eccone le pruove. Pol-
luce chiama la calzatura de' libiciui xpov triC,i% , deri-
vando una tal denominazione dallo strepito che fa-
(1) Veggasi sullo teatrino la dotta discussione del Salmasio ad
Hist August pag. 501.
covano : àure roù xpoutiv. È pur conosciuto che le
voci xpoiTrs^a, e xpovir-Xiov dinotarono calzari di le-
gno. Ed è da notare particolarmente che lo stesso
Polluce chiama xpotnre%o$ópoi i tihicini della Beozia ,
perchè portavano quella sonora calzatura: e non può
non riconoscersi la corrispondenza tra' xpwTri&tyópoi
di Polluce , e gli Scabiilarii delle nostre iscrizioni.
Vedi Polluce lib. Xc. 33, edivi le annotazioni de'dotti.
Era talmente ne' greci costumi che il tibicine ac-
compagnasse colla battuta il suono del suo islrumen-
to, che Luciano ne fa espressa menzione : xoù %ò\vyrrfi
ty (isffu) xa&yjrai \it<w\wv xoù xrwitws tw ntwl ( de
saltai. 1 0 ).
Quest'uso fu trasmesso benanche a' Romani , che
per quanto concerne la loro civiltà, attinsero moltis-
simo da' greci costumi. Così troviamo rammentato
da Svetonio il suono degli Scabilli insieme con quello
delle tibie : Deinde repente magno tibiàrvm et sca-
billobum crepilu , cum palla lunicaque talari prosi-
luil , et desaltalo cantico abiit (in Calig. e. 54 ).
Dalle premesse osservazioni si rende chiaro che
tanto il suono delle tibie , quanto lo strepito degli
scabilli , partivano da' medesimi individui , cioè dalla
schiera de'iibicini, che assisteva a quello spettacolo.
E lo stesso dee dirsi di un notabile luogo diS. A-
gostino, ove si attribuisce generalmente a'simfoniaci
l'uso di batter co' piedi gli scabilli ed i cimbali ; ma
soggiugne subito dopo il S. Dottore : Ila ut si tibia*
non audias , nullo modo ibi notare possis , qnousque
procurral connexio pedum , et unde rursum ad caput
redeatur ( de Musica lib. IH e. 1 ).
Ognun vede adunque ch'era dato unicamente ai
libicini di reggere l' armonia e di regolare i concen-
ti : ad essi era principalmente attribuito portar la bat-
tuta , e per tal modo evitare la confusione ed il di-
sordine.
Sicché abbiamo sufficienti motivi per credere che
i tibicini vennero denominati benanche scabiilarii ,
avuto riguardo alla loro preminenza ne' concerti e
nelle sinfonie.
Questa nostra conghicttura sembra non poco ap-
poggiata dalla epigrafe gruteriana, ove gli scabiilarii
sono detti opcrae veteres a scaena ( Orelli n. 2043):
— e -_
e sembra che possano in quelli ravvisarsi i tibicini ,
che tanta relazione precisamente si ebbero colle sce-
niche azioni. In confronto delle operae della prece-
dente iscrizione è da richiamare un'altra diCorfinio,
la quale al titolo OPERAE VRB • SCABILLAR fa
seguire una lista di molti nomi ( Mommsen inscr. re-
gni neap. n. 5379 ). E non può dubitarsi che si ac-
cenna alle stesse operae a scaena, probabilmente agli
Slessi tibicini; siccome abbiamo coughietturato.
Venuti ad una tale conclusione, non sarà più ma-
raviglioso il ricordo del collegio degli Scabillarii , e
delle decurie di simili musici ; né ci parrà strana la
opulenza che mostrano nelle opere da essi eseguite.
Valerio Massimo parla del collegio de' tibicini Roma-
ni : Tibicìnum quoque collegium solet in foro vulgi ocu-
ìos in se convertere , cum inter publicas privatasque
ferias,acliones, personis teclo capile, variaque veste ve-
lalis concentus edit ( lib. 2 cap. 5 ). E se ne ha pur
menzione nella reinesiana (p. 184 n. 167), la quale
ci servirà di confronto ad alcune particolarità della
nostra terza iscrizione (Cf. Orelli n. 1803: e sul col-
legio de' tibicini v. Heineccio de colleg. e. I. § V ).
Del resto non è da omettere che potrebbero gli
Scabillarii dinotare ancora coloro , che lavoravano
gli scabilli , o gli zoccoli : industria eh' esser dovea
abbastanza estesa appunto perchè serviva all' uso dei
sinfoniaci, de'mimi.e principalmente de'tibicini. Che
se vi erano collegii di coloro che usavano di tali ar-
nesi, non dovrebbe sembrare strano che fossevi an-
cora il collegio di chi li costruiva. Di tutte le arti vi
furono presso gli antichi numerosissime corporazio-
ni : ed è da citare al nostro proposito il collegium fa-
brum soliarium baxiarium , di cui si rammentano si-
no a tre centurie (Orelli n. 4085).
Comunque sia di queste nostre deduzioni, ci sem-
bra da osservare , che l' edilìzio ove furono collocati
i piedestalli, non potè essere il luogo delle solite riu-
nioni di quel collegio; altrimenti non si sarebbe ag-
giunta la circostanza in fine di tutte tre le iscrizioni
LD D D.
Gli Scabillarii puteolani eressero quelle statue alla
famiglia imperiale sul pubblico suolo: per lo che
venne questo conceduto dal decurionale consesso.
Quindi se essi sostennero le spese delle statue e del-
l' edificio che le contenea , non le collocarono però
nell'ambito, forse non molto esteso, della loro cuna
o schola. Quello soltanto che ci è permesso di con-
ghielturare, si è che la curia stessa esser doveva in
vicinanza di questo direi quasi pantheon della impe-
riale famiglia degli Antonini. Avvertiamo pertanto
di nuovo che nessuna chiara idea formar ci possiamo
dell'edificio , di cui rimangono i ruderi : e perciò vo-
gliamo astenerci da qualsiasi inesatta e poco fondata
conghiettura. Soltanto potrebbe pensarsi che quella
piccola sala trapezoide pavimentata a musaico sia quasi
vestibolo del grandioso edifizio, che dee certamente
trovarsi al di sotto delle fabbriche moderne.
Tornando alle nostre interessanti iscrizioni , ag-
giungo brevissime osservazioni sulla estrema parte
della terza epigrafe : riserbandomi di parlare in fine
della formola qcibus ■ ex* s- c* coire ' ucEr, comune
a tutti tre i piedestalli.
Dicesi C . 1VLIVS FORTVNATVS QVINQVEN-
NAL1S PEQVNIA • SVA • DONVM •
DAT • Si noti da prima la ortografia PEQVNIA , la
quale si è non poche volle incontrata in altre pu-
teolane iscrizioni , come in un granito murale da me
altrove pubblicato (mon. ined. di Barone pag. 94 ),
e nella iscrizione frammentata dell' anfiteatro , edita
dal eh. Garrucci , il quale va citando altri esempli
precisamente dell'epoca degli Antonini (sull'ep. e su'
framm. dell' anfit. puleoì. pag. 16).
JNella citata Reinesiana, relativa a' tibicini Romani,
un A. TVCCIVS Q • Q • fi S- P- D • D • Già notava
giustamente il Reinesio , essere il quinquennale del
collegio de'tibicini, che fu detto ancora magisler quin-
quennalis , e semplicemente magisler , e che talvolta
era a vita. Così troviamo un quinq. perp. dell'ordi-
ne corporatorum lenuncularior labulariorum ( Orelli
n. 4054): mag. collegii fabrum et quacstor: magisler
et quaeslor sodalicii fullonum (Ib. n. 4056): mag.
quinquennalis collegii aromalariorum (Ib. n. 4064):
e generalmente Vhonor quinquennali talis collegio den-
drophororwn Romanorum (Ib. n. 4075) : e di nuovo
un quinquennale perpetuo fabrum soliarium baxia-
rium (Ib. n. 4085), de' quali sopra si è detto.
— 7 —
Citerò da ultimo la famosa iscrizione di Lanmio,
ove si parla del quinquennale del collegio de' cultores
Dianae et Anlinoi, e se uè indicano i drilli ed i pri-
vilegi! (Momnisen de coli, et sodalic. p. 106).
Questa terza iscrizione degli Scabillarii merita di
essere paragonata alla reinesiana relativa a* tibicinì ,
siccome di sopra accennammo. In essa un A. Tuccio
quinquennale per la seconda volta del collegio de' tibi-
ciui pecunia sua donum dal alla Vittoria della casa Au-
gusta; non altrimenti cbe Giulio Fortunato quinquen-
nale degli Scabillarii erige col proprio danaro la sta-
tua all'imperatore M. Aurelio.
Bella è la frase nomine sociorvm scabit.lariorvm
pvteolanorvm : ed é da notare che i compagni del
collegio sono appellati sodi, invece delle voci più co-
munemente adoperate di collegiali o sodales, che spesso
incontriamo nelle iscrizioni.
Non è raro rinvenire nelle iscrizioni de' collegii la
forinola qvibvs. ex. s. c. coire licet. Così leggiamo
in alcune epigrafi delle raccolte del Grillerò ( pag.
XC1X, 1: CLXXV, 8: cf. Orelli n. 4075), e del Mu-
ratori (CCCCLXXII, 3. DXX, 3. ). Dalla quale for-
inola trasse l' Orelli che per riunirsi coire, o come
trovasi altrove consistere un collegio , eravi bisogno
di uno speciale permesso del Principe, o di un Se-
naloconsulto (p. 244 tom. Il ). Ma il dotto epigrafista
s'inganna. Questo punto è stato egregiamente trattato
dal ch.Mommsen nel suo libretto (ie collegiis et sodali-
ciis. (Vedi principalmente le p. 73 e segg.). Sino alla
fine del VII secolo di Roma rimase libero il dritto alle
private riunioni jus coeundi; se non che il Senato aveva
di quando in quando proibiti taluni collegi come pe-
ricolosi allo Stato. Ma Asconio (in Cornei, p.75) fa
espressa menzione del Senaloconsulto cbe abolì i col-
legii : frequenter tum eliam coelus factiosorum homi-
Rum sine publica aucloritale malo pnblico fiebant ; e
continua : propter quod poslea collegia S. C. et plu-
ribus legibus sunt sublata. Non si conosce con preci-
sione l'epoca di questa soppressione de' collegii; im-
perciocché, sebbene lo stesso Asconio nomini i Con-
soli di quell'anno in cui fu promulgalo ilS. C.;pure
vi è tal varietà di lezione ne' codici di questo anno-
tatore di Cicerone, che non possono con certezza de-
terminarsi. Noi per altro non esiliamo a seguire la
opinion di coloro, che stabilirono mentovarsi L.Giu-
lio e C. Marcio, corrispondenti all'anno DCLXIV di
Roma.
Non si creda però che fossero totalmente aboliti
i collegii di qualsivoglia genere. Lo stesso Asconio si
affretta di avvertirci il contrario : Collegia, egli dice,
sani sublata practer panca alque certa quae uiilitas
ciriiatis desiderasset, qualia sunt fabrorum fìctorum-
que. L. e. La legge Clodia cinque anni dopo venne
ad abrogare quel decreto; del che si lamenta più volte
lo sdegnoso Arpinale, ricordando la saggia delibe-
razione del Senato precedentemente promulgata ( In
Pison. 4, 9: prò Sext. 23, 53). Sotto gì' imperatori
la cosa andò altrimenti, Cesare, come diceSvetonio,
cuncta collegia practer antiquitus constilula distraxit
( Caes. 42 ): ed Augusto collegia practer antiqua et
legilima dissohit [Octav. 32). Da tutto ciò si vede
cbe nel primitivo senaloconsulto non furono com-
presi gli artefici; e parimenti durarono nella facoltà
di riunirsi sodo gl'imperadori, cbe ritennero le loro
riunioni siccome antiqua et legilima. Sicché son di
parere cbe la menzione delS. C. nelle differenti iscri-
zioni di collegii quibus ex S. C. coire licet, non si ri-
ferisca ad altro che a quella deliberazione del VII se-
colo di Roma; senza pensare, come fa il eh. Momni-
sen, ad un altro Senaloconsulto de' (empi di Augusto,
del quale non si serba vestigio alcuno (p. 79, 80).
Così gli Scabillarii puleolani trovaronsi nella classe
delle riunioni permesse, o che giudicar si vogliano i
libicini , ovvero i lavoratori di zoccoli per i sinfo-
niaci e gli altri inservienti alla scena (1).
Vogliamo qui finalmente avvertire cbe sarà da noi
quanto prima pubblicato un piccolo disegno dell'edi-
ficio degli Scabillarii di Pozzuoli, perché si abbia una
più chiara idea della novella scoperta. È questo do-
vuto all'egregio signor Genovese, ingegnere direttore
degli Scavi di' Pompei , il quale ebbe la cortesia di
fornircelo a nostra richiesta: del clic gli rendiamo i
più sinceri ringraziamenti. Mixervini.
(I) La scoperta puteolana forni argomento a due memorie
lette alla Reale Accademia Ercolaucsc dal sig. Ab. Pisano-Vcrdiuo
e da me.
— 8
BIBLIOGRAFIA.
Memorie della regale Accademia Ercolanese. Voi. IV
parie II. Continuazione del n. 74
4. Intorno ad una iscrizione onoraria di C. Celio
Vero questore alimentario , di Agostino Gervasio: con-
tinuazione.
Il sig. Gervasio riporta ben venticinque iscrizioni
pertinenti all'antica Avella , molte delle quali dice
aver diligentemente esaminate, co' proprii occhi ,
e di alcune riferisce pure i disegni a facsimile nelle
tavole, che accompagnano la memoria. Sono in ge-
nerale le stesse, che veggonsi ora pubblicate dal eh.
Mommsen nella sua raccolta : inscripliones regni ncap.
lalinae n. 1943-1967: e sopra ciascuna di esse va
facendo l'a. opportune osservazioni.
Sulla prima ( Mommsen n. 1943 ) avverte il sig.
Gervasio come la voce sedes riferita ad Apollo debba
intendersi di un tempietto dedicato a quel dio ; non
senza pensare altresì ad una base od ara destinata
a sostegno di qualche statua — Sulla seconda epi-
grafe l'a. fa talune avvertenze; ma poscia in una giunta
alla sua memoria si uniforma alla opinione del eh.
Mommsen dichiarandola sospetta ed interpolata — Nel-
la terza (Momms. n. 1871 ) è memoria di un praefe-
ctus Abellae: ed a questa città senza dubbio la lapida
appartiene , sebbene sia ora in Atripalda. — La quarta
è mollo frammentata : ne ricava 1' a. la menzione di
un sacerdozio di Giove , non fermandosi mollo ad il-
lustrarla, perchè erroneamente riportala dal primo edi-
tore. Nella citata giunta poi alla sua memoria sostie-
ne la verità della epigrafe , la quale era stata dal
Mommsen dichiarata falsa o sospetta — La quinta
( Momms. n. 1957) è credula dall' a. destinala ad
apporsi a qualche opera pubblica: ed osserva come
la genie Vitruvia fosse estesa nella Campania. La le-
zione del Mommsen corrisponde presso a poco al
facsimile esibito dal nostro autore tav. IV n. 7: e
pare che il cognome di Vitruvio sia abbreviato in
LVCIL. come quel di Properzio in THOR. — La
sesta ( Momms. n. 1950) ci presenta un duovir turi
dicund, o come legge il Mommsen iure dicund: e la
settima ( Id. n. 1 948 ) un praefeclus iuri dicundo , la
quale carica corrispondeva probabilmente al praefe-
clus Abellae della terza iscrizione. Si avverta intanto
che la copia del Mommsen offre varie inesattezze,
principalmente nella prima linea. — Molto interes-
sante si addimostra la ottava iscrizione, nella quale
par che si faccia menzione di qualche opera pubblica,
forse della piscina, di cui leggesi la memoria nella
terza riga. È riportata con qualche piccola varietà
dal Mommsen ( n. 1958). — La nona iscrizione (Ib.
n. 1 953 ) parla di un C. Oblio, del quale si dice duovir.
ilerum. quinquennali — Nella decima si ragiona di
un duumviro quinquennale denominato Tullio Ma-
cro ( Mommsen n. 1956) — L' undecima è un fram-
mento non vedulo dal Mommsen , il quale lo ripor-
ta sulla fede del Remondini (n. 1959); ma prefe-
ribile si è la lezione del sig. Gervasio , da cui risulla
la memoria di un Edile A. Musanus. Egli ne offre il
facsimile nella lav.IIIn.5 — Nella lav.Vvien pubbli-
cata la decimaseconda iscrizione dell' Augustale bisellia-
rio N.Plelorio Oniro(Momms.n. 1 955), della qua'e l'a.
presenta una breve illustrazione — Tra' marmi de' pa-
troni di Avella è riportato dal sig.Gervasio il frammen-
to S1LLAE-S... ( Momms. n. 1965): sebbene non sie-
ri alcuno indizio di una tale intelligenza — Più de-
'erminato è l' altro relativo a Sesto Pompeo console
del 749 ( Id. n. 1945); perchè se ne dà indizio suf-
ficiente dalle lettere PAT.... , che rimangono della voce
PATRONO — Segue al n. XV un frammento rela-
tivo al secondo consolato di Caligola, che vedesi di-
versamente supplito dal Mommsen (n. 1944).
Continua Miivervini.
Giulio Minervim — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 76. ( 2. dell' anno IV.)
Luglio 1855.
Osservazioni del eh. Abate D. Celestino Cavedoììi sull'opera intitolata a Voyage en Asie-Mineure au poin
de me numismatique par W. H. Waddington. Paris, 1853, in 8° con XI tav. » — Anello di oro del
Real Museo. Supplemento.
Osservazioni del eh. Abate D. Celestino Cavedoni
sull'opera intitolata « Voyage en Asie-Mineure au
point de vue numismatique par TP. H. Waddin-
gtou. Paris, 1853 , in 8° con XI tav. »
Quest'opera, che distinta in otto articoli venne in-
serita nella Revue numismatique nel decorso degli anni
1851 , 1852 e 1853, meritamente ottenne il premio
3i numismatica , e venne favorevolmente accolta da-
'ti archeologi. Essa , segnatamente in riguardo alla
geografia numismatica dell'Asia Minore, ed a parec-
:hie città nuove or primamente aggiunte alla serie del-
e già cognite , si rende necessaria non che utile agli
studiosi; lascia peraltro talora qualche cosa a deside-
■are , specialmente per ciò che riguarda la parte fi-
brata. Con quella schiettezza e libertà pertanto, colla
|uale il dotto e giudizioso autore ha rilevalo qualche
nio abbaglio, e segnatamente l'abuso eh' io feci nello
spicilegio numismatico del principio delle allusioni,
ni giovi fare alcune giunte e rettificazioni al suo bel
ibro(l).
MTSIA
Adramylium. A conferma dell opinione del eh. au-
ore,cheicistofori attribuiti a Dardanus della Troade
pettino più verisimilmente ad Adramytium (giacché
I monogramma loro si presta sì alla spiegazione A APA
ome all'altra AAPA), vuoisi avvertire, che il sim-
ulo loro della civetta stante ricorre in monete certe
(1) Il eh. autore , seguendo altro ordine geografico, incomincia
M» Phrygia ; ma per me , e forse anche per la più parte dei
Limolili , toma più comodo l' ordine tenuto da Straboue e dal.
Eckhel.
ANNO IV.
di Adramytium medesima ( cf. Mionnet, Suppl. T.
V. p. 276 , 552 ).
Cyzicus. In una moneta di Cizico , impressa sotto
Commodo, il eh. autore ravvisa Venere ignuda stan-
te, che con la d. alzata è in atto di acconciarsi una
ciocca di capelli, e nella s. tiene un oggetto oblongo
(una spada) in atto di considerarlo ; ed ha a'suoi piedi
una galea ed uno scudo. Egli la dice Aphrodite Areia,
in riguardo alla supposta spada; ma quell'oggetto
oblongo altro non è che uno specchio di forma ret-
tangolare (cf. Morelli Famil. Vibia, tab. 4 n. II); e
la dea può dirsi Venere Vincitrice, che nell'acconciare
la vaga sua chioma §«x<ry/% xaX*ò>< sXoTffct ttoWoCxi
rà.Y <x.òr<xY &s y.ryri8r)xi xé\x%y (Callim. lavacr. Pali.
21,22).
Gargara. La lesta di Giove vuoisi riferire alla fa-
ma che dicea Gargara fondata da Gargaro figliuolo
di Giove medesimo ( Steph, Bvz. s. v. )
Lampsacus. Nel ritto del bel telradrammo da sé
pubblicato il eh. autore ravvisa la testa di Priapo
barbata , cornuta e ricinta d'edera; ma quello che a
lui parve corno altro non è che una grossa ciocca di
capelli rilorta a guisa di corno d' ariete attorno al-
l'orecchio, quale ricorre anche nelle monete di Ma-
ronea e di Taso della Tracia (Caved. Spicil. num. p.
39: cf. Bull. Arch. 1834, p. 205). Ai riscontri da
me indicati aggiungasi il madido torquenlem COR-
NVA cirro di Giovenale (Sai. XIII, 165), e due sta-
tuette bifronti etruschc rinvenute di recente presso le
antiche mura di Cortona (Lorini,dj due statuette, ecc.
Cortona, 1855 ).
Pergamus. Intorno al proconsolato di C. Claudio
— 10 -
Pulcro, che pare si protraesse dal 699 al 701 , è a
vedersi il eh. Borghesi (Dee. V , oss. 10). Il nome
MAXAOJN del magistrato Pergameno, che si conso-
cia con quello di C. PVLCHER PRO COS, rifatto
da quello di uno dei due figliuoli di Esculapio, che
dicesi intervenisse alla guerra di Troia ( Iliad. B ,
730), troppo bene si sta in moneta impressa in quella
sede precipua del culto di Esculapio medesimo nel-
l' Asia Minore.
Trimenoihyrae.
OH • A • TTAAIOT • Testa barbata di Giove.
)( TPIM€NOOTP€ON. Paìlade con asta nella d.
e colla sinistra appoggiata allo scudo. JE. 4.
Il eh. autore congettura, che Trimenoihyrae della
Misia , ricordata da Tolomeo , sia la stessa città che
Traianopolis; ed accenna un' altra moneta inedita dei
Trimenolirei, del museo di Parigi, impressa sotto A-
driano , ed avente nel riverso il nome dello stesso
magistrato L. Tyllius. Egli dovea dire anzi L. TVL-
LIVS. In altra moneta de' Trimenolirei , con la le-
sta d' Ercole nel ritto e con Mercurio nel riverso ,
che trovasi anche nel museo Estense , leggesi GII M
TTAAI (cf. Mionnet, Suppl. Mys. n. 1259); il qual
nome vuoisi ripetere dal proconsolato di M. Tullio
Gcerone , figlio dell'Oratore; e parimenle quello di
L. Tullius dal nome di L. Tullius Monlanus compa-
gno di viaggio del medesimo M. Tullio giuniore , che
probabilmente l'avrà accompagnato dapoi anche nel-
l'Asia circa l'anno 730 (cf. Borghesi, Dee. II, oss. 6).
TROAS
Testa d' Apollo laureata.
)( POITEI. Tre lune falcate disposte a modo di tri-
quetra. Ar. 3.
Bhoeleum venne ora per la prima volta aggiunta
dal eh. autore alla serie delle città numismatiche
della Troade. Egli opina, che la triquetra consistente
di tre lune bicorni si riferisca al culto di Diana , io
riguardo alle tre fasi della luna. Io pure congetturai,
che quel tipo simbolico passasse dalla Cilicia nella
Troade co' Cilici di Eezione padre di Andromaca (v.
Bull. ardi. 1854 p. XXVI).
CARIA
Alabanda. Dubito assai dell'esattezza della seguente
descrizione datane dal eh. autore :
SEBASTOI. 2es<e riguardanti di Claudio e di
Nerone giovine.
)( AAABANA. Teste riguardanlisi del Senato e di
Alabanda; quest'ultima con ramicello di lauro in seno.
JE. 6.
Nerone , vivente Claudio , non potea dirsi altri-
menti SEBA^TOS. Se leggesi veramente SEBA-
STOI , saranno quelle le teste di Livia e di Tiberio
(cf. EckheU Vip. 154).
L' alloro è attributo proprio di Alabanda in ri-
guardo al culto di Apollo. Nel riverso di una meda-
glia di Alabanda impressa sotto Caracalla ( cf. Mion.
Sup. n. 39.) è un grande ramo , ovvero arbuscello
di alloro con lunga tenia ad esso appesa (mus. Est.).
Aphrodisia. Il eh. autore in una moneta autonoma
d' Afrodisia ravvisa l'arbore di Mirra con uomo avente
berretto frigio , da ciascun lato ; uno de' quali alza la
scure per percolere V arbore stesso , e l'altro sen fugge.
Egli rimanda il suo lettore a ciò che ne dissero ichh.
De Wilte e Greppo. Siccome io diedi occasione a
questa falsa interpretazione (Spicil. num. p. 1 97-1 98);
così mi credo in dovere di disdirmene , rimettendo
il lettore a ciò che ne scrissi dapoi ( Monnaies de la
Lycie p. 32-33 ). Que' due uomini in pileo frigio sa-
ranno anzi due de'venti nerboruti servi di Erisiltone,
figlio di Triope, in atto di recidere uno de'bellissimi
arbori del bosco di Cerere nel Triopio di Caria, uno
de' quali sen fugge alla vista della gigantesca imagine
della dea (Callim. in Cerer. v. 35-60).
Heraclea. Il eh. autore congettura , che Heraclea
Salbace fosse situata ove è l' odierna Makouf; e la sua
congettura panni si risolva in certezza pel riscontro
delle monete impresse sotto Nerone con l'epigrafe
TATKON IEPETS HPAKAEfTmN con l'iscrizio-
ne trovala a Makouf medesima (C. I. Gr. n. 3953 , e )
posta per onorare una figliuola TATKnNOS TOT
— 11 —
rATKfìNOS IEPATETSANTOS TOTHPAKAE-
OTS. L'altro TATRON IEPETX HPAKAEOTfiN
di una moneta impressa sotto Augusto (Mion. Descr.
Ionia n. 579: Suppl. n. 977) vuoisi tenere per pa-
dre di questo. Del resto , gli Heracìeolae della Caria
trovansi memorati da Cicerone (ad Fam. XIII, 56)
insieme con i Bargylclae , Mylasenses , Alabandenses.
In una moneta di questi Eracleoli , impressa sotto
Macrino, il eh. autore ravvisa una Dea stante slolata
con palla nella mano s. e con la d. stesa come in allo
di percotere la palla medesima: ma pare anzi in alto
di averla gettata in allo con la d. e di raccoglierla
con la s. Sarà poi verisimilmente cosi figurata , anzi
che una dea , una Ninfa forse Salbace , che desse il
nome a quella contrada. Intorno alle idrofore , che
ne' monumenti veggonsi tenere la palla per trastullo
giovenile, dottamente discorse il eh. Minervini (Bull.
Napol. n. ser. anno III p. 51: cf. Caved. Spicil. n.
p. 58).
Stralonicea. Non so come il eh. autore legger po-
tesse APTGVmC. ON invece di APTCMONOC , se
pure non è questo un semplice errore tipografico.
LYCIA
Arycanda. Il tipo singolare di una moneta degli
Aricandei , con la testa di Tranquillina , rappresen-
tante un' Aquila volante con testa di cinghiale fra gli
artigli, vuoisi riferire ad un preteso portento dell'au-
gello di Giove , che nel prendere gli auspicii per la
fondazione di Aricanda rapisse la testa della vittima
d' in su l' ara e la lasciasse poi cadere nel sito della
novella città , siccome favoleggia vasi di Alessandria
Troade, di Antiochia della Siria (Eckhel T. II p. 482:
II p. 294), e di Amorio della Frigia, come diremo
io appresso.
Cragus. La moneta con la testa d' Augusto e le
lettere AT nel ritto , e con lira e KP TA entro una
laurea nel riverso, pare la stessa che quella del mu-
seo Estense da me pubblicata con ATKlON nel ritto
e KP TEA nel riverso ( Monnaies de la Lycie pi. ).
Questa, veduta dal eh. autore presso il cav. Ivanoff ,
forse era men conservata riguardo alle epigrafi
Phaselis. II bel telradramma di Faselidc pubblicato
dal eh. autore con testa d' Apollo nel ritto , e con
Pallade nicefora nel riverso , forse venne impresso
sotto il dominio di Antioco IV Epifane , che in al-
cune sue monele pose la testa di Apollo e s'intitolò
niceforo [cf. Mionnet Suppl. t. Vili, pi. XII, 3).
Hhodiapolis. In una moneta de' Rodiapoliti con la
testa di Tranquillina vedesi Nemesi stante in atto di
ostentare il cubito destro, e tenente nella s. accostata
al fianco un oggetto , che parve scettro al eh. auto-
re, e che in moneta di Attalia parve tuba al eh. Pin-
der ( Numism. ined. Pari. I p. 31-32), senza peral-
tro poterne render ragione. L' oggetto in quistione
ha sembianza di corto scettro che si allarga verso
* 'estremila sua superiore, mentre che l'altra rimane
coperta dalla mano della dea che Io impugna. A me
pare anzi la misura del cubito , irTtxvS, cubitus , at-
tributo proprio di Nemesi ; poiché in un antico sar-
cofago di Modena (Marmi Moden. p. 1 57, tav. Il f.
3 e ) ricorre un oggetto in tutto simile , insieme con
altre misure , ed ha grande somiglianza coll'u/na , o
sia osso maggiore del cubito , con le sue apofisi alle
due estremila , che fecero abbaglio al lodalo Pinder
sì che prese per tubala misura imitante la forma del-
l' ulna medesima (cf. Spanhem. ad Callim. in Del. v.
107). Del resto, il tipo di Nemesi ricorre di sovente
nelle monete delle città in vicinanza del Tauro, per-
chè gli antichi ponevano la sede della dea ne' gioghi
di quel vasto monte (Non nus, Dionys. XLVI1I, 375),
quasi che di lassù vie meglio esplorar potesse le tra-
cotanze de' mortali.
PAMPIIYLIA
Aspendus. Nel riverso di una moneti di Salonina
il eh. autore ravvisa Nemesi con fouet nella d. , ma il
supposto fouet sarà anzi un freno ( cf. Pinder num.
ined. tab. II, 10).
Etenna. Nel riverso di una moneta degli Etennei,
avente nel ritto la testa di Salonina , il eh. autore
ravvisa Arianna incedente a sinistra col suo velo svo-
lazzante dietro lei , e Bacco ignudo stante di prospet-
to, con una pantera a suoi piedi. Egli poi non dà ve-
— 12 —
runa spiegazione di sì strana e singolare rappresen-
tazione. Ma pel riscontro del disegno datone da esso
lui (pi. IX, ì ) panni che nel riverso di detta meda-
glia debba anzi ravvisarsi una donna stante slolata
respicienle , e lenente un serpe fra h mani , come in
parecchie altre monete di Etenna , ed un atleta ignu-
do stante di prospetto con la destra accostala al suo
capo in atto d' incoronarsi. Quella che al eh. autore
parve pantera, è un piccolo oggetto logoro, che può
tenersi per vaso , o per altro indizio della palestra.
Perga. Importante si è la medaglia datane dal eh.
autore con nCPrAION KAl AEA*ION OMO-
NOIA ; ma sospetto che debba leggersi AEA*ON.
Vie più importante si è un altra medaglia che con-
ferma l'avviso del dotto Borrell , che a Perga spet-
tino le medaglie con la scritta Panfilica MANASPA£
IIPEIIAS corrispondente alla Greca APTEMIAOS
IIEPrAIAS. I chh. Pinder e Friedlaender (Beitraege
p. 80 n. 39 taf. II, 15) ne diedero il disegno ac-
curato di una moneta di Perga, nel cui riverso eglino
dubitando ravvisano un suggeslus mililaris; ma vuoisi
anzi tenere, come altra volta sospettai (Spicil. num. p.
20 1 ) per un suggeslus ludorum, con Ire borse sospese in
alto, quale premio proposto di certami àqyv^tra.1,
SéfX'XTixot, xpVttTiVai (Pollux ///, 153;Schol. Pind.
arg. II ad Pylh. cf. C. I. Gr. n. 4352, 4380: Mi-
cali , tnon. ined. tav. XXIV J. Luca Holstenio ( ad
Steph. Byz. v. IIEPrAI) avea ravvisati tre sacchetti
posti sopra la mensa tripode de' ludi : e Strabone ( l.
XIV p. 667) ne attesta, che nel sacrario di Diana
Pergea ir%yr^vqili x%r' ìtoì ffuvrt'ktTrai (1).
(1) Neil' indicato bel libro de' cbh. Pinder i'[Friedlaender (p. 181-
182) trovasi descritta sotto Same di Cefallenia una bella moneta
di bronzo con la testa goleata di prospetto di Pallade nel ritto, e
con un ariete gradiente ed il nome TIMH£IANAS nel riverso!
ma per la maniera dello stile e per ragione del magistrato stesso,
che ricorre anche in monete della vicina Efeso ( Mionnet , Descr.
n. 157 ), credo ebe debba restituirsi a Claiomene dell'Ionia, che
tanto si piacque di que' due tipi , e che talora si stette conlenta
a segnare nella moneta il nome del suo magistrato; laddove di Sa-
me non v' ha forse che sola una moneta con nome tronco di ma-
gistrato , ed anch' essa di attribuzione rnen certa.
I lodati due numograti di Berlino ne diedero altresì un' insigne
moneta di Ninive con l'epigrafe NINI COL CLAVDIOPOLI ed una
figura miliiare stante entro un tempio testrastilo nel riverso, e con
la testa nuda di Alessandro Severo nel ritto, attorno alla quale non
PISIDIA
11 eh. autore (p. 81 ) avverte come, per la condi-
zione di quelle regioni montuose , i Romani fin dal
secolo di Augusto reputarono necessario il dedurre
nella Pisidia colonie militari , quali furono Antio-
chia , Cremna ed Olbasa : ed ora possiamo dire di
certo , che vi furono dedotte da Augusto medesimo,
leggendosi nelle celebri tavole Ancirane ( C. I. Gr.
n. 4040, col. IV, 20) , AnolKIAX-EN ni£IAIAI
STPATIQTttN KATHrAroN.
Cremna. Notevole si è la particolarità del nome
della deità apposto alla figura di essa nelle monete
della colonia Cremna, p. e. FORTVNA, SILVANVS,
VLTRLr (apposto a Nemesi); donde si vede che l'ab-
breviatura PROP. apposta all'imagine di Cupido saet-
tante spiegarsi debbe PROPugnator, e non giàPRO-
Pugnalrix col MilJingen (Ree. p. 69), che riferiva
quest' appellazione alla colonia stessa.
Seleucia. Nel riverso di una moneta de' Claudio-
Seleucei , con la testa di Gordiano Pio nel diritto, il
eh. autore ravvisa un uomo ignudo slanle nell' atteg-
giamento dell'attacco della pugna, lenendo un'asta
in direzione orizzontale , e trafitto da due giavellotti.
Egli avverte poi , che l' atteggiamento del combat-
lente in questa moneta ricorda quello di Meleagro
delle monete di Samo; e che probabilmente sarà qual-
che eroe celebre nelle tradizioni di quelle contrade-
Ma pel riscontro del disegno di questa medaglia, al-
quanto logora , con quello di una di Cremna ( Mil-
lingen, ree. pi. IV, 2) chiaro si pare che anche in
questa di Seleucia è rappresentalo Cupido saettante.
L'autore ha preso per due giavellotti il nervo del-
l' arco di Cupido , che teso di tutta forza forma due
linee oblique che si accostano al fianco del nume. Il
Seslini (mus. Hederv.part. II p. 270) in moneta si-
mile de' Claudio-Seleucei , parimente impressa sotto
Gordiano , ravvisò Diana in allo di tendere /' arco :
restano più leggibili che sole le lettere IMP SìV AVG.
Il nome ALEXANDER, che per ordine di Massimino venne abraso da
tante iscrizioni Ialine e greche (v. Avellino, opusc. t. Ili p. 211),
forse fu raso ab antico anche da questa moneta , siccome avvenne
di quello di Seiano console in alcune monete di Bilbilis ' v. Eckhel
t. I. p. 36; t. Tip. 196).
— 13-
Ka.ra.xixxt>ix-:vri ; di che si viene a conoscere la ragio-
ne del tipo di Bacco ( Mion. sup. n.415 ) ,- poiché
Vitruvio (Vili, 3 , 12 Schmid. ) loda fra gli altri vini
il Calacecaumeniten.
PIIRYGIA
Acmonia. Nel riverso di una moneta di Acmonia,
avente nel ritto la testa di Gordiano Pio , vedesi Gio-
ve seminudo sedente in trono con patera nella d. e
con lo scettro nella s. al disotto del quale sono due Gi-
ganti anguipedi che lo riguardano e con una mano
sorreggono il trono del re de numi, e con l'altra ten-
plice , ricorre anche in monete di Olha della Cilicia gono ciascuno stretta una delle loro estremità serpenti-
( Revue num. 1854,/)*. //, 17: cf. Bull. arch. 1854 ne. Il eh. autore avverte , che in simile riverso di
p. XXVI ). Un castello assai simile con triplice torre due monete di Bruzus i due Giganti tengono ciascuno
merlata vedesi rappresentato anche ne' bassirilievi di una roccia nella mano alzata in atto di combattere;
laddove in questa di Acmonia mostratisi di già vinti
ed assoggettati. Per simile modo in una moneta di
Magnesia della Lidia vedesi Tifeo , od altro Gigante
debellato , in atto di sorreggere lo scudo di Pallade
ma la nudità della figura , ed il riscontro delle mo-
nete di Cremna , mi fanno propendere per Cupido.
Del resto , l' eroe , che nelle monete di Samo com-
balte il cinghiale, anzi che Mei eagro , vuoisi repu
tare Anceo, come altra volta comprovai ( Spicil. num.
p. 180).
CIUCIA
Nagidus. Il eh. autore attribuisce dubbioso a Na-
gido una moneta d' argento di bella fabbrica arcaica
avente da una parte una protome di bue , e dall' al-
tra una solida costruzione con triplice torre merla-
ta. Vuoisi avvertire che una simile torre , ma sem-
Ninive ( v. Layard , volg. Malvasìa p. 328 ).
LYDIA
Bagis. Il eh. autore avverte, che il nome di que-
sta città è Bagis , non già Bagae , siccome Baris ed
Apollonis', e ponno aggiungersi le forme analoghe
Prymnessis , Synnadis, Sardis ed altre di quelle re-
gioni.
Blaundus. Dubito molto dell' esattezza della de-
scrizione della figura della dea PI2MH, che il eh. au-
tore dice seminuda e col pie s. posato sopra una rupe.
Forse è ella succinta e in atto di calcare col pie s. una
galea. Del resto , notevole si è lo scambio del MA
al BA in tre monete diverse di Blaundus con la scrit-
tura MAATNAEON ( Mionnet, Descr. n. 98. Pin-
der und Friedlaender, Beilracge p. 189 ). Per simile
modo nel testo ebraico il nome dello stesso monarca
Babilonese trovasi scritto ora Berodach ed ora Me-
rodach ( 2 Reg. XX, 12: Ies. XXXÌX, 1 ); e simil-
mente gli Arabi scrivono e pronunciano promiscua-
mente Mecca e Becca.
Sailtae. Godo di essermi combinato col eh. autore
nel restituire a questa città il vero suo nome ( Spicil.
num.p. 222 ). Egli col eh. Hamilton riconosce la si-
tuazione di Sailtae nel borgo Sidas Calè posto nella
vincitrice ( v. Spicil. num. p. 219 ). Analogo si è
il tipo di alcune monete di Traiano con un Daco ge-
nuflesso in atto di sostenere lo scudo di Marte Ulto-
re , o di Traiano medesimo ( cf. Eckhel, Mus. Caes.
Traian. n. 143 ). Il eh. autore si tace intorno alla
ragione di Giove vincitore de' Giganti rappresentato
nelle monete di tre o più città della Lidia , e della
Frigia ; ed io l'avea già ripetuta dalla tradizione che
dicea sconfitti i Giganti medesimi in quelle regioni
( Schol. ad Pind. Pylh. I, 31; Diodor. V, 71: cf.
Spicil. num. p. 219 , 234 ). Del resto , il partito ar-
tistico di porre i Giganti a sostegno del trono di Gio-
ve trova il suo riscontro anche ne' monumenti dei
monarchi dell' Assiria ( v. Layard , scoperte di Nini'
ve, volg. Malvasia/). 159-100 ).
Aezani. Il eh. autore ravvisa Caligola in una
testa accompagnata dalla semplice epigrafe l'Aloe
KAICAP ma quella vuoisi auzi tenere per testa di
Gaio Cesare figliuolo di Agrippa , onoralo da parec-
chie città dell'Asia (v. Annali arch. t. XIX p. 140).
Amorium. Insigne si è la seguente moneta datane
dal eh. autore anche in diseguo :
— 14 -
TAIOC KAICAP. Testa nuda di Gaio figliuolo di
Agrippa.
)( Eni CIAOTANOT IOTCTOT OTi¥ANIU)N
AMOP (monogr.). Aquila stante con zampa di bue fra
gli artigli, e con caduceo da lato. Ae. 41/,
11 eh. autore lascia io incerto , se la testa del ritto
sia di Gaio figliuolo di Agrippa , ovvero di Gaio Ca-
ligola ; ma la presenza del cognome OYI¥ANlU)N
preso dagli Amoriani, e la mancanza del titolo TEPM
o XEB almeno , pone fuor d' ogni dubbio che sia
veramente testa del figliuolo adottivo di Augusto Gaio
Cesare. Egli poi avverte , che l' istoria non e' inse-
gnale la città d'Amorio ricevesse da Agrippa qual-
che insigne beneficio; sapendosi soltanto ch'egli, nel-
l' anno 16 innanzi l' era volgare , comandava una
armata nel Ponto , e che soggiornò in appresso per
qualche tempo nell' Ionia. Ma pel riscontro della no-
vella medaglia di Amorio con Giuseppe Flavio siamo
quasi certi che quella città della Frigia ricevette qual-
che particolare beneficio da M. Agrippa. Narra lo
storico ( Ant. Iud. XVI, 2,2), che M. Agrippa
partendo da Sinope costeggiava per mare la Paflago-
nia , e poscia per terra si recò ad Efeso attraversan-
do la Frigia Maggiore , ini r^s i*.iy<xkr\S &pvyfói6
ó$eJ<ra.vTSS: ed Amorio era per appunto situata nella
Frigia Maggiore. Del resto il titolo di Vipsaniì preso
dagli Amoriani, anzi che quello di Agrippiani , ne
porge argomento a dubitare dell' asserto di Seneca
il declamatore ( l. II. controv. 12 ) , che M. Agrip-
pa non amasse ricordare il suo nome gentilizio in
riguardo all' umile condizione de' suoi maggiori. Ri-
guardo poi al tipo dell' Aquila, che stringe fra gli ar-
tigli una zampa di bue , il eh. autore confessa igno-
rarne il significato ; ma pel riscontro delle monete
di Antiochia della Siria col tipo analogo di un' Aquila
ohe si sia sopra una coscia di bue , in riguardo al pre-
teso portento avvenuto nella fondazione di quella
metropoli (Eckhel t. ///. p. 194) , gli è molto pro-
babile che gli Amoriani vantassero un simile prodi-
gio riguardante la fondazione di A'/xópiov , che pote-
rono considerare qual nome composto dell' a pri-
vativo od intensivo e della voce \x6ftoi in significato
di membro. Del resto , il eh. autore mostra non es-
sersi accorto , che questa moneta era di già stata pub-
blicata , ma inesattamente , dal Pellerin ( Ree. pi.
CXXXIII, 6 , p. 233) , che male l'attribuiva a Ma-
gnesia dell' Ionia leggendo €111- CIAOTANOT- K-
IOTCTIINOT • CI*ANI00N- MAr. Nel fitto poi sì
il Pellerin come l' Eckhel ( t. II. p. 526 ) ravvisa-
rono senza meno la testa di Gaio Cesare figlio di
Agrippa.
Appia. Il dotto Borrell primo pose in luce due mo-
nete autonome di Appia , ed il eh. autore ne diede
la prima imperiale , la quale è come segue :
M • IOTAIOC • $IAinnoC • ATT. Testa radiata
di Filippo il figlio.)
)( Eni- ATP-ANTEPaTOr>ZOTIK- APX- A-
AnniANUN. Giove aetoforo stante. Ae. 7.
Io credo di poterne aggiungere altra imperiale rei»
lificando la seguente descritta dal Seslini ( Leti. num.
t. IV. f». 124 : cf. Mionnet, descr. n. 265):
M • OTAKIAIA • CEOTHPA ■ C ■ Testa di Ola-
cilia.
X Eni • ATP • ANTEPOTOC; ZfìTIK . APX .
AnAMEQN. Figura virile stante con patera nella d. e
con asta nella s. Ae. 7.
L'identità del magistrato, e fors' anche del tipo, e
del modulo della moneta, mostra che il Sestini avve-
nutosi in un esemplare in parte logoro e difettoso ,
colla solita sua franchezza lesse AdAMEQN invece di
AnniANi2N : tanto più che nelle monete certe degli
Apamei della Frigia insignite delle teste dei due Filippi
e di Otacilia ricorre costantemente un magistrato ben
diverso, cioè M- AYP- AA€3ANAPOT. B- APXI,
e diversi altresì sono i tipi. Col tempo dovrebbe torna-
re a luce anche qualche medaglia degli Appiani con la
testa di Filippo il padre. Quella del figliuolo suo col
titolo ÀYrovtrros non può essere anteriore alle Palilie
dell'anno millesimo di Roma ( Eckhel t. VII p. 335:
cf. Borghesi, dipi, di Tr. Decio p. 15 J; anzi gli Ap-
piani avranno verisimilmente impresse quelle loro
medaglie nel detto anno 1000 , o nel susseguente
1001 , per far eco nelle feste celebrate in Roma. Il
eh. autore da prima disse col Borrell, che gli Appia-
ni della Frigia non trovaosi memorati che solo da
Plinio Nat. hist. V, %9), e nelle notizie ecclesiasti-
lo —
che ; ma poscia avvertì , che ne fecero menzione
anche Polibio e Cicerone. Polibio ( hist. V, 77 ) ri-
corda tò 'XwltxS wsSiov, che pare fosse situato in sui
contini della Misia ; e gli Appiani di Plinio sembrano
diversi perchè spettavano al convenlus di Synnada
assai distante da quei confini. Inoltre la scrittura stes-
sa Appia , Appiani, con doppia p , mostra che que-
sta città avesse il nome da un Appius Romano del
pari che i Fulviani da un FidviusoFulvus, come di-
remo qui appresso. Cicerone [adFam. IH ep. 7, et
9 ) ricorda più volte gli Appiani della Frigia , che
nel 703 intendevano erigere un monumento in onore
di Appio Claudio Pvdcro , antecessore di Cicerone
medesimo nel proconsolato della Cilicia , alla quale
in allora apparteneva la diocesi di Sinnada staccala
per breve tempo dalla Frigia (Borghesi, Dee. V,
8: XIV, 8). Gli Appiani , se furono sì premurosi per
onorare Appio Pulcro, gli è assai verisimile ch'egli-
no avessero ricevuto insigni beneQciida esso lui allor
ch'egli governava quella provincia, o in prima men-
tre militava in Asia sotto Lucullo cognato suo ( Bor-
ghesi /. e); e quindi ancora che dal prenome di esso
lui si cognominassero Appiani , siccome poscia gli
Amoriani si dissero Vipsanii dal nome del loro be-
nefattore M. Agrippa.
Bruzus. Singolare si è il tipo della Vittoria sen-
s' ale in una moneta de'Bruzeni descritta dal eh. au-
tore (cf. Annali archeol. t. XI p. IZ-.XVHp. 174).
I Bru zi-ni forse erano Macedoni d'origine, come i
Docimei ed i Pelteni, e vantar poterono di derivare
da Bpovffos figliuolo di Emalio , che die il nome ad
una regione della Macedonia delta BpOfffJs ( Steph.
s. v. ).
Cudù 11 preteso Giove stante con asta e con cadus
nella mano , sarà probabilmente Bacco con tirso e
cantaro. L'allusione sarebbe di troppo ricercata e
men degna del re de'numi. La sigla. I. posta per hv-
"Kiou ( n. 3 ) , e che ricorre anche in una moneta di
Focea dell' Ionia con I'- I- OTH- MASlMOC ( Mus.
Est. e Wellenh. n. 5589), trova ora parecchi ri-
scontri anche ne' titoli epigrafici ( Annot. al C. I. Gr.
n. 3545).
Cibyra. 11 eh. autore ne dà la descrizione ed il di-
segno di una moneta di Cibira di Elagabnlo con l'anno
HIP (193), e d'altra di Alessandro Severo con l'anno
AC (201) dell'epoca di Cibira, che secondo PEckhel
ebbe principio dall'anno Varroniano 776 in riguardo
alla riedificazione di quella città, rovinata dal terre-
molo , fattasi per beneficio di Tiberio. Ora l' anno
rSP (193) della moneta di Elagabalo datane dal eh.
autore richiederebbe che il cardine di quelP era si
procrastinasse fino al 779 o 780, poiché egli ascese
all' impero nel 971; ma dubito molto che nella mo-
neta del eh. autore si debba leggere «^SP (190), in-
vece di rSP, come fece ilSestini in altra simile (Dc-
ser. num. vet. p. 459); tanto più che in altre mo-
nete di Cibira stessa l' episemon vau ha forma ana-
loga (v. Mionnet, sup. n. 249: cf. Noris Epist. con-
sumar. j).88),sì che, qualora fosse logoro nella parte
sua inferiore , può di leggieri prendersi per un r.
Del resto , il principio dell' era di Cibira dee ri-
tardarsi fino all'anno 777, perchè v'ha una moneta
di Etruscilla Augusta coll'anno <rKC(22G), la quale
non può essere anteriore al 1002 (v. Mion. Sup. ».
255). Vero è che nel 776 , auctore Tiberio, factum
senatusconsultum, ut civitali Cibyraticae subveniretur
remissione tributi in ir iennium (Tacìt. annoi. IV, 15);
ma l' effetto di quel decreto ed il principio del re-
stauro e della riedificazione avrà incominciato nel-
l'anno appresso. Che poi l'era di Cibira prendesse
realmente origine dalla riedificazione di quella città,
ora è posto fuor d'ogni dubbio da un'iscrizione (C.
I. Gr. n. 4380, v; voi. Hip. 1167 ), nella quale
1' anno d' essa XLIX è detto ìroi rrf xriffeeus.
Fulvia. Il eh. autore ne diede il disegno e la de-
scrizione seguente di una moneta nuova e di somma
importanza.
Teìta di Fulvia alata a guisa delle leste della Vit-
toria.
X* < rrAOTIANfìN ZMEPTOPiro *IAONIAOT.
Pallade gradiente con asta nella d. e con clipeo nella s.
Ae. 5.
Il eh. autore propende a credere , che Eumenia
della Frigia prendesse il titolo di Fulvia o Fulviana
dal nome della prima moglie di M. Antonio, in onore
del triumviro, che negli anni 712 e 713 era uell' A-
— 16-
sia inteso a ricomporre le provincie turbate dalle
guerre civili ; ed appoggia la sua congettura segnata-
mente sopra la somiglianza dell' acconciatura della
chioma della supposta Fulvia con quella di Ottavia
seconda moglie di M. Antonio medesimo. Io dubito
molto della giustezza delle sue congetture e di quelle
del eh. Duchalais , sopra le quali in gran parte si
fonda. La testa di Ottavia nelle monete di M. Anto-
nio ha talora un' acconciatura in parte simile a quella
della testa della Vittoria della moneta de' Fulviani ;
ma in altre monete di stile migliore ella ha tutt'altra
acconciatura, segnatamente in quelle di M. Oppio
Capitone. 11 eh. Duchalais (Revue num. 1853/). 50-
55 ) prelese di ravvisare Ottavia in diverse monete
Romane , ritratta in sembianza della Vittoria , sen-
z' altro appoggio che dell'acconciatura della chioma,
che poi non sussiste in tutto, come detto è di sopra,
e del naso aquilino , che falsamente si attribuisce ad
Ottavia, mentre eh' ella nelle monete certe ha linea-
menti regolari e somiglia molto al fratello suo Otta-
viano (v. Annali arch. t. XXII p. 168, 169, 202).
Falsa poi di certo si è la congettura di M. Numo-
phile lodata e seguita dal Duchalais, che Ottavia sia
ritratta in sembianza della Vittoria ne' quinarii di M.
Antonio impressi in Lione della Galliaj poiché quelle
monete sono anteriori alle nozze di Ottavia medesi-
ma con M. Antonio (cf. Eckhel t. VI, p. 38-39). Ora
tornando a Fulvia, ella nel 713 era in Italia intenta
ad accender la guerra Perugina contra il giovine Ce-
sare , e vinta si ritirò in Grecia , soffermandosi in
Atene e poscia in Sicione, ove infermò e morì, ram-
pognata e non curata dal marito, che era di già preso
d' amore per Cleopatra (Appian. B. Civ. V, 50-59);
e quindi non dovea pensare ad onorarla in Asia, ove
il suo soggiorno non dovette riescir troppo grato ,
poiché vi facea incetta di pecunia per lo stipendio delle
milizie dopo la vittoria di Filippi (Plut. in Ant. 23,
24 ). Vorrei anzi congetturare, che i *OTAOTIANOI
della medaglia si nomassero , come gli Appiani, dal
nome o cognome di un preside che li beneficasse di
molto , come a dire da L. Fulvio Rustico Emiliano
preside forse della Galatia sotto M. Aurelio ( C. I.
Gr. n. 4012: cf. Giorn. Arcad. t. XXIIp. 69-71),
ovvero da T. Aurelio Fulvo Antonino , che poscia
fu meritamente innalzato all'impero, e che intorno
all'anno 130 proconsulatum Asiae sic egit , ut solus
avum vinceret (Capitol. in Antonin. 3: cf. Plin. IV
epist. 3). L'acconciatura della testa della Vittoria
nella moneta de' Fulviani a bastante confronta con
quelle di Marciana , e di Sabina moglie d' Adriano ;
lo che bene sta , se la moneta fu impressa nel pro-
consolato di Antonino Pio , o non molto dopo. Ma
ciò sia detto per semplice congettura ; tanto più che
il eh. autore non indicò la maniera della fabbrica e
dello stile di questa né dell' altre monete da sé pri-
mamente pubblicate; lo che molte volte avrebbe po-
tuto servire ad argomentarne 1' età approssimativa.
Continua C. Cavedoni.
Anello di oro recentemente introdotto nel Real Museo
Borbonico. Supplemento alla pag. 478 dell'anno III
di questo bullettino.
Nel parlare dell'artista, che incise il prezioso anello
di M. Bruto , noi ne leggemmo il nome . . . ANA-
SlAAS , non altrimenti che parve al eh. Comm.
Quaranta , quando lesse la sua illustrazione di quel-
1' importante monumento. Posteriormente ci è riu-
scito di osservare una impronta della incisione , e da
essa ci siamo convinti che i tre che apparivano pun-
tini sono in fatti due lettere in massima parte distrut-
te , ma che tuttavia sono riconoscibili agli occhi di
un attento osservatore. Da questa impronta vengono
pur diversamente determinate alcune altre lettere; e
tutta la parola sorge evidente , offrendoci il nome
HPAKAEIAAS. Adunque il novello artista ricor-
dato dall'anello del Real Museo non è già Anassilao,
ma Eraclide ( 'HpaxW&xs ) ; del quale neppur tro-
viamo alcun* memoria presso gli antichi scrittori ,
né in altri analoghi monumenti. Minervini.
Giglio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BILLETTLVO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 77. ( 3. dell' anno IV.)
Agosto 1855.
Notizie de più recenti scavi di Pompei. Continuazione del n. SS.
Notizie de'pià recenti scavi di Pompei. Continuazione
del n. 55.
Essendosi proseguita la scavazione nelle nuove
tenne alla strada slabiana , non sarà fuor di luogo
offrirne la esatta descrizione , rettificando pure qual-
che osservazione da noi precedentemente presentata.
Prima però di parlare de' Bagni, vogliamo annun-
ziare che si è interamente disgombrala dalle terre la
strada di Olconio, la quale mena direttamente al Fo-
ro, e che perciò potrebbe assai bene denominarsi la
strada del Foro. E ci sembra da ricordare il curioso
programma ivi rinvenuto, e da noi prima riportato,
ave si leggea Forenses rogant (an. II pag.29) : il quale
si mostra adattatissimo ad una regione tanto vicina a
quel pubblico edifizio.
Non piccola è stata la messele' programmi dipinti
col pennello di rosso o di nero sulle esterne pareti
che costeggiano a dritta ed a sinistra la via; e noi ag-
giungiamo a quelli già pria riferiti (an. II p. 48 seg.)
gli altri più recentemente venuti fuora.
Cominciamo da quelli segnati sui pilastri a sinistra.
CASELLIVM
3
•• 7MAED
•ROGAMVS
4
CAPELLAM
D.VIDOVF(mon.)
5
POPIDIVM • AED
PROCVLVS • RÓG
6
SECVNDVM
AED • 0 ' V * F
Tutti i sopra riferiti programmi sono segnati di
rosso colore.
E di nero il seguente :
L • CEIVM • SECVM hvir ■ ovf (mon.)
AMIVLL1VS • COSMVS • CVM
ARIOROG
LOLLIVM • FVSCVM
AED • OVF (mon)
L • POPIDIVM • RVFVM
HVIR • SEVERVS • ROG
Questo programma è scritto di rosso. E probabile
che questo Loliio Fusco sia lo stesso, di cui si accenna
in altro vicino programma col semplice cognome FV-
SCVM (an. Hpag. 27).
ANNO IY.
Non pare da dubitare che il SECVM sia un' ab-
breviazione di SECVNDVM , essendo già noto il L.
Ceio Secondo per altri programmi (an. Ip. 185, an.
II pag. 49). L'abbreviazione SECVM per SECVN-
DVM non è dissimile dal POSTI VM per POSTVMIVM
di altra vicina iscrizione relativa a Q. Postumio Pro-
culo (an. II pag. 50). Notevoli sono i nomi Amiul-
lius Cosinus, il secondo de' quali ha greca derivazio-
ne ; e nel primo pare da ravvisare una particolare
— 18—.
pronunzia del nome Amuìlius, la quale non dee sem-
brare strana in un popolo osco , nel cui dialetto si
vede assai spesso 17 precedere Vu : come tiurri, Niu-
meriis eie. Benché sia molto chiaro il floirnento
... ARIO nella terza linea, pure non ci attentiamo di
diffinire le lettere che lo precedono; sicché rimane nel
dubbio il nome di colui che uni vasi con Amulio Co-
smo a domandar per duumviro L. Ceio Secondo.
8. Segue di rosso la voce QV1NQ..., solo residuo
di altro programma perduto , il quale aveva proba-
bilmente rapporto ad un quinquennale.
Scritto di rosso è il seguente
ferente programma, attesa la diversità del colore; se
pure dir non si voglia che venne posteriormente ag-
giunta da mano diversa da quella che segnò la pri-
mitiva iscrizione. Non sarà fuor di luogo il rammen-
tare ch'è probabilmente lo stesso Q. Postumio Mode-
sto che trovasi come duumviro in una epigrafe pom-
pejana (Mommsen inscr. r. neap. lat. n. 2224).
Su' pilastri a destra si leggono i seguenti
14
L • POPIDIVM • L • F . AED
D • R • P • 0* • P • V • N
LICINIVM • FAVSTINVM
AED-OVF(mon.)
10
HVIR
S1TTIVM • CON1VNCTVM
HERACLA • ROGAT
I. D.
È pur notabile il cognome Coniunctus di Sittio;
laddove per altri programmi conoscevamo Sillio Ma-
gno acclamato duumviro con C. Calvenlio (an. II p.
27 ). Dobbiamo probabilmente riconoscere nella se-
conda riga un nome servile.
11
LOLLIVM
AEn (mon.) in seno dell' 0
AGNA • RO
Sono alquanto dubbiose le lettere dell' ultima li»
nea, essendo molto cancellate dal tempo.
12
VlBIVM "
TIR
13
Q. POSTVMIVM
MODESTVM • [QjVINQV ■ (rosso)
VICINI ■• -(nero)
Pare che la parola vicini appartenga ad altro dif-
L. Popidio è giudicato dignus rei publicae. Noi
opiniamo che le sigle P. V. N. sieno destinate ad in-
dicare il P. Vedio Nummiano domandato per edile
in altro programma già da noi riportato (p. 59 an.I).
Segue di rosso la seguente
15
MODESTVM • QVIN
e poi di nero
SAGATA • ROGAT
Non saprei se nella dubbia xoce Sagata debba rav-
visarsi un nome proprio , ovvero un' allusione alla
turba sagata, cioè a dire alla numerosa classe adorna
del militare sago.
16
L • POPIDIVM- LF- AED
IVVENEM • DIGNISSIM • ROG
17
PANSAM • AED
Cosi ci è sembrato doversi leggere questo pro-
gramma , che appare di caratteri molto trascurati •
strani.
18
HOLCONIVM • AED
19
L • POPIDIVM • AED
— 19 —
20
Q • POSTVMIVM • PROCYLVM ■ AED • OVF
21
M ■ GAVIVM
HVFVM
u'vir -ovf (mon.)
22
NVMMIANVM
È probabilmente lo stesso, di cui si è detto di so-
pra n. 14.
23
CE1VM- SECVNDVM- Fi" VIR- 1 D- POSTVMIV ...
Debbo finalmente avvertire cbe nel sinistro lato
della strada alla esterna faccia di un pilastro leggesi
graffito suir intonico il numero VMS — cioè 8 */s.
In altro pilastro esterno a destra, essendo recen-
temente caduto l'iutonico, è comparsa incisa profon-
damente in una delle grandi pietre cbe compongono
il pilastro , la seguente iscrizione.
VALES
STRONNIVS
VENVSTVS
SEST1US
A noi sembra cbe debbano riconoscersi i nomi di
due persone , delle quali si è fatto precedere al no-
mai il cognomen : siccome non di rado incontra pure
in meno trascurate iscrizioni. Ciò si desume ancora
dal vedere i cognomi più rientranti de' nomi, per mo-
strarne materialmente la differenza. 11 primo è uuo
Stronnius Vales (cioè Valens), il secondo un Seslìus
Venustus. Avverto pure cbe forse lo stesso nome
Stronnius dee ravvisarsi in altra iscrizione pompe-
iana ora nel real Museo Borbonico ( Mommsen n.
2276), e che la derivazione di quella voce è dal gre-
co crpwvuyju.
Vengo ora a dar la descrizione delle parti finora
scoperte delle tenne, rettificando insieme alcuna cosa
precedentemente avanzata.
Cominciando dall'entrata verso la strada Stabiana,
ricordo che dopo la piccola sala di trattenimento da
noi altrove descritta ( an. II p. 1 43 , s., e an. Ili p.
33), vedesi a destra un'apertura da cui si passa nel
corridojo anche in parte precedentemente descritto
(an. II p. 146). Ora è da notare che questo corri-
dojo è interamente scoperto; e da ciò si è potuto ve-
dere che le due fabbriche sporgenti all' esterno del-
l' edifizio sul marciapiede della strada Slabiana non
sono conserve di acqua, ma sibbene destinale a dar
maggior aria in quello stretto compreso. Di fatti il
loro suolo non si profonda; ed appajono per tutta la
estensione del corridojo tubi di piombo di maggiore
o minore grossezza , alcuno di grandissime dimen-
sioni, i quali servivano a portar le acque da qualche
esteriore piscina nell'interno del bagno. Verso il ter-
mine di questo corridojo , e poco prima di giugnere
all'estremo, ov'è altra porta aperta sul marciapiede,
vedesi una scaletta di fabbrica di mattoni , perchè
ascender si potesse a' siti più elevali delle terme.
Nulla di nuovo abbiamo ad aggiugnere sulla sala
di trattenimento, ospogliatojo (apodylerium), di cui già
presentammo la esatta descrizione (an. II p.145, an.
111. p. 33 ). Né tampoco alcuna cosa di nuovo dire-
mo del calidario; se non cbe fu da noi omessa la par-
ticolarità che a breve distanza da'muri vedesi un'ope-
ra laterizia di esile grossezza, perchè le pareti costi-
tuissero quasi una stufa, riscaldate dal calore prove-
niente dall' ipocausto.
Essendosi compiuto lo scavo del calidario , si è
potuto verificare che ad esso a ve vasi un solo ingresso
dallo spogliatojo , e non già dall'altra piccola sala
colla volta adorna di stucchi colorati; siccome fu per
equivoco da noi altrove opinato ( an. Ili p. 33 ). La
piccola sala innanzi accennata fu pure da noi descrit-
ta; ed ora se ne veggono riprodotti gli stucchi nella
splendida opera de' signori Niccolini , da' disegni del
diligentissimo artista sig.Ahbnle(7mne/)r«.wo la porla
Stabiana lav.H-IIII). È poi da notare che nella por-
zione di muro superiore all'apertura di quella stanza
verso il porticato, di che diremo tra poco, vedesi un
quadro ove a bassorilievo di stucco è figurata traile
onde una Ninfa marina seminuda con panno svolaz-
zante, sdrajata sopra unapistrice. Sono intorno Amo-
— 20 —
rini e graziosi ornali anche di stucco, i quali si veggo-
no ora pubblicati nella citata opera di Niccolini.
Ne' muri laterali di questa elegantissima sala sono
pi attuale quasi fra loro a rimpetto due aperture: e da
quella a destra si ha l'entrata al bagno o cella frigi-
daria. Tutta la vasca era in origine rivestita di bian-
co marmo, ma ora non rimangono del rivestimento
che soli pochi residui. Sono nella circolare superfi-
cie interna pratticati quattro nicchioni circolari, per
dar ricovero a coloro che uscivano dal bagno, o che
si preparavano a discendervi. Una volta di bellissime
proporzioni ricopriva la vasca , ma la porzione su-
periore è in parte caduta.
Di fronte alla entrata del bagno è una piccola nic-
chia anche circolare destinata forse per edicola. Si
ha ragion di credere che per entro questa nicchia di-
scendesse il canale di piombo, che rivolgendosi a si-
nistra, e percorrendo parte del muro discendeva sino
alla vasca per portarvi l' acqua dall' alto. Dobbiamo
non pertanto avvertire che di questo tubo non si è
rinvenuto alcun residuo. Al suolo, e nella porzione
della vasca opposta a questa piccola nicchia , vedesi
un foro con pendenza all' esterno , e questo era cer-
tamente destinato allo scolo delle acque , per liberar
dal liquido già insozzato la vasca da bagno. Nel fondo
della vasca elevasi un sedile circolare , che però non
occupa la intera circonferenza ; vedendosi più esleso
nel sito corrispondente all'ingresso della cella frigi-
daria, e meno nella opposta porzione corrispondente
alla piccola nicchia o edicola. Nelle terme pompejane
anticamente scoperte, un tal sedile si osserva unica-
mente nel sito ov' è la entrala al bagno.
Le pareti sono graziosamente dipinte. Le nicchie ,
come si rileva da quelle che offi ouo i dipinti più con-
servati, presentano per ornamento vasi, con piante ed
augelli, in fondo cilestro. Dal mezzo di uno di questi
vasi apparisce pollare l'acqua, quasi fosse il getto di
una fontana : e ciò è ben conveniente alle idee che
risvegliar si dovcano alla presenza di un bagno.
Lo spazio che resla fralle due nicchie a destra del-
l'entrala, offre un Sileno sdrajalo fra piante ed uccel-
li. Lo spazio di contro è occupalo dalla figura di una
Ninfa, o piuttosto Ermafrodito giacente pur fra piante
ed uccelli. Essa è veduta di schiena; siccome non po-
che volte comparve nelle pompejane pareti. É spia-
cevole che questi dipinti sieno in grandissima parte
perduti. Ma fortunatamente ci furono conservati dal
sig. Abbate, che diligentemente li ritrasse nella loro
prima comparsa : avendo immantinenli sofferto dal-
l' aria atmosferica. Difalti vedesi ora la pubblicazione
del Sileno nella tav. VII dell' opera de' signori Nic-
colini , ed una gran parte de' dipinti all' esterno del
bagno nella tav. VI ove si presenta il taglio della cella
frigidaria.
Non mi resta altro a notare in questa parte delle
terme ; se non che al cominciar della curvatura della
volta vedesi una cornicelta di stucco , con ornamen-
to di foglie e di ovoli. Riuscendo alla piccola sa-
la o exedra , di cui fu detto innanzi , dall' aper-
tura del muro laterale sinistro si accede in un piccolo
corridoio con pavimento signino , ove scorgesi a de-
stra un sedile , per potervisi adagiare. Le pareti di
questo corridoio sono dipinte di rosso , con fasce
gialle e nere. Veggonsi nel campo taluni festoni, un
bianco cigno , e nel sinistro muro meglio conservato
appajono tre quadretti con molli vasi insieme collocali
e riuniti. Questo corridojo ha due braccia , ed uno
metteva originariamente alla strada del Foro , per
mezzo di una porta già anticamente murata. Lo slesso
corridojo dava l'ingresso ad un ultimo compreso
quasi quadrato , di cui non sapremmo determinare
1' uso. Il pavimento è di terra battuta : l' intonico dei
muri è bianco, e non vi si vede alcuno ornamento.
Aveva questo compreso due spaziose finestre verso
il corridojo una per ciascun braccio , e la superficie
superiore di queste finestre era rivestita di lastre di
bianco marmo , di cui ora appariscono i residui. Po-
trebbe conghietturarsi che questa ultima stanza, pros-
sima alle porte per le quali uscivasi dalle terme ,
fosse appunto destinata a' custodi di quello stabili-
mento , i quali dalle ampie e basse finestre aperte ai
due lati , potevano agevolmente guardare coloro che
vi si erano introdotti. Dal descritto corridojo passa-
tasi nel porticato , di cui dovremo discorrere , e dal
quale si aveva pure un' altro ingresso al bagno per
mezzo di soglia di bianco marmo , che conduce
— 21 —
Ha sala di trattenimento o esedra, della quale fu
unanzi ragionato. Ora veniamo a descrivere breve-
nente il peristilio , da cui si aveva 1' accesso alle
erme , ed ove dalle medesime era lecito far passag-
gio. Aveva questo una doppia entrata , l' una dalla
traila del Foro , e l' altra di rimpetto , della quale
lerò non ci è permesso discorrere , perchè tuttavia
ngombra dalle terre insieme colle altre parti dell'edifi-
io messe a destra del calidario: ed è per questo motivo
he ci asteniamo di favellarne. Può solamente argo-
aentarsi da quello che apparisce della eutrata a de-
tra , che l' aggiustamento architettonico non ne fosse
nollo dissimile dall'altro che le di fronte: il che sarà
)0Ì meglio chiarito da ulteriori scavazioni.
Dunque dalla strada del Foro , mercè uno scalino
li travertino , si passa in un nobile protiro pavi-
nentato a grosse lastre di travertino: ed è notevole
:he su di queste si ravvisano i segni della chiusura
olo verso la strada , non già verso l' interno atrio a
:ui dava l' adito. Lo zoccolo di questo vestibolo è
lero con riquadri piante ed altri ornamenti. I muri
on rossi , con parli di giallo e di bianco , e con
)lutei ed altri semplici ornati. Un sol quadretto ap-
>arisce , ove si vede' una colonnetta con vaso al di
opra ; presso è un' aretta o base con altro vaso , ed
n mezzo un ariete pascente. Veggonsi pure nel cana-
io rosso alcuni Grifi volanti. Dopo il descritto pro-
iro si passa ad un largo atrio o cortile quasi rettan-
;olare , continuando il pavimento di lastre di tra-
vertino per uno spazio eguale alla larghezza del ve-
itibolo ; e solo all'ultimo del peristilio evvi una pìc-
cola soglia di marmo della medesima estensione.
Questo atrio è per tre lati circondalo di colonne ,
:he costituivano un porticato coperto : sebbene la
aostra descrizione non può estendersi che a due soli
lati del portico , i quali sono interamente disoller-
rati. Dal lato dell' entrata principale questo portico
ba a sinistra sette colonne intere, ed una mezza co-
lonna addossata al muro che ne costituisce l' estre-
mo , a destra una colonna intera ed un pilastro con
olezza colonna addossata ripetuto simmetricamente
lue volte ; olire la colonna angolare , la quale può
xms'.derarsi appartenente all'altro lato del porticato,
che è verso l'edifìcio delle terme. Questo lato offre
la serie di diciotto colonne; delle quali però le ulti-
me tre o quadro a destra non sono ancora intera-
mente scoperte.
Tutte le colonne non hanno base, sono di poco svelte
proporzioni, ed offrono il fuslo scanalato cou piccolo
risalto a circa la metà dell'altezza : ed è notevole che
la parte superiore è di bianco intonico, tutta la parte
inferiore sino al suolo è dipinta di rosso. Il capitel-
lo è dorico adorno di capricciosi e tortuosi fo-
gliami , intrecciati in guisa da presentar quasi la for-
ma di un giglio: il che è slato parimenti osservato
in altri capitelli di greco lavoro. In generale le pro-
porzioni delle colonne, e la loro rastremazione , ci
richiamano quasi ad una imitazione del dorico pe-
stano. Sulla quarta colonna a sinistra dell' entrata
veggonsi alcune lettere segnate col pennello di rosso,
nelle quali , senza contare una lettera anticamente
cancellata , pare debba leggersi P. VED.
Sopra una delle colonne del porticato a destra leggesi
graflita la parola VESTER. Il pavimento che gira sot-
to i portici è di opera signina : ed in esso appariscono
tubi di piombo, alcuni do quali vengono dallo stesso ,
e poi s' internano verso le terme. Il pavimento del
grande atrio scoverto è di terra battuta con alcuni
pezzetti di mattoni; ed intorno intorno èpratticatoun
canale pel corso delle acque. Merita attenzione una
particolarità, che si osserva nel portico attaccato alle
terme : ed è che nel canale corrispondente da quel lato
si osservano cinque pozzetti circa un palmo profondi,
e di un palmo e mezzo all'inarca nelle altre dimensio-
ni. Non apparisce in fondo ad essi alcuna apertura, dal
che si deduce che non avsssero comunicazione coi
canali sottoposti : solo è da notare che nell' angolo
a destra dell' entrata vedesi un sesto pozzetto , che
offre un'apertura, ed iu continuazione evvi un canale
di terracotta, per lo seolo delle acque , le quali per
tal modo andavano a raccogliersi ne' sotterranei com-
presi , per potersene avvalere. A tal uopo vedesi
un pozzo vicino all'entrata, con puteale di pietra
vesuviana , che a fior di terra lo ricopre. Indagar
volendo 1' uso di questi pozzetti , assai ragionevole
ci sembra la idea dell'ingegnere sig. Campanelli, che
22 _
fossero destinati a servir di purificatolo delle aeque,
le quali per quel caDale scorrendo, deponevano le
materie immonde e gravi, che vi erano immischiate.
Non potrebbe affatto pensarsi che questi pozzetti fos-
sero destinati a ricever le acque raccolte nel tetto su-
periore ; giacché nessun particolare sbocco si ravvi-
sava , come rilevasi da una porzione della trabeazio-
ne conservata , e più ancora dalla fotografia presa
dal sig. Campanelli al momento della scavazione, pria-
che precipitasse la covertura allora quasi tutta ap-
parente. Sotto il portico situato verso 1' entrata, e
propriamente nella sua porzione sinistra , è costrui-
to un sedile per potervisi comodamente adagiare in
vista dell' atrio, ed al coverto. Le due pareti del-
l' atrio finora scoperte sono graziosamente dipin-
te. Il muro del portico verso le terme ha zoccolo
nero, con ornato di piante , plutei, festoni, candela-
brelti etc. Segue il muro a fondo rosso , con com-
partimenti di giallo e di nero, ove sono svariati or-
namenti. Nel fondo rosso erano molti quadretti, al-
cuni de' quali sono quasi del tutto perduli ; e pare
che rappresenlino vedute di paese. Più conservati
sono i seguenti quadretti — 1 . Vasi diversi , corona
e tirsi con tenie pendenti — 2. Due seppie — 3. Di-
versi uccelli uccisi, ed alcune frutta — 4. Allro qua-
dretto presso a poco simile al primo. Sopra alcune
delle svelle architetture, segnate in questa rossa zona,
vedonsi ripetuti alali grifi aggruppati con alate fi-
gurine uscenti in capricciosi fogliami. Altrove in si-
mile gruppo in vece di grifo scorgesi un capro od al-
tro quadrupede. In una zona superiore bianca sono
svariati ornamenti, plutei, capricciose architetture,
cervelti, e Sirene maschi , o piuttosto Androsflngi.
Chiude il tutto una graziosa cornicetta di stucco co-
lorato. Sopra era da questo medesimo lato il terraz-
zo, sul quale fu rinvenuto l'orologio solare con iscri-
zione osca , di cui ragionammo nel secondo anno di
questo bulletlino :edel tetto che ricopriva il portico,
e del terrazzo suddetto ci proponiamo di parlare in
seguito più particolarmente. Gli slessi ornamenti si mi-
rano nel muro ad angolo di quello innanzi descritto, di
cui perù non si è conservala che la sola parie inferiore,
co'medesimi compartimenti gialli e neri in fondo rosso.
Si mirano egualmente festoni , svelle architetture,
plutei, quadretti di paese, ovvero una riunione di
differenti vasi , bianchi cigni , e finalmente sulle ar-
chitetture alati putti uscenti in fogliami , aggruppati
or con alati grifi , ora con cornuti capri.
Tuttoché non sia ancora scoperto il muro collo-
cato rimpetto all' edificio delle terme, e che costitui-
sce il quarto lato dell' atrio , pur nondimeno merita
che sin da ora ne teniamo particolare ragionamento.
È da osservare innanzi tulio, che questo muro è si-
tualo fuori squadra col muro dell' entrata; per modo
che costituisce con esso un angolo acuto : a pochi
palmi di distanza dal piede di questo muro si eleva
dal suolo dell'atrio un piccolo risalto di circa mez-
zo palmo di altezza formato di pietra di Nocera la-
vorala, il quale cammina parallelamente a quel mu-
ro ; ma non se ne ravvisa il termine , per essere
tuttavia il sito ingombro da terra. Tornando al mu-
ro , di cui è parola , notiamo eh' esso era in origine
rivestito nella sua porzione inferiore di lastre di bianco
marmo : delle quali però due sole rimangono ad at-
testare lo spoglio avvenuto in questa parte dell' edi-
lìzio. La parte superiore del muro era (ulta vaga-
mente fregiala di bassirilievi di stucco e dipinti : ora
però gli stucchi souo presso che tutti distaccati e ca-
duti ; e non ci rimane quasi altro che studiare le
linee graffite già dagli antichi per guida de' bassiri-
lievi. Della porzione finora scoperta possono consi-
derarsi (re zone verticali, ognuna divisa in due zone
orizzontali. Nella prima zona verticale vedi nell'or-
dine inferiore una graziosa architettura , ed in essa
un nudo giovine si avanza al sommo di una scala di
varii gradi , tenendo colla destra il timpano. Più in
alto in un particolareriquadro vedesi un giovine Bacco
sdrajato, con corno potorio : e presso a' suoi piedi è
Ja pantera accovacciata. Segue al di sopra un qua-
dretto di paese con edifizii. E chiudesi in cima que-
sta prima zona con un balcone sporgente sostenuto
da un modiglione con voluta. È questo un'impor-
tante esempio , che lo sludio dell' antica architettura
si giova non di rado de' pompejani dipinti, ne' quali
e porte , e finestre , e portici, ed altri architettonici
aggiustamenti sono tanto frequentemente effigiati.
- 23 -
Mollo importante è la seconda zona della parete
di cui stiamo ragionando. Nella parte più bassa è un
quadretto col non comune soggetto d'Ila rapito dalle
Ninfe. Il giovinetto amasio di Ercole , con clamide
svolazzante , tiene colla sinistra il doppio giavellotto,
e colla destra dislesa hal'idria(o xaCkirts) , appressan-
dola in atto veloce verso la fonte , ove era ito ad at-
tignere acqua. É questa figurala da due seminude
Ninfe, una delle quali più a lui vicina tiene l'urna
rivolta, da cui scorre 1' acqua insino al suolo , ove
par che si spanda : ed è notevole che Ila appressa la
sua idria appunto a quel getto d' acqua , che scorre
dall'urna della Ninfa. Chiude dall'altro lato la scena
una terza seminuda abitatrice delle acquo, pur coli' i-
dria, la quale stando al suolo accovacciata quasi in ag-
guato stende le mani a rapire il vagoegiovinelloeroe.
Questo grazioso monumento viene ad accrescere il
numero delle rare rappresentazioni del giovine Drio-
pe; le quali si veggono citate ed illustrate dal Raoul-
Rochette(cfro/x de peinlur.de Pompei pag. 1 99 e segg.),
e dal eh. cav. De Kohne [die beiden gì ossea Silber-
Gefdsse des Kaiserl. filuseums der Eremilaye zu S.
Petersburg pag. 17 segg. ). La presenza di tre Ninfe
nel nuovo bassorilievo pompejano incontra il fre-
quente confronto de' monumenti. Tali sono il pom-
pejano dipinto pubblicalo dal sig. Raoul-Rochelle(op.
cil. tav. XV ), il bassorilievo Mattejano ( t. Ili tav.
XXXI p. 59-69), 1' altro bassorilievo romano edito
dal de la Chausse from. mus. II sect. II tav. Ili, 4 ),
ed il musaico pubblicato dal Ciampini (Fef . mon. cap.
VII tab. XXIV p. 60-62). Quest'ultimo monumento
è poi da paragonare particolarmente col bassorilievo
di Pompei, perchè ci presenta pure una delle figlie
del fiume Ascanio stante colle gambe incrociate colla
sua urna rovesciata , da cui scorre l'acqua. Sicché
queste due identiche figure ne' due monumenti val-
gono a simboleggiare la slessa fonte in modo artisti-
co ed in elegante composizione. Molte sono le tra-
dizioni che additano tre Ninfe come intese al ratto
d' Ila , e potranno vedersi ricordate dal Raoul-Ro-
chetle (I. e. p. 201 ), e dal eh. de Kòhne (/. e. p.
57 n. 82). Nondimeno a me piace di aggiugnere un
epigramma di Ausonio, nel quale il poeta awertecha
le Najadi rapitrici d' Ila furono pel giovinetto quasi
le Eumenidi (ep. XCV): e certamente ebbe il pen-
siero all' identico numero delle Ninfe e delle Furie.
Del resto, variabile si è il numero delle Driadi ne'
monumenti : e due se ne veggono nel romano sarco-
fago d'Igei (Schorn negli aiti della r. accad. di Mo-
naco 1835 t. X p. 2S3; Cavedoni cenni critico-ar-
cheol. al mon. rom. d'Igei p. li), e nel bassorilievo
del museo Capitolino (toni. IV tav. LIV ). Non dirò
poi del citato vaso di argento di Pietroburgo, ove son
quattro le Najadi;|perchè in esso si nota un momento
posteriore al ratio, cioè quando Ila è già fatto partecipe
dell'apoteosi. Intanto il nuovo bassorilievo , ed il ci-
talo vaso di argento, meritano di essere confrontati con
una particolar tradizione di Apollonio Rodio (I, 1235
segg. ), e di Valerio Fiacco (Argon. Ili, 529), i quali
fan menzione di una sola Najade delta dal primo Ephy-
datia , che trascina il giovinetto figliuolo di Teoda-
mante ne' vorticosi gorghi dell' Ascanio. Di falli una
sola si mira nel bassorilievo pompejano intesa a pren-
dere Ila , ed una sola lo tiene nel vaso di Pietroburgo
avvinghialo colle sue mani , quasi che ne sia perve-
nuto al felice possesso. Ed è notevole che pur nel
dello vaso di argento le tre altre Najadi versano dalla
loro urne 1' acqua , per dinotare che il liquido ele-
mento riempie tutta la estensione di quella caverna.
È probabile che nella primitiva origine del mito ad
una sola si attribuisse l'affetto pel giovine eroe, la
quale poi s'immaginò dalle compagne ajutata a tra-
scinarlo ne' profondi gorghi del fiume. L'atto d' Ila,
nel nuovo bassorilievo, quasi sul punto di fuggire, ac-
cenna all'essere stato sorpreso avvedendosi del suo
periglio mentre riempiva la calpide. Interessante è
poi la particolarità del doppio giavellotto, di cui l'e-
roe vedesi armato. Potrebbe per verità richiamarsi la
idea che questa armatura , egualmente che la spada
la quale in altri monumenti apparisce , sia ben con-
venienle alla guerriera condizione del giovinetto Ar-
gonauta. Ma forse non è da tralasciare che principal-
mente i due giavellotti accennino alle cacce, alle quali
Ila in quel momento si esercilava. Così pressoio pseu-
do-Orfeo, allontanandosi appunto dagli altri caccia-
tori penetra nella spelonca delle Ninfe, ove queste lo
24 —
rapiscono ( Argon, v. 637 segg. ) : e Valerio Fiacco
narra l'avvenimento in seguilo della fuga di un cervo
perseguitato dal Driope (III, 545 segg); il qual luogo
fu da noi altrove ricordalo ad illustrazione delle mo-
nete di Caulonia col celebre tipo del giovine peni-
tente col ramo , che vedesi frequentemente messo in
rapporto con un cervo ( bull. ardi. nap. di Avellino
an. IV. pag.134). Per le quali cose un'allusione alla
caccia ravvisiamo del pari nel doppio giavellotto dato
ad Ila nel nostro bassorilievo.
Al di sopra di questo pregevolissimo quadretto è
un altro di paese con edifizii ed alberi , più una figu-
rina umana ed una capra.
La terza zona offre pure due diverse rappresenta-
zioni a bassorilievo. Nella inferiore un nudo Sileno
con pedo e nebride stende un corno potorio, mentre
un nudo Satirelto a lui stende la destra , tenendo
colla sinistra una grandissima face; anche qui il fan-
ciullo vedesi asceso all'ultimo gradino di una scaletta.
Più in alto è di maggiori proporzioni una figura
femminile con doppia tunica , la quale solleva colla
sinistra una specie di grembiule , e tien colla destra
la patera : a' due lati son due cervette in opposte di-
rezioni. Non tardiamo a ravvisare in questa impor-
tante figura una Diana di asiatiche forme, alla quale
ben si riferisce il simbolo delle due cerve , che pur
della stessa guisa collocate si osservano in altri mo-
numenti. Le tre descritte zone sono adorne di svariat1
simboli e fregi: vedi cigni, corni polorii, lire, Amo-
rini, e due volte ripetuta una specie di tabella dillica
aperta, entro la quale era in fondo bleu figurata una
biga, di cui appajono i cavalli , e le redini , e por-
zione delle ruote. Un' alata Vittoria apparisce di so-
pra a ciascuna di queste tabelle , quasi che la espo-
nesse alla vista di tutti. Nella parte più bassa della pa-
rete in una fascia veggonsi piccoli paperi od oche nuo-
tare in vicinanza di acquatiche piante ; e presso cetre
delfini ed altri simbolici ornamenti.
Si presenta in seguito il rimanente della larga pa-
rete, ove pur si mirano in parte scoperte varie altre
figure ; ma ci riserbiamo di farne lo studio, e di dar-
ne la descrizione , quando ne sarà continuata la sca-
vazione. Allora presenteremo più estese idee sulla
riunione di tanti differenti soggetti. Ci basti ora l'av- '
vertire che alcuni di essi possono credersi relativi alle
acque, che sono in istretta relazione colle vicine ter-
me. Tali sono la fascia cogli acquatici uccelli , e lo
stesso soggetto del rapito Ila, che accenna appunto
alle acque di una fontana. E forse la più visibile fi-
gura di Diana può riputarsi ancora in non lontana
relazione collo slesso quadretto d'Ila; quando ricor-
disi che Apollonio Rodio narra che le Ninfe dell' Asca-
nio celebravano ed onoravano quella divinità (Argon.
I, 1225). Comunque sia di queste osservazioni, par-
ci che le varie figure relative a dionisiaci soggetti non
reclamino particolar dichiarazione ; essendo troppo
noto che i bacchici soggetti e le bacchiche allusioni
entravano in tutte le idee dell' antichità.
Rimane a dire de' dittici tenuti dalle Vittorie ala-
te : e non può dubitarsi che le bighe in rapporto con
una Vittoria alludono alle gare ed a' giuochi di qual-
sivoglia genere, ed alla gloria de' vincitori. E qui pia-
centi di osservare che il grande atrio o cortile annes-
so alle terme , di cui già notammo essere ben solido
il pavimento, era forse destinalo, più che al passeg-
gio, a' divertimenti di qualche ginnastico esercizio;
siccome meglio esporremo, quando sarà il sito inte-
ramente sgombrato dalle terre. Ed in tale ipolesi ben
si comprende la inlelligenza di quei dittici simbolo di
vittoria in qualsivoglia gara o conlesa.
Da ultimo non voglio omettere di osservare che
il P. VED, segnato sopra una delle colonne del por-
ticato, accenni allo slesso P. Vedio Nutnmiano , di
cui in altri programmi e graffili trovammo farsi men-
zione.
Continua Minervini
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàneo.
BULLETTMO ARCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 78. ( 4. dell' anno IV.)
Agosto 1855.
Osservazioni del eh. Abate D. Celestino Cavedoni sull' opera intitolala « Voyage en Asie-Mineure au point
de vue numismalique par W. II. Waddington. Paris, 1853, in 8" con XI tav. » Contili, del n. 76. —
Osservazioni sopra le Monete di Filippi della Macedonia. — Bibliografia.
Osservazioni del eh. Abate D. Celestino Cavedoni
sull' opera intitolata « Voyage en Asìe-Mineure au
point de vue numismalique par W. H. Waddin-
gton. Paris, 1853, in 8° con XI tav. » Conti-
nuazione del n. 76.
PHRYGIA
Laodicea. Mollo importanli sono le due seguenti
monete così descritte dal eh. autore:
1. Z€TC ACilC.Testa di Giove.
)( AAOAIKCON. Capra stante. Ae. 4.
2. AOTKIOC-AIAIOC-KAICAP. Testa di Elio
Cesare.
X ACCIO • AAOAIKCQN. Giove stante con la d.
posata sopra le corna di una capra stante a suoi piedi.
Ae. e y.
Il eh. Longpérier congettura , che Giove "Atsis
sia lo stesso che 'Affiarixàs , oppure che questo no-
me sia d'origine siriaca , e che valga forte, esimio;
ed il eh. autore preferendo la seconda interpretazio-
ne spiega Zibs v^urros. Le ingegnose loro congetture
si ponno convalidare col riscontro del nume Siro
*A&i{os, , che credesi Marte , paredro del Sole ( C.
I. Gr. n. 4619). La presenza peraltro della capra ,
detta ez , (plur. izzim) in ebraico, ed &%a. dai Fenicii
(v. Steph. Ryz. v. "A^wrosicf. Gesenius//tcs. p. 1009-
1010), ne presenta una derivazione vie più propria
e spontanea del cognome dato a Giove Crescente nu-
drilo dalla capra Amaltea (cf. Annali arch. t. XXV
p. 23 ). 1 Laodiceni pretendevano, che Giove infante
ANNO IT.
fosse slato nudrito e cresciuto nella loro regione
(Eckhel t. Ili p.160); e a Giove Crescente avranno
inteso di comparare il giovine L. Elio Cesare nella
seconda , e fors' anche nella prima delle due sovra
descritte monele. Del resto la voce "A^as , anzi che
d' origine semitica , reputar potrebbesi greca , aven-
dosi da Esichio le chiose : *Aa<u. xopsffou, Sp/^oc/.
Melropolis. La figura feminile sedente con spighe
nella d. e con la s. appoggiala ad un cornucopia e in
atto di sorreggersi con essa il capo , e con prora di
nave a' suoi piedi, parve al eh. autore Genio di quella
città ; ma sembra anzi tipo ritratto dalle monete di
Roma , congiungendo in uno gli attribuii dell'anno-
na , della Securitas e della Tranquillitas publica.
Midaeum. Il fiume TCMBPIC, che ora per la pri-
ma volta comparisce nella geografia numismatica ,
trovasi memoralo anche da Orfeo ( Argon. 713) in-
sieme col Sangario. L' EAATHS ravvisato in altra
moneta di Mideo dal Pellerin (Mei. I pi. XXIV, 3)
e dal Seslini (Lett. t. IX n. 3) potrebb'essere 1" EXaVa
della vicina Bilinia ricordato forse dal solo Tolomeo
(Geogr. V. 1,7).
Peltae. In altre monete de'Pelteni ricorrono i tipi
della testa di Giove, dell'aquila e del fulmine alalo,
che fanno bel riscontro all'I EPON TOT AIOS TOT
I1EATHNOT ricordato in un'iscrizione di Antandro
(C. I. Gr. n. 3568,/-; T. II p. 1128).
Il eh. autore giunto alla fiue del primo suo arti-
colo riguardante le medaglie della Frigia ben a ra-
gione si felicita di avere pollilo aggiungere un set-
tanta medaglie alla numismatica di quella sola prò-
— 26 -
vincia. Egli inoltre ha arriechilo di alquanti uonii
nuovi la geografia numismatica dell' Asia Minore; sì
die gli si può ben condonare qualche svista ed ab-
baglio occorsogli , se pur sono realmente tali quelli
da me avvertili.
C. Cavedoni.
Osservazioni sopra le Monete di Filippi
della Macedonia.
La città di Filippi della Macedonia , cotanto cele-
bre per le imprese del re che le diede il nome , per
la battaglia in cui rimasero sconfitti e morti Bruto e
Cassio, e per la primitiva Chiesa fondatavi dall'Apo-
stolo delle genti , ha di recente ricevuto un bell'au-
gumento alle non molte sue medaglie in prima co-
gnite, per un fortunato ritrovamento fattosi nell'isola
d' Eubea.
Nel decorso anno 1854 , scavando il terreno per
la costruzion di una casa nelle vicinanze di Eretria,
si rinvennero non so quante monete d' oro, 48 delle
quali furono di là trasmesse al eh. signor Paolo Lam-
bros a Corfù da un suo zio di nome Apostolo Papa-
georgio negoziante in Calcide dell' Eubea medesima.
Erano tutti stateri d' oro, 36 Darici, 2 di Filippo li
re di Macedonia, e 10 della città di Filippi della Ma-
cedonia medesima. Di questa celeberrima città non
si conosceva finora altra moneta d'oro, che solo uno
statere , che appartenne al museo della regina Cri-
stina di Svezia , e che venne posto in luce , ma con
disegno di troppo imperfetto, dall' Eckhel (num. vet.
lab. V, 15); ora il lodalo signor Lambros ne diede
assai ben disegnali e dichiarali sei, l'uno dall'altro
diversi per varietà di simboli ; e sono come segue.
1 . Testa d' Ercole imberbe coverta dall' iato della
spoglia del Icone , volta a d.
)( *IAimii2N. Tripode co' fulcri fìnienti nelV imo
in zampe di leone , e forniti nel sommo di tre grandi
orecchie o sia prese : nel campo , testa di cavallo volta
a d.
2. Altro simile ; ma con lesta di cavallo volta a s.
3. Altro simile , ma con testa di leone volta a d.
4. Altro con testa di cervo volta a d.
5. Altro con testa di cervo volta a s
6. Altro con grappolo d'uva nel campo.
Questi sei stateri, il primo de' quali confronta con
quello che fu imperfettamente dato in disegno dal-
l' Eckhel , furono da prima pubblicati dal lodato si-
gnor Lambros nel periodico greco intitolalo Hol^u/^%
( 1854, iVòr. fol. 112), indi riprodotti nel Bulletin
arche ologique de T Athenaeum Francois ( N. 2 Fevr.
1855), e poscia di bel nuovo dal Lambros medesimo
in greco co' tipi de\V Hermes di Corfù, con la versione
in francese fattane dal signor Vretò ( 1855 , in 8 p.
1-15 con tav. ). I dodi numografi di Parigi avverti-
rono , che in Francia non si conosceva altro aureo
di Filippi , che uno della insigne collezione del eh.
signor Duca De Luynes. I sei suddetti, posseduti dal
eh. Lambros, variano di peso da grani Parigini 161 V*
a grani 162 '/4 : peso che ad un dipresso confronta
con quello de' copiosi aurei di Filippo II, come di
ragione.
Quell' antico ripostiglio di Eretria , sendo, a quel
che pare , in esso mancali affatto i copiosissimi au-
rei di Alessandro Magno , può a tutta ragione cre-
dersi riposto sotterra durante il regno di Filippo II;
anzi v' ha buon argomento per supporlo nascosto
nell'anno terzo dell'Olimpiade CVII, o sia 350 anni
innanzi l'era nostra volgare. Nel detto anno Filippo
II avea trasportate forze considerevoli nell'Eubea, e
col favore de' tiranni, da se corrotti con l'oro, venia
impadronendosi delle città. Allora Plutarco d'Eretria
chiese soccorso agli Ateniesi , che vi spedirono Fo-
cione con tenui forze, avvisandosi che gì' insulani sa-
rebbonsi pronti e volenterosi congiunti con esso lui.
Ma Focione, avendo trovato l'isola tutta piena di tra-
ditori corrotti co' doni , e vedendosi in grave perico-
lo , si pose col tenue suo esercito in un colle assai
ben difeso per natura presso Tamina; ove poscia ag-
gredito dal nemico riportò col singolare suo accor-
gimento e valore un' insigne vittoria. Indi cacciò da
Eretria Plutarco, dal quale si vide ingannato o tra-
dito nel momento del conflitto , e poscia [espugnò il
forte castello di Zaretra,che (ornava opportunissimo
per gli Ateniesi ( Plut. in Phocione 12, 13: cf. Clinton,
fasti Hellen. pag. 142). Il re Macedone, arricchito
con le miniere dell' oro del Pnngeo , solea dire , che
qualunque cillà per munita che fosse , gli ricsciva
facile ad espugnare , purché 1' oro suo potesse sor-
montarne le mura; e quindi nelle sue iulraprese so-
lea subornare con loro uomini pronti a tradir la lor
patria, ponendoli poscia nel novero de'suoi amici ed
ospiti (Diodor. XVI, 54: Horat. /// Od. XVI, 9).
Quindi parrai assai probabile, che il ripostiglio d' E-
retria consistente di soli aurei di re Filippo , della
città di Filippi da lui cresciuta e denominata , e di
Darici, venisse affidalo alla terra dal ridetto Plutarco
Eretriese allor che fu sbandito da Focione , o da al-
tro traditore corrotto con l'oro del re Macedone; op-
pure da un ricco cittadino che in quello sconvolgi-
mento di cose (emesse pel suo peculio; giacche cou-
sta dall'osservazione come gli antichi ripostigli fu-
rono quasi sempre nascosti in occasione di guerre
segnatamente civili.
Pel riscontro poi del ripostiglio medesimo si viene
a definire anche il tempo approssimativo dell'impres-
sione degli stateri aurei, e delle corrispondenti belle
monete di argento, della città di Filippi. Nell'anno
3C0 innanzi 1' eia nostra , ovvero nel susseguente ,
secondo dell'Olimpiade CV, l'antica città detta le
Crenidi venne cresciuta da coloni della vicina Taso;
e due anni appresso Filippo II ne crebbe di molto la
popolazione , e dal nome suo la disse Filippi. Nel
tempo stesso egli migliorò di tanto le vicine miniere
dell' oro , che queste gli rendevano un provento an-
nuo di oltre mille taleuti ( Diodor. XVI, 3: 8: Clin-
ton fasti Hellcn.p. ì'òi ). L'impressione pertanto de-
gli stateri della città di Filippi viene così a limitarsi
entro 1' anno 357 , nel quale la città stessa s' ebbe il
novello nome <MAiniliiN , e l'anno 250 innanzi
l'era nostra, nel quale gli stateri di Filippi stessa non
solo erano in corso , ma trovavansi in circolazione
sino nell' isola di Eubea. Inoltre , nel ripostiglio di
Eubea fra' 48 aurei venuti alle mani del signor Lam-
bros sendovene stali 10 della città di Filippi , e soli
2 di Filippo II, si rende molto probabile, che l'oro
delle miniere vicine a Filippi da prima per la più
parte s'improntasse col nome di quella città, e che i
copiosi aurei di re Filippo per la maggior parte siano
stali impressi dopo il ridetto anno 3.'j0. Vuoisi peral-
tro avvertire , che al primo od al secondo anno del
regno di Filippo II semina doversi assegnare uno dei
suoi stateri aurei , quello cioè che nel campo è se-
gnalo con la sigla K (probabilmente iniziale di Kmj-
vfàss) e con un piccolo tripode, che pare doversi ri-
ferire ai coloni Tasii, che nel primo anno del regno
di Filippo si posero ad abitare in Crenide; come può
arguirsi dal riscontro del seguente aureo di Taso.
Testa d' Ercole imberbe coverta dall' iato della pelle
del leone.
)( 0ASION HI7EIPO. Tripode ornalo d' infide e
co' fulcri fintemi in zampe di leone: nel campo , car-
chesio ( Pellerin , ree. pi. XCHI , 5 ).
Alle cose dette dall'Edifici intorno a questo insigne
aureo de' Tasii del continente aggiungasi il riscontro di
Tucidide (Hist. IV, 105), che ricorda le sue officine
delle miniere dell' oro nelle parti della Tracia vicine
a Taso (cf. Bull. arch. 1850 p. 12). La testa d'Er-
cole , e fors' anche il tripode suo, sembra riferirsi ad
Ercole preside e distributore de' tesori nascosti sot-
terra (Horat. // Sai. VI, 10-13: Persius Sat. 11, 10),
e quindi altresì delle miniere dell'oro e dell'argento.
L'identità de'tipi degli aurei di Filippi con quelli del-
l' aureo de' Tasti del continente non lascia luogo a du-
bitare, che gli abitatori di Filippi stessa non fossero
in gran parte Tasii d'origine, conforme al detto di
Diodoro (ffist. XVI, 3): e non so come l'Fckhel po-
tesse supporrebbe i novelli cittadini di Filippi, cac-
ciati i Tasii da Crenide , proseguissero a batter mo-
neta con tipi Tasii ; mentre che lo storico dice , che
re Filippo crebbe di molto la popolazione di Crenide
e la chiamò Filippi , senza far motto dell' allontana-
mento de' Tasii , che mostra gli fossero amici (1).
(I) Il carchesio di Bacco, apposto come simbolo al tipo del tri-
pode nel sovra descrillo aureo de' Tasii del coniincnlp, prende beli»
pice dal riscontro di un luogo di Appiano [Bell. civ. IV, 106), ove
leggesi, che poco di lunge da Filippi era un' eminenza denominata
colle di Sacco, nel quale trovavano le cave dell'oro dette "AavKu.
I Tasii , che insieme con Ercole veneravano grandemente Bacco,
verisimilmenle diedero a quel colle il nome Ui Xó^s Aiotóaov- In
una bella moneta di Taso, che tien dell'arcaico, attorno ad Ercole
saettante leggesi 0ATION BA NO; e l'Eckhel, che pel primo
la pubblicò , non si attentò a spiegare le lettere BA e Po ( /• li.
p. 33 ). Ora che si conoscono le monete di un rETAS BA?I-
— 28 -
L' Eckhel suppone che la cillà di Filippi da prima
si appellasse Crenide e poscia Dalon; e lascia inde-
ciso se fosse edificata da Callistrato Ateniese, come si
ha da Scilace (Peripl. p. 27); ovvero da una colonia
di Tasii , come scrive Diodoro (Hist. XVI, 3); ma le
monete stanno in favore dello storico Siculo. Inoltre
sembra da preferirsi la sentenza di quelli che pon-
gono Dato distiuta da Crenide; e tanto confermasi
pel risconlro di Scilace, che dice Dato fondata da Cal-
listrato Ateniese, con Erodoto (Hist. IX, lo), che
narra come Sofane stratego Ateniese fu ucciso in Dato
dagli Edoni contendenti pel possesso delle cave del-
l' oro. Vuoisi inoltre avvertire, che il luogo detto le
Crenidi pare fosse distinto e distante alquanto dalla
città di Filippi; poiché Dione Cassio (Hist. XLYH,
35 ) racconta come Bruto e Cassio si videro astretti
a prendere la via più lunga, e forzalo il presidio ne-
mico collocato presso le Crenidi, ed entrali nel mezzo
de' due monti , si accamparono nelle allure presso la
città di Filippi. A detto dell'Eckhel il cronico di Pa-
ros pone Filippi fondata , o sia aumentala da re Fi-
lippo , nell' anno di Roma 397; ma egli in ciò prese
abbaglio , poiché a quel passo del celebre marmo di
Paros dee farsi allro supplimenlo diverso dall'arbi-
trario che ne diede il Lydiato ( v. Boeckh C. I. Gr.
t. Hp. 323, 343).
L' Eckhel pone la colonia Romana dedotfa a Fi-
lippi da Augusto, senza peraltro determinarne il tem-
po , e senza riscontro alcuno espresso degli antichi
scrittori; ed il eh. Lambros suppone che vi fosse de-
dotta da'Triunviri in alcuno degli anni decorsi dalla
battaglia di Filippi a quella d' Azzio , 0 sia dal 712
al 723. Eppure Dione (Hist. LI, 4)ne attesta, ch'essa
fu dedotta o almeno assegnata pochi mesi dopo la vit-
toria d'Azzio allor che Ottaviano approdalo a Brin-
dai in sul principio dell'anno 724, ed ivi sofferma-
tosi , distribuiva al popolo ed alle milizie denari e
terre e cillà, fra le quali Dirrachio e Filippi ed altri
ljoghi da abitare, roti arXe/bffj tote At/ppot^io» xoù
rovs <Pt\i7r7rovs a>.X* n hroixsìf ivn^vuxs.
AETS HAONEON ( v. nouvel. annal.de i'inst. 1. 1 p. 133),lice
congetturare, che nella suddetta moneta legger si debba BAtffXf'ws
rOa£ios, o d'altro nome Tracico fcf. Thucyd. IV, 107), forse di
uà re degli Edoui.
Augusto medesimo nelle tavole d'Andra , dice di
aver dedotte colonie militari nella Macedonia ( Corp.
I. Gr. n. 4040 col. IV), una delle quali dev'essere
slata quella di Filippi , consistente di soldati emeriti
delle coorli pretorie , come si raccoglie dal riscontro
delle seguenti monete.
VIC A VG. Simulacro della Vittoria gradiente, o di-
scesa dall' alto , collocato sopra una base.
)( COHORPRAE • PHIL ■ Tre insegne militari
delle coorti pretorie. Ae. Ili
Il simulacro della Vittoria sarà stato verisimilmente
dedicato in ricordanza d'ambe le due precipue vitto-
rie, che diedero ad Augusto l'impero dell'orbe Ro-
mano, di quelle cioè di Filippi e d'Azzio (1). Le tre
insegne delle coorti ne prestano buono argomento a
credere, che in Filippi dedotte fossero le milizie eme-
rite di Ire coorti pretorie.
Che la colonia milifare di Filippi fosse dedotta per
ordine di Augusto, argomentavasi anche dalla seguente
insigne sua moneta , come avveri! 1' Eckhel.
COL • AVG • 1VL . PHIL ■ 1VSSV • AVG. Testa
laureala d' Augusto, volta a d.
)( AVG • DIVI . F, DIVO ■ IVLIO. Statue di Au-
gusto paludato e di Giulio Cesare seminudo, colle de-
stre slese, collocale sopra wia slessa base, con ara da
alo a ciascuna d' esse. Ae. I.
L' Eckhel fu d'avviso, che Auguslo sia posto a
destra del Divo Giulio come aulore della colonia;
ma ne dubito, potendo anche dirsi eh' egli stia alla d.
del Divo suo padre per ragione di disuguaglianza, sic-
come si osserva quasi costantemenle ne' monumenli
Romani riguardo alla moglie ed al marilo (v. Buo-
narroti vetri p. 160-161). L' Eckhel nel descrivere
questa insigne medaglia omise le due are , le quali
peraltro meritano particolare considerazione. Aldi le
dissero due basi nude; ma parvero are al Mionnet
(Descr. n. 280, Sup. n. 635), e tali sembrano anche
a me in un esemplare di questa rara medaglia che è
nel reale museo Estense. Parmi assai probabile, che
siano le are erette negli accampamenti presso Filippi
(1) Il tipo della Vittoria nelle monete di Filippi torna a compa-
rire sotto Gallieno in una rara medaglia , che dalla collezione gik
Wellenbelm (n. 2183) passo nel real museo Estense.
— 29 —
a M. Antonio, le quali nell'anno di Roma 734 man-
enevansi (uttora in onore ; poiché dicevasi che pas-
ando di là Tiberio si udì dal silo della grande bat-
iglia un ronaore come di milizie accampate , e che
alle ridette are rifulse fuoco spontaneamente accesosi
Dio, LIV, 9): x<xì TTvp sx tÙiy ^w\kws rùiy l'irò toÌi
K.ircoyi'ju h Tw toi.$[,svu.%ti ìSfu&evrov àv/Xa/^iv. Le
uè are potrebbono anche ricordare come i due triun-
iri,dopo la vittoria riportata a Filippi , sacrificarono
i sul luogo splendidamente, ì^t'cr Xan?rfw> (Appian.
ìell. civ. V, 3). Al Mionnet parve che la statua di
liulio Cesare ( da lui non bene reputata del Genio
ella città) sia in allo d'incoronare l'altra; e cosi
are anche a me. Il Divo Giulio pertanto sarà rap-
resentalo in atto d' incoronare il giovine Cesare suo
glio , come vincitore e vindice della sua morte : e
uò tult' insieme ricordare come prima della batta-
lia di Filippi un uomo Tessalo vide in sogno il Divo
liulio, che gì' impose di dire al giovine Cesare, che
el posdomane si darebbe battaglia, e che in essa egli
ì prendesse alcuna co6a di quelle ch'ei portava sendo
illatore ; per lo che Ottaviano tosto si mise in dito
anello di Giulio, che poscia solca per lo più por-
ire (Dio XLVH, 41 ). Nell'anello del Dittatore era
Sigiala Venere Vincitrice, la quale ricorre sì di fre-
uente nelle sue monete, e in quelle altresì del fi-
liuolo suo adottivo (cf. Eckhel t. VI p. 8,81).
Lo slesso gruppo delle due statue rappresentanti
Divo Giulio in atto d'incoronare il gio\ine Cesare
no figliuolo adottivo paludato , e con la destra stesa
1 alto di dare il cornando o di arringare l'esercito
no, ricorre anche in monete della vicina Anfipoli
Pellerin, Mei. II p. 1, Eckhel t.llp. 67-68); di che
anni potersi arguire, che quel monumento della vit-
oria di Filippi era stalo dedicato non già entro quo-
ta città, ma sibbeue a qualche distanza da essa verso
Infipoli, nel sito degli accampamenti di Ottaviano e
i Antonio, ovvero nel luogo, ove le legioni di Otla-
iano medesimo nell'ullima giornata decisiva ruppe-
o e Tolsero in fuga le schiere dell'esercito di Bruto
Appian. B. civ. IV, 121, 128). Anfipoli distava
iXXIII miglia ali incirca da Filippi verso ponente (1),
(l) All'o«ca:o di Filippi, edificala sopì' esso un colle, era «n'am-
erà capitale della regione prima della Macedonia Ro-
mana, e in essa i due Iriunviri collocato avevano il
loro erario e gli approvigionamenti (Appian. B. civ.
IV, 106, 107: cf. Liner. Anton, et Hierosol.); sì che
a tutta ragione polca ritrarre sopra la sua moneta un
monumento dedicato presso Filippi verso l'occaso,
forse in su la via che da Filippi metteva ad Anfipoli
slessa.
Il eh. Lambros, con la più parte degl' interpreti
sacri, è d'avviso che la citlà di Filippi sia della da
S. Luca (Act. Apost.XVI, 1 2) capoluogo di una delle
quadro regioni in cui fu divisa la Macedonia ridotta
in provincia Romana da Paolo Emilio, e senza dub-
bio della prima di esse ; ma parmi da preferirsi la
sentenza di que'pochi, che intesero ivi detta Filippi
città colonia posta nella prima parte della Macedonia.
La lezione comune del testo greco : tìs »J />. litirovi ,
r,rii sffr) Tt^uiTti rrtì ixipiooi tt,S Mv.xìòoì ixi 7roX/f,
xoXt^na; e quella altresì della Volgala: Philippou, quae
est prima partii Macedoniae civitas , colonia , parmi
non diano altrimenti buon costruito, per quanto si
sforzino gl'interpreti a sostenerle. Il dotto ed elegante
padre fra Domenico Cavalca nel secolo XIV tradusse
[Volgar. degli atti degli Apost. cap. XX) : a Filippi,
eh' è nella prima parte della Macedonia;sì che mostra
aver letto ne'suoi codici ( che saranno pure slati di
qualche antichità) primae partii, ovvero prima parte
Macedoniae.
E che questa sia l'unica vera lezione della Volgala
Latina, corretta da S. Girolamo, ora ne siamo ac-
certati dal riscontro del Nuovo Testamento dell'anti-
chissimo e prestantissimo codice Amiatino, scritto a
mezzo il secolo VI da Servando diacono , discepolo
di S. Benedetto, e da esso lui offerto in dono a S.
Gregorio Magno, sommo Pontefice, circa l'anno 590
(Tischendorf. Nov. Testam. Amiatin. Lipsiae, 1850),
nel quale leggesi : et inde Philippis, quae est PRIMA
PARTE MACEDONIAE civitas, colonia. Quindi si
conforta di mollo la sentenza di que'dotti critici, che
pia pianura , che pel trailo di un quaranta miglia stendersi fino
ad Anfipoli ed al fiume Strimoue , della da Appiano ( Bell. civ.
IV, ìOSJ-jt-A'ov iu$opiv <*Aw xx: xaXÒt^alla quale ferliliià si
riferiscono la spiga , il grano, il grappolo ed altri tipi e simboli
delle, monete di Filippi e d'Anfipoli.
— 30 _
congetturavano doversi leggere nel lesto greco irpuirvis
fxipfèos, oppure qrpwmpMaixeSovlaS semplicemente. Per
simile modo consta come la Volgata nostra ne conser-
vala vera lettera Thalasta in altro luogo degli Atti degli
Apostoli (cap. XXVII, 8), ove il testo greco comune
La Axaxla., e qualche buon codice antico ÀAASSA,
che pel riscontro delle monete di fabbrica Cretese con
l'epigrafe ©A, ©AAACHU)X(Mionnet, suj)/)/. n. 301,
312), vuoisi emendare leggendo 8AAA5SA.
11 lodato signor Lambros mostra supporre, che
sotto Augusto od in appresso Filippi divenisse città
principale della Macedonia prima , in luogo di Anti-
poli; ma non ne dà riscontro veruno autorevole. Sem-
bra anzi evidente, che anche solto l'impero Anfipoli
si mantenesse nell'onore suo primitivo di capitale della
Macedonia prima, del pari che Tessalouica della Ma-
cedonia seconda ; poiché ambedue vanno quasi del
pari nell' impressione di copiose monete imperiali , e
d'alcune autonome, fino a' tempi di Gallieno e di Sa-
lonina. Dall'epigramma di Autipatro, edito dall'Hol-
stenio (ad Steph. p. 33: cf. Wessel. ad ilin. Hiero-
sol. p. 004) parrebbe che Anfipoli a' tempi degli An-
tonini fosse decaduta ed in ruina; ma le monete d'es-
sa, assai copiose anche a que' tempi , mostrano che
il detto del poeta sia esagerato , o che debba inten-
dersi segnatamente delle ruine del tempio di Diana
Tauropola, che di fatti da Commodo Cesare in ap-
presso forse più non comparisce nelle monete d' An-
fipoli. La città di Filippi, a confronto d'Anfipoli, ri-
mansi povera di monete solto l'impero.
C. Cavedom.
BIBLIOGRAFIA.
Memorie della regale Accademia Ercolanese. Voi. IV
parte II. Continuazione del n. 75.
4. Intorno ad una iscrizione onoraria di C. Celio Vero
questore alimentario , di Agostino Gervasio : con-
tinuazione.
Seguendo l'a. a riportare le iscrizioni di Avella,
illustra sotto il n. XVI quella del militare iV. Marcio
Plelorio Celere (Mommsen inscr. r. neap. n. 1947).
Nella riga 9-10 il sig. Gervasio corregge la menzio-
ne della legione II Gallica in 111 Gallica , non altri-
menti che fa pure il Mommsen, attribuendo lo scam-
bio ad errore del lapicida. Parlando delle varie ca-
riche militari di Marcio Plelorio dichiara l'uffici j de'
Praepositi , ch'era particolare e straordinario, illu-
strando pur brevemente le varie decorazioni militari,
di cui è parola in quella iscrizione. Finalmente a que-
sto patrono degli Avellani attribuisce 1' a. una delle
statue marmoree da lui pubblicate nella tav. VII.
L' altra iscrizione riportata ed illustrata dal sig. Ger-
vasio è il marmo onorario di Tarquinio Vitale, rica-
vato dal Remondini ( della Noi. eccl. istoria toni. 1
p. 203 ), di cui l'a. rinvenne un frammento in A-
vella, che pubblica nella tav. IV fig. 4. Egli dubita
in parie della lezione del Remondini, nondimeno con
copiosa erudizione illustra le frasi più insolite della
epigrafe , quali sono patrono generi , togato primario
loci , dcfensori provinciae Campaniae. Non debbo
tralasciar di avvertire che il Mommsen dichiarò falsa
o sospetta la base di Tarquinio , e che il sig. Gerva-
sio si oppone a questo giudizio, traendone argomenlo
dal frammento tuttavia esistente in Avella e da lui
rinvenuto. Questa evidente dimostrazione non esclu de
che il Remondini potesse travedere nella lettura di
un marmo, ch'egli medesimo dichiarò maltrattalo «
roso non poco in più luoghi.
Segue la epigrafe di Barbano Pompeiano, che l'a.
dice esislente nel museo del Seminario di Nola: e per-
ciò va forse corretta la contraria asserzione del eh.
Mommsen (n. 1940). Le varianti della lezione del
sig. Gervasio sono nellla 1." rga , ove legge POM-
PEIANVS non POMPEIAN , e nella penultima ove
riporta CVRanTE • V • C • TI • PRO, invece di CVR ■
PRO. Del resto l'a. non annunzia di averla
esaminata co' suoi propri occhi.
Sotto i n. XIX a XXI la. riferisce le epigrafi pu-
ramente sepolcrali al num. di otto, compresi i fram-
menti di dubbia determinazione, ed alcuna iscrizione
delle vicinanze di Avella. Sono esse ora pubblicate
dal eh. Mommsen sotto i numeri 1949, 1903, 1900,
1902, 2000, 1915, 2009 della sua raccolta. Vo-
gliamo pure avvertire che la piccola varietà di lezione
nella iscrizione n. 1903 dee decidersi a favore del
— 31 -
Mommsen , come rilevasi dal facsimile esibilo dal
sig. Gervasio lav. IV n. 8: e la differenza che si os-
serva nel leslo deve attribuirsi a mero errore tipo-
grafico.
Riporta pure l'a. un frammento di colonna Util-
itaria; ed aggiunge altresì due iscrizioni cristiane, la
prima metrica di una tal Prenestina , ora edita dal
Mommsen, che ne fece il riscontro, con qualche va-
riante (n. 1 906), e l'altra di un tal Comitiolus edita
dal Remoudini, che ne diede una piena illustrazione,
(op. cit. fom. 1 p. 280). Da ultimo riporta un fram-
mento non più esistente pubblicato erroneamente
dallo slesso Remondini (I. e. p. 280), ed altro fram-
mento, di cui presenta il facsimile (tav.IV,n.2), di-
verso in parie dalla lezione del eh. Mommsen (num.
1964). Avverte poi che iu un aulico manoscritto
parlandosi di una iscrizione, ov'era rammentato un
enorme numero di (alenti , e che dicesi altrove Ira-
sportata , sia da credere si accenni alla epigrafe ap-
punto di C. Celio Vero, che di falli dovelt' essere in
epoca remota trasportata in Napoli, ove al presente
ritrovasi.
Il sig. Gervasio nella giunta alla sun memoria, già
da noi precedentemente citata , e da lui scritta dopo
la pubblicazione della raccolta del Mommsen, aggiun-
ge da questa (n. 1967) un frammento che dice esser-
gli sfuggito. Olirà le osservazioni da noi sopra rife-
rite intorno le iscrizioni giudicate false o sospette dal
eh. Mommsen , difende dalle ingiuste accuse Marco
Mondo, 'che questo mio dolio amico pone traile jp<r-
sonae Pratillianae. L'a. avverte che il Mondo fu fi-
lologo non ispregevole ed ottimo latinista, ben diffe-
rente da quegli altri, a'quali potrebbe applicarsi una
ingiuriosa denominazione.
Chiude l' a. tutto il lavoro con una noia sulle noci
Avellane, o nocciuole , la cui antica denominazione
attribuisce ad Avella piuttosto che ad Avellino: e con
questa occasione favella dell'epiteto di Prolropi, che
dà Plinio agli Abcllinales, offrendone una conghietlu-
rale interpretazione.
5. Intorno le medaglie dell' antica Dalvon osserva-
zioni , di Giulio Minervini : pag. 267-29 1 con una
tavola incisa.
L'a. imprende ad illustrare con questa breve me-
moria alcune medaglie in parte conosciute, i cui tipi
sono nel litio la testa di Ercole, e nel rovescio la
clava, ed una epigrafe ora Iella ©ElS , A.VYON;
ora0EIS,AAAYON;oraIAAYiì..;oraAOYAAON,
M1NATZ. Uà' numismatici se ne attribuiva la patria
ora ad Alvona della Dalmazia, ora a Thisbae della Boe-
zia , ora ad una prelesa Avalon dell'Illirico. Col con-
fronto di quattro di queste medaglie , di cui fa la
pubblicazione, l'a. dimostra che la epigrafe sempre
costante è AAAYON, ovvero AAAYON dritta o re-
trograda, la quale si accoppia con le altre iscrizioni
variabili ©EI£, 4>AAOS o 3>AM0S, AAIHATS o
MINATZ. Onde per le regole di critica numismatica
siamo condotti a fissare essere l'invariabile AAAY12N
il nome della città. Rileva dallo stile delle monete
l'a. che possano appartenere all' Illirico, ovvero alle
isole dell' Adriatico : alle quali regioni non discon-
vengono i tipi Erculei, siccome vien comprovando dai
monumenti e dalle tradizioni.
In quanto alle altre iscrizioni, che accompagnano
la epigrafe AAATfìN", il signor Minervini le reputa
nomi di magistrati : ed in AAIHATS riconosce lo
stesso nome che in MINATI , contenendo elementi
del tutto simili , sol con lo scambio di alcuni fra lo-
ro somiglianti: e la lermiuazione o che sia ATS o ATX
sempre più conferma l'attribuzione ad una città del-
l'Illirico, ov'ebbe stanza la barbara gente diTaulantii.
Più interessante è il magistrato dinotato dalle lettere
©EIS , o che creder si voglia in tal modo ovvero
©EPS; giacché incontrasi il confronto del magistra-
to ©E12IA , o 0EPSIA di alcune monete di Apol-
lonia e di Dirrachio. Da tutte le quali cose conchiu-
de 1' a. doversi quelle monetine attribuire a qualche
città dell'Illirico, o de' siti viciui, denominata Dalvon
o Dalvona. Esclusa la città di Dalmazia detta Dal-
luntum, l' a. osserva che la città la quale maggior-
mente si assomiglia nel nome alla Dalvon delle mo-
nete, è appunto Alvona della Liburnia : provando con
molli esempli che il finimeato in ù>vx è comune nei
nomi delle città illiriche, e che spesso trovasi mutato
in usy. Ritiene dunque probabile che la Dalvona delle
medaglie sia la stessa Alvona degli scrittori; la quale
— 32 —
parola avendo il d nel principio originariamente, va-
riar dovette nel seguito; e di questa varietà, che non
di rado si veriQca col correr degli anni ne' nomi delle
antiche citlà, va enumerando l'a. alcuni esempli. A'
quali forse potrebbe aggiugnersi il nome Decalera o
Decatara , che trovasi denominata anche Catara ;
mentre appartiene alla medesima lingua. E senza dub-
bio il Dc-Alwn, cangiato in Ahon , non è dissimile
dal De-Catara tramutato in Catara.
6. Di un candelabro di bronzo trovalo nelle vicinanze
dell' antica Nuceria Alfaterna, che può aver servito
di ceriolario , del commendator Bernardo Quaran-
ta : p. 283-291 con una tavola incisa.
La presente memoria è destinala ad illustrare un
elegante candelabro di bronzo rinvenuto nell'anno
1840, di cui si offre il disegno nella tavola annessa.
L' a. determina in prima l' uso di ques'o candelabro
o candeliere , che offre in cima uu acuto pungolo ,
per inOggervi una candela ; e poscia colla scorta di
Polluce e di altri antichi scrittoi, dichiara potere al
candelabro convenire il nome di "kir^Q/ia., e Xvxyùov,
e nel latino di funate, e ceriolare , e più detcrmina-
tamente candelabrum. Passa poi il eh. a. a parago-
nare il candelabro nucerino con altri bronzi pom-
pejani da lui deGniti per lucernieri o Xfxv^x°'»e cne
dal defunto comm. Avellino furono ritenuti per ce-
riolaria: e da questo confronto desume le ragioni a
favore della sua determinazione. Noi ci riserbiamo
di parlare di una tal quislione, quando verrà pubbli-
calo il lavoro dell'Avellino su tale argomento; il che
sarà quanto prima eseguito nelle memorie della slessa
reale Accademia Ercolanese.
7. Sul monumento sepolcrale di Gavia Marciana sco-
perto in Pozzuoli , osservazioni di Agostino Ger-
vasio: p. 293-346.
L' a. dopo aver riferito tutle le precedenti pubbli-
cazioni di questo importante monumento, che leggesi
ora nella raccolta del eh. Mommsen (n. 2517), va
fermando la lezione di alcune parole. Tra esse sono
notevoli i nomi de' Decurioni Puteolani , che in lut-
t'allro modo sono riferiti dal eh. Mommsen , le cui
lezioni ci sembrano da preferire; sebbene non ancora
ci è riuscito di veriGcarle sull'originale monumento.
Solo avvertiamo che tre e non quattro decurioni cre-
diamo potersi ravvisare in questo decreto , potendo
considerarsi come un sol personaggio il Calpurnio
Procolo Cossutio Rufino , per la polionimia non inso-
lita verso il finire del secondo secolo dell'era Cristia-
na. Il sig. Gervasio interpreta le sigle B • M • F- nella
3. riga BONAE • MEMORIAE ■ FEMINAE ■ ; e l'M
dopo il Duoviri della riga 8. per Duoviri Municipii,
essendo nolo come la voce Colonia e Municipium si
confondessero fra loro assai spesso ne'tempi posterio-
ri. Confrontando la. l' altra puteolana iscrizione di
Gavia Fabia Rufina (Mommsen n. 25 1 8 ), ne trae che
M. Gavio Puteolano ebbe due figlie, cioè la suddetta
Gavia Fabia Rufina, e Gavia Marciana. E per con-
fronto del cognome Puteolano , cita una iscrizione di
un tal Licinio Puteolano , ora nel real Museo Borbo-
nico. (Vedi questo bulletlino an. Il pag. 63 ). Il sig.
Gervasio , senz' arreslarsi all' onore del pubblico fu-
nerale conceduto a Gavia, dirige particolari ricerche
sopra due particolarità. La prima è la nota cronolo-
gica de'due Consoli L. Bruzzio Crispino, e L. Roscio
Eliano , i quali già dal canonico Lucignano eransi
rettamente riferiti all' an. 187 di G. C. Ora il sig.
Gervasio ne annunzia di aver pure interrogato il dot-
tissimo Borghesi su quella biga di Consoli, riportando
in nota la risposta di questo insigne fastografo. Ri-
sulla da essa che il L. Brullio Quintio Crispino fu
figlio di C. Bi uttio Presente console nel 906 e nel
933 di Roma; che la genie Bruttia sia slata origina-
ria del nostro Regno , e che non venne a stabilirsi ia
Roma se non se a' (empi di Cicerone ; e finalmente
che l' altro console L. Roscio Eliano sia slato di fa-
miglia proveniente da Brescia discendente da L Elia-
no Mecio Celere console sostituto nell' anno di Ro-
ma 583.
Continua Minervino
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 79. ( 5. dell' anno IV.)
Settembre 1855.
Iscrizione dipinta di rosso sopra una parete pompejana. — Musaico, con Amori intorno ad un leone. —
Di due programmi pompeiani. — Iscrizione latina. — Bibliografia.
Iscrizione dipinta di rosso sopra una parete pompejana.
Neil' interno di una delle botteghe alla strada del di Pompei abbiamo letto segnata sul muro col pen-
Foro , e quasi rimpelto la entrata delle nuove terme nello la seguente iscrizione:
C • • • AAI
KAT0IK€I
MHAC<€l
CeiAITU)
KAKOM
OTOTAIOC
IIAICKAAAI
NGIKOCHPAKAHC
Si noti pria d'ogni altro la ortografia xotXXivuxos in
vece di xxWlvtxos, la quale s'incontra non poche volte
nel greco, anche sovente in altri composti di n#7].(Vedi
l'antica serie del bullettino archeologico napolitano an.
II pag. 44 e 1 54 ). E così pure fu da noi avvertito
nella voce Nuzoixr${ffffy\ di una epigrafe puteolana ora
nel real museo Rorbonico ( v. questo bullettino an.
Ili pag. 47 ). Del resto su questo scambio dell'sj per
/ lungo è da vedere anche ciò che dice il Franz {ehm.
epigr. graecae p. 150, 232, e 247). E perù da ram-
mentare la stessa voce KaXX/vr/xos, che trovasi varie
volte con questa ortografia ( v. lo stesso Franz op.
cit. p. 239 , s. ). L' altra ortografica particolarità è
il vedere adoperato l'ai per s nelle voci 2rj9a']$ai ed
tìseixirw; nella quale ultima parola è pure osser-
vabile nella seconda sillaba l's/ per /. Noi già altrove
raccogliemmo numerosi esempli dello scambio del—
anno tv.
V <u in £ e viceversa in altro nostro lavoro ( in qua-
luor gr. diplom. pag. 11 not. 17 ); e notava Ric-
cardo Renllej una simile cosa frequentissima negli
antichi manoscritti ( ad Callimach. hymn. in Iov. v.
87 p. 6, XI ). Né meno si osserva nelle iscrizioni
cristiane , siccome può vedersi appo il Marangoni
{appena, ad acta S. Yiclorini p. 73). Questi esem-
pli però appartengono ad epoca meno antica : ed i
nuovi caratteri pompcjani vengono con certezza a
comprovare che già nel primo secolo dell'era vol-
gare la pronunzia del dittongo %i equivaleva a quella
dell' e. E pare che possano vedersi ora risolute le
quistioni fatte a questo proposito da diversi eruditi,
le cui opinioni sono riferite nella Sylloge dell' Ha-
vercampo. Vedi per la pronunzia dell'ai il Mekerco
( Sylloge cit. toni. 1 p. 125), Tommaso Schmid! (ib.
p. 527 ), Erasmo da Rotterdam {ib. toni. II p. 89),
34 —
il Chcco(/6.(.II p.300e 419), ed Enrico Stefano (ib.
torn.l p.432): per quella dell'e il vescovo diWiaton
(ib. toni. II p.339 e 453), Erasmo Schmidt, ilLangio
( ib. t. II p. 626 ), Gregorio Martino (t&.t. II p. 605),
ed i moderni Greci (v.il mio cb. amico sig.Principe di
Belmonte lettera della pron. greca e discorso elc.Napoli
1845 in 8.). La nuova epigrafe pompejana, la quale si
rannoda co'manoscritli, colle iscrizioni, e colle monete
di epoca posteriore dà causa vinta al vescovo diWinlon,
ed agli altri che il seguitarono , escludendo per questa
parte la pronunzia Erasmiana. Mi resta per ultimo da
osservare che nulla pruova il luogo di Plutarco in-
vocato dal Mekerco relativo alle prerogative dell' et
(Sympos. quaest. lib. IX, 2); imperciocché il Chero-
neo non altro dice se nonché l' ex, supera le altre let-
tere, perchè vocale; le vocali , perchè dubbia ; le
dubbie , perchè precede sempre le altre vocali nei
dittonghi. Ciò non importa che sentir si dovesse in
tal caso il suono dell' ce nella pronunzia ; anzi rile-
vasi , a nostro giudizio , il contrario dalle seguenti
parole: IxiIywv aìòvorrspùa^ot/Xii 7rpora.rróixs)/ov àxo-
\ov§cvvri X'u (TvixQouvoì'Yri xp^cScw xeni CfXXa|3às
Cvi\j.%rwv iroisTv: ove la voce ai^wviiv accenna ad un
suono solo, e perciò non esclude la pronunzia e. Ma
di ciò basti : ed aggiungeremo soltanto sulla forma
lunata del C e dell'C, e sulla conformazione generale
di tutte le lettere, che essa coincide colla scrittura di
quell'epoca; come rilevasi da'earatteri usati ne'papiri
Ercolanesi di epoca contemporanea.
Dopo le esposte considerazioni , non sarà difficile
ravvisare nella nostra epigrafe un distico , composto
di due senarii , la cui lezione è la seguente :
O' rov Atos it'jÀS xxWivtxoi H'pct^XT.S
'EvOaS: xxTQlXsT' ixrfih Hintui x%x'j\k
È da notare in primo luogo la ortografia xaxcf/x
dell'ultima voce, ove si trova adoperato il \x in vece
del ». Questa particolarità può venire illustrala dallo
scambio non infrequente di queste due liquide, anche
in iscrizioni di remota antichità : così ritroviamo non
poche volle ty/a jìaor/>.«/av, rùifx ir^myix'xrivv eie. nel
celebre psefisma Sigeo pubblicalo già dal Chisbull , e
poi di nuovo dal Muratori nel suo thesaur. inscr. I.
IV p. MMCXVIII e segg.: \\x in luogo di ìv, come in
una epigrafe , che leggesi nel corp. inscr. gr. voi. II
p. 383, 42. E se vuoisi supporre che la epigrafe pom-
pejana sia dovuta agli Alessandrini ivi dimoranti (v.
questo bullcltino an. III p. 57, e 79), non sarebbe fuor
di proposito rammentare che la medesima particolarità
occorre in papiri egiziani ( irpoGÌìxjhcnJL cpobs presso
Lelronne nella sua dissertazione dopo il 2.° volume
dell'Aristofane di Parigi, Didot, p. 12: XXIV, 16).
Dopo le esposte considerazioui , sarà opportuno il
ricordare che questo doppio senario era già conosciu-
to dagli antichi scrittori , i quali parlano del mede-
simo sentimento segnato sopra la casa di un privato,
a cui Diogene il cinico soggiunse un'arguta risposta.
Se non che il fatto vien diversamente riferito da Dio-
gene Laerzio (lib. VI, 39), da Clemente Alessandri-
no ( Slrom. VII p. 713, B), e daTeodorelo (de pro-
viti. VI p. 88 ). È pur grazioso questo confronto ,
perchè pruova che solevasi segnare nelle private abi-
tazioni quella raccomandazione ad Ercole Callinico:
il che fu osservato bene a proposilo dal eh, Avellino,
il quale ne richiamò la memoria colla occasione dei
pompejani programmi (Descrizione di una casa pom-
pejana nelle memor. della regal. Accad. Ercolanese
voi. VI p. 3-4). Lo stesso Avellino bene osservò che
presso Teodorelo era più intero quel sentimento , e
ravvisò i due senarii , i quali compongono un vero
epigramma. Se non che è da notare che nel secondo
verso riportasi sfr/rw, e non à$t~ru>, siccome è nel-
1' epigramma pompejauo. Ma questa differenza non
mette nulla in essere ne per la lingua né perla quan-
tità : e solo potremmo ritenere la lezione della pa-
rete pompejana, come proveniente da un manoscritto
più antico. Ora dunque che le pompejane scavazioni
vennero a confermare le osservazioni dell' Avellino,
non potrà esservi alcun dubbio per aggiugnere il
nuovo epigramma alla greca antologia.
Appunto da questo nolo distico, ch'esser dovea
nell'antichità divulgato, fu tratto un altro distico
riporlalo all' imperatore Commodo , e che proba-
bilmente venne pur segnato col pennello o col car-
bone presso il colosso destinato a rappresentarlo solfo
le forme di Alcide :
— 35 —
O' tov Ajós voùs X'/Wluxos 'HfixXrfi
ovx £iV< AovxioS, àXX' à.vxyxcCCfivcl (jli.
(Dion. excerpt. in Ang. Ma\i Script, vet.nova coli.
t. II p. 225 cf. Xiphilin. Corninoci, e. 22). E siamo
sorpresi die al dottissimo Welcker fosse sfuggito il
confronto di Teodoreto , quando ne fece una novella
pubblicazione (syllogc epigr. graecor. p. 277 n. 235).
L' Eroe appellalo Aiis iroùs richiama un bel vaso
dipinto , ove ad una figura di Ercole si dà la medesi-
ma denominazione (AI02Ì ITAlSMilliugen anc. uned.
Mon. P. 1 pi. XXXVIII). L'epiteto poi di KaXXmxos
dato ad Ercole, oltre il confronto degli scrittori (Ari-
stid. orai, in Hire. f.I. p.34 Jebb ; Phavorini lex. p.
44 col. 1; cf. Earip.Aerc.Fur. v. 582), trova anche
quello di un famoso specchio etrusco ( Gerhard clr.
Spiegel II, tav. CXXXVII), ove l'eroe è additato dal-
l'epiteto CALANICE ( Raoul-Rochetle sur les représ.
d'Alias]). §9), a cui fa bel riscontro ilKAAANlKHN
letto dal cb.Garrucci in un pompejano graffito (bull.
arch. nap. n. s. an. II p. 84 ). É pur conosciuto che
in un frammento di Archiloco si trova invocato
l'Ercole KaXXiWos (fr. LXXVII p. 182 ed. Liebel):
e sebbene il Koester lo reputi forse diverso dal famoso
jambografo di Paros ( de canlilenis popul. vct. Grae-
cor. p. 37 s. ) , pure dee certamente giudicarsi l'op-
posto, trovandosi in una greca epigrafe di quella me-
desima isola il culto riunito di Giove Re e di Ercole
Callinico (Boeckh corp. inscr.gr. t. II n.2385 p. 347
cf. add. p. 1076: vedi pure il eh Panofka Zeus Basi-
leus und Herakles Kallinikos p.4 segg.). Da ciò si ren-
de assai probabile che il famoso poeta di Paros sia
slato l'autore di quell' inno in onore di una divinila
venerata sotto un parlicolar nome nella sua patria.
Al che si aggiunga che lo Scoliaste di Aristofane sup-
pone che Archiloco scrivesse queir inno per cele-
brar la sua vittoria dopo aver recitato iu Paros l'inno
a Cerere (Av. 1764 p. 247 ed. Didot. ). È proba-
bile che dall' inno di Archiloco ad Ercole Callinico
si derivasse la cantilena della tibia dimandata KaX-
Xinxos, secondo un frammento di Trifone appo Ate-
neo ( XIV p. 618: cf. Tryphou. gramm. Alexandr.
fragra, p.76, 77 ed. de Valsen); giacché dallo stesso
Scoliaste di Aristofane ci si fa conoscere che nel canto
di quell' inno imilavasi il suono della tibia : lua-r/n/.
iTriQSiytxxros xukoù (Acharn.iZÒO p.31 cf.-4v.1764
p. 247): per lo che non è improbabile clic la cadenza
delle tibie , le quali accompagnavano i versi , pren-
desse un nome particolare da una voce in quella poe-
sia ripetuta per modo da costituir quasi un interca-
lare. Sarebbe troppo ardilo il conghietturare che i
due versi pompejani,o almeno il primo, fossero do-
vuti allo stesso Archiloco. licerlo si è che questo poe-
ta, come innanzi fu detto, scrisse un inno per Ercole
Callinico, ed in siuiil melro lo scrisse , la qual ma-
niera di verso fu da lui non poche volle adoperata; sic-
come rilevasi da varii frammenti rimasti, lì qui mi pia-
ce di notare che V Ercole Kallinikos è lo stesso che
l'Ercole Victor o Invictus de' Romani ( Stephani der
ausruhende Herakles p. 157), del quale oltre le cose
delle da me («aon.tned.dijBaronep.122e segg.), veg-
gasi pure il eh. de Rossi ( monum. annali e bulleltinì
dell' Istituto 185Ì- pag. 28 segg.). Io già feci notare
in quella occasione che .1' Ercole Vincitore , come
superatole de' mostri, e come simbolo del buon prin-
cipio , che perseguila ed annulla gli esseri malefici
qualunque essi sieno , dee riputarsi quasi un Dio
àX^/xxxos ed averruncus. Ed è certamente notevole
che Aristide riunisce la menzione di queste due de-
nominazioni di Alcide , quasi che fossero in un cer-
to rapporto fra loro ( de Herc. t. 1 p. 34 ). Questa
idea spiega a sufficienza come l'eroe vittorioso o xaX-
Xiyixos s' invocasse a fugar dalla casa i mali : jwpsv
eìsi&rut xotxév. E da ciò ci si ricorda che anche in
epoca posteriore il tipo di Ercole vincitor del leone
era riputato un possente amuleto contro le coliche :
come rilevasi dagli scrittori medici , e da alcuni mo-
numenti guostici, uno de' quali vedesi dottamente il-
lustrato dal eh. Lenormant (rev.archéolog. de Leleux.
an. Ili p. 510-51 1 ). Noi crediamo che questa super-
stiziosa ricelta si rannodi alle idee dell' Ercole vinci-
tore , o KaXX/V/xoS, che altro non dee reputarsi dal-
l' averruncus, *X?&Wxos, o fugatore de' mali (1).
MlNERVJNI.
(I) Queste osservazioni souo stalo da me comunicate alla Reale
Accademia Ercolanese.
36 —
Leone ed Amori, lavoro a musaico presso
il sig. Raffaele Barone.
Nella lav. II di questo anno IV del ballettino ve-
desi pubblicato di dimensioni la metà dell' originale
un importante musaico posseduto dal negoziante di
antichità sig. Raffaele Barone. Ci è ignota la prove-
nienza di questo monumento ; e solo sappiamo eh' è
slato introdotto di fuori nel nostro reame. Le pie-
truzze , di che è composto , sono assai minute ; sic-
come era conveniente per un insieme di piccole fi-
gure , delle quali era mestieri conservare i contor-
ni : per modo che il nuovo musaico , in quanto al
lavoro , merita di essere paragonato ad altri finissi-?
mi musaici , come sono alcuni del rea! museo Bor-
bonico ; a' quali cede di poco per questo lato , seb-
bene lor non è da reputare inferiore per la impoi>
tanza del soggetto , e per la espressione ed eleganza
della composizione. Pria però di venire ad illustrar
brevemente la bellissima rappresentazione, di che di-
scorriamo , non sarà fuor di proposito rammentare il
musaico Capitolino di analogo argomento. Vedesi in
esso Ercole in femminile abbigliamento , il quale sta
filando, e volge il mesto sguardo a sinistra: al suolo
è lo scifo rovesciato, e di lato è un tirso ed un grap-
polo d'uva. Nella parte più visibile del quadro son
tre Amorini domando un leone, che hanno legato,
uno de' quali suona la siringa , gli altri due con un
panno ne stan ricoprendo la vista , mentre il feroce
quadrupede è quasi nel punto d' imbizzarrirsi. Av-
verto pria d' ogni altro che l* Ercole in atto di filare
presso la regina di Lidia fu bene dal Bottali deter-
minalo per l'Ercole Bibace, avuto riguardo allo sci-
fo , che vedesi al suolo rovesciato ( Mus. Capital.
toni. IV tav. XIX pag. 89). Anche il Kaoul-Ilocheltc
parla del musaico Capitolino, ove osserva il carat-
tere dionisiaco attribuito ad Alcide ; e richiamando ,
per quel che concerne l' episodio del leone , la bella
gemma della galleria di Firenze coli' Amore alato so-
pra un leone suonando la lira (Stosch gemm. ant.
caelat. lab. LUI), riconosce simili scene in rapporto
colle avventure dell'eroe io Lidia , e colle sue rela-
zioni verso la regina Ornfale ( Choix de peintur. de
Pompei pag. 246, 2Ì7: cf. Slephani der ausruhende
Herahles p. 129 seg. ). Non sapremmo poi perchè
omelie il confronto di due importantissimi musaici
provenienti dalle pompejane scavazioni, de' quali di-
remo fra poco alcuna cosa. A me piace di osservare
che questi monumenti confermano pure le nostre idee
relative allo stalo di avvilimento di Alcide a lui pro-
dotto dalla ebrietà, che a lui fé rapire le temute ar-t
mi (Vedi questo bulleltino an. Ili p. 12 , 1 ). Perciò
nel musaico Capitolino , mentre Ercole si abbassa a
femminili occupazioni, lo scifo, il tirso, ed il grap-
polo additano abbastanza le seguite orgie, e le con-
seguenze, che ne derivarono. Come simbolo appunto
di questa mitica schiavitù di Alcide dee considerarsi
il leone domato dagli Eroti probabilmente dionisiaci,
i quali cercano di assonnarlo e d' infievolirne le for->
ze , altri al suono della siringa , altri oscurandone
con un drappo la vista, e tulli tenendolo avvinto fra.
ceppi.
A queste medesime idee va riportalo il magnifico
musaico pompejano rappresenlante un bacchico A-
more che ha domato uu leone.su cui cavalca. Il leo-
ne è coronalo di edera , e così pure l' Amorino che
lo cavalca , e che tiene pur colla destra un enorme
scifo , appressandolo alle labbra : al suolo è un tirso
( Real mas. Bori. toni. VII tav. LX1I). Il eh. signor
Commendatore Quaranta dice Acratos l'alalo putto:
ma noi parlammo altrove diversamente di simili mo->
minienti (inon. ined. di Barone p. Ili). Per noi
tutta questa serie di monumenti si riferisce senza dub-
bio alla servitù di Ercole presso Ornfale, ed alla sua
ubbriachezza : per cui la forza vinla ed affranta dal
vino e dall' Amore venne acconciamente simboleg-
giata dal leone domo ed avvinto da esseri in appa-
renza deboli e delicati. Ed è pur da notare che il
leone bene fu destiuato a simboleggiare Alcide , non
solo per la forza di quel generoso animale , ma an-
che per lo significalo solare comune all'eroe ed alla
fiera trascella a dinotarlo.
In questa medesima categoria va messo il nuovo
musaico del sig. Barone, il quale però si riferisce ad
un soggetto differente e posteriore. 11 leone non è
più domato: egli ha rotte le sue catene, e con occhi
— 37 —
feroci si slancia nella libera campagna. Intanto i
quattro alati putti mostrano la sorpresa in essi ori-
ginata dal subitaneo impeto della belva.
Altri tenendo un candelabro preparasi a percuo-
ter con esso la fiera , altri tira la spezzata fune , un
altro par che suoni i cimbali, mentre il quarto tenta
di rapir con un panno la luce al veloce e furente
animale. Non potremmo comprendere la intelligenza
di questa simbolica rappresentanza , ove una circo-
stanza non venisse ad additarcela. Si è questa lo scifo
al suol poggiato , che accenna altresì all' Ercole Bi-
bace , non altrimenti che nel citalo musaico del Real
Museo , e nel musaico Capitolino , ove la presenza
di Alcide invilito nella reggia di Omfale ne determina
pienamente il significato. A me pare che nel nuovo
musaico del sig. Barone il leone ha superato i ceppi,
da' quali si è sciolto, e via sen fugge : e piuttosto che
indicare il momento precedente alla sua servitù, di-
noti il punto della sua liberazione. Per lo che , rife-
rito alle mitiche narrazioni , divien simbolo della li-
berazione stessa di Alcide dalle vergognose catene, a
cui fu vilmente soggetto nella effeminala corte della
regina di Lidia. Una rappresentazione presso a poco
simile si vede in altro prezioso musaico pompejano,
ora collocato nel real museo Borbonico ( real mus.
Borb. voi. VII lav. LXI). 11 leone sta quasi nel mo-
mento di spezzare i suoi ceppi , in movimento assai
simile al novello musaico : uno degli Amorini suona
cetra ; varii simboli bacchici sono all' intorno. È
sopra un piedestallo una femminile figura con tirso
e vaso a due manichi : essa è coronata di edera , e
così pure tutù gli Amori, non che altra figura fem-
minile sedente , e pur con simile vaso. Altra Nin-
fa con analoghi simboli siede dall'altro lato. Noi
ci proponiamo di parlare più dislesamente di que-
ste differenti figure nel musaico del real museo ,
le quali meritano una più esalta dilucidazione. Per
ora ci contentiamo di osservare che 1' idolo messo
sopra una elevazione nel musaico del sig. Barone ha
certamente la medesima significazione che la figurina
col tirso messa sopra un piedestallo nell' altro mo-
numento testò citato. È pur da notare che l' Amore
suonatile la siringa nel musaico Capitolino, battendo
i cimbali nel nuovo musaico, e suonando la lira nella
gemma della galleria di Firenze, e nel musaico pom-
pejano, devono reputarsi d identica intelligenza. Vol-
lero que' differenti artisti accennare al poter della
musica Dell'ammansire i più fieri animi. Ed al me-
desimo sentimento dee riportarsi il mito di Orfeo che
mosse colla sua cetra le belve , e finanche gli esseri
inanimati, e le infernali divinila, di Amfkne che trasse
le pietre a costruir le mura di Tebe mercè i concenti
della sua lira; per tacer d'Arione il quale pel dono
della musica fu salvalo da uno de' lusingati delfini (P.
A confronto di tulli i monumenti, nei quali scor-
gesi un leone in relazione con Amori (Mùller Hand-
hich § 391, not. a p. Gii edit. Welcker), va ricor-
dalo un nolabile luogo di Plinio, ove si parla di una
scultura di Arcesilao posseduta da Varrone : Arcesi-
laum quoque magnificai Varrò, cujus se marmoream
kabuisse leaenam tradii , aligcrosque ludenles cum ea
Cupidiucs ( lib. XXXVI cap. V). Ove si paragonino
tulli gli aldi monumenti, de'quali finora ragionammo,
sarebbe taluno spinto a conghietturare che Arcesilao
avesse lavorato un leone piuttosto che una leonessa,
e perciò ad ammettere una differente lezione nel luo-
go di Plinio; ma noi non oseremmo avanzare una si-
mile conghietlura. Del resto, di questo Arcesilao
veggasi ciò che scrive il Sillig (catalotj. ariif. pag.80),
e più recentemente il eh. Bruun [Gcschichle der Grie-
chischen Kunstler p. 000 segg. ). Minervini.
Di due programmi pompejani.
Rivedendo il programma di Pompei da noi ripor-
talo nell'anno II pag. 51 n. 2, ne abbiamo rilevato
che nella prima linea è PROCVM non PBOCVLVM:
e così ci si fornisce un altro esempio simile a PO-
STIVM per POSTVMIV.M , SECVM per SECVN-
DV.M , de'quali fu dello di sopra, v. la pag. 17.
In altro programma (v. sopra pag. 16 n. 7) tro-
vasi mentovalo un AM1VLLIYS COSAI VS. Così ap-
pai- chiaramente, ma ove si supponga svinila la te-
s!a di un P, potremmo anche leggere AMI VLLIVS,
nome che giuslamenle derivasi da ampulla.
Minervini.
(1) Una dotta memoria su questo mito fu scritta dal Creuzer :
vedi Fr. Creuzeri opuscula scicela Lipsiae MDCCCLIV pag. 2-10.
— 38 —
Iscrizione latina.
usci
plm
annvm vnvm m oc
todepositvssvb
DIE NONV KAL IVNIA
S ÌMP DN IVSTINO PP
AVG ANNO QVARTO
ITERVM PC EIVSDEM
AVG ANNO TERTIO
Questa importante iscrizione fu non ha guari rin-
venuta in S. Maria di Capua , ed ora trovasi in pos-
sesso del Sig. Vincenzo Caruso. Essa è mancante
della parte superiore , per modo che ci viene rapito
il nome del ragazzino sepolto. Nella prima riga era
forse la solita forinola HIC REQVIESC1T, di cui ri-
mane il finimento : nella seconda riga al nome del
defunto seguivano probabilmente le sigle Q. V.
Qui vixit. Non istarò a richiamar confronti alle va-
rie abbreviazioni osservabili nella nuova epigrafe Ca-
puana , le quali sono frequentissime nelle iscrizioni
di tempi posteriori , e segnatamente nelle cristiane.
Sicché la nostra epigrafe va letta nel seguente modo:
Hic requiescit qui vixit plusminusannumunum
menses odo , depositus sub die nono Kalendas iunias
imperante Domino nostro luslino perpetuo Augusto
anno quarto, itcrum post coimdatum eiusdem Augu-
sti anno terlio. Comune è a Giustino il titolo di Au-
(jusius perpetuo , come si raccoglie dalle iscrizioni e
dalle medaglie. Ma quello che richiama principal-
mente l'attenzione nella epigrafe che pubblichiamo,
sì è la nota cronologica, la quale conferma quel che
sappiamo intorno il consolato di Giustino. È evidente
che facendosi menzione dell' anuo quarto dell'impe-
ro, nel mese di maggio, s'intende parlare dell'anno
SCO di Cristo. Segue un altro modo d'indicare la
medesima data, cioè l'anno terzo dopo il consolato
di quell' Augusto. E qui ricordiamo che il Pagi (dj's-
sert. hypat. P. IH Cap. II §. 6 ) , seguito poi dallo
Schwarz (dissertai, seleclae p.28l segg.), stabilì col-
1' ajulo degli scrittori e de' monumenti che in due
modi adopravasi la forinola post consulalum , cioè o
comprendendovi l'anno in cui l'imperatore assumeva
quel titolo , ovvero escludendolo. A questa seconda
maniera più giusta e più ragionevole si è conformato
lo scrittore della novella iscrizione di Capua ; e per-
ciò troviamo che correndo il quarto anno dell' im-
pero di Giustino, si annunzia correre il terzo anno
dopo il suo consolato , il quale era caduto nel primo
anno dell' impero. Intanto dalla medesima nostra
iscrizione parrebbe comprovato che un solo consola-
to tenne l'imperatore; altrimenti non potrebbe in-
contrarsi la enunciata proporzione cogli anni dell'im-
pero. Né dee pensarsi affatto che 1' iterum della pe-
nultima riga accenni ad un secondo consolato ; ma
va inteso chiaramente nel senso d' item, quasi legame
di una seconda e differente maniera di additare la
data. Il P. Pagi non seppe in fatti persuadersi di un
secondo consolalo di Giustino; ma vi si oppose il Mu-
ratori sostenendo la contraria opinione del Barouio
( annali d'Italia all'anno 568). E così ancora il citato
Schwarz , il quale applicò pure la forinola post con-
sulalum appunto a' consolati del secondo Giustino
( dissertai, cit. pag. 294 seg. ). Non so bene quanta
luce dar possano ad una tal questione le Novelle 140,
144, 149, le quali sono richiamate e corrette a se-
conda delle diverse opinioni. Ma sembra che un se-
condo consolato di Giustino nell' anno terzo dell'im-
pero sia supposto in varii monumenti di quell'epoca.
Così in un diploma di Ravenna edito dal Maffei
(istor. diplom. p. 103) si parla dell'anno settimo
dell' impero e dell' anno quarto post consulatutn se-
cundo. In altra iscrizione proveniente pure da Ca-
pua leggiamo IMP • D • N ■ IVSTINO ■ ANNO ■ VII ■
P • C EIVSDEM • ANNO • V (Mommsen inscr. r.
neap. lai. n. 3897); ove è da notare che s'include
l' anno del consolalo , numerandosi come quinto a
cominciare dal terzo anuo dell' impero , in cui Giu-
stino dichiarossi console per la seconda volta. Più
--39 -
importante è la seguente iscrizione, della quale forse
non fu esattamente determinata l' epoca :
UIC REQVIESCITIN
SOMNO PACIS 1VS
TINA ABBATISSA
FVNDATRIX SANC
TI LOCI HVTVSQVAE
VIXIT PLVS MINVS
ANNOS LXXXV DEPO
SITA SVB DIE KALRVM
NOVEMBRIVM IMP
DN N IVSTINO PP AVG
ANN IIII PC E1VSDEM
INDICTIONE TERTIA
(Mommsen op. cit. n. 3896).
Si è creduto che la iscrizione appartenesse al 570
li Cristo, ovvero all'anno quarto dopo il consolalo
li Giustino: ma se ciò fosse vero, dovrebbe notarsi
ì indizione quarta essendo una data posteriore al
lese di settembre. Ma bene , a nostro giudizio , si
piegherebbe la epigrafe, quando Y anno UH si atlri-
uisse all' impero , e si supponesse un secondo con-
flato avvenuto neh' anno III. In tale ipotesi , l'anno
uarlo dell' impero corrisponde appunto al primo
nno dopo il secondo consolalo , che doveva indi-
arsi semplicemente colla formola post consulalum :
osi sta pure assai bene la indizione terza , la quale
ella spiegazione del eh. Mommsen avrebbe dovuto
sser quarta. Non vuoisi però tralasciare che l'ANN
[Ilpolrebbe riportarsi alla doppia menzione dell'ini-
ero e del consolato , calcolando altresì 1' anno , in
ui l'Augusto assunse il tilolo di console. In qualun-
ue modo, la epigrafe dell' Abbadessa Giustina ci
?mbra da riportare non già al 570 , ma sibbene ad
n anno prima cioè al 569.
annoverano gli anni posteriori a quello : o ciò ap-
punto si osserva nella nostra iscrizione. Nel secondo
metodo si ricomincia quella formola dopo Tanno III
dell' impero ; o perchè lo slesso Augusto riassunse
allora il titolo di Console, non so per quali motivi,
o perchè un tal fallo gli venne dagli altri per qual-
che particolare occasione attribuito.
MlNERVINI.
BIBLIOGRAFIA.
Antichità inedite di vario genere trovate in Sicilia,
che si pubblicano da Baldassarre Romàno. — Paler-
mo— 1854 in 4. fase. 1. di pag. 24 e sei tavole lito-
grafiche o in rame.
L' egregio autore di questa pubblicazione si pro-
pone di dare alla luce gl'inediti monumenti, che tro-
vansi sparsi per la Sicilia , o che sieno da lui mede-
simo posseduti , ovvero da altri da' quali gli riuscirà
di averne accurati disegni. Saggio divisamento si è
questo , per far conoscere non poche antiche me-
morie della classica isola , le quali ora giacciono
ignote ne' particolari musei , senza recar giovamento
alla scienza archeologica, che del confronto de' mo-
numenti precipuamente si avvantaggia.
Con questo primo fascicolo Y autore dà un saggio
di questo suo utilissimo lavoro , di cui promette in
seguito varii volumi. Noi daremo una breve notizia
de' monumenti , che si presentano in questo fascico-
lo ; rimandando all' opera slessa per una più ampia
esposizione.
Tav. 1,2, 3. Vaso dipinto trovato ne' dintorni di
Termini verso ìmera. È questo della forma del cra-
tere , detto volgarmente a campana. Le figure son
rosse in fondo nero , con pochi tocchi di bianco. Da
ciascuno de' due lati vedesi una parlicolar rappre-
sentazione : e sopra e sotìo , non che presso i mani-
chi , sono graziosi ornamenti di palmelle , di cui il
sig. Romano offre la figura nella sua tavola 1.
Nella prima faccia (tav. 2) sono due gruppi in
Dalle esposte cose sembra potersi probabilmente
esumere, che due differenti metodi trovansi ne'mo- parte perduti. Un giovine imberbe con corta tunica,
umenti, destinati ad indicare i consolati di Giustino, o clamide, col capo cinto di tenia, lien colla sinistra
el primo si suppone un sol consolalo , e poscia si un ampio scudo rotondo coli' emblema di un Pega-
— 40 —
so , e più la lunga asta riversa. Colla desfra lien sol-
levato un elmo con paragnalidi e pendente coda :
sopra leggesi la epigrafe KAAOX. Innanzi è , come
pare, una figura virile in massima parte perduta , la
quale si appoggia a nodoso bastone. Il secondo grup-
po ci presenta i residui di un altro guerriero con
asta e scudo , ove era nel mezzo l' emblema di un
occhio : sopra leggesi KAAO . . Innanzi è donna con
sphendone radiata , e doppio chitone , indicata dalla
epigrafe KAAE.
Nell'altra faccia del vaso son tre giovani diade-
mati ed avvolti nel pallio : uno di essi si appoggia a
nodoso bastone; un altro tien con una mano la ce-
tra; del terzo nulla può diffinirsi, per esser mancante
in quel sito un frammento. Tra due è nel campo so-
speso un oggetto incerto ed indeterminato.
Questo monumento fu rinvenuto circa cinque mi-
glia lungi da Imera ; siccome ci fa sapere l' autore.
Egli ne tenta la spiegazione, vedendo un soggetto sto-
rico nella prima faccia del vaso, ove ravvisa Gelone,
Demareta, ed un araldo degl'lmeresi. Ed anche sto-
ricamente spiega la seconda faccia del vaso. Comun-
que sia eruditamente sostenuta questa interpretazio-
ne ; noi non sapremmo seguirla. E nella prima rap-
presentazione crediamo ci si offra allo sguardo una
delle solite scene di congedo , in persona di due gio-
vani eroi; nella seconda è evidente una comunissima
scena del ginnasio. La cetra è non rara occupazione
de' giovani palestriti : e nell' oggetto incerto sospeso
potrebbe ravvisarsi una specie di sacco , o valigia ,
per riporvi gli arnesi della palestra ; simile al sacco,
che comparve in altre atletiche rappresentanze (de
Wilte Calai. Dur. n. 708 e 732 ; coli, d' Ètrurie n.
193, e 175), ed anche in vasi diSicula provenienza
(v. bull. arch. Nap. di Avellino an. 1 p. 14).
Nella tav. 5 si ripubblica un vasellino già edito
dallo slesso autore nelle sue antichità Termilane, sin
dal 1838. Il collo n'è infranto, ma sembra proba-
bile che fosse un balsamario. È in esso effigiato un
Amore volante, porgendo con ambe le mani una tenia.
Oltre i detti vasi dipinti , il signor Romano pub-
blica alcuni vasi di rossa e lucida vernice detti Are-
tini, non che alcuni frammenti della medesima fab-
brica.
Alcuni di essi (tav. 4 fig. 5, 9, 15 ) ci offrono più
o men conservato il gruppo già nolo di una divinità
barbata con radi che ne circondano il capo, e di al-
tra deità femminile, e tra essi una luna crescente ed
alcuni astri. Un altro frammento ( tav. 4 fig. 4) pre-
senta in parte una bacchica protome a bassorilievo.
In altro ( tav. 4 fig. 8 ) si legge il bollo mjMi
che da altri confronti va inleso del fabbricante P.
Cornelim Anliochns. Un sesto ( tiv. 6 fig. 1 ) offre la
impronta del piede umano colle sigle C ■ L *L • nelle
quali non giova andar ricercando i nomi dell' arte-
fice , che in quel modo abbreviato volle indicarli.
Uno di questi vasi perfettamente conservato , oltre
l'ornamento di due fiori, e di due lepri correnti, mo-
stra pure il bollo SEX. P. M. ( tav. 6 fig. 3, 5, 6, 8).
Per nulla dire di due altri meno interessanti pezzi di
somigliante lavoro (tav. 4 fig. 3; tav. 6 fig. 10 ).
Un'altra classe di monumenti si vede pur conside-
rata in questo primo fascicolo : e sono le lucerne.
La più interessante ( tav. 6 fig. 20 e 2 ) si è quella
di greco lavoro che presenta varii emblemi di Apollo,
il ramo di lauro, il cigno, il prefericolo, e la patera
simboli di libazione e di lustrazione. Nella parte in-
feriore si legge la epigrafe
AIlOAAO<&AN
HC
TTPIOC
É evidente il rapporto di questo Apollofane con
simboli apollinei ; secondo un metodo di allusioni
assai comune nell' antichità : del quale veggasi pure
quel che dicemmo noi slessi nell'antica serie del bui-
lettino an. I pag. 88 e 94 e seg.
Continua Minervini
Giulio Minerviai — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BALLETTINO ARCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 80. ( 6. dell' anno IV.)
Settembre 1 855.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani Imperatori.
Osservazioni sopra alcune monete
di Romani Imperatori. (*)
SERVA
L' Eckhcl , forse con soverchio rigore , rigetta il
detto del primo Vittore, che fa Nerva d' origine Cre-
tese , poiché la sua famiglia potea tutt' insieme pro-
venire da Narni e reputarsi xyixa&ev orionda di Cre-
ta, siccome quella di Galba Imperatore, che per la
stirpe materna vantavasi di provenire da Pasifae (Sue-
ton. ut Galb. 2 ) : tanto più che Cnosso di Creta fin
da' tempi del triunvirato ebbe una colonia Romana
(«. Strabo Xp.H7: cf.Bull. ardi. 1848p. 76). Per
simile modo Adriano , nativo d' Italica nella Spagna,
era oriondo da Adria del Piceno; e fors' anche Traia-
no , nativo d' Italica stessa , proveniva da famiglia in
origine Tuderlina (cf. Victor epilom. e. XIII).
Lo stesso gentilizio Cocceius, che primamente venne
in onore a' tempi del triunvirato, pare d' origine gre-
ca , anzi che latina , avendosi un Kaxxos retore A-
teniese , un Koxxi'ujv nelle iscrizioni ( Pape s. v. ), e
Kóxxrfi soprannome di Alessandro I re d'Egitto (Le-
tronne , Inscr. de l'Égypte l. II p. 79-80 ).
L' avo di Nerva Imperatore , M. Cocceio Nerva ,
console nel 774, fu scientia edam iuris illustris (Fron-
tin. de aquaed. § 102), e parimente il padre ( Glan-
dorp. onom. ). Fra' suoi maggiori sembra doversi an-
noverare anche M. Cocceio Nerva , che nel 713 fu
proqueslore di M. Antonio, per favore del quale pro-
cedette console nel 718 (v. Borghesi , Dee. IX, oss.
5). Sapevasi già da Tacito (Annal. XV, 72), che Nerva
(') Queste osservazioni furono scritle per dare un saggio de'sup-
plimenli da farsi alla grand' opera dell' Eckhel ; e quelle che ri-
guardano gii anlecedenli Imperatori trovansi inserite negli Annali
deirinsliiuio archeologico (volumi XXII, XXIII, XXV],
JA'ÌYO IV.
Dell' anno 8 1 8 pretore designato si ebbe da Nerone
gli ornamenti trionfali; ed ora da un insigne fram-
mento di una lapida di Sassoferrato, restituita dal eh.
Borghesi (Annali ardi. t. XVIII p. 339-340 ), s'im-
para di più ch'egli era in allora Augure, Sodale Ati-
guslale , Questore Urbano , Seviro di una delle sei
lumie degli Equiii Romani ( cf. Borghesi, Giorn. Ar-
cati,, t. XLìIp. 191-192), Salio Palatino, onorato
degli ornamenti trionfali, e Patrono di una città del-
l'Umbria, nella quale rifece un ediGcio o monumento
cadente per vetustà; la quale ultima notizia conferma
il detto del secondo Vittore, che lo fa nativo di Narni
nell' Umbria medesima.
Anno 96
1. IMP NERVA CAES AVG PMTRP COS TI
P P, Testa laureata.
)( CONCIAR PR, SC, Nerva togato con volume nella
s. sedente in sella curulc collocala sopra un allo pal-
co; da lato a lui è una figura togata sedente in sub-
sellio, che chinandosi allo innanzi porge alcuna cosa
ad un cittadino togato che le si accosta : da [alo al
palco vedesi il simulacro di Pallade posto sopra alta
base , ed una figura tunicata succinta stante in al-
lo, che con la d. stesa alza una tessera come in atto
di mostrarla. Ae. I.
Il personaggio togato sedente da Iato all' Impera-
tore sarà probabilmente il prefetto dell'annona; e la
figura succinta stante può reputarsi il tesserarlo in
alto di mostrare al prefetto dell'annona la tessera col
nome incisovi di ciascuno de' cittadini fatti partecipi
del beneficio del congiario, conforme anche a quelle
parole di Plinio (Panegyr. 26): omnes, antequam le
viderent audircnlve, reeipi, incidi iusskli (cf. Spanhem.
de usu et praest. man. t. II p. 530). Della ragione
del simulacro di Pallade proposi altra volta alcune
6
— 42-
TODgelture (Annali ardi. t. XXIII p. 243 ). Del re-
sto , questo primo eongiario di Nerva fu verisimil-
mente elargito addì 10 di ottobre nell'anno 96 in-
sieme co' privilegi di cittadinanza e di connubio da
esso lui concessi in quel giorno alle milizie ( Cardi-
nali, Dipi, mil tav. Xp. 128-129).
2. FORTVNA P R, Fortuna con oggetto non ben
certo nella d. e con asta nella s. Aur.Arg. Ae.I.
L'Eckliel(ca«.mus. Caes. n. 41, 66) legge FOR-
TVNA P • R ( PopuK Romani); ma nelle monete ori-
ginali le lettere PR non sono interpunte, sì cbe leg-
ger potrebbesi VRimigenia, o VKaeneslina o in altro
modo. L'oggetto che la dea lien nella d. non ha for-
ma di spighe , ma di due o tre come cunei o tabelle
cuncate. I cunei ben si converrebbero alla Necessità
compagna della Fortuna (Horat. I od. XXXV, 18);
e le tabelle delle sorti alla Fortuna Preneslina , che
nell'anno ultimo di Domiziano trislissimam sortem edi-
dit ( Sueton. Domit. 15). Comunque peraltro sia di
questo particolare, Nerva pose molla confidenza nella
Fortuna Respiciente con quelle parole del suo editto
( ap. Plin. Xepist. 66): me, quem Fortuna Imperii vul-
lu meliore respexit.
3. IVST1TIA AVGVST, Giustizia sedente in seg-
giola con la d. appoggiata all' asta ritta , e con ramo
frondaio nella s. Arg.
Bene si conviene questo tipo al buon Nerva , che
aequissimum se ac civilissimumpraebuit (Eutrop. Vili,
1 ), e che iurgiorum et disceptalor et scientissimus et
frequens fuit (Victor epit. XII, 6). E sì ch'egli esser
dovette perito del gius siccome figlio e nepote di due
celebri giureconsulti. Del resto , anche l' asta della
Giuslizia posta ritta a perpendicolo accennar potreb-
be alla rettitudine de' giudizi.
4. LIBERTAS PVBLICA , Liberta stante con pileo
nella d. e con asta nella s. Aur.Arg.Ae.I, II.
Questo si è il tipo forse più di ogni altro frequente
nelle monete di Nerva: e ben a ragione; poiché dopo
la tirannide di Domiziano primo statini beatissimi se-
culi orlu Nerva Caesar res ohm dhsociabiles miscuit ,
principalum et libcrtatem (Tacit. Agric. 3 ). A questa
medaglia fa bel riscontro la seguente iscrizione , che
vedevasi in Campidoglio fino al secolo IX : L1BER-
TATI • AB • IMP • NERVA CAeSARe • AVG • ANNO
AB • VRBE • CONDITA • DCCCXXXXI1X ■ XIIIIK-
OCT • RESTITVtae • S • P • Q • R (De Rossi, le prime
raccolte d' ani. iscr. p. 136 n. 27).
Anno 97.
5. PLEBEI VRBANAE FRVMENTO CONSTI-
TVTO , moggio, dal quale sporgono alcune spighe , ed
un capo di papavero. Ae. I.
All' istituzione di questa elargizione mensuale del
frumento alla plebe urbana di Roma probabilmente
sono da riferirsi i granai di Nerva ricordati nella se-
guente iscrizione di Roma (Bull. ardi. 1850 p. 179
n. 21, e/1, p. 186):
M-COCCEIVS
HILARVS
OFFICIIS • SVIS • • HIC ■ IN • HOR
REIS • NERVAE • AMOREM
HABVIT ■ MAXIM VAI
Nel manuscritto Vindobonese intitolato Imperia
Caesarum leggesi , che Nerva , oltre il eongiario, fu-
neraticum plebi urbanae instituit X- LXIIS; ove, a pa-
rere dell' Eckhel (t. VI p. 407), si dovrebbe senza
meno emendare funeraticum in frumenlum. Ma par-
mi che non faccia d'uopo altrimenti di emendazione,
poiché per funeraticum può intendersi l' assegno di
LXII denarii e mezzo istituito dal buon Nerva pe'fu-
nerali e per la sepoltura de' poveri della plebe urba-
na (cf. Annali ardi. t. XVI p. 11); tanto più che
poco dopo l' età di Nerva cominciano a comparire i
collegi o sodalizii di Esculapio, di Diana , ed altri ap-
positamente istituiti per avere un fondo onde sepellire
decentemente gli aggregati (cf. Forcell. v. Funerali-
cius; Furlanetti append. v. Exsequiarium : Cardinali,
Dipi. p. 264 ). Non saprei né manco consentire al
Furlanetto il cangiamento di Funeraticum in Funera-
ticium , perché quest* ultima escita è propria degli
addiettivi che si riferiscono a persone, e l'altra di
quelli cbe a cose.
6. VEH1CVLATIONE ITALIAE REMISSA, due
giumenti pascentisi , rivolti in senso opposto; e dietro
essi un veicolo a due rote col limone e col giogo in alto.
Ae.I.
43 —
I due giumenti pascenti sogliono dirsi muli; ma
Delle monete originali sembrano anzi cavalli colla
coda mozza per modo che appena aggiunge alle loro
ginocchia, per indicare che iu prima erano astretti a
battere le strade di sovente fangose. Vero è peraltro
che per crederli muli fanno quelle parole degli anti-
chi scrittori : ut proconsulibus ad mulos et labernacula
certa pecunia constitueretur (Sueton. inAug. 3(5, Tib.
38 : Cai. 39 ): binis coniunclis (mulis) omnia vehicula
in viis ducuntur ( Varrò , R. R. H, 8, 5 ) : mulis ce-
lebrante ludi in circo maxima consualibus , quia id
genus quadrupedum primum pulatur coeptum currui
vehiculoque adiungi (Festus p. 148 Mùller ). Del resto,
il ch.Duchalais(.fteuwe num. l.XIV pASH ) prese cer-
tamente abbaglio nelP asserire , che i due giumenti
siano in atto di abbeverarsi; poiché nelle monete ori-
ginali ben conservate chiaro si vede il cespo dell'erba
che ciascuno di essi sta per addentare , conforme a
quelle soavi parole del primo pittore delle memorie
antiche (7/iad. B, 779):
f^raro/ Ss Trocp* upiAU,<TtY olfftv sxaffros
Xwtgv ìpi7rr<j(AiY0i, IXtorpiTrróvTS Gtknoi
ì<s?a.vct,Y.
Per simile modo in una moneta di Panticapeo(Mion-
net , Descr. n. 8 ) vedesi rappresentato un cavallo
pascente con presso due fiori in sul loro stelo per in-
dizio di prato. Nelle monete di Nerva il timone della
carretta è rivolto in alto forse per indicare, eh' essa
è riposta aderente al muro di una casa , come tuttora
si usa nel nostro contado riguardo ai carri ed ai bi-
rocci vecchi e fuor d* uso.
7. IMP NERVA CAES AVG P M TR P II, testa
laureata.
)( PAX AVGVSTI , V imperatore togato in atto di
porgere la destra ad una figura armala di galea, di
lorica e di ampio scudo. Arg.
II tipo di questo raro denario (il/us. Caes. n. 70),
che per ragione della TR P II dovett'essere impresso
dopo il dì 27 di ottobre dell'anno 97 , e verisimil-
menle dopo l'adozione di Traiano, parmi che accenni
all' adozione medesima , conforme al detto di Plinio
(panegyr. Trainili n. 5 ): quam PAX et ADOPTIO ,
et tandem exorata tetris manina dedissent. Al tipo
della moneta di Nerva fa bel riscontro il seguente di
una di Traiano del susseguente anno 98 (mus. Caes.
n. 18):
PROVID TR P COS II PP, due figure virili stanti
V una togata, e l'altra paludata, la prima delle quali
porge all'altra un globo.
Sembra senza meno così rappresentato Nerva in
atto di affidare a Traiano l'impero ed il governo del-
l'orbe Romano. L'epigrafe PROVIDen^'a prende luce
da quelle parole di Plinio [in paneg. e. 10): iam te
PROV1DENTIA Deorum primum in locum prove-
xerat ; ed il tipo vuoisi confrontare coll'allro ana-
logo di una moneta di Tito , fatto dal padre suo
partecipe dell'impero (Morelli in Tito tab. VX, 16):
PROVIDENT AVGVST , S C , Tito e Vespasiano
sostenenti di conserto colle loro destre il globo della ter-
ra, con timone di nave al disotto posto diritto. Ae. I.
Il timone , o sia governo di nave, manifestamente
simboleggia il governo dell' orbe Romano.
Fra le medaglie di Nerva di conio peregrino l'È-
ckhel ricorda quelle di argento di maggior modulo
coli' epigrafe cos- UH e col tipo di un manipolo di
sei spighe, senza definirne la sede; ma esse sembrano
senza meno impresse nella Bìlinia , nelle cui meda-
glie ricorre di sovente quel tipo ( c/V Morelli Fam.
Ulaecia ). Neil' Asia Minore può- reputarsi impresso
il seguente medaglioncino pure d'argento (Mionnet,
Descr. t. VI p. 689 tu 517 : Trésor de num. Emper.
pi. XXIV, 14):
AYTOKPA NEPOYAG KAICAP CEBACTOC
YIIAT T, busto Imtrealo.
)( €A£T0 AHMOT , Libertà stante con pileo nella
d. e con asta nella s. Arg. m. m.
Il tipo della Libertà è manifestamente ritratto da
quello delle monete di conio Romano con l' epigrafe
L1BERTAS PVBLICA (u. addietro n. 4), il cui senso
viene dichiarato e definito dalla corrispondente epi-
grafe greca €AeT0sp<* AHMOT.
Mi giovi pure accennare una rara moneta di bronzo
di Apollonia al Rindaco nella Misia, già della colle-
zione Wellenheim (catal. n. 4828), ora nel museo-
— 44
Estense , col tipo Romano di Apollo Palatino , o sia
Aclius , nel cui ritto sono le teste laureate di Nerva
e di Traiano , riguardanlisi , con attorno la scritta...
NEPBAS... ATT TPAIANOS, cui fanno bel riscon-
tro quelle parole di Plinio (panegyr. 8, 9): sinici fi-
lius,simul Caesar;mox linperalor et consors tribuni-
ciac poiestalis, et omnia pariter et statini faclus es. —
Non sohim successor imperii , sed pecrticeps edam so-
ciusque placuisti.
Le monete d'oro e d'argento di Nerva di conio
Romano sono assai copiose ed ovvie , segnatamente
in riguardo al troppo breve suo impero, fors'anebe
perchè le molte statue di Domiziano , d' argento e
d'oro, furono alla sua morte abbattute, squagliate e
converse in moneta ed in altri usi (Dio, LXVHI, 1,
Plin. paneg. e. 52), ut ex ilio terrore et minti inusus
hominum ac voluptates ignibus mutarenlur.
TRAIANO
L' impero di Traiano , che per la gloria e gran-
dezza delle conquiste , delle beneOcenze pubbliche e
de' monumenti eretti ad utile e decoro di Roma e
delle provincie, non la cedea forse né manco a quel-
lo di Augusto, si rimase in gran parte oscuro ed in-
certo per la perdita delle antiche istorie che lo ri-
guardavano. L'Eckhel fece, dopo il Noris, il Fabretti
ed altri, grandi sforzi per rischiararne l'oscura ed
intralciata cronologia; ma, per tacer d'altri punti ,
non riuscì a sciogliere il nodo difficilissimo della ra-
gione delle tribunicie podestà di quell'Augusto, non
trovando modo di dare luogo alla XXI , che [pure
ne viene attestata dalle lapidi e dalle medaglie. La
soluzione definitiva di questo problema era riserbata
alla dottrina e perspicacia del eh. Rorghesi, che col
riscontro di due diplomi militari di Traiano addimo-
strò come quell' Augusto rinnovava la tribunicia po-
destà non già nel giorno che fu adottato da Nerva
in sulla fine di ottobre ncll' anno 97 , ma sibbene
addì 27 o 28 di gennaro del susseguente anno 88 ,
nel qual giorno egli successe nell' impero al defunto
Nerva (Annali arch. t. XVIII p. 330 ). Traiano di
falli chiama quel giorno diem imperii mei , e Plinio
( libi: X epist. 102, 103 ) diem, in quem tutela gene-
ris Immani felicissima successione translata est. 11 dot-
to Tillemont ben s'accorse, che l'impero di Traiano
consideravasi come avente principio dal giorno della
sua successione a Nerva ( in Traian. ari. VII. ), ma
non giunse a vedere pienamente il vero. Ora sapen-
dosi di certo come Traiano cominciò a conlare la
tribunicia sua podestà II addì 28 di gennaro del-
l' anno 98 , la XXI viene a cominciare addì 28 di
gennaro del 1 17, che fu l' ultimo della vita di Traia-
no morto nei primi di agosto in Selinunte della Ci-
licia; e nel decorso de' sei mesi e più della durala di
essa possono comodamente collocarsi le medaglie e
le iscrizioni di Traiano insignite della di lui tribuni-
cia potestà XXI.
Anche le dottrine dell'Eckhel riguardanti gli anni
delle due spedizioni Daciche e della Parlica, ed i ti-
toli di Traiano, furono dal lodalo Rorghesi rettifica-
te, o convalidate , o più precisamente definite col
sussidio do» monumenti e degli scrittori antichi. A
parer suo pertanto Traiano , parlilo la prima volta
per la Dacia nell'anno 101, non ne tornò vittorioso
se non che verso la fine del 103, e ne trionfò al-
l'ingresso del 104, allor eh' ei procedette console
per la quinta volta. La seconda spedizione Dacica ,
verisimilmenle intrapresa nel secondo semestre del
105 , era già ultimata all'aprirsi del 107; e la co-
struzione del gran ponte sopra il Danubio vuoisi col
Dodwel riportare al tempo decorso fra le due guer-
re ( Rorghesi , iscr. di Burbuleio p. 20-22 : giorn.
Arcad. t. Vili p. 58-59). La spedizione Partica,
che a parere dell'Eckhel sarebbe slata intrapresa ne-
gli ultimi mesi dell' anno 114, or che sappiamo co-
me Traiano rinnovava le sue tribunicie podestà ver-
so la fine di gennaro , e non già in ottobre , può ri-
portarsi all'autunno del precedente anno 113, sì che
Traiano , conforme al detto di Dione , entrasse in
Antiochia addì 7 di gennaio del detto anno Ili ( v.
Annali arch. t. XVIII, p. 331 ). Per ciò che riguar-
da le salutazioni imperatorie , avendosi tre iscrizioni
di Traiano con TR1R • POT • Vili • MP • UH , ed
una sola con TRIB • POT • VIRI ■ IMP • V, ben ve-
desi eh' egli conseguir dovette la quinta salutazione
— 45 _
verso la fine della nona sua podestà tribuaicìa, o sia
in sul finite dell'anno 105 (Borghesi , iscr. di Bur-
ini, p. 21 ). Il titolo IMP • VI • trovasi primamente
congiunto con la TRIB ■ POT ■ XI ; onde vuoisi
ripetere dalla conquista dell'Arabia nel 100 per ope-
ra di A. Cornelio Palma ( Annali ardi. t. XVIII p,
342). Con la TRIB . POI ■ XVIII , che incominciò
addì 28 gennaro dell'anno Ili, trovatisi congiunti
i titoli IMP • VII , IMP • Vili , IMP • Villi , che
Traiano conseguir dovette in quell'anno con la con-
quista dell' Armenia e con la iuvasione della Meso-
potamia e dell' Adiabeue ( Annali ardi. t. XVIII p.
301-302 ). 11 titolo IMP • XIII , del quale parve
ilubitarne l'Eckhel, ora che la tribunicia podestà XXI,
colla quale va esso congiunto, non presenta più ve-
runa difficoltà , vuoisi probabilmente ripetere dalla
spedizione ultima di Traiano nell'Arabia.
L' Eckhel dimostrò come Traiano si ebbe il ti-
tolo PARTIIICVS, datogli dall'esercito e poscia con-
fermatogli dal senato , nel decorso della tribunicia
sua podestà XIX , o sia nell' anno 1 16 : ed ora pel
riscontro di un' iscrizione greca di Cysis nell' oasi di
Tebe, che in data de' 24 maggio dell'anno suddetto
non dà altrimenti a Traiano il titolo di Partìiicus
(Letronne, inscr. de l'Eyypte t. I. p. 120), ven-
ghiamo a sapere che nei monumenti public! non gli
fu dato che nell' estate del medesimo anno 116. Del
resto , la moneta di Traiano di Laodicea della Siria ,
allegala dal Noris ( epodi. Syromac. p. 248 ) , col
titolo riAP e con l'anno BSP dell'era di quella
città , che 1' Eckhel credette scambiato a TSP , for-
se era come quella del museo Estense avente T era
BSP genuina e chiara , ma coi titoli di Traiano
AAK riAP rifatti da bulino moderno: e lo stesso di-
casi di altra simile moneta descritta dalMionnet [De-
scr. n. 727 ). La data dell' anno 107 apposta in fi-
ne degli atti sinceri di S. Ignazio Martire , che favo-
rirebbe l'opinione del Tillemonl e d'altri , che am-
misero due distinte spedizioni Partiche di Traiano ,
non può altrimenti sostenersi , e dee anzi tenersi per
una giunta posteriore fattavi da chi non rettamente
intese la ragione dell'anno IX dell'imperio di Tra-
iano memoralo in principio degli alti medesimi, co-
me spero aver comprovato in alcuni cenni cronolo-
gici inseriti nel volume XVIII della serie III delle
Memorie di Religione che si stampano in Modena.
Riguardo all'effigie di Traiano nelle sue monete
mi giova avvertire, che in quelle de' primi anni mo-
stra tenere alcun che de' lineamenti del padre suo
adottivo Nerva ; e che in appresso il busto di Tra-
iano ora ha un indizio del paludamento in siili' ome-
ro , ed ora mostra il petto nudo all'eroica con indi-
zio della clamide od anche dell' egida in sulla spalla
sinistra. E questi due diversi modi trovansi talvolta
congiunti insieme in una slessa moneta avente ripe-
tuta l'effigie di lui nel riverso ( v. trésor. de nnm.
icon. des Emp. pi XXVI , \ ). Quindi non è in tutto
vera 1' asserzione del Visconti ( museo Pio CI. l. III.
lav. VII,), che Traiano cioè non permettesse che
gli s'erigessero statue con simboli ed attributi di di-
guità sovrumana. Nelle monete del consolato quinto
egli già usurpa gli attributi del sommo Giove , te-
nendo il fulmine nella d. e l'asta nella s. ( mus.
Caes. n. 189 , 190), ed in quello del consolato
quarto pare effigiato in sembianza d'Ercole ( v. il
tcg. n. 7 ).
Anno 198
1. IMP CAES NERVA TRAIAN AVG GERM,
testa laureata.
)( PONT MAX TR POT COS II , Donna sedente
con ramo nella d. e con la s. appoggiata ad tino
scudo. Aur.
Questo raro tipo sembra rappresentare la sicurez-
za della pace procurata da Traiano all'impero con
le sue vittorie , e con le opere di fortificazione nella
Germania ( Eulrop. Vili, 2 : Sidon. VII, 115 ). Il
ramo cioè del pacifico olivo è attributo proprio della
Pace, e lo scudo è simbolo della sicurezza e della di-
fesa. Al dello tipo fanno bel riscontro quelle parole
dette da Plinio nella presenza di Traiano medesimo
(panegyr. 6, 8): sollicilior tu, illef Nerva) securior-
non secus ae praescnli libi innixus : - quod innulritus
bdlieis laudibus paccmamas. In riguardo a questo suo
amore di pace Traiano fece poscia il suo ingresso in
Antiochia coronato di olivo , anzi che di lauro (Ma-
iala in Chronic. XI. sub init. ). Lo scudo ha il me-
— 46 —
desimo significato di sicurezza nell' analoga moneta
di Nerva con la scritta PAX AVGVSTI ( v. addietro
NERVAn. 7 p. 43).
2. IMP NERVA CAES TRAIAN AVG GERM
P M , testa laureala.
)( PROVID TR P COS II P P, due figure virili
stanti, l'ima togata, e paludata l'altra in atto di soste-
nere di conserto il globo dell' impero , ovvero di coìì-
segnarlo V una all' altra. Aur. Arg.
Lo stesso tipo ricorre io monete di Nerva con PAX
invece di PROVIDen</a, e prende luce da quelle pa-
role del panegirista di Traiano ( e. 5-10) : iam te
PROVIDENTIA DEORUM primum in locumpro-
vexeral : — ille libi imperium dedit y tu UH reddi-
disli.
3. Lo stesso diritto che nel prec. n. I.
)( P M TR P COS II P P , donna stante con go-
verno di nave nella d. e con cornucopia nella s. e
prora di nave a' suoi piedi. Aur.
A questo tipo dell'annona, o dell' Abbondanza che
dir si voglia , fanno bel riscontro quelle parole di
Plinio ( panegyr. 29 , cf. 52 ): instar perpetui congia-
rii reor affluoitiam ANNONAE. la altre simili mo-
nete il fianco della nave appare ornato di encarpi ,
simbolo della letizia che a Roma arrecava il sospi-
rato arrivo della flotta portante l'Annona.
4. IMP CAES NERVA TRAIAN AVG GERM P
M , testa laureata.
)( TR POT COS II P P , S C , Vittoria slolata
coli' ali alzate in atto di scendere dall' allo con cli-
peo nella d. nel quale è scritto
QK
Ae.II.
La Vittoria sembra in atto di portare e di collocare
a suo posto il clipeum Virlulis, clic può ben credersi
decretalo a Traiano, del pari che già ad Augusto (cf.
Annali arch. t. XXII p. 491 ).
5.IMP CAES NERVA TRAIAN AVG GERM P M
TR P, testa laureata con indizio di egida all'omero s.
)( CONG PR COS II P P , SC, Tipo solito del
congiario. Ae. L.
Traiano si asside in sella curule collocata sopra un
tribunale separalo e alquanto più alto di quello del-
l'altre persone. Egli stende la d. come in alto di vo-
lenteroso, conforme al detto di Plinio (paneg. 28 j:
populusque Romanus obligalus a tribunali tuo , non
exoralus recessil : obtulisti enim congiarium gaudenti-
bus gaudens, securusq-ue securis.
Anno 100.
6. Lo stesso diritto che nel prec. n. 1.
)( TR POT COS III PPSC Traiano paludato a
cavallo con asta nella d. Ae. I.
Questo tipo rappresenta forse una statua equestre
decretata a Traiano , ovvero riguarda il viaggio che
credesi facesse egli in Germania verso la fine dell'an-
no 100 (Tillemont , Trajanarl. XII).
Anno 101.
7. Lo slesso diritto clte nel prec. n. 1.
)( P M TR P COS UH PP simulacro d'Ercole ignu-
do stante di prospetto , collocalo sopra una base , con
dava rulla d. abbassata, e con la spoglia leonina , che
gli copre il capo,raccolta in sul braccio. Aur.Arg.
La statua ritraila sopra questi aurei, denarii e qui-
narii di Traiano sembra rappresentare quell' Augu-
sto in sembianza d' Ercole Vincitore ; poiché Plinio
stesso , benché prometta di non adulare , paragona
Domiziano ad Euristeo e Traiano ad Ercole (paneg.
14) ; e Traiano- mostra avere prestato culto singo-
lare ad Ercole (cf. Fabretti column. Tr. p. 172 ,
Orelli n. 791 r Mus. Caes. ». 41 , 42 , 80 , 129 ,
130,224). Del resto, il tipo d'Ercole Vincitore
bene si sta anche ne' quiuarii , o sia vittoriati , in
luogo del consueto lor tipo della Vittoria.
Anno 103.
8. Lo stesso diritto che nel prec. n. 1.
)( DACICUS COS IIII PP Vittoria stante sopra
una prora dì nave con laurea nella d. e con palma
nella s.
Nella prima e nella seconda guerra Dacica accader
dovettero non pochi combattimenti navali nel Danu-
bio ; poiché i primi duci ed altri insigniti furono da
Traiano coronis classicis ( Fabretti column. Tr. p. 48,.
240 : Borghesi , iscr. di Burb. p. 22: Annali ardi.
t. XVIII. p. 343): e Suida( v. News) riferisce come
Traiano passò quel grande fiume con 50 navi distri-
buite in tre flottiglie.
— 47 —
Anno 104
9. IMP NERVA TRAIANUS AVG GER DACI-
CVS testa laureala.
)( P M TR P COS V P P Traiano in quadriga
lenta con ramo di lauro nella d. e con lo scettro sor-
montalo dall' aquila nella s. Anr.
La riunione de' simboli del lauro trionfale e dello
scettro consolare (mus. Caes. n. 118, coli. n. 86,
128) mostrano come ben si appose il eh. Rorghesi
( Burbul. p. 20 , 21) Dell'avvertire, che Traiano
trionfò la prima volta de' Daci alle calende di Gen-
naro , allor eh' egli procedette console per la quinta
volta. La moneta analoga di primo bronzo con la scritta
TR P VII IMP IIII COS V P P, attorno al tipo di
Rraiano trionfante (v. Noris epist. cons. p. 67: epodi.
Symmac. p. 241 ) , dovette imprimersi innanzi la
One del Gennaio del 104; poiché addì 28 di quel
mese incominciava la TR" P- Vili di Traiano mede-
simo. Anche il titolo DACICVS scritto cosi tutto in-
tero , mentre in appresso si scrisse accorcialo , mo-
stra ch'esso era tuttor di data recente.
10. IMP CAES NERVA TRA1AN AVG GER
DACICVS P M testa laureata.
)( COS V , CONGIAR SECVND , S C, tipo con-
sueto del congiario, ma con un tripode in luogo del si-
mulacro di Minerva. Ae. I.
Al trionfo solea tener dietro la distribuzione del
congiario, e la concessione de' privilegi] alle milizie
emerite; e questa difalti ebbe luogo addì 29 gennaio
del presente anno , come si raccoglie dal diplo-
ma militare del Lysons ( Cardinali , Dipi. mil. p.
142: Borghesi, Burb. p. 21), nel quale Traia-
no s' intola GERMANICVS DACICVS TRIBVNIC-
POTESTATE VII- IMP- UH- COS- VP- P, nove
giorni prima eh' egli entrasse nella sua TR- P- VHP
Il tripode, che ricorre anche nelle monete del CON-
GIARIVM TERTIVM , è di forma assai elevata ; e
potrebbe forse indicare il sito della distribuzione del
"ongiario, o del frumento pubblico, presso le statue
Ielle Sibille da lato ai rostri nel Eoro(Plin.ÀX\7F,
11); o la consulta fattasi in quegli anni degli oracoli
Sibillini ( cf. Plut. quaest. Rom. p. 506 : Borghesi ,
Dee. VII , oss. 9 ). Ma forse quel tripode , alto più
del consueto , è posto quale sostegno del vaso con-
tenente i nummi da dispensare al popolo ( cf.Notitia
dignit. Orient. et Occid. p. 41, 41 et SS* , 57* ed.
Boecking ).
Anno 105.
11. IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER
DAC P M TR P COS V P P , lesta laureala.
)( CONGIAR1VM TERTIVM , S. C, tipo consueto
della distribuzione del congiario , con tripode di re-
tro. Ae. I.
L'Eckhel non seppe deGuire l'anno preciso di
questo congiario terzo ; ma ora pel riscontro di due
Diplomi di privilegi accordali alle milizie da Traiano
addì 13 di Maggio del presente anno 103, correndo
la sua TRIBVNIC- POTESTAT- Villi ( Cardinali ,
dipi. p. 156: Arnelh, dipi. n. V), rendesi assai ve-
risimile che nel lempo slesso egli facesse anche 1' e-
largizione del congiario terzo , giusta il consueto.
Anno 106.
12. Lo stesso diritto che nel prec. n. 41.
)( ADVENTVS AVG , Traiano paludato a cavallo
preceduto dall' Abbondanza che tiene il cornucopia
nella s. e volgcsi a riguardarlo, e susseguito da tre fi-
gure militari: nell" esergo S P Q R OPTIMO PRINCIPI.
Non so come l' Eckhel ometter potesse questo in-
signe medaglione (Arneth, Synops. n. 78: Trésor de
num. icon. des Emp. pi. XXVI, 3), che pare senza
meno impresso pel sospirato ritorno di Traiano vitto-
rioso dalla seconda sua spedizione Dacica. L' Abbon-
danza che Io precede appella alle grandi dovizie della
Dacia conquistata , e ricorda le parole di Orazio
( Carm. saec. 59: cf. 1. 1. epist. XII, 28): apparetque
beata pieno Copia cornu. Ne' bassirilievi che ornavano
l' arco trionfale di Traiano ( Bellori , arcus triumph.
tab. 28 ) , egli vedevasi preceduto da Roma, che de-
siderosa lo accoglieva, ed accompagnalo dall' Abbon-
danza e dalla Pietà.
13. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI, S C, figura di un
fiume che correndo ha raggiunta ed opprime e soffoca
la Dacia prostrata a terra. Ae. I.
Questo bel tipo trovasi da me dichiarato nell' an-
no 1 di questo Bullellino (p. 52).
— 48 —
1 4. Lo slesso diritto che nel prec. n. 1 1 .
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI, S C, Roma ga-
leata succinta sedente sopra una lorica ed altre arme
Daciche , con Vittoria nella d. che le porge una laurea
e con asta nella s. in allo di premere col pie d. una ga-
lea nemica e col pie s. una testa umana pileata giacente
recisa a terra. Ae. I.
Narra Dione {Hisl. LXVI1I, li), che Decitolo,
vedendosi sconfitte e ornai conquiso , si die dispera-
tamente la morte , e che la sua lesta recisa venne
portala a Roma. Anche Zeze [CUI. II, 75) riferisce,
che Traiano tornò trionfante dalla Dacia a Roma seco
recando , insieme co' captivi , la testa di Decebalo.
Nella colonna Troiana (n. 313 ) due soldati Romani,
entro gli accampamene , sono in atto di moslraie
agli astanti la testa recisa di Decebalo posta sopra
una tavola ; e molti rivolgono, per orrore o per pie-
tà , indietro Io sguardo. Nel riverso della sopra de-
scritta moneta pertanto è senza dubbio rappresentata
Roma vittoriosa , che col s. piede conculca la testa
non di un qualunque Daco pileato , ma bensi di quel
fiero suo avversario che fu Decebalo , il quale per
un venti anni le diede aspra guerra. L'insultare per
cotale modo ai vinti parer potrebbe allo vile e feroce;
ma tale non dovea sembrare ai Romani che ricorda-
vano le atrocità dei Dati conlra esso loro , e che
nella colonna coclide miravano sculta l'estrema bar-
barie delle donne di Dacia intente ad abbruciar vivi
a fuoco lento di facelle i miseri Romani falli captivi
e spogliati nudi con le mani legate dietro le schieoe
( Column. Traian. ». 178 ).
In altre analoghe monete di Traiano ( nms. Caes.
n. 147 , 220) vedesi una donna stolata stante con
ramo nella d. e con cornucopia nella s. in atto di
premere col piò s. non già il capo, come parve al-
l' Eckhel , ma sibbene l' omero di una figura pi-
leata , che sembra ignuda e come emergente dal
suolo. Questa può dirsi la Pace , che dopo l' assog-
gettamento della Dacia diffonde le dovizie ed i felici
prodotti di quella novella provincia a prò dell' impero
Romano.
15. Lo slesso diritto che nel prec. n. 11.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI, S C, arco sormon-
talo da un carro trionfale a sei cavalli , con trofei ,
statue ed altri ornamenti , e con Vepigrafe IOMoI
disopra del timpano. Ae. I.
In questo insigne riverso il Fabretti ( col. Tr. p.
300 ) ravvisava un tempio dedicato a Giove Traiano;
ma 1' edificio non ha altrimenti forma di tempio. 11
eh. Lcnormant ( Trcsor: icon. des Empr. p. 50 ) lo
credette un ingresso del Foro Traiano; ma questo
nelle medaglie ha forme ed ornamenti assai diversi ,
e poi non comparisce che assai più tardi nel conso-
lato VI di Traiano. A me sembra anzi un arco trion-
fale a fornice semplice ; e può quindi ritenersi per
uno de' molli archi trionfali decrelati dal senato a
quel bellicoso Augusto , e più verisimil mente quello
che ricordava le sue vittorie Daciche ( Dio LXVI1I,
29: cf. Annali arch. t.IXp. 39). Gli ornamenti po-
slì sopra il fastigio confrontano con quelli della Rasi-
lica U I pia e del Foro Traiano ; e i due trofei ricor»
dereùbono le due vittorie Daciche , e i due trionfi
ehe ne menò Traiano. La dedica ìovi Opthm Maxi-
mo mostra che Traiano riferiva al favore del somme
Giove la felice riuscita delle sue imprese , conforme
al dello del suo panegirista (Plin.^an. 52): illifjovi
debere quidquid nos libi debeamus', illius, quod beni
facias , muneris esse, qui le dedil. Nella colonna co
elide vedesi Giove che dall'alto pugna per Traiano i
fulmina i Daci ( n. 133; cf. Fabretti p. 85). Dop<
di avere scritte queste osservazioni , vidi con mi<
grande conforto , che anche il eh. cominend. Canina
ravvisa in questo tipo un arco trionfale tetraslilo d
Traiano innalzato in Campidoglio ( edif. di Roma t
1. p. 120, tao. LXI).
Continua Cavedom.
Giulio Muservini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataxeo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 81. ( 7. dell' anno IV.) Ottobre 1855.
Nuove osservazioni suijli Scabillarìi Puteolani. — Scoperte in S. Maria di Capita. — Scavi dimani. —
Nuove osservazioni, e compimento della descrizione della casa di M. Lucrezio in Pompei.
Nuove osservazioni sugli Scabillarii Puteolani.
Il mio chiarissimo collega ab. D. Salvatore Pisano-
Verdino , in una sua erudita memoria letta recente-
mente alla reale Accademia Ercolanese ha novella-
mente trattata la (jnistione degli Scabillarii Puteolani.
Egli sostiene ch'essi appartennero alle corporazioni
de' sulores : ed io mi asterrò da qualunque osserva-
zione fintanto che non vegga la luce la sua elaborata
memoria. Quello però che deggio in tal luogo ram-
mentare, si è un importantissimo luogo di Luciano,
che mi era sfuggito quando scrissi di quel collegio,
ora dal sig. Pisano citato a proposito, e dal quale la
ricerca degli Scabillarii viene maravigliosamente il-
lustrata. Racconta il sofista di Samosata che a' tempi
suoi viveva un famoso saltatore , il quale avendo a
rappresentar la parte del furioso Ajace, fu preso sif-
fattamente da violenta mania, che non misurando allat-
to i movimenti del suo corpo lacerò la veste di un di
coloro i quali battevano col calzare di ferro , e fa-
cendo fuggir di mano la tibia ad uno de' suonatori
ruppe la testa di Ulisse, che poco mancò non l'ucci-
desse: -vói y).p twvtw ffìorpcj uttoo <.' (Acuti yjTwnwvrwv
Tt,v Icì}t|To. xxnpprìZsY,lvis o£ twv vtt'xl'XovìTujy tòv
«iXov ap7rarr«s x . r . X . ( de saltai. 83 ). Da questo
importantissimo luogo più cose si ricavano : che l'an-
tica mimica era accompagnala non solo dalla libi»,
ma benanche dalla percussione de' piedi: che questa
facevasi mercè uu calzare di ferro, edera senza dub-
bio lo scabillo : finalmente che l'ufficio di battere co-
gli scabilli affidavasi talvolta ad una particolar classe
di persone. Lo stesso Luciano in altri due luoghi del
.4.Y.YO IV.
medesimo dialogo fa menzione della tibia e del bat-
tere i piedi in unione dc'movimenti de'sallatori : Xs-
■ywv toc ai'Xoy xxi rivy ffcpcjywv xxi rtvv xtv7Twv
votpipyóv ri Tot ''{X^P^f? *'V5C' ('• c- G3): ed altrove
ricordando l'apparato ( ty,v •jrapao'xsuìr.v) di un alto-
re, nomina xrXoV, ovpi'yv-a, Trodwv xruTrov, xvftfòctkou
■^ópOV, VWJXplTW W$UJ\lxv, «OOVTWK ÓfAO$fe>v/%V ( ib.
68 ). Da' luoghi sopra citati rilevasi che essendo di
fatti una quantità di persone occupale a percuotere i
calzari di ferro , o dir vogliamo gli scabilli , riesce
evidente che gli Scabillarii fossero appunto coloro a
tale ufficio adoperati : ed è 1' unico modo di spiegare
l'epiteto ad essi attribuito in una epigrafe gruteriana
di operae velcres a scaena ; secondo quello che fu da
noi precedentemente osservato (v. sopra pag. 5, s.).
In tal modo vanno in parte rettificate le cose da
noi esposte di sopra : senza però abbandonare la idea
che gli stessi tihicini fossero non poche volle occu-
pati a battere il suolo con gli scabilli. Ciò risulta dai
citali luoghi di Polluce relativi alla x/aittìQx, e dallo
stesso luogo di Luciano , ove il tibicine siede suo-
nando e xrv7rù/v no voci (de sali. 10). Ciò si de-
sume benanche da' monumenti , ne' quali lo scabillo
vedesi dato a'tihicini : Ira essi è da citare un Saliretto
a bassorilievo , collocalo nel real museo Estense del
Cataio, sul quale si vegga pure il ch.Cavedoni (indieaz.
del mus. E-it. p. 96). Finché dunque non venga fuori
un monumento, ove si faccia menzione de' tibicint
puteolani, potrà supporsi che gli scabillarii fossero
ivi pur destinati a suonar la tibia, alternando i con-
centi dell' istrumento colla percussione de' ferrei cal-
zari. E ciò sia detto ad aggiunzione e miglior di-
— 50
chiara/ione delle cose inuanzi discorse : riserbandomi
una più ampia discussione alla stampa della memo-
ria accademica.
Aggiungo soltanto che in Pozzuoli era non solo
l'anfiteatro, ma benanche il teatro, nel quale pre-
star doveano principalmente l'opera loro gli Scabil-
larii Puteolani. Noi ci proponiamo di rivolgere i no-
stri studii a questo edificio , che merita una maggio-
re illustrazione di quel che finora si è fatto; giacché
è sì poco noto a' dotti stranieri , che il eh. Wieseler
non ne ha pur fatta menzione fra' quarantotto teatri,
de' quali ragiona nella sua elaborata opera: Theater-
gebàude etc. Minervi.m.
Scoperte in S. Maria di Capita.
A poca profondità dal suolo di un giardino del
sig. Domenico Manlio proprietario di S. Maria, ab-
biamo osservato una serie di pavimenti divisi da mu-
ricciuoli anticamente caduti e quasi rasali , per lo
che non mostrasi apparenza di qualche conservalo
ediGzio. Soltanto può conghietturarsi con tutta pro-
babilità che fosse un edifizio privato; ma per essere
il sito ingombro da terre non possiamo formarci
idea adeguata di lai costruzione. In un luogo , che
trovasi allo scoperto , vedesi un piccolo scalino con
gola e listello di travertino , che costituisce quasi la
soglia di una piccola edicola rettangolare in massima
parie distrutta.
La importanza di questi ruderi consiste nella in-
dicata serie di pavimenli, i quali essendo a musaico,
possono contenere interessanti fregi o rappresenta-
zioni. Nel mezzo di uno di essi era in origine un
quadretto, che ora vedesi a bello studio scalpellato,
forse perchè ne' secoli posteriori volle annullarsi
qualche oscena rappresentazione.
Nel mezzo di un' altro pavimento è un quadretto
di fino musaico di altezza circa palmi 2,5 per 2,
compresa una nera cornicetta, che lo circonda. Rap-
presenta una specie di ara o sostegno rettangolare in
parte perduto , su cui poggia un vaso a due mani-
chi : 1' orlo di questo vaso è ornato di ovoli con
bianco , verde , giallo e rosso elegantemente fra lor
combinati. Una verde biglia galleggia nell'acqua, alla
quale ed al liquido slesso par che mirino Ire diversi
augelli, che sono intorno al vaso. Uno scmhra una
pernice , gli altri rassomigliano a due pappagalli ,
uno de' quali ha manto azzurro l'altro verde : ed en-
trambi presentano alla gola una collana di penne
rossaslre, non altrimenti che in un simile uccello
osservabile in un musaico dell'antica Italica nella
Spagna , eruditamente illustrato dal eh. sig. De La-
borde (descripcion de un pavimento en mosayco descub.
en la ant. Itàlica., Madrid MDCCCVl lav. VII). Alla
base del descritto sostegno sono da un lato un gruppo
di tre fruita , e dall' altro lato un piccolo gatto , con
lunghissima coda , che alza alquanto la destra zam-
pa. 11 fondo del musaico è bianco. Il colore del gatto
è giallo misto di macchie nere. Il piedestallo è di
rosso con degradazione di chiaro e di oscuro. Bellis-
sima è la posizione della pernice che vedesi di scor-
cio. Pare che volle figurarsi una riunione di dome-
stici animali intenti a prendere il cibo e la bevanda.
Perciò si è messo vicino il gatto, che non reca colla
sua presenza spavento a' suoi pennuti compagni.
Siccome era costume degli antichi di collocar so-
vente nel mezzo de' pavimenti a musaico un più ri-
cercalo quadretto dello slesso lavoro , come è stato
osservato per non pochi musaici di Roma , di Pom-
pei, e di allri siti, sarebbe desiderevole che si facesse
dal proprietario un saggio, per esaminare tutti i pa-
vimenli ancora ricoperti da (erra , in mezzo a' quali
rinvenir si potrebbero effigiati soggetti di maggiore
importanza. Ed ove ciò si verifichi , non tarderemo
a darne sollecitamente notizia a'ieltori del bullettaio.
Intanto non manchiamo di avvertire che la loca-
lità , di cui discorriamo , offre un altro interesse
architettonico : ed è che al disotto di quei pavimen-
ti, de' quali dicemmo, vedesi una serie di volte, le
quali covrono grandi corridoi intrecciantisi fra loro.
Questi corridoi offrono spiragli circa ogni cinque
palmi: l' intonico n'è semplice e bianco , il pavi-
mento di lastrico baltuto. A me sembra che queste
semplici e rozze sostruzioni sieno destinate a rendere
asciutte le fabbriche superiori, e forse ancora a ser-
vir di vasta cantina. Una parie di quei corridoi sot-
51 —
loposti è tuttora ingombra di sfabbricine , e di rot-
tami di ogni sorta, tra' quali appajono ancora fram-
menti di oggetti anticbi. Da uno de' sotterranei com-
presi abbiamo veduto venir fuora varii frammenti di
terracotta e di vetro , un' anteGssa con testa di Me-
dusa , alcune lucerne di poco conto , ed altre cose
insignificanti. Tra queste ricordiamo un pezzo di
vetro da finestra di enorme doppiezza, non che pez-
zetti d' inlonico dipinto a varii colori nel fare delle
pareti pompejane.
Quando sarà compiuta la scavazione di questi cor-
ridoi , saremo di nuovo a studiarli ; e ne diremo un
più preciso ragguaglio. Minervini.
Scavi cumani.
Gli scavi, che per ordine di S. A. R. il Conte di
Siracusa furono intrapresi a Cuma nel 1853 , inter-
rotti a cagione dell'aria malsana, sono stati riaperti
il giorno 19 dello scorso novembre (1835), in con-
tinuazione de' luoghi precedentemente scoperti.
Nel 1854, a circa 860 pai. dal tempio de' Gigan-
ti ( Templum Iovis ) , essendosi rinvenuto un muro
alto pai. 20 , composto di grandi macigni, che cor-
reva da oriente ad occidente per oltre 300 pai. , io
supposi che al di là del medesimo, cioè a settentrio-
ne dell' indicato tempio , dovesse rattrovarsi la ne-
cropoli cumana : onde rivolti gli scavi in quel silo ,
quasi a 100 palmi discosto dalla menzionata mura-
glia , s' incominciarono ad incontrar molte tombe ,
altre additate da ruderi sovrastanti la terra , altre a
considerevole profondità dal suolo della campagna.
Vidi però che queste tombe , ordinatamente disposte
l' una appresso dell' altra , dovevano seguire il corso
di qualche via , che dalla muraglia volgendo a set-
tentrione, menasse alla selva Hatnae od a Liternum,
epperò non credetti improbabile, che quello fosse
un avanzo del muro costruito da Aristodemo Mala-
co intorno alla ciltà, e che lo studio di quella strada
ne portasse alla scoperta di qualche insigne ipogeo.
Or gli scavi posteriori avendo pienamente confer-
mate le mie conghietture , siamo venuti a conoscer
la giacitura di tre vie , che prendendo origine da'-
l' indicata muraglia, aveano lungo i loro margini nu-
merosi sepolcri. La prima di esse , eh' è presso la
strada regia di Licola, a poca disianza dal muro della
città , teneva a sinistra quel recinto di tombe ulru-
sche , di cui ho parlalo altrove, che scoperto poi in-
teramente, videsi conterminalo da un argine di grossi
macigni, rinchiudenti un'area di circa 1500 palmi
quadr., tutta ricoperta di uno slrato orizzontale di
tegoloni dipinti e connessi tra loro , a guisa di ben
ordinato pavimento ; il quale poggiando sovra una
zona di terra alta pai. 2, serviva di coperchio a molle
fosse , delle solite dimensioni de' greci sepolcri , en-
tro cui stavano gli scheletri , profonde pai. G e col-
mate di lapillo o di finissima terra. Seguivano sul
medesimo lato oltre a 180 tombe, alcune con co-
pertura piana , allre a due falde, e tra queste ultime
quella che già descrissi contenente un vasetlo con
epigrafe osca e stoviglie dorate , ed una finalmente
che ne fornì un oleario di bronzo alto pai. 1 , 5
avente incisa sul ventre l' iscrizione :
C • POMPON1VS • ZOTICVS ■ COLLEGIO
APOLL1NARIO D • D
Un pavimento di grandi selci largo circa pai. 12,
rinvenuto poco lungi dalla cennata muraglia, ed an-
eh; volto a settentrione , ne diede indizio di una se-
conda via quasi parallela alla precedente , ove s' in-
contrarono 30 sepolcri greci , pochi ipogei romani
in parte abbattuti o frugali, e molte funebri stele, tra
cui una che racchiudeva quell' insigne vaso dipinto
con le origini Tebane e la guerra degli Egiziani. Una
terza strada , che aveva la medesima direzione delle
due precedenti , usciva pure dalla città poco lungi
dal mare, ed era in simil guisa decorata di sepolcri:
quivi ebbero luogo gli scavi praticati da lord Ver-
non , e non è guari si scopri quel bellissimo vaso
con bassirilievi e doratura , pubblicalo in questi fo-
gli dal mio eh. amico Minervini (annoili, pag. 73 —
79 ). Ma a noi non permise lo studio di quella via
l'imminente primavera, e vi potemmo solo racco-
gliere poche stoviglie con vernice nera, e molli fram-
menti di bronzo.
— 52
Riaperti adunque gli scavi nello scorso novembre,
essi hanno avuto cominciamento lungo il Iato occi-
dentale della prima fra le tre descritte strade. Vi ab-
biamo fin' oggi incontrate sei tombe , già frugate da-
gli antichi , ma l'ordine progressivo de' sepolcri , ed
i travamenti anteriori ne fanno sperare, che la sco-
perta di qualche pregevole monumento non tarderà
a coronar l'opera dell'augusto Autore di queste sca-
vazioni , il quale onorando le arti del suo magnani-
mo patrocinio , ha pure acquistato altissimo titolo
all'ammirazione ed alla riconoscenza dei dotti (1).
( Continua Fiorelli.
Nuove osservazioni , 'e compimento della descrizione
della casa di M. Lucrezio in Pompei.
Sin dal primo anno di questa novella serie del
bullellino noi promettemmo di compire la descrizione
della pompejana casa di M. Lucrezio ( an. 1 p. 25).
Ora veniamo a sciogliere questa uostra promessa ,
avendo avuto la occasione di studiar tutto quel pri-
vato edilìzio , del quale presentammo la descrizione
nella splendida opera de' Signori Niccolini ( vedine
1' annunzio nel 3 anno di questo bullellino pag. [47).
Noi non intendiamo ripetere la descrizione di quelle
parti , che furono già maestrevolmente indicate ed
illustrale dal Comm. Avellino ; ma unicamente ci
occuperemo di quelle, che nell'antica serie del bui-
lettino non veggonsi riportate : e solo diremo breve-
mente qualche nostra nuova osservazione o spiega-
zione sulle parti esposte da quell* uomo dottissimo ,
secondo quello eh' ebbi la occasione di dichiarare
nella citata pubblicazione de' Signori Niccolini.
Androne. Nel quadro a sinistra, ove il eh. Panof-
ka ravvisò un soggetto nuziale {bullett. dell' Ist. 1847
(I) Le precedenli notizie sopra le scoperte cumane, alle quali
accenna il eh. Fiorelli , sono consegnate in gran parte ne' diffe-
renti fascicoli della sua pubblicazione , che ha per titolo — Monu-
menti antichi posseduti da Sua Altezza Reale il Conte di Sira-
cusa— Napoli 1853 in 4. presso Alberto Delken editore — Noi pure
avemmo la occasione di parlare di alcuni di quei monumenti nel
primo anno di questo bullellino p. 10ci segg. , 121 segg. 161 segg.,
ove discorremmo a lungo del vaso con epigrafe osca , annunzian-
done per la prima volta la importantissima scoperta. Nota deW e-
ditore.
p. 1 30 ) , il Comm. Avellino ( bullett. nap. an. V.
p. 33), ed il Raoul Rochetle (journ. des sav. 1852
p. 70 ) la dea Cerere colle faci , la quale nella ri-
cerca della perduta Proserpina s'incontra con Ecate,
in una particolare regione simboleggiata dalla terza
figura; noi osserviamo che potrebbe ancora pensarsi
alla riunione delle tre divinità Cerere Proserpina ed
Ecate, che tanto spesso si scorge in altri monumenti
relativi alla semina del frumento, e specialmente su'
vasi dipinti : nella quale idea assegnerei il nome di
Ecate alla figura colle fiaccole (v. Roulez mélang.
fase. ìli, 4 p. 2 e seg. : cf. ciò che ho scritto bullett.
arch. napol. àn. I p. 15, e nuova serie an. II p.
100). E qui mi piace di osservare che la medesima
riunione di Cerere di Proserpina e forse ancora di
Ecale possiam ravvisare nel magnifico vaso cumauo
del sig. Marchese Campana in Roma (bull. arch. nap.
an. Ili tav. VI cf. pag. 75 ). E per verità non sap-
piamo come il nostro eh. collega ed amico sig. dot-
tor Braun si persuase che la donna stante colla face
fosse Proserpina, e l'altra sedente all'altro lato diTril-
tolemo potesse riputarsi Diana fbullett.deU'Isl.dicorr.
arch. 1855 pag. IV-V ). In tale spiegazione sorge
piuttosto la idea che Proserpina andasse in traccia
della madre, della quale mostrerebbe meno giovanile
apparenza : senza dire che la pretesa Artemide ve-
drebbesi effigiata senza i soliti simboli , che valessero
a farcela riconoscere , ed anzi con quella specie di
modio , comune all' altra eleusinia divinità , e che
richiama spontaneamente il pensiero alle grandi Dee.
Non nego che un simile ornamento nelle arcaiche
immagini trovasi dato ancora ad Artemide; ma è as-
solutamente diverso il caso del vaso di Cuma , ove
non apparisce traccia di arcaismo neppure affettato o
d ' imitazione , ed ove poi la pretesa Cora manca del
modio a lei conveniente : e perciò figurare in quel
modo Artemide e Proserpiua sarebbe stato quasi un
inganno dell' artista. Toruaudo all'androne della casa
di M. Lucrezio , dirò che noli' altro quadro messo
dirimpetto a quello, di cui dicemmo, il cav. Panofka
vide altra scena nuziale ( bullett. dell' Ist. 1847 pag.
130 ), il comm. Avellino Ali che a sé trae la Ninfa
Sangaritide (bull. nap. an. V p. 34 e segg.), ed il
— 53 —
Raoul-Rochette il ritorno da un'orgia notturna ( joum.
des Sav. 1852 p. 71 segg. ). Non vi ha dubbio che
la principale figura è coronata di foglie che sembrano
di edera , e che presenta la impressione di ubbria-
chezza e di fisico abbandono. A noi sembra che sia
figuralo il giovine Dioniso , a cui conviene il vesti-
mento asiatico ( Raoul-Rochette choix de peint. de
Pompei tav. XIX p. 245 not. 4, ed Herc. Assyr.
et Phénic. p. 250: cf. bullell. ardi. Nap. n. s. an. II
p. 96 ) e 1' ederacea corona , vinto dalla forza del
vino (Visconti Pio-Clem. voi. IV tav. XX cf. i miei
mon. inedili di Barone p. 113-114), ed appoggiato
ad una Baccante preceduto dal mistico daduco. In
questa intelligenza vi sarebbe una strettissima rela-
zione col quadro della opposta parete, ove si osserva
un rapporto co'misterii di Eleusine ; veggendosi un*
allusione a' due grandi misterii dell'antichità. E così
pur sarebbe un bellissimo insieme della introduzione
dell' agricoltura e della vigna , accoppiato a simboli-
che figure , che da una parte accennano all' abbon-
danza de' campi, e dall' altra alla bacchica religione,
a cui mostrasi dedito il proprietario della casa. Ag-
giungo poi da ultimo che nel volto delle due figure
di Bacco e della donna alla quale il dio si appoggia,
si osserva una tale angolosità di linee , che mostra
aver voluto espressamente indicare l'artista non trat-
tarsi di naturali contorni, ma di maschere sovrappo-
ste (come in altre figure v. real mus. Borbonico tona"
VII tav. XXI, e Wieseler Thealergeb. und Denkmà-
ler des Buhnenwesens tav. V p. 40 segg.): il che ac-
cenna pure alle drammatiche rappresentanze delle
bacchiche feste (Lobeck Aglaoph. p. 671 segg.). E
M. Lucrezio non era alieno dal gustare i divertimenti
della scena. Ci sembra molto a proposito, a confronto
del pompejano dipinto , un luogo dello scoliaste di
Aristofane, il quale ci avverte h roTi X?]vcciWs àyùxri
rou Aiowaov 6 Ó«.ocivxos x.a.TÌx,IM* \a.\xvixoa. "ktyu ,
x%kHts Siiv etc. (\ad Ran. 479). Or questo luogo
inerita di essere paragonato con un altro passaggio
di Senofonte, ove si parla di una privata scena, nella
quale figuravano Bacco ed Arianna ; e si nota che
non essendo ancora comparso il dio, la tibia faceva
sentire una bacchica armonia: ovvw Sì (poc/voiu/vov rov
Aiovvffou yfiXsT&oè (Jaxxelbs pwSfyufe (conviv. cap.IX,
3 ). Nel nostro dipinto (rovansi insieme accoppiate
le due particolarità del daduco, e delle bacchiche ti-
bie ; che lo fanno ritenere siccome una dionisiaca
rappresentazione. In una delle pitture delle tombe
Tarquiniesi, una bacchica figura si appoggia ad un
giovinetto tibicine alla presenza di una donna ( Mi-
cali monum. per serv. alla Storia tav.LXVII n. 2 ).
Primo cubicolo a destra dell'atrio. In uno de'qua-
dretli di questo cubicolo fu riconosciuto uno de' cac-
ciatori amanti o favoriti dalla dea della notturna lu-
ce: si pensò quindi ad Endimione, a Cefalo, ad Orio-
ne (Avellino bullett. nap. an. VI pag. 4;Raoul-Ro-
cheUe joum. des Savants 1852 p. 77 ). Noi inclinia-
mo piuttosto per Endimione; e parlammo altrove
del latrar del cane verso la Luna ( vedi questo bal-
lettino an. 1 p. 34-35). Del resto, non sarebbe stra-
no pensare ancora ad Atteone, che pur seduto sopra
di un sasso , e col suo cane accanto si osserva sopra
un bellissimo vaso dipinto da me pubblicato (v. i miei
mon. ined. di Barone tav. XIX pag. 85 e segg.).
Secondo cubicolo a destra dell'atrio. In aggiunzione
a quanto fu scritto sulla singolare figura di Bacco di-
pinta nella parte più alta della principale parete (A-
vellino bull. nap. an. VI p. 17 cf. ciò che dicemmo
in questo ballettino an. II p. 31 , e real mus. borbo-
nico voi. XV alla tav. XXXII p. 7,8), avvertiamo
che varie volte il possessore della casa mostrasi ad-
detto al culto di asiatiche divinità , quale si è quello
del Bacco venerato in Bitinia. I radii , de' quali ve-
diamo fregiato il capo di Dioniso, accennano alla sua
solare significazione , della quale non è duopo citare
i filologici od archeologici confronti. È poi ben co-
nosciuto che il leone e 1' elefante non isconvengono
all' Indico Bacco , che presenta fra' trofei della sua
vittoria gli animali delle regioni da lui debellale. AI
che puossi aggiungere che t° elefante (Avellino opvsc.
t. II p. 83; Fiorelli ossecra:, sopra tal. mon. rare p.
3,4; Raoul-Rochette fouilles de Capone p. 98), ed
il leone sono entrambi simboli solari ed apollinei;
e perciò assai bene si addicono al Bacco radiato, che
richiama benanche alla solare intelligenza di quella
mistica divinità.
— 54 -
Iu questo cubicolo furono rinvenuti non pochi
istrumenti chirurgici , ed un grazioso candelabro ;
de' quali diremo in fine di questo articolo.
Secondo cubicolo a sinistra dell'atrio. Tra' due di-
schi di Marte e di Venere , vedesi un quadrello ove
si scorge una donna seminuda con corona radiata, la
quale è nell'atto di pescare: e vi ò da presso una gio-
vanile ed alata Cgura coronata di foglie, tenendo colla
destra un ramo. Il sig. Panofka vi ravvisò la Venere
pescatrice (bullett. dell' Ist. 1847 pag. 131), ed alla
stessa dea pensò il dotto Avellino ( bulletl. nap. an.
VI p. 36). Egli traeva da questa pittura un argo-
mento contro coloro che riconoscer volevano Ipno o
il Sonno nella figura simile a quella alata con ramo,
osservala più volte in altre pompejaae pitture: come
sou quelle che a Zeffiro e Clori , ovvero a Bacco ed
Arianna si riferiscono. Il Raoul-Rochelte osservò che
dovesse nella pescalrice riconoscersi piuttosto la Ninfa
Galatea , della quale si veggono alcuni graziosi di-
pinti in questo e nel precedente cubicolo. Égli prese
per una donna la figura che l'accompagna ; della
quale non offre alcuna plausibile spiegazione ( journ .
des Sav. 1852 p. 80).
Io mentre sono da un lato persuaso che poca
probabilità ci presenta la interpretazione che a Ga-
latea riferisce il dipinto, ritengo dall'altro che la vi-
cina figura col ramo sia appunto del Sonno; come
per altri monumenti fu opinione del eh. Comm. Qua-
ranta , e come altrove fu da noi pure sostenuto ( v.
questo bullettino an. II pag. 68 seg. ). Difficile poi
sarebbe mettere il Sonno in rapporto con Galatea.
Perciò vogliamo proporre una nostra conghietlura
su questo singolare dipinto. La protome di Venere
pur con corona radiata, che vedesi nel disco vicino,
c'induce a credere che sia parimenti Venere nel qua-
drello di mezzo la donna effigiala con somigliante
corona. E sebbene non ci sovvengano luoghi di an-
tichi scrittori, che ci presentino Venere in atto di
pescare , pure i varii monumenti , che in tal guisa
ci ofTrono la dea degli Amori (Mùller Handb. §378
hot. 2 pag. 584 edil. Welcker(l)), sono abbastanza
(1) Il eh. laha riconosce ancora la Venere pescatrice , ma di-
chiara di non comprendere il significalo di quella figura alata, che
illustrati dalle note relazioni di Venere colle marine
acque, che dar le fecero il nome di irovriv.. Or veden-
dosi il quadretto di cui ragioniamo fralle due proto-
me di Marte e di Venere , può supporsi che accenni
agli amori di queste due divinità: nella quale ipotesi,
mentre Afrodite occupata alla pesca sta attendendo il
dio della guerra, già le si mira vicino il Sonno, che
prender dovea la coppia divina, e farla avviluppar
di legami , esponendola ad inattesa vergogna. Repo-
siano parlando del luogo , ov' erasi ritirata Venere
ad attender Marte , non tralascia di mentovare i li-
quidi fonti , presso i quali la dea andava a diporto
(concub. Mari, et Veneris v. 48, nel voi. Ili de'poe-
tae lai. minor, di Parigi, pag. 324 s. ). Nel mito poi
di Marte e di Venere tutte le tradizioni parlano del
loro sonno, cominciando da Omero {Odyss. 0,254
segg. ) , da cui presero tulti gli scrittori posteriori.
Non è quindi improbabile che la simbolica figura di
quel dio della notte sia messa vicino alla dea nella
circostanza delle sue relazioni con Marte.
Ala destra dell' atrio. Dalle varie rappresentazioni
riferibili a soggetti drammatici , alcuni distintamente
determinati, noi veniamo a conghietturare che Marco
Lucrezio ricordar volle una domestica gloria, accen-
nando alle opere dell' ingegno di qualcuno della sua
famiglia. E poiché è provalo che questa parte della
casa era destinala a tenere esposte le immagini de'
maggiori , quelle dipinture facevano bella compagnia
a' ritratti, che in quel medesimo luogo erano proba-
bilmente collocati. Questa idea può venir confermata
dalla considerazione , che i varii poeti effigiati nelle
pareti mostrano diversi lineamenti, e differente (bo-
nomia ; per modo che pare siesi voluto accennare a
più personaggi piuttosto che ad un solo.
Tablino. In appoggio e dichiarazione di una nostra
idea (bullett. ardi. nap. ant. ser. ann. VI pag. 39),
che fu ritrovata fantastica da un erudito artista il sig.
Falkener (Museum of. classic. antiquii. voi. II pari.
I pag. 82 ), vogliamo aggiungere alcune brevi os-
servazioni. Alla sommità delle capricciose architet-
l'è vicina, in cui perù opina non esser rappresentato il Sonno. Vedi
la dichiarazione nell' opera del Zahn : Ornam. uni Gemuide eie.
Ili, 36.
Iure di|iin(e nello pareti del laWino i ipotesi il gruppo
di una figura giovanile ed alala, eli' è nell'alto di
sottrarsi ad un mostro , che In in tutto il reslo del
corpo fattezze umane, ma la (es!a taurina. Sembra
indubitabile che nel mostro riconoscer bisogna il Mi-
notauro : e forse nell'alato giovinetto ravvisar po-
Iremo il figliuolo di Dedalo Icaro, il (piale per al-
cune tradizioni (Igino [ab. XL) fu messo da Minosse
in custodia, forse nel medesimo laberinto di Creta,
che servì di carcere al Minotauro. Ed in qualunque
modo il ravvicinamento del Minotauro ad Icaro può
attribuirsi itilo stesso capriccioso genere della fanta-
stica dreniteli ura , della quale il ripetuto gruppo è
destinalo ad ornamento. Questa nostra idea vien con-
fermata dalla costruzione medesima della casa , in
cui il tablino ed il peristilio sono tra loro in colai
guisa disposti, che non vedendosi in qual modo pos-
sano mettersi in comunicazione , sorge alla mente la
idea del Laberinto , di cui era cotanto difficile indo-
vinare I' uscita. E ciò diede per avventura ad alcuno
degli ?bilanli della casa il pensiero di segnare nel pe-
ristilio a graffito un meandro , desliualo ad indicare
il labirinto, e presso la iscrizione : labyrinthus hicha~
bilat Minotaurus.
Queste, ed allre simili ma più minute osservazio-
ni , sono stale da me fatte sulla porzione della casa
di M. Lucrezio già descritta dall'Avellino: come si
vede dalla più volle citata opera de'signori Niccolini,
alla quale rimandiamo. Ora però dalla pubblicazione
medesima estragghiamo quel che si riferisce alla parte
superiore della casa , alla quale arrestavasi 1' antica
serie del bullellino.
Corrìdojo di lato al peristilio. È questo diviso in
due come slanzelte, le quali son da considerare quali
vere fauces , perchè di fatti mettevano in relazione
fra loro le varie parli della casa.
La prima stanzella ha finestra sul peristilio , ed il
pavimento è di opera signina. Dava essa l' ingresso
ad altra scala che menava alle parli superiori della
casa , ovvero a qualche ammezzato. Le pareli son
gialle arrossite in varii punti dalla violenza dell'info-
cato lapillo. Graziose architetture le fregiano , in ci-
ma delle quali or vedi paniere accovacciale, ora sim-
boli dionisiaci , e leoni , e grifi : è principalmente vi-
sibile un Trifone con buccina ed a'iro simbolo in-
certo. Un piccolo quadro di pace cm figiirin :• è in
massima parie perduto. Rimane lu'tivia , sebbene
assai danneggialo un allro quadretto : esso ci offre un
Amorino presso una donna la (piale siede in mesto
atteggiamento, e volgesi a guardare altra donna slau-
te, che a lei si appressa. Non sarebbe strano pensare
a Fedra che confida alla nutrice l'incestuoso amore,
onde è presa pel giovincllo Ippolito : ma nulla ose-
remmo asserir di cerio , essendo il dipinto in cattivo
stato di conservazione. Il seguente corridojo è dipin-
to a grottesche , ove sono visibili maschere, uccelli,
ed altri ornamenti. Nel muro di fronte al peristilio
vedesi in un quadrello il notevole dipinto , ov' è una
tabella diptycha , uno stilo , un vasello destinato a
contenere il liquido, il raschiatoio, e finalmente una
lettera piegala , colla soprascritta M. LVCRUTIO ;
FLAM • MARTISDIICVR10NI POMP1I1 — M. Lu-
cretio flamini Marti» decurioni Pompeiano; nella (male
dee ravvisarsi indicato il proprietario della casa. Ed
è certamente assai notevole questo dipinto, perchè ci
pone sotto gli sguardi la soprascrilla di una lettera
piegala , moslrandoci essere un tal costume non già
modernamente introdotto, ma sibbene una imitazione
di più antichi tempi. Su questa interessante pittura
ha letto una particolare memoria alla reale Accade-
mia Ercolanese il mio egregio collega sig. Teodoro
Avellino, illuslrandone tulle le particolarità con molta
ed ingegnosa erudizione. Noteremo principalmente
che l' a. opina tradarsi di tavolette incerate , e non
già di pugillari di avorio; e ravvisa nel vasello non
già un calamaio colla penna, ma un vasello di minio
col pennello per tingere le cornici del dittico, le quali
appunto appariscono di rosso. L' oggetto triangolare
è riputato dall' a. della memoria la otxiX?), o xoir)s,
o sicila istrumenlo destinato a tagliar le carie ed a
rompere i suggelli ; ovvero un arnese da rader la
cera delle tavolette. Finalmente , per tacere di altre
osservazioni , le quali si rileveranno dalla pubblica-
zione della memoria, il sig. Avellino crede, con molla
probabilità , che il decurione Marco Lucrezio fosse
lo stesso M. Lucrezio Decidiano Rufo, che in altre
— 5G —
epigrafi pompeiane dicesi Decurione, Quinquennale,
Pontefice , Tribuno militare a popuìo , e prefetto dei
Fabri. II quadretto scritlorio di M. Lucrezio è pub-
blicalo nell'opera dei signori N'iecolini (tav.In.i), nel
real musco Borbonico ( voi. XIV tav. A, B ), dal Fal-
kener (gioì: cit. p. 72), e dal sig. Breton (Pompeia
p. 303 ), ove si riporta un sol vasetto con due late-
rali anelli , e non già , come nelle altre pubblicazio-
ni , due recipienti muniti de' corrispondenti coverchi.
Peristilio. Parliamo in questo luogo del peristilio,
o giardinetto, perchè dal descritto corridojo fassi in-
teramente visibile , sebbene l' ingresso sia propria-
mente dal lato destro, e non già dal sinistro. Copiosi
canali circondavano questo giardino , ad innaffiar le
piante che vi crescevano, e ad animar la fontana, che
vi si mira nel fondo. È questa formala da una nic-
chia a foggia di edicola semicircolare , tutta lavorata
a musaico, con conchiglie, offrendosi un ornato di
fogliami e di palustri canne sopra un fondo turchino.
Dentro la nicchia è una marmorea statuetta di Sileno
con pelle, che poggia sopra di un tronco l'otre da
cui sgorgava 1' acqua, che scendendo da cinque sca-
lini raecoglievasi in un canale , e versavasi nel ro-
tondo bacino , dal cui centro ne scaturiva uno zam-
pillo, mercè due condotti di piombo con chiave di
bronzo, pe' quali era messa in relazione la bocca del-
l' otre del Sileno col zampillo sgorgante nel centro
del giardino.
Due ermetle bicipiti sono a' due lati della nicchia;
e rappresentano entrambe una doppia prolome di
Bacco barbato ed imberbe : se non che I' erma eh' è
a destra offre maggiore importanza , perchè le due
immagini del dio sono munite di piccole corna alla
fronte, e perciò ne riproducono in due differenti for-
me il cornigero Dioniso ( vedine la pubblicazione nel-
l'opera di Niccolini lav. I fig. 7, 8). Due altre erme
bicipiti con le immagini dell'imberbe e del barbato
Bacco , ma non munite di corna , sono al fronte del
giardinetto verso il (ablino. Intorno al bacino , e
sparse tra' fiori erano varie altre statuette di marmo
disposte in una particolar maniera : le quali sono
stale lasciate sopra luogo , perchè si abbia una idea
di questo singolare peristilio. Vedesi un'oca, una
piccola cervella, una vacca, due augelli a lungo becco
somiglianti nella forma all' ibis , due conigli, come
sembra , ed altro poco determinato quadrupede, che
giudicar si potrebbe un cane. É due volle con po-
chìssimà varietà ripetuto il gruppo di un delfino che
addenta un polipo, per difendere un Amorino dalle
branche di quel feroce animale : soggetto che si scor-
ge ancora in un bellissimo bronzo pompeiano rinve-
nuto alcuni anni fa alla presenza del nostro Augusto
Sovrano , ed illustralo dall'Avellino e dal Quaranta.
Altra statuetta rappresenta un Satiro con nebride,
che con la destra si fa solecchio per riparar la vista
da' troppo acuii raggi dell' astro del giorno : è il Sa-
lirò x-jroGxóiriuuJV ripetuto in molle bacchiche rap-
presentazioni; su di che si vegga la recente ed ampia
discussione del eh. Stephani ( Parerga archaeologica
(1855)-XIV pag. 551-586). Finalmente un grup-
po , che ci offre un soggetto già conosciuto : un
giovine Sairetto toglie dal piede la spina ad un
barbato Pane , che ha lasciato cadere al suolo
la campestre siringa. Un altro gruppo esprime un
erma di un giovine , la cui figura va a finire infe-
riormente in capriccioso fogliame; egli ha raccolto
nella nebride un capretlino, mentre la capra sol-
levandosi presso di lui colle zampe cerca di ria-
vere il rapilo parlo : il giovine ha colla destra la si-
ringa. Tutte le statuette marmoree finora descritte
mostrano in parte le tracce de' colori co' quali erano
dipinte : altro esempio della scollura policroma presso
gli antichi , sulla quale , oltra le cose da noi discorse
in questo buUeltino an. II p. 11 seg., e gli autori ivi
citati, veggasi pure il eh. Walz nella sua recente dis-
sertazione ueber die Polyckromie des anliken Sculplur
impressa a Tubinga nel 1853.
Continua Minervim.
Giglio Mineuvini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 82. ( 8. dell' anno IV.)
Ottobre 1855.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani Imperatori. Continuazione del n. 80.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani
Imperatori. Continuazione dei n. 80.
16. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
)(SPQR OPTIMO PRINCIPI, SC, statua di Tra-
iano togato con ramo nella d. e con asta nella s. stante
sopra una base quasi cubica , collocata sopra un basa-
mento ornato di festoni , in sul quale veggonsi quattro
aquile addossate a quattro vessilli, e due figure suppli-
canti con un ginocchio a terra e con ambe le mani
stese verso V Augusto , che viene incoronato dalla Vit-
toria volante.
Questo tipo non esattamente descritto dall' Eckhel
(mus. Caes. n. 193), né dal eh. Lenormant (trésor
icon. des Emper.p. 49 n. 1 ), sembra riferirsi anch'
esso alle vittorie Daciche di Traiano , anzi che alle
legazioni degl' Indi come parve al Fahretti. In altre
monete di Traiano portanti le slesse epigrafi vedesi
un Daco nello slesso alleggiamenlo di supplicante a'
piedi di Roma galeata stante con Vittoria nella d.
oppur sedente con ramo di pacifico olivo steso verso
il supplicante medesimo (r. mus. Caes. n.152, 213,
217).
17. Lo slesso diritto che nel prec. n. il.
)( S P 0 R OPTIMO PRINCIPI, S C, lorica ornata
di Gorgonio e di un trofeo con due Vittorie che lo in-
coronano. Ae. II.
Il tipo della lorica in altre monete, probabilmente
anch' esse di Traiano , si connette con 1' epigrafe
METAL DELM ( Eckhel t. VI p. 445 ) ; onde lice
congetturare che la lorica rappresentala in questa
moneta fosse fatta colle primizie delle miniere della
Dacia e probabilmente dedicata in qualche tempio in
Roma.
18. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
AXNO IV.
)( S P 0 R OPTIMO PRINCIPI , S C, aquila le-
gionaria posta di mezzo a due insegne delle coorli.
Ae. II.
L' aquila legionaria rappresentata in questo riverso
accennar potrebbe alla ricupera che fece Traiano
dell'insegne militari perdute da Cornelio Fusco nella
infelice spedizione Dacica di Domiziano (Dio, LXVIII,
9; cf. Fabrctti col. Tr. p. 18 :Fronto, de beli. Par-
th. p. 200).
19. IMP TRAIANO AVG GER DAC PM TR P
COS V P P, lesta laureata con egida all' omero.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI , figura virile ga-
leata loricata stante di prospetto e riguardante indietro
che con la destra si appoggia all' asta e posa la s. so-
pra il suo clipeo sostenuto da una figura , che le sia
da lato con un ginocchio piegato a terra e con ambe
le mani alzate. Arg.
La figura armala respiciente sembra barbata , e
quindi può dirsi di Marte Ultore , che ha costretta
la Dacia debellala a sostenergli lo scudo , per mo-
strare come questa novella provincia conquistata ser-
viva a Roma di antemurale conlra i Sarmati ed altri
barbari di confine all'impero. Per simile modo in un
candelabro Attico , ed in monete di Magnesia al Si-
pilo vedesi un Gigante anguipede dannalo a sorreg-
gere il clipeo di Pallade vittoriosa ( v. Annali arch.
t. Il tav. d' agg. G. t. IX p. 19: R. Rochelte , re-
prés. d'Alias p. 49: Cavedoni , spicil. num. p. 219).
In un intaglio edito dal eh. Gerhard (Denkmaeler
1849 taf. II, 2 p. 14) vedesi un Amorino o Ge-
mello, che piegando un ginocchio a terra stende ambe
le braccia per sorreggere un clipeo , al quale si ap-
poggia la Vittoria , o l' Agone vittorioso tenente un
ramo di palma nella d.
Del resto, le sovradescrille monete di Traiano ri-
— 58
guardanti la Dacia debellata dovettero in gran parte
imprimersi nell'anno 106; ma non avendo esse al-
tra nota cronologica che il di lui consolato V, pote-
rono in parte improntarsi negli anni appresso fino al
112, nel quale egli si ebbe il consolato VI. Quella,
ad esempio dell'Arco trionfale (n. lo), probabilmente
venne impressa nell' anno 109, o nel 110; poiché
in una moneta Alessandrina dell'anno XIII di Traiano
vedesi un Arco trionfale di forma alquanto diversa,
ma similmente sormontato da un carro a sei cavalli
posto di mezzo a due trofei ( Mionnet Descr. n. 640:
ìììus. Est. )
20. Lo stesso diritto che nel prec. n. 18.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI , donna stolala
stante, con camello a lato , lenente nella d. un rami-
cello di poche fronde , e nella s. accostala al fianco un
fuscello stretto da due o più legacce : nell' esergo, ARAB.
ADQ. Arg.
L'Eckhel riporta queste monete all'anno 105; ma
panni meglio riferirle al 106 od al 107, perchè la
salutazione VI imperatoria , proveniente dalla con-
quista dell'Arabia , per opera di A. Cornelio Palma
legato della Siria , primamente s' incontra congiunta
con la f illumina podestà XI di Traiano (Annali arch.
t. XV III p. 342), la quale cominciò a decorrere ad-
dì 28 di gennaio dell'anno 107. L'oggetto, che tiensi
nella s. il Genio dell' Arabia , è detto calamus dal-
l' Eckhel ; ma è evidentemente un fascetto d'erbe o
di pianticelle odorose , di forma ovale allungata , e
probabilmente di nardo; simile a quelli che fansi nel
nostro contado con lo spigo fiorito ( nardus , lavan-
dula), ripiegandone gli steli addosso alle spighe, sic-
ché il fascetto riesce della forma di una zucchetta
ovale allungata (cf. Plin. XII, 26: Diodor. Il, 49).
L' animale che vedesi apposto al Genio dell' Ara-
Lia , a parere dell' Eckhel , sarebbe ora un camello,
ed ora uno struzzo. Anche lo struzzo bene si con-
verrebbe all'Arabia (Diodor. //, 50 ); ma nelle mo-
nete originali parmi costantemente camello , che ta-
lora ha apparenza di struzzo solo perchè la parte sua
deretana si perde e nasconde dietro la persona del
Genio dell' Arabia. La testa per fermo è di quadru-
pede, e non mai fornita di rostro (cf. Bull. Nap.
Anno I p. 133; Anno II p. 55 ). Quello che a me
parve fascetto di nardo, parve faisccau anche al Mion-
net (Descr. t. VI p. 693, 694 ». 537, 545) in mo-
nete greche di Traiano di fabbrica bella e di maggior
modulo. Per la conquista dell' Arabia sotto Traiano
crebbe in Roma Y uso , anzi l' abuso degli aromi a
tal segno , che Adriano in honorem Traiani balsama
et crocum per gradus theatri fluere iussit, et in hono-
rem socrus suae aromatica populo donavi!. ( Spartian.
in Hadr. 19).
21. 1MP CAES NERVA TRAIAN AVG, aggiun-
tivi talora i titoli GER DAC, testa laureata.
)( S C, mensa quadrata, sopra la quale è collocala
una corona, ed una diota dalla quale sporge un ramo
di palma. Ae. IV.
Questa parmi evidentemente mensa de'ludi o cer-
tami sacri , anche per essere essa ornata di Grifi sic-
come quella del CERTAM • QVINQ ■ ROM • CONST
in simili monetine di Nerone. Per lo che sembra as-
sai probabile, che queste di Traiano fossero impresse
per la ricorrenza del sesto lustro del Certamen sa-
crum lovis Capitolini celebratosi sotto Traiano nel-
1' anno 106 (Morcelli, oper. epigraph. t. I p. 115-
1 16). Quel certame sacro, celebratosi per la prima
volta venti anni addietro da Domiziano , in sui pri-
mordii delle guerre Daciche , bene si conveniva che
solennemente si celebrasse dopo la fine di esse e dopo
la conquista della Dacia. Nella celebrazione del sesto
lustro un giovinetto di nome L. Valerio Pudente fu
per sentenza unanime de'giudici incoronato fra' poeti
Latini (Morcelli /. e); ed a quella gara poetica ponno
riferirsi i Grifi Apollinei , che ornano i Iati della
mensa. La corona proposta a premio del vincitore
sembra di quercia , sacra a Giove , e lemniscata.
22. Lo stesso diriUo che nel prec. n. 11.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI, S C, Pegaso che
si alza a volo Ae. II.
Il tipo del Pegaso , assai raro in monete imperiali
(v. Piovene mus. Farnese t. X p. 82 lav. VI, 2 ) ,
forse si riferisce alla celebrazione del suddetto sesto
lustro del certame sacro Capitolino; poiché alle gare
poetiche di esso bene accennerebbe il Pegaso, che nei
denarii della gente Petronia e della Titia, e probabili
— 59 —
mente anche in alcune monete di Domiziano, è posto
come simbolo di vena poetica e del favor delle Muse
Pegasidi ( v. Annali ardi. t. XI p, 308 : t. XXV, p.
22 ). Il Pegaso può anche riferirsi ai poeti che cele-
brarono le geste e le vittorie gloriosissime di Traia-
no , e segnatamente al poema greco di Caninìo Rufo
intorno alle guerre Daciche ed ai versi di P. Annio
Floro , che risonavano in Roma , ove in foro omni
clarìssimus ille de Dacia Iriumphus exultabal ( Jahn ,
praefat. ad Fiori epitom. p. XLI, cf. Ball. ardi. Na-
pol. n. ser. an. Ili p. 68 : Plinius l. Vili cpist. 4 ).
Il Pegaso stesso ricorre come simbolo proprio dell'
ALACRITAS in monete di Gallieno; ed anche in
questo significato bene si converrebbe all' impero del-
l' operoso e bellicoso Traiano.
Anno 109 110.
23. Lo stesso diritto die nel prec. n. 11.
)( S P Q R OPTINO PRINCIPI , speco o sacdlo
arcuato sorretto da due colonne , e ornalo nella som-
mità con un giro di fiori architettonici, entro il quale
vedesi adagiata una figura barbata seminuda lenente
una canna nella d. e col gomito s. appoggiato ad un
macigno, od ara che sia; al disotto , acqua che sgorga
dimezzo asassi: neW esergo è scritto AQVA TRAIA-
NA e S C. Ae. I.
L'Eckhel lo dice Genio di Fiume; ma forse meglio
direbbesi Genio di Fonte o di Lago , presso Treba, in
sito montano e petroso , donde Traiano derivò l'ac-
qua dell' Amene nuovo, per averla tutto insieme
pura ed abbondante ( Frontin. de aquaeduct. n. 93 :
Fabretti , col. Tr. p. 104 , 392 , 393) , ovvero dai
monti a tramontana del lago Sabateno , come parve
al eh. Fea ( alti della ponti f. accad. Rom. d' arch. t.
IV p. 170). Traiano probabilmente vi avrà fatto co-
struire un sacello col simulacro del Genio di quel-
1' Acqua. Per simile modo attorno al tempio del fiu-
me Clitumno scarsa eranl sacella complura, fondan-
one dei , sua cuique venerano , suum nomen , qui-
busdam vero etiamfontes (Plin. /. Vili epist 8 n. 5).
La volta interna dello speco nella medaglia mostra le
gocciole del sito accpiidoso e vaporoso ; e nel suo
giro esterno vedesi ornata di una serie di Cori archi-
tettonici, del pari che il fastigio della Basilica Ulpia,
e le due torri del ponte del Danubio nelle monete di
Traiano; non che l'arco di un sacello, forse del Ge-
nio del Processo consolare , in monete di Antonino
Pio con la TRIB. POT. XXI.
L' Eckbel lasciò in incerto 1' anno di queste mo-
nete dell' Aqua Traiana ; ina ora siam fatti certi che
spettano all'anno 109 per la scoperta della lapide
trovata presso l' acquidotto di essa verso Bracciano,
nella quale Ieggesi , che Traiano , nella TR- POT-
XIII, AQVAM- TRAIANAM- PECVNIA- SVA- IN-
VRBEM- PERDVXIT- EMPTIS- LOCIS- PERLA-
TITVD- P- XXX ( Bull. arch. 1S30 p. 220 ; Cardi-
nali, dipi. mil. p. 141 ).
24. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI , S C, donna se-
minuda adagiala in terra, che con la d. tiene una ruota
posata sopra il suo ginocchio , e con la s. un ramo
sfrondato , appoggiando il gomito ad un sasso, in alto
di volgersi a riguardare indietro : al di sotto è scruto
VIA TRAIANA. Ae. I.
La VIA TRAIANA , che metteva da Benevento a
Brindisi , fu dedicala anch'essa nella TR- POT- XIII
di Traiano, la quale avendo incominciato a decorrere
dal dì 28 di Gennaro dell'anno 109 , meglio parrai
riportare solt' esso questa medaglia, che dall' Eckhel
fu assegnata al susseguente anno 1 10 ( t. VI p. 42 1 ).
Il Genio della via Traiana, del pari che il Genio del
Danubio in altre monete di Traiano , è in atto di ri-
guardare indietro, quasi in atto di ammirare le gran-
diose e stupende opere di quell' Augusto ; e questo
bel concetto dell' antico artefice ricorda quel soavis-
simo di Virgilio [Georg. 11, 82) : miraturque nocat
fronda et non sua poma. II ramo sfrondato sembra
riferirsi al costume de' mulattieri di eccitare con esso
i giumenti al corso. La ruota convenientemente è
posta sopra il ginocchio della Via Traiana comoda-
mente rotabile , ed alla, pel solido suo lastricalo, a
sostenere qualunqne peso. Per ciò che riguarda il
corso della Via Traiana da Benevento a Brindisi veg-
gasi il eh. Mommsen [Bull. Arch. 1848 p. 6-8) , e
riguardo all' altra a traverso le Paludi Ponliue il
Cardinali ( Dipi, milit. p. 141 n. 277 ).
— 60 —
25. 1MP TRAIANO PIO FEL AVG P P , testa
laureala.
)( VIA TRAIANA, donna adagiata a (erra , che
tiene uno scudiscio nella d. e con la s. si appoggia ad
una ruota Arg.
L' argento scadente di questo denario , ed il titolo
PIO VELici . che accenna a tempi non anteriori a
Coniniodo, ne porgono buon argomento a reputarlo
impresso da Settimio Severo o daCaracalla , che con
sontuose opere munirono e restaurarono la Via Tra-
iana (Bull. arch. 1848 p. 6), e che amarono appel-
larsi Pii Fehces e Divi Traiani abnepoles ( v. Eckhel
t. VII p. 173). Riguardo al titolo PIO EELici, con-
frontisi anche il PORTVS AVG. ET TRAIANI FE-
L1CIS [Atti della pont. accad. Rom. a" arch. I. Vili
p. 252-253 ).
Monete vaganti del consolato V.
26. Lo stesso diritto che nel prec. n. 1 1 .
)( SPQR OPTIMO PRINCIPI, S C, Traiano
togato stante, con a lato altro personaggio togato , so-
pra un tribunale, in atto di arringare quattro persone
pur esse togate stanti a terra dinanzi a lui colle destre in
atto di acclamare o di felicitare , ed ivi presso una figura
feminile seminuda adagiala in terra presso un triplice
obelisco con a lato una ruota. Ae. I.
Il triplice obelisco posto da lato al Genio del Cir-
co (ef. Visconti , mus. Pio-Cl. t. V tav. 38-42 : Mo-
relli, in Nerone tab. FI, 18) mostra che questo bel
tipo rappresenta la dedicazione del Circo , o sia Ip-
podromo , di tanto ampliato ed ornato da Traiano
(Dio, LXVIII, 7: Plin. inpaneg. 51: cf. Alti della
Pont. Accad. Rom. d' arch. t. Xp. 447 ).
27. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
)( AL1M 1TAL, SPQR OPTIMO PRINCIPI ,
Traiano togato stante con volume nella s. e colla d.
stesa verso due fanciullini , uno de quali minore fu-
nicalo , che leva ambe le sue manine , e V altro mag-
giore pretestato che stende la d. verso il suo benefat-
tore. Aur. Arg.
Questo bel tipo mostra come Traiano, del pari che
in prima Augusto (Suet. Aug. 41: Plin. paneg 26 ),
ne minores quidem pucros praeleriit, quamvis nonnisi
ab undecimo anno aelatis accipere consuevissent. Nel-
1' arco di Benevento, e negli avanzi dell' arco di
Traiano in Roma , veggonsi uomini e giovani che si
presentano a Traiano portando fanciullini a caval-
luccio in sulle loro spalle ( Bellori , arem Iriumph.
tab. 30 : Annali arch. t. XVI p. 13 ) , conforme
alle studiate parole di Plinio ( paneg. 26 ) labor erat
parentibus ostentare parvulos , impotitosque cervicibus
adulantia verba blandasque voces edocere. Nelle corri-
spondenti monete di bronzo vede>i la Liberalità
stante con cornucopia nella s. e con alcune spighe
nella d. in allo di porgerle ad un fanciullo protesta-
to , che le sta dinanzi e mostra tenere nella s. un
volume, che sarà forse indizio di natali ingenui (cf.
Plin. paneg. 27 -.annali arch. I. XVI p. 21-24 ). Le
spighe porte dalla Liberalità al garzoncello ingenuo
mostrano come i fanciulli alimentarii ricevevano dal
pubblico non già gli alimenti interi nel senso de'giu-
reconsulti, ma soltanto il prezzo del cibo lor neces-
sario ; e di falli nella tavola alimentaria Velleiate
sono assegnati soli XVI sesterzi al mese ad ogni fan-
ciullo e XII ad ogni fanciulla ( cf. Bull. arch. 1889
p. 155). Del resto, a riprova di quelle grandi prov-
videnze e liberalità di Traiano , oltre la tavola Vel-
leiate , ora abbiamo anche quella de' Liguri Bebiani
dell'anno 101 si dottamente illustrata dai chh. Hen-
zen e Garrucci (1).
28. Lo stesso diritto che nel prec. ti. 11.
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI , SC, prospetto
del Circo con tutto il suo ornalo, Ae. I.
Dal lato posteriore del Circo , ristaurato ed am-
pliato da Traiano (v. il prec. n. 26), sorge un alto
edificio fastigiato a guisa di tempio; lo che confronta
col detto di Plinio (paneg. 51 ) : immensum latus
Circi templorum pulcritudinem provocai.
29. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11,
)( S P Q R OPTIMO PRINCIPI , S C , ponte di
forma e di costruzione singolare consistente di tre archi
sovrapposti V tino aW altro e collegali insieme , che si
appoggiano a due torri 0 porle laterali , le quali mo-
(1) Su' Utili monumenti , e sulla ragione alimentaria vedi pure
la più recente opera del sig. Ernesto Desjardins de tabùlis ali'
mentariis disputano hislorica, Parisiis ItJDCCCLlV in 4. ( Nota
dell' Editore ).
— CI —
strano estere pervie , e simili ad areo trionfale a for-
nice semplice : al disotto del ponte , in luogo basso ,
vedesi una nave sopra una corrente d' acqua , ratte-
nuta ora da una fune ed ora da un grande uncino
che sporge dalla prora Ae. I, II.
L' Eckhel a ragione escluse 1' opinione di chi vi
ravvisava un porlo ; e vi riconobbe co! Fabretli un
arco del ponte di Traiano sopra il Danubio , posto
come per saggio di quella stupenda costruzione.
Anche il eh. commend. Canina [architettura ant.
sez. Ili pari. II cap. 1 1 ) vi ravvisa una delle arcua-
zioni di quella grande opera. Le pile, che ora ap-
pariscono costrutte soltanto d' opera cementizia , do-
vevano essere rivestite di pietre riquadrate , confor-
me al detto di Dione ; e le arcua/ioni erano formate
da un triplice giro di cernine di legno concatenate
con legatura , come bene viene espresso dal basso-
rilievo della colonna Traiana; ed al disopra di queste
era il tavolato fiancheggiato da parapetti di legno ,
come vedesi nello stesso bassorilievo , e nel tipo di
queste medaglie.
11 lodato sommo architetto diede un disegno di
queste medaglie non del tutto accurato , probabil-
mente per non avere avuto soli' occhio esemplari
di perfetta conservatezza , siccome accadde anche al
Fabretli ed al Marsigli ; onde mette a bene fare le
seguenti avvertenze. Le sommità delle due torri, che
fiancheggiano l' arco , sono ornate ciascuna di una
figura militare stante di mezzo a due trofei con asta
nella s. e con la d. stesa verso il corrispondente
trofeo. La volta dell' arco della prima delle ridette
due porte appare rinforzata da una sprauga trasver-
sa, probabilmente di ferro , e da altra verticale, che
partendo dalla chiave della volta le si congiunge ad
angoli retti , e mostra essere fornita di una palla
nella estremità sua inferiore , che serva forse come
di contrappeso per vie più forte collegamento delle
parti. Talvolta poi appare anche una terza spranga
trasversale alquanto obliqua , che , partendo dal
sommo dell' arcuazione di legno , va ad unirsi alle
suddette due spranghe della volta della porta d' in-
gresso. La grande arcuazione di legno consiste di tre
archi di sesto assai depresso , sovrapposti l' uno al-
l'altro, e congiunti insieme e sostenuti da sette o
più serie di travi verticali , che alternano e s' in-
trecciano. Nelle monete queste travi verticali per lo
più sono sette, e talora otto; e non so come il Fa-
bretli le moltiplicasse fino ad undici (col. Tr. p. 98,
301). Nel bassorilievo della colonna Traiana (n.260)
ne sono segnate (re sole ; probabilmente per ovviare
alla confusione che produr potevano , se ne fossero
segnate tante quante se ne veggono nelle medaglie ,
in opera che dovea mirarsi collocata a grande altezza
e distanza. La testura sì leggiera e diradala di tutta
la triplice arcuazione sembra che fosse escogitata dal-
l' esimio architetto Apolloiloro per evitare o dimi-
nuire l' impelo de' venti conlra tutta l'opera insilo
ov' essi spirar sogliono gagliardissimi ( Riarsigli, Da-
nube l. II p. 27 ). E la descrizione , che di quella
stupenda sua opera dicesi aver pubblicala lo stesso
Apollodoro (Procop. de aed. lustin. IV, 6) forse ri-
guardava segnatamente gì' ingegui da esso lui adj-
perati pe' collegamenti e pe'contrasti di forze mecca-
niche nell'arenazione consistente di legni tult' insie-
me leggieri e saldi. Il eh. Canina mostra supporre ,
che le due porte rappresentate nelle medaglie siano
quelle eh' erano poste alle due estremila del ponle ,
benché un solo arco vi sia rappresentato. Vorrei anzi
supporre , che tante fossero in esso le porte , o sia
torri pervie , quante erano le pile del ponte intero ;
e che nelle medaglie siasi figurato il solo primo ar-
co con la prima porla che dava accesso al ponle e
con I' altra che sorgeva sopr' esso la seconda pila
per servire di appoggio laterale all' arcuazione di
legno.
Il Marsigli a torlo suppose , che Dione ponesse
costrutti di pietra anche i grandi archi del ponte ,
mentre che il Fabretli (p. 96-97 ) ebbe avvertito ,
che lo storico disse lutt' altro. Il dotto Mannert (res
Traiani ad Danub. gestae p. 45-58) mostra come il
Riarsigli non fu in tutto accurato e coerente a se
medesimo , e come a gran torto egli chiamò quel
ponte una delle più mezzane opere fatte dai Romani.
Ancora il Marsigli nel misurare le pile, in parte tut-
lor sussistenti, pare non tenesse conio del grande in-
nalzamento che subir dovette l' alveo del fiume nel
— 62 —
decorso di un XVI secoli ( cf. Tonini, Rimini avanti
V era volg. p. 179)
30. Lo stesso diritto che nel prec. n. 11.
)( PORTVM TRAIAN1 , S C, porto di forma esa-
gona circondalo da molti grandiosi edifici. Ae. I.
L' Eckhel vi ravvisava il p)rto di Centumcellae ,
l'odierna Civili vecchia ; ed ai riscontri da lui ad-
dotti aggiunger polrebbesi il Tpcti'avòì Xj/jiV di quel
litlorale ricordato da Tolomeo (geogr. HI , 1,4).
Ma il eh. Nibby dà per certo, che nella medaglia
sia anzi rappresentato il porto interno aggiunto da
Traiano al porlo d' Ostia di Claudio, che tuttora sus-
siste nella forma sua antica esagona, benché più non
sia che uno stagno interrito d' acqua dolce , per es-
sere slata interrotta la sua comunicazione primitiva
col mare. Quel grande bacino ha una circonferenza
di un miglio e mezzo all' incirca; ed all'intorno serba
gli avanzi de'grandiosi edifici fallivi costruire da Tra-
iano. Nel 1796 ivi presso si scopersero i frammenli
di una statua colossale di Traiano , che dovea avere
l'allezza di 24 in 25 palmi Romani (Nibby, analisi
dei dintorni di Roma l. II p. 616-617: cf. alti della
Pont. Accad. Rom. d'arch. t. Vili p. 252).
Da prima io sospettai , che la scritta PORTVM
TRAI ANI sia in quarto caso ed analoga all'altre VR-
BEM RESTITVTAM, FELICITATECI P R {cf. Bull,
arch. 1850>198),GALLIENVM AVO P R(Eckhel
t. VII p. 408) ; ma poscia mi nacque il dubbio, che
PORTVM sia caso relto di genere neutro, anche perchè
in un' iscrizione dell' anno 68 è scritto DE PORTO
VINARio ( Marini, iscr. Alò. p. 91), che pare sup-
ponga il nominativo PORTVM usato invece di POR-
TVS , siccome e converso incontrasi non di rado
COLLEG1VS per COLLEGIVM, e simili.
3 1 . Lo slesso diritto che nel prec. n. 1 1 .
X S P Q R OPT1MO PRINCIPI, S C, tempio ot-
tastilo con entro un simulacro collocalo sopra alta ba-
se, fiancheggiato da due edifici distili nel prospetto ed
esastili ne' lati. Ae. I.
1 chh. Bunsen {annali arch. t. IX p. 37), Lenor-
mant (trésor de num. Emper. p. 51 ), Canina {Foro
Rom. p. 1 88 ) si accordano nel ravvisarvi il tempio
di Traiano con gli annessi edifici delle due bibliote-
che da esso lui dedicale , l' una greca e l' altra lati-
na. Non saprei peraltro conceder loro, che quel lem-
pio fosse dedicato dal senato e dal popolo Romano a
Traiano luttor vivente (cf. Fabrclti col. Tr. p. 300).
Entro il tempio panni di ravvisare il simulacro di
un nume stante con asta nella d. e con lo scudo nella
s. onde parrebbe tempio di Marte Ultore. In monete
di Settimio e di Alessandro Severo il tempio di Giove
Ultore è similmente fiancheggiato da due edifici, che
gli fanno ala: e cotale particolarità par [derivata dallo
stile dell'architettura d'Oriente e dal gusto di Apol-
lodoro Damasceno. Il Mùller (Handbuch § 191) av-
vertì, che l'arco di Traiano a Benevento è di un'ar-
cliitetlura presso che Palmirena. Del resto , a detto
del eh. Canina {Foro Rom. p. 188), nell'ultima esca-
vazione del Foro Traiano si scoperse la grande sca-
lea , che metteva al suddetto tempio , e che comin-
ciava assai da vicino alla colonna coclide.
Anno 1 12.
32. 1MP TRAIANO AVG GER DAC PMTRP
COS P P, busto paludato laurealo.
)( BASILICA VLH\,prospettodellaBasilicaUlpia.
Aur.
Al disopra della trabeazione, sostenuta da otto co-
lonne , sono collocate una quadriga di mezzo a due
statue , due bighe , e quattro insegne militari , due
per ogni lato ; ed il fastigio è ornato di una serie di
fiori architettonici. Verso la sommità dell' ingresso
vedesi un globetto o (ondino , che indicar potrebbe
un clipeo Dacico posiibus adversis fixum{cf. Aen. Ili,
287). Le due statue poste ai lati della quadriga sem-
brano feminili ed astale; l'una delle quali sarà Pal-
lade e l' altra Roma stendente la d. verso Traiano
trionfante in quadriga in atto d'incoronarlo. Le quat-
tro insegne saranno quelle delle legioni che più si
segnalarono per valore nella guerra Dacica ; poiché
in un frammento di cornice della decorazione del
lato principale della Basilica Ulpia leggesi : leg. XX.
VÀLERrà VICTrix , LEG • XV • APOLftnam [An-
nali arch. XXIII p. 135). I nomi e le insegne d'al-
tre legioni, che combatterono nelle guerre Daciche,
ornato avranno il prospello degli altri lati della Ba-
silica Ulpia.
— 03 —
L' Erkhel ritarda fino all' arino 1 i \ la dedicazio-
ne della Basilica Ulpia ; ma dalla seguente iscrizione
ripcluta sopra due basi , venute a luce dalle recenti
escavazioni ( annali ardi. t. IX p. 37, il ), ora con-
sta ch'essa fu dedicata nel decorso della tribunieia
podestà XVI di Traiano , la quale incominciò addi
28 di gennaio dell' anno 1 12: S • P • Q. R • I.MP ■
C A ESA HI • DIVI • NERVAE • F • NERVAE • TRA-
IANO • AVGVSTO GERMANICO ■ DACICO • PON-
TIF • MAX • TRIBVNIC ■ POTEST • XVÌ ■ IMP •
VI' COS • VTP • P • OPTIME • DE • REPVBLICA-
MERITO ■ DOMI FOR1SQVE. Forse egli assunse il
consolato suo VI nel 112 , anzi che in altro anno ,
per dedicare vie più solenuemente la sua Basilica , e
probabilmente anche il suo Foro. Del resto , quella
Basilica si sarà denominala Ulpia, anzi che Traiano,
per fare riscontro alle più celebri antiche Basiliche
delle Porcia , Emilia , con vocaboli dedotti dal nome
gentilizio anzi che dal cognome de'loro aulori.
33. Lo stesso diritto che nel prec. », 32
)( FORVM TR AI AN, prospetto dell' ingresso prin-
cipale del Foro Traiano. Aur.
L'Eckhel pone FORVM TRAIANI; ma nella mo-
neta originale leggesi TRAIAN (mus. Caes. n. 323;
Arneth , synops, n. 200 : trésor de uum. Emper. pi.
XXVII, 13), che va supplito TRAIANwm, anzi che
TRAlANi, analogamente a VIA TRAIANA, AQVA
TRAIANA, e via dicendo. Il fastigio del Foro è or-
nato di un carro trionfale a sei cavalli, in sul quale
è Traiano, che viene incoronato da Roma stante alla
sua s., cui fa riscontro Pallade stante alla sua d.; e
dai Iati ergonsi due trofei , conforme al detto di A.
Gellio (noci. alt. XIII, 23): in fas'igiis Fori Troiani
simidacra sunt sita circumundique inaurala, equorum,
atque signorum militarium , subscriplumque est EX
MANVBIIS. Il eh. Bunsen (annali arch. t. IX p. il)
non rettamente riferiva queste parole alla Basilica
Ulpia. Il prospetto del Foro Traiano è ornato di cin-
que clipei , che saranno anch' essi Dacici e dedicati
EX MANVBIIS. Del resto , notevole mi pare anche
la particolarità del trovarsi impressi soltanto in oro i
tipi della Basilica e del Foro , quasi che a que' due
esimii edifici solo si convenisse il più prezioso metallo.
35-. Lo sfesso diritto che nel prec. n. 11, ma con
COS VI invece di COS V.
X DACIA AVGVST PROVINCIA , S C. donna
sedente sopra un monte petroso con alcune spighe nella
d. ed un'insegna militare nella s. e due putii stanti
presso lei , uno de quali tiene un fuscello di spighe e
l'altro un bel grappolo d'uva. Ae. I, II.
L'Eckhel dice, che la Dacia è coverta del pileo
patrio; ma in alcuni esemplari mostra avere un te-
nue panno avvolto attorno al capo come le donne di
Dacia effigiate nella colonna Traiana (n. 165, 17S).
L'insegna militare, ch'ella tiene nella s. può riferirsi
sì alle colonie militari dedotte da Traiano in quella
sua Provincia , e sì alle Alae Ulpiae Dacorum ( Fa-
bretti, col. Tr. p. 12, 243). Alle colonie dedotte
nella Dacia può riferirsi anche la rara moneta di
Traiano di primo bronzo col tipo del colono che
regge due bovi aggiogati all' aratro ( Mionnet , lìar.
t. I p. 182). Gli abbondanti e buoni vini della Da-
cia avranno dato occasione all' istituzione de'Collegii
KANABENSIVM ricordati nelle lapidi di quelle con-
trade (Bull. arch. 1851 p. 154).
35. Lo slesso diritto che nel prec. n. 34.
)( SPQR OPTIMO PRINCIPI, S C, figura virile
ignuda con manlelletto pendente dall' omero in sul
braccio s. che nellad. tiene una falce potatoria, ed un
ramo d' arbore nella s. Ae. II.
In questa non comune medaglia (»iws. Caes. num.
307 : mus. Farn. t. X tav. Vili, 3) vorrei ravvisare
l' effigie SANCTI SILVANI SALVTARIS , nel cui
tempio in sull'Aventino furono dedicate, l'anno 115,
IMAGLNES ARGENTEAE PARASTATICAE IM-
PERATORE CAESARIS NERVAE TRAIANI OP-
TIMI AVG GERM • DACICI ( Orelli n. 1596 , ubi
male OPTIMI Principisi cf. Fabretti col. Tr.p. 293).
In uno de' bassirilievi , che ornavano P arco di Tra-
iano ( Bellori , arcus triumph. lab. 33 ) vedesi quel-
1' Augusto intento a sacrificare ad Ercole Silvano (cf.
Buonarroti , med. p. 14-16 ; Visconti mus. Pio-Cl.
t. JFtav. 43).
Anno 113.
36. Lo stesso diritto che nel prec. n. 34.
— 64 —
)(SPQR OPTIMO PRINCIP , colonna coclide
sormontala dalla statua di Traiano. Arg.
Neil' insigne iscrizione posta alla base di questa
celebre colonna , dedicata a Traiano correndo la di
lui TR1B • POT • XVII , la lacuna finale dee unica-
mente supplirsi TANTIS operiBVS , come ha com-
provato il eh. De Rossi (le prime raccolte d'ani, iscr.
p. 65).
Anno 1 1 4.
37. IMP TRAIANO OPTIMO GER DAC P M TR
P, testa laureala.
)( V1RTVTI ET FELICITATI , le due dee stanti
ciascuna co' suoi attributi. Aur.
Traiano fino dal bel principio del suo impero ven-
ne acclamalo principe fortissimo e felice (Plin. paneg.
2 ); ed in quest' anno gli fu dedicalo l' arco trionfale
di Benevento come FORTISSIMO PRINCIPI. Di lui
scriveva , intorno a questi anni , il poeta P. Annio
Floro ( ap. Jahn praef. ad Fiori epilom. p. XLI):
fulgor FELICISSIMI IMPERII, qui in se rapii alque
convertii omnium oculos kominum ac dcorum. Per si-
mile modo Cicerone ( de Finib. IV , 9 ) scrive : an
senatus,quum triumphum Africano decernerei , QVOD
EIVS Y1RTYTE AVT FELICITATE posset dicere?
e Capitolino [in Marco e. 17) parlando di M. Au-
relio , bellum lum VIRTVTE lum edam FELICI*
TA TE transegit.
38. IMP CAES NER TRAIANO OPTIMO AVG
GER DAC PM TR P COS VI P P, lesta laureata.
)( SENATVS POPVLVSQVE ROMAN VS , S C,
colonna sormontata da una civetta. Ae. I.
La civetta di Pallade posta per simbolo della sa-
pienza del principe (Eckhel VI p. 431) può riferirsi
anche alle due biblioteche , 1' una greca e l'altra la-
lina, dedicale da Traiano nel suo Foro (Dio, LXVIII,
1G: A. Gellius, noct. Alt. XI, 17: XIII, 23: Sidon.
Apoll. IX, 9), ed al favore singolare da esso lui
prestato ai cultori della ^sapienza ( Plin. paneg. 47 ):
quam dignationem sapientiae doctoribus habes ! e for-
s' anche alle istorie delle guerre Daciche scritte da
Traiano medesimo ( cf. Vossius , hist. Latin, cap.
XXX p. 162).
39. Lo slesso diritto che nel prec. ». 37.
)( IMPERATOR VII, Traiano paludato sedente in
sedia curule sopra il tribunale con a lato due altri
personaggi paludati : e dinanzi a lui sette figure mi-
litari stanti con le loro insegne , e alcune di esse colle
mani slese in atto di acclamare. Aur.
40. Lo slesso diritto che nel prec. n. 38.
)( IMPERATOR Vili , ovvero Villi, lo slesso tipo
che nel prec. n. 39.
L' Eckhel riporta queste monete all' anno 1 1 5 ;
ma per le cose discorse di sopra possono riportar-
si anche all' anno 114, nel quale Traiano conqui-
stò l'Armenia ed invase la Mesopotamia e l' Adia-
bene ; per le quali felici imprese egli si ebbe dall'e-
sercito le tre consecutive acclamazioni, d'IMPERA-
TOR VII, Vili, VII». Il personaggio che vedesi stante
dal lato s. di Traiano in sul tribunale mostra tenere
nella d. alzata una laurea od altra corona; lo che
forse indica come Traiano si ebbe quelle salutazioni
imperatorie nel mentre che stavasi intento alla di-
stribuzione de' doni militari ( cf. Fabretti col. Tr. p.
297 ). Per simile modo Tito , dopo l' espugnazione
di Gerusalemme , distribuì i doni militari stando in
sul tribunale con a fianco i suoi legali (Flavius, beli,
lad. VII, 1, 2, 3: cf. Fabretti, col. Tr. p. 9: «réso
de num. Emper. pi. LH, 8 ).
Anno 116.
41. IMP CAES NER TRAIANO OPTIMO AVG
GER DAC PARTHICO PM TR P COS V P P, bu-
sto paludato e laureato.
)( ARMENIA ET MESOPOTAMIA IN POTE-
STATEM PR REDACTAE, SC, Traiano paludato
stante con asta nella d. e con parazonio nella s. a suoi
piedi due fiumi adagiati riguardantisi, ed una donna
con tiara Armena in capo sedente a terra. Ae. I.
Continua Cavedoki.
Giulio Mineiivlm — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataheo.
BALLETTINO ABCIIEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 83. ( 9. dell' anno IV.)
Novembre 1855.
Casa di M. Lucrezio in Pompei. Contiti, del n. 81. — Osservazioni sopra alcune monete
di Romani Imperatori. Contin. del n. 82. — Bibliografia.
Casa dì M. Lucrezio in Pompei. Contin. del n. 81.
Le pareti del giardinetto sono convenientemente
dipinte , offrendoci verdeggianti piante disposte quasi
intorno ad un pluteo, e fralle quali poggiano scher-
zevoli varii augelletti. Per nulla tacere di quanto ha
relazione al grazioso giardinetto , di che ci occupia-
mo , noteremo che sul pilastro a destra in comunica-
zione col corridojo ov' è il dipinto della lettera, ve-
desi graffita rozzamente la figura del labirinto, con
le parole già sopra da noi riferite pag. 55. Ed av-
vertiamo pure che sotto si leggono altri graffili , che
meritano di essere studiati , ma fra essi sono assai
chiari i seguenti : LATA , LATTARIO CINAEDE e
LATTAGUS CINAEDUS (Vedi Garrucci ci. praet.
Misen. p. 80 n. 241 vedi ciò che ho detto in questo
bullettino an. Ili p. 15).
Da ultimo giova l'avvertire che questo giardino era
collocato in tal sito , che poteva gustarsi da tutte le
parli della casa. La sua principal veduta è dal tabli-
no, e quindi dall'atrio: ma godevasi benanche e dal
corridoio a sinistra, e dal (riclinio inferiore, nonché
dall' esedra che lo costeggia a destra, e di cui venia-
mo a discorrere.
Esedra. Il pavimento è di bianco musaico , e nel
centro offre una cornicela rettangolare con nero
meandro destinato a circondare forse un quadretto
pur di musaico, che non si è rinvenuto. Questa cir-
costanza di un particolare ornamento nel mezzo della
sala tende sempre più ad escludere la opinione che
fosse questa destinata a servir di triclinio abilualmen-
te. Le pareti offrono dipinte in fondo bianco graziose
architetture grottesche, con ornati di Grifi, di cigni,
axno ir.
di aquile sul globo , ed altrettali. Varie figure sono
isolate nel campo; vedi un'Amore alato volante e te-
nendo una spada nel suo fodero ; una Ninfa seminu-
da coronata di foglie con la doppia tibia*; altro alalo
Amorino con patera ed altro simbolo ora perduto per
essere caduto l' intonico; finalmente altre Ninfe con
abiti svolazzanti e con simboli incerti. Due graziosis-
sime composizioni sono state staccate e trasportate
nel Real Museo Borbonico. Sei Amorini intenti alla
vendemmia costituiscono la prima rappresentazione:
grazioso è in esso il gruppo di un Amore, che salito
su di una scala raccoglie i grappoli, e di un'altro che
attende all'operazione. (È pubblicato dal Zahu nella
sua terza collezione tavola XXXV). Con questo me-
rita di esser paragonato altro monumento di lavoro
romano edito dallo Schweighaeuser ( anliquilés de
Rheinzabern pi. 4).
Più interessante è la seconda scena composta pure
di sei Amorini, uno de'quali è bendalo e legato al suo-
lo mercè una corda, mentre gli altri cinque lo circon-
dano muniti di bastoncelli. Non v'ha dubbio che vol-
le presentarcisi uno di quei giuochi infantili che tan-
to allenano la più tenera età. É evidente che ci si of-
fre allo sguardo quello scherzo , che gì' Italiani ap-
pellano mosca-cieca, e che i Greci chiamavano |xt <l\ Set
e x*^x^ V-V~i% ( mosca di bronzo ) : ed è notevole che
Polluce nel farne parola ricorda i lievi bastoncelli ,
de'quali si armavano i fanciulli persecutori, e che
trovano nel dipinto pompejano il più grazioso con-
fronto: 'H (Ti %aXxTi punte, fonila, tw à^^<xXfXcd ir-pi-
ff^iyrocvros hòs irxàòs ó ixìy •7r;ptffrp{$ira.i xr,pvrruiY.
X,nXxrlv [J.ina.v Srlp<x<T<tf, oì aiTroxpiva^voi. &?;pa/<j-sJS
«XX'ow \r^u GXVTMTl fivfi'kivQiS wròv ■wx.iovciy s'u-S
9
— 66
T/vòs «Irà» XapT.Tcu (Polluce IX, 1 23 ; cf. Eustazio
ad lliad. XXI, 394, Stobeo senti. LXXV1II, 6. Ve-
di Hermann Lehrbuch der griech. Anliquit. parte III.
§. 33 not. 34 pag. 167, e Becker Charikles toni. 2
pag. 15 ed. Hermann. Non ci è riuscito di ritrovare
il nome latino di questo giuoco infantile ),
Alcune anfore con iscrizioni greche o latine, di-
versi vasi di vetro, ed un piattello di terracotta con
ulive carbonizzate, rinvenuti in questo compreso, di-
mostrano che anche talvolta ne usavano per trattener-
visi a mensa ; se pure dir non si voglia che alcuni di
quegli oggetti provenissero da' siti superiori.
Bimanente parte della casa.
Aveva questa una particolare entrata, e costituiva
quasi una distinla abitazione. É perciò che ne teniamo
proposito a cominciar dall'entrata, dandone una ra-
pida descrizione.
Androne. La porla esterna è adorna di due pila-
strini rivestiti di stucco rosso. L'androne poi ha zoc-
colo nero e varie riquadrature dipinte su fondo bian-
co. Questo ingresso che metteva ad un vicoletto di-
verso dalla strada, ove si apriva la principale entra-
ta della casa, può considerarsi come un posticum (sul
poslicum vedi ora la ultima edizione del Becker Cha-
rikles t. II p. 157, s. ).
Cella dell' ostiario. Vedesi questa a destra dell' en-
trata, ed è ornala di bianco intonaco con semplici ri-
quadri Tarmati da rosse e verdi linee. Una Gnestra
scorge sul vicoletto.
Stanza a sinistra delV androne. È questa alquanto
più accuratamente dipinta. In una zona gialla, di-
stinta da candelabri in vari compartimenti, appajono
in sei dischi sei differenti teste appena visibili , due
Amorini volanti, ed un quadrello interamente perdu-
to. Nella zona superiore bianca sono effigiati al vivo
alcuni animali, fra' quali due cervi e due paniere.
Atrio. L'atrio è tuscanico , con piccolo impluvio
nel mezzo: è decorato di grottesche nelle pareti di-
pinte in compartimenti rossi e neri. Alla sinistra era
una importante rappresentazione , della quale nulla
di certo può determinarsi, essendo unicamente visi-
bili le gambe de' cinque personaggi, che lacompone-
\ano; perchè caduta la parte superiore del muro. Nel
muro dirimpetto sono due grandi incavi , destinati
forse a contenere due armadii.
Tablino. Di fronte al piccolo atrio sopra descritto
vedesi il tablino graziosamente dipinto in tre compar-
timenti adorni di grottesche ; fralle quali si distinguo-
no tre volanti Amorini, uno con fruita , 1' altro con
vase e tirso , l' ultimo con la lira. In questo tablino
diconsi rinvenuti i frammenti di un carro di bronzo
con molti ornamenti, collocati ora nel real Museo Bor-
bonico.
(Continua) Minervim.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani
Imperatori. Contiti, del n. 82.
In un beli' esemplare di questa medaglia , che ho
solt' occhio , l'Armenia con la d. tocca i piedi di
Traiano vincitore , e punta la s. in terra volgendosi
a riguardare quello de' due fiumi che le riesce più
vicino , e sembra il Tigri , giacendo esso alla s. di
Traiano: la quale notevole parlicolarilà può prender
luce da quelle parole di Plinio (Nat. hist. VI, 27):
Tigris , ex Armenia acceplis fluminibus, et quam di-
xiinus Mcsopolamiam faciens. In altri esemplari l'Ar-
menia è in atleggiamenlo di piangente , e Traiano le
prame leggermente il femore col pie s. per mostrare
che l'ha ridotta in podestà del popolo Romano (cf.
Bull. areh. 1849 p. 111). Del resto, queste monete,
per ragione del titolo PARTHICO non poterono im-
primersi prima dell'anno 116; onde altri meravi-
gliar potrebbe come si tardasse un due anni a cele-
brare colle monete la conquista dell'Armenia e della
Mesopotamia fallasi nel 114; ma vuoisi avvertire che
quella conquista trovasi per tempo celebrata nelle
precedenti monete di Traiano salutato IMPERATOR
VII, Vili, Villi, e che le presenti pongono l'Arme-
ni i e la Mesopotamia di già ridotte in Provincie Bo-
mane (cf. Eulrop. Vili, 3), lo che richieder potè il
decorso di circa un biennio.
42. IMP CAES NERTRAIAN OPTIM AVG GER
— G7 ~
DAC PARTIIICO, busto laurealo con egida all'omero
s. e con globo sotto il petto nudo.
)( PMTRP COS VI P P S P Q R , trofeo d' armi
Paniche , appiè del (piale siedono per terra un uomo
barbato ed una donna scapigliata in atto di reggersi
colla palma della mano il capo , V uno e T altra con
faretra da lato: ncll' esergo PAIITIIIA CAPTA.
L' Eckbel con altri pone due captici appiè del tro-
feo , ma nell'aureo che ho soli' occhio la figura se-
dente a sinistra del trofeo è manifestamente femmi-
nile ; ed in altri esemplari la douua siede invece dal
lato destro del trofeo (trésorde num.Emper.pl. XXVI,
8 ). Per simile modo appiè del trofeo Gallico ne' de-
narii di Giulio Cesare , ed appiè del Giudaico nelle
monete de' Flavii , da un lato siede un uomo capti-
vo , e dall'altro una donna piangente, che rappre-
senta la nazione vinta. La faretra posta per terra pres-
so il Parlo ha annesso l'arco, arma precipua di quella
nazione. Il globo posto solt'esso il busto di Traiano
armato d'egida, quale altro Giove, può indicare co-
ni' egli trascorse vittorioso da un estremo ali' altro
1' orbe cognito a'suoi tempi, e furs' anche mostra co-
ncesso era ansioso di giungere coll'esercito fino agli
estremi confini dell'Oriente (Dio, LXY1U , 29).
43. Lo stesso diritto che nel prec. n. 40.
X SENATVS POPVLVSQVE ROMANVS, S C ,
due trofei, V uno simile all' altro , fra mezzo ai quali
talora è una figura virile paludata in alto di coro-
narne il primo e di movere a gran passi verso il se-
condo. Ae. II.
Il dotto Fabrelti (col. Tr. p. 299 ) fu d' avviso ,
che questo tipo appelli tutt' insieme al trionfo Par-
lieo ed al Dacico , conforme al sublime concetto di
Virgilio [Georg. Ili, 32): et duo rapta manu diverso
ex orbe tropaea. E tanto convalidar polrebbesi col
riscontro di due luoghi dei Cesari di Giuliano , ove
Traiano comparisce fra gli Dei ostentando i suoi due
precipui trofei, il Dacico cioè ed ilPartico. Ma que-
sti riscontri tornano vani, perchè i due trofei di que-
ste monete sono costantemente simili l'uno all'altro,
e composti entrambi d' armi Partiche , ben diverse
dalle Daciche. Il tipo presente pertanto, che sembra
ritratto da un monumento dedicato in Roma dal se-
nato e dal popolo a Traiano acclamato Partico, poi-
ché sì i due trofei come la figura slante di mezzo ad
essi posano sopra una stessa base, sembra appellare
a due insigni vittorie da esso lui conseguite quasi im-
mediatamente l'una dopo l'altra , quali furono quelle
della presa di Nisibi e di Batana nella Mesopolamia,
e l' altre di Seleucia e di Ctesifonte Dell' Assiria , che
gli meritarono ripetutamente il titolo di Partico (Dio,
LXVI1I, 23, 28: Eutrop. Vili, 3). Per simile modo
Siila nelle sue monete d' oro e d' argento , relative
alle vittorie riportate sopra re Mitridate , pose due
trofei, l'uno simile all'altro, riguardanti le due bat-
taglie eh' ei vinse 1' una dopo 1' altra al monte Turio
e ne' campi di Cheronea ( Eckhel t. V p. 190 ).
44. 1MP CAES NER TRAIANO OPTINO AVG
GERM, lesta radiata.
X DAC PARTHICO P RI TR P XX COS VI P P,
corona or di quercia , or d' alloro , entro la quale è
scritto S C. Ae. II, III.
La corona in quella parie , che riesciva sopra la
fronte, appare fornita di una gemma orbicolare, che
la mostra falla non di rami veri ma d'oro, o d'altro
metallo, siccome quella che fu decretala ad Auguslo
pel suo ritorno dall'Oriente (v. annali ardi. t. XXII
p. 185): sì che anche in questo onore, del pari che
in quello del clipeo della Virtù ( v. addietro n. 4 ) e
della corona civica (t\ mus. Caes. n. 130), Traiano
venne meritamente agguagliato ad Augusto mede-
simo.
45. Lo stesso diritto che nel prec. n. 42.
)( REGNA ADSIGNATA , Traiano paludato se-
dente in sedia curide in sul tribunale con due altri
personaggi paludati , che gli stati da lato , in atto di
porgere il diadema od altra insegna regale a tre re
che gli s' accostano. Aur.
L'ullimo de' tre re stanti dinanzi al tribunale mo-
stra avere le mani legale dietro il dorso ; e sarà uno
de' molti re vinti da Traiano nella invasione della
Mesopotamia e della Partia , ovvero uno de' re ri-
belli fatto captivo nel suo regresso dai lidi dell'Oceano
Orientale , e quindi condannato a perdere il suo re-
gno che verrà assegnato ad uno degli altri due. Del
resto panni assai notevole uno di colali aurei man-
— 68 —
cante del titolo PARTIIICO ( trtsor de num. Emper.
pi. XXVI, 1 1 ), il quale mostrerebbe che quell'asse-
gnamento dei regni d' Oriente si facesse innanzi la
state dell'anno 116. Il Mezzabarba riporta un dena-
rio simile d' argento senza il titolo PARTHICO; ma
temo che questo possa far dubitare anche della sin-
cerità del suddetto aureo.
46. Lo stesso diritto che nel prec. n. 45.
)( VOTA SVSCEPTA , P M TR P COS VI P P,
SPQR , Figura virile barbala togata con scettro nella
s. ed altra figura seminuda col manto avvolto a mezzo
la persona tcncìite un cornucopia nella $. ed una pa-
tera nella d., stanti presso un'ara accesa in atto di
sacrificare. Aur.
Questo insigne aureo non fu accuratamente de-
scritto né rettamente spiegato dall' Eckhel. Egli vi
ravvisa Traiano stante presso un'ara insieme con una
donna sacrificante; e riferisce il tipo ai Voti decennali,
che ora comparirebbero per la prima volta sopra le
monete imperiali. Ma la figura togata , sendo barba-
ta , non può altrimenti dirsi di Traiano ; e l' altra
detta del Buonevento dal eh. Arneth,e meglio di un
Genio nel catalogo dell' Ennery (p. 204 ) , è senza
meno del Genio del popolo Romano; sì che la prima
sarà del Genio del Senato, che in monete d'Antonino
Pio (mus. Caes. n. 108, 111) comparisce simil-
mente togato barbato e tenente lo scettro nella s. con
la scritta GENIO SENATVS. Le sigle SPQR per-
tanto si connettono con le voci VOTA SVSCEPTA,
e ne attestano come il Senato ed il Popolo Romano
nell'anno 117 fece voti per la salute e pel ritorno
felice di Traiano dall' Oriente , allor che a mezzo il
detto anno giunse a Roma il tristo annunzio della in-
fermila , che gli troncò il corso delle sue vittorie e
lo trasse a morte in sul principio di Agosto in Seli-
nunte , mentr' egli rogalu Pallimi Italiani repetebat
(Aur. Victor in Cacsarib. XIII: cf. Tillemont, Trojan
art. XXIV). Per simile modo nelle monete di Au-
gusto ricorre il tipo del sacrificio con l'analoga scritta
PRO VALETVDINE CAESARIS SPQR (Eckhel
t. VI p. 103-105): anzi v'ha pure un aureo di Au-
gusto dell'anno Varroniano 762 con l'epigrafe VOTA
PVBLICA apposta ad una figura sacrificante , che
può dirsi anch'essa del Genio del Senato , impresso
verisimilmente allor che celebraronsi ludi prò salute
Augusti volivi (Plin. VII, 49 , 5: cf. Borghesi De-
cad. XVI oss. 6: Eckhel t. Vip. 113).
47. IMP CAES NER TRAIAN OPTIM AVG GERM
DAC , busto laureato.
)( PARTIIICO P M TR P COS VI P P, SPQR, donna
sedente in trono con patera nella d. in allo di pascere
un serpente : al disotto , SALVS AVG. Arg.
Questo denario torna in bella conferma della in-
terpretazione da me proposta del precedente aureo
co' voti per la salute dell'Augusto Traiano, conforme
alle parole di Plinio (paneg. 23: l. X epist. 60): ut
in unius salute collata omnium vola! — unum omnium
votum est salus Principis.
Traiano Divo.
48. DIVO TRAIANO PARTH AVG PATRI , te-
sta laureata.
)( Fenice stante. Aur.
La Fenice , delta aelema avis ( Claudian. carni.
XLV , 63), ed abitatrice fortunata dell'Arabia , ov-
vero delle selve ricinte dall' Oceano orientale , ben a
ragione per la prima volta comparisce qual simbolo
dell' apoteosi nelle monete del Divo Traiano, che pel
primo ebbe acquisita 1' Arabia , e che vittorioso s'i-
noltrò fino al lido di quel mare. Ancora la Fenice,
che dicevasi rinascere dalle proprie sue ceneri, e ren-
dere iusla funera priori ( Plin. X, 2 ) , veniva a ri-
cordare la pietà figliale di Adriano , che succedette
per adozione a Traiano, e ne inviò le ceneri a Roma
(Spari, in Hadr. 5 ). In un aureo di Adriano mede-
simo vedesi il SAEcuZum AVReum stante entro un
cerchio , simbolo dell'eternità , e tenente nella s. un
globo sormontato dalla Fenice, fors' anche con allu-
sione alla particolarità del suo auri fulgor circa colla
(Plin. A', 2: cf. Eckhel t. Vip. 508). Del resto, la
fabulosa Fenice degli antichi altro non era che il Fa-
giano di color d' oro della China ( Cuvier ad Plin.
I. e. ).
49. DIVO NERVAE TRAIANO AVG, busto.
)( S P Q R DIVO TRAIANO PARTHICO, donna
stolata alata con face nella d. e con ramo di palma
nella s. in biga tratta da un cinghiale e da un leone,
— 69 -
preceduta da Ercole tenente colla d. la clava appog-
giala all' omero. Ae. in. in.
Il cinghiale ed il leone aggiogati ponno anche ri-
ferirsi ad Ercole considerato qual nume solare ed au-
tore delle stagioni dell'anno , perchè ne' monumenti
antichi il leone è di sovente simbolo dell' estate , e
dell' inverno il cinghiale ( Annali arch. t. XIV , p.
221-222: cf. R. Rochctte, Hercule Assyr. p. 15,95).
hi un medaglione di M. Aurelio vedesi Ercole tro-
peoforo in quadriga di Centauri portanti i simboli
delle quattro stagioni con la scritta TEMPORVM FE-
LICITAS ( Mionnet, liar. t. I p. 224).
Inoltre, l'ardua spedizione di Traiano contra i
Parli poteva anche compararsi con la difficile impresa
di aggiogare al carro un leone ed un cinghiale , im-
posta da Pelia ai proci della sua figliuola Alcesti , e
da Admeto adempita per favore di Apollo , la quale
vedevasi figurata nel trono Amicleo (Apollod. /, 9,
15: Paus. ///, 18). Analoga a questa pariglia si è
quella di una pantera e di un capro aggiogali al carro
di Bacco trionfante dell'India in monete di Eumenia,
di Laodicea e di Traili (v. Millingen, Sylloge p. 80).
Monete di conio peregrino.
Fra le monete di Traiano impresse fuori di Roma
ve n'ha tre di argento con l'epigrafe AHMAPX E3-
TITAT-notevoli pel tipo di un busto ora virile bar-
balo , ora feminile o giovenile , ed ora puerile ( Pel-
lerin Mèi. I pi. Vili, 1, 2, 3: trésor de num. Emper.
pi. XXVI, 13 ) insignito di tiara o calato , che ha
molta somiglianza con la caX/* Laconica ( Hesych.
s. v. ) , propria de' ieroduli (cf. annali arch. t. V p.
131-153: Millingen, sylloge p. 30-33) segnatamente
nell'Asia ; e tenente nella d. uno scettro corto. Quei
tre busti sembrano rappresentare i Genii di tre classi
distinte di sacerdoti, o le tre età delle persone di una
provincia o di una città, che facciano voli per la sa-
lute di Traiano ; forse di Cesarea della Cappadocia
(cf. Strabo XV p. 733), o di Pafo di Cipro; poiché
lo scettro di que' ieroduli ha molta somiglianza con
quello di Venere (cf. pili. d'Ercol. t. 1, tav. 29).
Le monete d'argento di Traiano con la stessa epi-
grafe greca AHMAPX ES-TITAT, e co' tipi della
testa di Giove Aminone e del tempio di Diana Per-
gea , forse spellano a Mitilene di Lesbo, che in altre
monete sue certe pose que' tipi , e che si cognominò
Ulpia , probabilmente per qualche insigne beneficio
di quell' Augusto ; tanto più, che in monete di Mi-
tilene stessa le leste di Plotina e di Matidia ricorrono
connesse col tipo di Diana di Perga ( cf. Cavcdoni
spiai, num. p. 161 ). Quelle peraltro con la testa di
Giove Ammone forse spettano alla Cirenaica, almeno
in parte ; poiché il Pellerin ed altri n' ebbero parec-
chie provenienli da quelle parli {lìccue num. 1 So 1
p. 97-102).
Memorabile si è anche una moneta di Selinunte
della Cilicia , ove venne a morie Traiano , impressa
sotto Settimio Severo , che amava appellarsi Divi
Troiani Partitici abncpos (Eckhel t. VII p. 173), nel
riverso della quale vedesi un (empio tetrastilo con la
scritta 0€OT TPA nel frontone, e con all' intorno
I' epigrafe TPAIANO ■ CCAINO • THC • ICPAC ( Se-
stini, descr. num. vet. tab. IX, 11 ). Entro il tem-
pio , a parere del Sesliui , è Giove sedente con fulmi-
ne nella d. e con asta nella s. , ma la scritta 9€<JT
TPA<o»w , posta nel frontone ne accerta , che quel
simulacro sotto le sembianze di Giove rappresenta il
Divo Traiano, che lultor vivente si usurpò il fulmine
del sommo Giove (mus. Cacs. n. 189, 190 al. ). Del
resto, Selinunte è T^ai'ouoVsXis anche in un' iscrizione
di quelle contrade ( Corp. 1 Gr. n. 4423 ).
Monete di fabbrica semibarbara e fuse.
Nel museo Estense conservasi un sesterzio , o sia
una moneta di primo bronzo di Traiano col tipo del-
l'Abbondanza sedente in atto di sacrificare (cf. mus.
Caes. n. 53 ) di stile semibarbaro , e con lo sbaglio
dell'omissione della lederà Min fine dell'epigrafe del
diritto, leggendovisi GERM P, invece diGERM PM.
Esso pesa soli grammi 20 , laddove i bei sesterzi si-
mili di conio Romano si accostano al peso di gram-
mi 28, o sia all' oncia antica Romana. Questa ed al-
tre simili monete , che per lo più sembrano fuse ,
probabilmente sono lavoro di officine delle Gallie, ove
— 70 —
sogliono rinvenirsi in maggior copia e di peso va-
riante di molto (v. Revuc rum. 1854 pag.ìOI, 108,
121 ).
Monete false.
Alla lunga serie delle monete false di Traiano da-
tane dall' Eckhel vuoisi aggiungere quella di pri-
mo bronzo col tipo dell'arco trionfale di Traiano
malamente accompagnato dall'epigrafe TR " POT ■
COS • IH • P • P . riprodotta fra le rare dal Mion-
net (t. I p. 182) non ostante che fosse di già stata
ripudiata dal Fabretti ( col. Tr. p. 299 ). Credo de-
cisamente falso anche un aureo con la scritta P M TR
P XX COS VI P P e con un una corona di quercia
racchiudente le sigle S C nel riverso , riprodotto dal
eh. Lenormant (trésor de num. Emper.pl. XXV, 44);
poiché eccede di troppo il consueto modulo degli au-
rei imperiali, ed inoltre appare manifestamente fuso
o contraffatto sopra le monete simili di Traiano di
quarto bronzo (cf. mus. Farri, t. X tav. IX, 6: cat.
Wellenheim n. 10503). Ancora ho grande sospetto,
che sia contraffatto o fuso sopra le forme di una mo-
neta di piccolo bronzo anche 1' altro aureo edito dal
medesimo Lenormant (pi. XXVII , 15) con l'epi-
grafe METALLI VLP1ANI; tanto più che il Mionnet
non ne fa parola.
Da ultimo mette bene avvertire , che il dotto Fa-
bretti nelle Addenda al suo libro classico de Columna
Traiana (p. anlepenult.) prese uno strano abbaglio
nel ravvisar che fece in un denario di Traiano la
Dacia tenente nella d. una testa di cavallo, invece di
riconoscervi l'ovvio tipo della Speranza tenente nella
d. un fiore a tre foglie , o germoglio che dir si vo-
glia.
Donne Auguste della casa di Traiano.
PLOTINA moglie di Traiano. Il suo nome in me-
daglie greche è scritto con dittongo nella sillaba di
mezzo, IIA«TEINA(Pellerm, mei. II, pi. XXVII,
4), e analogamente il nome della città I1AS2TEI-
NOIIOAITfìN, oppure coli' accento circonflesso so-
pra la delta sillaba nXwrncc ( Dio , LXV1II , 5 : cf.
Pape v. IlXwTÒos). Erra pertanto chi, per mal vezzo
invalso , pronuuci Plàtina invece di Plotina , che in
origine è lo stesso nome che Plautina. Agli onori
resi da Adriano alla defunta Plotina aggiungasi la
lode ch'ei le diede (forse nell'orazione funebre) di
non avergli lei mai chiesto cosa che non le dovesse
concedere volentieri (Dionis excerpt. ed. Mail p. 221 :
cf. Borghesi, giorn. Arcad. t. XLIl p. 181). Laqual
lode consuona con le parole di Plinio (paneg. 83):
quam illa nihil sibi ex fortuna tua , misi gaudium ,
vindical !
MARCIANA sorella di Traiano. L'Eckhel avverte,
che ignoto si rimane il nome del marito di Marcia-
na; ma il dotto Marini (Aro. p. 158 tav. XXII) con-
getturò eh' ella si maritasse a C. Matidio Patruino,
che nell' anno 78 era maestro degli Arvali; e la sua
congettura fu collaudata e tenuta per certa dal eh.
Borghesi (Giorn. Arcad. t. XLII p. 187). Alle iscri-
zioni riguardanti Marciana ricordate dall' Eckhel
vuoisene aggiungere una de' Liltii di Creta , che la
onorano già defunta qual Diva , ©EAN ( Corp. I.
Gr. n. 2376), ed altra di Apamea della Frigia, che
l' onora vivente e di già insignita del titolo di Au-
gusta (n. 3958).
MAT1DIA figliuola di Marciana. L' Eckhel con-
fessa d' ignorare l' anno nel quale Matidia nipote di
Traiano venne appellata Augusta. Ora da un' iscri-
zione dedicatale da' Liltii di Creta ( Corp. I. Gr. n.
2577 ) siam fatti certi, ch'ella godeva di quel titolo
nella tribunicia podestà XI di Traiano , decorsa dal
dì 28 di gennaio dell'anno 107 in appresso; e sic-
come la madre di lei Marciana, insieme con Plotina,
vien detta Augusta nella tribunicia podestà IX di
Traiano ( Eckhel /. VI p. 465), sembra assai verisi-
mile che quelle tre donne della casa di Traiano fos-
sero salutate Auguste nell'anno 705 , nel quale egli
si ebbe dal senato il bel titolo Optimi Principis.
Ignoto si rimaneva altresì il nome del marito di
Matidia stessa , e padre di Sabina moglie di Adriano
e di Matidia giuniore: ma il eh. Borghesi da un'iscri-
zione Gruteriana (p. 1112 , 3) e da altri riscontri
raccolse , che dovea chiamarsi L. VIBIVS , uomo
— 71 —
peraltro d' altronde non cognito ( Giom. Arcad. t.
XLII,p. 185-187).
MATIDIA yiuniore figliuola di Matidia seniore , e
sorella di Sabina moglie di Adriano. Per 1' adozione
che fece Adriano di Antonino Pio in suo figlinolo ,
Matidia giuniore divenne ed appellossi matertera di
Antonino medesimo; e MATERTERA IMP. ANTO-
NINI AVG PI1 di fatti ella vien detta in tre iscrizioni
allegale dall' Eckhel (p. 470 ) ed in altra di Suessa
(Bull. arch. 1845, p. 57). Ella morì sotto l'impero
di M. Aurelio e di L. Vero , o sia in uno degli anni
decorsi dal 101 al 169, e venne onorata di pubblici
funerali (Fronto ad 31. Antonia. Imp. I. II ep. 12:
ad amicos I, 17). Ricchissima com'era ella lasciò in
legato Varianis alumnis mascidis feminisque seslerlidm
deciens singulis (Fronto ad amie. I, 17). 11 eh. Mai
propose dubbioso alcune congetture intorno a questi
d'altronde ignoti Variani alumni; ed io pure pro-
porrò la mia. L. Vibio marito di Matidia maggiore ,
e padre di Matidia minore, probabilmente cognomi-
nossi Varo. Nel 161 T. Godio Vibio Varo fu con-
sole ordinario. Un C. Vibio Varo , probabilmente
d' età anteriore , dedicò in Parenzo un tempio alla
dea HISTRIA , o sia al Genio della regione dello
stesso nome ( v. Orelli n. 1807 , 1808). Il collegio
de'cenlonarii del municipio Vicelino dedicarono un
monumento a Matidia DIVAE MARCIANAE NEPTI
Sabinae Aug. SORORI;e poscia nell'anno 242 i Vi-
cetini posero altro monumento a Gordiano Pio ( che
forse passò di là nella sua spedizione Partica ) EX
L1BERAL1TATE MATIDIARVM ( Schio, ant. iscr.
di Vicenza p. 42, 44). La ragione della liberalità
delle due Matidie, madre e figlia, verso il municipio
de' Vicelini , cotanto lontano da Roma , chiara si
parrebbe nel supposto che L. Vibio marito di Mati-
dia seniore e padre di Matidia giuniore , fosse della
famiglia de' Vibii Vari oriunda da Parenzo dell'Istria
non molto discosta da Vicenza. E nel supposto me-
desimo chiara si vedrebbe altresì l'origine della de-
nominazione degli alunni Variani; che questi cioè
fossero fanciulli alimentarli di Vicenza istituiti da L.
Vibio Varo, e poscia aumentati EX LIBERALITATE
MATIDIARVM , dulia moglie cioè e dalla figliuola
di esso lui. Egli avrebbe prestato a Vicenza , forse
sua patria , il beneficio stesso che Plinio giuniore
prestò alla cara sua patria Como.
(Continua) Cavedont.
Drusilla divinizzata da Caio Caligola col nome di
PANTBEA.
Il furibondo Caio Caligola , dopo aver maritata a
L. Cassio Longino la sorella sua Drusilla , eam ab-
duxil , et in modum iustae uxoris propalam habutt
(Sueton. in Caio e. 24); e lei morta , nell'anno 38
dell'era nostra, iustitium indixit, e la divinizzò sotto
il nome di Panthea, ir'/.^vin Òjvoixx^ito (Dio, LIX,
11). L' Eckhel rigettò come spurie le medaglie con
l' effigie di Drusilla e con la scritta DIVA DRVSILLA
SOROR C • CAESARIS AVG; ma in difetto di que-
ste ora abbiamo una lapida di Cere dedicala DIVAE
DRVSILLAE SORORI AVGVSTI GER-
MANICI ( Grifi, Iscr. di Tivoli e di Cerveteri p. 23),
ed altra già cognita di Tivoli ( Orelli n. 674) intito-
lala DIVAE DRVSILLAE SACRVM. La moneta di
Mileto data dal Vaillant con la scritta 0EA APOT-
SIAAA, e l'altra del Panel di Bizanziocon APOTS*
A «PPOAITHS, sono accertate dalMionnet,che in que-
st'ultima meglio lesse A<I>POAITAS APOTS ( Sup.
n. 241). I Bizanzii avranno denominato Drusilla no-
vella A frodile in riguardo al fatto di Caligola , che
nel tempio di Venere , posto nel foro Romano , de-
dicò un simulacro aureo di Drusilla eguale in dimen-
sione a quello della dea e partecipe degli stessi divini
onori (Dio, LIX, 11).
L'altro simulacro di Drusilla divinizzata , che fu
dedicalo nella curia, l'avrà rappresentata Panthea; e
dovette essere simile al busto pantheo che vedesi nelle
monete di Giulia Mamea madre di Alessandro Seve-
ro, così descritto dall'Eckhel ( t. VII, p. 287). Pro-
tome Mamaeae alata cum loto in capile et luna bicorni
in occipite, d. cornucopiae, s. taedam cum spicis. Con
questo busto panteo poi vuoisi confrontare il seguen-
te , che ricorre in alcuni de' copiosi denarii di M.
Pletorio Cestiano edile curule : Busto giovenile con
capelli inanellati, con galea ornata di criniera, di lau-
— 72 —
rea, di spiga, di capo di papavero, di fior di loto, con
ali , faretra ed arco agli omeri, e con cornucopia al
petto. In allri denarii di M. Pletorio Cestianoè il bu-
sto di Cibele ; sì che il sovra deseritlo busto panteo
sembra rappresentare la slessa deità considerata come
gran Madre, o sia Natura madre e attrice di tutti i
viventi. L'uno e l'altro tipo ne'denarii di Pletorio ri-
guarda i ludi Megalesia sacri Magnae Deum Matri;
di che si pare la ragione, per la quale Caio Caligola
volle, che nel dì natalizio di Drusilla divinizzata sotto
la denominazione di Panthea , si celebrasse una festa
simile a quella de' ludi Megalesia , loprr\ óixoix róìs
Msya^ff'O'S ay*]-™» (Dio /. e.) Del resto, pare che
anche qualche persona privata consecrasse l' imagine
panthea delle persone defunte in attestato di singolare
affetto, siccome la Settimia Severina del Fabrelli (p.
741 n. 505) che dedicò SARCOFAGVftl ET PAN-
TEVM CVMTRICORO.
C. Cavedoni.
BIBLIOGRAFIA
Antichità inedile di vario genere trovate in Sicilia, che
si pubblicano da Baldassarre Rosi ano -Palermo-
1854 in 4. Continuazione del n. 79.
Un frammento di lucerna offre a bassorilievo un in-
certo quadrupede ( tav. 4 fig. 7 ) : un altro la figura
della Fortuna con differenti simboli (tav. 6 fig. 15);
e finalmente una lucerna ha la impronta di una testo-
lina barbata (tav. 6 fig. 18).
Alle terrecolte vuoisi aggiugnere un frammento di
oggetto indeterminato, che offre a bassorilievo la te-
sta di Bacco, o Ampelos, con foglie e grappoli che la
circondano (tav. 4 fig. 10) : ed una statuetta in parte
infranta rappresentante forse un Sileno di sconce fat-
tezze ( tav. 4 fig. 1 8) ; per tacere di una testina e di
un gallo , che non presentano alcun particolare in-
teresse.
Il sig. Romano pubblica alcuni manichi di vasi in
bronzo o in terracotta notevoli per le iscrizioni , che
vi si leggono. Primo ricorderemo un manico di bron-
zo con la iscrizione TPT2IITO (cioè XpyffiW oc) di-
notante forse il nome dell' artefice, se dir non si vo-
glia piuttosto quello del possessore (tav. 6. fig. 13,
14). E lo stesso dee pure opinarsi del nome AION,
che leggesi in una fittile diota (tav. 6 fig. 4). Due
altri manichi di vasi fittili ci offrono i nomi di due
magistrati eponimi. In uno si legge (tav. 6 fig. 11 ).
Eni@EC TO
poc Arn
Amor
Alcune lucerne offrono semplici ornati , e la im-
Tt VF
pronta RVF o -— — : in una di esse è un mono-
gramma incerto graffito (tav. 6 fig. 27-31): in altra
è rappresentata un' astronomica divinità ( tav. 6 fig.
19). Non saprei se questa impronta debba riputarsi
PVF
la stessa da me riscontrata in altre lucerne 7^7;
(bullett. arch. nap. di Avellino an. II pag. 139: cf.
Mommsen t'nscr. r. neap. lai. n. 6308, 38 p. 357).
Il nome dell' arconte Testore è già noto , come si
raccoglie dal catalogo che se ne legga nel corpusin-
scr. gr. tom. HI p. 677: il mese ùypicLrlov è ripetuto
in molte altre sicule iscrizioni. Nuovo sembra il nome
del magistrato Polyxenos EIIIITOATSENOT , che
vedesi fra quattro astri nell' altro manico di vaso (tav.
6 fig. 6
(Continua)
MiNERVINI.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtaneo.
MLLKTTL\0 ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.o 84. ( 10. dell' anno IV.)
Dicembre 1855.
Poche osservazioni sopra un vaso dipinto di S. A. R. il Conte di Siracusa. — Casa di M. Lucrezio
in Pompei. Continuazione del ». precedente.
Poche osservazioni sopra un vaso dipinto di S. A. R.
il Conte di Siracusa.
Alle più recenti scavazioni , che con tanto profit-
to per 1' archeologica scienza ha novellamente im-
preso ad eseguire S. A. R. il Conte di Siracusa (1), è
dovuto questo classico monumento dell' antica arte
ceramica, di cui presentiamo la incisione nella nostra
tav. Vili. Le figure son rosse in fondo nero; la ver-
nice si assomiglia a quella de' più bei vasi nolani.
Lo stile ed il disegno delle figure sono da riputare
pregevolissimi : e la varietà e la espressione de' mo-
vimenti nell'accanita pugna di Greci e di Amazzoni,
che ci si presenta allo sguardo, costituiscono del va-
sellino di Cuma uno de' più preziosi cimelii nel suo
genere , che ci ahbia fornito l'antichità, ed a cui dif-
ficilmente potrà rinvenirsi l'eguale nelle più ricche
collezioni. Non vi ha dubbio che la fattura dì questo
vaso appartiene alla più bella epoca dell'arte, dopo-
ché la scuola ateniese avevala ingentilita e resa ca-
pace di esprimere colle forme del bello qualunque
più complicato soggetto.
E per verità nelle tredici figure che adornano il
vasellino , di che stiam ragionando, scorgi tanta ele-
ganza e sveltezza di forme e di proporzioni , tanta
vivacità di azione, tanta assennatezza di composizione
e finitezza di lavoro, che all'insieme di tali pregi ri-
mani maraviglialo e sorpreso.
(1) Vedi il primo nnnunzio di queste scavazioni date dal eh. Fio-
relli in questo bullettino pag. 51 e seg. Nel foglio seguente ripor-
tiamo le ulteriori notizie forniteci dallo stesso Signor Fioretti, col
quale studiammo il nuovo vaso amazzonico , e le epigrafi che più
pregialo lo rendono.
AX>'0 IV.
A questa importanza artistica si aggiunge benan-
che l'interesse archeologico; giacche ciascuna delle fi-
gure tanto de'Greci guerrieri quanto delle Amazzoni
è indicala da particolari denominazioni .• ed è notabile
che la maggior parte di questi nomi non hanno mi-
tici confronti , segnatamente per quanto concerne le
Amazzoni; laddove alcuni Greci eroi accennano senza
dubbio alle origini attiche ed eoliche di queste no-
stre regioni.
Tralasciamo di ragionare delle varie parti delle
amazzoniche armature, alcune delle quali si veggono
appartenere allo scitico costume, altre al dorico (1).
Questa duplice maniera di vestirsi e di armarsi ri-
scontrasi non poche volte in altri monumenti amaz-
zonici; ne' quali vedi al tempo slesso dati alle Amaz-
zoni elmi e tiare , gambali ed anassiridi , tuniche di
pelli variamente screziate e dipinte, e lievi tuniche di
lino , ora munite ora prive di corazza. Ed in quanto
alle armi offensive , indislinlamenle spade , aste, gia-
vellotti, ed arco e saette serbate nel sospeso turcasso.
Tulle quesle varietà occorrono nel vasellino di
Cuma, ove però il costume delle Amazzoni fa deciso
contrasto con quello più semplice de' Greci eroi , i
quali miransi perfettamente nudi , senza neppure la
clamide tanto solita a vedersi ne' monumenti attri-
ti) Di quesle armature diverse veggasi il Boelliger Vasengemtild.
IH p. 173 segg , il Visconti nella dissertazione premessa al Cab.
Pourtaìh del eh. Panofka p. 10,11; il eh. Comm. Quaranta in al-
cune memorie da lui presentate alla Reale Accademia Ercolanese,
e lo Schulz ( Amazonen-Vdse von lìuvo Leipzig 1851 pag. 5 e
C), di cui deploriamo la immatura morte. Queste osservazioni dello
Schulz si riferiscono al magnifico vaso del nostro real Museo, con
battaglia amazzonica, ove le Amazzoni offrono pure simile varietà
di abbigliamento e di costume.
10
— 7 +
buila a Greci comballenli. Ed anche io questo 'noi
ravvisiamo la diligenza ed il sapere dell' artista , che
Irascelse le più variale l'orme per render più bello il
suo lavoro.
La composizione che abbiamo sotto gli occhi vien
costituita di due ordini di figure distinte in cinque
gruppi , ed in un guerriero isolato. Neil' ordine su-
periore l' adico eroe Ttsco 9H5T2Ì (sic) assalta l'A-
mazzone MTIANÈ Miane, mentre la costei compa-
gna Laodoce AAOAOKH dassi a precipitosa fuga. 11
secondo gruppo ci offre 1' Amazzone Olimene KAT—
MEMI nel punto di esser trafitta dall' asta di Faterò
<&AAHPOS. È notevole che questa Olimene, e pel
modo dignitoso in che si addimostra presso a cadere,
e per Io più nobile abbigliamento, dee riputarsi la
principale fra tutte le Amazzoni , forse la regina e
condottiera di quella femminile spedizione. Finalmente
nel terzo gruppo l'Amazzone forse Aristomcuihe APIS-
£TOM<\... è alle prese con J/onico MONI-f-OS.Nel-
I' ordine inferiore Filaco *TAAK<X§ è sul punto
di ferire l'Amazzone Crcusa KPEO^A già caduta so-
pra un ginocchio; quando una saetta gli colpisce il
petto, lanciala da un'Amazzone saettatrice, di cui non
fu serbato il nome per essere in quel sito mancante un
frammento. Nel secondo gruppo il guerriero Aslioco
A^TTO+O^ vibra la lunga asta contro l'Amazzone
Oeyale QKTA[A]H, la quale cerca di offenderlo colle
frecce. Chiude la composizione un giovine ferito nel
fianco assiso col capo penzoloni , e recando la destra
alla sanguinante piaga: il suo nome è IOPAS. Vicino
è un alberello di ulivo.
A bene intender la scena che ci si offre agli sguar-
di, si consideri che trattasi di una delle pugne di Te-
seo colle scitiche donne. Teseo ritrovossi a fronte
delle Amazzoni varie volle , secondo le Iradizioni.
Narrano alcuni com'egli accompagnò Alcide alla spe-
dizione del Termodonle (Iustin. lib. II e. IV; Pausan.
I, 2, 5 cf. V, 11, 2; Lycophr. Cass. 1327 s. , ed ivi
Tzctze; Diodoro Sic. lib. IV toni. Ili p. 51, 83, s. ed.
Bip.; Plutarco in Thes. p.13 F;Zenob. Proverb. cenf.
V, 33; Etimol. gr. v. *BJteros p. 402, 13).
Altre Iradizioni suppongono una seconda spedizione
di Greci contro le Amazzoni , della quale Teseo è il
protagonista (Hellanici fragni, p. 1 17 ed. Slurz: Plu-
tarch. in Thes. p. 12 A: cf. Philochori fragni. p.34,
35 ed. Siebelis). Narrava Pindaro che Antiope fu ra-
pita da Teseo e da Piriloo (ap. Pausan. 1,2, 5) , e che
da lei fu partorito Demofoonle (Plut. in Thes. t. 1 p.
13 D cf. Pindari fragni. XX p. 90 ed. Heyne). A ciò
ha relazione quel che dice Servio che Antiope figlia
d' Ippolita fu rapila da Teseo ( ad Aen. XI, 661 ) ; e
questo intende pure Dione Crisostomo, quando avver-
te che Teseo rapì dal Termodonle una delle Amaz-
zoni \>.iw twv 'A\x%{Óvujv (Orai. XI. p. 163 D). Me-
rita di essere qui richiamalo un bellissimo vaso di
Canino , che illustra perfettamente la tradizione da
Pindaro riferita. Si rappresenta in esso l' eroe Ate-
niese assistito da Piritoo e da Forbante indicati dai
uomi IlEPieoS e <I>OPBAS (de Wille catalogne
d' une coìlect. de vas. cf Etrurie n. 115, Raoul-Ro-
chclle letlr. archéol. p. 57 ). Altra rappresentazione
del ratio di Antiope è in un altro vaso del gabinetto
Durand , pubblicato ne monumenti ined. dell' Istituto
toni. I pi. LIV e LV, colla illustrazione del eh. sig.
Duca de Luynes ( Annoi, t. V p. 240segg. cf. Wel-
cker alte Denhm. Ili p. 486). Vedesi in esso Teseo
GESETSe Piriloo IIEPIQOS (1), manca la pre-
senza di Forbanle. Non parlo qui di altro vaso , ove
pur si vede l'Amazzone Antiope in rapporto con Te-
seo (de Witte catal. étrusque n. 110; Gerhard auserl.
Vasenbild. 168, Welcker alle Denkm. IH pag. 352:
Iahu Mìhichen Vasensamm. n. 410); giacché do-
vremo far sullo slesso una più ampia discussione in
altro nostro lavoro. Vedi intanto su quesle tradizioni
amazzoniche , e su' monumenti che vi si riferiscono
il Welcker ( annali dell' ht. 1847 pag. 294-304 ,
ed alte Denkm. Ili pag. 353 segg. ).
Finalmente altre numerose Iradizioni parlano della
venuta delle Amazzoni nell'Attica per vendicar l'af-
fronto ricevuto al Termodonte.Teseo ricevè fieramente
quelle nemiche schiere, e parlasi della stragoda lui ar-
recala alle Amazzoni, nominandosi particolarmente la
saettatrice Molpadia. De'quali fatti furono da noi rav-
visale la prima volta alcune rappresentazioni appun-
(1) Sulla primitiva ortografia del nome di Piriloo veggas! ciò che
fu da me osservalo nel bullel. dell' Ist. 18*3 pag. 104 segg.
ti —
(o Su'vasi dipinti (BulLarch. nop.ant.ser.an.I pag. 77).
Della venula delle Amazzoni uell' Attica si parla pri-
mamente da Erodoto (lib. IX, 27), e poi da Ellanico
(Tzelze ad Lycophr. 1332), nel Chronicon Parlimi
(V,36: cf. Boeckh corp. inscr. ijr. t. I pag.301, e le
note alla p.315), da Amano (de cxp.Akx. lib. VII e. 13
§ 10), da Strabone (lib. XI e. 5 § 3 I. 11 p. 450 ed.
Cramer), daPausania (lib.I e. 2 e 41), da Diodoro Si-
culo (lib. IV, 2H), e da Plutarco (in Thes. pag. 13).
Varii molivi si allegavano di questa spedizione, della
cui origine può vedersi ciò che scrisse il Boettiger
( Vasengemaelde III, 108). É notabile che l'attico ora-
tore Lisia dice esser venule in Grecia le Amazzoni
per provare le forze loro con quelle de' Greci , de'
quali alto suonava la fama [Orai. II, 54 et seq. edit.
Reiske). Abbiamo voluto qui ricordare queste diffe-
renti tradizioni , per aprirci la via alla intelligenza
del nuovo vasculario dipinto che abbiamo sotto gli
sguardi. È evidente che in tutti que' monumenti, ne'
quali vedesi Te.veo e manca la presenza di Alcide, dee
la spiegazione restringersi o alla guerra da Teseo por-
tata sulle colchiche spiagge, ovvero a quella che av-
venne nell' Attica per l'Amazzonica invasione.
Moltissimi sono i monumenti che ci presentano
battaglie di Amazzoni, ma difficile riesce determinar-
ne i soggetti , ed il silo della scena. I nostri lavori
sulle tradizioni e su' monumenti amazzonici ci han
portato a distinguere , e ravvisare non poche volle
1' azione rappresentala. Debbo non pertanto avvertire
che ne' vasi dipinti ben più frequente dobbiamo ripu-
tare la battaglia nell'Attica; come quella che maggiore
interesse risvegliava ne' popoli greci, e principalmente
negli Ateniesi , riportandosi a popolari e locali tradi-
zioni , le quali lasciarmi tracce benanche ne' monu-
menti di quella elegante nazione.
Sono ben lungi dal volere in questo luogo ram-
mentare gl'infiniti monumenti ritraenti quella famosa
battaglia ( Labus museo di Mantova tom. Ili tav. IV:
Millingen peintur. ani. inéd. de vas. eie. pi. XXXVI,
XXXVII, XXXVIII, v. la p. 58: Iogbirami pilt. di
vasi fili. ani. t. III lav. CCXXVI e CCCCXG: Millin
mon. ant. inéd. I, 351 e galér. mylhol. t. lì p. 48
tab. CXXIX n. 495 : Panofka Cab. Potutale* tav.
XXXV, e XXXVI; Scimi/ die Amazone-Vase con Hu-
vo Leipzig 1851; cf. ciò che ho detto nel bull. arch.
nap. ani. ser. an. I p.7G e n. scr. ari. II pag. 80 eie.
eie). Ma non posso tacere del celebre quadro di Mi-
cone eseguilo nella Perite in Alene , del quale parlano
Pausania (I, 15, 2, n. 36-37 1. 1 p. 03 edit. Siebelis:
cf. PJin. XXXV, 9 sect. 95) , ed Aristofane (Lysistr.
G79-G80; ag. lo Scoliaste ad h. I. cf. Sillig. Calai, ar-
lif. pag. 275, Boetliger Vaseng. Ili p. 169, Millin
monum. inéd. t. I pag. 3 47, e Uaoul-Hocheltc póni.
ant. inéd. p. 140, 174, 175). In esso le Amazzoni ve-
devansi pugnare a cavallo, come chiaramente rilevasi
dal citato luogo di Aristofane:
• • • * tàì o 'Afjia^was gx-Óttìi,
''AsMixuiy sypx^ey 1$ 'ihnrujv [Aa£OfA=Ws foiS «v<jpa<W.
Soltanto qui di passaggio piacemi di fare una osser-
vazione, ed è che il pittore Ateniese aveva dipinte fra
loro in rapporto la batlaglia di Teseo contro le Amaz-
zoni , e quella contro i Persiani a Maratona. Questa
scelta de' due soggetti merita di essere richiamala a
confronto col magnifico vaso de'Persiani da noi pre-
cedentemente illustrato (v. questo bull. an. II p. 129
e 169), ove appunto una battaglia di Greci ed Amaz-
zoni, certamente relativa all'Attico eroe Teseo, vedesi
accoppiata ad una scena , che accenna alla rolla di
Salamina.
Allo stesso Micone si attribuisce un' altra pugna
fra gli Ateniesi e le Amazzoni, che vedevasi nel Te-
seo in Atene (Sillig Calai, ari. p. 276; Raoul-Ro-
chelte leltr. archéol. p. 30). Di questa non sappiamo
le particolarità , e se le Amazzoni si presentassero
combattenti a piedi ovvero a cavallo.
Queste opere di un gran maestro noi ricordiamo
in (al luogo, perchè è probabile che l'artista del cu-
mano vaso s'ispirasse alle più belle produzioni del-
l' arte Aleniese , principalmente perchè aveva a trat-
tare il medesimo soggello che Micone ripetè due volle
nella sua patria. E risaputo che in altri dipinti vascu-
larii furono ravvisate reminiscenze ed imitazioni di
Polignoto (Welcker alte Denhnàler voi. IH p. 105,
seg., 179 segg., 445 segg. 452 seg. ). Non sarà dun-
que a noi negato di riconoscere le tracce del genio
di Micone nel vasellino Cumano , il quale se non fu
— 7G —
eseguilo in Atene , è però senza dubbio dovuto ad
Un'artista ispiralo a' prodotti di quella nobile scuola.
Da quanto abbiamo detto si è potuto con facilità
rilevare quale fosse la nostra opinione sul soggetto
rappresentato nel nostro monumento. Noi crediamo
die ci si offra la pugna nell'Attica, tratta forse dalla
simile pugna dipinta nel Teseo. E questa nostra opi-
nione sarà meglio dimostrata , dopoché avremo fatte
alcune considerazioni sopra ciascuno de'nomi de'greci
eroi, i quali prendono parte all'accanita battaglia.
Primo è l'eroe difensore di Atene Teseo, che l'ar-
tista indicava col nome di ©HiiTì;, omettendo per
oscitanza una lettera invece di 0HSETf%
L' altro eroe è Fabro , il quale die nome ad un
porto e ad un demo di Atene( Pausan.lib.I cap.l et 4).
Narrava Pausauia che un Falero accompagnò Gia-
sone alla spedizione di Coleo (l.c): ed è forse questo
medesimo Argonauta, a cui si attribuiva l'ajuto pre-
stato a Teseo nell'Attica. Di fatti lo stesso Pausania ne
avverte, che nel porto di Falero erauo le are degli eroi
Teseo e Falero, e de' costoro figliuoli. In un fram-
mento di cratere pubblicato dal eh. sig. DucadeLuy-
nes (1) si vede un'Amazzone a cavallo, che impu-
gna l'asta, nella quale il dotto editore riconosce An-
tiope dalle tracce della epigrafe che vi è segnata da
presso. Di contro son due guerrieri : il primo è cer-
tamente Teseo, l'altro ha scritto di sopra <I>AUE[P]Oj.
Ora il vasellino cumano dà un nuovo confronto a
questa relazione de' due attici eroi , che già si vede
ripetuta due volte. E da questo confronto noi opinia-
mo che il vaso del sig. Duca de Luynes dinoli ap-
punto la pugua nell'Attica , come faremo meglio os-
servare tra poco.
Più interessante è il personaggio MONI-f-Oj, eh' è
un altro eroe famoso figlio di Panfacle , il quale die
nome al porto Munichio in Atene ( Movvl%ì'<x. vedi
Eurip. Hippoì. 700, s., Stcph.Byz.v.Moi/vjxia), secon-
do una tradizione di Ellanico(Harpocration, Suidas d.
r.,Photius Lex. p. 203). Giova ricordare questa nar-
razione di Ellanico riportala da Ulpiano (ad Demosth.
de cor. 45). Racconta questo annotatore di Demostene
che i Traci occupando Orcomeno Minieo della Beozia,
(1) Choix de vas. pi. XLIII.
ne discacciarono gli abilatori , i quali ricorsero al re
Mimico in Atene. E poiché questi permise agli Orco-
menii di stabilire lor sede vicino al porto Munichio ,
quelli così lo chiamarono in onore del loro ospite. È
stato osservato da5 dotli la varietà di ortografia fra
Moórixps e Mouw%ps non solo in questo eroe, ma an-
che nell'altro figlio di Driante ricordalo da Antonino
Liberale (inchini, e. 14. Veggasi quel che nota il Din—
dorf nel nuovo tesoro di Stefano v. Mot/virala e Moy-
wxpi). Il nostro vaso dà la spiegazione di questa va-
rietà. Troviamo in esso l'eroe chiamalo MoNI-j-oS:
e noi opiniamo che sia questa la dialettica forma eoli-
ca, alla quale fa bel riscontro il nome del magistrato
MONIXOS nelle medaglie della eolica Cyme (Mionnet
descr. voi. VI p. 13, 100). Senz' alcun dubbio la mu-
tazione dell' ov in w , e dell' u in / furono ravvisate
nell'eolico dialetto (Ahrens de dial.Aeol.et pseudaeol.
§ 14 pag. 93, s. et § 12 pag. 81). A noi pare dun-
que che la denominazione di Mww^os data all' eroe
Ateniese, fosse dovuta a' Beoti, che per la tradizione
di Ellanico abitarono il porto Munichio. Quindi nac-
que la variabile ortografia ; secondo che quella voce
veniva pronunziata da' Beoti stabiliti nell' Attica , o
dagl'indigeni Ateniesi. Ed in quanto al nostro vaso,
la ortografia MONIXOS è dovuta pure al dialetto
eolico, che fu in Curna trasferito dalle colonie eoliche.
Adunque nell'ordine superiore veggonsi gli eroi
di Atene, che superano le Amazzoni combattenti.
Teseo, Falero, Munico che lasciarono i loro nomi a'
monumenti della patria, valgono secondo noi ad espri-
mere che il fatto succede appunto in Atene presso il
porto di Falero , presso il porto Munichio, ed il Te-
seo ; ove tante memorie si rannodavano a' nomi di
questi esseri quasi divinizzali. Pare che l'eroe Mu-
nico si faccia precedere di età Teseo; perciocché Del-
l' Ippolito di Euripide , ove è in azione lo stesso Te-
seo, il coro parla appunto del porto di Munico. Que-
sto potrebbe far trovare una contraddizione nel no-
stro monumento, ove si pone contemporaneo a Teseo.
Ma facilmente si spiega con un' apparizione, non al-
trimenti che racconta Pausania essere sorte dalla terra
le figure degli eroi di Delfo a spaventare i Galli: egli
nomina Iperoco , Laodoco , Pirro , e Filaco ( lib.
— 77 —
X cap. XXHI ). Non è qui diverso il caso: indipen-
dentemente dalla osservazione che i tre eroi figurano
gli Ateniesi, che accorrono da tutti i punti ad allon-
tanare la straniera invasione.
I guerrieri dell' ordine inferiore lungi dall' essere
eroi celebrati nelle attiche tradizioni, figurano, a no-
stro avviso, la turba de' combattenti Ateniesi, i quali
lasciano la vita sotto i colpi delle loro nemiche: essi
feriscono e sono feriti. Ci sembra notevolissimo che
i tre nomi trascelli ad indicare questi comuni guer-
rieri tendono alla medesima intelligenza.
Tale si è il nome di 'Affrvoxos , j^ossessore della
città , che corrisponde quasi ad Ateniese , giacché è
bcu noto che Atene venne denominata da' Greci la
città acro , non altrimenti che Urbs venne ad indi-
care la massima Roma: ambedue centri di due grandi
civiltà (adnotation. ad Cornei. Nepot. TheniisL). Sic-
ché xnrvoxpi altro non può dinotare che difensore
di Alene; ed è in compagnia di altri guerrieri, i cui
nomi presentano pure la intelligenza de' difensori della
città. Tale si è Filaco, che proveniente da $i/Xa'i7cra>,
indica la custodia delle sentinelle: tale si è 'lcópis, no-
me derivalo da iwpag, che appunto nell'Attica indi-
cava portinaio, custode fòupuig&s $('X«| Suid. h. v. cf.
Gaisford. p. 87 ). Onde per noi questo secondo or-
dine di figure indica la città difesa dalle sentinelle e
dalle guardie , che mal potettero reggere all' impelo
delle donne guerriere , le quali perù vanno incontro
a morte e sterminio, allorché vengono alle mani co'
forti eroi a cui non possono paragonarsi.
L'altra particolarità degna di osservazione desti-
nata ad indicare il territorio di Alene è l' alheretto di
ulivo , simbolo proprio di quella regione, al quale si
attribuì la mitica origine del certame fra Nettuno e
Minerva ; e che non mancò giammai di mostrarsi in
quel suolo, ove al riferir di Pausania si vide tosto ri-
sorgere , quando venne bruciato da' Persiani ( lib. I
cap. XXVII, 2 ). La morente guardia (twpos) pro-
priamente vicina alla simbolica pianta, addita come
le sentinelle non furono bastevoli a difendere i con-
fini dell' Attica.
Spiegato il senso generale di lutto il dipinto, ri-
mane a dir qualche cosa de' differenti nomi Amazzo-
nici , i quali si trovano del tutto diversi da quelli fi-
nora conosciuti negli antichi scrittori e ne' monumenti.
E pria d' ogni altra cosa avvertiamo che non ve-
dendosi le celebri Amazzoni Antiope ed Ippolita, pa-
re possa dedursene che l' artista non volle accennare
a quelle tradizioni che facevano nell'Attica venire
quella schiera nemica per vendicarsi del ricevuto af-
fronto ; o che dir si voglia la spedizione di Alcide e
degli Argonauti , ovvero il ratio di Antiope effet-
tuato da Teseo, e la morte delle compagne. In (ulte
queste tradizioni Ippolita si reca ancor essa alla spe-
dizione nella Grecia, ed è la condotterà di tutte quante
le Amazzoni. luvece nel monumento che abbiamo
sotlo gli occhi quella che addimostrasi la principale fra
tulle, e che tiene il centro della composizione ha la
denominazione di Clymene: nome assai celebre negli
antichi miti per le molte eroine , che lo portarono.
Potrebbe infanto supporsi die la famigerata Ippo-
lita volle dall'artista indicarsi coli' epiteto di KXufAsryj
destinato ad additarne la fama e la celebrità.
Falla quesla avvertenza, diremo poche parole sulla
intelligenza di ognuno di que' nomi.
Non offre alcuna difficoltà il nome API^XTO-
M(AXH), come quello che accenna o alla qualità di
ottima pugnalrice, ovvero di guerriera che prova le
sue forze co' più valorosi. Nomi Amazzonici di simi-
le formazione ci presentano i monumenti. Tali sono
'Av^pqx%xf\> Asivo/ascx»), EiV*x*l (lahn Milnchen Va-
sensammlung, Einleitung p. CXVII1).
Lo stesso va detto del nome 12 KTA AH che accen-
na alla velocità de' suoi piedi o de' suoi movimenti; e
che ricorda il nome di "XìXkx presso Diodoro Siculo
(lib. IV e. 16), che allude alla prestezza ed alla fretta
dell' Amazzone che lo portava.
Climene , Creusa sono nomi già noti nelle favole ,
e di facile intelligenza, che possono senza dubbio ap-
plicarsi ad Amazzoni , come a' mitici personaggi che
ne furono insigniti.
Il nome AaoSww) va paragonato al mitico nomo
Aa.o'Soxof, ed a' simili A^c^oxt} e AyxóSoxos, Kvixo-
$óxv] etc.
Resta a dir qualche cosa dell' Amazzone denomi-
nata MTIANE Mi/ww). È noto che alcune donne eb-
78 —
boro il nome di Mero. Mosca; e sembra che Mcr/vr)
abbia una medesima derivazione. Ma vedendo un tal
nome applicato ad una guerriera munita dell' arco e
delle saette , mi sovviene che yuuUi furono in epoca
più vicina appellate alcune piccole saette , le quali
forse presero un tal nome dalle punture che produ-
cevano ( Leo Taci. XIX, 53 ) ; la quale idea trova un
appoggio nella simile intelligenza data alle posteriori
ìimschcltae, ed a' moschetti, che pur tanto danno ar-
recano alla vita de' combattenti. Da questi confronti
sarebbe taluuo troppo ardito, se dar volesse alla no-
stra saettatrice Mwcóv] l'epiteto di moschctliera?
Ritorno a considerar le iscrizioni del nostro vaso
sotto un'altro punto di vista. Osservo che vedesi in-
distintamente adoperata la duplice forma dell' Ci e del-
l' O : così nella voce Mov;x°S > IoP*5 , Kpeoffa, invece
di MumxfiS, Iwpas, Kpswcrcc; mentre l'iìè usato già
nella voce iìxvaXt\. Così mentre la forma dell' H è
in tutte le altre voci introdotta, scorgesi poi 1' Enel-
la parola Muixvs. Questa variabile ortografia pruova
non essersi in quell'epoca perfettamente generalizza-
te le forme delle vocali lunghe; sì che non avvenisse
talvolta di adoperare le forme precedenti.
E per quel che concerne la ortografia Ap/ffirro.^x-
Xr, con duplice s ricordo che altri non pochi esem-
pli ce ne fornisce la greca epigrafia (Franz, clem.cpigr.
gr. pag. 49).
Noi saremo contenti a citare i vasi dipinti , ove
una simile orlografia non di rado s'incontra. Così
trovasi KA5XTOP varie volte (de Wilte caf.&r. 120
cab. Bcugnol 45 ; Urlichs Iahrb. des rheinl. Vereins
li p. 58 afch. Anz. IX p. 34, 12), Aì^TEAS ne"
vasi di Pesto e di Bari del Real Museo Borbonico
(Gerhard Ncap. ani. BiUlw. p. 353: Milling. pcinl.
ani. ìnciì.devas.XL\\,C: anc. uned. wion.1,27; Millin
jicint. ile ras. I pi, X; (larghilo raccolta II, 35; Beai
Mas. Borbonico XIV, 28); A25TEPOITH nel cele-
bre vaso di Midia (Gerhard Midiasvase negli alti della
r. accad. di Berlino 1839) ; e IIOAT*PAS$M$ÌN
in un vaso del real museo di Monaco (lahn MHnchen
Yascnsamml. a. 793).
L' altra osservazione concerne il dialetto eolico, di
cui si ravvisano le tracce in alcune epigrafi. Noi già
facemmo una tale avvertenza per quel che spetta al
nome Mumxps: ma certamente la medesima osserva-
zione si presenta spontanea e nella voce Kpsw<rx in
luogo di Kpsoyffa , e nel finimento della voce Iwpxs.
Queste varietà di dialetto in un monumento rinvenu-
to a Cuma ricordano le colonie Eoliche ed Euboi-
che, le quali rccaronsi in differenti epoche ad abitar-
la ( Corcia Storia voi. II p. 101 esegg. Garrucci bull,
arch. nap. an. I p. 130 seg. ). E questa circostanza
ci fa creder lavorato nella stessa Cuma il vasellinodi
S. A. R. il Conte di Siracusa, piuttosto che in Ate-
ne ; sebbene , come dianzi avvertimmo , vi è tutta la
ragion di credere che fosse un ai lista imbevuto de'
princìpii della scuola Ateniese.
Un soggetto Amazzonico è molto interessante in
un monumento Cumano, e principalmente nel modo
come vedesi trattato. È noto che di Cuma ( KiVn)
riconoscevasi la origine dalla eolica Kvfiri (Corcia,
Garrucci //.ce). Or questa ebbe la sua denominazione
da una delle Amazzoni. Sicché il mito delle Amazzo-
ni , e degli eroi Ateniesi era proprio di quelle popo-
lazioni, che vennero ad abitare le spiagge di Cuma.
Un' ultima particolarità ci sembra degnissima di
osservazione nel prezioso giojello, di che stiam fa-
vellando. Evidentemente la parte più nobile di tutta
la composizione è attribuita all' eroe Falero: egli ap-
parisce nel mezzo di tutti i Greci combattenti ; a lui
tocca di vincere la Clymcne, Amazzone che dalla sua
armatura, e dal sito da lei occupato, mostrasi la re-
gina e la condotlicra delle altre. Volendo dare una
spiegazione di questa evidente predilezione per l'eroe
Falero , ci sovviene alla mente quel Falero ricordalo
da Stefano Bizantino siccome una città della Campania
( v. <P<&*jpor): e la rópffts ^aX^pou mentovala da
Licofrone (Cass. v."717).L'Ignarra ed altri dotti scrit-
tori traggono queste denominazioni dalle colonie pe-
lasgiche (Ignarra de Phratr. p. 80-8 1 , Corcia Storia
t. II p. 252 segg.).
Il eh. Comm. Quaranta si diffuse a parlare di Fa-
lero, e della torre di Fulcro, proponendo di quel no-
me varie etimologie, e riconoscendo la simile deriva-
zione di significalo locale nelle varie città di analoga
denominazione ; quali sarebbero Palarla, Fahtarna,
'9 -
Falanna , e Fulcro Y antichissimo porlo di Alene
(Xapoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze voi. 1 p.
3G seg.). A noi sembra che non faccia mestieri ricor-
rere alle colonie pelasgiche, e ad una generale deri-
vazione. Certamente in Cuma recossi una colonia
Ateniese insieme co' Calcidesi ed i Cinici dell' Eo-
lia : ed è probabile che quella colonia Ateniese tra-
sportasse in Italia il nome di un suo eroe , di un
suo antichissimo demos (Ross dicDemen von Attica p.
90 e 136 ed. Meier ), e del suo antichissimo porto.
E questo nome, del pari che il nuovo vaso di Cuma,
che dà all'attico eroe Falero la prima parte nella bat-
taglia colle Amazzoni , accennano forse alla prepon-
deranza di quel demos nella colonia Cumaua prove-
niente dall' Attica. Dello stesso modo trovasi attribuito
agli eroi Falero ed Acamanle la fondazione di Soli
SoXoi città di Cipro ( Slrabon. lib. XIV cap. 6 §. 3
t. Ili p. 177 Cramer), probabilmente perchè indivi-
dui del demo Falero, e della tribù Acamanlidc si re-
carono ad abitarla. Noi riconosciamo queste tracce
di atticismo in non poche fratrie napolitano , nelle
quali alcuni dotti ravvisarono fondazione pelasgica ;
mentre il solito finimento in §vu ci fé in altro no-
stro lavoro paragonare i demi dell'Attica colle nostre
fratrie.
Di falli se le identiche denominazioni troviamo da-
te talvolta a queste due politiche divisioni, chi polrà
negarne Ja corrispondenza, e la derivazione? Da que-
sta identità ragionevolmente desumesi che le fratrie
degli Eunostidi e forse dcgl'/one? o lonidi presero la
origine direttamente dall'Attica , dalla quale parte di
quei demi far dovettero passaggio nella nostra Napoli.
Così gli Eunostidi mossero dall' Attica a recare fra
noi il loro cullo, e non già come suppone l'Ignarra,
una trasmigrazione Pelasgica introdusse il culto di
Eunosto , recandolo da Tanagra della Beozia. Se il
culto di quell'eroe si vuol riconoscere ad origine del
demo degli Eunostidi dell' Attica , facilmente il con-
sentiremo: ma gli Eunoslidi di Napoli per noi allro
non sono che quei dell'Attica venuti in parte a popo-
lare la nostra città. E lo stesso intenderemmo degli
lonidi, ove fosse accertata la lezione di questa fratria.
Dello stesso modo consideriamo la origine del nome
di Falero , che non era preesistente alla colonia ate-
niese, ma tale si suppone al mitico naufragio di Par-
tenope.
Tornando al vaso, che diede argomento a queste no-
stre osservazioni, veniamo aduna facile conchiusione.
Certamente l' Attico eroe Falero omonimo ad un silo
abitato da' dimani, che vi fondarono Napoli, doveva
essere in peculiar modo venerato da essi: e perciò
vedesi figurato in più nobile guisa, e nella più visibile
parie del nostro classico monumento.
Del resto non vo tralasciar di notare che l' autor
della vita di Omero pone fra primari fondatori di Cy-
me dell' Eolide il Tessalo Teseo ( Homcri vita 2). Sic-
ché pur la persona di Teseo , omonimo al fondatore
della metropoli della italica Cgme, si rannoda alle tra-
dizioni locali , sebbene si vegga in altitudine ed in po-
sizione men degna di Falero.
Dalle cose finora esposte si rileva che il vasellino
Cumano fu dipinlo sotto la influeuza delle tradizioni,
e delle opere artistiche dell' Attica ; che però alcune
particolari circostanze , ed alcune forme eolichcci
richiamano a crederlo eseguito ne' siti medesimi ove
fu ritrovalo dall' Augusto possessore.
MlN'ERVIXI.
Casa di M. Lucrezio in Pompei. Continuazione del
n. precedente.
Cubicolo. Dall'atrio si passa pure in un cubicolo,
eh' è a sinistra del tablino, e eh' è semplicemente de-
coralo di grottesche : vi si vede l' incavo per qualche
mobile , forse pel letto.
Fauces. Alla destra del tablino è un corridoio che
serviva di comunicazione col rimanente della casa : è
esso ricoperto con semplice intonaco e conduce ad un
largo compreso destinato pure al medesimo oggetto ,
non che a dar comunicazione con le parli più elevate
dell' edificio mercè una scaletta , che a quelle condu-
ceva. Allo slesso uopo era destinato altresì il corri-
dojo messo alla parte posteriore del giardino. E que-
sto dipinto in varie orizzontali zone. La prima viene
— 80
coslituila da! giallo zoccolo, la seconda è rossa con
varii ornamenti , 1' ultima è bianca, e distinta da gra-
ziosi fogliami. Varii quadrelli spezzano la monotonia
del compartimento di mezzo. Uno ci offre un toro
marino nuotante; in altro è altro marino mostro con
testa di Grifo: e così pure in altri vede vansi altri mo-
stri marini ora interamente perduti. In altri quadretti
erano ritratte al naturale diverse fruita ; ma ora la vi-
vacità de' colori in alcuni è svanita , altri sono slati
tolti e trasportali nel Real Museo Borbonico. Nel pi-
lastro angolare del giardino vedesi pure dipinto in
campo rosso un giallo vaso a due manichi di gran-
dissime proporzioni. Il pavimento di questo corridojo
è di lapillo vulcanico con pezzetti di bianco marmo :
ed è slato osservato come il lavoro n' è identico a
quello de' lastrici adoperati alle coverture delle no-
stre case. Sul suolo è un foro circolare praticato in
un sodo quadrato di pietra vesuviana, e ricoperto da
chiusura di marmo. Non sapremmo se quest' aper-
tura servisse per le acque inferiormente raccolte, ov-
vero per un ventilatore de' sotterranei compresi. Ulte-
riori scavazioni chiarir potranno una tal quistione.
Stanze al dorso del peristilio. Sul descritto corri-
dojo apronsi tre stanze. La prima più vasta delle al-
tre ha duplice entrata : fu essa determinala per un
oecus da alcuni , da altri per un cubicolo. Tutta la
porzione sinistra di questa prima stanza non è affatto
dipinta, ma ricoperta di semplice intonico bianco. Il
sig. Bechi pensa alle tapezzcrie in uso presso gli an-
tichi; ma potrebbe altresì una tale particolarità attri-
buirsi a mobili od armadii che vi fossero collocali.
Nella quale idea può sembrar probabile la congiun-
tura del sig.. Brelon , che vi riconosce una biblioteca
(Pompeia p. 304). E certamente una stanza di simile
uso mancar non dovea nella casa di M. Lucrezio ;
mentre il proprietario moslravasi cotanto amico della
drammatica poesia , della quale non pochi soggetti
avea fatto effigiare nelle dipinte pareti. La parte di-
pinta di questa, die noi diremo biblioteca, offre varii
compartimenti di grottesche su fondi rossi , gialli e
biancbi con zoccolo nero : fralle grottesche apparisce
un Amorino alalo con simbolo incerto. Erano in que-
sta stanza due quadretti , che sono stati trasportati
nel real museo Borbonico. Uno di essi rappresenta
Narcisso, che specchiasi nelle onde; l'altro il mito di
Apollo e di Dafne: soggetti già conosciuti, e ripetu-
tamente venuti fuora dagli scavi pompejani. Riman-
gono tuttora in parte visibili tre leste di Baccanti, che
costeggiavano i due quadri più grandi.
La stanza media ha pavimento di opera signina
fregiala di pezzetti di marmo. Le solite grottesche or-
nano le pareti con varie figurine, traile quali un Sa-
tiro con pedo e siringa , ed una Ninfa con cesta di
fiori e fruita. Più in giù nel campo giallo erano tre
quadretti ora interamente perduti , circondati da A-
morini. Può credersi questo un cubicolo.
Finalmente la terza stanza ha pavimento signino ,
e soglia di marmo. Le pareli gialle sono poco orna-
te ; e non vi si scorge alcuna traccia di chiusura. Vi
si vede nell'angolo un poggiuolo di fabbrica destinato
forse a lavare (latrina), un peso , ed un puleale di
terracotta; i quali oggetti ignoriamo se fossero stati
altronde trasportati in questo sito. Può riconoscersi
in questa piccola stanza una dispensa.
Sotterranei — Cantina. Dal corridojo medesimo so-
pra accennato si ha l'accesso ad una scaletta, la quale
conduceva a sotterranei compresi. La porta di questo
sotterraneo trovasi murata dagli antichi medesimi;
ma è probabile che desse adito alla cantina : colla
quale veniva a compiersi questo nobilissimo edificio.
E qui mi sia lecito di osservare che la casa di Marco
Lucrezio offre ben quattro differenti piani nella sua
costruzione : il primo vien costituito dal sotterraneo;
il secondo dalla parte più nobile della casa, che ave-
va l' entrata dalla strada Stabiana ; il terzo si estende
dal peristilio a (ulto il rimanente dell' abitazione, che
aveva l' entrata dal vicolelto ; e finalmente il quarto
era formato dalle costruzioni , alle quali menavano
le differenti scale , di cui furono ritrovale le tracce.
Continua Minervini.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàneo.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 85. (11. dell'anno IV.)
Dicembre 1855.
Casa di M. Lucrezio in Pompei. Contiti, del n. preced. — Bibliografia. Continuazione del n. 83.
Casa di M. Lucrezio in Pompei. Continuazione
del n. precedente.
Non sarà discaro ai lettori del presente bullettàio,
che noi riportiamo una descrizione de' varii oggetti
rinvenuti nella importante casa , di cui abbiamo com-
piuta la descrizione.
Oggetti di oro e di argento.
Tralasciando la particolar menzione di due monete
dì argento, delle quali non trovasi la determinazione
nel giornale degli scavi , faremo unicamente parola
de' seguenti oggetti, che sono stati da noi esaminali.
Un anellino di oro, coli' ornamento di una conchi-
glia e di una pietra turchina: ora conservato nel Real
Museo Borbonico fra gli oggetti preziosi.
Un braccialetto di bronzo , coli' ornamento di un
disco di argento , ov' è figurata la testa del Sole ra-
diata (riportala in più piccole dimensioni nell'opera
de' sig. Niccolini tavola IV fig. 14). É collocato fra'
bronzi minuti del Real Museo.
Fra gli oggetti preziosi veggonsi pur conservati i
residui del nobile letto rinvenuto nel triclinio. Si veg-
gono alcuni pezzi de' bastoni di ferro con parte del
legno , onde erano costituiti i piedi di quel mobile,
con una porzione del rivestimento di argento. Altri
ornamenti parimenti di argento di finissima lamina,
quasi distrutti, sono il solo residuo di quella impor-
tante scoperta: ed è spiacevole che non ne fu tratto
subito un disegno.
AXXO IV.
Oggetti di bronzo, di ferro, e di altri metalli.
Non intendiamo far particolare enumerazione del-
le diverse serrature rinvenute in varii sili della casa,
lucchetti (pessuli) , arpioni (cardimi) , chiavi diverse
(claves ) , né tampoco de'chiodi di bronzo o di ferro,
e di altri insignificanti pezzi di simili metalli. Tace-
remo del pari delle poche monete , delle quali non
trovasi una distinta descrizione , e che non abbiamo
potuto esaminare co' noslri proprii occhi. Rammen-
teremo però le cose principali , le quali si trovano
nella collezione de'bronzi minuti del Real Museo.
Bronzo — Statuette — Sono da ricordare in primo
luogo cinque statuétte , le quali non ben si conosce
d'onde sieno state traile. Debbo non pertanto avver-
tire che il sig. Falkener ne fa sapere di averne preso
contezza, e di aver rilevato che furono ritrovate tulle
nella nicchia circolare del larario (giom. c«7.pag.88).
Se ciò è vero, sapremmo le domestiche divinità par-
ticolarmente venerate nella casa di M. Lucrezio.
La prima rappresenta un Giove barbalo con cla-
mide , il quale colla destra ha il fulmine , ed ha la
sinistra alquanto elevata , ove teneva forse un'asta:
presso a'suoi piedi è l'aquila.
La seconda offre una divinila parimenti barbata,
e coronala di foglie, e pur colla clamide: tiene colla
destra la patera , la sinistra ha molto sollevala. Non
sembra da riconoscere in questa figurina uu'allra ef-
figie di Giove. Sicché o vuoisi supporre che avesse
colla sinistra il tridenla , e dovremmo riconoscere in
essa un Nettuno; ovvero un bastone, a cui si allorci-
11
82-
gliava il serpente, e riputar lo dovremmo un Escu-
lapio.
La terza di più trascurato lavoro figura Ercole
con clamide, che tien colla destra la clava.
La quarta ci presenta una delle solite immagini
della Fortuna con timone e cornucopia, e fior di lo-
to sul capo.
La quinta, più grande di tutte le precedenti, offre
una divinità velata con cornucopia e patera; forse
l' Abbondanza.
Vasi. E inutile fare una particolare enumerazione
di tutti i vasi rinvenuti nella casa di M. Lucrezio.
Solo diremo brevemente , ebe sono essi di forme e
di usi differentissimi.Vedi varie concile, patere, olle,
coli, unguentarli, caldaie (aliena), ei altri vasi di sva-
riale dimensioni. Traile patere ricorderemo partico-
larmente quella, nel cui fondo vedesi la testa di Me-
dusa con giro di argento, lavoro ad empaeslica.
Traile numerose caldaie son da ricordar due, con-
servate insieme co' loro fornelli di ferro: una non può
distaccarsi dal suo fornello, a causa dell'ossidazione,
che ne ha formato quasi un sol corpo. In questa i
manichi sono formati ciascuno da due delGui, di cui
s' intrecciano in allo le code. Merita poi di esser par-
ticolarmente rammentato un modio alto circa un pal-
mo e largo p. 1 '/« rinvenuto co' manichi dislaccali.
Né è da tacere di un piccolo vasetto , che fu trovato
ripieno di vari pezzi di zolfo ; come tuttavia si os-
serva.
Tragli ornamenti della persona annoveriamo due fi-
bule, e varie anella, oltre a due specchi, uno de'quali
circolare con la superficie riflettente assai ben conser-
vala.
Candelabri. Varii pezzi di candelabri , in cattivo
stalo di conservazione. È notevole un candelabro con
l'asta di ferro: il piede e la testa è conformata a ca-
pitello jonico, ed ha uncino per sospendervi la lucer-
na , invece di coppa. 11 fuslo di ferro è in massima
parie perduto per l'ossidazione.
Bilance. Due di questi utensili sono stali rinvenuti
in vari pezzi distaccali. In uno apparisce pure il pe-
so a foggia di un busto virile; siccome non infrequen-
Ifmcnte avvenne nelle pompejane scavazioni. Ed al-
tro simile peso distaccato fu pure rinvenuto in al-
tro silo.
Oggetti diversi. Un piccolo fallo che l'antichità ri-
teneva come un amuleto, una striglie, un campanello
(lintinnabulum), un calamaio (alramenlarium), una
lucerna, un piccolo peso, alcuni frammenti di catena,
un ago da cucire, una palella da fuoco, diversi orna-
menti di mobili in alcuni de' quali appare tuttora il
legno carbonizzalo, una briglia di cavallo, una lan-
terna, e molti pezzi di carro in parte di bronzo in
parte di ferro richiamano l'attenzione dell' archeolo-
go. Noi diremo particolarmente della lanterna e del
carro.
Lanterna. Vedesi riportata questa graziosa lanter-
na perfetta niente conservala nella splendida opera de'
Signori Niccolini tav. IV fig. IO, 11. Vedi di sopra
un leggiero manico per prenderla cou molla facilità,
e per tenerla sospesa, che nella parte superiore è so-
migliantissimo all' asla di una bilancia. È da citare a
confronto la lanterna scolpita sopra una iscrizione da
me osservala nel villaggio delle Curii presso S. Ma-
ria^ pubblicata già da'dolti Ercolanesi (lucerne p.265)
colla occasione d' illustrare alcune altre lanterne er-
colanesi e pompejane, che son pubblicale tav. LVI e
LVII, e che sono somigliantissime a questa di che
parliamo.Sonda vedere le cose copiosamente discorse
sopra simili arnesi p. 263 e segg. Si aggiunga quel
che si dice in Becker (Gallus t. II p. 296, s. e t. Ili
p. 59. ed. Rein). Il nome che diedero i Greci alla lan-
terna si è quello di "kniXTrrrp, Xuxvoì'/X'j?; ed i Latini
la dissero laterna e lanterna. In varii modi covrivasi
il lume, or con lamine di corno, or con tele, or con
altra materia trasparente. Noi non sapremmo come
fosse compiuta questa che descriviamo , sebbene è
per la materia identica alle altre sopra mentova-
te di Pompei e d' Ercolano , che pur son metalli-
che , cioè di bronzo o di rame. Una particolarità
degna di osservazione è che si è conservalo il luci-
gnolo, benché in parte distrutto e carbonizzato. Il
suo greco nome è 'ùJki'xyiov , d'onde il latino elly-
chnium:ed era di varie materie. Ma quello delle lan-
terne era di canape, a cui dovea mescolarsi altra ma-
teria per doppio motivo , e per impedire la troppo
— 83
presta consuma/ione dell' olio , e perchè fosse meno
soggetto a carbonizzarsi coli' azione del fuoco. Il lu-
cignolo della nostra lanterna era egualmente di ca-
nape : e non sarà fuor di luogo l' avvertire che non
poche volle comparvero lucignoli conservali nelle
scavazioni pompejane, del che si vegga il citato vo-
lume delle antichità di Ercolano, lucerne pag. 2^3,
e seg , e 257 seg. Unito alla nostra lanterna era lo
spegnilojo, che comparve pure accoppiato ad altra
lanterna pubblicala dagli Ercolancsi(vo/.«V.(av.LVII),
e che potrebbe in greco denominarsi crfor^rr^tov oj>
yuvov. Vedi ora alcune di queste pompejane lanterne
riportate nella recentissima opera del sig. Overbeck
Pompeji in seincn Gebàuclen, Alterili, und Kumlwerk.
etc. Leipzig. 1856 p. 318 fig. 240.
Pezzi di bronzo e di ferro che costituivano un car-
ro. Sono questi al n. di circa 60. Appariscono più o
meno conservati i cerchi di ferro, destinali a circon-
dar quattro ruote: il che ci dà la idea di due carri
a due ruote, piuttosto che di un solo. E pare che ciò
si confermi benanche dalla considerazione, che quei
quattro cerchi sono presso a poco eguali di dimensio-
ni. Osservo poi che di due sole ruole mostrasi il car-
ro tirato da buoi, ov'è trasportalo Sileno col piccolo
Bacco, pubblicato nella citata opera di Niccolini tav.
II. Del resto non sarebbe impossibile che fosse un
carro a quattro ruote. Oltre i cerchi di ferro , veg-
gonsi parte degli assi di ferro, e non pochi ornamenti
di bronzo di varie forme , a foggia di vaselli, di di-
schi, di rosoncini ed altrettali.
Islrumenli chirurgici. Consistono quesli indue pin-
zette, vulsellae de'Lalini, "rprxoXoJìicJss de'Greci. Es-
se, come in altre pubblicate dal cav. Volpes (Mcmor.
della lleg. accad. Ercolanese voi. VH pag. 133 segg.
tav. V), hanno gli estremi alquanto ricurvi, ed i mar-
gini forniti di piccoli denti acuti, che s'incastrano in-
sieme, quando le due estremila si avvicinano. Vi so-
no pure sei astucci o teche di bronzo destinate a con-
tenere varii islrumenli. Quattro sono più piccole e
due di più grandi dimensioni , una delle quali es-
sendo aperta mostra le estremila di alcuni specilli
(specilla, ftr,Xa/); per Io che l'astuccio che li conte-
uea aveva la denominazione di tArfaS^xv]. Vedi al-
cuni di questi islrumenli editi dal cav. Vulpes nel ci-
talo voi. VII pag. 109 seg. tav. IH, ove fa pure una
distinzione fralle varie loro specie, riportando ancora
un astuccio simile a quello di che parliamo: tav. cit.
fig. VIII. Furono trovati nella casa di M. Lucrezio
altresì due ametti (Jiamuli , %yxn7rp%) simili a quelli
edili dal Vulpes (cit. voi. pag. 138 seg. tav. V fig.
IX,X,XI): non che alcuni scalpelli (scalpella, fff*iX<a)
di forma somigliante a quelli pubblicali dallo stesso
cav. Vulpes ( v. voi. cit. tav. VII ). Solo è a notare
che la lama è quasi interamente distrutta; per modi»
che non può diffiuirsi in qual modo fosse propriamente
conformala.
Debbo qui finalmenle avvertire che tutti i sopra -
«letti islrumenli chirurgici furono pure illustrati dal
eh. sig. Commend. Quaranta con varie dotte memo-
rie, delle quali attendiamo la sollecita pubblicazione.
Ferro. Tralasciando di far particolare menzione
di alcune parti di serrature , ed olire gli oggetti de'
quali dicemmo di sopra parlando del bronzo, noterò
che furono rinvenuti alcuni vasi, due porzioni di cari'
celli, due armille, alcuni pesi, due accette fsccuresj,
due zappe (ligones) , due piccole pale destinale forse
a raschiare il suolo (pala, axUtyr\ Fiorelli Pompei, il-
lustrazioni pag. 14): due ronche (runcones) , una lu-
cerna, un grosso pezzo di ferro in parte ossidato forse
un piccone (upupa), una martellata, una pialla (mu-
cina), quattro basette, ed un frammento con alcune
ledere.
Trovasi la pialla figurala nella citala opera de'sig.
Niccolini tav. IV fig. 9 , ed apparisce di forma so-
migliantissima a quella de' moderni artefici. Solo è a
notare che la pialla pompejana è assai più pesante ,
perchè grave di ferro; e servir dovea per levigare
grossi pezzi di legname assai duro e scabro: e senza
dubbio era poco maneggevole. È certo che i latin i
appellavano questo istrumenlo col nome di rum-ina :
come si trae evidentemente dal noto luogo di Plinio,
ove parlando dell'abete, avverte... ramentorum cri-
nibus pampinato semper orbe se se volvcnsad incitato*
runcinarum raptus (XVI, 42, 82). Ove è chiaro ac-
cennarsi a'trucioli, che sorgono dall'agilar della pialla.
Ne diversamente raccogliesi da Tertulliano, quando
-u
osserva elio gli dei <lel gentilesimo eraoo lavorati sul
lcno eon varii istrumenti... asciaeel runcinae elsco-
binae (Apolog. i2): e certamente allude alla progres-
sione de' lavori in legno, pei quali abbisogna 1' ascia
la pialla e la lima. Presso i Greci denominavasi 'Pu-
y.%\t\ ; siccome ne avvertono le glosse , ed Esichio.
Da quest'ultimo sappiamo pure ebe la lama tagliente
della pialla dicevasi %tfyt\ : jyfyw rà. h rais puxx'vxis
(io-Vavt*, r\ ffihripfx: dal qual luogo deducesi pure che
fosse la pialla di ferro, trovandosi tra ferramenti t«
Gih'pt'A.
Piombo — Sono da citare alcuni pezzi di piombo,
tra'quali avvene uno conformato a guisa di una pa-
tera, e tutti sono muniti di molti piccoli fori , perchè
destinati a chiudere la estremità de' tubi egualmente
di piombo , onde impedire il passaggio alle materie
ostruenti, senza però impedire il corso delle acque.
Oggetti di osso
Pochissimi oggetti di questa materia furono rinve-
nuti nella casa di M. Lucrezio. Senza dire di alcuni
poco determinati frammenti ricorderemo alcuni or-
namenti, una tessera col num. XIII, altra col n.XIIII,
altre due a forma di mandorle, uno stuzzicorecchi (au-
riscalpiumj , e finalmente molti di quei pezzi cilindrici
forati, e con varii buchi alla esterna circonferenza,
de'quali non fu possibile finora determinar l'uso, ab-
benchè sieno tanto frequentemente venuti fuora dalle
pompejane scavazioni. E pur da citare un piccolo
corno bovino, del quale non ci attentiamo a determi-
nare l'uso.
Oggetti di vetro
Più copiosi furono gli oggetti di vetro, diedi varie
forme si trovarono al numero di ventisei. Tra essi me-
ritano di essere particolarmente ricordali una tazza
con ornamenti, un bicchiere col suo piede incil ega, e
due specie di ocnochoc, o prochoi. Oltre a'delti vasi ve
ne sono alcuni frammentati, fra' quali è da notare una
tazza con fogliami, ed altra di color bleu; come pure
un pezzo circolare con testa di Medusa a rilievo, la
parte concava di un cucchiajo (ligula), ed un piccolo
tubo al di sopra di una testa Silenica di pasta vitrea.
Oggetti in terracotta
Sono da citare una statuetta di Venere con da pres-
so un Punisco, che costituiscono gruppo; alcune fi-
gurine virili o muliebri in parte frammentate, e tra
queste alcuni frammenti ne' quali appajono tracce di
doratura. Si è pur ritrovato il busto di un fanciullo,
altro busto femminile, un bacchico bicipite frammen-
tato, la figurina di un gladiatore, ed alcuni frammenti
di una statuetta rappresentante un doppio Pateco di
color verde. Ma il principale gruppo è quello pubbli-
calo da' sig. Niccolini nella tavola IV fig. 2, che ci
offre due uomini portando una lettiga con entro un
fanciullo. Assegneremo a questa sedia la denomina-
zione di sella gestatoria o lectica, ed a'portatori quello
di leclicarii. E non tarderemo a riconoscere in questi
due servi, i quali trasportano un ingenuo giovinetto.
Non sapremmo pertanto a qual' uso fosse destinato
questo oggetto, se pure per la sua piccolezza non vo-
glia riputarsi un giuoco da ragazzo (iroilyYtov). Del re-
sto sulle lettighe veggasi il Becker (Gallus voi. Ili
p. 1 e segg. ), e gli autori da lui citati. Solo voglia-
mo notare che i leclicarii sono muniti di corregge ,
a guisa de* moderni per portar più comodamente il
loro peso; per modo che venivano a portai lo colla
nuca, da cui partivano quelle corregge. E così viene
bellamente spiegato quel che dice Luciano, parlando
appunto di simili facchini: ras xX/ius roTs rpxx^oti
txysiv (Cynic. 10). Né è da tacere che le corregge
medesime erano dette lora e struppi (Martial. ep. II,
57: Gellius noci. att. X, 3); ed asseres le stanche, che
osservansi a'due lati, necessarie a portar la lettiga, e
perciò identiche a quelle de' moderni. A voler deter-
minare il nome particolare della nostra sedia, ricor-
deremo quella di cui si attribuisce la invenzione a
Claudio, la quale fu da Dione appellala S/ppos x»t«-
(rrtyos: e la nostra lettiga, la quale offre nella parte
superiore una specie di tetto, dà piena conferma alla
intelligenza di quelle parole , come ritrovasi appo lo
Scheffer (de re vehic. lib. II cap. IV pag. 68).
So —
Ben (re di\ersi salvadanai ( loculi, àpyvpc&rpuu )
sono venuti fuori nella easa di M. Lucrezio: uno ili
forma rotonda , entro del quale si conservavano an-
cora tre monete di bronzo di Vespasiano, di Galba,
e di Domiziano; due altri a forma di (assettino , con
una apertura nel mezzo, per introdurvi le monete. È
poi nolo che di simili arnesi furono ritrovali moltis-
simi nelle scavazioni pompejane.
Delle sei lucerne ad un sol lume, o monolicne, non
indicheremo particolarmente die una sola, la quale
offre al di sopra la immagine di un cavallo.
Non pochi vasi di forme diverse non richiedono
una particolare enumerazione. Alcuni sono di rozza
argilla, altri presentano rossa vernice. Tra questi ul-
timi richiamiamo l'attenzione sopra una lazza con l'or-
namento di due leste d' Ippogrifi , e sopra un fram-
mento di patera con quadriga condotta da un Amore
e con la epigrafe BARCAE: non senza omettere la
menzione di un vaso rosso con epigrafe FORM.
Sonosi rinvenute varie anforette con iscrizioni. In
alcune è scritto di neri caratteri.
LIQVAMEN
OPTIMVM
È da notare che questi piccoli recipienti non con-
teneano liquido o vino, ma una specie di salsa o con-
serva; giacché questa è l'intelligenza, che bisogna dare
alla voce liquame»,: o che creder si voglia un composto
destinalo ad uso di condimento, come il liquamen,
di cui parla Columella (VI, 2), ovvero propriamente
una conserva di frulli, simile al liquamen de piris,à\
cui è menzione presso Palladio (III, 15 med.).
Un' altra anfora offre una iscrizione cosi riportata
dal sig. Falkener:
TVSCVLA
ON
OFFICINA SCAV
Non saprei qual voce si asconda nelle lettere ON;
« sembra erronea la lezione. Nell'ultima riga è ri-
cordata l'officina Scauri, avendo per avventura rela-
zione alle figuline di Scarno; il quale potè essere
della famiglia medesima del noto duumviro pompe-
iano A. Umbricio Scauro (Mommsen inscr. r. nvap.
a. 2339: cf. Finali nel Mus. Bori. voi. XV lav. 27
a 30). Non so se per propria correzione il signor 0-
verbeck riferisca questa ultima iscrizione TVSCO-
LANA • OFFICINA SCAV(ri)(Pomj)èjtetc. p. 221).
La lerza anfora presenta la epigrafe
MES
AM. XVIII
Pare che al numero dell'anfora si aggiunga la in-
dicazione di qualche parlicolare vino. Ricordo il Me-
sogitcs di Plinio (lib. XIV, 7, 9); se pure dir non si
voglia il Messenium , che potè in tal guisa denomi-
narsi in vece del più solilo epiteto di Mamertinum
(Marini ad Vitruv. lib. Vili cap. 3, tom. II p.lois.).
La quarta è letta nella relazione del sig. Falkener
. . A0AAAE
lEIIPTIMor
MHKOAOTOI
Teutaudo una correzione nella prima linea, panni
debba leggersi probabilmente:
AM«I> • AAAII
SEIITIMIOr
MHNOAOTOT
che in latino potrebbe spiegarsi
AMPIL XXXII
SEPTIMII
MENODOTI
ed accenna al greeo proprietario dell'anfora stessa,
che far ne dovette un regalo a M. Lucrezio. All'op-
posto lato vedesi scritto, secondo il sig. Falkener,
KOR
OPT
— 8G
che pare deggia interpretarsi KORCYRAEVM OPTI-
CI VM; accennandosi al vino di Corcira celebre nel-
l' anlichilà, talché si resero famose le anfore di Cor-
cira Kepxi/fowbi àfJLtyaptTs (Jahn aeberichlc di Sassonia
1854 pag. 34- segg.). Ed una (ale particolarità illu-
stra pure la greca provenienza di quell'anfora, e la
probabilità che fosse un donativo al pompejano ma-
gistrato.
Lo stesso sig. Falkener annunzia che le descritte
anfore, meno la terza, furono disotterate nell'efedra,
alla quale perciò dà egli il nome di triclinio, perchè
furonvi trovati ancora varii commestibili. Tale si è
un'olla con olive carbonizzate , la quale conservasi
nella raccolta delle terrecotte del Real Museo Borbo-
nico. Per verità non ci sembra questa una buona di-
mostrazione: e ne sia una pruova l'essersi ritrovala
in uno de'cubicoli una patera di rossa vernice, conte-
nente orzo calcinalo.
Tragli ornamenti architettonici son da citare un'a/i-
te fissa, ed una parte di gocciolatelo, con testa di leone.
Oggetti di marmo
Oltre le molte statue di marmo, delle quali si è
detto già sopra, parliamo di alcuni altri pochi oggetti
della s lessa materia.
Prima citiamo una bacchica testa di rosso antico.
Come oggetti comunissimi additerò un mortajo col
suo pestello, una basetta, ed un peso: ma più interes-
sante si è una coppa di rosso antico.
Nel giardinetto superiore furono ritrovali una ta-
vola circolare di marmo, ed un tronco d'albero, che
forse le serviva di sostegno; se però dir non si vo-
glia sostegno di qualche statuetta.
Sono finalmente da ricordare alcuni scudi a guisa
dipelta lanata , ed un disco istoriato; che senirono
di ornamento agli inlercolunnii, siccome fu osservalo
da altri. In uno de' suddetti scudi si osserva una testa
Satiresca di pronunziate ed esagerale fattezze da un
lato, e dall'altro lato pochi ornamenti graffiti. In al-
tro rollo in tre pezzi vedesi una comica maschera a
destra , ed innanzi un corno rovescialo; all' opposto
1 alo un ramo con (re fiori.
Di maggiore importanza è il disco , che offre due
complicate rappresentazioni, ed un nuovo esempio
della policromìa nell'antica scollura; giacché restano
non poche tracce di differenti colori.
Da una delle due facce vedesi un uomo vigoroso
con succinto gonnellino di giallo colore, il quale tie-
ne colla sinistra la lesta di un nereggiante vitellino,
e colla destra gl'immerge nella gola il coltello. Innanzi
è un Satiro barbato con coda, che tiene il vaso de-
stinato a raccogliere il sangue della vittima , detto
grecamente g^xj-Toy. I peli e la coda del Satiro sono
dipinti di oscuro colore. Nell'altra faccia del disco
vedi a sinistra una irregolare coslruzioue , sopra di
cui scorgesi una enorme lesta di cornuto Pane, tinta
di rosso, destinata certamente ad indicare una fonte.
In mezzo è un panciuto e nudo Sileno con rossa bar-
ba, e con breve panno azzurro, che ne ricopre por-
zione del corpo, il quale tien con ambe le mani una
cesta colma di fruita, offrendola innanzi ad un'ara
accesa, da cui sorger si mirala fiamma di rosso. Noi
ci riserbiamo d'illustrare più ampiamente questo im-
portantissimo monumento. Solo avvertiamo che ci
sembra nuovo ne'monumenti il rapporto di un Sati-
ro colla uccisione di un toro: e ci si richiama al pen-
siero la tradizione che negli orientali culli derivar
faceva il succo dell'uva dal sangue del loro; non sen-
za pensare all' attica festa detta Buphonia ((Jw^ov/*) ,
nella quale il sagrifizio di un toro è messo in rap-
porto co'misleri di Bacco (Schol. Aristoph. Nub. 985
v. Rolle recherò, sur le culle de Bacchus t. 1 p. 363).
É pur risaputo il frammento di Simonide Atovvaou
(JoiXpdvov Sspo6rwr« ( Athen. I. X. p. 456, C ), dal
quale rilevasi immolarsi a Bacco un bue: qualunque
sia la intelligenza che dar si voglia a quelle parole.
In quanto all' altra rappresentazione , parci che il
Sileno ben si (rovi fra' due elementi, a'quali è dovuta
la generazione di (ulte le cose, cioè l'acqua ed il fuo-
co, il principio umido ed il secco: o che accennar si
voglia alla duplice purificazione, ovvero ad un sem-
plice sagrificio de'frutli della terra alle deità solari e
lunari animatrici della natura. Ma di queste idee sa-
rà per noi più estesamente discorso in ailra occa-
sione.
— 87 —
Osserviamo da ultimo clic una nuova descrizione
della casa di M. Lucrezio fu data rcccntissimnnicnle
dal sig. Overbeck nella sua descrizione di Pompei
(Pompeji in scinen Gebàuden Allerlhumcr und Kunst-
werke Leipzig 1856) p. 215, e seg.
MlNEItVINI.
BIBLIOGRAFIA
Antichità inedite di vario genere trovate in Sicilia, che
si pubblicano da Baldassarre RoM.VNO-Pafrrmo-
4S54 in 4. Continuazione del n. 85.
Ricordo appena un ago crinale di avorio con bu-
sto femminile per ornamento (tav. 4 fig. 1): ed una
impronta in bronzo delle lettere AP in monogram-
ma (tav. 6 fig. 7), nelle quali 1' autore ravvisa le ini-
ziali di qualche nome romano, forse Appius; ma po-
trebbe egualmente supporsi che sieno iniziali di un
uome greco APicrTapxo?, AP/TT/7r7ros e somigliante.
Due ghiande missili di piombo son pubblicate (tav.
4 fig. 11 e 12). Esse presentano da una faccia la iscri-
zione PISO L • F , e dall'altra COS. L' autore attri-
buisce queste ghiande missili alle truppe di L. Cal-
purnio Pisone, comandante delle romane legioni nella
guerra servile (Valer. Max. 1, 2, 7): e ricorda le pu-
gne delle romane legioni ne* campi di Enna.
Un' altra classe di monumenti considerati dal sig.
Romano sone le pietre incise. Senza parlare delle più
comuni rappresentazioni, come sono la immagine del
Capricorno in corniola (tav. 6 fig. 21), una lesta im-
berbe galeata parimenti in corniola (lav. 6 fig. 22),
un Amore che guida due cavalli (tav. 6 fig. 23), un
colombo che becca una pianta (lav. G fig. 17) , non
che un giovine nudo sedente colla gnostica voce IAGO
{tav. 6 fig. 23 ) ; richiamo l' attenzione sopra due in-
cisioni una in corniola, l'altra in calcedonia. La prima
pietra (tav. 6 fig. 26) fu rinvenuta ne' dintorni di Se-
linunte; e mostra un cornucopia uscente in testa di
capra, da cui escono grappoli ed altre frutta: presso
è da un lato un globo, dall' altro un capretto che vi
si appressa. Evidentemente la capra ed il cornucopia
creder si deggiono allusivi alle medesime idee di pro-
sperità e fecondità de' beni della terra. La seconda
pietra (tav. 6 fig. 24) ci presenta Mercurio con alalo
petaso e clamide, ebe tieu colla d. la borsa, colla si-
nistra il caduceo. Intorno sono varii animali il pavo-
ne, la colomba, lo scorpione, ed un capro (dice la.)
ma è piuttosto il segno del Capricorno. L'autore spie-
ga ingegnosamente tulli questi simboli colle mistiche
avventure del dio. Potrebbe anche pensarsi alle varie
costellazioni , dalle quali vedesi circondalo Mercurio
nella sua astronomica intelligenza.
Riporta da ullimo il sig. Romano varie iscrizioni
greche e latine, che noi riproduciamo , perchè siano
a conoscenza de' lettori del presente bulleltino.
1.
Iscrizione di Termini in plinto di pietra, ora nella
collezione di antichità dello stesso comune : alt. p. 3.
9. largh. p. 2. 2.
Imp • Caes ' L • SeptiMIO
Severo ■ Pertinaci AVG ■
Arabico • .MaBENICO PONT
JI/A[X] • TRIB • POTEST ■ V • IMP
X ISSIMO • CAESARIS
DIVI • M • ANTONINI • GERM •
FILIo • DIVI COMMODI
//////•ATRI ANTONINI PII
nepoll DIVI ADRIANI PRO
NEPOTI DIVI TRAIANI
PARTHICI ABNEPOTI DIVI
NERVAE ADNEPOTI IN
DVLGENTLSSJMO ET CLE
MENTISSIMO PRINCIPI
MAESIA FABIA TITIANA
C • F ♦ ET
MAESIVS ■ FABIVS • TITIA
NVS • C • P
Lapide scoperta nell' isola di Levanzo , presso il
-88-
sig. Giuseppe Zamboni Bolognese : alt. pai. 1 once
6 ; largb. pai. 1 once 2 sic.
DM S
NARCISSVS_
VIX1T ANN • III
DIEB XXVIII
THALLVS • ET
PANNYCHIS
FILIO • DVLCIS
s»MO FECER
STTL-
3.
Trovata in Termini.
DM
C • AEMILIO
BACCHIO
V • A ■ XI
4.
Trovata in Termini.
C • SABIBIVS (sic)
ARTEMO
Non meno interessanti sono le greche, le quali si
riducono a due frammenti, ed a due importanti iscri-
zioni intere.
1.
Il primo frammento , con poca diversità da' sup-
plirne nli proposti dal signor Romano, leggeremmo in
tal modo
A<A«A
CwAPT€lAN*i
AjATBAITIC
s^C€N€TH
KB
2.
Il secondo frammento alto once 7 non offre sicu-
rezza nel supplimento de' nomi proprii. Esso dice
così :
K€A
BÒA • • • •
eZHCsr erri
A
Frammento trovato in Termini : alt. p. 1 , lung.
p. 2 : viene così supplito dal sig. Romano :
C • METEUus • Q • f ■
CLArus
Questa lapida fu pur trovata in Termini, ed è nella
collezione di antichità dello stesso comune : alt. once
7 V, lungh. p. 2, 4 '/,.
6.
Altro frammento del medesimo sito
alto once 9.
T • CESTI • • •
FVS V • • •
VIII • • •
APJSTOAAMOS NEMHMAA TIEP%10% riOIHTAS
TOTS TONEAS KAI TON ETEPrETAN ATT«NT[ON]
APISTOAAMON SIMIA RAI TAN TTNAIKA ATTOT
KAI TAN IAIAN ANEXTASE
(Continua)
MlNERVIM.
Giulio Minervim — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BILLLTT1N0 ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° S6. (12. deiranno IV.)
Dicembre 1855.
Bibliografia. Continuazione del n. precedente. — Osservazioni del Conte Bartolommeo Borghesi sidla greca
■iscrizione di Nicomaco Giuliano. — Riscontro di alcuni tratti delle leggi municipali di Saìpensa ediMalaca
con le medaglie di colonie e di municipii, ed altri. — SuW autenticità de'bronzi di Saìpensa e di Malaca. —
Iscrizione romana presso Chiusi.
BIBLIOGRAFIA
Antichità inedite di vario genere trovale in Sicilia, che
si pubblicano da Baldassarre RosiANO-Pa/crmo-
Continuazione del n. precedente.
■'..
Finalmente di non lieve importanza addimostrasi
quest' altra iscrizione scoperta presso Trapani sin dal-
l'anno 1842 nella campagna di Bonagia, ove rimane:
alt. p. 4 largh. p. 2 circa.
• • • ON
N€lKOMAXO[N]
IOTAIANON
AAMnPOTATON
TIIATON
ANernATON
ACIAC
AIKAIGOTATON
ACINNIOC
AMIANTOC
CTIITPonoC
TON AECnOTH[N]
Presentandoci questa bella iscrizione un nuovo con-
sole, ne interrogammo l'insigne Borghesi: ed egli colla
sua solita gentilezza ci fornì una dotta discussione che
ci affrettiamo di pubblicare qui appresso.
Intanto, nel chiudere questa brevissima notizia, ci
ììyìvo ir.
vediamo nell' obbligo di dichiarare che il sig. Romano
con questa sua pubblicazione grande utile arreca agli
studiosi dell'archeologia: e noi vorremmo vedere con
alacrità proseguita la onorevole intrapresa. Nella quale,
perchè riuscisse di maggior profitto a'nostri studii, vor-
remmo che il eh. editore ponesse maggior cura a
scegliere tra'varii monumenti che gli si offrono ad il-
lustrare , tralasciando quelli che presentano lieve im-
portanza per aumentare il numero di quegli altri che
meritano maggiormente di richiamare 1' attenzione
de' dotti, e che in un sito come 1% Sicilia non potran
giammai venir meno alle ricerche di un diligente in-
vestigatore.
Minervim.
0. sensazioni del Conte Bartolommeo Borghesi sulla
greca iscrizione di Nicomaco Giuliano pubblicata qui
sopra. Da lettera all'Editore del presente buHcltino.
Si può fidatamente affermare che il cousole Nico-
maco Giuliano non era peranche conosciuto. Di tulli
gli altri Giuliani memorati nei fasti è in oggi nota per
Io meno la famiglia, se forse si eccettua il collega di
Paulino nell'anno 325 di Cristo. Egli è però credu-
to generalmente un Ceionio , il che se manca fin qui
di positivo fondamento, non manca almeno di proba-
bilità. Quindi ne consegue che Nicomaco non fu cer-
tamente console eponimo , ma deve essere stato suf-
fetto. Abbiamo bensì due proconsoli dell' Asia dei quali
non si sa che il puro cognome Giuliano. L'uno nel
12
— 90 -
397 proveniente dal codice Giustinianeo (L. VII 45.
12) ma in cui il Gotofredo nella Prosopografia dubita
ragionevolmente che sia stato scambiato il nome della
provincia. L'altro è memorato al tempo di Antonino
Pio sulla fine del quinto dei sermoni sacri dall' ora-
tore Aristide, che nel terzo anno della propria ma-
lattia corrispondente al 152, come è ora stato retti-
ficato, ottenne da quel proconsole la restituzione di
un suo predio. Ma né l'uno né l'altro può confon-
dersi con Nicomaco, per quanto è lecito di trarre dai
pochi dali che somministra la sua iscrizione. Egli s'in-
titola console e proconsole d'Asia, e con ciò persua-
de di aver fiorilo in un tempo in cui vigevano tutta-
via le antiche leggi che riserbavano il reggimento
dell'Asia e dell'Africa ai senatori soltanto ch'erano sa-
liti allopatica dignità. Se ciò è, egli non può essere
posteriore a Costantino. Prescindo che sotto quel prin-
cipe cominciarono a cadere in disuso i consoli suffut-
ti, dei quali non trovasi esempio a Cosìanlinopoli, e
che in Roma scemarono ogni giorno di lustro e di
numero da che l'imperatore cessò di mischiarsi nella
loro elezione abbandonata alla potestà del senato, sic-
come ha mostrato poco fa il eh. Cav. de Rossi (Giorn.
Arcad. T. 128 p. 122). Mi appoggio soltanto sul fatto
che fino dal principio dell'impero Costantiniano i con-
solari perderono il diritto di ottare esclusivamente al
governo dell'una o dell'altra di quelle due province.
Gli ultimi che trovo averne goduto sono Cassio Dio-
ne console nel 29 1 , proconsole d'Africa nel 295 (Mor-
celli Afr. T. 2. p. 175), ed Annio Anulino console
nel 295, ivi proconsole nel 302 (Morcelli p. 181).
Al contrario nei successori non s' incontra general-
mente indizio ch'abbiano giammai conseguilo i fasci,
o al più si prova ch'ebbero la provincia mollo prima
di essi come Petronio Probiano proconsole della stes-
sa provincia nel 315 (Cod. Theod. L. XI. 30. 3) con-
sole nel 322, e Mecilio Hilariano proconsole nel 324
(Cod. Theod. L. XII. 1. 9) console nel 332. Dall'al-
tra parte non avendosi alcun lume del gentilizio, che
la lapide ha disgraziatamente perduto , il cognome
grecanico Nicomaco, non usato per lunga pezza in Ro-
ma se non che da servi e da liberti, cagiona non lieve
difficoltà che eoslui abbia potuto giungere ai sommi
onori prima che il senato cominciasse a popolarsi di
forestieri. Vi é dunque molta apparenza che costui sia
vissuto sul principio dei secoli della decadenza, vo-
glio dire negli oscurissimi tempi che precedono il re-
gno di Costantino, e decorrono da quello di Caracal-
la, ch'estese a tutto l'impero i drilli di cittadinanza.
E veramente a questi tempi appartengono le prime
memorie che scarsissime rinvengo di questo cogno-
me in persone di elevata condizione. Non mi fo ca-
rico della famiglia dei Nicomachi Flaviani salita in
auge ai giorni di Teodosio e dei suoi figli , essendo
troppo recente per giovare alle nostre ricerche. Ella
è divenuta assai nota dopo la scoperta in ispecie della
grande iscrizione del Foro Traiano edita ed ampia-
mente illustrata nel T. XXI degli Annali Archeologici
dell'Istituto di Roma, da cui si è conosciuto che au-
tore della sua grandezza fu Virio Nicomaco Flaviano
grande amico dell'oratore Simmaco e capo dei parti-
tanti del tiranno Eugenio, ma che sembra provenuto
da basso stato non avendosi altro cenno de' suoi mag-
giori se non che fu figlio di un Venusto, di cui Macro-
bio non ha avuto da dirci che il semplice nome. Laon-
de rimontando ad un'età più remota m'incontro in
Melio o Mecio Falconio Nicomaco vecchio consola-
re, che assistette in senato all'elevazione di Tacito al
principato, di cui si fa cenno dal solo Vopisco (Tac.
e. 5 ). E trovo poi Amnio Manio Cesonio Nicomaco
Anicio Paulino console ordinario , a cui fu dedicato
un titolo onorario riportalo dal Grutero p. 1090. 19,
ed ora esistente nel museo di Parigi. Quantunque in
quel titolo si confessi figlio di Anicio Giuliano con-
sole nel 322 , il Marini nei papiri (p. 328 nota 13)
restò dubbioso chi egli si fosse.
Ma basta di paragonare quella sua iscrizione col-
l'altra di Anicio Paulino giuniore presso l'Orelli 1082,
e di por mente alla identità delle loro cariche, e se-
gnatamente alla particolarità di cui non conosco al-
tri esempi, di chiamarsi ambedue proconsoli dell'A-
sia e dell' Ellesponto, per rimanere convinti che spet-
tano ambedue a quel medesimo , eh' ebbe i fasci nel
334. Non vi è altra differenza se nonché nella prima
s'infilzano tutti i suoi nomi, e nella seconda si ricor-
dano quelli soltanto che gli erano propri più parti-
— 91
colarmenle, rimpiazzando gli altri coll'appellazionedi
giuniore. Ma questa islessa distinzione di giuuiore ci
prova che viveva allora un altro omonimo di mag-
giore età, cioè l'Anicio Paulino console nel 325, che
talor convengono essere stalo fratello dell'Anicio Giu-
liano del 322, siccome figli ambedue dell'Anicio Fau-
sto console nel 298, il qual Paulino per conseguen-
za fu zio paterno di quest'altro, che da lui dedusse i
suoi nomi. Questi però non ne trasse i due soli di A-
nicio Paulino , ma quelli eziandio di Cesonio Nico-
maco , imperocché dopo aver provato di sopra che
tutti quattro furono portali dal nipote non potrà du-
bitarsi che giustamente dal Reiuesio ( Synl. Inscr. p.
67 ) sia stala attribuita allo zio la Gruteriana 47. 9
(alla quale il Muratori p. 373. 1 falsamente attaccò
la dedicazione di un'altra lapide) , in cui quando non
era ancora se non che pretore urbano viene anch'egli
più ampiamente chiamalo M. 1VN. CAESONIVS.
NTCOMACHVS. ANICIYS. FAVSTVS. PAVLINVS.
Non per questo si avrà da reputare anche più antico
fra gli Anicii il cognome Nicomaco. Infatti non trovasi
dato al loro vecchio antenato Q. Anicio Fausto avo
o bisavo del già citato Anicio Fausto console nel
298, che tre iscrizioni venute recentemente dall'Alge-
ria ci insegnano essere stato legalo della Numidia e
già consolare nel 201 , mentre due altri marmi del
Donati p. 144 6 e 7 ce lo mostrano traslatafo alla le-
gazione della Mesia inferiore nel 203. E malgrado la
moltiplicità dei loro nomi non è attribuito né meno
ai suoi Agli o discendenti , dei quali pure dobbiamo
la notizia ad altre due lapidi africane, cioè a M. Coc-
ceio Anicio Fausto Flaviano patrizio e consolare , e
Sesto Cocceio Anicio Fausto Paulino proconsole del-
l'Africa. Per lo che, se tali denominazioni furono da
prima estranee a quella casa, resterà che vi siano slate
introdotte dall'uso comunemente invalso tra i nobili
dei secoli imperiali, giusta il quale i figli praticarono
di aggiungere ai nomi paterni anche quelli della fa-
miglia della madre. Quindi se l'Anicio Paulino del
325 fu il primo a farne uso, potrà ragionevolmente
tenersi ch'egli sia nato da una figlia dell' ignoto Ce-
sonio Nicomaco , di cui per tal modo saremo giunti
ad aver conoscenza. Io mi sono diffuso a procurarla
per chi amasse di spaziare pei regni delle congettu-
re, e proponesse di confonderlo coli' onoralo nella
pietra di Trapani supplendo Kx«rwv<ON nel mutilo
di lui gentilizio. Né un tale sospetto sarebbe senza una
qualche buona apparenza. Imperocché supponendo
che questo Cesonio Nicomaco Giuliano fosse slato il
suocero di Anicio Fausto console nei 298 trovereb-
besi la ragione perchè il di lui primogenito del 322,
a ricordare l'origine materna, si fosse preso il cogno-
me Giuliano del quale pure è ignota l'origine nella
gente Anicia, lasciando al fratello del 325 l'altro di
Nicomaco. In tale ipotesi il nostro console Nicoma-
co Giuliano avrebbe fiorito circa i tempi di Gallieno.
B. Borguesi.
Riscontro di alcuni traiti delle Leggi municipali di
Salpensa e di Malaca con le medaglie di colonie e
di municipii , ed altri.
Fra le recenti scoperte archeologiche tiene luogo
distinto quella delle due tavole di bronzo, contenenti
parte delle Leggi municipali di Salpensa e di Malaca,
che si rinvennero presso Malaga in sul cadere del
mese di ottobre nell'anno 1851 , e che furono pub-
blicate dal dotto avvocato Berlanga in Malaga slessa
nel 1853 , e di recente illustrate dal eh. Mommsen
negli atti della regia Società Sassone delle Scienze
(Leipzig 1855), e riprodotte dal eh. Prof. Capei nella
nuova serie dell' Archivio storico-Italiano ( t. I, disp.
II, p. 5-21 ).
Nella Rubrica LIX delle Leggi del municipio Ma-
lacitano, alla linea 105, leggesi ET GENIVM 1MP-
CAESARIS D NT AVG, ove chiaramente si vede,
che il nome di Domiziano, di dannata memoria,
venne abraso quasi per intero , benché nelle Rubri-
che pertinenti alle leggi del municipio di Salpensa il
nome di quelP Augusto si rimanesse intatto. Per si-
mile modo in diversi esemplari delle monete di Bil-
bilis della Spagna Tarraconese insignite de' nomi de'
consoli del 784, quel di Seiano venne a bello studio
abraso dopo la sua morte ( Eckhel t. I p. 36 : VI p.
196). E pare che similmente in una rara moneta di
— 92 —
Niuive impressa solto Alessandro Severo (Pinder und
Friedlàender , Beilràge I taf. VI , 8 ) appositamente
fosse abraso il nome ALEXANDRI , in conseguenza
degli ordini dell' iniquo suo uccisore e successore
Massimino (cf. Avellino, opusc. t. HI p. 211-214),
che furono eseguiti fin nelle estreme parli dell'im-
pero (corp. ins. gr. n. 4997, 5001); e parimente in
una moneta di Nisibi della Mesopotamia ( Mionnet ,
su}' pi. n. 78 ).
Del resto il giuramento, che giusta quelle Leggi
municipali si dovea fare anche pel GENIVM CAE-
SARIS , dà luce alle medaglie di Nerone aventi nel
riverso la scritta GENIO AVGVSTI apposta alla fi-
gura del Genio stesso sacrificante ( Eckhel t. VI p.
272); non che a quelle parole di Plinio (paneg. e. 52)
riguardanti la moderazione di Traiano posta di ri-
scontro alle esorbitanze di Domiziano : simili reve-
renda , CAESAR , non apud GENIVM TVVM bo-
llitali luae gralias agi , sed apud numen IOVIS O •
M- pateris (cf. Eckhel t. Vili p. 458).
Incerta finora si rimane la ragione del tipo del ri-
verso de' danarii di P. Silio Nerva , che è come se-
gue : cancelli de'comizii, entro i quali statisi tre figure
virili togate , una in atto di lasciar cadere la sua ta-
bella entro l' urna , o silella che dir si voglia , V altra
in atto di riceverla dalla mano della terza; al disopra
appare in parte un come subsellio, o simile oggetto (v.
Cavedoni, ragguaglio de risposi, p. 133, nota 118).
Con questo lipo vuoisi riscontrare la Rubrica LV del
bronzo Malacitauo, che dice: Qui comitia exh(ac)l{ege)
habebit, is municipcs eurialini ad suffragami ferendum
vocalo ila, ut uno vocatu omnes curias in suffragium
cocci, eaeque singulae in singulis consaeplìs suffragium
per tabellam ferant. Itemque curalo, ut ad cistam cu-
iusque curiae ex municipibus eiius municipi terni sint,
qui eius curiae non sint, qui suffragia custodiant diribe-
ant, et uti ante quam id faciant quisqueeorum iurent,
se rationem su/fragiorum fide bona habiturum relatu-
rumque. Neoe prohibito q[uo) m[inus) et qui honorem
petenl singulos custodes ad singulas cislas ponant, con
quel che segue. Dal riscontro pertanto di questa e
d' allre Rubriche della Legge Malacitana col lipo com-
plicalo del denario di P. Nerva panni potersi ragione-
volmente inferire, ch'esso appelli ad una Legge Silia
conlenente simili accorgimenti e prescrizioni per im-
pedire qualunque inganno e soperchieria necomiziiper
l'elezione de'magistrati in Roma. Anche nel detto dena-
rio appare l'indizio della separazione di ciascuna curia
dall'altre, si che singulae in singulis consaeplìs suffra-
gium per tabellam ferant (cf.Dìonys Ant.Rom.Wll,§$).
In alcune medaglie del Municipio Uticense col no-
me di C. Vibio Marso proconsole d'Africa si leggono
i nomi e titoli accorciati de'magistrati domestici NER*
CAES ■ Q • PR • A • M • GEMELLVS F • C • D •
D • P • P -, DRV • CAE • Q • PR ■ T • G • RVFVS
F • C • D • D • P • P- (Eckhel t. IV p. 147: Borghesi
Dee. X oss. 4, 5). L'Eckhel non bene spiegò Decurio-
nes Probavere 1' ullime quattro sigle , che valgono
anzi Decurionum Decreto Pcrmissu Proconsulis , come
fu comprovato dal eh. Borghesi. L' Eckhel male al-
tresì spiegò l' altre Q ■ PR • per Quaestor PRopraeto-
re; ed il lodalo Borghesi propose d'interpretarle NE-
Rone CAESare Quinquennali PRaefeclus Aulus M-"
GEMELLVS, DR Vso CAEsare Quinquennali PRae-
feclus Tilus G"- RVFVS Faciundum Curavit: quan-
do pure non piacesse meglio di leggere NERokjs (o
DRVsi) CAEsans Quinquennalis PRXefectus ( Dee.
X oss. 5 ). E questa seconda lezione pare preferibile
all'altra anche in riguardo alla Rubrica XXIIII del
bronzo di Salpensa intitolata de Praefeclo Imp. Cae-
saris Domitiani Aug. In essa Rubrica leggesi, che se
Domiziano fosse per accettare il Duumvirato a lui
deferito dai decurioni di quel municipio, ed egli loco
suo Praefectum quem esse iusserit,is Praefectus eo iure
[loco]ve esto, quo essct, si eum Ihir(um) i{ure) dficun-
do) ex hfacj l(ege) solum creari oportuisset , isque ex
h(ac) l(ege) solus Ihir i(ure) d(icundo) creatus enei.
Codesta clausola pare contenere una innovazione falla
per adulare a Domiziano ; poiché i Prefetti de' Prin-
cipi anteriori trovansi più volte consociali ad un Ihir
del municipio nelle medaglie e nelle lapide ( Eckhel
t. IV p. 477: Orelli n. 3874 segg. ). Del resto, il ri-
petuto Ihir solus del bronzo di Salpesa dà bella luce
all' AEO • QVINQ • SOLO e AED . SOLO delle due
lapido di Giunio Tertio ( Bull. Nap. prima ser. an.
IV p. 67: an. V p. 60-61).
93-
L'Eckhel (t. IV p. 478) si trovò imbarazzalo non
poco a render ragione de' Praefecli II etri , che talor
s'incontrano nelle medaglie de'Municipii e delle Co-
lonie ; e conchiuse congetturando, in nonnuUis colo-
niis, praeter Ilviros ordinarios, lectos fuisse alios,par-
tium, si ita loqui fas est , secumlarum , eosque diclos
PRAEFECTOS //F/ftOS.Lasua congettura si fonda
segnatamente sopra una moneta di Corinto , che è
come segue ;
M • BARBATIO AN . ACILIO IIV1R • COR, te-
sia nuda di Augusto.
X P- VIBIO M • BARBA ■ PRAEF . IIVIR . COR,
colono velato che regge due bovi aggiogali aW aratro.
Ae. 7.
Egli ne inferisce, che nel tempo stesso v'erano in
Corinto e i Duumviri ordinarii, ed altri ancora detti
Praefecli Duumviri; ma l'argomento suo non regge,
sendo fondato sopra un abbaglio; poiché nel riverso
dee leggersi Publio VIBIO Marci BARBAm(non già
Marco BARBArio) PRAEFecJo IIVIRo; cioè Prefetto
del Dumviro M • BARBtVTIO , il cui nome è scritto
nel ritto della medaglia, e che sarà stato assente , o
infermo, o per altro modo impedito dall' adempiere
gli offici della sua magistratura. E tanto si conferma
pel riscontro di quest' altra moneta coloniale di Co-
rinto medesima ( Mionnet , Descr. n. 185: Morelli
fam. Pomponia tab. 4 n. II ).
P • ALVSIT • C • IVLIO II • VIR • ITER ■ COR,
tasta nuda d'Augusto.
)( L • POMP • C ■ 1VLI II • VIR COR , arco trion-
fale , in sul quale è collocala una quadriga di mezzo
a due Vittorie. Ae. 7.
Colali monete sogliono essere malmesse, segnata-
mente riguardo alle epigrafi ; e nel rovescio di que-
sta pare doversi leggere L • POMPoiiìo Cali 1VLI
VKaefecto IIVIRo, Prefetto cioè del IIVIRo C . IVLIO
memorato nel diritto della medaglia.
Riguardo ai Duumviri ed agli altri magistrati, che
per due o più volte diconsi aver sostenuta la lor ca-
rica, sì nelle monete come nelle lapide, molto im-
portante si è la legge del quinquennio che dovea frap-
porsi da una all' altra elezione, come si ha dalla Ru-
brica LIIII del bronzo Malacitano , che divieta l' ele-
zione di colui, qui minor annorum XXV erit , quive
intra quinquennium in eo honore fuerint. Così , ad
esempio, C • MINI, che dicesi III1VIR IV in moneta
di Carteia della Betica (Eckhel t. I p. 17-18) , do-
vette perseverare almeno per venti anni nella peti-
zione degli onori municipali , ed essere quasi quin-
quagenario allor ch'egli fu fatto quatluorvìro per la
quarta volta. La legge stessa del quinquennio, che
frappor dovevasi a due o più consecutive magistra-
ture, ne rende plausibile ragione dell'incontrarci che
facciamo in Quinquennales ilerum , e Quinquennales
terlium; giacché colui che era stato in un dato anno
II • VIR • QVINQm«a7/s, passato il legale quinquen-
nio, polca di bel nuovo essere eletto e coprire la
slessa carica ITERum TERlium, e via dicendo ; non
g'à PER^mo, come suppose l'Eckhel(t. IV p. 476,
477 ), tratto in inganno dal QVINQ • PER di una
moneta di Bulroto , nella quale anzi dee leggersi
QVINQ • TERT (Rorghesi, Decad. XI, oss. 6).
L' Eckhel prese abbaglio altresì nell' asserire , che
i Quinquennales non differebanl a Hviris ordinariis ,
nisi quod hi annui fere csscnl,illi quinquennio rei sum-
mae praeessent. Il Forcelliui ed il Furlanetto ( Lexic.
s. v. Quinquennalis § 4 ) di già s'erano accorti, che
la Quinquennalità annua tantum fuisse videtur ; e di
recente i chb. Zumpt ed Ileuzen [v. Annali arch. t.
XXIII p. 6-1 3, 35) hanno comprovato , che la Quin-
quennalilà non fu altrimenti magistratura peculiare,
ma sibbene aggiunta nell'anno del lustro all'uffizio
dei duumviri o quatluorviri iuri dicundo, che perciò
in un tal anno devono mancare ne' fasti municipali.
L* Eckhel medesimo poi rellamenle spiegò il titolo
PR • QVIN delle monete di Leplis della Siriica per
VRaefeclus QWINquennalis, benché lasciasse in incerto
la ragione di colale appellazione. Del resto, l'ultimo
esempio che s' incontri di un Prefetto Quinquennale,
faciente le veci di un personaggio della casa Augusta,
forse sarà quello di M. Cominio Quinto , che in una
lapida di Sarmizegetusa della Dacia dicesi PRAEF ■
Q • Q • PRO -ANTONINO ■ IMP (Bull arch. 1848
p. 186); cioè di Antonino Pio, che nell'anno 139,
secondo del suo impero, fra l' altre proviucie che gli
presentarono doni ed ossequio, nelle sue monete rap-
94 —
presentò anche la DACIA (Eckhel (. VII p. 5). Quindi
(orna assai probabile , che i decurioni di Sarniizege-
lusa deferissero la magistratura quimjuennalicia ad
Autouino Pio nel bel primo anno del felice suo im-
pero, allorcbè la Dacia gli fece il presente dell'oro
coronario.
C. Cavedoni.
SuW autenticità de bronzi di Sàlpensà e di Màlica.
Le iscrizioni , sulle quali il cb. Cavedoni ha disteso
il «lotto articolo che precede , sono state recentissi-
mamente sottoposte a severa critica dal eh. giurecon-
sulto francese sig. Cav. Laboulaye, in un particolare
opuscolo che ha per tìtolo — Les tables de bronze de
Malaga et de Salpesa traduites et annotéespar Èdouard
Laboulaye — Paris 1856 pag. 50 in 8. Il dotto scrit-
tore ne fa sapere che alla prima lettura di quei mo-
numenti concepì non lievi dubbii sulla loro autenti-
cità, sebbene nessun sospetto di simil natura si fosse
presentalo alla mente del eh. Mommsen, che ne fece
la illustrazione, né del eh. Huschke, il quale ritenne
come sicure queste leggi da lui appellate legcsFlaviae
(Gaius , Beitràge zur Kritik etc. Leipzig, 1855 p.
li). In un primo paragrafo il sig. Laboulay offre la
storia della scoverta, osservando che le due tavole rin-
venute nel medesimo sito appartengono a due città dif-
ferenti. La più grande contiene un frammento della
legge municipale di Malaga ; la più piccola un fram-
mento della legge municipale di Salpesa: e queste due
leggi ( aggiunge l' autore) suppongono che le due città
hanno il jus Lalii , o piuttosto non so guai drillo più
favorevole che il jus Lalii , senza essere anoora il jus
civitatis. Avverte il sig. Laboulaye che Malaca è detta
nel bronzo Municipium Flavium Malacitanum, e ne\-
Y altro Salpesa è chiamata Municipium Flavium Sal-
pensanum: non trova per altro alcuna difficoltà né nel
nuovo epiteto di Flavium dato al municipio di Malaca,
né nella ortografia Salpensanum in vece della più co-
mune Salpesanum.
Nel §. 2 il signor Laboulaye presenta alcune os-
servazioni sulla scoperta medesima, notando la stra-
nezza del fatto di essersi in Malaga ritrovata una legge,
che concerneva ad un'altra città: che il nome di Do-
miziano vedesi raso dalla tavola di Malaca , mentre
si è conservato in quella di Salpesa : che quei monu-
menti sono rimasti tanti secoli sotterra , conservati
intatti, rimanendo tuttora parte della tela di filo che
li copriva. Vi è mai (dice 1' a. ) un secondo esempio
di antichità sì tniracolosamenle conservale ? Conviene
peraltro il signor Laboulaye della difficoltà di una
falsificazione di questo genere ; essendo il peso de'
due bronzi niente meno che 264 libre di Casliglia.
Altri dubbii presenta I'a. sulla disposizione delle
colonne , e su' caratteri delle iscrizioni ; ed avverte
che la voce rubrica gli sembra usala in quel senso
che dar le sogliono i glossatori. Altre più gravi dif-
ficoltà sorgono, a giudizio del giureconsulto francese,
dalla parte legale de' due monumenti. Egli osserva
ehe questa legge isolala , la quale non si accorda con
Gaio, e che ci rivela un dritto del tutto nuovo e spesso
poco ragionevole , quelle forme irregolari , quello stile
di una latinità sospetta, non sembrano conciliabili con
la severità della giurisprudenza romana.
Ne' due ultimi paragrafi il signor Laboulaye riporta
il testo del bronzo di Salpesa, e di quello di Malaga,
con la versione francese a fronte , ed aggiugnendo
copiose annotazioni. A noi riesce impossibile seguire
la. in queste particolari discussioni, concernenti ole
espressioni e la lingua , o la parte legale : e ci pro-
poniamo dirne altrove più largamente. Solo voglia-
mo qui riportare la conchiusione di tutto il lavoro.
« Se il lettore , egli dice , ha avuta la pazienza di
seguirmi in questo studio minuzioso , avrà veduto ,
io credo , che la lingua del nostro monumento lascia
molto a desiderare per la data che gli si attribuisce;
che le islituzioni di Malaga erano differenti da tutto
ciò che si conosce e si suppone oggidì , che il citta-
dino di Salpesa o di Malaga non aveva nulla ad in-
vidiare a' cittadini di Roma , perchè aveva i medesi-
mi dritti civili , e tali dritti politici che mancavano
alla metropoli. Tutto ciò è straordinario. Ciò che non
1' è meno, e che questi privilegii non abbiano lasciato
alcuna traccia né nella giurisprudenza , né nella sto-
95 —
ria. In oltre è mestieri notare che a differenza di tulle
le scoverte , queste leggi non vengono a dar luce ai
testi che possediamo , ed a mostrarci i nostri errori
e nuove verità. Se le tavole di Malaga sono vere, le
noslre conoscenze non han punto cangiato , la con-
dizione delle città latine è sempre la stessa, non fuvvi
altra eccezione che per una città di Spagna. Ecco un
risullamento nuovo in erudizione ».
« lu quanto alle persone, che dolale di una fede più
robusla , non saranno scosse dalle mie obhiezioni , e
troveranno che una simile frode è impossibile a sup-
porre, io rispedo la loro esitanza, perchè sento tutto
ciò che vi è di imponente nella esistenza medesima di
queste tavole ; ma io dimando di sospendere la mia
adesione, sinché la scienza mi abbia dimostrato il mio
errore , e serberò per me una saggia massima , che
ci vien dalla Spagna , e che non va meglio adottata
che in fatto d' iscrizioni : di tulle l» cose più sicure, la
più sicura è dubitare ».
Ho voluto distesamente riportar l'estratto dell'opu-
scolo del signor Laboulaye, perchè si comprenda tutta
la portata delle sue osservazioni.
Non ostanle la dottrina e l'ingegno, che palesala,
nella esposizione de' suoi dubbii, noi conlessiamo che
1' animo nostro non saprebbe entrare nella sua per-
suasione. La storia delle falsificazioni non offre nulla
di simile in fatto di epigraGa. Monumenti di un no-
tabile valore materiale , di un lavoro difficilissimo e
complicato portano in sé la impronta della verità. Noi
non conosciamo la superGcie esterna de' due bronzi
spagnuoli ; né una tale cognizione par che si abbia
dal signor Laboulaye. Ma dalla relazione del signor
de Berlanga, a cui si attiene il dotto accademico fran-
cese , non risulta questa perfetta conservazione che
si reputa incredibile: e la stessa tela, che si dice ade-
rente al bronzo, è una dimostrazione dell'ossido pro-
dotto dal tempo, sebbene fossero quelle tavole difese
dalla umidità. E mi piace a questo proposito citare
un simile fatto acquistato recentemente alla scienza.
Dalla ultime scavazioni Cumane di S. A. R. il Conte
di Siracusa vennero fuori alcuni vasi di bronzo, nella
parie interna de' quali veggonsi i residui di una tela
aderente al metallo mercè la ossidazione: e quella tela
appare in alcuni punii conservatissima , non avendo
subito dal tempo la menoma disorganizzazione. Cer-
tamente ad un occhio pelilo basterebbe un solo sguar-
do per convincersi dell' autenticità de' novelli bronzi,
o della loro falsità. La forma de'caratleri, e la patina
dell'antichità sono le migliori dimostrazioni in questo
genere di monumenti : e dobbiamo supporre che agli
occhi del signor de Berlanga, e degli altri dotti Spa-
gnuoli, non si affacciarono sospetti di falsità.
Non deve poi far maraviglia che siesi ritrovalo in
Malaga anche l'altro frammento relativo a Salpesa.
Chi può giudicare delle vicende de' secoli , ed inda-
gare i motivi di simili passaggi di monumenti da un
luogo ad un altro? Questi due frammenti non erano
collocali nel loro primitivo sito: e perciò , ammesso
il loro trasferimento da uno ad altro sito, non è ne-
cessario investigare per quale volontà umana, o per
qual forza di circostanze , si veggano ravvicinati.
1 monumenti epigrafici presentano non poche volte
il nome di Domiziano : sicché non dee riputarsi va-
lida opposizione il vederlo conservato nel bronzo di
Salpesa. Anzi questa circostanza allontana il sospetto;
giacché un falsario , che aveva pensato a cancellar
quel nome dalla iscrizione di Malaca , non avrebbe
omesso di fare altrettanto per quella di Salpesa. Del
resto l'esame de' due monumenti dà una ragione di
questa particolarità. Nella legge di Malaca non si no-
mina che una sola volta quel romano imperatore, al-
lorché si parla del giuramento pel suo Genio ^d'al-
tronde i Malacitani non si mostrano particolarmente
attaccati a quell'uomo. Tutt'altro si osserva nel bronzo
di Salpesa, nel quale apparisce una predilezione pel
romano imperatore , da cui quel!' antico municipio
esser dovè non poco beneficato e proletto. Frequen-
temente si fa menzione di Domiziano , al quale sono
particolarmente applicate alcune rubriche della legge,
le quali coli' abrasione del nome non sarebbero più
possibili , ed avrebbero dovuto assolutamente annul-
larsi. Ecco dunque la necessità di conservare il nome
di Domiziano in tutta la legge , non potendo venire
scancellato da per tutto.
Io non parlerò minutamente della lingua usata nelle
due iscrizioni. Essa è abbastanza elegante il più delle
— 9G -
volle : e ci parrebbe assai difficile che un moderno
falsario imitasse così bene le forinole e le frasi della
romana legislazione. Le stesse scorrezioni provano la
inesistenza della frode. Non può accoppiarsi la dottrina
necessaria per immaginare una simile contraffazione
con errori di ortografia e di lingua: e del resto non è
nuovo osservare nelle antiche lapide o in metalliche
epigrafi sbagli ed errori notabilissimi; specialmente
trattandosi di municipii tanto lontani dalla metropoli.
Tale senza dubbio dee considerarsi il priusquam de-
curiones conscriptive hàbeanlur del bronzo di Salpesa,
cbe va attribuito alla poca esattezza nella lingua delle
colonie. Noi però non metteremmo tra gli errori la
voce rubrica. Senza negare la significazione di tal pa-
rola , come la intende il sig. Laboulaye, osserviamo
cbe così fu adoperata nelle due nuove leggi ispaniche,
quando furono proposte in albo,o in altro modo pub-
blicate. Né doveva sopprimersi o cangiarsi la parola,
allorché vennero incise in bronzo. Questa seconda o-
perazione , destinata a dar forma durevole a quelle
leggi, non poteva cangiar le frasi della primitiva pro-
mulgazione.
La quislione de' dritti particolari ed irragionevoli
de' cittadini di Salpesa e di Malaga si rannoda ad altre
qui st ioni epigrafiche, che non osiamo per ora toccare.
Le antiche iscrizioni ci fornirono alcune particolari
istituzioni de' municipii , le quali furono soggette a
svariate ricerche. Senza dubbio il dritto municipale
de'Romani subì notabili varietà ed eccezioni, le quali
ci vengono di giorno in giorno insegnate dalla epi-
grafia: e quindi non dovrà far maraviglia che inuovi
monumenti vennero ad allargare le nostre cognizioni
sopra due municipii della Spagna.
A queste generale osservazioni si aggiungano i ri-
scontri numismatici ed epigrafici dottamente notati
dal eh. Cavedoni: e si vedrà che idubbii dell'illustre
giureconsulto francese in gran parte si dilegueranno.
Ed io sarei lusingalo , se la discussione del bullonino
napolitano valesse agli occhi del mio onorevole collega
a far riprendere ai bronzi di Salpesa e di Malaca quel
posto interessante che loro accordarono, nell'antica e-
pigrafia e nella romana legislazione, i dotti filologie
giureconsulti , che impresero a favellarne.
MlNEItVlNI.
Iscrizione romana presso Chiusi: da lettera del eh. Ca-
vedoni all' Editore del presente bulletlino.
Le mando una nuova e bella iscrizione notifica-
tami dall' egregio Mons. Antonio Mazzetti Vescovo
di Chiusi, che in sua lettera mi scrivea quanto segue:
« Le trascrivo un' iscrizione Romana che leggesi
in una lapide di travertino alquanto frammentata e
spugnosa, per lo che qualche lettera rimane ambigua;
la quale fu trovata presso le mura di Chiusi nello
scasso che fu fatto due anni sono , per rettificare una
strada ; e fu donata a me per collocarla colle altre
sotto il portico del Vescovado:
DEIS AMBROSIALIBVS
I VETTIVS PRIMVS
DDL
Questa è la prima iscrizione che abbiamo trovata
col Deis Ambrosialibus, invece (credo io) di Immor-
talibus ».
Io non saprei che aggiungere alle parche e savie
parole di Mons. Mazzetti , se non che 1' uso del tra-
vertino e la scrittura arcaica DEIS mostrano che
questa importante iscrizione spetta forse a'primi anni
dell' Impero , od anche agli ultimi della repubblica
Romana. Per simile modo DEI PENATES ricorre
ne'denarii di C. Antio Restione impressi nell'anno
Varroniano 706. Le sigle DDL parmi che debbano
spiegarsi Donum Dal ( o Dedit ) Libens ; anzi che Do-
navit Dedicavit Libens , come spiegava l' Orelli ( voi.
II p. 458).
C. Cavedoni.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 87. (13. dell'anno IV.) Gennaio 18Ó6.
Medaglie inedite o rare. — Monumento degli Scabillarii in Pozzuoli.
Medaglie inedile o rare.
Pria di gassare a dir qualche cosa delle varie me-
daglie da noi pubblicate nella nostra tavola I, avver-
tiamo che nell'anno III di questo bullettino pag. 157
lin. 12, per errore tipografico si legge SE • POS ■ C .
BAB , invece di SE • POS ■ P • BAB.
NEMAVSVS
GAIXIAE NARBONENSIS
1 . Coccodrillo legato presso un albero di palma e
COL NEM.
)( // tipo è cancellato : solo è visibile in parte la epi-
grafe ...S\R VI ... PI. 6.
Presso il sig. Sambon.
Non pare che questo piccolo piombo di Nimes pre-
sentasse nel ritto le due solite teste di Augusto e di
Agrippa. Atteso Io spazio e la situazione della epi-
grafe , sembra piuttosto che vi fosse la sola testa di
Augusto, colla iscrizione in giro 1MP ■ CAESJAR ■
PP[DIVI • F • AVG.
Non saprei se il nostro piombo debba ritenersi sic-
come una tessera , o piuttosto siccome un saggio di
vera moneta. N' è dato tutti i giorni di osservare in
piombo questi saggi di vere monete in tutte le classi
dell' antica numismatica : ed il eh. sig. Principe di
San Giorgio possiede una bella raccolta di piombi ,
co' tipi di non poche città della Magna Grecia , e di
altre regioni. Ci proponiamo di presentare in altra
occasione alcune ricerche su queste medaglie di piom-
bo , e sul loro uso nell'antichità. Traile medaglie di
Nimes ne conosciamo dello 6tesso modulo del piombo
jjìno ir.
che illustriamo : ed una con differenti tipi ne riporta
il Mionnel (suppl. t. I p. 141 n. 1 15). Questa, atteso
il suo piccolo modulo , dee riputarsi un quadrante ,
per la riduzione dell'asse avvenuta a tempi di Augu-
sto; giusta le ricerche del dottissimo Borghesi (Cave-
doni numism. biblica p. Ili seg,). Egli osserva come
il sistema romano si estese benanche alle colonie, ci-
tando particolarmente Nemausus, la cui moneta co-
mune è da lui giudicata un dupondio ( vedi la pag.
129 s.). Un'applicazione di queste medesime ricer-
che vedesi fatta dagli egregi signori Francesco e Lu-
dovico Landolina Paterno de' Baroni di Bjgilifi alle
monete consolari battute in Sicilia ( vedi la loro Mo-
nografìa delle monete consolari-siade sull' ultima di-
minuzione dell' assario romano — Napoli 1S52 in 4).
Intanto mi piace di osservare che il quadrante di Ne-
mausus indicato dal Q ed il piccolo semisse colla let-
tera S erano stati già ben determinati dal eh. de la
Saussaye (numism. de la Gaule Narbon. p. 166). È
notevole il titolo di PP, che dassi ad Augusto Del no-
stro piombo. Da questo confronto però non ci ripu-
tiamo autorizzali a credere doversi in egual modo in-
terpretare le stesse sigle nel dupondio della colonia
medesima. L' Eckhel fece la osservazione, che quella
moneta dovea credersi coniata dopo il 751 , in cui
Augusto assunse quel titolo (doctr. voi. I p. 70). Ma
il Borghesi si oppose ad una tale avvertenza , osser-
vando doversi spiegar quelle sigle piuttosto Vermissu
Vroconsidis ( Cavedoni op. cil. I. e. ). Non vogliamo
qui rammentare un' altra spiegazione proposta per
futili ragioni dal sig, Menard {hutoire des ant. de la
ville di Nimes pag. 86 ). Più giusta parrebbe la spie-
gazione del sig. Bar. de Lagoy Patronus Parens , ti-
toli che trovansi dati ad Agrippa pelle medaglie di
13
— 198 -
Galles (vedi il eh. de La Saussaye numism. de la Caule
Narbon. p. 170); se quelle sigle potessero riferirsi
ad un solo di quei due personaggi. In qualunque mo-
do, il piombo ehe pubblicammo, offrendoci il PP dopo
CAESAR non ammetterebbe altra spiegazione ehe
Valer Valline : e dovrebbe quindi giudicarsi posteriore
al 751 , giusta la osservazione dell' Eckhel. Potrem-
mo intanto nel PI riconoscere invece il principio del
DIVI ■ F; nel qua] caso rimarrebbe la moneta senza
una precisa cronologica determinazione.
NEAPOLIS CAMPANIAE.
2. Testa imberbe laureata a d., innanzi NEono-
AITQN.
)( Toro a volto umano a d., sopra astro, sotto la li-
nea de' piedi MA ••• Ae. 8 1/ì
3. Lo slesso tipo: manca la epigrafe,
)( Lo stesso tipo: sotto MA© ••■ Ae. 81/,
Queste due monetine appartengono al sig. Sam-
bou. Noi già ne facemmo altrove menzione, pensan-
do forse a Maliesa (v. l'anno III di questo bidlellino
pag. 1 54 ). Ma una migliore osservazione ci ha con-
vinto che la epigrafe è MAR ••• non MAA-", e per-
ciò riteniamo senz' alcun dubbio che ci si presenti
un nome di magistrato, forse MA0wv. Altra moneta
di Napoli pertinente al sig. Lauria fu da noi recen-
temente pubblicata [Saggio di osservazioni numisma-
tiche tav. I n. 5, p. 68), nella quale sotto il toro leg-
gesi il nome ••• A* ■■■ in parte roso dal tempo. Non
so se debba in questo luogo rammentarsi ilXAQlA^
di altra napolilana medaglia ( Mionnet suppl. t. I p.
235 n. 302 ), che il sig. Raoul-Rochetle paragonava
al nome di Capua , ed a tutta una famiglia di nomi
greci Kaphisos, Kaphisias, Kaphision (fouilles de Ca-
pone p. 7) . Non è però da richiamar certamente il
preteso XA<I>OAINI di altra medaglia , siccome fa-
cemmo osservare in altro luogo di questo bulleltino
(an. II p. 109).
NEAPOLIS et STJESSA.
1 1 . Testa di Apollo laureata a $., innanzi NEOITO-
WTQN.
)( Toro a volto umano , sopra Vittoria che lo inco~
rana, sotto SVESAN. Ae. 8 '/,
Questa magnifica medaglia , della collezione San-
tangelo, è perfettamente conservata, e dimostrasi bat-
tuta a bella posta per celebrare una concordia e fe-
derazione tra Napoli e Sessa. Ricordiamo che altra
medaglia fu rammentata dal Carelli , ed in tal modo
descritta:» Capui Apollinislaurealum ad s.;a?UeNEO-
IIOAITON )( Taurus facie humana gradiens ad d.
a Victoria supervolante coronalus , ad cuius dextrum
femur litterae extanles •••VESA ••• in area IX, infra
stella. Numus Suesanorum a Neapolitanis recusus. Su
di che notava pure il dotto Avellino, doversi creder
di fatti una moneta ribattuta (I). Un tale confronto ,
lungi dal farci considerare in simile guisa la medaglia
rarissima della raccolta Santangelo , dimostra vero
per l'opposto quanto sul principio avvertimmo. Il si-
gnor Riccio annunzia di possedere un'altra interes-
sante medaglia della medesima concordia; se non che
offre le epigrafi in silo diverso, giacché presso la te-
sta di Apollo è la leggenda SVELANO, e sotto il toro
è la epigrafe NEOIIOAITON (sic) (re/?, num. p. 11).
Studiando queste medaglie crediamo esser possibile
indagare in qual circostanza furono probabilmente
coniate.
Noi già di sopra (an. III pag. 98) ricordammo si-
mili alleanze fra Cales ed Aquino, Suessa e Cales, Nea-
polis e Cales: ed a noi sembrava che tali federazioni
dovessero riportarsi al tempo delle puniche guerre.
Ora giudichiamo opportuno il ricordare che appunto
nella guerra annibalica la storia ci presenta una cir-
costanza , che darebbe di quel fallo una probabile
spiegazione. Racconta Livio che nel fervore di quella
terribile guerra si fecero congressi fra'Latini ed i so-
di de' Romani : fremilus inlcr Laiinos sociosque in
conciliis orlus. Vedevano le loro città impoverite
dalle continue leve e dagli ajuli prestali a Roma , e
decisero alcuni di quei popoli di rimanersi neutrali,
e di negare alla loro metropoli attivi sussidii. Delle
trenta colonie romane dodici osarono venire a que-
sto fermo partito : furon tra queste Suessa e Cales.
(1) Per equivoco sospettammo altrove ehe pur la moneta del Ca-
relli riputar si potesse di federazione : an. HI p. 98.
— 199
Fu allora che in Roma si meditò di castigare quelle
colonie riputate ribelli , perchè non avevan voluto
dare il sangue e gli averi , per resistere al nemico
conquistatore (Liv. lih. XXVII, cap. IX). Ognun ve-
de essere per quelle città riluttanti un supremo mo-
mento, pieno di rischi da parte di Roma e da parto
del comune nemico. A sostener dunque la loro neu-
tralità fu d' uopo confortarsi con alleanze fra loro ,
che ne accrescessero la possa.
Allora appunto dobbiamo immaginare che le città
Campane , le quali si trovavano costituite nella me-
desima circostanza, facessero tra loro alleanza; e per-
ciò le monete ci presentano questa unione fralle due
Sucssa e Calcs, ambedue quasi ribellanti alla terribile
Roma (Riccio reperi. num. p. 12). Né conlente di
questa stretta colleganza ricorsero entrambe a quella
con Napoli, offrendoci le monete appunto queste due
federazioni. Pare che Aquino si tenesse fedele a' Ro-
mani, ma non corrispondesse all'invito di prestar loro
i domandati soccorsi, giacché Tito Livio non ne ram-
menta il nome , nella enumerazione delle città che
prestarono ajuto alla Romana repubblica (Lib. XXVII
e. X).
Ecco dunque il motivo dell' alleanza da noi rico-
nosciuta fra Caìes ed Aquino, la quale esser dovè una
delle città latine, che in quel momento fremevano pei
disastri della guerra, e che si spinsero a negare mez-
zi e soldati per costringere i Romani alla pace : 57
consenlientes in hoc socios videant Romani, profecto de
pace cum Karthaginiensibus ingcnda cogilaturos. A-
vuto riguardo alle esposte ragioni , ed alla fabbri-
ca delle medaglie che ben si riferisce all' epoca da
noi additata, non che alla epigrafe latina di esse, non
sarà forse da riGutare la nostra conghiettura sulla
occasione, in cui quelle monete furono probabilmen-
te battute.
ASCULUM APULIAE
4. A, nel campo sotto tre gioielli.
)( Fulmine Ae. 10-(-
Questa moneta posseduta dal sig. Sambon è quel-
la slessa , di cui dicemmo nel III anno del presente
bullettino p. 172: ed a quelle osservazioni rimandia-
mo il lettore , senza che sia mestieri di qui ripro-
durle.
RUBI APULIAE
19. Testa di Minerva galeala a d.
)( Ercole che pugna col leone, presso al dorso di Er-
cole PY, sotto il gruppo %l Ar. 5
Questa monetina , posseduta dall' avvocato Sig.
Luigi Minerviui, è stata pure da me precedentemente
accennata in questo hdlcltino (an.III p.158): e sicco-
me fu allora da noi illustrata insieme con altre simili
provenienti da altre collezioni , nulla crediamo di
soggiungere alle cose per noi osservate.
TEATE APULIAE
6. Testa femminile ornala di diadema e di orec-
chino a s. dietro A
)( Giovine nudo a cavallo con tenia svolazzante, colla
destra appressa un ramo alla testa del cavallo, traile cui
zampe è un piccolo delfino : epigrafe TI A Ar. 8 7»
Questa bella moneta è posseduta dal sig. D. Do-
menico de' Baroni Oliva.
Interessante ci sembra questo didrammo , perchè
offre una variante da quelli già conosciuti ( Avellino
opusc. t. II p. 68: Friedlaender osk. Miinzen tav. VI
cf. pag. 49 seg.) ; ed anche pel carattere particolare
della testa femminile nel ritto. In tutte le monete fi-
nora conosciute la epigrafe appariva TIATI o così di
seguito , o divisa in due parti nel campo ; più ve-
devasi anche al rovescio la lettera A. Nel nuovo e-
semplare la lettera è presso al collo della lesta fem-
minile, e nel rovescio non si è segnalo mai altro che
TIA vedendosi il diritto pronto ed intatto. Riconoscer
potremmo un'abbreviazione del solito TI ATI; sebbene
non a torlo abbia sospettalo il eh. Gervasio che il
nome greco della città fosse TIA (antiche iscriz. esist.
in Lesina p. 21. ). Nelle altre monete , ove si vede
TIATI e poi A (come sono quelle riportale dall'Avel-
lino e dal Friedlaender), potrebbe tnluno legger TIA-
TI A, ri chiamando la omonima città de'Marruciui detta
— 200 -
«la Tolommeo Teecrs* ( lib. HI, e. 1 § 60.). In quan-
to al tipo del rovescio, ha già osservato il Millingen
doversi ravvisare la influenza di Taranto sulle vicine
contrade ( eonsidér. p. 156).
TARENTUM CALABRIAE.
5. Diota , epigrafe KA
)( Liota, tre globetti Ar. 47»
Presso il Sig. Lamia.
Questa monetina appartiene senza dubbio a Ta-
ranto, ed è somigliante ad una intera serie, che ve-
desi riportata in gran parte dal Carelli (Tab.CXVHL)
In alcune di queste monetine vedesi il T iniziale
della città, in altre simboli variati, e diversi nomi di
magistrali: ora Ar', ora AP, MT, AA, A, Eli, r-E
XA, CA, hH, 01, T, S, h 01.
11 Cavedoni li ricorda tutti riuniti nella illustra-
zione alla cit. tavola p. 59.
Dello stesso modo va considerata la epigrafe KA,
nella quale ravvisiamo parimenti un nome di magi-
strato.È poi noto che la iniziale K s'incontra ne'nomi
di magistrati di altre medaglie tarantine ( Fiorelli os-
servazioni p. 41. Avellino Italiae vet. num. pag. 82.
segg. del t. 1 .) anche collo stesso tipo delle due dio-
te. Col tipo della testa di cavallo leggonsi propria-
mente talora le lettere KA( Avellino l. e. pag. 83 n.
485).
Abbiamo credulo opportuno aggiungere questo
novello esempio , o che creder si deggiano indicati
due nomi diversi colle due lettere K A, ovvero piut-
tosto un solo come in non pochi altri degli esempii di
sopra riferiti.
METAPONTUM LUCANIAE
7. Protome del loro a volto umano a d., innanzi 0
)( Spiga, a d. forse grano d' orzo , a sinistra
3M Ar. 4.
Presso il Sig. Sambon.
Una moneta presso a poco simile fu pubblicata dal
.Millingen {Suppl. aux eonsidér. pi. 1 n. 2.); ed al-
tra è posseduta da'Signori Santangelo , perfettamente
della medesima fabbrica. Quella del sig. Sambon è di
fabbrica differente, ed offre talune particolarità, sulle
quali richiamar dobbiamo l'attenzione dVnumismatici.
Già avvertiva il Millingen vedersi la tesla dell' A—
cheloo , come nelle monete dell' Acarnania ( Op. cit.
p. O.J.
E questa protome di fronte si osserva altresì nelle
piccole monetine napolitane di argento, ove lo stesso
Acheloo va ravvisato.
La numismatica di Metaponto chiarisce pur la si-
gnificazione del toro a volto umano nelle medaglie
della Campania.
11 sig. Millingen già ne fece la osservazione, pub-
blicando la classica medaglia del sig. Duca deLuynes
con la figura intera dell' Acheloo ed intorno la epi-
grafe AXEAOIO A&A ON ( Ancienl coùispl. I n. 21
pag. 17 e segg. supplém. aux consid. pl.I n. 1). Alla
quale moneta fa bel riscontro 1' allra pubblicata dal
eh. Fiorelli , ove il fiume è rappresentato col corpo
umano e la intera testa taurina (Mon. ined. dell'hai.
lav. I n. 10 pag. 8, seg.). Anche il Carelli ne offre
una nelle sue tavole ( tab. CLVI1I n. 149 , vedi Ca-
vedoni p. 83 edit. Lips. ) Questa maniera di rappre-
sentar l'Acheloo , alquanto diversa da quella che si
osserva adoperata nella numismatica dell' Acarnania,
e della Campania, dee ripetersi dallo stesso principio
che dar fece al Centauro Chirone la parte anteriore
del corpo affatto umana colle braccia e colle gambe
di umane forme : il che è stato osservato non solo
nella cassa di Cipselo, e ne'bassirilievi di Assos ,ma
benanche ne' vasi volcenti, ed in altri vetusti monu-
menti (Braun negli annali dell'Istituto 1836 p. 61 s.);
sebbene apparisca pure in monumenti di epoca più
recente , come nel gran vaso ruvese del real museo
Borbonico illustrato già dal eh. Quaranta, e poi dallo
Schulz ( Amazonen-Vase wn Ruvo pag. 8 ). Una tale
particolarità sembra dovuta ad arcaismo : e forse nelle
due monete di Metaponto dee supporsi omesso il corpo
bovino , offrendosene la sola parte anteriore. In que-
sta idea, le forme usate nelle due citate medaglie sono
da ritenere una modificazione del toro a volto uma-
no, rappresentante 1' Acheloo ( così nel celebre vaso
dipinto Agrigentino, Millingen Transact. R. Soc. II,
201
1 p. 9o ); non altrimenti che il Cenlauro ci si offre
or col solo busto umano , ora con tutta la persona
umana nella parie anteriore. Se queste osservazioni
tendono a dileguare le difficoltà che da quelle due
Melapontine medaglie far si potrebbero contro la
identità del mostro effigiato in esse e di quello figu-
rato nella numismatica della Campania , altri fatti
acquistati recentemente alla scienza vengono a dimo-
strare che f Acheloo fu pur talvolta in Metaponto
rappresentato siccome un toro a volto umano. Già la
posizione obbliqua del collo nella monetina da noi
pubblicata accenna ad un corpo di animale piuttosto
che umano: e Io stesso va detto più chiaramente per
la simile monetina edita dal Millingen. Ma a questi
fatti va aggiunta un' altra monetina di bronzo posse-
duta e descritta dal sig. Riccio , la quale presenta il
mezzo toro a volto umano barbato e la epigrafe ME-
TAII ( Reperì, num. p. 72 ).
Come potrà dunque dubitarsi della identità di si-
gnificazione nella numismatica di Metaponto ed in
quella della Campania, se veggonsi in entrambe adot-
tate le medesime forme del simbolico mostro?
Tornando alla nostra monetina , osserviamo che
vedesi presso la testa dell'Acheloo un Ore senza dub-
bio mi sembra che accenni al valore della moneta che
dovrebbe riputarsi un obolo. Così trovasi indicato un
tal valore nelle greche iscrizioni ( Franz, eleni, epigr.
gr. pag. 348 ): così pure nel magnifico vaso dc'Per-
siani ora nel real museo Borbonico fu da noi ravvi-
sata una simile forma dell' obolo ( vedi questo ballet-
tino an. II p. 132): e la stessa numismatica di Me-
taponto ci fornisce gli esempli nelle monete di rame,
le quali per una notabile eccezione portano indicato
il valore , ora coli' intera voce OBOAOS , ora con
un 0 perfettamente come nella monetina del sig. Sam-
bon ( Cavedoni ad Carell. (ab. p. 84 ). Il eh. signor
Principe di S. Giorgio ha lungamente favellato di que-
ste medaglie di rame. Egli opina che sia la prima
volta che si coniasse il bronzo , e perciò se ne scri-
vesse il valore : ed osserva che la moneta di argento
andò decrescendo di mano in mano nel peso; e con-
chiude: « Tale sminuimenlo di peso nell' obolo in-
» dica un abbassamento progressivo nel valor del-
» l'argento progredito tanto da non potersi più espri-
» mere il valore dell' obolo che nel bronzo » ( me-
morie numismatiche p. 31 seg.). Credo che il eh. nu-
mismatico dir volle un aumento progressivo nel valor
dell' argento. Questa ipotesi sembra di fatti appoggiata
dalle minime divisioni dell' argento nelle monete di
Taranto, e di altre città, le quali giungono ad una
estrema piccolezza. Il Millingen riporta a circa 300
anni av. G. C. gli oboli di bronzo , di cui dicemmo
di sopra, indicati dalla epigrafe OBOAO^: ed osser-
vando che verso la medesima epoca gli oboli erano
di argento , e pesavano da 9 a 10 grani parigini, ne
trae che quella insolita moneta, il cui peso è di molto
inferiore al valor nominale , esser dovè battuta in
una estrema circostanza della città (considér. p. 25 ).
Noi dicemmo di sopra che 1' 0 parrebbe dinotare
un obolo. Dobbiamo però notare che pochi giorni fa
ci è venuto fatto di osservare presso lo stesso sig.
Sambon un' altra simile monetina , la quale ci mo-
stra due O uno presso il volto 1' altro presso il collo
della testa dell'Acheloo. La grandezza è presso a poco
la stessa , e così pure il peso ( circa 1 8 acini di peso
napolitano); sebbene appaja di fabbrica un poco me-
no antica. Io non vorrei con sicurezza decidere se
uno de'dueO, nell'esemplare da me pubblicalo, deb-
ba giudicarsi essere uscito fuori del conio : in questo
caso dovremmo giudicarlo un diobolo , e così certa-
mente dee ritenersi dell' altro , ove si scorge un du-
plice O. A confronto di questo duplice 0 in piccole
monetine merita di essere riebiamata 1' argentea me-
dagliuzza di Locri, che offre da un lato l'Aquila stan-
te , dall' altro il fulmine con due 0. L'Eckhel ne fece
la prima pubblicazione (sylloge lab. I, 16), e dopo
di lui la riportò pure il Carelli (lab. CLXXX1X n. 2),
ed un esemplare ne ho poi veduto nella raccolta nu-
mismatica del defunto coinm. Avellino. E da notare
che l' Eckhel col suo acume si avvide che quei cer-
chietti avevano relazione al valore della moneta : Duo
circuii haud dubio pondus vel valorem mimi a Locren-
sibus constitutum indicant. (op. cit. p. 12). Solo non
si avanzò a conghietturare quale esser potesse quel
valore. Noi però non dubitiamo affatto che sia pure
indicato il diobolo ; come si trae dal confronto delle
— 202 —
uionetìue di Metaponto. Ed in quanto a queste ulti-
me è da notare che quella maniera d'indicar l'obolo
vedesi usitata nelle iscrizioni beotiche , e perciò ben
si ritova benanche adoperata in un monumento Me-
tapontiuo ; essendo troppo note le origini eoliche di
quell'antica città (Raoul-Rochette /i/sAdes colon. grecq.
voi. II. p. 60 e 311).
E a notare che questi dioboli di argento, avuto ri-
guardo allo stile ed alla fabbrica, sono molto più an-
tichi degli oboli di bronzo ; e perciò non può trarsi
alcuna conclusione dal peso comparativo di quelle
due monete. Non pertanto crediamo opportuno di
avvertire, che giusta le osservazioni delcav. Santan-
gelo , 1' obolo di argento della sua collezione pesa
acini venti di peso napolitano, e quelli del sig. Sam-
bon fu da noi riscontrato pesare da sedici a diciotto
acini circa. Or siccome l'obolo di bronzo pesa trappesi
nove ed acini quindici, se ne deduce che pesasse da
venti a venticinque volle l'obolo di argento: e quindi
non vi è più sì grande disparità fralle due monete. E
ciò è unicamente dovuto alla scoperta del diobolo ,
che dà non poca luce nella presente ricerca.
CROTON RRUTTIORUM.
8. Testa di Ercole imberbe ricoperta della pelle del
leone , innanzi RPO.
)( Tripode. Ae. 13
Questa moneta è posseduta dal sig. Oliva , ed è
già nota per la pubblicazione fallane dal Magnan
( Brult. tab. 1 19 ), e dal Begero ( thesaur. Palat. p.
176 : thesaur. Brand, t. 1 p. 332 ). Vedendo che il
Carellila trasse appunto da essi (Carell. lab. CLXXXV
u. 44; cf. Cavedoni ad h. I. p. 104) , ho giudicalo
opportuno di ripubblicarla , perchè si abbia un con-
fronto a quelle antiche pubblicazioni.
Forse la poca conservazione della nuova medaglia
avrà fallo svanire le ledere ET , che furono vedute
presso al tripode da' primi editori.
9. Tripode , a destra la epigrafe Opo , a sinistra
carchesio.
)( Tripode , a destra candelabro o timiaterio , a si-
nistra PA. Ar. 9 V-
Questa monetina del sig. Lauria ci sembra inte-
ressante per i due simboli, e per la epigrafe PA. Pare
debba in essa ravvisarsi un nome di magistrato; seb-
bene non sia troppo facile ritrovarne altri confronti.
RIIOEMETALCES I.
REX PONTI
12. Teste di Augusto e di Livia a d., innanzi il
segno del Capricorno traile cui zampe un piccolo globo;
intorno KAISAPOS 2EBAXTOT.
)( Testa di Roemetalce diademato , e della regina
sua consorte a d.; presso al collo la protome del pic-
colo Cotys V loro figliuolo , ed un monogramma : in-
torno la epigrafe BASIAEOS POIMHTAAKOT.
Ae. 10
Presso il sig. Vincenzo Caruso.
Sebbene una tale medaglia sia già conosciuta per
altre pubblicazioni (Vedi Lenormant trésor de nu-
mism. voi. des Roìs pag. 10 pi. VI n. 14), pure ab-
biamo creduto opportuno di ripubblicarla per la sua
rarità principalmente presso di noi. Il monogramma,
che vedesi nella nostra moneta, è stato benanche os-
servato in altri esemplari , ove non apparisce la te-
sta del piccolo Cotys ( Lenormant op. cit. pi. VI n.
12): e bene a ragione fu giudicato il principio del
nome del padre di Roemetalce VAl%xoinropthos. L'a-
micizia di Roemetalce verso Augusto fé prescegliere
il tipo di questo imperatore col simbolo del Capri-
corno ; e questo simbolo vedesi pure in altre mone-
tine , ove scorgi ancora un globo , come nella me-
daglia del sig. Caruso ( Lenormant op. cit. pi. VI n.
15, 16). Del reslo delle monete di Rhoemetalces I,
e degli altri due Roemelalci è da leggersi una dotta
discussione del eh. Cavedoni, alla quale rimandiamo
i lettori ( Di alcune monete antiche degli ultimi re
della Tracia , pag. 7 e segg. ) ( 1 ).
MiNERVINI.
(1) Queste nostre dichiarazioni sono esimile dal nostro Saggio
di osstrvazioni numismatiche impresso recentemente: vedi le il-
lustrazioni della lav. VI.
— 203 -
MONUMENTO DEGLI SCABILLARH IN POZZUOLI.
I
mi
Pai. 20
201 —
Monumento degli Scabillarii in Pozzuoli.
Offriamo a' lettori del presente bullettinouna pianta
dei monumento degli Scabillarii Puteolani da noi pre-
cedentemente descritto (pag. 1 e segg.). Intendiamo
di quella parte che fu possibile mettere allo scoperto,
avuto riguardo alle fabbriche soprastanti. Dobbiamo
questa pianta alla cortesia dell' egregio ingegnere si-
guor Genovese, il quale a mia richiesta ebbe la bontà
di segnarla colle sue proprie mani. Vedesi in essa la
situazione de' luoghi come venne da noi indicata: ed
i tre piedestalli appariscono nel sito medesimo, in cui
furono rinvenuti, due in piedi ed il terzo giacente al
suolo , e scalpellato in un angolo. Si rileva dal no-
stro disegno la irregolare forma della sala , che co-
stituiva forse un protiro del monumento : non poten-
do supporsi che qualche artistica ragione avesse fatto
presceghere quella forma per ajulo dell' armonia ,
trattandosi di persone dedite a' musicali esercizii. Si
scorge altresì l'aggiustamento dell' ingresso colleva-
rie colonne, che vi si mirano innanzi , non che quel
residuo di muro antico di fabbrica reticolata , che
costituiva un limite verso il lato che guarda il mare.
Si è pur segnata la fascia di musaico all'ingresso del-
l' edilìzio , perchè se ne abbia una certa idea. Su di
che vogliamo a* vertire , che essendo necessario rico-
prir di nuovo quei ruderi del distrutto edilìzio , per-
chè non ne venisse a patire la solidità delle fabbriche
superiori, si è saggiamente provveduto a conservare
il musaico , abbenchè in parte abbia sofferto dalle in-
giurie de' secoli. E possiamo annunziare che è slata
quella fascia diligentemente slaccata, e trasportata nel
real Museo Borbonico ; del quale non può 1' archeo-
logo e l'artista formarsi una idea precisa , mancando
i dati positivi e di fatto per raggiungerne la piena
cognizione.
Sicché di questa interessante scoperta saran con-
servati i più importanti monumenti, quali sono il mu-
saico, ed i piedistalli colle epigrafi che vi sono scol-
pite. Onde a noi sembra debba tornar piacevole la
pubblicazione del nostro piccolo disegno, che serberà
le uniche tracce possibili ad essere conservate di quel
puleolano edifizio.
Da ultimo ci rimane da osservare che la incisione
di questo disegno fu eseguita mercè il magnetografo;
nuova macchina , di cui è dovuta la invenzione alle
cure riunite del eh. signor dottor Braun , e dell'in-
gegnoso meccanico signor Guglielmo Hanzen suo ni-
pote. Essi ebbero la felice idea di applicare il magne-
tismo , questo potentissimo agente della natura , ad
ottenere incisa la riproduzione di qualsivoglia dise-
gno. È forse qui il primo saggio, che si presenti pub-
blicamente di questo novello metodo d'incisione: e noi
siamo grati al signor Braun, che gentilmente ci for-
niva il destro di adottarlo fra' primi per archeologiche
pubblicazioni. Noi ci asteniamo dal riportare il mec-
canismo messo in opera dal signor Hanzen, per ot-
tenere lo scopo che si propone ; sebbene ne avessimo
diligentemente esaminato il processo co'nostri proprii
occhi. Sarà più giusto che si lasci agl'inventori la piena
facoltà di darne altrui conoscenza. Quello però che
non possiamo tacere si è la utilità del nuovo metodo,
principalmente per alcune specie di monumenti e per
la facilità d' intercalare nel testo disegni di piccole di-
mensioni, che vengono poi impressi co' semplici mezzi
tipografici , senza ricorrere a più costosa maniera di
riproduzione. Per la occasione poi che a noi si porge
dal presente arlicolo , non sarà inopportuno di an-
nunziare che altre memorie furono lette intorno gli
scabilli e gli scabillarii da varii colleghi della reale
Accademia Ercolanese : sono questi il eh. Segretario
perpetuo signor Comm. Quaranta , ed il eh. signor
Canonico Capone. E mi giova il ricordare che que-
st' ultimo collega facendo una novella discussione,
viene a conchiudere che gli Scabillarii appartenessero
alla classe de' Tibicioi , appunto come era stato da
me sostenuto.
MlNERYINI.
Giclio Minbrvini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catàhbo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N° 88. (14. delFanno IV.) Gennaio 1856.
Scavazioni di S. A. R. il Conte di Siracusa. Continuazione dell' articolo inserito nel n. 81. — Osservazioni
dell' Editore suW articolo precedente. — Continuazione delle scavazioni Cumane. Vasellino dipinto col sog-
getto di una giocoliera. — Moneta punica di Segesla. — Bibliografia.
Scavazioni di S. A. R. il Coste di Siracusa. Conti-
nuazione dell'articolo inserito nel n. 81 (1).
1 . Iscrizioni sanniliche di Cuma.
Fra le greche tombe scoperte nella necropoli cu-
mana , una se ne rinvenne nel 1853 appartenuta a
gente sannilica , che fra molte stoviglie dorate tornò
alla luce quell' insigne karchesio con epigrafe osca ,
^inV li ^II8V da me altrove pubblicato ( Monum.
Cum. pag. 13; Bull. arch. nap. n. s. tom. I, pag.
1 63). Due stele di tufo vengono ora ad accrescere il
novero di sì pregevoli monumenti, 1' una alta palmi
4 , avendo in ciascun lato un piccolo pilastro di so-
stegno alla cornice, cui sovrasta un frontone a modo
di edicola , che porla scolpita verso la sommila in
lettere osche e retrograde l' iscrizione :
3 ITRT*
* 3 I A I *
l'altra priva di ornamento, ma con caratteri di mag-
giori dimensioni, ove leggesi
> ■ l-UR • >
Sebbene l'insolita desinenza delle voci Statie e Silie
(1) Riproduciamo queste notizie siccome vennero pubblicate dal eh.
Fiorelli in una sua recente scrittura , che ha per titolo : Monumenti
antichi posseduti da Sua Altezza Reale ii Conte di Siracusa.—
Advcrsaria epigraphica, pag. 7. in 8.
ANNO ir.
dia luogo a diverse conghietlure, pure non può du-
bitarsi eh' esse contengano il nome dell' individuo e
quello della gente cui appartenne , e che debba cre-
dersi una donna, non avendo il suo appellativo alcu-
na terminazione propria de'nomi maschili. Epperòse
il nominativo femminile comune usciva in ù , come
viù e viteliiì, parmi che quello de' proprii fosse in a
od in as, quale ne' maschili Santia, Gulta, Taurea,
Maras , non solo per esser la desinenza o indistinta-
mente usata ne'due generi dai Latini, ma perchè l'an-
tico genitivo singolare di questa declinazione fu in
as (Sosip. Charis. , Inst. gramm. lib. I, e. 10, tom.
IV, p. 9 Lindem.), quale appunto nelle osche vociei-
tuas , vereias, pas, moltas, scriftas. Avuto dunque il
nominativo Statia, Silia, la desinenza e non può spet-
tare che al dativo, come nell'umbro trebe, tuvie, tu-
ie, ikuvine, kletre, ase , ove parmi tenesse luogo del-
l'altra ai delle osche voci vereiiai, pumpaiianai, pii-
stiai, (lumai, rispondenti all'antica forma latina, au-
la! , tersai , frugiferai. Determinalo per lai modo il
caso dei due primi nomi, che volgo in Statiae Siliae,
l'ultimo Salavs certamente anch'esso di persona, non
può esser che nominativo della seconda declinazio-
ne , quale aadirans , ttiviiks , pùmpaiians , e quindi
terminato in us e diverso da'que'nomi dalle finali is
o Mi , che latinamente mutansi in ius quali pùpidiis,
aadiriis, trebiis, slaatiis. Leggo perciò S. Saìavus, che
sotto la forma Salavius rinvengo in altra iscrizione
sannilica con lettere latine , esistente a Corfinium
( Mommsen, Inscr. lat. pag. 284, n. 5379) ,e sotto
quella di Salevius in marmo di Teate de' Marrucini
(Mommsen, o. e. pag. 278, o. 5306), senza dire di
14
— 106 -
un cippo d' incerta provvenienza con caratteri molto
antichi e profondamente scolpili ora nel Mus. Bor-
bonico (sep. col. 38, 39), che porla l'epigrafe
Q • SALEVI -MI
OSSA • UIC • SITA • SVNT
la quale potrebbe credersi ancor essa cumana ( cf.
Mommsen., o. e. pag. 376, n. 6624).
Volgesi più facilmente l'epigrafe della seconda ste-
le in C. Sillius C. (filius), poiché alla voce Sitti simile
all' altra Paapi dulie monele della guerra sociale
(Friedlaender, Oskisch. Munzen p. 80, 81, 88, tav.
IX, n. 6, 9, lav. X. n. 21), va aggiunta la desinenza
is, ed il latino Silius è si frequente nelle lapidi, che
non giova iudicarne riscontri. Il non trovare ripetuta
la vocale a nel nome Stalle, quale nello Slaaliis del
marmo di Pietrabbondante (Bull. arch. nap. tom.
Ili, pag. 11, tom. IV, tav. I ; Mommsen, Unterital.
Dial. pag. 173, tav. Vili, n. 6 a); la desinenza e me-
no antica per gli Oschi come per i Latini dell' altra
ai; l'unica l nel nome Silie, scritto nella seconda stele
con duplice consonante , ne fanno credere non do-
versi questi monumenti ascrivere ad epoca molto re-
mota né ai primi anni della dominazione sannitica a
Cuma , la quale secondo Livio ebbe cominciamento
nel 335-336 di Roma , cioè 416-417 anni innanzi
l'è. v. (lib. ìv, cap. 45).
2. Iscrizioni graffite in olle di piombo.
Sulla pendice del monte Spino, che sovrasta l'an-
tica via di Pozzuoli , si sono non ha guari raccolte
fra i ruderi di un colombario sei olle di piombo,
ciascuna contenente un vaso di terra cotta con den-
tro ossa umane bruciate, e fornita di coperchio so-
vra cui è graffila un' epigrafe.
1. L- NVMISI- L- F.
SPLENDIDI- A- D- HI- K- OCTOBRES
CN LENTVLOi M- LICINIO' COS.
OLLA
2. CHREMATINE
NVMISIAE ORNATRIX
OBIE1T- VI EIDVS- OCTOBR-
PAVLLOFABIOMAXIMO QAELIO]|COS
OSSVA • CONLECTA • IV • 1DVS • OCT
EISDEM COS
DIAPHYRVS • CONSERVAE
3. L • NVMISI • L • F • OVF • TVRIANI
4. OSS NVMISIAE M F V ( v u mon. )
5. L • NVMIS • IIROTICI
6. S NVMISI CARI
Noterò in primo luogo , che di varii Numìsii di-
morati in Pozzuoli o ne'dintorni e colà sepolti, si ha
menzione dalle lapidi , da cui apprendiamo che C.
Numisio Ingenuo figlio di Caio ebbe per moglie Ce-
sia Isytiche a lui premorta ; che a Numisia Victoria
vissuta oltre 27 anni fu innalzata la tomba dalla so-
rella Felicia (Mommsen, Inscr. pag. 162, n. 3011,
pag. 172, n. 3285) ; e finalmente che C. Numisio
Heraclida forse di nazione Germano , manipolare
della trireme Victoria nella flotta Misenate, che avea
tolto in moglie Julia Celestina, morì di 55 anni aven-
done militalo 29 ( Guarini, Comm. XVIII, pag. 29 ;
Garrucci, Class. Praet. Mis. p. 76, n. 221 ; Momm-
sen, Inscr. pag. 152, n. 2803) : sappiamo da ultimo
che Numisio Romano appartenne alla quadrireme 0-
livo, che faceva parte della medesima flotta (Minervi-
ni, Bull. arch. nap. tom. I, pag. 7 ; Garrucci, o. e.
pag. 78 , n. 233 ; Mommsen , Inscr. pag. 153, n.
2804; cf. Guarini, Comm. IX, ed. 2, pag. 32). Niu-
no però dei Numisii indicati in queste lapidi ha rela-
zione di affinità con quelli di cui è serbata memoria
nei graffiti, i quali appariscono tutti individui di una
medesima famiglia dimorante in Pozzuoli , verso la
fine della repubblica od il cominciamento dell'impe-
ro di Augusto , a meno che non voglia reputarsi L.
Numisio , stipite di questa gente , provvenuto ancor
esso d' altri luoghi, ed ascritto alla tribù Oufentina ,
siccome lo era L. Numisio Turiano suo figliuolo.
— 107 —
Oltre all'ortografia delle voci OCTOBRES n. t.
ed OBIEIT n. 2 , vuoisi indicar quella del neutro
OSSVA n. 2, non rara in epigrafi di tempi meno
antichi (Orelli, Inscr. lai. tom. i, pag. 303, n. 2906;
tom. 11, pag. 540, n. 4806) , ma notevole qui per
essere usala una decade prima dell' e. v. , che ne
rammenta quel singolare in ossu paragonato da Sosi-
patro Carisio a veni ed a gcnu ( Inst. gramm. lib.
I, pag. 80 Lindem.) , che Pacuvio aveva scritto os-
simi , e Vairone diversamente da Titinnio voleva u-
scisse nell'ablativo osso (De ling. hit. fragm. 9, pag.
266 Mùller). È inoltre da osservare la forma della
II nel nome IIROTICI n. 5 , usata indistintamente
con la più comune E nel medesimo tempo , e non
estranea anche a' monumenti scritti in regioni lon-
tane dalla Campania.
Un luogo di Servio fa bel riscontro alla seconda
delle addotte epigrafi. Lo scoliaste a quel verso del-
l' Eneide Tenia lux gelidam caelo dimoverai umbram
( lib. XI, vs, 210. ) nota, che il terzo giorno ope-
ravasi ì'iffroXóyiov, come leggesi nelle glosse di Fi-
losseno, cioè si raccoglievano dalle ceneri le ossa
bruciale per dar loro sepoltura : Mos enim crai tenia
die os<a crematorum legi (tom. II, p. 16 Lion) ; e qui
non altrimenti abbiamo dall'epigrafe, che morta Chre-
maline il giorno 10 di ottobre sesto prima degl'idi,
le sue ossa furono raccolte il quarto cioè il 12. Ma
poiché i tre giorni che secondo Servio doveano scor-
rere tra la ustione e la sepoltura, li troviamo invece
passati dal di della morte, può credersi che per i servi,
i quali eran sotterrali senza pompa , fossero mante-
nuti i tre giorni del rito per comporsi le ossa nell'ur-
na , ma che questi si contassero dal dì della morte e
non da quello de' funerali. Ed officio servile si ebbe
Chrematine, la piccola indigente, che dicesi ORNA-
TR1X, cioè addetta alle acconciature del capo, sic-
come Cyparene , Nice, Gnome (Orelli, hucr. tom.
i, pag. 500 , n. 2878 , pag. 506 , n. 2933 : tom.
II , pag. 328, n. 4715), ed altre sue compagne
nello stesso officio rammentate dalle lapidi , tra cui
non è da obliare Gemella Torquata, che fu ornatri-
ce della più antica Faustina e morì nell'anno 152
dell' e. v. (Orelli, o. e. Un. II, pag. 294, n. 4448 ).
Giovi qui rammentare che queste ornatrici, della cui
arte ha sì lungamente parlato il Boelliger nella Sa-
bina , perchè potessero venir legale in testamento ,
occorreva, secondo scrisse il giureconsulto Celso, a-
vessero almeno apparalo il loro mestiere per oltre
due mesi apud magislrum , prima del (piai termine
niuna di esse veniva considerata come dotta nell'arte
sua (Digest, lib. XXXII, 65, § 3).
Delle due coppie di consoli memorate in queste
olle , la prima è Cn. (Corn.) Lentulus e M. Licinius
(Crassus)del 740 di Roma, decimosettimo dell'impe-
ro di Augusto, e 15 av. le. v. , in cui M. Agrippa
composte le insurrezioni del Bosforo ricusò il trion-
fo decretatogli dal Senato ; 1' altra spetta all' anno
743, e concerne i consoli Paullus Fabius Maximuse
Q. Aelius (Tubero), vigesimo dell'impero ed 1 1 av.
1' e. v. , nel quale Giulia vedova di Agrippa fu da
Augusto data io moglie a Tiberio Nerone (Sveton. ,
cap. 7. ). Di queste due coppie la prima soltanto è
ricordala in lapide della Campania , e propriamente
in una iscrizione pompeiana scolpita in due esem-
plari, ed appartenuta ad incerto monumento sacro a
Mercurio (Avellino, Opusc. tom. II, pag. 191, 192;
Mommsen, Inscr. pag. 117, n. 2257, 2258).
Provviene dal medesimo luogo la seguente iscrizio-
ne di marmo, trovala fra le rovine di un colombario,
sulla cui porta sembra fosse una volta collocata :
7. C • IVLIVS C • F • FAL . RVFVS . S1BI
ET • C • IVLIO MVSOGENIS ■ F • FAB
MENOP111LO • PATRI ■ ET • CVRFIAE
L • F • MAIORI • MATRI ET IVLIO.C.F
FALBASSOFRATRSVlSQ POSTERIS (tr moti.)
ed è cumano il frammento qui appresso trascritto,
appartenuto ad una tomba della via che dalla città
meuava alla selva Hamae lungo la riva del mare (v.
Bull. ardi, nap n. s. tom. IV, pag. 51).
8. [d.m.]
[...p]OMP[om]
[o]NESIPHORI
[no]NIA ' CAPITOLINA]
[paJTRON ■ B • M •
— 108 —
Parlando di monumenti cumani non voglio trala-
sciar di avvertire , che nel riprendersi gli scavi que-
st'anno abbiamo pure proseguila la traccia additala
da quei tumuli in continuazione della cella sepol-
crale della lesta cerea, e che poco discosto dalla me-
desima nel gennaio ultimo, alia profondità di pai.
16, ci siamo incontrali in un greco ipogeo tutto co-
struito di pietra senza iutonaco e con volta circolare.
Stavano addossati alle pareli i soliti poggiuoli di fab-
brica, con sopra gli scheletri de'cadaveri che vi furo-
no distesi, e presso la porla a sinistra vedeasi prati-
calo nel muro un incavo , capace di molti oggetti a
guisa di grande loculo. Sovra ciascun poggiuolo ac-
canto ad ogni scheletro eravi una strigile di ferro eoa
alquanti unguentari di alabastro , ma nel loculo an-
zidetto vedeansi collocali tre crani privi affatto di cor-
pi, uno de'quali rovescio, ossia poggiante sulla som-
mità del capo : mentre la costruzione dell'ipogeo ap-
pariva di epoca più- vetusta degli scheletri che con-
teneva, e non lasciava dubitare come in origine fos-
se servito per cadaveri più antichi di quelli , che noi
vi trovammo. Questo fatto di grande importanza
certamente e che dinota essersi aperta quella tomba
in epoca posteriore , confronta con Y altro di schele-
tri acefali sepolti in un ipogeo vicino , e fornisce
nuovo argomento in conferma dell' opinione da me
altrove emessa, e sospettala pure dal Rochelte , cioè
che quei corpi acefali fossero di Cristiani martirizzati.
Senza dire come la vicinanza dei due sepolcri potreb-
be far supporre , ì Ire cranii ora scoperti fossero già
appartenuti a quei corpi acefali , sepolti prima che
le teste venissero pietosamente involale e rinchiuse in
questa tomba, che stava così all'altra d'appresso.
Aggiungo da ultimo quattro iscrizioni marmoree,
rinvenute in Sorrento, una delle quali fu da me co-
municata al eh. Minervini ( Bull. ardi. nap. n. ser.
toni. IH, pag. 6).
9. C • 1VL1VS • CHA
RITO • VIX •
ANNIS X -
10. CHELMONIVS
FVSCVS
11. POMPEIA
AMPELIS
VIXANNL
12. D • M •
ORIENS • AVG *
VERNA
VIXANNXLVH
FlORELH.
Osservazioni deli' Editore del bulleltino sulVarticoto<
precedente.
1. Iscrizioni sannitiche di Cuma. Molto importanti
riescono queste due novelle iscrizioni sannitiche , le
quali si aggiungono a quella segnala in auree lettere
sopra di un vaso tratto da una tomba sannitica di
Cuma , di cui parlammo nel primo anno di questo
bulleltino (pag. 1C3). È probabile che anche que-
ste due nuove epigrafi debbano riportarsi ad un'epoca
presso a poco eguale a quella della sannitica tomba
sopra ricordata: e certamente tutte tre ci rammen-
tano la occupazione di Cuma fatta da' Sanniti , ed i
loro stabilimenti in quella antichissima città; sebbene
anche noi. pensiamo col eh. Fiorelli che le due più
recentemente scoperte sieno da reputare di tempi non
molto remoli. Non so se debba 1'^ finale della secon-
da linea nella prima iscrizione giudicarsi fare unione
col nome ^DFUFft. Potrebbe invece opinarsi che in
quella lettera isolata debba riconoscersi il nome del
padre di Statia: Slatiae Siliae S. filile Salavus. In qua-
lunque modo i due nomi di Statia Silia , ove sieno
da riferire ad una sola persona , ci offrono un altro
esempio di un duplice nome dato ad osei personaggi;
non altrimenti che si osserva neh" i-MnV ^II8V del
cumano vaso sopra ricordato, ed in altri esempli, che
furono da noi richiamati in quella occasione (an. I
pag. 163 segg.), e più eslesamente nel pubblicare la
osca epigrafe scritta con caratteri etruschi , la quale
si legge in un vaso di bronzo rinvenuto nell' antica
Capua {bullelt. arcìieol. napol. an. II pag. 137 seg.).
Ed a questo proposilo vogliamo avvertire che non ba
— 109 —
gnari il eh. signor Consigliere Orioli , nel presenta-
re alcune nuove osservazioni su quel capuano mo-
numento , fecesi a sospettare che non appartenesse a
Capua , ma bensì ad Orvieto , fondato sulla coinci-
denza di nomi simili in alcune epigrafi etnische di
quella italica regione ( vedi la rivista sebezia an. I p.
283 s.). Debbo pertanto dichiarare che il monumento
fu da me slesso osservato in Napoli , prische fosse
trasportalo in Roma. Io lo vidi presso il possessore
sig. Bonichi pochi giorni dopo eh' egli ne fece 1' ac-
quisto : ed a lui provenne quel vaso dalle vicinanze
di Capua. Oltre questa dichiarazione di fatto , è da
osservare : che il dialetto italico, in che si vede det-
tata la epigrafe , offre tutte le condizioni perchè sia
giudicato osco , o sannitico ; del che conviene altresì
l'illustre Orioli. Non è dunque da ricordare una epi-
grafe etrusca , venuta fuori in un sito diverso, e lon-
tano. Soltanto in ciò dee tenersi per importante il
confronto richiamalo dal eh. professore, che esso dà
maggiore appoggio alla mia osservazione intorno alla
influenza etrusca in Capua additata da quella iscrizio-
ne; giacché non solo i caratteri , ma sihbene i nomi
si palesano di etrusca provenienza.
2. Iscrizioni graffite in olle di piombo — Iscrizioni
Ialine — Sepolcro singolare. Nulla vogliamo aggiugnere
al dotto articoli del eh. Fiorelli ; se non che il nome
Chremaline a noi non sembra significare la piccola in-
digente : ma ove trar se ne voglia la derivazione da
Xp»m*T/^ofxsw, può accennare alla opposta idea di far
danaro, e posseder qualche cosa-, se pure creder non
vogliasi corrispondente a massaia epiteto non incon-
veniente ad una serva. Molto curioso è il fallo del
nuovo sepolcro , ove furono osservati tre cranii privi
di corpi. Ma questo nuovo fatto non parmi possa
tanto ravvicinarsi a quell'altro, di cui fu innanzi par-
lato, di corpi acefali in cui le teste furono sostituite
collacera. Sarebbe anzi inesplicabile come in sì gran-
de vicinanza non si fossero piuttosto riuniti i cranii
a' corpi già sepolti in altro sepolcro (anlo prossimo a
quello recentemente scoperto. Noi non vogliamo ri-
petere le difficoltà gravissime , le quali allontanano
il pensiero da martirio di Cristiani; ma non possiamo
tacere ebe il eh. Raoul -Rochelte in una lettera a me
diretta ritrattò quol primo suo sospetto, scrivendomi
queste precise parole in data de' '.) maggio 1853 « Je
» voudrais vous parler des tétes de ciré ; mais e' est
» un sujet pour lequel il ne me reste plus d' espace,
» à la fin d'une si longue lettre : et puis je vous a-
» voue, qu'après avoir lu volre secoml article, celili
» de Cavedoui.qui s'est croisé en routeavecle mien,
» la brochure de M. de Guidobaldi , et , en dernier
» lieu l'arlicle de M. de Rossi , dans le Ballettili ar-
ri chéologique de Rome, je reste encore incertain de-
li vani un fait si extraordiuaire. J'avais très-bien vu,
» à ce quii me semble , le difficultés énormes, quii
» y avait à y voir des restes de marlyrs , et sous ce
» rapport , je me renconlrais avec Cavedoni. Mais
» l' idée de suppliciés ne me satisfail pas, sans que je
» puisse proposer rien de meilleur ; j'attends , j'hési-
» te, je cherche, el je ne trouve rien. En attendant,
» je vous suis infinimeut obligépour l'analyse chimi-
» que que vous avez bien voulu faireexécuter du dé-
» poi, que j'avais soupeonné sanguin. C'est bien déci-
» dément de Venere, inchiostro, j'en tombe d' accord
» avec vous. Mais mon erreur aélécauséeparceque,
» dans votre premier arlicle, vous n'indiquiez pas la
» malière du vase: si j'avais su qu'il était de bronze,
» je n' aurais janiais pensé à un dépót sanguin; car je
» connais très-bien V ampolla di sangue, pour com-
» mettre une pareille méprise ».
Da queste parole dell' illustre archeologo francese
si desume chiaramente eh' egli non poneva alcuna
importanza a quella sua opinione, o piuttosto a quel
suo sospello : che anzi se ne mostrò del lutto scon-
tento dopo le più esatte notizie sulle circostanze dell»
scoperta , e principalmente dopoché si vide svanire
la probabilità di un' ampolla di sangue , che additar
poteva il seguito martirio. Tanto doveva alla memo-
ria del mio celebre amico : pubblicando le sue ulti-
me parole sopra quel singolarissimo fatto archeolo-
gico , del quale rimane tuttora problematica la spie-
gazione. MlNERVIM.
Continuazione delle scavazioni dimane. Vasellìno di-
pinto col soggetto di una giocoliera.
S. A. R. il Conle di Siracusa , principe che tanto
— 110
onora la letteratura e le arti belle, continuando gli sca-
vamenti Cumani vi ha scoperto Un bellissimo vasetto
greco di creta a due manichi, di cui il eh. Commen-
dator Quaranta è slato sollecito a dar l'illustrazione
alla Reale Accademia Ercolanese. Questo vasetto rap-
presenta in ciascuna delle opposte facce due donne.
La prima, nuda le braccia, mentre cammina stringe
nella destra mano la lira , e con la sinistra distesa
par che \i porli una lunga .asta perpendicolarmente
sull'indice, per dar pruova della sua destrezza nel dif-
ficile giuoco. Essa guarda l'asta con incredibile solle-
citudine , la quale si appalesa maestrevolmente nella
espressione degli occhi, e nella esclamazione scrittavi
al di sopra , e che vuoisi considerare come pronun-
ziata da lei. Sulla quale iscrizione e sul soggetto del
vaso giudico opportuno riferire le parole medesime
comunicatemi dal eh. collega. « Indebolito qual tro-
« vomi nella vista, da prima vi lessi ET S^TEP,
« Bene, o Salvatore , fa che mi riesca V impresa ; ma
« poi parvenu di scoprire la Z , tal che avremmo
« ZET SOTEP, 0 Giove Salvatore ! Nell'uno e nel-
« 1' altro caso lo spirito della leggenda è sempre lo
« stesso ; perchè chi sarebbe quel SOTEP, se non
« Giove, il quale con quell'epiteto invocavasi, e per
« motivo di religione, e per motivo di augurio? L'al-
« tra donna dipinta nel vaso è in atto di stendere la
« mano verso il luogo occupato dalla precedente, in
« guisa che, posta con lei in continuazione, parrebbe
« aspettare, che 1' asta passasse sulla sua mano, per
« eseguire lo slesso giuoco alternativamente. Queste
« donne appartengono alla classe delle persone , che
« chiamavano §%u\x'j.rozsor} , ovvero 'ùrJ.v\j.%rovp-)o),
« e particolarmenle xoyroTrxixrx), ed il nostro vaso
« è preziosissimo, perchè è il primo, che queslogiuo-
« co rappresenti ».
Alla dotta ed ingegnosa spiegazione del mio colle-
ga mi sia lecito di aggiugnere che avendo osservalo
diligentemente l'originai monumento , mi sono con-
vinto essere piuttosto da preferire la lezione da lui
egualmente proposta ETSQTEP, all'altra ZET SO-
TEP; giacché non panni di ravvisare alcuna traccia
del Z. E senza dubbio la epigrafe ben si adatta al sog-
getto , come quella che pronunziata dalla giocoliera
mostra com'ella si applaude della felice riuscita nel
giuoco , non senza invocare il Dio Salvatore , che a
tanto ottenere avevala ajutata. In quanto poi al ge-
nere stesso di questi giuochi di destrezza , ricorderò
che anch' io ho lungamente parlalo della cibistesi in
rapporto principalmente con donne, le quali più fre-
quentemente appajono ne' vasi dipinti. Vedi l' antica
serie del bull. arch. nap. an. V pag. 9ì segg., ed i
monumenti inedili di Barone p. 16 seg. e p. 40. Ed
a tal proposito mi piace di ricordare quel bel vasel-
lino di Fasano da me pubblicalo nel citato bullettino
an. V lav. VI fig. 5, che ci presenla una giocoliera
intenta a tirar l'arco co' piedi. Io notai mancarci luo-
ghi di antichi scrittori , che ci presentassero esempli
di giuochi eseguili àa'cibisteleri co'piedi in vece delle
mani ; sebbene non omisi di osservare come si tro-
vasse lo <rxì\;ct x,sifovoiA$Tv,~e rammentai un impor-
tante luogo di Filostrato , dal quale ricavai essere
l'arco uno degli arnesi di simili giocolieri (l.c. pag.
99-100). Ora il eh. Cavedoni ricorda un luogo di
Manilio, relativo a quelli che sono adatti pedibus
pensare manus (Astron. V, 166), ed un altro di Dione
Cassio (hist. Bom. LIV, 9 ),ove si parla di un gar-
zoncello indiano privo delle braccia , il quale con
singolare destrezza sapea usare de' piedi invece delle
mani , e con essi vibra\a saette e sonava la tromba
( vedi il bull. dell'Istituto per l'anno 1855 p. IX).
Per quanto sia grazioso questo confronto col vasel li-
no di Gnathia, per quel che concerne lo scoccar
l' arco co' piedi , pure a mio avviso , non distrugge
quella mia assertiva « che nessuno antico scrillore
» racconta che i cibisteteri si servissero dei piedi a
» guisa di mani operando con essi ». Di fatti il luo-
go di Manilio non si riporta a cibisteteri , ma ad una
particolare indole di persone nate sodo una data co-
stellazione. Il luogo poi di Dione accenna ad una
singolarità da lui non veduta. Non parla di un gioco-
liere, ma di un povero mutilalo, il quale procaccia-
vasi il villo col dare di se spettacolo usando dei piedi
in vece delle mani delle quali era privo. Quel gar-
zoncello non era un cibistelere: anzi far doveva quelle
operazioni sedendo con tutto il suo comodo ; altri-
menti non avrebbe potuto tener co'piedi la tromba
Ili —
per applicarla alla bocca e trarne de' suoni. Non era
neppure un greco, ma un' indiano, quello di cui fa-
vella Dione. Per le quali cose tutte è da conchiudere
che il luogo di Dione , richiamalo tanto a proposito
dal eh. Cavedoni, rimarrebbe come un fatto singolare
ed isolato, se non venissero i monumenti a dimostrar-
ci quel costume degli antichi cibisteteri.
MlNERVlNI.
Moneta punica di Segesla (1).
É già qualche tempo che il eh. sig. Duca de Luynes
pubblicò una sua rarissima moneta colla punica epi-
grafe y>j: , presentando sulla stessa alcune dotte os-
servazioni (v. questo bullettino an. I tav. XI n. 5 cf.
p. 171 segg. ): ed io aggiunsi pure alcune mie av-
vertenze a quelle dell'illustre numografo (ibid. pag.
174 seg. ). Ora vogliamo fermarci alquanto ad inda-
gare qual città fosse punicamente denominata Tsits :
per lo che riproduciamo il disegno di quella medaglia
nella tav. IX n. 16 di questo anno IV.
Quella importante moneta del sig. Duca de Luy-
nes ci sembra dar piena luce ad una tale ricerca.
È evidente che in essa i tipi sono quelli di Segesta:
e che comparisce pure la solita epigrafe di Segesta ,
cioè KIB. Questa doppia coincidenza ci persuade a
ritenere appartenente a Segesta il didrammo di che
discorriamo. E quindi il punico y»j: ed il greco KlB
sono destinali entrambi ad indicare il medesimo no-
me con differenti caratteri.
Partendo da questo confronto noi opiniamo che le
monete di Segesla colla iscrizione ^ErE^TA seguita
dal ffilB ci offrano con ledere greche indicato il du-
plice nome della città , secondo che da' Punici o dai
Greci venne denominala : non altrimenti che un du-
plice nome si ravvisa nelle monete della greco-san-
nitica Fisteìia ; sebbene veggansi però adoperati due
distinti caratteri in quella duplice leggenda.
Queste nostre conghietlure vengono confermate da
alcune filologiche osservazioni.
(1) Vedi il nostro Saggio di osservazioni numismatiche p. 14Gs,
Prima d' ogni altro piacemi ricordare il luogo de'
Paralipomeni (cap. XX ), ov' è menzione di un sito
denominato y »5f , che la Volgata dice Sis ed il greco
Accui. Il qual luogo della S. Scrittura fu da me al-
trove rammentato {bull. arch. nap. n. s. an. Ip. cit.).
Or ritenuto che Sis è pronunzia usitata nel ren-
dere l' ebraico Tsits , procedo ad un' altra osserva-
zione. È nolo che nella Pannonia eravi una regione
denominata %tryia,rixri\. Strabone ne determina la po-
sizione in vicinanza del fiume Savo (Lib. IV e. 6 §.
10 tom. I p. 326 ed. Cramer. ) Lo stesso Geografo
avverte che prossima alla Segestica era la città forti-
ficata , che appellavasi Siscia %t<rxi% , ìyyvi ò\ tt,s
%£ys<Trixr$ Itti xoCt r, %i<txiil ^porpjov xotl Sipfxov,
lv oìw xsty&xt Tr" iìi 'IraXiaM ( lib. VII e. 5 §. 2
tom. II p. 45 ed. Cramer). Pare che Siscia fosse la
principale città della Segestica; perciocché Tolommeo
attribuisce S/sc«a alla Pannonia superiore, e non ram-
menta affatto la Segestica ( Lib. II cap. 15 §. 5 ed.
Nobbe). Ma quello ch'èpiù interessante si è che Ap-
piano la denomina appunto %eyi<rrri, e Ssyscravoì i
suoi abitatori ( Illyr. e. 10, 17, 23, e 24: nel e. 23
nomina particolarmente Segesta tt,v "£,'.y{<srt\v ) : dal
che può dedursi che la città principale Siscia detta
pure Segesta die nome a tutta la regione. Che poi Ap-
piano chiamò Segesla quella che dicevasi altrimenti
Siscia, rilevasi da ciò che narra Dione; il quale rac-
conta colle espressioni medesime la resa di Siscia ,
colle quali Appiauo de>crive quella di Segesla dopo
un'accanita resistenza alle truppe di Augusto (Lib.
XL1X, 37 ). Dall' attenta lettura de' due scrittori si
fa manifesto ch'essi riportano il medesimo avveni-
mento.
A noi sembra una notabile coincidenza questa iden-
tità di Siscia con la Segesla della Pannonia ; quando
si pone a confronto col fatto equivalente del nome
Sis applicalo alla Sicula Segesta.
Questi due fatti filologicamente considerali si danno
una vicendevole luce.
Ed io sarò contento di richiamare questo filologico
confronto; senza andar oltre conghietturando sulla
possibilità di una Siciliana fondazione , quando già
era mista a' punici la Sicula Segesta.
— 112
À me basta il vedere la Segata di Pannonia detta
pure Siscia , per essere autorizzato a credere che la
Segesta di Sicilia fosse ancora punicamente denomi-
nata Sis ; e perciò reputerò più fondata opinione ri-
tenere per Segestana la medaglia del sig. Duca de Luy-
nes , e tutte le altre che offrono la medesima iscri-
zione punica y>j:.
Io riserbo ad altro lavoro la discussione intorno
alle altre monete , ove il eh. sig. de Saulcy vide la
epigrafe Y>X (Recherches sur la numismatique puni-
que nelle tném. de l'Acad. des inscr. et beli. letlr.\o\.
XV p. 46 e seg.), ed il signor Duca de Luynes X*X
(Bull. arch. nap. a. s. an. I pag. 171 segg. ).
Certo è però che mi son capitati alcuni esemplari,
ne' quali mi sembra indubitato il £ in vece dell' X.
Del resto, i due illustri orientalisti francesi conven-
gono nell' interpretare la stessa voce Tsits nella pu-
nica epigrafe di un obolo di Palermo colla greca iscri-
zione IIANOPMOS ( Hunter tab. XLI fig. 2 ).
Ammettendo la loro interpretazione, ed in seguito
delle osservazioni da me esposte finora , dovrà cre-
dersi che la punica epigrafe valga in quella medaglia
a dinotare una federazione di Panormus colla punica
Segesta (1), e non già il doppio nome di una mede-
sima città.
Tutte le ragioni archeologiche e filologiche ci per-
suadono ad una tale conclusione ; che saremo con-
tenti di annunziare, attendendone l'autorevole giudi-
zio de' dotti. Mineuyini.
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale Accademia Ercolanese — Voi. IV
p. II. Continuazione dell' articolo inserito nel n. 78.
7. Sul monumento sepolcrale di Gavia Marciana
(1) Credo che Tucidide accenni alla punica mistione in Segesta,
quando narra le unioni degli Ateniesi con varii popoli di Sicilia,
ed appella barbari tpjei di Segesta : fiuppccfjcov lì 'EyurraToi
(VII, e. 57).
scoperto in Pozzuoli — di Agostino Gervasio p. 293-
346. Continuazione.
La seconda particolarità , sulla quale 1' a. si ferma
è, che a Gavia Marciana, oltre l'onore del pubblico
funerale , ed il luogo per la erezione di tre statue, si
offrono dieci libbre di folio. L' a. si oppone al senti-
mento del canonico Lucignano , già pria del Salma-
sio, che fosse il folium lo stesso che il Malobaihrum;
e dopo lunga e dotta discussione conchiude presen-
tando la conghiettura che sotto nome di folium s'in-
tendesse non solo quello propriamente così appellato
ed in varie specie distinto , ma ancora una miscela
di unguenti esolici tratti da diverse foglie aromatiche,
e che servisse ad alimentare il privato lusso nell' uso
quotidiano della vita , nel culto de' numi , ed ancora
ne' funerali. In quanto a Gavia , crede il sig. Gerva-
sio che il folium servisse o ad ungerne il cadavere,
ovvero a spargerne il sepolcro, o a farne olezzare
le statue : e paragona colla epigrafe di Pozzuoli due
iscrizioni di Ostia, ove di simiglianti onori favellasi
conceduti con pubblico decreto. A tal proposito l'a.
fa una dotta nota contro i sostenitori de'pretesi consoli
municipali. Aggiugne pure il paragone della metrica
epigrafe di Urso Togato , già edita dal Morcelli (de
stylo ani. inscr. p. 277 ) e da altri , ov' è menzione
di odori procurati alla statua con fiori , con folio ed
unguento.
Sulla quale iscrizione di Urso Togato vedi pure
quel che lo stesso sig. Gervasio ci comunicò in que-
sto medesimo bullettino (an. II p. 43 s.). Finalmente
dalla menzione della gente Annia nella iscrizione di
Gavia ed in altre epigrafi puteolane, deduce l'a. che
la Basilica Augusta Anniana appartenga alla stessa
Pozzuoli, e che perciò ad un tal sito riportar si deb-
bano quelle antiche iscrizioni, oye dell' Anniana Ba-
silica si fa parola.
(continua)
MlNERVINI.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtaneo.
BULLETTINO ARCIIEOLOfdCO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 89. (15. dell' anno IV.)
Febbraio 18.50.
Scavazioni dimane. Scoperte di S. A. R. il Conte di Siracusa. Castellino di legno ed avorio. Specchio
eolla sua leca di legno. — Descrizione di due antichi vasi dipinti. — Nuove monetine di Taranto col tipo del
faro di quel porto. — Congettura intorno alla ragione delle monete antiche di elettro. — Bibliografìa. Con-
tinuazione del n. SS.
Scavazioni dimane. Scoperte di S. A. R. il Conte
di Siracusa. Castellino di legno ed avorio — Spec-
chio colla sua teca di legno.
Fra gli oggelli recentemente scoperli da S. A. R.
il Conte di Siracusa vuoisi ricordare un romano mo-
numento di non lieve importanza , che tuttavia si
possiede dal Principe Reale, ch'ebbe la forluna di
ritrovarlo. È questa una cassetta di legno e di avo-
rio conlenente il mundus muliebris di una donna ro-
mana , con varii oggetti , che le appartengono. Di
questa scoperta fu data una piena notizia ncll' Athe-
naeum di Londra de' 12 Aprile 1856 n. 1483 , se-
condo le idee comunicale al redattore di quell' ar-
ticolo dal eh. Fiorelli. Noi osservammo pure l'origi-
nai monumento presso l'Augusto Possessore: e ve-
niamo a dirne qui alcuna cosa , richiamando princi-
palmente sopra certe particolarità l'attenzione de' no-
stri lettori. Più d'ogni altra cosa noterò che in ori-
gine la cassetta era di legno, e che all'esterno erano
applicati numerosi ornamenti in avorio. Essendo ri-
dotto in polvere il legno che ne costituiva l'ossatura,
fu mestieri tentarne una restaurazione che fu eseguita
sotto la direzione del lodato sig. Fiorelli: essendosi
collocata al suo sito la serratura di bronzo colla sua
chiave. In questa restaurazione , della quale non ose-
rei adottare tutte le particolarità , si sono collocali
nel fronte quattro rettangolari bassilirievi , che rap-
presentano quattro cariatidi : due di esse nel centro
sostengono la cornice con ambedue le mani, le due
6gure agli estremi hanno una sola mano abbassata ,
AXttO IV.
che si fa corrispondere all' angolo esterno. Duo bas-
sorilievi si veggono situali al lato sinistro e due al de-
stro : ne' primi sono effigiate due figure muliebri , ne-
gli altri due Amorini. Comunque pensar si voglia di
questa disposizione, non può dubitarsi chela cas-
setta poggia sopra diversi piedi di avorio forati per
farvi entrare a durevole sostegno il legno che la co-
stituiva. Io già ebbi altrove la opportunità di ve lere
alcuni simili pezzi di avorio, o di osso, e feci di due
di essi la pubblicazione nel 1" anno di questo bal-
lettino ( tav.VIHn.3, i) insieme con altri pezzi dilla
stessa materia, che giudicai tutti pertinenti ad una
cassetta. Dal notabile confronto della nuova cassetta
venuta fuori dalle scavazioni della medesima Cuma ,
quella mia antica opinione ne resta perfettamente con-
fermata e sorretta: per modo che potremmo stabilire
abbastanza comune il costume di simili recipienli.fr
destinati a contenere oggelli da giuochi , come pro-
babilmente era uno di quelli da me altrove indicali
( Bullelt. n. s. an. 1, p. 192), ora femminili orna-
menti ; come in questo, del quale fa\elliamo. Gli og-
gelli rinvenuti nella cassetta , e che vi si vedono tut-
tavia serbali al di dentro, sono due fibule di oro, un
anello di oro, un vasettino di osso ov'era riposto il
belletto , due aghi crinali di osso, un pettine di avo-
rio , un fuso di osso , ed alili piccoli oggelli di uso
incerto, parimenti di osso. Ma quello che dee ripu-
tarsi più importante si è uno specchio colla sua teca
di legno rivestita di pelle, e fornita di piccola mani-
glia di bronzo.
Questa rara particolarità merita di essere parago-
15
— 114-
la nostra (av. XI n. 1, 2, 3 ov'è figurata la fora
del vaso ,/i dell' originale). Vedesi nello sfesso d
una parie la figura di una donna corrente, e curvai
dosi in atto di prender con ambe le mani un uccell
che sembra un' oca (1), nuotante innanzi a lei. È v<
nata con altra teca di uno specchio in parte conserva-
ta , che fu ritrovata pure in Cuma , e della quale io
diedi notizia sino dal 1845 alla Sezione di geografia e di
Archeologia del VII congresso degli scienziati italiani.
Vedi le cose da me discorse nell'antica serie del bui-
lettino an.1V p.51 s. Fu allora che ricordando il nome
della teca dello specchio, rinvenni in Aristofane (Nub.
75 seg.), ed in Polluce (O/iom. X, 126) la parola Xo-
(Pek-v, colla quale un simile arnese veniva da' Greci balo e C0Q corona su\ cap0 . ,iene il fulmine nell
appellato. È piacevole questo novello esempio , che destra, e lungo scettro poggialo a terra colla sinistra
ce ne fornirono le scavazioni di S. A. R. il Conte di Un amp;0 man(en0 \0 (.0Vre dall' umbilico fino a
Siracusa. È però notabile che il più tenue strato so- -jj
prapposto al legno, che ne forma la copertura e l'or- NoQ e DU0V0 trovar donne con oche in antichi mo
stifa di lunga tunica stretta con una cintura al di sott
del seno, ed ha sandali ai piedi ed armille alle braccia
Dall' altra parte è la figura di Giove sedente bar
namento, dee piuttosto riputarsi di pelle che di papi-
ro; siccome era stato opinato dal Canonico de Jorio,
e siccome io pure ammisi , non senza desiderare che
fosse sottoposto ad una più accurata osservazione
[l. e. p. 52). Ora che dal nuovo specchio di Cuma
si manifesta fruttarsi di un ornamento di pelle , par-
numenti. Queste sono state spiegate talvolta come ui
semplice sollazzo di giovanette ( lahn ne' Berichte d
Sassonia 1848. p. 51 ). Altra fiata si è riconosciuti
in donne con oebe la rappresentazione di Penelopi
(De Wilte An. d. Imt. XIII p. 261 a 271. PI. I. K.)
la quale secondo Omero ( Odys. T. 536 ) dilettavasi
mi più probabile rilenere della stessa materia gli or- dì cotesto domestico augello,
namenti esteriori della teca precedentemente descritta, Nondimeno è ancora celebre la relazione dell'oca
abbenchè fossero in gran parte carbonizzati e distrut- c0Q Her]tyna, pausania (L. IX e. 39. pag. 789) ri-
ti dal (empo. La particolarità della maniglia osserva- ferisce che in Lebadia , e propriamente nel bosco di
bile nel monumenfo, di che parliamo, riputar si de- Trofonj0> Herkyna scherzando con Kore lasciò scap-
ve del pari importante e nuova : essa serviva proba- parsi daUe mani un-oca) ja quaie si nascose sotto un
bilmente a tener sospeso lo specchio, per non essere gass0) e voiendoIa gore traria di là, ne uscì una sor-
obbligati a prenderlo sempre colla mano. E quindi gente ^ acqua) cne m poscia appellata il fiume /br-
anche per questo lato, come per la sua bella conser- kyna. SOggiunge poi che presso a tal fiume fu edifi-
vazione, la teca col suo specchio recentemente acqui- catQ UQ tempio a questa dea> dove era ;j di lei simu.
stali alla scienza sono da giudicare di somma impor- jacr0 in ggura di una donzella con un'oca in mano,
anza. Può dunque nel nostro rhyton ravvisarsi il rao-
Per tutte le quali cose l'intero cassetlino, di cui fi- men(o descritto da Pausania, quando Herkyna lasciò
nora discorremmo , una cogli oggetti che vi si con- sfuggjrsj poca dalle mani contro sua voglia W^atraK,
tengono , è da riporre tra' più rari e preziosi cimelii
della romana antichità.
MlNEKVlNI.
Descrizione di due antichi vasi dipinti.
Questi due graziosi vasetti della forma del rhyton
provengono dalle scavazioni di Ruvo , e fanno parte
della insigne raccolta de' signori latta.
1 . Il primo è a testa di loro con piccole corna (v.
xoù 'cX.hff%v X^iv* à$ùva.i tvrov <xxv<Ta.v.
Molto si è detto sopra Herkyna. (V. Mùller Or-
chom. p. 80 e 149. -De Wille^n. d. /nsf. XIII pag.
264-265 e Nouv. An. I p. 525.-WelckerZe^sc/»r.
p. 122.-Gargallo An. d. Inst. XIII p. 125). Essa
era figlia di Trofonio, e fondò il culto di Dcmeler in
(1) Potrebbe ancora sembrare un cigno; ma è siala già ripetu-
tamente osservata la difficollà di distinguere tra loro questi due
acquatici uccelli nelle opere dell'arte antica. V. Minervini Mon.
ined. pag. 13 — latin ne' Berichte di Sassonia 1848 p. b2.
— 115 —
Lebadia , per cui la slessa Demelcr chiaruossi anche
Herkyna (Lycophr. Cas. 153. et Tzelz. ) , ed 'Ep-
xipia. le sue feste (Ilesych. h. ». ). Il suo nome fu
creduto provenire da "Opxos inferno quasi Orcyna
(Mùller he. cit. -Il nome della selva Hercynia avea
la slessa derivazione. Caes. B. G. 1. VI e. 24. ) ,
ovvero da fpeos chiusura. L' oca parve al Mùller un
indizio del culto di Proserpina. Nondimeno vi si è
ravvisato ancora un indizio della fonte omonima (lahn
Berich. cit. 1848 p. 52.), essendo indicati sovente i
fonti ed i laghi per mezzo di acquatici uccelli (Inghi-
rami Mon. Etr. V. pag. 392). Così in alcune monete
di Cuma, l'oca che vedesi al di sopra della conchi-
glia (Mion. Sup. I p. 238. n. 271. e 239. n.276.)
sembra essere ancora un' aggiunzione al senso della
conchiglia riconosciuto come allusivo a qualche lago
( Eckhel N. Vet. p. 20 ). Così anche la figura femmi-
nile sul dorso di un cigno in monete di Camarina fu
spiegata dal Millingen per una ninfa del lago Cama-
rino che die nome alla città ( Peint. de Vas. de Cogh.
PI. XXI). Il cigno, o anitra che sia, vedesi anche in
una fontana in alcune monete di Terina ( Mion. De-
scr. I. p. 205. n. 1001.- Avellino Opusc. I p. 187.
seg. Tav. I fig. 6 ).
La tenia che vedesi sospesa al muro vicino alla fi-
gara di Herkyna dee reputarsi un indizio del tempio
di questa dea ( V. su di ciò il eh. Sig. Gargallo ne-
gli Ann. d. Inst. XIII p. 127).
Un bel riscontro colla figura di Herkyna è quella
di Giove che vedesi dall'altra parte del rhyton. È ab-
bastanza ricordato l' oracolo di Trofonio in Lebadia :
questo trovavasi presso al fiume Herkyna, nel quale
doveauo bagnarsi coloro , che voleano consultarlo.
( Pausan. L. IX e. 39 ). Or siccome in quelle vici-
nanze eravi un tempio e simulacro di Herkyna, così
eravi anche quello di Giove venerato specialmente
col titolo di $%gi\ivs ( Paus. loc. cit. cf. Aristid. I p.
8. Jebb. ) , e che trovasi anche nominato Zws Tpo-
tpaW (Liv. XIV, 27. lui. Obseq. 326. Phot. v. Ai-
(ia^.'x-Plutarch. T.II p.431. C. cf. Mùller. Orchom.
p. 146 ). Sappiamo da Livio che a Giove Trofonio e
ad Herkyna sacrificavasi unitamente da coloro che
andavano a sentir l' oracolo. Nella figura dunque del
nostro vaso da bere ravvisar possiamo quella pro-
priamente del Giove [yj.Qi\iv<; (1).
Questo rhyton adunque potrebbe giudicarsi dipinto
su tali allusioni di Giove Trofonio, e di Herkyna.
Fu osservato come i rhyta adornavansi sovente di
rappresentanze religiose e principalmente relative agli
antichi misteri , nei quali facevasi anche uso dei me-
desimi ( V. Millin ad Duhois Maison. I pi. 32 ). Io
non vorrei pertanto diffinire se nella luuga veste di
Herkyna e nei sandali che ha ai piedi debba ancora
ravvisarsi un' allusione al costume di chi discendeva
a consultar l'oracolo di Trofonio: x,r^YX tvàsouxùjs
y.ttiv , xa) ra.ma.ts ròv xirwì'x Ittìs^ctSìÌS , x%t Itto-
$7]<Ta\x=yos hrix/toplai xprprììì'AS (Pausan. 1. IX e. 39).
2. Il secondo rhyton è a testa di cervo con corna
ramose.
Vedesi in questo la figura di un'aquila che stringe
tra i suoi artigli la testa di una cerva o di un daino
in alto di lacerarla col rostro.
Noi lo pubblichiamo nella tav. XI fig. 4,5, ove si
vede la forma del vaso un terzo dell' originale , ed il
descritto gruppo dipinto delle dimensioni proprie del
monumento.
L' aquila con una preda fra gli artigli è una delle
rappresentazioni più famigerate dell' antichità , e
conseguente alla rapace natura di questo volatile. Se
ne rinvengono esempi fin dalle Omeriche rapsodie
(//. M 201-202. P 673 segg. X 308-310) , dove
trovasi ancora specialmente l'aquila che stringe nelle
unghie un piccolo cerbiatto ( 11. 0 247-248 ).
In queste rappresentazioni si è ravvisato un sim-
bolo della cacciagione o della bravura marziale ( V.
Winckelm. Op. Tom. IV p. 366 e Tom. Vili p.219).
Sovente incontrasi la medesima idea espressa in an-
tichi monumenti , e per restringerci a quelli dello
stesso genere del nostro vaso da bere ricordiamo l'a-
quila che tiene sotto di se un daino presso una statua
(1) È stato riconosciuto il Giove Basileus insieme con altri nomi
ed attributi in un medaglione di Perinto della Tracia pubblicato dal
Mionnct ( àrsa. I p. 411. n. 316.), e in altro di Nicea di Bitinia
pubblicalo dallo slesso (D. II p. 453. d. 225. — V. Emeric David
Jup. Voi. II p. 471. PI. 2. n. 2). Veggasi ora sul Giove (ìoktiXws
la memoria del eli. Panofka Zeus Basileus und Herakles Ealli-
nikot, e questo bullcttino pag. 35.
— 11G -
di Giove della Villa Borghese (Winckelm. Op. Toni.
IV p. 360).
l'iù >icino è il confronto delle monete di Crotone
coli' aquila sulla testa di cervo (Mion. D. I p. 189
u. 431 ), o di ariete (Mion. ivi n. 432. In altre ve-
desi vicino all' aquila un teschio di animale Mus.
Borbon. Voi. VI Tav. XXXII n. 4); se non che in
quelle la testa di cervo ha lunghe corna e I' aquila è
respicienle. Possiamo rammentare aurora alcune mo-
nete di Olbia della Sarmatia ( Mion. Sup. II p. 23-
24. n. 78.-Sestini Lei. num. Tom. Vili p. 32.-
Let. mini, conlinuaz. Tom. IV p. 30. n. 80) , e di
Nicopolis ad Istrutti (Mion. Sup. II p. 137 n. 474.-
Mus. Arigon. II T. 23 fig. 314) , dove trovasi anche
l'aquila su testa di ariete o di bue , non che quelle
di Alessandria della Troade dove questo tipo è ovvio.
La semplice testa della preda che vedesi nelle un-
ghie dell'aquila, mentre altre volle la preda è in-
tera, come un serpente o una lepre , va paragonata
colla coscia di animale che l' aquila stringe nei suoi
artigli in alcune monete di Alontium (Mion. Sup. I.
p. 372. n. 113.-Torremuz. Tab. XIV n.2), in altre
di Antiochia ad Orontem (Mion. D. V p. 177. n.
242-243. p. 182. n. 323), ed in altre di Amorium
della Frigia (V. Cavedoni in questo Bulletlino an. IV
pag. 14).
Teodoro Avellino.
Nuove monetine di Taranto col tipo del faro
di quel porto.
11 eh. Minervini si è reso mollo benemerito della
già si ricca e vaga serie delle monete di Taranto, as-
sicurando ad essa un tipo nuovo e molto vago ed
importante (v. questo Bullelt. anno HI p. 158 - 160),
che è come segue :
Torre con fastigio, lalor sormontalo da un augello,
con una o due finestre, e con tenie sventolanti.
Egli modestamente si rimane dal defluire , se sia
questa una torre delle fortificazioni del lillorale Ta-
lentino, ovvero un faro per sicurezza di quel famoso
porlo. Ma panni, che vi si debba senza meno ravvi-
sare un faro, pel riscontro del tipo analogo di un de-
nario di Sesto Pompeo Magno cosi accuratamente de-
scritto dal eh. Borghesi (Dccad. 1 oss. 2):
Torre rotonda con due feneslre , sormontata dalla
statua di Nettuno premente cui s. piede una prora di
nave e portante un delfino colla manca e un tridente
colla diritta. Innanzi la torre sta una trireme senz al-
bero e vela, coli' aquila legionaria in sulla prora, e in
sulla poppa l'acrostolio , il tridente e un asta da ap-
pendervisi il vessillo. A bordo della nave vedesi in pic-
colo un ma>inaio che sta in allo di afferrare con un
uncino la ripa.
11 lodato eh . archeologo vi riconobbe il faro di
Messina, che poscia diede il nome allo strelto; col
quale si volle indicare il porto , nel quale si ricovrò
la flotta del minore Pompeo, rappresentata dalla sua
nave pretoria , e vi rimase intatta dalla grave tempe-
sta che fracassò 1' armata del giovane Cesare. Altra
volta io congetturai ( Saggio p. 144), che in quel ti-
po fosse rappresentata la Columna Bhegina ; ma il feci
a torto, ed ora mi gode l'animo di disdirmene e dar
tutta la ragione al eh. Borghesi , la cui spiegazione
riceve bella conferma dal riscontro delle monetine di
Taranto , il tipo delle quali è per mettere in mostra
il grande ed esimio suo porto.
11 eh. editore confessa , che gli riescirono di diffi-
cile intelligenza , in rapporto ad una torre o ad un
faro, quelle tenie svolazzanti da un Iato ; ma pure du-
bitando vi ravvisa una specie di bandiera postavi per
segnale. E parmi che questa sua opinione si conforti
di molto pel riscontro dell' asta fornita di tenia sven-
tolante, che suol vedersi apposta alla poppa delle navi
per segnale oppure per vie meglio conoscere lo spi-
rare de' venti ( v. Pollux 1 , 90: Bronzi d' Ercol. 1. 1,
append. p. 17: cf. Cavedoni append. al saggio p. 103
nota 123).
Anche le due o più fenestre aperte nel fianco del
faro di Taranto , del pari che in quello di Messina ,
servilo avranno per dare ai naviganti gli opportuni se-
gnali col fuoco o con banderuole od altri mezzi. In
una rara moneta di Erilre dell' Ionia vedesi un orde-
gno a guisa di braciere con fiamme ardenti, che parve
fuoco acceso di una specola al Taylor Combe ( Num.
mus. Brit. lab. IX, 24). Io sospettai che fosse altra
— lis-
cosa (Spicil. num. p. 168); ma ora veggo che in fa-
vore dell'avviso del limnografo inglese stanno la pa-
role di Plinio ( li, 73 : XXXVI , 18) : Specuìae, in
quibus pracnuncios igncs accendere solchimi in Asia
propter piraticos lerrores : — (juales igncs iam com-
2)luribus locis (lagrant, ut Ostiae elRavennae.
Ora tornando al faro di Taranto, quell'augello clic
vedesi posto in sulla sommità d^l suo fastigio (e che
forse era mobile e serviva di segnale per conoscere la
direzione de' venti), prende qualche luce dal riscon-
tro d'altre monete di Taranto stesso, nelle quali ve-
desi il Demos , o sia Genio del popolo Tarentino, se-
dente in seggiola in allo di trastullarsi con un augello
eh' ei tiene nella destra sospeso per l'estremità di un
ala (Raoul-Rochetle, num. Tarmi, p. 209-210, pi.
IV, 35, 36). Altra volta (v. Giornal. scient. teli, di
Perugia 1835 Gen.)io sospettai, forse troppo ardita-
mente, che alluda al nome della città , e che potesse
dirsi tarax (ci. Schneider, lexic. Gr. v. rsrj.a.Z).
La forma rotonda del faro di Taranto e di quel di
Messina , a parere dell'Oderici (numism. Gr. p.9-10),
avrebbe altro riscontro in quello di una moneta di
Laodicea della Siria ; ma altri vi ravvisarono ( forse
a torto) altra cosa ( Mionnet Descr. n. 710, Sappi.
u. 213). Di forma quadrangolare, per 1' opposito ,
era la torre del celebre faro d'Alessandria d'Egitto
( Zoega, num. Alexandr. tab. VII, X : Morelli, Domit.
lab. XXIII, 26).
C. Cavedoni.
Congettura intorno alla ragione delle monete
antiche di elettro.
UEckhel ( doct. t. I p. XXV), dopo di averne
dato l'elenco delle varie monete antiche di elettro,
o sia d' oro con qualche porzione d' argento commi-
sta ( alle quali vuoisi aggiungere quella di Roma di
fabbrica Campana co' tipi del bifronte imberbe e di
Giove fulminante in quadriga, v. Riccio calai, p. 12
n. 7-10), lascia indecisa la ragione di quella mistura
de* due metalli preziosi ; ma pure propende a cre-
dere che nelle monete barbariche l'elettro sia nativo,
e fattizio o sia artificiale nelle monete di bel conio
Greco, segnatamente in quelle di Siracusa. Ma resta
sempre ad indagare la ragione, per la quale Siracusa
ed altre città, che ben conoscevano la maniera di de-
purar l'oro, e che improntarono monete d'oro pu-
rissimo, mosse furono ad imprimerne altre d'elettro,
o sia d'oro con qualche mistura d'argento, forse nello
stesso tempo che le prime. Mi giovi pertanto avven-
turale una mia congettura, sottomettendola al parere
dei dotti, se pure non fu di già proposta da altri.
Ne' pubblici fogli , verso la fine dello scorso anno
1855 (Messaggere di Modena 15 Die. Gaz. di Ver.
ecc.) leggevasi , che in Francia i pezzi da 5 franchi
in oro, che vedevansi ricevuti con una eerta diffiden-
za nelle transazioni quotidiane, si sarebbero fatti con
mistura di argento e d'oro ; p. e. 1 franco in argento
e 4 franchi in oro pel pezzo da 5. franchi ; 2 fr. in
argento e 8fr. in oro pel pezzo da 10 franchi. Ignoro
se quel divisamento sia stato posto in esecuzione ,
( giacche in pratica avrebbe forse i suoi gravi incon-
venienti ) ; ma comunque sia di ciò , penso che anche
gli antichi fossero mossi da motivi simili allorché si
risolsero ad imprimere le loro monete di elettro.
Siracusa impresse monetine d' oro assai piccole ,
quelle cioè con la testa d' Ercole nel ritto e con te-
slina di donna entro un quadratilo incuso nel river-
so , che pesano undici eentigrammi scarsi ; ed altre
vie più piccole con prolome di toro cornupeta nel
ritto e con una spiga nel riverso , che pesano circa
sette eentigrammi. E pare che le imprimesse per ra-
gione dell'oro che vi sovrabbondasse a confronto del-
l'argento. Poscia veggendo, che quelle monete picco-
line erano di troppo facili a perdersi, durante la stessa
relativa sovrabbondanza dell'oro, avrà pensato a co-
niare aurei picciolini. Ma per accertare la cosa con-
verrebbe far l'analisi chimica dell'une e dell'altre;
ed io non mi trovo in caso di poter ciò fare. Pure
avvertirò , che nel reale museo Estense sono due
piccole monete di Siracusa d'elettro, o sia d'oro pal-
lido , co' tipi della testa di Apollo e della Lira a quat-
tro corde, del peso di diciassette eentigrammi e mez-
zo, benché siano esse alquanto logore. D'altra parte
la stessa moneta d'oro schietto , per fede del Mion-
net ( Descr. n. 705) , pesa grani Parigini 34 , equi-
— 118 —
valenti a 27 cealigrammi e mezzo all' incirca ; sì che
quella di elettro forse valeva la metà di quella d'oro
puro ; e potea equivalere a quelle d' oro insignite de'
tipi della testa d'Ercole e della testolina femminile
racchiusa entro un quadralello incuso.
Nel medesimo museo Estense sono due monete di
elettro di Siracusa co' tipi della lesta d'Apollo e col
tripode, una delle quali alquanto logora pesa trenta-
sei centigrammi : e l' altra assai più pallida , benché
meglio conservata, pesa soli ventiquattro centigrammi
e mezzo. E quest' ultima prohahilmente vuoisi tenere
per parlo di un'officina di falsarli antichi , che man-
tennero il modulo della moneta legale di elettro, ma
vi mescolarono più argento che oro ; e la frode forse
non appariva così manifesta allor che la moneta usci-
va fresca di conio e mettevasi primamente in corso.
Ben veggo di non aver falto altro , che proporre
ipotesi e dubbi ; ma forse queste povere mie parole
eccitar potrebbero altri provvisti di migliori sussidi a
porre pienamente in chiaro la questione riguardante
il motivo e la maniera della impressione delle monete
antiche di elettro. C. Cavedoni.
BIBLIOGRAFIA
Memorie della regale Accademia Ercolanese — Voi. IV
p. II. Continuazione dell' articolo inserito nel n. 88.
7. Sul monumento sepolcrale di Gavia Marciana
scoperto in Pozzuoli — di Agostino Gervasio p. 293-
346. Continuazione.
Il sig. Gervasio in un'appendice riporta varie iscri-
zioni da lui trovate fra le schede del Mazzocchi, ove
sono additate colla seguente epigrafe=/Jscn'ziofw ine-
dite datemi dal P. Antinori in questo anno 1741: ed
apparisce dalle medesime schede che provengono pro-
babilmente da Pozzuoli. Noi tralasceremo quelle che
sono già note per esatte pubblicazioni, e solo riferi-
remo le inedite , o che offrono varietà di lezione.
La prima ( Mommsen num. 3359) è ora nel Real
Museo Borbonico , ed è stata meglio letta dall' a.
Ho avuto occasione di verificare co' miei proprii
occhi la esaltezza di questa lezione notabile princi-
palmente pe' due segni sulla prima lettera del dit-
tongo AE.
SCVRRACIAE M • F
VENERANDA E
L • LAELIVS • HERMIAS (MI mon.)
CONIVGI • RARISSIMI
EXEMPLI
La seconda è esattamente pubblicata dal Mommsen
n. 2955.
La terza sembra inedita , ed è la seguente :
VLPIA VALENTINA
VLPI
CALLISTI HIC
Vi è sculta una testa di donna di mezzo rilievo con
chiomatura e finimento alla Romana ; dice il mano-
scritto.
Bella è quest'altra, che dicesi proveniente da Cu-
ma , e che non vedesi pubblicata nelle raccolte epi-
grafiche conosciute :
L . LICINIVS • ATIMEIVS (sic) • SIBI ■ ET
GRANIAE • MENVSAE • CONIV
Gì • ET • GRANIO ■ ZOILO ■• ET • LICI
NIAE • HORAFAE • FILIS (sic) • ET • LIBER
TIS • LIBERTABVSQ • POSTERISQVE
EORVM
La quinta è pubblicata pure dal Mommsen (n. 161)
con la falsa indicazione di sito , come era dal Mura-
tori riportato: il che va pur detto della settima (Momm-
sen n. 126, e 2956). La sesta è anche pubblicata dal
Mommsen ( n. 3396 ), che la trasse dal Giustiniani.
Sembrano inedite queste ultime
8.
M • VLPIVS
CALLISTVS
HIC
9.
D M
STRATON
STBATONICI • FIL
OVI VIX1T ANNIS III • MEN ■ V
DIEBVS X
— 119 -
10.
In (re tegoli di creta
1. SAB A'P
2. SAPA'P
3. MVC • • •
11 sig. Gervasio chiude quesla sua dotta memoria
col dare alcune novelle dichiarazioni sopra certe par-
ticolarità della lapida di A.Verazio da lui precedente-
mente illustrata. Son queste le sigle C. I da lui già
interpretale Colonorum, o Gumanorum lulìensium : la
quale spiegazione ora conforta di novelle dimostra-
zioni e di novelli confronti. L'altra particolarità si è il
pervigilio in onore del Dio Patrio, ch'ei confronta con
la simile festività notturna solita a celebrarsi da' Cam-
pani nel sito detto Ilama presso Cuma (Liv. 1. XXIII,
35). Osserva poi la. che nell' altro marmo di L. Li-
cinio Primitivo (Mommsen n. 2530) al destro Iato vi
è scritto
CVRANTE
L • LAECANIO • PRIMITIVO
parole che non furono da lui avvertile , quando fece
di quel marmo la prima illustrazione. Ci asteniamo dal
portare alcune altre epigraG , già conservate ne' cor-
tili dell' edilìzio di S. Francesco in Pozzuoli; giacché
essendo ora collocale nel real museo Borbonico, avre-
mo la occasione di favellarne, quando diremo de'nuovi
acquisti epigrafici in continuazione delle notizie da
noi date nel precedente anno di questo bulletlino.
8. Ricerche sul tempo nel quale si cessò di coniare
le monete denominale incuse: memoria del Principe
di s. Giorgio, p. 247-372.
Il eh. a. comincia dall' additare i progressi fatti
più recentemente negli sludii della numismatica si per
la parte che concerne i più difficili tipi, sì per quella
che al valore delle monete si riferisce. Osserva poi
che importante dee pure riguardarsi la indagine sul-
l' epoca in cui vennero battute le monete urbiche, le
quali, com'è risaputo, non offrono chiari indizii cro-
nologici : ed a questa indagine appunto rivolge le sue
investigazioni.
Stabilito che le più antiche monete sieno le incu-
se , più recenti quelle con ambi i tipi in rilievo , di-
slingue 1' a. due epoche da poter servire di base alla
ricerca dell'età delle monete autonome. Il primo pe-
riodo si estende da che fu battuta la prima moneta
sino a che si cessò dal coniare monete incuse. L'a.
ritiene, giusta le relazioni degli antichi scrittori, do-
versi la invenzione della vera moneta attribuire a Fi-
done dopo la ottava Olimpiade , o dopo il 748 pri-
ma dell' era nostra , il sesto della fondazione di Ro-
ma. Osserva esser più difficile la ricerca dell' epoca in
cui cessarono le incuse: e tenta di dichiararla confron-
tando la storia colle monete.
Volge da prima le sue indagini a Siris ; la quale
riedificata da'coloni Tarantini nel quarto anno dell'O-
limpiade 86, 433 anni prima dell'era volgare, 321 di
Roma , prese il nome di Eraclea. Ora le monete di
Siris sono tutte incuse, tutte a rilievo quelle di Era-
clea. Parla poi di Bussento Pyxus, le cui monete es-
sendo sempre col nome di Siris, non possono discen-
dere al disotto dell'epoca dianzi indicata. Ragionando
di Sibari , avverte coni' essendo avvenuta la fonda-
zione di Turio 444 anni prima dell' era nostra , la
numismatica di questa città offre soltanto monete co'
tipi in rilievo ; laddove Sibari che la precedette pre-
senta monete incuse, e poi le non incuse ne'suoi ul-
timi tempi. In quanto a Metaponto , il sig. Principe
di S. Giorgio da fatti storici rileva che le monete con
ambi i tipi in rilievo debbono riputarsi coniate dopo
1' anno 447 prima dell' era volgare ; come le incuse
pria di questo tempo. Finalmente l'a. si ferma a di-
scorrere alquanto pur di Caulonia. Da'quali fatti vie-
ne a conchiudere che il coniar delle monete incuse
cessò innanzi alla metà del quinto secolo prima dell'era
cristiana, verso il principio del quarto secolo di Ro-
ma. Della quale conclusione si fa dall' a. un' appli-
cazione alla numismatica di Crotone, di Taranto , di
Imera, e di Selinunte , le quali essendo fondate in.
epoca precedente a quella sopra riportata, ed essendo
rimase in fiore anche in tempi posteriori, presentano
nella loro numismatica monete incuse e non incuse.
Da ultimo ravvisa una pruova delle sue conclusioni
anche nella numismatica della Grecia e dell' Asia , e
principalmente nelle monete de' re , che banno una
data certa.
— 120 —
Il signor Principe di S. Giorgio risponde poi a due
obbiezioni: la prima si è che alcune città , la cui o-
rigine si asserisce renioia, non banno monda incusa.
Egli osserva da prima la debolezza di una tale obbie-
zione , perchè non è pro\a(o che quelle città conias-
sero moneta in tempi remoti: ed avverte rilevarsi ab-
bastanza dallo stile e dalla fabbrica delle monete, es-
sere perlinen i ad epoca posteriore.
Aggiunge poi non esser sempre vere le tradizioni,
che as;egnano alle auliche ci là origine remotissima;
e ne cita ad esempio la città di Locri, intorno la qua-
le sono svariatisene e contrarie tradizioni.
La seconda obbiezione si desume dalle monete di
Reggio col tipo della lepre, proprio di quelle di Mes-
sane. Ora essendo quel tipo, secondo Polluce (V, e.
12 §. 75 e IX e. C §. 84), introdotto in questa ul-
tima città da Anassilao, die morì nell'annoav. Cri-
sto 476, ne seguirebbe che si coniassero monete con
ambo i tipi in rilievo anche prima della metà del 5
secolo innanzi la nostra era. L'a. rimuove questa dif-
ficoltà, dimostrando come quelle monete furono cer-
tamente battute molto tempo dopo la morte di Anas-
silao : e nota quanto poca fede prestar si debba alle
spiegazioni di Polluce , le quali poggiano sopra ine-
satte osservazioni numismatiche.
9. Indagine sull' epoca in cui s' incominciò a conia-
re monete di bronzo: memoria del principe di s. Gior-
gio, pag. 373 — 381.
Il eh. Autore di questa memoria discutendo bre-
\i mente sulla proposta quislione , conchiude che la
moneta di rame nò nella Magna Grecia , nò nella Si-
cilia , nò tra i popoli Osci , nò nella Grecia fu in uso
innanzi all'incominciar del IV secolo di Roma , vale
a dire oltre 400 anni avanti all'era cristiana. Egli de-
sume una tale conclusione dalla osservazione sulle ori-
ginali monete, che lo inducono a dichiarare che le mo-
nete di rame furono introdotte quando già si coniavano
quelle in argento con ambi i tipi in rilievo. Il sig. Prin-
cipe di S. Giorgio applica una tale idea alla numisma-
tica di alcune delle noshe città : e da questa ricerca
slorica fa sorgere la dimostrazione dell'assunta verità.
A questo proposito fa alcune osservazioni sulla
storia di Cuma e sulle sue monete: notando che que-
sta città manca delfe monete di rame , perchè fu di-
strutta da 'Campani 421 anno pria di Cristo. Egli ri-
fiuta a Clima le monete anepigrafe col tipo della Scil-
la , che da alcuni a quella si attribuirono. Vedi per-
tanto ciò che dicemmo in questo bulleltino an. II p.24,
e saggio di osservazioni numismatiche pag. 33 e 103.
Pensa poi il eh. autore che le monete di Metaponto,
ov'è la indicazione del valore , dinotino la prima in-
troduzione del bronzo monetalo nella Magna Grecia: e
presenta alcune sue osservazioni sulla della espressio-
ne di peso, su di che rimandiamo a quel che fu det-
to per noi nel citalo saggio di osservazioni numisma-
tiche pag. 127. Parla in seguito delle monete di Turio
e di Eraclea. E ci piace di osservare in quanto a Tu-
rio che la medesima conclusione si trae dalle più an-
tiche monete di bronzo co'tipidi Sibari, le quali pruo-
vano che la introduzione della moneta di rame se-
guì la distruzione di Sibari , che non offre medaglie
in quel metallo (v. questo bulleltino an. Ili p. 169 e
Saggio di osserv. num. p.l29s.). Le stesse discussio-
ni presenta l' a. sulle monete osche , le quali offrono
in generale un medesimo stile, e perciò devono, a suo
avviso, essere stale battute in un breve periodo di
tempo : or questo periodo ( a giudizio dell' a. ) esser
dee posteriore al tempo di Pirro 283 innanzi 1' era
cristiana ; giacché comparisce in esse il tipo dell' ele-
fante. Da altri si fa discendere a' tempi di Annibale
l'epoca di queste medaglie: e noi rimandiamo a quanto
ne scrisse il Raoul-Rochelte parlando del tipo dell'ele-
fante nelle capuane medaglie (foiiilles de Capoue pag.
98: cf. questo bulleltino n. s. an. II p. 191).
Pruo\a la introduzione delle monete di rame in Si-
cilia verso il quarto secolo prima dell' era nostra dal-
la numismatica di Imera , Selinunte , e Nasso : non
che da quella de'Mamertini, che sorti in epoca poste-
riore non ebbero altra moneta che di rame.
Finalmenle la numismatica di Atene e della Macedo-
nia è richiamata pure in conferma della esposta teoria.
MiNEBVIOT.
Giulio Minervi.ni - Editore.
Tipografìa di Giuseppe Catakeo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 90. (1G. dell' anno IV.)
Febbraio 1856.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani Imperatori. Continuazione del n. 85.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani
Imperatori. Continuazione del n. 83.
ADRIANO
Adriano , studioso coni' era delle lettere greche,
sembra che si recasse da giovinetto in Grecia, e che
in allora il senato ed il popolo di Cheronea 1' ono-
rasse dedicandone l'effigie in luogo pubblico o sacro
con quella semplice e bella iscrizione IIOITAIOIY
AIAION AAPIANON H BOTAH KAI O AHMO£
(C. I. Gr. n. 1615).
La sentenza dell'Eckhel , che pel riscontro delle
iscrizioni e delle medaglie assegna alla tribunicia po-
destà XII di Adriano , o sia all'anno 128 , l'accet-
tazione da esso lui fatta del titolo di Padre della pa-
tria , vie meglio confermasi pel riscontro de' monu-
menti tornati a luce in appresso, e segnatamente pe'
nuovi diplomi militari di Adriano, che nella sua tri-
bunicia podestà Vili e nell'XI altresì omettono quel
titolo, e poi costantemente lo congiungono con la XII,
XIII, XVIII e XXII (Cardinali, dipi. mil. tav. XIV-
XVII: Arneth d. VII). I dubbii promossi in opposito
dal eh. Greppo (Voyage d'Hadrien p. 40) sono trop-
po vaghi e deboli a fronte degli argomenti positivi
che stanno in favore dell'archeologo Viennese.
La tribunicia podestà XXII di Adriano , non am-
messa dall'Eckhel, dal Cardinali e da altri, bene si sta
nella sentenza del eh. Borghesi , che in una tavola sua
cronologica degl'imperi di Traiano, di Adriano e di
Antonino Pio, da esso lui gentilmente comunicatami
nel 1843, all'anno varroniano 870 avverte : hoc anno
circa diem IX Augusti obìit Traianus. Successit Ha-
drianus die XI Augusti, qui primus Impcratorum tri-
bunicias potestates Kakndis lanuariis commutavit. A-
anno ir.
driano pertanto, allor ch'egli mancò di vita addì 10
di luglio nell'anno di Roma 891, o sia 138 dell'era
volgare , contava di già sei mesi e giorni dieci della
tribunicia sua podestà XXII ( cf. Bull. ardi. NapoL
ser. nuov. anno II p. 35).
Adriano forse predilesse le calende di Gennaio ,
fors' anche in riguardo al giorno suo natalizio , che
ricorreva addì 24 di quel mese, e per la singolare sua
cura e diligenza verso le sacra Romana sì che fu re-
putato quasi altro Numa (Spart. in Hadr. 22 : Victor
in Caesarib.XlY), il quale re pacifico Iani bifrontis
sacrar ium feceral in duobus brevissimis templis ( Ser-
vius ad Aen. VII, 007). Quindi la singolare sua usan-
za, ut sero Kakndis lanuariis scripserit, quid eo tolo
anno posset evenire (Spart. in Hadr. 16). Quindi an-
cora nelle sue monete comparisce il nuovo tipo di
Giano bifronte, e l'acclamazione S P Q R AnnumNo-
vum Tauslum Telicem HADRIANO AVG • P • P, op-
pure OPTIMO PRINCIPI (Eckhel t. Vip. 50S : cf.
Bull. arch. Nap. ser. I an. II p. 140, an. IV p. 80).
Per simile modo Pertinace , che inaugurò Y impero
suo all' aprirsi del novello anno , pose anch'egli Giano
Conservatore nelle sue monete ( Eckhel t. VIIp. 141).
Alle calende di Gennaio dell'anno 138 , ultimo del
suo impero, sendo avvenuta la morte di Elio Cesare,
questi ab Hadriano volorum caussa lugeri est vetitus
(Spart. in Hadr. 23). Que'voti saranno stali fatti
tutt'insieme per 1' anno nuovo fausto felice e per ce-
lebrare il dì dell'impero di Adriano (cf. Plin. 1. X episl.
49, 103).
Adriano , per fede di Sparziano ( in Hadr. 26) , si
lasciò crescere la barba e poi sempre la nudrì, ut vul-
nera, quae in facie crani naturalia, tegerct, cioè le ci-
catrici delle strume o d' altro malore. L'Eckhel (t. VI
p. 485 ) volle anzi supporre , che Adriano nudrisse
16
122
la barba in segno dello studio della filosofia da esso
lui professata ; ma non pare , poiché la barba filoso-
fica era assai lunga , come si pare anche dall' effigie
di Euclide in moneta impressa sotto Adriano (Eckhel
t. VI p. S15 ), laddove quella di Adriano è tale che
per appunto basta solo a coprire il mento. Le mo-
nete d'Adriano mostrano altresì veridiche e proprie
quell'altre parole di Sparziano (Hadr. 26) flvxo ad
peclincm capillo.
Anno 117.
1. 1MP CAES TRAIAN HADRIANO AVG DIVI
TRA, lesta laureala.
XPARTHF DIVI NER NEP P M TRP COS, IV-
ST1TIA, Giustizia stolaia sedente con palerà nella d.
e con asta in palo nella s. Arg.
Questo tipo della Giustizia è manifestamente ri-
tratto dalle monete dell'avolo suo Nerva; e fors' an-
che in riguardo a ciò Adriano si dice DIVI NERwe
NEPo.s. Dai Fasti di Verrio Fiacco si ha, che addì 8
di gennaio dell'anno di Roma 734 fu dedicato SI-
GNVM 1VST1T1AE AVGVSTAE. L'epitafio posto in
Roma a P. Elio Timeo SACERDOTI 1VST1TIAE
dal padre suo P. Elio Slratonico (Orelli n. 2164),
che mostrasi liberto di Adriano, ne porge argomento
a credere che quell'Augusto promovesse il culto della
dea Giustizia. In monete d' Efeso ricorre AIKAIO-
STNH AAPIANOT (Mionnet, suppl. n. 397 ).
2. IMP CAES TRAIAN HADRIAN OPT AVG
GER DAC, busto laureato.
XPARTHIC DIVI TRAIANI AVG F P M TR P
COS P P, CONCORD, Concordia sedente con patera
nella d. e col gomito s. posalo sopra la testa di un pic-
colo simulacro femminile fornito di base, e cornucopia
u terra, Arg.
L' Eckhel ( mus. Caes. n. 16 , 185 , 448) mostra
non avere avvertito quel piccolo simulacro, che serve
di sostegno, nò il piccolo cornucopia apposto ai fulcri
della seggiola della Concordia. Questi due obbietti poi
veggonsi vie più chiari e distinti nelle monete di Sa-
bina con la CONCORDIA (Mus. Caes. n. 16). Quel
piccolo simulacro femminile tiene dell' arcaico e so-
miglia a quello della Speranza in allo di sollevare al-
quanto la veste (cf. Mùller, Handbuch§. 345, 2 : Buo-
narroti medagl. p. 420: Eckhel t. VI p. 219). Altri
ravvisar potrebbevi la Giunone o sia Genio della Con-
cordia medesima (cf. Marini , Arv. p. 309 : Labus ,
marmi Bresc. p. 78).
Anno 118.
3. IMP CAESAR TRAI ANVS HADRIANVS AVG,
busto laureato, oppur radialo.
)( ADVENTVS AVG PONT MAX TR P COS II ,
S C, Roma goleata sedente sopra una congerie d'armi
eon asta nella s. in atto di porger la d. ad Adriano
stante dinanzi a lei togato. Ae. I— II.
Il tipo del riverso è ritratto dal simile di Traiano
reduce a Roma dalla prima guerra D.icica ( cf. Bor-
ghesi, iger. di Burbul. p. 21). L'Eckhel per abbaglio,
o per disattenzione, disse l'imperatore paludato, men-
tre eh' egli è anzi convenientemente togato. M. Aure-
lio tornato dall'Oriente in Italia togam et ipse sumpsit,
et mililes togatos esse ius$i< (Capitol. in Marco e. 27).
Monete di subbietto geografico.
Adriano in questa bella serie di monete comparisce
quasi costantemente togato con la d. dolcemente stesa
come in atto di favellare e con un volume nella s. E
così dev'essere, poiché, a detto del suo biografo (Spart.
in Hadr. 22 ) , ipse, quum in Italia esset, semper to-
gatus processit, e fece il giro dell'orbe Romano senza
sussiego e pompa imperatoria (DioLXIX, 10). Qua-
lora poi egli sia paludato al suo arrivo, siccome nella
Mesia e nella Sicilia, ciò pare indicare che quel viag-
gio avvenisse in tempo di guerra. Paludato altresì e-
gli comparisce qualora sia in atto di arringare gli e-
serciti Romani di diverse provincie, o di farne la ri-
vista a cavallo. Nelle monete di Adriano relative ai
suoi viaggi parmi eh' egli non s' intitoli mai o quasi
mai Ponti fex Maximus; forse perchè egli sacra Ro-
mana diligentissitne curavit, — Pontificii Maximi ofjfi-
cium peregil (Spart. Hadr. 22); ed in riguardo al
prisco divieto fatto al Pontefice Massimo di sortire fuor
dell'Italia, egli avrà lasciato un suo Vicario in Roma
( cf. Capitol. in Pio e. 11). Per lo contrario il com-
parire che fa il titolo PROCOS nelle iscrizioni di A-
driano (Orelli n. 811 : Henzen zmi mililaerdipl. p.
— 123 —
39) sarà forse per accennare a quo' suoi lunghi viag-
gi per le provineie , durante i (piali egli iu ispicial
modo esercitava l' imperio proconsolare.
Ai riscontri degli antichi scrittori riguardanti i viag-
gi di Adriano, addotti dall'Eckhel, ini giovi aggiun-
gere i due seguenti dell' oratore Frontone ( Fer. Als.
?pist. Ili; princ. hist.): doclum principerà etnavum,
ìrbis terrarum non regendi tantum, sed etiam peram-
ndandi diligentem : — cius itincrum monumenta videas
ver plurimas Asiae atque Europae urbes, et regum
4. HADRIANVS AVG COS III PP, testa or nuda,
>r laureala.
)( RESTITVTORI ACHAIAE, Adriano togato stan-
e in alto di sollevare colla d. lina donna genuflessa ;
\el mezzo è un urna, dalla quale sporge un ramo.
Aur. Arg. JE. I, II.
Sebben ì'Achaià, come avverte l'Eckhel, debba qui
ntendersi in senso lato, pure il vaso de' ludi , che ri-
:orre parimente in monete di Corinto ( Eckbel t. li
). 240: Annali ardi. t..XI tav. agg. R. 3), mostra
:he siasi in modo speciale denotata e rappresentata la
>rovincia detta ACHAIA dai Romani. In una moneta
li Corinto, con la testa di Adriano nel ritto , leggesi
lei riverso ADvenlus AYGusti presso una trireme
Mionnet suppl. n. 573). Nelle iscrizioni di Alene e
li Sparta ( Corp. I. Gr. n. 281 , 1241, 1348) sono
•icordati due arrivi di Adriano , che facevano epoca
iegnatamente in Atene. L'anno XXVII del primo ar-
ivo di Adriano in Atene, segnato nella sovr' accen-
tata iscrizione (n. 281 ) credo non debba computarsi
lai 112 , ma sibbene dal 122 , e che corrisponda al
148 dell' era nostra, nel quale Antonino Pio sciolse
primi suoi Voti decennali, onde essa vie più conve-
lientemeule fu dedicata agli dei ed alla Fortuna del-
' imperatore Cesare T. Elio Adriano Antonino Au-
gusto.
5. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
X AEGYPTOS , Donna adagiata in terra tenente
m sistro nella d. e col gomito s. appoggiato ad un ca-
%eslro ; ibi posalo presso i suoi piedi.
Aur. Arg. JE I, II.
L'escila greca della voce AEGYPTOS, analoga al-
l'altre Andros, Coptos, barbilos, scorpios e simili no-
tate ne' lessici, (orna in conferma del detto di Spazia-
no (Jladr. 10): amavil genus dicendi vetustum. Per
simile modo nella celebre base Puteolana delle XIV
città dell'Asia ristabilite da Tiberio trovasi scritto E-
PIIESOS e TE.MNOS: ed J2GYPTOS ricorre nel pa-
linsesto Veronese della storia naturale di Plinio edilo
dal eh. Mone nel passalo anno 1855.
0. Diritto incerto.
)( AFRICA , nave pretoria alla vela con remigi ed
armati, e con la Vittoria che sta al governo. yE.m.m.
Questo insigne medaglione descritto dal Vaillanl (t.
IH p. 115: cf. Eckhel. t. Vip. 488) sembra riferirsi
alla felice repressione del molo de' Mauretani , che
meritò ad Adriano le supplicazioni (Spart. Hadr. 12):
molus Maurorum compressi!, et a scnatu supplicationvs
emeruit.
7. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ASIA , Donna stolala stante con lituo augurale
nella d. e con timone di nave nella s. posando il pie d.
sopra una prora. Arg.
Il piccolo obbietto , che vedesi nella d. del Genio
dell' Asia proconsolare, parve acroslolio all' Eckhel e
ad altri; ma esso, avendo la forma di un semplice ba-
stoncino inflesso nella sommità , sembra piuttosto un
lituo augurale , oppure un pedo pastorale. La prima
osservazione degli augurii atlribuivasi ai Carii od ai
Frigii , compresi nell'Asia proconsolare (Plin. VII ,
57, 12: Clem. Alex, stromat. p. 300: luvenal. sat.
VI, 585); ed in un monumento vetusto d'Efeso ( C.
I. Gr. n. 2953) leggonsi alcune prescrizioni riguar-
danti gli auspicii presi dal volo degli augelli. Che se
P obbietto in questione voglia anzi tenersi per un pedo
pastorale, questo ben si addice all' Asia in riguardo al
culto di Alys e della grande Dea Frigia (v. il seg. n.
20 ). Del resto , all' Eckhel parve cosa strana il capo
radiato ieWAsia iu moneta descritta dal Vaillanl ; e
forse non era che lesta turrita (cf. trésor de num. Em-
per. pi. XXX, 5 ).
8. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)(BR1TANNIA, S C, donna tunicata clamidata se-
dente sopra un monlicello col capo appoggiato alla d.
mano e con asta nella s. appoggiala ad un grande scu-
do di forma ovale. JE. I, IL
— 124
Gli antichi Un'Ianni amavano di abitare i monti a-
spri, e andavano armati d'asta e di clipeo stretto (Dio,
LXXVI, 12: Herodian. IH, li, 14). 11 grande scu-
do, invece dell' umbone, mostra essere fornito di uno
spuntone , che nella mischia servir poteva ad urtare
vie più fortemente conlra le schiere nemiche. Una di
queste monete, che conservasi nel museo Estense, nel
ritto porla l'epigrafe IMP CESAR TRAIANVS HA-
DRIANVS... col busto a petto nudo; le quali due
particolarità danno buon argomento a crederla im-
pressa nell'anno slesso, in cui Adriano visitò la BRI-
TANNI A, cioè nel 121 dell' era nostra.
9. Lo stesso diruto che nelprec. n. 4.
)( CAPPADOCIA, S C, figura succinta clamidata
con calato in testa stante con /' effìgie del monte Argeo
nella d. e con vessillo nella s. M. I. II.
La suddetta figura del Genio della Cappadocia par-
ve all'Eckhel vir capite turrito ; ma nelle monete ori-
ginali ha forme feminili , e porta in testa un ogget-
to simile alla ffcOJa, delle ierodule ( vedi addietro,
inon. di Traiano di conio peregr. p. G9). Il vessillo,
proprio segnatamene delle milizie a cavallo , con-
fronta col detto di Servio (ad Aen. Ili, 704) : cum in
Cappadocia greges equorum periissenl , Delphici Apol-
linis responso, adduxerunt equos de Agrigento , et re-
paravere meliores.
10. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVGVSTI CILICIAE, S C. Adria-
no togato con la d. stesa , ed una donna stolata ga-
leata lenente un vessillo nella s. ed una patera nella d.
stanti in alto di sacrificare sopra un ara accesa posta
di mezzo ad essi. Ae. I.
Il Genio della Cilicia ha la testa galeala ( v. trésor
de num. Emper. pi. XXX , 7 ) forse in riguardo al
culto di Pallade, assai diffuso in quelle regioni , ed
all'indole bellicosa di quelle genti. Il vessillo accen-
nar sembra alle milizie ausiliarie coscritte dai Roma-
ni in quelle contrade.
il. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVG GALLIAE S C, Adriano to-
gato stante con la d. stesa, ed una donna stolata stante
con patera nella d. in alto di libare sopra un'ara accesa,
appiè della quale giace la vittima immolala. Ae. I.
Il eh. Lenormanl (trésor de num. Emper. pi. XXX,
8 ) ravvisò appiè del Genio della Gallia un cavallo che
s* impenna ; ma pare senza meno un bue prostralo
dopo aver ricevuto il colpo mortale dal vittimano
( cf. Revue num. t. Vili p. 154- ).
12. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( HISPANIA, donna stolata con la chioma compo-
sta in trecce sedente a terra con ramo d' olivo nella d.
e col gomito s. appoggialo ad un monticello petroso.
Aur. Arg. Ae.
Il eh. Lenormant (pi. XXIX) dice ramo di aran-
cio quello che io dissi ramo di olivo con altri iu ri-
guardo all' abbondanza e bontà dell' olivo delle Spa-
gne e segnatamente della Betica, paese natio d'Adria-
no (cf. Eckhel 1. 1. p.8: Orelli n. 3254, 4077: Strabo
p. 144: Plin. Ili, 3, 2). Il monticello petroso sembra
accennare alle molte e ricche miniere della Spagna,
e specialmente della Turdetania ( Strabo p. 1 46 ).
13.IMP CAESARTRAIANHADRIANVSAVG,
busto laureato.
)( P M TRP COS IH, Pallade goleata stante presso
un arbore d' olivo, verso il quale ella stende la d. ap-
poggiandosi con la s. aW asta , e coniglio accovaccialo
a' suoi piedi. Aur. Arg.
Il riverso di queste rare medaglie, benché manchi
il nome HISPANIA, manifestamente appella ad Itali-
ca, municipio della Betica, patria di Adriano, e pro-
babilmente anche al suo arrivo e soggiorno nelle Spa-
gne. Il coniglio è noto simbolo di quelle regioni. Pai-
ade Cult* insieme armata e pacifera sta presso il di-
elio suo arbore dell' olivo , qua non alia maior in
Baelica arbor ( Plin. XVII , 19 , 2 ) , e tutt' insieme
può significare come le milizie Romane per la mas-
sima parte supplivansi dalle Spagne (Capitol. t» Mar-
co 11). Adriano nella sua TR1B • POT • V RESTI-
TV1T min nelle vicinanze di Salamanca ( Maffei ,
mus. Veron. p. 424, 9 ) pel tratto di CXL1X , e chi
sa quante altre miglia. Questa sarà una delle opere
d' Adriano, che a' tempi di Frontone slavano a ri-
cordo de' viaggi del benefico Imperatore.
1 4. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ITALIA (e talvolta ITALIA FELIX), donna stolata
stante con asta nella d. e con cornucopia nella $. Arg.
— 125 —
11 cornucopia , dato all' Italia anche nel denario
della genie Fufia, ricorda quelle belle lodi datele da
Virgilio ( Georg. II, 173): salve magna parens fru-
gum, con quel che segue; e quel magnifico encomio
tributatole da Plinio ( Nat. hisl. XXXVII, 77): quic-
quid est, quo carere vita non debrat, nusquam est prae-
stantius, fntges, vinum, atea, veliera, lina, vestes, tu-
telici. Altre monete sono intitolate ad Adriano RE-
STITVTORI 1TALIAE fors' anche perchè egli con-
sulares per omnem Ilaliam iudices comtiluit ( Spart.
in Hadr. 22; cf. Annali arca. t. XXV p. 196 ).
15. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVG 1VDAEAE, S C. Adriano
togato con la d. stesa, ed una donna stolata velala con
patera nella d. stanti da lato ad un'ara accesa, appiè
della quale giace la vittima prostrata; e due o più fan-
ciullini stanti presso la donna con rami di palma in
mano. Ae. I, II.
Notevole mi parve la particolarità del velo che
copre il capo e le spalle del Genio della Giudea, con-
forme alla usanza pudica delle matrone Ebree ( Ac-
kermann, archaeol. bibl a. 127: Buonarroti vetri p.
268 ). I due o più putti , che festosi fanno corteggio
all' Augusto , ricordano gli Ebrei che per 1* ingresso
solenne del Messia in Gerusalemme acceperunt ramos
palmarum et processerunt obviam ei ( Evang. Ioan.
XII. 13).
16. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
X ADVENTVI AVG MACEDOMAE, S C, Adria-
no togato con la d. slesa, ed una donna succinta cla-
midata con pileo patrio in capo , lenente una patera
nella d. slesa ed un flagello nella s. slami presso un'a-
ra, appiè della quale giace la vittima prostrala.
Ae. I, II.
La forma del pileo Macedonico è a tutti ben nota
dal riscontro delle monete ; e quella della clamide
Macedonica trovasi così descritta da Plinio (Nat. hist.
V, 11) là dove narra che Dinocrale disegnò l'ambito
d' Alessandria d' Egitto ad effigiem Macedonicae chla-
mydis orbe gyrato laciniosam , dextra laevaque angu-
loso procursu. Anche il flagello, o scudiscio che dir sì
debba, sarà proprio della nazione Macedone; ma non
ne troyo riscontro certo (v. Greppo, Voyag.d'Hadrien,
p. 114), quando mai non denolassc la perizia singo-
lare de' Macedoni nel condurre e reggere i cavalli
corridori. 11 Genio della Macedonia è altresì fornito
di calzali , che probabilmente accenneranno al tra-
sporto per la caccia.
17. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( MAVRETANIA, S C, figura succinta con ves-
sillo nella s. stante presso un cavallo eh' ella ralliene
per la cavezza. Ae. 1, II.
L' Eckhel ravvisa nella delta figura un Mauro; ma
nelle monete ha sembianze femminili, e talora ha , a
guisa d'Amazzone, il petto mezzo scoperto (trésor de
num. pi. XXX, 15). 11 vessillo ed il cavallo appella-
no alle valorose alac Maurorum, che militavano ne-
gli eserciti Romani. La detta figura talora tiene una
verga nella d. conforme al detto di Servio (ad Aen.
IV, 212) : praefecti gentium Maurarum , cum fiunt ,
YIRGAM accipiunt ci geslant[cf. SaWasl. luyurth. 6).
18. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVG MOESIAE , S C , Adriano
paludato con la d. stesa , ed una donna succinta con
patera nella d. e con arco nella s. e faretra a lato ,
stanti presso un ara. Ae. I.
I Moesii abitanti presso l' Istro doveano essere va-
lenti arcieri , del pari che i vicini Daci. L' Eckhel
avverte , che gli antichi scrittori non fecero parola
del viaggio di Adriano nella Moesìa; ma ciò scrivendo
egli dimenticò le seguenti parole di Sparziauo (Hadr.
6) : audilo lumultu Sarmatarum , et Roxolanorum ,
praemissis exercitibus MOESIAM peliil. Sparziauo
poi narra , che Adriano cum rege Roxolanorum, pa-
cem compostili: ed il nome di quel re ci fu conservato
da una lapida di Capodistria posta P. AELIO RA-
SPARASANO REGI ROXOLANORVAJ ( Orelli n.
833 ). L' arco dovea essere 1' arme precipua de' Mesi
del pari che de'vicini Geli e Daci (cf. Ovid. de Ponto
l. IV. epist. X, 77-78).
19. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( EXERC NORICVS , S C , Adriano paludato
stante con a lato altro personaggio pur paludato in sul
tribunale in allo di arringare tre o più militi stanti
con le insegne ; e littore o apparilore stante appiè del
tribunale. Ae. I.
— Ì1G -
Questo bel lipo non è che impei fellamente descrit-
to dall'Eckhel (cf. trésor de num. Emper. pi. XXIX, 5).
Il personaggio paludato stante a lato dell'Imperatore,
ma un po' più indietro, è detto prefetto del pretorio
dal eh. Greppo [Reme num. t. Vili , p. loo); ma
pare più probabilmente un legato preside della pro-
vincia del Norico (Ordii n. 798).
20. Lo stesso diritto ehe nel preced n. 4.
)( RESTITVTOIU PIIRYGIAE S C, Adriano to-
gato stante in allo di rialzare una donna genuflessa
ax^nle in capo il pileo frigio , e nella s. un pedo pa-
storale. Ae. I , II.
Non saprei altrimenti accostarmi all'avviso del Le-
normant, che vi ravvisa Atys tenente nella s. il col-
tello sacro ( irésor de num. Emper. pi. XXXI , 7 ).
11 pedo pastorale è proprio di Atys , e ricorda tulio
insieme il cullo di Cibele traslato dalla Frigia a Ro-
ma. 11 pedo slesso pare posto anche in mano del Ge-
nio dell'ASIA proconsolare , che comprendeva in se
la Frigia ( v. addietro n. 7 ).
21. HADRIANVS AVGVSTVS , lesta laureata.
)( SICILIA , S C , volto giovenile di prospetto con
la chioma sparsa, e mostro marino sott' esso. Ae. I.
Non ostante i dubbi promossi dall'Eckhel, la mo-
neta pare genuina e relativa ai viaggi di Adriano in
Sicilia , in qua Aetnam montem conscendit , ut solis
ortum vidcrel arcus specie, ut dicilur, varium (Spari.
in Hadr. 13). Quel volto, sia che si voglia di Me-
dusa , o sia che del sole nascente , torna lo slesso ,
poiché il volto Gorgoneo tenevasi per simbolo del
giorno e del sole (v. Cavedoni , spie. num. p. 194:
cf. Micali mon. ined. tav. XXXVI , 3 : Vermiglioli
scp. de Volumn. tav. 2 : Spanbem. de usu num. t. I.
p. 690 : Wionnct rareté p. 199). Il mostro marino,
posto al disotto del Sole nascente , non è Scilla , ma
pistricc, o simile mostro, che indica la superficie del
mare, donde sembra spuntare l'astro del giorno.
22. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVG SICILIAE , S C , Adriano
paludato con la d. stesa, ed una donna portante in
capo la triquetra con patera nella d. e con due spighe
nella s. , stanti presso un tripode o fondo. Ae. I.
Il eh. Lenormant (trésor de num. Emper. pi. XXX,
n. 18) avvertì la triquetra apposta al capo del Ge-
nio della Sicilia , sfuggila alla perspicacia dell'Eckbel
e del Greppo; ed io la veggo chiara nell'allra mo-
neta portante la scritta REST1TVTORI SICILIAE
(mus. Est. cf. Bull. ardi. Nap. ser. / 1. I p. 3, 71 :
Gerhard arch. Zeit. 1847 laf. IV, 2). 11 paludamen-
to indossato da Adriano in questa medaglia , invece
della toga , ne porge argomento a crederla impressa
circa Panno 122, nel (piale egli felicemente represse
il moto della Maurelania (Spari. Hadr. 12, 13 : Til-
lemont , Hadrien art. IX ) , passando neh' andata , o
nel ritorno , per la Sicilia , e di là in Alene.
23. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( ADVENTVI AVG THUACIAE, S C, Adriano
togato con la d. slesa e con volume nella s., ed una
donna vestila di anassiridi di tunica succinta e di
clamide, con patera nella d„ stanti presso un' ara in-
ghirlandata , appiè della quale giace la vittima pro-
strala. Ae. I.
11 eh. Lenormant avvertì la particolarità delle a-
ntssiridi (trésor Emper. pi. XXX, 19). 11 vestire
del Genio della Tracia assai ben confronta con quello
che ne'monumenli greci e romani suol darsi alTra-
cio Orfeo.
24. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( TELLVS STABILITA , donna vestita di tunica
cinta soli' esso il petto , e ripresa e sollevata da altra
cintura attorno a lombi , sì che aggiunge a pena al
ginocchio , stante in atto di tenere colla d. un aratro
posato a terra, ed tm bidente con la s.,e presso le due
spighe di grano che s'ergono in sul loro stelo dal suolo.
Aur. Arg.
La figura sovra descritta vien delta dall' Eckhel
vir succincta veste stans, d. forte ligonem, s. rastrum;
ma chiunque riguardi bene la moneta originale , la
troverà quale la descrissi. Che sia figura femminile ,
di forme peraltro robuste , quali convengonsi a chi
lavora la terra, ne lo dimostrano le fattezze del volto,
1' acconciatura della chioma , e la prima cintura sot-
t'esso il petto. L' altra cintura ai lombi serve a ren-
dere spedita la persona ne' lavori dell'agricoltura; ed
a formare un ampio grembo, che troppo bene si con-
viene alla madre terra , conforme alle parole dello-
— 1:
ralore e filosofo Romano ( Cic. de senect. 15) : Terra
GREMIO mollilo et subacto scmen sparsimi excipit;
non che all' allre di Vairone ( R. R. I, 1 ) : Iuppiter
et Tellus parentes magni dicuntur, Iuppiter pater ap-
pellalur, Tellus terra maler. L'ordegno delto Ugo dal-
l' Eckhel , in molti esemplari può riuscire incerto ,
per la sua picciolezza, ma in alcuni è manifesto ara-
tro di forma assai semplice, fornito peraltro deU'iTro-
|3o£t<s , clavus , o sia timone secondario , pel quale lo
tiene preso la dea Tellure. L' altro strumento mi pare
più presto bidente , che rastro , perchè questo esser
dovrehhe fornito di più che due denti. Intorno alla
forma di questi e d'altri strumenti rurali veggasi il eh.
Mongez (Acad.des Insci: t.H p.633; LUI p.10-13).
25. Lo slesso diritto che nel prec. n. 3.
)( P M TRP COS HI, figura virile barbata semi-
nuda adagiala in terra , che tiene nella d. un ancora
( per lo più capovolta ) , e con la s. sorrc(jgesi il capo
appoggiando il gomito ad un delfino capovolto. A rg.
L' Eckhel ( mus. Caes. n. 439 ) lo dice Fiume , ed
il Pedrusi (mus. Fani. t. Ili p. 140) Nettuno, o fiu-
me Reno. Ma quelle che a lui parvero corna nascenti
sopr'esso la fronte, della figura senile adagiata , in
un bello esemplare che ho soli' occhio sono manife-
stamente due chele , o sia granceole di paguro. Que-
ste solevano apporsi ai simulacri delle deità marine, e
segnatamente a quel dell'Oceano o Pelago, per indi-
care che il loro soggiorno era nel profondo del mare
(v. Visconti op. var. parte II p. 344). Iu questi de-
narii di Adriano pertanto vuoisi riconoscere l' inda-
gine dell' Oceano, che fa bel riscontro a quella della
Tellure , e che vedesi insignito di due corna o piut-
tosto granceole anche in una rara moneta di Tiro
(Eckhel sylloge I lab. VI, 5). Adriano poi potè pia-
cersi di questo tipo sia in riguardo alla madre sua
nativa di Gades presso 1' Oceano Atlantico , o sia in
riguardo a' suoi lontani viaggi , poiché egli vide con
Traiano vittorioso i lidi dell' Oceano orientale , e po-
scia solcò l'Oceano occidentale recandosi nella Bri-
tannici l' anno V del suo impero.
26. Lo stesso diritto che nel prec. n. 13.
)( P M TR P COS III, Genio di un fiume semigia-
cente con remo nella d. e col s. braccio appoggiato ad
un' urna che versa acqua. Aur.
Quest' aureo (Mus. Caes. n. 433), per ragion delle
epigrafi, pare contemporaneo ai primi viaggi, di A-
driano nelle Gallie, nella Germania e nelle Spagne; e
nel riverso sarà figurato alcuno de' maggiori fiumi
di quelle provincie , forse il Reno, oppure il Beli
che bagnava il paese nativo di quell'Augusto. Del re-
sto, dal riscontro di questo tipo con quello del prec.
n. 25 confermasi che in quello sia figurato l'Oceano
e non già un semplice fiume.
27. Diritto non cognito.
)( Figura del dio Termine con epigrafe in caratteri
incogniti. Arg.
Questo denario , così troppo vagamente indici lo
nel catalogo del museo d'Ennery (p. 337 n. 1430j,
accennar potrebbe ai confini dell'Impero limitati da
Adriano all'Eufrate l Sport, in Hadr. 5: cf. S. Augu-
slin. civ. Dei IV, 29 ), ovvero ai termini del pomerio
di Roma restituiti, auspice lui , dal collegio degli au-
guri (Orelli num. 811 ) nella V sua tribunicia po-
destà.
Allre monete memorabili del consolalo III.
28. IMP CAES HADRIANVS AVG COS HI, le-
sta laureala.
)(ANN DCCCLXXIIII NAT VRB P CIR CON ,
donna sedente in terra , che colla d. tiene una ruota e
colla s. si attiene a tre coni od obelischi. Aur.
L' anno DCCCLXXIIII, segnato in questo insigne
aureo, sembra riferirsi al computo Varroniauo; poi-
ché gli è molto probabile , che nella contingenza dei
ludi Circensi costituiti da Adriano pel natale di Roma;
il collegio degli auguri ristabilisse i termini del po-
merio, lo che feeero nella tribunicia potestà V di A-
driano (Orelli n. 81 1), la quale coincide per appunto
coll'anno Varroniano DCCCLXXIIII, 121 dell'era
volgare : di che si reude molto verisimile che Adria-
no alle Palilia di quest' anno si trovasse in Roma, e
ne ripartisse poco dopo pe' viaggi della Britannia e
della Spagna. L' Eckhel lasciò in incerto il significalo
della sigla P , che per congettura parvenu potersi
spiegare Perpetui, oppure Parilibus ClUeenscs CON-
stiluti ; poiché sebbene nel 709 Varroniano i ludi Pa-
rtila fossero di già stali costituiti in perpetuo , quell'
— 128 —
istituzione non riguardava il natale di Roma, ma sib-
bene la vittoria di Giulio Cesare nelle Spagne, il cui
annunzio giunse a Roma ricorrendo per appunto il dì
delle Parilia (Dio XL1II , 42). Ora veggo che il eh.
Canina spiega Vroprii CIRCenses CONstituti ( Accad.
JRom. d' archeol. t. X p. 433-451).
29. Lo stesso diritto che nel prec. n. 13.
X P M TR P COS III , CLEM , Clemenza slolata
stante presso uri ara con patera nella d. e con asta
nella s. Arg.
Adriano, a detto di Sparziano {in Hadr. 5), in sul
principio del suo impero tantum Cleiue.vtiae stu-
dimi hàbuil, ut — neminem laederet ; ma pure presso
molti egli avea mala voce per 1* uccisione di quattro
insigni uomini consolari avvenuta nel secondo anno
del suo impero (v. Borghesi Dee. X, oss. 8); per op-
porsi alla quale forse comincia a comparire il tipo ed
il nome della CLEMentia, nelle monete dell' anno
terzo.
30. HADRIANVS AVGVSTVS, testa laureata.
)( COS III , S C, Adriano togato stante in sui ro-
stri presso uri edicola tetrastila con la d. slesa in atto
di aringare molle figure togate stanti dinanzi a lui
colle destre alzate. -<E. I.
I rostri , d' in sui quali conciona Adriano , sono i
Giulii, che per tali si riconoscono anche dall' esser
vicini all' aedes Divi lulii, che è tetrastila anche nelle
monete di Ottaviano (v. Canina, Foro Rom. p. 138).
Questo bel tipo prende luce dalle parole di Sparziano
(in Hadr. 8) : et in conclone et in senalu saepe dixil ,
ita se rempublicam geslurum, ut sciret populi rem esse,
non suam.
31. HADRIANVS AVGVSTVS P P, busto lau-
reato e paludato.
)( COS III, Adriano togato stante con volume nella
s. in atto di porgere la d. al Genio del Senato togato
barbato tenente lo scettro nella s. e Roma galeata suc-
cinta con asta nella s. stante di mezzo a loro. Aur.
L' Eckhel (mus. Caes. n. 162) vi ravvisava Traia-
no in atto di stendere la d. ad Adriano ; ma, per ta-
cere d' altre ragioni , Traiano dovrebb' essere sbar-
bato, laddove la figura in questione è fornita di folta
barba ed ha sembiante ideale come di un Giove, lo
vi ravvisai la veneranda imagine del Genio del Sena'o
in toga pretesta, lai quale apparve a Traiano ( Dio ,
LXVIII, 5 ) , e poscia mi confermai nel mio avviso
veggendo che tale parve anche al Vaillant (num.Imp.
P. II p. 139 ) , e vie più pel riscontro di una simile
figura , alla quale in monete di Antonino Pio ( mus.
Caes. n. 109-111) è apposta la scritta GENIO SE-
NATVS. Vuoisi ancora avvertire che il Genio del Se-
nato nell' aureo di Adriano, per ragion di onore, sta
alla d. di Roma, la quale peraltro ha il suo sguardo
sopra il laureato Augusto. E questo insigne tipo espri-
mente la concordia di Adriano col Senato di Roma
confronta col detto di Dione ( Hist. LXIX , 7 ) , che
Adriano in tulle le cose più importanti e necessarie
operava di conserto col Senato. Anche Sparziano ne
attesta (*» Hadr. 7, 8) , che Adriano Senalus fasti-
gìum exlulil, e che exsecratus est principes, qui mima
senatoribus delulissent ( v. il seg. n. 73 , e Traiano
num. 45 ).
32. Lo stesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS III, colonna, sopra la quale è collocata una
galea, e appiè di essa una lorica, un clipeo, un para-
zonio, uri asta ed una faretra. Aur.
11 tipo di questo aureo (mus. Caes. n. 179) è ana-
logo a quello delle monetine di bronzo di Nerone con
le armi di Pallade similmente collocate, e relative ai
quinquatri della dea (Eckhel I. VI p. 276). L' armi
dell' aureo di Adriano , e specialmente il parazonio ,
sembrano proprie della Dea Roma, cui egli eresse il
celebre tempio di sua invenzione e disegno. La fare-
tra può accennare alle milizie ausiliarie, segnatamente
ai sagiltarii. 11 tipo stesso peraltro può riguardare an-
che la disciplina militare cotanto cara ad Adriano ,
del quale così scrivea Frontone a M. Aurelio Cesare
(1. II epist. 4): Hadrianum ego ut Marlem Gradivom,
ut Ditem palrem, propitium et placatum magis volui,
quam amavi.
(Continua)
Cavedoni.
Gidlio Mineuvini — Editore.
Tipografìa di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 91. (17. dell'anno IV.)
Marzo 1856.
Poche osservazioni sopra un anfora panatenaica rinvenuta in Cuma da S. A. R. il Conte di Siracusa. —
Notizia de' più recenti scavi di Pompei. Terme alla strada Stabiana. Continuazione del n. 77. — Monu-
menti Cumani. Lettera all'editore del presente ballettino.
Poche osservazioni sopra un anfora panatenaica rin-
venuta in Cuma da S.A.R. il Cote di Siracusa.
Nella nostra tav. XI fig. 6,7,8 pubblichiamo que-
sto importante monumento riportando le figure della
faccia principale nelle dimensioni dell' originale, e la
forma del vaso 1/6 del medesimo. È un' anfora pa-
natenaica di piccole dimensioni, che offre da un lato
la solita figura di Minerva tra due colonne, colla no-
ta e ripetuta iscrizione TON A0ENE9EN A9U)N
in caratteri arcaici benché non retrogradi ; mentre
dall'altro presenta un discobolo nell'atto di lanciare il
disco, alla presenza di un giudice della gara , ovvero
del ginnasiale».
Congnissima è la rappresentazione della Minerva
colla riferita iscrizione, che costituisce il solito sog-
getto de' vasi panatenaici : e noi non ci fermeremo a
ragionarne, perchè già di proposito se ne occuparo-
no parecchi insigni filologi ed archeologi. Tali sono
fragli altri un Bronstedt (1), un Gerhard (2), un Ra-
oul-Rochette (3), un Ambrosch (i), un C. F. Her-
mann (5),unBoeckh (6), un Muller(7), un Iahn(8),
ed un Krause (9) ; per tacere de' più antichi, vo dire
il Fabro (10), ed il Lomeier (11).
(1) Mémoire sur les vases Panaihéiiaiigues Paris 1833,4.
(2) Antike Bildwerke Prodromus pag. 417-138, e annali dell' Ist.
1830 p. 209, e segg.
(3) Journ. Des Sav. 1823 p. 477 seg.
(4) Annali dell' lst. 1833 p.68 segg.
(5) Lebrbuch der griecb. Aniiquit. tom. II, p. 140 e 276 seg.
(6) Corp. inscr. gr. 1 p. 49, e Berlin Winlerkaialoge 1831-32.
(7) Hall. Encykl. IH , 10 p. 294 — 302.
(8) Vasensammlung zu Mùncben, Einleitung p. XCI1 e CI, e segg.
(9) E'XXrn-.xà — Lipsia 1841 in 8.
(10; Agonistica etc. Lugd. 1592 in 4.
(11) I. hyàii Agonistica sacra e. addii. Lomeieri— Zutpta 1700,4°.
ANNO ÌY.
Il vaso del Conte di Siracusa richiama però la
nostra attenzione pel rovescio, ov' è figurato il disco-
bolo. 11 disco formava parte del pentatlo ; ed è perciò
che non di rado troviamo ne' vasi panatenaici , usciti
in gran numero dalle scavazioni volcenti, giovani che
tengono il disco insieme con altri oggetti della palestra.
Io ne conosco un solo, in cui il discobolo è nell'atto
di lanciare il suo disco , e che proviene dalle scava-
zioni del principe di Canino (1). È però notevole che
la posizione, in cui mostrasi quest'altro discobolo, dif-
ferisce non poco da quella che si scorge nel novello
vaso di Cuma. Di fatti in questo del Conte di Sira-
cusa il giovine palestrita tutto inteso all'azione si
curva alquanto in avanti , piegando il destro ginoc-
chio, ed al destro lato rivolgendo il capo; mentre
nell'altro il corpo è più iuchinato , e vedesi sollevata
in aria la destra gamba. Questa varietà di posizione
va attribuita alla intenzione de' due artisti di figurare
un momento più o meno vicino al lancio del disco.
In generale è stato osservato che 1' azione del disco-
bolo richiede che si curvi innanzi la persona (2) : e
così furono intese le espressioni di Polluce oIcxuj v-
7ro<P:p£o-Scc< (3), e così pure debbono intendersi le vi-
vaci paiole del nostro concittadino Stazio (4) :
Erigit adsuelum dextrae gestamen. . . .
.... vasto contorquet turbine, et ipse
Prosequitur.
Accenna a' movimenti del discobolo anche Filo-
strato ; e la sua descrizione si adatta in parte al gio-
(1) Gerhard ann. dell' Ist. 1830 p. 219 cf. mon. dell' Ist. I tav.
XXII, 1, b.
(2) Visconti mus. Pio-Clem. HI, p. 120 segg.
(3) HI, 1SI.
(4) Thd). VI, 709. Vedi Ambrpscb ann. dell'in. 1833 p.88,segg.
17
- 130 -
vine atleta del vaso di Canino, piuttosto che a quello
di Cuma. Di fatti egli parla della gamba in aria sol-
levata, e del corpo curvo colla testa inclinata a de-
stra, sino a guardar tutto quel lato (1).
È nolo che lo scultore Mirone aveva con somma
cura lavorata la statua del discobolo (2), della quale
lasciaron memoria Plinio (3), e Quintiliano (4)? ma
soprattutto Luciano (5j.
Sarà pregio dell'opera riportare la descrizione del
soflsta di Samosata , che ce ne offre il disegno colla
solita energia del suo stile : nwv ròv ìjivxworroi , r(v
b'iyòo, <pò|S ròv Ìttixsxu^xjtx xa.ro. rà <sx^i\x% rrfi <x-
QìGiwS, à.7rt<Try*.\x\x{yOY lii Tr,v §;<rxo$o'pov, rftiyLOt. d—
xXo^ovTa ru> ìnp,j, soixoròt. %vvu.u.vrJ.<Trrpr>ixiìw \xi-
rx rvf (ÌoXtiS ; Ovx ìxùvov , y\ o'&, 'nrù twv Muput-
vos ipywy (v xoù rovro Itrriv 6 cùcrxoPdXoj 5V "kzyits.
Che noi volgeremmo in italiano — « Forse che tu
« accenni, dissi, a questo che curva il suo corpo mo-
« straudosi pronto a lanciare, rivolto quasi alla donna
« che gli arrecò il disco, leggermente inclinando un gi-
ti nocchio, sì che tu il vedi quasi sul punto di rilevarsi
« dopo la spinta ? Non è quello, e' rispose ; perciocché
« il discobolo che tu dici è anch'esso una delle opere
« di Mirone ».
Da questa descrizione di quella celebre statua , e
■la quel che notarono il sommo Visconti (6) , l' illustre
C.O.Muller (7), ed il dottissimo Welcker (8), rilevasi
abbastanza che la posizione non n'era molto dissimile
da quella che si ravvisa nel giovine effigialo nell'anfora
«umana. E potrebbe senza temerità asserirsi che la
compostezza del movimeuto accoppiata allo sforzo
dieno argomento a supporre che si fosse tenuto pre-
sente quell' insigne lavoro di Mirone ; comunque la
poca perizia del pittor di vasi non abbia potuto rag-
giugnere la perfezione dell'arte.
(1) loiag. I, 24.
(2) Sillig Calai, artif. p. 281.
(3) N. H. 38 , 8.
(4) Instil. 2 , 13.
PS) Pbilops. e. 18.
(ti) Mas. Pio-Cl. l. 1, p. 29 et 95 ; t. 3. p. 34.
(7; Cf. Boettiger ÀmaUhta t. Ili, p. 243 ed Eandb. §. 122,15.
(8) Alle Denkmaeler 1. p. 417 jegg. cf. Bruno Gtnh. <Ut. Gt.
Kunitl p 144.
Né a questa ipotesi si oppone l'arcaismo della iscri-
zione e dello stile ; giacché questo non disconviene
all'epoca in cui fioriva Mirone, cioè a dire 440 anni
circa pria dell' era volgare.
Una seconda particolarità degna di osservazione si
è la piccolezza del vaso, la quale troppo si allontana
dille dimensioni delle grandi anfore panatenaiche. Il
eh. Gerhard, nella enumerazione de' vasi panatenaici
venuli fuora dalle scavazioni volcenli, ne ricorda un
solo di piccole dimensioni ove si legga la iscrizione
TONA0ENE0ENA0UON , notandone la rarità e la
importanza (1). La medesima circostanza rende pre-
giato il nuovo monumento Cumano, il quale dovreb-
be tenersi siccome un dono solilo a darsi dagli amici
a' vincitori del penlatlo : siccome fu opinato dallo
stesso dolio archeologo, quando occorrevano più pic-
cole anfore mancanti della solila iscrizione (2).
Io credo pertanto che la variabile dimensione delle
anfore panatenaiche, e la circostanza della epigrafe ora
segnata ora soppressa , diano argomento ad una dif-
ferente conclusione. Perchè non dir piuttosto che quel
vasellame in variabile modo allusivo alle vittorie nelle
atletiche gare lavoravasi anche talvolta espressamen-
te , per fregiarne la tomba de' vincitori ? In questa
idea, l'anfora del Conte di Siracusa sarebbe messa ad
ornare il sepolcro di un giovine Cumano , che ebbe
la sorte di essere dichiarato vittorioso ne' giuochi pa-
natenaici.
Una singolarità del vaso di Cuma vien costituita
da alcuni segni graffiti presso al collo da una delle
facce del vaso. Sono essi OOIIIII , cioè due 0 e cin-
que linee rette verticali fra loro parallele.
Sorgerebbe da prima la idea , che quei segni fos-
sero cifre numerali; ma a me sembra che valide ra-
gioni si oppongano potentemente ad tini tale con-
gbiettura.
L' epoca , a cui il monumento appartiene, ci vieta
di supporre che si fosse adoperata quella numerazio-
ne , in cui si accorda un particolare valore alle varie
(1) Annali dell' Ist. 1830, p. 222.
(2) Ann. cit. p. 211. Le ulteriori scavazioni cuniane del Conta
di Siracusa bau dato due altri vasi panatenaici di picco!» dimen-
sioni, ma essi non offrono la solita epigrafe.
131 —
categorie delle lettere dell' alfabeto. Questo metodo
non risale ad epoca remota : e dovrebbero additarsi
esempli sicuri , per essere autorizzati a dare interpre-
tazione di un monumento tanto anticamente lavoralo.
Mettendo da parie altre difficoltà , che e' impedi-
scono di ritener per numeri quella riunione di segni,
ci sovviene un ostacolo assolutamente insuperabile.
Ritenere IO per settanta , e le cinque linee per
cinque unità , sarebbe lo slesso che immaginare nel
medesimo tempo, e nella medesima iscrizione adope-
rali due differenti sistemi di scrittura. È noto che nel
sistema in cui l'O figura settanta, l'I figura dieci, e
non uno , che sarebbe invece indicato dall'A. La li-
nea verticale dinota I nell' altro più antico sistema
tutto decimale , nel quale , ad eccezione delle unità,
tutti gli altri numeri cardinali sono indicati dalle ini-
ziali M, X, H, A, P ultima divisione metà della de-
cina, utilissima a semplificare la scrittura de' numeri.
£ di questa progressione decimale avemmo occasione
di favellare nella nostra memoria sul magnifico vaso
de' Persiani, ove ravvisammo una tavola calcolatola,
unica a vedersi su' vasi dipinti (I).
Dalle esposte considerazioni si rende chiaro essere
impossibile che si fosse contemporaneamente usato
un duplice metodo di scrittura ; dal che non sareb-
besi venuto giammai a capo di conoscere il numero
che si voleva indicare.
Né vale il dire che si potrebbero ritenere per cin-
que decine quelle linee : nel qual caso non potrebbe
neppure farsi sorgere un sol numero ; ma sibbene
un'accozzaglia di varii numeri messi l'un dopo l'altro
con ignote intenzioni.
Sarà facile il dimostrare che all'epoca del vaso Cu-
mano , di cui stiamo ragionando , non poteva essere
ancora introdotto il sistema di numerazione a cui ac-
cenniamo. Rilevasi di fatti dalla iscrizione dipinta
presso la Minerva , che non per anco eransi nell'alfa-
beto introdotte le vocali lunghe.
Or senza questa nuova introduzione vacilla tutto il
sistema della scrittura numerica, nella quale la man-
canza dell'?) e dello/ e dell'e^isentoR sarebbe un insor-
ti) Vedi questo bullettino an. II pag. 132.
montabile osfacolo. E perciò non può essere dubbi
che quella più recente maniera è posteriore alla in-
troduzione delle vocali lunghe, e perciò all'epoca del
noslro monumento.
Dimostralo che quei segni graffiti dinotar non pos-
sono numeri, rimarrà unicamente vera la interpreta-
zione che lampeggiò al primo sguardo nella mente
mia e del eh. Sig. Commendatore Quaranta, sebbene
il mio dotto collega abbia voluto in seguito abban-
donarla.
Leggendo da dritta a sinistra quei segni , avremo
la indicazione di cinque dramme e due oboli. Non può
cader dubbio sul segno dell'obolo , che cosi appunto
si scorge nelle iscrizioni della Beozia (1) , nel citato
vaso de' Persiani, e nelle medaglie di Locri e di Me-
taponto, una delle quali di più arcaico lavoro e di ar-
gento notabile per quel medesimo segno, fu da noi re-
centemente pubblicata (2).
In simile modo la dramma che nelle iscrizioni ate-
niesi vedesi formata come una linea verticale tagliata
nella sua metà da altra lineetta orizzontale, nelle iscri-
zioni della Beozia mostrasi in vece come una sem-
plice linea.
Questa scrittura propria de' popoli eolici ben s' in-
contra in Cuma innestata ad attico monumento : giac-
ché 1' uno e l'altra accennano a quell'atticismo misto
di eolismo, che segnatamente ne' monumenti più ar-
caici riesce prezioso per lo confronto alle tradizioni
scritte , le quali valgono a spiegarli , e ne ricevono a
vicenda valida conferma ed appoggio.
Ed una simile occasione non ha guari ci venne
porta dall'altro insigne vaso Curoano col soggetto di
una singolarissima pugna amazzonica , dovuto alle
medesime scavazioni del Conte di Siracusa, e che ve-
desi già pubblicato in questo bullettino (3).
Ma a qual valore dovrà per avventura riferirsi que-
sto prezzo di cinque dramme e due oboli? Sono ben
conosciute le molte iscrizioni graffite sotto il piede dei
vasi dipinti, nelle quali si additano nomi di vasi, ora
seguiti da un semplice numero, ora dalla indicazione
(1) Franz, elem. epigr. gr. p. 318.
(2) Vedi questo bullettino an. IV pag. 101.
(3) An. IV tav. vili p- 73. e segg.
132 —
del prezzo. Dopo che il Panofka richiamò l'attenzione
degli archeologi su questa importante particolarità, il
dottissimo Letronne applicando ad una tale ricerca la
sua insuperabile critica, venne ad alcune evidenti con-
clusioni (1).
Vi fu tra le altre quella che siffatte iscrizioni fos-
sero segnale da' vasai medesimi nelle loro officine , e
che non sempre si riferissero a' vasi presso a' quali
erano segnate.
Questi graffiti, de' quali parliamo, messi in sito non
visibile sono del tutto diversi da questo del vaso di
Cuma.
Quelli appartenevano a" vasai , questo al proprie-
tario , il quale solo poteva notare in luogo visibile
una sua memoria.
Quello però che si desume dal confronto de' graf-
fiti sotto il piede de' vasi , e da altre notizie serbateci
dagli antichi scrittori, è il valore di simile vasellame
di argilla, che potrebbe aprirci la via ad una proba-
bile conghiettura sulla intelligenza del graffito (Zuma-
no. In una iscrizione del museo di Parigi leggiamo
kpatepes ; ni
TIME ; r-H+
BA0EA ; AArl
osiaes ; nm
Il Sig. Letronne la interpetra traendone che sei cra-
teri si valutano quattro dramme, e venti Beriprtc (sal-
ziere ) una dramma ed un obolo.
In altro piccolo vaso del museo di Berlino si legge
AAAII : TIMH ■ H- 1111 C
cioè 32 di quei vasetti costavano due dramme e 4
oboli e 1/2.
Nella nota xuX<£ di CeGsofonte leggesi
KHSISOtfONTOS H KTAIg EANAE TIS KA-
TASHI APAXMHN AITOTEISE[I] AftPON ON
IIAPA SENTA[0]T
Dal che si ricava il tenue prezzo di una dramma
(i) Nourelles auiil, de l'Instimi t. I pag. 497 e segg.
per una cylix , sebbene fosse pur messo a calcolo il
prezzo di affezione , siccome noia il eh. lahn (1).
È poi conosciuto che un grazioso balsamario va-
leva un obolo ; e ciò fu rilevato dalle precise parole
di Aristofane (2).
Dalle quali cose il Letronne stabilisce una scala di
valori, che potevano per altro variare secondo la mag-
giore o minore grandezza del vaso, secondo la mag-
giore o minore eleganza degli ornati e del dipinto.
Una cylix una dramma
Un cratere quattro oboli
Un balsamario un obolo
Un piccolo vasellino 1/2 obolo
Un P'x$iov o salziera 1/3 di obolo.
Altri monumenti ci forniscono altri valori.
Sotto un vaso del museo Pourtalès
IX0TAI Alili T AH
Cioè quattordici /x^ya( (vas> da tener pesci, o co-
me io opinai in altro mio lavoro 14 vasi dipinti a
pesci) dodici dramme.
Sotto il piede di altro vaso cumano alcuni anni ad-
dietro pubblicalo dall'Avellino (3) leggesi
n EAIIOI • AAA
ed io fui di opinione che il nome del vaso fra due
numeri non poteva ad altro riportarsi che al suo va-
lore : e perciò ne dedussi che 5 elpi valevano 30
dramme, ovvero un sXttos sei dramme (4).
Né diversamente va inlesa la seguente iscrizione da
me recentemente pubblicata (5)
n KAAIA AH
ove pensai indicarsi che 5 cadi di minore grandezza
valessero dodici dramme.
La quale spiegazione prende luce da un altro luogo
di Aristofane nella Pace (6), ove un xacos è valutato
tre dramme.
(1) Veber eine Vasenbild , wekhet Hn Topftrei vorileiU ne
Berichte di Sassonia 1851 p. 27 e seg.
(2) Ran. 1267.
(3) Bull. arch. nap. an. K lav. I, b cf. p. 23.
(4) Vedi questa n. scr, del bulltttino an. II. p. 168.
(5) Bull. nap. [. e.
(6) V. 1301.
— 133 —
E qui mi piace di richiamare un importante luogo
di Polluce.il quale ne addita che l'anfora appellavasi
eziandio xouìos: (piXo'xopoS hi h rv\ 'At8/ÒN vcupà. roTi
iT'xka.ioìs (py)irl riy 'lixQopi'x xx\ì[g§ou xx'oov (1).
Dal quale confronto vogliamo dedurre che se un
Cado o Anfora valutavasi tre dramme , non sarebbe
fuor di luogo l' immaginare che le cinque dramme e
due oboli segnati nel vaso del Conte di Siracusa ne
esprimessero il valore: dovendo credersi di costo mag-
giore un'anfora panatenaica per quanto si voglia pic-
cola : tanto più cheandavane il prezzo gravato dal va-
lore del trasporto , se supponiamo essere venuta da
Atene per via del commercio.
Non è dunque fuor di luogo l' immaginare che il
possessore del vaso ne segnasse con un'acuta punta il
valore, in memoria dell'acquisto.
Del resto io non intendo dare a questa opinio-
ne altro peso che quello di una probabile conghiel-
tura (2).
MlNERVIM.
Il muro estremo, che fu da noi in parte preceden-
temente descritto, non termina il grande atrio in tutta
la sua larghezza, ma solo ne due lati estremi: e nel
mezzo viene lasciata una larga apertura, per la quale
si ascende ad un altro spazio alquanto più elevato ,
per mezzo di due scalini rivestili in origine di lastre
di bianco marmo, le quali sono solo in parte conser-
vate : dal che si porge un nuovo argomento dello
spoglio avvenuto in tutte le parti di questo nobile e-
difizio. Di ciascuno de' due lati è un compreso ret-
tangolare, a cui si accede dall'atrio mediante due sca-
lini già rivestiti di marmo : la entrata di questo sito
è ad arco.
Continuando ora la descrizione degli stucchi della
porzione del muro, eh' è a sinistra , diremo che due
altri compartimenti si veggono al destro lato costeg-
giando il compartimento medio da noi sopra descrit-
to : e sono quadretti adorni di varie figure , essendo
pur caduto lo stucco, e rimanendoci solo di ritrarne
una idea dalle linee graffite , che tuttora vi riman-
Notizia de più recenti scavi di Pompei. Terme alla
strada Stabiana. Continuazione del n. 77.
Pria di descrivere i risultamene delle più recenti
scavazioni in questa parte della sepolta Pompei, vo-
gliamo notare che sulle colonne del grande atrio
delle Terme leggemmo le parole AVE , ed altrove
V1TAL1S graffite.
Noi già di sopra parlammo di una piccola promi-
nenza di tufo bigio, che segnava quasi un limite in
distanza di circa palmi dieci dal muro estremo di
quell' edificio adorno di stucchi : ora aggiungiamo,
che quella prominenza si estende per tutta la lar-
ghezza dell'atrio, il quale perciò viene ad essere uno
spazio distinto. Dal che si fa sempre più manifesto
essere questo ampio cortile destinato ad esercizii gin-
nastici, e doversi riputare uno xisto, od uno sferisterio,
locali ben convenienti in prossimità delle Terme.
d) X, 71.
(2) Queste osservazioni furono tla me comunicale alla reale Ac-
cademia Ercolaneee ; ed altre memorie ad illustrazione del graffito
OOIIIII furono lette alla medesima Accademia da' chiarissimi colle-
ghi Corani. Bernardo Quaranta, e Salvatore Cirillo.
Nel primo compartimento in primo piano è un
quadretto di tre figure sedenti, un Satiro, e due Bac-
cauti con tamburini ed altri simboli dionisiaci. In
secondo piano è una veduta di paese ; e nel più ele-
vato è una volante figura.
11 secondo compartimento offre una figura nuda
al sommo di una scaletta, e sopra svariati ornamen-
ti. Nel terzo compartimento, a cui corrispondeva l'al-
tro dal lato sinistro ora perduto, sono un candela-
bro, panneggi, ed in alto una figura nuda, siccome
sembra, un Amore. Dopo vedesi 1' arco che dà l'in-
gresso alla fontana : e questo offre parimenti ne' due
impiedi, e nella parte superiore, ornati e figure.
Neil' impiedi sinistro è nel primo piano un qua-
drato, che ci offre una Baccante sedente con timpa-
no, ed un Satiro anche sedente, che beve il vino ver-
sandolo da un rhyton , che finisce a testa di animale
colle due zampe anteriori. Nel piano superiore in
fondo bianco è una Vittoria volante. Sopra in un pic-
colo quadretto sono due Amorini , che si curvano a
far qualche cosa, e presso di loro è uà vaso. Nell'al-
tro impiedi, eh' è a destra, vedu'isi ael primo piano
— il
in campo bianco due satiresche figure, una sedente,
l'altra stanle. Nel piano superiore è un quadretto,
che ci presenta una Nereide sopra una pislrice, cir-
condata da del6ni. Sulla sommità dell'arco è ben con-
servato di bianco stucco un Giove sedente sulla cla-
mide a s., che tien colla destra lo scettro ; ed innanzi
sopra una colonnetta è l'aquila. Dall'uno e dall'al-
tro lato sono svelte e capricciose architetture: ed è
notabile che le colonne che vi sono segnate dal lato
sinistro scendono alquanto più in giù che dal destro.
Fralle architetture sono visibili alcune figure nude
virili, ed un paese ritraente un solo edifizio.
Nella grossezza dell' arco sono ornamenti dipinti
e di stucco. Da ciascun lato è un quadretto di paese
dipinto, ed una Ggura virile nuda a bassorilievo di
stucco sopra di un fiore aperto : in alto sono ornati
di stucco in parte dipinti. 11 compreso, a cui si accede
dall'arco finora descritto, non è ancora del tutto di-
sgombro dalle (erre. Solo diciamo che nel fondo ap-
pare iu mezzo una nicchia rettangolare, con architrave
a musaico, ov'era la fonte ed il getto d'acqua. Ai
due lati della medesima nicchia sono dipinti fogliami
ed uccelli, e due Ninfe seminude e coronate di acqua-
tiche piante, le quali sostengono con ambe le mani
una conca indizio dell'acqua. Un simile sistema di
decorazione fu da noi rilevato in altra casa alla stra-
da di Stabia, della quale favellammo nel primo anno
di questo bullettino p. 27, segg. La particolarità più
notabile in questa parte delle terme, per quanto con-
cerne le pitture, si è che nella stessa parete ove sono
le Ninfe della fontana, vedesi al destro lato dipinto
un piedestallo , e su di esso una Sfinge accovacciata
dipinta di bianco. Probabilmente una medesima Sfin-
ge si troverà fregiare la destra estremità della parete.
Questa insolita decorazione , che accenna ad Egizii
riti e ad Isiaca religione, in poca distanza dal famoso
tempio d'Iside, e dalla iscrizione dell'Ercole Callini-
co, dimostra sempre più le migrazioni degli Alessan-
drini in Pompei, e la influenza delle idee da essi in-
trodotte nella città, che andarono ad abitare. In una
gialla fascetta inferiore sono dipinti a chiaroscuro
delfìni e marini mostri.
'(continuo^ Minervini.
Monumenti Cumani — Lettera all'editore del presente
bullettino.
Omatissimo Amico
Gentile com' Ella è , spero vorrà concedere un
qualche posto nel suo nobilissimo periodico d' Ar-
cheologia a poche linee che le scrivo.
Ho rilevato dal N.° 88 del medesimo la scoperta
di un nuovo ipogeo nella terra , che potrei dire ar-
cheologica , di Cuma ; mercè la relazione che ne ha
fatto il eh. Giuseppe Fiorelli. Il medesimo facendo
ad un tempo rimarcare V importanza di questo fatto,
eh* egli vede dal canto de' tre crani vicini agli sche-
letri , ed al quale egli attacca un valore particolare,
per ispiegare l' enimma della maucanza delle teste
negli scheletri dell'altro ipogeo Cuoiano a questo an-
teriore, su cui emise la sua opinione de' martiri , ora
a questa egli ritorna , e più forte se ne mostra divo-
to. Ei crede poter essere autorizzalo a parlarne con
maggiore asseveranza, e con più diritto, perchè i tre
crani del novello ipogeo, stima essere appartenuti al
primo sepolcro , per la loro vicinanza , e perchè di
martiri fu di parere che si trattasse il Raoul-Rochetle.
A me sembra , che il cb. Fiorelli vada ingannato in
tale pensamento , principalmente , perchè son tratto
a vedere nella esistenza degli scheletri , e de' tre cra-
ni nel novello monumento Cumano , e nella posizione
di uno di questi , come dalla relazione del sig. Fio-
relli , qualche misterioso costume. Secondamente a
che ripetere qui i tanti divieti per l' estrazione dalle
tombe di qualunque parte del corpo de' defunti, per
la violazione de' sepolcri, e per intromessioni furtive
in sepolcri alieni ? Ciò mi dispensa da ogni dire. La
vicinanza dei due ipogei non poteva dar luogo ad una
violazione di (al fatta, e laddove fosse avvenuta, per-
chè lasciar le teste vere, e metter quelle di cera? Ella
giustamente e validamente si è opposta al sig. Fiorelli.
Non posso poi ritenere che come un' assertiva del
tutto gratuita quella intorno alla diversa età degli
scheletri in confronto de' crani. Imperocché io non
penso , che la coesistenza degli scheletri , e de' tre
crani , uno de' quali nella posizione significantissima
— 135 —
additala dallo stesso sig. Fioretti , sia da ritenersi
per cosa ordinaria e fortuita , ma reputo un tal fatto
di grande rilevanza. Couciosiachè mi richiama a quel-
lo delle tombe di Noyalles in Francia , ove secondo
che ha scritto Boucher de Perlhes, furono rinvenute
centinaja di teste tagliate, e circondanti dueo tre ca-
daveri. E mi ricorda quello di un sepolcro in pietra
scoperto nel 1827 presso la Stella fra Abbeville, ed
Amiens , ove trovaronsi da 5 in 6 teste allogale
simmetricamente di fronte e ai piedi degli scheletri ,
essendo Y alto del cranio in basso, lo che si riattacca
al fatto di Cuma (V. Boucher de Perlhes ine moire sur
l'industrie primitive et les arts eie. Paris 18^9 pag.
502 e seg. ; pag. 127, pag. 136 ). Il Signor de Per-
lhes ci assicura del costume nel suolo Celtico di riu-
nire ossa e crani nelle tombe intorno agli schele-
tri , eh' egli crede antichissimo e profondo. Ed io
son di parere, seguendo l'avviso del medesimo, che
in ciò siavi una grave intelligenza , e debba ricono-
scervisi un' offerta a' numi, ed ai defunti. II quale co-
stume, la cui origine è obliala, rinvenendosi in molti
popoli , ci lascia vedere più che un semplice uso.
Infatti noi lo ritroviamo fra gli altri , presso gli
Scili, a dello di Erodoto (IV e. 71), al quale è
uopo aggiungere il riscontro delle annotazioni del-
l' edizione del Baehr. Ivi leggiamo ( Voi. 2. lib. IV,
e. 71, pag. 413), secondo le relazioni de' viaggia-
tori , Mallebrun , ed altri , del Rennel , del Zoega
(De obelisc. pag. 338), del Polocki, come nella con-
trada all'est del Boris'.ene (Dnieper), vicino le sor-
genti del Khon kiivodi ( Panlicapeo )., e del Tokmak
( il paese de' Gerri di Erodoto ) sicsi rinvenuto gran
numero di tombe , che si estendono dalle ripe del
Boristene sino a Jenisea ; tutte con costumi simili a
quelli di cui Erodoto avea dato il primo ragguaglio.
La tomba regale di Koul-oba, ramificazione del monte
d'oro, presso Kerlsch iu Crimea, l'antica Tauride ,
offre un esempio parlante di siffatte usanze, simigli. <uii
a quelle de' Celti , e che vorrebbesi appartenente a
Parisade Re del Bosforo , circa il quarto secolo av.
G. C. (Charlon Voyageurs anciens et Modem, p. 128
not. 1). 11 Conle Polocki vidde anche egli ne' suoi
viaggi nel 1798 la catena delle migliaia di tombe ,
che riconobbe degli Scili nella regione de' Gerri , il
cimitero, secondo Erodoto, di quel popolo. E lo
Charlon ( I. e. ) nella sua opera ha pensato bene ri-
trarre la detta tomba regale di struttura , e con di-
sposizioni interne, di cui Erodoto non avea dato con-
tezza. Nella quale tomba non può vedersi con indiffe-
renza, e senza ricordarsi del monumento Cumano, e
de'Celii, i crani del Re, e de' suoi affezionati, le im-
magini di elettro , gli utensili etc.
Pei' simigliami fatti , gravi considerazioni sorgo-
no, osscnando nelle tombe celtiche , in quelle delle
prossimità del Ponto, e di Cuma, delle usanze, e de'
ricordi religiosi, che si riattaccano all' espiazione, al-
l'immortalità, al risorgimento de' corpi, le quali idee
spuntano accanto ai sepolcri degli estinti , su di che
cercherò versare le mie poche conoscenze nel lavoro
che intendo presentare ai dotti , al più presto possi-
bile. Non posso frattanto non rimanere ammirato e
sorpreso grandemente , nel vedere i costumi de' più
lontani luoghi riattaccarsi alla presso che unica cre-
denza degli antichi su la religione de' defonti, la quale
riposa sul sentimento della pietà , dell'immortalità,
e dell' espiazione. Per ora lo accenno , ma dichiarerò
più estesamente il costume della divinazione per via
de' crani , del che abbiamo fra molli preclaro esem-
pio fra gli antichi nel cranio di Orfeo ( Lobeck A-
glaophamus p. 236 e seg.), e neìempi men remoti in
Mimerio (Trova Storia d'Italia voi. 1, P. III., lib. 17,
p. 944 e seg.). Non voglio lasciare puranehe di av-
vertire, che il cranio di Foe era in tanta venerazio-
ne presso Hilo vicino al Kabul nelle Indie, in modo
che veniva tenuto in una cappella , dove il Re del
paese andava ad adorarlo , se il viaggiatore Sacer-
dote Samaneo Fahian , vivuto al 4 secolo Cristiano ,
ci ha descritto e narrato il vero ( Viaggio nel Regno
di Na-Kie presso Charlon op. cit. p. 368 ). E citerò
pure la collana di crani intorno al collo di Mahadè-
va-Roudra-Cala, distruttore e vendicatore, che nel-
l'alfabeto Tibetano di Georgi (Tom. l,pag. 487 tav.
2. ) è riportato , ed appellato il Destino ( v. Creu-
zer-Guigniaut Explic. des pi. p. 7, Tav. IV. fig. 26.)
avente a lui d'accanto Dévi-Roudrani-Cali dea della
vendella , della morte e d'.'lie lagrime, che esercì-
— 136 —
tano il loro potere negi' inferni. 11 che mi richia-
ma alle idee d' un'altra vita , del destino umano Del-
l' avvicendamento della vita e della morte , di un av-
venire di premio o di pene , di espiazione, senza en-
trare nel profondo senso degli antichi , che gli dei
distruttori erano i ristoratori dell' umanità etc. : le
quali cose sono incluse nel senso arcano di alcuni
costumi specialmente funebri regolati dalle credenze
religiose. E ne troviamo i confronti ne' monumenti,
che a mano a mano l'opera del tempo ci rivela. Ec-
co le mie poche idee, che ora ristrettamente ho po-
tuto esporre. Frattanto dobbiamo esser gratissimi al
nobile pensiere di S. A. R. D. Leopoldo Conte di Si-
racusa, che sì alacremente si studia di arricchire l'ar-
cheologia , e di allargare le nostre conoscenze con
1' aiuto di straordinari monumenti , che egli col suo
gusto finissimo delle lettere e delle arti ci offre, dis-
seppellendoli dall' oblio.
Non debbo per ultimo tacere, che ci ha recato ma-
raviglia , come il eh. Fiorelii abbia voluto sul no-
vello fallo cumano l'innalzare la sua opinione in-
torno ai pretesi martiri, facendosi scudo eziandio del
parere emesso, trepidando, dal Raoul-Rochette, alla
cui autorità egli è ricorso. Ella ben a proposito ha
pubblicata la lettera a Lei diretta da quel perduto in-
gegno archeologico , nella quale il medesimo mula-
tus ab ilio , dopo la lettura del suo articolo , del mio
opuscolo , e degli articoli del Cavedoni, e del de Ros-
si (1), cangiò linguaggio. Ed io perbene della scienza
e a difesa di quanto scrissi contro l opinione de'mar-
tiri, nel che fui tra' più caldi oppugnatori, imploran-
do la stessa autorità del Raoul-Rochetle, su l'esempio
del Fiorelii, vado a trascrivere a parola quanto quel-
l' illustre Archeologo mi significava, dopo breve esa-
me del mio opuscolo , schiettamente rivocato il suo
giudizio : ed eccone il tenore « Paris 7 septembre
ft) Pare che il Raoul-Rochetle non conoscesse la memoria del
Comm. Quaranta , le cui idee coincidono in parte con quelle po-
steriormente emesse dal Cav. de Rossi. Vedi questo ballettino an.
I pag. 161 segg.
» 1853 — J'ai lu avecloutel'attenlion, donlj'étaisca-
» pable, et avec tout l'intèret qu'il mérite votre sa-
» vant écrit , où vous avez recuelli sur les images
» en ciré des anciens Romains une foule de temoi-
» gnages, qui rendront indispensable l'usagede cette
» dissertalion à ceux qui voudront s'occuper de celle
» question , mème après le deux mémoires d' Eich-
» staedt , de imaginibus Romanorum : vous avez fait
» preuve aussi de beaucoup de savoir dansce qui con-
» cerne le trait de coutume si curieux de l' enleve-
» ment des os pour un bùi superslilieux, et tout l'en-
» semble de vos recherches m'à paru Irès-curieux,
» et très interessane Quanl à la substilulion de tètes
» de ciré aux tètes réelles, enlevées pour un molif, ou
» par un autre, c'est toujours là que réside une diffi-
» culté , dont il ne sera peut ótre pas possible d'o-
» btenir jamais une solution salisfaisante, attendu que
» ce parait étre un cas parliculier, dù à quelquecir-
» constance toute exceptionelle, et que nous ne pou-
» vons guère nous flatter d'éclaircir, à l'aide des te-
» moigaages classiques , et des faits génératix , qui
» tiennent à l'ensemble des moeurs de la sociélé an-
» lique » ( Nel nostro opuscolo abbiamo ritoccato un
tale argomento, e ci sembra che col nuovo monu-
mento possa darsi miglior esplicamenlo del primo ).
a Quant à moi, je n'avais eu d'autre bùt dans les
» quatres ou cinque pages , que j'ai redigées à la
» hàte sur cette découverte , que de la faire connai-
» tre à Paris , et je seniai aussi bien que personne
» la difficulté d' attribuer les squeletles à des Chré-
» tiens. Aussi ne m' y élais-je point arrelé, et n'ai-je
b pas à me repenlir de la reserve ou je m' étais tenu
« à cet égard ».
Accolga i miei distinti complimenti, e mi creda
sempre suo eie.
Casa 18 Giugno 1856.
Domenico de'Gcidobaldi.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
TV." 92. (18. dell' anno IV.)
Marzo 1S5G.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani Imperatori. Continuazione del n. 90.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani
Imperatori. Continuazione del n. 90.
ADRIANO.
33. Lo stesso diritto che nel preced. n. 30.
)( COS III, Ercole nudo imberbe con l'iato del leone
in capo , sedente sopra una lorica e lenente colla d. la
clava posata sopra un sasso, e colla s. due obbietti non
ben distinti: a terra, presso la lorica, giace un clipeo
ed una galea. Arg.
L'Eckbel (mus. Caes. n. 181 ) nella s. d'Ercole
ravvisa un fulmine , altri ci videro due spighe. In
due esemplari ben conservati di questo denario , mi
parve veder chiari due crotali nella s. d'Ercole, che
accennerebbero alle Stinfalidi discacciate dall'Arca-
dia, e quindi forse all'acqua del fonte Stinfalo da
Adriano dedotta a Corinto ( Pausan. Vili , 22 ). Ma
posto eh' ei tenga nella s. un fulmine, questo sarebbe
bisulco, forse perchè il trisulco era riserbato al som-
mo Giove ( Senec. quaesl. nat. II , 41 ). In altre si-
mili monete di Adriano Ercole tiene nella s. una Vit-
toria (mus. Caes. n. 182), sì che l'arme, in sulle
quali egli siede vittorioso , sarebbero quelle dello
spento Gerione (cf. Aen. Vili., 102), e accenne-
rebbe alle Spagne ed alla patria di Adriano parago-
nabile ad Ercole in riguardo a' suoi viaggi da un e-
stremo all'altro dell'orbe Romano. Del resto, Ercole
può avere il fulmine o dal padre suo Giove , o dalla
sua protettrice Pallade o dalla Vittoria, che entrambe
tengono il fulmine in monete di Taranto, de'Rrettii,
di Siracusa , de' Reotii , di Faselide e d' altre città.
34. Lo slesso diritto che nel prec. n. 31.
)( COS III , donna stolata sedente , con calato ri-
ANHO IV.
colmo di spighe a' suoi piedi , tenente un cornucopia
nella s. e nella d. un volume svolto, nel quale ella mo-
stra tener fiso lo sguardo. Arg.
L'oggetto, che tiene la donna nella d. , parve al-
l' Eckhel ( mus. Caes. n. 209 ) quid instar litui , ed
al Pedrusi ( mus. Fani. t. Ili lav. II, 9 ) giogo da buoi;
ma in un nitido esemplare di bello stile parmi senza
meno volume svolto, simile a quello che tiea nella d.
la Musa Clio in uno de' denarii di Q. Pomponio Musa
( v. Rorghesi , Dee. VI oss. 1 ). In altro denario ana-
logo di Adriano (mus. Caes. n. 210: e mus. Est. ) la
donna tiene nella d. una tessera frumentaria ; onde
vuoisi dire Annona, o Liberalità. Il volume sarà quello
delle rationes fisci frumentarii ( Plin. paneg. 29 ).
Adriano, a dello di Sparziano (in Hadr. 20), omnes
publicas rationes ita contemplati^ est, ut domum pri-
vatavi quivis paterfamilias diligens non salis novit.
Neil' esergo di uno di quesli denarii (mus. Est.) è un
globetto assai vistoso , forse per indicare che la pro-
vigione annonaria di Adriano eslendevasi a tutto l'orbe
Romano , del pari che quella del suo predecessore
Traiano ( Plin. paneg. 29-32 ).
35. Lo stesso diritto che nel preced. n. 30.
)( COS III , S C , Giove seminudo stante di pro-
spetto con asta nella d. e conia s. appoggiata all'anca.
Ae. IL
Pare senza meno Giove Imperatore, che similmente
alleggiato vedesi in monete di Siracusa , nelle quali
l'asla del nume mostra chiara la cuspide nella parte
sua inferiore ( Annali arch. t. XI p. 62-72). Sicco-
me poi il lup'piter Impcrator de' Latini pare lo slesso
che il ZsvS OvpioS de' Greci , autore del veulo pro-
spero e salutare ai naviganti, così può a ragione con-
getturarsi che nelle monete di Adriano si riferisca
18
138 -
alle sue prospere navigazioni occorse ne' lunghi suoi
viaggi.
36. Lo slesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS III, Sole in quadriga veloce con lo scudiscio
nella d. alzata. Aur.
37. Lo stesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS III, Luna bicorne con sette stelle sopr essa,
oppure con grande astro nel mezzo. Arg.
Questi due tipi correlativi appellano all'Oriente ed
al Settentrione; e verisimilmente riguardano i re della
Parlia, della Battriana, degl'Iberi e delle regioni at-
torno all' Eusino, che chiesero l'amicizia di Adriano
o furono da esso lui costituiti in trono (Sparf. in Hadr.
12, 13,17,21: Dio, LXIX,15: Arrian. Pont. p.7).
38. Lo stesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS III, S C, Cetra. Ae. 11,111.
39. Lo slesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS III, S C, Pegaso che s'alza a volo. Ae. II
La cetra d'Apollo , ed il Pegaso , simbolo del fa-
vore delle Muse Pegasidi , ponno riferirsi alla vena
poetica di Adriano (Spart. in Hadr. 16,26), oppure
al certame sacro a Giove Capitolino, solito celebrarsi
ogni lustro in Roma con gare poetiche (v. addietro Tra-
iano n. 21 p. 58). A quel Certame per certo si rife-
riscono le monetine di bronzo d'Adriano col tipo del
vaso collocato sopra una mensa ( Arneth, synops. n.
255 ), e fors' anche il medaglione con tre Muse stanti
presso Apollo sedente (Arneth n. 273). Consta inoltre,
che Adriano, detto Mova xoùru.ros da Ateneo (Dipno-
soph. Vili p. 361 ) , constili)! in Roma ludum inge-
nuarum arlium, quod Athenaeum vocant.
40. Lo stesso diritto che nel prec. n. 30.
)( COS IH, Nettuno stante con piede posato sopra il
globo terraqueo , o sopra una prora di nave , con asta
nella d. e con aplustre o con delfino nella s.
Arg. Ae. I.
Questo tipo assai variato può riferirsi tuli' insieme
alle navigazioni occorse ne' viaggi di Adriano ed alla
Basilica di Nettuno da lui ristaurata ( Spart. in Hadr.
19). Allorché il nume posa il piò d. sopra il globo
terraqueo (mus. Caes. n. 161) sembra rappresentalo
come 'Aff^aXios (cf. Eckhel l. II p. 605) in riguardo
ai gravi tremuoli accaduti sotto l'impero di Adriano.
41. Lo slesso diritto che nel prec. a. 30.
)( COS III, Pallade sedente con ramo nella d. con
asta nella s. e col suo clipeo posalo a terra. Arg.
42. Lo stesso diritto che nel prec. n. 31.
)( COS III, figura paludata stante con la d. alzata
e con asta riversa nella s. Aur.
11 significato di questi due tipi di Minerva Pacifera
e di Marte , o d' Adriano slesso slante con la cuspide
dell' asta rivolta a terra , come quella di Giove Im-
peratore (v. addietro n. 5), forse dee cercarsi in quelle
parole del secondo Vittore (Epit. XIV): Hadrianus
iactabat palam , plus se olio adeptum , quam armis
celeros.
43. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( DACIA, S C, donna vestila di anassiridi e di so-
pravveste che aggiunge al ginocchio, sedente sopra una
rupe con insegna militare nella d. e con gladio ricurvo
nella s. Ae. I, IL
11 Genio feminile della Dacia anche in queste mo-
nete porta un velo avvolto attorno al capo come in
quelle di Traiano ( v. addietro Trian. n. 34 p. 63 ).
44. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( DISCIPLINA AVG , Adriano a capo scoperto,
vestilo di penula militare colle mani sporte fuor d'essa,
in alto di marciare alla lesta di Ire o più militi por-
tanti le loro insegne. Aur. Ae. I
Ai riscontri addotti dall' Eckhel ponno aggiungersi
anche i seguenti : Provincia* omnes passibus circumiit
agmen comitantium praevertens (Victor, epitom. XIV):
ipse quoque inter manipulares vilam militarem magi-
strans, vestem humillimam frequenter accepit: — capile
nudo et in summis plerumque pluviis (Spart. in Hadr.
10, 23). La forma della penula di Adriano, che ser-
viva a ripararsi dalle dirotte ploggie , si riscontra in-
dossata da un centurione in un medaglione di Anto-
nino Pio ( Buonarroti , med. tav. Ili, 2). In alcune di
queste monete di Adriano è scritto DISCIPVLINA
all'arcaica (Vaillant t. I p. 64: cai. d' Ennery p. 461):
e cotale arcaismo torna conforme al dello di Spar-
ziano ( in Hadr. 16): amavit genus dicendi vetustum;
Ciceroni Catonem, Virgilio Ennium, Sallustio Coelium
praetulit ( cf. addietro n. 5 ).
45. Lo slesso diritto che nel prec. n. 13.
— 130 -
)( EXPED AVG P M TR P COS III, S C, Adriano
a cavallo di tutta corsa con la d. stesa. Ae. 1.
L'epigrafe del ritto mostra che questa moneta spetti
ai primi anni dell' impero di Adriano , e probabil-
mente al 119, nel quale egli, audito tumuliti Sar-
malarum et Iìoxolanorum.praemissis cxercilibus, Moe-
siam petiil ( Spart. in Hadr. 6 ). In altre monete di
Adriano , con lo stesso riverso , leggesi nel ritto la
semplice epigrafe HADRIAN VS AVGVSTVS; ed esse
voglionsi riportare a qualche spedizione posteriore di
tempo. Sparziano scrive, che expedilioncs sub co gra-
ves nullac fuerunl , ma prima avea detto, ch'egli mo-
tus Maurorum compressi! ( in Hadr. IO, 21 ): e Del-
l' epitafio di M. lìlpio Sinforo di que' tempi trovansi
ricordate EXPED1TIONES DVAE GALLIAE ET
SYRIAE(Orelli n.8'25:ef. Bull. ardi. 1851 p. 140).
46. Lo stesso diritto che nel prec. n. 30.
)( FELICITATI AVG, COS III PP, trireme con
due insegne militari, e con remiganti e piloto alla poppa
e Tritone in sulla prora in atto di dar fiato ad una
buccina. Arg. Ae. I.
11 Tritone , che non trovo adertilo che dal solo
Kehl ( Suppl. ad Vaili, p. 69 ) , suona la buccina per
cessare i venti e la tempesta (cf. Ovid. melam. 1 , 333:
Virg. Aen. I, 144: Turneb. advers. II, 21 ).
Nel riverso di un medaglione di Adriano impron-
talo dai Ciziceni ( mus. Hederv. tab. XX n. 446 ) at-
torno ad una trireme con Tritone, parimente bucci-
nante d'in su la prora, leggesi CTTTXHCTA TOT C€B
(cf. Greppo p. 161 ). Dal riscontro poi di questo ri-
verso con altro simile di M. Aurelio, ove peraltro al
Tritone è sostituito Nettuno ( Eckhel t. VII, p. 64 ),
ragionevolmeule può inferirsi, che anche Adriano ne'
suoi viaggi per mare, e più probabilmente nella Pro-
ponlide, felicemente scampasse da una forte tempesta.
47. Lo slesso riverso che nel prec. n. 4.
X FIDES PVBLICA , donna stolala stante con al-
cune spighe nella d. e con un piallo ricolmo di frutti
e d' altri comestibilì nella s. alzata. Arg. Ae. I.
Per Fede pubblica pare doversi qui intendere la fi-
ducia che il popolo Romano poneva ne' provvedi-
menti di Adriano riguardo all'annona e persino alla
sincerila delle vivande.
Egli pueris ac puellis , quibus ctiam Trainimi ali-
menta detulcrat , incrementum lìbcralitalis adiccit , e
provvide a tulli in tempo di carestia (Spart. in Hadr.
7,21 ). Traiano avea provveduto all'annona perpe-
tua , reperto firmaloque pislorum collegio ( Victor in
Cacsarib. XII l): e Adriano fu sollecito persino ad de-
prehendendas obsonatorum fraudes ( Spart. in Hadr.
17). A quel provvedimento cooperar dovette anche
Plotina , nelle cui monete ricorre lo stesso tipo con
l'epigrafe FIDES AVG VST. In monete di Vespasiano
(Morelli lab. Vili, 16) leggesi FIDES PVB//ca at-
torno al tipo di due destre conserte e sostenenti un
caduceo con alcune spighe. Il tipo di queste monete
di Adriano ricorre anche in parecchie gemme incise
(v. Visconti , op. var. part. II. p. 235 , 236 , 349,
376), e in una corniola che non ha molto si rinvenne
in sulla via Emilia presso alla riva sinistra del Panaro,
la quale era inserta in un anello di ferro.
48. HADR1ANVS AVGVSTVS P P , testa lau-
reala.
X FOR RED, COS III, Fortuna sedente con timone
di nave nella destra e con cornucopia nella sinistra.
Arg. Ae. 1,11.
A questo lipo fa bel riscontro la seguente iscrizione
votiva del museo Vaticano (Marini, Arv. p. 191):
PRO • SALVTE • IMPERAT
HADRIANI • AVG • P • P •
FORTVN ■ RED • DECRETO • C • V •
PEC • PVB • EX • ARG ■ P • X •
Le sigle C ■ V vogliono spiegarsi Centum \irnm
col Furlanetlo ( lap. Patav. p. XXII) , anzi che Ci-
vium \niversorum col Marini. I centumviri di una co-
lonia o municipio del Lazio avranno dedicato un si-
mulacro della Fortuna Reduce probabilmente simile
a quello che vedesi nella medaglia ; ed altro di vie
maggior peso sarà stato dedicalo in Roma pel ritorno
di Adriano.
49. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
X FORTVNA , SPES , Fortuna stante con cornu-
copia nella s. e con limone di nave nella d. posato so-
pra il globo della terra, in alto di riguardare la Spe~
— 140 -
ranza che le si accosta tenendo nella d. un fiore o ger-
me che dir si voglia. Aur.
Fra le (ante Fortune adorale in Roma gentile una
ve u' ebbe denominata Benesperante, E/vskiriS ( Plut.
de Fort. Rom. 10) : e verisimilmente sarà stala rap-
presentata in compagnia della Speranza come nel pre-
sente aureo di Adriano, ove probabilmente si riferi-
sce alle buone speranze di esso lui e di Roma con-
cepite per l'adozione di Elio Cesare, nelle cui monete
( mus. Caes. n. 27 , 28 ) ricorre lo stesso tipo della
Fortuna consociala alla Speranza (cf. Liebe, Gotha
man. p. 442: Vaillant t. 11 p. 143). Con questo tipo
vuoisi confrontare il bassorilievo di un'ara del museo
Chiaramonti (lav. XX) rappresentante similmente la
Fortuna e la Speranza che si stanno di rincontro
presso un candelabro ardente.
50. Lo stesso diritto che nel prec. n. 48.
)( IIILAR1TAS P R, COS IH, S C, donna stellata
stante con lungo ramo di palma posato a terra nella d.
e con cornucopia nella s. e presso lei un fanciulletto
ignudo che con ambe le mani si attiene al ramo di pal-
ma, ed una fanchdlelta tunicata che attiensi alle vesti
della donna. Ae. I.
Non potea forse escogitarsi imagine più vivida e
propria dell' ilarità del popolo Romano di questa de'
fantolini che stansi attorno alla lor madre ansiosi di
gustare i frutti ch'ella porta nel cornucopia. Ancora
l' ilarità è tutta propria dell' età puerile, conforme al
detto di un antico scrittore ( Panegyr. vet. V cap. 6 ) :
curiose ab H1LARITATE illius aelatis (puerilis) vul-
tus immobiles et serios eligendo. Il ramo di palma ,
simbolo della vittoria, accenna alla massima delle le-
tizie di quaggiù, che quella del vincitore (Isaias, IX,
3 : sicul exultant victores , capta praeda, quando di-
vidimi spolia. Quindi il figliuolino maschio si attiene al
ramo della palma; laddove la feminetta attiensi alle vesti
della madre perchè la massima ilarità del debil sesso
viene dalle carezze e dagli abbigliamenti , come tro-
vasi espresso vie più chiaramente nel seguente tipo.
51, Lo stesso diritto che nel prec. n. 13.
)( HILAR PRPMTRP COS III, donna notala
stante di prospetto in atto di acconciarsi un velo d'ab-
bigliamento in capo. Arg.
52. Lo stesso diritto che nel prec. fi. 4.
)( LIBERAL1TAS AVG VI, donna stante con les-
serà nella d. alzata e con cornucopia nella s. Arg.
53. Altre simili con LIBERAL1TAS AVG VII.
Aur. Arg.
L'Eckhel opina, che la LIBERAL1TAS VII sia
quella che Adriano elargì per l'adozione di Elio Ce-
sare dispensando l'ingente somma di trecento milioni
di sesterzi ; ma quella forse fu la VI , e questa VII
probabilmente spetta all' adozione di Antonino Pio.
54. Lo stesso diritto che nel prec. ». 3.
)( LIBERTAS REST1TVTA , PONT MAX TR
POT COS III , SC, Adriano togato sedente in sub-
sellio ( quale tribuno della plebe ) sopra il tribunale in
alto di stendere la d. verso una donna slolata stante
appiè del tribunale col piede suo s. posato sopra uno
sgabello, tenendo due figliuolini , uno in collo, che
stende festoso ambe le sue manine verso V Imperatore ,
ed altro prelesiato che le sta di lato, al quale ella pone
la destra sopra il capo. Ae. I.
L'Eckhel ingenuamente confessa di non trovare ri-
scontro veruno di antichi scrittori , onde spiegare
questo riverso ; eppure parmi che la spiegazione di
esso trar si possa dalle seguenti parole di Plinio ( in
paneg. Tr. e. 27): magnum quidem est educandi in-
cilamenlum tollere liberos in spem alimentorum , in
spem congiariorum, nìaius tamen in spem LIBERTA-
TIS, in spem securilalis. D'altra parte poi consta,
che Adriano pueris et puellis, quibus etiam Traianus
alimenta detulerat , incrementum liberalitatis adiecit
( Spart. in Hadr. 7 ).
55. IMP CAESAR TRAIANVS HADRIANVS
AVG PMTRP COS IH , busto laureato.
)( LOCVPLETATORI ORBISTERRARVM, S C,
Adriano togato sedente in sella curule sopra il tribu-
nale con a lato la liberalità che dal cornucopia versa
le dovizie nel seno di due cittadini togati Manli appiè
del tribunale.
Al riverso di questa moneta fa bel riscontro una
lapida del museo Vaticano dedicata ( Morcelli oper.
epigraph. t. II p. 68 ) :
HADRIANO SABINAE
AVGVSTO COSHIPP AVGVSTAE
LOCVPLETATORIBVS MVNICIPII
EX D D PVBLICE
— 141 _
E ciò enei fece a prò di quel municipio, avrà fatto
anche in parecchie altre città dell' impero, conforme
al detto di Frontone (princìp. hist. p. 317): eiusili-
nerum monumenta videas per plurimas Asiae atque
Europae urbes , et regum . . .
56. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( MONETA AVG, donna stante con bilancia nella
d. e con cornucopia nella s. Arg. Ae. I.
Adriano vien detto da Eutropio (Brev. hist. li.
Vili , 7 ) diìigentississimus circa aerarium.
57. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( PIETAS AVG , S C, donna velata stante presso
un'ara a braccia aperte con cicogna a' suoi piedi. Ae.I.
La cicogna , simbolo ben noto della pietà filiale ,
appella al tempio del Divo Traiano , che dicesi fosse
il solo, nel quale Adriano nomen suum scripsit (Spari.
in Hadr. 19).
58. Lo stesso diritto che nel preced. n. 13.
)( P M TR P COS III, tempio distilo, entro il quale
slassi Ercole nudo, lenendo nella d. la clava posata a
terra, di mezzo a due donne stolate, che ambedue sem-
brano essere in animato discorso con esso lui, ed egli
mostra attendere dì preferenza a quella che gli riesce
alla s. riguardandola e stendendo verso a lei la mano:
al disotto del tempio è V Oceano adagialo a guisa di
Genio di fiume. Aur.
L'Eckhel (t. VI, p. 506) ravvisò in questo insi-
gne tipo l'Ercole Prodicio stante di mezzo alla Virtù
ed alla Voluttà, ciascuua delle quali si studia di trarlo
a sé con le promesse, ed egli si risolve a seguire la
Virtù laboriosa ; ravvisando in questa allegoria una
imagine de' faticosi viaggi di Adriauo da un confine
all'altro dell'impero. Il eh. Welcker (annali ar eh.
t. IV p. 391-393) aggiunse alcune belle osservazioni
a conferma della sentenza dell'Eckhel, collaudata an-
che dal Mùller (Handbuch § 411 , 6): ma in ap-
presso il Millingen (annali ardi. t. VI p. 335-338) ,.
esclusa quella interpretazione, volle riconoscervi an-
che l' Ercole Gaditano stante di mezzo a due delle
ninfe Esperidi , e fu collaudato dallo stesso Raoul-
Rochette (Herc. assyr. p. 167). Fra queste due di-
verse interpretazioni , entrambe plausibili e patroci-
nate da nomi chiari ed autorevoli, altri può rimanersi
in forse , come già Ercole al bivio ; ma pure , pon-
derata bene ogni ragione, non saprei altrimenti disco-
starmi dalla felicissima spiegazione dell' Eckhel , la
quale ora può convalidarsi col riscontro di un basso-
rilievo di subbietto analogo (Bull. ardi. 1851 p. 128).
Aggiungasi, che a' giorni di Adriano l'allegoria di
Ercole al bivio era sulle bocche di tutti (Iuvenal. sai.
X , 361-364) ; con che si ovvia alla difficoltà oppo-
sta dal Millingen, che le arti antiche cioè ben di rado
trattarono subbielti allegorici. Inoltre questa obbie-
zione togliesi di mezzo col riscontro d' altra moneta
di Adriano con tipo evidentemente allegorico (v. ap-
presso r. 66 ).
La piccola scalea , che in altri simili aurei di A-
driano (Annali ardi. t. IV tav. agg. F) vedesi sot-
t' esso il prospetto del delubro d'Ercole Gaditano,
pare senza meno quella ricordata da Polibio ( ap.
Strab. Ili p. 172), per la quale si discendeva al fonte
che dice vasi consenziente ai moti dell' Oceano occi-
dentale, la cui testa vedesi sola emergere da lato alla
scalea medesima ( v. Cavedoni spicil. num. pag. 6 ).
Del resto, l'Oceano ben si connette con Ercole, che
usque ad Oceanum lanlus et tam praesens habetur deus
(Cic. Tuscul. 1 , 12) , e con Adriano altresì nato di
madre Gaditana (Spart. in Hadr. 1), ed assomigliato
ad Ercole medesimo.
59.IMPCAESARTRAIAN HADRIANVS AVG,
testa laureata.
)( P M TRP COS III, Fortuna stante con timone
di nave nella d. e con cornucopia nella s. in alto di
appoggiarsi col gomito ad una colonnella. Arg.
Forse dir potrebbesi Fortuna Manente , se questa
non fosse figurata in altro modo in monete di Com-
modo (Eckhel t. VII p. 115). Meglio potrà chiamarsi
Fortuna secura , perchè la colonnetta suol servire di
appoggio alla Securitas.
60. Lo stesso diritto che nel preced. n. 4.
)(PROVIDENTIA AVG.SC, donna siolala stante
con piccola verga nella d. stesa verso il globo della terra
posto a' piedi di lei, e con asta nella s. Ae. I.
Adriano compensar soleva i gravi suoi vizii e difetti
segnatamente con la sua premurosa provvidenza (Dio,
LX1X, 5 ). La piccola verga posta in mano alla Pro
142 —
videntia, a parere del Marini (Arv. p 80), è forse
la virgula divina (alilo famigerata presso gli antichi
(cf. Forcellinis. i>. V1RGVLA).
61. Lo stesso diritto che nel prcc. n. 55.
X PRO VIDENTIA DEORVM ,SC, Adriano to-
gato stante con volume nella s. e con la d. e gli occhi
rivolli verso un aquila , che si cala volando dall'alto e
stringe fra gli artigli uno scettro. Ae. I,IL
11 tipo dimostra come Adriano riconosceva dalla
Previdenza degli dei, e segnatamente dal sommo Giove
la sua podestà imperatoria. Un tipo in parte simile
ricorre anche in monete di M. Bruto (v. Caved. ap-
pcnd.al saggio p. 116). Ai riscontri addotti dall'Eckhel
vuoisi aggiungere quella sentenza di Plinio riguardo
all' adozione di Traiano (paneg. 1): non enim occulta
polestate fatorum, sed ab 10VE IPSO corani ac pa-
lam reperlus est; e l'altra del Glosofo M. Aurelio (ap.
Dionem LXXI, 3) irip\ yò.p <rr,s a<rrapxi«s O ©EOS
MONOX xptYuv ììvm.ra.1. In una moneta analoga di
Pertinace (Eckhel t. VII p. 144) la PRO VIDENTIA
DEORVM è rappresentata da una donna in atto di
accogliere con ambe le mani stese un globo che le
viene calato dall' alto.
62. Lo slesso diritto che nel prec. n. 3.
)( PVDIC, P Si TR P COS IH, donna velata stante
con la d. nascosta entro il suo manto. Arg.
La Pudicizia , più di sovente lodala nelle donne
Auguste , trovasi pur talor commendata anche nella
persona degli Augusti , siccome in Antonino Pio
(Fronto, fer. Als. epht. 3) assai meglio che nell'im-
pudico Adriano.
63. Diritto incognito.
)( ROMA AETERNA , Roma sedente che tiene nella
d. la testa del Sole e quella della Luna nella s. Aur.
Le leste del Sole e della Luna , noto simbolo della
Eternità , d' origine orientale , forse appellano anche
al divisamento di Adriano , che , quum simulacrum
(colossi) post Neronis vultum , cui anlea dicatum fue-
rat , SOLI consecrasset , aliud tale , Apollodoro archi-
tecto auctore , facere LVNAE molitus est (Spari, in
Hadr. 19 ).
64. Lo stesso diritto che nel prec. n. 59.
)( SAEC. AVR, P M TR P COS IH, figura senile
seminuda stante con globo sormontato dalla Fenice nella
s. in atto di attenersi con la d. ad un grande cerchio
che le gira attorno. Aur.
La Fenice, che, a parere del Cuvier (ad Plin. X,
2), altro non era che il fagiano di color d'oro della
China , insignita auri fulgore circa colla , veniva ad
essere , anche a questo riguardo , simbolo assai pro-
prio e conveniente SAECm/j AVRei.
65. Diritto ignoto.
)(SPQRANFF HADRIANO AVG P P, op-
pure OPT1MO PRINCIPI , scritto entro una laurea.
Ae. I.
Adriano , che in ludo studiavasi d'imitare Augu-
sto , forse alle calende di Gennaio (nelle quali rin-
novava le sue tribunicie podestà) ricevea dalla plebe,
per strenna , questi sesterzi di rame fatti imprimere
dui senato per augurargli Annum Novum Fauslum
Yelicem (cf. Sueton. in Aug. 91, in Cai. 42). Del
resto , intorno a queste acclamazioni è da vedersi
quanto ne scrisse il eh. Minervini (Bull. Napol. ser. I
an. Il p. 140: an. IV p. 80).
66. Lo stesso diritto che nel prec. n. 4.
)( S C, figura militare stante con asta nella d. e con
parazonio nella s. in atto di conculcare col pie s. un
crocodilo. Ae. 1.
Il crocodilo incatenato ad un arbore di palma nelle
monete di Nemauso è simbolo dell' Egitto debellato
da Ottaviano e da M. Agrippa ( Eckhel l. I p. 70).
Nelle sante Scritture ( cf. Rosenmùller ad Ezech.
XXIX, 3 ) il crocodilo simboleggia la tracotanza de'
Faraoni; e ne' geroglifici (Horapoll. I, 67) significa
uomo furibondo. In queste rare monete di Adriano
( Mus. Caes. 540 cf. 588 ; Vaillant t. I p. 67) per-
tanto la figura armata, che preme col pie s. un cro-
codilo, sembra rappresentare Adriano, che, sempre
pronto alla difesa con gli agguerriti suoi eserciti, potè
con una semplice lettera reprimere una grave sedi-
zione insorta in Alessandria dell'Egitto (v. Mai, Script.
Vatic. t. II p. 22 1 : cf. Giorn. Arcad. t. XLH p. 181).
Questa sedizione par diversa da quella che accadde
all'apparizione del bue Api (Spart. in Hadr. 12);
poiché la moneta dev'essere posteriore all'anno 128,
nel quale Adriano accettò l'offertogli titolo P P. Del
— 1 13 —
resto, questo tipo simbolico (ornava vie più calzante
in riguardo alla credenza volgare, che il crocodilo si
rimanesse immobile a pena che toccato fosse dall'ala
dell' ibi (Horap. II, 81).
67. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( S P Q R EXSC, tempio decastilo , con quat-
tro statue collocale dinanzi ad esso, ed altre nel fasti-
gio ; e con un'alta colonna portante una statua da cia-
scun lato del tempio. Ae. m. m.
L'avviso del Buonarroti (med. p. 12), che sia
questo il celebre tempio dedicato a Venere e Roma,
d'invenzione e disegno di Adriano stesso, si conforta
di mollo pel riscontro di un bassorilievo , scopertosi
in Roma nel 1819, rappresentante il prospetto di un
tempio decastilo d' ordine corintio con bassorilievo nel
timpano rappresentante la nascita e /' infanzia di Ro-
mulo (R. Hochelte mon. inéd. pi. Vili p. 35: cf. Giorn.
Arcad. t. Vili p. 236 : Canina , edifizj di Rom. ant.
t. I p. 94 segg. ). La difficoltà proposta dall' Eckhel
e dedotta dall' EX S C , può forse escludersi osser-
vando, che Adriano nulla intraprese di rilevante senza
consultare il senato ( Dio , LXIX , 7 ).
68. HADRIANVS AVG COS III P P , testa lau-
reala.
X VICTORIA AVG, donna alata slolala incedente,
che con la d. si solleva la veste d' in sul petto osten-
tando il cubito, e tiene un ramo frondulo nella s. ab-
bassata. Arg.
E questa la Vittoria-Nemesi , o sia Ullrice , che
nella s. tiene un ramo di pomo , non già di frassino ,
come per abbaglio scrisse 1' Eckhel (t. II, p. 551 );
e par riferirsi alla vendetta dell'armi Romane sopra
i Mauri sollevali , ovvero alla vie più atroce sopra i
Giudei ribellati.
69. Lo slesso diritto che nel prec. n. 4.
)( VOT PVB , Genio del Senato Romano barbato
togato con la d. stesa e con lo scettro nella s. e Genio
del Popolo Romano seminudo con patera nella d. e con
cornucopia nella s. stanti presso un'ara accesa. Aur.
La figura , che parmi senza meno del Genio del
Senato (v. il prec. n. 31) , parve Giove al Vaillanted
all' Eckhel (mus. Caes. n. 582) ed Esculapio al Le-
normant (trésor, Emper pi. XXXI, 10). La denomi-
nazione da me proposta si rende poi ccrla pel riscon-
tro di un medaglione di Adriano medesimo con tipo
simile accompagnato dalla scritta SENATVSPOPV-
LVSQ • ROM VOTA SVSCEPTA ( Mionnct ,
rar. t. I, p. 195: Vaillant t. III, p. 217). Questi
Voti poi, falli dai Genii del Senato e del Popolo Ro-
mano, saranno stali concepiti PRO REDtta ( cf. cai.
d'Enncry p.207, n.214: Reme num. t.VIII, p.153),
overo per la salute di Adriano lungamente infermo
negli ultimi anni del suo impero.
70. Difillo ignoto.
)( VENERI GENETRICI, Venere stante con Vitto-
ria tropeofora nella d. e con asta e clipeo nella s. Aur.
Parmi aver comprovato, che fino da' tempi di Giu-
lio Cesare in Roma (ornava lo stesso il chiamare Ve-
nere Genelriceo Vincitrice {v.appeml. al saggio p.l 13).
Monete di modulo Massimo.
La grandezza ed il peso de* medaglioni, venirli in
uso a' lempi di Adriano , ne rende vie più chiaro il
senso di quelle parole di Capilolino intorno alle sgua-
iataggini di L. Vero , che , vagando di notte tempo
per Roma, iaciebal et NVMMOS in popinasMAXI-
MOS, quìbus calices frangerei (in Vero e. 4). E pare
che i medaglioni servissero luti' insieme di donativo
e di moneta corrente; poiché, ad esempio, quello di
Adriano con la DECVRSIO pesa 45 grammi , cor-
rispondenti al peso e valore di un sesterzio e mezzo,
ossia a sei assi imperiali.
71. HADRIANVS COS III, busto laurealo e pa-
ludato.
)( Clipeo , anzi tutto il medaglione fallo in forma
di clipeo. Ae. m. m.
Il Buonarroti opina , che questo medaglione rap-
prescnti un clipeo od imagine clipeata , in onore di
Adriano , per la sua moderazione e civiltà (med. p.
8-12) ; ma l'indizio della lorica e del paludamento
mostra che sia più presto clipeus ì'irlulis, per pareg-
giarlo anche in questo ad Auguslo ( cf. annali arch.
t. XXII, p. 191-192). Adriano riprodusse in un suo
- 14 V -
quinario ancbe il Capricorno segno natalizio di Au-
gusto medesimo ( Khell , suppl. ad Vaili, p. 67 ).
72. Diritto incognito.
)( Apollo ignudo con la clamide raccòlta, stante
presso un tripode con ramo nella d. e con arco nella
s. di retro a lui un arbore d' alloro con presso uua
mensa, sopra la quale è posata una diota. JE. ni. m.
A' (empi di Adriano fuerunt fames , peslilentiae ,
terraemotus ; quae omnia , quantum poluit , procura-
vi t ( Spart. in Hadr. 21 ). Apollo pertanto può dirsi
iu atto di espiare que' mali, e segnatamente la pesti-
lenza ; ed Adriano forse ne dedicò il simulacro ac-
compagnato dal diletto suo arbore dell' alloro, come
leggesi avere adoperato i Metapontini ( cf. Carellii
tal). CLV). La mensa indicherà i ludi Apollinari od
altri celebrati per cessare la pestilenza (cf. Liv. VII,
2 : XXVII , 23 ). A Diana placata, che insieme con
Apollo invocavasi in tempo di pestilenza, riferir po-
trebbesi il tipo della dea rappresentala stolata e pla-
cida stante con saetta nella d. abbassata e con arco
nella s. posato a terra (mus. Caes. n. 545). Nettuno
Asfalio, col pie d. posato sopra il globo, appella alla
cessazione de' tremuoti (v. il prec. n. 40).
73. Diritto incerto.
)( Bacco ed Arianna sonante la lira in carro tiralo
da una pantera e da una capra cavalcata da un A-
morino sonante la doppia tibia. JE.m.m.
Le due figure sedenti in carro trionfale son dette
di Apollo e di Bacco dal Vaillant (num. praest. t. Ili
p.l 19), e dal Mionnet (rareté t. I p. 195) ; ma pel ri-
scontro di alcune monete di Traili, di Eumenia e di
Laodicea (Millingen, sylloge p. 80) chiaro si pare che
la figura in veste feminile sonante la cetra si è Arian-
na o Cora (cf. Mùller , Handbuch §. 384). Adriano
si prese tanta cura delle antiche ceremonie sacre ,
adeo ut inilia Cereris Liberaeque Atheniensium modo
Roma percolerei (Victor in Caesarib. XIV: Dio, LXIX,
16, cf. Franz, eleni, epigr. Gr. p. 260, n. 104). Altri
potrebbe pur sospettare , che in questo riverso siano
figurali Adriano e Sabina , in sembianza di Bacco e
di Arianna, di ritorno dall'Oriente. Del resto il suo-
no della lira e delle tibie confronta col detto di Fron-
tone (de fer. Als. episl. 3), che chiama Adriano mo-
dulorum et libicinum studio decinctum.
74. Diritto incognito.
)( COS III P P , donna seminuda sedente in alto di
accostarsi la d. al capo , e di appoggiarsi col gomito
s. ad un cornucopia; con serpe che dinanzi a lei s'er-
ge in sulle sue spire, JE.m.xa.
In questo tipo così descritto dal Vaillant (t. III. p.
115 : cf. Mionnet , rar. p. 194) vorrei ravvisare la
Buona Dea , che similmente atteggiata e tenente un
corno ricorre in monete di Pesto (Eckhel t. Ip. 158),
sapendo d' altra parte come Adriano aedem Bonae
Deae iranslulit (Spart. in Hadr. 19).
75. Diritto incerto.
)( Scrofa con un branco di porcelh'tti poppanti stan-
te sotto un arbore. jE.m.m.
L'editore del Vaillant (t. Ili p. 117) nonsocome
dir potesse la scrofa stante sub fìcu ruminali. Quell'ar-
bore sarà anzi un' elee, conforme al presagio del pa-
dre Tiberino ad Enea ( Aen. Vili , 43 : cf. Eckhel
t. VII p. 31):
Liltoreis ingem inventa sub ilicibus sus
Triginla capilum foetus enixa iacebit.
Adriano con questo ed altri tipi riguardanti le origi-
ni di Boma preludeva in certo modo alla lunga e bella
serie delle medaglie di Antonino Pio spettanti alle o-
rigini medesime, in una delle quali è rappresentata
anche la fondazione d' Alba Longa e la scrofa che ne
porse il presagio ad Enea.
(continua)
Cavedom.
Giclio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BALLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 93. (19. dell'anno IV.)
Aprile 185G.
Medaglie i ' riedite o rare.
Medaglie inedile o rare.
Nella noslra tav. IX pubblichiamo alcune impor-
tantissime medaglie, le quali furono I ratte in gran
parte dalla insigne raccolta de' Signori Santangelo.
Dubbiamo alla gentilezza dell' egregio Sig. €avaliere
D. Michele questa distinzione, alla quale attacchiamo
la più grande importanza , e per la quale gli profes-
siamo pubblicamente la più viva gratitudine.
Ora facciamo seguire alcune osservazioni sopra le
monete contenute nella suddetta tavola IX , col-
1' ordine medesimo e colla medesima numerazione
con che si veggono gli antichi monumenti numisma-
tici in essa collocati e disposti.
ALLIFAE SAMNII
1. Testa femminile galcata a d., sulla galea corona
di alloro e civetta.
X Toro a volto umano a sinistra, sopra la epigrafe
AUI-O-HA. Ar. 9.
Nella collezione Santangelo.
Sono due esemplari di questa insigne medaglia nel-
la citata raccolta, tutti due di bellissima conservazio-
ne ; sebbene uno di essi sia foderato. Non sapremmo
se sia pur somigliante la moneta di Alife posseduta
dal eh. Signor Duca de Luynes (Bullett. dell'istituto
di corrisp. archeol. 1848 pag. 50). È noto che al-
cune altre monetine di Alife con epigrafe osca fu-
rono pubblicale dal eh. Friedlaender (Oskische Man-
zen tav. V. pag. 26 : cf. Fiorelli annali di numism.
an. I tav. 1 n. 4, 5 p. 11 e 82). Ed in questi ultimi
ANNO IV.
tempi fu ammessa una tale attribuzione dal Raoul-
Rochelte (Journal des Savanls 1831 pag. 248), non
ostante che il citato Signor Duca de Luynes ne pub-
blicasse una, ritenendone per fenicia la epigrafe (Nu~
mismat. des Salrapies ; inceri, pi. XVI n. 2 pag. 97-
98 ). Comunque sia di queste ; le monete de' Signori
Santangelo furono ricordate dall' Abeken ( Mittelita-
lien pag. 333), dal Fiorelli (Monete ined. deli hai.
ani. pag. 19), dal Corcia ( Storia delle due Sic. tom.
I pag. 316), dal Mommsen (Unter. Dialekt. p. 216),
dal Friedlaender (Oskische Munz. pag. 26), dal Ric-
cio ( Repertor. num. pag. 5 ) , e dal Raoul-Rochetle
( Journ. des Savanls 4854 pag. 248 ). Se non che
alcuni ne riputarono osca la leggenda , altri greca.
Credo che la prima opinione sia dovuta alla poca
conoscenza della sua vera lezione i e senza dubbio
gettando uno sguardo sulla epigrafe, vi si ravviserà
di leggieri una greca flsonomia. Il Sig. Corcia ponen-
do mente a questa greca origine di Alife , ricordava
'AX/$£/pa. ( Stephan. h. v., Polyb. IV , 78 , e segg. :
presso lo storico il gentile è 'A\t$sipcuoi, IV, 77, 10,
ed 'AX/^jpas IV, 78, 8 ), o Aliphera ( Cic. ad Att.Vl
ep. 2: Liv. XXVIII, 18: Pausan. Vili e. XXVI, 5 e
segg., e. XXVII, 7 ) dell'Arcadia , non senza volger
la mente alla etimologia da dXsf^ou proposta da un
patrio scrittore. Io noterò che la epigrafe delle no-
stre monete non offre alcuna forma osca o sannitica
nelle lettere che la compongono. Anzi la insolita for-
ma del <£ incontra un importante confronto in una
simile lettera del famoso vaso Dodwelliano rinvenuto
a Corinto ( Boeckh corp. inscr. gr. t. 1, p. 13, 14:
Franz eleni, epigr. gr. p. 68 seg. ). É notevole che in
un lebete di bronzo rinvenuto a Cuma la stessa for-
ma ha la forza del R ( cf. Corp. inscr. gr. n. 32 t. I
pag. 48 ). 11 grecismo di Alife rilevasi pure da' vasi
19
— 146 —
di greco lavoro che uscirono in questi ultimi tempi
dal suolo allifano: e di uno di essi fu da me data la
descrizione in questo bullettino (an. 11 pag.97 segg. ),
vedendosi collocato nel real museo Borbonico. Rite-
nuta dunque come greca la leggenda AUI4>HA, sene
trae un fortissimo argomento per dichiarare del tutto
insussistente la opinione di coloro, che vollero attri-
buire agli Allifani le monete degli Allibarli. È il
Sig. Friedlaender che ha voluto far risorgere l'antica
opinione: oslc. Milnz. pag. 25 e segg. Anche nella
ultima edizione delle tavole Carelliane fatta in Lipsia
alle monete degli Allibani si riporta il titolo Allifae
sive Alliba pag. 16. Ma vi si oppone il Raoul-Ro-
chelle , journ. des Sav. 1. e. , adotlando la opinione
del Millingen e dell' Avellino confermata dal Fiorelli
mon. ined. pag. 19 seg. Cf. Mommsen unler. Dialek.
pag. 106, e quel ebe dico io pure nel mio bullet.
arch. napol. an. Ili p. 53. È però evidente che non
potrebbero ad uno stesso popolo adattarsi due diver-
se denominazioni appartenenti ad un medesimo lin-
guaggio.
E qui avvertiamo che paragonando la greca leg-
genda AUl-O-HA colla sanm'lica RU8R di altre mo-
nete, non possiamo fare a meno di ravvisare una città
mista di Osci e di Greci , non altrimenti che avem-
mo la occasione di osservare in Fistelia. Ed è nota-
bile che in queste due monetazioni si osserva del pari
la divisione per oboli : e perciò per entrambi questi
motivi possono riportarsi ad un sol sistema, e ad a-
naloga costituzione di due popoli compresi in un (rat-
to non molto esteso di paese.
TELESIA SAMNII
2. Testa imberbe galcata a s.
)( Gallo a d., sopra astro: Di lato *I93T. Ar. 7.
Di questa moneta fecero menzione il Fiorelli [Mo-
nile ined. dell'hai, ant. p. 20 e segg. ), il Mommsen
( Unterit. Dial. pag. 200), il Friedlaender (Oskische
Miinzen p. 6), ed il Rkcio [Repcrt, num. p. 6). Essi
però ne riferirono la iscrizione ora Teleis, ora Telis.
Riesce dunque importante la presente pubblicazione,
perchè mette in cbiaro la vera leggenda della moneta
ch'è TEBIJ relr. in lettere osche, le quali van lette
Tedis. È notevole questa osca pronunzia in vece di
Telis, la quale però trova un riscontro nella sannitica
Aquilonia, la quale oscamente fu scritta Akudunniad
(^RIHHVWMR). Dal quale confronto si trae un argo-
mento a favore dell'attribuzione delle monete di que-
st' ultima città, la quale ormai è ritenuta da tutti i
numismatici (Millingen Consid. p. 178; Friedlaender
oslc. Miinz. p. 53 seg.; Mommsen unter. Dial. p. 201
e 246; Cavedoni in Carellii lab. p. 16 ed. Lips.). È
degno di osservazione il nome Osco di Telese , che
venne tramutalo in Telesia, ed è pur notabile la idea-
lità de' tipi con le medaglie di altre città dell' Italia ,
quali sono Cales , Caiatia , Aquino , Teano , Sessa ;
siccome avemmo la occasione di far rilevare. Notia-
mo finalmente che anche la sannitica Telese ci ha
fornito scarso numero di vasi dipinti ( Iahu Munchen
Vascn-Sammlung , Einleilung p. LX11I).
TEANUM SIDICINUM
CAMPANUE
4. Testa di Ercole imberbe con pelle di leone a d. ,
innanzi WNRrT.
)( Vittoria in triga veloce a s. , sotto WMXI^ft
Ar. 10
Questa magnifica moneta appartiene alla collezione
Sanlangelo, nella quale n'esiste pure un altro esem-
plare. Colla presente pubblicazione veniamo a com-
piere i voti de' numismatici, i quali desideravano un
esatto disegno di sì rara medaglia (Friedlaender Osk.
Muta. p. 2). Presso il cb. Friedlaender possono ve-
dersi in parte pubblicate in parte solamente descritte
le varietà della numismatica di Teano (Op. cit. tav. 1
p. 1-4. Vedi pure Carelli lab. LXVI, Raoul-Rochelte
journ. des Savans 1854 p. 301-302). Dall'esame di
tulle quelle medaglie vien messo in cbiaro che co'
147 —
medesimi tipi della testa di Ercole e della triga sono
conosciuti in argento non pochi esemplari. In un so-
lo di essi la testa dell'eroe è volta a s. , ove in tulli
è poi rivolta la (riga. Quando manca la epigrafe Si-
dicinud, vedesi la iscrizione Teanud sotto la triga;
laddove in queste due monete de' Signori Santangelo
sotto la (riga è Sidicinud, e l'altra epigrafe è messa
innanzi alla testa di ercole. Lo stesso sistema riscon-
trasi nelle medaglie di bronzo già note , nelle quali
innanzi alla testa di Mercurio o di Apollo è Teanud,
e sotto il bue a volto umano Sidicinud. È poi risa-
puto che pure in quelle di bronzo talvolta esiste, e
talvolta no 1' epilelo di Sidicinud.
Negli antichi scritlori è comune la ortografia Tca-
num, TiOrVOv: e parti che ad essa faccia bel confronto
la epigrafe più comune delle monele , ove si scorge
nel secondo posto il carattere h , al quale è nolo at-
tribuirsi dagli Osci il valore dell' E (Mommsen unler.
Dial. p. 209 S ). Pare che di ciò non siesi avveduto
il Millingen , quando ha fatta la osservazione sulla
singolarità della forma di quella seconda lederà in
non pochi esemplari ( Considér. p. 202 ). In quanto
all'altra epigrafe, essa è WHI>II5|R nelle due meda-
glie de' Sig. Santangelo di perfetta couservazione : e
perciò pare che così debba leggersi ancora in tulle
le monele di bronzo, ove fu talvolta riportalo Sidi-
cinum ( Friedlaender /. e, Cavedoui in Carellii lab.
p. 18 , Mommsen unter. Dial. p. 200 e 294, ove
spiega la origine del nome Sidicinum).
Ci riserbiamo in allra occasione di proporre alcu-
ne conghietlure sopra il nome de' Sidicini, de' quali
era Teano sede principale.
Ora ci contenteremo di far rilevare la bellezza del-
lo stile e della fabbrica della insigne moneta da noi
pubblicata , la quale dee considerarsi come uno dei
più rari cimelii dell'arte italica, sotto le influenze el-
leniche. E non dubitiamo che i numismatici e tutti
gli studiosi delle arti antiche ci sapran grado di aver
loro procurata la conoscenza di questo classico pezzo.
NEA POLIS CAMPANTAE
3. Tetta di donna con tenia, orecchino e collana a
destra.
)( Toro a volto umano, che piega aìipianlo il capo,
e Vinaria che lo incorona: sotto la linea de' piedi iscri-
zione fenicia. Ar. 9.
E questo un altro esemplare della medaglia da me
pubblicata nel 3. anno di questo bullettàio (pag. 100
tav. Vili n. 4), ed appartiene allo slesso sig. Sam-
bon , che ce ne ha permessa gentilmente la pubblica-
zione. Io sin da che vidi il primo di essi, non tardai
a ravvisare in quella iscrizione caratteri fenicii. 11 se-
condo esemplare venuto posteriormente alle mie mani
mi ha sempre più confermalo in quella mia sentenza ,
non ostante che la rispettabile autorità del sig. Duca
de Luynes, che si è dichiarato contrario a quella mia
opinione , venisse ad intorbidarmi la gioja di una si
interessante scoperta. Sin dalla primitiva pubblica-
zione io richiamai simili iscrizioni di medaglie napo-
litano già pria conosciute , e feci rilevare come fosse-
ro tulle da ritenere per fenicie. Ora a rendere evi-
dente quello che asserimmo , e che va senza dubbio
applicato benanche alla nuova moneta del Sig. Sam-
bou, ponemmo sotto la lettera A tra loro a confronto
le epigrafi di tutte quelle varie medaglie: e non du-
bitiamo che non si renda una certezza per chiunque
vi getti un rapido sguardo.Tanto più che nella quinla
ed ultima linea i caratteri indubitatamente fenicii, da
noi pure messi a confronto , dimostrano qual somi-
glianza interceda fra essi e quelli delle napolitano
medaglie.
Io proposi di legger la epigrafe e dividerla nel se-
guente modo ]ap t£}fU Nechosch Qaman, ovvero aes
adversarii nostri: e mostrai come una tale interpre-
tazione ben si adatta ad una moneta coniala dalla pre-
da del nemico; non senza avvertire che questo senso
non si oppone alla idea che sorger può nella mente
per la spiegazione dello straordinario (allodi una mo-
neta napolitana con caratteri fenicii.
Anche dopo novello esame non crediamo di ab-
bandonare quella nostra antica spiegazione.
La prima lettera a noi pare una 3 alquanto più
inclinata a sinistra di quello che generalmente ritro-
vasi nelle iscrizioni fenicie sinora conosciute ; ma del
resto è a quel carattere somigliantissimo. — La secon-
da lettera è certamente un ft ; ed incontra un bel con-
fronto nella moneta di Palermo da n.e pubblicata in
— 148 —
altro lavoro , ove si scorge la identica forma del n
{Monum. ined. di Barone tav. XX n. 1. ); ed è no-
tevole che trattasi di un monumento di bellissima con-
servazione. Il Gesenius rapporta tra le forme abbre-
viale anche due lineette di piccole dimensioni, le
quali si osservano in varie iscrizioni di sili diversi
(Script, linguaeque Phoeniciae monum. p.29). La for-
ma 1 1 è stata da lui medesimo riportata in una meda-
glia attribuita a Panormus, colla epigrafe rWìHnip:
vedi la tav. 38 lett. O. La medesima forma compa-
risce ne' leoni di bronzo del museo britannico , ove
si leggono iscrizioni fenicie indicanti il loro peso in
mine reali. Questo che noi asseriamo raccogliesi dal-
l' alfabeto che ne fu tratto dal sig. Layard ( Nineveh
and Babylon p. 600 tab. ad loc. (9) ), e che è stato
ammesso dal eh. signor duca de Luynes in una sua
dotta e recentissima pubblicazione ( mémoire sur le
sarcophage et f inscription funéraire d'Esmunazar roi
de Sidon— Paris 1 856 p.59). Le differenti forme delle
lettere fenicie più o meno antiche sono finora poco
conosciute, ed i soli monumenti sono destinati ad in-
segnarcele. 11 certo si è che in ben quattro esemplari
delle napolitane medaglie apparisce quella forma del
Chct, la quale si vede costantemente ripetuta. Questo
va attribuito alla pochezza dello spazio , che ha per-
suaso P artefice a servirsi di una forma abbreviata : e
per lo stesso motivo forse una simile figura s'incontra
sulla citata moneta di Palermo, la quale è or posseduta
dall'egregio sig. Barone di Schoepping. — La terza let-
tera è conforme all'andamento del carattere fenicio. E
conosciuto essersi rinvenuta la forma dello ti) nelle
iscrizioni di Atene somigliantissima a questa delle na-
politane medaglie ; se non che in queste la lineetta che
taglia per mezzo la curva la passa nella parte inferiore:
ma ciò appunto si scorge nelle medesime iscrizioni di
Atene, nelle quali il Q e lo lì) ora son prive della se-
conda lineetta collocala di lato, ora ce l'offrono più o
meno allungata: ora presentano la lineetta media che si
arresta alla curva , ora per contrario la passa. Que-
ste varietà sono importantissime per lo confronto delle
nostre medaglie, trattandosi di iscrizioni eseguite da
artisti greci nell'una e nell'altra circostanza.
Sicché non dobbiamo far caso delle differenze che
subirono i caratteri fenicii sotto la mano di artisti
stranieri, i quali potevano facilmente trascurare quelle
minuzie , che forse a' più dotti della lingua e della
scrittura punica sarebbero sembrate di molta impor-
tanza. Così la leggenda di un' altra moneta , attribuita
a Panormus , da me altrove pubblicala , e pure ac-
quistala dal sig. Barone di Schoepping , è talmente
diversa dalle solite, che non si presta ad una proba-
bile spiegazione (mon. ined. di Barone tav. XX. n. 3.);
ed allra me ne additava in quella occasione il eh. si-
gnor ab. Cavedoni , la quale conservasi nel R. Museo
Estense, e non offre minori difficoltà.
La quarta lettera a me pareva sin da principio un
p; giacche sebbene non vi fosse la terza lineetta per
compierne la forma , pure vede vasi che erasi invece
adottato di chiudere un piccolo spazio nell' angolo ,
che poteva ben dare la idea di quella lettera. Avel-
lino aveva già riferita una forma alquanto diversa ,
protraendosi in giù la linea superiore ; e tale presso
a poco dee riputarsi la forma esibita dal Carelli. Ora
la nuova moneta del Sig. Sambon viene a chiarire
che la forma presentata dall'Avellino era la vera , e
che la lineetta superiore in quella da me pubblicata
non vedevasi in giù protratta per mancanza di con-
servazione. Intanto anche il nuovo esemplare ci di-
mostra che non m' ingannai quando vidi la lineetta
nell' angolo : e quindi non abbandono la mia primi-
tiva attribuzione di questa lettera (1). — La quinta let-
tera fu mal raffigurata nel disegno dell'Avellino. Di
fatti la nuova moneta del Sig. Sambon conferma la
mia lezione. È perfettamenle un uj rovesciata , con
una lineetta allungata dal lato destro ; ed è questa la
forma non contrastata del 23, come sovente appari-
sce , e segnatamente sulle epigrafi ateniesi. — Da una
migliore osservazione mi sono convinlo che il sesto
elemento figura una sola lettera e non due , e perciò
rappresenta un altro 3 simile a quello eh' è nel prin-
cipio , soltanto un poco meno curvato a sinistra , e
perciò più vicino al solito carattere punico.
(1) Una lettera molto simile s' incontra nelle monete recente-
mente attribuite ad Etrutu* dal cb. de Saulcy, il quale dà ad essa
il valore dello lì). Vedi il voi. XV delle mém. deVAcad. dei intcr.
et belle* lettr. pan. sec. pag. 177 e segg.
— 149 -
A fronte di queste somiglianze e di queste osser-
vazioni , potrà dirsi che la epigrafe di tutte queste
napolitane medaglie non sia fenicia ?
Ma qui prevedo una generale osservazione : ed è
che non potendosi quelle monete riportare ad altra
epoca che alle guerre di Annibale , rinvenir si do-
vrebbe un più vicino confronto colle iscrizioni carta-
ginesi. Una tal conclusione senza dubbio sarebbe giu-
sta, quante volte si fossero adoperati a segnar quelle
epigraG artisti Cartaginesi : questo appunto è quello
che io nego. Si dee supporre al contrario che ar-
tisti Campani furono a quel lavoro impiegati ; e per-
ciò le lettere puniche subir dovevano quelle lievi mo-
dificazioni tanto facili a verificarsi nel riportarsi leg-
gende di una lingua straniera: modificazioni osserva-
bili benanche nelle iscrizioni ateniesi ; come può ve-
dersi ancora dalla dotta discussione che sopra una di
esse vedesi fatta dal sig. Quatremère ( Journal des
Savants 1842 p. 530 seg.), e dal eh. de Saulcy (An-
nali dell'Ut, di con. arch. 1843 pag. 31 segg.).
In generale, per riGutare l'attribuzione fenicia della
leggenda nelle napolitane medaglie, suppor si dovreb-
be negligenza ed ignoranza dell' artefice. Questa ipo-
tesi incontra un ostacolo nella quantità delle monete,
che offrono una identica iscrizione. Sono ormai quat-
tro esemplari , ne' quali si presenta la medesima epi-
grafe : e dee credersi che una particolare intenzione
abbia prcseduto alla coniazione di quelle medaglie.
D'altra parte gli errori nelle iscrizioni non sono sulla
forma delle lettere. Un artista greco può sopprimere
qualche lettera, invertir l'ordine de' caratteri, ma non
mai variare in tal guisa gli elementi della scrittura
da dar la idea di un alfabeto totalmente diverso da
quello della sua nazione. Questo sarebbe il caso delle
napolitane medaglie. E noi non possiamo ravvisare
nella nostra leggenda una greca iscrizione ; mentre
tanta somiglianza si scorge in ciascuna lettera con
l' alfabeto fenicio. Da ultimo invocherò lo stesso fi-
nissimo sguardo dell'illustre sig. Duca de Luynes, che
nella sua moneta riconobbe pure una diversa epigrafe
fenicia , vai dire pti)*jn n^P- lo ignoro quali fosse-
ro le forme degli elementi da lui interpretati a quel
modo ; ma mi basta il sapere che punici apparvero
a' suoi occhi esercitatissimi.
Il Rev. P. Garrucci mio chiarissimo collega , il
quale ha fatto lunghi studii sulle leggende fenicie, mi
ha scritto non ha guari in questi termini «Esaminan-
do la vostra lettura delle monete fenicie trovo da as-
sicurare gli elementi delle suddette monete, tranne al-
cuni barbari e contrafatli, su' quali non può portarsi
giudizio veruno ».
Anche il dotto orientalista P. Carlo Vercellone Bar-
nabita non fa nessun dubbio sull' attribuzione di
quelle due leggende, e solo ne propone una diversa
spiegazione. Egli legge la prima *1Q2f li)n?. Io
non entrerò in alcuna discussione su tale lezione , la
quale coincide colla mia nella metà quasi degli ele-
menti che compongono la epigrafe ; e mi contenterò
di sottomettere quanto finora ho dichiarato al giudi-
zio de' dotti.
Con questa occasione vogliamo aggiungere poche
osservazioni sull'altra medaglia napolitana da noi pub-
blicata in questo bulletlino (an. Ili p. 102 tav. Vili
n. 5 ) , di cui giudicammo del pari fenicia la epi-
grafe. Proposi allora un tentativo di spiegazione, of-
frendone la seguente interpretazione tO^ypt 72X
(Abel Ha'egla) Campus Vitulae.
Posteriormente a questa nostra spiegazione il eh.
P. Vercellone (Lettera de' 4 Dee. 1855 diretta al eh.
P. Bruzza Barnabita) presentava una novella lezione
nSlJffìJ 1p . notando che il eh. Sig. de Saulcy ha
provato che un elemento simile alla quarta lettera e-
quivale al fì. Questa ingegnosa lezione accennerebbe
alle mura ed alle fortificazioni della slessa Napoli in-
dicata quasi col suo nome greco.
Riesaminando la epigrafe dopo la nuova lezione
del P. Vercellone , ammetto nel primo elemento il
valore del p , giacché la identica forma s' incontra
nella iscrizione di Serdica e nelle medaglie di Carne:
ammetto pure il 1 , che poggia egualmente sulla os-
servazione da me fatta precedentemente che il non
veder prolungata alquanto l' asticciuola non ce ne fa
abbandonare l' attribuzione. Ripetiamo che simili dif-
ferenze si riducono a ben poca cosa, quando si con-
sideri che artisti Campani segnarono quelle puniche
lettere. E per quel che spetta alla nostra medaglia ,
facilmente si spiega la mancanza delle estremità infe-
riori di alcune lettere : perchè la epigrafe è incisa in
150
una striscia un poco più sollevata del campo ov' è
scolpilo il tipo. Da ciò s' intende come una porzione
di alcune lettere è uscita fuori di quel piano rettan-
golare sul quale è segnata la iscrizione.
Questo spiega la mancanza della codetta nella se-
conda lettera , e nella quinta ; per modo che la se-
conda dee riputarsi uu 1 , e la quinta può ritenersi
ancora una "T. Meglio osservando il sesto ed il setti-
mo elemento, parmi che costituiscano una sola let-
tera i,H forse uno l£J. L'elemento ì sembra potersi ri-
tenere per n ; giacché una forma somigliantissima ,
benché volta a destra , comparisce pur nelle iscrizio-
ni de' citali leoni di bronzo del museo britannico (v.
Layard, e de Luynes ne' //. cit.): e la differenza di posi-
zione tra ì cF non costituisce , a mio avviso , una
vera diversità di carattere. Io non intendo di fare al-
cuna particolare e sicura interpretazione; ma parmi che
avuto riguardo alle esposte osservazioni, non sarebbe
molto lungi dal vero chi riconoscer volesse nella epi-
grafe della nostra medaglia quella leggenda che intra-
vide nella sua il eh. Sig. Duca de Luynes rigiri Hip»
la quale incontra pure il confronto dell'argentea me-
daglia attribuita a Panormus, ove la medesima iscri-
zione. In tal epigrafe si accennerebbe al nome slesso
della nostra città Neapolis, non altrimenti che per
quella di argento da lui posseduta , aveva sospettato
l'illustre orientalista francese.
So che in questa spiegazione alcuni elementi in-
contrano qualche difficoltà ; ma noi ci contentiamo
di sostenere che trattasi di epigrafe fenicia, lasciando
a' dotti aperto il campo a più probabili conghielture.
Intanto nella nostra tav. X lelt. B si vedrà un con-
fronto fra la epigrafe della medaglia come dal tempo
ci fu tramandata, e quella che forse fu in origine, o
che almeno avrebbe dovuto essere.
ARPI APULIAE
5. Testa imberbe goleata a s.
)( Spiga giacente, sopra AP sotto ITA.
Nella collezione Santangelo.
Ar. 5.
II eh. Fiorelli ricorda questa rara monetina, senza
indicare ove 1' abbia veduta. Sono già note le altre
due con tre e due spighe (Carelli lab. XC. ) ; ed il
Fiorelli fu di opinione che il numero delle spighe sia
destinato ad indicare il valore di quelle medaglie (Os-
servazioni p. 17 not. 25.
Il dotto Avellino credè giustiGcata abbastanza una
(ale osservazione, richiamando altri simili esempli di
simboli più o meno ripetuti ad indicare il peso delle
antiche monete (De arg. anecd. Rubasi, numo, epistola
p. 5). Né diversamente opina l'illustre numismatico
Signor Cavedoni, rilevando che la medaglia con tre
spighe corrisponde presso a poco a tre oboli ; e per-
ciò nella idea del Fiorelli sarebbe un obolo, due obo-
li , e tre oboli in quella serie numismatica di Arpi
(Vedi il buìlettino archeologico di Avellino an. II pag.
117). 11 eh. Mommsen riporta pure con dubbio ad
un triobolon la medaglia colle tre spighe (Romische
Miinzwesen p. 387 Reil. L, 15). Debbo pertanto av-
vertire che il Cavedoni mostrava il desiderio che
quelle monetiae fossero esattamente pesate, per ve-
nire ad una sicura conclusione. Conoscendo che nella
insigne collezione de'Signori Santangelo vi erano tutti
i tipi conosciuti di Arpi, oltre quello della sola spiga,
pregai l'egregio Sig.Cav. D. Michele perchè mi fornisse
la notizia del peso preciso di quella serie di monete.
Dal suo gentile riscontro rilevo i seguenti pesi :
Con tre spighe acini quaranta
Con due spighe acini quaranluno
Con una spiga acini dodici.
Egli mi notava che il peso di acini quaranta veri-
ficavasi altresì in un altro esemplare da lui posseduto.
Da ciò deduceva che in quanto al peso delle anim-
elle monete, specialmente di talune regioni, non può
stabilirsi regola esatta; soggi ugnendo essersi convinto
di una (al verità pesando esattamente non poche mi-
gliaja di monete del suo medagliere. Sul variabile
peso delle nostre monde son da vedere le cose non
ha guari scritte dal eh. Mommsen , il quale ci forni-
sce fatti numerosi ed interessanti (Ròmische Munzwes.
Reilage A-T pag. 343-422).
Io mi contenterò di notare che la osservazione sul
numero delle spighe messe in rapporto col valore delle
— io! —
monete dee riputarsi nien vera ; altrimenti quella
con due spighe non dovrebbe certamente ritrovarsi
di peso maggiore. E se nella monetina da noi pub-
blicata dee probabilmente riconoscersi un obolo, rav-
visar dovremo altrettanti Irioboli nelle altre due, sen-
za che la differenza del tipo ci tragga ad una diversa
conclusione.
ARP1 ET IIERDONEA
6. Testa imberbe goleata a d. sulla galea è un Pe-
gaso alato ; innanzi tracce di epigrafe.
)( Ercole piegando un ginocchio pugna col leone :
fra il leone e l'eroe monogramma; sopra il leone CEPT
Ar. 5 'A.
7. Lo stesso tipo: epigrafe APIIA.
X Lo slesso tipo : simile monogramma ; sul leone
tracce di una epigrafe. Ar. 5 */s<
8. Simile lesta: innanzi CEP.
)( Lo stesso tipo , e lo stesso monogramma : epigrafe
APIIA. Ar. 5 Vs-
9. Simile testa: innanzi la epigrafe APIICEPT.
)( Lo stesso tipo un poco sdruscito. Ar. 5.
10. Simile testa: innanzi CEPA ■ ■
)( Lo stesso tipo, con monogramma alquanto diverso
Ar. 5.
La sola moneta d. 4 appartiene al Sig. Sambon ,
tutte le altre alla collezione Santangelo.
Queste importanti monetine si congiungono con
altra già pubblicata dall'Avellino, la quale esser do-
veva simile a quella del Sig. Sambon , sebbene non
vi si leggessero che le sole lettere AP.. EE forse per
la poca conservazione della medaglia. Il dotto numi-
smatico la riportò appunto ad Arpi, e solo non seppe
indicare che cosa significassero le lettere EE: Sensus
tamen litterarum LE in antica adhuc mihi incomper-
lus: (addend. ad 1 tal. vet. num. t. 1 p. 102). Dopo
di lui il Mionnet, ed il Riccio (rep. numism. p. 38 ).
La prima idea che potrebbe sovvenire sarebbe
quella di riputare il nome EEPT un nome di magi-
strato. In tale intelligenza , richiamar potremmo si-
mili accoppiamenti di lettere ravvisati in nomi mes-
sapici; ricorderemmo V Arias re de'Messapii mento-
vato da Tucidide ( VII , 33 : è detto "Ap-ros da Ate-
neo III, I0S E), e la epigrafe messapica col nome
«prahsuh (Mommsen. iscr. mess. pag. 79 ed unter.
Dial. pag. 74). Ma più vicino confronto sarebbe un'
altra iscrizione messapica di Ccglie, ove si legge Ax-
Z,uxxs FEp' raHsns ( Mommsen. iscr. messap. p. 81,
ed unter. Dial. p. 75).
Comunque da' confronti sopra citali risulti che ben
si vedrebbe nel EEI'T il nome di un magistrato mes-
sapico , pur tuttavia a noi pare che la posizione di
quella epigrafe allontani la idea da una tale interpre-
tazione. Così quella leggenda ora si vede da una fac-
cia ora da un'altra della moneta, alternando con l'al-
tra di Arpi : e nella moneta del Sig. Sambon, ed in
quelle descritte dall'Avellino e dal Riccio, scorgesi
nella medesima linea preceduta dal nome di Arpi; co-
me nella medesima linea si scorge ancora nella me-
daglia da noi riferita al n. 5 , nella quale la epigrafe
è venuta tronca nel conio, ma noi crediamo che la
intera leggenda sarebbe stata CEPAPII. In questa no-
stra lezione il nome di Arpi sarebbe stato preceduto
da quell' altro nome.
A questa ragione del sito se ne aggiunge un'altra,
ed è quella che l'Avellino in alcuna di queste mone-
tine vide il nome del magistrato AAXOT ( Ital. vet.
num. 1. e. ) ; sicché non pare possa supporsi contem-
poraneamente un altro nome di magistrato.
Resta dunque unicamente a spiegar quella epigrafe
per una alleanza e confederazione di due città del-
YApulia, di Arpi con altra della quale dobbiamo in-
dagare il nome.
Noi mettiamo da parte i Verlini Oveprìvcu della Lu-
cania, memorati da Strabone [Oeogr. lib. VI e. 2 §.
4 t. 1 p. 404 edit. Cramer. ). Sarebbero più vicini
gì' Irtini della Japigia , de' quali è menzione in una
greca iscrizione riuvenata presso Irso, ed illustrala dal
Martorelli (Th. CaUm. t. II, p. 504 seg.), e dal Lom-
bardi [Mem. dell' ht. di corrisp. arch. t. l,p. 216 s.:
cf. il corpus iscr. graec. voi. III, pag. 762 etinadd.
p. 1260 n. 5874. Non ci arrestiamo neppure al Da-
timi della tavola di Peulingero creduta Monopoli dal
— 152
Mannert II, 33). Nondimeno sarebbe ancora troppo
distante da Arpi , per immaginare un' alleanza fra
queste due città.
Io dunque sono di opinione cbe nell' EEPT si ascon-
da il nome di Herdonea (1) , che nella durezza della
pronunzia messapica ed epicoria vedesi tramutata in
Etprcovix ; ovvero così come apparisce nelle monete
era la sua primitiva ortografia, la quale venne in di-
verso modo variata nella pronunzia. Certo si è che at-
tualmente il paese succeduto all' antica Herdonea viene
appunto denominato Ottona ed Ordona ; mantenen-
dosi tuttor vigente questa doppia pronunzia, e dandosi
cosi un argomento per crederla pur fragli antichi
adoperata.
Se queste ricerche debbono riputarsi probabili ,
avremmo le prime monete della messapica Herdonea,
innanzi che vi fosse stata spedila la romana colonia.
Ed il vedere adoperata costantemente l'aspirazione
innanzi al nome messapico della città dà un appoggio
alla conghiettura de' numismatici che nelle medaglie
di Appula fabbrica e colla epigrafe ROMA ed H rav-
visarono appunto Herdonea al tempo de' Romani.
Finalmente osservo che l'Avellino credette di rav-
visare in alcune monete un'alleanza tra Ascoli ed Her-
donea, città egualmente fra loro vicine e mediterra-
nee, non altrimente che Arpi e Teate, delle quali due
città ravvisammo la federazione in altre medaglie
(Bidlelt. arch. nap. an. II. p. 37).
GRVMENTVM LVCAN1AE
1 1 . Testa virile ed imberbe con corti capelli dia-
demata a d.
)( Toro cozzante a d. sopra TPT. Ae. 7.
Nella collezione Santangelo.
Questa monetina è perfettamente inedita. Solo il
(1) Non dubitiamo che nel E si dee riconoscere il digamma usato
in questa forma in altre epigrafi messapiche: Mommsen unter. Dial.
p. 476.
sig. Riccio ne diede una inesatta descrizione ( Reperì,
numism. p. 80 ) prendendo per testa di donna la te-
sta diademata del ritto.
Ormai gli archeologi non fanno più difficoltà sulla
patria di queste medaglie colla epigrafe TPT, che il
Garelli attribuiva a Grumo.
Furono già riportate a Grumento della Lucania
dal Combe ( Calai, num. Vet. tab. XXIX fig. 5 ), dal-
l' Eckhel ( Doclr. t. I, p. 152), dal Mionnet {Descr.
t. I, p. 151), dall'Avellino ( Giorn. num. p. 5, n.V
cf. Real mus. Borb. lom. IV, tav. XV, n. 10), e più
recentemente dal Millingen , ( Considér. p. 87, s. ), e
dal Cavedoni (Carellii tab. pag. 39).
Nel luogo citato il Millingen, ed il eh. Corcia (Sto-
ria tom.III, p. 74) approvano la opinione del Niebuhr
che il primitivo nome della città fosse Kpu/x<£iS indi-
cando la sua situazione sulle più alte e fredde monta-
gne della Lucania , dal che deduce che sia stata fon-
data da una colonia greca , forse mandata da Turio
(Istoria di Roma voi. I , not. 27).
Senza seguire una tale opinione per la parte eti-
mologica , la quale vien contrastata dalla ortografia
delle medaglie , osserviamo che la monetina de' Si-
gnori Santangelo conferma V attribuzione lucana non
solo ma benanche la dipendenza da Turio , di cui
vedesi adottato il tipo del toro cozzante. Non so per-
chè finora non siesi fatta la osservazione che anche
il tipo del cavallo corrente trova il confronto in altra
monetina di Turio (Carelli lab. CLXIX p. 95) ; la
quale analogia si rannoda alla relazione che aver do-
vettero fra loro le due città.
Non vorrei diffinire di chi possa credersi la testa
diademata nel ritto. La mancanza di qualunque sim-
bolo ci vieta di pensare a qualche divinità particola-
re o a qualche eroe conosciuto. Pare debba ripu-
tarsi un eroe locale , di cui non ci fu serbata memo-
ria , essendo perfettamente ignote le più antiche ori-
gini di Grumento.
(continua)
MlNERVINI.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catàneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 94. (20. dell' anno IV.)
Aprile 1856.
Medaglie inedite o rare. Continuazione del n. precedente. — Sarcofago presso Rapolla. Lettera del eh. Comm.
Quaranta all' editore del ballettino. — Iscrizione di Acerra. — Osservazioni sopra alcune monete di Romani
imperatori. Continuazione del ». 92. — Monete di Traili della Lidia, col nome KAI^APEQN, impresse
sotto Augusto. — Dei Ambrosiales in iscrizione di Chiusi.
Medaglie inedite o rare. Contiti, del n. precedente.
METAPONTUM LUCANIAE.
12. Spiga ; di lato la epigrafe METAIT.
)( Cinque grani di orzo, ira essi l'epigrafe retrogra-
da HAT3M Ar. 10.
13. Testa giovanile ed imberbe con capelli ondeg-
gianti frenati da una corona di foglie, quasi di fron-
te : presso al collo KAA.
)( Spiga con stelo a sinistra : sullo stelo serpente sol-
levalo , sotto <N ; di lato alla spiga la epigrafe META
Ar. 9.
Nella collezione Sanlangelo.
Bellissima èia moneta da noi descritta sotlo il n. 12.
È noto già che alcune monetine di bronzo si co-
noscevano pertinenti a Metaponto , ed aventi al ro-
vescio il tipo de' tre grani di orzo (Vedi le (avole del
Carelli tab. CLIX 183-188). Ora che un tipo ana-
logo si verifica pur sull' argento , si vede come se
ne facesse il passaggio sul men nobile metallo. Non
è nuova la epigrafe METAI1 così spezzata per occu-
pare i cinque spazietli lasciali fra' granelli di orzo : e
non occorre citarne esempli dalle medaglie mela-
pontine , che ci offrono quella epigrafe anche nella
fabbrica arcaica , ed al tempo delle incuse (Avellino
opusc. voi. IH p. 327). È poi noto che in una bel-
lissima medaglia incusa della stessa insigne raccolta
de' Signori Sanlangelo leggesi la epigrafe META-
IIONTI ; siccome fu poi ritenuto ancora dal eh. A-
vellino , che l'avea prima riputata una moneta di fe-
divo IV.
derazione (Vedi lo stesso Avellino bull. arch. nap. an.
I, p. 133).
Sublime è lo stile della moneta da noi descritta
sotto il n. 13 ; e non potrà fornirci nulla di più bello
né di più conservato la numismatica della Magna Gre-
cia. È pur mollo raro veder la testa nella posizione
in cui si scorge nel nostro bellissimo didrammo me-
taponlino. La corona che cinge il capo di questo gio-
vanile personaggio è certamente di edera , vedendosi
le foglie strettamente riunite attorno ad un diadema :
dal quale simbolo veniamo a conghielturare che sia
figuralo Dioniso , già non poche volle ritratto nella
numismatica metapontina.
Affatto diversa è la disposizione della chioma in al-
cune teste di altre medaglie di Metaponto ( Carelli
tab. CL n. 50, 51 ), ove fu giudicata con dubbio una
corona di mirto. In alcuni esemplari di quelle me-
daglie, che avemmo la opportunità di osservare nella
insigne raccolta de' Signori Sanlangelo, si rileva alla
evidenza che non è già corona di toglie , ma sibbene
una odue trecce di capelli che si ravvolgono intorno
al capo. Dal che deduciamo che sieno quelle figure
femminili non già virili ; e perciò non possiamo se-
guire la opinione del eh. Cavedoni (adCarell. p. 79),
che sia effigiato il giovine Metabo fondatore della co-
lonia , al quale accennano pure altre medaglie (Ec-
khel doctr. num. voi. 1, p. 156). Ma delle differenti
prolome notevolissime nella numismaliea di Meta-
ponto ci riserbiamo discorrere in altra occasione.
Nulla diciamo de' nomi di magistrati KAA, *I: es-
sendo queste le iniziali di parecchie parole.
20
— 154 —
Solo vuoisi notare, preudendone argomento dalla
moneta de Signori Santangelo , a qual perfezione
giungesse fra noi la nobile arte della incisione. E que-
sto motivo renderà sempre ricercata la numismatica
della Magna Grecia della più bella epoca , nella quale
ci è dato di ravvisare sempre nuovo interesse dal lato
dell'arte e da quello dell' arcbeologia.
CAULONIA BRUTTIORUM
14. Figura di arcaico lavoro camminando a s. ha
il destro braccio sollevalo in alto di percuotere con un
ramo , e panno o tenia pendente dal s. braccio diste-
so , innanzi nel campo piccolo cervo.
)( Cervo stante , sopra canlharos , sotto (ralle gambe
del cervo un ramo, in giro la epigrafe •AIAiHOATA*
Ar. 6.
Presso i Signori Valia. Un altro esemplare un poco
meno conservato è posseduto dal Sig. Lauria. Quasi
simile è la moneta già nota per la pubblicazione del
Carelli (tab. CLXXXVHI n. 31 ) , ma è poi diversa
per la fabbrica , e per la mancanza della epigrafe ,
che nella nostra è evidentemente arcaica e retrograda
K)ATAON *ATA(N;non altrimenti che in altre mo-
nete di più antico lavoro. È notevole il panno, di cui
si veggono le tracce nelle due monetine de' Signori
Valia e Lauria , non che in quella del Carelli. Una
tale particolarità , che comparisce pure in altre mo-
nete diverse di Caulonia (Avellino nel Real Museo
Borbonico voi. VI n. 4 ; Carelli lab. CLXXXV1I n.
28 ; Magnan misceli. t.H tab. 16 Og. VII e tab. 17,
fig. X ; Eckhel sylloge tab. 1 , n. II , p. 8, 9 ), richia-
mò F attenzione del Raoul -Rochette , il quale vi ri-
conobbe una tenia e non già un panno o strophium
(mém. denum. et d'antiq. p. 13).
Non ripetiamo qui osservazioni sulla intelligenza di
questo difficilissimo tipo, contentandoci di rimandare
a quanto ne fu da noi detto nella prima serie del bui-
lettino archeologico napolitano anno IV p. 1 33 e seg.
CROTON BRUTTIORUM
15. Conchiglia pecten.
)( Polipo, ed epigrafe KP.
Ae. 6.
Presso il rev. P. Luigi Tortora del SS. Redentore.
Di questa monetina fu già pubblicato un altro
esemplare dal eh. Fiorelli , il quale ne lasciò dubbia
F attribuzione per mancanza di epigrafe ( Osservaz.
tav. Il n. 12 p. 67). Ora il nuovo esemplare del P.
Tortora viene a determinarne senz' alcun dubbio la
patria. Debbo non pertanto avvertire che il tipo del
polipo fu riscontrato, sebbene assai di rado, nella nu-
mismatica di Crotone : e posso additare un obolo di
argento del real musco Borbonico , che offre appunto
il polipo al rovescio del solilo tipo del tripode.
Il cav. Avellino nel pubblicare quella medaglia dice
quell'insolito tipo assai conveniente alla marittima
situazione di Crotone ( Real Mus. Borbonico voi. VI
tav. XXXII : Veggansi pure altri esempli presso il
Carelli num. ltal. descript, pag. 13 \ n. 42 , 43): il
che va pur detto della conchiglia , che vedesi nella
nuova medaglia da noi pubblicata.
MlNERVINI.
Sarcofago presso Rapolla. Lettera del eh. Comm.
Quaranta all' editore del bulletlino.
Chiarissimo Amico
Mi affretto a darle le seguenti notizie da me rice-
vute per mezzo del chiar. collega sig. Cav. Giovanni
Gussone, le quali molto importanti mi sembrano. Nel
tracciarsi la nuova strada che da Melfi va ad unirsi a
quella della Rendina, e propriamente nel territorio di
Ravenna, nella Lucania, si è scoperto un sarcofago di
finissimo marmo lungo palmi dieci ad un bel circa ,
largo tre e mezzo , ed alto quattro e mezzo, fregiato
di bellissimi ornamenti , e bassirilievi stupendi oltre
ogni credere. Sul coperchio sdrajasi una leggiadra
donna, che la testa ed un braccio appoggia sopra un
origliero, mentre disteso l'altro lungo la sua persona
stringe nella sinistra una corona di fiori. Sul guan-
ciale della donna eravi un Amorino che si è trovato
senza testa, ed ai piedi un cane di cui rimangono le
sole zampe. Ne' lati del monumento apronsi varie
nicchie con entrovi statuette di Amazoni, e guerrieri.
Lo scorniciato è di finezza incredibile. Tra le pielre
— 155 —
della macerie che ricoprivano questo sarcofago, una
aveva scolpile rozzamente queste parole
M • LVCILIO • M • F •
FAVSTO
FVSCA FILIA POSVIT
Con questa occasione (leggio dirle che avendo Ietto
ii nuni. 88 del suo dotto hulletlino Genn. 1856, con
sorpresa ho trovato nella lettera di Raoul-Rochette
di sempre chiarissima memoria concernente gli sche-
letri cerocefali trovali a Cuma da S.A.R. il Conte di
Siracusa dimenticato il mio nome, mentre ella hen ri-
corda, che io fui il primo a leggerne l'illustrazione in
Accademia la stessa mattina che il generoso e dottissi-
mo principe mi consegnò una di quelle teste che do-
nava al R. Museo Borhonico, e che ne diedi quella
spiegazione che poi divulgatasi ebbi l'onore di vedere
adottata e riprodotta da molti eruditi. Ed ella ram-
menterà che nella medesima sessione fui anche il pri-
mo a combattere fortemente l'opinione, che quelle te-
ste potessero essere di Martiri. L'illustre defunto a-
vrebbe dovuto al certo far giustizia a quella mia ba-
gattella. Mi creda intanto ec.
20 Giugno 1856. Comm. B. Quaranta.
Iscrizione di Acerra.
Una latina iscrizione fu già riportata da molti con
differente ubicazione , con discrepanza di lezione , e
con diversa disposizione di versi. Tali sono il Manu-
zio (quaest. epislol. pars 3 p. 48), il Redi ( Codex...
voi. I pars VI, p. 176), il Muratori (thesaur. inscr.
voi. I p. CX VI n. 4 ) : da' quali trassela il Momm-
sen ponendola traile false o sospette (inscr. r. neap.
lai. pars. V p. 11). Dobbiamo saper grado all'egre-
gio signor dottore Gaetano Caporale , attuai posses-
sore della pietra , il quale in un suo recente opu-
scolo ha dato il fac-simile della epigrafe da lui ritro-
vata in Acerra sua patria, ove dopo sì lungo tempo
ricomparve, ed ha giustamente sostenuto che la lapida
appartenga appunto a quel sito , e non già a Benevento ,
o a Tarragona, ove dagli altri erasi attribuita ; avver-
tendo provarsene ancora l'autenticità dalla sua attuale
esistenza ( dell' aria dell' acqua e di alcuni monumenti
Acerranì sunti slorico-medico-arcficologici p. 13, s.).
Mi sia lecito di notare , che dal Redi si trae un
argomento a favore della vera ubicazione della pie-
tra ; giacche leggiamo in esso apud Acerai in amphi-
ihealro in via oppidi. E certamente era stata dal Redi
riportata la copia della epigrafe colla vera indicazione
apud Acerras , paese che per facile sbaglio trovasi se-
gnalo con una sola r. Ed è notevole che dalle parole
del Redi rilevasi ancora la esistenza di un antiteatro
presso Acerra , il che ha tentato pur di provare il
dottor Caporale, senza però avvedersi della menzione
propria di Acerra , che ritrovasi presso il dotto na-
turalista napolitano.
Dall' attento esame dell' originale monumento, che
la gentilezza del dottor Caporale ci ha offerto a stu-
diare, ci siamo convinti che la pietra fu in epoca re-
mota ritoccata da mano poco esperta, che tradì alcuna
fiata la vera forma delle antiche lettere.
Ecco la lezione della epigrafe, come apparisce dal
monumento, non senza tener presento il codice di Redi,
ne' siti che mostransi ora interamente rosi e perduti :
TEMPLVM • HOC • SACRATVM ■ HER
QVOD GER AVGVSTI • NOMEN • FELIX
REMANEAT • STIRPIS • SVAE • LAETETVR • \
PARENS • NAM • QVOM • TE • CAESAR • TEM
EXPOSCET DEVM ■ CAELOQVE • REPETES ■ SED
MVNDVM • REGES • SINT HE1[C]TVA QVEISORTEFE
HVIC • IMPERENT ■ REGANTQVE NOS ■ FELICIBV
VOTEIS • SVEIS
L AVREL1VS L F • PAL RVFVS ■ PRIMOPILARIS [LEG]
X MILITA
MP • : • • :
— 156 —
Riserbandoci di parlare più ampiamente della epi-
grafe acerrana in altra occasione, ci contentiamo di
avvertire che essa sembra metrica, e di proporne per
ora i seguenti supplimenti :
Templum hoc sacratum Her[culi]: quod Germanici]
Augusti nomen felix [nobis] remaneal.
Stirpis suae laelelur [gloria] parens ;
Nam quom te Caesar le M[undus] exposcet deum,
Caeloque repele[n]s sed[em liane] mundum reges ,
Sint hei[c] tua quei sorte fe[lict] huic imperent,
Regantque nos felicibus voteis sueis.
MlNERVINI.
Osservazioni sopra alcune monete di Romani Impera-
tori. Continuazione del n. 92.
ADRIANO
Monete di conio peregrino.
76. Lo stesso diritto che nel prec. n. 3.
X PONT MAX TR POT COS III, Giove seminudo
sedente in seggiola con Vittoria nella d. stesa e con
asta nella s. Arg.m.m.
Il Mionnet ( rar. t. I , p. 189 ) reputa di fabbrica
Romana questo medaglione di grandezza straordina-
ria : comunque sia, per la sua grandezza ha certa a-
nalogia con gli aurei di massimo modulo di Augusto
rinvenutisi in Ercolano (Eckhel t.VI, p.i 16). Il tipo
di Giove Niceforo confronta con quello de'tetradram-
rni di Alessandro Magno ; onde congetturar potrebbe-
si , che accenni al racconto di Sparziano ( in Hadr.
2), che Adriano Imbuii praesumptionem imperii mox
futuri ex fano quoque NICEPHORII 10VIS mo-
llante responso , cioè di Niceforio presso l' Eufrate ,
città fondata da Alessandro Magno , e che nelle sue
monete ha il tipo stesso di Giove Niceforo (Eckhel t.
Ili p. 517). L'epigrafe del ritto ed il busto di Adria-
no col petto nudo ne porge buon argomento per cre-
dere impresso questo medaglione nell'anno 119 o
poco dopo ; onde il tipo di Giove Olimpio dedicato
da Adriano in Atene nel 135 (Dio, LXIX, 16).
77. HADRIANVS AVGVSTVS P P , lesta nuda.
)( COS III , figura barbala stante con aquila nella
s. e con tridente nella d. posalo sopra un granchio
marino Arg. m. m.
Questo insigne tetradrammo (Mionnet, Descript, t.
vi p. 698 n. S74: cf. Vaillant t. // /). Ul) probabil-
mente sarà stato impresso nella Caria. In monete di
Milasa ricorre il tipo singolare di una bipenne finiente
in tridente e sovrapposta ad un paguro (v. Caved.
spicil. num. p. 188-189), allusivo al preteso portento
del flutto marino nel tempio di Giove Osogo (cf.C./.
Gr. n. 2700 1. II p.l 107 ), giacché la bipenne era at-
tributo proprio di Giove Labraundo, alla quale nel
tetradrammo Ialino di Adriano si sarà sostituita Ya-
quìla quale attributo più cognito di Giove. In altri
tetradrammi di Adriano vedesi Giove Labraundo stante
con aquila nella d. e con bipenne nella s. (cf. Eckhel
t. Vip. 514).
78. Lo slesso diritto che nel prec. n. 77.
)( COS III, donna slolata alala stante in atto di sol-
levarsi la veste verso il petto con la d. ostentando il cu-
bilo, e con la s. abbassata verso una ruota posta a'suoi
piedi Arg. m. m.
Questo tetradrammo , che è di stile bellissimo , e
forse inedito , conservasi nel museo Estense , ed è in-
signito della contromarca dell'aquiletta Estense in oro,
che mostra come gli apparteneva da molto tempo ad-
dietro. Il tipo della Nemesi lo mostra impresso in
Smirne deipari che l'altro con le due Nemesi (cf. E-
ckhel t. VI, p. 514). I razzi della ruota, posta appiè
della dea, sono finamenle elaborati e conformali a gui-
sa di foglie, che saranno di melo, ^rjX/as , e non già
di frassino, come per abbaglio scrisse l'Eckhel (t. II,
p. 551 : cf. Zannoni, gal. di Fir. ser. IV t. Ili p. 52:
ed il prec. n. 68 ).
79. Lo stesso diritto che nel prec. n. 77, ma con le-
sta laureala.
)( COS III, donna slolata stante con ramo di olivo
nella d. e con cornucopia nella s. nel campo è un'an-
cora. Arg. m. m.
La pace , che seco mena l'Abbondanza , può ri-
cordare come Adriano fin da principio lenendae per
orbem terrarum paci operam impendii (Spari. in Hadr.
— 157 -
5). L'ancora o si riferisce all'annona trasportala per
mare, o indica che la moneta fosse impressa in Ancira.
80. Lo stesso diritto che nel prec. n. 77.
)( COS IH, Giove stante di prospetto in vestir mili-
tare con asta riversa nella d. e con lo scudo nella s. al
disotto del quale è posata un'aquila. Arg. ni. m.
Pare così rappresentato Giove ^TPATHI'o^, o
sia IMPERATOR (v. il prec. n.3o p. 137: annali ardi.
t. XI p. 62: C. I. Gr. n. 3797) ; onde può arguirsi,
che questo raro tetradrammo del museo d' Ennery
( p. 292 ) fosse impresso in Amastri della Paflagonia
( v. Eckhel t. II p. 385 ).
81 . IMP CAESAR AVGVSTVS, testa nuda d'Au-
gusto.
)( HADRIANVS AVG P P REN figura palliata
stante con due spighe nella d. e con la s. nascosta sotto
il pallio. Arg. m. m.
L' Eckhel ( t. V p. 102 ) a ragione vi ravvisa un
simulacro di Augusto rinnovato da Adriano. 11 ver-
bo REXoiaiù ha il suo riscontro in iscrizione di Set-
timio Severo e di Caracalla , che vias et nwVIARIA
RENOVAVERVNT {Bull. Arch. 1838 p. 155). Au-
gusto sembra così figuralo in sembianza di Giove A-
gricola TEftProS ( t>. Miiller, Handbuch §. 350,
6: Caved. spicil. num. p. 247), conforme al sublime
presagio del poeta ( Virg. Georg. 1 , 2G ) :
et te maximus orbis
Auctorem frugum tempestai umque potenlem
Accipiel , cingens materna tempora myrto.
SABINA moglie di Adriano.
L' Eckhel avverte come Sabina fu pronipote di Tra-
jano , perchè ebbe a madre Matidia Ggliuula di Mar-
ciana sorella di quell'Augusto ; e soggiungo che la
storia non ci dice chi ne fosse il padre. Ma il eh. Bor-
ghesi [Giorn. Arcad. t. XLIIp. 185, 187) dall'iscri-
zione Gruteriana ( p. 1 1 12,3) di un C. VIBIVS AV-
Gustae Libertus FLORVS , e da altri riscontri felice-
mente arguì, ch'esso appellar si dovette C. VIBIVS.
La consorte pertanto di Adriano chiamossi non già
Iulia Sabina , come ne volle far credere il Golzio ,
ma sibbene Vibia Sabina , icui nomi (rovansi poscia
rifatti nella di lei pronipote Vibia Sabina, la più gio-
\ ino delle cinque figliuole dell' imperatore M. Aurelio.
L' Eckhel fissa all'anno 128 il titolo AVGVSTA
dato a Sabina , segnatamente in riguardo alle di lei
monete Alessandrine, che incominciano dall'anno XIII ,
L ir. Il Mionnet [suppl. n. 2i0,241), ed il eh. Grep-
po (voyag. d'Hadr. p.44) ne diedero due con L s ed
una con L I , che anticiperebbero di molto quel ti-
tolo; ma probabilmente dee farsi di esse quel conto
che 1' Eckhel fece d' altre simili non ben conservate
e mal lette.
Alle monete di Sabina accennate dall'Eckhel vuoisi
aggiungere il seguente bello e raro quinario d' oro
edito dal eh. Capranesi ( annali ardui. XI p. 285 lav .
d'agg. Tn. 3):
SABINA AVGVSTA IIADRIANI AVG P P, testa
di Sabina con la chioma ricinta da ricca slefane e rac-
colta in nodo all' occipite e ricadente in sul collo.
)( Vesta sedente in trono col Palladio nella d. stesa
e con lo scettro nella s. Aur.
A questo tipo fa bel riscontro un aureo del ma-
rito suo Adriano , nel cui riverso è rappresentato il
Palladio di prospetto (cat. mus Caes. n. 425: Mionnet ,
rar. t. I p. 193).
L. ELIO CESARE
Se per una parte la moneta Alessandrina di L. Elio
Cesare colla data dell'anno III mostra eh' egli venne
adottato da Adriano nel decorso dell'anno 136 (Ec-
khel t. VI p. 525), per altra parte le lapidi e le mo-
nete , che costantemente congiungono il consolato li
di Elio Cesare con la sua semplice TRIBPOT- e con
la XXI di Adriano, che incominciò a decorrere alle ca-
lende di Gennaio del 137, ne rendono certi , o pres-
soché certi , che Adriano partecipasse al figlio suo
adottivo la tribunicia podestà non prima delle calende
di Gennaio del detto anno 137.
L' Eckhel lascia in incerto il nome della moglie di
L. Elio Cesare , non altro sapendosi di certo se non
che Elio vien detto da Sparziano ( in Hadr. 7, 23 )
genero di Nigrino, che accusato d'avere insidialo alla
vita di Adriano, fu per ordine del senato ucciso in
- 158 -
Faenza. Ma il Mauoi (Arv. p. 606 ), ed il eh. Bor-
ghesi (d'or». Arcad. t. 1. p. 369) hanno addotti buoni
argomenti per ritenere che la moglie di Elio Cesare si
appellasse Avidia Plautia e che fosse figliuola di Avi-
dio Nigrino. Ancora l'Eckhel non ricorda altra prole
di Elio Cesare , che L. Vero collega di M. Aurelio nel-
V impero , e Fabia ricordala da Capitolino : ora si co-
nosce anche un' altra figliuola di esso lui di nome
Ceionia Planila, la quale in un marmo greco di Ro-
ma ( C. 1. Gr. 5883 ) dicesi AAEA<I>H ATTOKPA-
TOPON , sorella cioè di L. Vero per nascita , e di
M. Aurelio per adozione ( v. Bull. Ardi. 1852 p.77 :
Borghesi, Giorn. Arcad. t. XLII p. 189).
L' Eckhel rigetta come spurie o suberate le mo-
nete di Elio Cesare che al nome della FELIC1TAS e
d' altre deità appongono Y aggiunto AVG ; ma il Fea
[atti dell' Accad. Rom. d'arc/i. t. Ili p. 1 13) ne accerta
che in un denario di solido argento leggesi ANNO-
NA AVG (cf. Mionnet, rar. t. I, p. 205): lo che
sarà per ragion di consorzio ( cf. Eckhel t. VIII p.
338: Bull. arch. 1851 p. 77). Nelle copiose monete
di Elio Cesare con la PANNOMA portante un ves-
sillo, per lo più nella d. e talora nella s., il Genio di
quella bellicosa provincia è respiciente , forse come
in atto di minacciare i barbari di confine ai limiti del-
l'impero. Neil' iscrizione dedicata ad Adriano in Tau-
rino della Pannonia da L. Elio Cesare l'anno 137
(Creili n. 827), egli s' intitola PROCONSVL; onde
pare che in detto anno, insieme con la tribtinicia po-
destà gli fosse stato partecipato da Adriano l' impero
proconsolare , come fu già da Augusto a Tiberio.
Il medaglione di L. Elio Cesare con Cerere sedente
sopra la eisla (Mionnet, rar. t. I p. 205), ed Elio me-
desimo stante di rimpetto alla dea , non so se riferir
si potesse al trasporlo grande di Adriano verso imi-
steri di Eleusi , adeo ut inilia Cereris , Atheniensium
modo Roma percolerà ( Victor in Caesarib. XIV ) ,
forse affidati al figlio suo adottivo , che era XVVIR-
SACRIS FACIVNDIS ( Orelli n. 827 ). Ma quell' in-
signe medaglione potrebbe anche risguardare le be-
neficenze di Elio Cesare verso i Cibirati della Frigia,
che L' onorarono quale IAION ETEPrETHN— (G.
(I. Gr. t. Ili p. 1167-1168), e nelle monete loro di
sovente rappresentarono una cista sacra portata dalla
dea oda una ierodula,e talora riposta entro un tem-
pietto (Caved. spie. num. p. 235: Revue num. 1851
p. 167).
L' Eckhel (t. VI p. 528), per una singolare disat-
tenzione , scrisse , che di monete coloniali di Elio Ce-
sare non ve n' ha che un' unica di Corinto , mentre
che nella pagina precedente aveva ricordate quelle di
Sinope ( cf. Diamilla, mem. num. p. 102).
ANTINOO
Il culto d'Antinoo , a detto dell' Eckhel ( t. VI p.
530), si limitò alle città greche; ma, oltre l'epigram-
ma Tiburtino latino ( Orelli n. 823 ) , mi giovi ri-
cordare una statua d'Aulinoo in bronzo trovatasi in
Adria Veneta insieme con una grande lucerna pure
di bronzo e di stile egizio, che si conservano nel mu-
seo Estense , e che servir dovettero per le nefande
sacre notti di quel novello bel nume. In Napoli v'eb-
be una fratria detta ANTINOITON (Fabretlip. 456,
XVI ). La moneta dedicata dai Tarsensi all'eroe An-
tinoo col titolo NEfi IIT©m, e col tipo del tripode
fatidico , si scambia luce col detto di Sparziano ( t»
Hadr. 14): Graeci quidem, volente Hadriano, eum
consecraverunt , oracula per eum dari asserentes, quae
Hadrianus ipse composuisse iactalur. Anche Egesippo
( ap. S. Hieronym. de viris ili. e. 22) scrisse, che A-
driano civitatem ex eius nomine condidit , et statuii
prophetas in tempio ( V. Euseb. hist. eccl. IV, 8).
C. Cavedoni.
Monete di Traili della Lidia, col nome KAI£APE£2N,
impresse sotto Augusto.
L' abbaglio singolare preso da prima dal dotto
Spanhemio.e di bel nuovo dal eh. Riccio (1) (Meda-
glia ined. con lesta e leggenda di Ovidio Nasone, Na-
poli, 1856) di leggere Oveidius, invece di Veidius il
(1) Il signor Riccio comunicò da prima questa sua opinione alla
regale Accademia Ercolanese ; e tantosto due dotte memorie fu-
rono lette in contrario da' due chiarissimi socii sig. Principe di
San Giorgio , e Comm. Quaranta, dalle quali quella spiegazione fu
dimostrata del tutto insussistente ~Nola dell'Editore.
— 159
nome OTHIAIOSJi e di ravvisare l'effigie del celebre
poeta Sulmonese, invece di quella di Augusto, sopra
alcune rare monete de' KAISAPEOX, che l'Eckhel
amava di attribuire a Caesarea Bithyniae, madie
paiono ornai rivendicate dal Sestini a Trallcs Lydiae,
mi porse occasione di fare qualche osservazione tor-
se non inutile sopra quelle controverse medaglie. Che
il nome greco OTHIAIOX risponda realmente al La-
tino VEID1VS , per tacere d' altre ragioni , ne lo
comprova il riscontro del titolo latino di Benevento
(Orelli n. 2509; Mommsen , /. R. N. n. HOC) P.
VEID1VS- P- F- POLL10coll'A(tico(C./.Gr.m366)
ITOTTAION OTHAIOX ITOIIAIOT TION IK2A-
AlfiNA. Costui , sì celebre per le sue esorbitanti
ricchezze e singolare crudeltà , non che per 1' ami-
cizia d'Augusto, al quale dedicò il Caesarcum di Be-
nevento , e lasciò gran parte dell'eredità e le delizie
di Pausilipo , allor che venne a morte nel 739 ( Dio,
L1V, 23 ), penso che fosse figliuolo del P. Vedius ,
che nel 70 andò incontro a Cicerone proconsole del-
la Cilicia , che lo dice magnum nebulonem , Pompei
tamcn familiarem, protestando di non avere giammai
visto hominem nequiorem (ad Attic. VI, 1, 22). Quel
doviziosissimo amico di Pompeo soggiornava o si ag-
girava nelle parli di Laodicea della Frigia , ove avrà
avuto vasti possedimenti o grandi negozi pecuniarii ;
onde il figliuolo suo , amico di Augusto , probabil-
mente comparirà nelle monete de' vicini Cesarci Tral-
liani qual magistrato patrio , ovvero come patrono
di quella città della Lidia; quando egli non fosse stato
procuratore di Augusto nella provincia dell'Asia al-
lor che i Tralliani impressero quelle monete. Dalle
molte clientele, che aver dovettero i due Vedii Pol-
lioni nelle contrade dell'Asia Minore, probabilmente
vuoisi ripetere 1' origine di varii Vedii , che ricorro-
no nelle iscrizioni di Efeso , di Cizico, e di Amastri
( C.l.Gr. n. 3006, 3083,4150).
Le precipue fra le sovra indicate monete de' Tral-
liani Cesarei sono come segue.
1. OTHIAIOS KAlSAPEiìN, Testa nuda d'Au-
gusto col «omeSEBASTOS scritto di retro ad essa in
lettere minori.
)( MENANAPOS ITAPPASIOT , Testa barbata
laureata di Giove. M.
Questa insigne medaglia del museo granducale di
Firenze, che col nome espresso 2EBAXTOS, come
argutamente disse 1' Eckhel ( num. vet. p. ili ), 0-
viJium in monetac iura audacter involanlem altero
exilio multai , bastar doveva a distogliere il eh. Ric-
cio dal riprodurre l'erronea opinione dello Spanhe-
raio. 11 Sestini in simile moneta del museo Hederva-
riano ravvisò dietro la testa di Augusto un fiore sboc-
ciarne , che a parer suo alluderebbe al nome di An-
thia ed Euanlhia dato in antico a Traili.
2. nftAAIftN,KAISAPEQN.7Ys/a nudad'Au-
gusto.
)( MENANAPOS nAPPASIOT, Tempio ottonilo
con caduceo da lato. JE.
Non saprei ben dire se meriti piena fede altra si-
mile moneta co' nomi OTHIAIOS noAAIHìV , con
la faretra apposta air omero di Augusto , e col suo
segno natalizio del Capricorno sott' esso il tempio
( Eckhel t. II p. 409 : Morelli , Fam. Rom. misceli.
(ab. 6, n. 14 : — Mionnet , Sappi, n. 694 , 693 ,
706).
3. IIAPPASIOS MENANAPOT, Testa laureata
d'Augmlo.
)( KAIÌAPEQN, Mercurio nudo stante con patera
nella d. e con caduceo nella s. M.
Questa moneta del Pellerin (Mei. il. p. 6) forse è
la stessa che trovasi meno esattamente descritta dal
Mionnet ( Suppl. n. 690 ).
4. MENANAPOS FIAPPASIor , Testa laureata
d'Augusto.
)( KMXWECIN, Mercurio ignudo stante co talari
a piedi in atto di tenere un disco nella d. e la clamide
avvolta attorno al braccio s. /E. 3
Questa bella monetina del museo Bellini, edita dal
Sestini ( Mus. Hederv. tav. XXV, 9), merita speciale
considerazione perchè si scambia luce con un luogo
di Strabone (XII p. 579) , e coli' altre due monete
insignite del tipo del tempio ollasiilo col caduceo da
lato. Narra il geografo come le città dell'Asia rovi-
nate dal terremoto furono riedificate dall' Imperatore
Tiberio , che somministrò la pecunia , siccome avea
fallo da prima il padre suo , cioè Augusto, riguardo
a Laodicea e a Traili , il cui ginnasio segnatamente,
insiemi» con altre parli della città , era caduto per
— 160 —
trcmuoto. Ciò dovette accadere intorno all' anno di
Roma 730 , durante la guerra Cantabrica ; poiché
l'antico epigramma delle vicinanze di Traili conser-
vatoci da Agatia ( hist. II , 17 : d.C.I. Gr. n. 2923)
dice , che il benemerito cittadino Cheremone si recò
KaVaJìpiV k 7*v a supplicare Augusto , che mosso
a pietà fece rialzare Traili abbattuta dal terremoto.
Fioriva in allora per copia di ricchezze ,e per l'ami-
cizia di Augusto medesimo , quel Ycidio Politone, il
cui nome vedesi apposto alla tesla d'Augusto iu più
monete de' Tralliani , che appellami semplicemente
Cesarei probabilmente perchè tornali in vita per be-
neficio di Cesare , e per cura del medesimo P. Vei-
dio Pollione.
Alla rislaurazione del ginnasio di Traili , memo-
rata come beneficio precipuo di Augusto da Strabo-
ne , manifestamente accenna il tipo della sovra de-
scritta moneta 4 , Mercurio cioè enagonio con talari
a piedi e con disco nella deslra , per indicare le due
precipue prove della palestra, quelle cioè della forza
e della velocità. E questa moneta vuoisi aggiungere
al novero de' monumenti rappresentanti Mercurio
discobolo e dromi co, datone dal sommo Mùller (Haud-
buchg 380, 3, 7). Il caduceo posto da lato al tem-
pio diastilo sembra indicare eh' esso fosse dedicalo a
Mercurio stesso , oppure ad Augusto in sembianza
di novello Mercurio. La faretra apposta all' omero
di Augusto nella delta moneta (n. 2: Morelli, Fam.
Rom. mise. tab. 6 n. H) lo mostrerebbe novello A-
pollo ( cf. Horat. lode 2, vs. 50); e d'altra parte
nell' iscrizione di Traili riguardante gli edifici rialzati
dal medesimo Augusto pare memorato il tempio di
Apollo (f. /. Gr. n. 2923).
Il magistralo domestico IIAPPASIOS MENAN-
APOT (n.3) pare senza meno figliuolo dell'altro con-
temporaneo MENANAPOS IIAPPASIOT (w./,2,4),
per ragione della nota consuetudine invalsa presso i
Greci di rifare nel figliuolo primogenito il nome del-
l'avo. Il nome poi di MENANAPOS , che ricorre
in un cistoforo ed in altre monete certe di Traili (Se-
stini, Descr.num. vet. p.247,249: cf. Mionnet Descr.
n. 1087 ), torna in conferma dell'attribuzione a
Traili medesima delle monete colla semplice scritta
KAISAPEfìN. La moneta col semplice nomeTPAA-
AIANflN nel riverso, e con la testa e'1 nome KAI-
CAP CCBACTOC (Mionnet, Descr. n. 1059) , pare
anteriore al beneficio della riedificazione ; e l' altre
con 1' epigrafe KAICAPEON TPAAAIANftN sem-
brano posleriori a quelle che portano il semplice no-
me KAI2APEON. Dopo Domiziano torna in uso il
semplice nome TPAAAIANON ( Sestini classes gen.
pag. 115); di che panni si abbia buono argomento
a credere , che anteriore a Traiano sia l' epitafio di
quel SYMPHOROS ANTIOCHI CAESAREVS TRAL-
L1ANOS , che mancò di vita iu Bari dell' Apulia in
età d'anni LXXXV (Mommsen, /. R. N. n. 613, cf.
p. 483); cioè nativo di Traìles Caesarea, e non già
Caesaris servus, come parve al eh. Mommsen.
C. Cavedoni.
Dei Ambrosiales in iscrizione di Chiusi.
Noi riportammo di sopra la opinione dell' egregio
Monsignor Mazzetti, afforzala dal eh. Cavedoni, che la
frase di deis ambrosialibus corrispondesse a quella di
immorlalibus ( pag. 96 ). Veggo però che una tal
maniera d'intendere incontra qualche difficoltà: e
principalmente che il nuovo aggettivo di ambrosialis
non può al certo riputarsi d' identica significazione
che ambrosius. A noi pare che quella voce si mostri
derivata da ambrosia; per modo che gli dei ambro-
siali intender si dovrebbero quelli, che han relazio-
ne all'ambrosia. È noto che, secondo numerose tra-
dizioni , 1' ambrosia era la bevanda degli dei. Il che
venne osservalo da Ateneo citando frammenti di Al-
cmane, di Saffo, e di Anaxandride (lib. II pag. 39).
Tra questi sou da ricordare principalmente i versi di
Saffo, ove chiaramente è dello ambrosia il licore de-
gli dei (fr. 57 ne' poetae lyrici gr. di Bergli p. 612).
Dalle quali cose veniamo a conghietturare che gli
dei ambrosiali riputar si deggiano quelli, che han re-
lazione all' ambrosia : tali sono Ebe e Ganimede , a5
quali vuoisi per avventura aggiugner Mercurio , se-
condo il citalo frammento di Saffo. Minerv/ni.
Giulio Minervini - FAilorr
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO AR€JIEOLOGi€0 NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 95. (21. dell'anno IV.)
Maggio 1856.
Notizia de più recenti scavi di Pompei. Continuazione del num. 91. — Vaso di bronzo , che dicesi rinvenuto
presso Salerno. — Notizia di due lucerne di terracotta provenienti da Pozzuoli. — Poche osservazioni sopra
una fibula cristiana di bronzo. — Antico Vaso dipinto di Acre rappresentante un liaso di Bacco.
Notizia de' più recenti scavi di Pompei. Continuazio-
ne del n. 91.
Essendosi già scoperta interamente la slanza finora
descritta, ne rinnoviamo compiendone la descrizione.
A' due Iati dell'incavo rettangolare dilla fontana sono
due ninfe seminude con conca, quasi poggianti sopra
un piedestallo. Presso di entrambe sono piante, e tra
queste miransi appollajati augelli di non piccole di-
mensioni. Traile piante, che sono a destra, vedesi un
grosso uccello verde, che sembra un pavone. A' due
estremi di tutta questa parete esser doveano due Sfin-
gi di bianco chiaroscuralo sopra due piedestalli. Ora
appare interamente conservata la sola Sfinge, eh' è a
destra : dell'altra, che era a siuistra, non si vede che
solo una parte del piedestallo, essendo nella parte ri-
manente caduto il muro o Y intonico. Nel muro a de-
stra è interamente caduto l' intonico, e soltanto appa-
risce traccia di un piedestallo, ove poggiar doveva
parimenti una Stìnge. Un altro piedestallo vedesi pure
al lato destro dell'arco dalla parte interiore, ma sem-
bra che non vi appoggiasse la solita Sfinge. Nel muro
di entrata verso l' atrio dalla parte interna a sinistra
'vedi un simile piedestallo senza la Sfinge. Nella pa-
rete a sinistra veggonsi alberi e piante diverse, e co-
minciando dall' angolo la stessa Sfinge sopra un pie-
destallo volta a sinistra, poi tra gli alberi e le piante
un azzurro uccello con lunghe gambe rosse e rosso
becco ricurvo. Vedesi poscia un Satiro o Panisco so-
pra un piedestallo, che par che muova i piedi alla
danza: egli ha nebride e pedo, ed innalza la destra ,
ove tiene un ciato o bicchiere. Una piccola costru-
A1WO IV.
zione in lontananza, e due melogranate nel piano an-
teriore compiono la rappresentazione. Non meno im-
portante è la fascia che ricorre intorno intorno al di-
sotto delle descritte pareti, e che cominceremo a de-
scrivere dal muro sinistro. In fondo verde apparisce
una veduta del Nilo, poco dissimile da quelle che al-
tra volta ci fornirono le pompejane scavazioni [bull,
arch. nap. ant. ser. an. V pag. 2 e an. VI pag. 86:
cf. annali dell' Ist. 1838 pag. 164 segg. ). Un coc-
codrillo solleva in alto V aperta bocca : dopo alcune
p'ante acquatiche , le quali son destinate ad indicare
il fiume, vedi un edificio presso al quale sono due
uomini: uno di essi rivolto verso il coccodrillo tien
colla sinistra una pertica poggiata sulla spalla, e si
riveste di una specie di clamide. Vedi poi un augello,
forse un' oca, che va a beccare nelP acqua curvando-
si. Più in là è una donna, la quale chinasi verso una
pianta, forse a carpirne per uso proprio una porzio-
ne. Ad una certa distanza altra donna curvasi al-
quanto innanzi, guardando addietro.- e più in là un
nudo putto con clamide svolazzante e petaso fuggo
precipitoso a destra rivolgendosi indietro a guardare.
Finalmente vedi isolato un grosso montone a destra.
Questa rappresentanza è limitata dal piedestallo del
Satiro danzante innanzi desciitto, dopo del quale vedi
la gialla parte della fascia in continuazione, con du-
plice riquadro, ove si scorge due volte ripetuto un
marino mostro fra due delfini. Nel muro di fronte, a'
due estremi si vede la parte gialla della fascia, divisa
in ambi gli estremi in due uguali compartimenti, cia-
scuno de' quali offre la effigie di un marino mostro
fra due delfini ; per modo che la medesima compo-
21
— 162 —
sizione rìpetesi per ben quattro volte. Tra' due piede-
stalli, ove sono le Ninfe, scorgi la parte verde della
enunciata fascia : ed in essa apparisce un uomo di
poco svelte proporzioni, vestito di clamide, che tiene
un bastone o pertica : ad una cefla distanza è un uc-
cello in parte bianco in parte rosseggiante. Più a de-
stra è un altro simile uccello presso un edilizio. Se-
gue una figura coronala e panneggiata, che tiene sol-
levato con ambe le mani, come sembra, un piattello:
presso è un altro uccello. Lo zoccolo non era dipin-
to, ma per circa un cinque palmi a cominciare dal
uolo era il muro rivestito di marmo, apparendo sulla
calce la impressione delle lastre marmoree, che ne
furono anticamente staccale.
La descritta scena del Nilo , oltre le Sfingi , viene
sempre più ad indicarci la influenza delle cose Egi-
ziane, e la reminiscenza de' patrii sili, in persone ve-
nute probabilmente dall' Egitto ad aumentare la po-
polazione dell' antica Pompei : dal che rimane illustra-
to ed appoggiato quanto fu da noi più volle sostenuto
in questo bullellino sulla migrazione in Pompei degli
Alessandrini , i quali vennero a slabilirvisi. Pria di
chiudere la descrizione di questo compreso, crediamo
opportuno di avvertire , che era probabilmente un
piccolo viridario. Il pavimento di semplice terra ve-
getale ci guida ad una tale conghietlura : la quale è
pur confermala da' dipinti che ornavano le pareti , i
quali offrono alberi e piante in relazione con quelle
naturali, che sorger vedevansi nel piccolo giardinet-
to. Oltracciò, la tinta uniforme biancastra , ombreg-
giata negli oscuri, si delle due Ninfe come del Satiro
e di tutte le Sfingi , non che il veder tutti collocati
sopra piedestalli della medesima tinta , mostra che
dar si volle la idea di statue , che ornassero in giro
il viridario , e la piccola fontana in esso ricacciata :
non altrimenti che fu da noi osservato in altra casa
alla vicina strada di Stabia, ove i medesimi ornati fre-
giavano le pareti di un simile giardino (an.I p.27 s.).
Sulla destra parete del descritto compreso è prat-
ticata un'ampia apertura ad arco, per la quale si ac-
cede a quello spazio estremo più elevato del grande
atrio delle terme : e guardando dal ridetto spazio la
faccia esterna di questo arco , nel piedritto sinistro
solo conservalo e visibile, oltre la capricciosa archi-
tettura , ed altri ornati di stucco, appare anche di
stucco ben conservata una figura di barbato Sileno
con pallio, calzari e tirso, il quale si appressa ad un
albero, su cui pende da una tenia un bacchico tim-
pano. In fondo al citato spazio più elevato dell' atrio
s'innalza il muro, che chiude da questo lato l' intero
edifizio. A destra presso all' angolo è una nicchia in-
crostata di stalattiti e di conchiglie. Poscia di fronte
all'arco innanzi descritto è un altro arco, che dà ac-
cesso ad allro somigliante compreso o viridario, a cui
certamente avevasi parimenti l'ingresso dalla parte del
grande atrio ; ma quel lato non è stato per anco sco-
perto. Questo compreso è decorato in modo somi-
gliante a quello che si mira di fronte ; per quanto rile-
vasi dalle parti finora scoperte. Appare nel muro in
fondo la stessa nicchia rettangolare con architrave a
musaico di bianche e nere pietruzze ; ed a sinistra di
essa nicchia veggonsi piante , uccelli , ed una simile
Ninfa seminuda con conca, la stessa Sfinge sopra un
piedestallo , e delfini , e marini mostri in una gialla
fascetta. 11 campo presso la Ninfa è azzurro per figu-
rare i campi dell' aria. Nella parete sinistra in parte
dissepolta vedonsi simili decorazioni, e principalmente
un' altra Sfinge sopra un piedestallo.
Riserbandoci di dare più esatte descrizioni di que-
ste parti dell' edifizio , quando ne sarà compiuta la
scavazione , veniamo a discorrere di altre accessioni
della medesima costruzione..
Noi già parlammo di un'apertura, che dal sinistro
lato dell'atrio manifeslavasi nell'estrema parete ador-
na di stucchi : ora possiamo aggiungere che per so-
glia di traverlino essa dà l'ingresso ad un vasto com-
preso quasi quadrato. Il pavimento è di terra battuta
con parte di opera signina. Le mura sono rivestile'
di bianco intonico, che si vede distinto in tre zone da
due linee parallele profondamente incavate in tutto
il giro, una all'altezza di circa sette palmi dal suolo,
e l'altra ad una eguale altezza dalla prima. Vedonsi in-
torno per tre lati grappe di ferro a circa sei palmi
di altezza dal suolo, destinate forse a sostegno di ar-
madii : mostrandosi inferiormente le tracce di rego-
lari dipinture ritraenti appunto chiusure di armadii,
163 —
Je quali facevano quasi continuazione colle superiori
chiusure di legno.
Avvertimmo nel passato anno del bulletlino come
dopo lo spoglialojo , seguiva il tepidario già intera-
mente scoperto , e poscia un altro grande compreso
in quasi totale distruzione , del quale non è ancora
compiuta la scavazione. Sono intanto proseguili i la-
vori dopo questo terzo compreso. In un piccolo spa-
zio rettangolare vedonsi costruite, come sembra, tre
vasche circolari di forte fabbrica di mattoni ; del cui
uso ci proponiamo dir qualche cosa, allorché saranno
interamente disgombre dalle terre. Parlammo altrove
di una scaletta , che dal corridojo esteriore metteva
ne' sili superiori del bagno. Ora possiamo annunziare
che questa scalella riesce in un piccolo corridojo mes-
so in lieve pendìo, da cui mercè un'apertura si passa
in un mediocre compreso , ov' è una vasca rettango-
lare di fabbrica, ed ove apparisce un tronco del tubo
di piombo che diramasi da per tutto in questo grande
edilizio. Nel muro a destra verso il termine del descritto
corridojo è pratlicata un'apertura, per la quale mercè
due scalini ascendenti all' esterno , e due altri di di-
scesa all'interno si passa ad una spaziosa sala desti-
nata egualmente ad uso di bagno. 11 pavimento è ben
conservato a musaico di bianche pietruzze: le pareti
sono duplici colla solita fodera di mattoni , perchè
dentro vi penetrasse il calorico. I muri sono tutti di-
pinti di rosso; e n'è il campo frastagliato da gialli
pilastri scanalati di stucco. Tre soli pilastri erano ne'
lati corti, sei ne appariscono nel lalo lungo di fronte
all'entrala , giacché nulla si scorge in quello che gli
è di rimpetto per essere il muro in grandissima parte
crollato. Lo zoccolo è costituito da un breve rivesti-
mento di bianco marmo. Al di sopra de' pilastri ri-
corre un fregio di bianco stucco, ove sono operati a
bassorilievo festoni, uccelli, e candelabri: ed è limita-
to superiormente da una cornicelta di caulicoli. Dopo
di che si eleva la volta a botte in parte conservata ,
tutta adorna di larghe scanalature di bianco stucco.
Nel segmento di cerchio eh' è al di sopra del fregio ,
nel lato corto a sinistra dell' entrata , è in alto prat-
icata un' ampia finestra per dar luce a tutta la sala ,
e più io giù sono figurati a bassorilievo di bianco
stucco varii simboli ed oggetti. Nell'estremo a destra
è un grande cornucopia ripieno di fruita da cui pende
un festone : ed altro esserne doveva dall' altro estre-
mo, ora interamente perduto. Nella parte media ve-
desi effigiata una colonna di semplicissima costruzio-
ne, con capitello ornato quasi della parte superiore di
un giglio, ove le due estreme foglie tondeggianti costi-
tuiscono quasi due volute ; e perciò può riferirsi al-
l' ordine jonico. Al di sopra di quesla isolala colonna
è un vaso. Presso vedesi al suolo, come sembra, uno
scrigno con manubrio , e più in là una mensa con
varie offerle al di sopra vasi, fruita eie. La isolata co-
lonna accenna forse a funebre monumento: e noi ci-
teremo a confronto le cose da noi delle altrove a pro-
posito delle stele con vasi al di sopra [bull. arch. nap.
ant. ser. an. VI p. 64) : ed alla stessa funebre idea
può condurre per avventura la mensa con funebri
offerte ; senza indagare per altro a clic alluda il volu-
me ravvicinato ad una simile composizione: ove non
voglia pensarsi che per esso si accenni alla tomba di
un celebrato scrittore. Queste non sono che conghiel-
ture, tanlo più prive di certezza , quanto più creder si
voglia fantastica e capricciosa la parte ornativa degli
antichi edifizii. Del reslo la colonna col vaso può ac-
cennare a' ludi , secondo le osservazioni del celebre
Cavedoni (bull, dell' ht. 1847 p. 78): nella quale in-
telligenza non sarebbe fuor di luogo presso le terme,
che sì vicino rapporto ebbero col ginnasio e colla pa-
lestra. Nel fondo della sala è una bellissima vasca ret-
tangolare di marmo assai ben conservata , e tutta ri-
vestita anche all' esterno di bianche lastre marmo-
ree. AH' interno della vasca , ed a destra , è prat-
icata un'ampia apertura ad arco la quale comincia
dal suolo e si mette in comunicazione con una grande
caldaja di bronzo destinata probabilmente a contenere
1' acqua bollente e comunicante cogli esterni serba-
toi. Da questo medesimo lato è un foro con piccolo
tubo di bronzo , d'onde l'acqua sgorgava nella va-
sca. Neil' estremo opposto ed anteriore vedesi prati-
cato un altro foro , che si estende dall'interno della
vasca sino alla faccia esteriore verso il pavimento a
musaico, per favorire lo seolo delle acque. All'altro
estremo della sala rimpelto alla descritta vasca ret-
— 164 —
tangolare da bagno , è una vasca circolare da fonie
di basalte, la quale poggia sopra piede anche rotondo
di fabbrica , ed in mezzo alla quale si eleva un pic-
ciolo lubo di bronzo per lo getlo delle acque. Nel lato
lungo di fronte all' entrata è praticala un'apertura ,
che dà 1' accesso ad altri locali non ancora disotler-
rati ; ìe imposte di questa porta erano fregiale di bianco
marmo lavorato , ed ora rimane tuttavia una parte
di questo nobile ornamento. Riuscendo al meno ele-
gante compreso da noi sopra descritto in continua-
zione del corridojo messo in declivio , si trova una
apertura , che dà l'ingresso ad altro ampio e rozzo
compreso rettangolare, al quale si accede, mercè una
porla , dal porticato del grande atrio. Questo rozzo
compreso offre a destra nell' angolo interno tracce di
una scaletta , per ascendere al piano superiore , ov-
vero al terrazzo : nel muro corto a sinistra presenta
un'apertura, la quale conduce ad altre parti dell'edi-
lizio non ancora scoperte. Più interessante si è un di-
pinto vivacissimamente conservalo , che vedesi nel
muro di fronte all' entrala dalla parte dell' atrio. È
ivi figurala una edicola con fastigio (riangolare: e
sotto di essa è effigialo un serpente che attorcigliasi
nelle sue spire , e si avvicina ad un' ara con offerte.
Al di sotto del dipinto è una piccola apertura a vol-
ta , ove passa un canale destinato ad animar la fon-
tana circolare di basalte, di cui sopra si è ragionato.
È perciò evidente che il serpente sotto la edicola dee
riputarsi il serpens custos fontis, di cui è inutile ram-
mentare le autorità conosciute degli antichi scrittori.
Essendosi proseguila la scavazione dalla strada di
Olconio in giù, si è protratta sino al Foro, ove mena
dirittamente la via. Noi diciamo strada di Olconio
quella messa innanzi alle nuove terme verso l'entrata
del grande atrio, la quale è limitala ne' suoi due e-
stremi dalla strada di Stabia, e dalla strada de' tea-
tri. Di fronte alle terme sono diciassette aperture per-
tinenti alle fabbriche ediGcate da quel lato , e ne di-
scorreremo in altro nostro articolo, per quanto finora
n' è stato scoperto. Dal lato stesso delle terme sono i
seguenti numeri — N. 18. Bottega. A sinistra appare
un poggiuolo di fabbrica , ed un vaso a larga bocca
di terracotta incastralo in fabbrica : ha pure un'altra
apertura verso la strada di Stabia.
N. 19. Altra simile boltega.
N. 20. Altro poco elegante compreso , o bottega.
N. 21. Apertura murata dagli antichi medesimi ,
che dava 1' adito a locali pertinenti alle terme.
N. 22. Dà ingresso ad altro compreso con rozzo
intonico. A deslra è nell'angolo traccia di una scala,
che menava a' piani superiori. Si aveva per esso l'en-
trata al porticato dell'edilìzio delle terme. Rimane al
sinistro lato una specie di poggiuolo o Gnestra. Non
apparisce alcun segno di chiusura.
N. 23. Entrala principale all' atrio delle terme.
N. 24. Bottega con le pareti rivestite di bianco in-
tonico: ha edicola rettangolare prallicata nella parete
sinistra; ed è visibile nell'angolo il canale di ter-
racotta, che discendeva da sopra ne' sotterranei con-
dotti.
N. 25. Altra bottega, i cui muri sono rivestili e-
gualmente di bianco intonico: vi è piccolo poggiuolo
di fabbrica , e nell' angolo destro appare un simile
condotto di terracotta di non piccole dimensioni.
N. 26. Altra bottega con simile poggiuolo di fab-
brica al sinistro angolo. Nella sinistra parete sono
graffile alcune rozze figure.
N. 27. Simile bottega , con simigliane poggiuolo
di fabbrica.
N. 28. Non ancora scoperto. Alla parte anleriore
apparisce nella terra la impronta delle tavole, che
costituivano la chiusura.
N. 29. Altra bottega con poggiuolo di fabbrica.
Nella sinistra parete è esattamente graffilo un aplu-
stre.
N. 30. Altra bottega tuttora ingombra : ha una
duplice apertura , alla strada di Olconio ed a quella
de' teatri.
{Continua) Minervini. i
Vaso di bronzo , che dicesi rinvenuto presso Salerno.
Questo interessante monumento si possiede attual-
mente dal negoziante di antichità signor Raffaele Ba-
rone , il quale ci ha permesso di trarne un accurato
disegno. Noi ne presentiamo la incisione nella nostra
tavola X fig. 1,2, riportandone la forma 1/3 dell'ori-
ginale. Dicesi il monumento rinvenuto in vicinanza
— 165 —
di Salerno. Il metallo che lo compone è ridotto ad
una grande sottigliezza , senza che abbia perduto di
robustezza e di solidità. L'unico manico, che abbia-
mo riprodotto della grandezza dell'originale, termina
in una testa satiresca di bassissimo rilievo , e di ar-
caico stile , che rendesi notabilissima altresì per la
ma benanche il complesso di tulli gli abitanti della
stessa; il che per altro poteva desumersi ancora dal
citato addiettivo pvfjLoùòs, o pt'ixi'rrjS.
Non voglio inlanto tralasciar di avvertire che nella
voce pcfx.7i ravvisar potremmo un nome proprio : ed
in simile intelligenza Iratterebbesi di una offerta fatta
diligenza e minutezza della esecuzione. Ma la prin- da una donna in tal guisa appellata. Se questo mo-
cipale importanza di questo metallico arnese vien co
sliluita da una greca iscrizione in arcaici caratteri
graffila sotto la base. Essa è come segue :
numcnto , come si fa credere, appartiene all'antica
Salerno, sarebbe il primo che si conosca proveniente
da quelle parli , e perlinenle ad epoca remotissima.
Esso viene ad addilarci il grecismo di quell' antica
regione , innanzi che vi fosse dedotta la romana co-
lonia. Con ciò non vorremmo trovare un appoggio
Che certamente va distinta ed interpretata : 'Pvixrp alla conghieltura del cb. Garrucci , che riconobbe il
«pà. È ben conosciuto che pt'/uty) venne a significare nome AUEDN (retr.) in una medagliuzza di argento
DYMEJADA
una slrada di una città insieme cogli edificii che la
costeggiano: quasi dicessimo un rione, corrispondente
al latino vicus. Tanto rilevasi dagli antichi gramma-
tici (anliact. iu Bekker. Anecd. p. 113, 6: Hesych.
s. v. ha.<rsixt%?iy'- Schol. Hom. Od. N. 195: Poi-
lux Onom. IX, 38 : eie. ): e Stefano Bizantino for-
mò 1' addiettivo locale pUfMMÒS e fVfxlrrfi (s. ».), vica-
nus. Più facile è la intelligenza della voce àpi. , la
quale significando presso gli antichi scrittori la pre-
ghiera, ivxji (Euslalh. ad Od. A v. 767 cf. Porson
ad Euripid. Phoeniss. 68); può dinotare eziandio la
offerta con che cercavasi di muovere a proprio favore
le divinità , delle quali s' implorava V ajuto, Le voci
adunque pyfxajs ifà possono interpretarsi offerta del
rione di una città : né potrebbe riputarsi poco deter-
minato il donatore , quando si consideri che poteva
quel metallico arnese essersi depositato siccome àva-
Sryjia in un sacello o tempietto silo in quella mede-
sima strada o parte della città. Sicché bastava indi-
care che quel vaso fosse un presente del vico o none,
perchè rimanesse localmente definito da parte di chi
proveniva la offerta. In tal modo considerato riesce
sommamente interessante un monumento di remota
pubblicata dall'Avellino (opusc. t. 1: Garrucci Anti-
quii. Salernit. disquis. quinque pag. 1 , segg. ) ; giac-
ché questo monumento numismatico per la sua poca
con^ervatezza rimarrà ancora per noi di dubbia attri-
buzione.
MlNERVISI.
Notizia di due lucerne di terracotta provenienti
da Pozzuoli.
Nella nostra tav.X, fig. 3 e 4, riportiamo due lu-
cerne provenienti da Pozzuoli ed ora possedute dal
negoziante di antichità signor Raffaele Barone. Sem-
brano entrambe relative alla prima ecloga di Virgi-
lio; per modo che sono da riputare monumenti pre-
gevoli e rari come confronto ad uno de' più perfetti
ed eleganti scrittori della classica antichità. Rappre-
senta la prima un pastore di aspetto senile e con folla
barba vestilo di succinta tunica , a cui è sovrapposta
una pelle di capretto : egli si appoggia con ambe le
mani ad un nodoso bastone , ed è indicato dal nome
T1TVRVS. A lui dinnanzi si eleva un'albero , a cui
si appressano pascolando capre ed agnelli ; mentre
antichità, che ci presenta un sacro donano offerto da un augello poggia ad un ramo, e ad altro ramo è
tutta una porzione di cittadini ; ed in questa maniera sospeso un piccolo sacco , ove giace un agnellino
d' intendere potremmo desumere che la voce pvixt\ di fresco nato. Noi non dubitiamo di asserire che
(a somiglianza del Ialino vicus) dinotasse non solo la il Tiliro della lucerna puteolana sia appunto il Ti-
materiale riunione della slrada cogli edificii annessi , tiro Virgiliano , come ci viene descritto nella prima
166 —
ecloga del celebre Mantovano, il suo aspetto senile
accenna alle parole dello stesso Tiliro, che dichiarasi
vecchio quando dice : Candidior postquam tendenti
barba cadebat (v. 29) : ed a quel che gli ripete Meli-
beo : Fortunate senex ( v. 47 e 52). E sebbene può
credersi un errore il dar la barba ad un personaggio
dell' epoca augustea , pure questa diversità di costu-
me può spiegarsi dall' epoca del monumento , alla
quale era probabilmente in uso la lunga baiba : senza
dire che i soggetti Virgiliani renduli famosi , appena
note le sue mirabili poesie, dopo qualche secolo erauo
riputati come antichissimi e direi quasi eroici : sic-
ché non può essere incolpato l' artista , se per rap-
presentare un vecchio pastore , non ha posto mente
al personaggio da quello simboleggiato , ed al costu-
me de' tempi in cui visse, e lo ha quindi effigiato con
lunga barba. Diversamente si scorge Titiro nel Vir-
gilio Vaticano; giacché sebbene sia pur vestito di
abito succinto , pure è privo della barba. Solo è a
notare che l'aspetto del pastore non apparisce affatto
senile in tutte le pubblicazioni di quella pittura (vedi
pure la più diligente pubblicazione del Mai Virgilii
picturae ant. et Codicib. Vatic. Eom. MDCCCXXXV
tav. 111). 11 Titiro nella nostra lucerna effigialo si ap-
poggia riposatamente guardando il pascolante bestia-
me, che qui si compone di capre e di agnelli ; lad-
dove nel vaticano dipinto il pastore sonando la tibia
assiste a' pascolanti buoi. Ad esso fa bel confronto
quel che dice presso Virgilio: ed. 1 v. 9-10.
Ille meas errare boves, ut cernis, el ipsutn
Ludere quae vellem calamo permisit agresti.
Nondimeno altrove lo stesso Titiro accenna all'ovi-
le : nostris ab ovilibus v. 8 : e parlasi altrove de' suoi
pascenti capretti: pascentes servabit Tilyrus hoedos.
{ecl. V, v. 12). Sicché bene si paragonano questi
versi alla lucerna di Pozzuoli.
Nell'albero rozzamente figurato nella nostra lucer-
na , non so se debba ravvisarsi il faggio , sotto cui
s'introduce Tiliro a riposarsi sdrajato. L'augello roz-
zamente ancora effigiato pare accenni a que'. colombi
ed a quelle tortorelle che costituivano un' altra pro-
prietà del vecchio Titiro, e ch'egli udiva gemere da-
gli alti olmi (v. 58-59) :
Nec (amen interea raucae, tua cura, palumbss,
Nec gemere aeria cessabit turtur ab ulmo.
Merita poi di richiamarsi t attenzione sulla voce TI-
TVRVS , ortografia analoga a quella di molle altre
voci, e che ci spiega la derivazione della gente Tiluria.
La riunione delle due lucerne, le quali furono pro-
babilmente scoperte nella medesima tomba, inducen-
doci a scorgere fra' due soggetti un rapporto , ci guida
a supporre che possa nel personaggio nudo sedendo
mesto sulla clamide, ed in presenza di scarso ed ab-
bandonato bestiame, ravvisarsi il tristo Melibeo intento
a deplorare la sua sventura. Anche qui veggiamo la
barba ; e si spiega per le considerazioni esposte dinan-
zi. Solo è a notare che la espressione della fisonomia è
quella di un uomo robusto , non già di un vecchio ;
mentre nella citata pittura vaticana Melibeo èGgurato
come giovanile ed imberbe. Questa nostra conghiet-
tura par confermata dalla posizione delle pecore , e
dalla loro meschina corporatura; parte delle quali si
mirano al suolo cadute , quasi oppresse e soffrenti
dalle privazioni e dal disagio.
MlNERVINI.
Poche osservazioni sopra una fìbula cristiana di bronzo.
Appartiene al signor Luigi Sambon la Ghula let-
terata, proveniente da Benevento, della quale fu dato
il disegno nella tav. V n. 5 dell' anno III di questo
Bullettino. Ma ora sono pochi mesi che un'altra del
tutto simile a questa , ricoperta di bellissima patina,
e ancora fornita del suo ago, fu acquistata dal nego-
ziante di antichità signor Raffaele Barone. Ambedue
sono di bronzo, ed hanno la medesima epigrafe, seb-
bene la forma delle lettere sia un poco meno trascu-
rala in quella del signor Barone. Tuttavia paragonate
insieme appaiono lavorate da una stessa mano, onde
e per questo e per l' identità dell' epigrafe si possono
credere provenienti da un medesimo luogo , e forse
già appartenenti ad una stessa persona.
L' epigrafe X FVLV BIBA che leggesi in questa
fibula ad ago (iripórri) la dimostra cristiana, e ricorda
una di quelle non insolite acclamazioni con cui i Cri-
stiani solevano ornare taluni degli oggetti di cui si
- 167 —
servivano ( Visconli Lettera su di una ant. argenteria.
Op. varie voi. I p. 217 ed. Mi!.). La forinola BIBAS
o B1BAT fu usata dai gentili non meno che dai Cri-
stiani , così per augurar lunga vita , come per invi-
tarsi a goder dei piaceri della vita (Buonarruoti Vetri
p. 20 V : Morcelli De stylo p. 251 e seg. ed. Rom. ;
Garrucci Les Mystères da Syncrélistne Phrygien ecc.
Paris 1854 p. 11 e seg.); ma divenne poi frequentis-
sima presso i Cristiani, ed è noto quanto spesso s'in-
contri nelle lapidi cimiteriali per augurio di quella
vera felicità che deriva all' anima dalla sua unione
con Dio ( De Rossi , De Christianis Monumenlis
1X0TN referentibus p. 8; Boldetti Cimiteri p. 417,
418 et passim; Mamachi Orig. et antiq. Chr. Tom. 3
§ 3 ), e qui congiunta col monogramma esclude ogni
altrd significazione che non si riferisca a senso Cri-
stiano. Questa formola d'augurio usata da prima nelle
acclamazioni convivali , e sì spesso ripetuta ne' vetri
antichi , incontrasi nelle gemme e sigilli Cristiani
( Fabretti Inscripl. p. 573 ; Vermiglioli , hcr. Peru-
gine p. 617; Lahus presso Rosmini Storia di Milano
Tom. 4 p. 414) , e non è nuova nelle fibule leggen-
dosi in una d'oro presso il Buonarruoti (Op. e. p.208).
Meno frequente è l' indicazione del monogramma
col solo X , il quale come è noto più comunemente
accoppiavasi col P , e raffiguravasi in varie maniere
( Morcelli De Styìo p. 570 ) , ma l' essere espresso
con un solo elemento era la meno usala (Letronne,
De la Croix ansée égyptienne, Ann. dell'Ist. lit. voi.
XV p. 122. Minervini , Novelle dilucidazioni sopra
un antico chiodo magico Napoli 1846, p. 21 ; Ma-
machi , Tom. Ili p. 71 ). Fu già creduto da taluno
che questo segno per la rassomiglianza che ha colla
croce greca inclinata , ovvero colla crux decussala ,
come la disse Giusto Lipsio , indicasse la croce , ma
bene osserva il Letronne ( Op. e. p. 125), che i fe-
deli più comunemente riconoscevano in questo segno
l' iniziale di Xpiurós. E in questo senso vogliono es-
sere intesi gli esempi che ne porgono i monumenti ,
i quali sebbene non troppo numerosi, sono però suf-
ficienti a fermarne il vero significato. Che tale è senza
dubbio in una lapide cimiteriale edita dal eh. Cave-
doni ( Comideraz. sopra User. scp. di S. Gemello mar-
tire, Modena 1839 p. 33) in varie epigrafi del Boi-
detti ( Lib. II e. 3 p. 351, 352), dell'Aringhi {Ro-
ma Subter. , p. 174 e 521 ), sopra un vaso col san-
gue (id. p. 501 ) , e in un anello pubblicato dall'Al-
legranza {Opuscoli eniditi pag. 178). Ed era anzi
questa una delle forme più antiche del Monogramma
che dipoi a' tempi dei Giustiniani si mutò in quella di
IC XC (Costadoni Osservaz. intorno alla Chiesa Cat-
tedr. di Tonello ; CalogeràTom. 43 p. 720 ; Paciaudi,
Osserv. sopra alcune strane medaglie p. 20 ) : e che
col X intendessero i Cristiani di indicare il venerando
nome di Cristo, ne fa prova manifesta la lagnanza che
Giuliano Apostata nel Misopogone p. 360 ed. 1696,
muove contro gli Antiocheni , rimproverandoli che
con siffatta lettera procuravano di occultargli miste-
riosamente il nome di Cristo (cf. Baron. ad an. 362
Tom. V p. 72 ed. Lue. ).
Il modo in che l'epigrafe voglia essere letta parmi
che sia : Christo Fulvius bibat , ovvero Chrislo Fulvi
bibas , potendosi leggere in ambedue i modi , man-
cando nel verbo la consonante finale che determini
se il verbo si riferisca alla seconda o alla terza per-
sona. Ommissioui consuete e notissime specialmente
in quei monumenti che come il nostro, abbandonato
l' alfabeto quadrato , prendono ad usare il corsivo.
Ripetuti esempi della ommissione finale così del s co-
me del t si veggono nell'iscrizione del Chiodo Ma-
gico illustrala dal eh. Minervini {op. cit. p. 9) , ma
nel caso presente l' ommissione finale della parola
biba potè provenire da che questa voce veniva forse
cosi troncata nelle pubbliche acclamazioni. Dello scam-
bio del B per V , e del promiscuo uso di esso , ne
souo noti abbastanza gli esempi , fra i quali notevo-
lissimi sono quelli che nella dilucidazione della citala
epigrafe ricordò il chiar. Autore (p. 7 ih nota), ai
quali aggiungiamo 1' esempio che ne porge l' iscri-
zione illustrata dal eh. P. Garrucci (op. cit. p. 11).
Fulvius è nome cristiano che apparisce in altri mo-
numenti , e basti citarne due esempi , 1' uno presso
il Fabretti {Inscr. p. 571), e l'altro presso il Marini
{arv. p. 171 ).
La forma inelegante e trascurata dei caratteri ac-
cenna alla scrittura del quarto e del quinto secolo.
168 -
Le estremila e gli angoli di ciascuna lettera sono
ornati di punti o apici che talora trascorrono in gui-
sa da parer piccole sbarre , e perciò il X prende
quasi la forma di una delle varie maniere di croce
ansala , forma che però fu talvolta anche propria del
monogramma. La F è indicata con una sola linea
orizzontale nel mezzo , mentre che nei graffili Pom-
peiani ( Avellino Bull. Nap. an.2. p. 9), in una la-
pide del Museo Borbonico (Inscr.reg.neap. n.6529),
e in altri monumenti nei quali è usala la forma cor-
siva [Bull, dell' Ist. di coir. ardi. ari. 1852 p. 23 ,
e 136) suole essere indicala con una lineetta verti-
cale parallela alla prima. La L un poco inclinata a
sinistra , e colla seconda asta incurvata e prolungata
a destra meglio si ravvisa nella fihula del Signor Ba-
rone, e tale forma ha molti confronti nelle iscrizioni a
pennello sulle mura di Pompei , e in quasi lutti quei
monumenti in cui l'alfabeto quadrato cede al corsivo.
Al Morcelli non piacque il costume antico delle
fibule letterale , perchè per l'uso a cui erano desti-
nate non potevasene discernere facilmenle 1' epigra-
fe , e perciò litleralas esse quid prederai ? ( De Slyto
p. 251 ed. Bom. ). Ma oltre che per quelle di me-
tallo prezioso potea il nome o l'acclamazione inscritta
servire di coutrassegno per ritrovarle più facilmente
nel caso che si smarrissero , parmi che considerando
la qualità delle epigrafi che in quelle dei Cristiani
specialmente s'incontrano , possano queste conside-
rarsi come altrettanti fijalteri , e che ciò assai bene
coucordi coi loro primitivi costumi ( cf. Cavedoni
Spec. lex. evagel.s.y.). Le fibule poi che come questa
erano desiniate a fermar la cintura ed il balleo non
erano così rimote dalla vista , che non ne apparisse
anche lo scritto ; ed è poi evidente che questa e per
la sua forma , e per essere fornita di ago, non potea
fare l'ufficio suo se non quando le due parti fossero
tese , e in guisa da rimanere scoperta, siccome quella
che ricorda Virgilio: et lalerum iuneluras fìbula mor-
ati (Aen. XII. 274). Di forma simile a questa ne ri-
porta una cristiana il Boldetli ( Cimil. p. 518) con
eguale ornamento di due capi di tigre o leone , nei
quali io amo meglio riconoscere un ornamento usato
ad apporsi dagli artefici, che ricercarvi alcuna ragio-
ne di significato arcano o simbolico.
P. D. Luigi Bruzza Barnabita.
Antico Vaso dipinto di Aere rappresentante un tiaso
di Bacco.
I chh. Barone ludica e Prof. Panofka ( Vasi di
premio tav. IV, b) in una delle facce dell'indicato an-
tico vaso dipinto , proveniente dagli scavi di Acre ,
ravvisarono « Bacco barbato tenente una vile, che a
guisa di pergola ombreggia lui e la compagnia di
due Sileni tibicini , entro un carro a quattro role , la
cui parie anteriore è decorata di lesta di cane , e la
posteriore ha un canestro e l'ornamento diunserper».
Meglio , a quel che pare , il eh. Mùller ( Hand-
buch § 590 , 3 ) vi ravvisava una barca colloca-
ta sopra un carro ; poiché i pretesi accessori! della
lesta di cane e dell' ornamento di un serpente , segna-
tamente pel riscontro di altra simile rappresentazio-
ne di una tazza Vulcente ( Inghirami , Galler. Omer.
tav. CCLX: Mùller, Handbueh %. 99, 12), altro
non sono che il roslro ed il chenisco di una navicel-
la. Parmi per altro , che questa anzi che sopra un
carro, dirsi debba collocata sopra role, probabilmente
per renderla mobile in sulle scene , forse nella rap-
presentazione della ventura di Bacco slesso co' pirali
Tirreni ( llomcr. hymn. VII: Philoslr. imag. 1,49).
La semplicità de' costumi vetusti spesso trova cal-
zanti riscontri in quelli del medio evo, e de' bassi
tempi. Or bene nell'anno 1494 addì ultimo di Apri-
le , in Modena mia fu falla in piazza la rappresenta-
zione del viaggio di S. Geminiano olire mare; e fra
I' altre particolarità si fece uno nave in su rote, che la
menava uno cavallo per la piazza stessa, come trovasi
ricordato nella cronaca contemporanea del nostro Ja-
copino Lancellotlo. Il cavallo , che movea la nave ,
probabilmente dovea restare nascosto sotto essa, af-
finchè la nave slessa avesse apparenza di muoversi co-
me fosse in mare.
Nel dipinto del vaso d'Acre quello, che parve cane-
stro al eh. Panofka , altro forse non è che un velo
festivo che pende disteso dalla parte di poppa; ed altro
velo sembra cadere lunghesso il fianco della barca, fin
verso terra sì che non lascia visibile che solo il seg-
mento inferiore delle ruote, in sulle quali vedesi col-
locata la barca medesima : i quali due o più veli ser-
vir poterono lutto insieme a nascondere agli occhi
dello speltatore l' ingegno che serviva a render mo-
bile quella navicella in sulle scene. C. Cavedoni.
Giglio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Cataneo.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 96. (22. dell' anno IV.)
Maggio 1856.
Monumenti Pompejani. — Breve notizia sopra un insigne sarcofago di marmo rinvenuto in Rapolla. — Poche
osservazioni sopra un monocromo ercolanese.
Monumenti Pompejani.
La recente pubblicazione del fascicolo sesto della
splendida opera de' Signori Niccolini sulle case ed i mo-
numenti di Pompei mi fornisce il destro di presentare
a' lettori del bulleltino la incisione della pianta e di
alcune particolarità di un edilizio da noi precedente-
mente descritto. E qui avvertiamo esser nostra inten-
zione di presentare a quando a quando le cose novella-
mente pubblicate in quella magni6ca e costosissima o-
pera. Così avremo la opportunità di offrire nelle nostre
tavole una scella di disegni di monumenti pompeja-
ni , de' quali Onora scarseggiava la nostra pubblica-
zione. La Casa di Marco Lucrezio , le nuove terme
alla strada Stabiana quando ne sarà compiuta la sca-
vazione , verranno man mano ad ornare il bulleltino
napolitano , che già erasi occupato a descrivere que-
gli interessanti monumenti. Ora la nostra tav. XII
viene a porgere la pianta ed alcuni particolari di un
privato edificio, sito alla di Stabia, e segnato col n. 57.
Noi già descrivemmo questa casa nell'anno L del pre-
sente bulleltino : ora nel dare una breve indicazione
della nostra tav. XII , ci riporteremo a quello che fu
da noi detto precedentemente ; non senza aggiungere
qualche utile osservazione fatta dall' egregio Signor
•Felice Niccolini, a cui sappiamo appartenere la de-
scrizione di questo monumento ; sebbene il più delle
volte egli se ne riporti all' annunzio , che ne fu per
noi dato in questi medesimi fogli.
Indicazione della pianta. 1 . Androne ( vedi la nò-
stra descrizione an. I p. 60 ).
2. Botteghe.
3. Atrio tuscanico. Ivi è la mensa di marmo, e la
piccola fonte del compluvio , della quale vedi un ac-
anno ir.
curalo disegno nella figura 4 della tav. XII. Discor-
remmo dell' atrio nel citato an. 1 p. 60 e seg.
4. Compreso da noi dichiarato una dispensa (an.I
pag. 71). II Signor Niccolini osserva essere trop-
po lungi dalla cucina, per potere ammettersi una tale
attribuzione. In qualunque modo, è certo chela cir-
costanza di esser tutte le pareti munite di chiodi ,
senza dubbio per sostegno di armadii , ci dimostra
che questo stanzino fosse destinato a contenere ogget-
ti , o comestibili , che non ci attentiamo di determi-
nare. Avverte il Sig. Niccolini che furono ivi ritro-
vali ad altezza di palmi diciassette cinque scheletri
umani , uno de' quali presso un traforo apposita-
mente praticato: dal che deduce che dovettero quegli
infelici perire dopo la catastrofe , volendo penetrar
nella casa per quel cunicolo.
Passaggio senza numero ( an. 1 p. 71 ).
5. Altra stanza con molte iscrizioni (an. Ip. 71 ).
6,8,9— Cubicoli ( an. I p. 72 ).
7. Ala dell'1 atrio ( an. I p. 72 ).
10. Peristilio (an. I p. 72 seg. ). Nelle pareti del
peristilio sono vani graziosi dipinti , che già furono
da noi descritti. Tra questi è la immagine della Vitto-
ria, di cui parlammo a pag. 73 del citalo an. I , e di
cui riportiamo ora il disegno nella figura 1 della no-
stra tav. XII. Tiene questa lo scudo e 1' asta , e mo-
strasi volante in bella e graziosa movenza, con gran-
dioso e ben inteso partito di pieghe. In quanto al pe-
ristilio, noteremo una osservazione fatta dal sig. Nic-
colini , la quale viene ad aggiugnersi a quanto ne fu
detto da noi. Egli si esprime in tal modo: « Neil' os-
» servare a prima giunta la disposizione di questo pe-
» ristilio par si ravvisi tale un' anomalia da non sa-
» persi spiegare. Fra le dieci colonne che circondano
22
— 170
» il giardinetto, abbencliè tutte dello stesso ordine, le
» quatlro che son di fronte alla enlrata visibilmente
» più corte delle sei rimanenti sul pavimento si ele-
» vano. Ma dal poco che pure ci avanza della parie
» superiore di questo peristilio è facil cosa giudicare
» che nel primitivo suo stato, anziché scorgere tal di-
» scordauza un grazioso e pittorico insieme produr
» doveva la disuguaglianza di così fatte colonne per
» tal modo disposte : tanto è il sagace accorgimento,
» e tanto il buon gusto , con cui seppe l' ingegnoso
» artefice mascherare quell' apparente anomalia, si-
» tuando rimpetto alla entrata più basso l' arcotrave
» dell'intercolunnio. Tale arcotrave esser doveva squi-
» silamente ornato. Ce ne porge un saggio il bellis-
» simo frammento da noi riportalo, che fra due pae-
» saggi su quel fregio era posto ; ma che fu pureini-
» possibile cosa serbare incolume nello scavo , pre-
» cipitando dall'alto d. Noi non parlammo affatto di
questo fregio nella nostra descrizione di quel peristi-
lio; ora però riproduciamo il frammento come venne
nella citata opera pubblicalo (vedi La fig. 2 della no-
stra lav. XII ). Presso ad un albero interamente privo
di rami e di foglie , accennando probabilmente alla
h^porcixix, vedesi una accanita pugna. Un uomo
di cui la parte superiore è perduta , perfettamenle
nudo si avanza cavalcando un veloce destriero, e spinge
la lunga asta. Segue un bellissimo gruppo, che ci pre-
senta un guerriero con elmo e clamide , nell' atto
di ferir coli' asta una donna vestita di succinta tunica,
la quale al suol caduta con ambe le ginocchia apre
spaventata le braccia implorando pietà e compassio-
ne : intanto il guerriero ne afferra colla sinistra la te-
sta , per meglio dirigere le sue ferite. Vicino a que-
sto gruppo vedi al suolo le armi della caduta un'asta,
uno scudo, e come sembra un turcasso. Chiude il fram-
mento un cavallo, che ferito nella schiena da un'asta
o giavellotto ivi profondamente conficcata, è nel mo-
mento di precipitar col capo chino sul terreno , ove
pare sia figurato un'altro giavellotto. Questa compo-
sizione bellissima per lo stile pare si riferisca ad una
delle battaglie fra Greci ed Amazzoni; ma essa non
o ffre tali particolarità , che valgano a farci determi-
nare di qual pugna si tratti : il che veniva forse ad-
ditato dal rimanente del fregio , che disgraziatamente
non ci venne trasmesso.
11. Triclinio, (an. 1 p. 73. segg. )
12. Exeira ( an. 1 p. 74 )
13. Cubicolo (an. 1 p. 89 ).
14. Secondo peristilio.
15. Stanzetta deGnila pel Cellarium dal Signor
Niccolini.
16. Cucina.
Ci riserbiamo di dare una più minuta descrizione
di questi tre ultimi numeri , dopo una diligente os-
servazione sopra luogo.
Vogliamo finalmente notare che questa casa offrì
uno de' più belli esempli degli antichi tetti in perfetta
conservazione , ove si osservò in modo evidente l' uso
de' tegoli ad angolo confluente ; delle quali cose fu
da noi già data la notizia ed il disegno nel 1. anno di
questo bullellino.
Pochi oggetti furono ritrovati in questa casa , dei
quali facciamo una brevissima enumerazione giusta
la notizia datane dallo stesso Sig. Niccolini. Olire di-
ciannove monete di bronzo , fralle quali vennero de-
terminate una di Vespasiano, ed un'alira di Claudio,
è da notare il ritrovamento di alcune statuette di
bronzo. Una di esse è perfettamente corrosa, e perciò
riesce impossibile determinarne il soggetto. Due altre
costituiscono un gruppo rappresenlante Ercole con
una figura Frigia a' suoi piedi : probabilmente il gio-
vinetto Priamo, che implora da Alcide il perduto re-
gno , e la libertà. Una piccola ara di bronzo , alcuni
vasi di varie forme , cardini serrature ed ornamenti
di porle non mancarono neppure in questa casa.
Alcuni oggetti insignificanti di ferro e di pionibo
non richieggono una particolare menzione. Lo stesso
dee dirsi degli oggetti di vetro e di terracotta. Fragli .
oggetti di osso ricorderemo varii di quei piccoli pezzi
cilindrici con diversi buchi alla circonferenza , che
tanto frequentemente vennero fuori dalle pompejane
scavazioni , e l' uso de' quali rimane tuttavia ignoto.
Minervim.
171
Breve notizia sopra un insigne sarcofago di marmo
rinvenuto presso Rapolla.
Il eh. signor Commendatore Quaranta ilio in que-
sti fogli la prima notizia di questo insigne monumen-
to, come venne a lui comunicata dal eh. signor Cav.
Giovanni Gussone (vedi sopra p. 154). Quel brevis-
simo ceuno non era però sufficiente a far compren-
dere la importanza del monumento: e noi attendevamo
ansiosi la occasione di porgerne a' lettori del bullet-
tino una minuta ed esalta descrizione. Questa occa-
sione fortunatamente ci fu porta; giacché essendo stato
il valente artista signor Abbate spedito sopra luogo a
rilevarne un disegno , potemmo esaminare a nostro
bell'agio questo diligente lavoro, e sentir dallo stesso
signor Abbate le notizie concernenti a questa interes-
sante scoperta. 11 sarcofago fu rinvenuto in un suolo
pertinente al pubblico Demanio in provincia di Basi-
licata, distretto di Melfi, comune di Rapolla, nel sito
denominato Albero in piano a dieci palmi circa di-
scosto dalla Regia strada : dista da Venosa circa sei
miglia , ed è precisamente presso il fiume Rendina ,
ove passava 1' antica via Appia.
Il monumento è cinto per tre lati da mura di fab-
brica laterizia di circa palmi trenta in quadro , e (re
di grossezza: l'altezza non può determinarsi, essendo
la parte più alta crollata, per modo eh' è sparita la
superiore superficie : entro il medesimo spazio , ed
addossato al muro opposto alla entrata, è un imbasa-
mento eseguito a fabbrica di mattoni dell' altezza di
circa palmi cinque ; presso del quale si trovò il sar-
cofago rovesciato : dal che puossi argomentare , che
appunto su quel basamento era in origine collocato.
Nel medesimo recinto delle tre mura furono rinve-
nuti diversi pezzi di cornici di marmo della grandezza
di 4 decimi di palmo ornate di un listello e di una
gola dritta, i quali, per avviso del lodato signor Ab-
bate , servir dovettero a decorare l' imbasamento. A
sei palmi circa dalla fabbrica laterizia osservasi una
soglia di travertino in più pezzi , nella quale si veg-
gono i buchi delle imposte e dei pessuli , e che il si-
gnor Abbate crede con fondamento appartenesse al
vano di porta, eh' è rivolta ad oriente. A circa 10
palmi dal Iato meridionale della delta fabbrica , fu
ritrovato un tufo, su cui leggesi la iscrizione da noi
rifei ila di sopra : cioè
M • LVCILIO MI
FAVSTO
FVSCA • LILIA • POSV1T
Il sarcofago è di bianco marmo, e di maraviglioso
lavoro : sopra è il coverchio che lo richiude , del
quale daremo anche in seguito la descrizione. La mag-
giore larghezza del monumento è di palmi dieci: nei
due laterali di palmi cinque. L'altezza è palmi sette
ed un quarto, compreso il coverchio e la figura sdra-
jata sullo stesso.
La parte anteriore del sarcofago presenta tre nic-
chie sostenute ognuna da due colonne: per modo che
nel fronte appajono sei colonne e cinque spazii. Le
colonne sono di giuste dimensioni , quasi tortili , es-
sendo obliquamente striate : i capitelli sono formati
di tre ordini di foglie, e nella parte superiore vanno
a finire in una duplice voluta. Le nicchie finiscono
superiormente ad arco, e la parte concava offre or-
nato di strie a foggia di conchiglia. Al di sopra delle
due colonne ricorre un picciolo fregio quasi un se-
condo capitello , con ornato di foglie di ovoli e di
dentelli: sul quale si distende il fregio nelle due nic-
chie estreme arcuato a seconda della curvatura della
nicchia, nella media a fastigio triangolare, ed in tutte
intaglialo con ornato di ovoli, di dentelli, e di foglie.
A' due estremi di questo fastigio triangolare sono due
funebri palmelte; agli estremi poi del fregio delle al-
tre due nicchie sono un'aquila ed un leone. Siccome
fralle tre nicchie intercede uno spazio eguale alle me-
desime nicchie; è a notare che in que' due spazii ap-
parisce egualmente un ampio fregio a livello di quello
eh' è al di sopra delle colonne: per modo che resta
più complicalo, essendo formato di foglie, ovoli, den-
telli, tre listelli, ed una seconda linea di foglie. Aldi
sopra di questo fregio veggonsi a rilievo due marini
mostri alati e con testa di grifo. Sotto le basi delle
colonne pertinenti alle nicchie si elevano tre basa-
menti composti ciascuno di uno sguscio, di un toro,
— 172 —
di una gola dritta elegantemente intagliali , e di un
listello. Ricorre il fregio inferiore altresì negli spazii
messi fralle tre nicchie : ove però varii ne sono gli
ornati, componendosi di caulicoli, di un elegante me-
andro, e di foglie. Al di sopra di tutte tre le nicchie
vedesi un grazioso architrave, ove si osserva un li-
stello , un piano , un tondino intagliato , una gola
dritta parimenti intagliata , un dente ed un altro li-
stello. Questo architrave è interrotto da (re specie di
modiglioni lisci, uno de' quali corrisponde al vertice
del fastigio della nicchia di mezzo, e gli altri due alle
colonne interne delle due nicchie estreme.
In questa parte anteriore vedi al di sopra un ele-
gantissimo fregio, una cornice, e più in alto un letto
con una giovine donna giacente : parli che costitui-
scono il coverchio del sarcofago. Il fregio offre io ac-
curata scoltura marini mostri, che noi descriviamo
cominciando dalla sinistra : un delfino volto a sinistra,
una pistrice a destra messa di fronte ad un ippocam-
po, un marino mostro a testa di grifo messo di fronte
ad un altro mostro a testa di pantera, altro marino
mostro a testa di leone messo di contro ad un toro
marino, e finalmente un ariete marino. 11 letto, che
forma il fastigio del coverchio è in quattro parti di-
viso da fasce, ov'è una doppia lista di foglie di edera :
a' due estremi finisce coli' ornamento di una testa di
animale , come sembra di un cane, la quale però è
poco visibile al sito ove poggia il capo. Su questo
letto poggia quasi dormendo mollemente sdrajata e
distesa una femminile figura, la quale posa la testa ed
il sinistro braccio sopra un doppio cuscino , e colla
destra mano sostiene leggermente un mazzolino di
fiori. La tunica di questa figura è finamente lavorata,
ed apparisce l' estremo lembo di un lieve mantello ,
ove si vede uno di que' fiocchetti, che altre volte fu
osservato negli antichi monumenti. Presso la testa
della giacente donna vedi un Amorino alato , le cui
braccia son frammentate ; ma da ciò che ne rimane
si deduce che recava colla destra una corona di fiori.
Dall'altro lato della donna presso i piedi si vede forse
una cassetta destinata a contenere femminili ornamenti.
Sembra che il coverchio sia più accuratamente lavo-
rato di tutto il rimanente del sarcofago ; ma noi non
sapremmo riconoscere due diversi stili e due epoche
differenti in queste due parli del monumento. L' ar-
chilei tura e gli oroamenti dell'opposto lato sono per-
fettamente identici; se non che il toro del basamento
della nicchia di mezzo ha l'ornamento di un ramo di-
viso nella parte media da una gorgonica testa con a-
lette alla fronte. Lo stesso sistema di architettonici
ornati si palesa ne'due laterali : se non che apparisce
in essi una sola arcata con fastigio triangolare, e due
altre laterali colonne. 11 basamento delle due colonne
medie in ambi i laterali offre nel toro l'ornato di un
meandro. Il fastigio triangolare presenta ne' due estre-
mi ornamento di palmette: e lo spazio al di sopra del
fregio messo sulle due estreme colonne mostra d'ambi
i lati un delfino ed un leone in opposte direzioni. L'ar-
chitrave superiore è pure interrotto da un sol modi-
glione liscio corrispondente sul vertice del fastigio
triangolare. 11 laterale sinistro ci presenta la porla del
monumento divisa in quattro grandi scompartimenti,
in ciascuno de' quali è scolpita a bassorilievo una fi-
gurina. Ne' due superiori scompartimenti sono due
alate figurine , e quella a sinistra avvicina le mani
quasi in atto di preghiera. Le due inferiori sono nu-
de, abbenchè sieno poco distinle e determinate.
Ma non è questa la parte più importante del sar-
cofago di Rapolla; giacché fra gli spazii che interce-
dono fralle colonne sono lavorate ad alto rilievo ben
quindici statue, le quali ci duole non esserci perve-
nute in perfetto stalo di conservazione.
Noi cominceremo a darne la descrizione da quelle
del lato principale, riserbaudoci di tentarne una pro-
babile spiegazione. Sotto la prima arcata a destra è
un giovine diademato di belle forme con capelli lar-
gamente pendenti, e con la clamide : egli siede quasi
di fronte ; ed a' suoi piedi è un cane accovacciato e
parte di un cinghiale : in alto è nel campo la parte
superiore di un giavellotto. Mancano le braccia e le
gambe del giovine cacciatore, e del cane non appa-
riscono intatte che le sole zampe anteriori. Nello spa-
zio seguente è una giovine donzella con succinta tu-
nica , la quale eleva il sinistro braccio; ma essendo
io gran parte mancante insieme colla mano, non può
diffinirsi se sia intesa a tirare un largo peplo che le
— 173 —
discende dal capo : presso di lei è il giavellotto , ed
un vivace cane in gran parte conservato: nel campo
è la testa di un cinghiale, e quella di un cervo.
Sotto l'arcata media è una figura femminile volta
a destra con lunga tunica ed imalio sovrapposto, che
si avvolge nella parte inferiore del corpo : essa tiene
con ambe le mani un largo disco, o scudo ; presso è un
Amorino volante a lei rivolto ed in parte frammentato.
Nello spazio seguente è un giovine perfettamente
nudo di fronte , con galea munita di paragnatidi :
mancano sventuratamente le braccia. Presso è una
spada nel fodero , con balteo. Sotto V arcata estrema
a sinistra è di fronte una donna con capelli larga-
mente pendenti : essa ha lunga tunica ; e panno so-
vrapposto legato con un nodo sotto l'ombelico, e che
discende dalle anche insino a' piedi : ai due lati sono
due alberelli, su' quali appajono rotonde frutta.
Girando il sarcofago nel laterale ov' è segnala la
porta, vedesi a destra una virile figura nuda con sem-
plice clamide ; sebbene le non poche mancanze , e
principalmente l'esser priva del capo ne impediscano
una qualunque siasi determinazione. A sinistra è una
figura femminile elegantemente panneggiata, la quale
è pur inancanle della testa. Nel laterale destro del
sarcofago sotto 1' unica arcata vedesi una donna con
calzari , e duplice tunica che lascia nude le braccia.
Alla sua destra è un uomo barbato con pileo e cla-
mide poggiante sopra un piedestallo : alla sinistra della
donna è pur sopra un piedestallo poggiato un nudo
giovine imberbe munito egualmente di clamide. Sven-
turatamente le braccia di tulle tre queste figure sono
mancanti.
Nella faccia opposta del monumento sono altre cin-
que figure. Sotto la prima arcata a destra è un uomo
di maestosa fisonomia diademato : la lunga barba ed
i capelli largamente pendenti sulla nuca accrescono
la dignità di questa figura. Egli siede a sinistra sopra
un okladias : la clamide gli si avvolge in sulle cosce:
nel campo è la spada nel fodero con balteo. Nello
spazio seguente è un giovine avvolto nel pallio , che
lascia ignudo il petto : presso miransi Io scudo e l'a-
sta : al suolo è la galea.
Sotto l'arcata media è una donna con lunga tu-
nica, ed ampio velo che le discende dal capo: a' due
lati sono due alberelli ; ed indietro appare un oggetto
rotondo , quasi fosse uno scudo.
Nello spazio che segue è un nudo giovine con ga-
lea munita di cresta e di paragnatidi : al destro lato
è una spada nel fodero pendente dal balteo, ed al si-
nistro una lorica sospesa.
Finalmente sotto la terza ed ultima arcata è un
imberbe giovine sedente a destra sulla sua clamide
dislesa sopra un sedile che termina in zampe di leo-
ne : egli poggia i piedi sopra una prominenza semi-
circolare che si eleva dal suolo: solleva sulla testa il
destro braccio tenendo colla mano un oggetto incerto:
ed altro oggetto indeterminato poggia sulle cosce di
questa figura molto danneggiala dal tempo.
Studiando le varie figure scolpile nel sarcofago di
Rapolla, non sarà difficile indagar di molle la signi-
ficazione. Le solite forme piuttosto rotonde, ed i sim-
boli del giavellotto , del cinghiale e del cane ci con-
ducono a spiegare per Meleagro quel giovine cac-
ciatore : egli preme co' piedi la calidonia belva da lui
superata, e che fu cagione di gravi disavventure. La
giovine cacciatrice quasi con lui aggruppata è senza
dubbio Atalanla : e presso di lei è la simbolica testa
del cinghiale, che a lei venne offerta in dono da Me-
leagro.
La figura media a noi sembra destinata ad indi-
care l'uso del monumento: è questo un sistema assai
ripetuto ne' romani sarcofagi, che nel mezzo si ponga
un disco o scudo, ove si scrive a chi fu messo il mo-
numento. Questo disco è talvolta sostenuto da due
alati Amorini, talaltra in diversa guisa collocato. A
noi sembra che nel sarcofago di Rapolla questo uffi-
cio fosse assegnato alla stessa dea di Cipro, ad Afro-
dite , che vedesi con Amore bellamente aggruppata :
e solo non si giunse a segnar sul disco la epigrafe ;
se pure dir non si voglia dalle ingiurie del tempo
cancellala e distrutta. A ciò si aggiunga che la figura
di Venere ben si addice alla tomba di una donzella ;
senza dire che l'Afrodite Proserpina de' Greci, la Ve-
nere Libilina de' Romani ben si raltro\a in relazione
con un funebre monumento.
11 giovine guerriero di bellissime forme che segue
— 174 —
a noi pare potersi determinare pel Pelide Achille : e
la donzella che gli è da presso creder si può la sua
giovine sposa Deidainia, che ne aveva eccitato l'amore
sin da quando erasi l'eroe nascosto in Sciro tra fem-
minili spoglie.
La mancanza di qualunque simholo, e lo slato di
quasi totale distruzione in cui ci pervenne, ci fa aste-
nere dal determinare la coppia scolpila nel laterale
sinistro del sarcofago.
Non così abbiamo a dire delle figure scolpile sul
laterale destro. L'uomo barbato con pileo acuminato
a noi sembra la figura caratteristica di Ulisse : e quindi
siamo condotti a ravvisar Penelope ed il giovine Te-
lemaco nelle due figure vicine.
Passando all' opposto lato lungo, pare che il mae-
stoso guerriero, le cui tempia son cinte del sacerdo-
tale diadema, riputar si debba Amfiarao; e quindi il
giovine scolpito nello spazio che segue, a nostro av-
viso, è il matricida Alcmeone, il quale per amor del
padre macchiossi di quell' orrendo delitto.
Il giovine sedente sotto la estrema arcata offre tutti
gì' indizii del furore nelle sue forzate posizioni : il che
accoppialo alla circostanza di poggiare i piedi presso
una semicircolare prominenza, probabilmente la del-
fica cortina, e' induce a credere che in questa figura
debba ravvisarsi il matricida Oreste ; che ben si trove-
rebbe in rapporto con Alcmeone, come venne da noi
poco innanzi determinalo. Ed il giovine galealo, ch'è
nello spazio vicino dir si dovrebbe 1' amico Pilade ,
che assai bene trovasi aggruppato col figlio di Cliten-
nestra.
Nulla diremo di certo sulla maestosa figura fem-
minile , che è sotto 1' arcata media : solo sospettiamo
che siesi voluto effigiare Proserpina , la dea delle ombre.
E qui mi piace di osservare che tutte queste eroi-
che figure accennano alla loro esistenza negli Elisii ,
la quale si assomiglia a quella della giovine defunta:
la cui morta spoglia rassembra ad una donna immersa
in placidissimo sonno. L' Amorino che l' è vicino a
lei prepara la corona dell'apoteosi. E così tutto l'in-
sieme del monumento si riporta ad una medesima
idea : accennando alla beata residenza negli Elisii dopo
la mortale vita. Quegli slessi alberelli , che si mira-
no inlorno ad alcune delle figure , possono riferirsi
alle piante di quei campi felici, delle quali è frequente
menzione presso gli antichi scrittori ( vedi le cose da
noi notate in questo bullettino an. Hip. 62). Ed alla
slessa idea non disconviene il mazzolino di fiori tenuto
dalla giacente figura , e la corona che a lei prepara
l'Amore.
E qui mi piace di osservare che nel nostro sarco-
fago trovo una conferma alle mie conghietture sul
senso lunare e funebre della lesta messa ne' greci mo-
numenti fra laterali ramificazioni. Questa testa si scorge
appunto fra due rami nel nostro sarcofago : ed è no-
tabile che apparendo gorgonica , come si trae dalle
ali che ne ornano la fronte, accenna senza dubbio a
lunare intelligenza: e quindi assai bene si vede in rap-
porto con la figura di Proserpina, che l'è prossima-
mente vicina : costituendo un beli' insieme di sacre
e funebri idee.
Gli ornamenti di marini mostri, che vedonsi fre-
giare la parte superiore del monumento , e de' quali
la tigre , il leone , 1' ariete ed il toro incontrano un
importante confronto in alcuni versi di Claudiano
(Honor. epithal. v. 159 segg. ), alludono in questo,
come in moltissimi altri funebri monumeuli, al pas-
saggio delle anime per 1' oceano , affin di giungere
alle isole fortunale ove le anime reputavansi destinale
a godere la felicità e l' apoteosi. Queste sono le idee,
che in noi si risvegliano dall' insigne monumento, di
che discorriamo: e ci riserbiamo in una nostra par-
ticolare memoria alla regale Accademia Ercolanese
appoggiare le nostre spiegazioni cogli opportuui con-
fronti.
Importante riesce quel muro che circondava il mo-
numento di altezza non determinata , ma certamente
maggiore di quella dell' imbasamento di mattoni, sul
quale forse poggiava il sarcofago. Dal che viene ad
argomentarsi che il monumento era da quel recin-
to nascosto , e che doveva osservarsi in giro sa-
lendo sull' imbasamento di mattoni, di cui dicemmo.
Le tre mure laterizie servivano a costituire , insieme
coll'area che racchiudevano , ciò che da' Romani di-
cevasi tutela sepulcri ; siccome si raccoglie da nume-
rose iscrizioni. Non sembra da dubitare che la iscri-
— 17S —
zione rinvenuta in vicinanza del sarcofago non può
allo slesso riferirsi. 0 che accenni ad un M. Lucilio
Fausto liberto o figlio di un Marco, sempre quella e-
pigrafe si appalesa pertinente al sepolcro di un uomo;
laddove il sarcofago appartenne evidentemente ad una
donna.
Più difficile riesce il diflinire con certezza Y epoca
del monumento. L'architettura in esso adoperata par-
rebbe propria di un'epoca posteriore. È stato di falli
osservato che nel secolo de' trenta Tiranni, e più an-
cora dopo Diocleziano s'introdusse il metodo di umi-
le colonne con arcate che poggiano direttamente su'
capitelli : si cominciò a dare alle colonne la forma
scannellata tortile o elicoide etc. ( Mùller Handbuch
§ 195). Queste particolarità si osservano principal-
mente su' sarcofagi : e merita di esser citato il sarco-
fago di Probo Anicio dell'anno 390, sul quale esiste
una particolar dissertazione del Battelli De sarcophago
marmoreo Probi Anicii et Probae Falconiae in tempio
Vaticano. Romae MDCCGV in 4. È pur da ricordare
il monumento di Giunio Basso, nel quale la parte or-
nativa elegantemente lavorala non corrisponde alla
scoltura delle figure trascurata e negletta.
Comunque sia di queste osservazioni, noi non cre-
diamo che ad epoca bassa debba farsi discendere il
sarcofago di Rapolla. E pria di tutto osserviamo che
non può allo stesso attribuirsi quel difetto notato ne'
citati sarcofagi ; perocché le nicchie con arcate supe-
riori non potevano comportare una diversa architettu-
ra: e nel nostro sarcofago si è pure evitala la odiosità
di quell' aggiustamento sovrapponendo al capitello
un' altra porzione di fregio quasi un secondo capi-
tello : per modo che il fregio , o architrave poggian-
te sulle colonne viene necessariamente interrotto nel
sito ov' è la curvatura delle nicchie : e queste mede-
sime nicchie vennero probabilmente adottate, perchè
già trovavansi scolpite le statue di tali dimensioni ,
che non avrebbe potuto facilmente applicarvisi un di-
verso sistema di ornamento. Del resto 1' architettura
de' sarcofagi , come quella degli stucchi e de' dipinti,
non può, a nostro avviso, dirigere senz'altri elementi
il criterio dell'archeologo a riportare i monumenti ad
un'epoca piuttosto che ad un'altra. E basterebbe get-
tare uno sguardo alle svariate architetture dipinte o la-
vorate a stucco sulle pareti dell'antica Pompei , per
rimaner convinto che nella più bella epoca dell'arte ro-
mana non rimase intentato alcuno degli aggiustamenti
architettonici anche più fantastici e capricciosi. Queste
nostre osservazioni tendono ad allontanare la idea che
venir ci potrebbe da questa parte del monumento sull'
epoca, in cui fu probabilmente eseguito. Il lavoro delle
scolpite figure si oppone, a nostro giudizio, a far di-
scendere il monumento sino all'epoca della corruzione
dell'arte. Le forme di greca imitazione : il gusto con
che sono fra loro aggruppate alcune figure: la intel-
ligenza con che sono simboleggiati gli eroi degli an-
tichi miti ci vietano di pensare a stile di decadenza e
di corruzione. Ne la figura giacente è tal circostanza
che debba riportarsi ad epoca bassa. Non è nuovo
rinvenir figure giacenti, o in altre altitudini sulle urne
romane anche de' buoni tempi : ed un sarcofago col
suo coverchio può reputarsi quasi una grande urua ;
essendo identico per la torma del pari che per la fu-
nebre destinazione.
Per tutte le quali cose noi siamo di parere che il
sarcofago di Rapolla appartenga a' buoni tempi, senza
però ricordare 1' apogeo dell'arte greco-romana, da
cui , principalmente per la parte ornamentale , non
poco si discosta.
Conviene inGne dichiarare , a causare ogni equi-
voco, che noi presentammo un tentativo di spiega-
zione della maggior parte delle figure scolpite par-
tendo dall'esatto disegno del Sig. Abbate. Intanto sa-
rebbe importante osservare 1' originale monumento
per investigare che cosa creder si debba di quegli og-
getti indeterminati tenuti dalla sedente figura in uno
de' lati lunghi del sarcofago. Questa determinazione
potrebbe per avventura modificare la spiegazione da
noi proposta , la quale sino all'esame dell' originale
vogliamo si abbia come semplice congiuntura.
La osservazione del monumento sarebbe egual-
mente utile a definirne con maggior precisione l'epoca,
che noi non vorremmo ritenere più bassa de'tempi
degli Antonini.
Miservi.m.
- 176 -
Poche osservazioni sopra un monocromo ercolanese.
Tra' più pregevoli monumenti del Real Museo Bor-
bonico è il monocromo di Ercolano già pubblicalo ed
illustrato da' dotti Ercolanesi (pitture voi. I tav. I),
e poscia riprodotto dal Millin (gal. myth. I. CXXX Vili
n. 515) , e dal eh. Panofka {Bild. ant. LebensXÌX,!).
Su questo disegno , che una greca epigrafe che l'ac-
compagna attribuisce all'Ateniese artisla Alessandro,
noi intendiamo dare alcune brevi dilucidazioni.
A ben comprendere il soggetto , che ci si porge
allo sguardo , sarà mestieri por mente che le due
principali figure, le quali veggonsi fra loro in rappor-
to , sono appunto Niobe e Latona. Il loro atto com-
pagnevole ed affettuoso ci ricorda l' amistà che legava
la dea alla figliuola di Tantalo : ed è citato a propo-
sito il classico frammento di Saffo :
Aotrw xx) NfójJa \Krl\% \xtv QjXou rpa.v éraipcti.
Mollo fra lor dilette eran Latona
E Niobe amiche.
Vedi appo Ateneo XIII p. 571 : fr. 35 p. 608 ne'
poetae lyrici gr. del Bergk. Questo luogo fu richia-
malo pria dagli Ercolanesi Le. , poi dal Miiller [Hundb.
§ 417), dal Preller ( Mylhol. t. II p. 268), e da altri.
Le giovinette sollazzanti^ furono causa di dub-
biezze agli archeologi. E senza dubbio sarebbero slate
da chicchessia riputale figliuole di Niobe, se non fosse
venula in campo la coincidenza della identità dei nomi
delle Leucippidi Febe ed Ilaira (Apollod. Ili, 10;
Schol. Hom. //. T , 243 ; Pausan. II , 22, 5 ; 111 ,
16, 1 ; IV, 31, 12) ; e se ci fossero stale conservate
tutte le tradizioni concernenti a' nomi delle varie fi-
gliuole di Niobe. Noi non dubitiamo affatto che la si-
tuazione, in cui si mirano aggruppale quelle tre gaje
donzelle, ci riveli appunto la femminile famiglia in-
torno alla madre, che addivenir doveva cotanto ad-
dolorata ed infelice. Questa idea tanto più si confer-
ma , quando si consideri che per alcune mitiche tra-
dizioni erano tre le Niobidi (vedi Roulez ad Ptolem.
Hephaesl. p. 62 ) : e che i nomi che lor si danno nel
monocromo Ercolanese accennano alla loro giovanile
avvenenza. *o/(Ìrj la lucida, àyXai'x la grazia, iXsoc/pà
la sorridente sono epiteti convenientissimi alla fre-
schezza ed alla gioventù di quelle bellissime ; ed ac-
cennano all'amore della madre, che vantavasi di pos-
sedere sì leggiadra figliuolanza. Che se per avventura
volessimo in quei nomi ravvisar denominazioni di mi-
tici personaggi , comprenderemmo assai bene la ra-
gione di una simile scelta. La eccessiva millanteria di
Niobe assomigliava una delle sue figliuole forse ad
una delle Leucippidi lleera (ove riputar si volesse lo
stesso che 'lXaj(px), l'altra ad una delle Grazie Agiata,
e la terza a Diana Phoebe, cioè alla stessa figliuola di
Latona: il che doveva eccitar lo sdegno della soprag-
giunta divinità.
Dopo le esposte dilucidazioni non sarà malagevole
intendere il punto preciso dell' azione, che presentar
ci volle F artisla.
Ad un attento esame dell' originale disegno, si ri-
leverà di leggieri che nel volto di Niobe apparisce
quel sorriso di soddisfazione , che a lei spunta sulle
labbra nel vedersi circondata da numerosa famiglia;
laddove in Latona all'opposto tu scorgi una certa fi-
sonomia di pensiero, e direi quasi di cordoglio in lei
mosso dalla tracotante letizia dell' emula mortale. La
dea sopraggiunge, e fa all'amica disuguale le mede-
sime affettuose accoglienze; ma all'aspetto delle figlie
di lei, già ne sta meditando l'atroce sterminio. E Io
stesso atto sollazzevole ed avvenente delle due giovi-
nette Febe ed lleera intente al giuoco degli astragali,
invece di muoverne la tenerezza nel cuore, più l'ac-
cende alla vendetta, perchè più risalta per esse la fe-
licità della madre. Parmi che lo slesso artistico pen-
siere venne in mente al pompejano pittore, che figurò
Medea meditando la morte de' figli , all' aspetto di
quegl' innocenti fanciulli occupati appunto al medesi-
mo infantile trastullo degli astragali (vedi Raoul-Ro-
chette choix depeintur. tav. XX). Lo stesso sentimenlo
della vendetta risvegliasi in entrambi quei personaggi,
e la brama che Niobe e Giasone non godano più delle
carezze e della lieta vista degli amati figliuoli.
Mi NERVINI.
Giulio Minervini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Càtàkeq.
BILLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 97. (23. dell' anno IV.)
Giugno 18ÓC.
Brevi osservazioni intorno una tomba di Pesto. — Vaso scoperto in Sardegna. — Bibliografia.
Brevi osservazioni intorno una tomba di Pesto.
La tomba , della quale intendiamo discorrere bre-
vemente , è molto importante per le pitture che ne
fregiano le interne pareli. Noi ne facemmo la pub-
blicazione nelle tav. IV a VII di questo anno del bul-
lonino , ricavando i disegni da' lucidi diligentemente
eseguiti a colore dal valente artista Sig. Giuseppe
Abbate. Ora ne diciamo alcuna cosa , proflttando
delle nostre medesime osservazioni sull' originai mo-
numento , e delle indicazioni forniteci dall' egregio
architetlo Sig. Ulisse Rizzi, cbe gentilmente ci ha date
le opportune nolizie su (ulte le circostanze di quella
interessante scavazione.
La tomba fu scoperta nella contrada denominata
Spinazzo, in un fondo detto Fusillo pertinente al Si-
gnor Principe di Centola , ed or tenuto in fitto dal
Sig. D. Giovanni Bellelli. Essa è situata a mezzogior-
no dell' antica Pesto , ed alla distanza di circa un
miglio da questa insigne città. Il sepolcro è formato
di grossi pezzi di travertino proprii del luogo, ed ha
le interne pareti rivestile di sottilissimo stucco , sul
quale sono i pregevoli dipinti , di che sopra ho fa-
vellato. La covertura è una specie di tetto peclina-
tum : nella imposta all'interno è una cornice con gola
rovescia, che ricorre ne'quatlro lati. La porla d'ingres-
so è arcuata, evolta ad occidente: trovandosi richiusa
da un masso rettangolare della medesima pietra , di
che è formato 1* intero sepolcro. La base della tom-
ba è palmi 10, l!j per 10, IO: l'altezza è pai. 7,50
fino all'imposta della covertura. Furono in essa ri-
trovati gli avanzi di uno scheletro , ed insieme una
lancia , e varii frammenti di una corazza di bronzo.
La tomba, della quale ci prepariamo a dir qualche
cosa , era vicina ad altre meno nobili , che appari-
.■ìA'.yo ir.
scono pure a noi pervenute in uno slato meno per-
fetto di conservazione, e prive delle interne dipintu-
re , delle quali forse in origine erano fregiale. Non
si traila dunque di un isolalo sepolcro , ma sibbene
di una riunione di lombo. Per quanto può congbiet-
turarsi dalla situazione de' luoghi, e dalla cognizione
dell' antica geografia , a noi sembra probabile che
quella necropoli appartenga appunto all' antica Posi-
donia , e non ad altra città di quelle vicinanze. La
seconda osservazione , che ci sembra evidente , si è
che il sepolcro racchiudeva un guerriero. Ciò si de-
duce chiaramente e dalla metallica armatura in esso
rinvenuta , e dagli slessi interni dipinti, che alle mi-
litari gesta di un personaggio senz' alcun dubbio si
riferiscono. Nelle tre maggiori pareti del monumento
vedesi ripetuto lo slesso guerriero , vestito delle me-
desime armature, e seguito dallo slesso cavallo. L'el-
mo e la corazza gialla accennano al metallo , di che
quei militari arnesi venivano formati : bianche sono
le tre piume che adornano la galea, e solo veggonsi fi-
lettale di giallo e di rosino: il gonnellino, che sporge
di sotto alla corazza, è rosso. È notevole che i cal-
zari offrono qualche diversità in tulle tre le scene ,
e che 1' elmo e la tunica sottoposta alla corazza nella
figura da noi presentata nella tavola IV offre alcuni
ornamenti particolari , che nelle altre ripetizioni del
personaggio medesimo non compariscono. L'altra
osservazione , che sorge spontanea dalle (re rappre-
sentanze, si è che mentre la fisonomia del guerriero
è sempre la stessa , vedesi però ripetuta di età più o
meno avanzata : sicché nella tav. VI è quasi un im-
berbe giovine , nella tav. V ha la barba crescente ,
nella IV appare di età più provetta e con più lunga
barba.
Pa questa osservazione si ricava che volle nella
23
_ 17S —
nostre pareti effigiarsi la continuazione delle militari
imprese di quel personaggio, e quando giovine co-
mincia le guerresche fazioni , e quando le continua
in età più inoltratale quando Analmente ritorna dalle
belliche avventure, o piuttosto si diparte dalle amo-
revolezze della patria e della famiglia. Questa conti-
nuazione di avvenimenti può altresì ricavarsi in parte
dalle armature, delle quali il personaggio è rivestito.
Di fatti nella tav.VI l'elmo la tunica ed i calzari sono
assai semplici e senza oru amenti , laddove nella tav.
V e nella tav. IV i fregi e gli ornali vanno gradata-
mente crescendo : dal che forse volle ancora indicarsi
il progredire di quel guerriero ne' militari gradi.
Dopo le esposte considerazioni , mi fermerò bre-
vemente sopra ciascuna delle tre scene, secondo l'or-
dine innanzi additato.
Nella prima vedi quel giovine guerriero , che di-
sceso dal suo cavallo e lenendolo per le redini, afferra
pe' capelli un altro giovine combattente, e vibra con-
tro di lui l'acuto giavellotto. L'armatura di quest'altro
pugnatore stramazzato al suolo è totalmente diversa
da quella del suo vincitore. Egli è affatto privo della
corazza, e solo è vestilo di lieve tunica bianca stretta
alla vita da gialla cintura. Un'asta già lanciata contro
di lui si è spezzata nell' urlo , e la punta gli è rima-
sta conGccala nella gola, da cui sgorga a larga vena
il sangue. L'infelice ferito tenia colla destra di strap-
par dalla gola il moncone dell'asta , ed appressa alla
testa la sinistra quasi per allontanarne la mano che
ne siringe la chioma.
La seconda rappresentanza ci offre il solito per-
sonaggio che già è sopra ad altro imberbe guerrie-
ro, di cui colla micidiale sua lancia ha ferito il pet-
to. Egli è anche privo di corazza, e solo è vestilo di
gialìa tunica con rossi ornamenti sul petlo , e cinta
da rossa fascia. Dalla cinta in giù è come un gonnel-
lino azzurro rossastro. L'elmo, che ne ricopre la le-
sta, è di particolare foggia, somigliante ad un elmo
frigio: esso è di colore tendente all'azzurro, e le piu-
me che ne fregiano la sommità sono rosse.
La terza scena non è già di guerra o di battaglia.
Il personaggio ritorna in seno della sua patria da qual-
che militare spedizione, ovvero è sul punto di allon-
tanarsi : reca con se il suo cavallo , che lentamente
si avanza. Egli distende la destra ad un nobile uomo,
che gli è venuto all' incontro , e che a lui stende le
mani, stringendone quasi la destra. Questi è barbato,
ed ha la chioma largamente pendente in sulle spalle,
e di rosseggiante colore: la tunica è bianca con orna-
menti di color violetto, ed è cinta ai lombi da gialla
fascia mercè una fibula tendente al violetto : egual-
mente bianca è la clamide, le cui due estremità offro-
no il non insolito ornamento di Gocchetti di colore
violaceo: i legami de' calzari son rossi in questa come
nelle altre figure. Compie la scena un fanciullo con
bianca tunica fregiata di ornamenti color violaceo, il
quale solleva in alto la testa stendendo verso il guer-
riero ambe le mani.
Nelle due porzioni di muro laterali alla porta so-
no due imberbi giovani con bianca tunica e gialla
cintura, e calzari rosso bruno , ognun de' quali tiene
con ambe le mani un' asta dalla quale mercè un ros-
so nastro è sospeso un oggetto di colore oscuro, che
può riputarsi un ampio pileo , e presso un sacco di
giallo. È notabile che i capelli di queste due figure
son rossi.
Pria di passare a descrivere la più importante
composizione effigiata nel timpano , come si vede
nella nostra tavola VII , mi piace di osservare che
il cavallo appare sempre lo stesso per le fattezze del
corpo : e solo ne varia alquanto il colore , come
suole avvenire a questo nobile animale , il cui pelo
varia egualmente a seconda della eia. Così il giallo
forte si vede nel cavallo della tav. VI , con criniera
mollo oscura , in rapporto colla giovine eia del
guerriero : il grigio giallastro appare nel destriero
della tav. V , in unione col cavaliere più inoltrato
negli anni: e finalmente il giallo chiaro si mostra nel •
cavallo della tav. IV, che simboleggia un animale, il
quale accompagnò il suo padrone in tutte le avven-
ture ed in tulle le battaglie.
Osserviamo pure generalmente che gli ornamenti
del cavallo sono accuratissimamente dipinti : sì il
fronlale di giallo colore che accenna al metallo , di
che si suppone formato, coll'ornamento di gorgoni-
che teste; e sì il morso dipinto in bleu, per additare
— 179 —
l'acciajo, e le rosse redini , ed i rossi nastri che ne
annodano il ciuffo e la coda.
Nella figura IV si aggiunge il pettorale di cuoJQ
messo al di sopra di candido panno.
I! fondo di tutti i descritti quadri è bianco , ros-
sa è la linea segnata sotto i piedi delle figure e de'
cavalli.
Bellissima è la scena effigiata nel timpano , e che
pubblichiamo nella nostra tav. VII.
Vedi nel mezzo un imberbe giovine con bianca
tunica , e col capo coperto di rosso panno : egli ca-
valca un destriero che lentamente si avanza , e che
offre nel corpo giallo colore, più oscura la criniera :
gli ornamenti sono del colore medesimo che si os-
serva negli altri cavalli. Questo imberbe cavaliere
è ricevuto da due giovani donne in bianche vesti or-
late di color violetto , e con neri calzari ; la pri-
ma ha patera e prefericolo giallo , figurando aureo
vasellame , e par che offra al cavallo la bevanda : la
seconda col capo cinto di rosso diadema tien con
ambe le mani un rosso panno: al suolo è altro
più capace vaso del color dell'oro. Seguono il gio-
vane a cavallo non poche altre figure: un uomo con
succinta tunica bianca e gialla fascia, la testa coverta
di oscuro pileo fregiato di rosso ornamento : vien
poi una donna vestita di azzurra tunica, cui sovrap-
poni una gialla clamide entro la quale avviluppa un
ragazzino fregiato di rossa collana : mollo impor-
tante è la seguente figura per gli ornamenti de' quali
è rivestita : essa ha bianca tunica , e bianca clamide
superiore : il capo ha cinto di rossa tenia ravvolta in
più nodi; tiene colla sinistra un tirso determinato
dalla verde pannocchia , a cui è sospeso un oscuro
pileo, ed una specie di giallo sacco o borsa : colla
destra conduce una fanciulla con gialia tunica , la
quale presenta rossi capelli. In alto è un'ampia ghir-
landa di rosso.
Non abbiamo potuto dispensarci dalla descrizione
di tutti questi dipiuti , abbenchè ne avessimo offerto
gli esatti disegni ; perciocché era necessario additare
i differenti colori di lutti gli accessorii, per venire
a qualche probabile conghiellura sopra le differenti
scene della tomba peslana, e per far valutare da 'no-
stri lettori al suo vero punto il merito di arte del
monumento che illustriamo.
Non voglio intanto tralasciar di avvertire che una
breve descrizione del nostro sepolcro ritrovasi nelle
pubblicazioni dell' Istituto di corrispondeuza archeo-
logica di Roma per l'anno 1854 pag. 63 , data dal
sig. Forchhammer ; e che nel volume medesimo ve-
desi riprodotta con notabile negligenza la rappresen-
tazione del timpano, con breve dichiarazione del no-
stro egregio amico Emilio Braun pog. 79.
Anche al sig. Forchhammer parve lo slesso guer-
riero in differenti età costituito: ma sembra che' non
siesi formato una chiara idea del monumento, quando
sospetta che sia da ravvisare un Lucano nel guerrie-
ro caduto della nostra tav. V, richiamando la legio
linlea de' Sanniti. A ben comprendere in parte que-
ste battaglie , fa uopo premeltere alcune osserva-
zioni sull' epoca e sullo stile delle nostre pitture. E
questo il motivo che ci persuase a riportarne in gran-
de le figure nelle nostre tav. IV, V, VI ; non con-
tentandoci delle più piccole dimensioni della no-
stra tav. VII. , dalle quali nulla potrebbe desumersi
sullo stile e sull' epoca del monumento. Gettando
uno sguardo su queste dipinte pareti , parci di rav-
visare in esse uno stile barbarico, ed una maniera
epicoria , nella quale pertanto non è difficile rico-
noscere la ellenica influenza. Aggiungasi la notabile
scorrezione nel disegno de' cavalli, ed anche in parte
delle figure umane ; le poco svelte forme del fan-
ciullino figurato nella tavola IV; ed il costume mede-
simo del guerriero vincitore : e non tarderassi a giu-
dicare che il monumento appartiene ad arte lucana,
e che perciò il sepolto dee riputarsi appunto un Lu-
cano. Questo stile misto di somma e minuta accura-
tezza negli accessorii e negli ornamenti , ed insieme
di non corretto disegno mentre veruna idea di ar-
caismo può risvegliarsi dal diligente esame di questi
dipinti , e' induce a credere che non debba attribuir-
sene la esecuzione ad artisti Posidoniati ; ne' quali
avremmo scorto una maniera assolutamente ellenica,
che in epoca di arte avanzata e perfetta dovrebbe of-
frirsi a' nostri sguardi tati' altra da quello che nella
pestana tomba si presenta. Noi già altrove riportam-
— 180 —
mo un saggio dell' arte lucana in questo medesimo
ballettino, pubblicando le pitture di alcune tombe
di Albanella ( au. Ili tav. X , XI) : siccome facem-
mo rilevare altresì nella breve illustrazione di quei
monumenti. É però da notare che nella tomba Pe-
slana riconoscesi una maggiore influenza ellenica : il
che vuoisi per avventura attribuire alla necessità di
trattare co' Greci abitanti di Posidonia , e forse an-
cora all' epoca men remota del monumento , di che
a! presente ci occupiamo.La medesima influenza gre-
ca fu da noi ravvisata nelle tombe saunitiche di Ca-
pua , delle quali pubblicammo i dipinti nell'anno II
di questo bullettino tav. X-XV.
Avemmo allora la occasione di notare che le pen-
ne, messe a fregiare 1' elmo, non disconvengono a
guerrieri Sanniti, e ricordammo i gladiatori Samni-
tes, che offrivan pure nella galea quell' ornamento
( bull. cit. an. II p. 182 ). Osservammo , e qui an-
cora ne ripetiamo la osservazione, che i Sanniti usa-
rono armature di bronzo, al riferir di Varrone (/. I.
lib. 11 ) ; e che solita arme offensiva era l' asta ( Mi-
cali Storia degli ant. popoli iteti, toni. II pag. 317-
318 ). A queste osservazioni aggiungiamo che un
notabile confronto rilevasi tra quelle tombe sanni-
txhe di Capua , e questa lucana di Pesto. Noi pub-
blicammo nella nostra tav. X un sacerdote forse o
cupencus (v. pag. 178), il quale offriva identico co-
stume a quello del nobile personaggio che stringe la
mano al guerriero : una duplice veste di bianco co-
stituisce 1' abbigliamento di entrambi : e lo stesso
dee dirsi della duplice veste bianca osservabile nel
magistrato o meddix della tomba di Capua , di cui
dicemmo a pag. 183 di quell' anno II del bullettino.
Né è da tralasciare l'uso della barba e de' mustac-
chi, che ricorre altresì nelle virili figure delle tombe
capuane : sebbene questo costume debba riputarsi
variabile ; giacché nel giovine cavaliere della tav. XI
non si scorge affatto indizio di barba. La quale va-
rietà di costume trova il riscontro parimenti nella no-
stra tomba lucana , ove il guerriero in età più gio-
vanile è affatto privo di barba ; ove però dir non si
voglia che in quelle figure di Capua e di Pesto addi-
tar si vollero giovinetti di primo pelo , che non of-
frissero incera in modo visibile la nascente barba.
Ritenuto nelle figure della tomba peslana un sag-
gio dello stile e dell' arte de' Lucani , non sarà diffi-
cile determinar presso a poco l'epoca del monumen-
to. Noi sappiamo che la Romana colonia fu dedotta
in Pesto nel 479 di Roma e che i Lucani eransi
impadroniti di Posidonia verso il 422 o poco prima,
giusta le osservazioni del Mazzocchi (tab. Heracleen-
ses p.507);abbenchè il ch.Corcia stabilisca alquanto
più antico il dominio de' Lucani in Posidonia ( Sto-
ria lom. Ili p. 31 ). A questo periodo della Lucana
dominazione, cioè di circa sessanl' anni, appartiene ,
a nostro avviso, il monumento di che discorriamo, e
gli altri rinvenuti altra volta in vicinanza di Pesto ,
anche pertinenti a guerrieri , e somigliantissimi per
lo stile a questo più recentemente scoperto ( Paulino
memorie su' monumenti etc. nota del Nicolas p. 320
seg. : Bamonle anlich. pesi. p. 73 segg.). Sicché noi
opiniamo che questi sepolcri deggiano riferirsi a cir-
ca tre secoli prima dell' era volgare : il che si ricava
benanche dallo stile avanzato , comunque scorretto ,
delle figure effigiate nelle interne pareli. Dalle cose
finora date rilevasi quale sia la nostra opinione sulle
diverse scene di queste dipinte battaglie. Posto che
il guerriero vincitore è per noi un lucano, non sarà
difficile determinare con certa probabilità la patria
de' caduti: ravvisar potremmo alcuni de' vinti Posi-
doniati , ovvero di quegli altri popoli co' quali fu-
rono i Lucani in continue guerre. Il costume de'
vinti non disconviene agli stessi Posidoniali; e le lori-
che liutee sono pur convenienti agli usi de'greci \tvo-
ìòuipy]xei: principalmente quando si consideri che già
in Posidonia erasi verificata la influenza de'coloni Si-
bariti. Se le nostre conghietture sono da riputare pro-
babili , potremmo giudicare che le battaglie effigiale
nelle pareti della nostra tomba sieno da riportare alle
battaglie de' Lucani co' medesimi Posidoniati , le
quali assicurarono a' primi il dominio di Posidonia,
e furono perciò causa della lucana colonizzazione : e
che il guerriero vincitore fosse uno de' principali
agenti iu quella importante conquista.
Queste nostre ricerche trovano appoggio nella rap-
presentanza del timpano ; e ne danno insieme una
plausibile spiegazione.
I chiarissimi signori Forchb<immer e Brami enn-
— 181
vennero entrambi nel credervi figurata una scena del
mondo inferiore , e giudicarono che venisse indicalo
il giovine guerriero , che si avvia al regno delle om-
bre, il Sig. Braun poi dal cattivo disegno del Sig. For-
ehhammer fu trailo in equivoco, ravvisando una luna
talcala bella grande corona sospesa nel campo. Può
francamente asserirsi che questa spiegazione de' due
chiarissimi archeologi non sia basala sopra solidi fon-
damenti. Di falli tutte le figure messe dietro al ca-
vallo mostrano di seguire il cavaliere che lor si fé
guida: e le due donne , che si mostrano inuanli, pa-
lesano l'arrivo al designato termine. Non è dunque
possibile immaginare il congedarsi dalla famiglia, che
sarebbesi in tuli' altro modo rappresentato. A ciò si
aggiunge che un viaggio al regno delle ombre riferir
si dovrebbe al medesimo personaggio che fu nella
tomba sepolto, e di cui si figurarono le militari im-
prese. Or come mai sarebbesi cotanto trasformato per
età e per foggia di vestimento : in guisa da dar la
idea di un uomo totalmente diverso? Per tutti gli
esposti motivi non regge ad una sana critica, ed alle
regole slesse dell' arte, la spiegazione proposta da'si-
gnori Braun e Forchhammer.
Richiamando invece le osservazioni da noi pre-
messe, sarà facile ravvisare in tutta quella serie di
figure composta d' intere famiglie la colonia lucana ,
che s' invia a prender possesso della vinta Posidonia.
Giovani guerrieri , donne con lattanti fanciulli , te-
nere giovinette seguono il cavaliere capo di quella
migrazione , il quale è accolto da due giovinette
Posidoniati intente a ricevere scarmigliale i vincitori
soprarrivali , ed a porgere al cavallo la bevanda ri-
storatrice , ed a presentare al cavaliere purpureo e
ricco drappo. La corona dipinta nel campo significa
esser quella migrazione di vincitori.
Così e non altrimenti intendiamo la difficile sce-
na, che ci si porge agli sguardi , e che trovasi in vi-
cina relazione colle dipinte battaglie. Essa è come il
risultamento delle guerre de'Lucani: e trovasi in rap-
porto col guerreggiante personaggio, che alla domi-
nazione de' Lucani die causa ed origine, concorrendo
alle viltorie sopra i Posidoniati. La rappresentanza ilei
(impano è come un importante episodio . srello as-
sennatamente dall' artista per celebrare le lodi del
seppellito guerriero. E qui mi piace di osservare che
dal dipinto (inora illustrato rilevasi chiaramente l'at-
tribuzione di quell' oggetto , che vedesi sospeso al-
l' asta, e che fu da noi già determinato per un p.loi.
Di falli due giovani seguono il cavaliere , uno di
essi ha sulla testa un pileo del medesimo colore , e
l'asta a cui nulla è sospeso ; laddove l'altro ha nudo
il capo , ed all'asta o tirso tien sospeso quel pileo
destinato certamente a ricoprirne la testa.
A compire la illustrazione di queste importanti pit-
ture , è mestieri notare che la parete messa di fronte
alla porla del monumento , e da noi riportata nella
nostra tav. IV , esprime senz' alcun dubbio una sce-
na di funebre congedo. Il guerriero già avanzato ne-
gli anni è prossimo a dipartirsi dalla terrena sede.
Egli ha già pronto il funebre cavallo ,che trasportar
lo dovrà al regno delle ombre : ed iutauto si licenzia
da' suoi più cari , che sopravviveranno alla sua par-
tenza. Un fratello forse, che non segui la carriera delle
armi ma il sacerdozio o le civili magistrature , a lui
porge dolente la destra, mentre un tenero Ggliuolino
stende le braccia al padre, che si allontana per sempre.
La evidente intelligenza di questa scena di conge-
do è una novella ragione , ed un argomento di più,
per non ammettere nella pittura del timpano una
scena di simile intelligenza.
E perciò sembraci confermala la interpretazione
di tulli i dipinti singolarmente o nel loro insieme
considerati, presentandoci le tre più grandi pareti le
battaglie vittoriose di un guerriero Lucano, e ia sua
partenza dal mondo e da' più cari mercè l'ajuto del
funebre cavallo, lu quanto al dipinto del timpano, è
da riportare alla migrazione della colonia lucana in
Posidonia, come seguilo di quelle pugne e di quelle
viltorie.
Ci proponiamo di presenlare alcune osservazioni
su' costumi lucani, mettendo in confronto i nostri di-
pinti co' vasi fittili di quella provenienza, i quali pre-
sentano non pochi puuti di somiglianza.
MlNBKVINI.
182-
Yaso scoperto in Sardegna.
Nella nostra tav. XIII pubblichiamo uu importan-
te vaso di arcaico lavoro non ha guari scoperto in
Sardegna , del quale presentiamo la incisione la metà
dell' originale sull' esatto disegno eseguito dal signor
Vincenzo Crespo, e che ci venne trasmesso dall'egre-
gio signor Cav. Canonico Giovanni Spano. Dobbiamo
a questo archeologo , zelantissimo per la pubblica-
zione ed illustrazione de' monumenti della sua pa-
tria (1) , il permesso di fregiare il bullettino archeo-
logico napolitano di questa importante rappresenta-
zione , ed a lui medesimo dobbiamo le notizie sulle
particolarità della scavazione, e del monumento stes-
so, di che stiamo discorrendo.
Le figure son nere in fondo rossastro , e graffili
ne sono i contorni , siccome si scorge ne' vasi dello
stesso stile , e della medesima fabbrica.
Gli ornati del collo son rossi in fondo nero.
Il vaso fu ritrovato nello scorso mese di Marzo
dal dotior Pietro Cara in uno scavo che fece nel-
1' antica città di Tharros (2) , ed or si possiede dal
Sig. Cav. Gaetano Cara , direttore del Real Museo
di Cagliari. Era il monumento insieme con altri vasi
di semplice lavoro , e non figurati , in una sepoltura
composta di due lunghi massi paralleli, e di un altro
al di sopra per coperchio.
A prima vista si riconosce il soggetto di questa
importante stoviglia. Teseo imberbe munito di corta
tunica e di leonina pelle è sul punto d' immerger la
spada sotto 1' ascella del Minotauro caduto sulle gi-
nocchia , che cerca di lanciargli una pietra. A' due
lati sono due efebi presso due cavalli: un uccello vola
verso il sito della conlesa, ed al suolo è un okladias.
11 soggetto della pugna di Teseo col Minotauro fu in
questi ultimi tempi dottamente illustrato dallo Slc-
phani ( Der Kampf zwischen Thescus und Minotauro}
Leipzig 1842 fol.), dal Gerhard (Auserlesene griech.
(f) A lui è dovuta la pubblicazione di un bullettino archeolo-
gico sardo, che da circa due anni vede la luce, e di cui ci pro-
poniamo dar I' annunzio in questi fogli.
(2) Vedi su questa città le cose dette dallo stesso eh. Spano nel
suo opuscolo intitolato notine dell' antica città di Tharros. Ti-
pogr. na:. W>Q.
Yasenbildcr 111 p. 37 segg. ), dal Iahn (archacologi-
schc Beitràge p. 251 segg. ) , e più recentemente dal
Roulez ( Vascs pcints du cabin. de Leide tav. X p. 38
segg.).
Nel citato vaso del gabinetto di Leida , ed in altri
non pochi monumenti , Teseo ha la barba , è vestito
presso a poco come nel nostro vaso di Tharros , ed
il mostro col quale combalte è pur nell' atto di sca-
gliar per difesa una pietra.
Non è men comune la pelle, che vedesi attribuita
all' eroe Ateniese , siccome venne osservato dal eh.
Iahn (op.cit. p. 260 not. 18). Fu avvertito dal eh.
Roulez che la pugna di Teseo col Minotauro figu-
rossi frequentemente come una lotta agonistica ( op.
cit. p. 40 , 41 ) : ed a ciò alludono le figure, che
veggonsi talvolta sedute assistendo alla scena. Par-
OD
mi che 1' okladias effigiato nel vaso di Sardegna , di
cui parliamo , non abbia una differente intelligenza,
e sia quasi preparato per gli spettatori del trionfo di
Teseo. I due giovani con cavalli sono due degli efebi
Ateniesi, che furono liberali dalla vittoria dell' eroe
loro concittadino. Le tradizioni parlano di sette gio-
vani e di sette donzelle ( Sappho apud Servium ad
Aen.Vl, 21 ; Platon. Phaed.p.oS, A. cf. Diod. Sic.
IV, 60 seg. Plutarc. in Thes. 15 seg. , Hygin. fab.
41 seg. Pherecyd. fragni. 106 ap. Schol. Hom. Od.
A, 320; Macrob. Sat. I, 17). Per ciò si trovano as-
sai spesso ne'monumenli efebi e donzelle da presso alla
pugna del mostro con Teseo. Incontra pur qualche
volta di veder solo un efebo a canto a Teseo, come in
un vaso presso Inghirami (Vasi fittili tav. CCXCVII,
1, 2) : e così nel nostro vaso di Tharros i due gio-
vani Ateniesi appartengono entrambi al sesso virile.
Essi guidano ancora i cavalli, su' quali percorsero
forse la Grecia pria d' imbarcarsi per V isola di Cre-
ta. Acutamente conghietturava il eh. Iahn il signi-
ficato del mito , esprimendosi con esso che mentre
Atene pagava un annuo tributo , Teseo col vincere
il Minotauro liberò la sua patria da una tale gravez-
za (op. cit. p. 263 segg.). Della quale avventura be-
ne a ragione il Roulez (op. cit. p. 42 not. 2 ) va ri-
cercando le tracce in un notabile frammento di Fi-
locoro anche a traverso dell' evemerismo che io esso
— 183 —
si ravvisa {fragni. 39 , IO - eJ. Car. Muller p. 390
segg. )•
É la prima volla elio i giovani ateniesi veggansi
presso cavalli, per quanto possiamo ricavare da' mo-
numenti che sono a nostra notizia, e che furon finora
pubblicati o descritti (Vedi le citate opere , e Muller
Hanàbuch% 412 not. 1 p.C87 ed.Welcker: cf.Birch
and Newton calaìogue ofvascs in British Museum n.
•152, 514,607,615; Iahu Vasensammlung zaMun-
chena.H, 107, 170, 333,372,569, 1079,1155,
1311,1332,1352). Sarebbe mai indicato nel nuovo
monumento che quell'annuo tributo comprendesse i
giovani ed i cavalli destinali a trasportarli ? Non ab-
biamo appoggi filologici per confermare una tale idea.
Intanto non vo tralasciar di notare che questi ca-
valli, i quali accompagnano i due efebi, potrebbero
alludere a' nomi ed alle occupazioni di quei mede-
simi giovani.
Nella enumerazione fatta da Servio de' quattordici
giovinetti destinati al tributo , quando Teseo risultò
vittorioso, e da lui liberati, secondo le correzioni del
eh. Stephani (op. dt.p. 38, s.), e del eh. Iahu (Arch.
Beilr. p. 453 ) , si trovano le denominazioni d'Hip-
pophorbas fra gli uomini , e di Medippe tra le fem-
mine. E poi evidente il significato di queste parole ,
che al nutrimento ed alla cura de' cavalli si riferisco-
no. Simili allusioni possono riconoscersi ne' due efebi
accompagnati da cavalli nel nostro vaso di Sardegna.
L' ultima particolarità degna di osservazione è V uc-
cello volante verso il sito della scena.
Ove non voglia credersi quel volatile destinalo a si-
gnificar l'augurio della contesa ( 1 ), potremmo pensare
al suo funebre significato ; per lo quale 1' anima fu
sotto forma di uccello figurata : e trovasi nelle rap-
presentanze di risse e di battaglie l'uccello , ad addi-
tar forse la partenza delle anime de' guerrieri trafitti
e spenli ( v. Abeken Ann. dell' ht. 1836 p.310 segg.
Roulez Mélang. IV, 4 p. 2 : Minervini vasi di Jatla
pag. 32: Iahn arch. Bcilr. p. 260 not. 19).
(1) Da tempi antichissimi si porla di valicinii dedotti dal volo degli
uccelli, de' quali si attribuiva la origine a' Carii od a' Frigii: Plin.
nat. hist. VII, 57, 12; Cloni. Alex. Strom. p. 300; luvenal. Sat.
VI 585.
Difficile riesce li intelligenza del rovescio del vaso,
nel quale un efebo conduce il suo cavallo, e lo prece-
de un cane , animale di cui sovente i giovani pren-
don diletto (vedi Raoul-Roebette meni, de man. et
d' antiqu. pag. 236 ): egli si accosta al guerriero ar-
mato , che tranquillamente il riceve : come rilevasi
dall'asta riversa colla punta in giù.
Ma già dall'altra estremità giunger si vede un altro
guerriero inatto minaccioso, ed un augello a lui
vola incontro. Non oseremmo asserire se in quesla
scena abbia voluto indicarsi lo stuolo de'giovani Ate-
niesi giunti come tributo in Creta , ed ivi accolli da
Cretesi guerrieri ;e poi Teseo armato e pronto a bat-
taglia venuto a riscattarli. Questa maniera d' inten-
dere si adatterebbe alla tradizione evemeristica di Fi-
locoro. E quindi nel vaso di Sardegna si vedrebbero
effigiate le due diverse leggende , quella mitica della
pugna di Teseo col Minotauro mostro di Creta , e
l'altra storica della battaglia dello stesso eroe Ateniese
con Tauro guerriero di Minosse {fragni, cit.).
E forse il nostro monumento ci fornisce il mezzo
di conciliar le due tradizioni riducendole ad una sn-
la. Teseo viene a riscattare il tributo di Alene : ciò
gli ò conceduto a palio che liberasse Creta dal Mi-
notauro. Ecco la continuazione delle due rappresen-
tanze, che in tal modo vanno riferite al seguito della
medesima avventura. Era ben naturale che in questa
duplice narrazione l'abbigliamento di Teseo fosse va-
riato. Quando è alle prese col mostro egli si presen (a
vestito quasi come Alcide , munito della pelle dei
leone , siccome un eroe liberatore della Grecia ; lad-
dove nell'altra scena ha le solite armi di qualsivoglia
guerriero, perchè si tratta di una pugna tra eguali ,
figurando il liberatore della sua patria Alene contro
gli stranieri nemici.
Del resto questa nostra spiegazione si abbia come
una semplice conghictlura.
Frequenti sono a vedersi sotto i manichi effigiati
i mostri degli antichi miti , come sono le Sfingi e le
Chimere, le quali distinguono quasi le differenti rap-
presentazioni. Noi ne dicemmo altrove alcuna cosa
nell'antica serie del bullctlino , ove riportammo an-
cora le opinioni degli archeologi su questo uso delle
— 184 —
mostruose figure fralle varie scene de' vasi dipinti
(an. VI pag. 58, s.): e rimandiamo a quello che al-
lora ne dicemmo.
Oltre la importanza del soggetto, altra se ne porge
alla nostra considerazione ; ed è la provenienza del
monumento. Fino a poco tempo fa non furono ricor-
dati antichi vasi fittili scavati nel suolo della Sarde-
gna : ed in fatti una tale località non trovasi rammen-
tata ne' prolegomeni del eh. lahn al suo catalogo dei
vasi di Monaco ( Miinchen Vasensammlung , Einlei-
tung p. XXI , e segg. ). Recentemente il eh. Spano
parlò dell' arte plastica in Sardegna , e ricordò le
stoviglie , die ivi si ritrovarono ( Bull. arch. Sardo
an. II p.80 segg.). Ma ci comunicò a voce la notizia
che in Sardegna rinvengonsi moltissimi vasi di altre
forme , con qualche fregio e qualche figura , come
di Satiri, di Ninfe, di civette etc. , i quali si conser-
vano sì nel Real Museo di Cagliari , come nella sua
propria raccolta, ed in quella del cav. Gaetano Cara.
II vaso , di che finora abbiamo parlato , è il primo
che sia istoriato , e che presenti un soggetto concer-
nente a mitiche tradizioni. Questa particolarità ne
accresce la importanza, ed il merito.
E noi ci dichiariamo più grati al lodato sig. cava-
liere Spano, per avercene ceduta la prima pubblica-
zione.
Per quanto ricaviamo dalle notizie dello stesso ar-
cheologo sardo ( vedi Notizie sull'antica citta di Thar-
ros. Parte I. = tipogr.naz. 1850 : cf. Ballettino Sar-
do an. II. n.3 e 6), ritrovansi in Tharros monumenti
fenicii, egizii , e romani. I pochi monumenti greci
sono di sicula importazione. Egli osserva pure che
la vernice e V argilla de' vasi fittili rinvenuti in altri
siti della Sardegna mostrasi pertinente alla regione ,
ove furono ritrovati : e perciò ne trae che que' mo-
numenti furono lavorati appunto in Sardegna.
Comunque sia di ciò, il lavoro di questo vaso , la
secchezza dello stile, e gli ornamenti medesimi , dei
quali è fregiato, accennano ad epoca remota e ad arte
greca : la quale non disconviene al silo del ritrova-
mento ; se greca dee riputarsi la stessa denomiuizio-
ne della città, in cui venne dissepolto.
MiNERVINJ.
BIBLIOGRAFIA.
Monumenta epigraphiea pompeiana ad (idem archely-
porum expressa — Pars prima, inscript ionum osca-
rum apographa, curante losepho Fiorellio — Neapo-
1i — ex officina Caiet. Nobile super, perni editio
altera MDCCCLVI. Pag. XXXVIII in 4.
Noi già nel III volume di questo bullettino demmo
l' annunzio della prima edizione di questo lavoro (pag.
111). Ora con piacere facciamo conoscere questa se-
conda edizione, la quale è destinata a tutti i cultori
degli sludii filologici e degli italici dialetti , laddove
quella prima , tirata al numero di soli cento esem-
plari , era destinata per le pubbliche biblioteche , e
più ancora, a nostro parere, pe' pubblici musei : ove
gli esatti disegni a facsimile farebbero di se bella mo-
stra, niente meno che gli originali monumenti.
La nuova edizione, di cui ora diamo 1' annunzio ,
manca de'disegni a facsimile ; ma del resto è perfet-
tamente identica alla prima: e solo abbiamo notato
una maggior correzione tipografica , come alla pag.
XXXVI n.5 ben si riporta ^flY invece ?13*nY ; sic-
come leggevasi nella prima edizione. Dobbiamo poi
saper grado al eh. editore , per aver reso facilmente
maneggevole e di pochissimo costo un libro, che nel-
T antico formato aver non poteva che uno scarsissimo
numero di lettori : tanto più che non sarà difficile con-
sultare in qualche caso la prima edizione nelle pri-
marie biblioteche, ove trovasi collocata. L'a. aggiunge
una breve prefazione per difendersi dagli attacchi del
sig. Overbeck, il quale erasi doluto dell'inutile lusso
della prima edizione ( Pompeii p. IX ). Il sig. Fiorella
riproduce alcune nostre parole, nelle quali mettemmo
in chiaro la importanza di quella magnifica pubblica-
zione. E senza dubbio non potrà sembrarne altrimenti
al eh. Overbeck : il quale colla nuova edizione di fa-
cilissimo acquisto vedrà interamente compiuti i suoi
voti , e farà giustizia al Sig. Fiorelli distinguendo la
importanza delle due differenti edizioni dalla loro di-
versa destinazione.
MlPfERVIM.
Giulio Mi.neuvini — Editore.
Tipografia di Giuseppe Catànf.o.
BULLETTINO ARCHEOLOGICO NAPOLITANO.
NUOVA SERIE
N.° 98. (24. dell' anno IV.)
Giugno 1856.
iscrizione dionisiaca in un vaso dipinto della collezione latta in Ruvo Notizia de' più recenti scavi di Pom-
pei. Supplimento al num. 95. — Monumenti potnpejani. Supplimento al num. 98. — Vaso Amazzonico di
S. A. R. il Come di Siracusa.
Iscrizione dionisiaca in un vaso dipinto della collezione
latta in Ruvo.
La nostra tav. Ili ci offre, della grandezza dell'ori-
ginale , la faccia principale di un vaso fittile antico
della insigne raccolta del sig. Giovanni latta in Ruvo.
Le figure son rosse in fondo nero, con alcune parti
di bianco principalmente negli accessorii. Lo stile non
è del più bello e perfetto ; ma pure nella dionisiaca
pompa, che ci si porge agli sguardi, vedi una tal vi-
vacità di movimenti e di espressione, che rende il no-
stro vaso uno de' più pregevoli monumenti di quella
provenienza. Un giovine Bacco con clamide svolaz-
zante, e col capo coronato di foglie, da cui scendono
in lunghi ricci i capelli , apparisce nel mezzo in un
cocchio tratto da pantere o da linci in velocissimo
corso. 11 dio tien colla sinistra le redini , ed innalza
colla destra il tirso a cui si annoda una tenia. Precede
la biga una cervella velocemente correndo, ed un gio-
vine satiro tutto nudo , che tien colla destra il tirso :
la segue un barbalo Sileno con clamide e stivaletti ,
che siringe colle sue mani due accese faci.
Nell'ordine superiore è una Baccante, che parche
mova i piedi alla danza presa dall' eslro dionisiaco :
ella tiene colla sinistra un timpano , colla destra uua
specie di situla. Dall' altro lato è un importante grup-
po. Una Baccante col capo pendente indietro, ed il
petto nudo è caduta sulle ginocchia: quasi a lei sfugge
dalla destra il timpano, e già lasciossi cadere il tirso
«pezzato nella parte inferiore. Questa figura ridotta in
tale stalo dalla influenza del dio è sostenuta da un an-
drogino personaggio alato, che con ambe le mani l'af-
ferra. Son nel campo una tenia quasi simmetricamente
AIMO ÌY.
sospesa , e due foglie di edera. Nella opposta faccia
del vaso sono tre sole figure : un nudo giovine con
tirso, patera, e grappolo, è seguito da una donna con
corona e timpano, e preceduto da un'altra donna con
timpano e situla. Ad un primo sguardo si ravvise-
rebbe in questa scena un soggetto assai comune di
una dionisiaca pompa ; ma dopo breve considerazione
si rileverà di leggieri che la rappresentazione della
jattiana anfora offre importantissime particolarità, che
richiamano tutta l'attenzione da parie degli archeologi
Notevole è la figura di Bacco con pendenti ricci :
a' quali fa vicino confronto la frase di Euripide, che
accenna alla medesima disposizion di chioma: ra>-
3óì<rt p.oTTf,i%oiaiv (Bacch. v. 235) ; la quale pertanto
incontrasi ancora in altri antichi monumenti ( Miner-
vini mon. ined. di Rarone tav. XXV, p. 113). 1 ve-
locissimi animali che traggono il carro del dio pare
che dir si debbano linci piuttosto che pantere. E ben
risaputo esser la lince nu bacchico auimale (Voss. ad
Virgil. Georg. Ili, 264 ): ed a ciò appunto accennava
il satirico Persio, con quel verso : Rassaris et lyncem
Macnas flexura corymbis ( Sai. I, 101 : cf. lahn A.
Persii Flaccisat. p.lOG); siccome avverte lo Scoliaste
presso lo slesso lahn p. 272 : Lynx est bestia Libero
patri consecrata etc. Nel vaso che illustriamo il dio
de' mislerii nella veloce sua corsa impugna e scuote
il tirso eccitando le orgie.
Il cervetlo, che precede il cocchio, non manca di
mistica intelligenza : o si consideri il suo rapporto con
Bacco per le avventure di Amimone, e pe' misterii di
Lerna ( vedi quel che dicemmo aelt' antica serie del
ballettino au. I p. 55, 56 ) ; o che ?i guardi il wfyfiTf/ioS
proprio delle h'Wte e delle iniziazioni (vedi Fozio le-
2ì
— 186 —
xic. v. rsflpi%uv , ed un frammento del libro di Ari-
gnota Trip) rùiv ri'ksrùv appo Arpocrazione s. ead. v.
cf. Lobeck Aglaophamus p.653, ed Avellino nel bull,
ardi. nap. an. II pag. 74 ). 11 Satiro col tirso, ed il Si-
leno colle fiaccole sono figure ben convenienti ad uua
scena d' iniziazione. Frequenti sono gli esempli delle
accese faci nelle rappresentanze simili a questa , che
abbiamo sotto gli occbi. Esse servono ad illuminare
il dio e gli orgiasti nel corso della notte : non senza
alludere altresì alla ignea e solare natura di Bacco ,
come dio della vegetazione, e della fruttificazione. In
questa duplice intelligenza molto ben si comprende la
presenza del Sileno daduco. Nulla crediamo parimenti
di notare sulla Baccante, che si avanza con situla e tim-
pano. Ovvie sono somiglianti figure ne' bacchici sog-
getti. Quello però che richiama tutta la nostra atten-
zione si è il gruppo della Baccante caduta sulle ginoc-
chia, e sostenuta da un essere ermafrodito. Essa ha il
petto nudo, come si scorge alle Baccanti in altri mo-
numenti: e noi illustrammo altrove una simile parti-
colarità in un altro vaso della medesima collezione
latta, ricordando il luogo di Euripide, ove traile varie
occupazioni delle orgie le Baccanti danno a succhiar
le mammelle a'figliuolini delle selvagge capre e de'lupi
[Bacch. v.698, s.). É pur notabile che Agave, in una
pittura descritta da Filostrato.mostravasi macchiala del
sangue del figlio nelle maui, nel volto, ed ancora nel
nu io petto U rà. yvy.ix rov txa.%oò ( Philostr. imag.
XVI!!p.31 edit. Welcker).Vedi la noslra descriz. di
(dami vasi fitl. ani. delia collezione latta p. 69, 70.
Con i io non vogliamo intendere che la stessa figura
di Ag:ve debba riconoscersi in questa svenuta Bac-
cante. Noi riconosciamo invece lo sfinimento succe-
duto all' agitazione dell' orgia. Tanto si addila dalle
scomposte vestimcnta, dalla ondeggiante chioma, dal
tirso spezzato nello scuoterlo (arò, Svpaov ti ructauuiv
Eurip. Bacch. v. 61 ). GÌ' istrumenli dell'orgia, co-
me innanzi avvertimmo, le caddero dalle mani, poi-
ché ne rimasero abbattute le forze. Il piegar violen-
temente indietro la testa ci ricorda le Menadi , di-Ile
quali diceva Catullo, evoe capita infleclentes[epith. Pel.
ti Thet. v. 256). Se la nostra Baccante per la sua sin-
goiar posizione si addimostra costituita sotto la più
forte influenza dell' estro dionisiaco , può ragionevol-
mente supporsi che venga con essa indicata una se-
guace di Dioniso nel momento della iniziazione. In
questa idea ci conferma 1' alata figura che colla Bac-
cante vedesi aggruppata , e che ci sembra di somma
importanza. Questo essere ermafrodito scorgesi assai di
sovente nelle bacchiche scene: e può riferirsi a quello
che dal dottissimo Creuzer fu ritenuto pel genio alato
dionisiaco ( Dionys. p. 164). È pur notabile che una
somigliante figura comparisce altresì con varii simboli
mistici nei vasi di Puglia, o di altre località, senza che
si vegga in rapporto con bacchiche rappresentanze. Il
vaso che ora pubblichiamo ci dimostra il vero signi-
ficato di questa figura. Certamente essa dinota un es-
sere strettamente collegato co'misterii, se accoglie
traile braccia e sostiene una iniziata. Non sarebbe
strano il supporre che in questa alata figura ravvisar
si dovesse la stessa Telete, intenta ad assistere una my-
stis. Ed in tale idea riuscirebbe di maggiore impor-
tanza la scena figurata nel nostro vaso di Ruvo , la
quale in qualunque caso apre la via a novelle ricer-
che per la conoscenza delle mistiche religioni , che
pur troppo sono tuttavia ricoperte ed ascose.
Mjnebvjni.
Notizia de' più recenti scavi di Pompei.
SupplimentQ al n.° 95.
Alla descrizione da noi data di sopra pag. 161 della
fascia con una veduta del Nilo, aggiungiamo la osser-
vazione eh'.1 tutte le figure, che la compongono, sem-
brano quasi segnate in caricatura: e lo stesso dee dirsi
del grosso quadrupede, che fu da noi definito pei un
montone. m*
A pag. 163 parlammo di Ire circolari costi uzimii
di forte fabbrica di mattoni, proponendoci dir qual-
che rosa del loro uso, quando fossero interamente dis-
gombre dalle terre. Ora aggiungiamo che in 'j-nlle
circolali costruzioni furouo rinvenuti i residui (ielle
grandi caldaje di rame, le quali erano in esse < olio-
caie : e perciò giudicar sì debbono forse qui ' Ir^ ohena,
caldurium , tepidarium, ffiigidorium, de' quali parla
— 187 —
Vitruvio (lib.V, cap.X, tom.I p.305s., ed. Marin.),
e che (rovansi corrispondenti a' disegni delle antiche
(erme riportate dal Marchese Marini (tav.XCII): se non
che, quando ne sarà interamente compiuto lo scavo,
potremo confrontare questa parte del novello edificio
colla descrizione Vitruviana, ed illustrar per tal modo
le parole del romano architetto.
La sala da noi descritta a pag. 1 63 merita novelle
dilucidazioni. Primieramente è a notare eh' essa è in-
teramente concamerata anche nella volta : il che rie-
sce nuovo per Pompei , sebbene altri esempli se ne
veggano nelle terme romane. Mancammo poi di av-
vertire che in questa sala fu rinvenuto un ampio se-
dile di bronzo destinato al riposo di coloro , che in
quella slufa promuover bramavano i sudori. La de-
scrizione degli stucchi, che fregiano il muro sotto la
finestra a sinistra dell' entrata, dev'essere in parie ret-
tificata. Vedesi una colonna con vaso al di sopra ,
alla quale è appoggiato uno scudo. Vedi poscia lo scri-
nium, e la mensa, e dall' altro laloi residui di un'er-
ma incerto , di cui apparisce la sola parte inferiore ,
e presso di cui è pur poggiato un altro scudo. Non
vogliamo indagare il significato di questi ornamenti di
slucco, i quali sovente erano fantasticamente riuniti.
MlNERVINl.
Monumenti pompejani — Supplemento al n. 96.
Nella tav. XII n. 4 riportammo il disegno della
mensa di marmo e della piccola fonte del compluvio
(p. 1 69). Ora avvertiamo che la colonnetta situata tra
la mensa e la fonte al presente apparisce interamente
piana nella parte superiore: ma noi la riportammo nel
suo primitivo stato, quando comparivano alcune con-
chiglie incastrale in uno stinto di calce , dal quale
mercè un piccolo tubo sgorgava l'acqua nella fonte.
Le piogge e le gelate distrussero interamente quel-
l' ornamento superiore, del quale non rimane più
alcuna traccia.
I numeri 5 e 6 della medesima tavola ci presenta-
no un canale con la sua anlcGssa , del quale non fa-
cemmo menzione nella prima indicazione della tavola.
MlNERVINl.
Vaso Amazzonico di S. A. II. il Conte di Siracusa.
Rileviamo dall' archaeolorjische Zeilung del eh. Ge-
rhard (Aprile 18"T) , arch. Anzeiger p. 181* ) che il
mio egregio amico sig. cav. Panofka ha dato una
gentile notizia del vaso amazzonico di Cuma da me
pubblicato nella tav. Vili di questo anno IV del bui-
lettino , ed illustrato a pno;. 73 «cgg. Egli osserva
che nell'amazzone Myiane potrebbe riconoscersi la
eolica Myrine ; e suppone che il ioras sia finimento
di un nome più lungo. Sono nell' obbligo di dichia-
rare che nel monumento si legge senz' alcun dubbio
MYIANE : e dovrebbe supporsi un errore dell' arte-
fice, ove volessimo ritenere che fosse indicata Myrine.
Confesso che questa idea era venuta prima nella mia
niente: ma poi l'abbandonai per attenermi alla chia-
ra lezione del vaso. In quanto al IOPAS , credo che
sia l'intero nome di quel personaggio; giacché non
è il campo infranto o restaurato prima di quella vo-
ce : e perciò fummo tratti a dar quella spiegazione
simbolica delle (re figure di guerrieri nell'ordine in-
feriore : vedi la pag. 77.
MiNERVIM.
FINE DELL' ANNO IV.
Giglio MiNERViNi — Editore.
Tipografa di Giuseppe Catarzo.
INDICE DEGLI ARTICOLI.
Monumenti creiti agli Antonini dagli Scabillarii
Puteolani Pag. 1
Nuove ossservazioni sugli Scabillarii Puteolani 49
Monumento degli Scabillarii in Pozzuoli . » 103
Osservazioni del eh. ab. D. Celestino Cavedoni
sull'opera intitolata «Voyageen Asie-Mineure
au point de vue numismatique par W. IL
Waddington. Paris, lS53,in 8.° conXI tav. 9
Continuazione » 25
Anello di oro recentemente introdotto nel Rcal
Museo Borbonico. Supplemento alla pag.178
dell' anno III di questo bullettino » 16
Notizie de' più recenti scavi di Pompei. Conti-
nuazione del n. 55 » 17
Conlinuazione » 133
Continuazione » 161
Supplemento » 186
Iscrizione dipinta di rosso sopra una parete pom-
pejana » 33
Di due programmi pompejani . ...» 37
Nuove osservazioni e compimento della descri-
zione della casa di M. Lucrezio in Pompei » 52
Continuazione , » 65
Continuazione . » 79
Continuazione » 81
Monumenti Pompejani ....•..» 169
Supplemento .......... 187
Osservazioni sopra le monete di Filippi della
Macedonia » 25
Leone ed Amori , lavoro a musaico presso il
»ig, Raffaele Barone » 36
Iscrizione latina ...,....» 38
Osservazioni sopra alcune monete di Romani
Imperatori — Nerva » 41
Traiano » 44
Continuazione » 57
Conlinuazione » G6
Donne auguste della casa di Traiano . » 70
Adriano » 121
Continuazione » 137
Continuazione - Sabina , L. Elio Cesare ,
Antinoo » 156
Scoperte in S. Maria di Capua . ...» 50
Scavi Cumani » 51
Poche osservazioni sopra un vaso dipinto di
S. A. R. il Conte di Siracusa ...» 73
Supplemento » 187
Scavazioni di S. A. R. il Conte di Siracusa 105
Osservazioni dell' Editore del bullettino sull'ar-
ticolo precedente » 108
Continuazione delle Scavazioni Cumane. Va-
sellino dipinto col soggetto di una giocolicra 109
Scavazione Cumane. Scoperte di S. A. R. il Con-
te di Siracusa. Cassettino di avorio - Spec-
chio colla sua teca di legno . . . . » 113
Poche osservazioni sopra un' anfora panatenaica
rinvenuta in Cuma da S. A. R. il Conte di
Siracusa » 129
Monumenti Cumani - Lettera all'editore del
bullettino » 134
Drusilla divinizzata da Caio Caligola col nome
di Panthea » 71
Osservazioni del Conte BartolommeoBorghesf
sulla greca iscrizione di Nicomaco Giuliano
pubblicata di sopra. Da lettera all' editore
del ballettino » 89
Riscontro di alcuni tratti delle leggi municipali
di Salpensa e di Malaca con le medaglie di
colonie e di municipii , ed altri . . . » 91
Siili' autenticità de' bronzi di Salpensa c di Ma-
laca » 94
Iscrizione romana presso Chiusi: da lettera del
eh. Cavedoni all'Editore del bullettino . » 96
Dei Ambrosiales in iscrizione di Chiusi . » 1C0
Medaglie inedite o rare » 97
Continuazione » 145
190 —
Continuazione » 153
Moneta punica di Segesta «Ili
Descrizione di due antichi vasi dipinti . . » 114
Nuove monetine di Taranto col tipo del faro di
quel porlo » 116
Congettura intorno alla ragione delle monete
di elettro » 1 17
Sarcofago presso Rapolla. Lettera del eh. coniai.
Qcaranta all' editore del bullettaio . . » 154
Breve notizia di uo insigne sarcofago di marmo
rinvenuto presso Rapolla » 171
Iscrizione di Acerra . » 155
Monete di Traili della Lidia , col nome KAI-
SAPE&N , impresse sotto Augusto . . » 158
Vaso di bronzo , che dicesi rinvenuto presso
Salerno » 164
Notizia di due lucerne di terracotta provenienti
da Pozzuoli » 165
Poche osservazioni sopra una Cbula cristiana di
bronzo » 166
Antico vaso dipinto di Acre rappresentante un
tiaso di Bacco » 1 68
Poche osservazioni sopra un monocromo er-
colanese » 176
Brevi osservazioni intorno una tomba di Pesto 177
Vaso scoperto in Sardegna » 182
Iscrizione dionisiaca , in vaso dipinto della col-
lezione Jatta in Ruvo » 185
BIBLIOGRAFIA.
1. Memorie della regale Accademia Ercolanese.
Voi. IV parte II. Continuazione . . » 8
Continuazione ........ a 38
Continuazione . » HO
Continuazioue . . . . . . . . » 112
2. Antichità inedite di vario genere trovate in
Sicilia, che si pubblicano da Baldassar-
re Romano - Palermo 1854 in 4, fase.
1 di pag. 24 e sei tavole litografiche o
in rame ...» 39
Continuazione » 72
Continuazione » 87
Continuazione » 89
Monumenta epìgraphica pompeiana ad fidem
archetyporum expressa — Pars prima, in-
scriptionum oscarum apographa, curante
Iosepho Fiorellio — Neapoli — ex officina
Caiet. Nobile super, perm editio altera
MDCCCLVI. Pag. XXXVIII in 4. . » 184
NOMI DI COLORO CHE HAN FORNITO ARTICOLI AL BULLETTINO.
Avellino (Teodoro) pag. 114.
Borghesi ( Conte Bartolommeo ) - 89.
Bruzza (p. D. Luigi, Barnabita) - 166.
Cavedoni ( D. Celestino) - 9, 25, 26, 41, 44, 57,
66,71 ,91 , 96, 116, 117, 121, 137, 156,
158, 168.
Fiorelli (Giuseppe) - 51 , 105.
De Guidobaldi (Domenico)- 134.
Minermni (Giulio)- 1 , 8, 16, 17, 30, 33, 36,
37,38, 39,49, 50, 52,65,72, 73,79, 81,
87, 89, 94,97, 103, 108 , 109 , 111 , 112,
113, 118, 129, 133, 145, 153, 155, 160, 161,
164, 165, 169, 171, 176, 177, 182, 184,
185, 186, 187.
Quaranta (Commre Bernardo) - 154.
— 191 —
INDICE DELLE TAVOLE.
Tav. I. Medaglie antiche illustrate a pag.99 segg.
Tav. IL Musaico descritto a pag. 30.
Tav. III. Vaso della collezione Jatta, di cui si parla
a pag. 185.
Tav. IV, V, VI, VII. Dipinti della tomba pcstana ,
de' quali si ragiona a pig. 177.
Tav. Vili. Unguentario cumano con soggetto Amaz-
zonico, illustrato a pag. 73.
Tav. IX. Fig. 1-11, A, B. Medaglie auliche, illu-
strate a pag. 145 , segg.
Fig. 12, 13, li, 15, 10. Medaglie anti-
che, di cui si parla a pag. 153 segg.
Tav. X. Fig. 1,2. Vaso di bronzo descritto a pa-
gina 164.
Fig. 3,4. Lucerne, di cui si dice a p. 165.
Tav. XI. Fig. 1,2,3. Rhyton della collezione Jat-
ta, illustrata a pag. 114.
Fig. 4, 5. Aldo rhyton della medesima
collezione, di cui si ragiona a pag. 1 1 o.
Fig. 6, 7. Piccolo vaso penatenaico di
Cuma, illustrato a pag. segg.
Tav. XII. Monumenti pnmpejani, di cui si parla a
pag. 109.
Tav. XIII. Vaso di Sardegna descritto a pag. 182.
— 192
ERRATA
CORRIGE
Pag. 27 col. 2 not. i
44 1
47 1
51 2
99 1
2
104 1
Un. 9
— 38
— 15
— 30
— 30
— 5
— 32
109 2-
113 1-
114 2-
127 2-
128 1-
130 1-
144 1-
154 2-
155 1_
162 1-
165 2-
167 2-
169 1-
174 2-
-12
-15
-26
- 2
-23
-14
- 6
-28
- 7
-12
-16
-19
-19
-40
0ATION BA NO
anno 88
Rrajano
Egiziani
ingenda
19.
Epossiamo annunziare che è stata
quella fascia diligentemente stac-
cata, e trasportata nel real Museo
Borbonico ; del quale non può
l' archeologo e l' artista formarsi
una idea precisa, mancando i dati
positivi e di fatto per raggiunger-
ne la piena cognizione,
puteolano ediflzio.
le diffìcultés
Più d' ogni altra cosa
volendola
primi viaggi ,
aiingare
zvxx.oi.YOt.iJTrpqAivw
uua
Ravenna
ii riunì. 88
uolo
opitsc. t. 1
Christo Fulviua bibat
alla di Stabia
le tre mura
©ATION BA TO
anno 98
Trajano
Epigoni
iunqenda
10
E possiamo annunziare che è stata
quella fascia diligentemente stac-
cata, e trasportata nel real Mu-
seo Borbonico.
puteolano ediflzio ; del quale non
può l' archeologo e 1' artista for-
marsi una idea precisa, mancan-
do i dati positivi e di fatto per
raggiungerne la piena cognizione,
les diffìcultés
Pria d' ogni altra cosa
volendo
primi viaggi
aringare,
iman %(JifTfo[i.ivui
una
Rapolla
il num. 88
suolo
opuscoli
Christe Fulvius bibat
alla strada di Stabia
i tre muri
N.B. Si corregga la numerazione dopo la pag. 97, ove per equivoco si nolano le pag. 198. 199. 200.
201. 202. 203. 204. invece delle altre 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104.
— 103
ERRATA
CORRIGF.
Pag. 179 col. 2 lin. 25
180 2 22
184 2 24
185 titolo —
1 1
191 2 0
barbarico
date
invece
iscrizione
iscrizione
pag- segg.
trascuralo
dette
invece di
iniziazione
iniziazione
pag. 129 segg.
GETTY CENTER LIBRARY
3 3125 00600 8235
[ ; '■•