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l1^^
^.
GOMMENTARIO ALLE PANDETTE
X FBDSRICO G-LUOIC
COMMENTARIO
ALLE PANDETTE
TRADOTTO EO ARRIGCHITO Dl COPIOSE NOTE E CONFRONTI
COL CODICE CIVILE DEL REGNO D'lTALIA
gid »oUo to dtruUme di
FIX^IPPO SERjIlJPIJNX
DIBETTOBI
PIETRO COGLIOLO e CARLO FADDA
LIBRO XIII
Tradotio ed annotaio dai Frofeuori
e. PACcmoHi - e. leoni - c. fidda - l. busatti - a. ascoli
G. FERBINI - I. CUeUSI
VJImAJXO
SOOIBTl BDITRIOB LIBRARIA
Yia Kramer, 4 A • QaH. De Oriito/ori», 64-65
1906
SEP 2 0 1927
Lodi. 1906. — SocioU Tipognfica sacc. Ennio Wilmimt
LIBRO XIII.
TITOLO I.
De condictione fuytiva ')
§ 837.
Diversi mezzi giuridici competenti al deruhato.
Vantaggi della condictio furtiva '').
La condictio furtiva ha ci5 di caratteristico di fronte a tutte le
altre condietiones, che essa compete al proprietario. *Qae8to fatto oon-
trasta propriamente con la natura delle eondictiones le cui formule
8ono rivolte ad un dare opartere^). Ora il dare presappone sempre
cUe la cosa non sia gi^ in propriety di quegli che la pretende. Nee
enim quod <Ktoris est, id ei dari oportet^ dice Giustiniano. Si domanda
quindi: per qnal ragione i legislator! romani introdussero questa
OB) ^ U Inst de acUonibiis [IV, 6].
*) I primi quattro titoU sono tradotti dal prof. G. Pacchioni.
a) BIBLIOGRAFIA. — Baron, Abhandlungen aus dent rdmisehen Civilprocesse,
I. DU Condictionen 1881 §§ 3 e 6. — II. Die adiecticischen Klagen § 3 1882. — Baron,
Pandekten (7.* ediz.). — Windscheid, Lehrb. — Vanoerow, Lehrb. — Witte, Die
Bereicherungsklagen des gemeinen Rechts. Halle 1859. — Voiot, Ueber die condietio-
nes ob causam. Leipiig 1862. — Bekkkr, Die Aktionen des rdmisehen Privatrechts.
Berlin 1871 — Pernicb, Marcus Antistitts Labeo. Halle 1873-78. — Ferrini, La le-
gittiniazione attiva neW actio legis aquiliae [Estratto dal la Rivista italiana per le
sctens'J giuridiche vol. XII fascicoli II-III]. - - FerrinIy Diritto penale romano, Mi-
lano 1889. — Fadda, Rapporti del conduttore coi terzi in materia di danni.
GLftcK, Comnl. Pandetle. — Lib. XIII. 1
2 LIBBO XIII, TITOLO I, § 837.
aiione e le attribuirono una tale spiccata caratteristicaf ^). Al derabata
i}ompetono gi& molti altri mezzi gioridici pei quali egli pub preten-
dere cib che gli ^ stato tolto ed anche piti "^^j. Egli puo cio^ valersi
della rei vindioatio la qnale compete non solo contro il possessore, ma
anche contro qnegli che dolo desiii possidere ^0? ^^ il terzo possessore
osente da colpa deve gratuitamente restituire la cosa al proprietario ''*>
il quale pub inoltre agire cictione ad exibendum. Cib trovasi detto
"0) Vedi Matthaeus, de cnminibm cul lib. XL VII Dig. tit. I cap. 4 num. 1
e Merillius in GommerUar. ad ( 14 Inst, de aetiontbtu [4,6] pag. 474.
71) L. 27 M Dig. de rei vindicat. [6, 1].
72) L. 2 Cod. de furHs [XLVII, 2J ; L. 3 e L. 23 Dig. de rei vindicaL [6, !]•
— TiTTMAKN, Handbuch des gemein, deuiaehen peinl, BechU parte 3 ^ 442.
b) Secondo TaDtico diritto roniano dal delitto non sorgono che due azioni ri volte ad
una pena: anche nella violazione del patrimonio altrui vedeva quel diritto un'offesa alia
])ersona del dominus, onde la prima necessil& che gli si imponeva era di punire Tof-
I'ensore: il concetto del risarciraento dei danni re^tava ancora in seconda linea (Iherino»
Q^eist des rdm. Reehts I § 11). Percid in origine dagli atti illeciti non sorgevano asioni
reipersecutorie. Se in seguito ad un delitto venisse sottratta una co»a, il propriety rio
:iveva naturalmente la rei vindicatio. Ma se la cosa andava distrutta tale azione dive-
niva inepperibile, poiche il principio dolus pro possessione est ^ di origine relativa-
mente recente. Se ua delitto avesse procurato al delinquente un guadagno per altra
guisa che non I'osse Papprensione del possesso della cosa altrui, il danneggiato non
aveya in origine che Tazione penale, poiche non ancora riconosciuta era un*azione ri-
volta alia restituzione dell'indebito arricchimento. Da ci6 due inconvenienti: anzitutto
poteva av venire che il danneggiato non volesse pretendere che il rifacimento del danno
Hofferto, non anche una pena del danneggiante; secondariamente, e ci6 e anche piii ira-
portante, Tazione penale poteva essere mossa contro il delinquente, non anche contro i
suoi eredi. Da ci6 venne svolgendosi il bisogno di azioni rei persecutoriae : s'imponeva
il principio nemo ex suo delicto tneliorem suam condictionem facers potest (L. 134 D.
de dtv. reg. jur, 50, 17): nel momento in cui il patrimonio del delinquente si aumen-
tava in seguito alia sua azione delittuosa, doveva sorgere in lui un'obbligazione rivolta
alia restituzione delTaumento medesimo indipendentemente dairobbligazione di pagare
la pena. L'azione corrispondente a quella obbligazione massimamente doveva palesarst
necessaria nel furto, poiche per esso avveniva normalmente che una parte del patri-
monio del derubato passasse in quello del ladro. Cosl sorse la condictio furtiva. Essa
tendeva a concedere al derubato contro il ladro un mezzo giuridico per ottenere da lui
Tarricchimento ottenuto col furto, quando non fosse piii possibile Tesercizio della rei
vindicatio. A che per6 un tal me2zo riescisse efficace, era necessario prosciogliere Tat-
tore dalla ricerca se la, cosa ancora esistesse in natura; era necessario non dichiarare
inammissibile Tazione quando la cosa esisteva, e quando conseguentemente non poteva
dirst che il patrimonio del ladro si era realmente aumentato. Cosl si accords odio furum
nn' actio stricti juris, una condictio con Vintentio rivolta ad un dare oportere senza
riguardo alFesistenza delPoggetto rubato in luogo del quale, quando esso fosse distrutta
0 danneggiato, succedeva la sua aestimatio, Witts, op. cit. pagine 313-314.
DB OONDICTIONE FUBTIVA. 3
•
dallo 8t38so Paolo nella L. 7 § 1 in fine Dig. XIII, 1 : « Is cui furtuni
^tam est habet et vindicationem habet et ad exibendum actionem s.
Se il ftirto h stato oommesso su di una cosa che formava oggetto di
an oontratto, 11 derabato ha anche Vactio ex contractu^ Oosi dice GiA-
YOLENO neUa L. 71 Dig. de furtia [47, 2J : c SI is, col oommodata
res erat, fortnm Ipslns admisit: agi cam eo et farti et commodati
posse: et si fartl actum est commodati actio extinguitor ». Oltie a
queste azioni che sono semplicemente persecutoiie, 11 derubato ha
infine anche un^azione penale la quale tende talvolta al quadruplo
talvolta al duplo a seconda che sia mossa contro 11 ladro sorpreso
iu fragrante o meno (fur manifestus o nee manifestua) '^^). 016 nulla-
meno non sembro superflua un'altra azlone. Dice Giustiniano al
^ 14 Inst de actionibm [4, 6] : < Plane odio furum, quo magis pluri-
bos actionlbus teiieantur, effectum est, ut extra poeuam dupli aut
quadmpli, rei reciplendae nomine fares etiam hac actlone teneantur :
si appareat eos dare oportere: quamvls sit ad versus eos etiam in rem
actio per quam rem suam quls esse petit }». Solo a speciale &vore
del proprletario derubato venne introdotta in uso la eondictio furtiva
per proteggerlo in ogni evento, quando le rimauenti azioni non fos-
sero per avventura applicabili. Poich^ la rei vindicaUo al pari del-
Vaclio ad exhibendum presuppone che la cosa eslsta ancora in natura,
o che il ladro abbia cessato di possederla dolo malo, mentre la can^
dicHo furtiva ha luogo anche quando 11 ladro non possegga piil la
ecMsia nh abbia cessato di possederla dolo malo '^^). D^altra parte al-
Tattore che aglsce colla eondictio furtiva non incombe la difficile
prova della sua propriety la quale spesso rende Inefficace la rei vin-
dieatio. La semplice prova della sottrazi6ne h sufficiente fondamento
della eondictio furtiva in quanto naturalmente non vi sia contesa fra
pill persone circa la propriety della cosa ''^). Polch^ quando nessuno
'^) i 1 Inst, de obUg. quas quasi ex delicto nascuntur [4, 5].
'7^) i 1 Inst. [4, 5]. Lo stesso f arto non 6 per vero concepibile senza dolo :
gli h per<^ concepibile che il ladro perda sine dolo 11 posseseo della cosii
rabata.
'3) WsRNHKBy SeHecU cbservoL for, tomo II parte IX obs. 78. — Von Qui-
STOBPy Grundsaise des deutsehen peinlichen Bechts parte I $ 584. — Boehmeu
Doctrin, de aeUonib, Sect II cap. 5 $ 36 nota q.
4 LIBBO XIII, TITOLO I, § 837.
si oppone alia pretesa del derubato, a loi giova la presuiizione clie
millta in favore del possessore '^% II ladro infine resta teouto con
questa azione anche quando la cosa h andata distratta per nn caso
fortuito, che I'avrebbe forse oolpita anohe presso il proprietario '^) j
in una ipotesi dunque Delia quale la rei vindioatio neppure h appli-
cabile contro il malae fidei poasessor '^^). Si comprende quindi come
GiusTiNiANO possa dire: <x. plane odio furum effectum esse, ut rei re~
cipiendae nomine fures etiam hac aotione teneantur ]» '^^). UacUo furti
infine non tende alia restituzione della cosa, ma ad una pena privata,^
e perci5 non compete contro gli eredi del ladro ^). Mediante la oondiotio
furtiva inveoe, non solo pub il ladro ricuperarare senza difficolt;& la
cosa sua, ma egli pub anche agire contro gli eredi del ladro, i quali
sono del pari tenuti a risarcimento per il furto ^'). Ben si comprende
dunque ora perch^ al proprietario si sia concess^ una condioUo, in
opposizione al senso della formola rivolta ad un dare opartere. Si
voile a favore del derubato, per considerazione d'equitik, apportare
un'eccezione alia regola, poich^ senza di (Ab quegli che ancora h pro-
prietario della cosa si troverebbe in condizione piti sfavorevole di
quelli che hanno una co)idictio avendo trasferita nel oonvenuto la
propriety della cosa loro. Gosi giustamente considera la cosa il Goo
CEio ^-). La condictio furtiva quindi secondo la formola tendeva ad
un dare oportere^ come Baoovio^^) e Wissenbaoh ®*) seguendo la
Glossa insegnano, ma considerata nei suoi efifetti tendeva realmente
ad una restituzione ^''). E perb non senza fondamento afferma anche
'76) BoEHMER, Meditat, in costiUU, crim. caroUn, art CCVII $ 2 pag. 928.
7') L. ult. Dig. h. t L. 1 J 34 Dig. de vi et vi armat. [43, 16]. L. 2 C. h. t.
— Otto in Oomm, ad ( 14 de acHonibus, Vinnius, OommenU ad eund, $. Vedi
pure questo Oommentario ^ 327.
"7^) L. 15 $ 3; L. 16 Dig. de rei virut [6, I], Vedi questo Oommeniario $588.
f^) NoODT, Cknnmeni. ad Pand. b. t. pag. 234.
^) ^ ult. Inst de oblig, quae quasi ex delicto nascuntur [4, 5]. L. 7 ( I Dig.
h. t L. 12 Cod. de furtia [6, 2].
81) L. 7 J 2 Dig. h. t.
S'-^) lur, civ. contr. h. t Qu. 1.
^) Tract, de actiomb. Disp. IV th. 20.
8^) Exercit. ad Pand. parte I Disp. XXVI tli. 1.
^^) L. 29 M Dig. de verb, oblig. [45, 1].
DB CONDICTIONB FUKTIVA. 5
il YoET ^) che la parola dare nou h usata in questo rigaardo nel
sao vero e proprio siguificato : c nee est, quod quia existimet, impos-
sibile ea ratione peti, at nempe non dominus in doininam ipsnm do-
minlom transferat, si quidem datio tone latins et sensu improprio
aodpiatnr, non pro aotu, quo dominium transit, sed pro quali quali
posseesionis translatioue; eo modo, quo traditio dicitur de manu in
manum datio, et ex depositi, commodati pignorisve causa res dari,
dum traditur. Quamvis et fur heresque eius certo easu dare de suo
teneatur, qnoties scilicet non ultra superest penes eos furtiva res y>.
Qaesta spie^^azione ne sembra per lo meno pid naturale di quell a
data dal Noodt ^'^), che h fondata sopra una finzione. Dice egli :
< Adhuc latet qua ratione fur dicatur ad dandum condictione furtiva
conveniri; cum soli concedatur domino! eiusque, quod est iam eius,
ampliuH dominus iieii nequeat. Aliis aliud sedet: mihi probabile est,
hanc actionis formulam non procedere a vero; sed veteres, ut multa
alia colore aliquo induxerunt ita in proposito voluisse sub isto colore
periculum rei furtivae, si quo fortuito casu pereat, reo, eldemque
fori, tamquam domino, nocere potius, quam actori, ad quem alioquin
jure dominii rei interitus pertineret ex regulis j. Molti perfino cre-
dono di x>otere spiegare la formola dare oportere nella condictio fur-
tiva senza essere costretti ad allontanarsi dall'uso proprio della lin-
gua. CJosi, ad esempio, scrive Hotoma.n '^) : « Superest ut videamus
quo seusu verbum dandi in hac actione accipi o)>orteat. Nam quo-
modo dominii translationem designaret cum ea res sit actoris? Sed
intelligendum est hanc actionem magls ad litis aestimationem quam
ad ix)sam rem persequendam valere ». Anche Bboeus ^-^j e Hubek^*^)
riferiscono il dare oportere della condictio furtiva airestimazione che
per essa vuolsi pretendere, poich^ a questa h generalmente rivolta
Tazione^ e questa per lo meno non h propriety dell'attore. Ma frat-
tanto rimane sempre la difhcolt^ pei casi nei quali Pazione tendo alia
"^ Comment, ad Pand* h. t. $ 1.
^) Comment ad Big. h. t pag. 304.
^) Comment in InsL ad ^ 14 Inst, de action.
^^) ExposiU in lustin. InsUtiUion. ad $ fin. Inst de ohlig. qtuie ex delicto na-
seuntur pag. 711.
iW) Praelect. ad Pand. h. t. i 1 e ad ImtU. lib. IV tit. 6 $ 23.
€ LIBBO XIII, TITOLO I, § 838.
cosa steHsa. II Yinnio ^^) vorrebbe quindi spiegare il dare oon restu
iuere. Fra tutti i commeiitatori il Fabbo ^) ha per6 oolpito mono sul
giusto 1^ dove scrive: <!c Quamvis ftir non fiat dojninus rei furtivae,
iiallam tamen querelae occasionem habet, si ea aotione oonveniatur,
qua conveniri iare posset, si volautas eius effectum habaisset, id est,
si per fartum factas dominus ftiisset Merito igitar coudictione teue-
tur, non ilia quidom, quae dattir ob turpem vel injustam oausam,
qaia ex turpi et injusta ilia caosa dominus factus non est, sed spe-
ciali condictione, in earn rem oomparata, quae iiirtiva dicitur, ob hoc
solum, quia fieri dominus vol nit ». Si sarebbe dunque oonoessa la
conditio furtiva contro il ladro, non perch^ questi sia divenuto pro-
prietario, ma perohfe yoleva tale divenire. € Id equidem non est
'To^ov yaouaxov, diCB HUBEB ^) e ben giustamente; nee idonea ratio cur
Justinianus exoeptionem prodiderit celebrem a regula iuris funda*
mentali, non ex vera iuris ratione, sed ex opinione furis tam falsa
quam malefica ».
§ 83S.
Concetto delta condictio furtiva. Gondiotio certi ed incerti.
La co^idictio furtiva ^^) ^ un^azione personale e semplicemente perse-
cutoria, la quale compete al proprietario derubato ed ai suoi eredi
contro il ladro e contro i suoi eredi, qualche volta oontro quelli che
lo aiutarono, e tende alia restituzione della cosa rubata insieme ai
frutti ed alle aocessioni ^^> Dobbiamo in questo proposito notare
quanto segue :
^1) Comment, ad ^ 14 Inst. IV, 6 num. 2.
^) BationaUa in Pand. ad L. 1 Dig. 1). t
93) Eunomia Rom. ad L. 1 Dig. b. t $ 2 pag. 529.
^^) Qua e Idr nelle font! romane la condicUo furtiva vien chiamata (uslio furti.
L. 14 $ 16. L. 52 $ 29. L. 71 Dig. de furUs [47, 2]. L. 9 Dig. de in lU. jur. [12, 3].
L. 3 $ ult Dig. NauUie caup. et stab, [4, 9]. Condictio furUva ed actio furtiva
sono del resto due cose diversissime. Vedi L. 7 $ 1 Dig. h. t.
^'>) Staauch, Diss. I de oondictione furtiva, Jenae 1656. Diss. II de condiciione
rei JkfUvae. Jenae 1669. — Wildvogbl, Diss, de condicUonis furtivae natura et
DB OONDIOTIONE FUBTIVA. 7
1. La oandietio furtiva compete propriameate solo al proprie-
tario ^), sia egli vero proprietario o pretorio, tale cio^ ohe ha rioevuto
la oosa in buona fede e oon giosto tltolo da un non proprietario*
Questi viene trattato come il vero proprietario ®^). Ulpiano quindi
dice nella L. 1 Dig. h. t: « In fartiva re soli domino condiotio corn-
petit > ''), e nella L. 14 § 16 Dig. de furt. [47, 2] pone come criterio
HSU hodierno, Jenae 1714. — Strbciceei, Diss, de eondictione furliva. Erford 1729.
— Cludius, de condidione furtiva. Lipsiae 1650, 4. — M. Lyklama a NipHOLT,
Opente gralmtae de eondictione furtiva. Lipdae 1616. Veggansi inoltre Duare-
SVB ad U'L Pand. et Cod. de cond, furL e Schipordegher ad Ant. Fahrum
lib. II tract. I de condietione furtiva repetUa praelecU adv. Oujaeium pag. 1 e seg.
*^ ScHiFORDEGHBR ad AnL Fabrum lib. II tit. I Qa. 6. — Noodt in Oom-
ntenC ad Dig. h. t pag. 30^3. — Pacius, Legg. conciUaL Centur. IV qu. 23.
WiLDVOGEL, Diss, cit J 8.
i^") L. 136 Dig. de div. teg. jar. [50, 17].
e) A questa legge sembra ostare la L. 2 D. XIII, 3. Ulpianus, libro decitno octavo
ad Sabinum: « Sed et ei, qui vi aliquem de fundo dejecit, posse I'undum condici Sahinus
scribit, et iia et Celsus, sed ita si dominus sit qui dejectus condicat: ceterum si non sit
possessionem eum condicere Celsus ait ».
Ma in realty la contraddizione e tutta apparente, poiche nella legge citata nel testo
^i parla esclusivamente di furtum rei e condiotio rei, le quali naturalmente competono
<olo al dominus ed ai suoi eredi. Di furtutn rei e condiotio rei traltano anche le-
L. 10 S 3 D. XIII, 1; L. 12 § 5 D. VII, 1; L. § 17 1 D. XIII, 1; L. 8 pr. e L. 10 § 2 I).
eod. Un testo che presenta invece una certa difficolta e la L. 14 § 16 D. XLVII, 2:
Ulpianus libro vicensitno nono ad Sabinum: < Qualis ergo furti actio detur ei,
rui res commodata est, quaesitum est, et puto omnibus quorum periculo res alienae
sunt, veluti commodati item iocati pignorisve accepti, si hae subreptae sint omnibus
furti actionem corapetere: condictio autem ei demum competit qui dominium habet >•
[cfr. L- 12 § 2 D. 13, 1 ; L. 22 pr. D. eod.].
In questa legge infatti si limita la condictio al proprietario dopo avere acoennato al
possessore pignoratizio : la conclusione che poi naturalmente dipende da essa ci porte-
rebbe quindi a negare la condictio al possessore. Tuttavia ii testo pu6 essere conciliato
colla L. 2 D. XIII, 3 in due modi: a) o ammettendo col Voiot (op. cit. pag. 330 not. 278>
fiDterpolazione delle parole pignorisae accepti, nel qual caso potrebbe concedersi avere
Ulpiano ammessa la condictio possessionis , o ritenersi essersi egli riferito colle parole
ultime del testo esclusivamente alia condictio rei; ^) oppure storicamente ammettendo
non avere Ulpiano aecettata la teoria di Celso sulla condictio possessionis. E evidente
che dal punto di vista dogmatico e a preferirsi la conciliazione del Voiot, per6 anche
presciadendo da tale considerazione, questa conciliazione si raccomanda per se atessa,
in quanto e molto probabile che la teoria di Celso sulla condictio possesHonis avef;«e
ai ttrnpi di Ulpiano finito per prevalere nella giurisprudenza. Assai significativa in
questo riguardo ^ Tanalogia offerta AkW actio quod metus caufa^ la quale veniva concessa
per fl possesso.
L» 21 § 2 D. IV, 2. Paulus, libro undecimo ad Edictum: « Qui pos.sedsionem non
!«ai fundi tradidit, non quanti fundus, sed quanti possessio est, eius quadruplum vek
8 LIBRO XIII, TITOLO I, § 838.
dLstintivo fra Vctctio furti e la condictio furtiva, 11 fatto che quella
compete anche al non proprietario : o: qualis ergo furti actio dator el
cui res commodata est, quaesitum est? Et pnto omnibus quorum pe-
rioulo res alieuae sunt, yeluti commodati, item locati, pignorisve ac-
cept! 9s), si hae subreptae sint, omnibus ^) fiirti actiones competere: con-
dictio autem ei demum competit qui dominium habet > ^) non solo,
98) Aloandro e Baudoza Cbstio leggono qui a veluti commodatae, item lo-
-Ciitae, pignorisve nomine acceptae d. Quasi nello stesso modo Schultikg, Thes.
controv. decad. XLV th. 4 : a veluti commodatae locatae pignorisve acceptae y>.
9^) II PiTHOBUS ad (hUaU legum mosaicarum et roman, tit VIII $ 5 nota 22
legge omnes in voce di omnibus riferoDdosi a furH a4itione8, h^omnes andrebbe
spiegato colle azioni in uso ai tempi di Ulpiano : n actio furti manifesti, nee
manifesti, concept!, oblati, prohibiti, non exhibiti d. In ci6 conviene anche
SCHULTING, loc. cit.
simplum cum fructibus consequetur: aestimatur enim quod restitui oportet, id est quod
jibest: abest autem nuda possessio cum suis fructibus ».
E tanto piu significativaf come osserva giustamente il Voiot, loc. cit, in quanto la
€is non solo dava fondamento sAVactio quod tnetus ca%tsa, ma anche alia condictio ob
in^ustam causam ed alia condictio furtiva. Vedi L. 3 Cod. IV, 7; L. 7 D. XII, 5;L. 2
1). XIII, 3; L. 10 § 1 D. XIII, 1; L. 1 § 1 D. XIII, 3.
Anche al possessore derubato si accordo dunque contro il ladro la cotidictio ,
e non solo al possessore di buona f^de; non per6 al ladro (Bruns, Besitzklagen pa-
gina 208l Qucrsta condi&tio non e per6 a considerarsi come una estensione o adattamento
della condictio furtiva, essa e una applicazione della condictio posses.nonis al caso di
furto. E se Labeone nella L. 25 § 1 D 47, 2 la negava, non e gi^, come giustamente osserva
il Ferrini, « pel motivo che egli respingesse la teoria sabiniana sul furto degli immo-
bili bensi come appare dalla L. 2 D. XIII, 3 perche non ammetteva la condictio pos-
sessionis. Infatti dalla L. 67 D. 23, 3 appare chiarissimo che Proculo, il discepolo di
Labeone, non ammetteva in genere la tutela per condictionem del possesso » pag. 15
cota 1.
.d) I testi attribuiscono generalmente Y actio furti in base ^XVinteresse: cuius inter-
fuit non surripi, is actionem furti habet, dice Ulpiano nella L. 10 Dig. de furtis
[47, 2] e Paolo: tuum is cuius interest, furti habet actionem, si honesta causa 6i-
terest e Giustiniano infine nella L 22 Cod. de furtis [6, 2]: 7nanifestisstfni quident
juris est furto perpetrato ei competere furti actionem, cuius interest ne fur turn
committatur. Ma il Windscheid § 453 nota 14 osserva essere inesatte tali espressioni
delle fonti: il concetto delPititeresse non e sufficiente fondamento al sorgere deWactio
furti. E necessario anche che Tinteressato cui- la cosa fu sottratta la tenesse domiaii
voluntate. Tale ulteriore requisito trovasi rilevato nella L. 86 [85] Dig. de furtis [47, 2]
dal giurista Paolo: w, cuius interest non subripi, furti actionem habet, si et 0«/n
tenuit domifii voluntate. II Fadda, Rapporti del conduttore coi terzi in materia di
danni pag. 15 (1) pienamente convenendo nel principio esposto dn Paolo nella T.. 8<'i
cosi molto propriamente spiega le altre leggi criticate dal Windscheid; « E cert9 che
i pas.si nelle fonti che accennano al s-emplice requisito deH'interesse non sono ^satti :
DB <X)NDIOTIONB PURTIVA.
ma neppure ad ogni proprietario si oonoede senza distinzione la c<mi-
dieUo furtvcoy ma solo a ooloro che: 1.^ non solo sono proprietari al
momento in cni si fanno ad intentare razione, ma che tali erano
anche nel momento in oai avveniya il furto ^); 2.^ ohe non si sono pol
ma riteogo che in quei passi non fii intendesee punto dare una norma generate che
definisse completamente i requisiti per la legittimazione attiva neW actio furti, sibbene
appunto determinare solo uno di qnesti requisiti. Tanto e che nel fr. 11 citato st co-
mincia gi& meglio a limitare ii requisito deirintere<«se, limitazione che alia sua volta
manca nel fr. 86 pur cosi completo, appunto perch^ qua si considerava la cosa da un
altro punto di vista »■
e) Questo principio riguardante la conditio furtiva trovasi neile fonli romane stabi-
lito in riguardo sWactio legit aquiliae. Queste due azioni hanno iniatti una grande
analogia fra di loro, specie per ci6 che si attiene al loro fondan;ento giuridico: per6 e
opportuno richiamare le leggi e la dottrina riguardanti Vactio aqmliana a chiarimentn
del principio nel testo rilevato in rapporto alia condictio furtiva. Nella dottrina moderna
il quesito non e sempre stato trattato con speciale attenzione. Come osserva il Lonoo,
Sttidt sulVactio legis tiquiliae. Catania 18S9 pag. 4« i pandettisti moderni si limitano
in generate a dire che Tazione compete al proprietario (cosi Oluck, Erlaut., IX § 704 ;
Arndts-Sbrafini, 8 324; Vanoerow, § 681 D. 1 ; DfiRNBuao, II, 339 § 131). II Pernice
inyece Zur Lehre von der Sachbeschcidigungen nach rdm, Recht, Weimar 1867, p. 183,
esplicitamente afferma essere necessario che il dominus fosse tale al momento in cui
avTeniva il danneggiamento, mentre ritiene indifferente che il dominiu sia tale anche
nel momento in cut si fa ad intentare Tazione. II Castbllari invece mentre natural-
mente attribuisce Tazione al proprietario delta cosa danneggiata, pure afferma che per
peter usare di questa azione non e necessario essere stato doini,\us al momento in cui
avveniva il danneggiamento: Delia lex Aquilia {Arohiv. giur, vol. XXII pagine 396-97).
Le fonti in proposito sono le seguenti
L. 43 Dig. IX, 2 PoMPONius, lib. XI, ad Edictum: « Oh id quod antequam heredi-
tatem adires damnum admissuni in res hereditarias est, legis Aquiliae actionem habes
quod post mortem eius cni heres sit acciderit: dominum enim lex Aquiliae appellat
non utique eum qui tunc fuerit cum damnum daretur ».
L. 56 Dig. XLIV, 7: € Quaecumque actiones servi mei nomine mihi coeperunt com-
petere vet ex duodecim tabulis vet ex lege Aquilia — , eadem durant, etiamsi servus
postea vet manumissus, vel alienatus vel mortuus fuerit ».
L. 11 § 7 Dig. IX, 2. Ulpianus, lib. XVIII ad Edictum: « Si in eo homine quem
tibi redhibiturus essem damnum iniuria datum esset, Jutianus ait legis Aquiliae actio-
nem milii competere, meque, cum coeperim redhibere restituturum ».
L*esame impregiudicato di queste tre leggi, mentre mostra t*erroneiti delta opinione
del Castellari, conferma anche testualmente I'opinione del Pernice, la quale d'altra
parte, come giustamente osserva il E^^errini, La legittim^atione attiva neW actio legis
Aquiliae (Ri vista, itaiiana per le scienze giuridiche, vol. XII fasc II-IIIi, pu6 con sicu-
rezza dedursi datla natura stessa detrazione aquiliana. Pertanto mentre la L. 43 Dig. IX, 2
si spiega perfettamente riferendola al caso speciale che considera di danno dato ad una
res hereditaria (vedi L. 13 § 2 Dig. IX, 2, L. 24 Dig. IV, 16), le L. 56 Dig. XLIV, 7
# L. 11 Dig. IX, 2 esplicitamente affermano Tuna in test generate, I'altra in una evi-
||eote applicazione it principio che Vactio aquiliana spettava a chi aveva il dominium
oeltftimieato in cui avvenniva il danno.
'OLUrK, Comm. Pmuielte. — Lib. XIH. '^
10 LIBRO XIII, TITOLO I, § 838,
spogliati voloiitariamente della propriety /^); 3.^ che hanno avuto in
possesso la oosa rubata ^^). Gonsegaenteinente n^ il legatario n^ Ve-
rede possono muovere colla condictio furtiva, quando la cosa legata
purammite al primo venne sottratta alia custodia del secondo. Infatti iu
questa ipotesi I'erede non era proprietario, ed il legatario dou aveva
posseduto la cosa. Questo ultimo quindi non pu6 che rivendicare la
cosa, poich^ colla morte del testatore la propriety di quella h passata
recta via in lui. « Sed neo legatarius, dice Paolo nella L. 11 Dig.
h. t., condicere potest. Bi enim competit condictio, cui res subrepta est,
vel heredi eius. Sed vindicare rem legatam potest ». Se invece la
cosa, fosse stata legata sotto condizione, I'erede potrebbe, pendente ea
condictione, muovere la condictio furtiva, poich^ durante questo periodo
di tempo egli ha la plena propriety* della cosa ^)»
II ladro pu6 anche essere condannato a pagare il valore per il
quale la cosa avrebbe potuto essere venduta -). Ma se la condizione
si veriflca durante il processo il ladro deve essere prosciolto dall'azione
coutro di lui mossa, in quanto Ferede ha cessato di essere proprietario,
e quindi si considera come se egli avesse con un atto volontario
rinunciato alia propriety. L^atto del testatore, che ha legato la cosa,
10)) Vedi VoBT, Comm. ad Pand, h. t. $ 2. — Paber, BaHondl. in Pand. acl
L. 10 ^ 2 e L. 11 Dig. h. t. — Schulting, Thes. oontrov, Decad. XLV
Thes. 2.
1) L. 12 Dig./ani. hsrc. [10,2].
') PaCIUS, EvavTtovav CentuF. IV Qu. 28.
f) Mentre la condictio furtiva e Vactio legis Aquiliae competono del pari solo a chi
era proprietario al momento in cui awenne il danno o la contrectatio fraudulosa, esse
poi si diversificano in ci6 che raentre il domino che alieni la cosa danneggiata pur con-
serva anche dopo falienazione la sua actio legis aquiliae^ il proprietario invece insieme
a tutti gli altri titolari della condictio furtiva non conserva la condictio furtiva dopo
aver alienate la res furtiva. II Voiot, Ueher di condictiones oh causam pagine 761-762
considera questo principio come una anotnalia riguardante la condictio furtiva, per la
quale anomalia questa azione sarebbe a considerarsi come * un privilegio del derubato
e del suo sirccessore universale ». II Ferrini, op. cit. pag. 4 (delTEstratto) ritiene che
questa differenza di trattaraento si spieghi < collo scopo diverso delle due azioni ».
11 Voiot, op, cit nota 713 « weil durch die Verailsserung die Benachtheiligung sick
aufheht*. L. 10 S3 D. XIII, 1 ; L. 14 § 1 D. XLVII, 22; L. U D. XIII, 1. Quanto pii?
airacquirente, e opportune notare che non acquista ne Yactio legis Aquiliae ne la con*
dictio furtiva.
DE CONDIOTIONfi PUBTITA. 11
viene giaridicaiuente considerato ooxne atto proprio delPerede, e cib
non aolo perch^ Terede rappresenta la persona del de cuius, ma anche
perch^ acoettando Peredit^ egli si h x)osto in uu rapporto quasi oou-
trattuale ooi legatari ^). Tutto ci5 h oonfermato da GiULiiLNO nella
L. 14 pr. Dig. h. t. ove dice: < Si servus fartivus sub conditioue le-
gatus fuerit, peodente ea heres oondictiouem habebit; et si lite con-
testata oonditio extiterit, absolutio sequi debebit perinde ac si idem
serTus sub couditione liber esse iussus fuisset, et lite contestata con-
ditio extitisset: nam nee petitoris jam iuterest hominem reoipere, et
res sine dolo malo furis eins esse desiit. Quod si pendente conditione
judicaretur, judex aestimare debebit, quanti emptorem invenerit > ^).
Spiegasi quiudi anche come Ulpia.no possa dire nella L. 10 §§ 2 e 3
Dig. h. t.: € tamdiu autem condictioni locus erit, donee domini facto
dominium eius rei ab eo recedat, et ideo si eam rem alienaverit,
condieere non poterit. Uude Gklsus libro XII digestorum scribit, si
rem ihrtiyam dominus pure legaverit furi, heredem ei condieere non
poisse. Sed et si non ipsi furi sed alii: idem dicendum est cessare
oondictiouem quia dominium facto testatoris, id est domini disoessit >.
Se dunque la oosa era gi^ stata sottratta al testator.) e questo Pa-
ve va i>oi legata ad un altro, non sorge la condiotio furtiva, Ben
avrebbe potnto muovere questa azione il testatore, ma non il lega-
tario e I'erede. Poich^ la proprietii. passa qui direttamente al legatario,
il quale tuttayia non era proprietario nel momento in cui avvenne
11 furto, ma tale diventa alia morte del testatore ^), II legatario quiudi
puo solo rivendicare la oosa.
Quando invece la propriety non cessa nel proprietario in forza di
un suo atto volontario, allora il derubato conserva la sua condiotio
furtiva : cAb si verifica quando, ad esempio, la cosa sia stata distrutta
dal ladro stesso ^) o quando il derubato sia stato costretto alia divi-
sione dal suo com proprietario. Queste cose ci vengono insegnate da
Ulpiano nella L. 12 pr. e § 1 Dig. h. t. : <k Sed si dominium non
^ Fabri, BationaL in ParuL ad L. 14 Dig. h. t
4) Si coDfroDti la L. 52 J 29 Dig. de /urHs [47, 2].
=») L. 64 Dig. de fuHia [47, 21.
<5) } 26 Inst. ^ rerum divis, [2, 1].
12 LIBRO XIII, TITOLO I, § 838.
tuo fSLQio amiseris, condices. In oommuni igitor re, eleganter ait in-
teresse utram tu provocasti communi dividundo jadicio, ant provo^
catos es: at si provocasti communi dividundo judicio, amiseris condi-
ctionem, si provocatus es retineas ».
La eondictio furtiva compete anche al tutore, poich^ egli in riguardo
all'amministrazione del patrimonio del suo pup llo o curando h con-
siderato come proprietario. Giuliano infatti scrive nella L. 56 § 4
Dig. de furtis [47, 2]: cr quia tutor domini looo habetur, et curator
furiosi adeo personam domini sustinet, ut etiam tradendo rem furiosi
alienare existimetur condicere rem furtivam tutor et curator Airiosi
eorum nomiue possunt }».
L'usufruttuario invece non pu5 muovere la condioUo furtiva, anche
quando il furto h avvenuto sui frutti anoora pendenti. € JuLii^NUS
putat, dice Ulpiano nella L. 12 § 5 Dig. de usufructu [7, 1], quo-
uiara fructus non flunt fructuarii, nisi ab eo peroipiantur, licet ab
alio terra separentur, magis proprietario condictionem competere y>.
All'usufruttuario si concede soltanto, prima della percezione dei frutti^
VorOtio furti : quojiiam interfuit eius, fructus non esse ablates. Al cre-
ditore pignoratizio invece compete la eondictio furtiva, come oondictia
inoerti^ quando gli sia stato rubato il pegno. « Nbratius libri mem-
branarum Abistonem existimasse refert, dice la L. 12 § fin. Dig. h. t.,
cui pignori res data sit^ incerti condictionen acturum si ei subrepta
est y> '^). Questa eondictio incerti tende solo allUuteresse del creditCM*6
pignoratizio % il quale, quando il possesso della cosa non gli venga
restituito, consiste talvolta nel pagamento della somma dal creditore
mutuata al pignorante, talvolta nel rifacimento del valore che aveva
il pegno per s^ stesso, a seconda che il creditore h senza oolpa in
riguardo al furto o vice versa; poich^ in questa ultima ipotesi egli h
responsabile di ironte al proprietario per il valore della cosa. Nella
prima ipotesi invece 11 danno risentito dal creditore pignoratizio si
riduce tutto al pagamento del suo credito o alia sicurezza per il me-
desimo ®j. Se il pegno h stato rubato al creditore dal debitore — cosi-
'') Si confronti anche la L. 22 Dig. de pign, act [13, 7] e la L. 25 $ 1
Dig. de furtie [47, 2].
' ^) Veggasi Faber, RaHotMh in Pand. ad L. 12 $ alt Dig. h. t.
9) Westphal, PfandrecJU J 19 nota 35.
DB CONDIOTIONB PURTIVA. 13
detto/urtum posseasionia ^^) — la conAietio incerti tende solo alia somma
doYxita insieme agli interessi, senza toner conto del valore del pe-
gno ^^) ff).
Si distingue dunque la oondictio furtiva in oandictio certi ed incerti
a seoonda che essa ^ rivolta dal proprietario e dai suoi eredi alia
ricapera della cosa rabata, oppare invece ^ rivolta da un non pro-
prietario ad ottenere Vaestimatio posaesHanis o Pinteresse ^').
1^) L. 10 $ 1 Inst, de oblig, quae ex delicto naseuntur [4, 1].
H) L. 87 Dig. defurtis [47, 2].
i^) Alcuni scrittori respingono quests distinzione : cos) Fabeu de error.
FrcignuUicorum. Decad. LXXXI Err. 3. — Sohifordsgh£R ad AnL Fabrum
libro II tit. I Quaest. 6. — Strauch, Dies, de condicUone furUva cap. Ill $ 13.
— WiLDYOGBL, IH88, de cotuUctione /urttvae naiura ^ 8. Contrariamente inveoe
Bachov von Echt, Tract de acUonibus Dispat IV th. 23. — Voet, Comm.
ad Pand. h. t. ^ 3. — Pacius, Evavno^jav Centur. IV Qu. 23. — Sghulting,
Thea. controv. Dec XLV Thes. 2. — Noodt, OommenL ad Dig. h. t. Lo steeso
Fabro si ^ poeteriormente manifestato in &vore delia distinzione nei BaHon,
in Pand. ad L. 12 $ 1 Dig. h. t. ove dice: <c Est in boc gravissimum error
vetemm omnium interpretum, qui post Accursium et Bartolum negant con-
g\ In rigu^rdo alia •oncessione della condictto furtiva al creditore pignoratizio, la
quale e iodubbta per diritto giustinianeo, vi e nella dottrina controversia, in quanto da
alcuni si vorrebbe estendere questa concessione ad ogni altro titolare di iura in re aliena
da attri invece la si vorrebbe tener limitata al solo caso del creditore pignoratizio. Cos!
scrive su questo proposito il Ferrini, op. cit. pag. 17: « Topinione dominante inclina al-
raffermativa. Un grave argomento in contrario (tanto pi i!i trattandosi app unto del diritto
nuovo) veggo nella recisa affermazione di Stepano ad h. 1. che qui si basa sui priocipi
del jus singulare: rx oc 7ra,>x xavcua, ep gju uTtvix^n xat /xovov /.partC xa.i xara tajv o/aoiuu
OM c^sxreiveTat. Probabilmente si tratta pel jus nuovo di un rimedio introdotto incon-
sapevolmente per via di interpolazioni. Per diritto classico e pero da ritenersi che i
relativi testi trattassero della fiducia fCfr. Oertmann, die fiducia pag. 167; Voiot,
Die XII Tafeln II, 140). In quanto concerne il fr. 22 de pign. act. ormai non e piu
lecito il dubbio, trattandosi di un passo preso dal libro XXX ad Edictum di Ulpiano,
che secondo ia valida dimostrazione del Lenel si riferiva appunto alia fiducia [BeitrCige
nella ZeiUchr. der S. S. R. il. 3, 108 e seg. I parte XIX, 2); anche il fr. 12 § 2 si
spiega Del suo contesto originario assai meglio ove sHntenda della fiducia. Tema di
quella trattaziooe e il quesito se e quando la perdita del dominio coinvolga quella della
eondietio furtL Con tale argomeiito non ha a che vedere « eum. cui pignori res data
est incerti condictione acturum^ si ea surrepta sit • ; mentre si capisce benissimo il
quesito se il debitore costituendo la cosa con fiducia (e cosl alienandola) conservasse o
no /a eondietio furtiva la quale trattazione (ora soppressa) doveva condurre alfaltra se
e con quale eflicacia potesse sorgere la eondietio pel furto operato a danno del credi-
tore fid uciario. Si aggiunga pure la nessuna verosimiglianza che Nerazio, o anzi gi^
Aristone conoBcessero sifTatto impiego della eondietio ».
14 LIBBO XIII, TITOLO I, § 838.
£ controverso se qaest'ultima condictio competa solo al creditore
pignoratizio od auche ad altri che tenessero la oosa rubata in forza
di un diritto personale, come ad esempio, al commodatario, al cou-
duttore o a chi avesse an interesse qualsiasi che la cosa non fosse
rubata. Gerto e che a tutte queste persone competeva Vckctio furii
quando esse fossero obbligate a restituire la cosa al loro autore od
anche solo quaudo fosse statx> in loro facoM il restitiiirla ^'^), e che
non erano tenute a restituire il lucre cosl tratto al proprietario della
oosa ^ *) ^). Sebbene perb a tutte queste persone venga negata nella
dictionem Iianc incerti speciem esse condictionis fartivae, novamque actionis
speciem constituere quae dicatar condictio incerti ». Si confronti anche Coc-
CEJOy Iu8 civ, cotUrov, h. t. Qa. 4 ed Ehminghaus, ctd eundem nota r.
13) L. lOj L. 11 e 12j L. 14 J 2; 10; 12 e 16 Dig. de furtis [47, 2]. L. 85
Dig. eodem. L. 90 Dig. eodem; ^ 15 e 16 Inst de oblig. quae ex delicto na-
scuntur [4, IJ: L. 114 Dig. de div. reguXis juris [50, 17]. Veggasi Schoman,
FragmerUe aus seinen civilistischen and cnmnalisUscl^n Vorlesungen I. Jena 1810.
« 4.
1^) L. 6 Dig. Locati conduti [19, 2]. L. ult Cod. de furtis |6, 2J.
h) Uactio fiirti puo competere al conduttore per due cause ben distinte. Pu6 compe-
tergli in quanto egli sia obbligato alia restituzione della cosa al locatore, e puo compe-
tergli indipendenlemente da tale obbligo, in quanto sia stato privato dei frutti o d*aitri
prodotti o deiruso della cosa che egli ha in locazione. Si riferiscono al primo caso le
seguenti leggi: L. 14 § 2 Dig. de furtis [47, 2], L. 14 8 12 eod., L. 14 § 16 eod., L. 86
[85] eod.^ L. 12 pr. eod.^ Gaio, III, 2(^, Inst IV, 1, 15 [17]. II dominus avendo in tali
casi azione contro il conduttore e normalmente privo d'interesse per agire contro il
ladro. Quando perd tale azione che egli ha contro il conduttore fosse inefficace, allora
egli acquista Vaetio furti direttamente contro il ladro. Cosi awiene a\ quando il con-
duttore e insolvente: si aiitem sohendo non est, ad dominum actio redit, nam qui
non habet quod perdat, eius periculo nihil est (L. 12 cit); b) quando il conduttore
non e responsabiie della sottrazione, o quando sia liberato dsiiV actio locati: vedi L. 91
<90) Dig. de furt. [47, 2] e L. 60 § 2 Dig. locati [19, 2]. Su questa ultima legge veggansi:
Gradbnwitz, Interpolationen pag. 29 e le acute osservaziooi del Fadda, op. cit. alia con-
tronota a, pag. 18 e seg. II Fadda conviene nelTopinione del Gkadenwitz pel quale la
prima parte soltauto del testo fino a sed iudicem.... deve riteuersi genuina, mentre
crede che il rimanente da: sed iudicem fino a compellet sia interpolato; anzi il Fadda
corrobora efficacemente con nuovi argomenti la supposizione del Oradenwitz. Ma si
allontana poi notevolmente dal Gradbnwitz neirinterpretazioue data sia alia parte ge-
nuina del testo che a quella interpolata. Quanto alia parte genuina il Fadda ritiene
•che in essa si tratti della concorrenza della rei vindicatio e delTao^ locati, non gia
<li quella fra Vaetio locati e Vaetio furti, e si conceda al locatore Vaetio locati anche
quaudo gli competa la rei vindicatio op. cit« pag. 21. Quanto alia parte interpolata il Fadda
ritiene che essa modificasse il diritto classico in questo senso: nel diritto classico e fuor
<di dubbio che al locatore noa spetta la scelta Ira Vaetio ex locate e Vaetio furti: cos'i
DE CONDIOTIONB FUBTIVA. 15
L. 14 § 16 Dig. de furtia [47, 2] sopra citata, la oandictio furtiva,
tuttavia crodono molto giaristi ^^) che ad esse dovrebbesi oggi attri-
buire diritti pari a quelli del creditore pignoratizio. Senonch^ la L.
lilt. § 3 God. de furtis [6, 2] aUa quale quest! giuristi si richiamano
parla esplicitamente di aetio furii; nh d'altra parte puo sostenersi
avere in tutti quel casi la condictio furtiva egual fondamento, poich6
laediante il oontratto di pegno si trasferisoe nel creditore insieme alia
deteuzione anche il juB poasesaioniSy 11 che non avviene negli altrl
oontratti *^).
1^) Faber, BaHonaL ad L. 12 M Dig. h. t. pag. 438. — Vgbt, Comment,
ad Pand. h. t. $ 3 in fin. — Merillius, ExposU, in L, decisionum lusiin.
Dum. XIII $ 3. — HuBER, Praeleclion, in Pand, h. t. ^ 10. — Lauterbaoh,
Coileg. th. pr. Pand. h. t. $ 10. — Pothier, Pandect, imUn, h. t. num. V
nota h, — Schmidt, I/ehrbuche von Klagen und Einreden $ 1380.
^6) Veggasi Struv., SynL jur. civ. Exercit. XVIII Th. 53 e ad eundem. —
MnLLER, nota ^'^- — Cocceio, Iiis dv, controv. h. t. Qa. 5 e Emminghaus
ci(2 eundem.
pure per diritto classico non si poteva costringere il locatore a proporre la ret vindi-
catio o la condictio prima deWactio ex locato. Solo il conduttore poteva opporre al-
Y aetio locati la sua actio eas conduoto per far valere il suo diritto che si esperimenti
«lal locatore le condictio siccome e detto nel fr. 60 § 5 cit. Questi erano i principii del
diritto classico. I compilatori rimpastando il teste gli diedero un significato afiatto di-
?erso: < La riconvenzionale che mira ad un obbligo da imporre al locatore gi^ risarcito,
iu trasformata in una eccezione di ordine dilatoria. 11 giudice deve decidere se si debba
agire piuttosto contro uno che contro Taltro. In caso di difficoltit si grave si effettua la
coodanna del conduttore, ma obbligando il locatore a cedere le sue azioni. Questo e
I'obbligo sostituito all'antico di proporre ii locatore stesso Tazione neirinteresse del con-
duttore » pag. 22. Quanto alia natura giuridica delKazione di furto concessa al condut-
tore nel primo caso il Fadda [op. cit. pagine 23-25] confuta la teoria deirUNTERHOLTZNEK
accolta dal Dollmann e dal Wachtbr, secondo la quale dovrebbe considerarsi quell'a-
zione come derivata; in rapporto aXVactio furti spettante al conduttore in quanto
sia ptato private dei frutti, di altri prodotti o delTuso della cosa che ha in locazione
presentano alcune difficolta i seguenli testi: L. 26 § 1 Dig. de furtis [47, 2], L. 83 [82]
Dig. eod.^ L. 52 § 8 Dig. eod.j L. 60 § 5 Dig. locati [19, 2]. Veggasi un'acuta esegesi
di questi frammenti neiroi)era citata del Fadda, pag. 25 e seg. I rlsultati di questa
esegesi possono venire cosi riassunti. Per principio Vactio furti per la sottrazione dei
Irutti, o degli altri prodottti della cosa locata spetta unicamente al conduttore. Essa puo
pero spettare anche al dominus quando il conduttore non paghi fitto, ma divida i frutti
col colono in una determinata proporzione (cos'i si conciliano le L. 26 § 1 cit. e L. 83
[S2) cit.). Eccezionalmente poi, e per la considerazione della speciality del caso, Ulpiano
acconiava Vactio furti al dominus nella L. 52 § 8 cit.: questa speciale sentenza non e
per6 da approvarsi, op. cit. pag. 31.
16 LIBBO XIII, TITOLO I, § 838.
II. La condictio furtiva compete oantro il ladro seiiza distiiizione
fi'a il oaso in oui esso sia manifesto ed il oaso opposto ^'): in quel
easo perb h neoessario che la oosa non sia reperibile presso il ladro o
che egli Tabbia distrutta nel memento stesso del forto ^^). Gonsegnen*
temente essa compete anche contro al rapitore in concorso coll'aotio ri
honorum raptorum i^). Se poi il ladro h state derubato alia sua yolta
•da an terzo della cosa rubata, Tazione ha luogo anche contro qnesto
terzo ^). Se il farto h state compinto da an filius familiaa, potr^ agirsi
eontro il padre solo in qaanto egli sia arricchito mediante il delitto
del flglio, e colla condioiio in peouUum: il flglio in voce h tenuto pel
tatto^M. Colla candiotio furtiva non pab essere convenato che colai
che ha compinto il farto, o il sao erode ^-): essendo oonsiderata come
azione personal^ essa non compete contro il auocessor singuluris ^)
^^) Che debba intendersi per fur manifestus e iiec manifestos insegnano le
LL. 3, 4, 5, 6, 7, 8 Dig. de furtis [47, 2].
IS) L. 10 pr. Dig. h. t.: <i Sive maQifestas fur, sive nee manifestus sit, po-
tent ei condici. Ita demum aatem manifestus fur condictione tenebitur, si
deprehensa non fuerit a domino possessio eius. Oaeterum nemo furum con-
dictione tenetur, posteaquam dominus possessionem apprehendit; et ideo
Julian us, ut procedat in furto manifesto, tractare de condictione ita proponit:
furem deprehensum aut oocidisse, aut fregisse, aut effudisse id, quod inter-
ceperat i>.
19) L. 10 M Dig. eod. L. 2 4 26 Dig. de vi bon. rapU [47, 8 J.
«)) L. 76 $ 1 Dig. de furtis [47, 2].
21) L. 5, L. 19 D. h. t.; L. 3 $ 12 Dig. de pecuUo [15, 1]. Senza fondamento
-sostieDe una diversa opinione Faber, De err, pragm. Dec LXXVIII Err. 3.
Vedi Bachovius, Tract, de aetionibus Disp. IV Th. 22.
22) L. 5 Dig. h. t
23) Di opposta opinione Brobub, Exposit, in lustin, Institut, ad $ 26 lust, de
Ter, dw, n. 3 pag. 325 e Janus a Costa in Comm, ad eund. ^ Inst Ma le pa-
role che trovansi nel $ 26 Inst, de rer. div. : <c nam extinctae res, licet viii-
dicari non possint, condUd tamen a furibus et quibusdam aUis possessoribus pos-
sunt D, dovendo riferim o col Vinnius in Gomm. ad h. $ num. 5, ai makie
fidei possessaribus che devono essere considerati come ladri $ 2 Inst, de usuf.
L. 3 Cod. de cond, ex lege [13,2]; oppure devesi ritenersi col Baro, Gomm,
ud Inst h. t. e col Doujat ad Theoph Paraphras. graec, InsL tomo I pag. 233
delPedizione del Reitz, che nel nostra frammento non si tratti gik di con-
d'ctio furtiva, ma di altra condictio che in case di provato arricchimento com-
pete anche contro i possessor! di buona fede, cio^ la condieUo sine causa. Non
si pu6 peraltro negare che Teofilo nella sua parafrasi greca parla di condi-
ctxo furtiva, Vedi Cocceio, Ius civ. contr, h. t. Quaest. VII, ed Emmikghaus,
>ad eund, nota b.
DE OONDIOTIONE PUBTIVA. 17
coutro il quale dovr^ maoversi colla rei vindicatio o coiroe^io publi-
^iana. In generate pot deve dirsi che qaesta azioiie presappone nel
oonveaato rimpatabiliU: e^% pertaato ha laogo contro i papilli solo
in qoanto essi siauo doU capaces '^); tale presapposto non si richiede
peii) natural men te negli eredi del ladro; questi sono responsabili ex
mtusa furtiva del loro de cuius anoUe quando siauo pazzi od inbuti.
In questa ipotesi Tazioue dovrA eisere intentata contro il tutore ^^).
Se Tazione competa anche coutro chi ha prestato aiuto al ladro e
<x)atrovcrso. Questo intanto e oerto, ohe un semplioe oonsiglio, senza
aiuto niateriale, nou <> sufAciente a far sorgere Tazioue contro il con-
sigliere ^0- ^^ ^'^ ^3. di piu: essa nou compete neppure, a teuore della
L. 6 Dig. h. t., coutro chi ha prestato assistenza al ladro col consiglio
e col fatto (ope cotmlio): coutro questi si accorda V actio furti.
Pert) Paolo, nella L. 53 § 2 Di>^. de verb, signific, [50, 1(5], ci iusegna
per Pappauto il contrarlo; dice egli: «c Aliud factum est eius qui ope,
aliud eius qui consilio furtum facit: sic enim alii coudici potest, alii
non potest ». Per conciliare questi due test! alcuui dicono ^), che a
far sorg^re la condictio furtira contro oolui die ha prestato aiut4» al
ladro a tenor della L. i\ cit nou basta cousiglio e aiuto di loutano,
mentre si richiede (L. 53 § 2 oit.) uu aiuto prestato nel memento del
forto per la sua esecuzione. Altri ^'^) ritengono che il semplioe pro-
curare gli strumenti, scale od altro, alio scope del fnrto non sia
sufficieute, ma richiedouo inoltre che I'aiutante prenda parte airatto
della contrectatio afftuch^ contro di lui possa nmoversi, come contro
ii ladro, la condictio furtiva; che egli abbia ad esempio accolte presso
di si^ le cose rul>ate e le abbia trasportate, Iwnch^ non a proprio
<«) LL. 23 e 24 Dig. de furUs [47, 2].
^'>) L. 2 Dig. h. t <K Condictioni ex causa furtivn et furiosi et infantes obli-
gantar cum heredes necessari extiterunt, q nam vis cam eis agi non possit ».
81 oonfronti L. 2 M l>ig de wlmtU W^l [2f), 7|. L. 48 H Dig- de letj, [30].
Vedi anche Fabeu, Etitionalia ad L. 2 li. t.
2>) $ 11 in fin. de oblu/, quae ex delicto H<i8cnntnr, L. 36 pr. L. 52 $ 19 o
L. 54 M Dig. de furlis [47, 2].
S7) Vedi FoTHiEK, Pand, iusHn. li. t num. XII nota c.
28) VoET, (Jdmm, (ui Pand, )i. t ^ 5. — Pabbr, BdtionaUa ad L. 0 Dig. h. t.
— Stkuvius, Sffnfagm, jitr, civ, Exerc. XVIII tli. 55.
GfjirK, Comm. Pund^Ur. — lib. XIU. 3
18 LIBBO Xin, TITOLO I, § 839.
vantaggio, ina a vantaggio del ladro. Altri ancora^o) richiedom^
una cooperazione dovuta ad una identica iutenzione, cio^ ad aver
parte nel lucro del iiirto. Qaesta sembra a noi ropinioae preferibile.
Infatti alia prima osta il § 11 Inst, de ohlig. quae ex delicto Jiascuntur
combinato colle L.L. 5 e 6 Dig. h. t. : ma la semplice oircostanza dl
aver preso parte al fatto della contrectatio non h suMciente, poiche
questa cooperazione pub essere dovuta non a desiderio di luoio ma
ad inimiclzie verso il derubato, nel qual caso sarebbe fondata \in*actio
furti come auitio poenalis ex delicto ^o), non invece una condictio furtiva
fondata sul principio di equity che nessuno deve arricchirsi a danno
altrui. Questa azione non pub conseguentemente concedersi contro
Golui clie ha aiutato il ladro se non in «iuanto anche a questi possa
applicarsi il concetto del furto ^O-
§ 839.
Fondamento deirazione. — In quanto essa abhia luogo
contro gli eredi del ladro.
La condictio furtiva presuppone sempre un furto nel senso romano ^}y
m
il quale viene concepito come mero delitto privato consistente non
solo nella contrectatio fraudolosa di una cosa mobile altrui O9 ^ <^^^
29) Koch, InstU, jur. crini, J 216 nota 1. — Boehubr, Boctr. de action.
Sect. II cap. 3 J 36. — Quistorp, Orundr. des peinUchen Eechts parte I J 384
nota 5. — Rleinsohrod, Do<Ar. de reparatiom damni deUcto deUL Specimen I
(Virceburgi 17.98, 4) § 8.
^) L. 50 $ 1 Dig. defurU [47, 2]. ScHo3aAN's Fragmenie aus aeinen civUtsH-
schen and crim. Vorles. I $ 5.
31) L. 15 Dig. Ii. t. GoEDDAEUs in Oomment. repet, praelecl. in HI. Pand^ de
verb, signif. ad L. 53 Dig. h. t. n. 17 pag. 576.
33) L. 1 $ 3 Dig. de fart. [47, 2] : a Fartam est contrectatio rei fraudolosa
lacri faciendi gratia vel ipsius rei vel etiam usas eios possessionisve d. Vedi
Kleinschrod, AhhandX, aiis den p^rd. Becht parte II n. 8 e ScH()Man6 Frag-
mente I $ 3.
i) La pill antica definizione di furto a noi conservata e quella di Sabino ap. Gell.
N. A. II, 18 § 20: « qui alienam rem adtrectavit cum id se invito domino facere iudi-
DE OONDIOTIONE PURTIVA. 10
Vantmii« hicri facieiidi fosse rivolto alia sostanza della oosa stessa
{furium rei) o alPuso di essa (furtum U8U8) 3^), ma ooDsistente anche
nella a^ttrazione fatta scientemente Ittcri faciendi catMa della cosa
propria a chl la deteneva in base a diritto dl usufrutto, o in garanzia
di nn interesse, contro il sao volere, o consistente anche nella yendita
di nna oosa eseguita alio soopo di impedire Pazione reale coi solo
tendeva qnella detenzione (<ictio hypothecaria): furium possessionis^^).
Se qnesta azione debba oonsiderarsi ex delicto ^ controverso ^) ^).
33j L. 16 Dig. h. t.: a Qui fartam admittit, vel re commodata vel deposita
utendo oondictione qnoque ex furtiva causa obstringitur d. Vedi specialmeute
^ 6-7 Inst de oblig, quae ex delicto nasc, LL. 5, 8 Dig. commodati [13, 6],
LL. 40, 54, 76 Dig. de fart. [47, 2]. — Schott, Dissertatio de furto tisiis.
Lii>siae J776,
^^) Commette furto il proprietario che sottrae a colui cbe la possiede e
contro la sua volenti, la cosa propria a Ini concessa o per diritto di
p^no, o di usufrutto, o di ritenzione. L. 12 $ 2; L. 15 ($ 1 e 2; L. 19 ^ 5:
L. 20 4 1; L. 59; L. 66 Dig. de fartis [47, 2] e ^ U) Inst de ohltg. ex delicto.
Inoltre commette furto il proprietario cbe insciente e nolente il creditors
vende la cosa a lui data in pegoo: L. 19 $ 6, L. 66 Dig. de furtis [47, 2], o
«be sottrae la propria cosa al possessore di buona fede. L. 20 $ 1 Dig. eod.
Vedi Gkollmans Grunde. der CrimnalrechtstoiasenecJuift $ 178 nota a.
3j) NooDT, Comm, ad Dig. h. t. princ. — Wibbenbach, KxercU. ad Pand,
Disp. XXyi th. 2. — Bachov., De action. Diss. IV th. 21 pag. 155. — DuiR-
8EMA, Conjecturtd. juris civ, lib. I cap. 8. — Laut£rbach, CoUeg. Vi, pr, Pand.
1). t. $ 5. — HuBER, PradecU in Pand. h. t. $ 2. — Boehiier, Boetrina dv
aeUon. Sect. II cap. 5 $ 34. — Hofacker, Pnnc. juris ciinlis tomo III $ 2090.
vare deberet, furti tenetur ». Questa definizione h molto inesatta ed e stata criticata vi-
vamente sia perche essa si riferisce solianto al furtum rei alienae mentre ai tempi di
Sabino era gia noU) il furtum rei propriae, sia perche non parla deWanitnus lucri
faciendi, sia inline' anche perche erronea neirultima sua parte (Vedi in questo proposito
Ferrini, Dir. rom. pen pag. 132). Ln deflnizione sabiniana del furtum fece fortuna;
essa e seguita da Gaio (III, 195), Ulpiano (L. 66 Dig. 47, 2), e Paolo (R. S. II, 31, 1).
Oggetto di viva discussione e la duplicitu di definizione di furtum che trovasi in Paolo
]M>iche mentre nel frammento citato delle R. S. egli si attiene alia deflnizione sabiniana,
nella L. 1 § 3 Dig. de furt. citata nella nota al teste, egli d^ una nuova e piii esatta
definisione. Su questa questione e a consul tarsi la trattazione del Ferrini, Diritto pe-
naU romano pag. 133 e seg.
h) L^indole della condictio furtiva e tuttora contro versa. L*opinione dominante nega
iQ principio che essa sia un*azione deli ttuosa (Saviony, System V pag. 555-564; Sintesis,
II § 109 Aiim. 123; Vanoerow, I pag. 216 III § 679 Anm. 2; Baron, Pand. S 341). Altri
sorittori invece si dichiarano per la natura deIittuo<^a della condictio: cosi Witte, pa-
gine .3^-325; Franke, pagine 28-40. Vedi Windscheid, § 359 nota 14. La difflcolti di
20 LIBBO xni, TITOLO I, § 839.
Alcani lo negano foudaudosi sul f^tto ohe essa non era infamaute, &
soUa droostanza che nella L. 10 § 2 Dig. de oompensat [16, 2J noii
questa questione dipeiide dalia varieta di etfetti aitribuiti alia condictio medesima; ul-
I'uni dei quali sono propri delle azioni delittuose, altri no. La questione dovrebbe quindi
per amor di esattezza eseere posta in questi termini : si ha nella condictio furtiva un
azione delittuosa alia quale si sono aitribuiti degli effetti propri alle azioni non delit-
tuose, o si ha invece un*azioDe non delittuosa con alcuni effetti pi'opri delle azioni de*
littuose? Sia che si pervenga a Tuno o alTaltro di questi risultati dovr^ poi n^empre
spiegarsi la speciality delTazione che consister^ nelPavere, esendo civile, alouni effetti
penali o vice versa, essendo penale, alcuni effetti civili.
Esaminiamo ora anzitutto gli argomenti addotti a sostegno delle non delittuosita
dtlla condietioy roisuriamon*^ la efficacia e confrontiamole poi con quelU degli argo-
menti addotti a sostegno del la tesi opposta. Un primo argomento a sostegno della na-
tura delittuosa della condictio furtiva, si vuol desumere da cio che essa compete solo
al proprietario, o alPavente un diritto reale, o ai possessore di buona fede, cioe solo a
(ali persone che sarebbero protette anche indipendentemente dalla naiura delittuosa
deirobbligazione. Contro questa nrgomentazione, pur prescindendo dalle considerazioni
8 volte nella contronota a pag. 13, 6 decisiva una considerazione logica, che cioe ii
fatto di avere il proprietario ragiono d*es«ere protettx) nella sua qualitii di proprie-
tario, non esclude raenomaniente che egli possa essere protelto nella medesima guisa
con un'azione delittuosa: nulla esclude che possa essere protetto con un'azione de-
littuosa anche chi potrebbe essere indipendentemente da essa protetto; Pargomentn
non 6 dunque concludente. — Un secondo argomento contro la delittuositi della con-
dictio furti lo si vorrebbe dedurre da ci6 che si aff'erma non competere es^a anche
contro chi ha aiutato il ladro. Da cio dovrebbe dedursi essere riposte il tbndamentd-
della condictio furtiva non gi& nella delittuosita del furto ma nel possesso della cosa
rubata. In questo proposito conviene per6 rilevare che il principto cosi recisamente
aff'ermato non ha un fondamento certo nelle fonti. Anzi su qu«'8to riguardo si h»
iieile fonti una antinomia fra le L.L. 5 o 6 Dig. XIII, 1, e la L. 53 § 2 Dig. 4, 16.
K vero che si tenta di togliere di mezzo questa antinomia, ma la molteplicit& stessa det
(entativi ne dimostra la difHcolta (oltre queili sopra addotti dal Gluck vedi anche:
CoHN, Beitrdge zur Beavbeitung des rom. Rechts II pag. 22 e seg.; Baron, Abhandl.
aus dent rom. Civ. Process I, 258 nota 4, contro Lenel, Ed. perp. pag. 262) mentre au-
torevolissimi scrittori non esitano a dichiarare impossibile ogni conciliazione e vedono
iiel contrasto di quelle due leggi una espressione della duplicita di caraltere della con-
dictio furtiva (vedi Windschbid, § 453). Questo stato della dottrina in rapporto alle L.L. 5,.
0 cit., e L. 53 ^ 2 cit. moetra pertanto e per se solo quanto poco efflcace sia Targomenio
<'he dalle leggi medesime vuol trarsi in rapporto alia delittuosita della condictio fur-
tiva. Un terzo argomento a sostegno della non delittuosita della condictio si vuole dedurre
da cio che gli eredi del ladro non sono tenuti soltanto neH'arricchiuiento come genera)-
iiiente awiene nelle obligationes ^.r delicto ma nel tutto: L.L. 5, 7 § 2 Dig. XIII, 1;
L. 9 eod.; § 5 Inst. IV, 1. Questo principio e certamente molto signitlcativo, niadaesso
1 ion puo desumersi il principio della non delittuosita della condictio. Qui viene a pro-
))08ito la considerazione che facevamo al principio di questa nota. K innegabile che la
condictio furtiva ha degli etfetti propri delle azioni civili, nia prima di concludere da
('to che essa sia azione civile, bisogna vedere se tale effetto possa essere spiegnto, pur
tciiendo termo essere essa, fra la causa sua, azione delittuosa. Convincente mi sembra
«iu questo riguardo Tinterpretazione che a questo principio da il Windscheid ($ 425).
Egli parte dalia considerazione che il diritto romano tratt6 in modo affatto particolnre
DB OONDIOTIONB FUETIVA. 21
iosignificautemente essa 6 tenuta distinta dalle actiones ex malejmo.
Essa sarebbe danque a oonsiderarsi fondata sul principio dell'equit^
Tobbligaxion* di restituire rarriccbimento ottenuto media nte una conscia appropriazione^
illecita ifurtiun di cosa mobile, appropriazione di cose immobili>. Qiieeta obbligazioue,
egli ossarva, tende infatti a piii che non sia la restituBione deli^arricchimento; essa tende
ad UD completo risarcimento di danni, il che ha una grande importanza nel caso in cui
11 p(>^sesso della cosa sottratta sia andato nuovamente perduto. In questo caso infatti
c*>lui che ai e illecitamente appropriata la cosa, non e tenuto soltanto, come propria-
mente dovrebbe, al risarcimento d«l valore del possesso, ma ai risarcimento del valore
(lella co^a: L. 7 § 2; L. 8 pr. § 1 Dig. XIII, 1. In altre parole: I*obbIigazioDe di risar-
rire i danni sorgente da 11a appropriazione illecita, viene qualidcata come qualche cosu,
che realmente non e (Gai, IV, 4 (§ 14 Inst. IV, 6); Bekkrr, Aktionen I pag. 105; Per-
NicE, Labeo I pa?. 511 nota 25), dal che vengono tratle varie conseguenze e principal-
mente questa che Tobbligazione passa incondizionatamente negli eredi. Considerato da
questo punt<> di vista Tobbligo degli eredi nel solidum acquista un significato ben di^
verso da quello che ad esso vogliono attribuire i sostenitori della non delittuosit^ della
condicito furtiva, poiche auziche provare questa non delittuositA esso mostrerebbe che
airazione per se stessa delittuosa si attribui una qualiilcazione non deliltuosa per ren-
•lerne roaggiore Pefficacia
Un quarto argomento a sostegno della non delittuosita della condictio furtiva si
vuol infine trarre da cio che per il furto commesso da un fiirlio di famiglia o da uno
schiavo si concede nelle fonti uuactio de peculio nelParricchimento contro il padre <>
il domintts . Ci6 trovasi detto nella L 3 § 12 Dig. XV, 1. Ulpianus, libro vicensimo
nono ad Eciietuni: ^ Kxhirtiv a csluskCiWo quidem t'amilias condici posse constat, an vero
in patrem vel m dominum de peculio danda est quaeritur: et est verius in quantum
locupletior factus esset ex furto facto, actionem de peculio dandam: idem Labeo probat
quia iniquissimum est ex furto servi dominum locuplelari impune, nam et circa rerum
amotarum actionem filiae familias nomine in id quod ad patrem pervinet competit actio
de peculio ». Vedi anche L. 30 pr. Dig. XIX, 1.
Ora da questi testi cosi si argomenta; poiche coW actio de peculio non si possono
far valere obbligazioni delittuose (vedi Baron, Pand. § 311 Id. e § 221 nota ZK se si
accorda questa azione per far valere il contenuto della condictio furtiva contro il padre
•hI il dominiu, conviene concludere che Tobbligazione che si fa valere colla condictio
medesima non e delittuosa. Tale argomentazione viene per6 giustamente combattuta dal
WiNDSCHBiD, § 425 nota 4, il quale osserva come Tobbligazione del padre e del dominus
viene nelle leggi citate limitata alfarricchimento aituale e che Tobbligazione nelTarric-
chimento attuale non la si era voluta escludere quando si poneva il principio che « ejc
poenalibua actionem non solet in patrem de peculio actio dari ». Anche questo quarto
argomento addotto a sostegno della non deliltuoi^ita della condictio furtiva non e cer-
(amente decisivo (Sulla L. 3 § 12 Dig. XV, 1 vedi Baron, Die adjecticischen Klayen
jmg. 19 e seg. e opere ivi citate).
Fin qui abbiamo esamioati gli argomanti addotti per provare la non delittuositii della
condictio furtiva; ora dobbiamo esaminare gli argomenti addotti a sostegno della de-
littuosita. Prescindendo dalle leggi citate nel testo a sostegno della delittuosita della
condictio furtiva si adducono le seguenti leggi:
I) L. 1 Cod. IV, 8: < Imp. Dioclbtianus et Maximianus XX et CC Hermogeni Praeses,
provinciae, sciens furti quidem actione singulos quoque in solidum teneri, condictionis
vero nummorum furtim subtractorum electionem esse ac tum denum, si ab uno satis-
factum fuerit, ceteros liberari, iure proferri sententiam curabit>.
22 LIBBO XIII, TITOLO I, § 839.
naturale al pari delle altre condictiones: e Maboiano infatti la fa
discendere esplicitamente ex iure gentium: L. 25 Dig. de ctct rerum
<imot [25, 2]. Altri scrittori invece la ritengono actio ex deliaio fon-
dandoai sulle L. 11 §§ 5 e 6 Dig. de ctct rerum amot e L. 36 Dig. de
oblig, et ationihm [44, 7] ^fi). Queste due opinioni possono veuir con-
3<>) VoET, Comm, ad Pand, h. t $ 2. — Cdjacio, OhservaU lib. XIII cap. 37.
— Struvio, Synt jur. civ, Exerc, XVIII Th. 50. — Strauch, Diss, de condi^
cHcne furtiva cap. II.
Da qhesta legge risulta che piu ladri sono tenuti colla condictio furtiva in soUdum,
e questa solidarietA dimostra la delittuosita della obbligazione loro.
II) L. 4 Dig. XIII, 1. Ulpianus, libro quadragensimo primo <wi Sabinum: « Si'servus
vel Alius familias furtum comraiserit condicendum est domino, id quod ad eum pervenit^
ill residuum noxae servum dominu^ dedere potest ».
Da questo testo si deduce la delittuositA della condictio furtiva in quanto in esso
pel furto dello schiavo o del figlio di famiglia si accorda Tazione nossale contro il padre
o il padrone (Vedi Savigny, System V pag. 568; Bekker, Aktionen II, 123 nota 42;
WiKDSCHEiD, loc. cit. e Baron, Die adject. Klagen pag. 19 nota 8 il quale ritiene es-
sere s(ato questo testo toccato dai compilatori in quanto neiruUima proposizione non
si parla piu del filius familiae).
III) L. 8 § 1 Dig. XIII, 1. Ulpianus, libro vicensimo septimo ad Edictum: *. Si eiT
causa furtiva condicatur, cuius temporis aeslimatio tiat quaeritur, placet tamen id tempos
spectandum, quo res unquam plurimi fuit, maxime cum deteriorem rem factam fur
dando non liberatur: semper eum fur moram facere' videtur >.
Anche da questo testo risulta il carattere delittuoso delKobbligazione che si fa ralere
colla condictio furtiva, carattere che in queste sue manifestazioni non e ne potrebbe
essere negato da alcuno. Senonche rimane la difficoltA di conciliare questi dati fra di
loro contraddittori e definire la vera indole della condictio furtiva. Qui anzitutto ne
sembra inaccettabile la dottrina esposta nel testo, la quale distingue fra fondamento
prossimo e remoto della condictio furtiva: questa distinzione potr^ spiegare come hi
condictio furtiva abbia potuto assumere una oosi singolare figura giuridica, ma non la
giustifica menomamente. Non si pu6 concepire giuridicamente un'azione con due fonda-
menti, Tuno prossimo, Taltro remoto: il primo esclude naturalmente il secondo. Ma
neppure e possibile definire nettamente la natura della condictio furtiva ascrivendola
ad ima categoria gia formata (azione delittuosa, o non delittuosa). Non resta dunque che
attribuirle una duplice natura; il che equivale a dire che la condictio furtiva ^ unVziono
sui generis Ci6 per vero pin o meno esplicitamente devono ammettere gli scrittori
fliflferendo fra di loro solo in cio che alcuni sostengono essere in essa prevalente la na-
tura propria alle azioni di arricchimento in genere, altri invece ritenerido in essa pre-
valente la natura implicata dalia sua causa concreta: il furto. Quale e la preferibilie di
queste due temlenze? L'esame critico cui abbiamo sottoposto gli argomenti addotti a
sostegno della prima ci inducono a propendere per la seconds. Gli 6 infatti ben piu
difficile il poter conciliare colla prima tendenza tutti gli effetti penali della cotidictio
furtiva, che non coUe seconde gli effetti non penali. L'effetto principale della condictio
furtiva incompatibile colla sua natura delittuosa e infatti riposto in cio che essa com-
pete contro gli oredi colla stessa efficacia che contro il ladro medesirao. Ma questa
DE OONDICTIONE FUBTIVA. 23
dilate ira di loro distiagueudo fra fondamento prossimo e remoto
delPazione. Che i giuristi romani fondassero Tazione non direttamente
sol fiirto ma sul principio che nessuno deve arricchirsi a danno altrui ,
QOQ h dubitabile in base ai test! citati a sostegno della prima delle
snesposte opinioni. Ma h del pari iiiDegabile che il farto deve x>er lo
meno essere cousiderato come il foudamento remoto dell'azione ^).
Ora per questa considerazione si spiegano gli effetti special! delPa-
zione che sono stati rilevati dal Hellfeld. In causa del suo pros-
simo fondamento, dob, I'azione compete anche contro gli eredi, nel
tatto e per vero indipendentemente dal fatto di essere essi arricchiti
o meno^): contro ciascuno perb in proporzione della sua quota ere -
ditaria. H Guiagio ^) ^ per vero d'altra opinione. Egli sostiene che
Tazione compete contro gli eredi solo nel concorso di queste condi-
zioni: o che essa sia gi^ stata mossa e contestata contro il ladro, o che
gli eredi siano stati effettiyameute arricchiti. Ma dedsiyi in iisbvore
della nostra opinione sono i seguenti testi:
L. 7 § 2 Dig. h. t. Ulpianus, libro quadragensimo secundo ad Sa-
Mnum : < Gondictio rei furtivae, quia rei habet fersecutionen, heredem
quoque furis obligat: nee tantum si tivat servus furtivus sed etiam
si decesserit. Sed et si apud funs heredem diem suum oblit servus-
fnrtivus, vel non apud ipsum, post mortem tamen furis dicendum
est eondictionem adverstuf heredem durare. Quae in herede diximus^
eadem erunt et in caeteris successorlbus ».
3^ Vedi W£B£R, sm Hopfners Commentar iiber die InstitiUionen i 1030 nota 3.
38) L. 1 pr. Dig. de prk\ delict. [47, 1].
39) ObaervaU lib. VII cap. 37 e lib. XIII cap. 37* Questa opinione ^ stata
fondamentaliuente confatata da Faber, BaiiottaL in Pand. ad L. 9 h. t. e Be
err, pragmaU Decis. 78. — Baohovio, TrcLct. de action. Disp. IV Th. 21. —
— Mebilliub, Observat, lib. VII cap. 3 o Varianiium ex Gujacio lib. I cap. 21
— CosTANTiNKUs, SubL EnodaHon lib. I cap. 10 (nel T/ies. di Otto tomo IV
pag. 496) e Schiffordegeb ad AnL Fabnim lib. II tract I Qu. 9.
particolariUi pu6 benissimo spiegarsi quando si pens! alio scopo pel quale la condictio
medesima fu introdotta (vedi Windscheid, § 425 nota 3 e 4), per il quale si pu6 benis-
simo coQcepire che veaissero ad essa attribuiii anche effetti speciali alle azioni non de-
iittuose per accrescerne Tefficacia.
24 LIBBO XIII, TITOLO I, § 839.
Inoltre :
L. 9 Dig. eo(!. UlpiA-NUS, libro trigensimo ad Edictum: c lu condi-
ctione ex causa ilirtlva nou pro parte, quae perveuit, sed in solidum
tenemur, dum soli heredes sum us: pro parte autem heres, pro ea
parte, pro qua heres est, tenetur ».
Ne a queste leggi contrasta la
L. G § 4 Dig. de act rerum amot, [25, 2]. Paulus, libro septimo
4nd Sabintim: oc Heres mulieris ex hac causa tenebitur sicut condi-
•ctionis nomine ex causa furtiva >
poich& gli h erroneo il credere che Vactio rerum amotarum competa
contro gli eredi solo in quanto essi siano ^rricoliiti: al <K)ntrario Ic
due azioni sono in questo riguardo completamente parificate. Espres-
«amente ci dice la
L. 11 § 5 Dig. eod. [25, 2]. Paulus, libro trigensimo septimo ad
Edictum : o: llaee actio ( sc. rerum amot), licet ex delicto nascatur,
tamen rei persecutionem continet sicut et condictio furtiva ^.
A tale aftiBrmazione non osta il fotto che nella L. 3 § ult Dig.
eod. si accorda Vactio rerum amotarum contro il ])adre in base al de-
litto della flglia morta, solo per Tarricchimento. Poich^ tale decisione
ha un suo speciale fondamento: gli h che il padre riceve i beyi p la
4o8 profeticia della figlia noii come erode, ma jure patriae potestatis.
E d'altra parte la L. ult. Cod. rerum amot [5, 21J, alia quale si ri-
chiamano gli scrittori avversari, puo essere intesa cosl, che gli eredi
possono essere convenuti per le cose dalla loro testatrioe sottratte al
marito, non come debitori correal!, ma in proporzione delle rispettive
•quote ereditarie ^% Poich^ essendo noto che gli imperatori romanl
nei loro resoritti s'attenevano normalmente al diritto oomune, cosi
I'interprete deve per quanto (^ possibile spiegare i loro rescritti con-
formemente al diritto delle Pandette i^).
40) Vedi VoET, Oomm, ad Panih h. t. $ 4. — Westenbeug, Dig, lib. XX\"
tit 2-22, — Kleinschrod, Doctritia de reparatiotie damni delicto dati. Spec. I
■^ 12. — Janus a Costa, PraelecL ad iUmli\ tptosdam tUidos locaque set. iiiris civ.
pag. 215. — GiPHAKii, Explan, difficilior, LL, (hd, ad L, tdL rerum amoUirmn
pag. 455. — CocCEJi, jar, civ, contr. h. t. Qa. 6 et ad eundem EaiminghauS;
nota X.
4») Vedi Thibaut, Tlieorie der logischcn AmUgung der B. R, $ r38.
DB OONDICTIONE PUBTIVA. 25
PoicU^ la co7idict%o furtiva ha il sao remoto fondamento in an de-
litto, si c^mprende oome piti peraone ohe abbiano insieme compiato
U farto siano responsabili nel tntto senza benefioio di diviaione ^^).
Sicoome pero la condietio furtiva nou h azione penale, oosl si oom-
prende anohe ftMdlmente come mediante la prestazione di uno riman-
gano liberati andie gii altri ^). Da ci5 oonsegae anohe che I'azione
non e inf^mante ^V), percio essa ootnpote anche oontro persone coi e
domta reverentia ^^),
^ 840-841.
A eke tenda la condietio fartiva. — Come ai determini il valore
della cosa r^ibata.
La condietio furtiva teude alia restitozione della cosa rabata insieme
ai Iratti da essa tratti o trascurati *^); inoltre alia prestazione del-
I'interesse *'^). Essa pa5 quindi indnbbiamente tendere anche alia pre-
stazione dl usure ^^). Se il ladro ha trasformata la cosa riibata, o I'ha
fatta trasformare, se egli e. g. ha fatti dei oalici ooU'argento rubato
o del vino colPuva, pu5 essere tenuto a oonsegnare le cose nuove
co^ ottennte senza poter pretendere il costo di trasformazione ^^) ;
inoltre, almeno a tenore dei testi delle Pandette, gli h indifferente
che le nnoye cose possano o meno essere rimesse nella loro originaria
forma ^). Poich^ secondo la teoria dei ginristi classid, il cambiamento
«) L. 1 Cod. h. t
^) Klsikschrod, op. cit 1 ^ IMO.
-14) L. 36 Dig. de ohlig. et action. [44, 7].
IS) L. 3 ♦ 2 Dig. de act. reram amot. [25, 2] : L. .52 4 6 Dig. de furtis [47, 2 J
e Mueller ad Struviwm Exerc. XVI II tb. 54 lit o num. 4-6.
W) L. 8 $ 2 Dig. h. t.; L. 2 Cod. de fruct, et lit expen. [7, 51].
H) L. 3 Dig. h. t
4S) HoHHELy Bhapsod, QaaeaL for, obs. 28 in fine. Quistorp, Bechtliohe Be-
merkung* I Bem. 73.
4») LL. 13, 14 Dig. h. t.
5*>) L. 52 i 14 Dig. de fnrtis [47, 2].
r'lLiicK, Comm. Pandftte. — Lib. XIII. *
26 LIBBO XIII, TITOLO I, § 840-841,
di forma non toglie il carattere della iiirtiyit^ ^^). Siccome pero per
dirltto giustioianeo ^') lo speciftcante diventa, qaando la cosa nou
pub pill essere ridotta alia sua forma orlginariay proprietario della
nuova spede ottenuta, onde oons^guentemente tale nuova specie perde
il vitiun originario ^), oosi in tali casi h a conaiderarsi come non pi it
esistente la cosa rabata, e si pub quindi richiederne il valore ^^).
Ma se la cosa non esiste piti, sia che il ladro I'abbia distrutta, alie-
uata, o consnmata, o che sia andata distrntta o perdata per caso
fortuito ^)y puo in sua vece pretendersi ooUa condictio furtiva il mag-
gior valore della cosa raggiunto prima che fosse derubata ^). Dice
Ulpiano nella
L. 8 § 1 Dig. h. t. Ulpianus, libro vicensimo septlmo oci Edictum:
< Si ex causa fortiva res condicatur cuius temporis aestimatio fiat
quaeriturt Placet tamen id tempus spectandum, quo res unquam
plurimi fuit: maxime cum deteriorem rem factam fur dando non li-
beratur. Semper enim moram fur facere yidetur » 0- ^^^ ^ appunto
^^) L. 4 $ 20 Dig. de usurpation, ei usucapion. [41, 3].
52) $ 25 Inst, de rer. div. [2. 1].
53) Westphal, System des B. E. iiber die ArUn der Sachen $ 730 cfr. $ 46U
— Thibaut, Ueber BesUe und Verjahrung II J 22.
5i) $ 26 Inst de rer, div,
5") L. 3, L. 8, L. 16, L. 20 Dig. h. t, L. 2 Cod. eod,
53) Si afferma da alcuni che nel diritto odiemo la condictio furtiva tende
solo al valore che la cosa aveva nel momento in oui venne rabata: vedi
QuisTORPy Grunds* des peinl, BeeJits I } 384. Tale affermazione h infondata :
veggasi Titthakn, Handbuch des deiUsohen peinl, Bechts parte III $} 429 e 505.
I) Alia L. 8 § 1 cit. trascritia nel testo sembra contraddire in qualche modo la L. 2^
§ 3 Dig. 47, 1. Ulpianus, libro quadragensimo tertio ad Sabinum: « Quaesitum est, si
condictus fuerit ex causa furtiva an nihilo minus lege Aquilia agi posse, quia alterius
aestimationis est legis aquiliae actio, alterius condictio ex causa furtiva; namque Aqui-
liae earn aestimationem complecitur, quanti eo anni plurimi fait, condictio autem cjr
causa furtiva non egreditur retrorsun judicii accipiendi tempus ».
In questa legge rilevando la diversity che intercede fra Yactio legis aquiliae e la
condictio furtioa, in riguardo al loro contenuto, Ulpiano dice che mentre coll' actio-
legis aquiliae si pu6 domaadare il maggior valore raggiunto dalla cosa nelTanno ante-
riore alia sua istruzione colla condictio furtiva : non egreditur retrorsum judicii
accipiendi tempus. Ora potrebbe intendersi questa frase nel senso che il contenuto della
condictio furtiva si avesse da determinare soltanto al momento delPintentamento del-
Pazione. Ma una tale interpretazione oltre che in contrasto colla frase judicii accipiendi
DB OONDIOTIONB FUBTIVA. 27
perch^ il furto foiida robbligazione di restitoire la oosa nel momento
in cui ayyiene ^'^)i tale mora si veriftca perfino nel furtum usus '^^). Del
resto la candictio furtiva vien meno quando Fobbligazione aorta dal
fnrto h stata tolta rnero^ novazione ^% o quando il ladro ha cessato di
^saere in mora avendo offerta la restitnzione dell^ ooaa ed il derubato
essendosi rifiutato di riceverla ^) o quando il derubato ha riottenuta
la cosa, o ne ha ricevuto il valore ^^). Essa invece nou viene meno
merc^ la pnnizione del ladro ^^).
^~) La L. alt Dig. b. t dice: <e qui invito domino rem contrectavit semper
in restitnenda re, quam nee deb ait aufferre moram facere videtar 9. E poicht^
dal principio di questa mora si ritiena sorgere I'azione si spiega come la
L. 2 $ 3 Dig. de privat. delicL [47, 1] dica: <c condictio ex causa furtiva non
egreditar retrorsam iudicii acclpiendi tempas 9. Qui non si parla del tempo
nel qaale I'azione viene intentata, coma a torto ha ritenato il Faber {Oonject,
iur, civ. lib. XVI cap. 2) e Pespressione iudicii accipiendi tempos indica quelPin-
tero periodo di tempo nel qoale la condicUo poteva essere intentata, finche
esea lo fu realmente. Vedi Jensii, Slrietur. in rom, iar. Pand. ei God. pag. 48fK
VoET, Cdmm, ad Pand. h. t. $ 6. — Cocceii, iar. eiv. contr, h. t. Qu. 8,
•'>^) ScHOMANs Fragmente I {i 8 pag. 31.
S9) L. 17 Dig. h. t, L. 20 J 1 Dig. de verb, ohlifj. [45, 1].
^) L, 8 pr. Dig. h. t, L. 2 Cod. h. t., L. 72 M Dig. de soluf. [46, 3]. —
KooDT^ Comnu in Band. h. t pag. 304.
6«) L. 10 pr., L. 14 $ 2 Dig. h. t. — Voet, h. t $ 8. — Schomans Frag-
menle I $ 8.
^^ Vedi BoEHMffTRi, Observationes eelecL ad Carpsovium Qnaest. LXXX ob-
.serv. 10. — Wernhek, ObeervaU forens, tomo I parte IV obs. IV n. 123. —
TrrTHANN, Handbuch III $ 505.
tempiu che non h equivalente a tempus jiidicii accepti, condurrebbe anche a questo
strano risultato che il derubato nulla potrebbe ottenere dal ladro quando la cosa ai
momento dellMntentata condictio furtiva fosse gii distrutta. Questa interpretazione e
dunque da respingere. Invece si ottiene una perfetta intelligenza del testo riponendo in
ci6 la distinzione che in esso si rileva fra actio legis aquiliae e condictio furtiva che
con quelle si puo domandare il maggior valore raggiunto dalla cosa prima che fosse
distrutta, con questa invece solo il valore raggiunto dalla cosa dopo il furto. II momento
del furto viene identi&cato col momento deirintentata azione, perche Tazione compete
appunto dal momento del furto, e pud in quel momento essere intentata.
TITOLO IL
De condictione ex lege
§ 842.
Conoetto e determinazione di questa ooadiotio.
Tutte le oondiotiones delle qaali abbiamo tin qui trattato soao iu-
dicate nelle leggi con una speciale denominazioae. La condictio ej^
lege della qaale dobbiamo ora ocoaparci appartleae inveoe alle azioni
innominate. I legislator! romani avevano oeroato per qnanto era
possibile che non mancasse azlone contro oolui clie per an fattx> le~
cito od illeoito si fosse obbligato di fronte ad altrl. Percib si erano
introdotte per ognl negozio azioni con nomi e formole proprie. Orih
OiOEBONE ^) poteva ai suoi tempi dire: aunt jura, aunt formulae de
omnibua rebua oomtitutae, ne quia aut in genere injuriae, aut ratio)^
actiania errare poaait Expreaaas aunt enim ex uniua ouiuaque damno,
dolore incommodo oalamitate, injuria publioae a praetore formulae, ad
quoa privata lia acoomodatur. Pare nello svolgersi della vita naovi
negozi venivano continnamente presentandosi pei qnali non trovavasi
neW album formularum nh azione n^ nome. Si pensi ai contratti inno-
minati. Per questi i giuristi romani oonoepirono la formola delPazione
in armonia oolle circostanze del fatto loro proposto, e chiamarono
tali azioni innominatd ool nome generioo di aotio praeacriptia verbia -).
Inoltre col progredire dei tempi vennero riconosciati moiti atti, e
1) Orat III pro Boseio Oomaedo cap. 8.
2) L. 1, IJ, 22 Dig. de praescr, verb. [20, 5]. L. 6 Cod. de transact, [2, 4].
Meistbr, Di88» de acHonihiis in factum ^$ 29 e 32 (in opusc. tomo I pag. 360
e seg.
Dfi OOIYDIOTIONE EX LEGE. 29
molti Gontratti che secondo i principii dello strictnm ju$ aon pro-
duoevano azione alcuna. Si peosi ai pcusta legittinva e ai pacta jprae-
ioria, Ayrebbero potato qaesti patti essere aanoverati fra una qualohe
(sategoria di oontratti; essi farono inveoe trattati oome patti azionabili
peroh^ tali divennero qoando la serie dei ooutratti era gi^ ohiosa ^).
L'azione per jhr yalere qaesti negozi giuridioi o era 8i)eGialineute
indicata coa nnove disposizioni, oosl e g.: actio de constituta pecunia,
netio hfpoteoaria, o non aveva aome proprio. In qaest'altimo caso
esa yeniva duamata aotio in factum o condietio ex lege ^).
Candietio ex lege h doaqae qaell'azioae personale che ana naova
le^e introdaoe aequitatis causa a tatela di rapporti non rioonosoiuti
dall'antioo diritto oiyile, e che non ha an nome proprio ma yiene
indicata merc^ citazione della legge dalla qaale era 6tata iutrodotta.
Dice Paolo nella L. an. Dig. h. t. : c Si obligatio lege noya intro-
daeta sit, nee caatam eadem le;^e qao genere actionis experiamor,
es lege agendam est r> ^).
Da oi6 discendono le seguenti yeritii:
L La cofidictio ex lege h fondata sopra ana obligiUio: essa ^ qaindi
oome ogni altra oonddctio nn'azione personale. Non pa6 ammettersi,
oome alcuni yorrebbero, ana condietio ex Novella 18, cap. I o ftv No^
vdla 115, cap. 3 e 4, poich^ nei casi dei qaali si oooapano qneste
3) Vedi Hugo, OioiUsL Magazin vol. I pag. 456.
4) Straugh, De condkUone ex lege, Jenae 1716. — Sturm, DisserU de pactut
fegiUmis et condi<^mbu8 ex lege merito suspeetis. Vitembergae 1754. — Westem-
BERG, De caune obUgaOoni Dissert. IV [Operum a Jo. Henr. Jnngio editor,
tomo I pag. 98 e seg.)*
a) Giustamente in riguardo a questo testo osserva il Vanuekow, I, pag. 202, che esso
non ha tanto importanza in quanto per esso si accorda un*azione per un fatto non con-
MJerato per diritto civile, ma in quanto stabilisce che dove una legge introduce
una nuova obbiigazione, senza determinare Tiiidole delKazione colla quale questa dovru
farsi valere, deve intendersi che questa azione debba valere come condietio: colla tn-
tentio rivolta ad un dare oportere o ad un dare facere oportere (senza Taggiunta ejr
fide hondu In altri termini il testo di Paolo non ha importanza solo nel senso che esso
<*ODstata la concessione di un*azione in caso dove pel diritto civile non se ne aveva
alcuaa, ma anche in quanto esso indirettamente, per la sua situazione nel titoio de
cotidictione ex lege, ci indica Pindole di tali azioni di nuovo introdotte.
30 LIBBO XIII, TITOLO II. § 842.
leggi si tratta di azioni ereditarie ^). II Linokeb ^) aflferma per vero
che anche in base ad an diritto reale pa5 competere una oondictio
ex lege, ma oi5 deve ritenersi vero solo quando quel diritto non puo
farsi valere con altra azione clie da esso sorga. In tali casi una
uuova legge stabilisoe un'obbligazione di risarcimento di danni, contro
Golni che altrimenti resterebbe arricchito. Un esempio ci h offerto
dalla L. ult. § 6 Cod. de jure dslib. [6, 38] :
€ Sin vero heredes res hereditarias creditoribus bereditariis pro
debito dederint in solntum vel per dationem pecuniariim satis eis
fecerint: liceat aliis creditoribus qui ex anterioribus veniunt hypo-
tecis, adversus eos venire, et a posterioribus creditoribus secundum
leges eas abstrahere vel per hypotecariam actionem vel per condic-
tionem ex lege nisi voluerint debitum eis offerre i».
Si tratta in questo testo dei vantaggi del beneficio dUnventario.
Uno dei quail consiste in cio che I'erede pu6 soddisfare i creditor!
col patrimonio ereditario, dimauo in mano che si presentano senza
ourarsi se alcuno sia rimasto trascurato avendo tuttavia un diritto
di preferenza. Oosi pure dipende dalParbitrio delPerede il decidere,
se convenga tramutare le cose ereditarie in denaro per pagare con
questo 1 creditori, o se sia preferibile dare loro le cose stimandole.
I creditori ipotecari che sono stati trascurati perch^ si sono present
tati troppo tardi, non possono percib far valere ragione alcuna
contro Peredit^, ma solo possouo agire contro gli altri creditori
i quali hanno ricevuto cib che spettava loro (creditori ipotecarii).
A questo scope si concede V(wUo hypoteoaria o la ooiidiotio ex lege:
si distingue cio^ il case in cui le cose sulle quali essi avevano ipo-
teca si trovano in natura pi*esso i creditori pagati, dal caso opposto.
Nel prime caso essi agiscono coll' aoUo hypotecaria, nel secondo,
essendo inesperibile I'azione reale, si attribuisce loro una condictio,
rivolta a quel tanto del quale il creditore oonvenuto si trova arric-
chito a danno del creditore ipotecario, poiche il suo diritto di pre-
ferenza non pu5 essere intaccato a tenor di diritto e di equity dai prin-
cipii che regolano il beneiicio d'inventario ").
^) $ 550 di questo Commentaiio e $ 551.
6) AndlecL ad Pand. h. t. tb. 57.
'^) Vedi SiCHARDiy PraelecL in (hd. tomo 11 ad L. fiD. ^ Et 9i prae/atam.
D£ OONDIOTIONB EX LEGE. 31
IL Itohligatio sulla quale si fonda la (xyiidiotio ex lege deve essere
stata introdotta da una Lex nova^ h necessario clo^ che ad ud
oerto fatto dal quale il diritto civile noa faceva scaturire azione al-
cana, una naova legge abbia attrlbuito Pef&oacia di far sorgeie una
obUgatio. N^ h neoessario ohe questo fatto sia lecito, o oostituisca
nn pactum legitimum, come afferma lo Sturm ^); pub anche essere
an &tto illecito, come dimostrano i seguenti testi:
a) L. 27, § 15, Dig. €uL leg. luliam de (j^dulteriis coeroendis [48, 5]:
< Si reus vel rea absoluti fuerint: aestimari per judioes Lex damnum
Yoluit: siye mortui Aierint, quantae peeuuiae ante quaestionem fue-
rint; sive yivent, quantae pecuniae in his damnum datum fibctumve
eeset i».
L. 27, § 16, eod.
c Xotandum est^ quod capite quidem uon caretur: Si servufi adul-
terii aocuaetur, et accusator quaestionem in eo haberi velit: duplum
pietium domino praestare Lex jubet: at hie simplum >.
L. 28, eod.
c Quod, ex his causis debetur per coudictionem quae ex lege de-
scendit, -petitur >•
Nel sistema delle prove era ammessa per diritto romano la con-
fessione ottenuta colla tortura degli schiavi, onde I'attore poteva an-
zitutto chledere che gli schiavi del oonvenuto venissero per tal guisa
indotti alia confessione. Questa maniera di ottenere la verity si usava
in certi delitti fin anche contro la vita del daminus (in caput damim),
e fra questi delitti era I'adulterio. Se pertanto anche per tal guisa
non si giungeva ad ottenere prova alcuna, onde ne seguisse I'asso-
lazione del convenuto e la convinzione di calunnia nell'attore, questi
doveva anche i danni sublti dal convenuto per esser stati storpiati
Cod. de iur deliberandi numeri 7 e 8 pt^. 712. — GtIphanii, Explan. difficiUor.
et edebrior. L.L. Ood. lib. VI ad eandem legem fin. $ jSiiyi aiUem Cod. eod. pag. 94.
— WissBNBACH, GomTnentar. in Cod. ad eund. legem. ulL Ood. de jure deUbe-
raiub* $ 6.
^) Diss. cit. $$ 3, 6 e seg. A questa opinione ostano le L. fin. ( 6 Cod. de
xwre deUb. [6, 30] e la L. 27 $ 15 e L. 28 Dig. ad legem Judiam de aduU. eoerc.
[48, 5], n^ h necessario sopprimere le parole ex lege che in questa legge si
troTano, n^ attribuire ad esse un significato improprio.
32 LIBBO XIII, TITOIiO II, § 842,
a morte, in causa della tortura, gli schiayi snoi ^). L^attore poteva
talvolta ottenere anche che fosse sottopostx) alia tortara uno schiavo
alieno: in tale ipotesi il conveiiato doveva prestar garanzia di risar-
cire al padrone dello schiavo il danno che qaesti fosse per soffrire,
vuoi per lo storpiamento vnoi per la morte dello schiavo tortarato ^%
Una tale prestazione di garanzia non era necessaria a tenor della
Lex Julia de aduUeriia eoercendia, II dominus era in questo caso pfo-
tetto da una condictio ex lege [sc. Julia de adulteriia'], merc^ la quale
egli poteva ottenere il duplum, quando lo schiavo era state torturato
peroh^ oonfessasse un delitto proprio, il semplice valore quando era
state torturato per puntiglio perch^ oonfessasse un delitto altrui ^^).
h) § 24 Inst, de ctctlouibus (IV, 6):
(c Tripli vero agimus, cum quidam maiorem vera aestimatione quan-
titatem in libello conventionis in ferunt, ut ex hac causa viatores, id
est, executores litium, ampliorem summan sportularum nomine exi-
gerent. Tunc enim id; quod propter eorum causam damnum passus
fuerit reus, triplum ab actore consequetur, ut in hoc triple etiam
simplum, in quo damnum passus est, connumeretur: quod nostra
constitutio introduxit, quae in nostro Godice fulget, ex qua procul
dubio est, ex lege condictitiam emanare » ^*).
c) § 25 Inst, eodem:
c Item ex lege condictitia ex nostra ooustitutione oritur ^^), in qua-
9) Dig. XLVIIl, 18.
10) L. 13 Dig. 48, 18.
11) L. d Cod. ad leg, lul. de aduUerw [48, .5|. L. ult. Dig. de calumftiaU
\3, 6]. — HOFFMA.NN ad. leg, luUam de adidL coercendia lib. sing. cap. YII
^ 4 e 5. — Fbll&kbbho, lurUprud, anlitjua tomo I pag. 259 e s^.
1^ La Vulgata legge qui erroueamente: qtiam prociddubio cerium est, ex lege
<iondiotiUa emanare. La vera lezione di questo passo accolta da Hotosian, Me:-
KiLLio, Otto e Van de Water ^ efftcacemente confortata dalla parafrasi greca
di Tbofilo la quale, flecondo il Rbitz, tomo II pag. 814, suona cosi: r&v yx^
^x lege xovoixrinov cLii.%y(iii ix oiaraE^Ew; Ti/TE76*t iMiifiaLx-avt i.e.: iuiiiM[ue ex lege con-
dktionem eine corUroversia ex costiUUione imeci conveniU La costitazione stessa
dalla quale serge qaesta condictio e andata perduta: essa non trovasi neppnre
nei BasUici poich^ I'imperatore Costantino Porphyrogeneta la abn>g6 e le
Nov. 7 e 8 introdassero un naovo ordinamento delle sportule. Vedi Cuiacio,
fUbserv, lib. XII cap. 22 e Vinnius in Oomm. ad $ 24 Inst de act^onibus.
13) La lezione comnne: item ex lege condicUda nostra costUuHo oritur ^ evi-
DK OONDICTIONE EX LEGE. 33
druplam condemnationem imponeas iis execatorlbus litium, qui contr<a
costitatioiiis normam a reis quidquam exegerint >.
Dopoch^ era cadata in disaso la in jtis vocatio e le citazioui ve-
nivano insinuate da ufftciali del tribaaale (viatores), il oonvenato
doyeva pagare le spese d^insinaazione le qnali secondo la natura
delPoggetto importavano Vs^Yo- ^^^ ^ Pattore avesse scientemente
richiesta nella oitazione una somma maggiore di quelle che egli poteva
pretendere, il coavenuto a tenor della oostituzione dl G-iustiniano poteva
pretendere li triplo di ci5 ohe aveva pagato in piii; se poi il viator
avesse ricevuto una ricompensa m)ftggiore di quella dovutagli, doveva^
in base ad un'altra costituzione di Giustiniano restituire il di pitl
ottenuto in qu(idruplum. 'SeUhino e nell'altro caso prendeva vita una
eondictio ex lege.
d) L. fin. God. de revoc. dotMt [8, 56|. Imp. Justinianus
JULIANO pp.:
c Cteneraliter sancimus, omnes doaationes lege oonfectas lirmas illi-
liatasque manere, si non donationis acceptor ingratus circa donatorem
inveniatur ita ut injurias atroces in eum efifundat, vel manus impias'
inferat, vel jacturae molem ex inaidiis suis ingenerat, quae nou
levem sensum substantias donatoris imponat vel vitae perioulum
aliquod ei intulerit, vel quasdam oonventiones, sive in scriptis do-
aationi impositas, sive sine scriptis habitas, quas donationis acceptor
spopondit, minime implere voluerit Ex his enim tantammodo causis,
si fuerint In jndicim dilucidis argumentis cognitionaliter approbatae,
etiam donationes in eos factas everti concedimus ]».
Questa costituzione delPimperatore Giustiniano, permette che una
donazione fra vivi, la quale per altri riguardi h irrevocabile, possa
venir revocata in certi casi per grave ingratitudine del donatario;
tuttavia essa nou attribuisoe a questo scopo una speciale azione, e
pero parlasi qui di eondictio ex L, fin. Cod. de revooand. donat.
e) L. 4 Cod. finium regundorum [3, 39]:
€ Si constiterit eum qui finalem detulerit quaestionem, priusquam
aliquid sententia determinetur, rem sibi alienam usurpare voluisse:
dentemente erronea. Vedi Vinhius ad ^ 25 Inst, de action. La costituzione
greca si trova L. fin. Cod. de sportalis. Vedi Otto ad $ 25 Instcie actionibus.
CrfArK, Comm. Pandette. — I.ih. XHI.
34 LIBRO XIII, TITOLO II, § 842.
non solum id, quod male petebat amittat, sed quo magis uuusquisque
conteutus suo rem Bon e^petat juris alieui, qui irreptor agroruni
fuerit iu lite separatus tantum agri modum, quantum adimere ten-
tavit amettit )».
Si tratta in questa legge del oaso in cui uu comuuista dopo aver
tiollevato questione di conftni, durante il giudizio e prima della sua
decisione abbia preso possesso del campo controverso e lo conservi
anche dopo aver perduto la lite. In base a questa oostituzioue di
CosTAJfTiNO il convenuto vincitore potr^ pretendere dall'attore scou-
fitto una porzione del suo campo cosl grande quanto era quella cho
egli aveva tentato di usurpare. L'azioiie accordata a questo soopo
yien detta condiciio ex lege 4 God. finium regundorum ^ 0 '")•
La maggior parte delle condietiones ex lege si fondano tuttavia su
fatti leciti, e provengono o dai cosl detti patti legittimi, o da qualche
drltro &tto lecito. Alle coiidictiones della prima specie appartengona
e. g. le seguenti:
a) Gondidio exh, 6 God. de dot promiaa. [5, 12J, la quale secondo
la costituzione di Teodosio e Yalentiniano pu5 essere mossa in
base ad una semplice promessa di costituzione di dote, mentre per
regola la promessa h obbligatoria solo quando sia prestata nella
forma della stipulation
h) Gondictio ex L. 35 § ult. God. de donation. [8, 54] per la dona-
zione fra vivi, la quale a tenore di questa costituzione produceva
un'obbliga^ione azionabile indipendentemente dalla forma della sti-
pulazione i^) <^).
1*) Vedi My Lily DispiU. de condictione dx L. 4 Cod. fin. reg, Lipsiae 1707.
IS) Nov. CLXII cap. I § 1.
b\ Abbiamo rilevate nella contronota a la natura stricti iuris della condictio tjy
lege. Potrebbe sembrare a prima vifita che quella affermazione urtasse con quanto so-
stiene il Qluck, cha cio6 la condictio ex lege pu6 sorgere anche da un fatto iliecito.
£ infatti noto coiue controversa sia Tindole delle azioni civili sorgenli da deiitto e come
alcuni neghino essere esse azioni stricti juris. Questa controversia per6 non pu6 avert*
alcuna decisiva importanza in riguardo al nostro tema. Infatti anche quegli scrittori
che negano essere le azioni ex delicto stristi iuris non vogliono per cio concludere
che sieno honae fidti ma solo che esse sono al di fuori di quella partizione delle azioni.
Questa questione che anche per s^ stessa ha una ben tenue importanza, poich^ tutte
amraettono un fine che la azioni ex delicto sono rette dai principi materiali delle azioni
stricti iuris (Vedi Vanobrow, I, pag. 203) non pu6 menomamente influire sui risultati
oltenuti nel testo.
C) Vedi WiNDSCHEiD, Lekrh., § 366 nota 1.
OE OONDIOTIONE EX LEOE. 35
c) Condictio ex 1a. 1 Be nautico foen. [22,2] cli6 ^ fondata sal
pactum de nautieo foenore mediante il quale il creditore si assume il
rischio di una somma di denaro trasportata per mare, durante il
yiaggio, dietro prestazione di un iuteresse pur elevato, oonvenuto.
Questo fatto era ritenuto oosl valido oome una stlpulazione onde
nella legge citata h detto : in quxbusdam eontra^tih'OB etiam ^^) iisurae
4d>emtury qtiemctdmodum per stipulationem. Nam si dedero decern trajec--
iiiia ut salva nave sortem cum certis usuris recipiam, dicendum est, possi
ine sortem cum usuris recipere *'').
Fra le condictiones della seconda specie sono:
a) C<yndidtio ex lege 30 Cod. de inoff. test. [18, 3, 28J ^^).
^ h) La ctmdictio ex L. 1 Cod. h. t, 14,9] che il Fisco pub inten-
tare a sua tutela per un credito primipilo contro 11 debitore del suo
debitore anche se il debito di quello non sia anoora esigibile. Questa
legge di Dioolbzia.no e Massimiano, dice cosl:
€ Licet ante tempus debita exigi non possiat, tamen si te ex pri-
mipilo 1^) debitorem constitutum fisci, ac patrimonium tuum exhau-
stum pTaeses provinciae compererit; ut ad solutionis securitatem so-
1^) NooDT, lib. IV ProbabiL cap. 6 de foenore ei usuris lib. Ill cap. 2
vorrebbe aggiangere alia parola etiam del testo: ex pacto. Ma questa corre-
zione non h necessaria essendo Pelissi che ivi si riscontra assai comune come
ha ricordato il Wigling, LecUon. iur. civ. lib. II cap. 9 $ 1.
1^ Da qnali font! provenga questa oblijatio foenoris naiUid non h facile do-
termlnare. Hudtwalcker, Diss, de foenore nautioo rom. Hambargi 1810 ^3,
erode che essa sia stata introdotta aequitatis eaiisa dAWius lionorarium. Sarebbe
danque state il pretore che avrebbe concessa TazioDe. La prova dl qaesta
ipotesi dovrebbe desumersi dallMsorizione della L. 7 cit. nella quale si parla
di essa: Ulpianus, libro III ai Edictuni. Ma la legge 7 non 6 tolta da Ul-
piAKO bensi da Paolo, libro III ad Edictum ed in questo libro Paolo trat-
tava dei patti legittimi come risulta dalla L. 6 Dig. de paclis che b pure tolta
dal libro terzo di Paolo ad Edictum. Ivi egli dice: Isgitima conventio est quae
lege aliqua confirmatur et ideo interdum ex pacto actio nasdtur. II pactum de
nautieo foenore non ^ danque an patto pretorio ma an pactum legiHmum, Da
qual legge venisse introdotto non si sa. Veggasi del resto : Noodt ad lidictum
praetoris de paclis cap. 13.
IS) Vedi questo Commentano, vol. VII pag. 142 (Ediz. ital. libro V J 550).
1^ L e. < ex causa primipilari. Est autem hie PnmipUus annona militaris i>.
Vedi GoTHOFRKDUS in Chmm. ad L. 6 Cod. Theod. ^e cohortal., e Noodt,
Oomm. ad Dig. h. t. pag. 905.
36 LIBBO XIII, TITOLO II, § 842.
lum fenebris pecunia^) subsidium snperesse videator; ooinmonebit
debitorein tuum si saltern ipse sit solvendo, at aate definitum tern-
pns debita repraesentet: at fisoo, coios ob necessitates pablioas oaa-
sam potiorem esse oportet debita peoonia exsolvatur » -^).
c) Condietio ex L. alt. § 1 God. de hered. pet [3, 31 ] mediante
la quale oolai che aveva promosso la petizione di eredit& ed era in
essa rimasto soccombente poteva esigere dal possessore dell'eredit^
oib che avesse pagato ai creditor! o ai legatari della medesima*
Quodsi petitar vietus fuerint, dice Timperatore Oiustiniano nella legge
citata, simili modo a possessore judicis officio ^*) ei satisfi^U vel si hoo
fuerit praetermissum, negotiorum gestorum vel ex lege condiotione,
d) Condiotio ex L. alt God. de dotis promiss. [5, 11] la quale
si fonda sopra I'obbligazione legale del padre di dotare la figlia.
Nella iQgge citata cosl si esprime Giustino: iieqm enim leges inco-
gnitae sunt quibus oautum est, omnino patemum esse offieium dotem vet
ante nuptias donationem pro sua dare progenie. Ora poich^ questo
obbligo venne originariamente imposto ai padri dalla Lex Julia de
maritandis ordinibus, come Oioyanni Gonbad Sieglitz ^) ed Emilio
Lodovico HOMBBBG zu Bach ^^) hanno posto ftior di dabbio, Fazione
potrebbe anche venir chiamata condietio ex lege Julia de maritandi»
ordinibus, come secondo ogni verosimiglianza fa detta in origine.
Siccome poi quelFordinamento venne oonfermato da ana costitnzione
degli imperatori Sevebo ed Antonino, ed esteso alle provinoie,
come risalta dalla L. 19 Dig. de ritu nupt [23, 2] si comprende a
qaali leggi si riferisca Timperatore Oiustino nel testo sopra tra-
scritto. £ del pari indiscnsso che
e) I'azione cui allude Soevola nella L. 65 Dig. soluto matri-
^) i. e. <c pecuniae, quam foenori collocasti ]>.
21) Che I'azione spettaate al Fisoo in questo case sia la coiuUcHo ex h. I/..
Iia dimostrato anche Pothieeu Pand. iusHn, tomo I h. t. num. 1 nota h,
^^ Le parole iudiois officio vogliono significare che il giudice nella sua
sentenza colla quale respinge Pattore deve provyedere che il convenuto lo>
risarcisca dei pagamenti eseguiti ai creditori e legatari dell'ereditft.
^) Diss, de necessitate pains condilionen fiJiabus quaerendi. Halae 1757 $ 2
e 8eg.
St) Diss, de obUgaiione patris ad costitiiendam dotem non promissam Mar-
burgi 1770 J 19.
DE OONDIOTIONE EX LJBOE. 37
monio [24,3] non h che una (xmdMio ex lege Julia de maritafidis or-
dinibus; db hanno dimostrato OuiAOio ^) e Bajhos del Manza.no ^).
La BuinmeDzionata Lex Julia trattava auohe della manumiasione di
ano schiavo dato in dote ^), In questo proposito si distingaono tre
cad:
1.^ Se la moglie ha donato al marito il servo dotale alio scopo-
di forlo manomettere, il marito non h tenuto a risaroir^ in aloun
modo la moglie per Pawenata manumissione anche se da questa
abhia ritratto dei vantaggi ^),
2.^ Se il marito ha manomesso.il servo dotale della moglie in
quality di negoti&rum geatar, la manumissione h valida ^^), ma il ma*
rito deve reatitmre alia moglie non solo tutto ci5 che egli ha otte-
nato mediante la manumissione per diritto di patrouato, ma deve
risardrla auohe di ci6 ohe egli avrebbe potuto ricevere se nou avesse
evitato di farlo dolose ^). Tutto ci5 inveoe che egli abbia ottenuto
dal liberto, non come suo patrono, ma alio jure egli pu5 ritenere ^^)r
L'adone mediante la quale la moglie poteva agire in quel oaso era
la condicHo ex lege Julia.
3.^ B« poi il marito avesse manomesso il servo dotale oontro il
volere della moglie, bisogna anzitutto distinguere il caso in cui il
marito fosse in grade di pagarne il valore dal caso opposto. In questa
ultima ipotesi la manumissione h nulla anche se il maritiO non abbia
alonn altro creditore 3-); in quella in voce egli diventa bensi patrono
deUo schiavo manomesso ma rimane obbligato a restituire alia moglie
tatto cio che egli ha acquistato mediante la manumissione o sia per
^) Obeervathn, lib. 11 cap. 34.
^ CommeiUar ai leges JuUam et Papiam lib. IV Reliquat 29 (T/ics. Meer-
manittaito tomo V pag. 493).
-') L. 14 ^ alt. Dig; de lege Cornelia de fcHsis,
%) L. 27 $ 4, L. 62 Dig. sol malr. [24, 3], L. 7 $ ult. Dig. de don. iiUer
mrum et uxorem [24, 4], L. 22 Cod. sod. [5, 16].
^) L. 3 Cod. de iure doHum [5, 12]; L. ult Cod. de servo pign, dato manu"
mise, [7, 8], L. 3 ^ 2 Dig. de suis et legiHrnis hered. [38, 16].
30) L. 64 M ^7 Dig. soluL matr. [24, 3], L. 14 ^ alt confr. colla L. 6 « ult
Dig. ad L. Com. de falsis [9, 22].
31) L. 64 $ 5 Dig. solut, matr. [24, 3].
35) If 3J Dig. de manuimss, [40, 1], L. 1 Cod. tie servo pegiu dalo manum.
[7, 8].
38 LIBRO XIII, TITOLO II, § 842.
diritto di patronato sia altrimenti coa questa sola distinzione^^j^ clie
tutto cio ch.e egli aveva ottenutO come patrono doveva restituirlo
anche durante il matrimomo, essendovi tenato mercfe la condictio er
lege Julia, mentre quanto aveva altrimenti ottenuto era obbligato a
restituirlo solo dopo lo scioglimento del matrimonio convenuto col-
Vcustio dotia o come dicevano i giuristi dassioi ooWacUone rei uxoriae.
Gosi si spiega perfettamente la L. 65 Dig. de solut matrim, [24,3]
dove SOEVOLA. dice: hutec a>ctio [i. e. condictio ex lege Julia, o come 11
POTHiEB ^0 1^ chiama: ex lege Papia], etiam comtante matrimonio corn-
petit, quando con essa si confronti la L. 61 Dig. eod. ove Papiniano
dice: Dotalem servum vir invita uxore manumisit, heres solus vir a
liberto institutus portionsm hereditatis quam ut patronus consequi po~
tuit ac debuit restituere debet; alteram vero portionem, dotis judicio;
si modo uxor manumittere refragatur ^).
III. L'obbligazione che si fa valere coUa condictio di cui trat-
tiamo in questo paragrafo, deve essere stata introdotta mediant^
33) L. 3 Cod. de tare doHum [23, 3J, L. ult. Cod. de servo pign. dato mannm
[7, 8].
3i) Pand. ia9iin. tomo II tit. solut, matrimonio nam. LXXXVIII.
d) II nome di condictio e.v lege e Btato a torto attribuito a tutte le azioai delle quali
non fosse apparent** o determinato un nome proprio. Alcuni esempi di qiiesta erronea
tendenza Bono rilevati nel te^to: contro di essa si e giustamente levato il Vanobrow, I,
§ 139, pag. 202. II Vanoerow ritiene che si possano additare come esempt certi di
condictio ex lege quelli contenuti nelle L. 27 §§ 15 e 16; L. 28 Dig. 68, 5; L. ult § 1,
Cod. Ill, 31; L. ult. § 6 Cod. 6, 30. Inst. §§ 24 e 25, IV, 6; L. 35 § 5 Cod. 8, 54; L. 6
Cod. 5. 12; L. 10 Cod. 8, 56. Alcuni altri esempi adduce, come ri-sulta dal testo, il
Gluck il quale pero omette uno dei casi piu interessanti, cioe qunllo contenuto nella
L. 5 Cod. Ill, 29:
Impp. DiocLETiANUs et Maximianus AA Cottabeo.
« Si totas facultates tua per donationes vacuefecisti, qua in emancipatos filio contu-
listi, id, quod ad submovendos inofliciosi testamenti querellas non ingratis liberis relinqui
necesse en, ex tactis donationibus detractum, ut filii vel nepotes, qui postea ex quo-
cumque legitimo matrimonio nati sunt, debitum bonorum subsidium consequantur, ad
patrimonium tuum revertetur ». ^
11 (liritio di ripetlzione stabilito in questa costituzione non 6 una ^u^r^Za inofficiotae
donationis. ma un diritto di credito comune: la cosi detta condictio -ex lege. Cosl
WiNDscHKiD, § 586 nota 16. Controverso e se questa obbligazione possa farsi valere sol-
tanto dai figli o anche dal testatore medesimo. II Gluck sta per la prima di queste
<lue opinion! ed e seguito dal Saviony, Sistema (trad. Scialoia) IV, pag. 275 nota c e
<lairARNDTS ed aUri. II WiNosrHEin, loc. cir., accoglie invece la seconda, fondandosi sulla
fras^: ad patrimo)iiu/n tnwn revertetur.
DB CONDICTIONE EX LEGE. 39
una nuava legge, Se essa b stata confer mata dal pretore I'azione non
chiamasi piil oandidio ex lege ma (letio in factum, in qnanto, ben
8 inteade, non abbia un nome suo proprio ^^). Ma che dobbiamo noi
intendere i>er Lex novaf Pressoch^ tutti gli scrlttori intendono per
Lex fwva una legge posteriore a qaella delle Xn tavole ^), e questa
opioione 6 confermata da Paolo nella L. 7 pr. de capit minut [4, 5].
Ma lo Sturm '^) ritieue che la splegazione contenuta in qaesta legge
non abbia riferimeuto alia nostra candictio la qaale non poteva a
suo awlso concepirsi prima che Findice dei contratti fosse completo
e yenissero introdotti i pckcta legitima. Lex nova igitur est, dice egll^
quae post ciynfectum catalogum contrctctuum novam ckctionem personalenif
paeio ntMb, sine nomine dedit Qaesta opinione dello Stubm, per la
qnale non si concepirebbero condiotiones ex lege se non sorgenti ex
paetis legiiimis, h stata gi^ sopra confatata. Dagli esempi nnmerosi,
che noi abbiamo addotti di oondictiones ex lege, scaturisce natu-
ralmente il concetto di Lex nova: essa consiste generalmente in
ana costitutio prif%cipis ma pub talvolta essere una It'gge ben piil an-
tica e fin anche una legge comiziale, del che abbiamo visto sopra
eeempio.
IV. Infine h necessario che neppure sia determinate 11 genris ac-
tionis quo experiundum. II Westenbebg ^^) intende questa indeter-
minatezza non solo in riguardo al nome, ma anche alia natura e
alia forma dell'azione.
Ad analogia delle condictiones ex lege si parla anche di oondictiones
ex canone, ex statuto ed ex moribus ^^). Gome esempi di condictiones
ex canone si addaoono i seguenti :
a) CondictU) ex cap. I X de pactis. Ma questo esempio ^ evi-
^^) L. 11 Dig. de praescr. verbis [19, 5]. — Schulting, T/ies, conlrov. De-
cad. XLV th. 9.
■6) Bachov, Tr. de action. Disp. IV Th, 12. — Voet, Gomm. ad Pand. h. t.
$ 1. — Westekberg, de eausis obligation. Disp. IV cap. I W 9 e 10.
^ Diss, cit de paetis legitivm et oondictione ex lege ( 5.
3^) De causis obligation. Diss. IV cap. I § 12.
^ HuBER, Praelecl. h. t M 3 e 4. — Struvio, Exercit, XVIII th. 58. —
LAUTERBAca, OoUeg, theor. praoL Pand. h. t. ^ 9. — Schmidts Lehrb. von ge-
richiliehen JClagen $$ 1338 e 1339.
40 LIBRO xrii, TITOLO II, § 842.
dentemeute immagiaario ^^) e proviene dalla &lsa opinione cbe Tazio-
naliti^ generate dei contratti che vige nel diritto moderao sia dovuta
^I diritto canonico. Qiiesta opinione h stata da noi confutata ^^).
h) Condictio ex can. Bedintegrandae, 3 Oaos* III Qa. 1 o er oa-
^ite i8 X de reatitut spoliator. La prima di queste dae condictiones
^ altrettanto immagLiiaria quanto la fonte dalla quale la si vorrebbe
trarre. Poich^ anche a presoiudere da ci6, che 11 canone Bedinte-
^randae h una delle Decretal! iuventate i>er le quali la oollezione
pseadoisidorioa seppelll la fama dell^arcivesoovo e del Sinodo provin-
'Ciale, e che come abbiamo altrove notato proveniya da falsa lezioue ^^),
gli h certo che in esso non era fondamento ad un diritto d^azione,
ma soltanto ad una eccezione, che competeva al vescovo caociato, o
ispogliato del suo patrimonio contro Pazionc del sinodo, la quale ec-
cezione aveva pdr effetto di paralizzare quelPazione finch^ il vescovo
non fosse riposto nel possesso dei suoi beni. In riguardo ai danni
^he egli avesse potuto sentire s^accordano a lui due mezzi giaridici
l)en noti, cio^ Pinterdetto romano unde vi e la rei vindicatio ^'^).
Per cib che 6i attiene poi alia oondictio ex cap, iS certamente il
*testo introduce qui un diritto d'azione, per un caso nel quale il
diritto romano non ne concede va alcuuo. II diritto romano infatti
mon concedeva contro i terzi azione per il possesso perduto, neppure
•quando il terzo avesse ottenuta la cosa da oolui die Taveya rapita,
^ sapendo in qual modo il suo autore avesse acquistato il possesso ^*).
Questo rigore dei diritto civile venne modificato e contro colui che
■scienter re^ia spoliatam receperit si accordb un'azione come contro lo
fipogliante medesimo. Ma quest^azione non h una condictio bensl la
nota azione di spoglio ^).
^^) FiOHTN£Ki, Diss, de condicUone ex canone non dehUi ex cap. I e S, X de
^aetis. Altorfli 1707.
■*0 Vedi questo Oommeniario vol. IV pag. 281 (ediz. ital. lib. II 4 312).
42) Vedi questo Oonnnentario vol. II pag. 589 nota 88 (Ediz. ital. libro I
^ 181 pag. 796 nota 88).
43) Carl, von Savignv, Becht des Besitses ^ 50.
44) L. 3 $ 10 Dig. uti possidetis [43, 17]. — Saviqny, op. cit pag. 523.
e) Sulla condictio ex canone Redintegrandae, vedi Windscheid, Lehrh., § 162
ui(Ua 1 e Vanorrow, Lekrb.^ HI, pag. 331.
DB CONDIOTIONE EX LEGE. 41
•
c) Un esempio' piii giasto crede il Bohmeb ^') di aver trovato
nel cap. 2 de pactis in 6to e cap. 26 e 28 X de iureiurand. seoondo i
qaali si ammette ohe un negozio invalido per diritto civile possa dar
uascimento ad un^azione quando sia rafiforzato merc^ giuramento.
Egli adduce resenipio di una donazione fra vivi clie saperi la somma
di 50 solidi, e la quale non sia stata iusinuata ina solo rafforzata merc^
iduramento. Qui si dovrebbe, secondo lui, poter agire colla condietio
ex eanane. Ma gi^ il Cabbaoh ^^) ha ricordato in qaesto proposito
oome non sia a&aktto necessario, fingere una tale coyhdictio sal diritto
canouico. Poiche anzitutto nei testi citati non si parla menomamente
di un nuovo diritto d^azione, ma solo si diee in essi che il giura-
mento deve essere rispettato, e che non si possono impugnare degli
atti che sono stati confermati merce giuramento auche se tali atti
siano ritenuti nulli per diritto romano. Si tratta dunque in essi di
nn^eooezione da opporsi all^azione di nullity fondata sul diritto civile,
in base al prestato giuramento. Secondariamente poi deve notarsi
che anche per diritto romano Tazioue per una donazione non insinuata
saperante 500 solidi non h assolutamente inef^cace beusl tale oltre i
500 solidi. Perchft dunque non si dovrebl)e potere intentare anche qui
la candictio ex lege competente per diritto romano per le donazioni
ingenerale? Se il couvenuto opporr^ alPattore chela donazione non
venne insinuata giudizialmente e che quindi essa non vale che fino ai
500 solidi, e che quindi egli si ^ reso colpevole di una plus petitio
{exceptio pluris petitionis), egli potrA alia sua volta in una replica
opporre che la donazione venne rafforzata mediante giuramento e
che quindi per diritto canonico essa vale, malgrado la mancata in*
sinuazione, oltre ai 500 solidi. Eimane qui la questione circa al ve-
dere se la prestazione del giuramento equivalga allUnsinuazione giu-
diziaria. Molti negano e cou ragione poicii^ Pinsinuazione ha per
iscopo di evitare le frodi e di tutelare gli interessi dei terzi '*''). Per-
tanto anche per questa ragione non sarebbe prudente agire con una
condietio ex canone.
*5) Doctrina de aeHonibtis Sect. II cap. V $ 42.
^^) Adnol. ad Boehmen doctrifiam de actionibus pag. 208.
47) Cabpzov, parte II Const. XII def. 14. — Ludovici, IHss. de genuino in-
teUeelu brocardiei vulgaris : omnem juramentum servandum esse, ecc. ^ 12 e seg.
GLiicK, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 6
42 LIBBO sni, TITOLO II, § 842.
d) Si cita infine ad esempio la oondictio ex cap. 5Xde raptor.,
coUa quale si potrebbe agire oontro gli eredi di an delinqaente per
ottenere risaroimento dei danni da ltd arrecati flno a ooncorrenza
delPeredit^ ^^). Ma anche qui non h neoessario agire condiotione ex
oamne, poich^ oggigiorno le azioni sorgenti dal delitto del de cuius
passauo contro gli eredi seeondo i prinoipi del diritto naturale e ca-
nonioo, fino aU^ammontare deireredit^ '^^) ; ci5 abbiamo vedato trat-
tando delle siugole azioni sorgenti da delitto.
Per d6 che rigaarda la condictio ex statuto si trovano esemp! iu
Stbigkio ''^) e Webnheb ^^
Una oondictio ex moribue InfLne h ad esempio qaelFazione che, se-
eondo un prinoipio di diritto consuetudinario generalmente accolto
in Germania, sorge da qualsiasi contratto, che seeondo i principt del
diritto romano sarebbe state considerate pactum nudum e quindi
privo d'azione. Essa viene peraltro chiamata anche actio ex paoto ^^).
Devesi pol evitare di confondere la condictio ex lege ooll'trnploratto
deWofficium judicis ^^). Per tale implorcUio intendesi, seeondo il diritto
romano, una richiesta che av viene in gludizio, quando sia assicurata
per legge una protezione giuridica allUmplorante ma non troyi luogo
alcana azione ordinaria. Ad esempio la domanda di un minorenne
di essere rimesso nelle condizioni in cui si trovava prima ^) o la ri-
chiesta di una cautio damni infeeti ^). Qui si aveva piii riguardo alia
forma del procedimento che a1 nome e al fondamento dell'azione*
— Ayber, D%88. de abusa iuramentoruin § 40. — Walch, IntroducL in corUrov.
iur. civ. pag. 405, e Tbibaut, System des P. B. II ^ 903.
*<S) BoEHMBB, Doeirin, de actionib. Sect. II cap. V ^ 43 nota * in fine; cou-
fionta anche $ 10 nota n, e Schmidts Cbmmentar Uber seines Voters Lehrhuch
von Klagen vol. V $ 1339.
■id) Vedi Carracbii, AdnoL ad Boehmeri Dootr. de action. $$ 9 e 10.
50) Us. mod. Fand. h. t ^ 6.
51) SelecL Observ.for. tomo II pag. VII obs. 160.
52) Carfzov, Diss, de condietione ex moribus. Lipsia 1685. — > Bastikeller*
Diss, de acUone ex qiiocumque paoto moribus data. Vitemb. 1718. — Lekrb. voii
IGagen.
53) KiiKHOLD, Diss, de remedio implorationis officii iudiois. Lipsiae I72a —
Coccbji, jus civ. contr. h. t Qn. 1.
5-1) L. 1 pr. Dig. de minor. [4, 4], L. 8, L. 24 $ ult Dig. eod.
55) L. 4 J 8 Dig. de damno infecto [39, 2], L. 5 Dig. de verb, oblig, [39, 2J.
DE OONDIOTIONE EX LEOE. 43
poich^ seoondo rordinamento giudiziario romano non veniva per
qaesto case oome x>er le azioni ordinarie, nominato nn judex ^eda-
neus^), Oggi^omo per imfloratio intendesi in generale Fesercizio
dell'azione nel prooesso sommario, e specialmente intendesi Pintenta-
mento di tin*azione che non ha nn fondamento nel diritto civile, ma
nel diritto natnrale. Qaesta azione viene anohe altrimenti chiamata
oeHo in factwn ^"0.
^ Wagkeri, MddiMiones ad Boehmeri Daetrina de aeUonibiu parte I $ 29
e$ 33.
^^ SoHiODTB Oommeniar iiber seiiies Voters Lehrb, von Klagen und Einreden
parte I t 24 e $ 57.
• TITOLO III.
IDe Condictione triticiaj?ia *)
§ 843.
Concetto, notne e natura delta condictio tritidaria.
La teoria della condictio tritidaria appartiene iadubbiamente alio
piti difUoili teorie del diritto romauo ''^). Gli scrittx)ri nou sono con-
cordi n^ sul nome ii5 salla natura di quest^azione percli6 i frammenti
di giuristi classici a noi pervenuti, che trattauo di essa, sono in partt>
manchevoli, in parte oscuri e oontradittori. II grande Noodt ^'-^j per-
tanto sorvola sulla trattazione di questo titolo nel sno Commentario
all^ Pandette, oontentandosi di professarsi modestamente <i non ad-
suetos alios dooere quod ipse non intelligo. Memoria teneo omuia^
egli prosegue, de liac condictione tradita a Titulis huius interpreti-
bus, sed expensis omnibus diligenter, adeo nihil probare mihi per-
misi : ut contra saepe sim miratus, tarn secure tractari actionem, cuius
nemo non modo usum, ac nee nomeu, ad probabile explicando ad-
duxit, tantum abest, ut quisquSm utrumque aut alteram sit ex solido
^) Di questa azione trattauo: FABEii, de Error, prog mat ei interpretaUoiu
juris Decad. LXXXIII Error. 1 e 2; Decad. LXXXIV Error. 4 e seg.; De-
cad. LXXXV Error. 1; Decad. LXXXVIII Error. 9-10; Decad. LXXXTX
Error. 1 e seg.; Masius, Tract, de rei debitae aestitnatiotie, Lovanii 1653 parte III
cap. I e seg.; Duarbnus in Gamment, ad h. t. Dig. — Strauch, IHbs, de con-
dicHone triticiaria, Jenae 1670. — WacH£NDOUFF, Diss, de eondiUone tritickiria
in eiasdem Dissert. Iriade. Trajecti ad Rben. 1790, 8 Diss. II pag. 201 e seg.
— We8T£Kbero, de causis obUgatiomtm Dissert. YII cap. 5 in Operibus jurid.
a Jangio ediUs tomo I num. Ill pag. 145 e seg.
sj) Comment, ad Dig. li. t tomo II Oper. pag. 305.
'} Vedi la bibllo^,'rafia in fin« di questo titolo.
D£ CONDIOTIONE TBITIOIABIA. 45
consecuatus i. Nessuna ineraviglia quindi, se gli scrittori, ctie hauuo
tentato spiegare questa azione non si trovano fra di loro conoordi.
In generale si afiferma che la oondiotio triticiaria h una spociale azione
personate, colla quale nei negozi stricti juris, pei quail alcuno ohe
sia debitore verso Tattore di qualsiasi obsa ohe non sia uua oerta
8omma di danaro, e non abbia adempito la sua promessa, o Pabbia
adempita ma non a tempo debito, si puo pretendere I'interesse a se-
conda delPapprezzamento del giudioe in un caso nel quale Vcuitio ex
Mlipulatu non pu6 aver luogo ^). Ma i testi contenuti nolle Pandette
lion alludono in alcua mode in riguardo alia nostra azione, ai
iiegotia stricti juris, Ghe al contrario la condictio triticiaria potesse
aver luogo anche pei negotia bonae fidei, pub desumersi da cio che, se-
condo Sbryio, seguito da ITlpiano'^^), la determinazione del valore della
eosa dovuta deve avvenire nel momento della oondanna. Ora i negotia
stricti juris si distinguonoda quelli hanae fidei SLpiynnto per cib, cheinque-
sti la determinazione del valore ^ flssata nel tempus rei judieateke^ in
quelli nel tempus litis contestatae ^''). A cio si aggiunga che la condictio
triUeiaria ha luogo secondo I'opinione di Ulpiano®^) anche quando I'ob-
bllgazione del convenuto pi*oviene da delitto. Oude altri scrittori ^^) di-
ooDo che essa b quell'azionepersouale colla quale Pattore puo pretendere
qualsiasi oosa a lui dovuta, sia essa determinata o meno, purch^ non sia
una somma di danaro, e per vero di guisa tale che qualora il conve-
nuto in adempimento della sentenza non consegni o restituisca la cosa,
eaa, i)ossa esaer condannato al risarcimeuto del valore della mede-
sima. Anche questa idea non ^ pero conforme alle fonti, poich^ sc la
t'ondictio triticiaria fosse stata realmente un'ootio arbitraria nel senso
di tendere al valore della cosa determinabile dal giudice, bisogne-
rebbe provare, come ha gi^ profondamente osservato Waohbndobpf ^%
^) Wachbndokf, Di88. cit. cap. 11 ^ 7. — BoEHUBit, Boctrin, de aciionib.
Sect II cap. V J 46. — Schaumburo, Chmpend. iuris Dig. h. t ^ 1. — GiiN-
THER, Prineip. iaris rom. pr'wa'i noviss* tomo II $ 94^3. — Scumidt, Lehrituch
ron genehUichen Klagen $ 1384.
'51) L. 3 Dig. h. t
«3) L. 3 ^ 2 Dig. commodaU [13, 6].
"3) L. M I Dig. h. t.
•5») Vedi Strauch, Diss. cap. II Sect, I ^ e Sect. IV $ 3.
''■') Diss. cit. cap. II $ 7 pag. 257 e seg.
46 LIBBO XIII, TITOLO III, § 843.
ohe richiedevasi una sentenza preliminare del giadioe, prima cUo il
oonvenuto potesse essere condanaato a pagare il valore della cosa.
n giadizio che noi ci siamo formati per qaanto la diffioolt^ della ma-
teria oe lo ha concesso h che la condictio triUciaria non fosse an'a-
zione principale (Rauptklage). II nome ad essa attribuito sta ad indi-
oare I'oggetto di qualsiasi azione i)ersonale tendente ad nn dare, e
ohe deve caso per caso esser determinato. In questa idea convengono
i piil celebri gioristi antichi e modemi ^). Besta tiittavia a spiegarsi
donde sorgesse tale denominazione. Che essa proveaga dal nome
di ana persona non puo ammettersi, poich^ non risalta I'esistenza
di aloun TritidtLS al qnale attribnire la nostra azioue: la storia
della famiglia romana, la quale Ubbino, Agostino e Patinio
hanno oos) diligentemente elaborata, non presenta nulla di simile. E
pero h a meravigliarsi che il GuiAOio abbia sostenuto qnella opinione
« che DuABENo, Tbeutleb e Donello si siano nniti a lui. Meno
-attendibile h tuttavia Topinione di Babtolo, che fkntasiava derivare
11 nome di condictio triticiaria da un certo monaco Tbitioio dell'or-
•dine dei minori o Franoescani ai quali h vietato maneggiar danaro.
Ginstamente il Wissenbagh ^^) ennmera questa opinione fra gli €^r<ie
4eliria mentis e quartanae somnia febris, Pltl propriamente altri de-
rivano il nome della condictio triticiaria dal iriticum: ma anche su
•questo puDto quante dissensioui ira gli interprets Molti ^) ritengono
che con quella parola cominciasse I'editto del pretore che introdussc
la condictio triticiaria : c Triticum vinum oleum frumentum, similisque
res praeter pecuniam numeratam, si petatur, nee extat: de eo judi-
^ Yedi VoBT, Comment, ad Pand h. t. ^ 1 e 2. — Vinnius, Select iuria
Quaeet, lib. I cap. 99 pag. 100. — Egk, Oommsnt de septem damnaUe LL,
Pand. ecu erucibus lOtorum cap. 1(7. — Cocceji, Ius ow. oontr, b. t* Qu. I
ye 10. — HopAOKBR, PHncip. iuris dv. Bom. Germ, tome III ( 17, 49. — Mal-
BLANCK, PHnoip, iur, rom, parte I $ 270 in fine. — Thibaut, SysU der Pand.
JieefUs I $ 276.
«) EjcereiU ad Panel parte I Disp. XXVI Th. 7.
^) ScHULTiNG, Thee, controv, Deead XLVI Th. 1. — Wissenbagh, loc. cit
— ZuiCHEMuSy PraeleoL ad Bubr, Dig, Si eertum petatur n. 28. — Boeckel-
MANN, Comment, in Dig, b. t. $ 1. — Westekberg, Princip, jutis secundum or-
dinem Dig, $ 56. — Lynker, Ancdeot, ad Dig, h. t — Pothier, Pand, lust,
tomo I h. t. num. 1 nota h.
D£ OONDIOTIONE TBITICIABIA. 47
cium dabo ». Ma dove trovasi la piti lieve traccia di an simile editto?
5oi abbiamo gi^ notato in altro luogo ^^) che le condictianes, delle
qnali abbiamo fiu qui txattato, Bono azioni oivilL Tanto meno h da
oredersi che la storia di mal angorio del dormente Mida, la quale
raooonta Yausbio Massimo '^% abbia dato oocasione al nome del-
Pazione. Poiche se oolla parola tritioufi\ si Asse yolato intendere ogni
sorta di bene e riochezza omana, come si avrebbe potato esclud^e
la candictio tr^itUnaria per le somme di danarot OuiAOio '^^) qaindi
h piattosto inclinato ad affermare con Stefano, lo Sooliaste greco,
che la Tooe triticum si trovasse nell'antica formola delPazione perch^
di essa si servl la prima x>er8ona che agi per la consegna di ana
qaantit^ di framento. Piil acuta tuttayia h la supposizione di Yoet '^^
segoita da Waghenbobff '^). I proyinoiali dovevano, come Oioerone
raooonta "^O? consegnare alia repubblica una certa quantity di grano:
qaelli i)ertanto ai quail era troppo grave la consegna per la grande
distanza dal luogo ove essa doveva avvenire, domandavano per gra-
zia di pagare in 'denaro. La notiftoazione del tempo della consegna
chiamavasi condietio tritioaria o tritioiaria. Puo per6 anche darsi che
la consegna di grano fosse il case piti frequente nel quale aveva
laogo qaesta condidio, o che, come pensa Eineooio ^^), essa venisse
designata a iritico tamquam nobilissimo meroium genere.
Per eonoscere poi da vidno Pindole della condietio tritioiaria de-
vono notarsi i seguenti principl.
1.^ La condietio triticiaria ha luogo in tutti i casi nei quali al>
eano ha diritto di pretendere il valore di una cosa, che il convenuto
doveva o dare o restituire, e che invece o per colpa non ha oonse-
gnato, o non ha consegnato a tempo debito. Non importa che la cosa
che forma Toggetto deirobbligazione sia mobile o immobile, fungi-
bile o infungibile, corporale o incorporale. La condietio triticiaria solo
^^ Vedi « 820.
"«) Lib. I cap. 6.
"0 Tract. II ad Afrieanum ad L. 23 Dig. de reb, ered, [12, 1] e in ParalUla
Dig. h. t.
'-) Ckfmment ad Pand. h.'t. $ 1.
•3) Diss* cit cap. II M pag. 245 e sog.
"*) Orat^ III tn Verrem cap. 82 e sag.
'') Elem. juris civ. seeund. ord, Pand. parte III $ 84.
48 LIBBO Xlir, TITOLO III, § 843.
allora uou ha laogo quando Toggettx) delFobbligaziouo e una deter-
miuata somma di danaro, poich^ il danaro nqn abbisogna di alcuna
altra altseriore determinazione di valore, ma al coiitrario h la misura
del valore di tutte le cose''^). Bssa viene quiadi coiitrapposta alia
condictio eerii che serve a pretendere una determinata somma di da-
naro, e vienQ dai pratici chfamaito scherzosamente azionefranceseana"'').
In.questo rignardo h notevole il se^^uente teste di Ulpiano.
L. 1 pr. Dig. h. t.
<c Qui certam pecuniam numeratam petit ilia actioue utitur. Si cer-
tum petatur : qui autem alias res per triticiariam condictionem petet.
Et generaliter dicendum est eas res per banc actionem peti, si quae
sint praeter pecuniam numeratam sive in pondere sive in m%iisura
constant, sive mobiles sint sive soli. Quare fundthn quoque per banc
actionem petimus, etsi vectigalis sit: sive Jus stipulatus quit sit ve-
luti usumfructum vel servitutem utrorumque praediorum ».
Molti giureconsulti '^^) negano per vero che la condictio triticiarid
tenda al valore della cosa: essi credono piuttosto che il testo citato
da Ulpia.no contenga una prova sufficiente che con quella coiidiotio
si poasa pretendere la cosa medesima. Inoltre, dicono essi, gli h por-
tato della natura di tutte le azioui sia bomie fidei che strieti juris,
questo di tender al valore della cosa dovuta quando la cosa stessa
pur non esiste, valore che pub anche essere determinate mediante
giuramento dell'attore ^0- Ma se I'azione si rivolgesse alia cosa me-
desima non sarebbe essa una condictio ceriif (tCerti enim condictio,
dice Ulpiano ^0, competit ex omni causa ex omni obligazione ex
qua certum petitur: sive ex certo contracto petatur sive ex incerto.
Licet enim nobis ex omni contractu certum condicere » ^^), Ora Paolo
■7<3) L. 3 Dig. de in litem %iu\ [12, '^]. L. 42 Dig. de fidejitsBorihm. L. 1
Dig. de contrahendi emptione [18, 1 ]. Vedi Bachovii, Tr. de actionibus Disp. IV
Th. 23. — Wachendorff, Diss. cit. cap. II $ 6.
■^T) FiCHTNER, Diss, de Franciscanornm aclione, Aldtorfti 1724, 4
">) Faber, De error, Pragmaticorum parte I Dec. LXXXIII Error. 7. —
— ScHCLTiNQ, 77mw. controversat. Decad. XL VI Th. 2. — Strauch, Diss, cit
cap. II Sect. Ill $ 9. — Cocceji, jiir. dw contr. li^ t. Qii. 4. — PufendorfF;
Observ. iur. un. tomo II observ. 41 J 12.
79) L. 5 5 ult. Dig. de in litem iur. [12, 3]. L. 3 $ 2 Dig. comm4>daa [13, 6).
"^t*) L. 9 pr. Dig. de rehus ereditis [12, 1].
SI) L. 6 Dig. eod.
PS ooirBionoNB tbiziciaru. 49
A dioe : c oertiun est, eaias species yel qaantitas, quae in obligatione
Y^satnr, ant nomine sno ftut ea demostxatione, quae nominis viee
fon^tnr, qualis quantaqae sit, ostenditor ». CTlpiano poi conteappoae
espieflsainente la oandicUo triticiaria alia amddetio cerii. Perdb la
maggior parte del glaristi ^) si troya o(moorde nel ritenere esaere la
candicHo tritioiaria una amdMio inoerti ^. Imperocoh^ in tutti i casi,
net quali Pazione del credftore h diretta all^id quod interest o al va»
lore della oosa, essa h nna eondictio incerti ^). Appnnto perch6 1'azione
tende sJ. yaloie della oosa dovnta, si spiega soltanto oome essa non
poesa ayer per oggetto una determinata quantity di danaro. Inflne
gli h aflbtto erroneo ii ritenere che le azioni sorgenti da negotia strieti
juris potessero yenir riyolte in linea generate alia prestazione del ya-
lore qnando la oosa doynta non potesse yenir prostata. Paolo ^) d
insegna inyeoe il oontrarioy e Maboiano ^) concede soltanto in un
easo determinato il giuramento estunatorio ndle azioni strieti juris.
Gertamente non pa6 negarsi che nella eondietio deye farsi predsa
menzione della oosa stessa, appnnto oome ayyiene nella eondietio
eerH, e ci5 ^ qoanto nella L. 1 Dig. h. t yien detto: « rem per
banc actionem peti — ftindum per hanc actionem petimns >, ma
qaesta menzione non ay viene gi^ aUo scope di fiu* oondannare il con-
yenuto alia oonsegna della oosa che piti non esiste o che piti non seryi-
rebbe all'attore; no! lo scope e I'intenzione dell'attore h di ottenere in-
yece deUa cosa il suo yalore determinato a seconda del giosto arbitiio
dd gindice. Oli h perd5 che la L. 3 e 4 Dig. h. t. parlano di deter-
minazione del yalore ^)«
S2)TfuiACiU8, Ohaerv. lib. VIII cap. 2. — Chesius, Different, iwis cap. 49
(in Iwrispruden^ Bom, ei AUha tomo II pag. 771). — Wbstbkberg, De ccmsis
obligaUonum Diss. YII cap. V ^ 17 e s^ — Wachbkdobff, Diss, cit cap. II
t 7 — e specialmente Coocbji, de jure civ, controv, ;;Qa. I nam. 3.
S3) L. tt Dig. de novoL [46, 2].
8t) L. 22 f 1 ; L. 40 $ 1; Ii. 65 $ 6 Dig. de condicHone iud. [12, 6]; L. 3
Dig. de ccndlctione sine causa [12, 7] ; L. 8 pr. ; L. 20 Dig. ds condicHone furU
[13, 1]; L. 75 pr. e $ 1-3 Dig. de verb, oblig. [45, IJ.
^) L. 6 Dig. de m Utem iur. [12, 3].
s^ L. 5 $ ult Dig. eod,
^T) Yedi WachekdobfF; Diss, cit cap. II $ 7 pag. 258 in fine e seg. —
EiiJOKGHAUS ad CbeceU jus civ. contr. h, t, Qu. 4 nota V tomo II pag. 225
eiAcK, Comm, Pandette, — Lib. XIII. 7
50 UBBO xax^ TrroLO m, § 848.
2.® La oandieUo iriUoi4»ria non aorge soltanto dai negotia gMcti
juris, b1 ooatrario essa pub sorgere da qoalaiasi altra obbligazione
in forza ddla quale debba piestarsi una oerta oosa susoettibile di
una stima di yalore: non importa se tale obUgatio da ex oantradu o
quasi ex cantr<tetuaiex delicto ^), La oanddotio tritioiaria conoorre quindi
oon altre eondiciUmes ohe tendano alia prestazione del valore di una
determinata oosa dovuta: oonoorre fin anche ooUa condiotio furtii>a ^^).
3.^ Essa preBuppone tuttavia ohe I'azione principale ohe oompe-
teva all'attore, per la doea stessa della quale egli ohiede ora il valore,
sia personale, poioh^ nelle azioni reali il risaroimento del valore delia
oosa si ottiene ooll'actio in rem coUa quale si persegue la oosa stessa ^).
4.^ Oon la eondictio triUciaria non si pub per regola pretendere
il valore della oosa propria. Gib non i>ermette la formoja stessa
delle oofidictiones: reum dare opartere^^). Anohe qui perb si fa eooezione
per il oaso nel quale sia oonoessa al proprietario una eondietio. Dove
oiob si aooorda al proprietario la oondictio furtiva per la oosa ohe gli
b stata sottratta, si pub anche acoordargli la oondietio triiioia^ria per
il valore della oosa, quando questa piii non esista: oosi oi insegna
XTlpiano nella:
L. 1 § 1 Dig. h. t
XTlfianus, libro vieensimo sq^timo ad ediotum :
• € Bern autem suam per hano actionem nemo petet nisi ex causa,
ex quibus potest, veluti ex causa furtiva vel vi mobili re abrepta vi.
5.^ Poiohb la eondicHo tritioiaria non b un'azione nuova, bensl
una qualitas adjecta di un'altra azione, oosi essa assume la natura
ed i caratteri di quests^. Quindi essa b talvolta hotiae fidei, talvolta
strioti juris a seoonda ohe I'azione prindpale oolla quale si avf^bbe
potuto chiedere la oosa era honae fidei o strioti juris ^^).
Tuttavia b sempre neoessario:
6.^ che I'oggetto dell'obbligazione sia oostituito da una oosa
oerta ohe non sia una somma determinata dl denaro. S^ esse oon-
^) VoBT, (hmmenU ad Pcrnd. h. t. $ h
89) L. 1 J 1 Dig. h. t.
«>) VoBT, h. t. $ 1.
91) $ 4 Inst de aeUoMbus [lY, 6].
«) VoBT, h. t j 2.
DB OONBIOXIOIVS TBinOlABXiU 51
gistova «fr or^MM nella prefltamone del valoie di ana eos% nonpn6av6r
luogo la eondicUo triUoiariaf poioh^ non pa5 in tale ipotesi esser qne-
stfaoe sol yalore di ana ooea da determinarai dal giudloe^ ma in esaa ei
agisoe per quel yalore ohe la oosa aveva al momento in col aorse
Tobbligazione senaa distinzione fira negotia atrieU juris e hanae fldei,
m
e senza oonsiderare se il valore della cosa eda in segaito aomentato
0 diminoito ^). I aegaenti testi d i)er8aaderanno pienamente di oi5:
L. 28 Dig. de navatianibus [46, 2].
PiPnnANUS libra gecundo d^nitionum.
cTandom Gomelianam stipolatas, qaanti fandas est, postea sti-
pnlor : si non novandi animo secata stipalatio focta est, oessat novatio,
seoonda toto stipalatio tenet, ex qaa non fondos sed peconia debe-
tar etc. In altera vero ea aestimatio yenit, qaae secandae stipnla-
tionis tempore ftut >.
L. 37 Dig. mandati [17, 1].
Afbioakus, libra adava quaeatianum. *
cHominem certam pro te dari fidejossi, et solvi. Gam mandati aga-
tur, aestimatio eins ad id potios tempos qao solatos sit qao aga-
tnr, referri debet: et ideo etiamai mortam faerit, nihilominns atilis
ea actio est >.
Un tale che aveva prestato fld^nssione per la oonsegna di on oerto
schiavo, aveva anche efbttivamente ea^nita Fobbligazione. Qai la
livsJaa del fldeiaaaore non poteva tendere cbe al rifooimento del va-
lore dello achiavo. Ma in qnal momento doveva eaaer atimato qaeato
valoie 1 Nataralmente nel momento nel quale il fld^usaore lo aveva
oons^gnato, poioh^ aolo in qaeato momento aveva preao vita il aao
credito verao il debitore prindpale, oontro il quale era aorta VacUa
mandatu
§ 844.
A qual mamento debba il giudioe riferirsi nel valuiare la oasa: in quanta
venga presa in canaideraziane il luoga*
Poieb^ la candictio triiiciaria tende al valore della coaa dovota, 11 qae-
sito piti importante che la riguardiconaiste nel aapere a qnal momento
^ YosTi h. t $ 3 e Wachbndobff, Dis8. cit cap. I $ 4 e 5.
52 UBBO Xtn, TTFOLO Hi, § 844*
debba il giadioe liferirsl nel valatarla. Abbiamo a qaesto proposito
due test! assai notevoli i qoali pei5 sono oosi oontradittori da oasti-
tnire nno scoglia oontro il quale, oome si eaprime il OniAOio, si sono
infranti gli sforzi di tatti i giudid e gioreoonsulti ^).
Koi Yogliamo tentare di sax^erare qnesta diffiooM.
I testi sono i segnenti:
L, 3 Dig. h. t
Ulpiai^us, Ubro vioensimo s^timo ad Edictwn. .
c In hao actione si quaeratur, res quae petita, est, cuius temporig
aestimationem recipiat, y^ius est, quod Servius ait, oondemnationis
tempus spectandum. SI yero desierit esse in rebus humanis,' mortis
tempus, sed cv TrWft, seoundum Oelsum erit spectandum. 'Son enim
debet noyissimun yitae tempus aestimari: ne ad exigiium pretium
aestimatio ledigatur in seryo forte mortifere yulnerato. In utraque
autem si post moram deterior res &ota sit Marcellus scribit lib. 20
habendam aestimationem, quanto ^^) deterior res ikcta sit. Et ideo, si
quis post moram seryum elnscatum dederit, neo liberari eunu Quare
ad tempus morae in his erit reduoendum aestimatio >.
L. 4 Dig. eod.
GiJTTS libra nano ad EHotum provinoiaU.
€ Si merx aliqua quae oerto die dan debebat, petita sit, yeluti yi-
num, oleum, frumentum : tanti litem aestimandam, Oassius ait, quanti
foisset eo die quo dan debuit. Si de die nihil oonyenit, quanti tunc,
cum judicium acciperetur. Idemque-iuris in loco esse: ut primum
aestimatio sumatur eius loci, quo dan debuit: si de loco nihil con-
yenit, is locus spectetur quo peteretur: quod de oaeteris rebus
juris est >.
Ohi yolesse oonsultare gU scritti ed i oommentari di OuUlOid ^),
«) Tra4!L ad Afrioanum VIII ad L. 37 Dig. mandat. [77, 1].
^) n Codioe delle PandeUe di Erlangen legge piil giustamente quanU ed
h segnlto dalPALOAKDKO.
96) Omm. ad L. so D. de verb, ohl [45, 1] e TracL VJU ad Afn lu. JID.
ma/nd. [17, 1}.
J>S OONDIOnONB TBinCIABIA. 53
VOBT^Oj BONBLLO^), PABBO^), BABOLiLT »<»), MEBILLIO ^X LY-
CLAMA VON BYBHOLT *), ViNNIO % OABONDAS *), MASITTS 5), MAGNUS %
GHBSIUS '^)y WAOHBNDOBPP % OOOOBIO % WBSTEM BEBG. ^% SOHUL -
TINO "), PAOIUS 12), STBAUOH ^^\ HUBBB ^*)j BeBGBB ^% PAGBNSTB-
GHBB ^% Pufbndobff ^''), BsoiiNaHAUS ^^) 6 oonfrontarli fra di loro^
resterebbe meravigliato dalla grande difformit^ delle opinioni profes-
sato da qaesti interpreti per oonciliare fra di loro i due frammenti
di XTlpiano e di Oaio sopra trasorittL
Noi risparmieremo al lettore nna eeposizione oritioa di tatte qaeste
opinioni: ci sembra piti oonveniente trattare inyeoe separatamente i
diyersi casi considerati nelle nostre leggi e solo incidentalmente^
qnando se ne presenti il destro, oocuparsi delle yarie opinioni pro-
v^ 0mm. ad PancL h. t i a
^ Oonm. ad h. m. e LL. oit
^ (hnjeei. iur. olv. lib. XVI cap, I s^. e De wr. pragniL dec LXXXIII e
LXXXy ; dec. LXXXYIII err. 9 seg.; dec LXXXIX err. 1-3 e ad Cod. lib. lY
tit 2,
i<^ (Xmtfii. ad L. S3 D. d& reb. erediL (Thesaur. furia ram, OUonU III pa-
gioa 867).
I) Observ, lib. Ill cap. 34 e in Cbmm. ad. X. ee D. de relk cred, (tomo III
Thu. OUonis pag. 677).
^ Be ineunda rei aesUmaUone Ub, OommenL ad lu ss D. de reb. cred [12, 1]
Leoyerdiae 1644, 12.
3) Seleei. jurie quaestion. lib. I eap. 12 (Thee. Ott.i.1 pag. 710).
4) ir«^«£u 8. VerisimiL lib. I cap. 12 (Thee. OU. t I pag. 710).
^) TracU de rei debUae aestmoHone parte III-.Y*
^ Baiion. ei different, juris eh. lib* II cap. 13 (Thee. Meerm. tomo III pa*
gina 315).
"0 Different, juris cap. 49 e 50 (lurispr. Bom. et AUie. tomo II pag. 771).
8) XHss. cit. cap. 2 $ 8 aeg. in Triad, pag. 260.
^ luris oto. eoiUrav. h. t. qu. 2.
10) PHnc. jurie secundum ord. Dig. lib. XII tit I » 45.
II) Thee, eonir. dec XLVI th. Ill e IV.
1^ EvavrtofAv g. Legg. Condl. Centar. Ill qn. 72,
13) Dim; eit. cap. Ill sect II $ 4 seg.
14) Praeleei. ad Pand. h. t $ 3 seg.
1^) Dies. An m eontraeUbus rerum fungibHium ex tempore morae praestanda ei
tmtimaUa maxima. Vitemb. 1703.
!<') SieiUm ad Lauterb€Uih. mamp. lY.
1'') Obeerv. iurie unw. torn. II obs. 41 $ 14.
1^ Ad OoceeH jus eiv. eontr. h. t qn. 2 nota t
54 IJBRO xm, TITOIX) in, § 844.
feasate da altrL Anzitatto dobbiamo osaeryare ohe net nostri testi
tcattasi di quella stima la quale, in base al ralor oomtme, ayviene
offievo judiois. Oiaccbft solo per una tale stima h possibile assumere
come oriterio on determinato momento. No! esoladiamo qnindi il caso
nel quale il yalore della oosa pub venir determinato mediante il giu-
ramento dell'attoie, perch^ nei casi nei quali ha luogo il jurom^tum
in litem Pattore pub stimare la oosa ohe gli h dovuta di suo arbitrio
a seoonda dell'aflbzione ohe ad essa portava, senza tenersi yincolato
al prezzo di meroato ^^) : pertanto in tale ipotesi non h possibile sta-
bilire un momento nel quale la stima debba awenire ed il prezzo debba
esser determinate. Gon ragione sorive Hubeb ^): Quando veram dicimns
aestimaiionem peti, escludimus ab hoc quaento earn quae fit j>er jiMrtu-
randum in litem, quae nan secundum veritatem, eedpro affeciione jurantie
inetituitur, et quae quum in infinitum extendi queat nulla temporis out-
modi limitatione reetringi patitur; nee etsi moderatio judioie aocedere
poBsit ea ex actie et probatia certo tempore vel modo uequam reetricta
legitur, $ed eiua prudentiae oommittitur. Molti sono, per vero, di altra
opinione e oredono ohe, anche nel caso nel quale il yalore della oosa
sia a determinarsi mero^ giuramento dell^attore, debbasi tuttayia
predsare un certo momento il quale, seooado alcuni ^Oy sarebbe quello
della oondanna; seoondo altri ^-)j inyeoe sarebbe necessario distinguere
fra judioia honae fidei e judieia strieti juris. Pei primi doyrebbesi ayer
riguardo al tempus rei judicatae, pei second! al tempus litis contestatae.
L^una e I'altra di queste opinioni h doyuta ad una fyiiaak interpreta-
zione della L. 3 § 2 Dig. Commodati [13, 6] oye Ulpiano dice: In
h<ic actione siout in ceteris bonae fidei judiciis, similiter in litem
jurabitur: et rei judicandae tempus, quanta res sit, cbservatur: quamvis
in stricti ^) litis contestatae tempus spectetur.
19) L. 1, L. 4 $ 2. L. 8 D. d6 in Utem jurando [12, 3].
20) PraeUoL w Pand h. t M-
21) Charondab, lib. I Verisimil. cap. 12. — Dokellus, Comm. ad L. 3 D.
h. t 6 PuFBNDORFF, Gbserv. juris univ, torn. II obs. 41 $ 14.
22) Van EoK, Diss, de septem damnoL LR Pand. seu erudbus lOonsuUorum
cap. I $ 3. — Westbmbbbg, Princjuns aeoitndum ordinem Digest, lib. XII tit I
i 47. — Paoensteghsr, Sidlim ad Lauterbachiam mamp. IV e von WAcnoEK-
DOBF, Diss. cit. cap. II $ 16.
23) Tale h la lezione Fiorentina; Baudoza l^ge inyeoe in strioU juris juditOs,
BB 005DI0nONB TRmCIABIA. 55
In qnesto frammento m&tti non 8i & distiiizione fra il oaso in coi
3 Talore della oosa deve eesere determinato merod ginramento del-
Tattxire, dal caso in ooi esso deve essere determinato ofJMo juiicis:
cib risnlta aU'eyidenza dal oontrapposto rileyato in eeso fra il quanii
ea res egt e Vin litem jurare ^^). In qnesto ultimo oaeo peraltro di un
memento nel quale debba avvenire la stima non pub parlarsi, giaoohb
le l^gi permettono alPattore di giuraire in infinitum ^). Antonio
Fabbo ^) ha gi4 biasimato Perrore testb rilevato. Scrive egli : quod
(Ut Ulpianus L 3 § in hac. Dig. Oomm. proculdtMo eie aodpiendum
etty ut docere velit, duo esse in €kctione oommodati, in quibus, ut in eae-
teris ommbtu, ea actio oonveniat cum aliis bonctefidei judioiis; quorum
unumillud est, quod in ea iuratur in litem, quemadmodum et in aliis
m quibus ctgit quis ad rempropriam contra dohsum repetendam : alteram
est, quod 8% quaeratur de re, quae petitur, non db actore per jurjurcmdum
in litem med ab ipsojudiee aestimanda, quanti re vera sit, rei judioandae
tempus sjpectatur, ut in caeleris bonae fidei judids fieri solet, non litis
eontestatae ut in stridis. Essendo animato da una cost viva oonvin-
zione noi non ci meraviglleremo se il grande giurista in altro luogo ^)
cofiil si esprima: Cum quaerimus de re debita ciestimanda per jusiuran^'
dum in litem, ridieuli et in^ti sumus, si quaeramus an huitu aut ilUus
temporis rationem haberi oporteat. Fit enim aestimatio eiusmodi ex ad-
fectione jurantis, cui si indulgere legislator nollet, non esset cur ei jus-
iuran&wm deferre deberet.
Gb premesso h neoessario distinguere i seguenti oasi:
1.^ L^inadempimento dell'obbligazione non b stato preceduto da
morct, ma ha piuttosto il suo fondamento nel dolo o nella oolpa del-
Pobbligato, o in un'altra causa per la quale I'oggetto dovuto non
potb esser prestato senza, per altro, che il debitor e fosse liberato dalla
sua obbligazione. In questa ipotesi bisogna oonsiderare:
Haloandeb: in stricU juris, ed il nostro Codice di Erlangen: in strietis jh--
2i) L. 3 D. di» in lit. jur. [12, 3].
2^) L. 4 $ 2 D. M<Z.
^ (JonjecU juris eiviBs lib. XYI cap. I pag. 541*
^^ De error, profftnaL parte I dec XVII err. 6.
56 UBBO xm, TiTOLO in, § 844.
a) se fosse detonniiiato on tempo neL quale la oosa dovuta do-
yesse yenir prostata: in tal case essa deye essere stimata nel yalore
€he essa ayeya in quel tempo, senza distingpiere se esso fosse oerto
od indeterminato, poichd prima di questo termine di prestazione, la oosa
non ayrebbe potato essere pretesa. Go^ pore gli h indifferente ohe
Toggetto della prestazione sia nn genus o una speoiei. Sa qaesto panto
sono ooncordi i giaristi romani. Oosl dioe Oaio nella L. 4 Dig. h. t.:
Si merx aUqwk quae oerto die dari d^ebat, petita eit, veluU WHim
oleum frumentum: tanti litem ciestimandam, Oaseiut ait, quanti fuieeet
eo die, quo dari debuit
E eon Oaio oonyengono Giuliako, Oelso, Ulpiano e Afbioano
come risalta dai segaenti frammenti:
L. 22 Dig. de reb. ored. [12, 1].
lULiANUS libro quarto ex Minieo.
c Yinam, qaod mutaom datam erat, per jadioem petitam est: quae-
sitom est coios temporis aestimatio fieret: atram com datam esaet,
an oom litem oontestatas ftusset an cum res judicareturt Sabinus
respondit, si dictam esset quo tempore redderetur, quanti tunc ftusset >•
L. 11 Dig. de re judicata [42, 1].
Oelsus Ubro quinto digestorum.
€ Si Galendis fieri aliquid stipulatus sum, nempe quandocumque
post calendas aooepto judicio, tanti aestimanda lis est, quanti inter-
fuit mea, oalendis id fieri : ex eo enim tempore quidquid aestimatur,
quo ^) noyissime solyi potent >.
L. 69 Dig. de verb, oblig. [45, 1].
luuANUS libro octagensimo octavo digeetorum.
< Quotiens in diem yel sub conditione oleum quis stipulatur: eius
aestimatiouem eo tempore spectari oportet, quo dies obUgationis
yenit: tunc enim ab eo peti potest: alioquin alias rei captio erit > ^).
L. 22 Dig. de oblig. et act. [44, 7].
-8) La Fiorentina l^ge erroneamente jiiod inyeoe di quo.
^ Qneste nltime parole hanno affiEiticato molta gPinteipreti. Hotouann,
QudesHon tUustr. lib. lY, XYI pag. 127^ yorrebbe leggere aiioguin aMm rei
pactio erit attribnendo a qi^este parole il seguente signiflcato: se si yolesse
conaideiare come criterio di Btima^non g^ il momento nel quale la oosa in
DB OONDIOTIONE TBITICli.RU. 5T
Africanus Ubro UrUo Quaegtianum,
< Gum quia ia diem meroem stipolatos, fldejoBSorem aooepit eios
temporis aestimatio est praestanda, qno satiB aooepit >.
In qaesto ultimo testo non si parla soltanto del debitore ma anohe
del Mejussore: non si ereda pertanto ohe per qaest'ultimo valesse
on priiimpio diverse ohe x>er quelle. DaUe parole del testo sombre-
rebbe, h vero, ehe x>^ il fidejnssore non si dovesse gi^ aver riguardo
al memento della prestazdone, bensl a quelle della assunta M^ussionQ
e questa idea pare ancbe rioonfermato dal testo oorrispondeate del
Basilici ^) che suona eos) :
£xv Tc; CTTc fopTita Ttpxfftiifa XoL^ri cyyuyijTiiy) iiatvou rou xoiOoO >f ^tarifAtvi^
ro'j foprtov o-xoTrserot, xa9' ov 6 eyyuviixi; jepoffsktifBii* 1^8% quis 8Uf6r
meree venali fidejussorem aoceperit, illiua temporii (ieatimatio merois
MfeeUstur^ quo fida^ussor adaumftus fuit Ma questa interpretazione ur*
fona del eontiatto deve easere prostata, ma il memento nel quale venne con-
«hiiua la etipalazione, 11 oontratto tenderobbe ad una prostazione aflPatto di-
versa da quella che coBtituisce I'oggetto deirobbligazione. Qaeeta opinione ^
«tatB gitiBtamente respinta dal Wachbndorff in Triad. Dissert, pag. 268, il
quale accoglie I'opinione di Lyclama van Ryaholt che nel sue Tract de
iMunda rei aesiimatione $ 35 pag. 131, spiega la parola alias con riferimento
al tunc che precede, come aUo tempore e rei captio per acceptio o adei»tio old,
alio stoBSo mode per cui dicesi capHo pignorum captio bonorum, 11 signiflcato
delle parole in queetione sarebbe quindi il seguente: la stima di una co8a
promeesa per un certo tempo deve farsi sul valore che la cosa medeeima ha
in questo tempo. Infatti se si volesse assumero come criterio un altro momento,
«arebbe come dire che la cosa pu6 essere domandata in un altro momento,
giaooh^ il valore della cosa si sostituisce qui alia cosa medesima. Chi non
sonte per6 che tale spiegazione ^ forzataf La parola capUo signiflca piii pro-
priamente nel linguaggio del giuristi classici fraus o deeeptio : vedi Brisso-
Nius, De verb sign. Inoltre la parola rei non deriva nel testo da res, ma da
rem e si riferisce al promittente. II sense delle parole di Gidliano non pu6
pertanto essere che il seguente: se nella stima della cosa dovuta si dovesse
prendero in considerazione un momento diverse da quelle nel quale la cosa
doveva venir prostata, si perverrobbe a risultati dannosi al debitore. Cosi nel
caso in cui la cosa nel momento in cui fosse da prestaro anche un valoro
minoro che in qualsiasi altro. Tale interprotadone h accolta da Cujacio, Oomm.
nd UL D. de verb, obUg. h. L. — Donbllus, Chmm. ad eund. TiL et Leg. n. 9
pag. 239. — POTHIER, Pand. lustin. tom. Ill lib. XLV tit I n. CIX nota c
pag. 312.
30} Lib. Lll tit I const 21 in Ger. Mbermakki, Thes.juK civ. et can. tom. V
pag. 99.
GvicK, Comm. PandetU. — Lib. XIIT. ' 8
LIBBO Xin, TITOLO IH, § 844.
terebbe oontro i piil noti priaoip! ghiridioi, poioh^, da una parte, nel
oaso in coi il giudioe determina il valore della oosa dovnta non si
tien oonto del momeato in coi yenne oonchiuso il oontratto; d'altra
parte, Pobbligazione del fidejossore essenclo aocessoria va giudioata
a seconda dell'obbligazione principale del debitore. Non h per5 nep-
pore neoessario, Pemendare le parole del testo e eon Antonio Fabbo ^0
leggere: non quo satis aooepit, e neppare h neoessario interpretare quelle
parole per elipsim oQme se fosse soritto: de quo oppure pro quo satis
acoefit Tanto meno h possibile intendere il testo come riferentesi al-
Vckotio mandati in regresso per risardmento di danni spettanti al ft-
dejussore come vorrebbero il Yoet ^) ed il Masius ^) ma pinttosto
h da ritenersi col OuiAOio ^\ con Iano a Oosta ^ e con Wa-
OHENDOBFF ^'^) chc la Icgge in esame tratti del case in cui il
debitore, trascorso il termine nel quale doveva eseguire lapre-
stazione, si fosse costituito un fidejussore morae purgtMdae causa ot-
tenendo cosi un nuoyo termine. Giacch^ in tale caso essendoyi nova-
zione, non h pid a parlarsi del tempo gi^ trascorso, ma solo del nuovo
termine ora concesso al debitore. Pertanto si fa menzione del tempo
quo satis aocepit creditor, non gi^ che si yoglia con ci5 affermare es-
sere decisiyo il memento in cui la fldeiussione yenne assunta, ma
per indicare IL momento nel quale il fldeiussore ha promesso di pa-
gare. Ora questo h anche il tempo nel quale il debitore principale
doyeya pagare la cosa doyuta ed in esso deyesi conseguentemente
determinare il yalore della cosa per il fideiussore. In ci5 conyengona
anche Donello ^S), Babolay ^), Ghabondas ^% Lyolama yon Ryk-
HOLT ^0 e Ghipanius ^^ (vedi note 40 a 42 a $ag. 59).
31) Oonjeoiar, lib. XVI cap. 10 e (2e error, pragm. dec XVI err. VII.
32) Labitti, Usum judicia Pand. cap. Ill $ 89 nota q in lurispr. BestUuia
tom. II pag. 69.
33) Ckmm. ad Pand. h. t. $ 3.
31) Tract, de rei debUae aesHmaUone parte V cap. 12.
35) TracL III ad Afric ad L. 22 D. de ohUg. et aoium. [44, 7].
38) PraeUeU ad tUusir. quosdam tUulos locaque eeleeia juris ctv. ad L. 22 D. de
ohUg. et aetiion. pag. 137 seg.
37) Cit Triad. Diss. pag. 275.
38) Qmim. ad L. 59 D. de verb, ohlig. n. 2 pag. 235 eeg.
39) Ckmm. ad Ut. Pand. de reh. wed. [XII, I] ad L. 22 h. t — Otto, Thes.
Ill pag. 869.
BE CONBIOTIONE TBITIOIABIA* 59
1.^ In rapporto al primo oaso, al oaso oiod ia oui fosse determi-
nato an oerto tempo per la prestazione della cosa dovuta, la mag-
gior parte degli antori oonyengono nella nostra opinione. Solo il
Fabbo ^) si allontana dagli altri sostenendo una propria opinione.
Egli orede che quando il termine flssato h nn dies eertua, si debba
stimare la cosa precisamente in questo giorno senza oonsiderare se
il debitore sia in mora o meno. Se inveoe qnesto tempo h indetermi-
natOy dies ineertue, allora crede sia neoessario distingnere fra le aadoni
stricU juris e bofMS fldei: per quelle egli assume, oome momento de-
dsivo per la stima della cosa dovnta, la litis oantestatio anche se poi
il convennto si sia trovato in mora; per queste al oontrario crede
debba distinguersi il oaso in oui I'inadempimento dell^obbligazione
dipenda da mora preoedente, dal oaso oontrario: in quello il yalore
della oosa andrebbe stimato nel momento dell'iniziata mora o in
quello della condanna a seconda che in quello o in questo il yalore
di essa fosse maggiore; nel seoondo case inyece ritiene sia a oonsi-
derarsi deoisiyo x>er la stima della cosa il momento della litis co-
ntestaUo. Di tutta questa complicata teoria non troyasi perb nelle
fonti romane, rettamente interpretate, alcun sicuro fondamento: noi
quindi non ci indugeremo su di essa tanto piti che gi^ il Masius ^^)
rha completamente confutata.
2.^ In rapporto poi al case nel quale non fosse determinate un
certo temjK) per la prestazione della cosa, a noi sembra che in base
alle fonti che ne trattano debbasi anzitutto considerare:
a) se Foggetto della prestazione consta di un genus, e. g. grano,
ylno, eoc. In tskle ipotesi deyesi tener presente nella stima della cosa
il momento nel quale essa h stata richiesta giudizialmente od estragiudi-
zialmente, e non importa se I'obbligazione in forza della quale la cosa
h doyuta sia sorta da un contratto stricti juris o honae fidei. II fon-
damento di questa dedsione h in parte riposte nella natura della
cosa, poich^ trattandosl di cose fungibili non interessa conoscere
40) SehioL ad HL Pand. de verb, ohiig. ad L. 59 D. h. t — Otto, I pag. 829.
^0 Tract, de ineunda ret aestim. $ 49.
^) Leetur. Alihorph, ad tiU Fand. de ohlig, et aoHon, eiiuq. L. 22 pag. 580.
^ Conjeet, lib. XVI cap. I seg. e loc. sopra cit
^) Trad, de rei deb. aeeU parte III seg.
60 LIBBO xni, TITOLO HI, § 844.
qnanto esse oostassero al momento in oui venne oonohinso il oon-
tratto, bensl trattasi di yedere qaanto denaro fosse neoessario per
procurare al momento delle solutio una oosa di qaella speoie e qaa-
lit& che il debitore doveva prestare e ohe non pot6 piestare: in parte
h testaale. ]^oa solo Gaio infatti nella L. alt. Dig. li. t dice:
€ Si de die nihil convenit, qoanti tone cam jadiciam acciperetar > ^^\
ma anche Giuliano salle orme di Sabino nella L. 22 Dig. de
rebus cred. [12.1]:
c Si dictam non esset qao tempore redder^tar qaanti tone cam
petitam esset ».
Kell'ano e nell'altro di qaesti testi trattasi di an genere debiio :
che per5 il principio in essi sancito yalga solo qaando non yi sia
stata mora da parte del debitore, risalta dalla L. 37 Dig. Afandati
[17, 1] nella qaale Afbioano dice :
c In stipalatione id tempas spectatar qao agitar; nisi forte, aat per
promissorem steterit^ qao minas saa die solveret aat per creditorem
qao minas acoiperet: etenim neatri eoram frastatio saa prodesse
debet 9.
Gli h vero che in qaesto testo trattasi di ana speoie ddnta cio^ de
homine certo : ma la giastiftcazione addotta a sostegno della deoisione
in esso contenata h generale.
Potrebbesi h vero obbiettare ohe Tobbligato yien posto in mora
per il fotto medesimo di essere della cosa richiesto: dice PAPmiANO
infktti nella L. 3 Dig. de usuris [22, 1] : € quodrionfctoile evenire possit
ut mora non precedente, perveniatur ad judioemit. Ma che fhtttanto
non sempre 11 debitore possa esser considerate moroso per il sem-
plio^ &tto di esser state eonyenato dicono pare chiare leggi ^). E per
yero, flnch^ il creditore non sia conyinto, o per legge non yenga con-
siderate come conyinto, di dover prestare alcaach^, egli pa5 senza
^) £ appena neoessario Poaseryare che I'eepressione judicmm aocipere appli-
cata al convenato corrisponde al lUem contestari applicata all'attore. Yedi i
miei Opuseola fasc. II pag. 374 nota 84. Nei Baailici torn. Ill pag. 572, ^ detto
esplieitamente T^poi tov xat|9cv t^« TepmaraLpU^^ i. e. od tempus UUs eonteskUae.
46) LL. 21, 22, 23 pr. LL. 24 e 47 D. de usaris [22, 1]. LL. 63 e 99 D. de
dh. reg. juris [50, 17].
BB OONDIOnONB TBITIOIABU. 81
piegiiidioarsi condor il prooesso ^7). Solo allon rinterpellazioiie del
creditoie XKme in mora il debitore qaando si iK>88a dire che qneeti
prefariaoe il litigare airftdempire la sua obbligazione ^).
Ohe al oontraiio per ci5 che si attiene alia detenninazione del va*
lore della cosa dovata sia neoessario distingaere il case in ooi I'ob*'
bligazione ha per oggetto una fpeeie da quelle in col abbia inveee
an genus sari dimostrato in segaito. Sembrano, h vero, ostare a tale
affermazione le nltime parole delle L. 4 Dig. h. t ohe snonano oosl :
quod et de ceteris rebus juris est ; ma Gaio nel panto oye cosi si es*
prime non si riferisce al temxK) nel qaale deve av venire la stima della
cosa dovnta, ma al laogo, come giostamente ha gi^ rilevato il
Masixjs ^^) : < ut proinde Gains yelit, cosi scrive qnesto giareconsolto^
qaod non solum in meroe spectari debeat locos, quo dari debnit, vel
quo peteretur si de loco nitiil convenisset, sed etiam in caeteris rebns.
Quare com diversos sit tractatus, caius temporis aestimatio spectanda
sit^ a loci aestimatione, consequens sit, dausulam, quam in lod ae-
stimationa Gains obtinere yolait, non esse ad temporis aestimationem
exfeondendam ».
Prima di passare alia considerazione di un altro case h neoessario
ohe noi esaminiamo una speciale opinione che il Pagenstsoheb ^)
edil Bebgeb ^0 hanno cercato di sostenere. Questi scrittori affermano
che qnando non esista un termine per la prestazione, ed il debitore
non sia in moraf si deve prendere in considerazione il tempo nel quale ^
state conchiufio il contratto. Questa opinione non 6 giustiflcata di
flronte ai testi romani, poich^ il response di Paolo, contenuto nella
L. 3 Dig. de reb. cred. [12, 1] al quale Pag^bnstbohbb e Bbbgeb si ri-
chiamane, non si riferisce alia nostra attuale riceroa. In esse trattasi della
restitoziene di un mntuo. Questa restituzione deve naturalmente awe-
nire ndla stessa quantity e quality nolle quale avvenne la d(xtio senza
badare ee le cose onutuate sieno nel firattempo aumentate o diminuite
47) L. 79 pr. D. de judic. [5, 1]. L. 40 D. de hered. petU. [5, 3J. — ScHo-
MANNBy Fnigmewte aus semen emUeU nnd erim. Vorlesungen I $ 13 pog. 43.
«) li. 82 4 1 D. de verb, ohl [45, 1].
^) Tract de rei nesHm. parte !I oap. 8 n. 4 pag. 13P.
^ BdUm ad Lauterb<ieh mamp. IV.
51) Diss, cit i 19 vol. II. SeleeL JXee. 1492.
62 liiBBO xin, TiTOLO m, § 844
di yalora Ben diyerso h il caso in oai devesi risaroire il valoie di
una oosa dovuta: questo sale e disoende a seoonda del momento
senza clie la bontd. della cosa (die Gate der Saohe) ne resti alterata.
Siooome inveoe nel mutao la cosa data vien oonsomata, oosi gli h
neoessario al momento della restitossione riferirsi al momento del
contratto per determinare in quale specie e qualitik essa debba se-
guire.
Altrettanto insigniflcante alio scopo cui yiene addotta h la deoisione
di nLPiANO oontenuta nella L. 41 § 1 Dig, de verb. ohUg. [45, 1]
nella quale h detto:
c( Quotiens in obligationibus dies non ponitnr praesenti die peounia
debetur >.
Da questa legge in&tti risulta che il creditore di una cosa pu6
chiederla quando vuole quando non sia state determinato un termine
per il pagamento: non risulta del pari che per la determinazione del
yalore della oosa doyuta si debba ayer riguardo al momento in cui
fu conchiuso il contratto ^^).
Inflne anche meno probatoria per Fopinione del Pagensteoher
e del Bebo^eb ^ la L. 60 Dig. de verb, oblig. [45, 1] doye Ulpiano
dice:
c Idem erit et si Gapuae centum olei pondo dan quis stipulatus
sit nam eius temporis fit aestimatio cum peti potest: peti antem po-
test quo primum in locum peryenire potuit :».
Infotti in questo frammento non si tratta gid> di una obUgatio fura
ma di un contratto 9tricti juris al quale mero6 conyenzione delle
parti ^ stato tacitamente aggiunto un dies inoertus ^3). Oli h questo
principalmente il caso quando si sia determinato un luogo nel quale
la prestazione debba ayyenire: giacch^ in tale determinazione h in-
clusa una tadta conyenzione delle parti che la cosa debba yenir pre-
stata entro lo spazio di tempo necessario per trasportarla nel luogo
doye essa deye appimto essere prostata. Oiustiniano insegna cio a
chiare parole nel § 1 iDSt. Verb, oblig. doye dice:
5^ Van Waghbndorff, Diss. cit. cap. II i II in Triad, pag. 294.
53) DoNBLLUs in Oomm. ad tU. D. de verb, oblig. ad L. 41 bis h. t nu-
meri 5-8.
DE OONDIOTIONE TRITIOIABIA* 63
c Loca etiam inseri stipnlationi solet: yelati, Gartagine dare
spondesY Quae stdpolatio licet pari fieri yideator tamen re ipsa (sc
ex looo ad dandom constitato) habet tempus iniectum quo promissor
ntatur ad pecnniam Gliartagine dandam. Et ideo si qois Bomae ita
stipnletur, hodie Ohartagine dare spondesT inutilis erit stipnlatio, cam
impossibilis sit repromissfo >.
Nessona meraviglia qaindi che anohe in rapporto alia determina-
zione del yalore deUa cosa si ayesse rigaardo al tempo oosi tadta-
mente dalle parti conyeuato.
b) Se la cosa doyata h ana species bisogna distingaere :
a) se Tobbligazione proyiene da an contratto stricti juris, se-
condo le decisioni di Ulpiano, Afbioano, Papiniano, deyesi ayer
rigaardo al yalore cbe la cosa ha al memento in cai yiene chiesta:
quanAo Us eantestatur. Meliore vel deteriore facto sine culpa debitor is
postea fundoj dice Papiniano nella L. 28 Dig. de novat [46, 2] prae-
sens aestimatio fundo petito, recte considerereiur. Ed Afbioano, trat-
tando di on caso nel qaale era doyato an homo oertus, del yalore
del quale si trattaya, pone la regola: L. 37 Dig. mandato [17, 1]: in
stipulatianc id tempus speotatur quo agitur. Begola questa confermata
anche da XJlpiano nella L. 3 § 2 Dig. commodati [13, 6] doye dice :
quanU res sit, in stricti judiciis litis oontestatae tempus spectetur. U
fondamento di tali decisioni h rii>osto, come il GuiAoio ^) osserya
a ragione, nella speciale natora delle a2!ioni stricti juris della quale,
noi abbiamo gi^ in altro luogo ^) trattato.
^) Se inyece I'obbligazione proviene da un negotium bonaefidei
deyesi ayer riguardo al memento della condanna. La sentenza di
TJlpiano contenuta nella L. 3 § 2 Dig. Commod. [13, 6] : in bonae
fidei judidis rei judicandae temptts quanti res sit observatur, non laeda
alcon dubbio in proposito. Se per5 la cosa fosse andata «^distrutta
doyrebbesi ayer rigaardo al yalore che essa ayeya al memento in
cai andb distrutta, poioh^ in tale ipotesi il giudice non potrebbe sti«
^ Oomm. ad L. 59 D. <fe verb, ohlig. [45, 1].
55) Yedi la parte IV di questo OommerUario i 310 pag. 251 (Ediz italiana
libio II tit. 14 i 310).
64 LIBBO xniy TITOLO III, § 844.
mare la oosa nel momento della oondaima nel quale essa piti noa
esiste. 016 pu5 aaohe dedorai dalla L. 3 Dig. h. t. dove Ulpiano
dice:
c Si vero desierit esse in rebus humanis mortis tempns erit spec-
tandum ».
Ya da s^ che la distruzione deve essere attribuibile all'obbligato;
PoMPONio sorive in proposito nella L. 23 Dig. de verb, oblig. [45, 1] :
c Si ex legali causa, aut ex stipulatu hominem. certum mihi de-
beas: non aliter post mortem -eius tenearis mihi, quam si per te ste-
terit, quominus vivo eo, eum mihi dares: quod ita sit, si aut inter-
pellatus non dedisti, aut oocidisti eum ».
n fondamento di questa distinzione fra i fiegotia bonaefideie quelli
siricti juris viene profondamente cosi spiegato dal MAaNUS (propria-
mente Legband)^): € Ratio differentiae striotorum etbonaefideijudd^
ciorum, haee est quod in ilUs striata petitio est, et super ea obligatione
litis contestatio et ex ea obUgationem itidem stricta: et partes judicis
strictae, an verum sit deberi : et deberi eo ipso die quo petitur* In his
autem mitius c^itur neo striotum quid petitur : sed illud tantum quanti
aequum est condemnari reum. In iUis petitur quantum paruerit deberi
in his quanti aequum est damnari. In illis sententiae quantitas ab obli-
gatione, in his obligatio et petitio ab ipsa sententia modum accipit >.
. n) !Nel case in cui vi sia mora bisogna distinguere:
1.^ Se il creditore ^ in mora praestandi. In questo caso egli
deve pagare il massimo valore dalla cosa raggiunto dal prindpio
della sentenza, nh importa che I'obbligazione di prestare provenisse da
un atto leoito od illecito del debitore, da un negotium strioti juris o
bonae fidei ^"0. A oonvincerci di ci5 bastano i seguenti testi :
L. 3 Dig. h. t.
TTLPiiiNUS libro vioensimo septimo ad Edictum.
^ BaHon. et differenUar. turn civ. lib. II cap. 14. — Mebbmakn, Thes. Ill
pag. 317.
^^) Strauch, Diss, de cond. trU. cap. Ill sect. II $ d. — Paobnbteohbr,
SioUim ad Lauterbach mamp. IV. — Struv, Syntagma juris eivilts ex. AVlII
th. 64. — Berqbr, Diss, an in oontr, ret. fungibU. ex tempore morae praestanda
sit aestinuxtio maxima $ 21. — Van Wachendorff, Diss, cit cap. II $ 15. —
HuFELAND, Lehrh. des OtvUreehts 1 $ 349.
DE OONDIOnONB TSITIGIABIA. 65
c In hac aotione, si quaeratar, res quae petita est, coius temporis
aestimationem redpiat^ verios est quod Servias ait condemDationis
tempos speotandam. — Si post moram deterior res ikota sit etc. —
quaie ad tempus morae in his erit reduoenda aestimatio >•
L. 8 § 1 Dig. ds eond. furt [13, 1].
Ulpianus libro vicensimo aeptimo od Edictum,
€ Si ex oansa fartiva res condicator cuius temporis aestimatio flat,
quaentarl Placet tameu id tempus spectandum quo res unquam
plurimi fait: maxime cum deteriorem rem faotam fur dando non li-
berator. Semper enim fur moram fhcere yidetur »•
Questo irammento h preso, come la L. 3 Dig. h. t. sopra citata, dal libro
27 di UiiPiANO ad Edidutn e sta col medesimo nel piti stretto rap-
porto. Ulpiano pone in esso il prindpio che il ladro deve prestare
il massimo valore della cosa rubata quando non sia in grado di re-
stituire la cosa medesima. Ora fosse che questo principio h a oonsi-
derarsi come eocezione alia regolat e come ecoezione introdotta in
rapporto al ladro Y 19o! gli h che il ladro dal momento in cui ha
compiuto il Airto h costituito senz'altro in mora* Gli 6 appunto in
seguito alia mora che il yalore ddla cosa yiene devato, onde erro-
neamente alcuni scrittori ^) yogliono riferire il contenuto di questo
testo solo a quella mora la quale sorge per dolo o per delitto. Le
leggi non fanno distinzione alcuna fra il ladro e qualsiasi altro de-
bitore moroso come a noi insegna Paolo ^^) e la ragione addotta da
G£LSO ^) : ridiculum esse meliorem furis oonditionem esse propter oonti-
nuationem furti, si attaglia perfettamente anche a qualsiasi altro de-
bitore moroso ^M.
c) L. 3 § 3 Dig. de action, empt et vend. [19, 1].
POMPONIXJS libro nono ad 8abinum.
^ Faber, De error, pragm. dec LXXXIV err. 8 e fra i moderni speciaL-
mente Turin, Diss, de aesHmaHone quanU plurimi Eifordiae 1775 $ 8 e seg.;
4 ult.
^L.83i7D.de verb, sign, [50, 16].
flO) L. 67 J 2 D. da furHs [47, 2].
8>) Van Wachendorff, Diss, de eond. iriL cap. II J 15 — e Wehrn, Doc-
trina juris eacplieatrix principior. ei causar. damni praestandi cap. VI $ 70.
QUICK, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 9
66 UBBO XIII, TITOLO III, § 844.
c SI per venditorem vini mora, faerit, quominas traderet, oon-
demnari earn oportet, ntro tempore plurlfl yinum fait, vel quo venit ^^)
vel quo lis in oondemnationem dedacltar > ^^).
d) L. 21 § 3 Dig. eod.
Paulus libra trigesimo tertio ad Edictum.
€ Gam per venditorem steterit qao minos rem tradat, omnis nti-
litas emptoris in aestimationem venit qaae modo circa ipsam rem
consistit Neqne enim si potait ex vino pata negotiari et lucram fa-
cere, id aestimandam est non magis qaam si triticam emerit et ob
earn rem qaod non sit traditam famUia eias fame laboraverit: nam
pretium tritici non servoram fame aecatoram, consequitar. 19eo major
sit obligatio, qaod tardias agitar, qaamvis crescat si vinum liodie
pluris sit. Merito: qnia sive datum esset^ haberem emptor, sive non:
qnoniam saltem hodie dandum est, qaod jam olim dari oportait 3> ^^).
La regola per la quale il debitore moroso deve prestare il mas-
simo valore che la cosa dovata ha raggianto, dal momento in cui
comincib la mora fino alia seutenza del giadice, soffro una eccezione
nel caso in cui la cosa dovuta fosse una species, e che fosse andata
distrutta o deteriorata prima della sentenza. Poich^ in tale evenienza
il debitore o non puo piii adempire la sua obbligazione o non la puo
couvenientemente adempire, quando la cosa sia deteriorata ^) : per-
tanto egli non pub esser tenuto che a pagare il massimo valore rag-
giunto dalla cosa dal momento della iniziata mora a quelle della di-
<$-) La maggior parte degll ecrittori intendono, per quosta esprossioue, il
temiK) nel quale veDue conchiaso il contratto; ci6 non ^ peraltro necessario.
Pill giostamente Donello ad L. 22 D. de reb, cred. [12, 1], la riferisce in-
vece al tempo nel quale il vino in forza del contratto doveva andar conse-
guato. Alio stesso modo Pomponio chiama il luogo nel quale deve av venire
la tradizione locum quo venU. Vedi van Wachendorff, Diss. cit. cap. I $ 6 in
Triad, Diss. pag. 224 seg.
63) A torto il Lyclama van Ryeholt, De ineunda rei aesL $ 68 pag. 332,
afterma che que&te parole si riferiscono al momento della litis contestatio; esse
si riferiscono invece al momento della sentenza gindiziaria come ha dimo«
strato van Waohekdorff, Diss. cit. pag. 227.
64) Haolander legge: d quia si datum esset, hoc haberet emptor: quoniam
vero non dedit, saltem hodie dandum est quod jam alim dari oportnit d.
6) L. 84 J 4 in fine D. de legatis 1. L. 33 M !>• de solut. [46, 3].
PS OONDIOTIONE TRITIOIABIA. 67
Btruzione o deteriorazione della cosa medesima. Ohe in tale ipotesi
non si abbia riguardo al momeato della condaana si comprende na«
taralmente: il valore di una oosa distrutta o deteriorata non pu5
pid salire. IJl^iano oonferma qnesto prineipio esplioitamente qnando,
nella L. 3 Dig. li. t, dice: c Si vero desierit ease in rebus humanis,
mortis tempos, sed cv rXiru ^) secundum Gelsum erit speotandum. 19on
enim debet noyissimum vitae tempos aestimari: ne ad exiguum
pretium aestimatio redigatur in servo forte mortifere vulnerato. In
utraqne aatem si post moram deterior res facta sit Maroellus scribit
libro 20 hahendam aestimationem quanto deterior res faota sit. Et
ideo si quis post moram servum eluseatum dederit nee liberari eum.
Quare ad tempus mora in his erit reduoenda aestimatio ».
Sicoome poi la legge in riguardo alia determinazione del valore
non pone distinzione di sorta fra la mora ex re e Isk mora per inter-
pellazione estragiudiziale, gli ^ indnbitato che anche a quest'ultima
si debbono attribuire gli effetti propri di quella prima. II Ltklama
TON Bteholt ^'') ^ per vero di opposta opinione, ma senza addurre
validi argomenti: infatti le leggi non ricliiedono nna interpellazione
giudiziale a che si verifichino gli effetti della mora di oui ci siamo
qui occupati. Marciano^*^) dice in generale:
c Mora fieri Intelligitur non ex re sed ex persona : id est si inter-
pellatus opportuno loco non solvent. Quod apud judicem examinabitnr.
Nam difficilis'est huius rei definitio. Divus quoqne Pius rescrlpsit:
an mora faota intelligatur, neqne costitutione uUa neque juris auc-
torum questione deoidi posse, cum sit magis facti quam juris i>.
Anche Pomponio ^^) conviene in ci5 quando scrive :
« Si ex legati causa ant ex slipulatu hominem certum mihi debeas
<^) L'espreesione ev itiim g^incontra frequentemente nei testi romani: vedi
e. g. L. 28 D. de prob. [22, 3]. L. 13 D. dc aoluL [46, 3]. L. 12 $ 2 D. rem
ratam haberi [46, 8]. In questo nltimo testo h detto: <i: Hoc autem cv t/atec,
id est cam laxamento et amplitudiae accipiendam, et cum spatio quodam
tern pons, nee minimo nee maximo, et quod magis intellectu percipi quam
elocutione exprimi possit d. Vedi Curtii, Ewx^w^ lib. I cap. 18 in T/ies. Otlon.
y pag. 112.
0*) De ineunda rei aesHm, J 56.
63) L. 32 pr. D. de ueur. [22, 1].
L. 23 D. de verb, oblig. [45, 1].
68 LIBBO XIII, TITOLO III, § 844.
nou aliter pcNst mortem eios teneaiis mihi, qaam si x>er te steterit
quomlnus Tivo eo mihi dares: quod ita fit si aut interpellatas non
dedisti aut occidisti eam >.
Su questo panto del resto son d'aocordo la maggtoi; parte degli
scrittori '^% che dob anche per la mora costitnita con interpellazione
estragindiziale abbia luogo VaestimaUo quanti pluritni. Molti peraltro
affermano che anche nel caso di mora devesi, a tenor delle fonti ro-
mane, distingaere fra fiegotia bonae fidei e %tr%oU juris. Solo in queili
dovrebbe trovar applicazione la regola sopra esposta, mentre in qnesti
il momento flno al quale il giudice potrebbe disoendere per stabilire
il massimo yalore della cosa sarebbe la litis contestation Oosl il Yoet ^^}
insegna: cQaod si non aestimatio sed res principaliter obligatione
comprehensa faerit, generalem pnto regolam servandam esse quae
inter bonae fidei ac strioti juris judicia distinctionem ponit ac vult^
in bonae quidem fidei judiciis rei judioandae sen judicatae tempus
observandum esse, quanti res sit, sen tunc valeat; in iis yero, quae
stricti juris sunt^ tempus litis contestatae: L. 3 § 2 Dig. Oomm.,
non eo senso quasi precise illud litis contestatae, yel condemnation is
tempus, ac nullum aliud antecedens, spectandum esset; nam si mo-
ram praecesserit, dubium non est, quin frustatio moratori, et non
alteri obesse debeat: ac propterea si inter moram et litem contestatam
remye judicatam rem pluris yaluerit, quam ipso litis contestatae yel
condemnationis momento, reus in id, quanti res plurimi fuit a tem-
pore morae ad tempus litis contestatae in stricti juris aut rei judi-
catae in bonae fidei judiciis, damnandus foret — L. 37 in fin. Dig. man-
dati [17, 1] ; L. 3 in fin. Dig. h. t. — sic ut tempus morae sit yeluti
terminus a quo incipit aestimationis ratio haberi: et tempus litis con-
testatae yel rei judicatae sit terminus ad quem ». La medesima dot-
trina insegnano Vinnio "^-^ Hubeb '^^)j Pothibb '^*), Bobhmbb '''-\
70) Strauch, 1X88. de cond. trU. cap. Ill sect. II W 9-10. — Vinnius, aelecL
juris quaesl. lib. I cap. 39 fin. — Cocckji, Jur. civ. contr. h. t qu. 2 exc. I.
Van Wachendorpf, Diss. cit. cap. II * la — Struv., Synt. jur. civ. ex. XVI
th. 37. — Wehrn, Docir. jur. expl princip. damni praestandi $ 69.
"Ji) Gomm. ad Pand. li. t. $ 3.
72) SeUcL jm\ quaesL lib. I cap. 39.
73) Praelect. ad Pand. h. t. $ 7.
74) Pand. lusUn. tom. I lib. XIX tit. I n. LXXXI nota a pag. 530.
'^'^) Docir. de actionihus sect. II cap. V } 49.
DE OONDIGTIONE TBITIOIABIA. 69
HoFACKSB ^^), e Thibaut "^"O- Seuonch^ i testi sopra citati in rigoardo
alia mora del debitore non oonoscono afbtto tale distinzione, e d'altra
parte non h a trovarsi ana seria ragione per attriboire alia mora
nna diversa eflicaoia nei negotia atricti juris e honae fidei. A ci5 si
agginnga che Papiniano nella L. 3 § 1 Dig. de usurii [22, 1] dioe:
c In his quoqne jadiciis qnae non sunt arbitraria vel bonae fidei
post litem contestatam actori causa praestanda est (senza dubbio
qnindi anche il valore nel Inogo della cosa) in earn diem qua sen-
tentia didtnr ». L'opinione qui avversata h stata piii diflfnsamente
confatata dall'Osnis Aubelius '^^).
Gi resta era a trattare:
2.^ il case in coi il creditore sia in mora €tcciptendi. In tal
case egli non pa6 pretendere ohe il minimo valore che la cosa rag-
gianse dal momento dell'iniziata mora. Scrive Pomponio nella
L. 3 § 4 Dig. de action, emii venditi [19, 1].
c Qnod si per emptorem moram faisset aestimari oportet pretium
quod sit, cum agatar et qno looo minoris sit » :
n GuiAoio '^^) fa segnire a questo testo il seguente commento : c Haec
lex indicat, si per creditorem moram faerit, qaominos acciperet, atro
tempore minoris res faerit, id tantnm oonseqaetur, nt si morae initio
minoris faerit, et plaris litis contestatae tempore, referetar aestimatio
ad tempos morae non ad tempus litis contestatae >. E conclude poi
oonquestaosservazionegenerale: cet haecnon tantum ita procedunt
in condictione triticiaria ex mutuo vel ex stipulatu, sed etiam ex
causa ftutiva vel reram amotarum, et ex alia qualibet causa. Constat
enim ex omni causa condictionem triticiaria dari ».
Siccome il prezzo delle cose pub esser diverse non solo per la di-
Tersiti dei tempi, ma anche per la diversity dei luoghi, cosi nella
determinazione di esso devesi anche a questa aver rigaardo; e per
vero il valore di una cosa deve essere determinate o in rapporto al
76) Prine. juris civ. torn. Ill J 1749.
8ysL des Pand. Bechts Iji 103.
^ Dispunctor. ad MeriU> sen de varianUhus Cujacii iiUerpr, dispuDct. XXII
in (Ml Tkes. torn. Ill pag. 751.
^ Ad Afric tract VIII ad L. 37 D. iwandcUi [17, 1] circa fin.
70 LIBBO Xllly TITOLO IK, § 844.
prezzo che essa fkoeva sol luogo oouvenato per la ooosegaa o sol
luogo nel quale eesa pab venir riohiesta. Sa questo punto non vi h
coatroversia di sorta giacch^ le leggi romane soao esplioite in pro-
posito.
Go^ dice Giuliano nella L. 22 Dig. de reb. ored. [12, 1].
€ Interrogavi cuios loci pretium sequi oporteatt Bespondit, si con-
veaisset, ut oerto loco redderetur, qoanto eo loco esset: si dictoni
non esset quanti ubi esset petitam » ;
e Gaio L. 4t Dig. h. t.
<c Idemque juris in loco esse ut primum aestimatio sumatur eius
loci quo dan debuit: si de loco nihil convenit, is locus spectetur quo
peteretur ».
Circa alPuso odierno della oondictio tritieiaria i pratici non sono
concordi. Alcuni, come il Mobnao, 11 Baghoyio, 11 GBONE^WfTaEN, ne
dubitano completamente e di tale avviso h anche 11 Boehmbb ^). Essi
si fondano su questa ragione: quia apud nos 8tricti juris negotia et
actianes non dentur. Ma chi non vede che si pone cosi a fondamento
di una opinione una idea errata circa la natura di questa azione!
Oggigiorno infatti non avviene pid di udire davanti ai tribunali 11
nome di questa azione, poich^ esso non era clie una aggiunta ad
unapitl ampia azione personale ed oggi non si ha riguardo alPindi-
cazione specifica delle azioni merc^ termini speciali. Ma non per questo
pub negarsi I'uso della nostra azione, poichb anche oggigiorno, per
la non avvenuta prestazione di qualsiasi cosa, eccettuata una deter-
miuata somma di denaro, si pub agire x>er il valore che essa aveva
senza considerare se il convenuto sia, oppure non sia in mora^O?
ed il gludice deve anche oggigiorno applicare gli stessi principi de-
so) Doctr. de aeiiombiia sect II cap. Y $( 50 e 51.
S') Un esempio efficace, nel quale il debitore h impossibilitato di prestare
]a cosa stessa, senza cadere in mora, o senza quindi obbligarsi a prestare al
creditore della cosa invece della cosa medesima il suo valore ci e offerto dalla
L. 71 $ 3 D. de leg, I dove Ulpiano dice: <e Qai consistetur, se quidem de-
bere, justam autem causam adfert, car utique praestare non possit, andiendus
est: utputa si aliena res legata sit, negetqae dominum eam vendera vel im-
mensum pretium eius rei petere adfirmet: aequissimum est onim concedi ei
ex hac causa nestimationem officio judicis praestare 9. Cfr. h, II ^ 17 D. de
leg. III.
DE OOKDIOTIONE TRITIOIABIA. 71
tenninati dal dirltto romano circa la valntazione della cosa dovuta.
Cofift pensano anche Sohilter '^\ Hubbr ^X Stbyk ^^\ MebendJl ^)j
Yon Waohbndobff ^) e Leyser ^) ai quali si nnisce il Cocwbio ^).
61i h vero che a qaesta opinlone si oppone ohe nel diritto odierno
in base a qualsiasi negozio pub agirsi per I'interesse ^), ma qui nou
blBogna dimenticare che interesse e valore della cosa sono due cose
distinte^). L'azlone pad aver laogo senza die neppur lontanamente
possa parlarsi di interesse. Si supponga che al debitore sia impossi-
bile restituire nn mntao rioevato in egaale speoie e bont^ (in gleicher
Art und Giite) : in tale ipotesi non si pub agire colla condictio certi
ex mutuo, bensi colla eondicHo iriticiaria per ottenere 11 valore della
cosa detorminabile officio judicis ^i). Tin formulario di tale azione b
dato dallo Schmidt ^) «).
!^?) Prax. jur. ram. ex. XXIV $ 61.
Si) FraeUct. ad PatUL li. t. J 13.
^ Us. mod. Band. h. t. 4 2.
^) Conirow jur. en?, lib. XIII cap. 20 n. 11.
^) Diss, de eond, trit. cap. II $ 17.
^') MediL ad Pand. vol. Ill spec. CL med. 1-3.
s^ Jur. civ. coiUr. h. t qu. 11. — Vedi anche Ehuikghaus, Ad eund. nota 6
torn. II pag. 227.
S9) Thibaut, S:/8t. dea Pand. BeclUs vol. I $ 276.
^ L. 193 D. de verb. sign. [50; 16]: a Haec verba: quanti earn rem paret
esset non ad id qaod interest sed ad rei aestlmationem referent ur s.
9t) Li. 22 D. de reib. cred. [12, 1]. Vedi la parte XII di questo Chmmeniario
♦ 783.
92) Lehrbuch von Klagen $ 1393.
a) Sulla condictio triticiaria, o come ora piu correttamente si dice triticaria, sono
a vedersi Bekker, Die Aktionen I vol. Berlin 1871; Keller, D^r romische Civilpro-
eess [6* ediz. curata da Wacu]. Leipzig 1883; Baron, Abhandlungen aus dem rdm,
Citilprocess I e Pandectenrecht § 84; Lbnel, Das Edictum perpetuum. Quanto alia
deoominazione di questa condictio quest! scrittori sono concordi nel ritenerla dovuta,
come il nostro autore sostiene, al triticum, solo il Bekker, op. cit. pag. 101, riliene
che talfi denominazione attribuita in origine, quando Tazione aveva un oggetto pii!i li-
mitato, venisse poi conservata anche quando Toggetto deirazione venne ampliato : actio
de omni certa re praeter pecuniam numeratam. Quanto alia sua origine processuale
la condictio triticaria dipende direttamente dalia /. a. per condictionem insieme alia
condictio certi, e segna il primo affermarsi della formula nel processo romano [Keller,
op. cit. pag. 120]. Secondo una teoria svolta con molto acume dal Baron nelle sue
72 UBBO xai, TITOLO UI, § 844.
Ahhandlungen, la eon(2ccttb {oerti tritiearia tneerti) ^ un^azione astratta che prescinde
dalla causa debendi. Essa riteneva in ci6 la caratteristica che lo stesso scrittora attri-
buisce alia legis actio per condictionem, la quale non avrebba richiesto TesposizioDe
in iure della catua debendi. Per tale caratteristica si spiegherebbe la ragion d^essere
di questa nuova legis actio, la quale era gi^ oscura a Gaio. Egli infatti scrive : c Quare
autem haec actio desiderata sit cum de eo quod nobis dare oportet, potuerimus aut Sa-
cramento aut per iudicis postulationem agere valde quaeritur ». Accolta la teorica del
Baron, si k necessariamcnta iodotto a ritenere estranea alFepoca classica la divisione
delle eondictiones in condictio indebiti, sine causa, in cui la sola xlivisione classica
sarebbe questa: condictio certi» condictio tritiearia, condictio ineerti. Le formuie di
queste eondictiones potrebbero pertanto venir cosl ricostruite:
Condictio certi. — Si paret N* A^ decern dare oportere.
Condictio tritiearia. — Si paret N^ A^ Stichum dare oportere.
Condictio ineerti. — Si paret N*^ A° quanti Ms operas A^ condueturus.
Vedi Padbletti-Cooliolo, Storia del diritto romano pagine 331-332; Lenel, Das Ed,
perp, 187. 1 pandettisti piii racenti non si occupano che incidentalmente della condictio
tritiearia: vedi Windschbid, Keller, Arndts-Serafini, Vangerow, ecc, ecc
TITOLO IV.
De eo, quod certo loco dari oportet *}
§ 845 «).
Fondamenio, concetto ed origine di questa oondictio.
La condictio de eo qtiod certo loco presappone una persona ohe sia
tenata a prestare aloanoh^ in an determinato Inogo. Seoondo le re-
gole dello strictum jus la prestazione non pub awenire contro 11 vo-
lere del creditore in alcun altro luogo diverso da quello oonvenuto ^^).
Alio stesso modo il debitore non pa5 essere oostretto ad esegnire
la prestazione in un luogo diverso ^^); poichb nessuna delle parti pub
essere privata dei yantaggi a lei provenienti dal dover la presta-
zione ayyenire in un certo luogo. Questi yantaggi possono essere
spedalmente rileyanti quando si tratti di merci e di monete, poiohb
Tesperienza dimostra oome questi oggetti non abbiano il medesimo
Talore e oorso in tutti i luoghi ^). Quando perb la prestazione non sia
segi^ta nel luogo determinato, sia che il debitore non yi si sia tro-
yato e sia che non yi si sia recato il creditore, la prestazione pub
avyenire anohe in un altro luogo, salyo il risaroimento dei danni da
prestarsi alFaltra parte. Ma con quale azioneY In questoproposito h
93) L. 9 D, h. t : c Is, qui certo loco dare promittit, nullo alio loco, quam
in quo promiBit, aolvere invito stipalatore potest ]>.
91) L. 1 D. cod,: <E Alio loco, quaA in quern sibi dari quisque Btipulatus
easet, non yidebatnr agendi &caltas competere d.
95) L. 3 D. eod.
') Questo 4itoIo d tradotto dal prot G. Lboni.
a) Vedi -rAppendice prima del traduttore a questo paragrafo.
OliIcK, Comm. Pcmdetle. — lib. XIII. 10
74 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 845.
assai notevole la distiozione ohe il diritto romaDo fa fra i ^legotia
honae fidei bilateral! e quel negotia, in base ai qaali, non si poteva
propriamente ripetere che qaanto direttamente eraposto nella natnra del
uegozio medesimo, in quanto che non si poteva rlmediare alia se-
verit^k del diritto oon una aggionta, che estendesse Pazione derivante
dal detto a&re. Nei bana^ fidei negotia bastava all'attore I'azione con-
trattaale al ragginngimento del sao scope: poich^ in tale ipotesi il
giudice pa6 riconosoere doversi alPattore, non solo tntto ci5 che ri-
sponde al coutennto del negozio, ma anche tntto ci5 che seoondo o-
qnitii pn5 a lui spettare^). Perci6 Paolo. nella L. 7 Dig. h. t. cos!
si esprime:
€ In bonae fidei judiciis, etiamsi in contrahendo convenit, ut certo
loco quid praestetnr ex empto vel veudito vel depositi actio corn-
petit: non arbitraria action.
'Sei negotia della seconda specie sopra accennati inveoe, I'azione che
da essi deriva non h snfdciente a dar piena soddisfazione al creditors
Si ponga il case che taluno abbia promesso il pagamento di una
data somma in un determinato luogo, sia mediante stipulazione, sia
mediante constitutum ^ oppure si supponga che si sia da alcuno da(o a
mutuo del danaro di tal gmsa che la restituzione dovesse awenire in
un certo luogo; od infine si immagini che un testatore abbia stabilito
che il pagamento dei legati a vvenga in un certo luogo: a rigor di di-
ritto in tutti questi casi la prestazione non dovrebbe poter chiedersi
che nel luogo determinato per il pagamento. La natura del negozio
e dell'azione da esse sorgente non permetterebbe di agire i)er la pre-
stazione altrove e di pretendere I'interesse del luogo. Non sarebbe
possibile in questo case di evitare I'eccezione della j>2ti« j^etitio. Senonch^
ammettendo questo rigore di diritto si sarebbe reso assai facile al
debitore di rendere illusoria I'azione del suo creditore: sarebbe ba-
state che egli non si facesse cogliere sul luogo del pagamento. Pero
ad evitare questo inconveniente si ammise che il creditore potesse
convenire il suo debitore anche in uu luogo diverse da quelle nel
96) } 30 Inst, de action. [4, 6J. L. 31 pr. D. deposUi [16, 3]. L. 11 4 ult. e
L. 50 D. de action. emU el vend. [!?♦, 1]. L. 54 pr. D. locati [19, 2]. L. 1 D. cfe
imms [22, 1], L. 7 D. de neg. gesU [3, 5J.
BE EO, QUOD CEBTO LOCO BABI OPOBTET. 75
quale avrebbe dovuto awenire il pagamento. Solo egli doveva nella
foimala dell^azione indioare il luogo, dove la prestazione da lai pre-
tesa ayrebbe doynto segnire, rilasoiando all'arbitrio del giudioe il va-
latare rinteresae del luogo ^). Goal all'azione prinoipale venne anita
una aggiunta, ehe le diede il nome di eandieHo de eo, qued eerto loco.
In tal proposito oonviene fermar Fattenzione sni segaenti testi classid:
a) § 33 Inst de acHombus [4, 6].
c Logo plos petitar: yelnti cum qais id, quod oertoloco sibi dari,
stipalatiis est, alio looo petit^ sine commemoratione iUias lod in quo
sibi dari stipnlatus est: verbi gratia, si is, qui ita stipulatus Aierit,
Ephesi dari spondest Bomae pure intendat sibi dare oportere. Ideo
autem plus petere intelligitnr: qnia utilitatem qnani haberet pro-
missor, si Ephesi solveret, adimit ei para intentione. Propter quam
caosam, alio loco petenti arbitraria actio proponitur: in qua scilicet
ratio habetor utilitatis, quae promissori oompetitura fnisset, si illo
loco solveret^ quo se soluturum spopondit ^). Quae utilitas plerumque
in merdbos maxima invenitur: veluti vino, oleo, frumento, quae per
singulas regiones diversa habent pretia. Sed et pecuniae numeratae
non in omnibus regionibus sub iisdem usuris foenerantur. Si quis
tamen Ephesi petat, id est, eo loco petat quo, ut sibi detur, stipulatus
est, pura actione recte agit: idque etiam Praetor monstrat, sdlicet
quia utilitas solvendi salva est promissori »•
b) Theophiius nella Paraphrasi graeca ad h. § (secondo la ver-
sione latina di Guglieluo Otto Beitz).
c Loco plus petitio ^) committitur, veluti si, quod mihi debetur in
certo loco solvendum, in alio loco petiero, non facta mentione loci
^ Secondo HoTOMANKy Oomm, ad ^ so InsL de actionibus, p. 470, la formula
dell'azione avrebbe saonato cosi : a Aio te inilii Ephesi centum dare oportere :
sed hoc iooo mihi satis erit, quod arbitro videbitur j>, 11 dccreto del pretore
ad istra:done del giudice sarebba stato, secondo il Baciiovio, Tract, de action.
diss. VII parte II Tb. I in fine, cosi concepito: <e Si paret, Titiam decern Ephesi
debere, neque in eo loco pecuniam debito tempore solvisse, judex ex arbitrio
tno condemns 2». '
^) Cosi leggono Haloander, Baudoza, Hugo a Porta, Hotomann, Vin-
Mius, Charondas e Baptista de Tortis; ma Cuiacio, Otto e van de Water
escladono le ultime parole: quo se soluturum spopondit , lo quali niancano
nell'edizione di Norimberga di Antonio Koberqer deU-ann'o 148G.
b) Vedi l*Appendice seconda del traduttore a questo paragrafo.
76 LIBBO XIII, TITOLO IV, §. 845,
in qao mihi debitnm solvendam erat: yelnti in hcdasmodi specie: sic
a te stlpalatns fed: spondesne mihi dare Ephesi solidos Ot Qaantmn
ex jure civili non possum a te alio loco petere, nisiinurbe Epheso:
namque extra Ephesam a te petens, looo plus peto. Si eaim Bomae
inveniaris, egoque pure tecum agam, id est, mentiouem Ephesi haud
ikdens, introducitur plus petitio. Sed quoniam evenire poterat, ut
numquam a te petere lioeret^ eo quod Ephesum non venires, atque
ego te Gonvenire nequirem, neque Ephesi, quia ibi non invenireris,
neque extra Ephesum propter plus petitionem, idciroo Praetor huius-
modi actionem excogitavit: nam mihi facultatem dedit etiam extra
Ephesum degenti adversus te agere, dum tamen mentionem Ephesi
faciam, et plus petitionem effugiam. Si enim Bomae tecum agam, di-
cens; si appareat, adversarium mihi dare oportere Ephesi solidos G»
non videor plus petere; si autem pure, id est, mentione Ephesi non
IWcta, plus petitio introducitur: namque id quod interest, et lucrum,
quod promissor adepturus erat, si Ephesi solvisset, illi adimo; fortassis
enim facilis ei erat Ephesi pecuniae solutio, difficillima autem extra
Ephesum: neque eum extra Ephesum in 0. solidos condemnari o*
portet: nam deducendum est tantum ei 0. solidis quantum damnl
facit extra Ephesum solvens. Forte enim Bomae solveret coactus, vi-
ginti impendit solidos ad oomparandam sibi summam, quam mihi dare
oportuit: ideoque non in G. sed in LXXX condemnatur: quum vero
Ephesi mentionem nuUam facio in lite, agens extra Ephesum, quoniam
id ago, ut in centum condemnetur solidos (namque pura intentio ex<
plorationem eius, quod interest, tollit) ea propter plus peto >.
c) L. 1 Dig. h. t.
Gaius libra nono ad Ediotum provinciaU.
€ Alio loco, quam in quem sibi dari quisque stipulatus esset, non
videbatur agendi facultas competere : sed quia iniquum erat, si pro>
missor ad eum locum, in quem daturam se promisissit, nunquam ac-
cederet, (quod vel data opera faceret, vel quia aliis locis necessario
distringeretur), non posse stipulatorem ad suum pervenire, ideo visum
est, utilem actionem in earn rem comparare ]».
^) L. 2 § 1 Dig. cod.
ULpianus libra moensima sejptima «<2 Edictum.
c Haec autem actio ex ilia stipulatione venit, ubi stipulatus sum
a te, Ephesi decem dari ».
D£ EOy QUOD OEBTO LOGO DABI OPOBTET. 77
e) L. 5 Dig. eod.
PjlTJLUS libra ticemimo octavo ad Edictum.
€ Si heres a testatore jassos sit^ oerto loco quid dare, arbitraria
actio comx>etit ]».
/) L. 6 Dig. eod.
POMPONIXJS lihro vicensimo aecundo ad Sabinum,
€ Aat mntua peoania sic data faerit, ut oerto looo reddatar ».
g) L. 16 § 1 Dig. Be peeunia constiiuta [13, 5].
Ulpianus libro vioemimo «ept»mo ad Edictum.
€ Sed et certo loco et tempore constituere quis potest, nee solum
eo lod posse earn petere, nbi ei oonstitutum est : sed, exemplo arbi-
trariae actionis, nbique potest »•
h) L. nn. God. JJbi coweeniatur qui oerto looo dari promisit [3, 18].
Imp. AliEXANDEB A HEBAGLIDAE.
< Qai oerto loco sese solaturam pecaniam obligat, si solutioni satis
non fecerit: arbitraria actione et in alio loco potest oonveniri, in qua
venit aestimatio, quod alteratrius interfaerir, sao loco prias, qaam
in eo, in quo x>etitur, solvi >.
Da tuttodb pertanto resalta ohiaro che la condiotio de eo quod
eerto loco h al pari della condiotio triticaria ixn^aotio adjectieiae
qnalitatii ^), mediante la quale si pub cbiedere clie nn pagamento
ehe doveva avvenire in nn certo luogo avvenga invece in un altro,
tenendosi conto officio judicis dell'interesse che I'una o I'altra parte
poteya avere che il pagamento avvenisse attualmente nel luogo in-
dicato. Questa azione ^ necessaria quando alio soopo cui tende non
r) 11 Gluck intende dire che la condictio de eo q. o. I. non b un*azione di per se
stante; ma piuttosto Vaetio che resulta dal contralto stricti jurU con una speciale
adjectitia qitalitas praeioria riguardo al luogo di pagamento. Ma ci6 non k : da quanto
e esposto nellappendice al § 845 resulta che non solo non kxuC actio stricti juris o\xA\\iL'
cata, ma anzi nella sua indole arbitraria speciale e il vero contrapposto di }xn*actio
juris civilis.
E altresi erronea Topinione del Gluck anche dal punto di vista che Yactio arbitraria
serTa a qualificare le differenti azioni, che derivano dalla stipulazione o dal mutuo, mo-
tirafa da ci6 che ogni causa avesse una particolare condictio. Queste idee non pote-
vano essere concepite se non a motivo della deficienza di esatte nozioni sulla procedura
per formulas prima della scoperta delle Istituzioni di Gaio (veggasi anche Cohn, op.
cit. pag. 150 e suUe actiones adjectitiae qualitatis veggasi Savigny, Diritto delle obbli-
fozioni vol. II § 54; Buonamici, op. «it. pag. 181; Arndts-Serafini, op. cit vol. II
§ 247 n. 7;.
78 LIBBO Xin, TITOLO IV, § 845.
sia suffioiente I'azione che sorge dal negozio, ia base al quale il pa-
gamento 6 dovuto: nella sua formula deve essere indicato il luogo
dove il pagamento avrebbe dovuto propriamente avvenire ^). Pres-
Bochh tutti gli sorittori Bono conoordi nel riteneie che qnesta azione
sia d'origine pretoria e che abbia tratto il nome dalle prime parole
dell'editto, che I'avrebbo introdotta: il quale editto crede il Noodt ^^^)
di aver come segue felicemeute restituito in base ai frammenti con-
tenuti nel nostro titolo:
c De eo, quod certo loco dari oportet ex stipulatu, si alio petatur,
facta mentione eius, quo dobetur, actionem dabo; ut quanti ea res
erit, tanti arbitrio iudicis restituetur ».
Pero i classic! non alludono nei loro frammenti in alcun modo ad
uu tale editto. Solo Giustiniano nel frammento delle Istituzioni
sopra trascrltto ricorda il pretore, e Tbofilo nella Parafrasi dice
soltanto che Fazione fu introdotta dal pretore <^.
^) Di questa azione trattano specialmente: Cuiacio, TracL III dd African,
ad L. 8 D. h. t. — Donello, Comm. ocZ 7^ L Pand. — Duarenus, Comm, ad
eund. HL {Oper. pag. 924 seg.). — Voet, Chmm, ad h. U — Noodt, Ad h. U
{Oper. torn. II pag. 305 seg.). — Magnus, R€Uion, et different jur. civ, lib. I
cap. ly (Mbbruakk, Thes, III pag. 280). — Faber, De error, pragm. dec. XC
e dec. XCI err. 1-6. — Bachotius, Tract, de action, disp. VII parte II pa-
gina 81. — Strauch, Dissert, de cond, de eo quod certo loco dari oportet. Je-
sae 167J.
100) Comm. ad Pand. h. t pag. 306.
d) II Magnus aveva proposto per TediUo la sfguente riccf Iruzione :
« De eo quod certo loco dari oportere dicetur, arhitrariam actionem dabo »
{Ration, et diff. iur. civ. lib. I cap. 14 nel Tesoro del Mbbrmann, III pagine 280-92).
II Ranching propose:
< Si pecunia quae certo loco dari debet, alio loco pe'atur, utiletn actionem dabo,
utper earn, arbitritt jitdicis satis fiat » (Edictum, perpetuum restitutum, D. h. t. pag. 24S
in Tlies. Mebrm.).
II De Vbyhe riferisce la congettura del Westenbero:
€ De eo quod ceno loro dari oportet ex sHpuIatu, si alio loco petitur, facta com-
mem,orafione loci quo quod debetur promtssum est actionem dabo, ut, quanti ea res
erit, arbitrio iudicis aestvnetur » (libri tres Edicti).
Si rileva facilmente che nessuna di queste proposte pu6 essere accolta, sia perche
nessnna chiarisce bene in che consistesse Vactio arbitraria, sia perche Tazione verrebbe
qualificata utile dallo stesso pretore, il che non e verosimile: sia perche imprecise
tutte e ristrette troppo in relazione ad argomento cosi importante (vedi anche Treptow,
op. cit. pag. 9).
4
PRIMA APPENDICE DEL TRADUTTORE
AL 8 845.
I lavori, che meritano speciale menzione prima di questo del Gluck, suila cos) detta
actio de eo quod certo loco, bodo solamente quelli del Donello e del Fabro: il primo
nel 6U0 Comment, ad Pand. (lib. XIII tit. IV), il secondo nella sua opera De erroribus
pragmat., ecc.
Nappure il Gluck per6 e completo in questo tema, per qaanto ricco di erudizione.
Egli e che solo la scoperta delle Istituzioni di Gaio poteva dare luce specialmente sulla
procedura formulare romana e servire di guida nello studio delle sottili questioni, che
(levoDO essere esaminate nella trattazione deWactio de eo q^od certo loco.
Nelia nostra letteratura giuridica non abbiamo neppure dopo la scoperta di Gaio
una monografia speciale in proposito: mentre pure si banno lavori classici sulla proce-
dura civile romana, del Serafini, sotto la modesta apparenza di note airARMDTS {Le
Pandette vol. I parte I § 100); del Buonamici sulla Storta della procedura stessa, che
gli studios! si augurano di veder presto finita; del Filomusi Guelfi sul procesMO con-
tumaciale (Napoli 1873); del compianto Padelletti %u\\% legis aetionee, ed intcressanti
monografie del Brini sulla eondemnatio ; del Perozzi fsfj\\2k aponsio praeiudicialia ; del
geniale Cooliolo sulla eccezione di cosa giudicata, del Bruoi, ^ote al Gluck §§ 495,
498 del libro V; per tacere di altri e numerosi studi romanistici affini dei nostri valo-
rofi professori Landucci, Ferrini, Scialoja, ecc.
In Germania suirargomento de eo quod certo loco vennero pubblicate due mono-
grafie negU anni 1875 e 1877, la prima da Emiiio Treptow intitolata Zur Lehre von
der actio de eo quod certo loco (Greifswald. Hache 1875), la seconda da Max Cohn
col titolo Die sogenannte actio de eo qudd certo loco (Berlin, Weidmann 1877), e su
queste scrisse una dotta recensions nel Literarisehes Centralblatt fiir Deutschland
<lel Zarncke, il Pernice nelPanno 1877 (veggansi le pagine 994-997 di detto periodico
anno 1877).
II lavoro del Treptow e una tesi per il conseguimento del titolo di Dottore.
Molto piu importante e il libro del Cohn, nel quale sono trattati anche altri due ar-
gomenti, che hanno stretta attinenza oxAV actio de eo q, c. I. e cio6 quello della plus
petitio e Taltro del « luogo di pagamento ». Nuovi studi pubblicd poi il Cohn nella Krit.
Vierteljahrechrift, XXIV pag. 32 e seg. Veggasi anche la monografia del Puntschart
nella GrUnhuts Zeitschr. VI pag. 620.
Accuratissime sono le ricerche del Lenel suiraetfo de eo q. c. L nel § 95 dello splen-
dido suo lavoro suU'Editto perpetuo.
E notevole anzi in proposito che il Lenel modifica in parte le conclusion!, alle quali
era pervenuto intorno alia formula di questa azione stessa nelfopera Beitrdbge zur
Kunde des praetorischen Edict* (1878), il che sta a riprova della difficolt^ che questo
tema presenta agli studiosi.
Traccier6 in questa appendice brevemente quanto mi sembra utile aggiungereal Gluck.
L*interesae deirargomento e puramente storico e tutti gli scrittori in sostanza, sebbene
con forma diversa di motivazione, si accordano nel concludere che Vactio de eo quod
certo loco in nessun modo e ai giorni nostri applicabile. Anzi ^ certo questa la ra-
gione principale, per cui e scarso il numero degli scrittori moderni, che se ne sono oc-
cupati.
80 PBIHA APPBNDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 845.
L" actio de eo quod certo loco deriva dalla condictio certi (il Treptow dice addi-
rittura che la condictio certi e la madre deWactio de eo q. o, I.): nella condictio oerti
il giudice deve attenersi al certum della intentio; il debitore, il quale ha promesso il
pagamento in un luogo deterroinato, solo iti queftto luogo pu6 esser chiamato in giu-
dizio; egli si h provveduto di uno speciale Foro competente, il Foro del coDtratto, il
quale va preferito a tutli gli altri; in questo presta Toggetto della stipulazione il certum.
Avesse il creditore esperito la sua azione in altro luogo, il giudice per la conditio
certi doveva assolvere il convenuto, perch^ nelPaltro luogo il reus non doveva dare il
certum, Impedita sarebbe stata pure al giudice dairindole rigorosa della condictio certi
ogni valutazione intorno airinteresse del luogo; la domanda di ogni altra cosa oltre il
petitum produceva una plus petitio (veggasi TAppendlce II al § 845) ed infatti 100 a
Capua non era la stessa cosa di 100 in Efeso: il debitore veniva danneggiato, perche il
creditore chiedeva piA di quanto gli era dovuto, mentre al giudice, per considerazioni
speciali, non era lasciata la facolt^ di raddolcire le conseguenze di questo plus petere.
Si dovette presto convincersi che il sistema della condictio certi poteva produrre
delle ingiustizie, sia quando il debitore « intenzionalmente » non si recava nel luogo
determinate dalla stipulazione, sia quando casualmente non poteva in quello recarsi: era
iniquum che lo stipulator non riescisse ad suum pervenire, come dice Gaio, ed un
rimedio si rendeva necessario.
Per quanto i Romani fossero conservatori fino alio scrupolo nelle loro forme di di-
ritto, erano nello stesso tempo solleciti a trarsi dagli inlbarazzi con mirabile abilita
estendendo Tapplicazione dei mezzi di diritto esistenti: era ii\ ispecie c6mpito del pre-
tore di estirpare Tingiusto e di proteggere Tequo: gli inconvenient! lamentati doveano
riescire fin troppo gravosi, se si rifle tte al progresfivo sviluppo della potenza dei Ro-
mani, per la quale si andava aumentando il numero delle popolazioni al loro dominio
soggette. Ed il pretore infatti si impressiond a giueto titolo della critica situazione fatta
al creditore ed apport6 alia condictio certi delle modi&cazioni, le quali originarono
Vactio de eo quod certo loco. In virtii delPopera del pretore lo stipulator non ha piu
a temere la plus petitio e pu6 esercitare la sua azione, senza che quella possa essere
paralizzata dalla cattiva volenti del debitore o dalle circostanze fortuite, che gli impedi-
rono di trasferirsi nel luogo, in cui il pagamento doveva esser effettuato.
Che si debba al pretore la introduzione deirazione de eo quod certo loco, il Treptow
lo deduce dal fatto che Oaio usa per indicare Timpulso della giurisprudenza romana
le espressioni caratteristiche non videbatur actio competere e visum est actionem com-
parare, nelle quali seppure la parola praetori non e indicata k a ritenersi sottintesa,
ch6, sia nelle riforma del vecchio diritto, come nelle innovazioni, e adoperata nelle fonti
la frase visum, est praetotn. Un esempio di ci6 lo dk anche la L. 1 D. de institoria ac-
tions 14, 3 di Ulpiano tratta dalla sua opera Ad Edictum libro XXVIII: Aequum
praetori visum est . . . . e per la parola comparare usata per contraddistinguere Tatti-
vit4 del pretore, il § 17 delle Istituzioni lib. IV tit. 6 de actionibus; dairindole utilis
deirazione de eo quod o. L; dal confronto che trovasi nelle fonti fra il concetto del-
Yiniquum e quello deWaequum; dairessere le LL. 1, 3, 5 e 7 del lib. XIII tit. 4 tratte
dairopera di Qaio, Ad Edictum provinciale e Ad Edictum (LL. 1 e 3 lib. IX Ad Ed,
prov.); (LL. 5 e 7 lib. XXVIII Ad Ed.) e le LL. 2 e 4 da quella di Ulpiano, Ad Edic-
tum, (lib. XXVII); in tutto dunque 6 sulle 10 leggi del titolo IV sono ricavate dai com-
menti alFedltto del pretore; dalla frase haec actio proponitur usata nelle Istitusioni,
perch^ ^ cosi che si allude alKopera del pretore (vegg. anche il § 8 Inst. IV, 6), e dalle
parole idque etiam praetor monstrat del § 33 Inst. IV, 6; infine dalle parole usate da
Teofilo, il quale nella sua parafrasi delle Istituzioni nomina il pretore c fondatore di
detta azione »:
Invece, secondo il Cohn, quantunque colla maggior probability si possa designare
PBIMA APPBNDIOE DBL TBADUTTOBE iX § 845. 81
Vaetio arbitraria^ quale pretoria, nel tenso che qucsta de7e la sua esistenza alia giu-
risdUione del pr^ore; questo fatto non pu6 dedursi con certezza e propriamente solo
dairindole utilis deirazione, e neppure dairesserne, come egli crede, in contrapposto a I
TaspTow, che la ritiene eoneepta in itu, la formula in factum eonoepta,
E non si rileva certo ne dalle parole di Teofilo surriferite, che non si possono pren-
dere in considerazione come fonte, ni dalle parole del % 93 Inst. IV. 6, che non si rife-
liseono necessariamente airorigine pretoria.
Considerata per6 di carattere « pretoria » si chiarisce bene nel aistema delFeditto, al
quale rtmasero fedeli le Pandette, la sua posizione di vicioanza e precedenza airaziono
de pectmia 4xmstituta. Tutle e due sono azioni pretorie e precisamente a tutela di ob-
bligazaonl ccntrattuali.
D*altra parte il trovarsi la trattazione deW actio de eo quod certo loco vicina alia
trattazione delle eondictiones disegna tanto la stretta relazione con queste, quanto il suo
distacco.
Delle tre funzioni ricordate da Pohponio nella L. 7 § 1 (Papinianus lib. 11 Defini-
tionum) D. de justiUa et jure (1, 1) pare cho il. pretore abbia esercitato per Tazione
de eo quod certo loco quella oorrigendi juris eivilis gratia piuttosto che quella «up'*
pUndi come vorrebbe il Donbllo {Comment, ad Pand. pag. 429) argomentando dalla
L. 13 (Ulpiano lib. I Ad Edirtum Aedilium Currulium) D. de legibue senatusque, ecc.
(1, 3). Qttesta legge anzi sta piu a favore delta funzione di correggere che di quella
jupplendi.
Scrive infatti Ulpiano: «....ut ait Pedius, quiities lege aliquid unum vel alterum
introductum est, bona occasio est cetera, quae tendunt ad eandem utilitatem, vel inter-
pretalione, vel certe iurisdictione suppleri ».
N^ Tazione de eo quod certo loco supplisce la condictio certi; deriva da questa,
ma se ne distacca del tutto appunto « per combattere efficacemente la speciale disonesta
di un debitore per stipulazione, che si trincerava dietro la letlera del dirilto per sot-
trarsi alPobbligo suo » (vedi Sayigny, Sistema del dir, rom. attuaU (trad. Sgialoja)
vol. V pag. 159).
In quanto airepoca della introduzione dtWaetio de eo quod certo loco non si hanno
dati nelle fonti per poterla precisare: si pu6 appena congetturare che esistesse neire-
poca che decorre dalfintroduzione della procedurtL per formulas {lex Aebutia 550? 605?
a Labeomb (759 di Roma) (veggasi su Labeonb la stupenda opera di Alfredo PsaNicB,
Labeo, JRdmisches Privatrecht im ersten Jahrhunderte der Kaiserzeit Halle): infatti
non potrebbe escludersi che gi& nel periodo delle legis actiones^ almeno nella legis actio
per condictionem, non si sia verificata Tipotesi del locus certus, il quale poi nel pe-
riodo della procedura formulare produsse la opportunity deiracfto ar&tCrarta: solo non
si hanno prove in proposito.
Perconverso, cheormaial tempo di Antistio Labeonb Tazione de eo quod certo loco
fosse in uso, si deduce dalla L. 2 § 8 D. h. t. alle parole Julianus Labeonis opinionem
zecutus. . . . Anzi, sia dal contenuto della osservazione di Ladbone nel § 8 della L. 2
D. h. t., la quale si riferisce ad un punto, che sembra aver gi^ assunto il carattere di
controversia, e cioe che il giudice dovesse tenere in considerazione anche Tinteresse del-
Pattore, sia dal fatto che la L. 2 stessa h tratta dalPopera di Ulpiano, Ad Edictum
iibro XXVII, e quindi da un Comm,ento ad Editto che certo era in vigore da piii di un
nnno, il Cobn (op. cit pag. 2) giustamente ritiene che Tapplicazione deirazione de eo
quod rerto loco abbia preceduto il tempo di Labeonb. Si consultino in proposito anche
il VoiGT, Jus naturale vol. Ill pagine 720-743 (citato dal Cohn), il Keller, Delia proc.
^iv. e delle azioni presso i Uomani (trad. Capmas) pag. 120 n. 331, il Ziumern, Trat-
Jato delU azioni (trad. Etiennb) pag. 202, Saviony, Sistema del diritto rom, attuale
(trad. Scialoja) vol. V pag. 158 e seg., Windsciieid, Liritio delle Pandette vol. I § 46
^trad. Fadda e Bensa).
GlQck, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 11
82 PRIMA AFFEin)IOE DEL TBADUTTOSE AL § 845.
Le cause, che hanno dato lupgo airintroduziono deirazione de eo qtiod certo loco
vengono esposte da Gajo nella L. 1 D. XIII, 4.
Gaio indica come chi era obbligato civilmente, in base a stipulazione, potesse sTug-
gire airazione derivaote dal contratto. Sgli suppone che il debitore il quale deve pagare in
Capua non si rechi in quella citt&, sia per Tolont^ propria, si a per esserne impedito da
una causa qualunque anche indipendente dalla volont^. Nei due casi, secondo le regole
del diritto civile rigoioso, il creditore non poteva chiamare tn jus il suo aTversario,
perch^ la voeatio non aveva luogo che ai riguardi di una persona presente: ne conse-
guiva che il debitore diventava Tarbitro della situazione. II Gohn esamina questa legge
con ogni diligeuza, ne fa un commento con una minutezza di particolari forse soverchia
(il Pernios la dice addirittura faticosa), e ne deduce il principio seguente: che la vera
ragione, la quale produsse Yactio arbitraria^ai fu il riconoscimento deiringiustizia del
fatto che il possessore di un credito, il quale veniya privato dapprima di ogni altro
Foro giudiziario personale dalla massima alio loco non agi ed era forzatamente dai-
Tassenza del debitore ridotto a perdere anche il Foro del luogo di pagamento, si troTava
in tal modo nella impossibtlitd di far valere le sue ragioni.
Quantunque poi nella predetta legge di Qaio non sia precisamente nominata Ta-
zione de eo quod certo loco coirindicazione di actio arbitraria, ^ oerto che si tratta
di questa, sia perch^ tutto ci6 che ci e noto sulFindole deirazione arbitraria armonizza
colla narrasione di Gaio, sia perchd in caso diverso, e cio6 se Vactio utile della legge
di Gaio non si identificasse coirarbitraria, quella mancherebbe, di base sia infine perche
la legge di Gaio h tolta dal libro-9 della sua opera suIPeditto provinciale, nel quale si
parla delFac^o arbitraria.
Ma in che consisteva la modificazione che il pretore aveva fatto subire alia eondictio
ctfrftperoriginare Vactio arbitraria, che ^ dalle fonti indicata a noiconquesto nome?
E difficile esporre norme precise in tale proposito, perche non si ha alcun fram-
mento, che risolva il problema in modo sicuro
Certo non si pu6 ammettere che il pretore modificasse Vintentio della eondictio cerU
cambiandola addirittura in una intentio incerti ch6 il debitore di dieci in Efeso dovera
pur sempre dieci, ed e esaminando se la intentio era giusta che si passava poi alia
condanna: invece la sagace opera del pretore ha consistito nelPintrodurre nelVintentio
la designazione del luogo in cui Tobbligazione dev^essere eseguita; e cosi che poi il
giudice potr^ valutare Testensione delPobbligo, tenuto conto della diversity dei luoghi,
il che implica di necessity la conseguenza di una condemnatio incertL
In quanto al carattere utilis deirazione, anche il Heffter, Observ. in Gaium lib. IV
pag. 93 (citato dal Savigny) riteneva che Tazione de eo quod certo loco fosse una actio
utilis, cio^ un*azione fittizia, ci6 che non segue per6 necessariamente dalle parole c ideo
visum est, utilem actionem in eam rem comparare ». Essa pu6 esser stata conforme 11
modo comune in factum concepta e tuttavia essere stata chiamata utilis in opposl-
zione ^XVactio directa, perch^ per essa Tazione originaria fu estesa oltre i suoi limiti.
Si vide che *azione de eo quod certo loco e una emanazione della eondictio eerti,
ne deriva che debba aveme le quality caratteristiche, quindi anzitutto che sia unVcfio
in personam. L*azione ha per obbteHivo una pteiUaxon^ dari oportere certo loco: cio
produce quale ineccepibile conseguenza Tindole personale deirazione: e poi annoverata
fra le personal! espressamente nel § 31 delle Inst, di Giustiniano (IV, 6). Ne e mestieri
sofTermarsi di piu in tale rig^ardo.
Che poi Tazione contemplata da Gaio nella L.- 1 D. h. t. sia € azione arbitraria »,
nessuno lo ha mai impugnato; gli interpret! non sono perd d^accordo sulTindole di que-
st'azione « arbitraria ». Secondo il Fabro, il Vinnio, il Duareno la nostra azione non e
< arbitraria > nel senso solito della parola: le fonti nel considerarla arbitraria vogliono
solo indicare la facolt^ accordata al giudice di apprezzare la condanna, tenuto conto
della differenza dei luoghi.
PUMA APPENDIOK DEL TBADUTTOBB AL § 845. 83
La L. 4 D. h. t., la quale sembra ammettere il jussiu del giudice e rassoluzione del
convenuto che vt si adatta, deve interpretani ristreitivamente e solo per la fattispecie
in paella oontemplata, • cioi, come si vide nel nostro Gluck, di un debitore, che ha of-
ferto la somma nel luogo stabilito o che ne ha eseguito il deposito.
Qui la prima parte della legge si interpreta a mezzo della seconda, riconoscendosi
la poseibilitji delPanoluzione mediante cauzione ed osservando che il debitore io questo
caso ha fatto tutto ci6 che era in suo potere per liberarsi nel luogo convenuto dal «uo
obbligo. Ma quest^opinione non pud accogliersi, sebbene dimostii ncgli autori citati una
5pede di intuizione della reritd, che solo dalle Istituzioni di Qaio poti essere appurata.
Meritano di essere riferite le parole del Vimnio che spiegano il motivo, per il quale
Vactio de eo quod eerto loco doveva distinguersi dalle altre azioni arbitrarie: c Prop-
terea quod Justinianus species sive exempla utriusque generis confiuim proposuit »
{Comm. Instil, Venetiis 1747 tomo III pag. 917).
Secondo il Du Caurrot (Institutes de Justinien tomo 11 8.* ed. Paris 1851 pag. 406)
il pretore nel concedere Yactio de eo quod certo loeo modifica la formula rigorosa in-
serendovi la menzione del luogo fi^sato per il pagaxAento (Ulp. L. 2 S 2 D. h. t.): da
questa modificauone resulta un*azione pretoria utile in opposizione alKazione pura od
azione civile non modificata, sine eommemoratione illius loci) alio scopo che il giudice
deddendo in base alPequit^ possa aumentare o diminuire la condanna in relazione alia
diversitii dei luoghi e secondo che questa diversity giova al debitore od al creditore.
L*aaone quindi cosl considerata sarebbe arbitraria in un senso diverso dalle altre azioni
arbitrarie, perchi si arriverebbe alia eondemnatio senza YarbUrium; ma questo au-
tore, tenuto con to che il convenuto contro il quale Yinttntio k stata verificata, pu6 es-
sere ancora assolto in piii casi, in ispeciese egli d& cauzione di pagare nel luogo indicato,
conclude che queet*azione e arbitraria nello stesso senso delle altre, dappoichi si di-
stingue sopratutto per la possibilltii di assolvere il convenuto, sebbene ci sia una
sentenia contro di lui, quando egli dia alPattore la soddisfazione indicata dal giudice.
Questa soddisfazione il Parmbntier [De la plus petition en droit romain. Ver-
sailles 1870 pag. 55) la troverebbe nelle parole del § 31 Inst. (4, 6): « In his enim ac-
tinnibus permittitur iudici ex bono et aequo secundum cujuscumque rei de qua actum
e5t, naturam aestimare queroadmodum actor i satisfieri oporteat».
II giudice ha quindi il pii!i esteso potere di stima per determinare in base alKequita
la soddisfazione mediante la quale il convenuto sar^ assolto.
Resa ineerta la eondemnatio, conveniva per6 che il debitore non avesse a risentire
un danno dalPinnovazione del pretore ed ^ ci6 che, secondo il Parmentibr, giustifica
il carattere d*arbitraria attribuito dal pretore, in base al quale per la circostanza che
il debitore non aveva che a dare cauzione di pagare nel luogo stabilito colla stipula-
zione per essere assolto, si evitava al debitore ogni pregiudizio a di lui carico derivante
dal dover pagare nel luogo in cui fu esperita Fazione invece che nel luogo stabilito dal
contratto.
Qli interessi delle due parti sarebbero stati cosi colPopera del pretore conveniente-
mente tutelati.
II Sationt osserva che Yaotio de eo quod certo loco e Tunica che pu6 far sorgere
dubbio sul suo adattamento al concetto da lui stabilito delle azioni arbitrarie, le quali
tendono alia restituzione od esibizione di una cosa, ma dice c e appunto quella la cui
naiura arbitraria » h decisamente riconosciuta principalmente e ripetutamente nelle fonti
nostre. L*azione de eo quod certo loco, che 6 un*azione pretoria, non 6 diretta ad una
restituaione od-^eibizione, ma allaViduzione locate delPammontare di una stipulazione, che
propriamente secondo il suo contenuto letterale avrebbe dovuto eseguirsi in un luogo
direrso. La intimazione delTarbitro, secondo Fimmortale autore, colla cui esecuzione si
sfugge airazione, e diretta alia cauzione per Tesecuzione del contenuto letterale della
st'puiazione; il pregiudizio nel caso di rifiuto deiresecuzione consiste in un possibile in-
84 P&IMA APPENDIOE DEIi TBADUTTOBE AL i 845.
teresse molto alto, anche iDdiretto, a cui pu6 esser diretta la condanna. Vi e dunque,
cosi conclude, in questa azione Tapplicazione di una forma processuale introdotta per
scopi • casi affatto diversi da quelli delle altre azioni arbitrarie (veggansi Ziuuern, op.
cit. pag. 203 nota 21 e gli autori da lui cicati e suUe aettonet arbitrarltie in generale
veggaai il Giicicbrthal, La proprietd nel conflitto colle altre figure del diritto
reale ed in ispecie le actiones arhitrariae 2.' ed. 1875. Veggansi anche il Wabchter,
Spiegasioni, ecc. Stuttgart 1845-1846, II, 9; Rudo&ff, Storia del d. r. II pagine 152-154;
Bbthmamn-Hollweo, Proo. civ. rom. II, pagine 287-293; Baron, Dissert, sulla proce-
dura cif>. rom. \o\. I 1881. Cfr. la L. 2 pr. § 8; L. 4 § 1; LL. 5, 7, 10 h. t; L. 16 § 1
D. 13, 5).
Una esposizione anche breve della leoria delle azioni arbitrarie secondo gli ullimi
resultati della critica non mi k qui concesea; limito quiodi, per quanto e possibile, la
trattazfone delFargomento, in modo per6 che sia chiaro il perche ed il Tero senso della
qualifica di arbitraria applicata 9.\V actio de eo g. c. L
Sono « arbitrarie » secondo il § 31 Inst, de act. (IV, 6) quelle azioni « in quibus^
nisi arbitrio judicis is, cum quo agitur, actori satisfaciat... . condemnari debeat....>,
quelle aiioni adnnque nelle quali deve precedere alia condanca un ordioe del giudice,
la cui esecuzione toglie la condanna stessa: per6 malgprado questa definizione e quan-
tunque nel predetto § 31 la nostra actio fia, annoverata fra gli esempi delle azioni ar-
bitrarie, pure il Lenel (op. cit. pag. 193) scrive: < Non sono riuscito a rendermi ragione
nei miei Contrihuti alia conoscensa delVeditto pretorio, nk deiringiunzione del giu-
dice, n^ della corrispondente clausola nella formula, perche mi sembrano errati tutti i
tentativi finora fatti di dare a quellVtw^ta contenuto e direzione. Ed ancora oggidi noii
sono di di verso parere ed anzi credo di poter aggiungere agli argomenti gia addotti, e
che ritengo ancora decisivi, contro la clau-ola della formula « nisi ea pecunia. . . Ephesi
solvetur»..» {o quale possa essere la formula) accolta dalla opinione dominante; un
altro nuoTo ed assai importante argomento. Se ciod il giudice avesse emanato davvero,
e quale ultimo invito, Tordine di prestare nel luogo di pagamento detenhinato, allora
avrebbe do.vuto essere, a mio avviso, regolato corrispondentemente il calcolo deirinte-
resse a questo invito, cio6 il giudice avrebbe dovuto basare il calcolo delKinteresse sul
termine stabilito o sottointeso per la prestazione e se Tinvito rimaneva infruttuoso la con-
demnatio avrebbe dovuto essere concepita « quanti alterutrius intererit Ephesi solvi,
condemna ».
€ Eld invece un'intera serie di passi guardano viceversa in maniera assoluta nel pas-
sato: cosl prima di tutto nel Codice la L. un. h. t. « in qua venit aestimatio, quod al-
terutrius interfuit. . . . » cosi pure la L. 2 § 8 h. t. « ut si interfui^set rei ratio ejus
haberetur. . . > e « actoris habuit rationem, cuius potuit interesse. . . » e « in banc arbi-
trai'iam quod interfuit veniet. ; . ».
« Cosl pure la L. 8 h. t. :
< Quanti eius vel actoris interfuerit . . . . » e « quanti actoris intersit earn pecuniara
Capuae solutam esse . . >. Di piii il § 33, Inst. (4, 6) « utilitatis quae promissori com-
petitura fuisset. .». E finalmente la L. 15 decompen.T>. (16, 2) « quanti mea interfuit »
e « quanti Titii interfuerit >.
« Di fronte a queste espressioni di fonti concordanti non ^ possibile negare che la
possibility di prestare in altro luogo che su quello delFazione abbia in modo regolare
raggiunta la sua fine dal momento della presentata azione arbitraria: questa possibiiitiV
si considera poi solo quale possibility passata.
« Se pertanto non si pu6 trovare assolutamente un contenuto che soddisfi per una
clausola nella formula, cosl conclude il Lenel, dalPaltro lato si spiega da s^ il nome
di arbitraria actio e senza uopo di dare alia formula una aggiunta ulteriore lo si ca-
pisce dalla formula da noi proposta della sua condemnatio: « Js'*" A'" A® A° decern
aut si quid alterutrius interfuit earn pecuniam Ephesi potius quam Romae solvi.
FBIMA APPENDIOE DEL TSADUTTOEE AL § 845. 85
tanti pluris minoriroe e. s, n.p, a. ». In forza della parola alterutrius ii rimette con
questa eondemnatio iW'arbiiriuin del giudico il decidere di quale fra le due parti egli
Tuole coDsiderare Tinteresse neWaettimatio e questa liberty di scelta nella aestimatio »
il motivo al quale Vactio deve il suo nonio ».
II Lenbl non si dissimula che questa spiegazione non corrisponde alia definizione
delle Istituzioni, ma osserva che chi legge attentamente i passi, nei quali k designata la
nostra actio, quale arbitraria, non pu6 dubitare che la indicazione qui non sia adoperata
dai giureconsulti in altro senso che per lo passato. Se i giureconsuUi indicano-occasional-
meate un^altra azione quale arbitraria (oltre Tazione de eo quod certo loco Tiene de-
nomioata arbitraria nel Digesto, e questa solo una volta, Vactlo quod metus causa,
L. 14 § 4 (Ulpianus libro XI ad Edictum) D. quod metus causa (4, 2) con ci6 inten-
dono di attribuirle una quality determinata, che essa divide con altre;essa 6 arbitraria,
come e civile, onoraria, in rem, in personam,, in ius ed in factum
Per la nostra actio, al contrario, per la quale si trova la designazione piu ^pesso
che per le altre actiones arhitrariae unite e actio arbitraria il nome tecmco per essa
speciale: essa non k una actio arbitraria^ e V actio arbitraria. Da ci6 segue per6 che cidche
la fa direnire actio arbitraria, non possa essere la stessa intima natura che conferisce
questa quality ancora ad una dozzina di altre formule e questa deduzione c viene con-
fermata dalla L. 3 e dalla L. 8 h. t. diretlamente, perch6 secondo queste ieggi il nome
non pu6 originare che nella nostra actio dal motivo soprainJicato « aestimationis ratio
arbitrio iudicis committitur ».
c Non e poi difGlciie il chiarire come questa actio arbitraria sia annoverata nella
lista delle actiones arbitrariae nel § 33 Inst de act. (IV, 6;.
« Qli autori delle Istituzioni hanno semplicemente secondo il proprio parere comple-
tato la nota degli esempi che trovavano nel loro progetto e cosa meglio conveniva loro
di mettere nella nota, a loro, pei quali ormai le formule classiche erano di venule una
antichit4 IndifTerente, di queiracf/o che portava il nome tecnico addirittura? »
A me sembra esauriente la dimoctrazione del Lenel che risponde anche alio sviluppo-
5torico della nostra actio.
Di questa azione vennero proposte varie formul?, le quali devono essere distinte in due
calegorie, quelle degli scrittori, che non poterono servirsi delle Istituzioni di Gaio, perche
noD ancora scoperte, e quelle. proposte dagli autori, che si giovarono delfopera di Ga.io;
alia prima categoria si riferiscono oltre quelle citate dal nostro Gluck nella nota 97 del
§ 845 una di Fabro (dec. 90 err. 4):
< S.p. Tm. Mo, C, aureos Capuae dare oporLre et alibi solutio petetur tu quanti
aequiun arbitratus fueris condemna eum. , . »
ed una seconda di Bachoyio nella sua opera Ea:ercit, ad Chiliad. Fabri, dec. 90
err. 4, 2 pag. 299 in opposizione alia precedente del Fabro:
« Si paret Titium Capuae Centum promisisse neo eo loco solvisse iudex arbitrio
tuo condemna ».
11 Bachovio non dice quale d^lle due formule egli preferisca; in sostanza per6 non
Eono diverse fra loro, tutte e due sono m factum, tonceptae. Nella seconda categoria
abbiamo formule del Heffter, deirUNTERHOLZNER, dello Zimmern, del Rudorff, del
VoioT, del Treptow, del Cohn, inflne del Jousserandot e del Lenel, ognuno natural-
mente ispirandosi alle proprie idee suirindole delPazione stessa: gioveril qui ricordarle,
perche dal confronto fra le une e le altre emerger^ pii]i facilmente il motivo, che rende
fra tutte preferibile la formula costruita dal Lenel.
II Hbffter nel suo Comm,ento a Gaio pag. 83 indica la seguente formula:
€ Si paret Numerium Negidium Aulo Agerio decern Capuae dare oportere quanti
ei res esset, si Capuae daretur, tanti iudex condemna ». Mettendo Tazione de eo
quod certo lo o fra quelle aibitrarie che hanno € causam legitimam et intentionem in
ius conceptara », come egli scrive, < sed condemnationem novam iure pretorio intro-
8G PBIMA APPENDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 845.
ductam hab^bant » e ritiene che appartenga a questa classe di azioni c quia id hac,
praemissa certi condictionis intentione subjiciebatur condemnatio praetoria ».
Qui osserva il Treptow (op. cit. pag. 27) « egli ha torto perche iotende includere la
ftessa int€ntio della eondictio certi ».
Questa contiene solo 11 Centum dare oportere, ma non pud andare fino al Capuae
che Don ^ piii ud eertum. Solo Centum ^ cerio; il Centum Capuae ha bifogno del-
Tapprezzamento giudiziale. A mio avTico il motivo addotto dal Irbptow e erroneo,
perche farebbe diventare inoerta Vintentio deiraetio arbitraria: Yintentio rimane certa
anche coirindicazione del Juogo di pagamento: se cosi non fosse cadrebbe lo scopo del-
Farbitraria.
La formula deirHEPFTBR non regge, perch6 non corrisponde alPindoIe arbitraria sfe-
ciale della nostra actio.
Anche il Demanobat opina a torto che Vintentio della eondictio certi diventi ineerta
in base alia modificazione pretoria {Cours de dr. rom. II pag. 597).
L*Unterholznbr propone una formula molto semplice (nella sua opera Lehre des
R. R. von d. Schuldverhdltnisten 1 pag. 355 not ij : € Si paret Nunmrium Negidium
Aulo Agerio decent Ephesi dare oportere iudex Numeriwn Kegidium Aulo Agerio
decern condemnato vel quanti plus minueve arbitratus fuerit quod alterutrius in-
tersit suo loco potius quam Romae sohi ».
E evidente che in questa formula la condemnatio non corrisponde airtnf^nfto/ questa
^ la intentio della eondictio certi, quella la condemnatio delle azioni arbitrarie: unire
l*una alfaltra h inammissibile, date le regole delle formule romane.
Secondo il Zimmern (op. cit pag. 203) si pu6 congetturare che la formula per il caFO
di pagamento di una somma di danaro fosse cosi costruita: « Judex esto: si paret A™
N'^ ii* it* centum Ephesi dare oportere, neque eo nomine Aulo Agerio a N^ A* sa-
tisfaetum erit, quanti ea res erit, condemna ». E chiaro che essa pres nta queste
particolaritA: 1.^ che Vintentio era di diritto civile e di cosa certa come nella stefsa
eondictio certi; 2.^ che essa contiene la enunciazione delKobbligo coirindicazione del
luogo di pagamento; 3.^ che la clausola neque satisfactum erit la rende arbitiaria,
perche Tesecuzione precedente impedir^ la condanna; 4.^ che questa condanna vi ^ in-
determinata e rimessa al giusto apprezzamento del giudice, riferendosi in questa il quanti
ea res erit all'oggetto domandato coITindicazione del luogo, in cui dovera essere pagato
ed alia mancanza di soddisfazlone a questo riguardo. Non dubitiamo che la soddisfazione
compresa neWarbitrarium del giudice e che egli doveva apprezzare ex aequo et bono
e costituente Toggetto del suo jussus preliminare poteva essere, secondo i casi, sia il
pagamento della cosa dovuta, tenuto conto della difTerenza del luogo, sia anche solo una
valida cauzione di pagare nel luogo indicato. Ck)8i TOrtolan commenta la formula dello
ZiUMERN nella sua opera Explication historique des Instituts, 12.^ Edition, mise au
courant de T^tat actuel de Tenseign. du droit romain » per I. E. Labbe (Paris 1883
n. 2151 pag. 64B).
Secondo il Rudorpp {Edicta perpetui quae reliqua sunt S 96) : < Si paret N" N"
A^ Andare oportere quanti arbitratu tuo alterutrius inter fuerit eampecuniam Ephesi
potius quam Romae dari, tantam pecuniam A" A*" ^4^ A^ condemna ». Qui si ha
un arbitriwn^ ma non un' actio arbitraria: e la condemnatio avrebbe indicato che il
giudice non dovesse prendere in considerazione la difTerenza condizionata dalTinteresse
del luogo di fronte alPimporto nominale del debito nella stima e sempliceroente ed uni-
camente sentenziare su questa difTerenza, il che costituiva un resultato veramente fin-
golare (vegg. Lenel, op. cit pag. 195 e Contr^uti, ecc. pag. 74 n. 17).
II Corn propone: < Gaius iudex esto: si paret A" iV» A* A^ decern promisisse
neque is Ephesi solverit, quanti ea res erit (arbitratu tuo), tantam pecuniam con-
demna, si non paret, absolve ». Come si k g\k veduto, il Corn ritiene la formula in
'^actum concepta con una intentio locale, la quale certamente non contiene' nessun or-
FBIMA APPENDIOE DEL TBiJDUTTOBB AL § 845. 87
dine: considera ia mancata prestazione nel luogo .di pagamento come condizione della
condanna: oggetto della condanna, il quanti ea res erit. %
La formula del Trbptow e: « Titius iudeof esto: Si p. N^ N" A'^A^ Ephesi dare
oportere nisi arbitratu tuo Ephesi ea peeunia solvatur satisve flat eo nomine, quantt
alieruirius interest Ephesi potiusqvam Rotnae dari, tantae pecuniae condemna, s,
n. p. a. >; a queata il Trbptow contrappone la formula della eondictio eerti: < Si p,
S* X" -4® A^ C. d. o. judex C. e. s, n. p, a, » oeservando che sens'uopo' di ulterior!
»piegazioni emerger^ dal confronto delle due formule TeBsenziale deviamento della ar-
hitraria da quel la della eondictio eerti e te ne potr& dedurre seni^altro Taiuto che
apporta Yarbitraria nello stato delle cose.
II YoiOT si occupa delFargomento nel III vol. della sua ampia opera II jus civile
ed il jus gentium dei Romani 1871-1875, ed a pagina 919 di questo volume ci dA la
seguente formula de\V actio de eo q. c. I.: c SiparetS^ N"* A^ A** decern Ephesi dare
oportere judex quanti ea res erit, tantam pecuniam N" N" A^ A^ condemneUo nisi
Ephesi 3olvat s.n,p,a.»: questo insigne cultore del diritto romano considera pertanto
il Talore della prestazione in Efeso, luogo dove questa si deve eseguire, e senz*altro
opina che nella condemnatio il giudice ne stabilisca Timporto a carico del convenuto
se egli non preferisce eseguire in Efeso Tobbligo suo. E una formula semplice, neffa
quale per6 si fa astrazione completa da quasi tutti i passi delle fonti pid interessanti
e che non rende ragione della natura particolare deWactio de eo quod certo loco fra
le azioni arbitraria.
Prima di esporre la formula del Lenel ed i motivi che la rendono fra tutte quella
che, a mio avviso, merita di essere seguita, accenno brevemente anche alia formula pro-
posta dal Jousserandot nella sua poco fortunata e poco seria opera Vidit perpetuel.
Paris 1883 voL I pag. 62.
II Jousserandot fra i moderni i il solo che abbia osato proporre anche 1 editto del
pretore, nel quale si prometteva la formula; questo editto sarebbe stato concepitu cosl:
* Si quis certo loco, sihi dare stipulatus esset, cum reus non accederet nee satisdaret,
adversus eum, ut arbitrio iudicis condemnatur, utilem actionem dabo ». (Fra gii
antichi, oltre il Noodt citato dal nostro Qluck, avevano fatto congetture sulle parole
deireditto il Magnus {Ration, et diff, iur. civ. lib. I cap. XIV nel tesoro di Mbbrmann
III pagine 280-292), il Ranchin {Edictum per p. restitutum D. h. t. pag. 248 nel tesoro
di Meermann), il Westenbero (citato dal Db Weyhe) {Libri tres Edicti)y ma di poco
Talore).
Queste parole sono, per la maggior parte, suggerite alFautore dalla L. 1 D. h. t, e
la formula viene cosl proposta:
« Judex esto. Si paret N" N*^ A® A^ Ephesi illud dare oportere, quanti arbitratu
tuo altenUrius interfuerit earn pecuniam Romae potius quam. Ephesi dari, tantam
pecuniam N^ N"» A* A* c. s. n. p. a. ».
E ne piii n^ meno la formula del Rudorff coirindicasione del luogo di pagamento
neWintentio : in quanto aU'editto ^ gi& molto averlo qui ricordato, piu per diligenza,.
che perch^ meriti in sostanza di essere ritenuto un tentattvo riescito di ricostruzione.
Finalmente, secondo il Lenel, la formula ^ da concepirsi coWintentio in ius coirin-
dicasione del luogo di pagamento, e quindi:
« Si paret Numerium Negidium Aulo Agerio decern Ephesi dare oportere ».
II Lenel trova in Ulpiano tutti gli elementi per questa intentio; il luogo di paga-
mento Ephesi 6 indicato nella L. 2 §§ 1-4 h. t, il dari nella L. 2 § 5, Y oportere nella
L. 2 §§ 6 e 7 e giustifica questa prima parte della formula anzitutto per la natura della
cosa: « non esisteva un motivo ad un ulteriore mutamento della intentio, della con--
dietio eerti >; in secondo luogo colla inlitolazione del lib. XIII tit. IV del D. de eo quod
c. L dari oportet; poi la circostanza che Vagere della nostra actio viene designato quale
ajere adifcty loco ed in confronto a cid quale pura la intentio della eondictio; infin&
:83 PBIKCA APPEXDIOB DEL TBA.DUrrOSE AL ^ 8i5.
decisiva la L 2 § 7 h. t., poiche qui viene basata Tattinenza delVaetio de eo q. o. loco
^spressameQte per ci6 ideo peti potest; che nel caso del frammento liberatio non eon-
.tigit, cioe che perdura il civile dari oportere; deve quiodi questo dari oportere essere
il presupposto della vera intentio della nostra azione
In quanto alia seconda parte della formula, la condemnatio, il Lenbl dapprima
Taveva ricostruita nel seguente modo:
« iudeof arbitratu tuo iV" N» A^ A^ condemna si non paret absolve » in base
.alle parole di Ulpiano, L. 2 § 8 h. t. : « Julianus Labeonis opinionem secutus etiam ac-
toris habuit rationem. . . ».
In ci6 aveva veduto la prova che la considerazione dehUnteresse del luogo proces-
•suale nella nostra azione era stata introdotta dalla scieqza e che non «ra quindi pre-
veduto espressamente nella formula : aveva trovato la conferma di ci6 nel § 33 Inst, de
'Oct, dove nella indicazione della nostra azione e detto solo che il giudice possa preoc-
cuparsi delPinteresse del luogo del convenuto e quindi costrul una formula da cui re-
fiultasse la possibility nel giudice di tener conto deWutilitas promissoris senza escludere
quella- dkiXYutilitas actori, innovazione di Labeonb; per tal modo la formula riescl al
Lenel imprecisa.
Ma, in seguito ad ulteriori ricerche, il Lenel si convinse che la condemnatio do-
Teva espressamente riflettere Tinteresse delle due parti, e sia dalle parole della L. un.
•G.: « In qua venit aestimatio quod alterutt-ius interfuit suo loco potius quam in eo sol-
vitur solvi >, sia dal trovarsi nella L. 8 h. t. la stessa frase « quanti eius vel actoris
jnterfuerit earn summam Capuae potius quam alibi solvi », sia perch^ in relazione al-
I'interesse del convenuto, cosl pure si esprime la L. 2 § 8 h. t. c si iuterfuisset rei
Ephesi potiu? solvere quam eo loci quo conveniebatur », sia infine perche Ulpiano nel
proemio della L. 2 pr. h. t. pone la massima « arbitraria actio utriusque utilitatem con-
•linet tam actoris quam rei : quod si rei interest, minoris fit pecuniae condemnatio quam
intentum est, aut si actoris, maioris pecuniae fit. ... » il Lenel, tenuto conto di queste
'Concordi attestazioni delle fonti opina che si debba essere senza dubbio propenfi a rite-
nere le parole della citata L. un. Cod., quale esempio per la i icostruzione della con-
^emnatio, dato che si riesca a conciliare quei rapporti in apparenza contraddicentesi,
il che non gii sembra difficile. In primo luogo egli osserva che il § 33 Inst, de act, IV,
•C, non tratta H^Vl actio de eo q. c. I. in tutte le sue parti, ma solo quale mezz) per chie-
>ddre it pagamento di un debito in un altro luogo da quello fissato dalle parti senza in-
■correre nei pericoli daWa. plus petitio loci: siccome per6 le conseguenze deW&plus pe-
titio loci oHglnano dalla considerazione delPinteresse del luogo del convenuto, cosi era
naturale che nelle Istituzioni, indicandosi la nostra azione, si rilevasse nello stesso tempo
<rhe qui quel Tin teresse del luogo non era eventualmente trascurato, ma se ne tenesse
■conto in altra maniera: non c'era invece ragione perche si considerasse in quelle il pos-
-«ibile interesse del luogo delPattore. In quanto poi alle parole della L. 2 § 8 h. t. prima
citate: Julianus Labeonis, ecc, queste si possono interpretare in modo non solo da con-
iraddire la supposizione di una condemnatio relativa al quanti alterutrius interfuit,
ma anzi di appoggiarla in modo essenziale. Basta supporre che Giuliano in questo fram-
mento sia citato non quale semplice autorit^, ma quale redattore dell* editto, che in tale
veste riproducesse una critica di Labeone alPeditto piu vecchio. < Nessuno potri negare
ia possibility di tale interpretazione, che concorda anzi perfettamente colle parole. E si
avrebbe cosi un rapporto sullo sviluppo stoi-ico del testo della formula, il quale pro-
verebbe adiliriltura la coesistenza di questa col quanti alterutrius interfuit ».
Rimarrebbe ancora una certa tal quale incertezza, perche al giudice viene ingiunto
.di basare la sua stima suirinteresse di una delle parti, ma non gli viene detto a quale
di queste due deve appigliarsi: ed e appunto qutsta la chiave per la spiegazione del
vero significato delTindole arbitraria della nostra azione, sul quale ci siamo sopra in-
4trattenuti.
PBIMA APPENDICE DEL TBIDOTTOSB AL § 845. 89
Id base al senso la condemnatio pu6 solo essere stata concepita chiaramente cosi:
« N" N*^ A^ A^ decern aut si quid altenUritie interfuit earn peouniam Ephesi
potius quam Romae solvi, tanto plurit minorisve c. a. n. p. a. *.
A questo modo di concepire la formula pud essere riferito cid che dice Ulpiano nella
L. 2 S 8 h. t.:
< Nunc de officio iudicis huius actionis loquendum est, utrum quantitati contractus
debeat servire an vel excedere "vel minuere quantitatem debeat ».
Era c6mpito delFo/Tfctum iudicis di deciders! fra le tre possibility che gli erano
perroesse dalla formula.
Deireditto che precede va la nostra formula mancano le prove nelle fonti: il Lehel
credeTft an tempo di averne trovato una traccia nelle parole del S 33 Instit. de act
4,6:
< Si quia tamen Ephesi petat, id est eo loco petat, quo, ut sibi detur, stipulatus est,
pura actione tecte agit, idque etiam praetor numstrat, scilicet quia utilitas solvendi
salTa est promissori >, ma data la formula, di cui sopra, queste parole possono essere a
preferenza riferite di conformity alia lettera di quest^ultima, e sembra piu cauto Taste-
nersi da ogni congettura riguardo alKeditto etesw (veggasi sul rapporto fra Teditto e la
formula it dotto libro del Wlassak, Edict und Klageform. Jena 1882 e la nota a al
9 498 del lib. V tit I di questo Commentario scritta dalPillustre Bruoi).
Mi resta era da accennare breremente alle varie possibilitji delta applicazione dei-
i^aetio de eo qttod certo loco, ai fora, avanti i quali, detta azionepoteva essere espe-
rita, ed infine alio sviluppo di questo mezzo processuale nella procedura per fbrmulas
« nella procedura successiva fino a Gitjstiniano.
In quanto airappticazione delVactio de eo quod certo loco giova tener presente che
quest*auone fu introdotta per sostituirne altra, la quale non si pot^ esperire per Tas-
sensa del debitore; converr^ quindi di ricercare a quale categoria di azioni doveva ap-
{>artenere Vactio sostituita per lasciare posto alia possibility di esercizio della nostra
azione arbitraria.
Dalla L 2 § 1 D. h. t. si rileva cbe il primo e piu regolare caso di applicazione
deWactio de eo quod certo loco si fu riguardo alPazione che derivava dalla stipulazione
(Gluck S 846): « Haec autem actio ex ilia stipulatione venit, ubi stipulatus sum a te
Ephesi decern dari >, quindi se si trattava di dare un certum: nulla infatti di piO certo
secondo i principi del diritto roroano di una somma di danaro; certutn poteva perd es-
-sere, oltre a certa pecunia, anche certa res e per tutti e due questi oggetti era ap-
plicabile Yactio arbitraria come Gaio ci insegna. Solo e verosimile che dapprima si
iisasse solo per la certa pecunia, uUeriormente per la certa res. Invece data falter-
nativa decern aut homo convien distinguere : se il creditore ha la scelta, questa esercitata,
-si Iha il certum.
Quando la scelta spetta al creditore si pu6 dire che egli ha convenuto una cosa certa,
perch^ tanto per Tuna che per Taltra e la sua stessa azione che determina la presta-
zione cui e obbligato il debitore. Cos! Ulpiano nella L. 75 § 8 (libro XXII ad Edictum)
D. de verb, oblig. 45, 1 (veggasi Lboni, La teoria del diritti e degli obblighi div. ed
indiv, Padova 1887 pag. 65). Veggansi anche le L. 7 § 1; L. 8 D. h. t.; L. un. C. 3, 18;
% 33 Inst (IV, 6).
La stipulatio certi e per it Corn il caso modello (op. cit. pag. 53) dei giureconsulti ,
ma non Tunico; sono infatti espressamente nominate le azioni dal legato per damna-
tionem (L. 5 D. h. t.) di cui dir6 poi, e dal mutuo. L. 6 D. h. t: «. . . . aut mutua pe-
cunia sic data fuerit, ut certo loco reddatur ». In tutti quest! casi Tazione relativa da
soolituire .^ la condictio. In quanto poi al caso della conditio triticaria per omnis certa
res praeter pecuniam numeratam 6 notevole che la sua formula contiene gi& la indi-
cazione alia stima quanti ea ret est, c\A se la prestazione della cosa non avveniva in
ana reee doTevasi darne il valore.
GlOck, Ccmm. Pandette. — Lib. XI] 7. 12
90 FBIMA APPENDIOE DEL TBADUTTORB AL § 845.
Qui per6 non 8i ha ancora la considerazione deirinteresse del luogo che troviamo
invece nella nostra actio arhitraria, la quale pu6 ravvisarsi in certo qual modo anche
quale completamento della triHcaria.
Sono invece escluse dalla possibilitji di essere sostituite ds\V actio arbitraria le azioni
di buona fede e lo eanziona espressamente il § 1 della L. 7 D. h. t.: « In bonae fidei
judiciis etiamsi in contrahendo convenit, ut certo loco quid praestetur, ex empto vel
vendito vel depo&iti actio competit, non arbitraria actio ».
S ci6 perch^ coirintroduzione deWactio arbitraria si ebbe in mira di permettere al
creditore Tesercisio del suo diritto senza il pericolo di perderlo; nei casi nei quali il
creditore poteva esperire un*azione di buona fede, non correva il pericolo di incorrere
in una plus petiiio: queeto il perchd della decisione di Paolo. Certo si pu6 qui ob«
biettare che non accordandosi V arbitraria si toglie al debitore il vantaggio che egii
risentirebbe ottemperando aila pronunzia del giudice, mentre quando contro di lui
si esperisce V actio bonae fidei egli h condannato se resulta provata la domanda del-
Tattore. Per le azioni di buona fede perd che hanno per obbiettivo una restituzione si
pu6 rispondere che in questo caso erano arbitrarie (veggasi Saviony, op. cit. vol. V
§ 223) e se si ammette che anche le altre possono diventare arbitrarie nei senso che
non c'^ ostacolo a che il giudice investito di un potere di apprezzamento assai esteso*
possa ordinare al convenuto di obbedire ad un arbitrium che egli stabiliri, se intends
essere accolto; non resterebbe a carico del convenuto che la differeuzh (ra, Vobbligo del
giudice neWactio arbitraria di tener conto deirinteresse delle parti e la facoltd di far-
questo nelle azioni di buona fede.
Indubbiamente per6 i Romani non avevano a preoccuparsi del vantaggio eventuale-
che poteva derivare al debitore daU'esser giudicato piuttosto in base aXVacUo arbitraria
che in base a quella derivante dal contratto di buona fede.
Non si applicava Varbitraria neppure quando Tattore aveva a sua disposizione la
condictio incerti: h Papiniano che lo insegna nella L. 43 lib. XXVII Quaettionum D.
{de iudiciis) 5, 1:
€ Eum qui insulam Capuae fieri certo tempore stipulatus est, eo finito, quocumque
loco agere posse in id quod interest constat » (veggasi contra Donello, il quale opinava^
che fosse applicabile Varbitraria anche nelle obbligazioni che avevano per oggetto un
incertum).
Uactio arbitraria poteva sostituire Vactio de pecunia constitutaf Si pu6 dedurre-
una risposta aifermativa dalla L. 16 § I Ulpiano lib. XXVII ad Edictum D. de pec.
const, 13, 5?
< Sed et certo loco et tempore constituere quis potest, nee solum eo loc posse
eum petere, ubi ei constitutum est, sed exemplo arbitrariaeactionis ubique potest ».
Questa legge dice solo che pu6 convenirsi nei constitutum la prestazione in luogo
determinato ; e che Tazione relativa si pu6 esperire anche fuori di questo luogo e pre-
cisamente exemplo arbitrariae actio, Fu un errore quello degli antichi scriltori (cosi-
della glossa di Accursio, di Bartolo, di Noodt e del nostro Gluck § 846) di interpretare
questa legge nei senso che anche per il eostituto con luogo deteiminato per il paga<^
mento potesse applicarsi Yactio arbitraria invece deiVactio de constitiUa pecunia,
Tutt*al piu si pu6 ammettere col Corn (op. cit. pag. 56) che quando si trattava di.
constitutum con luogo di pagamento precisato, si potesse alio scopo di esperire Tazione
de constituta pecunia fuori di questo, riiasciare la formula con indicazione neirint^nd'o.
del luogo di pagamento convenuto ed il fatto della inesecuzione nei seguente modoL
« Si paret N™ N* A** A^ decern Ephesi soluturum se constituisse. . . . neque solvisse
Ephesi. . . ».
Tenuto conto che ormai si considerano distinte le actiones in factum, conceptae^.
dalle azioni di buona fede pu6 ritenersi che Y{tctio de constituta pecunia potesse nella
sua qualiti di actio in factum eventualmente assumere la qualifica di arbitraria mal
PRIMA APPBNDIOE DEL TRADUTTORE AL § 845. 91
per6 arbitraria nel senso delVantio de eo quod eerto loco (veggmsi Saviony, op. cit.
voL V § 216).
SoDo contrari speclalmentd il Kbllbr, Diritto civ, § 33 c. 354 e wg. e il Bbkkbr,
Atkmi Tol. II pag. 136 e seg.
Da ci6 pud altresi facilmente desumeni cfae sia cosl avveouio nei casi di commodato
e di deposito, di cui le formule sono concepite anche in falto (Qaio, Camnt. IV § 47; L. 3
% 1 Ulpiamus lib. XXVIII ad Ediettm D. Commodati vel contra 13, 6; L. 1 §§ 16, 40
Ulpianus lib. XXX ad Edictum D. deponti vel contra 16, 3) e fors^anche nella formula
€x reeepto nautarum (veggansi mWactio ex reeepto le sapient! note deirillustre Lan-
Ducci al § 494 di questo Comment, alle Pandette lib. IV).
Nessuna applicazione deWactio arbitraria pu6 verificarsi nelle actionem in rem ed
10 quelle ex maleficio (Cohn, op. cit. pagine 57-58).
Quid relativamente kVl actio ad exhibendumf Manca anche in questa un Foro spe-
ciale per la prestazione; sideve quindi ritenere inapplicabile V actio arbitraria (veggasi
Deueuus, Rechtsfiction in ihrer geschichtlichen und dogmatischen Bedeutung, Wei-
mar 1858eDBMBLius, Exkibitioneflicht pag. 19 e seg.; questVltima opera citata dal Cobn,
op. dt. pag. 59).
In quanto riguarda Vactio judicata siccome non si k riesciti ancora a ricostruirne
la formula neppure approssimativamente 6 possibile la congettura che se fosse stata in
factum, concepta si potesse exemplo arbitrariae actionie trovare nella sua intentio
la stessa ammissione per la presentazione delFazione allMnfuori del luogo di pagamento.
Da ultimo per il legato la L. 5 b. t di Paolo dice espressamente « si heres a te-
statore iussus sit certo loco quid dare, arbitraria actio competit » : trattasi in questa
legge, Tunica che si occupi dei legati in relazione sAV arbitraria, del legato per damna-
tionem, come lo dimoetrano le parole della legge stessa (Trbptow, op. cit pag. 45).
Solo questo legato ammette Varbitraria, perch^ Tazione che si accorda al legatario
e tanto in personam (contrariamente a quella che si accorda nel legato per vindu
caHonem e praeceptionem) quanto certa (L. 9 § 1 Ulpianus lib. XXVI ad Edictum
D. de rebus ereditis, ecc. 12, 1 ; Gaio, Comm. II § 204) (contrariamente a quanto av-
viene nel legato sinendi modo).
Va da nk che se oggetto del legatum per damnationem fosse stato un incertum,
Varbitraria non avrebbe potuto essere esperita.
Nel diritto giustinianeo per6 essendo stati pareggiati i legati ai fedecommesst ut
nulla sit inter ea differentia, non h rimasta nessuna ragione per Tuso deWarbitraria
nel legato.
Per le obbligazioni di buona fede, e tali sono ormai i legati, anche Paolo aveva
espressamente esclusa Varbitraria.
In quanto alPapplicazione deWarbitraria anche nelle altre azioni di stretto diritto
non nominate, il Fabro opina negativamente: ritiene cioe applicabile Varbitraria solo
nei casi indicati nel nostro titolo delle Pandette.
Una speciale controversia si ^ discussa suirapplicazione deWaetio arbitraria ai ri-
guardi dei cosidetti contratti innominati. Mentre il Fabro sostenne la negativa, if Ba-
CHOTio ammette senz^altro Tapplicazione deWarbitraria e Tammette il Voet almeno
per il caso facio ut des certo loco.
LA di^ersitf delle opinion! dipende fra altro dal modo diverso di considerare Tindole
dei contratti innominati, se di diritto strelto o di buona fede, e su questo punto discor-
dano anche gli scrittori modern!. II Keller li ritiene completamente di buona fede (op.
cit. § 42 pag. 187), il Rudorfp stricti iuris [Storia del dir. rom. § 42 pag 151 n. 23);
cf. anche Pucbta, Pandette § 165 e seg.
Del resto, osserva il Trbptow, e giustamente, non contraddice a ci6 il fatto che i
casi i quali si concepissero do tibi C. ut des mihi C. Ephesi possono parere ben adatt!
per Tapplicazione deWarbitraria e disadatti gli altri faaio ut facias^ do ut facias certo
92 PBIHA APPENDIOB DEL TRADUTTOBB AL § 845.
loeo, perchd se doTesse coetruirsi U formula par il caso do tibi C. ut det tnihi C. Bpkes
questa dovrebbe concepirsi cos): « Ea res agatur, quod As A» No No C. ea lege dedit
ut aihi C. Epheai daret, quidqtud ob earn rem paret N*^ N* A^ A^ dare faeere opor-
tere (ex fide bona) ejus judex c. ».
V actio da sostUuirsi sarebbe stata V actio civilis in factum seu praesoriptis verbis ,
e cio6 una azione che conteoeva uella demonstratio la esposizione del fatto.
Ne deriva quiodi in base a quanto si h detto sull'lndole delV arbitraria, che assa
Don e assoiutamente ai contratti innominabili applicabile (veggansi Accarias, Theorie
dee contrats innommis, ecc. Paris 1856; Van Wetter, Les oblig. en d. r. Qand 1884
II § 117; Maynz, Cours de droit romain IV ed. Bruxelles 1877 vol. II § 243; SBROi,Xa
teoria generate dei patti e dei contratti, Messina 1884 cap. IV pag. 125; Arkdts-Se-
RAFiNi, Pandette vol. II § 235 e nota relativa; Scbcpfbr, 11 diritto delle obbligasioni.
Padova 1868 pag. 348 e seg.l
In quanto alia queslione : dove i] creditore possa esperire Yactio arbitraria, si
vedri nei testo § 846, che il nostro Gluck segue Tavviso piu razionale euirin-
rinterpretazione delle frasi alio loco, quolibet loco, quoeunque loco, ubique. Sar&
nondimeno opportuno soffermarsi un poco in proposito.
Due opinioni stanno di fronte. Alcuni, e cio^ Bartolo, Fabbr, Mornacio, Keller
opinano che il creditore pos^a esperire la sua azione dove gll piaccia. « Generalitas
dictarum legum, quae hoc ezpresse dicunt » e il motivo addotto da Bartolo quanto alia
L. 16 § 1 Ulpianus lib. XXVII ad Edietum D. de const, pec. 13, 5 e alia L. 43 Papi-
NiANUS lib XXVII Quitestionum D. de iud. 5, 1.
Opina il Fabro che « eum qui nuUo certo loco debeat quocumque loco conveniri
posse » e si richiama alia L. 43 D. de iud 5, 1, ed alia L. 27 Paclus lib. XXVI 1 1 ad
Ediotufn D. de condictione indebiti 12, 6.
Questi scriltori si appoggiano altresl alle parole c alio loco petenti proponitur arbi-
traria actio > del $ 33 Inst. 4, 6 ed alia L. un. Cod. ubi conreniatur qui certo loco
dare promisit 3, 18: « Qui certo loco se soluturum pecuniam obligat, si solutionis satis
non fecerit, arbitraria actione et in alio loco potest conveniri: in qua venit aestimatio
quod alterutrius interfuit pro loco potius quam in eo in quo petitur solvi ».
Queste espressioni cosl generali fecero supporre che il creditore potesse procedere
ovunque egli trovasse il debitore collVctto arbitraria, quindi anche davanti un giudice
in altro caso incompetente.
II Treptow obbietta quanto alFidea di .Bartolo che cid che egli scrive implica una
interpretazione restrittiva, e quanto al parere del Faber che non e vero possa il de-
bitore vbique solvere come questo desume dalla L. 137 § 2 Vbkulejo lib. I Stipula*
tionum D. de verb. obi. 45, 1 per servirsene come argomento per Vitbique aget^^: la
L. 137 § 2 sottointende la frase volente creditore (veggasi anche la L. 122 pr. Sgabvola
lib. XXVIII Ligestorum D. 45, 1 e Voet, Comm. alle Pandette. Venezia 1847 vol. II
pag. 579).
Neppure la L. 19 S 4 Ulpiano lib. LX ad Edietum D. 5, 1 sta a favore del Fabro ;
anzi conforta Tinterpretazione ristrettiva di cui ci siamo occupati.
In quanto alle leggi surriferite che si invocano per Topinione esposta giova notare
che la L. 16 § 1 D. efe const, pec. 13, 5 dice solo che V actio de pec. const, exemy lo
arbitrariae aetionis ubique ... pu6 essere esperita; nella L. 43 D. 5, T trattasi di #(i-
pulatio incerta : € Eum, qui insulam Capuae fieri certo tempore stipulatus est, eo finito
quocumque loco agere posse in id quod interest constat >; non pu6 quindi invocarsi a
proposito deiro^fto arbitraria e meno ancora la L. 17 che si occupa della cond. inde-
biti: € Qui loco certo debere ezistimans indebitum solvit quolibet loco repetet: nou
enim existimationem solventis eadem species repetilionis sequitur ».
Altri ritengono con pid fondamento che il creditore possa esperire Vactio dc eo q.
c. I, nei laoghi nei quali vi sia un giudice competente per il debitore.
PBIMA APPfiNDIOE DEL TRAJDUTTORE AL § 845. 03
U che risponde altreel ai principi del diritto romano sulla competenza che vanno qui
breremente ricordati.
E Doto Tadagio actor forum ret sive in rem eive in personam sit actio sequitur,
Frag. Tat § 326; L. 3 Cod. ubi in rem actio exereeri debet 3, 19.
Le azioni d doveyano in generale esperire davanti i magistrati, airautorit^ dei quali
era soggetto il convenuto, e cioe:
a I daTanti quelli della citt4 in cut abitava [domiciUum, forum domicilii);
b) davanti a quelli della eivitas di cui 6 cittadino il convenuto {origo, forum ori*
ginis) L. 29 Gxio lib. I ad Ed. prov, D. ad Municip. 50, 1.
Quando ai Municip! si estese la cittadinanza romana, si ebbe un doppio/brum ori-
ginis; il particolare del luogo di nascita ed il generale di Roma, considerata patria
comune. Modbstino, L. 33 (libro sing, de manum) D. 50, 1: Roma comunis nostra
patria est.
L*attore pu6 a sua scelta citare il convenuto davanti la giurisdizione di una qua-
luDque delle citt4 in cui questi ^ cittadino od abitante.
Non bisogna dimenticare che in diritto romano il domicilio non rappresentava punto
la persona; ed altresi che per citare il convenuto biaognava trovarlo e condurlo avanti
iJ giudice, senza di che non c*era mezzo di agire contro di lui e diveniva impossibile la
lite, da cui resulta che il domicilio non presentava interesse che dal punto di vista della
indicazione dei magistrati, avanti i quali poteva essere iniziato il processo.
E se le fonti si occupano spesso del forum domicilii e raramente del forum ori'
ginis (veggansi le L. 19 § 4 D. 5, 1; L. 29 Ulp. lib. Y Opinionum D. de inoff. test.
5, 2; LL. 1, Gaio libro XXIII ad Ed. prof>., 2 Paulus hb. LIV ad Ed. D. de rebus
auet., ecc. 42, 5; Frag, vat § 326 ; L. 2 C. de iurisd, omnium jud, 3, 13; L. un. C. ubi
d9 hsred, agatur 3, 20; L. 3 C. 3, 19; L. 20 Paolo lib. LVIII ad Ed.; L. 45 pr. Pa-
piKiANO lib. Ill Resp. D. de iud. 5, 1 ; L. 4 C. ubi causa status agi debeat 3, 22, ecc.)*
e seoza dubbio a motivo che il forum, originis, non potendo essere adito se non quando
▼i si trovava il convenuto, era piu generale Tabitudioe di fare la causa davanti i magi-
strati del sue domicilio, dove era piii facile e piu comodo raggiungere il debitore.
Spiega ci6 in modo diverso il Saviony. Egli dice che solo in Italia questa regola
trovava applicazione completa, e non nelle provincie, in cui i magistrati municipali non
STevano giurisdizione; non poteva dunque esservi giurisdizione fondata sul diritto di
cilt4, mentre Fidea ajBtratta del domicilio si applicava cosi bene al territorio della pro-
vincia e p«r conseguenza alia giurisdizione del suo governatore, come al territorio di
una citti. E cita in appoggio le LL. 19 § 4 D. 5, 1 e 29 § 4 D. 5, 2.
In luogo di essere domiciliati nelle citt&, lo si era nella provincia, di cui la citt4 for-
mava parte.
II convenuto poi dev^esser citato nel luogo, dove 6 attualmente e non in quello, in cui
era in antecedenza domiciiiato, e ci6 perche il domicilio pu6 cambiarsi (L 20 Paulu»
lib. XXIV Quaestionum D. ad Municipalem 50, 1) e con questo cambiasi la giurisdi'
zione, mentre la giurisdizione delforigine non cambiasi, perch^ non si pu6 rinunziare
alia propria origine ne cambiaria per soltrarsi ai pesi che ne resultano (L. 6 pr. Ulp.
libro II Opinionum D. ad Municip* 50, 1. N^ la L. 2 C. 3, 13, pu6 contraddire alia
suesposta massiroa; essa va intesa nel senso dato da Donbllo che la legge cosi: € vel
tempore contracCus ibi ioterpositi habuit » e che cio^ il convenuto deve seguire il Foro
del luogo, dove aveva il domicilio nel momento del contratto; non perche era in quello
in precedenza domiciiiato, ma perche 1^ aveva contrattato ed 6 costante che ciascuno
pu6 esser soggetto alia giurisdizione del luogo, in cui il contratto k stato fatto (L. 19
S§ 1 e 4 D. 5, 1; LL. I, 2 %\k citate; L. 3 Qaio lib. XXIII ad Ed. prov. D. 42, 5), in
quesfultima L. 3 Gaio dice non nel luogo in cui h stato concluso, ma dove solvenda
fst peeunia.
94 PRIMA. APPENDIOE DEL TRADUTTOBE AL § 845.
Se cosi non fosse, il convenuto potrebbe essere citato, ala nel nuovo che nel vecchio
domicilio ed anche in altro luogo, se il contratto fu concluso in quesf ultimo, il che e
inammissibile: tengasi fermo dunque il principio relativo al domicilio attuale, ed al
vecchio solo quando ia via eccezionale in quello pu6 essere chiesta la esecudone del
contratto (veggasi la L. 125 Gaio lib. V ad Ed. prov. D. 50, 17).
e) Avanti il magistrato del luogo, in cui per volere delle parti espresso o tacito fu
portata la lite e che abbia la opportunaturirdictio.* per volere tacito, se, per esempio,
fu tratto alcuno avanti un giudice incompetente, ed egli non abbia opposto la prae-
scriptio fori.
d) In base poi a special! rapporti contratti dal convenuto in un territorio diverso
dal suo, poteva essere anche citato avanti il giudice del luogo, in cui il contratto fu
concluso forum contractus, fbrum soltOionis.
Se a favore del convenuto esistono piii Fori, di regola spetta alPattore la scelta del
tribunale, dinanzi a cui vuole chiamarlo (L. 2 § 3 D. h. t.; Vobt, h. t § 66 ; Mbvius, p. Ill
dec. 20 Fratr. Bechma.nnorum, Consil. et decis. p. I res. I n. 13 p^ 25; G. Christ. Winter,
Diss, de electione fori, Altorfii 1725; Malblanc, § 149), eccetto che il convenuto non
abbia un primUgium electionis fori, mediante cui egli, fra piu tribunali competent!
nella causa, possa indicare quello, dinansi al quale, egli, nei casi di cui trattasi, vuol
essere citato (veggasi questo Cumm. § 509 lib. V tit I).
In merito alia prima opinione e evidente che Vubique e le altre espressioni indicate
devono interpretarsi nel senso che il creditore ha la scelta del luogo, in cui intende
esperire Tazione, purch^ il magistrato di questo luogo sia competente ai riguardi del de-
bitore a conoscere deirazione, nel caso in cut il luogo del pagamento non sia stato de-
terminato (veggasi la L. 19 pr. Ulpiano libro se^cangesimo fid Edictum H.de iud. 5, 1).
Infatti sarebbe strano che colui, il quale ha promesso in un luogo determinato, oltre
airessere in conseguenia A^W actio arbitraria che si esperisce privato del forum con-
tractus, possa essere citato davanti a qualunque giudice, diventando proprio a disposi-
zione del creditore, mentre chi si h impegnato sensa stabilire luogo di pagamento non
pu6 essere chiamato che davanti a un giudice competente a base delle regole suindicate.
(Trbptow, op. cit. pag. 53).
Non ci sarebbe ragione di trattare il debitore come il Bartolo vuole ad fitgitivi
similitudinetn e di considerarlo un vagabundtis^ mentre egli merita, come appare dai
giuristi romani, speciale riguardo. Si noti che il debitore non e libero di pagare se non
nel luogo destinato per il pagamento (cf. L. 9 h. t.): come si poteva accordare quindi
al creditore un diritto cosl esteso, come sarebbe quello di chiamare il debitore in giu-
dizio ove gli fosse piaciuto? Arrogi che Gaio ci lasci6 scritto nel lib. V od Ed. prov.:
« Favorabil lores rei potius quam actores habentur > L. 125 D. de div. reg. t. a. 50, 17.
E quindi a ritenersi preferibile quanto gik Donello scrisse: « Probo Joannis, Azonis,
Accursii sententiam, quae et vulgo magis recepta est, in posterioribus locis ilia quovis
loco et ubique sic interpretanda esse quovis loco idoneus seu quovis i. es. et in eo ubi
dari debuit et alio etiam; eo tamen in quo si locus adjectus stipulationi non esset, de-
bitor conveniri potulsset ». Lo seguono tutti gli altri giureconsulti (veggasi Rudorff,
li. Rg. II 143). Ma pur interpretando in questo senso si vide nel Gluck che alciini scrit-
to ri sostengono per6 potersi V arbitraria esperire solo 2ocodomtcf7ued altri (possono ag-
giungersi agli scrittori citati dal Gluck, il Cost alius {Adversaria ad XXV lib, princ,
Pand. h. t.) e rENOELBRECHT {Compend. lurispr. ad h, t, Pand. lib. XIII §§ 6-8 indi-
cati dal Treptow, op. cit. pag. 56) anche nel Foro contrattuale.
Ritorno ora brevemente suUo scopo deWactio de eo quod eerto loro in relazione alia
condictio. In sostanza con tutti e due questi mezzi processuali si agisce per la tutela
del diritto alia prestazione deirobbligo convenuto, ma nel luogo dove si esperisce Ta-
zione, se coWarlitraria; nel luogo di pagamento determinato se colla condictio, nella
prima si tien conto delKinteresse, menlre nella condictio di questo non si pu6 occuparsi.
PBIllA AFPENDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 845. 95
Anche altri scrtttori (oltre il Gluck e quelli da lui citati), il Tbibaut {Pandekten
§ 654 n. ^^; Fritz {Erlaut mu Wening-Ingenkeim ; Lekrbuch parte III pagine 122-123);
Unterholznbr {Sehuldverfialtnisse vol. 1 pag. 223); Arndts-Ssrafini {Pandette § 221
« note relative), accettano queate idee aul rapporto fra i due mezzi processuali, rite-
neado che Vaetio arhitraria non posea esperirsi che fuori del luogo di pagamento con-
venuto (§ 33 Inst 4, 6; L. 2 pr. § 8; L. 3 D. h. t; L. no. Cod. 3, 18). E fin qui non c*6
nulla a ridire; k invece impossibile (ed d nel non ammettere questo che conaiste Terrore
degli antichi scriltori, non ancora abbandonato totalmente dai modemi) la conseguenza,
die se ne tuoI dedurre, e che cioi con forme Vintentio fosse anche la condemnatio di-
retta alia esecuzione della prestazione, oltre Tinteresse del luogo, dove si espertsce Ta-
zione; mentre la condenmatio del processo romano si riferisce naturalmente solo alia
aestimatio,
II Corn Ta anche piu in \k: egli opina che si possa chiedere, sia la condieUo, sia
X actio arhitraria, per procedere nel luogo di pagamento convenuto ; per quanto ci6 non
corri^onda colle necessity che hanno indotto il pretore ad introdurre Yactio arhitraria
stesga: questo Autore osserva che nel processo romano Fassenza del debitore non rimase
sempre quale ostacolo all^esercizio del diritto del creditore ed in relazione poi alia di-
visione del procedimento nei due stadii in iure ed in iudicio, esamina separatamente
queste due fasi delta lite; si pronunzia senz^altro per la possibility che nel periodo delle
formule il creditore potesse ri chiedere in iure Yactio arhitraria anche quando si trat-
tava di procedere nel luogo fissato di pagamento, mentre arriva alia stessa conclusione
per la seconda fase processuale, tentando con sottigliezze di superare gli ostacoli, che le
foDti oppoogono alia sua interpretazione ed in ispecie quello della L. 10 D. h. t Anche
il Pernios combatte nella recensione deiropera del Corn il parere che Yaetio arhitraria
possa esperirsi nel luogo fissato per il pagamento; tenuto conto altresl di quanto 6 detto
cella L. 4 D. h. t.
Neppure a me sembra accettabile Topinione del Cohn, perchi Yactio arhitraria
arrebbe cambiato la sua indole, il che non avvenne. (Veggasi suUa contumacia delle parti
al giudizio civile nel pid antico diritto romano, il Buonamici, op. cit. pag. 577).
Concorrono per la tutela del diritto del creditore i due mezzi processuali: il. credi-
tore pu6 chieder6 Tuno o Taltro: quello che derivagli dalla stipulazione o Yactio arhi-
traria: Tuso deiruno gli toglie perd il diritto di esercitare Taltro per la nota regola
ne hi* flat de eadem re actio. Se dalla L. 4 D. h. t. infatti resulta che nel caso di de-
posito e facile Tassoluzione, purch^ si dia cauzione, ci6 h a motivo che non potendosi
piu usare la eondictio, perchd fu gik esperita Yarbitraria^ potesse rimanere al creditore
ancora il diritto di esigere in base alia cauzione, che gli venne data. Qualora Tinteresse
fosse tolto si estioguono le due azioni.
Infine k da ricordarsi che la considerazione delFinteresse, che si verifica nelYarhi'
traria non si appoggia ad una obbligazione speciale, ma sta neila aestimatio del giu-
dice in relazione airobbligazione principale, che costituisce il fondamento del diritto.
Queste idee sono specialmente dedotte dalle LL. 8 e 10 D. h. t
Scarse notizie ci sono date suirulteriore sviluppo delFactto arhitraria dalle Istitu-
zionl e dal Codice giustinianeo. Nel Codice trovasi la Costituzione data dalfimperatore
Marco Attrelio Seyero Alessandro precisamente nelfanno 225 d. C, quindi in un
tempo in cui cadono gli ultimi fiori della giurisprudenia romana. Domizio Ulpiano (uc-
ciso nel 228 d. Or.) e Julius Paulus erano tutti e due sotto Alessandro Seyero prae-
fecti pretorio (Veggasi Landucci, Storia del dir, rom. lib. I pag. 154 e seg.). Quale scopo
ebbe questa Costituzione? E inverosimile, dice il Treptow (op. cit. pag. 10) che Timpe-
ratore abbia voluto far rivivere la destinazione del pretore, perch^ gli scritti di Ulpiano
e di Paolo, dai quali h tolta la massima parte dei frammenti del nostro titolo XIII, 4,
60D0 appunto di quel tempo; n6 si pu6 ritenere che Timperatore ^bbia voluto modificare
la dottrina, perche in fatto non ha cambiato nulla. La dottrina dell*azione sembra ge-
96 SECONDA APPENDIOE DEL TSADUXrOBE AL § 845.
neralis zata, meotre le controversie e le ricerche su queeta o quella questione sono tras-
curate ed il resultato apparisce ia brere proposizione compendiato. Verosimile appare
che rimperatore risolvendo le question! yentilate dai giuristi suU^aziooe, voile elevarne
a regola di diritto il resultato e confermarla una volta per tutte. E possibile anche che
egli alia richiedente Heraclida spedisse questa risposta quale regola di condotta e norma
nei casi richiesti. II Donbllo mette altresl come certo che questa Costituzione contiene
« summam ejus juris, quod de hac parte propositum est ».
L'azione rimase in vigore anche nel diritto di Qiustiniano, senza innovazioni: non
ne resultano almeno dalle Istituzioni. In queste, e ci6 risponde alio scopo lore di ma-
nuale per Tammaestramento dei giovani, non h fatto cenno di controversie, e qnello che
forse appare diverso da quanto h detto nelle Pandette, non si riferisce airimportanza
dell'azione, ed e da attribuirsi al lavoro impreciso dei compilatorit non a cambiamenti in
proposito. Nd devesi in ispacie ci6 attribuire alfabbandono del certo nella menzione della
stipulation ch6 al tempo di Giustiniano ci6 non e essenziale per Tesarcizio At\V<ictio
de eo quod certo loco: se ci<^ fosse stato, nota il Trbptow (op. cit. pag. 12 n. 24), non
se ne sarebbe fatta parola come di cosa divenuta ormai superflua (veggasi Cohn, op. cit.
§ 11 pagine 194-207).
SECONDA APPENDICE DEL TRADUTTORE
AL S 845
<t Pins » ]ftt%tio.
BiBLiOGRAPiA. — Qio. WuNDBRLiCH, Dotsert, sistens tkeoriam et usum practicum
doctrinae de pluris petitione. Rintelii 1761 (citato da| Gluck). — L. J. A. Bocquillon.
De la plus petition en droit romain. Saint-Germain-en-Laye 1861. — Emile Parmkn-
TiBR, De la plus petition en droit romain. Versailles 1870. — Max Cohn, Ueber plus
petition. Berlin 1878 (nei suoi BeitrOge sur Bearbeitung des Rdmischen Reckts Heft I.
— Dello stesso, Die sogennante actio de eo quod certo loco {gik citato nelFAppendice I
pag. 18 seg. — Emile Pbrrin, De la plus petitio. Paris 1879. — Cogliolo, La plus
petitio nei suoi rapporti con la res judicata (nel trattato Delia ec^esione di cosa
giudicata vol I pag. 116). Torino 1883. — Si consulti anche Kbller (trad. Gapicas),
De la proc. civ., ecc. § 44 pag. 193 seg. — Zimmern (trad. Etienne), TraUi des ac-
tions, ecc. § 178 pag. 521 seg. — Bbthmann Hollweo, Der rdmische Civilproeess
vol. II pag. 219 seg. — Bbkkbr, Die processiMlisehe Consumption im, CUusisehen
V. R, Berlin 1853 § 7. — Krugbr, Processualische Consumption, ecc. Lipsia 1S64 pa-
gina 66 seg. — Matnz, Cours de dr. rom. 4.* ed. Bruxelles 1876 vol. I § 75. — De-
MANOEAT, Cours iUm. de dr, rom. Paris 1866 vol. II pag. 609 seg. — Guowo, Trattato
storico della proc, civ. rom. Palermo 1873. — Buonauici, La storia dtlla proc. civile
rom. vol. L Pisa 1886 pag. 118 seg. — Accarias, PrSois de dr. rom, Paris vol. II
pag. 1110 seg. — Baron, Pandeckten 7.* ed. Lipsia 1890 § 265. — Wbndt, Lehrbuck
der Pandekten. Jena 1888 § 241. ~ Dernburo, Pandekten. Berlin 1386 vol. Ill § 62.
— Stamps, Das Compensationsverfahren in vorjiutinianisehen stricti juris judi-
cium 1886.
SBCM3NDA iiPPENDICE DEL TBADIITTOBE AL § 845. 97
Nel Comm. IV dl Gaio §§ 53-60 si trova fatta parola di easi processuali, in cui causa
^aditf id est rem perdere, come conseguenza dell*agire di chi intentione plus com-
plexus fuerit, e non ostante le lacune del § 53, pare accertato che, secondo Gaio, la
perdita della lite e della res si verificasse nei quattro modi da lui tassativamente enun-
ciati, coi qualt si rafUguravano le eventualitiL possibili dXplus petere ^} e precisamente re,
tempore, loco, causa.
Si noti che nel § 68 Gaio (IV) dice a proposito deWargentarius « quo fit ut, si facta
compensatione plus nummo uno intendat argentarius, causa cadat et ob id rem perdat »,
il che appoggerebbe la congettura di chi vuole che nel § 53 di Gaio fra le frasi causa
eadere <), id est rem perdere ci fossero le parole ob id. In quanto poi al fatto che Giu-
STiKiANO nelle sue Istituzioni ripete il causa cadebat id est rem. amittebat trattando
di chi plus in intentione complexus, mentre, come si vedr4, 6 diverso il carattere delle
coospguenze del plvts petere nel diritto giustinianeo, esso dipende da ci6 che Timpera-
toreespone la storia della teoria nel § 33 (IV, 6) ^wo vlWq ^ktoX^ sed haec quidem, antea
in usu fuerant, e narra poi le riforme di Zenone. Al tempo di Giustiniano rem per-
dere non 6 una conseguenza della plus petitio (veggasi Cohn, op. cit. pag. 42 n. 2).
CoUa lite si perdera il diritto dedotto in giudizio e, meno che par i minori e salvo si
trattasse di errore inevitabile (per esempio se chiesto il pagamento di un legato di
dieci e poi scoperto un codicillo che ridiice il legato a cinque) non si poteva ottenere
in qaei casi dal pretore la in integrum restitutio.
L*indoie della procedura doveva necessariamente produrre questo resultato; infatti
nel periodo delle form.ulae Taltore esponeva neWintentio il desiderium suum (Gaio, IV
% 41); Toggetto deWintentio veniva dedotto in giudizio e contestato.
Poi la sentenza del giudtce basata sulFesito delle prove hinc et inde presentate ed in
relazione airalternativa postagli dal pretore si paret condemna, si non paret absolve,
Rimasto assodato che il convenuto non doveva cid che era stato chiesto dalPattore,
il giudice pronunziava Tassoluzione del convenuto stesso, anche se questi non avesse
opposto la plus petitio come mezzo di difesa: quando Taitore non provava il diritto in-
dicato neWintentio, il giudice doveva assolvere, e se quanto formava il vero ed esatto
oggetto del diritto delfattore si fosse riproposto-al pretore, « questa volta con intentio
giusta, il convenuto aveva ormai a sua difesa Vexceptio rei judicatae.
II fatto per tan to di esporre il proprio desiderium in modo non corrispondente alia
realty faceva respingere la petitio e togUeva alKattore il potere di ridomandare in av->
venire quanto gli spettava.
Bra una pena od era Tapplicazione rigida di una regola di procedura per quanto
gravosa airincauto attore? Se si tien conto che nel periodo delle legis actiones e pre-
cisamente neWactio legis per sacramentum, quando si giudicava se il sacraynentum
era iustiim od iniustum e la sentenza non pronunziava direttamente sul diritto conte-
stato, ma sul saeram£ntum, i 1 carattere di questo, dapprima religioso per la consacra-
zione della somma perduta dal soccombente agli Dei, fu poi quello di pena che il soccom-
bente incontr6 per avere troppo leggermente incoato il procedimento (veggasi Gaio, Comm.
VI § 13: «... nam qui vlctus erat summam sacrameati praestabat poenae nomine. . . ») e
I) Alcuni si affrettano a correggere in pluris, ma nelle font) la frase 6 semprejj/u^
petitio, e siccome tanto se si considera petere verbo che regge Taccusativo, quanto la
paroia plus avverbio, nulla ha di scorretto la frase plus petitio, credo sia da preferirsi
questa forma alKaltra pluris petitio.
*) Cic. neirOr. Pro RosHo C. dice ad Hannio suo awersario: c Sic tu, si amplius
Dummo petisti quam tibi debitum est, causam perdidisti » e nelTopera De orat. I, 36
« Alter plus lege agendo petebat. . . . causa caderet ». Veggasi anche Plauto, MostelU
atto III scena I v. 120 e seg.
Olucs, Comm. Pandette. — Lib. Xir. 13
9S SECONDA APPENDIOE DEL TBADUTTOEE AL § 845.
la conclusione era che se l^attore avesse chiesto oltre ci6 che gli era dovuto perdeva Tim-
porto della scommessa, )a lite ed il diritto, si sarebbe inclinati a ritenere che anche nel pe-
riodo formulare Tagire di chi plus intentione complexus /uertY producesse comepena,
oltre la perdita della lite, quella della perdita del diritto. Ma non e necessario ricorrere
ai concetto di pena nel periodo delle formule ai riguardi di chi plus petit, mentre la
struttura del processo romano spiega da se ed in modo rigorosamente logico le conBO-
guenze di quel fatto. (Anche il Bonjban (L. B.) nel suo Traits des actions Paris 1845
2.^ ed. t. II § 410 n. 1, dice che dal punto di vista pratico la phts petitio ^ una pena,
ma che, sia teoricamente che storicamente, non sarebbe esalto ritenerla tale : la plus^
petitio k semplicemente una conseguenza logica del sistema formulare).
Stabilita la formula coUa intentio contenente la esagerazione della domanda e con-
testa ta la lite il giudice non aveva la facolt4 di ridurre la domanda o comunque modi-
ficarla ed assolveva il convenuto: non pertanto il diritto era stato dedotlo in giudizio,
Tazione relativa esperita e consumata; Tattore non a?eva che da imputare a sd le con-
seguenze del suo procedere.
Certo era grave il principio causa cadere, id est rem perdere, ma una leoD specials
che regolasse le conseguenze di una plus petitio non pu6 supporsi : sarebbe stata con-
traria al genio romano e nessuna traccia se ne riscontra neppure in Oaio cosi diligente
espositore della materia ;cosicche, pur tenuto conto delle lacuna del § 53, non mi sembra
probabile la congettura del Cooliolo, che il magistrato respingesse Tazione in forza del
comando del diritto civi|e, per il quale qui plus petit amplius agere non potest {op. cit.
pag. 118 n. 114): arrogi che potevasi incorrere a propria insaputa neWa, plus petitio :
come applicare il concetto di pena in questi casi?
Di piu souo deliberatamente in altro luogo esaminate le poenae temere litigantium,
sia da Giustiniano che da Qaio.
Seguo quindi Topioione dominante che gli effetti della plus petitio sieno il giusto
corollario delle regole del diritto processuale per formulas: qualche importanza ha al-
tresl ridea che il rispetlo alia legge ed al pretore esigesse ogni diligenza da parte degli
interessati, il che non permetteva si ritenesse troppo grave la conseguenza della plu^
petitiOf quando era prodotta in giudizio una domanda esagerata, senza distinguere se in
buona o mala fede dalfattore. Che se il rem amittere fosse stato una pena, questa.
sarebbe stata iniqua, in ispecie quando non si conoscevano ancora i mezzi preventivi per
evitare la plus petitio a tutela delPattore che ignorando in quella incorresse. Su detti
mezzi dir6 piu sotto.
In quanto alle categorie accennate da Gaio, in base alle quali poteva verificarsi la
plus petitio^ osservo anzitutto che sebbene il ^ureconsuUo Paolo insegni nelle sue Sen-
tence lib. I, 10: causa cadimus aut loco aut summu (invece di re, summa ^ espressione
meno comprensiva e meno esatta) aut tempore, aut qualitate (invece di causa) loco-
alibi, summa plus, tempore petendo ante tempus, qualitate eiusdem ret speciem me-
liorem postulantes, si comprende facilmente come in sostanza la parola re usata da
Gaio esplichi meglio, generalizzi la teoria e comprenda in un certo senso anche la causa
cadimus « qualitate ».
Neila consultatio veteris cujusdam jurisconsulti V, 4, si riproduce questo passo di
Paolo.
Finalmente la L. 2 God. Hermogen. de calumniator, et plus petendo k cosi con-
cepita: « Plus petitur sicut responsis Prudentum continetur, summa, loco, tempore,
causa, qualitate, aestimatione >; ma gii lo Schultino nella sua Jurispr. antej., osser-
vava che le ultime parole qualitate et aestimatione sono semplicemente una spiega-
zione della parola causa e non costituiscono altre categorie speciali di plu^ petitio.
Mi attengo quindi alia enumerazione insegnata da Gaio in proposito e dal raffronta
fra i paragrafi di Gaio e le altre fonti, in ispecie le Istituzioni di Giustiniano, §§33,34,
35, IV, 6 (de actionibus), procurerd trarre quelle deduzioni, che meglio siano adatte alia
semplicit^ ed alia rigorosit^ del processo romano.
SEGONDA APPENDIGE DEL TBABUTTORE AL § 845. 99
Va in primo luogo ricordato che il nostro Gluck, coma altri scrittori antichi, ha
A torto creduto, nou solo che le varie maniere del plus petere sieno state indicate nel-
TEditto del pretore; ma che TBditto coatenesse uno speciale titolo de plus petendo.
Come resulta chiaramente anche da Gaio, i modi dt plus petere vennero dedotti dai
responsi dei < Prudenti ».
Nondimeno fra i moderni il Joussbrandot propone addirittura ]*Editto deducendolo
dal § 53 del Contm. IV di Ga.io nel seguente modo: < Si quis intentione plus complexus
faerit quam deberetur, non restituam > (op. cit. vol. I pag. 61).
Se g'lk la critica non avesse a buon diritto fatto giustizia deUUntiero lavoro dei pre-
detto <}crittore, baste rebbe questa enormezza a c:)nvincere della nessuna serietd. delfim-
proba fatica del professore ginevrino.
L*Editto del pretore non conteneva so non le norme relative ai casi speciali di re-
sUiuzione in integrum dalle conseguenze della plus petitio e cioe quelli della minor
etd e della magna causa iusti erroris, nonch^ i casi di in integrum rest, contro le
conseguenze della falsa demonstratio. Vegg. Lbnbl das Edictwn perp,, Lipsia 1883,
pagiiie 100 e 101 e note relative e Gluck, note al § 232 libro II tit 13 di questo Comm,
degli illustri professor! Ferrini e Serafini, pag. 478 e seg.
Plus petere in senso proprio vuol significare chiedere piU di quello che e dovuto;
neirargomento di cui trattasi, conviene altresi interpretare questa frase in modo da
comprendere oltre la plus petitio re, caso nel quale la espressione e rigorosaftiente
esatta, anche gli altri tre casi preindicati e cio6 causa, tempore, loco, quando o il cre-
ditore precisa da se la cosa che egli domanda e si tratta di cose generiche, oggetto
deirobbligazione (nella consultatio ceteris cuiusdam iuriseonsulti V, 4 riferendosi
il frammento di Paolo, Sententiae 1, 10, si ripete: . . . aut qualitate: ejusdem speciem
rei speciem meliorem postulando) o chiede esclusivamente una di due o piu cose do-
vute in modo alternativo, mentre la scelta ne spetta al debitore (plus petitio caiuaM sia
cid che nel momento in cui si domanda o nel luogo in cui si domanda non si e obbli-
gati prestare {plus petitio tempore, plus petitio loco).
La espressione plus petere pertanto nei tre uUimi casi non risponde esattamente al
cr-ntenuto.
Nel Camm. IV § 55 Gaio chiarisce che non si tratta di plus petere quando alcuao
chiede aliud pro alio: difatti in questa ipotesi Tattore perde, e vero Ja lite; ma siccome
la cosa dovuta non k stata dedotta in giudizio, potrd essere quando che sia domandata
dairattore. Vegg. anche il § 35 Instit. IV, 6.
Gaio si occupa anche del caso del minxus petere: il m.inus petere non produce la
conseguenza della perdita della lite: minus autem intendere licet.
Ora si potrebbe obbiettare; anche chi domanda meno, non espone neWintentio cio
che gli e realmente dovuto e com'e che non perde neppure la lite? com*e che pu6 do-
mandare in altro giudizio il resto?
Si risponde faciimente che chi domanda meno, chiede pur non ostante una parte
di quanto gli spetta; non c*6 danno di sorta per il convenuto, il quale non pu6 avere
interesse di ostacolnre Tesercizio del diritto avversario e siccome la residua parte del
diritto non e stata dedotta in giudizio, cosl non e consumata Tazione relativa a quella
parte: nullameno una certa limitazione incontra Tattore quando vuole esperire la vio
legali per ottenere il residuo: egli non pu6 promuovere Tazione, Anche non sieno finite
le funzioni del pretore, che accord6 la prima formula ; se il creditore agisce durante la
stessa Pretura il convenuto ha a suo favore la exceptio litis dividuae, di cui lo scopo
e evidente: proteggere il debitore da una serie di procedure parziali. La m.inus petitio
non si verifica che in un solo modo: re.
II CoBN tanto nella sua opera die sogennante actio de eo quod certo loco quanto
neirapposito studio %yx\\di plus petitio (op. cit. nella bibliograAa) esamina il rapporto fra
il plus fetere in senso proprio ed il plus intendere ed opina che il motivo, dal quale
100 SBOONDA APPENDIOE DEL TRADUTTORE AL § 845.
derivava la perdita della lits e del diritto, non era in tutli i quattro casi prodotto dal-
TessersI esposto nelV intentio un plus: questa ragioDe viene dal Cobn ritenuta seria
solo per la plus petitio * re *: negli altri tre casi, non potendosi rawisare un plus^
neiVintentio, va ripetuta Tosservazione gi& fatU per la espressione plus petere, cio^
che neppure la frase plus intendere ^ esatta. II Corn pertanto ritiene che i giure*
consulti, badando solo alle conseguenze di chi ante tempus petit, alio loco petit, ecc
compresero nella espressione generate plus petere oltre la plus petitio re tutte le altre
eventuality diff<srenziandole colle parole chs ne precisavano Tindole: j)^uj petere loco,,
plus petere tempore, plus petere rausa.
La plus petitio nel periodo formulare poteva verificarsi solo quando si trattava di
actiones oertae, sia che fossero in rem ; L. 76§ 1 (Gaio libro septimo ad Edietutn pro-
vinciale); L. 3 § 2 (Ulpiano libro sexto decimo ad Edictum); D. de ret vendicatione
6, 1; Vaticana Frag, §§ 52 e 53; sia che fossero in personam (in queste actiones le
formule constavano esclusivamente d''ila intentio e della condemnaiio\ L. 74 (Gaius ad
JS'dicr jprotf.) D. 45, 1 de verb. obL, Gaio Comm. IV § 41: era impossibile nelle azioni
di buona fede, nelle quali la formula ^ sempre concepita toWintentio incerta.
Cujacio perd sostenn) il contrario, argomentando dalle L. 4 Paulus libro tertio ad
Sabinum; 21 Paulus libro I Quaestionum D. de compensationibus 16, 2: il che deve
certo attribuirsi alia non completa cognizione del processo forraulare romano nelle sue
attinerfze eoUo sviluppo storico della compensazfone a motivo della mancanza delle Isti-
tuzioni di Gaio. (Vegg. Gaio Comm. IV § 54; L 1 pr. Callistkatus libro secuDdo
Edicti monitorii D. 11, 1 de interr. in iure fao.; Cicero: Pro Roscio C. c. 4).
II Gluck opinava che la plus petitio occasionasse una pena, e nel § 282 ricorda che
div^rsi reputati giureconsulti sostengono aver avuto laogo la pena quale conseguensa
della plus petitio nei soli iudicia stricti iuris e non pure in quelli bonae fidei: non
permettendo la equitjt che si dichiarasse avere Tattore perduto il suo diritto semplice-
mente per avere domandato di piu ed in proposito os^erva che nelle leggi, le quali trat-
tano della pena della plus petitio, non si fa punto menzione della differenza fra iudieia
bonae fidei e strieti iuris e che d'altra parte le inter rogationes in iure inirodotte
presso i Roman i, siccome un espediente per evitare quella pena, erano in uso tanto nei
iudicia bonae fidei quahto nei iudicia stricti iuris : conclude sembrargli che la delta
opinione dia luogo a mold dubbii.
I dubbii non hanno proprio ragione di essere e Topioione che non ci sia plus pc^
titio nei casi di actiones incertae ^ fondata. Infatti come chiedere di piCi nei casi, incuila
formula e concretata nel quidquid adoersarium si'ii dare fa^-ere oportet od altri ter*
mini analoghi? Vegg. Cic. pro Rcfscio 4; Keller op. cit. § 44«e note relative; Bonjban
op. cit. t II § 410. E impossibile altresl nella condictio incerti, piii volgarmente delta
actio ejo stipulatu, nella quald la intentio e presso a poco la slessa che nelle azioni di
buona fede. Vegg. la L. 75 § 3 Ulpianus libro vicensimo secundo ad Ed.'ctum D. de
verb. obi. in conlr. al § 52 T'a^ Frag.
Nelle azioni in factum invece e sempre possibile la plus petitio e produce il suo
effetto ordinario: in quesle azioni, come e noto, la formula si componeva della sola tn*
tentio e della condemnatio: il Keller chiama rmtenU'o nelle formule di queste azioni
quasi intentio: nella quasi intentio pu6 benissimo risconlrarsi il plus ed alia quasi
intentio deve pure uniformarsi la condemnatio. (Sul signiticato lecnico della parola
intentio nelle varie calegorie di azioni, yegi^. Keller op. cit. § 39;. Ci6 si rileva da
Gaio che espose e soslenne quesla opinione conlro quella che in questa categoria di
azioni intendeva rawisare nelle conseguenze della plus petitio una poena temere li-
tigantium aifatlo speciale e di diritto p^sitivo, che si diceva applicabile solo nelle ac-
tiones famosae.
Esaminiamo ora gli effetti di una plus o di una m,inus petitio nella demonstratio.
Un errore in piu o-l n meno in questa parte della formula, dice lo Zimmbrn, non
SBOONDA APPENDIGS DBL TBADUTXOBB AL § 845. 101
poteva DQOcere airattore, perche nulla egli deduceva in giudizio, n^ la demongtratio
serviira di guida al giudice per la pronunziazione della sentenza come la eondemnatio
in relazioae aWintentio: da ci6 Tadagio falsa demonttratione rem non perimi di cui
Gaio Comm. IV § 58.
Gio7a ricordare che la demonatratio non si trovava di regola che boIo in quasi tutte
le aetiones in personam inoertae, (Vegg. Kellbk op. ciL § 40). In sostanza e acceU
tato dai piii il concetto che qui, come nel caso deirattore che nelVintentio espone aliud
pro alio, si abbia aliae rei demonstratio : la intentio della formula n on corrisponde-
rebbe alia demonstratio: mutati i fatti in piii od in meno, certo la lite sari perduta;
ma non il diritto: la causa vera rimane Integra e si pu6 peters senz'altro. Cosi inter-
preta Tadagio surriferito anche il Buonamici op, cit. pag. 121 ed opina cosl anche il
GuoiNO op. cit. pag. 133.
II Maynz tace affatto sul minus nella demonstratio : in quanto al plus opina che
non implicasse le conseguenze della plus petiti6 (op. cit § 75 n. 19).
Osser^a TAccarias (op. ciL val. II pag. 1119) che nel caso in cui la dentonstretio
conteneva un ph<s si poteva logicamente dire che la intentio dovea risentirsi della esa-
geradone dei fatti e ch^ quindi Tattore avrebbe dovuto rimetterci il diritto; che per6
qaesta teoria siccome troppo severa non prevalse: alcuni giureconsuUi bensi Tavrebbero
seguita per i cast, nei quali si trattava di azione infamante; ma non parve ragionevole
sacrificare Tattore per assolvere il convenuto dalle conseguenze delPazione infamante
contro di lui esperita.
Per converso nel caso in cui nella demonstratio si contenga un minus, quale motivo
i^peciale ci sarebbe di non considerarlo come dedotto regolarmente in giudizio, salvo
e riservato all'attore di esperire avanti la Pretura success! va la sua azione per il pe-
siduo ?
Se, per esempio, in base ad una stipulazione fossero dovuti cento oppure Stico e
Panfilo {dare oportere) e per un prezzo unico; quando neWa. demonstratio si parli solo
di Stico, Gaio riferisce che in questo caso, secondo Labbone, il compratore potesse chie-
(lere con altra formula Panfilo a motivo che la obbligazione di dare oportere Stico e
Panfilo St risolve neile obbligazioni: a) di dare Stico; b) di dare Panfilo {^egg. la L. 33
^LPiANUS libro vtcensimo tertio ttd Ed. D. de aotionibus empti venditi (19, 1) e quindi
Stico essere stato validamente dedotto in giudizio.
L*AcGAR.iA.s nota che forse in questo caso la exceptio litis dimduae non si conside-
rava applicabile ; ma a me pare che non ci sarebbe stata ragione per questa differenza:
dato pure che nella stipulatio si considerassero racchiuse le due obbligazioni: a) di
dare Stico; b) di dare Panfilo, certo Tadempimento non se ne poteva chiedere in parte
e la ejcceptio litis dividuae era accordata contro chi avesse violato questo principio.
Gli effdtti comunque si bilanciarano.
Ss neppure il mi nu« nella demonstratio si fosse ritenuto come dedotto tn Judicium,
la lite era pirduta colla condauna delfattore nelle spese; mail diritto vero con int^nU'o
esatta poteva essere senr/altro esperito: se il minus era teouto validamente dedotto,
si dovea attendere la successiva Pretura per richiedere il residuo e certo Tattore avr^
dovut) rifondere le spese in piii causate dalla doppia chiamata in giudizio del con-
venuto.
Senonch^ Gaio opinava che neppure il minus potesse ritenersi validamente dedotto
6 lo seguivano la maggior parta dei gi urerx)nsulti del suo tempo: non ne adduce per6
il motivo per guisa che e lecito congetturare consistesse nel fatto che il giudice del-
Yaetio empti dovea tenere conto delle obbligazioni reciproche dei due contraenti che si
riferivano alia vendita. In sostanza il compratore che ha diviso la suadomanda non ha
assoggettato alKesame del giudice che una parte della sua obbligazione ; ma quale parte t
Gi6 non resulta ed infatti se Panfib fos^e stato venduto solo, di quanto il prezzo 100
sarebbe stato diminuito? Questa di(ficolt4 grave non viene da Gaio risolta. (Vegg. le
102 SEOONDA APPENDIOB DEL TBADUTTOSE XL § 845.
L. 17 § 4 Paolo libro vicensimo nono ctd Edictum D. 13. 6 commodati vel contra e
33 Ulpiano libro vicensimo tertio od Edictum D. 19, 1 de actionibtts empti venditi),
che sembrano dimostrare non essere stata accolta la teoria di Gaio.
L*AccARiAS per6 noa si dissimula che il raotivo suesposto vale solo per le azioni di
buona fede ed osserva che solo in queste pu6 sorgere la questione. Piu esplicito e U
KsLLBa (op ' cit pag. 193 n. 505 e pag. 195 n. 504) che giustamente rileva conit>, se-
condo Topinioae combattuta da Gaio, una plus petitio a mezzo della demonstratio
avrebbe potato dunque trovar posto in un'actio depositi in jus ooncepta e quindi in-
certa (Gaio Comm. IV § 47) mentre neile azioni oertae in jus conceptae non esiste de-
monstratio, Ora nelle incertae si vide che non e possibile la plus petitio.
Finalmente riguardo alia possibility della plus petitio nella condemnatio devesi nel
manoscritto di Gaio leggere positum invece di petitum nel § 57? (Xelfedizione dello
Studbmund si legge petitum). Pare che la voce positum risponda meglio al concetio
della condemnatio. Leggono positum il Bethmann-Hollweoo, il GdscHEN e il Lachmann
oella loro terza edizione di Gaio, Berlino 1842; il Pellat nel suo Manuale Juris sy-
nopticum, Paris 1854; il Polenaar nella sua edizione di Gaio, Lugduni Batavorum 1876.
L^HuscuKEche avea dapprima fatte obiezioni al po^f turn nelle Kritischa Bemerkungen
sum, vierten Buck der Inst des Gaius (t. XIII della Zeitschrift filr gesch. Rechtswiss.,
Berlin 1846) e nella Jurisp. AnteJ., accetta ora anch'esso il positum nella IV edizione
di Gaio, Lipsia 1879.
II CooLioLO nel suo Manuale delle fonti parte I pag. 331 legge petitum ed il Gi-
RARD positum {Textes de dr. r., Paris 1890 pag. 270). lo accetto la lezione positum,
Nella condemnatio pertanto del diritto classico Terrore poteva consistere nello stabi-
lire un iraporto in pii]i od in meno del dovuto tanto nel caso di condemnatio certa,
quanto in dati ca<(i, nei quali essa e incerta, per esempio, neW actio de peculio legis
Aquiliae, o se Tazione essendo in simplum la condanna si fossa concepita in duplum
o viceversa.
Le conseguenze di un plus nella condemnatio, perch^ peggioravano le condizioni
del debitore, poteano essere tolte: infatti il debitore, provando Terrore, otteneva la in
integrum restitutio: la formula veniva reltiQcata. Per converso se nella condemnatio
era stato posto un minuSf Tattore (meno se rainorenne, perche se tale, veniva restituito
in intiero) perde il residuo a motivo che la questione e tutta avanti il giudice e tuita
si esaurisce : il magistrato non aveva Tobbligo di indicare alPattore che la condemnatio
alia quale aveva diritto, do vea essere piu elevata. Gaio Comm.. IV § 57; L. 7 § 4 Ulpiano
libro undecimo ad Edictum D. de m,inoribus XXV annis 4, 4. Scomparso il sistema
delle formula, rimase nondimeno la distinzione delle azioni in certae ed incertae e ri-
mase pure la conseguenza delta plus e della minus petitio.
Trascorsero, si pu6 dire, quasi due pecoli da che era divenuta di diritto comune la
procedura straordinaria, prima delle riforme deirimperatore Zenone agli effetti della
plus e della m,inus petitio.
LMmperatore Zenone con una sua costituzione (restituita dal Ccjacio Obs. XII, 21)
stabili come attesta Giustiniano nelle sue Istitusioni §§ 33, 34 IV, 6 de actionibus:
che Tazione esperita ante tempus non sarebbe seguita da condanna; ma nullameno
il diritto dedotto in giudizio non si sarebbe consumato. Quale pena I'attore avrebbe
dovuto attendere per esperire di nuovo la sua azione, un lasso di tempo doppio di quello
che egli non avea rispettato; il suo credito non avrebbe intanto prodotto interessi e
prima di riprodurre la domanda, dovea rifondere al convenuto tutte le spese da questi
sostenute nel precedente giudizio, L. 1 § 1 C. 3, 10.
La minus petitio non impediva piu all'attore di completare le sue conclusioni da-
vanti il giudice e di ottenere una condanna conforme al suo diritto, L. 1 § 3 0. 3, 10;
Jnst. § 34, IV, 6.
11 convenuto conservava il suo divitio nWexceptio litis dividuaef Certo,per lo scopo
di questa eccezione gi& ricordato.
SECONDA APPENDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 845. 103
GiusnNiANO teDDe ferme le disposizioni di Zbmone e le compl6t6 stabilendo che
Tattore nei casi di plus petitio re, loco, causa non perderebbe la lite, n^ildiritto; ma
sarebbe stato obbligato di pagare al convenuto, il quale non veniva piiX assolto, il tripio
del danno a lui causato dalla plus petitio ed in ispecie il tripio della eccedenza del
salarium pagato agli executores di giustizia. L. 2 C. 3, 10; §§ 24, 33 Irut, IV, 6.
Al convenuto era accordata airuopo una eondictio ejo lege.
Per6 la L. 3 Cod. 3, 10 (anno 532 d. Cr.) era cosl concepita « si quis certa quanti-
tate sibimet debita super ampliore pecunia per dolum et machinationem cautionem
eiegerit et ad iudicium debitorem vocaverit, si quidem ante inchoatam litem calliditatis
eum poeniteat et veritatem debiti confessus fuerit, nuUo eum dispendio praegravari:
sin autem et liti praebult exordium et in certaminibus negotii permanens arguatur de
adjecta falsi quantitate, non solum ea, sed etiam toto debito eum fraudari : transaction
nibus scilicet et secundis confessionibu?, sive insinuatae sint sive non, etiam in hoc
casu suam obtinentibus firmitatem : talibus etenim cautionibus hoc obicere non
oportet >.
GiusTiKiAMO ordinava pertanto che quando con raggiri fraudolenti il creditore avesse
Toluto cauzione oltre la quantlta dovuta ed avesse lasciato impegnare la litis contestatio
senza avere riconosciuto ia Terit^, pardesse il dirltto quale conseguenza della plus pe-
titio re. (ZiMMERN e d*avviso che la L. 3 Cod. 3, 10 non dovesse essere messa sotto la
rabrica de plus petitionibus dovendosi considerare la perdila del diritto quale effetto-
pena del dolo commesso dal creditore per aumentare il quoto del suo credito (op. cit
pag. 5^ n. 22).
GiusTiNiANO comand6 altresi Tapplicazione delPantica conseguenza della plus pe-
titio nei caso contemplato dalla Novella XW de defensoribus civitatum c IK in fine e
c IV (anno 535 d. Cr.).
Per tal modo in quest* ultimo periodo plus petitio si considera qualsiasi esagerazione
nei Ubellus conventionis ; non si tratta piu di un errore, le cui conseguenze sono fatal!
in relazione alia norme della procedural ma si ritiene voluta, prodotta spesso da dolo
0 da raggiri e si colpisce cosl che resulti intendasi infliggere una vera poena ut ac^
tores, tali poena perterriti (cosl il § 10 Inst. IV, 13 de exceptionibus) tempora litium
doeeantur observare.
Importa ora di accennare che i Romani oltre aWin integrum restitutio quale ri-
medio per riparare le conseguenze della plus petitio a favore dei minor i e di chi vi
incorreva par errore inevitabile, aveano introdotto dei mezzi preventivi, usando i quali
a evitava la plus petitio: anzitutto il mezzo generale delle interi^gationes in iure e
piu specialmente la incertae partis vindieatio & -presery are dnWsi plus petitio re e Var-
bitraria actio de eo quod certo loco, dalla plus petitio loco. Di questi mezzi preventivi
e della ejpceptio doli che opposta dal convenuto, se ammessa dall'attore, lo preservava
dalle conseguenze del plus peiere, dir6 brevemente nella trattazione piii particolareg-
giata dei singoli modi, dai quali derivava ]q. plus petitio.
Passo adesso ad esporre, seguendo Tordlne di Gaio, anzitutto la teoria della plus
petitio re:
« Re velut si quis pro X milibus quae ei debentur XX milia petierit, aut si is cuius
ex parte res esset, totam eam aut majore ax parte suam esse intenderit ». Cosi Gaio IV
§53. GiusTiMiANO spiega in che consistesse la|7|). re nel§ 33 Inst. IV. 6. « Veluti si quis
pro decern aureis qui ei dabebantur, viginti petierit, aut si is cuius ax parte res est,
totam eam, val majore ex parte suam intenderit ». Se alcuno abbia chiesto venti mo-
oete d*oro invace delle dieci a lui dovute, oppure essendo proprietario di parte di una
cosa, Tabbia chiesta tutta o ne abbia chiesta una parte maggiore, in questo caso la frase
plus petere e la correlativa plus intendere sono in relazione a quanto con esse si vuol
indicare: nella intentio della formula ^ esposto un desiderium plus complexus e la
tondemnatio non pu6 versare nal caso di intentio oerta in altro che nei contenuto
104 BEGONDA 1.PPENDI0E DEL TBi^DUTTOSK AXi § 845.
della intentio stessa, quiadi Tattore, il quale non pu6 provare al giudice di essere cre-
ditore di venti, mentre e tale solo di dieci, perde la lite ed il diritto quale effetto del
8U0 procedere esagerato.
Casi di plus petitio re potevano veri&carsi a proposito delle fattispecie contem-
plate da Papinzano nella L. 4 §§ 1, 2 (libro septimo Quaestionum) D. de serv. 8, 1.
L. 4 § 1: « Modum adici servitutibus posse constat: veluti quo genere vehiculi agatur
vel non agatur (veluti ut equo dumtaxat) vel ut certum pondus vehatur vel grex ille
transducatur aut carbo portetur ».
§ 2: < Intervalla dierum et horarum uon ad temporis causam, sed ad modum per-
tinent jure constitutae servitutis ».
Medesimamente neiripotesi del § 53 Fragmenta Vatieana:'* Si altius toltendo agat
is qui in infinitum tollendi ius non habet, si non expresserit modum, plus petendo causa
cadit, quasi intenderit jus sibi esse in infinitum toll ere ».
Poteva incorrera alcuno nella plits petitio re anche a sua insaputa, per esempio nel
caso, in cui venisse esercitata I'actio rei vindicationis da chi fosse divenuto proprietario
in virtu di un titolo che non delimiti chiaramente ed espressamente la quota del diritto
stesso. Arg. da Gaio, Comm. IV § 54.
In materia di successione, quando alcuno, erede di una determinata persona, igno-
rava il quantum della quota a lui spettante. L. 1 § 5 (Ulpiano, lib. V ad Edictum)
D. si pars hereditatis petatur 5, 4 : « ut puta est defuncti fratris filius, sunt et
uxores defunctorum fratrum praegnates ....»; cosi se trattandosi di legato per vindi-
cationem, in base al quale si trasferisce la proprieti^ del defunto nel legatario, ha luogo
qualche riduzione in base alia legge Falcidia, e cid a motivo che la Falcidia opera ipso
jure ed il legatario che ha esperito la rei vindicatio senza la indicazione della ridu-
zione che egli subisce, ma ignora, si vede respinto coUa plus petitio re,
Notevoli sono le fattispecie della L. 36 Julianus libro primo ad Urseiutn Ferocem
D. de solut. et liber, 46, 3 e della L. 28 § 5 Paolo lib. X.VII ai Plautium D. de ju-
dioiis uhi, ecc. 5, 1* dalle quali resulta dimostrato, come fosse reso difficile ad un erede
che intendeva chiamare in giudizio i debitori della successione, non incorrere ueWa plus
petitio.
Veggansi anche le L. 3 Paolo libro septimo decimo ad Plautium D. si pars hered,
petatur 5, 4 e la L. 76 § 1 Gaio libro septimo ad Ed. prov, D. de rei vind. 6, 1. Non
si ravvisa plus petitio re invece nel caso della L. 25 Poup. libro vicensimo ad Sabinum
D. de verb, oblig. 45, 1.
A tutelare dalle conceguenze delFerrore ineviiabile il pretore, come si e gia veduto,
accordava quale ri medio ri para tore la in integrum restitutio^ e la accordava altresi
ai minori in tutti i casi. Un mezzo preventivo di indole generale esisteva perd usando
il quale si evitava la possibility di plus petere ed era la interrogatio in iure ^veggasi
Keller, op. cit. § 51 e questo Comment, lib. XI tit. I § 745 e note del Gluck e del
trad. Castellari, nonch^ TAppendice del traduttore al detto paragrafo) : e certo altresk
che un po' di attenzione serviva a preservare dalla plus petitio tempore e causa, il
che basta a giustificare la mancanza di rimedio preventivo per il caso di p»p. causa:
in quanto allap. p. tempore ho gi^ detto che in sostanza pu6 con8iderarsip.p. re. Certo
non si conobbe una oondictio de eo quod certo tempore, come gik escluse il Gluck.
Indirettamente e cio6 accogliendo Vewceptio doli posta dal convenuto, come si diri,
Tattore si premuniva poi daila eventuality che il judeat respingesse la sua domanda e
dalle conseguenze del plus petere.
Intorno alle interrogazioni in iure Callistrato nella L. I pr. libro secundo Edieti
monitorii D. de interr. in iure faciendis et interrogatoriis actionibus II, 1, dice:
« lotiens heres in iure interrogandus est, qua ex parte heres sit, quotiens ad versus
eum actio instituitur et dubitat actor, qua ex parte is, cum quo agera velit, heres sit,
est autem interrogatio tunc necessaria, cum in personam sit actio et ita, si certum pe-
SEOONDA APPJSNOIQE DBL TBADUIIOBE AL § 846. 10&
tetnr, ne, dum igooret actor, qua ex parte adversarius defuncto heres exstiterit, inter-
dum plus petendo aliquid damDi sentiat ». L^attore chiedeva pertanto al convenuto di
quale quota egli era erede alio scopo di sapere in quale misura poteva esperire coutro
di lui la condtetio certi ed evitare di incorrere n^Wvk plui petitio : secondo Calustrato
era questa la ragione decisiva delle ioterrogazioDi in antico.
Sostiene il Gluck, op. cit pag. 12 (^ contrario, dice questo auiore, pag. 13 o. 21, il
solo Wybo nella sua opera de interrog. in iure liber singularis. Lugduni Batavorum 1732
lib. I cit. cap. II pag. 27>ch6 la legge di questo giureconsuito ci pervenoe interpolata. Infatti
lafrase interdtttn plus petendo aliquid damni sentiat non proverebbe la consegueoza
delja plus petitio, mentre si ha la prova che al tempo di Calustrato, vissuto sotto
gli imperatori Sbttimio Sbvero, Antonino Garacalla ed Alessandro Sbvsro, cbi
chiedeva uq plus perdeva il diritto e la lite. La costituzione degli imperatori Diocle-
ziANO e Massimiano dice infatti: Si quis agitur plus ab eo, quod ei competit, vel de*
betur, petierit, rem et causam, de qua agitur, perdit » (L. 2 Cod. Hermog. de ealumn.
€t plus petendo) e, come si k gi& esposto, furono Zenome dapprima e Giustiniano poi
gli imperatori che mitigarono raotico rigore della vecchia procedura. E probabile quindi
che Callist&ato avesse scritto ne plus petendo causam perdat come il suo contem-
poraneo Paolo dice nelle sue Sentence lib. I tit. XIK B § 5: « alioquin plus pe-
tendi periculum incurrimus, et causam perdimus » (veggasi anche lib. II tit. V § 3), ma
che Triboniano, tenuto conto che la plus peUtio, anche secondo la nuova procedura,
portava conseguenze pregiudicievoli all'attore, sostituisse le parole ne interdum plus
petendo damni sentiat.
Non dobbiamo qui esporre le vicende deUe interrogat tones, possibili anche fuori di
giudizio; del rimedi per impedire che a vicenda le parti si ingannassero, sia per attirare
fiugli incauti attori le conseguenze della p. p., sia per vincolare il convenuto a base di
risposte poco meditate: col suo editto il pretore pro wide alio scopo che le interroga-
zioni avvenisaero solo in iure e Tinterrogato poteva chiedere un termine per deliberare,
iveggasi Lenel, das Edictum perpetuum § 53 pag. 113 seg.). Basta qui con Ulpiano,
L. 4 (libro vicensimo secundo ad Edietum) D. h. t. stabilire lo scopo di questo mezzo
procedurale: < Voluit praetor adstringere eum qui conveoitur ex sua in iudicio respon-
sione, ut Tel conAtendo vel mentiendo sese oneret, simil etiam portionis, pro qua quisque
heres exstitit, ex interrogatione certioretur » (veggansi Demelius, La confessio nella
proe. civile romana e la confessione giudisiale della moderna legislasione proces-
suale e Castbllasi, Note ed appendici al GlUck lib. XI tit. I; Buonamjci, op. cit.
cap. IV pag. 246 e seg.).
Un mezzo preventivo speciale che preservava dairincorrere nella plus petitio re era
la vindicatio ineertae partis: comeresulta da Gaio, Comtn. IV § 54, era accordata in
quel casi, nei quali uno pur sapendo di esser proprietario ignorava la estensione del
suo diritto: gli si veniva in aiuto in questo caso, ma solo ex magna et iusta causa,
rilasciandogli la formula petitoria redatta sotto forma di actio incerta, quantam par-
tem in eo fundo pareat ipsius esse : dapprima quindi usata, eecondo Ulpiano, in ma-
teria di successione (L. I § 5 libro V ad Edictum, D. si pars hereditatis petatur 5. 4. e
poi ad ogni proprietario che giustamente ignorasse la quota del suo diritto, cosi nel
caso di un legato per vindicationem. L. 76 § 1 Gaio libro septimo ad Edictum pro-
mneiale; L. 3 § 2 Ulpiano libro sexto decimo ad Edictum. D. de rei vind. 6, 1; L. 8
9 1 Paulus libro vicensimo tertio ad Edictum, D. Communi div, 10, 3).
_jL_
£ presumibile che prima di pronunziare la sentenza, il giudice attendesse che fosse
precisata la quota del diritto dedotto in giudizio.
Le fonti tacciono intorno alia possibility che un creditore, il quale avesse motivi
giusti per ignorare Timporto esatto del suo credito, potesse ottenere una formula incerta
invece di una certa.
Per eaempio nel caso di legato suscettibile di riduzione, un legatario per damna*
Ql(1ck, Comm. Pandette. — Lib. XI!I. 14
106 SEGONDA APPENDIOE DKL TBADUTTOBB AL § 845.
tionem di una somma di danaro determinata, che ignori alia sua volta, come si vide del
legatai'io per mndioationem, ci6 che pu6 chiedere senza pericolo.
L*AccARiAS opina che il silenzio delle fonti si spieghi coiridentiU delle ragioni, per
le quali e a decidersi in senso afferroativo (op. cit. II pag. 1115 n. 2).
Finalnaente ad evitare le conseguenze della plus petitio loco il pretore, come si e giA
dimoBtrato nella prima Appendice al § 845, provvide coWactio de eo quo oerto loco, della
quale ci siamo gi4 occupati e non e quindi necessario ulteriorroente qui intrattenerci.
Prima di passare alia trattazione della plus petitio tempore k invece interessante
eJUiminare Tipotesi, se incorresse nelle conseguenze della plus petitio re, chi riunendo
le quality di creditore e di debitore ad un tempo veiso di Caio, rispettivamente debitoie
e creditore, avesse trascurato di eseguire la compensazione fra il debito suoed il suo
credito prima di esperireTazionedaquest^ultimodipendente? Vanno, per risolvere iaque-
stione, richiamati brevemente i principi del diritto romano sulia compensasione in re-
lazione alia plits petitio.
MoDBSTJNO nella L. 1 lib. sexto Pandectarum D. de compens. 16, 2, definisce la com-
pensazione nel seguente modo: « Compensatio est debiti et credit! inter se contributio »
e PoMPONio ne spiega TutiUt^ nella L. 3 libro vicensimo quintum ad Sabinum D. h. t.
colle parole « Ideo compensatio necessaria est, quia interest nostra potius non solvere
quam solutum repetere ».
Non ostante, strettamente considerandola, la compensazione deroga alia severity del
diritto: il debitore e tenuto infatti a pagare quanto e oggetto del suo obbligo; il suo
credito e indipendente affatto dal debito stesso : non dovrebbe quindi esercitare su questo
influenza di sorta, le azioni rispettive andrebbero separatamente esperite, ma aequitate
compensatio utetur dice Papiniano nella L. 18 pr. libro tertio Responsorum. D. Id, 2.
Veggansi anche le L. 36 Papinianus libro tertio Quaestionutn D. de admin, et per.
tut. 26, 7; L. 18 pr. Papinianus libro tertio Respons, D. 16, 2; LL. 5, 6 C. d^ eompen'
sationibus 4, 31; L. 1 C. rerum amotarum. 5,21, nelle quali tutte si parla delKequita,
quale fondamento della compensazione.
> Questa finzione di mutua solutio che nella compensatio si ravvisa, penetr6 lenta-
mente nel diritto romano.
In origine era usata solo in due casi speciali esposti da Oaio nel suo Comment. IV
§§ 64 e 65:
64. « Alia causa est illius actionis qua argentarius experitur: nam is cogitur cum
compensatione agere et ea compensatio verbis formula exprimitur. Adeo quidem ut
itaque ab initio compensatione facta, minus intendat sibi dare oportere. Ecce enim si
sestertium decem milia debeat Titio, atque ei viginti debeantur sic intendit: si paret
Titium sibi decem milia dare oportere amplius quam ipse Titio debet ».
§ 65. « Item (de?) bonorum emptor cum deductione agere jubetur, id est ut in hoc
solum adversarius ejus condemnetur, quod superest, deducto eo quod iuvicem ei bono-
rum emtor defraudatoris nomine debet ».
Si deduce chiaramente da questi due paragrafi che gli argentarii ed il bonorum
emptor, i quali chiamavano in giudizio, i primi i loro client! ed il secondo (e cio^ chi
comperava Tinsieme dei beni di un insolvente) un debitore delfinsolvente, eseguivano i
primi la compensazione dei loro crediti coi loro debiti; il secondo la deduzione di quanto
rinsolvente doveva al debitore comparso in giudizio. L*argentario non poteva chiedere
che il residuo dovutogli dal suo cliente e doveva praticare prima la compensazione: il
che tornava relativamente facile trattandosi di operazioni annotate sui suoi registri. 11
qual principio, scrive lo Schupfeii, fu evidentemente suggerito ai Romani dalla consi-
derazione che i singoli pagamenti e gli altri affari che un privato fa con un banchiere
»ono tutti anche secondo le idee del commercio quotidiano intimamente collegati fra
loro ed hanno la destinazione di operare degli effetti giuridici non gia separatamente,
ma solo nella loro unit^ e concentrazione, cio^ nel loro saldo. Veggasi anche Buonamici,
op. cit pag. 215.
8ECX>NDA APPENDICE DEL TBADUTTOBE AL § 8i5. 107
Se Yargentarius chiedeva di piu perdera la causa per plus petitio: giova notare
perd cIm la eompensatio era obbligatoria solo fra debit! esigibili della stessa natura e
specie (Gaio, Comm, IV 8§ 66 e 67).
In quanto al bonorum emptor, egli aveva il diritto di cbiedere il credito intiero,
ma Tobbligo di oflTrire la deduzione dei crediti del debitore verso rinsolvente: si dedu-
cevano non solo i debiti della stessa natura e specie, ma qualunque debito di cosa fan-
gibile e non ancora scaduto.
Anche questa regola era imposta dalla equita, la quale non poteva permettere cbe
il debitore deirinsolvente dovesse pagare completamente il suo debito verso di questi e
riceresse poi per il suo credito una percentuale in proporzione al ricavo della vendita
dei beni deirinsolvente.
Ma la differenza precipua fra i due casi si ^ che della compensatione deirargeo-
tario ratio quidem « in intentione > ponitur, mentre deductio vero ad condemnatio-
nem ponitur.
Durante il periodo della procedura per formulae avveniva la compensazidne solo-
nelle actianes bonae fidei, semprech^ i due crediti e debiti provenissero dalla causa
stessa, per esempio, datlo stesso contratto di society : il convenuto in un*azione di buona
fede tutelava le sue ragionl di credito a mezzo di una exeeptiO'doli, senza uopo di de-\
durla formalmente in giudizio (veggasi anche Milonb, La exceptio doli (generalie),
Napoli 1882 pag. 198).
In proposito non 6 a parlarsi di plus petitio, perche si e gik esposto che nelle azioni-.
di buona fede non poteva veriflcarsi (Gaio, Comm. IV § 63). .
In quanto aile azioni di stretto diritto dal silenzio di Gaio si potrebbe arguire ch&
non potesse essere in queste ammessa la compensazione ; ma Giustiniano uel § 30 delle
sue Istittuioni lib. IV tit. 6, accenna ad un rescritto delfimperatore Marco Aurelio
« Sed in stricti judiciis ex rescripto divi Marci oppositi doll mali exceptione, eompen-
satio inducebatur » in virtu del quale la compensazione poteva essere fatta valere a
mezzo deXYexceptio doli, (Veggansi Schupfer, II diritto delle obbligaeioni. Padova 1868
pag. 273 e seg. e gli autori da lui citati, nonche Arndt&-Serafini, op. clt. vol. II § 264
e note; Dernburg, Storia e teoria della compensazione (ted.) 2.* ed. Heidelberg 1868
cap. IV § 19 e seg. e Pandekten. Berlin 1886 vol. Ill § 62; Kruo, Die Lehre von der
Compensation. Leipzig 1833; Van Wetter, Les oblig. en droit romain. Gand 1886
§230; Matnz, Cours de droit romain 4.^ ed. Bruxelles 1877 vol. II § 291; Keller,
Della proc, civ. e delle asioni (trad. Capmas) Parigi 1870 § 60 nota 710; Schwanert,
Die Compensation tiack rdmischem Rechte. Rostock 1870 ; Eisele, Die Compensation
naeh r6m. u. gem. Rerht. Berlin 1876; Brinz, Die Lehre von der Compens. Leip*
zig 1849 e nel Jahrbuch di Bekker, vol. I n. 2, 1857; Ubbelbode, Ueber den Sats
• ipso jure compensatur * 1858; Lenel, Ursprung und Wirkung der Exceptionen
pag. 139 (1876); Stamps, Das Compensationsverfahren im vorjustinianisehen stricti
juris judicium 1886; Wbndt, Lehrbuch der Pandekten. Jena 1888 9 241; Baron,'
Pandekten 7.* ed. Lipsia 1890 § 265).
Essendo il frammento delle Istituzioni di Giustiniano Tunica e sola prova intorno
al rescritto di Marco Aurbi.io non si potrebbe con tutta certezza decidere se questo
imperatore abbia con questo introdotto modificazioni in argomento o soltanto sanzionato
un principio ormai accolto nella giurisprudenza; e piii verosimile questa seconda ipo-
tesi tanto piu che i giureconsulti Labeone, Giavolbno e Giuliano, i quali vissero prima'
di Marco Aurelio, si occuparono delfargomento, come resulta per Labeone dalla L. 13
Ulpiano libro LXVI ad Edictum D. h. t; per Giuliano dalla L. 10 § 3 Ulpiano libro
sexagensimo tertlo ad Edictum D. h; t. e per Giavoleno dalla L. 15 libro secundo Epi-
stolai^m. D. h. t
Gaio poi che viveva ai tempi di Marco Aurelio non se ne occupa, o scrisse forse
prima della emanazione del rescritto stesso: non ne fa cenno neppure nella L. 5 libra .
nono ad Edictum prov. D. h. t.
148 SEtJONDA APPBKDXCB DEL TBUDUTTOBB AL § 845.
L*ORTOLiiN congettura attese le lacune in Gaio, Comm. IV § 61,.ch6 quesio giure-
conffulto trattaue del rescritto di Marco Aurelio e delle regole relative alia compen-
sazione nelle azioni di diritto stretto nel detto § 61 prima di o6cuparsi delle norme
intorno alia compenffazione nelle azioni di buona fede.
Comunqiie quanto interessa in proposito 6 la ricerca suIIa importansa degli effetti
della inserzione MVe^veeptio doU nella formula ai riguardi della plxts petitio: in altrt
termini, supposto che Tattore non abbia eseguito la compentatio fra il suo debito e il
8U0 credito verso il convenuto prima di procedere, e che il convenuto abbia proflttato
del diritto di opporre in iure la exceptio dolt, perch^ questa Tenisse inserita nella for-
raola ed il giudice favesse altresl verificata; ma nullaraeno Tattore abbia insistito nella
sua domanda, quid juris t
Incorrer& Tattore nelle conseguenze M\9l plus petitio ref 0, per converso, dato pure
il riftuto deirattore di procedere alia compensaaone e limttare la domanda, sarA in fa-
colti del giudice di tener conto dei due debiti e crediti o di eseguire la deduzione di
uno dairaltro?
Vennero sostenute in tale proposito opinion! disparate.
L*Ortolan sostenne energicamente che Tattore incorre nelle conseguenze deWh plus pe^
titio (op. cit. t III pag. 655« seg.). Cosl anche Schupfbr, (op. cit. pag. 376) che argomenta da
Qato IV, 123 e seg. (cf. 9 10 1st ds exc, 4, 13) e dichiara priva di autorit^ la testimoniahza
di Teofilo ad § 30, {de act). Anche il Maynz (op. cit. voL II §291) ritiene la risposta
affermativa alia prima domanda, la sola soluzione con forme ai principi originari delle
actiones stricti iuris; cosl pure lo ZimcBRN, op. cit. S ^ pag. 306 e QueiNO, Trattat^
storico della proc. dc, rom. Palermo 1873 pag. 178.
In sostanza gii argomenti addotti dairOaroLAN sono i seguenti: Y exceptio doU in-
serita nella formula concede al giudice solo ralternativa o di condannare o dl assolvere:
non gli consente di compensare «... si in ea re nihil dolo malo Auli Agerii factum sit
neque fiat.... condemna; si non paret absolve*. Questo concetto k convalidato da cid
che Paolo, contemporaneo di Marco Aurelio, scrisse nelle sue Sentense lib. II cap. V
9 3: € O)mpen9atio debiti ex pari specie et causa dispari admittitur: velutsi pecuniam
tibi debeam, et tu mihi pecuniam debeas, aut Oumentum aut cetera hujusmodi, licet
ex di verso contractu, compensiire vel deducere debes; si totum petas, plus petendo
causa cadis » in istpecie a motivo che in questo frammento (tl quale nofi si riesce a di-
mostrare con prove suffictenti che sia stato alterato nella maggior parte delle sua pi-
role dai comf>ilatori del Sr^ihrio d'Aldrioo) si ritrovano espressioni le quali giuridica-
mente non si po^ono rtf^rire kWargentarius, Compensare vel deducere debes, dice
Paolo, e questa alternativa appllcabile a ehicchessia, non riguaMava precisamente Var^
gentarius obbligato alia preventiva eompensatio, non alia deductio.
N6 si pvA insistere nella obbrezione che tale sistema fosse contrarlo airequitji a
danno ddFattore, che perdeva la lite ed H diritto, quale conseguensa della plus petitio,
dal momento che questo effetto non si verificava se non quaudo Tattdr^ avesse insistito,
malgrado Teccezione dt^l convenuto, nella sua doraandk: e^W, Tattore, poteva benissimo
limitare quest'ultima con una pra«f crtprtb .* trasforihare Vintenito di diritto stretto in
una intentio di buona fede; se nulla di ci6 egli aveva voluto (hre, il pretore accordava
al convenuto la exceptio doU e Tattore interreva ftel ri^chio relativo.
Si rileva da ptt^ frammenti, scrive TOrtolan (op. cit. n. 2190), che Tinsislenka del-
*attore doveva durare fino alia litik eontehicaio, e si conoscono i vari me^zi dliti alle
parti dl veriftca, di discuss?6ne, anche di proroga ad altra compavitlone fn iure per
giungere intltie alPaccordo sulla formula. Paolo nella L. 27 ^ 5 D. 6, 1, parla perftiio
di un avverCimento fatto dal convenato alPattore, intorno alle somme di cut quest! deve
tener conto per evitare la eccezione di dolo. L. 27 9 5 libro vicensimo primo ad Kdit'
turn D. de rei vindieatione 6, 1 « per doti mali except ionem ratio eorum habei^i debet,
ei persevere! actor petere rem Suam aon fedditis suitptibus ». Forse ^ aiich^ possibila
SBOONBA APPBNDIOE DEL TBADUTTOBB AL § 845. 109
coDgettarare da uim Costitusione di Albss. Sbvbro, L. 3 C. 4, 31, che ia cnrte circo-
sUDse quando i fatti fossero ritenuti evident!, il pretore imponesse alfattore di eseguire
la compeosazione o di dimiDuire la domanda sotto pena del riQuto deirasione; ma poi
davaoti al giudice e la formula sola che ne determiaa il giudizio: e provate le saser^
zioDi del conyenuto, in base alle quali viene ad assumere il carattere di doloso il con-
tegno delPattore, il eonveriuto 6 assolto e Tattore perde il diritto per^/M«perAio. Altri
scrittori, per esempio Demanobat, op. cit. vol. II pag. 629; Bocquillon, op. cit. pag. 2S,
opinaoo iuTeee che Paolo nella L. 22 pr. libro singular! De variis leotionibu» D. de
exeeptionibtu, ecc. 44, 1, colle parole < Ezcsptio est condicio quae modo eximit reum
damnatione, modo minuit damnationem » enunci il principio che la eccezione sia una
condizione, la quale talvolta fa assolvere il convenuto, taValtra diminuisce la condannn
anche nelFargoraento della compensaztone ed esprimono il parere che in base alia «r-
cepUo doU in materia di eompensatio il giudice delPazione di diritto stretto veiiisse ad
avere la facoU^ concessa al giudice nelle azioni di buona fede, quella di compensare i
debit! e di non condannare il convenuto che al resto. Ma Paolo nella L. 22 preindicata
u riferisce ad una specie di eccezioni del tutto di versa, sia per la posizione che per la
forma, e per gli effetti della exceptio dolt relativa alia compensazione ; eccezioni ag-
giunte alia condanna per restringerne Timporto , piil propriamente dette adjectiones.
Ma non sono eccezioni che si contrappongono &\Vintentio, come nel caso della nostra
exeeptio doU.
Si sostiene che Paolo, nelle Sentenze libro II cap. V § 3, contempla il caso delKar-
gentario, sia perch^ considera come condizione per la compensazione che i due debiti
siano ex pari specie, poi perch^ solo al riguardi di qilesti la causa si perdeva come
conseguenza della plttM petitio. Paolo non aceefina zXVeafcepti^ doli, in base alia qual«
soltanto, riguardo a tutti gli alCri poteva prddui^si la decadenza dftirarttofe. In quanta
poi alia fraaie eompentare tel dedueere debet c> chi, come il Latr^ op. eit. fmgine 28,
% e 36, la interpreta Ml senso th% al t^mpo di Paoix) i giureconsulti si sforzassero di
generalizzare la teoria relativa alPobbligo delPargentario ed intenddssero ch« ognuno, il
quald si fo^e trbvato nella identfca posizione delPargentario e eioi fosse ad un tempo
cteditore 6 d^bttord di cose fungibili, dovMse eseguire in jure la eompensAtio ; cosl
anche Barnz, o^. cit §S 13-24; Scbegul, Beitrajfe I n. 7 paging 149-173. Ad evitlihe
poi la p^a d^Ua plue petltio stabilita pet Id speciali ragioni di s^veritd contro gli at-
gentaH, petiM il Lair, Si pfefdrfsse dl lasciare eseguire dal giudic« la deduetio agll
argentari non pdrmessa. Sdcdttdo il Lair il testo Ji Paolo noti fu alterato, per(;hd i
Prudenti ch6 .composero per orditie di Alartco la iM rbmnna Visigothorum, noti
avetano ricevuto la facoH^ di modificare IfVammenti, chtf s^eglttFVafio per il l6ro scopo:
e cosl si ftpiega corns PaOlx) parli di dedttcHo dopo di avere suppo$io credUi di pari
specie. Q^h cbt; come il DBsjAamxs, sOstleYie, che il dedueere nel frammento di Paolo
non debba esser interpretato nel senso particolare cho ha, quando si tralta di un bono-
rum emptor.
Nelle fbnii sigpaiftca spesso ritirare tin hnportd da una somma maggiore: quindi tofrt'
penkdre fitrO i»di6are it congnaglfo per Intero fia i due debiti; dedueere invecela com-
pensazione, che %i esegulsce Afto alia ooncoi^renza del credito inferiors k quello delPattorft
(op. cit. pag. ^2 seg.). Secondo questo autore II ft'ammento fa %vtdentemefnte alterato «
si riferiva ia orrgine airantica eonipetitatio ^\Yargeiiiariu$ ; injlns c*e chi^ coitie II
VAMOBaow {Lehrbuch der Pandekten t HI p^g. ^) sostiene, chs il passo di Paolo
fa cosl evldeitt»azMte riraansggfalo, che non pud aVere grands importanza nella discus-
sione.
Anche lo Stascpb, il quale ibrisse sulla procMura di compensazione nel judicivtfi
stricH jurik prima di GiustiKiano, ritiene alterato il frammento di Paolo, quale ci pel*^
venae nel Brevtdrio idi AhiricO (pagine 74 e 93) e dk maggior valore alle parole d)
TboI'ilo dblla ihh parafra«ii delle UtituHoni (trad. Reitz): « Hac epposita exceptione
110 SECONDA APPENDICE DEL TBADUTTOSE AL § 845.
iudici occasio datur admittendi compensatioDe », il che darebbe il <contenuto del Re-
^cripto del divo Marco. La testimoniaaza di Tbofilo per6, come si e gU avvertito, non
ha valore (veggansi Wendt, Pandekten § 241; Dernburg, Pandekten vol II pag. 166
n. 8).
lo seguo Topiaione che, neiripotesi delFattore, il quale insiste nella »ua domanda
malgrado Vexceptio doli, doq rimanesse al giudice che seguire ralternativa della for-
mula si paret oondemna, si non paret absolve.
Cosi anche il Buonamici interpreta il frammento di Paolo nelle Sentence II, 5, 3.
La controversia esigerebbe maggior sviluppo ; tenuto conto perd che non presenta un
interesse pratico, basteranno i cenni suesposti.
Divenuto regola il sistema della procedura straordinaria e sparita la formula, la ecce-
zione della eompensatio si us6 liberamente e Giustiniano nel suo § 30 cosi si esprime :
« Nostra constitutio eas compensationes, quae iure aperto nituntur, latius introduxil, ut
actiones ipso jure minuant, sive in rem, sive personales, sive alias quascunque, excepta
sola depositi aciione, cui aliquid compensationis nomine opponi, satis impium esse
credidimus, ne, sub praetextu compensationis depositarum rerum quis exactione defrau-
deretur ».
Plu8 petitio tempore.
Secondo Giustiniano avveniva (§ 33, (IV, 6) «veluti si quis ante diem vel ance con-
dicionem petierit qua ratione enim, qui tardius solvit, quam solvere deberet, minus sol-
vere intelligitur, eadem ratione, qui praemature petit, plus petere videtur ».
Nelie Instit. § 5, (III, 20) de fidej, d detto: < ...non solum enim in quantitate, sed
etiam in tempore minus et plus intellegitur, plus est enim statim aliquid dare, minus .
est post tempus dare ....>.
Ulpiano nella L. 1 § 4 D. 7, 3, osserva poi qui ante diem agit, male agii. Chi pro-
cedeva prima del tempo stabilito nel contratto, incorreva nelle conseguenze delU plits
petitio: quando invece fosse stata pattuita una proroga alia scadenza ex post facto il.
convenuto aveva a suo favore Yexceptio pacti oonventi, come e detto nel § 10 Instit,
IV, 13 e nel Comm. IV § 122 di Gaio: « Bilatoriae sunt exceptiones quae ad tempus
valent: veluti illius pacti conventiquod factum est, verbi gratia, ne intra quinquennium
peteretur. . . . » ; se il debitore avesse trascurato di opporre la eccezione, di farla inse-
rire nella formula, il giudice doveva condannarlo, mentre nel caso di domanda prema-
tura era sufUciente che. la ritenesse tale il giudice senza uopo che la eccezione fosse
opposta. Superfluo il ripetere che ormai la plus petitio non produceva piil la perdita
del diritto.
Nel diritto di Giustiniano tutto si riduceva al dover attendere il dopj»o del termine .
non rispettato ed alia ril'usione delle spese e ci6 a titolo di pena, sia che Tattore man-
casse volontariamente al patto e quindi in mala fede, sia che avesse dimenticato il ter-
mine e quindi negligente. In questo argomento cid che interessa h non tanto la distin-
zione fra il termine certo e Tincerto, qnanto il sapere a vantaggio di chi ^ stato fissato
il dies : si incorrerA in plus petitio se Toggetto deirobbligazione yerrk chiesto prima
della scadenza fissata a vantaggio del debitore.
Si vide che Giustiniano non istabilisce difierenza fra chi agisce ante temptis e chi
agisce ante condicionem: nei Commentari di Gaio invece non k fatto cenno della se-
conda eventualita, e Tampiezza delle lacune non permette 'di congetturare se fosse o no
contemplata da Gaio la ipotesi che potesse incorrersi nelle conseguenze della p/tc^ pe^-
titio, presentando la domanda prima delPavverarsi della condizione.. £ notevole perd
che Giavoleno nella L. 36 libro primo ^piftolarum D. de rebus creditis 12. 1. alia.
S£CONDA APPENDIOE DEL TBADUTTOBE IJL § 845. Ill
sua volta pareggi Vante tempus alVante eondicionem : < Pecuniam quam mihi sine con-
dicione debebas, iussu meo promisisli Attio sub condicione: cum pendente condicione
in eo statu sit obligatio tua ad versus me, tamquam sub contrariam eondicionem earn
mibi ftpopondisti, si pendente condicione petam, an nibii acturus sum? respondit: noD
dubito, quia mea pecunia, quam ipse sine condicione stipulatus sum, etiam si condicio
in personam Attii, qui ex mea voluntate eandem pecuniam sub condicione stipulatus
est, non extiterit, credita esse permaneat (perinde est enim, ac si nulla siipulatio inter-
venisset): pendente autem causa condicionis idem petere non possum, quoniam, cum
incertum &it, an ex ea stipulatione deberi posse, ante tempus petere videor >, e che
quindi ci sia controversia tra Giavoleno e gli altri giureconsulti, i quali nelie Pandette
sancirebbero una norma contraria a quella del § 33 Istituzioni relativamente al fatto
che iocorresse in plus petitio chi agiva ante eondicionem (veggasi Du Caurroy, op.
ciL vol. II pag. 405).
Infatti Paolo nella L. 43 § 9 libro primo ad Edictum aedilium curulium D. 21, 1
de aediUoio edicto sancisce : « Si sub condicione homo emptus sit, redhibitoria actio ante
eondicionem exsistentem inutiliter agitur, quia nondum perfecta emptio arbitrio iudicis
imperfecta fieri non potest: et ideo etsi ex empto vel vendito vel redhibitoria ante
actum faarit, expleta condicione iterum agi poterit » e nella L. 13 § 5 MARCiANU8(/t&ro
singulari itd formulam hypothecariam) D.20, 1 de pignoribus et hypotheeie, ecc de-
cide: « Si sub condicione debiti nomina obligata sit hypotheca, dicendum est ante eondi-
cionem non recte agi, cum nihil interim debeatur: sed si sub condicione debiti condicio
Tenerit, nirsus agere poterit: sed si praesens sit debitum, hypotheca vero sub condicione,
et agatur ante eondicionem hypothecaria, verum quidem est pecuniam solutam non esse,
sed auferri hypothecam iniquum est: ideoque arbitrio iudicis cautiones interponendae
sunt, si condicio exstiterit nee pecunia solvatur, restitui hypothecam, si in rerum natura
8it>; finalmente Giuliano nella gik citata L. 36 D. 46. 3: « Si pater meus praegnate
uxore relicta deoesserit et ex causa hereditaria totum hoc, quod patri meo debitum
fuisset, petissem, nihil me consumpsisse quidam existimant: si nemo natus'sit, recte
me egisse, quia in rerum natura verum fuisset me solum heredem fuisse ».
Julian us notat : < Verius est me eam partem perdidisse, pro qua heres fuissem an-
tequazn certum fuisset neminem nasci, aut quartam partem, quia tres nasei potuerunt,
aut sextam, quia quinque : nam et Aristoteles scripsit quinque nasci posse, quia vulvae
mulierum totidem re cep taenia habere possunt: et esse mulierem Romae Alexandrinam
ab ^gypto, quae quinque simul peperit et tum habebat incolumes et hoc et in yEgyplo
adfirmatum est mihi ».
E proprio vero che sia esistita in tale questione una controversia fra Giayoleno da
una parte e Paolo, Marciano, Giuliano dalfaltra, della quale le ultime tre leggi tra-
scritte ci hanno conservato le traccie? A me pare anzitutto che la L. 43 § 9 D. 21, 1 di
Paolo nou possa mettersi in confronto di quella di Giavoleno: non c'h il contratto
di compra-vendita, finche non si verifica la condizione apposta alfacquisto : quindi non
si puo agire in base a contratto e nulla si deduce in giudizio: se si procede si perder^
la lite, ma non uu diritto, che non esiste. Neppure la L. 13 § 5 D. 2J, 1 di Marciamo
p«6 essere addotta in via assoluta in opposizione a Giavoleno, sia perche se ne possono
dedurre argomenti tanto a favore che contro, sia perche Vactio hypothecaria era retta
da norme particolarL
Resterebbe ora Giuliano di fronte a Giavoleno, che fu suo maestro, e tutti e due
Sabiniani. 'Qui giova rilevare che la L. 36 D. 46. 3 si divide in due parti: la prima parte
riferisce il parere di Ursejo Fbrocb procuUano e su questa parte Giuliano notat :
9erius esL £ quindi Ursbjo Feroce solo contro Giavoleno, tanto piii che Giuliano
nella seconda parte decide che si incorre neWo, plus petitio chiedendo prima che nascano
concepitL Arrogi che nella legge di Giuliano il credito delferede, che agisce prima
della nascita dei concepiti e certo: non e certo il quantum del diritto e quindi se
112 SBOONDA APPBNDlOB DBL TBADUTTOBE AL § 845.
i'attore chiede il totum invece di chiedere con azione incerta, incoire in una plus ps*
titio e perde la parte che gii sarebbe spettata, ma non percbe si tratU di diritto eser-
citato ante ooiidicionem. Si tratta quindi di fattispecie diverse con soluzioni diverse,
non di controversia.
Infine fra Ursbjo e Oiayolbno la diversity della decisioDe non dipende da teoria di-
versa sulle consegnenze del chiedere ante tempus, ma da cid che nel frammento di U&-
8EJ0 non si tien con to di mutazioni nel diritto, dai momento che non sono avvenute e
non si dk corpo alia possibility, che nascessero altri eredi, per dedurne danni a carico
delFattore.
Controversia quindi se in date fattispecie esistesse una vera e propria condizione, il
che si deduce, sia dalla L. 36 surriferita, sia dal fatto che nel Digesto A hanno le due
LL. 37 Papinianus, libro primo Lefinitionum D. de rebus creditis 1?, l:.c Cum ad
praesens tempus condicio confertur, stipulatio non sospenditur et, si condicio vera sit,
stipulatio tenet, quamvis tenere contrahentes condicionem ignorent, veluti si rex Pi^-
thorum vivit, centum mihi dari spondes? eadem sunt et cum in praeteritum condicio
confertur » e 39 pure di Papiniano D. h. t: « Itaque tunc potestatem condicioni optinet,
cum in futurum confertur » suUe condizioni e fra queste la L. 38, libro primo, Quae"
stionum D. h. t di Scaevola : « Respiciendum enim esse, an, quantum in natura ho-
roinum sit, jiosiiit scire eum debitum iri »: la decisione di Scbvola earebbe stata appo*
sitamente inserita fra la L. 37 e la L. 39, che stabiliscono le regole di Papimiano, alio
scopo di restringerne la portata.
II che k provato anche dalla L. 28 § 5 (Paulus libro septimo decimo ad Plautium)
D. {de judieiis ubi quisque age^e) 5, 1 : « Si pater familias mortuus esset relicto uno
filio et uxore praegnate, non recte Alius a debitoribus partem dimidiam crediti petere
potest, quamvis postea unus filius natus sit, quia poterant plures nasci: cum per rerum
naturam certum fuerit unum nasci. Sed Sabinus Cassius partem quartam peti debuisse,
quia incertum esset an tree nascerentur: nee rerum naturam intuendam, in qua oomia
certa essent, cum futura utique fierent, sed nostram inscientiam aspici debere > (veggansi
anche la L. 3 Paulus libro septimo decimo ad Plautium D. 5, 4 e Vinmio, Comm. in
IV libros Instit. pag. 922).
Come si rileva pertanto dalla prima parte della L 36 D. 46, 3, i Proculiani opioa-
vano che il diritto non si consumava, perch^ se nessuno nasceva, ecc Giuliano Sjlbi-
NiANO invece nota che era impossibiie che si potesse dire: € Sono erede di tutto,
mentre poteva nascere altro erede » e quindi opinava che andasse perduto il diritto
nella quota, che ^rebbe spettata alKattore. E quale quota ? In relazione al numero del
iigli nasci turi.
Ora il § 6 Inst. Ill, 15. dice: € Condiciones quae ad praeteritum tempus vel prae-
sens referuntur aut statim infirmant obligationem aut omnino non differunt Veluti si
Titius Consul fuerit, vel si Maevius venit, dare spondes ? Nam si ea ita non sunt nihil
valet stipulatio: sin autem ita se habent, statim valet. Quae enim per rerum naturam
sunt certa, non morantur obligationem, licet apud nos incerta sint ». Su questa contro-
versia non mi pare necessario soffermarmi ulteriormente.
Si ammetta ora che si tratti di condizione: quid juris f
Anzitutto h a vedere se gli effetti delle condizioni apposte alle obbligazioni, sieno gli
stessi degli effetti delle stesse, nei casi di legati. La risposta h che in questi ultimi ^
certo che non si incorreva nelle conseguenze della plus petitio.
E quale il motivo della differenza? Nelle obbligazioni il diritto, sebbene condizionato,
passa agli eredi dello stipulator prima delPavverarsi della condizione. L. 10(Ulpianus
libro sexto ad Edictum)!), de verb. sign. 50, 16; L. 42 pr. (Ulpianus libro vicensimo "
primo ad Edictum) D. de obi. et act. 44, 7: c Is, cui sub condicione legatum est, pen-
dente condicione non est creditor, sed tunc, cum exstiterit condicio, quamvis eum, qui
stipulatus est sub condicione, placet etiam pendente condicione creditorem esse »; il le*
SECOND A APPBNDIGB DEL TBADUTTOBB AL § 845. 113
gato iavec« e^endo stato lasciato intuitu personae, e necessario che il legatario riva
nel momBnto in cui la condizione si awera, quindi ogni domanda relativa a questi le-
gati si coQsiderava come non avvenuta, e non poteva a loro riguardo produrre alcuna
conseguenza. Veggasi la L. 13 §§ 7, 8 (Ulpianos libro quinquagensimo ad Sabinum) D.
de acceptilatione 46, 4; il legatario nulla deduceva in giudizio non essendo pendente
condieione in debito di nulla.
La stessa espres8ione diem cedere, ha nelle obbligazioni un significato di verso che
nei legati, ed a questi erroneamente si estenderebbe qua ito Ulpiano dice nella L. 213
(Ulpianus libro primo Regularum) D. de verb, sign, 50, 16, solo a proposito delle ob-
bligazioni.
Se oggetto del legato h una cosa corporale, Terede. pendente condicione, ^ proprie-
tario della cosa (Gaio, Comm. II § 200; Ulp. II, 2; L. 66 Paulus libro secundo Quae-
^tiomun D. de rei vind. VI. 1 ; L. 12 § 5 Ulpianus libro septimo decimo od Sabinum
D. de ttsufr. et quemadm. 7, 1; L. 12 § 2 Ulp. libro nono decimo ad Edlctum, D. fa-
nUUae ercisc. 10, 2; L. 9 § 5 Ulp. libro vicensimo nono ad Edietum D. de peeulio
15, 1; L. 1 § 4 Ulp. libro quinquagesimo ad Edietum, D. de SC. Silaniano et Clau-
diano 29, 5; L. 15 § 6 Papinianus libro tertio decimo Responsorum; L. 24 § 1 Paulus
libro quarto decimo Resp.;L.^ § 3 Africano libro quinto Quttestionum D. ad legem
Faleidiam 35, 2; L. 18 pr. Ulp. lihro II Fidejc: L. 57 pr. Papin. libro vicensimo Quae-
stionum. D. ad SC. Trehellianum 36. 1; L. 29 § 1 Gaio libro primo de manum D. gui
et a quibiis tnanum, 40, 9).
Solo Ferede non pu6-disporne in modo da originare uno stato di cose irresolubile,
per esempio cambiando in locus religiosus un loous che non lo era o manomettendo
UQO scbiavo (L. 34 Paolo libro sexagensimo quarto ad Edietum D. de relig. ets.f.lh
7; L. 105 Pomp, libro quinto Epist. D. de condic. 35, 1; L. 11 Paolo libro sexagensimo
4]UjBLrto ad Edietum D. de manum. 40, 1; L. 29 § 1 D. 40, 9 suindicata.
In quanto al legato di usufrutto Ulpiano riportando Scevola. L. 1 § 4 Ulpiano
libro septimo decimo ad Sabinum D. VII, 3 {quando dies usus fructus legati cedat):
« Non solum autem usus fructus ante aditam hereditatem dies non cedit, sed nee actio
de usu fructu: idemque et si ex die luerit legatus usus fructus; denique Scaevola ait
agentem ante diem usus fructus nihil facere, quamvis alias qui ante diem agit, male
agit », ch^ in questa ipotesi se il legatario esperisce la sua azione prima che giunga *il
termine non perde il suo diritto. II che si comprende subito atteso il carattere speciale
del legato di usufrutto: il dies cedens h riportato alParrivo del termine: questo ren-
deva 11 legato condizionato airesistenta del legatario in questo giorno. In sostanza resulta
da ci6 che, perche si incorra nella conseguenza della plus petitio, occorreva un diritto
per cosi dire trasformato in azione.
Ora neiripotesi ante eondicionem expletam esisteva un diritto tale da poter essere
dedotto in giudizio? II fatto che un diritto condizionato poteva trasmettersi agli eredi
prova che il diritto fosse pieno, cioe un diritto tale da essere protetto da azione come
«e ravrenimento futuro ed incerto verificandosi lo avesse reso perfetto? Ecco secondo
me la base per risolvere la questione senza immaginare, come fecero gli scrittori fran-
cesi, interpret azioni e conciliazioni pii]i o meno fallaci.
L*Ortolan opina che nel diritto di Giustiniano si pub riescire alia conciliazione sup-
ponendo che coloro, i quali avevano voluto agire prima deirawerarsi della condizione,
abbiano poi receduto dal giudizio, perche il magistrato dimostr6 loro la irregolaritji
della loro domanda^ essi potevano, verificata la condicio, esperire la loro azione. § 10
Inst 4, 13 (op. oit. Ill n. 2160 pag. 651). Ma questo tentativo di conciliazione non pud
accogliersi a motivo che Paolo e Marciano accennano ad un rursus agere, e non e
agere il ritirare la domnnda in base alle esortazioni del magistrato prima di avere avuta
ia formula.
L*AccAKiAS ammette in via adsoluta che il creditore, il quale agisce pendente condi-
GlUck, Comm. Pandette. — Lib, XIIJ. 1»
114 SBOONDA APPBNBIOB DEL TRADUTTOBB AL § 845.
done Don incorre nelle conseguenze della plus petition e quanto alia L. 36 che sembra
a primo aspetto assolutamente coatradditoria alia sua opinione, osserva che il solo ar-
gomento, che se ne deduce a soategno della tesi contraria, si appoggia alia frase usata
dal giureconsulto ante tempti* petere videor: ora se si pensa che 11 delegante noa ha
cessato di essere creditore puro e semplice, ma dicendo al suo debitore di obbligarsi
Rotto condizione ad Attio, egli ha implicitamente concesso al suo debitore gli effetti di
un petetum de non petendo, ne deriva che se la eondioio cade il debitore Don ha cam-
biato creditore, se si veriAca, egli sar& liberato verso 11 delegante, come se con questi
avesse conchiuso un patto di non chiedere pii!i (op. cit. vol. II pagine llll e 690 n. 1).
II patto de non petendo poi si fa valere ope excepHonis : ma chi lo disconosce xtoa
incorre nelle conseguense AftXiA plus petUio : in luogo quindi di ammettere che il cre-
ditore si espone ad una decadenza di pien diritto, TAcgarias crede che egli possa es*
sere respinto coWexoeptio pctoH oonventi, che dovr^ essere inserita nella formula.
Se il debitore dimentica di farla inserire sar& condannato.
La frase poi ante temptu petere videor non caratterizza la plus petitio, ch6, esa-
minando il § 10 delle Instit, IV. 13 de except., si vede che il creditore, il quale ha
accordato un pactum portante un dies, deve diferre actionem et poH tempus petere.
II Machelard nella sua opera Des ohl. nat. pag. 382 n. 1, ha proposto una intar-
pretazione piii semplice e meno contraria alle leggi: egli anmiette che i giureconsulti
potessero essere discordi su questo punto: coloro che opinavano come Giayolbno tene-
vano conto deireffetto retroattivo della condtetb al giorno del contratto, e conclud«vana
che quando il creditore esarcitava il diritto, questo esisteva, perchd per Teffetto re-
troattivo, si riteneva che robbligazione esistesse dal giorno della stipulazione.
Questa opinione sarebbe stata prevalente, e come tale raccolta nelle Istituzioni.
II BuFNOiR {Thiorie de la condition dans les divers aotes juridiques suivant le
droit rom€tin 1867 pag. 243) opina con Paolo e Maroiano che chi agisce ante condi-
eionem nihil faoit: il suo diritto non esiste ancora e quindi il creditore che rinnova
la domanda non his de eadem re agitur, perch^ la prima volta non e8ercit6 un*aiion»
relativa ad un diritto esistente.
In quanto alia legge di Qiayolbno, che, come si k detto, sancisce Topposto, 11 Buf-
NOiR crede regolasse il caso, in cui la domanda ante oondicionem equivalesse alia do-
manda ante tempus e producesse gli effetti stessi: un debitore si 6 obbligato sotto
condizione con un terzo per delegazione del suo creditore. La novazione quale effetto-
della delega non sorger^ se si verifica la condizione. Nel frattempo il debitore rimana
vincolato verso il creditore delegante; ora questo vincolo diventa alia sua volta in ua
certo senso oondizionato, e cio^ e affetto dalla condizione inversa a quella, dalla quale
dipende Tobbligo del debitore verso il creditore delegatario. II creditore delegante non
pu6 quindi pendente eondicione esercitare il suo diritto, e se lo esercita, ante tempus
petere videtur,
Veramente nella fattispecie in questione, la condioio impedisce bensi Tesercizio del
diritto di procedere fino al suo verificarsi; ma dopo avvenuta, devest pure considerare
sempre sussistito il diritto del creditore delegante, ed estinto poi nel giorno della pro-
messa condizionata : la esistenia del diritto in altri termini non dipende va, come nel
casi ordinari, dairavverarsi della condioio. II diritto preesisteva e quindi Tazione irre-^
golarmente esercitata pendente condioio e stata dedotta in giudizio e oonsumata.
II tentativo di oonciliazione 6 pertanto ingegnoso, ma complicato : ed 6 poi troppo
contrario al frammento per potere essere seguito. Infatti si tratterebbe nella legge di
Giayolbno di una ohligaHo condizionale sui generis; in dtVm quanto alle conseguense
della plvu petitio : e condizionale quanto alia novazione che deve sorgere o meno.
Invece Giayolbno accenna ad una obbligazione condizionale: la novazione e cio^
subordinata ad un avvenimanto futuro ed incerto. Tizio d debitore verso Sempronio ed
^ creditore verso Gaio, Tizio delega Calo a pagare Sempronio svh eondicume.
SBCX>NDA APPBNDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 846. 115
Partendo dalPidea che in generate il creditore non perde il suo diritto agendo ante
4)ondiiionem, il Bufnoir p«r far concordiire le Istituzioni con quanto eglt crede, h co-
8tretU> a reBtringere arbitrariamente il testo 9 93 ed a non applicarlo se non in quel
caso, in cui Tobbligo e condizionale : io questo senso che si tro^i soggetto ad un
modo di astinzione affetto da una condiiiona. Ora la restrisione del § 33 non pu6 essere
giostiiScata.
Io penso che nel frammento di Giayolbno il creditore delegante ftno airavyerarsi
della condieio, non ha piii azione da dedurre in giudizio, e se quindi si fk attore venga
respinto non quale creditore sttb oondieione non veriflcatasi, ma perch^ e privo di
mezao processuale da far valere contro il debitore delegato. Ante tempue petere rt-
deor^ dice Giayoleno, e quindi non gli si accorda azione.
Invero quale valore avrebbe la delega se cosi non fosse ? B non sarebbe strano che
esisteesero due creditori ad un tempo della stessa obbligazione verso il debitore, dei
quali due creditori Tuno h debitore verso delFaltro della obbligazione, oggetto della
delega? II diritto del delegante ^ sopito, mentre pende la eondioio in base alia quale
il delegato di^^nterJL debitore verso il delega tario e nel frattempo il delegante non pub
esperire Tazione che sarebbe relativa al diritto di credito.
Cob\ si spiegherebbe come non si trattasse di contro versia fra i giureconsulti romani.
Tutti opinavano che Tagire ante condieionem non producesse le conseguenze della pltu
peUtio, Le parole pertanto, ante condieionem, si pud supporre non fossero in Gaio, e
devono ritenersi aggiunte da Giustiniano, il quale conferm6 le riforme di Zbnonb, ed
attribui il carattere di pena alle conseguenze del procedere di chi agiva « ante
tempus et si quidem tem(>ore plus fuerit petitum. . . Zenonis divae memoriae loquitur
constitutio. . . sin autem quantitate vel alio modo plus fuerit petitum... puniatur ».
Ai tempi di Giustiniamo era quindi trasformata la causa, che produce va la pliu petitio
come giJL si e detto.
B nelle azioni in rem, si poteva incorrere in J9/M»p0fi(ib tempore ^Ulpiano risponde
negativamente nella L. II (libro trigesimo secundo ad Sabinum) D. de donat. 24, 1.
« Sed interim res non statim Aunt eius cui donatae sunt, sed tunc demum, cum mors
insecuta est: medio igitur tempore dominium remanet apud eum qui donavit ». B nella
L. II S 4 Ulpiano libro septuagensimo quinto ad Edietum D. de exe. rei jud, 44,
2. Veggasi anche la L. 2 § 5 Julianus libro sexagensimo DigeHorum D. de donat.
Gonviene dare la stessa soluzione se si tratta di un dies, invece che di una eon^
dioio. Infatti il tannine che nelle obbligazioni non sospende che la esigibilitjt, sospende
per converso la nascita del diritto, quando si tratta di un atto traslativo di pro*
prietiL (Veggasi Bufnoir op. cit.).
Cosl supponendo un legato per vindieationem fatto ea: die, il legatario non diven-
terii proprietario che al giungere del termine. L. 9 § 2 Ulpiano (libro quinquagensimo
primo ad Bdietttm) D. ueufructuariut quern ad modum caveat 7, 9.
Si tratti di una servitii costituita ex tempore ed il tempo non sia giunto.
L*acquirente che rivendica od esercita Yactio oonfeeaoria ante diem non riescir^ ma
potrii rinnovare la domanda?
Certo, a motivo che il termine, il quale proroga TefTetto di una vendita, non e a con-
frontarsl a quello con cui si allontana la esigibUitJt di un contratto.
In quest^ultimo caso il diritto esiste dal giorno del contratto: se si agisce si deduce
m iudieium : per converso Tacquirente non ha ancora diritto di propriety e non deduce
in iudieio.
n Macbblard nella sua opera Dee obligations naturelles en droit romain (1861)
pag. 387 D. 2 sostiene che anche nelle azioni incertae e possibile incorrere nelle con-
segaanza dtMsi plus petitio: egli intende che Tinsegnamento di Gaio § 54 Comm. IV
d^bba ritenarsi limitato alia plus petitio re.
116 SECONDA APPENDIGE DEL TBAOUTTOSE AL § 845.
Questo scrittore dice che il giudice in base alia formula deve condanaare a quanto
e attualmeDte dovuto. Pertaato se il debito ^« termme o sotto condizione, secoado lo
L
stesso Qaio peti non potest, nulla prctestalio est, e quiadi si incorre in plus petitio.
La stessa idea e espressa da Giavolbno (libro decimo epistolarum) nella L. 35 D. de
iudiciis, ecc. 5, 1. II convenuto prima della scadensa del termine opendente candicione
veniva assolto.
E evidente anzitutto che il § 54 di Gaio non si presta ad alcuna restrizione e poiche
in quest! easi il giudice non e qui tenuto dairalternativa com0 nelle actiones certae ^
sicuro che Tattore otterr^ o no vittoria in relazione al quidquid della formula: di piu
la plus petitio tempore si risolve in sostanza in plu^ petitio re per i sacriftci e?entuali
che si imporrebbero ad un debitore imponendogli il pagamento anticipato: plus est enitn^
statim aliquid dare, disse anche Giustiniano. (Vegg. anche Cohn op. cit. pagine 48-54).
Plus petitio loco.
Le Istituzioni si esprimono cosi per questo caso § 33, IV. 6: « Loco plus petitur, veluti
cum quis id, quod- certo loco sibi stipulatus est, alio loco petit sine commemoratione
illiuB loci, in quo sibi dari stipulatus fuerit: verbi gratia si is, qui ita stipulatus fuerit:
Ephesi dare spondes? Romae pure intendat dari sibi oportere. Ideo autem plus petere
inteliigitur, quia utilitatem, quam habuit promissor, si Ephesi solveret, adimit et
pura intentione. . . ».
E Gaio 9 53, IV: c Loco plus petitur, veluti si quod certo loco dari promissum est,
id alio loco sine commemoratione ejus loci petatur, velut si quIs ita stipulatus fuerit:
Ephesi dare spondes? do Romae pure intendat. . . » il resto di questa parte del frammento
non si pu6 leggere, meno le frasi dare mihi oportere. . . petere id est non adiecto looa.
Si suppone che alcuno abbia stipulato che gli debba essere pagata una somma certa
in Efeso (luogo determinato) e che lo stipulator la chieda altrove, per esempio, in*
Roma senza accennare il luogo convenuto.
In questa ipotesi si veriftca la plus petitio loco, perch^ chiedendo in Roma ci6, che
d dovuto in Efeso, si viola il patto contrattuale e si lede il convenuto nei suoi interessi
togliendogli il vantagglo, che egli aveva di pagare in Efeso, luogo scelto da lui per i)
pagamento a motivo che era per lui luogo forse piu comodo.
Cos\ anche Ulpiano nella L. 2 § 3 (libro vicensimo septimo ad Ediotum) D. de eo-
q, c. I. dari oportet 13, 4. II giudice pertanto verificata la intentio assolver^ il con-
venuto, perch^. egli non deve che in Efeso.
Neirappendice I a questo § 845 si h trattato della necessitji del rimedio alia situaziope
iniqua in cui veniva a trovarsi il creditore, quando il « promissor ad eum locum in quern
daturum se promisisset, numquam accederet, quod vel data opera faceret, vel quia aliis
locis necessario distringeretur. . . » non avendo il creditore il diritto di chiamare in giu-
dizio alio loco il conveouto e si e esposto come il pretore abbia proweduto co\Vactu>
de eo quod certo loco a far evitare alKattore le conseguenze della plu4 petitio, alle
quail andava incontro, quando malgrado la convenzione sul luogo di pagamento, avesse
ttatto in giudizio altrove )1 convenuto.
Qui h uopo accennare che la L. 7 § 1 (Paolo libro vicensimo octavo ad Ed.) D. 13,4
sembra contraddica al principio che nelle formulae incertae non si pud verificare plus
petitio (L. 7 pr. D. 13, 4; 43 Papiniano libro 27 quaestionum D. 5. 1 de judiciis, ecc.
Infatti il giureconsulto Paolo decide che quando una persona ha promesso se oerto loco
traditurum, se il creditore reclama la consegna in altro luogo da quello fissatp deve
farlo coWactio de eo quod oerto loco, se intende evitare la conseguensi della plus pe-
titio loco. Si ritiene per6 che la parola traditurum della L. 7 § 1 non voglia signifi-
SEOONOA APPENDIOB DEL TBA.DUTTOBB AL § 845. 117
care altro che il dare e quiadi non si trattsrebbe di uq incertum. (Vegg. Accarias
op. ciL voL II pag. 1116 nota 3).
La L. 2 § 2 D. 13, 4 di Ulpia.no esamina la fattispecie, Delia quale la stessa cosa
pa6 essere pagata in due luoght diversi « alternativamente ».
Chi ha diritto di scegliere il luogo di pagamento? Secondo Ulpiano la scelta spetta
all*attore, perche in caso di verso il debitore opporrebbe sempre, che egli inteodeya pa-
gare nel luogo di verso da quello, in cui il creditore lo avesse chiamato in giudizio e
Tattore iaeorrerebbe sempre nella plus petitio loco.
E strano per6 che neila L. 2 § 3 D. h. t. sembri che Ulpiano sostenga la tesi con-
traria.
L*antinomia si vuol togliere sostenendosi da alcuni che nel § 2 Ulpiano stabilisce
il principio che egli ritiene giusto e nel § 3 riferisce Topinione di Sgbvola contrarfa
alia sua; ma e difficile ammettere una discrepanza di opinioni fra Ulpiano eScByoLA,
meotra sembra che nel § 3 Ulpiano si assimili completamente la decisione di Scbvola
e Don c*^ parola nella legge, che lasci trapelare il pii]l piccolo dissenso fra i due giure-
eODSulti.
Secondo il Pothier i §§ 2 e 3 contemplano due ipotesi diverse: nel § 2 il creditore
esperisce Tazione non in Capua od in Efeso; ma in un terzo luogo: ^ cosi che Tattore
perderebbe la causa in conseguenza deWn plus petitio looo, se non esperisce V actio de
€0 quod eerto loco.
II § 3 per converso si occupa del caso, in cui Tattore proceda in Capua od in Efeso:
egli avri^ il diritto di scelta ed agir& colTazione, che deriva dal contratto, senza aver
bisogno di indicare il luogo.
Anche per i casi, nei quali si incorr<> nella plus peiitio loco si pu<^ rinnovare Tos-
servazione, che in sostanza, chi chiede in altro luogo da quello convenuto, non mette
xMintentio un pl%u vero e proprio; solo, come si 6 dimostrato, il creditore che chie-
deva alio loco incorreva nelle stesse conseguenze di un plu^ petere^ perche il giudice
in base alia intentio non trovava provato cid che costituiva veramente il diritto de)
creditore e quindi mentre era obbligato a pronunziarsi nel luogo, dove era stata trat-
tata la causa, assolveva il convenuto sia che avesse o non avesse eccepito il luogo del
pagamento, perche nel luogo dove era stato istituito il giudizio nulla doveva: e per la
regola poi che his de eadem, re non sit actio non poteva Tattore esperire di nuovo la
stessa axione a tutela del suo diritto : le conseguenze pertfinto per Tattore erano quelle
del plus petere.
Nella ipotesi che si chiedesse alio loco con intentio incerta non si incorreva m plus
petitio.
^vXVaetio de eo quod certo loco introdolta dal pretore ad impedire la impossibility
ael creditore di pervenire ad suum sia per la mala fede del debitore, sia per le altre
cause che non permetteano potesse cogliersi il debitore nel luogo della esecuzione del-
Pobbligo non c*e qui altro da aggiungere *\yQf^^> p8r6 Baron, Pandekten. Lipsia 1890
7.« ediz. § 242, in.
Plus petitio causa,
< Causa plus petitur, scrisse Gaio Comm. IV § 53. .. velut si quis in intentionem
tollat electionem debitoris, quam si habet obligationis iure; velut si .quis ita stipulatus
sit: sestertium X milia aut hominem Stichum dare spondes? delude alterutrum ex his
petat; nam quamvis petat quod minus est, plus tamen petere videtur, quia potest ad-
versarius interdum facilius id praeitare quod non petitur. Similiter si quis genus sti-
pnJatua sit, deinde speciem petat; velut si quis purpuram stipulatus sit generaliter,.
deinde Tyriam specialiter petat: quin eliam vilissimam petam, idem juris est propter.
118 SBCX)NDA APPBNDIOE DEL TRADUTTOBB AL § 845.
«a]n rationem quam proxiin# dizimus. Idem juris est, si quis generaliter hominem sti-
pulatus sit, deinde nominatim aliquem petat, velut Stichum, quam vis vilissimum. Itaque
Bicut ipsa sUpuIatio concepta est, ita et intentio formulae concipi debet >•
OiusTiNiANO poi nelle sue Ittitutioni IV, 6 § 33 a proposito della pin* petiHo eausa
dice:
« Huic autem qui loco plus petere iatelligitur, prozimus est is qui causa plus petit:
ut ecce si quis ita a te stipulatus sit: hominem Stichum aut decem aureos dare spondesf
deinde alterutrum petat, veluti hominem tantum aut decem tantum. Ideo autem plus
petere intelligituri quia in eo genere stipulationis promissoris est electio, utrum pe-
cuniam an hominem solvere malit: qui igitur pecuniam tantum vel hominem tantum
fiibi dari oportere intendii, eripit electionem aiversario et eo modo suam quidem
meliorem condicionem facit, adversarii vero sui deteriorem plus petere intelligitur,
quia electionem adversario tollit, cui stipulationis iure liberum fuit aliud solvere, quam
quod peteretur. Quin etiam licet vilissimum sit quod quis petat, nihilo minus plus pe-
tere intelligitur, quia saepe accidit, ut promissori facilius sit illud solvere quod majoris
pretii est ».
Nella pltu petitio causa si incorre pertanto dalKattore, il quale in luogo di presen-
tare la domanda con intentio meerta quale resulta dalle obbligazioni di genere o dalle
alternative procede con intentio certa e chiede o la specie invece del genere od una
sola fira le cose dovute, mentre il diritto di scelta e a favore del debitore.
Anche nella pine petitio oatna il concetto del plus neWintentio non resulta fondato
nelle fonti; anzi e da Oaio assolutamente escluso, perche come si i detto Oaio non
ammette esagerazione della domanda nelle actiones ineertae « in incertis formulis plus
peti non potest. . . nemo potest plus inte idere », IV S 54.
Qui si ha certo un quidquid dare faoere oportet nella formula.
Per6 il concetto di plus petitio eausa diversiftca sia da quello di petere ante tempus,
che da quello di plus petere loeo: infatti nella petitio di questa o di quelia coea del
genere o della alternativa un vero diritto esiste -nelKattore: k 11 diritto di scelta che
gli manca, mentre si vide che non esiste diritto esperibile in giudiiio, in chi chiede
prima della scadenza del dies e non esiste diritto di domandare in Efeso^cio che 6 do-
vuto in Roma.
Non pu6 dirsi neppure affine il concetto della plus petitio causa a quelia della ps'
titio di aliud pro alio sempT« perche h realmente oggetto deirobbligazione, ci6 che si
chiede, in quanto costituisce una delle cose del genere o delPalternativa e Gaio distingue
esplicitamente i casi della plus petitio da quello AeWaliud pro alio IV S ^ e cosl Oic-
8TINIAN0 9 35 Instit, IV, d.
Non mi convince per6 il Ck>HN, il quale sostiene che^ in queeta categoria di casi, le
fonti ravvisino un minus petere speciale. Espone questo illustre scrittore essere effetti-
vamente questo il concetto delle fonti, dacchi Gaio nel suo § 53 dove contempla il caso
della obbligazione alternativa dice: € nam quamvis petat, quod minus est, plus tamen
petere videturi quia potest adversarius interdum facilius id praestare quod non petitur >
a motivo che si decide con ci6 che si incorra nelle conseguense della plus petitio anche
quando Tattore deduce in giudizio un minus. So benissimo, dice il Gohn, che questa
cpiegazione non i quelia che si dk dai piii, i quali ritangono non come sicura, ma come
pomibile la concessiva quamvis petat quod minus est e eonsiderano espresso il pensiero
che il creditore anche allora quando reclama Toggetto di minor pregio deiralternativa
incorra nelle conseguense di una plus petitio,* questa opinione, dice il Cohn, e invero-
eimile, sia perche i diversi oggettt della alternativa non rappresentano di solito val^
oggettivamente diversi, come pure per il motivo linguistico che questo concetto nella
proposizione relativa quod minus est richiederebbe in luogo di est il soggiuntivo.
N^ si pu6 obbiettare che quando Tattore espone nella intentio un minus ne segua
la eondemnatio, dacch^ nella plus petitio causa si considerarebbe un minus intendere
SBCX)NDA APPBNDIOB DEL TBADUTTOBB AL § 845. 119^
sui generis in quaato che gli oggetti dairobbligaiione, fra i quali c'^ il richiesto, on
si devono prestare cumulativamente; ma elettivamente. Per non danneggiare il debitore
iljudeat era obbligato dai suo ofj/Mum a pronuDziare condanna 8uU*oggetto delle ob-
bligazioni generiche od alternative, non sopra le singole coee delFoggetto stesso.
Si deduce quindi che la plus petUio causa trae seco la perdita della co8a, perche
la deducUo del minux non permetteva poi la deduetio di ci6, di cui il minus non e
che una parte e queeto, non perchd a motivo del minus sia da ritenersi dedotto ormai
in giudizio Toggetto iniiero; ma perche, non essendo possibile la divisione, non si pu6
neppure discutere colFintiero sul minus. Ho detto che questa motivazione del Cobn
noD convince: infatti Tattore non espone un plus neWintentio e neppure un minus n&
in aeneo stretto, n^ in senso speciale: solo si attribuisce un diritto di scelta che non
gli spetta usando di una intentio eerta invece che di una intentio ineerta: nella in-
tentio non viene dunque esposto il vero stato delle cose ed al giudice non resta che-
assolvere il convenuto.
Rapporto di parte a tutto non si ravvisa fra Toggetto dedotto in giudisio e gli altri
del genere o della alternativa: quindi se si domanda un*altra cosa del genere o Taltra
cosa delfalternativa non dedotta in giudizio si ripetarebbe lo stesso error e.
Ora non e*e pii^ azione per Toggetto dedotto in giudizio e quando si riproducesse la
domanda e la seconda volta 8uiro^;etto delFobbligaiione generica o deiraltemativa si
urterebbe oontro la eccezione derivante dalla regola his de eadem re nan sit actio in
relaaone a quanto del genere o deiraltemativa fu dedotto in giudizio.
In soatanza ci troviamo di fronte ad uno degli effetti deirindivisibilit& dell'azione-
attena Tindole indivisibile delle obbligazioni di genere ed alternative riguardo alia loro
eseeuzione quando la scelta spetta ai debitore ed in relazione alia consumptio del-
Tazione. Non c*6 quindi nessun bisogno di ricorrere al concetto di un minus intendere
speciale quale esplicazione della perdita della res nella plus petitio causa,
Riassumendo il An qui detto si pu6 ritenere che la pltis petitio nella procedura
formulare produceva quale consegueusa necessaria e logica deiraltemativa data al jude»-
coUa formula si paret eondemna, si non paret absolve la perdita del diritto; che nel
diritto Qiustinianeo fu invece considerata passibile di pena qualsiasi forma di domandi^
esagerata, come in sostanza era una pena neiraatico diritto al tempo delle Ugis aetiones
la perdita della lite e del diritto, quale conseguenza implicita della perdita della scorn*
Negli ordinamenti processuali modemi non si perde il diritto per averlo esagarato
nella eitazione (domanda giudiziale}: il convenuto pu6 ottenere, sia Tassoluzione dal-
Toeservanxa del giudizio incoato oltre i limiti del diritto dalfattore, sia la riduzione
delle pretase aceampate da questi e Tatlore alia sua volta ^ libero di ridurre in corso
di causa la domanda contenuta nella cilazione, tanto se il convenuto ^ presente nel giu-
dixio, quanio se contumace.
Perdita del diritto quale conseguenza di domanda esagerata non si verifica piiSi.
120 LIBBO XIII, TITGLO IV, § 846.
§ 846.
Estremi della condictio de eo quod certo loco. — Fino a qual punto
essa abhia luogo contro % fideiussoru L. 8 Dig. h. t.
Per determinare piOi predsamente quando abbia luogo la condictio
>de eo quod certo loco deve notarsi quanto segue:
1.^ Anzitutto deve esser Btato fissato espressamente un luogo pel
pagamento. Pertauto questa azione vieu meno quando sia stato da
alcuno pagato un indebito nella opinione di dover pagare qualche
€08a in un luogo determinato. La ripetizione dell'indebito pub in
questo caso venir esplicata, senza tener eonto dell'erronea opinione
del solvente, in qualsiasi altro luogo, ove Faccipiente possa esser
convenuto, senza che alia condictio indebiti sia neoessaria una spe-
-ciale aggiunta riguardante il luogo del pagamento.
Gio h ins^nato da Paolo nella L. 27 Dig. de cond. ind. [12, 6] Ik
■dove dice:
c Qui, loco certo debere existimans, indebitum solvit, quolibet loco
repetet: non enim existimationem solventis eadem species repetitionis
sequitur » ^).
2.^ £) necessario che Tazione sia stata promossa in un luogo di<
Tcrso da quelle, nel quale avrebbe dovuto awenire il pagamento. So
essa venue invece promossa nel luogo, dove appunto doveva awe-
nire 11 pagamento, non h a parlarsi di condictio de eo quod certo loco,
ma si tratta dell'azione vera e propria sorgente dal negozio conchiuso:'
cosi dicasi se si fossero determinati alternativamente divers! luoghi,
nei quali il pagamento potesse venir eseguito. Anche in tali ipotesi
la condictio de eo quod certo loco h neoessaria solo quando il debitore
non sia statx) convenuto in nessuno dei luoghi determinati, bensi in
un altro. In questo caso perb Tinteresse del luogo potr^ venir risar-
<;ito al debitore solo a seconda delle oircostanze ^). Se invece il de-
1) Vedi Magkub, Bation, et differ, jur, civ. lib. I cap. 15. — Noodt, Comm.
<id Dig. h. t pag. 307. Confronta anche la parte YI di questo Oommentario
<t 516 (Ediz. ital. lib. V pag. 144).
2) Vedi VoBT, Oomm. ad Pand. h. t $ 4, — Duarevtus, Gomm. ad h. t.
DB BO, QUOD CBBTO IXKX) DilBI OPOBTET. 121
bitore fosse in mora allora egli, come ia generale nelle obbligazioni
alternative, perde il diritto di scelta, il quale passa al oreditore che
trovasi ooai aatorizzato non solo a poter scegliere, per agire, fira i di-
verai laoghi di pagamento determinati altemativameDte, ma altresl,
Quando a seconda delle diversity del laogo di pagamento, anche gli
oggetti della prestazione fossero stati determinati, ia modo altema-
ti70 a poter soegliere, fra questi oggetti medesimi. Sono in questo
proposito da notarsi i segaenti testi:
L. 2 § 2 Dig. h. t
ULPiiLNUS Itbro vieensimo septimo ad Ediotum.
« Si qois Ephesi decern ant Gapuae hominem daii stipulatos ex-
periatur, non debet detracto altero loco, experiri ne auferat loci uti-
litatem reo ».
L. 2 § 3 Dig. eod.
Ulpianus lihro vieensimo septimo ad Edictum,
c Scaevola libro XV Qaaestionum ait, non utique ea, quae tadte
insnnt stipnlationibos, semper in rei esse potestate : sed quid debeat
ease in eins arbitrlo; an debeat, non esse. Et ideo cnm quis ^) Sti-
chnm ant Pamphilnm promittit, eligere posse quod solvat, quamdiu
ambo vivont: caeteram nbi alter decessit, extingui eius electionem:
ne sit in arbitrio eius, an debeat, dum non ynlt vivum praestare,
cap. 2 in Oper, pag. 924. — MagnuSi BoHon. el different, juris lib. I cap. 16
(Mebrmann, Tftes, III pag. 283). — Pothier, Pand. lusUn, torn. I h. t. n. VIII
nota / peg. 383.
3) La lezione e qui molto incerta. Nella Fiorentina ^ scritto cum qui, ma
qaeeta lezione non d& giasto sensa Antonio Fabro nei saoi Baiionalia in
Pond, ad h. L, fondandosl sulla frequenza, colla quale nel manoecritto fioren-
tino appare la geminazione della lettera s quando con questa letteia comincia
la parola eeguente, ha cambiato cum qui in cum quis, Questa lettura seguono
anche le edizioni elziviriane. Baudoza, Hugo a Porta e Gotofredo leggono
earn qtti inveco di cum qui: a questa lezione d&nno la preferenza anche Rub-
sard e Charokdas. II nostro Codice di Erlangen invece di eum ha locum;
esso esclude quindi il periodo precedente e colle parole Qui 8Uchum ne co-
mincia uno nuoYo. Ma cos) non si ottiene un senso soddisfiEtcente. Affatto
spedale h la lezione di Haloander. Egli legge cosl: et ideo nee locum esse,
ooUe quali cbiude il periodo. Anche per Haloander le parole Qui Stichum
oostituiscono il principle di un nuovo periodo. La lezione fiorentina coll'e-
mendazione del Fabro h senza dubbio la preferibile.
OLitoK, Comm. Pand^lle. — I ib. XIII. 10
122 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
quern solum debet. Quare et in proposito eum qui promisit Ephest
aut Gapuae, si fuerit lu ipsius arbitrio, ubi ab eo petatur, oonveuiri
non potuisse; semper enim alium locum electurum; sic eyeuire, ut
sit iu ipsius arbitrio au debeat. Quare putat, posse ab eo peti altero
loco et sine loci adjectione. Damus igitur actori electionem petitionis.
Et generaliter definit Scaevola, petitorem electionem habere, ubi
petat: reumubi solvat, sdlioetante petitionem. Proinde mixta, inquit^
rerum altematio locorum aiternationi ex necessitate facit actoris elec-
tionem et in rem propter locum: alioquin tollis ei actionem, dum
vis reservare reo optionem ».
A chi legga attentamente questi due testi non potr^ sfoggire che
I'opinione messa innanzi da XJlpiano nel § 2 non combacia con
quella di ScEVOLii oontenuta nel § 3. Ed iniatti ai Glossatori ri-
salgono i primi tentativi di conciliazione di questi due frammenti.
RoGEBio infatti sosteneva che Ulpiano nel § 2 esponeva una opi-
nione non sua, ma di alcuni giuristl antichi, che egli poi conftitaya
contrapponendole nel § 3 quella di Soevola^ Aooubsio invece re-
spingeva questa opinione di Bogebio e poneva il principio che anche
quando fossero fissati altemativamente diversi luoghi di pagamento
non poteva yenir tolta al debitore VutilitfM loci sebbene il creditore
doyesse agire soltanto in uno di essi. Nam licet ciciarj dice egli, in
looia haheat electionem, habet tamen ob hoe solum, ne sit in rei arbitrio,
an dtbeat: non ob hoc, ut reus, in aUero looo conventus, alterius loci
non prctetendat utilitatem. Quetto sembra ad Aooubsio il signilGicato
del § 2, nel quale Ulpiano ayrebbe esposta la sua propria opinione.
Egli quindi parafrasa le parole: detracto altero loco cosl: detraota
utilitate alterius loci, quam haberet reus, si ibi solveret
Gib che sta scritto nel § 3: fOSse ab eo peti altero loco et sine loci
adjediom yorrebbe floltanto significare potere il debitore nel caso di
una determinazione altematiya di luoghi di pagamento yenir con-
yenuto solo in uno, e preoisamente perch^ egli ha promesso di pa-
gare o nell'uno o nell'altro. Ma gik Antonio Eabbo ^) ha contro
questa opinione ricordato che sarebbe apertamente oontradittorio che
nel § 2 si acoordasse alPattore in base ad una giuridica necessity la
4) Bational in Band, ad L. 2 « 2 D. h. t
DE £0, QUOD OEBTO LOCO DARI OPOBTET. 123
sodta fra piu luoghi di pagamento alternativamente soelti e poi si
ritenesse I'attore medesimo obbligato a risaroire al convenato I'lnte-
Tease del Inogo.
Fra gli acrittori pid reoenti alcani hanno oercato dl conciliare i due
frammenti rifereudo il § 2 al caso in cai il oredltore avesse oonve-
nato il debitore in un laogo diverso da tutti quelli alternativamente
fissati per il pagamento ; il § 3 inveoe al caso, in cui il oredltore avesse
oonvenato il debitore in uno del luoghi alternativamente fissati per
il pagamento ^). Senonch^ le parole: quare et in proposito collegate
colle ultimo parole del § 3 mostrano chiaramente che XJlpiano pro-
aegue nel § 3 la trattazione del oaso proposto nel § 2. L'opinione del
BoGEBio, alia quale gi^ davano la preferenza il Fabbo % il Noodt "^j,
h dunque indubitabilmente la preferibile. Ulpiano riproduoe probabil-
mente nel § 2 l'opinione di alcuni antichi giuristi, i quali affermavano
-cbe oolui, il quale avesse stipulato una oerta somma ad Efeso, o uno
«chiavo a Gapua, non poteva riohiedere nell'uno di questi luoghi che
quanto gli era stato per quel luogo promesso, ma doveva agire al-
ternativamente come comportava la formula della stipulazione, affinch^
al debitore non venisse sottratto il vantaggio del luogo del pagamento.
Ora che 11 § 2 contenesse realmente una eemplice opinione, la quale
veniva poi confhtata e rettificata nel § 3, pub anche desumersi da do
«he il § 2 6 oompletamente ommesso nei Basilid ^) e che in esso ^
acoolto soltanto il resultato del § 3. Qudla opinione aveva per vero
in suo favore questo prlncipio: che le obbligazioni alternative hanno
aempre per fondamento la oonvenzione tadta, per la quale la scelta
spetta al promittente ^) ; nondimeno Ulpiano non la voile accettare.
Egli desume dalle questionl di Soevola la giusta obbiezione (nuova
prova che trattavasi qui di confutare una opinione opposta) che quel
fondamento di dedsione non contiene una regola inecoepibile ^^).
5) Paciub, Evxvrio^iav geu legum condliatarum cent. IV qu. 30. — Duabenls,
Oowun. ad h. L cap. 2. — Pothieu, Pand. Justin, torn. I h. t n. VIII nota/
pag. 283.
^ Loc dt% pag. 463.
"0 Oomnu ad Dig. h. t torn. II. Oper. pag. 303.
8) Tom. Ill pag. 573.
«) L. 10^ ult D. dejur. dotium [23, 3]. L. 95 pr. D. de soliU, [46, 3J.
i<^ Poich^ i libri Qtiaestionwm degli antichi giuristi romani contenevano sot-
124 LIBRO XIII, TITOLO IV, § 846.
Poich^ non sempre, oi5 che forma il oontenuto tacito di una stipu-
lazione, dlpende assolatamente dalFarbitrio del debitore: db oon-
darrebbe ad attribabre al debitore la faoolti di adempire o meno
la sua obbiigazione. Ma qael prindpio debbasi oosl limitare, ohe
possa il debitore beus) di suo arbitrio prestare una oosa a preferenza
dell'altra, non gik prestare o non prestare. Gib resolta ohiaro anche
dai seguenti esempi. Se Tizio ha promesso. di dare lo schiavo Stico
o Pamfilo, egli pub prestare qnale dei dne preferisca, finch& tutti due
sleno in vita. Ma se uno di essi viene a morire cade anche il diritto
di scelta e Tizio deve prestare in linea assolnta quello che h soprav-
vissnto. Si comprende infatti fadlmente che se anche dopo la morte
di uno degli schiavi si yolesse lasciar soprawivere il diritto di soelta
di Tizio, egli potrebbe facilmente liberarsi da ogni obbiigazione di-
cUiarando di scegliere quello morto. Gosi sta la cosa anohe nel case
trattato nel § 2 {in proposito) quando la prestazione non h avvenuta
n^ in uno dei luoghi designato n^melFaltro, poichfe se anche in questa
ipotesi si volesse lasciare al debitore la scelta del luogo, questi po-
trebbe sempre rispondere, voler egli prestare nel luogo diverso da
quello, nel quale venisse convenuto, facendo cosi dipendere dal suo
arbitrio 1' obbiigazione medesima. £i pertanto necessario che la
scelta del luogo, nel quale egli possa convenire il debitore per la
prestazione della cosa promessa, sia ormai lasoiata all'attore; non h
necessario invece che nell'azione si facoia menzione dell'altro luogo.
lufatti sarebbe curloso il riconoscere nel convenuto, in accordo col-
Topinioue di AoouRSio, un interesse corrispondente al vantaggio a
lui tolto di scegliere il luogo di pagamento, mentre egli (cio& il debi-
tore) avrebbe potuto prevenire Pattore colla puntuale prestazione
della cosa dovuta. Nel nostro caso quindi 1' c azione > 6 quella che
sorge direttamente dal negozio. Nam utilitas loci numquam aeHima^
tur, dice il Fabbo, nisi ex aequitate, cum arhitraria <igitur, non autem
cum in eo ipso loco, in quo dari res deftutY.
Lo scopo di tutta questa nostra discussione h quindi il dimostrare
che quando vl sieno piil luoghi alternativamente determinati per il
pagamento, vien meno la oondictio de eo quod certo loco quando si
tanto diBcuBsioiii di questioni civilistiche oontroverse. Vedi Otto in Papimano
cap. XII $ 1 pag. 362.
DB BO, QUOD OBSTO LOGO DABI OPOBTBT. 125
agisca ia uno dei laoghi indioatL In questa ipotesi la soelta del
laogo spetta alPattore: il debitore ha il diritto di prestare in uno
dei laoghi indicatd o nell'altro solo finch^ non sia stato oonvenuto.
Che se poi non solo h determinato alteraativamente il laogo del pa-
gamento, ma anohe Toggetto delFobbligazione, cosl oome si snppone
nella i^ttiBpecie del § 2, spetta pare all'attore la scelta in rapporto
all'oggetto medesimo in qaanto il luogo, nel quale agisoe, lo oonsenta.
Se egli qaindi agisce e. g. in Efeso, pa5 solo chiedere la somma di
denaro promessa, non alternativamente la somma di denaro e lo
sohiavo, che doveva venirgli prestato a Capua. Oome Ulpiano stesso
osserva, h questa una oonseguenza dell'altematiyit& mista di piti
luoghi e di piti oose. c Nan enim potest, dice quindi a questo proposito
il FABBBy eligere stipulator locum Bphesi ad petendum, quia hoo
ipso cogatur eligere decern, quae Ephesi dare debitor promisit, aut
looom Gapoae, quin hominem petere debeat, non decem i>. Diverso
sarebbe il caso quando il oreditore volesse agire in un luogo diverse
da quelli alternativamente determinati nella stipula2sione. In tal luogo
egli pub agire quando il pagamento non sia avvenuto in nessuno
dei luoghi indicatL Perb a questo flue non basta pitl Fazione diretta;
h necessaria la oondieHo ed il oreditore deve in questo caso agire al-
ternativamente, indicando il luogo dove Puna e Taltra delle presta-
zioni doveva avvenire, affinch^ al oonvenuto rimanga la scelta. Qui
pertanto viene in coasiderazione I'iateresse in quanto una parte o
Taltra per il cambiamento del luogo di pagamento abbia risentito
dei diuoini. Gon ragione quindi scrive il Yobt ^^): c Si tamen extra
duo loca, promissioni alternatim adjecta, actor alibi petere velit, u-
triusque loci mentionem fieri necesse est, immo et utriusque rei, si
mixta alternationi locorum sit rerum altematio; atque ita debitor!
rursus electio oompetit, cuius velit locum et rei aestimationem con*
siderari ut secundum eam judex in hae arbitraria deflniat, quanto
plus minusque in hoc loco, in quo agitur, jm reum actori pre--
standum sit >•
c) Li. 4 Dig. h. t. c Quod si Ephesi petetur, ipsa sola summa
petetur, nee amplius quid: nisi si quid esset stipulatus, vel si tern-
pons utilitas intervenit >.
II) Comnu ad Pond, h. t. $ 4.
126 LIBBO Xm, TITOLO lY, § 846.
Ghe anche seoondo questa legge I'azione da esperimentarsi nel luogo
del pagamento sia quella sorgente dal negozio oonohinso, resulta chia-
ramente da oi6, ohe in essa 6 detto: nulla di piii si pub per suo
mezzo pretendere della somma dovuta. Poich^ le azioni sorgenti da
negozl di stretto diritto non tendono all'interesse ^% Tuttavia Ul-
PIANO ammette due ecoezioni e oio&: 1.^ per il caso, in oui il debi-
tore avesse esplioitamente promesso qaalohe oosa oltre alia somma
dovnta, quando questa non fosse stata prestata nel modo oonvenuto;
e. g. usure o pene oonvenzionali; 2.^ per il caso, in cui sia stato fis-
sato un tempo per il pagamento e questo non sia awenuto precisa-
mente in quello. Anche in tale ipotesi potevasi agire coll^aotio exsti-
puUxtu per Tinteresse derivante dalla mora ^^). £) questo interesse che
yiene nel testo chiamato utilitas temporis. II Guiagio ^0 peraltro h
di diversa opinione. Egli orede oio^ che, sia mediante una chdjeetio
temporis, sia coUa determinazione di un luogo di ps^amento, Fazione
diretta sorgente dal negozio oonchiuso si tramuti in xm* actio arbi-
traria. Tale opinione h professata anche da Janus a Costa ^^), da
Mbbillio ^% dal Magnus ^^) almeno per il caso, in cui al luogo del
pagamento fosse ooUegato un certo tempo di pagamento; quando e.
g. si fosse stipulate EpheH Calendis lanuariis proximis decern dart. In
tale ipotesi era necessario propter uUlitatem temporis agire eoWactio
arhitrixria anche nel luogo determinate per il pagamento. Senonch^
questa opinione non h in alcun modo giustificabile. Non h infatti la
determinazione di un luogo di pagamento, che trasforma I'azione sor-
gente dal negozio giuridico in ciotio arbitraria ; Ib, condiotio h invece
neoessaria solo quando si agisca in un luogo diverse da quello oon-
venuto per il pagamento. Qui interviene Voffiqium judicis ad impe-
dire che venga sottratta a qualsiasi delle parti VuUlitas loci. Gome
12) L. 38 4 7 D. de ustir. [22, 1]. L. 3 C. eod.
^3) L. 114 D. de verb, oblig. [45, 1]: a Si fandnm oerto die praestari sti-
puler at per promisaorem steterit quominus ea. die praestetar: consecuturani
me quanti mea intersit moram facti non esse s. Yeggasi anche la L. 11 I).
de re jud. [42, 1].
H) TraeL ad Afric. ad L. 8 D. h. t
1^) Oomnu ad $ 33 Inst, de action, [4, 6].
16) Observ. lib. IV cap. 19.
^T) Ration, el different, juris civilie lib. I cap. 18 (Meermann, tom. Ill pa-
gina 287).
DE IBOy QUOD GBBTO LOGO DABI OPOBTBT. 127
potrebbe inveoe Vcidjectio temporis oangiare I'azione sorgente dal ne-
godo in un'azione arbitraria^ quando il creditore si fooesse ad agire
nel loogo fissato per il pagamento? L'interesse per il ritardato pa-
gamento non viene in tale ipotesi rioonosciuto oJJfSoio juditna, majiere
obligaHoni8, Inoltre sicoome I'azione non pub venir esercitata, finch^
11 termine di pagamento non sia trasoorso ^^) Vactio direoia non po-
trebbe mai essere esercitata, se si doyesse trascorso il termine di pa-
gamento, muovere ooiroc^io arbitraria od utilis. A ragione quindi il
Fabbo ^«),1o Sohultino «0)^ il Vobt^i), il Baohovio'^), ed il Wrs-
SBXBAOH ^) hanno respinto quella opinione di GuiAOio e dei suoi
segnaci.
Non esiste donque una condietio de eo quod oerto tempore^ ma solo
una condietio de eo quod oerto loco, c Et dissimilitudinis ratio aper-
tissuna est, scrive con molto acume Antonio Fabbo ^), quia tempus
in temi)ore oontinetur, non etiam locus in loco. Nam qui Ephesi petit,
quod Bomae dari debuit, prooul dubio alio loco petit At qui petit
Oalendis Februariis, quod praecedentibus lanuariis iam solvi debuit,
non alio tempore petit, quam quo debitum sit : quoniam quod Galendis
lanuariis praeteritis debitumi ftdt, multo magis debetur Februariis
sequentibus. Ibique sicuti arbitrariam actionem nemo dixerit ex eo
solo induci, quod oerto loco solvi debuerit, nisi illud etiam accedat,
ut alio quam destinato loco agere creditor velit; ita absurdum est
dioere, arbitrariam competere ob id tantum, quod stipulationi dies
a^ectus sit, si non illud quoque concurrat, ut alio tempore petatur,
quam quo debetur; quod ipsnm tamen contingere numquam potest.
Nam creditor, si ante diem petat, male agit, cum dies adiiciatur pro
reo, non pro stipulatore » ^).
1^ L. 38 $ 16. L. 42. L. 118 ^ lD.de verb. obUg. [45, 1]. ( 33 Inst de acUon.
[4,6}
1^ BaUonoL in L, 4 pr. D. h. t. pag. 475 e speciahnente OonjeeL iur. eh,
lib. XV cap. 3.
^) Thee, eontrov. dec XLVI th. 5.
SI) Oomm. ad Pand. h. t $ 9.
23) NoU et ammadvers. ad TreuiUnm vol. I dispat XXIII thee. VI lett. D
pag. 896.
<3) Bsere. ad Pand. parte I disp. XXVI th. 12 pag. 279 e seg.
^) C&njeeL jwr. ew. loc dt pag. 486.
^) L. 41 « 1 D. de verb, oblig. [45, 1]. L. 50 D. de obUg. et aeHon. [44, 7]^
L. 17 D. de reg. iwr. [50, 17].
128 LIBRO XIII, TITOLO IV, § 846.
3.^ £i necessario che nelPazione sia indioato il luogo di pagamento
altrimenti oontro I'attore potrebbe opporsi Vexceptio flue petitianU
loco ^^) ^), Gli ^ appanto da questa ag^giunta, che Pazione principale sor-
gente dal negozio oonchiuso, prende il nome di condiotio de eo quod
certo loco e la propriety speciale di non poter essere respiata, qnando
pur essendo intentata in laogo diyerso da qaello oonvenato, sia ri-
lasdata al giudioe la determinazione deirinteresse del laogo. La eon-
diotio de eo quod certo looo iK)n h quindi una nuova azione, ma piat-
tosto nna qualitM adjeeta dell'azione principale, sorgente dal negozio
giuridico conchioso, onde anohe nelle fonti vien cbiamata chcUo u^
tilie ^), espressione questa che sempre presuppone I'esistenza di on'a
zione principale. L'Einbooio^^) si esprime assai giastamente in questo
proposito, qnando scrive: c quemadmodum enim creditor contra de -
bitorem, Ephesi solvere obligatnm, Ephesi agit condictione certi qx
mutno, ex stipnlata, actione de oonstitnca pecnnia: ita extra Ephe-
sum cum debitore agit ex mutuo, stipulatu, constituta pecnnia, de eo
quod certo looo ». Su questo pun to sono tutti concordi flno ad An-
tonio Fabro ^% la cui opinione h gik stata fondamentalmente con-
futata dal Baohovio ^).
Avendo pertanto la condietio de eo quod certo loco questa spedalit^
che per essa pub richiedersi una prestazione dovuta in luogo diverso
da quelle fissato come luogo del pagamento, sorge la questione drca
^) $ 33 InBt de action. [4, 6].
^ L. 1 in fine h. t — Duarekus in Chmnu eidhL cap. 2, scrive: c Utilis
vocatur, quoniam ex directo summague jure actio oompetere non potest
propter naturam contractus qui etricti judicii est, in qua suppleri non potest
id, quod a contrahentibns ezpressnm non est Ad expressum est ut solvat
debitor Ephesi. Sed baec sabtilitas juris civilis neglecta est propter aequita-
tern et comparata est actio utilis ]>.
28) EUm. jur. civ. see. ord. Pand, b. t. $ 87.
^ OonjecL jur. civ. lib. XY cap. 2 e De error, pragm dec. XCI err. 5.
90) TrcuiL de (iotion. disp. Yll parte II tb. 2. Veggasi ancbe Vobt, h. t» $ 1
in fine. — Huber, Fraelect. ad Pand. b. t, ( 3. — Ian. a Costa, Ckmm. ad
f 33 Inst de action. — Fbantzke, Oomm. ad Pand. h. t. n. 8 e Tuibaut, %9f.
des P. E. Bd. I $ 96.
e) Veggasi I'Appendice prima del traduttore al § 845.
DE EC, QtJOD OBBTO LOCO DARI OPOBTET. 129
al vedere se per cio essa possa venir eaercitata in qualsiasi luogo il
debitore sia colto, anche se ivi non sia il Fdro suo competente. II
BABTOiiO raffermava; e lai seguiva Antonio Fabbo ^0? ^on perb
iondandosi soll'argomento da quello addotto,non aver di ci6 a la-
mentare il debitore danno alcauo, venendogli risarcito I'interesse del
luogo di pagamento, ma fondandosi inveoe sa questo principio, che
qnando non fosse stato fissato alcan, laogo di pagamento 11 creditore
Tavrebbe potato convenire dovunque I'avesse potato oogliere. Ma si
I'ano ohe Paltro di questi dae giureoonsulti errano di gran Innga,
come gih 11 Baohovio ^-) ha dimostrato a sufftdenza. Qaanto erronea
sia Fipotesi del Fabbo dimostra la sentenza di Ulpiano contenuta
nella
L. 19 § alt. Dig. de jttdiciis [5, 1].
€ lUud sciendum est, cam qui Ita fait obligatus, at in Italia sol-
yeret, si in provincia habuit domicilium, utrobiqae posse conveniri,
et hie et ibi i».
Infatti le parole: si in provinoia habuit domi^lium, sarebbero state
del tntto superflue data per romana la teoria del Fabbo: do ha ri-
velato giustamente 11 Yoet ^). Non si pub tattavia negare che alouni
testi romani dieno a quella opinlone an apparente sostegno. Dice
in&tti Papiniano nella L. 43 Dig. de judiciis [5, 1] :
€ Earn qui insalam Gapuae fieri certo tempore stipulatus est, eo
finito, quociunqne loco agere posse in id, qnod interest constat 3>.
E Paolo nella gi^ citata L. 27 Dig. de cond. ind. [12, 3] dice:
c Qai loGo certo debere existimans, indebitum solvit, quolibet loco
repetet i^.
E qnando anche per negare Fefficada probatoria di questi testi
volesse dirsi che si riferiscono sAVaotio directa e non slVactio orM-
traHa, sembra tattavia indnbitabile la testimonianza di Ulpiano, il
quale nelle L. 16 Dig. de peounia oonetUuia [13, 5] insegna :
c Sed et certo loco et tempore constituere quis potest, nee solum
•eo loci posse eum petere ubi ei constitutum est: sed exemplo arbi-
trariae actionis, ubique potest >.
31) De error, pra^m, dec XC err. 7.
32) TrcicL de {teHon, disp. Vll parte II th. 4 pag. 89 e seg.
^ Cbfiim. ad Pand. h. t $ 5.
OLflrK, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 17
130 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
Tuttavia non ^ possibile accogliere una spiegazione cosi ainpia-
come sembrano esprimere le parole di questo teste. Non sarebbe in
fatto contradittorio, anzi un non senso addirittura Fammettere ch&
merc^ la determinazione di un luogo di pagamento, il creditore po-
tesse acquistare faoolt^ piti ample di quelle a lui spettanti nel casa
in cui non si fosse fissato alcun luogo per 11 pagamentof Non e^
forse inclusa uella determinazione di un luogo di pagamento, la in-
tenzione di limitare la facolt4 del creditore alia giurisdizione del de-
bitoref Si consideri inoltre lo scopo, pel quale fu introdotta la nostra
condictio : essa tendeva soltanto, come il OuiACio cl insegiia, ad evi-
tare che I'azione sorgente da un negotium strioti juris non venisse
resa illusoria per il fatto di non lasoiarsi il debitore mai cogliere snl
luogo detemiinato per il pagamento. Uactio utilis aooordata al cre-
ditore pel suo meglio, gli deve quindi servire unicameute a porlo in
qnella condizione, nella quale si sarebbe trovato se non si fosse fis-
sato alcun luogo di pagamento. Ma in tale ipotesi il creditore non
avrebbe potuto con venire il debitore se non nel luogo di sua ordi-
naria giurisdizione ^) ; le espressioni del testi sopra trascritti pertanto:
quocumqtte loco,., qttolibet loco.,, ubique... devono peranalogia andar
riferite soltanto a quel luoghi, nei quali secoudo i principt general!
del diritto civile vi ha giurisdizione per il convenuto. Gosl interpre-
tano quel testi oltre al Baohovio, Wissenbaoh ^s), Perez ^), Scjhul-
TING 3'), DONBLLO ^\ DUABBNO ^% WeSTENBEBG ^% LAUTEBBACH^^),
OoooEio ^'\ Wbbnheb ^3).
Pure molti scrittori ^^) sostengono non potersi la condictio de eo^
3^) NooDT, Oonm. ad Dig. h. U ^ si Ua torn. II. Oper. pag. 307.
35) Exerc ad Pand. disp. XXVI th. 10.
36) Prod, m Cod. lib. Ill tit 18 n. 1.
37) Thes. corUrov. dec XLVI th. 6.
38) Comm. jur. civ. lib. XVII cap. 19 $ maiorem dubUnUoMm pag. 996.
39) Conrn. ad h. U cap. IV pag. 926.
^) Princ. jur. sec ord. Dig. h. t. $ 18.
41) Colleg. th. pr. Pand. h. t ^ 13.
42) lur. civ. conir. h. t qu. 7.
43) Leotiaa. CommenUtUon. in Pand. parte I h. t $ 7.
44) NooDT, Oomm. ad Dig. fc. U pag. 307. — Strauch, Diss, in tinti^ary. jm
jusUn. diss. XVII $ 3. — THOMAsms in Schol, ad Huheri Prod, ad Pand, h. t»
M* — LuDOvici, Doeir, Pand. h. t. $ 4 e specialmente Hbinbooiub, Elem^
jur. civ. sec. ord. Pand. h. t, J 88.
DB BO, QUOD OEBTO LOGO DA.BI OPOBTBT. 131
quod certo loco eseroitare che nel f6ro domieilii del debitore. Altri ^^)
inyeoe tengono conto in questo riguardo aiiche del forum corUraotus :
8en<»ioh^ oontro qnesta ultima opinione, gi^ molti ^^) hanno, Don senza
motiTo, rioordato che la gioriadizione del oontratto h fondata preoi-
samente sol luogo determinato pel fagamento^~); conseguentemente
I'azione da eserdtarsi in quel f&ro non ^ gtik Vactio arbiiraria, benel
la direoia. Se ini^tti si h fissato per Tesecnzione del contratto an
certo luogOy non h piti a peusarsi a quello, uel quale 11 contratto me-
desimo venne conohinso *%
Siocome tattavia 11 Romano x>oteva essere convenuto e nel suo do-
micilio in provinda, e in Boma quale communis omnium patria, ^^)
e nel luogo, che era ritenuto sua patria speciale, quando ivi si tro-
yaase ^), si spiegano facilmente le espressioni quocumque loco e u-
bique che trovansi nei test! sopra citati.
4.^ La condivtio de eo quod certo loco non ha luogo che quando
nel luogo del pagamento potrebbe essere esercitata Pazione princi-
XMdeO« A questo proposito si possono considerare due casl:
a) Nel caso in cui sia stato fissato un termine per il paga*
mento, non si pub agire colla oondtdio prima che questo termine sia
completamente trasoorso ^^}.
^) Bachov. loc. cit. — Struv. Si^nt. iur. civ. Ex. XVIII th. 69. — Boe-
€KSi.MANNy Comm, tn Dig. h. t. $ 10. — Vinniub, Oomm nd ( 3*) Inst, de aicHon.
n. 1 ad Terb. Alio loco petenti. — Huber, Prael. ad Pand. b. t. ^ 1 in Besp.
<td Sehol. — WiBSBNBACH, loc cit — Bbrgek, Besolution LL. obstanL h. t.
46) MilLLER od Siruvium loc cit. nota e. — Lauterbach, loc cit $ 1*3 in
fine. — Heinbcciub, loc cit ^88. — Wernhkr, loc. cit
47) L. 21 D. de obUg. et action. [44, 7].
48) L. 3 D. (le reh. auet. jkid. pose. [42, 5] e parte VI di qnesto Oommenlario
^ 516 (Ediz. italiana, lib. V, pag. 139 e seg.).
49) L. 313 D. ad munvsipalem [50, 1]. — Noodt, Comm. ad Dig. lib. V tit I
l-ag. J 53.
^ L. 29 D. od mumoipalem [50, 1] e $ 511 di questo CommenAario.
5») $ 33 Inst de action. [IV, 6]. ^ 2 Inst de verb, oblig. [Ill, 15]. L. 42 pr. D.
<^od. II cieditore non ^ neppure obbligato (quando in seguito alia convenzione
il pagamento deve avvenire in an certo luogo) a ricevere anticipatamente il
pagamento in an altro luogo, polch^ a lui non pucS venir tolto il vantaggio
f) Veggasi rApjjendice seconda del tradultore al § 845.
132 LIBBO XIII, TITOIiO IV, § 846.
h) Nel caso in cui invece non sia stato fissato aloon termine
per il pagamento, deve oonoedersi al debitx>re almeno tanto tempo
quanto gli sarebbe necessario, date le sue oondizioni ed il suo Btato,
per recarsi sul luogo fissato pel pagamento. ITn tale spazio di tempo
h sempre tadtamente oompreso nella stipolazione di pagare alconch^
in un oerto Inogo diverse da quelle nel quale si trova il promissore,
giacch^ nessuno pub esser tenuto alPimpossibile ^^). Prima I'azione
nou compete: si riferiscono a questo punto i due 8e.^uenti testi:
1.° L. 2 § 6 Dig. h. t.
Ulpianus libro viceimmo septimo ad Edictum.
<c Qui ita stipulatur : Epiiesi deoem dari, si ante diem, quam Ephe-
sum per venire possit, agat, perperam ante diem agi: quia et lulianus
putat, diem tacite liuic stipulationi inesse. Quare verum pnto, quod
lulianus ait eum qui Eumae stipulatur, hodie Oarthagine dari, inu-
tiliter stipulari i>.
11 NooDT ^) spiega questo teste riferendolo alia condictio de eo
quod certo loco. Posto perb anche dhe esse dovesse esser riferito al-
I'azione diretta, ^ molto naturale cbe la condictio non possa egoal-
mente venir intentata in un altro luogo, prima ciie nel luogo fissato
del pagamento possa venir intentata I'azione diretta. Neppure oontro
il fidejussore la ooiidictio ha luogo, quando egli abbia promesso di
pagare in un certo luogo per il debitore, se prima non sia tra-
soorso il tempo clie gli sarebbe stato necessario per recarsi nel luogo
del pagamento, anche quaudo il debitore principale gi^ vi si trovasse.
Yiceversa anche se il fidejussore si trovasse nel luogo del pagamento
egli non potrebbe essere convenuto prima ohe fosse trasoorso il tempo
necessario materialmente al debitore principale per arrivare sul luogo
proveniente dal laogo di pagamento. L. 122 pr. D. de verb, ohUg. [45, Ij.
Veggasi Magnus, Baiion, et different, iur. civ, lib. I cap. 14 tomo III {Thea.
Meemu pag. 281). — Duarenus in Oomm, ad L. 122 cit Oper, pag. 774. Quando
non Bia stato fissato e luogo e tempo del pagamento, ma solo il tempo, il de-
bitore pa6 quando voglia jmgare anche prima che il termine sia scaduto.
L. 50 D. ^ ohlig. et acHon. [44, 7], L. 38 $ 16. L. 41 J 11. L. 137 $ 2 in fine
D. de verb, oblig, [45, 1]. Vedi la parte IV (lib. II) di questo Oommentario^SSS.
•'>-) V 5 Inst, de verb, oblig. [Ill, 15]. Una eccezione ^ contenuta nella L. 141
4 2 D. eod.
. 33) Oamm, ad Dig. h. t pag. 309 § Nescio.
DE £0, QUOD GBBTO LOCO DABI OPOBTET. 133
del }>agaDieuto. Gib h oonfermato dal segaente notevole paeao di Pa-
PINIANO:
L. 49 § 2 Dig. ds fidejusaoribus [46, Ij.
Papinianus libra viceimmo septimo qtMeationum.
c Quaesitum est, an fidejussor, qui, Gapuae pecuniam se daturuni,
Bomae promisit, si reus promittendi Gapuae esset, statim oonveniii
possit? Dixi, non magis fldejussorem oonfestim teneri, quam si ip^e
Gapuae spopoudisset, cum reus adhuo Gapuam perveuire non potuisset.
Nee*ad rem pertinere, quod hoc latere ^>) nemo dubitet, nondom fi-
d^ussorem teneri; quia nee ipse reus promittendi teneretur: nam o
contrario quoque, si quis respondent, quouiam debitor Gapuae sit,
fidejussorem confestim teneri, non habita ratione taciti proprii tem •
poris, eventurum, ut eo casu fidejussor oonveniatur, quo debitor ipse,
si Bomae fuisset, non con veniretur. *Itaque nobis placet, fidejussoriaui
obligationem conditionem taciti temporis ex utriusque persona reci-
perare, tarn rei promittendi, quam ipsius fidejussoris: quoniam aliud
respondeutibus, contra juris formam, in duriorem conditionem aooeptus
iiitelligetur ».
Girca poi alia determinazione del tempo uecessario per giungere
al luogo del pagamento, il giudice, al cui criterio h rilasoiato il de-
cidere, dsve tener conto delPet^, della condizione, del sesso e dello
stato di salute della persona, che avrebbe dovuto recarsi sul luogo
del pagamento e vedere in quanto tempo vi si sarebbe potuto co-
modamente recare, Merita qui considerazioue il seguente teste:
L. 13*7 § 2 Dig. de verb, oblig. [45, 1|.
Venulbius libro primo stipulationum, '
« Gum ita stipulatus sum: Ephesi darif inest tempus:quod autem
accipi debeat quaeritur, et magis est ut totam earn rem ad judicem
id est ad yirum bonum remittamus, qui aestimet, quauto tempore di-
ligens pater &milias conficere possit, quod factum se promiserit, ut
qui Ephesi daturum se spoponderit, neque duplomatae ^'0 diebus ac
^) Id e^i pro hac parte in hac specie. Veggasi Buisonnio, de verb, sign,
voc a Latos » e Pothier, Pandeite parte III tit. de fidej. n. 43 nota h.
^) <i Duploma sen diploma hie accipe — scrive Duarenus iu Comnu ad
h, L. (Oper. pag. 787) — quod a prlncipe impetratur ut equis publice dispo-
fiitis nti liceat. Postani vnlgo dicimus. Privatis enim absque principis diplo-
134 LIBEO XIII, TITOLO IV, § 846.
nootibus, et omni tempestate oontemta iter continuare cogatur: aeque
tarn delicate progredi debeat, ut reprehensione dignus appareat: sed
habita ratione temporis aetatis, sexas valetadinis, cum id agat, at
mature perveniat, id est eodem tempore quo plerique ejusdem oon-
ditionis bomines solent pervenire. Eoqae transacto, quamvis Bomae
remanserit, neo possit Epbesi pecuniam dare: nibilominas ei reote
oondioetur, vel quia per ipsom steterit, qaomiDos Epbesi daret, vel
quoniam per alium Epbesi possit dari: vel quia abique potest sol-
vere ^). Nam et qaod iu diem debetar, aute solvi potest, lioet peti
lion potest Quod si diplomate osus, aut felici navigatione, maturias
quam quisque, pervenerit Epbesam; coufestim obligatus est, quia in
eo, quod tempore atque facto finitum est, nuUus est oonjeoturae
locus >.
Del resto la candictio puo averMuogo ancbe quando il debitore
non sia in mora, poicb^ le oircostanze potrebbero essersi modificate
di tal guisa che a lui piii non servisse la prestazione nel luogo de-
terminato per il pagamento, nel quale il debitore gi^ si trovasse
pronto. Sarebbe in tale ipotesi ingiusto che la prestazione non potesse
ancbe esser ricbiesta in altro luogo, dappoich^ il convenuto puo ot-
tenere VinteresBe loci^'^),
5.° La eondictio de eo quod certo looo presuppone una ohligatio
rivolta ad un dcvreff). Qui per vero oolPespressione dare si intende
inatae cursns publicns dim non permittebatur j>, L. 11 Cuius maris memhtit
Pliniub, lib. X Epist. penult In questa spiegazione oonviene anche il Quiacio,
(Jomnu ad L. 137 D. de verb. obUg,, quando sorive: a Dnplomata sunt oodi-
cilli qui dantur cursu publico utentibus quae et Traotoriae et Combinaedi-
cantur s. Qiiesti duploitiata vengono detti anche evectiones. L. 3 C. (Ze cursu
publico [12, 51]. L. 11 C. eod, Yedi Brissonius, De verb, sign. voo. Dupluma.
Senonch^ qui vien presa la causa per Peffetto e quindi diploma pro cursu pu-
hlioo qui ut sU, diplomate principis efficUur. Cosl Donbllo, Oomm, ad. L. 137
^ 2 D, de verb. obUg. n. 10.
^) Ci6 deve in'tendersi per il case in cui il creditore voglia accettare il
[tagamento in un altro luogo. Vedi Duarbnus, Oomm. ad L. 122 D. de verb,
oblig, [45, 1] Oper* pag. 774. — Voet, Comm. ad Pand h. t $ T. — Maonub,
Meermann, thes. Ill pag. 281. — Lauterbaoh, OoUeg, th, pr, PandecL h. t $ 1^
^^) Fraktzkb, Oomm. ad Pand. h. t. n. 14 e Magnus, Ration, et differ, juris
eiv. lib. I cap. 14 circa fin.
g) .Veggasi suUe obbligazioni di dare e precisamente suirobbligazione di dare oertam
rem il Lboni, La teoria dei diritti e'degli obblighi (Padova 1887), capo III § 1.
DE EO, QUOD GBBTO IiOOO DASJ OPOBTBT. 135
anofae il restituire (reddere\ il pagare (solvere)^ ed il oonseguare (tra-
dere\ oome il OuiAOio ^) ha giustamente osservato ^^). Se quindi si
<^ promesso an semplioe flEitto senza comprendere la oonsegna di cib
che si h fatto, come se, ad esempio, aloano avesse promesso di fob-
bricare entro un dato temx>o ana oasa in an certo laogo, e non a-
vesse poi esegaito la promessa ^\ non vi ^ bisogno di ctctio utilis, ma
si pab agire (MstUme directa ex stipulatu per I'interesse in qaalsiai^
lao^o, ove siavi giarisdizione per Pobbligato ^^). La ragione di qaesta
distinzione h riposta in ci5 che ana cosa pnb venir prestata in qaal-
siad laogo mentre la costrazione non pa5 awenire che nel Inogo
dove si h fissato che debba avvenire ^*). Gli h peroib che tale stdpu-
lazione h valida solo quando sia djBterminato U laogo dove I'ediflcio
deve esser oostroito ^). Infine:
6.^ L'azione diretta sorgente dal negozio non deve, a rigor di .di-
ritto, essere snfficiente per ottenere la prestazione dovnta insieme
coU'interesse in an laogo diverso da qaello oonvenato. II Noodt ^)
osserva che originariamente la oondictio de eo quod certo looo yenne
introdotta anicamente per por riparo alia rigidezza propria alia sti-
palazione: solo in segaito, grazie all'interpretazione dei ginristi rci-
mani, essa venne ampliata ed estesa per eqnit^ all'ootio mutui. actio
5») Tract in ad Afric. ad L. 8 D. h. t. pag. 398.
50) LL. 5, 6y 7 D. h. t. L. 16 $ 1 D. de eonsHtuta peounia [13, 5].
<^) Se ed in quanto nelle obbligasioni che hanno per oggetto della pre-
stazione no f&tto possa darsi mora ha dimoBtrato ScHOMANNy Fraffmenien a/us
sainen cw. u, crtnttn. VorUsungen I $ 16.
61) L. 43 D. dejudic, D'altra opinione sono per vero Donello e Treutlbb,
1 qoali ritengono fondata la eondictio anche nelle obbligazioni di fare. Ma gii^
il Bachovio, Ad Treutlerum vol. I diss. XXllI th. Ill lit C pag. 897 e Bos-
KBLMANNy Oomm. ad Dig, h. t. ^ 6, hanno confatato qaesta opinione.
'5-) Vedi VoBT, Gomm. ad Pond. h. t ^ 8 e Noodt, Oamnu ad Dig. h. t pa-
gina 307 $ Addavime, ecc Per vero il Cuiacio, Ad African, tract. Ill ad L, 8
D. h. t. e CocoEio. Iu8 dv. contr, h. t. Qa. 1, ricercano il fondamento della
distinzione in cid che la stipulaUo facti operava una ohUgaUo incerti la quale
non iCndeva precisamente alia prestazione dei fatto, ma ad un tempo sdter-
nativamente all'interesse; per6 questa ragione cade di fronte a ci6 che a laogo
opportuno abbiamo defto delle obbligazioni faciendi Vedi $ 316 di qnesto
CommeTitario ed Emmikohaus ad Coccejuh, loc. cit. nota d,
«3) L. 2 $ 5 D. h. t. L. 95 D. de verb. ohUg. [45, 1].
M) Qmm. ad Dig. h. t $ 306 $ ObtineL
136 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
ex teatamento e de eonstituta peeunia, Poich^ uessuna di queste azioni
tende a qaalohe oosa di piii di qaanto porta seco la natara del ne-
gozio, dal quale esse sorgono: la prima alia restitazlone del matao,
la seoonda alia prestazione di ci5, che il testatore ha ordioato nel
siio testamento, piti gli interessi provenienti dalla mora ^) ; Pultima
non pub tendere a piii di quanto h doterminato dalla gi^ esistente
obbligi^ione assicorata mediante il oonstitutum. Senza I'aggiiinta
de eo quod oerto loco non si poteva dunque esigere rinterestse,
qaando si fosse agito in un luogo di verso da quello convenuto. A
ci5 sembra non inefftoacemente alladere Ulpiano qnando nelle L. 16
§ 1 Dig. de constit. pec. (13, 5] scrive che anohe pel constituto si po-
teva agire in un luogo diverso da quello oonvenuto exemplo arJntra^
rkM aotionis ^). Ohe poi nei oontratti bilaterali, coi quali una delle
parti si fosse obbligata a prestare all'altra alcunch^ in un luogo de-
terminato, non fbsse necessaria la oondicHo, ma bastasse Tazione di-
retta sorgente da essi, per agire anohe in un altro luogo ed esigere
Vinteresee loci, h state sopra notato. Per questi era gi^ sufQdente fon-
damento nella natura dell'azione ohe il giudioe d'ufl&cio prendesse in
considerazione I'interesse del luogo, anche se la sua formula judicii
non oontenesse di db aoceuno alouno ^^).
Gib h oonfermato non solo da Paolo nella sopra citata L. 7 Dig.
h. t*y ma anche da Ulpiano nella L. 5 pr. Dig. oomviodati fl3, 6]
dove dice:
c Si ut certo loco vel tempore reddatur oommodatum, convenit, of-
ficio judicis inest, ut rationem loci vel temporis habeat ».
A tale principio arreca tuttavia una eccezione Paolo nella gi^ ci-
tata L. 7 § 1 Dig. h. t. per il case in cui in un contratto bonae fidei
una delle parti si fosse obbligata di fronte all'altra, mediante stipu-
<^) L. 34 D. de wuris [22, 1]. L. 84. L. 87 M D. <2e leg. II. L. 92 in fine
D. de eond. et demonetr, [35, 1]. LL. 1 e 4 C. da iMum ei frucL UgaL [6, 47].
M) D^altra opinione h 11 Fabro, De error, pragm. dec XCI err. 4, 5, % V^g-
gasi per6 Bachovio, TracL de action, disp. VII parte II th. 3.
^'') CuiACius, Trael. ad Afrie, ad L. 8 D. h. t. e Noodt, Comm. ad Pand,
loc cit. pag. 306, hanno molto giustamente osservato a questo proposito:
<[ Actionem arbitiariam exemplo aotionis exoeptionisqne doli mali, jadiciis
bonae fidei inease ibique officio judicis contineri d.
DE BO, QUOD OBBTO LOCO DABI OPOBTET. 137
ladoney ad esegaire la sua promessa in an determinato luogo. In
tale eveuienza deved, seoondo il giadlzio di Paolo, rioorrere alPoctio
arbiiraria quandQ la prestazione non av venga nel luogo fissatp :
c Si tamen, dioe egli, certo loco traditurum Be quia stipnlatuA
sit^^) hac actione utendum erit>.
Nella condietio de eo quod certo loco il giudioe deve tener oonto
prindpalmente dei danni che I'una o I'altra parte ha sublto in causa
del oambiamento del luogo di pagamento. Per potere determinare
ci5 convenientemente, gli ^ necessario principal mente considerare nel-
rinteresse di quale delle parti, la determinazioue del luogo di paga-
mento yenne flssata^^). Conseguentemente gli h talora I'attore che
deve risarcire I'interesse loci al convenuto, talora il oonvenuto, che
deve risarcirlo alPattore. Qnesta ultima ipotesi, quando sia awenuto
p^ colpa del convenuto, che il pagamento non seguisse nel luogo fia-
sato, qui gli h pertanto naturale che 11 convenuto venga piti elevata-
mente condannato quando I'attore abbia per ci5 risentito un danno; al
oontrario egli verr^ piti tenuemente condannato di quelle che avrebbe do
Yuto essere nel luogo determinato per il pagamento, quando egli solo dal
cambiamento del luogo di pagamento avesse risentito un danno. Tale
risarcimento deve venir attribuito al convenuto, anche quando I'at-
tore indipendentemente da colpa, ma per un avvenimento casuale ri-
guardante unicamente la sua persona, si fosse trovato assente dal
Inogo del pagamento per riceverlo. Poich^ gli h conforme a natura
e alle leggi che ogni persona sopporti e risarcisca i danni provenienti
da una mancanza, che in lei si veriftchi, come si sia, anche per
caso "^o). Molti ^^) vogliono per vero sostenere che in riguardo al de-
^) La parola sHptdari non 6 qui osata cuitive, ma pcissive, come in Ulpiano.
Jj. 26 i 13 D. de eond, indeb. [12, 6]. Secondo la teBtimonianza di Pribciako,
lib* Vllly essa viene neata in questo senso anche da Svbtonio. Vedi Noodt,
ad D. h. t. $ Ohdnei pag. 306.
^ Yost, Comm, ad Pand. h. t. $ 6.
70) L. 3 $ alt. D. de aet. empti ei vendiH [19, 1]. L.ld7 ^ 4 D. de verb, oblig.
[45, 1]. Vedi Schomann, Lehre von Schaden8er8(Uae parte II pag. 20.
'71) F&ANTZKE, Oomm. ad Pand, h. t. n. 15. — Bosckelmann, Oomm. in Dig.
h. t. $ 8. — Struv, SynL jiw, cw. exerc. XVIII th. 72. — Voet, Oomm. in
Pand, h. t. $ 6. — Lautbkbach^ OoUeo, th, pr. Pand, h. t. $ 6. — TRBUTLBKy
DitpuL ad Pand. disp. XXIII thee. IV lit C. — Webenbec, Ad Pand. h. t.
GlUc . Comm. Pandette. — Lib, XIII. IS
138 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
bitore, iioti cleve tenersi contx) delPessere egli in mora o ineno, ma
che a; lui spetti in ogni caso risarcimento, quando gli sia stata tolta
Vutilitas loci, aoohe posto che egli medesimo abbi» oolla sua mora
OGcasionato il cambiamentx) del luogo di pagamento. Giacch^ non
eaiste legge alcuna, che gli tolga questo vantaggio, ch^ anzi Giusti-
NiANO GOBI senza far distinzioni dispone:
ec in hac condictione rationem habendam esse utilitatis, quae pro-
missori competitura fuisset, si illo loco solveret, quae se solutaruni
spopondit ]>.
Inoltre, si dice, nessuna mora costituisce un diritto convenzionale
acquisito, ma i suoi effetti dannosi si estendono solo al future.
Ma se gli h vero oi5 che Apbioano ''-) ed Ulpiano '^) dicono: ^ quod
iiemini frustatio sua prodesse debeat sed unicuique sua nooeat mora »,
non si sa concepire come il convenuto potesse ancora preteudere i
vantaggi del luogo di pagamento, quando da lui fosse dipeso che il
pagamento non awenisse nel luogo convenuto. A ragione quindi scri-
veva 11 gran GniAOio ^0 ' < moratoris utilitatem spectari, aestimarique
absurdum esset » e lui seguivano senza esitazione il Magnus '^^), il
BAOOVIO ^^), il WiSSENBAOH ""), PEOKOLT "^^i rHEINBOOIO "^j, il LU-k
Dovioi^^^), e molti altri. Si ammette che I'attore possa esigere Pintc-
resse solo nel caso, in cui egli sia state a motive della mora del con-
venuto private della utility a lui derivante dal luogo del pagamento.
Senonoh^ devesi considerare ^0 s^^ ^^ mora del creditore, come la
n. 6. — Strauch, Diss, de cond. de eo qiiod eerto loeo parte II sub subr. Of-
fidum judicis n. 28. — Cocceji, Jus civ, contr. h. t qa. 4. — E&imikohaus, Ad
eundem loc. cit. nota/.
72) L. 37 in fine D. mandnU [17, 1].
73) L. 173 J 2 D. fte div. reg. jur. [50, 17J.
^^) Traet. Ill ad Afric. ad L. 8 D. h. t
75) BaUon, el different, jur, civ, lib. I cap. 14. — Mb^rman, Thes. Ill pn-
gina 282.
76) Ad TreuUerum vol. I disp. XXIII th. IV lit C.
77) Exero, ad Pand. parte I disp. XXVI th. 9.
78) Camp. Pand. Tract, h. t 4 6.
79) Elem. iur. dv, sec ord. Pand, h. t $ 90.
80) Boctr, Pand. h. t 4 6.
81) Veggasi Schobman, Lekre vom SchadensersaUe (La dottrina del risarci-
mento dei danni) th. 2 pag. 16 e seg.
DE EO, QUOD CEBTO LOGO DABl OPOBTET. 139
mora del debitore in base ad egaali principii, e Yenulbjo dice in
modo esplioito nella L. 137 § 4 Dig. de verb, obi, (45, 1) assai concladente
< ...generalitercansamdifficQltatisadincommodam promissoris, nonad
impedimentom stipalatoris pertinere i . . . Eppertanto la disposizione
di OinsTifnANO che oi si oppone non pu6 essere interpretata altrimenti
islie per il caso, in cui era consegaenza della colpa del creditore, che
il pagamento nou fosse stato esegaito nel luogo convenuto ^^).
Solamente in questo caso h obbligo del giadice di tener conto nella
i'ondanna del convenuto del danno, che egli va a risentire per il cam-
biamento del Inogo di pagamento.
Per la ftssazione del danno non si i>ossono per5 stabilire regole
^enerali; ma il giadice deve valatare il danno in ogni singolo cas<»
^eoondo equity e pradenza, pereh^ non h variabile solo il valore dellc
merci secondo il laogo ed il tempo; ma altresl il corso del denaro.
Appunto x>er ci5 questa azione viene denominata nel miglior sense
€ actio arbitraria > dipendeudo qui la condanua del convenuto, spe-
•cialmente dalPequa investigazione del giudice^-')-
Non vi h quindi alcuii dubbio che nella determinazione delPinte-
.Tosseche in questo caso una parte deve risarcire alPaltra, sia da tener
<x>nto non solo del danno positivo emergente dal cambiamento del
luogo di pagamento; ma eziandio, in relazione alio stato delle cir-
costanze, del lucro per tal modo fktto x)erdere all'altra: come, per e-
«empio, se Fattore nel luogo dove si dovea pagargli il denaro, era
abituato a comperare con <]uesto delle merci ed a fame oommercio.
Per cio il giudice uon h nemmeno in tale caso vincolato precina-
iuente al tasso legale degli interessi.
^-) Veggasi Hubbk; Praelecl, in Pand. h. t. $ 3 in fine.
83) ^ 31 Inst, de €ieU (IV, 6). Alcunl opinano che anche in questa condktio,
come pure in altre azioni arbitrarie, sia preceduta una ingiunzione alia con*
ilemnaUo del convenuto. Perci6 la formula judicH in questa azione doveva
essere concepita seoondo Maqnus (in Meermann, tomo III pag. 285 capo 17),
nel seguente modo: a si paret Titium Maevio centum aureos Capuoe dare
oportere, neque ea pecunia arbitrio tuo solvatur, aut eo nomine satisfiat,
condemna eum d.
Antonio Fabbr per6 nella sua Opera de error, prag. dec. XC err. 2 e 3, e
Bachovio nel sue Tract, de oeL disp. VII p. II tb. 2, hanno diraostrato
cbe, secondo questa formula, Pazione avrebbo mancato corapletamente al suo
Hoopo.
140 LIBRO Xril, TITOLO IV, § 846.
Le seguenti leggi di qnesto titolo sanzionano in modo indubbio
quanto fa detto finora.
Ulpiano lib. 27 ad Edictum.
a) L. 2 Dig. h. t. <c Arbitraria actio utrinsque utilltatem ^) con-
tinet, tam actoris, quam rei.
c Qaodsi rei interest, minoris fit pecuniae condemnatio, qaam in-
tentatum est: ant si actons, maioris pecuniae fiat ».
&) L. 2 § 8 h. t. c Nunc de officio iudicis hujus actionis loquendum
est, utrum quantitati contractus debeat servire an vel excedere vel
minuere quantitatem debeat, ut si interfuisset rei Ephesi potius sol-
vere quam eo lod quo conveniebatur, ratio ejus haberetur. Julianus
Labeonis opinionem secutus etiam actoris habuit rationem, cujus in-
terdum potuit interesse Ephesi recipere: itaque utilitas quoque ac-
toris veniet. quid enim si ti^ajecticiam pecaniam ^^)dederit Ephesi reoep
turns, ubi sub poena debebat pecuniain vel sub pignoribus et distracta
pignora sunt vel poena commissa mora tnaf vel fisco aliquid debebatur
B4) Naturalmente ci6 deve interpretai*si solo nel sense che il giudice in
qnesta azione deve badare, quale delle due parti, Pattore od il convenato, soflra
danno per il mutamento del Inogo di pagamento. Percid dice la L. unica del Co-
dice, Ubi conveniat qui certo loco dare promis. Ill, 18: a in qua venit aesti-
matio, quod alterutrius interfuerit, suo loco prius. quam in eo, in quopecitur^
solvi D, e il CuJACio nota nel suo Tract, III ad Afrieanum ad L. 8 h. t.
che Vutriusque nella L. 2 pr. D. h. t. ha la stossa importaDza deWaUenUriu9
nella L. un. Cod. cit — G. Frantzke nel Comm. in Pan^h h. t. n. 16 crede
per6 che vi poesano essere dei casi, nei quali il giudice debba considerare
Pinteresse di am be le parti nello stesso tempo: da parte del coDvenuto, se,.
come di solito, h stato aggiunto il luogo di pagamento in sue favore: da
parte delPattore : o: si illius forsitan quoque intereit, sine mora solntionem
factam faisse i>. Si vede iacilmente che questa asserzione sta in relazione
colla opinione, secondo la quale al con venu to deve essere risarci to il van taggio
del luogo di pagamento, che ci sia mom o no; ma questa ^ stata gi& so]ira
oontrastata. Se non si fossero tutte e due le parti recate nel termine dovitto
sul luogo determinate di pagamento, allera cade Pinteresse ed il giudice
condaDua 11 convenuto selamente alia prestaziene della semma devuta.Vedi
Magkus in Mrebmann tome III lib. I cap. 14 in fine pag. 282.
85) TrajectUia pecunia indica in sense proprie quel capitale che il creditore
a suo pericelo ha prestato al di \k del mare. £ sempre dunque in questo
sense che devesi intendere un prestito, come le preva Pintiero titolo delle
Pandette de naulico foenore (XX EI, 2), e ci6 deve pure essere pre8upi>osi»
nella nostra legge.
DE EO, QUOD OEBTO LOOO DABI OPOBTET. 141
et res stipulatoris vilissimo distraota est? in hanc arbitrariam quod
interfuit veniet et quidem ultra legitimuin modum usurarum ^)« quid
si meroes solebat comparare: an et lucri ratio habeatur, non solius
damni? puto et lucri habendam rationem ^')9.
c) L. 3 Dig. h. t
Oajo, libro IX ad Ed. prov. c Ideo in arbitrium judicis refertur
haec actio, quia scinius, quam varia sint proetia rerum per singula^
dvitates regionesque, maxime vini olei frumeuti: pecuniarum quoque
licet videatur una et eadem potestas ubique osse, tamen aliis locis
fiftcilius et levibus usuris inveniuntur, aliis diflicilius et gravibus
usuris 9.
Ora si presenta la questione molto controversa, flno a qual punto
^) Ger. NooDT nel Comm. ad Dig, h. t. pag. 310 spiega questo cosi cbe
posea Pinterefise sorpassare anche le usurtB centesimae, Poich^ queete sarebbero
state Dominate iMurcB Ugiiimae, Per<^ le parole uUra 2ef/t(imMm modum usurarum
Togliono cerio dire soltanto che I'interesse loci non sia limitato precieamente
al limite legale di interease.
Del resto anche le usurcB nauHcce erano prima di Giustiniano (L. 26 ^ 1
Cod. de U8un) non ancora eentesinuB infinitee, Faidus SentenL Recep. lib. II
tit 15 $ 3. — Yedi Schulting ad Paidum (in iurisp. Antej, pag. 288 nota 13).
^') £ difficile in vero conciliare questo frammento colla legge ultima D. de
perh, et comm. rei vend, e la L. 21 $ 3 D. de oGtion. emii et vend,, come io ho
gij^ detto in altro laogo. Yedi la parte lY di questo Comnicntario ( 332
(Ediz, iioL lib. II ^ 332). I diversi tentativi dei giaristi in proposito vennero
esposti ed esamlnati estesamente molto bene dal consigliere Antonio Schoe-
MANN nella Dotirina del risarcimerUo dei daimi paite II pag. 102. Egli stesso
ha proposta una nuova maniera di conciliazione ; ma con quale fortunaf
(Yeggansi gli Annuari delta letleratura di Heidelberg anno I fasc. I pag. 87).
Se si confronta la L. 4 D. h. t. colla nostra L. 2 ^ ult. D. eod, si vede
chiaramente che la differenza fra un pagamento promesso non avyennto nel
termine fissato ed un pagamento pi-omesso non avvenuto nel luogo flssato
non k insi^^uiflcante. Yedi Ger. Noodt, de foenorc et ueuns lib. II cap. YL
— YoET, $ 6. — Jos. FiNBSTRES in HrrmoornianO) ad L. 19 D. de peric, et
comm, $ 10 pag 469 e segg.
Ora in nessnno degli altri passi non d dato un luogo di pagamento come
nella L. 2 ( ult. h. t.
L'asserzione che un luogo di pagamento nell'industria sia da presupportKi,
anche senza speciale accordo. sempre quale determinato, si giustifica diffi*
dlmente.
Noi non siamo adunque, mal grade i tentativi recenti, andati avanti di un
passo e sarebbero da vincere le difficoltA, die qai ci si mettono nella via.
142 LIBBO Xlir, TITOLO IV. § 846.
V(ictio arhitraria de eo quod oerto loco i)ossa esperirsi contro il fide-
jussore. Trattano di qiiesta dae notevoli frammenti di questo titolo,
la legge 8 e la legge 10 (ultima), le quali hanno presentato ai pi(t
oelebri commeutatori tante difficolt^, che non sono rimasti in dubbio
di annoverare, almeno la prima, 1. 8. fra le c damnatas leges Pandec-
tarum p o c cruoes Ictorum » ^).
Non si possono quindi lasciar passare senza esame.
a) 1. 8 Dig. h. t.
Afbioanus libro tertio quiiestionum <e Centum Gapuae dari stipu-
latus fidejussorem accepisti: ea pecunia ab eo similiter ut ab ipso
promissore peti debebit, id est ut, si alibi quam Gapuae x)etantur,
arbitraria agi debeat lisque tanti aestimetur, quanti eius vel actoris
interfiierit eam summam Gapuae potius quam alibi solvi. nee oportebit,
quod forte per reum steterit, quo minus tota centum Gapuae, solve-
rentur obligationem fideiussoris augeri: neque enim haec causa recte
comparabitur obligationi usurarum: ibi enim duae stipulationes sunt,
sio autem ima pecuniae creditae est, circa cujus exsecutionem aesti*
mationis ratio arbitrio iudicis cominittitur, eiusque dififerentiae manifo-
stissimum argumentum esse puto, quod, si post moram factam pars
pecuniae soluta sit et reliquum petatur, officium iudicis tale essede
beat, ut aestimet quanti actoris intersit eam dumtaxat summam quae
petetur Gapuae solutum esse ».
b) 1. 10 Dig. h. t.
Paulus libro quarto quaestionam. « Si x>ost moram lactam, quo
minus Gapuae solveretur, cum arbitraria vellet agi^re, fideiussor ac-
oeptus sit eius actionis nomine videamus, ne ea pecunia, quae ex sen-
tentia iudicis accedere potest, non debeatur nee sit in obligatione, adeo
ut nunc quoque sorte soluta vel si Gapuae petatur, arbitrium iudicis
cesset: nisi si quis dicat, si index centum et viginti coudemnare de-
buerit, centum solutis ex universitate, tam ex sorte quam ex poena
solutum videri, ut supersit petitio eius quod excedit sortem, et accedat
poena pro eadem quantitate. quod non puto admittendum, tanto
inagis, quod creditor accipiendo pecuniam etiam remisisse poenam
videtur ».
^^) Vedi CoFD. Van £ck, (hmmentat, tun'd, de septeni damnatis Legib, P. seu
Crucibus Ictor. rec, Halae 1766 cap. 'J.
DB BO, QUOD OEBTO LOCK) DAEI OPOBTBT. 143
Facendo au accurato raffronto fra le due leggi troviamo in esse
considerate dne f^sittispecie diverse. Nella legge 8 il creditx>re aveva
volato ohe il debitore, il quale gli aveva proinesso di pagare una certa
Homma a Oapua, presentasse un fidejussore fino da principio a ga-
ranzia del sue oredito e quindi anoora^prima che si fosse verificata
la mora.
]Sel1r^ ]egge 10, per eon verso, il ftdejussore viene accettato soltauto
dopo avvenuta la mora del debitore, quando cio^ il creditore inten-
deva procedere contro il debitore a actione arbitraria » e questi pre-
senta il fidejussore precisamente alio scopo di evitare la prooedura.
£i adunque del tutto inesattx) il parere di Gujagio ^^) che la spie-
gazione pid dettagliata della legge 8 sia da dedursi dalla legge ul-
tima D. h. t. e che si debba ravvisare anche nella legge 8 la fatti-
specie deirintervento del Mejussore solo dopo avvenuta la mora del
debitore in vista della azione arbitraria. Poich^, come mai avrebbe
l>otuto sorgere il dubbio, che Vaotio arbitraria avesse luogo contro il
tidejussore, se egli stesso in vista di questa azione fosse stato accettato,.
come giustamente Antonio Fabbo ^) oppone al Cujaoio?
Questo resulta per6 chiaramente da tutti due i frammenti ; che tanto
11 garante, quanto U debitore principale possono essere chiamati in
giudizio coUa condictio de eo quod certo looo.
Poich^ anche nan contando, come dice Ulpiano'^^), che 11 fidejus-
sore subentra nel posto del debitore principale, sarebbe reso illusorio
tutto lo scopo della garanzia, se il fldejussore non potesse essere chia-
mato in giudizio anche in un altro luogo, oltre quelle convenuto quale
luogo di pagamento. Si supponga, per esempio, che il fidejussore non.
si lasci trovare e nemmeno il debitore principale nel luogo di paga-
mento. In questo caso devesi procedere anche contro il fidejussors
coUa ixmdiotio de eo quod oerto looo.
Gome per5 il debitore, se egli stesso viene chiamato in giudizio col-
Pazione arbitraria, pub diffalcare Tinteresse, quando egli sia stato
private dall'attore della utility a lui derivante dal luogo di paga-
Tract. Ill ad Afric ad L. 8 h. t.
«0) Bation. in Panl. ad L. 8 h. t. pag. 482.
»i) L. 4 * 1 D. de fidcj.
144 LIBRO XIII, TITOLO IV, § 846.
mento coDvenuto a suo favore; oosl pure anche il fidejussore deve
poter mettere in oonto il danno, che egli va a sopportare per essere
atato chiamato in giudizio in un altro luogo da quello determinato
per il pagamento.
Perch^ il luogo di pagamento, che venne soelto dal debitore prin-
cipale, rimane altresi a i^vore del garante ^},
Per con verso il fidejussore, se il pagamento non avvenne per sua
colpa nel luogo destinato, deve alia sua volta risarcire I'interesse al
oreditore. Tutto ci5 mettono fuori di dubbio le parole del principium
della legge 8 h. t.
Ma come avviene che, nel caso, in cui senza colpa, n^ del fidejussore,
nh del debitore, la somma dovuta non sia stata pagata nel luogo fis-
«ato per contratto e da ci5 il creditore sia stato danneggiato, il fide-
jussore sia tenuto di risarcire al creditore, oltre il debito principale,
oggetto della garanzia prestata, anche questo dannof
ApaiOANO decide negativamente questa questione, nel caso di cui
tratta la legge 8 h. t. con parole chiare, perch^ egli dice c nee opor-
tebit, quod forte per reum steterit, quominus tota centum Gapuae
solverentur, obligationem fidejussoris augeri ».
6 del resto una regola nota che il ritardo del debitore principale
sia dannoso anche al garante ^). Perb questa regola non ist^ contro
in questo caso.
Essa vale solamente I) se si tratta della continuazione delPobbligo
del fidejussore, il quale deve garantire, anche se la cosa dovuta do-
vesse perire dopo la mora del debitore ^^); II) se trattandosi di una
-ohligatio honae fidei fu prestata garanzia, ad esempio, per un debito
4i fitto, o per il prezzo di una cosa compra-venduta e precisamente
in omnem eatLScm,
In questi casi il fidejussore, anche se viene chiamato in giudizio,
98) Nei Basilici t III, lib. XXIV, tit 9 Const 8 pag. 575 si dice: e«v i/yu^T^ifi
Si fidejusBor arbitraria conveniatar; spectatar, et quid ejus intersit, et quid
7ei principalis.
93) L. 88 D. de verb, oblig.; L. 24 i I T>. de usur.
9*) L. 49 pr., L. 91 M I>. ^ verb, oblig.; L. 58 4 1 D. de fidej.
DE BO, QUOD OBBTO LOCO DA.BI OPOBTET. 145
oome tale, actume ex stipulatu, puo essere oondannato nell'iDteresse
prodotto dal ritardo tanto quanto il debitore prindpale ''^^).
Ora nel case, di cai scrive Afbioano, la fldejassione yenne acoor-
data relativamente ad una ohligatio strioti juris.
Qui I'obbligo del MQJussore non si estende che fiiio al limite del
debito principale, per il quale egli ha prestato garanzia.
Opera dunque la mora del debitore cosl che questi, anohe se yiene
ehiamatoin giudiziocoll'azione arbitraria, possa esaere oondannato o;^l<m>
iudicis oltre che al capitale, anche alia prestazione dell'interesse; ma essa
non produce la conseguenza che anche il fidejussore possa essere te-
nuto a rispondere delPlnteresse. Quest! garantisce solo per 11 capitale,
poioh^ questo costituisce Foggetto dell'obbligazione. L'interesse non
h stipulate, non h adunque compreso nelPobbligazione, per la quale
11 fidejussore ha prestato garanzia.
£i bensl giusto che, se per il oaso di ritardo fhrono stipulati inte-
ressi, il fidejussore debba garantire anche per questi.
Ma da cio non deriva che il fidejussore garantisoa anche per Pin-
teresse prodotto dal ritardo.
Poioh^ in quel case si contemplano, come dice Afbioano, due sti-
pulazioni, Tuna -per il capitale, Taltra per gli interessi. Non yiene
percid esteso Tobbligo del fidejussore in causa del ritardo del debitore,
perch^ gli interessi stipulati per il case del ritardo qui appartengono
al debito principale.
Inyece nel case, del quale qui si tiene parola, esiste una sola
ohligatio, cio^ I'obbligazione di pagare una certa somma in un luogo
fissato.
Per questo solo garantisce il fidejussore.
La prestazione dellMnteresse, perch^ il pagamento non ayyenne nel
luogo determinate, e percio yiene chiesto iu giudizio in un terzo luogo^
sta fuori dei limiti delVobligatio e yiene rimesso alVuffioio ed al savio
95) L. 51 pr. D. Locati: « Usur® enirn in bonsd fldei iudiciis, etsi non
tarn ex obligatione proficiscantar, qaain ex officio indicis applicentar, tamen
cum fidejussor in omnem causam se applicuit, aequum videtur, ipsum quoque
agnoscere onus usurarum ». E cosi la h. 5 C de pacL inter, emL Si vegga
anche Van Eck, cit. IHss. cit. cap. 4 $ 6. — Perez, Frcelect ,hi Ood, lib. Ill 1. 18
n. 11, e Bachovio ad TreuUer, vol. I disp. 23 th. 5 lettere D e E.
GlUcK, Comm. Pandett9 — Lib. XIII. 19
146 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
ciJterio del giudioe. Per ci6 adunque il fidejassote non garantiace, af-
finch^ il 8ao obbligo non veaga aumentato contro la sua volont4 in
causa del ritardo del debitx)re.
Per I'ulteriore motivazione di questa decisione, aggiunge Afbioano,
che la dififerenza, se si abbia da esigere qualohe oosa esb iure ohliga-
tionis o Bolameute ex officio judiciSj non 6 senza importanza, come re-
sulta da cib che avviene, se dopo la mora h stata pagata una parte
del debito ed il creditore procede per il residue « actione arbitraria >.
In questo case per I'importo pagato non pub essere chiesto nessun
ulteriore interesse lod, perch^ riguardo ad esse si h estinta Fobbli-
gazioue e I'azione^ma nondimeno, finch^ il debito non yiene totalmente
soddisfatto, si tiene conto del danno, che il creditore va a soffrire a
motiyo che neppure il residue h state pagato nel luogo di pagamento
convenuto "^y
Molto pid difficile h pero Paltro case, di cui tratta la legge ult
Big. h. t. In questo case il fldejussore era intervenuto solamente dopo
avvenuta la mora del debitore e predsamente accettato in vista del-
I'azione arbitraria, colla quale il creditore era in procinto di procedere
contro 11 debitore.
Si immagini qui la seguente fattispecie: 11 debitore non comparlsce
alia scadenza nel luogo fissato col promesso pagameuto. n creditore
intende quindi procedere contro di lui al suo domicilio c actione ar-
bitraria » per rinteresse. Interviene perb un terzo ed induce il credi-
tore a desistere dalla procedura, assicurandogli che egli gli garan-
tisce di bel nuovo, che riceveri\ il denaro proprio nel luogo di
pagamento convenuto.
Se malgrado ci5 non fosse avvenuto 11 pagamento e se il creditore
ora si rivolgesse al fldejussore QolVactio arbitraria^ non potrebbe egli
almeno in questo case esigere dal fidejussore lo stesso risarcimento
9Q) Vedi VoET, Comm. ad Pand., h. t. § 3. — Noodt, Gomm. ad Dig. h. t
pag. 310 eseg. ^ Exposui. — Magnus, Ration, et different, iur. dv, lib. I c 19
in Meerman torn. Ill pag. 288. — Huber, Eunomia Bom, ad L. 8 D. h. t.
pag. 532 e sag., e Id Prcelect, ad Pand, h. t ^ 5. — PACiug, Evavrtoj^av. Centur.
IV Qu. 32. — Struv, Synt, iur. civ. Exercit. XIX th. 73. — Boegkblmanit,
Comm. in Dig. h. t. $ 7. — Faber, Ration, in Pand. ad L. 8 h. t — Labit-
Tus tit Usu iudi<^8 Pandectar. cap. Ill $ 39 in Wieling, Jurisprud, restUufa
tome II pag. 65 e seg., e Pothier, Pand. Justin, h. t. n. XII note e-f.
DB BO, QUOD OERTO LOOO DABI OPOBTET. 147
di danno, al qaale il debltore medesimo sarebbe stato oondannata,
se egli avesse promosso la sua azione oontro di quest! t Si dovrebbe
eredere ohe oi5 non aminetta dabbio di sorta. La formula stessa
della stipulazione sembra contenere in sh che 11 fidejussore debba ga-
rantire per tutto ci5 che il creditore in forza delVctctio arhitraria avrebbe
potnto esigere dallo stesso debitore, perch^ il fidejussore ha prestato
garanzia in vista di questa azione.
CSb affermano anohe di fatto Cujacio ^); Magnus ^^); e Stbuvio ^).
lo dubito perb che questa opinione sia conforme al parere di Paolo
nella legge ultima Dig. h. t.
Le parole: c videamus, ne ea pecunia, quae ex sententia iudicis ao-
cedere potest, non debeatur, nee sit in obligatione > sono certamente
osonre e sembrano piuttosto contenere un semplice quesito, anzichb
Bna decisione, come lo crede pure Accubsio.
Se oonfrontiamo poi ci5 ooi Basilic! ^^) troviamo che queste parole
sono completamente ommesse dalPautore degli stessi. Eav psra vTzipjevLv,
iyyyvjrhv "^idSri 6 ensptarrivati em rvii xp^iTpy.pLxc, ei IdSri to ynfilxiov^ * hocyiyn
ono'j y.xT0ip\n3'^vxt (rvvedo^sv, n w; aovov to -/.s^akMOv 6 ivxyourjo; y.3cTa^£y.ao".5>7,
dvMpsiTxt vf Ty ^iz^ipovzoi [MS^oBecot, Szyr^otjLSvo; yip to /.vj/xXxiov^ SoAsi (T'jyyjfipzlv
Thy 7rotvi7v, i, e. « Si post moram factam fldejussorem acoeperit stipu-
lator arbitrariae actionis nomine, si acceperit sortem, vel ibi petatur,
ubi solvi placuit: vel si in sortem tautum reus condemnatus sit,
nsurarum petitio cessat: nam qui sortem accipit, poenam remittere
videtur i».
Sembra quindi non esistere quasi nessun ulteriore dnbbio che la
decisione della questione sia conteuuta. solamente nelle parole sus-
segnenti.
Se poi in base a queste debba cadere Varhitrium judicis solo quando
il creditore ha accettato il capitale dovuto senza riserva o lo ha do-
mandato giudizialmente nel luogo di pagamento convenuto, sembra
ne result! la condusione da sb stessa, ch^ nel caso contrario quando
97) Tract III ad African, ad L. 8 D. h. t.
93) Bation. et Different, iur. dv. lib. I cap. 20 in Meeeman, t III pa-
gina 290 e seg.
W) SyjU. iur. civ. Exercit XVIII th. 73 in fine.
100) Tome III lib. XXIV tit 9 Const. 10 pag. 575.
148 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 846.
il fidejassore venga chiamato in giadizio in iin altro luogo coll'azione
arbitraria, egli come il debitore prindpale possa essere tenuto di ri-
sarcire I'interesse al creditore, anche nella ipotesi che llnteresse non
Bia compreso nella obbligazione stessa, do^ nell'oggetto sMpolato.
Pero ohi ha imparato a oonoscere dai libri QtMestionum di Paolo il
modo modesto, col quale Egli, nella discossione delle oontroversie
civili, esprime la sua opinione ^) non potr& oerto ricusare il sue plauso
ad un Ebancesco Duabenio ^) ; ad nn Antonio Fabeb ^) ed a Oeb.
I^OOBT *) se qnesti grandi oommentatori interpretano le parole c yi-
deamus, ne ea pecunia eco. » in conformity alio spirito di Paolo e
secondo il modo di parlare adatto alia saa modestia '^) e che cio^
questo giureconsulto romano abbia yoluto, con quelle, proferire la
massima legale € il fidejussore anche se egli avessein vista delPoch'o
arhitraria prestato la sua garanzia pure non risponde, se egli stesso
non viene colpito con questa azione, delPinteresse, che avrebbe potuto
essere aggiudicato dal giudice al creditore in oonseguenza della mora
del debitore se fosse stata contro di questi esperita V<ictio arhi^
traria e precisamente per il motive che questo interesse non si ri-
ferisce BiVobligatio del debitore, per la quale S9la la garanzia fu pro-
stata ».
Solamente ci5 che h stato stipulate, forma I'oggetto dell'obbli-
gazione.
Ora h stipulate solamente che la somma dovuta venga pagata nel
luogo fissato.
Quelle che oltre a ci6 il giudice pub aggiudicare al creditore, non
h stato incluso nella stipulazione; ma ^ un aocessorio, di cui il credi-
tore deve essere grato all'ufftcio judicis e non appartiene pertanto
all'obbligazione, per la quale il fidejussore h stato acoettato.
Paulus conferma la sua opinione coi seguenti motivi: anzitutto, se
al creditore spettasse I'interesse iure ohligationis, lo si potrebbe pur
1) Vedi Brissonio, de verb, signif. v. Videre.
2) ChmmenU ad h, tit. cap. IV Operum pag. 927.
3) BaJHoncd. in Fand, ad L. alt. D. h. t.
^) Gomment ad Dig. h, U ^ Ntsi molesta eriU Oper, tomo II pag. 311.
^) Vedi Gott Mascovii, Orat, de modestia veterum letorunu Harderovici 17*^
et rec. Lipsiae 1741, 4.
DE EO, QUOD OEBTO LOCO DABI OPOBTBT. 149
sempre esigere anche se il debito stipulato fosse gi& pagato: questo
per5 non h il caso nelPazione arbitraria. Foiohd se anche soltanto
adesso, dopoch^ ormai, in vista di questa azione, fa aoeettato an fide-
jQSSore, fosse pagato il oapitale dovato, e preoisamente non dal flde-
jassore, ma dal debitore stesso, che era gidi in mora; nnllameno
Varbiirium judids yien meno, doh non si potrebbe esigere olteriore
interesse; ma il giadice dovrebbe assolvere il conyennto, se egli x>erci5
ayesse yoluto essere tratto in giadizio,e tanto piil donqae il fidejus-
sore se anche questi fosse stato citato adione arbitraria, Poich^ non
appena col pa^amento del debito cessa I'azione, non pa5 pin aver
laogo Voffioium jtidioia.
In secondo laogo, se il creditore, avvenuta la mora del debitore,
ed awenata racceitazione del fidejossore, domandaya gindizialmente
il capitale dovato nel laogo di pagamento fissato, avrebbe solamente
I laogo V actio directa.
Gome qai cessa ogni arhitrium judicis, cosi non si prende in consi-
derazione alcan alteriore interesse ^).
Oerto perb non si dovrebbe assolvere il debitore dalla prestazione
di qaesto, se il creditore avesse da esigere Tinteresse iure ohligationia.
Da ambedae gli argomenti resalta adanqae chiaramente che I'in-
teresse, che il creditore, in caasa della mora del debitore, il quale
non esegul il pagamento nel laogo fissato, avrebbe potato esigere
dal debitore stesso coU'azione arbitraria, non appartiene n^ all'obbli-
gazione del fidejassore, n^ a qaella del debitore principale.
Si potr^ bensl obbiettare, che nel caso, in cai il giadice avesse do-
vato condannare U debitore, che era in debito di dare solo 100 fiorini,
a pagare ana somma di 125 fiorini per Tinteresse; se farono pagati
100 fiorini della intiera somma, debbansi qaesti diffalcare da capitale
ed interessi. Non si dovrebbe danqae esigere altro che il residao.
Ma Paolo non ammette ci5, e preoisamente per il motive che il
creditore, qaando ha accettato 11 denaro senza riserva, ha rinanziato
tp.oitamente al risarcimento del danno, che poteva chiedere *).
6) L. 4 pr. D. h. t.
') Oltra alle opere indicate nella prima Appendice al § 845 si coDSulteranno con
prodtto BulPargomento 1« seguenti :
150 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 847.
§ 847.
Quid iarls se e atata promessa una prwtaaione in piit ltu>gk% f Quid se
qtuiUmno ha stipulato ohe 8i dovease fare il pagamento nel luogo d&-
terminato a lui o ad un terzof Quando si estingue T actio arhi-
trariaf
Qaando souo convenuti piti laoghi di pagamento, le leg^i distin-
guono due casi:
1) II caso in cni i luoghi di pagamento sono piecisati congiun-
tamente ed allora il creditore pud agire coll'azlone diretta in ognuno
dei luoghi soltanto per la met^ del pagamento dovuto. Se egli pero
procede in uno dei due luoghi od in un terzo luogo per Piutiero, cib
allora deve essere eseguito coWactio arhitraria e viene in coiisidera-
zione Vinteresse hci che h da determinarsi secondo Tequo criterio del
giudice. Di questo oaso tratta la legge 2 § 4 D. h. t. € Si qui^ ita
stipulatur Ephesi et Capuae, hoc ait '') ut Ephesi partem et Gapuae
partem petat i> ^) {vedi nota a pag. seg.).
'7) Gobi la lezione Fiorentina. L^Aloandro invece e il Baudoza hanno
hoc agit, come si legge nel noBtro manoscritto di Eklanga, la quale lezione
C. F. Rbatz, Die Lehre 90Tn Erfullungsort (La dottrina del luogo di adempimentQ)
Giessen 1862. — Ai.brecht, Ueber das Motiv de* forum contractus ^Sul motive del foro
del contratto) Wiirzburg 1845. — Sghbrbaum, de loooMolutionis, Dissert. Halle 1705. —
H. Dernburo, Pandekten. Berlin 1886 vol. II §33 f). 91 seg. — Otto Wbndt, Ztf^r&ticA
der Pandekten (Manuals delle Pandette) Jena 1888 § 221 p. 536 e seg. — Arndts^Se-
RAFiNi, Trattato delle Pandette vol. II ediz. Ill 1880 § 221 e note relative. — Wind-
SCHBID, Diritto delle Pandette (Trad, ital.) Torino 1893 vol. II § 282 p. 108 e seg. —
MoiiysBN, BeitrAge zutn Ohligationenrecht ^Contributi al diritto delle obbligazioni)
parte III. Braunschweig 1855. — Mbistbr, Legia centum Capuae unius legumejs or-
dine qvtas ajehant damnaiarum. recitationem noviseimam instituit, Vratislav 1812. —
RuooiBRi, Be obligationibus. Roma 1872 § 31. — Schuppbr, II diritto delle obbliga-
zioni. Padova 1868 p. 234-235. — Saviqny, Sistema^ ecc. trad. Guenoux. Paris vol. VIII
S§ 370-371; Dir, delle obblig. § 49 (tra«l. Hippert) Parigi 1873. — Gruchot, Die Lehre
von der Zahlung der Q-eldsohuld (La teoria del pagamento del debito di denaro).
Berlin 1871. — Lbnbl, Palingeneeia juris civilis vol. I. Lipsia 1888. — Iherino nei
suoi Jahrbiich0r fur die Dogmatik des heutigen rdmischen und deutschen Prioat-
rechts (Annali per la dogmaiica deirodierno diritto romano e del diritto privato ted.)
vol. IV n. V. — Ryck, Die Lehre von den SohuldverhAltnissen nach gemeinem deiU-
Mchen Recht (La teoria delle obbligazioni secondo il dir. comune ted.) Berlin 1889.
DE EO, QUOD OERTO LOCO DABI OPORTET. 151
2) Quando i Inoghi di pagamento sonp determiaati in modo al-*
temativo. In questo caso possono oonoepirsi altre due ipotesi:
a) £ la stessa cosa oke deve esaere dataonell'uno onelPaltro
laogo.
Qui si tratta anzitatto di sapere a favore di chi sia ayvenuta la
determinazione alternativa. Questi ha allora il diritto di soelta. Faori
di ci6 11 debitore pub soegliere in quale dei nominati luoghi egli in-
tende di pagare, ma se ritarda e lascia ohe il creditore prooeda, al-
lora h questi che esercita il diritto di soegliere il luogo, nel quale
egli yuole esigere il pagamento. Quando perb il oreditore prooede in
nno dei due luoghi, allora b suffioiente Vaotio directa; se viceversa
egli procede in un teraso luogo, allora egli deve seryirsi, ooUa indi-
cazione del luogo di pagamento determinato, dell'octto arbUraria. Di
questo caso tratta la 1. 2 § 3 D. h. t., la quale b stata gi& sopra in*
terpretata (pag. 122).
b) Sono cose diverse, le quali vennero promesse alternativamente
Puna in questo, I'altra in quel luogo. Anche in questo caso il debi-
tore ha da principio il diritto di soelta; questo diritto perb passa nel
creditore avvenuta la mora del debitore : ma nb il creditore, nb il
debitore pub sciogliere Paltemativa.
Se poi 11 creditore procede in un torzo luogo, cib deve avvenire
coll'oetio arbitraria ed il diritto di soelta deve essere lasciato al de->
bitore % Quando venne pattuito che Poggetto promesso debba pre-
starsi alio stipulatore o ad un terzo nel luogo detorminato, un'azione
ha solamento lo stipulatore in base alia severity del diritto e non ha
b approvata in modo speciale da Gtor. Noodt, Gomm, ad dig. h. t, $ A nn-
meri led pag. 308 in f. Egli spiega la frase hoc agit nel senso di eius pro-
positum est.
^) La parola pars, in mancanza di altra determinazione, eeprime sempre
la metA di un dato intiero. L. 164 $ 1 Ulp. (lib. XV ad Sabin.) D. de Verb,
sigmf. L. 16; L. 43 (Ulp. lib. VII Begid.) D. de usufr. VII, 1. Se si agisce
coU'asione arbitraria per Pintiero in uno dei due laogbi di pagamento, al-
lora h da valatare solo Pinteresse ai rignardi di quel luogo, dove avrebbe
dovuto essere eseguita Paltra met& del la prestazione oonvenuta. Vedi Ant.
Fabro, Bationalia in Pand. ad leg. 2 M !)• h. t p. 465 e Ger. Noodt, Gomvu.
ad Dig. h. t. p. 309.
9) VoET, Gomm. ad Pandedas h. t. $ 4.
152 LIBRO Xlir, TITOIX) IV, § 847.
azione il terzo ^^): 11 promittente per5 pa5 efifetfeuare il pagamento al
terzo ^*).
Gio h avvenato o seoohdo la stipulazione ael luogo determinato di
pagamento ed allora si estingue Vactio ex atipulatu di pieno diritto,
i'obbligazione ^ adempiuta; oppure h avvenuto il pagamento in altro
luogo da quello stabilito nel oontratto ed allora il promittente dalla
sua obbligazione non vieue yeramente liberato per la severity del di-
ritto: lo stipolatore dunque pub prooedere contro di lui.
Ora potrebbe bensl il promittente obbiettare alPattore cheegli ba
eflPettnato il pagamento sAVadjectua ^^), ma I'attore potrebbe replicargli
ohe V€tdjeotu8 solutioni ^ da considerarsi solamente quale mandatario
€ quindi ohe ha ecoeduto i limiti dellMnoarioo, peroh^ ha accettato
11 pagamento oontro la formula della stipula^one in un altro luogo.
Egli pub adunque per questa via chiedere almeno un risarcimento
dell'interesse. Questo e quanto Ulpijlno nella legge 2 § 7 D. h. t.
cita da Oiuliano quando Egli scrive:
c Idem JULIANUS tractat, an is, qui Ephesi sibi ant Titio dari
stipulatus est, si alibi Titio solvatur, nihilominus possit intendere,
sibi dari oportere. Et JuLiiiNns scribit, liberatione non contigisse,
atque ideo posse peti, quod interest. Mabgellus autem et alias
tractat et apud Julianum notat, posse dici, et si mihi alibi solvatur,
iiberationem oontigisse, quamvis invitus accipere non oogar; plane
si non contigit liberatio, dicendum ait, suiieresse i>etitionem integrae
summae, quemadmodum si quis insulam alibi fecisset, quam ubi pro-
miserat, in nihilum liberaretur. Sed mihi videtur summae solutio
distare a fabrica insulae et ideo quod interest solum petendum >.
10) Del terzo le leggi dicouo: solutionis tantum causa adiectus est. L. 28
(MAKCiANuSy lib. IV Regu!,) D. de fideiuss, XLVI, 1 ; L. 98 $ 5 (Paulub,
lib. XV Quaest) D. de solute XLVI, 3. Egli viene coneiderato come un man-
datario dello Btipnlatore. Inst de iniUil, stipul. III 19$ 4; L. 131 $1 (Scae^
VOLA, lib. XIII Quaest.) D. de verb, obi XLV, 1 j L. f»8 $ 5 in f. D. de solut.
XLVI, 3 combinata con la L. 12 ^ 1 (TJlp., lib, XXX ad Sab,) de solut. XLVI, 3.
— V. Greg. Maiansii, Diss, de adiecio solutionis gratia (torn. I Disput. itts. dv.
disp. VIII, p. 142 Beg.).
»i) L. 7 M (Ulp., lib. XXVII ad Edictum) D. de constit. pecun. XIII, 5-
L. 10 (Faulus, lib. IV ad 8abin.) D. de solution. XLVI, 3.
12; L. 30 (Faulus, lib. II Sentent.) D. de const pec. XIII, 5.
D£ EO, QUOD CERTO LOOO DABI OPOBTET. 153
Si rileva da questa legge che Maboello era d'altra opinione.
Qaesti afferma che 8e al oreditore stesso viene esegaito il pagamento
in luogo diverse del convenato ed egli lo aceelto senza riserva, iu
allora il debitore yiene oo^ liberato dal sao obbligo ; ma che se egli
paga il denaro M'lidjeotus in altro luogo, da quello nei quale avrebbe
dovuto essere effettuato 11 pagamento in base alia stipulazione, iu
questo modo egli nofl si soioglie dal buo obbligo e tanto meuo si li-
bererebbe dall'impeguo assuuto chi a mo^ di esempio oostruisse una
casa in luogo diverse da quello, iiel quale a norma del contratto
ayrebbe la casa dovuto essere costruita. Se pertanto 11 debitore non
vieue liberato rimaue al creditore il diritto sulla intiera somma. Ma
Ulpiano con testa questa opiuione a motive che esisteuuadifferenza
fra il pagamento di uua somma e la fabbrioa di una casa e concorda
peroib coUa opinione di Oiuliano che il creditore non possaesigere
la intiera somma, ma solamente Pinteresse loci.
L'asione che spetta al creditore a questo scope non h altro che
Fazione arbitraria ^^j.
La condictio de eo quod certo loco si estingue:
1) quando si procede nel luogo detenninato di pagamento ^')>
2) quando il creditore acoetta volontariamente il pagamento in
altro luogo e senza protesta, perch^ in tal modo ha perduto il diritto
di esigere il risarcimento dei danni ^^) ;
3) quando il giudice rimanda Pattore al luogo determinate ed
assolve il convenuto verso la prestazione di cauzione. La equity che
il giudice, specialmente in questa azione, deve seguire quale linea
di condotta, necessita qualche volta tale procedimento. Poich^, per
esempio, puo darsi che il debitore abbia gi^ depositato il denaro nel
luogo di pagamento determinate o che gli sia piil facile eseguire
13) Vedi Ant. Fabko, RationaL in Pand. ad ^ 7 leg. 2 D. h. t. p. 469; Ger.
NooDT, Comm. ad dig. h. t. p. 809 $ 3 subveni. — Joh. Voet, Chmm.iH Pand.
b. t. ^ 7 e Greg. Majanbii, Diap. de adieoio soUU. gratia (vol. I IH»puU iur.
civ. Disp. VI I M 26 p. 160).
14) L. 4 pr. (Ulp., lib. XXVII ad Edic.) h. t. XIII, 4.
i">) L. ult. (Paul., lib. IV Qtiaesl.) D. h. t. XIII, 4. — V. il Ladteubach,
CoUeg. tlicor, pract. Pan I, h. t. ^11 e db CocoifiJi, iur. civ. conlrov. b. t.
qu. 6.
GLiicx. Comm. Pandelte. — Lib. XIII. '20
154 LIBBO Xin, TITOLO IV, § 847.
il pagamento qui piuttosto che altrove. In questo oaso il giudioe aon
pub molestare ulteriormente il debitord al di l^diqaanto lo esige il
risaroimento da prestarsi al creditore.
A ci5 8l riferisoe il passo di Ulpiano, libro 27 ctd Edictum, nella
legge 4 § 1 D. h. t. <c interdum iudex, qui ex hac aotione oognosoit,
cum Bit arbitraria, absolvere renm debet, oautione ab eo exacta de
pecunia ibi solvenda, ubi promissa est ^^). Quid enim si ibi re] oblata
peounia actori dioatnr, yel deposita, vel ex fkcili solvenda? Nonne
debeblt interdum absolveret In Summa, aequitatem quoque ante
oculos habere debet index, qui liuic actioni addiotus est i i*^).
1^) Ant. Fabko (EtUion. in Fand, ad L. 4 ^ 1 D. h. t e OonjecL iur. civ.
Lib. XV c. 2 pag. 484) ritiene queste parole coetitaiscano una interpolazione
di Triboniaxo, eebbene egli riconosca del resto la equitA di assolyere il oon-
venuto per i motivi sopra indicati. Non gli sembra per6 eyidente la neoes-
ait^ della prestazione di una oaazioiie. Ma che qaesta sia realmente neces*
saria, resnlta da oi6 che, se il convenato h assolto dal gludizio, non com-
pete pill airattore alcana actio iudicati contro il convenato: si opporrebbe
alio eeperimento della prima azione VexcepUo ret iudicatae. Bensl non viene
promossa nel laogo del pagamento Vactio arbitrmia, ma Vaetio directOy e so-
lamente dalla prima sarebbe aseolato il convenato. Per6 Pazione arbitraria
non ^ che una aggianta deirazione principale e per di piii Peccezione della
coea giadicata ha laogo qaando si chiede lo stesso oggetto, sebbene eon
azionl diverse. L. 5 (Ulp., lib. LXXIV ad Edict.) D. de except, rei iud*
XLIV, 2). Finalmente non ^ aiiktto insolito che al convenato venga imposta
la prestazione di una caazione, se deve essere liberato dall'azione contro di
lai intentata. Yedi L. 16 $ 3 (Margianus, libro singul, ad formul, hypoth) D.
dd pignor. XX, 1 ; L. 47 ^ 3 (Ulp., libro XXII ad Salh) e L. 69 ^ 5 (aAius,
libro II de legatis ad Ed. PraeL) D. de legalis I; L. 14 $$ 5 e 11 (Ulp.,
libro XI ad EdicL) D. quod metus causa IV, 2; L. 21 (Paul., libro XXI ad
Edict.) D. de rei vind. VI, 1 ; L. 16 (Ulp., libro XV ad Edict.) D. de henuL
peL V, 3; L. 25 ^ 3 (Paul., libro XXXVI adEdic(.)D. solido matr. XXIV, 3;
L. 2M 3 (Ulp., libro I ad Ed. cur.) D. de aedU. ed. XXI, 1; L. 5 $ ult.
(Ulp., libro XXIV ad Ed.) D. ad ex. Lib. X, 4; L. 5 M 2 e 3 (Ulp., libro II
Dispul.) D. de condict, causa data XII, 4; L. 8 ^ ult. (Ulp., libro XXXI ad
Ed.) D. Mandati XVII, 1. £! appunto queilo che fu gik osservato dal Cuiagio,
lib. XXI Observ. cap. 30. — Vedi anche Giust Metbk, ev^o«wv, lustinian. s.
THspiU. apol. iur, civ, Deoad. IV capo 7, 11 quale ha confutato estesamente
Ant. Fabuo.
1*^) Fr. DuARBNO, Comm. ad h. t. cap. 2 (a pag. 925 delle sae Opera omnia)
opina che in laogo di addictus si debbti leggere addiiusj perch^ gli antichi
dicevano addere iudicem iudicio (L. 39 pr. Papinian., libn> III Quaest. D. de
iudioHs V, I). Perci6 anche lo Haloandro legge addiiusest. Ma una variante
DE BO, QUOD CKRTO LOGO DABJ OPOETBT. 165
§ 848.
Uso odierno di questa oondiotio.
SulPaso odierno della oondictio de eo q. c. I. si pronunziano in modo
molto vario i nostri giureoonsalti pratioi. Alcuni la considerauo oos)
nota ohe su essa non possa farsi alouna qaestione. Si oonfrontinoy
per eaempio, Lautebbaoh ^^) e Schmidt ^^).
QuiBiNO SoHAOHEB ^) oi d^ persiuo an formulario per la reda-
zione del libello. Altri al oontrario dubitano in via assolata delPuti-
lit^ odierna di questa azione, peroh^ glistessi Bomani la ritenevano
inutile nei negozii di buona fede; ma quelle azioni cbeper i Bomani
erano sirioti juris non sarebbero piti oggidl diverse dalle azioni di
buona fede.
Gosi BOEHMBB 21), BBYEB ") e SOHAUMBUBG -3).
Altri ancora distinguono cou Stbyk ^*), se si tratti delPoso del-
Fazione in s6 o dei prinoipii ohe il diritto romano prescrive al giu-
dtoe nel fissare Pinteresse per il luogo di pagamento. Quello oggi
sparisoe, i>erch^ Pazione derivante dalPaffare prinoipale ooncluso, gi^
da s^ stessa ^ sufficiente a far ottenere col suo mezzo Pinteresse
loci.
Gli ultimi al contrario servivano al giudioe di guida come lo pos-
sono ancora adesso.
^ qui del tatto inutile: la frase addicere ittdieem h piti usitatcu V. Macrobio,
8(U«maUa I. 16^ L. 80 (Pompon., libro II ad 8(ibin,) D. de iudicUs Y, 1;
L. 59 4 ult (Paul., libro IV Quaest.) D. ad 8c TreheU. XXXVI, 1. Nella
stena legge citata dal DnARBNO (1. 39 de iudicns) 6 detto in termini iudex
addiaUur. Vedi anobe queeto Oommentano vol. VI ^ 499 p. 168 del testo ted,
(Ediz. ital. libro V tit. 1 ^ 499 pag. 28) e i miei Opuscida fiiscioolo II p. 366
e 392.
18) OoUeg. th. pr. Pand. h. t.
19) Lehrbueh von Klagen (Trattato delle azioni), % 1389-93.
^) (JoUeg, praet. ad Pand. b. t. p. 145.
21) Booirina de cici. sect. II capo V $ 53.
^) DeUneai, iuris, dv, posiUonibus oomprehema sec. Pand. h. t* Princip. pa-
gina 280.
^) Compend. iur. Dig. b. t. ( 2.
^ Ua. mad. Pand, b. t. $ i.
156 LIBBO XIII, TITOLO IV, § 848.
Gosi distingue anohe Hbllfeld.
la sostanza h una lotta di parole come molto giustamente giudica
il grande Giovanni Sghilteb ^). € Gertum est, questi diee, in nostro
foro perinde esse, sive quia directa^ sive utili actione agat. Nee enim
nomen purae sive directae, aut utilis, vel arbitrariae est exprimen-
dum : porro effectus iustitutae actionis et implorati officii indicis haud
mercenarii atique nostro libellandi more oommittitur arbitrio iudicis >.
Nel fondamento la oondiotio de eo quod certo loco non h nuova, ma
I'azione derivante dalPafB^re ooncluso rioeve qui seoondo i principii
del diritto stretto solo ana agglunta per mettere il giudice nella pof^
sibilit^ di poter aggiudtcare a quella parte, la quale soffre un danno
per il cambiamento del laogo di pagameato, Tinteresse seoondo il suo
equo criterio. Ghe si ohiami questa azioue ctctio directa o arbitraria
e lo stesso, ia quanto che oggi non si indica piii Pazione avanti il
tribunale col sao nome. Ma non vi h dubbio che 1 principii del di-
ritto romano sulla iissazione del laogo di pagamento e sull'interesse
valgono anclie nel diritto moderno ^).
'^^) Prax. mr\8 Bom. Exercit XXIV ^ 6i).
h) Vedi ii Tarducci, Del luogo nelle offerte reali (aella Rivista universale di giu-
riaprudenta e dottrina. Roma 1891, vol. V, parte IV).
TITOLO V.
IDe pecunia constituta *)
§ 849 «}.
I^iegazione delle terminologie : constituere, pecunia, constitutam pro-
prium et aliennm; reoeptum, actio reoepticia, de constituta pe-
cunia.
Uaetio de constituta pecunia o constitutaria, di cui trattasi in questo
titolo, h un'azione pretoria che nasoe da un contratto chiamato co-
stitatio. La natura di questo contratto e dell'azione che ne deriva
8*]ntui8ce esattamente solo se prima si dicbiarino alcuni termini che
yi si rapportano.
1.° La voce constituere significa propriamente : « conohiudere
qnalche oosa con riflessione e accertare i ^ ^). Una tale riflessione
•fi) Molti passi dei classici riferentiBi a questo luogo ha racoolto Q. F. Gro-
'; I litoli V e VI 8ono tradotti ed annotati dal prof. C. Fbrrini.
a) Fondamentale h ora la memoria del Bruns, Das oonstitutum dehiti inserita nella
RivUta per la sioria del diritto (ted.), vol. I, pag. 28-130 e riprodotta ne* Kleinere
Scriften (Scritti minori), vol. I, pag. 221 segg. Da aggiungere sono anche le osserva-
zioni del Lenel ne\V Edictum perpetuumy pag. 196 segg. In quanto ai receptum, che qui
▼iene in considerazione pel suoi rapporti col costituto, vedi ora il Lbnel stesso nella
Rivieta per la fondazione Savigny, parte romanistica, vol. II, pag. 62 e seg. e Bdi-
etum perpetuum, pag. 104 seg. Vedi anche il diligente studio del Rossbllo estratto
MVArokivio giuridico, vol. XLV, fasc. 1-3; Bologna 1890.
h) Diversi sooo i .significati della voce cotietttuere. Negli scrittori non giurisli non
si trova, si pu6 dire, mai nella speciale applicazione di constituere se pecuyiiam de-
158 LIBRO xni, TITOLO V, § 849.
e matara deoisioue si ammette in colui, ohe in rapporto ad un'ob-
bligazione preesistente promette di pagarla. Poiohb il pagamento
presappone sempre la esistenza di un debito. Ghi duuque promette
un pagamento, oon oi5 stesso riconosoe il debito stesso come reale.
Qnindi oanstituere in senso giuridico siguifica promettere liberamente
e aenza forma di stipolazione ohe si vaol pagare un determinato
debito; sia che tale promeasa si rapporti ad un debito proprio del
costituente, sia che si rapporti a un debito altrui ^). In questo senso
h qui adoperata la voce oonstituere. II pretore dice nel suo editto
L. 1 § 1 D. h. t. (XIII, 5) : Qui peouniam debitam comtituit e anoor
piti chiaramente iusegna Giustiniano al § 9 I. de actionibtts (I Y, 6) :
<K De constituta pecunia cum omnibus agitur, quiuunque pro se vel
pro alio soluturos se constituerlnt, nulla scilicet stipulatioue inter-
pofiita^ nam alioqui si stipulanti promiserint iure civili teneutur J^.
NOYio, ObservaU, lib. 1, cap. 1^ pagina 12, ed. Platneu. Si vegga anche il
GuNDLiNO nei Oundlingiana, num. XX, 4^4 segg., pag. 480 e Ev. Otto
nel Comm. al ^ 8 1. de action. (TV, 6).
3*) B&I880NI0, de Verbor, Sign., voc. <e Constituere » e F. Duaebno nel
(hmm. a questo titolo, cap. 1 (Opere, pag. 928).
hitam soluturum; si trova nella piu ampia flguradi constituere se aliquid facturutn.
Certo e signiAcato originario delta voce quello di una comune intelligeaza, di un patto
comune: « con-statuere » indica appunto lo stabilire insieme} fissare iusieme. Ma
nello statu§re e implicito non solo lo stabilire, ma, come bene awerte il Bruns, lo
stabilire con deierminazione, in concreto, con designazione di tempo e di luogo. La
persona con cui la combinazione ha luogo, se si nomina esplicitamente, viene indicata
col dativo {alioui) o col cum e Tablativo (oum aUquo). Bcco alcuni tra gii esempi ci-
tati dal Bruns. Cic., in Verr., II, 2, 27 : c constitui cum hominibus quo die mihi Mes-
sanae praesto essent »: Caes., de hello g., 1, 8: « ubi ea die, quam constituerat cum
legatis, venlt ». Cio., pro Quintio, c 5: « constituit Scapulis se daturum ». Analogamente
e usato il sostantivo constitutum: Cic, ad Att., XII, 23^ « rescripsit constitutum se
cum Alio habere ». Se poi esaminiamo i passi, in cui constituere e usato intransitiva-
mente, quelli in cui si parla di dies constituta^ ecc., verremo alia conclusione che il
significato fondamentale di questa parola e di stabilire con altri di far qualche cosa in
UQ giorno determinato. La frase di Paolo, che dice potersi dire che non k valido un
costituto sine die, licet verba edicti lata puteant, prova chiaro e il significato sostan-
ziale della parola e il principio del suo confondersi: fr. 21 § 1 D. h. t. Vedi del resto:
fr. 16 § 4 od tsmpus oonstituti; fr. 18 pr. ad diem constituti; fr. 17 in diem, in
quern constituit. Notevole e la questione fatta nei frammenti 3 § 2 e 4: «/ in
diem sit obligatus, an costituendo teneaturf Anche la tradizione bizantina, come
avTerte il Bruns, e in questo senso. NelPindice delle Istituzioni Tesempio e: (IV, 6 § 8)
< ti pagher6 il decimo giorno di questo mese ». Nei Basilici sch. ad XXVI, 7 c. 17
Tesempio e: « constitui di pagargli i cento prima delle calende di giugno ».
DE PECUNIA CONSTITUTA. 159
2.^ La voce peeunia «) ha qui nn sigDifieato molto esteso e si
assume per iudicare ogni cosa, ohe possa essere oggetto di obbliga-
zione, di qualunque genere sia, corporale o incorporale, mobile o im-
mobile, fungibile o infungibile ^^). Se anco la cosa pid uon esiste,
purch^ sia andata perduta in seguito alia mora, perpetuandosi oosi
I'obbligazioue, si perpetua la possibilitik del aonsiituere peoun4am ^),
Ansd vi vengono compresi anohe facta ^^ ^).
3.^ Secondo il rigore del diritto romano un'azione non poteva
derivare da nudo patto, ove la promesaa nou fosse oorroborata da
una solenne stipulazione. La mera promessa di voler prestare ad un
terzo non opera per s^ obbligazione esigibile, quantunque volte essa
28) L. 2 Cod. de const, pee. (IV, 18) oonfrontata colle L. 5, L. 23, L. 178,
L. 222 D. de V. S. (L, 16).
^ L. 21 pr. D. h. t. a Promissor Stichi post mortem ab eo factam mortuo
Sticho, si constituerit se pretiam vires solutnmm, tenetar 9. — L. 23 D.
eod.: <i Promissor hominis, homine mortuo, cum per eum staret quominns
traderetur^ etsi liominem daturum se constituerit, de oonstitata peeunia te-
nebitur, ut pretium eius solvate.
30) L. 14 M 1 e 2, L. 16 $ 2 et fin. L. 17, L. 21 $ fin. L. 23 D. h. t. Vedi
VoET, Comm. ad Pand. h. t. § 4. Anche facia aliena possono easere oggetto
di un coDstituto in quanto h lecito in genere di pattuire in proposito. L. 38
* 2 D. cf« Verb. Ohl. (XLV, 1); $ 3 I. d« imUil «<tp. (XII, 19); L. 14 ^ 2 D.
h. t. (XIIL 5). Vedi Ern. Fed. Schuoeter, Diss, de constiiuto convenihnaU seu
ohligatorio, Jena 1664, tesi 16.
c) In origine ]*EJitto non contemplava che costituti di denaro e anzi, come bene
insegna il Bruns, di peeunia eerta, e anzi di peeunia credita. Anzitutto e da consi-
derare la sponsio dimidiae partis ciii Oaio, IV, 171, pone insieme alia sponsione
della terza parte neW actio creditae pecuniae. E da ri ten ere che la sponsione della
meti nel costituto non fosse che un aumento della sponsione del terzo nel caso di pe^
cunia credita e precisamente pel caso che il pagamento della somma dovuta fosse
ancora in modo particolare promesso per un giorno determinato. Si aggiunga il fatto
che il costituto era valido solo pei debiti non condizionali e per Gaio, III, 124, p^cuma
credita in senso sti-etto e solo quella, che sine ulla cxmdicione deducitur in ohligatiO'
nem. Finalmente si pensi al nesso che intercede nell'Editto fra il titolo de rebus ere-
ditia e quello sul costituto. Pare proprio che insieme al titolo suWaotio de eo quod certo
loco il secondo formasse una append! ce del primo. Del resto Test^nsione delFEditto ad
altre cose fungibili nulla ha di strano e lo stesso ha avuto luogo anche per le eondio-
tionee e per la lex Cornelia (Oaio, III, 124), Notevole e che nel costituto Testensione
siasi limitata alle cose fungibili.
d) Non si confondano le applicazioni analogiche della figura del costituto pretorio
colle varie accezioni della yoce peeunia.
160 LIBBO XIII, TITOLO V, § 849.
yenga reiterata ^M- Se invece la iterata promeasa avvenga in relatione
ad una preesistente obbligazione «), il pretore stima oonforme alPe-
quit^ naturale il oonoedere un'azione per tale promeasa, giaoch^ in
tali oiroostanze pid non poteva ammettersi precipitazione da parte
del promittente; anzi era manifesta e indubbia la seria e meditata
risoluzione di obbligarsi '^'^). Quindi dioe Ulpiano, L. 1 pr. D. h. t.
(XIII, 5): c Hoo edicto praetor fayet natarali aequitati, qui consti-
tata ex oousensu facta cuBtodit, quoniam grave est fidem fallere »•
Donde si sviluppa il vero sigiiifioato di camtitutum ^^j, per ciii si in-
31) L. 14 Cod. de pactis (IV, 32). Vedi P. Grangiano, Paradaxa iur. cw.,
cap. 38 (nel Tke8. iur, rom. di Ey. Otto, torn. V^ pag. 632), Bachovio, ad
W€8enb6cii ParaUda Pand. h. t., num. 4 pag. 255 e ad Trenilerum, voL 1,
diip. 23 th. 7 lett O.
^^) Vedi nir. Ruber, Eunomia ronu, ad L. 1 D. h. t. pag. 533 sg. e Pbrez,
FraeUcL in Ood., lib. IV, tit. 18 num. 2.
3^) Si distiDgoa 11 coBtituto posseBsorio, di cui si ^ tnittato piil sopra neUa
parte VIII di questo OommentariOf $ 581. Per distinguerlo, il costituto del
e) Che il coetituto del tempo classico fosse un patto ordinario di coDteouto partico-
lare, non e dubbio; vedi pure ii Bruns, Kl. Schr., I, pag. 232. Ma non e senza fooda-
mento Topinione sostenuta dal Knibp nel suo libro (tedesco) su Praescriptio e Pactum,
che nelle origini si esigesse anche pel costituto (come era pel receptum) una formola
speciale, in cui non mancava la voce tecnica constituo. Si puo domandare perche il
pretore abbia tra le varie categorie di patti distinto proprio questa e Tabbia munita di
azione o perche mai qui soltanto (eve si ammetta che in origine una formola speciale
occorresse) si semplificasse cosl presto il negozio in modo da ridursi ad un semplice
patto. La ragione data da Ulpiano nella L. 1 pr. D. h. t., che grave est fidem fallere
e per se generale e si adatta a qualunque figura di patto. Dice il B&uns, 1. c. pag. 243:
« II costituto sovra un debito preesistenie si distingue da tutti gli altri in cio, che eeso
in tanto non e un nudo patto, in quanto che nell*antico debito e oontenuta itna
OAUSA, che spiega Tazione della nuova promessa. E solo una specie di promessa acces-
soria e come nella fideiussione o nel pagamento di un debito altrui si trova appunto
neiresisteasa del debito una causa sufticieute e non si va a cercare oltre per qual
motivo la fideiussione o il pagamento sia avvenuto, qui pure il pretore vide ueirantico
debito una causa sufBciente per munire di aiione il costituto, distinguendolo dalKintera
serie del pacta nuda. L^Editlo e naturalmente sorto m occasione di qualche bisogno
pid vivamente sentito: ci6 spiega la sua originaria restrizione alia pecunia e anzi —
secondo ogni verosimiglianza — alia pecunia credita, A proposito il Bruns pone in
relazione il grave est fidem, fallere del Commentario ulpianeo a questo Editto col passo di
Obllio, N. a. XX, 1, 39 sq.: « banc fidem . . maxime . . in pecuniae mutuatieae usu
atque commercio » . . « adimi enim putaverunt subsidium hoc inopiae temporariae . .
si perfidia debitorum sine gravi poena eluderet ». Le ultime parole ricordauo subito la
poena dimidiae partis in questa materia di costituto.
■ DE PEOUNIA OONSTITUTA. 161
tende un oontratto confermato dal dritto pretorio, per oui talano
promette senza stipulazione di prestare qualche oosa in partioolare
per adempimento di una gi^ esistente obbligazione ^) e oi6 avviene
in doppia maniera, o oome oostitato proprio, vale a dire di debito
proprio (ae la promessa ai rapporta ad an preesistente obbligazione
del cofitituente, di cni in tal maniera viene assicurata la eseon-
zione ^^) o oostituto alieno •^) ossia di debito altrui, se la promessa
8i rapporta ad una obbligazione aliena, di coi il oostitaente promette
il pagamento pel caao che il debitore non paghi ^^). Una specie di
costituto era prima di Giusxiniano anohe il receptum ff). Qnesto perb
qaale era si tratta si chiama obbligatorio o conTenzionale. Yedi Andrea My-
LiUB, De conalituto obbligatorio, Lipsia 1682 e Gioy. Gasp. Brbndbl, De con-
stitiUo convetUioTUili, Wittemb. 1694.
34) CuiACio nei Paratitla ad h. t. — Ragubllus nel Comnu ad Oonstitut, tt
Deds. lusUniani: ad L. 2 Cod. de const, pec, pag. 204 e Zoksio nei Comm.
cd Band, h. t $ 3, vogliono connamerare 11 costitato coi contratti nomi-
nati; ma a torto. Si vegga piattosto Hubeu, PraeUot, ad Pand, h. t. ^2 e
G. 0. Wbstbnbbrg, de causia oblig,, diss. VIl, cap. VI, $$ 11 e 12 e A. Schul-
TiNG, Thee. Oontrov,, dec. XLVIF, th. 1.
3d) Le font! chiamano ciu anche a constituere 8uo nomine d ; L. 1 $8 D. h. t.
aj) L. 28 D. h. t.
f) Questa e un*applicazione posteriore del costituto: arg. L. 5 § 2 D. h. t Bruns,
op. cit pag. 240. — Rossello, op. cit. pag. 26.
g) Oil 8tudi attuali, sovratutto per merito del Lenel^ ci permettono di dare intorno
al reoeptum notizie ben piii ample e precise: Vedi i suot Contributi alia conosoethta
dell'Editto e dei Commentari edittali (tedesco) nel la Riviata della fondazione Savigny,
parte romanistica, II, pagliie 62-71. Egli nella ricostruzione deH'Editto pretorio si avride
di alcuni passi delle fonti, i quali potevano convenire solo al receptum, designando cosi
nuove testimonianze in proposito. Del reoeptum o meglio deWaetio reoeptioia il pre-
tore avrebbe discorso sotto il titolo generale de reeeptis, in cui, forse sopratutto per la
omonimia, si trovavano riuniti istituti di indole molto diversa. E qui inutile ripetere
tutti gli argomenti con cui Tillustre autore fu condotto alia sua scoperta; notevolissima
^ la distanza intercedente nelTEditto fra Tazione recettizia e Tazione costitutoria. Sopra-
tutto e poi da awertire che nel titolo delle Pandeite, de constituta pecuniae si riferivano
originariamente al receptutn i frani. 12, 27 e 28. Anche il fr. 26 doveva avere la stessa
relazione originaria: Lenel, op. cit. — Rossello, op. cit. pag. 28. — Kappbyne van de
CoppELLO, Dissertaiioni (tedesco) vers, di Conrat, fasc. I, pag. 272. Vedi pure il fr. 6
§ 3 Dig. de edendo (II, 13). Oltre Tassuuzione di un obbligo da parte del banchiere
occorre nel reoeptum che la promessa sia fatta per altri, non per un debito proprio
anteriore: cio a differenza del costituto, in cui il promettere per altri non fu ammasso
che tardi, che a stento e non divenne mai una funzione normale deiristituto. Lo scopo
OLbcR, Comm. Pandeite. — Lib. XI II. 21
162 LIBBO XIII, TITOLO V, § 849.
era un istitato del diritto civile e non aveva laogo ohe per gli ar-
gentarii. Esso ^ piCi antioo del costitato pretorio e ha probabilmente,
come osserva il Noodt ^^), dato oooasione al sorgere di questo. L^e*
spressione reoipere asano i Bomani fra I'altro anche quando taluno
si obbligava seaza stipulazione, ma oon altre parole solenni adatte
all'aopo, di pagare per un altro '^^). Gli argentarii;, della cui ietitu-
zLone io ho g'lk trattato iu altro laogo ^'^), si erano in cosi alto grado
attirata la ooufildenza del pubblico, che la loro semplice promessa
yaleva come stipulazione. Da tale fidacia derivava pure la durata e
I'esistenza di tatto Piatituto. Percib doveva la legge assicurare loro
tale fiducia, se lo scope dellMstituto e cio^ ravvivamento del credito
e limitazione delle tendenze usurarie doveva essere completamente
raggiuuto ^^). Se adunque questi argentarii promettevano di rispou-
dere verso i loro clienti senzastipulazioue, cheavrebbero ottenutoil
pagamento a oerto tempo e a certo luogo di quanto Tunc o I'altro
loro doveva, per es. Quae Semproniua tibi debet ex mutuo, ea ego re-
oipio ovvero ea penes me hahes, uu tale uegozio si chiama reeeptum*^).
^*7) Comm. ad IHg, h. t. Princ: Opera, torn. II, pag. 312. Si vegga pure
Ev. Otto e lanus a Costa nel Comment, ad $ 8 I. de action., IV, 6.
38) V. Salmasio, de modo usurur., pag. 731; specialmeote E. Hubert, dis-
sert. IL de argentariia: cap. 2^1 (nel T/iesauriis di Oelkigh delle Disserta-
tianes iuridicae helgicae, vol. 11, torn. I, pag. 120).
^^) Vedi la parte XII di questo CommetUario, ^ 786 pag. 125 segg.
*^) Grolman, Magojgseno di filosojia e storia del diritto (ted.), vol. I, pa-
gina 319 segg.
^>) Ulpiano nella L. 6 ^ 3 D. de edendo (3, 3) dice che: a et quid solvi
coDstituit arqkntauiub edere debet; Dam et hoc ex auobntakia venitD. Da
ci6 resulta che era uno dei precipui affari degli argentarii quelle di coprire
del reoipere era qui appiinto: il tr. 27 h. t., che — come s'e detto — in origine si ri-
feriva al receptum, presuppone come unica funziooe di questo il promettere per altri:
utrum praesente dehiture an absente constituat (1. reoipiat) quiSf parvi refert: hoc
ampUiM etiain invito constituere (1. recipere) eum posse ecc Le glosse nomiche (v.
reeeptatores e receptieia) confermano pienamente tale opinioue: la recepticia e Tazioiie
contro il banchiere che ha promesso e assuoto Taitrui obbligazione {allotrian enochen),
Di tutti i passi pel a noi noli riferibili al receptum^ niuno, come ayverte il Rossello
(op. cit. pag. 43) si rapporta ad un deblto proprio del recipiente. La promessa e poi
fatta dal recipiente al creditore; questa a me pare col Rossello, 1. c. pagine 45-46, la
vera opinione di fronte a quella manifestata dal Bbkkbr nel suo studio inserito nella
citata Rivista per la fondazione Savigny, parte romanistica, vol. Ill, pag. 1 segg.
DE PBCUNIA OONSTITUTi.. 163
La differenza fra questo e il oostitato pretorio era la segueBte. II
costituto noQ aveva laogo che per cose fungibili, in cui era possi-
bile un matao ; il receptum invece poteva avere ad obbietto ogni sorta
di cose, mobili o iinmobili '0- Poich^ il giro di afiari degli argentarii
si estese molto col tempo. Essi curavano negozii di compravendita
e permata '^''^); essi presiedevauo alle aste pabbliche ed esigevano dai
Gompratori i prezzi in arretrato delle cauzioni^^). Peroib venivano
deposte appo loro cose di ogni genere, poiohe essi erano in certo
modo 9eque8tre8 publicae fidei*^^ Inoltre il costituto presupponeva
sempre un debito preesistente. Un receptum invece poteva essere con-
ehiuHo anche per an debito non aneora esistente, ma la cui esistenza
dipendesse da ciroostanze eventuali. Ad esempio un argentario pro-
mettevadi pa<?are il prezzo per taluno nel caso che cestui comperasse
una data cosa *% Anche Pazione derivante dall'uno e dalPaltro
negozio era affatto diversa. L'azione derivante dal costituto pretorio
si chiamava actio de constituta pecunia o de conatituto ovvero actio
comtitutoria : quella derivante dal recepttim si dioeva invece azione
recepticia^^^). Qiiest'ultima era azione civile 0 e aveva luogo oontro
meiliante il receptum il creditore contro il pericolo delPincerta esazione dai
debitori. £ notevole che qui si adoperi il termine constituere anche parlandosi
di banchieri. Salmasio veramente ritiene, 1. c, pag. 722, che la voce consti-
tail qai sia no tribonianismo e crede die Ulpiano abbia scritto recepiU Ma
senza fondamento. Poiche anche il receptum era una specie di constUutum,
come Insegna Tbofilo iiella sua greca parafrasi ad ^ 8 I. d^ action. (IV, 6).
Veggasi pure Hubbkt, diss. II, de argentariie veterum : cap. II, $ 2 e Gr. Ma-
JAN8I0, disp. de edendo, ^ 25 (nelle sue Dieputationes iuris dv,^ torn. 11, pa-
gin a 225).
<2) L. 18 pr. D. de Jiereditat, petit, (V, 3).
^•^) CicBLio, pro Vaccina y cap. 6. — Coiacio, Ohservat., lib. X, cap. 14 e
€r. Fed. liiNGEit, de actionibuti vet, romatwrum. Cliemnitz 1^52, ^ 10.
■*') Salmasio, de modo mar., pag. 722.
-*^) Hub. GiPHANius, Explan, di/Jicil. et celebrior, LL. Ood,: ad L. 2 de
eonsiit. pecun,, pag. 248 seg. e G. Cuiacio, Redtat. sol. in Cod. ad tit. decon^
stituta pecunia,
•^^>) GiusTiNiANO ricorda tale azione nel ^ S I. de actionib» (IV, 6).
h) Notevole e il paragone che si puo istituire coirambito oggettivo della compensatio
cum argentario, Gaio, IV, 66. — Vedi poi i giusti dubbil nel Rossbli.o, op. cit. pa-
gine 84-85.
i) E questa Topiaione comune; vedi i numerosi citati in Rossello, op. cit, pagine 4S
164 LIBRO XIII, TITOLO V, § 849.
UQ argentario, ohe oon esaa, ove in seguito al recqptum nou fosse se
guito pieno pagamento, poteva essere tosto oonvenato senza bisogno
di ooD venire prima il debitore prinoipale *'^), La piima inveoe era uu^a-
zione pretoria, ohe aveva luogo oontro ogni oostituente, ma non aveva
ad oggetto che cose fdngibili. Inoltre Tazione recettizia era perpetaa ;
la costitatoria in oerti oasi era solo annuale. Teofilo nella sua greca
^'7) Se alonno avesse coBtituito di pagare ad un argentario per nn altro,
Pargentario non avrebbe potato convenire il coetitnente prima di avere eecasso
11 debitore principale: vedi Cuiacio nelle Recit solemn, ad tit. Cod. de coH"
siiL pee.
e 49 nota. Anche il Bruns, op. cit. pag. 272, e di tale avviso pe* solemnia verba ricor-
dati da Giustiniano, per la perpetuity delFasione e pel carattere formale del contratto:
Tesclusione della eccezione di indebito, di cui pure parla Giustiniano, proverebbe
appunto tale carattere formale. II Lbnel, Contrihuti cit., pag. 67 seg., crede imece
trattarsi di istituto e di azione pretoria. I solemnia verba non devono riferirsi al con-
tratto; ma — come h del resto perepicuo insegnamento di Giustiniano {reeepticia actio
. . . solemnibus verbis composita) — alle parole della formola. La formoia poteva
avere le sue caratteristiche speciali, pur essendo di diritto pretorio. La perpetuity sa-
rebbe comuoe ed altre azioni onorarie e il cosi detto carattere formale starebbe in un
9
rigore non insolito per istituti pretorii; si pensi al receptum de' nautae caupones ecc.
Ma tali ragioni non sono del tutto persuasive. Non h del tutto dissipato in me il dubbio,
che i solemnia verba^ nonostante il modo di esprimersi di Giubtiniano, si riferissero
piuttosto ai negozio stesso che alia formola. Comunque — ancbe applicati alia formola
— parrebbero alludere ad una intentio di diritto civile. La perennit^ suole essere un
carattere delle azioni civili; qui poi contrasta Tannualit^ che ha in varii casi Tazione
costitutoria. La indipendenza dalla esistenza e natura di una causa fondamentale sembra
accennare proprio a istituto di ius civile; tale e anche Tavviso del Voiot (Sui banchieri
(in tedesco), § 4 n. 23), ii quale osserva anche opportunamente che si contrappone Tan-
tiqua reoeptioia actio alTazione costitutoria sia nella c. 2 § 1 C. h. t. (IV, 18), sia al-
trove: § 8 L dtf act., IV, 6 e Parafrasi greca in h. 1. II Lenel osserva poi che sono
di origine pretoria gli altri recepta compresi nel medesimo titolo; che non sono pro{irie
del diritto civile norme particolari per una data classe di persone (qui gli argentarii)^
mentre invece disposizioni di tale natura abbondano nel diritto onorario. Confessiamo
che la questione rimane di dubbia soluzione; sicuramente si potrebbe dire risolta qua-
lora si dimostrasse che Vactio reeepticia era in factum (a torto dubita anche per questa
ipotesi il Rossello, pag. 54 seg.); ma una dimostrazione del tutto persuasiva non ha
ancora potuto di ci6 essere fornita.
II receptum non e un contratto verbale: dal fr. 27 h. t. (XIII, 5 D.) noi sappiamo
era che esso pu6 avere lUogo fra assenti. Oggidt prevale Topinione che si trattasse di
un contratto consensuale, da potersi concludere in qualunque manifestasione adeguata
di volont^. Se si volesse credere che le parole solenni si riferiscano all'atto costitutivo,
io preferirei considerare il receptum. come un atto unilaterale, con cui taluno si im-
pone (come nella dictio) una determinata forma di obbligazione.
DE PBOtJUIA OONSTITUTA. 165
parafrasi delle Istitnzioni ^^) ha cou molta esattezza iudioata la diffe-
renza fra 1e due azioni. Esso dice (nella tradozione del Fbrbini
(qui riferita inveoedi queliadel Beitz adoperata dall'autore/): c Erat
olim huic pecuniae constitatae actioni recepticia quoque similis,
quae in argentariorum receptis looum habebat. id vero inter reoepti-
dam et pecuniae constitutae actionem commune est, quod utraque
ex constitute naseitnr : eo vero differunt, quod pecuniae constitutae
actio contra omnem qui diem constituerit locum habet; recepticia
autem in argentarium tantummodo. sed illud etiam interest quod pe-
cuniae constitutae actio tunc locum babet, cum ea constituta sint
quae pondere numero mensurave constant : recepticia autem, quali-
scumque res debeatur, sive mobilis sive soli, intendi potest. x>6cu-
niae igitur constitutae actio latior est quod ad personas, nam quo-
libet constituente locum habet: angustior vero quod ad res, nam
ea sola constitui possunt, quae pondere numero mensura constant.
recepticia autem ex diverse angustior est quod ad personas, cum
eadem solus argentarius teneatur; latior vero quod ad res, omnia
enim quae debentur in ea continentnr ]».
Ma I'imperatore Giustiniano aboli Tazione recettizia e diede al-
I'azione de comtituta jpecunia anche circa Voggetto e la durata la
stessa estensione, die aveva I'azione contro gli argentarii. Al costi-
tuto egli attribui I'efticacia della stipulazione ; in ci5 per altro esso
manteneva la sua natura originaria, che la sua conclusione non esi-
geva parole solenni e richiedeva invece un debito gi^ realmente esi-
stente fbench^ n^ Puna n^ Paltra cosa intervenisse nel receptum).
L'azioue che ne deriva, pur restando come prima un'azione pretoria,
passa tanto attivamente qnanto passivamente agli eredi. Solo se si
agisce contro un banchiere de pecunia comtituta, tutto deve restare
alio stato che originariamente vigeva pel receptum. £) notevole la se-
guente costituzione dell'imperatore Giustiniano :
L. 2 God. de constit. pecunia:
€ Eecepticia actione cessante, quae solemuibus verbis composita
inusitato recessit vestigio, necessario nobis visum est magis pecu-
^8) Paraphr, graeca, lib. IV, tit 6 M pag. 797 (ed. Rkitz), vol. 11, pa-
gina 421 Beg. ed. Ferrini.
166 LIBRO XIII, TITOLO V, § 849.
niae oonstitutae actionem ampliare^^). Gum igitur praefata peouniae
constitutae actio in iis tantnmmodo casibas a veteribus oonclusa est,
ut exigeret res qaae pondere namero mensara oonsistunt, in aliis autem
rebus nullam haberet communionem et neque in omnibus casibus Ion-
gaeva esset constituta, sed in speciebus oertis annali spatio conclude-
retur et dubitaretur, an pro debito sub oondicione vel in diem constituto
earn posaibile esset fieri et an pure constituta pecunia contracta valeret,
hac apertissima lege definimus: ut liceat omnibus constituere non
solum res quae pondere numero mensura consistunt, sed etiam alias
omnes, sive mobiles sive immobiles, sive sese moventes^ sive instri^-
menta vel alias quascunque res quas in stipulationem possunt ho-
mines deducere, neque sit in quocumque casu anualis; sed sive pro
se quis constituat sive pro alio, sit et ipsa in tali vitae mensura, in
qua omnes personales actioues positae sunt, idest in annorum metis
triginta. et liceat pro debito pure vel in diem vel sub condicione
constitui et non absimilem penitus stipulationi habeat dignitatem,
suis tamen naturalibus privilegiis minime defraudata sit, sed et he-
redibus et contra beredes competat: ut neque recepticiae actionis
neque alio indigeat respublica in huiusmodi casibas adminiculo, sed
sit pecuniae constitutae actio per nostram constitutionem sibi in
omnia sufficiens, ita tamen ut hoc ei inhaereat, ut iam pro debito
fiat constitutum, cum secundum antiquam recepticiam actionem res
exigebatmr etiam si quid non fuerat debitum : cum satis absurdum
et tam nostris temporibus quam iustis legibus contrarium sit permit-
tere per actionem recepticiam res indebitas consequi et iterum multaa
proponere coudictiones, quae et pecnnias indebitas et promissiones
corrumpi et restitui defiuiunt. Ut non erubescat igitur tale legum
iurgium, hoc tantnmmodo constituatur quod debitum est et omnia,
quae de recepticia in diversis libris legumlatorum posita sunt abo-
leantur et sit pecuniae constitutae actio omnes casus oomplectens qtfi
et per stipulationem possunt explicari. § 1. Et neminem moveat quod
sub nomine pecuniae etiam omnes res exigi definiamns, cum et in
*^) MuRETOi ad $ 8 I. de action, crede che la vera costitazione, con cui fa
abolita I'azione reeepiicia, sia andata perdata e che qui ne venga fatta boIo
menEione.
DB PBCaNiA CONSTITUTA. 167
antiquia libris pradentium, licet constitata pecaaia nomiaabatur
tamen non pecuniae tantam per earn exigebantur, sed omnes res^ quae
pondere numero mensura constitutae erant. sed et posBibile est omnes
res in pecuniam couverti; si euim oerta domus vel certus ager vel certus
homo vel alia res qaae expressa est in constituendis rebus ponatur
quid distat a nomine ipsius pecuniae Y sed ut subtilitati eorum sa-
tisfiat, qui non sensum sed vaaa nominum vocabula amplecti desi-
deranty ita omnes res veniaut in constitutam actionem, tanquam si
fuisset ipsa pecunia constituta: cum etiam veteres pecuniae appella-
tione omnes res significari definiant et huiusmodi vooabulum et in
libris iuris auctorum et in alia antiqua prudentia manifestissime in-
Tentum sit § 2 His yidelioet, quae argenti djstractores et alii nego-
tiatores indefense ^^) constituerint ^^) in sua iirmitate secundum morem
usque adhuc obtinentem durantibus ^^) >).
UiMtio de eonstituta pecunia o comtitutoria b dunque queirazioiie
personate pretoria fondata sull'equit^ naturale, ohe intentasi contro
colui che ha assicurato con nuova promessa di adempire una obbli*
^) Indefense: cio^: c at defendere ac tueri nulla exceptione se possiDt 9.
Cob! spiegano tale espressione il Gifanio nella Explanatio diffieil. LL, Cod.
ad h. L. 2 pag. 250, Cuiacio nelle EeciL Solemn, ad Cod. h. t. e Janus a
CoBTA nolle Fraelectioneg ad illiistriores quosdam iitulos locague selecta iui\ civ.,
ad h. L. 2 pag. 222. I primi due interpretano 11 passo nel senso che se gli
argentarii banno costituito per altri, possano venire convenuti seaca potersi
difendere coUa exceptio excuesionis e si richiamano alia Nov. 136. Ma Janus a
C08TA osserva, che questo passo si riferisce anche a quelle che 11 recepium
si usava pure per un debito uon ancora esistente.
^1) AccuRBio iutende 11 passo degli speciali statuti degii argentarii e dei
commercianti, che con ci6 sarebbero stati coufermati da Giustiniano. Ma
non vi ha motivo di abbandonare la significazlone della parola constituere,
che ^ mantenuta in tutta la legge. Qnindi aveva ragtone Raffaele Fulgosio
nel rlpudiare quella interpretazione.
^'^^ A qnesta costituzione si rlchiama Giustiniano (^ S L de action. IV, 6),
dicendo: dsed ex nostra constitutione, cum et si quid plenlus habebat hoc
in actionem pecuniae constitutae transfusnm est et ea (cio^: reeepUcia) quasi
superracua iussa est cum sua auctoritate a nostris legibus recederei).
Vedi per rinterpretazione delle uitime parole il Rosskllo, op. cit. pag. 64 e s<>gg.
Si tratterebbe di una disposisiona transitoria.
168 LIBBO XIII, TITOLO V, § 850.
gazione propria o altrui o oontro i suoi eredi perch^ il convenato
adempia la aaa promessa al laogo, al tempo e iu genere, nel modo
oon cui fii h convenato ^^j.
§ 860.
Dd costituto di debito propHo.
I. II oostituto di debito proprio o oostituto proprio si riferisoe
ad ana preesiatente obbligazione del costitaente. Un tale costituto
si distingae tanto dal pactum gefninatum o iteratum (oon oni viene da
molti oonfuso O9 qnanto da una mera ratifica "0* L^ semplioe ripeti-
^3) ScHBnDT, TraUcUo proHoo delU tmoni giudigiarie (ted.) i 737 segg. —
BoBHMBR, De acUonibuSj sect IT, cap. 7, $ 20 segg.
I) Osserva giustamente il Bruns, op. ciu pag. 294, che il concetto di pactum gemi-
natum e oltremodo cscuro. Se il primo patio era invalido, il secondo pu6 essere taoto
uoa ratifica del primo, quauto un nuovo contratto, yalido o invalido secondo le circo-
stanse. Se 11 primo patto era invece valido, il secondo potrebb'essere un*abrogazione del
primo tolo dusentu con creazione di un nuovo contralto; potrebVessere un riconosci-
mento bilaterale del primo. Ma se trattasi della promessa obbligante uno verso Taltro,
ii secondo patto fatto colla coscienia del primo non pu6 essere che un costituto. Foiche,
come bene avvisa lo stesso autore, se taluno ripete una simile promessa, ci6 significa
solo che egli vuole mantenerla e osservarla.
Tutto ci6, si comprende, non vale per Tistituto nel suo carattere originario, in quanto
contiene necassariameute la costituzione di un termine per il pagamento da Tarsi.
m) II costituto si distingue in generale dalla ricognizione del debito, per quanto i
due atti sogliaoo andare congiunti. La ricognizione e una confessione delKesistenza di
un diritto; i semplicemente mezzo di prova e non fonte di obbligazione; invece il co-
stituto e fonte di nuova obbligazione e non e, come taie, mezzo di prova. II costituto
^, come bene avverte il Bruns, 1. c. pag. 279 e seg., da cui togliamo queste considera-
zioni, la promessa di pagare ci6 che si deve (o ci6 che un altro deve): che si sia de-
bitori, e una essenziale presupposizione; se lo si sia, e un*altra questione e puro tema
di prova. Si pu6 quindi costituire tanto con ricognizione, quanto senza ricognizione del
debito; d^altra parte si pu6 riconoscere un debito con o senza costituto. Niuno anzitutto
dubita che siavi costituto senza ricognizione, qualora si lasci indecisa Tesistenza del
debito: se, per esempio, uno costituisce « se il debito veramente esiste », c se A. for-
nisce la prova della obbligazione »: ne questi sarebbero costituti condizionali, trattan-
dosi di una condioio iuris, in praesens collata. Ma anche presclndendo da questi casi,
ovunque non appaia nitida Tintenzione di riconoscere il debito, non si potra vedere nel
costituto un atto di ricognizione. In secondo luogo e possibile una ricognizione senza
costituto. Per questo occorre, come dice anche il testo, la intenzione di promettere in
DB PECrrNiA CONSTITUTA. 1^9
zione di una promessa non aveva come tale per diritto romano Tef-
flcacia di mutare la natarale obbligazione soendente da an nudo
patto in una obbligazione civile, a meno olie essa avvenisse in
relazione alia precedente promessa e oolFintenzione di assieurare
oosl Vadempimento di una obbligazione rioonosoiuta. Solo per tale
determinazione va distinto il costitnto da uu patto geminato, come
ha egregiamente dimostrato uno dei nostri migliori civilisti ^).
Inoltre puo qnalfesiasi obbligazione, se anche non deriva da una pre-
oedente promessa^ ma h sorta per qualsiasi altra azione lecita o ille-
cita, diventare obbietto di qucBto costitnto ^). Non solo Ulpiano
dice (L. 1 § 6 D. h. t): c Debitam ex quaounque causa potest con-
fititui, idest ex qnooumqne c<^ntiaotu, sive certl sive incerti » ; ma
•~>4) Wbber, Swlgimento sisiematico dsUa teoria ddVohbligasfione naiurale, $ 125.
Solo di passaggio Ev. Otto nel (Jommento al ^ 8 I. de asHon. (IV, 6} e Ant.
ScHULTiNOy Thes. oontrov.^ decad. XLVII, tit. 4 in fin. hanno ammonito di
non confondere il coeiitato oon an patto gemiDato, in relazione alia L. 14
Cod. de paetia (IV, 32).
•w) V. Letsbr. MediL ad Pand., voJ. Ill, spec. CLII, n. 4.
modo particolare il pagamento. II Bahr (citato dal Bruns) nel suo libro (tedesco) sulla
ricognisione, 2.* edizione pag. 184, dice: « voler dare una prova del debito (come fa
chi rilascia un atto di riconoscimento del medesimo) significa volere il debito e vofere
il debito significa promettere il pagamento >. Come ha bene osservato il Bruns, 1. c.
pag. 280, il ragionamento non corre, poiche altro e volere il debito nello stattis quo e
altro e volere promettere e incoutrare una nuova ragione di obbligazione. Notevole e
il caso del ir. 26 § 2 D. depositi, XVI, 2 segnalato dallo stesso Autore. Tizio rilascia
una dichiarazione del seguente tenore: « Titius Semproniis salutem. Habere me a vobis
auri pondo plus minus decem et discos duos, saccum signatum, ex quibus debetis mihi
decem, quosapud Titium deposuistis >. Si domanda « an ex huiusmodi scriptura aliqua
obligatio nata sit ». Paolo risponde correttamente: « ex epistula — obligationem
quidem nullam natam videri, sad probationem depositarum rerum impleri posse ».
Abbiamo una ricogniiione e quindi un meszo di prova; non un titolo di obbligazione,
neppure un costituto. Diverso e il caso del fr. 26 h. t. (XIII, 5). lilsso nel significato suo
originario si riferiva al receptum; pero nella compilazione giustinianea esso dk norma
pel costituto. La dichiarazione e la seguente: « Decem quae Titius ex area tua mutua
acceperat — habes penes me ». La risposta di Scevola e: « actione de conttituta pe-
cunia (recepticia) eum teneri >. Ma e evidente la difTerenza delle due ipotesi. Qui non
€*e mera ricognizione di un debito ; &e Tesplicita assunzione di un debito altrui (forma
normale del reoeptumu e quindi un nuovo titolo di obbligazione. Fra parentesi osser-
viamo che forse nelPopera di Scevola la dichiarazione era scritta cosi : « recipio eaque
habes penes me ». — Vedi ultoriori osservazioni dove parleremo deli'uso moderno del
costituto.
Oluck, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 22
170 LIBBO XIII, TITOLO V, § 850.
anche Paolo conferma appuato questo in ispeoie a proposito della
responsabilit^ Dasoente da delitto, dicendo (L. 29 D. h. t.): <t Qui
iuiuriaraiu vel furti vel vi bonorum raptoriim tenetur aotione, con-
stitueudo tenetur >. Da uua mera ratilioa si distingue inveoe il co-
stituto in ci5, che quella puo operare anche in uegozii che come tali
sarebbero del tutto inefficaci, mentre il costituto presuppone sempre
uua obbligazione esistente, sebbeue esso comprenda sempre una ra-
tifica. Intomo a questo costituto vanno specialmente notati i seguenti
{>rincipii di diritto romano:
A. Un costituto proprio pub conchiudere chiunque puo giuri-
dicamente obbligarsi rispetto al suo patrimonio ^^). Quindi anche le
doune possono costituire in tale maniera^^); gl'inipuberi inveoe non
altrimenti ohe col consenso del tutore '''^). Se un fiUtuifanUlias ha co-
stituito, non solo ^ tenuto egli stesso de oonstituta pecunia, ma puo
anche essere convenuto il padre de peculio, in quanto oio^ il peculio
basti 5»).
B. II costituto presuppone una obbligazione valida in qoalsiasi
modo, sia per diritto naturale, sia per diritto civile, sia per diritto pre-
torio. Anche un'obbligazione merameute naturale h sufhciente, ove non
sia affatto diohiarata riprovata dalle leggi civili. Ulpiano dice nella
L. 1 § 7 e 8 D. h. t. : c debitum autem vel natura sufficit. sed et is qui
honoraria (koiione, non iure civili obligatus est, constituendo tenetur:
videtur enim debitum et quod iure honorario debetur et ideo et pater et
dominus de peculio obstricti, si oonstituerint, tenebuntur usque ad earn
quautitatem quae tunc fuit in peculio, cum constituebatur n. Se Tob-
bligazione h fondata uel solo diritto civile, non deve essere riprovata
dal diritto pretorio, perch^ sia valido il costituto fatto in proposito.
»8) Fr. Ddarbno, Oomm. ad h, t, cap. 2. — Vobt, Oomm, ad Pand, h. L
$3. — ScHBOBT£R, de constituto convenUonalij th. 11 e 12.
^7) L. I $ 1 D. 11. t. 41 Et mulieres de constituta pecunia tenentur, si non
intercesserint 9.
^^) L. 1 $ 3 D. h. t c De pupillo^ etsi nihil 8it expressnm edicto, attamen
Bine tatoris auctoritate constituendo non obligatar 9.
•'>») L. 1 $ 3 D. eod. a ^ed si flliasfamilias constitnerit, an teneatnr, qaae-
ritur, sed puto veram et ipeum eonstituentem teneri et patrem de peculio 9 :
T. NooDT, Gomm. ad Pand, h. t., pag. 312.
DE PECXJNIA OONSTITUTA 171
Ulpiano iusegna anche questo, dicendo neLla L. 3 § 1 D. eodem
c Si qois autem constituent, qaod iure civili debetur, iure praetorio
non debebat, idest per exception em, an constituendo teneatnr, quae-
ritur. et est verum, ut et Pomponius soribit, eum non teneri quia
debita iuribus non est pecunia, quae oonstituta est >. Donde consegue
il problema che ora dobbiamo deddere se e in quanto una promessa
per s^ invalida o anche un negozio non pienamente efficaoe puo es-
8ere con uu costituto proprio reso valido ed ef&oace "";. Bisogna al-
Tuopo distinguere varie ipotesi'^).
1.^ Si tratta di negozii che per disposiziorte di legge sono aflktto
invalid! e inefficaci. Qui h senza dubbio che per tali negozii non possa
aver luogo un costituto vero e proprio «^). Questo non si puo esco-
gitare senza una preesistente obbligazione. c Hactenus constitutum
valebit, dice Ulpiano (L. 11 pr. D. h. t.)i si quod constituitur de-
bitum sit >. Ma negozii, che dalle leggi sono dichiarati del tutto in-
validi, non possono essere trattati ne* tribunali altrimenti che come
inesistenti, sicch^ non puo dirsi nata da essi veruna obbligazione
naturale. Si chiede pero se almeno colla successiva ratifioa un ne-
gozio per sh invalido possa diventare obbligatorio. I giureoonsulti
nou hanno in proposito Concorde opinione. Alouni ^^) non hanno dif-
ficolt^ a rispondere affermatiramente. Altri^^^) invece espongono il
prinoipio affatto contrario, che c actus in se plane nulli non possunt
*^*^) Si vegga 8U questo problema specialmente il Wbbkr, Svolgimenio siate-
matico della dMtrina delPobbligazione naturale, ^ 126 d. 127.
^»i) ZoBsio, ad Dig, li. t. num. 5. — Myliub, de comHUUo obligatorio, posit. 8.
♦>'-) Nettelbladt, SysL elementar. iurisprud. posHivae Germanor., ^120. —
Thibaitt. System des P. B. (Sistema del diritto privato), $ 83.
'^^) G. G. Meieu, Sched. de iure raWMbitionis. Giessen 1720, 4, ^ 15.
>i) Per noi occorre in ogni caso che siavi Tintenzione di ratificare; poiche se taluno
costituisce nolo se ed in quanto *ia attualmente tenuto, non pu6 modificarsi la sua
pos^izione giuridica. L'art. 1309 Cod. civ. e in proposito rigoroso: « L*atto di conferma
o ratifica di una obbligazione, contro la quale la legge ammette Tazione di nullitii, non
e valido se non contiene la sostanza della stessa obbligazione, il motivo che la rende
▼isiosa e la dichiarazione che si intende di correggere il vizio, su cui tale azione e
fondata ». Dunque per diritto nostro un costituto non basta a rendere valida Tanteriore
obbligazione, qualunque sia Tintenzione delle parti, se non vi si contiene una ratifioa
nelle orme volute.
172 LIBBO XlII, TITOLO V, § 850.
ratihaberi :». Per combinare queste diverse opinioui occorre distin*
guere dififerenti casi:
a) II motive deirinvaliditii sta in una quality personale del-*
I'aatore del negozio. Quarto appartiene eio^ a qoelle persone, che iier
disposto di legge aono afREitto inoapaci a disporre a loro arbitrio delle
loro Bostanze e ad obbligarsi. Finch^ dura questa oondizione perso-
nale, non pub la ripetuta promessa di una tale persona rendere va-
lido il negozio invalido. Gib avviene per gl'impuberi, i prodighi di-
chiarati tali gindizialmente eco. Se invece cessa qnella (oondizione,
possono^^) certamente divenire obbligatorii per posteriore ratiiica
quel negozii ohe erano inefftcacl per le condizioni personali che prima
avevano i loro autori. Un costituto non pub qui ammettersi, perch^
dalla promessa di tali persone fatta senza assenso del tutore non
sorge neppure una obbligazione naturale^ che li possa compreu-
dere •*).
h) II negozio h invalido .per mancanza di libero assenso da
parte di colui che lo ha conchiuso. Egli ad esempio h stalo mosso
da ignoranza o errore^ o da inganno o da ingiusta oostrizione a con*
chiudeie il negozio. Non o'^ dubbio che un tale negozio possa diven-
tare valido in seguito per libera ratifica^^j.
0) II negozio h nullo come tale per mancanza di forma le-
gale «). Qui la ratifica posteriore non pub rendere valido I'atto in-
valido, poich^ la forma di un negozio giuridico h iuris pvblid e non
dipende, come bene ha dimostrato lo Ziegleb ^~), dalParbitrio di oo-
loro che oonchiudono il negozio.
fi quindi afl&tto generale la regola data da Paolo : L. 29 D. de.
div, reg. iur. (L. 17): c Quod initio temporls vitiosum est non potest
«^) Wkbbr, 1. c, ^ 127.
«») L. 41 D. de cohd. indeb. (XII, 6). ♦ 3 I. quih. mod. obL tolL (III, 2! ).
««) LL. 2 et 4 Cod. de hk quae vi metusve cauea gesta sunt (II, 19). — Ho-
FACKEK, Frincip. iuris ew. rom. germ., torn. I, $ 208.
^7) Diss, de ratihahHione, ( 14.
o) Cfr. Cod. civ. art. 1310: < Non si possono saoare con verun atto confermativo i
vizii di un atto nullo in modo assoluto per difetto di formality ».
0B PBCUNIA OONSTITUTA. 173
tracta temporis oouvalescere » : essa non si rapporta solo ai testa-
meuti^ ma anohe ai contratti, oome haniio ampiamente dimostrato
G. GoTOPRBDO ^) e O. AvBBANi ^% Ma la pofiteriore ricognizione
spoatanea avveiuita da paiie di oolui, che avrebbe potato impagnare
oottie nallo il negozio, pa5 tuttavia produrre obbligazioni ed essere
anche per le disposizioni d^altima volont^ di gravi oonseguenze '^^\
per qoanto rimanga del resto vero il principio, cUe an testamento.
fatto da priucipio invalidamente non pub di\^entare valido neppare
per rapprovaaione degli eredi legittiini 7^).
d) II negozio h aQ'atto invalido per an divieto di legge. Un
tale negozio iilecito e vietato non pub diventare valido per alcana>
promeasa o ratifiea per quanto ripetuta, n^ dare ad alouno il diritto
di agire per la sua esecuzione. Per oonseguenza nei giuoohi proibiti^
neiruaura vietata, nel patto oommissorio del debitore pignoratizio e
in simili negozii riprovati h affatto inefficace il rioonoaoimeato pur
^olontario per quanto spesso ripetuto, poich^ I'oggetto mantiene
seinpre, nonostante la posteriore ratifiea, ]a quality di esaere oon-
trario ad un divieto legislative ^'^l. Affatto diversamente stanno le
eoae, se:
2.^ si tratta di quel negozii che non sono del tutto ineffioaci,
ma che per diritto non hanno plena effioaoia. Tali negozii possono
eertamente acquistare plena forza e azione meroft il oostituto. Si
poiiga ad esempio che il diritto del creditore sia estinto per prescri-^
zione. Dal memento che tuttavia permane la obbligazione naturale
del debitore 7^) e che questa gii^ basta pel costitnto "^^^ ne viene che
^) Oomm. in lU. Fund, a de diversis regalia iaris d : ad L. 29 D. h. t, pa-
gina 169 seg.
69) InUrpret. mr,, lib. IV, cap. 22.
70) L. 16 M Cod. dfe iesiam. (VI, 23;. L. 29 Cod. Jideic. (VI, 42). L. ult
Cod. ad L Fak. (VI, 50). Erroneamente il Voet nel Comm, ad Fand. h. t;
i 5 la deriva da un codtituto. Si vegga Bart. Chesio, Diff^ imia: cap. 46
(Itirisprud, rom. et aU., torn. 11, pag. 762 cet.)
71) AvEKAMi, InU xur,, lib. I, cap. 10. — Grdpen, DisceptaUfor.j cap. 5. —
HoFACKSB, Frincipia tar, civ., torn. U $ 1339 e Thibaut, Sistema delle Fan-
deUe (ted.), vol. II, ^ 808 nota a.
72) Weber, I. c, ^ 127, pag. 561 seg.
73) L. 19 pr. D. de eond. ind. (XII, 6).
74) L. 1 ^ 7 D. h. t.
174 LIBBO XIII^ TITOLO V, § 850.
se il debitore promette di pagare, nonostante l^ayvenata prescrizione,
con questa nuova agnizione del debito restinto diritto ad agire del
creditore senza verun dubbio risusciti ^5). in quanto per6 il motivo
della limitata validity del negozio stia In una condizione personale
del debitore, la ripetuta promessa deve avvenirein an tempo, in cai
tale condizione del debitore e gli impedimeuti alia plena efficacia
ginridica del negozio, che vi si connettono, siano gi^ cessati. Se
quindi talnno durante la patria potest^ si fa mutuare denaro all'in-
saputa del padre, un siffatto mutuo non puo acquistare la piena ef-
ficacia e diventare esigibile per azione che con un costituto poateriore
alia fine della potest^ medesima ^^j.
Del resto basta alia validity del costituto che un debito sussista
al ticmpo, in cut avyiene La promessa di pagare. Posto che Tazione
oompetente allora al creditore per il suo credito sia piu tardi e«tlnta
per prescrizione, trattandosi di azione temporanea (si pen si ad esempio
a un'azioue redibitoria o ad una azione di ingiurie), il costituto ri-
mane valido, poich^ I'azione che ne deriva h un'azione perpetua '^^).
Qui pure si guarda airinizio delPaffare. Qui appartiene anche il passo
di Ulpiano, fr. 18 § 1 D. h. t., ove dice : <r quod adicitur eamque
pecuniamj eum oonstituebaturj debiiam fuisse interpretationem plenio-
rem exigit. Nam primum illud efficit nt si quid tunc debitum fuit,
cum conatitueretur, nunc non sit, nihilominus teneat constitutum,
quia retrorsum se actio refert. proinde temporali actione obligatum
coostituendo Gelsus et Julianus acribunt teneri debere: licet post
constitutum dies temporalis actionis exierit. Quare et si post
tempos obligationis se soluturum constituent, adhuc idem Julianus
putat, quoniam eo tempore constituit, quo erat obligatio, licet in id
tempus, quo non tenebatur >. Appunto dietro questo principle va
deciso il caso, cui espone Paolo nel fr. 19 § 2 D. eod., cio^ : se il
padre aasicura costituendo al creditore di sue figlio il pagamento di
un debito, per cui il padre sarebbe stato convenibile con una azione
73) Frantzkb, Comm. in Pand. h. t. n. 15.
76j L. 2 Cod. ad S. a Mac. IV, 28.
"7) DuARENO, Oomm, ad h. t. cap. 2, pag. 930 e A. Fabro, RaHonal, tn Pan-
dect., ad L. 18 J 1 D. h. t.
DE PBCUNIA CONSTITUTA. 175
de peculiOj aucoroh^ il peculio, ue' limiti del quale solamente il padre
avrebbe dovuto rispondere pel debito del figlio, si fosse pol dimi-
nnito o fosse andato perduto, perdura tattavia I'obbligazione del
padre ex oanstitiiio, oome essa era fondata al tempo della promessa
di pagare seeondo la condizione di allora del pecalio. Paolo dioe :
c si pater vel dominus constitaerit se solutiiram, quod fuit iu pe -
culio, non minueretar peoulium eo ^^j quod ex oausa obstrictum esse
coeperit et^ lloet interierit peculium, non tamen liberatur ». Uaetio
comtitutoria non assume dunque la natura dell'azione di peculio.
E non yi ha dubbio che tanto una obbligazione condizionale, quanto
una tuttora sospesa da termine possano formare oggetto di oostituto,
come parimenti insegna Ulpiano, ohe nella L. 3 § 2 dice (D. h. t):
c si is, qui et iure ciyili et praetorio debebat, in diem sit obligatus,
an constituendo teneaturt Et Labeo ait teneri constitutum: quam
sententiam et Pedius probat et adicit Labeo vel propter has pecunias,
quae nondum peti possunt, constituta inducta: quam senteutiam non
iuvitus probarem. habet enim utilitatem ut ex die obligatus consti-
tuendo se eadem die soluturum teneatur ». Per un debito condi-
zionale pare esservi stata controversia prima di Giustiniano : la
ragione di dubbio consisteYa in ci6, che, fin quando non esiste la
condizione, non vi h nh obbligazione n^ azione. Giustiniano fa men-
zione di tale controversia nella citata c. 2 h. t. Ck>d. E il dubbio si
pub levare considerando che la condizione, se essa vien piil tardi a
veriticarsi, deve retrotrarsi all'inizio dell'atto giuridico, come se questo
allora fosse stato conchiuso puramente e semplicemente "*% Laonde
dice Paolo nella h, 19 pr. D. h. t. : c id quod sub condicione de-
betur sive pure sive certo die constituatur, eadem condicione suspen-
ditur, ut, existente condicione, teneatur: deficiente, utraque actio de-
pereat >. E ci5 h tanto piti sicuro dopo la citata L. 2 G. eod,, in
quanto ohe h noto come durante la pendenza della condizione vi
abbia almeno una spes debitum iri, che pub attivamente anche essere
trasmessa agli eredi ^^).
78) A. Fabro, Oonkct iur. cw,, lib. XV, cap. 5, vuol leggere: t non nii-
nnitar obligatio, licet minueretur pecalium »; ma I'emendazione non h ne-
ceefiaria. Si vegga G. Mbibr, 'Kvo^^oiv iusimianeomm, dec. IV, cap. 9.
79) NooDT, Ckmm. ad Dig. h. t., pag. 315.
^^) M I. clc V. O, (3, 1.5). A. Fabro, Rational, in L. 19 pr. D. h. t.
176 LIBBO XIII, TITOLO V, § 850.
O. U costituto non esige per la sua forma e per la sua eftioaoia altro
che il oonsenao degli iateressati ^^). Pub qnindi, eome ogni altro con-
tratto, essere oonchiaeo tanto fira present!, come fra assenti: per let-
tera o messaggio ^). Deve perb, seoondo !1 dispoeto del diritto ro-
mano, essere chiaramente determinato che il oreditore debba avere
il sao pagamentx) dal castUuente ^)f sia che la somma dovata venga
alFoccazione espressa, sia che nol venga ^). Se dunque ^ detto solo
impenonalmewtej che 11 creditore sar^ soddis&tto, senza determinare
da chi, o ^ il costituto conchinso in guisa che un terzo debba pa-
gare per il costitnente, senza che questo terso abbia dichiarato il suo
assentimcDtOy il oostituto non vale ^Oi come provano i testi seguenti :
L. 5 § 4 D. h. t. € sed si qnis oonstituerit alium soluturnm, non se
pro alio, non tenetur >.
Nov. GXy, cap. ult. seoondo la versione di Hombebgk: c Praeter
ea alind quoque caput, quod ad oonstituta pecuniam seu promissiones
spectat, hac lege definiri nobis visum est. Sancimus igitur si quis pro se
vel pro alia persona i^ecuniam constituent, dicens forte alicni scUis tibi
fdunam, ut hie in quantitatem quam dixit omnibus modis obligetiir
et constitutum suum impleat atque debitum solvere cogatur. Si quis
vero dicat satis tihifiet: hie (cnmeiusmodi sermosine mentione per-
sonae prolatus sit) tamquam nihil dixerit, ab omni exactione liber
servetur. Sin autem quis dicat saiisfiet tibi a me et ab hoc et ab ilia,
illis quidem, quos uominavit, nisi consentiant, nullum ex illo ser-
mons praeiudicium orietnr; sed nee is qui id dixit^ pro illis per-
^1) L. 1 pr. D. h. t. F. DuAKBNO, Oomm. ad h. t, cap. 3 e Noodt, Comm.
ad Dig. h. t, pag. 314.
^2) L. 14 $ ult. L. 15 D. h. t.
^) Fr. DuARBKO, h c, cap. 4.
«^) L. 14 pr. D. h. t.
«i>) VoBT, Cbmm, ad Pand, h. t. $ 11 in fine. — Fevlez, Praeleci, ad Ood.
h. t, nr. 4. — Mullbii ad Stiiuvidm, Exerciiai, XVIII, tb. 75 not. ^ nr. IV.
Altrimenti dovrebbe deciders! se dalla preoedente domanda del creditore o
da altre circostanze apparisae in mode del tatto ohiaro che il costttuente non
ha pensato ad altri che a s^. V. Lautbbbacu, Chlleg. Uupr. Pand, h. t., $ 11.
— Strygk, Us* mod, Paiid, h. t., $ 5 e Ant. Scuultino, Thes. eowtrov.,
dec. XLVIly th. 5. Che qui si possa anche rlcorrere al mramentum purgato-
rium^ afferma il Leysbk, specim. CLII, med. 5.
DE PEOUNIA CONSTITUTA. 177
sonis, quas uominavit, exactionem aliquam sustineat: pro se vero id
quod ex debito secundum leges probato debere appasaerit pro rata
parte solum solvat. quodsi dicat satis tibi fLet a me vel ab hoc vel
ab illo. tunc personis quidem uominatis simili modo non consen-
tientibus nullum iiat praeiudioium : ille vero qui hoc constituit inte-
grum debitum solvere cogatur : si quam autem contra personas no-
minatas putaverit sibi exactionem oompetere, hanc contra eas se*
cundum leges proponat et legum auxilio iruatur ».
Se 11 costituente avesse detto che egli vuol prestare pagamento,
ma avesse accanto alia propria nominato altra persona, da cui pa-
Ximenti il credltore dovesse ottenere il suo pagamento, la legge di-
stingae se cib sia avvenuto copulativamente o alternativamente. Nel
primo caso, se per esempio il costituente ha detto: tii avrai da me
€ da Caio il tuo soddisfaoimento, egli h res^ionsabile solo per la sua
parte; nel secondo caso invece, se ad es. il costituente ha detto: io
o Gaio ti paghereyno il debito, il costituente deve rispondere per il pa-
gamento del debito integrate ^"). Qui appartiene pure la
Authentica: Si qiiando C. h. t. : < si quando quis pro se vel pro alia
persona pecuniam se solvere constituent vel spoponderit sic dicens: Sa-
tisfaciam tibi, tenetur pro quantitate quam promisit. Sin autem dixerit:
satisfiet a me et ab illo et illo, illis quidem quos nominavit non con-
sentientibus, solus pro rata tautum portione persolvet. sin autem
dixerit: satisfiet, verbo impersonaliter prolate, non tenebitur. sin
autem sic dixerit: Erit tibi satisf actum aut a me aut ah illo, illo quem
nominavit non cousentiente, solus in solidum tenebitur ».
II diritto romano esige inoltre che il costituto venga conchiuso con
quel medesimo, a cui deve essere prestato il pagamento. Se un co-
stituto si riferiva ad un pagamento da farsi ad un terzo, era inutile,
come insegna XJlpiano, che dice uella L. 5 § 5 D. h. t. : € idem si
mihi constituas te soluturum, teneberis, quodsi mlhi constitueris Sem-
p'onio te sohiturum, non teneberis ». Anche se il costituto fu con-
chiuso col procuratore del creditore, valeva solo qualora il pagamento
si fosse promesso da prestarsi alio stesso procuratore e non al prin-
^«) RiTTERSHusio, Lm iustiuian , o Exiwait, method. Novellar,, parte III, cap. 5,
nr. 9 segg.
GLiicK, Comm. Pandette. — Lib. Xlll. L'3
178 LIBBO XIII, TITOLO V, § 850.
cipale. la tal luodo poteva costitairsi anche al tutore di an pupillo,
airainmiQistratx)re di uua corporazione, al curatore di uu pazzo o di
uii minorenue. Se invece il debitore avesse assicurato al rappresen-
tante del suo creditore di voler pagare, nou a lui, ma direttameute
al creditore, un simile costituto veramente^ a rigore di diritto, non
avTebbe avuto valore; solo per equity veniva conoessa al creditore
un'azione ati!e *). Tutto cio viene confermato dai testi seguenti:
L. 5 § 6 D. h. t. : « Julianas libro undecimo Digestorum scribit
procuratori constitui posse, quod Pomponius ita interpretatur, ut ipsi
prooaratori constitaas te solnturiim, non domino y>.
L. 5 § 7 D. eod. « Item tatori papilli constitui potest et actori ma-
nicipam et curatori furiosi i>.
L. 5 § 9 D. eod. « Si actori manicipum vel tatori pupilli vel cura-
tori furiosi vel adulescentis ita constituatur municipibm solvi Tel
pupillo vel furioso vel adtdesceyiti, utilitatis gratia puto dandam mu-
nioipibus vel pupillo vel furioso vel adulescenti utilem actionem if.
La ragione di tutto cio stava nel rigoroso principio del diritto
romano che niuno potesse acquistare direttameute diritti o diretta-
meute obbligarsi per mezzo di una persona libera ^'). Quiudi la ohli-
gatio doveva sempre assumere il suo inizio dalla persona dei con-
traenti ^^). Se si era conchiuso il negozio con un procuratore, solo
cestui poteva intentare Pazioiie diretta; il principale non avi^bbe
avuto che Vaotio cessa o utilis ^"j. Questa sottigliezza non h pin ap-
plicabile pel nostro diritto moderno ^^).
Se il debitore promette con un costituto al suo creditore di voler
pagare a lui o ad tin terzo, quest'ultimo pub certamente accettare 11
pagamento, ma non pub agire per I'osservanza del costituto. Ma se
♦) Vedi il Magazzino per la giurisprudenza e la legislazione di Grolmann e
LoHR (tedesco), vol. Ill, fasc. I, pag. 52 se^.
*<7) L. 73 M 0. da R. L (L, 17).
»<«) L. 11 D. de 0. et A. (XLIV, 7). V. Noodt, Cbmm. ad Dig. h. t, pa-
gina 314 e A. Schui.tino, Thes. controv,, dec. XLVII, th. 10.
^^) A. Faber, Rational, in Fand. ad L. 5 $ 6 D. h. t. — G. F. Bockel-
MANK, Oomm. in Dig, h. t. ^ 7 e Coccbii, lus. civ, eontrov,, h. t., qq. 4 e 5.
»<') V. Wbbbk, Obbligazione naturale (tedesco) $ 89 in fine, 4.* ed., pag. 375
e segg.
DE PEOUNIA CONSTITUTA. 179
il debitore ha fatto al terzo il pa^amento, ^ liberato dalla sua ob-
bligazioue. Potrebbe egli invero (qualora la prima stipulazione fosse
Btata oonchiusa col solo creditore senza aggiunzlone di un terzo) ve-
nire a rigore di diritto oonveimto con un'azione ex atipulatu ; ma
poicli^ il pagameuto era stato fatto al terzo col consentimento del
creditore, il debitore restava in ogni modo coperto con una eccezione
ooutro le ulteriori inchieste del creditore. Appunto questo avveniva
se nella stessa stipulazione inizlale fosse stato aggiunto an terzo so-
hdianis causa, senza che di esso si facesse piii alcuna menzioiie nel
costituto. Ma se nel costituto si fosse esplicitamente stabib'to cbe 11
pa^amento non si dovesse fare a verun altro fuorch^ al creditore
solo, il debitore non si libererebbe piii pagando tk\V<idiectu8 : il cre-
ditore lo potrebbe tuttavia convenire a buon dritto coirazione de
constituta pecunia, perch^ gli paghi il debitor il debitore potrebbe
invece ripetere coll a condictio indebiti il pagamento dal terzo, al
quale lo ha prestato •^^). In tal guisa si conciliano ft*a loro i test!
seguenti :
L. 8 D. h. t. d Si vero mihi ant Titio constitueris te soluturum,
mihi competit actio, quodsi posteaquam soli mihi te soluturum con-
stituisti, solveris Titio, nihilominus mihi teneberis » ^*'^).
L. 9 D. eod. <c Titius tamen indebiti condictione tenebitnr, ut quod
ei perperam solutum est ei qui solvit reddatur ».
L. 30 D. h. t. « Si quis duobus pecuniam coustituerit tibi aut TitiOj
etsi stricto iure propriae action! *'^) pecuniae constitatae manet obli-
gatus, etiamsi Titio solvent, tamen per exceptionem adiuvatur :».
«i) Vedi A. Faber, Rational, in Fund, ad L. 8, 9 et L. 30 D. li. t —
A. ScHULTiNG, Thes, control',, dec. XLVII, th. 10. — Baohov, ad TretUlerum,
vol. I, disp. XXIII, th. 11. — Greg. Maiansio, Be adiedo soliUionia gratia,
^13 (nelle sae Bisputathnes iuris civiliSf tom. I, pag. 162 seg.). — BoOKEl-
MANN, Comm. in Dig. h. t., ^ 8 e CoCGEii; Iu8 civ. controv. h. t., qq. 6 e 7.
•>-) Si parla del case, in cui fastipulato: <e mihi ant Titio dare spondes?]).
•y-^) C evidente che qui non si parla di actio eonstitutae pecuniae, ma di actio
exstipulatu. — Cuiacio, ObservaU, lib. XIII, cap. 20, invece di propriae acHoni
propone quindi di leggere priori adionL Ma Bonza fondamento; per cai ara-
gione Temondazione h respinta da B. Chesio, Differ, iuris, cap. 44. — A. Pa-
BEK, Conieeiur. iur. eiv., lib. V, cap. 3 e G. F. Bockelmann, Commentar. in
Dig. h. t, ^ 8. h^actio ex stipulatu h delta qui propria actio in riguardo al-
Tobbligazione originarin, che venne confermata col coHituto.
180 HBBO xni, TIXOLO V, § 850.
L. 59 D. de solut (XL VI, 3): « Si ita stipulatus sim, mihi atit
Titio dare spondes f et debitor constituerit se mihi solHturum, quamvis
mihi oompetat de constituto actio, potest adhuc adieoto solvere ».
Del resto non h necessaria nel costitato di una obbligazione la
fissazione di uu certo termine di pagamento '0* ^^^ volta era con-
troverso, se valesse un costitato sine die. PoicU^ la determinazione
deU'epoca del pagameuto pareva cotanto connaturale al costituto,
che si contrapponeva il temptis constitutum al temptis jpraeseiis -'^j. Gtu-
STiNiANO fa ineDzione di questa coutroversia nella L. 2 O. h. t., in
cui essa vieue risolta. 1^ perb degno di nota, che, se anche il costi-
tato h stato coQclaso pure, al debitore bisogna concedere an termine
di almeno dieci giorni. Uu passo importante in proposito ^ la L. 21
§ 1 D. h. t, in cat Paolo dice: <c Si sine die constituas, potest
quidem dici, te non teneri, licet verba Edicti late pateant: alioqain
et confestim tecum agi poterit, si statlm, ut constituisti, non solvas ;
sed modicum tempus statuendum est non minus decern dierum, ut
ezactio celebretur » p ^i*).
D. L'utiliti\ e Pefflcacia di un constittiium proprium consiste pel
diritto romano in cio, che '0 •
w) QuiNTiLiANO, Declamat., 280. — Vedi G. Noodt, Comm. ad Dig. h. t.^
pag. 315. ^
p) Che una volta la fissazione <H un termine fosse assolutamente necessaria nl cosii-
tuto, g\k si e visto.
p bis) II passo e sicuramente e male interpolatd : si prova e per la forma {exactio
celebretur I) e per la sostanza: lo stabilire in tal caso un termire di dieci giorni puo
bene essere di competenza di un legislatore, nia non mai di un giureconsulto: Gra-
DBNwiTz, Jnterpolt, pag. 74; Accarias, Precis de droit rom., II, pag. 617, n. 2; Gi-
RARD, Manuel elementaire, pag. 585, n. 4.
q) In origine una mera ripetizione del debito precedente non poteva avere luoiro
per via di costituto, perche sempre questo esigeva la fissazione di un termine. V* era
il caso in cui si costituisse una obbligazione a termine in eandejn diem : caso che non
fu riconosciuto che a stento, in vista della tdilitas che pure presentava. Ottimamente
dice il Bruns, che il costituto con aggiunta di un termine di pagamento forma il punto
di partenza deirintero istituto e che Tapplicazione del costituto ad una mera ripetizione
delPobbligazione dipende da un ulteriore svolgimento del concetto e rappresenta ia
certa guisa solo Testrema conseguenza di esso. I.e ragioni qui date nel testo non con-
cernono del resto il costituto come tale, sono indipendenti dall'intima essenza di questo:
costituto e la promessa di pagare un'obbligazione esistente, da cui deriva un'azione per
Tadempimento della promessa, che si aggiunge alia vecchia obbligazione. Ma pure
DE PECUNIA CONSTITUTA. 181
1.^ Pab venire munita di azione una obbligazione, che per s^
stessa non era pienamente efflcaoe.
2.^ Una obbligazione gi^ esistente puo in molte maniere essere
modifioata e oio^ :
a) Bapporto all'oggetto. Invece della cosa dovuta se ne pu5
promettere un'altra di ugual natura, per esempio frumento inveoe
di una somma dovuta di denaro. XJlpiano dice, L. 1 § 5 D. h. t.:
c An potest aliud constitui quam quod debetur, quaesitum est. sed
cum iam placet rem pro re solvi posse, nihil prohibet et aliud pro
debito constitui. denique si quis centum debens, frumentum eiusdem
pretii constituat, puto valere constitutum y>, Una ragione di dubbio
stava nel modo, con cui s'era espresso il pretore nel suo Editto: Qui
peciiniam debitcmi constituit^^)] ma dal momento che il costituto non
h una mera iterazione di promessa, ma una promessa di pagamento
e dal momento che al creditore col suo consenso pub essere prestata
un'altra cosa in laogo delPoggetto dovuto, una simile convenzione si
or.
) L. 1 M D. h- t.
astraendo dai vaiitaggi enumerati dal testo, che dipendono o dalla natura o dai iimiti
delta precedente obbligazione o dalle modality che accompagnano il costituto medesimo,
il costituto ne pu6 sempre recare una ed e che dando vita ad una speciale asione, la
cut prescrizione e regolata in modo particolarei pu6 prolungarsi la responsabilita del
costituente oltre il tramonto delFazione derivante dairobbligazione principale, che siasi
estinta per prescrizione. Un tal vantaggio vi sar^ sempre, meno il caso in cui un costi-
tuto sia fatto in previsione di un debito futuro o che sia fatto contemporaneamente
alia conchiusione del negozio fonte della obbligazione principale. Non si pu6 parlare di
interrujtione della prescrixione delTazione principale ; bensi di creazione d*altra azione
con prescrizione particolare. E se fossero piu i costituti fatti success! vamente in epoche
diverse, sempre si avrebbe il medesimo resultato ; formalmente ognuno di essi produce
1ft propria azione e non v'ha alcuna ragione di spaventarsi (come fa TArndts nella
Rivuta oritica di Monaco (tedesco), IV, pag. 245) per un simile resultato : cfr Bruns,
1. c. pag. 293. Se poi venisse meno — come ne" casi eccezionali indicati — anche questo
vantaggio, il costituto certo sarebbe senza valore pratico e manterrebbe un mero signi-
ficato formale, che, colla caduta del sistema formolare e delle azioni tipiche, e pure
estremamente attenuato.
II nostro Codice civile considera gli atti di ricognizioae quali interruttivi della pre-
scrizione, articoli 2129, 2130. Ora e certo che di frequente al costituto va unito un atto
di riconoscimento. Bisogna ricordare tuttavia che ci6 non avviene ne sempre ne neces-
sariamente: in quanto invece da una promessa di pagamento possa sgorgftre uu'azione
costitutoria soggetta alle proprie vicende anche in ordine alia prescrizione, non e que-
stione abbastanza studiata e avvertita in pratica.
182 LIBRO XIII, TIXOLO V, § 850.
ammetteva anclie per il costituto ^'), Ma se in luogo della oosa do-
yiita h stata costituita qualohe altra, piii non dipende dal debitoro
di prestare questa piattosto clie quella; il creditore pub agire oramai
perch^ si adompia il costituto. Gosl almeno decide Papiniano, L. 25
pr. D. h. t., ove dice: ir illud aut illad debuit et constituit alteram,
an vel alterum quod non constituit solvere possit, quaesitum est.
dixi non esse audieudam, si velit hodie fidem constitutae rei fran-
gere ». La somma dovuta puo mediante costituto essere diminuita,
ma non accresciuta. n Si quis centum ? ureos debens duoentos con-
stituat — dice Ulpiano, L. 11 § 1 I)f h. t. — in centum tantum-
modo tenetur: quia ea pecunia debita est >. <c Sed si quis viginti
debens decem constituit se soluturum — aggiunge Paolo nella
L. 13 D. eod. -— tenebitur » ').
b) Gol costituto puo inoltre mutsirsi Tobbligazione preesi-
stente anche in rapporto alle sue eventuali determinazionl. Puocio^
essere mutato il luogo del pagamento ^') ; essere abbreviate o prolun-
gato il termine di esse '^^); auzi una somma, di cai 6 tuttora lontano
il termine di pagamento, pub essere costituita in guisa che si abbia
a pagare subito ^'•^j. In cib sta uno dei principali vantaggi del co^
stituto, di potere modificare obbligazioni a termine in obbligazioni
immediatamente esigibili ^^^)'j sicchb, se il costituente nou adempie
la fatta promessa, pub essere convenuto per la prestazione delFt^
»«) Vedi NooDT, Comm. ad Dig, b. t, pag. 3115 e G. Frantzcke, Comm. in
Pand. li. t., nr. 22.
97) L. 5 pr. D. h. t.
^'^) L. 4 D. eod. Bart. Chesio, Different, inr. civ., cap. 44, nr. 11 segg.
»») L. 3 ^ 2 in fine li. t.
i«^") L. 3 $ 2 cit.
r) Non mentovata nelle fonti, ma non da negare (Bruns, pag. 2iS) e la possibilil^
di costituire una species 8ul fondamento di una precedente obbligazione diretta ad un
genus. Saviamente awerte lo stesso giurista che non sarebbe da mettere qui (fra le
modiEcazioni del contenuto di una obbligazione per via di costituto) la determinazione
di una obbligazione non ancora determinata, per esempio, di risarcimento dei danni.
Fissure, determinare TentitA del debito non e ufficio del costituto: la determinazione
in forza di confessione, ricognizione, transazione, ecc. deve precedere ; certo costituisce
un logico presupposto di un costituto deUrminato.
DB PEOONIA CONSTITUTE. 183
qiiod interest ^). Ancora bisogna avvertire che I'obbligazioue assunta
dal debitore nel oostituto piio essere ratibrzata ooa fideiussione o
pegno ^'). Ma un debito condizionale non pub essere mutato ia un
debito puro : il costituto di una obbligazione condizionale va inteso
come conchiuso sotto la medeBima oondizione da oui era affetta I'o-
riginaria obbligazione e perde la sua forza, se non esiste la oondi-
zione. Pub invece al contrario una obbligazione pura mediante il
costituto assumere una condizione; ma per la sottigliezza del diritto
I'omano in tal caso ha luogo appena ixn'actio utilis ^). L'una e Taltra
Gosa couferma Paolo dioendo (L. 19 pr. e § 1 D. h. t): c id quod
sub oondicione debetur, sive pure sive certo die constituatur, eadem
condicione suspenditur, ut existeiite condicione teneatur; de&ciente
utraque actio depereat. sed is qui pure debet, si sub condicione
constttuat, inquit Pomponius , in hunc utilem actionem esse :».
Inoltre pub
c) Fobbligazione merc^ il costituto modificarsi in quaiito alia
persona del creditore. Cib che io devo ad A posso col suo assenso
costituire a B. Ulpiano dice L. 5 § 2 D. h. t. : c Quod exigimus
ut sit debitum quod constituitur, in rem exactum est: non utique,
ut is qui constituitur creditor sit; nam et quod ego debeo tu
constituendo teneris et quod tibi debetur, si mihi constituatur, de-
l>etur ».
3.° Invece mediante il costituto non ^ estinta la precedente obbli-
gazione. II costituto come tale non implica ^) una vera novazione o no-
vazione privativa. Da cib I'importaute corollario che se anche dopo (per
I) B. Chesio, Different, hir,, cap. 44, nnmeri 8 e 18 e G. 0. Westenbekg,
Pnncipia iuris Dig h. t., $ 35.
-') L. 14, M 1 e 2 D. h. t
'■() A. Fabro, Rationaha in Fand. ad L. 19 $ 1 D. b. t, cerca il niotivo di
questo nel fatto che i costituti furono propria m en te introdotti per rendere
esigibili subito obbligazioni che tattavia non lo erano, come dice la L. 3 $2
D. h. t. Non pareva qnindi conforme alio 8Copo dell'lstituto di mutare per
Tia di esso una obbh'gazione pura in condizionale. Vedi anche il Chrbio, I.e.,
ur. 19 e NooDT, Gomm. ad Dig. h. t., pag. 315.
4) L. 18 $ 3. I^. 28 D. h. t. L. 15 D. de in rem verso (XV, 3). B. Chesio,
Different, iuris, cap. 44 nr. 1 e Ant. Schulting, Thes. controv,, decad. XLVII,
th. 10.
184 LIBRO XIII, TITOLO V, § 850.
essere ad esempio il creditore in mora acdpiendi) dovesse veuir meno
I'azione oostitutoria, potrebbe sempre aver laogo I'antioa azione che
competeva al creditore prima del costituto del debito ^). Pel diritto
romano nuovo db h tanto meno da porre in dubbio, in qnanto ohe
per la novazione si esige la dichiarazione manifesta delle parti di
Yolere estinguere ®) la preoedente obbligazione. Una tale estinzione
sarebbe poi evidentemente contraria alio scopo del costituto^ che
piuttosto tende a confermare la precedente obbligazione. A ragione
pertanto Papiniaito nella L. 3 § 2 D. <26 adm, rer, ad civ, pert.
oppone il costituto alia novazione '^). Un^altra importante conseguenza
non pa5 qui passarsi sotto silenzio ed ^ che se il debitore rispetto
alia primiera obbligazione fruiva di diritti particolari o di privilegi,
questi non vauno perduti col costituto ^). Se quindi ad esempio il
marito costituisce la dote a sua moglie, gli rimane intatto il &6ne-
fioium competentiae, come insegna IJlpiano, dicendo nella L. 3 pr.
D. h. t.: < quod si maritus plus constituit ex dote quam facere po-
terat: quia debitum constituent, in solidum quidem tenetur, sed
mulieri in quantum facere potest condemnatur >. Anche in caso di
mutazione di monete si l>ada al tempo, in cui fu contratta la pri-
miera obbligazione ^). € Nam actio de constituta pecunia retrorsum
se refert >, dice Ulpiano nella L. 18 § 1 D. h. t. Siccome quindi
merc^ il costituto la primiera obbligazione non vlene mutata nella
sua esseuza, il creditore ha la scelta se intende mnovere la pri-
mitiva azione o se vuole agire ex constituto ^^*). Perb
4.^ Gol costituto non si puo creare ex novo un^obbligazione che
gid» prima non esistesse. Se dnnque ad esempio taluno promette
duecento aurei inveoe dei cento, di cui ^ debitore: o se costituisce
•■>) G. NoODT, Gomm. ad Dig, h. t, torn. II, Operum, pag. 316. — U. Hubbk,
PraeUcL ad Land. h. t., $ 8 e A. Schulting, 1. c, thes. 9 in fine.
«) L, ult. Cod. de novaiionibus (VIII, 41). Hobek, PraelccUadPand,\i,t,^ ^6.
7) CtriACio, Ohservat.j lib. XX, cap, 29.
'^) Brunehann, Gomin. ad L. 3 pr. D. h. t., numeri 1 e 2 e Muller ad
Strdvium, Syntagma iur, civ., Exercit. XVIII, th. 81 nota ^,
9) Struvium, Synt. iur. civ,, Exerc XVIII, th. 81.
10) Lautbrbach, Oolleg. th. pr. Pand. h. t, ^21. — Struvium, Synt. iur.
civ., Exerc. XVIII, th. 80. — Chesio, Differ, iur. civ., cap. 44, nr. 17.
DE PBOUNIA CONSTITtlTA. 185
oltre il oapitale aacUe grinteressi, a cai non ^ tenuto, o se promette
di dare al oreditore anche un'altra oosa oltre la somma dovata, il
costituto non vale che per la somma inizialmente doyata. Ulpiano
dice espreBsamente nella L. 11 § 1 D. h. t. : € si qois centum aureos
debens dnoentos constituat, in centum tantummodo tenetur, quia ea
pecunia debita est. Ergo et is qui sortem et usuras, quae non de-
bebantur, constituit, tenebitur ia sortem dumtazat ». E Paolo ag-
ginnge nella> L. 12 D. eod. : ^ sed et si decern debeantur, et decern
et Stichum constituat, potest dici decern tantummodo nomine teneri ».
Si h fatto in proposito il quesito, se nel case che il costituente abbla
scientemente promesso di pagare di piii di quanto doveva, il negozio
possa tuttavla pel diritto romano nuovo valere come donazione. I
giuristi non sono in proposito dell a medesima opinione. Molti ^^) lo
negano, pel motive che una donazioue non pub essere presunta, spe-
cialmeDte quaudo le parti avevano intenzione di conchiudere tutt'altro
negozio. Se fosse stata loro intenzione quella di fare una donazione,
avrebbero potuto e anzi dovuto esprimere piti chiaramente la loro
volont^ ^2j. Le leggi dicono ^'^) — b vero — che chi scientemente
paga cib che non deve ha la volonU\ di donare. Ma vi b una diffe-
renza fra pagare e promettere. Nel primo caso si chiede solo se abbia
luogo ripetizioue del soluto e tale domauda ottiene risposta negativa.
Ma da cib non deriva ancora che si possa agire in forza della pro-
messa di pagare quanto uon b dovuto. Altri ^^) negano che per di-
ritto romano sia valido un costituto che oltrepassa Pobbligazione
preesistente * ma afifermano che oggi con tale promessa viene fon-
data un'obbligazione de paoto. Ma dal momento che per le note di-
Bposizioni dell'imperatore Giustiniano qualunque donazione non
eccedente la somma fissata dalla legge consiste e vale di diritto in
modo che il mero patto, senza stipulazione, produce azione in giu-
11) Prrez, Praelect, in Cod,, lib. IV, tit. 19, df. 7. — Boeckelmann, Oomm.
in Dig. h. t., ^6, — Lauterbach, CoUeg. th. pr. Pand, h. t., $9. — Zoesio,
Comm. ad Dig, h. t, num. 10 etc.
12) L. 39 D. d« pacL, II, 14. L. 31 in fine D. de 0. et A. (XLIV, 7).
li) L. 9 pr. Cod. de cond. i/w?., (XII, 6). L. 53 D. de B. L (L, 17).
1^) Brunumank, Comm, ad L. 11 $ 1 D. h. t, numeri 4-6. — Stryck,
Us, mod. Pand, h. t., ^3. — Boehmrr, de aetionib,, sect. II, cap. VII, § 21.
GlUck, Cotnm. Pondelte. — Lib. XIII. li
186 LIBRO XIII, TITOLO V, § 851.
dizio^'*)? ^^ PU9 c^^ ragione affermare obe colui, il quale soientemente
ha promesso un pagamento, cui nou era obbligato, sia gift tenuto
per simile promessa in forza del dirltto romano nuovo, avendo egli
con ci5 cUiaramente manifestata la sua iDtenzione di douare quello
cui non era obbligato. Questa opiuione ha per s6 anche Passeuso di
varii illustri giurecousulti ^^). Pel luedesimo motivo possiamo senza
scrupolo asserire, che colui, 11 quale solo sotto eondizione era tenuto
a uu pagamento, cui dopo cpstituisce puramente e semplicemente, sia
convenibile iu forza di tale promessa, se auche la eondizione non si
avvera i").
5.^ Einalmente bisogna avvertlre clie I'obbligazione del costituto
si e^itingue se la primiera obbligazioue viene astinta o con pagamento
o con fatto equipoUente ^^). Invece perdura la validity del costituto,
se la precedente obbligazioue ha perduto la sua efiicacia ^^^ in giu-
dizio solo pel decorso del tempo.
§ 851.
Del costituto di debito altrui ").
Yeniamo ora al (II) costituto di debito altrui. Esso ^ una specie
di iutercessioue. Gon esso si assume una obbligazione aliena in modo
1'') L. 35 $ ult. Cod. de donaL (VIII, 53).
ifi) A. FabeRj Rational, in Band., ad L. 11 $ 1 D. h. t. — R. Bachov, Xot,
et aminadv, ad TreuUerum, vol. I, disp. XX III, th. 9. — G. Voet, Comm, ad
Band, \i. t, % 7 e Wkber, Svolgimento sistematico ddla doUrina deWobbligazione
naturale (ted.), $ 126.
17) BuuNEMANN, Comm. ad L. 19 D. h. t, numeri 3 e 4.
iH) L. 43 D. d^ sol, vXLVI, 3).
i») L. 18 $ 1 D. h. t. Bachov, ad TreuHerum, 1. c, th. 13, lett. D. —
Lauterbach, Golleg, tlieor.-pr, P. h. t., % 10 in fine. — Cocceii, his dv,
controv,, qu. 8 e Thibaut, Sistema delle Pandette (ted,), vol. 2, $ 938 in fine.
<) Che ne* tempi piu recenti il constitiUum debiti alieni si usasse spesso quale forma
affine alia fideiussione, appare chiaro dalla c. 3 h. t. C. IV, 18 e Nov. IV, di cui e
ampiamente discorso in questo paragrafo. In origioe, nota il Bruns, pag. 282, non era
cosi : chi si obbliga a pagare per un dato giorno il debito x (sia pure di Tizio)^ si ob-
DE PBOUNIA OONSTITUTA. 187
perb che il debitore, per cai si costitaisce, oontinua a rimanere ob-
bligato. Gl.10, nella L. 28 D. h. t. : < abi quis pro alio constituit se
solaturam, adhao is, pro quo constituit, obligatas inanet >. Si tratta
quindi, come nella fideiussione, di interoeasio (mmulativa. Si distingue
pero essenzialmente e per varie ragioni dalla intercessione mede-
sima -^)
1.^ Kispetto alia forma. La fideiussione presso i Romani si con-
chiude nella forma della stipulazione, il costituto invece colla sem-
plice convenzioiie.
2° Bispetto alio scopo. L^unico ed essenztale scopo della fideius-
sione h la sicurezza del creditore. Ma il costituto alieno non h a oio
limitato, esso pub servire al creditore ancUe per altrl scopi; per
esempio se al creditore importi di procurarsi alcuni vantagi^i sia
'^*^) Si confront! in proposito eovratutto G. Crietiauo Koch, De constUiUo
dtbUi alieni eiusque a fideiussione discrimine, Kiel 1777. — Wbbkh, SistemaHco
svolgimento della doUrina delVobbligazione naiurale (ted.), ^ 124 ed Hopfnek,
Commentario suite istitiizioni di Eineccio (ted.), ^ 846.
bliga assolutamente, non in via sussidiaria ed eventuale, come un fideiussore. Non cosl
quando il costituto si ridusse ad una semplice promessa generale, comune : essa ben
poteva assumersi a scopo di sicurezsa e garantia. Ma ne questa rimase unica funzione
del costituto di debito altrui: ne puo dirsi, che questa sia una specie di fideiussione
con differenza di forma e la possibilita di alcune modificazioni. Segtiiremo in proposito
le ricerche del Bruns. II costituto pu6 essere sempre adoperato per un'assunzione de-
finitiva del debito altrui. Ci6 pu6 awenire in seguito a convenzione col debitore e per
assegno di ]ui ; pu6 awenire donandi animo, animo negotia gerendi, ecc. Abbiamo
due obbligazioni indipendenti e concorrenti alternativamente; ove a favore del debitore
principale non sia avvenuto un pactum de non petendo. Qui non saremmo piu nel
campo di analogia della fideiussione ; ma piuttosto in quello delTanalogia della delega-
zione e della espromissione. II fideiussore assume totam cautam del debitore principale ;
le modificazioni, gli incrementi, i decrementi e le eccezioni che subisce Tobbligazione
principale dopo la costituita fideiussione lo concernono direttamente. Non cosi nel caso
di costituto. Esso i la promessa di pagare una obbligazione altrui, cosi come ^ ora e
cioe al tempo del costituto. Le ulteriori vicende Don riguardano il costituente ; colpa e
mora del debitore principale non influiscono suUa sua obbligazione, come neppur gli
giovano eccezioni dal debitore principale piu tardi acquisite. Si aggiunge poi che il
costituente puo introdurre mutazioni nelToggetto e nelle modal! tii; il che non pud il
fideiussore. La differenza sarebbe tolta qualora il costituente si obbligasse a pagare
« ci6 che il creditore avr& diritto di pretendere dal debitore principale e non altro >.
I risultati allora verrebbero a coincidere. II costituto e dunque per se un concetto afiatto
distinto da quello di fideiussione, ma pu6 essere usato alio scopo della fideiussione:
pub anche raggiungere gli effetti medesimi quando sia opportunameate conformato.
188 LIBBO XIII, TITOLO V, § 851.
rigpetto al laogo del pagamento, sia rispetto all'oggetto del mede-
siino. Qaesti scopi pub 11 oreditore raggmngere solo merc^ 11 costituto;
non merc^ la fideiusaione. Poich^ h inyallda una fideiussione se il
fideiussore si obbliga a prestar cosa di versa da quella do vat a dal
debitore principale. Qiavolbno dice (L. 42 D. de fideiuss. XLVI, 1);
<c si ita fideiassorem accepero: quod ego decern credidi, de ea pecunia
mille modios tritici fide tiM esse ivibes f non obligatur fideiussor : quia
in aliam rem, quam quae credita est, fideiassor obligari non potest » '^^).
Ma che possa essere costituita la prestazione di cosa diversa da
quella dedotta neH'obbligazione principale^ se cib torna a vantaggio
del creditore, h messo fuori di dubbio dal passo di Ulpiano, fr. 1
^ 5 D. h. t.^ che gi^ abbiamo arrecato. II medesimo Ulpiano in-
segna poi nel fr. 5 pr. e fr. 16 § 1 D. h, t, che nel costituto il ore-
ditore ^ in grado anche di procurarsi un vantaggio rispetto al luogo
del pagamento. Nella fideiussione ci5 non poteva ottenersi } auzi Giu-
LIANO insegna nella L. 16 § 1 e 2 D. <l6 fideiuss., XLVI, 1 : « quare
si reum pure interrogavero et fideiussorem eum adiectioiie loci acce-
pero, non obligabitur fideiussor. sed et si reus Bomae constitutus
Gapuae dart promiserit, fideiussor Ephesi, perlnde non obligatur
fideiussor ac si reus sub condicione promisisset, fideiussor autem in
diem certam vel pure promisisset i» '^'^). Ohe poi la fideiussione essen-
zialmente non miri che a dare sicurezza al creditore^ si rileva con
evidenza dalle fonti. Giustiniano nel pr. Inst, de fideiuss. (Ill, 20)
dice: « Pro eo qui promittit solent alii obligari c\\\\ fideiussores ap-
pellantur; quos homines accipere solent dum otirant^ ut diligentius
sibi cautum sit :». E anoora piii chiaramente si esprime in proposito
Gaio nella L. 1 § 8 D. <i6 ohl. et act. XLIV, 7, ove dice: c Qui alieuo
nomine ohWgAtnr fideimsor vocatur et plerumque ab eo, quern proprio
nomine obligamus, alios accipimuS; qui eadem ohligaiione teueantur,
dum curamus, ut q^iod in ohligationem dedudmm tutius nobis d^-
beatur ».
^1) Le fonti d^nno in generale la regola: a Xon valet fideinssio si fideiussor
ill aliam obligaHonem acdpiatur, id est at ipse aliquid debeat quod reus prin-
cipalis non debet » : L. 8 $ 8. L. 70 $ 2 D. de fideiiissor. (XLVI, 1). — Vedi
G. AvERANi, Interpret t«r., lib. 11, cap. 4.
22) G. AvEKANi, 1. c, num. 18.
DE PEOUNIA CONSTITUTA. 189
3.° Bispetto airefficaoia. Una fldeinssione h invalida, se ooutratta
in maniera ohe per essa il garaute sia obbligato a piti dure condi-
zioni di quelle, a cui s'^ obbligato il debitore principale. Ulpiano
espone questa regola oome generale in materia di fideiussione, di-
cendo nella L. 8 § 7 D. de fideiuas* XLYI, 1 : c Illud commune est
in universis, qui pro aliis obligantur : qtu>d 8% fuerint in duriorefn
Qaiisam adhibiti plaouit eos omnino non obligari: in leviorem plane
cansam accipi possunt ». Si poBsono, come osserva Giuseppe Ayebajii ^'^)
ad illostrazione di questo passo da molti frainteso, distinguere qoattro
casi, in cui si pub dire ohe il fideiussore h stato adibito in causam
diiriorem. A. Bispetto al luogo: se in una obbligazione indetermi-
nata pel debitore principale si stabilisce pel solo fideiussore un de-
terminato luogo di pagamento o se il pagamento dovrebbe da questo
prestarsi in luogo diverso, in cui la prestazione resulta piti onerosa
che non nel luogo, in cui il debitore principale ha per suo conto
promesso di prestare ^^). B. Bispetto al tempo : se il fideiussore pub
essere convenuto prima del debitore principale, per esempio il debi-
tore h tenuto solo dopo il decorso di un oerto tempo o sotto una
condizione, mentre il fideiussore dovrebbe rispoudere senza beueficio
di termine o senza tale condizione '^'0. C. Bispetto al modo di ohhli^
garsi (causa) : se in una obbligazione alternativa con scelta del de-
bitore principale la scelta non dovesse competere al fideiussore, come
inyece a quelle compete; ovvero al fideiussore per la maniera con cui
si h obbligato ^ tolta la speranza di essere in certo caso in)erato dalla
obbligazione come invece pub sperare il debitore principale. Per esempio
il debitore aveva promesso di dare denaro o altra cosa, mentre 11 fi«
deiussore si obbliga a dare precisamente quello^ per cui agir^ il oredi-
tore. II debitore ha promesso di dare una cosa iudividualmente determi-
nata; il fideiussore promette di dare quella cosa o una certa somma di
danaro ^^). D. Bispetto SklVoggetto della obbligazione: se il fideiussore
deve prestare altra cosa o una somma maggiore di quella, cui ^ te-
nuto il debitore principale ^0* ^^ ^^^^^ questi casi h nulla I'intera
2'^) Interpr, iur,, lib. II, cap. 3, num. 4.
24) L. 16 ^ 1,2 J), de fideiuss., XLVI, 1.
25) L. 8 $ 7 in fin. L. 16 $ 5. L. 70 pr. M D. ibid.
20) L. 8 $M 0 9 D. eod. L. 34 D. eod.
27) J 5 I. II, 20. L. 8 4 7. L. 41 D. de fideiuss., XLVI, 1.
190 LIBBO XIII, TITOLO V, § 851.
garanzia. Le parole della legge citata pUtcuit eos omnino iwn ohligari
non lasoian dubbio ia proposito ^t*). Invece il constitutum alienum in
nessuno dei predetti oasi di durior cauia h affatto mvalido; ma anche
quando iL costitaente si obblighi a pagare prima del debitore prin-
oipale o senza condizione quanto costui devo coDdizionatamente o
ana sonima ma^ifgiore h almeno obbligato fino alia concorrenza della
obbligazione del debitore principale ^^), come resulta ohiaramente dai
'^^) Molti vogliono con Alciito, Farerga^ lib. V, cap. 37, — G. Fornerio,
Select,, lib. Ill, cap. 11 e Aloandko leggere: ct non omnino t> e intendono
come Be si dicesse: a non in soHdum, non in totum d: il senso earebbe che
11 fideiussore, che si e obbligato a piti dare condisioni, h esente dull'obbli-
gazioue solo nelPambito, in cai la sna promessa recede gli impegni del de-
bitore principale, par restando obbligato fin dove la sna promes<$a coincide
colla obbligazione di questo. Tale emendazione si dice saffragata dalPautoriUi
dei Basiliei, i quali leggono oudh holds : non omnino. Vedi Dionigi Gotopredo
nelle note alia L. 8 J 7 D. de fideiuss., XLVf, 1 ed Ev. Otto nei Comm. al
^ 5 1, de fid. (HI, 21). Ma la parola omnino non lia mai nei giuristi classici
11 senso di soUdum; ma risponde a plane, prmsus, utique e omnino non eqni-
yale a nullo modo, neiUiquam, nequaquam, come Gius. Avekanf, 1. c, nr. 2.
ed Enrico von dku Bnscn, De fideinssore in maiorem summam, quam quae
debetur, adhihito praes. Franc. C. Com kadi, tlelmstadt 1734, $ 1*2, hanno
dimostmto colPaiuto di molti passi. AncUe Tespressione greca oud^ hdlds non
significa altro che il latino omnino non e Cciacio nelle Beciiat. ad lib. II, re-
sponsorum Fapiniani in L. 9 D. de usur, (XXII, 1) traduce quelle parole molto
bene: nullo modo. — G. G. AVissenbach nelle Exercitat. ad Pand., parte II,
disp. XXV [I, ( 10 ha messo ci6 affatto faori di dubbio con un passo impor-
tante preso da Eust^zio, Vocabul. graec, in Homeri Iliadem. Si vegga anche
Cokradi nei Progr. alia citata dissertazione di yon dbm Busch. La regola
ben nota che utile per inutile non vUiatur qui non h applicabile. Poich^ ap-
partiene alia forma e natura del negozio che il fideiussiore non venga as-
Bunto a condizioni piti dure del debitore principale, dal memento che esse
non interviene cho per la sicurezza del creditore; $ 5 I. d^ fideiuss., II, 20
e L. 49 in fin. D. eod. XL VI, 1. — Molti sono pero di altro avvlso. Vedi
E. Merillio, (Jommxni. ad $5 1. de fideiuss. (II, 29J. — G. Voet, Oomm.
ad Pand,, lib. XLVI, tit ], ^ 4. — Franc. Broeo, JiJxposit. in Instil. lusti-
nian., lib. Ill, tit. 21, pag. 631. Ma con me si accordano oltre i citati Cu-
lACio, Wissenbach, Averani, Conradi anche Fr. Hotomann, Comm, ad $ 4
I. de fideu — Arn. Vinnio nei Comm. ad ^ 5 I. eod. — Thibaut nei suo Si-
stema delle Fandeiie (ted.), vol. 2, ^ 953 ed Hopfnrr, Comm^niario sulle Isli-
tuzioni di Heineccio (ted.), ^ 840.
20) V. Voet, Comm. ad Pand. li. t.» $6. — Fabrr, EalionaJ. in Pand. ad
L. 4 D. h. t. — MiiLLER, ad Struvium, Exercit. XVIII, th. 81, nota d e von
DEM Buscii, Diss, cit., ^ 17.
DE PECUNIA CONSTITUTA. 191
pass! gi^ addotti : L. 1 § 5, L. 5 pr., L. 11 § 1, L. 12, L. 13, L. 16
§ 1 e L. 19 pr. D. h. t. Tali passi, come osserva il Yoet '^^) a ra-
gione, vanuo intesl non solo del coatitato proprio, ma anche del co-
Btitato alietio. Lo parole a&tto general! della L. 8 § 7 D. d« fideims.
(XLVI, 1) illtid commune est in univenis qui pro aliis ohligantur hanno
mosso alcuni giureconsalti ^^) a segare la differenza qai eaposta e ad
affermare la plena invalidity della promessa di un costitaente sotto
durior condicio come di quella di un fideiussore. Essi quindi vogliono
interpretare quel test! limitatamente restringendoli al costituto proprio.
Ma a tale interpretazione si oppono il fatto che la L. 8 non parla
clie dei fldeiassori e che anche la regola oontenuta nel § 7 non si
illustra che con esempi presi da casi di fideiussione. K poi noto,
che per coloro qui pro aliis (cioe alieno nonitne) obligantur possono
solo intendersi i fideiussori in sen so proprio '•^^). Oltre questa difife-
renza, seoondo Topinione di alcuni giureconsalti ^^', il costituto alieno
si distinguerebbe dalla fideinssione anche in cib, che il costituente
pub essere come tale convennto senza potere intanto rimuovere I'a-
zione del creditore col pretesto che il debitore principale non sia stato
per anco escusso. Poich^, si dice, il costituto non h un modo sussi-
diario di Intercessione ; per cib 11 benefidum excussionis competente al
ftdeiussore non deve competere al costituente. Jo perb trovo difBoolt^
ad acoettare questa opinione, dal momenlo che ad essa si oppone il
chiaro dettame della Novella IV, capitolo Y. Non bisogna lasciarsi
indurre in errore dalla versione volgata, in cui i termini greci ho
antiphon^tes, ho antiphdn^sas ed hb tea antiphAu^sin bypelthon ven-
gono falsamente tradotti colle parole latine sponsor, qui sponsioni se
siibiecerit, come ha osservato a ragione gi^ Antonio Sohulting ''^) :
essi vanno iiivece resi colle parole constituens, constitutae pecuniae reus.
^<>) Comm, ad Dig. Tit. de fideiNss,, $ 4.
'^1) WissENBACH, Ezercit, ad Pand., parte II, disput. XXVII, ih. 10, pag. 309
e A. ScHULTiNG, TJies. conirov., dec. XLVII, th. 6.
:»2) Pr. I. de fidei. (II, 20). L. M 8 D. de 0. et A, XLIV, 7. Veggasi pure
Gius. AvERANr, Interpr, iur,, lib. II, cap. 3 e vox dem Buscm, Diss, cit., ^ 17.
^•)) Koch, Be constituto d^biii alieni (cit.), $ 16. — Tiiibaut, Sislema deUe
Fand. (ted.), vol. 2, $ 940 in fine e nota s.
^■*) Tfies, eontrov.f dec. XLVII, th. 7. Veggasi anche Pothiek, Pand. vi8iin.f
torn. 1 h. t., num. XXX, nota 1, pag. 308.
192 LIBBO Xlir, TITOLO V, § 851.
Gosi hanuo pid esattameote tradotto quel termini Giuliano ^^), Gre-
gorio Aloandeo ^*), Enrico Agilbo '^'^) e Giovanni Federico HoM -
BEBGK zu Yagh ^^). Che le espressioni antiphon^t^s ed antiphdn^sas
significhino lo stesso di constittiem o qui ])ro alio constituit o 'pecuniae
constitutae reus; che antiphdn^sis significhi costitato e antiphdnein
costitaire, appare non solo da altri passi delle Novelle di Giusti-
NiANO, in cai si parla del costitato, per esempio Novella 115 cap. 6
e Novella 136 cap. 1, ma anohedalla Parafrasi greca delle Istituzioni
di Teofilo ^^), dal Prdoheiron ndmon di Abmbnopulo *<^) e dai Ba^
silioi, ne' quail non solo h contennta la Novella 4 ^^\ ma due spe-
ciali titoli trattano della pecunia constituta: peri chr6oas antiphon^-
8e6s ^2). Da queste fonti anche Dionigi Gotopbbdo *'^) e Guglielmo
Ottone Ebitz ^) hanno eruito il vero significato di quel termini greci
non intesi dal vecchio e barbaro traduttore delle Novelle. Non h
dunque concepibile come siasi di ironte a tante prove irrefutabili
negate tuttavia al oostitnente 11 heneficium excu^sionis * )j o come da
altri ^'>), che pur non lo negano, si sia afiermato che la legge non
35) Epitome Novell,
30; Graec. Novell j pag. 15.
37) Ad ea quae in NoveUia lustin, constU, ia8 civ, attingunl^ liber sing. Co-
Ionia 1558, constit. IV (in Carlo Fed. Zbpbrnich, Delectus scnpior. Novellas
lusiin. Imp. casque lUstor, Ulustr., Halle 1783, pag. 21).
38) Novell, Const ex graeco in lat, conversae, Marburg 1717, pag. 56.
3«) Lib. IV, tit. 6, M 8 6 9.
*«) Lib. I, tit, 3, ^ 47. Lib. Ill, tit 6.
41) Tom. IV, lib. XXVI, tit 2, cap. 1.
42) Lib. XXVI, titoli 5 e 7.
43) a Nomenclator graecaram inris dictionum, quae apud Harmenop. et
alioB quosdam iuris auotores occurrunt, voce, antiphdnein, antiphon^sis, anti-
phonetts 7>: agg. ad Eat^menop., pag. 417.
44) Olossar, tJieophiUn,j voc. antiphon^o (torn. II, Paraphr, grace, inst,, pa-
giua 1252).
45) HuBER, PraeleeL ad Band, h. t, $ 5. — Struvium, Syni. iur, civ,,
t) GiusTiNiANO parla evidenlemente del costituto di debito altrui fatto a scopo di
garaatia; la sua disposizione conterrebbe una grave assurdit^, ove si volesse applicare
a que* costituti che sono definitive assunzioni degli altrui debit! : si pensi al caso di una
delegazione ottenuta in forma di costituto (Bruns, pag. 286). Lo stesso sarebbe se si
atessero nel costituto delle modificazioni al contenuto della principale obbligazione,
qualora risultassero volute non « eventualmente > (Bruns, i6erf.,), nia in modo assoluto.
D£ PEOUNIA CONSTITUTA. 193
disoorre dal costituente, ma ohe per lui milita lo stesso motivo di
equity. Si avvertano le segaenti parole seoondo la conetta versione
di HoDiBfiBGK za Vaoh: € Si qnisigitur mutuum dederit, et fideius-
sorem (eggu^t^n) aut mandatorem (mandd.t6ra) aut oonstitutae pe-
cuniae reuni (antiph6nOt^n) aociperit, ille non statim ab initio man -
datorem, fideiassorem ant eonstUuentem oonveniat, neque debitore
negleoto intercessoribus molestas sit; sed prime eum qui pecnniam
accepit et debitum ooiitraxit conveniat et siquidem ab illo acoeperit,
a reliqnis abstineat: quid enim illi onm extraneis rei est, oui de-
bitor satisfecitf si vero a debitore uec partem neo solidnm consequi
poterit, quantum ab illo aooipere non potuit, pro ea parte cum
fideiussore vel coiigtituentej vel mandatore experiatur et ab eo reli-
quum consequatur. atque baec quidem^ si utrique, tarn principalis
debitor quam fideiussor aut mandator aut constitutae pecuniae reus
(antiph6nr*sas), praesentes sint, omninodo serventur. Si vero fideiussor
aut mandator aut qui comtitutum stiaeepit (lib t^n antiphdndsin hy-
pelth6n) quidem adsit^ principalem autem debitorem abesse contingat,
durum est creditorem alio mittere, cum a fideiussore aut mandatore
aut constituente exigere possit d. Un'altra importante prova del bene-
ficium excitssionis competeute al fideiussore non meno che al costi-
tuente ofifre ancora la Novella 136, praef., in cui Giustiniano si
richiama alia Novella quarta e ricorda una speoiale ecoezione cbe
egli aveva fatto al capo 3 § 1 riguardo agli argentarii. Le uotevoli
parole cbe si riferiscono a questo punto sono — secondo la versione
hombergkiana — le seguenti : Qui in corpore sunt argentariorum
fellcin huiiis urbis potentiae nostrae supplicantes de multis capitibus
nos rogarunt petentes, ut eos iuvemus, cum et ipsi multis se utiles
praebeant quod constituta (antiphon^seis) et mutua subeant omnis
periculi plena, nam cum sacra nostra constitutio extet, quae vult, ut
exactiones ordine fiant et primum quidem principales rei eorumque
res, deinde vero fideiussores et mandatores et constitutae pecuniae rei *^)
£xerc. XVIII, th. 81. — MUllek, ad eundenij nota a. — Bachov, ad Treuile-
ruMj vol. I, diss. XXIV, th. 8 e Laut£RBach, de henefwio exeussionisj Tu<
binga 1653, i 23.
^) Qui anche la vnlgata traduce: comiituiae pecuniae rei
(•L'!"*, Comm* Partdetle, — Lib. XIII. 2.'>
194 LIBRO XIII, TITOLO V, § 851.
(antiph6aetfis) excatiautur, ab hac lege collegium ipsoram exiuii
oinaiumqae gravissima pati, si ipsi qtddeni coyistitutionis auxilio uti
nequeantj sed Btatirn exigantur: si vera ab aliis constituta accipiant
(el d^ autiphduOscis par' hetdrdii Idboieii) 1111 qui pecuniam consti-
tuerunt (tous antiphon^santaa) vel Uoruiu raaudatores vel tideius-
sores ipsis noa satisfaciant et conveaiens esse, ut et ipsi communium
leguni participes siut neque ipsis coustitutio nostra adversetur i>,
Fiuo a che punto Giustiniano abbia acoolto il ricorso degU argeu-
tarli, resulta dal capo 1.^, in cui si dice : c Sancimus igitur si quidam
ex illis qui mensae argeiitariae praesuut alicui inutuam pecuniaui
deut vel constitutum (autipUAnesin) ^^), vel fideiussores vel inaudatx)re8
accipiant ipsisque coustitutio etordo perillam iutroductusoppouatur:
ut turn iu illis coustitutio optineat, nisi speciale pactum feceriut licere
creditori prlncipalem debitorem et maudatorem et iideiussorem couve-
nire, non expectato coustitutiouis ordine. Propter studium enim quod
argentarii in communes contractus collocant ciui<modi pacta admit-
tiuius, quae non videntur contra legem esse ; quoniam unicuique ea>
quae a legibus illi data sunt, contemuere ]icet. sed si eiusmodi pactum
flat, liceat illis primuiu etiam mandatorem et prlmuni fideiussorem
aliasque personas convenire. Quare si pactum scriptum non est, etiam
iu illis coustitutio omnino optineat; sin autem scriptum sit pactum,
legem det contractu! atque exinde exactiones fiant y>. Con quc^^ta
Novella h stata nuovamente confermata la surriferita eccezione ri-
sguardante gli argentarii, come colore ai quali piu non deve com-
petere il beneficio di escussione, se essi per Udeiussione o mandato
qualificato o costituto hanno assunto I'obbligazioue di uii terzo a di
lui profitto ^^). Essi pregarono I'iraperatore che, dal luomento che per
le loro intercessioni essi potevano essere convcnuti prima del debi-
tore prinoipale, un ugual diritto venisse loro concesso contro coloro, che
avcssero garantito o costituito per il loro debitore. Ma essi ottennero
solo, che fosse loro x)ermesso di acquistare tale diritto con apposita
^") La veraione vulgata ha qui: vel coiistituiae pecuniae reos.
■^'*) V. RiTTERsuusio, Li8 uisttn.f parte III, cap. 2, num. 25, — Richtkr,
Bxpoaitio omnium autlieniicarum Co<l, lusiin, ad Auth. Praesenie Cod. de Ji-
deiusM.j ur. 44 sq., pag. 366.
DE PEOUNIA CONSTITUTE. 195
pattuizione *'*). Ancora un'altra ecoezione fa lo Hubeb ^"), nella quale
il benelioio di escussione verrebbe ineno nel costituto alleyo, e cio^
quando sla iissato un termine preciso nel quale il costitupute debba
pagarC; se entro questo termine non paga il debitore principale. Un .
tale esenipio offre Mabcello nella L. 24 D. h. t. : c Titius Seio epi-
stulani misit in haec verba: remameriint apud me quinquaginta ex
eredito tuo, ex contractu pupiUorum meorum, quos tihi reddere debeho
idihm mails probos, quodsi ad diem suprascriptuvi 7ion dedero, twic dare
debebo usttraa tot. Quaero an Lucius Titius in loouiu pupillorum hac
cautione reus successerit. item quaero, an, si non sncoessisset, de
eonstituta pecunia teneatur. Marcellus respondit in sortem teneri :
-est enim humanior et utilior ista interpretatio j>. Se il debitore prin-
ci))ale fosse gic\ condannato al pagamento con sentenza .passata in
giudicato e il costituente avesse assunto di pagare il giudlcato a fa-
V4>re del debitore, tutti concedono clie qui vien meno il beneficmm
ordinis •"»' ).
Invece la tideiussione ha comuni col costituto alieno i punti se-
guenti :
1.° Presuppone la capacity di assumere obbligazioni altrui. Clii
non pub essere iideiussore non puo neppure concliiudere un simile
costituto, come ad esempio donue, soldati ''-).
2.^ Suppone, come la iideiussioue, anche questo costituto la pree-
sistenza di una obbligazione per s^ nou invalida, sia essa del resto
nata da atto lecito o illecito -^^j. Non occorre che sia sempre oerta la
persona del debitore al momento in cui si conchiude il costituto.
Basta che in generale vi sia un debito. Quindi si pub costituire pc'
^'•>) Vedi E. HuBEKT, dissert. II, de argeniarm vetenim, cap. II, ^ 5 in
"G. Oblkich, Thes. diasertat, iurid, belgicar.j vol. II, torn. 1, pag. 127.
"'•') PraeU ad Band. h. t., ^$ 5 e 6.
'•I) Mevius, parte I, decis. 229. — Stkyck, Us, mod. Band, h. t., ^ ult. e
altri.
•*-) L. 1 ^ 1 D. h. t. Lauterbach, VolL ili. pract, Pand, h. t., $ 6 e G. L.
BoH3iKP., Cast scelti di diritfo (tedesco), vol. I, parte I, reep. XLV, num. 12
e seg.
"•i) L. 1 ^^ G, 24, 26, 29 D. li. t. Lautekbach, 1. c, ^ 8 e Webeij, Svolgi-
mento sistemaiico della dottrina delV obbligazione nat urate (ted.), ^ 124.
195- LIBBO XIII, TrroLO V, § 851.
debit! ereditarii a vaiitaggio dei creditor], quantnnque I'erede uon
abbia an^ra adito Teredit^ e sia anzi molto dubbio, 8e la vorr^
adire. IJl^a.no dice nella L. 11 pr. D. h. t., cbe a hactenus igitur
constitatam valebit, si quod constituitur debitum sit, etiam si nullus
appareat qui interim debeat: utpota si ante aditaui bereditatem de-
bitoris vel capto eo ab hostibus canstituat quis se solnturum ; nam
et Pomponius scribit valere ooustitutum, quoniam debita pecania eon*
etituta est i> •^).
3^. II consenso del debitore non si esige qui come non si esige
nella fideiussione. Non solo dunque il coi^tituto pub avvenire seuza,
ma pub anche avveni^ contro la volont^ del debitore e il debitore
non ha potere dr impedire cbe il costitueute pagUi al credltore. Di
oib ci amm^stra pure ITlpiano, dicendo nella L: il D. h. t. : a Utrum
praesente debitore, an absente oonstituat quis, parvi refertboc am-
plius etiam invito constituere '*-') eum posse, Pomponius libro XXXIV
soribit. unde falsam putat opinionem Labeoni^ existimantis si post-
quam qui constituit pro alio, dominus ei deufmtiet, ue solvat, in
factum exceptionem dandam. nee inmerito Pomponius : nam cum
semel sit obligatus qui constituit, factum debitoris non debet eum
exGusare ^.
4t.^ L'obbligazione del costituente ^ come quella del fideiussore
meramente accessoria. Essa vien meno se Pobbligazioue principale
del debitore viene estinta per pagamento o altrimenti in via legale ''^M.
Se il creditore avesse agito prima contro il costituente senza otte-
■
nere il pagamento, il debitore principale non resta liberate, ma ri-
mane sempre libero al creditore di rivolgersi. contro il debitore prin-
cipale. Gib pub una volta essere state controverso fra' giuristi ro-
mani, ipa il passo di Ulpiano mette il* punto fuori questione. Questo
giurista romano dice nella L. 18 § ult. D. h. t. : c an qui hac ac-
s-i) Veggarti Ant. Fabso, Rational, in Pand. h. 1.
•'•'») Invece di dominus il Fabro, Coniecfur, inr. cjV., lib. XV, cap. 4, legge
debitor, Questa emendazione u approvata anche da G. Noodt, (hmm. ad Dig.
h. t., pag. 314 e ha per se rautoritii dei Basilici, lib. XXVI, tit. 7, ovp. 27
(t. IV, pag. 186 ed. Fabuot). Si voda pero G. Meirr, 'kv^.I-jv Itistin,, dec. V»
cap. 2.
50) L. 43 D. de sol., XLVI, 3. L. 28 D. h. t
DE PEOTTNIA OONSTITUTA. 1^
tioue egit sortis obligationem oonsamat T Et tiitius est dicere sola-
tione potius ex hac actione facta liberationem oontiDgere, i^on litia
contestatione ^7). quoniam solutio ad utramqne obligatioq^m pro-
* 5.^ Di regola p«r5 il oostituto alieno h oome la fideiossioue una
iDteroessioae susaidiaria. Gib almeno non ha dubbio per la Novella 4,
cap. 1.^, -per cai anche 11 oostituente i obbligato Bolo tanto, in quanto
11 creditore non pa6 ottenere dal debitore principale il soddisfaci-
mento. Quindi nella prassi viene concesso senza sornpolo al costi-
tuente il benefieium excusiionU ^^).
*
6.^ Se pill persone hanno costituito pel medesimo debito, sono
tenate, sictome piti fideiassori, quali dbrrei ^^), ma anche ad ease
come ai fideiussori compete il beneficio di divisione ^^). GiustiNiANO
trova equa tale parifioazione, ordinando nella L. 3 G. h. t. : < divi
Hadriani epistalam, quae de perioalo dividendo inter mandatores
et fideiaasores loquitur Jocnm habere in his etiam, qui pecnnias pro
aliis simnl constituunl» neceaaarinm est : aequitatis enim ratio diver-
sas species actionis excludere nullomodo debet >.
§ 852 a.
Condizioni delVazione de constitnta pecunia. Azione diretta ed utile.
Anoora devesi avvertire, che:
Perch^ abbia luogo Pazione de comtituta pecunia I'Editto pretorio
esige due requisiti e cio^:
a) che il costituente non abbia eseguito la sua promessa,
b) che il creditore non siasi opposto alia esecuzione. ,
•
57) L. 29 D. de nov., XLVI, 2.
r>H) L. 23 Cod. de fid. (VIII, 40).
''9) Mbvius, parte I, decis. 229. — Caupzov, [Mtrt© II, cost. XV III, def. 2.
— Wbrnhkr, OhservaU forens,, tomo I, parto 1, obs. 29 e parte IV, obs. 24.
— BsuQBR, Oeeonom, iuriSj lib. Ill, tit. 1, th. 11, nota 3. — Lauterbach,
Golleg, th, pr. Pand. li. t., $ 21. — Wkstphal, Pareri giuridici (ted.), vol. I
h. t. $ 1 pag. 81. — HoFAGKBR, Princ, iur. civ, rom, germ., torn. Ill, ^ 2069.
«o) L. 16 pr. D. h. t.
<5l) LaCTB REACH, 1. C, $ 17.
198 LIBBO XIII, TITOLO V, § 852 a.
Le parole delPeditto ' ^"»), che oonteugono qnesta duplice condizione,
sono riferite da Ulpiano, L. 16 § 2 D. h. t. e sono le seguenti :
€ Ait praetor : si appareat eum qui coiistituit iieque ^olvisse neqne /<?-
cis8€ neque per actoreyn sietisse quomintis fieret quod constitutum est.
indicium dabo » "^). II senso di queste parole ^ dunque che il con-
venuto deve trovarsi in mora solvendi, il creditore invece non tro-
yarsi in mora accipiendi "), perch^ I'azione possa aver luojjjo. lo ho
detto, che il convennto
a) non deve avere adempiuto la sua promessa. Anzitutto qnindi
viene in cousiderazione il caso, che il costituente non abbia affatto
esegulto il promesso pagamento e iuoltre
x) se ha promesso un pagamento e poi, invece di esso, non
otfra che una cauzione ^'*). S'egli invece avesse promesso quest'ultima,
agirebbe in conformity alia promessa, se costituisse I'assicurazione
promessa o con garanzia o con pegno. Paolo dice nella L. 21 § 2
D. h. t.: « Gonstituto satis non facit qui soluturum se constituit, si
ofterat satisfaetionem. Si quis autem constituat se satisdaturum *''^ ) et
<'^) Queste nltime parolo supplisce non 86Dza fondamcnto A. Fabbo, ifa-
iional. in h. 1.
o:!) v^ grande differenza frn <i pagamento d e m prostaziono di cauzione d.
11 primo deve esBere ricevuto dal creditore, anche contro la Rua volont^; la
seconds no. Questa si equipara al pagamento sol quando il creditore Tnc-
cetta: L. 6 vS 1 D. qnib, mod, pign. solv., XX, 5.
♦»^) CoSi leggo la fiorontina. Inveco Aloandko e Baudoza leggono satis fac-
t bis) Ancha il BauNS crede a torto che qui si tratti delfeditto. Come inyece ha
egretriamente il Lenel, si trattadi una parte delta formola: < si paret . . . NunieriumNe-
gidium neque Bolvisse neque fecisse quod constituit neque per Aulum Agerium stetisse,
quominus etc. ».
u) II concetto della mora e male applicato al costituto. Ricordiarao che nel suo
signiflcato originario esso e promessa di pagamento di una obbligazione ad un giomo
determinato. II giorno non e quindi una modality delKobbligazione costitutoria ; fa
parte essenziale del contenuto di essa: non pagare a quel giorno determinato equivaie
a noix adempire V obbligazione: Tazione costitutoria non mira quindi a ottenere Ta-
dempimento, ma Tinteresse pel mancato adempimento. Questo rimase sempre lo spiriio
deiristituto e delTazione correlativa; non si discorre di mora nelle fonti a proposito
d^l costituto, meno che neiPinterpolato fr. 14 § 2 D. h. t. Con tale orlginaria natura
delfazione costitutoria e in armonia anche il suo carattere penale (fr. 18 § 2 D. h. t.
cfr. Bruns, pag. 255), che poi si yenne man mano attenuando e perdendo.
DE PEOUNIA CONSTITDTA.. 199
Jideiussorem vel pignera det, non tenetnr : quia nihil iutersit, quemad-
modam satisfaciat i>.
^) 66 il Gostituente vuol prestare qualche cosa di diverse da
ci5 che ha promesso di pagare. Poich^ qui pure vale la regola, che
deve prestarsi proprio quell'oggetto, a cui si riferisce I'obbligazloue
del debitore : trattisi di un dare o di un fare ^'')-
7) se il costituente ha prestato il pagameuto a persona di-
versa da quella, cai questo h stato promesso. Per esempio : tu avevi
da principio promesso il pagamento a me o a B; quindi con costi-
tuto prometti di prestare a me solo il pagamento. Tuttavia tu hai
poi pagato il debito a B. Qui io ti posso uonostante conveuire ex
eonstituto "*^j. Gib vale anche nel caso in cui il debitore faccia cou-
stituto con uno dei creditori correali, promettendo di pagare a Ini
solo e quindi faccia alFaltro il pagamento. Colui, a cui favore ^ fatto
il oostituto^ viene in tale ipotesi considerato come creditore esclusivo.
Dice Paolo, L. 10 D. h. t. : « Idem est et si ex duobus reis stipu-
landi post alteri constitutum alteri postea solutum est: quia loco
eius, cui iam solutum est, haberi debet is cui constituitur ».
h) L'altro requisite ^ die non si a dipeso dal creditore, che il
debitore non abbia eseguito il costituto. Se manca uno di quest!
requlsiti, vien meno Tazione; non scusa pero verun ostacolo, per
•
quanto aifatto casuale che sorga nella persona del costituente pel
termine del pagamento ♦^"j. « Generaliter enim causa difficultatis ad
incommodum promissoriS; non ad impedimentum stipulatoris pertinet 2» :
dice Venulejo, L. 137 § 4 D. de verb. ohl. XLV, 1. Solo quando
iurum. Questa lezione ^ preferita da Ger. Noodt, Comment ad Dig. h. t,,
$ Expectas, pag. 316. 11 nostro manoscrilto delle Pandette di Erlangen con-
corda colla fiorentina. Nei JJasilici (ed. cit, torn. IV, pag. 185 in fine) si dice:
n ho aniipfionon hicanodosian didonai j> : qui constituH se saUsdaiw^im. — Bris-
80NI0) de Verb, Sign. voc. Satisdare, osserva a questo puuto che talora la voce
Saiiadare, presa in senso generale, equivale a (juoquo modo satisfacere,
«'*) L. 25 D. h. t. L. 2 $ 1 D. de reb. ered,, XII, 1. Duakrko, (Jomm, ad
h, U, cap. 4, pag. 932 e Thibaut, ^^stema delle Pandette (ted.), vol. I, ^ 92.
««) L. 8 D. h. t. PoTHiEU, Pamh lustin,, tomo I h. t, nr. 23 e %egQ*^ pa-
gina 388.
«") Vodi MuLLEU ad Struv., Syntagma iur, civ.^ Exercit. XVIII, th. 49,
nota V.
200 LIBBO XIII, TITOLO V, § 852 a.
la cosa che costitaisce I'oggetto della obbligazione, per caso fortaito
perisoe, il costituente, che tuttavia venga convenuto^ puo dl fenders!
ooD una eecezioiie ^^), come insegna Ulpiano, che dice uclla L. 16
§ 3 D. h. t. : c si non stetit per actorem, tenet actio, etiamsi per
reram nataram stetit. sed magis dicendum est sabveniri reo deberi >•
Si chiede perb a quale epoca bisogna guardare per giudicaro se Tat-
tore o il convenuto fosse in mora. Se noi iu proposito confrontiamo
la L. 16 § ult. e L. 17 e la L. 18 D. h. t., pare che Ulpiano e
Paolo non avessero su questo punto opiiiione Concorde. Ulpiano
afferma che secondo le parole deireditto occoVre guardare ])reciAa-
mente al termine fissato nel costituto. Se a quel tempo il costi-
tuente non aveva adempiuta la sua obbligazione, 6 fondata Tazione
contro di lui, ancorch^ piil tardi egli abbia oilerto il pagamento al
oreditore. Le seguenti parole non lasciano intorno a cib dubbio ve-
runo : c haec autem verba praetorls : neque fecisse reum quod con-
stituitj utrum od tempus oonstituti pertinent, an vero usque ad litis con^
testationem trahimvs : dubitari potest, et puto ocZ tempus constituti >.
Paolo inveoe crede che il costituente, se anche non si h presentato
proprio al giorno determinate, ma piti tardi ha offer to al creditore
il pagamento, faccla cadere in mora il creditore che senza legittima
causa si rifiuti a ricevere il pagamento. II debitore potrebbe dnnque
rimuovere gli effetti della sua mora finch^ il creditore non ha in-
tentato la sua azione. Gosl si intenderebbero le parole del pt*etore
€ neque fecisse reum > secondo equits^ c secondo lo F^pirito dell'editto.
Questo ^ il sense della L. 17 D. h. t., in cui Paolo dice : <c sed et
si alia die ofiferat neo actor accipere voluit, nee ulla iusta causa fuit
non accipiendi, aequum est saccurri reo aut exceptione aut iusta in-
terpretatione, ut factum actoris usque ad tempus iudicii ipsi noceat;
ut ilia verba neque fecisse hoc significant : ut neque in dieni in qttam
constituit fecerit, neque postea y>, II nesso fra due passi h dunque questo:
Secondo le parole dell'editto il debitore ^ ia mora, s'egli non si pre-
seuta al creditore puntualmente al giorno fissato e adempie la sua
obbligazione. Ma secondo una benigna interpretazione di esse, il
«^) Vedi Ant. Fabro, BationaLin Pand. li. t e G. Jensio, Strkturae ad ram.
iuris Pand. ad L. 14 ^ 3 D. h. t., pag. 105 (ed. Leida 1764, 4}.
DB PBOUNIA CONSTITUTE. 201
costituente pad pargare la saa mora, officendo il pagamento finolife
il creditore non abbia intentata I'azlone. Se il oreditore respinge tale
ofiferta, senza avere fondato interesse, cade a saa volta in mora e 8e
quindi agisce centro il costituente, quest^altimo pub difenderd coli
una eccezione. c Est igitar in mora accipiendi actor — dice a ra-
gione Antonio Fabbo *^^) — quaiudia nihil adhuc coepit ipsius inte-
resse, licet constituens faerit in mora solvendi. Merito igitar volnit
praetor, ut factatn actoris ipsi noceat, ad tempus usque accepti iudidl,
nisi iustam causam habaerit recusandae solutionis, idest^ nisi dam-
num aliquod ex mora senserit, ut negari nou possit eius interesse >.
Gon questa spiegazione concordano anohe i Basilici ^^J, in cui il senso
de' due pass! arrecati h espresso nel segueute modo : c Ho m^^ empro-
th^smos poion ho per anteph6n^sen, hypokeitai. h5d^ physikdsempo-
distheis bo^theitai. Cai h5 met^ tauta m^chri prokat^rxeds poidn hoper
antephonesen, en hoi m6 diaph^rei toi en^genti i>. Yale a dire: c Qui con-
stituta die nou fecit quod constituit, tenetur. si vero per rerum natu-
ram stetit, subvenitur ei. Et ei qui postea usque ad litis contostationem
fecit quod constituit, si actoris non interest :»• Oosl rimangono chiarite
le parole delPEditto neque solvisse neque feoisae, che parlano della mora
del debitore. Ma a simile dubbio dauno luogo le parole c neque per ao-
torem stetisse ». Ulpiano afferma che pur queste devono restrin-
gersi al tempo flssato nel costituto. Se a questo tempo il creditore
era parato a ricevere, Tazione e fondata, ancorch^ non lo fosse stata
prima e nol fosse piu dopo. Le sue parole (L. 18 h. t.) sono : « Item
ilia verba praetoris iieque i)er (Mtoreni stetisse eandem reoipiunt du-
bitationem. Et Pomponlus dubitat, si forte ad diem constituti per
actorem non stetit, ante stetit vel postea. et ptito et haec ad diem
comtitxiti referenda t>. Se si volessero inteudere queste parole del caso,
che 11 creditore rifiutasse il pagamento offerto prima del termine del
costituto o dopo di esso e si ritenesse per fondata Tazioue purche
egli fosse al termine stesso parato a ricevere la prestazione della
cosa dovuta, vi sarebbe qui pure una coutraddizione fra Ulpiano
e PAOiiO. Ma era deciso il caso in cui il debitore mancasse vera-
^'J) EaiionaU in Pand,, 1. c, pag. 513.
'») Tomo IV, lib. XXVI, tit. 7, pag. 184 ed. Fabr.
GuTK, Comm. Pandette, — Lib. XIII. 20
202 LiBRO xiir, TiTOLO V, § 852 a,
ineiite al termiue del costituto, ma piu tardi, prima che il creditore
inteutasse contro dl lui azione, oftrisse il pagamento. Che qui se-
coudo ana iuterpretazione equa e couforme alio spirito dell'editto nou
si potesse iutentare Tazione con profitto del creditore che seuza giasta
causa avesse respinto Foffertx) pagamento, (^, secondo il dettato di
Paolo, da reputarsi quale principio sicuro. Tauto meno puo con
fondamento dubitarsi, che il debitore possa difendersi con una ec-
cezione, qualora esso prima che arrivasse il termine del pa«^amento
avesse o£ferto al creditore la cosa dovuta e cestui Pavesse seuza le-
gittima causa rifiutata. Poich^ lo stesso Ulpiano dice nella L. 38
§ 36 D. (Ze V. 0., XLV, 1 : « quod certa die promissuni est vel statim
darl potest: totum enlm medium tempus ad solvendum liberum pro-
missori relinquitur ». E d'accordo va pure Celso nella L. 70 D. de
aoltitj XLVI, 3. Ma gli esempi addotti da Ulpiano nella L. 18 pr.
D. h. t. provano che qui si parla di un caso in cui Padempimento
dell'obbligazioue da parte del debitore fu impedito non da rifiutata
aceettazione del pagamento dovuto, ma da altri eventi casuali veri-
Hcatisi nella persona del creditore. Qui, secondo il concorde avviso
di Ulpiano e di Paolo, tutto dipende solamente da cib, che I'evento
il quale ha impedito al creditore di ricevere. la prestazione, cui era
pronto il debitore oostituente, si h avverato nella di lui persona
proprio al tempo in cui la prestazione doveva efifettuarsi, ovvero
prima, ovvero dope. Solo nel primo caso esso h di danno al credi-
tore; negli altri casi Tazione h fondata. Gosi devono con Oiacomo
VooEDA "0 spiegarsi le parole di Ulpiano, che sono : « Proinde si
valetudine impeditus aut vi aut tempestate petitor non venit, ipsi
nocere Pomponius scribit )>. Secondo queste parole duuque,il creditore
h in mora se al giorno fissato nel costituto il debitore ^ state pronto
ad eseguire Pobbligazioue e niuna cosa lo ha impedito di fare il pa-
gamento, tranne che la manoata presenza del creditore, il quale non
si pot^ trovare al giorno fissato, aucorch^ quest'ultimo fosse impos-
sibilitato da un evento esplicatosi circa la sua persona di ricevere la
cosa dovuta dal costituente al termine stabilito. Se tuttavia in questo
caso vien meno Vactio de comtituta pecuniae il creditore pub sempre
71) Inierpretat. et emend, iuris rom,, lib. I, cap. 16.
DB PECaNIA CONSTITDTA. 203
valersi deU'azione che a lui competeva prima del cOstituto per ef-
fetto del negozio eonohiaso "'^). Gi^ sopra si h osservato, ohe col co-
vStitato uon viene tolta la primitiva obbligazione.
11. L^azione de constituta pecunia ora h diretta, ora b utile. La
prima spetta a coliii, verso il quale ^ fatto il costituto, sia lo stesso
creditore, sia uu terzo, a cui s^^ fatto il oostituto per volontii del
ereditore ^^j Qiiiiidi aiiche uu proeuratore pub agire direttamente, se
a lui 6 prestato il pagameuto "^) e nou c'6 poi il menomo dubbio
elie l^azioue competa anche agli eredi ^■''). La seconda compete a uu
terzo e ciofe a' pupilli, a' miuori, a' Gomuni^ se i loro tutori, curator!
ed attori hanno costituito coi loro creditori nel loro iuteresse ^*'')' Sc
il fiduciario ha costituito coi debitor! creditarii a bencficio della ere- .
diti^j le fonti gli uegano dopo ravvenuta restituzione Tazione de con-
stituta pecunia; porch^ per prescrizione del senatoconsulto trebel-
liauo i credit! ereditarii souo passati uel fedecommissario. Ma si do-
manda se il fedecommissario possa valersi deirazione costitutoria.
Yerameute le azioui derivauti da quei negozii die il fiduciario ha
intrapreso prima della restituzione uou passauo la forza del seuato-
consulto ipso iure nel fedecommissario; ma egli deve farsi special-
meote cedere dal lidueiario i relativi diritti "'). Tuttavia per equiti\
si concede al fedecommissario uu*azione utile ejr constituto, la quale
spetta anche al vero erede nel caso ch'egli abbia evitto I'ereditti dal
suo possessore, che prima avesse costituito coi debitor! ereditarii ^^).
"-') Vedi Ulr. Hcbek, PraelecL ad Fand. h. t, $ 8. — Ger. Noodt, Comm.
ad Big. b. t, \ifig, IM6 e A. Schulting, Thes. controv., dec. XLVII, tli. 9.
'•^) L. 5 M. L. 6. L. 7. L. 8 D. h. t. Voet, Comm. ad Fand. h. t, M* —
Stkuv., Syntagm, iur, civ. h. t., tli. 79 e MiiLLBU, ad Eiindem, nota x.
•^) L. 5 ^ 6 D. h. t.
~') Poiche Vazione de comtiiiiia pecunia e, come insegna Ulpiano, L. 18
^ 2 D. h. t., un^azione meramente persecatoria, ancorcb^ I'obbligazioDe con-
fermata medlante il costituto nascesse origiDariamente da delitto. VedlBoE-
CKGLHANK, Comm: in Big. h. t, ^ 10. Cbe quindi I'azione costitutoriu pass!
tanto attivamente qnanto passivamente agli eredi, insegna espressameKte
GiusTixiAXO, L. 2 pr. Cod. li. t.
••') L. 5 $ 9 D. h. t.
"") L. 73 pr. D. ad S. C. TrebelL, XXXVI, 1. V. Westphal, Bei legali e
dei fedecommessi (ted.), parte II, $ 1859.
~'^) Secondo il rigore del diritto i contratti concbiusi dal possessore di una
204 LIBRO xiir, TITOLO V, § 852 b.
Paolo conferma tutto qaesto, dicendo nella L. 22 D. h. t.: c Si post
oonstitntam tibi pecaniam liereditatem ex senatusconsalto trebelliano
restitiieris, quoniam sortis petitionem traDBtulisti ad alium, dene-
gauda est tibi pecuniae constitatae actio. Idem est in hereditatis
possessore post evictam liereditatem. Sed magis et ut fideicommissario
vel qtii vidty decernenda esset acfto d "») »).
§ 852 b.
Uso attuale di questa dottrina 0-
Non si pu6 negare in genere Puso odierno del costituto. Oggi ye-
ramente ogni promessa produce x)er s& azione, sia fatta o no con
orediti^ altrai non esplicano pel vere erede, die poi evinca la eredita^ ne
obbligazioni, ne diritti: L. 17 $ 6 D. de pactis, II, 14. Ma Terede pu6 chie-
dere che il possessore gli ceda tutte 1e azioni che ha acquistato per via del-
I'ereditft. L. 16 $M, 5 e ult L. 17. L. 18 pr. L. 20 § 17. L. 30 D. de Her.
Pet, V, 3. Si vegga G. Cuiacio, Comment, ad tit. de paciia (II, 14) ad L.
cit. 17 $ 6 h. t. — Fr. Duareno, Comnu ad h, t., cap. 8 Oper., pag. 1)33. —
L. Chauondas, iiit^rav-^v seu VertsimV,, lib. II, cap. 8 e G. Paoio, 'Kvavrtov.
cent 1, qu. 91.
79) Senza ragione A. Fabuo, Coniectur. iur, civ,^ lib. XV, cap. 5, ritiene
queste iiltime parole quale aggiunla di i riboniano. Si vegga piuttosto la
profonda dichiarazione di questa legge in G. Meier, 'Kvavrj'^y. centur. Ill,
qa. 37.
V) lo non dubito che queste ultimo parole siano interpolate.
Ji) LMnutiiil^ del costituto pel diritto comune moderno quasi colle stesse parole
dello ScHiLTBR citate dal Gluck si trova anche nel libro del Bahr sulla ricognizione
(Anerh€nnung)j pag. 171 (!.• ediz.), ove dice che Timportanza che il costituto aveva
pel diritto romano, og^i s'e venuta perdendo pel fatto che sono in genere munite di
azione tutte le convenzioni. II Bruns replica che con simile ragionamento (I. c. pag. 295)
si dichiarerebbe inutile anche una dottrina speciale della compravendita nel diritto
moderno ; poich^ anche la compravendita si distingue in diritto romano dalle altre con-
venzioni pel fatto di produrre azioni. Tutto dunque dipende dal vedere se quello scopo
particolare, che si propone va il costituto romano, sia tuttora cosi importante da legit-
timare ma speciale teoria e disciplina di esso nel diritto moderno o se invece lo scopo
medesimo si raggiunga oggidi per altre vie e per altri negozi, che abbiano fatto cadere
in dimenticansa il costituto. Questa e anche la tesi del Bahr che al costituto a suo
parere affatto inusitato nel diritto moderno vorrebbe sostituire il suo contralto formale
di « ricognizione ». II Bruns, 1. c. pagine 295-312, ha lungamente combattuto tali inse-
DE PBOUNIA CONSTITDTA. 205
riguardo ad una obbligazione preesistente. Per cib non si puo affer-
mare con Giovanni Schiltbb *^) « quod actio ex pacto moribus
80
) Prax, iur, rom., Exerc. XXIV, ^ 76.
gnamenti. Altro e che piu doq si mantenga il vocabolo costituto nel linguaggio giiiri-
dico correate ed altro k che la cosa stessa eia venuta meDo. Non e cessato il bisogno
e tanto meno e eessata rutiiit4 di una simile convenzione ; il BaUNS prova che molti
degli esempi arrecati dal Bahr per dimostrare i vantaggi del contralto di ricognizione
^ono yeri costituti nel senso romano. Poniamo ad esempio la seguente dichiarazione :
II sottoscritto confessa di dovere in forza di compravendita L. 100 ad A. e promette di
pagargliele al primo di giugao. Secondo il Bahr, si avrebbe una promessa per effetto
della forma prescelta sciolta dal materiale contenuto del contralto di compravendita ed
elevata a contralto per se stante : la conseguenza sarebbe che se il compratore (debi-
tore) volesse far valere che la compravendita fosse nulla per ragione deiroggetto, egU
etesso dovrebbe provare in che cosa tale oggelto consisteva. Ma bene osserva il Bruns
cbe qui si ha un constitulo romano in optima forma e ami un costituto nel significato
originario con aggiunta di un termine. II costituto e perfetto e il costitueate non pu6
in altra guisa liberarsi dal suo impegno, che dimostrando di essere stato indotto a ri-
lasciare la dichiarazione con ingauno, violenza, ecc. ovvero che essa fu rilasciata per
errore o simulazione, ovvero la m,ancanga delVobbligasione preesistente per Tin validity
della compravendita e cosi via.
II Dbrnburo nelle sue Pandette pensa parimenti, che costituti nel senso romano
siano sconosciuti alia vita odierna : chi promette di pagare un debito intende di psgare
solo quello che sar& dovuto al tempo della futura prestazione, non a quello dovuto al
tempo della promessa (vol. II § 67 e segg.).
Pel diritto italiano negano molti Autori Tesisteuza del costituto : GioROi, Obbliga-
zioni, vol. I pag. 80; Db Crbscenzio, neWEnciclopedia giuridioa italiana, vol. XII,
parte I, pag. 125. Ma non e da negare che presso la maggior parte dei civilisti nostri
la nozione del costituto e tutfaltro che limpida e sicura. Riconosce invece Tesistenza
del costituto il Fadda {Aroh.giur.j vol. XXXVI, pag. 236)» benche ammetta poca essere
presso di noi la pratica importanza di questo istituto. II che avviene in parte per essere
poco nota la sua natura e il suo ufficio, in parte perche le cambiali e simili mezzi
riempiono alquanto la lacuna, che il venir meno delfuso del costituto ha lasciato. Un
notevole esempio di applicazione del costituto ha fornito la Cassazione romana in due
sentenze: 6 novembre 1879 {Foro italiano, 1880, 1, pag. 198) e 15 novembre 1883 (Foro
italiano, 1884, 1, pag. 134). Sopratutto importa per noi la formola della prima sentenza:
la preesistenza di una obbligazione naturale (nel fatto: di procurare al iiglio un assegno
per facilitargli il coUocamento) distrugge e paralizza il concetto di un alto di liberaliiii
e fa si, che, ove vi acceda il fatto di una promessa, abbia vita una obbligazione civil-
raente valida ed un patto constitutae pecuniae, che nulla ha di comune colla dona-
zione. Nella specie si pu6 dubitare se TappUcazione fosse ben fatta. Ricondurre ad
obbligazione naturale con tutti i suoi effetti giuridici la convenienza di assegnare a un
llglio una somma per agevolargli un coUocamento puo sembrare eccessivo, data anche
la grande latitudine di criterii e di apprezzamenti in siiTatta materia. Attribuire al
costituto eflicacia di produrre aiione, ancorch^ conchiuso sul mero fondamento di una
obbligazione naturale, pu6 parimenti dar luogo a difflcolt4 pel nostro diritto civile, che,
secondo un^opinione molto diffusa, non riconoscerebbe altro effetto della obbligazione
naturale che la soluti retentio.
206 LIBEO XIII, TITOLO V, § 852 h.
nostrls sibi in omuia safficiens sit d, nh con Giorgio B£TEB ^0 ne-
gAve a questa dottrina ogni use attuale. II costituto proprio ha
sempre utility in questo, che per esso un negozio non assolntamente
invalid©, ma limitato solo rispetto a' suoi effetti, pub divenire pie-
namente valido ed efficaoe, se ha luogo iu tali condizioni, coUe quail
il costitaente pub pieiiameiite obbligarsi. Gij\ in altro luogo si h visto ^^')
GOiuo anche nel mutuo pub con una reiterata promessa di pagamento
escludersi Teocezione non numeratae pecuniae. Invece il costituto alleno
non h oc^idi distinto plu dalla fidelussioue per ragione di forma, ma
si per ragione dello scopo, iu quanto che pub av venire per altri fini,
che non sia quelle solo di procurare sicurezza al creditore ^•^). ft
quindi inesatto, se alcuni afifermauo ^^) che la fideiussione sia oggidi
del tutto trapassata nel costituto e che quindi oggidi per le fideius-
sioni non abbia luogo che I'azione costitutoria ''^).
^^) Delineate iuris cirilis positionibns siiccinctis comprehensa secundum Pan-
dectas h. t., pag. 281.
^'•*) Vedi parte XII di qiieato (Jommeniario, pag. 151 segg. (ted.).
•^'j Vedi Thibaut, Sisiema delle PandcUe (ted.), 3.* ediz., vol. 2, ^ 955.
^^) ScHiLTEu, 1. c, $ 78. — HoFAOKKR, Priiidp, iur, civ, rom.genn., tom. Ill,
^ 2068 e Beykis, 1. c, pag. 281.
w) Per completare le notizie bibliografiche siil costituto citerd: Landucci nelle note
alia versione del libro II di questo Commentario; E. Serafini, Sul receptum a pro-
posito deliamonografia del RossELLO. Vedi pure il Karlowa nella Rivista di Grunhct.
XVI. pag. 448 seg., il Kappeyne van de Copprllo nelle sue Dlssertazioni tradotte in
tedesco dal Conrat, fasc. II, pag. 272 seg., secondo cui il costituto come tale non
avrebbe prodotto azione nel diritto classico, ma avrebbe solo dato mode di costringere
il promittente ad una s pons to dimidiae partis (G. IV, 171). Vedi in proposito le osser-
vazioni del Baron nella Rivista critica trimestrale di Monaco (ted.) XXVIII pag. 290
e seg. Sono anche da vedere sul concetto e sulla funzione del costituto le avvertenze del
Brinz nelle sue Pandettej II, § 257.
TITOLO VI.
Commodati vel contra
§ 853.
Coicetto del commodato e suoi requisiti.
L'altro coQtratto reale, di cui il Pretore trattava nel suo Editto
Hotto la rubrica de rebus creditis «), 6 il commodato '*"*). Si intende per
commodato quel contratto reale, per cai taluuo d^ ad uu altro gra-
tuitamente una cosa per uu uso determiuato riguardo al modo, alio
scopo o al tempo, a patto che ad uso finito la cosa stessa venga re-
stiluita ill natura e in buono stato ^''»; ''). Le parole dell'Editto, che
'^■») V. Fr. DuAUENO, nel Commentario a qaesio titolo, nelle Operae, pa-
gina 951 sq. Inoltre haDno trattato di qaesto contratto Qio. Goddabus, Ga-
spare ZiEGLER, Bart. Leon. Scuwkkdendokfek e altri, cbe sono citati dal
LiPENio nella Bibliotheea realis iurid. v. Commodaiunu Fra i recenti sono da
ricordare Michele Enrico G. Reinhaud, Gommentatio de commodato eiHsqtte
aetionibiu, Erfart 1752, 4 e Enrico Antonio van Alphen van der Broeck,
Diss, de commodato, Lngd. Batav. 1785.
^'>) La pai*ola commodaium ha varii sensi. Non si adopera solo pel contratto
definite nel teste, ma anche per la cosa stessa prestata: <i commodatum ac-
cipere, reddere, restituere i»j fr. 3'J 3, 5 pr. e$ 73 Dig. (XlII, 6) lex ult. Cod.
h. t. Talora anche si adopera per I'azione del contratto: cr commodati agere,
commodati tenerl » : Lauteubach, CoUeg, iiicor. pract. Pand, h. t. ^ 2.
a) E appunto vero che del contratto di commodato si occupava il Pretore ael suo
Editlo sotto la rubrica de rebus creditis (Lenbl, Edictum perpetuum, pag. 200). Fr. 1
§ 1 D. dtf reb, cred., XII, 1 (Ulpianus, libro XXVI ad Ediotum): « Credendi gene-
ralis appellatio est; ideo sub hoc titulo praetor et de commodato et de pignore scripsit>.
b) II nostro Cod. civile (art. 1805) definisce: < II commodato, o prestito ad uso, e un
contratto, per cui una delle parti consegna alTaltra una cosa, affinch^ se ne serva per
20S UBBO TOI, TITOIjO TI, § S53.
tratUva di tale oontiattx), erano seoondo Ulpiano It. 1 pr. Dig. h. t.
(Xni, 6 J : € Quod qoiB commodasae dioetOTy de eo iadicinm dabo > 0-
Antonio Fabbo *"') ne deriyava essere Paaone di eommodato un^a-
zioiie Pretoria. Prima, aeoondo Fantioo diritto civile, non vi sarebbe
stato che nn'actio ]^ae$cripti8 rerhis. Ma piil esatta h Fopimone del
CkxxiEio '^j, che cio^ Veietio commodati sia originariamente un'azione
dTile. Poich^ Ulpiano nel fr. 7 pr. § 1 D. de paetis (11, 14) ena-
mera eaplidtamente il eommodato fra quelle conveiUianes iuris gentium,
che hanDO sempre generato azione ; mentre le actianee in factum prae-
scriptis terbis nacqaero solo pe* Degozii piii recenti, per cni non v'era
una determinata formola ^). !Non h neppar ginsto il conchiadere^ che
uu'azione sia pretoria i^\ fiatto, che il pretore I'ha accolta nel sno
edltto. Inoltre va notato che in principle Peditto del pretore neppore
adoperava la parola commodaese, Pacutio, Tantore deirEditto, aveva
*''*) BationaUa in Fand. ad fr. 1 pr. D. h. t.
'"*) lus civile coiUrov,, h. t. q. 4.
'"-'j V. Meister, DissertfUio de in factum acUombas, Cap. II ^ 33 in Opusc.
pag. 381.
un tempo o uso deUsrmiaato, coll*obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta*. L*arti-
colo 1806 aggiuDge cbe il comodato i esseDzialmente gratuito. Lo Zacbariae, Handhuch
des fr. Civilr. (Manuale del diritto civile fraocese). 8.* ediz. curata dal Ckoxb, Fri-
burgo 1894, vol. II, S 371 pag. 640, defioisce: < 11 commodate e quel contratto, p^r cui
una delle parti lascia airaltra una cosa per Tuso gratuito, coirobbiigo di restituirla a
uso compiuto >, ma tale definizione e per se in piu luoghi manchevole. Del resto Tar-
ticolo 1874 del Codice francese pone il concetto comune dt prestito e distingue il eom-
modato (prestito d*U8o) e il mutuo (prestito di consumaiione): cfr. articoli 19016 e 1$19
del nostro Codice civile. 11 mutuo viene anche chiamato senz*altro pret. Entrambi i
contratti si accordano nelfidea di prestito; del resto sono molto diversi, come resulta
anche dal la circostansa che il commodate concerne cose speciali, che rimangono in
proprieta del commodante, il quale continua a portarne il pertcolo. Invece il mutua-
tario riceve in propriety cose fungibili, coirobbligazione di restituire tantundem eiusdem
generis; cfr. Zachariae (Crome), 1. c, pag. 641.
Tra i moderni vedi del resto Pothier, TraiU des contrats de bienfaisance (Sififrein),
torn. V, pag. 318 sg. — Troplono, Commentario dei titoli X, XI e XII del Codice
civile franeeee, vol. II. — Duveroibr nella Continuasione del Toullier, torn. XXL —
Pont, Petite contrats^ I, 1 segg. — Guillouard, Trattati del prestito, del deposito e
del sequestra, 1893. — Schmidt, Das contmodatum und precarium (II eommodato e
il precario), Lipsia 1844. — Fbrrini, Storia e teoria del eontratio di eommodato,
tie\y Arehivio Giuridico del Serafini, volumi LII e LIII.
c) Vedi la prima Appendice del traduttore al § 853.
COMKODATj VEL CONTRA. 209
8critto: Quod quis utendum d^diaae dtcetur, come Grerardo Noodt !^)
ha osserrato. OiaLiANO solamente ha corretto tale olausola nel suo
Edictum perpetuiim e ha sostituto respresaione propria : commodasse.
€ Unum solammodo notandum -r- dice Ulpiano nel fr. 1 § 1 D, h. t.
— quod qui Edictum conoepit (oio^ Giitliano) commodati fecit luen-
tionein, oum PacuTius utendi fecerit mentionein 2>. Del commodato
Taimo notate le norme segnenti :
1.^ II commodato h uu contratto reale e come tale nou si per-
feziona che colla consegna della cosa.
2.^ Non ha per oggetto che oose. Alcani giuristi vogliono invero
assumere ancUe un oommodatum perBonarum^^)^ iu riguardo^oio^ alia
prestazioDC di servlzii. Oosi G. Henning B()Hmeb ^*^): c Dari etiam
oommodatum personarum intuitu operarum suarum, notum. Quidni
ergo etiam episcopus vel alius superior clericum alii ecolesiae ad
oertum tempus commodare posset? qui revocari uequit, nisi post
usum expletum d '0* l^o stesso affermauo colle medesime parole Paolo
Gius. von RiEGGEE ^^) e Saverio Gmbinbr ^). Inoltre il MUlleb ^^)
in proposito aggiunge in particolare: c Quin etiam hodie commodare
possumus servos seu faniulos nostros^ homines liberos. Yidemus
enim priucipes perisonas aliis commodato dare cantores coquos et
alios sues ministros >. Ma il diritto romano non conosoe affatto il
commodato di persone libere. Solo gli schiavi, oonsiderati come cose,
possono formare oggetto di questo contratto^). Se ad una persona
libera vien permesso da quelLi che le possono comandare, ovvero or-
dinaco di prestare determinati servigi a un terzo gratuitamente, ab*
'^) Gomm. ad Dig. h. t. pag. 317.
'•)i) V. Ottone Ludovico von Eichuan!^, Osserva^sioni sioriche e giaridiche
drca U preslito ddle persone nella sua raccolta di piccole memorie di Giuri-
sprudenza (Sammltnig Meiner Abhandl,) Halle 1782, num. XIY.
•'^') InstiL iur, canon., lib. Ill, tit. 15 ^ 8.
J'J) Inst, iurispr. eocl., parte III \ 332.
'^) Inst, iuris ecch, torn. II $ 540, Cor. 3.
35) Ad Struvii, Syntagmaf Exerc. XIX, Th. 4, n. p.
^) fr. 5 J 7; fr. J;J2 D. h. t, L. 2 Cod. eod.
d) Qui abbiamo in realty un atto di giurisdizione, che esorbita aflfatto dal campo
del diritto private.
OLfiCK, Comm. Pandstte, — Lib. XIII. 27
210 LIBRO XIII, TITOLO VI, § 853.
blamo un tatt^altro rapporto giuridico, che potr^ dar vita a uu^azione
in fcustum o praesoriptis verbis^ ma non commodati. Anche il diritto
canonico, a cai si richiamano 11 Bohmbr e gli altri canouisti citati,
non deriva in oi5 dal diritto romano. II testo relativo, cap. an. X
de oommodato, dice : c Gum gratia sui tantnm qnis commodatum ac-
cepit, de levissima etiam culpa tenetur, licet casus fortuitus (nisi ac-
oiderit culpa sua vel intervenerit factum seu in mora fuisset) sibi
non debeat imputari; contra eum quoque reote commodati non
agitur^ nisi post usum expletuiu, cuius gratia res fuerit commodata,
cam non decipi beneficio nos oporteat, sed adiuvari d. Anclie 11 di-
ritto canonico non ammette dunque commodato, che per le cose.
3.^ La cosa viene data al commodatario solo per Vmo. Egli non
ha qulndi che la detenzione della oosa; gli manca il possesso giuri-
dico, tanto pill il dominio "7) ''). Qulndi e indiffereute se la cosa com-
modata apparteuga o no al commodante -^^) >^).
4.^ La cosa deve essere consegnata al commodatario per un uso
determinato ^). Questo uso pub essere determinato: 1°. rispetto al modo;
per esemplo io presto a taluno il mio cavallo solo i>er cavalcare o
per arare ovvero pel maneggio; ovvero io presto ad alcuno danaro
solo per pompa^^j. 2.^ rispetto alio scopo; per esemplo taluno mi
presta 11 suo orologio d'oro, i>erch^ Io abbia a dare in pegno al mio
creditore ^^^); 3.** rispetto al tempo; per esemplo io presto a taluno
un libro solo per un giorno. In genere I'uso^ che in questo contralto si
'•>7) L. 9 D. (U rei vind. (VI, 1) confroutata col fr. 3 ^ alt. D. ad exhib.
(X,4); fr. 8 D. h. t. (XIII, 6); fr. 9 eod.; fr. 38 ^ 10 D. de usur, (KXll, i);
fr. 20 de A. et A. Pose. (XLI, 2) f r. 1 $ 3 de preeario (XLIII, 24).
»>*) fr. 15 e 16 D. h. t Noodt, Oomm. ad. Dig. h. t. pag. 318.
90) fr. 3 ♦ 6 h. t.
io«) fr. 5 M2 h. t
e) Opportunamente dicesi nello Zachariar (Crome), 1. c, che ai commodaate ri-
mangono tutti i diritti, che egli aveva rispetto alia cosa, sia reali che personali.
f) Anche oggi non e dubbio che 11 noo proprietario commodi validamente. E gene-
raltnente respinto Targomeoto in contrario, che si e voluto dedurre dalTart. 1877 del
Codice francese. Anche una cosa rubata pu6 essere commodata dal ladro, con riserva
8*intende, dei diritti del proprietario (Zachariab (Crome), § 381 n. 2).
g) Come vedemmo, anche il nostro Codice civile (art. 1805) parla di < tempo » o di
« uso determinato >. Vedi la >:econda Appendice del traduttore al § 853.
OOMMODATI VEL CONTBA. 211
concede a uu altro, puo essere pid o meno limitato ; ma deve sempre
essere di tal natari» da non contraddire alia essenziale obbligazione
del commodatario, di restituire la oosa in natura. Quindi anco cose
fiiiigibili ponno formare oggetto di tale coDtratto, ma solo quando
vengano prestate per un uso tale ohe non importi consumazione ^j.
TJlpiano oonferma ci5 nella L. 3 § 4 D. h. t., dicendo : ^ Non potest
commodarl id qtiod a.sa consumitur, nisi forte ad pompam vel osten-
tationem quis aeoipiat ». E Gaio iiel fr. 4 D. eodem adduce espres-
sameute Tesempio del denaro : c Saepe etiam ad hoc commodantur
peeaniae, dice, at dicis gratia^) numerationis loco intercedant ». Si
pensi per esempio al caso, che il creditore per liberare iuteramente
11 siio debitore, a cui ha rimesso il debitO; gli abbia prestato il de-
naro perch^ con quelle in presenza di testimoni gli faccia il paga-
mento •*).
5.^ L'uso della eosa deve essere concesso gratuitamcute.
6." Dev'essere inoltre concesso a condizione che a uso finite la
cosa si restituisca in natura. Con cio il commodate si difif'erenzia dal
mutuo, poich^ in quest ^iltimo la propriets^ della cosa trapassa nel-
1) V. HoPACKEU, Princip. iur. civ, rom. germ, tome III ^ 1875 i. f. Non h
giusto danqne determiDare, come fanno molti, il concetto del commodato,
dicendo che solo cose non fungibili possono costitairne oggetto. Per esempio
HuBEU; Praeleci, ad Inst. lib. Ilf, tit. L5 $ 8. — Boehmek, IntrodiieU in iiis
Dig. h. t. $ 1. — Heineccius, Elem, iur. civ. sec. ord. Pand. h. t. $ 106. —
G. S. Madihn, InstituU iur. civ. $ 469 e altri.
^) Dicis causa equivale a perfunctonef simulate, ad speciem, o come pur si
dice, pro forma. SalPetimologia di tale espreesione non vanno d'accordo i
giuristi. VeggaBi in proposito A. Wielikg, Lection, iur. civ. lib. 1 cap. 3. Egli
la deriva *"'> "'^^ ou.-r,^ Anche Francesco Connano, Commen. iur. civ,, lib. VII,
cap. 3 pag. 413, ^ d^avviso, che I'esprefisione dicis causa derivi dal greco e
cioe da ^:'/a'.ov ins o iustum. Egli quindi dice: c dicis causa datur hicpecunia,
ut contractus sit iustus et ex legis praescripto. Cuius exemplum sumi potest
in omnibus imaginariis quos appellamus contractibus ». Ancbe Cicerone,
Oratio IV in Yerrem^ cap. 24, adopera la mentovata espressione nell'accen-
nato significato, dicendo: a Attamen, ut posset dicerese emisse, Archagato im-
perat iit aliquid illis, quorum argentnm fuerat, nummulorum dicis causa
daret p. Veggasi anche Barnaba Brissonio, de Verhorum Signif., y. dicis
cawa.
^) L. 67 D. de sohU. (XLVI, 3) combinato col fr. 18 4 1 !>• de reb, ered.
(XII, 1). V. Gr, Frantzkius, Comm. in Pandect, h. t. n. 13.
212 LIBBO XIII, TITOLO TI, § 854.
racciplente colPobbligo di restitaire a tempo opportuno una cosa di
Qgaale quality, bontii e quantity ^).
§ 854.
II cammocLato e un eontratto reale,
Dal momento ohe 11 commodato secondo la uatura del coiitratti
reali sou si perfeziona che colla consegna della cosa, bisogna ben
distinguerlo da un mero pactum d^ commodando, Questo vi h se la
Gosa non h realmente consegnata, ma se ne viene soltanto promessa
la consegna'*)* P^i* diritto romano tale'patto non genera obbliga-
zione, ma per diritto moderno un tale eontratto produce obbligazione
ed azione per otteuere la consegna ^). La consegna pub del resto
essere qui pure o vera o simboiica. Per esempio, io ho date ad al-
cuno una cosa in custodia e poi gli permetto di usarne a mo^ di
commodato %
-t) Di tal differenza trattEiJio ex prof esso il Mulleu, ad Str avium, Exerc. XIX,
Th. 2, D. .3 pag. 1223 e Madihn, Institut. $ 410.
•'>) Wernhbr, SeUoL Observ. for. torn. 1 parte III, Obs. 97 e Thibaut^
Sistema delle pandelte (teu.)» Vol. 2 $ 914.
<0 Concorre elettivamente in tal case I'azione di coiumodato con qaella
di deposito : Stuyk, De aoL forens,, Sect. 1 Membr. V, J 24 e G. Oelhichs,
Diss, de indole depositi notissimos teiininos suos egredieniis, Gottinga 1777
Sect. II i 3.
h) Anche nel diritto moderno si distingue il eontratto ad restitutianem dai corri-
spondenti precontratti, cio^ dalla convenzione di prestare, deporre, impegnare unadaia
cosa o fare un determinato mutuo. Un tale precontratto e senza dubbio obbligatorio
ed esigibile in via giudiziaria. Non si deve ammettere col Duranton che colui che ha
promesso di commodare, mutuare ecc. ed abbia la cosa debba essere condannato S(vlo
al risarcimento dei danni eventuali nascenti col rifiuto (Duranton, XVIl, 487 : vedi lo
Zachariae-Cromb, 1. c, pag. 641). Le obbligaiioni poi specifiche del commodato, del
mutuo, del deposito e del pegno non nascono che coiTeffettiva consegna della cosa, il
che Tuol dire che il eontratto ha tuttodi carattere reale. Vedi sulla natura di tali pre-
contratti consensuali Io stesso autore, § 374, nota 2.
COMMODATI TBL CONTSA. 213
§ 855.
Chi sopporta il C€UO net commodaio f Quando ptid ripetersi la cosa f
Gi^ si ^ avvertito che il commodatario non ottiene la propriety
della cosa, ma solo I'uso di essa. II commodante resta quindi pro-
prietario ^); di norma sofifre qaiadi anche il danno, se la cosa perisca
per oasOy ancorch^ il caso sia stato originato dalla natura dell'uso,
per cai fu prostata la cosa '). Poich^ il commodante deve in tal caso
a 8^ imputare, se la cosa fa data per un affare cosl rischioso. Solo
occorre che il commodatario non ecceda i confini delPuso a lui con-
•oesso, nh abbia coUa sua colpa dato oecasione all'evento dannoso.
Altrimentl s^avrebbe>a deddere s'egli avesse assnnto Tonere del caso
fortuito, il Qhe h senz'altro implicito nella obbligazione di restitaire
la cosa o la sua aestimatio, qualora appunto la cosa venisse estimata
a tal fine ^). La vera cteatimatio della cosa commodata, senza che il
commodatario si sia obbligato a prestaria, non basta, bench^ aleuni
abbiano sostenato che basti ^) ^'). I passi segueuti. confermeranno ab-
bastanza quanto s'^ detto ^):
7) Anche per diritto tedesoo la propriety della cosa non passa nel com-
modatario, sebbene parecchi abbiano affermato il contrario; vedine la con-
fatazione in G. Sghilter, Praxis turn ram,, Exercit. XXV $ 4-10. La ragione
addotta, che cio^ per la prescrizione di alcani statati tedeschi il commodante
non ha azione contro i terzi possessori della cosa commodata, non ^ ancora
an argomento convincente. V. Stryck^ Us. mod. Pand, h. t ^ 5-8 e Eissnuart,
PrineipH de' diriUi tedeschi in proverbii (ted.) parte IV, n. IX, pag. 346 sg.
^) VoET, Comm, ad Pand., h. t. $ 5. — Bachovio, ad Treutkrum, vol. I,
Disp. XXIV, Th. 3. — Griebnbr, Progr. de aequitate legum rom. circa periculum
rei commodatae, Lipsia 1702 e Eichmann, De commodatario ad praesiandum
casum ohligaiOy Duisbargi 175'2.
9) G. D'AvEZAN, Gontraetuumj lib. 1 cap. 28 ^ Neqite ex conv. (in G. Meer-
i) Cfr. Cod. civ. ital. (art. 1812): Se la cosa si deteriora a cagione unicamente del-
Tuso, per cui fu data in prestito e senza colpa del commodatario, questi non e obbligato
pel deterioramento.
/) L*art. 1811 del Codice civile dice che se la cosa fu stimata al tempo del prestito,
la perdita, ancorch^ avvenuta per ^aso fortuito, ^ a carico del commodatario, qualora
non vi sia patto in contrario.
0 La responpabilita del commodatario pu6 essere del resto in piu modi accresciuta.
214 LIBBO XIII, TITOLO YI, § 855.
1.° L. 5 § 3 D. h. t. c Et si forte res aestimata data sit, omne
periculum praestanduni ab eo, qai aes*tiinationem se praestaturum
MANN, Nov. Thes. tiir. civ, el can., tomo IV, pag. 58). — Berger, Oecon. iur,^
lib. Ill, tit. II, Th. 7 nota 3. -^ Boeckblmann, Commentar. in Dig. h. t. $4
— Fkantzkivs, Comm.inPand., u. 44. Ma si vegga pinttoeto G. Puoubteau,
EeciL ad L. 23 D. de Beg. lur^ cap. XXVII, ^ 7 e 8 (Meeuuann, Tlies, iur.
civ. et. com., tomo III, pag. 341). — G. Pacius, evxvt-.oo. sea LL. concilia^
Centar. VII, Qu. 90. - Gio. Buunemann, G>miti. ad L. 5 ^ 3 D. h. t. —
Stuyk, Us mtd.Patid,, h. t. $ 4. — Coccbii, Iur. civ. controv., h. t. Qa. 21.
Anziiutto mediaate apposito patto; che nulla vieta al commodatario di assumersi il
rischio dei caso fortuito (cfr. cap. 1 h. t. e fi*. 21 § 1 h. t. « si tibi rem utendaro tuo
periculo commodauero &, >). Tro%'iaino auco (ibid.) un commodare cotnfnvni periculo.
Ordinariamente quel patto va coDgiunto alia ret aestimatio ^) ; la C08a viene stimata
al suo valore e il commodatario si obbliga indistintamente a restituire la res o la ae-
athnatio. La semplice aestimatio non ha altro significato che quelle di dare una base
al calcolo pel risarcimento oella ipotesi che la cosa si dauueggi o perisca per oolpa
del commodatario. In tal seoso va inteso il fr. 5 § 3 h. L: < et si forte res aestimata
data sit, omoe periculum praestanduni ab eo, qui aestimationem se praestaiurum re-
cepit ». Le ultime parole vanno appunto accentuate ^).
E chiaro che V aestimatio per se stessa non pub avere che uno dei due signilicati
teste esposti : ne possiamo accogliere Topioione, che nella ipotesi dt un commodato a
favore del commodaate (in cui, come vedremo. la responsabilita del commodatario e
limitata alia lata culpa) Vaestintatio, ove non serva meramente a stabilire il valore
<lella res commodata, accresca tale responsabilita solo fino al grado della culpa levis.
Cfr. per esempio il Lauterbach citato nel testo.
Questa teoria si basa sul principio (il quale del resto mi sembra intrinsecamente
inesplicabile), che Vaestimatio accresca di ua grado la responsabilita; secondo tale
principio il commodatario risponderebbe del periculum della res aestimata^ essendo
egli gia tenuto ad osservare tutta ladiligenza. Questo principio (benche la cosa non sia
stata awertita) si trova del resto gik con precisione espresso nei paragrafi di Stepano
(ad fr. 52 § 3 pro socio) con parole, che io qui traduco fedelmente : Bisogna dunque
sapere, che Vaestimatio aggiunge (un grado) alia responsabilita iaerente naturalmente
&1 negozio ; e quindi nel commodato, in cui gi^ si rende conto per la custodial apgiunge
robbligo di rispondere pei casi fortuiti; nelle society, in cui la responsabilita e pel dolo
e la negligenza, aggiu.ige qnella per la custodia.
Anzi simili parole sembrerebbero pienamente conformi alia dottrina del Baron a chi
non avvertisse, che lo Stbfano richiama esplicitamente i propri insegnamenti dati al
M L'obbligazione risulta alternativa: cfr. il fr. 7 § 5 D. 24, 1 (ammessa la comune
lezioneK — La recente esegesi del Formiooini, StimOf pag. 71, non mi pare possibile.
i) Egregiamente lo Stefano ad h. 1.: h ^ SI SicLriT'.u'ny-'vr.v cXa^e rt -/j.-ni^h, o'j^
ryjy-r.'j 'jja^nivojiiv o x/J^'i/Asvo^. E lo scoliasta ci assicura che Vedisione di Cirillo coin-
cideva in tale esegesi colla ^vjueicj?:^ dello Stepano.
GOMMODATI y£L CONTRA. 215
reoepit ». Con ragione osserva su questo passo Francesco Gonnano ^^):
€ At mihi videtur aestimatio non alia de causa fieri, quam nt certum
i<>) GommenL iur. dv,, lib. VII, c. 3 pag. 466.
titolo de oommodato e cbe pertanto egli intende per /.oj-jruCia, la diligenza assoluta^
per 1^0'JiJ.ia, la mancanza relativa di negligenzat la cosi detta culpa in concreto.
Ma TuDico fondamento di tali dottrine (che coatrastano per esempio a quella della
dos aestimata etc.) h il fr. 52 § 3 cit. tanto pel bizantini, quanto pel moderni. Un tal
IrammeDto non ha, per chi spregiudicatamente lo esamini, il vaiore che gli si attri-
buisce :
< damna quae imprudentibus accidunt, hoc est damna fatalia, socii non cogeiitur
praestare; ideoque si pecus aestimatum datum sit et id latrocinio aut incendio perierit^
commune damnum est, si nihil dolo aut culpa accident eius, qui aestimatum pecus
acceperit; quod si a furibus subreptum sit, proprium eius detrimentum est, quia cu-
stodiam praestare debet qui aestimatum accepit ».
Nei paragrafo antecedente si discute quale sia in genere la responsabilitii del socio.
Ulpiano riporta e approva il parere di Cklso, secondo il quale il socio e tenuto in
grado maggiore (e, cioe, alia diligenza assoluta), quando egli conferisce la sola opera
propria e Taltro inrece conferisce il capitale. Nel presente paragrafo continua il di-
scorso e si dice che per regola generate il socio non risponde perb mai dal damnum
fatale (che, come diciamo nelle Appendici, non e che il caso fortuito); da ci6 si faun'illa-
zione al caso di chi peeus aestimatum aocepit. Qui V aestimatio non puo essere rivolta
ad accrescere la responsabilitii del socio (poichd in tal caso se ne sarebbe discorso non '
Delia conseguenza, ma nella premessa) : Vaestimatio avviene qui, in un^ipotesi di cui
un socio conferisce Topera e Taltro il capitale, solo per stabilire Tentit^ di questa col-
lazione. II giurista sceglie questa ipotesi, poiche e quella in cui la responsabilit4 del
socio si eleva fino alia culpa leuis (troppo imponendosi Tanalogia della locazione) ; egli
infatti lo dice responsabile di tutti i danni, che avvengono dolo aut culpa eius, espres-
sione che poi sostituisce con custodia in plena armonia colla nostra dottrina. — II
furtum (e va inteso con tutte le limitazioni di cui diremo) ^ paradigma della perdita
colposa, appena potendosi ammettere un caso di furtum nei limiti accennati senza
negligenza del socio ; come il latrocinium e paradigma del damnum fatale^ non es-
sendo facilmente ammissibile che la perdita sia qui ascrivibile a culpa.
Del resto non occorre una esplieita pattuizione delle parti, perch^ s'induca dalla
aestimatio Taumento di responsabilit^. L*intenzione delle parti pu6 benissimo rilevarsi
dalle circostanze. Un esempio (che per6 non si riferisce al commodato) porge il fr. 17
S I D. 19, 5 :
« si margarita tibi aestimata dedero, ut aut eadem mihi adferres aut pretium eorum,
deinde haec perierint ante uendltionem, cuius periculum sit? et ait Labeo, quod et
Pomponius scripsit, si quidem ego te uenditorem rogaui, meum esse periculum ; si tu
me, tuum ; si neuter nostrum, sed dumtaxat consensimus, teneri te hactenus, ut dolum
aut culpam mihi praestes ».
Qui Vaestimatio pu6 avere per s^ ambo i signifiLcati, nulla essendo piu naturale che
chi ilk altrui una cosa da vendere ne faccia fare la stima per norma comune. Ora La-
BBONB, seguito da Pomponio, ammetteva la piu rigorosa interpretazione solo quando il
mediatore assumeva riniziativa del negozio, come rivoUo precipuamente a beneficio suo
in cid naturalmente essi si regolavano secondo le consuetudini commerciali del loro tempo.
216 LIBRO XIII, TITOLO TI, § 855.
sit pretium rei, si forte continget, earn dolo vel culpa yel Degligentia
accipientis amitti, ut ea de re oon sit amplius dutiudicio disputandum
aut inrandam in litem. Quod adeo puto olaram esse, at nulla du-
bitatio esse possit, praesertim in hoc contractu, qui sua natura do-
minium rei non transfert. Quando vero is qui accipit commodate de
aestimatione rei convenit, reoepitque aestimationem se praestaturum,
nisi rem restituerit, eacasu aliquo perempta, cumiam non possit cam
restituere, ex pacto suo tenetur ad aestimationem >• Molti ^^) vogUono
intendere questo passo nel solo case in oui il commodatorio (come di
solito) ha I'esclusiyo yantaggio del contratto. Poidi^ s^egli in tal
case promise Vcbestimatio^ una tale promessa non potrebbe assumersi
che come una dichiarazione di yolere addossarsi il caso, dal memento
che egli ^ gi^ senz'altro tenuto per la menoma negligenza e pero sa-
rebbe del tutto inutile la promessa di risarcire il yalore, se il com-
modatario non yolease imporsi una maggiore responsabilit^ di quella
che g]£\ gli spetta. Si conforta tale spiegazione soyratutto colFosseryare
che nelle parole immediatamente precedenti al § 2 della L. 5 si propone
il principio: <i Oommodatum plerumque solam utilitatem coutinere eius
cui commodatur et ideo esse praestandam et oulpam et diligentiam >.
11) SalicetO; ad L. 5 $ 3 D. h. t. — G. Frantzkiub, (Jomm.f h. t n. 44
e 45. — Lauterbach, Coll. tK praet Pand,, h. t. $ 22. — Griesingbb, Com-
mewtario sid diriUo del WiirtUmberg (ted.), yol. I, pag. 62 sag.
Ad ogni modo e chiaro, come bastasse all'uopo che Tintenzione delle parti risultasae
implicita nel negozio *).
^) S'^ voluto vedere un*antiDomia Ira questo passo e il fr. 1 § 1 D. 19, 3 preso pa-
rimenti dalTopera ad ediotum di Ulpiano. Ma, per quanto coii<;erne Topera genuina,
giova notare che le parole: « aestimatio autem periculum f'acit eius qui suscepit; aut
igitur ipsam rem debebit incorruptam reddere, aut aestimationem de qua coouenit >,
contengono appena Tinizio di una trattazioae circa la natura della aestimatiOf di cui
noi ignoriamo le successive applicazioni alia materia speciale. Per quantp poi concerne
il diritto giustinianeo, e ovvio iategrare il f r. 1 § 1 coUe piu precise determinazioni dal
fr. 17 § 1. Secondo il Formiooini (SUma nella oonelus. dei contrattiy pag. 93) nel
fr. 1 Ulpiano considera « il contratto estimatorio nella sua assolutezza spoglio da cir-
costanze, che lo avvicinaoo a questo o a quel contratto nominate, volendo porre in evi-
denza la efficacia della stima elomento esseuziale e carattaristico del rapporto ». — Ma
esiste un « contratto estimatorio nella sua aasolutessa f ». Piuttosto si pud credera
che il giurista cominciasse a considerara Tipotesi meno frequente.
.
GOMMODATI YEL €X)NTBA. 217
Qiiesto principio verrebbe nel § 3 esteso dal giurista nel senso che
il commodatario, aveado solo il vantaggio del contratto, ove abbia
promesso la ctestimatio, debba rispondere pure del case. Donde tali
giuristi derivano che se il oommodato ^ utile tanto al commodante
quanto al commodatario, la promessa della aestimatio obbliga il com-
modatario a rispondere anche della piu lieve negligenza, e se il com*
modante ha solo 11 vautaggio del negozio, 11 commodatario con tale
promessa si astriuge a responsabilit^ per culpa levis. In questi due
casi Infatti ragionevolmente si dovrebbe credere che il commodatario
abbia voluto accrescere di un grado solo, anzich^ di due, la propria
responsabilit^. Ma ove si confrontino altri testi, che parlano del pe^
riculum rei aesiimatae, si dovranno condividere i dnbbi dello Zie -
OLEB ^^J su questa opinione. Per addurre un solo esempio, la loca-
zione h un contratto che uotorlamente h di vantaggio x>6r ambo le
parti. Quindi esse sono tenute solo per la culpa leviSy come insegna
Ulfiako, L. 5 § 3 D. h. t. Tuttavia il conductor assume il perioolo,
qualora abbia avuto la cosa a lui locata per una determinata aesti-
matio. Paolo non ei permette di dabitarne, scrivendo sul fr. 54 § ult.
D. locati (XIX, 2) : c Servum qui aestimatus colonae adscriptus est
ad periculum colonae pertlnere et ideo aestimationem huius defuncti
ab herede colonae praestari oportere >. Che il giudice qui in forza
della avvenuta aestiinatio avesse a condannare solo per la culpa le-
rissimay non anche pel caso, sarebbe contrario alia nota significa-
zione della voc« periculum, per cui le leggi sogliono intendere un
danno meramente fortuito ^'*^). Quindi anche i Basilici parlano di un
interitus servi ^^\ quando insegnano c kai teleutdntos autoCL diddsi t5
tim^ma 3> (et si interierit, aestimationem eiv^ praestat) e il greoo inter-
prete Oibillo dichiara molto esattamente questo passo, scrivendo
(come il Fabbot traduce) ^^) : « Fundum tibi locavi cum servis ibi
degentibus, quos aestimatos tibi dedi; non solum in his dolum et
1*-^) Diss, de commodato, Th. 106-114 nelle Disceptai. seUciae, pag. 502.
13) Brisson, de Verb. Signif., y, PerictUum e questo Oommentario, lib. 11,
pag. 764 (testo ted. vol. IV ^ 325 pag. 367).
14) Lib. XX, tit. 1 c. 54 (Heimbach, II, 363; Fab. II, 435).
15) JBasUieorumj tom. II, pag. 480 (F.).
OlQck, Comm. Pandette. — Lib. XIII. 28
218 UBBO Xlllj TITOLO VI, § 855.
diligenttam praestas, Bed etiam oasas fortaitoa (tik taoh^r^) agnoscis.
Didicisti enim aestimatiouem pericolam rem alienam accipientis fii*
cere > ^®J.
2.**.fr. 5 § 4 D. h. t. € Quod vero seuectute contigit velmorbo vel
latronam vi ereptum est aut quid simile aocidit, dioendam est nihil
eoram esse impatandum ei, qui commodatum acoepit, nisi aliqaa
culpa interveniat. Proinde et si inoendio vel ruina aliquid contigit
vel aliquod damnum fatale, non tenebitnr; nisi foite cum posset res
commodatas salvas faoere suas praetulit ]» ^^). Per la corretta intelli-
genza di questo passo devo osservare che esso non oontiene una re-
strizione di quanto fu detto immediatamente prima, discorrendosi del
periculum rei aestimatae, ma piuttosto si rapporta il principio posto
da Ulpiano nel § 2, che cio^ il commodatario di regola risponde
anohe della piii lieve negligenza, come hanno avvertito anche An-
tonio Fabro ^^) e Reinardo Baohovio i'-*). Quindi si dichiara teuuto
il commodatario, che in undato pericolo, in cui avrebbe potuto sal-
vare le cose commodate, ha preferito di salvare le proprie, a ripa-
rare il danno indi derivato '")• Si chiede per5 se ci5 abbia da inten-
dersi assolutamente e proprio quale eccezione che qui solo abbia
luogo. I giuristi sono in proposito divergenti ^o). Donbllo '^^) non
si perita di affermare e Puna e Taltra cosa. Invece TAoouBSio, se-
1^) Diffasameiite ne tratta anche Crist G. Wkhrn, nella Docirina iuris ex-
plic€Urix principianim el causarum damni praestandi, ^ 33.
17) Qnasi coUe steese parole dice questo Paolo, Rec, SerU., L. II, tit. 4^2.
^^) BaUondl. in Pand. ad L. 5 M i- f- D. fa. t.
i») Note ad TreuUerum, Vol. I, Disput. 24 Th. 3.
2") Vedi Wehrn, Doctrina, cit. cap. IV « 13.
21) Comm. iui\ civ,, lib. XVI, cap. 7 pag. 887.
m) L*art. 1S19 del Codice civile dice, che, se la cosa prestata perisce per un caso
fortuito, a cui il commodatario Tavrebbe potuto sottrarre surrogandone una propria o se
egli, non potendo salvare che una delle due cose, ha preferito la propria, e responsabile
della perdita deiraltra. I commentator! modern! ritengono che questo principio tratto
dalla L. 5 § 4 D. h. t sia una « regola speciale ». Pel riguardo dello circostanze vedi
poi DuRANTON, op. clt., 1. c, pag. 527 ; Pont, 92 : v. Zachariab-Cromb, pag. 643. Forse
il giurista si rileriva al caso, in cui il sacrificio delle cose commodate ^ stato il mezso
per 5;alvare le proprie. Allora la regola sarebbe pel' diritto romano abbastanza chiara.
OOMHODATI VBL GONTBA. 219
guito dallo Hahn^;, dal Lautebbaoh ^), Bbunnemann^) e piii altri,
crede che quel prindpio sia da restringere alia ipotesi, in cui le oose
commodate superino in pregio quelle pioprle del commodatario. Ma
il GoCGEJO ^^) crede plausibile tale idea, solo quando il salvamento
delle cose proprie del commodatario sia avyenuto per eompensare il
eommodante delta sua perdita. Diversamente distinguono il Fban-
TZKE ^) e lo Zibglbb ^). Bisogna a loro avviso osservare a beneficio
di chi sia stato conchiuso il commodate. Se 11 contrattx) si fosse oon -
chiuso a beneficio del solo commodatario, com'^ il caso ordinario^ egli
non potrebbe mai preferire le cose proprie alle commodate, essendo
egli tenuto alia maggior possibile diligenza. Se invece il contratto fii
conchiuso a beneficio esclusivo del commodante, ha luogo 11 principle
comune che ciascuno h per s^ il primo prossimo. Se poi il contratto
fosse concluso a vantaggio d'ambo le parti, tutto dipende dalla re-
lazione di valore fra le due cose; ove superassero in yalore le cose
del commodatario, cestui potrebbe preferirle, niuno essendo tenuto
in un comune pericolo a subire un danno maggiore per rimuoveme
uno minore degli altri; ove invece le cose commodate fossero di pin
alto yalore, il commodatario commetterebbe un dolo preferendo nel
salvamento le proprie cose deteriori a quelle pitl preziose dell'altro.
B consigliere Sohoman ^**) crede di raggiungere davvero il sentimento
di Ulpiano, modificando il principio posto da tale giurista nel sense
che il commodatario nolle necessity non deve provvedere a s^ sola-
mente e trascurare gli interessi del commodante. Se il commodatario ha
salvato tanto per s6 stesso, quante per il commodante, non si potrebbe
dirsi res suas praetuUt commodatis e percib a nulla sarebbe tenuto. A mie
avviso h pi& sicuro tenersi alle parole della legge e dichiarare senza di-
stinzioni tenuto il commodatario alia riparaziene del danno, ove in case
**'^) Obs. ih, pract. ad Wesenhecium, h. t. num. VII, pag. 534.
2'^) Coll. th. pr. Pand., h. t. J 19.
2^) Gomm. ad Pand., ad L. .5 M D. h. t.
u.=>) iiijr^ civ, controv.f h. t. Qu, 9.
2<5) Comm, in Pand,, h. t. num. 48-51.
'^7) Be easu fortuilo, $ 13 (Discept. select, XV, pag. 511 8g.).
2^) Lehre v. Schadensers, (Dottrina del riBarcimento dei danni), parte I,
pag. 194 6g.
220 LIBBO Xni, TITOLO Vlf § 855.
di imminente perioolo abbia preferito le oose sue alle altrui, mentre
avrebbe potato salvar queste ^). La legge non distingue. E neppur
deve il principio cousiderarsi come una eooezione, che solo si aweri
pel commodato. Le leggi dicono affatto in geuerale esser contrario
alia bona fides^ che un contraente adibisca maggibr cura alle proprie
che alle altrui cose e percib preferisca le cose proprie alle altrui in
un caso in cui avrebbe potuto quest'ultimo preservare '^^'). Qui egli
cerca il vantaggio proprio omettendo un'azione, a intraprendere la
quale egli era giuridicamente tenuto; si ammette dunque ch^egli
sdentemente abbia operato contro il suo dovere '^^). Non si misura
quindi il grade di diligenza, a cui il contraente sarebbe d'altronde
tenuto per la natura de^l'afifare. Finch^ era possibile salvar le cose
commodate (ore il commodatario non avesse Jnvece cercato di sal-
vare le proprie^ si pub sempre dire : < suas res praetulit commodatis >,
giacch^ le leggi lo astringono a una maggior diligenza verso le cose
commodate di quella che suole adibire nelle sue proprie '^^
3.^ fi*. 5 § 7 D. h. t.: < Sed interdum et mortis damnum ad eum
qui commodatum rogavit pertinet; nam si tibi equum commodavero
ut ad villam adduceres, tu ad bellum duxeris, commodati teneberis.
Idem erit et in homine. Plane si sic commodavi, ut ad l)ellum du-
ceres, meum erit x>6riculum. Nam et si servum tibi tectorem commo-
davero et de machina ceciderit, periculum meum esse Julianus ait.
Sed ego ita hoc puto verum, si tibi commodavi, ut et in machina
operaretur. Geterum si ut de piano opus faceret, tu eum imposuisti
^u) Ci6 ammettono il Voet^ (Jomm, ad iVinc2. li. t. $ 4, lo Schilteii, Projr.
fur. rom., Exerc. XXV, ^ 11-13. — A. Fabro, Eation, in Pamh, ad L. 5 M
D. h. t. — Stryk, Vs, mod. Pand. h. t. ^ 10. — Wernhbr, Uciiss. Oomm, in
Fand.^ h. t. ^ 5. — Wehrn, 1. c. — Egidio Lohr, Teoria ddla colpa, parte I,
pag. 27 6g. — Waloh, Introd, in controv, iur, civ., Sect. Ill, cap. IV, membr. II,
Sabs. Ill, ^ 2 pag. 533 e This aut^ Sistema ddle Pand^, vol. I, )254 num. V,
pag. 190 del la a"" ediz.
^0) fr. 32 D. depositi (XVI, 3), cap. 2 X, eod. ove si legge: « Bona fides
al)e6ae praesamitur bI rebus tuis sal vis existentibus, depositas amisisti ».
^1) LoHB, 1. c. pag. 27.
«*2) L. 3 D. de per. et eomm. rei vend, (XVIII, 6): « Cnstodiam autem ven-
ditor talem praestare debet quam praestant hi quibus res commodata eet;
ut diligentiam praestet exactiorem, quam in anis rebus adbiberet>.
COMMODATI TEL OONTBiu 221
in inachina, aat si machinae oulpa factum, minus diligenter non ab
ipso ligatae vel f auium perticarumque vetustate, dioo perioulum quod
culpa contlgit rogantis commodatum, ipsum praestare debere>.
4.^ fr. 18 pr. D. h. t. : € In rebus commodatis talis diligentia
praestanda est, qualem quisque diligentissimus paterfamilias suis
rebus adhibet, ita ut tantum eos casus non praestet, quibus resisti
non possit, veluti mortes servorum, quae sine dolo et culpa eius ac-
cidunt, latronum hostiumve incursus, piratarum insidias, naufragium,
inoendium, fugas servorum qui custodiri non solent. Quod autem de
latronibus et piratis et naufragio diidmus, ita scilicet accipiemus, si
in hoc oommodata sit alicui res, ut eam rem peregre secum ferat;
alioquin si cui ideo argentum commodavorim, quod is amicos ad
coenam invitaturum se diceret, et id peregre secam portaverit, sine
ulla dubitatione etiam piratarum et latronum et naufragii casum
praestare debet t».
5.^ c. 1 G. h. t. : c Ea quidem quae vi maiore auferuntur detri-
mento eorum, quibus res commodantur, imputari non solent. Sed
cum is, qui a te commodari sibi bovem postulabat, hostilis incur-
sionis contemplatione periculum amissionis ac fortuuam futuri damni
in se suscepisse proponatur, Praeses provinciae, si probaveris, eum
indemnitatem tibi promisisse, placitum conventionis implore eum com-
pellet >.
lo ho gi^ detto che nel commodato la cosa vieu data per un uso
determinato. Donde segue:
1.^ Che il commodatario non pub adoperare la cosa, che come il con*
tratto gli concede '^). Se egliecoede i confini tracciati, commetteun'azione
illecita detta furtum nsua ''^^)j che I'obbliga a risponder pur dell'evento
'*3) Un tal furtum usiis commette il commodatario prestando la cosa ad
altri per ricavame un profitto; L. 54 $ 1 de furt, XL VII, 2, Vort, Comm.
n) L'art. 1809 Cod. civ. dice : Se il commodatario impiega la cosa in un uso diverso
o per un tempo pii!i lungo di quello che dovrebbe, e responsabile della perdita avve-
nuta anche per caso fortuito, eccetto che provi che la cosa sarebbe ugualmente perita,
quando pure non Tavesse impiegata in un uso diverso o Tavesse restituita al tempo
determinato nel con tratto.
222 LIBBO XIII, TITOLO VJ, § 855.
fortuito ohe la cosa abbia subito in tale uso al oontratto contrario ^^).
GIUSTINIANO dice al § 6 Inst de ohl. quae ex del. nose. (lY, 1); « si is qui
rem uteudam aocepit in aliiim usum earn transferat quam cuius gratia
ei data est, furtum committit; veluti, si quis argentum utendum aooe-
perit, quasi amioos ad coenam invltaturus et id peregre secum tulerit,
aut si quis equum gestandi causa commodatum sibi longius aliquo du-
xerlt, quod veteres scripserunt de eo, qui in aciein equum perduxis-
set J>. Gib vien detto anche altrove, § 2, L Qiiib. mod. re contr, (III, 15),
ove si dice : <t Sed propter maiorem vim maioresque casus non te-
netur (commodatarius), si modo uoh ipsius culpa is casus interveuit.
Alioqui si id, quod tibi commodatum est domi, peregre tecum ferre
malueris, et velincursu hostium praedonumve vel naufragio amiseris,
dubium non est, quin de restituenda ea re tenearis i^. Bisogna pero
osservare che il commodatario si fa reo di un furtum usus solo
quando sapeva di applicare la cosa ad un caso, con cui eccedeva i
limiti della concessione. Poich^ se egli credeva che il commodante
non avrebbe disapprovato quell'uso, potr^ ben farsi reo di oolpa, ma
non di furto, come resulta dai testi seguenti :
§ 7 1. de obi. q. ex del. (IV, 1) : « Placuit tamen eos qui rebus
commodatis aliter uterentur quam utendas aoceperint, ita furtum
committere si se intellegant id invito domino faoere eumque si in-
tellexisset non permissuram. at si permissurum credant, extra crimen
videri, optima sane distinctione, quia furtum sine affectu fmrandi non
committitur >.
L. 76 pr. D. de fid, (XL VII, 2) : « Qui re sibi commodata vel apud
se deposlta usus est aliter atque accepit, si exisUmavit se non invito
domino id facere, furti non tenetur, sed nee depositi ullo modo te-
netur. Gommodati an teneatur, in culpa aestimatio erit, id est an
non debuerlt aestimare id dominum permissuram i> '^•'}.
ad Pand.y lib. XLVII, tit 2 ^ 5 e Aug. Fed. Schott, De furto usuSy Lipeia
1775, ^ 12.
^) V. HoMMEL, Rhapsod. quaesU for., vol. II, obs. 268 e Wbrnher, Set.
Obs. for., torn. I parte IV, obs. 214 num. 14 e 15.
^•'>' II seDso di qaeBto nltime parole ^, che la decisione della qnestione se
in tal caso abbia luogo Vaclio commodali dipende da ci6, se al commodatario
possa iroputarsi una colpa; per esempio egli aveva giusto motive di credere
GOMMODATI YEL CONTRA. 223
Goncorre ia questo caso eolVcustio oommodati Vactio furti o la con-
dictio furtiva ^^).
2.^ La cosa commodata uon pab essere richiamata in tempo-
stivamente e prima olxe sia finito Puso ''}. In eib differisce il oom-
modato dal precario, per oai s^intende quel coutratto per cui I'uso
indeterminato di una oosa yiene grataitamente e precariamente
concesso a talano ^~). La cosa in tal modo concessa pub in qua •
lanqae tempo essere rivocata all'aGcipiente ^'^}. Ulteriori diii'erenze
insegnano OuiACio ^o), Illigbro ^^) a MUller ^i), di cui piil diremo
altrove ^-), Si suole perb eccepire pel commodato il caso, in cui il
commodante stesso per imprevisto accident e abbisogni della cosa ^-^)«
che il commodante uod avrebbe biasimato Pubo da lai fatto. Nel deposito ci6
non viene in conaiderazione, perohd qai non si presta che il dolo; ma 11
commodatario risponde per ogni colpa. V. Pothibk, Fand, Iitalin,, tom. Ill,
tit. de furtis. Norm. XII, not. e pog. 400. — A. Sohultino, Thes. controv.
Decad. XLVIII, Th. 5 e Brunkbuann, Comm. ad L. 76 pr. de furtis, pag. 605.
36) L. 5 $ 8. L. 14 h. t. D. L. 71 pr. D. de furt. (XLVII, 2). Specialmente
notevole 6 la L. 16 D. de cond, furtiva (XIII, 1) ove Pomponio dice: a Qui
fartnm admittit vel re commodata (sc ultra modnm commodato pi*ae8crip-
tum) vel deposita ntendo, condlctione qnoquo ex furtiva causa obBtringitur,
quae differt ab actione commodati hoc, quod etiamsi sine dolo et culpa eins
interierit res, condictione tamen tenetur, cum in commodati actione non fa-
cile ultra culpam et in depositi con ultra dolum malum teneatur is, cum
quo depositi agetur d. V. G. Majansio ad XXX letorum fragm., tom. 1 pa-
gina 470.
•^7) L. 1 pr. de preeario (D. XLIII, 26).
38) fr. 2 $ 2. pr. 12 D. eod. cap. fin. X eod.
30) Observ.j lib. XXIII c. 21.
*0) ad DoneU., lib. XIV, c. 34.
41) ad Slruvium, Ex. XIX, Th. 2 n. ^.
*2) Lib. XLIII, tit. 26.
^) ZoKsio, ad Pand., num. 19 e 20. — Hubeb, Frael. ad Pand., h. t. $ 4
e in Eunom. Earn,, pag. 536. — Egkolt, Gompendiar. Pand» Tract, j h. t. M-
— Striiv, Syniagma iur. civ., Ex. XIX, Th. 8. — Muller, ad eundem, n. *. - -
o) Vedi gii articoli 1815 e 1816 del Cod. civ. II commodante non pu6 ripigliare la cosa
data a prestito fuorche decorso il termine convenuto, ovrero, in mancanza di conven-
zione, dopo che la cosa ha servito airuso per cui fu prestata. Nondimeno, se durante
il detto termine o prima che sia cessato il bisogno del commodatario, sopravviene al co-
modante ud urgente impreveduto bisogno di valersi della cosa, pu6 Tautorita giudiziaria,
secondo le circostanze, obbligare il commodatario a restituirla. In contrario il Codice
Aufltr., § 976. Vedi le important! osservazioni di Unoer, Vagire a propria rUehio
(ted.), pagine 20-23.
224 LIBBO Xni, TITOLO VI, § 855.
Ma tale eocezione non b fondata nel diritto romano, come hanno
sufficientemente dimostrato il Vobt **) e Giovanni Wundbblioh ^).
II contrario resulta sia della natura del oontratto, sia dalla deci-
siva L. 17 § 3 D. h. t., ove Paolo dice : < Sicut aatem volantatis
et officii magis quam necessitatis est commodare, ita modam com-
modati finemque praescribere eius est qcd benefioium tribuit. Gam
autem id fecit (idest postquam commodavit), tunc finem praescribere et
retro agere atque ii^tempestive usum commodatae rei auferre, non
officium tantum impedit sed et suscepta obligatio inter dandam acci-
piendamque; geritar enim negotium invicem et ideo invicem propodtae
sunt actiones, ut appareat quod prinoipio beneficii ac nudae volun-
tutis faerat converti in mutuas praestationes actionesque civiles, ut
accidit in eo, qui absentis negotia gerere inchoavit ; iieque enim im-
pune peritura deseret; snscepisset enim fortassis alius, si is non coe-
pisset; voluntatis est enim suscipere mandatum, necessitatis consum-
mare. Igitur si pugillares mihi commodasti, ut debitor mihi caveret,
non recte facies importune repetendo ; nam si negasses, vel emissem
vel testes habuissem. Idemque est si ad fulciendam insulam tigna
commodasti, delude protraxisti aut etiam sciens vitiosa commodaveris;
adiuvare quippe nos, non decipi beneficio oportet. Ex quibus causis
etiam contrarium iudicium utile esse dicendum est ». Si oppone che
secondo la g. 3 G. de loo<$to, il locatore possa ripetere la cosa del
conduttore prima della scadenza per un improvviso bisogno. Ma tale
analogia non reggej poich^ i^ conduttore quando deve restituire la
cosa prima del termine fa una corrispondente deduzione dalla mer-
cede^ e pu6 sempre col suo danaro avere un'altra locazione. Egli non
soffre quindi cosl gran danno, come il commodatario, che ha ottenuto
I'uso gratuito della cosa. Si aggiunge che la detta prescrizione re-
lativa alia locazione h di gius singolare e devia dai principii gene-
ral!, come il Webeb ha profondamente osservato *^). Posto anche ch«
— Lauterbach, CoU. th.pr, Pand.j h. t $ 11. — Beuqer, Oecon.juriSf lib. Ill,
tit. 2 Th. 5 n. 1. — Stryk, Us, mod Pand.f ^le fra' piii recenti Walch, In-
U'od, in controv, tur. civ.. Sect. Ill, c IV, Membr. 11, Subs. Ill, $ 1 pag. 592
e Dabrlow, ManucUe del diriUo privato attuale (ted.), parte 2 $ 1214.
**) Oomm, in Pand., h. t. $ 9.
*5) Comm. de Pugillaribus, Jena 1756 $ 9-12.
4«) Obblig. naturale (ted.) 4 90 pag. 388 (4.* ed.).
COMMODATI TBL CX>NTBA. 225
raualogia esistesse, non si potrebbe fame Papplicazioue poich^ tali
special! norme del diritto civile sono da considerarsi quali ecoezioni
dalla regola, che non ponno easere estese. Con ragione dunqne anche
fra^ modern! Hopfneb ^^) e Malblank ^) hanno abbandonato quella
comune opinione degli anticbi.
§ 85G.
II commodato e un contratto gratuitoP).
Ai requisiti essenziali del commodato appartiene inoltre che la
concessione dell'uso venga fatta gratuitamente, cio^ senza una pat*
tnita mercede *^). Se si pattnisse tale mercede, il negozio non sarebbe
pii!i commodato, ma o locazione, se venisse promessa una mercede
in denaro per Fuso di una cosa o uu contratto innominato, contrctctus
injiominatus do ut des, se venisse stabilito da darsi qaalche altra cosa.
OiusTiNiANO insiste specialmente su questo carattere del commodato
nel § 2 J. Quib. nwd. re oontr, obi. (3, 15) : c Gommodata antem res
tunc proprie intellegitur, si nulla mercede aooepta vel constituta res
tibi utenda data est : alioqui mercede interveniente locatus tibl usus
rei videtur. Gratuitum enim debet esse commodatnm ». E ci5 con-
fcrma TTlpiano, fr. 5 § 12 D. h. t.: « Si merces intervenit, vel in factum,
vel ex locato conducto agendum erit ». Se dopoflnito Pubo vien dato
qualche cosa a titolo di riconoscenza, un cosl detto honorarium ^%
non viene percio a mutarsi la sostanza del commodato e neppure
qualora una simile prestazione fosse stata promessa •'''^).
^7) Salle Istit. di Heinegoio, $ 772 n. 1.
^) Prinap. iur. rom„ parte II, ^ 496 pag. 348.
*9) Nell'HuPELAND, Trattato di dir. civile (ted.), V. 1 ^ 554, tale deoisione ^
stata negletta.
'><>) L. 1 pr. D. ^ mensor /. m. (XI, 4). Talora ancbe Jumor come in L. 6 pr.
D. niand. (XVII, 1) e in Seneca, OorUrov, I, 8.
•'1) V. A. F. Trendelenburg, « De honorario eiasque a mercede disori-
min 9. Chilonii 1775^ $ 8. II commodatario non viene con ci6 liberate nep-
p) Vedi I'art. 1806 del Cod. civ.
Gluck, Comvi. Fandette. — Lib. XITI. 29
226 LIBBO xni, TiTOiiO vr, § 857.
§ 857.
Obbietto del commodato, Obhligazioni del commodatario.
Oggetto di qaesto coutratto ponno essere tatte le cose, che veu~
gano^prestate per an uso tale^ ohe periuetta dopo il sue esaurimento
la restitazione ia natora: siano esse mobili o immobili '/). Per esempio
io presto a taluno il solaio della mia casa perch^ yi faocia asciagare
la sua biancheria. Anche cose iacorporall uon sono escluse, per
esempio esercizio di una seryitii. Gli atitichi giuristi romani erano
per5 in proposito, come riferisce Ulpiano, fr. 1 § 1 D. h. t., di di-
versa opinione. Labeone credeva che solo cose mobili potessero for-
mare oggetto di commodato. Cassio iavece iusegaava, che il com-
modate ha luogo par nelle cose incorporali. L'ultima opiaione riusd
a prevalere ^'''^). Vi viand prooedette auzi taut^oltre, da affermare po-
tersi concedere ad altri in commodato VhabitatiOj che pare, quale
servitus, h cosa incorporale. Ulpiano non respinge tale opinione, loa
crede pitl sicuro di valersi delVactio praescrijptis verbis anzich^ del-
Vactio comtiwdatu Sono notevoLi due passi di Ulpiano, presi entrambi
dal libro 28 ad Ediotumy e qnindi da congiungersi Funo alPaltro :
1.® fr. 1 § 1 D. h. t.: « Inter commodatum autem et utendum
datum Labeo quidem ait tantnm interease, quantum inter genus et
speciem; commodari enim rem mobilem, non etiam soli, utendam
dari etiam rem soli. Sed, ut apparet, proprie commodata res dicitur
et quae soli est, idque et Gassius existimat : Yivianus amplius etiam
habitationem commodari posse >.
pare dalPobbligo di risarcire il daono da lui recato. V. Crist. Eorico Bi^EU-
NINO, QuaesL tar. eontrov. a An bonorarii datio in contractibus gmtiosis li-
beret a damno date restitaendo ^f Lipsia 1772, $ 3 e 4.
•'>2) Un esempio di uq commodato aedium vedi in Gidvbnale, Sat, VII,
V. 42.
. q) Vedi la prima Appendice del traduttore al § 857.
OOMMODATI YBL CONTRA. 227
2.® fr. 17 pr. D. de praescr. verbis (XIX, 5): < Si gratnitam tibi
habitationem dedero, an oommodati agere possimt Et Yiyianns ait
posse. Sed est tatius praescriptis verbis agere >.
Snl vero senso di quest! passi non son perb d'acoordo gPinterpreti.
YoET ''''^) opina non trattarsl di un commodato iam constitut<ie habit€^
tioniSj nia di una hdbitatio per commodatum constituenda e cib perch^
Ulpiano altrove ''^) insegna che non si possa coueedere altrui per
liberality Vhdbitatio, eke si esercisce quale servitii, ma che solo si
possa locare. Inveee una servitii potrebbe costruirsi per commodato
come si pub per legato. Gio poi non deve essere dubbio per la hdbi-
tatio, dal momento che Papiniano e Scevola lo confermano espli-
citamente, sicoome resulta dai testi seguenti:
fr. 27 D. de don. (XXXIX, 5): « Aqullius Regulus iuvenis ad ]Si-
costratum rhetorem ita scripsit: Quoniam et cum patrc meo semper
fuisti et me eloquentla et diligentia tua meliorem reddidisti, douo
et permitto tibi habitare in illo coena<3ulo eoque uti. Defuncto "Be-
gulo, oontroN^rsiam Iiabitationis patiebatur Nicostratus et cum de ea
re mecum contulisset, dixi posse defendi non meram donationem esse ;
verum of!i(;ium magistri quadam mercede remuneratum Eegulum,
ideoque non videri donationem sequentis temporis irritam esse, quod
si espulsus Xicostratus veuiat ad iudicem, ad exemplum interdict],
quod fructuario proponitur, defendendus erit, quasi loco possessoris
coDstitutus, qui usum coenaculi accepit>.
fr. 32 D. eod,: € Lucius Titius epistulam talem misit: Ille illi sa-
lutem. Hospitio illo quamdiu volueris utaris, superiorlbus diaetis om-
nibus gratuito idque te ex voluntate mea facere hac epistula notum
tibi facio. Quaero an heredes eius habitationem prohibere possunt.
Bespondi : secundum ea quae proponerentur, heredes eius posse mutant
voluntatem j.
Egli a;xgiunge anche Targomento, che secondo I'avviso di Pom
PONio nella L. 3 e nella L. 15 § 2 D. de precario (XLIIF, 26) per-
iino le servitu predial! possono essere costituite per via di un pre-
cario; perche non altrettanto per via di commodato? Col Yoet va
'>'^) Gomm. ad. Pand. b. t. M e lib. VII, tit 8 M-
W) L. 10- pr. D. de iisu et Mb. (VII, 8).
22S LIBBO XIII, TITOLO VI, § 857.
pienameate d'acoordo anche Giusto Meiee *'^-^). iQveoe Francesco Dua-
EENO ^) intende piti correttamente il passo di Ulpiano nel senso,
che coloi, ohe ha Vhdbitatio, ossia il iu8 htHntandi in aliqua do^no,
quale servitil, possa pennettere ad uu altro di abitare per un certo
tempo in quella casa e oi5 sarebbe appunto il commodore hdbitationem.
Antonio Fabbo ^') h d'uguale avviso. Egli obbietta a quella prima
interpretazione che la costituzione di una seryitd per via di commo-
dato repugna totalmeute alia natura di questo contratto^ giacch^ per
esso la cosa prestata deve essere a termiue dell'uso restituita in natura.
Ci6 non h possibile nella costituzione di servitCi che di nuovo s'estingue
dopo il termiue della concessione. Piuttosto ^ all'uopo ammissibile
un precario, poich^ questo altro non richiede se non che Pistanza o
la preghiera da parte dell'accipiente e Pesercizio di una liberalita da
parte del conoedente, che dura finch^ a cestui piaccia di revocarla.
c Quid vero interest }», scrive questo giurista, « quantum ad liberalita-
tern exerceudam pertinet, an concedam tibi uti ea re quae iam antea
fuerit mea, an eo iure quod neo meum adhuc fuerit ueo tuum! et
quod revocata liberaiitate, nee suum nee meum futurum sit f SuMcit
vero ad constituendum precarium, ut utilitatem aliquam et commo-
dum adferre possit accipieuti, sive usus sive possessionis alicuius;
nee aliud quidquam exigitur, in quo manifesto dilfert a commodate ».
Giovanni Giacobbe Wissenbagh '»**) tuttavia difende la prima opi-
nione e cerca di toglier forza all'argomentazione del Fabbo, am-
mettendo nel oommod4itum servituium una restituzione flnta, come
nolle cose incorporali ha luogo una quasi-tradizione. Egli dice: Se
finito il tempo del commodate, Paltro seguita a usare centre la buena
fede, bisogner^ agire perch^ cessi di usare, il che facende e per av-
ventura daudo inoltre cauzione, slntende che restituisca. Ma quanto
poco rjdea di una finta restituzione si comporta colla natura del
commodate, salta agli ecchi. Baohovio '^^) e Hotomanno ^) non ac-
^•'») Colleg. im\ anjenlor., li. t. ^ 6.
'^) (hmm. ad h. t. cap. 2 (Oper. pag. 952).
o") De error. pragmaL, Dec. LXXVII, Err. 7.
^>^) Exerc. ad Pand., parte I, Digp. XXVII, Th. 9.
■^w) ad Trenaer., vol. I, Disp. XXIV, Th. 1 Lit. D.
e«) Observ,, lib. Ill, cap. 23 pag. 63 (Baailea, JSM, 8).
OOMMODATI VEL CONTRA. 229
cettano uessuna delle due spiegazioni, ma negano addirittara che
TJlpiano parli del eommodato di uua oosa incorporale. Pel loro modo
di vedere la parola hiMtatio qui non designa punto un diritto, ma
proprio la casa. Ma secondo questa opiuione il eommodato della ha-
hitatio non differenzierebbe dal eommodato di una eosa immobile. B
delle cose immobili il giorista aveva g\^ sopra parlato. Le parole
< ambitus etiam habitationem commodari posse ]» provano pinttosto^
oome ha gi^ rioordato giostamente Antonio Sohulting ^0? cbe Ul-
FIANO Yoleva trattare un argomento soggetto a dubbi maggiori, che
non fosse quelle del commodate delle cose immobiliari. Gtorolamo von
Oboz ^^) finalmente crede che Ulpiano abbia avuto difflcolt^ ad ac-
oettare Topinione di ViviANO. Egli nega pertanto che le cose iiicor*
porali possono essere oggetto del contralto di commodate. La gra-
tuita conoessione della habitatio h donazione e non commodate. Oid,
a sue credere, insegna anco Pomponio, fr. 9 pr. D. de don, (XXXIX^ 5\
ove dice: < In aedibus alieuis habitare gratis donatio yidetnr; id
enim ipsiim capere videtur qui habitat quod mercedem pro habita->
tione non solvit i. Ma anche questa opinione non risponde alio spi-
rito del teste. La frase tutitis est prova certo, che in proposito erano
sorti dubbi fra 1 giuristi romani. Ma che TTlpiano abbia rigettato
seuz'altro Tavviso di Yiviano, non segue afifatto. Dice piattosto acu-
tamente 11 Wissenbaoh ^) : « Hoc in more fuit positum priscis IGtis
ut ubi aliqua vel levis dubitatio esset, an competeret actio ordinaria,
simul proponerent actionem praescriptis verbis. Itaque fateor hoc
quod solum probat d. L. 17 dubitasse quosdam, an commodatum
esset etiam reram incorporalium : atquin faisse etiam qui hoc afBr-
marent, apertissimum est ex d. L. 1 § 1 in f. Gommod. Et Ulpianus in
d. L. 17 ita proponit actionem praescriptis verbis, ut non neget ac-
tionem commodati. Qui enim dicit tutias esse praescriptis verbis agi,
utique commodati agi posse fatetur et concedit ]» ^). Fra tutte le spie-
fli) Thes. eoiUrov.j Docad. XLVIII, Th. 1.
«2) De apicibu8 iur. (Lugd. 1661) lib. Ill, c. 7 n. 8 pag. 227.
«3) 1. C.
64) Nei Basilid t. II, lib. XX, tit 4 c. 17 pr. pag. 506, ai rioorda espres-
samente Pazione di eommodato dicendoviai: c 'Ean par^schdsoi ddron oikMu,
6ch6 t^n epi tois keclir^m^nois agdg^n; asphal^teron d^ t^n per) tOn pro-
230 LIBRO XIII, TITOLO VI, § 857.
gazioni delta L. 17 rimane danque la migliore quella di Duabeno,
cui sottoscrive auche il Fabbo. N^ 8i oppone ad essa il fr. 10 pr. D.
de iisu et habit. (VII, 7) citato dal Voet. Poich^ Aiitouio Fabbo «•'*)
ha moltb bene risposto, ohe fra il commodato di cui qui h parola e
una donazione, di cui parla il fr. 10 cit., yi h la differenza, che il
commodato « semper oerto usu > — oom'eglis^esprime — <tcertoque tem-
pore concluditur, uou etiam donatio; qaamvis extra hano diiferen-
tiam proxime acoedat commodatum ad donatioaem, quia nteique
contractus ex mera concedentis liberalitate profioisoitur, cam gra-
tuitum ut diximus commodatum esse debeat >. Le altre leggi poi
neppur parlaao di una servitil di hahitatio, ma solo del permesso di
abitare gratis nella casa altrui concesso a mo^ di donazione e la que-
fitione era principalmente quella, se una tale concessione potesse sus-
sistere dopo la legge Gincia, per cui ab antiq^io era stato posto un
certo modus alle donazioni, come hanno dimostrato il CuiAOio ^*), 11
CONNANO «' J, il BALDUINO ««), il GlPANlO «»), lo SOHULTING '<^) e il
Bbunneb ^^). Anche cose altrui possono darsi in commodato, resul-
tando yalido il cdntratto fra le parti, per quaiito entrambe consa-
pevoli. Paolo dice espressamente nella L. 15 D. Coinm, (XIII, 6):
« Commodare possumus etiam alienam rem, quam possidemus, ta-
metsi scientes alienam possidemus > '^^). Anzi periino ad un ladro, che
ha prestato ad altri la cosa rubata, compete Tazione di commodato e
non gli pu6 essere*uegata la restituzione pel motive, che il commo-
gegrainmenon sumphonon agogen kinein d ecio^: a Si grataitam tibi habita-
tionem dedero, commodati actionem habeo. Sed est tudns praescriptid verbis
agere 9.
<'^) Ration, in Pand. ad L. 1 ^ 1 D. h. t., n. a.
«6) Ohs., lib; XVII, c 33 e lib. XXI, cap. 37.
«7) Comm, iur. dv,, lib V, cap. 9 n. 6.
ft*^) Disp, duae de iure civ. ex Pap., Disp. I, ad L. 5 D. transact,, pag. 326
(ed. GuNDLiNo, Halle 1730, 8).
«9) Lecturae Altorph., ad L. 9. L. 27 et 32 de don.
70) Thes. controv., Dec. XLVIII, Th. 2.
~i) OomvfL ad I Oinciam, c 12 (Opusc. ed« Breybk), Lipsia 1716, pa-
gina 188.
~^) c Quia ex contractu persona obligatur, non res » : dice Goocsjo, Iur»
civ. contr., h. t. Qu. 1. Si vegga anche il Lauterbach, Ooll. th, pr. P. h. t.
$ 7 e Voet, Oomm, h. t. ^ 1.
OOMMODATI VBL CONTBA. 231
dante non h il legittimo proprietario, come insegna Mabobllo nella
L. 16 ibids, dicendo: c It at, etsi far vel praedo oommodayerit, lia-
beat Gomaiodati actionem ». II ladro noa pub certo avere azione dal
sao fatto illecito '^^). Ma qai egli non agisoe oome ladro, bensl oome
eommodante. Si distingae danque il fatto del furto dal commodato.
L^altimo in %h ^ leoito e d^ un'azione anco al ladro, col qaale tanto
pill egli pao insistere per la restitazione, in qaanto che egli ne ri-
sponde verso il domino '^). Se perb si fanno avanti insieme il pro-
prietario e il ladro, bisogna vedere so ^ senz'altro chiaro il dominio
del primo e il dolo del secondo o se occorr^ ana ulteriore disamina.
Nel primo caso secondo Teqait^ del diritto civile h preferito il do-
minio al eommodante "'0- NelPaltro caso ihvece la oosa dev'essere re-
Btitaita al eommodante e il preteso proprietario deve poi far valere
coutro qaesto le sae pretese ^^). Poich^ an credito liqoido non pub
essere sospeso dall'illiquido interveuto di un terzo, purch^ a costni
non provenga dalla esecuzione an danno irreparabile '^).
Anche oose fungibili, come gi^ si h avvertito^ ponno essere com*
modate in quanto sia possibile di usarne uel modo pattulto senza
consumazione o allenazione 0 ; per esempio denaro per semplice
pompa e ostentazione. Oltre questa ipotesi, per le cose fungibili che
iielPuso cut sono ragionevolmente destinate devono esser consumate
' ":») L. 12 M defurUs, D. XLVII, 2.
J*) CuiACio, ad Pauli lib. XXIX ad Ed. ad L. 15 D. h. t. e A. Schulting,
Th€8. contrav., Dec XLVIII, Th. 4.
7->) Arg. L. 31 $ 1 D. DeposUi (XVI, 3). Voet, Gomm. ad Pand., h. t. $ 2.
— CoccEJO, Zatf. civ. contr.j h. t. Qu. 2.
70) Sam. Stuyk, Us. mod. Pand., h. t. ^ 11 e M. G. Wernhbk, Lectiss, cwnm,
in P. h. t. $ 9.
77) V. G. E. Ben. Emminghaus ad Cocgbii, Iu8 civ. contr., Tom. II, h. t.
Qu. 2 not. X pag. 236 e qiiesto Comment. Parte VI $ 531 pag. 479 (versione
it., lib. V ^ 531).
r) Lo Zachariab-Cromb, I. c, § 371, dice che « la cosa non deve appartenere alle coee
inconsutnabili o almeno la inconsumabilitA deve essere stabilita per convenzione ». Sar^
molto piu esatto parlare infatti di cose consumabili, anziche di fungibili, come si fa
nel testo. Un esemplara di una data ediiione di un libro ^ regolarmente cosa fungibile
eppure attissima a formare obbietto di commodato. E poi proprio la consumabilit^, che
ripugna alTessenza e alia funzione del commodato. .
232 LIBBO Xin^ TITOLO YI, § 857.
o che non possono essere osate senza alienazioiie non ha luogo com-
modato '^^). Qai perb non vanno addotti gU abiti, non essendo dabbio
che 688i possaQO oostitnire oggetto di tale oontratto 7®). Infine deve
osseryarsi che anche le cose ecolesiastiche pen no essere ooHe donate
norme commodate. Perb se esse sono destinate al cnlto non possono
essere commodate che ad nn*altra chiesa per ugnale servizto ^).
Le obbligazioni del commodatario consistono in cib:
1.^ Egli h tennto a restitnire lealmente la cosa commodata a nso
finite e non pnb rifintarvisi per qualsiyoglia pretesto. La restitnzlone
perb deve
a) avvenire in natura ^^ ; bench^ la cosa sia stata estimata,
qnalora I'estimazione non sia avvenuta venditionia causa ^); g\A allora
pnb e deve essere pagato 11 yalore della cosa ^). Tattayia nel dnbbio
non si presume una tale estimazione nei contratti, in cui non si tras-
mette 11 dominio ^) ;
b) la cosa dev'essere resa in bnono stato. TTlpiano dice nella
L. 3 § 1 D. h. t. c Si reddita quidem sit res commodata, sed de-
terior reddita, non videbitnr reddita nisi qnod interest praestetnr.
Proprie enim dicitnr res non reddita qnae deterior redditur ». Se la
cosa b danneggiata per colpa del commodatario, egli iie risponde ^*'^)
e bisogna alFuopo distingnere se la cosa b tanto gnasta da non avere
piti valore per 11 commodante o se invece pub da cestui venire an-
cora adoperata. Nel primo caso 11 commodatario deve pagare 11 ya-
lore della cosa intera e 11 commodante non b obbligato ad accettare
la cosa guasta o nn^altra cosa della stessa specie^). Nel seoondo
caso il commodatario non va oontro il suo dovere restituendo la cosa
in natura e riparando inoltre in pecunia il danno recato ^~). In nes-
78) fr. 36 M D. h. t. XIII, 6.
79) f r. 5 $ 8 D. h. t ZiEGLER, De commodaio, Th. 66 e 67.
^0) Coai in genere i canonisti.
«i) L. 2 pr. D. de reh. cr. (XII, 1).
82) ZiEGLBR, diss, cit.^ Th. 81-85.
83) A. Fabbo, RaUon. in Pand., ad L. 5 $ 3 D. h. t
84) Rbinhard, De commodaio, $ 17 e Strtk, Us. mod, Pand., h. t $ 4.
85) L. 10 pr. L. ult. D. h. t. XIII, 6.
8») CooCBJO, lur. cw. eontr., h. t Qu. 7.
87) Bachovio ad Treutler., vol. I, Disp. XXIV, Th. 2. 1. F. — Boeckel-
OOMMODATI VBL OONTBA. 233
Btma gaisa poi dal fatto ohe il commodante (pur sapendola deterio-
rata) ha rioeyato indietro la oosa guastata pu6 presumersi o deri-
yarsi, ch'egli abbia volato rinunzfare. al diritto d'easere risardto ^).
c) La oosa deve essere restitnita con tutti gli aocessorii non
spettanti al oomiaodatario e ooi firatti. Per esempio la cayalla col
puledro, nato tanto prima quauto durante il oommodato ^^). Bispetto ai
frutti oocorre vedere se, secondo I'intenzione dei contraenti, non si
poteva fare alcun uso della eosa prestata senza 11 godimento dei me-
desimi o se invdoe I'uso era possibile senza di essi, afbtto distinto
da essi. In quel oaso il commodatario gode durante 11 oontratto i
frutti, ma deye restituire la cosa in quelle status fructiferus, in cui
rha rio&yuta ^^). Nel secondo invece 11 commodatario deve restituire
i frutti al commodante ^^). Donde si capisce quelle che dice Paolo,
L. 38 § 10 D. de usur. (XXII, 1): c si possessionem naturalem revo-
cem, proprietas mea manet. videamus de fructibus. Et qnidem in de-
posito et commodate fructus quoque praestandi sunt ». Anco il lucre,
che il commodatario ha tratte dalla oosa, senza che la cosa a lui
fosse per tal fine prestata, dev'essere restituito al commodante. Per
esempio la mercede, se per avrentura il commodatario ha locata la
cosa. ' PoMPONio nel ir. 13 § 1 h. t. cenferma questo col seguente
esempio : c Si quern quaestum fedt is qui experiendum quid accepit,
veluti si iumenta fuerint eaque locata sint, id ipsum praestabit d, qui
experiundum dedit, neque enim ante eatn rem quaestui cuiquam
esse opertet priusquam periculo eius sit > ^^). II case che qui decide
MAKN, Comm. in Dig,, h. t. $ 6. — Schulting, TAc*, controv., Dec XLVIII,
Th. 9. — Struv., Synt. iur, oit., Ex, ere. XIX, Tli. 8. — Lautekbach/ OolL
ih. pr, Fand., h. t. $ 17 e Zieoler, De commodcUOj Th. 129-131.
^^) D'altro avTiso e Voet, (Jomm.f h. t. ^ 7. Ma si vegga Coccejo, Iur, civ.
contr,, h. t. Qu. 6.
«9) L. 5 J 9 D. h. t., XIII, 6. L. 14 $ 15 De furiis, D. XLVII, 2. — Hugo
DoKELLO, Oomm, ad tit. Cod. De Commodato, nam. 19.
^) Jbnsio, Stricturae, ad L. 38 $ 10 D. de usur,, pag. 165 8g. (Lugd. Ba-
iny, 1764) e Hopfnek, Gommentario auUe Istituzioni di Eineccio (ted.) ^ 777
num. 1.
91) Donello, 1. c. num. 19 pag. 128. — Mullek, ad Struv. Exero. XIX,
Th. 7 not. y. — Frantzkius, Comm, ad Pand, h. t. num. 82.
9*'2) Ho seguito qui la corretta leziooe di Baudoza e di Aloandro, che
Tiene preferita alia fLoreutina anche da Gio. Jbnsio nelle Stricturae ad h.
Gluck, Comm. Pandette. — lAh. XITT. 30
234 LIBBO XIII, TITOLO VI, § 867.
PoMPONio 6, come lo spiega Gerardo Noodt **^), il seguente. II ven-
ditore presta a colui, ohe gli vaole comperare un animale da tiro,
Panimale stesso prima di oonohiudere la vondita pereh^ possa megiio
esperimentarlo. Ma oostui loca Panimale ad un altro. Si domanda a
ohi spetti la meroede e Pomponio decide molto giustamente a favore
di colai, che ha dato I'animale in prova. L'aocipiente non pa5 van-
tare alcun diritto poicli^ la compravendita non era anoora stata con-
chinsa. Poich^ non puo disoorrersi di un lucro del compratore prima
che in lui sia trapaseato il perlcolo. In »h tutto oio h fuori di dubbio.
Solo oiroa rasione da esperirsi, Labeone in un caso analogo repu-
tava doversi anche dar^ I'azione praescriptis verbis "^), sebbene dato
il titolo in cui appare il frammento di Pomponio, non sia da du-
bitarsi che competa I'azione di commodate. Piil controversa era in-
vece la questione se, avvenuto 11 furto della cosa oommodata e avendo
il commodatario, prevenendo il proprietario, istituito Tazione di furto
e ottenuto la pena pecuniaria, egli sia tenuto a restituire pur questa
al commodante domino. Gli antichi giuristi erauo su ci5 di diverso
avvlso e anche Papiniano non fa sempre della stessa opinione. Solo
GiusTiNiANO deeise la controversia uel sense, ohe iii tal case 11 lucro
della peua non spetti al domino, ma al commodatario, che risponde
del perlcolo della oosa e dovrebbe risarcirne il proprietario, quan-
d'anche non si fosse scoperto il ladro. Si legge infatti nella L. ult.
§ 3 God. de furtis : € Sed cum in secundam dubitationem inciderunt,
quid statuendum sit si quis rem commodatam habuerit, quam aliquis
fiirto subtraxerit et lite pulsatus condemnationem passus fuerit, non
tantum in rem furtivam, sed etiam poenam furti et postea dominus
rei venerit, omnem condemnationem accipere desiderans, utpote ex
suae rei occasione orta, alia dubitatio incidit veteribus, utrumne rem
tantum suam vel eius aestimationem consequatur, an etiam summam
poenalem. et licet ab antiquis variatum est et ab ipso Papiniano in
contrarias declinante sententias, tamen nobis hoc decidentibus Papi-
L. pag. 106 8g. La florentina iion ha ei dopo praestahU e dope quaestai legge
ciUque invece di quam,
»^) Be foenore et usur,, lib. 1 cap. 8 (oper, I, 191).
w) L. 20 D. pr. verb. XIX, 5.
OOMMODATI VEL GONTBA. « 235
niauns ^^), licet yariaverit, eligendos est, non in prima sed in seounda
eius definitione, in qua laoram statnit minime ad dominum rei per-
yenire. nbi enim pericnlam, ibi et lacram collooetnr, ne ait darano
tantam deditus qui rem commodatam accepit^ sed lioet ei etiam lu-
crum sperare i^.
d) La restituzione non deve essere ritardata per qualsiasi pre-
testo "). Per esempio non ooV pretesto di uu debito con cui il com-
modate non abbia relazione. L. ult. G. h. t. dice: c Praetextu debiti
restitutio commodati ^) non probabiliter recnsatur ». Per crediti con-
nessi invece il commodatario puo certo ritenere la cosa ; per esempio
se il oommodatario ha fatto interne alia cosa cemniodata delle spese,
clie gli devone essere risarcite. Quindi Paolo nella L. 15 § 2 (2e
furtis XLYII, 2 dice: <c Si eb aliquas impensas, quas in rem com-
modatam fecisti, retentionem eius habueris, etiam cum ipse domino,
si earn subripiat, babebis furti actionem ; quia eo casu quasi ]>igneris
loco ea res fuit :». Lo stesso cenferma Giuliano, L. 59 D. eod. Queste
preserizieni non furene abrogate dalla L. ult. G. h. t. Peich^ questa
leg^e 6 un semplice rescritto degli Imperateri Dioolbzianu e Mas •
i^~>) Nelle Pandette non si trovano testi chiari sa queete diverse opinioni
di Papiniano. £m. Merillio nelie ExposUiones in L Decis. IiisL N. XIII ad
L. ult. ^ 3 C. de fart. (opp. parte 11, pag. 36) crede tuttavia di aver sec-
perto nelle Pandette qua e \k tracde di questa variazione papinianea. Vedi
pure anche Fr. Balduino, Imiin., lib. II, pag. 141 sqq. (ed. 1596, 8).
^^) La critica di Cujacio (Ohs, IX, 37), che vaol leggere commendati in
Inogo di commodaU e iatendere la legge del solo deposito fa g]k da an pezzo
confatata da G. Fornerio, SelecL I, 4 [Tlies, iur. rom di Otto, II, 62).
s) Anche pel nostro Cod. civ., art. 1289, num. 2, ia compensazione non ha luogo . . .
« quando si tratta della domaoda per la restituzione del deposito o del commodato ».
Rispetto poi al diritto romano, bisogna avvertire che in diritto romano Tesclusione
della compensation pur trattandosi di iudicium honae fidei^ qui derivava dalla natura
arhitraria dell'azione. Ad ogni n\odo e certo, che anco pel diritto giustinianeo il com-
modatario pu6 far valere le sue ragioni ex eadem causa e il commodante non ottiene
condanna che rimborsando le spese. Cfr. in proposito PApplbton, Sistoire de la com-
pensation^ paging 4^5 e 496, il quale respinge anche la correzione proposta dal Guiacio
di cui fa cenno il Gluck.
Sulle notevoli difficolt^ che procura Tart. 1289 del Codice civile izzart. 1293 Cod.
francese) vedi lo stesso Applbton, o. c, pag. 501 seg. — De&iaicdins nel suo Studio
sulla compensazione, pag. 411. — Aubry et Rau, sur Zaohariae. § 327, n. 3. —
Delvincourt, II, pag. 578. — Toullier, VII, pag. 383. — Dcrantow, XII, pag. 449.
236 ^ LIBBO XIII, TITOLO YI, § 857.
siMiANO. Nel resoritti non solevano gl'imperatori romani mutare 11
diiitto anteriore, ma solo interpretare il diritto vigente e deoidere
secondo esso. La L. alt. G. h. t. non pub quindi intendersi che di
un debito non oonnesso, giacch^ h prinoipio noto che il diritto di
ritenzione non si pub esereitare che per crediti connessi ^^). II com-
modatario non pub di regola opporre al commodante Feccezione di
oompensazione ^^). Si applica qui il prinoipio che una species non pub
essere oompensata con un genus. Un'eccezioue ha perb luogo, quando
11 commodante coirazione diretta di commodato persegua non la cosa
stessa, ma il suo valore. 01b accade per esempio per essere la cosa
l)erita per colpa del commodatario o per essere stata estimata veu-^
ditionis causa. Ghb, dal momento che qui il commodatario deve non
una cosa individuale, ma una quantity, nulla si oppone alia oompen-
sazione, se alia sua volta il commodante b pur debitore di una quan-
tity ^). Finalmente anche 11 commodatario non pub efficacemente op-
•^") D'altro avviso sono perb G. Voet, Gomm. ad Paud., h. t. ^ 10 e-Ho-
FACKBB, Princip. iur. civ. It G., torn. Ill, ^ 1877. Ma veggaai il Vinnio, Sel
iur, quaesL^ I, 51, lo Schulting, Tfies, conirov., Dec. XL VI II, Th. II. —
DoNELLO, Oomnient., ad L. ult. Cod. h. t. num. 6. — Ev. Ottonb, (Jcmnu
ad 4 30 7. ri6 acHon. (IV, 6) num. 5. — G. L. Bokhhbu, Diss, de iure reten-
tionis ^ 13 (nei suoi EL iur. tiv., Tom. II, Exerc. XIII, pag. 636). — Thxbact,
Teoria delta inierpretazione hgica del dititto romano (ted.) ^ 38 pag. 162 della
2.* ed. e C. A. Guntheb, Princip. iur. rom. priv.y torn. II, $ 1020.
«>*) C. Fed. Walcii, Inlrod. in conir. iur. civ., Sect. Ill, cap. IV, Membr. II,
Subs. Ill ^ 6. — P. G. TuENDELENDURG, De compensatione commodati^ Got-
tinga 1850 e Jestes, De compens. circa rem commodatam instituendaj Ko-
nigBb. 1752.
^) L. 18 9 ult. D. ]). t. d Quod autem contrario iudicio consequi quisque
potest, id etiam recto iudicio, quo cum eo agitnr potest salvum habere iure
peneationis 3>. In riguardo a qnesto passo affermano molti giuristi, cbe la
compenaazione abbia luogo solo per le spese sostenute dal commodatario;
per esempio G. Fornbrio, Sel.ll, 14. — Pacius, Enantioph.,Cent. IV, Qu. 44.
— Westenberg, Prineip. iur. sec. ord. Pand., h. t. ^ 30. Ma secondo il $ 30
I. dead, e la L. fin. pr. et $ 1 Cod. decomp. deve piuttosto ritenersi, chesia
lo atesso, tanto se la quantity doTuta dal commodatario al commodante derivi
dallo Btesso contra tto quantose abbia altro fondamento. V. Donello, Comm.
ad ^ 30 I. de act., num. 10. — Vimnio, in Camm. ad ^ 30 I. ihid. num. 3. —
Z0E8IO, Gomm. ad Pand., h. t. num. 22 e 23. — Hunnius, Var. Resol. iur.
civ., lib. Ill, Tract. Ill, parte III, Qu. 4. — Lauterbach, GolL Ih. pr. Pand., h. t.
$ 26. — Bobckblmann, Gomm. in Dig., h. t. $ 18. — Struv, Sifnt. i. c. Ex. XIX,
Th. 12.
COMMODATI Y£L GONTBA. 237
porre I'eocezione di propriety : che cio6 la cosa ridomaadatagli dal
commodante in forza del oon6ratto gli appartenga. Non pub cio^ pre-
tendere ohe la reetituzione della cosa venga differita a quando sar^
totalmente esaarita tale eocezione ^^). Poioh^, se il oontratto h pro-
vato o ammesBO dal oommodatario, non pnossi negare che oostni in
forza del contratto possegga la cosa in nome altrui e dove quindi
lasciar valere le consegnenze di siffatto possesso secondo il contratto.
Yolendosi affermare il contrario, si potrebbe facilmente abusare del
contratto per agevolare non rette intenzioni. Golui che intende di
pretendere la cosa potrebbe farsela commodare da chi ora la tieue
per poi spacciarsene proprietario quando essa venga ridomandata. Se
il convennto potcsse eoll'eccezione di propriety ottenere che fino a
esaurimento di essa venisse sospesa la restitazione della cosa, egli
verrebbe arbitrariamente a privare il possessore attaale del vantaggio
del possesso durante- il giudizio. Non cosl se I'opposta obbiezione del
dominio del commodatirio potesse da lui subito dimostrarsi. Qui il
convennto potrebbe con tale eccezione rifiutare a bnoD dritto la re-
stituzione della cosa. Lbtsbb ^) ^ d'altro avviso. Egli stima che il
oommodatario non debba essere ascoltato colla sua exceptio dominii^
anoorchb fosse pronto a provarla immediatamente. II suo motive h
che col rifluto della restituzioiie il oommodatario si fa reo di uno
spolium '^) e quiodi s*ha da applicare la nota regola: a spoliatus est
ante omuia restituendus :»• Ma a tale opinione si oppongono le se-
gaenti ragioni. Se Peccezione della propriety h liquida, per la L. 45
D. de div. B. I. (L, 17) il commodate h nullo. Sarebbe quindi nn ma-
nifesto cavillo, da equipararsi secondo le fonti al dole, se il commo-
dante volesse insistere per la restitnzione di una cosa, la cui pro-
100) W£BBU, GotitribiUi aUa doUrina delle azioni giudiziarie e delle eccesioni
(ted.) Nr. 14 (Fasc. 2 e 3), pag. 85 8g.
1) Med, ad Pand.^ vol. Ill, Spec. 15i3 med. 2.
'-) L. 20 D. dc A, €t A. P. (XLT, 2). Ma in questa legge si tratta di cl6,
Be il oommodante perda il possesso pel fatto che il oommodatario ai usurps
la cosa. Una tal perdita pu6 derivare anche dalle illecite azioni del terzi e
in ispecie dnl detentore della cosa. Ma non deriva che il commodatario possa
farsi valere come possessore civile e possa far ritenere legittimo acquisto di
possesso la sua arbitraria usurpazione.
238 LIBBO XIII, TITOIiO VI, § 857.
priet^ ^ chiaramente dimostrata dairavversarlo, mentir'egli poi la
dovrebbe subito restituire al oommodatario. c Dolo facit qui petit
quod redditurus est >, dice Paolo, L. 8 pr. D. de doli m^li et metus
excy con cui s^aocorda il Papa Bonifaoio YIII uel cap. 59 Be Reg.
lur, in 6.^ Gome pub dunque il cominodatario farsi reo di uno spoglio,
mentre rifiuta di restituire una cosa, da cui Tesonerano le stesse
leggi ?
2.^ II commodatario ^ tenuto non solo nell'uso della cosa com-
modata (rispetto alle sue azloni correlative) ad evitare possibilmente
tutte le colpe, ma anohe ad applicare la massima cura tanto per la
conservazione della cosa stessa, che forma Toggetto del contratto,
quanto di ci5, che alia cosa stessa appartiene, sicch^ nel caso di un
imminente pericolo non pub salvare a preferenza le cose proprie.
Egli dunque e tenuto non solo per dolo e colpa, ma anche per di-
ligentia et custodia, cio^ per ogni anco menoma colpa, per cui la cosa
sia danneggiata o si perda o perisca. Solo egli non risponde del danno
avvenuto per mero caso ; risponde perb di ogni furto 3). § 3 I. Qutb.
m. re contr. (3, 15) : <r At is, qui utendum accepit, sane quidem exac-
tam diligentiam custodiendae rei praestare iubetur; nee sufficit ei
tantam diligentiam adhibuisse, quantam suis rebus adhibere solitus
est, si modo alius diligentior poterat eam rem custodire. Sed propter
maiorem vim maioresve casu non tenetur, si modo non ipsius culpa
is casus intervenit>. L. 5 § 2 D. h. t: c Oommodatum antem pie-
rumque solam utilitatem continet eius, cui commodatur et ideo ve-
rier est Q. Macii sententia existimantis et culpam praestandam et
diligentiam >. § 4 eiusd. L. (vedi sopra), § 5 eiusd. L. <( Cu-
stodiam plane rei etiam diligentem debet praestare ]>. § 9 h. L.
€ Usque adeo autem diligentia in re commodata praestanda est^ ut
etiam in ea, quae sequitur rem commodatam, praestari debeat; ut-
puta equam tibi commodavi, quam pullus comitabatur, etiam pulli
te custodiam praestare debere, veteres responderunt >. § 15 d, "L.
'^) CoccBJo, lur. ch\ ooiifr., h. t. Qa. 8. V. Lohr, ContrihtUi alia dotinna
della colpa (ted.) Sez. 3 e 4. — Schoeman, Teoria del risarcimento dei danni
(tedeaco) imrte I, pag. 191 e seg. — Hdfkland, TraUato di diritto civile, v. 1
$ .555.
OOMMODATI V£L OONTBA. 239
€ Si duobas vehiculum oommodatam sit — pro parte quidem
e£fecta me usum habere — sed esse verius et dolum et calpam et
diligentiam et custodiam in totum me praestare debere ». L« 18 pr.
D. h. t — L. 1 § 4 D. d6 0. «t A. (XLI V, 7) : < Is vero qui uten-
dum at)cepit, si maiore casu, coi humana infirmitas resistere nou
potest (veluti inoendio^ roina, naufragio) rem quam aocepit, amiserit,
secnrus est; alias tamen exactissimam diligentiam custodiendae rei
praestare compellitur, neo sufficit ei eandem diligentiam adhibere,
qnam sais rebus adhibet, si alius diligeutior oustodire poterit it. L. 14
§ lodefurtis XLYII, 2: c Non solum autem in re commodata oom-
petit ei, cui commodata est, furti actio ; sed etiam in ea, quae ex ea
adgnata est, quia et huius custodia ad eum pertinet. Nam- et si ser-
yum tibi oommodavero et vestis eins nomine furti agis, quamvis
vestem, qua vestitus est, tibi non commodaverim. Item si iumenta
tibi commodavero, quorum sequela erat eculeus, puto competere furti
actionem, etiam elus nomiue, quamvis ipse nou sit commodatus ».
L. 14 §10 D. eod,: € An pater, cuius filio commodata res est, furti ac-
tionem habeat, quaeritnr. Et Julianus ait patrem hoc nomine agere
nou posse, quia custodiam praestare non debeat. Sicut (inquit) is, qui
pro eo cui commodata res est fideiussit, non habet furti actionem.
Neque enim, inquit is cuiuscunque interest rem non perire habet
furti actionem, sed qui ob eam rem tenetur, quod ea res culpa eius
perierit ^. § 16 eiusd, L. c Et puto omnibus quorum perioulo res alienae
sunt, veluti commodatae — si hae subreptae sint, furti actionem com-
petere 3>. — Sempre perb si presuppone il case, che il commodatario
abbia I'esclusivo vantaggio del negozio. Se si muta questo rapporto,
abbiamo eccezioni. II commodatario h a) tenuto solo per la culpa iatn,
se il oontratto non mira che al vantaggio del commodante. L. 5 § 10
h. t. D. € Interdum plane dolum solum in re commodata qui rogavit
praestabit, utputa si quis ita convenit, vel si sua dumtaxat causa
commodavit, sponsae forte suae vel uxori quo honestius culta ad se
deduceretur ». Invece b) presta la culpa levia e la custodia, come nel
pegno, se il commodate h a vantaggio d'ambo i contraeuti. L. 18 pr.
D. h. t. c In rebus commodatis talis diligentia praestanda est, qualem
quisque diligentissimus paterfamilias snis rebus adhibet. Haec ita, si
dumtaxat accipientis gratia commodata sit res. At si utriusque, ve-
240 LtBBO XHI, TITOLO VI, § 858.
Ittti 81 communem amicum ad ooenam invitaverimus, tuque eias rei
caram suacepisti, et ego argentam oommodarerim, scriptain qaidem
apnd quosdam iovenio, qaasi dolum tantom praestare debeas. Sed
vldeadum est, ne et culpa praestanda sit, ita nt oulpae fiat aesti-
matio, sieut iu rebus pigneri datis » ^) 0-
3.^ Inoltre il commodatario deve sopportare le spese ueoessarie
airuso, per esempio quelle indispensabili a oonservar la oosa, come
il mauteuimeoto del cavallo, senza distinguere se siano grand! o pic-
cole. Invece le spese straordinarie riohieste dalla oonservazione o re-
staurazione della oosa (ad esempio spese di cur^) il commodatario
sopporta (ove uou vi abbia colpa) solo in quanto siano moderate e
cio^ la spesa non super! il profitto avnto. Gaio dice : L. 18 § 2 D.
h. t. : <K cibariorum impensae natural! scilicet ratione ad eum perti-
nent, qui utendum accipisset. Sed et id quod de impensls valetudinis
aut fugae diximus ad maiores impensas pertinere debet; modica
enim impendia verius est, ut, sicut! cibariorum, ad eundem perti-
neant i ").
§ 858.
Besponsabilitu del commodatario j)er il fatto di colore, per mezzo di
cui rimanda la cosa al commodanie. Responsdbilita di piii commoda-
tarii o di piu eredi.
Qui si presentano le seguenti question!:
I. Se la cosa prestata h perita per colpa di un terzo^ per cu!
mezzo il commodatario la rimandava al commodante ^ j, come il com-
^) Si confrontino le L. 13 $ 1 e L, 14 D. de pign. a. (13, 7), L. 19 Cod. de
pignor., L. 10 $. 2 D. h. t (XIII, G). 6. Noodt, Cotnm, ad Dig, h. t torn. Il,
pag. 320. Gonzalez Tbllbz, ComnL in Decrelales, tom. 1 11^ ad cap, un, X de
comm., num. 9 pag. 244.
t) Vedi la seconda appendice del tra^ttore al § 857.
u) Ck>d. civ., art. 1813: < 11 commodatario che ha fatto qualche spesa per potersi ser-
vire della cosa commodata non pu6 ripeterla».
v) Vedi le cose dette nella seconda Appendice citata.
5) L. 12 M !)• li. t.
^) GRiEsiNGEii, Comm. siU diriUo del WUrltemberg (ted*), vol. J, ^ 39 pa-
gina 67 seg.
7) L. M) ^ 1. L. 11. L. 12 M D. h. t. VoET, CWmm. od Pand, L. t. $ C o
V. Ad. Lauter&acb, De nuncio^ Tubiuga 1660, $ 55.
^) L. 11 e L. 12 pr. D. li. t. Griesinger, 1. c. $ 38 pag* 66 e Hufeland,
TraUato di dvitto civile (ted.) v. 1 $ 556 not. 1 pag. 227.
9) L. 20 D. h. t. Wernhbr, Stl. obs. for., torn. I, parte IV, Obs. 214 nu-
nuro 16. — Schulting, Thes, cont, Deead. XLVIII, Th. 8..
z) Cod. civ., ai'LlSU: < Se piu persone haoi^ unitamente preso a prestito la stessa
co(;a, ne sono obbligate in solido verso tl commodante »•
Per diritto roraano controversa e la misura delta respoDsabilit^ nelia ipotesi di piu
commodatari. Di questa tratta un difficile passo del aostro titolo, il fr. 5 § 15:
Gluck. Oomm, Pandftte, — Lib. XHI. 31
« *
OOMMODATI VEL CONTRA. 241 .
modatario risponder^ p^r il dannot Si de^ono distinguere a tat ri*-
gnardo varii oasi:
a) n commodai^te stesso ha indioato aL oommodatario la per- ' 4
Bona, per cai doveVasi rimandare a lui la ooaa. Per esenipio a tal ,
uopo egli manda il proprio servitore. Qai il. oommodaterio a nttUa
h tenato ^), a meno ohe a lai steoso possa ikraL carico di una fan-
prudenza ohe lo renda respousabile^ si ponga. ad esempio 0^ egVL
fosse cousapevole che quel servitore era nn uomo infedele, mentro
cio era ignoto a1 suo padrone ^).
»
5) II cominedatario senza incarico del commodante ba seel to
la persona per rimandare la cosa. Qai la irestitu^ione awiene a pe-
rioolo del oommodatario^ sia ch'egli abbia alPqopo adoperato il proprio
dipendente, sia che abbia adoperato quello del comiOiOdaDtey ch'era
Btato da coBtui mandato ^olamente per f^rgli memoria della restitn-
zione, sia finalmente cVegli abbia incaricato qoalche altro ^j; a meno
che I'iutero n^gozio fosse concbiaso nell'interesse esclosiyo del com- •
modante. Poich^ qui il commodatario noa rjspMide, se non qoando
nella seelta del portatore abbia commesso Cm dolo od una oolpa ^j.
Se perb il commodatario avessQ oonsegxiata la cosa ad una persona
«
che gli era nota come onestissima e tale, che non sarebbe stato mai
da ritenere che si potesse rendere oolpevolie di infedeMo di trascu-
<
ranza, siccome invece h risultato dalPeveuto i)ostieriore, il commoda -
tario va scusato e tutto il danno spetta al commodante ^).
IL Gome nspondono piti persone che hanno assunto insieme la
stessa cosa a commodate? ^).
242 LIBRO XIII, TITOLO VI, § 858.
a) Per la cosa stessa natttralmente in solido.
b) 3e per6 si deve Vdestimatio, ^ oontroversa la mlsara del*
Tobbligo. Seoondo alcani^^j: i singoli oommodatarii non sarebbero
i<^) HuBBE^ Prciel. ad Fmid,, h. t. ^ 2. — Zikglbr, Diss, de commodato,
Th. ]45. — CocCEJO, lur. civ. eoatr., h. t. Qn. 5. — Wernhbr, Jectiss. €<nnm.
m Pand^, h. t. $ 11. — Dabrlow, -Manuale del diriUo priviUo (tecL) parte II,
Sez. II, ^ 12 IG. — Walcii, Chntrov, iui\, pag. 535 e Hupeland, Traitalo cit^
$ 555, nota 4.
« si (luobus uehiculum commodatum sit uei locatura simui, Celsus filius scripsit —
— quaeri possCf utrum unusquisque eorum in solidum an pro parte teneatur sed
esse uerius ait et dolum et culpam et diligentiam et custodiam in totum me praestare
debere; quare duo quodammodo rei habebuntur et si alter coaventus praestiterit li-
berabit alterura ».
Una cosa deve ammettersi come sicura e cioe che Tultima frase e interpolata. —^
L'lnterpolazione risulta e dall*esplicito paragone coi rei promittendi e dalla mancanza
di oggetto al verbo praestiterit e sovratutto dalla parola oontientu*, Forse che solo il
pagamento successivo al processo aveva tale efficacia liberatoria? ^).
Da questo passo, il quale del resto e stato in piu altri modi alterato, senza che ci
sia dato escogitare gli opportuni riiuedi, appare* che gli stessi giuristi classici erano
dubbiosi circa questo punto : taluni proponevano di tener responsabili pro parte i sin-
goli commodatarii, meotre altri, fra cui Celso seguUo da Ulpiano, inclinavano a te-
nerli responsabili in solido, in modo per6 che, contestata la lite con uno di essi, gli
altri venissero liberati. In diritto giustinianeo tale ellftcacia liberatoria non compete piu
alia contestazione di lite, in forza della nota costituzione Cod. 8, 40, 28 ^l
Del resto siffatta responsabilit4 non presuppone che ciascuno versi in colpa. Lo stesso
Celso dica senza distinguere che si tratta di rispondere m totum del dolo, della colpa,
della diligente custodia. — Ordinariamente, quando Tuso ^ comune, sar^ pure comune
la colpa, bench^ non nel medasimo grado ; per esempio alia maliziosa condotta delKuno
corrisponderii la mancata vlgilanza delPaltro. Ma aache se la colpa fosse di uno solo
dei due commodatari, pei principii generali in materia di correalitji, ne risponder^ anche
Taltro ed ^ cosi che noi abbiamo nella Eneiolopedia giuridica alia v. Obbligatione
spiegato il passo di Cblso, mettendolo in relazione con altri testi e con tutta la dot-
trina dalla correalit4. Diversa, ma in questa parte a mio credere non accettabile, e la
esposizione deirAscoLi, 1. c; nd pienamente soddisfacente era la mia, Arch. Giur., vol.
ciL, pag. 111.
Ordinariamente si stiraa contradditorio al citato fr. 5 il fr. 21 Si h. t. di Apricano:
« In exercitu contubernalibus uasa utenda communi periculo dedi, ac deinde mens
seruus subreptis his ad hostes profugit et postea sine uasis receptus est, habiturum me
commodati actionem cum contubernalibus constat pro euiusqtie parte ».
Che tra Giuliano (Africano!) e Cblso vi fosse divergenza di parere, tanto piu in
^) Cfr. AscoLi, Ohhligationi soUdaliy pag. 33. — Eisblb, Archiv f. die eir. Pr„
LXXVII, 435 seg.
2) « Osserva — scrive lo Stepano in h. 1. — come non solo nella stipulazione, ma
anco nel commodato due possono essere solidamente tenuti, come rei promittendi. »
COKMODATI YBL CONTRA. 243
teuuti ohe pro rata. Tale opinione vale anohe la pratica ^^). Se~
condo la piti oorretta opinione di altri ^^) essi souo tenuti in soUAum
Ji) ScBiLTER, Prax. iur. ronu, Ex. XXV, f 25 e 26. — Bbroeu, Oec. iur.,
lib. Ill, tit. 2 Th. 7 n. 1.
^'^) DuARENO, ad h. t. cap. 8 (Oper. pag. 957 eg.). — Cujaoio, Obaerv.,
lib. XXVI, c. 26. — VoET, Comm, ad Fand,, h. t. ^ 3. ^ A. Sohulting,
Thes. controv.y Dec. XLVIII, Th. 7. — Struv., Syntagma iur, eiv., Ex. XIX,
Tlu 9. — Ehminohaus ad Cocc, 1. c. Qu. 5 n. a. — Hopackkr, PHnc. iur.
dv., Tom. Ill, ^ 1876. — Thibaut, SUtema del diritto prioalo (ted.) V. 2 f 889
e altri.
argomento da Cblso stesso designato come disputabile, i fio troppo ammissibile; la
difticolt^ della conciliazione Don sarebbe d*inipaccio che pel diritto giustinianeo. Gli
sciittori variano ^); chi ritiene inconciliabili i passi, chi li stima in diversa guisa ac-
cordabiii fra di loro. — A rae sembra che anco pel diritto classico non sia punto ne-
cessario statuire una contraddizione. Si tratta di un eserapio di responsabilitii per oomo
(tale suole appunto, come gi4 8*6 visto, considerarsi la fuga teruorum) assunta per
espiicito patto e assunta communi periculo, Questa clausola non pu6 significare altro,
se non che tutti si assumono di sopportare insieme il rischio e tale clausola non pu6
in altro modo applicarsi, se non facendo da ciascuno compensare pro rata il danno.
Direrso e il caso di piu eredi delPunico commodotario. Per la colpa propria non c*e
ragione che non abbiano a rispondere iotegraltnente, poiche essi subentrano nella ob-
bligazione e le conseguenze della colpa si rapportano alia cosa intera. Ma per la colpa
del loro autore non rispondono che pro rata, giacche si tratta di un*obbligaiiooe gi4
nata ed e^istente nella eredit^ e dividentesi quindi, secondo le norme general!, in pro-
poriione delle quote. Cosi va inteso il fr. 3 9 3 h. t. :
« heres eius qui commodatam accapit pro ea parte, qua heres est, conv«nitur ».
A questa proposizione succedono le seguenti parole: c nisi forte habeat facultatem
totius rei restttuendae, nee faciat; tunc enim condemnatur in solidum, quasi hoc boni
iudicis arbitrio conueoiat ».
Non sono necessarie molte osservazioni, per attribuire ai compilatori questo pe-
riodo -*). Basterebbe la contraddizione intima e irremediabile fra il eonveniri pro parte
e condemnari in eolidum. Pormalmente e so^petto nee faeiat; piu ancora il ritmo
compilatorio nisi forte — tunc enim, Sostanzialroente la decisione e cattiva. Uncoerede
non pu6 arbitrarsi di restituire anche la parte degli altri, a rischio di danneggiarii e
<Ii compromettere le buone ragioni, che eventualmente abbiano di non restituire.
Poche parole circa Tipotesi di piu commodanti. Se nel contratto si e esplicitamente
pattuito, che ciascuno potesse farsi rendere Tintiero, non v'ba dubbio circa la ▼alidita
di tal clausola; altrimenti ciascuno non pu6 agira che per la sua parte ^). E solo per
la propria parte agiranno i singoli coeredi deirunico commodante.
^) Stkph. in h. I. — Cuiacio, ad Afr.y VIII [ppp. Neap. I, 1442). — Ribbbntrop,
CorrealohLy pag. 133. — Ascoli, pag. 32 seg.
^) Son lielo di trovarmi d*accordo collo Eisblb {Beitrdge sur Erkenntnies der Di-
gestesinterpolationen. III) nella Zeitschr. d, S. S., R. A., XIH, pag. 124 seg.
•'•) Arg. fr. 1, 46 dep. (16, 3).
244 LIBBO Xin, TITOLO YI, § 859.
(col bemfieium diviHonis)^^) aache per la (Aestimatio, a meno cUe In-
cosa non sia stata commodata a piti peraone esplicitamente a eomune
perieolo ^*). Gh^ allora i Bingoli uoq ponno essere conveauti che pro
r(Ua alia i-estitozioue della aestimatio ^^).
III. Gomo rispoiidono piil eredi di au commodatario !
a) Se la ocMsa esiste tuttavia in natora, quel coerede, che ha la
cosa, puo essere convenato in solidum ^^).
b) Se uiuQO ha la cosa ed uno solo del coeredi (senza colpa
degli altri) ^ cagione del perimento, egii solo ne rlsponde ^')
o) Se non si avvera alcuna delle preoedenti ipotesi, i Hingoli
ooeredi dello stesso commodatario rispondono \yeT la estimazlone della
cosa solo in proporzioiie della loro quota ereditaria ^^;.
§ 859.
Obbligazioni del oommodante.
Le eventuali obbligazioui del commodaute concernono:
a) n risaroimeuto del danuo derivato al commodatario per es-
sere la cosa consegnata iuadoperabile e danuosa''*) (e se cio era a
uotizia del commodaute) ^^), orvero per I'iutempestiva ripetizione di
cssa^).
b) La rifusione di tutte le spese straordinarie e uotevoli fatte
per la conservazione della cosa o delle altre sx)ese dal commodaute
13) Nov. XCIX, cap. 1. L. 47 D. local. (XIX, 2).- Stryk, Us. mod. P. h.t.
$ 9.
1*) L. .5 $ 15 D. h. t L. 9 pr. D. de duob. r. (XLV, 2).
IS) L. 21 M D. h. t.
i«) L. ;M 3 D. h. t.
17) L. 17 $ 2 D. h. t.
IB) L. 3 $ 3 D. eod.
10) L. 18 $ 3 D. b. t.
20) L. 17 $ 3. L. 22 D. h. t.
to) Cod. qv., art. 1818: Se la cosa commodata ha difetli tali, da recar daimo a colui
che se ne serve* il commodante ^ tenuto al risarcimento del danno, qualora, conosceudo
i difetti della cosa, non ne abbia avvertito il commodatario ».
'
COMMODATI VEIi CONTRA.. 245
conseDtite ^i), o di quelle con cui il commodatarlo abbiji recato a ter-
mine an migUoramento gi^ iniziato dal oommodante^^)"^^
c) La restitazione della cosa o del sao valore, se il oommoda-
tario areva perduto la cosa e oe aveva pagato restimazione e poi il
Gominodante abbia riouperato altrlmenti la oosa stessa ^j.
§ 860.
Azioni derivanti dal eommodato.
Dal eommodato derivano due azioni:
1.^ JJacUo commoiati direota che spetta al eommodante contro il
commodatarlo per la restitazione della oosa colle pertinenze taite e
col risarcimento del danno, di cai il secondo deve rispondere. Contro
un papillo, che abbia assnnto a eommodato ana cosa senza auoto^
ritaa del tatore, non ha luogo che nn^actio cammodaU utiUaj in qaanto
sia direnato pih ricco, oltre an^octto od exhibendum ovvero an'ootio
ex lege c^iuilia, qaalora egli siasi reso colpevole di an dolo o di una
colpa ^).
2.^ Vactio commodati coiitraria per cui il commodatarlo persegne
le sue eventaali pretese contro il eommodante. Niun dubbio esiste,
che ambo le azioni passino anche agli eredi ''^),
21) L. 18 $ 2 D. h. t. L. 15 J 2 e 59 (ie furl., XLVII, 2.
22) DoNELLOy Oomm, iur. eiv,y lib. XIV, cap. 3 $ De impensiSy pag. 674 e
Frantzkib, Comm,^ h. t. num. 62.
23) L. 17 $ 5 h. t. D. Se al commodatario im porta di avere piattodto la
coaay pa6 agire colla uHUs ret vindicaUo per ottenerne la restitazione. L. 5 M
D. h. t. L. 63 D. De B, F. (VF, 1). Se a lai importa invece di riavere il
danaro sborsato per la cosa, pa6 agire colla condieiio sine eauaa per la rifu-
sione della pagata aesUma^o. L. 2 D. de eondioL 8, eaMa (XII, 5). Se a Ini
^ indiffdrente riavere la coaa o il sao valore, agfsce coWacHo commodati con-
traria: V. Vobt, Comm. h. t. J 8.
24) L. 1 $ alt. L. 2. L. 3 pr. D. h. t.
23) V. SOHUIDT, Lehrbmh von Klagen (Trattato delle azioai ed eccezioni)
$ 780 seg.
aa) God. civ., art. 1817 : « Se duraote il prestito ii commodaUtrio e stato obbligato
per conseryare la cosa a fare qualche spesa straordinaria, necessaria ed tirgente in
modo da non poterDe avvisarne il eommodante, questi e tenuto a rimborsarne il com-
modatario ».
PKIMA APPENDIOE DEL TRADUTTORE
AL S 853.
La retta comprensione deirEdittto del pre tore sul commodato non e possibile senza
una larga disamina di tutte le controversie, a cui ha dato occasione un testo di Gaio.
AlPuopo noi riproJurremo con modifloazioDi e ritocchi quanto scrivemmo neWArehivio
Giuridieo del Serafini (vol. LII, pagine 469 a 499).
Svolgintento ttorieo dell'istituto.
Leggesi in Oaio, IV, § 47:
« Bed ex quibusdam causis praetor et in ius et in factum conceptas formulas pro-
ponit, ueluti commodati et deposit! ».
L*inte)iigenza di questo paragrafo di Gaio e fondamentale per la materia che trat-
tiamo. E molto controverso, se le azioni di commodato e deposito fossero le uniche,
per cui Talbo cooteneva la duplice formula; tutto sta nel modo di intendere ii ueluti,
che accenna ordinariamente a una mera ei^emplificazione, ma non esclude neppure, che
si tratti di una dimostrazione esauriente, nel qua! caso dovrebbe tradufsi per «ovTero»
« ossia > < cioe ». Nella ipoteei del piu normale significato i moderni hanno pensato ad
altre azioni, cui potesse riferirsi la notizia di Gaio; chi ha pensato nWaciio pignera-
ticia <), ViWactio mandati 2), chi airacfio fiduciae ^) e cosi via. Tale questione non si
puo qui discutere per la sua troppo grande indeterminatezza, che non lascia sperania
di pervenire h risultati sicuri. — Ma vi ha un altro problema, che concerne la re-
lativa cronologia delle due furmule. Quale di esse fu la piu antica? E perch^, dopo
che Tuna era g'lk stata proposta e comprovata dairuso, si senti il bisogno di proporre
anche Taltra?
Per spiegare la duplicity di formula molti scrittori *) hanno richiamato i seguenti
passi :
Fr. 9 D. de obi et act, 44, 7 (Paul., lib. IX ad Sabinum):
>) Lbnel, Edictum perpetuutn, pag. 201 seg.
2) Ibidem, § 108.
3) Geib nella Zeitschrift der Savigny Stiftung (Rivista della fondazione Savigny),
vol. VllI, pag. 131 segg.; Pernice, Parerga nella cit. Rin'sta, vol. IX, pag. 228 (v, peni
il suo Labeo, III, 1, pag. 124 seg.)
*) Cfr. Heffter, ad Gait comm., IV, pagina 58; Zimmern, Gesck. d. rdm, P. R,
(Storia del dir. priv. rom.), 154 ; Scmmidt, dae comm. u. prec,^ pag. 146 seg. ; Saviony,
System dee h. r. Rts. (Sistema del dir. rom. attuale), II, 102 e V, 84; Puchta, Istitu-
eionff II, %% 165, 219; Vanqbrow, Pand,, I, § 13$. Cfr. pure i passi citati dallo Huschks,
ad Gai., IV, § 47, nella Jurispr. anteiuetiniana.
PRIMA. APPBNDIGE DEL TBADUTTOBE AL § 853. 247
c PiliusfamiHas suo nomine nullam actionem habet, nisi iniuriarum et quod «i
aut clam et d^posiU et commoAoH, ut Julian us putat». Cfr. Ulp., lib. I dieputationum
(fr. 13, ibid,)'. » in factum aetionee etiam flliifamiliarum possunt exorcere ».
Vaetio in factum sarebbesi quindi introdotta a favore dei filUfamilia*, che avreb-
bero cosl potuto agere $uo nomine per tali contratti. Ma siffatta spiegazione incontra
difficoltii non Itevi. Se proprio questo fosse stato il fine deila formulazione in factum
e la funzione della rispettiva formula, come mai direbbe Paolo « ut Julianus putat? ».
Cfr. fr. 19 D. depoeiti, 16, 3 (Ulpun., lib. XVII ad Edictum): c Julianus et Marcellus
putant, fi.liumfamilia8 depositi recte agere posse »• Questo frammento, che conferma e
completa la notizia dei fr. 9 cit., ben ci avverte che Giuliano, seguito da Marcello,
trov6 possibile accordare sua nomine al figlio di famiglia Tazione di coramodato e di
deposito, in quanto che esisteva una formulazione in factum; ma sicuraraente non ne
<leriva che tale fosse lo scopo e la funzione di siffatta formula; ne deriva anzi il con-
trario *).
Non si capirebbe po', ove si ammettesse tale spiegazione, perche tale concezione in
factum s*avrebb6 dovuto restringere alle due azioni di commodate e di deposito S);
mentre la giurisprudenza romana non ignorava che in molti altri casi i filiifamilias
abbisoguano di simile rimedio e per molti altri negozi ben p\^ frequenti e indispensa-
bili che non siano i due accennati. Cfr. per eserapio quanto scrive Ulpiano nel fr. 18
S 1 D. Ta iudiciie (lib. XXII ad Edictum):
< Unde ego semper probaui, si res non ex maleficio ueniat, sed ex contractu de-
beatur, Alius (familias) possit agere utili iuJicio; forte depositum repetens, vel man-
dati agene uel peouniam, quatn credidit, repetens^ si forte pater in provincia sit,
ipse autem forte Romae nel studtorum causa uel alia iusta ex causa degat ».
Perche mai il pretore arrebbe dunque pensato a quelle sole due cause ?
Si h detto che Vaetio in factum si accordava quando il convenuio negava il falto
stesso del deposito o del commodato; quella in iue, quando il convenuto ammetteva
Tesistenza del rapporto giuridico e la disputa verteva solo sulle relative conseguenze.
Ma t!ale opiniona ha contro s6 due obbiezioni gravissime. La prima e che non si vede
perche tale possibile diversity nella natura delle due parti (che si ha in tutte le azioni
contrattuali) solo qui si traduca nella duplicity di formula; forseche la stessa ragione
non vi sarebbe ovunque ? Si avverta poi che, qualunque sia la natura della controversia,
la risoluzione e sempre la medesima. La seconda obbiezione a roio avviso e questa, che
ne Tuna ne Taltra formula presenta verun appiglio a siffatta distinzione. La formula
in ius per esempio e costrutta affatto analogamente tiWaotio empti uenditi ecc.j nelle
quali si comprendono pure quel casi, in cui il convenuto nega addirittura Tesistensa
deiraffermato rapporto giuridico; ora non si vede perche il giudice che qui trovava
compre«a anche tale ipotesi, \k non la potesse trovare. E la formula in factum e com-
posta analogamente a moltissime altre, in cui si comprende certamente il caso, che il
convenuto ammetta Fesistenza del fatto o rapporto indicato nella intentio e solo ne'
contest! le conseguenze o si riAuti di corrispondervi.
Si sono cercate altre differenze nella funzione o negli effetti delle due formule. —
La formula in factum, si dice, ha il vantaggio di fronte alPaltra di essere arbitraria ;
ci6 farebbe appunto credere che siasi piil tardi introdotta per avere questo vantaggio.
— Ma anzitutto per raggiungere tale scopo sarebbe bastato inserire la clausola resti-
^) La formula in factum, era per se certamente applicabile anco alTipotesi di un
filiuefamilias attore.
S) Cfr. Thon, nella Zeitsohrift far ReehUgeech, (Rivista per la st^ria del diritto),
II, 291, 292; AcCARiAS, Pricie de droit roj::ain, U*, *94.
248 PBIMA APPENDIGE DEL TBADDTTOBE AL § 853.
tutoria nella formula preesisteote : in reaila poi cio sarebbe stato ioutile, esstindo la
formula in ius mimita di intentio « ex fide bona », la quale in simili casi conduceva
alio stesso risultato, cfr. per esempio fr. 9 D. 19, 5 ecc. -r- Si e invece obbiettato i),
ch« dal testo gaiano appare essere state arbitrarie tutte e due le formule ; ma tale ob-
biezione e per piii cap! viziata. La formula in factum (come ora leggesi in Gaio) non
e certamenie arbitraria, come a torto si ritiene. Essa suona codi : « Si paret A.am A.um
apud N.um N.um mensam argenteam deposuisse eamque dolo nialo Ni N.i A.o A.o
redditam non esse » ; ma certo nelle ultimo parole non si pu6 vedere una clausola
restitutoria ; esse si rapportaao ai fatti antacedenti alia oontestatio litis, non alia fa-
colt^ di sfuggire, restituendo arhitratu iudiois, alia eondemnatio post iudicium ac'
ceptum, — Circa poi alia formula in tits e noto come rHusoHKB^ ad Gai h. 1., abbia
acutamente sciolta la sigia NR. che trovasi nel palinsesto sul fine della formula in
ius. nelle parole nisi restituat : cosi si e creduto che tal formula ri sul tasse aoche nella
appare nxa arhitraria :
< ludex N.nm N.um A.o A.o condemnato, nisi restituat; si non paret, absoluito ».
Ma, lasciando per ora in disparte la %\k awertiia inutilitik di tale inciso, e chiaro
come esso sarebbe ad ogni modo fuori di posto. La clausola restitutoria (si cfr. per
esempio la formula petitoria) va posta prima che cominci la eondemnatio e in fatti essa
costituisce una condiiione negatira di essa al pari della exeeptio, Non a torto pertanto,
considerate come facienti parte della formula in ius^ le sigle NR sembrano tuttora
al Lbhbl dubbie {ediotum. perpetuum, pag. 230) ; al Pbrnicb anzi addirittura impos-
sibili; cfr. Labeo, I, pag. 437 n. 49 e Parerga, 111, pag. 228. n. 2.
V'ha tuttavia una proposta molto ragionevole ^) ed e quella di considerare come spo-
state le letlere NR, che in origine avrebbero appartenuto alia formula in factum, dove
in realty sarebbero state necessarie, non potendosi ritenere implicila sifiatta clausola,
mancando ogni riferimento alia bona fides. Nel qual caso la formula in factum ayrebbe
dovuto leggersi: « eamque dolo malo N.i N.i A.o A.o redditam non esse, nisi restituat,
quanti ea res erit . . . ». Tale congettura non e n^ certa ne molto verosimile ; ma pur
possibile e, come dicevo, ragionevole.
. Ad ogni modo da tutte queste considerazioni risulta quanto la combattuta differenzit
fra le due formule sia inaccettabiie. Se mai, la verity sta precisamente al rovescio.
Manca ogni clausola restitutoria aWaotio in factum, se qui non si trasportano le due
sigle NR; mentre si pu6 pervenire a non dissimile resultato colTaltra formola.
In altri scrittori la ragione della duplicitii di formula appare menochiara. Pel Kar-
LOWA 3) per esempio la formula in ius e la piu antica; la formula in factum h so*
pravveiiuta per colpire fatti delittuosi del depositario e commodatario. Non dissimile e
la spiegazione, che gi& aveva dato il Thon -*). Secondo questo autore, nella formula
in ius deve assolversi il convenuto, che ne possiede ne per dolo suo si e tolta la fa-
cultas restituendi. La formula in factum, sarebbe quinoi stata introdotta dal pretore
pel caso in cui il depositario o commodatario, mentre ancora deteneva la cosa, Tavesse
guastata, ecc, ovvero per queilo in cui la cosa fosse stata bensi resa, ma troppo tardi
con danno del commodante o deponente. Essa quindi non avrebbe altra funzione, che
di colmare le lacune lasciate dalla formula in ius concepta.
*) AccARiAS, Precis, IH, pag. 794.
^y Kellbr, Institutionen (Istituzioni), pag. 115 seg. (prima altrimenti : Litiscont.
(Contestasione della lite), pag. 357); Voiot, rdm. Rechtsg. (Storia del dir. rom.),.I, § 55,
pag. 621.
3) Rom. Rechtsg, (Storia del diritto romano), vol. II, 2, pag. 603.
*) Nella Zeitschrift f. Rechtsg, (Rivista per la storia del diritto), 11, pag. 293.
PSIMA APPENDIOE DEL TBADUTTORE AL § 853. 249
r
Sifiatta tpiegazione riposa sopra ua concatto affatto inaccettabile della formula in
«M». lotanto essa ammette come sicuro che la sigU NR vi appartenga; mentre quanto
cio sia dubbio, noi abbiamo visto. la secondo luogo, pur leggendosi la formula, come
si legge tielie recenti edizioni di. Gaio, ancora quel significato non ne consegue. La tn-
$entio ordina at giudice di considerare « quidquid ob eam rem (ossia in seguito al con-
tralto) N.um N.um A.0 A.o dare facere oportet ex f. b, » e di dirigervi la condanna :
in quella intentio e compresa tutta quanta Tefficacia del negozio giuridico. E se anco
poi seguisse la clausola nisi restituat, questa non si doYrebbe intendere nel materiale
eignificato della restituzione della cosa, ma, coerentemente alle cose precedent!, nei
sense di un completo soddisfacimento delFinteresse delKattore. E infatti, come non si
considera reddita la cosa restituita in stato non buono per colpa del detentore, cosi
non s'ha da considerar compiuta una restituzione awenata con ritardo, senza compenso
del daniio cagionato da questo. Del resto ognuno vede che siflatta ragione non sarebbe
staia inDgni modo sufficiente per introdurre un^apposita formula in faotum, 11 pretore
avrebbe data utiliter Ta consueta formula in ttur, ommessa la pretesa clausola restitu-
toria, 86 questa fosse stata proprio di ostacolo aiPesperimento della giusta domanda
delPattore.
Molto piausibile e invece, a mio awiso, Topinione di coloro che stimano essere la
formula in faetum piu antica della formula in ius; essa si sarebbe in origine riferita
special men te a ottenere la restituzione della cosa deposta o commodata. II transito dalla
formula in factwn a quella in ius si epiega pensando alio svolgimento giuridico av-
venuto e compiutosi non senza efficacia della originaria tutela pretoria; 8*era venuta
nel frattenipo consolidando la consuetndine, elaborandosi ladottrinae ormai hen poteva
discorrersi di un oportere per dirilto civile, cui Tistituto s^era rivendicato ^). La co^a
del resto e tutt'altro che inaudita, come alcunl stimano a torto. 11 transito di formuU
in faetum in formule in ius si compie chiaramente ai tempi dellMmpero pel cosl detti
contratti innoniinati. E un processo che noi j^ossiamo in gran parte seguire tuttavia. I
Sabiniani (fino a Giuliano e a Gaio) non riconoscevano che uii'aotio in faetum; i pro*
euliani trovavano nmmissibile un actio ciuilis. Secondo cos to ro il principio, che chiavesse
prestato avesse pure diritlo alia pattuita controprestazione, poteva per opera della giuri-
fiprudenza considerarsi come acquisito al diritto civile. La loro opinione prevalse special-
mente per Tau tori ti di Aristone; i giuristi posteriori, ohe riconoscono V actio civiliSf qua
e \k ammettono Vaotio in factum, specialmente dove pendono da testi sabiniani o dove
il concedere Puna o Paltra azione non conduce a pratiche dilTerenze. Perche un simile
svolgimento non si potrebbe ammettere per le asioni di commodato e deposito? Si
potra chiedere perche mai, nata Tazione piu comoda (di buona fede) e piu comprensiva
<quella in ius conoepta)^ si continuasse tuttavia a proporre nelPalbo anche Tazione in
factum. Ma qui pure Tanalogia del praescriptis verbis agere (che del resto non poteva
aver luogo g\h nelPantica eta repubbiicana, come pensavano i vecchi romanisti citati
nel testo), ci torna opportuna. Perche mai si potrebbe chiedere con altrettanta ragione
ammestsa che fu generalmente Vaotio civilis piu comprensiva, piu comoda e di buona
fede, si continu6 a menzionare e ad usare {"actio in factum f Si pu6 anzi invocare
tutto quanto il proced:mento storico nel diritto romano, . in.cui i vecchi tipi non so-
gliono abolirsi al sorgere dei nuovi, ma continuano ailato a questi finche per desuetu-
'T Fra i moiti sostenitori di questa dottrina cfr. specialmente Wlassak, Negotiorum
gestio^ pag. 165 segg. (cfr. R6m. Processgissetze (Leggi processuali), II; pag. 103, n. 27
e 39); Krueoer, Rechtsquellen (Fonti giuridiche), pag. 44; e, a quanto parmi,
YoiOT, Rom. RG. (Storia del diritto roroano), I, pag. 621 segg. ; da ultimo Girard,
Zeitsehr. d. Savigny S. (Rivista della fondazione Savigny), XIV, 16).
Gluck, Ctniim. PandetU. — Lib. Xlll. 82
250 PBIMA APPfiNDICE DEL TBAD0TTOBE AL § 353.
•
dine vengono meno. Gosi la formula petitoria non tolse Vagere per c tponsionem » ; il
riconoscimento giuridico del mandato non tolse subito efficacia al capo II della legge
aquUia; quello dal pegno non riuscl ad abolire la fiducia; e cosl Ti'a.
Con tale spiegazioae si coneiliano molto bene alcuni altri iatti. Com'e note (fr. 4
pr. h. t.)i v*era neireditto pretorio una clausola reiativa alia tutela giudiziaria del com-
modato; ci6 che ben si adatta airipotesi di un*azione {in factum) di creasione pretoria,
alia quale solo piili tardi si sarebbe aggiuota la formula in ins ^). Anche pel deposito
v*e la clausola edittale; ma per questa sarebbero possibili anche altre spiegazioni. Si
avverta poi che la clausola edittale non si adatta che alPaziooe diretta (cui solo si ri-
feriva la formula in factum), — A cid si aggiunge un fatto a mio awiso certissimo
ed e che nelPalbo le formule in factum precedevano le formule inius^ il che significa
appunto che queste ultime sono formazioni posteriori e che non sono quelle destinate
a complemento o supplemento di quest*. La dimostrazione di tale asserto mi par fa-
cile. I Digesti di Qiustiniano ci danno la teoria delle azioni di commodato e di depo*
sito anzitutto con i'rammenti dei commentari edittali relativi alia formula in factum.
II che non si spiega, se non ammettendo che appunto tale formula precedesse quella
in ius e per6 yenisse dai commentatori piu largamente esplicata; mentre gli stessi,
commentando la successiva formula in ius, potevano in gran parte rinviare alia pre-
cedente spiegazione, tanto piu che la prassi e la giurisprudenza avranno naturalmente
atteauata la diversity delie conieguenze.
E parimenti si accorda benissimo con tale spiegazione il fatto che ne' varii cataloghi
di giudizii di buona fede, che troviamo in Cicerone, non campaiono mai le azioni di
commodato e deposito. II che si comprende facilmente ammettendo che a* suoi tempi non
si conoscesse che la formula « in factum » priva di ogni menzione di « bona fides >.
CiCBROf de off. Ill, 17 § 70: « Quintus quoque Scaeuola pontifex maximus sumraam
uim esse dicebat in omnibus lis arbitriis, in quibus adderetur ex fide bona, fideiquk
BONAB nomen existimabat manere latissime idque iiersari in tutelis societatibus fiduciis
mandatis rebus emplis uenditis, conductis locatis, quibus uitae societas contineretur : in
his magni esse iudicis statuere, praesertim cum in plerisque essent indicia contraria
quid quemque cui que praestare oportere ».
top, 10, 42: < si tutor Udem praestare debet, si socius, si cui mandaris, si qui fidu-
ciam acceperit. . . . ».
t6. 17, 66: « in omnibus igitur iis iudicis, in quibus e» fide bona est addilum, ubi
uero etiam « ut inter bonos bene agier » imprimisque in arbitrio rei uxoriae, in quo
est < quid aequius melius » . . . quid socium socio, quid eum qui negotia aliena curasset
ei| cuius ea negotia i'uissent, quid eum qui mandasset eumue cui mandatum esset
alteram alter! praestare oportere; quid uirum uxori, quid uxorem uiro tradiderunt »•
de nat. deor. 3,30 § 74:... « inde tot iudicia de fide mala: tutelae mandatt pro
socio fiduciae, reliqua quae ex empto uendito, locato et conducto contra fidem fiunt ».
Si e osservato che siffatte enumerasioni non hanno la pretesa di essere esaurieftti:
che pertanto ben potevano esistere altri iudicia di buona fede da Cicerone non men-
tovati ^). Ma se tale osservazione e giusta pe* singoli passi citati, non lo e invece per
il loro complesso. Infatti se Cicerone ome'te nei de offieiis Vactio rei uxoriae e quella
negotiorum gestorum, le ricorda per6 nella topica (17 § ^y. se nel la toplaa ommette
^) E questo sarebbe conforme airopinione dei vecchi romanisti ricordati dal Gluck,
i quali solo per la imperfeita conoscenza della procedura confondevano azione in factum
e azione praesoriptie verbis, ingannati da certe interpolazioni delle Fonti.
^) AccARiAS, Precis,, 11.^ 795. « Cic^ron n*a pas la pretention de donner des Enume-
rations limitatives »; Karlowa, r0m, RQ, (Storia del dir. rom.) II, 8 pag. 603.
PftlMA APPENDICE DBL TRADUTTOEE AL § 853. 251
i !;ludizii di compra-veDdita e locazione-conduzione, li ricorda per6 nel de offieiU; ben
straao sarebbe che, Mistendo davvero i%tdioia ex fide bona pel commodato e il depo-
sito, egli ne taoesse afiatto pur la, dove la grandiseima analogia cogli altri negozii ad-
dotti non avrebbe potuto a meno di richiamarli alla*meDte.
0x6 reode moUo verosimile, che taoto meno esistessero le azioni contrarie di com-
modato e deposito ipur prescindendo da qualeiasi opinione circa resistenia delle for-,
mule in ius ooneeptae), come non esisteva V actio contraria negotiorum gettorum ^).
B per Tero il gestore si assume ordinariamente spese e brighe per radempimento della
sua impresa: mentre e solo in via eccezionale che il depositario o il commodatario pos-
sono avere pretese da esperire contro il deponente o il commodante. Urgeva inoltre per
la negotiorum gestio Tanalogia del mandato; qui mancavano analogic.
Grave parrebbe Taltra obbiezione del Karlowa, il quale si richiama alia teatimo-
nianza di giuristi anteriori o coevi a CicsaoNB, che attesterebbero il carattere di c bona
fides > delle azioni di commodato e di deposito.
Anzttuto verrebbe il ft*. 5 § 3 comm. Xlil, 6:
« commodatum autem plerumque solam utilitatem continet eius, cui commodatur et
ideo uerior est Quinti Mucii sententia ezistimantis et culpam praestandam et diligen-
tiam ».
lo non so che cosa da questa sentenza di Q. Mucio si possa ricavare contro la dot-
trina da noi accettata. La quesiione circa la misura della responsabilita del commoda-
tario e afTatto indipendenie dal carattere di buona fade dei giudizi. Forsecb^ non ei
considera come non reddita la cosa per colpa di lui guasta o sfigurata od offerta con
colpevole ritardo? Ne reca alcuna difficolt^, che di tali considerazioni di Q. Muoio si
valesse Ulpiano nel common tare la formola in ius (a cui sembra in realty riferirsi il
fr. 5, 9 2-10, h. t.). Forse tutto dipende da ci6, che il Karlowa crede che si conta-
nessero nel la formula « in factum * del commodato le stesse parole che si leggono in
quella del deposito « eamque dolo malo N.l N.i A.o A.o redditam non ease » (Gai. IV, 47) ^),
Ma evidentemenie a torto. La formula del deposito conteneva tale espressione, ch*i per
tal contratto « dolus praestatur solus*; ma nulla c*insegna che tale espressione si con-
tenesse nslla formula del commodato; anzi la lettura de* relativi comment! cUosegoa
Topposto. Oaio, 1. c. dice, € eimiles ^Wktsi commodati formulae sunt »; ossia eimiUmente
formate, ma non uguali« avendosi naturalmente riguardo alia diversa natura del rap-
pofio contrattuale. Per cui qui si sar& detto solamente « eamque a N.o N.o redditam
non esse » ^).
Analoghe riHessioni vanno fatte pel gruppo di decisiooi dei tieteret raccolte nello
stesso frammento di Ulpiano, che risguardano tutte Tobbligo di prestare la diligensa
o la custodia. Tali decisioni sono appunto necessarie per pronunciare se s* abbia a con-
^) Vedi il Ferrini, nel Bullettino delVIaUtuto di dir rom., vol. VIL fasc. 1. Sulla
genesi posteriore delle aotiones contrariae in genere in confronto delle dirette sono
d'accordo i migliori storici del diritto romano. Cf. p. e. Pernmcb, Labeo 1, 124 sgg. 315. '
— Bekkbr, Aktionen (Azioni), 1, 150.
?) Donde probabilmente anco la sua idea, che colle formole « in factum » si repri-
messe un delitto, anziche si esperisss un credito contrattuale.
3) Non gi& < eamque culpa N.i N.i redditam non esse >, che allora la questione sa-
rebbe stata risolta. L'Ubbelohde, Jtur Geteh, der hen. Realcontr, (Storia dei contratti
reali nominati) pag. 64 sg., crede che la formula < in factum » suonasse appuoto cosl
e fjsse quindi tuttora igiiota a Q. Mccio, il cui avviso andrebbe riferlto airipotesi di
una fiducia contratta a tale scopo.
252 PBIMA APPENDIGE DBL XBADUTXOBB AL § 853.
siderare la cosa come non reddita o invece come causalmente perita. Uguali rifles*
sioni fti fanDO, quando taiuno ahbia promesso « Stichum hominem dare * , per quatito
in tale materia la coipa si specifichi in faoiendo. Cosi § 6 « an hominis commodati
custodia praestetur apud ueteres dubitatum est » : § 7 « si- seruum tibi tectorem com-
modauero et de machina ceciderit periculum meum esse Namusa ait»: § 9: « etiam
pulli te custodiam praestare debere ueteres reitponderunt >. £ neppure il ceono a* dubbii
de' ustere* nel § 11, implica comunque riconoscimento del carattere di buona fede del
giuditio.
Possiamo dunque ritenere ci6 che molti argomenti persuadono (e niuna seria ob-
biezione rende inverosimiie), che cioe in antico il contratto fosse tutelato con uxi'actio
in factum (diretta) e che solo relativamente tardi (sul finire della repubblica o sul
principio delFimperO) venisse piii ampiamente tutelato merce la doppia formula (diretta
e contraria) in tu#, senza che percid tramoatasse Tantica formula « in factum ». In
quale epoca precisamente avvenisse tale riconoscimento del contratto da parte del ius
civile, non possiamo dire con sicurezza. £! certo per6 che Labeone conosce (come ve-
dremo anche in seguito) e la formula in ius e il contrarium iudicium, D*altra parte
sappiamo che la legge Qiulia municipale (L. .111) non conosceva ancora Vactio depo^
titi come infamante; ne sarebbe temeraria la. supposisione che questo contratto (la cui
storia e talmente connessa con quella del commodate, da potersi dalle vicende delKuno
arguire a quelle deiraltro) non fosse al tempo di quella legge ancor tutelato coirasione
civile. Infatti sembra probabile che la conseguenza delfinfamia si rannodasse al fonda-
meoto civile rieonosciuto airazione; com*e per tutti gli allri negozii giuridici, di cui le
qeglette esigenze adducono Vinfamia.
Meno facile k dire, quando il pretore cominciasse a occuparsi del nostro contratto
e a munirlo di azione « in factum 9. Qui piu ancora siamo privi di ogni appiglio ed e
meschina consolazione il poter dire, che ci6 non pote essere prima della legge Bbuzia;
prima anzl che la procedura formulare acquistasse una certa indipendenza, non poten-
dosi ritenere che le formole in factum^ che prescindono da ogni fondamenio (sia pur
mendicato con finzione o scambio di subbietti) di diritto civile, fossero tra le prime
creaziooi formulari. Tale nostra asserzione, che del resto ha a suo favore la communis
opinio, va direttamente contro ai recentissimi insegnamenti del Wlassak ^), secondo
il quale le pretorie aotiones in factum vi sarebbero gi& state in Roma, al tempo delle
Icgia actionem % Egli stesso per6 riconosce che esse non poterono svilupparsi molto
tempo prima delle leggi processuali. che eressero a sistema la formula. — A roio av-
viso contro tale opioione pu6 addursi Tesistenza e la forma degli interdetti donde si de-
duce che anticamente il pretore non trovava cosl agevole e spedito introdurre un ri-
medio giuridico dove la legge taceva.
Del resto noi non troviamo alcun documento che la tutela giuridica del commodato
(e lo stesso dicasi del deposito) risalga molto addietro nella storia del diritto romano>
Ci6 non vien punto provato, come crede il Karlowa ^, dalPespressione certo antica e
usata al tempo delle legic actiones: « utendum dare » per « commodare » (come < ser-
uandum dare »). Tale espressione pare al K. tan to esatta e tecnica, da doverei attri-
buirne la origine non alfuso- popolare, ma alia scienza del diritto. Ora noi dimostre-
remo avanti che tale espressione k ben lontana dal rigore scientifico e che e assai pre-
feribile Taltra « commodare «. Ne ci6 pu6 provarsi colla testimonianxa degli scrittori.
^) Proseasgesettc (Leggi processuali) II, § 39.
2) Cf. EsMBtN, Sur Vactio rei uxoriae (Nouv, Rev. hist de droit, 1893).
3) L. c. ni 2 pag. 603.
PBIMA APPENDIOE DEL TBADDTTOBB AL § 853. 253
I comici, e sovratutto Plauto ^), parlaoo ia piil luoghi del commodato; ma sempre
conift di un rapporto di benevolenza e di amicizia; anzi le menzioni, cbe appuoto in
Plauto si trovano del grave pericolo, che si corre dando a prestito, mostrano cbe non
si pensa afTalto a un vero rapporto giuridico ed aila conseguente lutela.
Cf. Plauto, Asin. II, 4, ?8-9:
scyphos qi40s utendos dedi Philodatno rettuUtne t
em t rem sis perdere, da com,moda homini amico.
AuluU I, 2, 18:
quae utenda semper uata uicini rogant,
fures uenisae atque abstulisse dicito.
Tbrekzio, ffecub. V, 1, 34:
meritus de me est^ quod queam illi ut eommo^em
Solo potrebbe fare difficolt^ il noto verso del Trinummo, V, 2, 7:
quod datum utendumst repetendi id copiast quando uelts,
da cui parrebbe dedursi che a* tempi plautini sempre si potesse ripetere il commodato.
Ma, benche il Costa riferisca appuato il passo al commodato 2), pure mi sembra inne-
gabiie che si tratti di un deposito 3); e infatti stato confidato il tesoro. Tale siogolare
confusione nel modo di esprimersi '*) gi^ prova che siamo bexi lontaoi dalla ipote^ che
il poeta pensi a un vero istituto giuridico e alia relativa azione; ad ogni modo pel de-
posito, di cui si tratta, le XII tavole davailo per la negata restituzione ' un*a6(/o in
duplum ^).
Catonb, de re rustioa, V, 7, raccomandaodo di aver poche e fidate persone, con cui
mantenere scambievoli rapporti pe'.necessari prestiti di uso, non contribuisce a persua-
dere che a* suoi tempi tale coatratto godesse tutela giuridica.
9. Chi legge senza prevenzione il fr. 1 S 1 h. t. (Ulp. 28 ad ed,) ne deduce che
autore primo delPeditto intorno al commodato dovette essere un pretore Paconio ^).
Ecco infatti le parole del giurista:
« Ait praetor: quod quis coromodasse dlcetur, de eo iudicium dabo. § 1 . . unum so-
lummodo notandum, quod qui edictam concepit (cioe Giuluno) commodati fecit men-
tionem, quum Paconius utendi fecerit mentioDem>.
Ora Paconio nominato in contrapposto al redattore del testo edittale deilnitivo, cbe
rtava avanti al commentatore, non pud essere altri, che un pretore e tutto fa credere
che sia il primo, che introdusse neirBditto una clausola sulKargomento. La quale, se-
condo la notizia ulpianea, dev^essere stata concepita a un dipresso cosi: « quod quis
0 Costa, II diritto romano nelle comedie di Plauto, pag. 306 sgg. II diritto pri-
vato nelle comedie di Terbnzio, neiriircAto/o Giuridico del Sbkafini, vol. 50 pa-
gina 483.
*) Plauto, pag. 315.
3) Demblius, ZUehr. f. RG. (Rivista per la storia del dir.) II, 223 {Plaut. Studien, 3 .
Cf. Pbrnice, Labeo I, pag. 430.
*) Altrove « commodare » sta in Plauto per « mutuare »: Asin, III, 3, 13S.
^) Cf. Dbmblius, I. c. Ma la confusione fia i vari istituti ^ abbastanza frequente ne*
greci.
<*) Tale e Topinione affermata nel nostro testo; la divergenza non . riguarda che la
lezione, giacche il Cluck colle antiche edizioni legge Pacuvius,
254 PSIMi. APPBNDIOE DEL XBADUTTOBE AL § 853.
uteadum dedisse dicetur, de eo iudiciuip dabo ». — Questa opiuione ha per ae Fauto-
rlik del Rudorfp i) e, recenteroente, del Voiot ^), il quale bene avverte, che ud pre-
tore Paoonio ( — unio, — uviof) non e storicamente determinabile.
Se fosse Qiuluno il primo a mutare Tespressioue € utendum dare » in « commo-
dare > o 8*egli in cio seguisse resempio di qualche pretore, non possiaoio dire con si-
curezza; la prima alternativa mi sembra per6 pid verosimile, poicbe ancora neireta
trajanea (Viviano) si discateva circa requipollenza delle due espressioDi. — Labbonb
ancora giustificava Tespressione adoperata dall'Bditto (in confronto delta voce « com-
modare » ormai prevalente nelKuso), avvertendo, benche a torto, che quella fosse piu
gensrale e comprendesse, a diffierenza delta seconda, anco Tuso degli immobili. Tale
spiegazione fu giustamente combaUuta (ira gli altri da Cassio e da Viviano); infatti
noi troviamo g'lk ne* migliori scrittori repubblicani la Toce eommodare rirerita agli
immobili, peres. Auctor. ad Her. IV, 51 § 61 « ait se aedes maximas cuidam amico..
. . . eommodasse ». E vitito per Tautorit^ di Viviano questo dubbio, ben pote nella de-
flnitiva redazione delKEditto sostituirsi alia vecchia espressione « utendum dare » quella
ormai prevalente di « eommodare ». Tale storia delta clausola edittale mi sembra de-
dursi abbastanza sicuramente dal citato fr. 1 § 1, ae io so trovare la esposizione ul-
pianea cos'i oscura e confusa, come al Pbrnicb pare.
^lo non comprendo come mai il Voiot, che a mio avviso meglio di ogni allro ha
colto il vero significato delTesposizione ulpianea, riferisca il mutamento di « utendum
dedisse » in « eommodasse » ad una revisione del tempo di Auocsto. Le osservasioni
di Labbonb, da noi surriferite e commentate, non provano ci6 in atcun modo; provano
anzi, s*io ben veggo, il contrario. Labbonb in tale ipotesi non avrebbe interpretato stret-
tamente TEditto, privando di tutela giuridica molti casi, che a sue avviso non si com-
prendevano nelfespressione c eommodare >.
Ma la piu infeiice dichiarazione del testo ulpianeo e sicuramente quelia del Kar-
LowA. A suo avviso la contrapposizione fra Pacooius e « qui edictum concepit > fa ri-
teuere, che il primo fosse un commentatore deH'Editto e anzi non gli pare temerario
il supporre che siavi qui una corruttela e che s^abbia da leggere Pomponius, il com-
mentatore tanto adoperato da Ulpiano. Ma io beo comprendo che il giurista facoia
confronti fra Tuna e Tattra redazione delFEditto (come appunto fa in altri casi,cfr.
Dig. IVf 2 1); non comprendo come mai faccia confronti fra il testo edittale e le espres-
sioni ueate nella dilucidazione di esso da un commentatore. La corruttela poi di « Pa-
conius » (la Fior. ha Pacunius) in c Pomponius » e tutfaltro che verosimile; Pomj»o-
nitis era un nome notissimo agli scrittori delle opere di Ulpiano e delle Pandette;
mentre « Paconius > e noma, che occorre tutt'al piu una sol volta in queste ultime 3;.
Ora ttttti sanno che faciimente un nome proprio meno noto si altera in uno piu nolo
(poiche gli scrittori semidotti pensano di correggere un errore); ma noo viceversa.
Che del restD Toriginaria redazione edittale dovesse dire « utendum dedisse » e non
« eommodasse » e ben credibile, quando net linguaggio del tempo, in cui la clausola
edittale dovette introdursi (cf. num. 8) prevaleva di gran lunga la prima espressione
alia aecondu; per es. Ennio fr. 364 (Vahlen), Plauto Asin. II, 4, 38 — Aul. 1, 2, 18
— 2, 4, 32 — 2, 9, 3 — Cure. 5, 2. 5 — Men. 4, 2, 94. 96 — mil, gL 2, 3, 76 —
M Edictum perp. § 99, I.
'^) Rdm. RG, (Storia del diritto roroano) I, § 45.
'h Fr. 3 D ei a parente, XXXVII, 12 (Paul, libro VIII qd Plautium). Anche qui
fi'e sospettata una corruttela (cfr. Karlowa, rdm. RG. (Storia del dir. rom.), I, pag. 704).
Ad ogni modo non v'ha alcun indizio che il Paconius citato da Paolo fosse un com-
mentatore delTEditto.
PRIMA APPENDIGB DEL TRkVXJTtOZK AL § S53. 255
Rt*d* 3, h 10 — Gato r. r. 5, 7, ecc Lo stesso provano le traccie del linguaggio d«*
piu antiohi giuriati; cfr. Brdto e Q. Mucio apud, G0II. N. A. VI, (7), 15.
Di ci6 convieoe lo stesso Karlowa, il quale aozi opina che Tespreasione utendum
dare (come tervandum dare rispetto a deponere) fosse molto migliore dell*aUra « com-
modare ». — In utendum dare, scrive il Karlowa, sono ben rilevati i due roomenti
necessari alia giui-ldica consUtenza del contratto; il momento causale nel gerundio, che
serve a indtcarc lo scopo deirazione e Tattuazione di esse nel « dare ». — Perch^ mai
tale espressione cosl esatta e felice dovette cedere il posto alTaltra < comraodare >
assai meno precisaf La spiegazione del K. e cosi strana, che merita di essere riferita.
Quaado il pretore piu tardi accanto alia preesistente formula m ius^ introdusse quel la
in faetum destinata a colpire atti delittuosi del commodatario (naturalmente secondo
le idee del K., che noi abbtamo ^\k respinte), egli doveite temere che, usando nella
int€ntio la frase « utendum dedisse », il giudice credesse di dovere decidere secondo
le norme del tut civile e di dovere applicare qui (in materia di delitto) le norme sulla
capacity giuridica contrattuale, sulla trasmi8sibilit& ereditaria ecc. Quindi il pretore in-
seri nella intentio la voce « comodasse ». PiiJl tardi, fissati i concetti e tolto il pericolo
di equivoco, la piu breve e comoda espressione « commodare » si sostitul seni'altro a
qu«lla piu esatta, ma meno spiccia « utendum dare >.
Per tacere delle molte altre invarostmiglianze, che gi^ avrik rilevato Taccorto let-
tore, non possiamo a meno di notare che proprio il fondamento di tutta la congettura,
la pretesa precisione ed esattezsa scientifica deirespressione utendum, dare^ non si regge
aifatto. Che si tratti di una espressione, che deve la sua origine alTuso popolare e non
airopera delta giurisprudenza, si prova anche col confronto di molte espressioni simili,
che non si riferiscono per nuUaadelerminati negozi giuridici, come pares, uendendum
dare (Plaut. Poen. V ?, 58j, speotandum dare {Poen. I 2, 125. — Pen, III 3, 35), ecc.
Inoltre il gerundio « utendum » e tntt*aItro che una designazione roolto precisa dello
scopo del contratto. Per lo meno Yuti non specifica il negozio; non lo distingue dal
precario, non da altri atti giuridici; anzi neppure dal mutuo, giacche qui pure si da
« rem utendam > e dipende dalla natura della cosa, che Vueue si converta necessaria-
mente ntWabusus. Cosl (per tacere ora delle testimonialize del giuristi) Plauto
(Pers. 13, 38) dlscorre di < nummos dare utendos mutuos»; e (ibid. 47) dice « utendam
da » una cosa da vendersi. Per tali considerazioni trovo che male non si appone il Ds-
MBLIU8, quando osserva che utendum dare si riferisce a quaisiasi concessione d'uso
mancante di portata giuridica.
Possiamo ora chiederci se prima che iaiziasse la tutela del commodato per opera
del pretore (mediante la formula in faetum)^ e quindi se al tempo delTesclusivo uso
delle legis aetioneSf vi fosse qualche mezzo per fornire di azione la sostania almeno
del negozio. Tale problema ci conduce naturalmente alFaltro, se \a,/tdueia oum amieo
contrat'ta avesse mai in Roma la stessa funtione del commodato e se quindi agli scopi
di queato negozio potesae essere adibita delle pai*ti. La comune opinione risponde che
s\ ^). fi per vero alle osservazioni di romanisti autorevolissimi venivano ad aggiungere
singolare rinforzo gli sludi del Lbnbl <). In questi ultimi tempi perd contro tale comune
dottrina fu rivolto un attacco poderoso 3), del quale Todierna letterature suU'argomento
*) Pbrnicb, Parerga, III, 2i7 num. 6.
V) Riassunli in E. P., pag. 233; cfr. Ztechr. der S. S. (Rivieta della fondaiione Sa-
via.NY) 111, 105 sgg. Cfr. del resto Ubbblohdb, Zur Ges'oh. der benannten Realeon-
traete auf Rdckgabe dereelben Speoies (Storia dei contratti reaii) pag. 55 sgg —
VoiQT, lus naturaUf II, 540 sg. e die zw/ilf Tafein^ 11, 173.
3; Heck, nella Ztechr^ d. S, S. (Rivista della fondaz. Saviont) pag. 115 sg.
356 PRIMA APPENDIOK PEL TBADUTTOBE AL § 853.
ha dovuto occuparsi i). Oeneralmente le conclusion! di tali studi non furono molto fa-
voreroli ai riauitati'dello HECK^jt il che per6 non ci ditpensa dal dovere di efiaminare
breveioente la questione.
L*anica diretta informaziotie (per tacere ora d«lla tarda teatimonianza di Bobzio,
ad top. 41) intorno alia fducia cum amico^e quella, che ci porge <}aio, Jntt 2, 60:
« fled fiducia contrahitur aut cum creditore pignoria iure, aut cum amico, quo tutiua
nostraa rea apud eum sint, et siquidem cum amico coniracta sit fiducia sane omni-
modo compatit usureceptio; si uero cum creditore, soluta quidem pecunia omnimodo
competit; nondum uero soluta, ita demum competit, si oeque precario rogauerit, ut
earn rem poesidere liceret: quo casu lucratiua ueucapio competit*.
Da questo pasfto appare cbiaramente, che accaoto alia fiducia c cum cr«ditore »
serTente alia steflsa funsione, cui e destinato 11 pegno, v*era una fiducia eum amieo,
avente diverso scopo e funiione. Invano, parmi, viene ci6 negato dallo Hbck. L'arguto
iriurista avTerte che il palinseeto gaiano non ha c quo — sint » ma c quod — essent »
e Tordinaria correzione accolta omai in tutte le edizioni sembra a lui inopportuna e
arbttraria. Intaoto a me nou pare cosi capricciosa; poich^ c quod » per « quo » sta altre
volte nel palinsesto ^); ne ad essent vien sostituito il solo sint; ma sint et: la man*
canza deWet evidentemente necessario a compiere la frase 'successiva, mostra appuoto
che qui un errore deiramanuenee intervenne. Del resto la correzione e di mera forma;
81 tratta di sostituire buon latino al latino cattiro; ma rispetto al significato non 6o tro-
varci la differenza, che lo Hbck suppone. 11 quod essent significherebbe Tintenzione e
ropiaione del fiduciante; il « quo — sint* lo scopo del negozio. II medesimo Hkck
crede che ambo le forme della fiducia abbiano lo scopo e la funzione medesima; nella
prima la cosa si manciperebbe al creditore stesso, nella seconda a un terzo, che megiio
goda la coafidenza del debitore, che deterrebbe la cosa a sicurezza e nelPinteresse del
creditore. Ora di fr6nte a questa congettura, per quanto geniale e magistralmente
esposta, le obbiezioni si presentano veramente in folia. Le parole « pignoris iure » si
riferiscono evidentemente alia sola fiducia cum creditore; la fldwsia cum amico si
contrappone a questa e la sua diversa funzione viene appnnto espressa nelle parole che
seguono « quo — sint >. Inoltre questo « amicus » del debitore in tanto col ricevere ia
cosa appresta una garanzia al creditore, in quanto costui pone in esso di falto la ^ua
confidenta; 1* « amicus » pu6 del resto remancipare la cosa al debitore o lasciargliela
in qualsiasi modo usurecipercj seoza che il creditore possa opporsi. £ un rapporto
meramente di fatto, una confidenza che riposa suiramicizia, che verrebbe ad interced«*re
fra il fiduciario e il creditore. Con ci6 tutta quanta la sostanza del « pignoi'is ius » si
dilegua; come mai avrebbe potuto Oaio parlare di questo negozio come di una sotto-
specie della « fiducia iure pignoris » f Ne puo supporsi che qui il creditore (che non
interviene.nel negozio fiduciario) acquisti diritti in forza di una « res inter alios acta »;
che ci6 ripugna a tutto quanto noi sappiamo: cfr. sovratutto fr. 73 § 4 de R» J. 50, 17
(Mucius oouv). Se anco tutto ci6 potesse ammettersi, resterebbe pur sempre un insnpe-
rabile ostacolo nella diiferenza di trattamen to della usureceptio; la quale ben si spiega
colla coniune opinione, ma rimane affatto enigmatica, data la teoria dello Hbck. Nel
1) NiBMETEa, Ztsohr. der S. S, (Ri vista della fondazione Saviony), XII, 299 sg. —
Obrt&iann, die fiducia (1890). — Jacqublin, la fiducie (1891). — Pernicb, Labeo, III, 1^
pag. A36 sgg. — QOppert nella Ztschr. der S. S. (Ri vista della fondazione Saviony),
XIII, 388 sgg.
2) Cfr. pero Karlowa, r6m. JR. O. (Storia del diritto romano) II, 2 pag. 569 sg. e
in parte lo stesso Niembyer, o. c. pag. 313 sgg.
'•*; Cfr. Apographum dello STunBsnjwD, pag. 306.
PRIMA AVPENDICE DEL TBADUTTORE AL § 85*3. 257
fatto poi noi sappiamo che la fiducia era adoperata a tutt*altra funsione, che non fome
qiiella indicata coirespressione c iure pignoris »: si pensi alia « maneipatio fiduciae
causa > do* figli di famtglia, alia eoemptio fiduciae oatisa ecc. Ne importa che qui si
tratti di libera persona ; ct6 anzi pu6 meglio servire a dimostrare quale variety di
scopi potesse trovare merc6 la fiducia il proprio soddisfacimento; del resto le espres-
sioni usate da* giuristi proyano che era proprio lo stesso negozio, cui si pensava ;
cfr. Qaio, I, 114 con Gaio, II, 50, 220. — 3, 201. — Un altro esempio ci e posto chia-
rissimo dalla Collatio II, 3 (cfr. Obrtman, 1. c. pag. 159). Ivi troviamo la fiducia ap-
plicata a un caso di « noxae deditio », non avente uecessariamente e neppur di con-
sueto a obbietto una libera persona. Dalla molesta testimonianza cerca lo Heck di li-
berarsi, osservando che la nomae deditio si pu6 considerare alia stregua del pegno. Al
che ^ facile rispondere (anzi ripetere la risposta gi4 data), che al contrario le due cose
sono diversissime; che il pegno serve a garantire un*obbligazione tuttora pendente; la
« noxae deditio » ad estinguere un^obbligazione scaduta ed esigibile
Di fronte ai piii recenti studi suUe interpolazioni riesce impossibile negare la « man-
eipatio fiduciae causa » alio soopo di manumissione. Cfr. il Lbnbl ^), il Oradbnwitz ^),
il Pbrnicb 3). I compilatori hanno sostituito il < mandato » alia fiducia; non male, date
le condizioni del diritto giustiaianeo. Ora questa innegabile applicazione della fiducia
basta a rovesciare tutto Tedifizio dello Hbck, e a confermare lacomune opinione circa
il significato della fiducia cum amieo.
Per ultimo aon si pu6 del tutto tacere del commento di Bobzio alia Topica (§ 41
pag. 340). £! facile respingere tale testimonianza, dicendo che B. non e autoritA atten-
dibile per istituti giuridici tramontati al suo tempo. Tale notizia, che mirabilmente
coincide colla interpretazione data dalla « communis opinio » al testo di Gaio (2, 60),
non pud essere stata da lui inventata, e 8*egli aveva davanti gli occhi il testo gaiano,
resta per lo meno fermo che questo a suoi tempi s*intendeva come noi Tintendiamo,
ed e glA qualche cosa.
Assodata Tesistenza di una « fiducia cum amico » ayente proprio scopo affatto di-
verso da quello di garantire un^obbligazione esistente, ancora non e detto che tale fi-
ducia potesse servire alia funzione del commodato. — I compianti e benemeriti maestri
che lavorarono alia ricostruzione storiea del diritto romano in seguito alia scoperta di
Oaio, hanno per verity pensato subito a tale applicazione della fiducia. E pu6 dirsi che
Tinsegnamento loro contiuud pacificamente a tramandarsi, finche recent emente sorsero
voci discordi; fu questo il vero frutto deirattacco dello Hbck. Poiche il nuovo esame
della questione e de' testi, che fu risvegliato dalle sue osservazioni, spinse taluno ad
accettare in questa parte le sue idee. L*impiego della fiducia ai fini del deposito e
molto dubbia al Niembybr (che ne coatesta non tanto la possibility teorica, quanto la
pratica attuazione; cfr. loc. cil. pag. 313 segg.); quello poi della fiducia ai fini del com-
modato e da lui recisamente negato. La ragione precipua di tale negazione si e che
Gaio (2, 60) dice chiaro, che la fiducia cum amico si contrae < quo tutius nostrae res
apud eum sint »: alio scopo cioe di conseguire maggiore sicurezza (o di fatto o di di-
ritto) e insomma un vantaggio pel mancipante. Ora, se la fiducia si contraesse ai fini
del commodato, Tinteretse del negozio sarebbe pel fiduciario e non pel fiduciante; Te-
spressione gaiana « quo tutius res nostrae apud eum sint » non si adatterebbe piu al-
1) Zeitschrift der Savigny Stiftung (Rivista della fondazione Saviony) vol. Ill,
pag 104 e IX pag. 182 e segg.: cfr. Edictum Perpetuum, pag. 244 e seg.
2) Grunhut^s Zeitschrift (Rivista del diritto pubblico e privato edita dal Grunhut),
vol. XVIII, pag. 347.
3) Labbo, III, 1 pag. 128 segg.
Gluck, Oomrn, Fandstte, — Lib. xm. S3
258 PRIMA APPENDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 853.
ripotesi. Tali osservazioni si trovano anche nel Karlowa, che dice: Gaio almeno non
ha conosciuto la possibility di un^applicazione della fiducia ad ud simile scopo, giacche
egli non adduce le sue applicazioni della fiducia < iure pignoris » e « quo tutius res
sint», come esempi, con un c velut »; ma come le due uniche possibili con un « aut
— aut ». Gosi non si esprime chi sa essere possibili altre diverse applicazioni. Non yi
ha dubbio che tali affermasioni abbiano una certa forza. Ma credo che cosi s^interpreti
troppo rigorosamente il concetto del giurista. Intendiamod: la fidueia per sd non e un
pegno, n^ un deposito, n^ un maadato ecc, ne e la rivestizione formale di tali contratti:
e un negozip per se stante, avente propria configurazione, struttura ed efficacia, la cui
applicazione per6 pud servire a molteplici scopi pratici. La diversity di tali scopi pra-
tici raggiunti dairapplicazione della fiducia non pote in parte non influire su talune regole
relative; e alfuopo si distinsero due grandi categorie, specialmente in vista della uaurt'
oeptio. La prima categoria e costituita dai casi, in cui taluno d^ in fiducia la cosa ad un
creditore per assicurare Tobbligazioue; Taltra e quella, in cui, non per esigenza di creditore,
ma per rapporti di benevolenza e amicizia, la cosa viene temporaneamente data in fiducia
a taluno (singolare la designasiono di « amicus » in confronto a < creditor » I) per altro fine.
Noi possiamo immaginare varie ragioni per cui tal giuridico negozio si facesse coirantteu^,
ma queste varie ragioni non potevano influire sulla validity o meno di esso, giacche nel
pactum fiduciae le parti erano libere di stabiiire le modality che volevano circa la
reman cipazione, 11 contpgno del fiduciario ecc. Si comprende del resto, che il motivo
prevalente doveva essere quello di valersi delfopera del fiduciario per qualche efietto
relativo alia cosa (custodia, manumissione, ecc), che il fiduciante per qualche circostanza
non poteva o non voleva raggiungere personalmente o che credeva si raggiungesse piu
sicuramente per mezzo del fiduciario; ma anche 1&, dove vero fine del negozio fosse
stato di procurare qualche vantaggio al fiduciario, determinante doveva sempre essere
la confidenza, che il fiduciante aveva in lui, la sicurezza che egli avrebbe osservato i
limiti della facolta conferitagli. Per cui se anco Tespressione gaiana < quo tutius res
nostrae apud eum sint > si riferisce solo alle preclpue figure di questa categoria, essa
non 6 mal scelta per esprimere il carattere generale di essa di fronte a quello della
prima: qui infatti determinanti del negozio possono essere le esigenze de' creditor!,
furgenza delle condizioni economiche, ecc, \k ^nvece determinante e sempre la spon-
tanea confidenza riposta nel fiduciario. E del resto conosciamo con certezza de' casi, in
cui la fiducia mira al vantaggio del fiduciario; si pensi al passo della Collatio II, 3,
dove niuno pu6 negare che il negozio sia rivolto aUMnteresse dell'accipiente, per quanto
possa pure concorrervi quello del fidaciante. Un altro caso e per es. quello del fr. 49
de don. i, v. 24, 1 di Margbllo ^):
mulier, quae ad communem filium uolebat, qui in potestate patris erat, post mortem
patris fundum pervenire, eum patri mancipauit (tradidit^ uti post mortem restituatur?)
Fllo. . . . : si color uel titulus (ut sic dixerim) donationi quaesitus est, nihil ualebit
mancipatio <traditio); idem si hoc exigit uxor^ ut aliquid ex ea re interim sentiret ma-
ritus; alioquin si solo eius ministerio usa est et id egit, ut uel reuocare sibi liceret, uel
ut res cum omni emolumento per patrem postea ad filium transiret, cur non idem pe-
rinde sit ratum, ac si cum extraneo tale negotium contraxisset, h. e. extraneo in banc
causam mancipasset (tradidisset)?
Dunque Tunica ragione per cui Marcbllo esclude la validity del negozio, che ap-
porti emolumento al fiduciario, si ^ che il negozio stesso si compie fra coniugi, tra cui
ogni donazione ^ interdetta; se si trattasse di estranei, non vi sarebbe alcun ostacolo.
^) Per le interpolazioni di esso cfr. Pbrnicb, Labeo, III, 1 pag. 136-7.
2) Crederei (auche per la consecutio temporum) c remanciparetur ».
PBIHA APPENDIOB DEL TBADUTTOBB AL § 853. 259
Non si vede dunque corns per ci6 solo debba a /irt'ori dichiararsi impossibile che la
fiducia potesse usarsi ai fini stessi del commodato.
Incalza per6 il Karlowa cod un altro argomento. Ed e che non si vede, secondo
luu alcuna ragione di tale uso. Si comprende come alia sicurezza di chi vuol mettere
la cosa sua in custodia di altri possa in certi casi valer meglio la trasmissione del do-
minio, che non il semplice deposito; il fiduciario ha per la difesa della cosa tutti i ri-
med! competenti al domino. Ma non si vede quale ragione potesse spingere ]e parti a
Talersi delta fiducia per gli scopi di un commodato. II K. cosL dicendo presuppone sen-
z'altro la sua gi4 combattuta teoria, che il cnntratto di commodato abbia sempre go-
duto in Roma tutela giuridica; ove si ammetta il coatrario, ^ ovvio che una ragione
di ricorrere alfuopo alia fiducia ci sarebbe stata benissimo. Ma neppure manca del
tuito una ragione, anche quando il commodato 6 sicuramente fornito di azione; poiche
pu6 in molti casi interessare al concedente (che p. e. 6 assente o altrimenti * impedito)
di mettere il ricevente in grado di difendere indipendentemente le cose. Se noi pen-
siamo che Vutendum dare si riferisce anche agli immobili, chi non vede che la forma
della fiducia per Timportanza delKobbietto molte volte si imponef Questa considera-
zione anzi mi fa ritenere, che potesse essere piu facilmente il caso di ricorrere alia fi-
ducia ai fiui del commodato, che non a quelli del deposito, che non pu6 avere ad ob-
bietio che cose mobili ^).
Dove per6 il lettore deve inarcare le ciglia e rileggere per timore di non aver ben
• compreso, e davanti alia temeraria affermazione del Karlowa c che la pretesa dimo-
strazione di una interpolazione depositum uel commodatum per fiducia non ^ stata
data ». — lo credo invece, che poche dimostrazioni in materia di interpolaiioni siano
cosi sicure. Si potr& discutere sulle conclusioni da ricavarsi da simile prova, ma il fatto
di questa non si pu6 mettere in dubbio.
Sono precipuamente quattro i relativi testi, che noi non ci possiamo dispensare dal-
Tesaminare breve meote.
Pr. 1 § 47 dep. 16, 3«).
< quia autem dolus dumtaxat in banc actionem uenit, quaesitum est. si heres rem apud
testatorem depotitam uel commodatam distraxit, ignorans depositam uel commodatam,
an teaeaturf et quia dolo noa fecit, non tenebitur de re >.
I fr. 2 a 3, che seguono e che ne* Digesti son messi in relazione col § 47, si pre-
stano per la loro iscrizione ad un riferimento alia fiducia (pel fr. 3 cf. Lenel, loc cit.) ;
il IV. 2 col suo « actiones suas taotummodo praestabit » poco conviene alPipotesi di un
deposito, ove il deponente avrebbe pur sempre la rei vindication E contro Tipotesi di
un deposito sta nel fr. 3 la frase « non caret culpa » e piu ancora quanto segue: < que-
madmodum si redemtam uel alia ratione tuant factam noluit praestare ». Inoltre data Tipo-
tesi di un deposito, il deponeote potrebbe agire coira® depositi contro Terede per la
rifusione del prezzo^ colla rei vindicatio contro il terzo acquirente e cosi percepirebbe
un ingiusto guadagno, mentre Terede, che restituisce il prezzo e risponde per la evi-
zione, subirebbe un'ingiusta perdita. — Per cui non si comprende (uella ipotesi de* com-
pilatori) quanto scrive Ulpiano in fine del§ 47: < an tamen uel de pretio teneatur quod
ad eum peruenit? et uerius est teneri eum: hoc enim ipso dolo facit, quod id quod ad
ee peruenit non reddit ». Nel caso di un deposito o commodato k tanto falso che, cosi
operando, Terede versi in dolo, che anzi gli dovrebbe competere una « exceptio doli »,
non potendosi costringere a restituire il prezzo, mentre e tenuto per i*evizione verso
^) L*esempio di Bobzio, ad top. 41 si riferisce ad un negozio nello scopo suo affina
al deposito, ma avente per obbietto un fondo. Ne tale esempio parmi da negligere.
S) Lbnbl, Paling, II, 617.
260 PRIMA APPENDIOE DEL TSADUTTOBE AL § 853.
racquirente, cui il depone ate strappa la co8a coUa « rei uindicatio ». Nod co8i inyece
Delia ipotesi della fiducia, poich^ il fiduciante dod e piu domiao e noD ha la « rei vin-
dicatio » Domioo e il flduciario, che trasmette validameDte il domiDio al terzo e noD
pa6 essere esposto alia evisiooe.
Fp. 31 de pign. a., 13, 7:
c si servus pigDori datus creditori furtum faciat, liberum est debitor! servum pro
noxae dedito relinquere. quodsi scieos furem pigDori mihi dederit, etsi paratus fuerit
pro Dozae dedito apud me relioquere, Dihilomiaus habiturum me pigaeraticiam actionem,
ut indemnem me praestet, eadem servanda esse Juliaous ait etiam cum depo*itits vel
eommodatus servus furtum faciat ».
La prima parte del testo si riferisce chiarameote alia fiducia o%an creditore; si
par la infa^ti di « relioquere pro noxae dedito » espressioae, che Don si attaglia che ai
caso. Id cui chi tieae il servo gi& ne sia domino. Cfr. il fr. 62 § 1 D. 47, 2 preso dallo
stesso libro della stessa opera (ApaiCANO, lib. VIII, qtuiest.). Probabilmente il fr. 31
non e di origiae diversa dal fr. 92 § 1: quest*ultimo rappresenta pid completo il testo
genuino, mentre il primo non ne coatiene che un sunto, conservando perd qualche
frase caratteristica. — Ora il fr. 62 § 1, il cui coofronto in ogni modo si impone, parla
evidentemeote della fiducia oum creditore e della relativa « actio » contraria, poiche
deduce la relativa dottrina dalle cose dette uel frammento circa Tipotesi dei coDdo-
mini (c his eiiam illud coneequens est » ecc) ove il furto e patito da chi pur e domino
del servo. II giurista passa poi nel § 2 al caso del servo venduto che fa un furto al
compratore, da cui vieu poi redibito: anche qui Tipotesi e di un domino, che subisce
il furto. E chiaro che il giurista passa in rassegna le varie eccezioni al principio, che
il domino non ha rimedio pei furti a lui fatti dal proprio servo. — Ci6 posto 6 chia-
rissimo, che in luogo di € depositus vel commodatus » il testo genuino doveva dire
« fiduciae cum amico causa mancipio datus », giacch^ altrimenti il paragone sarebbe
affatto strano. Strano anzi ed erroneo, poiche lor stesso Apricano nel libro stesso inse-
gDava ben diversamente (fr. 62 § 5-6 cit.). Insegnava che il deponente e tenuto in ogni
caso a tenere completamente indenne il depositario, che ha patito un furto per opera
del servo depositato, « nam licet alioquin aequum videatur non oportere cuiquam plus
damni per servum eveoire, quam quanti ipse servus sit, multo tamea aequius esse ne-
mini officium suum, quod eius, cum quo contraxerit, non etiam sui commodi causa
susceperit, damnosum esse ». Non cosi, al contrario, pel commodate « quod tunc eiua
solius commodum, qui utendum rogaverit, versetur », — La fiducia iovece ha proprie
regole special!, che non dipendono dal fine concreto, cui le parti la fanno servire ^).
Fr. 6 de *t. «., 45, 3:
« Ofilius dicebat et per traditionem accipiendo vel deponendo commodandoque posse
soli ei adquiri, qui iussit » ^).
^) Forse Toriginario passo pu6 ripristinarsi cosl:
< his etiam illud consequens esse ait, ut, et si servus, quern creditori fiduciae causa
mancipaveris, furtum ei fecerit, liberum tibi sit servum pro noxae dedito relinquere.
Quod si sciens furem mancipaveris, etsi paratus fueris pro noxae dedito apud credi-
torem relinquere, nihilominus agendo contraria fiduciae consequetur, ut ei damnum de-
cidas. eadem servanda esse Julianus ai etiam cum amico fiduciae causa servus man-
cipio datus furtum ei faciat ».
^) Lbnbl, Paling. II, 136.
P&IMA AFP£NDICB DEL XBADUTTOBE AX § 853. 261
Qui riaterpolazione e evtdeato sia per la struttura del periodo (et — vel — ), sia
per la dicitura « per traditioaem accipere », sia per intima diversitii che vi ha fra i ne-
gozii nominati (tradizione, depoflito e commodato). E poi da ricordarsi, che generalmeote,
ove si parla degU acquieti per mezso del servo, non si menzionano (come ha bene os-
serTato anche 11 Oradbnvitz) che due tipi; la « mancipazione » (tutt*al piu anche la
traditio) e la stipulaziooe. L^assumere il deposito o il commodato (ambedue coDtratti
realil) come campiooi di tutta laserie delle obbligazioni si conceder^ da ognuDO easere
molto strano. lasieme va considerato il fr. 16 de O. et A. (44, 7):
« qui a servo hereditario mutuam pecuniam acceperat et fundum vel hominem pi-
gooris causa ei tradiderat et precario rogavit, precario possidet; nam servus heredi-
tarius sicuti per traditionem accipiendo proprietatem hereditati adquirit, ita precario
dando eflBcit, ne res usucapi possit; nam etsi commodaverit vel deposuerit rem fami-
liarem, commodati et deposit! actionem hereditati adquirit ».
Anche il fr. 16 e con tutta certezza interpolate.
La prima parte parla evidentemente di una fiducia » cum creditore contracta ». L'ac-
quisto del pegno viene infatti detto poi « acquisto di propriety » (« proprietatem ac-
quirit ») e di propriety « per traditionem accipiendo * (consueta interpolazione per
« mancipio accipere »); «' fundus » e « homo » sono infatti gli esempi tipici delle res
manoipu La dazione a precario esclude infatti 1* « usureceptio » (qui non si capirebbe,
trattandosi di pegno, perch^ 8*abbia a impedire Fusucapione) secondo Tinsegnamento di
Gaio, II, 66: « si yero cum creditore (contracta sit Aducia), soluta quidem pecunia om-
nimodo competit (usureceptio); nondum vero soluta ita demum competit, si neque con-
duxerit eam rem a creditore debitor, neque precario rogaverit, ut earn rem poeeidere
Uceret ». A questa parte sicuramente interpolata e relativa alia fidueia oum ereditore,
segue una proposizione, che non ha con essa nulla che vedere: 9.n(un etsi commoda-
verit vel deposuerU: rem familiarem, commodati et depositi actionem hereditati ad-
quirit ». — L*impressione del lettore non pu6 essere altra che questa. II giurista dalla
fiducia citm creditore sar4 passato a quella cum amico contracta e avr4 detto « poich^
se invece avesse dato a precario una cosa ricevuta in fiducia cum amico contracta,
non sarebbe impedita Vusureceptio » (cfr. Gaio, ibid.), 1 compilatori non sapendo che.
farsi di questa « fiducia cum amico » e del relativo insegnamento hanno sostituito quella
frase, per s^ inconcludente e mal connessa col resto, ma pur sempre preziosa in quanto
ci mostra che cosa solevano essi sostituire alia menzione di quella fiducia. — Ritor-
nando poi al nostro fr. 6, appena pu6 dubitarsi che abbia sostanzialmente colpito nel
segno il Lbnbl, sostituendo: « et fiduciae causa mancipio accipiendo vel cum creditore
vel cum amico posse soli ei adquiri, qui iussit »: cosi anco la strana conformasione del
periodo « et — vel » rimane felicemente spiegata.
Fr. 27 D. 15, 1.
« Et ancillarum nomine et filiarumfamilias de peculio actio datur . . . depositi quoque
^t commodati actionem dandam earum nomine Julian us ait ».
6i^ la mensione veramente inopinata del deposito e del commodato in questo luogo
fa pensare ad un*alterazione del testo. La quale si rivela sicura a chi confronti il fr. 36
ibid.f dove precisamente si discorre deli* « actio de peculio > in rapporto alia fiducia.
A tutti questi passi uno potrebbe aggiungersi (per tacere di altri che non presen-
tano altrettanta certezza) ed e il fr. 22 D. 9, 4:
« si servus depositus vel commodatus sit, cum domino agi potest noxali actione : ei
enim servire intellegitur et, quod ad hoc edictum attinet, in potestate eius est, mazime
si copiam habeat reciperandi hominis ».
262 ' PRIMA Al*PKNDICB DEL TBADUTrOBB AL § 853.
Strano 6 il dubbio (ore realmeate trattisi di commodato o daposito), se il proprie-
tario abbia ancora « in poteatA » lo schiavo dato in depoaito o commodato; piu strana
i l*affermaiione che tal servo « iDteiiegitur ei sarvire », mentre ci6 n«l caao di com-
modato ^ punto vero. Piii strana ancora e la chiusa « si copiam habeat reciperandi
hominis »; efsa non e certo interpolata, perche ansi appunto relativamenta al deposito
e al commodato essa si rWela infelice.
L*esiatenza di tali intsrpolazioni ha dovuto venir riconosciula anche dallo Hbck
{estr.'* pag. 44 8g.), il quale per6 ha tentato di togliere forza al poderosissimo argomento
che ne deriva contro la sua dottrina, mediaute una supposizione dawero poco proba-
bile. Egli pensa che qui originariamente in luogo di « depositum vel commodatum >
stesse « receptum ». Al qual proposito non devesi credere che il testo genuino parlasse
del c receptum » in senso tecnico; la menzione di tale c receptum » avrebbe dovuto
necessariam^nte togliersi dai compilatori o sostituirsi con quella di altro istituto rico-
nosciuto nel diritto giustinianeo Ora h chiarissimo che ne* testi surriferiti la menzione
del tecnico « receptum » non potrebbe in alcuna guisa iotrodursi. Ma, crede lo Hbck,
i compilatori hanno proceduto con tanta negligenza, da non accorgersi che alle volte
receptum era usato in senso affatto comune (ricuperato, ripreso, ricevuto) e Thanno
sostituito nella loro cieca soltecitudine con altre espressioni, risultandone cosi de* passi
e per la sostanza e per la forma veramente strani ^). — Che tale ragionamento sia
molto atto a persuadere, non credo. Come mai ammettere che una svista cosi grosso-
lana (poiche tutto il coatesto doveva avvertire fin troppo chiaramente non trattarsi di
reeeptutn in senso tecnico) sia stata commessa piu volte, per un*intera serie di testi?
E poi 6 provata mai la sostituzione di depositum vel eommodatum in luogo di re-
ceptum ? I compilatori sogiiono sostituire oonstitutum a receptum. Si dir^ che qui si
sono awisti che tale sostituzione era impossibile. BenissimoJ Ci6 vale quanto dire, ch*essi
si sono avvisti, che receptum non era usato in senso tecnico e che non era il caso
d*interpolare. Ma — e questo parmi senz*aUro decisivo — si provi <a sostituire in tutti
i passi citati al num. 11 alia espressione depositum vel commodatum quella di re-
ceptum, sia pure in senso non tecnico, e si vegga se il passo risulta cosi per la sostanza
e per la forma veramente sanato, se, insomma, ne risulta una ragionevole esposizione.
lo credo il contrariol Credo che, se mai, i testi vengano peggiorati. E la prova piio
fare da se ogni accorto lettore.
Possiamo quindi conchiuJere con sicurezza, che i compilatori, come riducono a pi-
gnus la flducia cum creditore rontrocta, cosi non di rado riducono a depositum vel
commodatum la fidueia cum amico, Talora d. u. c, ^ sostituito airoriginaria menzione
della fidueia cum creditore^ per es. nel fr. 22 D. 9, 6 e la ragione si ^ che del pignus
si occupa il § 1 dello stesso frammenti). — Ma nella maggior parte dei passi si trattu
anzi della contrapposizione delle due specie di fidueia, sicche la ragione della sostitu-
zione appare chiarissima.
E questo un argomento per ritenere che la fidueia cum amico potesse servire anche
agli scopi del commodato?
11 NiBMEYKR (che pur ammette Tevidenza delle interpolazioni) crede poter rispon-
^) L'unico argohiento dello Hbck sarebbero le parole servo constituto in fr. 23
dep. 16, 3, che starebbero per servo reeepto del testo originario in senso non tecnico.
Ma la cosa piu probabile e che al testo origioario tali parole mancassero affatto
{ColL X, 2,5); constitui 6 ivi usato dai compilatori nel senso bizantino = xa^cvTavou
e, se anco non e espressione infelice, non eneppure assurda. Cfr. Goppbrt, Ztschr.
(Rivista) ciL, pag. 340 sg. Chi ad ogni modo potrebbe ammettere sul serio che Mode-
stiuo usasse quelle parole nel significato preteso dallo Hbck?
PRIMA APPENDIGE DEL TRADUTTOBE AL § 853. 263
dere negativamente. « Si tratta — cosi egli scrive — della opiaioae di Triboniano circa
le fuDzioni del vecchio istituto, ndii del vero svoIgimaDto storico di esso. Anzi neppure
deve pensarsi, che si volesse proprio sostituire airistituto originario quello che nella
funzione gli era suceeduto. Deyesi ritenere semplicamente che la fattispecie ha permesso
ia quel testi di mutare Torigioaria menzione della fiducia in quella di deposito e com-
modato, che in certo modo a quella fattispecie si adattavano ».
Sifiatta opiQione contrasta decisamente a quanto Doi sappiamo sul carattere delie
interpolaiiooi. I compilatori, iaterpolando, hanno appunto avuto di mira di sostituire
alia menzione delPistituto tramontato quella delFistituto piil affine, che oramai com-
pieva le veci di quello. E precisamente, nella materia di cui ci stiamo occupando, tro-
viamo di ci6 ottimi esempi. Alia fidueia cum creditore e sostituito il pignita {%\k i
classici dicevano, che tale fiducia facevasi iure pignoru); alia fiducia a scopo di ma-
numissione e simili 6 sostituito il mandato {Vaetio mandati e all'uopo scelta molto op-
portunamente, scrive 11 Pkrnicb, Labeo^ 1(1, 1, 128); se ad altre applicazioni della fi-
diMta cum amieo b sostituito il deposito e il oommodato, mi pare molto verosimile,
che gli scopi economici o empiric! di entrambi questi contratti fossero un tempo anche
merce la fiducia raggiuati. E ognuno vede quanto poco valga Tosservazione, che tali
interpolazioni non ci rivelerebbero, cha Topinione dei compilatori in proposito; poiche
tale opinione, come quella di gente che aveva tanto lavorato sui testi genuini, 6 per
noi di grandissimo valore.
SEOONDA APPENDIOE DEL TRADUTTORE
At S 853
Di contro al precario, che come dicemmo non costituisce pel diritto cla^sico uo vero
negozio giuridico, stanuo due contratti, la locazioDe e il commodato. La locazione si di-
stingue facilmente e dal precario e dal commodato, perch^ non e atto gratuito; il con-
duttore e tenuto ad un corrispcttivo, alia mercede. Non cosi il commodato: « voluntatis
et officii magis quam necessitatis est commodare », « commodati flnem praescribere eius
est qui beneficium tribuit » i). II commodato come il precario e af&tto gratuito; c Mt
{preearium) simile I'commodato; nam et qui commodat rem sic commodat, ut non
faciat rem accipientis, sed ut ei uti re commodata permittat » S).
Tuttavia il trattamento del commodato diversifica notevolmente da quello del pre-
cario.
Mentre il concedente nel precario non e astretto da vincolo alcuno e non incorre
in veruna obbligazione, il commodante d, come vedremo anche meglio, vincolato dal
fine specifico del negozio e non pu6 ripetere ad arbitrio la cosa; inoltre, almeno glk ai
tempi di Labbonb, egli 6 soggetto a reciproca obbligazione e ne risponde nel oontrarium
iudioiutn.
II precarista non e tenuto (almeno nel diritto classico) da un'obbligazione nascente
dal rapporto; in via interdittale e cioe per diretto intervento e comando del magistrate
viene, se renitente, astretto alia restituzione della cosa. Risponde, se questa non pu6
aver luogo, soltanto per dolo. — Invece il commodatario e tenuto da vera e propria ob-
bligazione contrattuale ; egli deve comportarsi circa la cosa, come un buon padre di
famiglia, giusta almeno la regola generale.
II precarista ha frequentemente, anzi normalmente, il possesso della cosa ^); mentre
ci6 non e pel commodatario.
Queste difierenze rimangono in gran parte pur nel diritto nuovo ed e certamente
infondato il dichiarare quasi pariflcate in questa le due figure ^i. E quindi assai impor-
tante lo stabilire quali siano le caratteristiche, donde si possa dedurre la quality speci-
fica deiratto.
i) Paul. fr. 17, h. t. (13, 6).
«) Ulp. fr. 1 § 3 D. 43, 26.
3) « Meminisse autem nos oportet eum qui precario habet etiam posstdere », cfr. Ul-
PIANO, fr. 4 § 1 D. 43, 26.
4) Kritz, Pandehtenreoht (Diritto delle Pandette) I, 2 pag. 429 seg.
SBCONDA APPENDICE DEL TRADUTTORE AL § 853. 265
*
II DoNBLLO 0 deADisce sagacemente il commodato cosi: c commodare est rem quae
U8U non consumitur seu mobilem seu immobilem utendam gratis dare praeseripto
utendi fine aut modo »• — II commodato e un atto che non ha avuto la sua origine
nei rapporti fra superior! e inferiori, ma in quelii amichevoli tra uguali S); la coaa
T&ene posta a disposizione di una delle parti per uno teopo deUrminato, Non e dunque
che qui venga in genere concesso Tuso e il godimento di una cosa; e concesso in
quanto serve a uno scopo prefisso 3). — La tesi k stata ai nostri giorui vigorosamente
ripresa dallo Schmidt '*), che la difese non troppo validamente contro gli assalti del
Kritz. E intanto notevoie che le footi, ove menzionanoil commodato, sogliono aggiun-
gere lo scopo, per cui la cosa viene prestata. Eccone esempi:
auct. ad Her. IV, 51 § 61 «aitseaede8 maximas cuidam amico ad nuptias com-
modasse ».
D. 47, 2, ^ § 4 « ferramenta sciens commodaverit ad effringendum ostium
vel scalam sciens commodaverit ad ascendendum ».
Quinto Mucio apud Gell. VI (7) 15,* 2: « sive quod uteadum accepit ad aliam rem
atque accepit usus est ».
D. 47, 2 40 « qui iutnenta sibi commodata longius duxerit».
ib. fr. 17 < qui re sibi ommodata usus est aliter atque accepit ».
D. 19, 5, 17 § 3 « commodaremus, ut opus faceret ».
D. 47, it 52 § 22 « pondera tibi commodavi cum emeree ad pondue ».
Dal nostro titoio scegliero i seguenti esempi:
fr. 3 § 6 « commodari ad pompam vel ostentationem ».
fr. 4 « ad hoc commodantur pecuniae, ut dicis gratia numerationis loco in-
tercedant ».
fr. 5 § 7 « si tibi equum commodavero, ut ad villam adduceres ».
« si sic commodavi, ut ad bellum duceres ».
« si tibi commodavi (servum) ut in machina operaretur » .
§ 8 « si tibi (codicem) ad hoc commodavero, ut caveretur tibi io eo >.
§10<(si — commodavit — quo honestius culta ad se deduceretur ».
§12«rem tibi dedi ut creditori tuo pignori des ».
fr. 10 pr. < si in eam rem usus est in quam accepit ».
fr. 17 § 3 « modum commodati fLnemque praescribere eius est qui beneficium
tribuit ».
« si pugillares mihi commodasti, ut debitor mihi caveret ».
« si ad fulciendam insulam tigna commodasti ».
fr. 18 « si in hoc commoduta sit alicui res, ut eam rem peregre secum ferret p.
fr. 23 « si commodavero tibi equum, quo utereris usque ad certuni locum ».
Ho riportato una serie alquanto numerosa di esempi, perche e sovratutto la loro
abbondanza che fa impressione: il che anco dallo Schmidt non fu posto nella de-
bita luce.
0 Comm, iuris civ. XIV, 2, 2 seg. (ed Lucca 0pp. Ill, 995;. Cfr. Vinnio, Inst. h. t.
ed. 176S t. II, pag. 93.
2) E per lo piu scambievoli; Caio, r. r. 5, 7. — Cicbronb, de off. 2, 15.
3j E questa pu6 considerarsi, almeno iino a pochi anni sono, quale communis opinio.
Vedi sopra e io Heineccio, Inst. § 799. La determinazione per6 delFuso rispetto ai
tempo non mi pare correttamente stabilita di fronte alle fonti romane. Cfr. pure Haim-
BEROBR, Dir. rom. puro, § 506 e § 513.
') Kommodat und precarium (Commodato e precario) pag. 157.
Gluck, Oomm. Patidette. — Lib. XIII. 84
266 SECONDA APPENDICK DEL TRADUTTORE AL § 853.
U Vamobrow replica, che tali paasi dimostrano bensl che tali determinazioni si usas-
sero, noQ che fossero necessarie. Ma la dimostrazione s^Dtegra appunto col confronto
(lei testit cbe discorrono del precario, dei quali non uno aocenna ad ud determinato
U80, a UD fine determinato della concessione. Ora Tasserzione dello Schmidt, che la spe-
cificazione implicita od esplicita delKuso desse alPatto carattere di commodato ed esdu-
desse il precario, mi pare ben giusti&cata.
Non e possibile che sia mero caso, che nella serie di test! concernenti il commodato
sia di regola menzione dello scopo particolare; mentre in quella de' testi concernenti
il precario tale scopo non appare mai. Qui la cosa e messa a disposizione del preca-
rista, perche se ne valga come crede. E questa ^ pur anco una delle ragioni per cui
(ove non sia diversa ia volont^ delle parti) il precarista a differenia del commodatario
suole possedere (cfr. Schmidt, 1. c. pag. 166) ^).
La dimostrazione riceve novel lo rinforzo da un*altra circostanza, cb'e passata —
ch*io sappia — inosservata. Nella materia del precario si discorre (come in quella della
locazione) della rinnovazione esplicita e della rinnovasione taoita^ che ha luogo^
quando e scaduto il tempo, per cui fu fatta la concessione e il precarista seguita senza
opposiiione a tenere la cosa; intelUgitur enim dominut, cum patitur eum qui pre-
cario rogavit postidere, rursus precario eoncedere ^). Nulla di tutto ci6 dicesi a pro-
posito del commodato. E infatti, se questi d per un uso determinato, ^ chiaro che non
pub discorrersi di rinnovazione ; terrainato Tuso, tutto e terminate: una seconda con-
cessione pel medesimo uso non sari^ gi^ reintegrazione del rapporto anteriore, ma no-
vella causa di novello rapporto.
Si e replicato dagli stessi avversarii che da taluni testi appare non essere cosi rigo-
rosamente delimitatb Tufficio speciiico del commodato; ci citano specinlmente il fr. 76
pr. de furtU (47, 2) e il § 7 ibid. (4, 1).
fr. 76 (78) pr.: « qui re sibi commodata vel apud se deposita usus est aliter atque
accepit, si exiatimavit te non invito domino id facere, furti non tenetur, sed nee de-
positi ullo modo tenetur; com.modati an teneatur, in culpa aestimatio erit, idest an
non debuerit ezistimare id dominum permissurum ».
1) Cosi anche il fatto che il concedente pu6 revocare ad libitum (a difTerenza del
commodante, fr. 17 §3 h. t.), cfr. il.fr. 12 de prec. 43, 26, riceve una nuova spiegazione.
Chi concede una cosa in genere, perche altri se ne serva, pu6 richiamarla a se quando
crede, ancorche in un momento intempestivo pel concessionario, giacch^ egli non e te-
nuto a sapere in che circostanze versi cestui, il quale d'altronde non ignora la precarieta
del suo godimento. Ma chi concede la cosa per un determinato uso^ non pud non sa-
pere le circostanze delKutente e non pu6 andar contro la sua parola data, che era di
procurare non Tuso in genere, ma quel determinato servizio. — II Vanobrow poi nel
citato luogo conchiude (cfr. il Windschbid, § 576 cit.): « Tunica cosa essenziale e piut-
tosto se il concedente voglia veramente addivenire ad un negotium, e obbligare quindi
se medesimo ». A confutare questa strana dottrina, che del resto ripugna alle idee og-
gidi piii ricevute intorno alia natura del negozio giuridico, baster^ aiTecare un testo
solo e decisive: « si libero homini, qui mihi bona fide serviebat, quasi servo rem com-
modavero, videamus an habeam commodati actionem, nam et Celsus filius aiebat, si ius-
sissem eum aliquod facere, vel mandati cumeo vel praescriptis verbis experiri me posse^
idem et in commodato erit dicendum, nee obstat quod non hac mente cum. eo qui
liber bona fide nobis serviret contraheremus, quasi eum. obligatum, habituri ; plr-
RUMQUE ENIM ACCIDIT UT EXTRA ID QUOD AOITUR TACITA OBLIGATIO NASCATUR ». Qui CertO
non si intendeva di oontrarre un negotium e il commodante era cosi lontano dalia
intenzione di obbligare se stesso, che non crede7a neppure di obbligare il commodatario!
2) Cfr. fr. 4 § 4. fr. 6 de prec, 43, 26.
SECONDA APPENDIOE DEL TEADUTTORE AL § 853. 267
§ 7: « placuit tamen eos qui rebus commodatis aliter uterentur quam utendas ac-
ceperint ita furtum committere si se iDtellegant id inuito domiDO facere eufuque si in-
tellexisset noa permissurum ac si permissum credant extra crimen videri: optima sane
distinctione, quia furtum sine affectu furandi non committitur » ^).
Comineerd ad avyertire, che tali passi (aggiungi il S 6. Inst. Just. ibid, e Gaio,
3, 196) confermano che I'uso concesso nel commodato e determinate da uno scopo spe-
cifico. Solo cosi si capisce, come si possa scrivere si quit utendam rem acoeperit
eamque in alium usum transtulerit (6 e 396 citt.) ^^ Si noti bene: il giurista non dice:
91 quU in quern iMvm rem aeeeperit eamque, ecc, ma dice senz*altro utendam. rem.
aeeeperit poich^ tale negozio (e cioe il commodato) non pu6 darsi che per un deter-
minato use. Cfr. anco ii fr. 5 § 8 h. t. gut alias re commodata utitur, ecc.
II § 7 poi (e il relativo brano delle Istituzioni di Gaio) non hanno veruna relazione
colla questione presente. Essi si riferiscono alFaltra, se chi usa della cosa commodata
altrimenti che nel modo pattuilo commetta furto. A commettere il furto richiedesi Va^-
fectus furandi: ossia lo scopo di lucro e la scienza di andar contro il volere del do-
mino. Tale scienza non vi ha senz*altro in chi esorbita dalFuso pattuito, giacche deve
concedersi la possibilitd* che il domino avrebbe acconsentito. Ci6 e affatto indipendente
daila esistenza di un vincolo contrattuale. Per esempio io mi reco nelPorto di un amico
a cogliere frutta, presumendo il suo consenso; qui non esiste fra noi alcuna relazione
contrattuale, ne si tratta di mera usurpazione a fine di uso, ma di completa appropria-
zione della cosa, eppure non si dk furto (nemmeno Delia ipotesi che poi Tamico si
sdegni) per ragione della mia buona fede. Ci6 che sta, quando non siavi alcun rapporto
contrattuale, perche non dovrebbe stare, data Tesistenza di esso? Poiche qui la presunia
coDcessione del domino non dipende che dalla conoscenza personale, che di lui ha Tu-
tente 3); dalle preesistenti attinenze di parentela, amicizia, benevolenza, ecc e non ha
quindi col contratto medesimo relazione veruna.
Maggiore difficoltA pud forse presentare il fr. 76, doye il discorso non concerne la
sola azione di furto, ma si estende a quella di commodato : ad ogni modo Tostacolo non
regge ad una seria considerazione. Tanto varrebbe il dire, non essere vero che il de-
positario non ha I'uso delfoggetto depositato, pel motivo che, s*egK usa presumendo la
▼olont^ del deponente, non commette furto e non e tenuto coirazione di deposito. La
verity e che il deposito 6 per sua natura diretto alia custodia della cosa (rem servan-
dam dare), come il commodato e diretto ad un uso determinato di essa; se nelfuna e
neiraltra ipotesi, presumendosi la volont^ del concedente, viene usata la cosa o viene
usata in modo di verso dal pattuito, non se ne risponde coirazione contrattuale (nel
caso del commodato per6 solamente, quando Topinione delFutente si fondi sovra una
base solida e seria); il che dipende dalla quality di buona fede del giudizio stesso. Ci6
nulla toglie alia natura del contratto; giacche si colpiscono non le deviazioni materiali
dairordinamento suo, ma le lesioni formali, imputabili a malixia o a negligenza delle
parti contraenti.
*) Cfr. Gaio, 3, 197.
2) Gli esempi : « si quis argentum utendum aeeeperit quasi amicos ad cenam invita-
turus » < si quis equum gestandi gratia commodatum iongius (dal luogo destinato) aliquo
duxerit ».
3) scol. ad fr. 76 cit. (Bas. LX, 12 const. 76: Hbimbach, V, pag. 526. Pabr. VII, 365;
PRIMA APPENDIOE DEL TRADUTTORE
AL § 857
Obbietto del commodato non sono che gli infungibili o meglio quelle cose che non
si coDSumano colPuso pattuito e che, dopo queeto, possono venire restituite nella loro
originaria integrity (cfr. i fr. 3 § 6 e 4 h. v. e le notevoli illustrazioni dello Stbfano, ibid.).
II commodato si appHca, come gi& vedemmo, tanto ai mobili quanto agli immobili. Se
vengono commodate piii cose, aventi ciascuaa autonoma esistenza, si hanno altrettaDti
contratti; non cosl se sono congiunte e non serbano la loro autonomia ^).
Si disputa fra gli scrittori, se il commodato potesse applicarsi anco alle cose incor-
porali; piu fsattamente, se obbietto di commodato potesse essere Tesercizio del con-
tenuto di un diritto. La piii comune sentenza e negativa; si citano il fr. 1 § 2 h. t. e
piii ancora il fr. 17 pr. pr<M8<n'. v, 19, 5, dove e sconsigliata Vaotio oommodati pel caso
in cui fosse stata ceduta gratuitamente una habitatio. Si suole aggiungere un argo-
mento teorico; in tale ipotesi non sarebbe possibile una vera restituzione in natura delta
cosa ricevuts, come invece si esige nel commodato.
Circa i fr. 1 § 2 e 17 pr. cit. vedremo avanti. Gssi non hanno molta importanza
nella presente questione, essendo assai verosimile che in essi habitatio indichi I'immo-
bile, la otua (tale per es- deve ritenersi il senso della parola nel fr. 40 D. 33, 2 di
Alfbno Varo illi cum illo habitationem lego; nel fr. 34 pr. habitationetn in domo
significa, come dal frammento stesso si ricava, la propriety della casa; habitationem
looare nel fr. 5 D 19, 2 significa dare in affitto un appartamento e cosl in molti altri
passi, per es. fr. 9 pr. § 1 — 19 § 6 ^ 24 § 2 — 26 § 1 ibid.)) ad ogni modo habi-
tatio si assume per denotare la facoltA di usare di una casa a scopo di abitazione
(sicche oggetto diretto vien sempre ad essere Timmobile stesso), ansiche Tesercizio ef-
fettivo corrispondente al contenuto del diritto reale di abitazione. La ragione per cui
il fr. 17 cit. sconsiglia Tazione di commodato e del resto quella, che la scopo della ha-
bitatio serabra troppo vago e complesso di fronte alia rigorosa determinaziona dell^uso
richiesta dal commodato.
Altri test!, che si possono addurre in questa materia, io non conosco fuorche il
fr. 24 D. 8, 3 (Pomp.):
« Ex meo aqtiaeductu Labeo soribit cuilibet posse me vioino commodare, Pro-
culus contra, ut ne in meam partem aliam quam ad quam servitus adquisita sit, uti
ea possit. Proculi sententia verior est ».
A prima vista sembrerebbe potersi dedurre da questo passo la suscettibilita degli
iura in re di formare oggetto di valido commodato; nel caso concreto il problema sa-
4) Fr. 17 § 3 ;i. t. 13, fi.
PEIMA. APPENDICB DliL TRAlKJITr
rebbe stato risolto negaiiyamente da Proculo e da Pomponio solo per Taccidentale ag-
gravamento, che sarebbe provenuto al proprietario del fondo serviente. Ma una aiu at-
tenta ronsiderazione dissolve tali apparenze. II testo non parla di conimodare la ser-
ritut aquaeduotus ^); ma di eommodare, sx meo aqutuduetu, dove Toggetto di com-
modare facilmeote sottinteso e aquam. Labbonb opioa che il titolare di uq acquedotto
pu6 permettere ai vicioi di derivare acqua pei loro ftni. Ora Va^^ corrente in se
stessa considerata non 6 certo valido oggetto di commodato. Evideatemente La.bbone
usava qui la voce' oommodure nel generico significato di eoncedere gratuitamentet il
che egli e Prooulo potevano benissimo fare, in quanto che ai loro tempi tale designa-
zione non era quella tecnica edittale del nostro contratto, come altrove si e visto. Tale
generico signiflcato della voce eommodare ^ tutfaltro che insolito nei buoni scrittori,
cf. per 68. Plauto, Rud. 2, 4, 21 aquam — quam hostis hotti eommodat . operam,
— quam eivis oivi eommodat, Cic. de off. 1, 16 ut quidquid sine detrimento poesit
eommodari^ id triimatur vel ignoto — id. fam. 13, 3'^ ut hie omntbue in rebvs
quantum tua /Idee dignitaeque patietur eommodee, ecc. Qli eserapi si potrebbero
agevolraente moltiplicare. Se k ovvio come i giuristi che scrivono dopo la definitiva
recensione delKeditto 8i astengano da tale uso della parola, nulla osta che in questo,
volgare signiflcato essa potesse adoperarsi da quelli che scrivevano prima che essa rice-
vesae la sua consacrazione ufdcialo.
Messi da parte come non probanti tali fraramenti, rimane assai notevole, come, mentre
le Fonti avvertono in numerosi passi che possa concedersi preeario Tesercizio di un
diritto reale <), nulla di simile trovisi esplicitamente insegnato pel commodato. E tanto
piu notevole questo mi pare, in quanto che il commodato e assai piu largamente e
diffusamente trattato, che non il preeario. E io credo appunto, che tale silenzio sia qui
eloquente e sigoifichi che obbietto di commodato non possono essere, che la ree eor-
porales.
Tale persuasione si conforta con argomenti teorici. — Si e detto da varii scrittori,
che le cose incorporali non possono formare oggetto di commodato, perch^ non e esco-
gitabile a loro riguardo la restituiione in natura. Pur senza ricorrere al concetto di
restitutio ficta, mi pare che tale argomentazione non sia troppo forte. La restituzione
in natura ^ pure richiesta nella locazione, eppur niuno dubita che si possono locare
dei diritti 3); si pensi alia locazione dei veetigalia, Infatti la restituzione si d^ quando
si cessa dalFesercizio corrispondente a quel determinato diritto e (ove occorra) si rimet-
tano nel pristino stato le cose da quelPesercizio alterate. Non e questa, ma ben altra la
ragione che a mio avviso rende le cose incorporali inadatte a costituire oggetto di com-
modato.
Un commodato di crediti e affatto inconcepibile. La questiona non potrebbe presen-
tarsi che pei diritti reali, e infatti gli scrittori, che trattano Targomento, non accennano
che aquesti. — A ben vedere, anzi, ad una limitata serie di essi; poich^ il pegno, Tipo-
teca, il diritto enfiteutico per loro natnra non si confanno in alcuna guisa coi termini
del commodato.
Possono le cosi dette servitu personali formare oggetto di commodato ? Una tale do-
^) In sostanza si avvicinaa questo modo di intendere il frammento anche il Pkrozzi,
Bullettino dell'ietituto di d. r. VI, pag. 33, benche del resto le nostre spiegazioni di-
vergano parzialmente. II Pbrozii per6 non si occupa che affatto incidentalmente del
nostro passo, secondo lo scopo dalle sue ricerche.
2) Cf. per es. i testi in Scialoja, Preeario, pag. 26 sg.
3) Gli esempi perd comunemente citati ne* manuali (fr. 12 § 2 38 D. 7, 1 - fr. 2 i.
f. 4 D. 7, 8j sono locazioni di cose corporal! .
I
270 PRIMA APPENDIOE DEL TRADUTTORE AL § 857.
manda pud piii esattameate formularsi iu doppia forma. Chi ha rusufrutto, Tuso, ecc.
pii6 copcederDd altrut il gratuito esercizio merc^ ua contralto di commodato? Owero
il domino di una cosa (o chi altrimenti ha facoitA di disporne) pu6 cederne altrui gra-
tuitamente l^uso in modo, che il cessionario eecrciti il contenuto di tali diritti e Tatto
di concessione assuma la natura del comi^odato? A questo secondo problema inten-
dono certameiite di alludere questi scrittori, che parlano molto impropriamente di co-
stitutione di usufrutto, ecc. median te commodato.
Ai due problem! pu6 darsi una risposta comune (per tacere degli argomenti che
vivouo solo per alcune categorie di tali diritti, per esempio che il titolare delfuso non
pu6 cederne gratuitamente resercizio). L*essenza del commodato sta in ci6f che tutto
il negozio e retto da uno scopo particolare rigorosamente determinato a priori; mentre
tali diritti si riferiscono ad un uso multiforme vario e complesso, serviente ai piu di -
versi scopi deirutente. L*usufruttuario, purche salvi intatta la sostanza, dispone libera-
mente, come il domino, della cosa; inoltre egli ne lucra i redditi, cosa incompatibile
colla esseaza del commodato. In piu stretta misura tale liberty di disposizione compete
airusuario, alio hahitator, al titolare delle operas servorum; ma pur sempre qui ci
si aflaccia una generality di scopi raggiungibili merc^ Tuso, che contrasta colla rigo-
rosa iimitazione del nostro contratto. Se alcuno dk a Tizio una cosa da usare per un
determinato scopo, tale uso non risponde al contenuto di veruno fra gli accennati di-
ritti e non risponde per Taggiunta determinazlone; quindi non si pud discorrere di ces-
sione di uso di res incorporalis, ma solo di cessione delKuso della cosa corporate me-
desima.
Anco rispetto alle servitu prediali il problema si duplica in modo aflfatto analogo.
E a proposito avvertiremo, come per la dottrina romana classica il titolare di una ser-
vitu non possa cederne altrui Tuso, poiche una cessione contraddice alia massima che
le servitu aderiscono ai fondi e devono esercitarsi a vantaggio dei fondi stessi. Tant*e
vero che ssrvitutsm locare nemo potest (fr. 44 D. 19,2)^). La questione si riduce per-
tanto a vedere, se il proprietario pu6 cedere gratuitamente altrui in forma di commo-
dato Tesercizio di quanto costituisce il contenuto di una s«rvitu prediale: per es. la
faoolt4 di passare, attingere acqua, ecc. Tale quesito va risolto negativamente. Se io per
es. concedo a Tizio in genere di passare sul mio fondo, una concessione cosi larga e
cosi svincolata da ogni motivo particolare non risponde alia natura del commodato; se
invece la concessione si riferisce a uno scopo transitorio e determinato, essa non ri-
sponde piii alia natura del contenuto di una servitus itineris, Poiche le servitii pre-
diali devono rispondere ad una utility permanente del fondo, e contraddice affatto alia
loro indole un uso concesso restrittivamente ad uno scopo transitorio.
Non cosl invece pel precario. L*uso nel precario 6 generale o almeno non e neces-
sariamente ristretto; ne la natura di esso esclude punto il godimento de* redditi da
parte del precarista. Nulla osta per es. che il contenuto di un usufrutto costituisca ma-
teria di concessione precaria. Ma neanche il contenuto di servitu prediale ripugna al
concetto di concessione precaria. Sta bene che tale concessione sia essenzialmente tem-
^) Cfr. il Pbrozzi, loc. oit. pag. 22 segg. Per6 noi divergiamo dal P. nel modo d*in-
tendere il fr. 24 D. 8, 3 (cf. il capo I del presenta lavoro); v. Pbrozzi, pag. 23. Ne pos-
siamo per identiche ragioni accogliere lo svolgimento della relativa dottrina, quale e
accennato da lui a pag. 25. — 11 diritto giustinianeo conosce, secondo le buone osser-
vazioni dello stesso Perozzi, deviazioni dalKaccennata regola; ma esse devono intendersi
strettamente (rimanendo ancora regola generale quelle del diritto classico) e ad ognt
modo tali deviazioni non hanno che vedere colla presente materia; cf. lo scritto citato,
pag. 29 segg.
PRIMA APFBNDICB DEL TEADUTTORK AL § 857. 271
poranea e revocabile; ci6 non toglie per altro che essa sia destinata a soddisfare ima
permanente utiliti del fondo, che la causa obbiettiva sia duratura. Appunto perch^ non
vi ha uno scopo determinato e transitorio, il contenuto della concessione risponde a
quello di una serritii prediale e nasce una iuris qtuui possessio ; appunto perche la
coneessione 6 revocabile, non sorge il diritto stesso: gorge una condizione di fatto alia
natura del rapporto giuridico rispondente ^),
Sicehe, concludendo, diremo che le cose incorporali non possono costituire oggetto
di commodato, non perche vi sia fra i due termini una necessaria aniitesi, ma perche
ragioni particolari alle singole categorie di diritti tolgono a quest! la possibility di for-
mare materia di tale contratto ^),
Veniamo pid particolarmente alia questione di un commodato di hahitatio. Taluni
hanno perfino pensato ad una costituzione di un iu9 hahitationU merche commodato 3);
mentre altri (sovratutto per la ragione non principale e non inoppugnabile *) che altri-
menti non sarebbe possibile la restituzione in natura) hanno pensato al ca^o di chi
avesse il tu8 hahitationU e ne commodasse altrui Tesercizio. — Giit si oppone il fr. 10
de U9U et hah. 7, 8 ove si enumerano le lacoltA del titolare di un iu9 habitationia e
non si fa cenno di quella di commodarne Tesercizio; si parla anzi in modo da esclu-
derla. Ma piu si oppone il passo parallelo, fr. 17 pr. de pr. verb. 19, 5: « si gratuitam
tibi habitationem dedero, an commodati agere possim? et Vivianus a1t posse; sed est
tutius praescriptis verbis agere ». Qui il caso e meglio spiegato ; si tratta di dare gra-
tuitam habitationem, frase che si trova al trove nelle Fonti (per esempio Qaio, 4, 153,
cfi*. fr. 15 § 1 D. 43, 26) neU'evidente significato di concedere di abitare gratuitamente
una casa, non in quello di cedere Tesercizio di un diritto reale di abitazione. Ci6 toglie
ogni forza airargomento, che pel fr. 1 cit. si pu6 dedurre e s*^ infatti dedotto (per
es. Qluck, loe. oit.) dalla parola ampUtu. II frammeoto dichiara prima ammissibile il
commodato di cose immobili; Vamplius, si dice, accenna a qualcosa di piiSi e di diverso,
^) Oltre i notissimi frammenti dei Digesti (specialmente nel tit. 43, 26) cf. per eg.
C. I. L. I, n. 1215 pag. 245 — V. 1 n. 700 (pag. 76) n. 2447 (pag. 237) n. 3472 (pag. 355)
— X, 1 n. 1285 pag. 149 — n. 4320 pag. 424, ecc.
2) lo devo considerare come erronea la trattazione dello ScHMmT {Comm. preo. § 7
pag. 117-135). Dal momento, ch^egli aveva ben compreso la vera nota differenziale fra
il commodato e il precario, non avrebbe dovuto confondere le due question! e istituire
un*unica ricerca « suUa possibility di un commodato o di un precario di cose incor-
porali ».
La sua conclusione si ^ che e possibile tanto un commodato, quanio un precario di
usufrutto, abitazione, operae eervorum, enfiteusi, qualora il concedente sia un titolare
di tali iura, i quali pertanto abbiano a suo riguardo una esistenza autonoma, e gli
possano essere reetituiti. II dominus rei non pu6 che costituire una posizione di fatto
analoga a quella, che gode il titolare di simili diritti; ma ci6 non va confuso coUa con-
cessione del gratuito esercizio di essi.
Tale conclusione e direttamente contraria alle fonti, che in materia di precario si
esprimono atfatto diversamente : fr. 3; fr. 15 § 2 de pree.; fr. 2 g 3 t6td., la cui forza
probante non e certo diminuita dalle osservazioni dello Schmidt, pag. 130 sg. — In
tutti i casi si tratta di immettere preoariamente taluno in quelJa condizione effettiva,
in cui sarebbe se il relativo diritto competesse.
Ad ogni modo ci6 non concerne che il precario; rispetto al commodato cfr. quanto
si dice nel testo.
3) VoBT, ad Pand. XIII, 6 n, 1 ; cf. VII, 8 num. 6.
*) Con ci6 non vogliamo difendere il Wissbnbach, Exere. ad Pand, I, 27 n. 9.
272 PEIMA. APPBNDIOE DEL TRjLDUTTORE AL § 857.
donde h ovvio riferire Vhabitatio alle cose incorporali. Ma ampliiu pu6 intendersi nel
eeaso di ansi, perfino e il passo tradursi cosi: < Bene si dice oofnmodata anche una
cosa immobile, come stima pure Cassio ; anzi Viyiano dice che il commodato pii6 con-
sistere aoche nella gratuita concessione di abitare una casa (che fra tutte ^ Fipotesi
piu conlroversa) ». — Rimane appunto da vedere, perche qui si fosse alieni dairamp
mettere un commodato, tanto che nel fr. 17 si suggerisce come praticamente piu si-
cura un'altra strada e altrove non troviamo mai concepito il negozio, siccome commo>
dato. Troviamo anzi in Oaio ^) una singolare coutrapposizione : per eos quoqtis apud
quos deposuerimns, aut quibus commodaverimiMf aut quibus gratuitam hahitationem
praestiterimus, ipti possidere videmur.
La ragione deiPaccennato trattamento non pu6 essere che in ci6, che la concessione
della abitazione e qualche cosa che sembra esorbitare i limiti del commodato. Questo
negozio deve avere un fine ben determinato; si comprende un eommodare aedes ad
nuptias, non si comprende facilmente un eommodare aedes per la gratuita abitazione,
la quale rappresenta un uso vario, complesso e non esattamente determinabile ab initio.
— Si d^ spesso un*altra ragione ; si dice cioe, che il concedere una gratuita abitazione
cade sotto il concetto di donazione. E all'uopo si citano i fr. 9, 27, 32 de don, 39, 5, il
fr. IS de don. int, vir. et vas., 24, 1 e anco il fr. 15 § 1 dtf preoario 43, 26. — Comin-
ciamS ad escludere affatto il fr. 18, come quello che non appartiene alia nostra que-
stione. In esso si dice: « si vir uxoris aut uxor viri servis aut vestimentis usus vel usa
fuerit, vel in aedibus eixu gratis habitaverit, valet donatio ». In questo passo donatio
h usato nel senso p\ii lato, cio^ di beneficio economico altrui procurato e che appunto
non sia usato in senso tecnico, prova il fatto che Toperato ^ valido anche fi-a coniugi 2).
Del resto il passo proverebbe troppo, giacche si estende anco alfuso de* servi e del ve-
stiario, che niuno ha dubitato potere formare valido oggetto di commodato ^j. II passo
pertanto si tradurr^ cosl: « Se il marito avr& usato de' servi o degli oggetti di vestiario
della consorte o viceversa o se avrk gratuitamente abitato in casa di lei, il beneficio
non cade fra le vietate donazioni ». — E cosi possiamo escludere il fr. 15 § 1 :
« hospites et qui gratuitam hahitationem accipiunt non intelleguntur precario ha-
bitare ».
La ragione, si dice, per cui tale concessione non costituisce precario e la stessa, per
cui non puo costituire commodaio; cio^ il fatto che il negozio va considerato come do-
nazione. Ma tale non pu6 essere il senso del testo.
II giurista non dice che non consiste, non sorge il precario; ma dice che Tatto
non suole interpretarsi come un precario, il che non esclude la possibility di un pre-
cario avente tale obbietto ; bens\ esclude che di regola le parti in tal caso abbiano in
animo di addivenire ad un precario. E la ragione 6 senza dubbio piii chiara per gli
ospiti ; il rapporto di ospitalit^ e contrario a quella specie di inferiority, in cui suol tro-
varsi il precarista di fronte al concedente; inoltre esso crea un complesso di doveri
non compatibili coUa fragility del precario. — Negli altri casi, in cui taluno accipit
gratuitam habitationem, la ragione, per cui non si deve essere corrivi ad ammettere
un precario, e certo la fragilita e la liberissima revocabilit^ (anco intempestiva) di
questo rapporto, che per un fatto tanto importante alia vita umana, come Tabitazione,
k di gravissimq inconveniebte. Del resto male si negherebbe, che il precario di abita-
1) 4, 153.
2) v.* pero ora Ascoli, Concetto della donazione pag. 3 sgg. Secondo questo autore
Tassenza del concetto tecnico di donazione in simili casi dipenderebbe da ci6, cha in
essi manca Tattribuzione di un diritto principale. Cf. loc. cit. pag. 110.
3) Che Tuso di una cosa sia valutabile in denaro, non e naturalmente sfuggito ai
Romani : per es. fr. 19 D. 22, 4.
PRIMA APPBNDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 857. 273
2ione sia ponibile. La const 2 depreo. et Salv. int. (8, 9) nomina espressamente ilpr^-
-oario hahitans e 1 obbligo del suoi eredi di restituere hahitaeulum, fi un vero pr«-
cario deve scorgersi in Scbvola, fr. 32 de don., nel passo cio^ addotto dai sostenitori
della contraria opinione, bench^ sia stato dai compilatori mserito nel titolo de dona-
tianibius *):
< Lucius Titius epistulam taiem emisit: lUe illi salutem, hosp.tio illo <) quamdiu
volueris uteris in superioribus diaetis omnibus gratuito, idque te ex mea voluntate fa-
cere hac epistula notum tibi facio. quaero, an heredes eius habitatione eum prohibere
pOBsint. respondit, secundum ea qua proponerentur, heredes posse mutare voiuntatem ».
Tale volonta avrebbe dunque potuto mutare anche il concedente stesso : cf. del resto
fr. 8 § 1 de preo, 43, 26 La concessioae era bens^ stata fatta quamdiu volueris ; ma
<some e noto e come abbiamo visto, simili espressioni non rautano la ratura del pre-
^xtio e non tolgono la sua libera revocabilitii. — Si comprende invece seoz'altro, come
una cosi indeterminata concessione non potesse considerarsi come commodato.
Al fr. 32 si contrappone il fr. 27 eod. di Papiniano: '
Aqvilius Regulus iuvenis ad Nicostratum rhetor em ita tcripsit :
« quoniam et cum patre meo temper fuisti et me eloquentia et diligentia tua
maliorem reddidisti, dono et permitto tibi kabitare in illo coenaculo eoque uti > .
I>efuDCto Regulo, controversiam habitationis patiebatur Nicostratus et, cum de ea re
mecum contulisset, dixi posse defend! non meram donationem esse, verum oificiuni ma-
gistri quadam mercede remuneratum esse Regulum ideoque non videri donatiobem
aequentis temporis irritam esse.
II rapporto fra i due passi e di solito configurato nel seguente modo^). Le dona-
zioni vanno interpretate restrittivamente; ora se taluno concede ad altri la gratuita
abitazione non dev^si credere che la concessione abbia a dnrare oltre la vita del con-
cedente. E cos) si spiega il fr. 32. Ma nel caso studiato da Papiniano tale interpreta-
zione resirittiva non e opportuna, poiche non si tratta di mera liberalitii; si tratta di
avTt^ejpov et quasi merces doctrinae e ci6 anzi consiglia a dare una interpretazione fa-
vorevole ai concessionario. — Ma questa esegesi e incompatibile colla lettera dei due
.passi. li fr. 32 non dice che la liberality e da ritonersi limitata ai termini della vita
■del concedente; ma dfce che vi e facolta negli eredi di questo di cambiare volontA e
revocare. Ci6 presuppone, come abbiam visto, che tale facolti competesse al concedente
e insomma il passo non si spiega bene, che presupponendo un precario. — Ne il fram-
mento di Papiniano e per se tale da recare ostacolo. Nel caso di Nicostrato il giurista
noD trova che siavi mera liberality (donatio in senso lato, che comprende benissimo
anche il precario); ma che la concessione ha quasi carattere di mercede e merita quindi
diverso trattamento *). L*ipotesi respinta da Papiniano parmi appunto quella di un pre-
cario; giacche solo cosi ponno spiegarsi le parole non videri donationem sequentis
*) Cfr. gi& Scialoia, Del precario, pag. 23 n. 1. Ora la cosa sembra fuori di dubbio,
giacche il passo nell^opera genuina di Scbvola dovette trovarsi sotto la rubrtca de pre-
aario: cfr. Lenbl. Palingenesia, 11, 313. A torto quindi TAscoli considera il passo
come rifereotesi, anco pel diritto classico, ad una donazione. Bull. let. dir. rom. VI,
pag. 200.
2) Nel senso di abitazione cfr. Cod. 8, 9, 2.
3) Cfr. g\k DoROTEO, ad fr. 27 cii. — Cujacio, Obeerv. 21, 37.
*) Cfr. AscoLi, Concetto della donasione, pag. 88 segg. Vedi anche Bullettino cit.
pag. 201.
(tLUCk, Oomm. Pandette. — Lib. XIII. S.^
274 PRIMA APPBNDIOB DBL TBADUTTOBB AL § 857.
temporis inritam €8$e, Se si trattasse di una donatio limitata alia vita del donatarior
non si yedrebbe perch^» cessato il tempo cui era destinata, si debba dire mrtta. —
lovece, 07e si pensi al precario, si comprende come ii giurista dica che la liberalitA in
seguito al mutamento di Tolonti del concedente o del suo ereda (« donatio ^equsntU
temporis ») perde il suo foDdamento, sicche il possesso o Tuso del precarista yieoe in-
giustificato.
Rimane il Ir. 9 pr. de don. : < In aedibus alicuius babitare gratis donatio videtur;
id enim ipsum capere videtur qui habitat, quod mercedem pro habitatione non solait^
potest enim et citra corporis dationem valere donatio ».
Da questo passo si ricava infatti che la concessione di abitare gratis un apparta-
mento pu6 anche costituire donatio in senso tecnico (che a questa pensi il giurista sem-
brami risultare dal § 1): nh osta che materialmente non siavi una datio rei, quando-
vi ha la remissione della mercede. Infatti in questo ultimo caso si ha una vera e pro-
pria rinuncia tid un diritto a tutto vantaggio del debitore; mentre, come si e visto,
ad esaurire il concetto di donazione non basta la semplice gratuity delKuso. Occorre, a
mio avviso, che il negozio si configuri come remissione di mercede gik dovuta o pat-
tuita. L*Ascoli, il quale ora accede alle mie opinion! su questa materia nel suo impor-
tante Trattato tulle donasioni, p. 160 seg., non ammette che sia necessario pensare ad
una mercede gi^ dovuta o almeno convenuta: « anche la rinuncia ad acquistare un di-
ritto > pu6 costituire donazione. Ma vedasi Targomento che io traggo dairanalogia di
altri passi. Naturalmente TAscoli stesso conviene che, se la mercede fosse fs\k con-
venuta, pit nitida apparirebbe la figura della donazione (p. 162). Per esempio e stato
conchiuso un affitto per alcuni anni e quindi il locatore rimette la mercede, dichiarando
di volere per tal tempo lasciare abitare gratuitamente il conduttore. La quale inter-
pretazione pienaroente credo di giustificare coi fr. 15-17 de lib. leg. 34,3, i quali si
riferiscono bensi alia materia dei legati, ma contribuiscono a recar luce sul nostro tema.
Io qui uon riferisco che i fr. 15 e 17, di cui Tuno e la continuazione delFaltro; en-
tram bi son presi dal IX libro di Paolo ad Plautium :
« Ei cui fundum in quinquennium locaveram legavi quidquid eum mihi dare oportet
oportebitue, ut sineret heres sibi habere. Nerva et Atilicinus, si heres prohiberet eum
frui, ex conducto; si iure locationis quid retineret, ex testameiito fore obligatum aiunt;
quia nihil interesset, peteret an retineret : . . . . totam enim locationem legatam videri ».
Cabsius: « Btiamsi habitatio eo modo legata estet, aaATUiTAic habitationbm hbrbs
PRABSTARB DBBBT » M-
Apprendiamo che un modo di praestare gratuitam habitaUonem e quelio di non
chiedere la mercede di una preesistente locasione; che dicesi legato di habitMio (non
del ius in re di tal nome) anco Tordine dato alPerede di non chiedere Taflitto di una
locazione in corso.
Si comprende poi che vien meno il concetto di commodato, quando Vttti coincida
col /V*u< e sia destinato a trarre un provento diretto della cosa. Oiacch^ in tal caso
viene ad aggiungersi un novello elemento, Tacquisto de* frutti o proventi. — Un fondo
per esempio potr4 essere commodato per impiantarvi un provvisorio edificio di iegno,
per alcune esercitazioni ecc, ma non per coltivarlo e raccoglierne in frutti. Un simile
negozio cadrebbe sotto altra categoria.
Una prova di ci6 io veggo specialmente nel fr. 16 g 1 D. 19, 5:
c Permisisti mibi ut sererem in fundo tuo et fructus tollerem: sevi, nee pateri8 me
[} Sul vero modo di coordinare i due frammenti ci siamo trattenuti altrove. Cfr. Sui
Ubri di Paolo ad Plautium, Modena 1894 pag. 20.
PRIMA APPENDIOE DEL TBADUTTOBE AL § 857. 275
fructus tollere, nullam iurU eivilis aetionem etse^ Aristo ait. an in factum dari de-
beat, dellberari posse; aed orit de dolo ».
Qui i) fondo e coneesso per un uso determiDato e tuttavia il giurista noa conosce
alcuna actio dtilU^ che serva airuopo. Peasa dubitante UQ*actfo in factum', ad ogni
modo ammette ruttimo rifugio, actio dolL La ragione dod pu6 essere altra, che'questa:
Fuso del fondo ut fruottu tolUrem non s^accorda coUa natura del commodato.
Invece in altre ipotesi cessa il commodatOi perche non si pu6 discorrere di ua vero
uso della cosa da parte di colui che la riceve. Tali sono i casi, in cui taluno consegna
altrui una cosa perche ne stimi il valore, ecc I giuristi romani ritengono che qui si
abbia un negozio speciale, che ora s^avvicina al deposito (quando ciue Tesame o la
stima della cosa si intraprendono a beneflcio di chi la consegna^, ora al comoiodato
•(quando s^intraprendono invece a beneficio di chi la riceve o a beneflcio comune).
Quando non valgono Vaotio in rem, Vactio ad ewhibendum e i rimedi contro il furto,
.-si permette diagire praescriptis verbis. Questa dottrina fa evidentemeate capo a Papi-
NiANO neirottavo libro delle sue Quaestionet ^) (fr. 1 § 2 D. 19, 5; fr. 17 § 2 eod. cfr.
il fr. 79 D. 41, 2). Ulpiano nel iV. 10 § 1 h. t. pone apparentemente senza risposta il
quesito: si rem inspeotori dedi, an similis sit ei, cui eommodata res estf ; ma in
fatto la risposta e impiicita in quanto segue,' come ha gi^ visto lo Stbfano ad h. 1. ed
^ in buona sostanxa rinsegnamento del fr. 17 § 2 ibid, — Papiniano ha opportuna-
mante avvertito del resto che si quis pretii explorandi gratia rem tradat (che so-
stanzialmente non differisce dal rem inspiciendam tradere) neque depositum neque
commodatum est. Mentre perd Ulpiano fa comprendere che tale negozio pud essere
simile al commodato (fr. 10 § 1 comm, 13, 6); altrove sulla scorta dello stesso Papi-
niano ricoQosce, che in qualche ipotesi, e cioe se v*interviene il solo interesse ,del tra-
dente, prope depositum. hoc accedit.
Vedi pure il fr. 17 § 4 pr, verb. 19, 5: « si cum mihi vestimenta venderes'), roga-
verOy ut ea apud me relinquas, ul peritioribus ostenderem ^U n^o^ haec perierint vi
ignis aut alia maiore, perieulum me minime praestaturum ^), ex quo apparet utique
•custodiam ad me pertinere ».
Precisamente le regole del commodato!
^) A* tempi repubblicani (e poi nel!a scuola sabiniana) dovette concedersi alPuopo
VLtCaetio in factum, Cfr. Alfbno, 3 Dig. a Paulo epiL nel fr. 23 pr. u. (19, 5) : « duo
-secundum Tiberim cum ambularent, alter eorum ei, qui secum ambulabat, rogatus
anulum ostendit, ut respiceret, illi excidit anulus (sUntende per sua colpa) et in Tibe-
rim devolutus est. respondit posse agi cum eo in factum actione ».
2) « Avendo tu intenzione di venderroi capi di vestiario >.
3) E una forma del negozio rem intpieiendam aecipere nelKinteresse delfaccipiente
o almeno neH'interesse comune.
'*) Nel genuiao testo il discorso indiretto pendeva, secondo ogni verosimiglianza, da
un Papinianus scripsit. Che Ulpiano citi appunto uno scrittore, risulta anche dalle
parole: ea quo ecc.
8EOONDA APPBNDIOE DEL TRADUTTORE
Ai. s^ 857
Nel citato lavoro, capo IV, io ho trattato iargamente della responsabilitji del com-
modatario tenendo cod to dei moltepHci studi recenti. Riproduco qui la parte prineipale.
Stkpano, commentando il fr. 5 Dig. XIII, 6 h. t., scribe che il commodatario e te-
nuto per la custodia e « non semplicemente in genere, ma per custodia oculatissima.
B il commodatario deve infatti usare una custodia attentiesima (se il negozto verte a
sola sua utilit4) . . . Per conchiudere dunque, il commodatario, se il negozio e rivolto a
vaDtaggio suo e del commodante, deve rispondere circa la cosa del dolo e della colpa,
ossia d^la custodia; se invece ricava egli solo profitto dal negozio, deve rispondere^
del dolo e della colpa e della diligenza, ossia della piii oculata custodia . . . ». Da questo-
brano si ricava che pel giurista la custodia, a cui secondo i testi h tenuto il coouno-
datario nella normale ipotasi che il negozio sia conchiuao a suo esclusivo beneflcio
(Gfr. Qaio, 3, 205-206 — fr. 5 § 14 h. t. — § 15 sg. I, 4, 1), non h che una forma di
diligeoza. La custodia e una determioata serie di provvedimenli atti a preservare dak
perlmento, dalla perdita e dal danno la cosa; la diligenia ^ il grado di energia in tali
provvedimenti richiesto.
II commodatario (sempre secondo lo Sfbpano) e tenuto alia custodia ordinaria o
ssmplioe, quando il negozio e a comune vantaggio dei due contraenti; e tenuto alia
custodia quaU/loata o diUgentisMtma, quando 11 negozio e a suo profitto esclusivo. La
custodia semplice consiste nelPassumere quel provvedimenti che il commodatario suol
del resto adibire per le cope proprie; la custodia qualificata consiste invece neirusare
quella cura, che il prudente paterfamiUat suole adoperare circa le cose sue. — Non
bisogna lasciarsi ingannare da quel superlativo iTrt/uttXeVraro? usato piik volte dal giu-
rista greco; la sua dottrina nulla ha di comune con quella gi4 universale fra* roma-
nisti, che nel caso del comune vantaggio (Pambo i contraenti il commodatario sia te-
nuto per culpa levis e in quello di suo esclusivo vantaggio per culpa letwima.
Qiacche qui tale em/AsItffra'n} xouvruJia si coatrappone alia diligensa qtuim suis a non
e pertanto ne pii]i ne meno che la consueta diligenza del buon pater familioM, Tanto
meno poi e lecito identificare la custodia diligentissima dello Stbfano colla custodia
teenica di Wimdscheid e Baron e la custodia semplice colla custodia in senso lato o
volgare de* predetti scrittorl. La custodia pel giureconsulto bizantino non e che ana
forma, un*applicazione della diligensa ; Tobbligo alia custodia s*identilica coirobbligo di
evitare la culpa (culpa -^toi custodia) ; inoltre k chiarissimo da quanto segue nello
stesso commento, che in tale inifjitltara'ni custodia, non entra alcuna responsabiliti. per
avvenimenti fortuiti (rux^pa'. Cfr. le parole « fuvariy il effrtv, aur^v, rdv xf^9«/uitvo>
EfBOONDA APPBNDIOB DEL TBADUTTOBE AL § 857. 277
lo Don asito a dichiarare che tale dottriDa dello Stepano mi pare conciliabiligsima
colle fonti rispetto al diritto giiutiDiaoeo e mi pare sostanzialmente quella giit profes-
sata dai giuristi ciassici. E poichd tale affefmaiione pu6 suscitare qualche mera^iglia,
quale ritorno alle idee antiquate (Coccbi, tu» oto. oontr.^ ed. cit. h. t. I, 715 sg.), cost
io credo bene di esporre con qualche ampiezsa le ragioni del mio opinare. N^ io potr6
stare rigorosamente entro i confini della presente materia; necewariamente dovro toe-
care alcune questioni general! attinenti al tema della custodia: ci6 e tanto piu natu-
rale, in qifanto che il commodato e quasi la sede precipua delle relative contro-
versie *).
Si e affermato ai nostri giorni, sovratutto dal Baron ne' due suoi scritti sulla CU'
stodia, che il commodatario sia tenuto alia cosi detta ctistodia tecniea, ovvero sia re-
spcnsabile verso il commodante non solo del perimento o del danno cagionato da suo
dolo o da sua colpa, ma pur anche da quello derivante dal cato minore. La sua re-
spoDsabilitii circa la cosa commodata eccederebbe i conAni della colpa e arriverebbe
fino a quelli della «m maior. I danni dati dai terzi o da animali, i furti e simili eve-
niense formerebbero materia di tale responsabilita. Veniamo a vari argoraenti addotti
a soategno di siffatta dottrina.
Aniitutto si osserva* che le fonti esigono dal commodatario una diligentia diligen-
U'Msimi patrisfamilia*^ eaaoia^ e^eaetifntna *) : fr. 18 pr. h. t. : « in rebus commodatis
talis diligentia praestanda est, qualem quisque diligentissimus paterfamilias io suis
rebus adhibet »; tr. I ^ 4, de 0. et A, (44, 7) «... is vero, qui utendam accepit, . . .
exactissimam diligentiam custodiendae rei praestare compellitur »; cfr. 9 ^ In*t, 3, 14').
— Secondo il Baron tali espressioni indicano una respoDsabilit4 comprendente la cu-
stodia in senso tecnico *). I giuristi romani avrebbero qui per tale singolarissima dili-
gensa inteso una norma obbiettiva, la cui osservanza eccede le forze del singolo indi-
viduo, e che appunto compreaderebbe la responsabilitit per la colpa altrui e il ctutu
minor; sostanzialmente si avrebbe in altre parole una indicasione della cuttodia
tecnica.
Ma qui devonsi fare parecchie osservazioni. Tali frasi noa sono punto patrimonio
comune de* giuristi romani. II diligentissimus paterfamilias ^ un*espres8ione partico-
lare a Gaio ; fr. 18 pr. cit. — fr. 25 § 7 D. 19, 2 « culpa aulem abest, si omnia facta
sunt quae diligentissimus quisque observaturus esset » ; a Gaio va ricondotto anco
il S ^ !• de looat. 3,24^). — Lo stesso deve dirsi anche dell'altra frase earaetissima
diligentia: il fr. 1 § 4 cit. appartiene appunto a Gaio, e a Gaio, res oott. va ricon-
dotto iP§ 1 I, 3, 27, come altrove abbiamo avvertito ^ . — II Baron adduce come
equipollente la frase eaaota diligentia, Essa si trova nel citato § 2 I, 3, 14 preso
dalle res cottidianae di Gaio e sostituito a exaetissima diligentia, che sta nel testo
delle Pandette (fr. 1 § 4). Non ^ invece ammissibile una similti sostituzione pel § 4 I,
ibid, derivante dalla stessa opera di Gaio. Del resto exaota diligentia non trovasi che
due volte in Paolo '').
0 Cfr. Pbrnicb, Labeo 2, 354.
2) Baron, II, 260 (cod I e II indico, secondo Tordine eronologico, i due articpli del-
VArchivio per la pratica civile).
3) Circa la divergenza nella espressione cfr. a titolo di curiosity Mbrillio. in inst.
ad h. 1.
*) Cfr. II, 253 sgg.
^) Ferrini, Fonti delle Istitusioni ad h. § ^ res oottidianae,
«) llnd, ad § 1 cit.
•^) D. 18, 6, 3 — /?. S. 1, 4 § L
278 SBOONDA iPPBNDlOB DEL TBADUTTORB AL § 857.
Qlk questo fatto mi sembra poco atto a coafermare la nostra fade negli insegoamenti del
Baron. Uq concetto cosi rigoroso^ cosl deflnito, cosi importante avrebbe dovuto avere
espressioni sicure, precise, uniformi ; non si capisce affatto come uno scrittore pretenda
indicarlo con frasi non usate da alcun altro e che intese letteralmeate danno un diverso
fignificato.
Si avverta poi che Gaio usa tali espressioni in casi, per cui la ragione si scorge ben
chiaramente. Nel fr. 18 cit. si tratta di distinguere la diligenza dovuta dal commoda-
tario nel caso normale, in cui il negozio e volto a suo esclusivo profltto, dalla dili-
gentia quam suis da prestarsi nei casi in cui il profitto i comuae. II giurista fa ef-
ficacemente osservare, che noa basta adibire circa la cosa commodata la cura stessa
che si pone circa le cose proprie; occorre usare la premura stessa che per le cose
proprie suole avere un padre di famiglia diligentissimo. Siamo evidentemente nel campo
mero della diligensa e della colpa e il superlativo qui non ha altro ufftcio che di con-
traddistinguere con maggiore energia ia diligensa del buon paterfamiU<u dalla dili-
genza quam tuU. — Ugual ragione vi ha pel citato fr. 1 ft 4; si tratta appunto di
incttlcare, come c non sufdcit ei tantam diligentiam adhibuisse quantam suis rebus adhi-
bere solitus est ». Lo stesso dicasi del S 1 !• 3, 27 c ad exactissimam quisque diligen-
tiam compellitur reddere rationem, nee sufficit talem diligentiam adhibere, qualem suis
rebus adhibere soleret, etc ».
Ne* due passi fr. 25 § 7 cit. e § 5 dtf loc, si tratta di indicare i confiini tra la colpa
e il caso ; il giurista vuole chiaramente dimostrare che quesfultimo comincia dove non
v*e alcuna negligenza da rimproverare al conduttore. B si tratta anche di un genere
di negozii, in cui il buon padre di famiglia suole effettivamente adibire molta cura. —
Ora mi pare che si possa con sicurezza conchiudere, che le citate espressioni non im-
plicano un incremento di responsabilitjt oltre gli ordinarii confini della colpa.
Meno ancora pud addursi la semplice frase eaaota diligentia. Paolo usa questa
frase pel negotiorum geator [v. s. 1, 4 § I), che non ^ certo tenuto che alPordinaria
diligenza del buon paterfamilias ^): altrove dice (18, 6 S 3) che il venditore ante ad-
metiendi diem deve prestare diligentiam exaetioremy quam in eui* rebue adhiberet.
— Qui insomma non si distingue altro che la diligenza ordinariamente richiesta dalla
diligentia quam auie, £ questo comparativo fa credere che Gaio e Paolo usando il
positivo exaota diligentia altro non vogliano indicara, che la consueta diligenza del
buon pater familiae. So bene che tal modo di intendere il passo non coincide con quello
di Baron <); ma le ragioni del dissenso esporrd quanto prima, confutando altri argo-
menti. — II § 4 I. 3, 14 preso certamente dalle ree eouidianae di Qaio, dice, parlaudo
del creditore pignoratizio, < placuit suf&cere quod ad eam rem custodiendam exaetam
diligentiam adhiberet > ; ora Paolo nel fr. 14 de p. a. 13, 7 spiega iu che consista 1*0-
xacta diligentia richiesta in tale ipotesi c ea igitur quae Migens paterfamiliae in
Muis rebue praeetare eolet a creditore exiguntur ». 11 Baron, che sul fondamento del
S 4 cit. e di altri passi, di cui vedremo, aumenta invece la responsabilitA del creditore
pignoratizio per la euetodia teonioa, si trov6 costretto ad asserire che Paolo aveva
un*opinione diversa da quella degli altri giuristi su tale argomento 3). Piii tardi pro-
pose un*altra spiegaiione *); Paolo avrebbe parlato di un pegno di immobili e in tal
caso avrebbe avuto ragione di scrivere cosi, perche la euetodia teonioa non si applica
che ai mobili. — Ma intanto (senza discutere se il concetto di custodia sia ristretto ai
^) Paochioni, neg. geat,, pag. 620 sg.
«» II, 285 sgg.
3) I, 79.
4) II, 269 sg.
SBOONDA APPBNDIOB DEL TBADUTTOBB AL § 857. 279
mobili) 6 certo, che i compilatori tolsero qualsiasi relatione fra tale decisione e la qua-
Wik immobiliare deiroggetto e quindi la dottrina di Baron resulta, almeno pel diritto
giusllDianeo, non vera. Inoltre si vegga quanto la sua spiegazione per (yanto concerne
il testo origioario di Paolo sia improbabile. U fr. 14 ^ assunto dai compilatori per in-
tercalarlo tra i fr. 13 e 15 e integrarne 11 discorso. I compilatori in tali casi sogliono
completare quanto un giurista dice con quello che un altro giurista espone trattando
il medesimo pun to. E devesi appunto credere che Paolo trattasso un problema gene-
rale della responsabilitii del creditore pignoratizio, come lo tratta Ulpiamo al fr. 13
§ 1. Del resto se Paolo avesse voluto lihiitare il suo asserto al pegno di immobili, Ta-
vrebbe naturalmente detto (tanto piu se la diversa aatura delFobbietto avesse tanto
inftuito sul grado della responsabilitii), ne tal mensione avrebbero negletto i compila-
tori, che, secondo il Barom^ avrebbero pure accolto la dottrina della custodia tecnica !
Pii!l grave pu6 sembrare Taltro argomento, che le fonti esigono dal commodatario,
oltre la responsabiliti per dolo e colpa, quella per custodia e che la responsabilitji sua
viene esplicitamente delimitata da' casi di forsa maggiore.
Cfr. fr. 5 § 5 h. t. : « custodiam plane commodatae rei etiam diligentem debet prae-
stare » (il commodatario).
Cfr* fr. 5 § 15 ibid.: « esse uerius ait, et dolum et culpam et diligentiam et custo-
diam in totum me praestare debere ». ^
Cfr. pure Oaio, 3, 205, 206 — ?§ 15, 16 I (4, 1).
Circa airaccennata deliminazione, si meditino i passi seguenti :
Cfr. fr. 5 § 4 h. t. : < quod vero senectute contigit vel morbo vei vi latrouum erep-
tum est, aut si quid simile accidit, dioendum est, nihil eorum esse imputandum ei, qui
commodatum accepit, nisi aliqua culpa interveniat ^K perinde et si incendio vel ruina,
aliquid contigit vel aliquod damnum fatale, non tenebitur ».
Fr. I ^ ^ de O. et A. (44,7): < is vero qui utendum accepit, si maiore cctsu oui
humana in/lrmitas retistsre non potest, veluti incendio, ruina, naufragio, rem quam
accepit amiserit, securus est ».
E bene avvertire, che il damnum fatale^ il naufragium, la uis piratarum. sono
addotti come limitaiioni della responsabilit^ nel receptum nautarum ^;, nel quale, come
tutti sanno, si rispondeva anco del perimento e del danno avvenuto senza colpa del re-
cipiente.
Aggiungeremo ancora che Gaio sembra nel fr. 5 pr. D. 4, 9 mettere il fullo e il
sareinator rispetto alia responsabilitA per la oustodia nella stessa condizione del eaupo,
dello stabularius, del nauta.
« Nauta et caupo et stabularius mercedem accipiunt non pro custodia, . . . et tamen
custodiae nomine tenentur. nam et fullo et sareinator non pro custodia, ted pro arte
mercedem accipiunt et tamen custodia nomine ex locato tenentur ».
Lo stesso Oaio parifica altrove 3) rispetto alia oustodia il commodatario al fullo e
al sareinator:
« Quae de fullone aut sarcinatore dizimus, eadem transferemus et ad eum, cui rem
commodavimus ; nam ut illi mercedem capiendo custodiam praestant, ita hie quoque
utendi commodum percipiendo similiter necesse habet custodiam praestare ».
^) « nisi -interveniat » e probabilmente emblema. Ad ogni modo, se esse dk un ca-
rattere troppo scrupoloso e scolastico alia esposizione, non turba menomamente il senso.
«) Pr. 3 8 1 D. 4, 9.
3) 3, 206.
280 SECONDA APPBNDIOE DEL TEADUTTOBK AL § 867.
Sebbene il Baron esplicitamente nol dica, pure e chiaro che la conchiusione < se a
=z:x eb = x, az=:b»glie paraa in quMto caso ben applicabile I
Si aggiung^inoltre, che in moiti testi i) h detto senz'altra restrizione, che quella
della solvibilit& (potche il commodatario insolvibile e privo del necessario interewei,
che il commodatario ha Vactio furti contro il ladro, poiche del furto ri»poDde Terse it
commodante. Una tale respoosabiliti apparentemente illimitata pel furto sembra bene
accordarsi colla dottrina della custodia tecnica.
Secondo il Baron ^) vi sarebbe pure nelle fonti una esplicita testimonianza della
piena responsabilit^ del commodatario pel danno recato dagli animali alia cosa coromo-
data, cio^ il fr. 2 pr. D. 9, 1 : < haec actio (de pauperie) non solum domino, sed etiam
ei cuius interest competit, veluti ei cut res commodata est, item fulloni, quia eo quod
t&nentur dafnnum videntur pati >.
Credo cosi di avere condensato tutte le precipue ragioni addotte dagli awersari e
di averle anzi espresse piu efficacemente di quanto alcuno di loro, compreso lo stesso
Baron, abbia fatto.
Nel campo delle obbligazioni per custodia s*intende uii dovere di custodire e di-
fendere una cosa dal perimento, dal trafugamento, dal danno, cui corrisponde un di-
▼erso grado di responsabilitii 3). E quindi un obbligo di assumere le dovute cautele per
evitare la perdita e il danno. Secondo la natura del rapporio, quest'obbligo e piu o meno
rigido; ora ba^ta che taluno non ommetta maliziosamente de* provvedimenti necessarii
o almeno che non ommetta quelli, la cui necessitii non pu6 sfuggire che a pereone sin-
golarmente trascurate; ora si richiede che taluno usi quei provvedimenti che suole
usare per le cose propria; ora si richiede che impieghi tutta la cura per prevenire le
perdite e i danoi. — E chiaro, a mio avviso, che la dottrina della custodia h posta cosi
in stretto rapporto colla dottrina della colpa e in ci6 mi aliontano dal Brinz. Che vi
abbiano quelle tre categorie di custodia, dicono ie fonti:
a) una custodia, che ha per contrapposto il dolo (e la culpa lata): fr. 2^10.
18, 6: « custodiam qualem praestare venditorem oporteat, utrum plenam^ ut et
diltgentiam praestetf an vero dolUm dumtaxat... ». V'^ dunque una custodia, che
consiste nelKastenersi dalle omissioni maliziose o gravemente colpose (Stbfano ad fr. 53
«| 3 pro socio paria appunto di una custodia ^oau itpofsiowj^a.). Tale citstodia non e
plena; e infatti le fonti sogliono evitare la nomenclatura di custodia dove non corri-
sponde la diligentia. E cosi si spiegano alcune antitesi, non infrequenti nelle fonti,
per es. fr. 10 § 1 h. t. € si quidem mea causa dedi dolum mihi tantum prae-
stdbit; si sui et custodiam ».
b) una custodia, che ha per misura la diligentia quam suis, e indicata da Paolo
fr. 3 D. 18, 6: « custodiam autem venditor talem praestare debet, quam praestant hi
quibus res commodata est, ut diligentiam praestet exictiorem, quam in suis rebuts
adhiberet ». V'e dunque anche una custodia, che risponde alia diligentia quam suis.
o) una custodia (ed e quella solitamente intesa) che risponde alia diligentia dili-
gentis; per es. § 4 I. 3, 24 < ab eo custodia talis desideratur, qualem diligentissimus
paterfamilias suis rebus adhibet ». In tal caso appunto custodia si scambia cun dili-
gentia o si illustra colla menzione della diligenza *) (fr. 2 § 1 cit. « custodiam plenam,
ut et diligentiam praestet » ecc). L*endiade et diligentiam et custodiam nel celebre
M Per es. Gaio, L c, § 16 I. 4, 1. — fr. 14 § 16 de f.is (47, 2i, etc.
2) II, 206 sg. 270.
3) Alquanto diversamente Brinz, Pand. § 268 sgg.
*) Cfr. sovratutto il fr. 19 h. t col fr. 41 de loc. il9, 2).
SEGONDA APPENDICE DEL TRADUrfOBE AL § 857. 281
ti\ 5 § 15 h. t. riceve cosl molta luce; essa va sciolta in diligentem custodiam (custo-
diam diligentem praestare u ha in fr. 5 § 5 b. t.) o eu#toeltam, quaUm diligens pa-
terfamilias adhibere tolet. Gfr. pure fr. 36 D. 19^ 1 cpars est custodiae ililigentiaeque
lianc interponere stipulationem ».
«
La na^gentia in eust^imdo coatituisce, a mio modo di vedere, il perfelto con-
trapposto delta culpa in faeiendo; entrainbe queste figure riunite insieme esauriscono
la materia della culpa in ^enso laio. E co9\ %\ comprende benissimo, perche ora la
inanoata eustodia sMndichi come culpa e ora invece si dica che taluno risponde e della
-culpa e della mancata eustodia. La culpa ^ \k intesa ia senso lata; qui piii stretta-
roente. come culpa in faeiendo. L*equiparazione di culpa e mancata eustodia e chiara
in fr. 5 9 13 < culpam in eam quoque praestandam > ^), cfr. anche l.> Stefano in h. 1.;
cosi pure in fr. 14 <l 10 de furtis (47, 2) : « palrem hoc nomine agere non posse, quia
•custodiam praestare non debeat . . . is . . . habet furti actionem . . . qui ob eam rem te-
netur, quod ea res culpa eius perierit,.. ». II cumulo invece si trova in molti passi,
per es. fr. 13 § ID. 13, 7 : « venit autem in hac actione (pigneraticia) et dolus et culpa,
ut in commoilato; venit et eustodia »: const. 19 de pign. 8, 13: « creditor dolum
•et culpam %tdi\\g6in'mm etoustodiam exhibere cogitur » : fr. 5 § 15 h. t. « et dMum et
•culpam et diligentiam et custodiam in totum me praentare debere » : tV. 1 S 35 D. 16, 3:
« non miliim dolum sed etinra culpam et custodiam (« culpa in faeiendo » e < in omitte*ndo »)
praefitet *.
Invece io non trovo mai (e questa afTermazione (ark forse slupire piu di un lettorei
indicaia colla voce eustodia una responsabiiitiii che arrivi pur \k dove manca la colpa.
dove non c'e una negligenza imputabile. — Ho detto che tale mia afTdrmasione far&
forse stupire qualcuno, ^lacche si h oggi inclinati a trovare « il paradigma della re-
«pon8abilit& per la eustodia nel receptum del nauta e del caupo ». (Pernicb, I^beo ?« 347).
E certo, che « omnimodo qui recepit tenetur, etiam si sine culpa eius res perit vel,
damnum datura est » (fr. 3 § 1 D. 4,9); ma e pur certo che tale responsabilit^ non e
mai indicata colla voce eustodia. Niuno vorra trovare una simile indicazione nel fr. 1
^ 1 ibid.'. « maxima utilitas est huius ed>cti, nam necesse est plerumque eorum fidem
Kequi et res custodiae eorum eommittere », giacche qui eustodia non indica una re-
fiponsabilita, ma il semplice fatto di ricevere in cura le cose altrui, cfr. per es. fr. 1
pr. I). 16, 3 e fr. 1 § 5 cftf 0. et A. (44, 7). Da questo fatto posiiono nascere obbliga-
zioBt e responsabilitA, ma queste non vanno confuse con quelle. Precisamente il eom-
mittere custodiae »i trova detro pel depositor in cui niuno amroette la cos'i delta eu-
stodia tecnica. Cfr. il cit. fr. 1 § 1 : € depositum est quod custodiendum alicui datum
est; dictum ex eo quod ponitur: praeposito emm de augei positum , ut ostendat totum
BIUS FIDRI COMXISSUM, QUOD AD CUSTODIAM REI PBRTINBT >. Vodi iV. 9 ^3 ds 1, D. 23.3:
< el si eustodia marito commiititur (rerum uxoris), depositi vel raandati agi poterit ».
Vedi poi fr. 1 § 9, IS'-,, 13, 14 fr. 6 dep. (16,3) — Al eommittere custodiae alieuius
') II Baron insiste nuovnmente (II, 266) nella sua vecchia (1,70) spiegazione eulpam
{servi) praestandam. Ma essa e impossibile, come prova un semplice confronto colle
ultime parole del parngrafo. II Baron ha per6 ragione, quando sostieiie contro il Per-
nios (Labeo 2, 355). che tali parole derivano da Cartilio e non da Ulpiano. La verirn
■e che periculum (sell, custodiae) ad te respieere equivale a culpam praestandam,
^} Plenius fuit mandatum habens et custodiae legem vuol dire: < il mandato non
fi riferiva solo airincarico di consegcare ia cosa a Tisio; era piu ampio e compren-
deva anche quello di custodire la cosa ove Tizio non la volesse licevere »: CiV. Tindice
di Stekano in h. I. Ma per se la eustodia (ossia iL fatto del custodire) \n\6 e^sere oh-
bietto del deposito, come del mandato, come della locazione d'opera.
Gluck, Comm. PandetU. — Lib. XIII. 36
282 SECONDS 1.PPBNDI0B DEL TBADUTTOBB AL § 857.
corrisponde il eustodiam ret recipere : cfr. fr. 1 § 12 depositi e Ir. 1 § 8 nauL eaup,
(4, 9) < et puto omDium eum recipere custodiam quae in navem illatae sunt >.
Un sifTatto recipere ouetodiam imi e in taluDi coDtratti la precipua o aoche J'eaclu-
eiva prestazione, a cui una delle parti si viene obbligando con dirersa efficacia: lo e
nel depusito, lo e in taluni casi di locazione d*opera (quarftlo si d4 una meroee pro re
euetodienda)^ lo e in alcuni casi di mandato. In altri contratti invece il recipere cu-
stodiam e una preslazione subordinata, che tacitamente segue la principale. Cosi nelia
loeatio operisy il conduttore che si assume di lavorare la materia altrui si assume ta-
citamente d sorvegliarla ; cosi nei contratti col nauta e il eaupo, questo si assume
ut viatoree manere in eaupona patiaturf quello ut traieiat eectores, eppure a tali
prestazioni principali ed esplicite segue tacitamente Taltra del reeipere rertitm etuto-
diam. Tanto non e altro vuole insegaarci Gaio nel fr. 5 h. t, il passo che e stata forse
la pietra d'iiiciampo del Baron e che ha creato molte difficoltA al Windschbid e ad
altri scrittori.
« nauta et caupo et stabularius mercedem accipiunt non pro custodia (pel fatto della
custodia; noa per un determinato grado di responsabilit^ relatival sed nauta ut traieiat
uectores, caupo ut uiatores manere in eaupona patiatur, stabularius, ut permittat iu-
ment%apud eum stabulari (si noti come il confrotito e serapre con determinate figure
di prestazioni); et tamen custodiae nomine tenentur (cioe si dk azione verso loro, non
solo per Tadempimento di queste principali prestazioni dedotte in contrattOi ma anco-
rispetto alia conservazione delle cose), nam et fullo et sarcinator non pro custodia, sad
pro arte mercedem accipiunt et tamen custodiae nomine ex Iccato tenentur >
E cioi il fuUone ed il sarto possono essere coavenuti ex locato non solo per man-
cata o difettosa esecuzione del pattuito lavoro« ma anche per conseguenze deri^anti dal
perimento della cosa data in consegna.
II distinguere questi due significati di custodia nel cauipo delle obbligazioni e ne-
cessario anche di fronte alle locuzioni usate dai giuristi. Qaio qui scrive: custodia no-
mine teneri, e ripete ben due volte la frase; mentre questa espressione non si trova
mai ne m lui ne in altri autori per indicare. che taluno e responsabile della diligetisa
impiegata nel oustodire la cosa, o nei casi, in cui il Baron trova insegnata la respon-
sabilit& per la custodia teeniea. La frase costaote per indicare tale responsabilit^ e
eitstodiam prciestare ed e molto istruttivo confrontare col fr. 5 test^ citato il § 206 •
seg. delle Istituzioni di Oaio, lib. Ill, tanto piii che i due passi sono dello stesso autore.
« Quae de fullone aut sarcinatore dizimus eadem transferemus et ad eum cui rem
commodavimus; nam ut illi mercedem capiendo custodiam praestant, ita hie quoque
utandi commodum percipiendo similiter neoesse habent custodiam praestare. sed is apud
quem res deposita est, custodiam non praestat >.
Che qui custodiam praestare abbia tutfaltro senso che custodiae nomine teneri,
h chiaro. II depositario tenetur custodiae nomine al punto, che il contralto si definisce
appUQto dal la custodia: eppure qui si dice che custodiam non praestat. Nel fr. 5
sUnsegna giustamente che il fullo ed il sarcinator non pro custodia mbrcbdbk acci-
piunt e qui altrettanto giustamente si dice che mbrcbdbm capibndo custodiam prab-
8TANT. Ivi si dice che la mercede non si liferisce al servizio che fanno custodendo la
cosa ; qui si dice che siccome il negozio h loro proftttevole, poich^ ricevono mercede,
cosi la loro responsabilitA si misura coUa diligente custodia.
Oltre la frase custodiam praestare, che di gran lunga e la piii usata, occorrono
custodiam exhibere o adhihere: custodia alioui pertinet : custodia (in iudicio) reniL
Non mai, in questo senso, custodiae nomine teneri, frase, su cui il Baron ha pur
fatto tanto assegnamento (II, 225, 237).
SBOONDA APPENDICE DEL TBADUTTORB AL § 857. 283
La frase subirg perioulum ouMtodiae fr. 1 S 4 D. 47,5 indica semplicemente che
fi'iacontra una respoDsabiliU (pertculum) pel fatto di tonere la cosa altrui (custodia)
aoche per event! dod derivanti direttamente dalla ^olonUi propria (dolo). Cfr. anco la
nota seguente d la frase affatto analoga perieulum depositi in fr. 1 § 35 D. 16, 3. Non
•e precisato del resto fino a che punto tale responsabilitii si estanda, se comprenda o do
<qualche parte del caso, o aoche tutto il caso. Pu6 anche limitarsi alia diligentia quam
9uis : cfr. fr. 25 D 17, 2 == « non ob earn renoi minus ad perieulum socii pertinet, quod
iieglegentia eius peri isset etc. >. Pu6 invece comprendere anche la forza maggiore:
c 1. h. t. (4, 23).
Un altro passo, che merita di essere ponderato, e il difficile fr. 14 § 17 de furih
<47, 2) :
c An etiam is, cui data est (epistula) preferenda, furti agere possit ? et si cuatodia
•eius ad eum pertinebat, potest, sed et si interfuit eius epistulam reddere, furti ha-
4>ebit actionem ; ftnge earn epistulam fuisse, quae continebat, ut ei quid redderetur fie-
retue* potest habere furti actionem : vet si c%AStodia*n eius rei reespit vel mercedem
f referendae accepit, et erit in hunc casum similis causa eius et cauponis et magistri
nauis; nam his dam us furti actionem, si sint soluendo, quia perieulum rerum ad eos
pertinet ».
L^indice di Dorotbo mostra che il testo ha subito alcune alterazioni. Appare perd
come ciistodiam reeipere non abbia lo stesso significato di « ousiodiam ad aliquem
psrtinere >. Stando alfindice doroteano, il testo dovrebbe ricostituirsi a un dipresso
cosi : •
< an — furti agere possit f et si iikerfuit eius epistulam reddere, furti habebit ac-
tionem; finge eam epistulam fuisse, qua continebat, ut ei quid redderetur fieretue :
potest habere furti actionem, sed et si custodia eius ad eum pertinebat, potest, vel(uti)
ai custodiam eius rei recepit et mercedem perferendae accepit. et erit etc. »
Quand'e che il iatore della iettera e tenuto alia diligente custodia, che (come ye-
•dremo poi meglio) suole arrecare la responsabilit^ pel furto? Quand'6, in altre parole,
che eustodia epistulae ad eum pertinet f Quando, risponde il giurista, recepit eusto-
•diam eius rei e si assunse Tiucarico contro la mercede corrispondente. Colui infatti
che gratuitamente riceve una cosa per trasportarla, reoipit bensi eustodiam, nel senso
•che prende la cosa per tenerla e restituirla; ma viene ad essere coosiderato come un
depositario non tenuto alia diligante custodia e non responsabile pel furto. Cfr. fr. 3
■S 1 D. 4, 9 : « si gratis res (perferendae) susceptae sint, ait Pomponius depositi agi po-
tuisse >.
Per mostrare che la mia ricostituzione del testo, che del resto a prima vista giit si
rivela corrotto, segue letteralmente rautorevolissimo indice di Dorotbo, ecco la ver-
«ion0 parola per parola di quesVultimo : « E per questo si e domandato, se anche
rintermediario cui vien data da portare la mia Iettera, abbia Tazione di furto. B se lui
interessa il consegnare la Iettera, *ha Tasione di furto; supponi che nella Iettera si con>
ienga di dare qualche cosa a colui che la porta o di fare qualche cosa per lui. Anche se
ha ricevuto una mercede pel trasporto della Iettera, ha pure Tazione di furto, poiche
fie ha la responsabilit^ ecc. ».
Tra le ragioni, per cui si alterd questo passo, fu a mio credere la non capita diffe-
renta fra le due frasi otutodiam ad aliquem pertinere (sul cui senso cfr. per es. anco
il § 15 h. fr.) e custodiam reeipere: ci6 ingenerd confusione e spinse a guastare il
testo.
Dopo tali oflservazioni crediamo inutile Toccuparci deirioterpretazione affatto diversa
proposta da) Lbhmann, Rivisia della fond. Sav, R. A. IX, 109-121.
284 SKGONDA APPBNDIOE D£L TBADUTTOBfi AL § 857.
Credo cosi di avere provato che la responaabilit^ del nauta e del caupo, la quale
eccede sicuramente i confiiii della colpa, non e mai iodicata colla fra&e eustodiant
praestare e che tanto meno eustoditi indica quella eccedenza di reBpon8abilit& oltre gli
accennati coniini. — L*argomento, che si e voluto trarre dalla pretesa equiparasione
del fullo e sareinator col nauta e col caupo, e di quelli col commodatario, e aflatta
immaginario, come 8*e visto. Che del resto la responsabiliti del conduttore di opera
(a cai appartiene il fullo e il sareinator) si misuri diversamenta da quella del nauta,
e detto esplicitamente nelle fonti. Perche, scrive Pompomio, ha il pretore introdotta Ta-
zione in faotum contro il nauta ecc. i Non bastavano le azioni civili ? Porse che per
es. si ret p^rferendas nauta eonduxit, non ci sarehbe stata coiitro di lui V actio ex lo-
cator E risponde: La ragione e duplice; la prima sta in cid che il pretore ha voluto
mostrare il suo rigore verso certa geote; la seconda e piu importante nta in ci6, che
« in locato et conducto — eulpa dumtojpat praestatur; at hoc edicto omnimodo qui
reeepit teneiur, etiamei tine culpa eiut res periit rel damnum datum ett » : fr. 3^
§ 4 D. 4, 9.
Ora il commodatario e rispetto alia custodia espliciiamerite parificato al conductor
operit (cfr. Oaio 3, 206) e ami anco al conductor rei (fr. 5 § 15 h. t. tub fin.) : a
proposito del quale vedi Pomponio apud Ulp., nel fr. § 1 ciU <).
Maggiore difficolt^ potrebbe sorgere da cid, che il limite della responsabilita de\
commodatario sembra in parecchi testi riposto nella uis maior, nel catut maior, com»
abhiamo gi& osservato. Parrebbe cosl che il campo del catut minor^ cui appartengnno
') Che Vhorreariut sia tenuto per la com detta custodia tecnica, che sia anst equi-
parato in proposito al nauta ecc. (s*intende ove non intervengano special! pattuizioni>
e bensi opinione generale (Baron, II, 245 sg. — Goldschmidt, nella sua Rivittih H
pag. 327. — WiKDSCHBiD, Pand., % 401 num. 2. — Brinz, Pand. § 269 (2/ ediz.). —
Pbrnicb, Labeot 2, 350 (num. 6)); ma non mi pare dimostrato. Che egli possa ob-
bligarsi con apposite pattuizioni oltre Tambito della diligenza e della colpa, e ovvio;
ma che tale obbligo gi^ intervenga ope iuris o per sotiiniesa conveniione, non nii
pare.
In contrario parlano apertamente, s'io ben veggo, il fr. 41 loc. (19, 1) e il ir. 19 h. t..
sui quali qui nun mi diflfondo perch^ dovr6 presto considerarii nel teftto. Nulla provu
il fr. 40 he. : « qui mercedem accipit pro custodia alicuius rei, is huius periculum cu-
stodiae praestat ». Cuttodia qui indica il fatto delTassumere rem scf^avdam : la na-
tura' della prestaiione coincide con quella del deposito, da cui il negozio differisce per
la convenuta mercede. Ora il testo dice potervi essere un contralto di locazione d^opeiiv
avente per oggetto la custodia rei ossia quella prestazione, che forma Toggetto del de-
ftosito ; se non che in ial caso il custodienie incontra una responsabilitd iperioulum}^
che non incontra nel deposito. Ora il periculum (ed e noto da un pezzo ; per es. Vinmio»
JnsL ed. cit. II, 94) non significa punto necessariamente una responsabiliti eccedente
la colpa; quella derivante da ommessa diligenza e (se altro non appare) compresa. Tale
responsabilili. non incombe al depositario, che e tenuto pel solo dolo (o per la colpa
lata), o<(»ia per eventi riconducibili direttamente o indirettamente alia sua volonU. Cfr.
per una decisione affatto analoga il fr. 1 § 35 dep. Id, 3: € et si quis se deposito obtulit,
idem Julianus scribit periculo te depotiti illigasse (la sua responsabilitA eccede quella
per dolo; perieulutn depositik del tutto equivalente k periculum c%utodiae) ita tamen
ut non solum dolum, sed etiam culpam et custodiam praestat, non tamen casus for^
tuitos ». — E ceito che Vhorreariut, come del resto ogni conduttore, protfJtae ou--
stodiam, (fr. 60 § 8 loc. 19, 2); ma ci6 signiflca che per la conservazione della cosa ri-
sponde della diligenza del buon padre di famiglia.
SBOONDA APPENDIGB DEL TBADUTTOBB AL § 857. 28&
i farti, i danni recati senza violenza dagli uomiDi o dagli animali ecc, delil>a esser com-
preso in tale respoDsabilUA. E ci6 sembra appunto confermato dal fatto, ch« regolar-
inente compete al commodatario V actio furti,
Comineeremo per6 ad awertire, che il limite della uiif maior e addotto anche per
altri casi di responsabilitii, per cui neasaoo ha pensato mai alia cosi delta custodia teo-
nica. Cfr. per es. Dig. 26, 7, 50 « si res pupillaris incursu latronum pereat vel argen-
tarius, cui tutor pecuniam dedit quum fuisset celeberrimuB, solidum reddere noD pos-
sit, nihil eo nomine praestare cogitur ». Cod. 4, 34, 1 c 8i incursu latronum vel alio-
fortuito casu ornamenla deposita apud interfectum perierint, detrimentum ad heredem
eius qui depositum accepit — noii pertinet » — . Ora Tuitima formula non so in quant4>
diffbrisca da quella del fr. 5 § 4 h. t. « st incendio vel ruina aliquid contigit, vel ali>
quod damnum fatale... » usata a proposito dal commodato (v. anzi circa Vineendio,
quanto si dice pii!i avauti). E del resto si pu6 anehe spiegare come mai si adducano
ordinariamente esempi di vis maior per escludere la responsabiliti pur nei casi, in cui
si esige piu delPordinaria diligenza. Questi sono veramente casi, in cui ogni lesponsa-
bilitji appare senza altro esciusa (e quando taluno ne risponde, e per la deviazione dai
limiti della sua obbligazione, non per diretto rapporto colKevento dannoso); mentre^
ove non si tratti di forza maggiore, e sempre aperta la questione se poteva o no con
maggpor cura evitarsi il danno. lusomma i casi di forza maggiore si prestano ad un
paradigma generale; gli altri casi fortuiti risultano tali solo dalPesame delle circo-
stanze concrete e individual i>
N^ del resto si deve credere, come fa il Baron, che le espressioni easus fortuitust.
fatalia siano equipollent! a eaaus maior ^ uis maior etc. Per esempio nel Cod. 5, 38, 4
ieggiamo:
« tutoribus vel curatoribus fortuitos ea*us, adversus quo* oaveri non potuit, im-
putari non oportere saepe rescriptum est ».
Ora qui per tali fortuiti oasvu non si possono intendere che in genere gli evenli
non prevedibili. Cfr. Taffatto simile decisione in Cod. 4, 35, 13:
« a procuratore dolum et omnem culpam, non etiam improvisum casutn prae^
standum ease, iuris auctoritate manifesto declaratur*.
Si avverta che siamo in ipotesi, in cui per confessione di tutti non pu6 discorrersi
di custodia tecnica; il secondo passo poi mira ex profesao a delimitare la responsabi-
liti del procurator, E poi lecito invocare anche la c. 5 (9, 16); bench^ ivi la decisione
si rapporti al diritto criminale, pure non pu6 non aver radice nel slgnidcato pro^io
delle parole, il quale deve fondamentalmente ritenersi lo stesso, che nel campo del di-
ritto civile ^). Ivi si dice avvenuta per caao fortuito la morte in conseguenza di u^
calcio ricevuto. L>vidente significato e pur quello che chi assesta altrui un calcio non
pu6 prevedere una cosl grave e terribile conseguenza: tale effetto e per lui impro-
viau9, Del resto il damnum fatale, che nel f'-. 5 § 4 cit. e addotto come limite della
responsabilit4 del commodatario, e deflnito nel fr. 52 § 3 pro socio (17, 2) come « dam-
num quod imprudentibus accidit ». — Si e disputato circa rintelligenza di quesle pa-
role, lo credo, che Tespressione non possa disgiungersi daiPaltra improvisus casus; si
tratta di quegli eventi che capitano improvvisi anco a* diligenti, ancha a chi prende le
precauzioni dalfordiuaria prudenza suggerite. I greci tradu^ono fatale con r^x^pdv (for-
^) Cfr. benche non si riferisca alia presente questione particolare, ma tratti piu ge-
neralmente il problema, il Pbrnicb, Laheo, 2,372 sg.
286 SEOONDA APPBNDIOB DBL TBADUTTOBE AL § 857.
iuito, causale) e quae imprudentibus acoidunt con rx ictLp* klicXia. yi'^fuvoL, ci6 che av-
viene fuori d'ogni ragioiievole aspettazione.
Tale definiziooe ^ suffragata dagli esempi, che seguoDo: Tra essi e che il peeus pe-
I'isca in un inceodio. Ora un tai ca80 ordinariamente noo appartiene neceseanaiiiente
alia uis maior. Tanto poco vi appartiene di nacessita, checch^ ne pensi il Baron ^).
che i romani dicono anzi, che incendium sine culpa fieri n<m poteet (fr. 11 D. 18, 6 .
La quale frase e certo iperbolica; ma indica chiaro che il danno e in aBtratto evita-
bile: la responsabilit^ e esclusa per regola, quando il fatto non sia riconducibile a
colpa dello stesso obbligato. Cfr. il fr. 3 § 1 D. 1, 15: « quia plerumque ineendia
€ulpa fiunt inhabitantiumf aut fustibus castigat eos, qui neglegentiue ignem hahue-
runt etc ».
L^unica dif&colt4 che pu6 opporai a queste riflessioni e foree quella che pud rica-
varai dal fr. 3 § 1 D. 4, 9: « omnimodo qui recepit tenetur, etiam si sine culpa eius
res peri it vel damnum datum est, niei si quid damno fataU contigerit ». Qui pare,
poiche ai discorre del reoeptutn ruiutarum^ che damnum fataU aia affatto equiva-
tente a uia mator, che infatli piu avanti si adduce : < idem erit dicendum et si in sta-
bulo vel caupona vis maior contigerit ». — Se non che qui abbiamo a fare con un ma-
laccorto gloasema od emblema: nisi — contigerit. Q\k il tipo di esao (che rientra in
una delle pii]i note categorie dello Eibblb) ^ soapetto; si aggiunge che appena pu6 cre-
derai che un giuriata romano acrivesse « si — damnum datum est, niai si quid damno
fataU contigerit ». La condotla poi del ragionamento riaulta strana. Si pone come prin-
cipio iocontroTerao, che il nauta non riaponde del damnum fataU^ quindi se ne de-
duce aulPautorit^ di Labbonb non essere iniquo dare al nauta eccezione in caao di
naufragio o di asaalto de* coraari! E invece naturale, che il giuriata, dopo aver detto
che il nauta riaponde anco pel perimento e pel danno non aacrivibile a sua colpa, ag-
giungease : Labeo tamen etc., temperando coal il rigore del principio annunciato. Ma
il principio doveva appunto annunciarai in tutto il auo rigore, trattandoai di apiegare
le parole edittali niei restituent, in eos iudioium dabo, Queate parole, letteralmente
inteae, non lasciano scampo per il nauta: o reatituire o risarcire.
Che del reato la reapooaabilil^ del comraodatario intesa sotto ii nome di custodia
non eaorbitasse dai confini della colpa, e detto nelle Fonti per chi. vuole intanderlo.
La c. 6 IV, 24 dice generalmente: « quae fortuitis casibus accidunt, cum praem-
deri non pottierint (in quibus etiam aggressura latroDum est) nullo bonab fidei iu-
Dicio praeatantur ».
A arbitrario equiparare caso fortuito a uis maior. 11 senso e apiegato dalla alesaa
costitusione cum praevideri non potuerint e a queato aenao noi dobbiamo attauerci,
benche poi ai citi un eaempio di uis maior, Queata rientra nel caao fortuito come la
apecia nel genere; ma Timperatore, decidendo una questione attinente ad eaaa, invoca
il principio generale.
II fr. 13 S 1 D- 14i 7: « venit autem in hac actione et dolua et culpa; ut in com-
modato venit et custodia; via maior non venit >.
Gi6 e meglio chiarito dal aucceasivo fr. 14: c Ea igitur, quae diligens paterfami-
iias in suis rebus praestare snlet, a creditore exiguntur ».
Anche il creditore pignoratizio e tenuto alia cuatodia; anche per la aua reaponaabi-
\iik e addotto il limite della uis maior; la miaura della aua reaponaabilitA e parificata
«8plicitamente a quella del commodatario e tuttavia apprendiamo che non eaorbita
quanto auole e pud prestare il diligente paterfamilias.
II tentativo di Baulon di attribuire la deciaione del fr. 14 al aolo pegno di immobili
1) II, 276, 296, sg.
SEGONDA APPENDIOB DEL TUADUTTOBE AL § 857. 28T
non mi pare, come ho giA detto, troppo felice. Del resto io nan so quale vantaggio se
ne possa ricarare per U sua teoria, una volta che si dimostri inaccettabile Taltra sua
assemioDe che la eustodia ^ applicabile ai soli mohili, — Nod si vede anzitutto verun
motivo intrinseco per tale limitazione; e vero che degli immobili Don si commette furto,
ma t danni sono possibili tanto pe* raobili, che per gli immobili. — II suo argomento-
esegetico e tolto dal fr. 29 D. 19,2 (Alf. 7 Dig,)-. La Lex looationis compreade questa
elausola: «redemptor siluam ne cedito neue cingito neue deurito, neue quern cedere
ciDgere urere sinito ». Si domanda, se basti che il conduttore impedisca di far tali cose
a chi coglie sul tatto o se ioveco debba « ita siluam custodire, ne quis id facere pofsit ».
Respondi: < verbum sinere utramque habet signifleatioDem ; sed locatorem potius id
videri voluisse, ut redemptor non solum, si quern casu vidisset siluam caedere, prohi>
beret, sed uti curaret et daret operam ne quie Qaederet ».
A me pare che il testo dimostri la piena applicabilitii della outtodia 2l%\\ immobili;
si pu6 cuMtodire una selva e la cuslodia sla nella diligenza impiegata {curare et dare
operam) nel prevenire il danno, proprio come per i mobili.
Co9i invece al Baron non pare. « II giurista — cosi egli serine: (11,229) — in luogo
del ouetodire matte un ourare et dare operam ; evidentemente perch^ stima impossi-
bile un ouetodire eiluam, ».
Ma una simile interpretazione pud venire in mente solo a chi, (Issatasi bene in capo-
UD*idea, .attribuisce senz'avvedersi a tutti gli altrt e anche ai testi il suo modo di ve-
dere. La domanda 6 se qui il ne tinito importi solo il dovere di impedire chi vien
colto sul fatto o aoche quello di ouetodire eiluam. II giurista risponde che esso ha
utramque eignifioationem (dunque anche quella di ouetodire) e si decide per la ^e-^
conda, cui chiarisce anche roeglio coUe parole ourare et dare operam. Ma che Tinter-
pretazione da lui ffcelta sia una di quelle proposte dal consulente, e evidente, dal mo-
mento che dice: < Le parole usate si adattano a entrambe le interpretazioni ; 6 nel
caso per6 piii Terosimile, ecc. > ^). Invece vi hanno testi gravissimi, che confermano non
esistere in proposito fra mobili e immobili differenza di trattamento: Alf. 2 Lig, fr. II,.
D. 18, 6 — « si vendita insula combusta esset, cum incendium sine culpa fieri non
possit, quid iuris sit? respondi t: quia eine patriefamiliae culpa fieri potest (neque si
servorum neglegentia factum esset, continuo dominus in culpa erit), quamobrem si ven^
ditor earn diligentiam. adhibuisset in insula custodienda, quam, debent homines
firugi et diligentes praeetare, si quid accidisset, nihil ad eum pertinebit ».
El Tobbligo generale della rei ctutodia che spetta al venditore flno al momento della
tradiiione o al momento in cui questa viene a mancare per coipa del compratore.
Non meno chiaro 6 il fr. 36 D. 19, 1 :
« Venditor domus antequam eam tradat, damni iafecti stipulationem interponere
debet, quia antequam vacuam possessionem tradat oustodiam et diligentiam praestare'
debet et pars est oustodiae diligentiaque banc interponere stipulationem et ideo sir
neglexerit, tenebitur emptori ».
II venditore, se non interpone la oautio, si espone alia perdita del possesdo e anco
della propriety; e quindi proprio pars oustodiae, vale a dire si riferisce proprio ai
provvedimenti suggeriti dalla diligenza per la conservaiione della cosa Tinterporre la
stipulazione.
^) La lex h qui interpretata adversus eonduotorem ; ma ci6 ^ perche il dovere che-
cosi ne risulta per quest*ultimo i conforme airobbligo generale del conduttore di
praestare oustodiam. — La nostra interpretazione h del tutto conforme a quella dk
Stepano.
288 SEGONDA APPBNDIOE DKL TBADUTTORE AL § 857.
I quali bellissimi tesli non solo luostrano esteso anche agli imraobili il concetto della
custodia, roa illustrano egregiamente il concetto roedesimo, quaU appiicaiione della di-
ligentia. Om il Baron dice: « illecito Tadoperare tali espressioni iocidentali come ar-
gomenti > ^). — Ma non si tratta aflatto di ewpressioni inoidentaU, Si opera in ambo
i teati e epecialinente nel secondo col concetto di custodia, come un concetto tecnico
-e fondamentale e lo e difatti, poiche il venditore deve appunto prestare la custodia.
Come si dovrebbe qualificare il contef^no del giurista se si esprimesae in tal guisa.
mentre la pra^ttatio eustodiae fos$;e ristretta al venditore di cose roobili? £ la nostra
usages! e tanto piu certa, in quanto che il franimento neH'opera genuina (Paolo ad PL)
«i riferiva al titolo de funis (Lenbl, I, 1158). 1/argomento del furto poteva dare occa-
sione a parlare della custodia tecnica, coma viceversa (per es. fr. 4 D. 47, 2 cf. Lrnel,
H, 11?6).
Ritornando dunque alia noAlra trattazione, m ricava che il creditore pignoratizio non
-e tenuto oltre la diligenza del bonus pater families * cid che benisfimo p«r noi si ac-
corda con quanto dicono le Islituzioni (3, 14 § 4): < placuit suf/icere quod ad eam rem
custodiendam exactam diligentiam adhiberet; quam si praestiterit et aliquo fortuito
easu rem amiserit, securum esse debet >. Un argnmento perentorio o(Tre poi a mio
awiso il fr. 14 § 6 de furtis 47, 2, dove la responsabiiila del creditore pel furto coin-
M lit 228 — La lesi pel B^kon si complica forse per c'\6y che il venditore non e te-
nuto secondo lui b\\k custodia tecniea, che nel casodi vendita per un prezzo fissato per
misura prima della misurazione. lo non credo esistere alcuna differenza fra questo caso
e Tordinario. Bd ecco le mie ragioni. Ulpiano nello stesso libro 28 ad Sab, poco dopo
avere esposto, secondo il Baron, Tobbligo della custodia teeniea per rhi vende vino a
misura, soggiange (fr. 4 S I9 2 D. 18,6): c si avei-sioue vinum venit, custodia tantura
praestnnda est... vino autem per aversionem vendito, finis eustodiae est auehendi
tempus ». Come mai « praestare custodiam » pn6 avere a poche righe di distanza cosi
iliverso signiftcato ? E poi una custodia assoluta, quale vorrebbe il Baron, come ai ac-
corda con quanto scrive Gaio (fr. 2 9 1 ibid.): « custodiam ante admetiendi diem qualem
praestare venditorem oporteat: utrum plenam, ut et diligentiam praestet, an vero
dolum dumtaxat? ». Si porrebhe cosi in quella ipotesi il quesito? Qualche difficoltA pub
<iare il fr. 1 § 1; ma, senza biasimare col Pbrnicb Ulpiano per una confusa esposi-
zione, dovremo riconoscere che ivi si e operato qualche spostaniento fra il testo di Sa-
niNO e le note di Ulpiano. Infatti la fine del pr. del fr. si rannoda strettamente col
^ 2; invece il principio del S 1 si rannoda col § *S. In«omma e nata contusione tra la
custodia^ che e una cosa, e il periculum acoris^ muooris ecc. che e tutl*altra cosa.
Cos\ si spiega benissimo anche I'osservnzione « priusquam enim admetiatur vinum,
prope nondum venit » e si comprende come un ca^o affatto naturale, quale Tinacidirsi
del vino, venga a ricadere sul venditore. L'obbligo alia custodia invece si collega con
quanto s*insegna poi circa TelTusione, ecc. Si noti che ora tra 11 pr. e il § 1 cV un:i
^ingolare mescolanza di cose divt^rsissime: la degustatio e la mensura, che si riferi-
scono a ipotesi fra loro lonlanissime; e cid prova con ogni certezza che qiinlche cosa e
caduto e che s'e operato uno spostainento. — Notevole e poi il fr. 35 § 4 D. 18, I : « si
res vendita per furlum perierit . . . si nihil appareat convenisse, talis custodia deside-
randa est a venditore, qualem bonus pater tamilias suis rebus adhibet, quam si prae-
stiterit et lamen rem perdidit, securus esse debet ». A mio awiso cosi e dett) oltima-
raente quanto si esige da chi e tenuto alia custodia per antonomasia. .Lo stesso Gaio
al fr. 2 § 1 D. 18, 6 ove si parla di vino da misurarsi, dice die il venditore e scuaato
<Ialla vis magna e dal damnum fatale; le due formole per noi coincidono. Non cosi
iiaturalmente pel Baron.
SEOONDA APPENDICK DEL rilADUTTOEE AL § 857. 289
eide etpreaBamentd colla di lai colpa. E poiche alia rasponsabilitii del creditore pigno-
iratizio e perfdttamente equiparatft qutlla del commodatario, h lecito dalPuDa arguire
airaltra.
E tale insegnameoto e perfettamente eonforme ad altri testi. Cf. il fr. 19 h. t (Qiu-
LtAHO) :
« Ad eos qui servandum aliqUid conducunt aut utsndum accipiunt damaum iniuria
ab alio datum now pertinere procal dubio est; qua enim eura aut diligentia coosequi
possumas, ne aliquis damium nobis iniuria det?
Qaella responsabililA pel damnum, che h cosi importante pjl nauta e pel caupo,
non ha luogo pel commodatario, giacche anche adoperando tutta la diligenza egli non
pud evitare •gni danno. Notevolissimo si k che in fr. 4l O. 19, 2 la s'.essa domanda di
QiULiARO 6 da Ulpiano riferila cosi: c qua enim eU*todia consequi potuit, ne damnum
iniuria ab alio dari possii? •. — N<tturalmente Giuliano non inteiideTa escludere ogni
responsabilitil de* danni duti dai terzi, ma, come la sua siessa argomentazione prova
solo pel caso, in cui il datiiio calla debita diligenza non si sarebhe evitato. Nel fr. 41 cit.
Ulpiano continua:
€ led liarcellus intenlum estie ^; posse ait; sire custodiri potuit ne damnum daretur,
siTt ipse custos damnum dedit; quae sententia Marcelli probanda est«.
A torto crede il Baron, che qui MAkCELLo contraddica affatto a Giuliano e ne
eonfuti terrorei Marcello sostanzialmente 6 dello stesso avyiso, tanto che ritiene re-
sponsabile il commodatario o 11 conduttore solo qualehe volta (intbrdum). Marcello
non fa che esporre e svolgere quanto Ulpiano aveva sottinteso, usando una formula
forse troppo assoluta e alia critiea della formula usata si riferisce appunto quel sed^
che il Baron pare di cosi grande sigoificato — Che del reslo non si tratti di una no-
viU, non di un errore di Giuliano, prova a mio avviso chiaramente il seguente passo ^)
fireso da Oiavolbno, lib, VI ex pott, Labeonis :
« equum tibi commodavi; in eo tu cum equitares et una complures equitarent, unus
ex his irruit i.) equum, teque deiecit et eo oasu crura equi fracta sunt. Labeo negat
tseum ullam actionem eese ».
E importante questo passo non solo perche mostra« coms sempre la giurisprudenza
romana abbia tenuto fermo il requisito della colpa, ma anche perche sparge luce sul
fr. 2 D. 9, 1 invoeato dal Baron. Questo passo insegna che Yaotio de pauperie 4ion
compete al solo domino^ ma che anzi compete ei ouiu* interest : « veluti ei, cui res
commodata est, item fuUooi, quia eo quod teaentur Tidentar damnum pati 3) ».
II Baron ne deduce che eempre quindi il commodatario rift|>onda pel danno recato
dagii animali altrui alia cosa; meutre il testo dice solo che razione spetta a chi Y*ha
interesse e quindi anche al commodatario che e tenuto a rispondere del danno. Quando
e come sia tenuto, il testo non dice: al giurista qui importa s^lo riierare, che il doTer
rispondere del danno e una ragione suffioiente per la legittimazione attiva. — II fr 57
eit. infatti si rapporta anco all*ipotesi della pauperiee, come risulta evidente da quanto
segue ^); eppure niuna azione spetta in proposito al domino della cosa danneggiata
contro il commodatario.
1) II MoMMSEN ha interetse; ma non si ricata alcun senso buono. La parola piii
oTTia da sostituire (in conformita al discorso precedente) sarebbe agi,
«) fr, 57 D. 9, 2.
') Non h punto necessario awertire collo scoliaste antico ad h. 1. « 07rd9ou dn rtt
*) « sed si equitis culpa factum esset, cum equite sane, non <ium equi domino agi
posse, Terum puto ». Se invece il danno fosse ayyenuto per impeto feroce del cavallo
Oluck, Oomm. PandetU. — Lib. xm. 87
290 8BC0NDA. IPPBNDIOB DBL TftADUTTOBB AL § 857.
E rero, come 8*e Tisto, che le fonti attribuiecono 8ens*altro Yaetio furtttl comino-
(latario per la ragione ch^egli del furto risponde verso il domino. Ma che tali.testi ab-
biano da intendersi cod qualche discrezione, prova il confronto tesC^ istituito trail fr.2
D. 9, 1 e il fr. 57 D. 9, 2M. — Rispetto al furto poi devono farsi speciali coosidera-
zioni. Le fonti distinguono sempr^ dal fnrtum il latroeinium\ « aggrtstura latranum »
entra nel concetto di vU maior. Ma anche la semplice rapina se ne distingue: fr. 23
de R. I. 50, 17 «... rapinae ... a nuilo praeslantur ... »%
£ la ragione e ovvia. La rapina e un furto che avviene palam, in presensa di chi
custodisce la cosa. Se la rapina avviene, e segno che o Tobbligato era personalmente
presente o altri era presente per lui; con ci6 egli ha fatto quanto Tordinaria diligenza
esigeva e d^altro non risponde. — Inoltre quando le font i. parlano del furto, di cui il
coramodatario risponde, intendono quello che avviene senza effrazione. Ci e infatti at
testato che Vhorrearius non risponde < effractis atque^ezpilatis horreis >, a meuo che
si sia esplicitamente assunto di sorvegliare non solo le cose af&date e poste oell*Aor-
reum, ma Vhorreum stesso^;. E infatti quand*uno ha riposto la cosa in luogoben chiuso
(o casa o armadio o scrigno) *), ha fatto quanto da lui esi^-e Tordinaria diligenza, a
meno che per patto speciale si sia obbligato a sorvegliare che i ladri non penetrino con
effrazione &). — E ancora: il commodatario non risponde della fuga (e quindi neppure
del furto; la fuga e un furto che il servo fa di se stesso) de* servi « qui custodiri non
Solent. » (fr. 5 § 6 h. t. fr. 23 de R. /., 50, 17 &,) *) La decisione si pud certo esten-
dere per analogia e ammettere. per esempio che il commodatario non risponderA delle
capre, che in montagna ha (secondo la coosuetudine) lasciate errare sole pe* halzi, de*
colombi che ha lasciato volare et revolare e cosi via. E la ragione e chiarissima. Vi
sono cose, che Tordinaria diligenza non permette che si lascino in luogo aperio sensa
sorveglianza; se esse vengono robate per roancanza di tali cure, del furto deve rispon-
dere chi a tale diligenza e tenuto; altrimenti, 9e il furto avviene (rapina, effractio)
senza colpa del cavalieia, Tazione si darebbe contro il domino; ma il domino del ca-
vallo offeso non avrebbe perci6 veruua azione contro il commodatario; Tazione com-
pete quindi al commodante) poichi il commodatario eo quoi non tenetur non ha in-
ter esse.
1) Cf. del resto come si esprime Ulpiano fr. 14 § 10 de furtU (47, 2), riferendo il
prinoipio esplicitamente accolto da Crlso e Qiuliano: c Neque enim is cuiuscunque
intererit rem non perire habet furti actionem, sed qui ob earn rem tenetur, quod ea
res ctJLpA Bius peribrit ». Si noti che ivi si parla proprio del commodato!
*) Intende nel campo del cootratti. Delia speciale condizione del nauta etc il fram-
mento non parla. — E qui pure si esprime cid che suole avvenire; eccezionalmente k
escogitabile una rapina con culpa del commodatario, che in tal caso avrebbe Tactio
honorum raptorum (fr. 2 § 22-24 vi ton. rapt,^ 47, 8).
' 3) c nisi custodiam eorum (scil. horreorum) recepit > fr. 56 pr. D. 19, 2. Recipere
eu*todiam vuol dire, come sappiamo, semplicemente : assuraere la sorvegliansa ; non in-
dica un grado speciale di responsabilit^.
4) fr. 3 § 2 D. 1, 15: c Effracturae fiunt plerunque in insulis, in horreis, ubi homines
pretiosissimam partem fortunarum suarum z-eponunt, cum vel oella effringitur tel ar-
marium vel area ». .
^) Tale patto s*int«nde nel senso, che si debbano porre o portinai o altri eustodee
(fr. 3 § 1, 2 D. 1, 15). In' tal caso qui reeepit ftuetodiam risponde o per non avere ap-
presso verun sorvegliante o per avere usato poca cura nella scelta.
6) Cfr. pure il fr. 5 § 13 h. t. : « si me rogaveris ut servum tibi cum lance commo
darem et . . . . eervut eum ea fiigerit, eum qui commodatum accepit non teneri, nisi
fugae praest'tit culpam >.
SBOONDA APPENDICB DEL TBADUTTOBE AL § 857. 291
malgrado tali cure, non si risponde. Ma se son cose, che anche Tuomo diligente lascia
Airaperto senza sorveglianza, doq sorge responsabiliU pel furto.
E quindi quasi inescogitabile (e per6 in un^esposizione generale trascurabile) Tipo-
lesi, in cui il commodatario soffra il furto, fuori delte accennate cootiogeDze, senza es-
sere in colpa. E si comprends quindi perfettamente come lo Stbpano, che identiAca la
custodia colia diligenza, come piii volte avemmo occasione di osserTare, scri?a sen-
z*altro "h it xXoir^ oux in% rux^ipa, Tttpitraat^ e ^ xXovn ovx ojrep/3ii^ti f ^v exaclan dili-
gentian ^) = il furto non h un evento fortuito; « il furto non supera Tesatta dili-
genza » *).
Dico che Tipotesi di un semplice furto (oltre le accennate circostanze) subUo dal
commodatario senza sua colpa e quasi inescogitabile. Del tutto noa lo e; si pensi ai
caso di un ladro di singolare abiiitA e scaltrezza, che sorprenda anche Tuomo prudente
e yigilante. Ad obundanHam le fonti ci attestaiio, che iii tal caso il commodatario
non risponde. Noi sappiamo che rispetto alia custodia il commodatario e parificato al
conduttore (cfr. fr. 5 S 15 i. f. h. t. &). Or bene, Ulpiano ci Jtssicura (fr. 14 § 12 D.
47, 2), che: < quodsi conduxerit quis habebit furti actionem, si modo culpa bids sua*
aspTA 8IT ass »•
II BAaoN (II, 359) per sfuggire alia forza probante di questo gravissimo testo, dice
che deve supporsi che qui Toggetto rubato sia un servo, il qaale, non essendo solito a
custodirsi, se vien furato aenza colpa delPutente non arreca responsabiliti per costui.
E il suo ragionamento si basa sul fatto che il § 11 precedente studia Tipotesi: « Is
qui precario servum rogaverat, subrepto eo & »• — Ma tale esegesi non mi pare ac-
e^ttabile. II giurista non fa in questo passo Fesame delle yarie ipotesi, in cui un servo
venga rubato; ma passa in rassegna i vari contratti (compravendita, pegno, mandato,
precario, locazione, commodato) e studia le conseguenze derivanti da tali rapporti giu-
ridici per Tazione di furto. Generalmeote egli noo suole specificare Tobbietto del furto
9 se al § 11 p9r esempio egli nomina il servo come obbietto di precario, la ragione h
quella che tale rapporto soleva comprendere le cose imroobili: ai taobili si applicava
raramente e fra questi di preferenia ai servi. Del resto come si fa a sostenere tale in-
terpretazione, quando il giurista « surrepta sit rest » Come avrebbe egli scritto cosi,
se avesse voluto limitare la sua decisione ai servi, per cui sarebbero valse norms
speciali ?
Del resto noi abbiamo una esplicita dichiarazione a proposito del commodato nel
fr. 20 h. t. (Jul. 3 ad Urs. Fer.):
€ argentum commodatum si tarn idoneo servo meo tradidlssem ad te perferendum,
ut non debuerit quis aestintare futurum, ui a quibusdam malis hominibus deeipe-
retuVf tUum non mbum psraiMENTUM aaiT, si id mali homines intercepissent
. Uimportante frammento, cha insegna appunto a intendere con cautela altri che par-
lano troppo generalmente, mostra. che, se il furto avviene, quando il commodatario ha
preso i prowedimdnti insegnati dalPordinaria diligenia, non e pii!i tenuto. — 11 Baron
nel suo primo articolo aveva pensato a un caso di damnum fatale, eld che — nel senso
da lui attribuito a questa espressione 3) — ^, come ora egli stesso riconosce, inamiiiis*
sibile. Ora invece (II, 265) egli collega questa decisione coiraltro errore di Giuliamo,
p^r cui il commodatario non risponde del danno recato ai terzi; dobbiamo supporre
' M ad fr. 52 g 3 pro soeio (17, 2).
2) Anche Tlndice greco delle Istttuzioni nella proteoria alPesposizione della corope-
tenza delKa.^ furti al commodatario etc. parla solo della varia responsabiliU^ de* con-
traenti per dolo, colpa lata e colpa lieve: IV, 1 § 15.
3) Non cosi invece, secoado la nostra opinions. Damnum fatale 6 appunto quello
non preyediblle da chi usi Tordinaria diligenza.
2^ SEOONDA APPBNDIOE.DKL TBADUTTOBU AL § 857.
che in questa ipotesi Giuliano riscontrasse una certa violenza; Vintercipere s^arrebbe
a traUurre per < strappare, rapira ». — Ma interoipere Don saole avere quesio signi-
licato ; Tuol proprio indicare il furto clandestino; a ogni raodo che si tratti di quesrul-
timo, prova ii decipere. E questione di aatuzia. L*uoroo, cui vieo data la cosa da ri-
portare e idonexu e cio^ onesto e intelligente; ma i tnali homin09 stavolta lavorano
coa tanta scaltrezza, ch*egii ne resta vittima. — II passo e cos) ostico pel Baron, che
trora singolare lo stile di esso ed esclama: che cumulo di parole per una storiella cosi
semplicel — A me pare iavece che ii brano sia lode vole per eoncisione • sempiicitA
Ne con tale framitiento sta menomamente in contrasto il fr. 12 § 1 ibid. :
« commodatam rem missus qui repeteret, cum recepisset, aufugiC: si dominus ei dari
iusserat, domino perit ; si commonendi causa miserat, ul referretUr res comroodata, ei
qui commodatus est ».
E giustamente. Se 11 padrone manda la persona per ritirare la cosa a tempo debito
il commodatario la deve dare e, data che Tabbia, e esente da ogni responsabilitA. Al-
trimentl, se il messo non avera altro ufficio che di ricordargli il debito di restitaire,
egli non gliela pu6 eonsegnare che a suo rischio e pericolo ; giaech^ dovendo praestarg
ousiodiam, deve o riportare la cosa personalmente o affidarla a pttfsona, della ctti
onestA e capaciUi possa essere moralmente certo ; non gid^ consegnarla al primo che gli
capita.
Nella medesima condizione del commodatario 6, come sappiamo, Vinspeetor, che H-*
ceve la cosa sua eausa. Costai, come scrive Ulpiano (fr. 10 g 1 h. t.), « praestabit cu-
stodiam ed ideo furti habebit actionem ». Bppure
< si ipse cui voluit commisit (rem referetidam), aeque oulpam mihi praestabiti si sua
causa accepit ».
£, se ci6 non basta^se, Paolo soggiunge (fr. 11 ibid.).
< qui non tarn, idoneum hominem elegit, ut recte id perferri possit ».
Anche tali giuristi diyidevano dunque Verrore di Giuliamo(!); anche Paolo usa Ift
stessa espressione idonetts homo, II Baron dice cho qui si tratta di idoneitA di fatto,
ia quale avrebbe potuto essere senza colpa ignota Minepeetor '). — Ma allora Ur^
PIANO parlerebbe di culpa f% E Paolo farebbe una cosi banale e sciocca osservazionef
fi chs dire p^i, Sd, com^ n^lTesempio di Giulumo, Vhono h idoneui, ma i tnali ho^
minee riescono tuttavia neirintento loro?
I due giuristi trattano, commentando Sabino evidentemente la stessa fattispdcie:
Paolo spiega in che possa qui consistere la culpa, meutre Ulpiaao si accontenta dl
avfertire, che si deve prestare la culpa.
Siccome non ^ nostro propostlo trattare ex profetso della cuetodia, eoA non asa*
•miniamo U dottrine (cui implicitiminta avevam) altre volte aderito; cfr. // dig0sU>
pag. 63 sg.) che spiegano mediante utrevoUzione storica i patsi apparentameate discor-
dsnii. Vadl specialmente Pbrniok, Labeo Uj pag. 245 sgg. a Bibruan nella Rivieta
dello Zacigny S^iftun^^ R. A. vol. XII. Ma i loro precipui argoineoti sono stati da noi
indirettamente confutati nel oorso della nostra esposizione.
*) Cfr. per un di piu la paragrafe di Stepano ad h. 1. « kxph yo^ dturdv &>;- 6j»€(2o»t«
xflt'i custodiam iit\ t'J TtpxyixcLTx Travu ETrtr^i^EWTaTov Trpi;* t^v r^^ /tBTft/oac^fl^ e<rt^8^col^aK
^(oucovtav.
2) E vero che B. cancella oulpam in Ulpiano e sostituisce eustoUam, Ma allora
dove andiamo? Dal resto a noi la sostituzione nulla importa; poich^ la cusiodia ha per
noi i suoi limiti dove Ii ha la culpa e ii fr. 11 pu6 anche assumersi coma dichiara*
zione del contenuto della eustodia
TITOLO VII *)
J>e pigneratiola aetione.
§ 861.
Coneetti di pignns e di bypotheca. Differenza fra essi.
II terzo contratto reale e il contratto di pegno (contra<:ttM pi^
gneraticius), il quale ba il carattere differenziale di essere un
semplice contratto accessorio cbe serve a rafforzare uu obbligo
gi& esistente, in modo cbe il creditore sia maggiormente sicun>
dello adempimento di esso. Yien detto ancbe seinplicemente pigntis^
Come 6 noto, alia parola pegno r—p%gnu8 {Pfand ted.) si coUega un tri-
plice concetto. Essa cioe vien presa per
1.^ diritto di i)egno; ed allora i)er esso si inteude un diritto
realCy cbe appartiene al creditore sulla cosa di un altro, per si-
cnrezza del suo credito, ed in forza del quale egli, dato il caso
cbe il debito non venga puntualmente sodisfatto, pub attenersi
alia cosa, e, alienandola, pagarsi col ricavato ^).
') Fra gli anticlii giurinti Iianno Bpecialmente trattato la dottrina del
diritto di pegao: Ugo Donello, Franc. Balduino, Mercur, Mkrlino^
Gab. MuDEO, Bein. Bachovio ed Ant. Neousaxzio nelle lore opere:
de pignorihus et ht/pothecis. — Tra i modemi lo scritto miglioro 6 qnello
di Ernesto Crist. Westphal: Saggio di una interpretazione sistematica di
tutte le leggl romane sul diritto di pegno, Lipsia 1770 e 1794-8. A questo
fti aggiunga pure: Gio. Em. Crist. Erxlkben, Principia de jure pignorum
et hypothecarum, Gottinga 1779-8 «).
o) Agli Borittori citati dal prof. Ascoli a pagiue 3 e 4 della traduzione del
Libro XX titolo I di questo Cemmentario^ aggiangansi: Bremer, das Pfandreeht
*) Tradotto ed annotate dall'avvocato Cuousi Ignazio.
OlGck. Coram. Pandette. — Lib. Xni. — 37 •
291 LIBBO XIH, TITOLO Til, § 861,
2.'' per il sno oggetto, o la cosa stessa oppignonita, la quale vien
detta il pegno (PfandstUck ted.). Se il creditore riceve ad un tempo
il ]K)sse8So della eosa, si ha un pignus, in senso proprio; e vieu
detto per le cose mobili un pegno che si tiene in mano ==: pegno ma-
nuale (handhabendes Pfand) o diritto di pegno, od ancbe un pegno
che si tien in pngno=^ pegno manuale (Faustpfand) *); e pei beni
iniinobili invece un suppegno (Untefyfand) o diritto di suppegno
(Unterpfandsrecht). Se poi la cosa viene oppignorata senza che la
si consegni, si parla di ipoteca, di promessa scritta pignoratizia
{Pfandver8chreibung)'j e questa parola viene del pari usata tanto per il
diritto in se stesso, quanto per il suo oggetto. Ulpiano dice :
L. J) § 2 D. de pigner. act. : « Proprie pignns dicimus, quod ad.
creditorem transit, hypothecam, cum non transit nee iK)ssessio • ad
creditorem » ; e Florentino nota, L. 3o § 1 I), de pigner, act :
« PiGNUS manente proprietate debitoris solam possessionem trans-
fert ad creditorem ».
La diflferenza sta dunque in questo: a) Una ipoteca viene costi-
*) Nella L. 238 J 2 D. de verb, signif,, 50, 16 la pi\To\f\ pignus vien fntta de-
rivare da pugnus: « quia res, quae pignoii dantur, manu traduntur ».
Altri invece vogliono far derivare la parola pignns piuttosto dalfautiea
parola pago o pigo la quale sta per jnngo o figo od ohUgo, Ved. Mk-
TJAGio, Amoenitat, un\ civ,, cap. 39; Vossio iu Eigmolog,, v. Pignns,
<»d Ant, ScHULTiNG, Thes, controversar, iuxta seriem Dig,, Decad. 65, $ 1.
und die Pfandohiecte (II diritto di pegno ed i suoi oggetti), Lipsia 1867 ; Hitzig,
4ias grieok, Pfandrecht (Diritto ipotecario greco); Gksterding, die Lehre vam
Pfandrecht nach Grunds&lzen des r, B, (La teoria ipotecaria secondo i principl
del diritto romano), 2.* ediz., 1881: Kuntze, Zur Geschichie des r, Pfandr. (Sulla
«toria del diritto ipotecario romano), Lipsia 1893; Couturier^ Origine de Vhy-
poth^ue et apergu aur let garantiee hypoih^caired ; DcCHfeNE, Des origines de Vhy-
jMth^ue; Gauchet, £tude hystonque sur le developpenient des s^reU-s r4eUes a
Home; Herzkn, Origine de Vhypothdque; Jacquelin, Fiduda; Jourdax, V hyho-
thdque; M. Careddu, La puhhliciici e la specialita delPipoteea, appunti di Htoria
« di legislazione comparata, 1898; P. Troisi, L' ipoteca romanOf 1903.
£ per il nostro diritto: E. Biaxchi, Considerazioni generali sul sistema ipotecario
« sulla trasoHzione secondo il c, c, it,, 1877; Pochintesta, Dei privilegi e delle
ipoteche seoondo il o, c. if., 1880; E. Gianturco, Studi e rioerche snlld trascrizione
^ sul diritto ipotecario; Chironi, Trattato dei pi^ivilegi, delle ipoteche e del pegno,
vol. I, parte generale, 1894, ^^arte specialo 1901, Torino, Boccn; G. Mirabelli^
Delle ipoteche secondo il codice italiano, 1896.
DE PIGNEEATICIA ACTIONE 295
tuita col semplice contratto, im pegno inanuale invece con la
^consegna della cosa oppignorata.
A ci5 si riferisce il § 7 I. de action.y 4, 6, dove vien detto: « Pignoris
appellatione earn propric rem contiiieri diciinns, qiiae shnul etiam
iraditur creditori, maxime si mobilis sit: at eaui, quae siu,e tradi-
tione nuda conventione tenetur, proprie hypothecae appellatione
contineri dicimus ». A questo non contraddice la L, 1 D. h, t,
dove h detto: « Pignus contrahitur non sola iraditiane, sed etiain
nuda cofiventionej etsi non tradi turn sit ». Infatti qui. la parolu
pigmis e presa per diritto di pegno in senso generale ^).
b) II pignus in senso proprio d^ al creditore un diritto di riten-
2ione, die egli puo far valere non soltanto per il debito pignoratizio,
ma anche per altri crediti per cui il pegno non era stato costituito *),
presupposto pero che il creditore abbia ottenuto dallo stesso debi-
tore, per contratto, il possesso del pegno ^). Un\ale diritto di riten-
7.ione non puo invece concepirsi nel caso di unMpoteca, giacche essa
non &i coUega ad alcun x>()sses8o.
c) Inoltre possono esser date in pegno solo cose presenti, ma
Pipot^ca puo avere per oggetto anche cose future. La L. 15 pr. D.
de pign. et hypoth.j 20 j 1 dice: « Et quae nondum sunt, futura tauien
;sunt, %j}^o^eoa6 dari x>ossunt, ut fructus pendentes, partus ancillae,
foetus pecorum et ea quae nascuntur sint hypothecae obligata ».
d) Abitualmente il pignut consiste in cose mobili, e Vhypotheea
in immobili ^). Questa differenza non fe pero essenziale; poiche,
•come possono esser concesse in pegno, a stregua di leggi non dubbie,
^) V. Ant. Fabro, RationaL in Fandect, ad />. 1 1). h, /.; Coccejo,
•Iu8 civ. controv. h. f., Qu. 3 ed Emminghaus ad eundem not. **.
*) L. un. Co^. Etiam ob cliirographariiim pecnniam pignns reUneri posse,
8, 26, V. WiESE, Diss, de retentione pignoris tarii ob endem, quam ob di-
^*ersa debita^ ilogtoch 1780, $ 13; Gio, Ant, Ttiilemann de Schenk, Diss,
•de retentione pignoris ob aliud debitnm chirographariumj Brema 17S0 «^
Sam, Fed, Willenberg, Diss, de retentione pignoris, ^ 14 in Eius Exer-
•citation, Sabbathin., parte II, n, XXXIV.
^) V. Oiov, Crist, von Quistorp, Kote ginridiche^ p. 2, nota 10.
^) L. 238 i 2 B. de verb, signif., 50, 16; * 7 I. de action. Vedi Rein.
BacoviOj Tract, de pignorib.^ethypoth.^ lib. I, cap. I e Waixu, Intro-
duct, in controv, iuris cir., pag. 417.
296 LIBRO XllI, TITOLO VII, § 861.
anch6 cose immobili *), cosi, alPopposto, possoDo venire iiK)tecato
anclie cose mobili %
Bigoardo al cliritto reale, invece, ed alPazione ipotecaria clie
ne deriva, non sussiste alcuna differenza fvB, pignus ed hypotheca^).
Seinpl icemen te a tal rignardo Marciano dice: L. 5 § 1 D. de pign.
et hypoth.j 20, 1: « Inter pignus et hjfpothecam tantum nomihis sonus
differt », come risulta non soltanto dalla iscrizione della citata L. 5 de
pign, et hypoth: che suona cosl : « Marcianus Ubro aingulari ad for-
vmlam hypothecariam » ^^); ma viene affennato espressamente anclie in
un passo delle Istituzioni, § 7, IV, 6 de actionib.j dove si dice : « inter
pignus aiitem et hypothecani quantum ad actioneni hypothecariam nihil
interest: nam de qua re inter creditorem et debitorem convenerit^
ut sit pro debito obligata, utraque hac appellatione continetnr » *).
") L. 11 $ 1; L. 31 D. de pignor,; L. 16 $ 2 D. de pigner. act.; L. 1>
I), de oper, novi nunciat,, 39, 1.
*) L. 34 D. de pignor, V. Gio. Atig. Hellfeld, J>/w. de hypotheca mo-
hiUnm^ Jena 1743, cap. 3 ed il CommentaHo alle Istitujsioni d\ H^i^f^er^
^ 712. Nel clubbio per6 il diritto di pegno costituito su cose mobili de!
debitore vien considerato piuttdsto come un pegno nianuale die come una
ipoteca. £ perci6 anche al creditore vengono Henza esitazione aceordati^
Alii document! di obbligazione di un terzo trasmessigli dal debitore in si-
cnrezza del suo credito, i diritti di un pegno manuale ; perche seoondo il
diritto comune i capital! dati in prestito vengono considerat! come cose
mobili del debitore. V. von Quistorp, Note ghiridiche, parte I, nota 42.
^) Percio le e^preseioni pignus ed hypotheca vengon talvolta considerate
nelle leggi come equivalent!. £ cosi V hypotheca vien detta pignus nellHr
L« 17 ^ 2 D. de pacliSj 2, 14, e a sua volta W pignns, hypotheca nella L. 5
^ ult. D. de pignor. V. Huber, FraeJect. ad Pandect.^ lib. XX, tit. 1, M-
Anche Vazione ipotecaria non di rado viene perci6 detta nelle leggi: actio
piffneraticia, L. 41 D. de pigner, a^^t.j L. 3 $ 3 D. rt<J exhih.j 10, 4; L. 7
^ 12 D. Commvni dirid., 10, 3; L. 19, L. 30 $1 D. de except, reijud.^ 44, 2;
L. 5 C. Si res alieva pignoriy 8, 15. V. Brissoxius, de verb, signif.y
voc. Figncratitins^ n. o, e Bachovius, Be pignor. et hypoth,, lib. I,
cap. 1, pag. 2.
"^) V. VoET, Comm. ad Fand.j lib. XX, tit. I, 4 1 5 ^»^<* Sohulting,
Thes. controversar., decad. LXXV, J 3 e specialmente Bei^. Enr. Rei-
XOLD, Oratio de inscriptionibvs legvm Digestorvm et Cod. § 10 in Opiiscul.
iiirid.f pag. 574 Begg.
ff) II FERRixr nel suo studio « Sulle fonti delle Istitftzioni di Giustiniano »
— estratto «dal BuUettino ddV Utituto di diritto romano, anno XIIJ, fasc. JI-VI —
DM PIGNERATICIA ACTIONK 297
Uu p^gho inanaale (Faustpfand) non ba qiimdi^ secoudo il diritto
comime, alcun privilegio dinanzi all'lpoteca^^). l^ondimeiio esso
tbnda im'azioue personale per la restitnzione del pegiio dopo Pav-
veuiito sodisfacimento del creditore, azione clie uoii e coucepibile
uell'ipoteca, il possesso della quale riiiiane x>re8S0 il debitore ^').
§ 862.
Contralto di pegno, Coutracttis fidiiciae; pactuiu liypotbecae.
Sotto la denoininazione di pignus si comprende aucbe
3." il contra tto di pegno; che e quel contralto reale, per cui
si consegna al creditore una cosa in sicurezza del sno credito, a
condizione cbe egli^ sodisfatto cbe sia, larestituisca. Da^sso bisogna
'^) L. 12 pr. e ^10 D. Qui potiores in pignore^ 20, 4, V. L£YSEii,
Meditate ad Pand.j vol. Ill, specim. CCXXIII, luedit. 1.
^^) Si veda sopratutto Giust. Enn, Boehmkr, Diss, de diverso pignoris
€t hypothecae iure, Hala 1718, ed in £!rercit. ad Pand.j torn. Ill,
pag. 802 segg.
osserva die il citato $ 7 tit. VI del libro IV va I'icondotto aUe <tres cottldiauae*
di Gajo. a ci6 lo indacono alcuDe aflinitii sintattiche e Btilistiehe con altri
luogbi di Gajo, ed ancora Taffinit^ di concetto con il fr. 238 $ 2 D. 50, 16.
11 quantum ad,., nihil interest ^ uu modo di csprimersi riscontrabile iu Gajo,
I, 1, $ 73 {quantum ad erraris oausam prohandam attinet, nihil iniereit), Comu-
nissime in Gajo, sono le frasi: appellatione oontinetur (fr. 51 D. 50, 16; fr. 233
$ 2 «>.; fr. 9 D. 47, 9; fr. 236 pr. D. 50, 16 &w; fr. 236 J 1 cit. ; fr. 151
D. ihid.; fr. 5 D. 20, 5, eoc.) ed inter,., differentia^ e»t (fr. 58, pr. D. 50, 16;
Gai., Inst. II, 18; ib, 171; ib, 205; ib. 284; IV, 66). II cit. fr. 238 J 2 D. 50,
16, Gaius, libro sexto ad legem duodeeim iabularum cosi h conce'pito: <ti Pignus
appellatum a pugno, quia res, quae pignori dantur, niann tradimtnr, unde
etiam videri potest verum esse, quod quidaui putant, pignus proprie rei niobilis
constitui ». Gajo vi pone in rilievo il carattere, diremo oosi, esteriore del pegno:
la consegna deiroggetto di garanzia; carattere che solo pu5 distinguerlo dal-
Tipoteca poich6 « I'uno non difforisce dall'altra nh per I'essenza n^ pel modo
(GlDck, Comm.f trad. Ascoli, lib. XX, tit. I, p. 3) ». « Inter pignus autem et
hypotheoam tantum nominis sonus differt. » sono le parole di Marciaxo (fr. 5
$ 1 D. 20, 1); questi dunque ama meglio far uotare 1' identitjl^ sostanziale
delle due forme del pegno e dell^ipoteca; ed il FkrRini pone a punto a raf-
fronto qnesto concetto di Marciano con quelle del fr. 238 $ 2 D. 50, 16 di
Gajo per dedurne con maggior sicurezza che il luogo delle Istituzioni citato
appartieno non alle Istituzioni di Makciano, ma pinttosto alle res cottidianae
di Gaio.
OLticK. Comm. Pandelte. — Lib. XIII. — 38.
298 LIBHO XllI, T1T0X,0 VH, § 862.
distinguere il patto d'ipoteca (pactum hypothecae) per cui viene
accordato al creditore semplicemente ub diritto reale di garauzia
sal beai del debitore, senza che gliene venga concesso il possesso.
fi questo un patto pretorio, in base al quale pero il pretore accorda
lui'azione reale [actio hypothecaria). Ma il oontratto di i>egno deve
la sua origine al diritto civile, ed era obbligatorio gii dagli auticlii
tempi di Hoiua; infatti con molta probability Pultima delle XII
tavole ne trattava ''). Con esso pero si creano solo fra i contraeuti
degli obblighi persouali P adempimento dei quali puo pretendersi
con Vactio pigneraticia. Qui non e questione se il creditore abbia
anohe effettivamente sempre un diritto di pegno**); poiche puo
darsi in pegno anche una cosa altrui. L'obbligo fra i contraenti
sorge quaa.do b stata data in pegno al creditore una cosa, sia che
si tratti di cosa propria del debitore, sia che si tratti di cosa altrui.
E qui si delinea un' importante differenza tra Vactio pigneraticia
e Vactio hypothecaria, Quest'ultima presuppone sempre un valido
diritto di pegno *^), poich^ essa 6 un'azione reale, che ha luogo
contro ogni possessore del pegno; ms, Vactio pigneraticia e un'azione
semplicemente personale, la quale ha luogo solo fra i contraenti.
Qui g\A il contratto per se stesso vincola il creditore {re obligatur)
a restituire il pegno dopo ottenuto il pagamento, quando anche
esso non appartenga al debitore ^^).
E per6 se il creditore vuol far valere il suo diritto di garanzia
contro il terzo detentore del pegno, deve poter provare che gli e
stato concesso un valido diritto di pegno. Percio il Noodt *') dice
giustamente: « Multum interest, inter obligari pignori, et dari
pignori. Priori casu res obligatur: posteriori contrahentium personae
tenentur: res libera est ».
*3) V. lac, GoTiiOFKEDO, Quahtor fontes iuris c/r., pag. 157 socutulo
Tedizidne ginevrina del 1653; ed in Thes. Otton,, t-oiu. Ill, pag. 139.
]^) Si veda Bpecialmcnte Ger. Noodt, Comment, ad Dig. h, /., toiii. II,
Operum, pag. 321.
^^) L, 6 Cod. 8i aliena res pignori data sit, 8, 15.
^^) i 4 1. Quib, mod, re contrah, obligai,, 3, 14 ; L. 9 ^ 4 ; L. 22 ( 2 D. /(. (,
^*^ Cit, loc et lib. I Observation, ^ cap. 7.
DBi PlGNBBlTtClA ACTtONfi 200
Per. ritoniare diinque al contratto di peguo, originariainente
era duplice la forma di questo coutratto. Prima cio^ che il pre-
tore avesse introdotta Vaetio kypothecaria il pegno serviva di ga-
ranzia al creditore solo fin tan to che questi lo teneva in sue mani.
Sc egli ne perdeva il x>ossesso, non aveva da prineipio alcana
azione contro il terzo possessore, che" non era il debitore. Per
fomirlo di una tale azione si soleva trasmettere al creditore, o
stragiudizialmente con la solennitii della mancipazione dinanzi a
cinque testimoni, o giudizialmente con - una cessio in iure, con il
possesso anche la propriety del pegno, revocabilmente ed a con-
dizione che egli dovesse rimanciparlo al debitore, non appena fosse
stato da quest' ultimo sodisfatto. II contratto di pegno, per tal
modo conchiuso con il creditore, era detto fiducia o contractvs
fiduciarius; come, per antitesi, il contratto di pegno senza la lex
fiduciae si soleva chiamare semplicemente pignus, deponitum pignus^
o contrachis pigneraticius **). fi degno di nota il passo di IsiDORO *^)
che chiarisce la differenza tra pignus e fiducia: « Pignus est, quo<l
propter rem creditam obligatur, cuius rei possessionem solam ad
tempus consequitur creditor, ceterum dominium penes debitorem
est. Fiducia est, cum res aliqua, sumendae mutnae pecuniae gratia,
vel mancipatur, vel in iure ceditur ».
Ed anche la cos;i stessa, la cui propriety era stata trasferita al
creditore per sua garanzia, sotto condizione di rimancipazione,
veniva detta fiducia o res fiduciaria *^); donde la frase: fiduciam
diHtrahere^^). 11 nom^ fiducia incontestabilmente ebbe origine dal
fatto che si fece si)ecialmente assegno sulla fede e PonorabilitA
•*) V. Oer, NoODT, Observation., lib. II, cap. 7; Ant. Schulting ad
Panli sentent. recept.f lib. II, tit. 4 e 13 in lurisprud. antejustin.j
pag. 271, 282 e segg.; Idem, Thes, controversar,^ deoad. L, parte II e III;
PoTHiER, Pandect. lustin.j torn. I h. t. in Append. , pag. 898 e segg.;
Franc. Car. Conradi, i>w». II de pacta fiduciae, Helmst. 1732 e Wkst-
rnAL, Diritto di pegno, 4 63.
**) Origin,, lib. V, cap. 25.
*°) Paulus, Sentent. reeept., lib. II, tit. 13, } 2 e 7; e: ad etindeni
ScHULTiNQ in lurisprud. antejust., pag. 286.
*^) Paulus, cit. loc, $ 1 e 3.
.^00 LISBO xniy TitOLO Vtlj § 862.
del creditore. E cio prova anche la formola di ctu si serviva
il debitore nel conchiudere qaesto contratto: Ego hane rem meant
tibi mancupo^ ut earn mihi remanoupen, uti ne propter, te fidemve Utam
captus fraudatmve fiem ''). Se dnnqne il pegno era stato mancipato
al creditore sub lege fiduciae^ egli, era ritennto vero proprietario
tin che non avesse rimancipato la cosa; egli poteva non soltanto
persegiiire gindizialmente la sua propriety contro ogni terzo
l>os8essore del pegno^ ma anche prendersi stragiudizialmente il
pegno doviinqne lo trovasse *'')• II creditore poteva anche appro-
**) V. CoNRADi, J)is9, I <U pacta fiduciae, 5 16 e Diss. TT, $ 2.
") L. 66 D. de rei vindicat. 4, 6j*Paulus, Senient. rerejyt.^ lib. V, tit. 26,
$4: € Creditor fidudam et pignora apnd ne depoRita' pereeqniy efc mno
aiictoritate iiuliciB vindioAi'e non prohibetur». V. ^Ht. Schulting, /iirf«-
prud, antejustin,, pag. 524, not. 30, 31 e 32. II creditor pot«va anche,
oome proprietario, legare per teatamento il pcgno a clii voleftBO. Vedi
Paui.us, /. c, $ 6. £ qniodi in questo caso aveva Inogo im legatum riit-
dicatioHiSj poichc il pegno era divenuto ^»r« Qfiiritium propriety del • cre-
ditore. Ulpiani Fragment.^ tit. 24, $ 7. A ci6 deve riferirsi ci^V che
dice Papiniano nella L. 9 $.2 D. de sujyellect, legata, 83, 10: € Supellectili
Alia onini legato aoceptnm argentani pignori non continebitar, quia nnpel-
lectilem snani legavit, ntiqne si non in usu creditoris , id argentnm vo-
liintate debitoris fait, Aed propoBJtum propter contractus Mem ac refiti-
tuendae rei vinculum ». Tanto Cctiacio, ad Papiniani responsa, lib. VIl,
quanto Oer, Noodt, Observat,^ lib. II, c. 10, apiegnno le parole « Ri non
in UBU pignons » come rifei^entisi ad un contractus fidnciae. Pen^ Noonx
legge : « Si non inns creditoris », ed intende per jus e=a pmprietA ; e legge
invece di proposiium : depositum. Con eRsi couRentono anche Ant. Schul-
Tixo in lurispr. antejust.y p. 286 e Westphal in J)h\ dt pcgno, ^ 63,
not. 85 e nel Sistcma delta' tcoria dclJc singole specie di legati, <i 521;
pure, egli crede che le parole in usu creditoris si poRRAno Rpiegai*e anche
Renza mutamento, giacch^ P espresRione : in usu mancipioque era molto
URata. Con crro dunqnc si indicherebbe un poRseRRO, cni Ri foRRe perve-
nnto per mezzo di nna mancipazione. Oio, van de Watbr, Obserr, iur. rom.,
lib. I, c. 10, jitiene le parole in usu tin tribonianiRmo, perch^. Papiniano
avrebbe Rcritto : si non fiduciae, . Ma rigettano giustamente queRte Rpiega-
zioni (rio. Irhsio. in Strictur, ad iuris rom, pand,, pag. 281 e Regg., e
(tio, Ijud, CoNRADi, Reprehensor in observation, super jure civ. diversor,
sing., pag. 121 e negf^. Se il te6tatoi*e ha legato ad alcuuo la mobilia di
caRa* e fra qnesta si trova delPargent<o altrni che a qnello era stato affi-
dato come pegno, e di cui per6 gli era concesso Puro, Pargento e senza
dnbbio cnmpreRO nel legato, e cio^ nel RenRO che il legatario ne ha Puro
DE rlGNEBATtOlA ACTlONE' 301
priarsi i fnitti e gli utili del pegno, ina doveva dedurli dal debito **).
8e il debitore pagava, il pegno non ritomava a liii ipso iure, ma
il ereditore era obbligato alia rimancipazione, al qual uopo com-
pete va al debitore V actio fidmiae directa; la formola di essa era:
Aio te mihi fiduciam , quam tibi mancupavi, reniancupare oportere,
ut inter honos bene agier oportet, et sine frandatione *^) '*).
Se i)er6 il ereditore, per il mancato pagamento del debito, aveva
vendnto il pegno, allora il debitore poteva pretendere *°), per mezzo
di qnell'azione, per lo meno il Bopravanzo del prezzo di vendita,
che vien detto hyperooha "). All'opposto, anclie il ereditore po-
teva, quando avesse incontrato delle spese a cansa del pegno, ri-
eliiedeme il risarpimento con VncHo fidueiae contraria **).
Kisulta cliiaramente da tntto cio, die a torto afTerma CriACio *^)
clie il contractus fidueiae sia stato sempre connesso con la lex com-
missoria, cbe cioe, in caso di mancato pagament<» del debito, il
pegno fosse devoluto al ereditore ^°); qnantunqne non si possa ne-
gare che prima di Cost anting il Grande la lex commissoria potease
esser validamente aggiiinta al contratto di pegno ^*).
fm clie il pegno non venga riBcattato. V, Pothier, Pandect, lustin,^
torn. II, tit. de Ufjatis, n. CCLXII, not. rf, pag. 325.
**) Paulus, Senient, recept., lib. II, tit. 13, ^ 2; L. 1 C. de pign. art,
*•') V. CoNRADi, de pacto fidueiae, exercit. II, ^ 6.
**) L. 20 D. qui potior, in pignore, 20, 4.
*') Paulus, c. /., J 1 ; SoHULTiNG, c, /., pag. 2«3.
**) Paulus, Sent, recept., cit. loc, J 7; Conradi, oxer<*it. IT, vit,,
$ 7 e S.
*^) Ad Pauli Sent, recept., lib. II, tit. 13 ad rubricam,
•*") Si veda piiittosto lae. Gothoprrdo, Comm, ad L. un C, Theodott,
de commissoria rescindenda, toni. I, pag. 290 o f^^g,, edit. Ritter, ed
Ant. ScnuLTiNG ad Pauli Sent, recept,, pag. 282, ed anelie Conradi,
Ex. 1 de pacto fidueiae, f 20.
^') Cicero, Orat. pro Flaeeo, cap. 21.
«) Secondo Lenel, ZVdi* perp^iuel^ Pftris 1903, vol. II, pag. 7, VacHo
fidueiae avrebbe avuto una formula in factum, concepita pressu a poco nei
termini seguenti: « S, p, -4»" Jw' No 2^o fundum q. d, a. oh pecuniam dehitam
fidueiae causa maneipio dedUse (s. in iure cesaisse) eamque pecuniam aolutam eore
nomine satisfactum esse aut per Nfi^ ^V"* stetisse quo minus sohereiur eumque fun-
dum redditum non esse negotiumve ita actum »o» esse^ ut inter honos bene agier
oportet et sine fraudationey quanti ea resei'it, tantam pecuniam et rel. ».
302 LlBilo xtTt, TltoLO vil, § 862.
Kel coiitratto di pegiio couchiuso seiiza nianciimzione od in tare
cessio tiitto procedeva in luodo dift'erente; qui al creditore iion spet-
tava Ti6 la rei vindicatto, ne V actio publiciatui ^*), poichfe la propriety
rimaneva al debitore e al creditore pasisava il nudo possesso ^^).
Qiiesto seinplice contralto di pe^no, concliiuso senza \^ lex Jidumae,
pare sia stato in uso solo per le res nee mancipi ^*). Tuttavia il
contractus Jiduciae portava con se parecchie difficoltt\ in quanlo,
per suo mezzo, solo 1 cittadini romani potevano acqaistare un efiicace
diritto di pegno, ed alPatto della manclpazione dovevano sempre
intervenire, come testimoni, cinque cittadini puberi, ed un Ubripens;
od anche, come nella cessio in iure, era necessaria la presenza del
pre tore; senza pure tener conto delle parole sacramentali clie si
dovevano pronunziare fra i presenti in tale circostanza. Questi furono
motivi sufficienti perclie il pretore, per aojevolare il commercio ed
il credito comuni, si inducesse ad introdurre nel suo Editto un
modo nuovo e semplice di oppignoramento, il quale poteva mettersi
in atto senza tradizione della cosa e senza alcuna formalitil per
via di una semplice convenzione orale o scritta. Tal modo di co-
stituzione di pegno, per differenziarlo dal pignus traditum, venne
chiamato con un nome greco: hypotheca^ da vno'i^iycui.
Al riguardo non importava se la cosa fosse o no una res man-
cipi, se essa appartenesse al debitore ex jure Quiritiinn, o si tro-
vasse semplicemente in bonis del medesimo '*'*).
11 iiretore non faceva neppure differenza fra cittadini e pere-
grini '^% Ed ancor meno occorrevano, a tal riguardo, pamle o for-
mule certe ^^); ma il semplice consenso del contraenti era sufficiente,
^•) L. 13 J 1 D. de public, in rem actione 6^ 2: « Interdum qnibuadam
nee ex iuKtis ]>ORfie8RionibiiA eompctit Publieiainim iudicium : namque |M\^Hf -
raticiae et procariao posscRAioneH iiistae sunt, sed ex /»> non solet rompe-
tere tale iudichimy ilia Rcilicet ratione, quia neqne creditor neque ia qui
l)recario rogavit eo animo nanciscitur possessionem j nt crednt se dominmn
esse ».
•") L. 35 $ 1 D. de pigneraticia act.
^^) Erxlkbkn, de jure pignorum^ $ 22.
^•'•) L. 15 $ 1 D. de pignorib. et hyp,, 20, 1 ; L. 6 Cod. si aliena res
pignori data sit, 8, 15.
'**^) V. Oer. NoODT, Observation,, lib. II, cap. 8.
3^) L. 4 D. de pignorib, et hyp,, 20, 1 ; L. 23 ^ 1 D. eodem.
DE PIGNERATICIA ACTIONK 303
cla solo, a foudare uu diritto di x)egiio. L'effetto principale cou-
sisteva pero in qiiesto: clie in base al seuiplice patto, pel quale
il debitore avesse costituito a favore del creditore im diritto di
pegno sul suo patrimonio, senza pero cousegnargli il pegno, si
poteva agire tanto contro il debitore quanto contro il terzo pos-
sessore ^*). DoNELLO ^°) ha ricostruito nel seguentc uiodo le parole
dell'Editto, tenendo per norma le leggi al titolo: de pignoHbm et
hypotkecis : « Si pro eo, quod ei debebitur, res aliqua piguoris
bypotliecaeve nomine obligata esse dicetur ab eo, cuius in bonis
ca res est, aut alioqui, cui de ea re constituendi ius est: ei he-
redive eius, quoad pecuuia solvetur, aut eo nomine illi satisfactum
erit, in eum, qui earn rem possidebit, tenebitve, aut dolo malo
fecerit, quominus possideret, actionem dabo, ut si ea res arbitrio
iudicis non restituetur, quanti ea res erit, cond^jmnatio seq nature.
Quest' azione reale vien chiamata azione ipotecaria, ed ha luogo
in ogni caso, tanto se al creditore sia stata data in pegno una
cosa di cui egli abbia, accidentalmente pero, perduto il possesso,
quanto se gli sia stata costituita una ipoteca *^). Essa si chiamava
originariamente: aetio Serviana, Quasi tutti ne indicano come crea-
tore il pretore Servius Sulpicius **). Ma, anche facendo astrazione
dal fatto die allora Pazione si sarebbe dovuta chiamare: actio
SuJpicia; sta pure che Servius Sulpicius non fu praetor urbanus
ne peregrinus, ma praetor quaestionum **). Questo pretore non aveva
alcuna giurisdizione *^), come g\k hanno ricordato anche Antonio
ScHULTiNa **) ed Ev. Otto *^) [Vedi nota a pag. seg.].
^) L. 17 $ 2 D. de pactis, 2. 14: << De pignore iuie lionorario nascitur
ex pacto action. V. Noodt, loc. cit,, pag. 326: L. 17 D. de pUjnvrib.
ei hyp,, 20, 1: «Pignori8 persecutio in rem parit actionem creditori ».
^^) Tract, de pignorib, et hyp., cap. I.
♦0) L. 28 D. de pign. act.; L. 18 C. de pignor., 8, 13.
^') Ant, AuGUSTiNUS, De nominibus propriis Pandectariim, in Thesaurum
iuris romani Otton., torn. I, pag. 334; lac, Cuitxius, £cxsc(T(iJy, lib. Ill,
cap. 39; Westphal, l)ir, di peffno, J 262, not. 293, pag. 883 ed i piu.
^*) Egli aveva cio^ la quaestio peculatus; Cicero, pro Mttrena, cap. 20 j
V. HfV. Otto Lib, sing, de vita, studiis, scriptis et honorib. Servii Snipicii,
Traj. adRhen., 1737-8, cap. X, J 1.
^3) Tacitus, Agric., cap. 6; M\ Otto, cap. 1, $ 2, pag. 145.
^*) Thes, controv., decad. LXXVI, parte I.
304 LIBRO Xlll, TITOLO VII, § 802.
Dev'essere stato dauquo. qualche altro pretore della gens Sercia
il creatore di qaell'azione *^). Questo e pero certo : che Vactio Ser-
viana aveva luogo sol tan to a favore del locatore di un praedium
rttsticum per le cose del colonus oppignorate presso di lui iu ga-
ranzia del prezzo di aftitto, iu riguardo alle quali, le parole del-
PEditto, secoudo la ricostruzioiie di Oherardo Noodt ^'), debbouo
aver suonato cosi: «Quae in fundum couductuin a colono inducta,
invecta, locator conventione eius, cuius in bonis sint, pro niercede
sibi obligata esse dicet, de bis illi, nisi arbitrio iudicis restituantur^
ad versus eum, qui possidebit, quanti res erit, indicium dabo ».
Solo in seguito la si estese, e fu concessa anche, senza distinzioni,
ad ogni altro creditore pignoratizio, in favore del <iuale esistesse
un valido diritto di pegno, sia per contratto di pegno, sia per
iscrizione ii>otecaria. Ed allora essa prese il nome di actio hypo-
thecaria o quasi Serviana **) ^).
*"') Vita Servii Sidpiciif cap. X, } 2.
^<*) Velleius Paterculus, lib. II, cap. 15, fa menzione di un pretore
Servitts.
.'^*) ^'^(ymmeiitar, ad Dig., lib. XX, tit. 1; Oper., torn. II, pag. 432.
*^) CoBi cMnsegna Giustiniano, J 71. de actionib. 4, 6: « Item Serviana et
quasi Serriaiutf quae etiani hypothecaria vocatur, ear ipsius praetoris iuris-
dictione subs taut lain capit. Serviana autem expcritur quis de rebus co-
Joiii, quae pignoris iure pro niercedibus fundi ei tenentur; quasi Serviana
autem qua credi tores pignora liypotheca^ve persequuntur ». fi pero di
(f) Diamo, con Lkmkl {L r., vol. II, png. 244), la formula deWactio quasi'
Set*viana: 8, p. inter A'»^ A*^^ et Luciuni TUium oonvenisaef ut ea res q. d, a,
Ao Ao pign&ri hypothecaeve esset propter peouniam debitam, eamque rem tuncy cum
conveniebat, iu bonis Luoii Titii fuisse eamque pecuniam ueque solutam neque eo
nomine satisf actum esse, neque per A>ff- A^t^ stare quo minus solvatur, uisi ea res
arbitratu tuo restitt^turj quanti ea res erit, tantam pecuniam y iudex, A'^'t y*» Ao Ao
c. s, H, p, a. — La formula delV actio Serviana non difieriva che in qnalche
punto dalla precedeute. Questa* azione interveniva nella stessa ipotesi in oui
era date Vinterd, Salvianum^ qaindi — sempre secondo Lbxel {I. c) — la
conventio vi era desig^ata con gli stessi termini che in qiiesto interdetto e
che neir interdetto de migrando: convenisse^ ut quae in fundum q, d. a, introdueta
importata ibi nata factave essent, ea pignori AO Ao p^ro mercede eius fundi essent.
Conformemente a ci6 che veniva detto nella conveuzione, il fatto deUa inductio
doveva necessariamente esser indicato nella formula. La clansola, poi, relativa
aH'eccezioue risultante dalla liberazione era identica a queUa delPazione pre-
cedent e.
DE PIGNKRATICIA ACTIONfi 305
Ma dopo clie i creditor! ebbero per il loro diritto di pegno una
azione reale, comincio a divenir sempre piti raro il contractus fidtuna^.
A torto quindi afferuia CuiACio **) che esso sia stato abolito dalPIm-
peratore Cost anting il Grande con la L. ult. Cod. depa^^tis pignor.j
Hj 34, poich^ qaesta legge proibisce solo la lex commissoria negli oppi-
gnoramenti *®). II c<mtra<:ttu fidtunae e conferinato ^') ancora in una
altra opinione t'on Lohr nel Grolmans Magazin fur Bechtswiasenachaft vnd
Oeaeisgebung, S,^ xoliime, l.'^ metii, n. IV, pag. 129 seg., in cui appaiono
alcune sue Osservasioni sulle azioni reali pignorathie. Egli infatti credo
che fin da prima avesse Inogo un^ azione fondata sal diritto civile, una
rindic<itio utWs die sarebbe spettata tan to al creditore pignoratizio ed
ipotecario, qiianto al superficiario, all^enfiteuta ed a parecchi altri non
proprietaii. Ci6 verrebbe detto esplicitamente nella L. 16 D. de serrifu-
tibits, VIII, I. Qui Giuliano dice: « Ei, qui pignori fundaui accepit, non
est iniqunm utilem petitionem servitutis dari, sicnti ipsins fundi utilis
petitio dabitur ». Ma e evidente che Vvtilis petitio, che qui vien accordata
al creditore pignoratizio, non h altro che Vactio quasi Servia9ia, come ha
giustissimamente notato anche Westphal, De libertate et servitut, prae-
diornm, $ 976, not. 853. Ma non basta. Oltre quell' azione il creditore
pignoratizio manuale {Faustpfandglaubiger) deve aver avuto ancora Vactio
pigneraiicia^ se il diritto di pegno era stato validamente costituito fin da
principio e se la cosa si trovava nella propriety quiritaria del debitore ;
in csiso conti-ario avrebbe avuto luogo Vactio Serviana che sta alia pi-
giwraticia come la Publiciana alia rei vindicatio. Ma tutta Pantichit^ ro-
luana tace che oltre alPazione pignoratizia pretoria si sia data ancora
un^ altra azione reale di diritto civile. N^ anche Theophilus nella sua
parafrasi greca delle Istituzioni al $ 7 I. de action, ne fa cenno. Le leggi
addotte in proposito parlano, si, di una actio pigneraticia in rem, ma e
noto a tutti che sotto questo nome non si comprende altra azione pigno-
mtizia alPinfuori della pretoria; vedasi la nota 9 di questo paragrafo.
£ poi questa actio pigneraticia ^ anche abbastanza chiaramente detta
pigneraticia Sertiana nella L. 3 $ 3, ad exhib, D. 10, 4. Ed e cosi giusto
ci6 che, tivLAudoiinbonae fidei po8se88or, cui 11 pretore accorda 1' azione
publiciana, mette in essere un diritto di pegno sulla cosa, compete al cre-
ditore I'azione ipotecaria appunto con la limitazione con cm al debitore
Vactio Publiciana, Essa cio^ gli compete solo contro il possessore del
pegno che ha sulla cosa un diritto piu debole di quello del debitore.
L. 18 D. de pignorib. et hypoth., 20, 1.
*^) Ad Pauli Sentent, reeept., lib. II, tit. 13 ar? Bubrum.
'^) V. Ant. ScHULTiNG, lurisprud. antejust., pag. 383 ed lac. Gotho-
FREDUS in Comm. ad leg. un. C. Theodoa. de lege commiaa. reacind.
"*0 L« 9 C. Theodoa. de infirmand. hia, quae aub tyrann.
GLJCK. Comm. Pandette. — Lib. XIII. - 39.
306 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 862.
nuova costituzione degli Im])eratori Abcadio eel Onoeio ^*). Esso
dnnque cessb effettivament^. soltanto doiH) che Giustiniano ^^>
ebbe abrogate la ilistinzione fra res mancipi e nee nmncipi '**). Ed
e percio che in tiitto il Corpm iuris non se ue trova piil traccia
in alenn punto ^).
II contratto di pegno e dunqiie 1/ un contratto reale, che riceve
hi sua perfezione solo con la tradizione della cosa. Se pero il de-
bitore ha promesso di dare in pegno una cosa, questa, g\k prima
della tradizione, deve rignardarsi come una ipoteca, giacche per
la costituzione di quest' ultima basta la semplice convenzione ^^;.
Cosl si spiegano le parole di Ulpiano L. 1 § 1 1), h. t. : « Si igitur
contractum sit pignns nuda conventione, videamus, an, si quis-
aurum ostenderit quasi. i)ignori daturus et aes dederit, obligaverit
aurum pignori: et consequens est lit aurum obligetur, non auten>
aes, quia in hoc non consenserint » ; ed Anton. Faber ^^) nota
giustamente a questo proi)osito: « Etsi traditione pignus proprie
constituitur, non tamen ita accipi debet, ut bicipiat pignus a tra-
ditione, quamvis inutilis traditio est, nisi praecesseiit consensus
de re obliganda ; quo consensu praecedente inutilis quoque traditio
est ad pignoris obligationem constituendam, qnae iam satis undo
consensu constituta est ». 8e perb e seguita la tradizione, od il
creditore ha gi^ altrimenti ottenuto il possesso del pegno, sia piu'e
]>er via delPazione ipotecaria, sin da quel momento ha luogo Vacti^
pigneraticiaj che allora compete al debitore 8i)ecialmente nel caso
'•*) SUIonius ApoUinar.^ lib. IV, ep. 24, fa menzioue del contractus fi-
iluriae come di un contratto ancor valido a' suoi tempi.
^^) L. un. C. de nsucap. transform,, 7, 31.
•'•*) v. NooDT, Observathn., lib. II, cap. 8 e Conradi, Exercit. II de
pacta fiducial, J 17 e 18.
•**'•) V. Bachovius, De pignorib. et hypoth,, lib. V, cap. 18.
•'••*) Rational, in Pand, ad L. 1 § 1 D, h, t.
r) QneBte affermazioui debbono :iccogliersi con inolta cautela. Rimandiamo^
percio, su questo punto che riflette la Htoria del pegno a quanto ne ha scritto
Tillustre prof. A»C0LI nel Le origini delVipoteea e Vinterdetto Salviano^ Li-
vorno 1887.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 307
in cui il creditore con la vendita del pegno abbia agito fraudo-
lentemente, o per tal modo il debitore stesso abbia pagato piti che
il debito non imi)orta8se ^').
II contratto di pegno e: 2.^ un contratto honae fidei^ che deve
gindicarsi piii secondo I'eqnitA e la presuinibile intenzioue delle
parti, clie secondo le formnle rigorose del diritto.
Inoltre, 3.** per la sua validity, non e ricbiesto alcnn atto scritto '""%
ma la semplice convenzione delle parti, la semplice promessa orale;
€ Padempimento della medesima, con la consegna del pegno, e
sufficiente per la sua perfezione. La scrittura suole aggiungersi solo
<*ome mezzo di prova^*). Non h pregiudicata quindi la validity del con-
tratto, anche se il documento sia viziato ^\ a meno che non se ne
4»ia fatta dipendere la validiti^ del contratto stesso ^%
4.'' II dolo, la violenza e I'errore lianno nel nostro caso lo stesso
€ffetto che negli altri contratti. Tuttavia, qui bisogna ben notare che,
quando il contratto di pegno debba ritenersi invalido i>er causa della
violenza, il debitore dovrebbe esser stato costretto, mal suo grado,
a rieevere, in luogo del pegno estortogli, danaro che n6 gli oceor-
reva, ne egli chiedeva.
Se pero il debitore avesse richiesto del denaro e il creditore
non glielo avesse voluto prestare altriinenti che mediaute dazione
di i)egno; il debitore, poi, trovandosi in strettezze, ed abbisognando
<iel denaro, si fosse visto conseguentemente costretto a dare al
<5reditore, sebbene malgrado, un pegno; non potrebbe, in tal caso,
dolersi di una violenza illegale. Toiche non si puo far carieo ad
un creditore se egli non vuol prestare il suo danaro senza ga-
ranzia. fi questo il senso della L. 4 Cod. de pig nor,, 8, 13, ove si dice :
^') L. 34 D. de damno infecto, 39, 2; L. 11 $5 I), de pigncrat, act,;
Ant, ScHULTiNG, Thes, controvers., decad. L, p. 4 e B\cuov., c, /.,
pag. 450 e segg.
^) L. 12 C. de phjnor,, 8, 13.
•••') L. 4 D. de piffnor. et hypoth,, 20, 1.
«'») L. 34 M 1). eodem.
**') Bachovius, Ti\ de pUpwrib,, lib. I, cap. 3, ii.2; Krxlkbex. Prin-
<ip, de hire piffnor. y {> 42.
308 LIBBO XIII, TITOLO VII, § 862.
« Cum te pecimiam accepisse et agros tuos obligasse fateris, iion
liabes rationem, quod quereris, vi te coactum pignori dare, si
igitur recipere vis rem tnam, solve creditori pecuniam debitam ».
In un caso simile, in cui il contralto di pegno ^ nuUo per man-
canza di accordo, non si d^ neppure un diritto di ritenzione,
quand'anclie il Fisco debba subentrare al posto del creditore. L. 25
D. de pignor., 20, 1 : « Cum vitiose vel inutiliter contractus pignoris
intercedat, retentioni locm non est, nee si bona creditoris ad flscnm
pertineant ».
5.^ II contratto di pegno puo esser concliiuso cosi tra assenti
come tra presenti. La L. 23 § 1 D. eodem dice espressamente :
« Pignoris obligatio etiam inter absences recte contrahitur ». Prima
di GitJSTiNiANO era pero assai controverso se esso potesse venir
conchiuso anche per mezzo di un mandatario, di guisa che il man-
dante ne conseguisse tutti i diritti e ne assumesse tutti gli obblighi
come se egli stesso Pavesse contratt/O; come risulta dallaL. 11 § (>
D. de pigner. a4!tion€, ove si dice: « Per liberam autem personam
pignoris obligatio nobis non adquiritur, adeo ut ne per procura-
torem plerumque vel tutorem adquiratur: et ideo ipsi actione pi-
gneraticia convenientur. sed nee mutat, quod constitutum est ah
imperatore nostro ^*) posse per liberam personam x>ossessiouem
adquiri: nam hoc eo pertinebit, ut possimus pignoris nobis obligati
possessionem per procuratorem vel tutorem adprebendere, ipsani
autem obligationem libera persona nobis non semper ^^) adquiret ».
Qui si poneva come base la regola dell'antico diritto die nes-
suno potesse acquistare dei diritti ne venir obbligato ad alcuna
cosa per mezzo di una libera persona. Ma poiche nel nuovo
iliritto questa regola e stata modificata in vario senso, come s'e
^') Qui 8i fa menzione della Costitiizione dell 'imperatore Sevkro, L. 2
Coil. de adquir. possess., 7, 32.
^'^) he parole non semper, come anche il plerumque che si nota fra le
prime parole, sono ritemiti im'aggiunta di Triboniano. Ved. Cl'jacius
in Not, ad §51.: « per quas personas cuique adquirit. ». Si veda per6,
in contra rio, gu qncBto pa^so, Westphal, Diritto di pegno, J 56, not. 77.
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 309
gill mostrato in altro luogo ^*), coal, anche con una niiova Costi-
tuzione delPImperatore Giustiniano, si tolse ogni diibbio parti-
colarmente rignardo al contratto di pegno; e quindi, ora, questo
contratto ])u6 esser conchiuso per mezzo di un mandatario, con
la stessa efficacia die in persona propria: « Si enim — dice (Jiu-
STTNIANO, L. 3 (2), 1, Cod. Per quas personam nobis adquiritury 4, 27. —
procuratori necessitas legibus imposita est domino contractus ce-
dere actionem, quare non ab initio quemadmodum in personali actione
cessio supervacua videbatur, non etiam in hypotliecis et pignoribus
simili modo dominus contractus habeat hypothecariani actionem
sen pignoris vinculum vel retentionem sibi acquisitam ? » .
Gi^ prima di Giustiniano era giuridicamente ammesso pel
mutuo, che se alcuno avesse dato a prestito del denaro in nome
altrui, x>otesse questo appartenere al mutuante o all'altro in nome
del quale veniva prestato, quest^ ultimo in base a tal contratto
poteva agire contro il debitore, senza dover ricorrere ad una ces-
sione da parte del mutuante ^''). Tuttavia il mutuante non jwteva
concbiudere alcun contratto di pegno in favore dell'altro, in nome
del quale egli aveva prestato i denari. Per giustificare questo punto
Giustiniano non trovo alcun motivo sufficiente; e percib elimino
la minuziosit^ dell'antico diritto.
6.0 II contratto di pegno obbliga il creditore a restituire al
debitore, senza far ox)posizione di sorta, la cosa ricevuta in pegno,
una volta estinto il debito ^%
**'*) V. la part<> IV di questo Commentario, $ 343.
«•') L. 9 M D. de reb. cred., 12, 1.
6«
) L. 1 t^ 6 D. de oblujat. et action.', 44, 7.
310 LIBRO XUI, TITOLO VII, § 803.
§ 8G3.
Quail cose poasono formare oggetto del contraito di pegnof 0-
Puo <larsi in pegno qualsiasi eosa; basta clie essa sia al caso
<li poter garantire il creditore. E poiche la garanzia del creditore
f) t!, logico e nnturale far procedere di i>ari passo il pegiio e la vendita: il
pegno infatti, come bene osserva il Troplong, ha da risolversi in un prezzo
oe il debitore nou paga, e son quindi da oonsiderarsi sopratntto come di na-
tura sottoposti a pegno 1 valori clie poRSono essere dalln vendita convertiti in
una itoiuma di denaro. Pel trostro diritto poasono darsi in pegno tutte le cose
mohilif tanto oorporali, quanto incorporali, purche in eounuercio. NelTanticti
diritto franceoe si disputava Re poteBsero oppignorarsi le cose incorporali; nt^
dabitava Pothikk, rnttermava Favrk: la pratica si prouunci^ in favore del pegno
delle cose incorporali, vedcndovi nn potente mezzo di credito. Non si diibita
che poHHa darsi in pegno il denaro medesimo: cosl, dice il Pacific! Mazzoni,
Jat. VI, 244, si costnma di rilasciare cinqne lire in pegno »l commereiante di
gazose per la bottiglia dell'acqua di Seltz. Pussono essere date in pegno le cose
mobili per loro natnra o per determinazione della legge (416 c. c), qiiindi pure
i diritti, le obbligazioni e le azioni, anche ipotecarie, che lianno i>er oggetto
Komme di denaro od eiletti mobili, le azioni o quote di pnrtecipnzione nelle
societA. di commercio o d'industria (art. 418 c. c). Fra qnesti beni mobili per
determinazione della legge v'^ il credito, ed il pegno di credito e usato assai
in commercio. L'art. 418 c. c. considera anche come beni mobili per determi-
nazione della legge le rendit« dello Stato: e per6 sorto dnbbio se possano va-
lidamente oppignorarsi, perchi^ per la legge speciale snl debito pnbblico Tamnii-
nistrazione dello stesso non pu6 ammettere seqnestro o pignoramento sopra tali
rendite. Le ragioni, pero, siille quali tal legge e fondata, ragioni pnrticolari,
e che si riducono airessersi volut'O evitare dannosi incagli a qaeiramministra>
zione, se son valide per i rapporti con ramministrazione, non possouo opporsl
tra i privati. Le rendite restan sempre beni mobili e, come tali, son sottopo-
nibili a vincolo.
Possono oppignorai'si tanto le cose singole, quanto le universit,^ di co<»e,
beninteso pnrche mobili. Non possono invece le cose fiitnre, e i frntti che na-
«oeranno, pereht^ non possono esser conseguate al creditore; se per6, raccolti
che siano, gli si consegnino, il pegno comincera a snssistere eflicacemente (V.
Pacifici-Mazzoni, L c). In tal caso per6 il contratto per se stesso 8ari\ valido
— osserva il Wahl, e con Inl il Lomonaco — {I)ir. ch\ it,, 2.* ed.. 1904,
pag. 830), almeno come promessa di pegno, indipendentemente dalla tradizionn
perch« qnalsiasi convenzione deve ritenersi validn, purche non sia contraria al-
Vordine pnbblico od ai bnoni costiimi.
In chi costitnisce il pegno si richiede la proprietil, e la capacitfi di alienare,
perch^ il }>egno implica un'alienazioue della cosa oppignorata.
Tra le cose che si possono dare in pegno debbonsi aunoverare anche le cone
^oiNMiti. Gli ertetti sono regolati dall'art. 679 c. c. ; cosK se, per esempio, siavi
DE riGNERATICIA ACTIONE 311
consiste principalmente in qaesto: che egli, uel caso di mancato
pagamento del debito, e autorizzato ad alienare il pegno per so-
disfarsi; cosi ne risnlta la regola generale, dataci da Gajo nella
h. 9 ^ Ide pignoribtiSy 20, 1 : « Quod emptionem veiiditionemque re-
cipit, etiam pignerationem recipere potest » ^'). Non si guarda al ge-
nere della cosa: e percio possono esser dati in pegno tan to inobili che
imniobili, cose corporali qiiauto incorporali. Alle cose incorporali
che possono essere oggetto di oppignoramento appartengono, per
esempio, le obbligazioni ed i crediti {cautiones^ nomina). In questo
ultimo caso il creditore pignoratizio pno, qualora I'oppignorant^ non
lo sodisti, agire per il pagainento del debito, dctione utiU, contro
il debitore che risponde pel credito oppignorato ^*). II creditore poi
'•') Veraiiiente qnost4) frammento non k posto nelle Pandeiie al suo
^iisto liiogo: perch^ Gajo nel libro IX ad Edictum proviuciale, donde
esfio, come <Hce riscrizione, e 8tato tolto, ti'atUiva iMV actio pigne-
ratma che deriva dnl contratto di pegno, come nsuita dalla L. 10 e
dalla L. 12 D. iU pUjner, act. Esse diinque avrebhe dovuto esser collo-
cato sotto il titolo : (le pigtieraiicia actione, e non inchiso in quelle d-e
pigiwribus et hi/pothecis, come giusUimentc ha notato anche Ger, Noodt,
Observation., lib. I, cap. 7 ff), Vi o percio una gramie differenza tra
la questione: quali cose possono essere oggetto di un contratto di pegno
- e Taltra: quali cose possono essere validamente ii>oteciit^. Poich^ il
contratto di i>egno produce sempliceiuente diritti ed obbligazioni personalis
cos) i)ossono esser date in pegno manimle anche delle cose altrui, n^ piii
nc nieuo come esse possono formare oggetto d'un conti*atto d'acquisto.
Confr. la L. 9 f 4 D. de pign, a^t, con la L. 28 D. de vontrah. tmpt.y
18, 1. Meutre, al contrario, I'ipoteca iniposta sui beni altrui non e me-
nomamente valida, in quanto da essa non nasce alcuna azione pignoratizia
contro il terzo i>ossessore, coraecch^ essa presupponga sempre che la cosa
sia propiieta delPoppignorante. L. 6 C. si altena res pignori data sit^
8, 15. Ve<li anche Westphal, IHr. di pegno, $ 106, nota 128, e P.
Fabek, Semestrium, lib. II, caip. 17.
^*) L. 7 C. de heredit, vel act. rend., 4, 39: « Postquam eo decursum est,
nn credito cli novantauiila lire comuue a tre persone, io comproprietario potro
vincolare questo credito, ma non attribuir6 al creditore piguoratizio 11 diritto
di prefereuza per 11 credito Intero, sibbene per la quota che verr^ a tocoarmi
nella divisione.
0) y. Lenel, Palingenesia, I, pag. 210, n. 211.
312 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 863.
conteggia sul suo credito il danaro riscosso. Se pero il debito con-
siste in altre cose che il convenuto doveva dare alPoppignorante,
allora qiiesti se le ritiene come pegno ^^), solo pero deve essere
data notizia al terzo debitore delPavvenuto oppignorameuto, poicbe
altrimenti egli ivotrebbe pagare invsino 11 debito al suo creditore,
e con cio annientare il diritto di pegno impostovi in vantaggio di
altri "^). Ancbe le servitit possono venire oppignorate, e non sol-
tanto quelle personali, per eseuipio Pusufrutto, in cui il creditore
deve godere dei frutti fin tanto che il debito non venga per tal
mezzo estinto '*); ma anche le servitd reali. Pero le servitutes nr-
ut vantiones ijitoqiie dfbitomm pignori darentur: ordinnriiini visum est, at
post nouiinis venditionem ntiles emptori si [ut responsiim est], vel ipsi
creditori postulanti dandas a^^tiones ». Poicli6 il conipratore di un credito
senza dubbio pu6 valersi uiiliter di quell'azione che ii venditore del cif-
dito potcva originariainente proporre contro il debitore, cosl anche I'a-
zione del creditore pignoratizio non e diffe rente. V. Westphal, Dir, di
pegno ^ § 141, nota 165.
^®) L. 18 pr. D. de pigner, act.: « Si convenerit, vt nomeu debitori»
mei pignori tibi sit, tuenda est a Pmetore haec conventio, ut et te in
exigenda pecunia et debitoreui adversns me, si cnni eo experiar, tueatur.
ergo si id nonien pecuniarum faerit, exactani pecuniam tecum pensabis,
si vero corpons alicuius, id quod acceperis erit tibi pignoi-is loco ».
■^^*) L. 4 C. Quae res pignoH., 8, 16: « Nomen quoque debitoris pignerari
et generaliter et specialiter posse pridem placuit. qnare si debitor f« satis
non facit cui tu credidisti^ ille cuius nowen tibi pignori datum est, nisi ei
cui debuit solvit, nondum certior a te de obligatione tua /actus, utilibuft
actionibus satis tihi facere u^que ad id, quod tibi deberi a creditore eius
probaveris, cmnpelletur quatenus tainen ipse debet ». V. Frat, Becmanx,
ConsiL et decision,, parte II, decis. 68, n. 7 segg.
-1) L. 11 $ 2; L. 15 pr. D. de pignor. et hgpoth,, 20, 1: L. 8 D. ^n7>.
mod, pign, vel hyp, solvit, 20, 6. L'imm« non i)u6 essere dato in pegno;
poicli6 nella L. ult. D. de nsuris et fruct,, 22, 1, T oppignorameuto della
cosa e rivolto solamente al fructus rei, V. Ant. Faber, Coniecturar.
iuris civ., lib. XIX, cap. 8. Relativamente aU'abitazione invece nou si
i<olleva alcun dubbio. V. Oa«/>. Achat. Beck, Diss, de oppignoratione
servltutnm, Jena 1729, $ 18. In genere per6 e propriamente il godiraento,
non il diritto stesso, qucllo che fomia Poggetto deiroppignoramento, come
lia dimostrato decisivamente Greg. Maiansio in Disputation, iur. cir.,
toni. I, disp. 4, J 24 segg., pag. 84 segg.
DE PIGNEEATICIA ACTIONE 313
banae non possono esserlo in nessun caso '*) ^). Ma una servitu ru-
stica pub venir concessa come pegno al creditore su un fondo del
8U0 debitore, affinclie quegli, se possieda un fondo attiguo, se
ne valga in vantaggio del medesimo, fino al seguito pagamento
del debito, e, qualora non venga sodisfatto, la possa vendere ad
un altro vieino ^'). In questo caso adunque la servitu viene costi-
tuita la prima volta a titolo di pegno. Le servitu reali, invece,
clie gij\ precedenteuiente aderiscono attivamente ad un fondo, non
l>o8Sono essere oppignorate senza il fondo, poiehe non se ne pos-
sono separare '*).
Se pero viene oppignorato il fondo sul quale sono imposte, al-
lora esse sono implicitauiente e eontemporaneamente comprese in
tale oppignoramento "^).
Xon vMia dubbio clie possano formare oggetto del contmtto di
'^*) L. 11 4 3 D. de piff north., 20, 1: « Jura pra€?diorum iirbanoruui pi-
gnori dari non posgunt : igitur nee con venire poBsunt, ut liypothecae Aint )^.
''^) L. 12 D. de pignor, et hypoth.: « Sed au viae itineris actus aquae
ductus pignoris conventio locum habeat videndum esse Pomponus ait,
nt talis pactio fiat, utj quamdin pecunia sohita non sit, eis HerviiutihvH
creditor utatur {ftcilicel si vi^inum fttndum habeat) et, si intra die^n certnm
pecnnia soluta non sit rendere eas vieino liceat : quae sententia propter
ntilitateni contralientium admittenda est ». Che questo framuiento tratti
di una servitd costituita in pegno dal proprietario al suo creditore, vien
<;onfennato anche dai Basiliei, torn. IV, pag. 35, dove si dice, se<'ondo
Fabkot: AuvaTOv Bk crjufravtivj s/^tiv /*« xara tou ay^ooyctrovo? 6S6y otiv/jv xa'
Tr/.aTteav, xai w^^aywyeov, ew; ov to /joeo; xaTa,5Xv!5:^ wot. xat siv ^jLVi iLOLXOLpXri^rt
iunfio^s^IKo;^ e^eivat uoi raura mnpxfTxtiv, 0 i. e. « Valet autem conventio,
ut liceat niilii ire, agere, et aquam ducere per funduin vicini, donee p4'-
«unia uiilii servaturi: et si intra diem certum pecunia soluta non sit,
rendere eas (sc. servitutes) milii liceat. V. Vinnius, Select, iuris qnaest.,
lib. I, cap. 32; Svklama., Metnbranar., lib. VIl, eccL 45; Chauonhah,
VerisimiL, lib. I, nr. 7 iu 'Thes. Otton., torn. I, pag. 698; WESxruAL,
4 139, nota 163.
'^*) Vedi Ant. Faber, Coniectur. iur. r/r., lib. XIX, cap. 6 e 7.
'•">) L. 16 D. de servit., 8, 1.
'*) Cfr. V. SciALOiA, Delia facoltd di dare in pegno Je « setTituies urbanae )>,
Giur. It., 1880, IV, 35.
0 Conforiue Heinbach, Bos., Ill, pag. 69, XII.
(H/'.cK. Comnf. l\i,nl -ttc. — Lib. Xlll. — 40.
314 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 863.
pegno anche le cose altrui ""*) ')? ™a Poppignoramento non e valido
iiei riguardi del proprietario della cosa se egli uon ha consentito
espressamente o tacitamente. Egli pu5 rivendicare la cosa sua "),.
ji meno die sin da principio avesse avuto notizia delF oppi-
gQoramento, e, per dauneggiare il creditore plgnoratizio, non lo
avesse avvisato del pericolo '*). Ed ugualmente nuUo ^ Poppigno-
ramento di fronte al terzo possessore della cosa ; contro questi non
ha luogo I'azione ipotecaria, perch^ il creditore deve ])rovare la
])ropriet^ del debitore '^). Pra i contraenti I'oppignoramento delle
cose altrui e valido, e ne derivano ugualmente i diritti e gli ob-
blighi che derivano dalPoppignoramento delle cose proprie, ma il
creditore non deve aver saputo che il pegno apparteneva ad un
terzo, quando egli, nel caso d'evizione, debba avere qualche cosa
dal debitore *^). II creditore b percib obbligato a restituire il pegno
al debitore, se questi paga; che anzi, sotto questo rispetto, anche
al ladro si accorda Vactio pigneratioia ^*). II debitore a sua volta
si rende garante dinanzi al creditore per la evizjone **). A questo
proposito debbo notare ancora quanto segue:
**) Em, Crist, Westphal, Dissertazione giuridica snlVoppignoram, de^
heni altrnij Halle 1779, 4 e Crist. Teofilo Gmelin, Comment, iur. cii\
de lure pigtwris vel hgpothecae. quod creditori debitor in re sibi non propria
vonstituit^ Uima 1778, 8.
^') L. 6 Cod. Si aliena res pignori dat.f 8, 15.
") L. 2 Cod. eod.
*^) L. 15 ^ 1 D. de pignor.-j L. fin. $ 2 Cod. Communia de legat. et
tot. tit., 6, 43. Si aliena res pignori data «i7, VIII, 15.
**') L. 16 J 1 D. h, t.: « Sed ai sciens creditor accipiat vel alienum vel
obligatum vel morbosum, contrarimn (so. iudicium) ei nan competitu^.
'^') L. 9 ^ 4 D. /t. f.: « Ib quoqne, qui rem alienam pignori dedit^
soluta pecunia x)ote8t pigneraticia experiri ». L. 22 $ 2 D. eod.; € Si
praedo rem pignori dederit, compctit ei et de fructibus |?i^n€ra/tct'a actio ».
"') L. 16 $ 1 D. Ji. t.: <(Contrariam pigneraticiam creditori actionem
corapetere certuni est: proinde si rem alienam dedit, tenebitur^
quamvis et stellionatus crimen enmmittat. sed utrum ita demura, si scit^
0 V. Siegfried Iji^yi, die Verpfdndnng einerfrcmden Sache nach rimischem Becht
(L'oppignoramento di cosa altrui in diritto romano), Breslavia 1894.
DE PIGNERATICIA ACTIONB 315
I. Poich^ PoppignoramentO di cose altrui ba valore per lo
ineno fra i contraenti, non v^ha dubbio alcuno che anche Pazione
ipotecaria stessa ha laogo contro Poppignorante. Ch^ se egli to-
lesse obbiettare che non e proprietario, gli si potrebbe opporre la
replicatio doli *').
II. Se quegli che ha oppignorato una cosa altrui ne diviene
in seguito proprietario, bisogna tener conto se il creditore sin da
principio ha saputo che la cosa apparteneva ad un terzo, oppure
no. Xel secondo caao Poppignoramento si convalida ed al creditore
vien accordata per motivo di equity Vactio hypothecaria utilis. Nel
prinio caso invece egli consegue semiilicemente un diritto di rite-
-iiuta, in quanto si trova nel possesso del pegno; ma non puo
van tare alcun diritto alPazione ipotecaria. Sotto questo j)unto di
vista devono porsi d'accordo i seguenti passi delle fonti:
L. 41 D. h. t. : « Rem alienam pignori dedisti, deinde dominus
rei eias esse coepisti: datur utilis actio pigneraticia creditori ».
L. 5 Cod. Si aliena res pignori dat. 8, 15: « Cum res, quae necduin
in bonis debitoris est, jngnori data ab eo postea in bonis eius
esse incipiat, ordinariam quidem actionem super pignore non com-
l)etere manifestum est, sed tamen aequitatem facere, ut facile utilis
persecutio exemplo pignoraticiae daretur ».
an et si ignoravit ? et quantum ad crimen pertinet, excusat iguorantia :
quantum ad contrarium indicium , ignorantia euni non excu^at » '").
*^) L. 21 J 1 D. de pignorib., 20, 1: « Si debitor servum, quern a non
domino bona fide emevat et pigneravit, teneat, Serrianae locus est et, si
a<lvevsu8 eum agat creditor, doli repUcatione exceptionem elidet ». In quest<»
caso era una circostanza indifferente clie Poppignorante avesse comprato
la cosa bona fide; e perci6 Pazione ipotecaria avrebbe avuto fondamento
anche nel caso in cui I'oppignorante avesse acquistato la cosa mala fide.
Pare qnindi che Ulpiano abbia seel to un simile caso solo per mostrare
che a pena il creditore pignoratizio deve essere sempre in bnona fede.
Infatti se il creditore aveva notizia della condizione della cosa, Toppi-
^oramento non gli giova menomament.e. <( Dolns nemini debet prodesse ».
V. Westi'Hai., DiHtto di pegno , ^ 270, nota 300, pag. 391 e Gmei.in,
Commetttat, de iure pignoris quod creditori debitor in re sibi non propria
^onstittiil, $ 14.
>") Gradenwitz, Inter polationen^ p. 118; Lenel, Palingene9ia ^ I, p. 1023 sou
<i'aecordo nel ritenere interpolata la prima frase iino a certum est.
316 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 8t)3.
L. 1 pr. D. de pignor, et hypoth, : « Conventio generalis iu pi-
ignore dando bonorum vel postea quaesitorum recepta est: in spe-
ciem autem alienae rei coUata conventione, si noii fuit ei qui pi-
^lus dabat debita, postea debitori doniinio qiiaesito difiicilius ere--
<litori, qui non ignoravit alieimm, utilis actio dabitur, sed facilior
crit ]>o8sidenti retentio ».
Nell'ultinia legge Papiniano fa distinzioiie fra pegno generale
o speciale. Poiche il primo si estende anclie al patrimonio fiituro
del debitore, non uuoce alia validity dell'o])piguorainento se anche
il debitore abbia solo dopo acqaistato la propriety di una cosji
c;be a quello api>artiene **). Se perb il debitore dik in speciale i>egno
una cosa, di cui egli non e ancora proprietario, senza il eonsenso
del proprietario, un tale pegno ^ nullo fin da principio, se il
debitore, al tempo della costituzione del diritto di pegno, noa
aveva anche un diritto personale rivolto ^'*) ad acquistare la pro-
priety per tradizione. Cli^ se ancbe Poppignorante acquisti sue-
cessivamente la propriety, cio non giova nienomamente al eredi-
tore, se egli sai)eva della condizione in cui si trovava la cosa. 15
questo il senso delle parole: difficilius dabitur utilis actio, le quali^
quindi, non significano altro clie non esservi neppur luogo ad
un^actio hifpothecaria utilis. In fatti PapiniaNo anclie in altri luogbi
iisa I'espressione diffieiUus in senso negativo ^'*). Questa spiega-
zione e accolta dalla niaggior parte degli interpreti *^), e ne con-
^*) L. fill. Cod. qtuie res pigtwri, 8, 16; Gmeun, in Comm. cit.j 6 50.
*^'*) Se Toppignorante avesse ottenuto un tal diritto di credito in rap-
)K>rto a]Ia co^a, Toppignoramento sarebbe stato ugualmente valido tin da
I>rincipio. L. 3 $ 1 D. Qui potiores in pignore^ 8, 17.
^^) L. 8 D. de dotis coUat.y 37, 7; L. 95 M D. de solut., 46, 3j
L. 24 D. depostti, 16, 3. V. Brissonius, De verbor, signif.^ voc. difficilius
vd Ei\ Otto, Papinianus^ cap. XV, J 4, pag. 558 seg.
") lac. CuiAcius, ad Africanunij tract. VIII, ad L. 9 $ 3 D. Qui
pot. in pign.; Ant. Faber, Coniectur., lib. XX, caj). 17; Hug. Donellus,
De pig north, et hypoth., cap. 7; Ant. Schulting, Thes. controversar.y
decad. LXXIX, p. 1; Bachov., De pignorib. et hypoth., lib. 11, cap. 4,
II. 3; Bern. Enr. Reinold, Varior,^ cap. 33 in Opuscul. iurid., pa-
^dna 198; Gmelin, cit. Comment., J 51; WEftTPHAL, in Dir. di pegnOy
$ 114; HOFACKER, Princip. inris civ. It. P., t. II, } 1172 ed i piu.
DE PIGNEKATICIA ACTIONE 317
senile anebc chiarainente che le due prime lejjgi debbano riferirsi
solo al caso in cui il creditore accetto in bnona fede in siippegno
la cosa altriii come cosa i)ropria del debitore, come anelie aiuta
sufticieutemente a riconoseere la base di equit4^, su cni vien fon-
data la decisione. fi percio evidentemente a torto clie Connano ^%
VoET ^^) e Westenbkbct ®") credono di poter affermare cbe al
ereditore vien concessa wn^aetio hypothecaria uiilis, senza distin-
zione se egli abbia o no saputo che gli veniva data in pegno una
eosa altrui.
Del resto si deve notare cbe in un caso simile, in cui il debitore
acquisti in seguito la proprietA del pegno, il pegno stesso non si
considera valido a partire dal tempo delPacquisto della proprietA^
ma retroattivamente fin da principio; e percio I'ordine fra i vari
creditori che banno conseguito un diritto di pegno ]>rima dell'ac-
quisto della proprietA, si determina alia stregua del tempo della
<*ostituzione del pegno ^*). Questo perb, senza dubbio, vale sola-
mente nel caso in cui il non proprietario stesso abbia costituito
in vantaggio di pareccbi suoi creditori un diritto di pegno suUa
cosa altrui prima cbe ne abbia acquistata la jiroprietA. Poicb^ se
il vero proprietario doiK) avvenuto Poppignoramento per parte del
non proprietario, e prima cbe questi ne acquistasse la propriety,,
avesse concesso un diritto di pegno suUa cosa, allora il diritto di
pegno del primo creditore non potrebbe ottenere eftetto retroat-
tivo in danno di quello del secondo °*).
III. So il proprietario, senza il consenso del quale era seguito
Toppignoramento della cosa, diviene erede dell'oppignorante, non
percio Poppignoramento avvenuto ottiene direttamente alcuna va-
'*'*) Commeiitar. iur, cii\, lib. IV, cap. 13, pag. 2S9.
^•') Commeniar. ad Pandevias^ lib. XX, tit. 3, $ 4.
yoj Princlp, iur, sec, ord, I),, lib. XX, tit. 3, vS S, ii. 4.
'*") L. 14 D. Qui pot lores in pUjnore^ 20, 4: «Si non dominus diiubii.s eaiidoirt
rem diveiftift teinporibus pigneraverit, prior potior est » ; di difterente opi-
nione e Ant, Fab£R, Coniectur. iur. civ., lib. II, cap. 10. Si veda
|)er6 Enrico Em, Ferd, Bolley, Dottrina d^i pubblici suppegni^ Tu-
binga 1S02, 8 ^ 54 seg.
*') Gmemn, Comment, de iure pif/noris, etc., J 53 e 54.
318 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 863.
liditA; ma il creditore, in questo caso, puo solo ricbiedere espressa-
mente dalFerede una conferma dell'oppignoramento stesso, o pre-
tendere la costituzione di un'altra ipoteca i>er mezzo AeWactio pi-
gneraticia contraria^^). Ma si domanda se, per ragione di eqnita,
non debba concedersi al creditore, i)er lo meno, Vactio hypoihe-
caria utilis, Tal quesito, per causa di una contradizione cbe a
questo proposito si riscontra in due passi delle Pandette^ h irto
di difficoltft. Secondo la L. 22 D. de pignorib. et hypoth. 20. 1. do-
vrebbe rispondersi aft'erraativamente. Modestino dice cioe, ivi
stesso: « Si Titio, qui rem meani ignorante me creditor! suo pi-
gnori obligaverit, heres extitero, ex postfacto pignus directo quidem
non convalescit, sed utilis jiigneraticia dabitur creditori ».
Ma Paolo iusegna proprio il contrario nella L. 41 D. de pi-
gneraticia act cosi concepita: « Rem alienam pignori dedisti,
deinde dominus rei eius esse coejusti : datur utilis actio pigneratieia
<3reditori. non est idem dicendum, si ego Titio, qui rem meam obliga-
verat sine mea voluntate, heres exstitero: hoc enim modo pignoris
persecutio concedenda non est creditori nee utique sufficit ad
competendam utilem pigneraticiam actionem eundem esse dominum,
qui etiam pecuniam debet, sed si convenisset de pignore, ut ex
suo mendacio arguatur, improbe resistit, quo minus utilis actio nio-
veatur ». Si son fatti parecclii tentativi per eliminare tale antitesi,
ma senza risultato felice. Molti ^*) credono clie nei due passi si tratti
<li casi comi)letamente diversi. La L. 22 tratterebbe cioe del caso
^2) V. Westphal, I>irxtto di pegno, $ 115.
^*) Fiet, Faber, SeinesMum, lib. II, cap. 18: Erm, Vulteius, 1)1-
scepiai. Scholastic, cap. 17; Voet, Commentar, ad Pandectas, lib. XX,
tit. 3, J 5; HuBER, Praelect. ad Pand, eod. lib, et tit., J 2; van Ii>-
siNGA, Vai\ iuris civ., cap. 16 e 17; lo. van Nipsen, IMsa. ad frag-
"menta quae in Digestis ex Herennii Modestini IX. Libris differentiannn
supersunt, Lugd. 1750, cap. VIII (in Ger. Oelrich, Thee. Dissertat. iu-
ridic. select, in acad. belgieis habitar., vol. I, tom. I, pag. 67); EmECCio,
Elem. iuris civ. sec, ord. Pandectar., lib. XX, tit. Ill, $ 27; To, Gottf,
Bammet, Quaestion. for., n. Ill, Lips. 1754 (in Opuscul., pag. 261 seg.):
HoF acker, Princip, inr. rom. germ,, torn. II, $ 1173; GCkther, Print,
inf. rom. priv. novissim., tom. II, $ 666; Malblanc, Princip. iur. rom.
sec, ord. Digest., parte II, sez. II, $ 567, pag. 512.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 319
in ciii Poppignoramento 6 seguito senza il volere del proprietario
(ignorante me); la L. 41, invece, del caso in cui Poppignoramento
e avvenuto contro la volontA. del medesimo {sine mea voluntate).
Ma qiiantimque questa interpretazione abbia in suo favore Pauto-
ritA dei Bdsilici ^% pure contro di essa sussiste Pimportante ar-
gomento cbe in simili casi, in cui la validity di un negozio giu-
ridico dii>ende dal consenso di un terzo, e attatto indifferente 8©
il terzo non ne 6 a cognizione, o se il negozio ba luogo contro ii
suo volere, percbe un tale negozio manca in entrainbi i casi del
consenso suo ^%
Altri^") i)erci5 vogliono piuttosto riferire la L. 41 alPocfio pi-
gneraticia contraria. Cosi la differenza fra i due casi risulterebbe
abbastanza cbiara. Poicli^ se il proprietario diviene erede delPoppi-
gnorante non ne seguirebbe necessariamente cbe per cib trovasse
fondamento Va>ctio hypothecaria. LMpoteca e inerente al fondo, ed
un semplice cambianiento rispetto alle persone, non potrebbe pro-
durre alcun mutamento a suo riguardo. Ma il diritto di preten-
dere la conferma delPoppignoramento fatto dalPereditando od
un'altra ipoteca,apparterrebbe incontestabilmente al creditore contro
gli eredi, poich^ i contratti si trasferiscono negli eredi. Dunque
il contratto di pegno obbligherebbe tanto gli eredi delPoppignorante^
quanto Pereditando. In tal modo si crede eliuiinata ogni difficoltA^
nia se ne 6 ben lontani.
^•') Tom. IV, lib. XXV, tit. I, dove le parole : sine mea voluntate sono
tratlotte: napa yvwfirtv ^ou, eio^: contra voluntatem meam *^) .
^) Come esempio si coDfronti solo la L. 45 ^ 5 D. de ritu nupt.^
28, 2. E inoltre il $ 4 I. Quod ctim eo, qui in alter, potest.^ 4, 7, con la
L. 29 J 1 D. cZ« pectdio^ 15, 1.
^^) Dopo AccuRSio appro vano specialmente questa spiegazione: Franc,
Baldlino, Be pignorib., cap. 12; Ug, Donello, De pignorib.j cap. 7j
Fr. CoNNANO, Commentary iur, civ,, lib. IV, cap. 18, pag. 290 j Oer,
NooDT, De forma emendandi doli mali, cap. 12 ; Abramo Wieling, Jm-
risprud. restittita, torn. II, pag. 240; Gmelin, Comm, de iure pignor., etc.^
$ 57 e 58 ; Westphal, Dir, di pegno. $ 115, nota 137 e i piii.
>i) Conforme Heimbach, Bos., Ill, pag. 64, XL.
320 LIBRO XIII, TITOLO YII, § 863.
Che delVactio hypothecaria utilis parli Modestino nella L. 22,
come Paolo clie nelhi L. 41 la concede senz'altro al ereditore* ci
insegna gvk il titolo sotto il quale la legge e ]>o8ta.
L'espreesione actio pignei^aticia , in questo caso, non pub provare
nulla in contrario, giaeelie e noto che Pazione ipoteearia, nelle
ibnti, e cliiamata spessissimo actio pigneraticia. Se Modestino
avesse inteso parlare seuiplieeniente deWactio pignet^aticia contraria
non sarebbe stato menonuimente necessario notare clie il pignus
non si convalida direttamente, perclie quelPazione personale ha
luogo anclie se il diritto di pegno e per se invalido °®). Ma non
si coniprenderebbe invero, secondo questa spiegazione, i>erclie al
creditore verrebbe eonoessa contro I'erede dell'oppignorante solo una
actio pigneraticia utilis se, con tntto cio, contro lo stesso pignorante
lia luogo direttamente Vactio pigneraticia contraria '^^). L'erede su-
bentra insomma in tutti i diritti del defunto.
L'antitesi fra le due leggi non puo quindi disconoscersi, e non
puo eliminarsi con alcuna interpretazione, come giustamente af-
fermano ancbe CriACio ^'*"), Duareno *), H otomanno *), Charon-
das '), RUSSARD *), Ant. FaBRO ^), GlPHANlO % Bachovio ^), FOR-
NERIO *), SCHULTING '). AVKRANIO *^), ReINOLD *'), ThIBAUT **), e
molti altri. Si domanda quindi semplicemente a quale dei due
»*) L. 9 pr.; L. 16 M ; L. 32; L. 36 D. <1e pigner. act.: L. 6 Cod.
Si aliena res pignori data »it, 8, 15.
••) V. ran Nispen, cit. Dias.^ cap. 8, pag. 67.
»o«) Obsei'vation., lib. XIX, cap. 26.
^) Disputation, anniversar.. lib. II, cap. 4.
*) Obsen'ation,j lib. V, cap. IS.
3) n£t5av«v, lib. I, cap. 20 (in Thes. Otton., torn. I, p. 731).
*) In edit. Corporis iuris ad has LL. in marg.
*) Coniectur. inris civ., lib. XX, cap. 17.
^) Kxplanat. diffieilior. LL. C. ad L. 2 e 5 C. si aliena res pignori data
sit, pag. 340.
'') I)e pignorib., lib. II, cap. 4, n. 8.
') Antinomiae pignor.^ cap. 12 (Conradi, Parerg.j pag. 257).
^) Thes. controrers., decad. LXXIX, p. II.
^") Interpretation, ivris, lib. IV, cap. 22, nr. 13 e 14.
^') Orat. de inscript. legum, $ 2 (in OpuscuL, p. 554).
^*) Sistema del dir. deUe Fandette^ vol. II, ^ 645 in tine.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 321
pass! si debba dare la preferenza, data questa antinomia. Anclie
<liii si trovano nnovamente divise le opinioni dei giuristi citati.
ClTIACIO, DUARENO, FORNERIO, AVERANIO e REINOLD dicono
<*he a tal iiopo seinpliceinente Pepoea dei due giuristi romani deve
<lecidere quale delle due opinioui meriti la i>referenza. L'opinione
piti equa di Modestino ineriterebbe percio incontestabilmente la
prefereuza, perche questi visse dopo Paolo ; e cosi verrebbe risolto
sicuramente e d^ina buona volta P enigma, intendendosi la L. 41
<;ome legge delPantic^o diritto rigoroso elie ebbe vigore ai tempi di
Paolo, e la L. 22 come legge del nuovo diritto piii equo clie era
stato introdotto a' tempi piii tardi di Modestino, forse per la stessa
iiutoritji sua. Si crede clie gia la iscrizione della L. 22 porga il mezzo
^dla spiegazione; essa sta ad indicare elie il frammento dibattiito
e tolto dal libro 7 delle Diferentiae di Modestino.
Modestino vi avrebbe cio^. trattato della diversita del easo se
il debitore aia diventato erede <lel proprietario o il proprietario
^rede del debitore. E, nel primo caao, iion si sarebbepiii dnbitato,
flno dai tempi di Paolo, che Poppignoramento sarebbe con cio
divenuto valido. Ma nel secondo caso roppignoramento avvenuio
non avrebbe avnto in quell'epoca e i)er tal modo validitii alcuna.
Ora pero, avrebbe soggiunto Modestino, si accorderebbe anclie in
questo caso al creditore, per lo meno, un^actio hypothecaria utilia.
La difterenza sussistente ai tem])i di Paolo sarebbe f*tata quindi
^liminata piCi tardi, ai tempi di Modestino.
Ma a questo proposito potrebbe tuicora discutersise Modestino
«ia effettivamente un giurista posteriore a Paolo. Questi era,
iiotoriamente, contemporaneo di Ulpiano, ed entrambi vissero
sotto Albssandro Severo. E clie Modestino abbia vissuto ap-
punto in tal tempo e facilmente provabile. Abitnalmente, a dir
vero, lo si pone sotto Timperatore Gordiano, il quale, con ragione,
gli fa la lode di essere uu iurisconsultus non contemnendae auefo-
ritatia *^). Ma Modestino era gis\ conoscinto precedentemente;
infatti Lampridio ^*) lo annovera fra i consiglieri delF iini)eratore
^'0 L. 5 C. de exhihendHnif 3, 42.
^*) Alexa^nder Skvkiuk, cap. iilt.
Oi/lcK. Comm. PxiiXeVe. — Lib. XUI. — 41.
322 LIBRO XUr, TITOLO VII, § 863.
Alessajidro Severo ; e GiULio Capitolino *^) racconta clie egli
educasse il liglio dell'iinperatore Massimino, successore di quello.
Anzi Ulpiano, che fu anche siio maestro, lo nomina espressaniente a
proposito di uii caso giuridico, in cni Modestino lo aveva con-
sultrtto, nella L. 52, 20 D. de furtis, 47, 2, ove dice: «qiiod et
Hereunio Modestino , studioso meo de Dalmatia c&nsulenti , re-
serip8i». (ruido Vx^zmo Li **) nota, a questo proposito, che Mode-
stino ill (iiiest'epoca sarebbe stato Fraeses Dabnatiae ; invero Ere-
rardo Otto lia addotto in contrario vari argonienti *'), ma Giot.
ran NiPPEN ^*) con una antica iscrizione in Fabrett *®) ba i>osto
iuori diibbio la esattezza di tale osservazione. Cbe egli debba essere
stato una specie di governatore risulta gi^ da qnesto, cbe parecchi
lescritti degli imperatori Alessandro e Gordiano sono diretti a
bii *"). Sn queste basi non si piio dunque fissare esattaniente I'epoea
<lella sna vita.
Alcuni, per esempio Bachov, Ant Faber, e molti altri, vogliono
percio indagare piiittosto quale delle due opinioni corrisponda
maggiormente all'analogia giuridica e, sotto questo rapporto, di^nno
la preferenza alia decisione di Paolo: che, nel caso accennato^
non abbia luogo Vactio hypothecaria, e neppure un' actio utilis. la
sottoscrivo senza difficolt^ a questa opinione.
(5 vero, senza dubbio, che, se il proprietario diventa erede del-
Pop pi gnorante, gli succede anche nelPobbligo del debito. fi chiaro
(juindi esser conforme alPequit^ che, se egli non paga il debito,
<lebba sopportare che contro di lui si faccia valere Pazione ii)ote-
<taria. Cosl penfeava probabilmente Modestino; ma Paolo a ra-
gione negava la conclusione tratta da questa base. Poich(^, egli
dice, non e ancora sufficiente a dar fondamento ad un' aef»o hypo-
'^) In Maximix. lunior., cap. 1.
^^) J)€ Claris lerjum interpret ihus, lib. I, cap. 2, pag. 15.
^^) Praefat. tomi I thesauri iuris romani, pag. 22.
'") Diss, cit, ad fragmenta Herennii Modestini, cap. I, pag. 6.
*^*) Jnscri2)tion., pag. 278.
*^) L. 11 C. Ux quib. cansis in/am, irrogat., 2, 11; L.I Cod. Si eertum^
j>€tatur, 4, 2; L. iilt. Cod. Si ex falsis instrum.j 7, 58.
DE PIGNERATICIA ACTIONE o2.'5
theoaria utilis, il fatto die sia proprietario del pegno cbi e obbli*
gato a pagare il danaro che grava su di esse. Vi ^ piuttosto luisi
grande differenza se il debitore e Pattuale proprietario sono la
medesiiua persona che ha compiuto I'oppignorauiento, o se sono
due differenti. Poiche, se viene convennto quegli che ha costituito
il pegno stesso, ed egli oppone all'attore Peccezione che la eosa,
al tempo dell'avvenuto oppignoramento, non sia stata di sua pro-
priety, e che egli percio non Pabbia potuta neppure oppignorare,
Tattore puo a sua volta replicargli che tale eccezione non potrebbe
giovargli perche egli darebbe in tal modo una smentita a se stesso.
in quanto ha oppignorato la cosa couie sua. Egli nonpuodunque
in nessun modo sfuggire all'azione: Kemo de suo mejidacio excipei'e
potent ; et neniini sua fraus opitulari debet. Questa replica non puo
I)er contro opporsi al proi)rietario, il quale non ha oppignorato la
cosa ma e semplicemente diventato erede del debitore che la ha
oppignorata senza il suo consenso.
Contro di lui, quindi, non ha ne pur luogo \m^ actio utilis. Questo
e incontestabilmente il vero senso delle ultime parole, da molti
male intese, della L. 41 D. depign. act.: sed si convetiisset de pignore..,i
come esattamente le ha spiegate anche Pothier **).
Che poi MoDESTiNO, pid giustamente pensando, parli della stessa
<ictio hypothecaria titilis che Paolo contesta assolutaniente al cre-
ditore, e non, come molti credono, dell' ooiio pignei^aticia contraria,
risnlta anche particolarmente da cio: che questa azione presup-
pone un coutratto di pegno, il quale non pub concepirsi senzsi la
consegna della cosa. Ma nel caso di cui parla la L. 22 non fu
data in pegno alcuna cosa, ma oppignorata con un semplice ]>atto,
come danno ad intendere senza alcun dubbio le parole pignori
ohligaverit **) ^).
**; Pandedae iuatin.^ torn. I, lib. XX, tit. 1, nr. XX, nota d.
**) V. Pothier, loc, cit., nota e.
o) QiieUo con tempi ato nei d'ne frammenti di Paolo e di Mode8TIN'0- fa parte
di tntta una serie di casi ohe si assume generalmente per provare che I'erede
deve rispottare le dicliiarazioni di volont^ del defunto, e ne resta vincoluto
o24 LIBRO XllI, TITOLO VII, § 8<>;3.
<'onie lo 8ted80 defuiito, auclie qiiando tali diohiarazioui si riferi8cano al patri-
inonio deU'erede steRHo. Si pog^inono confrontare iu prupo^ito: MChlexbkuch,
Continuazioue del iiliUk, XLIII, p. 99; WiNDSCiiEin, Pand,^ III, $ 605, nota ?
•) I, $ 230-9; Dhrnbikg, Paud., Ill, ^ 169, note 4-6; Ungbr, Diritto er^ditario,
^ 40, uota 11; Milone, La exceptio doH^ Napoli 1882; Bonitantk, Appendice^
alia traduz, Ualiana dtl Gliick^ XXI; Costa, L^exceptio doH^ Bologna 1897,
rapo V; KhUoer, Contribuii alia teoria deWexceptio doli, Halle 1892.
CohI i fr. D. 21, 3, 1 pr., M ; 1>- 21, 2, 73; o lo costituzioni C. 8. 44 [451 T
O. 3, 32, 14; C. 4^ 51, 3; Hi sogliono citare qnani seuipre in proposlto, unita-
iiieiite ai due ptuiHi di cni si occiipa il Coninieutatorc in qnesto paragrafo. IT
Fadi>a li ha tutti pre^^i in esame nei Huoi Concetti fondamentali del diritto ere-
(iitario romano, part^) II, Napoli 1901, pag. 294 e Hegg. £gli nou Bolo riconosce
la diHparita di opinione tra i due ginristi nei casi dei framraenti D. 13, 7, 41
o 20, 1, 22 oitati, ma la nota ancora tra la dceisioue di Paolo nei lib. 7
HcnpoMorum (fr. D. 21, 2, 73 a proposito delle cose oostituite in dote da nna-
non proprietaria e rimas^te definitivaniente al inarito alia morte della costi>
tiieut<e, quaudo la vera proprietaria divennta erede della costittiente voglia^
far questione di proprieti^ di fronte al marito) e quelle di Ulpiano ed Ermo-
OBNiANO (ri.spettivaiuento fr. D. 21, 3, 1 $ 1 e D. 21, 3, 3, in casi analoghi).
k)ouie nei due framnienti in questione Paolo uega, Modestino aocorda VuHHb actio-
pigneraticia al creditore, oos^ negli altri casi oitati « Paolo — osserva il Fadda —
lascia libero corno alia rivendica dell'erede del venditore, nia lo vincola perTevi-
zioue, meutre gli altri giureconsulti e le deoisioni inipcriali ostacolauo I'esplica-
zione della rivendica con una eccozione die per Ulpiaxo ed Ekmooenian'O e Vexc.
m venditae et iraditae, e per gli altri fe V exc, doli t». Altra contradizione si-
mile pui> risoonrrarsi in due costituzioni, del 294 V una (8, 44 [45], 31) —
DiocLBTiAKi'fi et Maximianus — AA. et CC. Agatlio; e del 231 Taltra (8,
44 [45\ 11), Imp. Alexander — A. Clementl. — Nella prima ^ il oaso di
una persona proprietaria di cose vendute da altri ed erede del tideiussore
a favore del venditore non jiroprietario; nella seconda si tratta del proprie-
tario che ha fntto garanzia per colui che ha veuduto una cosa a lui apparte-
nente e che poi la rivendica dal compratore. Orbeue, mentre qui «i accorda
la exceplio doll a favore del compratore contro il tideiussore, nei testo assai
poHteriore, del 294, « negata tale eccezione contro I'erede del fideiuRsore.
Di fronte alle diversity di soluzioni accennate sorgono due ordiui di que-
Htioai: si tratta di deoidere per ogni caso singolo quale opiirione debba pre-
valere, e hi ivssurge ad una disputa dMnteresse Kcieutitico ben alto sulla por-
tata che nei vari period! della evolnsione storica si attribnl al subingreano
deU'erede nei rapporti giuridici del suo autore. Pel caso dei due fr. D. 13,
7. 41, e 20; 1, 22 citati il Fadda, op. cit,^ cosl si esprime: « Che la disparity
di opinione vi sia e innegabile. Gli sorittori si sono aifaticati a farla scorn -
)>arire, ma invano. ^ difficile trovare un altro caso in cui la smania delle cost
dette couciliazioni abbia fatto dire maggiori strauezze. Certamente dal punto
di vifita del diritto giustinianeo, come diritto pratico, bisogna decidersi per
Tuna o per Taltra soluzione. £ in realty gli Bcrittori, ora tengono per l'uu»
ora per 1 'altra. Ma e da riconoscere che prevalo la soluzione attermativa
accolta da Modestino, siccomo quella che piii risponde all'opinioue accolta
in tema di passaggio di dominio ». Quanto alia seconda questione, pih ge-
iierale, il Fadda, contro il Bonkante, il quale a.'^sume che tale diversity d*
soluzioni accenna piil to«(to « ad una reazione al concetto di rappresentanza
«:reditaria o della $uccemo ia iut, che non ad uu incompleto sviluppo di questo
JLU
DE PIGNERATICIA ACTIONS 325
II vontratto di pegno d uu eont ratio acceHHorio p).
m
11 contratto ili pegno ])resui)i)oiie sempre I'esistenza di un debito
principale, alia garanzia del quale deve concorrere. Esso e nullo^
qiiindi, se non esisteva precedeiitemente un debito valido *') ©
vien nieno quando venga estinto il debito i)reesi8tente **). Non e
necessario per la sua validiti\ die Pobbligo principale debba essere
completaniente efficace ed azionabile, ma anche in vista di una
semplice obbligazione naturale puo aver luogo un valido oppi-
gnorameuto **'). I seguenti frammenti non lasciano sussistere alcun
dubbio su cio:
L. 5 pr. D. de plgnoribm^ 20, 1 : « Res bypothecae dari posse scien-
dum est pro quacunque obligatione, — vel pro civili, vel honoraria^
vel tanUim naturaU ».
L. 11 § 1 I), eodem: « Ex quibus casibus naiuraluf obligatio
consistit, pignus perseverare constitit».
*'•*) L. 11 $ 2 e 3 in fino D. h. /.; L. 2 D. Quae res pignori vel hypo-
thecae ddtae^ 20, 3. L. 1 e 2 Cod. Si pignorls cont'entionem nnmeratio
sevMta non est, 8, 32.
«*) L. 9 $ 3, 4 e 5; L. 11 $ 1 e 5 D. h. L
*^) Si confronti, a questo proposito, speciahnentc Wkber, Si^oUfhnenti^
fiiittematico deUa teoria delV ohbUgasione naturale, vS 103 »egg.
priucipio », ne trova la causa in una influenza ancora perdurante deirantica.
tigura dolla successione nelln podest^ famigliare, e nella tendonza clie a sua
voltik h di scienza progrcdita di allargare la re.sponsabilitii delKerede sulle basi
deirequitiV.
P) Cfr. Pktzall Paul, Die Ahxceichungen von der accessorisohen Satur de»
PfandrechU nach romUtGhen Rechte [Eccezioni alia natnra aocessoria del diritto
di pegno Becondo 11 diritto romano], Berlino, ed. T. Hildebrandt, 1895; Siller
August^ Der acee^sarische Charakter des Pfandrechtes nach romisohem Kecht und
den modernen deutschen Hypothelcenordnungen, Warburg Schilp ed: 1895 [II ca-
rattere accessorio del diritto di pegno in diritto romano e nei nioderni ordi-
uamenti ipotecari tedeschi].
326 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 864.
L. 101 § 1 D. de sohitionib.y 46, 3: « Paulus respondit, — cum cre-
ditor pigQUS clistraheret, licere ei pretium in acceptum referre
«tiam in earn quantitatem, quae natura tantum debehatur ».
Bisogna soltanto che ]a obbligazione natiirale non sia stata com-
pletamente annuUata e riprovata dalle leggi civili; poiche se la
obbligazione principale vien dichiarata interamente invalida, od e
affatto proibito il negozio, ad afiforzare i quali ^ avvenuto Poppi-
gnoramento, per regola e invalido anche il diritto di pegno, come
semplice diritto accessorio. E si capisce bene da s^, che i)ere8So
non possa competere al presunto creditore Pazione ipotecaria ^^),
Ma, si domanda, il creditore dovrebbe restitiiire il pegno con-
segnatoglif — II punto importante e se la ripetizione di quanto si e
pagato in consegiienza del debito princii)ale abbia luogo, oppur no.
Nel primo caso il creditore non si puo opporre alia restituzione
<lel pegno ricevuto, poicbe questo gli e stato dato a iiiotivo di un
pagamento, che egli, giusta il diritto, non puo ottenere *'). Ed e
questo il caso di oppignoramenti avvenuti in seguito a debiti
<ii giuoco proibiti *^), a quelli di colui che e stato giadizialmente
•dichiarato prodigo *^) o di un pupillo senza Pautorizzazione del
8U0 tutore ^^) o di una donna a garanzia di una cauzione as-
8unta ^*). Nel secondo caso, invece, a quegli che ha consapevolraente
"Consegnato il pegno al creditore non ne i)uo venir concessa la
rii>etizione. fi questo il caso in cui entrambe le parti, creditore e
debitore, si trovano in pari turpitudine e subentra la regola: pos-
^essoris melior est conditio ^*). Se non e invalida tutta la promessa,
2<^) Arg. L. 127 D. de verb, obligat., 45, 1.
*'') L. 3 J 3 D. Je condict, sine causa, 12, 7.
*^) L. 1, 4 C. de alea^ Insu et aleatoribus,
'^) L. 10 pr. D. de curat, furioso, 27, lOj L. 6 D. de verbor. obliyat.y
45, 1; L. 40 D. de dh\ reg. iur., 50, 17.
30) L. 1 pr. D. de pignorib.j L. 1 J ult. D. de reb, eor. qui sub tntelae
vel cura sunt.j 27, 9.
3^) L. 32 M D. ad S. Ctum Vellejan., 16, 1 ; L. 5 e 7 C. depignor.,
8, 13.
3*) L. 2 C. de condict. ob turpem cauaanif 4, 7; L. 3 e 8 D. eod. Vedi In
parte XIII di questo Commentario, J 825, pag. 54 e segg., particolarment-e
pero Webeb, DelV obbligazione nafurale, J 105. Veraiuente Gugl. For-
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 327
per cui si e avuto Poppignoramento, ma lo fe solo in qnanto su-
peri una certa somma, come ad esempio nel caso di un interesse
proibito, e come in quello di una douazione tra vivi non insinuata
giudizialmente, cbe superi la somma di 500 solidi, allora I'oppi-
gnoramento senza dubbio deve ritenersi giuridicamente esistente
almeno per la parte valida del debito principale^ e quindi invalido>
solo in quanto il credito superi la somma legale, e percio venga
meno la stessa obbligazione naturale ^^). Se invece le leggi non
concedono per il debito principale alcuna azione al creditore, senza
pero togliere all'obbligazione naturale gli eflfetti rimanenti, come
ad esempio hel caso in cui il creditore abbia dato in credito del
denaro in contanti ad nn filius familids^ senza il consenso del
padre, e quindi al suo credito osti il Senatus Cons. Macedonia-
num; allora al creditore non pu6 competere anche per il pegno>
Pazione ipotecaria, poich^ questa nel fatto mira a quello che le
leggi non vogliono concedere al creditore. In quanto pero il cre-
ditore detiene il pegno, egli pub non solo giovarsi del diritto di
ritenzione ^*), ma, ove il debitore non paghi, sodisfarsi da se
NERio in Antinom, pigtior,, $ 13 (Conradi, Parerga, p. 258) e Thibalt
nel Sistema del D. di P., parte II, $ 686, sono di di versa opinioae; ma la
L. 33 D. de piffnoribusj alia quale essi fanno richiamo, non si rifeiisce a
<[uesto punto. Vi si tratta semplicemente di un caso in cui il pegno non
era state date al creditore, ma all' adjectus solutionis gratia, II debitore
poteva fare 11 pagamento ad un tale adjectus, e con cio ipso iure
egli era libero dal suo obbligo, poicli^ il creditore doveva in seguito ri-
volgersi con Va^tio mandati contro Vadjectus, come suo rappresentante,
^4 I. de inutilit. stipulat,, 3, 19. Ma quantimque Vadjectus potesse accettare
il pagamento, pure, poiche egli non era il creditore, non poteva accettare
dal debitore n^ an pegno, n^ un garante. L. 33 D. cit.; L. 23 D. de
fideiuss. ,46, 1. Con ci6 si spiega perch^ potesse esser ripetuto il pegno conse-
gnatogli, non il pagamento avvenuto in sue mani. V. Greg. Majaksics^
Diss, de adjecto solutionis gratia (in Mus Dispufat. iur. civ,y torn. I,,
disp. VIII); ViNNius in Comm. ad § ^ I, de inutil. stipulat.^ n. 5 segg..
e PoTHiER, Pandecta^e Justinian. , torn. I, lib. XX, tit. I, n. XXI,
not. f e g.
«3) L. 29 D. de usuris, 22, 1 ; L. 27 C. eod,, 4, 32; L. 11 J 3 D^
de pigner, act.; Weber, I, c, $ 106.
^) L. 11 C. de usuriSy 4, 32; L. 101 D. de solut., 46, 3; L. un.
Cod. Etiam ob chirographar. pecuniam pignus, 8, 26.
328 LIBRO XTII, TITOLO YII, § 864.
alienando la cosa^^). Trovano luogo quindi solo quei mezzi giuri-
dici cbe spettano al creditore in forza del debito principale '*). Del
resto I'oppignoramento piio aver luogo i>er qualsiasi sorta di debito
valido, provenga questo da im negozio permesso o da undelitto;
presupposto pero, nel seeondo easo, die si tratti semplieemente del
risarciinento del danuo o del pagamento di una pena pecuniaria '^).
In tali trasgressioni, pero, elie non fan parte dei gravi delitti
criminali, puo anclie prevenirsi talvolta Parresto delP incol]>ato con
una costituzione di tali pegni la eui perdita sia per riuscire al-
V incolpato stesso meno dolorosa che il sottomettersi alia pena ^*).
I^on vi e dubbio die possano anclie darsi dei pegni per tin
credito futuro o condizionale, p. es. per il caso di evizione di
una cosa acquistata. Mabciano lo dice diiarauiente nella L. 5 pr.
D. depignorib. et hypoth.j 20, 1: « Res hypothecae dari posse sciendum
«st pro quacunque obligatione sive piira est obligatio vel tw
dietfi vel sub condicione, et sive in jiraesenti contractu sive etiani
l>raecedat: sed et fnturae obligationis nomine dari possunt ». II cre-
ditore pero non puo in tal caso perseguire P ipoteca prima die
venga ad esistere il debito. Solo nel caso in cui si verificlii il i>e-
ricolo di perdere la garanzia, p. es. quando il debitore incominci
a dissipare il proprio patrimonio, ed al creditore importi di otte-
nere per lo meno provvisoriamente per sua sicurezza il possesso
del pegno, quest! h autorizzato, prima ancora die il debito sia
esigibile, a far valere la sua ipoteca '*) ''). I seguenti passi confer-
mano cio in modo indiscutibile.
3'i) L. 8 $ 5 D. /*. (.; L. 101 $ 1 I), de sohtt., 46, 3.
3«) V. Weber, 7. r., $ 107 e 108.
^') Bachov, De jmfiwr, et hypoth.^ lib. 2, cap. I, n. 5.
^^) V. Grolman, Principi della scienza del diritto penale^ ^ 484; e
TiTTMAN, Manvale del dir. penale com. ted.^ jwrte IV, $ 684.
3») V. Westphal, Diritto di pegno, ^ 269, not. 299 ; Gio. Fed. Dank,
Commentat. de pigiwre debito futuro aceedente, Tiibinga 1790, 8.
«'/) Confr. anohe: Bonkllc G., V ipoteca per debiti fufuri in diritto roma no ^
Arch, (iiur.y v. 51, 52, 1893-94.
DE PIGNERATICIA AOTTONB 329
L. 13 § 5 D. eod.: « Si sub condicione debit! nomine obligata sit
liypotheca, dicendum est ante condicionem non recte agi, cum
nihil interim debeatur: sed si sub condicione debiti condicio venerit,
rursus agere poterit ». L. 14 D. eodeni.: « Quaesitum est, si nonduui
dies pensionis venit, an et medio temi^re persequi pignora per-
mittendum sit. et puto dandam pignoris persecutionem, quia in-
terest mea ».
"kj dunque, altrettanto certo che senza Pesistenza di un debito
principale non pub avere origine alcun diritto di pegno, quanto
non ^ Gontestabile che questo, se h stato validamente costituito
una volta, continiui a durare, e, per cio, puo esser fatto valere in
quanto il debitore si trovi in possesso del pegno, posto anclie che
Pazione personale spettante pel credito al creditore fosse estinta per
prescrizione. Questo e espresso chiaramente non solo nella L. 2 Cod.
de luitionepignor. 8. 30. dove e detto: « Intellegere debes vincula pi-
gnoris durare personal! actione submota » ; ma risulta gi^ da questo,
ehe Pessenza del pegno non i)resuppone nient^altro che I'esistenza
di un obbligo, che non cessa per se stesso, quand^inche non
lo si possa perseguire per mezzo di un'azione giudiziaria ^^).
« Submoveri enim potest actio — dice Averanio**) molto giu-
stamente — etiamsi non sit sublata principalis obligatio. — Perseve-
rante autem natural! obligatione, perseverat et pignus, licet sub-
lata sit civilis obligatio ^'). — Existimo tamen^ laudatam L. 2 God.
de luition, pignm\ referendam esse ad praescriptionem actionis.
Hoc enim Ciisu proprie dicitur actio submoveri *"^). Submota autem
actione per lapsum temporis, durant vincula pignoris**); quia
per lapsum temporis non omnino extinguitur obligatio, cum tempus
non sit modus finiendae obligationis » *^). Quindi, secondo questa
*^) Weber, ?. r., M04.
**) Interpret, juris, lib. II, cap. 12. n. 19 e 20.
**) L. 14 $ 1 D. de pignorib,
-»3) L. 21 C. de etnction., 8, 44.
**) L. 59 pr. D. 8. C. TreheJL, 36, 1; L. 30 $ 1 D. ad Leg. Aquil.,
9, 2; L. 3; L. 7 4 1 C. <ie praescript. trig, vel quadrag. annor.j 7, 89.
*^) L. 44 $ lD.de obligat. et action. y 44, 7. Si veda tinche Bacho-
vius, De pignorib.j lib. 5, cap. III.
GlQck. Comm. Pandrtle — Lib. XUI. — 42.
3;30 LIBRO Xni, TITOLO VII, § 865.
spiegazione la L. 2 cit. e completamente d'accordo con Panalogia,
e non e necessario di adoprarsi con Donello *^) ad emendare il
testo inserendovi la negazione *).
§ 865.
Oppignoramento di una cosa fruttifera '').
11 contralto di pegno dk al credltore semplicemente il diritto di
possedere il pegno per sua garanzia; e nel caso di mancato paga-
mento del debito cercare il suo sodisfacimento nella vendita di
quello. La proprietii della cosa solo in tanto x)a8sa al creditore, in
quanto egli, per tal modo, consegue il diritto di usarne ^'). II pos-
sesso del creditore pignoratizio in effetto ^ un vero possesso giu-
ridico, clie gli conferisce il diritto degli interdetti **), tuttavia esso
e soltanto un possesso naturale/ che esclude ogni animus domini
e che non dk alcun diritto alia usucapione *^). E pereio Aemilius
*^) Commentar, in L. 8 C, tit. 31, pag. 659.
*) Si veda anche Gasp. Schifordegher ad Ant. Fabrum, lib. Ill,
tit. VIII, qu. 4, 5 6 6.
*') Nell'aiitieo contractus fiducias romano avveniva senza dubbio divev-
Hamente, eoiiie pin su si e mOBtrato. iEd anche qaalche cosa di speciale
neirantico contralto di pegno tedesco si era che il creditore otteneva
il godiinento del pegno. Generalmente non si pu6 affermare pero, cho
anche la propriety della cosa oppignorata gli sia trasmessa. Vedi Oioaeh,
PoTT6i£SS6R, Comm, de indole et natura pi^norisj quoad ius gentium, iura
et consnetudinea Germnniae^ Marbargo 1722, 4; Crist, Teofilo Riccio, Comm.
de dmninio pignoris germanici^ Gotha 1747, 4 e Gio. Teofilo de Hacke-
MAXN, 2>w«. de dominii translation, in pignore germanico, Francoforte
al di qua deU'Oder, 1763.
'^) L. 16 D. de usurpat. et usueap., 41, 3; L. 1 $ 9 D. de vi., 43, 16.
*^) h. S § 15 D. ad exhib. 10, 4; L. 13 D. de usurpai. et usucap.}
von Savigny, Diritto del possesso^ J 7, pag. 46 e ( 9, pag. 108.
»') Cfr. Krirs Wolfgang, Ueber den Ansprwih des PfandgUiubi^ers aufdi Friichte
der verpfdndelen Sache, nach rdmiMhem Beoht (Sul diritto del creditore pignora^
tizio al frutti della cosa oppignorata, seeondo il diritto romano), M. Liedtke,
cd. 1891.
DE PiaNBBATICIA ACTIONE' 331
Maceb, L. 15 § 2 D. qui satisdare cogantur^ 2, 8^ dice express amente :
« Creditor, qai pignus accepit, possessor nou est, tametsi i>osses-
8iouem habeat ». Senza dubbio qui, la parola possessor, nel nesso
in cni vien posta, non deve significare altro die proprietario ^").
Se 11 creditore, senza cbe lo sappia e lo voglia il d^bitore, fa
nso della cosa a lui oppignorata, si rende colpevole di furto ^*)
e deve risarcireai debitore tutti i danni cosi cagionati, anelie quelli
casuali ^*). Perci6, se al creditore vien eonseguata in pegno una
cosa frattifera, questi nou puo riguardare i frutti della cosa come
un x)roveuto della medesima, ma deve prima di tutto detrarli dagli
interessi, in quanto sussista un fondamento giuridico agli stessi,
e ]>oi dal capitale.
I frammenti seguenti sono a questo riguardo di particolare iui-
lK)rtanza:
L. 1 Cod. h, Lj 4, 24: « Fructus ex pignore percepti in debitum
computantur, et cum totnm debitum adaequant, actio toUitur et
^®) Si veda questo nelia L. 15 $ 1 D. qui satisdare co<h, 2, 8, dove Mackr
dice : € Possessor autem is accipiendus est, qui in agro vel civitate rem
8oli poftsidet sed et qui vectigalem, id e^t eniphytUeuticuin agruui
possidet, possessor intellegitur. item qui solam proprietatem habet, po8-
Hessor intellegendus est. eum vero, qui tantum usuiii fructmn habet, pos-
8e86orein non esse Ulpianus scripsit ». V. row Savigny nel lib. couiinc.
4 '^i P^g* ^^1 n. 8.
^*) L. 55 (54) pr. D. de furtiSy 47, 2: < Si pignore creditor utatur,
fuiti tenetur ». $ 6 I. r^e* ohligat, quae ew delico nascunturj 4, 1 : « sive
creditor pignore sive is apnd quern res deposita est ea re utatur....
furtuni committit ». A questo proposito puo anclie citarsi Tart. 170 del-
VOrdinam, pen, giudiziario di Caklo V dove e detto: « Chi nei beni
altrui, che gli sono stad dati in buona fede perohe li conservi e li custo-
discu, danneggia scientemente e gravemente il creditore, deve esser pu-
nito di tal reato come di furto )^. Questo passo, veramente, si suol rife-
Tire al depositario. Ma che lo si possa anche applicare al creditore pigno-
ratizio che del pegno rilasciatogU per garanzia usa disonestamente, fu
dimostrato da Kress nel Comm, ad h. Art., pag. 615. Su questo punto
si veda specialniente Lod, Fed. Griesingkr, Commentario sul diritto ter-
ritoriale Vurtemberghese, vol. I, parte II, tit. 7, i 125, pag.. 408 e segg.
^*) V. Aug, Fed, Schott, Diss, de furto usus., Lipsia 1775, $ 19 :
HoMMEL, Bhapsod. quaestion, for.j vol. II, oss. 268. 6'ar/o Klien, Xuovo
€same dei principi sul reato di furto^ parte I, pag. 177 e segg., e Frat,.
Becmanx, Consil, et decision,, vol. I, Consil. 39, n. 12.
3;32 LIBRO XllI, TITOLO VII, § 865.
pigniis redditur. cum vero fructns debituni etiam excediint, qui
superant redduntur ».
L. 2 Cod. eodeni: « Quod ex operis ancillae**^) vel ex pensio-
nibus domus, quam pi^ori detineri dlcis, perceptum est, debit i
quantitatem relerabit ».
L. 3 eodem: « Creditor, qui praedium pignori sibi uexum detinuir^
tructus quos percepit vel ])ercipere debuit in rationem exonerandi
debiti computare necesse habet ».
L. ult. Cod. eodem: « Quominus fructuum, quos creditor ex rebus
obligatis accepit, habita nitione ac residiio debifo soluto,,.,. pignora
cjuae in eadem causa durant restituat debitori, nullo spatio longi
teniporis defenditur ».
L. 1 Cod. de distract. pig fwr.j 8, 27 : « Fundum pignori obligatum, ni
creditor ex fructibiis debitum petsecutus est, cum ipso iure pignus
obligatione liberatum sit, distrabere minime potest ».
L. 2 Cod. departu pignoris et omni causa, 8, 24 : « Cum pignoris ti-
tulo mancipia vos obligasse pro mutuaquam accepistispecunia pro-
]»onatis, lioruia mancipiorum operis, quas creditor accepit vel quas
])ercipere potuit, in usuras compiitatis et post in sortem, extenuato
debito residuum ofterentibus vel, si non accipiat, consignatum de-
ponentibus mancipia vobis praeses provinciae restitui iubebit ».
A dir vero, CuiAcio ^*)j col quale parecchi consentono su questo
punto ''■'), vuol sostenere clie il creditore possa, anche nel caso in
cui non t\\ pattuito alcun interesse, trattenere tanto dei frutti,
•'^^) Le opere dei eervi sono eguagliate ai ft-utti. L. 3 e 4 D. rff operis
server urn, 7. 7.
■**) Observation,^ lib. VIII, cap. 17.
•*^) Ant. Faber, Error, pragmaticor,, decad. IX, err. 5 ; Em. Merillius,
Observation. y lib. VIII, eai). 23 j Lod. Vitalis, Lection, vai'ia^ iur. civ.y
lib. II, cap. 15, ^ 5 e f^gg. (in Ev. Otto, Thes. iur. rom., toin. II,
pag. 678)5 Vlr. Huber, Eunomia rom. ad L. 8 D. in quib. cans, pignusy
pag. 735 e seg.: Gio. Yokt, Commentnr. ad Pand.^ lib. XX, tit. I, $ 23^
Oher. 'SooDT, defoenore et nsnris J lib. II, cap. 9j Piet. de Greve, JErer-
cital. ad Pand. loca difficil., exercit. XV, i 11 ; Ant. Schulting, Thes.
eontroversar., dec. LXXIX, p. 9; Westphal, JDiritto di pegno, $ 67, ©
TiiiBAUT, Syst. des P. P. vol. II, ^ 653.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 333
quanto verrebbe a costituire gli interessi legali. Si dice che col
consegnare uii pegno firuttifero, si venga a conchiudere una an-
tichresis tadta, cio^ una tacita convenzione in virtil della quale
sia stato concesso al creditore, per Fuso del capitale, un equiva-
lente in frutti in luogo degli interessi legali.
Ma non senza ragione questa opinione e respiuta da altri ^*).
Qui tutto si riduce ad intendere il giusto senso della L. 8 D. in
quib. causispigmis tacite contrah.j 20, 2, cui principalmente si riferisce
CuiACio. Paolo dice: « Cum dehitor grattiita pecunia utsLtiir^ potest
creditor de fructibus rei sibi pigneratae ad modum legitimum
usuras retinere >>.
It) appeua da notarsi che, per Pesattezza della lezione non e
necessaria la correzione di Fratic. Hotoman (il quale, come si sa,
vuol leggere: « cum debitor non gratuita pecunia utatur »), aven-
dola giA; da tempo giustamente respinta Q-iovanni Eobebt ^'), Ghe-
rardo Xoodt '"*), Antonio Fabbo '•''), e Sigistnondo Rain. Jauch ^%
sebbene Salmasio ***) e Corrad. GugL STREiJKfiR ^') non sapessero
negarle la loro approvazione.
Tutti i manoscritti e le edizioni che fino ad oggi si conoscono,
•'•*) Arn. ViNNius, Select, iiiris guaest., lib. II, cap. 7 ; Bain. Ba-
CHOvius, JDe pignorib. et hypoth.^ lib. I, cap. 14; Claud. Salmasius, De
modo mnrarum, cap. 14, png. 622: Franc. Hotom annus, Observation.,
lib. I, cjxp. 4; Greg. Majansius, Disputat. iuris civ., torn. I, dispnt. 4,
^ 38, pag. 87; Sam. d^ Cocceji, lur. civ. controv. h. t,, q\\. 4; Gio.Enr.
Crist. Erxlebbn, Frincip. de jure pignorum, 4 111; Crist. Fed. T6nne
roH Lt^xncHAU, JJissertasioni miste giuridico-nMteinatiche, Altona 1769,
n. 1, Eicerca sulla teoria dsl pegno fruttifero, pag. 19 o 8egg.; Criorgio
Happel, Diritti dei crediiuri in rapporto ai pegni manuali ed al patto
anticreticoj Giessen e Darmstadt 1802, pag. 232 esegg.; (yaW. Hancker,
Diss, de vera indole et natura antichreseos, Giessen 1783, ^ 8 e Gio. lac.
Kee8, Commentat. ad legem VIII Digestor. in qnih. caus. pign. vet
hypoth. tacite contrahitnr, Lipsia 1811.
^'^) Lection, recept., lib. I, cap. 14.
'*) De foenore et usuris, lib. II, cap. 9.
^'*) De error ib. pragmatic, decad. IX, err. 5.
^•^0 De negationib. Fandectar. florentin., cap. XIV, 7.
®*) De modo usurarum, cjip. 14.
^*) Diss, de pacto antichretico, Erfurt. 1726, i 15.
334 LIBRO Xin, TITOLO VII, § 865.
la contradicono apertamente, ed anche i Busilici ^^) confermano la
lezione comiine.
Xon e dunque ne pur qui il caso di esser costretti ad avvalo-
rare una cosl dubbiosa congettura.
Pill necessario ^ invece stabilire prima di tutto die cosa voglia
intendere Paolo i)er pecunia gratuita, CuiACio intorno a cio
si esprime cosi: « Utitur debitor mea pecunia gratuitOj quia usuras
ab eo paetus vel stipulatus non sum, cuius, beneficii i>ensandi
causa, dum milii tradit agrum pignori, tacite id agere videtnr.
ut fructus i)ercipiam, et usurarura vice retineam, quod ftet tamen
intra modum quasi tacito consensu. Quodsi foeneratitia fuisset
pecuni«n, fructus perceptos creditor foenori i)rimum, delude sorti
imputaret **). Gratuita pecunia est non tantum, de qua convenit,
ut gratuita esset, sed et de qua hoc non convenit; si modo et de
usuris nihil convenerit ». Giaccb^ si crede che esisterebbe contra-
dizione solo nel caso in cui il creditore di un capitale, di cui il
debitore dovrebbe servirsi senza prestare interessi in virtti di
una espressa convenzione, abbia facolt4\ cio non di meno di poter
computare i frutti sugli interessi, cosl anche altri, p. es. Stryck ®^),
BOhmer ^% Engelbrecht ^'), Menken ^*) ed il nostro Hkllfeld
per pecunia gratuita intendono una anticipazione in contanti, nella
quale non e stato convenuto niente esi>licitamente intorno agli
interessi.
Ma, poicli^ anche cosi non si puo eliminare completamente la
contradizione, Ernesto Alesaandro Pagensteoker ^^) interpreta la
^^) Tom. IV, lib. XXV, tit. 3, const. 8, pag. 50. 'Eiv 6 x/>sw(Ttvj$ Stoxov
s^vi TO XP'^^i SuifxroLt 7rao2x^aTC(v 6 Sxvtirrrrii sx twv xxpnray {J^ixP*- ''^^'^
vout^exou Toxou. i. e. Si debitor gratnitam haheat pectiniam^ creditor de
fructihus usuras usque ad legitimum modum retinere potest [Cfr. Heimbacfi,
JBas., Ill, 75, VIIIJ.
•**) L. 2 C. de pactis pignorumy 8, 34.
^^) Us. mod. Pand. h, t., ^ 4.
^^) Introduct, in ius Dig. /i. <., ^ 9.
^') Diss, de creditore antichrefico ad fructus percipiendos uon ohUgatOj
Helmst. 1724, $5.
*'*) Diss. Nullum excessum usurarum in pacto antichretico esse toler<{ndunu
Lipsia 1745, $ 2 in f. (in Opuscul.j pag. 236).
•^^j Observation, legalium libr. sing., Wetzlarl724, 4, observ. VI, pag. 25.
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 335
pecunia gratuita di una peeunia commodata. £ noto iufatti che anche
il denaro piio esser oggetto del contratto di prestito d'uso; p. es.
qnando es8o vieu imprestato semplicemente ad ostentationem ''^).
Ma se tuttavia il commodatario, contro lo spirito del contratto,
ha nsato e consumato il denaro, egli deve restitoirlo al commo-
dante con gli interessi.
Infatti il comniodatum ^ un contratto bonae fidei, ed in tali con-
tratti potrebbero, senza difficolt^, richiedersi gli interessi. Ora, se
il commodante possiede in pegno dal commodatario una cosa>
frnttifem, gli venga essa rilasciata o per la pecunia commodata o per
un altro debito, o venga anche tacitamente oppignorata, egli po-
trebbe con i frutti del pegno risarcirsi anche degli interessi.
Ma ne questa, ne la prima spiegazione sodo accettabili.
Qui bisogna ricorrere semplicemente alia tcrminologia delle
fonti. Secondo questa, pecunia gratuita non signiftca altro se non
un capitale che il creditore ha ])restato al debitore senza in*
teressi, o, come dice Bkisson^*): Pecunia^ quae sine tisurin debetur.
E cio risulta dalla L. 10 § 8 D. niandati^ 17, 1, ove Ulpiano dice:
« Si mandavero procuratori meo, ut Titio pecuniam meam credat
sine usuris, isque non sine usuris crediderit, an etiam usuras mihi
restituere debeat, videamus. et Labeo scribit restituere eum oiK)r-
tere, etiamsi hoc mandaverim, ut gratuitam pecuniam daret », non
solo, ma e anche universalmente noto che la parola gratuitum
vien usata.sempre quale epiteto di quello per cui non vien data al-
cuna ricompensa '^*). Ora, se questo e fiiori dubbio, non si puo in
alcun modo spiegare Pantit^si che il creditore di un capitale pre-
stato senza interessi, sia nondimeno autorizzato a rit^nersi i frntti
in conto degli interessi. B tanto meno si puo dall'oppignoramento
di una cosa fruttifera dedurre una tacita promessa di interessi,
^<^) L. 3 M ; L- -^ !>• Commodati, 13, 6.
'*) De verhor. signifieat.^ voc. Graiuitn9.
") P. 68. Gratuita habitaiio: L. 28 M D. lacatiy 19, 2; L. 17 pr. D.
de praescript. verbis, 19, 5 $ Oratuita legatio: h, 2 ^ 1 D. de legation. ^
50,7; Oratuitum mandatumi L. 1 $ 3 D. waiida/i, 17, 1; Gratuita opera:
h. 1 M7 el8; L. 5 pr* D. de exercitor, act., 14, 1; Gratuita Ubertasz
Li. 1 Cod. de libert. et eorum liber,, 6, 7.
336 LIBRO xiir, TITOLO VII, § 865.
qnanto piii chiaramente le leggi sopra citato imiK)iigono cUe, se
Bon sono stati pattuiti interessi, i frutti debbano esser ritenuti
semplicemente in conto del capitale. A cid si aggiunga die anche
la natura del mutao, quale contratto reale, non amniette nna
simile tacita promessa di interessi, ove si consideri clie, auzi, i>er
diritto romano, nel mutiio non era valida neppure una espressa
X)romessa di interessi, eccettuato il ease in cui per stipulazione
non si fosse costituita nna nova obligatio "'%
Se la legge avesse volato dare al creditore, i>er gli interessi non
pattuiti, un tacito diritto di pegno sui fnitti del pegno stesso, come
forse potrebbe dedursi dalla rubrica del titolo sotto il quale e posta
la L. 8 D. in qtiib, cans, pignus tacUe contrahitur, allora certa-
mente non avrebbe concesso al creditore una semplice ritenzione^
ma una vera persecuzione del diritto di pegno, come lo stesso
OuiACio credette assai bene di distinguere in altro luogo^*/.
Non pub darsi dunque, con OuiACio, grande importanza al fatto
che Triboniano ha collocato la L. 8 sotto il titolo: in quit, catt^itt
pignus, ecc, tanto pin che noi nel Corpus juris abbiamo a sufficienza
passi che sono stati tolti dalla loro connessione e posti in luoghi
in cui essi non avevano veramente nulla che fare.
E qui h tanto piti strano cio, in quanto nelFasserzione di Paolo
non trapela alcun accenno ad un tacito diritto di pegno.
Lo stesso scoliasta greco, tuttoch^ la sua spiegazione si avvi-
cini assai a quella di Cuiacio, non ne parla affatto '^). E se, cio
nonpertanto, vediamo Paolo aver concesso al creditore, nel caso
'^) L. 24 D. de praescript, verbis^ 19, 5 ; L. 1, 3. 4 e 7 C. (U nsur.y
4, 32. Vedi Boehmkk, Diss, de fundamento vsvrarum pecuniae mutuati-
eiae, ^ 10 Reg. (tlxercitat. ad Pand., torn. IV).
^*) Observat., lib. XV, cap. 22.
'^) Basilica, t. IV, pag. 52: Kai 7ra).tv artuiibivxt ore 6 5avec<rx; xa't Xae-
^oiv Ttpdyfia ie; ivi^itnov, xav fjL'h (Tv^ffOivfitT-zi /ajSctv tou; xx^ttovj avti roxuv,
^utai "kstiipivti Tovc xupno'j^ toO itpdtyuxTOij ^'-'Z' f^OLVTOL?, OLk\^o:'x^pi tdSv \eytrt-
jAwv Toxwv. i. e. « Item nota, creditoreiu, qui rem pigiiori aceepit, licet
pactus non sit, ut vice usurarum fruetus iiercipei-et. nihiloiiiinuft eon
percipere, adtnodnm scilicet iisnrarmu legitininiii » [cfr. Hkimbach, J?«^.,
Ill, 75, VIII, 1].
DE PIGNERATICIA ACTIONE 337
di im prestito pecimiario senza pattuizione di interessi, di rite-
nersi gli interessi legali sui friitti della cosa oppignorata, allora
non possiamo pensare altrimenti che Paolo debba pure aver trat-
tato, in connessione col passo che ci ha tolto Tribonia.no, del
<5aso in cui il debitore si e reso colpevole di un ritardo illegale
nella restituzione del prestito ricevuto senza interesse. Per tal
modo qnesto passo concorda esattamente anche con un altro che
« stato preso dallo stesso lib. II Sententiarum di Paolo, e cioe
<5on la L. 7 D. de pign. act. ove e detto: cc Si autem tardius su.
X)ertiuum restitnat creditor id quod apud eum deposituni est, ex
"inora etiam usuras debitori hoc nomine praestare cogendiis eat ». As^ai
naturalmente puo collocarsi qui la nostra L. 8, con cui essa pro-
babilmente si raccorda nel modo seguente: Sic etiam cnm debitor
gratuita pecunia utntur (in quanto cio^ egli si e reso parimenti
colpevole di un ritardo) potest creditor defructibns rei sibi pigneratae
<id nwdum legitimum tistiras retinere ». Le parole: ad modum legitimtnn
^isuraH retinere si riferiscono dunque al quantum legale degli inte-
ressi di mora. Ora se anche nel mutuo, per diritto romano, gli
interessi di mora non potevano ugualmente pretendersi con Vactio
mutui, tanto piu doveva aver luogo una ritenzione, in quanto la
fitessa natura del diritto di pegno porta con se che il creditore
debba esser posto al sicuro anche contro Pillecito ritardo del de-
bitore •'^).
§ 86(>.
JHritti del creditore pignoratizio.
Oltre al possesso giuridico che viene trasmesso al creditore
con il contratto di pegno, ed in virtti del quale egli puo anche,
•come gik superiormente e stato notato, esercitare il diritto di ri-
tenzione per ogni altro credito non in virtti del quale gli e stata
oppignorata la cosa, sino al suo completo sodisfacimento ^^); il
. ''*) L. 22 C. de nsur, 4, 32; V. G/ii4rf. ^>m. Boehmbb, Diss, de vsuri^
pecuniae mutuatieiae, J 15 e Weber, Bicerel^ di dir. e/r., pag. 175.
'^^) L. un. Cod. Etiam ob chirographariam pecun.y 8, 26.
(;lQck. Comw. PandeUe. - Lib. Xin. — 43.
338 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 800.
creditore pignoratizio generalmente ba anche i seguenti diritti. —
Egli piio cioe :
I. Oppigiiorare nuovaniente al proi)rio creditore la eosa oik
])ignoratagli, a ineno che non sia stato espressamente eoiiveiiuto
altrimenti ^*). II secondo creditore pignomtizio pub iK)i esereitare^
snl pegno trasinessogli, (][uei diritti die di solito competono ad lui
creditore pignoratizio '").
Solo il primo creditore pignoratizio non puo di certo trasferiro
al secondo maggiori diritti, sia per durata che per comprensione^
<li quelli clie a lui stesso spettano siilla eosa oppignorats< '^'^). Se
qnindi alio stesso viene oppignorato sempliceniente I'nsufrutto di
un fondo, egli non pu5 oppignorare al siio creditore anche la ]>ro-
priet^ **), e, se vien sodisfatto il primo creditore pignoratizio*
^^) L. 1 Cod. si pignuB pignori (lafum, 8, 23 : « Etiaui id quo<1 jtiffiwri
ohlifjaium est a creditore pignori obBtringi pos^se iaiii duduui placuit, ttcilicet
lit sequent! creditori ntilis actio (i. e. liypotliecaria) detur tanidiuqiie^
(mm 18 qui ins repraesentat (cio^: il iiiagistrato che liveste Tufticio di
;xiudice) tueatur, qaaindiu in cauKn pigiioriA nianet eius qui dedit ».
V. Jac. Lectius ad Modestinum de poenift, lib. un. ad L. 4 D. de crim, stel-
Uonat. (in Ev. Otto, Tlies, iuris rom,, toni. 1, pag. 142, $ caeteniw).
V®) L. 13 $ 2 D. de pignorib., 20, 1 : « Cum pignori rem phjneratam accipl
])OAHe placuerit, quatenus uti*aqne pecuuia debetur (cioe: lintant'O che i!
debitore non abbia ancora pagato il buo creclitm'e, che ha a 8ua volta op-
pignorato il pegno) pigiius secundo creditori tenetur et tarn excepth (oioe r
fie il necondo creditore si trova in posftCHKo del i)egno, e qnesto vien recla-
mato prima delTcstinzione del debito. In questo case egli puo difendersi
ron Peccezione del diritto di pegno spettantegli tanto contro il suo debi-
tore, quanto contro il primo oppignorante) qiunn actio utilis ei danda est ».
L'ac</o utilis h qui Tazione ipotecaria che gli compete nel caso in cni
egli non si ti*ovi nel poAACftAo del pegno. — V. Gmelin, Comment. d&
Jure pignori rel hypothectie, quod creditori debitor in re sibi non propt^
const ituity $ 63, pag. 235 e segg.
*") L. 54 D. de dii\ reg. iuriSy 50, 17: « Nemo plus iuris ad alium
transferre potest, quam ipse haberet ».
**•) L. 6 C. d€ usufructu^ 3, 33 : « Nam usuh'uctuarius quidem proprietAtem
pignorare non jwtuit ». — L. 1 C. Si pignus pignori^ 8, 23 : « Sed si \o%
usumfructum possessionis tantummodo pignori dedistis, isque qui accepit alii
earn possessionem (i. e. fundum)j cuius usnmfnictuui nexum habebat, sine^
vestra vohmtate pigneravit, creditor eius in id, quo pignoris vinculum
non constitit, distraliens dominio vos private nequivit ».
DE PIGNERATICIA ACTIONE 3.50
vien meno anche il diritto di pegno del secondo creditore, ed egli
non piio rifiutare al proprietario la restituzione del pegno **). Si
domandapero se non risponda al secondo creditore, come pegno,
<;io che il debitore ha pagato al suo primo creditore; e se quindi
gli 81 debba concedere Pazione ipotecaria contro il primo creditore,
<5ome sno debitore.
Bisogna distinguere se il debito del primo oppignorante consi-
«teva in denaro, od in altre cose che lo stesso doveva prestare al
suo creditore. Nel primo caso il secondo creditore non puo far va-
lere alcun diritto di pegno siil denaro pagato, ma lo riterr^ il primo
creditore in suo sodisfacimonto. Nel secondo caso, pero, la cosu
data al primo creditore dal suo debitore subentra al posto del
pegiio liberato con la prestazione della stessa, ed il secondo cre-
ditore puo con V(ictio hypofhecaria ottenerne la consegna per via
giudiziaria. Poiche Poppignoramento di un pegno si deve consi-
derare appunto come se quel credito stesso in virtd del quale fu
rilasciato il jiegno al creditore oppignorante, fosse stato oppigno-
rato ^^).
*'^) L. 40 $ 2 D. de pignerat. act,: € Soluta pecunia creditor posses-
sionem pignorisy quae corporalis apud earn ftiit, restituere debet nee
qaicqnaiii aaiplius praestare cogitiir. itaqne si medio tempore pigmm
creditor pignori dederit^ domino solvente pectiniam qnam debnit seeundi
jtignoriff neqiie persecutio dabitiir neqne retentio relinqi(etur».
•'*•') Questo mi pare debba esBere il Benso delle parole alquanto oscure di
Marciaxo, qnando nella L. 13 $ 2 D. de pignonb., 20, 1, dice: < quo<l
« dominHa (cioe il primo debitore e oppignoraute) solvent pecuniam,
pigiins qnoc]iie pei-emitur. sed potest dubitari, numqnid creditori (cio^ al
f«ec<>ndo creditore) nummorum solutorum nomine utili% actio danda sit an
non : (& ehiaro che qui si tratta di un pagamento fatto al pnmo creditore.
E i>erci«^i la spiegazione della Glossn, la quale vuol interpi*etare il solutorvm
per Hohendorum, secondo il mio niudo di vedere, non ^ giusta. Le paroU'
die vengono in seguito vi si oppongono evidentemente) quid enim, si ret*
Moluta fnerit t (dunque il debito era stato effettivamente pagato al primo
i'l'editore) et verura est, quo<l Fomponius, libro septimoa^l Edictum^ scribit.
8i quideiii pecuniam debet is, cuius uomen pignori datum est, exacta ea
creditorem secum pensaturum: si vero corpus is debuerit et solvent,
pigiioriH loco fiitumm apud secundum creditorem ». II caso del quale qui
parla Pomponio h propriamente di verso da quello di Makciano ; poiche iu
quello il debitore pagava al secondo creditore ; in questo egli pagava al
:U0 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 866.
E percio non v'ha alcun dubbio cbe il secondo creditore fino
a tanto cbe il priiuo creditore non ^ stato sodisfatto dal sao de-
bitore, come primo oppigiiorante possa intentare Vactio ntilis contra
questi per il pagamento del debito**); come viceversa sarebbe
anche permesso al primo debitore di ]>agare il debito al secondo
creditore, e conseguentemente nscattare il i>egno ^% Anzi il de-
bitore non puo piti fare il pagamento al sno, il primo, creditor©
quando e stato informato delPulteriore oppignoramento avvenuto-
della sua cosa ^%
]>riiiio creditore. Pur tuttavia, i duecasi concordauo in questo: clie qnaiido
il prime debitore ha pagato il debito in denaro, non grava piii alcun
iilteriore diritto di pegno, tanto Be il pagamento h Btato fatto al pnmo^
qnanto ne e stato fatto al secondo creditore. Su questo luogo oscuro si con-
fronti speciaJmente : Edmond. Merillio, Observ,, lib. VII, cap. 35, e West-
PHAL, Diritto di pegtio, $ 142 e 144, not. 166, pag. 206 e ^gg« I Ba-
silici non d&nno su questo punto alcuno schiarimento.
^') Ma poiche il creditore pignoratizio, quegli al quale fii oppignorati>
dal 8UO debitore un pegno dato a quest' ultimo, deve considerarsi come
nno che ha ricevuto in pegno un credito (v. Westphal, /. c, pag. 206) ^
cos) anche qui trova applicazione la L. 4 C. Quae res pignori, 8, 16 f
CuiACio, ad L. 18 O. de pigner. act. ad PanU lib. XXII ad Edictum, cou
il quale ^ d'accordo anche Ant. Schulting, Thes. controv., dec. LXXVIIU
p. V, ritiene invero che Vactio vtilis spettante nel caso di oppignora-
mento di un credito al secondo creditoi^e sia Vactio hypothecaria. Ma
puo ugualmente affermarsi che sia quelP azione stessa che il pi-imo cre-
ditore avi*ebbe potato proporre contro il suo debitore. L. 7 C. de heredity
vel act. vend., 4, 39. V. Voet, Cammentar. ad Pandect., lib. XX, tit. 1,.
^ 17 e Westphal, Diritto di pegno, J 141, pag. 204.
*•'') Molto bene pu6 riferirsi a questo caso la L. 2 Cod. Si i>ignvH pi-
gnori datum, 8, 23 in cui ^ detto : « Si creditor possessionem, quae a pareu-
tibus tuis pignoris lure fuerat obligata, non vendidit, sed alii creditor!
pignori dedit, examinata fide veri poteris.eam soluto eo, quod ex hae
causa creditori (cioe al pnnio creditore) debetur, intercessu praesidis pro-
vinciae recuperare », come afferma anche a ragione Bachov, De pignorib.,.
lib. II, cap. 9, pag. 128. Non ^ necessano per6 che il primo oppiguo-
i-ante paghi al secondo creditore piii di quanto egli debba al suo credi-
tore, quand'anche il credito del medesimo verso il suo debitore o verso
il primo creditore fosse maggiore. A questo caso riferisce Ant. Faber^
Rational, in D. h, t., anche la L. 40 $ 2 D. de pign. act., superior-
mente nportata, ed intercala nolle parole : « nee quicquam amplius prae-
stare cogitur », la parola debitor. Con lui 6 d'accordo anche Schilter
TrajtiB iur. rom. h, t.y exercit. XXVI, $ 11.
**) Arg. L. 4 C. quae res pign., 8, 16. V. Voet, Comment, ad Pdud.,
DE PIGNERATICIA ACTIONE 341
II creditore ha inoltre:
II. II diritto, qaando il paganiento nori segua, di vendere il
pegno *^), e con la soinma ricavata riinborsarsi tanto del capitale
quanto degli interessi e delle spese fatte; ed insomnia, in quanto
egll si trovi in i>osse880 del pegno ed abbia cbe fare sempliee*
niente con il debitore o con i suoi eredi **), sodisfarsi senza re-
strizione alcnna, nolo pero in conformitiV alia stipulazione, fino
alia concorrenza del valore del pegno ^^).
Questo diritto del creditore di adoperarsi ad ottenere il suo
])aganiento uiediante I'alienazione del pegno, e e>08i essenziale al
diritto di pegno, che non lia bisogno di esser convenuto special-
mente ^^), ne pno essere ostacolato per contralto, o per testamento^
o per nna qualnnqne protesta del debitore ^'). L'alienazioue del
pegno pno evitarsi solo col pagamento del debito o con un altro
mezzo giuridico che si ritenga equivalente al pagamento ^^). Questo
<liritto di alienazione appartiene anche al secondo creditore so
presso di lui e stato nuovamente oppignorato nn pegno dato al
suo debitore dal debitore di quest'ultimo ; solo I'alienazione del
l>egno deve avvenire prima clie il primo debitore abbia pagato il
lib. XX, tit. VI, $ 2 in fine; Aiit. Faber, Coniectur. *m»-i« ctr., lib. VIII^
cap. 15 e Westphal, lor. eit., ^ 144. Di di versa opinione 6 tuttavia
Omelin, Comm, de iure pifinor. vel hypoth.^ etc., $ 63, pag. 240.
^') J 1 I. Quib, alienare Ucei^ 2, 8.
**) L. 8 $ 5 D. /i. /.: « Cum pignns ex pactione venire potest, non
ftolum ob sortem twn solutam venire poterit, sed ob cetera quoque, ve-
Inti usuras et quae in id impenfla 8unt». V. Webek, Sa/ffji stil dirittO'
i'ivile e 8U la sua appUcasione, V. 191 segg.
^^) La questione Be ed in quanto il diritto di i)egno tA ef^tenda oltre
<*he per il capitale, per gli interessi e le spese, e trattata nel lib. XX,
tit. I, $ 1083. Vedasi Weber, lor, rtf.,. pag. 151 seg. ; Meissner, Espo-
Hizione completa della teorin del tacito diritto di pegno, parte I, $ 14, tv
Hufeland, Tratt. di 1). ('.» vol. I, $ 775.
»o) L, 4 D. h. t.
'•^') L. 1 e 2 C. Debitoremt^enditionenipignoris imjyedire nonpo8»e, S,2H,
*^*) L. 8 C. de distract, pignor., S^ 27: « Si prius, quain distralieretur
pignorata possessio, pecuniam creditori obtulisti, eoque non accipiente facta^
rontestatione earn deposit isti et hodieque in eadein causa penunnet, pi-
gnoris distractio non valet, quod si prins, quam offerres, legem vendi-
tionis exercuit, quod iure subsist! t revocari non debet ».
342 LIBRO Xm, TITOLO YII, § 866.
debito al suo, il primo, creditore *'). Di quanto riguarda ancora
I'alienazione dei pegni si tratterd» nel lib. XX, tit. V.
II creditore puo:
III. Pretendere il pegno da qualiinque detentore ^*) quando 11
debitore trovasi in mora •'), e talvolta ancora ])rinia che il debito
sia divenuto esigibile quando si puo dimostrare uno speciale in-
teresse ^*). A tal uopo gli compete Pazione iiwtecaria, della quale
si tratterA. nel libit) XX, tit. I. Contro il debitore, ma non contro
il terzo possessore, egli disxK>ne ancbe di mezzi giuridici possessor! «
e cio^ deWintevdictiim Salrianuvi e quasi Salvianum ^^), dei quali
pure si din\ piii diffusamente a suo tempo. Xon 6 invece i>ermes8c»
al creditore di prenderne possesso arbitrariamente ; ed ancbe lo
stesso contratto in virtil del quale i>ossa essergli concesso di ixirsi
da s^ in possesso del pegno, in caso di mancato pagamento, non
conferisce al creditore alcun diritto di usare la forza, ove il de-
bitore si opponga, ma il creditore deve servirsi ancbe in questo
caso dell'interdetto quasi-Salviano ^% Qualsiasi possessore puo, i)eru.
prevenire la ricbiesta del pegno, oflfrendo il pagamento^'*).
IV. Se il creditore ba softerto per evizione o vizio fondamen-
tale del pegno stiimlato, puo ottenere die, concessogliene un altro *^'*),
^^) L. 1, 2 C. Si pignus pignori datum, 8, 23: « Quod hI nou fair
vestit) creditor! uruh fi'uctus, sed ipsa possessio pignerata, ot ante exm*-
lutam a domino pet'uniam creditor secundua pignus acceptuiu vendidit, non
posse venditionem post sohita pecunia reacindi divoruin principuin placitis
continetur ». V. Wkstphal, /or. cit,, pag. 207; e Gmelin, Commetttaf.
€it. de inre pignoris, etc., J 63, pag. 237 »egg.
»<) L. 16 ^ 8; L. 17 D. de pignor., 20, 1; L. 18 C. eod., 8, 13; L. 28
D. h. t.
»5) L. 33 4 5 D. de pignor., 20, 1; L. 10 C. eod.
»«) L. 14 D. eode^n.
^") L. 1 C. de precario et interdictum SahianOf 8, 9.
®*) L. 3 C. de pignorib.: « Creditores, qui non reddita sibi pecunia
i'onventioms legem ingi'eBsi possessionem exercent, vim qnideni facei« non
videntur, attamen nuetovitate praesidis possessionem adipisci debcnt ». ^'•
STRVBESf Considerazionigiuridiche, p»Tte 11^ cons. 32 e GtOnner, Mamtale
del dir. procedural comune^ parte IV, n. LXXXI, J 37, notajp, pag. 481 .
**) L. 16 ( 3 D. de pignor,, 20, 1; L. 12 J 1 D. Qttibns modis pign,
rel hypoth. solvitvr., 20, 6.
'o«j L. 2: L. 9 pr.; L. 31 e 32 D. h. t.
DE PIGNERATICIA ACTIONK 343
venga anche risarcito dei danni gi^ provemitigli dalla colpa del
debitore *)• Egli puo inoltre:
V. Bichiedere il risarcimento delle spese fatte iutoi-no al pegno^
non di tntte indistintaiuente, pero.
Le spese possouo essere di varie specie:
a) necessarie, alle qiiali appartengono in parte quelle cbe la
^'.onservazione della cosa rendeva indispensabili; in parte le im-
]>oste, cai il creditore dovette assolutamente soggiacere, come pos-
sessore del pegno. Qneste spese debbono essere rimborsate incon*
dizionatauente al creditore, non soltanto quando questo complesso
di spese fosse ridondato a vantaggio della cosa al uiomento della
restituzione del pegno, ma anche quando tali spese, ]>er uh caso
e senza colpa del possessore del pegno, si fossero rese nuova-
mente vane *).
Per tali spese non puo essere negata al creditore anche Pazione
ipotecaria, poiche le leggi prescrivono decisamente cbe le spese
necessarie debbano computarsi nel debito pignoratizio %
h) utili, die hanno per iscopo di migliorare la cosa e di ac>
crescerne il valore.
Se queste spese sono state fatte con il consenso del debitore^
non v'ha dubbio che il creditore possa pretenderne il risarcimento *).
0 L. 9 pr.; L. 31, 32 e 37 pr. 1). eodem.
^) L. 8 pr. D. h. t,: « Si necessarias impenaas fecerim in servuin' aut
in fuuduni, quern pignoris causa acceperim ^), non tantum retetUionem^ sed
etiam contrariam pigneraticiam actionem habebo : linge enim medicis, cum
aegix)taret servns, dedisse me pecuniam et euni decessiBse, item insulam
ful8i8se vel refeeipse et postea deufitam esse, net* hal>ere quod possem
retinere ». L. 29 in fine D. famil, ereUc,, 10, 2: « eius, quod propter
necessitatem impendit, etiam ultro est actio cieditori ».
'^) L. 6 C. de pignorib,, 8, 13: « In summa debiti computabitur etiam id,
quod propter possessiones pignori datas ad coUationem viarum munien-
datum vel quod alind necessarium obsequium praestitisse creditorem con-
stiterit ». V. Weber, 8(iggi sul 1), C, pag. 186 seg.
"•) L. 25 D. h. t»: « Si servos pigneratos artiflciis instruxit creditor.
") PoMPONio aveva scritto : fidnei4ie causa mattctpto acceperim; cfr. Gbadexwitz^
JnterpolationeH, 197^; Lenrl, Palingenesiaf II, 147.
344 LIBBO xni, TITOLO VU, § 866.
Fuori di cio il creditore puo pero pretendere un risarcimenlo
delle spese utili solo nel caso in cui esse non siano spro])orzioQate
a tal segno cbe il debitore, per poter riscattare il pegno, debba
riprendere nuovamente da altri del denaro ad imprestito, o ripu-
diare il pegno e laseiarlo non riscattato. Se ed in qaanto le spese
debbano ritenersi modicbe, deve pero giudieaiio il gindiee, giasta
quanto prescrive la L. 25 D. de pigne}\ a4:t. ^), a seconda delle eir-
€OStanze ; ed escogitare a tal proposito una via ili mezzo ut neg^ae
delicatus debitor, iieque onerosns creditor aiidiatur; ciofe il gindice
pu6 od opporsi alPingiusto rifiuto del debitore, se quest! per le
sue condizioni patrimoniali e salvo pignoi'e e in grado di risarcire
til creditore le spese fatte % o non dare ascolto al creditore con
«i quideni iam iuibutos ret roUuitate debitor is, erit actio contraria ». Vedi
Westphal, Diritto di petjno^ ^ 24, nota 41, pag. 66 0«
^) Ulpiano dice qui : « sicut enim neglegere creditorem dolus et culpa
quam praestat non patitiir, ita nee talein efflcere i-em pignerotani {fidueiae
datam, Lenel, Falingenesia, I, 1027) ut gravis sit debitor! ad recipe-
randnm: puta Baltiim gi-andem pignori (fidueiae: Lenel, Ioc. cit,) datum
ab bomine. qui vix luere potest, nedura excolere, tu acceptnm pignori
{fidueiae: Lenel, he, cit.) excoluisti sic, ut magni pretii faceres. alioquin
non est aeqaum aut quaerei*e me alios crediton^s aut cogi distrabere quod
velim receptutn aut tibi paenui*ia coactum dei^elinquere. medie igitar baei*
ab iudice erunt dispicienda, ut neque delicatus debitor neque onerosn^
credit or audiatur »,
^) L^espressione delicatus sta ml indicare presso i classici un uonio
<« qui in negotio, in quo alter sine vitio versatur, morosus, difflcUis, et
fastidiosus est; i. e. qui tantum ex sua parte facera detrectat, quantum
debet et potest ». Sexeca, De beneficiis, lib. II, cap. 24 ; Cicero, Orator,
cap. 29; Ulpianus, L. 6 ^ 3 D. de office. Procons., 1, 16. Se noi riferiamo
questo significato ad un debitor delicatus, ne risulta die per tale debbii
intendersi un debitore « qui de restituendis iuipensis, in pignns facti^^
•conventus, creditor! non oneroso, i. e. qui in faciendis impensis modnm
non excessit, tantuui restituere detrectat. quantum debet, et, salvo pi-
gnore, potest ». Si confr. Em. Mart. Chladenio, Diss, de debitore deli-
cato in contrario fidueiae iudicio ex mente Ulpiani ad L. 25 D. de pign.
. 0 QneBto t'esto e attribuito ad Ulpiano {idem), cortamente per errore del co-
pista, perch^ non bI coUega con la materia trattata da Ulpiano nel lib. 31,
mentre invece si riannoda benissimo con quella trattata da Paolo in quel libro.
V. Lrnrl, Edietum perpetuum, 232, n. 4; vol. II, pag. 5, n. 4 della recente
<>dizione francese; Palingenesiaf I, 1027.
DE PIGNERATIOIA ACTIONE 345
la sua esagerata pretesa, se questi abusivamente ha oltrepassato
la misura nello spendere. II diritto di pegno del creditore non si
estende pero a tali spese^), ma al creditore in rapporto ad esse
sx>etta soltanto un'azione personale contro il debitore, ed ancke
questa vien meno se egli fece la spesa contro il divieto del debitore ^).
c) Le spese cbe sono state fatte dal creditore^ semplicemente
Tolnptatis causa, non vengono risarcite in alcun caso, ma a lui spetta
sempre un jus tollendi, in quanto sia i>o8sibile una separazione
senza danneggiamento della cosa principale ^).
VI. Finalmente quando si inizia un concorso sul patrimonio
del debitore, il creditore conserva una iK)sizione privilegiata nella
2.- o nella 3." elasse *^).
§867.
Obblighi del creditm^e pignoratizio.
Gli obblighi \yei quali 6 tenuto il creditore nel contratto di
pegno **) consistono in quanto segue:
I. che egli custodisca il pegno con la cura necessaria perch6
non lo si danneggi, n^ deperisca, o vada completamente in rovina.
II creditore pignoratizio ^ responsabile percib: 1.^ di ogni frode;
2.^ di qualsiasi negligenza, anche minima per dannosa attivit^.
Anzi egli puo esser perseguito in questo caso eon Vaetio legin
act. praeside Andr. Flor, RiviNO def.f Viteniberga 1743, 4 13 segg.
Nei Basilici^ torn. IV, pag. 10 in fine^ si dice semplicemente: Tac fiivtn;
Totvuv iomdvoLQ oftiktt o'xoTrftv 6 SoivtivrriQ ; i. e. « Index igitur snmtns mo-
dicoB spectare debet » [Cfr. Heimbach, Bas., Ill, 62, XXV].
') V. Weber, Saggi cit.y pag. 188 segg.
") L. 40 D. mandati 17, 1; L. ult. C. de negot, gest. 2, 18; Leyser,
Meditai, ad- Pand. vol. Ill, spec. CLVI, medit. 3 ; Hufelaj^d, Tratt. di
Dir. civ. J vol. I, $ 778, nota /.
•) V. Erxleben, Be iure pignorum, $ 154 e Schmidt, Tratt. delje
aeioni giudielarie, $ 829.
***) Oiorg. Happel, Diritti del creditore in rapporto con gli altri pi-
gnorantij Giessen e Darmstadt 1802, 8.
*0 JSnr. Kluit, Diss, de oblig€Uione creditoris in pigtwrcy Lugd.
Bat. 1786.
OlQck. Coium. Pandette. — Lib. XIII. — 44.
346 LIBBO XIII, TITOLO VU, § 867.
Aquiliae^*)y «in qua et levissima culpa venit*, come dice Ul-
PIANO*^); 3.° di omissioue nella cura e sorveglianea necessarie.
8e in conseguenza di cio la cosa e interamente perduta o andata
in rovina, egli risponde di qnalsiasi negligenza, e solo il caso iue*
vitabile lo libera dall'obbligo del risarcimento dei danni: infatti
il creditore pignoratizio deve non solo rispondere del dolus e della
culpa, oia anche prestare la custodia. La L. 19 G. de pignorib.j 8, 13,
dice: « Sicut vim nwjoretn pignorum creditor praestare non habet ne-
cesse, ita doluiu et culpaui, seA et cu$t4>diam exhibere oogitur». E
4)ue8to conferma ancbe la L. 8 O. de aetiofie pigner.j 4, 24, dove e
detto : « Si nulla culpa sen segnitia creditori imputari potest, pignoruui
amissorum dispendium a^ periculum eius minime pertinet». Clie
non si faccia qnestione di alcnn det-erminato grado di colpa, iiel
caso in cui il pegno vada i)erduto, risulta anche dalla L. 5 C.
eod. ove e detto: « Si creditor Htne vitio auo argentum pignori datum
perdidit restituere id non cogitur: sed si culpae reus deprehen-
ditur quanti debitoris interest condemnari debet ». Sotto
questo riguardo dunque il creditore pignoratizio si trova appunto
nella stessa condizione che il commodatario, I'affittuario^ il vendi-
tore, cbe le leggi obbligano tutti egualmente alia custodia plena
])er ogni pericolo quando s'avveri furto della cosa o perimento
della niedesima per inavvertenza ^*).
Ulpiano dice molto precisamente nella L. 14 § 16 D. defm% 47, :.':
« et pnto omnibus, quorum periculo res alienae sunt, veluti commodati,
item locati pignorisve accepti, si hae subreptas sint^ omnibus furU
act tones competere » *''). Se per contro il pegno h stato semplice-
niente danneggiato i)er incuria del creditore, e quindi ne e stato
inenomato il valore, quello che importa h se il contratto, come
si suole, h stato conchiuso a vantaggio di entrambe le parti, o,
'') L. 18 $ 1 D. Commodati^ 13, 6; L. 7 C. de pigner. act,
^^) L. 44 D. ad leg. AquiL, 9, 2. V. la parte 10.* di questo Camm.y ^ 699.
^^) V. Cristoph. Lod. Crell, J>i*p. de custodia et periculo pignorkt,
Viteinb. 1733.
>■'*) Delia custodia plena del venditore ti*atta la L. 2 $ 1, L. 3 D. de
periculo et comm. rei renditae, 18, 6.
DE PIONEEATICIA. ACTIONE 347
come talvolta pub darsi, fe diretto sempliceuiente al vantaggio
del creditore. 'Nel prirao case il creditore pignoratizio e tenuto
solo per la culpa levisj cio^ risponde del danno solo qoando esso
e avvenuto in segaito ad una negligenza tale ehe nessun iiomo or-
dinato e previdente I'avrebbe commessa.
I seguenti passi concernono questo punto:
$ 4 I. Quib. modis re contrah. obligatiOj 3, 14 : « Creditor quoque qui
pignns accepit re obligatur, quia et ipse de ea re qnam accepit
restituenda tenetur actione pigneraticia. sed quia pignus utnu»que
gratia datur, et debitorig, quo magis pecunia ei crederetur, et credi-
toris, quo magis ei in tuto sit creditum, placuit sufQcere, quod ad earn
rem custodiendam exactam diligeutiam adhiberet >.
L. 5 § 2 D. Commodatij 13, 6 : « sed ubi utnusque utilitas vertitur, nt
in empto, ut in locato, ut in dote, ut in pignore ut in societate,
et dolus et culpa praestatur ».
Che qui per culpa debba intendersi soltanto la culpa levis e non
la levissima risulta dalla proposizione seguente: « Commodatum
autem plerumque solam utilitatem continet eius cui commodatur,
et ideo verior est Quinti Muon sententia existimautis et culpam
2>raestandam et diligentiam ».
Evidentemente diligentia qui vuol signifieare piii che culpa. Ne
Ulpiano iioteva aver indicate a cagion del precario il commodato
come quelle in cui vengono prestati soltanto il dolo e la culpa
lata, poichfe su cio non v'era dubbio. Certamente, anche qui nel
libro 28 ad Edictum, Ulpiano non pensava al precario, di cui
nella L. 8 § 3 D. de precario, 43, 26, libro 71 ad Edictum, dice : « illud
adnotatur, quod culpam non praestat is qui precario rogavit, sed
solum dolum praestat, quamquam is, qui commodatum suscepit,
non tantum dolum, sed etiam culpam praestat » .
Qui al giureconsulto romano, per distinguere il commodato dal
precario, poteva senza dubbio bastare Posservazione che il com-
modatario presta il dolo e la colpa; non gli era necessario sog-
giungere che egli 6 tenuto anche per la diligentia, sibbene lo er4
nella L. 5 § 3 D. Commodati \k dove egli cercava di distinguere
il commodato dal pignus e da altri contratti dai quali i due con-
traenti ritraggono, di regola, pari vantaggio**^). \V. nota ap. seg.].
348 LIBRO Xni, TITOLO VII, § 867.
II seguente pa8S0 di Gajo, libro 9 ad Edictum, toglier^ i^ero
ogni dubbio.
L. 18 pr. D. Cominodatij 13, 6: «In rebus commodatis talis diligentia
praestanda est, qualem quisque diligentissimns paterfamiliiis 9ui9
rehuH adhibet, ita ut tantum eos casus non praestet, quibus resist!
non possit, veluti mortes servorum quae sine dolo et culpa eius
accidunt, latronum hostiuinve incursus, piratarum insidias, nau-
fragium, iiicendium, fngas servorum, qui custodiri non solent
haec ita, si dumtaxat accipientis gratia eommodata sit res. at
si utriusque, veluti si communem amicmn ad coenam invitave-
rimus tuque eius rei cumm suscepisses et ego tibi argentum
commodaverim, scriptum quidem apud quosdam invenio, quasi do-
lum tantum praestare debeas: sed videndum est, ne et culpa prae-
standa sit, ut ita culpae fiat aestimatio, sieut in rebus pignori
datis et dotalibus aestimari solet»,
Sono anche particolarmente degni di attenzione i seguenti
frammenti:
L. 14 D. de pign, act. : « Ea igitur, quae diligem paterfamilias
in suis rebus praestare solet^ a creditore exiguntur ».
L. 23 D. de div, reg. fwr., 50, 17 : « Contractus quidam dolum malum
dumtaxat reoipiunt, quidam et dolum et culpam. dolum tantum:
depositum et precarium. dolum et culpam mandatum, commodatum,
venditum, pignori aeceptum, locatum, item dotis datio, tutelae, ne-
gotla gesta: in his quidem et diligentiam ».
Un esempio di culpa levis porge la L. 15 D. h, t. dove Ulpiano
dice: « Creditor cum pignus reddit, de dolo debet debitor! repro-
mittere: et s! praedium fuit pigneratum, et de iure eius repromit-
tendum est, ne forte servilutea cessante ut! creditore amissae
sint )^.
Se il creditore ha lasciato che si estinguessero delle servitu
che esistevano a favore del fondo oppignorato, per aver omesso
^^) 11 signer von Lohr nella sua Teoria delta « culpa )k, Giessen 1806,
fiez. 1.", pag. 46 ftegg., ^ di di versa opinione. Si veda pei**^ Schomax,
MannaU di dir. civ,, vol. II, pag. 242 seg. e Malblanc, I>is8, de culpa
etuftque apeciebus et gradibna, Tnbinga 1807, } 7.
DB PIGNERATICIA ACTIONE 340
di esercitarle, egli ha con cio deteriorato il fondo, e risponde
percib della sua culpa.
Se, invece, il contratto di pegno ^ stato conchiuso sempliceinente
a vantaggio del creditore, allora egli ^ tenuto incondizionatamente,
])er ogni, anche minima, colpa, appunto come il commodatario quando
egli solo dal contratto trae utility. Ma nel commodato questo e il
caso comune, mentre e insolito nel contratto di pegno '^). Si con-
sideri, a questo proposito, il caso in cai il creditore, per impie-
gare il suo denaro in modo sicaro, costringa il debitore a far in
modo che iin altro amico gli faccia credito senza prestazione di
]>egno; o quello in cui il creditore ha fatto precedentemente cre-
dito al debitore senza riceverne pegno, ma questi in seguito dia
al creditore un pegno spontaneamente, per sua maggior garanzia ;
o, finalmente il caso in cui un terzo costituisca il pegno in luogo
del debitore: « Solius autem creditoris utilitas tunc vertitur —
<lice VoET **) — cum non debitor, aed tertitM pro debitore^ pignus
dat: quamvis enim debitoris quoque intersit, pignus dari, dum
sine eo forte fidem hand inveniret, tamen, si contractum pignoris
spectes, quod iam non inter creditorem et debitorem, sed inter
creditorem et tertium pignus dantem intercedit, solius creditoris
gratia, non item tertii pignus dantis, et inde pignoratitia expe-
riuntis, pignus celebratum apparet ».
A questo caso, dopo CuiAOio *°), ora anche Voet cui si associa
Malblanc *"), vuol riierire la assai controversa L. 13 § 1 D. h. t dove
Ulpiano dice: « Venit autem in hac actione et dolus et culpa, uf in
commodato: venit et custodia: vis maior non venit ». Questo passo ha
sempre i>osto in grande imbarazzo i nostri interpreti e ne sono ap-
parse svariate spiegazioni, come pure emendamenti critici che h
necessario riunire ordinatamente d'una buona volta, ed esaminare con
un po' piu di precisione, di quanto flnora non si sia fatto. Si x)OSSono
*") V. Ge, Sam, Madihn, Cotmnent. creditorem hi pignore media diii-
gentia non semper liberari^ Hala Magdeb. 1764.
***) Commentar, ad PaiuL^ h. t., ^ b.
i») Observation., lib. XIX, cap. 24.
**^) Princip. iuris rom., imrUi II, sect. I, J 497, pag. 350.
360 LIBRO XIII, TITOLO VH, § 867.
opportunamente ridurre in dae categorie principali: una parte *')
affernia cbe per hac actione non debba intendersi Vaetio pignera-
ticia directa cbe, dopo I'estinzione del debito, compete al debitore
contro il creditore pignoratizio per la restituzione del pegno; ma
im' azione del tutto diversa, di cui si fa menzione al principio di
qiiesto frammento, e cioe la rivendica, od actio in fa4:tum, la qaale
vi si concede al debitore contro il terzo a cui 11 creditore, prima
ancora cbe vi fosse autorizzato, aveva venduto il ]i^gno a ox>ndi-
zione che lo avrebbe restituito contro rimborso del prezzo di
acquisto, qualora il debitore avesse pagato ancora in seguito.
Senza dubbio, si dice, qui il compratore dovrebbe risiK>ndere della
culpa levissima, poiclie egli ha fatto acquisto scienteraente per se
di una cosa altrui, oppignorata, die il creditore non aveva facolta
di vendergli.
Ma, anclie faeendo astrazione dal fatto, che e gii\ per s^ un
controsenso, che in un caso in cui un' azione illecita rende re8|K)n-
ftabile di qualsiasi errore colui che ^ chiamato in giudizio, si vada
a i)render la norma, per la colpa da prestarsi, dal commodato, col
quale tuttavia quel caso non ha la minima analogia; la patente
inesattezza di questa spiegazione si manifesta tosto agli occhi di
chi si prenda la cnra di leggere la L. 13 connettendola con la
L. 14 che segue immediatamente.
In quest'ultima, infatti, come conseguenza del precedente § 1
della L. 13, si dice chiaramente: « Ea igitur, quae diligens pater-
familias in suis rebus praestare solet^ a creditore exiguntur }>. Di
quale assurdit^ non si dovrebbe incolpare Tbibonia.no, oome su
cpiesto punto ha molto giustamente osservato il Thibaut *\ se
ai volesse ammettere che egli non abbia riferito il § 1 cit. della
L. 13 al creditore pignoratizio I
L'altra categoria di interpreti, e questa conta il maggior nu-
*') Abr, WiKi.iNG , Lection, iuris civ,, cap. 7; Gh. Enr, Crhf.
Krxleben, Princip. de iure pignor, et hypothecar,^ $ 161 ed HOi'FNkr.
iiel Commentario alle Istituzioni di HHnecciOj $ 796.
*•) Teoria della interpretasione logica del diritto rom^tnoj } 36, pa-
;i:iiia 156 seg. della 2.* ediz.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 351
mero di seguacl, e costituita da quelii che riferiscono la L. 13
§ 1 cJt. BlVactio pigneraticia directa; ed essi, fino a questo pun to,
hanno pienamente ragione, soltanto nella apiegazione del frammento
stesso 8i dividono nuovainente in differeuti opinioni. Alcnni, senza
apportarvi alcana correzione, cercano di accordarlo con gli altri
passi sopra citati ; e sa qnesto panto 8i presentano nucivamente
qaattro opinioni. Dagli uni '^) si afiferma che, con le citate parole
<leUa L. 13 vien stabilita la regola che il creditore, detentore del
pegno, debba rispondere anche della minima negligenza. Perche
non rimanga piti alcun dubbio su questa norma, Ulpiano non
soltanto confronterebbe da questo punto di vista Pazione pigno-
ratizia con quella derivante dal commodate, la quale tenderebbe
anche essa al risarcimento di ogni danno non semplieemente ca-
suale; ma con le parole: vis maior non venitj aggiungerebbe an-
cora Pantitesi che solo la forza estrinseca, cui il creditore pi-
gnoratizio non pdteva in alcun mode opi)orsi, iK>ssa bastare a sua
discolpa. Appunto questo direbbero anche il i>asso delle Istitttzioni
su citato e la L. 19 God. de pignotibuSj e cosi, quindi, tutto sta-
rebbe nel miglior accordo. Ma non pub disconoscersi che pur
cosi pensando resti sempre Tantitesi tra la L. 13 e la L. 5 § 2
ed anche 18 pr. D. cofmnodati dove vien detto affatto decisamente
che il creditore pingoratizio risponde solo del dolus e della culpay
ed il commodatario non soltanto di questi, ma anche della dili-
gentia.
Giusta una seconda opinione, che, come e stato gi^ superior-
mente notato, viene accolta da CuiACio, Voet e Malblanc, la
L. 13 § 1 e da intendersi semplieemente del case in cui il cre-
ditore solo, ritrae vantaggio dalla dazione del pegno. Ma chi po-
trebbe mai credere che Ulpiano, il quale qui voleva spiegare la
-3) BartoL Chbsio, Interpret, turn, lib. I, cap. 45, n. 11; Cbbll in
Diss. cit. de custodia et perieulo pignoris, $ 5 ; Rivinus, Diss, de culpa
levissima in pignore a creditore pruestanda^ Vitemb. 1751 ; Thibaut,
Sistema del diritto delle Fandette, voJ. II, i 653, e specialmente B. W.
Pfeiffer, Miscellanee sugli oggetti del diritto privato tedesoo e romano^
Marburgo 1803, pag. 89 segg.
352 LIBBO Xni, TITOLO VII, § 867.
uatura delVaetio pigneraticia directay e che percib si esprime in
termini afifatto generali, abbia ragionato di un caso che nel con-
tratto di pegno costituisce una rarity simile al caso del vantaggio
d'ambedue le parti nel commodate?
Secondo una terza opinione, propugnata da Giovanni Gaglielmo
Makkabt **) e da Franc. Schumann "), il paragone stabilito da
Ulpiano tra pignus e commodatum dal punto di vista del dolus
e della culpa, h giustifieato da ci5 cbe in questi due contratti vien
prestata la culpa levis. Alia diligentiay invece, in senso proprio che
il commodatario dovrebbe inoltre ancora prestare (L. 5 § 2 D. cow-
modati) non h tenuto il creditore pignoratizio, il quale ^ tenuto
per la cusiodia, e per quanto vi si riferisce nulla lo scusa all'in-
fuori della semplice ed imprevedibile disgrazia. Vis major nan renif.
Vim majorem pignorum creditor praesiare non hahet necesse.
Questa spiegazione, che concorda anche con il linguaggio co-
mune delle fonti, ^ certamente la piil naturale, e corrisponde nel
raodo migliore agli altri passi che trattano di questi contratti.
E si pu6 anche spiegare facilmente come Ulpiano, nel determinare
ta colpa pel contratto di pegno, sia capitato nel commodato. !Nel-
Feditto peri>etuo si parlava del commodato immediatamente prima
del contratto di pegno; e questo, fra Faltro, si deduce dal fatto
che nelle Sent^ntiae receptae di Paolo, lib. II, al tit. 4 d^ commo-
dato segue subito dopo il tit. 5 de pignoiibus; che poi queste Sen-
tentiae receptae siano state compilate secondo Pordine delV Edictum
perpetuum, lo ha provato diffusamente Antonio Sohulting ^% Cio
risulta anche da questo: Ulpiano nella L. 28 ad Edictum ha trat-
tato del commodatum e del pignus, come dimostra I'iscrizione dei
frammenti che ne furon tolti per le Pandette; e percib I'iscrizione
della L. 13 D. h. t., UlpiaNUS libro 38 ad Edictum ^ manifesta-
mente errata, e dove invece leggersi libro 28, come ha notato
**) Prohabil. recept. lection, iuris ctr., Traiecti ad Rhen. 1737, pa-
gina 110 liegg.
. **) Teoria del risarcimenio dei danni, parte I, pag. 160 segg.
*^) lurisprud. anteiust.j pag. 211 segg.
DE PIGNERATICIA ACTIONfi 353
anche Giacoh, Labitto *'). E cosl si spiega ancbe percbe nelle
Fandetfe il tit. de pign, actione segua al tit. commodati.
L'esattezza di qiiella spiegazione, finalinente, risulta ancora in
modo speciale da cio, cbe aucbe in altri punti Ulpiano confronta
tra loro il pignus ed il commodatum, dal piinto di vista del dolun
e della culpa '*). A ragione quindi Antonio Fabeo *^) dice : « Qiiod
hie scribitur in pignore, non tantum dolum venire, sed etiam eulpam,
siciit in commodato, non toUit dififerentiam, quae est inter pignus
et cominodatum, quod ad eulpam levissimain i)ertinet )>.
Infine, secondo una quarta opinione, propugnata speeiahuente
da Samuele Coccfiio ^% Oiorgio Sam^ Madihn **) e Westphal "),
Ulpiano nelle parole ut in commodato deve aver aeeennato alia
iUstinzione cbe Gaio nella L. 18 pr. D. commodati fa per il com-
modato. Si tratta cioe nel contratto di pegno come Jiel commodato
<li vedere, in rapi)orto alia prestazione della culpa, se I'oppigno-
ramento si sia verificato a vantaggio d'entrambi i contraenti o
soltanto del creditore. Kel primo caso il creditore pignoratizio
risponde solo della culpa levis, appunto come il commodatario se
11 contratto ridonda ad utile non semplieemente suo, ma anche del
commodante; mentre invece nel secondo caso il creditore pigno-
ratizio dovrebbe esser tenuto per la menoma negligenza appunto
«ome lo e il commodatario se il contratto, come di solito avviene,
•e rivolto ad unico suo vantaggio. Quantunque ancbe questa spie-
^azione meriti di esser preferita ad ogni emendamento, molti, si
anticbi cbe moderni giuristi, sostengono cbe la difficolt^ non possa
•esser eliminata, senza compiere un mutamento.
Ma anche sn questo punto le opinioni dei critici si dividono nuova-
tnente. Alcttni in luogo di ut iii commodato; venit et custodia leggono :
*") U8U8 indicis Pandectar.y cap. VI, ^ 8 in Ahr, Wieling, lunsprvd,
restit,^ torn. II, pag. 118.
*^) L. 23 D. de div. reg, iur., 50, 17; L. 18 pr. I). Commodati j 13, 6.
«») national, in Fand. ad L, 13 M I>. h. t.
^^) Iiir, civ, controv, 1i. <., qu. 18.
^') Cit. Commentat.. creditor em in pig nor e media diligentia non semper
' liberari, Hala 1764, pag. 14.
^*) Dir. di pegno, i 31, nota 50, pag. 79.
Gl')ck. Conwi. Pandette. — Lib. XIU. — 45.
:M4 libbo xm, titolo tu, § 807.
AT in commodato renit et eugtodia. Oherardo XooDT '^) arropi prinoi-
IKilmente a se qaesto emendamento, sebbene gi^ prima di lui Gio-
ranni Xiellio ^*) avesse fatto appanto la stessa correzione. IVro*
il siio biografo Gior. Babbeybac^^) lo ha completamente ^insti-
ficato coutro I'accnsa di nn plagio. Secondo qnesta eorrezione,
Ulpiano, dnnqae, avrebbe volute dare qui la differenza trn pignut
e commodatum in rapporto alia ctilpae praestatio, e l'avrebl>e sta-
bilita in questo: che il creditore pignoratizio risponde solo del
dolus e della culpa sc. leriSy mentre inveoe il commodatario non
deve prestare semplicemente questa, uia ancbe la culpa lerismma^
Ma x)oicbe la correzione di Noodt aveva contro di se non solo la
L. 10 C de pignoribuSj ma ancbe Tautorit^ dei Basilici ^% e i>erci<>
fu giustamente combat tuta da Chrisifried Wachtleb '^), Noodt
cerco di rafforzare maggiormente la sua congettura '^) e cosl si
ac<]ui8to pareccbi seguaci, i quali non soltanto accettarono la sua
opinione ^*), ma cercarono ancbe di difenderla con molteplici argo-
•*^) ProhahiU iuris civ., lib. I; cap. 4.
^*) Disseriat. feudal, j diss. Ill, $ ult., lit. il*. Parecchie uotizie di
qiie8to NiELLio ci sono date da Ahr. Wielixg, in Lection, ittr, civ.,.
lib. I, cap. 7, nota •, pag. 24 segg.
^'*) V. Gher, Noodt, in fine paragrafo: Xon posnumj Praefationi ope-
rum eiu8 adiect.
^**) Tom. IV, lib. XXV, tit. I, pag. 6. 'ATracrcc j? mpi tov iysx^Jpo^j-
o'jAzx'hv iyay/Y,, 1. 6. « Aetio pigneratitia exigit dolnm et negligentiam^
Micnt actio commodati, et actio de cuetodia ». La traduzione dei Greci o
veramente inesatta nelle ultime parole, dove per custodia essi intendono-
i\ (lepositum 'y gi onserva anche che Tuf , w;, non significaa^, dXki, ma fficuiy,
e come tale vien nsato nella L. 18 pr. D. Commodatij 13, 6. Fabbot in
questo panto invece di tradnrre il testo greco ha mantenuto le juirole di
Ulpiano [cfr. Heimbach, Bas., Ill, 60, XIII].
^') Notae ad G. Noodtii ProhabiL iur. ctr., lib. I, cap. 4 in Opuscuh^
pag. 202.
•*«) Probabil., lib. IV, cap. 3.
3*) lo, Ortw. Westemberg, Princip. iuriit sec, ord. D, h. t,, $ 29;
(lio. Teofilo EiNBCCio, in Annotation, ad Vinnii commentar,, in ^ ult.
I. Quihus mod. re contrah, obligat,, n. 5; lust. Enn. Boehmer, lur.
IHg. h. t,f $ 6; Aug, a Leyser, Meditat. ad Pandect,, specim. CLIII^
luedit. 3 e Cfist. Enr, Eckhard, Hermeneut. iuris, lib. I, $ 76, nota *,
jiag. 85.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 35,r>
inenti *^) dalle nuove opposizioni di Wachtlbk *'). Pero i dubbi
<*he stairno contro di essa non sono stati risolti in luodo .sodisfa:
"Cente; e percib fu a ragione rigettata da Hubeb **), da Wieling *^)
-e da Wal-ch **). Un'altra congettura, veramente, fu messa innans^i
-da Pagenstecher ^% il quale, in luogo di ut, vuol leggere, i)er
:geniinazione, utut e tradurre questo con sebbene.
Ma a questo emendamento si oppongono quegli stessi dubbi cbe
«i oppongono a quelli di Xoodt.
La inaggior parte dei modemi giuristi, percio, legge senza cam-
biarle le parole del testo; toglie semplicemente il pun to e virgola
<lopo le parole ut in commodato; e legge: ut in commodate venit et
4)U8todia.
3Ia questi, alia loro volta, nelle loro interpretazioni, diseordano
^'li uni dagli altri.
Alcuni *'^) sono d'accordo con Noodt nel credere che in questo
imnto Ulpiano abbia voluto darei la differenza tra pignus e com-
modatum dal punto di vista della culpae praestatio. II senso del
luogo contro verso sarebbe dunque questo: nel contratto di pegno
«i presta il dolus e la culpa levis alio stesso modo clie nel com-
modato oltre al dolus ed alia culpa levin si e tenuti anehe alia
leviHHima; come le parole ut et, che equivalgono a quemadmodum
^tiam, dimostrerebbero a bastanza cbiaramente.
*^) DucKER in Observation, miscell, hatav., vol. Ill, torn. I, p. 123
<e in PCttmann, (>pu8cuL iurid, ex obsen^ation, miscell. batar, in unum
rolnm. collevt.j Hala 1782, 8, pag. 39 e segg.) e Adriano van Dorp in
Diss, ad loca quaedam iuris et alia ObservationeSj Franequerae 1760,
"Cap. 4 (in Oher. Oelrich, Thes. dissertation, iurid. belgicar., vol. T,
torn. Ill, p. 41).
^') yota€ postuin. ad Ger, Noodtii lib. IV Probabil. iuris civ. in
Actis eruditor. lipsiens.f MenH. Novenibr. Anni 1732, pag. 514 eeg.
^^) Eunom. roman. ad L. 13 $ 1 D. h. t., pag. 541 »eg.
^^) Lection, iuris civ., lib. I, eaj). 7.
**) Ad Eckbardi Ifermeneut. iur.j pag 86, e in Introd. in contror.
•iur. ei'r., pag. 543, nota a.
**•') Adrersar.j lib. II, cap. 10.
**^) Mich. God. Wernher, Lectiss. Commentat. in Band. /i. ^, $ 6; e
Died. God, Lahprrcht, Commentat., ad L. 13 D. de pignerat. act.y
Oottinga 1750, $ 13.
35(> LIBRO XIII, TITOLO VII, § 868.
Ma e evideiite che nel franiineDto non 6 riscontrabile ne pure
una traccia di tal distinzione. Altri *') percib, piti giustamente,
Viferiscono le i)arole venit et ctistodia SiWactio pigneratida, in con-
formiti^ alia L. 19 Cod. (le pignor. Fra questi Wachtler ha dato
1' interpretazione migliore dicendo cbe Ulpiano accenna qui ad
un doppio obbligo del creditore pignoratizio: a) clie il pegno nou
sof&*a deterioramento per parte sua; b) che non vada da lui per-
duto. Per quanto riguarda il primo egli risponde della ndpa —
ac. 'levis — ma i)er il secondo risponde della custodia, cioe della^
ctdpa levissinm. Da tutto cio deriva inoltre che non esiste la
necessitA. di ammettere con Schilter *^ e con GtOTOFRedo ***) un
dissenso non conciliabile fra i giuristi romani su questa dottrina.
§ 868.
Obbligo del creditore pignoratizio al risarcimento del danno.
Se dunque il pegno perisce per una colpa tale che il creilitore
pignoratizio debba rispondeme, questi ^ tenuto a risarcire il danno
e<l ogni interesse; ma puo anche detrarne ci5 che egli stesso ]>re-
tende in capitale, interessi e spese fattevi.
La L. 7 Cod. h. t, 4, 24, dice : « Creditor, qui fundos et domos
pignori vel hypothecae acce))it, damnum in decidendis arboribus
domibusque destruendis ab eo datum in rationem debit! '*") dedu-
cere cogitur, et si dolo vel culpa rem suppositam deteriorem fe-
cerit, eo quoque nomine pigneraticia actione tenebitur, ut taleiii
^') Andr. Gugh Cramer, Disputatiofi. iuris civ,, lib, sing,, Suerin. et
Wismar., 1792, 8), cap. 13, nota rrr, pag. 118; Cmf. Qvgl, Wehrn,
Doctr, iuris ejcplicatrix principior, cauaar, damni praestandi, $ 6, p. 6$
e Christfr, Waechtler, OpvseuL, pag. 202.
**) Praar. iur, ram., exercitat. XXVI, J 6.
^*) Commentar, in tit, Pand,i de div, regulis inri8f ad L. 23 I), eod,^
pag. 133 in fine.
'^) Cliacio in llecitat. solemn, in C. od L. 7 h, t, e Westphal in
Bir, di pegno, $ 31 , nota 50, ritengono supertlaa la parola debiti, nia
non vi e ragione stifftciente a ci6. La Glossa spiega esattamente le parole
in rationem debiti : in compensationem debiti.
DE PIGNEEATICIA AGTIONB 357
restituat, qualis fiierat tempore obligationis. Creditor autem neces-
sarios snmptiis, qiios circa res pigiieraticias fecit, exigere nou
prohibetur ».
Pero il creditore pignoratizio, di regola, uoii deve ri8i)ondere
del casi fortiiiti. Per ragione di eqiiitil questi deve sopportarli il
solo oppignorante, poich^ egli ritiene la propriety del pegno. Al-
trimenti a^'cadrebbe qualora 11 creditore si fosse addossato, per
convenzione, i casi fortiiiti. Si riferiscono a questo panto i se-
gueuti passi :
L. 6 Cod. h. t. : « Quae fortuitis casibtis accidimt, cum praevi"
deri non potuerantj in quibus etiam adgressnra latronum est, nullo
lK>nae fldei indicio praestantur: et ideo creditor pignora, quae hu-
uimnodi catisa Interierunt, praesiare non compellitur nee a petitions
debiti submovetiir, nisi inter contrahentes placuerit, ut amissio pi-
(fnorum liheret dehitoreni ».
L. 0 Cod. eodmn : « Pignus in bonis debitoris permanere ideoque
ipsi perire in dubium non venit. cum igitur adseveres in borreis.
pignora deposita : consequens est, secundum ins peri)etuum, pigno-
ribus debitori pereuntibus, si tamen in horreis, quibus et alii so-
lebant publice uti, res depositae sunt, personalem actionem debiti
reposcendi causa integram te habere ».
Ove pero il caso fortuito sia stato causato da un uso del pegno
contrario alia convenzione, od 11 creditore si sia senza ragione e
eontro il volere del debitore arrogato fra le sue cose un suppegno^
allora s'intende cbe egli deve rispondere ancbe del caso fortuito^
in quanto questo era una conseguenza del suo agire illecito.
Un caso analogo riferisce Paolo nella L. 30 D. A. t : « Qui
ratiario crediderat, cum ad diem pecunia non solveretur, ratem
in flumine sua auctoritate detinuit: iK)stea flumen crevit et ratem
abstulit. si invito ratiario retinuisset, eius i)ericulo ratem fuisse
respondit: sed si debitor sua voluntate concessisset, ut retineret,.
culpam dumtaxat ei praestandam, non vim maiorem ».
358 LIBSO XIII, TITOLO VII, § 869.
§ 869.
Obbligo alia restitvzione del pegno. Lex commissoria.
II creditore ba II) I'obbligo di restituire in natura il peguo, di
€ui ha ottenuto il possesso, non appena estinto il debito. Basta
cbe egli sia interamente sodisfatto •'^^). Quando cio si avveri, egli
non puo sottrarsi al suo obbligo, a uieno cbe non provi alPevi-
denza cbe a lui appartiene ancbe la propriety del i)eguo stessot
poicbe in tal caso non puo siissistere la validity del contratto di
pegno ^*). AlPopposto, non compete al creditore Peccezione cbe il
pegno non apparteneva al debitore, ma ad un terzo ; i>ercbe questa
concerne i diritti di un terzo, alia stregua dei quali nessnno dei
•contraenti puo ritenersi autorizzato a ricusare le reciprocbe i>rete8e
nascenti dal contratto.
Inoltre h noto cbe il contratto di pegno non si limita alle
cose di i)ropriet^ del debitore, ma, ancbe rispetto alle cose altrui,
fa sentire i suoi efifetti ginridici per lo meno fra le parti con-
traenti ^^). E percio tanto al ladro quanto al i)redatore le leggi non
iiegano Pazione derivante dal contratto di pegno, se il debito e
«tato estinto, perche essi debbono rispondere della cosa ^*). Tanto
meno poi il patto commissorio puo esimere il creditore dall'ob-
bligo di restituire il pegno, dopo Pestinzione del debito.
Per patto commissorio ■"^^) generalmente s'intende la convenzione
<5on cui nel concbiudere un contratto si stabilisce cbe quella parte
cbe non abbia adempiuto al suo obbligo dopo un determinato
SJ) L. 9 $ 3 D. /*. t.
^*) L. 45 D. de d%t\ regulis iuris^ 50, 17 : « Neque pignus [t^e Jidticia
XiiSKEL, Paling, II, 618] neque deposit uui neque emptio neque locatio
rei suae consistere potest neque precarium ». V. Weber, Contribnti alia
teoria delle aziani ed eccezioni giudisiarie, Fr. 2 e 3, n. 14, pag. 87 sejr.
53) L. 9 M I>. '*• ^
5<) L. 22 J 2 D. eodein.
'*^) Gotiofr. a Iena, Dw». de lege commissoria, Francof. 1656, 4: Marl.
Teofilo Paul, Diss, eiusd.arg., Vitemb. 1763 e Oe. Fed, Krause, Dm,
de eod, arg,, Ibid. 1766.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 359
tempo, resti privata del siio diritto derivante dal contratto. &
noto cbe, secondo la regola, il diritto di un contraente non va?
perdnto solo per ci6 che egli non ha sodisfatto il suo obbligo nel
tempo determinato ^^). Se dunqiie, i)er esempio, iin compratore non
ha pagato entro 11 termine ilssato il prezzo d'acquisto, non ^ af-
fatto autorizzato percio il venditore a reclamare la risoluzione del
contratto. II venditore continua ad esser tennto al negozio una.
volta conchiuso, e puo intentare azione contro il compratore solo
per ottenere I'adempimento del contratto. Posto pero che i con-
traenti avessero convenuto che se il compratore non avesse sbor-
■*^) Nel diritto romano queKto patto ^ clnamato lex commissoria ; quindi
qui la parola lex h presa nel sense di pachtm. Si pu6 anche aggiungere
una particolare disposizione per la quale uno si impegna a questo od a
qnelk>y come assai ginstamente nota Weber nelle sue Eieerche sul dir^
i'irile, pag. 359. La nota espresaione pacta dant legem contMictui giustifica
pienamente questa spiegazione. £ in questo sense anclie la L. GOD. decontrah^
emt. vend., 18, 1: « lege venditionis comprehensum erat ». Per quanto con-
cerne il significato della parela contmittercj gli interpreti non sono d'accorde.
U(j. DoNELLO nel Commetitar. inr, civ,, lib. X%[, caip. 19 la spiega
cosh « Kem altorius arbitrio et poteatati subiicei-e, ut sit eius electie^
utrum contractum irritum facere, an valere velit sua le<^e -contemta ».
Altri — ad esempio Frantzke nel Comment, ad Pand., lib. XVIII, tit. S,,
$ 2 e Mencken in Diss, de lege commissoria lure reprobata, J 1, n. 2 —
la spiegana con amittere, perdere. Ma qui ayinmittere significa propria-
mente commettere qualdie cosa d'illecito, o fare contro una legge cosa
che importi la perdita d'nn diritto. V. BaissoNCO, De verborum sigmf.y
voc. Committere. Quindi vien detto commissum quelle di cui uno e ri-
niasto private agendo contra riam en te ai propri ebblighi, per mode che ii
diiitto decaduto passa con ci6 in un altre — come risulta dai tit. de
pnblicanis, vectigalibus atque commissis, V. Gius. Fixestees in Hermofje-
nianus, ad L. 7 D. de lege eommiss., pag. 454.
Nel diritto canonico si presenta I'espressione poA^Uim legis commissoriasy
cap. 7, X, de pignoribus. Ant. Faber, De errorib. pragnuUici^^ dec. XXI^
err. 1; Ev. Otto in Praefat. ad Tom. I Tkes. iuris Bom., pag. 31 e
WissENBACH in Exercitat. ad Pand., disput. XXXIV, parte 16, la dichia-
rano assolutamente assurda, come se si dicesse pa^ctnm pacti commissorii..
Ma CviACio in Comment, ad tit. Cod. de pactis pignor. e Corn, van
Bynkershoek in Liber sing, ad L. Lecta 40^^ D. de reb. credit.^ cap. 11,.
pag. 92, hanno cercato di salvare I'onore del Papa. Per6 anche I'impe-
ratore Alessakdro, L. 4 C. de pactis inter empt. et vendit., 4, 54, dice:
< commissoriae vcpditionis legem exercere ».
360 LIBRO Xlir, TITOLO VII, § 869.
sato il prezzo d'acquisto in an tempo determinate il contratto aon
avrebbe avato ulteriormente vigore, allora si direbbe che I'acqiiisto
si h conchiujso sub lege conimissoria ^^) ^).
Se ci5 si applica agli oppignorainenti dovnY intendersi per l€x
commissoria in pi^norc quel contratto con cui si fa la riserva clie
il pegno, nel caso in cui il debito non venga estinto entro un
temxM) fissato, decada e debba rimanere in propriety del creditore,
in luogo della somma dovutagli, senza bisogno d'ulteriore ac-
quisto ^^).
Nelle leggi delle Pandette non si fa in nessun luogo menzione
di questo patto in materia di pegni; infatti il noto titolo delle
•"''') L. 1, 2 e 4 D, rf<? lege commissorMj 18, 3,
^) Del patto eomuiissorio in tenia di pegno trattano Anf, Fabkr, I)e
err&rib, pragmaticor.y decad. XXI, err. 1-5; Gasp. Schifordbgher, ad
Ant, Fabrumj lib. Ill, tnu't. 13, qu. 1-4; lae. Maestertius, Tr, dt lege
eammissoria in pignoribus, Liigd. Batav. 1639; Gio. GugL Ekoelbrecht,
Diss, de lege commissoria contractui pignoratitio illicite^ et emtioni rendi-
jtioni aliisque contractibus licite adiecta, Helmstadt 1799^ Gio. GugL van
;MusscHEKBBO£CK, Spec, iurid. inang. de lege commissoria in pignore,
Lngd. Batav. 1752 (ip Ger. Oklrich, Thes, noi\ diss, iuridicar. belgicar..
vol. I, torn. II, nr. X, pag. 633 8egg.);jirf. Diet. Weber, Breve emme
della qnestione: fino a qual pnnto in tema di pegno si estenda il divieto
della lex commissoria. Nei Saggi di diritto civile . dello stesso, nr. V, pa-
gina 351 »egg, (anche naWArchivio del Basso Sassone per la giurisprudensa
£ la letteratura di Koppe, vol. I, fr. 3, n. 14, pag. 16(X seg.) ed Gtto Ludcv.
von EicHMANN, Osservaz* ginridiche sulla somiglianza e la diversitd di
alcuni diritti in rapporto alia L. commissoria^ qunndo si da in pegno
qualche cosa (lo stesso, Baccolta di scritti minoH, nr. XIX) ; Westphal
in Diritto di pegno, i 260, not. 292, pag. 379 ha esauvientemente com-
battnt4> le. idee sbagliate di Cciacio e di Antonio Fabro snlla L. commit'
soria negli oppignoramenti, i quali affermano che essa »ia .8tata agginnta
per il ineglio del debitore all'antico contractus fiducial. Vedasi andic
Franc, Car. Coxradi De pacto fidncia4^, exercitat, 1, J 20.
^0 II codice civile italiano hn fatto propria la disposizioue dell'art. 1184 del
<;odice Napoleoiie, dtabilendo che nei contratti bilateral! la condisioue risoliitiva
« sempre aottiiitesa, pel C4i80 in cai nna delle parti non aodisfoci alia sua
obbligazione. « In qaesto caso il contratto non h sclolto di diritto. La parte
verso cui, npn fu eseguita I'obbligazione lia la scelta o di coatringere Taltra
niradempimento del contratto, quando sia possibile, o di domandarne lo 9cio-
gliniento, oltre il riaarcimento in ambediie i.casi » (art. 1165 c. c).
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 361
Pandette de lege commissoria (XVIII, 3) tratta sempliceinente del
patto commissorio nella compra-vendita. Che per5 originaria-
mente queato patto si ritenesse lecito in teina d'oppignoramento
e sia stato usitato ancbe nelle ii)otecbe ce lo insegna un passo
di CiCEBONE ^^) in cui si parla di hypothecae canxmissae, le quali,
per il mancato pagamento del debito, erano state devolute al ere-
ditore; ed al rilascio di esse doveva perci6 il debitore esser co-
stretto dal propretore, eni a tale scopo Cicerone si rivolgeva
per iscritto.
Ma poiche questo patto per la dnrezza e I'ingordigia dei ere-
ditori riusciva molto svantaggioso ai debitori, cosi, alio scopo di
prevenire in fatiiro tutte le angberie ed i pregiudizi riprovevoli,
a cni essi erano esposti da parte dei creditori, nel diritto romano
recente esso h stato proibito interamente. A questo proposito e
degna di nota la costitnzione delP imperatore Oostantino il
Okande, L. 3 Cod. de puctis pignorum et de lege commissoria in
pignorHms rescindenda 8, 34 (35), delPanno 326, o veramente 320 '^^)
che Too. GoTHOFREDUS **) con la dottrina a lui propria ha commen-
•**®) JBpistuL famiLf lib. XIII, epist. 56: « Philoteft Alabaudensis <*7^o^
^"n-AOLi Cluvio dedit. Hae emnmisaae sunt. Cures velim, ut de hypothecin
decedat, casque procuratoribus Cluviitradat^ aut pecimiam solvate. Phihtes
ayeva date una ipoteca al suo creditore Cluvius a condizione che essa,
qaalora il debito non fosse stato pagato in un deter mi nato tempo, dovesse
rimanere propriety del creditore in pagamento del debito. Poich^ il
debitore nel giomo del pagamento non s'era fatto vedere, la condizione
si era Terificata e I'ipoteca era caduta in mani del creditore. Cluviuft
frattanto non si attenne al rigore del contratto, ma voleva astenersene se
gli si pagava ancora il debito. Onde viene ralternativa di dargli in pro-
priety ripoteca, o di pagare il debito. V. Musschenbroeck, cit. Diss.,
cap. 2, pag. 652.
^) Nel Codice ginstinianeo veramente la segnatnra snona : « Datum
2. kalend. Februar. Serdicae Constantino A, VII et Constantio C.
Conss, 326 ». Ma pin giustamente nel Codice Teodosiano, lib. Ill, tit. 2,
torn, I, pag. 290 (ediz. Ritter): « Dat. pridie. JcaUnd, Febr, Sardicae
Constantino J.. Viet Constantino Caes. Conss. 320 ». V. lac. Gotho-
FREDus, Chronologia Codicis Theodosiani, tom. I, pag. XVIII e ran Mus-
schenbroeck, Dissert, cit.j cap. 3, pag. 665 segg.
^^) Cod, Theodos,j lib. Ill, tit. 2 De commissoria rescindenda, torn. I,
pag. 290 segg.
GlQck. Cornm. Pandette. — Lib. XIII. — 46.
362 L.IBBO XIII, TITOLO VII, § 869.
tato: « Quoniam inter alias captiones — cosi suona il teste —
praecipue commissoriae pignorum legis crescit asperitas, placet
infirmari earn et in pastenim omnem eius memoriam aboleri. 8i quis
igitiir tali contractu laborat, hac sanctione respiret, quae euin
praeteritis praesentia quoque depellit et futura prohibet. cre^ii-
tores enim re amissa iubefnus recuperate **) quod Sederunt >.
In virtti di questa costituzione, dunque, debbono i creditor!
esser privati della propriety del x)egno lore concessa, non iierb
del diritto di pegno, e non opporsi in alcun modo al desiderio
dei debitori, qnalora questi intendano nuovamente riscattare il
pegno mediante pagamento del debito principale con gli interessi
e le spese. Da ci6 non solo si desume in die consista Fesseaza
del patto commissorio in tema di pegni^^); ma pub anclie dedur$i
chiaramente che questo patto non sia stato vietato prima di <-o>
RT ANTING IL GRANDE, chc auzi sia stato molto usato in materia
di pegni. A dir vero, alcuni *^) vogliono dedurre il contrario dalia
L. 1 C. eodem.<f nella quale Pimperatore Alessandbo rescrive:
« Qui pactun est, nisi intra certum tempus pecuniam quam mutuam
aceepit solreret, cessurum creditoribus, hypotliecae venditionem non
contraxit, sed id comprebendit, quod iure suo creditor in adipiscendo
pignore liabiturus erat. communi itaque iure creditor hypothecani
vendere debet ».
Ma qui non si tratta del patto commissorio, ma sempliceniente
si decide la questione sul senso e lo spirito di un patto die con-
^^) Nel Codiee Theodosiano h qui unata TespreSMone piii appropriatii :
recipere,
^^) A maggior riprova poASono servire anche in questo caao i BaaHictj
torn. IV. pag. 82 dove ^ eompendiata Tesfvenza della L. 3 C. depacf. pign.^
HjS4fnelle seguenti parole: « 'Eav ««r>j 6 ^avitor-^c, on, t i ^i xaraS^iiQJciii
JUlOt TO Xi'^COC fVTOC TOV^« ToO /^OVOU, ^t^TTOTIfC SffO^fltC ToO ^Wi^^W^OU, TOUTO TO
av/iywvov avcV^y^ov J(ttw. i. e. 8i creditor pactus futrit^ Hi 9% ad diem pe-
nt nia soluta non sit, pignus ei adquiratnr, pactum tHsitim et ratnm non
est y> [Cfr. Heimbach, Bas. Ill, 90, LXII].
^*) de Jena, De lege eommissoria^ $ 15; Struv, Syni. tar. eir., exer-
oitat. XXVI, $ 7. Si Teda per6 van Mussohbnbroeck, cit. Diss., cap. 2^
pag. 647 segg. e Letser, Meditat. ad Pand,, specim. CLVIII, medit. L
DE PiaN£BATICIA ACTIONB 363
cerne la vendita del pegno ^^), come lianno dimostrato in modo
esaiiriente *•) Gotopbedo ®') e Mt/schenbeok ^*). Quindi in materia
di oppignoramenti il patto commissorio e aASoliitamente proibito
e dicliiarato invalido. Kon importa poi se lo si sia pattuito sin da
l)r]ncipio, alPatto della concliisione del eontratto, o soltanto in
seguito; perch^, tan to il bisogno di un debitore che non piio pa-
^are, quanto I'imbarazzo di colui che deve sabito raccogliere soldi,
l)Uo spingere alia conclusione di un patto cosi svantaggioso, mentre
invece la legge non vuole cbe i creditori possano trar partito
dalle strettezze dei debitor! per privarli del loro ^^)«
Qui pero sorge la questione se il patto commissorio non diventi
valido negli oppignoramenti, quando venga rafforzato col giura-
uiento. I giuristi esprimono opinioni assai differenti su questo
punto.
-
^'') Questo risulta aiicor piti efiplicitamente dai Basilidj torn. IV, pag* 82
ove la L, 1 6 cosi tradotta: « 'Ea* trvfi^faittifTTn ti; np6i tov ^avteorriv, ott ii
fji-r, xarajSa^v] tvToc tov^c toO XP^"*^"^^ itoLpxy^tApgl ra; viro^'iQxat;, oO ^oxcc
TrcTTfia^xeiv avTw, olWol to xara Travrwv ^ixacov ^i^ovat svtm, TouTcorrt to c^fivze
TTiffoaTxitv auTw. i. e.: 8i qais cum creditore pacing sitf ut pecunia ad diem
certam non soluta pignus cedat creditori^ non vidttur ipsi vendere, sed ad-
versus omues ius ipsi coneedere, hoc est, faadtatem distrahendi pignoris »
[i'fr, Heimbach, Bos. Ill, 90, LX].
^^) Si confronti anche Raguellus, Commentar, ad rescripta Alexandri
/f>eren ad L. 1 C. de pactis pignor,, ed Hotomann, Observation,, lib. X,
cap. 10.
*''') Comm. ad L, tin. C. Theod. de commissoria rescind*, torn. 1, pag. 293,
ediz. Ritter.
^*) Cit. Diss., cap. 2, pag. 658 segg.
**'•) V. VoET, Comm. ad Pand., lib. XX, tit. I, 5 25 ; Brlnxemann,
Commentar, ad L, 3 C, de pactis pignor,, n. 8 ; Walch, Introduct. in
Controv, iuris dr., pag. 542 e Westphal, Dir. di pegno, $ 260, not. 292,
img. 378. Altre opinioni lianno Ant, Faber, De errorib. pragmaticor,,
dee. XXI, err. 2; Bachov, De pignorib , lib. I, cap. 16, n. 4 e Tiii-
BAUT, Sistema del diritto delle Pandette, 2." parte, $ 649. Ma la L. 13 Cod.
de pignorib,, S, 13, non sta contro la nostra opinione. La legge dice bolo
ehe il debitore, qnando vuol vendere il pegno, pn6 darlo in pagamento
al creditore; il che viene confermato anche da parecchie altre leggi:
L. 12 D. de distract, pignor., 20, 5; L. 20 $alt.; L. 34 D. de pign. act.;
L. 7 $ 6 D. de donat. inter vir. et uxor., 24, 1 ; L. 10 C. de distract,
pignor.; V. J.w^ Schl'ltinq in Inrisprnd. anteiustinian., pag. 284, not. 14
i' Wkstphal, Diritto di pegno, J 194, not. 215, pag. 289.
304 LIBRO Xm, TITOLO VH, § 869.
Alcuni **') credono cbe la qnestione, secondo il diritto canonico,
debba risolversi afifermativameDtey e sia da eccettaarsi il solo caso
in cai il debitore^ per attnare la sua promessa ginrata, abbia preso
ttitte le 'disposizioni per riscattare il pegno, ma tnttavia, sehza
sua col])a, la soinma ndn sia perveniita a tempo debito nelle maui
del creditore. Uiiicamente a questo caso si riferirebbe il cap. 7
X. de pignorib.y ove e detto: « Significante Rotberto, cive Pisauo
nobis innotnit, quod, cum domum suam G. Pisano civi pro C-CL
libris pignori obligasset, ac promisisset praestito iuramento, quod,
nisi domum ipsam statuto termino reeoUigeret (i. e. redimeret),
creditorem ulterius sniper eo minime molestaret; et intra statutuui
tempus per certum et fidelem nuntium, prout ei videbatur, cre-
ditori pecuniam numeratam remisit, qnam idem nuntius infideliter
agens, sicut ei iniunctum fnerat, non persolvit: et postmoduni
idem E. ab Imperatore detentus, multa pericula sustinuit, et la-
bores, nee dicto G. satisfacere iK)tuit, ut debuit. (Nunc per Dei
gratiam libertati pristinae resti tutus paratus est pecuniam red-
dere creditori: licet ipse ])rorsu8 recusaret recipere^ quia ei non
fuerit statuto termino persoluta). Cum igitur pactum legis com-
missoriae sit in pignoribus. improhatum, et praedictus B. quantum
in eo fuit, iuramenti debitum adimpleverit; cum per eum, quern
certum nuntium esse sperabat, x>^cuniam remiserit termino statuto,
.sed, dum fuit in captione detentus, satisfacere non potuit credi-
tori, mandamus, quatenus, si est ita, praedictum creditorem, ut
sorte sua contentus existat, pensionibus praefati pignoris eompu-
tatis in cam, et donnim illam praefato B. omni dilatione post-
lK>sita, resignet, pacto tali vel iuramento nequaquam obstante,
censura ecclesiastica cogatis».
Xon si deve pero trascurare che il Papa InnocIsnzo III, nelle
'®) Brunnemann, Commentar. ad L, 3 Cod, de poet, pignor,^ n. 11;
ScHLEiERMACHER, Diss, de pacto comtniesorto in pignore^ Giessen 1702,
^ 20; Fed. BoEHMER, JVortiin ins controversum, torn. II, observat. 137;
Rain. Bachov, De pignorib. et hypothecis^ lib. I, cap. 16 ed Adolf o Diet.
Weber, Svolgimento Bistematico della teoria delV obbligaeione nainrahy
i" 122 J not. 3, pag. 540 ^.
DE PIGNBRATICIA. ACTIONE 365
cui lettere edite dal BALXJZfi — lib. I, epist. 33 — puo trovarsi
ancora interamente questa decretale, addnce due ragioni di deci-
dere, delle quali ba la prevalenza questa: cbe il imtto commis-
sorio e proibito legalmente; mentre I'altra: cbe il debitore non si
sia reso colpevole di alcun ritardo, ^ stata aggiunta solo a coiiva-
lidare la decisione papale. Ma quand'ancbe la seconda ragione non
dovesse in tutti i casi deiK)rre in vantaggio del debitore, non ue
segue ancbe necessariamente cbe la stessa disposizione del Papa
non sia applicabile, poicb^ la prima ragione, cbe cita lalegge
come motivo principale, ba sempre pieno valore. Infatti ^ noto
cbe se una legge si ricbiama contem]:)oraneamente a pareccbie ra-
gioni, quando ancbe una di queste venga a mancare, essa legge
mantiene tnttavia la sua validitdi per le altre, come se attualmente
queste ragioni sussistessero ancora tutte; ci5 ba dimostrato al-
Pevidenza Thibaut '*) con pareccbi esempi. Con ragione quindi
altri giuristi '^) ritengono nuUo, in base al testo citato, il patto
commissorio in materia di pegno, ancbe quand'esso sia stato raf-
forzato con nn giuramento.
Veramente alcuni '^) credoiio di intravedere ancora una seconda
distinzione: se, cio6, sotto il patto commissorio si sia celato un in-
teresse illecito, oppur no. Solo nel primo caso il patto non doTrebbe
essere obbligatorio ancbe per il diritto canonico, malgrado il giu-
ramento ; mentre nel secondo caso esso dovrebbe valere a causa del
giuramento impegnato. Ma poicbe non si pub assolutamente am-
mettere cbe appunto per motivo delPinteresse vietato il patto
commissorio sia stato proibito dalle leggi, cosl di questa distinzione
'^*) Teoria della interpretasione logica, ^ 25, pag. 108.
'*) Ant, MERENDAy Controversiae i«r., lib. I, cap. 3; Giust, Enn.
HoEHMER, Jtf«. Eccles. protestant,, lib. II, tit. 24, $ 25 ; Ant, Faber,
De errorib: pra<jnuUicor.j decad. XXI, err. 8j Stryk, Us. mod. Pand^
h. f., $ 9; Malblanc, Doctr. de iureiurandoy $ 118, pag. 511, not. 176;
de Selchow, Ulem. iuris germ., J 458 j Claproth, Oinrisprudenza della
(fiusia e pnideyUe conclusione del patti e contratti^ 2.^ parte, (212; Oebr,
OvBRBKK, Meditazioni sii dicerse materie giuridichef vol. V, meditat. 288
e Danz, Manuale delVattuale diritto privato tedesco, vol. II, ( 221 , pag. 350v
"^) Erxlebex, Princip. de pignorih, et hypoth.^ J 118.
366 LIBRO Xni, TITOLO vir, § 869.
tauto meno pao farsi uso, in quanto ne anclie il diritto canonico ne
porge appiglio.
Che la proibizione del patto commissorio abbia ancora oggi*
gioruo complete vigore non pub menomamente iwrei in dubbio,
percbfe non solo le antiche leggi tedesche '*), ma anehe le piii re-
cent! legislazioni '^) lo hanno stabilito. Deve pero distingiiersi dal
patto commissorio la convenzione per la quale, nel corso di paga-
mento non seguito regolarmente, la cosa oppignorata possa essere
acquistata dal creditore per nn prezzo modico da detenninarsi in
avvenire. Nelle leggi non ^ proibito fare una simile convenzione,
anzi essa ^ esplicitamente permessa come acquisto condizionale.
Mabciano alia L. 16 § ult. D. depignoHb., 20, 1, dice: « Potest ita
fieri pignoris datio bypothecaeve, ut, si intra certum tentpus non
sit soluta pecunia, iure eniptoris possideat reni iusto pretio tune ae-
stimandam: hoc enim casu videtnr quodammodo condicionalis esse
venditio. et ita Divus Severus et Antoninus rescripserunt ».
Si obbietta che anche questa convenzione debba considerarsi,
seuza esitanza, come una specie del patto commissorio, e debba
conseguentemente esser compresa sotto la i)roibizione generale della
L. 3 Cod. de pactis pignar. alia quale il passo delle Pandette do-
vrebbe cedere in ogni caso '**). Ma allora si dovrebbero incolpare
'^) R. Policey-Ordn, delPanno 1577, tit, 20, $ 5: « E poiche si viene
a sapere che gli ebrei con i criHtiani vengono a patti sjieciali per cni i
I)egni costituiti che in un tempo fiBsato non siano libcrati, debbano ca-
dere in propriety di quelli. £ poich^ cio h contrario al diintto; noi ordi-
niamo che tali patti siano proibiti e niilli, ecc. ».
'5) Code NapoUoUj art. 2078 : « Toute clause, qui antonserait le crean-
cier k s'approprier le gage on k en disposer sans les foimalites ci-dessus,
est nulle ». Jac. von Malevillr, Commeniario al Codice Napoleouej tra-
dotto da Blanch ARD, vol. IV, pag. 166; e Bracer, lUmfrasioni al Co-
dice Napoleone, vol. IV, pag. 92 segg. Ed inoltre II diritto territoriale
generate prussiano, parte I, tit. 20, ^ 38; Diritto territorial vr^irtember-
ghese, parte II, t. 7. V. Lodov. Fed, Griesikger, Commentario, vol. I,
pag. 445 segg. Parecchi esempi sono citati da Crist. Teoflo Riccio in
Problem, iuris germ,: « Nam pactum comniissorium circa pignora in Ger-
manorum fora — rursus sit invehendmn et approbandumf », lena 1743,
4, ^ 18.
'^) V. Weber, Monografia citata, $ 7 ed 8, nei suoi Studi, p. 365 seg.
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 367
i compilatori delle Pandette della piil grande inconsideratezza e
trascuratezza nelP accogliere in esse dei frammenti dagli scritti
del giureconsulti che approvano il ])atto commissorio, senza darsi
per cio alcun pensiero di rinnovare il ricordo di on patto che la
Oostituzione dell' iniperatore CosTANTiNOy da Iofo certamente gik
incori)orata nel 1.** Codice delP imperatore Gixjstiniano, voleva
interamente annullato. Ma |>oi c'e ancora la qnestione se la con-
venzione in parola debba effettivamente ritenersi una specie del
patto commissorio. Di cio si puo con fondamento dnbitare ove si
rifletta che Pessenza del patto commissorio consiste propriamente
in questo: che il debitore si rende obbligato dinanzi al creditore
che, ove il debito non venga pagato in nn determinato tempo, il
l)egno debba rimanere in proprietdi del creditore, in Inogo della
somma dovuta, senza ulteriore compra.
Non ^ questo per6 il caso della convenzioue di cui tratta la
L. 16 cit., poiche in questa il creditore ottiene il pegno in virtu
di un nuovo contratto, per un prezzo da determinarsi secondo
un'equa misnra — onde non pub nascere il timore di un lucro
disonesto. La maggior parte dei giuristi ''^) distingue percio giu-
stamente questa convenzione dal patto commissorio, e la ri-»
tiene i>ermessa ancora oggi. Ed appunto relativamente a questa
distinzione, come afferma Wissenbagh *^) e gi& congetturava Ba-
^') V. Franc, Balduino, J)e pigM^rihus, cap. 17; Jac. GoTTorRKiK>
in Coman. ad L, un. Cod, Theodos, de commisBoria resc,^ torn. I, p. 293
e segg.; Bain. Bachov, De pUjnorib,, lib. I, cap. 16, nr. 9; Hubert
GiPHANius, Ujrplanat. diffieilior, LL, C. ad L. ult, de poet, pignor., t. II,
pag. 401; Vlr. Hubbr, FraeUet. ad Fand,, lib. XX, tit. I, $ 15; Oer.
Nooi>T, Comm. ad Dig., lib. XVIII, tit. 1, Operumy t. II, pag. 389 ;
Jo, Ortw, Westenbbrg, Frincip, iuris sec, ord. Pand.j lib. XX, tit. I,
^ 32; Ougl. Best, Batio emendandi legesj cap. XXI, J 5 e 6; van Mus-
dCHENBROECK, cit. Spcdmen de lege commiseoria in pigmrey cap. 2, pa-
gina 567 ; Gio, Bern, Bmest. Emminghaus, ad Cocceji ius eiv. contror.,
lib. XIII, tit. 7, qu. 10, nota /; Westphal, IHritto di pegnoj i 194;
Oiul. Fed. Malblanc, Prindp, iuris rom,, p. II, sect. II, ^ 571 ; Crist.
Aug. GCnther, Frincip. iuris rom, priv. novtM., p. II, J 684; Thibaut,
Syst. des P, B., t. II, i 649 e Crist. Teofih Gmelin, Saggi sui contratti
in generate J eec, ( 64, pag. 131 s.
'») JEmblenuita Trihoniani, cap. IV, init., pag. 46, edit. Halens 1736, 8.
368 LIBBO XIII, TITOLO VII, § 869.
€HOV *^) ciii consents anche Huber *"), Triboniano deve aver
aggiunto le parole: iusto pretio twio aestimandam ; perche ai tempi
<li Marciano il patto commissorio era ancora incondizionataiuente
•valido anche negli oppignorainenti. Qaesto poi sarebbe nn nuovo
argomento, per eccettuare tale stipalazione piu ragionevole, dalla
proibizione del patto commissorio.
Pero Giovanni Wybo **) non crede necessario ammettere tale
interpolazione, perch^ la distinzione e per s^ stessa evidente,
oltre che la decisioue ^ confermata ancbe da nn rescritto degli
imperatori Severo ed Antonino.
Pifi vivamente si discute se il patto sia valido anche qiiando
81 e convenuto che il pegno debba rimanere acquisito al creditore
per un prezzo fissato fin dalPepoca della convenzione, nel caso in
cui il debitore non paghi all'epoca stabilita. Alcuni ^^) la dichia-
rano assolutamente nulla, a simiglianza del patto commissorio. Se
X)er6 il prezzo determinato nella convenzione e cosi equo che il
debitore non abbia a rimetterci menoniamente, non si puo con fon-
dauiento muovere opposizione alcnna contro la validity, sua ^^). II
motivo su cui si basa la legge citata e qui ancora piii giusto che
in quel caso in cui il prezzo deve esser determinato non appemi
si verifichi la oondizione; poich6 qui si e realmente conchiuso im
aequisto condizionale. In qnello jwteva dirsi solamente: videtar
quodammodo condicionalis esse venditio; perche mancava ancora la
determinazione del prezzo, la quale 6 necessaria in un contratto
di acquisto vero e proprio. Ouglielmo Best ***) ha quindi chiarito
assai bene questo passo dicendo: « Sed quid sibi vult istud quo-
dammodo f Soliusne modestiae est particula, non vero necessitatis!
Imo necessitatis. Indicat enim ilia vox, hoc pactum proprie non esse
'*•*) Tr. de ptgnorib,, lib. I, cap. 16, ii. 9, pag. 81.
^") Eunomia ram,, lib. XX, ad L. 19 J ult. D. de pign, et hgpoth.
*^) i>e Triboniano ab emblematibus Wissembachii liberatOj cap. IV, $ 1,
pag. 293 edit. Halens.
^*) HUBBR, Pratlect. ad Pand., lib. XX, tit. I, $ 15: Weunhkr, 06-
servat, for,, t. Ill, p. IV, obs. 62.
*3) hKYsmi, Meditat. ad Fand., specim. CLVIII, cor. I; Westphal,
Dlritto di pegno, $ 194, nota 216 a; Gmelik, 8a>ggi sui contratii^ $ 63,
pag. 130; Thib AVT, • Sistema del dir. delle Pandette, vol. 11,^ 649.
*^) Batio emendandi leges, cap. XXI, J 6.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 369
eonditionalem vendifionem, Eiusque rei ratio non est valde obscura.
Conventio ilia appellatur venditio quodammod-o conditionalis, quia
per omnia venditioni sub conditione factae non est siniilis; cum,
quia pretii certi non est promissio, quod tamen requiritur, ut emtio
omnibus suis numeris constet *^); tum quia hie alius contractus,
pigneratitius nempe, praecedit, et intentio utriusque non tarn in
^0 est, ut venditio contrabatur, quam ut debitum solvatur, et resti-
tnatur pignus *°). Movit itaque IC tum, et imperatores, ut hoc pactum
<;onfirmarent, novus emtionis contractus, qui huic pacto inliaeret,
et ex post facto, si perflciatur, omnem metum fraudis excludit ».
Deve pur notarsi che ancbe nella pratica si e frequentemente
reclamato in favore del patto in virtti del quale, ove non sia av-
venuto il pagamento del debito, il venditore puo acquistare il
pegno per un prezzo determinato all'atto della convenzione o da
fissarsi in seguito ^*).
Basandosi sui medesimi argomenti deve eccettuarsi dalla proi-
bizione del patto commissorio quella pattuizione in virtil della
<]uale si conviene che il pegno debba rimanere acquistato per un
^iusto prezzo al garante che paghi in luogo del debitore negli-
gente. Di questo patto tratta, come di acquisto condizionale lecito,
la L. ult. D. de contrah. empt. vendif, 18, 1, in cui Scevola dice:
« Titius cum mutuos acciperet tot aureos sub usuris, dedit pignori
give hypothecae praedia et fideiussorem Lucium, cui promisit
intra triennium proximum se eum Uberaturnm: quod si id nonfecerit
die supra scripta et solvent debitum fideiussor creditori, iussit prae-
dia **) empta esse, quae creditoribus ^^) obUgaverat. quaero, cum
^■*) ^ 1 1, de empt., 3, 23j L. 7 $ 1 D. (Z6 contrah. empt,^ 18, 1.
8«) Arg. L. 80 fine D. de contrah, empt., 18, 1; L. 12 D. de S. C.to
Macedon.y 14, 6; L. 58 $ 2 D. pro socio, 17, 2.
*") V. Oio, Ulr. de Cramer, Observ. inris univ., torn. I, obs. 434;
Lauterbach, Colleg. ih. pr. Fand, h, t,, ^ 11 ed Ernest, Ferd. Klefn,
Amiali delta legislazione e delta sciensa giuridica negli Stati jn'ussiani,
vol. XVIII, pag. 266 segg.
**) Gugl, Best, Ratio emendandi leges, cap. 21, $10, crede che qui si
<lebba inaerire anclie la parola «ei» scil. Lucio fideiussor i,
^*-^) Haloander legge qui creditori; meglio, per6, Gugl. Best, 1. c.,
creditori s^io.
GlIck. Cooim, Pjndett \ — Lib. XIII. — 47.
370 LIBRO XIII, TITOLO Vlf, § 869.
non sit liberatns Lucius ftdeiussor a Titio, an, si solvent creditori,
empta luiberet 8ui)ra scripta i)raedia. respondit ^% si non ut in
camam ohligatioms, sed ut empta haheat, stib condicione emptio facta
€8t^^) et contractam esse ohUgationem » ,
II caso qui deciso da Sckvola. era precisanient-e il seguente:
un debitore aveva dato al suo creditore non solo dei fondi ia
I)e|?no, ma anclie un fideiussore in garanzia. Pero egli aveva pro-
messo al fideiussore di liberarlo dalla garanzia entro un tenii>o de-
terminato; era stato pattuito, intanto, che nel caso in cui egli non
avesse mantenuto la sua promessa ed il garante avesse dovuto
pagare per lui, il fondo dato in pegno al creditore sarebbe ri-
masto acquistato al fideiussore. II debitore non mantenne laparola;
ed il fideiussore aveva pagato per lui.
Si faceva questione se il fideiussore avrebbe potuto far valere
Pacquisto pattuito in previsione di tal circostanza. Scevola
decide die il patto sia valido se Pintenzione delle parti era clie
il garante, nel caso stabilito, dovesse acquistare i fondi per un
equo prezzo; non sia valido, invece, se Pintenzione delle parti mirava
a questo: clie il garante dovesse ritenere Pipoteca, seuipliceiuente
per Pimi)ortare di quanto aveva pagato al creditore in luogo del
debitore. E giustamente. Infatti nel secondo caso non si puo dis-
conoscere il patto commissorio. Percli6 questo si abbia, non im-
I>orta clie il i)egno cada nelle niani del creditore stesso o di
un terzo: altriinenti con quanta facilitii non si sarebbe potuto
eludere il divieto della legge, mettendosi d'accordo col garante t
E poi il garante clie lia pagato pel debitore, diviene a sua volta
suo creditore.
Che pero egli sia un nuovo creditore, come intende obbiettare
a questo punto Antonio Faber®*), e altrettanto poco deeisivo
^^) Haloanper e Baudoza iiivece di respondit leggoiio meglio re^poiidif
ed in qiiesta lezione s'accorda anclie il Codice Erlangen.
^•) Invore di facta est^ et, Best, 1. c, png. 310, vnol leggere a pre-
ferenzH facta esset, Cosl pare Brenckmann, nel GebavertHchen Carpus iuris
ad A. /.
^*) National, in Pand. ad L. ult. pr, D, de contrah. E, F,
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 371
quanto il pregiudizio die debba favorirsi pid il g€irante clie il
creditore. Ma nel primo caso il patto ^ valido come eoinpra con-
dizionalej e a tal rignardo 6 perfettamente lo stesso die lo si
sia conehiuso col creditore iiiedesimo o col garante, perch^ il
debitore non soffre daimo alcuno in quanto paga il debito dal va-
lore della cosa, ed il soprappiti gli Tiene restituito.
Cosl spiegano questo frammento Franc, Balduino ^% Jac,
GoTOFREDO ^% Uberto Ghifanio ^^), Giovanni Yoet ^% Ouglielmo
Best ^') e Giovanni Gugliehno van Musschenbroeck '*). Se e
giusta questa spiegazione suUa quale non puo sussistero alcun
dubbio fondato, Scevola ba qui sufficienteinente cbiarita la dif-
ferenza del patto della validitii del quale egli decide, dal patto
cominissorio, ed e quindi evidentemente a torto die si vuole sot-
toporre alia proibizione di quest^ ultimo quella convenzione, e si
Yuol affermare die il frammento delle Pandette sia stato abrogato
dalla L. ult. Cod. de pactis pignor.j 8, 34 **).
§ 870.
II patto anticretico ").
Era gli obblighi del creditore pignoratizio 6 compreso inoltre
questo:
III. Clie, se il pegno consiste in una cosa fruttifera, egli
*^) De pignorib. et hypoth., cnp. 17 in f.
^^) Commentar, ad L. un. Cod, Theodos, de commies, rescind, j tom. I,
pAg. 294.
*^) Explanat, difficilior, et celebrior, legum Co^icis, lib. VIII, ad L. 3
de pactis pignorum, jMig. 399.
**) Commentar, ad Pand,, lib. XX, tit. I, J 25 in f.
**') Batio emendandi LL,, cap. XXI, J 7-12, pag. 806 segg.
**) Cit. Specim, de lege commiss, in pignore, cap. II; Ger. Orlkich,
Thes. nov. dissert, belgic, vol. I, tit. II, pag. 656 seg.
**) Su questo punto aono d'accordo anche Westphal, Dir, di pegno,
$ 260, nota 292, n. 3, pag. 379 seg.; — Coccejo, in lus civ, con-
<ror., h, t,, qu. 10; — Emminghaus, ad eundem, nota /, e Thibaut,
Sistema del diritto delle Pandette, parte II, $ 649, i. f.
V) Nel nostro codice I'antioresi h definita: un contralto, median to il quale
il creditore acqnieta il diritto dl fare suoi i frntti dell 'immobile del sno debi-
372 LIBBO XITI, TITOLO VH, § 870.
debba render conto tunto dei frutti percepiti quanto di quelli pen-
dent! ^°°). Quest' obbligo pero vien nieno se al contratto di pegno
100
) L. 1, L. 3 C. h. t.
tore, coH'obblijifo di imputarli annualmente a sconto degli interessi, se gli sono
dovuti, e qnindi del oapitale del suo credito (art. 1891); poRt^ono per6 i con-
traenti stipiilare che i frutti si compenseranno con gli interessi in tutto od in
parte (art. 1895). Inoltre I'auticresi non produce effetto cbe nei rapporti tra
debitors e creditore e i loro credi (art. 1897). Con quest'ultima disposizione,
a opinione dei pifi, h risoliifa I'annosa qnestione dibattuta nolla dottrlna fran-
cese, o possibile anche sotto il regime del Cod. Albertino, se cio^ Tanticresi
costituisce nn diritto reale o personate. Dottriua e giurisprudenza ritengono
ora qnnsi unanimemente che la legge nostra tolga ogni carattere di reality al-
Tanticresi, e no faccia invece un diritto personale, inefficace qnindi nei rap-
porti fra il creditore possessore del fondo anticretico e gli altri creditori del
debitore. Ossorva il Lomonaco {Diritto civ. ital.f vol. unico, 1904, p. 856) cb©
« ove la legge avesse estesi gli effetti deiranticresi oltre la cerchia dei con-
traenti e del loro oredi, tntte le gnarantigie del sisteuia ipotecario sarebbero
venute meno ». Cbe di diritto personale si tratti aifernia anche il Chironi
(Queationi di dir, oivilff pag. 238), il quale nega che Tanticresi sia solo modo
di pagamento ; essa e anche garanzia di pagamento. ^ modo di pagamento perchi^
ostingue prima gli interessi del debito e poi il capitale; ^ garanzia perchfe il
debitore uon pu5 riavore il godimento della cosa prima dellMntera soddisfa-
zione del debito. Partendo da qnesti concetti (v. anche dello si'ESSOy Trattaio
dei j?m't?e<7i, delle ipoteche, ccc, I, pag. 584) I'illnstre professore di Torino ar-
riva a toglier di mezzo alcune obbiezioni che ancora potrebbero sollevarsi
contro la personality del diritto di anticresi; egli uon ammette che dalla legge
possa desumorsi uu diritto di ritenzione esperibile dal creditore contro chiunque ;
o conclude che « I'elemento della guarentigia si confonde con I'altro del modo
di pagamento, ma nei rapporti cou gli altri creditori questo E>econdo oaratt-ere
toglie ilsopravvento, ed a buon diritto, perch^ a oonsidorarlo come diritto di
guarentigia il godimento contra8tereb1)e apertamente con tal contenut-o ; e come
diritto del godimento ha solo ragion d'essure nella estinzione del debito. Percio
ingiustamento verrebbe iufocata contro gli altri creditori; in difetto di prela-
zione il patrinionio del debitore dove fornire a tutti un'eguale geranzia, nh
il creditore anticretico pn5 ottenere il pagamento deleaver suo a preferenza
degli altri creditori fra i qiiali si apre il coucorso: la riteuzione ha vigore ri-
spetto al debitore ed ai snoi eredi percli^ in virtu del patto non possono op-
porsi a cbe il pagamento segiiainuno dei modi convenuti ». Esseudo dunqne
il diritto di anticresi merameute personale, non produceudo alcun elfetto ri-
spetto a' terzi, non entra punto nei novero delle cause legit time di prelazione,
le quali del resto sono tassativameute indicate agli art. 1950 e segg. Come
gi& si h acccnnato il creditore ha il diritto di ritenere V immobile che gli si t^
consegnato in anticresi sino all'intoro pagamento del suo credito, sempre nei
limiti dei suoi rapporti col debitore.
Egli pub valersi di tale diritto anche per la slcorezza di un nuovo credito
contratto conformemcnte alia disposizione dell'art. 1888 c. c; tal diritto poi
DE PIGNERATICIA ACTIONE 37^^
e stato unite il patto anticretieo. Sotto questo nome s'intende il
patto col quale e st^to concesso al creditore il godimento deUa cosa
oppignorata^ cosl cbe egli h in diritto di appropriarsi annualmente i
frutti iu luogo degli int^ressi dovutigli ^). La denominazione stessa
proviene dal greco; per5 non si e ancora d'accordo se la si debba
far derivaro da yf*Y,rjai cbe significa utendnm dare o da y^pri^S-oLi^
^) Son degne di nota 1ft "segiienti opere: Wo1f(j. Ad. Lauterbacii,
Disquisit. de itire avTt;r,o/iT£w;,'^Tubinga 1654 j JEnr. Coccejo, Dtsput de
antichresi, Heidelberg 1678 (in Eius, Exercitat.. vol. I, n. 29); Gio,
FiL Strkit, Diss, de antichresis Erford. 1706; Gio. GiujL Max, Diss,
de pacto antichrelico, Utrecbt 1709; Ug. Franc, Hunold, Diss, de
pacta pignoris antichretico, Erford 1721 ; Corr, Gugl, Stkecker, Diss,
de pacto antichrtHco, Erf. 1726; Em, Brokes, Diss, de antichresis <?w(i-
tenus est usxirariae pravitatis involucrnms cautelis eliminandaj Viteiu-
berga 1734; Em. Gio, Fed, Mantzel, Positiones inaug, de limit ibuv
contractus antichretici, Rostocli 1738; Aug, A. Levser, De pignore an-
tichretico ; in Eius , Meditat. ad Pand., sx>eciin. CLVII ; Ger, Fed*
ScnORCic, Pr, de vsu pignoris a debitore loco vsnrarum concesso. Erf.
1748; Crist, Fed, TOnne row LCttichau, Esame giuridico matema-
iico delta teoria del suppegno fruttifero (nei Saggi misti giuridico-mate^
matici, Altona 1769, 8, dello Rtesso) n. 1; God, Dan, Hoffmann,
ictus mathematicus et in specie analysta circa antichresin^ Tub. 1767;
Sam. Bain. Weber, Tract, iurid. mathemat, de pacto antichretico^ Got-
tinga 1772 ; Garlieb. Hanker, Diss, de vera indole et natura antichreseos^
Giessen 1783 e Giorg. Happel, I diritti del creditore rispetto alpegno ma-
nuale ed aipegni a^iticretici specialmente nelV apertura del/allimento, Giessen
e Darmstadt 1802, 8.
h iiidivisibile come quello rinultante dal pegno (art. 1889 e 1896). II creditore,
per6, noQ divieue proprietario dell' immobile per la sola maucanza del pag:i-
mento nel termine con'venuto; qiialunqtie patto la contrario ^ nullo (art. 1894j;
quando il creditore anticretico non venga pagato pu5 ricorrere airautorita
giudiziaria per chiedere la spropriazioue del fondo contro il suo debitorir
(art. 1894). II creditore, poi, ha varl obbligbi: in priiiio luogo devo unare del
V immobile anticretico ed amministrarlo da baon padre di famiglia ; eppen>
deve provvedere, Hotto pena del danni, alia manuteuzione ad alle riparazioni
necetwarie dell' immobile (art. 1892, 1.° alineu). Tub pero prelcvare tali spese
sol frutti (art. 1892, 2.^ alinea). II creditore, se non fu convennto diversamente^
h tenuto a pagare i tributi ed i peRi annui dell' immobile cbe tiene in anti-
cresi (art. 1892). Ma da' tributi ed altre obbligazioni pub liberargi costringendo
il debitore a ripreudere il godimento deir immobile, purcli^ non abbia rinun-
ziato a questo diritto (art. 1893). Finalmeute il creditore h tenuto a restituire
il fondo appena sia stato completamente sodisfatto (art. 1893).
374 LIBEO Xin, TITOLO VII, § 870.
utendum accipere sen titi *). Qnesto e certo: cbe la parola anti-
chresis Becondo Petimologia significa lo stesso cbe mntuus mus,
reciproco uso, e vieii presa in parte per il patto col qaale si e
convenuto fra le i>arti iin uso reciproco di cose diverse, in parte
per il diritto di uso acquisito per mezzo di tale patto, in parte
per Poggetto di tal diritto o la cosa stessa cbe, in virtii di esso
patto, e stata concessa ad altri.
Questo patto e frequentissimo nel contratto di pegno, non perb
cosi peculiare ad esso, cbe non possa esser concliiuso ancbe in
occasione di altri negozi; poicbe la natiira delPanticresi non con-
siste in una garanzia qualunqne ottenuta dal creditore, sibbene
nel dover egli godere dei frutti di una cosa in luogo di ricevere
interessi. E percio la si pub concepire ancbe senza Poppignora-
inento della cosa e puo aver laogo in ogni e qualnnque contratto,
tanto nominato quanto innominato, con cui i contraenti si riser-
vino il reciproco uso di cose diverse % Gli esenipi cbe uoi riscon-
triamo nelle leggi *)j di tale anticresi, non originata da alcun op-
pignoramento, pongono cio fuori dubbio. Xondimeno luolti ^), con
(JuiACio % sostengono l'oi)inione contraria; questi insegna: ivriyr^f^Yi'm
est species pignoris ita dati, ut donee peeunia solvatur, pignore cre-
ditor utattir frvatur in ricem usurarum.
Pero, se non puo negarsi cbe le leggi facciano abitualmente
inenzione ") delPanticresi a proposito del contratto di iiegno e
') V. Claud, Salmasio, Ti\ de modo ustirarumy cap. 14; Am. Vinnio,
Select, iuris quaestion,, lib. II, cap. 7j Oer. Noodt, Observation. j lib. II,
cap. 9.
^) V. JUnr. CoccEJO, Diss. cit. de antichresiy ^ 3-6 ed Oio, Jae. Kebs,
Commeutat. ad L. 8 7>. in quibus vausis pigmis vel hypoth, incite con-
trahitur, Lipsia 1811, pag. 12 segg.
*) L. 6 C. Quod cum eo, qui in aliena potest. ^ 4, 26. L. 14 C. de
nsurin, 4, 32.
•''») Janus a Costa, in Commentate ad §7 J. de action.; Fed. Es. a
PuFENDORF, Observation, iuris civ., torn. II, oba. 169; \Vesti»hal, Di-
ritto di pegnoj ^ 66, nota 89, pag. 125 ; Hanker, Diss, de vera indole et
natura antichreseos, $ 4 ed i piii.
^) Observation., lib. Ill, cap. 35.
'') Percid il giiireconsulto Marciano nel sue Liber singularis ad for-
I)E PIGNEEATICIA ACTIONE 375
percio iiidicliino con qiiesto nome in sense proprio il p^odimento
dei fnitti del pegno in luogo degU interessi *), non pub affermarsi
come necessaria conseguenza cl^. Panticresi sia una specie del
pegno o del contratto di pegno, come non piio dirsi clie il patto
commissorio sia una specie del contratto di acquisto.
I luoglii di diritto roinano die truttano dell'anticresi ce ne fa-
ranrio conoscere pin intimamente la natura.
Vi si riferiscono i seguenti ])assi:
l.** L. 33 D. h. f. : « Si pecuniam debitor solvent, potest pi-
gneraticia actione uti ad reclperandam iyrLyfjYj^iv: nam cum pignus
sit, lioc verbo poterit uti ».
Qui si tratta di un caso in cui al contratto di x)cgno era stato
aggiunto il patto anticretico, ed il debitore, dopo estinto il debito,
reclamava il pegno anticretico. Quindi, la ])arola a^itichresis vi 6
usata nel senso di cosa clie viene oppignorata al creditore sub
pacta antichretico. Se, in questo caso, il creditore ne riftutava la
restituzione, senza dubbio Vaciio pignei^aticia aveva buon foji-
dameuto; quindi le parole hoc verbo poterit uti significano lo
stesso clie hac formula, od hac actione poterit uti *). La decisione
vien fondata sul fat to clie in questo caso e stato conchiuso un
contratto di pegno.
Questo 6 incontestabilmente il senso delle parole: cum pignus
sit, clie Salmasio *^), senza alcun motive, ritiene un glossema.
2.<» L. 11 § 1 D. depignorib, ethypoth. 20, 1,: « Si ai/riypr,7ic **)
wulam ht/pothccariam trattava anclie dclPanticresi, come risaltadalla L. 33
D. de pignerat, actione,
*) Negli Scolii dei Basilici, toiii. IV, p. 30 ^ detto: 'AvTty^pr,tTt; i-jm^
ore ToO 07ro5«u2vo'j aovou tou^ xxottojc avri toxwv Six'ixuSivoi, i. e. Anti-
CHUEsis cfit, i'fun quis fundi pignerati frncfus in vicem tisurannn percipit,
^) 11 significato di reihmn per formula sen actio si deduce anelie da
altii Inoghi: L. 4 J 2 D. de vulgar i et pupill. substitut.j 28, 6; L. 35 Cod. de
iuoff. testam., 3, 28; L. 2 Cod.de bonis vacantib. 10. 10; V. Barn. Brissonio,
De rerbor. signifu-at.^ v<»c. Verbum, e Westvual, Diritto di pegno, $ 66,
iiota 89, png. 125.
^^') Loc. fit. Anclie i Basiliti, torn. IV, pag. 12, hanno /, oi*jxiypr,7i;
iviyjorj'J CTTt.
'•) La Vulgata qui legge: id est, mutuus pignoria usus pro credito. Ma
376 LIBRO Xni, TITOLO VII, § 870.
facta sit et in fiindum ant in aedes aliquis indncatur, eo usque
retinet possessionem pignoris loco, donee illi pecunia solvatwr, cum
in usm'aa fructus percipiat aut locando aut ipse percipiendo liabi-
tandoque: itaque si ainiserit possessionem, solet in factum ac-
Hone uti ».
Qui la parola antichresis^ come lia osservato assai giustamcnte
XooDT **) contro Sal:masio, h presa nel senso di patto anticretico ; que-
sto era stato concbiuso senza oppignoramentodellacosa: secondo il
patto il creditore doveva ritenere il i>ossesso del fondo come
pegno, fin tanco die il capitale fosse stato rimborsato, e godere del
frutti in luogo degli interessi ; perb egU aveva giA, antecedentemente
perduto il possesso. 8i domandava quindi che azione spettasse al
creditore per ottenere il risarcimento. Marciano decide per Vactio
in factum. Quei giuristi i quali imaginano die un'anticresi non
possa concepirsi senza un diritto di pegno, si trovano in non pic-
colo imbarazzo i)er causa di questa decisione. CuiACio ^^) crede
<li evitare la difficolt^ nel modo pid facile dicendo con Azo clie
Vactio tn factum^ di cui qui si fa menziono, non esclude Pazione
ipotecaria. 15 d'accordo con lui anche Westphal **), il quale pari-
menti crede die Vactio in factum data in questo caso non sia altra
in effectu die Pazione ipotecaria.
Ma gii\ in contrario Renardo Bachov *^) ricordava, non senza
fondamento, che in tema di oppignoramenti in nessun caso si era
pensato sAVactio in factum, e die al giureconsulto romano sarebbe
qaeete parole mancano nel manoscritto fiorentino delle Pandetff^ eil
anche nei Basilieif torn. IV, pag. 34, non vi sono [Cnf. Hkimbach, III,
69, XI]. Ne nnche si Jeggono nel nostro Codice Erlangen. Non senza fon-
<lamento perci6 Lauterbach in Diss, de iure antichreseos, p. 2, leritieiie
un gloBseina. £ ridicolo poi che i Glossatori, per ignoraaza del greco,
abbiano letto antiphona in luogo di avTt;^o>?7tj, parola ohe qui, come
osserva anchc Andr. Alciato, Dispumiion., lib, II, cap. 3, non ha sense
jilcimo.
^^) Observation., lib. II, c. 9.
'3) Lib. Ill Observation,, cap. 35 in f.
'^) Diritto di pegno, i 66, nota 89, pag. 125.
^^) Tr, de pignoribus et ht/phothec.^ lib. Ill, cap. 19, nr. 2, pag. 234.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 377
state facile iiominare I'azione ipotecaria se avesse creduto clie in
questo caso avesse potato aver luo|?o. Piuttosto, egli dice, il mo-
tive per cni il giiireconsulto romano in questo caso concede soltanto
nn'azione personale sta in cio: clie ilcreditore, per mezzo delPan-
ticiesi, tanquam ex personaU ohligatlone, acquista solo il diritto
<li godere del frutti della cosa. Egli pero, su questo punto, non
osa affermar niente con certezza. Oherardo Noodt ^^) con maggior
-ardire cerca di districare la matassa. Egli porta il suo contributo
iilla correzione del testo, c legge invece clie in factum actionem
HAO ACTIONK, per la quale egli intendo allora Pazione ipotecaria
<li cui tratta il titolo delle Pandette sotto il quale e posto il fram-
inento di Marciako. Ma Oiov. Iensio '^), Feeler. Isaia von Pr-
FENDORF **), PoTHiER *^) e Westphal *°) lianno ripudiato con
ragione questo emendamento altrettanto artificioso quanto inutile.
Per Pesattezza del testo non soltanto depongono i Basilici "^), nei
<iuali le ultime parole del nostro framiuento sono tradotte: v^olI
ixT:/7rrojv t)^; v^ayj^ ixtpi zcv TzpccyuoLTCi ayur/YtV xtycT; ma anche
la natura del patto anticretico, il quale in se non conferisce alcun
diritto di pegno, mostra necessario il mantenimento della lezione,
4li cui inoltre si rende impossibile la modificazione per I'esatta
<;oncordanza di tutti i manoscritti e di tutte le edizioni delle Pan-
dette. Ancbe lo scoliasta dei Basilici ^^) fa menzlone in via prin-
cipale (ieWactio in factum^ e precisa al tempo stesso il motivo
per cui Pazione ipotecaria non puo aver luogo; egli dice: OJ xr,y
S.ef,liia.vrrj, d}.\i rrrj iv ^diy^zcu^f.. o\t yoL^j eviyyprju kin yyptfsic^ dlli
rjyvopi^ \6y,o rr,^ dj-ri/pTi^vj e/ji. i. e. « Non Serviana, sed in
*^) Ohservation., lib. II, cap. 9.
^^) Strictur. ad rom. itiris Pandectas; L. 11 $ 1 I. de piynorih.,
img. 140.
^*) Observation, iuris univ.j tom. II, obs. 169.
^^) Pandectae lustinian., torn. I, lib. XX, tit. 1, n. XXV, nota d,
pag. 5(»1.
*^) Diritto di pegno, $ 66, nota 89, i)ag. 125.
«^) Tom. IV, lib. XXV, tit. 2, const. 11, } 1, pag. 49 [Heimbach,
t. Ill, pag. 69].
**) Tom. IV, pag. 49, scol. 8 (Heimbach, tom. Ill, pag. 69, XI, 2).
GlCck. Comm. Pandet'.e. — Lib. XIII. — 4S.
378 LIBBO XIII, TITOLO VII, § 870.
factum: non eniin proprie pigaiis est, sed pigiioris loco anticliresia
habet ». Ohe nel testo nou si tratti di uq snppegno anticretico lo
dannodel resto cosi chiaramente ad intendere le parole: « eoiisqne
retinet possessioneni pignoris loco^ donee illi pecunia solvatur » clie
si deve restar giiistaiuente nieravigliati come il grande Noodt sia
potuto cadere in una correzione tanto sconveniente.
Molto pill ingegnoso e il ragionamento di llrico Hubeb "), e le
sue parole a qnesto propositomeritano qui ])osto. Egli dice: « Mibi
sic videtur pignus et antichresin esse duas res distinctiis, et ex
earuin coniiinctione nsi^ai pigtms antichreticum. Ex lioc hypothecariam
actionem dari, non est ratio diibilandi. Sed in hoc § 1 antichresin
Holam creditor accepisse proponitiir, hoc est, convention qua convenit,
ut creditor usurarum loco certi praedii fructas percipiat, est cele-
brata, nihil amplius. De ixire pignoris nihil est dictnm, et tamen
sine spcciali de pignore conventione non constitiiitnr expressum
pignns: etsi, qnando creditori praediuiii conceditur ad fructus in
vicem nsnrae indo percipiendos, ea res loco pignoris sit. Veruin
sine conventione de i)ignore non i)otest, inqnani, ax^tio hypothecaria
nasci; ideoque personalis in factum duntaxat, non contra tertiuni,
sed adversns debitoreni, qui il!am conventionem debito principali
adjecit, datar. J)e pignoris iure constituto nihil hie est proditum.
Nam quod attinet ad verba, mutuits pignoris usus, ilia non simt
Mabiani, sed interpretis, graecam vocem ii/ztypTirfic^ interpre-
tantis: quae tamen nihil, quam mntuum usum denotata.
Con HcJBEB e pure d^iccordo Pietro von Gbkve **), in quanto
dice: « Antichresis differt a pignore, nam si, cui antichresis cou-
cessa est, amiserit possessionem, non habet actionem hypothecariam,
sed utitur actione in factum ».
Se nel caso di cui parla Mabciano fosse realmente avvenuto
un oppigQorameuto, e se, come abitualmente si insegna, senza il
*^) EuHomia romana, lib. XX, nd L. 31 ^ 1 D. f?e pignorib,^ ( 2, p«i-
gina 726 ^egg.
*^) Ejrerciiat. ad Fandectar. loca difftciUora^ exert*. XV, pnrte Ilr
pflg. 373.
DK PIGNERATICIA ACTIONE 370
medesimo non potesse concepirsi un patto anticretico, non si pc*
trebbe capire perche al creditore, in caso di perdita del possesso,
non competerebbe Vactio pigneraticia contraria coiitro il debitore,
al modo stesso die questi, dopo estinto il debito, puo valersi del-
Vactio p^igneraticia directa contro il creditore. Appimto cib ricorda
assai giustamente anche Edmondo Merillio **"*) contro la comune
dottrina dei giuristi; soltanto io non x)osso essere d'accordo con
lui qiiando per Vactio in factum egli vuol intendere nn'azione
Pretoria, quae datur deficientibus aliis actionibus. Per qual motivo
non dovrebbe qui aver luogo Vactio in factum praescriptia verbis f
II debitore aveva concesso il possesso di un fondo al creditore
<;he gli lasciava Puso di un capitale, appunto perche godesse dei
frutti in luogo di interessi. ]N^on era stato conchiuso dunque un
semplice prestito, ma un contratto innominato cbe Marciano
cliiania di/rtypyj'jig. Che qui si tratti di un'azione comune in simile
caso, e quindi delP actio praescriptis verbis, lo provano anche le
parole: « solet in factum actione uti ». E cosi si combatte anche
I'opinione di Enrico Cocceio *") il quale vuol intendere il fram-
mento di Marciano riferendolo ad un caso in cui il patto anti-
<;retico era stato aggiunto al contratto di pegno ex intervallo, ed
in cio fa consistere la ragione per la quale qui non ha avuto luogo
Vactio pigneraticia contraria. La L. 39 D. h. t, alia quale egli fa
richiamo, non cbncerne un caso simile, perch^ non vi si fa parola
di alcun patto anticretico: al creditore era stato concesso il go-
dimento del fondo oppignorato perche egli si rifondesse cosi, non
degli interessi, ma del capitale. Ed anche in questo caso non si
ilisputava di un'azione qualunque *').
3.** L. 6 Cod. Quod ctun eo, qui in aliena potestate, IV, 26:
« Si servus tuus sine permissu tuo accepta pecunia mutua in usuror
rum vicem habitandi facultatem concessit, nullo iure adversarius
tuas hospitium ex hac causa sibi vindicat, cum te servi factum
*5) Observation. f lib. VIII, cap. 23 in f.
'•) Diss, de antichresij P. 8.
«^) Sulla L. 39 h. t. vedasi Westphai., Diritto di pegno ^ J 15, nota 29,
pag. 42 seg.
380 LIBKO Xiri, TITOLO VII, § 870.
lion obligaverit: et ingrediens rem tuaai contra vim eius auctori-
tate couipetentis iudieis protegeria ».
Anche in questo caso il patto anticretico era stato conchiuso
senza oppignoramento della cosa e non vi sarehbe stato nulla
da opporre contro la validity del niedesimo se anche lo scbiavo
non lo avesse coneliiuso senza il consenso del suo padrone, come
risulta dai passi seguenti.
4.° L. 14 Cod. de usnris, IV, 32: « Si ea pactions uxor tiia
miitiiam pecuniam dedit, ut vice vsurarnm inhahitaret, paetoque itii
lit conveuit usa est, non etiam locando do mum pensionem redegit,
referri quaestionem, quasi plus domus redigeret, si loearetur, quam
usurarum legitimarum ratio eoUigit, minime oportet. licet eniia
uberiore soite potuerit contralii locatio, non ideo tamen illicituia
fenus esse contx^actum, scd vilius conducta habitutio videtur i>,
Senza dubbio qui si tratta di patto antieretico, ma non di op-
])ignoraniento.
Di oppignoramento anticretico tratta invece il seguente passo:
5.° L. 17 Cod. eodem: « Si ea lege possessionem mater tua
apud creditorem tuum obligavit, ut fructns in vieem usuranim coii-
sequeretur, obtentu maioris percepti emolumenti proj)ter incertuni
fructuum eventum rescind! i)lacita non possunt ».
Dalle citate leggi si desumono ora i principi seguenti :
1.^ II patto anticretico non solo puo esser unito al con-
tratto di pegno come patto accessorio, ma i>uo ancbe esser con
cbiuso senza oppignoramento della eosa a guisa di contratto in-
nominato. Xel secondo caso, come nota assai giustamente Enrico
CoccEio "), col quale e d'accordo anche Oofr. Ban, Hoffmann *'),
si ha un contratto do ut facias, non do ut des^ poichfe la parola
dm-e nel linguaggio giuridico romano esprime trasferimento della
proprietj\ ^^), inentre qui e questione di una semplice concessione del
^^) Disff, cit, de antichresis P. 3.
*^) Di88, sub tit. lureconsitltns mathemaiictis et in specie anali/sta eirctt
aniichresin et interumirium, Tnbinga 1767, sect. I, J 11.
»<^) $ 14 I. de actionib., 4, 6.
DB PIGNEBATICIA ACTIONB 381
possesso e dell'nso di una cosa. IN'egozi quest! che non hi quali-
ficano per una datio^ ma per una semplice traditio, e questa si
ritiene un factum ^*). L'azione che ne nasce ^, come superiormente
ci insegnava Mabciano ^*), Vactio in factum praescriptia verbis, la
quale come actio bonae Jidei e rivolta a tutto cio che Pequft^ ri-
chiede, e quindi anclie alia prestAzione delP interesse se per oaso
la cosa concessa anticreticaraente sia evitta. Se il debito vieu
pagato non ha luogo, come afferma Hoffmann ^^), la eondictio sine
causa, poiche in questo caso il debitore conserva invariato il suo
diritto di proprietsi **), sibbene la rei vindicatio o Vactio in rem
puhliciana. Se invece il patto anticretico h stato aggiunto al con-
tratto di pegno, allora, come parimenti ci insegnava ]SIarciano '^*),
ha buon fondamento Vactio pigneraticia, derivante dal contratto
di pegno.
II. II patto anticretico presuppone sempre una espressa con-
venzione. Molti ^^') veramente affermano con CuiACio ^') che questo
patto possa esser conchiuso anche per tacito accordo, il quale
precisamente dovrebbe ammettersi nel caso in cui il debitore
abbia concesso in pegno al creditore una cosa fruttifera, senza
formare una speciale convenzione pei frutti. A questo proposito
si fa richiamo alia L. 8 Dig. in quib. cans, pig., 20, 2 gi^ su*
'^) L. 28 D. de verhor. ohligat.,4i),l, Vodasi Gio, van Neck, Dins, ad L, nit.
D, de condict, causa data, cap. 2 (Oer. Oelrich, Thes, nov. dissertat.
iuridie. belgicar.^ vol. II, parte 11, pag. 393 seg.).
^*) L. 11 $ 1 D. de pig nor ib. et hyp,
^') Loc. cit.
'*) Vedasi il titolo: de conditione sine causa , $ 836, P. 13 di questo
Commentario, pag. 183 ^gg.
") L. 33 D. h. t.
^•) VoET, Comm. ad Pand,, h. f., ( 23; Ger. Noodt, Tr. de foenore
et usnris, lib. II, cap. 9 ; Jo. Frid. Eeesenmart, Diss, rationcm compu-
tationis fructuum ex pacta antiehretico perceptor. sist. (in OpuscuL^ n. XV^),
Beet. I, J 2 ; Jos. Mar. Sohneidt, Specim. arithmeticae sublimior. et poU-
ticae ad inaieriam de usuris, antichresis interusurio et reditibus annuis
applicatfie, Virceburgi 1784, cap. 3, $ 64; Conr. Wilh. Strecker, Diss^
de pacta anticretico , $ 14 segg. e i pid.
»') Observation., lib. VIII, cap. 17.
382 LIBBO Xni, TITOLO vu, § 870.
periorinente citata, dove Paolo dice: «Cum debitor gratuita
pecunia ntatur, x>o^est creditor de fnictibus rei sibi pigDeratae
ad modiuii legitiinum iisuras retinere ». Ma, come ^i& da pareccbio
banno dimostrato Bachovio ^*), Vinnio ^®) e Samuele Cocceio *%
die qui non si tratti di una antichrenis iacita risulta evidentissi-
mamente dal fatto cbe, secondo la legge citata, il creditore puo
ritenere i frutti fino alPammontare degli interessi legali, gli ecce-
denti deve dedurli a scomputo del eapitale; mentre, al contrario,
Pessenza delPanticresi consiste in questo: clie il creditore deve
sodisfarsi con i frutti dei soli interessi, senza con cio ridurre il
eapitale **). Percio nel primo caso il creditore deve render conto
dei frutti, e gli vengon computati ancbe quelli non percei)iti **);
questo computo, invece, manca nel patto anticretico *^) perclid qui
il creditore, essendo incerto Pnmmontare dei frutti, non e tenuto
alia nifsura legale degli interessi — come rescriveva I'linp. Fi-
LTPPO nel passo su mentovato L. 17 C. de usnris^ 4, 32. E poicbe egli
ritiene, senza clue gli vengano computati, i frutti annnali in luogo
degli interessi, non puo sorgere alcuna questione sulla quantity
di frutti die abbia potuto raccogliere, perche in questo caso, al
creditore cbe percei)isce i frutti esclusivamente a suo vantaggio,
non puo essere addebitata colpa alcuna; questa infatti influisce
solo sui fructua percipiendi **).
III. Poiche I'essenza del.patto anticretico e riposta in questo,
cbe il creditore deve ritenere tutti i frutti della cosa, senza com-
puto di sorta, ed ascriverli in luogo degli interessi del proprio capi-
3*) 7V. de pignor. et hypofh.y lib. I, cap. 14, n. 3 e 4.
3^) Select, iuriif quaest.y lib. II, cap. 7.
*") lur, citK controv., h. f., qu. 4.
^') V. Happel, Diritti del creditore in rapporto at pegni manvali, se-
zione IV, pag. 230 segg. ed Hanker, Diss, de vera indole et tiatura an-
iichreseos, $8.
**) L. 1, 2 e 3 C. /i. f.; L. 2 C. de pavtu pignoris et oinni causa^
8, 24; L. 1 C. de distract, pignor,^ 8, 27.
*') V. Gio. GngL Engelbuecht, Diss, de creditore antichretico adfrvettis
percipiendos non obligator Helmet. 1724, J 7 segg.
<*) ^ 2 I. de officio hidicis., 4, 17.
DE PIGNBBATICIA ACTIONE 383
tale, non lo si pii5 scambiare con quella convenzione, in virtti della
quale il creditore vien semplieemente autorizzato a ritenere i frutti
della cosa fino alFimportare degli interessi legali, con I'obhligo
])er6 di detrarre Peccedenza dal capitale o conseguarla annual-
niente al debitore. Papiniano porge esemi)io di una conven^ione
di tal sorta, nella L. 1 § 3 D. ^ pignor. et liypoth., 20, 1 ove dice :
« Pacto placuit, ut ad diem usuris non solutis frucUiH hypothecarum
usuris compensarentur liui legitimae usurae ^■''). quauivia exordio
niinores in stipulatum venerint, non esse tamcn irritam conven-
tiouem placuit, cum ad diem minore faenore nou soluto legitimae
maiores usurae stipulanti recte promitti potuerunt».
fi stato notato molto giustamente, con GuiACio anclie da
WisSTPiiAL *^), cbe qui non ci troviamo di tronte ad una vera an-
ticresi, e s'intende clie anclie in questa conveuzione il creditore
debba necessarianiente rendere i conti ^').
Lo stesso dicasi del caso trattato nella Novella 120 cap. 4, ove
e detto: « Si contiugat ut quaedam ex dictis veuerabilibus do-
mibns ad fisealia tributa, vel aliam quamciinque necessitatem ve-
nerabili domui incidentem, jiecunia indigeat: liceat administrato-
ribus earum rem immobilem obligare, et si)eciali pignori dare, ut
creditor earn rem possideat, et frnctus ^ekis coUigat, sihique pariiin
in ipsam pecuniam creditam^ partim in vsuran, quarta parte cente-
simae non maiores, imputet. Si debitum solvant, qui venembili
^^) Nei Basilict, torn. IV, pag. 32 e detto: ysypi roO vo«t/xou toxou.
E percio iiel caso conteinplato dal passo era stato fitipiilsito il iija«8iino
(legli interesfti legali — quindi nsura centesima — <pinlorji il debitore nel
tempo Rtabililo doii nvesse pa«i;ato gli interessi iniiiori Rtipiilati. Questa
centesima parn Mortis in sinffnloB menses vien diiainatn a prefcrenza anclie
itsttra legitima, L. 9 ^ 1 D. rfc usuris, 22, 1 ; L. 8 C. */ cerium petut., 4, 2. Vedi
PoTHiKK, Pandectae iustinian., torn. I, tit. de usuris, n. XXI, nota a e
11. XXIX, pag. 623; Noodt, l)e foenore et usuris, lib. 11, cap. 3; van
Byn'CKKRShokk, Observation, iur, rom., lib. VJ, cap. 19. Lo ficoliasta
greco dei Basilici, torn. IV, pag. 48, spiega leffilinme usurae eon toO --Juti-
x'/TOTTextov, i. e. sewissalis.
««) Dirilto di pegno, $ 64, nota 87.
^'^) V. Hanker, cit. Diss., J 5.
384 LIBBO XIH, TITOLO VII, § 870.
(loitiiii praefuemnt, vel ex fnictibus creditor! satisfiat : res »d ve-
nerabileui domum, a qua data est, rursus redeat » ^).
IV. Da tutto eio risulta cliiarainente che quaiido deve aver
liiogo una vera anticresi iion solo si debbono promettere gli in-
teressi, ma deve espressamente esser convennto elie il credltore,
in loro vece, debba ritenere e godere i frutti dellacosa. Se, quindi,
non sono stati convenuti ailatto gli interessi, o non si e pattuito
niente intorno ai frutti, il creditore non i>u6 far uso a suo van-
taggio della cosa oppignoratagli, ne appropriarsi i frutti in luogo
degli interessi *% ma deve iinputarli a deduzione del capitale,
degli interessi perb solo in quanto sussista un motivo giuridico a
rib, e restituire il soprappiu al debitore; deve, per eonseguenzii,
render conto dei frutti, fra i cjuali possono quindi essergli computati
ancbe i frutti non percepiti ^'').
Y. Quantunque il patto anticretico sia permesso in diritto
romano non pub perb servire a mascberare un interesse non con-
sentito, sebbene esso non sia proprio ristretto entro i limiti della
misura legale degli interessi, come provano cbiaramente le L. li
e 17 Ood, de usuris, 4, 32 superiormente citate.
Tl diritto canonieo, veramente, disapprova questo patto perclie
permette al creditore di godere dei frutti della cosa in luogo
degli interessi, fatto questo cbe quel diritto condanna ^"). II cre-
'*") ^ 6 I. r7e obUijai, quae ex delicto, 4, 1; L. 54 D. de furt., 47, 2.
^0) L. 1, 2, 3 e 12 Cod. /i. «. ; L. 1 Cod. de distract, pifjnor.. 8, 27.
^'*) Cap. 1 o 2 X. de ^isuris ; cap. 7 e 82 X. de iureivr.i cap. 4 X,
de piffnorib, ; Gonzalez Tkllez, Commentar, ad cap, 6 X. de ^>/V/norift.,
toin. in, pag. 378 ftegg.
^') Secondo Tediz. Mommskn: « Si vero contigerlt aliqiiam praedictamin
venerabiliiim doiiiorum nomine tiscalinm tribntonim aut alterius cuinslibet bu-
porvenientis necessitatis venerabili domui pecnniis egere, liceat eiiis ordinatoribns
iinmobilem rem [aut] suppouere et dare in speciale pignns^ ut creditor poMi'
deat eandem rem et eiiis fructus colUgat et reputet sibi tara in his creditis
pccuniis qiiam in usuris, non aiitem mnioiibns quam quarta parte centesimae.
8i vero persolverint debitnm praepositi einsdera venorabilis donins aut ex
fnictibus adimpleatur creditum, redeat iteruui res ad venerabiiem domnm ex
qua data est ».
DE PIGNEEA.TICIA ACTIO JfE 385
ditore secondo il diritto canonico pub solo detrarre i frutti dal
ijapitale, e se in tal modo il capitale ^ stato rimborsato, deve resti-
tuire il pegno senza indugio **).
Xondiiueno anche nel diritto canonico si eccettuano due casi,
nei quali vien iiermesso al creditore di computare i frutti in luogo
degli interessi e non a diminuzione del capitale, essi sono: 1.** quando
un vassallo oppignora anticreticamente il/et^c^mu al siio signore '^');
2,^ quando il marito in garanzia della dote promessagli abbia ot-
tenuto nel frattempo dal suocero un pegno anticretico ^^).
Ma in Gerniania negli oppignoramenti fu sempre usato il patto
iinticretico, ed i principi del diritto canonico non hanno avuto il
l)Otere di togliergli valore. Cio con molti documenti medioevali
fu provato dal B5hmer **).
YI. Per analizzare piu niinutamente la conform azione giuridica
del patto anticretico la maggior parte dei giuristi ^^) distingue se
^^) Cap. 6. X de pignorih.\ cap. 8 X. de usuris'y Jan, a Costa, Com-
mentar. in Decretales ad cap, 6 X, de pifpwrih,, pag. 517.
''^) Cap. I X. de fexidis, Qmvi Innocenzo III rescrive: « Insinuatione
praesentium declaramus, quod gageria, quain de foudo ecclesiae tuae ad
M. dignoeceris recepisse, a te potest libere detineri, fnictibus non cam-
putatis in sortem, Ob, videlicet, ut, quam diu fiMictns illoe ceperis, in
florteiu ininime compiitandos, idem M. a servitio, in quo tibi et ecclesiae
tuae pro fendo ipso tenetur, interim sit immunis ». Gageria significa
qui un suppegno anticretico. Vedasi Bokhmer, in edit. Corp, iur, ca-
nonici, ad hoc cap., pag. 485, ed Ant, Dad, Alteserka, Innocentius Illy
ad idem capit., pag. 423.
^3) Cap. 16 X. de usnris, ove Innocexzo III i\h la seguente decisione :
« Sane generum ad fructua possessionum, quae sibi a socero sunt pro
nnmerata dote pignori obligatae, compuiandos in sortem, non credimus
<>oui{)ellendum : ciun frequenter dotis fructas non sufficiant ad onera ma-
trimonii Buppoi*tanda ». Qui invece che nnmerata si deve leggere con
Alteserra, loc. cit., nnmeranda.
^^) Iu8. Ecclea. protest,, t. V, lib. V, tit. 19, $ 28.
''^) Lauterbach, Diss, de iure antichreseoSy 44 e segg. e in CoUeg,
ih, pr, Pand, h, t,, ^ 8; Berger, Oecon, iur,, lib. Ill, tit. 2, $ 15j
Coccejus, Jnr, civ. controv,, h, if.,qu. 5; Strecker, 2>w«. de pacto anti-
chretico, $ 8; Hoffmaxx, Diss, de antichresi, sect. I, $ 7 ; Westphal,
Dir, di pegno, ^ 65; Hofacker, Princip, iuris civ, rom, germ,, torn. II,
4 1201; Malblanc, Prineip, iitris rom,, part« II, sect. II, $ 571 e
Gmelix, Studi sui contratti, $ 44.
GlQck. Cmnm. Pandelte. — Lib. XIII. — 49.
1
386 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 870.
gli ntili della cosa oppignorata consistono in rendite certe, Piin-
porto aniiuale delle qnali pub essere esattainente determinato ; se^
per esempio, le rendite consistono in interessi in denaro i qnali
debbono essere annualmente, senza variazioni, pagati dai debitori;
o se essi consistono in rendite incerte il cni importare non b
nguale d^inno in anno, uia dipende dalla vegetazione o dal valore
casuale dei frutti.
Nel primo caso, si dice, il godiinento non dovrebbe eccedere
la niisnra degli interessi legali; il creditore dovrebbe dunque de-
trarre I'eccedenza dal capitale, altrimenti si renderebbe colpevole di
un'usura vietata.
Nel secondo caso, in vece, per Pincerto iniporto dei frutti, non
si terrebbe conto tanto esattaniente della misura legale degli in-
teressi; e percio il creditore non sarebbe anclie in questo caso,
come nel j)rimo, obbligato a dar conto dei frutti ritratti dalla
cosa: dovesse i)ure Pimporto nnnuale dei frutti ricavati dalla cosa
essere norniahnente tanto eonsiderevole clie ancbe nelle annate di
medio introito, anzi in quelle cattive, superasse ancora, in modo
significants, tale misura.
Altri pero non accolgono questa distiuzione; e, alia loro volta,
essi si dividono m due campi. Crli uni *®) non ammettono assolu-
tamente alcuna eceedenza degli interessi, e percio ritengono il cre-
ditore anticretico obbligato in ogni caso alia resa dei conti. Infatti
le leggi roraane non permetterebbero su questo piinto alcuna norma
generale, ma })arlerebbero seuiplicemente di casi speciali in eui o non
poteva conseguirsi la certezza sugli utili o, per lo meno, illegisla-
toreriteneva impossibile in quelle date circostanze un tale accerta-
mento. Per eseinpio, il debitore reclaraava contro Piniquo interesse
dovuto al creditore, priuui ancora cbe fosse trascorso il tempo per
la durata del quale era stato eoncbiuso il patto anticretico.
^) Xi(\ PuAGEMANX, Diss. de jyrocessn liquidationis hi antkhresu Jena
1718; God, Liid. Mknckex, l^iss. Xulhim excessum usurarum hi pado
antkhreiico esse ioJeraudum, Lipsia 1745; Ant. Schl'LTING, '/'hett. con-
iroversar,, decad. LXXIX, p. 10 e gpecialmente Hapivel, Dinitl dei ere-
ditori idativamente ai pcf/ni manualij sez. IV, pag. 362 Begg.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 387
Ta qnesto caso, giusta la L. 17 Cod. de vsuri%, 4, 32 il debitore non
arrebbe potiito teinporaneamente esser accolto con favore, percL^,
quundo anclie il creditore nelle prime annate avesse giiadagnato, fa-
cilmente avrebbe potato subire niiove annate cattive. Perci6 la con-
formazione giiiridica del patto anticretico dovrebbe preferibilmente
giudicarsi secondo le leggi tedesche *'), le quali manifestamente
disapprovavano tutti i contratti ad interesse sinodato, e quindi non
ammettevano che un creditore il quale doveva percepire i fnitti in
luogo degli interessi, di quelli si appropriasse in lagione maggiore
<li quel che gli si sarebbe i)agato in danaro.
Altri ^*) invece ritengono infondata la distinzione tra utili certi
^d incerti, perch^ riguardano come precetto generale la L. 17 C.
de usuris, 4, 32, nella quale le i)arole: propter incertum fructmim pro-
ventum non conterrebbero alcana restrizione, ma esprimerebbero il
inotivo della decisione principale, in base alia quale il creditore an-
ticretico non sarebbe obbligato a dar conto alcuno, anzi il patto
dovrebbe ritenersi valido ancbe se il debitore potesse dimostrare
che il creditore avesse percepito in frutti piil di quanto impor-
tassero gli interessi legali.
Le leggi tedesche non avrebbero modificato neppare qnesto
punto, poiche esse parlano solo di Wiederkaufsgiilten (censi reden-
tivi) — i quali )>er piil di an lato si distingaono dagli interessi.
Senza dubbio piil giusta e Popinione di quel giuristi che ^®),
■"*') Beichs Folicey Ordnung deiranno 1530, art. 26.
•'''*) Diet. Herm. Kkmmkrich, Diss, de creditore antichretico rationes non
reddente, Jena 1733 ; Oio, Corr, Sigism, Topp, Diss, de distinctione inter
fructus certos et incertos in pacto antichretico iuri rom. non fundata,
Helmstadt 1755 e Carlo Hanker, Diss, de vera indole et natura anti-
chreseos^ $ 11.
^^) Lbyser, Meditat. ad Pand,, vol. Ill, specim. 157, medit. 1; Pu-
FENDORP, Observat. iiiris univ., torn. II, obs. 76 e torn. Ill, obs. 57 ;
BOhmkr, Casi giuridici scelti, vol. I, parte II, n. 71 ; Eisenhart, Diss,
rationem computationis fructuum ex pacto antichretico perceptorum in foro
receptam nee iuri nee aequitaii convenire^ Helmst. 1768 (in OpvscuLf
li. 15) J Walch, Introd. in controt\ iur, civ., pag. 540 segg.; Emming-
HAUS ad CoccEJi lus civ. controv, h. <., qu. 5, nota «, psg. 253 e
Thibaut, Sist. del diritto delle Pandette, vol. II, J 653.
388 LIBRO XIII, TITOLO VH, § 371.
senza Yar distinzione tra fnitti certi ed incerti, ammettono come
principio fondamentale che 11 patto anticretlco debba rltenersi
valido, ed 11 credltore non tenuto alia resa del conti, fin cbe il
debitore non provi cbe nel patto si cell un interesse illecito. Non
importa n^ ancbe se i frutti siano civili o naturali, e se il credi-
tore stesso goda del fondo o lo abbia locato ^^). Nel far questo
Qomputo non si deve perb guardare alPintroito di un solo anno^
ma i frutti ritratti debbono essere calcolati in media. Hofmann **),
Weber ***), Schmidt ^^) e Langsdorf ^*) di^nno esempi sul modo
di far tal computo.
VII. II creditore anticretlco, il quale gode del frutti della
cosa in luogo degli interessi senza dame conto, deve ancbe giu-
stamente sopportare gli oneri delPusufruttuario, senza poter per
cio metter nulla in conto del debitore °^).
§ 871.
Quando d tenuto il creditore alia restituzione del pegnof
II pegno non puo esser reclamato prima cbe I'intero debito, con
gli interessi e le spese, sia stato pagato al creditore ®^) o ad un
terzo per mandato di lui ®'), o cbe il debito stesso siasi estinto
in un modo giuridico (per esempio per compensazione), o cbe,
<^<^) h. 1\ ^ \ T>. de pignor,
^^) ICtu8 mathemat. et in specie analysta circa anlichresin et interusuriunij
Beet. I, $ 15.
^*) Diss, de pacta antichreticoj parte II.
^^) Diss, sist. specimen aritmeticae snhlimior, et poliiicae ad materiam
de ustiris^ antichresis etc, cap. Ill, $ 69 segg.
^*) Saggi arifnietici su questioni di diritto puhblico e di scienza fore-
stale, Heidelberg e Mamiheim 1810, 8.
*^) Lbyser, speciiii. CLVII, medit. 7-9.
^®) Li, 9 ^ S D. h, t,: « Omnia pecum'a exBohita esse debet, aut eo
nomine satisfuctmn esse, ut nascatnr pigneraticia actio ».
^*') L. 11 $ 5 D. /*. t.: 4 Solutam autem pecnniam accipiendum non
solum, si ipsi, cui obligata res est, sed et si alii sit solnta volimtate
eiuB, vel ei cui heres exstitit, vel procuratori eius, vel servo pecuniis
exigendis praeposito »•
DE PIGNERATICIA ACTIONE 381)
per 16 meno, non possa incolparsi il debitore se il debito non
e state rimborsato al creditore, percb^ questi senza legittimo
motive ba ricnsato di accettare il pagamonto ^®). Pub pero tal-
volta reclamarsi il pegno anche se il debito non e aneora pagato
afifatto, o non peranco interamente estinto. Si tratta anche in
questi casi di convenzione speciale avv^enuta tra il creditore ed
il debitore. Basta che questa vi sia stata percb^ il creditore
non possa ritenere ulteriormente il pegno. Pongasi quindi clie
sia stato convenuto che il creditore avrebbe dovuto tenere il
pegno consegnatogli solo fino a che gli si sarebbe data un' altra
sicui'ti^, o con garanti) o con delegazione di un altro debitore^
o con un'altra iscrizione ipotecaria. II creditore, in tal caso, so-
disfatto che sia il sud volere, deve restituire il pegno non appena
accettata la nuova garanzia quand'anche abbia perniesso che gli
si costituisca una nuova garanzia, per la quale egli si trovi meno
sicuro; i)erche in line e sua colpa personale se non ha provveduto
in inodo migliore ai suoi interessi ^^). Inoltre se il pegno era stato
dato espressamente per il solo capitale, eccettuati gli interessi, o
pei soli interessi, ed il debitom ha pagato cib che dette effet-
tivamente occasione alPoppignoramento, il creditore deve resti-
^*) L. 20 } 2 D. h. t.: « Si per creditorem stetit, quo minus ei sol-
vatur, recte agitiir pigneraticia » ; L. 3. Cod. de htit, pignor., 8, 30: « Si red-
dita debita qnantitate vel rebus in solutum datis sive distractis com-
pensato pretio satis ei contra quern supplicas factum adito praeside
probaveris, vel si quod residuum debetur obtuleris ac, si non acceperity
deposueris consignatumf restitui tibi res pacto pignoris obligatas provi-
debit, cum etiam edicto perpetuo, actione propositi pecunia soluia ere-
ditori vel si per eum factum sit, quominvs sohereiur, ad reddenda quae
pignoris acceperat iure eum satis evidenter urgueri manifestum sit».
^^) L. 9 $ 3 D. h, t. : « Satisfactum autem acoipimus, qnemadmodun^
voluii creditor, licet non sit solutum : sive aliis pignoribus sibi caveri
voluit, ut ab hoc recedat, sive fideiussoribus sive reo dato sive pretio
aliquo vel nuda conventione nascitur pigneraticia actio, et generalHer
dicendum erit, quotiens recedere voluit creditor a pignore, videri ei sa-
tisfactum, si ut ipse voluit sibi cavit, licet in hoc deceptus sit». In via
di chiarimento si noti che reus significa expromissor e decipi, ingannar
Be stesso. V. Westphal, Diritto di pegno, J 223, n. 247].
390 LiBRO xni, TiTOLo vn, § 872.
tiiire il pegno, quand'anclie cosi non sia estinto Pintero debito ''**).
Ed inoltre an semplice acconto non autorizzerebbe il debitore alia
rivendica del pegno, che anzi il .creditore avrebbe indubbiamente
la facoltii di ritenere il pegno anclie per gli interessi ancora da
pagarsi ^*).
§ 872.
Kestitiizione deWeccedeiiza.
Se il creditore, in segiiito al mancato pagamento del debito, ha
venduto il pegno, deve, qnalora ne abbia ricavato pid di quanto ini-
portasse il debito, restituire Peccedenza. Tale eecedenza vien detta
hyperocha '*). Se il creditore ne ha goduto, o ritratto gli inte-
'^°) L. 11 $ 3 D. /i. t,: « Si m »or#em dumtaxat vel tii ««ira« obstrictum
est pignns, eo sohito propter quod obligatuui est locum liabet pigneraticia.
sive auteni usurae in stipulatum sint deductae sive non, si tamen pignus
-et in eas obligatinn fait, qnam diu quid ex his debetur, pigneraticia eesBabit)>;
CuiACio, Observation,, lib. V, cap. 28, qui invece di rel in usura^, vuol
leggere piuttosto nee in vsvrofiy perche in 6eguit4> ^detto: « Si tanien jii-
gmts et in eas obligatuui fuit ». Egli ha cercato poi di assicurar inaggior-
mente la sua lezione iiel lib. XV', cap. 22, ove aggiunge il motive che se
I'oppignoramento fosse avvenuto pei soli interessi, il debitore non potrebbe
validamente agire per la restituzione del pegno. fino a che il capitale non
fosse pagato; invereal creditore, secondo la L. un. Cod. Etiam oh chi-
roifraphariam pecuni(nn, 8, 26, potrebbe conipetere una ritenzione del pegno.
Che, per6, non esiatii alcuna ragioue plausibile per tale correzione, fu giiidi-
mostrato da Oio. Robert in Hecept. lection., lib, I, cap. 27 e Animad-
version,, lib. I, cap. 26 e 27. In seguito CuiACioha nuovaniente abban-
donato, nel libro XIX Observat., caj). 27, la sua conge ttura. I Ha^iUciy
torn. IV, pag. 5 raiforzano paiimenti la lezione comune — essi dicono :
Ktre VTrio fi6vo''j row xi^xXci'.torj^ itrt \n:lp twu t6"/wv f?o5v3 £v«j|^u^ov, xai xara-
^^v?5v) TO \jTzkp ov y<v«^vocaT.S"vj, xtveirai ij iztoi tov ivt/^vpoit kyoiyri. i. e.
« Sive in sorteni duntaxat, sive in usuras pignus datum sit, eo solnto,
propter quod pignus obstrictum erat, agitur pigneraticia ». V'6 poi da
meravigliarsi come Pothier in Pand, lust,, torn. I, h. t,, n. V, not. A,
pag. 394 abbia potuto dare la sua appro vazi one alia correzione del Cuiacio.
Vedasi anche Wissenbach, Exercitat, ad Pand,, vol. I, disp. XXVII,
■p. 16; Ant, Schulting, Thes, controversar,, dec. L, p. 8 e special-
mente Weber, Sa(fgi di diriito civile, pag. 156 e 170.
''^) L. un. C. Etiam ob chirograph, p€euniampigniisretineripo8se,S, 26,
''*) Cristof, FU, RiCHTER, Diss, de hyperocha, sen de eo, quod am-
plius est in pignore, lena 1668, rec. 1757.
DE PIGNEBATIOIA. ACTIONE 391
ressi, o la ritiene senza giasto motivo di fronte al debitore, deve
nel primo caso detrarre a vantaggio del debitore gU utili; nel
secondo, invece, pagare gli interessi di mora.
La L. 6 § 1 D. h. t, dice: « Si creditor phiriM fund urn plgnera-
tuiii vendiderit, si id faeneret, usuram eins pecuniae praestare
debet ei qui dederit pignus: sed et si ipse usus sit ea pecunia^
usuram x>raestari oportet». E la L. 7 D. eo^wi. « Si autem tardiua
snperfluum restituat creditor id quod apud eum depositum est, ex^
mora etiam nsuras debitori hoc nomine praestare cogendus est ».
Se il compratore del pegno non ba ancora pagato il prezzo di
acquisto, il creditore nou puo senz'altro es8er costretto a re-
stituire I'eccedenza, ma il debitore deve attendere che il compra-
tore paghi o contentarsi di una cessione al compratore, della quale
pero, in ogni caso, il creditore porta il risdiio. E percib la L. 24:
§ 2 D. eodem dice: « Si veudi<lerit quidem creditor pignus pluris
quani debitum erat, nondum autem pretium ab emptore exegerity
an pigneraticio iudicio conveniri possit ad superfluum reddendum^
an vero vel exspectare debeat, quoad emptor sol vat, vel suscipere
acciones ad versus emptorem! et arbitror non esse urguendum ad
soUitionem creditorem, sed ant exspectare debere debitorem aut^
si non cxspectat, mandandas ei actiones adversus emptorem pe-
riculo tamen venditoris. quod si accepit iam pecuniam, superfluum
reddit * '^).
Altrinienti avverrebbe se il non aver ancora ricevuto il prezzo
d'acqiiisto dovesse imputarsL a negligenza del creditore. In questo
caso lo si puo costringere a rimborsare immediatamente I'ecce-
denza con gli interessi di mora, senza die il debitore debba rivol-
gersi al compratore. A questo caso deve esser riferita la L. 42 Dr
''•*) Ant, Fabro, BatwnnL ad Fund., h, L, su qiiesto pnnto, cre<le che
non si trovino triboniftnisnii clie contengano pin assnrditA. e testiiiioiiino
della pill graiule igiioranza intorno ai prindpt ginridici piil noti. Per<y
Ulrir, HuBKR. JEunomia Bom. ad h, />., pag. 547 lia salvato intera-
niente la riputazione di Triboxiaxo ed lia rigettato. come meritava, la
fantastidieria di Fabro. Veda si anelie Westphal, Uirilto di pajnoj
$ 518, nota 241.
.^02 LIBRO Xin, TITOLO VH, § 872.
eodem^ ove Papiniano dice: « Creditor iudicio, quod de i)i«fnore
dato proponitur, ut superftuiim pretii cum usuris re%tituat, inre
cogitiir, nee audiendvs erit, hi velit emptorem delegare, ciiui in ven-
ditione, quae sit ex facto ''^) ?/) siium creditor nej^otium gerat». Cosl
possono conciliarsi assai bene i due passi. Giova)%ni Altamirano ^^)
"'*) La lezione di queste parole 6 controversa, e iion in tutti i luano-
i^c'ritti e le edizioni Buona in qiiesto punto come qnella deiredizione fio-
leutina. II nofltro Codice Erlangen ha: in renditioiie^ qtias rite fact^ eat,
E <*o8\ Jeggoiio Hai.oandek e Bacdoza. Cuiacio invece crede clie si
debba leggere quae fit ex pacto invece die quae sit ex facto; e con lui
(rer, NoODT nel Commentar, ad Fand.^ h. t,, torn. II Ojferum, pag. 325,
^ Venit igiturj clie porta un esempio della L. 6 Cod. de solut, incaido-
vrebbesi anche leggere pactum invece di factum^ come egli fltesso si
<' dato ciira di provaro piti ampianiente nel lib. II *) Observation.,
cap. 24. Percio Noodt spiega nel niodo scguente le parole di Papiniax(h
« Qnod in pignoris venditione a creditore facta ex pacto de distraheudo
pignore (quod in L. 4 C. h. t, dicitur vulgare pactum) creditor non
^erit debitoris negotium, sod gerit negotinm suum: ita non est causa,
cur invitus cogatur debitor delegatione croditoris niutare actionem, ct
alium sibi admittere debitorem : alitor ac si creditor gcssiaset debit^)ris
negotiuni ; nee eius culpa argui posset ». Egli cerca di togliere rapi)a-
rente contradizione fra la L. 42 e la L. 24 ^ 2 h. t, cosi: « His non
resistere Ulpiaxum facile intelligetur: cogitantibus, duplicem esse diibi-
tationeni ; vnam^ an creditorom oporteat debitori re<ldero snpcrtiuum
pretii : alteram , quando oporteat creditoreni debitori superfluuin reddere.
Ad priorem quaestionem respondet Pap in i anus d. L. 42 ad postcrioivni
Ulpianus d. L. 24 ^ 2. Ait igitur Papixiaxus, creditoreni teneri, de-
l»itori reddere superfluumj nee posse invito debitori delegare noinen eai-
toris. Ulpianus vero ait, creditoreni non esse obligatuin, debitori siiper-
liunm pretii restituere ante, quam id ab emtoreexegerit: prop terea, qnod
non debet id de suo solvere. Quodsi debitor I'ecuset exspectare eintoris
solutioneni, scilicet, quod suspecta ei ait creditoris negligentia, pos^e a
creditore accipere niandatas actiones, quibus ipse ad versus enitorem ex-
periatur». Anche Vf)ET in Comm, ad Pand,, A. f., ^ 4 e Pothikr in
Pandect. Iitstin,, tom. I, h. t,, n. XX, note g, h, d^no senza esitare
la loro approvazione alia con-ezione di Cuiacio. Nei Basilici queste ul-
tinie parole non si trovano.
"•*) Comm^ntar. in jn'iores XIII Uhros ex XX Qua^estion, Q. Cerviuu
ScAEVOLAE, Tract. II ad L. 51 D. de pecuUo, J 7, in Thes. Meermanx*
torn. II, pag. 399.
V) Quae fit ex facto: Mom m sex.
DE PIGNEEATICIA AOTIONK 393
lolia diraostrato con motivi fondatisslmi: «Ego ex iuris principiis, —
4igli dice — recte conveuire Papinianum cum Ulpiano existimo,
si advertamus, regnlam supm dictani, quae affirmat, euni, qui te-
iietur, quia babet actionem, liberari, si earn maudare velit: ita
aiccipiendam, si, qui liabet actionem, nullo alio iuie teneatur; quod
si alio iure insuper obstrictus sit, veluti ex propria negligentia,
si praestare velit actiones, audiendus non est: quod est expressuni
in L. 21 § ult. D. de neg, gent. L. 60 § servum D. locali, L. 8
4 ult, D. Mandati. Hinc si creditor iure suo pignus vendat, et di-
lationem emtori modicam forte, vel necessariam ad solutionem
€oncedat (quod i>otest, quia cum debitoris sit velut procurator
in pignoris venditione. L. 29 D. fam. ercisc. non tenetur semper
praesenti pecunia vendere, argum. L. 1 § 1 D. cZe except, rei vend,
L. 5 § item si institor 15 D. de institor. act. quod ins, quia in
l>ignore iudiciali non recipitur L. 15 § 7 D. de re iudic. necessario
uterque textus de pignori conventionali intelligi debet) multum
interest, an agam contra creditorem pro superfluo intra tempus, quo
ipse neque recuperavit ab emtore, neque est in culpa, cur non
recuperaverit, an iam postquam est in culpa, cur non exegerit, ve-
luti post transactum tempus ad solvendum datum. Primo casu
recte Ulpianus, non esse urgendum ad solutionem creditorem,
qui pignus vendidit, imo debitorem expectare debcre, ut emtor
solvat, aut si non expectet, mandandas ei actiones, affirmabat;
quia cum simus intra tempus ad solvendum datum, creditor, qui
non exegit, non est in culpa, sed tenetur tantum, quia liabet ac-
tionem; quodsi paratus sit praestare, absolvetur ex regula supra
tradita. At vero si creditor negligenter se gessit in pretio pignoris
exigendo, imo tantum temporis elabi ])assus est, ut iam usurae
debeantur: si velit emtorem delegare, audiendum non esse, optime
Papinianijs respondet; quia iam non tantum, quia liabet actionem,
sed quia in non exigendo negligentiam admisit, debitori tenetur
diet. L, 21 § ult. de negot. gest. Nam quamvis in venditione, quae
fit ex facto ipso venditionis, suum creditor negotium gerat, hoc est,
sui lucri causa, non autem debitoris, ut sic non videatur ex pro-
pria negligentia teneri: nihilominus pro superfluo, quod restituere
GlUck. Comm, PanUetle. — Lib. XIII. — 50.
394 LIBRO Xni, TITOLO VII, § 873.
debet, immo uiagis ex propria negligentia tenebitur ad snperfluuio
cum iisiiris restituenduni, ut in siiuili elegantor docet Ulpianuj*
ill L. 6 § Sed et si quis negoUa mea 2>. de negot. gest. ».
Con qnesta spiegazione del ginrista spagnuolo concorda anclie
lo scoliasta greco dei Basilici '**), il quale alia L. 42 osserva;
TaOra vo)77^s/, vj^ol y.rjLT.cf. a.iy/i^oLi. i. e. hoc ita inteUigendum est^
si culpa eius arguatur ^).
Se tuttavia accade che per un seniplice caso il compratore di-
venga insolvente senza die per questo )K)ssa darsi fondatamente
colpa di negligenza al creditore, non e il creditore clie deve soi>-
portare qiieato danno, ma inveee h il debitore clie resta obbligato
verso di lui fin clie il debito vien pagato. Cosi Paolo ci insegna
alia L. 9 pr. D. de distract, pignor.^ 20, 5 ove dice: « Quaesitniu
est, si creditor ab emptore pignoris pretium servare non i>otai8set,
an debitor liberatus esset. puttivi, si nulla culpa imputari credi-
tor! possit, manere debitorem obligatum, quia ex necessitate facta
venditio non liberat debitorem nisi pecunia percepta ».
§ 873.
Obblighi del debitore.
61i obbliglii del debitore pignoratizio riflettono:
I. II risarcimento di qualsiasi danno die il creditore abbia sof-
ferto in oecasione dell'oppignoramento. Cos'i, se il debitore sostitui
fraudolentemente un'altra cosa a quella die aveva promesso di dare
in pe^uo al creditore, o consegnb una cos:i difettosa, od altrui, o gia
oppignorata ad un altro. Se sia cib avveuuto per parte del debi-
tore scientemente o no, questo non intiuisce quanto alPobbligo
suo di risarcire il creditore; ma questa distinzione acquista ini-
portanza solo quando si tratta di conoscere se il debitore si sia
reso col pe vole di stellionato.
'*') Toin, IV, pag. 30 in fim» e segg.
^) Cfr. Hrimbach, Bas.^ Ill, png. 65.
DE PIGNEEATICIA ACTIONK 395
Tiittavia Pobbligo al risarcimento vien meno allorquando il
creditore accetta in pegno una cosa ch^egli sa appartenere ad
altri, od essere stata precedent^mente oppignorata ad altri, o qiiando
la cosa gia oppignorata ad altri 6 di valore cosi significante da
poter garantire snfficientemente anclie il secondo creditore. Evi-
dentemente iu qucsti casi non puo parlarsi dl risarcimento anclie
86 il primo creditore fa valere il suo diritto di pegno. I seguenti
passi servono a confermare questi principi.
L. 1 § 2 D. /t. <.: « Si quis tamen, cum aes pignori daret, adfirmavit
hoc aurum esse et ita pignori dederit, videndum erit, an aes
pignori obligaverit et numquid, quia in corpus consensum est,
pignori esse videatur: quod raagis est, tenebitur tamen pignera-
ticia contraria actione, qui dedit, praeter stellionatum quern
fecit ».
L. 36 pr. D. eodem : « Si quis in pignore pro auro aes subie-
cisset creditor! , qualiter tcneatur, quaesitum est. in qua specie
rectissime Sabinus scribit, si quidem dato auro aes subiecisset,
furti teneri; quod si in dando aes subiecisset''), turpiter fecisse,
non furem esse, sed et hie puto pigneraticium indicium locum
habere, et ita Pomponius scribit. sed et extra ordinem stellio-
natus nomine plectetur, ut est saepissime rescriptum ».
§ 1 eiicsd, L.: « Sed et si quis rem alienam mihi pignori dederit
sciens prudensque vel si quis alii obligatam mibi obligavit nee
me de hoc certioraverit, eodem crimine plectetur. plane si ea res
ampla est et ad modicum aeris fuerit pignerata, dici debebit
cessare non solum stellionatus crimen, sed etiam pigneraticiam et
de dolo actionem, quasi in nuUo captus sit, qui pignori secundo
loco accepit ».
L. 16 § 1 D. eodem: « Contrariam pigneraticiam creditori ac-
tionem competere certum est: proinde si rem alienam vel alii
pigneratam vel in publicum obligatam dedit, tenebitur, quamvis
et stellionatus crimen commit tat. sed utrum ita demum, si scit,
"') Nei BaMlici, torn. IV, pag. 12 h detto: ci ok i^hvfi^j iiziBiCixz 'o
pr^uTouv \jTtAkyoL\gv ,• i. e. sed si auro duntajcat ostenso aes snbiecerit.
396 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 873.
an et si ignoravit! et quantum ad crimen pertinet, excasat igno-
rantia: quantum ad contrarium iudicinm, ignorantia eum non ex-
cusat, ut Marcellus libro sexto digestorum scribit. sed si sciens ere.
ditor accipiat vel alienum vel obligatum vel morbosum, contrariuii>
ei non competit ».
L. 32 D. eodetn : « Cum debitore, qui ab'enam rem pignori dedit,
potest creditor contraria pigneraticia agere, etsi solvendo debitor
sit » '').
Se il creditore lia soiferto danni dalla cosa stessa rilascia-
tagli in pegno; se, per eseuipio, il cavallo dato in pegno lia ar-
recato danno in un modo non abitnale alP istinto di qnesta
razza di animali, senza occasione o col pa alcuna per parte del
creditore; allora importa couoscere se I'oppignorante era a tal ri-
gaardo scevro da qualsiasi colpa, o se tacque al creditore il vizio
della cosa a lui pur noto. Nel primo caso il debitore puo abbandonare
al creditore la cosa oppiguorata in luogo di risarcirlo del danno;
nelPaltro, invece, non gli ^ lecito questo ripiego, mentre il cre-
ditore puo pretendere con diritto il risarcimento; come apiiar
cliiaro dal seguente passo di Afkica>'o:
L. 31 D. h. t.: « Si servus pignori da tus creditori furtum facia t,
liberum est debitori servum pro noxae deditione relinquere: quod
si sciens furem ingnori mihi dederit, etsi paratus fuerit pro noxae
dedito apud me relinquere, nihilo minus liabiturum me pigneraticiam
actionem, ut indemnem me praestet ».
Questa stessa decisione trova applicazione anclie in tutti gli
altri contratti quando vien rilasciata ad altri una cosa che arreca
danno '%
'•) I Basilici^ torn. IV, pag. 12, non hanno Veisi, tradncono invece
coa\ il passo: eav svttojOoc ctt'iv 6 aXAor^otov ev£^y^aTa?, fivayerat ti? jreoe
ive;<v/9wv a-ywyvf; i. e. 81 solvendo sif^ qui rem aUeiiam pignori dedit, actiotte
pigneratitia tenctur,
^») L. 26 $ 7 D. mandaii, 17, 1 ; L. 45 D. locati, 19, 2; L. penult.
C. de commodato, 4, 23; L. 21 $ 2 D. de act. rer. amot., 25, 2; L. 5H
pr. D. de aediL edicto, 21, 3, L. 61 $ 2 segg. D. de fvrtis, 47, 2. Vwli
lac, CuiACio ad Africanvm, tract. VIII ad L. 31 D. de pignerai* axi., ^
VVestphal, Dir, di pegnOj J 26, not. 44.
DE PIGNEBilTICrA ACTIONB 397
II. n (lebitore risponde anclie dei danni die egli stesso ha
cagionato con il deterioramento della cosa oppignorata, anche Be
il danno sia avvenuto in conseguenza di un atto cui il debitore
era aatorizzato. Marcello ce ne di\ Pesempio seguente nella L. 27
D. de pignor.j 20, 1 :
« Servnm, quern quis pignori dederat, ex lovissima oflfeusa
vinxit, mox solvit, et quia debito non satisfaciebat, creditor mi-
noris serviim vendidit: an aliqna actio creditori in debitorem con-
stitnenda sit, quia crediti ipsius actio non sufficit ad id quod
deest persequendumf quid si eum interfecisset aut eluscassetf
ubi quidem interfecisset, ad exhihendum tenet ur: ubi autem elus-
casset, quasi damni iniuriae dabimus actionem ad quantum inte-
rest, quod debilitando aut vinciendo persecutionem pignoris ex
inanierit. ftnganius nullam crediti nomine actionem esse quia forte
causa ceciderat: non existimo indignam rem animadversione et
auxilio praetoris. Ulpianus no/a^ ; si, ut creditor! nocerot, vinxit,
tenebitur, si merentem, non tenebitur ».
A chiarimento di questo passo bisogna notare clie uno s<».liiavo,
il quale per una mancanza era stato incatenato e punito dal suo
padrone, aveva in seguito a cio perduto molto del suo valore in
commercio. Qaindi il padrone alPatto della vendita dello schiavo
non doveva tacere anche questa circostanza, se per caso il com-
pratore giA» per s^ non la conosceva ***).
Nel caso di cui parla Marcello il padrone aveva immerita-
mente punito il proprio schiavo, che egli aveva oppignorato al
suo creditore, e conseguenlemente aveva fatto diminuireil valore
dello schiavo stesso in modo tale che alia vendita il creditore non
pot^ essere interamente sodisfatto con la esigua somma ricavatane.
Quindi si faceva questione se il deterioramento dello schiavo com-
messo dalUoppignorante non desse fondamento per %h solo ad una
azione, quand' anche I'azione di debito si fosse nel frattempo
•°) V. L. 48 $ 4 D. de aedilit. edicio, 21, 1. Gio, Suarez de Mkndoza,
Cmnmentar. ad legem AquiJianif lib. II, cap. Ill, sect. II, n. 45 (in Thes*.
M^erman^ torn. II, pag. 124).
398 LiBRO xni, TiTOLO VII, § 873.
estinta ^^). Mabcello decide affermativamente la qnestione, e nel
caso in cui il debitore abbia iicciso lo scbiavo d^ al creditore
Vactio ad exhibendum; ove poi gli abbia cava to un occbio o rotto
qualche membro Vactio legis Aquiliae, e pi-opiiamente Vutili^, percbe
Pazione diretta compete soltanto al proprietario ").
Ulpiano su questa decisione osserva ancora che se lo scbiavo
avesse nieritato tale pimizione, se, per eseinpio, il padrone lo
avesse colto in adulterio con la propria moglie *'), il debitore non
dovrebbe rispondere dei dnnni che ne fossero derivati pel creditore.
III. Inoltre il debitore h obbligato a risarcire il creditore,
quando questi in segnito all'alienazione del i)egno ed in base a
motivi speciali debba esser tenuto ad una prestazione pel caso di
evizione, purcbe non lo si possa incolpare di dolo o colpa.
Ulpiajjo decide iin caso analogo nella L. 22 § 4 jy.depigtwrat.
act.: « Si creditor cum venderet pignus, duplam proraisit (nam
usu hoc evenerat et conventus ob evictionem erat, et condem-
natus); an liaberet regressum pigneraticiae contmriae actionis! et
potest dici esse regressum, si niodo sine dolo et culpa sic vendi-
dit et ut paterfamilias diligens id gessit: si vero nulliun emoln-
mentum talis vendilio attulit, sed tanti vendere quanto vendere
l)otuit, etiamsi haec non promisit, regressum non habere » *).
In pratiea, cio^, si era presentato il caso che il creditore al-
I'atto della vendita della cosa oppignorata avesse promesso il
duplum al compratore in caso di evizione. 11 creditore in base a
*^) Nei Baftilici, torn. IV, pag. 40 6 detto: Ti yap on soBipin n «V*t
Tw Xi°"' aywy^; i. e. quid enhn si actio crediti interieritf
**) I Basilici, loc. cit., hanno: tw axouiXiw ourtXiw.
*^) V. SuAREZ DE Mendoza, Commentar. ad leg. Aquihf loc. cit., pa-
gina 121, n. 28 segg.
o) La L. 22 all» quale appartlene qncsto franimento, come anche i fr. 24
h. <. ;18, 3, 3; 50, 17, 45, tiitti di Ulpiano, trattavano della ./!dtf«m. II J 4 ci-
tato prova che il creditore iidiioiario non era tenuto a vendere con garanzia;
egli h tennto per I'evizione, solo Be ha promesso di garantirei e in tal caso
pu5 rivol);ersi contro il debitore, se aveva interesse a garantire, per vendere a
maggior prezzo. Un chiaro riassunto degli stiidi del Lknrl sui testi del tit.
de pign. act. v. in Appleton, Interpolations ^ pag. 151.
DE PIONERATICIA AOTIONE 399
cio, essendosisussegiientementeavverata Vevizione, era stato chia-
inato in giiidizio e, in coiiformitd; alia sua prornessa, anche condan-
nato. Sorgeva diinque qin».8tione se ed in quanto gli si potesse
concedere, in base a cio, il regresso contro il debitx)re.
Ulpia.no distingue se il creditore nel veudere il peguo lia
usato la prudenza e 11 diseeruiiucnto necessari ed lia cosi al tempo
stesso pensato alPutile del debitore, oppur no.
Nel priiuo caso, e se il creditore si e, nell'alienare il pegno,
assunto il i)aganiento del duplum appunto perclie senza questa
condizione egli non avrebbe potuto effettuare la vendita o non
I'avrebbe coinpiuta altrettanto vantaggiosaniente; non gli si pub
negare assolutamente il regresso. Giaccbe in questo caso non gli
si pn5 affatto incolpare, avendo egli il diritto di farla, la conget-
tura cbe il debitore non gli avrebbe oi)pignorato una cosa altrui.
Ed inoltre il couipratore, senza quella i)roines8a per i>arte del cre-
ditore, avrebbe potuto cliiainare in giudizio lo stesso debitore **).
Se invece il debitore non ba ritratto alcun vantaggio dalla
promessa del creditore, perclie la cosa si sarebbe potuta A'en-
dere senza difficoltti per il prezzo datone dal compratore anclie
quando il creditore non si fosse obbligato al riniborso del doppio
del prezzo di acqnisto in caso di evizione, allora il creditore non
pub conseguire alcun risarciuiento del duplum, da parte del debi-
tore perclie qui Pobbligazione del creditore non era necessaria.
Consegueutemente non si pub pretendere cbe il debitore sopporti
le couseguenze svantaggiose di una x)rouiessa clie ne a lui ne al
venditore poteva sotto alcun rispetto .tornar utile ^').
II creditore non i)ub dunque in questo caso pretendere dal de-
bitore altro die il pagaineuto del debito. come dice Trifonino
nel passo immediatamente seguente a qiiello, e cbe con quello sta
nella piii stretta connessione — L. 23 eodem:
^•) L. 11 $ 16 D. de act. e. et r., 19, 1 ; L. 10 D. de distract, jyu/nor.j
20, 5 ; L. 74 ^ 1 D. tf€ eviction. , 21, 2; L. 1 Cod. creditor, eviction, pi-
ynoris non deb., 8, 45.
*'•) V. Franc. Duareno in Conunentar. ad h. tit., cap. 9, Oper., pa-
gina 967, e Thibaut, Soijyi su simjole parti della ivoria del diritto^ y. I,
studio 6.®, p«g. 89 segg.
400 LTBBO XIII, TITOLO VII, § 873.
«nec enim amj^lius a debitore quam debiti sumina consoqiii
poterit. sed si stipulatio usuraruin fuerat et post quinquennium
forte, quani pre ti urn ex re obligata ^) victus earn (sc. duplam)
emplori restituit, etiam medii temporis usuras a debitore petere
potest, quia nihil ei solutiun esse, ut auferri non possit, palain
factum est : sed si simplum praestitit, doli exceptione repellendiis
erit ab usurarum petitione, quia habuit usum pecuniae pretii, quod
ab emptore acceperat».
Qui Trifonino distingue ancora due altri casi: l.<» quando il
cieditore nelPalienare il pegno ha pioiuesso al compratore la re-
stituzione del prezzo d'acquisto con gli interessi, in caso di evi-
zione. Questo caso e espresso nelle parole: si sHpulatio usurarum
fuerat ^%
2.^ Quando il creditore ha promesso al compratore delpegno
di restitiiirgli il solo simplum, cioe il prezzo di acquisto senza
interessi, e lo ha effettivamente i)agato nel caso verificatosi di
evizione (« sed si simplum praestitit ») ^^).
^^) £ completanioiite sbagliato riferire qneste parole al caso in ciii il
credit/>re nel dare a prestito il capitate si c fatto promettei« dal debi-
tore, con stipulnzione, gl'interessi. Perclife in quepto caso es&endo avve-
luito I'oppignoramento, sarebbe stato snfficiente il seinplice pactum,
L. 11 $ 3 D. h. t.; L. 37 D. de usims, 22, 1 ; L. 3, L. 4, L. 5, L. 21
Cod. eodem; L. 5 \S 2 D. de solut,, 46, 3. Oltreche si HJirebbe dovuto
dire : */ stiptilatus usuras fuerat. E veramente Haloandro legge cosl, e
lo hanno seguito Vintimill, edit, Pandectar,^ Parigi 1548, 8 e Hevilaql-a.
edit, Venetay 1549. Del resto essi, col iiiutare la lezione, mentre tiitti i ma-
noBcritti vi si oppongono, lian dato a vedere di non aver capito qiiesto
passo. Tan to meno Trifonino parla del caso in cni il oreditow nel ven-
dere il pegno, qaalora venga evitto, ha promesso al compratore il doppio
pill gli interessi del x)rezzo d ^acquisto. Tale esempio siu-ebbe inaudito per
la codiiicazione romana, o contrario al suo spirito perche I'altra meta della
dupla convemita per il caso di evizione vale gih come interessi, e non si
I)u6 promettere due volt-e la stessa cosa. L. 57 D. de reg, iur,<, 50,
17j L. 18 D. de verb. obL, 45, 1,
*"') Della stijmlatio simjdi non si fa espressamente menzione nella L. 32
h, t., nia la prestazione qui menzionata non si pu6 intendore senza una
fstipulazioue. L. 8 $ 1 D. /*. f.; L. 59 (k 4 I), mand,, 17, 1 ; L. 1 Cod.
creditorem evict ioneni pignoris non deb.^ 8, 45.
^) « Consecnttis est, diiplae iudicio siiscepto do re obligata ins. ».
DE PIGNEKA.TICIA ACTIONE 401
Nel primo caso Trifonino ritiene equo e giasto che il creditore, il
quale ha promesso al compratore la restltuzione del prezzo d'acquisto
con gli interessi ed ha efFettivamente pagato quest! ultimi per la
sopragginnta circostanza della evizione, possa pretendere dal debi-
tore assieme al capitale anche gli interessi dal tempo dell'alienazione
fino a quello delPevizione **), perch^ il creditore se ha dovuto
restituire il prezzo d'acquisto con gli interessi, non ba ritratto
alcun vantaggio dalla vendita del pegno e conseguentemente pu5
ritenersi clie il debitore sin da quel tempo sia stato per cosi
dire in mora.
'S^l secondo caso invece, poicbfe il creditore pignoratizio ha
restituito al compratore, in causa dell'evizione, il solo prezzo
d'acquisto senza interessi, egli non pub pid assolutamente pre-
tendere interessi anche dal debitore perchfe questi sono sufficien-
temente risarciti dal godimento del prezzo. E poich^ qui gP inte-
ressi vengono iiagati per gli utili che si possono ritrarre dal-
l'imi)iego del denaro, e questi utili, nel caso dato, il creditore
La potuto ricavarli dal prezzo del pegno pagatogli dal compratore,
cosi gli si puo opporre validamente Vexceptio doli se pretende
gli interessi. Ba ci5 si rede come TRrFONiNO sopra tutto abbia
tenuto presente il caso in cui il debitore ha promesso al credi-
tore gli interessi del capitale prestatogli. Ed in questo modo pos-
sono facilmente spiegarsi, ponendole Puna in correlazione con
Paltra, le due leggi nella spiegazione delle quali i giuristi *^) han
trovato difftcolt4 quasi insuperabili.
**) I Basilici cosi spiegano il medium tempus (torn. IV, pag. 9) : —
aTrctttel Si to y^pio^ ^-oli touc to^cou? tov? i? inprarriTtui touc /xcra t<}v npOLdiv
iw? T'^; sxvix-^Tc&i;. i. e. : « Petit autem debitum et uBuras ex stipulatione
•ex die venditionis in diem evictionis*.
**) Cfr. Ant. Fabro, Rational, in Pand., ad L. 23 D. A. t.) Fein.
Bachov, Tr, de pignorib. et hypoth.y lib. Ill, cap. 25, nn. 5e 6; Ant.
Dad. Alteskrra, Eecitat. qtiotid. in Claudii Thryphonini libros XXI
Di»pntation. (Tolosa 1679), torn. I, pag. 51 ; Westphal, IHr. di pegno,
^ 214, nota 238; Thibaut, Saggi, vol. I, diss. 6, pag. 91 Begg.; lo stesso,
Teoria delV interpretazione logica del diritto ramano, ^ 38, pag. 157, notam.
Supplementi al Giornale di letterat. gen.^ anni 1785-1800, n. 36 j e spe-
OlUck. Comm. Pandette. — lAb. XIII. — 51.
402 LIB BO Xni, TITOLO TIT, § 873.
B poichfe il debitore non vien liberato dal sno obbligo verso
il creditore se questi, per Pobbligo assnntosi di rispondere del-
Pevizione, ba dovuto risarcire il compratore del pegno, il creditore
potr^, in case di seguita evizione, sperimentare centre il debitore^
di frente al quale egli pub avere il regresse, o I'aziene con-
traria derivante dal contratte di pegne, e I'aziene di debite prin-
cipale, la quale, in tal case, h per cesl dire richiamata in vita*).
Sar^ preferita Vactio pigneraticia sele quande ci5 clie il creditore
devette pagare per causa delPeviziene superi la semma devuta;
infatti questa aziene tende al piene risarcimentx) del creditore,
mentre la condictio mira selo al i)agamente della semma dovuta.
IV. Ineltre il debitore deve rimbersare il creditore delle spe«e
necessarie, come anche di quelle fatte con il sue censense, o di
quelle utili a quest'ultimo non addebitabili; di queste, per5, solo
quande il creditore non vi abbia preceduto centre il divieto del
debitore. Ma di cio si h gi{\ trattate superiormente ed esaurien-
temente a proposito dei diritti del creditore (V. § 866, pag. seg.).
E finalmente
V. Se il debitore ottiene dal creditore il possesso del pegno
per un determinate scope, in locaziene — per es. — o per un use
rivocabile, egli 6 tenuto, al cessar delle scope, a restituire senza
indugie il pegno**); e se egli lo ha furtivamente settratto alia
cialmente Ed. Enr. Hkydenrkicii, Clatidhts Thrffphonhnts de uire pi-
gnornm, parte I; Comnientat, ad L, ii3 D, de pign. act.y praes. Fanlo
Cristof. Teofilo Andre ae def,^ Vitemberga 1812. ^
*) L. 12 ^ \ Y>. de distract, pigiior.y 20, 5.
*•) L. 22 $ 3 D. h. t.: « Si poat <listnu!tnm pignut debitor, qui pr<>-
cario ro«:avit \el condiixit pignut, possessionem non restitnat, contrario
indicio tenetur». Qui non dal debitore, come intende Wkstphal $ 25,
notA 42, era stato vendut^ il pegno, ma dal creditore il quale lo avev*
dato in possesBo al debitore per Tnao qni indicate. A diritti) quindi il
creditore puo agire contro il debitore per la restituzione del pegno, at-
finch^ po88a poi fame la tradizione al compratore. Hotom an., Observafwn,^
lib. V, c. 12, preferiece leggere cowfracfMw invece di distractum] Bachovio
per6 ha rifiutato, con ragione, tale emendaraento {de pignorib. ei hypoih.y
lib. Ill, cap. 29, n. 9, pag. 278).
D£ PiaNEBATICIA AOTIONE 403
custodla del creditore, si rende colpevole di im furtum posses-*
^ionis ®^).
§ 874.
Azioni derivanti dal contratto di pegiio.
Le azioni derivanti dal contratto di pegno sono:
I. Uactio pigneratieia direcia o azione principale derivante dal
contratto di pegno *^). Qaesta azione compete alPoppigaorante, sia
che egli abbia dato il pegno per nn debito proprio, sia die Pabbia
dato per nn debito altrai ^*), e tanto nel caso in ciii egli sia, quanto
in qiiello in cui non sia, proprietario della cosa ^^). Questa
azione 6 concessa ancbe al ladro ed al predatore perche essi
rispondono di fronts al proprietario ^*). !N"on v' h dubbio che
competa ancbe agli eredi delPoppignorante ^^). La si propone
contro il creditore il quale in virtu del contratto La ricevuto il
pegno ^% talvolta anche contro piti persone con le qnali sia stato
conteraporaneamente conchiuso il contratto®"); e talvolta anche
i'ontro un convenuto che non era stato creditore, o perch^ non
aveva sborsato la somma che aveva promesso di dare in pre-
Btito dopo ottenuto il pegno; o perch^ il contratto di pegno era
Htato conchiuso sotto una condizione che in segaito non si avverd ®*).
•'°) $ 10 I. de ohligat, quae ex delicto^ 4, 1 ; L 4 4 21 D. dc nsurpat.y 41, 3.
^^) V. Leon, Lnd. Mencken, Observationes de actione pigueratitia, Vi-
t^mberga 175S, e Schmidt, Mannale pratico di azioni ed eccezioni gin-
diziall, $ 820 e segg.
^«) L. 13 $ lilt. D. locati, 19, 2} Arg. L. ult. ^ 1 D. ad SC.ttim
YeUejan.j 16, 1.
»3) L. 9 M; L. 20 pr. D. /«. ^ ; L. 11 J 2 D. de pignorib.' et hypoth., 20. 1 ;
Jj. 11 $ 7; L. 12 D. eodem; Voet, Comment, ad Pand., h, /., J 2.
^^) L. 22 f 2 D. /*. t. Vedaai Ant. Fabko, Coniectur. iur. civ., lib. VII,
cap. 19 e Giust. Meier, *Ev«Jo5wv Justinian. Dec, V, cap. 4.
*^) L. 12 Cod. de pignorib., 20, Ij L. 2 Cod. si pignus pignori datum
sit, 8, 23.
®^) 4 ult. I. Quibus modis re contrah, oblig., 8, 14.
»') L. 20 M D. h. t.
^^) L. 11 $ 2 D. /i. ^. : « Si quasi daturus tibi pecuniam pignus ac-
cepero nee dedero, pigneratieia actione tenebor et nulla solutione facta:
404 LIBBO XIII, TITOLO VH, § 874.
L'azione tende : a) alia restituzione del pegno con tutte le i>er-
tinenze ed i frutti '*), al quale scopo si pii6 anche pretendere il
rendimento del conti ^^^) Id quanto perb il creditore non abbia avuto
il godimento dei frutti in forza di patto antieretico aggiunto al
contratto di pegno *); h) ^Ua restituzione del guadagno eventnal-
mente fatto col pegno *), p. es. nel caso in cui il creditore abbia
ottenuto il doppio od il quadruple da clii gli ha sottratto il pegno
furtivamente, purcbe non sia state Voppignorante stesso a perpe-
trare il furto. In questo caso il creditore lucra la pena, perche
il reato dell'oppignorante non resti impunito *). Anche qui ha valore
la regola: poenae non solent repeti, cum depenaae sunt ^). Nel primo
caso, dunque, il creditore deve lasciar computare a suo debito attivo
il guadagno, nel secondo no; come dice Ulpiano nella legge 22 pr. e
§ 1 D. h. t : « Si pignore subrepto fiirti egerit credit9r, totunu
quidquid percepit, debito eum imputare Papiniaj^US confitetur, er
est verani, etiamsi culpa creditoris furtum factum sit. multo magis
hoc erit dicendum in eo, quod ex condictione consecutus est. sed
quod ipse debitor furti actione praestitit creditori vel condictione,
an debito sit imputandum videamus: et quidem non ojiortere id
ei restitui, quod ipse ex furti actione praestitit, peraeque relatum
est et traditum : et ita Papinianus libro nono quaestionum ait. Idem
Papinianus ait et si metus causa servura pigneratum debitori tra-
idemque et pi accepto lata sit pecunia, vel condicio defecit, oh quam
pigmis contractiim est*. V. Bachovio, Ti'acf. de pignorib. et Jiypoth,,
lib. V, cap. 17, pag. 446.
9») L. 18 M D. /a. <.; L. 22 $ 2 D. eodem-, L. 1 et tot. Tit. Cod.
de partu pignoris et om7ii causa ^ 8, 24; L.13;L.29$1 D. depignoHb, ef
hypoth.f 20, 1; V. Pt-TTER, Cast giuridici scelti, vol. II, parte!, n. CXCVIIf :
Ded. 1, J 147 e segg.j Ded. II, $$ 165, 169, 172, 178; Deduct. Ill,
$$ 69, 74, 80, 81 e %^gg.
*^^) L. 1, L. 3 Cod. 11. t. II creditore non deve pei6 render conto sempli-
cemente dei frutti che ha percepito di fatt>o, ma anche di quelli die
avrebbe potuto percepire se avesae adoperato la diligenza di un buon
padre di famiglia. L. 4 cit. Mencken, cit. Diss,, $ 8.
i) VOET, h. t, i 4.
*) L. 21 J lilt. D. de pignorib. et hypoth., 20, 1.
•) V. Franc. Duareno, Comment, ad h. t.y cap. 4, Operum, pag. 961.
3) L. 42 D. de eondict. indebiti, 12, 6.
DB PIGNEEATICIA AOTIONB 405
diderity quein bona fide pignori acceperat: nam si egerit quod
metus causa factum est et quadruplum sit consecutus, nihil neque
restituet ex eo quod consecutus est nee debito imputabit » ^).
II passo di Papiniano, a cui qui si richiama Ulpiano, trovasi nella
L. 80 (79) de furt., 4:1 y 2 ove k detto: « Si debitor pignus subripuit,
quod actione furti solvit nullo modo recipit ». Per5 Ulpiano
non ha solo in mente Vactio furti, ma anche la condictio furtiva ;
questa e una condictio incerti *) perch^ la condictio certi compete
solo al proprietario ^). Entrambe, Vactio ftirti e la condictio furtiva y
competono al creditore pignoratizio tanto se la sottrazione 6 avve-
nuta per parte di un terzo quanto se per parte del debitore stesso }
con la differenza, pero, che nel primo caso si guarda al valore
della cosa, nel secondo solo alia somma cui ascende il debito,
quand'anche il pegno debba avere un valore maggiore. Paolo lo
dice chiarament^ nella L. 88 (87) D. de furtisy 47, 2: « Creditor!
ai:tio furti in 8upi7nam pignoris, non debiti competit. sed ubi de-
bitor ipse subtraxisset pignus, contra probatur, ut in summam pe-
cuniae debitae et usurarum eius fiirti conveniretur ».
B di vero la condictio furtiva mira al simplum: Vactio furti
al doppio od al quadruplo; h perb molto controverso fra gli in-
terpreti se il creditore debba lucrare anche cio che ha ottenuto
dal debitore con la condictio furtiva incerti. 6id» i Glossator!
erano di varia opinione su questo punto. Azon£ non esitb a ri-
spondere affermativamente alia questione; lo seguirono Acgubsio
e gli altri quasi tutti: solo Irnerio la pensava diversamente ;
OuiACio *) si uni ai primi. 11 ragionamento fondamentale su cui
basasi questa opinione h che il creditore il quale ha ottenuto dal
suo debitore il quadruplo con Pazione « quod metus causa », non
<) L. 12 J 2 D. de condict. furt., 13, 1.
^) L. ID. eodem. V. questo Commentario, parte XUl, i 838, pag. 218
e segg.
^) Hedtat. ad lib. IX Quaestionum Papiniani, h, I.
c) Salla interpolazione di questo frammento, y. ApplbtoK; 1. o.
406 LIBBO Xin, TITOLO VII, § 874.
X)ii6 i>ermettere clie poi se ne dediica a sue debito un simplum,
l>erch^ allora la pena con questa azione ^ sostanzialmente del tri-
plum ').
Fra i inoderni anche Westphal. ^) conforta del suo appoggio
qiiesta opinione. Si credo, dunque, di trovare qui un caso in
cui 11 creditore e costretto a pretendere due volte la stessa cosa.
II creditore otterrebbe una x^rima volta il suo credito, in seguito
al fnrto del debitore, col mezzo della condietio furtiva; poi egli
lo otterrebbe aucora uu'altra volta x^articolaruiente col mezzo del-
I'azione derivante dallo stesso fondamento giuridico da cui si ori-
ginb il debito. Ma, appunto partendo da questo fondamento, altri,
fra cui meritano di esser qui particolarmeiite citati Antonio
Fabro'), Giano da Costa *°), Antonio Schulting **), e Roberto
Oiu8. PoTHiER ^*), vi si oppongono; e con ragione. Poiche senza
dubbio la condizioue e sempliceniente un^ actio rei persecutoriUj la
quale e ri volta contro il debitore per il pagamento del debito con
gli interessi, ]>roprio come la stessa actio dehitij ed incio sta sem-
plicemente V iuteresse del creditore *), se il creditore non pu5 de-
trarre dal debito quauto lia conseguito con questa azione, e cLiaro
<;he egli con Pazione di debito cbiede ancora ima volta la stessa
cosa. Ma cib e assolutamente contrario alle leggi. Non solo Gajo *^)
dk la regola generale : « bona fides non patitur ut bis idem exi-
gatur»; ma anche Paolo (L. 51 § 1 D. de re iudicatay 42, 1) dice
cbiaramente che il debitore h sciolto dal suo obbligo quando 11
creditore ba ottenuto Vinteresacj come conseguenza del principio:
« iniprohum esse euniy qui velit iterum consequl, quod accepit >.
<3ome puo dunque aver ancora luogo Pazione derivante dal con-
'') L. 14 ^$ 9 e 10 D. quod metua causa, 4, 2.
*) Diritto di pegno^ ^ 19, n. 35.
*) de errorib, praymaticor., decad. LXXXI, err. 3.
***) Commentar. ad Insdtut. ad § 10 L de obligation, quae ex delicto
nascuntur, pag. 480.
") Thes, cotttroversar.f decad. L. p. 6.
^^) Pandect, lustin., torn. I, /*. <., n. X, nota c, pag. 395.
*) L. 21 ^ 3 1). de pignoHb. et hypoth., 20, 1.
*^) L. 57 D. de reg. turn, 50, 17.
DE PIGNEBATICIA ACTIONlfl 407
tratto di debito se il creditore, con la condictio furtiva, ba gih com-
pletamente ottenuto il 8uot O, come assai ^nstamente dice Ant.
Fabro *^): « Qui fieri potest, ut quicquam adbiic intersit eiiis, qui
iam id omne sit conse^utus, quod sua intereratf Aut ut ei, cuius
nibil amplius intersit, salva nibilominus supersit actio pecuniae ere-
ditae? Tritura enini est, neque actionem neque exceptionem saltern
efficacem ei dandam esse, cuius nibil interest, cum et obligationes
et actiones et exceptiones ad hoc tantum comparatae sint, ut unus-
quisque quod sua interest, vel acquirat vel consequatur » **). Ap-
punto per questo ancbe Ulpiano nella L. 22 pr. cit., dove insegna
che il creditore non ^ tenuto a restituire ci5 cbe ha conseguito
dal debitore per il furto cbe questi ba commesso, parla espres-
samente della sola actio furtu Di questa, cbe h una vera e propria
azione penale, ancbe Papiniano fa monzione solo nel luogo ^*) a cui
qui si h riferito Ulpiano, e Modestino i)one la regola: L. 74
D. de solution.^ 46, 3: « Id quod poenae nomine a debitore exactum
est, lucro debet cedere creditoris». Cbe non possa ammettersi una
concorrenza cumnlativa della condictio furti e delPazione di debito,
risulta ancbe da questo: se un terzo ba sottratto alia cnstodia
del creditore il pegno, e il creditore ba agito contro il ladro con
Vactio furti, Ulpiano conformemente all'opinione di Papiniano,
affernia die il creditore debba detrarre dal debito quanto ba
conseguito dal ladro e restituire il rimanente, sebbene egli stesso
non sia immune da colpa per il furto; e quindi abbia uninteresse
a cio, percbe deve risponder del valore di fronte al proprietario.
A pill forte ragione ci6 dovrebbe valere ancbe per la condictio
fvrtivaj percb^ non era in luogo di pena quello cb'egli riceveva con
Vactio furti mentre e il suo credito quello cbe consegue per mezzo
della condictio furtiva. Questo perb non gli si puo pagare due volte.
Motive cosi cbiaro, cbe CJlpiano quando in seguito spiega il caso
in cui il debitore stesso ba commesso il furto, non ritiene neces-
sario agire per conseguire qualcos'altro con la condictio furtiva,
^0 I)e errorib. praf;maticor,, decad. LXXXI, err. 3.
^5) L. 3 $ 1, !-«. 38 M7 D. de verbor. obligatwnib., 45, 1.
*«) L. 79 D. de furtis, 47, 2.
408 LEBBO Xni, TITOLO VII, § 874.
ma si limita seinplicemente alFootto furti della quale soltanto par-
lava anche Papiniano. Con cio si spiega ancbe perche al creditore
non si tenga conto di quel che ba ottenuto dal debitore con Vactio
quod metus caunaj poiebe ancbe questa azione prende il carattere
di un'azione penale quando il convenuto si rende colpevole dl
una inobbedienza ^^). Ora quantunque nel quadruple, cui il con-
venuto per mezzo di questa azione puo esser condannato, 8ia com-
preso ancbe il simplum, pure in quanto questa e un'azione pe-
nale e la si propone contro il debitore pignoratizio, non se
ne tiene alcuna ulteriore considerazione, x>ercb^ h una regola
generale queUa dataci da Gaio, nella L. 46 D. de div, regulU
iuris, 60, 17 ove dice: « Quod a quoquo poenae nomine exactum
€st, id eidem restituere nemo cogitttr».
Con ragione, quindi, Giano da Costa dice: « Manet ergo certmii,
creditorem reddere, aut imputare id onme, quod accepit ab ex-
traneo, quod autem ab ipso debitore, ita demum, si egerit eon-
dictione furti va, non si actione furti, quae poenalis est ».
Finalmente con questa spiegazione concordano ancbe i Basi-
7ici **), nei quali vien detto : Et cJe 6 )(^pgo)7rY}; xXetpst, fj Xd^in ^a'i
QOfSov TO hiyypov^ OTiep y.aXjJ ttc'^tci 6 dAVKtyrr,^ >5v et5 iyiyyozy
/3f/Swy, rezpoLnlovy, ozep i'j Tzapxvyjri dii rr,i ini xXoTTp iyoiyri:,
r, TVii iiri rft $ti ^6^c\f cLirict oiyfMiyriiy ouy. ivcO.aLiL^divBi, cxjrt ei;
TO y^pioi avTov y.oyiXsroLi, i. e. « si vero ipse debitor subripuerit,
vel metns causa pignus acceperit, quod bona fide creditor pignori
acceperat, quadrupluiu, quod praestiterit per actionem furti, vel
quod metus causa, non recipit, neque in debitum imputatur * %
Ora, quantunque ancbe qui non si trovino tradotte le parole: vel
eondictionc, che sono nella legge 22 pr. D. h, t., non pub tuttavia
per cio sussistere alcun motivo sufficiente per ritenerle con Ant
Fabbo *•) un^aggiunta inconsiderata di qualcbe interprete. L'ar-
^•) ^ 25 I. de nctionib., 4, 6.
'») Tom. IV, pag. 8.
^'*) De errorih, praijmaticor., cit. loc, err. 4.
rf) Cfr. Heimbach, /?a«., Ill, pag. 61, XXII.
DE PIGNEBATICIA ACTIONK 409
^i^omento che la condictio furtiva non possa opporsi da un non pro-
prietario contro lo stesso proprietario, per lo meno non ba peso,
come Ulrieo Hubek *^) ha giA notato contro Fabb-O. La concor-
danza di tutti i manoscritti e le edizioni non ci permette pin di
ilubitare della autenticit^ di quelle parole.
U actio pigneraUcia directa tende inoltre:
c) al risarcimento di qualslasi danno cagionato dolosamente,
o con una colpa di cui si sia tenuti a ri8i>ondere (§§ 807 e 868);
non meno cbe alia prestazione dellMnteresse, se il creditore, col
vendere 11 pegno, ba agito fraudolentemente '*).
Einalmente:
d) alia restituzione delPeccedenza, con gl'interessi se il cre-
ditore Pba x>restata ad interesse, o Pha adoperata a suo vantaggio *').
Tuttavia Tazione non ba luogo se il diritto di pegno del creditore
non h venuto meno, o niediatamente con Pestinzioue completa
del debito, o immediatamente per se stesso, quantunque Pobbliga-
zione di debito perduri.
Infatti fu gii\ superiormente dimostrato (§ 871) cbe possono darsi
dei casi in cui il pegno puo ripretendersi quantunque il debito
non sia stato ancora pagato, o non sia ancora interamente estinto;
percio Ulpiano alia L. 9 § 3 D. h. U &k la regola: « Omnis
pecunia exsoluta esse debet aut eo nomine satisfactum esse, ut
uascatur plgneraiicia actio, satisfactum autem accipimus, quemad-
niodum voluit creditor, licet non sit solutum »; regola che il Ba-
OHovio '^) pill brevemente cosi spiega: Soluto vinculo pignoris,
nasci et competere actionem pigneratitiam, Se Poppignorante ba agito
prima del paganieuto del debito, qualora non sia possibile por fine
al diritto di pegno del creditore altrimenti che con Pestinzione
*^) Ennomia ram, ad L. 22 pr. D. /*. <., $ 2, pag. 543.
*') L. 4 C. de distract, pignorib,^ 8, 27; Voet, Comment, ad Pand.,
h. ^, $ 4 e 5.
") L. 6 J 1» L. 7, L. 24 $ 2, L. 42 D. /*. t. Al debitore non spetta
un'azione reale per ottenere Peccedeiiza, qnand'anche cod tale eccedenza
il ci'editore si fosse acqniRtato un fondo; come stabilisce la L. 20 C. de
dhfracf, pignor., S, 27. V'edi Westphal, Diritto di pegno, } 256.
*■*) Tr. de pignor. et hgpoth., lib. V, cap. 16.
Gi/:cK. Cornm. Pandette. — Lib. XIII. — 52.
410 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 874.
del debito stesso, non potri^ ancora aver luogo I'azione. Ma Perroiv
im5 sanarsi se Pattore, durante il giudizio, offre giudizialment^ la
Bomma e la deposita; in questo caso il creditore puo essere con-
dannatx) alia restituzione del pegno ed alia prestazione dell' inte-
resse **).
Del resto, Vactio pigneraticia directa presnppone propriamente
un contra tto di pegno; tnttavia le leggi la concedono, nei rigaardi
degli obblighi personal! del creditore pignoratizio, anclie in altri
casi in cui il creditore lia consegtiito un diritto di x>egno senza
tale contratto, ed in virtCi di quel diritto lia ottenuto il jiossesso
del pegno. Casi tali sono i segueuti: a) quelle in cui il creditore
abbia ottenuto il possesso del x>egno con Pazione iiKitecaria, e dalla
vendita del pegno abbia ricavato una somina uiaggiore di quella
per cui gli fu oppignorata la cosa. Tanto il creditore iiwtecario,
quanto il creditore pignoratizio (con pegno manuale — Faxistpfand-
glliuhiger) non possono far i)ropria qnesta eccedenza *^) ; ft) quando
il creditore ipotecario nell'esercizio del diritto di ritenzione vieu
incoliiato di inancanza della cura necessaria e della custodia del
pegno *°); c) quando il creditore al quale spettava un legittinio
diritto di pegno suUa cosa e stato conipletainente sodisfatto. QoA
— per esempio — colui clie lia preso in locazione un praedium
tirhamim, se vuole andar via do])0 aver conipletamente estinto il
debito derivante dal contratto di locazione e il locatore non vuol
consegnargli le cose sue sulle quali quest'idtimo aveva un legittinm
diritto di pegno, pu5 intentare contro il uiedesinio Pazione pigm-
raticia directa *'). II Bachovio *^) ha luminosamente dimostrato
che sotto questo punto di vista non vi fe Mcuna differenza tni
pignus ed hypotheca. Tale azione pero si suol cliiamare in questi
*'*) L. 9 ^ ult. I), h. i.: € Qui ante sohitionem egit pigneraticia, liftt
non recte egit, tamen, Ri offcrat in iadicio ])ecuniaTn, debet rem pigiM*-
ratani et quod sua interest consequi ». Vedi Westphal, IHritto (h
pegnoj J 255, nota 287.
*^) V. Bachovio, De pignorib. et ht/poth.^ lib. V, cap. 18, pag. 450.
") L. 34 D. de damno infecto, 39, 2.
«') L. 11 4 5 D. h. t.
") Cit. loc, pag. 451.
J
DE PIGNEBATiriA ACTIONK 411
casi ima actio pigneraticia utiHs '^). Ma XJLPiANOy al quale qui si
& ricbiamo, nella L. 5 § 21 D. Ut in possessionem legator. 36, 4
dove dice: « Quin immo et si am})lius qnam sibi debetur perceperit
legatariiis, exemplo pigneraticiae actionis etiam utilis actio ad id
refundendnm dari debebit », intendo propria in en te solo Va4:tio in
factum, cbe, secondo la L. 9 pr. D. de rebtis auct. iudicis possid,,
42, 5 vien concessa al debitore contro il creditore pignoratizio
iiumesso nel possesso pretorio quando questi abbia ritratto dai
beni utili niaggiori. dell'iniportare del debito. Ulpiano per altro
in altri luogbi non si perita di concedere al debitore, nei casi
Botati '^*^)j Vactlo pigneraticia senza alcnna modiflcazione.
11. L'azione pignoratizia contraria {actio pigneraticia contraria),
Qnesta si propone dal creditore o dal suo erede contro Poppigno-
rante od i siioi eredi e tende ad un risarcimento di danni di
fronte all'attore. In cbe consista questo risarcimento h gik stato
61)iegato nel § 873, dove si tratta degli obbliglii del debitore.
§ 875.
ffa luogo contro i terzi Tactio pigneraticia directaf
Bisulta dunqiie da quanto si e detto clie le azioni derivanti dal
contratto di j)egiio hanno per solo scojw la persccuzione dei rapporti
giuridici tra debitore e creditore. Consegnenteniente, per la loro na-
tura, esse sono azioni personali; e qnindi:
I. Vactio pigneraticia directa non puo proporsi da un terzo cbe
non abbia conchiuso egli stesso il contratto di pegno col creditore,
o non sia erede delPoppignorante, quand'anche costui, per trarre
di bisogno il debitore, gli abbia consegnato la propria cosa perch^
la oppignorasse; come pure
II. l'azione predetta non ha luogo contro il terzo possessore
della cosa oppignorata, qualora il creditore abbia ultenormente
trasferito il pegno, o Pabbia a dirittura alienato.
*^) CoccEJO, lur, dr. controv,, h. f., qu. 13; Erxlebex, De iure
pignor.y $ 297; Thibaut. Sist. del dir. delle Pandette^ vol. II, § 662.
»«) L. 11 $ 5 D. h. t.; vedi VoEr, Comm. ad Pand., h. f., $ 11;
Meissner, Esposizione completa della teoria del tacit o diritto di pegno, $ 46*
412 LIBBO XIII, TITOLO VII, § 875.
E percio, come nel primo caso il proprietario deve rivolgersi al
(lebitore, ed intentare contro di lui o P actio commodati o VaeHo
praescriptis verbis, in base al contratto che con questi ha concluso ;
co8\ nel secondo caso il terzo jiossessore della cosa oi^pignorata deve
esser perseguito con I'azione di rivendica. La prima affermazione
risulta cliiara dalla L. 5 § 12 D. Commodati 13. 6, nella qoale
Ulpiano dice: « Rem tibi dedi, ut creditori txio pignori dares:
dedisti: non repigneras, iit milii reddas. Labeo ait commodati
actionem locum habere, qnod ego puto verum esse, nisi merces
intervenit : tunc enim vel in factum vel ex locate conducto agendum
erit ». A questo punto si riferisce anche la L. 27 D. h. t,: «Pe-
tenti mutuam pecuniam creditori, cum prae manu debitor non
liaberet, species auri dedit, ut pignori apud alium creditorem po-
neret. si iam solutione liberatas receptasque eas is qui susceperat
tenet, exhibere iubendus est: quod si etiamnunc apud creditorem
creditoris sunt, voluntate domini nexae videntur: sed ut liberatae
tradantur, domino earum propria actio adversus suum creditorem
competit ». II proprietario non puo in questo caso ripret^ndere la
cosa, consegnata al suo creditore perche la oppignorasse, con Vaetio
pigneraticia directa ; quest' azione non ha luogo ne contro il cre-
ditore del proprietario, ne contro il creditore del suo creditore, se
questi non aveva ancora Pobbligo di restituire la cosa, perch^ egli
non ha conchiuso con alcuno dei due un contratto di pegno suUa
cosa stessa. Dunque Vaetio propria che in questo caso deve in-
tentare il i)roprietario contro il suo creditore h Vaetio praescriptiH
verbis, per mezzo della quale egli ottiene che il suo creditore
liberi il pegno e glielo restituisca ''*); perchfe egli diede ad oppi-
gnorare la cosa al suo creditore appunto per procurarsi in tal modo
una dilazione al pagamento. L'uso, dunque, per il quale fu data la
cosa, qui non era semplicemente un usus gratuitus, e quindi non
puo utilmente proporsi Vaetio commodati ^*). I seguenti passi, per5,
31
') V. PoTHiER, Pand. Justin., torn. I, lib. XIX, tit. 5, n. XIV,
nota g'f Ant. Fabro, BationaL in Pand. ad h, L e Westphal, Diritto
di pegno, ( il6, nota 138.
3«) L. 3 Cod. de commodate, 4, 23
DK PIGNERATICIA ACTIONE 413
dimostrano che ne anche Pocfto pigneratieia directa pub proporsi
contro il terzo possessore della cosa oppignorata, che qnesti in-
vece deve essere persegnito con la rei vindicatio od im^altra azione
opportnna :
a) L. 13 pr. D. h. t. : « Si, cnm venderet creditor pignns^ con-
venerifc inter ipsam et emptorem, ut, si solvent debitor peciiniam
pretii emptori, liceret ei recipere rem suam, scripsit Iulianxjs et
est rescriptum ob banc conventionem pigneraticiis actionibus te-
neri creditorein, ut debitori inandet ex vendito actionem ad versus
emptorem. sed et ipse debitor aut vindicare rem poterit aut in factum
actione ad versus emptorem agere ».
Qui bisogna supporre un caso in cui la vendita del pegno era
avvenuta in modo nnllo per parte del creditore, forse perch 5 an-
cora non s^era verifieato iltermine del pagamento; ma il creditore
aveva pattuito col compratore del pegno che se il debitore gli
avesse rimborsato il prezzo d'acquisto gli avrebbe dovuto rendere
il pegno.
Ora il debitore puo efifettivamente in base a questo contratto
agire con Vactio pigneratieia directa contro il creditore perchfe gli
ceda i suoi diritti alia restituzione del pegno contro il compra-
tore ^') ; ma egli non pub proporre quest'azione contro il terzo
l>ossessore. Contro questi fe accordata al debitore la rivendica,
o Vactio in factum. Qne^Vactio t» factum, come ammette anche
Westphal **), fe probabilmente Vactio utilis che, dopo la costitu-
zione di Antonino Pio , un mandante puo proporre anche
senza cessione, contro il terzo, col quale in suo nome ha agito il
mandatario; in fatti il creditore pignoratizio , colP alienare il
pegno, agisce come un mandatario delPoppignorante. II mandatario
deve cedere al suo mandante i propri diritti contro il terzo col
33) Invano, per la sithtilitas del diritto romano, alcuno pattuisce in
vantaggio d'nn terzo. L. 73 $ ult. D. de div, teg, iuris^ 50, 17. Ma, poichd qui
importa al creditore stesso che il contratto regga di fronte al terzo,
co^ lo si conBidera come se il creditore I'aveBae conchinso per se. Ye-
dasi anche la L. 7 pr. D. de distract, pignorib.
3^) JHriito di pegno, $ 219, note 243, pag. 817.
414 LIBBO Xlir, TITOLO VII, § 875.
qaale egli, come mandatario, ha contratto; tuttavia 11 principale
piio, anche senza cessione, agire con Vactio utilis^^). Cos! dunqne
la decisione di Ulpiano k pienameute in armonia con i principi
giuridici del suo tempo, e non si 6 costretti ad ammettere con An-
tonio Fabro '*) im tribonianismo; come gik fu notato da Gherardo
KOODT ^').
b) L. 2 D. de pignorib.y 20, 1: « Pideiussor, qui pignora vel
liypothecas suscepit atque ita pecunias solvit, si mandati agat vel
cum eo agatur, exemplo creditoris etiam culpam aestiniari oi)ortet.
ceterum indicio, quod de pignore dato proponitur, conveniri non
potest ». Secondo questo passo di Papiniano, il fideiiissore cbe lia
sodisfatto il creditore ed ba preso i pegni, non puo tuttavia esser
convenuto dal debitore con Vactio pigneraticia, sebbene per mezzo
<li una cessione sia subentrato nei diritti del creditore; poiche- in
fondo il cessiouario continua a considerarsi nei rapi)orti col
debitore semplicemente come un estraneo col quale egli non ha
conchiuso alcuii contratto di pegno. II rax)porto che passa tra loro
deve giudicarsi dunque semplicemente alia stregua del mandato ^%
c) L. 2 D. quihus modis pigmis solvit.^ 20, 6: « Si creditor
Serviana actione pigniis a possessore petierit et possessor litis
aestimationem obtulerit et ab eo debitor rem vindicetj non aliter
hoc facere concedetur, nisi prius ei debitum offerat ».
II terzo possessore, contro il quale il creditore aveva perseguito
ripoteca con Vactio Serviana, aveva pagato il debito gravante sulla
cosa ed estinto I'ipoteca. Col liberare il fondo dalP ipoteca che vi
gravava egli Im eflfettivamente migliorato la cosa: ora al debitore
non 6 vietato di revindicare in propriety la cosa, ma deve rifoii-
dere al possessore il miglioramento, cio6 pagargli il debito come se
questi stesso fosse il creditore. £ proprio ci5 che dice la L. 28 pr.
D. h. t, : « Si creditor, qui rem pignori acceperat, amissa eius i)os-
35) L. 13 4 25 D. de act. e. t'., 19, !•
3^) De errorib, pra^maticor,, decad. XXII, err. 9.
3') Commentar, ad Dig,, lib. XX, tit. 1, Operum, torn. II, pag. 443
<? ^'^^» i JiJffectus venditi pignoris, etc.
3*) V. Westphal, Diritto di pegno, ^ 228, nota 252.
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 415
sessione ServiaDa actione petierit et litis aestimationem conse-
ciitiis sit, postea debitor eandem rem petens exceptione sum mo-
vetur, nisi oflferat ei debitor, quod pro eo sohitiim est ».
Che contro il terzo possessore possa proporsi la revindica risulta:
d) dalla legge 65 D. dereivindicat., (>, 1, ove Papiniano dice:
« Emptor praediiim, quod a non domino emit, exceptione doli ])osita
non alitor restituere domino cogetiir, quam si pecimiam cieditori
eius solutam, qui pigaori datum praedium habuit, usuranimquo
medii tcmporis superfluum reciperaverit, scilicet si minus in
fnictibus ante litem perceptis.fait ».
Gi^ il titolo sot to il quale trovasi questo frammento prova che
qui non si tratta delVdctio pigneraticia ma della rel vindicatio; e
lo prova anclie la connessione di qnesto passo con la L. 48 D.
eodem, clie fii, come la L. 65, tolta dallo stesso libro II Besponsorum
di Papiniano. Ancbe questo e nn caso in cui il terzo possessore,
ebe aveva comperato da un non jiroprietario il fondo oppignorato
dal i>roprietario, aveva sodisfatto il creditore ipotecario pel capitale
e per gli interessi arretrati. L'oppignorante proponeva la rei vindi-
catio contro il i)ossessore. Non vi ha alcuii dubbio che il possessore
debba restituire il fondo al vero proprietario; ma egli puo anche,
in via gindiziaria, ottenere che gli venga rimborsata dal proprie-
tario la somma pagata al creditore di lui, somma che h valsa ad
estinguere P ipoteca esistente sul fondo, solo, pero, in quanto egli
non sia stato danneggiato nel godimento dei frutti a causa di questa
contropretesa, dumnte il tempo in cui li lucrava come possessore
di buona fede ^^).
E finalmente in connessione con i passi fin ora interpretati,
anche i seguenti liioghi del Codice non possono riferirsi ad altra
azione che alia revindica; e cioe:
e) L. 2 Cod. Si pigntLS pignori datum sity 8,23: « Si creditor
possessionem, quae a parentibus tuis pignoris iure fuerat obligata^
non vendidit, sed alii creditori pignori dedit, examinata fide veri
3») V. HuBER, Praelect. ad Pandect. y lib. VI, tit. I, J 10, e West
PHAL, Diritto di pegno, $ 258, nota 290.
416 LIBBO Xni, TITOLO VII, § 875.
poteris earn soluto eo, quod ex hac causa creditori debetar, iatercessu
praesidis provinciae recuperare*.
/) L. 2 Cpd. si cendito pignore agaturj 8,29: « Servos, quos
nnllo iiire a creditore veiiisse dicis, pater tuus vel tu, ai hereditas
eius ad te pertinet, a possessoribus petere potes. quod si usucapti
sunt, petat pat^r tuns pretiuin eoriim a creditore, qui non iure eos
servos vendidit».
g) L. 3 Cod. eodem: « Si uxor tua praesidi probaverit, cum
aureos triginta deberet, servos suos ainplioris pretii per gratiam
aureis viginti creditorem venumdedisse eumque solvendo non fuisse,
iuhebit emptores recepto pretio restiUtere servos ».
Per cbiarire quest'ultimo passo bisogna notare che, se anche nel
caso di cui esso tratta, compratore e venditore non erano alieni
dalla mala fede, come mostrano le parole per gratiam, la vendita
del pegno tuttavia non era in se stessa nulla. Percio il debi-
tore deve qui anzitutto procurare il ristabilimento nel pristino
Htato, se vuol intentare la revindica contro il terzo possessore; in-
fatti la proprieti\ del pegno e passata al compratore.
Con cio si chiarisce anche perche il compratore possa esser te-
nuto in considerazione solo allorquando il venditore non sia al
caso di indennizzare I'oppignorante. Poiche la restituzione nel
pristino stato h un mezzo giuridico straordinario cbe di regola vien
concesso solo allorcli^ quegli cbe ^ stato leso non h in grado di
allontanare com])letamente da s6 il danno col mezzo ordinario. £
percio in questo caso I'oppignorante deve agire contro il creditore
con Vactio pigneraticia directa per conseguire Vinteresse, prima
die possa rivolgersi contro il compratore, come giustamente ha
osservato anche Cujaoio *% Malgrado queste ragioni molti giuristi
son d'altra opinione *^). Si concede che Vactio pigneraticia directa
*^) Recitat. solemn, in Codicem, ad tit. 29 libri VIII. Si vendito pi-
ffiiore a<jatnr. § quod si jure facia sit venditio, etc. Vedasi anelie Wkst-
PHAL, Diritto di pegno^ $ 220, n. 244.
*^) Mevio, Decision,, parte V, deeis. 342; Levser, MedUat. ad Pandect.j
vol. Ill, Bpeciin. CLV, medit. 5j Bergek, Oecon, iuris, lib. Ill, tit. II?
parte XVII, nota 3; Wernher, Select, observation, for., toiu. Ill, parte 111,.
1)E PIGNKllATICIA ACTIONE 417
f$ia nn'azione personale, ma si crede che essa debba annovernrsi
tra quelle azioni personali cbe ban hiogo ancbe contro il terzo
possessore e cbe pereib si so^lion denouiinare actiones in ran
^criptae. Di cio si crede di trovare la prova non solo nelle le|?gi
fill qua citate, nelle qnnii e spiegato decisamente il fondamento
delFazione contrattuale pignoratizia, il pagauiento cioe del debito;
iim si fa ricorso specialmente ad nn passo del diritto canonico, e
i'ioe al cap. 6 X. de pignorib., in forza del quale sarebbe posta
4lefinitivamente fuori dubbio la cosa. Ma una piii precisa dilucida-
zione di questo passo Unini i)er convincerci del contrario. Esso
suona cosi: « Cum contra nobilem virum G. Deentem, civem Ana-
^ninum super quibusdam jiosscssionibus, quas quondam x^&ter
tuus L. de Saul pro certa quantitate pecuniae obligaverat, et ipsius
rreditoris beredes ])raedicto (1. i)ignoraverant, movisses in nostra
])raesentia quaestionem, legitime probavisti, quod ex earum pro-
ventibus tantum fuerat tam ab eodem (4. quam ab aliis, quia eas
tenuerant, a tempore, quo fuerant obligatae, i)erceptum, quod
tructus sorti jwterant adaeciuari.
« Xos igitur atteudentes, quod in talibns i)erceptio fructuum in
solutione sortis accedat. cum secundum canonieas sanctiones fructus
restitui, et in sortem debeant comiiutari : considerantes etiam,
4]iiod possessiones ipsae iam extenuassent ])euitus totum onus et
<lebitum annullassent, ipsas tibi reHiituendas enne decrevhmis, et ie
2)6 r nuticmm nostrum in poHHeHHionein indtici fecimus corporalem ».
In questo passo dunque si ingiunge categoricamente clie, doiK)
l»agato il debito, e quando anclie lo si sia estinto, come nel caso
qui deciso dal Papa Innocknzo III, con i frutti della cosa, debba
4i8ser restituito il pegno e l'oi)pignorante sia autorizzato a preten-
dere la cosa oppignorata anche da un terzo possessore presso il quale
«ia stata nuovamente o])pignorata dal creditore pignoratizio. Ma
ancbe qui la legge, come nei gii\ citati frammenti romani, non de-
termina qual sorta d'azione debba proporsi contro il. terzo pos-
<)bs. 2;"; Stbl'bex, Coimderazioni fjiuridkhe^ parte V, cons. 70 ; Menckkx,
JHhh, d^ acUone pUjneratiUa, ^ 13; PCttmann, Adversar. inris nniv.y
lib. II, cap. 3.
GlQck. Comiii. Pandette — Lib. XIII. — 53.
418 LIBKO Xni, TITOLO YII, § 875.
sessore della cosa. Quiudi bisogna sempre supporre im'aztone a
cio appropriata. Si obbietta cbe tutto il contenuto del teste con-
vince qualunque profano che iie esaniini appena attentamente le
parole, non poter la legge esser riferita alia revindica, ma esservi
invece indubbiamente indieata 1' azione in base al eontratto di
pegno. Quello stesso che il Papa assume intorno alia prova addothu
lK)rrebbe tutto ci5 fiiori questione: ]K)icbe se si fosse proi>ostji
la revindica Pattore avrebbe dovuto ]>rovare la sua proprieta. Di
questo, pero, non si farebbe parola nel testo citato, me^itre invece
Pattore avrebbe semplicemente dimostrato clie il credito del sn<^
creditore era stato estinto con i frutti ricavati dal fondo ii>oteeato.
Questa prova sarebbe stata inutile e ridicola nella revindica, in ciii
il possessore deve consegnare la cosa senz'altro; invece neWadh
pignef'aticia s' intenderebbe benissimo giacclie I'attore per essa de\e
dimostrare che il convenuto e stato sodisfatto o col pagamento
in contanti del debito, o con la compensazione dei frutti godiiti.
Basterebbe confrontare la L. 1 Cod. de pitjnerat, act, col cap. 0 X.
de pignorib. per convincersi die nei due passi si tratta dell'azioui*
derivante dal eontratto di pegno.
Queste sono le ragioni addotte particolannente dal Ley8ER. K^'H
crede inoltre che anclie PequitA. ricbieda che il debitore non |K)8s:i
riottenere la cosa oppignorata col mezzo della revindica $eiiz;i
dovcr dar nientt"!, ma debba piuttosto restituire al |)ossessore tli
buona fede quanto ha ricevuto dal creditore, per non arriccliirsi
cosl al danni di quello.
Perd tutto il ragionamento del Levser riposa su un conectt<»
errato del caso giuridico qui risolto dal Papa. 11 creditore, o, ri«»
che qui 6 lo stesso, i suoi eredi, avevano ulteriorraente oppignorato
ad un terzo il pegno, e questi, per conseguenza, on\ lo possedeva
temporaneamente, e come semplice creditore i>ignoratizio. In quest<^
caso come mai poteva venire in mente al possessore di arrogarsene
la proprietii quando Poppignorante rivendicava il pegno! (*ouie
mai poteva qui sulla propriety sorgere una lite che ne avesse resii
necessaria la prova f — bastava che Pattore provasse che il con
venuto aveva ottenuto in pegno la cosa dal suo creditore (quello
DE PIGNERATICIA ACTIONE 410
dell'attore). Ecco perclie qui non si faceva qnestione di prova della
propriety. Poiclie, perb, alPoppignorante non compete assolutamente
iin (liritto a ripretendere il i>egno prima che sia estinto, in qual-
«iasi modo, il debito od il diritto di pegno, qui si venne anzitutto
i\ (juesto: cbe il debitore opponeva cbe il diritto di pegno era
venuto meno col godiiilento dei frutti ritratti dal fondo oppigno-
rato, e con cio era estinto il debito. Naturalmente, allora si doveva
<M)ndannare il secondo creditore a restituire la cosa al primo op-
l)ignorante, perclie il suo diritto di pegno non poteva aver maggior
dumta di quello del primo creditore ^*). Qui dnnque la prova della
proprieti\ sarebbe stata altrettanto sovercliia, x>oi<^^^ nessuno con-
testava alPattorc la propriety, qnanto era necessaria la prova
^ddotta dalPattore, percbe flno a che Pazione pignoratizia non
poteva s\ver luogo contro il creditore stesso ne anche la cosa po-
teva essere ripretesa dal terzo possessore. Non ne consegue peraltro
4'lie qui si tratti d^Wactlo pignei'aticia, tanto piil cbe ad essa non
accenna alcuna espressione. Vi osta ancbe Pobbiezione che nella
revindica la prova, di eui e parola nel nostro testo, sarebbe stata
inutile e ridicola, percbe il possessore dovrebbe render senza com-
penso la cosa. Per verita, Paffermazione cbe la consegna della
cosa nella revindica debba segnire senz'altro, come regola h affatto
giusta, lia pero ancbe essa le sue eccezioni, cx>meappare a bastanza
ovidente dalla L. 05 pr. 1). de rei rindicat. snperiormente citata.
Xel fatto, pero, la regola addotta afferma ancbe qui il suo valore;
]»oiclie se il primo oppignorante ba com])letamente sodisfatto il suo
creditore, il secondo creditore al quale questi ba nuovamentc op-
pignorato la cosa, deve restituirla al primo senza poter pretender
nulla, quand'ancbe il suo debitore gli avesse oppignorato il i>egno
per un ammontare di debito maggiore. Questi ih>1 puo rivolgersi
ill suo debitore e ojipignorante ; ed a cio non gli compete un di-
ritto di ritenuta contro il primo o])pignorante, quando quest! re-
vindica il i>egno; come gii\ s'e visto in altra circostanza (§ 806,
luig. 339). Se il creditore, in forza di mandato del debitore avesse
4t
) L. 40 $ 2 D. r^f inynerat, act.
420 LIBUO XIII, TITOLO VII, § 875.
oppigjiorato nuovameiite la cosa, o ceiluto a (luesf ultimo la pro-
])ria azione coutro il terzo ])ossessore, allora sMntende da se die
Vactio pigneraticia contro il terzo abbia liiogo; ma giuridicaiiiente
(luesta lion e im'eccezione a quella regola. Cio lianno anche assai
giiistameiite notato Thibaut *'^) ed Emminghaus **).
Da tutto qnesto deriva a bastanza cliiaramente qiianto siaiio
trascurabili i motivi cou cui si vuol provare Pammessibilitii del-
Vactio pigneraticia contro il terzo possessore. La maggior parte dei
giuristi si scbiera, percio^'*), con ragione, in favore delFopinione
contraria.
Da quelle premesse si distingue ancora un'altra questione, clie»
parimenti, ^ assai contro versa: in quale momento cioe si prescrivii
Pazione derivante dal contratto di pegno. ft certo clie non basta
la prescrizione ordinaria^ ed i cliiari passi seguenti non laseiano
sussistere alcun dubbio su cio.
*^) Sist. del (Ui\ (lelle Paiuleite, vol. II, ^ 662.
**) Ad CoccEJi iu8 civ, coiitrov.^ toni. II, li, /., qn. 15, not. p*
pag. 261.
*'^) Oimt. Eiin. Boehmkr, lua EcvL ProfeHt., toin. I, libro T, tit. i'.
^ 72; Gio. Schilter, PVajr. lar, rom,, exen-it. XXVI, $ 8 e ee>jfg. : 6*/c/.
Ulr, de Cramer, Obserrat. iuv. fi«/r., t. I, obs. 375; Gio. Vokt, Cow-
nient, ad Pand.y h, /., $ 8; Gio, Enr. Ber(jkr, Stipplemenia ad electa
disceptation, for., part« I, tit. 5, ^ XXXI, pag. 99; 8am. Cocceks
lu8 civ, controv., h, f., qu. 14 ot 15; Jiain, Bacovio, Tr, de pi-
ffuorib, et hypoth,, lib. V, cap. 19; Mich, Tcof, Wkh^ukr^ Lectissim, cow-
mentation, in Pand,, h, ^, $ 16; Franc. Alv:f, Difts, de nsu actwniH pi-
(fneratiiiae contra tertium rei oppignoratae possessoremy in Eius diehnf
academ, v, opuscuLj Heidclb. 1753, 4, diss. XV, p«g. 467 e segg. ; AV^:^T-
i*HAL, l>iriiio di pegno, ^ 258; Car, Fed, Walcm, Introd, in coutror.
iur, civ,, pag. 735 e sefifi;, ; Gio. Sic, LCtkexs, Diss, de actione pignorti-
titia contra tertium non com petente , Goett, 1777, Crist, Sic. Schlichtkruli*
JHspnt, sist, qnaestionem: an actio pignoratitia direcia contra tertivrnpoa-
sessorem institui queatf Greifswald 1777; Abr, Brack, Diss, de actiour
pigneratitia contra tertium pignoris posscssorem competente et non cow-
petente, Giessen 1786, Car, Cnst, Hofackrr, Princip. iur, civ. B. O-r
toni. Ill, 4 1889 ; Gio, Em, Giust. Mt)LLER, Observation, pract. odLegseruw*
torn. II, fasc. I, observat. 342; e Crist, Enr. Teof. Kochy, Medi-
tazioni sugli oggetti jyiii interessanti della dottrina civilistica moderna, vol. 1.
arg. XVII, pag. 226 e »egg.
DE PIGNERAXICIA ACTIONS 421
L. 10 Cod. /*. t. (4, 24 j: « Nee creditores nee qui liis successerunt
udversus debitores plpnori quondam res nexas petentes, reddita iure
debita quantitnte vel is non accipientibus oblata et consignata et
deposita, longi iemporis praesctiptione muniri i)0ssunt ».
L. 12 Cod. eodeni: « Quoininus fructuum, quos creditor ex rebus^
obligatis accepit, habita ratione ac residuo debito soluto, vel si per
creditorem factum fuerit, quominus solveretur pignom quae in
eadem causa duraut restituat debitori, nullo spatio longi temporiif
defenditur ».
Ma non ne consegue per cio che Vactio pigneraticia direeta sia
dichiamta iuiprescrittibile, come molti i>retendono di sostenere *^).
Xon puo certamente il creditore pignoratizio acquistare con alcuna
sorta di prescrizione la propriety della cosa che possiede in pegno,
perclie gli mancauo tutti i requisiti per la i)rescrizione acquisitiva.
La L. 13 pr. B. de usurpat. et usucap.j 41, 3, dice esplicitamente: « Pi-
^nori rem acceptam usu non cainuniSy quia pro alieno possidemns y>.
E proprio cio significa il niodo di dire tedesco: Versass verjdhrt
nicht (il pegno non si prescrive) *'). Ma qui non si tratta di pre-
scrizione acquisitiva, ma semplicemente di estintiva. A questa in
ogni caso soggiace Vactio pigneraticia direeta, poicli^ secondo i7
^enerale prescritto della L. 3 Cod. de praeftcript. 30 vel 40 annor,
tutte le azioni, siano esse personali o reali, si estinguouo coi
trent'anni per prescrizione; ed a questa regola le leggi non hauno
tatto alcuna eccezione nei riguardi dell'azione pignoratizia **).
^•) Lkvseu, Meditai. ml Pand.^ vol. 111, fti)eciiii. CLV, iiiedit. 9; Gio»
Lnd. Schmidt, Diss, de praescriptione act, pigneratitiae directae^ pi^aet^.
To. Casp. HiSiMRURGio def., Jena 1756, ^ 45; Aug. Sigm. Koai, Teoria
della prescrizione, Lipsia 1811, $ 92, ed i piii.
*') V. Gio, Fed, Eisenhakt, I principt de'' diritti tedesvhi in prove rbi^
pag. 321 della niiova edizione, LipBia 1792.
**) V. TA>d. God, MAXyiuji ad Menckeniidoetr, de a4:tionib, for,, not, 5bSy
|Mig. 197 e Cristof, Crist, Dabelow, Sulla prescrizione, parte II, Jf ld7
e 168. In un caso pero Vactio pigneratitia direeta dura solo due anni, e
eio^ qaando tende alia liberazione di un pegno rilasciato al creditore d«i
Principe. L. 3 $ 3 Cod. de lure dominii impeirando, 8, 33. V. Dabklow%
parte II, J 162, pag. 226 e Thibaut, Sist. del dir, delle Fandette, vol. II,.
^ 1039.
422 LIBRO XIII, TITOLO VII, § 875.
Ora si tratta di stabilire da qu^l tempo decorra questa prescri-
zioue trentennale nelV (wtio pigneraticia directa. £2 una qnestione
siiUa quale tnolto si discnte : tra i ginristi esistono due opiuioni iu
proposito. Gli uni *^) aiumettono ebe la prescrittibilitA di questa
azione priucipii al momento stesso in cui vien tM>ncluso il contratto
(U pegQo. Essi adducono come motivo fondamentale che i^ex parte
•del debitore si abbia una negligenza quando egli lasci passare il
tempo determinato per la prescrizione senza sodisfare il ereditore,
e eosl si ponga in condizione di non looter pretendere i suoi
pegnl. Questa negligenza non i>otrebbe tornare a vautaggio del
■debitore, perclie la prescrizione si sarebbe introdotta appunto a
p'unizione della negligenza.
Altri ^^) invece affermano che I'azione tendente alia riconsegna
•del pegao divenga prescrittibile dal momento in cui il debitore
Jia estinto il debits pignoratizio ; perch^ 1' azione pignoratizia eo~
inincia ad essere propriamente nn^ actio fMta nelPistante in cui e
^vvenuto il pagamento del debito, e nondimeno la restituzione del
*^) Bain. Bacovio, Tr, de jngnoHb. et hyjjoih., lib. V, cap. 20; Am.
YiNNlo, Select, inris quaestwn., lib. II, cap. 6; Fietro de Toullieu,
J)i88, iuH Ivendi ac repetendi piffnoHs an praescHbatnrf in Eius Col-
Joctnn, fwr. cir., diss. Ill, p. 106 e segg., $ 70 e segg,; Sam. CoccKio,
lutt. civ. contra v., h. f , qii. 19; Wkstphal. iHr. di pe(jno, ^ 259,
khI i pin.
•''^) Oio. VoET, Commentar. ad Pand.^ ft. /., ^ 7; Ant. Schulting,
Thesanr. controvers.j dec. L, parte IX ; Sam. Stkyk, Us. mod. Pand,,
Ji. t., $ 12; Pietro MCller ad Struvii syntagma inr. «>., exerc. XIX,
pag. 49,. nota S; Oe. Framtzk, Comment, in Pand., h. t.j n. 12 c 13:
<rio. Enr. De Berger, Oeconomia iwrw, lib. 3, tit. 2, p. 17, n. 2;
(jfio. JEnr. Crist. Erxleben, Princip. de inre piguor. ct hgpoth., ^ 294
o 295; Ood. Lud. Mencken, Doctr. de actionib. for., pag. 196, $ 23;
•^^ar. Fed. Voigt, Diss, de praescriptione actionis pignoraiitiae directae.
prae«. lo. Matth. Martini, Bostocli 1794 def.; MorssoN, IHss. eiusd.
urgum.j praes. Crist. Gmklin def., Tnbinga 1796; Thibaut, Del pon-
sesso e della prescrisione, parte II, ^ 53; Oio. Em. Bern. Emminghais
ad CoccEJi lus. civ. controv., h. t., qu. 19, nota t; Ad. Diet. Webkk,
Mil Commentario di HOpfner snlle Istiinewni di Eineocio, $ 1182, nota 3,
jjrtg. 1128; Crista/. Crist. Dabelow, Sitlla prescrizione, parte II, $ 167
H^ 168 e Crist. Enr. Tea/. K6cHr, Meditazioni sai pih interessanti off-
ifctti della dottrina cirilistica maderna, vol. I, consid.. 18.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 42.^
pegno non e seguita. II diritto qnindi di riscattare lui pegno da)
creditore perdurerebbe prima che il pagamento avvenga, e si estin-
guerebbe dopo questo entro trent^anni.
Quest' ultima opinione nierita assolutameute la preferenza. In-
fatti fe regola generale che la prescrittibilit^ di un'azione comincia
nel momento in cui si offriva una possibility, giuridica di proporre
I'azione stessa: actioni nondum iiatae n<yn currit praescriptio. lt>
<luesto nn principio che trova applicazione nella prescrizione di
tutte le aziDni ^*). Ora le leggi, percli^ si possa proporre con effi-
cacia Vaetio pigneraticia, fanno espressa condizione che il debito
sia pagato ed il creditore debba essere stato in altra guisa sodis-
fatto; ed i segnenti passi pongono ci5 fuori dubbio:
L. 9 § 3 D. /*, t. : € Omnis pecunia exsoluta esse debet ant eo
nomine satisfactnm esse, ut nascatur pigtieraticia actio ».
L.'9 § 5 D. eodem: .« Qui ante solutioneui egit pigneraticia —
non recte egit ».
Yeramente si osserva in contrario che la condizione sotto cui
compete al debitore Pazione pignoratizia qui non meriti di esser
presa in considerazione pel motivo che egli sia libero di sodisfaro
il creditore, in vista del suo credito, quando vuole; che il debi-
tore, per conseguenza, debba attribuire a s^ stesso se non toglie
di mezzo I'ostacolo che si frappone alia sua azione, e sia questa
una negligenza a cagion della quale I'azione pignoratizia, proprio
come tante altre azioni, potrebbe venir prescritta. E poi sarebbo
in contrasto con tutta I'analogia giuridica che quando I'adempi-
mento della condizione sotto la quale ad alcuno spetta un diritto
dipende unicamente da lui, egli intenda tuttavia con la propria
negligenza di procurarsi un vantaggio a danno di un altro. Inoltre
a quei passi delle fonti ove e detto che Vcictio pigneraticia ^ nata
solo allorche il creditore ha conseguito il proprio sodisfacimento,.
])otrebbero contrapporsene degli altri, e cio^ la L. 1 § 6 D. cle
obligat. et actionib, 44, 7, e il § ult. I. Quib, mod. re contralu
obligat. 3, 14.
^>) L. 7 $ 4 C. rjf j?rac/»rr/pf. SO rel 40 anuor,; L. 1 ^ ult. Cod. (le
annali except.) Dabelow, SuUa prescrizione, parte II, ^ 149.
424 LTBRO Xlir, TITOLO VII, § 875.
Ma, con nn piii maturo esaine, queste obbiezioni appaiono abba-
stanza irrilevanti. Non si confonda la negb'^enza del debitore nol-
Testingiiere il debito principale con la negligenza del niedesimo nel
ripretendere il pegno. La prima pnb tornare sempre a biasimo del
^lebitore, e ])rocurargli anche le dannose consegiienze della mora,
•senza die per cio si )>08sa menomainente siipporre la seeonda.
Ma noi vogliamo pure per iin momento ammettere clie la seeonda
fosse inseparabile dalla x>rinia: in tal caso perb il debitore dovrebbe
-essere stato prima di tiitto posto in mora con xinH. uiterpeUutio, senza
distinzione se la lex o la dies o Vhomo lo ba intorpellato. Solo da
<liiesto tempo, dunqne, si potrebbe rignardare come nata Vactio pi-
ffnei'aticia, e far qnestione di prescrizione della medesinia. E x>ereio
ne anche da questo pnnto di vista pub la prescrizione dell'azione
pignoratizia aver principio fino dal tempo della conclnsione del
-contratto, se non si vnol dar luogo alia patents assurdit^ che il
debitore nelPistante stesso in cui riceve il prestito contro dazione
del pegno abbia g\k pagato nnovamente il debito e liberato il
pegno. Ma la prescrizione dell'azione nascente dal contratto di
])egno. non inib n6 anche venir computata dal tempo in ciii il de
bitore comincib ad essere in mora pel pagamento del debito prin-
-c'Jpale; poiclic qnesta mora antorizza semplicemente il creditors
])ignoratizio a procedere per il pagamento del debito. Q.uindi solo
per la sua parte era wn^actio nata; non ancora pero Pazione ])i-
^noratizia spettante al debitore. Non pub infatti il debitore pro-
l>orla assolutamente prima che abbia estinto il debito. Adnnqne
fin che questo ancora esiste non puo parlarsi di negligenza del de-
bitore, e, per conseguenza, di prescrizione delPazione pignoratizia
die gli compete. Ma il biasimo per la negligenza tocca solo il
<!reditore quando egli, doi>o che il debitore comincib ad essere
in mora, non projwse Pazione pel debito che allora gli spettava.
V] quindi solo la sua azione soggiace alia prescrizione a paHire da
<juesto tempo.
Invece la prescrizione delPazione pignoratizia, ove ben la si
oonsideri, non pub originarsi che quando il debito sia pagato od
il creditore altrimenti sodisfatto perch^, fino a tal momento il ere-
DE PIGNEBATICIA ACTIONE 425
<litore uou si trovava in una condizione illegale. Questa principia
ilall'istante in cni, avvenuto il pagainento, non segue la debita
restitnzione del pegno; e solo a partire da questo pnnto compete,
<iuindi, Pazione pignoratizia.
E come il ritardo del debitore nell'estingiiere il debito i)rin-
<upale non contiene gii\ in se una negligenza del medesimo nel
proporre Pazione dei'ivante dal contratto di pegno, cosl la pre-
«crizione delPazione di debito non e connessa con la prescrizione
<lell'azione pignoratizia in niodo clie Puna includa ancbe necessa-
riamente in se Paltra. Per consegiienza e completamente erronea
Passerzione di alcuni giuristi ^*) che nel caso in cui Pazione di
debito cada per prescrizione, si prescriva conteiuporaneaniente con
-essa V actio pigneraticia di recta.
Evidentemente qui si confondono tra loro due azioni affatto dit-
ferenti. He e estinta per prescrizione Pazione nascente dal contratto
l>rincipale, con cio la negligenza del creditore viene a ragione
]>unita. Come pub pero questa negligenza tornare a svantaggio
<lel debitore, al cjuale non puo ])eranco imputarsi per sua i>arte
negligenza alcuna in rapporto alPazione pignoratizia cbe gli com-
l)ete ? Vnicuique sua negligentia nocet, non alii ^*). Per tal modo la
sua negligenza non tornerebbe piuttosto a vantaggio del creditore,
in quanto egli potrebbe ora tenersi il pegno che, facilmente, puo
iraportare un valore niaggiore che Pinteix) debito pignoratizio f
Inoltre poi sussiste sempre contro il debitore che agisce i>er
la restitnzione deUa cosa oppignorata Vecceziojie che il credito
non e anconi estinto. E questa non soggiace ad alcuna prescri-
zione ^*). Perche con la prescrizione estintiva, della quale solo
-qui e questione, viene escluso non tanto il diritto e Pobbligo in
•'''*) Teofilo Stl'UM, Dinft. de praescriptione reluiiionis piffiwrum senni-
<him analogiam iuris vit\, Vitemberga 1728 ed Jac, Ravk, Frincip.
vnir, doctrinal de praeacriptione, $ 42.
'*^) L. 173 $ 2 D. de m/. inris, 50, 17.
■^) V. Dabelow, Snlla prescrizione^ parte II, $ 167, pag. 240 seg. Di
diverBa opinione e Lod. God, Madiun ad Mencken J)octr, de actionib.
/or,, nota 558, pag. 1197.
«
GlcUk. Comm. Pan'iette, — Lib. \\V, — 51.
42l> LJBBO Xni, TIToLO XTL % S75.
*^. quanto piatKMo sempti^enente la |iefStfriizioiie ^adiziarut
«lei medesiKii per vim d*a;cioiii: conse^menteoieiite, per Tobbligazione
in ^ non anconi esrinta. deve semprp trovar laogo una et-ce-
/ione ''^. Diffirilmente fiussaa trovarsi le^^ che s^nonino eontro la
nostra atTermazioiie. e s«»no iiochissime quelle cbe ei si vorrebbero
4-ontnip|iorre: {loielie Delia S4»vra citata L. § iilt. I. fari6. moil, re con-
trak, oMiffatio^ e nella L. 1 I t» I>. 4t vbUgmi. ft <ir/ioN.« cbe siioua
lierfettamente lo stesso, non si tliehiam nieute altro ebe il conii»leto
obbli^o del creditore di restitoire la tii^a oppi^onita ; ne vi c
l»arola di preserizione delFazioDe a eio tendente.
Tnttavia »i crede cbe alia nostra asserzione osti Tana lop a ^au-
ridica, perebe se fosse esatto cbe Tazione pi^oratizia si prescriva
in trent*anni non gik dal tempo della conehvsione del contnitto di
lie^o, ina solo dal teni|K> del pagamento del debito« allora hdcIh'
)»er le altre azioni nascenti da contratti bilaterali, Tinizio delhi
]»reseiizione non dorrebbe datare dal teuii>o della cimcinsione del
contratto, il cbe invece trovasi pi*escritto nelle legfji.
Peri*, pur faceudo astnizioue dal fat to die ]>er Tazioiie i»i^uu-
ratizia si banno leg^ espHeite cbe esattauiente deteruiinauo h
data a imrtire dalla quale Vaetio e Hata^ qui si accetterebbe i>er
<'erta una ])roiK)sizione alia quale tutta\ia, e con fondaiuento. !>i
puo op]>orsi.
Ancbe i>er gli obbligbi bilatendi puo animettersi di ivjrola
<rbe nessuna azione si origini tino a cbe non ei si oftni eftettiva-
nientc alia prestazione, dalla quale vien fondato il diritto d'azione ' '.
K percio ne pure per questi puo iuiziarsi anteriormente la pie
scrizione delPazione.
Ancora a ininori dubbi si presta per diritto. ronumo la l»it*
scrittibilitii delPazione piguoratizia perebe per esso la buoua t'ede
per estinguere la prescrizione non c necessariamente ricbiesta. im«
viene in considerazione solo in quanto il prescrivente od il p<>^"
''"') V. Wkbek, Contvibnti alia teoria delle a:hni edeccesioiti ffiiidhufrif-
1 St., pag. ]().
'"l V. Thibai't, Sistema del diritto dclle Pandette, vol. II, ^ lOlU,
DE riGNERATICIA ACTIONE 427
fiossore della cosa, sulla quale Paltro lia i>er(liito per prescrizione
le ])roprie ragioni, la vofjflia ritoffliere dalle inani di uii terzo con
nil' azione reale ^'). Pel diritto canonico la qiiestione si svoljce
an niodo aftatto diverse. Qui, stando al suo precetto, per la pre-
scrizione di quelle azioni die tendono alia restituzione di una cosa
siltriii, in quanto* il jwssessore deve esser antorizzato alia conti-
Jiuazione del ])ossesso, e necessariamente richiesta una bona fiden
perdurante lungo tutto il tempo della prescrizione ^'*); quindi, giusta
tale princii)io, lo stcsso creditore non puo mai difendersi contro il
^lebitore con la eccezione della prescrizione, se .quest' ultimo anche
4lopo trent^mni per la prima volta dal tempo del pagamento del
-4lebito, agisca i)er la restituzione del pegno ^^).
^') L. 8 C. He praescript. 30 vel 40 annor.^ 7, 39; vedi Da below, Sulla
prescrizione, parte II, $ 144, pag. 178 »egg.
^) Cap. 5 e 20 X de praescript.; Dabelow, loc. cit., ^ 182, pag. 300
^*) Lauteubach, CoUeg. Ih.praci, Pand,, h,t.^2S; Hopacker, Pnncij>.
-4 Mr. cit\, torn. Ill, ^ 1893.
APPENDICE
La " formula hypothecaria „
deiraw. prof, (iiclio PiiTRONt
I. — Importanza della < formula hypothecaria ».
1. — 15 iioto die il peguo, come altri iHtitiiti di diritto pretorio, di venue
iu9 in re aliena quaudo il pretore conce88e nl creditore rnzione contro i terzi.
LHnterdioium Salvianum infatti iion tiitelava il creditore ipotecario, perchc
(luesti noil poteva iisarne nol caso in cui gVillata non si trovaBsero snl fondo.
nia presso terzi ^). Di qui la neccssiUt di uu' actio in rem, clie dapprima fu
1) Una delle qnistioni piti dibattute pero, come osserva il Lenel {ZcUttchrift
tier Savigvy Stiff ung fiir Rechtsgeschiohlej K. A. [Ki vista della fondazione Sa-
viGNY per la storia del diritto, parte romanistica], vol. 3, pag. 180-190, ♦•
ipiesta appunto, e la lotta delle opinioni si spiega per la contraddizione chi*
isiste nolle fonti. Nella L. 1 Cod. de precario et de &alviano interdictOf 8, ^
(Basil,, XXV, II, 36; Hkimbacii, vol. 3, p. 72) Gordiano dice espressamente
che Tinterdetto spetta solo contro il pign(»rante, mentre, per converso, in dim
frammenti, di cni risulta 11 titolo del Digesto de Salviano inUrdictOy 48, 33, <>
parte presnpposto, parte espresso che rinterdetto spetti adverstis quemcHmque
jtosaidentem. Cfr. la parafrasi gi-eca delle Intituzioni {ed, Fkrrini, IV, 15, 3).
Lbnrl ritiene che nel diritto classico Vintevdictum i)0teva valere solo contro il
condnttore, siccome attesta Gordiano, e che soltauto nel Corpus inris di GrrsTi-
NiANO si sarebbe esteso contro i terzi, ninntcnendosl per errore la L. 1 Cod.
de precario: che i frammenti delle Pandette originariamenfe avrebbero aviito
reluzioue nW actio serriana^ e per una interpolazione dei compilatori si sarcb-
bero attribuiti aWinterdiotum Salviamim. — Cfr. pnre Brkmkr {JnHsprudentiae
antehadrianae quae euperaunt, I, pag. 219). Tntto cio, dice il Drrnburg {Pan-
ilekten, 6.» ed., I, 2, $ 284, pag. 294 e seg.); c po.ssibile, ma alio state dello
fonti non si pn6 nvere nn risaltato sicnro.
Su qnesta quistione cfr. Zimmkrn (Beitrdge znr Lehre vom Pfandrechl Xon-
tributi alia teoria del diritto di pegno], nella Zcitschr, fiir Civilr, nnd Froze**,
I, pag., 54 e seg.); Huschkk (Studien des Jiomiacheii liechU, pag. 373 e scg):
Ri'DORFF {die PfandklageUf nella Zeitschrift fiir geschichtliehe liechtswisscHschafl
[Azioni pignoratizie, nella Rivisia per la ginriaprudenza aioriea], vol. 13,
pag. 246); Kkllrr (Ricutkrs Kritisohe Jahrbiichei' [Anuali critici di KiCH-
APPBNDICB 420
limitata al solo rapporto della looatio del fondi rustioi, e si disse actio Ber-
riana ^, poi fa eetesa agli altri pegni costituiti per altre cause di obbligaziono
e si ebbe V actio quasi serHana o hypotheoaria ^). Di fronte a queste azioni
pignus e hypotheoa tornano ad nu medesimo. GIustiniano infatti dice coal:
TEit]^ XI, pag. 970 e seguoDti); Dernbuuo {Das Pfandreeht, U, pagine 841
«^ seg.); BuiNZ {Lehrhuch der Pandekten [Maniiale delle Pandette], vol. II, $ 351
ill fine nota 42-44); Windschkid, $ 236, nota 5, vol. I, p. 2, pag. 882 della
tradiizione italiana; Applkton {Les interpolations dans les Pandectes, pag. 186
e seg.); Bbrtolini (A ohi e oontro ohi competeva Vinterdetto Salviano^ special-
iiiente pag. 62 e seg.); Schupfbr (LHntei'detto Salviano e un rescritto di Gor^
fliano, nella Bivista italiana per le soienze giuridiche, vol. V, pag. 216 e seg.);
Hkrzen {Origine de Vhypoth^ue romaine, Paris 1899, pag. 148 e seg.). Cfr. pure
)a important nota del Fkrrini (Manuale di Pandette^ Milano 1900, pag. 512);
Karlowa (Bom, Beohisgesoh. ^Storia del diritto romano], III, pag. 1279 e seg.);
Naber (Observatiunculae de iure romano, pag. 224, nota 7, in Mnemosyne j nova
series, XXXI, pars. II, Lipsiae 1908).
^) l2 sempre viva la disputa intorno all'antore deWactio Serviana. Cfr. GlCck
{AusfUhrliche Erlduterung der Pandekten [Ampio coiiimentario alle Pandette],
vol. 14, pag. 14 e seg. e gli autori ivi citati) [lib. XIII, pag. 803 e se-
>;ueuti della traduzione italiana]. II Bremer (Jurisprudentiae Antehadrianae
i/uae supersunt^ cit. I, pag. 219 in fine e seg.), fra i moderni, ne ritiene
Hutore Servio Sui.picio, percb^ a lui si riferisoouo Vaetio fictioia 4el honoi^m
possessor post Butilianam (Gaii, 4, 85), e Gaio in quel hiogo, iu oni dice :
« actionem vocari » sembra riferirei a Servio Sulpicio, che non raramente loda
(I, 188, II, 244, III, 149, 156, 179, 183): se autore della Serviana fosse stato
iin altro Servio, Gaio uou avrebbe mancato d'indicarlo : finalmente, soggiunge
il Bremer, noi leggiamo cbe Servio altro intorno ai coloni ed alle raereedi
(lei fondi venne costitueudo.: cbe egli non sia. stato pretore urbano, non nionta,
poicb^ ad un giureconsulto di eeitnia aiitorit^ era lecito variis tnodis iura
condere. — Cfr. Girari> (Manutl 4Umentaire de droit rom,, 8.^ ediz., pagina 762,
nota 5) intorno alle altre opinioni di JOrs {Romische Bechtswissensehaft zur
Zeit der Bepuhlik [Giurisprudenza romana al tempo della Repnbblica], pa-
tina 158, nota 8) che dalle liste dei pretori trasraesseci da Livio deduce che
vi sia stato un pretore urbano col prenome Servio; cio^ Servio Sulpicio
Galba neiranno 567 {Liv., 88, 42), a cui crede di poter ricondurre con qualohe
verosimiglianza Vaetio Serviana neireditto pretorio; del Voi6T(Da« pignus der
Jiomer, pag. 263 e 264; Sonderahdruck aus den Beriohten der Konigl. S&ohs, Ge-
Hellschaft der Wissensehafteny 1888, Sittung am 8 Dec.)^ il quale ritiene che
Vaetio Serviana sia da attribnire a Servio Sulpicio Galba, avo deirimpera-
tore Galba. — Cfr. pure Schulin (Lehrhuch der Gesoh, des rom. Bechts [Manuale
di Storia del dirltto romano], pag. 426, nota 5), e Naber, loo, oit., pag. 221
e 222.
^) Adoperiamo promisciiamente la terminologia, actio Serviana, quasi Serviana^
hypothecaria, pignoratitia in rem poioh^ essa risponde alle fonti giustinianee, in
cui solo per eceezione Vaetio Sein)iana serba il suo originarto signifioato di
azioue rivolta a tutelare il rapporto del locatore di fondi rustic! rimpetto ai
terzi. — Cfr. GlCck (op, eit,, 14, pag. 5, not-a 9) [pag. 296, nota 9 della tra-
dnzione italiana]; Bachofen (Das Bomische Pfandreoht^ pag. 28 e seg.). .-^
KuNTZE (Zur Gesoh. des Bom. P/andreohtjt [Sulla storia del romano diritto
430 APPENDK^E
$ 7 Inst, de actionibuSf 4, 6:
« Item Serviana et quasi Servian a, quae etiam hypothecaria voeatnr, ex
ipsius praetoris iurindictione snbstantiam oapit. Serviana antem experitur qiiis
de rebus coloni, quae pignoris iure pro mercedibus fundi ei tenentur: qiut8i
Serviana autem qua creditores pignora hypotheoasve peraeqnuntur. int«r pi^u>
aut«m et hypotliecam quantum ad actionem liypothecariani nihil interest:... »*k
2. — Dato che il pegno sia divenuto diritto reale quando al creditore fu
data Tazione « peraecutio in rem pant actionem creditori ') », ognnno vode I:t
grande importanza di studiare quest'acHo, e Tintima struttura della formula
hypothecaria. La formula ci addita i principl della dottrina del diritto di pegrno,
])oicb^ in onsa si rispecohia la conoezione giuridica del tempo in cui I'azione
veniva proposta, e i giurisfci nella costruzione di tale dottrina dovettero atten-
dere alle clausole ed ai presupposti della fot^ula, pur non rendendosi schiavi
delle parole di essa; sicob^, tenendo presenti le parole della formula, gli
argomentl dei giureconnulti tornano chiari, e riesee facile scoprire la via clw
dovettero percorrere neireliminare i dubbii e vincere gli ostacoli ^}. La impor-
tanza della formula hypothecaria fu ben intesa da Gaio ^, e Marciano ^), ebe
discuHsero il diritto d'ipoteca ciascuuo in un Uher 8ingulari$ de < formula kypo-
Iheoaria », ed a questa riannodarono quello ^).
di pegnoj, II, pug. 17). — II Brrmrr (Jurisprudentifr JntehadriantP cit.) nota
die della ipoteca non si fa nial menzione presso i giureconsnlti romani prium
di Adriano; che prinio Gaio parla della quaei Serviana^ e della Serviana nep-
])nre si discorre prima di Adriano. — Cfr. pure Costa {Staria del diritta
romano, II, cap. 6, e 8pecialnient« $ 7 e seg.); Manigk, loc, oi(., pag. 94 e 95.
*) Cfr. su qnesto paragrafo delle Istituzioni Schradrr (JHttiniani ImtitU'
lionee], pag. 641 e 642) e il Frrrini (Suite fonti delle Istituzioni di Giv»tikiavo,
II, pag. 164 e Bullettino delVlitituto di diritto romano^ anno XTII, pag. 192).
— Cfr. pure L. 5, $ 1 D. de pig, et hypoth,, 20, 1.
^) L. 27 D. de nox. aet.^ 9, 4 ; L. 17, 2, 29 M !>• de pignorihue et hypotkeeis.
20, 1; L. 13 $ 3 D. eod. ; L. 12 $ 1 D. quihue mod. pignue rel hypotkeca
no/r., 20, 6.
^) Dbrnburg [Das Pfandrecht, ^ 7 pag. 76 e seg.), il quale per6 mantiene
la importanza della formula nei giusti limiti, awertendo ohe nelle poche parole
di essa non pub trovarni la cbiave di tutto lo svolgimento del romano diritto
di pegno — ivi^ pag. 77. — Cft*. pure Frangkr {CiriUetieehe AbhandL [Disser-
tazioni di diritto civile], pag. 106 e seg.); Wlassach (Edict und Klageform
[Editto e formula deirazione], pag. 80 in fine e gli autori da lui citati).
') Ad ediotum provinciate, Lbnrl (Palingeneeia, I, speciabnente n. 211, 212,
iwg. 210 e 211; Dr formula hypothecaria liber eingularie, ivi I, n. 399 <*
^^e«-, 1>»K. 240 e seg.).
B) Ad formulam hvpothrcariam liber eingulariiy Palingeneeia, I, n. 17 *^
Hcg., pag. 644. Ancbe Paolo scrisse una monografia sul pegno, ma del sno
rontenuto non si sa nulla. L'iiidice degli autori dei Dlgesti addita (ICXV) di
Paolo solo il titolo del libro, « W7ro5>?xa/oia ». Su di oib cfr. KrOgbr (Gt-
schiohte der Quellen und Liferatur d. Mm, Jfeoht$ [Storia delle fonti e della
letteratura del diritto romano], 1888, pag. 208, nota 62) e ManiGK (loe, ciL*
pag. 128).
9) Bbthmann Hollwro (Der Cieilprozeen dee gemeinen lieckt$ [II process© civile
del diritto comune], vol. II, pag. 315, nota 57).
APPENDICE 431
II. — Profile dell'« actio hypothecaria ».
3. — Prima di stndiare la formula hypoiheoaria vogliamo intanto ricordare
i{ui brevemente alciinl oaratteri deWaetio hypothecaria. Qiiesta h iin' actio in
factum praetoria ^^), II pretore, volendo tntelare il naovo rapporto del pegno,
non poteva valersi delle esteDsioni obbiettive e subbiettive di rapport! di di-
ritto civile, come soleva fare per mezzo di finzioDi; non essendo alcuna azione
con oiii per mezzo di quelle tiuzioni e trasposizioni potesse tutelarsi 11 pegno
rispetto ai terzi, e tratfcandosi di nn diritto, quod iuitiot^e praetoris continetur^
il pretore coiicesse I'azione puramente pretoria in factum. — Jctio in factum
«> ohiamata Vactio hypothecaria ^^), e nelle font! non esiste alcun indizio ohe
possa sostonere la opinione di essere V<ictio Serviana origin ariamente costitaita
lion come actio in factum concepta^ ma pinttosto per mezzo di nna fictio come
He le cose per mancipatiOy o in iure cesaio foasero divenute propriety del credi-
tore ^') : esistono invece prove contrarie a tale assunto, come p. es. nella
L. 17 $ 2 I>. de pactis, 2, 14 :
^^) Aggiuiigiamo praetoria^ percli^ noi non aocettiamo la opinione. del Po-
KROW8CKI, secondo cni Vactio in ius h soltanto actio civiliSf ed ogni actio prae-
toria h in factum, Cfr. PoKROWSCKi (Die Jctionea in factum des classischen Rechts,
nella ZeitaohHft der Savigny Stiftung, R. A., vol. 16, pag.. 7 e seg.). Contro
qiiesta opinione cfr. £rma.n (Conceptio formularum^ actio in factum und ipso iure
Con»umtion (nella stessa Zeitschrift, vol. 19, $ 3, pag. 267), a cni Pockrowscki
replic6 (uella Zeitsehr, cit., vol. 20, Zur Lehre tfon den actionea in iu8 und in factum,
pag. 99 e seg.). Cfr. Inoltre Ekman, nella stossa ZeUachr,, XXIII, pag. 445.
Sul diritto di pegno greco cfr. Dbrn^uurg {Das Pfandr., I, p.. 74 e seg.); Hixzia
(Das gi%echi$che Pfandrecht, Milnchen 1895, pag. 142), i qnali notano che il creditore
pignoratizio non ha nessnna particolare actio hypothecaria, — Cfr. pure Manigk.
/. &., pag. 115, nota 3. SuirsajSarcu^t^, die pei papiri di Oxyrinto e ftoreutini si
e riconosoiuto importare nel creditore, in.oaso di non sodisfacimento alia sca-
denza, faooltiH dMmpossessarsi della cosa ipotecata, e di esercltarvi tutti gli at-
tributi della propriety, cfr. Mittkis (Zeit$chrift der Savigny Stiftung cit., XXIII,
pag. 301 e seg.); Costa (Bullettino delVlstitulo di diritto romano, XIV, 1902,
pag. 47-50, e XVII, 1905, pag. 96-102), e di nuovo HiTZiG, pag. 81.
i>) L. 11 $ 1 D. 20, 1. Anche il verum est cbe spesso ritorna nolle foiiti
(cfr. L. 30 $ 1 D. 44, 2; L. 59 pr. D. 36, 1; L. 13 M I>. 16, 1; L. 13 $ 5
D. 20, 1) 6 stato ritenuto come prova di essere Vactio hypothecaria concepita
in factum, Cfr., fra gU altri, Rudorff (Die Ffandklagen nella Zeit^chr, fiir gesch.
Rechtewisf, cit., XIII, pagina 226); Bachofen (o« c, pag. 43); IIuschkr (in
Zeitschrift fiir Civilrecht und Proz., vol. 20, pag. 167); Kuntzk (Zur Gesch, den
Horn. Pfandr.j I, pag. 27). II Dbknhurg, pero {Dan Pfandr,, I, pag. 79, nota 5),
Hcnza porre in -diibbio qnesto eleniento di prova, osserva die 11 venim est si trova
nnche in casi in cui ]i^ formula h concepita in i««, come nella Ij. 23 D.de receptis^A, 8.
^*) Cosl il MVHLENbRUCH (Die Lehre von der Cession der Foi'derungsrechte [L«
dot>trina della cessione dei diritti di credito], 3.^ed., nota 20, pag. 13 e seg.).
11 PuCHTA (Inst.^ II, p. 263 e 264 in f.) ritione la Serviana come Jicticia, la
quasi Serviana come in factum. II Bachofrn (o, c, p. 39) opina che origina-
riamente Vactio hypothecaria sia stata fictioia (fiducia-flction), ma che piii tardi
nbbia avnta la forma' di \\\i* actio in factum. Sii qiieste opinion! cfr. Kbi^leu
(RiCHTERs Kritisohe Jahrb, cit., p. 973 e seg.);- Dernburg (Das Pfandr., I,
p. 78); AscoM (Le origini delVipoteca e delV interdetto salviano, p. 59).
432 APPENDICE
Paulus, libro tertio ad edictum ^ De pignoreiure Ao>iof*aino mudtur ex pacta actio ... ».
4. — Non pu6 del pari ritenersi che Vaciia hypothecaria «la iin* azione di
proprietj^ f on data auUa proprietj^ del pigDorante nel tempo dell a coatitnzioiif
in pegno della cosa ^^), poich^, com'^ stato eBattamente osservato, qneiroc/i/*
inira soltanto alia vindieatio pignoris^ e si oliiaina util%9 rei cindicdiio appunto
per essere, alia pari della rei vindieatio direetaf rivolta alia rivendicnzione della
cosa, ma con presupposti ed effetti ansai diverei da qiielli della rei vindioaHo ^*-.
Uactio pignoraticia in rem ^ infatti nna vindieatio^ ma non dominiiy aibbenc
della cosa come pegno: e rivolta alia tutela ed al riconoscimento del dirlttu
di pegno sulle cose corporal! ed alia restituzione del poss^sso.
L. 66 pr. D. De eviotionibuSf 21, 2 :
< haeo enim (Scrviana) etei in rem actio est^ nudam tamen possesttionrm
avocat.,. » ^^).
*^ Cosi il Du Roi (Archiv fUr oir. Praxis [Arcliivio per la pratica civile],
vol. 6, p. 402 e s^g.)*
^*) Cfr. BOCHKL (CivilrechtUehe Erorterungen [Spiegazioni di dlritto oivilf'.
2.* ed.y vol. 1, pag. 220 e seg.). II Bt)CHRL (1. c, e pag. 125 e seg., 217 e seg.i
combatte pnre la opinione del LOhr (Orolmans Magazin fUr lieckUHiMeusehaft
nnd Geselzgebung [Magazz.ino di Grolman per la giurisprudenKa e per la legiHla-
zione], 3. Band, I Heft, n. IV, 129 e seg.), il quale crede che giik prima vi
Hia stata nn'azione fondata snl diritto civile, vindieatio ntilie, che avrebbem
avuta i creditor! pignoratarl ed ipotecarl cosi come il superfioiario, renfitent;i
ed altri molti non proprietarl. Anche il QlUck (AuafUhrliche ErlUnterung der Pan-
dekteUf vol. 14, pag. 15, nota 48) osserva oontro il LOhr che, oltre Tac/to j»rdr-
toria pigneraticia f now si trova alcana assione reale secoudo il diritto civile: di
quest'ultima non h cenno in tutta la romana antichit^, e neppnre nella p»ra-
frasi greca delle Istitnzioni (cfr. la parafrasi $ 7 Inst, de action., ed. Fkrkim.
pag. 420); che la L. 16 D. De serv,, 8, 1 parla deW actio pigneraticia in rem,
4) qnesta non h altro che V actio praetoriaf la quale nella L. 3 $ 3 D. Jrf exkib.,
10, 4 ^ molto chiaramente detta pigneraticia Serviana,
^) L'azlone ipotecaria dei codici moderni ha un contenuto del tiitto diveno.
II creditore ipotccario non ha diritto di avere il possesso dell' immobile, sib-
bene di fame diaporre la vendita pel sodisfaoimento del suo avere; onde il
Troplong scrisse: « Ainsi Thypoth^qiie inscrite vieut, sous le code civil, se
T<$sondre en saisie immobili^re que le cr^ancier a droit d'exercer recta rid
«ontre les tiers d<^tentenrs, heritiers ou antros. On peat done dire qn'il n*y •:
plus d'aqtion hypoth^caire propreraent dite... » {Des privil^gee et kfpotk^ae*,
11, i 779 bis, pag. 189 e 140, Bruxelles 1840); cfr. pure Djcrnburo {Pandtkien.
I, 283, pag. 294, e Dae Saohenreoht [Diritto delle cose], pag. 642); Nabri:
{Observatiunculae de iure romano^ cit., png. 231): cfr. pure art. 2169 codire
iiapoleonico, 2014 e 2076 cod. civ. it., $ 1147 cod. germanico e sa di esso.
fra gU altri, Planck (BUrgerlicke$ Geaettbuoh, III, png. 519 e segg.). — Snl-
Tazione ipotecaria nel cod. civ. it. cfr. fra gli altri, Mnrxcci (II eietema ijn*-
iecario, pag. 260) e Mirabelli {DeUe ipoteche. III, pag. 519 e segg.), pa*
gina 139 e segg.).
II diritto di pegno nel cod. civ. it. non dd il diritto di rivendioare la cosa quando
11 creditore ue abbia perduto il possesso: solo per eccezione il locatore ha il diritto
di sequestrare i mobili quando siano trusportati altrove, promovendo ranalojsn
azione (art. 1958, n. 3, capov. ult.); cfr., fr^i gli altri, Ghironi {letitnz. di diritto
cic, I, $ 246); LomonacO {Nozioni di diritto civile italiano, 2.^ ed., pag. 896, n. 8).
APPENDICE 433
£s8a lascia siiSHistore il diritto di propriety o qunliinque diritto die il pos-
fiessore avesse Bulla eosa, roclainnta dal oreditore^ perclie quaestio pignoris ah
intentione dominii separatur ^''). L'ac/»o hypoihecaria ha gli stessi requisitl della
rei vindicatio in ordine nl couvcuiito od aU'oggetto, ma se ne distiDgue in
<inanto non si pii6, come qiiesta, mettere in movimento in qualnnque tempo;
il creditore ipotecario dee proiuuoverla alia scadeuza del credito^ o anche
prima se gl'im porta di sottrarre la cosa al posHseHO^'e: il creditore pignoratario
iiivece lia il diritto di agire anclie prima della BcadenKa, Be ha perdnto il pos-
sesso della oosa. Piio inoltre il convennto renpingere I'aziono col sodisfacimento
<leirattore: i frutti sono restitiiiti con V actio hypoihecaria se perd la cosa non
l»:isti a sodisfare Tat tore i").
Uactio hypoihecaria ha la stossa origiiie pretoria deH'ac/io Ptt6/ici«no, ed 6
pure, come qiicMta, arhitraria '*'); ma se ne differisco perchii la Publiclana hwun
Jieticia rei vindicatiOf e hi fouda snl dominium Jictum dell'attore.
III. — La « formula hypoihecaria ^.
5. — II Wlassak ha dimostrato cho nelle fonti non si trova alcnna traccia
•di editlo intorno a\V actio hypoihecaria ^ e erode verosimile esser ci5 avvenuto
dall'essere la ipotecnria una dt^lle piTi antiche azioni del diritto pretorio, e da
ricercarsi in iiii tempo in oiii la forma edittale al prctore non er.\ ancora usuale.
Che se nn editto indipendontc i pretori posteriori non proposero, la ragione si
trova nel fatto di essero h\ formula aggiunta tkWinierdictum Salvianumi ogni in-
terdetto, dice il Wlassak, iiou e soltaiito forniulaf ma eziandio editto, e per6
i pretori del tempo posteriore. avendo rignardo al Salviannmf clie precedeva,
potevano omettero la pruposta di iin editto particolare ^^j. Questa opinione del
^'•) L. 1 M; L. 16 ^ 5 D. 20, 1. CtV. pure L. 18 D. 13, 7.
1") Cfr. 8u di cio Pitchta {!miH,j 9 ed., II, $ 251, pag. 265); e, fra gli
Jiltri, DKKNncito {Pandekteit, II, $ 284, pag. 696 e seg. e le leggi ivi citate);
WiNDSCHKii) {Lehrbuch, 8.-' ed., II, $ 235, p. 1062 e seg. e traduz. it. p. 374
e seg. cogli autori ivi citati); Bkugi (/«f., p. 319); Skuakini (/«/., 7.* ed., I,
p. 452). Sulle exceptionea die si possono opporre contro V actio hypotheoaria cfr. gli
autori citati in questa iiota, Fekkixi (Manuahf $ 398) e Bonfantk (Istituz.,
3.» ed., $ 151, pag. 391, 392). Cfr. pure Lenrl {Ediclum, p. 397, nota 8, e
Misai^ II, p. 244, nota 6). Su di una ragioue riconvenziouale per le spese cfr.,
fra gli altri, Windsciikid, opera cit., I, 235, num. 4, pag. 377, num. 4 della
traduz. it.
18) $ 31 /«»/. 4, 6. Cfr., fra gli altri, Brugi (/8f., pag. 278); Bonfanto
(I«^, p. 280, Diritto romano^ j). 292); Fkruini {Manuale, $ 335), ed ora pure
Lenbl (1)09 PuhUcianinche Edict, iidia Zeilschri/t der Savigny-Siiftung^ vol. 20,
pag. 11 in f. e seg.) e gli autori ivi citati.
^'■^) Edict und Klageform, jiag. 129 e seg. L'Hkrzen (o. c, pag. 188 e seg.)
nccetta Topinioue del Wlassak iiitorno airassenza deireditto suiraotio Serviana,
ma ne trae la oonclusioue opposta intorno alia data di q^e8t'ac^to, che fissa
nel principio dell'impero. — Coiitro THkuzen cfr. pure Manigk, I, c, nota 2.
II Wlassak (/. c, nota 48) ritiene die la oi*igiue della formula hypoihecaria
^ia da poire nd tempo anteriore a Cickkonk. Su di essa, come suUa origine
della ipoteca non pu6 dirsi nulla di sicuro, ne uoi vogliamo indugiarci. Cfr.,
oltre gli autori citati da Wlassak, Nakkk (/. c, pag. 221 e seg.).
GlUck, Comm. Pamlette. — Lib. XIII. — 5r>.
424 LIBRO Xlll, TITOLO VII, § 875.
Ma, con nn inii luaturo esaine, quests obbiezioni appaiono abba-
stanza irrilevanti. Non si confonda ]a iiegligenza del debitore nel-
Festinguere il debito principale con la negligenza del inedesimo nel
ripretendere il pegno. La prima pub tornare 8enn>re a biasimo del
-debitore, e prociirargli anche le dannose consegiienze della mora,
«enza die per cib si possa menomamente supporre la seconda.
Ma noi vogliamo pure per un momento ammettere clie la seconda
fosse inseparabile dalla prima: in tal caso perb il debitore dovrebbe
^ssere stato prima di tutto posto in mora eon una int^rpellntio, senza
distinzione se la lex o la dies o Vhomo lo ha interpellato. Solo da
<[uesto temiK), dunque, si potrebbe riguardare come nata Vaeiio pi-
gneratieia, e far questione di prescrizione della medesima. E i>ereio
ne anche da questo punto di vista puo la prescrizione delPazione
])]gnorat]zia aver principio fino dal tempo della conclusione del
<*ontratto, se non si vuol dar luogo alia patente assurditft clie il
debitore nell'istante stesso in cui riceve il prestito contro dazione
del pegno abbia gik pngato nuovamente il debito e liberato il
pegno. Ma la prescrizione delPazione nascente dal contratto di
l>egno. non pub nfe anche venir computata dal tempo in cui il de-
bitore comincib ad essere in mora pel pagamento del debito prin-
<*ipale; poiche qnesta mora autorizza semfdicemente il creditore
])ignoratizio a procedere per il pngamento del debito. Quindi solo
per la sua parte era nn^actio naia; non ancora perb Pazione pi-
i^noratizia spettante al debitore, !N"on pnb infatti il debitore pro-
porla assolntamente prima che abbia estinto il debito. Adunqne
fin che questo ancora esiste non pub parlarsi di negligenza del de-
bitore, e, per conseguenza, di prescrizione delPazione pignoratizia
che gli compete. Ma il biasimo per la negligenza tocca solo il
creditore quando egli, dopo che il debitore comincib ad essere
in mora, non propose Pazione pel debito che allora gli spettava.
E qnindi solo la sua azione soggiace alia prescrizione a paytire da
<|uesto tempo.
Invece la i)rescrizione delPazione pignoratizia, ove ben la si
consideri, non pub originarsi che quando il debito sia pagato od
il creditore altrimenti sodisfatto perch^, fino a tal momento il ere-
DE PIGNERATICIA AOTIONE 4l55
ilitore lion si trovava in nna condizione illegale. Questa principia
<lairistante in ciii, avvenuto 11 pagameuto, non segae la debita
restituzione del pegno; e solo a partire da qnesto pnnto comx>ete,
finindi, Pazione pignoratizia.
E come il ritardo del debitore nell'estingiiere il debito prin-
vipale non contiene gli\ in se una uegb'genza del medesimo nel
proporre I'azione derivante dal contratto di pegno, cosi la pre-
«crizione dell'azione di debito non e connessa eon la prescrizione
dell'azione pignoratizia in niodo clie I'una inclnda ancbe necessa-
riauiente in se Paltra. Per consegnenza e completainente erronea
Passerzione di alcuni giuristi ^*) che nel caso in cui I'azione di
debito eada per prescrizione, si prescriva conteniporaneainente con
t'ssa V actio pigneraiicia (li recta,
Kvidentemente qui si contbndono tra loro due azioni aftatto dit-
ferenti. Se e estinta per prescrizione Pazione nascente dal contratto
l)rincipale, con cio la negligenza del creditore viene a ragione
])unita. Come puo pero questa negligenza tornare a svantaggio
del debitore, al quale non puo jieranco imputarsi per sua parte
negligenza alcuna in rapiK)rto alPazione pignoratizia cbe gli com-
liete ? Unicuique sua negligentia nocetj 7ion alii ^^). Per tal modo la
sua negligenza non tomerebbe piuttosto a vantaggio del creditore,
in qnanto egli potrebbe ora tenersi il pegno die, facilmente, puo
importare un valore maggiore die Pintero debito pignoratizio ?
Inoltre poi sussiste sempre contro il debitore die agisce per
la restituzione della cosa oppignorata Veccezioiie die il credito
non e anconi estinto. E questa non soggiace ad alcuna prescri-
zione '*^). Perche con la i>rescrizione estintiva, della quale solo
qui b questione, viene escluso non tanto il diritto e Pobbligo in
•*^) Teofilo Stlrm, Diss, tie praescriptione relnitionis pujnorum seani-
■(hnn analogiam iuris r/r., Viteinberga 1728 ed Jav. Ravk, Frincip.
vuiv, doctrinal de praescriptione, $ 42.
•'•^) L. 173 ^ 2 V>. de reg. iuris, 50, 17.
'^) V. Dabelow, Sulla prescrizione, parte II, ^ 167, pag. 240 seg. Di
diverfta opinione e Lod, God, Madiun ad Mencken JJoctr. d^ aclionib.
/or., nota 558, pag. 1197.
GLc-aK. Comnu Pan'lette. — Lih. xii'. — 51.
420 LIBEO Xni, TITOLO VII, § 875.
se, quanto piuttosto seinplicemente la persecnzione giiuliziariit
dei medesimi per via d'azioni; conseguentemente, per I'obbligazione
in se non aucora estinta, deve sempre trovar luogo. una eeee-
zione ^^). Difficilmente posson trovarsi leggi die suonino eontro la
nostra aiferinazione, e sono pochissime quelle clie ci si vorrebbero
contrapi>orre; i>oicbe nella sovra citata L. § ult. I. quib. mod. re con-
trail, obligation e nella L. 1 § 0 1). de obligat. et action.^ ebe suona
perfettamente lo stesso, non si dicliiara nieute altro ebe il coitip]et(»
obbligo del creditore di restitiiire la cosa oppignorata ; ne vi t*
l>arola di prescrizione delPazione a cio teudente.
Tuttavia si crede die alia nostra asserzione osti Panalogia ^iu-
ridica, percb^ se fosse esjitto ebe Pazione pignoratizia si preseriva
in trent'anni non giA, dal tempo della conclusione del contratto di
pegno, nia solo dal tempo del pagamento del debito, allora auclie
per le altre azioni nascenti da contratti bilaterali, Pinizio della
prescrizione non dovrebbe datare dal tempo della condusione del
contratto, il die invece trovasi prescritto nelle leggi.
Pero, i)ur facendo astrazione dal fatto die per Pazione ingiio-
ratizia si lianno leggi esplicite die esattamente determinano la
data a partire dalla quale Vaetio e nata^ qui si aecetterebbe per
(rerta una proposizione alia quale tuttavia, e con fondamento, si
l)ub opporsi.
Ancbe per gli obbligbi bilaterali i)ub ammettersi di regola
die nessuna azione si origini tino a die non ci si oftra efl^ttiva-
niente alia prestazione, dalla quale vien fondato il diritto d'azione " ).
E i)ercib ne pure per quesiti pub iniziarsi anteriormente la pre-
scrizione delPazione.
Ancora a minori dubbi si presta per diritto . romano la pre
scrittibiliti\ delPazione i)ignomtizia percbe per esso la buona fede
per estinguere la prescrizione non e necessariamente ridiiesta, ma
viene in considerazione solo in quanto il i>rescrivente od il pos-
•'•'') V. Wkber, Contribntl alia ieoria flcUe azwni eileccezioni (fhidhlarie.
1 St., pag. 10.
''^\ v. TiiiBAiT, Sistcma del d'tritto delle Bandette, vol. II, ^ 1034.
DE PIGNERATICIA ACTIONE 427
«es90Te della cosa, sulla quale Paltro ba perduto per prescrizione
le proprie ragioni, la voj»:lia ritogliere dalle mani di im terzo con
nil' azione reale ''"'), Pel diritto canonico la questione si svolge
in niodo atlatto diverso. Qui, stando al suo precetto, per la pre-
scrizione di quelle azioni die tendono alia restituzione di una cosa
iiltrui, in quanto* il'i)ossessore deve esser autorizzato alia conti-
iiuazione del ])ossesso, e necessariamente richiesta una bona Jides
perdnrante lungo tutto il tempo della prescrizione ^*^); quindi, giusta
tale principio, lo stesso creditore non i)u6 mai difendersi contro il
Mlebitore con la eccezione della prescrizione, se .quest' ultimo anclie
dopo trent'anni per la prima volta dal tempo del pagamento del
-debito, agisca per la restituzione del pegno ^%
j<
) L. 8 C. de praescript. 30 vel 40 anno r.^ 7, 39 j vedi Dabelow, Sulla
prescrizione, parte II, $ 144, pag. 178 segg.
^) Cap. 5 e 20 X de praescript,) Dabelow, loc. cit., J 182, pag. 300
<y ftegg.
^*) Lauterbach, Colleff. th.pract, Pand., h.t.^2S', Hop acker, Pn«c(p.
^'ur. cii\, torn. Ill, $ 1893.
APPENDICE
La " formula hypothecaria „
deiravv. ppof. (ficLio Petroni
I. — Importanza della « formula hypothecaria ».
1. — K uoto die il peguo, come nltri iHtituti di diritto pretorio, diveiine
iu8 in re aliena qiiando il pre to re conceHHe al creditore I'nzioDe contro i terzi.
LHnterdicium Salvianum infatti non tutelava il creditore ipotecario, percbo
4|ueBti non poteva nsarne nel caso in ciii g}*illata nou si trovassero 8ul fondo,
ma presso terzi >). Di qui la necessity dl \in actio in reiN, clie dapprima fu
^) Una delle qnistioni piti dibattute pero, come osserva il Lrxel (Zeitschrift
tier Savigny Stifinng filr Mechtsgeschiohte, K. A. [Kivistn della fondazione Sa-
viGXY per la Htoria del diritto, parte romanistica], vol. 3, pag. 180*190, i*
qiiesta appnnto, e la lotta delle opinion! si spiega per la contraddiziono clic
cHiste nelle fonti. Nella L. 1 Cod. de precario et de Salviano interdieiOf 8, 9
{Basil., XXV, Ily 36; Hkimbach, vol. 3, p. 72) Gokdiako dice espressaraeDte
che I'interdetto spetta solo contro il ])ignuraute, mentro, per converso, in due
frammentiy di cni risiilta 11 titolo del Digento de Salviano interdicio, 43, 33, <^
parte presnpposto, parte espresso che Tinterdetto spetti adcersiu qHemcumqnc
po89identem. Cfr. la parafraai gi*eca delle Istituzioni (ed. Fbrrini, IV, 15, 3).
Lkxkl ritiene che nel diritto classioo Vinterdictum i>oteva valere solo contro il
condnttorc, siccome attesta Gordiano, e che soltanto nel Cotyus iuris di Gu'sti-
NiANO si sarebbe esteso contro i terzi, mnnt4.Miendosi per errore la L. 1 Cod.
de precario: che 1 frammenti delle Pandette originariamente avrebbero aviito
relnzione ixW actio aerviana, e per una interpolnzione dei conipilatori si sarel)-
bero attribuiti alVinterdictum Salviauum. ^- Cfr. pure Krkmru (Jurisprudentiae
aniehadrianae quae 8uperauntj I, pag. 219). Tntto cio, dice il Dkrnburg (Pan-
dekteu, 6.^ ed., I, 2, $ 284, pag. 294 e seg.), e possibile, ma alio state delle
fonti non si pud avere nn risultato nicnro.
Su questa quistione cfr. Zimmbrn (Beitrdfje zur Lehre vom Pfaudrecht Xon-
tributi alia teoria del diritto di pegno], nella Zeitachr. fUr Civilr. tind Prozm,
h P^R-y ^'^ ® b^kO; Huschkr (Siudien des Mmisoheii liechtM, pag. 373 e seg.):
Ki;dorkf {die PfandklageUf nella Zeit$chrift fUr ge$chichtliche Uechtstciasentckafl
[Azioni pignoratizie, nella Riviula per la giurispnidenza $toriea]f vol. 13.
pag. 246); Kbllrr (Riciitkrs Kritiache Jahrbiichei- [Anuali critici di Kicii-
1
APPENDIOE 429
llinit&ta al solo rapporto della locaiio dei fondi rustic!, e si disse actio aer-
rkina ^, pot fu estesa agli altri pegni oostituiti per altre cause di obbligazione
o si ebbe V actio qua$i serviana o hypotkecaria ^). Di froute a queste azioni
pignua e hypotheoa tomano ad un medesimo. GIustiniano iufatti dice cos):
TEu], XI, pag. 970 e seguouti); Dernburg {Das Pfandreohtf II, pagiue 341
<* ^^g')y Brinz (Lehrhuch der Pandekien [Manuale delle Pandette], vol. II, $ 351
in fine nota 42-44); Windschkid, $ 236, nota 5, vol. I, p. 2, pag. 382 della
tradnzione italiana; Applkton (Les interpolations dans les Pandectes, pag. 186
** ^^f^")} Bertolini {A chi e oontro chi eompeteva Vinterdetto Salviano, special-
niente pag. 62 e seg.); Schupvsr {Vinterdetto Salviano e un rescritto di Gor^
dianOj nella Rivista italiana per le science giuridiche, vol. V, pag. 216 e seg.);
IIerzen {Origine de Vhypoth^ue romaine, Paris 1899, pag. 148 e seg.). Cfr. pure
la importante uota del Ferrini {Manuale di Pandette^ Milauo 1900, pag. 512);
Karlowa {Edm. RecUtsgesoh. [Storia del diritto romano], III, pag. 1279 e seg.);
Naber {Ohservatinnculae de iure romano^ pag. 224, nota 7, iu Mnemosyne^ nova
series, XXXI, pars. II, Lipsiae 1903).
^) ^ sempre viva la disputa intorno all'antore ^e\V actio Serviana, Cfr. GLt)CK
{Ausfiihrliche Erlduterung der Pandekten [Ainplo coinraentario alle Pandette]^
vol. 14, pag. 14 e seg. e gli autori ivi citati) [lib. XIII, pag. 303 e se-
gueuti della traduzione italiana]. II Bremer {Jurisprttdentiae Antehadrianae
quae supersunt^ oit. I, pag. 219 in fine e seg.), fra i moderni, ne ritiene
iiutore Sbrvio Sulpicio, perch^ a lui si riferiscouo V actio fietioia -del honorum
possessor post Rutilianam (Oaii, 4, 35), e Gaio in quel luogo, in cui dice :
« actionem vooari » sembra riferirsL a Servio Sulpigio, cbe non raramente loda
(I, 188, II, 244, III, 149, 156, 179, 183): se autore della Serviana fosse stato
un altro Sbrvio, Gaio non avrebbe inancato d'indicarlo : finalmente, soggiunge
il Bremer, not leggiamo che Servio altro intorno ai coloni ed alle mercedi
dei fondi venne costituendo: che egli non sia. stato pretore nrbano, non monta,
poich^ ad un giureconsulto . di esimia autoritd. era lecito variis modis iura
condere. — Cfr. GiRARP {Manuel SUnientaire de droit rom.y 3.* ediz., pagina 762,
uota 5) intorno alle altre opinioni di JORs {Romische Reohtsujissensohaft zur
Zeit der Repuhlik [Ginrisprudenza romana al tempo della Repubblica], pa-
gina 153, nota 3) ohe dalle liste dei pretori trasmesseci da Livio deduce che
vi sia stato un pretore urbano col prenome Servio; cio^ Servio Sulpicio
Galba nell'anno 567 (Xiv., 38, 42), a cui crede di x>oter ricondurre con qualohe
verosimiglianza V actio Serviana nell'editto pretorio ; del VoiQr{Das pignus der
Romer, pag. 263 e 264; Sonderahdruck aus den Beriohten der Kdnigl. SUehs, Ge-
sellsehAft der Wissensohaften^ 1888, Sitxung am 8 Dee,)^ il quale ritiene che
V actio Serviana sia da attribnire a Servio Sulpicio Galba, avo dell^mpera-
tore Galba. — Cfr. pure Schulin {Lehrhuch der Gesch, des rSm. Rechts [Manuale
di Storia del diritto romano], pag. 426, nota 5), e Naber, loo. cU., pag. 221
e 222.
^) Adoperiamo promiscuamente la terrainologia, actio Serviana, quasi Serviana^
hypotheeariaf pignoratitia in rem itoicihh essa rlsponde alle font! giustinianee, in
cui solo per eccezione Vactio Set^iana serba il suo originario significato di
azione rivolta a tutelare il rapporto del locatore di fondi rustici rimpetto ai
terzi. — Cfr. GlCck {op. dt.y 14, pag. 5, uotA 9) [pag. 296, nota 9 della tra-
dnzione italiana]; Bachofen {Das Romische Pfandrecht, pag. 28 e seg.). ^ —
Kuntze {Zur Gesch, des Rom. Pfandreohis [Sulla storia del romano diritto
430 APPENDTCrK
$ 7 Inst, de actionibuSf 4, 6:
« Item Serviana et quasi Serviana, quae etiam hypothetsaria voeatur, ex
ipfiius praetoris iuriBdictione Bubstantiam capit. Serviana auteni experitur qnis
de rebus coloni, quae piji^noriB iiire pro mercedibus fundi ei tenentnr: quasi
Serviana autem qua creditores pignora hypotbeoasve persequuntur. inter pigniis
luitem e.t bypotbecam qnautiim ad actionem bypotbecariam nibil interest:... »^).
2. — Date cbe il pegno sia divenuto diritto reale qnando al creditore fii
data I'azione « pa'secuilo in rem parit actionem ci^editori ^) », ognnno vede la
>rrande iraportanza di Btudiare quest'actto, e I'intiraa striittura delta formula
hypoihecaria. La formula ci addita i principl della dottrina del diritto di pegno,
]ioicb^ in cBsa si rispecobla la concesione ginridica del tempo in cui Tazione
veuiva proposta, e i giuristi nella costruzione di tale dottrina dovettero atton-
dere alle clausole ed ai presupposti della formula, pur non rendendosi scbiavi
delle parole di essa; sicob^, tenendo present! le parole della formula^ gVi
nrgomeuti del giureconsiilti tornano cbiari, e riesee facile sooprire la via cbe
dovettero percorrere neireliminare i dubbii e vincere gli ostacoli ^). La impor-
tanza della formula hypoihecaria fu ben intesa da Gaio ^), e MARcrAXO ^, che
discussero il diritto d'ipoteca ciascnno in un liher eingularis de < formula hypo-
ihecaria », ed a questa riannodarono quelle ^).
di pegnoj, II, png. 17). — II Brrmkr (Jurieprudentifv Antehadriante cit.) nota
obe della ipoteca non si fa mai menzione presso i giureconsulti romani prima
di Adriano; cbe prime Gaio parla della quasi Serviana, e della Serviana nep-
]mre si discorre prima di Adriano. — Cfr. pure Costa {Storia del diritto
romano, II, cap. 6, e specinlmente $ 7 e seg.); Manigk, loe. oit,^ pag. 94 e 95.
**) Cfr. su qne-sto paragrafo delle Istitnzioni Schradrr (Juetiniani Intiitu-
tlones], pag. 641 e 642) e il Frrrini {SuUe fonii delle letitutionidi Givstihia^o,
II, pag. 164 e Bullettino delVlstituto di diritto romano, anno XIII, pag. 192).
— Cfr. pure L. 5, ji 1 D. de pig, et hypoth., 20, 1.
^) L. 27 D. de nor. act.y 9, 4; L. 17, 2, 29 $ 1 D. depxgnorihue et hypotkeM*,
20, 1; L. 13 $ 3 D. eod. ; L. 12 $ 1 D. quibue mod, pignue vel hypotkeca
Holr., 20, 6.
^) Dkrnburo {Das Pfandreoht, ^ 7 pag. 76 e seg.), il quale per6 mantiene
la importanza della formula nei giusti limiti, av*>'eftendo cbe nelle poche parole
di essa non pn5 trovarsi la cbiave di tut to lo svolgimento del romano diritto
di pegno — ivi^ pag. 77. — Cfr. pure Franckk {CitHietisehe AhhandL [Diaser*
razioni di diritto civile], pag. 106 e seg.); Wlassach (Edict und Klagefarm
[FMitto e formula deirazioue], pag. 80 in line e gli autori da liii citati).
~) Ad edictum provineiale, Lbnrl (Palingeneeia, 1, specialmente n. 211, 212,
img. 210 e 211; Ds formula hypothecaria Uber iingularie^ ivi I, n. 399 c
seg., pag. 240 c seg.).
8) Ad formulam hypothkcariam liher eingnUiria, Palingeneeia^ I, n. 17 e
Hcg., pag. 644. Ancbe Paolo scrisse una monografia snl pegno, ma del soo
contennto non Bi sa nulla. L^iidice degli autori dei Digesti addita (XXV) di
Paolo solo il titolo del libro, € vno^Tnxiptoi w, 8u di ci6 cfr. KrOobr (Gf-
Mchichte der Quellen und TAteratur d. Mm, Seohts [Storia delle font! e delhi
letteratura del diritto ronmno], 1888, pag. 208, nota 62) e Manigk {loe, eit..
pag. 128).
^) Bbthmann Hollwro (Der Cieilprozeen dee gemeinen Keehte [II ptoceeso civile
del diritto comune], vol. II, pag. 315, nota 57).
APPENDICB 431
II. — Profllo dell'« actio hypothecaria ».
3. — Prima di stadiare la foitiiula hypothecaria vogliamo intanto ricordare
c[ui brevemeiite alonni caratteri delVactio hypothecaria. Qiiesta ^ un' actio in
factum praet4>ria *^). II pretore, volendo tntelare il nuovo rapporto del pegno,
noil poteva valersi delle esteusioni obbiettive e subbietfcive di rapporti di di-
ritto civile, come soleva fare per mezzo di finzioiii; non essendo alcuna azione
con ciii per mezzo di quelle liuzioni e trasposizioni potesse tutelarsi il pegno
rispetto ai terzi, e trattandosi di tin diritto, quod tuitione praetoris contineiur^
il pretore cotioesse I'azione piiraraente pretoria in factum. — Actio in factum
h chiamata Vactio hypothecaria ^0) ^ nelle fonti non esiste alcnn indizio cbe
possa sostenere la opinione di essere Vactio Serviana originariamente costituita
non come actio in factum concepta^ ma piuttosto per mezzo di nna fictio come
He le cose per maneipatiOf o in iure cessio fossero divenute propriety del credi-
tore ^^) : esistono invece prove contrarie a tale assanto, come p. cs. nella
L. 17 $ 2 D. de pactis, 2, U :
^^) Aggiiingiamo praetoria, perch^ noi non accettiamo la opinione. del Po-
KROWSCKi, secondo cui Vactio in iua h soltanto actio civiliSf ed ogni actio prac-
toria h in factum. Cfr. Pokrowrcki (Die Actiones in factum des claseisehen Rechts,
nella Zeiisehrift der Savigny Siiftung, K. A., vol. 16, pag.. 7 e seg.)* Contro
fpiesta opinione cfr. Erman (Coneeptio formularum^ actio in factum und ipso iure
Consumtion (nella stessa Zeiteohrift, vol. 19, $ 3, pag. 267), a cui Pockrowscki
replic5 (nella Zeitschr. cit., vol. 20, Zur Lehre von den actionee in ius und in factum,
pag. 99 e seg.). Cfr. inoltre Ermax, nella stessa Zeiischr^y XXIII, pag. 445.
Sul diritto di pegno greco cfr. Derndurg {Daa Pfandr., I, p.. 74 e seg.); Hitzig
(Dae griechische Pfandrecht, MUncben 1895, pag. 142), i qnali notano cbe il creditore
pignoratizio non ha nessnna particolare actio hypothecaHa. — Cfr. pure Maxigk.
/. o., png. 115, nota 3. SulPeaiSaTe^j^i^, cbe pei papiri di Oxyrinto e liorentini si
t> riconoscinto importare nel creditore, in.caso di non sodisfacimento alia sca-
denza, facoltii dMrapossessarsi della cosa ipotecata, e di esercitarTi tutti gli at-
tributi della proprietii, cfr. Min^Ei.s (Zeitschrift der Savigny Stiftung cit., XXIII,
pag. 301 e seg.); Costa {Bullettino delVIntitulo di diritto romano, XIV, 1902,
pag. 47-50, e XVII, 1905, pag. 96-102), e di nuovo Hitzig, pag. 81.
") L. 11 ^ 1 D. 20, 1. Ancbe il verum ent die spesso ritorua nolle fonti
(cfr. L. 30 $ 1 D. 44, 2; L. 59 pr. D. 36, 1; L. 13 M I>- 16» 1 ; L. 13 $ 5
D, 20, 1) h stato ritenuto come prova di essere Vactio hypothecaria ooncepita
in factum. Cfr., fra gli altri, Rudorff {Die Pfandklagen nella Zeitschr^ fiir gesch.
liechtswisf. cit., XIII, pagina 226); Bachofen (o« c, pag. 43); IIuscukk (in
ZHtschrifi fUr Civilrecht und Proz., vol. 20, pag. 167); Kvi^H'/M (Zur Gesch. des
Horn. Pfandr.; I, pag. 27). 11 Derxhurg, pero (Das Pfandr., I, pag. 79, nota 5),
senza porre in dubbio questo elemeuto di prova, osserva cbe il verum est si trova
nncbe in casi in cui h\ formula e concepita in ius, come nella L. 23 "D.de receptis, 4, 8.
^2) Cosi il Mt*HLExbRucH (Die Lehre von der Cession der Forderungsrechte [La
dottrina della cessione del diritti di credito], 3.^ed., nota 20, pag. 13 e seg.).
11 PucHTA (Inst., II, p. 263 e 264 in f.) ritiene la Sei-viana ■ come fioticia^ la
quasi Serviana come in factum. II Bachofen (o. c, p. 39) opina cbe origina-
riamente Vactio hypothecaria sia stata ficticia (Jiducia-fiction), ma che piit tardi
abbia avuta la forma- di luV actio in factum, Sn qucste opinion! cfr. Kbi^lek
(RiCHTERS Kritische Jahrb. cit., p. 973 e seg.);. Dernburg (Das Pfandr., I,
p. 78); AscoLi (Le oi-igini delVipoteca e delV interdetto salmano, p. 59).
432 APPENDICE
Paulus, libro tertio ad ediotum « Depignoreiure hotiorai'io naseitur ex pacta actio, ,.*.
4. — Non pu5 del pari ritenersi che IVcfio hypothecaria «la un' azione di
proprietik fondata sulla proprietA del pignorante nel tempo dell a costUuziom*
in pegno della cosa i'^), poich^, com' 5 stato e«attamente osservato, queiroc/io
mira solti^nto alia vindioatio pignaris^ e si cliiama utilia rei cindioatio appuntci
per essere, alia pari delta rei vindicatio direoUif rivolta alia rivendicazione della
cosa, ma con pr^supposti ed effetti a88ai diversi da qiielli dclla ret vindicatio ^*).
Ij'aotio pignoraticia in rem h infatti una vindicatio, ma non dominii^ aibbeiie
della cosa come pegno : ^ rivolta alia tutela ed al riconoscimento del dirlttci
di pegno Bulle cose corporal! ed alia restitiizione del poss^sso.
L. 66 pr. D. De evictionilfus , 21, 2:
«...., /lOfc enim (Serviana) etai in rem actio est, nudam tamen posaesfioHem
avocat.,. » ^**).
^3) Cosl il Du Roi (Archiv fur civ. Praxis [Arcliivio per la pratica civile],
vol. 6, p. 402 e s^g.)-
**) Cfr. BCCHEL (CivilrechtUohe Erorterungen [Spiegazioni di diritto oivile\
2.^ ed.y vol. 1, pag. 220 e seg.). II BtJCHEi. (1. c, e pag. 125 e seg., 217 e seg.)
combatte pure la opinione del LOhr {Grolmane Magazin fnr Rechtiitc%$$en9chaft
nnd Gesetzgebung [Magazzino di Groi^mak per la giuriBprndenza e per la legisla-
zione], 3. Band, I Heft, n. TV, 129 e seg.), il quale crede che giii prima vi
Hia stata un'azione fondata snl diritto civile, vindicatio utilis, che avrebbem
avuta i creditor! pignoratarl ed ipoteoari cosl come il siiperfioiario, reutitentn
ed altri molti non proprietarl. Anche il GlCck (AutfUhrliche Erl&uterung der Pan-
dektenf vol. 14, pag. 15, nota 48) osserva contro il LOhr che, oltre Taeiio |rr<i<--
toria pigneraticia,. won si trova alcana azione reale secondo il diritto civile: «U
quest' ultima non h cenno in tutta la romana antichitii, e neppure nella para-
frasi greca delle Istitnzioni (cfr. la parafrasi f 7 lust, de action,, ed. Fkrkiki.
pag. 420); che la L. 16 D. De serv., 8, 1 parla deW actio pignei'alicia in rnw,
4) qnesta non h altro che V actio praetoriay la quale nella L. 3 $ 3 D. Jrf exhib.y
10, 4 h molto chiaramente detta pigneratioia Serviana.
^^) L'azione ipotecaria del codicl modern! ha un contenuto del tutto diverso.
II creditore ipotecario non ha diritto di avere il possesso dell'imniobile, sib-
bene di fame disporre la vendita pel sodisfacimento del suo avere; onde il
Troplono scrisse: « Ainsi Thypoth^que inscrite vient, sous le code civil, se
T^sondre en saisie immobili^re que le cr^ancier a droit d'exercer recta via
contre les tiers d^tentenrs, heritiers ou autres. On peut done dire qn'il n'y :i
plus d'action hypoth^caire proprement dite... » {Des priv^ilhges et hypotk^ques^
11, $779&i«, pag. 139 e 140, Bruselles 1840); cfr. pure Dkrnburo {Panddcten,
I, 283, pag. 294, e Dae Sackenreohi [Diritto delle cose], pag. 642); Nabki:
{Observatiunculae de iure romano^ cit., png. 231): cfr. pure art. 2169 codicc
iiapoleonico, 2014 e 2076 cod. civ. it., ( 1147 cod. germanico e sn di esso.
fra gli altri, Planck {BUrgerlichee Geeetzhuch, III, pag. 519 e segg.). — Siil-
I'azione ipotecaria nel cod. civ. it. cfr. fra gli altri, Mrlucci (/{ eietcma ipo-
tecario, pag. 260) e Mirabelli {Delle ipoteche, III, pag. 519 e segg.), pa-
gina 139 e segg.).
II diritto di pegno nel cod. civ. it. non d& il diritto di rivendicare la cosa qnaiid<i
il creditore ue abbia perduto il possesso: solo per eccezione il locatore ha il diritto
di sequestrare i mobili quando siano trasportati altrove, promovendo Tanalogn
azione (art. 1958, n. 3, capov. ult.); cfr., fr<i gli altri, Chironi {JetUMt. di diritto
civ., I, $ 246); LoMONACO (Nozioni di diritto civile italiano, 2.» ed., pag. 896, n. 3).
APPENDICE 433
Essa lascia susRistere 11 diritto di propriety o qiinlunque diritto clie il pos-
fieasore averse nulla eosn, veclainnta dal creditore, perch^ quaeaiio pignof^ ab
inUHtione dominii separatur ^''). Ij^actio hypothecaria ha gU stessi requisiti deUa
m vindicatio in ordiiie al coiiveuuto od all'oggetto, ma se ne distingue in
<inanto non si pu6, come questa, mottere in moviraento in qualnnque tempo;
il creditore ipotecario dee promuoverla alia scadeuza del credito, o anche
prima Be glMm porta di Rottrarre la cuHa al po888e8o;'e: il creditore pignoratario
invece Im il diritto di aglrc aiiclie prima della ecadenza, se ha perduto il pos-
Hesso della oosa. Pub inoltre il convenuto respingere Tazione col sodisfacimento
<leirattore: i frutti sono restitiiiti con Vactio hypothecaria se per6 la oosa non
basti a sodisfare I'attoro i').
Li* actio hypothecaria Jia la stesjsa origine pretoria doW actio Publiciana^ ed ^
pure, come qiiesta, arhitraria ^^)] ma se ne dirterisce perclie la Puhliciana h wnn
Jicticia m rindicatiOy o si fonda sul dominium Jictum dell'attore.
III. — La « formula hypothecaria ».
5. — II Wlassak ha diniostrato cIk* nelle fonti non si trova ulouua traocia
•<li editto intorno n\V actio hypothecaria, e crede vemsimile esser ci5 avvenuto
daH'essere la ipoteenria una delle piu aiitiohe azioni del diritto protorio, e da
ricercarsi in nu tempo in oni la forma edittalc al pretore non erj% ancora nsnale.
Che se iin editto indipiMidcMito i pretori i^osteriori non proposero, la ragione si
trova nel fatto di essere hi formula aggiunta nWinterdictum Salvianum: ogni iu-
terdetto, dice il Wlassak, non « soltanto foinuHlay ma eziandio editto, e pero
i pretori del tempo postoriore, avcndo riguardo al Salrianumf die precedeva,
potevano omettere la lu-opoHta di nn editto particolare *^). Questa opinione del
I'O ].. 1 M; L. 16 ^ 5 D. 20, 1. Cfr. pure L. 18 D. 13, 7.
1") Cfr. su di eii) Puchta {Imtit.j 9 ed., II, $ 251, pag. 265); e, fra gli
altri, Dkknhcko {Paudekteu, II, $ 284, pag. 696 e seg. e le leggi ivi oitate);
AViXDSCHKii) {Lthrhnch, 8.' ed., II, $ 235, p. 1062 e seg. e traduz. it. p. 374
« seg. oogli autori ivi cltati); I3ku«i (i«f., p. 319); Skhafini (/«/., 7.* ed., I,
1>. 452). SiiUe exceptiones die si posKono opporre contro Vactio hypothecaria cfr. gli
autori citati in questa nota, Fkriiixi {ManualCy $ 398) e Bonfante (latituz,,
3.* ed., } 151, pag. 391, 392). Cfr. pure Lknrl (Ediclum, p. 397, nota 8, e
Ksaai^ II, p. 244, nota 6). Sii di una ragione riconveuzionale per le spese cfr.,
fra gli altri, Windscheid, opera cit., I, 235, num. 4, pag. 377, num. 4 della
traduz. it.
18) $ 31 Imt, 4. 6. Cfr., fra gli altri, Brugi (/«f., pag. 278); Bonfantk
{Ut.j p. 280, Diritto romauo^ ]>. 292); Fkuuini (Manuale, $ 335), ed ora pure
Lenkl {Das PuhUcianiHche Edict, ndla Zeitschri/t der Savigny-Stiftung^ vol. 20,
pag. 11 in f. e seg.) c gli autori ivi citati.
i'-^) Edict und Klageform, pag. 129 e seg. L'Hkrzkn fo. c, pag. 188 e seg.)
accetta I'opinione del Wlassak intorno all'assenza deU'editto ^\\\V actio Serviana^
ma ne trae la couclusione opposta intorno alia data di quest'acNo, che lisHa
nel principio deU'impero. — Contro THkuzkn cfr. pure Manigk, /. c, nota 2.
II W1.A88AK (/. c, nota 48) ritione die la origine della formula hypothecaria
flia da poire nel tempo anteriore a Cickkoxk. Su di essa, come sulla origine
della ipoteca non pu6 dirsi nulla di sicuro, ne noi vogliamo indugiarci. Cfr.,
oltre gli autori citati da Wlassak, Naukh (/. c, pag. 221 e seg.).
GlQck, Comm. Pandeite. — Lib. XIII. — 55.
434 APPENDICE
Wlassak h segiiUa dal Lrnkl ^), die ue riprodnce gli argomenti, e dal Ma-
NiGK**). II Karlowa **) iuvcce e il Cvq^) la combattono. 11 Karlowa ritiene
che il posto originario deWactio Serviana e qua9i Sertiana era neireditto del
praetin' peregrinusy che seuza dabbio queste azioiii farono accolte ])iil tardi nel-
I'editto del praetor urhanH9, per5 con dichiarazione molto abbreviata, confor-
mandoBi qiiesti aU'editto del huo oollega, del praetor peregHnns, Coh), al dir
del Karlowa, i commentatorL dell'editto Ae\ praetor urbanus uon ebbero nesBiinA
particolare occaHione di trattare deireditto corriHpoiidente a queste azioui; ed
i ginristi, cbe si occnparono con aniore delle parti del diritto roniano appli-
cabili anche al commercio del peregrini, Assarono la loro attenzione ancbe sulla
formula hypothecaria ; e poich^ solo questa, e non pure Teditto del praetor pr-
regrinus interessava il commercio del romani tra loro, cnsl i giuristi medesimi
lavorarono intorno alia formula e non intoriio nWedictutn. II che non valne per
Vedictum Salvianumf che ebhe la sua origine neireditto del praetor urhannti.
Questa del Karlowa non ^ che una ipotesi, cui forse non potr^ negarsi una
certa probability. Contro potrebbe obbiettarsi che non vi ha prova di e8ser<'
le azioni Serviana e quasi Serviana apparse dapprima nelfeditto del pretore
peregrine di cui abbiamo assai scarse notizie *^): che e strano di non avere i
ginristi coinmentato Tedltto del pretore urbano, fosse state anche breve, conic
dice il Karlowa, il cenno di quelle azioni in tale ultimo editto: tanto piii
che in esse era la fonte delle azioni, e da esso emanava la formula ^*).
6. — Le ricostruzioni della formula hypothecaria non difieriscono nei punti
essenziali ^).
^) Daa Ediotum perpeiuum^ pag. 396, e Easaiy II, p. 242.
«i) I. c, pag. 99.
**) Rim. Reohtsgeschichte, II. 1279.
^) Les Institutions juridiq, de^ Bomains^ II, pag. 306, nota 4.
^*) Cfr. Brugi, nel JHgesto ilalianOy voce Editto^ n. 4 e gli autorl da lui citati.
^) Noi qui segiiiamo la dottrina del Wlassak {I, o., J 8, pag. 54 e seg.)
intorno al rapporto fra V editto e la formula.
*fi) Per taliricostrnzioni cfr. Huschkr (nella Zeilschriflfiir Civilrecht und Pro:.,
vol. 20, pag. 168); Bachokkn (Das Rom. Vfandreoht, pag. 48 e 49;; Kkli.ki£
{Kritische JahrhUcher cit., pag. 981 e seg., 983 e seg.), che esnmina la/wwK/ff
di Backofen, e combatte il satisdatum da qucsti proposto; Keller- Wach {Dot
rom. Civilproz., p. 158, e nota 358); Dkrnbcko (Da« Pfandrecht, I, pag. 81^;
RUDORFF (De iuris diotione edictum^ $ 272); AscOLi (Le origini delVipoteca r
Vinterdetto Salviano^ pag. 64). Dalle preoedenti ricostruzioni dift'erisce il tent:i-
tivo di Thon (Zeitsohrift fiir Rechtsgeschichle^ II, pag. 263 e seg.) con cni il
richiamo alia solutio e alia satisfactio vi ^ aggiunto nella forma di una cxceplU*
quasi colle parole « si ea pecunia soluta non sit ». Questo tcntativo sarii in tk*-
guito largamente combattuto.
Che le parole della formula « satisve fiat » sinno da cancellare fu dappriui.i
notato dal BuiNZ {Lehrhuch der Pandekten^ l.» ed., I, pag. 335), pel fr. 6 ^ 1,
D. 20, 6, cosl concepito: « Qui paratus est solvere, merito pignus videtur lil»e-
ra«se : qui vero non solvere, sed satisfac«re paratus est, in di versa causa est.
ergo satisfecisse prodest, quia sibi imputare debet creditor, qui satisf actionem
adraisit vice solutionis : at qui non admittit satisfactionem, sed solutionem de-
siderat, culpandus uon est. »; e poi dal Krubokr {Zeitsohrift fUr Rechtsg,^ vol. 7.
pag. 230, nota 25) anche per la L. 10 D. 13, 7 coh\ espressa: « Quod si non
solvere, sed alia ratione satisfacere paratus est, forte si expromissorem dsuf
vult, nihil ei prodest ». Cfr. pure L. 30 $ 1 in f. D. 44, 2.
APPENDICE 435
II RuDORFK *') ritrae la segnente /(>nii?«2a deWaotio Serviana:
« Index efito. Si pnret Iioininem, quo de agitur, esse ex his rebus, de qaibus
int«r A^ Am et Nm Nm (Luoinm Titium), onius in bonis is homo turn fuit,
i!0uvenit, nt quae in fundiini, de quo agitur, iuvecta, illata, iinportata, ibi
nata factave essent, ea Ao Ao pro niercede eias fundi pignori bypothecaeve es-
■Hent, neqne earn niercedeni Ao Ao solutameove nomine satisfactum esse, neque
per Am Am stare quo minus solvatur satisve fiat, nisi arbitratn tuo N^ N^ Ao Ao
'Bum hominem restituat ant eam pecuniam sol vat, qnanti ea res est, tantani
pecuniam Nm Nm Ao Ao c. 8. n. p. a. ».
II Lenel ricostruisce nel scgiiente modo lafot^mula dell'actu> quasi Serviana ^);
« S. p. inter Am Am et L. Titium convenisse, ut ea res q. d. a. Ao Ao pi-
^rnori hypotliecaeve esset propter pecuniam debitam, eamque rem tunc, cum
«ouveuiebat, in bouis Lucii Titii fuisse eamque pecuniam neqne solutam neque
eo nomine satisfactuni esse neque per Am Am stare quo minus solvatur, nisi
«a res arbitratn tuo restituetur, quanti ea res erit, tantam pecuniam, index,
Nm Nm Ao Ao c. a. n. p. a. ».
La formula deir^rctio Sei'viana non 6 riferita dal Lenel. Egli dice che di
]>oco si alloiitana da qnolla della quasi Serviana e nota che il caso della Sei'~
riaua era quello stesso deW inter dietuni Salvianum : la oonventio sar& stata quindi
delincata come nelV interdictum de migrando; convenissey ut, quae in eum fundum
4/. d. a. introducta importata ihi nata factave essent, ea pignori Ao Ao pro mer-
vede eius fundi essent. Anche la inductio dev'essere stata ricordata nella for-
mula. Come poi la formula della Serviana, avuto riguardo a queste differenzc,
»<ia stata in particolare redutta, non si puo pih scorgere; ma la clausola ri-
guardante la segulta sodisfazione era identica a quella della quasi Serviana ^).
7. — La foivniula dMaotio hypotheoaria era in factum concepta, e non era
priva della intentio, poiche questa non pu5 mancare in alcuua /ormuZa^ essendo
aasn, come nota benissimo Girard '^^), il oardine deir opera trasformatrice e
■creatrice del pretore. Gaio stesso dice {Inst,, IV, 44):
«.... nihil enim oninino (demoiistratio) sine intentione vel coudemnatione
vulet; item condemuatio sine denionstratione vel intentione, vel adiudica {tio
^tne demotistratione vel tii/eN)tione nuUas vires habet, (et) ob id numquam solae
inveniiintur ».
Gaio nel coutrappon'e le formulae in ius conceptae a quelle in factum con-
<'€ptae nota pare ohe nelle prime iuris civilis intentio est ^^), e poi soggiunge
IV, 46):
« Ceteras (formulas) vero in factum conceptas vocamus, id est in quibus nulla
talis intentio concepta eat, (sed) initio formulae nominato eo quod factum est
4idiciuntur ea verba, per quae iudiel dnmnandi absolvendive potestas datur... »f.
II che dimostra che nelle formulae in factum \a, intentio non era esclusa: era
f'selusa soltauto la intentio iuris civilis. Gaio infatti, parlando poi dell'ocfio de-
positi, di cui esistevano dxiG formulae, una in ius e un'altra in/oc^icm conc^pfa,
*") J)e iuris dictione edictnm, ^ 272, pag. 233.
*^) Lenel (/. c, p. 397^ zz Essai dc reconstitiition de VJSdit, II, $ 267, pa-
tina 244.
'^^) Lrnel, p. 397 a 398 z= Essai de reconstitution, cit. II, pag. 245.
=»; Manuel cit., 3.*^ ed., p. 1002.
'") Ihidem, 4, 45 in f. La ediz. di Gaio che citiamo h la 4.* di Krueoer o
•Studemund, Berolini 1899.
436 APPKNDICK
iusegua die in qiieBt'u1tiiu» poteva aver liiogo una plu$ petitio: ora la plu»
petitio won era poHsibile se non nnWini^niio, e Gaiu dice espressamente clie
Vintentio si trova nella formula depositi in factum ooncepta in cui perde la lite
eolui che plurea res d^signaverit qiiam deposueril^ quia in intentione plus posui99<r
ridetur,
IV, 60: « .... certe cum duae sint depositi formulae, alia in ins concept:!,
alia in factum, Bicut supra quoque notaviiuus, et in ea quidem formula, quao
in ius ooncepta est, initio res de qua agitur deuionstratorio modo designetur,
deinde inferatur iuris content! o his verbis quidquid oh earn rem ilium illi dare
faoere oportei; in ea vero quae in factum ooncepta est, statim initio intentionis
alio modo res de qua agitur designetur his verbis si paret ilium apud {illHtu
rem) illam deposuisse: dubitare non debeiuus, quin si quis in formula, quae in
factum conposita est, plures res designaverit quani deposuerit, litem perdat
quia in intentione plus pos ».
Ci pare quindi pifi esatto ritonere che iiellc formulae in factum si troviii*^
le parti ordinarie delta /ormuZa, e quiudi anche Vintentio; solo \& demonstrailo-
si confoudeva con la intentio^ perck^ initio formulae s'iudica il fatto, cui si
riannoda immodiatainente la condemnatio ^),
^) ZiMMERN (Traits des actions^ trad. Ktiknne, pag. 145, n. 11 e 12). I?
Kellrr (Ueber Litis Contestation ^ pag. 248 e neg., uota 14) si propone la qui-
stione se nolle formulae in factum conoeptae sia stata realmente la inieuUOt o
non piuttosto una seniplice demonstratiOy che precedeva la condemnatio, Kjs^li
dice che tutto il dubbio si fouda sii di uu doppio possibile siguiticat-o del1»
parola denwnstratio e demonstrarcy iino foruuile e I'altro materiale: co8\ pur«*
sotto la parola intentio o si ooneepisce quella parte del la /ormn/a, che contieno
il punto a cui il giudice dee rivolgersi come all'oggetto essenziale della sua
ricerca, o quella nella quale h discorso delle eon^eguenze giuridiche, che I'attoro
trae dalle sue affermazioni di fatto; e questa giuridica ricerca h seguata »1
giudice. Gaio, soggiunge Kkllkr, sembra di avere oscillato tra questi due
Higuificati, e specie nella sua defiuizioue generale dei due concetti (Comm.f 1\\
^ 40, 41) pone a foudamento rultimo. K se iioi restiamo stretti alle parole di
questi ^, dobbiamo dire che la formula in factum concepta non abbia alcnna
intentio^ ma \a sola demonstr alio, Tuttavia sembra che anche si\]o, foi^mula in factum
concepta Gaio attribnisca la intentiOf parte espressainente in line del $ HO,
parte perche nella formula in factum era possibile hi plus petitio ; ed egli prima
($53, 58) aiierma che un j>2tt« faceva perdere la caufita quando trovavasi nella in-
tentiOf non gifi nella dewonstratio. — Finalmento la li. 1 Cod. Si pign. conrent.,
8, 32 (33) discorre di una intentio in uu^aotio in factum concepta. Gaio, sog-
giunge lo stesso Kkllkr, tenne presente una sola specie della formula^ qnelhi.
in ius concepta nella quale non entrava la differenza tra i due significati della
intentio; e difatti gli eseiupl scelti da lui sono tratti daWe formulae in ius con-
ceptae, le quali, ooi concetti della demonstratio e della intentio, erano pih an-
tiche delle formulae in factum conoeptae. Che poi la definizione sia riinasta inal-
terata, e non abbia ricevute le necessarie moditicazioni ed esteiisioni, si spiega
benissimo, conclude il Kkllkr, ricordando la poca cnra, che i romaiii ginristi
ponevano nolle deiinizioni. — Sulla definizione doll'iNfefi/io di Gaio cfr« piircv
Bkkkrr {Die Processualische Consumtion^ pag. 37 e seg.); Kkllkr- Wach {Dam
Momisohe Civilprozees ^ $ 39).
APPENDICE 437
Ma il fatto h Hoiupro 1111 fatto ginridico. II criterio di quei giiiristi die ore-
<louo doverni distiiiKiiero le fonmilae in factum conceptae d» quelle in ius oon-
eeptae in qunnto nolle prime il iudex h chiainato solo airnccertamento del fatto,
incntre in quelle in ius conceptae dee ntabilire cio che seoondo legge e doviito,
non ^ esatto. Qnesta opinione fu nianifestata dal Dupont -'^) e combattuta dal
MCHr.KXBRUCii, fn Hegnita dal Kkllkk, e di nuovo respinta dal Dkmklics '^*).
II quale conibatte il Kkllkk die aveva rappreneiitato il concetto deWactio
hifactnm net seguente niodo.
Quando, dice il Krllku •*•"'»), non fu pin Huttlciento nl pretore di estendeve
]>cr analogia i limiti della formula obbiottivanieiite o Hiibbiettiviinient-e, il pre-
tore HL elcv(> a costruire formulae del tiitto nuove ; ed in caiiibio di Insciare
cbe il giiidice trovanRe il punto di diritto nello iuH citrine, lo assunieva ncl
Huo imperium, cio^ riaunodava I'ordiue di condanua a fatti detcniiinati coni&
ad nnica condizione. Cos) al giudiee erano dati ad ei^aininare questi fatti
(nndi o giuridici), e, qnandn li trovaRne enatti, doveVa condnnnare nella nii-
Niirn a lui ingiiinta, senza preoccuparHl del concetto giuridico per virth del
quale da quei fatti derivasHe I'obbligo della preHtazione, perclu'. per tal leganio
di oauRalit^ era nufticiente giiarentigia al giudice Tautoritii del pretore, e la
sua propria siibordinazione a questa.
8. — II Dkmelics invece ba ben diinostrato cbe il giudice, tanto neWe for-
mulae in factum f qnanto in quelle in inn conceptae, dee senipre csaininare sel-
tanto il fatto 8U cui si fonda la ipoteni della condanua : iMdea giuridica sulla
quale ei poggia I'ipotetico leganie della intentlo ooUa oondemnalio appartieno
ul mogistrato, cbe concepisce la formula. 8iccb^ la essenza di versa dellViofto
in ius e di qiiella in factum concepta potrebbVsHere, secondo il Demblius, forse
rappreseutata cos): la condizione preliminare della condanna e senipre un rap-
porto cbe esi.ste in concreto, un rapporto della vitn, un rapporto giuridico :
anche woWactxo in factum concepta il rapt)orto pnraniente di fatto, designato
nella inteutio, appunt'O percb^ e posto in connesaione di causa con I'ordine di
condanna, diventa rapporto giuridico. II giudice dee afterinare o negarne la
esistonzn. Ancbo quando dee condannnre alia restitiizione « si paret cam rem
A^ Ai esse », o al pagamento « si paret ^V"' y»i Ao Ao dare oportere », ba da
ricercare so concorrono quei fatti, a cui il diritto riannoda la proprieta o
I'obbligo del pagamento. Non occorre cbe al giudice siano enumerati questi
fntti cbe dee ricercare, percbe giii per Tordinaniento ginridico e certo quali
•*^) IHsqu, in Comm, IV Inst, Gaii, pag. 71-78 cit. dal MtliiLKNiiuuCH (Die
Lehre von der Cession cit., pag. 156, not a 313).
'■^) Die Rechtsfiktion^ pag. 61 e seg. — II Thon {I. c, p. 245) accoglie la
opinione cbe « Veam rem A.i A.i esse » ovvero « N'M N*"* dare oportere » non
indiclii nn compleaso di circostanze di fatto, a cui il diritto civile riannodi la
propriety o Tobbligo del pagamento : egli per5 non consente cbe I'unico cri-
terio per distinguere le azioui civili dalle pretorie, sia die nelle prime Vta-
tentio comprenda espre-ssioni teen ico-giuridi che, nientre la formula in factum
concepta hi fondi soltanto su fatti natural!. II Thon assume die ancbe nelle
formulae in factum si trovano nuraerosi tipi giuridici per denotare e rinssu-
mere moment! di fatto.
^) Kkllkr-Wach (der Horn. Civilproc. cit., $ 33 e nota 354 cogli autori
quivi oitati; pag. 107 della traduzione del prof. Filomu8I-Guklki sulla terza
edizione di Kki.lkr).
438 A.PPENDICE
(li essi apparteiigouo all'* eaw. rem Ai Ai etee » o al « N^^'N^^ Ao Ao dare
oporiere ». Una enuinerazione invece divenne neceHsaria quando da rapport!
della vita dovette essere riconoscinto un obbligo di prestazione per cni quel
primi e pronti concetti ginridici come 11 « meam esse » e il < dare oporiere » uon
-erano ancora eorti. Ed allora tra il < si paret » enunciansi imraediatamente
rapporti di fatto, mcntre in altri casi eHistevano nella intentio tipiche espressioul
tecnico-ginridiohe. In cl5, e solo iu ci5, h posta la specialitjl dalle tustiones in
factum conoeptae. Senza di essa non difi'erirebbero per nulla dalle formulae in
iu8 oonceplae.
9. — Le ctciiones in factum conoeptae traggouo la lore origine dal fatto ehe
11 nuniero di quel tipi ginridici era molto limitato; sicch^ quando la ooscieuza
giuridica additava altri rapporti della vita come degni di protezione^ dove-
vasi venire ad una diretta inserzione dei singoli presnpposti di fatto. 11 clie
era inevitabile quando a fattl per lo inuanzi, giuridicamente non importauti,
-dovottero essere oonnessi eft'etti ginridici. £ se, per prodnrre la consegueuza
giuridica, dovevano concuri'ere parecclii fatti, non restava che ennmerarli tntti
iu ordine nella intentio ^eW actio in factum ooncepta, Di cio oftre un esempio la
formula delV actio hypothecaria ^).
Questa opiuione del Drmblius ci pare meglio fondata. Se il rapporto d'ipo-
teca infatti fosse stato nn istituto di diritto civile, bastava dire al gindice:
ne questo rapporto esiste, condanua. Ma siccome il rapporto d'ipoteca h costi-
tulto dal pretore, bisognava commettere al giudice la ricerca degli element!
-di fatto e di diritto, ed alia esistenza di essi snbordinare la condanna. In tal
modo il diritto di ipoteca nasce dal comando del pre tore ; infatti poich^ esiste
uu'azione che difende colui che si trova in que! rapporti di diritto o di fatto>
-i* costituito con ci6 un diritto reale d'ipoteca d'iudole pretoria ^j.
a) Le parti della € formula ».
10. — Le parti della formula hypothecaria sono ben note. Essa, dice il Le-
NKL ^), ricliiede per la condanna:
1.^ la prova della costituzione del pegno (intentio dati pignoris);
2.*^ la prova €tunc, cum conreniebatf rem in honi« debitoris fuisse i^ ;
3.** la prova « earn pecuniam neque solutam neque eo nomine satisfactum e»8e
iieque per J"* A^t atare, quo minus 8olratur».
Finalmeute la formula contlene :
4." la clauHola arbitraria di restituzioue <( nisi ea res arhitratn tuo restituetnr »;
5.*^ la condemmatio cbe h rivolta al « quanti ea res erit » ^).
11. — L'attore dee provare il patto ^®), su cui si fondava V actio hypothe-
'^') Demblius {I, c, pag. 68). Cfr. pure Bbkker (Die Actionen, II, pag. 130
-^ scg., specie pag. 136 e seg.).
37) Pro*iedura civile romana — Lezioni del prof. V. Scialoja, redattc e.pub-
blioate da Mapei e Nannini, Roma 1894, pag. 510 a 513. Cfr. pnre BroxA-
Mici (Storia della pi^ooedura romana^ pag. 94 e seg.).
^) Ediotum perpetuunif pag. 396 =z Essai de reconstitution de VEdit cit., II, pn-
iginn 242 o segg.
•^'•) Lknkl, /. c.znEssaij I. c, pag. 243 e 244.
^^•) L. 17 $ 2 D. de pactis, 2, 14, trascritta a pag. 481; L. 27 J 2 D. eodem ;
ij. 23 D. de probationibuSf 22. 3.
« MakciaxuS; libro singulari ad formulam hypothecariam. Ante omnia pro-
APPENDICE 430
carta, almeno fino a qiinndo non fu animesso il pegno legale e il pegno testa-
mentario: Gaio nsa la espressione 4i pactum conventum t^ *^).
Dee inoltre Tattore provare che, « cum oonceniehaif rem in honU dehUmn»
fuUse »; il che b! rlferisce alia convenlio « quae specialitcr facta est, non ad
itlam, qnae cottidle infleri .solet cantionibus, iit RpecialiteT rebus hypothecne
nomine datis cetera etiam bona teneantnr debitoris, quae nunc habet et qiia»
postea adqiiisierit, perinde atqne si specialiter bae res fuissent obltgatae » *^).
LUn hanie habere qui vuol dire che il debitore debba avere snlla cosa die da
in pegno un'azione per ricnperarla perdendola, o, possedendola, essere in essa
tiitelato niediante una eccezione*^.
bandnni est, qiiod inter agentem et debitorein con venit, nt piguori hypothe-
caeve sit... ».
L. 15 § 1 J), de pignoribU8 et hypothecia, 20, 1.
« Gaius, Uhro singulari de formula hypothecaria. Quod dicitur creditor^m pro-
bare debere, cnm conveniebat, rem in bonis debitoris fuisse, ad cam conven-
tionem pertinet, quae specialiter facta est... »
Cfr. pure c. 1 Si pignaris conv., 8, 32 (33).
Se la formula fosse rivolta alia prova del eonveniesej o a quella della ret
obligatio, h controverso; cfr. Brinz (Lehrhueh, vol. 2, 2.* ed., pag. 852, specie
la nota 9).
II Lrnkl {Edict,, I. c. z= Easai de reconstitution, II, 244) sul fondamento della
L. 13 M D. Ad SC\ Veil., 16, 1 :
« .... cnm quasi Serviana... in his utilis sit: quia verum est convenisse de^
pignoribus nee solutam esse pecuniam... ».
e di altri luoghi delle fontl ritiene, com*^ difatti, pih fondata la opinione, che
si debba fornire la prova della convention e dice non essergli chiaro I'argo-
mento che, a fondamento della stessa opinione, trae il Drrnburo (dasPfand-
recht, I, pag. 81 nota 12) dalla L. 13 $ 5 De pignoribus (cfr. Lknel, I, c.^
nota bzi^Eesai, I. c).
Salle modificazioni della formula nel caso in cui la ree pignerata -pcrvenisse
in bonie del pignorante dopo la conventio, o fosse data in pegno cfr. Lkxei.
(Edict. t p. 397, nota 6 e 7 = Eeeai ibidem, e i Inoghi delle fonti ivi citati). Cfr. pure
HusCHKR (von der VerpfUndung der Sachen, deren Eigenthiimer man nicht iet [Del
pignoramento delle cose di cui non si ^ proprietario], nella Bivista pel diritio e
per la proc, civ, cit., p. 225 e seg.).
<») L. 4 D. 20, l^zlex geminatay 4 D. 22, 4) ; cosl pure Marciano, L. 13 $ 3 h, t.
La espressione tecnica h pignoris oonventiOf ma si trovano pure altre espressioni.
Cfr. KUNTZK {Zur Geschiohte des Rom. Pfandrechts, II, pag. 14 e seg.)^ 1\ pactum
convenium poi, dice lo stesso Gaio, puo farsi or ale e scritto: «... neo ad rem
pertinet, quibus fit verbis... et ideo et sine scriptnra si convenit, ut hypotheca
sit et probari poterity res obligata erit, de qna conveninnt... » (L. 4 D. 20,.
1 cit.). Anche in Grecia gli Ojooi non erano essenziali all'esistenza del pegno.
Ilia servivano al creditore per facilitarne la prova. e per avvertire i terzi di
non conchiudere negozi in ordine alia cosa gik obbligata. Cfr. Hitzio (I. c.y
pag. 70 e seg.) e Maniqk {I. c, pag. 100, nota 2).
*«) L. 15 $ 1 cit. D. de pignoribus; L. 6 Cod. Si aliena re«, 8, 15 (16).
^ L. 52 D. De adq. rer. dom., 41, 1. Modestinus, libro septimo regularum :
« Rem in bonis nostris habere intellegimur, quotiens possidentes exceptionenii
ant amittentes ad reciperandam earn actionem habemus ». — Gli altri luoghL
440 APPENDICE
b) // requieUo delta foi'mula « earn pecuniam neque solutam neqne eo nomine 9aii9-
f actum J etc. » e la opinione del Thon.
12. — Uii reqai8ito ioiportante clie la foitnula richiede per la condanna,
risulta dalle parole « earn pecuniam neque solutam neque eo nomine satisf actum
ease neqne per J^ Ant eUtre quo minus eolvatur ». Nolle fonti questo reqnisito
<* moBSO molto in evidenzn. Valgano, fra gli altri, i segiienti luoglii :
L. 13 $ 4 D. I>« pignoribus:
« Marcianus Hbi'o eingulari ad fonnnlam hypothecariam. Etiainsi creditor
iiidicatuin debitoreni fecerit, hypotlieca iiianet obligata, quia saas condieione^
habet bypothecaria actio, id est 8i soliita est pecunia ant Batisfactnm est,
qiiibiiA ccBsaiitibuB tenet.... {> 5.... Sed Bi praesens Hit debituni, hypotheca
voro sub coudicione, et agatiir ante condicioneni hypotbecaria, verum qnideiii
est pecuniam solutam non esse, sed aoferri bypothecam iniqiinm est: ideoqne
nrbitrio iudicis cantioueB interponendae sunt « si condicio exstiterit nee pecanin
Bolvatnr, restitui bypotbecani, si in reruni natnra Bit ».
L. 13 $ 1 cit. D. Ad Sctum Veil,, 16, 1 **):
« Gaius lihro nono ad edictum prorinciale. De pignoribuB prioriB debitoris
non est creditori nova actione opus, cum quasi Serviaua (quie et hypotbecari.')
Yocatur) in his utilis sit: quia verum est convenisse de pijjpioribus nee so-
lutam esse pceuuiam ».
L. 11 ^ 4 D. Qui potiores in piguoi-Cy 20, 4:
« Gaius Hbro singnlari defoi'mula hypoihecaHa. Si paratuB est posterior creditor
]>riori creditori solvere quod oi debetur, videndum est, an competat ei bypo-
thecaria actio nolente priore creditore pecuniam accipere. et dicimiis priori
creditori inntilem esse actionem, cum per oum Hat, ne ei pecunia solvatur ».
L. 6 D. Quihus modis pigntte^ etc^ 20, 6:
« Ulpiancs lihro septnagenimo teriio ad edictum. Item liberatur pignuB, sive
Bolutuni est debitum sive eo nomine satisfactnm est... »
L. 30 i 1 D. de ejcceptione rei iudieata', 44, 2:
« PAULUi* lihro quarto decimo qufvutionum... actio tameu pigueraticia corn-
petit: verum est enim et ]>igneri datum et satisfactum non esse, quare puto
non obstare roi iudicatse exceptionem ».
L. 61 (59) D. Ad Sctum Trebell,, 36, 1 .
Paulus, libro quarto qurrstionum... et hie Serviaua actio t«nebit: vernui est
enim non esse solutam pecuniam, qucmadmoduni dlcimns, cum amissa est actio
propter exceptionem....
C. 1 Si pignoris oonventionem numeratio $e<mta non Ht, 8, 32 (33):
« Imjyp, Skvkrl'b et Antonints AA, Hilaro. Si pecuniam tibi non ease nii-
delle fonti (\a, 49 D. de verb, signif., 50, 16; 43 D. de usu et usu fructn, 33, 2:
L. 2 $ 22 n bonorum rapt., D. 47, 8: L. 5 ^ 6 Ut in poeeessioue legat., D. 36,4;
L. 1 i)r. e $ 10 5t i«, qui testaments, D. 47, 4, nota qui il Bachofen* {op. eit.,
pag. 66) lion hanno importanza per <iuesto requisito, perche tratt-ano delU
estensione di un patrimonio, e non si occupano della cosa siugola per accer-
tare se esista o no in bonis. Cfr. su questo requisito BtiiNZ {I. c, pag. 853 e
KCg.). — Sulla denominazione in bonis habere cfr. pure Bonfantk (Bullettino
•delV istituto di diritto romanOj anno VIII, pag. 296 e seg.).
**) Cfr. pag. 439.
APPENDICE 441
aucratam atquo ideo frnstrn cniitionem emiRHam et pigiiim datum probaturus
es, in rem exporiri potes: imni intentio dati pijinoris neqiie redditae pecuniae
iiou aliter tenebit, qiiam si de tide debit L conatiterit. eadeiuque ratioue Veritas
servetur, si te possidente pi^us ad versa rius tims agcre coeperit. PP. K. Sept.
Laterano et Ruiino conss. ^a. 197] ».
C. 19 $ 2 De umn8y 4, 32 : '
« Idem {Impp, Dioclktiam'S et Maximianus) AA. et CC. Aureliiie Irenaeae...
•ciini Serviana etiam actio nianifeKte declarat piguoriM ialiiberi persecntioueni
vel solutis peoiiuiis vel si per oreditoreiu steterit, qiiomintis solvatiir »^^).
II pretore faceva duuque dipcudere Vaclio hypothecaria dal fatto che il credito
lion fopse estinto col pagamento, o che il creditore non fosse stato in altro
luodo soddisfatto, il cLe pure avveniva qiiando questi non lo fosse stato per
volenti sua **'), 11 pegno non «' legato alia esistenza del credito: se questo
fosse estinto in modo diverse da quello indicato nella formula, il pegno oon-
tinuerebbe ad esistere, e con esso V actio hypothecaria, NeUHndicare (piesto reqni-
sito il pretore non addituva del pari Toucre della prova, * o la parte cui esso
inconibosse. A cio bastavano le regole generali della prova. S'intendeva benis-
Kinio che il debitore o il teno, che invocassero la solntio o la satUfaotiOj dovesaoro
provarle, e cpiesto principio h) formula non aveva puuto modificafo: essa invece
additava al giudice i presiippo^^ti, secondo i quali qnesti doveva eondannare
od assolvere il convenuto ; sicche ben si pu6 accogliere la opinioue che Veam
peniniam neque solutam neqne eo nomine satisfactnm easCf etc., sia stata una
coHdicio formulae, che trovavasi nella intentio della formula hypothecaria ^^). E
si sarebbe adottata la forma negativa neque solutam, etc., invece della positiva
« eamque pecnniam etiam nunc deheri » probabilmente ]>erclie con quest' ultima
espressione si sarebbe detto troppo^ essendovi casi in cui il pegno rimane,
<]uantuuquc Tobbligo priucipale sia estinto: la consnmtio, la oonfusio^ la morte
senza eredi, tolgoiio la obbligazione priucipale, ma non il pogno ; onde nella
formula solo la solutio e la itatiafactio si sarebbero ricordate per tener lontnne
dairesame del giudice tutte le nitre cause di estinzione *^).
13. — Coutro quest'assunto furono sollevate molte obiezioni dal Thon. Egli
i«ostiene, come si e visto, che la solutio i^ ricordata nella formula hypothecaria
nella forma di una excepiio^ quasi colle parole: »i ea pecunia soluta non ait, e
riassnme i suoi argomenti nei seguenti termini *'-^) :
La singolarit^ delle formulae in factum conceptae in contrapposto a quelle in
iua conceptae consiste neH'iudicare esse al giudice la quistione solo secondo la
Teritj\ del fatto, non secondo la esistenza del diritto. Di qui il Tiiox trae la
*"*) Sul sospetto d'interpolnzione di questa Costituzioue, cfr. MANCALROxr
■{Contributo alio studio delle interpolazioni, pag. 21 dell'Estratto dal periodico « 11
Filangieri », n. 2. 1901).
^*) Cfr. BCciiKL (o. c, I, p. 55 e seg.).
*') Cfr. Fran'CKK {Civilistiftche Ahhandlungcn 'Dissertazioni civili], pag. 10r>
e seg.).
^) Bkkkkk {Die Actionen den IlnmiHcheu FrivatrechiH, II, 144, nota 22). Vedi
per«» DRKXBURa {Das Pfandrecht, II, specie pag. 578 o 579). Cfr. pure Kret-
**ciiMAR (Die Theorie der Confusion, pag. 124 e seg.), ed inoltre Windschkid
(o. 0., vol. I, p. 2.% pag. 431, nota 7 e 8 c gli autori ivi citati).
*^) II Thon svolge i suoi argomenti e poi li riassume. Noi credianio piii
4igevole al nostro scope di esporii prima sistcmaticauiento e poi confutarli.
GlQck, Comm. Pan'lette. — Lib. MIL — 50.
442 APPENDICE
consegnenza che, non potendo un fat to per uii altro fat to posteriore repl1tar^t
inai non avvennto, per offrire al gindice la possibility di prescindere dal
comando della oondemnattOy iiialgrado la ventili dei fntti allegati nella intentio^
debbano essere iuseriti senipre a modo di ecoezioui nella formula tiitti i nuovi
momenti che farebbero ingiiista la condemnatio, Qiiesta consegiicnza 11 Savigny
cerc5 di evitarO) sostonendo che ogni actio in factum in virth della ana natitni
Pretoria lasciasse al gindioe il pih libero canipo. Tale fiASiiuto per6 contradict
non pure alia ntretta concezione della formula^ ma alT intima essenza ed alio
Hcopb delle in factum actioneB, e la natiira pretoria di queste azioni induce
uecessariamente la totale esclusione del libero apprezzaniento del giiidice. Kd
applicando la verity di questi principl alia formula hypothecaria^ ha OonchiiiRo
il Thon, ohe la 8olutio, da cni I'aziono Ipotecaria ^ CHcliisa, dovesse essen^
infatti allegata nella forma di una exoeptiOf come la sali^factio, cbe lo e paral-
lela; che non fosse da accogliere la teoria doniinantc per cni qnesti negozi
ginridici sono ricordati nella /of*mii2a, ma come parte della inteniio: che inaiii-
niissibile si rivelasse ogni rapporto analogo delle azioni pretorie nascent! dnl
conttitutum e dal depo%%tum con la concezione dell'ncfto ^eiTuma, perche in
quelle azioni, rivolte alia prestazione dcirinteresHe, raftenuazione del paga-
niento non eseguito appartione a bnon diritto fkWintentio,
14. — Prima di esaminare le argomentazioni del Thox, giova ricordare cho
il RuDORFF aveva gi^ notato che le parole « intentio dati piguoris neque redditar
pecuniae » non fossero altro che una cspressione perifrastica per actio o esceptio
hypothecaria ^^) : che Kellkr pure aveva detto che la clausola « lUY/Ke pecuniam
Molutam^ ete. fosse, a dir vero, una exception ma una exceptio stabile, non da
impetrarsi ncl caso siugolo, proprio come il uec vi nee clam nee precario che
uei varii interdetti viene tuttavia generalmente chiamato esceptio ^ e che auche
ill oi5 ^ uguale alia nostra clausola, checch^ Cickroxk pel siio cliente Caecina
possa dire pro e contro ; sicch^ il peso della prova, come il Bachokkx osserva
esattamente, obbliga il convcuuto » '"**).
15. — Veniamo ora agli argomentl del Tiiox.
8e h vera, egli dice, la opinione dominante per cui non si truvino in ordine
a tutte le specie di azioni che tro specie di difesa, 1' assolnta e rclativa nega*
zione ed il contrapposto di uu diritto indipendente, la solutio rispetto aWactio
hypotheoaria dovrebbe operare ipso iure^ e non nella forma di una exceptio; ed
il suo apparire nella foi'mula sarebbe qiiindi impossibile, poiohe il convenuto,
richiamandosi alia solutio^ non ni fonda su di uu diritto proprio cbe si con-
trapponga a quello delVattore, ma vuol piattosto negare il diritto attuale di
cestui, affermandone la posteriore estinzione. Se invece, soggiunge il Thon, t^
fondato il nostro prinoipio, per cui, data dal pretorc uu' actio in factum^ in
essa non viene piii in controversia la esistenza di un diritto, ma solo la verita
di un fatto, non potendo ncssun fatto esser considerato non avvennto per uu
altro posteriore, ogni actio in factum, posta la veriti\ del suo fondamento di
fntto, solo per una exceptio pu5 essere distrutta. Sicche, anche di fronte all'a<?/u»
hypoihecaria , I'invocarsi dal convenuto il pagamento del debito e quindi la
estinzione del diritto di pegno dell'attore non ^ possibile so non nella fomiH
di una exceptio. E la solutio nella formula dell' actio hypothecaria h ricordata.
5«) RuDOKFF {Die Plandklagen cit., vol. XIII, pag, 228 della Zeitschrift fHr
geschichtliche llechtswissenschaft).
'*^) Kritische Jahrbiicher cit , XI, pag. 988.
APPENDICE 443
«d invero nella forma di una exceptio, a nn di presso colle parole : Si ea peounia
noluta non $U, come iion e difficile riscoiitrare ia moltissimi luoghi delle fonti,
111 cui i giiiristi, comentando ]a formula hypotheoaria, ricordano la aolutio. in
iiiodo da iuterpretare le parole della foiinula, II che vale eziandio della aati-
Mfactio^ del per creditorem stare, che ulla soluHo sono del tutto equiparati ^^j.
II Thon poi nota che, tiitti gl' interpret! della formula hypothecaria, eccetto
II nu, il BUCHEF. ''^)y hanno accolto in essa coal la soluiiOf come la satiefaoHo,
•ed 11 per creditorem stare, K, ricordate le rlcostruzioni della fm'mula, e le poohe
luodilicazioni che si sono proposte a qiiella comunemeute accettata, osserva
•i'lie tnttl gl' interpret! 8ono d'accordo iiel riannodare 11 peouniam solutam non
tsse^ come nnova condizione dell' aziono, alle antiche, e nel trattarla com^*
]»:irte della int^nlio: rileva che, avuto rigiiardo alia prooessnale concezione ed
^lla npiegaziono di questo legame graumiaticale, si sono manifestate due opposto
opinion!: Tnna, quella del Francke, 8ega\ta dalla maggior parte del ginriati,
•oon eni si sostiene che le parole in controversia formano parte della inteniio^
« 81 preteude, in connegiicnza di cib, auche la prova di essa da parte deirat-
tore: Taltra, qnella del Bachofen, che cerca d! spiegare in altro modo Veamque
pecuniam solutam non esse^ e dice che qni si ha nn' anomalla, contenendo la
Jormula, oltre il foudamento dell'azione da provarsi, la difesa del convenuto,
e (|nesta non nella forma di una eccezione, ma di una condizione dello stesso
diritto di agire, di una condieio formulae^ come Marciano espressamente la
chiania.
La opinione del Fraxckr, dice il Thon, h* imbatte nell' ostacolo di una
pratica inattnabllit^, poich^ non ^ possibile la prova di non essersi pagata
-liU'attore una somma forse non in uu giomo, ma possibilmente in una luuga
Herie di anni, o di non essere avvenuta nessuua satisfaction cio^, per ricordare
«olo alouni esempii, nessuna novatio, datio in solutum, delegation expromissio, etc.
II buou senso dei romani non avrebbe mai appro vato un tale principio ^*),
'*'^) I frammenti giurldici del palinsesto di Autuu (nella CoUectio librorum cit. I,
•^^ 111 e 112 8U cui, oltre le emendazioui e i supplement! del Mommbkn, sono pre-
^ovoli le osservazioni ed acute le proposte del Fkrrtni (liendiconti del R, Istituto
Lombardo di scienze e hit., sorie II, vol, XX.Xll,e Acoademi a reale delle scienze di
Torino, anno 1899-900) e dello 8cialoja (Bullettino delV istituto di diritto romano^
luino XI, fasc. III-V) contengono le seguent! parole : « Et in factum actio non
<>.onsiiuiitiir, quia quod factum est infectum fieri non potest, puta [— J e actio
est in factum : si parrel me deposuisse apud ilium Gaium Seium illam rem [nee
redd] {tarn esse dolo malo illias Gai Sei, condemna ilium, numquam ex eo quod
[actum est in] fectuui esse, cum deposuisti, potest. Veuls et diois : si parret me
deposuisse, [deinde] dicis: quod semel factum est, infectum fieri non potest, si quid
opponitur tibi ex[ceptio, quod i] am res iudicata est vel in indicium deducta
vst ». — Ma da qneste parole non si potrebbe trarre nessuu foudamento afavore
della opinione del Tiiox, porclie esse appartengono ad un comento di un iuse-
gnante e perch^ del resto non accennano punto tdVexceptio solutionis del Thon.
■^) Civilrechtliehe Erbrterungen cit., pag. 202 e seg. ; 236 e seg. ; pih che nelle
pag. 126 e seg. citate dal Tiio.v. II BCchkl assume che il richiaraarsi del
H^reditore al pecuniam redditam non esse nella formula hypothecaria conteuga sohi
una litis oontestatio negativa, un diniego del foudamento deirazione.. Ma di cio
pure dlremo in seguito.
^*) Cosi rngiona anche il BUciiri. {I. c, pag. 236).
444 APPENDICE
^ inoltre riconosciuto e riferito in molti pronnn'/inti delle fouti cbe a fun-
dare Vactio pigneraticia in personam la prova dell'avvenuto pagamento appar-
teDga all'attore; e poich^ la teoria intoroo nl fondamento i\e]V actio pigneraiicia
in pei^sonam cd alia esclusione dell' actio kypotheoana e la sterna, la prova
deiresegpiito pagamento, anche rlBpotto a quest' ultimn, dee forairsi dal debitore
ipotecario, o, iu generate, dal conven»ito. Alio atesso asftiinto poi riescono i
principl geuerali, secondo i quail la prova del pagamento dee sempre foroirHi
dal oonvenuto; e bisogna pure notare cbe ae Taziono ipotecnria ba per iscopo
la difesa e la jji^uarentigia di un altro diritto, il creditore in ordine alia prova,
secondo la opinione dcgU avversari, si troverebbe uell' azioue ipotecaria iu
una condizione peggiore cbe se avesse promossa I'azione principale. Lo stesHo
Marciano niostra la inattuabilitA del principio cbe il non pagamento e la noii
Hodisfazioue nppartenga al fondamento dell'azione e si present! come parte
della intentio, poicb^ si espriine cosi :
L. 49 D. de solni, ei liberat,^ 46, 3. Marciancs lib. sing, ad hypoih^cariam
formulam :
« Solutaui pecnniam intellegimns uticpie unturaliter, si uumerata sit credi-
tori... quod sL acceptiim latum sit... solutionis quidem verbum non proficlet,
sed satisdationis suffieit ».
Come avrebbe potuto Marciano, si domanda il Thox, uel conimento della
formula hypothecaria^ e nel caso cbe gli era presente della solutio o della «ati-
fifaoUOf in cui Taxione doveva essere respluta, parlare di sufficere e di proficenf
Non doveva forse egli da questo puuto di vista parlare piuttosto di noceref
Da questo testo pare si possa dunque dedurre con cbiarezza cbe rallcgazione
della aoluiio e della aaiisfactio apjjartenga alia difesa del convenuto, e cbe di
essa tratti il giurecousulto Marciano 3'»).
16. — Innanzi tntto, noi rispoudiamo, non ^ esatto il principio di iion
potersi Vactio in factum distrnggere se nou mediante la exceptio. II Lknkl '"')
ba gid. osservato contro 11 Thon cbe, cohI ragionando, si va troppo oltre,
]K)icbe tra le actionem in factum si trovano cpielle cbe mirano alia restitnzioim
o alia esibizioue di una cosa, e contengouo V arbitratus iudici$ : sono esse
actiones arbitrariae in cui I'assoluzione del eonvenuto avviene senza cbe egU
soUevi alouua excepiio. Una exceptio solutionis, uel senso di Thon, non e po<-
sibile, e non ba nolle fonti alcun iudizio.
N^ Taver noi ammesso cbe il ncque solutam et rel. apparteuga alia inttHtii>
della formula hypothecaria importa cbe In tal modo si costringa Tattore ad una
prova imposslbile, a quella, cioe, di nou eswere avvenuto il pagamento, o altro
modo di estinzione delVaotio hypothecaria, poicb^ g\k ricordammo che il pretore
con la sua /or»ia/a nou alterava i principii della prova: proponeva soltanto U*
iudagini cbe 11 giudice doveva compiere per condanuare od assolvere il eon-
venuto; il giudice doveva ricbiedere la prova secondo le regole generali cbe
la governano; la formula non esercitava cbe una funzione neutrale, essendo
rivolta a garentire cosl gl'intercssi dell'attore come quelli del eonvenuto -*').
■") Thon (/. c, pag. 262 a 267).
"»♦') Ueber Ursprung und Wirkung der Exceptionen, [Sull'origine ed eftetto delle
cccezioni], pag. 53, nota 1 e pag. 55, nota 2. Cfr. pnre Bbkker {Die Actioneny
II, pag. 140 a 142).
s") Lenkl {Ueber Ursp)'ung cit., pag. 17). Cfr. pure, fra gli altri, Kellf.u-
Wach cit., $ 23, pag. 112, Baron (Z^gfi/u^ionen und Civilproz., pag. 396).
Vedi per5 Rudorff {Rom. liechtsg.^ II, $ 22, pag. 95).
APPENDICfi 445
L*avero poi Marciaxo detto nella L. 49 oit. D. de 8olut. et lihti'at, che, se
vi fosse stata yaeceptilatiOf noD giovava la parola solutiOf ma bastava la parola
9ati$daHo^ nou pu5 confortare raasimto del Thon, poioh^ Marciano, comen-
taudo la formula hypothecariaj luirava ad aocertare il conoetto della solutiOf ed
osservava che naturaliler la pecunia dicevasi aoluta se era nnmerata al creditore,
o ad altri per incarioo'di oostui, o se il creditore aveva ratificata la aolutio.
Ma se ci fosse stata V acceptilatU), non si doveva parlare piil dl aolutio, e
ba8tava la parola aatiadatio. Come h possibile volgere tale ragionamento del
.uriiireconsiilto a dimostrare che il profioeref il suffioere addita la difeaa del oon-
veiiuto, e tirarne poi la consegaeDza che solo di questa Marciano uel testo
riferito abbia trattatof Forse che il profieere non si trova nello stesso seuso
applicato ^) nelle fonti a rapporti diversi dalla difesa del conveuuto?
17. — Le ragloni discorse, dice il Thon, sembrano aver dato motivo ad nn
altro interprete della formola ipotecaria, al Bachopkn, di prendere una seconda
via. II Bachofbn ^^ rimane pieuamente fermo nell' eamqne pecuniam solutam
non esae, ma t^^nta di porlo su di altro fondamento, e dice che qui si ha
I'auomalla, che esiste nel leganie di element! diversi : la formola, piii che il
foudameuto dell'azione da provarsi, oontiene anohe la difesa del conveuuto, o
questa nou nella forma di una exception ma nel signifioato del tutto diverso
di una condizione del diritto stesso di agire, di una oondicio formulae f come
Marciano espressamente la chiama.
Ora il Thon ^ dolente che Bachofkn nou abbia cercato di svolgere piii
dappresso il suo niodo di vedere: egli allora avrebbe certameute eliminata^
non accentuata TanomaHa.
Bachofbn dice «k la formola contiene ». £ il Thon, procurando di chiarire
<'i6 che lo sorittore possibilmente vuole intendere, crede che lo si possa con-
cepire in tre modi. O il pretore poteva inserire iu proprio nome nella formola
le parole in controversia ; o queste contenevano un' affermazione dell' attore,
che solo il convenuto aveva I'obbligo di provare; o potevano essere aocolte
Kulla istanza del convenuto.
II prime assunto non ha bisogno di confiitazioue uessuua. II pretore non
poteva imporre al convenuto difesa di norta, poich^ ci5 sarebbe stata una
ingiustizia verso I'attore, e uel rapporto niateriale la formola non coutiene
altro che le indioazioui delle parti. E tanto nieuo, soggiuuge il Thon, potevano
(|ueste parole essere un* affermazione delT attore, poich^ altrimenti anche la
prova ne sarebbe spettata a lui, dovendo ogni parte provare la sua afferma-
zione; il che ha la sua bnona ed iutima ragione uel fatto che ^1a formula^
pari #alla sentenza interlocutoria del diritto odierno, deve regolaro le parti per
la prova {die formula^ dhnli*ik dem Beweiainterlocut des heutigen Rechies^ schon
die Bollen fiir den Beweia normiren aoll) ^). Non resta, conchiudo qui il Thon,
'>*<) Cfr., tra gli altri luogfii, L. 5 ( 2 D. de aolut et liber. ^ 46, 8: « ...si vera
Hunima usuraruui debitarum et non debitarum uou eadem sit, aequaliter ad
utramque oausam profioit quod solutum est, non pro rata »... — L. 13 $ 12 de
adq. vel amitt. poaa.^ D. 41, 2: «.... ceteriim accessio uemini proficit^ nisi ei
qui ipse possedit ». II profioit si trova applicato anche alia stessa aziono
L. 7 ^ 6 D. de paclia, 2, 14: « ...ex parte agentis pactio locum habet, ut et ad
actionem proficiat... ».
5^ Daa Bdm. Pfandr., pag. 72 e seg.
^) Qui 11 Thon cita p. es. la L. 19 pr. D. de probat.y 22, 3, dalla quale non
si trae altro se non che il convenuto in exceptionibua,... renin partibua actoris
fungi oportere.
446 APPENDIOK
He uoQ che il conveiiuto stesso abbia impetrata qaesta difesa. Ora il diritto
roinano per la difesa del ooQvenuto nella formula non conosee che una forma
Hola, quella delV exoeptio : ogni altra gli ^ affatto estranea, e qnella innanzi
tutto che, secondo U aao aignificato grrainmaticale unicamente poesibile, fosse
sembrata come parte della inteniio^ e per6 avesse costretto il ^udice a preten-
dere la prova dairattore. £ il prouunzlato di MarciaKo, a oui il Bachofen
si richiama, addita decisamente la forma della exoepHo, poich^ la exeeptio e
una oondizione (negativa) aggiunta airazione ^^).
18. — PoBsiamo essere d'accordo col Thon nel ritenere che il pre tore uon
poteva imporre al oonvenuto nessuua difesa; che ogni parte dee provare la
saa affermazionCy e che il neque tolutam et rel., se fossero state un'affermazione
deirattorcy dall'attore avrebbero dovuto essere provate. Ma non possiamo
ammettere col Thon, che la /ormula, pari alia sentenza interlocutoria del
diritto niodemOy debba regolare le parti per la prova. poioh^ abbiamo gia
dimostrato innanzi ^^) che la formula uon aveva tale funzione, ma conteneya
solo i presupposti che in iudido doveano essere accertati per venire alia deci-
sione della lite ; n^ la formula eqnivale alia sentenza interlocutoria del diritto
moderno. Era il gindice che poteva, durante la procedura, sentire il bisogno
di emettere decisioni intermedie {inierloeuiiones), e non vi era alcuna separa-
zione, come si trova nel diritto germanico e nel diritto medioevale tedesco,
tra la procednra principale e quella delle prove, mentre nel diritto moderno
rafferniazione e la prova sono separate e tra esse s'interpono la interloeutioj
che regola Tobbligo della prova e diventa obbligatoria ^),
Sicch^, escluso quel carattere nella formula^ resta sempre vero che le parole
veque 9oluiam et rel., importano, come dice Marciano, una oondido^ un requi-
site della formula kypoiheeariaf non una eondioio nel sense di exeeptio^ e che la
f^piegazione data dal Thox del concetto di Bachofkn non vale a giustiftcare
Tassanto di tale exofptio.
19. — Pervenuto a qnesto pun to, il Thon ceroa d'iudagare le ragioui che
avrebbero iiiossi grinterpreti generalmente ad accogliere neW actio hypotkeoaria
la solutio nella forma indicata, e crede di avervi potnto innanzi tutto contri-
''1) Qui il Thon cita le fonti intoroo alia exeepilo cosl: L. 22 pr. de except.,
44, 2 : « exceptio est condicio, quae — eximit reum damnatione ». — Gaius,
IV, $ 119: « — exceptio — ita formulae inseritur, ut condicionalem faciat
<;ondemnationem — » ; L. 2 pr. D. de except. : « exceptio dicta est quasi
quaedam exclusio, quae opponi actioni cuiusque rei solet ad excludendum id.
41uod in iutentioneni condemnationemve deductum est ».
^) Cfr. sopra pag. 25, 31 e 32.
*'^ Krllkk-Wagh (o. 0., nota 594% e gli autori ivi eitati). Vedi pure ^ 66.
€fr. Wach {Handbuch dee Deutechen Civilprozeaereehtee^ I, pag. 31 a e ft). Ve-
rameute il concetto della formula come Beweisiuterlocut non ^ del Thon, ma
del RuDORFF (Recksgeeoh., ^ 76, II, nota 9), il quale rappresenta la formula
-cos) : « Das eigentliche Beveisinterloout mit eventuellem Endurtheile t» ventre,
aber freilich ohne Vertheilung der Beweislast und Bestimmung einer Beweisfrist,
ist die formula » (cio^ la propria sentenza interlocutoria con eventnale sen-
tenza deflnitiva in ventre^ ma certamente senza ripartizione dell'obbligo della
prova e fissazione di un termine di prova, ^ la formula) ed e stato vivamente
4'riticato dal Krllkr-Wach nella cit., nota 594^. Vedi peru contro Scholtzk
^Pricatrecht und Prooesi, Erster Theil, $ 18 e seg.).
APPENDICE 447
bnire i1 tipo deWadtio depoeiti in factum trasmessooi da Gaio, e forse anche
quello deWaeiio peounia constituia; si riser va di dimostrare ohe l*analogia di
queste formole non pud esser messa a profitto per la concezione dell' actio
hypothecaria, e poi sogginnge: innanzi tutto gl'interpreti si ohiaroano ad iiii
luogo delle fonti, ohe a dir vero sembra confermare interamente il loro assanto
intomo alia formula hypothecaria; e questa h la molte volte discussa
L. 1. Cod. Si pignoris oonventionem numeratio secuta non sii^ 8, 32 (33) ^*):
« Impp, Sbvbrus et Antoninus A A. Hilaro, Si pecuniam tibi non esne
numeratam atque ideo friistra cautionem eniissani ^) et pignus datum proba-
tnms es, in rem experiri potes: nam intentio daii pignoris neque redditae
pecuniae non aliter tenebit, qaam si de fide debiti oonstiterit. eademque ratione
Veritas serve tnr, si te possidente pignns adversarius tiius agere coeperit.
PP. K. Sept. Laterano et Rafino conss. (a 197) ».
Ricorda il Thon cbe la portata di qaesto rescritto h nei rignardi della
critica men ohe priva di dnbbl, e ci5 mostra il oonfronto colla lex geminata
della c. I., de non numei'ata peeunia^ i, 30, in cai proprio ncl luogo delle parole
deoisive « neque redditae pecuniae » si trovano le altre del tntto diverse « nee
numeraiae pecuniae » ^). Ma, anche accettando il testo come I'abbiamo citato,
dice il Thon, esso presenta sempre gravi difficolt^, ]>oioh^ il saggio di spie-
gazione proposto dapprima dal Franckb ^), oui Huschkb e Bachofbn aderi-
''^) Gih da noi trascritta a pag. 440 e 441.
^) II Thon cita il testo aggiungendo aseeria che, com'egli stesso nota, molti
inanosoritti tralasciano. II Krubgkr uelVeditio maior del siio Codice lo man-
tiene, par notando essersi omesso nella 1. geminata, Cos) pure 'mantiene nel-
Veditio maior il neque numeratae pecuniaey ma preferisce il nee redditae pecuniae
della 1. geminata. Cfr. pure Nabbr {Obaervatiunculae oit., p. 226, nota 2).
^^) Ecco le parole della o. I., de non numerata pecunia :
« Impp. Sbvbrus et Antoninus AA. Hilaro. Si pecuniam tibi non esse numera-
tam atqne ideo frustra oautionem emissam adseris et pignus datum probatnrns
es, in rem experiri potes : nam intentio dati pignoris neque numeratae peouniae
non aliter tenebit, quam si de fide debiti oonstiterit. eademque ratione Veritas
servetur, si te possidente pignns adversarius tuns agere ooeperit ». II Buchholz
(Die Geminationen in Codex luetinian's^ nella Zeitschrift fur Civilrecht und Proze»8,
None Folge, vol. XIV, pag. 249) opina che la c. {., 1, 4, 30, e la o. {., 1, 8, 32
siano un solo rescritto, su oui i compilatori avrebbero in diversa guisa lavo-
rato per metterlo d'accordo col diritto ginstiniaueo, poich^ al tempo della
emanazione di questo rescritto, neiranno 199, la querella non numeratae pecuniae
non esisteva. Cfr. pure Bibnkr (Revision des lust. Codex ^ nella Zeitschrift fur
gesehichtliche Bechtswissenschaft, vol. VII, pag. 362 in fine). Sn questo rescritto
cfr. pnre Huschkb, gih da noi citato innanzi, pag. 434, nota 26.
^ Non credianio che il Thon riassuma fedelmente il concetto di Fkanckk
(Civilistishe Ahhandlungen^ p. 104).' 11 Franckk infatti, dopo aver detto che
Timperatore rispose che il pegno era nnllo, soggiunge:
« Und dieses wird so ausgedriickt: Wiewohl die intentio dei formula hypothe-
caria zn ihrer Begrllndung, den Worten nach nur erfordere, pignus datum neo
redditam esse pecuniam : so werde doch zu ihrer Begriindung, wie iiberhaupt
zur Existenz des Pfandrechtes, erfordert, dass das Darlehn, in dessen Erwartuu^
das Pfand gegeben, wirklich ausgezahlt worden, indem sonst gar keiu Pfand-
nexus existirt habe. Dieses sagen die Worte : Intentio dati pignoris neque redditae
448 APPENDICE
scono, che, ciot^, la eccezione di pegno coiitro In rivendica della cosa da parte
del debltoro in tan to sarebbe resplnta, in quanto nella posizione opposta delle
parti nel caso in esamd an che 1' actio pignwatioia (intentio dati pignoi-U neque
redditae pecuniae) sarebbe inammissibile, si troy a gi^ completamente combattuto
dalle parole mandate innanzi « et pignns datum probaturua e$ ». Qiiando il oredi-
tore uon pub far dare ascolto alia sua eccezione di pegno, perch^. inanca di iiii
requisito dello stesso, della fid€8 dehiti^ a qual fine si pretende anche dal debi-
tore la prova della consegna del pegno?
Se si Yuole dunque, conchinde qui il TuoN, ritenere 11 testo senz'alcuna
mutazione, non resta olie accogliere la opinione del BUchel ^), il quale crede
che sotto la parola intentio sia da intendere defentio, e olie le parole « neqne
redditae pecuniae » siano da riferire ad un diniego della replica della liberazionc
del pegno antioipata dall'attore. In ogni caso dovrebbo parere inolto dnbbio
il fondare su questo testo, in ognl riguardo cos\ vacillante, una teoria che
completamente coutradice ai principl fondamentali ^).
20. — Senza riandare tutt-e le interpretazioni del citato rescritto '^), n<»i
vogliamo ricordnre il caso che Ilaro aveva dovuto sottoporre agriniperatori.
£gli aveva rilasciata la oautio ed aveva dato il pegno, ma la pecunia non gli
era stata numei'ata: dubitava che potesse promuovere la rei vindicatio delln
cosa data in pegno, e il dnbbio gli venlva dalle parole della formula^ la oni
intentio supponeva che si fosse dato il pegno e non si fosse restituita la pecunia.
Ma grimperatori rispondouo che la rei vindicatio era aunnissibile, peroh^ la
intentio '^^) della formula hypotheoaria sapponova che si fosse provato il dehito
pecuniae non aliter tenebit, quam ai dc fide debiti confitiiei'it,,, », cioe: 11 che e cos'i
espresso: quantunque la intentio delta formula kypothecaHa letteralmente richiedn
Boltanto, yignus datum nee redditam esse pecuniamj tiittavia pel suo fondamento.
come in generale per la esistenza del diritto di pegno, h richiesto che 11 mntuo,
nella cui attesa il pegno fn dato, sia state eilettivamente sborsato, uon esiatendo
altrimenti nessnn vincolo di pegno. Cio esprimono le parole: intentio dati pignori*
neque redditae pecuniae non aliter tenebitj quam si de fide debiti conatiterit..,.
II Frangke spiega il « neo numeratae pecunitie » della o. h, de non numeraia
pecunia o come una corruttela del teste, cosl f:ioile nel titolo de non numeratn
pecunia, o, forse con maggior fondamento, come una nial couslgliata correzlone
dei compilatori.
^) fc bene riferire qui le parole di BIjCHKL {Cirilrechtliche Erortet-nngen^ 2.» ed..
pag. 2S8 e seg.) che 11 Thon non riporta « so dass die Berufung des Gliinbigers
darauf : pecuniam redditam non ease, nur eine litia conteatatio negatira^ eiut*
Abliiugnung des Klagegrnndes enthalt... » (sicch^ il richiamo del crcditore nl
pecuniam redditam non eaae contiene solo una litia conteatatio negativa, una ne-
gazione del fondamento delVazione).
«9) TnoN, I, c.y pag. 268 a 278.
'") Lo Gneist {Die Foi^iellen VertrUge, pag;, 269 e seg.) ne enumera quattro,
II RunORFF {Die Pfandklagen ctt., pag. 228, nota 85) cita i giuristi su questo
punto, e repnta inutile fatica quella da lore durata intorno alle parole « intentio
dati pign&ria », ecc.
71) Nei Baailici (XXV, 7, 55, ed. Hkimbach, III, pag. 89) la parola intentio
^ tradotta con Uccpxypxt^viy e questa dal giuristi con exceptio, Cfr. BOchkl.
/. 0., pag. 238, nota 1, e Thon, L c, pag. 270, nota 37, che vorrebbe trarre
da cio un argomento per la sua opinione, mentro qui la parola esceptio non
APPENDICE 449
{noH aliter tenebitf quam »i de fide dehiU ooMtiieril) ; nella stessa giiisa in cai, 86
il sosorittore della oautiOy clie iiou aveva riceviita la peounia, possedesse il
pegno, e il suo avversario si fosse fatto ad agire, proDmovendo, cio^, Vaciio
hypotheoaria, quest! doveva seinpre provare il debito, uou potendo eaistere il
pegno ove nou fosse obbligazione nessnna (Eademque ratione Veritas eervetur ai
te possidente pignu8 advereariua tuus agere coeperit), Gl' imperatori ricordavano
diinque, nel rispondere al dubbio mosso da Ilaro, i requisiti e le parole della
intentio della formula hypothecaria {iHtentio dali pignot^ ueque redditae pecuniae).
21. — I prouunziatl delle fouti, ooiitiiiua il Tmon, clie iu appareuza tsosteu-
gono la contraria opiuione^ e che fanno dipendere rattnabilitii delTazioue ipo-
teoaria dal fatto che nessuna aolutio o aaiiefactio sia Kegiilta ^'), uon possono
esi»ere intesi se non amiuetfeondo che ctMiteiiessoro allegazioui del couveuuto.
Imperoech^ qtiando costul avesse oppusta la exeeptio: « ai ea pecunia aoluta non
aity neque Ao Jo aatiafaotum », ed avesse in iudioio invocati, a foaduiueuto di
tale exeeptio, rnpporti di fattu, che uou fussero da riferire al cuucetro della
aatia/actio o della aolutio, si sarebbe pututo ben dire « vemm eat, pecuniam non
eaae aolutam », e con ci5 rioonosccre il foudameuto deirazioue. Ed esaminando
poi il contennto della foi'mula hypolhtcaria^ il TiiON osserva che il pretore
uveva promessa una azioue reale a coloro che, a guareutigia di uu credito al-
lora esistente, avessero ricuvuta in peguo la cosa da chi Taveva uel suo pa-
trimonio nel t>eiiipo della costituzioue iu peguo ^^). Ma da questa disposizione
dellVditto sarebbe derivatu, che il crediture, quando fossero uua \'olta con-
corsi qiiesti elemouti di fatto, avrebbe potato iu ogui tempo promuovere I'azione
ipotecaria auche dopo la estiuzioue dell'obbligazioue prineipale. Per evitare
questa couseguenza, il pretore probabihueute aveva subito aggiunto all'editto:
« si soluta sit pecuuia, vel credito rl satisfactum sit perve creditoreiu stet,
quoiuinus solvatur, iudicium non d:ibo ».
£ cosl Vactio hypothecaria, che nel preeedeute periodo dell'editto si rianno-
dava all'allegazioue di certl fatti, veuiva iu alcuue circostauze negata, special-
sarebbo adoperata iu senso tecnico, lua nel slguiJicato largo di defenaio. Si
tratterebbe della defenaio pignoria datii al creditore, di cui parla la c. 10 de
aetiane pigneraticia, 4, 24 {Baail., XXV, II, 52 ed. Hkimbach, III, pag. 66),
che suona cos):
^ Idem (DiocLRTiANUs et Maximianus) A, A, et C. C. Apollodorae, Neo cre-
dl tores nee qui liis successeruut ad versus debitores piguori quondam res nexas
peteutes, reddita iure debita quantitate vel his non aceipieutibus obiata et cou-
signata et deposita, long! temporis praescriptione muuiri pus;i»uut. Uude iutel-
legis, quod, si origiuem rei probarc potes, adversario teneuto viudicare domi-
nium deboas. Ut autem creditor piguoris defensioue se tueri possit, extorquetur
ei uecesaitas probandi debit! vel, si tu teueas, per viudicatiouem piguoris hoc
idem inducitur et tibi non erit difticilis vel soiutioue vel oblatiuue atque
solemni depositione piguoris liberatio. D, non. Mai, ipaia A A, couaa. a. 293 ».
Cfr. pure BaCHOKkn (Uaa liomiache Pfandrecht, pag. 45 e seg.).
'*) Qui il Thon Hi riferisce ai luoghi delle fouti, gi^ da noi citati, cioh alle
L. 30 M D. 44,2; L. 13 M D. 16, 1; L. 13 $ 5 D. 20, 1 ; L. 11 M 1^- 20,4;
L. 61 (59) D. 36, 1.
'^) II TiiON cita anche qui i luoghi delle fonti da noi riferiti, cio^ : L. 10
Cod. 4, 24 ;L. 13 D. 20, 6; L. 4 D. 20, 1; L. 23 D. 22, 3; L.. 15 } 1 1>. 20, 1.
OLr.cK, Comm. Pamletle, — Lib. XIII. — 57.
450 APPENDioif;
mente qiiando Aa\ eonvenuto era opposta la soluiio o la •atM/netto.Altra possi-
bility di esoludere rasloiie ipoteoaria, una volta fondata, nou esisteva "^). Anclio
qaando I'azione ipotecaria, come la sua formola additava, ricbiedesse a sno
foudameuto la esistenza di una obbligazione priucipale, non era del pari De:
cessario olie qiiesta continuasse di poi, poiob^ I'estinzione totale della obbliga<
zione principale tornavale pure inditfereute. L'acHo hypotheoat'ia ba la sua pro-
pria ed iudipeudente condizione di estinzioiie, la exoeptio della soluiio o della
satisfaciio; siccb^ ia tutti i casi di estinzioiie deirobbligo priucipaloi cbe non
ricadono sotto il concetto della eolutio o della 8ati$/actiOf Vaelio hypothecaria
h del tutto ammissibile : il gindicato, la coufusione della obbligazione prinoir
pale, o la prescrizione dell'azione principale non escludouo Vaotio hypothecaria '^).
£ i pronnnziati delle fonti iutorno a cio sono all'unisono: quando hi propone
la quistione se I'azione ipotecaria sia amniisHibiley i giuristi romani con la
maggiore acutezza prospettano i dne niomenti : se quell' azione, cio^, origina-
rianieute seinbri fondata, o se poscia nou sia divenuta iuattuabile: »i decidoiio
per I'aniniissibilitjl di essa si tosto si rivelino i presnpposti della sua esistenzn,
e non quelli della sua csclnsione; ina ove il fondanieuto originario di qnel-
I'azione h preatipposto nel ciiho concrete, tutto i ronianl ridncono alia quistione:
an soluta ait pecunia vel satinf actum ; dovendo essere senipre Tazione ammissi-
bile quando Tunico motive di estinzione, preveduto neireditto, non ricorra'^);
che se Veamque pecuuiam 8olutam non e$se, ecc. appartenesse al foudament(»
della hypotheoaria afltio, come potrebbero i romani, si domanda il Thon, nei
oaei in oui I'originario foudameuto deirazione h presupposto come indubitato,
e si tratti soUauto di sapere se questa per un posteriore avvenimento ^ia di<
venuta iuattuabile, motivare la lore risposta negativa con le parole « verum enim
est pecuniam non ease solulam », cio^, secondo la opinione degli avversarii,
« poich^ un fatto esiste a foudameuto deirazione »?
22. — Qui il Thon si avvioina alVopinioue da noi sostenuta cbe il « neque
Bolutam », ecc. nella formula iudicava poter esistere V actio hypotheoaria, quau-.
tunque Tobbligazioue priucipale fosse estiuta, e die la aolutio e la aatiafactio
si sarebboro ri cordate per t^'uer lontane dall'esame del giudice tutte le alt re
cause di estinzione ^) ; donde la consegnenza che il neque solutam appartenesse,
come condido formnlaey alia intentio della medesima actio hypotheoaria.
J^h oi pare assnrdo, come erode il Thon, che i ginreconsnlti romani abbiano
risposto uegativaniente alia domanda di sapere, se Vaotio hypotheoaria sia di ve-
nuta inattnabile per un posteriore avvenimento, cou le parole : « verum est pe-
cuniam non ease solulam », cio^, die esisteva uu fatto a foudameuto dell'azione.
Imperocch^ se il Thon stesso MisMene che solo la aolutio e la aatvtfactio pot(>-
vano escludere Vaotio hypotheoaria, vuol dire che se queste ipotesi non ricor-
ressero, oio6 se il creditore uon fosse state pagato n^ altrimenti sodisfatt^i,
Tazioue era sempre fondata; onde il pret-ore, neirenuiiciarno i requisiti nella
formula, doveva pure ricordare che, quando la aolutio o la saiiafaotio fossero
avvennt'e, mancava quelle del neque aolutam, e per5 I'azione era ammissibile:
7<) Qui il Thon cita i seguenti luoglii delle fonti: L. 13 M D. 20, 1; c. 2
de luitione pign,, 8, 30 (31).
'5) L. 27 D. 20, 1; L. 13 M I>. ^f^'y L. 8 Cod. 8, 13 (14); L. un. C. 8, 26 (27);
L. 61 (59) D. 36, 1 ; arg. L. 7 pr. Cod. 7, 39 ; L. 30 ^ 1 D. 9, 2 citate dal Thon.
70) L. 61 (59) D. 36, 1 ; L. 13 $ 5 D. 20, 1 citate dal Thon,
^) Cfr. sopra, pag. 441, nota 48.
APPEHDIGE 451
^uihui oessantibtu tenet, oome dice Marciano "^ oomentando la formula hy^
poikeeai'ia, Peroh^ dunque si deve creare iin nssnrdo, e poi pretendere di dile-
gaarlo ricorrendo' alia ipotesi della exoeptiot
23. — Mentre il Thon erode che i frammenti finora citatl non valgano a
Aostenere in minima guisa la conceeione della formula hypothecaria sostenuta
dngli avversarii suoi, a^terma tuttavia che ve u' ha uno, che ha bisogoo di
iiiaggiore esame, e ohe da lungo tempo oocnpa i migliori ginristi. £ qnesto h la
L. 61 (59) D. 86, 1. Paulus, libro quarto quaestionum "^^ :
' « Debitor 8ub plgnore oreditorem horedem instituit enmqiie rogavit restitnere
hereditatem filiae snae, id eflt testatoris: cum nollet adire lit suBpectam, coactns'
iussa praetoris adit et restitiiit: cum emptorem pignoris non inveniret, desi-
derabat pennitti sibi iure dominii id possidere. respondi: aditione qnidem here-
ditatis coufnsa obligatio est: videamus antem, ne et pignus liberatum sit
Bublata natnrali obligatione. atqnin sive possidet creditor actor idemqiie heres
rem sive non possidet, videamus de effeotn rei. et si possidet, nulla actione
a fideioommissario eonveniri potest, ueque pigiieraticia, quoniain hereditaria
est actio, neque fideicommissura, quasi minus restituerit, reote petetnr: quod
eveniret, si nullum pignus intercessisset : possidet euim earn rem quasi creditor,
sed et si Adeicommissarius rem teneat et hie Serviana actio tenebit : verum est
enim non esse solutam peouniaui, quemadmodum dicimus, cum araissa est
actio propter exceptionem. igitur non tantam retentlo, sed etiam petitio pignoris
nomine competit et solutum non repetetur. remanot ergo propter pignus natu-
ralis obligatio... ».
II caso sottoposto all'esame del glnreconsnlto Paolo era il seguente. Tisio,
debitore pignoratizio, aveva istituito erode Caio, suo creditore, pregaudolo di
rcstituiro la orodit^ ad una sua figliuola (cio^ ad una figliuola del testatore).
Caio non voile adire la ereditJk di Tizio come sospetfca, ma, ossendovi stato
costretto dal protore '^), I'ad) o la restitul. Non trovando poi acquirenti del
pegno, desiderava che gli si pormottesse di possedorlo iure dominii, 11 giure-
consulto risposo che per Tadiziono della credits era avvenuta la confusiono,
e qiiindi si era estinta la obbligazione principalo ancho come obbligaziono na-
tnrale ^^) e si distingue il caso in oui Caio posseda da quelle nel quale non
possoda la cosa datagli in pegno. So la possiode, non .pu6 essere convenuto
con nessiin'nzione dal fidocommlssario, u^ colla piguoratizia {in pereonam).
«) L. 13 M cit. D. 20, 1.
'^) Gi^ da noi in parte riferita, pag. 440, segnendo la edizione di Mommsen,
Cfr. Lrnrl, Palingenesia Pauli, lib. IV, Quaeetion.^ n. 1318.
^) In virtu del senatoconsulto Pegaaiano — Cfr. Gai, Inet,, II, 258 « ...ca-
vetnr Pegasiano sonatns consnlto ut desideranto eo cui restitnere rogatus est,
iussa praetoris adoat et restituat ». — Cfr. $ 7 in f. Inst, de fideicommieeariie
hereditatibue, 2, 23; L. 45 D. ad Sctum Trehellianum.
^1) Sullo parole del frammento o eublata naturali obligatione » cfr. 11 Thon,
I, 0., p. 275, nota 58, o gli autori ivi citati, ed aggiungi, fra gli altri, Derk-
BCUG, Pfandr., vol. II, p. 577-591 e Pandeklen, I, 2, $ 290, p. 307, nota 5, il
quale ritiene che lo ultimo parole di Paolo « remanet propter pignue naiuralie
obligatio » importano solo che alia permanenza del pegno si riconosce la con-
tinnazione della obbligazione natnrale, e che la decisiono del giureconsullo
si riferisco soltanto al caso della ooatta adizione della ereditii, che risponde al
S. C. Pegasiano. — Cfr. pure Eisklk, in Jkeringe JahrbOcher, vol. 31, p. 406
452 APPENDIOB
poich^ questa h atione ereditaria ^*) e si ^ estiata per confiisione, n^ colla
fedeoomcnessaria, quasi avesse restitiiito mono, come sarebbe avvenuto se nes-
san pegno fosse esistito, poioh^ Caio possiede qnella oosa ia qnaliUk di ore-
ditore. Ma, qnantuaqae il fedeoommessario tenga la cosa, V actio Servians avrit
Inogo, poich^ h vero di non essersi pagata la peounia: alio fitesso raodo in ciii
Tazione h perduta per mezzo della eocezione; e qaindi compete non solo la
retentiOf ma eziandio Tazlone a titolo di pegno ; e non si ripeter4 oi6 che si ^
pagato: rimane la obbligazione natarale per causa del pegno.
Ora il Thon si ferma molto sulle parole della legge innanzi riferite, che
Bono qiie»te: « verum eat enim non es$€ 9olutam pecuniam; quemadmodum dieimuB,
qUum amUsa e8t actio propter exoeptionem », sn cui, egli dice, ripoaa manifesta-
meute il pnnto plti difficile della decisione. Ricorda tutte le interpretazioni
che siilla prima e snlla seconda parte di quell a proposizione si vennero mani-
festando dai glossatori in poi, ed osserva contro di esse che in tntto il fram-
mento non si accenna mai alia priucipale actiOf ma immediatamente prima le
parole in controversia h ricordata V actio Serviana, e non si puo ammettere che
il giureconsulto adoperi nella stessa proposizione per la seconda volta actio
senz'altra agginnta, per riferirla all^azione principale e non all^azione ipote-
caria. II Thon ritiene piii grammatical mente ammissibile riferire il « qnetnad-
modum dicimus » non al « Serviana actio tenehit », ma alle parole che immedia-
tamente precedouo « solutam peouuiam >: V actio pel Thon h V actio SerHana.
Ond' egli traduce: « anche qui I'azione sar& ammissibile, poich^ il vero ^ che
il danaro non ^ state pagato, come noi diciamo quando Tazione Serviana ^
petduta per mezzo della ecceziouo ». Sicch^ il sense delle parole ^, secondo
il Thon, il sognente: I'azione ipotecaria non h, come I'azione principale e
^-) Le parole dello stesso frammeuto « quoniam hereditaria est a^tio » hanno
pure sollevate difficolt^. II Cuiacio propose Taggiunta di un nouy e voile dire
quoniam hereditana non est actio, Qnosta proposta fa aocettata da molti giuriKti
tino al PCNTSCHART {Moderns Theorie des rHvatreohteSf pag. 236 e seg.). ma
non si pii5 accogliere pereh^ actio hej^editaHa h qnella che ex bonis defancii
pendet (cfr. L. I $ 2B.D. Si quid in fraudem patroni, 38, 5 ; L. 66 $ 2 D. J4
S, C. Trebell,). Ora Vactio pignoratioia in personam si era estinta per cpnfusione
quando, avendo adita Teroditti del debitore, nel fiduciario creditore si era riu-
nita anche la quality di debitore. Ma^ dope la restituzione della erediUi, Taziono e
restitaita al fedecommessario : egli por5 non potril promnoverla se non come la
avrebbe pro&iossa il testatore, cio^ soluta pecuniae £ quando il fedecommessario
detiene la cosa data in pegno, Vactio Sei'viana spetterii al creditore percht^ la
pecunia non h solutaj e la confusione non ha CHtinta Vactio hypothecaria. Sarebbe
state poi contrario all'equit^ il costringere il fiduciario alia restitnziono della
cosa,' possedendola egli come creditore. — Cfr. su questo franimento il Thon
(I. c, pag. 276, nota 59), il quale dice che, come la obbligazione principale,
in «cni il creditore pignoraturio era creditore, cosl la obbligazione discendent«
dal pignus, in cui egli era debitore, doveva estingaersi per coufusione € quo-
niam hereditaria est actio ». Cfr., oltre i giuristi citati dal Thon, Windschkid
(Lehrbuch, I, $ 249, nota 4, pag. 430, vol. I e $ 289, pag. 129, vol. II, della
tradnz. it., nota 1 cogli autori ivi citati); BrkicrrCo. o., II, p. 14), Krei'schmar
(Die Theoi'ie der Confusiouy p. 32 e seg., 123 e seg.)., e, tra gli antichi, Meer-
MANN (Novas Thesaurus iuris citJ., VII, pag. 75, specie n. XXIII); Otto, The-
saurus^ y, n. 563).
APPENDICB 453
Vaeiio pigneraticia in personam^ estinta per confusio poich^ in veritdt non pos-
siamo dire obe il danaro sia pagato : I'linioa eocesione dunqne, per cui razione
ipotecaria Ta perduta, non h fondata.
Ragionando in tal gnisa il Thon volge 11 frammento di Paolo alia ipo-
tesi che favorisoe la sua opinione, in cambio d'interpretarlo. II giureconsalto
inrece dice cbiararaente cbo spetta Vaoiio Serviana appunto percb^ esiste il
presiipposto di essa per non essersi pagata la pecnnia; eiccb^ concorrevano
nel caso concreto i presnpposti della estinzione della ohligatiOf non quell i deli a
estinzione del pegno, e, malgrado la eonfurio, resta la ohligatio naturaliSf sii cnl
il pignus pn5 contiiinare ad esistere, o, come vogliono altri, la ohligatio natu-
ralis resta pel solo scopo di far continnare il pegno. II oum amisaa est actio
propter" exoeptionem vnol dire che non h avvenuta la soluiio^ perch^ qiiesta estin-
giie I'obbligazione ipso iure non ope exceptionis; e, non essendo segufta la solutio,
Vactio Serviana h aminissibile. Per riferire Vaetio amissa aWaciio Servianay coroe
Yuole il THOify bisognerebbe amniettere che il ginreconsnlto avesse detto di
essersi estinta Vactio Serviana propter exoeptionem (solutionis) ^ ma allora si do-
yrebbe snpporre pure la esistenza di nr\& exceptio solutionis, di cui, come abbiamo
gik rioordato, non pare che nolle fonti esista alcuna tracda.
E si dovrebbe pure sux^porre, come fa il Tiiox, che dopo le parole « quemad-
modum didmns » si potesaero sottin tend ere le altre « soluta peounia », ammettendo
che per la collocazione delle parole di Paolo qnesta continuazione della sen-
tenza negativa come di una positiva h piii naturale nel Intino che uel tedesco.
Ma allora non s^nterpetra, sibbene si crea, siipponendo cio che nel frammento
non esiste.
24. — Sembrando al Thon che nella L. 59 (61) la solutiOf di fronte ad
nn^actio in factum, opera nella forma di una exceptio^ si splnge innauzi e erode
di fornire la prova sicura di questo principio.
Egli infatti assume che in tutta una serie di frammenti h dichiarato che il
pactum de non pefendo^ concluso fra creditore e debitore pignoratizio, conio
anche la rinunzia al diritto di pegno, in cui pub essere, fra Taltro, annove-
rata la facolt^ data dal creditore di veudere il pegno, possono essere opposte
aH'azione pignoratizia soltanto come exceptio. E il Thon ^^ cita i seguenti
luoghi delle fonti:
L. 17 $ 2 D. de pactis, 2, 14:
« Paclus, libro tertio ad edicium. De pignore iare houorario nascitur ex pacto
actio: tollitur autem per exceptionem, quotiens paciscor ne petam ».
L. 7 ( 2 D. Quibns modis pignus vet hypotheca solviturf 20, 6:
€ Oaius libro singulari ad formulam hypothecariam, Sed si cum debitoris pro-
curatore convenit, ne sit res obligata, dicendum est id debitori per doli excep-
tiouem prodesse : cum autem cum servo eius convenerit, per ipsam pacti oxcep-
tionem convenii debet ».
L. 8 $ 7 eodem :
€ Marcianus libro singulari ad formulam hypothecariam, Supervacuum est
qnaerere agrnm specialiter hypothecae datum permissu creditoris venisse, si
ipse debitor rem possideat ^^): nisi qnod potest fieri, ut debitor permissu cre-
ditoris vendiderit, deinde postea bona fide redemerit ab eodem vol ab alio,
^) Z. 0., pag. 281 e seg.
^*} Kepossideat sostituisce Bachofen (o. o., p. 575) seguendo Cutacio, laoni
spiegazione ha il fondamento nei Basilioi (Hkimdach, III, p. 92).
454 APPENDICE
•ad quern per Hucceastonem ea Ten pertinero coepissot, ant si ipse debitor em
ptori heres exstiterit: vcrumtainen cum peounia soluta iion sit, doll mail suspicio
inerit translata nd praesens tempus, ut possit creditor replicationem doli mall
obicere. $ 8. lUud videaraus, si Titius debitor voluntate creditoris sal veodi-
derit Maevio vel ei, a quo Ma^vius emerit, et postea Maevius Tltio heres
esstiterit et creditor ab eo petat, quid iuris sit. sed iniquum est anferri ei rem
a creditore, qui non snccessionis inre sod alio modo rem nactiis est. potest
tamen dioi, cnm Titii dolus in re versaretur, no creditor a possessore pecuniam
recipiat, iiiiqnissimum esse ludificari eum. $ 9. Quod si is fundus a Maeyio
alioui ol)]igfatu8 possideatar, oui nondinn satisfactum erit, tunc ruraus aequuni
erit excipi ai non voluntate creditoria veniit^'*): licet enim dolus nialusdebitoria
iaterveniat qui non solvit, tamen secuudus creditor qni pignori accepit po-
tior est » 8').
Innanzi tutto noi osserviamo che 11 pactum de non pelendo, la remiM$io pi-
gnoi'iSf etc., producono exceptiones che si contrappongono alVaotio hypotheoaria ^),
e per6 non si pu6 da esse trarre alcun argomento a favore della opinione del
Thon anche qiiando TeflTetto di tali exc9ptione$ fosse qnello stesso della mIuUo
e della sat'iBf actio, Tra i fraramenti riferiti^ il piii iniportante ^ quello di
Mabciano, ora trascritto, la cui conclusione h che alia exoeptio di remisno
pignori$ « «i non voluntate creditoria veniit » si contrappone la replieatio doli, 11
giureconsulto infatti dice essere inutile indagare se il fondo, dato specialmente
in ipoteca, si sia yenduto cul consenso del creditore quando il debitore steaso
lo posseda, salvo che il debitore lo abbia venduto col consenso del creditore,
e poi lo abbia rlooraprato in buona fede dallo stesso individuo, o da colui al
quale 11 fondo era pervenuto per sucoessione, o che lo stesso debitore sia di-
venuto erede del oompratore. Tuttavia quando la peounia aoluta non tit, si
solleva un sospetto di frode che antorizea 11 creditore alia replieatio doli. II
giureconsulto prosegne nella saa indagine, e si domanda che si debba decidere
se Tizio col consenso del suo creditore abbia yenduto il fondo a Meyio, o a
colui dal quale Mevio aveva oomprato, e poi Mevio sia divenuto erede di
Tizio, e il creditore ohieda da Mevio. Sarebbe iuiquo, risponde il giureconsulto,
togliersi dal creditore la cosa a colui che non per suooessioue, ma in altra
guisa riia aoquistata: pu6 tuttavia dirsi che, versandosi il dolo di Tizio nel
fatto stesso che il creditore non rioeva la peounia, sarebbe iuiquo trarlo iii
inganno. Che se il fondo da Mevio dato in pegno si possieda da colui che non
5 stato soddisfatto, h nuovamente equo opporre la exoeptio: ai non voluntate
creditoria veniitf poioh^, quantnnque intervenga il dolo del debitore, che non
paga, h poziore il creditore che ha avuto il fondo in pegno.
II risnltato h quindi il seguente: il debitore, come il compratore come erede
del debitore, dee aspettarsi la replieatio doli quando cerca di tutelare il sao
^) Sulla exoeptio < ai non voluntate creditoria pignua veniit » che era nn^exceptio
in factum non edittale cfr. Lknkl (Ed., p. S97, n. 8) zz Eaaai, 11, $ 267 e KrC-
OXR {Beitrdge zur Lehre von der exoeptio doli [Contributi ulla dottrina deirex-
ceptio doli], pag. 143).
»6) Cfr. pure L. 4 M ; L- 7 M I>* 20, 6; L. 2 Cod. 8, 25 t26J. Sulla L. 8
$ 9 D. 20, 6 cfr. KuUgku, {. c, pag. 142 e seg.).
^) In ordine alle exceptionea contro l'ao(to hypotheoaria vedi sopra pag. 433,
nota 17. Cfr. pure, tra gli altri, Dkrnbuug (Baa Pfandr,^ II, pag. 852).
appkndioe; 465
possesso col riohiamarsi alia remUaio^ o oi6 anclie qnando V alienazione e il
niiovo acquisto sia esente da mala fecle ^).
Ma oi6 non prova I'assiinto del T11097 che il saiisfctotum esse deirazione ipor
tecaria non si riveli nella foitnula come parte della intentio, sibbene come excepiio
e che in partioolare Vexeeptio del convenuto < ai non voluntaU ereditoris veniit »
sia una speciale conoezione, pih adatta pel caso determinato, per lo piii gene*
rale « si creditoH satiafaotnm non sU ».
25. — Altrettanto viiol dirsi intoruo alia L. 9 ( 3 D. de pigner. actione^ 13, 7,
che il TiiON cita a conforto della sua tesi, eche suona cosl :
« Ulpianub lihro vicensimo octavo ad edietum. Omnia pecunia exsolnfca esse
debofc ant eo nomine satisfactum esse, nt nascatur pigueraticia actio, sati-
sfactum antem accipimus, quemadmodum voluit creditor, licet non sit solutuni :
sive aliis piguoribus sibi caveri volait, ut ab hoc recedat, sive fideiussoribus
sive reo dato sive pretio aliquo vel niida conventione nascitnr pigneraticia
actio, et generaliter dicendum erit, quotiens recedere volnit creditor a pignore,
videri ei satisfactum, si ut ipse Yoluit sibi cavit, licet in hoc deceptns sit ».
Al Thon non importa che in questo frammento si trattl delV actio pignef*aticia
in personam, e non deWaotio hypoiheeariay perch^, egli dice, la teo^ia sal fon-r
Aa,me\\to deW actio pigneraticia e snlla esohisione dell' ac^to hypothecaria h \ek
stessa ^). Riferisce il Thon il pactum de non petendo come la remissio pignoi'ity
al satisfactum esse dell'azione ipo tecaria, e poi crede di aver trovata una testi-
monlanza diretta in or dine alia stessa azione ipo tecaria nella
L. 5 pr. V>, ^ibus modis pignus, 20, 6:
« Marcianus libro singulari adformulam hyphotecariam, Solvitur hypotheca e^
si ab ea diseedatiir ant paciscatur creditor, ne pecuuiam petat... »
e nella
L. 49 D. de solutionihus, 46, 3 ^) :
« Marcianus libro singulari ad hypothecariam forniulam, Solutam pecnniam
intellegimus ntlque naturaliter, si numerafa sit creditori... quod si acceptum
latum sit, quod stipulationis nomine hypoteca erat obligata vel sine stipulatione
aecepta sit, solutionis quidem verbum non proficiet, sed satisdationis sufficit »;
e per dimostrare un'altra volta che 11 pactum de non petendo h compreso nella
satisfaclio dell'azione ipotecaria, osserva il Thon, sulla base di questi ultimi
frammenti, che, qiiando il creditore pignoratizio ha liberato il debitore dal-
robbligaziono principale, il convenuto dev^essere protetto, uel caso in cui 11
creditore promuova in segnito 1' actio liypoihecaHa, non con la parola soluHo,
ma con quella di satisfaction poich^ questa comprende anche 1' accepHlatio; e
ci5 indifferentemente se il pegno sia stato coatituito per una obbligazione
assunta coUa stipulatioy o per una obbligazione di altra specie. E conchlude il
Thon che V acceptilatio estingiie ipso iure solo la obbligazione assunta con la
forma della stipulazione : di fronte ad un'altra obbligazione opera il pactum de
^) Cfr. su quest© frammento, fra gli altri, Bachofbn {Das Rom. Pfandr,^
pag. 575 e seg.) e Dbrnburo {Dcls Ffandrecht, pag. 557 e seguenti). »
^) £ qui il Thon cita il $ 4 de conceptione Digestorum, espresso cosl :
f ... et in primis liber singularis ad hypothecariam formulam, queni oportuno
loco in quo de hypothecis loquimur posuimus, nt, cum aemula sit pigneraticiis
actionibus, quae in libris de rebus positae sunt, non abhorreat eorum vioini*
tatem, cum circa easdem res ambabus paeue idem studium est ».
^) In parte trascritta nella pag. 444.
456 APPENDICE
non petetido e aolo per exoeptionem. E ee la tatisfaciio in rapporto M*actio hypo-
theoaHa si fa valere nella forma di una exeeptio, dee valere lo eteaso per la
solutio^ poich^ questa nella teoria deir azione ipotecaria vien posta sempre
allato della saiiafaotio e governata alio stesso raodo, e finalraente anclie del
terzo memento, del per aotarem etaref quominua Bolvatur; sioch^ quest! tre rap-
port! Bono indicat! uella formula a nn dipresso eosl : « si ea pecnnia 8olut»
non sit, neque A.o A.o satisfactum sit, neqiie per A. «i A. na stet, quominus
solvatur ».
L'altimo teste ebe 11 Thon invooa a sostegno della sua opinione h !1 resoritto
di Antonino, ohe h il seguente:
L. 2 Cod. de remisaione pignoria^ 8, 25 (26) :
« Imp. Antoninus A, Maiemo, Si probaveris te fundum mercafcum posses-
sionemque eius tibi traditam sciente et conseutiente en, quae sibi eiim a ven-
ditore obligfttam dieit, earn exeepiione removebis. nam ohligatio pignm^ia oonaenauel
contrahitur et diaaolvitur PF. II %d Fdn\ Antonino A, III el Geta III conss.
(a. 208) ».
Avrebbero gl'imperatori, dioe il Thon, applicat'O qui il principlo prediletto
del roniaul « nihil tarn natiirale est quam eo genere quidqiie dinsolvi, quo
coUigatiini est » a fonclameuto di una sempUce eeoepHo quando uell' azione
ipotecaria, come in nn* actio in factum , fosse stata possibile in genorale una
estinzione ipso iure t *^).
26. — A diinostrare il nessiin valore dl questa osservazione del Thon hnster^
ricordare ohe nella intentio delle actionea in factum, ciii Vactio hypotheoaria
oppartiene, oltre gli element! ginridici ordinnrii, si trova pure il materiale dl
difesa del convenuto. La exeeptio esercitava la sua fiinzione noil' actio in iu9
ooncepta ^^). II pretore indicava al giiidice Torbita dell' azione, e i modi onde-
poteva essero estinta. ^ quindi vana opera quella del Thon, con cui si fa a
rilevare ohe nel concetto della aatiafactio si coniprondo il pactum de non petendo,
e questo si fa valere per mezzo di eccezione: che i\l aatiafaotum eaae &^pa,Ttiene
pure la remiaaio pignoria: die la aolutio h governata dnlla medesinia norma,
trovandosi allato della aatiafactio nella foinuula. II convenuto infatti airaoiio
hypothecaria oppoue le sue eccezioni, e per 'queste valevauo le solite regole
processuali; il pretore nella /ormteZa indicava, oomo si ^ visto, old che quel-
r azione poteva escludere. £ neppure giova ricordare che la dottrina delTaclio
pigneraticia in peraonam e dell'ac^io hypotheoaHa sia la stesnn ^), e che Tattore
nelVactio hypoikecaiHa si troverebbo in condizione peggiore che neWactio pigne-
raticia in peraonanif dovendo in quella provare il neque aolutam pecuniam, mcntre
in questa spetta al convenuto la prova di aver pagato il debito. laiperocch^
no! abbiamo gi& dimostrato che il Tuox h sempre preoccupato dalla idea che
91) Thon, I. o., pag. 286.
*^) Cfr. sopra pag. 441. Cfr. Lisnkl {Uebev Uraprung cit., pag. 52 e seg.).
Cfr. pure Gaii Inat^ 4, 116 e seg. Yedi perd Eisblk {Die materielle Grumdlage
der Exeeptio, pag. 107 e seg.).
^3) Bisogna pure uotare che tra T actio pigneraticia in peraonam e 1' actio
hypothecaria vi ha qualche differenza: nell' ac^io pigneraticia il presupposto h
che si sia eseguita la aolutio, nella hypothecaria bisogna che il paganieuto non
sia avvennto: onde Giustiniano (^ 4 C. Omnem rei publioae cit.)^ disse cbe
€ circa oasdem res ambabus paeno idem stadium est ». II che del resto nou
uega il Thon.
APPENDIOB 457
il riferire il neque solutam, eco., tkWintentio della formula hypotkeearia importi
obbligare I'attore a foniire la prova oega'tiva, ohe h impossibile, di non essersi
pagato il debito, ineatre, come abbiamo giJSk ricordato ^), la opinione dominante
non riesoe affatto a qiiella conseguenza, poicb^ la formula deWaotio hypotheoaria
non poteva aUerare i principii ohe regolavano la pi'ova, e per5 restava sempre
vero che il convenuto dovesse provare la aolutio o la satisfactio,
27. — Giiinti alia concliisione della dottrina del Thon non orediamo di dover
intrattenerci intorno alValtra parte del sao nssunto, oon cui si fa a dimostrare
che se nelle formulae dMaotio de eonstituta pecunia e deWaotio depoaiti in fao-
turn si trovavano le stesse parole della formula hypotkeearia, ci5 non vaol dire
clie tiitte queste azioni abbiauo nulla di oomune tra loro, poich^ ci5 che nella
formula deWaoiio hypotkeearia era impossibile, in qaelle delVactio de eonstituta
peeunia e delV actio depositi in factum era uecessitj^ assoliita. U actio de eouBtituta
pecunia, dice il Thon, nel suo signifioato originario era piuttosto im'azioue
pel danno dl non essersi a tempo adempiuta la obbligazione e qnindi era nO"
cessit^ imporiosa che raffennazione di non essersi eseguito il pagamento a
tempo appartenesse al fondamento dell'azione e dovesse essere provata dal-
Tattore. Uactio depoeiti in factum, continiia il Thon, non era arhitraria, e non
luirava direttnmeute alia restifcuzioue della cosa depositata, ma solo a garentire
I'interesse del creditore contro i fatti dolosi del debltore pel qnali Fazione
civile (del deposito) non spettava^^) e che erano espressi nella /ormMla « eamque
dole male redditam non ease ». L'azione dulosa del convenuto, oio^ la deterio-
razione della cosa depositata, appartiene dunque al fondamento deirazione ed
QlVintentio deirattore, cui ne spetta anohe la prova, e non alia difesa del con-
venuto ; e per6 la formula depoeiti in factum, come quella del conetitutum, non
vnolsi punto trattare come aualoga alia formula kypotkecaria, ed entrambe of-
frono una prova della esattezza della opinione da esse Thon sostenuta^).
Questa invece, per nostro avviso, non ne trae vautaggio nessuno, perch^, anohe
senza sottoporre quelle azioni ad uu esarae minuto, quando si ammetta che il
« neque solut^m » ecc. non deve provarsi daH'attore, non si sentirii il bisogno
di spiegare la ragione per cui in altre azioni potosse avvenire il contrario ;
sicch^ Topiniono del Thon, a cui si contrappongono gli argomenti finora di-
scorsi, non si reggerebbe neppure evocando il ricordo deW actio de eonstituta
pecunia, e dell'aofto depositi in factum, che lo stesso Thon afferma non aver
nulla di comnne goW actio hypotkeearia,
28. — L'opiuione del Thon; precediita, come si h visto, in certa guisa dal Ru-
DORFF e dal Kkllrr ^7) fu accoUa dall'AnNDTs ^) e dall'AscoLi, il quale sopprime
nella /armuZa Tagglunta che quasi tutti vi pongono « eauique meroedem (pecuniam)
neque solutam » ecc, perch^ credo col Thon che « quelle parole vi si introducessoro
^0 Cfr. sopra pag. 444.
^^) Thon, L o., e speoialmente p. 300 e seg.
^) Sulla formula deW actio de eonstituta pecunia, cfr. Bruns (Zeitackr. fUr
lieektsgesck,, I, pag. 59 e seg.) Bbthmann-Hollweg, cit., II, pag. 816 e seg. —
Lknel (Essai de reoonstitution de V^it perpetuel, vol. I $ 97). — Sulla doppia
formula deW actio depositi cfr., fra gli altri, Krller-Wach {Der rom. Civi^^g,,
pag. 162, nota 365); Karlovva {Heektsgesek,, II, 3 Abth. pag. 1311 e seg.).
^') Vedi sopra pag. 442, e Rudorff (ELecktsgesck, , II, $ 31, nota 8).
^) Lekrhuck der Fandekten (ed. Pfaff e Ofmann, Stnttgart 1889, ( 378,
pag. 735); Cfr. pure Arndts-Serafini, II, $ 578, nota 2.
GlUck, Cornm. Pandette. — Lib. XIII. — 58.
458 APPENDICB
Boltsnto Bu domanda del coDvenDto come ecoezione da lai opposta alle pretese
deirattore ». L'Ascou aderisoe airargomento del Thok, e dice che € qnelVag-
giiinta avrebbe per necessarla conseguenza di rigettare la prova del non awe-
nuto pagamento suirattore, 11 quale peroid si troverebbe costretto a provare
ci5 che nessun creditore dove iiiai provare e perderebbe non di rado la lite
per la Impossibilitli della prova negativa che egli non ^ state pagato » ^). Ma
noi rlpetiamo anche qui che la formula non poteva alterare i principil della
prova, e che 11 pagamento doveva sempre provarsi dal convenuto, e perb dal
riferire alia intentio le parole € veque solutam », eco., non derlvava la conse-
guenza che Tattore fosse costretto alia impossibile prova negativa di non essere
state pagHto ^^). II Lenkl poi non contradice senza argomenti, come I'AscOLi
FOBtiene, la opinione del Thox, poich^ 11 Lenbl nota che il Thon da inesnttl
punti di partenza giunge a inesatto risnltato, e orede opportuno di rlchiamarsi
ai luoghi delle fonti, e specie alia L. 61 (59) ad 8. C. Trehellianum. dicendo
che qaesta non viiol essere intesa come la interpetra il Thox^^^^).
c) Le alire parti della formola : la olausola arlntraria di restituzione : « Hi$i ea res
arbitratu tuo restituetur » ; la € oondemnatio » rivolta al « quanti ea ree erit ».
29. — Sa queste parti della /otiavZa hypotheearia non crediamo intrattenerei,
come quelle che riassumono il concetto delle altre aoHones in factum arbUrariae,
£ note infatti che la formula conteneva Varhiirium pel giudioe di condannare
il convenuto, solo nel case in cni qnesti non nbbidisse AiVarbitnum de reeti-
tuendo, o non soddisfacesse altrimenti I'attore, ad una determinata somma di
danaro. II giudice arbitrava non de peounia ereditay ma de re obligata ^^).
Nell a oondemnatio bisognava perd distingnere: se 1' actio hypotheearia era rivolta
centre il debitore la oondemnatio non poteva oltrepassare la somma dovuta e
^) Le ongini delVipoteoa e delVinterdetto Salviano cit., pag. 55 e seg. in nota.
1^) Cfr. Bopra pag. 441 e 444.
^^^) Cfr. Lk!7BL {das Ediotum^ p. 396, nota 10. Essai de reconitHutioUj II, note 4
e 5, p. 243. Cfr. pure Lbnbl (Uber Ursprung und Wirkung der Exceptionom cit.,
p. 54, nota 2), in oui aveva sostenuto lo stesso, rilevando pure che una exoeptio
solutionis nel eenso di Thon non h affatto dimostrabile. L'Eiselk (Die materielle
Grundlage der « Exceptio », pag. 104, $ VII) parla ^Mexceptio solutionis nella for-
mula hypotheearia^ e cita I'opinione del Thon, ma ritiene che uella formula in
factum 11 giudioe non dove attendere u^ al ius civile nh al ius honorarium^ ma
soltanto attenersi ai fatti indicati nella fonnula, Lo Zimmkkmanx (Kritischfu
Bemerkungen zu Eisblb' s Schrift Uber die materielle Grundlage der € Exceptio *t
pag. 26) risponde all'EiSKLB che in ci6 che riguarda il pagamento pn6 essere
o no la exceptio secoudo che nel formnlario delle nzioni del pretore non ai irori
parola della exceptio o si trovi quest'ultima ipotesi espressa nella parte dells
formula « eamque pecuniam neque solutam esse ». Ma ci5 si avvicina alia opinione
del Thon, e a noi par meglio atteneroi alia dimostrazione, che crediamo di aver
g\h fornita, di appartenere quella parte alia intentio della formula hypotheearia.
»02) Cfr., fra gli altri Kellbr (der rdm, Civilprozess cit.^.-pa.g. 35 e seg., 137),
e }a nostra nota 18. Lbnbl (Edictum^ pag. 397, nota 2 cogli autorl ivi cltati)
e (Essai de reconstitution cit., pag. 243, nota 7). Cfr. pure^ fra gli altri, Rc-
nORFV (Rechisgesch., II, pag. 153); Bbkkbr (Die Aetionen^ II, pag. 140, nota 17);
GiUARD (Manuel cit., p. 1008 e seg.).
APP£NDIG£ 459
glMnteressi, ecc. (non plwis quam debet, quia non plurii iniet'eet) : coutro il terzo
possessore della cosa pignorata la condemnatio era rivolta alia litis aestimatio^
ed il oreditore, ricevendo piti del dovutogli, era tenuto a restituirlo al debitore,
il quale poteva ohiederglielo coW actio pigneratioia ^^). Ai frutti si aveva ri-
gnardo quando il valore della cosa pignorata non bastava ad estinguere il
debito, e distingnendo i frutti raccolti dopo la litis eontestatiOf obe erano sempre
dovuti, da quelli raccolti prima, doYuti solo in quanto fossero exslantes ^'^).
^^ Gai, Inst.f 4, 51 ; L. 16 $ 3 D. 20, 1, e su qnesta Bkthmann-Hollwsg (Das
zwanzigste Buck der Pandektenf pag. 59 e seg.) ; L. 21 $ 3 eod, ; L. 2 D. 20, 6.
Vedi Dbrnburo (Das Pfandr,, 11, pag. 316, e Pandekten 1, p. 697, nota 8).
^^*) Vedi sopra pag. 433, nota 17 e gli autori ivi citati ; cfr. pure L. 1 $ 2 ;
L. 16 $ 4 D. 20, 1 ; L. 3 Cod. 14 (15). Cfr. Dkrnburg (Das Pfandr.^ II, p. 319
e seg.); Petrazycki (Die Fruchtvef'theilungy pag. 183).
INDICE DELLE FONTI
H 1-73
$ 114
$ 188
$ 18
i 59
( 60
^ 66
^ 171
i 200
( 304
« 205
( 220
$ 244
( 258
i 284
^ 124
^ 149
t 156
i 179
$ 183
« 195
i 196
i 197
^ 201
i 205
PONTI GIUBIDIGHE.
DIRITTO BOMANO.
Fonti antegiustinianee.
Oaius, Institutiones.
Lib. I.
pag. 297
» 257
» 429
Lib. II.
pag. 297
»
»
»
»
»
»
»
257
256 e B6g.
261
297
113
91
297
257
429
451
297
Lib. III.
pag. 159
429
429
4!29
429
19
267
267
257
14
»
»
»
»
»
»
t 205-206
$ 206
M
♦ 13
i 35
$$ 40, 41
$ 41
i 44
i 46
♦ 47
t 51
i 53
{^ 53-60
$ 54
« 55
« 57
i 58
i 60
t 61
( 63
$$ 64, 65
^ 66
^$ 66, 67
i 68
« 116
pag. 276, 279
» 279, 282
Lib. IV.
pag. 21
»
97
»
429
»
436
»
97,
100
»
435
»
435
»
91,
251
102, 246,
»
459
»
98 e
8eg.,103,
116 c
)8eg.,436
»
97
»
100,104e8eg.^
116,
118
»
99,
118
»
102
»
101,
436
»
436
»
108
»
107
»
106
»
163,
297
»
107
»
97
»
456
462
INDIOE DELLE FONTI
$ 119
pag. 446
i 153
pag. 271 e seg
i 122
» 110
$ 171
» 159, 206
f 123
» 108
Fragm, Auguttodunensia pag. 443
1
Paulus,
Sententiae^
Lib. I.
Tit. 13.
—
Tit.
4. —
■
$$ 1, 2
pag.
299
♦ 1
pag-
277 e seg.
* 2
»
301
Tit.
10. -
-
W 2, 7
»
299
pag*
98 e seg.
Tit. 15.
_^
1
Tit.
13. -
P*g-
Lib. II.
105
« 3
Tit. 31.
pag-
141
Tit.
4. —
♦ 1
pag.
19
M
P»g-
352
218
Lib. V.
Tit.
5. —
Tit. 26.
^
pag-
352
M
pag.
300
M
»
105, 108 e (
leg.
M
»
300
Ulpianuj
3, Fragm,
j
Tit.
2. —
Tit. 24.
—
1
4 2
pag.
113
II. 8
X. 2, 5
Coll
pag.
»
atto.
257 e seg.
262
pag.
300
1
Consultatio veteris cuiusd. iuriscons,
y. 4 pag. 98 e seg.
i 52
ii 52, 53
pag. 100
» 100
Vatiodna Fragnienta.
i 53
i 326
pag. 104
» 93
Code^ Hermogenianus.
De odlumn, et pl^8 petendo I, 2, pag. 98, 105
INBIOE DELLE FONTI
463
Codex Theodosianus.
UI. Tit. 2 (ed. J2»««r Tomo I, pag. 290)
pag. 361
de cohartal. I. 6 » 35
de infirm, hi$ quae iuh tffranv, I. 6
pag. 305
Fonti giustinianee.
« Corpus iuris civilis ».
Bigesta*
Con$t, omnem § 4 pag. 455 e seg.
Lib. I.
Tit. 1. — De iiutUia ei iure.
L. 7 J 1 pag. 81
Tit. 3. — De legihue ienatusque elo.
L. 13 pag. 81
Tit. 15. — De off, praefeoti vigilum.
L. 3 J 1 pag. 286
» 3 $$ li 2 » 290
» 3 $ 2 » 290
Tit. 16. — De off. pi-ocone, et leg,
L. 6 M V»«' 344
Tit. 8. —
L. 15 i 1
» 15 « 2
Lib. II.
Qui $ati$d, cogantur, etc,
pag. 331
» 331
Lib. III.
Tit. 5. — De negot, geelie,
L. 6 pag. 394
» 7 » 74
» 21 ^ »lt- » 393
Tit. 6. — De calumniator ib,
L. ult. pag. 32
Lib. IV.
Tit. 2. — Quod meiue causa etc,
L. 1
» 14 M
» 14 $ 5
» 14 $ 9
» 14 MO
» 14 MI
» 21 M
pag. 254
» 85
» ld4
» 406
» 406
» 154
» 7
■.IV.
XV,
■ ■ J^V «>M»f»».»V»
L. 6 M
pag. 161 6 seg.
Tit.
14.
— De paotis.
L. 6
pag. 35
» 7 pr. ♦ 1
■
» 208
» 7*6
» 445
» 17 t 2
» 296, 303, 431,
438, 453
» 17 i 6
» 204
» 27 f 3
» 438
» 39
•
» 185
Tit. 4. — De minorib, XXV atinia,
L. 1 pr. pag. 42
» 7 $ 4 » 102
» 8 » 42
» 24 * alt. » 42
Tit. 5. — De capite minutie.
L. 7 pr. pag. 39
Tit. 8. — De reeeptie, qui arhiir. recep. etc.
L. 23 pag. 431
Tit. 9. — Nautae^ cauponee^ eiahul, etc,
L. 1 M pag. 281
» 1 $ 8 » 282
» 3 J 1 » 279 Q 6Cg.
464
INDICT DELLE.FONTI
L. 3 M
pag. 284
» S $ 5
» 6
» 5 pr.
» 279
» 5
» 282
Lib. V.
Tit. ]. — De iudioii$ et ubi quiaq, ete.
L. 18 $ 1
pag-
247
» 19 pr.
»
94
» 19 M
»
92 e
seg., 129
» 20
»
93
> 28 $ 5
»
104,
112
» 35
»
116
» 39 pr.
»
154
» 39
»
155
> 43
»
90,
92, 116,
129,
135
» 45 pr.
»
93
)^ 79 pr.
»
61
» 80
»
155
Tit. 2. — 2>0 inoff. teBiameuto.
I.. 29 pag. 93
» 29 M » 93
Tit. 3. — - i>e herediiati$ petitione.
L. 16
P«g-
154
» 16 $$ 4,
5
»
204
» 17
»
204
> 18 pr.
»
163,
204
» 20 $ 17
»
204
» 30
»
204
» 40
»
61
Tit. 4. — Si par$ hereditat, petatur,
L. 1^5 pag. 104, 105
» 3 > 104, 112
Lib. VI.
Tit. 1 — i>e rei vindioatione.
L. 3
pag. 2
> 3 f 3
» 100,
105
» 9
» 210
» 15 $ 3
» 4
» 16
» 4
» 21
» 154
» 23
» 2
» 27 M
» 3
pag. 108
» 415
» 245
» 415
» 113, 300
» 100, 104 e Beg.
L. 27 « 5
» 48
» 63
» 65
» 66
» 76 M
Tit. 2. — De publieiana in r. aei.
L. 13 $ 1 pag. 302
Lib. VII.
Tit. 1. — De usHfi-uctu et quemadm. ete.
L. 12 ( 2 pag. 269
» 12 $ 5 » 7^ 12, 112
» 38 > 269
» 43 » 151
Tit. 3. — Quando diet ususfr. leg. oedtit.
L. 1 M pag- 110, 113
Tit. 7 — De operis eervorum,
L. 3 pag. 332
» 4 » 332
» 10 pr. » 230
Tit. 8. — De U8U et hahit^U.
L. 2 pag. 269
§ 10 pr. » 227
» 10 » 271
Tit. 9. — Ueusfruotuariua quemadm.
L. 9 M pag- 11^
Lib. VIII.
Tit. 1. — De eervitutibue.
L. 4 ^$ 1, 2 pag. 104
» 16 » 305, 432
Tit. 3. — De seiTituiih. praedior.
rueticor.
L. 24 pag. 268, 270
Lib. IX.
Tit. 1. — 8i quadrup. pauper, fee, dieatur.
L. 2 pr. pag. 280
» 2 > 289 e seg.
Tit. 2, — Ad leg. AquHiam,
L. 11 t 7 pag. 9
INBICE DBLLfi FONTI
466
L. 18 M
» 30 M
> 43
» 44
> 57
» 829, 450
» 9
» 846
» 289 e 86g.
Tit. 4, ^ Z>« lUHraZiK act.
L. 22 pa^. 261
» 27 » 480
Lib. X.
Tit. 2. — FamiUae eroiseundae,
t. 12 pag, 10
» 12 ( 2 » 113
» 29 » 843, 393
Tit. 3. — Co«in«ii< dividundo.
L. 7 f 12 pag. 296
» 10 $ 3 » 105
Tit. 4. — Jd exhibendum,
L. 8 M Pftg- 296, 305, 432
> 3 ( 1<^ » 210, 330
» 5 ) nit. » 154
Lib. XI.
Tit. 1. — Deinterrogai. in iurefao,, etc,
L. 1 pr. pag. 100, 104
Tit. 4. — De fugitivU.
L. 1 pr. pag. 225
Tit. 7. — De religioHi, et $umtib.
funer,, eie.
L. 34 pag. 113
Lib. XII.
Tit. 1 — JJe reb, orcdittM^ ti ceri,
peieLy etc,
L. 1 t 1 pag. 207
» 2 pr. » 232
» 2 f 1 » 199
» 3 » 61
» 6 » 48
» 9 pr. » 48
» 9 M » 91
» 9 ( 8 » 309
» 18 $ 1 » 211
GlUck, Comm, Pandetle. — Lib. XUI —
L. 22
P»g.
56, 60, 70 seg.
» 36
>
110
» 87
»
112
» 38
»
112
» 89
»
112
Tit. 3.
— De in litem iurando^
L. 1
pag.
54
» 3
»
48, 55
» 4 ( 2
»
54 e seg.
» 5 $ alt.
»
48 e Beg.
» 6
»
49
» 8
»
54
» 9
»
6
Tit. 4. — De eondict. oama data
0, non sec.
L. 5 (t 2, 3 pag. 154
Tit. 5. *- De condict. oh turp. vel
iniuet. caue.
L. 2
» 3
» 7
» 8
Tit. 6. -
L. 19 pr.
» 22 M
» 26 ^ 13
> 27
» 40 $ 1
» 41
» 42
» 65 M
Tit. 7. —
L. 3
» 3 M
Tit. 1. -
L. 1
» 2
» 3
» 4
» 5
pag. 245
» 826
» 8
» 326
De condict. indehiti*
pag. 173
» 49
»
»
»
137
92, 120, 129
49
172
404
49
D^ condict, sine causa*
pag. 49
» 326
Lib. XIII.
De oondictione furtiva.
pag. 7
» 17
» 25 e seg.
> 22
» 16, 18, 20
59.
466
L. 6
» 7 M
» 7 $ 2
» 8
» 8 pr.
» 8 pr. $ 1
» 8 M
» 8 $ 2
» 9
» 10 pr.
» 10 M
» 10 M
» 10 $$ 2, 8
» 10 M
» 11
» 12 pr. $ 1
» 12 M
» 13
» 14
» 14 pr.
» 14 M
» 15
» 16
» 17
» 19
» 20
INDICB DELLE FONT!
pag. 17 e 8«g., 20
» 3 e Heg», 7
» 4, 20, 23
» 26
» 7, 27, 49
» 21
» 22, 26, 65
» 25
» 20, 24
* 16, 27
» 8, 16
» 7
» 11
» 7, 10
» 10
» 11
» 7, 12, 405
» 25
» 25
» 11
» 27
» 18
» 19, 26, 223
» 27
» 16
» 4, 26 8eg.,49
Tit. 2.
L. unica
Tit. 3.
L. 1
» 1 pr.
» 1 M
» 2
» 3
» 4
Tit. 4. -
L. 1
» 2
» 2 pr,
De eondiofioiitf esc Ze^0.
pag. 16, 29
»
»
1)0 oon<7io(ione tHtioiana.
49
48
8, 45, 50
7, 8
45, 49, 52,
6468
» 49, 52, 56,
60, 70 e seg.
De eo quod certo loco dari
oporiet.
pag-
»
73, 76, 80,
82, 87, 128
80, 140
84, 88, 95
L. 2 M
» 2 M-^
» 2 $ 2
» 2 M
»
»
2 M
2^5
2 $ 6
2 $J 6,
2 $ 7
2 M
» 3
» 4
» 4 pr.
» 4 $ 1
» 5
» 6
» 7
» 7 pr.
» 7 M
» 8
» 9
» 10
Tit. 5.
L. 1 pr.
» 1 M
»
1
1
1
1
1
$ 5
$ 7
3 pr.
3 $ 1
3 $ 2
pag. 76, 89
» 87
» 83, 121 e Reg.
» 94, 116, 121
e seg., 151
» 150
» 87, 135
» 132
» 87
» 88, 152
» 81,84,88seg.
95, 140 seg.
» 73, 80, 85,
106, 141
» 80, 83, 95,
105, 125, 141
» 149, 153
» 84, 154
» 77, 80, 84, 89,
91, 107, 135
» 77, 89, 135
» 74, 80, 84,
90, 135 seg.
» 116
» 89, 116, 136
» 84 e seg., 88
e seg., 120,
142 e seg.
» 73. 94
» 84, 95, 142
e seg., 146,
153
De peounia eonstitnta.
pag. 160, 176
» 158, 170, 181,
195
» 170
» 181, 188, 191
» 169, 195
» 170, 173
» 161
» 184
» 171
» 158, 175, 182
e seg.
INDIGE DELLE FONTI
46?
L. 4
> 5 pr.
5 $ 2
5 M
5 $ 5
5 $ 6
5 4 7
5 $ 9
6
>
>
»
»
»
>
»
»
»
>
»
»
»
»
»
»
»
^ 1
0
1 pr.
M 1
2
3
4 pr.
4 $4 1, 2
4^2
4 $ 3
5
6
6 pr.
6^1
6^2
6 M
6 M
7
8
8 pr.
8 $ 1
8 M
8 M
9 pr.
9 pr. J 1
9 M
21 pr.
21 $ 1
21 4 2
22
23
pag. 158, 182
» 182, 188, 191
» 161, 183, 203
» 176
» 177
» 178
» 178
» 178, 203
> 203
» 203
» 152
5> 170, 179, 203
» 179
» 199
» 171, 196
» 182, 185, 191
» 161, 185, 191
» 182, 191
» 176
» 159, 183
» 198
> 176
> 176
» 129
» 197
» 77, 84, 90,
92, 135eseg.,
188, 191
» 157, 198
» 200
» 158, 200
» 158e8eg.,200
» 200 e seg.
» 158
» 174, 184, 186
» 198
» 183, 196
» 175, 191
» 183
» 174
» 159
» 158, 180
» 159, 198
» 204
» 159
L. 24
pag.
195
» 25
»
199
» 25 pr.
»
182
» 26
»
161, 169
» 27
»
161e8eg., 164,
196
» 28
»
161, 183, 187,
196
^ 29
>
170, 195
» 30
»
152, 179
Tit. 6. —
Commodati vel contra.
L. 1 pr.
pag-
208
» 1 $ 1
»
209, 226, 253
» 1 M
•
»
245, 268
».2
»
245
> 8
»
245
» 3 M
>
91, 232
» 3 $ 2
»
45,48,54,63
» 3 M
>
207, 243 seg.
» 3 M
)►
211
» 3 4 5
»
207
» 3 $ 6
»
210, 265, 268,
335
> 4
»
211, 265, 268,
335
» 4 pr.
»
250
» 5
>
19, 276
» 5 pr.
»
136
» 5 J 1
»
245
^5^2
«
216, 218, 238,
347, 351
» 5 $ 2-10
»
251
» 5 $ 3
»
214, 251, 347
» 5 M
»
218, 238, 279,
285
» 5 $ 5
»
238, 279
» 5 J 6
»
290
» 5 $ 7
»
209, 220, 265
» 5 J 8
»
223, 232, 265,
267
» 5 M
»
233^ 238
» 5 $ 10
»
239, 265
» 5 $ 12
»
210, 225, 265,
412
468
INDIOE I>£LLE FONTI
L. 5 $ 13
». 5 $ 15
» 8
» 10 pr.
'> 10 J 1
:s> 10 4 2
» 11
» 12 pr.
» 12 $ 1
» 13 M
» 14
> 15
» 16
» 17
17 t 2
17 M
» 17 M
» 17 $ 5
» 18
» 18 pr.
» 18 M
1> 18 $ 2
2> 18 $ 3
» 18 M
» 19
» 20
» 21 M
» 22
» 23
Tit. 7. —
L. 1
» » $ 1
» » » 2
» 2
» 4
» 6 M
» 7
pag. 281, 290
» 276
» 238, 241, 244,
278, 281, 291
^ 19, 210
» 210
» 232, 265
» 241, 275, 280,
292
» 240
» 241, 292
» 241
» 241
^> 233
» 223
» 210, 230
%> 210, 231
» 264
v> 244
^> 224, 244, 265
e seg.
^> 102
v> 245
» 265
p 221, 239, 277
8eg.,348 seg.,
351 seg.
^> 346
v> 240, 245
>> 244
» 236
» 280, 284, 289
pag. 241, 291
» 214, 242, 244
» 209, 244
» 232, 265
De pignei'aticia aotione
vel contra,
pag. 295
» 306
» 395
» 342
» 341
» 391, 409
» 337 391, 409,
L. 8 pr.
pag. 843
» » $ 1
» 400
•
» » » 5
» 828, 841
» 9 pr.
» 320, 342 0eg.
» »^2
» 294
» » » 3
» 358, 388, seg..
409, 423, 455
» > ^i 3, i, 6
» 325
» » $ 4
» 298, 311, 314^
358, 403
» » » 5
» 410, 423
» 10
» 311, 434
» 11 $ 1
» 325
» » > 2
» 403
» » M 2/ 3
» 325
» » $ 8
» 827, 390, 400
» » » 5
» 307, 325, 388,
410 Beg.
» » » 6
p 308
•
» 12
» 311
» 13
» 352
» » pr.
» 413
» » ^ 1
'S> 240, 281, 286,
349
» 14
Y 240, 278, 286,
348, 350
» 15
» 348
» 16 $ 1
» 314, 320, 395
» » » 2
» 296
» 18
» 433
» 18 pr.
» 312
» > M
» 404
» 20 pr.
» 403
» » $ 1
» 403
» :i> » 2
» 389
» » » 3
» 363
» 22
» 12 seg.
» » pr.
:> 404, 407 seg.
» » M
» 298, 314, 358,
403 seg.
» » » 3
» 402
» » » 4
» 398
» » » 23
» 899
» 24
» 398
» » M
» 391 sog., 409
» 25
» 343 seg.
L.
27
»
28
»
» pr
»
30
»
31
INDICE BELLE FONTI 469
Lib. XVL
Tit. 1. — Ad^S.C. Velleianum,
L. 13 $ 1 pag. 431y 439 seg.,
» 32
» 33
» 34
» 35 $ 1
» 36
j> » pr.
» » M
» 37 pr.
» 39
» 40 M
» 41
)> 42
Lm. XIV.
Tit. 1. — De exeroitoHa aotione,
L. 1 $$ 17, 18 pag. 335
i> 5 pr.
pag.
412
»
303,
342
»
414
>
357
»
260,
396
342 seg.,
»
320,
342 seg.,
396,
400
»
375,
381
»
363
»
294,
302
»
320
^>
395
»
395
»
343
»
379
»
339
seg., 419
»
296,
324
315, 318,
»
392,
409
Tit. 3.
L. 1
}» 5 $ 15
» 335
De inatitoria aotiotie.
pag.
80
393
Tit. 6. — De aenatuaoons, maocdoniano.
L. 12 pag. 369
Lib. XV.
Tit. 1. — De peculio,
L. 3 $ 12
» 9 $ 5
» 27
» 29 $ 1
r> 36
Tit. 3.
L. 15
pag. 16, 21
» 113
» 261
» 319
» 261
De in rem verso,
pag. 183
» 32 $ 1
449
» 326, 403
Tit. 2. — De compenaaiionihus.
L. 1
» 4
» 10 $ 2
» 15
» 18 pr.
» 21
pag. 106
». 100
» 20
» 84
» 106
» 100
Tit. 3. — Depoaili vel contra, .
L. 1
^ » i 9
» » » 12
» » ($ 16, 40
» » ^5
» » » 47
» 2
» 3
» 6
» 12
» 13
» 14
» 19
» 23
» 24
» 26 $ 2
» 31 pr,
» » -^ 1
» 32
pag. 281
>> 281
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
282
91
281 seg.
259
259
259
281
281
281
281
247
262
316
169
74
231
220
Lib. XVIL
Tit. 1. — 2£andati vel ooutra,
L. 1 $ 3
» 6 pr.
» 8
» » MO
» 10 J 8
3> 26 J 7
» 37
pag. 335
» 225
» 393
» 154
» 335
» 396
» 51, 60, 63,
68, 138
470
INDICE BELLE FONTI
L. 40
» 59 M
Tit. 2.
L. 25
» 52 $ 3
» 58 $ 2
pag. 345
» 400
• Pro $oeio.
pag. 283
» 215, 285, 291
» 369
Lib. XVIIT.
Tit. 1. — De eontrahenda empHone^ etc.
L. 1
» 7 J 1
y> 28
}> 35 M
» <60
» 80 i.»f.
» 81
Tit. 8.
L. 1
» 2
» 3
» 4
png.
»
»
»
»
48
369
811
288
359
369
369
De lege ewamieeoria,
pag. 360
» 360
» 398
» . 360
Tit. 6. — De perioulo et oommodo
rei venditae,
L. 1 $$r 1, 2, 3 pag. 288
» 2 $ 1 » 280, 288, 346
» 3 » 220, 277 seg.,
280, 346
» 4 $$ 1. 2 » 288
:^ 11 » 286 Beg.
» ult. (20) » 141
Lib. XIX.
Tit. 1 . — De actionihus empti venditi.
L. 3 $ 3
» » » 4
^> 11 i 16
» » » 18
» 13 $ 25
» 21 » 3
» 30 pr.
» 33
» 36
» 54
pag. 65
» 69, -137
» 399
» 74
» 414
N> 66, 141
» 21
» 101 seg.
^> 281
» 74
Tit. 2.
L. 5
» 9 pr. ^ 1
» 13 $ lilt.
» 19 » 6
» 24 }» 2
» 25 » 7
» 26 » 1
» 28 » 2
» 29
» 40
» 41
» 44
» 45
» 47
» 54 pr.
» » $ alt.
» 65 pr.
» 60
^ 1> i 2
» » » 5
» » » 8
I^caii eondneti.
pag. 268
» 268
» 403
» 268
» 268
» 277 seg.
» 268
» 335
» 287
» 284
» 280, 284, 289
» 270
» 396
» 244
» 74, 145
» 217
» 290
» 393
»
14
15
» 284
Tit. 3. — De aestimatoria.
L. 1 ( 1 pag. 216
Tit. 5. — De praescriptis rerbU
et in factum actionibne.
L.
1
» 1 « 2
» 9
» 11
» 12
» 16
» 17 pr.
»
»
» »
» 20
» 23
» 24
^ 1
» 2
» 3
» 4
pag. 28
» 275
» 248
» 39, 28
» 28
» 274
» 227,268,271,
335
» 215 seg.
» 275
» 265
» 275
» 234
» 275
» 336
Lib. XX.
Tit. 1. — De pignoribue et hypothectM, etc,
L. 1 pr. pag. 316, 326
INDICK. BELLE. FONTI
471
L.
1 $ 1
»
» » 2
»
» » 3
»
2
»
4
»
5 pr.
»
» $ 1
»
» » nit
»
9 » 1
»
11 » 1
»
» » 2
»
» » 3
»
» » 7
»
12
»
13
»
» J 2
T>
» » 3
T>
» » 4
»
» » 5
»
14
»
» $ 1
»
15 pr.
»
» M
»
16 $ 3
»
» » 4
»
» » 5
»
» » nit.
»
17
i>
» M
»
21 $ 1
»
» » 3
»
22
»
23 $ 1
»
25
»
27
3>
29 $ 1
»
31
»
33
»
» ^ 5
»
34 » 1
pag. 433
» 459
» 383
» 414
» 302, 307, 439,
449
» 325, 328
:» 296 seg., 430
» 296
» 311
» 296, 375, 381,
388, 431
» 312, 403
» 813
» 403
» 313, 403
» 404
» 338 seg.
» 430, 439
» 440, 450 Beg,
^ 111, 329, 431,
4398g.,449sg.
» 329, 342
» 325, 329
» 295, 312
» 302, 314, 439,
449
» 154, 342, 459
» 459
» 433
3> 366
y> 303. 342
» 430
» 315
» 404, 406, 459
» 318, 324
» 302, 308
» 308
» 397, 450
5> 404, 430
» 296
» 827
» 342
>► 307
Tit. 2. — In quib, eauaia pufnus, ete,
L. 8 pag. 333, 386, 381
Tit. 3. — Quae respignori vel hypoth»y etc.
L. 2 pag. 325
Tit. 4. — Qui poUore$ in pignore, etc.
m
L. 11 $ 4
» 12 pr.
» » • $ 10
)►. 14 :
» 20
pag. 440, 449
» 297.
» 297
» 317
» 301
Tit. 5. — De diatraotione pignorum
et hypoth.
297
28 .
413
394
399
28
L. 5
» » M
7 pjr.
9 »
10
11
12
]> $ 1
»
»
363
402
Tit. .6. — Quibus modia pignua
vel hypotheoa aolvitur.
L. 2
» 4 M
» 5* pr.
» 6
» » $ 1
. » 7 M 2, 3
» 8
>> » -^ 7
» » M .
» » » 9
» 12 $ 1
» 18
pag. 414, 459
» 454
» 455
>> 440
^ 198, 484
)> 453, 454
» 312
» 453
» 454
» 454
» 342, 480
> 449
Lib. XXI.
Tit. 1. — De aedth'oio edioto, ete,
L. 21 $ 3 pag. 154
» 43 $ 9 » 111
» 48 » 4 ■ • » • 397
» 58 pr. » 896
472
INDIOE DELLE FONTl!
Tit. 2. ^ Ih wiotianibua et duplae
ttipulatiane.
L. 66 pr.
pag. 432
» 73
» 324
» 74 $ 1
» 399
Tit. 3. — De exoeptione rei venditae et
traditae.
L. 1 pr. J 1
pag. 324
» 1 M
» 393
» 8
» 324
Titi 1. -
L. 1
> 8
» 3 $ 1
'» 9 J 1
» 21
» 22
» 23 pr.
-> 24
» 29
» 32 pr.
» 34
» 37
» 38 $ 7
» 38 $ 10
» 47
» 49
Lib. XXII.
De ueurie et fructibut et
eaneie etc,
pag. 74
» 60
» 69
» 383
» 60
» 60
» 60
» 60
•'827
» 67
» 136
» 400
» 126
» 210; 233
» 60
» 312
Tit. 2. — De nautioo foenore,
L. 7 pag. 35
Tit. 3. — i)« jn'o^a/tonidiM et praeeump^
tionibue.
L. 19 pr.
r> 23
» 28
pag. 445
» 438, 449
3^ 67
Tit. 4. ^ — De fide instrumentot^um, etc,
L. 4 pag. 439
» iD » 272
Lib. XXIII.
Tit. 2. — De ritu nuptiarum.
L. 19 pag. 36
> 45 $ 5 » 319
Tit. 3, — De iure dotium,
L. 9 $ 3 pag. 281
» 10 $ nit. » 123
» 67 » 8
Lib. XXIV.
Tit. 1. — • 2)0 donationibue inter virum
et usDorem,
L. 7 ^ 5 pag. 214
» 7 $ 6 » 363
» 11 » 115
» 18 » 272
» 49 » 258
Tit. 3. — Soluto fnatrimonio doe qyum-
admodum petatur.
L. 25 $ 3
» 27 M
» 61
» 62
» 64 $ 5
» 64 $$ 5-7
» 65
Lib. XXV.
Tit. 2. — • De aetioAe rerum awiotarum.
pag.
154
»
37
»
38
»
37
»
37
;^
37
»
36 e
seg.
L. 3 $ 2
pag. 25
» 3 $ lilt.
» 24
» 6 M
» 24
» 11 « 5
» 24
» 11 ^ 5,
6
» 22
» 21 t 2
» 396
» 25
» 22
Lib.
XXVI.
Tit. 7. — De adminUtr. et perie. tnUh
rum et curator,,, etc,
L. 2 $ 1 pag. 17
» 36 » 106
» 50 » 285
INDIGB DBIXB FONTI
473
Lib. XXVII.
Tit. 9. — De rdnu eorum^ qui sub
tutela vel tura 9unt^ etc.
L. 1 $ ult. pag. 326
Tit. 10. — De curataribMs fwrioso, etc.
L. 10 pr. pag> 326
Lib. XXVIII.
Tit. 6. — De vulgari ei pupillari sub-
9tit%t%one,
L. 4 $ 2 pag. 375
Lib. XXVIIII.
Tit. 5. — 2>0 senai'M cons, Bilaniano et
clavdianOf eie.
L. 1 M pag. *113
Lib. XXX.
De legatie et fideioommiedie I.
L. 47 M P<^g- ^^
» 48 J 1 » 17
» 69 J 5 » 154
» 71 4 3 » 70
» 84 $ 4 » 66
Lib. XXXI.
De legatie et fideioommiseie II.
L. 84 pag. 136
» 87 J 1 ^> 136
Lib. XXXIL
De legatia et fideioommiesis HI,
L. 11 $ 17 pag. 70
Lib. XXXIII.
Tit. 2. — Z>6 U8U et ueufruotu et reditu
et hdbitalione et operiSf etc,
L. 34 pag. 268
» 40 » 268
» 43 » 440
Tit. 10. — De Buppellectile legata.
L. 9 $ 2 pag. 300
GLGicK. Comm. Pandette. — Lib. XIII.
Tit. 3.
L. 15
» 16
^ 17
Lib. XXXIUI.
— De liberatione legata,
pag. 274
»
^
274
274
Lib. XXXV.
Tit. 1. — De oandioionibue et demon-
etrationibue et eauaia et modis^ etc.
L. 92 i. f. pag. 136
» 105 3> 113
Tit. 2. -^ Ad legem Faleidiam.
L. 15 $ 6 pag. 113
» 24 $ 1 » 113
» 88 M ^ 113
Lib. XXXVL
Tit. 1. — Ad een. cone, trebellianum.
L. 18 pr. pag. 113
» 45
» 57 pr.
» 59 pr.
» 451
» 113
» 431
» 155
)> 440, 449, 458
» 452
» 203
» 59 i alt.
» 61
» 66 $ 2
» 73 pr.
Tit. 4. — I7t in poeseeaionem legatorum
vel fldeioommiaeorumy etc.
L. 5 S 6 pag. 440
» 5 $ 21 » 411
Lib. XXXVII.
Tit. 7. — De dotis eollatione.
L. 8 pag. 316
Lib. XXXVIII.
Tit. 5. — Si quid infraudem patroni, etc.
L. 1 i 26 pag. 452
Tit. 16. — De auie et legitimia heredibua.
L. 3 J 2 pag. 37
Lib. XXXVIIII.
Tit. 1. — De operia novi nuntiatiane.
L. 9 pag. 296
60.
474
Tit. 2. — D€ damno infeotOy etc,
L. 4 J 8 pag. 42
» 34 » 307, 410
Tit. 5. — De danationihuB,
L. 2 $ 5
pag.
.115
» 9
»
272
» 9 pr.
»
229, 274
» 9 M
»
274
» 27
T>
227, 272 e Beg.
» 32
»
227,272e8eg.
Lib. XXXX.
Tit. 1. — De viianum%99ioniim9,
L. 11 pag. 113
» 31
37
INDIGB DBLLB FONTI
Tit. 5. — De reinw auctm'iUUe \udM$
p088idend%8 $eH vendundi9.
L. L. If 2 pag. 93
L. 3 » 93, 131
» 9 pr. » 411
Lib. XXXXIII.
Tit. 16. ^ De vi et de vi armata,
L. 1 $ 9 pag. 330
» 1 $ 3^ » 4
Tit. 17. — UH poseidetie.
L. 3 $ 10 pag. 40
Tit. 24. — Quod vi aut olam,
L. 1 ^ 3 pag. 210
Tit. 26. — De preeario.
Tit. 9. — Qui ei a quibue manumissiy etc,
L. 29 $ 1 pag. 113
Lib. XXXXI.
Tit. 1 . — De adquirendo rerum dominio,
L. 52 pag. 439
Tit. 2. — De adquiretida vel amiUenda
po9Be88ione.
L. 18 $ 12 pag. 445
» 20 » 210, 237
Tit. 3. — De ueurpationibue et ueuoa-
pionibun.
L. 4 $ 20 pag. 26
» 4 $ 21
» 13
» 13 pr.
» 16
»
»
403
330
421
330
Lib. XXXXII.
Tit. 1. — De re iudioata ei de effeetu
aententiarum et de interlooutionibue,
L. 11 pag. 56, 126
» 15 $ 7 » 393
» 51 M » 406
Tit. 2. — De eopfeesia,
L. 62 } 2 pag. 260
L. 1 pr.
» 1 $ 3
» 2 $ 2
» 2 $ 3
^ 3
» 4 M
:» 4 $ 4
» 8 * 1
» 8 $ 3
» 12
» 12 pr.
» 15 M
» 15 M
Tit. 33. •— De ealviano interdicts
pag. 428
Lib. XXXXIIII.
Tit. 1. — De exeeptionibus,
priuecriptionUme et praeindieiie.
L. 22 pr. pag. 109
Tit. 2. — De exoepiiane rei iudieaiae.
pag
.223
246
"»
223
»
271
T>
227,
271
»
264
»
266
»
273
»
347
»
266
»
223
»
270,
272
3^
227,
271
L. 2 pr.
pag. 446
» 5
» 154
» 11 $ 4
» 115
» 19
» 296
» 22 pr.
» 446
» 30 M
» 296, 431, 434,
440, 449
INDIGE DELLE FONTI
475
Tit. 4. — De doli fMli et metu$
exoeptione.
L. 8 pr. pag. 238
Tit. 7. — De ohligationibu8 et aoiionHms.
L. 1 M
)> 1 ♦ 5
» 1 M
» 1 M
» 9
» 11
» 16
» 21
» 22
» 31 i. f.
» 36
» 42 pr.
» 44 $ 1
» 50
» 56
pag.239, 277, 279
^ 281
» 309, 423, 426
» 188, 191
» 246
» 178
» 261
» 131
i> 56
;> 185
» 22, 25
» 112
» 329
» 127, 132
» 9
Lib. XXXXV.
Tit. 1. — J)e verhorum ohligaiianibua,
pag. 407
» 42
» 326
» 400
» 27
» 64, 67
» 104
» 381
» 4
» 159
i> 127, 132, 202
» 407
» 62, 127, 132
» 127
» 131
» 144
» 56
» 62
» 100
1-3 » 49
» 100
>> 89
» 61
L. 8 M
» 5
:» 6
» 18
» 20 $ 1
» 23
V 25
» 28
» 29 9 1
» 38 $ 2
» 88 M6
» 38 M7
» 41 $ 1
» 42
» 42 pr.
» 49 pr.
» 59
» 60
» 74
.•> 75 pr. e
» 75 $ 3
» 75 M
» 82 $ 1
L. 88
» 91 $ 4
» 95
» 114
» 118 $ 1
y> 122 pr.
» 127
» 131 $ 1
» 137 $ 2
» 137 $ 4
» 141
Tit. 2. — !)€ duohuB reia eonstituendU,
L. 9 pr. pag. 244
Tit. 3. — De etipulatiane servorum,
L. 6 pag. 260
pftg
.144
»
144
^
135
»
126
»
127
»
92,
132
»
326
»
152
»
92,
132 seg.
»
137,
139, 199
»
132
» 70
» 202
Lib. XXXXVI.
fi'
Tit. 1. — De fldeiu89or%bu9
et mandataribue.
pag. 189, 191
188
189
188 Beg.
189
152, 327
189
48, 188
133
190
189
188
»
»
»
»
L. 8 M
» 8 $ 8
» 8 $$ 8i 9
» 16 $$ 1, 2
» 16 M
» 23
» 34
» 42
» 49 $ 2
» 49 in f.
» 70 pr.
» 70 J 2
Tit. 2. — De novationibue
et delegationibue.
L. 12 pag. 49
» 28 » 51, 63
» 29 » 197
Tit. 3. — Desolutionibuaet liber ai%onihu$.
L. 5 $ 2 pag. 400, 445
» 10 » 152
» 12 M » 152
» 13 » 67
» 33 $ 1 » 66
476
INDIGE DELLE FOTtTI
L. 36
P«g-
104, 111
seg.
L.
15 $ 2
pag.
235,
245
» 43
»
186, 196
»
17
»
265
» 49
»
444, 445,
455
»
19 $ 5
»
19
» 69
»
180
»
19 $ 6
»
19
>► 67
»
211
*>
20 M
»
19
» 72 $ 3
»
27
»
23
»
17
» 74
»
407
»
24
»
17
)► 95 pr.
»
123
»
25 $ 1
»
8,
12
» 95 $ 3
»
316
»
26 $ 1
»
15
» 98 $ 5
»
152
»
36 pr.
»
17
» 101 $ 1
>
326 seg.
»
40
»
19,
265
Tit. 4. —
De acceptilatione.
»
50 $ 1
»
18
L. 13 $} 7, 8
P»g-
113
»
52 $ 6
»
25
Tit. 8. — Ratam rem
\ haheri. etc.
»
52 $ 8
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15
t
»
52 « 14
»
25
L. 12 $ 2
pag
. 67
»
•
52 $ 19
»
17
Lib.
XXXXVII.
»
52 $ 20
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3?2
Tit. 1. — De privaiiE delictis.
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52 % 22
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265
L. 1 pr.
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23
»
52 $ 29
v>
6,
11
» 2 $ 3
»
26, 27
»
54
»
19,
384
Tit. 2.
— De furtis.
»
54 M
»
221
»
54 $ 4
17
L. 1 $ 3
P»g'
18 seg.
»
#
55 (54) pr.
»
331
» 3
»
16
»
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»
265
» 4
»
16, 288
#
»
56 $ 4
'5>
12
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»
16
»
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235, 245
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»
16
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»
396
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16
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62 M
»
260
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16
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»
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»
19
» 11
»
14
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65
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»
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•
»
71
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3|
6
» 12 pr.
»
14
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223
» 12 M
»
231
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76
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19
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19
»
76 pr.
»
222,
266 s«g.
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76 M
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16
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288
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79
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275,
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» 14 $ 10
»
239, 281,
290
»
80
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405
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»
291
1>
83
>>
15
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»
14, 291
^
86
•>
8,
14
» 14 $ 15
»
238, 239
»
88
»
405
» 14 $ 16
»
6 seg.,
8eg.,239,
14
280,
»
91
N>
14
346
Tit. 4. — 5i i*,
q\ii testamento liber, etc.
» 14 $ 17
»
283
L.
1 pr.
pag
.440
>► 15 $J 1, 2
»
19
»
1 $ 10
3>
440
INDIOB D£LLE FONTI
Tit. 5. — Furti aditersus nauias
ectupanes atabularioe.
!>• 1 $ 4 pag.
288
Tit. 8. — Vi honorum raptorum
et de turha.
L. 2 $ 22 pag. 440
» 2 ($ 22-24 ^ 290
» 2 $ 26 i> 61
Tit. 9. — De incendio ruina etc.
L. 9 pag. 297
Lib. XXXXVIII.
Tit. 5. — Ad legem luliam de adulteriia
coercendie.
L. 27 $ 15 pag. 31
» 27 ^ 15, 16 » 38
» 27 $ 16 » 31
» 28 » 31, 38
Tit. 10. — De lege Cornelia de faUie
et de Senatuaooneulto Liboniano.
L. 14 $ ult. pag. 37
Tit. 18. — De quaeati&nibue,
L. 13 pag. 32
Lib. L.
Tit. 1. — Ad munioipalem et de tncolia,
L. 29 pag. 93, 131
» 33 ^ 93, 131
Tit. 1, —. De legaiionibua,
L. 2 $ 1 pag. 335
Tit. 8. — De adnUnietratione rei'um
ad civitatee pertinentium.
L. 3 J 2 pag. 184
Tit. 16. —
L. 5
» 10
» 23
» 49
» 51
)> 53 $ 2
» 58 pr.
» 83 $ 7
» 151
» 164 $ 1
» 178
» 193
» 213
» 222
» 233 $ 2
» 236 pr.
» 236 $ 1
» 238 $ 2
Tit. 17. -
L. 17
» 23
» 29
» 40
» 45
» 46
» 53
» 54
» 57
x> 63
» 73 M
» 99
» 125
» 134
» 136
» 173 $ 2
477
De verhorum eignifioatione.
pag. 159
» 112
» 159
» 440
» 297
» 37
» 297
» 65
:^ 297
» 151
» 159
» 71
» 113
» 159
» 297
» 297
» 297
» 294 seg., 297
■ De diver eis regulie turn
antiqui.
pag. 127
» 290, 348, 353
» 172
» 326
» 237, 358, 398
» 408
» 185
» 338
» 400, 406
» 60
» 178, 256, 413
» 60
» 94
» 2
» 7
» 138, 425
Oodex.
Lib. II.
Tit. 4r — De transaotionibus.
C. 6 pag. 28
Tit. 11. — De causia, ex quibna infamia
alioui inrogatur,
C- 11 pag. 322
Tit. 18. — De negotiis geatie,
C. 24 pag. 345
Tit. 19. — De hia quae vi metuave cauaa.
geata aunt.
C. 2
» 4
pag. 172
» 172
478
INDIOE DELLE FONTI
Lib. III.
Tit. 10. — D« plus petitionibu9.
C. 1 $ 1 pag. 102
i^ 1 $ 3 » 102
» 2 » 103
>> 3 » 103
Tit. 13. — De iurudiotione omnium
iudieum et de faro oompetenti,
C. 2 pag. 93
Tit. 18. — Ifhi conveniatur qui cef*io
loco dare promisit.
0. un. pag. 77,88, eseg.,
92, 95, 140
Tit. 19. — Ubi in rem actio exeroetH
debet.
C. 8 pag. 93
Tit. 20. — Ubi de hereditaie agatur, etc,
C. un. pag. 93
Tit. 22. — Ubi causa status agi debeat,
C. 4 pag. 93
Tit. 28. — De inoffioioso testamento.
C. 30 pag. 85
J^ 35 » 375
Tit. 29. — De inoffldosis donaiionibus,
C. 5 pag. 38
Tit. 31. ^ De petiiione hereditatis.
C. 12 $ 1 pag. 36, 38
Tit. 32. — De rei vindioatione.
O. 14 pag. 324
Tit. 33. — De usu/ruoiu et kdbitatione
et ministerio servoi^m,
C. 6 pag. 388
Tit. 39. — Finium regundorum,
C. 4 pag. 33 e seg.
Tit. 42. — Ad exhibendum,
C. 5 pag 321
Tit. 43. — De aleae lusu et aleatoHbus.
C. 1 png. 326
» 'k » 326
Lib. IV.
Tit. 2. — Si oertum petatur.
C. 1 pag. 322
x> 8 » 383
Tit. 7. — De oondiciione ob turpem
oausam,
C. 2 pag. 326
» 3 » 8
Tit. 8. — Da condietione furtita.
C. 1 pag. 21, 25
» 2 :» 4, 26 aeg.
Tit. 9. — De condietione ex lego et sine
causa vel iniusta oausa,
C. 1 png. 35
Tit. 18. — De oonstituta pocunia.
C. 2 pag. 159, 165 aeg.,
175, 180
» 2 pr. > 203
» 2 M » 164
» 8 » 186, 197
Tit. 23. — De commodate.
C. 1
pag'
, 221, 283
» 2
»
209
» 8
»
396, 412
» 4
»
207, 235 seg.
Tit. 24.
— De aetione pigneratioia.
C. 1
pag'
801, 831, 372,
382, 384, 404,
418
» 2
»
832, 382, 384
r> 8
»
332, 372, 382,
384, 404
» 4
»
892
» 5
»
346
» 6
»
286, 357
» 7
»
346, 356
» 8
»
346
» 9
»
357
» 10
»
421, 449
» 12
»
382, 384, 421
INDIGE DBLLE PONTI
Tit. 26. — Quod <mm eo qui in aliena
e9i potentate negotium ge%ium e$$e
dioitur, etc,
C. 6 pag. 374, 379
Tife. 27. — Per quae peraonas nchie
adquiritur
C. 3 (2) $ 1 pag. 309
Tit. 28. — Jd $enatu8 ooneuUum
macedonianum,
C. 2 pag. 174
Tit, 30. — De non numerata peounia.
C. 1 pag, 447
Tit. 31. — De compensiUionibuB.
C. 3 pag. 109
» 6 » 106
» 6 » 106
» 14 pr. » 236
» 14 J 1 » 236
Tit. 32. — De ueurie.
479
Tit. 51. — De rebus alienit
non alienandiSy etc,
C. 8 pag. 324
Tit. 54. — De paelie inter emptorem et
venditorem compoeitis^
C. 4 pag. 359
» 5 ;> 145
Tit. 65, — De locate et oondueto.
C. 3 pag. 224
C. 1
» 3
» 4
» 5
» 7
» 11
» 14
» 17
» 19 $ 2
» 21
» 22
2> 26$ 1
X> 27
»
»
pag. 336
)» 336, 400
336, 400
400
336
327
169, 374, 380,
384
» 380, 382, 384,
387
» 441
2> 400
» 337
» 141
» 327
Tit. 34. — - Depoaiti.
C. 1 pag. 285
Tit. 35. — Mandati.
C. 13 pag. 285
Tit. 39. -^ De hei^editate vel aetione
vendita,
C. 7 pag. 311, 340
Lib. V.
Tit. 11, — De dotia promiaaione
vel nuda pollieitatione.
C. 7 $ 1 pag. 36
Tit, 12. — De iure doiium,
C« 8 pag. 37
» 6 ^> 34, 38
Tit. 16. — De donationibua inter
virum et uxorem, ete,
C. 22 pag. 37
Tit. 21. — Berum amotarum.
C. 1 pag. 106
» 3 » 24
Tit. 38. — De perieulo tutorum
et ouratorum.
C. 4 pag. 285
Lib. VI.
Tit. 2. — Defurtia et de aei'vo eorrupto,
C. 12 pag. 4
» 22 » 8
» 23 $ 3 » W, 234
Tit. 7. — De libertia et eorum liberiaj,
C. 1 pag. 335
Tit. 23. ^ De teatamentia: quemad^
modum teatamenta oi-dinantur,
C. 16 J 1 pag. 173
Tit. 30. — De iure deliberandi et de
adeunda vel adquirenda hereditate.
C. 22 $ 6 pag. SO seg., 38
480
INDIOE DEIiLE FONTI
Tit. 42. — De fideuxmrniasis.
C. 29 pag- l'^^
Tit. 48. — Communia de legatis et ft-
deUiomm%S9i9 et de in rem mUsione
toUenda,
C. 3 J 2 pag. 314
Tit. 47. — De U9uria et fruotibue
legatomm vel fldeicommUeifrum,
C. 1 pag. 136
» 3 » 126
» 4 » 136
Tit. 60. — Ad legem Faloidiam.
C. 19 pag. 173
Lib. VIX.
Tit. 8. — I>e eervo pignori dal4>
manumisso,
C. 1 pag- 37
» 7 » 37 seg.
Tit. 31. -^ X>« tuueapione transform
mtmdaf etc,
C. un. pag. 306
Tit. 32. — De adquirenda et retinenda
p08$e$8ione,
C. 2 pag. 808
Tit. 89. — De praesoriptione XXX vel
XL annorum.
Lib, Vni.
C. 3
> 7 pr.
)» 7 $ 1
» 7 J 4
» 8
pag. 421
» 450
» 329
» 423
» 427
Tit. 40. — De annali exceptione italioi
contractus tollenda^ etc.
C. 1 J 2 pag. 423
Tit. 51. — Defructihus et Utie expen$i$.
C. 2 pag. 25
Tit. 58. — Si ex faUis instrumeniis
vel testimoniis iudicantum eiHt»
C. 4 pag. 322 •
Tit. 9. — De preoario et de sahnano
interdieto,
pag. 342, 428
» 273
Tit. 13. — De pignaribue.
c.
1
»
2
c.
3
»
4
»
5
»
6
»
7
»
8
»
10
»
12
»
13
»
18
»
19
pag.
342
»
307
»
326
»
343
»
326
»
450
»
342
»
307
»
363
»
303, 342
»
240, 281,346
351, 354, 356
Tit. 15. — Si aliena res pignori data tit.
C. 2 pag. 314
}S> 5 P 296, 315
» 6 » 298, 302, 311,
314, 320, 439
Tit. 16. — Qnae res pignori ohligari
possunt vel wm et qualiter pignns
canirdhatur,
C. 4 pag. 312, 340
» 9 » 316
Tit. 17. — Qni potiores in pignore
haheantur.
C. 3 pag. 316
Tit. 23. — Si ptgnus pignori datum sit.
C. 1 pag. 838
)> 1 $ 2 » 842
» 2 » 403, 415
Tit. 24. — De partu pignoris et omni
causa.
C. 1 pag. 404
» 2 ^> 332, 382
Tit. 25. — De remiseione pignoris,
C. 2 pag. 454, 456
INDIOE DELLB PONTl
481
Tit. 26. — Miam ob ehirographariam
peeuniam pignus teneri.
C. nn.
pag. 295, 827, 3S7,
390, 450
ri'
Tit. 27. » De dittraetiane pignarum.
C. 1 pag. 832, 382, 384
» 4 » 409
» 8 » 341
» 10 » 363
» 20 » 409
Tit. 28. ^- Debiiarem venditionem
pignorum impedire nan potse.
C. 1 pag. 341
» 2 » 341
Tit. 29. — Si vendiio pignore agatur.
C. 2
» 3
pag. 416
» 416
Tit. 30. — De luiiicne pignarU.
C. 2
» 3
pag. 329, 450
» 389
Tit. 32. — Si pignorii oonventionem
numeratio teouta nan sit.
C. 1
» 2
pag. 325, 436, 439
8eg., 447
» 325
Tit. 33. — De iure daminii impetranda.
C. 3 $ 3
pag. 421
Tit. 34. — De paetie pignorum et de
eammiesaria lege in pignoribus re-
$cindenda»
C. 1
» 2
» 3
pag. 362
» 334
» 305, 361, 371
Tit. 40. — De fideiuesaribiu
et mandaiaribtu.
C. 23
» 28
pag. 197
» 242
Tit. 41. — De novatianibue
et delegatianibue,
C. 8 pag. 184
Tit. 42. — De soluHonibue
et liberatianibue .
C. 6 pag. 392.
Tit. 44. — De eviotianibue.
C. 11
» 21
» 31
pag. 324
» 329
» 324
Tit. 45. — Creditarem eviotionem
nan debere.
C. 1 pag. 399 seg.
Tit. 53. — De donatianibue.
C. 35 $ 5 pag. 34, 38, 186
Tit. 56. — Demortie oausa donationibue,
C. 1
» 4
pag. 88
» 33
Lib. IX.
Tit. 16. — Jd legem Cameliam
de eioariie,
0. 5 pag. 285
Tit. 22. — Ad legem Cameliam defaleie.
C. 6
» 14
pag. 37
» 37
Lib. X.
Tit. 10. — De bonis vacantibus
et de inoarparattone.
C. 2 pag. 375
Lib. XIL
Tit. 50 (51). — De eursu puhlioa
angariis et parangariis.
C. 3
» 11
pag. 134
» 134
OLflCK, Comm. Pandette. — Lib. XIII — M.
482
INDIOE DteLLE FONTI
Institntiones,
Lib. II.
Tit. 1. — De rei^m divUione,
f 25 paff. 26
§ 26 » 11, 16, 26
Tit, 6. — De Hsuoapionibus et longi
temporU possessionihus.
$ 2 pag. 16
Tit. 8. — Quibu$ alienare lieet vel mn.
$ 1 ' pag- 341
Tit. 20. — De legatie.
pr. pag. 191
^5 » 189 e 8©g.
Tit. 23. — De ftdeicommU$ariii
hereditatibus,
^ 7 in f. pag. 451
Lib. IIL
Tit. 14. — Qnibus modie re contrahitur
obligatio,
^ 2 pag. 222, 277
^4 » 288, 298, 347,
403, 423, 426
— De verboi'um obligatione,
pag. 62
Tit. 15.
$ 1
♦ 2
$3
4 4
* 5
«6
Tit. 19. -
J3
» 4
» 131, 225
» 238
Tit.
pr.
* 5
Tit. 23.
1
» 175
» 132
)> 112
— De inulilibue slipulationibus.
piig. 159
» 152, 327
20. — De fid€iu88(n*ibu8.
pag. 188
» 110
— De emptione et venditione,
pag. 369
Tit. 24.
* 4
4 5
Tit 27.
* 1
Tit. 29. .
$ 3
$ 5
— De looaiione et oonduatwHe,
pag. 280
» 277
— De obUgationibtts gita«i ex
eoniraetu,
pag. 277 e Beg.
— Quibua modis ehligatio tolUtur,
pag. 172
Lib. IV.
Tit. 1. — De elbligationibHS quae ex
deUeUf naeountur,
pag. 20
» 222, 267, 331,
H 6, 7
* 7
$10
$ 11
$ 11 ill f.
$ 15
^ 15, 16
384
» 19
» 222, 266
» 13, 19, 403
» 18
» 17
3E> 14, 276, 291
» 279
Tit. 5. — 2>0 obligationibne quae qua$i
ex delieio naeouniur.
4
*
$
1
3
4
7
P*g'
»
8
4
$ 8
* 9
$ 14
$ 24
$$ 24, 25
$ 25
$ 30
Tit. 6. — De ooiiomftiw.
pag. 50
» 295e8eg.,304»
430
» 80,163e8eg.t
167
» 158
»
»
1,3,21,380
80
32, 103
38
32, 408
74, 107, 236
INDIOK BELLE FONTI
483
4 31
^ 33, 34
^ 33, 34, 35
$ 33
^ 34
i 35
pag. 82e8eg.,139,
433
» 102
» 98
s> 75, 80, 84 6
Beg,, 88 eseg.,
92,95,97,103,
llOeseg., 115
e Keg., 127 e
»eg,, 131
» 102
» 99, 118
Tit. 7. — Quod eum eo qui in dliena po-
testate e$t negotium geatum esee dicitur,
* * pag. 319
Tit. 13. — De exoepiiouilms,
i 10 pag. 103, 108, 110,
113 e seg.
Tit. 17. — De officio iudiois.
$ 2 pag. 382
Kovellde,
Nov. 4. — De Jideiu8$oribu8 et manda-
toiibue, et eolutionibus.
pag. 186, 192
Not. 4 C. I » 197
:> 4 » III, 1 » 193
Nov. 7. — De non alienandis out per-
mutatHtie eoolesiastide rebue, etc.
pag. 32
Nov. 8. — Ut iudiees sine quoquo suffragio
fianty etc,
pag. 82
Nov. 15. — De defensoribus civitatumyeto.
C. Ill in f. pag.. 103
» IV » 103
Nov. 18. — De iriente et semisse et
suocessionibus ftliomm, etc,
C- I pag. 29
Nov. 99. — De reis promittendi, etc.
C. I
pag. 244
Nov. 115. — Ut cum de appeUatione
oognoseiiurf etc.
C. Ill
pag. 29
» IV
» 29
.» VI
/> 176, 192
Nov. 120. — De alienatione et emphy-
t^si, etc.
C. IV
pag. 383
Nov. 136. — De argeniariorum contrac-
tibus.
pag. 167
praef.
» 193
C. I
» 192, 194
Theophili ParaphrasiS.
^ 7
Lib. IV.
Tit. 6. ^' De actionibus.
pag. 305, 432
» 163, 165, 192
» 192
i 24
$ SO
$ 33
Tit. 15.
* 3
pag. 32
» 108
» 75, 80
De interdiotis,
pag. 428
484
INBIGE OELLU FONTl
Biisiliei.
Tom. II p. 435. (Heimbach II p. 363)
pag. 217
» .11 p. 480 » 217
» II p. 596 » 229
» in p. 45 (Heimbach)
pag. 394
» III p. 61 (Heimbach)
pag. 408
» III p. 64 (Heimbach)
pag. 319
» III p. 66 (Heimbach)
pag. 449
» III p. 89 (Heimbach)
pag. 448
» III p. 572 » 60
» III, lib. XXIV, T. 9, C. 8
pag. 144
» III, lib. XXIV, T. 9, C. 10
pag. 147
» III p. 72 (Heimbach)
pag. 428
» IV p. 5 » 390
» IV p. 6 (Heimbach III p. 60)
pag. 354
» IV p. 9 » 401
Tom. IV p. 10 (Heimbach III p. 62)
pag. 345
» IV p. 12 p 375, 396
» IV p. 30 » 375
» IV p. 32 » 383
» IV p. 34 (Heimbach III p. 69)
pag. 376 e aeg.
» IV p. 48 » 383
» IV p. 49 (Heimbach III p. 69)
pag. 377
» IV p. 50 (Heimbach III p. 75)
pag. 336
» IV p. 52 (Heimbach III p. 75)
pag. 336
» IV p. 82 (Heimbach III p. 90)
pag. 362 e aeg.
» IV p. 184 » 201
» IV p. 185 » 199
» IV, lib. XXVI, T. 7, C. 17
pag. 158
» IV, lib. XXVI, T. 7, C. 27
pag. 196
» VIII p. 365 (Heimbach V p. 526)
pag. 267
Lib. 52, Tit. 1, C. 21 » 57
Diritto catwnico.
Cap. nnico X de oommod.
pag. 210
^ IX de feudi$ » 885
» 7 X de inreiur, » 384
» 26, 2S X de iureiur,
pag. 41
» S2Xde iureiur. » 384
» 2 de paotU in Cio
pag. 41
» IX de paetie in Cto
pag. 39
» iXdepignorib. » 384
» 6X » » 385,417e86g.
» 7X » » 359, 364
Cap. 5 X de praeecript.
pag. 427
» 20 X de praeeoripi,
pag. 427
» h X de raptor. » 42
» 18 X de reel, epoliator.
pag. 40
)> I X de ueurie » 384
» 2 X » ^384
:;> 8 X » » 385
» 16 X » > 385
D. Bonif. VIII, Cap. 59 De reg. iurie,
in 6.^ pag. 238
INDICE DELLE FONTI
^85
Scrittori giuridici postgitistinianeL
AsaiiENOTVLO,Pr6cKeirdnn6monl,d,ii7 Stefano, CammenU ad fr. D. 13, 6, 5
pag. 192 pag. 276
III, 6 » 192 » » ad fr. D. 17, 2, 52, 3
III, 6
Boxzio, Ad top. $41 » 256, 257, 259
DOROTEO, Ifulioe dei Digeeti
dei Digeeti
pag. 283
» adfr. D. 17, 2,52, 3
pag. 214
» ad fr. D. 17, 2, 53, 3
pag. 280
BIBITTO MODBBNO.
Beioks. Pol. Ordn. dell'an. 1530 art. 26
pag. 887
Art. 1184
» 1293
» 1874
Art.
416
»
418
3>
679
»
1165
»
1289
»
1309
»
1310
»
1805
»
1806
»
1809
»
1811
»
1812
»
1813
»
1814
»
1815
»
1816
»
1817
Ordin, di pol, ted. del 1577 tit. 20 $ 5
pag. 866
Codice civ. francese.
pag. 360
» 235
p 208
Art. 1877
» 2078
» 2169
pag. 210
» 366
» 432
Codice civile italiano.
pag. 310
» 310
» 310
» 360
'» 235
» 171
» 172
» 207 e seg.
» 208, 225
T> 221
» 213
» 213
» 240
» 241
» 223
» 223
» 245
Art. 1818
» 1819
» 1888
» 1889
» 1891
» 1892
» 1893
» 1894
» 1895
» 1896
» 1897
3> 1950 e seg.
» 2014
» 2076
» 2129
» 2130
pag. 244
» 208, 218
» 372
» 373
» 372
» 373
3> 373
» 373
» 372
T> 373
» 372
» 372
432
432
181
181
Cod. civile austriaco.
$ 976
pag. 223
Cod. civile gemianico.
i 1147 pag. 432
486
HfDIOE DELI.E FONTI
FONTI NON aiUBIDICHB.
Corpus inscription, latinarum.
V. 1. D. 700 (pag. 76)
V. 1. n. 2447 (pag. 237)
V. 1. n. 3&72 (pag. 355)
pag. 271
y> 271
» 271
X. 1. n. 1285 (pag. 149)
X. 1. n. 4280 (pag. 424)
pag. 271
» 271
Autori
AuCTOR, ad Herennium IV, 51 $ 61
pag. 254, 265
CkMBAji, de hello gallieolfS p 158
Cato, de re ru$tioa V, 7 » 258, 255,
265
CiCXROy ad Jtt. XII, 28 » 158
» pro Caeoina cap. 6 » 163
y> £p, famil. 13, 82 » 269
» » » 13, 56 » 861
» pro Flacoo ci4». 21 » 801
» pro A/urmia cap. 20 » 303
» de uatura deor. 8, 80 $ 74
pag. 250
» de offioiU I, 16 » 269
» » II, 15 » 265
» » III, 17 $ 70
pag. 250
» Orator cap. 29 » 844
:» de oralore I, 36 » 97
i> pro Quintio c. 5 » 158
» l>ro iiOfcio III, 4 » 100
» » » III, 8 » 28
» To/>ioa 10, 42 » 250
» » 17, 66 » 250
3> iw r«iTemII,2,27 » 158
» » III, 82 e aeg.
pag. 47
» » IV, 24 » 211
Ennius, fr. 364 (Vahlkn) » 254
Gkluus, ^00/. AH, VI (7) 15
pag. 255
» » » VI (7) 15, 2
pag. 265
» » » XX, 1, 39 6 seg.
pag. 160
ISIDORUS, Origin, I. 5 cap. 25
pag. 299
vartt.
lULius Capitoun. Maxim. lunior c. 1
pag. 322
luvKNALis, Sat. VII V. 42 » 226
Lamprydius, AUx. Seter. c. ult.
pag. 321
Livius, 88, 42 » 429
Macrobius, Saturnalia I, 16
pag. 155
Plautus, ^tfifi. II, 4, 88 3> 254
» » 11,4,88-9 9 253
» » m, 8, 135 » 253
» Aulul. I, 2, 18 r> 253 aeg.
» » II, 4, 82 ^ 254
» » II, 9, 3 » 254
i> Cureulio 5, 2, 5 » 254
» Mewo. 4, 2, 94-96
pag. 254
» Miles glor. 2, 3, 76
pag. 254
» MoeUllar. Ill, so. 1, v. 120
pag. 97
» Poen, I, 2, 125 » 255
» » V, 2, 58 v> 255
:f> Pern. I, 3, 38 » 255
» » I, 3, 47 v> 255
» » III, 8, 35 » 255
» Bud. II, 4, 21 » 269
» » III, 1, 10 » 255
» 2Vtfiitm. V, 2, 7 » 253
PuNius, Epist. 1. X ep. pen.
pag. 134
Qcintiuanus, J>eclamat. 280
pag. 180
Sensca, De henejieiie II, 24
pag. 344
» Oontrovere. I, 8 » 225
Tacitus, Agrieola o. 6 ^ 803
Tkrentius, Heoub. V, 1, 84 » 253
INDICB ALFABBTICO
BELLE PRINCIPALI MATEBIE TBATTATE NEL PBESENTE Y0LX7HB
A
AoceBSorl della oosa commodata pag. 233
AooepHlatio » 455
Actio adieetioiae qualitatia » 77
» arhitraria » 45 e seg., 84
e86g.,444
» eommodaii » 208, 412
» » direcla » 245
» » eontraria ...... » 245
» » utUii » 245
» de oonstituta j^unia . . . » 457
» » » — Deliniziuue ... » 167
» » » directa .... » 203
» » » utiliA . . . » 203
» » » Reqaisiti .... » 197
» depoiiti » 246 eseg., 435,
447, 457
» in duplum ........ » 253
» emp^i-vefiditi » 247
» de eo quod oerto loeo — Applicazione ... » 89
» » » » » — Formula ... » 85
» » » » » — Forum di esplioaziono . » 92
» » » » » — Kapportooon laj)Z.|>e/,r0 » 103
» » » » » — Scopo . . » 94
» » » » » — Sviluppo nelle 1st. e
nel Cod. ... » 95
» ad exhibendum . . . ... » 91, 245, 398
» in factum » 39, 247
» fidueiae . » 301
» furti » 290, 405
» kypothccaria — Originaria costitazione . » 431
» » — Protilo » 431
» » — £ azione reale .... » 298
» » — Estinzlone dell'obbligo prinoipale » 450
» y> utilis » 318
> » — Odierno contenuto ... » 432
» tit tw« » 431
488
INDIOE ALFABETIOO
Actio iudicaii
» legis Aquiliae
» » » — Anftlogia con la oond. furt,
» » » — Differenza dalla eond, furt.
» negoiioram geatorum . . . . .
» ex paeto . . . ' .
» de peounia oonstituta
>'^ pigneratieia . . ...
N> » direeta
» » oaniraria
^> praescriptU verbis, . . ' .
» puhlioiaiM
>> quoH-'Berpiana ......
» quod metue oauea
w reoeotioia .......
» » — Era civile o pretoriaT
» » — Sua abolizione.
» rei uxoriae .......
» rerum amotarum ......
» Serviana .......
» vi 5oNOi*um I'aptorum . . . . .
^tfteottM tfoItt/ionU gratia
Ae$timatio della cosa oonunoduta . . . .
» venditionii eauea
Agere ante oondieionem
» > iempus .......
» joer aponeionem ......
^mmiM (fottiini .......
Antioreei
» — 61 ha solo nel pogno T . . .
» — Tacita
Antiphoneaie .
Arbitrium nella oond. de eo q, oerto loeo.
Argentari
Assistenza al ladro. Nella oond, furt. .
Azione francescana
pag. 91
» 245, 345 eseg.,
398
» 9
» 10
» 251
» 42
» 90, 447
» 298
» S50, 403
f> 318, 411
^ 92,208,210,413
» 438
^ 304, 429
* 7
» 163
» 163
» 165
» 38
» 24
» 303 e seg., 429
>> 16
» 327
s> 213
» 232
» 111 e segg.
» 110
» 250
» 330 '
» 371 e seg.
» 374 e seg.
» 333
J> 192
y> 83 e seg.
» 162 e seg.
» 17
» 48
B
Benefloium exeuaeionie
pag. 191 segg., 197
Captio, — Signifioato .
Caso fortiiito
Cauiio damni infeoii
Censi redentivi ( Wiederkaufagiilten)
Clausola arbitraria di restituzlono
Coempiio fiduoiae oauaa .
Colpa del oreditore piguoratizio .
Commodante — obblighi
pag. 57
» 285, 357
» 42
» 387
» 248, 458
» 257
» 346
» 244
INDIOE ALFA6ETI0O
489
Commodatario
obblighi ....
responaabilit^ .
noQ esolasivo sao vantaggio
— Colpa
— Gratuitik
— Boopo determinato.
— Uao determinato .
Commodato
Commodatum perBonarum ....
» varl signifioati.
Compensatio
:» in relazione alia pi. pet. re,
:» ^eWargentaHue e del bon. emptor.
Condemnatio uella form, hypotheoaria .
"^ certi ......
» iucerti
Condietio de eo quod certo loco
»
>
»
»
»
»
»
»
»
» » » — Estinzione
» » » — Estreml
» » » — Formula .
"^ > » — Laogo di pagamento
» » > — Natura .
» » » — Origine
» » » — Tempo per giungere
al luogo
» » > — Termine per il pa-
gamento
» » » *— Uso odiemo
ex oanone redintegrandae,
ex cap. I-X de paotU
» 5'X de raptor. .
'> 18'X de reetitut, spoliator,
ex lege — concetto
»
»
»
>
»
»
— h azione innomlnata
— ^ azione personale
in base a diritto reale
fondata su fatti leoiti
7 de nautieo foenore D. 22, 2
30 de inojf. teetam. ood. 3, 28 .
ult. ^ 1 de petit, heredit. cod. 3, 31
4 finium regundor. cod. 3, 39 .
6 de dot. promiee. cod. 5, 11
7 de dot. promise, ood. 5, 11
35 $ nit. de donat. cod. 8, 53 .
ult. derevooand. donationihue cod. 8, 55
lulia de adulteriis
ex moribus ....
ex statuto ....
furtiva .....
» — Concetto
OLttcK. Comm. Pandette. — Lib. XIII. — 62
pag. 232
)> 240 e Begg.
» 239
^> 207, 246, 264,
347
» 214
» 235
» 265 e seg.
» 221 e Beg.
^> 209
» 207
» 235 e seg.
» 106 e seg.
» 106 e seg.
» 458
>> 48 e seg.
^ 82
» 73
» 153
> 120
» 78, 84 e segg.
» 121 e seg.
» 82
7 80 e seg.
» 132 e seg.
» 131
j> 155
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
40
39
42
40
28
28
29
30
34 e seg.
35
35
36
34
34
36
34
33
32
39-42
39-42
50, 405
6
490
INDICE ALFABETICO
CoHdictio
furtiva oerti
P««.
13
»
» — Fondamento
»
18 e
eeg.
^
» — Formola
»
4 e
Beg.
»
» incerii
»
13
»
» — legittiniazione attiva
»
9
»
» — natara delittaoBa . . . .
»
19 e
wgg-
»
» — novaz.deirobbligoDascentddalfurtt
> i>
27
»
» — origine
»
1
»
» — prestazione dell'interesse per la
cosa nibata
»
25
»
)> — restitazione della coaa riibata
»
25
»
» — restituzione del frutti della cosa
b.
rubata
»
25
»
» — determiaaziotie del valore della cosa
rubata
»
23
»
» — vantaggi
:^
1 e
wgg-
»
inoerii ........
)>
49
»
ob iustam. oausam ......
»
8 e
seg.
»
po9»689ionis .......
»
8
»
sine oansa
»
245
»
tritioiaria •— foruiula . . . . .
*
72
*
» — natara . . . . .
»
47
»
» — odierna applicazione .
»
70 e
seg.
">v
^> — oggetto
»
47
»
:» — origine .....
»
46 e
seg. 71
Condattore — neira. furti
»
14
Concorso sal patrimonio del debito pignoratizio .
»
345
Confiuio.
• •••••• «
'»
453
Con$tituei
'S — significato . . . 4 . .
»
156
CoMtitutum — origini
»
160
»
deHti alieni
»
186
»
» » — caratt«re originario .
»
186
»
» » — carattere posteriore .
»
186
»
» '> ^- rapporti con la fideiussione
3>
195
»
» proprl
»
168
\>
» » — obi pud oonohiaderlo
»
170
»
» » — forma . . . .
»
177
»
» » — mutazione dsii genus in spemes
»
182
»
» >> — mutazione del luogo di pag.
T>
182
»
2> > — mutazione del term, di pag.
>>
182
»
» >> .-i mutazione dell'oggetto
»
181
v>
» >> — pagamento al terzo .
T>
178 e
seg.
»
» » — presupposti.
t>
170
»
» >> — termine di pagamento
»
180
»
» » — vantaggi per dir. romano.
^>
180 e
seg.
•>
e donazione ...*..
»
185
^>
neiruso odiemo ......
»
204
Contr actus ad restitutionem
»
212
»
flduciae ........
>>
299 e
seg., 39
Coutratti inuominati .......
»
91
Cuntratto di pegno — accessorietii . . . .
»
293
INDICB ALFABETIOO
491
Contratto di pegno — realitji
» ^ — h honae ftdei
Oosa oomniodnta — altrui .
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
<>
<
»
»
•>
»
»
»
'>
— oonsegna
— consumabile .
— ecolesiastica .
— fangibile
— incorporale .
— laoro trattone
— non fitngibile.
— sao jterimento
— ritardo nella restitnzione
— salvamento in caso di perioolo
— U80
Oosa oppignorata frnttifera
Credito oondizionale nel pegno ....
» futOTo nel pegno
Creditore pignoratizio ......
» 7 nella eond. fart,
» » — diritti ....
» » — obblighi
Castodia
» — categorie ynrie secondo le fonti
» del pegno
}^ tecnica . . . ' .
pag. 806
» 807
» 230
» 209,
» 2SL
» 232
» 211,
» 226,
y> 233
9 268
» 213
» 235
» 218
» 210
> 330
» 328
» 328
» 288
» 12
» 837
» 345
» 276,
» 280
N> 345
» 276
212
231
268
e Aeg.
e seg.
e seg.
291
e seg.
e seg.
Danno ~^ sua ftssazione nella o. d9 eo q, o. Z.
> prodotto dalla oosa oppignorata
» e risarcimento
Dare — signifllcato nella o. de eo q, c, L .
Debm di gtuoco
Delegazione
DcMBLroB sua opinione snirorigine dell'a. t. fact,
Dembato — meszi giurid. dlversi a lai competent i
Deterioramento della oosa oommodata .
1> del pegno ....
Diotf eau$a
Dies nella pL pet» tempore ....
Diligentia
» et oueiodia nel commodato
Diritl* reale — oggetto di preeario
Distmrione della cosa nella eond. fart.
Dolo
» del ereditore pignoratizio
Donaslone non insinuata ....
pag. 289
» 137 e seg.
» 396
» 828
x> 134
» 326
» 187
i> 438
3> 2 e seg.
» 232
» 397
» 211
» 115
» 276 e seg.
1> 238
269
11
55
346
» 327
»
»
»
BmbatUulia ....
EfOde nell'a. de oonet, peewma
pag. 431
» 203
492
INDICE ALFABETICO
Erede nella cond, furtiva
» deiroppij^orante
Espromissione .....
ExcepHo dolt
» dominii opposta al comniodante
» litis dividuae ....
Exoeptio non numeratae pecuniae .
» plurie petitionie
» rei venditne et traditae
pecun%a
Fauetpfand (pegno manuale).
Fedeoommissario nell'a. de oonst,
FideiuBsloue — differ, dal eonet. dehiti
Fideiussore
» — acquisto del pegno
» — esperibilitil^ dell' a. arb
contro di ltd
Fidueia cum amioo eontraota .
» eum orediiore
» — Boopi ....
Fidaoiario nell'a. de canst, pecunia
Formula — funeione sua
» in factum e in iua
}> hypothecaria
» » — sue pai*ti .
» » — ricostrusioni
Farum domicilii ....
» oviginis ....
Frutti della cosa ooinmodata.
Faga
Fur manifestue ei nee manifestus
Fnrto del flliusfamiliae .
Furtum
» ponessionia
» usue .....
alieui
de
eo q,
e. I
Oenus — prestazione di . . . .
Gioranieiito estimatorio. ....
» iiel patto commissorio in pignore
E
HaHtatio ......
» — oggetto di coramodato
Handhdbendes Pfand.
Monoi'arium .
Horrearius
Hyperocha
Hypothecae pactum .
pag.
10
»
317
»
187
»
103, 108, 324
»
237
»
99, 101
»
206
1^
41
»
324
pag-
294
»
203
»
187
»
57
»
369
»
142 e seg.
»
255 0 seg.
»
256
»
258
>
208
»
444 e seg.
»
437
»
428
»
438 e seg.
»
434 e seg.
»
93
»
93
»
233
»
290
»
16
»
16
»
18, 290
»
12, 403
»
221
pag.
56 e seg.
»
49
»
363 e seg.
pag
. 268, 271
»
227
»
294
»
225
»
284
»
390
>
298, 303
INDIOB ALFABETIGO
493
ImpU>ratio officii iudioit.
Indeterminatezza del genue aetionis
Infamia
Inteniio certa nella pl» pet. causa
» nella cond. ex lege .
» nella foi*mula in factum
^ incerti
Intercipere ....
Interdicium de migrando
» quasi salvianum .
» ' ealvianum
Interesse nelVaoiio furti
» proibito.
Jnterlocutio * . . .
Interrogationea in iure
Judex pedaneus
pag-
42
»
39
»
252
»
118
»
29
»
435
>
82
»
292
»
435
»
342, 428
•^
342, 428
»
8
»
827
»
446
»
103
Latroeinium .......
Legatario — sua posizione nella cond. furt,
Legatum per damnationetn . . . .
Legis actio per condictionem . . . .
Lex commistoria
» iulia de marit, ordinibus
» nova .
Litis aestimatio
» contestatio ......
Locazione .......
Luogo di pagamento . . . . ,
Mandpatio flduciae causa
Mandatario nel contr. di pegno ....
Manomissioiie dello schiavo nella cond. ex lege Julia
Minus petere
» » causa — opinione del Cohn.
» » nella demonstratio ....
i> » re nella condemnaiio
Mora acoipiendi
» neiradempim. dell'obbligazione .
» nella cond, de eo q. o. L .
» nel constitutum ......
» — sua influenza sol dies certus . . .
» — saa inflnenza sal dies inoertus
» ex re ,
» — interessi
» per interpellazione extragiadiziale. .
pag.
290
»
10
»
91
»
71 e seg.
»
301, 358
»
36 e seg.
»
31, 39
»
459
»
242, 459
»
217, 264
>
150, 151
pag-
257
»
308 e 8eg»
»
37 e seg.
»
99
»
118 e seg.
>
101
»
102
»
68 e seg.
»
55 e seg.
»
121
»
108
)^
59
»
59
^>
67
»
337
»
67 e seg^
494 INDICB ALFABflTIOO
Mora nei negosi honae fidei e strioU iuris pag. 68 e seg.
» praeiiandi » 64 e seg.
Matao > 61, 386
N
Ifauta et caupo pag. 281 e aeg.
NegoiUi honae fidei » 45, 74
» strieii imri$ ^ » 45
Naxae doditio . . * » 257
0
OhligifUo naturdlU pag. 325, 453
Obblighi del debitore pignoratizio .... » 394
Obbligo da delitto . * » 45
P
Paetum antickretUmm pag. 381
. » ]> — intereaei illeoiti ... » 384
» geminatum o iteratum » 168
» legitimum v 31
» de nauHeo foenore » 85
» de non petendo » 453 e seg.
Feewtia — signifloato » 159
» eredUa — signifloato » 159
» gratuita » 384
Pegoo — acqaisto per parte del creditore . » 365 e seg.
» — alienazione '» 398
» di credito » 310 e seg.
» evizione » 342
» generate » 316
» manuale » 294, 297
» — oggetto ........ » 310
» — perdita » 346
» — prescrizlone deirazione derlTante dal oontr. » 420 e Reg.
» speciale » 316
Pena pecuniaria ^ 328
PerieuluM rei aeetifnatae » 217
Pignue — oonoetto i> 293
p — derivazione >> 294
» — sigifioato triplioe » 293 e seg.
Plu$ intendere » 99
» peUre — signifioato » 99
» petitio » 97
» » ed act. oertae ^ 100
» » — carattere originario .... » 97
» » — categorie > 98
» » — oaasa ....... » 117
» » ^ effetti nella demanttraHo ... » 100
w » loco » 74 e seg. 116
» » e formulae inoeriae » 116 e seg.
INDIOE ALFABBTICO 495
Flus petitio e minus petitio re — Biforme di Giustiniano pag. 103
» » » » — Riforme di Zknonb » 102
» » 86 oocasionasse ana pena . » 100
» i> re — oasi diveni » 104
» » r0 nella eondemnatio » 102
» » r« — teoria . . . » 103 o seg.
nf "}> e restitutio in integrum » 99
» » tempore » 110
» :> in diritto modorno » 119
PoBsesso — perdita per parte del oommodante » 237
Freeario » 223, 264, 347
Preoario — indeterminatessa dello scopo ... » 265 e seg.
» e rinoovasione esplicita o tacita ... » 266
Preoontratto » 212
Prestito di oonsomazione » 208
» d'oso » 208
FriviUgium eleetionie fori » 94
Prooaratore nell'ao^ de eonet. pee » 203
Promessa scritta pignoratizia (Pfandvereehreibuug) . » 294
Q
Querella inoffloioeae donationie pag. 38
» non numeraiae peouniae » 447
R
Kapina pag. 290
Keeeptum » 161, 164, 262
"» e eonstituium — differenza .... » 163
Bei vindieatio » 245, 350, 413
Bern perdere » 97
Eemiesio pignorie » 453 e seg.
Jteplieatio doli » 454
lies oorporalee — solo oggetto di oommodato . )> 269
Restituzione del peg^o > 358, 388
Betentio pignorie » 452
Ricognizione — contratto ...... » 204
Ricognizione di debito e const, debit! proprii » 168
Rioppiguoramento ....... » 338
Ritenzione, diritto di » 295, 315, 327
Risarcimento del danno » 356, 394
S
Satisfaciio pag. 441, 449 e seg.
Sen. Cone. Maeedouian » 327
» » Trebellian » 203
Servitti del fondo ipotecato i^ 348
"> oggetto di pegno ...... :& 312
» personali — oggetto di coniinodato o di precariof ^ 270
» prediali -> 270
» urbane » 312 e seg.
496
INDIOB ALFABETIOO
Solulio . . . . .
Specie — prestazione oei neg. honae fidei
^ » » » 9trioH %im$
Speoifioasione dell a oosa rabata Delia oond
Spese necefwarit^ snlla cosa coinmodata.
» straordinarie snlla oosa oommodata
» necesBHrie aiil pegno .
SponHo dimidiae pariU .
» twtiae parttB
Stima officio iudidt
"» per iuramentum in litem
8wsoe$$or Hngularia nella eond, furt.
Suppegno (Unterpfand) .
fitrt
pag. 441, 449 e seg.
Tompu9 litis oontestatae .
]> rei iudioatae
Terzo poasesRore del pegno
Thox, opinione snlla form, hypotJieearia
Tortnra degli schiavi .
Tripli agere .
Turpitudo del dehitore e del
Tntore, nella oond, furt.
creditore
Unterpfand • , • • •
Utili oerti ed incerti nell'antioresi
Uso della oosa oppignorata .
Usnfrnttnario, nella oond, furt, .
Usureeeptio
Utendum dare ....
Vendita del pegno
Viatore$
Vindieatio incertae partis
Yiolenza, nel contratto di pegno
Voluntas domini^ nelVaot, fwti
»
63
■ »
63
»
25 e seg.
»
240
^
240
»
402
»
159, 206
»
159
»
54 e seg.
»
54 e seg.
»
16
»
294
pag.
45, 54
»
45, 54
»
412
»
440
»
31 e seg.
»
32
»
326
»
f
P««.
294
»
386
»
331
»
12
1>
256, 258
^
252 e 9tg
P»g-
841
»
33
»
103, 105
»
307
»
8
w
WiederkaufsgUlten (oensi redentivi)
pag. 387
•FT/
INDICED DEL VOLUME
pag.
1
6
»
18
»
25
Tit. I. — De condiotione furtiva,
^ 837. Diversi mezzi giuridici competent i al derubato. Vantaggi
della oondictio furtiva . . . . . .
^ 838. Concetto della oondictio furtiva. Condictio oerti ed inoerti .
§ 839. Fondamento dell'azione. — In qnanto essa abbia Inogo
contro gli eredi del ladrb
$$ 840-841. A che tenda la condictio furtiva. Come ei determini
il valore della cosa rubata. .....
Tit. II. — De condictiotie ex lege.
4
^ 842. Concetto e determinazione di qnesta condictio . . . » 28
Tit. III. — Ve condictione triticiaHa,
$ 843. Concetto, nome e natnra della condictio tritioiaria . . » 44
-^ 844. A qual momento debba il giudice riferirsi nel valutare
la cosa: in qnanto venga preao in considerazione il
luogo . » 51
Tit. IV. — De co, quod certo loco dari oporiet.
^ 845. Fondamento, concetto ed origine di qnesta condictio.
Prima appendice del traduttore al $ 845 .
Seconda appendice del traduttore al $ 845. Fluapetitio
Plus peiitio tempore .......
» » loco ......*.
» » causa. .......
^ 846. Estremi della condictio de eo quod cei*to loco, — Fino a qual
punto essa abbia luogo contro ilideiiiS8ori. L. 8 Dig. /i. ^ » 120
^ 847. Quid iuris se h stata promessa una prestazione in piit
luoghi T Quid se qnalcuno ha stipulato che si dovesse
fare il paganiento nel luogo determinato a lul o ad
un terzof Qnando si eatingue V actio arbitrariaf . » 150
'^ 848. Uso odierno di questa condictio ...... » 155
Tit. V. — De peeunia constituia,
§ 849. Spiegazione delle terminologie : constituere, peeunia^ consti-
tutum proprium et alienum; receptum, actio receptioiaf
. de eonaiituta peeunia ....... » 157
$ 850. Del costituto di debito proprio. . . . . » 168
^ 851. Del costitnto di debito altrui » 186
$ 852 a), Condizioni dell' azione de conetituta peeunia, Azioue
diretta ed utile ........ » 197
$ 852 h), Uso attuale di questa dottrina » 204
GLttcK. Coitim. PanOette. — Lib. XIII. — 63.
»
73
»
79
»
96
»
110
»
116
»
117
498
INDIGE DEL VOLI}MB
Tit. VI. — Commodati vel contra,
^ 853. Concetk) del commodato e snol requisiti .
$ 854. II commodato ^ im contratto reale . - .
$ 855. Chi Bopporta il caso iiel commodato? Quaiido pii6 ripetersi
la cosaf ........
^ 856. II commodato ^ nn contratto grataito
^ 857. Obbietto del commodato. Obbligazionl del commodatario
^ 858. Responaabilitj^ del commodatario per 11 fatto di coloro
per mezzo di cui rimanda la cosa al commodante
ResponAabilitil di pih oommodatarii o di piti eredi
^ 859. ObbligazioDi del commodante .....
^ 860. Azioni derivanti dal commodato. ....
Prima appendice del traduttore al $ 853. Svolgimento storico
dell'iHtitiito ........
Seconda appendice del traduttore al ^ 853 ....
Prima appendice del traduttore al $ 857 ....
Seconda appendice del traduttore al $ 857 ....
Tit. YII. — De pigneratieia aetione.
$ 861. Concetti di plgnue e di hypotheea. Differenza fra essi
^ 862. Contratto di pegno. Contractus fiduciae; pactum hypotheeae
$ 863. Qaali cose possono formare oggetto del contratto di pegno f
$ 864. II contratto di pegno h un contratto accessorio
$ 865. Oppignoramento di una cosa fruttifera
$ 866. Diritti del creditore pignoratizio ....
$ 867. Obblighi del creditore pignoratizio ....
§ 868. Obbligo del creditore pignoratizio al risarcimento del danno
$ 869. Obbligo alia restituzione del pegno. Lex oommissoria
$ 870. II patto anticrctico .
^ 871. Qnando h teniito il creditore alia restituzione del pegno
$ 872. Restituzione delTeccedenza .....
$ 873. Obbligbi del debitore
$ 874. Azioni derivanti dal contratto di pegno .
^ 875. Ha luogo contro i terzi Vaotio pigneratieia direetat .
Appendice del prof. G. Pktroni « La formula hypothecaria »
I. Importanza del la formula hypothecaria ....
II. Profilo deWactio hypothecaria
III. La formula hypothecaria
a) Le parti della formuUi
() II requisito della formula « earn pecuniam neque
eolutam neque eo nomine aatiafactum^ etc, », e la
opinione del Tho:^ ..•.*.
c) Le altro parti della formnla: la olamtola arbitraria
di restituzione: « niei ea res arhitratu tuo resii*
tiietnr » : la « oondemnatio » rivolta al « quanii
ca res erit »
pag-
207
»
212
»
2J3
»
225
»
226
»
240
»
244
»
245
»
246
»
264
»
268
»
276
»
293
»
297
»
310
»
325
»
330
»
337
»
845
>
356
»
358
»
371
»
388
»
390
>
394
»
403
»
411
»
428
»
428
>
431
»
433
»
438
440
4d8
V
!