Full text of "Comedia"
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COMEDIA DI
M. VINCENZO
G A B I A N I,
G E N T I L H V O M O, E T
Academico Brefciano.
DI VJ'OVO I^ICOim^ETT^
E R I S T A M P A T A ♦
V
N V I N E ' . 1 A APPRESSO GABRIEL
GIOLITO DE* FERRARI,
M D L X.
AL MOLTO
MAGNIFICO,
ET VIRTVOSO M. DO-
MENICO VENIERO,
SIGlS^OIi MIO OSSEI^j-
VANDI SSIMO.
r ^
^ quello tempo in
quàyMdgnifico mef
fer Domenico y che
uojìrci Mao niji e en-
fia uenne Cimar l in
goin qtiejìa nojìra cittk, nelqualt
? egli mi Uenne fatto di prendere fud
conofcen'^yi& dilei{fua merce)
in qualche mia bifogna ualendomi,
A tj
Upritttìcdi tanto gentile > ^ cimo-
reuole , quanto dire fipofjk , io fem-
ore le fono fiuto ctffettionato feruido
re; c^piirendomi che U in^ratitudi
ne fiu uno di pia brutti ^ uerooo^no
Ji peccati che auhuom rimprouera-
'^cftpojja yfommamente ho deftde^
rato : ajfìne di uolermipur alquanto
yìfcuotere dalle obli^atimi , cheal-
Ihora con ejjo lei contrasfi, di farli
co fa oprata . Ma daWun canto il mio
hafjh flato <^ picciol potere,^ del-
l'altro la copia (^ eccellenza fua di
tutte quelle co fé, che bene ifiia defi-
derare a difcreto ^ moderato gen-
tithuomo , nonfolamente leuato me
- ne hanno orni occafione > ma oltre
di CIO fattomi marauigliare , ^ uer
gognare di me fteffo , quafi credejsi
posfibile effere ad auenire , che ella
'■ mai tale haueffe adarriuare , che di
.me i 0 di mie cofe patiffe bifogna^
1
Onero che qualche uenturd me tan-
to già, mai indl:^dfje , che mip-liora-
re potesfi Li fud conditìcne . Per
t cinto conofcendo'io udndprefuntion.
e [Ter e il penfare di difoblio^drmeney
^piti udud ancora iluolere > ojòe-
rdre di contendere feco di (n-ande:^
;^e (^ cortefie , nonfo uedere come
per altro hdbbia la namra in me de-
fiato tal defiderio , (e non accio che
io pigli baldan:^^ di ricorrere allo
ufato mio cojÌHme-,^Voflra Ma-
gnificentia in concedere g^ratie lar-
ghijìima uiepiu lodata fehipre ne di
uenga , ^ ago^randita . Del che ha-
ucndo io da lei tanta arra in mano,
quanta, fono i piaceri, <^ benefici ri
ceuuti fonomi asficurato di manda-
re allaMagnifìcentia Voftra lapre
fentemia fauola, fperando che ella,
per la immenfàfua bontà, non le
habbia a mancare di aiuto . JOintor-
A iti
no alla quale y ueggendo io quanto
hoggidiacutii^Jmerifiano o;li hu^
mani inoegniy ^9* come per cojapic-
ciolisfimafi offendano, ho cercato di
hauerne il ?iudicio , c^ il parere di
molti dotti y <^ eleuatijpìriti y ^ a
quelli : in quanto ho potuto , <^fa^
puto ; mi fono accojìatoidi maniera,
che hauendo in lei co fa buona, iopof
fo dire , ciò auenire più tojìo per le
opere loro , che per le mie . Ma co-,
munque ciò fi fia ( che non uorrei
chef die effe , che iofotto coperta di
mamficare le amoreuole:^eyet au-
torità loro procaccia fi di uoltr man
tenere in credito &* riputatione le
cofe proprie fi come ne col troppo di-
minuire le mie fatiche uorrei incor^
vere infojhetto di qualche ajfcttatio
ne di modeflia ) Perche io fo , che
qu^Jla mia fauola ha , ^ haura af-
fai bi fogno di V . Magni f cernia , io
4
Id prego con ogni mìo affatto , ^ de
hitit riuerent'ut addbbracciarU , (^
porgerle foccorfo , ci?» quejio tanto
più caldamente far e, quanto ella ne-
derà fargliene di mìjlieri. Et allei
humilmente mi raccomando .
Maaccioche V, Magnijicentia
non hahbia a prenderfi ammiratio--
ne di quejle tre lettere a,b,c,che nel
quarto ^tto in più di un luo^^oji tro
nano prepojle ad alcune righe ,par-~
mi di fignijìcare fi come uolendo
io^affne di abbellire alquanto lafce
na,i^ rifueo^liare orjifhettatoriffhri
mere una certa impatientia di Imo-
mini y cì^ animi adirati : co fa pur
naturale , ^folita ( com.e che ella,
in quanto io mi ricordi hauer letto ,
non mai da uecchi , o moderni com\
cifia ne componimeti loro fiata imi
tata)non hofaputo come me^liofo-
ter dare a conofcere a coloro , che
A iiij
leggeranno y hora due , O* hom tre
perfine in quelli luoghi parlare ad,
un medejimo tempo infiemeyche con
trajporre le righe de ragionamenti
loro , icjuali-pcfiia , accioche foffe-
ro ime fi ygli ho dijlinti colpropcne-
re a quelli tali carrateri .
Di Brefiia il di ,V . di Maggio,
M D XLV.
Di V. M.
^jfettionatoferuidorc
Vincenzo Gahiani,
L'ARGOMENTO
DELLA COMEDIA,
PER. M. VINCENZO
METELLO.
O Auttore della Comedi a , per
e/jerejìato occupato Ì7i rifponde-
re ad alcuni , parendogli di noie-
re ancora tn quefia cofa Terenno
imitare , non le ha prepojìo ar-
gomento alcuno . Ma logentdisfìme donne , ua-
go de uojìri piaceri (che fogli httommi non haue-
re di me bifogno) affine che pos/ìate meglio tnten
deve , (jr riportarne cjuelfi-utto , <y quel diletto,
chefperate , mie parato di dtrm lafomma m po-
che parole ,
1» Scio, lac} ti ale è quefla terra.che cjua uedete,
due gtouani fono grandemente inamorati, L^uno
chiamato Eromane innamorato di una cortigia-
na forefìiera ietta per fopranome la Kodietta..
Valtro,che nome ha thilorote, di Yferecallea figli
ucla di Timeo Kali. QHelli, catro al uolere di fin
largirò Neuridt fuo padre , che di dargli intende
per moglie Pericallea,fìudia a tutti i modi la fua
Kodiettadi non lafc:are:(fuejii ciò fentendnjì ap-
parecchia a non l.ijciarfì prittare dtlia amata gio
Itane, ^quafìtnuna medefima horaìrhtierote
rapito di me\o lajìrada Vertcallea^ che andana a
nofira. donna di Neamom , (hitfa cofi da loro
chiamata , non molto lontana alla atta , lame'
u-am cijo- fud . Et Ero mane cvt* in'f.i^mu ^(^
P R O L O G O.
ajlut'ut entrato in cifa fua la R.odiett:a , a cafa
poi di Dijco fuo amico ne U conduce , con la mi-
glior parie delle Yohbe di lei cjt del fratello Zela-
dclpho , foidato glurtofo , tlquale , arriuato poco
auanti in Scio a cafa della, [or ella ^er a agli amoro fi
loro piaceri molejlo impedimento . Co/lui tojlo
accorto/I della forella menatagli uia,^ delle roh-
he tolte , andatofene] a cafa di elìderete , doue
penfa lei cfj'er fiata condotta , fa alcune fcempie
brauarie . V It imamente nconofctut'! fi Phderote
fitto il nome di Carino ejjèrefratell o di Eromu-
ne y gli fidi perm'>glie Pericallea ; <^ perdona
tofl alliii dal padre tuttodì allegre\\a ripieno^
perfgliuolo noM.ìmente ritrouato , concedutogli
il godere la amica ancora alqi<anti dì, fifa et'an
dio al foidato tuie partito , che fi rimane di ogni
co/a ceni ento .
P R. O L O G O.
LA Comedia , che per comparire , & f^erfan
'Jpettacolo dauinti^ a mi-, fi e me/fa in affet-
to , fi chiama i gelosi , per effere le perfine^
che in eff^i interuengono, da nane Q* diuerfege-
ìofle mole fiate. QjieTia Comedia, fi c'irne e di ar-
gomento doppio j parimente dalle due prime di
"Terentio , Adr alcuna , Eunuco l'altra chiama-
te , parte di fuo foggetto fi h.x tolto . Dellaquale
licentia non uogbate^ Magnifici et honorati Spet-
tatori , lo Auttcr riprendere , non lìauendo ri'
prefo primieramente quella dt Plauto , ^ di Te'
rentio , ne quella dello Ariosh^c di altri comi"
PROLOGO. 6
ci moderni . De quali quelli da Greci , a^ queTH
da Latini componimenti, quafi pili rampolli Jpìc'
cando ad tnnejìarli nelle loro piante fenT^ rijpar
mio , fi fono mesji. ?enfauafilo A ut tare , che lo
Andarfì con gli e/fempi di co/loro , come confer-
misjimi feudi ricoprendo centro coloro ^iquali lo
hiafìmauano , perche alle uo'te 'hauejje imitati
alcuni ?oeti , baflareglt doue/fe. Ma allui rtfor-
ge maggiore contrajlo da altro canto . Vercioche
trouanfi alcuni , che mai non ri f nano con agre^
^ Ucentiofe parole , di uoler porre la Comedia
in ahhommattone del mondo , dicendo quella ef*
fere opera immonda , O" diabolica . ìlche affer-
mano da Ciò comprenderfi di Icrgierl , perciò che
ella poco altro contegna , che lafiuie, c^cattiut-
tà , CjT che da effe più mal , che ben fi appari,^
altre loro maled-ttionì . Ahi quanto temerari,0'
indiscreti fi po/Jò?io chiamar coloro , iquali impe-
tunfamcnte danno fententia finale fopra a fatti
altrui , efjendo il parere humano infì abile , O"
fallace ; C lafamx , (^ lo honore degli Intommi
piti , che oro , (<;' gemme , cari , c^pretiofi. Et
quanto fuori del conueneuole è alle uìke creduto
ogni cofa a ciafcuno , che a mi fi moflri coperto
della peUe della pecora , comunque cffo affermi, o
neghilo danni che fia. Adunque pare a cofloro,
che la Comedia, Ijqutle ha il 'un principio hauu-
to diUe cofe d'iuine , (in tanto da biafimtre ? La
Comcdia . laquale col contenere diuerft cofìumi,
^affetti di cofe ciuili , ^ prmate , ne mofìra
ciò , che utile fia alla uita , & ciò , c//e da fu^-
gire^uorranno cofloro cacciare dtl inondo ? E' for
A 'vj
P R a LOGO,
[e la Qomedia ( di quella parlo , (he noua è chia-
mata) dal jUo principio j diì tettigli hiiominiy
per tutti t tempi , m tutti i luanì)i fiata permejfit,
lod^ita , c^r approi*ata , perche bora fare Je ne
debba tanto rumore ì O pure fi fanno tjli a cre-
dere,che qKeJìi tanti Magnifici Conftglieri,! Cla
rijìimi Signori Kettori , cr il Keuerendifìmo Ve
fcouo flfarebbono cofi [cordati di fé mede fimi , (y
degli uffici loro , che non ci uietajjero la prtfente
Comedta ,fe elle tutte fo/Jero abhomineuub^come
ej?i le fanno? O uè hanno trouato cajhroyche dalla
Comedia fi appari più mal , che bene ? Che fìa
frohibita f Che ella debba ejjere odiofa al Chri-
jet ano f No/ uorremmo ben intendere quejli loro
pajìi delh /aera Jcriitura , con le Jpùfìuoni di
quelli . O y le parole , O'gli atti , che uaccag-
giuno , altramente funo interpretati da coloro^
che con alt emione Tianno ad a'cvìiare . Si che,
oue ella mai per altro non f effe da uietare , fi fa-
rebbe egli^ da Icuarla intieramente , perJje fa
fcandaliA^are le brigate . Sophijìiee fono quejìe
urgomentationi , ^/en'^aneruo . Adunque per
la mtdefìma ragione diremo noi lagiujìitia effe-
re empia tirannia f Diremo , die lo andar ad udì
re la pareli di Dio , O" il ri neri re le cojefacrc fìa
ito opere da [therani , ^ malu^^gi huomni',qt4an
do altri al fuicndo farà ereduto i ngfu fio, eterni -
nato , ciT' hipocrita 5* Ufimile ancora doura(it di
re della cerna ? & di ogni kdnuole , a^^ [amo or-
dmtìChe ehiunq; fcuiene alla neeefiia delprofii
ino , ciafcuno ; che offerua i Chrijìiani comanda-
menti , faccia qitclìs , che egli non dee farei Deh
PROLOGO. 7
come a mal termine furehbe la mrita , ^ la dif'
finttione delle cofe , qu.tndo concedere (ì dcueffct
che tutte le capere taUfo/Jero , quah elle da altrui
Jlimate fono . A noi pare , che tutto ciò , che da
ueruna legge di/ponente il contrario non è probi' '
bito , fi intenda permeilo , & po/fu ufarfl dalle
buone , ^ cajìs menti , come ci te cjtieUofo/Je per
uerfamente da alcuni altrui ceruedi intefo,& in-
terpretato . Sen:{a che tutte le cofe non fi conucn-
gono a tutti gli htiomini , in ogni tempo , ^7* //»
tutti i luoghi . Altro Jìj bene al prete, & al me
dico , ^ altro al cauihere , ^ cittadino. Quan-
do fra duoi parentadi fi contraggono Jponfahtie,
ejìi amcndue fi allegrano . il contrario aduien ne
m 'fiori. Et nella Città, O" nelle ViUe.O" "^ />«/>/*
ì-OjCSt" in priuuto , O' '» '^^^''^ occorrentie è grai%
dijferen'Xa tener pnt una maniera,che una altra.
Molte altre cefe per breuna fi lafciatto,per leqitaU
apprejjò dimof rare potrebbe fi, che la Comedia na
({a,ne debba agutfa ueruna efjere odtofa al Chri-
Jliano Et che lo andare hiafimando ciò , che pojja
per cagione deUa Comedia auenire,fia una fatica
di fouer.hio, ^ un ttoler mojìrare difiper pià^
che di fapere non fa me fieri . La ultima fatica, ■
che a noi rimane, è di pregare uoi tutiiy che piactr-
re ui debba di emanarci uno ài cjue taciti Jtletii, che
afì/ndi btfognefi ri chieggono ,faiedo con effo non
meno di fauore a Gelofi,ci?e già ui facefìe al Tai^
lento del medtfimo A uttore , pofcia che ancora Itt
prefeute Comedia non è per darui minore giona-
mento,(& dilettole ui piacerà di attender lacche
quella già ui lubbia. dato .
I NOM
A T
Periergio
Eromane
Hipocoriftria
Zeladelpho
Dolone
Philerote
Siro
Philargiro
Mifi
Sannione
Sciihropa
Philicio
Timeo
Maonefe
Tre
Paiifània
Lieo
Geta
I D E GLI
TORI.
giouane .
giouane.
ma più fpeflb det-
ta Rodietta femina.
Capitano .
feruo .
giouane.
feruo .
uecchio.
ferua .
rigattiere,
iiecchia .
famiglio .
uecchio.
giouane.
ferui .
uecchio.
feruo .
feiuo .
ATTO
8
ATTO PRIMO,
PER.IER.GIO, EROMANE
GIOVANI.
O S I diccua quejlo Geno-
utfe j che con noi per mare
tteniua. altro dt nuouo io
non ti faprei dire . Ma che
uifo me fio è quello , che io
tt ho uedutofare , mentre che con Dolone
di nonjo che ragionnui ?
Ero. ^hjforfcyti e paruto co fi .
Ptr. forfè cefi mi è paruto dici , che due uolte ti
fono jQate per cadere le lagrime da gli oc-
chi . Contami dt gratin che infortunio fìa
quejìo tuo, fé non con ijperan'^ , che gioua
re tt pofja , almeno con fede che a dolere
me ne habbia con ejfo teco. Vercioche^effen
do io ciuci tuo buon amico, che io mi tengo,
tmol la ragione , che anch'io ne fenta la
parte mia .
Era, A»!^, o Periergio , non potendomi in ciò la
tua op-.ragiouare, poco auedimento Jàreh"
he il mio , fé , penfando di farti cofà grata,
lo animo ti aggranafii con mie molefìie.
F<r. Quefìe tutte fono parole . O* '« "ero Ero-
mane tu fai torto alla amicitia no/ira •
Quejio non aj]fet latta io già da te ,
ATTO
Ero. Infine quejìo era il meglio . Tuttauia , poi
che io ne ueggo m te tanta uoglta,no rimar
ro di compiacerti. Sapidi , che altro non è di
CIO cagione yje non troppo amore, et gelofia.
fer. Di CUI fei tu inamorato^O' onde hut tu que
fiagelofta?
Ero. Dirottoti. Vanno pajjato facendofi fecon-
do il coftume nojlro in ^anc'n il Polataettt^
alquale Jpettacolo , perche è di' gran piace-
re , anch*io mi trouai , uennermi gli occhi
adiofjo pofli ad una leggiadra fore/l:era
aW)ora di pochi di uenuta ajìare m Scio.
Ver. forejìiera f come ha nome ?
Ero. Il proprio fuo nome è Hippocori/lria. Ma
pereto che da Kodi uiene , la Kodiettafi ap-
pella . Le CUI belle'^e,e maniere di parte in
frarte confìderando , mentre io meco quelle:
fommamente lodaua , fi fortemente me ne
inuagìn , c^c; ego mi è flato att.'fo di non
hattere mai da indi m qua ueduto fi bella
O' ualorofa donna. Vedi fé amore fifa infi-
gnor ir e de gli huomini .
Ter. che difauentura lyo io ad intendere di tan-
to tuo amore?
Ero. igli fono tre di pa/fiti , che fiandomene io
con cofiei fenXa un penfìere , cr uita beata
menando , mio padre trouaiomt cefi prefe
adirmi . Vhiierote tuo compagno fu hteri a
trouarmi, pregandomi che uulefii parlare a
me/Jer Timeo Keah , z>" f^^g^' hauere ^e-
■ ne allea juaf.gbuola per moglie . Sopra che
difioTfcndvìfli henne Omfato di douerti da
PRIMO. 9
re moglie , O* appunto cojìei. Conciofìa co-
fi che IO fono ueccìuo , non ho più figlinoli ^
che te^et no ci è gouerno in ca/a,per ltqnaU
ri/petti fa forici che tu ne prenda Alcuna.
fer. Appunto lofaua afpettado una fmile cofa.
Ero. Soggiongendo,che perche me/fer Timeo non
farebbe mai no'X;\efen\a fapiita, <& confen
timento di mejjèr ^uafantafuo padre adot
tiuo , che in brieuefafpetta,era fouerchio
parlare de fatti fuoi. Ma che parlato di me
gh haueua , cj;" fperaua difirlami hauere
con meglio di tre milla ducati di dote , fa,
cafe , argenti , terreni , & contanti .
IBer. Quejìo è ni cofume deglt hodierni padri;
fur che eglmo a figliuoli prouedano di mo-
glie , O" di gran dote , cbe fi curano esfi di
altro .
Ero. lo fiordi . ?enfi tu , che gli potesf rifponde-
re parola , ofcufa alcuna trouare ? almeno
inconfìderata , fai/a , lontana dalpropofi-
to^^Egli mi fi mori la parola fa i denti.
La onde, ueggendomi egh hauere afcoltato,
Cir dure indugio alla rijj'ofa , credo per con
tento mi hauefjè. Or che ti diro io della ama
ritudine , della mohfia , dtUa ingdia , di
quella cena , di qi:el leixo di qt4ella notti?
Certamente ^fe non che io jferuiyttfcendo la
mattina fegucnte per tempo di la, di andare
Alla Kodietta, accio che ella con le ptacduo-
le\\e fue mi animoU.jfe lagraue\\i di tali
paroUjf irei falò hiauo a duenirne pa\\o.
?er. ì» no» mi marautgtlo , perno chg tutu coU'
ATTO
ro , che' am.ino , non pofjono comportare f
che loro fìafutto metto di menar moglie .
Ero. M4^, d/;<' Injfo. Come ucggo io e/Jere ne '
ro ciò, che uoìgArmente fi dice . Che lafor-
ttiim non fi moTira già )mai contraria <t
nÌM>ìo,che ell.t cjuel tale non jl sfar \i di mei
ter e del tutto al fondo . Io non uenni cefi lo
Jìo la , doue ella era , che ancora lei nidi a
Jìretto ragionamento con ungiouane in fui
la fua porta , ilcjuaU, uolendo io andar oU
tre per uedere chi f offe , ella fenica una mi
nima ucrgogna hehbe a trouar/i in cafà,
chiudendo a me lo ufcio in /iti uifo ,
Ver. Ofemine ingrate ; C^'fconofcenti.
Ero. Per U quali rifletti , fé il mio uifo ti è paru
to mefloyC mutato , non ti marauigliare.
?>en da marauigliare farebbe fé fatto bauef
fé ritorno alla f uà prima forma .
Ter. Eromane , io ho hauuto caracche tu mi hah
hia palefato quejli tuoi amorofi accidenti ,
fé non in quanto la ramemoratione, che tu
hai fatto di quelU , mi pare , che fta più to-
Jìo fiata uno rinouellarti nella mente le
tue doglie che un contarle . Ma che penfi di
poter fare?
'Ero, lo nonfo .. il di/io di mio padre , c^ la ri-
ueren'^t , di che io gli fino debitore ,& ol
tre di ciò lo amore di coflei , c^ la*ngiuria
riceuuta , coft dentro mi combattono , che
io nonfo , quajì y prendere partito , ne con
figlio .
Ver. Vurei ^
PRIMO. IO
Ero. Io non hùjperan\a in altro, che nelle ajlu»
tiedt Dolone mio ferno .
Ver. che j^eran^ ti da egli .
Ero. Niente di fermo . [e non che/apendo io f/ò,
che egli fa fare , quando uuole , & promet
tendami dipenfar come Jìurbare Jl pojjano
quefle no^J^e , ben che io non negga in che
modo , meneTlo cojl.
Per. Er di cjuejla tua B^odictta?
Ero. Quando tu et fcfragiugnej}! , parlauamo
di lei . Dice ejjer bene,che io uada a trottar
la, et rimprouerandole la ingratitudine fua
afpettare cto ch*ella mi [apra rijpondere.
Ver. Forfè , non ti confìgUa male. Or io non uo-
glio ejferti piti molejìo . Eromane fratello,
ricordati , fé io poffo alcuna cofu per te , di
comandarmi.
Ero. lotiringratio. Non ti rìf^armiero , fé mi
j^^i occorerà a ualermi di te .
SCEl<ljA SECOJiD^.
RODIETTA CORTIGIANA,
E R O M ANE.
MISERA me yto temo , che Eroma'
ne ìion Ijahbia hauuto a male la ui-
ftu y che l^ alt r* hi eri gli feci , o altramente,
che io non ho fatto , la flìmlhia \tnter pre-
tata . bercio che egli da indi in qua non fi
e mai lafciato ucdcre, ne mandato da me
hafuqt mejit , come ufato era di fare .
ATTO
Ero. O gran [enteriti a di Dio. E pare,che la ani-
ma mia tutta tremate Jìiafempre in forfè
di abbandonarmi il corpo come anuime^che
io mi rttroui al cofpetto dt coflei .
Ko. Ma eccolo . O Eromane, fernutmente io erg
do , che bene non fojje mai tanto defidera-
to, quanto ho toboggt fatto lamnutatua
Ulta mia .
Ero, Ahimè, cjuejìe care"^ coft affettate rinfre
fcano le mie piaghe :
K.O. che uHol dir e, che tu jìai coftfopra penftero?
Ero. Vuol dire , eh* io fono il tuo Eromane , la ni
ta tua .
Ko. Lafcia andar i motti .
Ero. che lafciare andare i moti ? O KodiettM,
Kodi^tta . uolejfe iddio , che lo amore mio
Jlef?e in bilancia col tuo di pari , fi che egli
adiuenijfe , che o quejlo a te doleffe , come-
a me duole , onero che io non fosjl aggraua
to da cofa che tu mifacesjl .
Ro. • Ufo ciò , che uuoi dire . & appunto pìsr if-
gannarti di[quejla credenT^a, hor hora ho-
. Uua mandarti a domandare .
Ero. E non è marauiglia fé tu come eolpeuole fai
ciò , che io uoirlio dire . Ma quejìo non mt
titauagiamai la fede , cì?e io haueua\in te,
^ meno lo ardentisfimo amore , che io ti
ho fempre portato, da che prima ti conobbi.
Ko. Non ti crucciare anima mia , che io non h
fatto cofa perche habbta donato lo amore
mio ad alcuno .
Ero. Qtancie. Se tu nonfet eolpeuole dt nuìla^cht
r R I M O. ir
fé tti di che io intenda accufarti ? Vedi uè-
di y che non fmXa cagione tu fai il tonte
inanxj .
T« ti adiri meco^ attorto affé , che quefìi è
un mio fratello .
Si , egli è un fuo fratello. Or sii , tu haira
gione , hahbilo . godilti in pace . O fé ma
pili m i lafcio .
\edi , a [colta Cromane . egli non mi fi la-
fiera mai credere, che quefa e afa p offa ha
uere in te tanta for"^ , che li fepari dallo
amor mio . Ha t ut t ani a ti prego per que-
fa tua [erena front e, ((^ per queftì tuoi leg
giadri occhi , onde efiono quelli tuoi lu-
mino fi, ^ ardenti lampi , / quali mi ten-
gono [empre in tiiuo fuoco , che ti piaccia dì
ascoltare quattro parole ,
Di pure . ma io ti auifo , che io [oglio tene-
re altro conto degli atti , che non fo delle
parole .
Ah' caro mio bene], la[cia che io otteno-a da
te quella gratta . Egli è gran co[a quejla,
che tu fa cofritrofo , cì)e non ti pieghi per
preghiere .
E^ maggiore quefa altra , ^odietta , che
tu fempreuokndo fecondare tutti] fìi appe
ti ti tuoi yfpoco ti curi de miei dtjjjiaceri,
di che quando amene , che io mi fa auedu-
to , tu uuoi appreffh ojfufcarmi con tue pa-
role imhelettate gli occhi della mente , accio
che io non habbia a credere a quelli , che /;a
incapo.
ATTO
Ro . T« ti puoi dare a credere cto 'che mot. M4
[e tu mi fì Arai ad udire , io ti fari toccare
con mano , che attorto di me ti duoU .
Ero. \nfne èforT^a compiacerti . T« uuoi fern-
pre , che la tuajlia di [opra . - - p ,.
Ko. Or sii, tu uuoi pur bandire ogni cofa tufOdt
feuuoi. Mio padre, come li ho detto altre
uolte,[ugrangentilhuomo , & tienendo a
morte lafcC^ 'mJìgUuolo dime maggiore,
detto 2elad4pho , il quale , fi come quegli,
che fu fempre prodigo , & uanaglortofo pò
tendo a fua uo'rba difponere di ogni nopa
fofìantia,quda , [aitando tutti gli appetit,
fuoi , quantunque Jlf ani, di maniera fi die
de , fehXa ritegno , a {pendere , che non att
ab moho , che egli comincio aj]at uoheapa
tirnehifgno.
£ra. chefauolafChemueUaequeJla?
Ko. Afcolta , àigratia . ?erche ueggendola «e-
cesfta,rJa quale perlefue immoderatc
(hefe era mcorfo^O' uergognandofenetrat-
to il rimanente de fuoi beni in robbe , ^
contanti , con animo di andare pel mond»
fua uentura cercando , e per mia fciagura
Jl.to [hinto dalla fortuna in Scio O' e que
ili , per CUI rifletto dire imrrejli di eterne
rf ragione potuto dtuenire gelo/o . ^
Ero. Maife. fgU ha tutto del uenfimiie. 0/e-
mtne deldiauolo, ^
Ra. Attendi , fé mi ami . Del quale perciò che
io non lioleua , per la prattica,cbe io ho con
tefolo .
PRIMO» «»
Ero. ÌHOtaquefìa altra ucr Ita.
Ko. Chefacejje nrgo-òtent omelie iofos/ì meno chi
honejì.i n-iouane , c/.>e altro potè uà iofare,
perche egli male di me non gìudscaJjLÌCon'
ciofìahofà , che fofrauenendo tu a no!,t'qua
h di più cofe agwnauamo ^io teneua per
fermo^ejfendo tu lieto,- 0' feJìeggieuole,che
hamrefii motteggiato, <y fatto }cher\i ^chi
haurehbono guajh ogni mio dijjegno .
Ero. Vuoi altro da me , che ti do ragione ?
Ko. AÌj , egli è pure mioi fiatello , unico,gia tre
anni non ueduto.Ma tu dirai . Se per altro
rifpetto non mi facejìt tale uifla uuoi tu
adunque fempre tenere qucJlofìileÌMai nOy
che IO noi uo tenere . Ben che a quefto non
fappta ancora riparo . f'ercio che hauendo-
mi ejjo trouata giouane , morbida , gratio-
fa ; dilicata ( q'tale tu mi uedt ) gelofo di'
ttenuto , lafciami di continouo un /uo fami-
glio in cafa^di modo che entrare non ui può
anima uiuente , fen\afua faputa . Ver la
qual cofa io non ttorrei , fangue mio, che ti
marau/gliasfìfe ti feci quell'atto : ojè io ti
pares fi angora alquanto duretta, tanto che
egli ci sìa , duoi , o tre di .
Ero. lo non mi marauiglio mente. Che queflefo
no delle tue. Si che io non fdpeua,a che ca-
mino tu andaui ? Benché a queflo non fap-
pia ancora riparo . ] Egli la/cia di [contìnuo
■ unfuo famiglio in ca/a . Non uorrei , fan-
gue mio , che ti marauigliasjt.^ tante bel
le parole . lutte tutte ^ quejìe dande uengo
ATTO
no a ejuefìo fine , che il buon Eromane uten
dt ftiori ferrato, ^ e colni dentro riceuuto.
Ahi maladetto fiala forte mìa maluagia.
?erche mnfeppi to prima come erauatefat
te , che non haurei mai me/fo il piede oue ut
folje j 0 aineno ben bene haurei hauuto ri'
guardo ad inamorarmt di\tale , che meglio
/offe fiata per conofcermi , che tu non fai.
Ko. No , Eromane, Tagliamo le parole . Va cofi
troua conipenfo di uenire a me, mentre che
egli nolfapput , c^ uederat , che io ti amo
di cuore .
Ero. O dicesjl da douero , effìmeramente . O*
tiedrai , che io ti amo di cuore .
Ko. Io mi fera me , nu*l dico di cuore ?
-'Ero. Vojfo io fermamente credere, che quejlo ho'
ra ncn fia uno inganno doppio f O'^ che ttt
mi umi ?
Ko. Con.e f chi lo ti ordì fa, inganni , c^ non
ti ani f Vita della uita mu non dm pia
in quefìo modo , che quejìe parole mt fono
tute cokditte , c^* acerbisfìme punte .
Ero. Admque meritcuolmer.te ti boto fcmpre
cucrcaro amato c^ fi come .
Ko. Te Ci , taci , che uiene . Se mi dice rulla,* fa
che le tue parole fi accordino con le mie .
Ero No;; è meglio , che io me ne uada ?
Ko Koi dubitare . Egli èfcioco, & p hront.
SCE|NA ,
PRIMO.
SCE'Hyi TEB^Z^.
ZELADELFO CAPITANO.
RODIETTA. EROMANE.
B
E u fino fiati Jìregliati i mìei caualUì
H/pocori/ìria f
Ko. che cura uuoi,che habbia io d€\[fioi caualli.
Zel. Sonojìati rifatti i letti ? è cotta la cena?
Ko. I letti furono rifatti fino Jìamuttina, O" '**
cena fi apparecchiar a .
Zel. Va , che ti ricordi affare qualche buono in
tingolo , c^ a darmi dello arrojìo , confa-
pore di uua , c^r cofi delle sfogliate alla lom
barda : perche quejìe cofe fi tifano alle ta~
uole de principi, c Marchefì . Ma che eri-
tu ufcita di cafa uff are ì
V<o. io fono ufcita per d:tre rifpojìa a quejlo gen
tilhuomo , uenuto hor hora a parlarti di
non fo che trabacche , o padiglioni .
Ero. Che è quefli , quel uoflrof-at elio ?
Ko. E' defjQ . Or parlate fecco fé uolete compe-
rarla.
Ero. Genti Ihuomo e<ili mi e detto , che uoi haue-
te padiglioni , ^ trabacche da ucndcre^O"
hucmo mi parete da comperarne pia tofìo.
Zel. Non (/ è detto tlfafo. Io ho una trabacca.
Non mi accader a p-à da qui inan\t ilcam
feggiarejìaui'do io racqutflato il Re^«o al
la mapfì'a del Re, Si che io uoglio uenderla.
Ero. Quado fra noi ne jegua accordo ^ io uè ne da
rò i danari.Ma io la uorrei prima uedere.
B
ATTO
Zeì. Se tu uttoi uentre mtcojìno a cafa del rWat
tiere, a chi data la ho con altre mie robbe,
n ucndere,to Li ti faro utdtre a tuo piacere.
Ero. lo non ho tempo . Mandate per ejìa .
Zel. T« pu i adunque andartene dip>ortando,fìn
che IO la fo portare quindi .
Ro. Ceffate . Intendete gentilhmmof
Ero. Ho intefo . Darò di mlta,
ZELADELFO, RODlETTA.
E^ Egli, Bìpocorijìria , coflume in
quefta citta , che le donne da bene uè»
gano cofl m fuUa porta ajfare nffojìa a
ditanti uanno , t;^ uengono f
Ro. . Renfii , fratello^, che le donne di quejìa at
ta , <^ d'altri luoghi ancora , non fono me
no honejìe di quelle di Kodi, per rifletto di
uenire infitgti ufci , oche tale uenirttijìa
di cojlame jO no.
Zel Vur non fo come conuenga .
Ko. Varia pur , 7.elade!pho , liberamente . 2>(n
mi fno io aueduta aquel tuo jlnglire di
cr.ttill: di co , cl,e uuoi d re .
Zel. Ho piacere appunto , the tu te ne fìa am-
duta. Però io ti comando,H!pocoriftria(^
apri qua bene gli or eccidi) che tu ttoglia-O*
bajìa . Ecco qua ilcajltga paT^i .
Ko. O mifera me , fé io hanesfipur in animo di
fare tale cofa . \a. in mala, hora Capitan
PRIMO. 14
md>rro , ^ fallito . Si certo , che lo debito
temere , perche egli è ualente , (jr frode.
Et in nero io Intendo bene , tanto che e^U
ci (ìaM non menaro-li lo a>?tat€ mio dinan
Xl , perche penfo, che tifare quejìo nonpoj
fo nuocermi . Md quando io non rtmanesji
di farlo per una cena honejla , O" p^^ ^^^^
ragione , che dentro mn detta ciò conueni-
re non fo come uenire fatto gUpotejfe di
torcermi pur un pelo .
ATTO SECONDO.
EROMANE, DOLONE SeUVO.
^^^^g 1 , Si ho intefo . Ma di quejlo
wMs^"^^ p^^^'^^^rno co più agio.Dim-
WS^^'^m ''"'>Do/o?;e, come haitu fatto
S^^^^^ della mia co fa f
Do. che f di penfare qualche garbuglio ,p€r'
che tu non habbia a menare moglie ì
Ero. Si.
Do. Vuoi tu credere , che io fono quafl tutto ho<r
gì corfo di fu dt gtà , per la citta , fantaJH
cando , C7 chimcrt\Ì^ando dintorno a que-
flo <• Poi quando fono flato jì anco, ^ hom^
■ mi ben rotto ti capo , ho trouato,che quejlo
è facile facile a fare. Vedi come io era 'rrof-
Jo a non auedermi in un tratto del come .
ATTO
Ero. e'' uero ? O Dolcne , io non pofjo contener"
mi , l'/v- to non ti baci un occhio .
Do. Orf; , che ani fono cotefìi daputtanaìOdt
quaj'e uuoi .
Ero. io tt afiolto .
Do. Come ti uecchio ti parla pivt di Vericallea.
Ero hh , non mela nominare , fc mi ami .
Do. Taci , ^fìa in pofa . io uo^Uo , che tu gli
dica di hiìuerne ottima informai ione", O*
che tu il prie^hiyihe in ogni modo uoglia o-
perare talmete che tu la hahhiaptr moglie
Ero. O 0 0 .
Do. che ha/tu ?
Ero. Or è quejìo quel tuo facile, facile modo, per
fare che io no meni mogHeflo noi faro mai.
Do. tìor togli . Tutto di mi tormenti.mi (et die
tro , mi uai rimprouerando certi tuoi bene
fct , pregandomi , O'jiipplicandomi apett
far, 0 fare che tu non ifpofì coflei & quan-
do pofia io ho trouato il modo , che tu hai
a tenere , 0' tu mi efci di mano .
Ero. An\i ti ajcolto , cir ch'adi fco .
Do, Ah'^ no . Rifogna prima afcoltare , (^poi
r jpmdere . lonoHfaro mai. che parlare è
ti tuo?
Ero, Or non più . che debbo fare ?
Do, N:}}i hai tu udito do , che io^ uoglio , che tH
rijpondu al uecchio f
Ero. Non mi uolere perfuadere queTio di gratta.
Do. Perche ? Confiderà quello , ihe di ciò auer*
ra.
Ero. che iojìu della Kodietta difgiunto , ^ a
SECONDO. tf
cojlei legato .
Do. EgU non è co fi. Perciò che, dicendo tu di lei
tutti i beni del mondo ^^ defiderofo dtjpo-
farla mojlrandoti , Ietterai ogni cagione di
gridare al uecchio . Saitu f quejlo ne auer'
rà . He con tutto ciò farai a Pericallea le-
gato . fercio che^andando ella domant con
fua madre a nojìra donna dt Neamonì , fi
come elle Hanno per tepo,uerra lì)ilerote a
rapirla. Vuoitu il pia hello rimedio di que-
fio per te, fé tal dijegno riefce a ?ht erote?
Ero. chi mi asflcura , che tutte quefie cofe deb'
bino pafjkre cofì f
Do. Dt fhilerote non ti prendere penjìero , per-
CIÒ che^ììAnendóili ioho'^<^i fatto a f'apere
come ti.tnno Le coje , & come non e mai per
hauerla , eccetto che per qualche fi raordt~
naria uia,ha quefio deliberato. Pur per
maggiore ficurtk della cofa , io ti trouero
di ttouo , O" gli diro due parole più aitanti.
Ero. Farai bene . Ma poniamo , che ella non an
dajje alla Madonna .
Do. Ma poniamo , che*l del rotttnajje .
Ero. Egli è pur posfibile .
Do. Se ella non ui andajje . Ica cofi, per giocare
di flcuro. Di al uecchio, che dapiuperfo-
ne hai intefo lei ejjèrefo"^ , & contrafat
ta , per la qual cofa , che tu il preghi , che
e/fo tella faccia uedere .
Ero. Dirà fé io non ho occhi in capo da poterme-
ne chiarire , fcn'i^a riportarmi a parole dt
maldicenti .
B itj
ATTO
Do. Et tu dirai , che fé ella non uà, non ti puoi
accorrere che non fui fcinncata , & cojifs
non [duella, che non fra fci linguai a .
Ero. Si bene . piacenti . Ma in cafo , cl)e eJ?o di
ciò non ne uolefje parlare a Timeo, o parlan
dolitene quejlo non impetrafje ?
Do. Va buon utfo . Diche tu non uuoi/t brutti
fììojìri alato, ajferrttu quello , che io ti uo
dire ?
Ero. Intendo , ^ uuoitu ciredere,cl/e qucjla tua
fantajìa non mi fp/ace , CT* parmt più fot'
tile , che io non mi farei mai auifato ?
Do. Credi a me Eromane , fé tu gli faprai dire
quefle co fé con buon ufo , che effo non te-
lefapra negare .
Ero. l') mi sfor'^ero . Ma come faro io di quella
altra cofa ?
Do. che f colla Kodietta ?
Ero. Si.
Do. e' uero certo , che quel gua'^apenacchio
Jìa fuo fratello f
Ero. Maijì.
Do. ' Sai tu di certo ,che cofifìa ?
Ero. io il tengo per f rmo . Ma perche ?
Do. lo penfaua co/ìfra mejìcjjoje ella ti hauef-
fe mai ferrato di fuori , per metterti in
qualche Tirana difperatione , accio che tu,
uolendo nhauerc la jua gratta , le hauesft
a gettar dietro il tuo pm sbardellat amen-
te , come elle fanno fare .
Ero. Quejìo , nel uero , e buono auedimento , Si
che pur uilenda mantenermi lufuagratia^
)dl
SECONDO. i(f
chepotreio mandarle, che le [offe a grado,
Do. che uuoitH mandarle f Tufei il nom pe/cie.
iifcia cjucjìi pei) fieri .
Ero. Adunque non ti piace?
Do. Varmi pur troppo quello , che/in qui le /;
donato . Specialmente che ao , oue il btfo -
gno pur il iichiegga , fi potrà femprefare
Uro. lojeguiro adunque ti tuo conflglio. Ma dtm
rni , come potrò io Jlanotte fecretamente
andar ajjare con e/Jo lei una danT^a ?
Do. Si alla Triu^^iana uuoi dir tu. M/ domandi
tu qucjìo arr-s f 1) credeua , che alle donne
Jlupparteneffe il dare , 0" trouare commo-
dtta , per confolar ':li amadori toro , non a
^(/ huGmtni .
Ero. Ben ti apponi . Ut fhppi appunto , che io
gliene ho parlato , <:^ hoggt ancora j^ero
di ricordargliele .
Do. che ti rijpojef
Ero. che non uifapeua modo , c^ che io douesji
imaginarlomi .
Do. No» uifapeua modo ah ? O puttana. Vedi
fé tu fai affrenare quejlo tuo deftderiofino
a domani^ che io fra tanto penfero come fi
poffafare qualche bel tratto.
Ero, Aj^e, o Dolone, quando mio padre l'ahr'an
no , hauendofi trouato mancare una pe^a
di carifea , ti focena girare il mangano pi'
gado , CjT' andauatt col pungetto , in luo-
go della^jnula, trafjìgendo le fhalle , to non
disfi. Vedi, D olone y dt/ojfcrireinpateji
no a domani . An\i fen\a the tu mi face f-
ATTO
fi motto , hnuendoti ejjh cojt ch'wfo gli oc-
chi ,fubito aìlui in ginocbione ti domandai
dtgratia , C^ impetraiti .
Do. E/;,f 0 non me ne dimentico pero ; & un di^
fé utuo .
Ero. Or lafciamo andare cotejìo . No» ueditu,
c1)e io non poffo jlare fen\a cjuejìa incanta-
trice due fjore , tefn tutto che mi fìa Jlato
forXa flarne fenica già due di intieri ?
Do. Tu hai ragione . afpetta. Che ti parrebbe
quando io mi ueflisft da uno di quefli poi-
tronieri , che uanno per gli ufci domandan
do limojìna , ^ hauendo te auiluppato in
quaklfe cofa in ijpalla, come farebbe coltre
ojluoia^ti portasfìa cafafttaì Creditu^
che chiedendo io al Jcldato di ejjere alberga
to (he me'l ccmedcjje ?
Ero. A tuo dire uorrefìu , che io mi lafciasjr Uga
re in coltre , ojìucia , o a'trojìmile lauore.
Do. Uora w^glio io uedere quanto tu /imi ti tra
uarti con cojìei .
Ere. Legarmi in una coltre , ojluoia ?
Do. Perche no ?
Ero. Or fé io wf'sjl troudto che dourà dire ?
Do. Ah, ah , ah . Vouero gtouare : Se a te pare
ce fa nona il lafciarti portare attorno a tale
■ guifa , non farà ella ancora più noua , che
'altri iritidtchi un huom effere quiui auilup^
pato ? Come , dumolo , doura mai cadere
nella mente d'un (ciocco , che un furfante
forti lo amadore di fuaforellu in unajìue
ia f 0" cenar ui dentro.
Ero.
SECONDO. «7
Ero. Tur quel lafciarmi portare H7 quella manie
ra m: fa di un non fo che , M^ la'cianio an
dare quefto . Cralitu po/cia^ chejarejìt al'
ber gaio ?
Do, Se egli non mi uorrà albergare , ne anche
faprà cì)i io mi fa , & uada facendo il per
che f potrà fantaficare altri f^edienti .
"Ero. Io mi lafiero reggere .
Do. Or uà , c;^ proucdi di unaftuoia , ^ delle
corde , che andrò aneli io a trouare 2hilero
te , che fa , quafì ^ oue trouarlo .
S CE'HjA SECOJi^D^.
tHILEROTE GIO\''ANE,
SIROSERVO.
AD V N Qj/ £ € CO fa certa , che Vhi-
largirò Jìudia di far hiuere ^erical-
lea ad Eromane ?
Si. Se Dolone , per qualche rifletto , cl)e io non
fo , non ci ha detto la bugia , tu il puoi al-
trefi benfapere , come to .
vhi. Ahi lealtà pregiata dt huomo , il quale im •
palmato haueui la tua fede di f ire per me
quello, Jìe/Jo, che fatto huurefìi per uno tuo
propio filinolo . O quanto ti era egli me-
glio fubito negare di uolerii per me affati-
care , che me allettando , O* di u.;nu [pe-
tanT^ pafcendo recare in un do lorofo pun-
to m/ullo Tiremo della u:ta mia .
si Vhiler&te , io ti uoglio conf'lfire la mia
ATTO
i^norantia , chegih credetti amore douer
fare le per Jone bete c^- gntiiué.O' dilettar
Ji di [noni , canti , giochi , O" di altri pia'
ceri . Ma per cjHanto in te tfeggo la prona,
e/Jò fa d centrano .
Vhi. Deh Siro , egli non mi Jì potrebbe dare la
peggiore nona , che il uedere con altri , che
meco , feguire quejìz nowe . Se io mi tro-
uasjì jcitiauo ,jì-ule mani de' Turchi , ^
in prigione , come già trottato mi fono, non
fentirei tanti martiri . Perche nel nero ne
catene , ne prigioni , ne ceppi pojf no ejj'ere
tanto atroci , O" crudeli , quanto le pasfìo
ni di un uero amante d'fjjerato .
^i. Taci, non ti addolorar e, che feifra le mani
di un medicOjchefa rifanare ogni morbo''.
ì)t?. Q^cjìafede ho io appunto in le . Ma a che
tanto mi tarditu LtJJ.-cran'^ , fé tujai co-
fa , cì}e in CIO mi pojjagnuiare :
Si. lo ti diro il parer mto . Tu fai quanto Ero-
n^tane ami la Kodietta . \o foni di parere^
chefiuada a trou aria Jco prendale comepaf
fano le co fé , aggiungendo , 0' Iettando fe-
condo che fura apropofuo .
Vhi. A che f ne f
Si. Non faitu quanto piene fano di lufìnirhe
quesle ladre puttane fue p.mì Ef quanto
loro aggraui perdere un utile , quale egli è
allei f Potrebbe ar. dare fi la h'Iogua^che di
tanta for"^ farehbono le preghii're, i baci,
Cr ' l.imenti,che ella gh /apra porgere, che
tfjjo , oltre al grande amor e, che le porta, fi
SECON'DO. 18
lajcìarehhe mag<^iormeni e ancora ila cjuelli
innefcare , che dallo amore , 0 dal timore
del padre rn enere , ojpauentare .
Thi. ?arti , parti , che queTlo mi poj] azionare?
Si. Co/i parmi . hSa fé non ti gì mera , che ti
nuocerà egli ? Wuoitu , che io nada un pò-
co a trouarla , & p^outfe io le fo piantare
una carota ?
P/;/. T« mi farai co fa grati sftma. Va , che ti
attenderò aca'a D fco , otte fono affettato.
Ma uedi , che Eromarie di ciò non habbia
mai a doler fi di me .
Si. Afua pofla . O tu ti pigli Jlrani impacci .
RODIETTA, SIRO.
o
I O folamente nata fono a pronojìicar
mi male , 0 il rifpetto , che io uoglio
hauere a quefla befttadi Zeladelpho /ara
Ancor buono per impedirmi (gualche d'ffè'
gm , lo non fo trouare luogo tn cafa , che
mi tenga .
Si. Se io non mi inganno , cjuefla andata mi
fucc edera profpera , che la uentura mi fi
para in^n\i. O Signora Kcdretta ,
Ko. O Siro .
Si. Voi fate cof ociofa infuUa porta, cerne ben
nulla a uoi appartenefjero le no\\e . O Dio
del cielo . Infn bifogna dire , che lo amo-
Te degiouani è come fuoco di paglia , che è
ATTO
prima JJjento , cheJJa accefo .
Ro. D' che no\^ mi parlttH Siro f
Si. Delle ìiol^e dt ^.romane .
Ko. DelL' no'^e d( Eromme . ^ ^ forfè , Ero-
nijneper menar mojlie ?
Si. Eh bel piacere , che haitete , a mojiraru ene
noua .
Ko. lo ne fono , certo , nouisfima .
Si. P«r io uo dtfcorrendo fra me mede/lino in
che ui p'/J^i ciò gioucire. fS poifihile.khe noi
fola no*lfappiate,che ne è pieno tutta Scio.
Ko. Quejla è la prima parola .
Si. Certamente io penfaua , uegendom coft di
mala uo'rlia , che ne fofle informati sfimA,
^ (juando hauesfi creduto altramente^non
m ne haurei fatto un motto . Perciò che an
ci) IO fono nel numero di coloro , che maino
hntieri anuuntiano le male none .
Ko. Df nulla , per certo , non mi Tiaua e^h te-
Jìè lo animo fo(j>efo . Dimmi Stro . ne pen-
fare , che io di ciò (la mai pa deftderarliy
fé non bene . Che moglie uuol ej^li torre?
Si. Le cofe uan bene. ?tricallea unica figlinola
dt quel Timeo Kali cofì , ricco .
Ko. che ne fai tu ?
Si. io ti fo ■ M'J non ni p ffo dire più auanti.
Ko. E^ egli Er umane , fé tu il fai , di cfei ina-
morato Jt chela habbia fatto ncIiicdere^O
come hanno cofì i uecch- hauuio a parlarne?
Sì. KonpMoeJJere altramente y fé no» che ejjo
le habbia affettione , per uo che cofìei è af-
fai bella , cr cojlumata giouane . Ma nin^
SECONDO. i9
ns , è y che meglio conofca Cromane Ài nei
O poca fede di huomo . Quejìo è quello , di
che io fempre ho dubitato . E^^b andrà a
dure di co"^ in qualche piagnoncella , &
jyigohpra , (^ io faro Jempre fiuta la tri-
fìa , ^/celerata .
che ìionefla giouaneflfa coflei f Quafìio
uon debba fapere , che ella t una puttana.
Ahi , che non dottrebbe mai donna alcuna
mattamente credere a vromejjè , ite afacra
menti dt amami .
Certo , Signora P^od^etta , io cofìpenfo.?ur
non dt meno potrebbe ancora auenire , che
la' ingordigia di fuo padre , che ajpirajfe al
la gran dote , che ella haurà , a ciò fare lo
Jlimolaffe . Ma , come che egli fé neflia il
fatto , Ditemi , che male farebbe fé uoi il
mandaTie chiamando, 0» con ejfo lui uè ne
dolcjle r*
che altro , fé non un rinouellare, ^ accre
fcermi il dolore .
E/; , uoi non ne potete perdere nulla . Oltra
che potrefìe ancora fare fommo piacere a
Vhilerote mio Signore ^ il quale e di coflei
inamoratiiflmo . Et certo, fé Eromane noo
la prende fé per moglie , ella non farebbe
di altri , che fua .
Siro y io fui fempre prefla in fare piacere a
tutti, ^ fpecialmente ad un pari del Si-
gnor Vhilerote , in acconcio ancora di me..
lAache JperanTapotre^io haueredi e/fere
fur [afcoliata j fé tu mi di, che effo è cofi
ATTO
Aello amore di colei accecato, onero che eglte
per confentire allo /limolo del padre .
Sf' O S'gtiora B^odietta, egli e tanta la paura,
che ctafcuno ha di abbatterft male in cjuejii
mercati , che egli è come nane , che picciol
mare di qua y <^ dt la fojp'gne. Siate pur
uoifollecita , 0> ufate in cto ogni uojìro in
gegno , fi che noi non hahb'.ate mai ara-
maricariit, 0' del rimanente lafciate la cu
r-a al dianolo , che ni metterà anch' egli la
coda . Et eccolui a tempo, lo ut ricordo, che
lapoten'^a uojìra è grande . A.ddto .
Ko, 'faro lo nfficio .
ERO MANE, RODIETTA.
SE con una catena di acciaio legato mi
teneffeU Kodietta mia , io credo fer-^
mamente , cìje ella non haurcbbe maggior
for'Xa per trarmi a fuo diletto , che fi hah-
bia lo amore , onde io nonfpero mai per al
tro difcioglìermt , che per morte . Et ecco-
la . che nnol dir Koditcta , che io non fono
mai/ì tnjlo , ne ntaninconofo , che ti tuo
uago y cy leggiadro nifi non mi filletiì il
cuore da cj idunquc accidente , che oppref-
fo fcH tenga f
Ro. Tm ;/ dici bene con la bocca , ma per gli ef^
fetti fluede il contrario ; fi bene mi rendi-
tH U cambioxh^o amyre , cì>e io ti porto .
SECONDO 20
Ero. Ma che uorra dire cjuejlo ?
Ko. Si che farà pur nero una ttoba , che tu me-
nerai ruotile f
Ero. che io menerò moglie ? Deh , di grattala-
fila una uolta di martoriarmi con tante
tue gelojìe , Che fé tu dietro ejfe andando
f enfi di p:u forte legame flr ingermi , que-
fio è impos filile . Se di umcermi amando^
io mi chiamo uinto . Se dijìratiarmi, fé di
farmi dananti la hora mia dehna morire^
eccomi. Piglia un coltello, Crf^ di me quan
to ti piace .
Ko. Si , io ti uogliG legare , io ti uoglio uincere
amando , ^ tflratiare , ^ far morire, kl -
lafe((reddo a me) hora non mi abbaglie-
rai f gli occhi dello intelletto con tue belle
farolette , comegta mi alleUaJìigli orec-
chi ad afloltnre tue disleali promtsfonr.
che huomo da bene f Che <rentilhiiomQ ? //
quale pojìo da canto il riguardo ; che haue
re dourebbe a tanto amore , come togli ho
fempre portato , O' ^U^ fede data , uà cer
c.indo mo'^lie ,
Ero. Cjje moglie uo iocercando?
Ko. Vericallca figliuola di Timeo Kali. Conofci-
tu ?ertcaìlia ideila quale tu hauraifìgran
dote ?
Ero. Tu fei fata fatta comamufa : Chi t'ha det
to qaefa huggia ì
Ko. Oue fono le promefe , ^ i facr amenti fat-
ti di non abbandonarmi f co quali mi da-
Hi a credere , che fen\A me uiuere non ha"
ATTO
urejìì potuto ? Oue cjuelle tue am oro/è , c^
cuocenti Jìumme ? Le dolci, & melate paro-
le ì Oue fono bora , o ualorofo amante,cj'-4el
tuo effere fchiauo\ quelli cjjerirti , & ri-
cercare di ejjere comandato f Va , uà, ti/fai
parole mi haitu dato , ^jìn qui di Jperan
^ mi hafaputopafcere la tua fede . Hor^,
henche*tardi io ti ho conofciuto. Wa uia pren
di moglie , contentati, Satia tuo padre,com
piacigli . Di una fila cofa mi conforto , che
tu per)) non uiuerai contento. Perc/ò che
quejìa tua fpofa , fé donna facente ; & **f-
corta farà , intendendo con quante arti tu
haurai me gabbata,, a mio cofìo cauta diue
nuta , non ti potrà mai riceuere dentro al
cuore .
Ero. khfangue mìo , non dtre in quejlo modo,
che non ne hai cagione .
Ko. lo ne ho cagione, O' '« colpa.^on faitu quel
lo , che IO ho per te fatto in compiacerttfo*
ciò , cÌj€ mille uobe mi hai prome/Jò?
Era. Kodietta , fé io uo cercando moglie , io pre-
go quel Dio che mi mantien uiuo .
irò. Deh che quel Dio indugia pur troppo a pren
dere di te uendetta , andando tu ifchernen
dolo con tanti tuoi facrum enti fai fi .
Zro. Verchi' mi fuitu mirire di doglia f Perche
tn' trattitu dt mancatore di fede , cy da
ribaldo , effendo tu ingannata dafalfafo-
Jbfttione ? Odimi , di grati a , c^r/e trout-
rctipofcia, cheto mentito hahbia ,aUhora
tf'^^h , che tu dea, che tu non fei mai piit
J>cr
S E e O; N D O. »i
per hautre fede in me •
Ko. AÌ? caro theforo . Tu uedt , cf7e io fono gio-
itane ^ nuda , ^fola . T« uedi,che c^ui non
ho parente , ne amico, ^ puoi pen fare, che
per lo amore, che a te foto ho femprc porta-
to,io fono da tutta Scio odiata,& farai cefi
crudele , & inìjumAno, che ue'igmdomi da
tante fortune sbattuta^ fojferirai di ucder-
mi cacciare al fondo ? Sojferirai di uedere
andar in ruina colei , la cjuale , Je le tue pa
fole non hanno mentito , hai \amato fopra
la uitapropia?\h porgi le orecchie alle mie
gitijìe querele , ciT* mouafia compasflone di
pie la tua cortefe natura,& rincrefcati del
le calamita mie . Se io fono fiata tuaftrui'
trice . Se tu fei fiato il mio Signore . Se $9
ho femprejìudiato di fecondare tutti i pia-
ceri tuoi , no:i mi abbandonare. Sia tu mio
conftglto , ma fperan'^a , mia compagnia,
mio amico , m<Q parente , mio dijfenfore,
bocca mia dolce , boahina mia faporita.
Ero. hfcolta , afcolta Kodieita . io non focomt
quefla nouUa peruenuta ti fia a gli oreC'
chi , ne chi di cjuella fi a flato ti mejjo . Ma,
comunque ciò flfia -.'egli ti è sìato referto
ilfalfo .
Ro. Come può quefio e/fere ?
^ro. Odi , fé uuoi . E' ben il nero , che il vecchi»
- Ì'altr*hieri mi parlo di coflei , & tut -
to di mi uà combattendo , che la prenda.
Ma che io di hauerla habbia procaccuito , 0
che io la prenda j nonfaragia uero.lo non
ATTO
la uoglio , io non la torro. Non fé fos/ìcer
to di nimicarmi tutti glt huomini. Te ho io
dejtderata , ^ te mi è uenuto fatto di hu'
uere , uadta in buon*hora chi cerca di tor-
ne l'uno dall'altro. Te non lafiioio,fn
che uiuo .
Ro. Voffo io , cara anima mia , uiuere fecura
con cjuefia promeffa , 0- fberan\a ?
Ero. Securisjlma . M^ ecco il Capitano , che ma
ladetto fìa egli . Io uoleuapure , che tu mi
infegnasfì come io baueua affare a trouar-
mi ijìanotte teco .
ZELADELPHO, ER.OMANE,
RODIETTA.
CH Efaitu quìgiouane ?
. O uoi uè ne giungete a Ump9 .
Ze/. Quanto è, chefei qua ?
Ero. VHrhora.
Zel lo ho fatto portare la trabacca,'^ accioche
tu la uegga a compimento , io la ti uoglio
far uedere m piedi . Fd uenir fuori tu tre ,
0 quattro di quelle tuefchiaue , con hajle ,
€ pertiche .
Ko. Iole faro mnire a m4no a mano.
Zel. Ben tela farei uedere in cafa doue io ho un
cortile da poterut correre una lancia . M<i,
addirti il uero , io mi uegi^o mal uolentieri
andare gente per cafa »
S E e O N D a' z\.
Ero. A»!^" è da defìderare, ejjendo ella cofa uaga
O" bèlla , che ne etiandio altrui uenga cela,
ta ,je pnre ad alcuno ^affando per qua pia
cejje difermarJJ a uederla .
Zel. Che dita di piacejjè ? Worrò , che habbiano
di gratta a poterla uedere . Ma ben ti ap-
poni . Io la guadagnai (^ fé il Caperlo ti ag-
grada ) quel di con le arme indo/Jò , che io
fracajjai , O'fio^^f'fì ' nimici di fua Mae-
Jìa , nella quale giornata furono fcaricate
più di ducente artigliarie , ne da alcuna
mai fui colto
"Ero. Dio fa fé cojlui uide mai appiccar/ì fcara'
mu\ya,ofe conofce quanto obligo egli hab-
bla ad hauere alle gambe .
"Lei. che dttu di gambe ?
Ero. Dico, che meritamente douete efjere deflro^
(y aitante delle gambe ^ afaperuifchermi'
re da tante palle.
Zel. ?en/a , cl?€ il contrapafjo è neceffario a uo'
lere ben flìer mire . benché il mio erapm
tojìo un offendere , che riparare .
Ero, Verchtf
Zel. Ver che io flAua mirando da quale parte del
campo ueiùuano a ferire k palle , ricontan-
dole con maggiore empito aj]a!,che elle non
erano fojp iute , le rimandauafra le fchie-
re de nimici , ribattendole con le palme , a
dijlra, e A f.nifra di dritto , c^ rcuefcio
Ero. Konpojjo più tenere ti rtfo . Ah,ah, ah.
Zel. Tu ridi perche mi fenti addire cofe nuaue,
Jìupende . i'>\a [appi , certo , che io dico alle
ATTO
uohe cofè da non credere .
Ero. Credo anch'io .
7.el. Ma ecco lefchiaue . Leuate in/tt quelle per*
tichett e quelle trabacca mi. Mettiuima'
no anchora tu ra^a\7;p ; allargatela bene,
io credo di farti hoggi uedere cofi bella co-
fa , per una trabacca , come unqua da te
uedutafìa fiata . Che te ne pare ?
Ero. Non è cofa me'^^na . Tuttauia il mercato
è quell), che acconcia il tutto. Che mi co-
fiera ella ?
Zel. A farti poche parole, tu mi darai cento du-
cati dtl conio Vinitiano , o mille .
f.rn. Cento ducati Vinitiani ? Cacafangue ,
Z:l. chef IO u fglio , che tufappia , quando io la
hauefìt uoluta dare per nonantacinque,che
dieci uohejjaurei trouato da uenderlaa
bocca baciata ,
Ero. Quejìo pecorone Jìa in f(t*l tirato , come fé
io hauejìi ben gran uoglia di comperarla,
Zel. che dici di comperarla f
Ero. Dico , che uot la dite tanto cara , che mi fa
te fuggire la uoglia ddcomperarla.Ne ito-
lete uenti ?
Zel Se non uenti ? Di ragione tu dei ejfere ufo a
\inegia , doueflo^erifce poco .
Ero. Voi più tojìo ui douete e/Jere ufo, a doman-
darne tanto. Pereto che il domandare fuo-
ri di modo , che fanno i uenditori fa tene-
re b^ffa la mira a coloro , che comperano.
Zel. \n fine fono pochi .
Ero. A me pare un bel danaio .
SECONDO. »j
Ze/. O noi ftamo troppo diltingi .
Era. Vedile uoi .
Ze/. Certamente io hauea deliberato dì non dar»
la per meno di quejìi cento ducati . P«r ,
quando tu me ne dia nonantacinque , come
ne ho ambe già trouato , ella [ara tua.
Ero. lo ui ho detto in una parola ciò, che/pender
ui intendo .
Zel. Or ua.perche tujèi qttegli, che prima hog~
gi me ne parlo , che io te la do per ottanta.
Sedi per tua fede ,che lauorijono lotejli,
C/fe la tela fola non uale quejli pochi dd"
nari .
Ero. lo non poffo fare quella (pe fa.
Zel. Dammene Jettant a .
Ero. Mai non uidi fparuiere uenire meglio alpu
gno . Vnperpero più guajlarebbe ilmer"
cato.
Zel. O tu uuoi dunque , che la tua parola fia di
Re ì Ma pur non dimeno . Dimmi . hai te^
co i danari ?
Ero. che monta quefìofQuando noi/ìamo d^ ac-
cordo delpreT^ , io uè li faro hauere tutti
fra una bora .
Zel. Va adunque per efì , che fé tu non uoi fare
a mio modojfì ho in gran uoglia dtfar da-
nari , che faro al tuo . odi , quando tu uo-
glia andar alla guerra , 0' feruire a ca-
uallo .
Ero. Si a quella di amore , O* <* cauaìlo afuaft-
relìa.
Z eh Volgiti in qua , che io non ti intendo»
ATTO
Ero. Di co, che io il bramo fopra tutte le cofe del
mondo .
Zcl. Se adunque uoglia ti ueniffe di hauerefellcy
briglie j coperte da caualli , O' altri ricchi
arnejta tale mejltere appartenenti y io gli
ho coft belli , come uedefli a tuoi di , & te
ne faro conueniente , c^ buon mercato .
Ero. Vo/ parlate bene . Andate per ej?i , ^ mo-
Jlrateglimi , che fé hauerete cofa che mi un
da pel capo , io mi accorderò per lo douere.
Zel. Tu potrai adunque dare di uoita co danari
della trabacca , che fra tanto' faro recare
quejle cofe dalla bottega del rigattiere. An-
date . riponetela m qualche Jor^^ere . Va
qua tu raga^o .
SCEl^^ SEST^.
PHILARGIRO VECCHIO,
EROMANE.
I
0 andrò fra tanto a uederejè trotto mio
^figliuolo .
Ero. Ma ecco mio padre .
Tln. Oh?
Ero. Egli mi ha uijìo .
^hi. Eromane? Appunto io mi era partito da ca^
fa per trouarti : lo fono hoggi flato a ra-
gionamento con mejjer I/meo , O" habbia^
mo conchiujo , che tu domani Jp«Ji Veri-
e allea .
Ero. Ahimè.
SECONDO. 14
Vhi. Volgiti in qua . Vedi , che tu mi Jìia in
cerucllo .
Ero. che io la j^ofi domani ?
Thi. si domani .perche ?
Ero. Ah. Fra pur honejìa co fa , che io prima it
uedefì almeno una uohafola.
?hi. Comecché parlare è quejlo Eromane ?
Ero. Già non dico io quejlo perche non fappia lei
efjere una delle più accorte, c^ coftumate,
da hengiouani di Scio . Ma^ma . So ben io
quello , che io mi dico,
^hi. io non t t'intendo .Qua fi tu mgUa'dire,
che eìlapatifca qualche altra eccettione^per
cui cagione ella non ti pi
faccia
Ero. se io il uoglio dire ? Se uoifosìe fiato, do-
ue io hoggt era , ^ dt lei Ji ragionaua, già
- non ui parrebbe marnuiglia quejlo .
Vhì. D/' , di . cheji diceua S Lei qui ni ?
Ero. Sene diceua quello, che non [e ne puo^dir
paggio i & dtl che ricordandomi, io mi uer
' ó^S*^^ y quaf che (Ifappia , che io pure hab
bia afcoltato parola di tarla per moglie .
'?hi. Dime . che /ara quejlo ?
Ero. che ella ha il najo ifchiacciato forte , ^ la
bocca torta .
?hi. Adunque dicono quefto di lei ?
Ero. che ha le labbra grojje , & che è sdentata,
Cr che que pochi denti, che ha fono grandi,
C^* neri .
Hi. lo nonfo. Tuo effere , che io hauefi,quan'
do la uidi,le traueggole.Ma pure ella par uè
unagiouanepiu,che meT^namente bella»
ATTO
Era. Voi non ne hauete ancora udito ciò , che è
peggio . V)icono y che [ente del guercio , ne
mat trouarf fenx^ mal d'occhi .
fhi. Ah che egli è in quejla città una brigata di
giouani [correttilo' d'/foluti, icftialijjauen
do ben mangiato, et meglio beuuto infuUe
tauerne , dannoji fempre , fi come quelli t
che ghiotti, O' sfacendati fono , a calum-
niare quejlo ualent'huomo, quella giouane,
0 alcun rehgiofo . fanno gran male noftri
signori a non mettere fejìo a quejìe cofe.
Ero. ?adre ,'co/ìoro me ne hanno detto tan-
to male , che mi perdonerete bene , fé diro
di non uolerla , fé prima con gli occhi prò-
pi non mi chiari fco di tante cofe.Dicono art
Cora , che ella è di un colore uerdeyO' giaU
lo , o* fciancata , O* monca della mano
defìra .
Vhi. Come è pof?ibile , che huomojt trcui di ui-
Jla tanto peruerfa ?
Ero. Et che li pute il fiato , O" ^ c^^i ^^ uedefa
uenir uoglia di recere.
Vhi. Deh quanto^ fciocco fono io ,fin qui , fiato.
Bora intendo . Saitu Eremane come ella fi
fìa ?M entre che la età te'l concedeua , io,
perai che fola mi fé rmiafo , affai uokeglt
occhi cìitudeua a gli ajpetiti tuoi ^fptran-
do pure , che ti tempo una uolta ti haue/Jè
a nìaturare,0'f^T' «» huùm da bene'. Ma,
quando io ho ucduto , che da te Jìeffo non
ti ammendi , ne la età è baflante a porger'
ti il debito (onofctmento , ho uoluto tu effe-
re colli ly
SECONDO. ts
re colui, che ti metta in fnUa Jìrada del ben
uinere.Non ueditu, che io fono uecchtoìcht
to non ho più figliuoli , che te ? Che eglt no
ci egonerno in cafa ? Per b quali rijpetti è
necefjario , che io tt (iccompagm ì
Ero. Ahi Carino fratel caro , doue hora li troui?
Maladetto/ìa quel corfale , che in tale p un
to ti rubo , che mai\ pia non ne habbiamo
potuto hauere certa nouella .
P/?/. che ditu di Canno ì a che pro^ofito?
Ero. Niente. Seguite pure .
?hi. che fojpiri adunque ?
Ero. Io mifojpiro , perche uoi mi hauete , col di-
re dt non hauere più figliuoli , che me , tor-
nato a memoria la fua perdita .
?hi. Ah capefiro io ti intendo bene,/t. Ma afcol-
ta qua, . Qitando quell'altro mio figliuolo
fof]e uiuo , !0 non farei molta dtjferentia,
che uno più , che l'altroydi uoi prendefje mo
glie. Ma che accade affare disegno in quelle
cofe,che ejjere non po/J()no?bia/cono alle uol-
te delle co fé, alle quali per prouedere tndar^
no fi affatica ogni ddigen\a,^ ingegno
humano.Ma ancora ne occorrono di'qucUet
nella cui elettiom , ^ rnane^rtrio ficonofce
ilgiudicio , C" la matitrtia di chi lepratti
ca . Vedi Eromane , tre nula ducati], che
haura Pericallca dt dote , è una bella cofa.
Et fé io mi lafciafìi fuggire dalle mani tale
Hentura , iddio fa quando mai altra tale
me ne haue/Jé a capitare. (^jìroì
Ero. O padre uorrefiè mai darmi fi brutto rììo-
C
ATTO
Vhi. Non dire cofi , fé pur i/cu fare di ciò ti uuoi.
Di , che tu ha: legato le budella con qttejlo
dianolo di f emina . Che mal adetti fi ano la
ì>ora y CjT il punto , in che ella prima uen'
ne ajl.ire in Scio . Et che uorrejìi prolunga
re ijuejìe nowe , perche tujperi pure , che
qualche dijiutjlo a fi intrometta, per cagio-
ne del quale tu non hahbia a^f^iccarti da
colei . che ? Penfìtu , ihe io non ci uegga?
^ nonfappia da qual pie tu T^ppichif't.gU
fono tre d!,che te ne parlai, ne mai di no no
Urla mi hai detto . Che haitu fatto in que-
Jìo tempo, che non la hai potuta uederefTu
non potrai già dir e, che difftculta ci fìa a uè
Here le gì cu ani di Scio,Jl come quelle , che
Jìanno,quaft, del continouo tnju le porte.
Ero. ?adre,le belle mcrcantie fi foghono mette-
re in mo(}r.t,oue le brutte fì tengono nafco-
Jle ne maga\<^ni,ne fi mojìranofe non cofl
ili barlume . Sen^a che je io non la ueggo
andare,come potrò sgannarmi, chenonjia
fciancataf ht Je non parlale he non fìa fci'
ìinguata? Se non le uado apprejfo , che non
puta ?
Vbt . h\ni fi. Ella dee, furfe , c/fere un cauallo, da
farla paJJeggiarcO' da farne tante altre
proue,quante ft fanno a \'inegia,oue fanno
loro infilare in/Ino alTago? Tutte quejìe tue
ciancie non attendono ad altrol, che di me"
nare in lungo la cofa.
Ero. Non dite già, che io intenda menare la cojk
in lungo.Che Li uorrei tagliare.
SECONDO. ts
Vhi. Ninna altra co/a te*lfa dire. Verctoche affai
ti patena hajìnre per farla brutta , quando
tu le hauejìi attribuito una,o due di tante
dijparute\\e , fen\a dolerla tanto [mitre.
Non la ho io mai ueduta?
Ero. Aduuque fatemi uedere , che ella (la altra-
mente , aceto che io mi cani quejlo eccome'
ro di corpo .
Yhì. Quello faro bene, per leuarti ogni fcufa.Or
uattene a e afa .
Ero. lo uado .
ATTO TERZO.
R O DIET r A, MI si SERVA.
^''^^ V M 1 hai intefa:Dilli y che
-=-'- .A ìwi y^ „g u£!i<ra pure per la porta
alla diritta , che non uoglio
più fare alle fue ciancie. Fer-
ciò che hauendo io ben difor/o il cafo mio,
ho trouato , che non ho migliore fat elio di
lui in Scio. Ne tato mt giouarono mat tutti
i miei parenti , cjuanto egli/ob. Et per con
feguente io debbo meritamente preporre il
piacere , & il commodo fuo a quello di Zela
delpho . Vedi , ^ nota bene ti parlar mio,
Cr btfogtiando [appi replicare ^ & ag^tun
gere , dieci , 0" utnt i parole .
C V
ATTO
Mi. Signorajì,/ìgt2orafì. Lafciatepur dire a me.
Ro. Dopo tu te ne andrai cjtih in cafa di Vhilero
t^ >& gì' d^^^f ì f/^^ d.t cjuanto hoggt imi'
dentemente il fio Siro mi di/Je dello amore,
che e/Jo porta a quella giouane , io hofat'
to per lui buon ufficio con Cromane , // qua
le mi ha prome/fo di non menare moglie al
cuna . sopf^*lqf*'^le p^oponimento,acciv che
meglio confermare il pojfa y mando apre'
garlo , che uoglia in ogni modo uenire me'
co ad albergare quejìa notte . lo ti ricordo
pili tiolte quello , che ti ho impojìo , perciò
che , efjendo cofa di importane , non ttoV'
rei che tello fcordasft , hauendo men cernei
lo di una oca .
M/'. No« hahbiate paura . Io mi porterò bene,
sce^jJ: secovjc>^.
Phi largirò.
N
E L uero Meffer Timeo non è meno àé
(ìderofo di me , che fi contragghi que
jìofponJaUtio. Non prima gli hoioffoflo
fi come Lf ornane haurebbe [caro di uedere
fua figliuola, che fubito mi rijpnfe. Che non
mi diceuate quefìo prima, che gliele haurei
fatta uedere il di medefmo, che me ne par
lafe. Ancora che io mi marauiglto, che effo
non la habbia ueduta, chefapete quanto di
liberta in quejla parte noi diamo a nofire
figliuole. i.glt non mene ha fatto motto più
T E R 2 O. 17
tofìo , che bora. Sen\a che egli ha certe om
hre , 0 Colpetti , che in uero bifogna a leuer
^hele(^ fiate contento di compiacere a me
m Quejìo ) fargliele uedere di meglio . O
egli douea quejìo dire per tempo , C^ non
s'indugiare a Voglio fanto . Tutia tua io
non nomilo , che a pojìa di ombre , 0' difo-
Jpettt , che e<rli di lei hcibbia^ potendogliele
Iettare , not ci nmagniamo di fare <juefle
wo!^^ . Demandando del come. Varemo coji
ha detto . Scitrhopa mia moglie ha in gran
deuotione lo andare in tale di , come farà
domani, a nojìra donna dt Neamoni, &fa
ra di condiicerne [eco ?ericalleayOue elle an
dranno per te^npo. Voi potete d re a uojìro
Jìgltuolo-jci-'e lapctrh uedere nel tempio,^
nello andar , & tornare . il che Jjaucndo
to intefo yfnhito mi fono partito d.t lui . lo
(pero pure, che Eromane a quejìo modo tteg
gendola , non potrà dir dt nonjapere fé el-
la è brutta , o bella .
SCEr^jA TE\Zj£.
SIRO, PHILERO TE.
IN FINE io ne fono con Dolane , che il
megho fìa il leuarcene domani una buo
na hora auanti di , O* afpettare , che ella
fé ne uada a nojìra donna di ^eamoni .
P/;/. D/ qutjlo è detto a hajìan\a . Wia ueniran»
no poi Difla , ^ Getaad aiutarci ?
C /^-
ATTO
S/. Cofl mi hanno promefjo .
P/;/'. Doue la attenderemo noi ì
Si. Qui in fuìla Jìrada ,
fhi. E^ co fi certo , che ella andandotii debhepaf
fare per cjue/ìa contrada f
Si. lo non/o a che propoflto , potendo ella ania
re per una corta Jìrada , debba uoler anda
re per una lunga .
fhi. hndtamo adunque in ca/a.
s
MISI.
E cofìui non flandaffe cercando (t troue»
rthbe in caft.o per contrada . Ma per-
Ciò che fa dt meflieri hor horafauellarli,no
fifa nulla di lui, ne di Dolane. Or cue potrei
io trouarlofal ba^aro f poche uolte ut baci-
ca egh. A quattro canti? quefìa non è la ho
ra.Appreffo Difco?\ che farcelo uoglio uè"
derefe egli foffe , per uentura , agiocare a
Scacchi in cafa di ?hilerote, (ir irouandoue
lo faro in un ut aggio due feruigt .
scEisiy4 Qj^mr^.
DOLONE, SANNIONE RIGAT-
TIERE, ZELA DELPHO.
IO ti appoggerò qui a quejio canto, ^ co-
me uedero , che ef/'o uenendo Jla per c;i-
trare meli faro incontro. Et eccolo co*l ri-
gattiere.
TERZO. i8
San. Certdmente^uoifareSie buone candele, co/t
buona cera hauete Hoi.c^ bello aj^etto^che
iddio ue'l conferma
Zel. Tu non hai udito nuUa.Vorr etiche tu uedef-
fi con quanta grauith io foglio federe fra le
corone de Ke,deglt imperatori, c^ di altri
"Principi, et S/^«or/,c;j7' conquanta attentio
ne io fono afcoltato , quando ragiono deliri
guerra , della pace , delgouerno de ^egni.
Imperi, in^ delle Kepubliche
San. Cojìui non dice mai fé non miracoli, ^ rie
fce unofiocco,credendo farfi filmare Orla
do dal quartiere.
Zel. Varia, che to ti intenda .
54». Dico fé uoi fete incora per fare uoflrauìta
con que uoflri Ke,^ Imperatori, Dnchi,?^
Marchefi,[che non dourefìe uendere.fi belle ,
^ care cofe .
Zel. Tu dici il uero,che iprìegiati , ^ horreuoli
arnefi fogliano far rtguardeuolt i Capitani.
lAa che mi curo di quello io hauendogia ac-
quijìato il credito, 0^ fatto la n^utatione?^
per huuere condotto a fine tante iniprefe,^
marauiglie, come fa il mondo. Sen\a che gli
arnefl non fono quelli , che mettono ipari
nofiri auantt , apprejfo alle corone , ^ a
gli fcettri . t*la quefìa qua fi bene, che im-
porta ti tutto . y adomanda in Acarnania^
m Tgitto , in Soria . Domanda di me in
Aphrica,in Guafcogna, in Boemia, ^ [opra
tutto i Me/opotamia , etfentirai la relatio-
n« , che te ne farà fatta .
C ;■///■
ATTO
San. signore, troppo paia di [carpe mi hifogne'
rebhe,ajj-are cojt grade /corribanda pepite-
Jì,dou€ uoi haue le guerreggiato . Er certa'
mente io comprendo, che Jet e huomo da far
Jìopire chi non ui conofceffe. Come fanno de
barbagianni gli altri uccelli, ah, ah.
Zel. A me non ijìa bene di lodare me feffo.
San. SMtiamente,pcrche chi fi loda s'imbroda.
Zel. Md ti d,ro ben qucjìo, che ouunque io ui uà
do,maraMgltoJo,0' attonito rimane ciafctt
no ^qu andò fono mojìrato a dito,^ attorno
mi fi dice. Ecco colui, che tenne tauola ingio
Jìra a tutti i caualheri del ^egno.
San. si, forfè co'l affo a mojìaccioni .
Zel. Ecc^ chi lottando con un ualenttjiimo gioca
tare di braccia dauanti lo imperio jl reco a
tale, che d' medico non hebbe dibifogno.
San. Vorfe,Hon hibbc male al.uno.
Zel. ti fnalmente, accio che io taccia dello arre
slare,^ correre lande.
San. Di Murano jche il f accano pei fare quelle
mavauiglie .
Zel. Et cofi del bagordar, (jr torneare a combat
tere sbarre , che io in condure efferati .
San. Si di puttane.
Zel. In mettere afcolte , in iijjegnare trincerei
in fare batterie .
San. ?iu tojlo barrerie .
Zel. Et injapere meglio di ogni duce^ condot-
tiere , quando è da Jjiingere inan^i , &
quando rnrarft .
san. Che uìen addir brauare a credenT^ , &poi
fuggire.
T E R. Z o • » >
fug^kt.
"Lei. Et tn altre affai cofe , iojìa il Capitan Zt -
ladelpho , Si cJ)e benegiudicajìi .
San. Or uadajta riporre chi fi crede dijapere
meglio metterft la giornea di cojìui .
Zel. No» ijìàbene rigattiere quel tuo cojìume
di uolgerti in altra [parte , & ragionare
tra tejlefjo , quando fei al cofjjetto di huo-
mini degni , C" honorati .
San. Sapendo appunto ,Jìgnore , al cofpetto dì
cui mi trouo io , mi uolgo fpeffo tn là , per
buon rifletto . Disft,che ti medejìmo mt fu
hieri contato da un altro buio , che ui ha
conofciuto in Carampane a Vinegia .
Zel. che uuol dir Carapane? ^ che co fa è buio?
San. Carampane è un luogo molto f-equentato
in Vinegia . Che è come dire R.w/fo,o Qan
cìn de traffichi de caualicri uojìri pari^coft
detto perche ui ft ucnde più caro il pane,
che la carne . Della qualmercar.tia ncn ui
è m-nore ffacciamento.C^ derratn^che fìa
delle arme di hrefcia,r> de panni di Londra.
Zel. lo fono /iato in tanti luo<^hi , & ho liauuto
pr attica di tanti grandi huomim , che non
mi ricordo ddmilefimo .
San. Cofi auiene a chi ha dato il ceruello in dipo
fìto. Chiamanfì \juii poi certi cauaìtert più,
che erranti giganti di nome , C^ camere di
/pergiuri , che fono di [chiatta parte di uc-
cellt ghermitori , cy' parte di cunigli , O"
con la uoce fola Jpauenterehbono t tuoni. Si
cbt ncn è atto , chefiano più braui di loro
C y
ATTO
i ?aìadini di Firen"^ , ne i Sergenti di Cor
te Sauella, o di Torre di Nomi .
Zil. Adunque deono co/loro per le predelle loro
e [J ere fumo (l come già i Mamalmhi al Cai-
ro ? de quali auegna che hoggidt /pento Jìa
la ra'^T^a , uiuranne pero la memoria centi-
naia di anni . Ma dimmi, huttu mai intefo
perche in Rertagna io fono chiamato il ma
gmfico caualiere ?a/lello .
San. Di gratta , fatelmi fapere .
Zel. lo fono contento . Quejìo è auenuto , perche
quando io entro tn fatto di arme faccio
quella fìtàge , ^ quello Jìermmio de gli ef
fercttt nimici j che fanno le donne di bis-
ro , di formaggio , carne cotta , c^* altre
cofe , quando elle uoglionofare torte raui'
uoli , ^puThlli .
San. Ah, ah, ah. O che caTirone in cremisi è co-
jlui . ÌAa che non entriamo magnifico caua
liere ?efiello ?
Zel. lo disfi FaJìtUo , ma chi uolejjè anche dir
Fejlello non farebbe peccato injpirito fan-
to , battendo rifletto al pejìar che iofo di
coloro , che uogHono la baia del fatto mio.
San. Certo , che uo: douete hauer battuto fem-
pre affai che fare , ma che non entriamo.
Zel. lojìaua affettando un gioitane, che dee por
tarmi danari . ^ meco fare mercato di tut
te qurfie cofe .
San. Come ri uolete uoi cofì qui afpettare^Se egli
ha btfo^no di uoi nega a battere*alla porta,
Zti. fer certo tu hai buono aiufo .
T E R. Z O. j
SCE^jA SEST^.
DOLONE, ZELADELPHO
S ANN I ON E.
AH C A R I mejjèri , io ut pYego per
amore di Dio , che mi uogUate per
quejla notte alloggiare in cafa ttoflra.ìo fo-
no forejliere , non fo dotte andare .
Zel Onde fa lu .
Do. D/ Ponente , ftgr.ore . Là di una terra chia
mata Men:{Ggna .
Zel. Quando uenijiu da quelle parti ?
Do. Vedetemi , che fono ancora carico.
Zel.Ohdei hauer noueChe fìdicefche fifa di lì.
Do. che uolete , chefappia io ? Diconfl molte co
fé . che lo aglio andrà n uenti fonnt ti ca-
gno , (jT" il grano tornerà a due .'St (pera,
che i cordouani , i fìcìn , O" ^^ pefche fi deb
hono uendere per poco , nulla . Vannofi ap~
prefìo tutto di cal\e , "^scoli , giubbe , «e-
JifiO' ^It^^ co/e, come fifa etia^dio di qua.
Zel. Ah , ah , ah. lo non ti domando dt quejie
cofe , pouero huomo. Ma della Cefarea Mae
Jìà , del Crrjìianisfìmo Ke , et degli altri
gran Principi , et Signori .
Do. Qofljlesfi'no noi . Tutti fi danno buon tepo.
Z el. ?arLifì p.-u della guerra ?
Do. Par che fi dica , che lo Imperatore fi troni
hauere nonfo quante migliaia di combat-
tati,fra quelli, che fono a piedi C^ a cauallo.
7.eL Adunque non è uero ciò , che/ì è detto qua;
C T/
ATTO
fua Mae/ìa Cefarea-, & ciuella del Crijìia-
ntsjtmo ejìcr/t abbracciate , c^ hauere fat-
to buona pace infteme f
Do. E^ troppo il uero.Ma uoi w« domandate,che
io ut debba dire ciò , che fi dica .
Zel. tìor lafciamt da canto ciò , che fi dice . ^
dimene (quello , che fai ; Come fi contenta-
no i popoli dt tal pace? credefi , che durerai
Do. Certo non mjaprei dire . Dtceuano alcuni,
che ella farebbe una pace ifmaccata . Ma i
foldati deflderatiano, chefcjje ciucila del mo
naca . Ma per non e/Jere io ntidritofra tali
genti , non inlendeua aue loro uocaboU .
Zfi/. E^li fi deono fare per tutti i luoghi gran
fuochi di lettila ,gtofire , bagordi , come-
die y cacete , O' tiri di artigliane.
Do. Tiri ui fi fanno di due fjìecct jj^auentemli
ì'una , quando fljpara , l'altra dolci tiran
do <^tu il uino a bigoncie .
Zel . O che bel utderefare deono tanti baroni di
conto , 0'fignore elette . che foperbe , ^
altiere cofe giudico io efitre quelle atnpiefa
le , ^ camere ornate per eccellentta , 0'
tanti appi-.ratt pieni diftfie , di allegre'^
^,di magnifìceiitte.di maeTia.Ma dimmi:
è uero, che a cjut'Jìa prima utra fi metta ef
[eretti tn campagna , per disfare il gran
Signore f
Do. Quelle genti y che io tcfic diceua trouarfì
alfcrmgio dello imperatore, faranno le pri
meapaffare. 1/ Re ui uà ancora egli con
parécchie migliaia d*huomini a cauallo .
TERZO, it
Zel. Huamlni d*arme , o caualli leggieri .
Do. No» uifo dire jper che noglt ho pefati.ìAa io
reputo efjendo Francejt , che ftano leggieri.
Zel. Non fi pejn la carne dell'huomo fcimonito.
Ma il cuor fi bene , l'ordine , 0' il ttalore.
Ma non uengono a co fi alta imprefa ancora
lafantita dei Papa , ilKede Komani , t Si
gnort yinitiani , C^ altri Qaroni , Duchi ^
Principi , €>* ^\archefi?
Do. No» mi fate Jìare qui tanto carico , digra
tia . Andiamo in cafa uojìra , che perche
ueggo , che fete cupido di intendere notte co
fé ,10 HI fodtsfaro .
Zel. Tu dici ti uero , Et affé , hai ragione .
San. Pian un poco . No» andar tu .
Do. io non /lo teco .
Zel. Perche dttu cofi ? piano . Affermati .
San. Cljefapete uoichicoTiui fta , Cf uadafa-
cendo f lo ni d/ro il uero,che egli mi ha ut-
fo di ladro o di ultra maniera dt ribaldo.
Vogliamo noiuedere ,fè aprendogli quella
Tiuoia , io mi apponesfimai al uero j*
Do. hh me/feri, io non poffo dire U ragion mia»
Zel. Ondehanu quefìa foffttione ?
San. Efrli ne ha uifo . Ezli ci ha detto una^ran
bugia , che lo Imperatore fi troui hauere le
migliaia di combattenti . Oltra di ciò non
ijìa fermo in un parlare . Et a me pur pa*
rejirano , che efjo uada cefi poutramente
uefìiio . hauendo la stuoia piena di tanta
robba .
Do. Or/H , io uedero di alloggiare altrout . .
ATTO
Z«!. Verche no*l uederemo noi? O là tufoue uai?
pan giù lajìuoid .
Do. a/; m'i[Jeri , ah (Ignori . non mi fate torto.
Zel. Stendila in terra , poltrone . Aiutalo tu, ra
ga'^o. Leuategliele per for'Xa .
Do. Ah huomini da bene , è quejìo il douere ? è
queJÌG ?
Zel, Se non taci ti catterò gli occhi .
Do. lo fono fpacciato . Chcfapro io dire ?
San. che cofa può ejfere qua dentro di ualuta?
Elia è legata con tante funi , che ajfai fa-
rebbe fé egli ui hauejfc le ricche'^e de no-
Jlri %tgnori Maonefi. Ma o o,che cofa e que
fia ? un morto .
Zel. An\i uiuo . Vedi , che (Imoue .
San, Sta f lido . O uè uorrejl'.t fuggire .
Do. O baldanza mia traditrice .
Zel. fermatelo cantra terra fi che non Uui in
piedi . A chi dico io ? raga'^o ? aiuta qua.
San. Ah ? Vi disfi io , che cosini mi Jentiua di
furbo f
SCETSl^ SETTIMA.
ZELADELPHO, DOLONE, KRQ-
M ANB, 5 ANNI ONE.
D\ MMl fu. chifel tu? Età che fine tifai
tu portare cofl audupltato qua dentro ? Sei-
tu colui , che h-}ggt lui, comperato la mia.
trabacca ?
Do. hi cheguifa lo aiuterò io piuf
Ero. Al uojìro piacere.
TERZO. j»
Zel A che ti baitu fatto legare nella jluoia ?
Do. O hauejìe egli fatto il fardo , o*/ mutol* .
Ero, Dite perche io mi fono fatto legare nella
Tluotaf
Zel. Si parlerei io mai Tedefco^cbe tu non mi in-
tenda f
Do. O io ho penfato la gran carotta .
San. Domandate un poco ancora cojlui perche
egli coft ilportajfe.
Do. che ^ Perche egli non ha lingua? Digliele
Cromane . digliele .
Ero. Digliele ? come ? feitu pal^o f
Do. hfpetta . T« dt il uero . egli ft teme adir»
lo , perche la con fesfìone fatta di propria
hocca,cjiiando fi fapefìe del mictdio per lui
fatto,gh potrebbe uenire in gran preludi'
cio.lo non ci penfaua tn uero.
Zel. che confezione, & preiudicio mi ditu? Et
perche ti uatturiuolgendo, O" ^'*^ttandoti
d'attorno ?
Do. Dio ci metta lafua mano. Digratia^Signo-
re yfate una opera pta. Fate cojìui entrare
in cafa uojìra.fatelui entrar fubito fuhito.
Zel. in cafa mia non entraragia eJfo.Che uorre
Jìu , che io nefacefìi dentro?
San. che noueUafara queflaì
Do. Signore,gran cofa mi moue a pregaruene. '
Eglijìa qui in pericolo di morte. EgU è cofi.
lo non ut direi bugia.
Zel. f arale, io ti dico, che no ne uogliofar nulla.
An\iuogltofapere, che ^enfierofia fiato ti
Hojlro..
TERZO. J5
Do. D'tglieUyfe il uuol pur fapercQueJlo mt pa-
re anche honefìo.
Ero. Torna pur cojlt.
San. Quejla è per certo cffiAlche trama.
Do. La/cta andare, che ejjopofcia uogUa. , o non
uoglia alljggiarti, che maladettofta tanta
uiUhfO' rijjfondi a ciocche ti domanda,
Vhaitu fatto per albergare in caja fuajla
notte, 0 pur perche? ledimi in wfo. Di fa.
Ero. Ver potere albergare in cafafua.
Do. O lodato Dio.
Zel, Come per albergare in cafa mia? A che fare?
Ero. Dice a te. Dolane.
De. l^er dormirui. Volgete ti parlare a me,fìgno
re. Non uedele cojfìui fuori di fejìeijò di pan
rA,che non fa aprire la bocca? Et di aero il
cafo èfl:it:tfj>auentetiole. Ma pure in ti ri'
cord), fé uorrat andare alfoldo , bifognerù
che tu faccia un'altro cuore.
Zel. che cagime ha egli da temere?
Do. Di coloro :he hanno fatto lui auilttppare in
qn2Uaflitoia,0' me ueflire dix^uefltflrcact.
Per quanto to mi aueggo,uoi non facete nul
li d^i.l i \ujfi inieruenuta, ne di colui, clt$
e Jìuto morto?
Zel. lo non n.? fo nulla .
Sari, chi è (ì Ito morto?
D^, Ix^ ut diro il tutto], M4 uedete , cheJtafott9
tpn-ra .
Zel <sln:i hauere paurdé
San. D'^ fecuramcnte .
Do. Andrind} hjggi cojìui,che mìo (tgnore è, per
lo e ar oggi 9
TERZO. 3^
lo cdro^gìo dritto,(he uà a. San Dominico,
Jl abbatte in unogiouane fuo nimico , co'l
qualcyCome penfare potete ^ fé mai facejìe
<juiJìtone,erttrato in parole .
Zel. Se io ho malfatto cjpf'fl ontfiù Capitan uec-
cJ?io?lo,che ne ho [canati a migliaia ne gli
Jìeccati: Ah,ahyah,V edi come parla quejìa
bejlia .
San. Perche non ui conofce.cofi dice.
Do. Tanto megho adunque . Or ejìi entrati in
parole^tn un momento peruennero alle mila
nie^O' ^^^ arme . Ma non cofttojìo cojìui,
tratto hebbe la /uà, che al nimico mando a
terra unojpicchio di tejìa. Et penfando di
non efjerejìato ui/lo,fe ne torno a cafa. ?en
fate fé ut mancauano le chiefe.
Tei. hdimqHe queflo giouaneìia fatto uno cojl
bel colpo f
Vo. Di pur francamente, Cromane . Io /;o quella
fede mi fìgnor qua , che gli potremmo fco»
prire cofa maggiore, Jtn:^a pericolo ^>e mai
parola fé ne rijapejje.
Zel. chi fa meglio dt me quefle cofeì Quante de-
cine di uolte credete uot, che quefìa qua fìa
fiata in fattione fen\ajapernc mai nulla?
S.:n. Eh,i tefìimoni et /uno tanto lungi, che non
ce ne è potuto giungere nouella.
Ero. Chifdoaea io lafciarmi ama\\are da lui?
Do. Or potete uedere fé io di-co ti uero , cì)e ejfo
jìtjjo lo ha confejfato.
ZeL E' ben da negare una tale prode\^. Leu4
fu ualent'huomo . Dammi la mano.
ATTO
Ero. ta Signoria uojìra appara a conofcere uno,
ilquale ancora le potrebbe far uederectò,
che fa fare.
Zel. lo ti ringratìo. Seguì tu.
Da. La noHellu di que/lo morto peruìene,per (jue
rimonia de \mi parenti, alle orecchie del Po
dej}a,f)er eomandameto del quale in unfu'
hito à ueggtamo attorniare la cafa daljot'
to Cauahere con forfè quaranta birri.
ZeL O che generation poltrona fono cojloro. Q««
Jli porci non uanno mai fé non a branchi.
Do. Afcoltate pure . Egli riman me^^x» rnorto:
che debbo far Dolone?(dice egli a me\) più
non ji può [campare. Se Dio mt aiuta a que
Jìa uoltafo Hoto di andare un anno uejlito
di bigio , & di non mangiare mai carne\il
mercole di. Il che io ueggendo Mejfer Dome
nedio mi mi fé auanti come poterlo aiutare,
Ze/. Qitiejìo hauro piacere ad intendere.
Do. Era^quatìdo effo fatto lo effètto uenne a ca»
fa,un pouero accattapane con quejìa fìuo'
ia in ifpalla uenuto a chiederci limojlna . \l
quale, per la fetta che hauemmo di chiude
re la parta , quando uedemmo i birri , non
potè itfcire. A co/lui Jpoglio io fuoiJlracci,et
a megli ue/loyO'/uiluppata lajluoia lo di-
sbratto di alcune fue A^cchere^ c^ dentro
m riuolgo coflui .
Zel. A che effetto?
Do. Ad effetto,che io nonfofi conofciuto,^ lui
trarpotefì d' cafa,che ueduto nonfo(fe,jpe
randa dt potere trouare qui preffo alcuna
TERZO. j 4
per fona pia ^ niifericordiofa,che mt uolef-
fe alloggiare jì no aTalba in cafa , dando to
a quella credere ( come ancora d'Jìi a noi )
che era f ore Jl ter e .
Zel. Non fu mal difjegno.
San. Sihene.Queflo èpitt uerijtmile almeno^che
quelloyche egli dijje prima.
Ero. Co/l in fatti è fuccejfo ti cafo.
Do. Ernie uenttto fatto di trarlo di la , ^ di
non effere fiato conofciuto, Ma ritrouato an
Cora non ho huomo,ne dowta, che alloggia'
re yni habbia uoluto. Là onde, pofcia che mi
horafapete iltuttOy^y quato importi, io ui
frego^che ci uogliate commodare di qualche
luogo in cafa uoJìra\ Io uè ne prego per lo
amore di Dio.Et uedetexhegia è notte .
Ero. Voi ci hauete tenuti buona pe'^a a bada,et
facilmente _ andando più attorno,potremmo
dare ne mali/piriti,Di maniera che uoi,ol'
tre al non hauerci uoluto alloggiare , ueni-
rejle ad effere flato la cagione della ruina
mjìra .
Do. O buono .
Zel. che è buono f
Do. Dico,che egh è buono,cio è ragioneuokjche
CI alloggiate .
Zel, Tu dt il uero . Quejìa ricbiefia è tanto ra-
gioneuole,(he io mi uergognerei ,quafi,a ne
garlaui.Ma uedtgiouane,io hauea fatto re
care buona parte di mie cofe , di che hoggi
ti ho parlato . Vedi come ti aggradano.!^
Ero. Vate, fate portare dmiro ogni co/a , che qui
ATTO
Jio con gTdndifimo fojpetto.
T>o. Et che Ione Ò /ojpettnf
Zel. Ka^a^o.porta qaejìe coCe dentro»
San. Volete noi altro da me^fìgnor Capitano ?
2c/. DymaninaU'ciatt uedere,cheiotifar))il
tuo douere.
SCEJ^jA OTT^V^.
MISI, ZEL ADELPUO.
CO fi faro , benché non accadono ratcO'
mandationi , che uot le fete Signore,
e<r Uberamente in ogni uojìra occoTren\ti
le potete comandare ,
7Lcl. Onde uientu Mifi?
Mi. Onde uengo? vengo da rejlituire il fuofoT-'
mento alia fante di quejia cafa , che ella ci
haueua prejiato .
Zel. Quando facemmo noi pane ?
Mi. An^ che ut uenijìe. Ando ?brigia affarlofi
prejiare,ne mai fi è ricordata a riportarlo.
Zel. Se io mi accorgo, puttana, che tu,ne altri di
quejìa cafa (i uada rimefcolando conhuo-
minifiouifaro cacare il /angue a quante
fete.
ìAi. Alla buona , non farete uot , Simelofark
pifciare .
Zel. Tu bujfonchi anche fiìbajla. Io uifar)> tut'
te dolenti.
ATTO
ARTO.
ÌS
aVARTO-
SCET^^ VBJMoi
SIRO, PHILEROTE,
V E s T A è la più bella hora,
che de/tderare poteuamo^. Ecco
come pian piano fé ne mcn uia
la aurora .
fhi^ AÌ)ime,pur die elle non ftanogta partite ,
Si. Di do non temer e, che con tutto che elle an*
corafojjèro leuate di letto una hora inan^i
noi , non pereto hauranno ancora moffo ti
pie fuori di cafa. Spendono le donne tanto
tempo in abellir/ì,jpelarfì,0' Jlrifciar/t(fpe
cialmente (Quando elle fi uoglionofar uede-
re in luoghi publici) che egli è, quafl , una
vergogna.
Jìhi Deh Dio, quando farà mai quel tempo , che
io po/fa cojt godere della prefentia tua, Peri
callea mia defiata,\come tu puoi efjere cer*
ta dello infinito mio ardore ?
Si. Kefia di ramaricartt^^ uatene in cafa ^fin
che io uo a conducere Difilo,^ Geta^iqua^
li ci aiutino fpedirci m un tratto, 0- a dar
ci la co fa fianca .
fhi. ¥a,di gratia,che il difegno riefca , che qui
confifle tutta la mia pace,tutto il rtpofo,0*
la Ulta mia.Quifia quanto di bene io bro»
mo'f^fat cio,(h€ ti hopromej^o»
ATTO
Si. Non ti dare penftero . ¥ a, che al ritorno mio
io ti troni in cafa .
Vhì. Non ti credere, che io mene parta,
SCEJiyi SECO'^iD^.
DOLONE, SIRO.
Siro è colui, che di qua mene. Altri non
appare.
Si. chi è cojtm f O Dohne .
Do. ?arla bafj'o . Come hauete noi fatto di c/o,
che hiert ordinammo ?
Si. Di Vericaliea ? Appunto hora uado per com*
pagni , che ci ai ut ino.Lafcia pure fratello,
che ella uenga , ^ uederai [e la fapremo
conducere in cafa a mnnfalua .
Do. Di gratia , non ci fate la beffa . Noi hah-
biamo lafciato quejìa cura a uoi, perche ha
ueuamo altro chtfare,^ perche uoi haue-
te a me promefjo di compirla .
Si. O Dolane, tu fai bene , che noi ferui non jla»
mo negligenti ; ne beffardi , quando agio
uà il fatto da douero . lo ti uuifo , cì)e quc-
Jìa è cofa da farmi abiure ti fancho per
un tratto , C here ttvito , che mi imbria-
chiper otto di . Or dimmi , è quesìo lo ha-
btto , che tu diceut e/Jerti uenutopenfato.
Per fare , che il faldato , contro alfuo noie
re , tntroducerebbe Cromane afuaforellaf
Do. S/ . che te nep.ire?
Si. ?armi una carpta da furbo'^marcone^- Che
Q.V ARTO. 3(f
auenuto è dì lui , che non è teco?^ che UO"
gliono dire queTle leìt^uola, camicie ^ ^
uejli ? Et oue uaittt cofì a grande bora ?
[ 0 O Siro fratello , duolmi , che io non habbia
tempo da poterti contare quefio fucceffo da
fuo principio fino alfine , che certo , ioti
farei rìdere. '
Si, QHello che hora non mi puoi contare , ferha-
lo ad una altra uolia ,'(j7' quefio, che io ho
ra ti chiedo , mìjpcni.
Do. Meniamo uia la Koitetta^ babbi amo uo~
tato laftta cafa di tutte le migliori robbe.
Sì. Ah , ah , ah , Narami di gratta , come .
Da. Virollott. Giunti noi in cafa , ti faldato ci
mena nella camera terrena^ dicendociiQue
fìafarajìa notte la Tlan\a uoflra . Ef la-
fciaioci un lume , fi parte. Cerche poco flati
te y ejfendo ogmuno andato a dormireyE.ro
mane , fen tendo ogni cofa tacita,chetamen
te di camera ufcito , O* andatofene a quel'
la della Kodtetta , battuto lo ufcio due uoU
te con un dito , gì: fu aperto .
Si Sapeua ella di fua uenuta .
Do. Ben fai . lo deWaltro canto , al quale il pen
fare , che io hauea del Signor mio , caccia-
to hauea tlfonno della tefìa .
Si. che penfier dt 'signore ? Di pur lapaura.che
haueui di tefleffo.
Do. Qofiè. Lafciami dire* Et meffo il pie fuUa
foglia , & l^orecchio ftwTlro alfejfo deWu-
fctOyCofi tacitamente fio ad afcoltare fé apri
refenta ufci: O" ^ente uenire alla camera
ATTO
noJlra.Y.t ecco odo gli amanti cianciar^ ri-
dert,(^ ifcher^^are infìeme. Perche dubitati
domi,che eifmon fo(J'ero fentiti^ prejìamen
te Mudo ad ammonirgli . Et la Kodietta a
me.Non ci è periglio, che fono dormiglioni^
C^ hieri fera beuero bene a cena.
Si . ìojìoa di [correre fra me] mede fimo oue hab'
bia a riufcire quefla prattica.
. Do. Horrt la intenderai. Se uotfapet e, che perico-
lo non cijìa(lc dico io)perche adunque non
W leuate a mano,a mano ^ccn quinte rob-
he hauete,0' andate in luogo^oue al dijpet
to del Soldato, ti quale Iddio fa quando par
Urefi uoglia,quante fiate ui fìa in piacere,
uiposjìate trouare injlemef
Si. Tu buon ricordo.
Do. Aneli to(rifj>onde la Kodietta) a queflo hier
fera penfaua. ¥.t enfi ne comando , che fus/i
mo in pie all'alha.Et tratto da fuot forie-
ri lefue più beU.e,0' care robbe , O' altrejl
di quelle del fratello hauendo parecchie in-
fardeìlato, le andò compartendo tra me,et
lefue tre fer uè, fi come tu potrai uedereipo^
co più, che qui ti indugi.
' ti. Ver certo , uoi non poteuate fare il più bello,
et fattile tratto di queflo. Ah,ah , ah io go-
do fra mefleffò confiderando come rimane-
re [pennacchi. ^to queflo a lacco, che fi penfa
ua,confue ctancie,0' gf*ardie, di fare, che
la P^odietta uoleffe teìierfi maggiore conto
dt lui , che dello utile , ^piacere proprio'
Ouero ancora di impedire,che da lei non pò
tejje
Q^ V A R T O ; J 7
teffe andare Eromane.
Do. Certo.ejjo nei degno.TuttauUnoi nonhah
biamo CIO fatto per ritenergliele. Ma accio
che egli, non trouado cofa da ciò m cufaj)ah
bia ad andare a bufcarfua uetura ahroue,
0 rimanere qui uoledo Riabbia dt gratta che
rejìttuite gU Jlano lefue robbe^fen^a curar
fidia'tro.
S/i. Oue hauete fatto penftero di andare a ripor
re tante rohhe , 0" f emine ?
Do. A cafa di Di/co, ilquale tu fai quanto accon
ciò (la di cafa per ri cenere , Et che ci ama
tanto y che posfiamo fen^a fua faputa^hal
danT^/amente ufare con lui quejìaprofun'
tione .
Si. Cerio egli è molto buon compagno .
Do. Qojloro comma ano ad ufcire. Va ancora tu
Siro al tuo camino . A rtuederci.
si. Addio.
SCEl<ljA TE\ZJL.
RODIETTA, E P. OMAN E,
D O L O N E .
VEDI, ben mio , di cui tu habbia af-
farti maggiore firma, di una gioua-
ne da te appena per wfta conofciuta, cuero
di me , quando to non curandomi del tra-
sportar robbe , non del lafciare il rimanen-
te della mia cafa abba>3dono . non^ del mio
muco f -al elio , non di molte altre cofe^data
D
ATTO
mi /òtto m preda a te] in tale guìfa . Vedi,
ben mio di cui tu hahhia ajfarti maggiore
Jìimj , di una gioitane da te apf^ena per ui-
Jìa cono/cinta, ouero di me , che tutta tut'
fa per amor tuo miflruggo , O" sfaccio.
Ero. Deh cuore del corpo mio, io cono/co , che mi
ami , & mi appre'^i a! pari della tua uita
prepria , per tanto ioj'empre più mi confer
mo nella jfede , che ti ho data di mai non
abbandonarti .
Ko. Adunque , anima mìa , liberami da quejìa
fofpitione . Dammene un bacio per arra.
Ero. che penfttu di fare , caro mio theforo ? ba
dami quanto fai , che per ciafcuno de tuoi
baci io te ne uoglio redere quattro de miei.
Do. Deh andate oltre , che ui dourejle uergogna
re . Voi non hauete riguardo a perigli, che
cipotrehbono auenire .
Ko. O forte mia infelice , perche non pojjo io cojl
tefempre abbracciato , & fìretto tenere^
come ioti ho col cuore ^ come io ti ho con
quefte mie braccia , ^fatiar/ni una uolta
del toccarti , baciarti, & accare'i^rti',
che quando bene tutto i Icielo mi minacciaf
fé ruina , non temerei di male alcuno
Do. O Dio , con quante arti fanno qnefle ladre
puttane uotare d'ogni ragion borfe .
Ero. Habbianfi , per Dio , loro ricche^e i] ric'
chi , Habbianjì loro regni i Re . Paghin/p
quelli con lo amajfare , & accumulare da*
nari . Godanf quejli loro uittorìe , e^ tri-
omphi , che io , mentre che tu Jìa meco,non
QVAR.TO. j8
fono per hauere inuidia alle projjferità loro.
Do. In ucro, quando io uè lo hauro ricordato duey
C^ tre mite , O" fatto più , che ti mio doue
re , anch*io lafctero la acqua correre allo in
giù . che diauolo non cantinate? Non haue
te ancora confumato queflo matrimonio?
henche io dubito fé quefla pratticauapiu
in lungo , che egli confumerà anche ti pa-
trimonio .
J?HILARGlRO, EROMANE,
D O L O N E.
BE N e flato , che io me nefta più per
tempo del folito leuatoper intendere
doue bora fi troui miofighuolo .
"Ero. Ahimè , Dolane , ecco mio padre.
Do. Tuo danno . Quefio è quello , che io diceuo,
¥hi. Ma che gente è quella ?
Ero. lo fono di/erto .
Do. che diauolo guida bora quejlo uecchìo at-
torno <•
Ero. Deh che bifngnerebhe ^ bauere qualche ccja
in punto .
Do. lo la uado penfando .
Hi. CoTioro han dietro ferui : &ferue carichi.
Deano , certo , andare ad tmbarcarfi.
Ero. Che facciamo ? Dobbiamo tornare a dietro.
Do. Non , che a ha uislt . Va dire , fingi di con
fonare cofiei , O' mentre io il retenero in
D ,;
ATTO
cìamie , toglietetteli dauanti . chi j»ggt
un punto , ne fugge mille .
?hi. Vno di loro mi pare ajJomigUarJl al mìo
Cromane .
Do. AÌ fuoco , al fuoco . O che difauentura èjìa
ta quejìa.
Vhì. Quejìa è la noce di Dolane.
a. Ero. No// ui uogltate fconfottare , ogni cofa.
b. ?hi. \ien,EronLine,e cjuefa la bora di tornare,
e. Do. O Signore , uot Jete (juà. Vedete^uedeteil
a. andrà bene ,
b . a cu fa ? "*
e: fumo , che ancora ne uiene d'in cima a
quelle cafe.
Vhi. che hai tu troudto da tirarmi per ^ la ttefia?
che uuoìtu,che io uegga ?,
Do. llfu-mo. Veditelo per me\^ quelli duoi ca-
mini dipinttt. Mirate qua dritto al mio di-
to.Ofe uoi fojle fiato qui tejìè haurefteue
àuto lefamme,chefe ne andauano a tocca
re il Cielo, lo, per me,ui dico , die a miei di
non uidi mai cofa più Jj>auenteuole.Et eccO'
ut eccoui una altra uolta.O che gran nuuo'
lo difumoOr lo hauete uoi uedutoì
fhi. biocche non l'ho ucduto. Non ne uedefìi mai
altro tu?per attendere alle ciancie di queJla
hejìta , mi fi è tolto dinan\! Eromane, che
non me ne fono aueduto. Vedi fé io fono ben
grojjo .
Do. Lafciatelne andare Egli è un piacere, che fa
la Jì rada .
Vhi. ?cnftuforfe,che io creda altrametefM putì
QJV A R T 0 . j 9
to è queJlo,cììe io uolena tornargli rifpoJÌA
di nonfo che cof(tJen\ci che uolena intende
re chijia colei,che uà /eco a pari .
Do, Che?uoi non la hauete conofciuta?
fhi. Io noti la ho conofciuta altramente.
T>o. Non la hauete conofciuta ajfe?
?hi. Come la poteua io conofcere^che piangendo
fi teneua turata la faccia?
Do. La catiuella piangeua la fuenturafua , ^
u! filo manto. £' madonna Lidia uojìra ni-
potè .
Vhi. Si'cojlei è Lidia mia nipote ?
Do. Quale altra,per uojìra fede,penfauate uoi^
che ella /offe ?
Vhi. Ella mi è paruta alquanto più alta di per-
fona , ,
Do. Appunto io mi fono marauìgliato , che non
le hauete detto nulla . Et , certo , iojlaua
affettando, che uoi le dcmandajìe la cagio-
ne delfìio pianto, c^ cjuella udita la confo-
lafle,perciò che Eromane non è atto affare
Jìmde ofJjcio,come farete uoi.
T^hì. Vucitu più , che io non la ho conofciuta. f^
harei creduto, a uederla andare co fi per te-
po attorno , che ella fofje ogni altra donna
di Scio,faluo lei? che fo , che ella non fuole
andare alla madonna . Come fi troua enfi
Eromane feco ? ^ oue uanno tfìt a quejìe
hore,con tante rohbe?
Do. Egli mi duci bene^che fta per darui la mala
nona. Mapattentia . Egli è auenuto,che It
fue ferite facendo il bucato hanno lafciat»
D iij
ATTO
appicciare ti fuoco in cafa.Vedete che infe'
lice forte.
Vhi. Comey diauolo\'tn cafa de Demetrio Jì è ap-
picciato ti fuoco?
Do. Cofìparmi.
Thi. O ribalde, 0 uhbriache,o pa"^ in/ènftte.
Do. Vsrche madonna Lidia, raccolto t migliora
ntentt di cafi,& poche altre m affarìi te, eh e
nello tifaire ri/j cafa fono uenute alle mani
delle fue Jerue , O" ejfendofl abbattuta in
Eromane , ilquale ueniua da far fare una
mattinata .
Thi. Quefefono delle fue.
Do. lo ut diro il tutto appunto come èfuccejfo.lo
ha pregatocele uolefje farle compagnia fino
a cafa de fratelli. Forfè, fono tn quella con"
trad.i poche donne fedeli , ^ di buon nome
di poterf fermare nelle cafe loro . Et alt refi
allei può ejfere paruto fconueneiiolelo anda-
re co/ì per tempo per le contrade, fen"^ co-
pagniadi qualche fuo fretto parente . Che
diauclo fo io perche ella non hahbia uoluto
rimanere più tojìo in uicinanl^ ?
uhi. Ella èfaui.i,t^ accorta . il dee pur hauere
fatto per buon rijpetto . Ma uedt fé quejla
dilgrutia macaua a quello hmmo da bene.
Quejì e fer uè poltrone j ct" ttoi altri ferui ^^^
fchiaui generation pejsima mai mai non pò
nete mente a cofa,che ni facciate. Che aue-
nuto èpofcia di Demetrio ?
Do. O Signor e, f e ti uedefe,è meT^o fuori di fé.
thi. Coìno dee egli poterf trcuare altramente.
Q^ V A R T O. 40
hauendo il fuoco in cafa?
Tur ftajfatica a trarre dalle fìnejl re di quel
le robbe,^' arnejt, che in cafa fono rima/t,
mentre che gli huomini della contrada at-
tendono a Jpegnere il fuoco.
Si che tu ti haurejli rotto la fchena , ajtno
da baflone^a rimanere a dietro,^ lafcian-
do portare quelle poche robbe ad unoaltro^
aiutarlo in maggiore ìv fognarlo tifo dire,
che la poca fatica ti è fana . E^ egli arfo
'molto?
I uicini fono flati tanto prejìi, che non farà
pero auenuto tanto male,come Jì temeua.
E^ minor male.Or dimmi, che ueflimento è
quejlo ?
Sciocco jio mtfono^per aiutare altrui, da me
mede/imo murato in un forno . Come dite?
Dico , che uejlimento è cote/lo , che hai in-
dorò'.
ìnfn non fo penfare.lh quejlo uejlimento è
un'altra cofa.
che altra cofa è ? Dio uoglia^che mnjìujla
to bejfato,^ che quejìa nonfìa la fcufa di
di colui ^che dijfe . Eraui un mulinaccio. Ri
fiondi qua.Dico io ate^oa cui ì Che uejli-
mento è -quejlo ?
Signor (ijUot dite a me .Ma lafciatemi an^
dare , che madonna Lidia non mi aj^etti.
Sta fera poi hauro agio da narrarloui.
A propoJtto.Egli è cofi,come io fono Philat'
giro. Moro ? lega le mani a co/lui . Farotti
(on0fcere,fe io uiuo,che cofa fa il uokr dur$
P iiij
ATTO
àancte a fuoi Jìgnori.
Do. Dio m: guardi dal mangno pigado.
Tbi. Legagliele, chef ai ? Spacciati.B.ibaldo,ga'
gliojfo,che fei .
Do. Comc?0 che ho io fatto da farmi legare le
mani
Vhi. Si che tu penfaiii di mojìrarmi la Luna nel
po'^o, dandomi a credere^che il fuoco fi fof-
fé appicciato in cafa di Demetrio , che colet
fojje Udiate che ella farebbe uoluta and^i
re più to/ìo a quejìe hore di lungi we!^
miglic a cafa de fuoi f-ateUi , che rimanere
in contrada ?
Do. Voi U hauete pur ueduta. Vhyuh.
fhi. Chepiangitu?
Do. Afcoltate,fe miete pur faperlo,che io ue*l di
rè . Vn cor:7p,i'^no di Eromaire,
Thi. Tu pefìi Pa'-cjua nei mortaio.
Do. AfoÌtate,dtgratia afcoUate un poco:
Vht. Kon afcolto.
Do. \n quattro parole uijpedtfco.
Thi. Acqua a molino .
Do. Ah Sign(jr^,fe auuenuto è una cofapiu, che
una altra, IO non ci ho colpa.VhjUh^uhyWo-
Jìrof 'Aiuolo Eromanc.VkfUh,
fhi. O tu com nei a confefJare,C7 dianzi ti cre-
de»! dt a'.'girarnìi^lotifaro . Ma io uoglio
prima tntclere che nouella (la fiata quefia.
Aftiateui inan'^ uoi .
SCENA
Q. V A R T O 41
SIRO, PHILEROTB,
GETA SERVO.
O
Ve feitu Vhilerote ? lo ho condct'
to gli amici .
Vhi. O uoi Jìate i ben uenuti , fratelli cari.
No-' tii hahbixmo richiefìi a fidanza. Vn*al-
tra uolta uoi comandarete a noi , che fa-
pete bene, che e<r!i è ufan'^ di mandare la
palla l*uno alTaltro .
Gè. Et i buoni utcini di prejìare Vajlno l'uno
aW altro .
S/. Lafcutmo i conueneuoli , che fa di mejlie-
ro d^ dijponere fra noi come meglio fart
ne pof?iamo acqu'Po .
Vht. che d'.j^onimento farà quejìo ?
Si. Tu , con cofni , come effe arriuino , dando
di piglio a Pericalleà, la conducerete in ca-
fa. Ritrahetei'.i ben folta la porta, che
non fofle ueduti prima , che bifngni, aceto
che ad un tratto fta ti tuono , (^ il baleno.
Et to , con Geta , mi faro contro al re/lo
delle donne , & ^eteneremo impedite, fin
(he uoi habbiate fatto il fatto uojìro . Ma
auertite anoti Ufciaxe alle grida . ^t ec-
(ole a tempo,
D y
ATTO
SCEJij^ SEST^.
SCITHROPA VECCHIA,
PHILER OTE, SIRO.
GRANDE neramente è quejla diuo'
tione .
P/;/. Dobbiamo andare ?
Si. O non ancora .
Sci. io ho qucfia ferma credenza mlT anima ,
che chi dura/Jè fatica di cercare tutta Scio,
poche cafe trouerehhe , lequali non hauef-
feroaqHeflagloriofamadre o^erto qual-
che dono,
Thi. lo non ue<rgo la hora di ufcire .
Si. Ititene hai ucduto Fericallea tu? Ne»
Jì fa cofi bello , ne fi bene alla preda fi di'
batte lo fparuiere , come tu .
Sci, \uottu uedere , filinola , che io dica il uè-
ro ? Vuon mente alle cere , CiT* <igi' argen^
ti quiui consacrati ,
Vht. lo non poffo Tiar più alle mojfe ,
Sci. ohimè , la mia figliuola .
Thi. Anima mia , uoi Jete fianca . andiamo a
ripofare .
Sci, Ah ribaldi , ajfajìini »
Si. State indietro donne .
Sci. Lajciateci andare mi . La mia figliuola
ribaldi ah ? aiuto .
Vhi. Non piangete , uita cara .
Sci. Aiuto , aiuto . Lafciamt andar tu»
(^ V A R T O. 4t
Si che farete pi»? Ella è in cafa. Tornate
adietro , tornate .
Sci Tornate adietro ah? Credete noi di andar-
ne impuniti ? Non andrete ajfe . O do-
lente , C fconfolata Scithropa , che mal
giorno ha hoggi colto te , con tua figliuola.
Si AnXi ella è per haiter il migliore giorno ,
^ la miglior notte , che mai hauefje .
Sci Ah fen\a uergogna , che fete . Non du-
bitate , che nojìri Signori fono ben per in-
tendere , ^ cajìigare i uojìri portamenti ,
accio che uot non credejìe di ufctrne^ coft
pel rotto della coffia .
Si Si jft , andai e a dirgliele . In quejlo me-
^0 noi Tlaremo in poffe^ione , poi qualche
fanto ci aiuterà .
SCE^i^ SETTIMA.
ZE L ADELFO, SIRO.
V
E D E R A I fé farà uero ,o là? 9
la? a chi dico io ?
si Domandate mi me ?
Zel. Si . corri toflo , di a quello huomo da bene,
che fi lafci uedere in fuUu uia .
Si Qual huomo da bene dite uoi ?
TLeL Colui , che ha condotto uia colei ,
Si. Dite il Signor mio ?
ZeL O che egli (la tuo Signore ,0 di altrui, che
mi curo io ?
S^ Volete uoi^che io il chiami fuori da douero?
D y;
ATTO
Zel. Se elfo non ne uuAe ufare di uolontà,aJpet
ti di ejjerne Tlrafetnato fuori .
Si. Canchero , cojìui è di mal talento contro
Fhilerote , non /o perche . lo uado .
PHILACIO famiglio",
ZELADELFO.
D
Itemi di gratta , %t<rnore , come
jeteuot uenuto tn cagni fone , che tn
cafa di queflo ^hilerote fa flato condotta
uojlra forelU , con le robbe uojlre ?
Zel. Come ah f Perche io comprendo, che cojlo-
ro non fono andati difofo , Intendo coJìhì
ejfere agiato di cafa , ne hanerut gente di
rifletto .
P/;/'. Guardate di non pigliare qualche gran-
chio .
Zel. Kon'piglio granchi io . Si che come tu mi
hai detto , che fono compagni , ^ che un
fuo feruo hoggi è flato a parlare ad H/pO"
corifìria, io finche non poffo ing^annarmi,
Vhi. Non fi può ingannare . Ma è co/ì fiocco^
che non fi dotte e^li s'hahhia il capo .
Zeì. che d et fra te mede fimo ?
Fhi. che ti feruo è fiato colui , coH quale hora
parlauiite .
Zel. Sia chi fi uoglia . Sen:{a che io ho uedulo
M?,/f hoggi ad uscire fuori di cfuefta cafa ,
laquale domandata , che andaffe facendo ,
CL V A R T O. 4J
mi accorfl , che nel rijpondermi fi amlitp'
pana nelle parole . ¥ino allhora s'indetta-
uano i ladri in (teme di ff*gg'^e . O ni un
huomo è al mondo ( credilo a me) che per
fapere trouar il uero mi uenga a parago-
ne . Md fé tu non uedt , che io ne faccia
una horribile , C^ diabolica uendetta , io
fono contento, che tu dica . figliuolo di una
puttana , metti giù le arme .
SCE^yi ^O^yi.
PHILEROTE, ZELADELFO,
P H I L A C 1 O .
IO non fogia di hamrli fatto cofa da
ejfere meco adirato .
Zel. Ben ?hilerote,che umidire, che queìThuom
da bene del tuo copagno no è uenttto teco a
bajfo? Sete uot per nflttuirmi d mio,o no?
Vhi. 'ledete ben , Signor Zeladelpho, che non mi
cogliete in cambio , che di quanto mi ricor
do , non hebbi mai che fare con uoi .
Zel. An\i tu hai hauuto troppo che far meco, fé-
c'odo quelle cofe,aUe quali hai tenuto mano.
Vhi. Io non ho tenuto mano a cofa , che a uoi (ì
appartenga , che iofappia.
Zel. O che iofappia ? Come no a leuarmi colei,
C miei arnefì?
Vhi. Qual colei dite uoi ?
Zel. Vedi come fi fa di buona aria negare la uè"
rità .
ATTO
P/;/. Di uoTlri arnefì non foia niente. Ma egli
è b^n uerOy che io mi trono hattere unagio
uane in cafa , ma fi ancora , che ella non
ui attiene . Volete uoi dire di lei ?
Zel. Tu hai una gioitane in cafa f è il uero?ie tu
fapesjicome acconciamente potesji negare
di hauerlaui , io fono certo , che per uolere
benfare delVbuom da bene , non farefli fla
tofin hora . Non fa meflieri , che ttt dica.
Ella non ui attiene, lo fono più malitiofo di
te, Or falla uenire fuori .
Vhì. Voi potete ejfer e malitiofo a uojlra posia,
che ella non ui appartiene.
Zel. O io crederò ben toTio , che ti darà lo ani'
modi uolere y (j;* poter meco contraflare?
Vaila uenire fuori , fé ti piace e^* fi non ti
piace ancora, & ufa manco parole .
Vhi. Se uoi uolete , che io ui dica il uero , uoi mi
parete un huomo coft fatto .
Zel. che huomo ? Voitu , forfè, dire , che io non
(la huomo da bene ?
Vhi. chi mette queflo in controuerfia fi non uoi,
Zel. che uaitu adunque dicendo , cheto ti paio
un huomo cofi fatto ? Per certo , io non ci
faro conofciuto per fin che io non ci la feto il
figno della mìaflampa .
Vhi. Si quello della lumaca ci lafcierà .
ibi. che , diauoh, quando io hi benfofferto,^
fofferto , che farà f si che io l'ho detto , <&
il diro di nouo , che tu fii un huomo cofi
^ fatto . Adunque uorreflu , hora che dopo
mille trauagli ella è uenuta in mia balia.
Q^V ARTO. 44
chea tela dssfl.
Zel. Vedi pur tu. So ben io fé amoreuolmete non
meda rendete, o ella non uoglia uenirefpon
taneamente , che io andrò a Jlrafcinarla
dtcafaper le treccie.
Vhi. Strafcin^rla dica/a per le treccie? hifogna'
rehbe , che tu fosft altro huomo , 0* meglio
accompagnato . prona un poco , proua .
Vili, kh Signore ,fateui adietro . Volete noi
romperui il collo apojla dì una cicala ?
Wi. cicala fei ben tu . Egli non it guaterà mi'
ca afua uoglia . Con cuipenfate ,forfey di
hauer affare .
a. Zel. hdunque tu non penjl , che iofia huomo,
h.Vhi. lopenfo ^'chetunonftahuomo da fare.
a. da fare qmflo , & altre cofe cento mila.
h. contro di me una co fa piu^che una altra,
a. mite maggiori , fin che io no te nef accio
b. (jr quando ti metterai in proua,tu te ne,
a. amaramente uedere la proua .
b. aueJerai.Or che appartiene a te ?ericaUea?
zel. Quale Fericallea . Far, che eglifipenjidi
cauarmi del femtnato ,
Vhi. O tu te pigli gli firani impacci ?
zel. Situteglipgli.
Vhi. Voi tu fare a miofenno? Attendi a fatti
tuoi , ^ non ti dare gli impacci del Kofju.
Zel. che imbaca del Koffh ? Non fono quefii i
fatti miei ? Al dijpetto di quella lupa , ca*
gna , majìina , traditora .
Vhi. Ah non beflemmiate . Non fapete i bandi?
zel. Se io mi penfasfi , che per quefie parole , tt»
ATTO
penfiisfi pur di pensare dt douer dire co/à,
che fipoteffe/ojjjtcare , che ueniff e cotanto
in detrimento di honore del minimo camel-
lo , tlìe IO lì abbia in capo .
Vhì. Che mi potefìufare ?
Zel. So quello, che farei , fo quello y che farei,
non HogUo dir altro ,
a. ?hi.Braua fé fai , che io non ti Jìimo queTlo ;
b. Zel. Vedi come e?U parla ? ciel , che non ho .
a. Et fé non ti leui ancora giù di quefla .
h, qua fj detto partigiano . Per quel che io mi.
e. Ph:. Ah gentf!!)Uomini , chi ha più ceruiUo più.
a. Jlrada , o almeno non procacci di tenere .
b. (iuejTgo , tu non dei fapere le cofe , che io .
e. l'adoperi . Tatti adietro Philerote, che fé .
a. la lingua dentro a adenti , io tifar)) .
b. ho fatto in Ver fa , che parlerefti più.
e. tu non hai nulla del fw , egli no'l uuole
a. fonare per eccellenlia , con un pe'^o.
b. cojìumat amente . Ma in ogni modo tu .
a. di legno , da gente , che non conofcerai :
b. hai uogl/a , che io mi ti faccia cono/cere .
Thi. che ditH dt uolertifar conofefe ?
2el. Che dici tu di uokre fare fonare con peT^
dj legno'? Do , fé io non rim.mes(t per tema
della ragione .
Vhi. Clìefartfìi < Di un poco fu.
Zel. Di pur tu.
fhi. Va , fa , che io ti i-ttenda .
Zel. Fa tu, che io ti oda co fi dire una altra uolta.
¥hi. Dì grafia , dite uoflre ragioni pacificamen
te . Non mglidtefar raunare U contrada.
Se elfo
V,
d V A R T O. 45
Zel Se ejjo non mi uol rendere il mio^come uuoi
tu , che io faccia a non gridare ?
?hi. Se io non ho cofa ueritna del tuo, come uuoi
tu , che io faccia a render lati ?
Zel. Or come ilpuoitu negare, che domandando
ti io hor .
a. hora Hipocorijìria mìa forella .
b. ?hi. che HipocoriHriafche tuaforellafVìine.
sceXj^ decima.
SIRO, ZELADELPHO,
Philerqte, PHILACIO.
O R R E M o not ancora tardare
più ? Se uoi .
a. diceflt di hauerla in tua balia ? Vedi come.
b. nella mala hora, & nel mal putOy che Iddio.
e. non uileuale incontanente giù di quejia .
a. t ti po/Jà dire il uero .
h. ti iii^r'.i ^Irdese che feicaggine mi è uè-
ÌUnV .
c. Jlrada, nei ui darem } li meglio , chefapre-
mo , dt do ,
b. addate cojìuifia mattina .
e. che CI uerrh allemani . gaglioffi ^ poltroni .
Zel. O , non è murauigiia Je al\am ben la «o-
ce . T» teneui ajco/o lo efferato in cafa.
?hi. picciolo numero di gente pare unoejjercito
a tuoi pari .
Si. Vien in cafa , Signore , che non ti è J)onore
a gridare con qucjìo lauaceci.
Zel. Si ,fi. Andate pure . No/ ci tornerem» be-
ATTO
ne, che non haurete tanto auantagio, ne ci
farete foperchiaria , Si, fé dauesfibenue-
nire a combatterci la cafa, ^ trattene fm
riape:^ape'^o.
Vhi. ?roua , proua tua uentura .
Zel. Quando tutto manchi yfapenfìere , che io
ti chiami nudo con un pugnale in mano, in
iJieccato.Mai più non mi auenne, chefacen
do parole con alcuno , non lo ìiroppiasjì al
meno di una gamba .
P/;/. 1/ minor malefufempre buono . Or che fa-
rete?
Zel. Non (o . lo fono in tanta colera , che i cani
non mangierebhono\ delle carni mie , tan-
to parrebbono loro amare.
Fht. Andiancene adunque in cafa a recere que-
fio ueleno , che io hofempre intefo dir e, che
l'huomo fauio non dee mai nulla debberà -
re, mentre ejfo è alterato.
Zel. Sauiamente ricordi . Andiamo .
ATTO aviNTO.
SCEJiyi VBJM^.
TIMEO VECCHIO, PHILAR-
GIRO, SIRO.
N molte cofe mi ho io già tro-
uato la fortuna contraria.
Ma hora contrarisflma , ^
nimica più che mot . O cielo.
Q, V I N T O. 4 (f
0 terra , o chtapiena di ribaldi .
lo diftdero di intendere fé nero Jta , che a
me/fere Timeofìa fiato raf}ito fua figliuola.
Ef eccolo . Me/Jer Timeo f Che buona uen-
tura ui guida attorno cojì per tempo ?
Ahimè f io fono cofì fuori di mejìefjo^ihe
non fa dove io uada , ne onde uenga .
Certo , uoi parete molto alterato .
Et /e io fono , io ne ho cagione.
Ditemi , è nero ciò , che io ho intefo di que-
Jlogiouane , che Jla qua , <^ di uojlrafì'
gliuola ?
lo non temo , che te/limoni non mt manchi
no a prouargltele.Et ringratio Me/fere Gie
fu Chrijlo , che hahbiamo tali Signori, che
faranno giuflitia .
O Dio , quando una cofa dee hauere effet-
to y non ui manca mai nulla . Io mi doglio,
meffer Timeo , non follmente perche to
tanto ut amo , che ogni uoflro J^iacere e
ancora mio , Ma etiandio perche qttefìo ca-
foè a uoi incontrato, uolendo uoi a me fa'
re cofa grata .
Or lafctamo andar quefìo . Varui bel cafo
qiicflo , meffer Vhilargjro ? ?arui , che co-
flui la habbia fatta da giouane dfcreto ,
e^ moderato f Non cc/fro di fegutre ciò ,
che uuol la ragione , che il uedero andare
in bando , CjT" forfè peg
e>d>
IT 10 .
Nel uero , la fna audacia è Uata grande ,
& mi ha raailitppato tutti i fangui . Pw
re , per dirui d parere mio,fm'Xa ejjernt
ATTO
rìchlejìo , io non ui lodo lo andare per uta
della corte . Pìm tojìo mi piacerebbe , che
Jìcercafje di intendere come , ^ perche co^
jìui habbia fatto quejla dishonejfìà . Ver-
cio che io ui rendo certo , che effo altre uoU
te-hebbe animo di faruela domandare per
moglie .
Ti. Si certo , farmela domandare per moglie
d-ìpo il fatto . logli faro conofcere , che
elfo non hanra fatto qiiejlo oltraggio ai
un morto . andiamo pure adagio .
Vhi. Lafciate la ira , O* ^^ paltone , mejfer
Timeo , ^ attendete alla ragioue . CertOy
qujindo la Cui intentione fo/Jè di torla per
morire ( lafci.imo andare , che egli porta-
to fi fa da giouane. )
Ti. Da giouane^ Dite da ribaldo , da ajfaf-
fìno.
fhi. Da peggio ancora. Ha lafciatemi dire,
lo crederei, che di lui non potrefle hauere
fé non buono , & horreuole parentado, ^
haurefle allogato bene uojlra figliuola.
Di gratta ^ fiate contento di itfciarui tra-
uxre in cafa di qua a un peT^o . perciò che
io mi uoglio intromettere m qucjla cofa ,
& mi confido di farne riuscire un pacifico
ma trimonio .
Ti. 1/ matrimonio è fin hora troppo per temp»
in mio danno, (& dishonore riufcito. M.i per
certo, la cofa no gli andrà come egli fìpenfa.
Si. chi picchia la giù .
fhi. Apri , Siro , che fono vhtlargiro .
Q^ V I N T O. 47
Si Cbif
vhi. vhilaro-tro .
S^ Correte ad aj>rirgtì ,
SCE'ìiyl SECOVJ)^.
Lieo SERVO, PAVSANIA
VECCHIO.
IN ogni modo quejio uiaggio dì Coffa
è un lungo uia^gio .
Vau. Si bene . T ut tanta a me non ijpìace lo /fa-
re in naue , quando fi nauica con bonac'
eia . Ma lo ejjere Ùato que/ìi tre di f-a
morte , & Mita , più mi è sìato noiofo <U
quante nauigationi io facejìi mai .
Li. Quefie fono le fiutte de mercanti , /'/ pa-
tire caldi ^ freddi ,fete ,fame , fimjìri,^
tutto di giofirare con la morte . Pur non*
dimeno ogni uojlro trauaglto fi dehbe ad-
dolcire , trouandouf con fi gro/Jo guada-
gno giunto a cafa uofirafano , ^ trouan-
dn Philerote uofiro figliuolo /ano , ^ ogni
cofa fitlua .
Fau. io di ogni cofa ringratto meffere Domene-
dio . Ma di una , dt che per auentura mol-
to più ringratiare doureilo , confiderando
che l'huomo non fa Jpe/Je uolte ciò , che
egli ben fiuoglia , nonfo che mi dire . Che
effo non mi ha dato alcun figliuolo .
li. Certo fé uoi miete dtfcorrere come i figli"
uoli legitimi , c^* nat ur alt fono dalla na-
ATTO
tura dati a padri loro , per forte ^ Là do-
uè m't ni hauete fatto vhilerote , giouane
cortefe , O* cojlumato , figliuolo per adot-
tione , non ui hauete da ramaricare . Ma
ditemi . Hauete noi mai intefo onde egli
fi a?
vau. Ver che me*l domanditu f
Li, Verche hauendo io altre uoltedettoaCo-
rebo mercante fi come il giouane a uoi per
lui uenduto era cofi auenente , ^ di tale
accorteT^a , che tutti Jlimauano lui effere
nato di gentile , ^ honoreuole legnaggio ,
ejjò mi diffe , fi come Mimichiulè corfale ,
dal quale anch*egli comperato lo hauea ,
detto gì t hauea,fe hauerlo rapito [opra
quejla ifola .
Vau. Ancora a me ha detto il medefìmo . Ma io
ho di meglio , C^Jpero , che hauro trgaato
fuoi parenti .
Vt. e' uero ì O ,io ne haurei piacere .
Vau. lu lo intenderai. Hauendo altre mite
Mimichiulè rubbato in parte cjuejìa \fola ,
con eJJò lui condujfe quejlo fanciullo allho'
ra di età di tre anni , in circa , ^ uedtt-
togli al collo una medaglia cerchiata di
oro , /limando ( per non hauerla ben con-
fiierata) ciò effere cofa di qualche ualore,
la mtfje in una fua cafja , fen\a mai ri-
cordarfene per molti anni .
Li. ben , che norrà dire quejìa medaglia ?
Va u. Dopo alcun tempo uenemlogU alle mani la
detta medaglia , 0" hauendo con diligen»
Q. V I N T O. 48
:{a uijlo , ^ confìderato il tutto , ^ Jpe-
tialmente per hauere pojlo mente ad alcu-
ne lettere /colpite in quella, gif cadde in
animo di mandarla a Coreho fuo amico ,
auifandofi lui , per me^o di quella , poter
uenire in qualche Jperan\a di trouare ti
padre del fanciullo . llquale fofcia , per
lo medefimo rijpetto , la ha a me donata .
eccola.
Li. Queffe fono lettere , certamente . Sapete
uoi che dicano .
Pan. Dicono lui e fere figliuolo di vhilargiro
Neurtdi .
li. Dime/fere vhilargiro Neuridi nojlroui*
cino ì
Pau. Quale altro habbiamo mt di quejlo nome
in Scio ? Or faittt cto , che io penfo ì
L/. Che co fa?
?au. Che in uero fta fuo figliuolo , ^ che effo
giagltponefje al collo quejla medaglia per-
che ti fanciullo fojje , d»;^' che no , ran^
dagio , O* f eretto , di maniera che an-
dando fuori di e afa , e pofcia non fapen-
do far ritorno , ne dire di cui foffe figlia
uolo y il padre temeffe di perderlo .
li. Quejìo mi uà per capo , pereto che cojt an-
Cora in tale cafoho ueduto far fi da altri
padri .
*au. lo cofi credo : "Et uoglioper maggiore cer*
teX\^ , & affine di dare del tutto notitia
a mejjer Philargiro , mandarlo a chiama-
re, ricordati, tojìo che Jìano fcaricatt
ATTO
^uejìe rohbe , ad andare per lui .
L». hndr^o fignore . Qhi apre qua .
N
SIRO, PAVSANIA.
O N far Diauolo , che non è il Sol-
dato .
Vau. Aprite.
Si. O , e^li è il Signor nojìro , cJye uiene da
Cajfa .
P4M. a/; , che bi fognerebbe rouefciare quel fec
chio di acqua in capo a uoi , & co/i inac-
quare ben bene la uojlra imbriacatura .
V-Hì è ben uero , che quando la gatta non
è in cafa , / topi ballano .
SCETi^ QJ^KT^.
ZELADELPHO, PHILACIO.
OR. che la temperantia ha moderato
la colera , la ragione , O" Uprttden-
tid faranno in me lo ufficio loro . M4
dimmi , non ti pare , che quefta ingiuria
menti una horrenda , & ifiomunicata
ticndetta ?
vhi, Diauol è , che uoi lo cajlriate .
Ztl. primieramente ^ fé io uogUobene confidi-
rare o"-ni coja , una mia forcUa unica e
fiata uiolata , c^ rapita di cafa mia .
Fhi.
CLV I N T O. o
Pht. Md; y? . La rofa matutina è slata coU
ta .
2^. Ef co» f;^ /^/' ruhbatomi gran parte di
mie rohbe .
vili. Qofi auiene a chi ft fda di puttane .
Zel La'ingiuria è fatta al gran Capitano ,
vhi. De ruffiani fi dee intendere .
ZeL hd huonio gentthfiimo .
Vhi. Gentil/fi: mo , Ct' pnganifiìmo ì
ZeL Che uuol dire pagnnifiimo ì
vhi. Vuol d,re {fecondo il Caraffuia ) che pa7a
benijìimo . ré,
Ztl Qì^efiafu femprelaufanlamia.
Vhi. Si di allettare fempre a cafa i mefsi
taT ^' "' '" ^'"' '^'Z'^'^^'f^'^oparen^
Vhi. Come i bafiardi, che hanno parenti ad
ogni ufcto .
zel Laonde, pedanti ri/petti, io mirifoluo
di Uuarmt le mani nel f angue loro . M4
fio m dubbio di che pena gì, pumfca
Vhi. DicfuellaallaTurchefca.
ZeL Konfarcbbonoi primi. Ma io uotUo fare
cofa più notabile , o- fegnalata
vhi. che farete ?
ZeL Farne una tale notomia , che fare non U
faprebbe un Cerufìco .
vhi. Non dite cofi , di gratta.
ZeL Verche f
Vhi. Verche uot non. li hauete nelle mani, ^on
fapeteilprouerbro f Non d,re mai e quat^
tro ,fe tu non l'hai nel fiacco . ^
ATTO
Zel, . che miccnfìglitu dunque ^ffitrc ì
vhi. Non fono hnonìG da confìgliArui io.
Zel. lo fo lene . Vur dimmi il tue parere. _,
vhi. lo HI loderei , che anLifiimo a trottare qud
gentilhuomo Mcne/e , che hitri ui f.ce tan^
te ojftYte , C pregarlo adami aiuto ,(i
che almeno po/siate ricuperare le uojlre
robbe .
Zel. Fhilacio , come io faccia il coìlonnello , «o-
glio the tti fra uno de' primi Caf^itani , che
Jìano JJ/edni . Tu fei molto japiente .
Vhi. Tacete f tacete i che gente e/eie di cajadi
thilerote .
SCETsi^ (^VIVJ^.
PAVSANIA. PHILARGIRO.
Vai4. f~y Osi uè ne andrete a trouare mejjer
^— ' Timeo , 0' jubito fatemi fapere la
fua uolonta .
vhi. Cojl faro . Non dubitate , che io ho fede
di recarlo a ciò , che io uorro .
SCmijA SESTA.
ZELADELPHO. PHILACIO.
O
P H r L A c I o , io mi fono creduto
auampare di tra , ^ di dt(J^etto,ueg-
gendo quejìi uecchi , che per ttentura fono
del fangue loro .
Q. V 1 N T O . j o
fhl. Quefie fono delle fue prode\\e y che' il
freddo de* uecchi il fa rifcaldare , e'I cal-
do de* gi cu uni raffreddare .
Zel. che bisbigli tutto di l'oggi fra te TieJJò ?
Thi. Dico , che mi hauete proprio un uifo rojfo ,
0* infiammato aguifa di un Thedefco cot-
, io dal uino . h\a eccout il Signor Mone/è ,
che e(c:e di cajìedo . O che uentura è la
uojìra .
SCEJ^a SETTIMA.
ZELADELPHO, MOnESB
GIOVANE.
OS I G N o R Monefe a tempo ufcite
di Cafello . lo ueniua appojìa per
trouarui a e a fa.
Mtf. Sara adunque la mia uenuta a te buon au-
gurio j si come ancora io fono pronto in
fatti per farti piacere , doue pojfa . che
bt fogna ?
Zel. Certi furfantelli sfacciati , & temerari
fono uenuti in cafa mia , & hanno con ejfo
loro condotto w.a mia fòrella , ^ fualigia^
tomi la ca'a . Et perche io non fo'xlio in
uendicare le mie ojfefe andare per altra
ragione, ne per altro aiuto , che per cjuella
delle arme , & di queflo braccio , uorrei
che mi defte uenticinque , o trenta alebar-
d'eri .
Mo. che uuoitu fare di alebardieri , fé il tuo
£ //
ATTO
braccio è quello , che uuol fare quejla uen-
detta ì
Zei O non fafjete , che chi per me\o ct^altrifa,
fi dice fare per fé mede/imo ?
Mo. Non farebbono affli tre , o quattro ?
Zel. NÒ , perche io uoglio far pefiare quefii
ghiotti più minutamente , cì;e non fi fa
la carne del porco , quando fi fanno i
falciccioli .
Mo. Tanta crudeltà ? -
Zel. lo ho d'fcorfo minntamente la qualità
della ingiuria a me fatta , & i^ouo , che
altramente non fi può njlorare il mio
honore .
Mo. A/; , ah , ah .
Zel. Voi ridete in cofa di tanta conftderatio-
ne .
Mo. S^ido , ma non di queflo .
Zel, Di che adunque ?
Mo. Io mi fono ricordato di alcune tue ualorojt
imprefe .
Zel. O , io ne ho fatto fen\a/ìne» Ma di
quali , di gratta f
Mo. Yna è quella^ quando dentro Metellino
tagltajìt t capelli a quella femminella .
Zel. Coft bifogna difciplmare certe bagafcie
lorde infanciofate , die non uoglicno fa»
re differen"^ da gli huomini a gli orci^
uoli .
Mtf. Et quando a Napoli defli quella mentita al
f achino , che ti hauea detto captgliatore ,*
fnergognato , caparrane .
CLV I N T O. 51
La generojtta mi ritenne , che io non caC'
ciaf mano alla Jpada , che , in uero , que»
Jle non fino arme da imbrattare di fan-
gue di f achini .
Ma che uuol dire , che non facejli nulla a
quel giouanetto , che il dì medeftmol in
contrada di Malpertugio ti getto in w'e7o
al fango ?
Perche io era occupato in nettarmi da quel
la bruttura i per non dijpiacerc ad una
mia amorofa , che quiui dalla finejìra m\
attendeua , di maniera , che io non hebbi
tempo da tifeutirmi . Ma fé egli Uaua
..ad af^etta^e t*:-t qttarto di bora .
Chegìihaurefu futto ?
che gli h-iurei fatto f Gli haurei dato
delle per e offe , o fattomi uobare lafchena,
fi come io figlio fare co'fuoipari .
lo mi indomno , ZeUdelpho , che tu hau'
rejli piacere affare qualche bulata . Et
perciò che io ancora mi diletto uedere di
quejli Jpett acoli , io uoglio compiacerti .
Non intendo come uogliate compiacermi ,
Voglio uenire con huomim armati con ejjo
teco a cafa di coforo .
Di quejìo appunto ui prego io .
Et prometto di farti reflituire cto , che ti
hauranno tolto .
Anche quejìo mi farà caro . Ma non 'uO'
gli opero , che fi parli di pace , fi prima ,
per patto tj^reffo , io non do a cojìoro
quattro pugnalate per ciafiuno . Notate
E ///
ATTO
hert qtiejìo paffo .
Ma. Non più , di gratia . Andiam»,
SCE^y£ OTT^Fjl.
PHILARGIRO, TIMEO.'
SI che come io ut diceua , cfuejlo Vhile*
rote è c^uel Carino mio figliuolo , che
altre uolte efjendo fanciullo mi fa da i
Corfali rapito , ^ nel paffaggio di NatO'
Ha , per quanto ne mandai afpiare , uert"
duto , che fo , che uoi mi hauete più uolte
per lo adietro fentito dolere delU fua per-
dita .
Ti. Quepo è il uero . Mao che mi dite . egli è
deffo ? eh .
vhi. DeJJo è . cojt ho ritrouato per fegni , (^r
argomenti certifìmi .
Ti. Meffer ?hilargtro , io mi allegro con uoi »
0 che gran piacere ne ftnto io . Ma che
dice mtjjer ?aiifunia , che lo hauea adot-
tato f
vhi. Tacete , che non ftpete come rag'onandofì
hor hora fra noi , con quale forte dt padre
egli doutffe (lare , <:<r ciafcuno di noi per
fé medefimo uolendolo , rimafl fiamo in
un helhjitno , 0- raro accordo .
Ti. che accordo f
vhi. llahhictmo determinato di accommunare
ogni noflra fxculta infìeme ^ mettendo a
mente mobili , cafe ,fundi , c^ figliuoli ,
Q^V I N T O; s%
C^ facendo di due cafe una c^^fa . Del che
prefoci habbiamo grandisfima ìeùtia , la^
quale niuna altra cofa è , che la po/fa ac'
crefcere , ^ compirli , faluo il uedere fra
noi feguire quejìe no^e . Per tanto ^
ÌAeJJer Timeo , non mt mancate della pa-
rola uoflra .
Voi ui douete ricordare , me/fer Vhilargì'
ro , quando primieramente mi parlajle
del fatto di Eromane , che io ui rifpQ-
jl piacermi il genero , il parentado , ^
ogni altra cofa , c^ perciò uolentieri ue-
derei fra noi feguire quejìe nol^e . U
perche , benché la fortuna non habbia
Hohtlo , che ci riefca di farle con lui , io
non ttoglio , che uipenflate , che cambialo
mi fia di partire . Et pereto ut dico , che
caro ancora mi farà che Carino . o vhile-
rote ( che non fa come per lo auenire il
thiamerete ) diuenga fuo marito ; concor-
rendo fpetialmente che i fuoi bttoni porta-
menti hanno meritato appreffo mefjer Patt
fania di farlo fare franco , ^ da lui
ejfere per figliuolo adottato . SenT^a che io
mi trouo affare doppio parentado .
Datemi la mano , O lodato Dio . io hauro
pure una letitia da me lungamente difl-
derata . Ma ecco me/fer vaufania in fu'd*
ufcio. Andiamo a trottarlo .
E /"//;
ATTO
PA VS AN I A , TIMEO,
PHIL ARGIRO.
AT E M P O fona ufcito . ^gU mi i
ben certo doluto di quello brutto at-
to , mejjer Timeo , (jT* mefjtre Philargiro
ut può ì)Auere detto che r timor e io gliene
habbia fatto in capo .
Ti. Appunto per tjuejìo fo io bora argomento,
che cjjo fta per hauerìa cara , 0- trattar"
la da moglie , poi che fi tiede in lui fi fo'
uerchio amore .
tfau. lo ui ringratio , che maggiore filma fare
uoglfute della amicitia nofira avtua , ihe
del poco fenno di un giou.uietto n/^mr.rato.
Et nel uero , io fo poche cofe , (he t,mto a
grado e/Jere mi potcffero , come ti uuUte
fra noi feguirt cjuefia no'^e .
Ti, lo ettari dio ho uoluto haitere quefia con-
tente'^\n , per molti riJJ^etti , fra t quali
quifio non è il minimo , che io defìderaua,
che tanta nofira amicittafojfe rtfiretta di
p'u forte , cìr fitldo legame .
?Iji. Siro?
SCENA
Q^V I N T O. jj
SCET^^ DECIMA.
SIRO, PHILA RGIR O,
P A VS A NI A.
S
I G N O R E ?
?rendf quejlo anneUo , ^ Uditene a
cafa mia , con quefìo fe^no , 0> ài che ti
lafcino parlare a Dolane , che quiui trotte-
rai legato . ¥atti infegnare doue Jì troui
Cromane , ^guidalo jubito a noi .
S/. Kon è meglio , che Dolone uenga meco , eh»
co f, più tojlo mi potrò Jpedire f
vhi. Nò , ch« io gli uoglio prima ricordare , che
ccfa Ita lafcherntre i fioi Signori .
fan. Non mi pare honefto , mcfjer vhilargiro ,
che perfana alcuna di r^CtrA cafa , per mt'
nima che clhfia, habbta a Ugnmare
fra tante nojlre letitie . Si che perdonati-
glt a quejìa uolta .
Ti. Coft ancora a me pare .
]?hi. Or fu , facciajì il uoflro uolen . V<i ,
Siro yfcioglielo . ¥a come ti piace .
P4«. Andiamo tn (afa,
E y
ATTO
ZELADELPHO, PHILAClO, -
MONESE, SERVI.
CH E io patifca coft folenne /corno ?
morirei più tofìo .
vln. Dne pianamente , che fé cojloro , che ci
uengono dietro , fi imaginafjero , che fo'
Jìe per fare da donerò , fé ne andrebbono
in tanta maVhora. , che non gli p>otremm»
rihauere mai piu .
ZeL Non habbiano paura . Sono ben hmmo io
da non entrare in briga, fé non aeggio la
battao-lia uinta .
o
p/j/. Co/7 fan ftmprs i uojìri pari .
Zel. E? a quefìo vhilerote faro ben uedere i» ,
che cofa è comperare le qutfìioni per altri
a danari contavti .
Thi. O pouereUo , egli non Pha ueduto tagliare
glihuominia trauerfo , come l'ho ueduto
10 fare a tamia i capponi , O" i rasittt-
uoli.
Zel. Egli è uno fiocco , che uà cercando il ma»-
le , coìrie i medici . Ma fé io gli fo afj'ag-
giare quefla mia più , che Fusberta , fy
Durindana , il diuido fino al petto .
Mo. Se tu ti leui ancora alquanto più in punta
di piedi , ti partirai fino alle calcagna . O
egli è lo sbardcllato fchtappaferro .
ZeL il tutto confijìe q^uì, che come /ìamo giuit'
Q. V I N T O. 54
tt ahi capi , cojloro /? facciano ben fen-
t ir e gridando tutti ad una uoce . 'Serra ,
ferra . Noi faremo loro tanta cacac^ola ,
che prima fi morranno , che fi apparec-
chino alla dijfefa . Prouate un poco .
Set, Noi faremo ogni cofa, ma guardate a non
ci mettere in qualche trauaglto , che noi
non ce ne pofsiatepoi cauare .
Zel. Non habbiate paura. La mia per fona
far a per cento . Prouate un poco , fu .
Ser. Serra , ferra , ferra .
Zel Mandate fuori le uoci unite .
Ser. Serra , ferra , ferra .
Zel. Accelerate le parole , fi che paiate adirati
da maladetto fsnno .
Ser. Serra , ferra , ferra .
Zel. Serbate a uefìo , lìaricoriattui ad aliare
le uoci .
Mo. Ah , ah , ah .
Zel. T)i che ridete , Signor Monefe ?
Mo. R ido , the pare, che tu uoglta loro infegnd'
re la fifa .
Ser. Alle guagnele , Signor Monefe, none da
ridere . Venjiamo un poco come potrebbe
di caCa tifare quaUhe ceruello bi^arro ,
(y fonarci la jchena con un buon pe'^o
di. legno. '
Mo. Qtiefo mrrei io uedere ,
Ser. Ne io rimarrà , meffere , perche pare, che
altri non habbia quefìo aueìimento, di
dirui ciò , che io fento . Che Dianolo ,'
poi (he noi andiamo a pofìa per entrare io
E yt
ATTO
iaja d* coJloYù , «0» farebbe meglio gri-
dar, apri , apri , the far ferrare la porta f
Zel. Ah y ah y ah.
Mo. Ah , ah .
Ser. Deh rijpondele un poco ancora a me ,
Signor Capitano .
Zel. Di fu .
Ser. Noi fappiamo , che ajjai uolte fi ferrano
degli ufi , 0" non fichiauano , per tanto
io lauderei , che per fare compiuto lauoro
fo/Je meglio a gridare . Chiana , chiaua .
Ze/. Ah , ah , ah . Moi certo non uedejìe mai
bandiere fuentolare , ne gridar , arme ,
arme . Quefìa è una uoce apprejjo coloro. ,
che fi intendono della guerra , latjuale
uien a fignificare che andare hifogm ben
rifireltt mfìeme, zp" non aprire ne chiaua-
re . A Hoi yfarfetti bianchi ,0'ate dalla
penna , che fete capi di Squadre, c^ laa'^
Jpe'^ate , tocca il primo ferire.
Ser. Come il prtirw ferire ì Ejjere i primi ad
andare inan\i f
Zel. Mai fi , io ui fo quefio uant aggio , perche
fo , che defiderate accjuifiar honore
Ser. a/ corpo di San B«omo , non uogliamo già
noi ejjere primi a corre quefie Juflne acer-
he . C'irne canchero efjere quelli , che
uadano inan\i f Quefio honore fa per di
altrui .
Zel. No» dubitate , non dubitate , che io ho
tanto ualore in corpo , die fé e ur amente ne
pofjo fare feudo a tutti uot contro a $acri
Q. V I N T O SS
f^ alle Colubrine .
faremo adunque co/i . Saremo iprtmi ai
andare con fratto , che Jìamo anche i primi
a prouare fé fapremo correre .
Non habbiate paura , m dico io . Vateni
attanti uoi altri . Ecco io ui partifco a
tre a tre per fila , perche con la battaglia
quadrata fi combatte più Jècuramente .
W4 doue è la traue da Jpeware la porta ?
che non domanditu più tojlo oue fiano i
cannoni da ottanta , & da cento , per
fare la batteria ?
Or fu , io faro Capitano , c^ Sergente,
Marchiate tutti meco infume . Via , che
ui facciate fenttre . S» .
Serra , ferra , ferra , ferra .
il principio è fato perfetto. Voi, che
hauete gli archi, Ubaleflre ,gU archibu'
et , ponete mente tche alcuno non uenga
affare dijfefe alle fnefre . Voi altri tutti
che hauete le arme hajlate , siringeteui irt
battaglia dirincontro alla porta , Et fi
come a ualorofi , & €sfor\adi foldati fi
appartiene , ricordateui dello honor mio ,
f^ del uoflro .
Signor , Signore , Siamo rotti . O pouerini
noi , Non uederemo mai più Kodi .
Ah y ah . Qel p/m.ipio da incuorare i foU
dati . che uuol dire f
lo ho fentÌLo gente alla porta . Io fon»
certo , che farà buon numero di gente .
I0 vado in qua .
A T T O
2e/. Anch'io audro ara/Jet tare le ultime Jìle .
Et quando tempo fura ,faro dare princi-
pio siilo affaho .
Ser. Si , cg V 17 ha piantati quk come torrioni
contro le bombarde . Noi faremmo ben
faoschi ad allettare, che elle ne disfa-
cejfero .
Ma. Non ni partite di luogo . State faldi , che
no» farà niente .
Ser. Volta ^ mila. Chi fi può faluare , fi
^aìui.
MiJ. Ah , ah , come di le^ieri fi mettono in
fugagli ejferciti .
PAVSANIA, ZELADELPHO,
SERVI, MONESE.
LAfciate fare ame , che penfo di ripor-
tarne honore. che nouelle fono que-
/?e, 0 buon compagni? lo fo pure, che
noi non meritiamo di an'd^re in prigione ,
aguifa di ribelli , cy che uoi non fete bir-
ri, di uolerà uenira pigliare fino nelle
proprie cafe,
Zel. Che dite noi di nouelle ? Voi^ue ne auede-
rete a mano a mano , one non reflituuiate
il ma! tolto,
P4«. Di gratta gentìlhuomo , fé uoi Cete colui,
cheva qui condottrcofìoro , fiate coment»
di udire quattro parole . ■ .
Q V 1 N r O. 5<J
Ze/. Varoie appunto , , .^
Fan. vah , afcoltate. Che fapeti mt ito , cbt
io intènda dir ut ?
Mo. Eo^b domanda cofa honefia .
zd. O-rJlt . io ne udirò anche quaranta. .
P4«. Gentilhuomojopratlcanco dtììa anima
mia , Crediate , che m cjuejla cafa non fi
troua , ne anche è fiato portato del uofiro
tanto , che mi fiejje fulla Utce de gU oc-
chi. Egli e cefi.
Zel. Se cjuefio foffe il nero , a che fine farefie
mi ufcito di cafa a parlarmi? lo non uè n$
* credo tanto .
Vat4. O , io fono ufi ito , coft affine di torui d$
capo quefia falfa cì'eden':(a , che in cafa
mia fi tram cofa uofira , come ancora
perclje e m'> pure ufficto da huomo da bene
lo tntrometterfi nelle dijferentie , O"
farne iifcire gli accordi .
zc/. In quefìo , cèrto , la fate mi da uecchìo ,
come fete . M4 io non fo fé lecito fia cofi
a ms lo afcoltartti , O' come a noi lo intrO'
metterui negli accordi . Pur dite un poco
ftiCo , che accordo uorrefie uoi , che fi fa-
ceffef . .
Tau. che uolete uoi pi» ,fe non che refiitutto «»
fi^no uofire len'XuoU , O* camicie ?
zel. Ben , quanto fia da qttefio canto , uoi mi
refiituerete ancora la trabacca , la fopra-
uefia , / pennoni , il cimiero , & '^ ^^^^
nente di ciò , che mi è fiato tolto . M4 <i.
coki che fata ì
ATTO
Pan. Io ni diro il nero , c/>s per U hreulta del
tempo non fi è ancora potuto ragionare
con alcuno di loro , il che io pur uorrei fa-
re , per intendere ti penfier loro .
Zel. Qtiella puttana uacca , fé ella mi fi para
dÌ4ian\i .
Vau. O , non dite co fi , pereto che , oue auenljfe^
che ella uoleffe più tofio uiuere a fuo pi ai e-
re , (he al uoftro , io non fi fé la ragione
ui concedere , che le poisfie fare for"^ .
zd. Non dite più aitanti . Come f Penfate mi,
forfè , di ejjère fojficieìHt per farmi met-
ter l'honor mio folto a piedi ah f Vhonor '
tnijahf Hon ne fa fatto nulla . louoglio
ogni cofaper for\a , Ct* "*-'» altramente .
Su ualent'huomint . i^uefia è la uolta dtt
fare la nnprefa .
Ser, S''rra , ferra , ferra , ferra , ferra .
M'j. Ah , ah , ah , ah , ah .
Vau. Ajpettatey ajfjrmateui, una parola . Cer-
tamente , quefio era partito da prendePe ,
luttafìai^a, pofóa che uoi ui mofirate tan-
to ritrofi affarìo , andate che , oue coloro
non fipolfano Jpiccare l'uno dalTaltra , io
ftPglio , che tfi fa dato cincjuanta ducati .
2^^ Chi mi curo io d: c:n:ju.int^ ducati? Sa-
tebbono come una faua ad un Leone .
Vau. Ve «? furo dare fettanta .
ZtL P«r forbici .
Fau. Certo , io non fo perche uoi ut rendiate
tanto df/ìsile . io mt ucrgognerei cjuando
mn cotitfcejy' / 1 o^eita , f/^t io ui ho fat-
ta , non
Q. V I N T O. i7
fa , non ejjère conueneuole .
lei Non è conueneuole , ne ragioneuole ,
?aH. Ve ne faro dare ottanta , cento , fé li do-
uejfe ben pagare io . Vedete , che bella
partita è cjùejìa , & fé mi non bauete a
confentirle ?
lei lo non fono ufoauendere l'honor mio a
contanti , & maggiore Jlima fo io dt
quello , che di tante facultà , come fono
quelle , che io hogiafpefo , &Jparfo nella
Cut a mia. Vna bella, & honefla condt-
tione affé , perche uoi il dite . maifi .
P4«. No« penfate , gentilbuomo\y che io ui
hahbta fatto quefto parlare , per denigra-
re punto lo honore uojìro , Ne perche pia*
tere fthabbia , che Eromane con lei uiua,
come che , uolendo effo cofi , ciò gli fta
ancora per ejfere fofferto dal canto noflr»
per atqiunti dì Ma, perciò che efjendo
egli cofi mia cofa , come dt fuo padre , 19
temo^JÌAndo le cofc in quefla maniera,
dt qualche fcandalo , che /eguire ne pò-
tejje.
Zei lo ucl fo dire io , che fcandalo ne auerra
la prima mlta che mi abbatto allui . Gli
fari) ben io prouare quefìe mie braccia , O*
di che tempra fiano quejìe arme .
Vau, Gentilhuomo mio , io uoglio , chefippiatCt
che noi uiuiamo fotta alla ombra dt tali
Signori , che con la gratta dt Dio, non ci
accade temere dt utfo arcigno . V>enche
ancora, quando altra ragione non àfoffe,
ATTO
/e «0» <^iiell.t , che alle mite fi fanno le
Arme. Ma io non diro più manti , acciò
che Ha me non udiate co fa , che m annoi .
Solamente ui uo^lio ricordare , che a uoi ,
& (là ogni altro dee effere caro il potere
Jperimentare dò , che noi uogliamo, ^
poliamo fi come amici , ma come ni mici
no
Mo. Or fatti un poco in qua zeladelpho .
Ze/. Be« , che mi confìgliate uoi ?
Mo. Io , per me , ti U udo a non lafciare perdere
tante tue robbe , c^ beccandotene fufo
quejìi cento ducati , andare per i fatti
tuoi . Tu fei pmsro , Tu fei sbandito da
cafa tua , (^ Jpendi largamente . Quefia
è una uentura (fé uuoi , che io te'l dica, )
laqy^le Iddio ti manda auanti .
Zel Voi non dite pofcia come fia da [offerire ,
the mia forella faccia a me , ^d paren-
tado nojlro tale uergogna^O, quejìo mi
pare Jìrano .
M<;. Se tu fapejfi , o» potejìi pur fare di meno,
io direi non ci mancare . Minacciala,
tienla rinchiufa , falle fare la guardia.
Ma io ti auifo , che [e ella mrra non ti
giouera il metterle coltelli alla gola , le
prigioni non faranno fof fetenti a tenerla^
ne cento occhi a guardarla . Fercio che allo
appetito di quefle bejìie, poi che elle hanno
una uolta dato della fliena in terra , non
fi troua morfo , che le raffreni .
Zel. lo mi trouo impacciato .
Q_V I N T O. 58
Vedi hoggimai tu . Io ti ho detto il parer
mio .
Or fu , Jpeditela . Che facciamo?
No» lo tenere piu a bada . Kifoluiti di
farlo .
Pigliate quejii cento ducati, & farete
bene .
Uor debbo io acconfentire a cfuejìo accor^
do ? In fomma uoi me ne conftgliate ?
Via, fallo.
Or fu . Certamente quejlo torto non era
da comportare con tanta modejlia, come
io ho fin qui fatto . Et di uero , io farei
huomo^quando bifognd(Je,\non tanto dari-
fèntirmene ,ma da pagamelo a fette doppi .
No« tante parole , digratia . Venite alla,
conchiufione .
Per amore del Signor Mone fé qua , io uo»,
glio lafciarmi reggere . Quando hauro io^
le mie robbe , & qiiejli cento ducati f In
Jìntrion ftpuo riparare , che colti ancora
non uadu a Jlare , con le altre fuepari, a
fatila chiara .
Et tu con lei di compagnia.
Mandate domani a che hora ui place»
Mi date uoi cofl la fede f
Coflui do la mano da leale mercante, C
dagentilhuomo .
Et 10 ancora dono la uitaa quel uojlfo gÌ9
uane,& feruafidr quella poltrona a -"fu A
uogha . ilor fu , Signor Monefe , poi che
quejìa pace è fatta ^ andiamo a h:ri..
ATTO
ÌAo. "E que faranno quella di Marcane. No»
heuo auanti mangiare io. Cojìoro tutti
uerranno , ^ faranno la parte loro , (^
la mia .
Ser. Weniremo a bere , & anche a mangiare ,
perche oltra quella , che hahhiamo fatto ,
fiamo pronti affare molto maggiori cofe
per lui .
Mo. Siaddare lo ajfalto aduna infornata di
pane.
Zel. Honejla cofa è fempre il guidardonare i
ualenti faldati , che nel fatto di arme fo'
no flati cagione della uittoria del Princi-
pe , Si che entriamo . Va/fa auanti phila-
\ ciò tu a rifciaquare i bicchieri . A nueder*
ci Signor ÌAonefe .
Spettatori non affettate , che altri più a
uoiefca. Perciò che laComediaè qui fi-
nita yC^ fé ella ut è piacciuta fate fe^ni
di ìetitia.
J E F I N E.
REGISTRO.
^ B e D E.
Tutù fono Seftemi .
.■irti'- ^^^
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