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Full text of "Collezione di tutti i poemi in lingua napoletana"

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WIDt\ER 



HN JNIH E 



I 



•i 




^■'iit^ 



X-tcLÌL%7U 




COLLEZIONE 

DI TUTTI I POEMI IN LINGUA 
NAPOLETANA. 

TOMO DECIMONONO^ 



La Mezacanna , xa Cecala Napou-* 

TANA , E NNAPOLC SCONTRAFAITO. 



MEZACANNA 

co LO VÀSCIELLO 
DE V ARBASCIA, 

•LA CECALA* NAPOLITANA; 
E NNAPOLE SCONTRAFATTO 

D E 

» 

TITTA VALENTINO.. , 






*^Jf^\3. 







NAPOLI MDCCLXXXVII. 

PLESSO Givskfpb-Maria Pokcsùi 
Caa LUotìfl U Svgtnwi, 



j:i:a.LL%ÌZ.Ì 



■••>•*.*••/* -"^ 






..... « 



.A CUI SA l^ECGERE. 



ORa thò voglio vedere se sentarraggio guar 
Ilare nesduno cchìà da oje nncnanie , 
massema clcrtt fmlccontieme , che ssempe strila 
lano^ ca ogne cosa se trova a st0 Manno , ma 
non ne è la MEZACANNA , ca se noe fosse 
la Me^acanna ognuno se saparria mesorare , 
ma perchè non se trova , ognuno campa a la 
storca 9 a battaglione , a uocchie de puorco ^r 
n la cecata , ogn uno veste commc vole , ma^ 
ìgna commi te piace , e pparta commc se son-* 
na , e nf rutto cà ogn* uno vò fare cchiù de 
ehcllo che pò , ccbiù de cheUo che ddeve , e 
echià de chetlo che le cómmene , ma quanno 
nce fosse la Meiacanna V ommo se mesorar^ 
ria , e ffkrria no poco manco de chelto , cht 
fòt de chello^ che ddeve , e de chello , che 
le o$mmene ; e d^autro non aggio ntìso lam^ 
mentare le' gente , che de sta Me^acanna . Ad^ 
donca pe cchelh che po^o cotfiprennere , veo 
ca sta Me^acantus non è auto , che no muoda 
ie vìvere onesto , modesto , e .mmoderato . 

Mme faccio non perrò maraveglia ca tanta 

belle ngiegm ^ modieme ed anti^ie , che se so 

scervellate 4 scrivere mille felastoccole de pò-- 

^ 3 P\ 



6 

xo ♦ o nullo profitto , eomm* a dècere d* Ammo-* 
re , de sdìgne^ de gelosie^ de guerre ^ e d!ac- 
cesane ., e de vanic ^ , dove ch^lle (f h^nna 
lictto , auto ri hanno- appriso ^ che no muòdo 
de sapere fa V ammore , de levare lo norc a 
lo prossemo » de fofe lo smargiasso^ , e d ex- 
sere accedei aro , e nfrutto^ de fare cose che so 
ccontra a lo Cielo , e la terra . £ pò t^nte 
composeture de Commedie , e Traggedìe eh' han^ 
no appresentate li fatte d' cute co fare com^ 
parire 'n scena no^Nnammgrato geluso >i nà 
Sdamma trencata^ no Capetanio squarciane ^ 
no Roffiano astuto j na Va/assa proveceta 9 
no servetore marranchinò , no Pedante sptd^^ 
to f ma ma/e hanno voluto d^re addove tene » 
€ ttoccare lo bivo ; ma frate io tutte chisie le 
ccompatesco , perchè trattannose de materia de 
Me\acanrxa j e de mcsura , ogri uno ave avuto 
paura de toccare sto tasto , perchè fuor^e toci 
cannolo, non avessero dato materia a loMun- 
no pe pparte,de mesorare , non essere mesom 
rate . . 

Io mo, che ppoco cunto faccio de ssi dojel-^ 
le , m' aggif co llecicn\ia de li superiùre micie ^ 
pigliato st assunto , poco mpo/tannome , che 
mmille milìa lengue che fegneno de tri allec- 
care , da dereto mme f^ffechcjano , ca da fac-* , 
eie a piede io mme saperria defcHnere > € 
quannx> non avesse avuto che ddicere , de^ 
"^ cìarrìa chello ch^ ssenteva dicere da lo Masto- 
w'o , quanno mme mparava de fa latine • Nil 
conscire sifai, nulla pallescere culpa. 

£c- 



7 
' Ecco ionca la Mt\acanna àio cómmamo de 
dhi se fine vò servire , se iè ca de primmo 
pararri no poco amara « e pogneme , ma chi 
la sape -adoperare , vedarrd ca se bè picca , e 
ppogae , sd sanare , ed i ddoce a echi nce fa 
la vocca^ perchè la meniìonx mia non i sta^ 
ta de peccare^ o pognere ntsciuno mparticolare, 
ma £ avesare ngencrale a echi sta scardo de 
Jodicio , attiso non è piecco » o comme se sole 
dicere y maUdeceniia^ avesare le pperiune ^ che 
Sitano sopra la loro « e scetare derte , che 
stanno addormite comni a Caliere , de muodo 
che se fanno forjectjare « e tsagliare li parh» 
ne ncuoìlo , e no lo ssesuono , o fan-* 
no nfeata de non sentire • Perchè lo Manno 
parla a lo spreposeto , sacde ca chello^ che 
liegge ncaniune dìrno a st opera ^ no mme 
t aggio sonnatò ^ ca V aggio sentuio da It au^ 
te 9 ed' antro muoio , che non sta scritto co 
la penna , che perrò sona sto titolo de Meia- 
canna de quatta papne sta compriso ogne ccO'- 
sa., co la quale mesorannose chi li piace , e 
rregolannose co sta S/le\acarma% porrd appela^ 
te dento canne. 

^ E cche la perdona se deva mesorare , e ser-- 
virese de la Mejacanna nce lo commanna ogne 
liegge j e primmo la figge Naturale ; pocca ha 
fatto eh ogne dnewuue. stia a lo siesto sujo , 
. e che ognuno vesta de chella pdla che le com^ 
tncne , e ch^ ognuno magna secunno ù qua^ 
fltd sqja 9 che parò chi magna erva ^ chi ma. 
gtiAmfrutte^ e echi magna carnei Uà fatto por. 

A4 5 



8 

j/ f aucielte , che hanno pe It aria , ma che 
totano secunno la for^a d'hanno a le scelle , 
€omm a ddiceré It Aquele , e la Fenice s' ac^ 
costano quase vecino a lo Sole , ciert ante va- 
Uno nfi a le nnuvole , ante vanno pe V arvo* 
le , e eden' aute vanno terra terra , comm a 
U Galline 9 t li Capune » U Cquaglie , e ha 
scorrenno 

Non poi[o dicere , ca nce S9 anemale che 
f parlano , perchè sulo uno aggio lietto , che 
avesse parlato da cK è stato lo Munno , e se 
he quarche bello ngiegno jnme decesse , ca o/e 
nce so li Pappagalle^ e.le Ccole, che ppuro 
parlano j le responno , ca de chiste rton se nnc 
fa cunton perchè parlano pe bocca d autre , e 
pò chiste servenif cchiù pe fa ridere , che pe 
ddare ammeraiìone. 

Pe la légge Devìna u ne fico una sola 9 
che baie pe mmitle • 

Qua mensura mensieris , miensuretur, 8c ti-** 
bi , chi lo ddice^ non accorre che te lo ddica^ 

Pe legge Cevile pò non te dico niente , per^ 
che non so Dottore , perrò saccio buono , ca 
aitila d* antro non parla , ad autre fine 
non è stata fatta , se non a^ò che r ommo 
»e mesura , pocca tutta sta appojata ncoppa 
a cchille tre ssante predette >^ \ol honestc vi- 
vere «^ aherum non ledere « Jiis suum uni- 
ctjique tribuere , eccote chesta ri è Meiacannaì 

Veretà conosciuta nfi da li Gentile ^ pocca 
mancavangenne titole^ e ppcttafie da metterti 
se sopra la porta de lo tiempio £ Apollo a 

la 



4 

la Ctià de Delfo f cKt net jetutò 4 mmtture 

■' tiente iello aditto: No«ce te ipsutii. 

Cecerone dice : Primus ad sapientke gradus, 
se ipsum nosse » quod ut omnium difficili- 
xnum est, ita ionge utiUssimuiQ. 

Arcanfenone Felosofo addommannato na vo- 
ta da alerte ammìcc suoje , perchè campava aC" 
cossi tnedejjocmfnénte , poccu, era rec^hissemo ^ 
respontìctte ^ ca Vjmmo, ieveva campare secuti'» 
no Paso de la rag/^tiet non conforme lo des* 
sordenato appetito , ne ne' è stato Poeta , o 
screttore antica , ehe non aggia toccato sto ta^ 
sto 4t Meiacantm 9 loè 9 d» Itommo s aggia 
^de mesor/Ht. *- * , 

i no schitto lo Pover(f\ ma^lo Ricco por\i 
$1 dev9 mesorafe;nce lo j^onf erma Seneca de^ 
cenno : Minimum decet licere i cui multuia 
licet'*^ . . ' 

Né ss€ dcv^ IVommo fedate cK è ppountt^ 
gì sientè Sallustio comme can^ontfa : 

£a demum tuta e&i potenàa » quae viribus 
suh piodum imponìt. 

•£ che non ti fide troppo de la Fortuna^ te 
taiuftisce lo medmmo; ment$ dicci 

In Maxima fortuna , minima llcentia esse 
de6et . £ cchist' aute appriesso a battaglione 
tutte diceno , che V ommo se deve mesorare . 

Esiodoro dice, ca nvn nc'i cchià bella co^ 
sa de la mesura. . 

Mensuram servf , modus in re ^t optimus 
Omni*. • , ' 

Araiio s^ espreca meglio^ ,\. , . 

A s Est 



IO . , 

Est modtis in rebu$ 9 sùnt q&M deniqtie 

fines> ^ ♦ ^ 
Quos ultra cl^aque nequìt consìstore re- 

E Satadc atitkhìssièu? P^ita Grìeco cantajém 
Et modestus^ hoc Dei Munus puta. 
l/Ioderatio autem vera/tunc eri^tibi, 
Si metiare te pede , ai» modulo tuo . 
Ara^io pare . 9 che dica lo mmedesimo a lei 
fìstola 7. de lo lilrr^ i. 

Metiri se quemque suo modulo , ac Pede 
verum est , e a la Satera 3, Zii. 2. dice 
Desine cultum nvajorem censu . 
Luciano a llettere de mariéipano te lo mmoc^ 
ca co lo socchiaricHo : 

Dijudices 9 dim<$tiaris q^^e propria ,' viriutti 
qu2e metisura • 

Pinnaro pare che metta n' obbrecaiìone\ che 
'Ogn'uno staggia da memorare j anie pe neces-- 
sud , mente dice : 

. Oportet autem juzta siiam quemque còn- 
dìtionem . . ' " 

Umuscujusquc refi spellare modum &'c. 
Stente ^pf riesso ^ che te dice Tefen^io:^ ♦ 
In omni re yidendum , ne quid nimis. 
Mariiale non te lo pò dìceré cchik chiatto* 
Qui si?a metitur pondera , ferie poiest •• 
£ sse non n vasta chesto ^ tiene ammmte 
lo proverbio Ae Periìo . 

Messe tcnus proprie vjve . 
EJ^lauto, se buono m'allecordo^ meglio de 
tutte laudando la mesura dice 2 

Opti- 



' ' • Il 

Optiqiul^cst in dn|nibus rebtt$mod^8t1au^ 
dabìlisqjie ^tnsura •,' 

Jovenale pò se nhc vfn^^ à lo ppanecolare de 
cìene cannarune y che harinQ magna dd Ricche 
^pollane y e ssarranno povere ^avarine: apre 
V aurecchie , e sse no lo ntienne « fattelo de-* 
chiararei 

.... Buccaei ^ 

Noscenda est mensura sux speclandaqiie 
• rebus 
In summis, minimisque etiatq cum piscis 

emetur , 
Ne cupias 'Mullum » cuoi sit tibi gobio 

tantum 
In loculis. Qui enim te deficiente cmmena^ 
Et crescente gula» manet ezitus xre pa- 
terno ? 
Bè^ che te nne pareì sientete lo fatto tujOf 
vuoila ntennere meglio ? 

Donca non te ntosciare mo che lllegge sta 
chelUta mia, nne mme state a ddicere ca rtiag-» 
gio pegliaio li pen^iere de lo Russo , e che 
meglio averria fatto a mmesorareme io , che 
ddicere malcy e mmesorare II* autre , a li quale 
responno, ca sto peniiere se lo devevano pi^ 
glia re Uoro primma de mene , ca io avarria 
fatto fenta de lo storduto , ed avarria sentuto 
le ccampane sonare , accossl dico , che faccia^ 
no Uoro puroj e pò comm' aggio ditto ccày io 
non dico male de nullo , e cquanno fosse pe 
chesto% de hesciuno dico tanto male , quanto de 
me stisso . Ne sia chi se mmagena , ca io co 
, ' A 6 dil- 



ddicere mate de mene aggU fegnuto , e ca sot* 
ta chisto colore mme so hestuto de li panne 
d'autre. A cckesto non saccio che nce dicere ^ 
periò ognuna la n$enna comme le piace , per^ 
chi 4 mme non mme mporta niente . Ora non 
serveno tanta felastroccole , ognuno se piglia 
<hello , che fa ped isso ; sacàé buor^o perrò 
ca aggio ditto lo vero ^t a la Vegetate nescìu* 
uo le pò diceri une mientt pt la gola • 



' u> 



«5 

LO VASCIELLO 

DE BARBASCIA A 



€p^ 



PROEMMIOt 



XO lo quale sa cchillo che ccànta je » 
Co nmieze vietile strusciale l'attanne 
De ]a Peste « ed appriesso tatana je 
Napole Scontrafatto pe cciert'anne; 

. Ma perchè ne' è da dicere cchiù assajt 
Pe la scadenza ^e Ì9 Mmeze-canne y 
Pecca d'averne nullo se nncvantat 
De cheste vò la Musa mia, ch'io «anta.' 

Non tratto ccà de Guerre^ né d' Ammore « 
Non de Sajette d* arco , e non de frezze i 
Kon de prodizze 9 e mnanco de valore t 
Manco de potestate^ o de grannezze. 
Non de groiia a hiento t o de sbrannore t 
Non d^arroich*azzeiane « o de prodezze» 
Ma de na Veretà specchiata , e ppura t 
Che commanna eh* ognuno se mesura • 

Chi 



14 L O V A S C I E L L Ò 

Chi sentire non vò « ch'allippa, e sfrattai 
Amò dinto st* abballo non ce trasa , ■ 
Perchè chi legge affé ncapo se gratta. »^ 
Pocca non parlo^niifra , e mmancp nfrasa; 

% ' Chi non vò stare assiesto , eh» se schiatta, 
Ca la ragione a lo sole sta spasa,/ 
£ echi non se sa buono mesorare i^ 
Dà materia a tiutte de parlare. 

I^on te partì da me, se mme vuoie b^jgjf^ 
Vergenella de rose ngiorlannata , 
Ca scorrere mme sen(o pe le bene r 
Lr acqua fresca» che ffrateto ^mm' ha data; 
Io te sarraggio schiavo de catene , 
Se mm'aiute.a ffx ;anca sta calata ^ (spero, 
Ca mme l' aie mprommettuto , e de cchiù 
Che tu mme facce dicere lo rero • 

De le grazie toie n* essere avara « 
Se lo Cielo te dia bona ventura» 
Azzòf che ogn'uno meglio ntenna, e mpara, 
£ eco la Meza-canna se mesura, 
Tu sta mente nfoscata mme reschiara » 
Famme dì la verdà senza paura, 
Ca lo Munno senti la vò ncanzune* 
O pe bocca de Pazze > o de Boffun^ • 

Aie de l' Allustre Cuente de BUONNIA 
Legitemo Reiale , e bero sguiglio , 
Digno Tenente ie- r Artegliaria , 
D'azzeiune nnorate crede i e ffiglio ; 
Perchè si ttutto ammore , e ccortesia , 
De dedecare a tte sia Musa io piglio » 
Né bosta gentelezza mme reprenna , 
Se d* auiro , e noa d« Viii« scrive sta penna. 

Ca 



* DE V ARBASCIA. i$" 

Ca se la Musa mia muta lenguaggio * 
E se mpàra de fa quarchc Hatiuo , 
Io puro Sfibro muta persona'ggio t 
E ^Farete a bedè , chi è B<itenùuo; 
Pe iTìò te dò , Segnore mio , quant* aggio ì 
M^ me cura , se n è lo vierao fino » 
Ca se bè s«a pettura poco vale * 
Moti è cnpia nò ^ ma regenaie . 
Se bè penzato avea paria ntoscano t 
E ddi de Vitie quaccosa p' azzellenxt , 
Ma la**4usa gridaje > olà pacchiano , 
Osi d' avere tanta confidala ? 
lo mes# chesto > e ppriesto fevaie mano % 
Pe non veni co ccheJIa a ccompetenzft » 
E ccercanno perduono de st acctesso , 
Non pe cchesto scopette ve ddisseappr!essa# 

Ti basti ornai* d intendere il Toscano» 
Ma che ne parli, oibò 9 questo non fia j 
Perchè non Hce a te brutto babano 
Aver tanta licenza « ed albagia ; . 
Quel chéP la mente può, scriva la mano f 
Chiarisca il vero , e fugga la bugia ; 
Ch' anch' il Cortese col suo basso verso» 
S' immortalò per tutto V Universo • 

Ca tu poscia quantunque non sii tale » . 
Che possi un quancuo appareggiarti a Iui> 
Ti potrai gloriar , eh' il caviale , 

. Maie vestito sarà dei fogli tui ; 
Deh sequi pur lo stile naturale > C* 

•' CftMo amica ti sarò, qual sempre fui , 
E ad onta # Etruschi , Cruschi , e Toschi 
Farò che *1 Hondo t'ami) e ti conoscbi . 
; Fa 



eH lovasciello 

Fa chcllo , che ddic'io, n'avè paura t 
Sequet* allegramente 9 ca vaie' buono 9 
£ sse quarcUno te vò fa na #ufa , 
No lo stemare nò 9 miettete ntuono ; 
Perchè chella, che ddice* n'è f&eddurat 
Ca so ccose massiccie» e so de'truona ^ 
£ pò pe ccierio sarranno stémate. 
Da chi canosce ^ e ssa la voreiace . 

Le mmale lengue lassale pparlare; 
Siase chi sia , nesciuuo te fa guerra , 
Perche quanti* ìó te voglio nfroc^care » 
Previta mia , ca le daie tutte atterra ; 
Chi leggere non sa > se .va a ro^arare , 
Se nò chf appila , e cche la vocca nserra t 
E sse quarche Pedante te censura $ 
Dille da parte mia > che se mesura ^ 

£ che poi di lodar pensi > e presumi % 
Quel!' itìvieto Campion ^ quel sommo Sire 
U cui valor « li cui saggi costumi » 
Penna scriver* non può t né lingua dire ; 
Più tosto in dietro tornerannc^ i fiumi , 
Ed al fuoco i tronconi arsi fiorire 
Vedranii , che Poeta ^ e sia chi sia » 
Si pozza mai sganà sta fantasia . 

yi voglion altre penne , ed altri ingegni f^ 
Poiché non vi son pia Tassi ^ e Marini t 
I cui lor nomi di memoria degni. 
Dopo morti stimaci fur Divini ♦ 
Que^che son òggi » io li riputo indegni 
Di tanto ardir' 9 o sian Toschi , o Latini f 
Ca eierte vonno fìi de li Marune t 
Ma pò tutte deyentano mmarrune • 

Ocra 



DE U ARBA«ClAr Vf 

Otra ca tp sariJM^e u' anemale 
Si peoxasse lauda Doa G&ABIELE 
Co ssa penna i che poco , o niente tali » 
E co parole amare comm' a ffele }, 
Tu non si ddigno de àaiaà .stevale ^ 
Ainmoscelìa periò> vascia t^ bele 9 
Ca chi è cchissov sta scritto a mmilie farti» 
Co mmeglio penne, a cchiù nnorate carte. 

Aveva no locigno appeccecato , 

Tosco, e non Tosco , e no scompea pe n*ano> 
Se non ca mme votaìe tutto nzorfatò » 
E disse 9 scumpe mo potia d'aguanno; 
Ch' accieso è* cchisto » quale gran peccato 
Aggio commisso ?a chi fatt' aggio danno ? 
Mannaggia lo Toscana # e quanno maje 
Schitto de nne parla me mitegenaje • 

Ponga penò j 3e|nore mio benigno 9 
Perdonalo sopiérchio attrevemiento t 
£ sse de te laudare non so ddigno * 
Causa n-è ,perch'è rruzio Io siromiento$ 
Lo buono ammore azzettane pe jjpigno». 
£ non te lo pigliare a mmancansiento j 
Se lo^Cielo te libera de tnale » 
E te pozza '^edè Crari Generale . . 

fierze non se sdegnale da Jio pacchiano 
Piglia no poco d^ acqua pe ddefriscOf 
E Ccesare azzeuaie da no Vellano» 
No grammaglietto fatto de lentisco , 
Ed io , che ssò no povero Screvano » 
Chello ppoco , che ppozzo t' afferisco; 
Perzò piglia de me protezzione ^ 
£ mprestame , s accorre > no Cannone >• 

Seii'- 



t» t O V A S e, I E L L O 

Senza protezzione non è ccosa « 
Che io pozza dà de pietto a sta facenna, 
Attisb l^ materia è pprecolosa* 
E parlo nforma, eh* agn' uqo mme ntenna ; 
Già veq ca L' ONESTATE s' è ntìascosa , 
Perch' ogn' uno nne fa monnezza ^ e brenaaf 
£ fise seme morire 9 e se n'affanhà ^' 
Ca trovare non pò na Meza-canna * 
Mann' a lo Muoio si^to la Spia,> 
Nne che S3ente sparare no Cannone » 
Lt^p»rereUas ca crede, che ssia 
De Mèze-\:anoe quarche Gallone : 
Ma pò ca non ne' è niente^ e non nc'è ce ria,- 
Le dice quanno torna Io Spione 9 
Signora , ca 1* accide , o ca te scanne > 
Nc^ è vi chebuò -, non ce so Mezecanne • 
De cheste so pperdute le ssemmente » 
£ cehi le ssapea fa so stat' accise » 
O ^ Baggianaria tanto potente, 
Scacciate Tha da li nuosce paise; 
Da chesto è nnato mo, eh' ogne ppezzente 
Vo fa lo sfarzo quann'ha seie tornìse; 
Ma quanno affa nce fosse la Mesuray 
, Cchiù d' uno torciarria de ht paura • 
A cchille luoche Uà nterra Todesca^ 
Cchiù d'una cierto se nne pò trovare 
Ca la Baggianaria non nce fa pesca, 
£ no momento non nce pò regnare; 
S'attenne ogn' uno a nchire la- ventresca; 
Ma, non perrò se sanno inesorare , 
£ sse dà le volisse no tresoro , . 
Ko la danno > e la teneno pe Uoro * 

Nre- 



DE barbascia: 19 

N Venezia porrì nce nn'i quarcuna t 
Che pperzò se si tanto arregoUre 9 
Che rresiste a li cuorpe de Fortuna « 
£ nnesciuno «ce vasta a ccontrastare V 
^ Da la crescenza 1 o mancanza de lfiuìa# 
Se sapÉ d' ogne riempo r^>arare« 
£ de zzo causa n* è » Se|$iiora mia « 
Ca non nc'arregiia la Baggianarhr » 
À Genova 7 mm' è staio refecuto 

Da uno che ne' è stato nfi a ssett'anne » 
Quai' ha tre ghiuome mo , che n' è benutp^ 
E de chella nne dice cose graane« 
Ca co lo i>ractecare ha csinosciuto » 
Ca ne' è ^an quantetà de Mezecanne • 
Cc^ trova non se pò pe nnuUa via » 
Perchè nce regna gra Baggianaria. 
£ ccomparso co bele assaie sforgù^se « 

No VASCIELLO chiaramato 1' ARBASaAi 
Che pe FuonHnene^e ffemmene gran cose 
. Poirta ; ma non sé sa de dove sia ; 
Songo t Segnora , a buie tutte sdegnose» 
Ca fatte so pe la Baggianaria ; 
De' raso giallo a ppoppa è na bannera f 
. Co lo mutta Mo n<f è ^ prima no ne' tra • 
Io pe fa nzò che m' obbreco de fare» 
Comme convene a mme fle ve servire » 
Lo voze-redè tutto scarrecare» 
Pe la rrobba , che ne' età refcrìre i 
Quanno k vidde ^*appe a speretare» 
E fuie tocoir 9 e non «deca pe iFuire ; 
Perzd la causa ^ che mme nte trattenne > 
Fu pe nne fa> nventario sotknne « 

Per- 



*6 LO VA SCI E L LO; 

Perchè mostrato avenno la paterne , 
Fece tutta caccia la robba fore » 
La Guardarobba quatuso ches^to sente > 
Motare la vediste de colore, 
Se chkvaie da se stessa no scennente , 
Ca sta nova le dette gran terrore * 
Po se votaie decenno a le ccompagae f 
Mare nnie v so scopèrte le mmagagne , 

Mo si ca nuie ^ftarrlmina a le rretaglia , 
De tanta lengue 9 e non serveno scuse f 
Starrimmo nvocca de mille zantraglie • 
Mare ' nuie non nce fossemo maie schiuse; 
Oga*una farrà-fuorfeiee , e ttenaglie, - 
E pò starrimmo nvocca nfi ^ le Mmuse^ 
Quale songo secrete arrasso sia , 
Coram'a ttupmmetta de ht Vecaria. 

M' hanno wlutó dà lo sottamano ,' > 
Che non decesse niente v e stesse zitto y 
M' hanno pregata % e strapregate nvano , * 
Ch^ a buie j Segnora « niente avesse dhto t 
Ma io V che da nteresse sto lloiitano t 
E boglio sempe .fare lo dderitto f 
Vede n* aggio voluto lo costrutto * 
Pe ve fa consapevole de tutto • 

la primma cosa ddonca > che bedette^- 
O che non mme nce fosse maie trovato y 
^urno ottociento tremasele cascette 
Zeppe 9 zeppe de fino spiemato , 
Appjriesso a.cchesto aubbeto scoprette f 
Tant' aute cascQttelIe d' argentato ^ 
Co cchìù de mmilie sacche de Maruzze ^ 
£ na gran quantità de Porcelluzze . 

Cac« 



ut L' ARBASCU; - «j 
Cacciaieno fera pò tanta Uncinile , ^ 
; Che xlde latte de crepa erano cbiene» 
QuaPerno grosse^ e c«pjale~peccerelle> 
Ma stevaao appelate muto bene; 
Cchiil de mìlje pegaatg , e ppegnatelle 9 
Ncoperchiate ,.e na scrina ogn'una to&et 
Ceraso , fogik.il' oro > e uremmemifa y ^ 
La meglio , che se trova , e la cchiù fiiil*' 
Argiento vivo.,,, tjrco , oro pomiento ♦ 
PecciuM\.janche , e ecaufora verace « . 
Cmt* auté cchelle , chellete d^ agniento ^ 
Co cchiù de «liile sacche de storace * 
£ de sciure d* acito ^ cdbiù de ciento » 
Fiascune ajppelate da vatnmacef 
Rise 9 fele de vacca^ e gran lanimicche i 
Sciur^ de mille spjonei vierde 9' f asiccb#« 
Se nae vuoia, pigliatenne scoteIIuccia« ; 

Carte de russo , e* itanta .pastetalle ♦ ♦ 
Che se nne carrecàino mille Ciucche > 
£ dda non saccip, che tant* arvarelle;^ 
Non creo tanta nce «o {foglia cappiiccia 
A k pp^dule , o niife a le Cquatrellet 
Qiiaata de cheste nchiotole hg portate^ 
Pe dà colore a ccferte nzolarcate;^ 
Serveno , non ©errò sia cco&e tittteT 
Fé ghiancheià le spalle , faccie , e ppietteì 
E pe ffare pare belle le brutte , 
E ccoprire co ccheste li deflette; 
Ora vcdite?^a oche ssimmo arreddutte» 
Sa^t' ONESTA' vedere , che cchiù aspiettc; 
Ma chella co gran fremma sta a sscntìre » 
Wnarca schitto le chiglia , e se une rire . 



aa t O V A S e I E L L O 

Otra de chesto nc'è poni Uà ncoppa. 
Gran quantetà de trezze :, e ccapellere ^ 
Ed a ba^cio a le -ccammere de poppa 9 
Nce so gran sacche chine de chiommere ^ 
£ pe chi ir ave janche comm' a stofpa % 
:E te, bò fare jontie v o nere nere 9 
TanfSiute cheile chellete ha portato , 
E fFatino a chi nne vele biion mercato^ 

E pe Ifare a le femmene vestite, 
Nuòve dfappe nce sd« nuove colare 9 
Co ttant' usanze , e ffoggie non audite » 
Fa^ie co mmille sciorie de lavure» 
E ce ieri* aule tielette assaie polite 9 
Che le ssento chiammar^ tnille» sciurò 9 
£ balle de scartata ^ e scarlatina , 
Pe fa pare Segnora ogne mmappina» 

yennero appriesso a ccheste a mmanoia mano 
Cient'e mill'autre drappo de crapiccioi 
Co mmilte peizt de velluto chiano » 
De chiù ccolure , e gran velluto rìccio » 
A ir uso raso ne' è Nnapolitano % 
Pe fa velate , e inmaneche apposticelo ^ 
£ Mamme^ e llamme a schiecco^e mmeze lamfr 
Pe lavannare , pettole, e mmaddamme • 

l^c'è de cchiù,ca n* ancora aggio scomputo» 
Gran quantetà de drappe de mmorcato* 
£ no drappo a Benezia messuto , 
Che lo parmo va cchiù de no. docato ; 
• Lo quale ncoroparcre s' è bennuto 9 
Ed' acciò ssaccie ^ se 1' hanno accattato 
Moglie de casedduoglie ^ e de ChianchierCt 
pe povex' Ariesciane , e Ppasteccierc . 

Uh 



DE L' ARBASCrA. ' %p 

Uh 9 che fFacette tanno arrasso sia 9 
Quanno chesto ntentfette 1' Onestate f 
Ca paretre na Furia , e n' Arpia., ., 
Che tormentano IP arieme danoatt: 4 

Ora fé sia sfacciata "guittairia , 
(^Disse). siano pe ceraie hanne jettate » ' 
Che ssulo a gran. Segnore sia ccmciaesa 
De sto drappo vesti: seqiiet'appiiesso • 

Nce so gran qnantetà de serenicche , 
£ fFatte apposta fasce de gonneil» • 
Mante non porta troppo , ma manticche ^ 
Abbete puro co le mmanecelle. 
Co le groppere^e ccierte tricch' e mmiccfae 1 
Parte codute ^ e pparte co V ascelle j 
Non nce so beramente guardanfante • 
Ma gonnelle spaccate tutte nhante. 

D'oro, e d' argìemo , e de peizille venne» 
Na quantetà, che *on se pò ccontare, 
E rrezzigiie cchìù belle» e cchiù sollennei 
Ch'a chi le bede fanno scantecare; 
Calane, se nne vuoie, t^j^gliatenne» 
£ cereo ca nce mie sé sette solare 9 
Souanielle noe so puro stampate , 
Comme fossero justo arragamàte« 

Scioccaglie d* oro fauzo tanto belle » 
Part'a nnavetta, e pparte a ccampanare^ 
Ciert' a ccaneste j e ccierte a cconocchielie» 
£ jcierte &tte a mmuodo.d' aurenare* 
Cannacche, tunne , e ttanta bagattelle $ 
Na quaì3tetà , che non se pò ccontare > 
Quale cose non vanno np. topino , 
£ s'accattano, a ppri^zo d' oro fino. 

^ Nce 



^4* t O V A S C I E L L O 

Hce 80 eiento cascette chime chiene 
De oierte bacebettellc assottegliate « 
Gomm* 9 ddicore d' ossa de Vattene , 
E statino co belP ordene ammazzate ; 
Co le quale s aggiustano le schènet 
£ ppierte de le femmetMT s garbale ^ 
Nce io ^ranspengoMle, e spongolune ,' 
E de vnto porzì cierte pallune • 

Pe scarpe co li puonte , e a ttallonette « 
Parte spcmtute « e to le ccorna puro » 
Cierc'a zuoccolo so co li legnette* 
Ma dire quanta so* non m'assecuro » 
'£ de lamma porzi co le fiaccette , 
Ca se non mme credite « ve nne'jiiro» 
Ma pe na medecina > no chianiello 
No ne' è , ca non nne porta sto Vasciellow 

De sciecche nce nne so no mele^c^ 
Fatte co bdUedissema ^astria 9 \ '^ 
^ ddoTe ponoo a ggusto le pperzone 
Fare pomposa cchiù la guitta ria ; 
Ed io co ttutt#ch'jra lo Spione 
Uno non ebbe ( i^i lo ccredarria ) 
Ma perzona non ne' è misera , e scura « 
^ Che de nn* ave cchiù d' uno non procur ^ 

Cran cornice nce so paco ntagliate» 
Co ttanta belle fatte capezzere « 
E pò co le colonne ntorcegliate t 
Co belle maglie de ciento manere ; ^ 
So ccbeste cierte fFoggie mò mmentateì 
E ne' è pperzona , quale « pe T aviere « . , 
Ietta r oro massiccio , e nois se sdegna 
De dare oro a mmtrtiello 4>'oro a Hegnà l 

Pe 



DE V AUBASCIA. ij 

Pft ^^oramene nc^ so forme) e nimodielle^ 
f accdccià nova foggin , e nnova osatuft# 
-Pe ÙL cauzunc comme a ssottaniellc t 
AH' uso de Boemia |« de Franza ; 
£ .pe chi vole sta senza cappiello $ 
Pe ncoparchiare la mala ^anza , 9. 
Gizn chianett« Ace aongo a sto VasciaHa> 
JDe velluto , de rasa^ e terzaniello « 

Pe ffa pare Segnure li covidle « 

Dtappe pure nce so de cchù mmanerey 
Comme a ddicere mo de urzanielle f 
De boratto , e dd^ ra^o le fFdkre» 
£ pg mmettere attuorno a li cappielle^ 
De tagliareUe nce irne so le schere , 
£ dd« cchiù miJIe balie de sevoglie, 
Pe besti roìile trippe 9 e mmille' nnoglìe • 

Ventaglie co ìi sciecche , e uabacchere » 
De ciento muode ^ e ttanta maiuechlglid ) 
Mappole 9 manecune ^ e mmostaccere 9 
Con nfi a mmille cascette de pastiglie t 
$ fiuscelle de paglia ? ma so nnere r 
Chje ppe Cappielle serveno 9 ed aunìgU* ^ 
Nfi a me une so ^arcate ottama giuze^ 
E cereo 9 ch'ancora «ce noe so li. puzze* 

Porta poni gran quanietà d' acchiare , 
Ma so de corta vista , e so appannate 3 
Che se be so liucieme» belle , e cchiarei 
Non 8Ò pe bista lon^; appropiate , 
Balle de dait 9 « ocartè.da jocare ^ 
Cht stanno puro cc'a mmentarìate $ 
Nce so gran mmaQ<^cbitteiea6sai molletttj 
Pè etiene zanne ^.e ccaca-f oz^onette . i 
Valentino. B Ra*^ 



^ LOVASCIELLO 

Radeche de ìsòslcco t e d' acqua forte ,, 
. Porta , e de cchiù gran pìeitene de ekiummo» 
Callt sdLWi e ppesace de cchiù sciorte^ 
£ na poryacfaiaiDmay;^ nigrofumnvo ; 
Ietterò p' armosconnere l' accorte 
Gent;^ de lo Vasciello , ed ecco io allummo, 
Argiento de coppella. i acciaro, e ttanno 
Me dicano a. cche sserve , le commanncu 

Quanno mme re^ponnette na Masaida , 
Qì' ^vea m catenazza d* oro ncanna t 
£' cchesta na materia ben gagliarda t 
Che serve a ccierte viecchie de Sosanna ; 
Ca se be la chiommera hanno leiarda » 
Manco vonno opprà la Meza^canaà,^ 
Li quale pe pparere fegliiilille 9 
Co cchesio fanno nigre ]i capìlle • 

Xegna pe fò Galesse, e Ccarrozzine 
. Mce nn« so le mmigliàra., e mmigliarate $ 
Otra ca nne so cchiene le ssentine , 
Kfi a mmille canne già nne so sbarcate; 
Nce so gran sarvaguardie pozine , . # 
£ ttutte co le iBrme « e ssegellate , 
£ de quatierne janch^ li sportune» 
Pe (k decrete , e graduaziune . 

Kce so seie Vote mille » e cchiù brachieirie s 
Che raggio vist^ip propio contare, 
Che se be so de fierro , so Ueggiere f 
£ ise vennirno primma de sbarcare ; 
lo che bedde accattarne a Ccavaliere* 
À Mmìedeae , a Ddotture » « a gente rare, 
£ pperchè cosa bona fivme penzaje. 
Puro n' auto pe mmef rome n accittaje. 
^ De 



• DE L* ARBASCIA. sf 

De cierte cchelle na gran quametate, fte. 
De cchiù fforme nce songo» e de cchiù scior- 
Quale so ssaue , e cquale so ssecc ate » 
Parte nne so derifte^ e pparte storte « 
Cierte so nnere 9 e ccierte so nnaurate » 
Cierte so Ilonghe longhe ,e ccierte corte ; 
Le cquale tutte serveno pe ffare 
Maneche de conielle « e ccalamare • 

De cchiù mm'è stato ditro c'ha tre mmiset 
Che se va muortio co ste mtnercatme 9 
Pe tterre , pe ccetate ^ e pe ppaise , 
Pe le smautire , e (Fare cortesie, 
Ma non ne' è chi nce spenna tre ttornise » 
Ca non ne vonno de ste guittarie ; 
Hanno ccà dato fanno 1 perchè ssanno , 
Ca nfra no juoino , o duie le smautarranno. 
perchè sti luoche cca songo abetaie 
Da gente troppo vane j e ccuriose » 

. Ch' ammice sulo so de yanetate, 
£ ca so ( verbo razia ) sfarzose 9 
Perchè se vìve co gran lebertate, 
£ mm^ha ditto de cchiù tant' aute cose^ 
Ma perchè saccio ca ve dò ddesgusto; 
Sto zitto 9 ma gran cose sa sto l^sto • 

Nò cchiù ca rutto mm* aie lo cellevrieliò r 
\A ìà Spione disse IP Onestate ; 
Te cride fuorze stai^ a lo Vordiello , 
Che mme parie co ttanta lebertate; 
Dimme , che gente porta sto Vasciellof' 
De che connezione 9 e cqualetate ; 
Cbillo Uà pe gran scuorno app' a mihorire, 
Po pigliale «ciato > e rretornatte a ddire . 
B a Fcm-* 



38 LO V A se I E L LP 

Fammene nce so schiave janphe « .e nnete i 
£ oleyastre , e dd' ogne cqualetatc ; 
Schiave de le mmedeseme maner^ 
Mascole « d* ogne forma , e d* ogn etate ; 
Chi so de bone > e echi de brutte cere » 
Venute pe fa razze sconzertiue^ 
Ngnora non nce mancava anta jenimmji t 
Che sta razza de Turchese dde canìmma* 

De dicere porzì mme sia conciesso y 
Ca porta nfenetà de Passaggiere > 
Ma no perrò de 11' uno y e 11 auto siessd 9 
Tutte de luoche strane 9 e fforastiere : 
Io non sappenno , che mm' era socciesso* 
Demmanaie curiuso de sapere 9 
Chi so st' ageiife ? vonno cca sbarcare ? 
Vorria sape» che sso benute a fFare? 

Quanto mme ntese dare a battaglione > 
Da mille vuce na resposta- sola » ^ 

E sse ^uza non è la penione 9 
Mme parze nfrocecat' ogne pparola ; 
Ma mme disse a 11' aurecchie no vespone i 
Ca chiste so benute a mmette scola » 
L* uommene no perrò de mbroglie « e zelle^ 
Le ffemmene pe fia nuove vordieile . 

E ccopierte de pelle de Liune , 

Ne è na gran quantetate d'anemale» 

Cìuccie , Scigne , e pporzl Gatte- maìmurief 

Che Vuommcne pareano natorale . 

Asce pure > Còcule , e Spartegliune i 

Co belle penne ,.ma uou natorale» 

A li quale accostatome vecmo^ 

Chi ntese parla tosco > e echi latino* 

Fem- 



DE L' ARBASCtA»; a» 

Femmene tutte so ii marenare* 
£ n' cyumo siilo porta lo temmane t 
Quale se fa da cheile commannarct 
£ sta eomm'a no pteuo de macchioM i 
A ddove yonno lo fìinno votare» 
£ stace co na gran soggezzione , 
Perchè j se penza de se freccecare , 
L' accoro menzano tutte a ngioriare > 
Io de sapere cbisto gnefecato » 
N' avea no desederio nfenuo^ 
£ da chi mme Ta-Vesse dechiarato. 
Tagliare m* avverria fatto no dito ; 
Una^ de cheile, e comme si scfaurato , 
'Mme 'disse 9 te lev* io mo.st' appetito* 
Si Scappa nera , e non saie stroliocare 
Chèlto 9 che boJe chesto gnefecare « 
Chili' OHimo Ha j che pporta lo temmone » 
% cche se fa da tutte coromannare y 
Era capò de nuie 9 mo ne' k guarzone t 
Percb'è no guitto , e non ae fa itemare: 
Chisto vògnefecà cheile pperzone» 
Che l# mmogliere non sanno addoniinare> 
£ sse fanno portare pe K nase « 
Da ste trafane fèmroene marvase. 
yoze de ccWù sapere la Patrona , 

Quale V dov'era j e comme se chiammava) 
£ssa respose t e dìssem^ aie raggione^ 
Ditto te raverria« se ace penza va; 
V) cbella Uà becino a lo temmone » 
Che stace a mmano a mmano co na schiava; 
La cchiù masarda, che ccà ddinto sia , 
Ya spallaUi e aie chiamma iiruiitaria* 



jo. t.O VASCIB/LLO 

La Capetania pb de lo Vasciello , 

Mme mostaie , che ppareva na sproreta i 
£ ghiea vestuta co no souaniello , 
Dove na coda longa longa ne' era t 
Parer essere nat' a lo YordieUo » 
Tanta squase faceva la trammera) 
Chesta pe cquanto ntenno da eh' è nnatst 
Se le mettette nomme la Sfacciata • 

Cheila , che ppare Galera sparmata , ; 

Che non ave na stiua de vregogna i 
Vi ca va tutu quanta spettorata » 
E le zizze vessiche so de nzogna : 
Chesta se fa ehiammare la Ntosciata % 
Perchè nesciuno ne' èr che la ncotbgntf 
Chesta ccà de la vuscioP ha pensierer* 
Degna de stare mmiezo a lì quartiere • 

£ cchella Uà che pporta le ttrezzelle , 
Vìdela comme va tutta sforgiosa « 
E pporta la gonnella co T ascellt 9 
Non ha troppo capille 9 eh* è zellosa ; 

f Chesta se pò ehiammare una de cheltej 
Dicere lo borria t ma non è ccosa ; 
Chesta de lo Vasciello è Pommardera « 
E dda tutt'è echiammata la Trammera • 

Cheli' amai che ba tutta riccie, e mmiccie i 
£ sta tutta de ceraso nchiaccata > 
E li capille puro so a pposticeie ,' 
E la facete , che ppare nzolarcata ; 
Ha pe ttrezze a Io cuollo doie aauciccie» 
E na scalorcia 9 e ddiee « eh' è na Fata > 
Chesta de lo Vasciello è Ddespenzera 9 
E pe nnomm'è chiammau Vordeliera* * 

' VoN 



DE V arbascià; 3ì 

Votate 9 vide Uà chtUo Vecchione * 
Che porta U scioccag^e a ccampaoare i 
Non se trova a ccagoà <niaaco a ssapanoi 
£ bà trovanno de se mnifiretare 7 
Nfi mò ciuco iRarilea Io pascono 
N' a V* abbiate 9 e cchiù une va provare/ 
Chesca ccà de le bele auza la corda , 
Ed è lo nomme su io Donna Baiorda • 

Cbella» che sta seduta , chella grassa » 
Che de magra lo labro iene tinto » 
Pare legliola 9 e ssette cruce scassa , 
£ d' essere se crede Cuccopinto ; 
Porta de cchiiV lo manto a la smargiassai « 
insto commie se fosse panno CMOt 
Chest'ha pensiere de la VettovagKa ; 
£ sse cbiamma pe n^ommfe rAntecagIhr« 

Tanto pò mme mostaìe vecchie arrappate» 
Ch^ avev* ogn' una no presiento nmano^ , 
Chi pezzUIe^ chi Orietta 9 e chi velate « 
Chi quarGfher caima de velluto chiaiio t 
Chi aianeche d' argìento arragamace » 
Che flSinno na gran bista da lontano } 
Cheste ccà co ste ccose fiipno pesca 
Ite gruosse ttmne > e ddonaao ventresca <^ 

Se voleva sape quarch' auta cosa^ 
Mme s'oferene pronta t, e ppreparatat 
Femmena non vedd*io tant* amorosa» 
Né coM^ a ccbesta unto accreanzata » 
QuanBo parlava ateva ttmmorosa » 
€h' abbesuogno » che ssia bon* allevata ; 
Po mae di^te se noa aie « che ffarof 
Sientt A fila «e vuole strasecoiact • 

B 4 Ci 



32 t O V A S e I E L l Ó 

Ca pe te là rc$UL mmacavegliat^ , 
De me te voglio dkere qualcosa 
De la €€ffiueziotte ^ e dde lo stato 
A cche m' ha puQst» Fortuna moccosa ; 
Non saccio à ddì se fosse stella , o Fato ^ 
Che sta chianeta moie tenea nnascosa 9 
Ca. quando irnne credea d'esse Regina ^ 
So ddeventata mozza éf Cocina • 

Da che mme namaretaie ponteca sciorte i 
Appe, perchè p|gUaie no niascauzone 
Che boiea 9 che fTacesse fusa storte « 
Pe sforgiare « e ngorfire^'^lo guittone ; 
Po la ètica le sapev' a forte , ^ 
Mme vast' a ddì , A' era no mbreiacone; 
De cchiù mine tormentavate n'avea scuorna» 
Ca voleva da me tanto lo )uorno . 

Io » che non era nata a ttale sciorte 9 
Otra ca so de buono patentato « 
Cchiù priesto m' averria fatto dà morte # 
Che commettere simmele peccato ; 
Vo juorno gredaie tanto forte forte « 
Che tutto nce corrìe lo vecenato , 
t mmcnt' iss0^ facea io cuoUo stuorto ♦ 
)4me ddecevano tutte* aie tuorto^ aie tuorlo» 
Figlia n essere tanto mpertenente , 
Ol^edisce a mmarjteto , sta zitto ^ 
Ca buon^eie rammico* e I9 parente 9 
Ma meglio è lo marito «. se bè è guitto $ 
Singhele.a.cquaMo vole obbediente^. 
• Ch'iajd ogne Jlibro lo ttrovarraje sfitto 1 
Ca chella Uà chiapaiare se ^,Qmk\ 
Che nae^ciutto la tenta » uk ^' atiasta . . 

. "^ • Ma*» 



DE V Aft^ASCIA: 1^ 

Maricei' è no povero compagno , 

La casa è ilopt 9 e no^scompóiee najef 
Facemie tión nce so, iionf nc'è guadagno^ 
E d' ogne ttenpo cresceBo li guajè ; 
Tu manco «i dde ^hhtmmo , né de stagnOf 
Ma ea tu strille , e n' accìde t che ffa je , 
Co b Vacai, Io Voie penò sta wiito 9 
Che la irfbgtiere aiuta Io marno» ' 
Io pe no* stare a ttanta compromisse 9 
E «co ccheste competere, e ccocehette; 
£ pe Hevare sti dtcome , e ddisse # 
Co sse dessonoraie femmenelle, 
Perch* errt# stì tahiorne troppo spissé> 
^Che sborà mme fiiceano le IMelIe , 
E ppe chifirire a cchtllo tradetore, 
Me tt' alleppaie de nottua le cmc* ore. 
Tre ghiuorne sane , ed atita tante notte , 
So gbiuta spetta pe Imosche , e mmontagne^ 
Senza magna veranne , crude , o cotte » \ 
Pascepnome de nitce, e dde castagne» 
Dormenno pe le ttane, e pe le grotte^ 
Sola , perdvè non Toie maie oompagae » 
Po ^n^mto a la mprovìsa Ha matina 
Me ìfovaìe beHo nnante a na marina « 
Dove a tttempo passanno sto Vatciello > 
Lo quale da lontano mm^abbestaje , 
Ntetra prètsto mannaie lo sghcflFctìdlo ♦ 
Ed a mme , che stea sola , nne «ampaje p 
Mo comme vide stongo a sto greciello, 
Aimmè ,, che non nce fosse nata maje , 
Ci a* ant»o vorrìa ^à nmano de Mdrd t 
CE5 co su mala rana pe ddoie or^ . 

B s Con- 



j4' I-O V ASCI Eil^O 

Concruse ^ e ddis$e famme a Iq remornd 
Piacere 9 ptrta priesto «ta mmasciata 
All'Onestà « che benga nnante ' iuorna 
Graie « ca se no 9 nne moro desperjata ; 
Ca sto €0 na vregogna %t ccq no scuorsOf 
Che mme contentarria n* essere, nata» 
E ddapò , se sta prattec* assale durav 
Me porrla fa muta tuorze natura. 
!E cchesta de* preiseniia « e iSacce bella 9 
£ mine pare eh* assaie v' arresemeglia % 
}anca comme la neve ha la gonnella ; 
£ sse parla , non aiiza male le ccìgUa ; 
Vecchia non è, »è mmanco è gioven^lla, 
Nne ssaccio' se v' è' ssore , o se v* è ffiglU» 
E da che so a lo. Munno pare so)e ». 
Auuo no n* aggio viste de vaie doje • 
De verde aruta stace ngiorlannata^ 
£.mpietto ha na collana d'oro fino« 
La faccìe comm* a buie tene velata • 
£ Qo làscio de lauro tene nzioo* 
Da tutte Castetpi vene chiamtnata « 
E, le sta reote no bello Armellino « 
Dove ne* è no caniello a llettre chiare t , 
Voglio primma morì 9 che mm' allordare • 
Sentenno tantìo chesto ir Onestate* 
Se mese mano n&ccie^ e a li captile « 
E pe ddoglia coli" nocchie strev^laie » 
Dexe pe nfì a Io Cielo ciento strille ; 
Comme soleno fa le speretate j 
Cossi chesta facea justo pe mmille » 
Po co ffacce arraggiata , e brutta cera i' 
A spaporà sbottale de sta manera • 

Don- 



DE V Ambascia: jf 

Ztoncd la Castetà» la sore mia» 
A cchìste guaie^se trovai a stiM&angientef 
Ch*è ffatta Schiava de la Guittam, 
Né Io Munao de zzò se cura niente ; 
Patta chest' è na gran forfantaria 9 
Disse co rraggia stregarono li diente ^ I 
Chesto zoffrire no» porraggio maie 9 
Leberà la vogl' io da tanta guaje • 

Io saccio j eh' è na £Eeinmena onorata » 
H pò sta nmièzo a no cao^ Franzese^, 
Non perrò ca sta gente sbregognata « 
Non voglia , che noe stia n^nca no laese^ 
Perchè mori nne porrla despeeata^t 
£ mma«sema se sllarca a sto palese» 
Mistte I* ascelle 9 e schitta co no vuolo ; 
Nne a' attemo a^revaie ncoppa a b muolOif 

Ih* Uà se shauzà ntoppst to Vasciello t . . ^ 
E QCo na Maestà nmiezo se sede ; ^ 
La Capetaoia a pprimm» vista aucfellò^ ^ 
Grefonet che bolatp sk se crede;. . 
Ma chetla , o gente degim de vordlielIo^V ' 
Le disse» che ssia itipisa chi ve orede-y ! 
A buie chi data v'^ha su potestate >» . 
Gomme schiava tene la Gastetate ? - ) 

Vuie non sapite bikmo , e* mmr^ è . ssofe r 
E lY una senta li** aula non pò staf e * 
Addov'è "^priesta* ven^a in4 cea ffbrrt 
Se tioi» ca tutte ve faccio frustare^ > . 
Cheli a Ha co^ fon;gi>gn:it , e ca. irrossore^ I 
Gh' abbascio stea « la fecero chiaimnftre > 
NsagHre V Onestà fa sore vede , 
Ch'è ess%^> e ca n'è essa psnzaie ccrede* 
B é Ma, 



5^ ..LO V àS CI E LfcK) 

Ma pò , che edento vote F ha squatràt» y 
E ilev^tp Io vélo ch'avM nfaccia,. 
Se be ca stea no poco maltrattata t 
La canoscette « e ccorrenno :V abbraccia $ 

. Sore mia cara , quanto i' amat' amata t 
Gomme de te sta gente fé venaccia > 
E sse deiero nziemme cchiù de mUte 
Abbraeciamiente ,*% base a {^pzieobille » 

Gomme quanna na mamma, poverella ^ 
Che pperduto ^a lo figlio p^ccèrillo t^ - 
E mmaie non.ha potuto^ av^ novelh^ 
Ma dapò no gran tiempo v&de chi[)o » 
De contentèsza s enchie la bodi^lla , 
£ p' allegrezza sauta coinm^a grillo, 
Simtùel'è ffuor^e fuorie cchIù de chesli.» 
Nfira UoHo doie Ricetterò ;gran festa* 

Va Y la forca t' appicca , s4Ìauratone 9 
Disse a lo temmonieroi che stea ziitdi!^ 
Piezzo.de catajpieiaOf manun^one* 
Abbesofna y che. ssiagl^iie no gran guitto ; 
Xassa priesto te dico sso temmonei 
£ ppo sta vota mzów te sia ditto r .- 
Ca chi V'O fa st'aiE^io , beso^na, ' * ' 
Che ommo ^ « non quarche piscia Ko^a« 

Vo se rotaie comme cana fegUata t 
Nmierzo |a Capetania« e la. Patrona^ 
Decenno , gente mala addottreitata » 
£ be st'ausanza a buie ve pare bona? 
£ mmente le £icea uà tigiuriiRa, 
R^sponnettero chelle t^ sona , sona » 
Attennitev' a ftt li fatte vuosfó « 
Ch' accessi boono U morite nuoiie • 

Seti- 



DE L* AUBASCIA. 37 

Scazza! chesto de ccbiù? naie simmo fritte 9 
Disse tanno la povef^ Onestate « 
E bè 1 s^ig^hesto simmo )ate a nimitte. 
Se votaie nfacce de la Castetate'; 
Addonca K marite so li guitten 
Quale k danno canzo., e llebertace » 
S' è cofsì non servimmo pe na tacca > 
Mente lo Toro £1 che bo la Vacca . 

Cchift gvìtte le jchìammaie , cchiù ffetenzose» 
Ccbiù ciantelle, thìft tracckie, cbìà sciaurate» 
Cenili miiesire de JJatum schefeniose» 
Arpie , tahiornè 9 e fTaccie uzoUrctte; 
E tant^.^He pavqle ttgioripse# 
Ch* a ddirle è na vregogna nzaMlate t - ' 
Ma steano chelle fflirte de Nfierno, 
Co na Accie cchiù ttosta de pepiemo» 

£ sequetaie, ftiimene sema Nnore « 
No sperate vedercce ccbiù nlmaj^e » 
Che ve pozza jngHare V^tecore 
A 6iue, e a ediesie ffafcie'vierdegaje> 
E pe la itine pigHauéo la Sor^« 
Kdelo co cchfHa Uà se nne volajèf 
Donca ptrzò «o ve niaravegliate , 
Se non nc^ife Ccastetù , matteo Onestate^ 

Ora taiiDo vediste nzanetate 
'No conciirzo de femmene nfenite t 
D* ogne eoimezioQt , e ctjualetate , 
Zompafino allegra mente pronte % % ardite} 
^dole, zite, ma ccbiù tiunaretate» 
Ncompagnia èe K ffoprie «larite * 
E ttanto iuie lo puopolo 9 cbe ne' era> 
Che mon p^mé mercato j aa n^ fera. 

Com- 



j« LO VA S e I E LL.O 

Ciomme fosse compano n' Alifatue t - 
O quarche Soie marino co h scellcr 
Tal' era la conciirzo^ e tal' e ttfmte 
£rno li strilletorie i e li grecielie ; 
Lioco vedistr a mmucchro il contante 
Sborzà da gentil bone 9 ^e genureiie > 
Che ppe cquanto canòscere potette» 
Tutte quante a m-mesura erno.sogette*. 

Ogn' Artesciano porta lar mogUere 
Co li zecchine pe le cconeentare » 
E eco cheste veuettera le schere 
De Casedduoglie , e òde Cetrangolare n 
I^ogliere de Chianchiere 9 e P^as|^ccete ^^ 
E ramoglèwe porzì de Tavcrnare^ 
De sbirrc , Gabellote , e dde Speìunr » 
ET aflfiuture decotte abbuonoecchiuoe •: 

Lia bediste mogliere de Oottur^» 
Dfe Speliate , Miedece , e Knotare » 
De Cappenere, e de ProculaMire 9 *. 
Cchiè) che tion oce so ppisce: dinto Afere; 
£ gra mmoglieve de mreze segprre, 
Che spìsso spisso n' hanno* f^he nunagiurer 
£ de Scf eviene ^ e scotolatvc^rsille^ 
Cehàù che ne!» éongo aleccanipagneg^illi^ 
Kc' erano cchià de mmifle ncarrozzater =. 
£ cchiù seie vote dinto» le segeite.r 
Ma stevano cossi bon* attappate , 
Che liH^re chi erno non potette» . 
Ken mene p*rz« a mme de gra velate r 
E pe quanto. potie suJo scorgefie» . 
Che ssenza a«cl nfi Ha Fera portata -. 
Drafpe d'agne maneraf eiarfemata* ^ 

sie 



. DE V ARBASCIA. ■ j 
Se ve voglio contare a ppart\a pparte 
Le ffemm#ne chi erno, e de cbe sciorte 
Ncm ^starriano bdle sei de carte « 
E pò sarriaoo le ghiornaAe corte * 
Og^e mfoesiiere nzomma ne' era , ogn^art 
Chi corre a J&. marina , e chi a le pport 
£. mmagliere de chiss^^ li banche (eh 
Cchiù^be non noe so mosche pe le cchiar 
io puro ire co la Damma mja 
Forzato fiiie pe T accatta quarcosa» 
Ca sempe «me facon la percopia , 
Co ttmto ca n' è troppo r^gnolosa , 
Sémpe decemio : e che so cquarche arpii 
O <iuarchè mademmella péttoiosa? 
Vaifui'ali'uso mogliere de pezziente. 
Ed io .Aempe mme spiatolo 11 diente* 
Vecco ca so mmogliere de Scredano t 
Teccolo lo marito cappanerab-, 
Meglio pegliato avesse n' Artesciano i 
Ga sarria ntesa schitto co na cera ; 
A la fina non si q;uarche bellano. 
Io nce vogrire propio sta sera, 
lettema, e nzomma pe la contemart, 
L'accattaie quatto fusa, e ttre cocchia} 
Lo lotano che ffeoe pé la via , 
Lasso confederare a buie nzordte t 
Che cchìù peo Y averrite de la mìa t 
E i\?ò che bornio lare sopportate;^ 
Ole lo j^uorno mme ùl la notomia , 
Sempe a la casa so spate arrancate, 
E ddice ca so frigido , e ca so ppigro 
Mzomma cacato ne* ha lo cano nìgro . 



40 LO VASC DE L'ARBASCÌA 
Serva quanto s*è dditto pe nfi mmone ,' ' 
Pe passa tiempo , e pe turattenemiento i 
Pocca lo f uomo d'eie cierte ppertòne»^ 
Vonno palluat al^bottate de viento , 
S*a no trascurzo non ne* è nmenzìone* 
Pierde co H" uoglio losuonnD , e lo 9tientO( 
Nzomma nce yotìi^ de boscie mmescatc 
No sacco, pe no pò. de Veretate . * 
Ora venimmo a nouie , lassammo stare» 
Su pallutifi , e ste ffavote 4^ banna , 
£ ghiammo attiiorno^e se >o -trovare t 
Se ne* è quarcuno e* ha la Mezacanna ; 
Ma sento Eaterpe mia forte strellare* 
Che ddice zitto , appilate ^sa canna > 
Piglia la penna n'amra vota, e scfaitt^* 
$ta nceHevnelloy e scrive mò ch'*addiiUK 



PAR- 



P A R M O i 

TRASCURZO TRA MASILLOi 
E TlTTAc 

/^Uanno creo 4e mme fa I» fkto mio » 

^^ £ dde star* no poco arreposato» 
vecco me vene a fa lo percopio 
CheUa , che già cchiù boto m'ha fmiciato; 
Che«|* è \^ reto vota , e tse cchiù io 
Kce ncappo ^ che pqrz' essere squartalo % 
Ga^pierzn aggio Io suóono f e mme so strutta 
D* uoglio , d' angrest^ , e cc^ setìza frutttt^ 

E dft cciiiiVvò che ccanta ciert&ceose, 
Ch' a la l|rnau d^ oie^ no» songo all' usoj 
Ca ^ PF^jpfltte , se bè toriose 9 
De muodo r <he mme veo itttto ctnfusoi 
Sao^ porzl cu s^ IFastediiose , 
Ca burla quanto vuoie co lo zeUusOt 
Nò le leva la coppola 4a capa» 
Se non vuoie che le saglia lo senapo« 

Ma io k> quale a Nnapole so nnato » 
£ non $ò de Jogliano , né d' Averza 9 
£ pò ms^nco so ssurdo ^ né ccecato t 
Ca so de carne » e d' ossa « e non de cerzà» 
Ha no gran riempa» che stongo abbottato» 
Ca v^o le ccose ire a ia reverza > 
£ pperctìè chino » chino sto nfi ncanna % 
So sforzato canta sta Meza^canna . 

Ogn- 



411 I> A R M O 

Ojgtmn^avt na scopa pe scopare t 
^£ ttenere4a casa bolla 9 e nnettat 
E de no schiecco pe se noe mmerare , 
Casa non nc'è^ che non se nne deletta; 
Ka Meza-canna pe se mesorare 
No la truove , puoie correre a staffetta 7 
.Non se ved' auto , che;bag|;ianarra > 
Tutta nforrata de pezzentana. 
Wlas* Vorrta sapere che deiaschenc' a^e ; 
Dimme che t* è. socciesso Valentino ? 
Che co ssa lengua n»n abbiente ma )e » 
Ca pare taccariello de Molino ; 
Predeca quanto^ viioie , ca nknse fa|e « 
Se bè tuocche lo blyo> e:pphche ncUno; 
Oie io Mundio non vo correzzione , . 
>Ca vò camimre ognuno a battaglione 9 
yìt, O chià^ e b) si venuto sì dde ponta» 
Trovate chiuso , e ba pierdej# accumo j 
Siedete , di c^uarc^sa > parla^Rnta « 
£iKe '<|uarcbunQÉ che* se sem? puntai 
Nce la voglio^ Io rUotole sta |onta % 
Be eh* avimmo da ia « se' è quarch' assume^ 
Dessete fiaerze mpaccio sto pparlare» 
O si benuto cca pe econtrastare ì 
Mas- Titta mio » dice buono quanto dice ^ 
Ma de na cosa suJo mme despiace , 
Ca te faie no magliaro de nnemmice» 
Donca chi te nce métte* statte mpacet 
♦ Tu non saie cbilb mimo, quale dice: 
Lassa to Munnò comme triK>ve 1 e ttace 9 
Ca chi oie dire vo la veretate^ 
Se penia à^ ik boono^ è dà atoccaie» 

De 



. P R I W» M Q. 4^^ 

De cclim pe te, J% 4ì , pare che ttàcci^ \ 
De la Patria stessa lo defiecto * 
Ferrò che nne vuoie fare de sti mpzccìci 
Fuorze truove paiese , che ^ia nietto ; .^ 
O quanta peo de ccà , Titta * acciò saceif 
Campano a battaglione « a guffo>.a ghietto. 
Donca , che nne vuoie fa de ste ccoate$f « 
Mente tutto lo Manno i no paiese • 
Tit. Masillo , o no mme mienne^ o non vuoi€? 
£ ppuro ti ttenuto da Patrizio , ( menneie» 
Ca devarrisse ad astemo comprennere 9 
pocca 8Ì biecchio « e chino de )odizio {• ^ 
, Chest« non è cacciare 9 ma reprennere 
Le gente 9 azzÒ^'che lassano lo vizio « • 
Ed azzò vìva c^nuno ipregolato» 
Comm' a le ffiirze e' h%, co»nii' a Io etato^ 
Né pe Nnapóleume parlo achitto , ^ 
Ca parlo ngennerale a echi mme menno 9 
E sto poem«m miq stampsQOi o scritto .^ 
Saccfo ca pe la Talia le stenne ; ^ 
Ma^ikl, o vay attenne 1 o ^iiaite zitto» 
Ca sto sparlare mio nescumo afl^nne # 
Ogn'uQo ie)l^ piglia compia vole» 
Nfrutto, ci» iso stoccate le pparelef 
Manco Napoìe è cchià chillo qual' era # 
No tiempo tutto de Napoleunet 
Perchè mo ^evcntat' è na galera , 
Ad(bire songo cchiù liengtiaggie strane $ 
Mo^pole età chino de manera 
^6 gente forastere ^ e dde paiesatie « 
Le quak rrazie a guisa de conigHe* .. 
I^ce hanno fatte le iradeche » • ìhtS^lh^ 

£ pt 



4 P A U M O ' 

pe le dì j mme patre de vedere ^ 
Che PArca et Noè sia ^vemitiif 
Addovea mmucchto> a i^egliarate, a schiere» 
Gran quantetà^de vesiie ne* è ritrata ; • ' 
Se chesto vuoic nega si na sommie^e ^ 
Tu vaie cercanno ave na srepolata , 
Ca m' aie trovata proprio de vena , 
St* a bedè 9 ca rarrimmo quarche scena . 
:a nce so Tturche 1 More « ed -Arbanise 
Cca Griece 1 cca Todisce 9 e Otramontane^ 
Cca tanta pesciavine de Frahziset 
Cca nce songo porzì tanta Romane > 
Cca nce songo de ccfaià gran Toseanist, 
Cca megUarate de Ceceliàne t 
Dove so cchiù llenguaggie , e cchiù ffavelfe^ 
Che non é'erno a la Torra de. Babelle * 
mpe li tale 9 e cquale azzettovate 9 

8 naie cca stanno pe ffa cose bone? 
è co li triste maie vanno mmescatet 
Ca non so tutte soccie le pperzone> 
Perchè de buone n aggio prattecate r 
Do tutte quante cheste nnazione ; 
Ma lassammo da banna sto talu(»rno 
uà ée chiste parlammo n'amo juorno* 
ts. E pò se la menesta esce vrodosa » 
Hce perdarraie Io tiempo co la spesa ^ 
\ffh se la nnevine è na gran cosa 9 
Vlperrò ntienneme a mme, lassa sta mpr^ia; 
La Mez^-'canna a tutte è stommacosa > 
i^erchè non è da tutte bona mesa 9 
Libero nasce ognuno 9 ed è ppatroae 
>é' (kxé niò che bò la pedone . 



P R l M M Ò- 4S 

Ti/. O sìt vrodos^ ^ o fi^ipeta , o salala « 
O sia cotta » o sia en|ija , o troppo sfattàf 
O sia Qiolleechlki , o comm' a di scaudata , 
Mtne la màgn' io , met^io me T aggio fatUr 
Io pe mme ssulo taggi)^ cocenata, 
£ a echi qo le piace » tl^e se schiatta; 
Nne pe Poeta penzo dp passate i 
Ma sp^puro accossì pe non crepare • 

Mas. Parla mroacaro quarche po' à! Ammorti 
Di de Copillo , e Bcnnere quarcosa 9 
O de Narciso deventato scìord, 
eh' aquestarraie na famma groliosa ; 
O'z romacaro lauda no Seenore» 
Ca fuoife^n'aie faore, o n aie quarcosi» 
Ca co ssa chelia de la Meza-canna « 
Affé non truove. chi te sputa ncanna • 

T?/. Io non sacciò che dice 1 mm' ale ;prusciatO^ 
Chi te tocca, che btuocìole Manilio, 
Pe te dire' lo vero, m'aìe mmuinato, 
Co Nnarciso , co Bennere , e Ccopillo 7 
Ora mo si , mo si ca ^o. arrecato 1 
Levamette d^ nante , se jao strillp , 
Io non aggio abbesuogtio de Totorei 
S'autro non àie chf. nare » sticchia foreT 

Che Ccopillo , che Bennere , che Àmmore ie 
Ne 980 Narciso canoscette maje, 
Che famma groliosa « the'Ssegnore« 
Vorria sape MasiHo viene", o v^fet 
Io non aggio a^besuogno de favore « 
Ca non stongo'mpresonei o passo jiuaidf 
E sse campjMsa cientomilia anne« 
Sempf so fé pailà d« Meze- canne $ 



4« f A II M 

ilas. Io saccio e aie leggiuto,e ppAttecató» 

^ Gran tiempo pe lo munno, e ddime aie liettOt 
O visto 9 o miso 9 e nguaggio no docate ^ 
Poeta n che s* è puosto ntale appiietto » 
Che maie mpacciD de nullo s na peglìatOi 
Vèr de scoprire a nniiHo lo dtfietto « 
Ma d' Amihore ^ de Guerre n e dm Pazzie f 
De Favole, Pallune, e Ffantàsie. 

liV. Donca dicere favole, e ppall une. 
Te mmagenet che siano cose bone. 
Ed abbotta de vienio le pperzune y 
Te pafé che'sia cosa de ragióne; 
Pe mme non fanno l' adolazione ' 
&c mme ftcisse devemà Barone , 
Né manco saccio fa Io CortescianOf 
Che ttaglio faccie ^ é pò va'so le mmatidfì 

Caglia 1 sta zitto, non parlare a ghietto, 
Be se conosce ca nTaie stodiaco « (lietco, 
Tanto aviss uocchie v tu , quant' aie maie 
Chiù de Iq ^edectno « o lo Donato ; 
Che te se spezza ir' arco de lo pietto , 
Quale scola ^ chi masto t'ha mparato? 
Che li fatte non saiei non saie le ccose 
Serate da perzune vertulose. 
Aggio leggiuto a storie llommane 

Auto che non dic'io de cchiù'terrore i 
Ch' a chi le ssente pararranno vane, 
Ca so de ibaraviglia , e de stopore ; 

JChc licet' era a ccettatine 9 e strane 

*" A lo Triunfb de no Mperatore , 
Dicere a cchillo Uà da pietto a ppiettd 1 
Lo costumino 1 eh' aveva > e Io defletto • 

Ac- 



P H 1 M 11 O. 4t 

Accossì puro quannp se faceva 
Na Cuonzolo Rommano i o Dettatore f 
Lo quale 'n degnetate se metteva 
Pe ber tute , pe scienìia , o pe balore i 
Quaati^a lo Carro Trcionfale jeva ^ 
Le jeano reme cierce biutte More , 
Che tifi a lo Campeduglio ^ e pe le bit 
Ngiurie le deceano, e guittarie . 
Liegge no poco , e bidè che fo ditto 
A Rpompeo da Lellio Formi ano ) 
Che né a no portarobba^ né a no guitt#. 
Ditto se le i^arria forte i né cchiano ; 
A Baleno Ueggè t e ttruove scritto » 
Che se decette a lo Seracosano\ 
Senza paura , e con gran Itbertate 
Taano se potea di la vei'etate? 
Donca tanti* era liceto parlare 

Co fFranchezza ad ognuno , e Uebertate i 
£ pò chello eh' é ppeo , mpartecolare i 
E- fare a ccampo apierto le cchiazzatt; 
Nesciuno tanno se potea chesciare 9 
Tanno se potea di la veretate 9 
Io mo che pparlo pe ccorreztione » 
Ca dico la verdà , che bao Ripresone • 
Io so cca pe ppanrlare chiatto , e ttunno » 
Pocca la Musa mia cossi commanna 9 
£ se be stesse dinto a no perfunno^ 
Sempe so pe ccantà la Meza-canna ; 
£^ cchesta necessaria be a lo Munno « ' 
Chiavase chi non vò no chiappo ncanna» 
Pwchè secunno l'uso de ragione 
Deve ognuno «ampàf no a battaglione» 



4f f A » M 

Libero m'ha creato la Nati) 



Natura , 

Se be Yaualla da na Monatchia^ 
Che non te fa ie nullo ave paura t 
Qaanoo nnemico si de la boscia ; 
De chi dice lo vera ha sempe evira # 
Che$t'è la vem Protettrice mia, 
Viva h Vcretatc , e bìva ODIO , 
Viva CARLO Secunno lo Rrè mmio* 

Meglio % mmorire ^ e ddi la Veretate» 
Che campare tacenno « e stare nuilo % 
>£ pparlare con ogne lebertate , 
A echi dice lo vero ^ è cconceduto ; 
t)onca l uommeoe d' oie sarraono nate 
Pe mmagfiare % e pe bevere assoluto ? 
O sanca Veretà poco tiemmata f 
Malvista * no ntesa , e ddesprèzzata % 

Mas. Ora co ttico voglio contrastare, 
Ch*aie la capo cchiù ttcìsta de na preta, 
Veramente «*avev*auto, che ffare y 
Parla pe nfi che schiatte » chi te vett t 
Io so benuto cca pe tUvesare, 
^Che non faccie na cl^Ileta ^ che ffeta f 
. O no nce mmescà femmene allommanco% 
Ca cantarraie cchiù Uibero , e cchiù Arance 

Tu mme canusce , e asaie aa ao Dottore y 
£ ppozzo dà consurta a no Spelale # 
Ed ammico te so de vero core « 
Chello che ddico non Tacere a male. 
Perchè cchiù d'uiia farà grap rommorci 
Massema chi è no poco seniovale, 
E pò mnie vaie parlanno d' Onestate » 
£' ccbelle « ammiche 90 de lebertate • 

E pò 



E pò se n mante leggUrranno 
A le mmogliere lloro sie Sacennc f 
Mmagenaite tu chello • che iFarranno f 
Ca nc*è cchiù de na femmona, che nteanet 
O gran sconquasso t che soccédarrani.^t 
Quaono se sentarranno sie lleggenne t 
Massema dall' oneste 9 e accostomate « 
Quale, non vanoo ngeneraletate • 
T. La ntenzìone mia pura , e rreiale » 
Ama non è » che ddicere lo vero# 
£ de parlare sempe ngennerale% 
Co ccore schetto, lìbero, e ssencero^ 
Levammone penò le ttale t e cqnale 
Che non ne faccio nummerOf ma zerOf 
E Jevainmone puro le cqualesse , 
Se bè non saccio .ancora chi so cchesse. 
M. Subeto t* ammoinCf e che ccos'aje? 
£ cca parie cchiù ddoce, che te costa» 
Tu già si ommo 1 che trascurre* e ssaje ^ 
Scusate f e di ca no T aie ùtxio apposta; 
Co la docez^ non* se perde ma je 9 
O dì comme dicette U' Ariosta ; 
9) Passi «chi vuol tre catterò quattro sent» 
r. Leggere , o leggat e non ce dia credenza. 
"f* Pe te la di, mme pare de vedere 
Ca sL no belio ciuccio» e sì Dottore 9 
Amo non creo r che porraie sapere t 
Ca se fa notte a le binteqtiatt'ore: 
Fusse tu fuorze chillo Temmoniere 
De sto Vascielta venuto, da foré? 
O fuorze iQoglier' aie tanto vezUrfa 9 
Che se parte 9 te piglia co na farja? 
Valentina C ' M. le 



so . P A K' M 0\ 
M. Io non appe a lo munno male mogfiera? 
Nnante m' avaf ria fatto strangolare ^ 
Io pe mme naie non appe sta chimmera 
( Cdmm' a dicere mò ) de mme nzorare; 
Meglio accordato mmt sarria ngalera 9 
Pe mmekite campo no rimmo a bocare 
Ma pe ppiatate , e pe ccompassione 
Defenno de le femmene le bone* 
T. Le bone , se nce so 9 lasso da banna i 
Deiruoromene porzì dico lo stisso ; 
Fotta ! mme chiavarria na foca ncaina i 
Semp^ aggio da parla co lo promisso 9 
No nnommeno Vecienio» né Giovanna f 
Parlo comra moglierema, e mme stisso» 
Accorrete nient'auto? che te pare? 
Enee nuli' ama festa da guardare? 
JA. No nne sìa cchiù , no cbiù, non sia pe ddhtOt 
Scumpela , no cchiù mo, c*aggio abburlato^ 
Non te pegHà cchiù ccollera , sta zitto , 
Che d'è 1 che d'aie , che faggio mozzecato? 
Ca se puro parlasse co no guitto, 
Parlarrisse , mme creo , cchiù ben creato, 
• Canusce buono , e guarda le ppcrxone , 

Ca non so cquarche zanno ^ o coppolone* 
T. Vorria sapere chi te ne' ha chiammato » 
Che si benuto a fa sto percopio ;• 
Mo si ca veramente mm' aie frusciato , 
Se non te nne vaie tu ^ me nne vao io; 
Nfi a mmò t' aggio sopierchio rèspettato 
E se non si pe ghìre a biento mio, 
Otra ca quanto parie, parie nvano, 
Venarrimmo, chi sa 9 fuorze a le mmano. 

M. Non 



PERIMMO. sr 

M. Non le so contr' affé, Ddìo mme nne guarda 
S3 ccà pe «e , pe nne piglia le spaie , 

* Io te voglio aiutare a la gagliarda ^ 
£ se non pozzo cchià , metigo a ppretate^ 
Acciso sia de botta de pommarda 
Chi vole contradi la veretate , 

'Se te so contra cchìù so rio paputo , 

• Sequeta, dì che buoie, perch'io t* aiuto . 

£ ttanto cchiù ca parie d' Onestate , 
De Mezecanne , e ccose de prefìtto , 
E non pe ccierto C9 te 1 aie sonnate, 
Ca quanto dice , sta pe llegge scritto, 
Ca le ccose vonn'esse ammodarate, 
Nzomma Jostineiano isso l'ha ditto, 
rPerchè nfra chille antiche tre precette. 
Lo primmo ( Honeste vivere) nce mette» 

T. E quann' è cchesto , singhe benvenuto, 
Ca pare che mme faccie compagnia , 
E mme puoie porzl dare quarche ajuto, 
Ca spassammo la mala fantasia ; 
Saccio ca^ si Ddottore , e ssi ssaputo, 
£ te deliètte assaie de Poesia, 
E mment* io parlo , e ddìco veretate , 
Tu le cconferma co 1 autoretate . 

M. Cheste so , Titta , le bertute toje ^ 
E mme faie mille grazie pe ccierto , 
Ogn' uno face T azziune soje , 
Comm*a tte,che mme laude senza mierto^ 
Veramente a lo stato , che ssimm' oje , 
Pe te la dire bello a llibro apierto, 
ve ONESTA* da le femmen' è squagliata, 
La MESURÀ 4air uommen' è screa jata • 

<J a Don- 



5a > A R M O 

T Donca se nuU trascorrere volitnmo.* 
Lo capo de lo glioommero pegliammo 9 
Ca de sto muòdo no nce conionnimmo^ 
£ lo tieiT^po senz^ ozejo passammo^ 
Nule bello nquatto parme destenguìmmo 
Sia MEZACANNA, azzò no nce mbrogliamo. 
Ma sta sodo, sta forte, e sta co mroico, 
£ no mme contradì > se mme si ammico* 

Facimmo che lo primmo parmo sia 
De ste bezzarre femmene sparmate , 
Che co ttanta sfacciata guittaria , 
Hanno dato lo sfratto ali ONESTATE: 

. Lo Secunno de NNORE, arrasso sia . 
Lo tierzo qiiaPè bera NOBERTATE. 
Lo Quarto se la musa ne' assecura , 
De chi fa ccfaiù , che pò, senza MESURA. 

Perchè ncoppa ste quatto cose sehitto, 
Mme pare che lo Munno assale se-^nganna» 
Né scerne da lo stupito lo dderitto, 
Gomme T onesto vìvere commanna; 
Se sì de preta , manco può slè zitto > 
Donca perzò nce vò la Mezacanna , 
Servasenne chi vò , ccà no ne' è fForza , 
E biva^ chi vò vivere a la storza . 

M. Ora via pcommenzammo allegramente, 
Viva sempe a lo Munno la Verdate 9 
Perchè d* ogtf auta cosa è cchiù ppotente, 
E cchiarisce le ccose ammascàrate ^ 
Io 3e t'essere ammico so ccontente, 
Te voglio pe ccorapare» figlio, e ffrate * 
E pe te f? vedè.ca so eco ttico, 
Accommet^Vio de primmO) e accossi ddico* 

LJ'O- 



P R I M M O. 5J 

U' ONESTA' da P Antiche se pegneva 
Na femmena de muta gravetate « 
Vestuta nobelmente , e cche teneva 
LI' uocchie co bella grazia calate ; 
Li quale co la facete le copreva 
No velo , che le dea gran Ma)estate, 
Qual' asempio pìglianno amicamente » 
. Tant' usava ogne femmena prudente . 

T. Mo fìon se sa che ccps'è l' ONESTATE, 
No nc'è cchiù, non se trova, è ghiuta n Qielo 
Non se trova nfra zke , e mmaretate » 
N' hanno peno- le bedole lo zelo. 
Non vide auto , che ffemmene spallate f 
£ ghiuto a la colata chlllo velo, 
£ che ddica accossi nfrutto abbedognat 
Ca teneno pe Nnore la vregogna. 

Te mostano lo cuoilo n& a li rine. 
Tanto vanno scoperte co le spalle y 
£ pportano le trezze fatte a cerine t 
A^ tmnUoda comme vanno ti cavalle; 
£ mpietto co no paro de cosqine, 
(Comme so brutte* dammuorip dalle) 
Che bedénnole sulo è na vregogna , 
Ca dpie vessiche pareno'^de nzogna * 

Lo tteneno pe sfarzo^ e pe ggrannezza^ 
A^ la nnuda porta ehelle spallazze ,^ 
£ ssenteao gran gusto , e gran preiezza } 
De le ghire mostanno ppe le cchiazze ; 
Ora se mò vedesse sta sciocchezza , 
LV Onestà cierto le chiammarria pazze > 
£ mmano a Masto Giorgio le ddarria t 
Gi>% passim U facesse ogne ppazùa • 

c a w 



54 P A R M O 

Ed è puro lo vero , e n* è boscia ♦ 
Che se se va na femmena frostanno, - 
E ttenuto pe gran bregognaria , 
Perchè le spalle nnijde va mostanno ; ' 
E pò de sta sfacciata guittaria 
De le femmene noste, tanno, quannp 
Te raoèitano le spalle pe le strate , 
Non è ppeo che se fossero frostate? 

M. Né sent'auto^ che cchesto predecare 
Da ii predecature , atrasso sia » 
E p* ogne ppìzxo sento mmermorare » ^ 
Ca ste spalle scoperte è na resia ; 
Perrò corame lo ppoiia comportare 
Lo marito non trase nmente mia ^ 
Credere pozzo » che Ip sfortonato 
O e' aggia le bottelle , o sia cecato # 

T. Io no stopisco d? autro veramente > 
E so pe ccìerio c<»e troppo crude» 
Ch* a commeglià le ramano stanno attcntet 
Co gguante, e mmanechitte a cciento cudei 
De lo riesto se va scopertamente 
Co fiaccie , pietto , cuoUo, e spalle «nude» 
Co ttanta lebertà senza paura, . 
Dov'Onesta non <nc'è , non ne' è mmesura. 

M. Ma chello , che mme fa strasecolare > 
E bederc spallate certe hecchie , 
Ch' è na cosa da ridere , e ccrepare • ^ 
Ca nfaccie tutte so rappe ^ e bessecchie, 
Comme a le giovenelle vonno fare i 
E te vonno mostà chelle ppdlecchie , 
Co ttanta dtlegenxia ntonacate i 
Che bedè no le pponno li cecate. . 

Chi 



P R I M M O. Jf 

7. Chi te mosta no mierco , e chi ni mpolia»! 
E chi ne' ha quarche pizteco d'auci^llo» - 
Ciexte luceno justo comm'a ccolla* 
£d a chi scuopre tanto no scartiello. 
Corre ogn' uno a bedere » e nce fk folla ì 
£ cquanto vide fare no rotiellot 
E ddice ir uno all'auto tlenemente^ 
Parano justo spalle de Vatteme r 

Chi dice , tiente spalle de vaia&sa t 
Chi dice > chelta Uà te mosta t ossa , 
Chi dice,. cheli' è magra te ccheir è grassa^ 
Chi eh' è nnegra de camene chi ch'èrrossà» 
Nzomma chi n' ha che fiit cossi se spassa; 
Cierf uommene , che ccampano a ì^, grossa> 
Penò sia che se sia 9 danna a pparlare 
Pe nfl a li portarrobba» e mmonnezzare. 

Chest' è brenna , mperò crideme clertD 9 
eh' assale cchiù ppeo dicere aggio miso f 
Chi sìente parla nzifra^ e chi scopierta» 
Cose > che te £irrìeno essere mpiso ; 
Perrò venimmoncenne a' io sconzierto 
De chelle faccie ntonacate ^ auiso > 
Ca cierte senza termene 9. e mmesura 
Fanno scuorno « e bregogna a la Natura t 

Perch* avennole fatte la Natura 
Co^la faccie « e Io viso natorale » 
Esse co mmille sciorte de sozzura i 
Pigliano quase forma d* anèmale» 
Non pareno cchiù ffaccie,' ma petCUral 
Ma che dico pettura « tenta tale > 
Che se no sghizzo d'acqua i|c'è^hrettatat 
Scolare vedarrisst T argentata «^ 

C 4 ^ Jlsomr 



i6 P A R M Q 

jksomma se fanno tanta strcUéca.ic, 
Che se bè te 8Ò ammicei e ccanosciente 9 
Se pe ccaso le ncuntre pe le strate 9 
No le porraie canosccre pe nniente ; 
De nianera le &ide tr^^sformate , 
Co ccheHe faccie • ed nocchie strallocieoftCt 
Che se te comparessero de hotte » 
Vedarrisse Asmodeo , ed Astarotte . 

M. lo compatisco cìerte poverelle ♦ 

£ ccrirde a mnie^ ca nce nne so nfenitCf 
Che ffanno chesto pe pparè cchiù belle 9 
£d allegra li cuore a li mar ite , 
S* antro non hanno pe le ccellevrelle t 
Non so st' abbellemiente proiebite 9 
Massema chi ha marito alliccacennera 9 
Se sforza la mogliere parè^ Vennera . 

T. Masìllo mò mme pare t che te guaste 9 
No scire da li tiermene , st* assìesio ; 
Chéste so ttutte scuse , e ttutte nghiaste» 
£ ssò freddure , nce puoie fa no tiesto ; 

^ A eguale libro dì lo studiaste^ 
A che llegge, a che ttitolo,a che ttiesta» 
Sta ragione non serve , eh' è ncomposta 9 
Perchè ne' è ppronta prónta la resposta • 

Una cosa da te vorria sapere , 
Dechiaramella , e mme te dò pe vinto 9 
Qiiantf è, che lo marito ha da vedere 
La mogliere a la casa , fore , o dinco 9 
La femmena v che bella vò parere , 
A lo marito co lo viso tinto ♦ 
Lo (Faccia pò la casa , e no a la strata9 
Dove da tutte X uommen* è sqaatrata . 

Yaa 



\ 



PR I M M o: ir 

Va a donc' aparata pe la casa, 

Lia se faccia vede bella e ppompost, 
Ca lo Marito Uà i' abraccìa , e basa t 
E Uà le pò jettà quarche bentosa ; 
Parere bella nchiazta ^ chest' è rrasa t * 
Chest'èi Masillo, schiavina pelosa t 
A cchesto stiano attiente li marite ^ 
Perchè non vanno }uste li partite • 

M. Mot Titta, aie no cantaro de ragione ^ 
Sì è pe mmo non te pozro reprecaret 
AiemìUo quanno vuole no secouone * 
Ca mm* aie coihinto co argomiente chiara 
Sta vota ntanp aie ditto cose bone « 
Frate lo vero non se pò nnegare > 
Ca pe la casa vanno da vaiasse t 
£ ppe le cchiaiie fanno le smargiasse • 

T. E cquanno a lo bestire s' apparepchiancH 
S* allifTano , se nghiaccano te sanneiano t 
Se nzorfano , se ngeniano^se specchiano» 
S* abbasciano , se torceno , e se chieiano r 
Se radono , se spennano > e spellecchiano» 
S arrappano 9 se scergano , è. benteiano , 
Se grauano, spedocchiano , e sestreiiand^ 
Se tegneno, &* allisciano , e se ntrezzano* 

S*appontanOf se spontanot se cegneno» 
Se stirano, s'allentano, s'allaziano. 
Se secano , se schiattano , se stregneno f 
Se coseno , s' attillano , e scafazzano , 
S' arricciano , s' aparano , se pegneno » 
Se ny»roglÌ3no , se sbrogliano, e marazzan^t 
Se votano t se girano |, e n abbentaiia^ 
.Regnoleianov e mmai^ non se x^oiueatanb* 
C 5 So- 



$8 P A R M O 

Sosase nzomma quanto vo matino 
La festa quarse voglia Maddaintnessa^ 
Se bè vace a na Ghiesia vecinor 
Manco arriv'.a ssenti la reto messa; 
lo mine confedarria de i pe nfìno 
A Nnola appede i è pò da Mola a Ssessa 
Cchiù nnante ^ che na femmena de chestei 
S' apara, se sanneia ^ s* alliscia ^ e beste 9 

Ka Galera o na Nava dinto maro » 
De tanta chiove mate sarrà gtiarnuta,» 
Quanta spingo le ntuorno a Jo collaro 
Na femmen' averrà quann è bestuta « 
Nce nne vò fuorze fuorie no megliaro » 
£ nce vò na perzona , che 1 aiuta , 
£ quanno nò , io povero marito , 
Se pegliarrà st* assunto , e sto partito • 

Conzider^ tu mò , eh' asempio pigliano 
Le zzetelle > <c le iEglie , che 2iò bedena % 
Perchè \ una coli' aute se conzigliano , 
E a la Patrona, o Mamma niente cedeno, 
li vÌ£Ìe pe cchesto sempe sguigliano , 
Pe cchesto tutte a no scanniéllo sedeno. 
Gomme fa<;e la mamma, fa la figlia» 
Le zzetelie , € le ggente de famiglia . 

M. Nchesto cierto gran corpa hanno le mamdf 
Perchè lloro le mparono provocete , 
K le mmetteno mprieleco de sdamme 
-Nne che so de cinc'anne ,€ ssò sollecetaj 
Gran castico vorriano ste maddamme « 
,Che mparano a le ffiglie cose llece^*. 
E pò chello, ch'.è ppeotSto brutto ^buso, 
Maìe ccbiù se pò leva , ca devent* uso . 

T- Nzom- 



PRIMMO; 59 

T. Nzomma V onesto vivere è pperduto > 
Perchè dove $6 ttant' abbellemìente t * 
Pe rreparare ncevògra t'aiuto, 
Attiso so ssaiette assale pugniente ; 
Aggia ir uocchie » e sia 1* omo surdo, e muto» 
Ca nche le bede, o nche le ttene mente , 
Pecca s' autro noa potè , e n[ à boscia » 
A lo mmanco de mala fantasia. 

M- Trase pe Tuocchie Afàmore/e ba.a Io core» 
£ da lo core corre a le mmedoUa , 
£ da Uà co granu* impet* esce fore , 
£ dove tocca nchiaja , o fa na mpolla » 
Sta mpolla pò deventa dessonore. 
Che Sete assale cchiù d'aglio , o de cepolI«y 
Ed è ttanco lo fieco nzanetàte> 
Che ddura (uh mamma mia!) na ternetate. 

T. Punto , .e birgola ccà » passammo nnantef 
Lassammo sta ste storie % e echi ste cunte» 
Lo Cielo r allecorda tutte quante , 
Ca non fanno pe nnuie sti contrapuute } \ 
Trascorremmo no poco de li mante , 

' Miettece affietto, e bl quanno l'afFrunte^ 
Quann' è la festa che ssarrà pescraje » 
Ca se non aie male riso i ridarra je * 

A la potta de diece « ed a la guappa ^ 
Ogne fFemtnena mò porta li mante y 
Comm' a n ommo smargiasso , che la cappa 
Increto ietta, e l'arravoglia nnante; 
Chi se lo mette a mmuodo de gualdiappa^ 
Chi.comm'a panno cinto, e lo restante 
Vanno co li manticche , e K mantuccie , 
Che non saie se so scigne,e so martuccie. 
C 6 Ca 



6o, P A R M O 

Ca nne so scinte tanta quantetate^ 
Che le bidè porta nfi a le Cciantetle^ 
O* che bedole siano * o mmaretate 9 
Ca de para se crédano cchiù bólle t 
Io non saccio pe mmeichi l'ha nventate 
Tanta tricche-varlacche 9 e bagattelle 9 
La lebertà 1 ha fatte tutte franche 9 
Ch< ppareno moglie de Sagliemmanche . 

So cquase desperate li mercante 9 

Pe sti manticche 9 che sé so accacciate t 

Ca poco so y che pportano li mante 9 

Ca vonn i cchiù scoperte, e cchiù sciamprace; 

Crcdeno comparere cchiù galante 

Le ppoverelle , e rrestano ngannace 9 

Io pe mme so fForzato , e ddire ardiscoi 

Ca chesto è no vestire vajassisco • 

A ddaie sciorte de gente è cconceciuto 
Sto bestire a U guappa j e sconiertato » 
A mmogliere zoè de no papato , 
C'ha nom;ne de mmarico , ed è ccreat09 
E de ciert* ante j uh comme so storduto t 
Lo bolea dire 9 e mme nne. so scordato $ 
Lo cellevriello veramente rota 9 
Fi^orze mme Tallecordo n'ama vota* 

Meste de chi vive a Uebertate 9 
Che no stimano niente li marite9 

' Cbelle^ che hanno dove so chiammate , 
C hanno comm* a Mercante li partite i • 
Atzoè 9 cbelle femmene sfrenate 9 ^ 
Che stanno ncoppa l* ammorose vite t 
Chelle che ffanno nzÒ9 che bonno ilorot 
E Lo marito serre pe ddecofo • 

E se 



P R 1 M M O. Il 

£ se pure maie ne' è quarche pperzona t 
Azzoè quarche iFemmcna ^ che ir usa* 
Sarrà ffemmena fuorie. tanto bona > 
Che non vò i co le smargiasse ncrusa; 
O puro a lo marito no le sona* 
Che comm' a li' aute stia nvocca a la Musa 9 
Ca pure nce so gente arregolate, 
Ch* ammano quarche poco T Onestate* 
M. Lo non porta le flemmene li mante 9 
D' ogne manera , è comra Y ONESTATE; 
Emo > vorria sape , tanto pesante ? 
O le spiaceva de sta commogliate? 
Comm^ a le mmano portano li guante» 
£ le spalle, e la faccie scommegUate^ 
Cierto de 11' Onestà poco $e cura , 
Chi iion ha Mezacanna, e no ha MesurAi 
Li mante V accacciaieuo li Romane j 
Quale d*ogne bertù stettero chine t 
E pe st' ausanza V aute Taliane 
L'hanno contenuata nfi a la fine;^ 
E mò f potta de me ) certe baggiane 9 
Pe paté tutte quante Mait^cine 9 
L'hanno tanto nzavorio arrasso sia* 
Signo che d' Onestà non ce n' è ccria> 
Lo manto è bero signo d' Onestate ^ 
De modestia vera , e Ssanto Amore » 
Lo manto porta nsè la gravetate « 
Lo manto auto non è, che guarda-Nnoffi 
Lo manto è de gran pompa, e Mnaaiestatef 
Lo manto è de la femmena sbrannore 9 
Sia la femmena nfrutto brutta , o bella , 
Senza matuo è ghiommetua senza sella . 

L0 



tó P A R M O 

Lo manto , pe cconcrudere 9 e no muro ^ 
Che d' ogn' o0esa lo Nuore repara « 
£ lo mantelle jancp « nietto , e ppuro 
Da quarche sguardatura fuorze amara » 
Co lo manto ogne Ffemmena securo» 
^ Pò jocà , senza fare ncuntro , o zara $ 
Mperrò che copra la faccie besogna t 
D'auto muodo non serve 9 ch^è bregogaa» 
^. Chi non sa ca li tiempe antepassate > 
'Non poteano le ffemmene trasire 
Nchiesia co le faccie scommegliate t . 
Perchè non era cosa de zoffrire-; 
Da Gentile s'amava IV Onestate « 
Oh cosa veramente da stordire ! 
£ le ffemmene d' oie y poita de Juda ì 
«ia^rriatio » se potessero y a la nnuda^ 
E Ppoppea mogliere de- Nerone , 
Se bè eh' era na fcminena ssonesta > 
Se sforzava pare nfra T aute bonei 
Co la faccia coperta tutt^ onesta ; 
Scfiefà volea la mala peaeione > 
OH quanto gran jodizio eh' avea chesta jr 
Pocca co ttutto , eh' era senzoale , 
'Nchiazza parea na yergene Vestale. 
£ de Cajo Sorpiiio la mogliere « 
P^ascì uà. vota nch!azza senza manto 9 
Strezzata pe mmostà la xapellara, 
Fu da chillo pegUata nn' odio tanto , 
. Che maie no la volette cchiù bedere > 
Se bè cercale perduono^ co gran chianto; 
£(i oie chi pò mostare cchiù , che nimosta) * 
Vìistuperio » e bregogua all' età nnosta . 



P R I M M O- 6j 

P' ogne capo la femmen è fforzata 
De se coprì la facce co Io manto 9 
Això s' è bella ^ che non sia tentata t 
E de zzò se peccasse , e ddesse vanto» 
S* è brutta , azzò non fosse delleggiata f 
O fatta quarche smorfia da canto , 
Cossi bò lo deritto , e la ragiQne , 
Pe llevà ir una , e 11' auit' accasione • 
M. Addov* è soletario conceo , 
Zoe campagna fora la cetate , 
£ se va a spasso « tanno no lo nneoi 
Se le pò 'da sto pò de lebertate; 
Ma che sia d'Onestà cierio non creOi ." 
Ire cossi nzenziglio pe le strate « 
Ca x>tra è portatura de, bagiane , 
Po co na mazza pareno vammané. 
T. Ora veniramoncenne a lo besiire , 
Ca so ccose da scrivere, e nnotare^ 
Damme no pò d* aurecchie , st' a ssentirci 
S'aie voglia « sio Masillo 9 de gostare. 
So ccose veramente da stordire » 
E nc^ eje gran materia de parlare , . 
Perchè non sulo è ccontra IF Onestate , 
Ma mme pare che ssia n aseneiate . 
Ca non ne' è fFemmeflella , né mmaddamma> . 
O che siano de terze , o quarte sfere , ^ 
Che bestire non vogliano 4e lamma , 
O d' ante drappe de ttàM manere ; 
Pensano de Segnora al|pestà famma , 
E ccred^no.a la ^granue comparere » 
Ogn' una vole ntomma fa la scigna, 
£ chi nuto non pò se venne 9 e inpigna* 

Se 



tf 4 P A R M O 

Se vaie dinto na Ghiesia, o pe la via 9 
Cridcmc cierto ca nne rieste ammissOt 
£ te s'anneglia iruocchie « arrasso sia« 
Se tu nce tienemente troppo spisso , 
Scernere non porraie la. Segnoria 
Da la Ce velatale , e rrieste ammissOi 
Scernere nin porraie previta mia , 
Chi è Puopolo , chi è Prebbe , e chi se sia» 

Te crederraie mogliere de Scgnore , 
De quarche Precedente , o Conzegliere > 
O de qii arche Avocato de valore , 
E le faie llevereniia volentiere; 
O te penzarraie fuorze de fa nnore 
A na' moglie de quarche Ccavaliere 9 
E te truove levato lo cappiello 
A echi fuorze dà scola a lo vordìello . 

Non saie qual* è mmogliere d' Artesciano , 
Quale de Potecaro, o de 'Chianchiere, 
Quale de Masto-d'- atte , o de Screvano, 
Quale sia de Ministro ,0 Cavaliere ; 
Otra de lo besti , mpiettò , e a le mmano 
Nce so tutte 1* Arifece, e T Armiere., . 
E bidè compare da tetòlate, 
Gent'atta a le ccociiie, e a le ccolate. 

Chi vide compare con le belate, 
E chi de inille sciure va bestuta , 
Chi co iiJmaireche d' oro arragamate 4 
Oie na foggia. nMjicaccia, e ceraie se muta» 
Pareno justo '^^ali^ sparmate , 
O MEZACANNA mia dove si ghiuia? 
E pò 40 bonno fa-cierte pperzoneV 
CU* appena paga ponno lo pesone. 

Cier-* 



P R I M M O- 6$ 

Ciert'aute > che ffuor2* hanno cincò fi|1ie> 
Voftn* ì vestute comm' a le nnennelle » 
Chi porta co la coda le tfaudiglie» 
£ chi dereto co le mmanecelle. 
Se lu le brde te une mmaraviglie» 
Ca pe ccierto so ccose troppo belle $ . 
£ se lo cammenà vide » che famiOv 
Non camminano nò i vann'abballanno. 

yedarraie n Antecaglia , no Vecchione j^ 
Che cchiù anne avatrà de la Sebilla > 
£ ramettere se vole nguarnascione * 
£ se scerga, s'arrappa, moscia» e attilli^ 
D* essere crederrà la Dea Gionone» 
Ma nfatto è beramente n'auta Scilla» 
£ pò stente quann'esce pe ie strate • 
Li delliege , le smorfie > e le rresate # 

Massema s*ha marito. giovenieUo , 
O che luori'^ha manc*anne^ che u*ba cbellai 
£ fForzato sarrà io poverìelto , 
De irla accompagtiannò g barda ^ e a tisellti 
£ m massema se va co T abetiello 
De lamina , o de tnorcato la gonnella ^ 

. Massema s' è mmoghere d' Artesciano ^ • 
De Notaro To de povero Screvano . 

M. Ne pe ccbesto già nneo^che ssiano stato 
Sempe a lo munno pompe, sfuorgie^ e sfarzCt 
Ma erano le ccose ammoderate» 
£ mmanco comm' a m6 li tiempe scarzej 
Tanno meglio correvano le ntrate, 
E le: gente non sicvano tant' arte , 
E mmò co ttutto ca no ne' è ddenare ^ 
Veo eh* o|q' una a k nobile conspare . 

QuaOfj 



éS P A R M O 

T. Quanto vedeno fare a le Ssegnore ;. 
Se bè spngo de Sieggio , o Tetolate t 
Che qi^rch' osatila portano da fore , 
O i}a^rche nnove foggie hanno accacciate> 
Tanto fa na moglie de Servetorey 
O de ciert' Artesciane sconquassate ^ 
Tanto de Pennarulo >. a de Sere vano , 
E bà scorrenno pò d^ mano a mmanou 
Che perzò do arreddotte le JSsegnore % 
P^ essere da lo munno canosciutet 
Kon portare vestite de valore , 
.^Hk ddrappe d'oro« co sseta ntessute ; 
Me hanno cchìii bestute de colore, 
£ echi fuorxe V avea % se 1' ha bennate ^ 
Ma cierte drappe^ e fFoggie spagnolesche f 
Dove spenneno.pocO) e hanno fresche. 
Manco troppo cannacche^ e ccannacchelle» 
rMarico catene d' ora r né ccollane , 
Né mmanco scioccagliane » e tant* anelle ^ 
cPerch^ so ttutte cose de baggiane ; 
Portano pe scioccaglie ammennolelle ^ 
£ non ce vedarraje auto a le mmane 9 
Ch' anelle d' acciavaccio 9 o puro d' o$s( ^ 
O de cierte vreiille » e ppassa vosse 1 
M» Chello che lizet* eje a le Ssegnure\ 
Non è lizet* ali* autre , e ssia chi sia,- 
Ca nzò che ffanno chelle Uà V è Nnore i 
. .A le nnost' è bregogna, e gguittaria» 
Nfina fatta chi campa de sodore 
No le cònvene tanta veizaria % 
Po non è mmaraveglia se spapura 
Quarcima » e. ddice» ca non nc'è Mmesura. 
' T. E 



2P Rf M Mp4 ti, 

T. E; se ccà nce yenesse ta Regina ^ * 
Quale ncapo portasse la corona t ^ 
Fuorze non vedàrrisse ogne guaguina 
Ire . a pparaggio , comm' a la Patrona ', 
Vò de venta mesate ogne mappina t 
Perzò la MEZACANNA sarria bona. 
Ma perchè. non se trovai ogn*uno penw; 
Ch* a fFare niò che b^ nce sia despenza^ 
Se bè ca ne' hanno córpa ti marifet . . 
Che danno tanto canzo a le mmogUere ^ 
De le fa , corame vonno » U vestite , 
£ de dare ogne gusto a sse tttammere; . 
Perzò pigliano canzo , e so attrevite 9 
Perzò tanto verrute , ed aucellere , 
Pe cchesto nne soccede che sacc'io*^ 
Letigiia dinto ^ non parlo , lo ssà Ddioi^v 
M. Tutto prevene da la lebertate t 
£ cchesto è cchello>che moie tene affriupi 
E mme sento le bene mpostomate^ 
Pe na nepote vana ch'aggio schitio; 
£ cchesta tutta sfuorgie , e banetate ^ 
' ^ ttatta'lo marito da no guitto t 
Ca lo scurisso vede^ sente t e. ttacet 
£ ccbeilo 9 che commannVessa 9 se face* 
Ca tuie che ssa eh' è asciuta quarche nnov» 
Osauza de vestire 9 o de sforgiare 9* 
Priesto Io muodo 9 e la manera trova 9 
Che comra'a cchella se 1* aggia da fare;. 
Ca noù yò lo ii^arito ,":niente jova.9 
Lo fele.DCuprpo te le fa ccrepare 9 - i 
E ttanto lo mpapocchia » nfosca9 e cceca» 
Che de vestite h^ ocasa M Jodeca. 

T- U 



4h P A R Mi Ó 

T. Io puro no Compare aggio, lo'^quate 
Ha la mogliere tanto mperiosa , 
Che boi' e^sa cauzare li stevale , 
Voi' essa nfrutto vencere ogne ccosa *, 
Ma lo marito, pieno d* anomale , 
Pe ppaura chi sa dequarche ntosa, 
Vio che ppaHone chella dice, crede, 
£ cquanto le |>}act , te concedè. 

Essa d' ogne (Testino , e pperdonaaza , 
Sénme vede nne vò 1| quintassenza 9 
Non pe ddevozione , ma p* osanza , 

' £ de oàT nocchie a ll'am'ave a vertenza, 
Se novaìbggia nc>è, se nova osanza , 
Sempe ccà ncoppa studia , e ccà peiiza f 
Nchesto sta begelante/e stace a^tiento , 
Che no le face ave n^ora d'abbiento. 

£ ppuro mancomale se n' avesse 
Debbete a mmucchio , e fHglie peccerillè » 
O eh' avesse speranza , azza potesse 
Co lo tiempo chi sa , levaresille ; 
Ed ogn' anno nne paga lo nteresse i 
£ zetato è da chiste , e mmo da chiller 
£ mmò sta quasemente desperato ^ 
Ca chella v^ la veste de mbroccatOt 

Nfina fatta lì povere marite 
Hanno da le mmogliere le sdanghette, 
Pecche vanno attaccanno sempe lite , 
Ch* air Onestà non, vonno sta soggette ; 
Torcetora , e borpìne addove site 9 
Già che le Mezecahne so litradette ; 
Ma che buoie fa se rhailixo mpapocchìate, 
£ dda autdte fatte $ò ccreiate » ^ 

M.5'è 



M. S' è ppe cchesso npn dice la Meda ; 
Pocca mme n aMonaìjs^fuorie T auuiereì 
Perchè passannO' pe.lt Vecaria*^ 
M' affi^tte a pparià co no viàryiere ; 
Vidde n Artesciànessa pe la^Y^a , 
Che mmogUere paiea de Ca<yaiicre, 
Ma lo maritQ che 1' accompagnava 9 
Picizo de '&rc iJMolo non portava . 
£ ccomme eh' era lèsta «, vedde fare 
No rotiello de geiue nquantetate* 
E seni^tte cchià d*uno mormorare 9 
Che ttutte reme a mme s'erno accostale f 
Parea \ che se se^tessero crepare * 
Cchiù de mmidia creo, che de pìatacer 
Ma comme jea vestuta, xlamme fede 9 
Mtiso io Jà squatraie da capo a ppede« 
Le scarpe co le ssale de soatto , 
£ de seta ncarnata le ccauzette « 
Lo sottaniello a llamma a schiecco fatto i 
Che ntiempo mio maìe simmele vedette; 
. Fosse de terzaniello-, o de borattOi 
Lo guardapede, vede ^on potette* 
Ma non perrò pe cchello ppoporillo « 
Che pparea , ne* era d* oro lo pezzillo. 
Ntuorno a Io sottaniello siente , e ggosta > 
Ne' erano . se non sgarro , pe fTelera 
Sette rezziglie d*oro fatte apposta. 
Che mmaie vist* aggio de chelU manera^ 
Facevano no spanfio , e na mosta , 
Che pparea na ^cioruta Primmavera , 
Ma chesto è brenna, mperrò siente appriesso» 
Ca rieste cann' apierto > e mmuore ciesso 

AH 



^i^ F A' R M 

Air uso fié^ Sitior^nza su velata 

. Portava^, e ppiiro dT^óro^em guarnuta^ 
De tafFettà^gialhidtéca nforrina , 
£d era, cride a' mme « de gran vaiata t] 
Co na fnaceca d' uro arragamata , 
£ mitie creo €h« n* MCor' ^ra fornata ; 
E pò lo mante co ào peztellacco 9 
Ch'era chiù de no parino » e no varacco^ 

Che ghìettato tenea 4reto la schena , 
Perchè ncapo penava lo manticco, 
£ na mano porzì d' anella chieni , 

•^ E dde perne a He cchiocche no paticco ; 
Portava ad arma-cuolio na catena , 
'£ mpietto no bellissimo SanticcOf 
Na cannacca , e no paro de sciocéaglie » 
> Cchjù grosse, che non so ddoie capo dagli& 

3^0 collare messuto de coralle , 
Co ccìerte belledisseme pezzille y 
E cciento nocche, '^e nocche rosse, e gialle, 

, « Poste mmiezzo a le ttrezze, e li capille ; 
Mostava nfi a duie parme^ e cchiù de spalle, 
Ch' a tcnemente ne* erno cchiù de mille , 
£ echi torcea lo musso , e echi nnarcava 
Le ccigliaie echi a sto muodo mormorava* 

Pólta , ed ìjy puro non songo Artesciano % 
E mm« c^epo lo fele notte , e ghiuorno, 
Tenitémente , e bedite ste mmano 
' Chiene de calle , e non mme piglio scuprno» 
So nhato ccà , so pprevete paiesano , 
Ed aggio quarch* accanto a lo contuorno» 
£ non pozzo arrevà , potta d* aguanno , 
A bestire moglierema de panno . 

E se- 



£ ssequetaie decenno , che guadagno 
Porrà fa lo marito maie de chesta* 
Co ttiuto ca se desse a \6 slparàgno^ 
Tr« ccarrhie lo juornai che- le resta ; 
A la fin* è no povero compagno, 
E ne' è nfra la semmaAa quarche iTesta t 
Nce so li figlie > corre lo pesone » 
Frate 1 se parlo cchtù« so no cestone . 

Io mm*allecordo, e non ha tiempo assajeV 
Perchè le ccose no mme so scordate , 
Ca qaanno chesta ccà se mmaretaje , 
Steamo vecine de case 9 e dde strare ; 
Co ifavure 9 co stiente, e mmiezze as$aje# 
Se 1' aboscaino creo ciento docate» 
Co cquale lo marito poveriello ♦ 
Sé fece casa 9 e aprie no potechiello • . 

£ mmo non sàccio a ddì comme de botta 
K scinto sto sforgià cossi de fatto. 
Io mme sento schiatta 9 mannaggia potta > 
Vorria siilo sape comm* hanno fatto; 
AK Fortuna bagascia , dalle 9 vetta , 
Fa che ssempe sul' io vaa de chiatto , 
Votate a mme 9 non essere vellana , 
Quanto vesto moglierema de lana. 

Me parze de semi lo tavernaro , 

Quanno face lo cunto a echi ha magnato l 
Accossi bello , chiatto , tunno 9 e cchiaro » 
Che rrestare te fa quase ncantato; 
Pe nfi a no treccavalle se ne' è sparo , 
Nce mette , tanto va bello appontato , 
E io lassato averria de contare 
Doppie pe sta ddoce ngorgottare # 

Era 



^ p A, R ;m o 

Era chillo pe ddicere cchiù assa je « . 
£ non scompire cchiù la felastocca ; 
h[a. n^mmo buono , che se nce trovaje 
De botta le metUe la mano nvocca ^ 
Decenno, che te mportano sii guaje. 
Che ncapo te sia data na saglipcca , 
Non saie le cose comme- vanno « e ppare 
Che buoglie a lo sproposeto parlare • 

Te cride fuorxe tu , ca lo marito 

.. Co lo guadagno veste la mogliere* 

Sia chi se sia d ogn* arte cchiù squesito 9 

Faccia che bò 9 le manca lo potere ; 

Se s arrostesse nfelato a no spito» 

O jesse saccheianno pe sse fTere, 

Se bè de Vecaria fosse Screvano, 

S* arriva chesto a fTa , perda na mano • 

Besognante 9 che fosse oromo da bene> 
Ca parea na perzona assale descreta , 
De bona lengua justo comm'a itene, 
£ rreprecaie ^ che ffosse la co m meta 
Cheli a ? che nne sentite tanta pene? 
A le mmogliere voste chi le beta ? 
No stiano mpotronute ali ora bona , 
Che co lo stiento sforgìa ogne pperzona • 

Ognuno comme vole parla , e ddica > 
La femmena semp' è mmartoriata , 
Cchiù de no Voie la femmena fatica^ 
Cchiù dell ommo la femmena è stentata; 
L ommo « vorria sapere a cche se ntrica » 
Lava li panne 9 o fa quarche ccolata ^ 
L'omm' auto non sa fa , che ghire attuorno. 
La femmena la lioite la fa ghiuorno • . 

, Chi 



P R I M M O. 7f 

Chi co Io fuse t e echi co Io fusillo « 
La femmena se schiatta? e ccrepa irarma» 
A ttagliare , a ccosire , a IFa pei^^ìlle « 
Port' assaie ccfaiù dell* uommene la saroKi » 
Chesta n* è una , ca so xrchiù de mille p 
Che de fatica portano la parrna* 
£ de sto stiento pò fatto a mmartoro,» 
^e nne fanno li sfuorgie a giusto Uoro/ 

A cchesto responnette de quartiere 
No cierto ? eh' era ó sbirro « o caporale * 
£ ddisse a echi Ho , tu si no sominiere y 
A cquant* aie ditto nce può mette sale » 
E bello veramente lo peniiere , 
£ mmierete sciacquare a n' aurenale \ 
Ntra nuie non serve, che ne annasconnimmoii 
Perchè ir uno co ll'auto nce sapimmo. 

Appila 9 eh' esce feccia , non parlare ^ 
Si n* Aseno , e mme faie de lo Poeta ;> 
Donca co ffa la seta i e co fFelare j '^ 
La femmena s'abbusca la moneta 9 
Tu parie a io sproposito, iijme pare? 
Che ppezzille , che ccosere , che s^eta ». 
Credale, ehi le ho, ste ppaparocchie ^ 
Ca, io pe mtpe no gliotto ste ppastocchie» 

l^OH va tanto Io lietto , e non va tanto 
Lo mobele ch'ha neasa na Cianti^lla, 
Non va tanto, quant'ave appunto quanto 
Va nabbeto , che pporia 1 o na gonnella. 
Tanto va lo peiiillo de lo manto , 
Che ncuolio portarrà na maddammellay 
Quanto porria abbuscare se felasse , 
Pe cquati'aune,e ntra tanto non mangiasse* 
VaUntisio D Mo- 



74 P A R M O 

Moglierema porzì , manco sta a spasso ; 
Ca se crepa lo core notte , e ghiuorno i 
E ffa co Io fusillo no fracaffo» 
Ch'aggio semp'a Taurecchie no taluorno» 
Ed io cocino , e ffaccio lo vaiasso , 
£ ppo ch^abbusca? abbuscarrà no cuorno^ 
Ca n trenta juornernne farrà sdoìe livre\ 
Pigliate sso guadagno^ nota 9 e scrive. 

Figliema> no Varvì^re responnette, 
£ de decènno v*anne ino scomputev • 
£ ttaglia , e ccose, e ffila , e fia caiizèttt» 
£ ppezzille 9 che ssò cose seosute ; 
^ Sarcisce , fa botmne , fa ¥ acchiette 9 
Salare ogn arte, e ccbiena è dde vertutet 
£d ha n*anno, e non pò la poverella 
Farese a la nterlice na gonnella • 

Previta vosta non passammo nnante 9 

^ Ca se sfilo 9 no scompo pe ddiec'anne» 
. Pozzan* essere accise tutte intinte 9 
Ca non hanno Onestà , né Mezecann« • . 
Io non so de Ponente 9 o de Levante 9 
Saccio tutte le trappole 9 e li nganne ; 
Tre mmogliere aggio avuto^ e ssaccio buon(f 
Ca lo lanftpo non è senza lo truonou» 

A sto rotìello ne' era no Screvanot 
£ puro nce spotaie la parolella ; 
Porta 9 decenno , io co na penna nmano» 
Me crepo 1' arma , faccio quarcbe zella , 
Che sacc* i, manco so quarche ppacchiano» 
Ed aggio puro quarche ntrateceila 9 
£ sse bè faccio zappe, e bao de renza , 
Semp uoglio, pane^ e ssarcene ncredenza. 

F 



P R I M M o ; f J 

^a che buoi nce vo sempe cjuarche ajuto , 
Massemamente dove non so ntrate , 
Ca sinché quanto vuoie dotto 9 e ssaputo» 
Gride ^ previta mia « ca so baiate , 
E echi dice autramemei è no paputò^ 
Ca se non te soccorre quarcbe Ffrate * 
Conzoprino , no zio , o no compare , 
Co ir arte face assaie chi pò campare • 

Ma s^ non era ca se facea tardo 9 
£ s' accostava IV ora de magniate » 
E tutt' ire volevana de cardo 1 
Non se scompeva cchiù Io ttatanare , 
Ca sto Screvano stea prunto, e gagliardoì 
Comme volesse tanno accommenzart « ' 
Ma se leceniiaieno a Ddio , a Ddio 9 
Io me nne venne pe Io fatto mio. 

T. O quanto volea diccre ss' ammico , 
Ca creo eh* avesse ncuorpo gran matasse i 
£ ddeveva sape cchiù de no ntrico 
jDeste mmasarde femmene smargiasse, 
Quann'io parlo 1 è Io vero nxò che ddicOf 
£ bolive de cchiù 9 che non parlasse, 
Siente ccà, no Spagnuolo«che mmha ditto» 
Chi n'ha crapa 9 magna non pò crapitto* 

Ora vetHmmoncenne a le scarpette 
All' uso de Boemmeja, e dde Franza « 
Chi co li puome^ e echi co li legnet^» 
Che ddice Sio Masillo , è bon' osanza 9 
£ dde cchiù nc*hanno agghionte le ccauzett^ 

' De seta « co cquarch' auta cercostanza i 
E stanno attiente attient« a cchi^ le bede 9 
Pe le mostà la gamma co lo pede • 

Da £ pò 



f« P À R M O 

E pò chello eh' è ppeo , vide venire 
Ncasa li Coseture , e li Scarpare > 
Chille Uà co la scusa de vestire, 
Chìst'aute co la scusa de cauzare^ 
Son^o tutte de casa, ed hanno ardire 
De ire , e.dde veni quanno le pare 9 
£ dde muodo se fanno confediente , 
Assaie cchiù che se fossero pariente * 
M. Gomme li Coseture , e li Scarpare 
Hanno, Io juorno d' oie ^t' autoretate 
De ire pe le ccase, e sguanciare 
Le fiemmene co ttanta lebertate; 
Chesta cosa non è da sopportare, 
Masseme aibò^ se chille so sbarvate ; 
Addoùca li marite so sommiere» 
Titta .mio , mo nime scappa lo vrachiere i' 
T. Cimo è, ca ne' hanno corpa li marite , 
Che ddanno tanto canzo a le mmogliere, 
Lloro le ifanno presentose , e ardite. 
Vane, gestose , trafahe , e ttrammere,, 
Presentose , soperbe , ed attrevite> - 
Lloro tanto y?rrutei,ed aucellere, 
. Che^ mperrò ppe soccede > che ssacc' io • 
Lengiìa- dinto , non parlo , lo soa Ddio« 
Se bè lesponnarà na maddammeila, 
E derrà tu sì n'aseno , e non ssaje 
Ca„ o che, ssiano scarpe, o sia gonnella. 
Senza lo majsto non va bona maje; 
- . Ed ip vesppnpo a mmaddamma Covelia , 
Jl: ddico , che s^ì cionca , o che ccos* aje , ■ 
v'E^qupnno fiiss^ cionca , o addebboluta , 

Chi4iì>ma{c na ve^cina , che t- ajiita. 
^ . * ^ Com-^ 



PRlM*ro: 77 

Cornine pè te fa radere lo fronte ^ 

Pe te fa fa le ttreize , e li J)enftiente > 
Pe t' allesciare le spalle sedonte i 
De femmene pe tte nce nne so ccicnte i 
Donca pe cchisi'-affare iice so pprome,x 
Pe bestire , e ccsLixintt so mpqtiente « 
jNbn dico niente cchiù la lengua è ccortay 
O ^Jìe sia mpko icht ve la sopporta. 
Moglierema porxì s'era ntosciata 
No juomo ca volea la pisciavina , 
E pe cchesto co mmfco stea* sbotata f 
Ca nce lo isroeziaie quarcbe becina ^ 
Io mprimmo le facie na represata^ 
Appriesso pò na bona vertolina » 
Nsomma pe sta coleto sto Natale, 
Nce V accattale 9 ma panerò stevale . 
M> Rengraiio lo Cielo , e so ccontente , 
.Ca no mm*aggio voluto maie nzorare, 
Pe non pegliare quarche mpertenentc t 
Ch' aflfà l' avarria avut'a ntossecare. 
Povere li marite verameme. 
Che co sjte mmale razze hanno, cbe f!are> 
Perch' hanno da soffrire a ccrepa-core, 
Cose contr' Onestà , contra b Nnore, 
T. Appunto de sto Nuore parhrrimtno 
Craie eh' è ffesta cchiilk libere , e sciaiupr ate^' 
E.fFore a le Ppadule nce vedimmo, 
Dove da t>uIlo simmo sconcecate 7 
E zitto . e mmutto tìk spaporarrinltuo 
De Io Néore* e dell' uommene Nnorate,J 
E cquale sia lo vero Nuore nfirutto, 
Tedei^e une YoUmmo lo ccostrutto * 

O 5. M Titr 



78 . r A R M O 

M' Titta n sto parmo è stato* luongo assaje^ 
Penò de dover' è che ccà scompimmo , 
Ca dove aie ditto nce vedìromo crajet 
E Uà n'amo locigno allummarrimmo; 
D*auta manera no scompimmo maje, 
Ch!a le fTemmene donca concrodimmo 
Le coiivene lo manto , e Io chianiello « 
A li' uommeae le scarpe « e lo capplelto» 



^campaura nt lo Primmo Parm9* 



PAR- 



P A R M O *ìlT 

TRASCURZO tra TITTA , E 
MASILLO- 

/MJatt' or* è » che t'aspettai Sia Masllla « 
^^ E ccierto mme credea » che non venisse^ 
T* avea fuorze abbenciuta lo sonniilo » 
O teiere puosto a ccontemprà l'aggiisse^ 
Io t* aspettava n' auto ppocorrllo v 
Ca m' avea puosto ncapo se capisse 
De te veni a ttrovà , se stive a Cchiaja ; 
Pe fifa co ttico pa na bella baja. 
M. La^ssato eh* appe a tte dapò^ magnare t 
A Ueggere mme pose de buon core , 
£ botaìe mille libre) pe ttrovare ^^ 

Quarche modierno * o puro antico Auioref 
Se fuorze nc'^ era nullo cche pparlare 
Potuto avesse sopra de lo Nitore f 
Perrò leggenno storie assale vere , . 
Trovo , che lo Nnor' è de cchii^ mmanerCt 
E pò mme so no piezza mrattenuto t 
Mente veneva pe na cierta strata » 
£ na cosa de gusta aggia sentuto # 
Pe^ sto Secunna Parma appr<^iata } 
Crideme ca de risa sa scosutat 
O che ccosaf pe ccierta nzoccarata; 
Ma chello ch^ aggio lietta mote^tca^ 
Appriesso pò te conto st'auto né:ico» 

D 4 . Oc 



?ò P A R M O 

De cehiù sci or f è lo Nuore .Uno lo quale 

S acquista co la propia vertute , 

E cchesto , e Cchillo pe ppo fa m mortale 

L* uomméne, che de chella so guariiute ; 

1/ antro è no Cierio Nuore senza sale. 

Ma so ppenzìere , e pparole perdute, 

E se lo biioie sape desteniamente , 

Apre Taurecchie, e fifa che stiano attente- 

Lo prinimo Nnore » è Nnore a la nterlice f 
fd è cchìsto dell' uommcne morate , 
Quale se trova comm* a le Fenice , 
Che de rado so biste^ o so ttrovate; 
Sto Nnore lo gnorante Vurgo dice , 
( Ma è nac grà boscia , na fauzetate ) 
Ca stace appeccecato.a la gonnella • 
De na Maddamma, de na FemmeiieIJa . 

Mj^errò de» chìsto Nnore trascorrimmo , 
Ca * de cfeiil* auto Uà n* hanno parlata 
Ciento gran valent' uommene de priramo > 
E cchiù de <io lebrone n'è stampato ; 
Ca pe te*'dl lo vero , cièrto sfeimmo , 
Che sto Nnore, sìa Nnore mmagenato; 
E ch# non ce sia stato male Rettore , 
Che r aggla pinto % o sac(3a lo colore . 

Perchè nne ch'aie che dì co tì% perzoiìu 9 
Pe cquarche ccosa , o qiiarche defFerenzìa* 
Fedato eh* avarrà tnògliere bona , 
Priesto vene de Nnore a ccompetenzia , 
i ^E cca de Nnore è schiecco, ed è ccorow^ 
*Senza dìcere maìe co lieve retizìa , 
Gomme lo Nnore fosse rógna » o zecca, 
Che «e la pò iBmescà chi se nce «zecca • 

T, Io 



SE CON NO; ^ <| 

1*. Io puro aggio sentiuo contrastare 
Cchiù bòte cierte gente a na barruffa t 
E nche schitto ncommenzano a pparlare ; 
Ognuno Nnore pe la/ vocca sbruffa^ 
Non sient' alito che nnore ventolare, 
De nnore siente. fummo , fiero , e mmuffa f 
E pò da cierte tale » arrasso sìa ^ 
Che so ia mamma de la guittaria. 

Non parlo de li Riicchef e dde li Manze.t 
Che pe lo Manno noe n'è cqwantetate» 
Ca nop so pe ttrasire nchest* add^nze y 
Né ddkere perchè §« so morate ; 
Non de chi pe s' angHl bone le ppanze y 
£ ppe sforgià le danno lebertate* 
E se vonno servi de le mmoglicfe 
Justo comm*a ccavalle d' alloghiere •. 

M. L* uommene buone,e ddé gran seuiwuientos 
Cora m' a li Rrl, H Mperaiure antiche, 
Sto Nnore lo stemattero no viento , 
Pe no sta sottopuoste a ttanta ntrtche > 
Amavano lo Nnore de lo stiento, 
E de Nnure aromatech' èrno amiche^ 
Ma sto Nnore de femraene moglierc 
Lo tennero pe flFavole , e cchiommerc; 

Ca Cesare lo primino Mperatore , 
Ommo tanto magnancmo , e ppotente i 
Che pe bertute j grolla , e balorc , 
Ad ogne pizzo nnomraenà se sente 9 
Maie cunto non facctte de sto Nnore> 
De lo quar oie squarcejano le gente , . 
M^ schefannolo affatto , schitto attese /. 
A cchiù nnorate , e groUose raptese •AJt-'^ 
D s EccSP' 



$1 P A R M O 

£ cchille Gran Segnore « e gran coMf agno s 
Ch' er' usato a ddonà Regne , e ttresore t 
Cbillo gran ommo d' Alisandro Magno , 
Chìl]o,che pe gran famma mate nonmoret 
De la moglìere maie fece sparagno « 
E mmaie voze fa cunto de sto nnore^ 
Ma d' ogn* arte sape voze li funne , 
E ttrovà nuove Mperie, e nnuóve Manne. 

Chiir auto Gentclommo Mecenate , 
De chi lo nomme dura ternamente, 
Chillo tanto cortese a lletterate, 
De li^ quale oie so pperze le ssemmente i 
Non procedie co lleberaletate , 
Non se ne contemaie i non fuie coniente ^ 
Che co Tammìco Attavio la mogliera 
Teren7Ìa^ )ocasse a ccovalera .^ 

£ Ccatoxre: costante a n* a\ìto ammico » 
No le conzegnaie puro Marziella 9 
Azzò co cchclla Uà cogliesse fico, 
Non perchè le facesse njr gonnella , 
Non me fa parla cchiù, pgm de unico ^ 

^ Ca ^i mme faie' *otà le>ccellevrelk , 
Ca sto cunto è proibeto a Ppoete, 
E cquanto cchìà lo vientole ♦ cchiù ifete- 

T. Né cereo , che senza causale gran ragione 
Se mestassero chiste leberàle, 
E ffacettcK) trippa , e ccorazione , 
E stemaino sto Nuore manco sale'» 
Sapeano de stc sciorte de perzone 
la qualctà , lo stinto naturale , 
E che boglia » o non^ voglia lo manto f 
Bè le sanno levare ogn* appetito • 



SECUNNO. 8) 

Donca penò meglio è non nne parlare 
De sto Nore de femmene, e mmogliere^ 
Non se nne deve vaoagloriare 
Maie nullo de stè Semmene irammere» 
£ perzò chiste le Uassaìno (are ' 

Quànno, e ccomme voleano le ccorzere^ 
£ ppo le pane cosa bésteiale 
N' omnu) sure soggetto a t>*aaemale* 

Na femmena p& ffare mancamiento 
A lo Marito, puro s' è mmonarca^ 
£ ssia puro |;elaso 9 e stiace actiento ; 
Ca tanto cchià la coppola le carca r 
S'avesse \ nocchie d*Àrgo, che so ccieotpy 
Gomme disse lo Tasso, e Io Petrarca f^ 
Ca senza studia legge , pannetta , 
Quamio te .la vo &;« te la fa nnetta- 

ParlQ de cbelle fEbmmene de tanno » 

Perr& de cierte , e non de tutte quante « 
Ca non voglio abboscà quarche nuP anno ^ 
O quarche mala Pasca de contante i 
Chille d* oie pe lo munno già se sanno » 
Ca portano corone, groUe, e bante, 
£ se pure nce nn*è fuorze quarcuna 
Comm'a cchelle, sarrà. punto de lunar 

Ora st* uomroene brave , e dde valore , 
Co ttutto ca sapevano l*]assuntoi> 
Perch erno de grandmo , e de gran core» 
.Maie de sie guittarie fecero canto > 
Stem^ino nfina fatta chisto Nnore 
Fosse justo no ^onoo, o fòsse cuatOf. 
Vasta che Tazzivine lloro chiare 
Fossero state» e non de ste ssanzare. 

P é M. Già 



«4 r A K M Ò 

ifVl. Già stevano nformate de lo fatto» 
Sapevano , o fegnevàno sapere ; 
Magnaino sempe nzìemq a no piatto » 
E b(;levano bene a ste mraogliere i 
V amaino > non le. dezero. lo sfratto , 
£ mo chi no lo ssape^ ha da temere 
Pe la nìogliere n* essere nnorato j 
Qiianno d'ogiie bertù sarrà napastato. 

T, De st' uommene de tanta qualétate « 
Qual* attesero schitto a le bertute , 
the lassammo sti Nnurc affemmenaie. 
Emo schitto de grolie cannarute , 
Di5 st' uommene de bona volontate , 
Oie nce so le ssemmente, o so pperdate? 
Pe cchello che nn' aie visto , e pprattecato, 
Dimmello , e tte so schiavo .ncatenato . 

M. Tante frugole avisjse » o triache tracchci 
Ca porrisse fa festa pe ddiéc*anne, 
O pure avisse tanta puorcé, o vacche» 
Ca sarrisse chiamraato sio Giovanne ; 
O tant'avis$^l||Gpple, e ppatacche , 
Ca te sollevatriano d* ogn' affanne , 
Quant* oie nce so mraagnanerae de core» 
Che na pagliuca stimano sto Nnore • 

T. E mmo vide lo munno a cch'è rredd«ttO| 
Che nfi à n' otnmo relasso » no guittone » 
No sccuta-pegnate , no frabutto , 
De Nnoré vo tene concrosione , 
Fuorie perchè bestino va de lutto » 
O de raso , o vcUuto va mpastone » 
É mparlamìemo pò tutto ' ntosciato » 
Perrà » si cierto » afii d* ommo nnorato . 

IO 



S E e U N K O . ' «$* 

Io mò che beo , canosco , saccio , e sseiuo 
Cchiù d'uno a lo sproposito parlare , 
Né ppassa de lo juonio ora , e mitiomentCH 
Che ncn senta de Nnore squarciare, 
Vorrìa a cchiù d* uno dicere memento , 
Mperrò non pozzo , e mme sento creparci 
Sienieme donca , e Ifevame d'angoscia, 
Ca sceimere i&me sento la paposcia . 
Perchè dato^ e conciesso che sto Nuore 
De le fFemmene sia vero, e rreiale , 
Famme, se rame vuoie bene no faore; 
Dainmenne la ragione assenzi ale n 
Kespunne assiesto , e pparlt da Dòttorey 
Mo veo sa ssa cocozza aie niente sale» 
É ssé 9te sciorte d*uommene n^orate, 
C hanno mogliere caste, so Nnorate ? 
M. Parla , e ddommanna nzò che te piace» 
.Ca co ffranchewa mprunto te responno> 
E tte voglio attesta punte verace, 
Ed Auture massiccie, ca n' abbonno; 
Ma dì , co Ppresciano nce staìe mpace ; 
Ca se parlo latino te confonno , 
Attiso li Screvane de chist'anno, 
( Pocca Screvano sì ) poco nne snnno.' 
T. O che ttanto sapesse de Toscano. 
Quanto saccio de Grieco , e dde Latin»» 
Ca non sarria passato pe pacchiano , 
E Baiente sarria , non Valentino ; 
Ma già se sa ca so l^iTnapoletano , 
E nnato a la Dochesca* o Uà becino: 
Ma lassammo sti guaie , facimmo priesto, 
Starnale a i^sentireye pò respunne assisto e 

Dim-- 



%6 P A R M O 

Dimme chi fa cauiare li cauzune 
Co tanta lebertate a le mcnogliere > 
Che da chelle tratta comm" a guarzune 
Se fatino^ o comm' a schiave de galere^ 
Se vonno chiammà uomeiie^ e s$o aachiune» 
£ cce<:atio accossl pe non vedere , 
E cchelle so ppatruue dinto , e fFore , 
Dimme, che te nne pare de sto Nnore? 

M. Frate mme fifie vota lo cellevriello » 
Non pozzo repfecà cbello eh' aie editto « 
Tu non V aie dechiarato a Io Vasciello » 
£ r aie dato no titolo de Guitto » 
Penò non parlo, e mme remetto a cqhelIO) 
£ sse pò contenta de chesto schitto ^ 
£ sse parla volimmo cchiù borgate 9 
Decimmo cà no è ommo » m' Anemale « 

T* Dimmei se pò chiammar* ommo nnorato 
Chi va pe la Cela tutto lo juorno 
Contanno le fFeneste spantecato» 
£ la vota , e rrevota attuorno , attuorno , 
E p' avere chi sa fuorie- levato 
LoNore a quarche ccas3>e ffatto scuornO|, 
E ccossl co lo Nore e* ha levato 
AU'aute isso lo Nore ave acquistato* 

M. Se ponno cbiste tale ccà chiammaret 
A lo parere mio, se no mme ngannOf 
( Comm' a ddire ) cavalle caugetare , 
Che llevatio cchiù ccavice? che -nne dannOi 
Previta toia , non me fa parlare, 
Ca canosco buon io cchià de no zanno . 
De chiste , che non hanno auto che ffarei 
Ma piglianno aifelà^ daunp a ffelare. 

T. Las. 



S EC U N N e. 9f 

T* Lassare la mogliere a 1* abbannona , 
£ stare d'ogne ttiempo nnaimnecatOf 
Che te nne pare , dioiinVè ccosa bona? 
Posse chisto chiammare ommo Nnorato? 
S* a cchisto la mogliere lo ncorona « 
Respunneme , se 11* ave mmeretato ? 
Penne scire nuli' ommo da sto patto 9 
Che rriso no le sia . comm' isso ha fatto? 
M. Hoc de )ure Divino statuitUTy 
Et de Iure Civili confirmatur 1 
Nam continuo semper hoc auditur^ 
Che comme T ommo tratta , ita tractatuf» 
Ad hoc infallìbiliter venitury 
Hamque quis , ut mensurat mensuratur 9 
Et qui aliis prabent vitupcrium , 
Pro ipsis stai paratum itnproperium . 
T* Respunnem'a sto fatto desa$truso« 

Apre r aurecchie^ Sio Masillo, e ssieotCf 
Sarrà Nnorato n' ommo ncestouso » 
Che r respetto non ha co li pa riente ; 
Agge pacienzia , se so ccoriuso , 
Ca sapere vorria li sentemieiue 
De le llegge ; dimmello tunno , e chiatto» 
Che nne diceno ncoppa de sto fatto? 
M. Apre la vocca , nvoccate sto pruno 1 
Frate, de ss' addemmanne varamente « 
Cierto nne vorria essere dejuno » 
Cà so pe te la dì troppo fetente; 
Ma perch' è ssoletario « e nnesciuno 
A sto luoco mme pare che nce sente 9 
£ pe te fa vede eh' ag;gio leggiuto , 
K>e&pofioo 9 se bè %iò nieio siorduto • 

Non 



tZ f k K M Ó 

Non se pò di peccato bestiale , 
Né se le pò dà nomme d'adolterio 
Atiiso l'uno, e P auto non è ttale^ 
Ca non sulo è ppeccato , ma ' streverio i 
Abborruto poni dà P anemale , 
Corame se pò bedere da Boerio , 
A ttanta belle soie deciseiune , 
Che chi le bò' vede , so li patrune . 

Mperrò nfra 1* autre mme peiace cbella, 
Treciento, e ddecedotto creo, che ssi*i 
Doye na coriosa storiella 
Conta« parlanno de sta guittarìa: 
Ch' uno ave na jom menta muto bella ^ 
A no veliaggio de la Vaiinaiia-« 
E pe n' ave na razza spantecava t 
Ma stallone de gusto non trovava • 

Dapò fatta cchiù d* una delegenzia , 
Né potenno trova cavallo tale , 
Cossi gagliardo , bello, e d'apparcniia » ^ 
Che rrazzA seccia a ccheJIa avesse affare» 
Se le portale lo figlio a la presenzia, 
Lo. quale ne la vote cravaccare y 
Canoscenflio > se bè , ch* er' anemale » 
Ca V era chella Ila mamma carnale. 

Ma pe gabbare lo cavallo tanno » 

A la jommenta chillo Uà bestette 

Na coperta mme creo fuorze de panno» 

E pò lo figlio rente le mettette , 

La cravaccaie (ngannato^ perrò quanno 

S*addonaie de 11' arrore che ffacette» 

Pe gran dolore , co li proprie diente 

Se strappale da fé stisào li penniente • 

Et 



S E e Ul^ N O. i$ 

U/ Je Iure Canonico , & CivìU , 
A e de Iure Divino-, & naturali ^ 
SojTgo nfiàinme chìammate , e gente vik^ 
Et pimiumur pxna capitati; 
So comm' a Catacùmmene, e Gentile ^^ 
Ac in linea sii collaterali t 
Lo ddtce Franco a la decisione 
Ciento treni* otto , e pporta fa ragiona / 

Se vuoie sapere de sto vetoperio," 
S'aiuta pena se deve, aiuo'fragiello, 
Vi le ddeciseiune de Boerio» 
t)é Bossio Y Baiardo ^ q Mmoscatìella» 
Che ttrattano de ncesto , e d^adolteriq^ 
E ppùro nne descorreno a mmodìello 
Covarrovia ^ Bartolo\ e b Grosa ^ 
Materia cierro bella, e ccoriosa. 

T E chille e' hanno rìiìe, li cptafe 
Da lo fFuoco se solena ponire » 
Quak non T hanno manco Kanemalei 
Già tn {nme ntienne, e ssaie, che boglio dir% 
E bè che le nne pare de sti tale t , 
Che hanno pe Io Munno, ed hanno ardire 
Quanno pe cchesto a ddito so- «niostate 
Cicere cà sóng'^uommene nnoratè? 

M. Hoc est peccUtum nimis detestabile- '^ 
Omni tempore ómtnbus terribile; 
Oentìlitusque quoque impraelUcabile^ 
Di3uque tandem, Dcemonisque horriìtle ^ 
Habemus plures textus , 54?/ notabile , 
In caphulo eterici ( legibile 
Est illud ) che dov* è sta nfammariai^ 
£' $sexnpe guerra f pesta ^^ e Ccaresria » 



90 • ^P. A R M O 

T. Fanese possedere da lo vino , 
LI' essere cornai' a ddl no mbreiacone ; 
Che se nfi all' nocchie non se vede chinai 
Non crede maie d^avere sfazione; 
Da ommo deventare baboino , 
Perdenno affatto H* uso de ragione . 
Che pe no miglio le fet e^lo sciato % 
Chisto se pò chiammar^ommonnorato^ 

M* Esse radicem amnium rnslorum , 
In capitalo A crapula l'Abbate 
De vita ♦ 6» honestate derìcomm ; 
Dice parlaQ0o in punSo de ebrietau \ 
Clementina de stata Monacorum ^ 
Dice mm^aute cose appropiate, 
Nzomma ca Iqi mbriaco de tutt' ore 
Ne' è ^emp'' ira s lussuria , e fforore # 

T. Lo mprestare deoare co .1^ ausura « 
Co lo ciento pe cciento è ccosa bonat 
Che ole cchiù de uà casa une sta scura» 
£ nne^stà affritta echiù de na perzona» 
' Nne chiagneno de chesto ud a He mura % 
£ cca nce vorria cchiù de na canzona i 
Pocca se fa co ttroppo lebertate « 
E pò che d' è ? simm' uommene nnorate* 
M« De sta mmardetta ausura , ed AusorarO| 
Dice n^ Autore in paragrafo usum ^ 
E mme creo che sia Giulio Claro* 
Ca vene proibito ex omni Iure ; 
E Baiardo nne pària muto chiaro t 
Co beli'autoretà massiccie • e ppure» 
Et ego dico » bona facla usura 
^arvo tmpvre jote duramrs • 

T« E 



S E e U N N Ot. f « 

T. E echi spoglia no povero. Popillo» 
Na Vcdola , o perzona meserabele » 
O chi leva la rrobba a cchisto * e a ccKillOf 
£ lo priva de Mobele « e dde Stabele , 
Spennacchiannole a guisa de froncillo 
Sta cosa tnme fa ghire alP Incorabbele » 
Donca chi tanta case ha sconquassate^ 
Puro se chiamman uommene onorate ? - 

M. Legge prima » secunda cum s^quend | 
Dìgestis Rem pupilli salvam forct 
Videatur in ttxtu ibi loqutnti « 
Che pparla de Tutore « e Curatore # 
£r in Eccleùasnco dianti^ 
( Cosa previtamia de gran terrore $ ) 
Ca de Vedole , e ppovere Popilie 
Se senteno da Ddio 'n Cielo li strilie 2 

T. E chi non sa far' auto eh* arrobbare t 
Mperrò sotta cappotto , e ano mpalese i 

§'uale cierte lo cbiammano abboscare • 
zò ch*k lloro è cchiù prunto,e cchìù maneaq 
Se de sto fatto se n«e pò parlare ì 
Singhe comm' a lo ssoleto cortese 9 
Pe quanto mme vuoie bene « e puort* amoitjl 
I^imme « chiste parla ponno de Nnore ì 
M. S*è pe sta Yota, Titta « frate fiete» 
Atta dove t*è gbiuto lo cerviello, 
No cchià parole » stammoce coiete ^ 
Vi ca chiste so ppunte de doviello ; 
St> àbbusche mo so ccose consuete , 
E chi non sa buscare , è n^ aseniellò» 
Ca nullo porrla fare tanta schiasse 9 
Se non ghiessQ de grancio, e ^'abbttscàs$e. 
• T. Già 



ia f A R M O 

T. Già eh* avimmo sto pò de lebertate 
De spaporà te préo damm* aurecchia > 

'' Se puoize avere bene , e ssanetate , 
Respunneme, e pò st* arma mme spellecchia, 
E chi fuone le rrennete , e le ntrate 
De le ppovere Ghiesie spetecèhia , 
Magnannoselle tutte cotte , e crude, 
La legge de sto Nuore che concrude ? 

§1. Qmcumque res Ecclesia furatur , 

. Esibiste pèjor Juda reputatusy 

' Et crimen pecutatus appdlatur^ 
Bigest, ad legem Juliam peculatuì 9 
Inibi in tege prima ita probatur^ 
Ac Sacrìlegus èxiat infammatus y 
E co cchiste porti yanno, mmescaté 
Chi arrocchia de !o pprabeco le ntrate { 

J^ce n' è uno pe bevere de chisse > 
Che Canno mpeccecare le mmata§se 9 
E cereo pe ccterto ca se Io sapisse 
Farrrsse certamente gran fracasse i 
O Titta mio , se tu le ccanoscisse , 
Te pararriano afFè tanta gradasse 9 
Ca fanno^ccbiù ccammtno co na penna ì 
Che noti fa no vascielfo co la mèntia, 

TT. Sicnte chest* anta cca , eh* è ccoriosa 
Cchiù de quanta demmamne fatte faggio, 
Ca mme pare che sia sostanziosa , 
E non k ccosa de une fa passaggio ^ 
E chi se schiaffa dtnto la Santosa , 
Quanno da me pigliato s'ha quani* aggio 
Che pparicchie a sti guaie nce so ncappate, 
Compe jammo co si' uotamene inorate ? 

M.Tifr* 



S E e U N N O. fi 

H Titta , Io ccllevriello Y aie perduto j • 
Frate , pe te la dì, ram'aie scervellato . 
O che mmaie non t'avesse canosciuto^ 
Scumpela ino , che ssiughe scortecato 9 
Chisto , acciò saccìe « è ddubio appontutOil 
Davero vuole , che fosse processato y 
Ma se Io buoie sapere 9 e bogfia nn'aic^ 
Va P^doftiann^a Doro, ca lo ssajS. 
•r. Fuorzc nò locatore desastruso. 

Che sconquassa bogli^re , figlie, e ccasa 
Pe lo^juoco nìmarditto , è beziuso » 
Che non abbenia maìe se non se scasa i 
E pe fai' a bedè > eh' è baloruso , 
Se )oca nfì a la cennera, e la vrasat 
1E nfruito d* arrobbà sarrà forzato , 
Chisto por zi se chiamma ommo nnorato f 
M. La manco cosa a ccierte * è P arrobbar^ 
Ma cchiù d* uno jocaio i* è ngalera , 
Equarcun* auto puro pe ghìocare » 
Lo Nnore vennurha de la.moglieraj 
Quanta case aggio viste derropare 
Pe Iterila no goffo , "0 na premera 9 
E mmaie hanno lassato sta vertute 
Nfi che non se so biste mpezzentute • 
Perzò ne' è nò famuso , e bello testo 
De Bartolo , a la legge inficiando , 
In paragrafo infans , Io Degesto 
De fustis , che I9 juoco lemmetanno 
Siabelisce, e commanna , azzò sia. onesto, 
P' avetà sto desordene , e sto danno , 
Che ogne ghiocatore dessoluto , 
Non se pozza jocà cchiù de no scuto . 

t. Chil- 



94 P A R M O 

T. Chille 1 che non so nniente scropolusc, • 
£ ffanno mille fauze joramente 
A ihuodo belloa mucchio. all'uocchie chiuse, 
A scretìure ^ a preammole* a stromiente ; 
£ cchille quale teneho nascuse, 
Pieammole . prociesse * e testaroiente » 
Che pperzò tanta case so scasate 9 
Chisie pure song^ uominene nnorate • 

ÌA. Frate, pe te la di 1 mò resto ammisso» 
Non te fai' a ssem) * parla cchiù cchiatiOi 
Tu mò viene a ddì ramale de te stisso » 
Pocca non si Mroercante , sì Screvano : 
Dimme t' è socceduto fuorze spisso 
Co ddestrezza adoprà juoche de manO> 
E t tanto cchiù ca te veo poco vote 
Ire a Io Trcbonale 1 e pe le Rrote . 

T. Da chesto sto lontano mille miglie t 
*Ca non sengo zetelle n e mmanco schiave» 
Né mmanco quarche quatto «o cinco figlie) 
Né mmanco aggio da fa case co ttrave , 
NS mmogliere che bò manto , e ffaudigliei 
£ mroe contento magna pane j e flave i 
E se non saglio spisso ntrebonale 9 
£^ ca so no gnorante , e n' anemale • 

Uè manco de vestire mme deletto 
De velluto , de raso , o de boratto ; 
Ma de no cierto drappo schettb schetto 
De friso , o de scottino accossì ffatto : 
Addonca non avenn' io nullo apprietio 
No ne* è chi male piglia mme pozi* a ppatto, 
£ pperrò sse facenne groleiose 
Le fa chi ha d* appelare cchiù ppertose . 

T. Ar- 



V 

Se e UNNO. f) 

T. Arreducere a nniente le mmonete i 
Agrammezxè na fuorfece tagliente « 
Gomme de pasta fossero • o de crete f ^ 
O farele de ramma stralocietue ; 
Sorzetate Orature , e buie Poiete « 
£ patiate de st'uommene valieiite* 
Via pegUate le ppenne, e mmortalate 
V azziune de st^ uommetie nnorate • 
M* Isti barhìtonsores appdlantufy 
Et pccva Capitali puniuntur^ 
Atque fomburi digni existimatìtuf ^ 
Comin'a la legge primma inveniutitur} 
A lo co dece vide, ubìnotantur 
Titulo eodem ibi coliiguntur ^ 
£ Uà ponn'i ^ bedere tutte quante 
Gomme stiano nconcietto stt Mercante* 
T. E cchille che co ttanta delegenztat 
Go destrezza de penne leste, e ffiancbef 
£ co na resoluta confedenzia , 
Se pigliano Taruta da li banche 9 
Che te nne pare , fa la conzequeniii 9 
Se roaie puozze pati doglia de scianche i 
Chille che fanno cheste (Fauzetate * 
Se ponno chiammare uommene nnorate?^ 
M. Respondeo sed cum distinzione , 
Vel agitur de parva quantitate t 
£ hanno co la musata d' attone : 
O puro so mmegiiara^e mmegliaraté» 
E lo munno lo chiamma sbareione ♦ 
Mperrò s* a primma furia ncappaté 
Non songo ♦ e ssanno fa lo pilo nvicrzo^ 
&' agghiust^no co apennete lo tierio . 

T. Vi- 



,6 P A H M O 

Ti Vivere da dessutolo , e ccampare 

Co fare sempe mbroglie j zappe « e ielle ^ 
O pe la dì 9 ntoscano co arrobbare 9 
E ffare mille mbroglie , e mbroglieiclle 5 
Che dice . Sic Masillo « che te pare 9 
Nou te saglieuo ncanna le bodelle, 
Chi de sso muodo campa spensarato , 
Che le. pare, «^ chiaram' ommo nnorato ? 

fA. Io non saccio pe mme comme se pozza 
Maie nesciuno dessutelo chiammare , 
ASè mme farraie scennere la vozza » 
O pe li late mme farraie crepare ; 
Chiste so ccierte dubbie de Scatòzza, 
Chi senza mbroglie, e zzappe pò campare^ 
E oie chi nò sa fiare mbroglie, e zzappe 9 
E ddigno de galere 9 rote 9 e chiappe* 

T. Nnorate 9 coram* a ddl fuorze sarranno 
Chi co ddoie ganghe 9 è ssoleto magnare. 
Che r arte sanno fa de Turcomanno 9 
Che te danno papocchie pe ddenare, 
Chille li quale mpoco cchiù de n' anno^ 
Se le fFacennc le veneno mpaVe9 
Le bedarraie de. botta spUevate, 
Co binte , o trenta milia docate . 

fA, -Se non parie cchiù chiaro 9 Titta j frate > 
Non poz^o penetra la nteniiione 9 
Ca co cchesse pparole nfrocecate 
Me /arraie addeventare no cestone : 
Fossero Chiste ccà li nnammorate ? 
Si rame vuctìe bene 9 non parla cervone ; 
Che bò segnefeca sto Turcomanno ? 
Ca pe ne' anneyenà > non vasta n* anno- 

^ T, E 



y E e UNK Ó. 9^ 

t. É sst ppuro Dottore , e non saie chesta, 
£ si nyecchiato pe ssi Tribunale. 
Sto nomme u ttutte quante è mmanefestOt 
Nfi a chi venne tonnina e cca viale ; 
Ma io perchè boglio essere modesta $ 
Non te voglio spreca chi so^ sti tale r 
Non te lo voglio dt , vance penzanno i 
Ca trovarraie qual è lo Turcomann.o. 
M. Fotta d* aguanno , e ccomme so stordutOr 
Non saccio auto ^ e mme n' era smentecato; 
Frate , quann* uno è biecchio , e nzallanuto» 
( Comm* io ) deverria essere nfornato ; 
Co ttutto chesto a mmenie mra'è benuto, 
Bà sacció che buoie di « aggio pescato » 
Sunique isti Latrvnculis peiores^ 
Et ap^pellantur fumi venditons . 
£d azzò saccie fu no Mperatore , 
Che ttenev* a la casa na frabutto 
De chiste V che fFacea lo bello umore> 
£ sto fummo vennea sicco , ed asciutto» 
Ma pò de fummo chisto buon Segnore , 
Chiilo fece mori , ma cq sto mutio , 
w Azzò nessuno faccia ste ffacenne» 
» Mora de fummo . chi lo fummo venne » 
■E^ le^e ìtem apud Laheonem , 
Lo paragrafo item aìt^ connanna 
Tutte sti tale ad frustìgationtm , 
Dove la causa ne' è che lo ccommanna; 
^t ne incurramus in untationem j 
Se te pare , mettimmole da bannk , 
E addemmanna se vuole quarc' auta cosar 
Ca chest* è «a materia schefosa . 
• 'Valentino E T. E 



5« P A R M 

T* E chi fa la vaianza travoccarCt 
Né ddà lo piso justp .pe ddevere i 
Parlo de ssi Cbiaiicyere , « Ppotecare f 
Ca. inm' è benuto frisco sto peviii^rfi » , 
Fanno che bonno ^ e no nne puoie parlarci 
Né ppe lloro nce so furche i a galeve , 
Ma chiste cchiù de tutte a uutte JP ore 
Parlano 9 e squarcioneiano de Nnore • 

M. Oh se chel]a , che stace co la spau t 
£ ttene la valanza co no dito » 

4 Chella che d' ogne ttìempo è nnommenatat 
Responnere potesse a sto quesito, 
Mprimtno te chiavarria na cortei lata 9 
E pò te deciarria , aie tu attrevito 
De me pparlarCj e nnommenà sto fusto 
!o non so nterra « e buoie Io piso justo f 

T. Sarranno fuorze li Sanguinacciare 9 
Ch* àccideno pe nniente le pperxune 9 
Né respettano ammice 9 né ccompare^ 
Che Tè ppasto lo ffa 1' ^ccesiune , 
Tanto cchiù se lo fTanno pe ddenare* 
O pe nnomm' acquest^ de Marcangiune t 
E Io (tradire teneno a balere 9 
Chiste comme parla ponno de Nnore ? 

M> Esodo vinteduie , commanna Òdio 9 
Non se commetta simmele peccato 9 
E d'ogne muodo vò che Tommo rio 9 
Che lo commette nne sia castecato; 
Ed a Io stisso luoco lietto agg io 1 
Ca commanna de cchià che sia scacciata 
De la Ghiesia soia r accedetaro , 
Né che pozz' accosta rente a U* Autaro. 

T. N' 



iSÉCUNNO- ^f 

T. N* omnio che sta ncampagna , no sbannitoi 
Che sàrrà echio sfammato^ ch'affamato» . 
No iorfante de chiste ^ n' attrevito 9 
Che ccbiù de no percaccio ha sbaresciatvi 
ChillO) che nnuie chiammammo forascito, 
Cbisco poni se chiamma ommo Nnorato f 
£ bèv si è chestO) levarne d'affìannof 
Dimme li sbregognate chi sarranno? 
O chi proteggiarrà sti malantrine » 
£ le darranno canzo de fa male « 
Contra le llegge d' uommene , e Ddevine 
Anze contra le Higge natorale , ' 

Cca nce vorriano vierze assaie cchiù ffinCf 
Ma non se pò , ca n* aggio vena tale , 
Pocc* auto non se sente n' chest' etate .• 
Che nne dice de st' uommene unorate? 
M. Da la legge penultima , & finali % 
Isti taUs vocantur Grassatores , 
Et puntuntut pxna capìtoli » 
Atc^t ipsorum itidem fautores^ 
Non utitur quanioqu^ pana tali > 
Propter eorum aliquos labores , 
Che pperzò pe sia causa quarche bota 
Scappano da la forca > e dda la rota. 
T. LI' essere da la Corte connannato ^ 

A quarche brutta pena pe ddelitto 9 
Uno che fuorz' è mpiso , e pò squartato^ 
O de quarch'auta pena fosse affViito, 
Chìsto se pò chiammar* ommo Nnorato ? 
£nce nesciun' Autore che n'ha scritto? 
Vide, saime sto punto dechiara re , 
^ongo nuotate , o nò, che te ane pare? 
E % M. Pe. 



wo P A R M O 

. Jf . Pe patito che m' additta Io fodizio « 
Non Vha mtnira a lo muodo de'la morte, 

« Ma a la causa bensì de lo 8opprizio» 
£ ssiase ^uro de qualonca scìocte: 
Verbo lazia xnpiso sarrà Ttizìo » 
. Kon perrò connannato da la Córte , 
Se lo delitto k brutto , ed è sfammato f* 
Co la vita Io Nnore è^scaienzato. 
Ma se pe lo Rrè ssuìo , se pe Io Nora # 
Se fuorze pe la Patria , o pe la Fede ^ 
Co n* armo franco , e generusó core * 
La morte abbraccia i e lo temore cede » 
No mporta se squartato « o mpiso more f 
Ca be lo Munno Io ccanosce, e bede , . 
£ nnorata la morte? e nnorat' isso, 
£ nQ*è llaudato , e nnommenato spasso. 
T. S^rrà fuorze nnorato no spione f 
O chi sa machenare cose aterne 9 
Sarrà fuorze nnorato no boffone , 
Qual oie stimate so da li moderne» 
O puro chi la fcarne de montone 
Magna, e che ccos'è Nnore non discerné, 
O chi fuorze de Vennere, e d*Ammore 
Se dcletta de fa.r Ammasciatore , 
M. Viato chi sa fare Io Spione, 
O sa co ssecreteiza machenare , 
Viato chi sa fare lo BeiFone , 
Viato chi sa dicere , e ssa fare» 
Viato chi la carne de Montone 
Senza Io lemmonciello pò magnare » 
Ca ponno vota franca ogne preramera % 
Franche de frusta , forca , e dde galera . 



SEC17NNO. m 

T. Lo ilare co la lengua la trommetta , 
Probecanno de irame K deflette , 
Co na lengua pestifera , e mmardetta^ 
O co lettre cecate , o co ssoniette » 
Sia pe spasso > pe gusto 9 o pe bennettSf 
. O pe ddare desgusto , o ppe ddespiette r 
O chi a le pporte fa le mmacrerate » 
Chiste dimme song' uommene nnorate ? 

M. Chesta se chiamma mo detrazzione^ 
Quale sta sempe nvocca a gente vìle^ 
Che strudeno la bona pemotie • 
Hanno sempe a la yocca esca, e ffociIc> 
IJ arte lloro è ccelà H* opere bome> 
E de sforfecblare hanno pe stile* 
Mperrò ste gente de sta quartate,. 
So da lexllìgge nfame dechiarate-^ 

T« L'essere de dote faccie* e de duie core» 
Portar' odio , e ffegncre d* amare , 
Avere sdigno dinto , e ffore amore t 
Mostare affezzione , e pò gabbare r 
Essere comma di n' Adola tote » 
Avere mele nvocca , e ntragne amare; 
Pareti' Ape , e sso ssierpe nveneiute , 
Gomme -jammo co st' uommene nnorate| 

M^ L* adolarc è no vizio assale brutto^ 
Comm' a chi le piace pò vedere * 
A lo Digesto de serva cormprof 
Lege prima , paragro persuadere , 
St'arvolo adolatore fa no fruttar 
Ch' apporta, sempe danmo, e ddcsplacerèjf 
E* na sciorta de gente nzonwna chesta. 
Che se deye ftU *cchiù de }a Pesta - 

E ) T. Sa?f 



IO» P A R M O 

T« Sarrà imorato chi se vane inpiettd, 
£ stace nfaccie co lo viso smuorto « 
Che credenno acquestà fammai e cconcietto» 
Parla co boce chiana , e cuollo smorto » 
Qual« pò non ha schitto no deiìettn « 
Ma cchiù che non ce so ppoteche a PpuortOi 
Nzorom* accossi co ffare lo pacchiano , 
Quanto pò ^ te la ficca chiano chiano • 

M. Ddio nne libera ogn' uno » arrasso sia > 
Da chìste fauze , e fHnte santarielle f 
Che le bidè a la Ghiesia 9 e pe la via 
Manze \ e discrete justo comcn' Agniellej 
£ co lo manto de la Pocresia y 

^ Nchiovanó tutte a botta de martiellet 
Ca na boscia de chiste nzanetate 
Pò mannare a zeflfunno na Cetate . 

T. Porrà parla de Nuore chi n* ha fTede ^ 
Che pe bera vextù tene la fraude 9 , 
£ ccampanno accossi fuorze se crede 9 
£ penza d'acquistare at^ma laude 9 
Chiilo eh* a Ilo nteresse schitto vede , 
£ co li figanne suoie massiccie e $saude| 
La Fedeltà d* ogne berta Regina , 
La tenarrà pe ppezza^ e pe mraappina. 

M. Frate 1 tu m' addoipmanne cierte ccose # 
^Che non vonno resposte» ma stoccate; 
Cheste songo addommanne precolose^ 
Né pe nnuie manco fanno sti trattate : 
A le ssiepe se trovano |e rrose » 
£ si tu vaie cercanno fedeltatài 
Co n' uosso schitto , o ccx no pò de pane* 
Trovare la porraie scUit» torà cane . 

T. L' 



SEC unito: io> 

T*. L'essere mancatore de parole i 
Comm' a no cierto tale ammtco mio ^ 
Che mme nchieva io C. • • • de viole » 
£ ssempe mme facea Io percopio; 
Simmele a cchisto soita de lo Sole 
Nce sia stato a lo Munno^non credMoil 
Quale p* ave lo ntiento suio mme devu. 
Sfimpe papocchie , e io mme le ccredcva 1 

' E ppe te dì lo fatto brevemepte ♦ 

No cierto mme devevft ciert* annate y 
E ffece la procvfira a no parente > 
Cb' a Nnapole mme fossero pagate » 
Quale mmre s' offcretie prontamente , 
E^se mostaie co mmko cchiù the ffrate l 
«Ma quanm> mme ci^dea d'ave ratcienro,' 
Sto buon Ahìm4co ni* abbottale de viemó. 
La storici è ttroppo tofiga 9 ma la lasso « 
Pe non dare a ccano^cere chi è cchisso 1 
Tasta ne' appe a betiite «a sconcjuasso ^ 
Che, se lo dico» reétafrìsse ammisso; 

^ Mperrà m* arregolalie co lo-cùmpasso^ 
Pe non &re davero quarche ag^risso ^ ] 
£ nzomma pie non farme oorrevare» 
Mme resorv^tce beUà de chiaitare* 
Ffina fatta comparse Nvecaria > 
Co Io Pi^ocoratoYe , e TAvocatOt 
£ mme vo^ ègani la fantasìa > 
< Perchè sta còsa mme tenea mmuinatdl ] 
Ma canosciuta la josiizJa mia > 
£bbe già slatione , e tuie pagato : 
, Donca ehi è dde |»acoIa mai]3::atore Ì 
Che te pace^ Mrlà porrà de AQore^ 



l<^4 F "A KM O 

M« Vide ca vene manco no stromiento ^ 
N* arbarano , e na polesa bancale « 
Dpve ne' è ntervenuio joramìento , 
E pò se ne' arravoglia caiflale j 
£ buole , che na parola eh' è no viento^ 
Aggia cchiù fforza , o sìa sostanziale , 
Va parla d' auto , e lassa sta sto ntrico « 
, O stipate ssa vocca pe le fEcoi.' 

T. Non pagare roaie nullo credetore > 
Facennole pe iTorza letecaret 
Farele crepa U' anemaf e lo core) 
A ggusto suio volerlo straziare ^ 
E bè^chisto non è pudto de Nnore ♦ 
^ Chi no lo ccredei n<;e pozza ncappare« 
/ Ca Tornino nnani^ more» ch'^«ppagato ♦ 
Chi fa chesip , se chiamm' ommo ^ nnocatof 

M. Millemilia lìbr^ 9 ,<» squarciafuoglie ^ 

Nce soiigo contra de chi deve dare ; 
Ma l' Auture modietne- mille scuoglie .^ . 
Hanno trovate. , p^ . n^n fa .pagare j 
Barjolo , 0»BaWo-pe U casè44upgli,e ^ 
Wò servono pe.llardoarra^oglisjre* 
Mperr i^ « chiana , ititè buoie , sf^ niej^te fa^ei 
Chi oie non: vò pagai non paga -^ina je * : 

T. Negare verbo grazia: lìip parente , , 
O n' amovico 1 che sta nvascia fortuha ; 
Perchè fape arte. vile >d^dl' è ppezftentèf 
Cavfitorz' è nnaio a mman^capia de 'Luto, 
Nè^e fa bene ^ né l<9;Vede, ó sento, - .i 
Né lo soccorre màpqa d$ ^na funa , . 7 
Perchè «e teparrà pe sbregognata , - • 
Chisto- w pò chiamar' Qi^po^^ftAorato ? ; 

M.Noa 



SEC UNNO; ìoj 

M* ^Naii c^ è dubio nesciuno eh' è gna caso^ 
£d è contra la legge naturale « 
Ca se bè lo parente è no vastaso, 
Non se deve pe cchesto avere a ntmale ; i 
Ma stente chesto^e non te parlo a ccas«i I 
Ca ne' è chi nega Io frate cartvale , | 

E nce so le ccatervie » e le squatre ^ 

De chi nega la mamma y e $cbi lo patr^ 

Mperrò chille « che fanno cheste ccose f 
Sarranno tutte gente resagliute. 
Che bonno senza spine pare rose» 
N frutto essere non yonno canosciùte^ 
Le sciatti mme tene vonno nnascose » 
Comme da Semmedeie fossero asciate^ 
Ma che sserve a pegliar&e tanta augosclet 
Mente sempe uno nc'i^ che le ccanosce. 

De Caltcoia creo ch'aggio leggiuto % 
Qual essenno a lo mpério sàmato % 
Avea desgusto d' esse canosciuto « 
Perchè fu n* ommo vile , ^ mmale nttOi 
Diceno cierte ch'avarrla yokito^ 
( Azio T essere suio fosse scordato ) 
rTo cuoUo avesse avuto lo Senato » 
Che co no cuorpo l^avesae tagliata « 

T. Volere con ogn*uno stare app ietto t 
E mmettere lo perle a ttuue nnante , 
Terraene non avere , ne rrespeito » 
Essere no soperbo , n' arrogante » 
Avere adduosso cchiù de no defletto i 
Lo manco manco è Y essere ngnorante • 
Justo comme song io , che te nne pare » 
Pe Nnore chiste ccà ponno .parlare ? 

E 5 M.Ba- 



io€ P A R M O 

M Bonanoiie i boti' anno « e ba reposa t 
M' allegro ca si ttanto vertoluso. 
Io no la potzo credere sta cosa » 
Da vero fasse Orlando foriuso , 
,Dove tenive sta vertù nnascosa» 
Porca , e che ssento , Titta mm'aie confuso; 
Ma pò esse iinorato no ngnorante , 
Quanno n*ha cheiio lià e' aie ditto nnante? 

T. Sarrà fuorze nnorato n^^varonet 
Ch'avito non fa n ch'accommolà denare « 
No Seneca rraggiato « no frappone.! 
Ch' ad .amo non attennbi cW a siepare t 
Ch' anzeiuso de fa no melione * 
S* astenarrà de veverc » e mmagnare ^ 
£d aggio miso di . che nne sacc' io , 
jC^ li denare adorano pe Ddio • 

J4. Pe cquanto pozzo scemerà T Avare 
Songo deli' Antecristo Toseriere., 
Massema . se non hanno a echi lassare * 
Ca n' avarranno figlie , né mmogliere ; 
Io pe mme ntaiuo , le borria frostare , 
O le borria m manna nviia ngalere^ 
O comm' a Mmida le yorria squagliare 
L'ar^iento,e U*oro,e ddarccel' a mmagnare. 

Da Tia banna so ddigne de piatate. 
Perchè ^e niente se vedeno berfe , 
£ pò campano sempe sconzolate y 
£ le rricchizze le so spine, e ppenej 
Sempe le bidè su nnecessitate y 
Se (Poro lontre nn' avessero chiene; 
Ma pò permette Diio ^ che ssì denare 
ìio tierzo se le p«zza sbaragliare • 

T. N* 



si: cu ft NÒ; to? 

^. N^ antra éeoiarrà fuort^ ca lo Nitott 
Conzìste qiMiniio clatta è ddesfedato » 
Se co la spada molta- lo Talore , 
Che se pozta cbiamittar'- oj^mo imoratoj 
E s"* ave na stoccata M pò mie more » 
Diceno ciene eà ^è immortalato ; 
Ora i che- te fine pare de sti tale 9 
Che quanno soflgo accke so mmortaleP 

M. Li Dóvielie 00 , Tkca , reprobate*, 
Da Ile tligge Devine 9 t Uigge ornane i 
JE chi dice autramente , so ddannate 9 
Ca ^ongo peo de Turche, e LIoterane; 
Cortime ponn esser' uomtnene anorate , 
Se pò perdono IP arma* comifi'a ccane» 
/ Voglialo chtsto Nirore chi se ^> 
Ma stia lontano da la casa lÀia » 

T. Autre derranno , e sso no mèflfione 
De chiste, ma se trovono ngan'natef 
Che ddiceno ( p^rò senza ragiotie ) 
A ria van^ apparenzeja appoiate ) 
Ca perchè stanno nkma penìone, 
LIoro porzi sia n' nomamene nnorate; 
St' apehiune se so bone y o triste , 
Dimme prevìta toja, nche cconzrste? 

M« Pe sprecare sto pa^si^ , Salamene , 
Manco ne' abbastarria , crideme cierto i • 
E chillo e' ha sfa mmagenatione , 
Eie, pe te la dì, pàzztìf scopierto j ^ ^ 
E chesta tutta demostrtfzione , ' 
Ch' a R'omTiK) se farri , che non ha mmiartOi 
Né cereo 1 ca peftxarrà , perth' è gnorante. 
Quale la mente sia dell'onorarne? 

£ é Uh 



io8 ^^ P A R M O^ 

Né basta rche se mctu nguarnasc'one . i 
La perdona ^ e sse picca de nnorata * 
Perchè stia fuorie '» bona pcnione % 
£ perzò da 1^ gente sia stemmata ; 
Se campasse cieiu' anne» è. no cogHonet 
Ncè voi' auto eh» acito a la malata , 
Non serve a nnullo, fa lo beli' omore , 
Quanno non è da se digno de Nnore . 

Mperiò quale sia fauza , e quale bona. 
Quale sia fenta , e cqtiale sia verace i 
No cierto lebrecciulo une raggiona j 
Che lleggere lo pò chi le piace i ■ 

Ver* è ca jio lo ntenne ogne pperzpnà, .ì 
De tf uomitìene sacciente, sarva pace, • 
Lo nomme de V Autore parrò creo , 
Che sia lo Come Annibale Romeo •- 

T. Penzarranno fuorz' essere nn orate 
Chille e' hanno a bezzeffia ^lute ^ . 
O fuorze a mmano ritta so pportate r 
Qiianno non è pe ccau«a de //ertate ; 
De chiste io. rome nne faccio le rresate, 
Massama se da me so cpanòsclute ; 
Dimme lu mò , che de sapere abbunne. 
Sopra sto fatto com me nce respunne? 

M, Voglio , che mme ne faccie nt> stromientoi 
Ca cbisto non è Nnore , ma nnoranza , 
E se bè fosse Nnore , è Nnore a biento, 
Ntroduito da n antica, e becchia osanzaj 
Quanno perrò nOn fosse adolamiento » 
£ ccà condiste tutta la mportanta^ 
Ca «sto Nnore se face quarche bota 
A chi fuofze $^rrà digno de rota • 

JE q^an- 



S E e U N N O. IO» 

E quanno maie non fosse pe ccreanza , 
Perchè ne* è chi lo bole de potenzia , 
Pe uantillo tatui de niaioranza j 
E se le fa pe fforza Ueverenzia i 
Perchè portarrà tuba ^ aunìglia , e ppanzat 
£ ssarrà no frabutto nquimassenzia ; 
£ b'è chi de ste inuode so ttrattate , 
Che te pare » soog^^iommene nnorate? 
A cch^sto nunto nego consequentiam » 
Probo tnaiorem , nam est d^ substant'u% 
Quoniam quis quìs sìt prof ter poumiam » 
Sic honor^ri stat cum vigilantia , 
^r si ìllam non habet ^ vhUnti^fn > 

Quandoque fack- vH cum arrogantìa f r : 
Scd non pet hoc dicunmr honorati , 
.Qui sunt turpidibus vitiis gravati . 
£ pò tu non* saie buono ^ e non aie vista 
Niò che bedimmo spisso prattecato , 
Che quanto cchiù sia n'ommo nfamo, e ttristo 
Tanto cchiù co ppronteiza eie inorato. 
Perchè paura ogn' uno n' ha de chisto , 
Massema si è protietto, o s'è stenuita 
Pa quarcuno chi si 9 tu lo ssaie pùro« 
Perzò de te lo dì poco mrae curo . 
Cossi a no port* e adduce, a no taccagno ^ 
A chi fuorze ha «o frate, o no parente, 
iChe bo passa pegguappo, o peccompagno 
De Lupo viecchip , o de lo Mpertenent^; 
O chi puosto sana nforma de Ragno, 
Che ssalutato non te tenemente, 
£ cquanno non le faie le sbarrettatet 
Neutre a &o crimen (asa Mnjestate, • 

T.' Fuor- 



ii# P A R M O 

T. Fuori^ chi pc ddenare , o pc ffiiorei ] 
O p anta via.s'è ppuosto mprelatura» 
Non pe /orza de scienzia ^ o de valore » 
Ca non n' appero maie na leccatura , 
Chiste ccà ncbe carata so d& Nuore? 
Respimne pri^sto i hon ave pailra : 
Ched' è , tu capozzie , nnarche le cceglia ? 
Ched'è, ched aie? te faie tu maraveglia ? 

ì/i. Titta ^ pe quanto veo, tuT-si storduto, • 
Tu vaie cereanno, eh* io sia processato f ■ 
Ut saccio che buoie di > l'aggio caputo, 
S^nza,cbe pparle cchiù, t* aggio pescato-; 
Ccà nce vorria n* Aracolo saputo , 
Ca dviBiò non- è spreiposfetWd* 
Saccie mperrò ca totìie vsiécìelllo corre 9 ' 
Se non ha vieato mpoppa, e n' ha sayorre. 

T. Fossemo ( vcrbcy tazeja ) nnorare , 
Nuìeduie, che de sto Nuore trascorremmo, 

^ E co beHe ragiune appropriate , 
Qual è k? vero Nnot^ dcsti«guimmo? 
O puro nuie poni ^ibrtio ramescatc 
Co sre sciofte.de gente che ddecimmo^ 
Dimme ]a vcretate , e s' annevine » 
Te dò de paraguanto tre ccarrìne • 

M. Menammoce la mano pe lo stommaco 
Prìmtna de tutte Tante; sé^ te pare, 
Pocca mine creo ca ìstammo contìasto&aco 
D'ammice, de paril^nte , é ddé cotapafe. 
Non parla cchift de Nnore> ca mo vommacd, 
Ca pe ìHUiie nc'è chig'dfiiceré ,e cehc ffarc> 
Simm'accossi Nnorate, acciò che ssaccie^ 
Che potimm* ire e0' na stianta nfaccie • 

Ca 



S E e U N Ko; in- 

Ca nce sarranno li mi\e contiemct 
Li nvediuse puro, e li gnoranie» 
Li quale nce vorriaaa co li diente ' 
Spellecchiarece a mimiorze tutte quante; 
Ma dicaiìo , che bonno ^ perchè nntente 
Nce fanno mpaccio li passavolante r 
Chi è de nuie cchiù nnoratò , che lo ihostàt 
Ca pò tanno darrimmo' la resposta . 
T. Masillo quant'aie dkto, aie ditto buoflpf * 
Ed aie cierto respuosto co pprodeniia, 
Ma pe nfì mo no in' aie respuost^ a ttuoab 
Perchè fatta non aie la consequéima ; 
Se l'abballo non è comm'a lo suono ^' 
Mo mme nne vao senza cerca lecienzitr 
Perchè co ssi descurze, e ppaclamiente » 
Aie ditto assaie i ma n' aie concruso niente* 
Pecca de quanta nn' aggio nnommqnaie, 

. E dittetelle tutte ad uno ad uno. 
Perchè de guittarie stanno mpastate, 
Nfi mò Nnorato non ce nn*è nesciuno: 

" Addonca chi sarraniio li Nnorate , 
Perchè nce n* ha da essere quarcuno ^ 
Quale de Nuore pozia squarciare , 
Chisto 'nche muodo s*ha d'arrégolare* 

Dì donca , che bertute deve avere 
.Chi pe Nnorato se vò fa starnare 9 
Qtial è io muodo ch'ave dàt tenere 
Chi de Nnore vò franco letecare? 
Io pe mmc ntanto songo de parere » 
Che nullo se nce pozta maie chiammaref 
Ora se veramente si Ddottore , 
Mo dimme chi paria poua de Nuore? 

M. Fra- 



fXB r A R M O 

}A. Frate,, che buoie,che te ja metta tisctitto> 
E si è cossi, tu tnme vnoie coffiare, 
DoiK.à n' abbasta quanto t* aggio ditto « 
Ca tu no ntienne, io che noe pozzo far^ 
Non pe chesio lassa te voglio aflPritto > 
Sta saudo , ca te voglio conzolare j 
Nquatto parole, mo se te piace 
Sentire , e spero de te fa capace . 

Lo Nnore, Titta , aziò che ssaccio buono^ 
Nascere pè da-le bertCì tumorale , 
Justo comtne se ngeneta no truono 9 
Che nti' hanno scritto assaie lì Natorale, 
$ò baie , noti se V acquista chi sta ntuonO) 
Ca chist' è Nuore soprafFeciale ; * 
£ buono avere bona penione 9 
Mperrò nce vonno Tazziune bone. 

£ perchè naggia tuosseco pe minannS» 
E non se pasca de st' apenione , 
Nullo se pò piglia laMezacanna, 
Ogn' uno e mmesurare V azzi«ne ; 
Tanno }' ommo se stisso se connanna 9 
E bede s' è Nnorato co rragione 9 
Ca tanno porrà fa la conseqaenza 9 
S' è Nnorato da vero , o d' apparenza . 

Tf duie piuite, hoc unum ^ alteram non ladina 
St' a ssentì , dove tutta la mportanzia f 
V aut' è jus suum unicuiqae Teiere , 
Tutte doie cose cierto de sostanzia ; 
Chi ha cheste doie yertù, ciertopuoie credere 
Che de Nnore ha comprita cercostanzla > 
Mperrò chi non ha chesto C stia securo ) 
Se pò ire a ccorcà bella a Io scuro • 

T. Nfi 



S ECU N N O: ^ II} 

T* Nfi mò jammò de sisco , e dde mesesca ^ 
Ma pe fFare coovptito lo piociesso. 
Di avo 9 che la memmorìa te sta fresca > 
Che] io 9 che pe. la strata t' è socciesso, 
Pe cquanta te so schiavo^ non te ncresea^' 
Pecca sto ppo de riempo ne' è cconciesso^ 
Sequela, sto Masillo « \ia, da tt' armo» 
E damme fine a sto Secunno Parino* 

VI, Aie fatto buona a llecordaremello , 
£ ppoco nce voiea > mme seca da mente ^^ 
Perchè da vero» Io penziere è belio , 
Sìentelo buono , e ttienetillo a mmente ; . 
Ma non vorria mméscà cbesto co ccheUo^ 
Penò dire lo baglio brevem^tttet 
ì; pperchè T agg^o Dtiso >' e lo pernierà. 
Non è Io ifaiof io dico Tofentiere. 

Mente, veneva m6 pe te trovare 9 
Cornea' appontato avevamo da iere » ^ 
Fé. iForza fuie costtitto de passare 
Pq la.yico ( non saie ) de Panettiere^ r 
A buonnécchìù'setuijette,cpAtt!a3tare 
Cp'^ccìerte ppotta nelle no v^rviere» ? 
Io (comme saie,ch'ft Nnapole nc'è st'usa]| 
M' accosto pec ssentire eoriuso.^ ; 

E pe cquanto ^potieite penetrare > 
Lo yarviere avea cchejle mmedecatQ 
Li solete d'Ammore frutte amare, 
Ma pò fnoa potev' essere pagato 5 
Aveva a ffprt^ ferse xorrevare , 
£ pe cchesto- facea comm* a ddannatof 
Po pe pparte de, pnen^s le zello^e ,• . / 
Le deceaap .parole njiotfiose. .... 

QUaa^ 



IT4 P ARMO 

Quantfo chillo se «tese pezzftoaref 
£ toccare lo punto de lo Nuore » 
,0 bene mìo « vedi&telo nzorfare * 
Che ppaiea commattesse ce liVTore ; 
No lo poteva nullo raffrenare ,\ 
£ nvederlo te deva grà spantore t 
De muodo che se dea le mmane a mmaoriè 
A ssigiìo, che gran puopolo lice corze.. 

Se nce trovate nfra 11* aate no vecchione » 
Che ft cquanto mme parze era vammatutf 
£ dddsse a. lo varviere^ o gnorantone^ 
Sienteme b¥K)no , ca non so bagiana : 
Che Nnore i lo Nnor^è a lo Torrione ^ 
Che stàc« fora Porta Capuana > 
Mo ch'iesce^ a mmano laaucài, e bidè fore 
Scritto a na preu marmora ^ lo Nore ^- * 

Casa non ne* è, che n' aggia na latrina , 
Ko pegnato, n* a»:nila« o n'auretiaroy 
Casa non ne' è , che n* aggia na cocinaJlj 
Casa non ne' è> che non ha focoiaro;^ 
Vecco'^a k •s«iienzeja è strafina 9 ' 

Veccote T argomiento è (troppo cfaiapo'^ 
Perchè dov' è Hatrjna , e ccexnrae»era, 
FietOt e iFumme sarrà d^o^$ mmaner9# 

Ma co na defFerenzej.a 9 la quale 
Te la voglio sprecare ccà pprescnte,' 
Ca fieto nce sarrà de muorho tale 9 
Che se farrà sentire nfì a PponeDtej 
M' auto farrà no fieto de pedale ^ 
Che pe na strata o doie'schitto se s«it€> 
E fFummo che s'^àktuta cxJ lo viento , 
J£ n'amo» che nce vò fatica^ e sdento. 



S E C-.U N NO* Ilf 

T. O se Io stile mio fosse Toscano» 
£ ssapesse parlare nfrocecaro « 
E chi mme ^ente non fosse paccianot 
Te vprria fa vede , chi è lo Nnorato i 
Le vorria fa toccare co le romano, 
Ch* è no paputo % e n' aseno nvardatp 
Chi nne parla « e de cchiù ch'è no vozzacchìo» 
Ca cemmiero non nc'è che n'ha ppennacchio* 

M. Già Febo co lo carro a Briglia sciota 
Se n' è ghitito a ddormi nlunno a Io mar* 
Pe tromà crammatina n' ama vota 
Co li suolete raie sbrenniente , e cchiare^ 
£ la Luna rotonna corniti' a rrota» 
Se fa da mille stelle accompagnate * 
£ nmiie co sti trascurze (addobbiate y 
>Ipn nce nne simmo a.bbiste,nè addonaté.^ 

T. Qchìix de quanto s' è dditto^ non potimm^ 
Dire néoppa sto Parmo , ca sarria 
Gcbiù liuongo certamente de lo prìmmo» 
£ pò chi legge nce swoecarria ; 
£ mnvente già sta beUa Lima avimmo 4 ^ 
Penxai»mo pe equa strafa , e pe equa vin 
Secare pothrnm'ire^ atxò la cappa 
Levata non ce sia da quarcbe tuppa^ 

M. Jammo da chisto vico se te pare» 
£ sse te resta coro moto venire % 
Perr^ i' aspetto craie dapò magnare 9 ^ 
Ca de la Nobertà ne' è assaie che ddire* 
Io t* aspetta a la casa , non trecare » 
Ca volimmo sto punto desfenire » 
Ca ncoppa a cchesto ha lietto^saìesto fusto^ 
Vasta volimmo (di cose de gusto» 
Sc0mpctura Ì4 lo Sccunno Pdrmo. 



P A R M O Uh 

TRASCURZO TRA TITTA . E 
MASILLO . 

c0an 

X ciò Melilo bonvespera « che ffaje ì 
^ Gomme so ppomoale , che-te pare? 
Né dde li pare miele nce nne so assaiei 
£ mme nne pozzo vanagroliare ; 
Chello « eh' eie pozzo fa > n' aspetto craìet 
^.noa penzo a ddormire^nè a mmagnarey 
Massema quanno dongo na parola 9 
Lo cuorpo non abbenta^ e II' arma Tola' 

M» O comm' a ttiempo a ttiempp si arrevata» 
Singhe Tìttillo mio lo bemmenuto 9 
hon ha n' avemmaria , eh' ^ggio magnato^ 
E mò de te vedere stea speruto : 
Circa de lo negozio già appontata ; 
£ia notte belle cose aggio leggiuto f 
Zoe de sta pomposa Nobertate ^ 
D* Auture suoccie $ masiccie 1 e ppesate l 

Mperrò no mme ferrisse no piacere f 
( Se commoto te resta ^ e sse te pare ) 
Sto Tierzo Parmo sarda de parere 
Fotessemo ntoscano sequetare y 
Ca vorriamo a Io Miimio fa a bedereì 
Ca sapimmo lenguaggie commotare v 
<£ che quantunque siam Napolitani, 
Tcnimmo sotU coscia li Toscani. 

I. Mi- 



T 1 E R z o; ttf 

^. Masillo mio , cchiù boi€ 11' aggio ditto 
ìA so Nnapoiitano, e biva Ddio^ 
Co la pennate la lengua 'n voce ^ e scritto» 
£ non trasformo lo linguaggio mio; 
£ chi nne vòàì male è no gran guitto* 
Ed a pprovarencello so pprunt' io « 
Ca de quanta knguaggie so a lo Munno« 
Non ncè chi sa spreca cchiù chiatto, e ttunno 

£ ppazzo chi parlare vò Ntoscano 

Quanno chillo Ntpscana non è nnato^ 
Chi Grieco vò parlare è no pacchiano » 
Quanno non s'è de Grieco mbreiacato; 
Saie per<:hè lo pparlà Napoletano 
Da cierte porchiaccune n'è stemmato i 
Ca nce lo boglio dicere cantanno « 
£ie perchè ca leggere non ssanno* 

M* Ora via sequetammo lo tenofli, 
Ca spero co Y aiutò de la Musa • 
Apollo, mme farrà tamo favore , 
De reschiarà sta mente mia confusa ; 
Sta Titu ntanto liesto i e IFatte nnorer 
Perchè la Nobertà va sempe ncrusa 
Co lo Nuore , e tra 1' uommene Nnorate 
Se. pò trova perfetta Noberiate. 

Che ppenò sequenn* io Tapenione 
Dcir uommene saccìente , e Uctterate» 
Che pparlano fonnato, e co rragione, 
£ ssò de quarche stima , e autoretate * 
Gomme fu verbo-raiia Fratone, 
Seneca, ed ante gente addottrenate , 
Feluosefe de stimma , e dde gran puntOj 
Che mmaie de Noberià fecero cunto . 



ìti« P A R M O 

Uè ppare a mnè«che saeiua gran preposeto 
St'uommene buone avessero Tonnato Vb 
Lo ntennemiento lioro ^ ed a pproposeto ^ 
£ co rragìone avessero parlato. 
Se bè eh' a ppritnmo pararrà spreposeto 
A ^chi non ha leggioto « e sto<ltato » 
Attiso che la libro ntenxione 
Sta fonnata a nimartieIlo\ e co rragione r 

JDJceno donca, ca la Nobertate 
Non è ppunto destinta da vertute j 
Pocca tutte d* A.ddamo songo nate 
ir uommene, eh* a lo Munno so benute ^ 
Perchè tutte li quale so arrevate 
A buono puosto « é se so annobelute ^ 
Non fumo tale pe li nascexniente « 
Ma schitto pe bertù de li pa riente*' 

7 • Donca nascere tiobele è freddura f 
£ nnullo se nne deve gloriare, 
Ca maie appe pe;)ziere la Natura 
A nzò chi nasce nobelezxa dare; 
De iàtlo ragionevole appe cura 
Schitto , e ir ommo da se se nce pò ffare 
Nobele , se be è ffiglio a no chiafeo f 
Ca la vertù fa 1' ommo Semmedeo • 

Che pperrò retorcenno V argomiento f 
Dtco mò jo , se chillo qual è nnato 
Nobeie pe V ammore de lo stiento « 
£ pe ngiegno , e bertù de ir antenato « 
Quann isso tenarrà la capo a biento • 
£ co cchillo non ha contenoato, 
Ma menanno na vita dessoluta, 
La Nc4)ertà fame creo > che «sia perduta. 

M.Cier- 



T 1 E R Z O. itf 

t/l. CìerV è ca pò sbanì la Nobertate f 
P' azziime gufttesche , e pp* arte vile t 
Non sequetanno de Uoro Antenate 
Li portaoriente v le bertù r e lo stile | . 
£ cquarche bota pe nnecessetate 
,. Vace a tterra ogne nnasceta ce vile 9 
Ca lo^besuogno è strata* porta « e bi% « 
D' ogn' azxione trista « e guittaria . 
l^frutto la Nobertà se perde quanno • 
Chilio quale se picca de ben nnato i 
Sodamente tK)n va contenuanno 
L* azzmne « e bertù de W amenato » 
£^ ghiusto 9 Titta mio , comme no pannot 
Che se no sghizto d' uoglio ne' è ghiettato t 
Scergalo , e ffance quanto nce puoie fare } 
Sempe la macchia mille miglia pare. 
Quanno , co|nme « e perchè la Nobertate 
Se perda , nn' ave scritto Tiraquello > 
Co cciento suoie bellisseme trattate » 
A no lebbraccio nfuoglio muto bello ; 
Lia stanno tutte quante regestrate v 
Che perrò mme remetto io puro a cchello» 
Che st* Autore massiccio scrive « e ddice* 
£ co cchisto Cepolla , e Ssanfelice. 
T. Ed uno e* ha denare abbotta- fascio , 
Quale da nobeleiza non è nnato , 
E ssarrà no ngnorame , sarrà n' Ascio » 
Po essere pe tinobele stemmato? 
Perchè mme creo che n'ommo nato vascìo 
• Pe rreccheize se sia nobeletato , 
Pocca uno eh' è nnobele, e n'è rricco , 
Ve a ca non è steinmato no^pjiUcco • ' 

Ma 



>ié 1J A ^K M O 

if. Ora xhìst' è no dubio veramente * 

Cb^a chi n ha stodiato, t n'ha Ueggiuto 
E siase puro quanto vò saccente/» 
Crideme, ca deventa no paputo;. — 
Io mò che ssaccio nzò ^ che ttengo a mente 
Se bè so biecchio», e cquase so storduto^ 
£ pperchè la memoria stace fresca , 
Sienteme , e dde sentire non te ricresca • 

Siase quanto.se voglia U'ommo ricco^ 
Cchiù de Grasso, e de Mida, e ttanta,e ttamCf 
E ppaizo Si trasì vò nchisto cricco, 
Quanno npn ha bertute , ed è gnorante: 
Lo chiuppo j non saie tu , ca. se fa sicco 
ijuanno non ha la vita soprastante,* 
Perrò sti ricche le ssento chiammare 
Asene carrecate de denare. 

Ma conciesso, che Nnobele sia nato* 
Sia Rrè (vuoie cchiiO quanno non ha bertufe 
E' ghiusto no sommiere ncoronato « 
Gomme diceno l'uommene sapute; 
Le rrecchizre , e le gioie so mprestate* 
E, nne che so acquestate j so pperdute ; 
La Vertù schitto , axiò nullo se nganna « 
E cchella, che ccovcrna» e che ccommanna. 

T. Dimme (se puozze fa bona, vecchiezza,) 
E* de besuogno j è de necessitate , 
Avere uno, eh* è Nnobele, recchezia » 
Pe cconservare la Nobeletate? 
Ca yeo, ca spisso spisso se desprezzà-, 
Quanno non ce so nnumme nquanteta^e: 
Respunné , Sio Masillo , che te pare , 
Hqq sqngo de besuogno li dpaate ? 

M. E 



T I E R Z O. tu 

M. E ttu meglio de me creo ca Io s^aje, 
Ca chi ha Nnobeletate « e n' ha ddenare > 
Massema s* avana diebbete assale « 
Le vene ncrescemiento de campare; 
Li Nobele so ttanta Coccovaje, 
Quanno chello no nc'è« che fFa cantare 
Li cecat e ; e pperzò cchiù de le bete » 
Non se chiàmmano Nobeie, ma note* 
.Comme senza lo ssale conzarvare 
La carne non se pòi ca priesto fete» 
Cossi la Nobertà puro mine pare 
Conserva non se pò senza monete; 
Li Nobele j che n' hanno li denàre » 
So ghiusto jiistp còmm*a li Poete, 
Quale se n'hanno arma , e n'hanno agrestat 
Schitto la nnon^menata nne le resta* 
Ma sopr' ogn autra cosa la Vertute 
E de la Nobeità lo vero sale , 
£ ssulamente ir uommene sapute 
Co chella se conservano mmortale; 
Chille 9 che n' hanno chesta , so ttaute » 
£ eco lo nomme restano de tale 
Mente so bive , e pe flFornì la storia , 
Muorte che ssò, se perde la memmoria*. 
La Nobelezza è bene de Fortuna , 
La qual' è dd' ogne tiempo variabele » 
Assaie cchiù • che non è la pazza Luna » 
Quale maie retrovà se potè stabile ; 
S'è ssazia non saie^ né s'è ddejuna. 
Né ssaie se t^è nniemmica , o favorabele > 
Attiso nzò che sta bagascia dace , 
Se lo ttorn' a ppeglià quanno le piace . 
Valentino F T.Wà 



i224 TARMO 

T. Ma levarne cbest' ama fantasia ; 
.Se pratteche co n'omaio , che non sajcf 
Pe ccanoscere buono chi se sìa j 
Se sia Nobele , o nò , che ccosa faje; 
A cquale signo se canosciarria j 
'N che muodo scanagliare lo porraje 9 
Porta quarche nzegnale scritto 'n fronte. 
DI già che le rrespojste tu Uaie piente? 

Se canoscesse a lo bestì polito , 
O fuorze a no corpetto de mmorcato » 
Ca quarche bota puro lo vestito 
Ha cchiù de n' ommo sapio gabbato ; 
Né pò) chi no lo sh, mostare a ddito» 
£ pe Nnobele passa no sciaurato, 
Massema se de cchiù porta 1' auniglia t 
Stace nnubio ognuno , -e nne squaquiglia * 
/M. Vieste, Titta , de pelH de Lébne 
No ciuccio 9 o puro miettele la sella ^ 
Justo comm'a ccavallo nguarnascione » 
Co le staffe , e na vriglia muto bella ; 
Priesto nne puoie vede lo paraone t 
Ch'ognuno se canosce a la favella; 
LV aseno se canosce a l' arragliare , 
E ir ommo se canosce a lo pparlare • 

T. Se pò fuorze canoscere a lo brico. 
Gomme ssoleno dire cierte tale , 
Ca pe no le scoprire , no le ddico , 
Che se fonnano nchesto, e so ppedale: 
Sto nomme no mme pare troppo antico , 
Ca lo sentictie di st5 Carnevale, 
Reirovannome a ccaso a lo Mercato i 
Parlanno co n' ammico mio Sordato . 

M. Non 



T I E R 2 O. 115 

M. Non saccio addove accaccie stì vocabole, 
Sto brico , che cos* è vorria sapere ♦ 
Vi ca tu mme faie ire a IP Incorabok , 
Da vero j Titta, mme faie -stravedere; 
Chest'eie na parola nnescrotabele , 
Brico è ifuorze chi veve ar Io becchiere » 
Previta toia , dimmello , Valentino t 
Ca sto nomme non jic'eie a Galapino» 

T. Brico vò di , zoè , na mpettatura , 
Na torciuta de musso, o de mostaccio» 
Parlare co na fosca sguardatura , 
Na maneca a llàncella., co no vraccio i 
Na nnarcata de ciglia , na s>bravura , 
£ quarch' auto motivo , che non saccio , 
Si si, chesto porzi nim'era scordato» 
Parlare tosco , e fiare lo ntcscìato » 

M. Titta, pe te la dicere, mme faje 
Ridere senza voglia veramente , 
Ch* a ttiempo mio non aggio ntiso maje 
Dicere ste ppapocchie da le ggente; 
Le ccause le ssacc' io., tu no le ssaje 9 
£ te le boglio di destentamente 
Quale so le rraggiune , pe le cqua'e 
Scernere puoie na Nobertà rèjale . 

Quanno sa 1* ommo raffrenare 1 ira , 
. Quann' è ffacele , e pprunto a pperdonaret 
Quanno pe nnulla causa non s'adira, 
Né fa bennetta , mente la pò fare , 
Quanno sta begelante , quanno ha mira 
De potere n'affritto sollevare; 
Chi sa fa chesto, te mprommetto , e ghiuro 
Lo puoie tene pe Nnobele securo . 

F 2 T.Cchià 



ta4 P A R M O ^ 

T. Cchià. d' uno cierto nn' aggio canoscitite 
De chist' uommene buone a sta Celate » 
Che sso state p* Oracole tenute ♦ 
E stanno a mmille libr^ regestrate / 
Kè mmancd le ssemmente oie so pperdute 
, De chiste cca nfra Q^ ftute nnommenace» 
Noe n'è uno de sango muto amico ^ 
O che gran Cavaliere i e buoa* ammico * 
M. Già , che m' aie p^iosto ncoriosetate , 
Voglio sape chi è cchisto p' ogne ccunto » . 
Perchè meni» ha sie bone qualetate » 
'Nce lo volimmo pegliare p^^accumo^ 
Azzò , chi sa ^ se la necessetate 
Nce facesse no juorno quarche affranto < 

* Già , chr ne' ave mercato co lo ghisso » 
Cercammo ajutOfC rrecorrixnmo a cchiss^. 

T« Chillo, che mmiezo campo fa torchino, 
Miez' auto russo , co ttre sbarre d* oro , 
Chilìo, che pezzecheia de lo DdeVino, 
ChiJlo , che de Caracciole è ddecoro , 
Se cbiarrma, par* a me, Ciccio Marino t 
Che de quanta so state , songo , e ffbro 
Llusue? da che lo Miuino fu ccreiato> 
Nne porta la corona , e lopreraato. 

JM. Si si , chillo Azzellente Cavaliere » 

. Chillo , che ssento dì , eh' è n' ommo raro> 
Chili» , che de lo Regno 'è Ccancelliere , 
Ed a le MitKise puro è ttanto caro ; 
Chillo eh' a lo ddonare volentiere 
Non saccio se nce sia simmele , o paro, 
Chillo, che ssempe dà, dona, e rrefosta i 
Nuovo Alcsandro Magno a ITetànnosta. 

T. E 



T I E R Z O. X4f 

T. E eli , cV.è burfa af{% , potca d'aguanno, 
Ca se nce avesse ammec'uia io puro, 
Gomme co cchisto tanta , é ttants^ iK*hanno> 
Da td Necessetà starria secura ; 
Chisto levare mme porrra d'^alFannOi 
£ mme porria fa lucere a Io scuro 9 
Ma perchè sò.ngnorante» e de gnorante 
Chist* è noemmico, io no mme faccio nuante. 

M. Va, dattence a ccanoscere, pacchiaaa, 
Ca se bè non sì irniente vertoluso , 
Se bè non saie fa lirece moscano , 
S' acconcia co sta lengtia , ca sa U' uso ; 
Chisto è ttuito cortese » e ttuti* ornano r 
E sa eh' ogne Ppoeta è besognuso , 
Né bregonnarte ca non bieste ^eta, 
Ga compatisce -, e ssa caV si Ppoeta ♦ 

T. Lassa fere a lo Cieta » sro Masilla, 
Manca non pd chello ^ ch*^ è ddestenatp', 
Confedammo, e lassammo ffare a cchilfo 
Che pò fare, e ddesfare, e ne' ha cieiato: 
Apa maie de vernare pò niy grillo , 
Tu statte, ed io mine stòcomme sonnato» 
Ca co cchesto parla mme so scompuosto > 
Ferrò tornammo a Io trascurzo niiqpto * 

Io mme sento- crepare veramente , , 

Qftamio senta quarcuno squarciare, 
Che de rrobbe, a vertute è no pezzente^^ 
E bò de Nòbelezze despotare ; 
Fuorze perchè a v* auto no pareiite i ' 
O no patre, o no frate sengolare , 
E bò mettere a ttutte pede ntiante t 
Quanno comm' aggio ditto , è* »o gnorimte; 
E 3 Ì^U 



i^«. I> A K M O 

M. Li mierete , e beriù dell' Antenate ; * 
Le rrecchizze non serveuo pe nniente« 
Non scrveno le ccose, che so state, 
E pò V uommene muorte so ffetiente ; 
Sempre fresca yo sta la Nobertate 
Pe ppoterte avantà de li pariente; 
Se io rreto non è comm' a io pprimmo 9 
Lo stimo digno de vocà no rimmo . 

E pe cchesto decettc Cecerone , 
Na vota competemio a lo Senato 
Co isso no famùso gnorantone 9 
Che se peccava de lo patentato , 
Caglia , no cchiù pparole » vervecone i 
Kon serve a squarcia de. lo spassato y 
Ca la Nobertà toia a te scompesce « 
La mia da me accommenza, e a me scio/esce« 

Voze nzomma co cchesto renfacciare 
A cchillo , che fTacea de. lo squarcioneif 
E de li muorte se volea yant.are j 
Ca fuorz' erano state gente bone ; 
Ma isso non sapea manco parlare f 
•E sse credea de stare a pparaone f 
O comme nce lo boze , fu echi aiuto ,. 
Ca resfaie da cetrulo nzemmeututo • 

De la Nobeletà de U' Antenate , 
E n' aseno chili' ommo , che ^e pasce )» 
E ca de Nobertà fumo mpastate 
Da che nnascero nziemo co le Sasce; 
Ca la vera 9 e pperfetta Nobertate 
N' è chella 9 che s' acquista quanno nasce 9 
, ( E chi chesto se crede sta nn'-arrore) 
Ch' è cchella , che s* acquista co ssodore . 



T I E R X O. ri? 

Se tu s) ommo buono , e li' Antenate 
Fossero fuorze state gente vasce> 
Kon dicere ca nobele so state y 
Ca renuove de Capoat l'Orlasce ; 
Le mthentniorie so ffresche > e sseparate 
Stanno a Io Munno 1* Aquele da i' Asce » 
E pa co sso parlare muove a rriso 
Ognuno , ed è lo ppeo , ca non si ccriso. 
Se l*^ Antenate fuorze Airno gente » 
Ch' anticamente s hanno fatto nnore 9 
Perchè a le guerre far ito assaie valienté f 
£ ssarà stato noto lo valore > 
O perchè ( vfcrho razia y sacciente «. 
S^ avarranno acquestaK)^ lo sbrannore ^ 
Qiianno tu comm^a c^hilie non aie fatto»' 
A ttale Nobertà dat' aie la sfratto . 
Perchè 9 se tu si ffuorze no gnoraate j, 
. Pìezzò de catapiezzó nzaltatiuto > 

Che n^aie potuto maie passa nnénalnte) 
Né ssaie far' auta parte > che Io tftuto ; 
Se te picche de chille 9 e te nnè vante ì 
Si da tutte pe n' aseno tenuto ^ 
E pò se tu nne parie, staie securo 
Ca sbreguogne "à'^tte stisso, e a cchiUe purO# 
Se vT arvolo de mela 9 o de cotogna % 
Frutto tanto stemàto , e addorosot 
Facesse pò cocozze catalogna^ 
Chisto non sarria^caro disastroso; 
lusto^ accossl , ^quanno no piscia-flttogna 
Nasciarrà da no patre vertoluso ; 
Donca X avere avuto gente bone 
Non serve se tu si no cocozzone. 

/ F 4 Che 



128 p A R »r o 

Che sserve ca da n' Aquela si nnato , 
Se non sì coxnm'a cchella ( poveriello ! ^ 
Perchè tu comm* a cchella n' aie. volato » 
Che ddeventato sì no ciucciariella ; 
Ca patfeto fu ddotto , e Iletterato , 
E tu sarraìe no Zanne , o no Caviello » 
Non te serve de chillo squaroiare , 
Appila , eh' esce feccia , non parlare* 

Singhe figlio poni de sbirro « o boje ^ 
O puro de chianchieré » o potecaro 9 
Quapno so bone V azxiune to|e 9 
Ad ogn' auto eh' è Nnobele si pparo : 
Ogn* uno è ffiglio a 1* azziune soje » 
Siase figlio porzl de tavernara , 
Co lo ttiempo se perde la memmoria 
De chille, e rresta a tte tutta la grolla. . 

Tutte quante prencipio hanno avuto 
LI* uomtnene da la zappa , e ssia chi sia i 
E chi vò nega chesto^, è nzalUnuto y 
£ ddice na fauzi$s#ina boscia ; 
Ma chi appe taliento, e Su ssàputo. 
Non voze stare a cchella , e mmutaie visi 
£ ddannose a le scienzie , e le bertute > 
^e songo comm' a ddiiei^unpbelute . 

T. Nfa chi è nnobele, nobeli? se Sih , 
E chiste ccà mettixnmoJe da banna» 
Ca no sta ccà la menzione mia , 
Né nchesto vò la Musa^ che mm'aiFant^a; 
Ma de chi fuorze stace nn'arbascia» 
Né se mesura co la M^zacanna, 
Che de Nobeletà non hanno scorza » 
E bonn' essere Nobeb pe fforza. 

M. A 



T ! E R i O; «1 

M. A Io palese mio de chiste tale 
Pe ccierto nce niie so na nfenetate^ 
Ca pe ng ft le ttaverne , e ii Sperale 
Non se pari' auto, che de Nobestate; 
Senape siente parla de li natale » 
£ ddiceno ca songo» e cca so stat^j» 
Senza punto peniare li papute 
Ca sa da li Palesane canosctUte t 

T. Comm* a d-dìre , non sì NuapoletaiK>j 
Donca de dove sì , fusse de Trocchja ; 
Frate mme vuoie passare pe ppacehmno ^ 
£ biK>ie che gliotta sana sta papocchia ; 
lo saccio b^no ca non si Ttoscano , 
Fus^e mo comm'a ddi d^ la Conocchia > 
O comme ( foorte ) fanno cierte scigne % 
D'essere nato a Nnapole te sdigne ? 

Itf* Frate pe te la di . so dde Ja Marca» 
Ma venne strappatiello a s(a Cei|tet 
Portato pe ffortuna da na varca , 
£ be^ette co m tnico n' auto frate r 
Nule pe sta sottapuoste a no Monarca # 
De resta cca J^ce simme. contentate ; 
Ch' è meglio esse vassallo a Rrè de Spagna^ 
Che stare a Ilebertà dinto Coccagna * 

E ppo de quanta n' aggio prattecate 
Paise pe lo Manno a ttiempa mio^ 
Dove se pò trova n*" anta Cetate * 
Ca lo ddiceno tutte» non sui' io; 
Cca so ttutte le ccose appropiate » - 
E cereo eh*' a sto dderitto Ncieb fr Ddló^ 
Quale reie , e eco verna tmte quante ♦ i 
Ma cchiii d'ogn' auta^ chesta nuance iioanie 
F s -J^a-- 



,35^ P A R M O 

Siapole bello d* ogne faziione^ 
Napole . de la Talia ciardino r 
Napole^ che. pò stare^ a pparaone. 
D' ogne ppaiese lontano , e becino ; 
Venga pe la laudare Cecerone « 
Lo Tasso, TAriosta ^ e lo Marino, 
Ca il* è ppe mme de na Cetà ssì bella 
Poterne n^ie laudare na sghezzella . 

Napole ^ na Cetà cosi ffamosa , 

Pe tiutto r Onevierzo nnommenata» 

Napole ternamente groliosa , 

Che p^ ituto lo Munno sia creiata « 

Dogne ttiempo abbonnante, e d'ogne ccosai 

Da tutte li Poete celebrata ; 

£ echi fuorze vò dicere autamente 9 

Pe mi&ille^ e mmille vote se nne mente 

KapoJQ de lo Munno grammaglietto , 
£ de r Auropa Rosa moscarella , 
£ de la Talia luoco cchiù pperfetto. 
Né pe lo Munno cosa ne* è cchiù bella; 
Hapole cchiù d* ogn' anta sta ^concetto , 
Tanto cchiù ch'è pprotetta da na Stella , 
^ Stalla eh' allustra 1* Onevierzo Munno , 
^ Lo Gran Monarca Carluccio Secunno . 

O quatto vote Felice , e Bejato 

Chi è. stato digno avere sta Fortuna > 
.Sotta sto Gran Monarca essere nato, 
Massema mo co la crescente Luna,, . 
De la nosta Regina ta.nta amata, 
€h' appar^ggià non se le pò 'neseiuna; 
' Che r Amorosa Mamma Marianna , 
Che cciescere Jo face canna canna • 

T. Cp 



r 1 E R z o; ^ X3.t 

T. Co ttutto chesto ptiro se so mise 
Da ciertè , che sacc io, troppo fumuse , 
Che s* hanno ncapo na chiommera miset 
A ddespietto d' Apollo , e dde le Mmuse » 
Ca se bè nate cca , so de pai se ^ 
CHiùIlontane,cchià.anticbe9e cchiù famuset 
E ddicenpt de cchiù ciert* ante ccose 
Troppo Èelle a ssentire, ma schiattose • 

Chi dice ca.ia loro descennenza 
Venuta anticamente sia de Franza » . 
Chi ca songo descise da Provenza , 
£ cebi da le Mmontagne de Barbaaza: • 
Autre ca so benute da Sciorenza » 
Quale te fanno fa tanto de pauza^ 
E ne* è chi dice da la Magna Grezia » 
Chi da la Nobilissema Veiijezia ." 

Chi ca descise to da Lommardia. « 
Chi dice ca descenne da Melano , 
Chi da Savoia, e echi da Schiavon^a, 
E echi de la Cetà de Montalbano ^ ^ 
Ma dicano, che bonno , perchè ccria . 
Nullo nhe credarrà , se n*è ppacchianoi 
Né ssento male chi dica, e che ttrascorra» 
Che ddescenna da Sodoma , e Ccomorra • 

Fossero Cavaliere , manco mal^ ^ 
Chìlle li quale fanno sto squarcione % 
Ca se le pò da crec!€t3 a sti tale » 
Quanno lo ffbnnarranno -co rragione ; 
Ma pò che ddica chesto no pedale» 
Insto cotnme song' io' no coppolóne , 
Frate, n* è ccosa che nce puoie passare i 
Ca pe li late te sieme schiattare * 

Fé E se 



3il2 P A R M O 

E se vuole sape cose cchlù ppesante. 
Ca chesto eh' aggio ditto non è nnieatè , 
Perchè cierf àute passano ccjiiù nnante « 
S* aie voglia de gostare , ora mo sienté ; 
Chi dice ca descenne "da Morgame, 

• Chillo ♦ che comraatievà co lì viente ; 
£ chi ca r antenate so ddescise 

Da Piiaino , da Eeoha, e d'Anchise. 

Nc*è chi non se vregogna^ e dà a dentennerey 
Che da Numma Pompilio Romano 
Venda streppa soia; chi da le ccennere 
D' Anea lo famosissiiuo Trojano : 
Chi da parte de Mamma, ca da Vennere . 
Songo ir ante descise a mmano a mmano, 
E mmiir aule pallune , e mmille cose 
Troppo brutte a ssentire, è storpmacpse. 

Chili*, auto ca descenne da Gradasso , 

• t;:hillo , eh* è de la streppa de Roggiere ,. 
Chi dice da no cierto Gran Torcasso 9 
N'amo derrà d'Orlanno Cavaliere; 

Ora che te nne pare de sto schiasso, 
Non crepa, chi non porta lo vrachiere; 
Io frate quanno sento sti trascurze 9 
Pe te la di, mme veneno li cune. 
Ciert' aute pò s' aparano le ssale , 
Conforme mW hanno dftto li Petture.* 
De Viscove , Prelate , e Ccardenale , 
De Colonnielle » Princepe , e Sségmire; . 
Perchè trasenno Uà quarch' anematet 
£ ccontempranno attuorno le tFegure^ 
Penzarranno ca chillo, che le bede ^ 
Che asiano V Antenate suoie le ccrede. 

Ma 



T I È R 2 O. x;j 

Wa^li contempratìve , quale stanna 

Seinpe maie co ll'aurecchie a le ppertose^ 
E hanno d' ogae ttiempo speionanna 
Tutte l'affare tuoiè> tutte le ccose; 
£ ttanto vanno attuorno , nfì che ssantio 
Le ffacenne cchjù interne » e annascose» 
Dìceno ca ssi quatre so accatute , 
£ cca non fumo maie de ir antenate • 

Ed ecco non se parla cchiìi d'Adamnio, 
Non se parla ccMù d' Eva poverella ; 
Ognuno creo ca se reputa nfanimo 
Se vo direy ch'è ffiglio a cchisto^ o a ccheBa»' 
Tutte quante de st' arvolo so nammo-, 
Douca , che sserve a ffa sta covarella, 
Fegna ogn'uno , che bò nasconn' attappa » 
T^ute quante scennimmo da la zappa. 

M' Non ce songo a ^i laghe tant' anguilla, 
Manco tanta ranonchìe a li pantane , 
Kè mnlanco a li pascune tanta gritle, ^ 
Quant^a lo Munno so de sti baggiane; 
Se porriano contare a mmille, a mmillet 
- Che Giagante vonn' essere , e so nnane ; 
Nzomftia. nullo vo sta conforra' è nnato, 
E bole agnuno fa la trasformato. 

Vo U'Apa deventà Io Scarrafone, 
E lo Puorco vo fa de l'^Armellino , 
L'Aseno deyentare vo Leione , 
£ Ommo se vo fa lo Baboino» 
V Ascio se vo pe flbrza fa Paone > 
la Canesca passa vo pe Ddarfino; 
piente chest'aiuo, > e pò passammo nnanté^ 
lo pedocchio Voi' essere Alefante • 

S^aie 



rj4 P A R M O 

S*aie voglia de gostare^ sta a ssentlre 
Ste ppanzane assale belle , e ccoriose i 
Che r aggio co st'aurecchie ntese dire 
£ flTurno veramente assaie gostose; 
lo quanno Je ntenHiette^ app'a stordire» 
Ca se non so boscie » so ffavolose 9 
£ cchesto , che te dico , è ccosa certa f 
Siente ca rieste co la cann' aperta . 

Non saie ca pe sse Curie se cova 

Spisso da chi non ha fiiorze che fFare » 
£ chi dice na vecchia, e echi na nova» 

^ Pe ppassare lo tiempo , e zanniate : 
Ognuno se contrasta n* uocchio mprova f 
E ssiente quarche bota squarciare , 
£ ddicere pallune assaie cchiù gruosse 
De chille , che se foca pe ssi fuosse • 

lette a ttrovà no juorno no Notaro, ^' 
Pe ccacciare na fede de stromiento » 
E ntenniette a la Curia parlare ^ ' 

Di chi sì 9 di chi so 9 de na^cemieuto : 
Io mme mese a no pizzo ausoiiare , 
Pe ssentire , e ssapè lo fenemiento , 
Chist' erno cinco a flfare sto remmore , 
Sienterae , ca so ccose de stopore • 

Decea lo primmo , !a schiattimma mia 
Da na Cetà descenne de Ncorcovia * 
Po pe la guerra eh* era Nvarvaria , 
Vavomo venne ncogneto a Mraoscovia; 
Da Io Duca de Uà na mmasciaria 
Le fo ddata , e mmannatolo a Ppassovia » 
Po pe non sta cchiù Uà , se nne foiette 
De notte tiempo, e a Nnapolé venette. 

Arre^ 



T I E R i O- ^i 

Arrevato che fTuje a sto palese t 
Se fece animie« chillo Rrè che ne* era % 
E perchè cereo ch'avea quarche ttornese» 
Spisso locava co cchillo a ppremmera; 
E ppo lo stisso ncapo de no mese 
Pe mmogliere le die na cammarera » 
Che de bellezzVera na ina|eMaie > 
E nce facette figlie nquantetate • 
K* auto da la saccocciola se caccia 
Na carta bregamena penta i e bella» 
Arravogliata co na carta straccia > 
Che a na voria tenea , eh' era de pella i 
Co cchesta deva_ a ttutte V aute caccia ^ , 
£ ghiea mostacno a ttutte quante chella 
Dove n'arvolo ne' era, e ttra Je flPrunne 
Cierte niegnale quatre , e ccierte tunne* 
£ ddecea i chtsto cca fu Ssecretario 

Cient* amie arreto a lo Rrè de Ngretterra» 
Chìst'auto into lo gliorfo de Canario 
Facette co lo Turco na gran guerra , 
Chist' auto fu nnemmieo , e fu ccontrario 
Sempe de pace , e fu no Marte nterra > 
Massema co Io fodero tagliato 9 
CVavatria Radamonte desfedato» 
Lo tierio disse la Jenimma mìa f 

Vene, da chelle pparte de Levante» 
E ppatremo decea eh* a Schiavonia » . 
Quann* era primmo , jeva a ttutte nnan^e^ 
Po fu Masto de campo a Llommardia , 
E lo voleano bene tutte quante , 
E ffra U*aute Io Duca de Melano 
Se lo .portava sempe pe la ma^no • 

Lo 



X3^ P A n M O 

Lo quarto responnìe i ca co Ddoncherchfe 
Era stato a le guerre soprastante , 
E ca fu caiTimarata d* Alburcherchie » 
E' Ccapetanlo fu de mille nfante ; -^ 

Ca le spate stemiva comrn* a cchierchie, 
( O .oche beli' anemale è 1' Alefante ) 
E ddecca , ca no quarto le mancava 
riessere Cavalier de Calatrava. 

Lo reto respohnette, non parlate, 
-C' ha pparaggio a la mia soiigo freddure 
Le schiatte voste , e buie ve V accacciate* 
Ca non ponno apparerò pe scretture; 
Ma patremo ha pagato seie docate 
A ccierte , quale so ccomposeture , 
E nce ha fFatto trova co autorctàte i 
A llibre Nobelisseme stampate . 

Nuìe da l'antiche Cuonte de Provenza 
Simmo venute NtaJi a e' ha cient' anne , 
E ffattase rìfra lloró la spartenza ^ 
Duie frate^ azzoè Ciccio, e Ccolaianne,- 
Ciccio de casa fette a sta nSciorenza , 
L'auto jette , e benètte a cciento banne » 
E pp memo dapò gran pene, .e guaje^ 

' Venette a st2r Cetate x e sse nzoraje » 

Io lo quale song' uso spaporare, 
Né ppozio sti spreposeie sentire» 
Se non parlava , nime sentea crepare > 
Perchè non era cosa da zoffrire ; 
Vuie cierto devit' essere crapare , 
Da dove v' è benutò tant' ardire ? 
( Respose ) chi ve sente, e echi ve vede 
Se non vft canoscesse > se lo ccrede • 

E bevi 



T I E R Z O, i}7 

g botatome nfacci« de lo prìmma t ^ 

Ch' era tanto no piezzo d' ommenone f 
Pe cquanto pozzo scerneré > te stimmo » 
Che tu singhc uo.gruosso anemalSue ; 
Tu schiito creo , ca pe bocà no rimmo 
Porrisse sta co ccinco a pparaonej 
Vavo4o lo sacc'io , mone Tautr'iere* 
Ch'era fattore de no Cavaliere. 

A cchill amo, che 11* arvolo mostaje» 
Mme lo fece mostare « n' aula vota ; 
E lleggedno kggenno non tfovaje 
De la casata soia manco na )ota : 
Ma vistose comminto , mme xennaje t 

^ Atiòt la co^a non fecesse nota v 
Lo giiale , perchè stea co no Segnore f 
Kce r àvea data pe la manna fore'. 

Perchè s' avea da fa no matremmonio 
Tra chillo co na Sdamma forastera > 
Ma perchè nc^era poco patrbinonio» 
Lo zito }ea cercanno <^ premera ; ' 
Jea oercanno scialare co Ffàvonio * 
£ pe nne la pesca, ( de che sces'era> 
Pe fa e emme se sole quarche ttenta ) 
Le matinava la carta bella penta. 

nnoglie j o sanguenacce dove site^ 
(Disse a loiierzo) a vuìe trippa, e ppormone» 
Che ppe sse mtnerciarie tiempo perdite > 
E non facite nnore a sto cestone : 
Olà vuie merciajuole priesto aunite 
Tutte cheste , e fFacitene corone » 
Ca chisto è beraraente troppo <lìgnó • 

De se le fa na^^^tatoa de ligtio ."^ 

Alo 



ij« P A R M O 

A io quarto votatome , decette » 
Co turno ca portava la spatetfa ; 
Tu non si tchillo , quale te vedette" 
L'autr*iere appeccecà co no parrellaf 
Che ccorrere te fece le staffette » 
Co mmostarete schitto na jenella » 
E cerea pe ccierto ca se t'arrevava 
Lo quarta te facea > ohe te mancava % 

Co lo quinto me nc'^appe appeccecà re, 
£ ne' aviette a beni quase a le mmana i 
Ma se nce mese mmiezo la Notare , 
Qual'era de li meglia de Porchìana*;^ 
£ ddisse a- cchiUo :.vìa na cchiù* pparlaret 
Ca no stamma a S^iarenza^ né a MmelaAoft 
Tu vuole trattare tutte da papute. 
Ma nflna fatta simma casnosciute » 

Fraterie si ttu siisso sbregognatOj 
Attiao co la stessa vocca taja % 
Senz,' avere la corda> aie confusala ^ 
Senza pura vede maaco lo Bo]à, ; 
N' aie ditta tuV ca -patréto ha già dato' 
Seie C che ssacc'io ) docjate» poita d'ojai 
Kon saccia a cclii, che fa trova stampato 
Pe nnohele a echi male se Uha nsonnatow 

So già nnate^ a lo Monno ste fTacenne » 
/vGìà se sanno da tutte ste ifreddiu-e , 
S' arreduceno tutte quante a brenne 
Npoca tiempa ste. stampe > e ste scrctturci, 
Ntanta calametà so mma le ppenne 
De Poiete , e dde povere Scritture , 
Che pe cquatto carrine , o poco cchiune 

[ Te fanno trova U' Asene Leiune « 
ti - lo 



T I E R Z O» li^. 

10 perchè lo Notare se nzorfaje » 
Non puotte ave né ^ffede , né stromicnto » 
Ca n*era pe scompi manco pe ccraje* 
Nzomma pe te la di « n' aveva abbiento ; 
Io manto pe la mano Io pegUaje « 
E le fece spezza lo parlaimento ; 
Nfra chesto tutte cinco zitte e mmutte > 
Ad una ad uno 9 se nne jera tutte. 
M. Bè , che ddiee tu ma , che te nne pare t , 
So ccose cheste ntrutto da sentire » 
Non. te danno materia de parlare , 
DI che te pare* poniiose zoffrii;e? 
Chiste ^pe non saperse mesorarev 
Danno a le Uengue d* auto ts^nta ardire ^^ 
Che cchello ,. che ttené se pà ceciato » 
Le sia da chisto , e cchillo renfacciato . 
T. Siente chest' auto che mme foie contato ^r 
Mente stea de presidio a*NImelano» 
Ca pura aggio Io Munno cammenato* 
Assale ^chid d^ Germania; lontano ; 
Aggio cchiù de no luoco prauecato • 
Non credisse ca so quarche ppacchiano^ 
iOa chi cammina 9 e ppratteca so ccose 
Degne d' essere tuese , e ccoriose . 
Mme decette lia vota no sordato 9 
Lo qual'era porzl Nnapoletanot 
Che pe nnomme Scocchione era chiammatt}( 
Ch*a cchelle pparte ne' era no baggiano 
Hicco , ma non sapea comm' era nato % 
Se da pacre Segnore, o popolano; 
Mperrò pe se levare sto rancore » 
Se Jette a ccon$urdà co no Dottore» 

D^ 



140 P A R M O 

'^ Da chillo na consurta le fa ddata t 
( Ora nota si è bello Io penzìere ) 
£ }e disse 1 quann'è na cravaccata 9 
E'iu compare conxm' a Ccavaliere , 
Co na maneca beli' arragamata , 
E fFatte na lebrera de staffiere , 
Ca tanno saparraie se tu sì ffiglio 
De Leone, de Ciervo, o de Coniglia» 

Isso Io gnorantone lo fFacette 
Nne che benuta fufe V accasione , 
E priesto nguarnascione se moiette > 
E boze fa la comparazione ; 
Ma quanno lo scnrisso se credette 
Essere fuorze nato a pparaone 
Da no patre Cevile o Cavaliere » 
Se trovale mulo , e fRglio de staffiere • 

M. Peo de cheslò nce vò , coèsi ntrayenc 
A chi non se mesura , e non sta assiestOi 
A chi s'asurpa nzò^ che non conimene | 
Kè comm' a le deve vo sta^ modico} 
Pe lo Munno se sape mate 9 e benj t 
Chi se crede mpattà , perde lo riesto t 
Donca 9 chi vò appelare quarche canna i 
Che se mesura co la MEZACANNA. 

T. Mperrò da le desidero sapere^ 
S' a ttiempe tuole sì stato coriuso » 
Se t* è benuto ncapo sto penziere 
Fatte trova pe nnasceta famuso» 
Pe lassa na memoria 9 e pe pparere 
Stampato a cquarcbe libro groliuso» 
Comme se sole fa lo juorno d'.ojè • 
Che de Noberià park nfi a lo Bete* 

^. No 



T I E R Z O. «41 

M* No juorno , pe te di la veretaté i 
Mme venette sta mala fantasia 
De mme fa fare la natevetate ♦ 
Pe mme nformà de la Jenimma mia t 
Era trasuto ncor jo$etate > 
£ mme ne*. era già puosto pe la via; 
Ma pò pe ccierte ntriche, e ccierte guaje) 
Lassale la mpresa , e no la sequetaje • 
T. Io puro de sape dove scenneva 
La progenia mia reiale « e bera 
Corìviso , ca patremo deceva 
Ca era antica > nobele , e fFrostera » ^ 
Non aveva repuoso , e non dormeva 
Pe mme leva da capò sta chiomera, 
£ ttanto fece^ e tanto jette attuorno 
Nfi. che h' appe notizia ao.juorno* 
Jcasaie tutte T Archivie pe ttrovare '; 

Quarcosa , e rrevotaie gran cartoscelle 9 
E spennenno . ria frotta de denare , 
Mme credette arrevà ncópp'a le stejfc? 
Non sapeva a la fina ccbiù che ffare» 
Nzomma mme nce votale le ceilevrella» 
Ma. co r aiuto pò da n' Antequario , 
Trovaie chìsto sollenne calannario . 
t>apò na gran fatica , spese , e gua je } 
£ ccrepatoce cchiù de na semmana 9 
Varvieie fuie lo primmo che ttrovaie , 
Figlio de no ferra ro , e na vammana; • 
lo quanno nò bedette^ mm' agghiaiaje f 
Ca mme par7e na còsa troppo strana; 
Li nomme non trovaie » perchè scassate 
Steaiio le lettre pe T antechetate • 

Da 



J41 P A K M Cr 

Da sto rarviere nne nascette Antuono J 
Che fu no squesetissemo Notare , 
Ma pe non fare no stromiento buono / 
Jezé bello a le i^connole a bocare ^ 
Da lo quale nne venne Giansemmuono 9 
Che co lo zoffione n* avea pare , 
Armale ncampagna n* anno , e nnove mise^ 
Po isso , e tre^compagfkf fuino mpise . 

Chìsto fece duie fìglie^ tino lo quale 

Mme pare a mme^ché s^ chiamasse Darioj 
Ommo muto aggarbato , e Jleberale y 
Che ccarcerato fu pe mmonetario ; 
Ma co 1* aiuto de pò derto tale 9 
Ch* a la mmerza facea lo calannario t 
Se bè tre bote dìnto nce ncappaje » 
Libero scette 9 « non se nne parlale • 

|Ia dapò pe ssecà no catenaccio 
A na poteca co na limma sorda^ 
Justo comme se fosse sanguinaccio , 
Appe a la Vecaria n' ora de corda ; 
Ma prìesto confessaie pe sci da mpaccio 
Ca ne' è quarchano , che se V allecorda 1 
Po na matina ncommertazione 
Ascette co na museca d* attone . 

L* auto mme creo > che se chiammasse Franca, 
Qual* era n* oramo muto alletterato • 
Che fu Menisto de no gìèrto Banco ♦ 
Che r avea mpizzo , e mo me so scordato: 
Chist* etra ca facea polese 'n bianco ♦ 
No juorno nne zompaie novernecato 
Varrò varrò die doppie, e ffoiette» 
Che perzò chillo fianco nne failette • 

Da 



T I E R 2 O. I4J 

Da Franco nne nasci n' asciutta- votte t 
Lo quale se chìammava Sapaiino , 
Omnio de ngìegno raro a trutte bótte t : 
E speione pe ccierto muto fino; 
Era dapò de cchiù sbirro de notte * 
E pe ccinco dec4nco i o no carrino 
Se nzammenava contra chi se sia , 
O nCammera, o nConsiglio, o nVecaria* 
E non sapeva fare chesto schitto, 
Ca nfra Y aute bertute tanta e ttante,' 
Otra de chelle ppoco eh* aggio ditto t 
Era n' aziellentissimo preggiante ; 
. Cossi se trova legestrato , e scrìitò 
A li prociesse, e llibre de Mercante; * 
Ntomma pò co la reto preggiaria 
Nn' ascetto muorto da la Vecaria« 
Sapatino facette Giallaiso , Ì 

Che co la spata nterra era no MafrteJ 
Ma perchè se trovaie no cierto acciso. 
Che ne' avea pe ddenare avuto parte; 
Chisto pe cchesto furo nne fo mpiso , ,! 
Conforma vidde scritto a ccierte ccarte 
De no prociesse antico antico antico , 
Che mme lo confedaìe no ciert* ammìco • ^ 
Gìallaìse facette Col Aniello , 

Lo qi^rale fu no gran Comniediante » 
Facea cchiù perzonaggie , e dda Coviello 
Non ce fu chi le mese pede nnante; 
Da chisto ccà nascetie Menechiello j 
Che fu no famosissemo Mercante , 
Ma perchè prattecaie co na periònat 
Fece sccreiajnente zita- bona . ^ 

Ave- 



144 P A R M O" 

Aveva Menechìeilo n- auto frate « 
Quale stette nVcnezia pe ppaggio, 
£ iTatt'ommoi ven^tte a sta Cetatei 
Quale fu no famqso perzonaggio ; 
Chisto ccà mese juoco a li Scarnate» 
E rrescl jocatore d'.avaiuaggio ; 
Ma perchè de natura era bezzarra * 
Se fece apprìesso sbirro <ie modarra • 

Chisto ccà se chiammava Menecone 9 
^£ ffece quatto figlie assaie sapute , 
Fonzo , Rienzo , Michillo , e FfrancesconCf 
Tutte chine nfi a 11* uocchie de vertute : 
Vi ca nce >so cchiù mò de ste pperzone, 
Uomjoene buone addove site jute , 
Ca de quanta so state 1 songo 9 e fioro 
No. nce sarranno cchiù de pare lloro* 

Fonzo ngalera nimica connannato 
Fo pe no furto grusso muto brutto » 
£ fu da tutte quante abbannonato 1 
Ca se lo voze sulo magna tutto; 
Lo retratto a la casa ne' è rrestato t 
Dove nce stace chisto bello mutto , 
Scritto co lettre a mmuodo de SI LOCA : 
Chi sulo vb magni , sulo s' affoca . . 

Rienzo scinto da scola , la sottana 
Se mese^ e pò mutaie de fantasia 9 
£ fTattose Speione a la Doana % 
Fece non saccio che frabbottaria ; 
Chisto se nguadiaie na Cortesciana $ 
Che p* isso revotaie la Segnoria > 
Kfì a ttanto n comme dice lo quatierno, 
lu mmanu<ito a Ccornito pe ccovierno. 

Pe 



T I E R Z O . : 14$ 

Ve itimidia .de cliisto pò Micfaillo 

Se nzoraie co na sdatnma a li Quartiere» 
E nce fece no bello roascoliilo , 
Che no figlio parea de Cavaliere f 
£ le mettette nomme Don Cardillo, 
Che fili Ssordato a Ccavallo l^ggiere« 
E fiacette a le gguerre quarche pprova^i 
Ma non se une potette ave .maie nova. 
Pa Francescone nne venette Forno , 

Che fiacette Vannella n Cecca i e Ttenza» 
E Ppetracchio , eh' all' Isola de Ponzo 
Fu aseleìato 1 perchè ghiea de lenza ; 
Appriesso a cchiste pò faceite Ronzo, 
Lo quale se nzoraie dinto Cosenza ; 
Tenza de cbeste ttre f^ cchiù nnor«ta » 
LI' aut' appero na mala nnommenata . 
Petracchio già morette a cchìllo scuoglio 
Pe non ave denare, né ffaore; 
Vannella nziemo co no casedduoglio, 
E Ccecca) co no Sbirro ierno fofe. 
Io non te saccio a ddicere lo mbruoglio» 
Sia che se sia <» la corpa fu d'Ammore; 
Ma Tenza pe ffa nnore a li parierite» 
lette aòrapanno pe ss' alloggiamiente. 
'Ronzo pò fece Micco i, Pippo,, e Nnardo,/ 
Quale menaie na vita as&iiie felice 9 
£ra n ommo robusto , auto , e gga^liardoi 
Pe cchello che la storia nne dice : 
Se volette nzorà no poco a ttardo 
Pe golio de fa figlie, ma Tammìce 
D' aixemo genneruso , e ii vecine 
le fecero fa figlie nzina fine • r 
YaUmìno G S( 



146 P A R M O 

Sì sii mm'era de Pizio scordato t " 
Ch'era frate carnale a Mmenecone; 
Ora vedile cornine so sciaurato , 
Mo ntamo lo facea lo sbareione ; 
Chisto ccà no gran tiempo fu ssordato, 
E stette de presidio a Llengone, 
Dove fatta na truffa se nne venne» 
£ co cchella da Conte se mantenne .' 

Po s* affettale no cierto arrennamìento « 
£ ddeventaie pò gra nnegoziante 9 
Co lo dudece 9 e quinnece pe ccienta 9 
Comme se sole fare, tra mercante; 
Ma nne che ntese freccecà lo vientp 
Contra , se reteraiè co li contante t 
£ ffatto no fardiello d'ogne ccosa» 
Se schiaffate bello dinto la santosa • 

Xlà stette a spasso cìerte poco mise , 
E na vita menaic troppo felice, 
Banchetteianno , e llcggemia V avise^ 
E rrennovava comni' a la fenice t 
Li denare non tutte se le sfTise , 
Ca nne facette parte a mtnille ammice» 
Kzomma pò s accordaie co mmuto gu^to 9 
Ca non fallesce maie chi sparte jusia. 

De Piziò tre ffiglie nne restaro , 
Uomraene tutte tre de gran valore, 
MÌC60, zoè, de ngiegno muto raro f 
E Nnardo, ommo de pietto, e de gran corei 
E Ppippo pe bertute troppo chiaro , 
Che cchiù de tutte se fecetto nnore , ' 
Ed è la veretate, e n'è ffreddura, 
Q^ nfi #ie }a menumoria une dura; . 

ìMic'* 



T I E R 2 Ò ; «47 

"Micco fece na bona parentela i- 
. Ca pigiale sa Segnora co lo Ddonne , 
eh* era de squesetissema bellezza y 
£ld avea le ttrezze longhe 9 e ghionne;, 
£ le dette pe ddota gran recchezza > 
£ dd' alabastro puro doie colonne , 
Quale pe le bedere 9 e mmesorare 
14 ce Yoleano predente, è gran denare< 
Chisto campava comm' a no Segnore , : . 
Tavola posta avea matina^ e ssera , 
Co Io vorzillo chino de uut-ore, 
E le faceva ognuno bona cera ; 
Spasse r guste « e banchette dinto y e ffbre, 
Sempe a la casa soia nc^ era h fera ; ^ 
Po la Fortuna le pportaie de chiatto,. 
Ed eppero mperpetuo lo sfratto. 
Nardo pò fece Lazio , lo quale 

lette a le Scole^Pie nfi a ddudec' annc# 
Po pe pportà dereto lo pognale , 
0.a chelle se n' ascette aseno >» e granne ; 
£ iFattose Screvano ncrenunenale , 
Faceva se no mbroglie , eccontrabanne, 
£ ttanta nne facette, che no j uomo 
Venne nova ca aipbo fo a LÌeguorno. 
Pippo sapeva d' abbaco .sqnesito , 
E screvea co cchtù pp^tuie p accellenria, 
£ co no temperino assaie polito 
Sapea dare a le lettre la scaienzia ; 
Pe cchesto sette vote foie nquesito , 
Ma fu ssempe aiutato co ppotenzia ; 
A ir utemo zompate no beilo fuosso ^ 
Perchè pprotietto fu da n'ornino gruo$so 
G z Da' 



♦ V 



P A R M O 

Pippo , Micco ♦ e Tionno nne nascette 
; PeppO) e Ciccio, e Mimo, e FfattceschielIOfi 
l pò na figlia femmena facette , . 
}he la masarda fu d' ogne bordiello : 
clicco avette li butte ^ e le sdanghette » 
i xchiù bòte provaie lo foneciello » 
'erch*era no sollenne malandrino * 
i n'omrao t'accedea pe no carrino. 
ipo se deze a ffa lo spatae ccappa » 
l ffuie lo Riè de la bagianaria , 
Ih se vedde a lo Munno cchìù graa tappa > 
Ihino nfi ncanua d' ogne guittaria ; 
>eventaie famosissemo de ciappa. 
•opra de l'amorosa ammasciaria» 
4a pò pe fFa non saccio che ccorrivo ^ 
.e fu ffaita la facce comm' a ccrivo . 
ciò era na perzona assaie descreta > 
^uale ir arte facea de Micalasso , 
la na .facce cchiù ttostaavea de preta'# 
l boleva campare da smargiasso ; 
Ihisto dinto a na folla co ddoie data 
'aceva cchiù d'Orlanno, e dde Gradasso; 
jzomma tanta nne fece , azzò che ssacce^ 
'e tifi che ghiette co na cappa nfacce • 
Mimmo fu Screvano ^ammarale , 
usto comme soiig* io, ma cchiù gnorante^ 
Aperrò co ttuuo ch'era n'anemale, 
^ppe ajuto e ffavore , e ppassaie nnantei 
Utiso avea pe stinto natorale 
^a vertù , che no il* hanno tutte quante, 
l echi ir ave , e la sape aserzetare^ 
k^rriva a quanto pò ddesederare. 

Da 



T I E R Z O. T4i 

Da chisto Mimmo Patrcmo nascettc, 
E ffece a mme sto pieizo de cetrulo, 
Nziemmo co n*auto frate, che ramorette 
De male ncanna , quann*era fegliulo ; 
£ cca la descennenzia scompette t 
E rrengrazio Ddio , se non so mmulo ; 
E sse so sfortunato , e $sò scontente , 
Corpa ne* ha quarch'ammico scanosccnte. 

Vive nce so dde patremo duie frate 
Conxoprine , zoè Suosso, e Nnaiate, 
Da la Foituna troppo trapazzate 9 
Ferrò ggeme non so de Trcbonale i 
Uno attenne a li campe co barate , 
E ir amo, se no sgarfa, è batecafov 
Quale p' essere- nate a rta le punta, 
Maie patremo de chiste fece cunto- 

lasso fi Tavernare, e li Chianchkrer 
• Lasso Ir Casedi>ogBo , e 11' Ogliarare , 
E ttanta « nanta ggente de mestiere, 
Che n'anno nce vorria pe te cconttret 
Lasso da banna sta li Panettiere ,. 
E ddecchiù sciorte tanta Potecare, 
Che sse conta volesse a uno a uno^ 

V La Storia sarria die Lionbruno. 

M. O che bella , e flfamosa descennenxia ; 
Fótta d'aguantio , e corame va squesitai 
Va de truono, de siscò, p* accellenzia 
Non se pò fa cchiù bella , e ccbiù ppolit^ 
Ma n'auta cosa (Titta agge pacieniia) 
Vorria sapere » ca mme daie la vita , 
Perchè te A scordata chesta schkta» 
Patreto > di chi fu » ca no U' aie dina* 

6 1 T,Pa,^ 



f A R M O 

emo se smauteva pe Ddottore i 
la tutto pe ttale era stemmato » 
f)*era n*azzellente parlatore, 
e li Trebonale accredetato : 
liava no prociesso fra doie oret 
imo granfie» e gruosso fosse stato 9 

ca pò facea n'aiu' azzioue^ 

lo tornava % se non ghiea presone. 
:va de cchiù legge trovare 9 
nne ncacava Bartolo j e Ghiason^> 

nesciiino potesse pagare * 
è doveva dà no mellone : 
o no lo vedive stodiare , 
on che Auture de sta penione; 
tima a la casa soia maie credeture . 
vedive) ma sempe debbeture. 
:remo ste bone qualetate 
io Sacro Couziglio canosciute 1 
to comme se deve premmiate » 
a che^ buò 5 pur' erano vertute ; 
( preciette le fumo ntemate , 
^ da isso maie furn* obbedute ; 
ili che no decreto appe finale > 
n'accostasse cchiù a li Trebonale. 
Ì3 perch*era ommo alletterato, 
renette crapiccio de stampare 
cierto famosissemo trattato , 

ch'.ogn* uno potesse pegliare : 
pò non sulo ca fo rreprobatOi 
spierte lo facettero abbrusciare » 
SO a Io spreposeto parlava » 
la conzoetudene abbastava« 



"Po se ntrecaìe co ccfen? Arretraamietite ^ 
Che dde se fa Barone se peniate , - 
Ncompagnia de cieri*uominene potienteì 
Credenna de se fare ficco assaps-; 
Ma mutate' a scerocco lì ponieate • 
Tf asette dinto a no mam de gua jc % 
E h> primm' anno , che xchille tenette. 
La. carrt>3Sza , e le ramule se' vènnette . 

La secunno* lo tierzo , e lo quart' anno 9 
Perchè bolette vciicere la cricca , 
Voz^ ire comm* a ddl contenovanno » 
Ma nce mmescaìe n'auta peiiona ricca i 
Chisto puro credea d' essere- Orlanuo,^ 
Ma creo nfi a ma la yarv» se- nne: scicca,' 
Ca 11* anna q^iunto fu na nnezione , 
Che ghierno tutte diiìe bella mprcson^ 

JJfina fsvtta p*ascl da presonìa, 
Sottasopra lo Munno revota je , 
Ma co gra spesa se trovaie la via » 
Ca chi nce trase , nn* esce tardo , a maje: 
Le venne ncuolla pò na preggiarìa » 
. €he nfi a la lana, se le sequestraje ; , 
Ma no scompette cca:» perchè la Gort# 
Lo jette sequetanno nfi> a. la morte. 

Kzomma: pe nfi che stette pe mmorire m 
E che già paosto s* era n' angonia ,, 
A schera a schera vediste venire 
Tutta fe prcsentosa sbcrraria-r 
Nfi a la cuorpO' volettera mpediire }- ^ 
Che te nne pare j chi la ccredarria ;r 
E sse vtìoìe sentì cose cchiù' ccairre^; 
ffurno. cchiù: dde U Prievete U Sbìrre*. 



1Ì7, P A R M O 

Ì/L. De ssa Jenimma tanto groliosa 
Desidero sape qual' è la tnpresa , 
Perchè besogna , che ssia coriosa , 
Ment'è da sireppa sìmmele descesa; 
Previta toia dimmene quarcosa 9 
Già che la descetineniìa aggio mesa > 
E ssi aie seta , fj -tiu vive n' »uto surio f 
Ca co cchesto scompimmo sto trascurzo • 

T. S' autro non vuoie de chesto, si a ccavallOf 
Ca senza penzamìento; le lo ddico , 
E n'aie paura ca mme iriiove nfalloj 
Ca parlo schettamente co 1' Ammico;' 
No- mazzo' Je fasule ncampo giallo' 

" E* dde la casa mia séggillo antico » r ' 
Dove nc'é no cartieUo co sto mutto: 
Sta semmentd trova se pò pe ttiitto . 

Ma chello ch'aggio ditto poco jova, . 
Ca lo pparlare senza fonnamìento , 
Senza nulla raggione » e nnulla prova ^ • 
Songo parole jettate a lo yiento; 
E pperchè chesta mpresa è ccosa nova. 
Che non s'è bista male mra mille» e ccientOt 
£ ppe te dà comprata sfazione , 
Te nn^ assegno de chella la ragione. 

Vavoae avea na terra a le ppadiile. 
Che dde zò che fFaceva semmenare » 
Ó che ccocozze fossero , o <:etrule , 

' Male la semmenta nne yedea sgnigUare ; 
Ma quanno semmenà' facea fasule, 
Nne Tccogliea pe bennere« e 4dQnare^ 
E tte dico lo vero , non te uganno , ' 
Nn' ayea pe isso ? ^ p* àutrè tutto li' anno . 

Noft 



TI E RZO; . i^f 

Kem pozzo cchiù ppartà, ca so abbrecato » 
£ sseccate mmé so li cahnarune, 
Mme sent' arza la lengua 9 6 Io palato ; 
Che ppare che mmagnato aggia scorzane; 
E-pperzò dammo fine a «to trattato, 
Co ttiitto che da di nce sarria cchiune» 
Masillo j addio t Governate , mme parto » 
Ca craie parlammo de Io Parma Quarto^ 



fcompuura ne lo Ticf^o Farmaci 



^ $ PAR'^ 



Farm o iVx 

TRASCURZO TRA TITTA:, E 
MASILLO , 

T. #^ Fotta d'oie> e corame sta confusa 
V/ Sia mentc,9 de peniiere assale ntrecata. 
Apollo mì^ sta. vota., « tu mme scusa , 
Ca mme sonno ca faccio na frettata > 
Se no mm' aiuta soreta la Musa 
A sbroglia sta matassa- mpeccecata , 
Ciérto mperfettà restarrà la tela 9 
Ferrò rame scuso , e sserva pe ccaute^a. 

.Ma io mmeretarria no gran cavallo > 
Renaggia quanno male nne fu pparola 9 
Perchè da Ciuccio deventà Cavallo 
Voie ^ e ddeventà Cigno essenno Cola ; 
Musa, tu mme nc'aie puosto a chist'abballo» 
Tu ntanto accorda, e ssona la viola^ 
Ca se no ( te-Io ddico tunno , e cchiatto) 
Straccio^bbruscio,e peizeio quant'aggio faup 

Mancavatenne a Nnapole Poiete 
D' ogne conneiìone ; ogne ccarata j 
Ch' arraggiano Y e stann'arze de la sete^ 

- P* auzare voce , e a^è na nnommenata } 
A mme steano stepa^e ste, cchianete 9 
Schitto. pe mme stea spasa sta colata; 
Facienzia : pe sta vota io rame sto zitto, 
£ ssi lice ncappo cchiù so no gran guitto. 

Per- 



lltocòh fiojt ghisce a ccbiavare de pietto» 
■i , Ed a ttrqvare^ gente^ cchiiY sciamprate^ 
il è> hanno^ de me ccbiù: stodiato , e lliettOt 
C' baiano buca tiempdte campano de ntrace; 
A cchiste ccà'devive dà st* apprietto» 
Cbe Ppoiete vooii' essere chiammate» 
A pcbiste fé canta sta* MEZACANNA * 
N' a me » che sta de guaie chino nfl ncanna.^ 
Maie non appe pe mme sta frenesia. 
De fa lo Poeticchio' , e dde- cantare >. 
Maie appe: siO' pènziere 'a mente miai 
Fuone ca non. avev' auto che ffare ? 
Agge chiajcie nCònsiglio-, e nVecarjà f- 
£; chi^ mme deve dà, mme fa ccrepaie ^ 
E ppo>quann?aìè quarcosa o criepe,o schiatta^ 
Restamiezo^a Screvane,e a Minastedatte. 
N* aggio pagato' ancora- Io» pesone^ 
LI' aute «ielle: mettimmole- da banna ,> 
Ad ora ad- ora sto pe. ghi presone ,- 
Ca sopra tutio chesto' assaie mm'affanna ; 
E^ ttii. sempe. mme faie. lo. tordèglione- * 
E nima mme: fruscie co> sta. Mèzacannai 
Vediinma- se dàpò- sett'ànne* e mmise>. 
D? utele mme- sarrà^ c}nco> tornise ^ 
Chesto non sarria* niente-, se non fosse». 
Ca. dagò che mme songp- arreYentaio#, 
E ccrepatome ir arma dint'a 11! osse t 
Sarragglo- da^ cchit di uno sennecato;.. 
Perchè noa aggro> ditto? itos » t: bosse^ 
Da tutte a ddiio< sacraggfo- mostato ,. 
E^ statraggio' a le bucche dePedantet. . 
De jcht se^ sente punto^ a dde guorante« 

Q, 6> ' M. Be^ 



ijé P A %' M b 

M. Benaggia cjitanno maie non té lam'raìe^té ^ 
Potta de mene» e ccòmme-sl ccHiaitai\t€> 
Ched* aie, ched*èi che maie n<ki te contientet 
Aie perduto lo chiaìeto , o li cornante: 
Avisse fuorze dolóre de diente > 
O puro aie quarche ffiglio miiorto nnànte ; 
Scumpela, iK) cchiù mò, scumpela frate, 
Ca mettarrisse a ffuoco iva Cetate . 
Ave che t'ausoleio cchìù de mei' ora,' 
E t- aggio ntiso bravo sbattagliare . 
£ se mò non venea,mme creo ch'ancora 
A lo mmeglio starrisse d* arragliare ; 
Che d'aie, dimme quarcosà , iesce eca ffora, 
Dimme, ca puoìe co mmico spapurarei 
£tte accorto quarcosa , dì , spapura , 
Ca io so ccfi pe tte , n ave paura . 
T. Se vuole sapere chello ch'aggio ditto, 
Senza che te Io ddica , videtello , 
Ca decenno decenno 11* aggio scritto j 
Perrà se tè piace lieggetello ; 
' Nera tanto m'arreposo , e mme sto litto, 
Ca mrae sento vota lo cellevriello , 
Schitto penzanno comm* aggio da fare, 
È dda che ccapo voglio accommenzare . 
-M. Aggio leggìuto, e ntiso no lamlento. 
Ma co echi te la piglie, co echi ll'aje? 
Figlio mio, tu comraste co lo viento , 
A "Cchi vorfia sape cunte sti guaje ? 
La Musa, che t* ha fatto? Ahilà st' aiticntq, 
Non te nne lammentà , vide che ffa je i 
Dove tu mmeretaste tanto Nnore 
Commerzare co Apollo, e eco le Ssore? 



quarto; fj7. 

Chìsfo è stato favore segnalato , ' 

Ch' a cchiù d'ogn'auto, a tte fare ha bolufo 
Apollo : e quatino maie te 4' aie sonnato 
Essere de sto rouodo fauresciuto : 
Ne* è ommo fuorze ch'avarria pagato 
Mille docate, e ave sto ppò d*ajato^ 
Zoe sso bello stile , e ^ssi penziere : 
Va ca non te nne ntienne , si sommiereu' 
III* opera che ssarrà cierto laudata 

I>a chi ha trascurzo, se t>* è nzallanuto; 
N* opera , che da tutte sarrà ammata , 
E nfìe sarraie pe cchesta benvoluto , 
Tvi cante , e ccijinte na verdà specchiatat 
No fatto , che da nullo s*è sseniuto f 
E gualie, e stritle^e sbatte, e tte lamienteV 
Né de tatua faure te contiente • 
Né de sennecamiente ave paura ^ 

De Zoiele , e Mmome > e gente scialacquate^ 
Ma dille che te facciano na cura, 
Ca la Luna no stima V abbaiate : 
V6 Io deyé cb^ ognuno se mesura» 
Ca la mesura è dde necessetate^ 
£ pe ccierto sarria na cosa bona 
Quanno se mesorasse ogne pperiona« 
Attiso quanno chesto se facesse ^ > 

. Ko nce sarriano tanta fauzarie 9 
E non se sentarriano tantacciesset 
£ mmanca tanta > e ttanta guittarie ; 
Non ce sarriano chiaiete v né pprociesse i 
Non ce sarrianno spagne 1 e^ gelosie , 
-•'Né niniauco nce sarria necessetate « 
Manco tanta meserie» e ppo vetrate « 

Chiap- 



iji ^ A R M Ot 

Chiaf^ge non. ce scirriano , né nunannare 
Né asiliey né. fFrustCr né ggaliere j. 
$e hommo^ sa sapesse, mesorarer 
£ bok^se. asservafire Io. d^ewere». 
Se pojsiiano- l^,.ccareeFe aerrare. „ 
E li^-sbiflre fiirriano. io corriere ,, 
E Gciami^iello >r e IL compagne suoje : 
Porriano l a guarda pecora , e tuoje. 

T. Te 11? aggio, ditto ,,e. uè Io torno a. ddirei 
Ca. una cosa sctùtto^ mm^. da mpaccio t 
Ca. se bè aggio' voglia, de -scoxnpire ». 
Ma. lo capo trovai scbitto non. saccio ; 
Ecco sa pgrunto ccà pe. t' obbedire , 
£ cq>i9ntQb mine, commanne , tanto^ faccio; 
Ktratanto* va. peniannor io puro penzo, 
Pa zenaa scbino, e ssubeta accommenio- 

ÌA* Dissero, buono* affé, cierie saccì^nte; 
De U'arte de chknchiere , e- crapetiare > 
E cereo- che fòsser* uommenc: valienxe» 
Ca la coda, è cchiù fforte a scortecare : 
Starnino a sto* reto parmo donc' attieatie ? 
Azza nullo, nce* pozza: sennecare,. 
Ca: tanno* porta il* opera corina >. 
Quanno la fine, o scompetura^ è bona. 

Veramente io- canoseo eh' è na mbxuoglio 
Sto reto: PiBirmo> attiso è na nzalata 
De raillt. ramesche, cbe nce vò graauoglioj 
E sure auiento che noa sia salata , 

, PèrrÒ «perdili mo' soperà sta scuogliot 
Pecche m me: s?è la^ mente- sollevata; 
Donca se pare» a tte , me creo., cheppuoue 
Dicerc^, e ncommenzà. da le ccarrozze» 

T. Se 



QUANTO. is» 

T» Se potesse , de manco nue firrla ,. 
Ci une sa scuite tanta, quantetate. , 
Ca p'ogne bico., strata » e p* ogne bla. 
Noa ne. truov^'una, ma le mmigliarate ;. 
Perch*ogne sciorta. d'^ommo « arrassosia % 
Vò sta ca la carrozza, ngravetata v 
Nfcuua ognuna nune pare > che se crede i 
Che sia.na gran bregognia ire a ppede» 

£ ba pe na servizio de pressa y 
fi bi se puoie di^ fitte quatta passe, 
Lia truove na carrozza ^ che se cessa r 
K auta te cocre apprieasa^ e ffa. fracasso i 
Passe cchiil nnante e truove. » na gakssa «; 
Me sserve care stanze» o^ca t*accasse ». 
Perchè so ttaiita longfae , e scoQzertatai «. 
Che moie pareno- afe liette; perciaie . 

M. Non te puoie sgoleià de ire a feste,, 
Ca se si auciello manco pooie spercisM^e i, 
Subeta uove le ccarrozze leste- ^ 
Che ssecuro no passo non puoie dare ;: 
Tanta sciute nne so dapò> la pé^e. 
Che te fanno la vista annovolare ,. 
E nce sarrà de cchiù quarch' arma afftittar 
Che non ha che mmagnare,e sse Taffitta^ 

T. Io le Ccarrozie le ppermettarrfa 

A Mmeaìste-, a Ddotture , a Ccavalìerij , 

£d a ccierte che sÒ de Vecaria ^ 

A chi ir ave ab-antico^» e non da ier^: 

, Ad ognun* auto le proiebberria ,. 
E le ffarria trotta comm' a Ccorriere , 
Perchè si se facesse de sto- muoda ♦. 
Mce sarria la sostanza j^ e- no lo vruodo « 

}A. Tir. 



t^ò P A TI M O 

M. Titta a pparaggio mio tu sì fFegliuIoi 
'Ma m'aUecordo buono a ttiempo mio 
Vedere bello a ccavallo a no Mulo, 
Quarch* ommo buono senza vetzarria: 
Isso ce no crejato sulo sulo 
Pe la Cetà i»enza baggianaria . 
Mo chi da la Carrozza n* è iterata t 
Se tene comme fosse sbregognato. 

Se credono co ffa sta demostranza 
Fare io Roda monte « e lo Gradasso , 
Ma qtianno vaie cercanno la sosunza 
Co ccierte tale 9 trovarraie lo scasso : 

: Chillo y che^ tu te cride Carlo nFranza i 
Quanto 9 che d' è , che d' èi siente lo schiasso, 
£ r oro vedarraie deventà chiummo » 
E «mte ir autrc cQose viento* e flfuramQt 

Perchè pò vide na motazione , 
• Squagliare la carrozza , e lo cocchiere » 
Le mmule ^ o li cavalle a lo Pascone^ 
E se ne* era , non truove Io staffiere ; 
£ co na bella gradoazione , 
Resta comm' a bacile de Varvicre , 
Quànno puro non vanno a lo trommétta 
Le rrobbe, e rrestarrà la casa netta. 

Di a cchillo ; o tu che ttire co li diente 
La Carrozza , ed aie quatto o ciuco figliet 
£ ttutto te kmmicche , criepe , e stiente> 
E ttutto t'ammoine, e t* assottiglie 9 
Mantenere la vuoie , se bè n* aie niente ; 
E'binnei e inpigne, e faie.mpromiette, e pigliev 
Zappe ccà , zelle Uà, mbroglia^ ^ciarvoglia > 
:Ma&tQuere la vuQie > sia che se voglia • 

Don- 



Q U ART O. . ji§^ 

Donca che tine vuoìe fare de siò sfarlo 9 
Mente non aie sostanzia 9 uè fforza, 
E staie de Troia cchiù - distrutto , ed anp; 
£ mmagne li Lupine co la scorta ; 
Ncrate non avarraie v lo tiempo è scarto» 
Vide ca faie dell^aseno la corza , 
'Mesurate / apre II* uocchie , stane assìesto. 
Vi eh* è cchiù la vregogna , che lo 'riesto« 

T. Se la levaiè bregogna » ca derria 

, Lo Munno^; ecco e ha posta Ja Carrozza 
Pe quatto jiiorne, o che brcgognària, 
Mme creo, che mmameiiere no la pozza)' 
Eccote ca fatt' ha na vrennaria » 
M' ha avuto troppo sale a la cocozza ^ 
Deciarrà fra se stisso nza!lanuci3 9 
Mo Napole derrà ca so fa liuto . 

Napole assaie se pasce d* apparenta % 
Ne se cura vedere la sostanza » 
Ca dà subeto facele credenza 
A chi tene carrozza 9 tuba 9 e ppanz^ t 
Singhe no Saglìemmanco , aggie presenza } 

^ Ntosciate quanto pQoie 9 vieste a ro.sanza^ 
Pcrjchè se bè non saie la Sama-Croce , 
Autarraie grido ^ nomme 9 fammà 9 e boce» 

Attiso ca lo-Miinno córre dove 
Vede vane apparenze 9 e ccose ombrate jl' 
Afnmico sempemaie de cose nove^ 
Né scerne la boscia da la verdate ; 
Canosce schiuo quanno trona, e chiove» 
Ca tanno so li lierape ntrovolate > 
Ma quanno fa la Luna ^ e ffa T aggriss9i 
Che Io ccanosca f poco so de chis^* 



Tti PAR- M a 

S& Tuoie acquestà nomine d^Avocfttcr 
Premmarìo ^ o de Miedeco sqiiesita , 
^ Se noti aie la carroua>9 si barata ^ 
Te lo puoie fa passare st* appetito i 
Singhe puro fàmusa, e.alUiterato, 
Se non aie chella » si n^ spir acito 9 
Ccà no» nce vonno avuute^ né ssemenzei 
Perchè se vede co 11' as'perieuze ^ 

Se vuole ammenestrà na corazia % 

Dove senza fatica nn' aie lo gruppo t ' 
Se vuoie aserzetare na Mastriav 
Dove puoie 1 de ntacco y e ghl de ntuppo» 
Se non aie la carrozza y. non faie cria ^ 
La Fortuna pe f tè' non porta tuppo ; 
Ole se stima ^ e cconsidera la stierno t 
Cossi bà, cossi bà IPuso modierno,-^ 

6e vuoie fare na bona paréntezza 
Miette seie mise nnante la carrozza^ 
Ca se bè fusse na caccia-moiinezza ^ 
Sdraie tenuta pe la Conte Strozza 1. 
Se vuote fa quarche ccomprlcappr estezisj 
' Senza p^zare ognuno nce sommozza^ 

Se vuoie. fa mercanzie « vuoiètrasì a pparte» 
• Non ne & de la carrozza cchiù beir ar|»% 

fé vuoie esse tenuta pe^ Barone ,. 
£ non avisse niancO' no pag^iarOf. 
Ca fusse comm' a ddU no spelleccbiòne i 
Che non. avisse manco n'au^naro;. 
Afe la carrozza , e ssiase na scassoiie |. 
Perchè te reveresce ogne ccraparo ^ 
Ca lo gnorante eh' è de sinnO' scano « 
jEteveresce na Voie^ se va ca sfarza*. 

Si 



^ Q U A RT O. % 

Se vuoie tratta negor^e mportante> 
O volisse af&ittare arrennamìente ^ 
Se vuoie neg<ttiare co Mmercanie». 
Aie la cdLXTOiz^, se nò noa faia niente f 
Co cchesta oie irommo pò passa nnenaa^c»^ 
Se he sta co lo spirerò, a IL diente ,. 
EL cquànno non servesse p' anta aSare 9 
Ammice te puoi e fa co la. roprestape., 
T. Ma peiizanna a na cosa n*aggio abbientOf 
Camme a' ommo se pozza, mantenere 
Co la carrozza ,. e 11' auto fornemiento » 
Qaanno^ non ha la. forza, e Io potere; 
Uno ha dociento , e spenne cincocientf^ 
Sta cosa comme va vorria. sapere ;, 
Se saie d' abbaca buona fa sto, canto r 
£ pò sacceroe a ddi. se vatte appunto » 
M- Sette nne vò. la mese lo Cocchiere *, 
Che so ddocate ottantaquatto. IT anno i 
De paglia di uorgia, e dd'etva volentierti 
Ciento. vinte docate. nce jarranno ^ 
Pe cchella che. nce vole, a la mestiere 
Vy acconciare , vint' aute nce^ nne yaim^ f 
Ed eccote lo cunto ir aggio ùlììo^ 
So ddocate- dociente vìnte quatta *. 
Nce sarrà pò lo» schiavo , e lo staffiere i ì 
Na poco de^ commedie r e sforgiare ^ 
Pe bolere a la granne comgareré ,.- 
E. nce sarrà no poco, de jpcare ?/ 
E la sfiiorgìov, che. bole la mogli^rei 
La. spesa , che? nce- va pe la mmagiiarè i 
Respunneme» pe cqiiantoimmervupiebene^ 
Chest'*attto, che nce yò, da. doye. vene?- 



1*4 P A R M. O 

M Titta, non parla cchiù, ca t' aggio ntiso, 
E se non te responno aggie pacieniia » 
Ca se bè voglio, affé non pozio, a^àsoLy 
Frate no mme V addita la coscientifa ; 
Otra ca se responno t craie so mpiso ^ 
Mei perdona perzò vosi' accellenzia , 
Titta mio , vota fuoglio , parla d* auto « 
Ca n'è ccosa pe nnuie de fa sto sauro • 

T. Nc'è pò chi pe ddà gusto a U moglierc , 
L' ha da tenere^ anche le crepa ir arma » 
Ca se no chella sempe fa la fera» 
Ne vò sape se pò porta sta sarma. 
Vò che la tenga , e se venna ngalera , 
Né ho sape s'è mmaro gruosso» o carina 9 
Va ire sbordellciaiino vò ì a spasso , 
Manco pe gghire a m messa yo dà passo • 

Che perzò vide tanta carrozzate 
De ste raaddamme segnure sarvaggie » 
A li passiggi , comm' a ttetolate , 
Dove siente parla de cchiù lenguaggiej 
Se piccano ca songo corteggiate» 
Be bé non hanno serveture , e ppaggie , 
Ca quarche bota schitto lo Cocchiere 
E ppaggio secretarlo, è staffiere* 

iiL O se' lo cellevriello te paresse 

Schitto quant* a no funno d& valanza » 
£ se chi tìon te sa te canoscesse » 
Te sarria fatta quarche ddemostranza : 
Ma via passammóncenne a le Calesse » 
•Ca puro è no gran punto de mportanza 9 
Trascurrene no poco, stance attiento» 
Perchè nca yò chist' auto ayertemiento . 

T. A- 



QUARTO lèi 

T. Avea penzato de no une parlare 
De ste Calesse, e dde sti, carrozzine , 
Ferrò de manco non, se ne pò iFarc, 
Ca rodere mme sento le stentine ; 
Abbesogna sciata pe non crepare 9 
O sta nforchiato dinto a le ccantine« 
Ca pe ddinto nce vanno cierte Ccole , 
Degne pe ccierto de le ccarriole . 
Cbesta scena pe ccierto nce mancava , 
Pe fFa gostare.-^ e rridere a cquarcunoV 
Antro sfarzo da veto non restava , 
Pe fFa parla sproposeto cchid d' iinot 
Addonca la carrozza non vastava « 
Azzò facesse de lo granne ogn'unof 
Azzò eh og^e scemeuchia , pgne ppacQhiaoa 
Pe la Cetà facesse lo baggiano. - 
M. Cierte pareno justo parasole ^ '^ 

£ ccierte longhe longhe ^ sconzertate; ; ; 
elette autre songo comm* a ccarriole » .. 
Bone pe strascenà cianche « e ppenf^te ; 
£ ccerte nce nne so comm/ a gaiole 9 , 
Io non saccio pe mme chi V ha mmeiUSte* 
Da dove so benute cheste ffogge , 
DimmelIo>se lo ssaiet benaggia dpgge • 
T. Furnp , mme pare a moi^, ci^rte.Segnurfii 
Che da Komma le ffecero venire ; - 
Appricsso li Mercante , e li Dott^ure , 
Nfra poco tierppo nce vedette asciret 1 
E pò a lo reto nfi a li Tesseture , 
E ttant anta mmarmaglia appero ardire i 
Senza mesiira , e s§enza MEZACANNE, 
Cihi facenno pg Ni^pple.lo zanne . 



ti6 P A R M O 

jM. Tre co la Galessa n ArtescianOt 
Eie*» re te la di* no vetoperìo, 
£ si è ommo bevile 9 e ss' è Screvano 9 
Ire pe la Cetate è no mpioperio ; 

. S' è ommo de mestiere » s' è ppacchianoì 
Tatin' è no sfacciatissemo streverio r 
Et ffobatur hoc tiìam fer textum , 
Nam non omne ^ qu^à lictt est honestum • 

*JT, Ma cedere no Miedeco , e Dottore 9 
O quarch' autra perzona coriale > 
Fare pe la Cetà lo beli omore ? 
A mme non me place manco sale ; 
I^è sserve a ddire cbillo Uà va fore 
A cquarche massaria « terra « o casale 9 
Che d è ce i^a pe niì a le Pporte à ppede> 
Ca non è smorfiato da chi vede . 

)ML Io non nce vorria ire no momento y 
Io pe mme meglio mme jarria frostanno^ 
Meglio jarria foìenno a Beneviento 9 
Che acqu estare no titolo de Zanne 9 
Attiso lo ssacc' io chello che ssento 
'De ste Galesse» e mmassema pò quanne 
Chi nce va non so ggente appropiate 9 
Meglio sarria se fossero frostate • 

|r. Passava iere pe Ssieggìb de Nido 9 
Jenno pe no servìzio de pressa ^ 
Ntese no strelletorio , e no grido* 
Perchè a ttiempo passava na Galessa ; 
Io sempe che nce perno mme ne rido» 
Perchè dinto nce jea no sbrufFa-allcssa , 
Ma chello che ddecettero le ggente, 
Mo lo ddico , ch'è brutto a echi lo wente. 

M.0 



^ -Q U A RT O; tif 

M. O se nao fosse vivojo Petrarca; ^ 
Che e cantale de^ li Gal:re Treionfal^ , 
%Qè' d* Ammore , Caaietate i e Pparca t > 
Terate da cchiùscione.d' alternale; 
O de quarche carretta de Monarca, 
£.mmp se chìste liette de spetale / 

Vedesse 9 creo pe ccieito <:a -derria i 
Chist' è lo <arro de la guittari^ . 

P puro fosse viV0.i:ÌHtf Arniméo^ 
Cbe se faceva chiammare, Sincero»' 
Lo Buostp paiiiota tant' a^ntico ♦ 
Che ssempe solea dicere Io vero ; 
Chi no lo sa , Io Sanazzara dica 9 
Mo Napole derria* ca va uo zero , 
Mo creo ca deciarria, N9pQle scura i 
E comme. puok - campa «etiza mesura • 

T. A chi à.uso tenerci la carrozza^ , l 

Zoe da/tiempo amico,.e:ilo d' aiere., 
Mme pare che -iBsia' liceto , e che ppozxa 
La gajessat o lo. chilleto. tenere >| > 
Ma che pò no iroviello , o no scatozza 
Vo co cchella passa pe Cca voliere ♦ ; 
Piglia la MEZACANN A ,, e sse nxesura , 
Ca la. corza dell'Aseno non dura.; 

i/i. A ir ora bona via siano concesse 
A echi noD se mesura nzò che bokf . 
A mmille a mmille Carrozze ^ e Gales^et 
Carrette , Carrettutie , e Ccafriole i 
Frate , non nnc parlammo cchiiù de chesse» 
Stepammo p' aute ccose le pparole , 
Perchè nce assai« che ddicere, mme pare, 
I^e chi- fe cchiù de, chello che ppò fare. 



f St P A R M O ' 

J. N' antro eh* a varrà fuor» seie docate; 
O sette ^ o otto che ssiaoo lo mese , 
Co inmogliere ^ e co figlie nquametate y 
E no la cede manco a no Marchese ; 
Sta eh' ogne sciorte de coromodetate^ 
Vh cconform* a lo ntroito so le spese » 
Ca de neve^ e dde frutte , s'è de Stata ^ 
Non vasta quatto juorne la mesata • 

C po'cierte sconquassa Trebonale y 

Che comm' a pprete pommece stann' arte t 
Ed assale ccbiù de me seu^a pedale > . 
E de qaarch' auta cosa- stanno scarze ; 
Li quale vonno fa lo pomoalev 
E bonno sbor7eiare . e ffare sfarse^ 
£ ssenza MtZiACANNA fare vonno 
Cchiò de cbelio eh* è Ittceto, e ccfaeppotmo. 

M. Quanno V ommo fa òchiù dechello ttanto* 
Che pò pe iFdria comtra lo ddevere, 
Sign' è ca senza pilo n' è lo manto « 
E cquarcosa nce va pe lo tauliete; 
Ma se la MEZACANNA avesse a ccanto» 
Crideme a mme ca mutarla penziere 9 
Uè ssarria da le gente mesorato, 
E ffuorze quarche bota sb;egognato. 

Ora venimmoncennc a lo sforgiare , 
Ed a sie iinave foggie de vestire , 
$e bè ca nchiVio non ne puoie parlare y 
Ca nce vo n' anno pe lo desfenire ; 
Ma pe echi non se sape mesorare» 
De pissappio quarcosa se pò ddire r 
Perchè da sto besiire a battaglione > 
N' à npata già navjran coofosione • 



QUARTO. X69 

De muodo « che non saie « né ppuoie sapere 
Chi lo nobele sia , chi lo Prebbeo, 
He Io Mercante da lo Cavaliere 
Canoscere se pò 1 chello eh' è ppeo : 
Né Ja Ceveletà da lo Mestiere , 
Né chi sia lo niagnifecO) o chiafeo , 
Né chi è lo Masio-d-atte , o Io Screvano, 
Né s* è mmasto , o garzone T artesciano . 
T. Jere tino co na cappa de sevoglia, 
Granne quant* a na vela , e eco l auniglia 
Vedìette 9 eh' era luongo comma nnoglia» 
£ iFacea V higo d' Algo de Matriglia ; 
Tanno mme s' abbottale tanto de coglia f 
Quanno semiette st' auta maraviglia 9 
Ca descorrenno co no Molettiere > . 
Iota va da chi so, da Cavaliere . 
M. Pe ccierto eh' è na gran confoseìone» 
Peidhè starraie co lo cappieilo 'n mano 
A no zanne ^ scemenghia , zancarrone ; 
A' no straccia velluto, a no baggiano > 
Te jcredarraie, che ffuorze sia Barone, 
£ ssarrà con affetto no pacchiano , 
Perrò non ce sarriano chiste nganne, 
Se nce fossero affé le Mmezecanne . 
Se non ha lo cappotto T Artesciano , 
La cauza trasparente > e Io tagliere , 
Pe (Fare quanno vò de lo ba^^iano, 
E ppassà pe Mercante de V Aruiieie , 
O pe se fa tenere da Screva.no 
Da quarche ffemmenella, o forastiere» 
Ca qùarche bota ne' è chi se nce nganna» 
Tutto perchè non ne' é la Mczacanna . 
Valentino H T. So 



lyo P A R M O 

T. So ccose veramente troppo strane » 

; Ca vonno compatè da Cavaliere \ 

Co le rrotelle > e li guante a le mtitano ; 
Pe nfi a Ssolachianielle , e cchiavettiere 9 
£ ccierte cappe-nere 9 che lo ppane 
V hanno assaie vote da li credenziere , 
E de portare schifano 1q scotto , 
Ca vonno de boratto lo cappotto. 
*Nc'è chi de lamma mosta lo corpetto y 
Ca portarrà spomata la casacca 9 
Pe fTarete a bedere con effetto , 
Ch' è ommo , che ppossede, spenne, e spacca; 
D'essere visto se nne va mbrodetto, 
E ffa tutto a no tiempo piscia 9 e ccacca. 
Senza punto penzare lo sciaurato 
Ca chi npn se mesura 9 è mmesorato. 
M. Quanto vedeno fare a li Segnure 9 
O a quarch'auto , quale lo ppò fare» 
Tanto vo fa chi campa de sodare 9 
Tanto chìllo eh* appena ha che mmagnare» 
Vonnc^ pe fforia lucere li scure 9 
Se criepe, non se vonno mesorare9 
Ognuno vo fa cchiù de lo ppotere 9 
£ chi non pò « vò stare a ìe fFrontere • 
ifon dico a cchille9 che lo pponno fare» 
E ch^ hanno quarche cosa de lo lloro^ 
Se bè se deve ognuno mesorare9 
£ s^ia chi sia 9 s' avesse no tresoro 9 
Ma dico a chi la vole steracchiare 9 
E pò chcllo 9 che lluce n' è tutt' oro , 
Quale p'appareggià li poverielIe9 
Parranno ciento mbroglie 9 e cciente zelle. 

Non 



QUARTO. 171 

Von tole stare a ssigno II Art^soiano, 
Ca competere vò co Io Mercante , 
Chisto pe non passare da pacchiano 
Vole a lo Cavaliere passa nuance , 
Ko pennarulo , o semprece Sedevano , 
Perchè ba- co \ auniglia , e co li guante» 
Non cede a li Dotture, e pperzò'chiste 
Non cedono pe nniente a li Meniste . * 

T. pie non se crede d' esser' ommo buono e 
Chi non ha lo corzetto» seu 1' auniglia , 
Kfi a r Ariesciane se so ppuoste nuiono » 
Che mme pare de sta dinto Matriglia; 
Vo fa lo Don Crestofano ogn' Antuouo v 
£ ccjhello pò che ddà cchiù mno^raviglia « 
Ca la vonno portare cierte t#le 9 
Digné ^ previta mia 9 de no cannale « 

M* A Ghiudece ^ a Mministei a Cconzegliere f 
A Ppreiediente , a Mmiedece , a Ddotture, 
A uoromene de cìappa^ a Ccavaliere^ 
Corom'a di verbo-razia a Ssegnure^ 
A cchiste se conceda vòlentiere 
Lo corzo 9 attiso all' aute so freddure f 
A chiste schitto è lliceto \ auniglia . 
L'aute tutte peglià ponno na striglia. 

T. Passammo nname mo che stammo frische 
De mente , e dammp dinto, e trascorrimo 
De sti belle vestite varvarische ) 
Ma mperrò de ste mmaneche de primmo % 
Che mme pareno vrache de Todische » 
E se Io vero dicere volimmoj 
Non se sa, se so brache 9 o so cauzunci 
£e so cauze » atevale , o so bcacun&. 

Ha M. Io 



jj^ P A R M O 

JA. Io pe mme manto mme yregogmirnà 
De porta st'iure, o vessìche sbentate, 
Attiso stimino gran baggianariar^r f 
Co ste bertele 1 pe la Cetate^ 
Ca' sempe de senti me mpararria 
£ morfie , e dellieggìe nquantiecàte f 
Ca quanto sento dicere , securo » 
Deir autre , deciarriano de me ppuro • 
T^ £ ssi accorre , cHe minora no parente 
A cquarche sfortunato afFritto-core* 
Quanto se voglia misero/ e d dolente > 
Vriesto lo vide fa lo beli' omore ; 
La maneca ntofata « e ppennoliente v 
Le bessiche a li puze pe -fa nnore 
A Io muorto ; ora dimma co pprontezza , 
E' ssìgno de dolore 9 o d' allegrezza • 
M. Ne' è ommo , cride a mme, che pagarria 
Non saccio che , se puro le moresse 
No frate , no parente , o quarche zia t 
Pe pportà pennolane ste bracbesse: 
' Povere muorte , e <:chi lo ccredarria » . 
Che pe pparte d' aiuto avere ^ o messe» 
Pe pparte de dolore , o connoglianza» 
Se fa na baggianesca demostranza • 
T. Appriesso co li ccauze trasparente 
Vedarraie chi non vale pe na quaglia^; 
N' afFritto-core , povero , e ddolente » 
Che ccampa, e ccampa a ffbrza de tenaglia; 
Ma quanno sé la leva , e itenemente j 
E bede , che scappata ne' è na maglia , 
S* addona , che fatt*è no sciavechiello 
Pi5 pesca quarch' aluzzo , cccenillo . • 

So- 



Q U A R T o; tri 

Sopra tutto so bisre troppo belle 
Sti cappielle de paglia co lo rraso»"^ 
Ne ssaie se s^ ccaneste , o so flfoscelle 
Pe fFa recotte fresce , o pe fa caso; 
l.l' uommene buona , e ppo le gentarelle 
Se 1 hanno puosto appriesso ada«o adaso t 
Tengo securo, pe lo jaorno d* oje , 
Ca sé 4o mettarrà pe nfi a lo Bojé . 

M. Ma tu no saie , eh' hanno già dato a Giove 
Na coraparia le mmule ^ e li Cavalle « 
Perchè pe ttanta e ttanta cose nove? 
So fatte asciutte, magre « sicché* e gialle^ 
E sse vene stascione, che non chiove> 
Se porranno da mo serra le sralle > 
Che le pproverfa d*autra vettovaglia r 
C^ non se trova echidi filo de paglia. 

Ca noti contiente de nne fa saccune» 
E de se nne sèrvi pe mmatarazzer 
De nne fa seggiolelle a buonne cchiunet 
Tabbttcehere, e beatagliela ffascie, e a maziCt 
Hanno attrevito cierte coppolune , - 

Gierte de vascia sfera , e scure razze , 
Pe pparè cchiù bizzarre , e cchiù ntosciato» 
Ste fFoscelle porta cossi^ mpagliate* 
T. Venimmancenn^ appriesso a sti vracuné f 
O puro a ste ccampane spampanate^ « 
Che da vero non saie se so cauzanei 
O se sottane s^ sane ? o spaccate ^ 
Paréno justo sacche de cranine ^ 
O che ccose pe ccierto sconzertate, 
Che se V avesse qnarche poverella » 
Fartia i* ogne canzone na gonnella ^ 
1 S ^ A chc^ 



174 P A 11 M O' 

A cchesto mtne perdona se responno. 
Perchè se pò concedere a ffrostiere% 
Ca chisce tale pare a mroe che ppontio 
Vestire a gusto Jloro volontiere , 
Ferrò se comm' a cchiile vest] vonno 
Li vassalle so. ddigne de galere « 
' Levatene perrò li SagHemmanche , • 

Ca chiste schitto ponno passa franche* 
T. E se ssa capo tiene , tu staie friscò » 
Si no bello Dottore veramente , 
Comm' a di lo bestire spagnolisco » 
Mon è d'ogn'autra foggia cchiù azzellexite^ 
Miettece lo Franzese « o lo Todisco , 
Non parla , eh' è bregogna a chi te sente» 
E lo. frostiere , dimme sio Chiaiese , 
Non deve, a U'uso i de lo paiese? 
Chi fa ccà le iacenne 9 e ccà guadagna » 
Chi ccàprattèca f e ccà fa mercanzia 9 
Chi ccà beve, ccà trafeca, e ccà mmagnas 
O sia vassallo , o no > sia cjiì se:^*^» 
Quanno all' uso vestì non vò de Spagna t 
Che ppriesto se nne sfratta, e se nne sovia» 
Ca Tommo cctòsì creo, eh' aggia lo core» 
Comme mosta lo strinzeco de fore . 
Da cierto tiempo ccà s' è pprattecato 
De na nova creìanza no beli' uso, v 
E cCrèo ca lo modiello s' è ppegliato , "^ 
Se non me nganno , da quarche zelluso ; 
Ca se vede cchiù d' uno bencreiato , *^ 
Che manco non se degna sta ncaruso 
A la Ghiesia , atzò che lo pegnato 
Non piglia fummo ) e sta vo xicoperchìato. 

Di^ 



Q U A R t O. * 17$ 

Dico de ste cchianette ch'ha portato 
Chillo Vasciello Uà de V Àrbascia , 
Ca ir uso de roanera ne' è rrestato. 
Che non saccìo si è sfarzo « o veizarria^ 
Levarraie lo gappiello a no sciaurato» 
Né cchillo 4a chianetta tocca cria 9 
O che bista galante « eh' è pe ccierto l 
Tu staie ncaruso, e chillo sta copiertOr 

Parlammo mò de chille sollevate > 
Che so state pezziente nfl V autriere 9 
E non penzanno a cchello che so state ^ 
La vonno spazza cchiù de Cavaliere; 
Li quale se bè sosgo saloute » 
Fanno' nfenta poni non te vedere; 
Tu mo co cchisse dimme 1 che te pareì 
Non se deve a sto muodt> spaporare. 

Che b6 dì , ca quanti* iere poveriello » 
Da la necessetà mortefecato » 
Parea ch'avisse )usto lo scartiello» 
Co lo cuoUo a le spalle ncaforchiato ; 
Tanno a ttiitte levave lo cappìello » 
Tanno sapive fa Io bencreiato, 
E nfì a na gatta te facea paura» 
Nc'era tanno co ttico la mesura . 

Ma pò 9 che la Fortuna 9 e lo bestino i 
Chi sa comme > e perchè t* ha sollevato i 
Che da no sfortunato nialantrino9 
A cquarche puosto buono t'ha portato; 
Te cride essere Orlanno Palladino , 
E eh' ogn' ommo de te se sia scordato f 
-E perzò (igne 9 e flTaie Io stordutiello , 
^ non lieve a nnesciuno cchiù ^cappiello^ 
a 4 Vid^ 



??^ P A R M O 

vide ca daie materia de parlare 

A ccbiù d»uno, e de fa Jo mórmormo, 

aaI^ '^^^ ^^ ^^"^ smorfiare , 
Addove sarraie visto progne ppizzo^ 
M è lo ppeo ca non puoie rcprecare , 
^ne fatto non te sia quarche ccarizzo, 
Ca chi te sa , te squatra co na cera , 
E ffiiorze parlartà de sta manera. 
Chist è cchillo, Io quale, e bà scorrenno, 
t-Jie no juorno sacc io che ffece, e ddisse 
i-a mamma , tu rame vide , ed io te menno, 
^ lo patre facette ciert' aggrisse ; 
Non dico niente cchiùKchiù no me stenno, 
Ma saccie sub ca se Jo sentisse , 
Ogne baggianaria posta da banna , 
Te jarrisse a ppiglia la MEZAGANNA . 
Autre der ranno , chisto s* è scordato , 
Potrà d'aguannce no le vene a mmente, 
Ch era no poverommo sfortunato , 
Chino de mille ielle no pezzente; 
Fuorze ca non se sape comm' è ntiato , 
Mo nullo mira, e a nnullo tenemenie , 
Ea autro ; chi ha judizio che me ntenna i 
Ca non pò tanto scorrere la penna . - 
Mperiò singhe piacevole co ttutte, 
. Sta sodo , u5a creianza , sta descreto , 
Ca Sé bè vedarraie le bocche asciutte 
Sta dinto a cchelle chiuso gran secreto ; 
Vi ca lo Munno è echino de frabmte , 
Che pparlano da nante , e dda dereto , 
Nota chesta sentenzia spagnola : 
Chi te co^rcy te scopre y o gran parola. 



QUARTO: M2f 

Dov'avimmo lassate le cchiomere 

De cìerte , che mme fanno Y arbasciuse f 
Che cctedeno co cchelle ccapellcre 
Essere tanta Orlanne fòriuse; 
Attiso ogne catarchro 9 ogne messere 9^ 
Vonno co chelh fare li sfarzase ^ 
£ chi fuorze non Tba da la Natura 9 
Faresella e pposticcio ha na gran curaj 

Me è chi non ha petaccie de Testito 
Sarrà no poverommo sfortunato, 
Che sta sempe co ffamma , e co appetito^ 
E de Stata r « de Vierno sta scasato» 
£ co na capeltera de Sbannito, 
Lo vide cammenà tutt^ nrosciato , 
£ ffuorze mnente soia se penza » e cci^e 
De mettere paura 3 chi io vede^ 

Se crederlo co ccheUa capeliera 
Fuorze avere ki forza de Sanzone 7 
O co pporcare ionga k cbrommera t 
Deventare, chi si n*a>mro Assalone^ 
Fa che buò y canosciuto si a hi cera 
Ca aon ce nne so cchiù de ste pperzotte i 
Ch' hanno capille d' ora , h»nm> forrezza» 
Ma gran pedacchie , Itennene, e mmoanezza* 

Se n' ha la zazzarina^Jb cocchiere « 
Lo creiato » lo peggio, o sia chi sia> 
Se n'ha la capeliera lo staffiere > 
Se ponno trova pane pianta via; 
S^tia da I a pparo de lo Cavaliere, 
Fa che- baèt ca nce vò^ sta vezzarria , 

. Chi non ha la chroiumera, o ^fortonato» 
Ha focnoto ^ non serve 9 eh' è scartato^. 
H S M- y 



1/8 » 'A R M O 

M. S* io fosse comm' a st'uommcne nzorate » 
C hanno giuvane» e belle le mmogliereV 
Massema se so uommene attemoate , 
C hanno buon'armo, e n'hanno lo potere. 
Non tenanria ste sciorte de creiate 
Sforgiuse , co galane 9 o co chiommere « 
Nè.ncoppa a cchesto faccio^cchiù pparole» 
Ma mme ntenna 9 chi ntennere mme vole.. 

T. S' è pe st' avertemiente songo brave « 
iPerrò non se oce pò rremmeddiare 9 
Ca l' aseno Io vatte , chi non t ave t 
Ca la mogliere s'ha da contentare. 
Se chiste non nce so 9 nce so li Schiave» 
Arremmedìa se puoie 9 vi che te pare > 
Ma ca*sbatte la ^apo pe le mmura 9 
Meza-canna non nc'è , non 4ic*è mmesura* 

jM. Scbitto a ste pparte nbste nzaneute 
S' è ntrodutto cbist' uso bestiale 9 
Ca gente d'asarcitio, e dde caraie 
Vascie 9 vonno tenere st^anemale ; 
Gente 9 che nfi T aut' iere songo statft 
A li commannamiente de li tale 9 
£ de tante 9 e tam'aute che ttu saie, 
-Che coinmannate so ccfaiù mo de roaie. 

Descor rimino no poco confedente 
Co ccierte pennarule 9 ed artesciane , 
Ed a la .fina a echi mme sente sente 9 
Che co sti Schiave fanno. li baggiane; 
Che ve n' avite visto veramente 
Co ttenere a la casa chiste cane 9 
Chiste nnemmice de la fede nostra , 
Avite fuone ytuu quarche giosua ? 

Auto 



quarto; ^^ 179 

Auto non s'è ssentmo, che streverie; 
Che non. se ponno dì ca so iFetiente t 
Autro mise non s^ è 9 che betoperie , 
Che t* hanno fatto stredere li diente ; 
Non serve tras) nchino a ste mmateriet 
Pocca a mme tatuo no me mporta niente» 
Ma tengasello a mmente chi pe Som 
Gliottute s'avarrà le brutte morza . 

Credeno ca lo Schiavo n' ha fddiiio 9 
£ che non aggia cielebro sottile > 
E. che puro non aggia quarche nniiio 
De chi serve , si è nnobeie 9 o si è bile^ 
O fuorze ca io Schiavo non ha bizio j 
Che n* aggia comm'a l'aute esca,e fFocile^ 
Frate chi non mme ntenne è no craparo ^ 
Cchiù de chesto paria non pozzo chiaro* 

£ de commenìenzia io ttenere 
. Lo Schiavo intro na casa peccerellftf 
Addove tenarraie figlie, e mmogliere, 
£ nce sarrà chi tene la zetella ? 
Respunneme , lo Schiavo che ffacere » 
Dove fnangiare , e fFare nonnarella ? 
Respunneme a sto punto de doiello r 
Se perduto non aie lo cellevriello : ^ 

Pe mmala lengua ccà non me tenite^ 

Nne prego a ttutte quante; e sia chi sit i 
£ se non dico buono « responnite > 
E fFaciteme quarche apologia ; 
Cammenate k> IVIunno 9 e bedarrite 
Ca chcllo che ve dico ♦ no è boscia 9 
Né 'Spagna» nFranzainTalia , o a MmeIano9 
Non truovd eh* aggia Schiavo rAriescìano» 
» 4 Ha- 



léo P A R M O 

Aie no Napoletano che t' adora 9 

Che saie comme se chiama , e dov'è nnato» 
Che sta prunto pe ttc % sta lesto ogn' ora » 
E t'è cchiù de lo Schiavo bencreiàto; 
Quanno non te piace > dì, va for^ , 
£ te mie truove n' auto cchiù aggarbato » 
Ma di che buò^ ca non se cura cria» 
Chi vò che rregna la baggiànaria. 

A Scgnijraiie gruosse , a Ccavaliere , 
U è lliceto 9 ca teneno Cavalle « 
Ed hanno serveture, hanno staffiere > 
,£ li schiave le tteneno a le stalle ; 
A cchiste schitto , a cchiste è dde mestieret 
Solamente trasire 'nchist' abbaile , 
E pò de cchiù le ssanno commannare 9 
E co na cera le fanno tremmare » 

Nce sartia cchiù da dicere 9 ma caglio , 
Ca né ccosa pe mme scarda stoscuoglao; 
Né, sta penna, e manc'io pe cchesto vaglio» 
Ca nce vòn anno a sciarvoglià sto mbruoglto; 
Po co cqaarcuno venesse a rretagtio: 
Perzò scompimmo ccà » votammo fuoglio t 
E d^ chi campa a fForz^ de sodore , 
( Decìmmo ) che chiammà se fa Segnor^. 

Nuli può chiammà cchiù Maste TArtesciane» 
Ca torcere te fanno co le ccere » 
Le gente de montagne , e li Vellane 
Hanno pierzo lo nomme de Messere 9 
Perché le Mezecanne so llomane 9 
Né a Mercante se trovano 9 né a fFerre; 
Donca M^sto oie se chiama nquanto scorgio 
Ciannetlello lo Boja» e Mma^tp Giorgio. 



QUARTO. i8i 

Li Pdonne vanno a ppretto de Cavalle y 
Hanno !a Segnoria li Tavernare » 
Oie Magnifeche so li Pappagaìle, 
E llustrisseme songo TOgliarare; 
Ne è echi non ha la Croce de le spalle^ 
£ boia ^.* ma non pozzo cchià pparkre ; 
Musa lassammo sta sto frosciamiento, 
Ca no mme vasta manco Veneviemo. 

T. Me pare paro a mme che ffaccia cchiime 
De chello che p& fa chiHo> lo quale 
Se fida troppo a le pproieziiane, 
E dde nullo fa stima manco sale; 
Che ffedannòse assale de H Patrune^ 
Co la spalla de chille se prevale , 
E non ave ( perchè non bamesura )^ 
Manco de la Josttzia paura l 

M. Io non qeo che sia favola sto fatto 9 
Ca no Io screverrà n* Autore schìtto. 
Ma cchiù duno nne parla tanno, e echiatto^ 
E nfra IV ante Arestotele nn' ha scritto; 
Asuopo m^ ha pe ccie? to sodesfatto , 
Ca ÌV aggio Hetto , e no» m* è stato ditto^ 
Siente> ca se be n' è la Treretate^ 
Ne' è ddinto a cchesto gr^ft mora]etate# 

.Aggìo^ trovato dooca pe serettura , 
Che lo Leione Rrè dfe 1' Anemale , 
Pe non sacciò , che stimo de Natura» 
Quanne vede lo Gallo niente vale; 
Zoe 9 ca nn' ha grannissema paura » 
Comme non fosse Rrè ♦ confom è ttafe » 
Nfrutto quanna to sente non ha lluoco* 
ffuie cchiù» che no% se fuie k) ffuoco • 



¥ 



iti P A K M O 

No juornostea ncommeriaiione 
LY Àseno co lo Gallo a na chianura > 
Dove vefine passanno no Leione , 
E 'rivedere lo Gallo appe paura ; 
Ma pe llevare quarche accasione > 
Se mettette a fFui pe la verdura , 
hV Aseno , che fFoire vede chillo , 
Le corr« appriesso^ e ^ompa, comm^a grillo* 

l' Aseno sfortonato se credeva 
Co cquarche paro- suio d*avè che ffare > 
Ca pe Tammore suio fuorie. fqieva; 
Le corze appriesso pe se lo magnare; 
Ma quanno .cchiù lo Gallo non vedeva 9 
Messe Leione , se fece arrivare « 
£ co gran ira ncuoUo le zompaje « 
E 'nciento parte U' Aseno squarta je • 

Cossi soccede a cchiste ncrosione ^ 

Che se fidano a st*aura, a st' ombra vanat 
Che se perdeno, o mutano Patrone \ 
E rrutto chillo che b^ka seie rana ; 
Anze se perde la protezzeione 
Nne che 11' uno da 11' auto s* allontana i 
Perzò non sia chi faccia lo gradasso > 
Perchè tutte l'' aspettano a lo passo . 

T. Nc'è oramo, cride a mme , che borria fare 
Ogne mmese no figlio « se potesse » 
E fFarlo priesto priesto vatteiare 
Da Marchise, da Cuonte , e Pprencepesse^ 
O p' ave n' ommo gruosso p^ ccompare , 
F essere proteggi ino , o pe nteresse» 
Ca facenno chi sa no sbarione > / ^ 
Lo pò fa > perchè ne è pprotezzeione. 

^ M.De 



QUARTO, itj 

M. De chiste oo parente avea , Io quale > 
Che se non zappe , e mbroglie sapea fare, 
£ pperzò sempe stea pe cqiunto vale» 
Zoe d' essere mpiso , o i a bocare ; 
Cchii\ de uenta Screvane cremmenale 
Se fece a ppoco a ppoco pe ccompare * 
Azzò che ssoccedennao quarche mbruogliot 
Se potesse agghiustà ccbiù de no fuoglio» 

T. Pozzan* essere serape b^nediite • 

E li Spagnuole , e le Ssentenzie lloro > 
Quale min' hanno mparaie cierte- ditte ^ 
Digne d'essere puosce a lettre d^oro; 
N* aggio paricchie xegestrate« e scritte > 
Ma chisto va nfra ll'^autre no Trcsoro, 
Non n^è puttana ( dice ) né llatronCf 
Che non cerca d' avi frotcwdone. 

Chi piglia a lo nteresso li denare 9 

A'ddiece 9 e ffuorze dudece pe ccientd^ 
P* accatta case vecchie , e fFravecare » 
E s* obrecà co ccbiù de no stromiento > 
£ bo fa cchiù de chello che pò fare, 
Ca patrone se fa de fummo, e biento* 
E cquanno p* arrecchire s' assottiglia , 
Se trova fore crapa cieuto miglia • 

»pn vò & cchiù de chello', che pò fare« 
Chi p* arrecchl trovanno va tresore ♦ 
E cchili' auto , che ppenza d' arrevare 
De fa lo stagno argiento de valore*; 
Ferrò la carta de sto nnavecare 
^me creo che s*è pperdata, e nnante more 
Ll'ommo, che ttene 'n capo sta pazzia, 
Q i arredduciarrà mpeziemaria • 

ì^. Se 



lU P A R M O 

Irl. Se Masto Giorgio avesse lebertate 
Comtn'a Rromma just ha lo varreciella i 
E iFranco potcss* ire de le strare , 
Decenno a cchiste tale auciello auciello 9 
Cchià de quatto starriano regesirace , 
Cierto starria cchiù d' uno ncellevriello 9 
Ma chiste le darriano gran mbaraize» 
Ca dove caparriano tanta pazze? 

T. Chest'autra pur' è ccosa troppo bella t 
Vedere cierte Vieccbie de Sosanna, . 
Cb' hanfto assaie cchiù besuogno de pontella^ 
Che non de la Mesura 9 o Mezacauna t 
£ bonno la lattuca tennerella y 
Senza penzà ca pò le ntorza ncanna ; 
Oca chi cbestp fa , che te nne pare 9 
Non vo fa ochiù de chello > che pò Hare • 

Cossi quarch' Àntecaglia de Pezzulo > 
Cbe s' allecordarrà fuorze Surace, 
E ho frisco, e nnoviello lo cetrulo , 
E pe ir ave quant^ha mpromette, e ddac^ 
Vo lo marito 1 n»a lo vo fegUuIo> 
Ca de trent* anne no le sodesface ; 
A cchesta , che ho ire tanto nchino, 
Nce vo la Mezacanna , o lo vorpino • 

M. Io le vorria chiava na foca ncanna 
A ste sciorte de geme nzallanute i 
Che bonno comra riempo na vevanna « 
Ch' assaie de la magna se so ppentute; 
Cca nce voi* auto, che la Mezacanaa» 
Co ccheste le pparole so pperdute 1 
Cca nce vo Masto Giorgio , e Ccianiìetiello 
P' agghiusià tiKtte duie de cellevriello • 

T.Chi 



QUARTO. i*f 

T. Chi è ppoveromrao vo mc^liere ricca, 
Chella SI è ricca, nobele lo vole. 
Chi ave no crapiccio , e chi na cricca « 
Chi vo gialle , e cebi rosse le biole ; 
Nzoma ogn'iino se studia, e sse lammicca. 
Se pò , d* apparetuare co lo Sole , 
Ognuno vo fa cchià de che pò fare» 
£ nnuUot comm' è nnato,se va stare «^ 

M. Lo sorece na vota apparentare 
Le venne voglia co la Lionessa , 
Ferrò co tutto ca non erno pare. 
Da li pariente già le fuie concessa ; 
lette la Lionessa pe ttrovare 
Lo marito de fiKÌa a T ampressa t 
E perch' era tantillo , le mettette 
Na vranra 'nciK)llo, e ppriesto l'accedette. 

Cossi «occede a cchillt> , che bo fare 
Cc^iù de chello , ch'è lliceto , e ccommeiie» 
Ca chi non se sa buono mesorare 
Semmelc a cchisto , e ppeo nne le ntravenet 
Pe (Forra s* hanno da fa s^arpesare , 
E d' asempie te ccarte «ne so- cchiene» 
E li tieste nce so specchiate , e cchiari 9. 
«Si vis mulìere nube , & nule pari . 

T. Puro- fa cchiù xJe chello, che -pò fare 
Chillo qual^'è no povero compagno. 
Che non se sa pe naiente arregolare, 
E jlpennere vo cchià de lo guadagno// 
Ogne cosa se vo cannareiare , 
E la rovina vo , no lo sparagno , 
Ca «tuta la semmana crepa , e schiatta^^ 
Po un^ UW& iuorao tutto la sbaratta. 

Voa- 



i86 P A R M O 

Vanno carne sottile « e ttennerella i 
Ca n*è ppasto pe lloro magna vacca ; 
E se n'è Annecchia giovane ^ o Vitella » 
Diclino ca non serve pe na tacca; 
Vonno 9 de quanto ne' è , la petnpenella i 
E stimano treccalle na patacca , 
£ se ne' è ppesce Spata ^ o Storione , t 
Lo primmo , che l'accatta , è no breccone. 

J5e la Foglia- cappuccia 9 e la cocezza 
De le pprimme che ppareno non hanno 9 
Pe ppoterese enchi bona la vozza» 
Sentono gran tromiento, e gran affanno; 
Ogn' uno a cquanto pò s'enghie« e se sbozza> 
Vengane quanto vo roinai e ddanno» 
ì^h à lo pesone > o a cquarche malatia ^ 
Ch' accorrere le pò, nce penza cria • 

E pò quam'a la bumma de li vine » 
Se de iSomma non so , né d'Ottaiane | 
De quinnece s o de sidece carrine 
Lo varrile » va jettalo a li cane ; 
Vonno » «he ssiano penetrante 9 e ffine l 
Tanto y che spercia tutte doie le mmane ] 
E se la neve jesse a no carrino 
Lo ruotolo V 1' accatta ogne ffacchino« 

M- Saie tu perchè ste ggente besteiale 
A la storza ccossì bonno campare « 
E dd* ogne tiempo fanno Carnevale, 
£ non penzano ad auto eh' a mmagnare) 
A Nnapole nce so buone spetale* 
E chi mpresone va pe ddevè dare , 
Lo rreramedio ne* è , perchè li Munte 
A PP^gare li debete so pprume. 



QUARTO. tSf 

Té E s' accorre , che a* aggia da nzorare • 
Quarche de chiste povere scasate « 
Che de dota lo cchiù cho pò ppigliar» 
Sarranno ciento-cenquatka docatei 
La primma cosa^ che se péhza a ffare t ' 
O sta tiempo de Vierno , o sia de State> 
A la Zita de lamma lo vestito * 
De borano y o teletta pe lo Zito . 
Starranno quatto juoriie nguamascione « 
Pascennose no poco d' arbascia ^ 
Ma da pò co la prii^m' accasione « 
A rrevedetce a la Pelletteria ♦ 
Po vene la feglianza 9 o lo pesone > 
Che s* ave. da pagare ^ e non ne* è ccria • 
A no Monte de chiste, curre^ e mpignai 
Dova nnante se venne , che se spigna» 
M. A cchesto non se p6 àrreminediare ^ 
Ca no lo ilanno schitto li pezziente , 
Ma chi piglia pe.ddote le mmegliare» 
Le miÀégliare nne spenne ^ eccinco cieote; 
£ echi non 1' ave , se le fa roprestare » 
Pe fa sfuorgie,banchette,eccompremient^ 
E da chesto a la fina de le f&ne, 
Nasceno de le ccase le rroine. 
Para ccà , piglia Uà » sfuorgie » e banchette • 
Commeddie, festine 9 abballamiente « 
Co mmotanze de scene, e eco barchette^ 
Museche d' ogne sciolte de stromiente , 
Ne* è chi nce vole puro le ttromcnette.. 
Ma n* arrivano a sta tf anno contiente # 
Ca le ^ò li stromiente lequedate , 
£ ttanno siente le ttroiamettiate ^ 

T- Vo^ 



i«8 P A R M O 

T« Voglio scompire 9 ed àuto no mme resta 
De v'avesire pe lo buono vuosto , 
£ nzo , che ddico serva pe pprotesta , 
Ca quant^ aggio potuto ne' aggio puosto : 
La Fortuna non dona , perchè presta , 
£ U'omtno non pò sta sempe a no puosto^ 
Ca fornute eh' avite le mmonete , 
' Jarrite a le ggavine a tdrà prete. 

T. Non fa puro assaie cchiù de lo ppotere 
No Zancarrone, che se fa ppentare 
O viva , o muorto pe se fa vedere % 
Gomme fosse quarch* ommo sengolare \ 
Gente degne de fruste > e dde Galere t 
Gente , che non se sanna mesorase 9 
Nfl a gente de mestiere, e dd* arte vile; 
Pigtiat' hanno st' ausanza ^ e cchisto stile . 

Chesto convene a n' ommo de valore 9 
Qual^ è stato a k^ guerre, e ha' fatto j^royat 
Che co li' arme acquestata sha lofrnnoref 
Azzò 9 che la memmoria se renov»; 
Facciase retraire na Dottore 9 
Che co na penna notte t e ghiuorno cova» 
Kzomma chi pe bertù 9 ma vertù rrare > 
Se de ntavoia 9 o ntela ammortalare • 

La3sa che se depegna no Platone 9 
No Vergilio9 no Tasso, no Marina t 
No Dante , no Petrarca , Cecerone ^ 
H* Ariosta eh* avea de lo Ddevino ; 
Kon convene perr6 a no coppolone» 
A no scacqua-lattuche < o Malantrino 
Farse pegnere ntela , eh' è ssoperchio , 
Jkia se vo ^ che se pegaa a no copierchio. 

M-Tit- 



QUARTO^ iBf 

M. Titta » SI è pe sta vota, vale de chiatto» 
Vi ca te daie tu stisso co I^ accetMlF 
Se oca non te respenno , irate t io schiatto» 
Ca tu puro vaie ncruso a sta pannetta; 
Tu che t' aie fatto fare lo rctratto 
Comme fusse gran ommo a la rammetta » 
Petìzarraie fuorze de nne passa nìetto» 
E che non te se ncorpa sto defictto. 

T. A cchesto dice buono, ed aie raggioncv 
Penò nfavore mio ne' è la resposta > 
Ca conzeniuto ^o irapeuione 
Mate ne' aggio a ffa sto spanfio, e sta Aosta; 
Ma 1' ammice de bona utenzione , 
Che bonno le ccetroie fa ncoropostat 
O cche bonno lopine confettare, 
Pe gusto llorò ì- hanno fatto fare* 

£ chi fuorze a varrà na pretennenzia 
De toccare lo Cielo co lo dito , 
Né d' isso fatt' ha nulla sperienzia • 
Ma la gnoranzia lo farrà attrevito, 
£d usa ogn' arte , ed ogne ddelegenzia » 
Pe ifarese passare sto prodito, . 
Quanta de chiste nne saccio Ngritterra $ 
Quann'era gioveneito, e stea a la guerra. 

Nce sarrà fuorze pò no ^norantone 

Chiù de me, Ddìo lo pozza benedicere , 
Ko prebbeo , no catarchio, no cestone t 
Quale non saparrà manco tre ccicerc , 
E bo trasire ncommertazione , 
E rresponneie a cquanto sente dicere » 
De cchiù non sulo , ca vo despoiare , 
Ma vo chejlo, eh* è ppeo, pxoffediare. 

'Se. 



190 P A R M O 

$e sentono parla de Medecìna « 

Nzo che dice Galeno è gguittarìa ; 
Perchè, tutte se ntenneno d' aurina , 
Né ssaniu) il' A , he^ ce, che ccosa sia ; 
Penzano soperà Scoto , e Mmolina 
Se sentono parla de Teologia * 
Chi vo sputa latino « e ceni Toscano > 
Senza porta respetto a Ppresciano* 

Parla vo puro de Felosofìa 
Chi non ha lietto manco Io Donato» 
De Chiaiìete , de Stelle 9 e Strologia 9 
De Fortigna por zi , de Sciorte, e Ffato i 
£ descorrere vo de Poesìa^, 

■^ Comm'' a mme no gnorantev^ no sciaurato» 
D* ogne scienzia parla , e scorre tifrutto ^ 
Ogn' ommo 9 comme fosse cato rutto • 

M« Nquanto a la legge , è na confosione ^ 
Ca non sulo nne sanno li cecate ; 
Ma ogn' uno la sa co Io tallone * 
£ nne stanno benissemo nformate; 
Cane' hanno fatte tanta agghionzeione f 
Che d* una eh' era 9 niille nne so nnate » 
De ccbiù ir hanno confosa de manera 9 
Che non se pò sape quaF è la vera • 

Nzomma tutte so Mmìedece » e Ddotture 9 
Co nzo chi parie sanno mmedecare « 
Non ne' è Cazzerà , che non scriva *njure, 
£ non saccia le lligge reformare ; 
Josteniano , e II' aute Mperature , 
Mme creo, ca non se sappeio sprecare $ 
Che perrò de inmodierne veo gran fuoglie 
Peji Pezzecarule • e Ccaseduoglie • 

De 



Q U A R T O» 19| 

De Poesia nne sanno li Craparet 
Ca tutte sanno storie « e ssoniette* 
Ca quann un9 sa buono copiata» 
Kne zampa sane sane li conciette ; 
Se puro non se fanno nfrocecare» 
E cchesto mme Tha dditto clii Tha liette i 
Gente, che so de ngiegno assale sottile, 
C ha r addore canosceno^ lo stile . 

T- Non mperrò chello, che mme fa nnarcare 
Le ccìglia , eie ca cierte beli' omure , 
A mmala ppena sanno competare , 
E bonno a 11* aute fa li corretture; 
Chiste , li quale vonno peziecare 
Co bierie grimme li Predecature, 
Ed a cqnarche Pcema, o viecchio, o nuovo 
Vonno trovà^ lo pilo dìnt* a U' uovo . 

M. A cchiste , o bene mio. co no premmone, 
Trovate a ttiempo (zuffe) e ddalle nfàccct 
E ddille : caglia , brutto gnorantone , 
Gomme ncintre a rj:>igliarete sti mpacce ; 
Tu stisso no lo ssaie, ca si coesione , 
Va a la forca 9 va zuca sanguenacce , 
Gcà ccierto non ce votino Mezccanne , 
Ma torcetora tonne , grosse , e ggranne . 

Ora facimmo ccà punto fenale , 

Perchè mme pare, che s'è dditto assaje<, 
Ga chi è ttroppo de penna leberale , 
Quanno accommenza, no la scompe raaje ; 
Facimmonce tene pe ppontoale*, 
Ca tutte quante noe fanno le baje, 
E sseiìto morraorizze ad ogne banna , 
Ca non se scoaipe cchiù sta Mezacanna . 

T. Sì^ 



tj* PARMO QUARTO. 

T. Si 1 ch'è ^migliaccio, quanto te Io gliutte^ 

' > O no pastone" abbottato de viento- ; 
Fuoize è ffatta carrafa y che 1* abbatte 9 
Bccono sciuscio nne faic cincocieiuo; 
Pe ccaciare a lo pprubbeco sti frutte. 
Se ne abbesogna stare buon' attiento ; 
Ma perchè ghi a ddormire vo la Musa , 
Io puro mm' arrepòso co sta scusa. 

Ma se nce fosse fuorie quarche d* uno , 
Che p' isso se pegliasse nio , che ddico , 
E cereo de chiste nce nne sia cchiù dd'uno, 
Lo preo> che non se metta a cchisto mrico; 
Io parlo a tiutteve non dico a nnesciuno, 
Ca nullo voglio , che mme sia nemmico; 
Perzò chi se Io ininagena , se nganna» 
Ca parlo pe echi n'ha la Mezacanna*. 

Ma se la piglia ognuno comme vole , 
A ia fina , che d' è ? che sso stoccate ? 
Fosser'auio , che cchiacchiare , e pparole^ 
Se bè niessute co la veretate , 
Io non so Sagliemtnànco, o cacciamole» 
Che ve die' auto , che ve mesorate ? 
Non Io bolite fa, no lo ffacite ,^ 
No juorno cierio ve nne pentarrite. 



Sùompetara de U quarto i e memo Parma . 



L A 

C E C ALA 

NAPOLETANA, 

ZOE» 

lA DEFESA *DE LA MEZACANNA, 

IX) COMMANNO D' APOLLO , 

£ "Lli GALLARIA SEGRETA 

TITTA VALENTINO. 



faUntin' 



<%• 



% 



y 



W- 



'■^H-. 



'99 

A CCHI NON SA LLEGGERE . 
X* Autore parla co lo Libro. 



'f^là y pe gra^eja de lo Cielo , figlialo .mh, 
^J^ sì de quatto enne sconifute , e beo co. 
fuoie cammenà sulo > iaie lo mmale 9 ^ lo^ 
èenej e p parie comme a no vecchiarìèllo ; e ssi 
tè sì ffiglio de no Pane gnqrante , si nnato 
non però a buono taglio de Luna , pe lo che 
mime pare i che puone ire cammenanno nopo^ 
co pe lo Munno , a^ò prattecanno co cchiste, 
e co cchille , trovasse la sciortà toja , pocca 
lo stare niìemme co mmico poco utcle te pò 
essere ; pecche comme cà sì gostusìello , ogri 
uno mmc te cercarria mpriesteto , e pò mme 
tomarrìsse n autavota a la casa stracciato 
^en\a utele tujo , ni beneficio mio ; ca ojc 
ree so ccìerte tale , e hanno na faccia tantQ 
tosta , che nce puoje dare co no pontarulo , 
t no le ssicnte dicere auto , che mp restame \ e 
édamme ; n\omma se V hanno mparato a la 
tnmente , senia ave consideraiionc ca t aggio 
allevato quattanne continove , co ppasccreie 
d'uoglio ^ e bcstirete de carte. 

E tanto cchià vattenne allegramente ; pecche 

vaie nXiemme co ffrateto j de se chiamma 

\ ^ J^A^ 



9^6 

t^APOlE SCONTRAFATTO , 'Jo quale da^ 
fò essere staw pfe ddever^e parte de loMùn-- 
no y m è tfcrnato a la casa , e r aggio fatto 
lo vestito nuovo i e guamutolo co na quan^ 
tetà d' ottave , a\ioè restamfatolo co la 
jonta . 

Va de buono armo , capò essere^ chetrovar-* 
rìte l'auto frate perduto, e poril figlia mio^ che 
se chiamma MEZ ALCANNA , quale ntedesa-^ 
tnamcnti va spierto pt lo Munno , e accessi 
' spero ca v donerrfte niìeme , e cossi aonlte 
sarrite tre i e pararrite uno sulo , pecche ghia- 
ie tutte tre vestute de na lebrera , ^oè stam-' 
paté de na forma . 

Saccio buono ca aie quarchc defletto co ttico^ 
la corpa non è la miaytna de la pressa ^ che 
ssole ( camme là gatta ) fare li figlie cecate . 
Chi ha j odili Q, compatcsce. 

Se si addommanàatccomme tè chiamme^ de 
dove sì , e ccomme , e quanto , ca lo Munno 
è ccoriuso , e bò sapere lo nticrno ^ e lo stier- 
no\ e tu dica te chiamme la CECALA NA- 
POLETANA, e ca sì una de chelle.chappe- 
To lo sfratto da Napole p'ordene de Vergilio 
e ca tu pe pparte de te ne ire a Ppuoncce 
o a Rresina co W sut'e\ te ne^ iste a lo La 
vcnaro ncoppa ri astreco de na certa casa vci. 
chiave tte ^ncaforchiaste dinto no firtuso , 
ca pò pecche chella casa cadette quatt annea 
reto, tu volaste' ; e bcniste ar la casa mia 
la Dochesca ,-, àddove scordatatc de cecallar 
f cne Sparato d^ tai^nnare* 



J^avéftesco ferth.d schifare • quétmo^ cchih 
puoje , de commirxate co gnorantt i ca si b èia 
pparUtrc cu/o è gojfo -, non pc cchesto sani 
ntiso dék tutte scione de pcriutie » perchè non 
tutte le ppBriune songo uommcnc^. 

Guardate de ncappart mpotere de qu arche 

mmale contente , cofftme V autre frate t uoje^ ca 

.si rice ncappe avarraie che scardare ^ attiso 

ognuno te dirrà la so/a, e te tacciarranno pco^ 

me n hanno fatto a cchille . 

E pecche s accio li taste , addave te ponno 
toccare , t* avettesco a ssapercle rcsponncre de 
bona forma y e co bello muoio , confortne te 
dico mò io , 

Mprimtno ne' è chi te dirrà: A Ppatreto chi 
lo tocca, che braciola? chi nce l'ha piiosta 
a'ffare La Defesa de la MEZACANNA, poc- 
ca nesciuno 1' ha scritto contra ; ma o^n'una 
aire avuto gusto de chella 9 avenno ditu iia 
yeretà chiara comm' a lo Sole ? 

DilU% ca tutto chestct è lo vero , ma lo gu-* 
s(o V hanno avutp schitto IVuommene buone , 
e ghiodeie/uscj ma cierte gnorantune^ a perchi 
s^ natino sencuto pognere , m hanno taccariato 
co la lengua , che è assale cchià ppeo de la 
' penna , che per{ò co la scusa de m' avisare , 
ca lo tierio.e lo quarto m* ha cceniorato^ hai'* 
no sputata la parqlclla , e spap orato a ggusto 
lloro : si bè de chesta sciorte de gente non se 
nne fa cunto ^ comme dice .Protrarco : ^Equa 
laus est a probis laudari > 6c ab improbis vi^ 
tuperari , &c. 

i y \ 4 



1$^ 

A chi dina , ta io co Nntpok ScontralSrtto 
étggio parlato a lo spuposito , respunndc C0 
lottava 31. €-32. de la Difesa* 

A chi s" allam menta ^ ca sulo a Nnapole hd 
iato funno lo VASCIEILO delt ÀKBASClAs 
respunncte^ pe le econ{olare% co la resposta. i 
Ampolle , e co chcllo , che dico io a P ottave^, 
i6- ??. ^ 38. ^ , - 

A chi dice , ca io aggio ditto male ^ ie là 
Patria mia , falle prìmma no vernacchio , e 
fo respunnele co lo Marino a l ottava . 4P» 
• 41, e co cchello , che ddico io 4 V ottava 
41. ^43. 

Trovarraje por^ì certe femmene 9 U cqualé. 
oontra de me hanno fatto no grectello pe la 
tosa de lo mmostrare le spalle, de lo bestìre^i 
^etera^ de la quale tosa se nne lammentano poK 
ti li mante a la Defesa ottava 45. e 46. 

Respunnele co l Addante a V ottava .47. è 
tfo Tommase'de Messina Cecellano a t ottavdr 

48. 49-^ SO- f. , ^ 

Trovarraje a lo Secunno parmo chi se lam^ 
menta de lo Nnore ottava SS* ^ $6- respun^ 
nele co lo Cortese Mastro mìo^ lo quale è ttit^ 
sto , ottava 54. 

fA chi se lammenta ca de la Noheletate non 
aggio ditto buono, ca non aggio fatto, tnenrefo^' 
ne de lo' sbrannore lloro, e ca nego la Rober- 
ta nasciuta ^ ottava SS- ^ S^* 

Respunnele co Ccecerone , Tiraquello, e Buo- 
no de Cortile ottava $8. S9- ^ 60. ' * 
Non mancarranno derte gnofantune , che 

non 



■ f <» 

ion ^fknmUggm »4*d to tatannanq * ^ 
adiranno co, io so staio tanto niallaàHtOt 
ch'aggio ditt^ jnale de me stisso ad ognù 
Pparmo , a, c<histe respuanele co GbionnàU .(^ 
V ottava 63. 

Nca sàrri quarche Ppacchiano malecontentOf 
che pe ppane de fare la cocchiéro tvd ncaroi* 
ia>, o ngalessa^ che non se Pha]sonnato ma/c^ 
e dina ca io so nvedefuso $ ca pe cchesté ag-^ 
già parlato de le Ccarro^ie , e dde le Galessei 
a cchisto respunnele co Ghiovenale a V ottava 

-Né mmancarranno clerte veramente scarne de 
io fodixlo , che ddetranna , conforme hanno' 
ditto } ca ZQ a^ìo fatto sotta lo ritratto mio 
lo mutto Male opesantibus Favor ^ quasc che 
io cQ lo ritrano facesse paura a le gente ; a 
lAiste respunnele co lo Cortese a l'ottava 72. 

A cfU se quarera ca io aggio jacdato chiUe^ 
the pportano le ggonnetle pe^au^uae^ le puh 
tesponnerc fo Lope de Vega , otra ca nchesto 
9nvf è nfaore tutta. Spagna t rcAi è Franiese^ 
se nne vaga nFrania . 

ttcc sarranno cierte Ttoscane rr{enate^ cK a 
^^ala p pena sanno leggere , e tonno dicere 
tnale de lo Unguaggio tu/o. 

A cchiste respunnele co lo Cottele a V ot'* ^ 
tava 8au 83. co no gran gusto i Apollo- 4 f 
ottava 84. 

A io latnìento de cetie Sdammc farvutéé 
^ce r^spouM Apollo pe tte . 



va assoluto da tutte $te gguittarìe . 

A lottava, ^6. pp'ordene d' Apollo mni i 
leccata la MEZACANNA da Cesare Capù^ 
rate. '^ 

A lo Secunno Canto , quale è lo Comman^ 
fio d* A follo ^ te dina fino ca io ttime mostro 
Jiteressato , co llamentareme de la sgratetudene 
de cierte *^ale , e equale , che non sannoy non 
fonno premmiare li povere Poete . Dille ca io 
non patio pe mme , ma aggio spaporato ac- 
rossi pe ttanta lammentaiìune de milV autre 
P(^ttt 5 che nf et tana lo Cielo co le cquarctk 
Itero: Chi dice ca^tutt^ lo juorno non fa se 
n&n Soniate , laudanno chiste , e chille i co 
speranza de muta cappa ^ des anchì laparh 
l^^ % dapò tsserse scervellato , pmiutoce V UO' 
gUo.'t lo suonno > la carta -, e la n^hiostra^ 
o puro stampannole se levarrà da vocca quar^^ 
che carrino pe pagare la stampatura . Chi ca 
stampa Poemme dedecannole ma aW ano ., ^ 
tnò aW autrà co operatila de quartke sollievo; 
e quanto resta n{iccó*^ e cchello eh' è ppeosV 
aiicsogna pagare la legatura de chiù , ma io.t 
che mma/e aggio proceduto co nteressc 1 non 
faccio canto de sse mmeserie , si he mannag^ 
già a chi non piace lo ^uccara', pecche patrt" 
tó\^uanno dà le ffatiche soje , sd a echi le 
dda , attlsO'i parte le songo Ammice ,ir^arte 
a^ùhi'five ohrectiiione ^ parte p" ajfenione ^ e 
pparte pc mmìcrerg lloro > che pper(ò non par- 
lo pe mnu-, n\arAtate sia ditto j e pò io ^Si- 
gio 



g/o poco ginìó ie laudari nesdimo i non peo* 

ehi non voglio , ma feretri non succio ; e quan* 
no to ésap€ssc fare , manco lo farrìa^ pe ppau>* 
rdy che pe pparte de laudare n' Armellino , non 
laudasse quarche ppuorcoy o puro pe pparte de 
quarche Ppalomma non pegliasse no Cuorvo » 
€0 llecieniia perrò y e llevereniia de chi legge» 
Te sarrd ditto ca to so Ssatireco , e mma* 
ledeccnte,. 

A cchesto respunne ^ e ddi ca chi mme 
chiamma Satireco i n' Asetio , pecche non sa 
^che ccosa vò di Satireco^ ni che cco^a i Ssa^ 
tcra , pocca IV essere Satireco , comme dice 
Arestotele y nasce da ira^ o forare ^ che se ^e^ ■ 
-nera, pcuorpo fie no Poeta \ pe ccausa de li 
spreposete , e de le cco^t , che bede ire a la 
nveria , camme Giovenale lo Ma tanno de pai-* 
la , fdcii indigHatio versai» , .Za quale mafc ^ 
fu echi i'^ Ssadrecp de tanna y quAnno vedette 
crésciute U ville \ e guutarie de li Romane , 
che per(ò spaporaje co cchille vier^e eh' accom^ 
meuiana Ultra Sauromatas ♦ &c. e a n"" autra 
banna , tatanianno dice : Et 'cjuanda. uberior 
vitioram copia Scc. co cchello chs ssécotefa; ^ 
iìegge, si lo ntienne, eh' aje gusto; dlUe de cchii% . 
ca patrcta non pò vedi lo stuorto » / perirla 
yena poeteca sofà i arraggiaticcia t com^m' a 
chella de Giovenale, S' Arabia , e i autre ima 
chille a li tiempe Uara parlaina co cchiìt le^ 
'^ettà^ che non se parla o/e > conforme nn è 
testemmonia Taceto, che ddicttu ; Rara lem- 
orwxìx [iìuiyati , ubi seiuire qu* w\h t &c 



206 

qua scritias 'dicere licet , mr^ì ca tanno ne' 
erano a lo Munno cchiù che non nce sango 
cje , ammìce de veretatè^ la quale li gnorante 
oje non salo chiammano Saura , ma le danno 
titolo de mmaledecenita\ e nf rotta dille ca pa-^ 
treto meglio se contenta essere chiatnmato Sa-^ 
tireco e berdadiero , che busciardo , e adolato* 
re ; pmhè li Satirece so {laudate da V uom-^ 
mene de Jfuono ntennemiento,^ ma l* adolatare 
so schifate , ed odiate ( da chi ferrò non è 
gnorante ) comme cane-muorte , cantra de li 
quale fanno* crocefcio , Tito Livio , Quiiito 
Curzio, Valerio, Taceto, e bd scorrenno; otra 
It Auture sacre, cht fanno cchiù ffracasso di 
quale non nne faccio menpone , €a non ^g^ 
già tiempo , mperrò chi è 0corit\$o , che lleg- 
gay ca tnpara * ' 

E p'utemo tetrehilio te sarri ddìtto-, ca io, 
Xoi patreto , è no gnorante , è ca de IV arti 
poeteca non ne sa cria ; Guarda , no le re-^ 
sponnere , miente pe la gola , ca è lo vero; 
ma ditte da parte, mia , the facciano no poco 
Ihro comm' a^io fatfio, si le vasta H'a'rtnQf 
*a fq tanno net vedimm0 . 



< 



4^ E ^ E S A 

DE LA. 

MEZACANNA» 



MEntt'a Io mmeglìo >^ea cf arreposare 
S» notte a la mprovisamm* è compara 
Na Sdatnma de bellezza sengolare y 
Che ia capo de rose teaea spaila : 
£ pparea che ddecesse a buce chiare» 
Aie tu donca la mente tanto scarza 
De pensiere? ora via no cchiù ddormire<» 
Ca lo suonno è pparente a lo mmorire* 

% Sì ommo tu de starò mpotronuto i 
Accòssì sotinacchiaso > e spenzarato t 
Si ommo tu de stare accossì minuto « 
Gomme s'avisse perzo quarche Stato f 
Via scetate « no stare "cchià storduto» 
Aiutate 9 pecche t* hanno accosato 
Cierte i h qualfi a fFratetho hanno ditto i 
Ch' è ttutta faozetate quant' aie scritto^ 

3* À cquam'aie scritto éo'la Mezacannai 
£ co Nnapole puro Scontrafatto ^ 
Fuorze perchè co cheli' àie dato 'ncanna 
A chi de veretà Anemico^ à affatto; 
Viene nòti te' fa fare la connanna, 
Ca non té mancarràf d'ave lo sfratto »' 
Viene co' mtnico , e boia" co le ppenne^ > 
Pecche' dcfè^ chr t*àjuta'V e te defcWe . . ' 
i ',j6 4. Pric^ 



^. 



104 DE PESA ♦ 

4. Priesto chiarisce l'uzziune tàs^y 

Pocca scarzo lion'sì dc^'lengua, e boc^, 
Vi ca te nìpof t* as$aie , benaggia d*oje « 
Ca chello e banna ditto pogne 9 e ccoce; 
Lia dia ogn'uno le rraggiut>e sojc» 
Donca sinché solliceta» e beloce « 
Ca 1' Avocate addave non so Pparte » 
A ggusto Uoro agghiustano le ccarte • 

y Io pura vengo, nop te dobetare, 
(la non si contomace^ forasciuto ^ 
A tte sta se te vuoie ammoitalare , 
Ch'io puro te faoresco , e ddongo aluto j 
Mò se vede s' aie voglia de campare , 
Ma fore de sto Munnp mmastarduta > 
Viene » dove Vertute, e Beretate 
'So tteuute 'nconcictto , e so siemate • 

6. Ca dormo, A non dormo , sonno , o. veglio 
Stea penzantio ntra me tutto dobbiuso ; 
Quant' cccote de botta mme resbeglio 
D'angoscia tutto chino e ppaoruso ; 
Me siè.necchio,aprorvK)ccbie»e nce veo meglio» 
Ferrò puro ntra me. cossi peniuso t 
E chelie , che mmè parzero chimmerc 

. Vedde ch'erano cose chiare, e bere. 

f . Io 'nvédere bellixte tanto rare , • 
Accompagnate puro da sbrannore» 
Piglio armo , e r^commwizo a nterrogart» 
^i bè parlava , e mme sbattea lo core ;. 
Chi site ? e che. benuta site a iFarc ••' 
Fussevo fuorze vùie la Dea d' Ammòre^ 
E cheJia mme resposf ; chest* è scusa » 
Non ine conosca buono ? so la Musa . 

. ' " • * >. aia 



ce LÀ Mt3^A€ ANNA / m$ 

8. Sia Musa mia , co sse paHainientO 

( Le respose )'tti mfu'aie già stonato, 
E m' abbatta àe chiacchiaré « e dde vientf^ 
Che so cquase pallone deventato ; . 
No mine vuò fare ave n'ora d'abbiento> 
E pe te d^ lo vero , mm* aie frusciato » 
Ca te nne si benuta chiano chianot 
Aie qiiarch' auto locigno pe le ramano ? 

9. Non. serve a Uebrecare cchiù pparoU» . 
Itespose ) perchè &poU«.lo cc^miaanna ^ 
E ment* aggio accordata la viola , 

No ale da venite co na itma ncauna; 
Priesio , già che de te fa famma vola ,. 
Fa doftca che io uomme tuoio se spanati 
E ssacce ch»'a ddespietto de laSciorte . 
Camparraie, se he muore, dapò morte* 

10. Ohbedisc© , te dico , sotta peira ^ , 
De perdere lo nomme de miuortale > 

O mutata pe t& vede la Scena 
Da saccente che, sì , esse anenvaJe. 
Zzò 5entenm> agghiaiale 9 p^rze la lena> 
E restale comme statoa de sale; * 

Obbedes^o ( io restose ) jamraoncenue y 
Provistorae d^ nchipstra , cjrta , e penne • 
Ji. Chella priesto nripe piglia pe U mano^ 
Che n' era fatto h^ono )iu>rno ancora', 
EyCo na chiacchjàreila ^hiano chiano 
Mine .fece camufenà vimequatt' ora -, 
E ppercBè^ mme credea de \ lontafio V 
D'arrevà mmè parca »miir arine ogn'.ora % 
E ffatte na pinata de cammino , , 
.Co la Musa anevaie ,à^i* Àveliiiu» • . 



iot' e E F E S A * 

>a- O che bella Cctate veramente 
Degna de no Patrone tanto granne , 
<Juale da lo Levarne a lo Ponente 
Kaggìe de Maestà pe ttutto spanne: 
O quanto mme stetnaie ricconi e ccontentCì 
O quant'alliegro , e ffore d* ogn* affannc , 
Penzanno ca dovev* essere digno 
No Segnore vede cossi benigno I • 
fj* Ferrò no miglio nnante d' aurrevare t 
Pe dderettura ne' è na bella strata i 
Che 'nvederla se sente consolare 
ìi'arma quanto se voglia sconzolata; 
Attiso. da doie banne contemprare 
>De Fetonte se pò la derropata > 
Ca Uà d' isso le ssore' poverelle 
Deventate so chiuppe tanto- belle. 
14* Nfrutto nà stev' Apollo allegramente i 
Ma co le Mmuse ncommertazione* 
Dove ne' era gran nummerò de gente 
D'ogne palese , e d'ogne nnazione} 
. Quale r erano tutte . obbediente , 
Servennolo co grann* attenzione ♦ 
Ed io vedenno chesto 'ncannaruto 
Steva de lo servi porzì sperato» 
15. Ora comme se scopre la boscla 
De chille , che pparla soleno a ccasPi 
E bonno contrasta , eh** Apollo stia 
'NnAlecona a lo Monte de Parnaso/ 
Vaga dove se voglia chi se sia, 
E cammina da ll'Unofto tifi à T Occaso» 
Male se porrà vanta chHlo, né ccbisto 
D' averlo conato' a nxme parlato, e blsto* 



t>E LA MEZACAT^NA.. 1^ 

i6. Fattale da la Musa lH Vnmasciatai 
Ch'io era ad obbedirelo venuto» 
Appe tanno pe ttanno la chiammatac 
Che fosse nnani'ad isso comparuto ; 
Vago , e ttrovo l' Audienzia^ apparecchiatitj 
Lo Mmuse attuorQo^ e ramieyp^tea seduto 
Apollo ) e a mmano ritta avea na stella^ 
Chft maie vedd* io la cchtii llucente^ e bella* 

ij. Ma cherquann*io mme vedde Bnanz*a isso» .. 
Restaie de preta» e d'ogne ssienzo desso, 
Comme quanno no stateco sta ammissOf 
Che non sa comme, e che le sia socciessof 
Nè-ssapea che ppenzare tra me stissot 
Ca manco é^ parla mm* era conciesso 9 
Nfìna fatta restaie quase confuso 
I^nant' a chillo Segnore maiestuso . * 

li. Ma* ^hillo , eh' è la stessa gentelezra; 
£ sa buono , che nnanz' a lo Lione 
Ogn' anemale perdt la fortezza j 
Ca nullo le pò stare a pparagone / 
Compateftno de me la debolezza , 
Mme decette 1 fa trippa , e ccorazzone f 
Titta che d*aie? $t*aIHegro, sta securo^ 
Ca si bè Febbo songoi omma so ppuro« 

Ij. O Cortesia' de vero Cavaliere! 
O bontà de magnanemo Segnore! 
Che mme fece pe ccierto stravedere* 
E mme facette fa tanto de core^ 
Ca. pe fforza mrtie f oze la sedere 
Nnanz' ad isso « vecino-^ a ccore a ccore $ 
Co ttant' amiBore , e ttanta confedenia, 
i^be chi mme sente 9* Mn me dà credenza. 

20. E 



\^%' D E' F E S A 

. io* È mme fece porzl strasecolare,* 

Ca chilltì gran Segnorc auto , e ssopranoi 
Sì bè«d*ogne lenguaggio sa parlare, 
E Llatino^ e Spaglinolo, e Ttaliano; 
Sapenno ch\assaje erano cchiiV ccbiare 
-Le pparole , e pparlà Napoletano , 
M* accerie eh' ogne bota , che pparlava , 
A lo Nnapoleiauo assale ncrenava. 
jg^. Fatto seleniio Apollo , mme commanna) 
Che niiaiu* ad isso 11' opere leggesse, 
Napole mprimiTfto , e pò U Me{acanna^ 
Azio da unte quat^te se ntennesse; 
Pecche parigchie stisvano de banna 
De chilie che ne* avevano nti^esse , 
E sott' uocchie , vedeva , e.mm'addonava 
De nuarche -Zanne , che mine sraorfìava . 
22' Liettft lir'duie Poemme nnanz* ad isso, 
Ciertonon ra$ passaino pe gnc>rante» 
Ca leggemmo leggenno vedea spisso 
A ir atte ca pUceano a luitte quante; 
Ani' AppoUo mmede^simo isso stitso 
StQa co na vocca a rriso assale festante; 
Da dc^ve io piglisya ^rmo , e io pregaje t 
Azzò spille Uberasse da sti gua}^ * , 

aj. Venga lo MastcQ-d'^atte , Applla disse i 
E si fornii 1' Audieaiia , perch'io voglio» 
Che quivi non succeda quakh'ecclisse» 
Che iTti darebbe ceno. gran cordoglio; 
E. de prapÌ4 mana aotossi scrisse ^ 
,Ct> ►giraa velocità naoppa r\o' fuoglio t 

- J^t\ videa, fuod absque ratiaM 
.Apchris civUlflti<inix , 



DE LA MEZACAtWA . i^ 

^4% Vettiie 5 è Tu fatto Mastto-d atte assumo ^ 
De sto mbfuoglto, Traiano Boccaliao% 
Ommo assaie letterato , e de gran cunto* 
Storiografo cierto muto fino » 
Franco de penna^ e cchiù de lengua pruntc^ 
E rame parze e havea de lo ddcvino, 
Vasta •» chrst'era de la. Sfera yiiiBina « 
£ cheir Auteztanne facea gran stimma ii 
15. Pe li* una , e ir aura jjafte l' Avocate - , 
.Vennero pe ddefendcre ste llite , 
Ch er^no lì procie$se compelate » 
£* V atte ordenatorie comprite ; 
E le Pparte contrarie già arrivate 
Mnanze de me > venettero aturevite, 
£ mme tei»eana mente co na cerai 
Gomme pò fare a n' ommo na Pantera • 
46. Coiaitra de me tice venne no Toscano >, 
£ no cierto Pedante .Cosentino , 
Nziemme co no Poeta Provenzano, 
E n'autro era Franzese pìsciavino; " 
Cchìù d' uno noe mie fu Nnapoletano^ 
£ ntra F ante no cierto marrancbino > 
Che co ttuba , e co Ueva fatto nnante t 
Se credea fa paura a ttutte quante • 
%7. Nfaore mìo comparze lo Cortese , 
Lo Dante, Giovenale, e lo Marino, 
E no cierto bravazzo Messenese, 
Ch* era Poeta assaie massiccio, e fEno; 
Lope de Vega puro mme defes3 , 
Quale mme stea de tutte cchiù becino, 
E fisempe mme de^^eva, Ermano caglia,. 
Ch'io chiero «barattar #sia canaglia . 

li. Olà 



^1» D E F E S A 

^8. Olà » dicette Apollo , via chummatt*^ 
Tutte SCI frabuttune mpertenientei. 
Vengano tutte mò li nteressate« 
E bia levammo tanta firusciamiente ^ 
. Ed eccote ca vennero arraggtate 
Cchiù de cmquantamili^ peiziente* 
Ch' erano co la Peste arrepduce i 
E a ifa quarera erano mò venute • 

d9« O che rremmorè^) o che confosionet 
O che gride, o. che strillet o grano* accksS0| 
'Che pparlare confuso a battaglione 
De pperzune dell'uno, e U'autro siesso; 
Che bennero pe fa lo paragone» ^ ^ 
Sema cheli' autre che beneano apprieftO^ 
Quale co ffacce stòrte , e brutta cera * 

* Commenzaieno a parla de sta manerair 

%0' Segnore'^ a boce-puopolo gridanno» 
Deceano chisto ccà ne' ha sbreg(^nate § 
' NapoU Scontrafatto probecanno $ 
Ed ha pproposte mille fauzetate; 
Arremmedia , Segnore , a ttanto danno ^ 
Perchi simmo tutt'uommene nnorate^' 
E' perchè a lo spreposeto ha parlato $ 
Facimmo stanzia, che ssia asiliato. 

(||. Gente indiscreta, schiuma di tinaccioi 
( Con licenza d* Apollo ) lo Marino 
Respose , e ddisse, già v* ha dato lmpacci<> 
La Verità , che scrisse il Valentino : ^ 
Volea già dà de manp a lo mostaccio 
De no capo masardo malantrino , 
Ma perchè ne' era Apollo Uà presente t 
Fu pe fibrz^ descreto i e ppazieute • , 

^i.Apo> 



DE lA MEX AC ANNA ; ii^ . 

A. Apolli cbe stea ntiso d'ogne ccostt 
Se une Ikc^ no riso a schiattariello 
Mprimmo > e ppo co na cera grannezzosa 
Disse a. cèhille , ora TÌa « gite in bordìellc^ 
Ma prijat^'^ che se li faccia le ventose 
AjUKfgue f dal Ministro Cìannitiello ; 
Ma etra de sta pena , aveue ^yjfo $ 
Che. chi jette 'n galera « e echi ih mpisoì 

}. Vengano appriesso , disse Boccalino ^ 
Lì nteressate de la Me\acanna ^ 
Via priesto abbreviammo lo cammino % 
E bedimmo chi è ddigno de connanna s 
Da lo Proemmio accommenzanno , nfinor 
Lo Quarto ParmO) e mmettase da bannv 
Ogn' uno , azzò se ntenna la ragione « 
E noa fiasca tra vuie confusione. 

[4. Vennero leste , e ccorzero a cciammiello 
Gente de cchiù lenguaggie, e de echio sciortei 
Decenno: chisUha finto no Vasciello 
Guarnuto a buonne cchiù 9 e inmnto forti} 
Ccà «e nce -deve stare ncellevricHo « 
Perzò facimmo mo stanzia de morte; 
De cchiù songoce luoche pe lo Munno # 
Ed a Nnapole sulo fa dà fanno. 

IS* Lia fa dà (Unno » e Uà se fa sbarcare > 
E non ne fa lassar' ad autra banna ; 
Se chest*è ccosa de se sopportare» 
Decitelo , s* è ddigno de connanna ; 
Veda 1* Autezza Vostra > che le pare « 
Faccia che le piace , e che ccommanna ; 
Ma se nuie 'n chisto punto la sgagrammoà 
Mo cercammo ieciehzia , e net nné jammo. 

|6- ^ 



ti« • D E F^E S A 

j6* A cchesto disse Apollo, Titta, aie t(«ortat 
Ca sto' Vascielio a Nnapole no ichitto, 
Ne $barca attiso da V Occaso , a lI'lTorto, 
'Nee une so chiù de chelle, ch'*U« tu ditto; 
Io non pozio semi, frate, lo smorto, 
Ca pe le pposte a-niviie mm' è statò scritto, 
Ca.Cetate non c'è > non c'è Ppaiese^ 
Che ppro visto no stia de chì$c* arnese • 

^7. E ddisse* co lUcienzia , e pò respose 
À cchille; e ccomme chesto ve dà ncanna? 
Donca nfra tanta , e ttanca brutte cose > 
Chest' una qchiù de tutte assale v'affanna? 
O quanta nce nne so cchiù schefeuzose 
A cchille Férme de la Meiacanna t 
X>à quale non essennove curate 9 
Periò sci belle frutte nne ^ao nnate.. 

jS; Ma quanno Vost* Autezza se compiace. 
Sta Mezacanna mia farla zeccare >^ 
Votato a Ffeboio disse » sì ve piace 1 
Si chist' è arrore , lo voglio ammennarc » 
Apollo tanno a chella tu^ba • Tace 9 
Disse 9 né ciò vi debbia conturbare; 
Perchè Aella seconda imi^ressione » 
Certo che avrete sodisfazione * 

|j. Dissero appriesso , chisto a ditto male 
De la Patria soia , e I* ha nfamata ♦ 
Che male non s' è ssentuta cosa tale 
Da che Nnapole è stata addefecata; 
Pe ccfeesto è ncurzo npena capetak » 
Perch' è mmaledecenzia sfacciata: 

. Decttp donca attuorno , che ve pare» 

Chist' è dellitto , che se .pò scusare ? . 
'. - ^o.Pcr 



DE LA MEZ ACANNA. ikXf 

40. Per farsi strada ^ e sol per farsìrOftor^. 
Respq^n^tte. de brocca io Marino, 
Deve ogn'uno mostrar il suo ralprCf 

O sia'tiomo di lettre o Spadaccino, " 
Tutto fu zelo di un' amante core 
i^aanto scrisse alla fin il Valentina» 
Ch'alia kua Patria vplse cosi dire 
Per il suo ben^ ma non per T avvertire. 

41. Di più /questo eh' a vof vi par che 4icji 
Per la patria sua , per un $ol luoco , 
Non è così , perchè con ciò v'intrica 

Il Mondo tutto, e dà per tutto fuoco f 
Perchè dunque .pigliarvi tal fatica ' 
Quando dovreste prenderve^o a giuoco f 
Deh via non tant' impicci, e tant'impaccif 
Uomini senza senno , ignorantacci . 

41.. Ma perchè jsto negozio mmè mportava » 
E cchiù de tutte IPautre mme premeva , 
Se bè chesta resposta fosse brava,- 
N'ama meglio de chesta, io nne^ssapevÀ 
E bederino eh* Apollo mme zennava , ; 

^~Che bolea,,che pparlasse mme pareva | 
Lo ntise a zinno, e ccossì pprunto, e ppriesta 
De chisto muodo secotaie lo ricsio . 

43- E ddato , e cconceduto a echi se d% 
P' appaiare le bocche de Je geme, 
Ca^dicomial^ de la Pania mia , 
Ch'a cchella *f)glio.fare avertemiente ; 
Dico la vereià ho la boscia , 
Né le pparele meje songo fante :" 
Ma Apollo disse via passate avanti, 
Che queste sono accuse d' ignoranti . 

^ 44- U. 



«14 ^ t) E F E S A 

44. Li Qaarelante de lo Parmo Prlmmo 
Fuino Femmene in magna quàntetate; 
£ ridissero « Segnore « nuìe facimmo 
Quarera a cchisto, perchè ne' ha nfamste; 
Penò facimmo stanzia 9 e bolimmo 
Le Mmeiceanne soie sian' abbiosciate t 
£ ppo de cchiù nce vole proiiiire 
Lo mmostare le spalle ^ e Io bestire • 

^5. Non sapimmo, che ccosa vo da nuje 
Sto sacco de Cravune^ sto Breusso « 
Mce facimmo la scusa mo co buje 9 
Appriesso ir ammaccammo chìUo musso : 
Ca cer canno sape chi sì , chi fuje , 
'Se piglia li pensiere 'de lo Russo » 

t E nce va sprobbecanno coMa penna; 
Ora , che par* a buie de sta facennà ? 

'46* Venner^appriesso a cchesie li matite 9 
Ch* a le mmogliere danno libenate 1 
Tacitela , Segnore , da chi site 

• Dicenno 1 perchè simmo tormentate ; 
Le ffemmene pare vonno polite t 
Accossl ^ usa a la present' erate ; 
£ se bè proibì nce lo bolimmo » 
Ogn* uno dice , crepa » io non te stimmo \ 

'47. Pape Satan ^ Pape Satan Aleppe ; 
Tanno pè ttanno responnetie Addante t 
La vergogna vi par che sia giuleppe 9 
Che vi venga la rabbia a ttutte quante; 
Dovea costui dir più , ma più non seppe^ 
O sesso bestiale, ed ignorante ; 
Apollo zib sentenno, disse chesto : 
JSon viv^ , chi non vuol vivere onesto'. 

48. Ap- 



DE LA MEZECANKA. ; '" nf 

4!; Apprìesso a Ddame> !d -Cecèlisii)^ ^ 
Lo quak fu Ttomma^nde Messina» ^ 
Che co la penna, e eco' la spata ""n inàno^ 
Epi pe fa sueverìe t e gran roina ; • 
£^cette , cbism ' n ha ppailatu 'nvano , . 
Ed è r opera so perfetta , e ffina « 
£ si ccà nei vìnìssi Attorri , # Mmarti 9 
Sungu ccà in pè ne pighià li parti ^ 

49* Coma st' usu sciauratu > e bistiali 
Pi forza s' avi , e divisi snffriri , 
Pocch* è cuntra la Uggì naturali ^ 
Comu alV itnpromu vi farò bidiri? 
Sciocchi genti , diciti , Y animali 
Mustranu carni ? fannusi cupriri ? 
£ bui eh' aviti V usu di ragiuni ^ 
Campati privi di discrizziuni . 

^o* Po votatose nfaccìe a it marite « 
Di(H|, taciti» o Asini nvardati» 
MeSi che registrari non sapiii 
Ma fimminuiza , e vi n* appaurat! ; ^ 
A cchistu munnu dunca a che sserviti? 
Dicitimi a diì Ani siti nati ? 
E Ffebbo tanno co na torva cera, 
Disse • questi son degni di Galera • 

^i^* A Io Secunno parmo , o che terrore I 
Che ggreciello! che rriepeto ! ch*aggris$o! 
Che sollevazione ! che rem more « 
Ca nne restale Io stisso Apollo ammisso: 
Ma chello, che rame deze echio stupore^ 
Fu , che ccierte marcate co Io ghisso , 
Ncommenzaieno a pparlà circa lo Nnorc, 
£ la quarera fu de sto tenore. 

$a. Chi- 



{»f6 ^ DISTTIE'S a: . 

' j2. ChiV ha ditta, Segnore, ano i^cclàls; 
Fra 1' autre na fauxissima liiisck , 

,. Che n«n yole lesposta ;» itta pecrate^ 
Ed è pe ccieno na vtegognaria , 
C4 non se uovand itommene nnorate^ 
Che ve ììiiè pare ? chi lo ccredarria ? 
.Deb provedìfe ccà 1 porta de tinico, 
Ca sto F</eta è ddìgno de castico. 

•53. A chesto non ose puotie contenerei 
Ca p^ li tai^ 'mine semea crepare , 
Ed ayàrrìa voluto tanno av«re 
Leste no chiappo pe le strangolare; 
Ma perchè mme cadette lo vrachiere. 
Lo Cortese mme disse , non parlare * 
Ed a cchesta fauzissemapropo^a-, 
Deze sta sollennissima resposta * 
J4. Chili» è lo surdo, che non vò. sentirei 
O che .ssènte , e bò fa de lo siordiioi 
Ca de sto muodo penw contradir^ 
E ppassare chi ha scritto .da paputo 5 
^; nnò ve' vregognate aver ardire 
D* abballare a» sto suono de Iciuto'? 
E'rl Apollo respose;, via passate, 
E de sto Nnore echio «o nne parlate^ 
*55« Ncoppa lo terxo de la Nobertate»^ 
JJoco xe voglio , Curcio , a sia sagUuta, 
Ca venettero prwnte, e ppreparate 

"^ >J frotta gente de pietto, e rresoluta ; 
, Deh Segnore , decemio , castecate ^ 
Chisto che nnega fa Nobertà nnasciuta, 
E ddice^ ca s'acquista co io «tientOf 
E pparla accossi senza fonnamiento . 

56. Ad- 



DE LA MECANNA. iiy, 

56. Addonca potentissimo Scgnorc, 
Credetto s" ha da dare a ccbisto schitto , 
Ch* è no gnorame , e nzenjprece screitorct 
Lo quale a lo spreposet' ave scritto? 
AddoncaVè scurato lo sbrannore 

De li' Antenate « e chist'è gran dejlitto; 

Facìtence no pò refresseione 7 

£ bedite chi ha ttuorto, e chi ha rraggione • 

57. Venga qui Marco Tullio Cicerone , ^ 
Disse la Maestà d'Apollo tanno. 
Quale venuto , e ppuosto ngenocchione 
Decette 9 eccomi Sire al tuo comahno ; 
Or fate un poco voi distinzione 1 

Febbo le replicaìe v de) come ^ e cquahnp^ 
Di questa Nobiltà tanto pregiata , 
Quale la vera sia , la più stimata . 

58. Chiamatevi , Signore Tiraquello , 
Le responnette Tullio nvolgare, 
Autor di gravitai se ben novello', 
Quale meglio di me ne può parlare t 
lochile non però stimai ben queHo , 
Che da • se sì saprà nobilitare , 

E *I nascere nobil sotto die' la Luna , 
E* beneficio sol della Fortuha . 
S9* Tiraquello respose ramantenente; 
Signore qui vi è Buono de Gurtile , , 
11 quale saitto n' ha distintamente % 
la un trattato de Iure civile ; 
Questo appianare vi potrà la mente » 
PercV ave ingegno più di me sottile; 
E Buono y quale stcva Uà becino , 
Respose a Ffebbo , e le pafrlaie UtiQO • 
VaUntino K 6a, 



%i% D E P E S A 

éo. Nobìlìtatis species est trìplex 9 
Prima stirpisi & sanguinis vocatur^ 
Et nobilìtas hac dìdtur sipUx (prosimpki 
Nec maximi momenti existìmatur; 
Secundaque virtutis, & est diplexy (prò duple 
Atque melior prima geputatur» 
Tenia mixta animi y & vìrtutis » 
Et est optima t cateris solutis • 

6u Apollo ntesa la destenzione 
De st' Autore massiccio « e eh' avea ditto 
Cose troppo squesite 9 e ttroppo bone , 
Respose 9 e disse singhe beneditto • 
Mi piace questa vostra opinione 
Assai più d*ogn* un' altro che n'hascrittq 
Ma della terza specie mi pare * 
Siano le nobiltadi o poche 9 o rare . 

tSi. Dicettero ciert' autre con ardenza % 
Chisto a lo stisso Parmo^ de se stisso 
Ha fatta na sfammata descennenza » e 
Che chi la legge nne remmane aidinlsso: 
Tiratene vuie mò la consequenza ^ 
Ora considerate vuie chi è cchisso; 
DoiKa chi d' isso non ha ditto bene 9 
Quale castico mmereta 9 e che ppene ? 

63^ Circa hpc homo iste non vanescit 9 
A ccbesto responnette Giovenale 9 
AVc ex hoc ejus gloria decresciti 
Ca sa che ddice « e nò le manca sale; 
Laus in ore proprio exordescii, 
E- chi da se se ]auda è n'anemale^ 
Ferrò chi sa che ddice , e lo ccoirprenne^ 
Senz9. che 'troppo parla 9 bè lo menne. 

64 



\ 



DE LA MÉZACANNA. ±19 

64. Ncoppa lo quarto Parma, uh che bcsbigliol 
Uh che cconfosione ? uh che rroina ! 
Uh che strilla! uh che alluc J»e! uh che greci- 
Ck)mme fosse sbottata nà latrina (gUol 
Io 'npenzarence sulo nne squaquigUo ^ 
Perchè ufi a le baiasse de cocina, 
Ed ogne Portarrobba ^ ogne bastasp 
Vennero pe mme dà muorze a Io naso* 
6$* Cappe- negre > Mercante; ed Aftescianef 
£ ppotecare 9 e ggeute de mestiere, 
Segnure , gente vile , e ppopolane t 
Cetatine native , e iTorastiere ; 
Che stevan' arraggiate comm' a ceatie i 
Pe mine sbranare 9 e creo ca voléntiere» 
Si la guardia Todesca Uà non c'era^ , 
Nce soccedea remmore , o quarche fFera • 
6ft. E nfra Tautre, si n' era no Todisco » 
Che de guardia steva Uà ppresente , 
Che mm' aiutaie > cierto ca stea frisco « 
Ca 'n vocca n' averrìa manco no dente ; 
Ma chìHo r atter rette co no sisco «. 
E le ffèce acquietare jnmantenente 9 
E dapò la libbarda arvoleianno, 
Cbille atterrette , e mme le vaie* d'affanno. 
67. Acquietate che ffiiieno tanta mmorre • 
De gente , e che sselenzio fu ffatto , 
Boccalino, che Uà facea d'Attorre, 
Che destimo parlassero ♦ fec'atto; 
Dica ogn' uno, isio disse, che l'occorre i 
E discorra da savio , e non da matto ^ 
Ma chi, che zzò già stevano aspettare f 
Ncignaino de sto muodo a spaposare. 

K A 63. 



«M D E F E S A 

é8' Segnore • avimmo fatta na gran vou» 
Contra de sto Poeta regnoluso. 
Che bò che non tenimmo la carrozza j 
Né la ^alessa > o caso desastruso ! 
Castecate sto ^apo de cocozza , 
Chisto.xnaledecente nvediuso, 
Chistot che ssempe pognei rodere ttarla» 
£ ffacite decreto» che non parla. 
€9. Satìsfaciti prìus cnditoribus , 
Respose Giovenale arditamente t 
Quìa currus non licct itbitoribus 9 
Ma sulo a echi de debete sta assente ; 
. lieque illis , qui vìvunt de lab^rìbus , 
Che n hanno » comm'a ddìre , pedamente^ 
Ca sta baggìanaria non serve a nniente 
Si pò li figlie restano pezziente . 
f o. Nec invidus altcrìus macremt 
Rebus opimis « comme disse Arazio » 
I^am omais pompa facile puttesdt 
S'avef^se trecient' anne « e cchiù de spaKiOf 
Moritur omne tatum , & senescii 
Ogné baggìanaria^ ca Titta è ssazio»' 
Chili de chillOf che tene la carrozza 9 
Xhe sarrà no gnorante > no sca^o^za. , 
fi. Venette pò no cierto gnorantone» 
£ ddecette » Segnore t cbist* ha fatto 
Nfra Tautre no grossisseroo marrone» 
Che chi lo legge» resta stopafatto; i 

^ Ditto non Taverna manco Sauzone » | 

^ Avènno scritte sott' a Io retratto 
Ko multo , che nzermpne latenisco » [ 

l^are.-the ddica> a ttutte v'atterrisco. 1 

fi. I 



DE LA MEZACANNA ; ^ii 

f%. Lo Cortese sautato 'n veszarria 9 
Respose 1 e ddisse , va » ca cheir è brenna^ 
Retratto , lo malan che Dì te dia 9 
Che rretratto ? la Cuna ) che te mpenna; 
Va t ca si no gnorante » e non fai^ cria , 
£ chi Io ddice , è ssigno , che no ntenn^ 
N' è lo rotratto nò , ca stiie 'n arrore , 
Lo scrìtto è chillo , che te dà tterrore. 

f 3« Dipo chesto comparae a ste ccontese 
No cierto spata t , e cappa de Leone t 
Azzoè , comm' a ddicere Franzese • 
Contrario de la nostra nazione ; 
Lo quale *n una cosa se defese » 
eh* io dhto male avea de Io yracoAe , 
Zzoè de Io bestire spsiinpahaio» 
Quale a la M«zacanna aggio tacciata. 

f 4. Ncbesto lo nnoratisseiso Spagnuolo 
Friesto mme defennette a spata tra tu » 
E ft^ttose cade io ferraiuolof 
Mese maUQ' a na spata corta 9 e ccbiatta 
Decenno ; caglia piccar verganzuolo , 
lo no. so 9 quien me tien,quenonte mattai 
Este hombre ha dicho bien« ha bien habladoi 
Quien dize lo contrario 9 es sbergonzado • 

t$. I^ povero Franzese guano guatto 
Senza pepetà cchiù se la sbegnàje t 
Ed Apollo de cchiù le die Io sfratto; 
Ca vole a lo Rrè nnuostro bene assajef 
£ pò fece no hanno co no patto 9 
Ch'a la presenzia soia nnaterno maje^ 
Nullo se vesta d' autra forma 9 e ssola 
£he s« vesu polito a la Spagnola * 

9^ y f « 



^tt 1> E F E S A 

76 Quantio io viddCf ch'Apollo dcfònneva 
La Parte Spagnolesca , pigliaje anno , . 
£ ntra la mente mia cossi ddeceva^ 
Mo si ca pozzo fa quarch' autro Parmo \ 
E soti'uocchie m^addono , che scriveva 

. Co no scarpiel!o acoppa de no marmo 
Trojano Boccaliao 9 t rregestrara 
Quanto Apollo deceva ^ e commannjvaì 

^7.* Appriesso pò comparii no Toscano 
Pe ttutta quanta r oneyerzetato 
De la Crusca ^ decenno per certauo , 
Costui meriterebbe gran sassate / 
Che volendo parlare. Italiano 
Con barbare parole ha già fiuute 
cr idiomi cmscheschi, e peritate 
Non ha curato « e pensa berlingare « 

78. Per questo supplichiamo Vostr' Alteizar" 
Comandar sotto pena di pugnazzi 9 

Che poeta ^ o persona non avvezza 
A voci sute in uso , e' imbarazzi ; 
Costui con usitar la sua goifezza^ 
Vuol'i Toschi arbitrar da quattro a mani; 
Fate Signore in questo Concistorio t 
£ ssoccorrete 9 e ddateci. ajutorio * 

79. Apollo quanno. mese sto pparlare 9 
Crediteme ca s' appe a scevofire t 

Ca de riso pe ccìerto appe a ccreparct 
£ le Mmuse n' averterò a mmorire ; 
Po Febbo disse a Ddante , che vi pare r 
Imendete costui quel che vuol dire ? 
Dichiarale^ voi , perchè a voi tocca » 
Ch'i© peìr.me non n'incendo «oa spagUocca. 

8e.Dati- 



,DE LA MEZACANNA; -M| 

to. Dante disse, Segaere, e Duce etemo 
Non si voglia per questo conturbare * 
Perchè costui non sa P usò moderno $ 
E la forma del nuovo poetare; 
Però per quel eh' al mio parer discernOf. 
Atteso non si sa bene esplicare « 
Vuol dir , che questo tal Napolitano, 
Dovea cantando scrivere in Toscano. 

8i. Perchè con quelle voci, par che vogUi( 
Spreggiar br Idioma sì polito ^ 
E trattar i Toscan da Zucandoglia 
Com' ei fusse di quelli più perito ; 
Per questo il Tosco parmi che si doglia i 
E ne senta dolor quasi infinito» 
Che con questo parlar così la Crusca 
Vogli vituperar come V Etrusca . . 

1^* E ha ca staie mbriaco > lo Cortese $ 
Co lUcieniia d^ Apollo le respbse * 
£ se pe cchiste vuoie piglia la mprese. 
Da 'mo può i a ppescare a le bavose ; 
Parlammo a ir uso nuie de lo Palese 
NuostO) e ddecimo assale tchiù meglio cose^ 
Che fuorze n*hanno dittò tale » e ouale , 
Che non so ddigne de cauzà stivale • 

C3. Lo Grieco parla Grieco « e lo Latina 
Parla comme se deve latinisco , 
Chi è de Sciorenza parla Sciorentino , 
E li Todische parlano Todisco ; 
Pe cchestò ha ffatto buono Valentino; 
Che pozza sempe sta cheli' arma nfrlsco | 
E dapò chi lo sforza 1 e echi lo mpigna 
Fare quanno a* è lUzeto la scigoa? 

^ 4 84.6ra4 



Ì24 D E P E S A 

(4. Bravo respose Apollo , hai detto bene 9 
Ed hai certo risposto con prudenza. 
Perchè le mie scanzie son tutte piene 
Di Poesia Toscana , e di Provenza ; 
^Però de' pari suoi., par che le vene 
Abbia affatto perduto la semenza • 
Atteso ogn'ora qui compare un Tosco i 
E de' Partenopei pochi conosco . 

^5* Segnore 9 cierte Sdamme a la nterlice 9 
Dissero, chisio vò che li crejate 
Kg nhe tenimmo tanta , e ssempe dice » 
Le spese sonco assaje , e ppoco ntrate ; 

4 '<^g no baiimmo manco pe n* alice. 
^imrno senza jodizejo 9 e stralunate; 
Besogna fa accossì , ca se sparagna , 
Poco se spenne , e mmuto se guadagna » 

fé. Chessa è cconzurta proprio de no frate i 
Bespose Apollo , e sse crepaie de riso: 
Lo bene nchesta forma nquantetate 
Potité ave sentenno chisto aviso : 
Orsù no echio pparole 9 sparagnate , 
E cquantd avite ditio avimmo nciso ; 
Fate così al fin , e m intendete > 
E non vi querelate dì Poete . 

87; Apollo pò non potte cchìù soffrire 
Tanta doglie de capo , e ttanta ntriche f 
Perch'era notte» e bolea ) a ddormire . 
Ca le stelle parevano formiche; 
No cchiù chidcchiare via 9 diamo a finirei 
Decette; e diamo fine a tante brìche ; 
' Si chiamino via presto i Consiglieri , 
Acciò dicano in questo i lor pareri. 

88.U 



DE LÀ MEZACAmA: iif 

S8. lì CcHizegliere Cirnt> Vorpianoi 
Accurzio, Nerazio, e Mmamano, 
Caio , Marciello , Cierzov.e Giuliano J 
Sorpizio t Varo 9 ed Ermogeniano ; 

^ E eco chiste porzi Papiniano> 
Scevola, Calestrato, ed AfrecanOf 
Legeslature de I^ antica etate 9 
£ pe ttutto lo Mutino iuioQ)menate ; 

99 Paolo de Castro , Bartolo 9 Aretino » 
Baldo , Cravetta , Ripa, ed Ancaranof 
lesone • Oltrado > Zasio^ e Ssoccino , 
Tiraquello , Panormitat e Ccomano,. 
Dezio 9 Cassaneo 9 Boerio , e Ddino 9 
Capece , Belta-Perteca , e Rromano , 
Eoam'auire Dotture? e Ddottorìcchie ; 
Che se bè non contate 9 fumo paricchk» 

fOe Filino chiammate, e bennero volanno,* 
Gh* Apollo, quanno vo9se fe stemare» 
Ed arreVate ; pronti al tuo condanno 9 
Dissero» eccoci qui, cb^abbiam da faref 
Apollo replicare tanno pe ttanno; 
Io so ben eh' assai pochi appareggiare • 

j. Vi possono nei Mondo t ed ho raguagfio t 
Che disccrnete la fico dall' aglio. 

j^i Voi dunque tutti 9 che sq[uadrate i testai 
E fate chiaro con il vostro ingepio » . 
E con glose , paragrafi, e digesti r 
Già di Minerva governate il Regno; 
Or £ate la sentenza pronti , e presti 
In favor dì chi più ne sarà degno & 1 
Lì quale reteratese ntf assenta 
Fecero de sta forma la jsettenia # 



fja« DE FÉ» A - 

92 ^5/5 videndis , a$que petqidsUis 
Omnibus aclis\ una cum scrìpturìs ; 
Et Parnbtts adversis quoque auiitis t 
VaUntinum invemmus in punsi 
pMndem ideoque ab impcrtids 
Liberamus ^ absolvimus , ut juris j 
Proinde adverste pattts repellantuf ^ 
Et nullo modo prorsus audtnntur . 

93. Avuta U settenzia nfavore ♦ 

Rengrazio AppUo , e cchille ConzegUere » 
De la Jostizia nzieme , e de lo nnore 
Fatto a no zemprcconct a no sommiere; 
. Po mme votaje a cchillo gran Segnore > 
Che ddespenza le ggrazie volentieri» 
Decenno» Vost' Autezza si commanna^ 
Faciteme zecca la Mezacanna • 

54* Venga, decettc Apollo , il Caporiale,. 
Uomo nelle misure esperto ^ e saggio»- 
Che l'ho stimato, e stimerò per tale 
'Per fin che dura il mio potente raggio; 
Io con Tiha voglio esser liberale , 
E per questo va farli un beveraggio ^ ^ 

,^E vò che veda l'opra, e che la zecchi t 
A dispetto del mortdOf e de? suoi Becchi 

#fi. Cesare Caporale la ieggette 

N\amra vota da capo, e ddisse, ©bravo, 
Chesta n*è Mmezacanna , so Ppannette» 
Si Ddio mme* guarde H'arma de mio vavW 
Ckrto ca ponno 1 pe le ggazkette» 
Ei>asonnom€ disse , te so schiavo t 
Ca parie chiaro, chiatto, franco , e ttuono, 

' E si >è figlie grancie 1 pische a ffanno. 



• 



DE LA MEZACAKNA: lif 

§6. Che perirò te la zecco de buon' armo» 
Co lo sigillo de r eternìtate , 
Primmo, Secunno, Tierzo , e Quarto Parmo» 
Comme d'oro massiccio , e pò nnaurato ; 
A ttavola d'aurunzo, e non de marmo» 
Azzò siano nnatemo conzarvate 9 
E pe fFede , car già t' aggio revisto 
Sto Poemma a Io G. te Io registo. 
97. En frutto pò zeccata eh' appe chella/ 
Tiratome* da banna> disse Jnentet ^ 

Ca pe la fa parere assale cchiù bella t 
Te dongo scritte cierte documiente; 
Cossi mme conzegnaie na cartoscella » 
Dove erano paricchie avertemiente », 
Azzò meglio sprecannonìe > potesse 
Aggiìiognere,e mmancà zzo che io volessii; 
"^S* Voz' io tanno paga la zeccatura > 
Ma chillo Uà mme fece no vernacchip t 
£ pò mme reprecaie co na sbravura» 
• Te cride tu, ch'io sia qvtarchei Boziacchicff' 
Mparnaso quann'è gh^usta la mesura, 
\Non se paga né ppennat né ppennacchio 9. 
Perchè a sti luoche non regna malizia t 
Né se venne , o s' attacca la Jostizia . • 
ff^ Vennero vanno a fa prejezza , e fFestj^ 
L'ammice a rratlegrarese co mmico> 
Comme chi scappai* è da na tempesta, 
O che sciut' é da quarche gruosso ntrica; 
O comme chi scappato è dda la Pesta ^ 
£d allegrezza nn' ha cchiù de n* ammico « 
O comme quanno chi s'è addottorato. 
Che da chisto , e da chillo eie abbracciato. 
& 6 ioo.Uà 



ai» DEPESA DE LA MEZAC 

iQQ. Lia otra Io Cortese, e Ccicco Giusto » 
Vediette puro Titta BreazzanOf 
Che ddevano ad Apollo spasso > e ggusto 
Co lo bello parla Napoletano ; 
Li quale noe che beddero sto fusto* 
Mme vennero a ^pigliare pe la mano » 
E ddissero , palesano benvenuto , 
De te vedere ogn' uno steà speruto • 

IDI Ora si fosse granne l'amarezza 
De li male contiente , e de nnommice t 
Ora sì fosse granne la pre lenza 
Non solamente mia > ma de 1* ammice > 
L' abbesogna passa co ssegretezza , 
Perchè non è ccreduto chi lo ddice; 
Nzomma restale contento de manerat 

. Comm' a cchiUg eh' è sciuto da Galern ; 



Scorrtpetura ie la Defcsa di U 
Meiacanna • 



te 



90 

LO 



COMMANNO 

D' APOLLO- 



Assoluto da cheste bagattelle 9 
Apollo stantemente mme commanna i 
Nfrocecato poni da le Ssoreiley 
Che le stevano rente da na banna ; 
E ddisse^ canta ornai cose più belle 9 
Già che grata mi fu la Me{acanna , 
Che con stil più fecondo « e miglior metto 
Vò far cantarti 9 e con più dolce pletrò • 

4. Io che cchiù de no Ruospo> o no Scorzoni 
Stea de venino tutto ntossecato, 
Si bè ca stava nnante a lo Patrone f 
Mme parz' a mme da fare lo mosciato ; 
£ ttanto cchiù 9 perchè nn' avea raggioue;» 
Ca p' ave co le Mmuse prattecato , 
£ da che faccio st' arte de Poeta 
Mme moro de la famma , e. de la seta» 

3. Mertè li RoiFeiané , e li BofFune , 
Che so prezzate assaie lo juorno d* oje » 
£ eco TAdolature li spiane , 
Che so stemmate comme tanta giojé; 
Chiste ccà de lo Munuo so ppatruìie» 
La Poe$ia cbed' è Biiella o Voje ? 
Perzò decenno co llecienzia vostdt 
Ad Apollo io facette su resposta • 

4. Uxm 



a3J> LO COMMANNO 

.4* Mme perdona^ Segnore^ Vost' Autezz^^ 
Ca non so cchiù* pe scrivere na tacca > 
Si mme disse de Crasso la recchezza, 
O mme disse ogne bìerzo na patacca; 
Dater a chi la vò sta contentezza , 

^ Facciala chi la vò st'arte vegliacca, 
Cchiù priesto voglio fare lo Boffonei 
Ca fuorze avanzo de connezione. 

jf. Ca de le scienzie» e arte leberale> 
La cchiù ppezzente è la Filosofìa , 
Accompagnata nzieme co la quale 
Senza cauzune va la Poesia ; 
£ ir una 1 e U'auta sta senza pedale , . 
Ca la necessetà l' è mmamma , e zia ^ 
.£ spisso vene manco a ste pperzone 
Zzò che ntavola resta a no BofFone* 

tf; Né 8SÒ cchiù chille tiempe già passate^ 
Ch' erano ntanto priezzo li Poete i 
Da Conine» e da Princepe stemmate, 
Comme si state fossero Profete ; 
Né manco nce so cchiù li Mecenate, 
Che li vierze cagnavano a mmonete : 
No nce so cchiù chili' uommeoe, che fForOi 
Che devano pe bierze argiento , e oro . 

7» Nfrutto no nce- so cchiù chelle pperzone i 
Qual'eran'a lo Manno utiempo antico, 
Che mmagnà non poteano no voccone , 
Quanno no ne' era no Poeta ammico ; 
Mo si non hanno accanto no boffone , 
Non se ponno magna manco na fico ; 
E si resta volìte stopafatto , 
Vonno de lo Boffone lo retratto.. 

8. Per- 



D' A P O L L 0. i^ 

A^ Pèrzò sbeluta s' è la poesia * 
Perzò se trova dinto a li spelale « 
É ddinto le Tta venie, arrasso sia, 
E pe li Banche , e p' ogne Trebonale ^ 
Pe tiuttf li cantane , e piogne^ bia 
Nce songo cchiù Ppoete , che Cc^c^Iet 
E de cchiù no ne* è Corte de ScgnbfCt 
Che ao poeta n' ha pe sserveiore . \ 

9» Cht fa lo Scarco , e chi fa lo VraccierOy 
Ghi lo SinnecQ fa, chi TAsattore, j 
Chi fa lo Maggìordomrao , o CammaclcrOt 
E chi sta sotto nomme de Fattore; 
Chi vace , e bene a muodo de Cornerò f 
Chi fa lo Guaco , e chi lo Gonipratore » 
Si puro qualche bo^a non facesfse 
Lo Romma; Febbo disse, che ttacesse* 

IO.. Nce ne so pe ste sbarre, e ste ggabellet 
Ch* astri tte da la gran nece!^setate 
Stanno, pe s* abboscare doie panellet 
Ch'a bederele cierto è na pietate; 
Vide s' hanno contrarie isse le stelle^ 
E ccomme li Poete eie so tirattacev 
Che non ponno trova nnorata stanza » 
Merzè; de l' Avarizia , e la Gnorania . 

X X. Me ccosa^ ne' è, che mmanefesta, e cchiark 
. No ve sia potentissimo Segnore , ^ 

Repreeaìe , già eh' Andrea de 1' Anguellara 
Morette a Rromma comin'a sserfetore^ 
E lo nuosto famuso Sannazaro , 
Besognuso* moil con gran dolore ; 
L'Ariosto, e lo Tasso li meschine» 
Non morettero misere» e ttapine? 

!*• lo 



ft9« LO COMMANNO 

12. Io che mparaggio a cchiste so no niente^ 
Io che so no sciaurato 9 no gnorante y 

Io eh' a pparo de st* uommene saccieme ^ 
So 9 non dico Poeta 9 ma Pedante ; 
Chiste addonca con essere valiente, 
Appero la Fortuna poco amante ; 
Io mò che* mme canosco p' anemale % 
Dubbeto non morire a lo spetale* 

13. De cchiù, rAuteua Vost*ave già mise, 
^i .contraste 9 li riepete^ e P accuse * 
Fatemme da frabutte , e spoglia^-mpìse » 

£ da cìerte gnorante scropoiuse; ^ 
Creparraggio Io fegat' anne , e mmise 9 
£ menale abeto cagnano le Mmuse > 
Ma dopò gran trapa'^ze > afianne, e ntriche^ 
Perdo Il'uoglio y lo suonno^ e le ffatiche* 

14. e; pò de cchiù mrae vonno sennecare 
Cìerte eh' a ppena sanno l' A.B.C. 

£ ccierte che non sanno comperare , 
Che gnorante saranno cchiù de me ; 
Donca pe v' obbedire 9 aggio da stare 
Sottapuosto* a gnorante , ne lo ve ; . 
Ora non sia pe dditto , e no mme sona » 
Nchesto l'Autezza Vostra rame perdona^ 

'I5, No nce metto le spese , e li denare % 
^he ppe stampa se spenneno a la stona; 

. E si lesto no staje a lo ppagare^ 
Abbesogna mpegnarete pe fforza: 
A bosr Auteaza donca che le pare ? 
Perchè devo gliotti ste mmale morza? 
•Addronca che mme serve sto trcantare^ 
^cbitto p^ ccrepì V arma 9 e pe mpe^nare ? 

i6. Ma 



1> A P O L L O. 15^ 

té. Ma tutto chesto te, noiv-sia pe dditto | 
E che nfunno de maro sia jettato. 
Pozza scriare^ e se nne vava a mmitto 
Tanto ntetesse ch^atnmanca lo sciato; 
Ferrò mme dà fastidio chesto schittOi 
Ca U Poete if oie hanno acquestato 
No brutto nome^che sta nvocca à ogu'uno| 
Ferrò de st* arte vorrìa sta dejuno . 
17. Apollo mò, che ppenetra le stelle» 
"Mmé ntese a xinno, e'ppriesto mme rcspose^ 
Decenno ^ cibò , son queste bagattelle > 
Né mi fate sentir più queste cose i 
Son queste dicerie di genterelle , 
Di persone ignoranti , e invidiose; 
• E poi > chi con quel nome fur tacciati j 

Furo i Poeti dell'antiche etati- 
*8. Jeva cercanno già pe mme nne ire, 
Pe ppotè fa de manco de cantare ; 
Ma non sapeva dove rome spartire § 
Nà che mmuodo tene pe mme scusare} 
Voleva j, e non poteva contradire » 
Né ssapea tra me stisso y che mme fitre t 
Po non potenno chiù 1 disse , Segnòre « 
Voglio cchiìl priesto sta pe sservetore. 
^9. Voglio cchiù ppriesto fa loSagliemmanco» 
O voglio fare lo Commeddeiame, 
Perchè tanno parla pozzo cchiù fFranco ; 
E nnuUo mme farrà lo soprastante ; 
Che facenno cossi fuorze a Io mmanco ; 
Comme a il' aatre 9 m* abbusco li contante} 
Dicano zzò che bonno le pperzòne» 
Perchè nfrutt* ogne ccosa k openeone. • 



ij4 LO COMMANNO 

izO' O che mmeglio me fosse scesa gotts^ 
Qaanno m' asci da vocca sta parola , 
O.puro comm* a ddicere da sotta 
Mine fosse scinta quarche fommarola > 
Perchè Apollo sbsiuose de bottai 
Justo comm* a n' auciello ^anno vola 9 
S' autaie nfi a cquatto parme* e cchiù da terrai 
E nforiato sto locigno aiFena : 

ifti. L'opinion tu già V hai rifiutata « 
Ben mi ricordo al palmo dell' Onore t 
Ed hai pur detto 9 che vien reprobata $ 
Perchè in effetto egli è commàne errore; 
Oggi quella ti set dimenticata y 
Dì donde nasce questo balordore? 
Apri gli orecchi , intendi quel eh' io dico i 
Poich' ancor tu inciampasti in quesf intrico. 

Ì22. E disse : io tengo pe na Pappamosca 
Quello , che di virtù n* è dilettoso , 
£ che sia cosi ignaro ^ e non conosca i 
Che virtù sola far lo può famoso ; 
Con tal parlar mi fai salir la mosca 9 
Deh via siate di gloria ambizioso > 
E ssequetanno sto pparlare disse 
Sta setteniia , la quale io mme la scrisse -^ 

ij.'Nòn saie tu» che due cose ponno fare 
Vìver r uomo nel Mondo eternamente « 
E lo ponno per sempre immortalare f 
O sia da me lontano, o sia presente; 
Una quanno fa cose "singolare « 
Degne d' essere lette da la gente , 
L'altra quanno fa l'uomo cose invitte ^ 
Degne da buooe penne essere $critte ? 

^4- t 



D* A P O L L O. 2)i 

14« E perchè quel Poema e* hai Itt fatto » 
Certo 9 che l'hanno avuto a caro imtti« 
Ed io ne soa rimasto stupefatto 
Gus tanno si maturi, e nobil frutti; 
Canta 9 ch'io ti prometto con un patto t 
A dispetto de/ zanni , e de* frabutti « 
Che non ne passerà meno d*un mesei 
Farete appareggìà con il Cortese . 
^S* Atteso' ^^esto^stil molto mi placet 
Mi diletta 'pQÙ molto anche il linguaggio»^ 
£ sopra tutto ancor mi sodisface 
La rima più d'ogn' altro di vantaggio; 
So pur che di cantar non ti dispiace f 
£ spero con T ajuto del mio raggio t ] 
In questo stil di renderti immortale» 
Però ed condìmemo del tuo sale. 
^6* Ma perchè quanno prega no Segnore 
Cchiù de na vota» tanno te commanna t 
Obbedisco ^ io respose de buon core 9 
Ed ogne ffantasia metto da banna ; 
Ferrò voglio da vuie n' auto faore » 
£ mmettiteme pò no £errd ncanna , 
E si so mpertenente , lei mme scusa > 
Decitem'a chi dedeco sta Musa? 
A7. Or tu mi fai veder , che 1 Mondo tuU9 
Sia già finito , e non vi siano genti 9 
A chi piaccia si degno , e nobil frutto t 
Forse non vi son uomini imendeiiti ? 
O ptt-r* egli sarà quasi distrutto» 
Che per te premiar siano impotenti? 
Dimmi^ or <u la ragion dunque qual' è ? 
A che fin ul di;nanda ? di t perche ? 

.4 



2^6 LO COMMANNO 

^S. Cossi decette Apollo nforiato « • 
Ma jettanno daruocchiesciammeieffuocO) 
Ed io vedenno chesto ammarecato 
Volea foire , e non sapea 'nche llvioco ; 
Ma quanno vidde « eh' era sforìato « 
Quam* avea ditto mme lo piglio a ghiuoco; 
£ eco pparlard 4emoruso 9 e onesto, 
A lo pperchè , le responnette ^esto • 

«9. Ca se dedeco a rricco 1 co q^ranza « 
Che mm' aiut* a la statnpat ito nce sente ; 
Respose , perch* è avaro , e n' ha crejanza» 
£ pe tire calle te darria no dente ; 
Si dedeco a chi sa , non ha possanza t 
Ca sarrà cchiù de me fuorze pezzente » 
£ cossi fatecanno senz' abbiento « 
Fatecarraggio sempe pe Io vientò. 

$0. Ca ne* è offimo , che llesto te darria 
N* nocchio de facce primma « che te dess0 
Na gentilezza , o na galantaria' 9 
Perchè lo scanna ncanna lo nteréssé ; 
L* uommene se so date nguktaria > 
£ lo bolesse Ddìo, che nne tnentesse i 
Perchè stimmano vizie le bertute 9 
£ li cchiù biziuse «pe ssapute . 

SX. O si l'opera duone a no zerrone, 
Credcnnoie d' averne <juarche ffirutto f 
Chillo lo piglia p* obbrecazione , 
E se nne passa bello zitto , e mmutto f 
Mzomma s' è pperza la descrezzione* 
La crejahza vestuta va de lutto « * 
Si piuo da chi sa « che n ha mesura 
Fatta non mme sarrà guarcbe censura . 

3» 



!>• A P O L L O. %^t 

5 a- Com' è possibil questo » e fia pur vero? 
Oimè che dici ? io qui resto conquìso , 
Tu rai vuoi far vedere il bianco neio i 
Respose Apollo co tturbato viso ; 
£. se in ciò ti ritrovo veritiero. 
Avendone d'altronde qualche aviso ; 
A dispetia del Mondo empio avaronò 
Vò farne un'aspra dimostrazione. 
33« Ferrò basta che sia T opera degna» 
O che vi sia > o no dedicatoria > 
Né vò ch'alcun Poeta più s'impegna 
A far de' fatti altrui nulla memoiia ^ 
Ma sol nella sostanzia s* ingegna , 
Attero ogn altrà^ CQsa è frustatoria > 
£ vqì con questo sarete contenti i 
£d io non sentirò tanti lamenti. 
24. Oltre che per non stare a tanti guai^ - 
Fatò ben presto un hanno pubblicare» 
Che Poeta nessun , né mò . né inai ' 
Incorra in pena per non dedicare; 
Per qqesta volta sola tu potrai 
A chi ti pare 9 e piace dedicare» 
£ se far non lo vuoi 1 tu sei padrone» 
Ca non pej questo n'anderai priggione. 
IS- Ma io cchiù ppruntp responnette appries»)» 
£ disse » vorria n'aotra contantezza « 
È ve straprego , che mme sia conciesso 
St* opera dedecarla a Vost' Autezza ; 
Ca no ve voglio fa quarche^ prociesso » 
Ma quatto, o cinco ottave p* allegrezza» 
Ca Marone porrla , non Valentino 
De. li groli^ Yoste parla inchino . 



9)8 LO COMMÀNNO , 

)6. Né ppe chesio , Segnore , te sdegnare r 
Già che si ttutto amore ^ t cortesia ^ 
De sta goffezza mia , de sto pparlare , 
Pocca vuie acco6«l la Musa mia ; ^ 
Io non preieiitio de v* ammortaiare 9 
Ca pe sta penna ccà sarria pazzia 9 
Ca lo vuostro sbrannore è ttanto , e ttale 
Che da se ^tisso tatco s' è mmortale • 

^2. Isso co flfaccie allegra « e bocca a rriso 
Non disse sì , né nò , ma stette zitto ; 
Ed io ntra me <lecenno ^ f aggio ntiso 9 
Perchè chi tace afferma ^ trovo scritto ; 
Boccalino porzl rome dette avìso 
Co na zennata ^ che mme fece schitto f 
Ed io co 11' uocchie vascie , e sottomìsse 1 
Votatoroe ad Apollo , cossi ddisse* 

58. O tle li Cavaliere accoppatura* 
Azzellente , e mmagnanemo Segnorc 
Tu ehe mentte Io Munno gira , e * >rat 
Si de tutta la Talia auto sbranno^^:. 
Scarfa co li tuie raggie sta freddin "^r 
Pe cqaanto te so schiavo 9 e s$e*< «tore; 
E s' attrevisco tanto 9 è pperchè 10 
Conosco vuie pe bero Apollo mio* 

.39. £ che buie site Apollo veramente 9 
Lo ssanno tutte, e non è ccosa nova^ 
Pecca li requesite competente 
Songò già cchiare ^ ed eccone la prova ; 
Perchè s* Apollo è ppatre de veveme , 
-Che co II ragge a chi resguarda giovai 
Quanno Vosr' Arzellenzia tette mente 1 
Sa co n'occhiata consola k geme* 

4<^ 



D* A P O L L O ; tt9 

45. S* Apollo è bello , comm'a cchillo wcora 
' L' Axzellenzia-Vosta è bell'assaje, 
E sì la luce soja tutte nnammoraf 
' Tu tutt' Auropa nnammorata Taje ; 
S' Apollo nnani' ad isso ave 1' Aurora ; 
E tu co cchella accompagnata sta je , 
E s' Apollo sbrennente assaie ^e mostra i 
'" Non pò arrenare a V Aizellenzia Vostra . 

41. S' Apollo co le Mmuse allegramente 
' Sta d' ogne ttjempo ncommertazione , 
E ttanno sta festante, e sta contente» 
Quanno sente Poerame . e ccose bone ; 
U Axzelleniia Vòstra veramente 
Stace puro co Apollo a pparaone , 
Perchè si chillo è de le Mmuse aminico, 
Le Mmuse d'ogne ttiempio so co ttico. 
<?s^. Le Mmuse autro non so, che le benute, 
r k Scienxìe , e 11* Arte leberale » 
'J:^ìc vanno pe Tuommene spartute, 
*^^*^'\ n'ha una, chi doie, chi manco sale; 
I *^Ma Vosf Azzellentia possedute 
S6^?Kitte quante pe bertù fatale , 
PerrX; la Poesia , nfra tutte <}uaTìte 
Ve mantene cchiù alliegro , e cchiù ffestante* 
43. E s* Apollo amma assaie la Poesìa, 
E li Poete puro estremamente: 
De qualonca carata , che se sia , 
O sia vascio , o mezano , o sia emenénte ; 
Io puro spero , eh' a sta gofFaria 
L' Azzellenzià Vosu tengo mente ; 
E si quanto die' io non va no zero , 
So Àzzellenzia une piglia Io penziero* 

44- 



140 . tO COMMANNO 

44. Mt la Musa spezianno sto pparlare, 
Mme disse , liiio . co lo dito 'n vocca 9 
Co chi te cride tiv de contrattare , 

Ch' aie com«i€n7atO a fa ssa felastrocca ? 
Era cosa pe tte p«opio laudare 
N' Eroe «i gianne co ssa lengua scioccai? 
,Piezzo de catapìeiio , Mammarone , 
V Fiiss' Eimiift t Te;eniio , o lo Marone ? 

45. Apollo non pe' cchesto se sdegnaje^ 
Perch'è Ssegnore sopra li Segnare^ 

£ li gnorant^ compiatesce assaje * 
£ ddace a cchille a ttommola favure; 
Ma puro a pprimma faccie tn' agghiajajet 
E mme se comnioyettero V omure ; 
Ferrò co ttutto chesto mme sforzaje 9 
E <:hist' auire otto viene sequetaje . 

'46. A buie dònca, Segnore-» chesta Musa> 
A buie Ip ngiegfìo . la mammoria ^ e U'arte ^ 
A buie sta roz^a mente mìa confusa, 
£ Tangresta , e la penna «e ccheste ccarte 
Ve dono* e v' apprcsento . ma mme scusa^ 
S' avesse fatto arrore nquarche pparte ; 
£ ttanto spero da no gran Segnore* 
Ch* è uso a pperdonà chi face arrore . 

47- E isso nchello stante responnette , 
Co cchella bella faccia resbrannente , 
E co belle parole mme decette , 
Affé te SI pportaro da valente ; ^ 
Dapò na cewx porveca mme détte » 
Che mir.t^ rt^ce sei mise sta contente; 
Ma cbeilo (Ve rnoiaie desto Scgnorc , 
Fu la gran cortesia 1 lo grana' amniore . 

48. 



D' APOLLO. 441 

48. Io tanno tutto chino de prejezza , 
Mme votaie n&ccie a cchella Maiestate^ 
Decenhole ^ rengraxio Vost Autezza -* 
De le grazie da me non meretate ; ' 
Ed isso 9 quar è tutta gentilezza « 
Mme disse* te l^aie certo mmeritate, 
£ di quanto hai bisogno vedi 9 e penza t 
Che m'avrai pronto in ogni tua occorrenza • 
49* V^ so schiavo 9 io respose « gran Segnor^ t 
Né ve pozzo co Uengua ngraziare , 
Ma co lo proprio sango tanto nnore » 
Che mme facite^ vorria compenzare;' 
Ferrò voglio da vuie n' antro faoré 9 
Pe cquanto le Ssorelle ve so ccaret 
Dateme na materia, che ccantata 
Maie da nullo Poeta non sia stata. 

50. Ca pe ttanta Poete nzanetate, 

E Ccrusche , e Ttosche , e Ttrusche , e Fora-» 
Pe ve dire lo vero 1 so asseccate ( stiere > 
Tutte le mmenziune , e li penziere ; 
Né nce so ccose 9 quale reprecate 
Non sian'oie, perrò dette da Tautr'ière, 
Nzotnma quanto se stampa , e bace attuorno 
Liegge che buò 9 ca semp' è no taluorno • 

51. Sarva pace perrò de chille tale 

Ch* hanno scritto 9 ma scritto co ssodezza » 
Azzoè a ddi 9 co lo stile natotale 9 
Comme nce V ha conciesso , Vost' Autezza ; 
£ non comm' a cciert' aute tal*, e cquale 9 
Che co na faccie tosta» e co fFranchezza 
Arrobbanò penziere 9 e mmenzeiune . 
E so ttanta Papucchie» e gnorantune. 
Vdcmino L S^* 



'*A* tO JCOMMANNO ' 

L Penò se mme voliti, fa faore, 
Datcme no soggetto quale sia 
Ì2 gusto achilolegge.eammedtaimora, 
SenM di male de la pama mia ; 
Alzò non senu quarche rrecramore 
L*Autma Vesta ,• ed io contemo sua . 
Sen?aVè cchiù cquarere, e miwnco accuse, 

E che non «e »"«, '^f P«» V«ona 
-, Io ti giuro per l' alma di L*tona , 
^'beceSie Vuo . che ti vogUo dar. 
Una Materia certo inolto b"?*^' _. 
Ch*a nessuno l'ho fatta mai canurc. 
Questa al sicuro porterà corona , 
Certo che sarà cosa «"8?^»'? ♦ 

Come se luw*.*»**^ i»«verai5 

Dimanda pur che vuot» <§« Jj^verai, 
Né da me certamente tu u pa"f ' . 

Vorria ii'autto faore, e ve re » 

Che Uiceto mme sia na co»» ^"'V. . 
StQscauoarrepewi.quarchepparoU- ^^ 



ly APO LI O. A43 

j6. Coitttne ca comiàerieio co ggente bpne^ 
Co ttutto ca non vaglio tìo cavallo » 
Voglio perzò dà saggio a le pperzone ; 
Ca saccio io puro fa lo Pappagallo ; 
Dateme addonca chestt^ sfazione , ' 
Aztò non me sia ditto, aie fatto fallo ^ 
Ca do cchesta lecienzia sòr scudato , 
Dico che boglio^ e non riné so ttacciatOf 

5f. Ed isso , che nnegà non sa piacere 
A chi nce T addommanna justc , e oneste^ 
Respose , e ddisse ; molto volentìere , 
Perch* a i meriti tuoi nulla son queste j 
Né tal domanda è fuori del dovere > 
Atteso Topre quando son conteste * 
Di variate foggie , e più colori; 
Sollevano la mente, ed anco ì cuòri . 

58. Ed io quale co Apollo m' era fatto 
Quase frate carnale , mme credette 

De .lo pigliare a ppoco a ppoco a ppatto? 
E eco la confedenzia fé decette : 
Già che m' avite ntutto sodesfatto , 
No rome facite sta le borze nette , 
Ferrò soppreco , e pprego Vosi* Auteizà l 
Mme faccia sta no poco co allegrezza* 

59. Azzò mme. pozza fare 110 vestito 

De velluto , o de raso tramezzato , ^^ 
Ca co ghi cchiù ggalante , e ochiù ppoHto 
Sarria cchiù benvoluto , e -cchiù stemato ; 
Ched* è ca mme levate st* appetito , 
Ca no ve cerco fiiorze qùarche stato ^ 
Né no palazzo » b quarcne mmassaria > 
Ma la decora de la Poesia ? ^ • 

L ^ (S9 



344 LO COMMANNO 

60. Sei forse Saltiubanco , o Ciarlatano? 
Quase aderato Apollo mme respose , 
Vuoi forse acquista nome di baggiano , 
Con veste a te non lecite , e pompose f 
Sia da te dunque tal pensier lontano, 
E chiedimi che vuoi, non queste cose. 
Atteso è de' Filosofi, e Poeti, . 
U vestir parco , e 1 vivere discreu. 
et. Però ti dico, non sperar d; avere 
Denarr, e poesia , che V ha» sgarrata, 
Fa che passi da te cotal pensiere. 
Che non van questi, e quella accompagnata, 

Perchè dov' è virtù , devi sapere , 
ta Fortuna si mostra sempre ingrata, 
Ma dove son ricchezze , e son denare 
Mai vera Poesia si può trovare . 
6a. La Povertate è mal rimediabile , 
Che con gran faciltà si può guarire. 
Ed è per certo cosa sopportabile , 
Che ben si può da tutti soffeiirc: 
Sol 3'4noraJza è mal più ch'incurabile, 
Il quai.da tutti devesi abborrire, 
E ti «onchiudo, intendimi m sostanza, 

Maglio è la povertà , che 1* 'g««"Se 
43. & ricchezze svaniscono , e con que 'e 
■De ricchi anche svanisce a "'««'Sé. 
ta virtù sola, meiufin Ciel son steUe. 
Pura nel Mondo in sempr' eterna glona. 
- L' altre cose son tutte bagattelle , 
' »on degne mìjntovarsi nell «tona , 
Smentivate, non per dark vanto, 

Ma per vituperarle <\\ogjii canto . ^^ 



D' A P O L L O; ,«4J 

64* £• lo vero, io respose » ma mme spiaci 
Ca non da tutte quante songo ntìso , 
Ca ne* è cchiù d'uno, che non è ccapace 
De zzò che ddico , e se schiatta de riso; 
Chi mme dà de satireco , e mmordace 
No titolo, perchè se sent' affiso. 
Chi mme dice n*avive autro che ffare> 
.E chi ca piglio cane a ppéttenaré . 

65. Deh lasciali crepar questi bricconi , 
( Apollo replica je ) quest'ignoranti , 
Nati sol per empirsi quei ventronì, 
Ch*ogn*un di lor non vale tre quadratiti j 
Basti eh* abbi per te gì' uomini buoni » 
Deh non stimar pur nulla gli Elafantit 
Che queste bestiaccie altro non «anno ^ 
Che far pompa di loro , e non fon danao* 

66. Contentati tu dunque d* esser stato 
Da me con soinmo onore ricevuto ♦ 
E da tutta mia Corte anche stimato ^ 
Che tal favore a pochi è conceduto ; 
E di più negli annali registrato 
Star, ed esser dal Mondo benvoluto» 
Ed anco morto vivere nel Mondo ♦ 
Pensa or tu , se v^ è stato più giocondo « 

67. Io pe ttornare a Nnapote nnorato* 
De mme lecenziare avea gran voglia » 
Schitto penzanno farme no pegnato 
Addoruso co ccaso , carne * e fFoglia j 
Quantunque poscia Uà foie ben trattato t 
Ca maie comparze ntavola sta mbroglta^» 
Ma galline , pollastre, ,e ppastecciane « 

E ccrapitte , e rrecotte, e mmaccariine* 



Ì46 tO COMMANNO 

68. M* addcMocchio d' Apollo a la preseniìa , 
Segnò, io ccà no nc^ aggio amro cheffare, 

• Si Vostr' Autczia mmc vò da licenzia , 
Disse 'ntoscano , mme nne voglio andare; 
La copia vorria de la settcnzìa , 
Ca la voglio a lo Munno probecare; 
Ma mpri<nmo la materia commessa ,. 
Allò, eh' io pozia fer troppo con e#5a« 

69. Ecco son pronto qui per sodisfare 

A quanto l'ho pron^esM>^ìsso mme disse, 
Ti puoi a tuo bell'agio preparare » 
Cfee le parole mie son stelle fisse; 
Qual ^i queste ti piace di cantare * 
Del valoroso Ettorre., o pur d* Ulisse? 
Vuoi tu cantar d' Orlando Forsennato , 
O pure di Rinaldo innamorato ? 

fo. Vuoi tu cantar di sdegno , o gelosia, 
O pur d'Armi,ed'AmiOf l'aspre comwc» 
O de' gran Cavalier la butarria, 
£ di costoro l'onorate imprese ? 
Vuoi tu farsi cantar di Geometria « 
Ch'in questa molte cose ipn cofliprese? 
O vuoi forsi canur .sopra i duelli , 
Che son pur cose rare , e fatti belli ? 

71. Vuoi tu cantar delle Celesti sfere , 
O del Zodiaco le lucenti stelle ? 
O pur vuoi dell'uccelli , re de le fiere 
La natura, o: virtù cantar ài quelle ? 

. Or dimmi qual* è dimque il tuo pénsi^fC * 
Perchè son tu tte /peregrine , e beUe? 
Eteggi qual di queste più ti piace , 

- E Ai qual ti contaci più r capace. 



Dv A P OL.t O. ^ &4« 

fi. fumati, vuoi cantar dell'Elementi» 
Cioè d' Acqua , di Terra , d* Aria , e Fuoco ^ 
E dell' effetti loro , e de' portenti 
T>ì Natura, ch'in questo avrai gran luoco? 
Vuoi tu dunque cantar forsi dei venti , 
Che non son cose da pigliarsi a giuoco ? 
Vuoi tu cantar della Creazione 
Del Mondo , che son tutte cose buone ? 
73* yiu>i cantar de i segreti di Natura 9 
O de 1 mostri 9 che son dentro del Mare t 
O pur ti piace dell^ Agricoltura , 
Con distinto » e bell'ordine <;antare ? 
Risolviti » deh via presto spapura % 
Di queste qual ti piace ragionare ? 
^n mi tener 9 se '1 Ciel ti guardi , a badt i 
Canta che yuoi , eh' Io ti farò la strada . 
f 4* ypi tu cantar di prodigalità » 
O pure cantar vuoi d' Ingraiìtudiae > 
Vuoi tu forsji cantar di fedeltà t 
O pur de la beata solitudine? 
Desideri cantar di <:rudeltà». 
„ Che. dei crudeli ve n'è moltitudine f 
, Vuoi tu cantar di furti $ e latrocini , 
Qbe ciò cantano certo gP iidovini ? 
^5. Vuoi tu cantar del Fato» o del Destinff 
O, come dir si suol» de la Fortiuu? 
Che mostreresti ingegno peregrino » 
E tal fatto gran cose ip se raduna; 
- E s' acquistar vuoi nome di Divino , 
Parla un' po' degli effetti della Luna » 
Che^ parlando fondato , e con ragione f 
&rai stimato un nuovo Endimioi^. 



24» LO GOMMANNO 

76. Io guatino mese chesto m' agghlajajò ^ 
E mme venette subbeto la frevet 

£ ccomtne ntesecuto Uà restale , 
Cchiù ghielato > e cchiù iFriddo de la neve; 
. Puro co ttutto chesto reprecaje , 
Ma co tchella creiania « che se deve ^ 
£ ffatta na sollenne reverenzia , 
Fu la resposta nchesta contenenzia • 

77. Segnore 1 Vost' Auteiza yò borlarè 9 
£ ssaccìa ca da vero noti decite ; 
Ma Tacite accossì pe ve spassare % 
Perch' a la fina site vuie chi site ; 
Mme perdona s^ ardisco reprecare 

A ccheste afferte, quale so nfenitey 
E mme perdonasse ve piglio a ppattoi 
Perchè a ccantà ste ccose non song' atto. 

78. Saccio ca Vosi* Amezza è ppontoalei. 
£ la farrà da vero Cavaliere, 
Perchè V è sta vertù connatorale » 

Ca nne facite mostra volentiere; 
Dottca ve preo siate leberale 
Co mmico, e ssia cchiù flfHsdo Io petizier^^ 
Ca de quanto m' avite offiertò, e ddittoi 
Comme sapite , mille n* hanno scritto. 
'^9. N!a perchè m'accorgette nchillo stante • 
Ch' Apollo volea fa de lo storduto , 
Si bè sapeva chi parlato nnante 
N' aveva , e che da isso eppero ajuto ; 
Mme disse; or dimmi un poco quali, e quante 
Persone a cantar queste hai conosciuto i 
Dimmi chi furo , che cantaro , e come i 
Ch'io allor ti sgraverò di queste some. 
- 80. Creo 



jy A PO LEO; ^ ^^f 

So. Creo ca Io fFece pe mme scanagliare» 
E bedè s^avca lietto *n vita mia , 
Ma io che bè Io seppe penetrare! 
No Io pigliate securo nburtaria » 
Perchè tutte T Auture a ramente chiare 

* L^ aveva 9 e non decette la boscia » 
£ de sto muodo a cquanto m* avea ditta 

' Repigtio le mmateriei e chi n* ha scritto « 

81. Vergilio cantate d* Attorte, e Olisse t 
Ma primmo nne cantare Io grann' Omero l 
E pò tanta e ttant'antre appriesso a cchisie» 
Che so cchià de no npve co no zero.; 
De Renatido, e d^Ortànnò no nne scrisse 
( Fiiorze porta de me ca n'è- lo vero ) 
Cchiù de no Sagliemanca, e no cecato, 
E cchiù de no Guìdoiie n' ha cantato? . 

8:». De ^digno » e Ggelosia t^ hanno <:antat(^ 
L* AUgueHara , Gerardo , e Ttrapoliuo^ 
£ Q(^ ccbiste porti n' hanno parlato 
Beniivogliot Càmpèglgio., e Ba^zamino'; 
Otra de chlstè ccà , n* hanno stappato 
Arreco « Ronnenielto , e Ttoraminó^ / 
Lo Dolce y PeccolofHenev e lo Ta^o, ' 
Che ntitorrio a cchesto fanno no ft^ca^o* 

84» cD' amore i e arme scritto n* ha Guarino^ 
Lo Tasso , te Petrarca , e Beviano» 
E Bempio, » l'' Ariosto, e lo Marino t 
1 Jone V Uhgaro , Croton e AquelartOt - 
Sannazaro, Campeggio t e Còiìtarhto, 
Lo B^ccaccid , Alciato i e Campesano ì 
AteHanno , Gerardo ; e- Crembiiii?o , 
GrataAuC^I<» , Ngegnieró , e Brcècioliao'. 

L ^ 84. I*^ 



^So . IO COMMANNO 

84. V Ariosto poni de vezzarria^ 
Co lo Tasso mmedesemo > u' ha scritto 1 
£ dde ste cose de Cavallaria 
Benaggia chi Poeta nne sta zitto ; 
Pe cquanto a li Dojeile è guittariat 
£ quann'ìo nne parlasse ^ satria guitto r 
Nò non sapite vule^ ca de Doìeilo 
Nn'ave scritto, e pparlato Macchìavìello I 
Sy De lo Zodiaco^, de le Stelle, e Sfere 
N' ave scruto > e ppfirlato Zoroasto , 
Anassemandro , Archiu > e de le .ff^rn 
N^ ave scritto Arestotele da masto ; 
'Io chesto non desidero sapere « " i 

Ca tf è pe moie, Scgnore mio , sto pastQi 
E si puro v*è ggusto , e ssi ve pare» 
Facittlo a quarch' antro recantare* 
f 6- Pe cqoantn a li 6egret£ naturale , 
Co P^^ ;;iji^ , Ai<^vtoielc nne tratta ; 
E de 'agrecohuia con gran sale* 
' io Mantoano a uuue dà la iraita; 
Poiiome meitei' io co cchiste tale? 
Ho cieno Vost' Auteita mme maltrattai 
Cheste tvm fauno pe la penna naia » 
Perchè n^aie siodiaje Felosofia - 
jjjtj. De Prodécaietà , so cco^e ntese, 
' ' Ca n* ha scriuo Ar^g^« Ccampesan^* 
A ccbìllo liempo r^^^%ra cortese 
Ogn'oiTiin© douo ^ era de manoi 

Ma^mò-cVa ivii^ ^ ^ nn torn'^"'"'-; 
Ca ole Muntio è^nA^^ ^ bagg^ 
Non «lerv^M^^^^^V^^^^ 
Ca chi JB^^^^^V s^epa: 




D' A P O Lio; f$é 

18. Si de la ngratetudine parlare 

Valesse Serenissemo Segnore ; 

Vorfia pe nchiostro l'acqua de Io Marer 

E pe ccarta la terra de tutfore ; 

Né de la soletudene canure^ 
Perchè mme venax:ria manco lo corcr 
E dde la federtà, eh' è ccosa nova ? 
Manco pozzo canta, ca non se trova. 
89. Che Ffato? che Ddestino? che Ffortutisf 
Chi canoscette male sto Noexnione? 
Io che nne voglio fare de la Luna « 
Ca non so ccose pe mme gnorantonel^ 
Si volite ,.che caotes daiem'una^ 
De le bosce segrete cose bone # 
E. stipatele cheste a li Toscane f 
Perchè pe mme ^ò ttutte cose valie • 
JQ. Ca de Fortuna t Fato , e de Destino 
Nave scritto Tassane, e lo Boccaccio» 
E Lludovico polce , « Ttoramino , 
Lo Sciammay l' Àlciaco , e che nne saccio; 
E lo Petrarca puro , e lo Trassino^, 
Che penò ; che mate sevye chisto mpaccioF 
Perchè beiognania sofettecare , 
E cchestf^è ccheUo, che non pozzo ftre - 
91, De r Alemeiìte , e lo Manno creiata 

Lo Muttola n ha scriiro a botta fascio , 

Mp«rrò naaiite de ckÌ$to no cecato 

r cantale, ma co mk assaia cchin bascioj 
iAi'^ezza nne $u buono n/brmato^ 
> m& CAm^s^Q sarni n'ascia^ 
^ Cdnià pozzo de ^*: ^''-snte^ 
jfà bcscuouù p^ ^" diente . 
4 ^^ »2.De '^ 



Od 



^51 . tO COMMANKO 

^2. De Marejuole cierto camarrìa t 
Quanno mine fosse liceto cantare , 
Ed affé no gran sienzo ne* avariia ; 
Ferrò na cosa mme fa dobetare » 
Ca si quarcuno de la Patria mia 
Ad antro sienzo chesto vò pigliare « 
Credenno fuorze, che io parlo pe isso^ 
E- che noe soccedesse quarche aggrissa . 
f^. Di che temi? ( isso disse } hai tu paura 
Quando tei comand*io» che canti questo? 
Quinci certo mi pare una freddura ; 
Cantane pur , che non sarai molesto ; 
Io sentennome fare sta bravura > 
Voto casacca , e le responno lesto y 
Io no nhe canto, e n averria cannato 9 
Ma dubeto non ghirece mbrogliato • 
^4. Ah furbo 9 furbo 9 io t'ho già ben' intesQt 
Respose Apollo co Is vocca a rrìso, 
Ah gran Napolitano , io t' ho compreso 9 
Oh come hai detto ben^ che fossi ucciso: 
Come dimmi , tu ancor ti senti leso ? 
Forsi rubbasti tu 4 Mónton di Friso? 
Nò 9 nò, fermati "^qui 9 non vò passare 
Più avanti , eh' io ti voglio esaminare * 
{^5. Quante persone 9 e quai facesti prive 
De ie lor facultadi, a chi estorquestl ? 
Che cose furo vino , oglio 9 od olive ^ 
Sotto quali colori , e quai pretesti ? 
E eco ntcrrogatorie soggestive , 
Mme jea decenno^ e quinci, e quindi? e questii 
De na manera 9 e de na forma tale 1 
Comme fosse Screvano cremqienale • 

$6. Sia 



ty A P O L LO- tjjf 

fé» Sio Apollo mio voliminola scompire? • 

Diss* io chesto n* è muodo de cantare ^ 
• Ca so benuto ccà pe v' obbedire , 
Non so benuto pe mme nzammenare; 
Damme leeienzia ^ ca mme nne vogl' iref 
Ca Vost*Autezxa cìerio vò boriate t 
Né vao de cheste gente co la chiorma , 
E sseqiietaje decenno de sta forma • 
97. Io n* arrobbaie né ffriso , né zegrino* t 
Manco no parmo , non che no montone t 
Mane' uogHo , manco aulive t e manco vìnoi 
Io responnette co ppresoniione. 
Io non son pmmo n6 , mena l' ancmo « 
Né àggio avuto majè sta menzione ; 
Quacchuno.ch'e frabutto , e mmalenato 
Securo fa ste ccose ,' ed ha arrobbato. 
^8. Parlanno co lo debeto respietto 
De perzone da bene , e scropolose ^ 
Quale fuorze non hanno sto defletto « 
Perché havarranno le mmano pelose*; 
Apollo tanno pe mme fa despìetto, 
Or io non vò saper pia tante cose, 
Disse: cantane un altra, e làsciam questui 
La qual non credo ti sarà molesta. 
9^. E disse : vooi cantar delP amicizia 
Non fima nò , iiia vera , e cordiale , 
Semplice, voglio dir, senza malizia y 
X]!he pur* ella è materia principale ? 
O forse cantar vuoi dell' avarìzia , ^ 
Che faresti un Poema generale ? . 
Io per me certo non so più che dirti ♦ 
Né più che darti so , né che fiù offVTrtf ♦ 

ido. De 



A^4 tp COMMANMO 

loo. De ste faccene n' hanno scritto chìarQ 
Kespo^' io » Vinceguerra , ^ r Alciato, 
Lo Bemmo ^ Io Boccaccio , e Ssannazaro | 
E Ddante 9 e lo Petrarca n ha canuto ; 
Ciatarulo 7 Ariosto , e Anibal-Caro, 
; Perrò ^e preo ve sia recommartnato ; 
£ pò r aihmice de Io juorno d' o}e 
So cchiù peo de li Sbirre » e de lo Boje ; 

fdi- Ca io so no gnorantoi no cestone « . 
Che ssaccio a mmala pena competare y 
£ so cornine vedite no marrone» 
Nato sulo pe bevere « e m magnare ; 
Pò chesta penna stare a pparaone 
A chi non songo digno de scauzare 
,^e scarpe? e pò de cchiù mme lo commanna 
Chella ch'aggio fatt' io , la Mezacanna . 

102* Chella ila mme. commanna spressameme» 
Che no mme parta da la sfera mia 7 
£ che mme stia coieto , e stia contente t 
Ca non vò , che mme metta nveziarria ; 
Attiso ca starria nyoccà a le ggente 9 
Va nnevina lo Munno che ddcrria; 
Ferrò de ste mmaterie t]io mme curo , 
Ch aggio la Mezacanna 9 e mme mesuro • 

JOj* Ca subberò io Munno deciarria 
Ca 1' opera mm' è stata nfrocecata 9 
£ ca chesta fatica n'è. la mia , 
Ca n'avea mente tanto sollevata: 
Attiso pe stampa na goffaiia 
Pur aggio avuto cb^ra imommenata 9 
Che perzò Vost' Autezzu non me ropigna 

. pe fare a m grana' uommene la scigna « 

104. fi 



P APOLLO. . ?fjf 
104* E pò sarria na gran sconveniehzia 
Ch' cssetui' io già venuto de perzona 
A la vostra Llostrissema presenzia , 
M'avesse da canta ca cosa bona ; 
Parlo aocossl ca ne* aggio confedenzia^ 
Che penò Vose' Autezza mme perdona » 
Ca s'io cantasse cose recamate» 
Sarria no smacco a bosta Majestate • 
io;. Ed isso replicale: Nihil $ub Sole 
JNovum riiroverassi y e diasi pace 
Ciascun « che sempre al Mondo furleCoIi^ 
E dicbi pur ogn'un ciò che li piace; 
Che s' incontrino^ detti) e le parole^ 
E i pensieri talor, non mi dispiace ; 
Ma quello che m' accora « e che m' attristai! 
E^ che moki far vogliono il copista. 
j[o6. V imitar ^ il tradur da prosa in rima' ^ 
Una sentenza , un fatto peregrino > 
Perchè col verso si.poliza > e lima. 
Ed in versi il parlar ha del Divino; 
Da. me questo, e dal Mondo assaie si stimai 
Come al fuoco purgato 1 oro fino ; 
Però non ti turbar , e' ho già pensato - 
Un pensier da nessuno unqua cantato • 
107. Questo però non potrà tarsi senza * 
Che non assisti meco pcrsonaUter , 
Perchè poi vi si reca l'assistenza t 
Acciò possi deponere ocuUrutr; 
Però trovati meco ad ogn* udienza t 
Che scriverai per certo punSlualiter\ 
E scritto rfi* averai con stil giocondo t 
- Fallo palese » e fallo noto al Mondo ^^ 

108. El 



iS< LO COMMANNO 

io8. Ed io rerpose : addoiKa so Spione > 
£ pporaggio porta l' arcaboscetto t 
E lo pognale « o quarche cortellone 
Fatto a ffronna d'auliva 9 o lo stelletto! 
Mo si ca pozzo stare a^ pparaone 9 

' O bene mio ca mme nne vao nvrodetto» 
Perchè quanno so a Nnapole arrevato « 
Fuorze chi sa « sarraggio cchiù stemmato r 

top. E isso, stiamo in Roma? eh che t'inganm'} 
Io non so quel che dici* non T intendi. 
Non vi sono in Parnaso quest' inganni i 
Né dimorano qui mostri si orrendi; 
Non è per te vestir di questi panni , 
Con tal parlar per dirtela m' offendi 4 
£ nella Patria tua si di leggiero 
Non si deve introdur mostro sì fiero «^ 

410. Io tanno a cchesto volea reprecare^ 
E bolea dire n' autra parolella ; 
Ma Febbo , quale seppe penetrare 
Quanto mme jeva pe ie ccellevrella; 

' Mme disse, se tu ardisci più parlare 9 
Ti nascerà mò proprio, la zella ; 

10 saccio quanto dicere vornisse, 

£ pe mme conzolare accossi disse : 
Vii. Ecco eh* io ti spedisco una patente 
La miglior che si può 'n forma probanti t 
^ome uno veritiero mio assisterne , 
A dispetto degli uomin' ignoranti ; 
E ti giuro pel raggio mio potente. 
Farti portar T oniglia con li guanti 9 
Ed a dispetto della vii gentaglia, 

11 cappelk) portar fatto di paglia * 

SII. Si- 



D' A P O L L O- i^T 

111* Segnore ve rengraziot le respose « 
Ca non so ddigno de cauià stevalet 
Ca 1' auniglia , li guante, st* autre ccoso 
Oìe 1^ pportano gente doienale: ^ 
Mme contento pescare a le bavose» 
Ca non aggio $tì sienze bestiale « 
Ferrò cheste metiimmole da banna; 
Perchè trasgreda^ria^ la Mezacanna • 
113. Tatino Apollo se fece na resata,' 
Ca gu5to parze ave da sta resposta» 
£ fattame a la capo n* aliesciata , 
Disse nò nò, eh* io non l'ho detto aposta; 
Non ti turbar , che quest* è una passata t^ 
Che ìt ragionar con te- molto mi gosta ; 
Or vanne dunque à diportarti , e quando 
Sarai chiamato kllor corri volando. 



i competuta it I0 Commanno t Apqllo^ 



U 



LA GALLARIÀ SECRETA 
jy APOLLO, 

FAtte aà Apollo xientó vasamano t 
Isso $e nn' appalprcia co le Ssore; 
Quanno lo Caporale , e Ip palsano 

. Puo9iome mmiezo ad isse « ascimmo Tore; 
E ssenza cammenà troppo lontano ^ 
Cbkt'ammice, pe fiarme cchiù fFaorp» 
^oie portaìno a ni si;anzia segreta » 
Dov0 trastua maie no ne! è Ppoeta • 

4i. Perchè nò a tutte sciorte de perzone 
£' cconciesso sape cierte secrete « 
Cossi coqaraanna Apollo, eh' è ppatrowi 
Co li suole nviolabbele decrete» 
Ma schitto a echi è de bona menzione) 
Si bè non so fenisseme Póete » 
Sianose coinm*a rome scure* <» sciaitrate^ 
Ma siano amice de la V£RETàTE • 

^« Chest' era na segreta Gallaria t 

( Coxnm' aggio ditto ) chiena de pcttur^i 
Fatta co sollennissema mastria 9 
De belle f e mmajestose archetetture ; 
£rtnodoro 9 mme creoi che stato sia 
Lo masto de si gran manefatturet 
Archetietto de ngiegno auto , e soprano > 
(Ihe faccétte k foro de Traiano • ^ 

4'* 



D* AP O L L 0-. ifSf 

4» C ddissero , era mò te puoie spassare » 
Tenenno mente attuorno a ste ppettore. 
Che ssongo attuorno ccà « si vuoie camar£ 
Cose de fonnamiento ^ é non freddure; 
Tra tanto s' apparecchia da mangiare « 
Hotate» e ttiene a mente ste ffegure y 
E si te pare farne menzione 9 
Quatin'a Nnapole tuortfe« si ppatrone« 
5. E pprimma de trasl dissello chìlle, \ 

Ccà ddinto so ppetture troppo beite t 
Che ssongo fette da cint'anne , e mmifle» 
£ Apollo V amma assafe cchiù de le stelle} 
Quanno le bedarraie 1 l' nocchie sfaville ; 
Ca nce nne so de Fidia, e nfi d:* Apell^ § 
De Nicofano , Àristete 1 e Ccemone» 
D' Apollodoro , e de Sera]^ione . 
i. E de mano de Zeusei e Ppolegnoto^ 
De Timante , Parrasio , e de Perseo > 
D* Anrèlió , d* Amulio , e d'Erodoto, 
De Pìéo , de Dionisio , d' Avìsteo ; 
ì£)e mano nce nne so porti de Croio t 
D' Eracleto , Leonzio , e Ttirideo , 
De Pausia t de Nicómaco , t Tteodoro^ 
De Colafronio ♦ e de Dionisio d* Oro . 
j. E d' autre tanta * e ttanta > quale tatt# • 
Avarranno ti nontme 1 e le ccasate , 
A ccierte non se vede> perchè strutte 
Sacranno fuorze da V antechetate ; 
A H quatri nce so porzl li mutte. 
Che ssongo a le petture appropiate» 
A ccierte non ce so , che bedarra j.e 
Ca fudrze lo Pettore se sc€^rdaje • 

8. Ttfi 



tf«d LA GALtARIA SECRETA 

8. Traso niomma co chìlie onitamente $ 
E mme parxe trasire Mpaiaviso* 
Taoi* era chillo luoco resbranneme 9 
Che pe stopore mme seiuìe reprisò; 
Qaant' eccote auLO l' nocchie , tengo mente 
A pprimma faccia « e beo no quatro appiso 
Dove nc^ era depenta na fegura 9 
Che 'a vederla mme deze gran paura •- 

f, Lia ne* era pitxto n* ommo veneranno t 

Vestuto~ comm' a Ccuonzole Romane « 
' De chille. che tteneano lo commanno $ 

1 Ma co l' uocchie calate ^ e ssenza mane ; 
No mutto ne' è pe cchìUe che non sanno « 
« Che sotigo comm* a mme f«iorie pacchiane^ 
Dove sta scritto: Discitc moncdes 9 
Juikis tetta debent €sse iafesi 

xo. Na regnatela peni' a no quatrille 
Pò vedde, che ppettura fu d*Apelle^ 
Addov^ ne' era ccbià de no moschillo» 
Mbrogliato co li piede 1 e co l' ascelle « 
Xo matto rJVo neappare a sto masirìlio^ 
Deceva y ea nce lasse le boieìle , 
Ca chi de la spedare non h^ for^a « 
Muono nce test' appiso s se nce ntor\a* 

9T. vLa stessa ragnatela a no pontone 
Vediette tutta rotta « e sconquassata ^ 
Ca passato nc'avea no moscoglione « 
Che 'n tre pparte l'aveva spertosata/. 
£ ppareva ctve stesse a no cantone 
La Ragna tutta quanta appaurata > 
Dov' er^ sto gran mutto appropriato ** 
Chi affrìtto nasce » more sbentorato • 

ifl* A 



D' A P G L L O. ^6( 

I2* A n* iaìftì) quatro penta nc*era appriesso 
Na femmena che ghiea vestuta janca» 

' Che le balarize rotte , e no prociesso ^ 
Teneva nterra da la banna manca ; 
Vecino a cchella nc'era nò cepriesso 9 
E de parme tenea 'n mano na vrancaw 
Dorè decea lo mutto : licet Justa^ 
l^i Ventati nitar^ sum injusta * 

X3, Appriesso pò na femmena pegnuta *J 

Vedette, che de n* nocchio era cecata 9 
La quale puro ìanca era vestina t 
Ma la gonnella tutta era ammacchiata^ 
Ch*era da tutte buono conosciuta 
Si a mmano manca avea na grossa spata^ 
E tteneva pettato a mmano^ritta 
N'aspeto co no Buospo 1 senza scritta. 

14. Ma statela porz) senza romano 
Nce steva nterra re Hegge sconquassateci 
Che non nce n'era no petaccio sano, 
Ca nciento piezze scovano stracciate; 
Sto retratto rame parze troppo strano^ 
E strane puro lì signifecate ; 
Ma Caporale , che steva buono strutto i 
De sta manera mme sprecate^ lo mutto • 
1$. Questa ( acciò sappi ) disse, èringiustit'fel 
Che dispreggia le leggi , il Mondo,eDdio^ 
Dedita solamente alia malizia, 
E pone il giusto , e l* onesto in oblio 5 
Il riposo già dinota 1' avarìzia , 
E le leggi spezzate a parer mio , 
Vuol dinotar , che non curando d'esse , 
Si fa guidar da sordido interesse • 

16. Co-* 



%6% LA GALIARIA SECRETA 
x6- Cosi senza tomano la stadera 
Dinota il giudicar sema registro » 
£ in. van •'Ciascuno aver giustizia spenif 
Se 1^ occhio dritto guasto avrà il Ministro; 
£^ per mostrarti i' ingiustizia vera » 
$utnge la spada col pugno sinistro;, 
la gonna bianca poi tutta macchiata^ 
Vuoi dinotar non essere illibata • 
tj. Dtìl^ Aspe la malefica natura 
Farmi che d^ espiicaiti sol mi resta * ' 
Che come sordo « punto non si cura 
De' pianti altrui, né per pietà' si desta; 
Questue dell'Ingiustizia la figura 9 
. Ch' orecchio al ver non dà, «la sorda rest^^ 
£ se d* uccider gli uomini ha diletto 9 
L'ingiustizia non fa minor effetto. 
i8. A n' auuo quatro veo no Coccotrillof 
^ Che stimma non &Gea de lo JLeione , 
£ ghieva devoranno chisto, e cchillo^ 
Comm' assoluto Dommeno % e Ppatrone: 
A no pontone pinto era no Gfillo 5 
Che ppe magna no verme , siea presone; 
Lo mutto quale ne* era io no lo ntese > 
Attiso lo caratter' era angrese,. 
tiy. No quatro nc^ età pò de Guido Rena» 
Che siea co trutte UVautre a pparaonc> 
Addove ne' era penta na Vallena, 
Quale nvocca tenea no Storione; 
\icino a cchella ne' era na Morena» 
Che pparea se magnasse no Mazxoric» 
E a la Morena pinto era vecìno, 
. Che mmiagnava le Ssarde > no Darfino* 



D*: A PC^LLO. T a^ 

eto. Appr lesso pò vedi€;itte che l^AnguiUa ^ ;:: 
Se magnavano cierte pescietielie ^ 
Li qual* erano tanto feccerUle^- ' 

Che mme parzero ti^te Cecenielld i 
Vz Spinola magnava 1' Alecille » i 

La Canesca magnava Castaudielle» 
Era TAluzzo da lo pesce Spara, 
La Treglia da lo Dentece nnorcata. 

ai. Dapò visto, re visto ^ e ccontemprato» 4 
Né bedenno a sto qpatro nullo mutto» 
llemmase tutto attoneto , e ncantato > 
Ca non sapea pigiiarne lo ccosuutco; 
Ida lo Cortese, che mme steva a Hata 
Nbreve parole mme ^preccaie lo ttuttOf 
De lo segnefecato lu tenore « 
E lo nomme porzi de lo pettore « 

92* A sto Munno taccagno appropriare ^ 
M-me decetie s se pò chesta pettura , 
Dove V ommo potente soperare 
Chi ha poco forza studia , e pprocara t 
Antro non cerca che d^annechelare 
L'ummele co mmenaccie. e co sbraviire; 
Ed azzò lo pettore te sia noto, 
Saccie ca lo pegnette Polegroto . ^ 

43. A cchisto n'auto quatro le stea rente.^ 
Che *ì\ vederlo mme fece stopefare 1 
Perchè bidde senz' uocchie tanta gente , 
^ Ch' erano cchiù megliara de megliare ; 
Tra li quale parea lo cchiù ppotente, ' 
Uno-, che n* uocchio avea tra ciglie pare , 
E lo multò , che ne* era : Inter babanos 
Dioev* Asinus est apud Cumanos * 

24* 



064 tA GALLERIA SECRCTA 
^. De tnano pevera pò de np Todisco 
No retrauo , ma pioto ocoppa a mmuro^ 
Comme se sole dire £iuo a ffrisco , 
Ed era *'pare a ai« 9 de chiaro scuro i 
Dove na Vorpa co no Vasalisco» 
E n' Aseno* e no Puorco «c'era puro; 
Penò mmiezo nce stea na sdamma belb) 
Che Itene va stracciata la gonnella* 
my Io 'ino de sta pettura poco strucco « 
Non seppe penetra lo gnefecato ;- 
Tanto cchtù eh' a lo qiiatro nullo mutco 
l^c'erat che mme l'avesse dichiarato; 
Caporale pregale^ che de io ttutto» 
«Che bìdde pinto^ m'avesse nformatOt 
Lo quale canoscennome cestone ; 
Mme deie.de lo quatro la ragione* 
i$6. E ccos^ mme decette Caporale ; 
La .femina. stracciata • ahi dura sorte! 
Cosi ridotta per destin fatale ^ 
E ia meschina , e miserabil. corte : 
Che significhi poi ogn* animale f 
Oh che questo esplicarti mi sa a forte; 
Ma son costretto in fatti a dirt* il vcrO; 
Ch'io nel parlar son hbero, e sincere 
àj* lì Basilisco vuol significare 
' L' uomo iniquo, cioè calunniatore; 
Il Porco il Parasito, eh* a mangiare 
Serve in Còi;te, e dà spasso al suo Signori 
l'Asino H ipnorania dimostrare 
Vuole . che regna in Corte a tutte 1*0^^» 
E la Volpe la frode, over l'inganno, 
Ch'a queir apporta ingiuiia^biasmo» e danno* 



D» A P O L L O. • iffs 

xi8. Passo echio nnante pede catapede. 
Ed a n' autro quatrillo vidde pinto 
Doie mano , che se devano la fede ^ 
Ed ogne mano n' nocchio avea destiirto : 
No bello mutto sotta se lice vede , 
À - no Tiudeco fatto, strintb strinto , 
Si vis arcana tua fidere , fide ; vs> 

Sed non per hoc cui vis fidere , vide . 
A9. A no quatto porzl de Teziano 
Ne* era penta na Cola spennacchiata 
Da no gruosso gattone Soriano, 
L' aveva quase tutta stravesata ; 
Dov» era no cartiello scritto a ramano it 
.Quale deceva : olà gente sciaurata , 
Sion te la figlia maie . stand avertente'. 
Co chi i de te cchià jforte.e cchiùppotente.^ 

30. No chilletto ncolore de lo fummo > 
Fatto da no Pettore de Seviglia, 
Natanno vidde ncoppa de no sciùmmot 
E fnme parette che tenea Coniglia; 

£ ghiea pe ncoppa l' acque summosummo* 
Penziero cierto de gran maraviglia 9 
Sotta no bello mutto stea notato , 
Che pparea , che dicesse : io poriì nnato» 

31. A n* autro quatro ne' era n* Asenone, 
( O che ppettura cierto sengolare ) 
Che bestuta de pella de Leone 
Parea, che fFacesse atto d'arragliare, 
echi non ntenne sto multo è no cestone) 
E chello , che bò chesto gnefécare > 

che daice : saTia bèllo , ma mme noce 
Ca tutte mme canosceno a la vocin 
Valentino M 31^ 



éé6 . LA GALLARIA SECRETA 

32. A n'autro quatro vidde no retratio; 

Che mine facette assaie maravegliarc j. 
Dove na Leonessa steva nn' aua 
Pe volè comm'a ddicere figliare; 
ì)a ventre l' era sciato già no Gatto ^ 
£ bedea no Coniglio assecminare > 
E lo mutto dicea: 5/0 sharìpne 
"*' Nasce 9 ca non so JUglie a lo Leone ^ 

33. De mano d* Artemisia Fontana ^ 
V«4ietté na pettura muto fina 7 

Che xcierto non me parie opera omana i 
Ma cosa bona assaie, e ppellegrina; 
Se^za battaglio ne' era na campana , 
£ ssenza arco porzl na rebbecchina )l 
£ eco le ccorde rotte no. lejuto , 
. Lo mutto : Non v(tlimmo seni ^ì^f<> • 

34p Po no Vasciello vidde mmiezo mare» 
Ma de chi mano sia » noa se canosce j 
Che pparea non potesse naveeare* 
J^erchè tenea le bele mosce mosce/ 
Ma leggenno lo mutto , appe a ccrepare^ 

1 E cquase mme venetiero V angosce ; 
Ca dicea : Chi non ha' biento nfaore 
Sia ricco quanto vò, povero more. 

35. Ora chesta pettura mme piacette 
Cchiù de chell'et che nnante viste aveva» 
Perchè a no quatro pinto nce vedette 
Tanta libre co n* ommo s che Ueggeva ; 
Io pò conzederato che Tavette, 
Nce vidde na sentenzia , che ddiceva ; 
Jp mmeglio a ppratrecare co li muorte , 
Che co V uommenc vive , t j[acce stuorte l 

^6. 



D'APÒLLO; 

jè: A n*ajiitro quatro eh* era' quase . strutto i 
Ed era' mparte mpartc resecato , 
Nc^ era pini* uno vestuto de lutto , 
Ma steva tutto quanto sdèllanzato ; 
Era de facce macelejite 9 e asciutto * 
Cómme chi quarche ghiuorno hadejunatoj 
Dicea Io mutto attuorno a na saetta; 
Ad arvolo caduto , étccttta accetta . 

37. Vidde pò n'uommo,checo no scarpiellò 
.Sopra na preta marmora screveva * 

A bota vraccie ^ a botte de martiello ^ 
Ma non vedette cheilo , che scorpeva ; 
Era de mano de Giammattistiello , 
E Uà ne' era no mutto ♦ che ddiceva ; 
Guappo^ sta ncellevriello , lo te t avìso » 
ÌJcopp* a mmarmora scrìve t ommo affiso . 

38. Po vidde no grannissemo quattone , 

Ch' era luongo sei canne , e llargo quatto» 
Dove ne* erano pente gran perzone , • 
Quale tutte faceano deveri* atto ; 
Mzomma Uà bidde na confosione t 
Ch€ rrestare mme fece stopafatto 9 
£ nnant*a cchisto quatro mm* aflfejettet 
E cchesto che mò conto nce vedette- 

39. De primmo ne' era pinto no Segnorc t 
Rent' a lo quale ne' era no Vellano » 
Ma vestuto de panno de colore , 

E fteneva porzì la zappa 'n mano; 
E mme fu dditto pò ca lo pettore » 
Che lo pegnette, tosse Teziano, 
Co no mutto : s& bè songo forese , 
Chisf io le gabbo tre ccuorpe a ttorn^sel 

hi % 40» 



s« LA GALLARU SECRET A 

40. Appri$so a cchisto ne* era n^ Artcsciano i 
£ mme parze che fosse Cosetore , 
Perchè teneva na fuorfece mmano , 

E na bannera varia de colore , 
Da lo quale no stea troppo lontano 
No Mer(:antiello ^ che pparea Segnore : 
Se bè non so ttenuto pe ffrahutto 
lo gabbo tutte tre , dicea lo multo • 

41. Dapò de chiste no Screvano he' era» 
Petrò non saccio de che ttrebonale « 

Ma la penn a V aurecchia « ed a la cera ^ 
Mme jeze mmagenanno ch'era tale» 
Perchè steva pegnuto de manera 9 
Che quase aveva de Io nnatorale , 
E lo multo dicea : non . è gran fatto , 
Se chisto tre nne gabba , io tutte quattro • 

41. A la fila vedette no Dottore , 
Quale mi' ordene a cchist' era lo sesto» 

' "È mme paretie 1 se non faccio arrore , 
Ch'a la mano teneva lo Degesto; 
£ mme parze che fosse coratore 
Pe lo carticllo , dove ne' era chesto : 
Mentre che robha ne è a lo Patremmonim 
Sempe frisco pe mme spira Favonio . 

43. Vecino a cchisto ne* era no Notare,, 
Ch'a lo vestito bè se canoscevà, 
£ ccomme se volesse delleggiare 
A ttutte quante chiste, mme pareva; 
Sotta ne' era no mutio sengolare , 
Si buono mm'allecordo, che ddiccva j 
Jo co ffare na \ctera sì voglio^. 
Si fussivo Dumilia h ynbrogli^ • 

4* 



• D» A P a L L O • i^ 

44. Vdcino a lo Notaio tre Ausurare 

Steano sedute co na banca nnantet 
Quale facevan' atto de contare 
Zecchine , e ttallariinc de contante ; 
Ed uno facea Tenta de mprestare 
A ccierte quale stevano sta nnante «: 
E lo mutto dìcea : si vis trìglnta , 
Lihenter do , sed teddas sixaginta • 

4S- Po vedde no Mercante de ragione y 
( Conformie Caporale mme diceva ) 
Che steva reterato a no pontone 
Co na buffetta nnante 9 che sCrcrveva ; 
Nterr' era de denare fio montont 
Co nò mutto mme parze 9 che ddiceva ; 
Quann^ io fmlhsco , e ffacdo lo' fti'^mc 
Scaso le ccase da le p pedamenti r 

%6. Appriesso oc^era pìnto no chianchtero^ 
Lo quale facev*atto de pesare , 
Non penrò la valanzà Io trammiera 
Co no detillo la fkcea catare; 
Accossì 'corr^ figfio sto mestìera f 
Né J[ aùtro muodo se fonia campare f 
Né te paralo cheste cose strana , 
Perehi ddongo a mmangiare a cciento ^anc* 

47. A »• antro pizio ne' era no Barone , 
Che la pella tenea de n*' omrao vivo , 
Quale se fosse d* ammeraiicwie , 
IDjcere no lo ssaccio io che lo scrivo t 
Lo 'mutto : lo voglio stare a pparagonCf 
Perxb no nce voglio essere corrivo 1 
Mentre eh* ogni" uno attenne ad arrobbari f 
S' autro non po^o , voglia sconeeare • 

M I 4f^ 



^jù LA GAIXARIA SEX21ETA 
48 Pò no retratto vidde de Timante « 
Quale mme pane n'ommo mosirouso^ 
urne Vuoc(J:ììe arret'^vea^duie nn'avea nante» 
Concr'a io nnatorale , e centra il' uso; 
Da nante stea sforgiuso j e assaie galante » 
Da dereto stea tutto sbrenzoluso , 
£ !• mutto deceva: Ommq ntosciatot 
Votate aneto j e bidè chi sì stato . 
49. A n' auto quatro vidde no cecato 9 
Lo quale cammenava a Tattentuna , 
Co la mano a na mazu stea appojato^ 
Guidato da no cane. co na funa ; 
Co no mutto dign' essere notato t 
Che ddecea : te rengraiìo , Fortuna , 
Ca mme facUtt nascere cecato , 
Pe non vedere sto munno mbrogUato . 
50* Tanno spejaie chi fece sto xetratto % 
£ eh' era de doie mano, mme fu ddittOf 
Ca lo cecato lo peguette Batto t 
Lo cano u antro ,. che no ne' era scritto; 
Io tanno tutto quanto ^opafatto • 
'Dkette , bene paio Jsia benedjtto j ' " , 
Chi pegnette, lo cano .^ ,e lo cecato ►, 
Che m* hanno veramente conzolato • 
51. Àppriesso na pettura sengolare 9 
Vediette 9 che baleva no (resoro t 
£ mme fac^tté cij^to nnammorate « 
La quai* opera fu de Polcdoro; 
No Pazzo nc'era^ che ghiettav'a mmare 
No sbruffo de denare, jirgianto, e oro, 
£ a no cartiello scritto ne' aggio vist^ : 
Chesta mtia rrobb* è de male acquisto. 



D* A P O L L O; 271 

5»- N* antro quatro vcdiettc da no canto 
D'Ecodoto , dov'erano cchiù sciorte . 
De rrobbe , e se vennevano a Io ncanto ^ 
P* ordene de la Reggia Gran-^Gorte; 
Gran gente Raccattare steano accanto « 
Lo matto: Ammico^ non €t sacda a fortt^ 
Si co jfraudi la Carte te P afe fofte^ 
La Corte se le p piglia ^^ ù cricpefO schiatte. 

S3* N'atitro nce n'era de Serapione« 
Pettore a ttiempe antiche assaie famusO; 
Lo quale potea stare a pparagone 
A echi de ia pentura nventaie V uso , 
N'ommo avea pinto, che no scorpione . 
A na mano tenea miezo annascu^o » 
Dov' era scritto t si non faccio errore } 
Guardese Qgnuno da t Adola f ore * 

54* Io de io Scorpióne addomandajé » 
£ cchello che boleva gnefecaie ; 
E io Cortese tanno reprecaje t 
E ddisse ^ cierto rame vuoìe x^offiare / 
£ ccomme , si Ppotea « e no lo ssaje ì 
Non perrÒ^ re Io hogiio dechiarare » 
Ca 11* uno, e iPautro se da nante alletta^ 

» E \V uno , e Ir autro da dereto nfetta • 

5S- No quatro ne* era pò de Terideo* 
Dov' era no Gammillo sconocchiato ^ 
Quale stea de sto muodo , perchè ccreo^ 
Ch^era de piso troppo carrecato; 
E Gcercanno Io miitto » ecco ca veo 
( Ch' io pe mine ne restale strasecolato ) 
Scritto a la Spagnolesca de sto muodo: 
Cierto aa sujfro mas de la ^g fueda^ ''- 

^4 Jl. 



56. Na femmena^ che ucoppa no gran moliti 
Seduta nuda stea , tutta festante 9 

£ li capìlle avea votate nfronte:» 
Pettura d' Erodoto assaie galante ; 
Mill' Asene le steano faccie fronte 
À la chianura , ed uommene a li canee » 
Chille facevan'atto d^arragUare, 
Ciiiste comme volessero pregare • 

57. Da Uà pareva )usto che boUssero 
£ bestite , e cappielle de Segnare » 

£ che ttoghe , e gualdrappe vrociolassero 
Degne de buone Miedece » e Ddotture ; 
. £ gran parte de chelle nne restassero 
Nnanie air Asene ; e abbasclo a le ppetture 
>lon vldde né sentenzia , né mmutto 
Ga pe r antecheta te er^a distrutto • - 
5S. Po no pezzente vidde a v! autra parte 
Quale pettura fu de Tediano > 
Fatta co gran designo « e co grana' arte. 
Né bedè se potea « che dda lontano ; 
Na mezacanna rotta nquatto parte 
Ne' era , e cchillo. pezzente co la mano 
. Cercava la leinniosena , e lo matto : 

Pe sprc\id chesta , a cchesto sh arreddutta i 
59. Io ccà cierto arrestale 1 ma lo rancore 
eh' avea , mme fece venire V accidia , 
Perchè no ne era scritto lo Pettotc t 
Ed io sape lo voze pe pprofFidia . 
Ma Caporale, ch'era tutto ammore^ 
: Mme disse ^ tal pittura fu di Fidia t 
Però la dettatura , e il pensiero 
Tu j come credo , di quel grand' Omero . 



D* A P O L L O ; if j 

60 Po ne* eri reme a cchisto no Sbattnìto 
Che/steva da cchiù banne ben guardato^ 
Quale se canosceva a lo vestito, 
Ed a lo zoffione spotestato ; 
E co na facce tosta steva ardito 1 '^ 

. Gomm*oramo che noti face màie peccato; 
E Id mutto diicea': se spanò /usto ^ 
Arrohbo e no mm' è iato male desgiistc. 

éi, «^Reme a lo quale vidde no rctratto. 
Ma chi fosse non puotte penetrare , 
Ca pe Tantechetate era desfatto, 
Nxomma no mme lo potte mmagetiare; 
Chi Io pegnerte , creo che fFosse Batto , 
Fattore a ttiempo antiche sengolare , 
^a 16 multo era chiaro 'n chisto vierzo: 
Io spenno tutte quante a ppilo mmieri^. 

6%. lo che- so de natura coriuso, 
Preghaie lo Caporale , e lo Cortese t 
Resta no mme facessero confuso , 
E cchilld mme facessero priese ; 
Figlio non lo ssapere ♦ ca si Afuso , 
Mme resposero tutte a buce stese; 
Apollo cossi bd , cossi le piace , 
Penò Hegge , comempra, vide; e trace J 

63. Ed io non rcprecaie parofa nchesto» 
Ca non mme parie de sóprassapere, ' 
Sapenno buono de die panno vesto 1 
E ca Himc nociarria troppo sapere; 
Parrò no mme coraje de sàpèf chesto % ' ' 
Perchè ne' era ccbià rrobba dà vedere; ' 
Comme 'n affatto a- echella tela chiena »' 
Votapno ihiocchie , vidde rfàutra »ceft«% 
M 5 64. 



jtfA I-A GALLARU SECRETA 

^4« Appriesso a ttutte chiste stev' a ffil<> 
Na Sdamma che bestuta stea de raso 
De cchiù ccolure fatte a ccotitrapilo » 
E cereo, che lo Pettore fu Pparraso; 
La faccia , e lo vestito jev^ a ppUo 

^ Bell'uocchie , bella, vocca, e bello aaso» 

' E decea nsp^gnuolp : Lìaia Ij/luchera, 
AlVero te fa sta matina , e ssera. 

§5* Ne* era puro pegnuto a cchisto ntrico 
No Miedeco a cca vallo a na muletta^ 
Gomme soleano ire a. ttiempo antico, 
Ca na gualdrappa 9 e alP uso la barbetta; 
Vaie avite ia fa tutte co mmico 
l>icea lo mutto, ca co na reietta^ 
Quanno a mme me piace taglio a ttunno^ 
jE ve tute facdo ire é^t autro Manno • 

46* Pò la morte parea, che cchiano chìanQ 
Veneya co na fa^ce> e co n^ancino^ ^ 
E co chist^ afferrava da lontano,^ 
£ co la fauce chi le stea vecino ; 
Farfariéllo veniva retomano-» 
£ da vocca Pasceva sto latino: 
Se la morte de chiste fa scompiglia , 
io- mtte ad uno ad uno mme le ppiglh» 

67. De quatte pò vediette na decina, 
Che steano tutte quante commogliate 
De séta verde ^ e sseta carmosina. 
Co le ccornice eh' erano nnaurate ^ 
Io credenno veda pe ufi a la fina 
Sospinto da la gtan coriosetate* 
Bf' accosto pe scoprire « e pe mmerarCf^ 
Ha da defeto nune semie urare » 

6t 



D* A Pt)LLO; ^ ars 

69. Quanta mme Voto , ed era Io Cortese 9 , 
Quale mme disse ^ ferma non toccare , 
Ga ste pattare a tte non so ppermese 
De le bedè, n^ n&, non nce penzare; 
A nnullo Febbo fet-^ l'ha ppaleset 
Ca no pe mÒ le bole probbecare» 
E te deve vastare^ o buona > o triste^ ^ 
Chello eh' aie pe nfi m& leggiuto , e bisto. 

€9- Da meglio penne, «ngiegnecchiùssaput^ 

' £ da Poete de cchiù gravetate t 
Apollo, YÒ'che ssiaao canoaciute» 
Pe chi sa quann'è ttiempa, Tha stepate; 
Vederle a ppare tuoie sò^ pproibute f 
Ca nce vonno cchi& ngiegne sollevate # 
£ Ppoeta voi' essere strafina 
Pe ntie potè parla grieca , a latina «^ 

?••. Apollo cossf bò % perchè è ppatrone i 
£ perchè bò le-ggrazie despentare* 
Comm*^ hanno U talimte ie pperzone^ 

• £ ssape buono cheBo che se fare; 
Trashnmo manto a n' antro cammaroa#y 
Dove pare vediette cose rare t 
Ben vero ca non eratia petture^ 
Ma petaiBe co statue » e eco sc^tuvé; 

71. I>e statue tutte rotte « e iFracassave 
'N trasire Ita vediette no scom^uassat . 
Perchè nce n' era tanta quancetate t 
Che non sapeva dove dà no p»s$a$ 
Se ammissa nne restaie» eonzederate i 
Vedenno sta roina* e sto fracsssa^ 
Ca steano senza gamme, e ssenza vraccire; 
Chi capo non avea , chi mcza iaccie» 

M 6 7^ 



276 LA GALLARIA SECRETA 

7z. Cientc petaffie ne' erano pe tterra ^ 
Perrò pure spezzate nciento pane t 
Parevano secate co na serra 
Da lo forore i ed impeto de Marte ; 
Libre ne' erano mpresse , arme de guerra, 
Spate , e ipmoschette fatte co grana* arte r 
Ed io aveva gran coriositate 
De sapere chi chiile erano state* 

7J. Perzò teneano mente soita , e ssuso, 
£ stoppafatto stea mmaraveg;liato 9 
E de sapere tutto desiuso , 
Che sto mbruoglio mme fosse dechiarato: 
Lo Cortese veddennome confuso , 
lime decette , già saie , te sì mbrogliato, 

" Che d' è ? te mmaraviglie de ste ccose ? 
Ed io de chisto muodo le respose • 

74, .Chi potta d' Ole non se mata vegliasse 
Nvedere sta roina > e sta pietate 9 

Chi attuoneto , e ppenzuso no rrestasse^ 
Nvedè st' opere belle fracassate ? 
JE pe la di ntoscano , nfi a li sasse » 
' Li sasse stisse ccà , che so spezzate , 
S' avessero , mm^e cride , séniemi^nto 
Pe ccierto chiagnarriano seoi abWenco • 

75. Pe te levare de coriosetate, 
De botta Io Cortese responnete , 
Perchè songo ste statue spezzate v 

' La causa 9 e la ragione mme dicette ; 
Ccà «e professa dì la veretate x 
Perchè, azzò saccie» Apollo non penarti* 
Che nchest*arcefamosa Gallarla 
Accoda se nce pozza la Boscia • 



V A P O t L a 177 

5^6-^ Perchè de tutte quante le4)petture, 
Cht se fanno a Io Munno generale > 
Gomme de tutte quante le scolture 
Apollo ccà nne vò l'oregenale ; 
Ccà no nce vonno mieze , nà ffavure i 
Perchè ccà se negozia a la riale 9 
£ ppe mmeglio nformarte de sto ntrìcOf 
Gomme passa lo fatto mo ce dico. 

fj. E. sequctaje dicenno, sorigo chisie 
Statue de rebelle r e ttradeture « ^ 
Ed autrc nce nne so , che tu 1' aie viste i 
Turchematine , frabuite, e adolature; 
So nfrutto tutte geme nfamme , e ttrisce 
Ndigite de tanta grolie , e tant' onure 9 
Nzomma so state chille tutte gente 
Pe chi s' è fFatto iuorno ndegnaraeme .' 

78. Autro fumo a lo Munno gnorantunet 
Che non seppero dì maie na parola, 

£ bozero passa pe ssatrapune » 
Quann* ancor' erno budne ire a la scola; 
Fumo a lo Munno |:hi$te ccà pallune 
Ghiiìe de viento , perrò famma vola, 
Perchè chello che V autre hanno sodato ^ 
D' averlo fatto Uoro hanno mostrato . 

79. Ccà li nnemmice de le Ppatrie Moro . 
Nce songo, e chi nvcntaie nove gabelle, 
Che pe se sazia d' argiento , e d' oro , 
Fecero ciente zappe , e ccìente zelle 5 

Pò s' hanno fatto f^ le stame Uoro > 
Co le ddescrizziune tanto belle > 
Co ttanta varzcllette , e ttricch , e mmich, 
Ne $e legge antro mòf che jacet ite. 



^8 tA GALLERIA SECRETA 

80' Ccà n<e songo le tturbe de- 1* avafè ^ ^ 
^. £ d' Ippocrete puro , e ecuolte stuorte 9 
£ nce songo poni tant'ausorare* 
Che ttanta no nce so cetrola all'aorte; 
E pò lo Manno vpkano gabbare 
Co statoe 9 e ppetaffie dapò muorte ^ 
£ hanno avuto ardire chlste tale 
Volerse ntetolà^pe Ueberale. 

8x. De chille che schifavano H Patrei 
Ca fumo vrle nate , o poverìelle , 
Nce nne songo de Statove le squatre^ 
Ma rotte tutte a botta de martielle; 
£ nce nne so de marejuolet e Itatre* 
Che sseppero arrobà co mmuode bette ^ 
Li quale pò pe nnobele » e dda bene 
Vozero comparì ntutte le scene » 

8^2. Ccà ne* è na frotta de concobenate> 
£ de cierte da Sodoma fojutet 
Che ttiute quante se so ntetolate 
De vera Castetà massiccie scute; 
Ma Febbo % quale sa la vcretate , 
De muodo* che ccà bidè, Tha ccbiarute» 
£ pe cquanto de ntennere nune paret 
Le bò fa ammaxzarà nfunno de notare * 

tj. Le statove nce so de cierte tale 9 
Che nnemmice d'Astrea fumo a lo Mutino^ 
Azioè ^ comm' a dt » de chille 9 quale 
£' hanno tagliat! a ppiezze comm'a Ttunno) 
Po pe lassa lo nomme de mmortale 
Sd benuto a sto luoco a ddare fumiOy 
£%comme nvita fumo desprezzate 9 
SongQ ccà ccbiÀ de T^tre sfracassate • 

< H 



ry A p oi LO, s^f 

I4. Coi nce sottga Teraime itquantetate , 
Li quale a pregarle u sospire 9 e i:hiante 
\De nullo maìe se moppero a ppietate^ 
Ma stettero cchtù ttuoste de ddiamantef 
Li quale pò de preta deventate» 
Volea&o acquista nomme de zelante y 
Ma perchè Febbo ^ .ccanosce tutte t 
L' ha comm* a l'amre fracassate » e rruttoi 

85. £ di chi scrisse fona de boscie » 
S le llegge t e scritture adolteraje 
Tanta statue speziate Uà bedie 9 
Che nrederdfe cierte m* agghiada je ; 
B chi co mmille 1» e minille guittsuris 
Li Tempeie de Giove profana je 9 
£ di chi accise t'uommene pe ggusto^ 
Autro non se nne vede , che io fustow 

té. Le statoe porz! nce so de cierte , 
Che co scritture zoppe » e mmennecate 
P' acquestà nobertà jezera spìerte t 
Ed erano- gnorame» e scieUacquate; 
Apollo , quale ìli non nce v6 nzierte ; " 
L'ha puro peo delfautre sconquassate 
Ca nchetta Gatlari^ nce vo cchiù nnante 
Uoramene vasce nate 1 che gnorante^. 

87. De dette sopetbaccie t ed arbagiuse 
Vjdde porzl le statoe sfracassate, 

- Che comm*a ccemmenera^ e cchiù fbntmtrse» 
Foro « quanno a }o Munno songo state; 
De cierte j comm* a ddire ainbetiuse 
D' essese senza mierete onorate ^ 
De li quale lo piezzo assale cchià gruòsso 
Era quam'a na noce> o cgwn' a s* v^sso. 

7» 



a«o LA GALLARIÀ SECRETA 

S3. De cierte xnancature de parole , 
Uòmmene sema legge ^ e ssenza fede 9 
De chi dice $i y e ntiò 1 quann' issa volb 
Cchiù de na statòa rotta se ncè vede; 
Apollo ^ quale Uà no nce vò cole 9 
A sti tale €to sfarzo non concede r 
^ Perchè Uà non nce #r ole guittarie 1 
-- Né mmanco a li petaffie boscie. 

89. De chi de ngratetudine peccaje 
Lg statoe pori! rotte vedette^ 

£ ccheste cchiù de tutte erano assaje i 
Che n^vedè sto sconquasso nne stopettc; 
Perchè s6 ttanta tanta , addommannaje 
A Io Cortese , e cchillo mme decette > 
Non te mmaravìglià ^ perchè de chisto 
Nce n erano cchrù ass^e de quant' aie vistel 

90. Chiste che ne' ha lassate so pe mnvostat 
Né bò che nullo cchiù pe V abenire 

Co le Statoe de marmora nc'accosta « 
C^ veramente no le pò zoffrtce; . 
D'ogn'autra co^a Apollo ride « e ggosta t 
Ma chiste non le bò manco sentire < 
'Perchè li viziuse , e ]i frabutte 
Apollo l' ha nzavuorio cchiù de tutte . 

91. De chi vita menale de Maliatrone , 
Che nfi ncanna de vlzie stea chino « 
Né a Io Munno maie fece bone opere » 
Le statoe vedette Uà becitio : 

Muorto che fu , eomparze a pparagone » 
Vestuto da* Romito , ,0 Scappoccino / 
Perrò de chiste ccà le statoe tutte 
So quasemeute nce^er' arreddutte • 



D' A P O L L O. ^8i 

92. De chi arede lassale lo tiene « e quartOt; 
£ de li suoie non feco mmeniione 9 
E ccomme a na cartaccia diòlo scairta 
Ne' era de prete rotte no montotie . 
Io xiò vedenno * subbeto jbr apparto 7 
£ mme mettiette ncontemprazione > 
Ca mme vennero a mmente cierte tak 
Ammice de le parte Orienule . 

J}. Staitoe pure nce vidde de Dotture, 
Che )i crediette aveano mpapocchiate • 
E de tanta Toture, e Ccoraturc, 
Che cciento case avevano scasate^ v. ■ 
Po se feceso fare li scortare 
Pe ddedecarse a la mmortàletate 1 
Ma songo de manera sconquassate» 
Ch'appena se canosce chi s6 state. 

94* Or chìs ti par di questi Farisei ? • 

Votato a nvcne, decette Caporale « 

' Son quest' uomini degni di Trofei s 
£ con statue rendersi immortali : 
Se sdegnarian fé bestie, non che t Del 
Memoria cmservar di questi tali 9 
Che carchi di sì fatte sceleraggini 
Ardirò far scolpir le loro immagini . 

$5- io nchesto no rrespose» ca mme pan^ n 
Na cose veramente de ragione , 
Ca nò spezzate 9 dovean' essere arze y 
£ no stanchino luogo a pparagone; 
O gente indegne , e de judizio scarze 
Disse fra me > tinnente che pperzone 
Voleano tassa nomme de mmortale > 
Che pesa se doveano a no mortale r 

96 



dSS LA GALLARIA SECRETA 

96f Ne' era Uà d|i vedere pe no mese 
De ste statove rotte quantetate ; 
Ma «chitto de che parte , e che ppa jese 
Fossero, aviette io.corejosetate; 
Che pperzò demmannafe a Io Cortese « 
Quale. co mtauta ieberaletate 
Mme re^ponnette, e ddisse songo Angrisei 
Turche « Varvare« Muore % ed Arbanise, 

97. Sia iseneditto Ddio 5 tra me dicette 9 
Che.nfra chiste non c'è no Taliano » 
Ca nn'obbrecaiione no mme mette* 
Che nne pozza parla forte « né cchiano; 
E cchesta co^a quanto mme piacette 
Capere sto Io pò Io ngìegno ornano « 
E co cchesto mane' hanno occasione 
Le mmale lenguè farne mem&tone • 

f 8. E che nne sarria stato de me scuro » 
Se quarch^ ammico avesse Uà trovato t 
Che fi>sse stato comm'a.cchillo 9 e ppnr^ 
Pe fortuna V avesse nnommenaio $ 
Céa non pe^ cìerto porrla sta securo 
De n* essere a Io mmanco processato i 
Che perrA^ non parlaonone » paura 
Kon aggio , mme sia fatta quarche cura • 

1^9; Passo cchii\ nnante 1 e beo grà statoe san* 
De nienite^ e dtievierze naziuncy 
E nfra de xrhiste gran Napoletane 
Groliuse pe flfatce^ e p'azziune : 
Alf nocchie de sciasciucche, e debaggianci 
E de sciacqua-Iattuche gnorantune , 
Quale pe non sapere antro che ffare 
Schitto hanno attisQ a bevere» e mmangiare. 

100* 



ly A P O L LO. \ ùJi%^ 
zoo. Lasso H forastierei ca non voglio 

Mettere tanta carne a ccocenare t 
i Ca otra sarria luongo pe mme mbruoglso» 
Quale perzò da banna lasso stare ; 
£ pò mprìmnia de me n* ha scritto nfuoglia 
No cierto , quale a Nnapole u' ha ppare t 
J^ 1* ha stampate a nautra gallarla , ^ 
Ch'è cierto assaie cchiù bella de la mia» 
cot« Ma chellOf che nfra i'autro ivco notaft 

,Fu bedè chelle statoe iinordetiate , 
. iif cquale io contempranno n»' alleg^a)9> 
Cornine parie«te tmieie fossero ^tate i 
E ccierte dapò viste %■ le ba^aje » : 

Pi<;enno,o quatto vote vuie ve jaie, - 
Ch* a lo Manno qoq fustevo conive ^ ! 
E ssite pe bertute sempre vive • 

10 2. Io non dico de chille , che so state : 
Da seicient' anne 9 e fFuorze cchiùscorpitt» 
De ti quale ne* è ttat|ta quametn^te* , 
Ch» 81 ddicere lo vero , sa nfeniie ; - ' 
De chiste non. pari' io ^ ea sprobecate . 

L^ hanno gran piezzo la penne; squesite ;» 
Ma de chi sequeiaje Mercurio ^-e MnKSrta 
Muorte <la docieat'anne a cehesta pamN 

103. £ ccomixie ca s6 sempre preferiite. 
Ir uommene scenziuse « e Ltetterate « 
Ch'a tiutte T autre sorte de vertuta 
Son^o le lettere preveleggiatej 
Mprimma vediette T uommene sapute» . 
Apprisso li valienie « e gran sordat^ , 
Li quale co le ppenne 9 e cca le spato 
Se soogo aiernameiue amno^ ^I^^ 4 

W4. 



5«4 tA GÀLLARIÀ SECRETA 

194. Uà de Napoletane gran Patrizie 
Le staine vedette tanto belle , 

» Ch'apparo de li Muzie^ e ti Frabizie 
Co sbrannore s'auzaino nfi a le stelle; 
Di chi fu addotto niutte T asarcizie 
Mcè n'erano porzi le ccaravelte^ 
E de ciert6 sacciente , e gran Dottare t 
Che sodamente screvettero 'n jure • 

io$* E de^ marmoro bello^ fino , e ghianco 
Ne' erano sti grann' uomtnene a lo biro * 
Quale pe le lauda mme creo « che mmanco 
S* avesse ciento lengue no ne» arrivo ; 
^ De primma vidde Vecienzo de Franco , 
£ U'^antre^ppriessò > checca nnoto , e scrivof 
Musa tu damm'ajuto , te nne pfego y 
Ca si nò nchisto ,guorfo mme ne* annego. 

joé. Fo Fabio Capete Galiota 
De chi le stampe vanno semp* attuorno. 
De chi la famma a ttuite quant'è nnota 
Ca seppe lavorale a biiono tuomo ; 
ChHlo eh* ad ogne Corte ,^ ad ogne Rrotat 
£ zetato pe ttiesto oie Io ^orno ^ 

i O tiempe belle , o bone , è dotte ggente j 
De le qual^oie so pperze le ssemmente. 

'ioj. Appriesso a cchiste ccà ne era Rovito^ 
Che pporzi fu grana* ommo alletterato , 
£ sseppe accossì scrivere squesito , 
Ch'è pe tutto lo Munno nnommenato; 
Lo quarto» o comme stea bello sperlitOi 
Che s^è conforme all' autremmorta Iato > 
E a lo scrivtsre avea de Io ddevino , 
Lo Prezedeate Francisco Merlino • 

io8* 



W A P OL t «A* . , ^t^ 

mo9. Ntra de chesto vedette xbella^ gtO{& 
De Furvio de Costana^ ^esbrannente. 
Che pe la gran bontate , e bertC^ ssoja 
Campana , benché mmuorto^atenumente^ 
E pò lo Prezedente Meaadoja , . . . 
Che p' ogne ppizzo nnommenà se sente ^ 
Ed appriesso a ste/ ggioie ^ no giojella 
Ch' era Io Conssglieró Izzarìello . 

S09* £ de Capece>Latro lo Reggente 
La statoa vediette ». e dde Capano 9 
A "li quale porzì le steano rente 
Co lo patre lo figlio a mmano a mmano^ 
LI' uno Regente « e U' autro Prexedente 
Lanarie ^ e no stea troppo lontano 
Riccio ♦ vestilo Riforma Vescovale , 
Tutte digne de Carré Trionfale. 

no. Doie autre appriesso degne de vedere 
Vediette, ed una fu de Titta Toro, 
Quale fu de gran scieniiat e ssapere f 
L autra de Sebione Teodoro ♦ 
Ll'uno Avocato, e II' Autro Conzegliere> 
Tutte doie veramente penne d' oro ; 
£ pò li Capojanche patre , e fRglio * 
Uoramene de sapere , e deconziglio • 

Hi. e de chella memmoria felice. 
Degna d' essere scritta tra 1* annale t 
De chi ir/opere a guisa de Fenice, 
Se so a lo Manno già rese mmortale > 
Zoe , de lo Reggente Sanfelice , 
Penna ps ttìempe nuestre prenccpale , 
E eco Moccia poni chella de Mauro, 
D'autra corona digne, che dde lauro. 

131. 



iì^S: LA.ftALLARIA SECRETA , 

112* Vb, st'atoa *iioii vidde cchiù bevacé^ 
Nfra tante , e ttame « che ila nce vedèttCì 
Né h cthiù naturale 1 e cchiù berace 

r^De cheHa maie lo Mastro nne facette « 
Quale de lo' Reggente fu Ccacace » 
Che nvederfa pe ccierto nne stopette, 
£ 'mme nn' era de muodo nnammorato 9 
Che cquasemente nce restaie ncantato. 

113. Lia d*Anna Paue , e d' Anna figlio puro 
Le statoe bellissime pe ccieno , 
Vidde, de chi lo nomme non è scuro» 
Ca tutte duie cantaino de conzierto , 
Ch' a lo presente siecolo , e fFoturo 
De jodecà Io munno hanno scopierto ^ 
Po dò no passo nnante, e cquanto scorgio 
Crammateco , e Giovann* Andrea de Giorgio. 

SI4^ La statoa de P^bio Marchese « 
Go cchella de Frabiiio Brancaccio » 
Che co la penna venterò cchiù mprese* 
Che co la spata Orlanno,ochenne saccio; 
E p' utemo mostraime lo Cortese 
De chillo Storiografo Capaccio 
La statoa , che si bè no scrisse 'n legge « 
Ha' scrìtto cose degne , e ccose egregge . 

115. E pò vidde d' Ammennola , eSiaivano, 
|; c6 cchella de B«ntis , e Mmangrella 
ie statove co cchella de Marciano, 
Che (àceano na vista troppo bella 9 
De li quale la famma va lontano 
Ca vola , e n*ha besiiop;no de stanfella^ 
E co le stampe , e co li scritte lloro 
Hanno già dato cuneo de chi foro * 

116. 



D* A P O L L O. j«f 

ti6» £4 statue de Cosciune « e de Coscetu p 
£ de Coscia t letture assaie sapute 9 
De quale lo secunno mme leggette^ 
A ttiempo eh* era vivo , l'Isietute : 
Appriesso a cchiste subbeto scorgette 
Giovann' Andrea de Paola ,(0 tieinpe jute) 
Lo quale mme leggeite V ordenarie « 
Che da mò scurze so gran calannarie • 

117. Mentre stea contempranno a no pontoni 
De st'uomroene lo Spireto devino » 
Mme voto 4 e bidde Giulio Capone 9 
Che fu doie vote Conte Palatino, 
Chillo^ che a ttiempe nuoste fu mmastrone; 
Che de legge nfi ncanna nnè stea chino t 
£ beramente co bona ragione 
Potea fa legge apparo de Solone • 

X18. De Costantino Cafaro vediette 
La statua « che ppareva na majestate i 
Che pe ccierto gran gusto, che nn'aviette 
Nvedè chelle fattiize appropriate; 
Chillo , che «eppe scrivere , e screvette 
Cose appontute co la veretate. 
Lo quale creoi che nnanze tiempo è mmuorto» 
Perchè ca non potea send lo smorto . 

ti^. E de chella memmoria groliosa. 
De chi si bè la statoa sta Mparnaso» 
L* anema Mparaviso s* arreposa , 
Pe r addore , che d* isso ha ntetra spaso ; 
Vediette » quale fu Peppo de Rosa , 

' De chi corre la famma nfi a 1' Occaso t 
Ommo tutto bontà , senza magagne , 
Che oje Io jjiomo Nàpole. lo chiagne • • 

UQ4 



#88 LA GALLARU SECRETA 

|20« Ntra l'autre che bediecte a sto tresorò 
Ne' erano dc-Felippo» De- Marino « 
Li quale ammice tutte duie me foro ^ 
Ferrò nò le serviette pe Ddarfino ; 
Scriss?io de chiste cdi l'opere Uoro» 

' E no le meressaje de no lopino , 
Ma s* avevano vita a cca cient' anne » 
Cìerto ca mme levavano d'affanne% 

Idi. Lello Gitzio Uà puro nce trovaje 
Niierao co Mmichel» Angelo lo frate ; 
Che l uno , e Pautro sere venero assaje. 
Ed hanno legge » e ttieste smedollate / 
Mon ih'avarria voluto parti maje 
Pa Uà y pe contemprà su degnetate , 
Ma non |(nme potte troppo trattenere 9 
Perchè ne' era già robba da vedere . 

•122. Dereto a ttutte quante, ma vecino 
A cchiste eh* aggio ditto , puro ne' era 
Lo Magnifeco Andreia Valentino^ 
Quale io vedenno canoscie a la cera , 
E ttutto quanto d' allegrerà chino 
Cchiù che non è n' aucieUo a Primmavera » 
Abbraccio chella statoa , e ta vase , 
Tpccanno vocca a bocca>ennaso a nuaso* 
123. Quanto lo gusto fu ncongrosione 
Vede^-e chilio che ra' avea stampato 
Voglio lassa ncopscderaxione 
A chi vedo lo pdtre s' è soiuiato ; 
Kon se pò dare comparatioiie 
X«'a me , ed Anea , quant^ appe trovato 
Po Patre Anchise dapò tanto §tiento , 
Perchio abbracciale na preca» isso lo viento. 

124» 



D* A P O L L O. 2Sf 

124* Scompuie li Dotture ^ e li Legiste» 
Vediette li Poìete mano mano ♦ 
De devierze paise, matia chiste 
Ccbiù d*uno canoscie Napoletano; 
Ora che ddegneta-tc che bedisct, 
Ca chi teneva no frascone mmano 
De lauro , e de ghirlanne tanto belle 
D' ellera tenea xicapo, o de mortelle. 

125. Lasso porzl , pe non fa longa storia» 
Li Poete ccbiù antiche > e de niodierne 
De le statoe cchiiì ddegne de mammori» 
Faccio mò menzione a sti quatierne ; 
Nce mi* era no de ccbiù fatte ppe sboria 
Mme pare a mme , eh* era de Pepierno 
De li quale ccbiù d' uno mm'cra amnjica 
Ch* io lo canoscette niiempo amico. 

X16. £ de faccie scorgiette a primma vistai 
Chillo Potea tanto celebrato , 
Zoe « lo Cavaliere Giaminattista 
Marino » d* ogne scienzeja dotato ; 
Appriesso a ccbisto ccà veneano a llista - 
Lo Marchese de Villa , e V Ammeraio , 
Lodovico Patierno, e Ffontanella, 
Che ffaceano na vista troppo bella • 

127. Chelia de Marc' Antonio Porillo 

Vidde , che fu Ppoeta assale valente » ' 

E nc^era reme chelia de Tanzillo, 

De chi dura la amma aternameme j 

La siatoa porzi ne' era de chillo 

Che ssonaje la tiorba azzellente , 

E de Basile , chillo Cavaliere , 

Poeta raro > e acuto die penziwe • 



st^ . LA GALLARIA SECRETA 
128. La statoa vedde Uà de Tonno Basso 1 
De Nufirio d' Andrea , de Mario Rota , 
£ cchella pò de Giammattistìt Grasso , 
JLa vertù de lì quale a ttutte è nnotat 
£ da chille, eh* a «pparo de lo Tasso 
Scrìsse, e non ne sgarrale manco najota.) 
Lo gran Poeta Andrea Santa Maria» 
Che fu lo sciecco de la Poesia . 
'129. Appriesso pò d*Ascanio Pignatidlo» 
D» Marino Capece de la Spina» 
£ cchisto fu « che &ce gran fratello 
*^^ Co la Vertute soja, e la Dottrina: 
Avette no sottile celtevriello 
Co scrivere ^ e.pparlà nlengua latina; 
£ t:chesto Io ffaceva a briglia sciotai 
Che de molino te parea na Rota . 
130. Votaie l'uocchie; tè_.> mò nce lassava 
Na statoa, eh' era cierto la cchiù bella t 
Teneva mente, e ppare che ppailava» 
Comme se avesse avuto la favella. 
E ppoco nce voleva , e mme scordava 
De Ferrante Carrafa , e ne' era ehella 
De Cesare Caracciolo, che fforo 
De la Toscana Poesia decoro , 
fji. De Loise Joele , e Ssarriano 
Le siatove porzi vidde a la llerta -, 
Che ir uno, e U' autro fu I^iapoIetanOf 
De li quale la Famma non è ncerta; 
£ de chìllo famuso Capoano , 
Che mme fece restare cann' aperta , 
Attendalo zoà , chillo , lo quale 
Fu ntien^e suole Poeta prencepale* 



Ì5' A P Ó L L Ò- it9> 

132. Ma *<ihi 'porrla comare li Poete, 

. Ca nce n* erano Uà le mmegliarate , 
Cchìù ch*a Rresìna, è a Ppuortece sòr ppret|! 
Da lo Monte de Somma vommecate ; 
De li quale cchiù d*uno senza dete 
La manot titta aveva, nzanetate ? 
Io coriùso de na cosa tale , 
Nne demmandaie la causa a CcaporaIe« 

133. Chillo se mese a rridere» e pò disse,: 
Ór che mi dai, che te '1. farò palese? 
Ed io respose, si mme Io ddecisse, 

Pe cierto affé non te sarria scortese ; 
E cchillo reprecaie: ciascun che scrisse 
Contro il dover, eh' ad altro non attese 
Solo , 'e quantunque di star qui son degni» 
Vuol Febo , che si merchin con tai segni. 

134. Così chi con la penna il tempo perse» 
E mischiando l' inchiostro con sudori ,^ 
Con gran danno di molti le vìq aperse 
A i fraudolenti , e disonesti amori / 

E quei eh' ancor con Poesie diverse 
Si ridussero a far gli Adulatori, 
Facenno encomiì ^ e danno ingiusta lode 
A chi altro non mancan , che le code . 

135. Altri, che con metafore, e traslati» 
O con parole, e voci unqua non use 
Hanno i poemi lor cosi oscurati. 

Che le menti delf uomini han confuse ; 
Furon con tutto ciò già perdonati 
Da Febo , ma per grazia delle Muse t 
Con patto, che le statue di costoro 
t^er r avvenir non entrino in decoro » 

N « I3«j 



^i LA GALLARIA SECRETA 
136. Dapò de cierte ffemmene nnorate 
Le statoe vediette , o che gran cosa ! 
Ch'a Nnapole se bè n'erano nate, 
Co tutto nò, la vista fu gostosa^ 
le cquale tutte steano ngiorlannate 
3D' ellera 9 -d^ viole, e quacche rrosa^ 
Io disse a lo Cortese chi so cchesse? 
So state, mtne respose ^ Poetesse. 
337* Femmene Poetesse ! uh mamma mia ! 
Io dee ette 5 mpossibile mme pare, 
Che pozzano sape de Poesia , 
Quaniio manco so bone pe fFelare } . 
£ cchillo reprecaie , non è boscia , 
E pe mmeglio volermene nformare, 
Mme decette chi chelle erano state » 
£ li nomme de cchiù co le ccasate . 
138. Mostrannome la primma, disse chella 
Azzò saccìe , fu ffemmena , la quale 
Conforme fu de viso tanto bella , 
Accossl de vertù fu pprencepale ; 
Chesta ccà fu Llpgrezia Marenella, 
Che s' è pe Ppoesla fetta mraortale , 
Cheli' autra appriesto è LIaura Terracina ^ 
Ch* a fFare vierze avea mente deviiia . 
1139. L'ama, se vuoie stopire^siente, e gosta^ 
FatV ha resta ciente Poete ammisse^, 
Ca nne ncacaie lo Tasso, e IP Ariosta , 
Tanto bello compose , e itanto scrisse ; 
E sse cchiammava Margarita Costa , 
V opere de la quale si le^gisse , 
' Cierto nce spennarrisse mise , ed anne, 
Ca te farriano scire eia li panne . 

Ì40. 



D' A P O L L O* %9} 

t^o. De Veroneca Gammara la famma 

Gran Poetessa de li riempe suojei 
^ Zoe la quarta , che ccosl se chiamma »• 
Corre da Talia nfi a lì lite Eoje: 
La quinta se pò ddi d' Apollo mamitfltf 
E sì lo nomme suio sapere vuoje» 
E la Sìgnà Vettoria Colonna , 
Mentre è lo Manna a nnull autra secoana • 
14T. Se ti è caro veder dì tue paesane 
Le statue al vivo t disse Caporale i 
Mostrerottele adesso, che lontane 
Non son dì qui , ben fette al naturale^j 
Queste acciò sappi son Napoletane , 
Che con virttide sopra naturate 
S* acquistaro nel Mondo eterni vanti 
A dispetto degli uomini ignoranti. 
142. De Sabelfa de Capoa Prencepessa 
De Morfetia , la statua mme mostraje^ 
E dde Maria de Capoa ,, Duchessa 
De Triemmole , che ppura scrisse assale; 
•Apprie8s# pò de n* autra Poetessa > 
Quale nvederle ♦ cterta n* arrestaje » 
, Che Ddonna Nora fu Sanseverìna , 
Penna de tiempe suoje quase devina.' 
143. Po de Donna Giovanna d* Aragona 9 
Quale fu de lo Vasto Marchesana , 
£ de cheir autra degna de Corona 
Caracciola , cioè Giostiniana ^ 
£ de na ccellentissima Matrona i 
La quale fu poni Nnapoletana, 
Dico la Prencepessa de BeterA 
Degna de stare a la Celeste fkn: 

N j M4-Qì»r 



^4 LA GALLARIA SECRETA 

144. Dapò vidde la statova de chella , 
Che.moscano cantaie co ddoce stile; 
La quale se chiammava Andreanella, 
Kapoleiana , e dde casa Basila-, 
i^priesso a cchesta ccà« na segnorelk, 
Ch' a ffare viene avea ngiegno sottile , 
Che Giulia de Capoa se chiammaje, 
E pò Maria Loffredo mme mostraje . 

345. Tanno m' addomaqni^ie lo Caporale 
S' pie ne* erano ste ffemmene a lo Munooi 
Quale attennenno alleane leberaki 
Avessero pescato .tanto affanna ; 
Kò nce nne so , respose io t de ste ttale 
Si lo cirche, e rrevuote a ttunno a ttunnoi 
Ca eie chella è la vera Poetessa , 
Che sa ssola 9 e sfrenata ire ngalessa* 

146. Lo Caporale quanno chesto ntese 
iSe fece a schxattaxiello na risau* 
£ ddato m'avarria quar^he ttornesct 
Ma tenea la saccocciola sfonnata; 
Perrò chesto si bè , ca mme promm«c 
Ca m'avarria ben priesto procoraia 
Da Febbo na patenta , o na despenza 
D'avere v a ggusto mio , pane ncredenza* 

J|t47. Ma tanno lo Cortese mme respose, 
£ disse 1 va ca staie-male nformato» 
Pocca non saie de Napole \z czosj^^ 
E t' avante eh' a Nnapole sì .nnato ; 
Addonca tu pon saie chelle ffagiose 
Napolej^ne femroene,.o sci^uratp? 
Che pe la^ penna lassanno lo fuso 
S' hanno 2|.cqiie§tàto pomme grole)USO*. 

14'' 



14^* E che si ffuorie nato a lo Mantracchìo, 
O dinto Pascarola , overo a Ttrocchia? 
Patta de mene j e comme sì bozzacchi(> 
Si manco fusse nato a la Conocchia y 
Cierto mmeretarrisse no vernacchio , 
Perchè buoie che move gliotta sta papochfai 
Pocca nne saccio certe , che so bive ♦ 
£ te le ddi€0, azzò le nnuote» e scrive. 

Z49-^ Che perrò commenzanno da la primmaV 
A una a una te le ddico tutte » 
I>e quale Apollo nne Éice gran stimma 9 
E mmaie nne stace co te labbre asciutte! 
Le cquale co la prosa, e co la rimma 
A cchistc tiempe d''oie fauze , e scorrutte» 
Fatt' hanno stare , e ffanno sta a stecchetti 
Quarch» ommo , che se tira fa cauzetta? .- , 

S50. Donna Giulia de Capoa, Doches^a 
De le Nnuce, non saìeypiezzod'Anchiofiie?^ 
L*autra che d'Ottano è Pprei^cjepessa 
D* Avolò~ Donna Nora, o nzerajrecone^'j 
E r una ♦ comme 11' autra Poetessa , 
Che ccierto ponno stare a pparagone 
A lo Tasso , a Io Bemmo , e a rAchellinov 
O se quarch'autro nc'è, che ssia cchiù ffino. 

I$i. Dove lasse Vecenza de Regina, 
Dochessa de le Ppesche, dì, pacchiano^ 
Ch- a cchiste tiempe è penna accossì fUmi 
Che rrestà face ammkso ogne Ttoscana^ 
.£ cchella , che cchiammà se pò^ devin» 
De ngiegno quasemente sopr'omano-f 
Olimpia Rossa , quale veramente ^ 
Face rettare ammisso chi la sente # 

N 4 ij« 



T99 LA GALLARIA SECRETA 

152. Ne è ppuro Donna Eufemineja Spinella, 
Che ccompetere pò co lo Petrarca ♦ 
£ cchesta, azzò che ssaccie, appunto è cchella 
Ch^a Nnapole è cchìammata la Monarca ; 
Ve' è puro viva Carlotta Savelb , 
Quale a dde$pietto d'ogne ccruda Parca 
Ha fTatto npoesia profìtto tale , 
Che s^ è aternata * e ffatta s è romortale • 
'a5?- Ne' è pò Donna Giovanna de la Torfa, 
Ch* è ir utema Dochessa de Gravina , 
Ch' a pparlare de chesta chi se ngorfa » 
Non se nce metta 1 si non ha dottrina 9 
O comme sa canta buono la zorfa 
Neoppa la Poesia Tosca 9 e Llatina $ 
Che pe r Auropa de le ppare soje 
Poche , previta mia* nce ne songh'oje* 

J54. E cchella , che nnarcare fa le cciglia 
Co gran stopore aj^ Natura , e II* Arte> 
De lo nnevierzo Manno mmarayiglia , 
De cfiFla farama vola p oglie pparte; 
Quarè Ddonna Vettoria Cavaniglia» . 
Cbe pe llaudatla mancano le ccarte^ 
E puro t*è becina, v^ nno la saje? 
Da vero non nce fusse schiuso' maje. 

15J. Chesi*è cchella Segnora grolipsa , 
la quale de Sant'Ermo oje è Mmarchesa^ 
Che ttanto è ddotta , quant* è mmajestosa» 
De chi nfi ccà la voce s' è ddestesa ; 
t* cchesta mpóesia tanto famosa , 
Che mmaie simmele cosa non s'è ntesa; 
Ma che la Poesia ? chest' è la manco , 
Ca d'ogne scienzia parla prunto^e ffrancp. 

^56. 



0» À P O L L O. A97 

156. Aspetta ca ne* è n'autra Poetessa t 
Che no m« l* allecordo troppo bona t ^ 
Sta zitto, ca te dico mò chi è cchessà 
Quale de Poesia porta corona ; 

Mò ni* allecordo , ed è la Prencepessa . «| 
De Valle , che ppe ttutto ccà resona 9 
La quale è Ddonna Nora de LofFreda » * 
A cebi bisogna* ch't)gne Mmusa ceda. 

157. Tutte cheste, aziò saccie» $ò arrotiate 
A la DeHeca nostra lebraria t 

£ co gran gusto Apollo V ha aziettato^ 
£ nne fa ccunto assaie previta mia; 
Quale se songo tutte ammortalate 
P' esser' assaic vafiente mpoesìa, 
Ca sopra ogne bertute , ogn' autra cosa, 
Femmena Poetessa è nimostruosa . 

158. Che perzò quanno a Knapole retuoraé 
Va le ccanusce 9 e falle lleverenza * 

Ca behediciarraie l'ore* e li juorne , 
Che de chcste vediste la^ presenza; 
Si na vota le ssiente , afffe nce tiiorne , 
Perchè so de vertù la quint' assenza , 
E ssongo de dotte ina accosst nfuse 9 
Cile deciatraie, ca cbeste s6 le Mmuse» 
159- Già de'stellé la notte lo soflStto . 
De lo Cielo 'av2r*mtto attorniato ^ 
Quann* ogn* aseno , e oga'ommo se sta ziitOt 
Ca de lo suonno stev* addobbiate 9 
Io tanno cchiù ccostante a ppede fìtto r 
Pe-vedè coAuso stea ncantato , 
Né mme corate» dormire, e arreposawt 
Pe le ppotete a ggusto contemprare . 



nqS LA GALLAMA ftECRETA 
xéo. E ttantQ cchiù pe bonn mia foruinai 
Ca specchiato , e ^perlito nce vedeva. 
Perchè tanno ncrescenza stea la Lulia t- 
Lo raggio de lo quale Uà ttraseva; 
A ggusto le be4Utte ad una ad una, 
E cquanto scritto a, li petaffie steva , 
Ferrò, p* abbreviare » de lo ttutto . 
Sema che le llegesse»nne foie strutto. 
i6i' Io già ssapeva , eh* erano Sordate , 
* Zoe Mastre de Campo , e Ccolonniel^e* 
Perchè stevano tutte quante armate i 
Comme tanno facessero dojellei 
Chi lanze mmano avea, chi cegnea spate^ 
E chi tenev' accette , e chi martielle , 
E ciert'autpe nce numerano de cchiune , 
Chi co ccelat^ , e chi co ipmorriune . 
162. E cossi bidde tant' uonimene armate 
De marmor^ , che stevago a ffelera * 
Che fFuino li Masarde* e Ttetoiate* 
E de'nomme 1 e de fatte Cavaliere; 
Che pe la Monarchia se so sporpa^e 
De rrobba e ssango pe. fa lo ddever^ ^ 
E dtf chi pe la Patria , e pe lo nnorc 
Si non sango,.spargiutp hanno sodore. 
16 j. E perchè mme stea rem^ Ip Cortese,. 
Quale comme ca fu Nnapoletano , 
E le ggente sapea de lo paiese > 
E li valiente , e cchille d' otto a ggranp/j ' 
Mme fece chelle statoe palese 
Di chi foro a lo Munno oie tanto vanp» 
E pe megllp nlormarme quanto , e ccommc 
De chille mme decie li J^tte^ e..&nQmme • 

164* 



IP A P O L t O. 29f 

t^ Lo primmo che mostraieme Io Cortese 
Fu chillo gran Segnore grolejuso , 
Marte Na^poletano , lo Marchese 
Nvio^ro > ch*ogn*^uno $à»^e Torrècuso, 
Ch^^a mr»iWe fatte d'^ arme , e mmille mprese 
Se mostrale sempe nvìtto y e balóruso » ^ 
De lo (piale ch*^ io parlo jxon accorre ^ j- 
Ca potea stare a ppteeto coti Attorre*- 
t6S' La stato va de Carlo de la Gatta 

Rettte a sto gran Segnore nce vedette 9; , 
De Io quate la Nvidia mie schianta. 
Pe cchelle gran prodizze che fFacette i ] 
ChiMo che nce offese a spata tratta, 
£ co llanze* e co ^pate^ e co scoppette^r 
Che dapò ch*^appe latto no maciello 
De Galle, fece- libero Orbetiello. 
t66. Vasta ca chisco schitto co Io noflì^mé 
Ex^ de li Pranzile lo terrore , 
E n'aveano paura jiisto oomme 
De la gatta fo Sorece a V addore; 
£ te concrudo nsomma de le somme 
Ca fu de ncomparabéle valore^ 
Nzomma fu cchista càhift' de Mane mertai^' 
Anze^ che Mmarte? flirtnet» de^Gaerra;- 
1^7^ Po chiìle duie de razza -giagantesca : 
Mine mostrale , che lo Cielo Tàggià ngfori»/ 
Dicemio ^de vasarle non te^ JK^esca 
Le mmano^ ca so ddigne de «nemmi^riai ^ 
Che p* essere à te Munno iropp» fresca ♦" / 
Non te ne poauo fere longa sWria » ' ^ 
Ma saccie ca C^nt'è de Comméfzano ' • 
irono, b Pì>rencepe è n'aiitrordaChiitsait*. 
N 6 i6t. 



3C0 LA GALLARIA SECRETA 

i6S. E berameme^ V obrccatiohe » . 
Che s ave a 8ti Segnare è tcroppo grannc» 
£ cchiammare se pò no coppolone 
Clii non se n' allecorda a ccà mmili' aniiQ 
h'on volè sape cchiù nconcrosionCf • 
Ma si volisse scire da li paone , 
.Qii^n'a Niiapole tuotne iiformaieHne., 
Ca tanno ntennciraic cose siopcnne - 

J69. Po cchiù nnaiKe na staK>va vedette 
Nuda 5 ma senza capo , o che terrore ! 
Ca pe lo gran spaviento , che mva^ dettei 
Lo spireto fu quase pe sci fore ; 
Xla sopr* ogn' aura cosa mm' attcrrette ^ 
Ca da \q pieito le pennea lo core , 
D*uno, quale pati morte crudele 
P' esser* a lo Rrè saio scmpe ftdele . 

ITO. Npenzannooe lo core mrae trapassa 
Co r arma. 1' ardentissemo dolore , 
Ed cgne beiaa ncuorpo mme s'attassa» 

% E tnme corre pe 1' ossa no treramore ; 
Quar «r4 de lo Prcncope de Massa.» 
Dign' essere laudato a^itvitje rore, 
Cj^ilW; minano.de giijtta a lo Marcato» 
Da, fa^nere morit non da^sordaio. 

^Tu fanno qu«nnO:^a Prebe nferociuu 
Cpjmmatteré se crese co 1^ stelle -> 
E quanno h. Bepubbreca arreggiuta 
Vojea de -quaratit'onza le ppanelle ♦ 
Qvi^uì^o chella ©an^aglia nzellanuu 
Campare ,se credeft senta gabelle y 
E biver« sent'trte, h ssenz^ ntrate ,. 
C*ia> tag^acuoUe pe If $trate.- / 
4i: * ' »7a. 



D' A P O L t O. ^oi 

[ 72. O d'ogn« federtà sciecco , ed ascmpào, 
O digno de corona , e de Trofeà , 
A chi , diss io j na «atoa-nò ., no Tempio^ 
O te jconvenarria no Mausoleo^; ^ 
E Ccaporale disse , o*Popor empio , 
Perchè dilaniare im Semcdeo* 
^he altro fin non avea , né altro impegno. 
Che conservare al pio Monarca il Regno? 

173. Ne* era de cbiste ccà na quantet&tet 
Che di se panno Martere verace , 

Na perchè mò le ccose so scordate t 
De non parlarne cierto mme pejace ; 
Ktanto lo Cielo a nnuie dia sanetate» 
A Iloro requia , e ssempeterna pace « 
E ccossl prego , che nce sia tzpnciesso 5 
Ór^ decimmo^ mò dell' amre appriesso. 

174. Mestre steva a bedè cossi ncantato, 
Ntèse de gente armate no rcmmore , 
Quanto mme votò , e bidde accomoagaat# 
Da Beltonia e da Marte no Segnore» 

La statora 2oè , comm' a saordaio , 
Che pareva fosse ommo de valore , - 
Quale perchè mme creo ch'era pesante 
La portavano ncuoUo seie gìagante . . 
175; Quaiino ia vidde ivfaccie -, atta dennicot 
M' accuorze eh' era de le gente nostre y 
De grqleja ♦ e de nuore vero amraico , 
De chi la famma corre pe 4e pposte., 
Qual' era de Loise Poderico » 
Che fFece nguerra cchiù battaglie > e Àv^St^ 
£ scomputo eh* avette la melitia 
Fu fatto Vccerri de b Galui^ . . . 

1764 



301 . LA GALLARIA SEGRETA 

176. Qoale sfastedeiato de le ccose 
De sto MiinnOf e già fattose palese^ 
Voze fa prova de cchiù groliose^ 

De cchiù stopenne , ed onorare mprese r 
E le tterrene cure- assale penose 
La^sannOf trammutà vote pajese^ 
Ca da sordato meletanno nterra» 
Mo gode pace 'n Cielo senu guei'ra «^ 

177. E de chili' azaellente Cavaliere» 
Che fu ommo de pietto « e de valore % 
£ ssapea de le guetre lo mestiere* 
Cchiù de chi fu dechille lo nventore^ 
Ciertp non ne spiacette de vedere 9 
Ca mme se rallegrate tutto lo core » 
Che de Monte-Pagano fu Mmaschese; 
De chi se sanno le nnorate mprese.» 

S78. L'allegrezza^ ch'aviette fu nfenita,^ 
Vedennota cossi a lo nnaturale> 
Attiso tanto bella stea scorpita 
Co ffaccte mafestosa, e gioviale r 
Justo parea cornine quann* era nvità > 
De chi fuie servetore cordiale i 
£ mo nc^ è Don Antonio co lo frate 9 
Figlie de chtsto , e a mme patrune amatti 

Z79«- De duie gran Cavaliere prencepale. 
Le statove vediette majestose 9 
Zoe de Giorgio , e Becienzo Serbale» 
De chi so imote l'opere fammose; 
Vecienzo Commcssario generale 
Fu de Cavalleria , quale gran cose 
Fece a Mmelano, e Giorgio ommo valente 
De tutta chella fu Luocotennte • 

Ilo. » 



jy A P O L LO. 50J 

180. H'autra pò nne yediette assaje rezarra» 
O che, ccosa pe cierto preincepale » 
De la quale ogne storia nce narra 
Produie quase sopratinaiurale t 
Ch' era de Don Vecienxò de la Marra ; 
Che fu ^n Venezia no gran Generale , 
Lo ^quale ciento vote « e no schitt' una $ 
Deze che Sare a ir Ottomana Luna . 

l8r. De cbillo eh' a la Sciannena acquesta^e 
'N favor,e de lo Rrè tanta fonizze , 
Na staiova galante mene mostraje * 
Quale mm' addopprecaie le ccontentixze • 
Io tanno a Io Cortese addommanna^ ^ 
^bì è cchisto , che fa'tt'ha tanta prodiuéf 
E Dcionn' Andrea Cantelmo isso respose » 
Che ffece mille mprese groliose. 

182. la statova de.chilC àrcevalentc 
Vidde» che fu Ssordaeo, e Ccavaliereì. 
Lo nomme de k> quale aternamente 
Ammortalato s'è de cchiù mmanere> 
Fra Lkllaro Brancaccio , ommo saccente^ 
Lo quale pe balere , e pe ssapere » 
Cierto. co. beretà se pà chiammaret 
Lo sbranuore de 11 Arte, meletare . 

^^83. Po vidde chelU de. Carlo SpenieUo * 
Quale fu de le .guerre io sconquasso t 
E ff^ce de nncmice no maciello > 
Cchiù che non fece a ttiempe suole Gradasso» 
Chist^ogtte Capetanio , e Òcolannella . 
. Lo chiammava de Talia Archkalasso» 
«Conforme rame decette Caporale-, 
Cb' a mmare. ^ e otsrra (a sran Generale . 

184. Vii. 



304 LA GALLARIA SECRETA 

x84« Vidde de Don Michele Pignatietl# 
Na statoa cossi bella , e ccossi biva» 
Quale justo parea fatto a lieviello » 
Ch'a ffarla meglio Fidia non c'arriva; 
^ Chisto fu chillo che cacciaìe Martiello 
^ Co mitta la rampante commettiva 
De Marejuoley che steano ncampagnat 
C) bota le faccette le ccarcagna . 

185. E miempo de le rre^oluieiune , 
Fu de mauacanaglie lo spaviento, 
Ca quamio chille gioite mascauxune 
Lo senteano , fujea<ao comm' a biento ; 
Kzomma .chisto Segnore facea cchiuae , 
Che non &ceano a cchtile tiempe ciemo , 
Mostranno quant'era ommo de valore 
Pe lo Rrè , pe la Patria , e pe to Nnore f 

x86. Otra ca quanno fu Mastro de Campo 
A le» Guerre de Sciannena, e Mmelano» 
E addovonca stette co lo campo 
Se mostrate de valore sopr' ornano « 
Perchè fu de nnemmice tuono , e Uampo , 
Buono co lo coiiziglior e co la mano. 
Ma che boglio parlare de sto Marte, 
Già che sta scritto a cchiù famose carte? 

187. Lia de Giulio Cesare 9 onuno rafo^ 
Che de Conca fu Pprcncepe 1 e Ssegnote » 
Qual* a li tiempe suoie non ebbe paro. 
La statoa vedtette de stopore.* 
Ommo p^ arme , e pe Mettere assaie chiaro^ 
Che de casa de Capea fu sbrannore ^ 
De chi la penna mia cchiù non se sieime 1 
Ca n* hanno scritto ci^ onorate p^nne^ 

188. De 



D' APOLLO. joj 

i8i' De chillo, che cedette a io nnetnico» . 
Quanno non potte cchiù , ma co gran core 
Le dccette , te cedo a cchisto ntrico , 
Non ch'avesse de te quarche temmoref 
Gomme Sordato nò , oi,a comra' Arrico t 
Ca non m' appassarrisse de valore ; 
E cchisto tnme decette lo Cortese i^ 
Ghiera de Montenigro Io Marchese. 

189. Fra de chiste la statoa poni ne' era 
De no gran Segnorone, e gran Sordaio^ 
Quale steva scorptta.de manefa v 

Che m' avea quasemente nnamorato 9 
E cbist* era lo Duca de Nocera » 
Ch' Ulisse Taliano fu cchiammato i 
De chi la famma a ddoie trom mette S0M# 
Che fu pò Generale d* Aragona . 

190. La statoa mostrajecne pò de chiHo ^ 
Prencepe de la Riccia • ommo zelante » 
Che zampa-te da cavallo, comm' a grillo 
Pe ssarvare la vha a Rre Ferrante , 

Si nò f cterto Scappava a lo mastrìllo 
Dà lo nnemmico , che le venea tmaate ^ 
Quale puosio a ccàvaHo , via fojette 9 
E lo Prencepe a ppede nce morette . 
.191. Na statova pò vidde , che tteneva 
N a ver ghetta a lo dito de diamante > 
Quale disse Cortese, ca valeva 
Ottomiiia docate de contante t 
" Ma chiava d' Oro ncimo puro aveva ^ - 
Che non se dea no tiempo a ttutte quante» 
E Don Arfonso chist*era Gaetano, 
Lo quale Duca fu d^^ Laureniano • 

X92.Chi- 



^^ LA GALLARIA SECRETA 

1^2. Chisto guadagnale TEreda, e Monzonei 
Chisto ccà fa fragiello de Franzise , 
Chisto de Rrè FeTippo fu ccampione , 
Ca guadagnale Cetà ^ Terre , e Ppaise » 
tChisto fu de le guerre Gonfalone r 
£ no stimaie la vita tre ttornisei 
Ca coli' arme a le mmano vatzòxhe ssacce, 
Voze primma mori « che bota facce ; 

t^y. E de Paolo de Sangro vidde appr tesso 
Na statoa, che nfì Uà se pò arti vare , 
Che de parlarne a mme non è cconciessO) 
Perchè fu de valore sengolare, 
E se trovano a ccbiù de no prociesso 
L' aiziune magnaneme , o ppreclare 
De sto Segnore , scritte ^ « r regestrate» 
Che iFavoIe non s4f itta veretate^ 

194. E cchella de Gerardo Gammacorta 
Dove lassava , che fu n' omino nvittOv 
De chi la Famma manco non à mmortaì 
Ca <i'isso mille Auture un' hanno scotto? 
Perlo ch'io no nne parlo poco mportat 
Ma dicere nne voglio chesto schitto> 
Né ddevo co sselenzéjo passare , 
N'ommo de tanta stimma, e ssengolare. 

<9S* Ca chisto ccà fu cchitlo > eh' addomaj^ 
E nfenite, e ddeverze naziune, 
£ d'anemo, e balore sopera )e 
Non ciento Marte, ma lì meliune: 
Stmmele a cchisto non s'è ntiso mafea 
Perchè li Galle devenià capune 
Facette , ca quann' era a na battaglia 
ilo le 0acea vale manca na paglia. 

. 196. D' 



DV A P O L L Ov ^pf 

X 9 6. ^D* Andrea Matteo la statoa Caporale 
Po mme mostraie, clicenno,quest'è quella 
De la casa Acquaviva il Principale 
Duca d* Atri , de' Barbari flagello ; 
Averardo mosuaieme pò 9 lo quale 
Co lo Rrè 4' Òngaria fece dojello , 
£ co balere granne , e co pprodeuza 
Le fece no graQ tiempo nese&teiiia « 

X97. Doie statce me mostrale; pò belle, e pronij^ 
De Diomede Carrafa fu lai primma , 
Che fu de Mataluna primmo Conte » 
Valoruso a le guerre , a de grà stimma^ 
A lo quale le steva facce- fronte 
Antonejo Malizia , che fFu ccimma» 
O cippo de Carrafa, e a sti paise 
Nqe facette trasì T Aragonise . 

198. D'Andrea pò Francisco gran sordat^: 
Ntierhpo de Rrè Ferrante d* Aragona 9 
Che da lo ditto Malizia era nato , 

De xparmora mpstraième la perzona; 
Dicenno y cristo ccà.s'è ^pellecchiato 
De sango , e rrobba pe ccheH» corona;# 
De chi fu la valore tanno granne » 
• . Che ddui;crà pe ciento milia anne 4 ' 

199. De Ferrante^ ed Arfonso de Pescara^ 
Marchise de valore arcesoprano , 

La grolla de li quale à ttroppo cbiarai 
E lo. valpre de fe Uorò jmano ; . \ 

. QuajQ con a^demiento I e bertù fasn '! 
Fecjsro sta a. stecchetto Sole mano-, ; 
. : >ìE a le bannere soie torchine , e' ggialle 
Cchiù bote vQtà fecero le sp)lU • 



^o8 LA GALLARIA SEGRETA 

^oo. Mentre steva vedenno ste scordare^ 
Addommannaje pe ccoriosetatc 
A Ccaporale , le mmanefatture 
De quale valentuomene so state ^ 
Perchè sotta no ne* erano 1* Auturc 
De nullo «xnuódo scritte , né nnotace t 
Ma chiir ammico subbeto a lo mpruntOt. 
Di chi fatte V avca mme. deze cunto • 

>oi. E ddisse / certamente mi par giusto 
Di soddisfatti in ciò , ser Valentino j 
Deir antiche dirò per darti gusto ♦ 

-« Che molte ve ne son del Sansovina, 
Ve ne son* altre d* Agostino Busto , 
Ed oltre ve ne son del RosselHno ^ 
Di Nicolò d' Afelio , e del Pisano t 
Di Gioan Filippo ancor Napoletano. 

tà2> Ve ne. son anco assai del Baldabrino ì 
Come di Simon Bianco , e Rocceizano » 
Del Grasso » Montelupo 9 Riccio , e Mino s 

^ Ed anco ve ne son del Paduano ; 
Ve ne son anche motte del Bernino, 
<£ di queli* ingegnone alto ; e sovrano 
Di Geronimo d' Aurìa 1 e Santa-Croce « 
Di chi spande la Fama ogn*of la voce» 

io^ Ne fé molte di queste il Moscatello > 
Se ben di marmo> pajòn fatte a cola^ 
%£ tre fiitte n'ha Baccio Rondinello, 
Ed altre fòtte n ha Gioyan di Nola } 
SangaDo y Naccherini , e Raffaello , 
Michalozzoi de un certo tal^^tcola» 
• Il qual non mi sovviene, e gli altri appresso 
Senza punto induggiàr li dirò adesso. 



D* A P OJL L O. 309 

ao4« E mano mano piarne (kzt parte 
De cert' autre » che steano ^ pparagone 
Da settam' anne arretto a cchesia parte # 
Fatte da no bravissen^o mastrone : 
Dicenuos questo ave illustrata Tartc ^ 
Del ben scolpire al viro le pers'one t 
L'opra dunque, che vedi cosi' vaga 9 
L' ha fetta il Cavalier Cosmo Gonzaga • 

205. Quest' è colui che la tua nobilissima 
Patria adornò de' più famosi terapj , 
Che per tutta P Europa» benché amplissima 
A par di quelli non vi sono esempj ; 
Egli è di mente si sollevatissima « 
Che a dispetto de gì' invidi . e de gFempj , 
S'a quei tempi di Fidia ei fusse nato* 
Il primmo luogo avria- certo occupato ;» 

Z06. Ne* erano da vedere k mmigliare 
De statoe de Segnure, e Ccavaliere y 
Li quale tutte pe s' ammortalare 
Spargettero Io sango volontiere . 
Ma Caporale voze abbreviare , 
E s^ulamente, pe mme fa piacere, 
( Lassanno 1* autre, ch'era notte assajé ) 
Cheste , che mò ve conto , mme mostraje. 

$,p7- Dg chillo Uà de grolia mpastato, 
Che nò ne nasciarrà n' antro a lo Muuno, 
Chillo p'ogne, pontone nnommenato , 
Pe quanto gira , o bota a ^ttunno a ttunno, 
De Tommaso Caracciolo nnoratc 
La statoa mme mosiraie , eh' a Io prefunno» 
Mannaie gran Galle, e. pe llaudarlo mpartc 
Nce vorriano le rmeme de carte. jj, . 

20S 



9 IO I A G ALLAIU4 SEGRETA 

ao8* Perchè fa Ac nnemmice lo spavietito ^ 
E de* tutta la Pranza lo terrore , 
Lo -quale sulo ' contr' a ccincociento 
Nce spennevà na dramma de valore: 
Chisto co l' arme mmano n* avea abbietn9 
Tant' e^a ggeneroso ^ e de gran core > 
E si mo fosse viro, li Franztse 
Cìerto non valarriano tre ttornise • 

Ì09. De Marino sordato, e Ccardenale 
Caracciolo a le guerre assale famuso , 
Che fu Mastro de Campo Generale 9 
Ktiempo de Carlo Quinto groliusOf 
Che cchiù d' ogn' autro^' è fatto mmortale^ 
Attiso sempre (u bettoriuso » 
Che de Melano pò Governatore 
Fu fatto , pe lo stremo suo valore * 

ilo. A cchesta de Marino la stea rente 
La stateva porzl de Giammattista' 
Caracciolo , neir arme assale possente * 
Quale facette cchiù de na conquista - 
De Domizio lo figlio ncontenente 
I.e statoe , che faceano na gran vista « 
Vediette , d* Atrepalda primmo Conte , 
E lo figh'o Marino faccefronte. 

ili. E cchisto ccà fu chillo gran Marino» 
Ntiempo de Rrè Felippo lo Secunno , 
Che Pprencepe fu primmo d'Avellino» 
E de valore a nn^W autro secunno t 
Quale fu ssordataccio accossl ffino , 
Che non se trovarrà rtutto lo Munno; 
Abbdsta jmo , eh* a cchille tiempe tanno 
Se facea aneto »*era yiyo piUnno. 



D* A P O L L O. 3U 

ai2« E nzomma chisto fu chillo « Io quale 
Co Don Giovanne d' Austria a la battaglia» 
O corame voglio di guerra Navale , 
Fece de Turche , e Mmore na fretiaglia; 
L'autro fu Ccapetanio. Generale 
D'uommene, che besteano giaccio; e ramaglia^ 
Valoruse co U' arme a mmaro 9 e nterra , 
E Cconiigliero de Stato , e de guerra • 
^13. LI' autro voze sapere chi era chillo 9 
£ Ccaporale priesto mme respose 9 
E' questo, or sappi , il Principe Camillo 5 
Di chi 1* opre fur sempre gloriose 
Di questo appresso ancora , godo e briHOf 
Ch' in Lombardia , e altronde fè ^an cose 
Domizio Secondo > i cui gran gesti 
Fur sempre al Mondo noti , e manifesti • 
Ì14- E pò n' autro Marino mme mostraje, 
Quale , muorto lo pàtre a Llommardia ^ 
Luocotenente a cchillo Uà restaje 
De tutta quanta la 'Cavalleria ; 
Po Caporale disse , basta ormai » 
Perchè la notte già se ne va via 9 
E -sappi sol , che da cotesti rami » 
Discende queir Eroe « eh' Apollo chiami . 

SCOMPETURA. 



N A P O L E 

SCONTRAFATTO 
DA PO' LA PESTE 

D E 

TITTA VALENTINO. 



/ 



féltmìtè 



LV AUTORE A CCHI LEGGE . 



r^ lo quale aggio no Farmaco de Meiecan-* 
ne a lo commanno i ogt^ uno ,' e mme 
mmesuro , so ghiuto concederanno , ca la com^ 
pose\ióne de chesta chelUta mia poieva dare 
da' dicere a cquarcuno^ o ca lo stile è bascio^ 
o ca li vierie so \affie , o ca non ne è nne^ 
sciunà nveniione , e ssennnnome sosqrrare sto 
V espone a ì aiirecchia , mptimmo chccquar- 
cuno ncommeniasse -a pparlare-, V aggio voluto 
sfenire i co ddaresfaiione ad ognuno^ Ed a 
echi dice , ca lo sqle è bascio^ le responno , a 
€he lo legga ncoppa V asteco , ca lo. fa echio, 
éiut0 j puro , che s' allecorda ca lo pparlà 
Napoletano rfiaje potette arrevà ncoppa rala\^ 
\o , e mmaje ascette da lo vascio de la Do^ 
chescas e dde lo Lavenaro. A cdii dice\ ca li 
yier\e so X^fie ^ U faccio ntennere^ /ta^jforltf 
f, la'Pafesana 9 e pò le mme/e so iucède 
vorpa , non so arraglio de ciuccio , e ccerco 
mettere nnan^e la lengita mia , pe non fa 
€omfff alt autre ^ che la metteno dereto ; e sc^ 
ncrosejone quarcuri antro decesse^ ca non ne' è 
nveniione , le faccio a ssapere , ca non ^cano-^ 
sce la Viretate y perchè se la canoscesse 9 sa-^ 

9 a . far-, 



farrìa^ ca va stmpi d la nnuda j e non avi 
iesuogno de quarchc sottanieUo co Icyrei^iglie. 
Kx'smma ( Lettore mio ) fa sapere a ttuttc li 
corìuse , die botino leggere sta freddura ^ e 
itimassema-, a echi se sentesse pognercj e ddille^ 
ca io ag^o scritto pe ddd gusto a mmessulo^ 
€ non pe dia desgustè ad autre . £ pe utemo 
a echi decesse ca non aggio fatto buono a scrive-^ 
re chiaao Napoletano , ca deveva componerc 
èitoscano , mente mo so schiuse tanta Poat 
Toscane', che nnc ncacano lo Tasso^ e lo Ma 
tino , falle na ngioriata i e ddiUe , ca pe ido 
je cause V aggio, fatto ; la prìmtna , perchè 
non so anato N toscana j né mmanco V aggi0 
vista maje penta ^ menu so ccanosciuto ca co 
^ò nnato , e ncoppa stì mautune so ccrcsciuto 
la seconna e/e , pecche non voglio , che cquar- 
€he. mala lengua dicesse de me , comme die* 
deWaute^ ca mo , eh' è stat^ la Vesta ^ ^ggi- 
fatta la spurga a cquarche ccasa , ^ sscrvuto 
me dell opert de quarche . T toscano ^ ca mm^ e 
stata nffocecata % o ca me IV aggio accattata % 
po Stampatala nfaccU mia- • 

Ora^msta y lo mi» è stato crapìccio de seri-- 
vercs accassl , e 4it caprtccibiis non est dispu- 
tando i'' disse no Masto de Scola . Attienne , 
Sto L£ttx>re mio.^a stare buono. ^ e io pana 
sta meglio : tiegge , contempra /, cojetate , e 
ccovernate*^ e ffa- cuntv »ea.ie n$/i siente can^ 
tare no Cigno ^ manco 4emarm)c voccufare no 
Voi^acchio^p j^ * ? 



N A P . O L £ 

SCONTR AFATTO 

r 

DA PO' LA peste; 



S'io non parlo, e spaporo , crepo, e schiatta 
E sì m* accide , non pozzo sta zitto; 
Già che Nnapolc mio s' è scontrafaito » 
De pigliare la penna so ccòstritto: 
Veramente jnroe pafe^ no gran fatto 
De vedere , crepare , è star* affittò , -^ 
State a ssentire re ssì la veretate 
Nò ve dico '/ ^igtiàtem' a ppretate- 
lo saceio buono , c'a sto ttatanare 
Sta vota dà fastidio à cquarcuno^ 
Ma pecche so sforzato de parlare « 
Aggià no poco de pacienza ogn'uno 
Ca chetlo che ve voglio mo contare , yJ 
^ La Storia non è de Lioisbruno ; 
Ma cose vere « chiare * e mmanefsste ^ 
Che soccedute so dopo la Peste • 
E tu pottana * che baie scaplleata, 

Scrofa 9 bagascia , a ttutte quante note ; 
Tu che na mula sì capetejatai 
Che ssempe penta stale ncoppa na tota: 
- Tu che Sciorta 9 o Fprtuna si cchiammataf 
E de gnorante , e gguittune devota t 
E de me sempe nnemmica mortale t 
Sì dico buono , sciacqua n'aureuil^ i 



9i8 ' N A F O L É 

Famme perrò tra tanto no piacere « 
Td. preo , sia Musa mia cara . Patrona , 
Dall' uorto tuio i de foglia cchiù cenere 
Piglia no mazzo 9 e iFamme na corona; 
Ca de sso muodo pò voglio vedere , 
Se pozzo ntrare dìnto d' Alecona , 
Preganno Apollo « che mme dia lo capoi 
E mme faccia saglire lo senapo . 

Tu che ttanto faoriste lo Qprtese , 
Singhe puro co mmico leberale, / 
Ca simmo tutte duie de no Pajese, 
Si bà comme fu cchillo io non so ttale; 
Perzò co mmipo n'essere scortese > 
Ca te serraggio ammico cordiale i 
Renova sto Poeteco lenguaggio» 
Si vuole da me nò buono veveraggiOr 

Già se n' e^a perduta la .semmenta 
De sto nuosto canta Nfapoletano , 
Perch'avarrà cient'anne, manco trema, 
Che nullo avea a sto stile puosto mano; 
Vnsseanori^ ^lo 'ntantd .^ contenta 
Lassare pe ddoie ora Io Ttoscano » 
£ dà a)uto a sia penna j dance fijiorpo t 
E iFamme voramecà quanfagg^. ncuorpo* 

lo de Napoletane sempe aj^mica- 

(Mme pare, che na Musa mmerespatinO 
Fuie, se vuoi ch'in chesto io mme ce indica» 
E'I tuo crin laurear di verdi froaac; 

. Dedica, ad uom^o buono tal fatica., 
Ch* io le tue rime renderò se^pnne ; 
Donìo., cioè* che U giuntili a regga» 
E te U> tu;^.feticA, e me protegga. 



s e OK trafatto; ji> 

A te DON DIEGO mio^ confido schittor, 
E cche tu tt» proticggB io sub spero; 
Tu che scierne kx ^tuorlo , e Io ddcmto ; 
Tu che d* Astrea à secotore vero ; 
Tu m'alUmra, e defieiuie ctósto scritto, 
E gguardala co n' iioecbiano» severo^ 
Tu che la veretà «smpre* éefienne ♦ ^ • 
E r uommetie fcsfante squaree»^a mpienner 

C'A s^ doie vote m* , che t'aggi^ visto 
Capo , e Rrcggente de la Vecatia , 
Persecotore d'ogne- nfetmnor» e ttrisCo i- 
Nnemica affatto- d* ogne gguittarìa ; 
Fra poco tiempo* alK-sairtaie pròvist* 
De Rfiggentato de CJimseUari* f 
Ca le bertute- toie so* ttanto^ belle» 
Che t' auzarannor 'n cimma? de le stelle . 

Ed io pecche^ so- nnatp^ a sta- Cètate ,• 
E ccanosco» li buone r e scrivo» e nnoté» 
JJ azziune delFuommene nnorater 
De Ir quale nne songcj; assale devoto ; * 
faccio de vuie graa" còse, e Hi veretate- 
Mme despejaqe d'eswr addiotav / 
E n* ave meglfio- penna' j? e mmeglio' Musar 
Pe parlare de Te-* pcnfir mme «cosar. 

C» no» luornòi chi sa,^ s" Euterpe., o Grior 
O quarcun» autr» de chelfe Ssegnore ^ 
Che se la fanno cof l©: junno' Odio ^ 
Mme darsDfno' naf sghitz» da lecore ; 
Voglio fe" nw sparat» a ggusto mb f 
Ma? co» n' anta poéreco» fetore , 
E le Bertute toie tanto azielfenter 
Spannere d» Levante nfi a Pponente^ 

- O 4 P^ 



Pe mò no ve sdegnata d' addorarr * 

De le fTatiche meie lo pritnvio sclere , 
Ce si bè non so ccose troppo rare « 
Nne petite piglia Io buon atnmore; 
Una cosa ve voglio sopprecare^ 
Zoe 9 che mme siate Protettore^» 
Ca nzeccato perzò mme so' co ttico« 
Ca si de Veretà preiFetto ammico • 
Attiso aRgiatfg^fU&re'co natMusa « 
Ch* a lo iccapià n'è ttroppo scropolost. 
Ed a ddire boscìe non è ttropp' usa , 
E pperiò se mantene groliosa ; 
Ntanto Vossta Llustrissem^ la seusa ^ 
Se fuorz' è spontutella nquarche ccosa $ 
State dono' a ssentì de bona cera, 
Mentre ncigno a ccanià de stx numera» 
Stea Napole mio cieri*anncf arreto 
No poco quase quase arreccettato ♦ 
Parea cV ognuno se stesse cojeto , 
Conwnto de campa comm* era nato ; 
Po non volenno jstare a 5tQ : decreto > 
A la fortuna lutte hatuio appellato « 
Pigjliaunp da,»la Pesta accasìone > . 
Mutato è- ognuno de coBilerioriev 
A cchelle^ che se piccano de Sdamme, 
Tocca lo primmo Jttoco co rraggionej 
Ch* erano jettacaniaro ». quarcbiamme. 
Che ccagnà se pòtevat^ota ©sapone, 
Chelle^ cchen^ie cbiammtw^ttw madéara me^ 
Veccole tutte-. .p««e ixguaqnafi«iotifi .e 
Né la Segnora <Ja le llav^nnare ' : ' 
Canoscer^.se pò , ca v?t)Qd aj^pare ;. /' 
. Ca 



SCONTRA FATTO; |j^ 

Ca se yedde'^^ittdna reforma , 
A imnala ppenà scomputa la Pesta ì 
Ogn^una i còmnie vóìe,^ trasforma^ 
Quanhb vedde scofaipatà là tempesta • 
Se mese'ògne scaiT^ofic'- vfecchiò nforma? 
Ad ogne ccasasempe nc*era fbsta , 
E scompute li trivoìe^ e li cfahnte, 
Sentiste si noti rrise , ottone, è xcame ^ 

Dove tanno vediste hzanetate 

Tanta ifudtge 'n campagna; e ttanta sferra; 

Tanta case de mobele adHobbatè t 

Ch' acquetata la Pesta so ceomparze : 

Dove tanta pezzieìite sollevate j 

Che ffa se nce poteano scene , e ffarze i 

E nzomma chi pisciava a io agnato » 

Teneva 1' aurenaro arragamito • 

Ogne ppercbia se pose *« segnoi^t 
He boze a le ffeneste echi& nceraté t 
Né mmanco tomm*a ppnmnlo gelosia f 
Ca no bediste si non vetreate ; 
E se mmettero *n tanta Vezzarria » 
Niente penzanna a zzò t ch^ erano state i 
£ chi a ccbesté niaddamme v'ofea dire « 
Poteva non trottare, ma fiiìre* ' 

Pecche chi mprìmmo avea no vascerfeHoV / 
Dove ne' era lo puzzo , e fa latrina » ^ ' / 
Co na Icttèra't e no matarazzìello , ' ^ 
Contenta se tene» comm^ a Rreggina ; 
Po ogne ppercnia, ed ogneppezzeinieflo 
Co ss^ta , e itnantectmmera v e ccocina i 
Ed a lo lieuo' matarasze tate^V * ^ : 

Che se nae* potea 'fare'<n<»'Upetalft .*' ''^ ^ 
O 5 Pala« 



3i% : KATO t E 

Pklazze ^ che primmf.euno^ a^iietdte . ^ . 
Da uommeae de ciaps» » e da Reggiente. ^ 
O da CaVal^c^e», ^ Ttf tolate » 
£ lo ppoteanp fy, pòmm' a pfKxiente ; . ^ 
£ dapò cierte/imogll^^ miar^et>ute f 
Che de ii^ì^ y^^ce^er^^ .già contteote » 
Nce jero ad abe|ai)s sbuSa^alle&se ^ 
Pe nce ayere 1^ .$t4)fe » e» le rretnesse «^ 

JE le ccammare pò tutte aj)aFate 

I^e screttorÌ9 > $fgge »r ci cquatre fine t 
tio le ccornice 9 ;e ;ttc<^y^£phe nnaurato t 
Dove se l^ hanno /^iso ste.guaguine?. 
E de mobele tanta quantetate > - ' 

Che n hanno chiene^ pe ufi a le cca^tjinf f 
' Causa, nne Ci ia Pes^^ e la, Fqr^una , 
Che d^ogne Cfiiiatto case »'ha faitvuoa. 

De saja mo fion s'us^ cchiù bestite, 
Ch' auto nqn^ brde ch'armesino ? e ll^oicna» 
O siano mmaietate,fO siano li^e» 
Cossi beste ogiìe ppercbÌ2|,ognecquarchiamma; 
£ de lo muodo pò che s$o gguacnite. 
Aiuto no^ vide' che d'oro na scianama ; 
Ca chi; le $$apea 'a primma, e mo 1^ bede, 
Sta 'n dubbio sì so esse * e no lo ccr-ede- 

Chesto^n'è nni^te ^ ma chelle^ che ttene 
Ognun^ *n cuoUo, besogna vedQre, 
Ca songo autro che ffarze, autro che scenci 
Che (fanno a natte quante stravedere . 
Cannacch'a ppieaze* portano y e ccaten^ , 
De cchiù ffprn>e,cchlù muode,ecchiù Aanere, 
£d a le mma^ de ste p^ettalelle « 
Dito non fice^ ^he non ha cquau' anelle. 
*■. . ^ .^ Le 



SC(>lWr.RArATTÒ; . %tf 

iLm tt<^vaglip)& unte* a& «crejate > 

Ogne cl^trcbiolla oim va co^ li mante r 
£ de Yelluu^ cbiano' le belater 
Edi a le minano^ j^órtana li quante f « 
£ nfì .a ^cbclle't/che llaratK) colate r 
Tesecbe? vanna co li guardanfance ». 
£d a la Cbiesia tutte leccianteUe 
Vonna sedere ce le seggiqlelle ^ 

ÌL' cq^ann*^^ esceno» po-r obeBanna a* spasso r 
Pare cbemmanca capano 'hsestttisef > 
E banno» co^ no slarza» e. eco nò passo f 
Cbe ^e credono d** essere Dòchesse r 
E siente pt' h strata< no» sconquasso r 
E ddice Tuno ali*' auto' r cbr ^ cchessèf 
Ma cbii non; pd^ vede le cose* storte « 
Sbommecar » e: ddice r e» sò^ scbiattamortei 

Non? nc'^eri» taglio> de? potè trovare 
Cbi tanna na* cammis» te lavasse r 
Ca no0 ne** ^ano ai!atta lavaunare , 
Né mmanco^.cchiiji xicc)f&, né: bacasse f 
Manco* ne' eraiy* auQ^lie> né- ccoliare r 
Ca nonr tìovave cbi le mposemasse r 
Nzomma; steano" ì^ ccosisr sconcertate - 
Cài tutte erana fatte Titolare^ 

Vr ca? trovave manco» a; ddà a» Mare 
Nò» ruorolo» de stopp» » e de filata j. 
E %v l'avisse vohiro pagare 
Vinte carrine» 'manca jjsre arrevato;; 
E si> voli ve nfente reprecire, 
Chellir re responuea, puorca^ scfaurater 
L'aie" ditta cinca vote, e cbesta: sBJe, 
Nft aie comtmannate de le ppare mete ? 

O 6 Gaàr 



3%4 '^nAVOXlÈ '^^ 

Chelle cl)e ssongo davero Segnorév * - 
Noa sanno de che mmuodo cchiù bestitei 
£ cchest' è ssacceduto pe Tammore 
Ca comm' a cchèile a pparaggio vonn' ire% 
Ogne ttiempo deiranno a ttuue l'orei 
Chi a mmala ppena se potea coprire 
hn capo co na pezza , o na mappina ^ 
Mo si la vide , pare na 'Regiaa^ • 

Chili' oromo i che na cappa de xegrfdo 
Aveva nnante > o de lutto spelato^ 
Co na cauzetta de saja 9 o de lino > 
£ scarpe co ddoie pezze ad ogne lato-: 
Se nc^ aveva pacicnxa lo meschiiiO j 
£ sse teuèa contento , e bejato , - 
£ ccbillo « eh' era povero compagno s 
Mò s'è ncriccato,e sta 'n forma de Rajfno.' 

Chi Ilo I che te credivi fuorze muorto ^ 
Lo vediste de botta sorzetato ; 
£ lo stracciato co lo cuoUo stuorto^ 
Che pe bregogna stea niortefecato : 
Comme cardone verde 'n miezo all' uorto 
Lo vediste polito , e addereziatp f . 
£ becQo sollevate mille, cacciente 
Ngfìorante , zanne ^ guittune , e pezxiente^ 

ìine sapea cìerte co no panno cinto * 

Scauze ? 'n cammisa ^ e 'n canzune de tela^ 
Che quann^aveano de filato tinto 
No vestitiello ,. se nne }eano a bela ; 
Pgtie scasato è ffatto cuccopinco t ' 
Co na tuba , na leva, e na loquela^ 
Che chi òo le cconosce , crede , e ppenrii 
Che ssiano laércantune de Sciorenza. 

Nfra 



s CON Trafatto. j^j 

Nfra iraùte\ mille e miiille pez'zenticUe t 
Véfico sfbrgià secunno la siascione> • 
La stata de boratto > e tterzanielle > 
De SejgovU k> vierno à battaglione 5 ^ ^ 
Porta uno all' uso attuorno 2 fi cappieUc- * 
De cajonzé, e ppeziHle le'ccoroue , 
Ed a le ggamme iriioiAménc de niente 
Le ccauzette de seta trasparieme. 

So!acbianieHt>, sbirre , e ppoteeare , 
E scor teca-cavalle I e'céhiavettiere , 
Arrepeiia-pedale , e ttavernare , ^ - 
Vinne-merce- , e ggauune de chìanchiere j 
Chi-vò-concìare-stagne , e ccaudarare t 
Parrelle , latfmàre,^ scoppettiere » 
Pe nfi a fFerrà^ca valle , e ccon<?ia-votte >?^ 
Co' '«>manecbe de lamma , e cq^ ccappoite. "" 

Nzomma chi jeva tutto vrentóluso , 
Sta co bellùto , terziatiielio , e rraso , 
Vace a lo paragone , e beste ali* \xso 
Chi jeva *a prlmnio peo de no vastaso) 
Conca le bede , nne resti -confuso , 
Ca pare veramente strano caso; 
Pecche cchiù non sé scerne quale sia 
Prebbe , Geveletà , ii^ Ssegnoria( . 

Vecco ca li Segnure so arredutte 
Pe non vestire coinin*a' ppoteeare t 
Portare cierte borattielle , e llutte ,- 
E iFa vedere ca, non songo pare; 
Ma una cosa ne' è » ca quanto strutte 
Songo sti sfaorge/auto no ne' è cheffarfe. 
Pecche sperammo a Ddior, ca sta tempesta 
Male cchiiV sarrà pe mmiezo de la Pesta * • 

Si 



3i« . K A POLr 

Si pò parlammo 'n quanto » Io ngoriire i 
Mangiavano fo mmeglio^, e la mmegUore# 
£ da lo mare: facevano^ scire 
Pesce d^ ,pxit%%<»r e: ppesce de stopore •- 
Ersi pe ccferto^ fatto da stordire ,. 
Ca d*' ogne ccosa> avevano (o sciare ; 

^'^ Nzomma potea^io star^ a' pparagone 

A Ccrasso^ a^fmidia^, a lo Ricco Fellone • 

Aveva na taverna ogne- ppontone r 
E se mangiava fbre delle strate r 
Zanne, e cquaccfìianime *h commertazlonew 
K»^imo^ spantosisseme magnate •< 
E echi camavai r e echi facea^ .ceccone> 
Scordate jiffatto isr. \t guaie passate > 
£>iceniio^ ca chi au(o avea lo' mmale ,. 
Ccbiii npn^ potea^ mprì^ » cfv' era^ mmortale^^ 

Chf maie non\ se potette* sgpfeare^ ' 
De carne svascenata > e nrmaccaruner 
E quanno se poteano^ saziare 
De carne , e Àbgliai) erano Prencepune i; 
Mo non s*;abburFa'». ca? votino* cardare:. , 
Vitelle r pulfe-r pasticce» e ppwstane »* . 
Nà* a la tavernar le bide^ acea^ttare 
Cchia bino' russo de sette dettare • 

La gente vile de echide basclo stato ♦-. . 
Vino non^ voFe r sfe non? è sqiinsito f> 

8uanno le sapea mele nzoecarato 
hclFo ih' era* d? aveizeto r e d^'acitq ;; 
E mS^ chi lo ccred'esse? ogne scasato* 
Le ccanrinette teije già^ 4^ vrìto v 
E cconwne sempe avessero la freve > 
Vonno de stata, tt de vierno \m tóve - 



SCONf ItAFAyXO- 3Zf 

Io m' allecorda ^q^o tiempo nnante 

Schittp. qiiarch^. Ssegnore , e Ttitolato-f. . 

E fra'ghiste porzl^ quarcbe Mmercantt 

La strfkta siilo yevere^ annevato ; 

Mo. ogne portarpUn t e ttutte c{uance 

Hanno lo stessa, sdlp «ecouco » 

E sì quarche bricc<Mie pe na $era 

Non ha nneye, no mmangia, e sse desperàr 

Ma cbello che- mme dea cchiù mmaravigila » 
Siehte cbesi*;autp , e bide(t che te pare, < 
Ca nnarcare.nune fecero le ccigliav 
Attiso , che io bidde appe a ccrepare « , > 
Nfv a h sorbetta , e I' acqua de vayigli^i * 
Vastase , portarobe , e ppoceac^re 
Pigliavano a la siocta , e ^Milano 'ir tre$ca>. 
Gomme ìfos^ste acqua vita » a acqua fresca* 

Quanta , eh- a mmala ppeua lo pesone 
*N c;apo de li" anno poteanO' pagare^ 
E IP era fatta la secozione j. i 

Ca lo parrooe non volea aspettare r 
Cieri'amre spisso jevauo 'n pi^sone f. 
E p'ascì se ficcano visitare-; 
Mo co la PiB^ta » tieute che fl&rtune l 
De case , e mtnassarie SQng^ pattane » 

Chi s* accatta na casaro no^palaizo» 
Chi patrone se fa d^ massarie , 
Che Iteniola n ayea.K nè^ minata^raxze r 
Mo stàce co ttravaccbe , e argentarie : 
Chi non aveia pe s^appoatà no lazzo » 
M6 fa spese de truono , e minercanzie # 
Nzomma chi non avea manca Io sciato » 
NS a le «telie se v«de sollevata . 
. . Chi 



jil N A P O L ìt 

Chi pe non ghl presone a tnazza-franct 
locava co li sbìrre^ e ghiea zompannOf 
Chi de mangia lopine avea ralIaiKai 
E stea 'n necessate tutto Panno; 
Chi n* af&cio s'accatta , e chi na banca» 

; £ de seta vestte , chi yestea panno t 
Ma , che Micó , lo cuorno che mme ceca» 
Se jcvano a bestirè a la Jodeca . 

Mme pante de vede fusto no mbruogRo» 
Mme panerò vede le bagattelle , 
Pocca cierte mercante de no fuoglio f 
Che pe ccampà laceano ctento zelfe ;^ 
Chi totta co l*^agHaro accetta H*uogIì» 
A la poteca co ddoie sàrcenfelle , 
Jeva a liista de tvKte , no gtiittone» 
Fra poco tiempo deventate Paone. 

Quanta da la Fortuna assassiiìate 
Co cchesta Pesta »€> so arrepohitei 
Quanta nncmmice avea fa povertate » 
Che mò de fatto tvrtte Pha pperduie? 
Nzomma tutte se songo arreccettate , 
E Je miecessetare sé sbanute : 
E echi p^ esser *accrso stea Pautricre^ 
Mo pe Nnapole va co la Staffiere . 

Chi maie non vedde cera de tornesc » 
Tenea h ssacche chiene de zecchine/ 
Chi non se po^ea fe manco là spese ^ 
Ca maie sane v^etie dine càrrme . 
Chi a mnrala pena co 6^elttà no mese^ 
Abbotta «e poteva de topine > 
Chi non sa-peva pe ccarapè, che ffarei 
Mq squarcio*ie]a > e paria de megiia^^* 



SCONTRArAJTTO. yi» 

Vede jocare a bota 'tornesicUé' 
Pe Tpfiitt de tornise 9 doppiane ; 
V^suse , portarobba , e gguittarielte « 
£ mmill'aute frabutte) e mmascauzune f 
X.Ì zecchine pareano }ettarielle , 
Perchè ogn'uno nn* aveva li vrancane^ 
E ane faceano justo chillo cunto , 
Che de li trecca valle se fa appunto « 
Non* serve tiasl-dimo le mmaierie 

De li |uoche de dade, e dde la ccarte 9 
Pecche songo a sscntirle yetuperìe, 
..Che se nne ntosciarria Saturno 9 e Mmarte;^ 
N* erana }uoche nò, erano sireverìe, 
E cciento poostè erano pe ogne pparte 
Dovè H mmanco nnmitte > e mmassefate 
Scassavano ^ moie creo^ ciento docatet 
Ora si se nne fecero denare 

L'esatture de cotto 9 e taulagglere 9 
Dicalo chi frovajese a s«o ghìocare 
Ca n' ha miiranne> e cqi^le fFu P autro )ere|: 
Ne' è ommo, che se fece lemmegiiarei 
Né la cede a cqualoncbe Cavaliere; 
Nig^mma co sta ssocure mercaniìe ,.♦ 
S^ hanno fatte Palazie , e Mmassarie. 
Àddov' erano tanno li Poete 9 

Che dell' oro cantattero Y etate ; ^ 
Pocca cchiù , che non songo, vreccc, e pprete* 
Correva d' oro twa quanteiate ; ' 
Venga a ddicere io ma^ ca ie mmonete 
Erano tutte d'oro aramartellate . - 
Ca nfi a li seggeture 9 e li facchine , 
Parlavanno'de doppie , e de lecchine v 

Cura 



,30 N A P L K 

Otrsi dt chesto , se so sollevate 
Mille spellecchte ca le grosse dute 9 
Che n* autro tiempo manco se so ddaté^ 
A li Dottore r ed uontmeae sapute ; 
Se tratta c^ banno avute megUarat^^ 
Cierte cacciar- a* pascere papute, 
Cierte pezsiente, e.ccierte allevrecate,. 
Ch*' oga*" uno le ppegliava a bessicate .. 

Frostiere de cchiCt parte» e ccMù pi^aise^ 
Ch^ erano state a Kiiapofe garzurie^^ 
Mille fabrutte , e mmille spoeta- mpise r 
CK ogn' uno le ppegliava a scoppoluue ; 
Ma chiste *h tanto tuono se s& mmise r - 
Che si le >idef parenoi ffanme; 
A gran; merzè te ddute^ eh'! hanno dat« 
Le ppressarole femmenes.sciaurate^^ 

Pecche chr se smaateva pe Ddouore» 
£ echi irb^'era mercante de raggione^ 
P' apparenta co> nnobele» e ssegnore» 
Pe ppfglift dute grosse v e ddute bone i 
Ma^ pò chi è ddeventato servefcòre r 
Chi fàuzario», artesciana, o> GoppoFonef 
£ ssi Screvana nne rescì a cquarcuna r 
Appe pe lì capille la Fortuna-. 

Co preammole fauze> e.ttestamieate 
Fàtt''a la babalà , senza Kotare * 
Sollevate se sÒ^ mini Ile scontiente r 
Che non? avevano muc^o de campare | 
De li rauorte stnautennose. parìante , . 
Quanno- a cchille suFo erano compare y 
Co l' ajutO' perzó* de cierte ammice » 
Che 'n toscano de dicere no» lice • 

Chi 



SCONTRAFATTO. jji 

Chi se mette nipossesso de na casa. 
Co rraggiune politeche * e dde stato « 
O co cquarche ppretiesto 9 o qiiarche rrasa» 
i^e nne dechiara arede abentestato: 
Ogn* uno comme cane addpra 9 e annasa f 
Ogn; uno cornine lupo sta arraggiato t 
Attiento de vede comme pò ffare » 
Pe ppotè i de ronna 9 e ggranciare » 

Fortuna fti de cierte sbentorate>. " 

i[^h' erano miserabele , e mmennice # 
Quale co li pariente , ^ eco li frate 
Sievano pe gguarzune li nfelice ; 
Muorte senza parla , le rredctare 
Songo ^cappate 'nmano a cchisse Mimica 
Ma se chille faceano testamiemei 
Spezzolà se potevano li diente # 

Chi lo frate teneia pe ^servitore t 
Chi tenealo nepote pe staffiere» 
Chi lo cainato avea pe ccompratore i 
E echi le faceva fa quarche mmf;stiere| 
Magnanno sempe pane de sodore t 
Comme st state fossero frostteiet 
Ora. mo chiste ( vide le fibrtune } 
Da sserveture ^ fatte so ppatrune » 
Chi venneva castagne » e chi seìoscelle ; 
£ fTuori'arte cchiù bile pe ecamparqi 
Faceva , o jea venneuno jagarelle f 
E echi stea pe guarzone a ppo$ecare; 
Auzare le bediste nfi a le stelle , 
Tanta fu r abbonnanzia de denare , . 
Perzò Ussanno lFarte> e Io mestiere» 
Ogn*uno volea fa Ip Cavaliere. 

O sfor- 



I)à N A P Ó L E 

O sfortunate , 'c ppovere popille , 
Ch' eran tanno nate a sti destine 
De state sottapuoste a cchiste e a ccbille ^ 
La meglio parte xatiiie , e mmahntrine; 
Gie nfi a lo cielo nne vanno li strille 
De chiste miserabetc , e mmeschine , 
Che stettero soggette a no Totore \ 
Che le poteva sta pe sservetore . 

£ de cien* autre i aizò ch'ognuno nteuna^ 
Che se ngrassaro co la totoria , * 

£ se nforchiaro dinto sta facenna , 
Senza decreto de la Vecaria : 
A le rrobbe se mese nomme penna , 

i (Stabele , arretinemìente » argentarla ; 
Ma pò che l'hanno tutte sbaragliate, 
Pe non fa tita-bana , sÈr alleppate . 

L'aute se so mpezzate*pe ìt ccase 
Co mmille scuse a fFare le rescese , 
E dda le ppedamente 1/* hanno rase , 
Ca noH c*era contrasto, né ccontese: 
Pe la paura de le buce spase ». 
Ch* era affatto mpestato lo pafese ^ 
E penò chillo, ch'era cchtù becìno , 
Traseva dinto, e ghiocava d'anciiio. 

"Scrittorie > e baugHe , stipe , e ccascie , 
Scassano allegramente a buonne-cchiune, . 
Non perdonanno a ccammare , né a bascie^ 
Comme si stare fussero patrune ; 
E ssenza chtavetttere , o maste d* asce, 
De scale se serveiiero , e dde fune^> 
Co ttanta libértate tutte quante , ^ . 
Che pparea fosse Sedia-^vacante • 

Di- 



SCONTRAFATTO. f3| 

iDiccre de la spurga avea pennato , , 

E dde qua.ni' era 'n chella socceduto i 
Ma cìerrammìce 9 che m'hanno avisato? 
Volino 1 cbe^ non ne parla, e cche stia mut05 
Perchè cchiù d' uno nce jarria mmescato* 
Penò fegnimmò ccà de lo siorduto, 
£ ddapò , tanto ccbiù i ca ste nzalate 
Le ssanno nfi a li surde , e lì cecaie* 

Ce chille, che ttenevano li passe 

A li puont0 , a le pporte , a li rastielle 9 
Allò nesciuno a la Celate ntrasse, 
Massemamenie s'erno ppverielle;. 
Non dico ca facero cierte schiasse > 
Pe Io quale ^e nchirno le.boriellc, ... 
Ma dico ^ ca mm' è stato referuio » , , 
Che se nne .sia cchiù^ d'uno arriepalutQ^ 

E chi tanno tenea, la chkye 'n,m^no. *; 
De certe Chiesie ailatto abbann^nate^ 
Dove fiiorze i;o ne* era Sacrf ^anq ^ . ^ 
E s' erano de chelle mpossess^^.^ .. ' \ 
Voleano pe Y aprì lo sottar^anoi^ ^. . .; 
Né noverano cchiù sfritte) ej)ejjp t^tratc, 
Ca p' atterrà, ijo nuior^o ,. si le jiivo •* 
Ciejito scute, pur' eranp.couiye»; . ] % 

Ma la famma » che l?à qa la Uf^mv^tit^ . • 
E ddice spesse vote JU feosfif^^ . 
Pe lo. mutino spedesce na staffetta» 
Sprobecanno sta fauia decjaria: 
Ca Napole ^dp gente steva n4»ita • 
E ca noi) c'era nullq , arr^s§o-sia; 
Sentenno chesto mi|le aucieUe ii' acquar 
Da ciento p^rte vennero ^ \^ stracana .. 

^ Ve^. 



t54 K A tP O L E 

yenute so da lontane paise , 
Mfi da Rornmai e Mmelano geme strane « 
Co na gran quantetà de Calavrise 9 
E na caterva de Ceceliane; 
Li quale tutte quante s* hanno crise 
Ca non ne* erano cchiù Nnapoletane > 
Dicenno ; Cammarate allegramente 9 
Ca Napole' è bacante , e ssenia gente * 

Se credettero fa na grossa presa ; 
(Oh potta, e ccomme vennero ammolate!^ 
Ma le rescette vana chesta mpresa 
Pecche non furo buone ammafestrate ; 
Perzò chi na galera , e chi na tnpesa « 
Co sta venuta se ne' hanno abbuscate : 
IrO riesto sbegottiue da sta vista « 
Chi fa quarch' arte « e chi fa lo copista • 

£ pò quase sfrattato lo casale 

Acciaino, e le fu ccmtò lo jeppòne» 

Pecche li fìuoste non foro anemalé; 

Ca sapeano le ccase 1 e le pperzóne ; 

£ foro de manera pomuale^ - 

i% n^ essere trattate da coglione: 

Ca nne le ìsciervecchiajeno co ddestreiaat 

Ch'appena he' è rrestata la monnezza • 

I^a sona quanto vuote li campanielle « 
E grida chi sapesse, o avesse visto 
Catene d* oro , cannacche j giojelle , * 
Ca rrobbe tutte so de mai' acquisto ; 
Mprommiette vcvcreggre , fa cartìelld 
Mpezsate , che da tutte siano viste » ^ • 
Prega, scdngiusa, chiaieta, e n'aggie abbiento» 
Tutte fatiche so sparre a io virato « 

Se 



SCOKTRAFATTO^ jjj 

^ «& «tracquate li Predecature ,. 
E so abbrocatc pe le ffe tornare t 
Ma le ffatkhe loro , e ti sodare 
Pe cchisto cuTìto so ghiettate a mmare : 
L'uogiio, e lo suonno, ponno sta secarti 
ASh nce pèrderanno a lluongo andare t 
Ed avarriano fitto incglio dettò 
S'avefssero gridato a lo desierto.^ 

Kce restava de dire n' autà cosa , 

Ed è la meglio , e rome s' era scordata ì 

Ca non è da tenerla mò nnascosa, 

Ma cierto degna d' essere contata ; 

De cief te > che co ccaretà pelosa 

A le ccappelle, cSh*erno progne str^ta ^ 

SieVano 1 e rrecOglieVano li vut'e 

De le ffemmene) é ruommene papute* : 

Erano chiste ccà cierte Mertante , 

Che gbieano a ccaccia de cafìacche, e anellet 

Erano comm*a dì cierte truffante 

De vescica r de rr^ba , e de gonnelle : > 

Stevano a flfare Uà de li zelante , 

Ma pe gabbiire chelle ffemmentliett ^ * ' 

Che pe goHo d'ave là sanciate 

Tutte nne le mmannavano' spogliate* , 

Hanno saputo fa 4o fatto Itoro', ^ [ 

Tutte pe ccierto de bona matiera^; 
Perzò non so cchiù mò cfaille che ffbro^ 

' E stanno *n sciore com^'a Pprimmavera: 
Pgn' uno chino s^ è d» argienfb , e d' oro i 
M» che se nne Yea bene , nullo spera 5 ' 
Pecche nn^ alérilai a lo munuo s'è Usto» 
Non gode/cbi^ìrrobb* ha de isaracquisto. 

Vec- 



J36 N A PO LE 

yecco cVautre hanno aitiso a fia denat^^ 
£d a stipare doppie , e ccianfruiie > 
Mo no' tierzo 1' attenne a iibaragliaie 
Co le ppotianc, e commertazeiune; 
Co itutte r agge Uoro vojjno stare 
Tanta piscia-vrachette > spelleccbiune ; 
£ nsoiTima ognuiio sta h\ i^sta, e grellejay 
E sforgia , joca, ' sguazza ^ ^ ppotuneìa. 
Appena fumo le i:cuse acquietate » • 
Dapò soccessa chellf gran ruina^; 
Che comm' a mmosche^ a ccariie scoitccate 
Facevano pe tutt' a Mm^rgogluia ; 
Air nocchie de le ccas,e sacchejatet 
Co mmuseca de sera 5 Q d4e matinas 
Ma sia comme se sia «^ sairà Ireddajra $ 
Ca la corza delPaseno non dura'. 
PosiUeca vediste ja^sediato 

Da mille var^He, e ffalluche sottile 9 
Ogne gguittonej se n' è appatronato, 
Ca non ne' erana cchiù gente civile. 
No luoco pe Ssegnure desterìato, . 
. Era allùoggio de,ge^te le cchiù bikf 
£ de \licere puro so ceqstrinto « 
Da chi mate Io vedette ipanco pinto. 
Co ccètrole , chitarre , e ttgmmorrielle , 
Co ttiorbe ^ ttaccone , e< ccalascìune t 
Moschette , rebecchine , e ffiscarielle 9 
Co ccimmare , viole , e biolune 1 
MtHe zantraglie 9 e inmilje^ pettolelkt 
» Co n^autro ttanto de>a»ne, e gguittunc» 
Hi se jettero a nc^ire^ io vodielloi 

£ ddeve;ntà lo fec^o YflcdicUo • ' 

Chi 



SCONTRAFATTO. . 53^7 

Chi vace a bele chiene nfi a lo pizzo, 

E chi a Pocerealc , va 'n carrozza , 
' Chi corre a la Taverna de lo Sghizzo, 
Chi air acqua de la Vufara se sbozza ; 
L* uoramene buone stav.an' a no pizzo , - 
Vedevano , e facevano la vozza > 
E ddeceano nfra loro > avimmo tuono , 
Ca non seppemo fa lo schiattamuorto . , 

E cchillo luoco de marmoria aterna 
Dico la Grotta de li Sportegliune » 
Chella eh' avea da essere cesterna , . 
De chiame eter^ne, e llagrimazeiune , 
/.Daventà la facettero Taverna 
Tant' autre asciutta-vutte , mbriacune , . 
Cornine si Uà lì.muorte, e li mpesiate 
Fossero vive , o puro sorzetate . 

Perchè destante da lo Cemmeterio 
Seie passe, ne' è no bello. Refettorio ♦ 
Dove la nribrejachezza regge mperio , 
Ed ogn' uno se leva quarche sborio, 
Lia se sentea de Bacco ogne mproperia l 
Co ssuone , caute ^ allucche^e strejleioria. 
De perchie, e de zantraglie a mmille a mmillc» 
Ch* arreccià te faceano li capille . 

lo quanno zzò bedette , mio Segnore*, 
Crediterae caMin^ appe a speretare, 
E ffu ttanto pe ccierto lo dolore , 
Che comm' a ppazzo mme mise a strelIarCf 
E ddisse : o gente crude, essenza core, 
Comme ste guittarié potile fare , 
Che pe pparte de chiagneie a sselluzzo 1 
Ve vevite de lacrema no puzzo? 

Valentino P Tan*- 



5j8 N a P O t e 

Tanno mme responnie no sarchiapone^ 
eh* era no «ardagnuolo grasso ^ e bracco | 
£ steva ^n chella £ommertazion# s 
Che tra chille baccante 9 parca Bacco } 
Ed auzatose^n canna no trommone. 
Disse 9 n*è ttiempo mò de fa sciabaccOf 
Già che non simmo muorte co la Pesta» 
Sempre vollmmo fa bauara « e ffesta « 

Si non sapiste fa lo schiattamuorto t 
Abbuscate na funa , e datte vota 9 
Si nule morimmo ^-è ppuro pennuie muorter 
Lo Manno, e non tornammo n aotsa vota; 
Frate mio, non pparlarecchiù^c'aie tuortOf 
£ cchesto , che te dico scrive^ nnota ; 
Ca da isto munno ^briannese^ ora siente^ 
Tanto nn' aie 9 quanto tire co li diente « 

Bsa^zja d'Epicoreie, re^pòse io tanno # 
£ nnate sulo pe v* anchì la panza « 
Che ve pozza venire lo malanno ; 
Addonca non avit' aula speranza ; 
Io tanno deventà volev* Orlanno » 
O avere de Marte la possanza * 
Che cchelle mbriachesse , e mbriiacune r 
V avesse accise tutte a ssecozzune • 
.Vago a Ppoceriale pò nò juorno 

A spasso 9 sulo, dinto a lo cìardino« 
Ed ogne ppizzo de chillo contuorno 
Era de schiattamuorte tutto chino; 
£ ggeratolo tutto attuorno attuorno 
Autro non sentea dì , che benga vino r 
Venga cchiù bino, venga da magnare f 

;'AU' uocchie. de chi seppQ sparagnare • 

Bllà 



S CONTE A FATTO. $jf 

£ Uà chi a lo spreposeto parlava , 

Chi pe lo itroppo veirere chiagneva» . 
E chi lo vino'vippeto pisciava, 
E chi ( ma non se sa pecche ) redeva i 
Chi lo mmagnà sopierchio vommecava r 
E chi de la Fortuna se doleva ; 
Nzomma non saccio a ddire si ste rrazze 
Aveano sentiementò « o steano pazze. 
-Tann erano segnure li chianchiere. 
Li casadduoglic , e l' auiie potecare « 
£ tmtte r autre gente de mestiere » 
Li quale se voleano aserzetare ; , 
Viato chi facea lo pastecciere, 
Pecche pigliava a ppala li denare y 
Ca pe se fare ogn' uno bone morza 
Li zecchine spennevano a la storza. 
Le ccarrozze vediste a ccient' a cciente , 
Cchiù che non fumo carrettune nnantet 
Non vedìste^ cchiù a Nnapóle pezziente t 
Ca se trovava ogn' uno li contante , 
A li guste, a li spasse, a li contiente > 
Se dezero de botta tutte quante , 
Comme la morte morta fusse puro 9 
De non morite ogn' uno stea securo . 
Voti vide cchiù a ccavallo uommene buone < 
Che da vero lo sanno cravaccare , 
Perchè a ccavallo vide no macchione « 
Che ppare justo se jesse a fFrustare; 
Cbiste no tiempo arreco erano buone 
Pe le pportare a bevere , e striglare^ 
Io pe mme resto statoa 'de meta^^ ^ 
Quanno Tego oq ciuccio ir^ 'a ccavallo • 



^ A F U 1. E 

^ vaile na reTÌstm 
e a ccontarie nuHo 
-Avarino, e non ne* è artisu 
•ìtr me^io non contrasta « 
-l'j i.A\ì\o na gran vista ^ 
-.wO>e CUI de cantone basta^ 
- -^-.u n poco parole? 
.1 indiche 9 -€ Ccacciamok. 
-..o cuto» e rrose, e sciurc, 
^.--c a strasecolare » 
. .j .JL ^urnsa' a Ssegnure , 
.-• ..^:iie a ppare a ppare; 
. i » e ci:e brutte figure 
.^ ,- >iraaecuiaie; 
.- i^u^w-Lirte^ e che xnmotanze? 

>.^- •vC'^ e llomanameT 
^ ^ • iov' è Scatozza? 
.>^ii:«iio Truono ì 
• cx-:^ Luca Vozza? 
_ ..>a iittiitìEtt ed AntuoBO? 
^ -j.v À carroma» 

. -.. ucsco n toDiwv 

^^ . , L-je j± cchiùsciauxafc 

.:: ^-'^ * 





r 



SCORI xw.^ . ^T 

Nfi a Io Trommetu de le Veca^&r J4* 

Tene la schiava > o cosa mostruosa.!^ 
^ Ed ogn' autr' airtesciano , e nn' è boscla 9 
E nformesene ogn'iino de sta cosa ;- 
Che ve nne pare de sta* giiituria ? 
Se pò sta zannaria tene* nnascosa ? 
Soccorrile vaie Giove * dai' a^juto r 
Pecche Io sentimento s^ è pperd^ito^. 
A Ccavaliere ricche ,. e Ttitolate ^ 
Tenere Schiave »tv cas^a le sta hrenei 
Ca so ppatrune de Terre, e Ccetate , 
E mmaie de povertà senteno pene ;- 
A echi non ave ttanta potestate r 
Pe ccierto- ca desdice , e non convend ; 
Massema all' artesciane , e ppoverielle 
Tenere schiave, e mmanco schiavottielle . 
I^ecchè desdice all^-autre no lo ddica, 

Cchiù* pe mntodestia mia , chtr peppaura; 
Ca vorria fa vedere a cqtiatch* ammico, 
Ca saccio» anncvenaré la ventura v 
O bella usanza de lo tìempo> antico , 
Che sapeanQ porrla pe nfi a. le mmuia ;- 
Nou pmly^hi ha ghiodiiia, e eGomprenne# 
'oppo parla. , bè me ntenne . 
%i^ scotixenate 

pohite , 
hile spate^' 



Senza 
fi a lo 
La 



^4© JN A P O L E 

Si dammo a li cavalle na revista 

So ttanta , che a ccontarle nullo vasta ^ 
Ca non ne' è lavarino » e non ne* è artista 
Ch' a chi le ttene tneglio non contrasta ^ 
Perrò a ccavaUo fctnno na gran vista >» 
Chi va sgobbato , e* Chi de canto , e basta^ 
E si Io b.ioie semi 'n poco parole^ 
Pareano Sagliemmanche , -e Ccacciamole. 
~$ò, cquaiuo v' aggio ditto^ -e irose, e sciare, 
Ca Rce so ccose da strasecolare » 
Ca cierte vonno fa comm' a Ssegnur« , 
E bonn' ire co cchille a ppare a ppare ^ 
Che belle storie , -e che brutte figure 
Vediste tanno da «trasecolare ; 
Cbe^ scene stravacante ^ e che mmotanie, 
Che brutte prospettive , e llontananie , 

Dov'è Ttanaglia mò? dov' è -Scatoiia? 
Addov' è ghiuto Pascariello Truono ? 
Dov* è co li compagne Luca Vozza ? 
Addov' è Ghianne, Parroìere,- ed AmuoGO? 
Benché n>ò tenarrìano la carrozza, . 
Mo se sarriano puro puosto 'ii tuono, 
Ca de chisse echio zanne , e cchiùsciaurate 
Erano da carrozze strascinate • 

Mme pare justo «tà dinio Torchia 
Tanta Schiave nce so pe sta cetat« , 
S' .è fFuorze revotata Varvaria , 
Che nn' è benuta tanta quantetate; 
Sto negozio è benuto 'n guittaria, 
E nupe pare na troppo asenetate » 
Ca , Vhì^Io Soia , eh' è Cciannetiello , 
Ogn' un' avWo Schiavo , o Schiayotiiello • 
1^ • Nfi 



S.C CJ IH- 1 *v ** ^ t ^ -, 

Nfi a lo Trorametta de le Vecaf&* J4^* 

Tene la schiava, o cosa mostruosa.!^ 
^ Ed ogn' autr' strtesciano , e na* è boscU y 
E nformesene ogn' uno de sta cosa r 
Che ve nne pare de stó' giùuaria ? 
Se pò sta zannarla tenS nnascosa ? 
Soccorrite vaie Giove , dai' a^juto y 
Pecche lo sentimento s? è pperd^ito- 
A Ccavaliere ricche ,. e Ttitola^e ^ 
Tenere Schiave »i% ca&a le sia brenev 
Ca so ppatrune de Terre, e Ccetate »• 
E mmaie de* povertà senteno pene;. 
A echi non ave ttanta potestate r 
Pe ccierto? ca desdice , e non convencf ; 
Massema all' artesciane, e ppovetieUe 
Tenere schiave, e mmanco schiavottielle . 
Pecche desdice all^-autre no Io ddico, 
Cchiù* pe mniodestia mia , ch^ pc ppatira; 
Ca vorria> fi vedere a cquatch* ammico, 
Ca saccio» annevenaré la- ventura v 
O bella usanza de lo tieinpo* antico^ , 
Che sapeano parla pe nfi a^ le mmura ;- 
Non perrò chi hair ghioditio*, eecomprenne 
Senza , che troppo- parlai » bè me utenne . 
Nfi a lo^ bestire se so- scoftxertate 
La cchiù grati parte de st* arrepohite, 
ehi s'ha puoste li guance, echi le ^ate^ 
E^ echi a li piede le scarpe cornute ; 
Cierte co li cauzuiie spampanate , 
E chi cà- li cappielle mpicciolute ; 
Autre lei ppanzc nforai hanno cacciate ; 
Pe ccammenarr ao cchiù gravetate . 

P ì Cbl 



., -r^ f u L £ 

34? ^o )] jnanechette a la Romana 9 
O chiammaje volimmo mappolune; 
Chi co lu farrajuolo a la baggiana 
Luongo 9 che. le commoglia il tallirne ; 
Vònno parla co chiacchiara toscana 
Ciert'aime lesagliute coppolune. 
Ma a la DocKesca, Lavenaro « e PpuortOt 
So ccancsciute da l'Occaso all'Uorto* 
Chi jogne^ e manca lettre a la casau» 
Ca la vò fa parere annobeluta; 
Chi rha de ciento muode refòrmata* 
Ca vole f che mmaie cchiii sia canosciuta; 
E s' ha parieme de vascia carata » 
L« nnega , le rrenonza , e le rrefuta ; 
S* ha ptiosto 'n capo ogn' uno sta chimeraì 
Ca essere non vo cchiù chillo eh' era • 
A mmuodo suio ogn uno s^ha nventate 
Certe mprese 1 che maie se so ssapute 9 
Né mmanco le ffaceano l'Antenate, 
Pecche non nce fu scienza 9 né bertute; 
Chi fece le ccetrole nnargentate^ 
Chi 'ntrampo d*oro li ciervc cornute; 
Quanno la mpresa cchiù rreale» e bera i 
Sarria schitto na forca 9 o na galera • 
Chi miezo se fa jiegncre , e echi sano , " 
Comme se fosse quarche gran Segnore» 
Chi co na lettra, o no vegUetto 'a mano, 
Che benuto le sia tanno da for«. 
Ogn*ommo9 che lo vede da lontano, 
Crede, che sia perzona de valore;^ 
Ma pò quanno s^ accosta cchii\ becinot 
Vede no zancacrone malantrino*. 

Chi 



SCO'NTRAFATTO. 34? 

Clii joca a lo pallone , e chi a lo trucco t 
E chi se mpara manejà la smaira ; 
Vediste tanno ngrifare ogne mmucco ♦ 
Usato schitto a mmanìà la varrà ; 
Ed ecco se vedette ogne scia sciucca 
Essere deventato Marco Sciarra ; 
Ma chiste so cchiù atte a fa a ppretate ; 
Ch* ad arrancare , e ffare u ccortellate * 

Se so tutte de bottJ^ trasformate r ^ 
Fotta d* aguanlio , e che cconfosione r -^ 
ììon vide àutro , che stroma nioccarate ^ ^ 
Contr* ogne Llegge, eccontr*^ognerraggione; 
Pesta mmardetia, pecche aie sollevate^ 
Salo geme de vescia- nazione» 
Sulo gnorante r e uommene de tiiente r 
Digne de nò preminone a li morfienter 

.Jfe fosse vivo Ayiddia Nasone r 
De cheste mmetamotfèie farria r 
Cchiù de chitla che fèce, no Hbroner 
E na gran quantetà nne vennarria ; 
Ca sto socciessa xwn è nvcniione 9^ 
Né bello nciegiio de la poesia r ^ 

Né mmanco chi l*ha «critic s'è Monuatd^ 
Ca tutte Thanno visto, e pprattecata* 

Ifapole mio, e che t^è ssocceduto? 
E ccomme sì de botta trasformato ? 
Già eh* ogn'omma de niente è rresagliutoi^ 
E cchiù de n'òRimo buona e sconquassatosi 
Chi pane non avea s^è rrepoluto ,. 
E sta co la zitella , e la crejato ;: 
Benaggia quanno maje venne la Festsi^ 
Che ttanta coppolune fa star nfena.' 



Veccote tutte f uosxe nveziarria , 
Co le rrobb^ de povere mpestaie . 
Veccot* ognuno puosto nn arbascìa , 
Perchè le spoglie vecchie hanno jettate; 
Veccote ca s' è ppuosto 'n segnoria , 
Chi contrastava co la povertate , 
E chi mprimmo mitiostava li talluae 
Si mo le bidè f pareno Barane . 
Gente degne d' annicchie , e de scervecchie ; 
Aitoè comtn'a ddire, servetui^, 
Arrcpeiza-pedale , e rrobbe-vecchie , 
£ d' ogne aute la feccia , e scolature . 
Quanno-le parie, non te danno aurecchìe , 
Ca chiammate vonn* essere Segnare , 
Né cchiì^ mmaste chiammare se ponn* oje, 
Ca dicenó ^ eh* è ttitolo de Bo}e • 
Nce vonno auto ^ che cchiànre a li doIuré> 
Massemamente a sta nostra cetate > 
vAddove songo V annevinature , 
Che ssanno a nnuie, e B nuoste-anteiKite. 
Fanno le ccose antiche chiare , e scure ^ 
Chi da Io vero simmo., e simnio stat« ; 
E co no bello rauodo , e bello stilo» 
Te contano Io fatto pe lo filo . 
Deh Masto Giorgio mio dotto, e saputo. 
Che ttanta capo-tuoste aie addomate , 
Si non te muove a ddare quiircV ajuto , 
Nuie simmo tutte quante arrojenaie. 
Non vi ca Io judìcio s' è ppèrduto > 
E ttanta cellevrielle so sbotate ? 
Auia ssa verga toia , muovete priesto , 
£ non fa, che se perda si' autro desto . 

Fa 



SCONTR AFATTO: f^s 
¥», che^e sbeglia ogn'uno^e che ccanoscaf 
Quale 9 e chi era prinuno de la pesca;. 
Falle passa da la srasa ogne mmosca » 
Falle prova la zuca de 1^ agresta ; 
Azio ch*ogii'uno pe dderitto soscat 
E se leva ogne ffiinuno da la testa ;. 
£ falla priesta r ca fare lo ppuòje « 
Cji si Ilo k> ffaie^ tu >> la fa Io Bojei^ 
Hanno porzìS mutata, arte > e oKnestiere, 
E non vid'auuo v che mmieze Segnare r 
Che bonna i; d ppara de li Cavaliere « 
E sfiongo asciute da progente scure; 
So ffiglie d^ artesciane t e de staffiere t 
£ biionna.fàre de li beiromuref 
Pecche se peoz' ogn' una ( ma se nibsca) 
Che nnullo nce sia?, cchiù i che le ceànosca. 
Musa f no mme fi:u6cià cehii^ la cannone » 
Lassarne ire , e no mme dare ahbasca f 
Ch'ali'' arecchia mme sento no vespohet 
Che dice, cà tn^'ànnego a sta barrasca;, 
O a hi fine quarche secozzone 
Mancare no mme ^ dinio na masca » 
Memre saie buono ] ca spngf odiate 
Chille , che bonna di la veretate » 
Songo passate li tiempe felice/ 
Quanno U verdatiere erana aitate , 
Addove truove cchiù de chili! ammice» 
Ch'. amavano sentì la yeretate? 
Si nce n^'è'uno , è cQomme la Fenice t 
Quale non nasire a sta nnostra cetate i 
Ca oJ8. si tu là .dices njan sì ,ntiso-, 
DI favole, e,ppallu.i)e. cacsl ccriéa>, ^ ? 

' P S De 



346 ' N A P O L E 

De cebiù pe la morìa tatuo potente 
Maucaieno affatto da li Tribonale 
Cierce Scfivane da vero saccente/ 
Ch' aveano ^ncapo quarche pò de sale #* 
Ma mo se nce so ffatte certe ggente* 
Che non ne dico né bene , né mtnale : 
Ma saccio ca nc'é cchiiV de no Scrivano ^ 
Ch'é nnemmico sfacciato a Ppresciano. - 

Cierce jeano vennenno esca 9 e ifocile^ 
.£ ccierte pure 4 che fumo staffiere» 
Qert' ante potecare , e ggente vile « - 
£ ne* è ffuorze quarcuno panettiere 9 
Che de ventate so ggente cevile , 
E ffatto é chi Scrivano , e cobi Portiere ^ 
li quale veramente tutte stimmo 

j. Sarriano assale ccbiù buone pe no rimmo. 

Chi Scrivano se fa de lo Consiglio * 
Chi a la Cammera va , chi 'n Vecaria , 
E ddeventa Leione no Coniglio , 
E bì ca quanto dico 9 fu boscia ? 
Fotta , quanno' nce penzo ,nne squaquiglio, 
E bao decenno tra la mente «nia, 
Chesfe ocose che scrivo , songo state ? 
So ffuorze suonne , o puro veretate ? 

£ pò tanta Scrivane ^ e Scrivanielle » 
O chiammare volimmo pennarule , 
Gh* a la Scoia no poco tennerielle 
Niraino cocozze j e scinte so ccetrule4 
Quanto meglio pe lloro , o poverielle» 

> L' arte mparat* avessero ifegliule ; 
Ca pe cchdlo che beo « la Strivania f 
JDa vero è ddevoitata guittaria^^ 



SCOKTRAFATTOf;: 54|f 

Se ^ flatte Dotture li crapafet 
E Mmiedece sò> fitte li sommiere r 
Che male se lo potieno nunagenare t 
Né mmanco le passaie pe lo penziere p 
Ma cose tutte contra tiempo* e sparer 
Perchè n'erano» nate a sto mestFere^ 
Ma. che ficciano frutta n*^ è paura « 
Perchè servono schitto p^encbietura ;* 

Sòngo sgulgliate gran^ Precolature r 
Tutte novi^Ue pe li Tribunale : 
Giert.e de case grosse s^ Ffitture , 
Ghe 'mpriaicno> se teneano» pe ppedale f 
Parte artisciane , e pparte serveture 
Le ssacciai nnante ^ che fosse Io- mafe ;; 
tettò- fra chisto no» porrane trovare 
Uno che.saccioj manco» competare.^ 

Se s& ntoscìate pure gjra» Dotture r 

Che a primma' noni valevano» nw quaglur# 
Ch'erano» tanto scon^iertate > e scure »^ 
Che noa secveana manco»^ pe n«r paglia ;; 
Ho stanno» mpicco de scrivere 'h Ture ^ 
E pe no vierzo» nce v5j nm tenaglia ^ 
E la; spuizana Q crideme )? che mmanc<y / 
La; ced'arrfano^ a^ Becienzo» de Franco* ^ 

Ma chillo che protegge» e che mmanten» 
'K decora lo Sòpremo* Tribonale*. 
Fece fa i^nhe sottai grosse pene r 
Che noip tutte cauzassera stivale ? 
Ch^' erana cchiù» Dotture de T arene 
Venute da sse tterre^ e ssS.Casaler 
E boze, che chr a*'er» singicrpitato» »i 
ISòa fosse s^ lo' Gonzi glio ccfafè accostatiov- 
P* 6 Si 



34» N A P O L E 

Si mò foss^ lo tiempo de Romane i 
Li Miedece i che so lo juorno d' o)e , 
Le ramannarriano 'n paise lontane, 
O le darriano 'n potere a. lo Boje ; 
Ca cierte nce nne so tanta pacchiane» 
Ch* a mmedecà no le darria no voje 5 
Parla nno co la debetà protesta, 
Dica de chille doppo de U pesta , 

00 ppelle de Leione so bestute 
Co sta pesta cient' asène nvardate , 
E cebi non avean* ombra de vertute > 
Aifizie ave avuto, e ddegnetàte ; 
Vccco r arvolc sicché so sciorute , 
E li vuoie jnuorte so resorietate , 
Si vuoie sapere , che eco se so ccheste 9 
So stroma nzoccarate de la peste • 

O qaam' addebolute pezz entielle 
A li paise Uch'o desolate , 
Che co ccoppole 'n capo pe ccappiellcs 
E de xegrino stevan' ammantate ; 
Pe pparte de cauzette, calaiiitrielle ' 
Portavano, ed a Nnapole arre vate ,^ 
Asto besiire dezero lo sfratto , 

^ E chi larama vedette , e che boratto- 

Lafsa lo tessetpre io telato , 

E la cocchiara lo fravccatore , 
" Lassa de fa le barde lo Vardaro 9 
Se fa ghianche lo mmano lo Tentore « 
Chi lo Miedeco fa , chi lo Notato « 
£ echi lo S|>eaiale, ò lo Dottore ■ 
E beccO' s«gpa^ artesciano puosto 'n^tuono* 
Se face tfiotoo ceitik* ed omma buono. 

i Chi 



SCONTRAFATTO. 349 

elei de pane , o de fruite poiecaro 
Era , da fatto pò mutaie penziere ; 
Chi se fece mercante cantararo, 
E chi ailoga-cavalld , e chi sommiere ; 
£ mmercame de tela n* ogliararo , 
£ no parrella sé ffatto ngegniere; 
Mo chiste tutte , eh' hanno rauiat* arte 1 
Chi Giove se cred'^sserc ♦ e echi Marte . 

Chi venneva castagne, e echi scioscelle; 
£ fuori' arte cchii^ bile pe ccampare 
Faceva , o jca venncnno zagarelie» 
* £ chi stea pe guarzone a ppotecare; 
Auzate le bediste nfi a le stelle « 
Tanta fu l'abbonnanzia de denare 9 
Perzò lassanno 11' arte , e lo mestiere ,' 
Ogn' uno volea fa lo Cavaliere.' 

Chi afficiale de lo Josteniiero , , 

Chi scoppettella , sbirro , e chi spione 9 
La$5anno affatto V antico mestiere » 
Oga' uno voie fa mutazione ; 
£ ffatto gentelommo lo stadera* 
No pedocchiuso è ffatto incixamoiie » 
O penne , o gente addotte aidovc sitt ^ 
Che ste facentie 'n carta non memte? 

De chili' amiche, e ffaiaiise mertuM 

Ipperdute afFareo Je sstmmkntt^ 
nce so de quaau osno noante » 
f^^r ico tu mme'oufosc* st mme sìeatc: 
» ccierte ueate de leranie , 

nuasiepoe se pò A laie^Spi'* 






^i 



3Sa ^ N A P a L E 

N* ammico vote fa Io ntosciariellof 
Pecche l'era venuta a cuollo state» 
E se Y02C vesti de lerianiello » 
Che bennato le fiv da dme sbaivate r 
L* upa e ir auto fecea la MèrcantÌBllo ,, 
E ppe cquanto metmiette erana frate » 

' Ma creot, che ìì parfente fùìeno nnantCr 
Po chiste fuieuo erede de Mercante ^ 

Nfiutta sti mercantieire, alias, tappe r^ 
t^ sseppero» servf buona a laj coscia r 
Ca le chfavalnb^'n- canna? cierte drappey 
CchiOu stamive, che n*è na ffca moscia^ 
€a lo" vestito puo8to^ che se Tapper 
Se strod'ette 'h tre ghmornei froàcia frosciaj 
ter quarto juorna strutta fo cappotto: f. 
I-' abbesognafe vestircse de. scotta ^ 

Jy oga arte; ma , d^ ogne pproféssione 
-E' la sciore dell*' uotmivene mancato r 
E chi stea poca nnante pe gguarione «^ 
E mmasta de potec* de ventata ;* " 
Ogne ppeducchib è ppuosta nguarnasciowe-r 
D* ogn**arte nzomma» la masta è sbarvato > 
Perrò ciure pe KnapoFe a staffétta , 
Ca non; truove cht fa n^ arte perfètta * 

AIR' gran: gente bone s& mmaocate» 
Ch' eraitò» digne.ciento ànne campare». 
E cciérte scomrafatte rie** ha tassate^ 
dhe bive erana buone a ssotterrare? 
Guierce, zuoppe , bistuofte , e scartellate i 
Che* non nce ptjoìe pennientecommjerxarcy 
Voglia la Ciefo r e còmme so da fore». 
ìioni sìkiios din to' d' anema} e dd«r core. 

Par- 



SCONTRAFATTO. ^^3 

Parto f mme perdonate 9 de li triste » 
E non de le pperuine bone, e oneste^ 
De qualtì troppa poche an' aggio viste^ 
Dapò che fu sta benedetta peste ; 
Perzò non trascorrimmo mode chiste ì 
Pecche nne parlarimoio fatte feste 9 
Vasta ca s*' uno mie vuò i cercanno > ' 
Pe Io trovare non ce vasta n* anno * 

Parlammo nio no poco de 1* Artiste »^ 

£ bedimmo a cche stato se so ppuostei' 
Bartolo , Bardo , e i* antiche Joriste 
Sta vota cierto sarriano scompuoste • 
Tanto so fatte nzanetate triste.* 
Che te fanno agghiada primma eh' acciio^tt 
A le ppoteche pe nce contrature » 
Peechè appena se degnano parlare • 

Li primme nzomma forno li scarpare > 
Ch* all' arte Uoro mesero r assise > 
Scusannose dapà, cà li coirare 
Erano carestuse, e ddescortise; 
Lo fele te facevano crepare» 
E quas'e nce volevano duie mise 
Pe no paro » e si bè pagave nnante » 
Decevano, n* avìmmo lavorante, 

Trova » si puoie no masto cosetore 
Che te facesse tanno no vestirò $ 
Ca nce vòìea na lectra de faore 
Pe te potè levafe st* appetito .. 
Comra'' aggio ditto v.pgiì" un era segnore > 
E se potea tenere pe faurito 
Chi avea fortuna correre a la ceca > 
£ ghirese a bestire a la Jodeca ^ 

- .Ora 



f $A N A P O L E 

Ora si tanno fecero guadagno 
Chille de h lodeca, e buie peniate r 
Cà tanno se correa senza sparagno « 
Ch'erano uommene* e ffeminene cecate; 
Si manco state fossero da stagno ^ 

^ Accessi li zecchiffi erno stecnate » 
A *nfrutto te gbìettavano a lo vient^ , 
Ca denare non erano de sdento. 

Te convenea levare la? barretta. 

Si tu cHiammave no solachianielfo t . 
£ besognava di^ , vossìa mme metta 
A la scarpa na pezza , o tacconcielb; 
E si pò ive a no cotrcia-cauietta , 
Maro te sfòrtonata poveriella, 
Ch' erano puoste 'ntuono tutte quante , 
Che non cedeano punto a Ir mercante. 

Sì voIrN'-e peglià na mmedicrna , 
E lino avi ve lo cantaro, iere juto» 
O s'a la casa non c'era latrina, 
Meglio t eh' avisse Io chìaieta perduto ; 
Potiv' ìpc a ccacare a la marina , 
Ca valeva ogne ccantaro no scuto; 
E s'accatta voHve n'aurenaro, 
S'era de ramma , no gWeà tanto caro. 

Solamente li povere Varviere 
A st* accorrenze grati bene hanno fatto » 
Ca seppero fa buono lo mestiere > 
E li mpestate pigliavano a ppatto ; 
Pecche senza nzagnie , sema crestiere 
A na gran parte dettero lo sfratto , 
E mò che s' hanno fatte sei tornise 
'>! dozanji co li Miedece sÒ mmise. 

Dapò 



SCONTRAFATTO- -JIJ 

Dsnpi> sì bè paglve na patacca 
Pe na varva , non ne' era oo Varviero^ 
E nce .vofeva dt tari na sacca ^ 
Si te volive fare no- crestiero ; 
Ogii' arte niorama se fece ve-gliacca r 
Se fece forfamisco ogne mmesiiero ; 
E ppe nor pietzo e ppieizo nzanetate 
Tutte le ccose stettero mbrogliate- * 

Va t' accost' a n' Arefece, va tide, 
Ca pe nniente nce puoie negoieiafe; 
Si no lo ppruove , crerta non lo crìdt 9 
Pecche è na cosa da trasecolare . 
Poco te serv^e ca strille , o ca gritle > 
Ga quanto vònno , besogna pagare^ 
E Ba cchìCi na fattura de uT a»ielfo , ♦ 
Che non va no dia ina me , o no gb|elIo • 

Sì tanto quacche. {Novero compagno , 
Che non avea pe spenncre na cria » 
Ca non e* era ficenne, irè guadagno 
Vennere se vofea ràrgentaria^ 
A ppiso r accattavano de stagna , 
C O che brégogna , o che forfafltaria f ) 
Ca: pe r avere co cchfò buon* mercato » 
Déceahé; non ttce serve , eh' è mpeswto- 

Li Rrobbevecéhie, e li matarazzare » 

Ch' hanno accattate le rrobbe pe nnienle > 
Si pò (fa chifle votive accattare 
Te facevano stregnere li diente ^ - 
Vennere vonno nò, ma cappiare , 
D^^tle che btto}e,cà maie no le ccontiente, 
Ca dove n*^ hanno sptso dtiie càrrine,^ 

. Si ciento rice ntife daie , manco annevi"^ • 

De 



354 N A P O L E 

IJe Notar* nce n' è fuorze ^hiik d' uno t 
.Che s'è allociuta ca li testamiente > ^ 
Ch'a cchiUa tiempa non ne era aesciano; 
Che fTacesse camere » né strómiente* 
Chi nn*" aveva besaogno de ^uareuno, 
L^avpa da dare la mille pe ccientet 
E chi besaogii' ha minò de na screttura 9 
Mon vasta n anno pe la cercatura «. 

yiata tanno. «hilla Speziale r 
Che aperta, tenne la speziarla ^ 
Fosse de mmedicina ) o manuafe t 
Ca non facette mala mercanzia *^ 
Attiso nc^era perzona» la quale 
( Benaggia aguanno» e chi lo ccredarrn?) 
Che pe nà medecina ♦ o no sceruppo » 
De doppie^ e de zecchine die Io gruppo* 

Da la vaie viecchfo? Io v^icUo piglia^ 
L'asempiot cosi &nna ste ggentaglief 
Vide a oche la malizia s*^assottig!ia«. 
Ch' hanno ncarute le seggie de paglie i 
E ccosa cierto de graa maravigliai^ 
Ca t>& a li nzorfaiiellet e it ventaglia» 
Pe nfi a le ntorce a bienta nzanetate 
Li priezze hanna pe dduppio autersit^,^ 

£ ccerca d'* Affitta na massarla «> 
E bidè de trovare no VilFano , 
Ca chiste pura stanno nsegnorfa ♦ 
E cchià de tutte q,uante ante a 1» manof 
Stevana, crìde a mmei ca n' arbascìa 

• Cchiù de.na Masted^ita, a na Scrcvana^ 
E echio le rese fa la schfattamuorto % 
Che no na m^ssaria> na starna* a n! xxono-^ 



SCONTRAFATTO: |5$ 

Ògn' tino s' era puosto nguarnascione 
De non paga cchii\ ddebete pe nnientCt 
Né se parlava de paga pesone > 
Pecche manco valeano li' stromiente^ 
E echi tanno de case era patrone 9 
Se potea bello spizzolà li diente; 
Nzomma dico *!i toscano, che costoro 
Se fecero la legge a gusto IForo ♦ • 
Se so ntosciate pe nfì a It staffiere ^ 
Portarrobbe ^ vastase, e sseggettare | 
Se so ntosciate pe cH %, li cocchiere 9 
Che nnesciiino Tabbasta a ccoiuemarc< 
Penò chi besuogn' ha de sto mestiere 
Quarche bota se serve de crapare ; 
Da Uocck vene mò, che le ccarrozze 
Non vanno maie deritte, ma semp^orzeji 
Si volive ammolà no temperino > 
Na forfecetta fiiorie , o na lanzettd > 
Voleano d*^ogne pplezzò no carrmo^ , 

Penza mò che holeano de n* accetta i 
Soggetto se vedea lo Cetatino . 
Pecche noi» ne' era legge, né ppannetta? 
» *Per^ò de chiste cocchiere, e scarpate^ 

Paricchie ne mannastevo a bocar^ . 
a non era pe ttè , bello Segnore , 

Che diste a ste gentaglie schiacco matto » 
Co li commanne tuoie,^co lo terrore^ 
Eramo tutte arroìenate aflfatto * 
, Se stenta no tornese co ssodore, 

Quanno Io spienne sì ppigliato a ppatlo j 
Ognuno d^arrobbare ave gran gusto»:, 
E nnullo se contenta de io ghiusto • 

m 



aS6 N A FOLE 

Ufi a le ppottane erana poste *n tnoitO' 
Ch'erano usate a ddoppie , e leccbinet 
Né ppratieca voleano d* ommo buono 9 
Sulo de schiatta sTiuorte, e- mmalaiurinef;. 
AbaUà non volevano a lo suono 
De tari , de cianfrune, e de carrme» 
Ch' erano poste *np\Kito puro lloro % 
E -non volevan argiento , ma schitf ora. 

Fecero V uso co li Schtattamijorte , 

Che spennevano-a mmiicchio li lecchioe f 
Gomme zappate l' avessero ali* uorte >. 
O comme state fos^sero - lopìne f 
Sbtecanno lo stentato de li muorte. 
Che non credeano maie venesse a fEne; 
Ma chi le stema , e ssuda a sto palese , 
Ciento nodeca face a no tornese. 

Che periò steano 'n- tresca tutte quante-, 

• Og^i'ariesriano stea lieto , e ccontenter 
» Pecch' ognuno spenneva li contante- 

A mmucchio, a uocchie chiuse, allegramcntej 

Ogne guitto facea de .lo galante. 

Né a la mesura* , o- priezzo tenea mente 9 

Ga^ sr na cosa valea tre ccarrme , 

Se pagaia nfi* a dduie , e ttre zecchine- 

A)irta, Musa mia , ca ne' e cchiùr rrobba r 
Na ntme fa remtnanere accoss^ nricco , 
Ci te prometto' de te fa na bobba , 
Ch^ no ace vogli» vrocca , né ppalicco : 
Vi ca non canto a ssuono de triobba j 
Né -ddico le berrù de chillo Micco r 
Chrilo , che Haudaie tanto lo Cortese r 
£ fo uoti eppe manco no tornese • 

• 4v Auza 



SCONTRAFATTO. . 357 

Alita lo canto , statte aiiegvainenie ^ 
Pecch' è lo reto, scimmone co nnore , 
Non vi , ca nce protegge no Reggente t " 
Che ffaorisce le Mratise a ttutte l'ore? 
De chiilc inatrenimoneje azxellente 
Fatte tanno , dccimmo a sto Segnore ; 
Pecche non. mancarrà cìerto Don Dieco 
Darence li taralle co io grieco, 

Dimme previta toia lo gran fracasso», 
Cantarne pe lo filo lo socciesso , 
Adasillo adasillo , a ppasso a ppasso t 
Dimme chesto , fornimmo sto prociesso * 
Dì de li raatremmonie lo sconquasso, 
E che nce soccedette dimme appriesso .• 
Votta priesto li mantcce , dà fuoco , 
Ca sarraìe nnommennata p' ogne lluoco • 

Via , non te vregognà ,' priesto spapura , 
Non pecche de lo siesso femraenino * , 
Se parla , te nne mettere a ppauta , 
Ca »* hanno comm* a buie de. lo I>devinOi 
De ville la castetà nnaterno dura , 
Penò fa di Io vero a Ba)entino ; 
Votta y via , vienetenne co la renza , 
Mente la penna a scrivere accommenta» . 

Faceano tutte lo santoficeto 

Chille, ch'erano tanno nvedolate ," 

Se steva ggn'uno modesto , e deserete f 

Ca vmo fatt*avea de castetate ; 

Ma 'n che Ip Munno veddero cojeto, 

Se so ttutte de botta revotaie , 

E se pigliava ogn uno la vecina 

Chi pe mmogliere , e echi pe cconcobina . 

OgUQ 



^5t . N A P O LE 

pgne ffemmena 'n tieropo de la Pesta 
Parea 9 che fosse la Diana casta ^ 
£ stev' ammarecata , affritta ,. e mmesta ; 
Che non parea de carne « ma de pasta ; 
Ma pò le vaino tutte quante jesta j 
Quanno chella cessale 9 dicenno ^ vasta , 
Tornammo tutte priesto all'uso antico , 
E chi non ha mmaritOi aggia n*ammico^ 

Pgnuno a ggusto comme vò se spassa , 
£ ssente gran piacere , e gran sollazzo f 
Ognun^i ita spreposete nce ngrassa , 
^ la borda correnno comm* a ppazzo « 
Lo Patrone $e nguadia na Vajassa t 
La Segnora se piglia no Ragazzo, 
L' artista co la Nobele apparenta , 
Cossi ir uno de irautrp ^e contenta* 

Ko riccone se piglia na pezzente, 
£ «chella , quale aveva li contante t 
Se piglia pe mmarito no dolente , 
Che ghiea quase pezzenno poco nnante • 
!N' ommo bello , se piglia na scotente , 
Ka bella no cecato , o zoppecante ;^ 
JLa fegliola no vecchio « no pellecchia j 
E no fegliulo se pigliale na vecchia • 

E bécco ca se mosse no vesbiglio 
De nuove amante , e nnuove nnammorate; 
No mbruoglio, n* arràviioglio, e no greciglìo 
Nfra mmaretate , zite ^ e nvedolate ; 
Senza piglia parjere, né cconyglìo 
D' àmmice $ de pjiriente ^ o vecinate » 
Ognuno priesto priesto 9 pe sta ntresca ^ 
Chi pe ddenare^ e echi pe Ccarne fresca « 

Ve- 



SCONTtlAFATTO. 35^ 

-Velate tanno chille Parrocchiane , 

Ch* eppero a cchillo tìempo sta ventura 
De le fare àcchioppà mane co nloìano » 
O de le vatteja la criatura; 
Viate puro tanno le mammane « 
Ca li zecchine avevano a mmesura : 
Viale li Notare ♦ che li stizze 
Fecero de stromiente « e de scapizze* 

jPateano veramente cose strane» 

Le scene , e l'apparenzie de tanno t 
Cient* Abbate jettaieno le ssottane. 
Stracciaieno te Bezzocche Io soccanno ì * 
Chille pe nguadiare le pottane, 
"Cheste pe s'abbraccia co lo mal' anno; 
Credeano ,fuorze de chesta manera 
Mettere assiésto Napole , comm' era . 

Accossì puro cchiù de ho torzone 
Se le 'vota lo cielebro , e se sfrata $ 
Lassano affatto la Kelegione 
Fuorze pe rrenòvare la casata ; 
Da chisse mò che generazeione 
Voglio che co lo tiempo nne sia nàta," 
Ghi ha da me cchiù d^ ghìodizio, e ssinno 9 

^ Creo che lo saccia, e m' aggia niiso a zimiOr 

i4on se jeva cercanno nascemiente , 
Né s* era ricco , o s* era poveriello, 
Né si compare fussero, o paiieiuc , 
Né s* era viecchio , ch*avea lo scartiello, 
Nzòmma non se curavano de niente^ 
E leva Uà chi avea no scrivaniello 5 
E chi mogliere fu de no Dottore t 
$'è nguadiaia (^o no ^ervetor^. 



^6o • N/A PO L E 

Mogliere d*artescianci e inmercant^anc , 
Che ghieaho a. ppare de le titolate. 
Stettero appena tre ghiuorne diune 
De tu mme ntientie , e pò se so ghiettate» 
Piglianno pe mmarite li guarzune 
Da lloro stesse spisso mazùat^; 
Ma mo che so fformue st' appetite-, 
Chidgnieno tutte li primme marite . 

Che le venga la rogna, e ssttte ielle , 
Comm' a la ceca jevan' a miivorrare ! 
Erano leste a fia le ghiacovelle 
Xo g<#kte t e portarrobba ^ e ppotepare f 
Mogliere de Notare co pparrelle , 
Tanta gente cevile co fferrare , 
E chi eppe no Rrè d' ommo pe mmanto, 
S è mmaretaca co no spilacito. 

Ognuna se tenea pe f prencepessa 
Quanno senteva nnooienà lo zito , 
Parea che tutte avessero* la sghessa 9 
Tanto se l'era muosso V appetito ; 
Fotta de Io Diaschence, e che pprcssa 
Aveano de no muorzo de marito ! 
Ed io nne saccio nguadejate cierte, 
Ch' ancor aveano li bobune apierte . 

Chi pigliaietre mmarite nn' uno mese, 
E chi a lo scisso tiempo tre mmogliere, 
Chi ne lassa una viva a Io pajese , 
E ccà nne vò prova de cchiù manere ; 
Ognuno piglia chi Y è cchiu mmanese 9 
O siano celatine , o forastere , 
E ssenza fare troppo zeremonie , 
Faceauo paiemjz^e> e rait^atr^mmonìe. . ^ 

Chi 



SCONTRAFATTO- 36* 

Chi de no nuiodo » e echi de na manera 
Fan' hanno matremnionnie fame, e stuortCì 
Chi fore ha lo marito , e echi 'n galera, 
E spana hanno la voce ca so mmuorte • 
D' essere na segnora ognuna spera , 
Piglianno pe mmarite schiaitamuorte ; 
Ma mo stanno coniente, e cconiolate^ 
Gomm'a lo mpiso 'n micio a li Conirate^. 
Chi fidate a pparole de guittune , 
S' hanno fatto truffa le ccentenare » 
Co la speranza a le pprommessiune , 
l»4fra cierto liempo de le nguadiare ; 
Sa fecero abbotta comm' a ppalkme, 
Nfi che scompute forò li denare , 
Ma 8ti frabbutte pò 1' hanno lassate, ^ 
E ppotlane , e ppeziienie so rrestate . 
Ciert' anticaglie vecchie de Peziulo , 

Ch' aveano poco diente , e mmanco mole, 
Voz^ro pe mmarito no fegliiiolo, 
• Danno le mmigliarate de megniole ; 
Vozero nfi a lo rreto lo cetrulo , 
Comme si state fossero figliole ; 
Ma chillo , che ccorrea pe Becenzone » 
Che buò fa ? fece trippa , e ccorazzone - 
Chi maje eppe speranza de matite, 
E ppareano vajasse rejettatè, 
Anze^ nfra l' aule eerte becchie zite » 
Che de lo munno s'erano scordate; 
E de cheste nce n' erano nfenite , 
Che mò tutte se songo mmaretate » 
Co golìo de se fa capo de casa , 
Ma lo pede mettettero a la yrasa • 
. s 'Valerli ino Q Cieu4 



^6% N A P O L E 

Ciento zantraglie , e cciento pettolelle v 
Che stevano a bettura le mmeschinje « 
A le Cceùze 9 all' Agnone « a ssi vordiellef 
E le ppotive ave pe dduie carrine ; 
Mo se so mmaritate pe zitelle , 
Mo 'n perteca so pposte le itimapplne $ 
Ma perchè chili^ arrigne so ppassate 9 • 
Stanno mo cchiù de prixnmo annegr«cate# 

E becco se sA ttutte sgoliate « 

Vedole , vecchie , gìovenelle , e zite t 
Ch' atrasso-sia , stevano arraggiate 
Pe se vedere accanto li noarite; 
Meglio pe lloro , e non fossero nate f 
Ca non ghiezero jiiste li partite ; 
Pocca a le ccase lloro auto non siente# 
Si non contraste) trivole» e Uamienu- 

Stettero >n tresca cìerte poco mise , 
Menanno sempe vita sciallacquata » 
Sguazzanno, e ttrionfanno, •n feste ;, e rrìsci 
Comm'a la casa nce fosse la Fata; 
Ma scompiue che fforo li tornise , 
£ la rroba , già ssaie corom' acquistata $ 
Se so ttutte mmutate de colore^ 
E s' è ccagnato nn' odio V ammore . 

Ad ogne ccasa pc* è ì* acciseione > 

Ll'uno de ll'auto s'è sfastediato; j,,, 

Ogne mroarito piglia accaseione» !;•; 

Quanno yedè scomputo lo fFelato ; . j 
Che baga la moglìere a fo pascone , /cJ. 
Ofpie guìttone se n* è ccontentato ; 
Ca non valeno, ogn' uno se pretesta > 
Le pparentizze fatte co la Pesta* 

^ 'Tee- 



SCONTRAFATTO; 363 

^?€CCO le bone sciorte so scompute» 
'i Vecco ca so sciagure deventate j 
z Ca 'n poco iknjpo tutte so ppentùte 
i L'uomitiene, eh* a guaie loro so addonatfe: 

Vecco le contentezze so sbanute 
:s De chilie poco , che nce so rréstate , 

Massema addove so fEgiie , e ffegliaste > 
:« Pensate vuie li trivole , e ccontraste • 
Chi pe bajasse -, e chi pe ddammecelle , 
., Parte 'n vordiello , e pparte a lo spetale > 
Cert' ante sperze comm' a ppeiiolellc » 
Fojute se nne so pe ssì Casale ; 
Chist'è lo fine de chesse ccìantellei 
Che so ghiute a romortà comm' anemale > 
Piglianno sti verriile de no core, 
Che poco Itanno vregògna , e manco nore^ 
Dicère de cient*^utre nne vorria ,- 

Ma pe ve dì lo vero , aggio paura , 
^ Che cquarcuno non trasa 'n fantasia 1 
E co lo muto mme faccia <ia ctìra ; 
Si le ssentisse » è na forfantaria , 
j Ca so ccose seni' ordene , e mmesura ; 
Ma fassammole ghi , che ssìslììo accise » 
Chelle , che ppigliat' hanno spoglia-mpisc 
Ma le fFeramene tè , mò manco male , 
Picchè songo rebelle a la raggione t 
sohgo justo commel; anomale, 
^ pò tanno correa sta nnaiìone ; 
. nca perchè le femmene so ttalcf 
So cquase degne de compassione; 
Ma Tuoramene , che.ssò ttanto sapute , 
A ste facenne puro $ò ccadute?- 

Q 2. • Chisi" 



» 



364 N A P O L E 

Cbìst' aute puro , so ghiute a mmocràrb 
Co nguadiare cierte ppetiolelle. 
Che n'autro riempo, uè pe llavannate 
L'avaruano tenute, o pe letelle ; 
Accobsi ghfea lo mutino % che biioie fare? 
Accessi tanno correano le stelle ^ 
Ca steano co lo miccio a la focone 9 
E ognuno correva a battaglione . 

Fra laute cierte viecchie de Sosanna , 
Che non valeano n* aceno de miglio « 
Sicché, e meromante justo comma ccaiina) 
A mmala ppena buone pe cconùglio > 
Da iloro stisse na maniiara ncSinua 
Se mesero , pe ffare quarche fHglio * . 
Piglianno na fegliola pe mmogliera^ 
Che ghiocà tice pptcano a ccoyalera. 

Se ereserò co fFa lo sottaniello 

De lamma d' oro ^ e n^ bella velata 9 
Co na bella catena, e cquarch' aniello « 
Tenere la mogliere consolata; 
Ma cheJia , che boléva lo giovaniello >■ 
P' avere spisso carne a la pignata ; 
Quanno fra na semmana pò vedette 
Ca non nce ne trasìe , se une foiette . 

E becco ca 'n vecchiezza hanno provato 
Chello, che 'n gioventù maie s hanno cri so? 
Ognuno creo se sarria contentato , 
Pe non sentì sti guaie , d' essere mpiso: 
Chi pe ddolore nne cadìe malato» 
E cquaccuno lo ciK)jero n'ha stiso., 
E echi è bivo nfi ad oie , lo poveriello, 
Le bà cercanno co lo campàniella • 

Cchìvi 



SCONTRAFATTO. 365 

Cchiit dd' una ne' è tttasuto n. chist* abb^lldi 
Co se nzotajre la seconna vota « 
Ca se cresé fa quinnece, ma fallo 
Fece r meglia &' avesse dato vota : 
Non pe ttutte cantale tanno lo gallo ^ 
Ca no a ttutte Fortuna fu. ddevoia ; 
Penò, dica pacienza ad ognauno*, 
Massem' a chi gliottuta s'ha sto pruno • 

Pe ddechiatà >Segnore mio» sta mbruoglio 
Nce vorriana senìmane , mise » ed' anne t 
Noe vorria, crid* a mme, cchiiV de no fUoglio» 
Pe scrivere sti trivole, e st' ailanne; 
Che le scardana llora chiste scuoglie »■ 
E echi gusto semette» sént*" af&nne: 
Ca chi non face chellò r che- cconvene i 
Simmele ^ e ppeo de che§ta le ntravcne^ 

Ma si quarcuna se sentesse affiso 
A sto pparlare, e ssiase chi se sia^ 
Che benesse a sta storia compriso « 
Mme faccia na quarera *n Vecaria ; 
E si noa vo fa chesso» le (Ij^avisO) 
Che noa parla pò nnientet ecche se stia;: 
E si no y ca tia funa a lo mercata 
Vaga , ca trova lesto la steccato. 

No» sia chi piglia *a fàuzo^sto latina 
De quanta dica, attisa è *n generale,. 
Né nunaie vofonià fa de Valentino. 
De quarche galani* omma dire male : 
Parla sula pe cquarche malantriaoy. 
E sempe azzettoanna tale » e cquale ; 
Né r ommo buono 'n primmo, e dapò pesta 
Comprennere se scusa » e sse protesta • 



^ NAPOEE SCOOTRAF- 

Aggio ftcomputo chesto y ma mme resta 
De dìcere aute ccose fbre josta ; 
Ma perchè tao la Musa leva jesu r 
lo manco casto » ea Maggio sf accostar 
La Geenna è mpasuta, è già seà Uesca « 
r E bogKo t che cchtù^ dd'uuo se nne gost^t 
E m' ha promiaO) e cciReo, che no me nganna» 
Ca me vo £i caini la MEZACANl^. 



^COMPEXU^aA. 



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