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Full text of "Records of the assistant, 1969-1972"

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l1^^ 


^. 


GOMMENTARIO  ALLE  PANDETTE 


X        FBDSRICO    G-LUOIC 


COMMENTARIO 

ALLE  PANDETTE 

TRADOTTO  EO  ARRIGCHITO  Dl  COPIOSE  NOTE  E  CONFRONTI 
COL  CODICE  CIVILE  DEL  REGNO  D'lTALIA 

gid  »oUo  to  dtruUme  di 
FIX^IPPO     SERjIlJPIJNX 


DIBETTOBI 

PIETRO   COGLIOLO   e   CARLO   FADDA 


LIBRO   XIII 

Tradotio  ed  annotaio  dai  Frofeuori 

e.  PACcmoHi  -  e.  leoni  -  c.  fidda  -  l.  busatti  -  a.  ascoli 

G.  FERBINI  -  I.  CUeUSI 


VJImAJXO 

SOOIBTl    BDITRIOB    LIBRARIA 

Yia  Kramer,  4  A  •  QaH.  De  Oriito/ori»,  64-65 

1906 


SEP  2  0  1927 


Lodi.  1906.  —  SocioU  Tipognfica  sacc.  Ennio  Wilmimt 


LIBRO    XIII. 


TITOLO  I. 


De    condictione    fuytiva ') 


§  837. 

Diversi  mezzi  giuridici  competenti  al  deruhato. 
Vantaggi  della  condictio  furtiva ''). 

La  condictio  furtiva  ha  ci5  di  caratteristico  di  fronte  a  tutte  le 
altre  condietiones,  che  essa  compete  al  proprietario.  *Qae8to  fatto  oon- 
trasta  propriamente  con  la  natura  delle  eondictiones  le  cui  formule 
8ono  rivolte  ad  un  dare  opartere^).  Ora  il  dare  presappone  sempre 
cUe  la  cosa  non  sia  gi^  in  propriety  di  quegli  che  la  pretende.  Nee 
enim  quod  <Ktoris  est,  id  ei  dari  oportet^  dice  Giustiniano.  Si  domanda 
quindi:  per  qnal   ragione  i  legislator!   romani  introdussero   questa 


OB)  ^  U  Inst  de  acUonibiis  [IV,  6]. 


*)  I  primi  quattro  titoU  sono  tradotti  dal  prof.  G.  Pacchioni. 

a)  BIBLIOGRAFIA.  —  Baron,  Abhandlungen  aus  dent  rdmisehen  Civilprocesse, 
I.  DU  Condictionen  1881  §§  3  e  6.  —  II.  Die  adiecticischen  Klagen  §  3  1882.  —  Baron, 
Pandekten  (7.*  ediz.).  —  Windscheid,  Lehrb.  —  Vanoerow,  Lehrb.  —  Witte,  Die 
Bereicherungsklagen  des  gemeinen  Rechts.  Halle  1859.  —  Voiot,  Ueber  die  condietio- 
nes ob  causam.  Leipiig  1862.  —  Bekkkr,  Die  Aktionen  des  rdmisehen  Privatrechts. 
Berlin  1871  —  Pernicb,  Marcus  Antistitts  Labeo.  Halle  1873-78.  —  Ferrini,  La  le- 
gittiniazione  attiva  neW  actio  legis  aquiliae  [Estratto  dal  la  Rivista  italiana  per  le 
sctens'J  giuridiche  vol.  XII  fascicoli  II-III].  -  -  FerrinIy  Diritto  penale  romano,  Mi- 
lano  1889.  —  Fadda,  Rapporti  del  conduttore  coi  terzi  in  materia  di  danni. 

GLftcK,  Comnl.  Pandetle.  —  Lib.  XIII.  1 


2  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  837. 

aiione  e  le  attribuirono  una  tale  spiccata  caratteristicaf  ^).  Al  derabata 
i}ompetono  gi&  molti  altri  mezzi  gioridici  pei  quali  egli  pub  preten- 
dere  cib  che  gli  ^  stato  tolto  ed  anche  piti  "^^j.  Egli  puo  cio^  valersi 
della  rei  vindioatio  la  qnale  compete  non  solo  contro  il  possessore,  ma 
anche  contro  qnegli  che  dolo  desiii  possidere  ^0?  ^^  il  terzo  possessore 
osente  da  colpa  deve  gratuitamente  restituire  la  cosa  al  proprietario  ''*> 
il  quale  pub   inoltre  agire   cictione  ad  exibendum.  Cib   trovasi  detto 


"0)  Vedi  Matthaeus,  de  cnminibm  cul  lib.  XL VII  Dig.  tit.  I  cap.  4  num.  1 
e  Merillius  in  GommerUar.  ad  (  14  Inst,  de  aetiontbtu  [4,6]  pag.  474. 

71)  L.  27  M  Dig.  de  rei  vindicat.  [6,  1]. 

72)  L.  2  Cod.  de  furHs  [XLVII,  2J ;  L.  3  e  L.  23  Dig.  de  rei  vindicaL  [6,  !]• 
—  TiTTMAKN,  Handbuch  des  gemein,  deuiaehen  peinl,  BechU  parte  3  ^  442. 


b)  Secondo  TaDtico  diritto  roniano  dal  delitto  non  sorgono  che  due  azioni  ri volte  ad 
una  pena:  anche  nella  violazione  del  patrimonio  altrui  vedeva  quel  diritto  un'offesa  alia 
])ersona  del  dominus,  onde  la  prima  necessil&  che  gli  si  imponeva  era  di  punire  Tof- 
I'ensore:  il  concetto  del  risarciraento  dei  danni  re^tava  ancora  in  seconda  linea  (Iherino» 
Q^eist  des  rdm.  Reehts  I  §  11).  Percid  in  origine  dagli  atti  illeciti  non  sorgevano  asioni 
reipersecutorie.  Se  in  seguito  ad  un  delitto  venisse  sottratta  una  co»a,  il  propriety rio 
:iveva  naturalmente  la  rei  vindicatio.  Ma  se  la  cosa  andava  distrutta  tale  azione  dive- 
niva  inepperibile,  poiche  il  principio  dolus  pro  possessione  est  ^  di  origine  relativa- 
mente  recente.  Se  ua  delitto  avesse  procurato  al  delinquente  un  guadagno  per  altra 
guisa  che  non  I'osse  Papprensione  del  possesso  della  cosa  altrui,  il  danneggiato  non 
aveya  in  origine  che  Tazione  penale,  poiche  non  ancora  riconosciuta  era  un*azione  ri- 
volta  alia  restituzione  dell'indebito  arricchimento.  Da  ci6  due  inconvenienti:  anzitutto 
poteva  av venire  che  il  danneggiato  non  volesse  pretendere  che  il  rifacimento  del  danno 
Hofferto,  non  anche  una  pena  del  danneggiante;  secondariamente,  e  ci6  e  anche  piii  ira- 
portante,  Tazione  penale  poteva  essere  mossa  contro  il  delinquente,  non  anche  contro  i 
suoi  eredi.  Da  ci6  venne  svolgendosi  il  bisogno  di  azioni  rei  persecutoriae :  s'imponeva 
il  principio  nemo  ex  suo  delicto  tneliorem  suam  condictionem  facers  potest  (L.  134  D. 
de  dtv.  reg.  jur,  50,  17):  nel  momento  in  cui  il  patrimonio  del  delinquente  si  aumen- 
tava  in  seguito  alia  sua  azione  delittuosa,  doveva  sorgere  in  lui  un'obbligazione  rivolta 
alia  restituzione  delTaumento  medesimo  indipendentemente  dairobbligazione  di  pagare 
la  pena.  L'azione  corrispondente  a  quella  obbligazione  massimamente  doveva  palesarst 
necessaria  nel  furto,  poiche  per  esso  avveniva  normalmente  che  una  parte  del  patri- 
monio del  derubato  passasse  in  quello  del  ladro.  Cosl  sorse  la  condictio  furtiva.  Essa 
tendeva  a  concedere  al  derubato  contro  il  ladro  un  mezzo  giuridico  per  ottenere  da  lui 
Tarricchimento  ottenuto  col  furto,  quando  non  fosse  piii  possibile  Tesercizio  della  rei 
vindicatio.  A  che  per6  un  tal  me2zo  riescisse  efficace,  era  necessario  prosciogliere  Tat- 
tore  dalla  ricerca  se  la, cosa  ancora  esistesse  in  natura;  era  necessario  non  dichiarare 
inammissibile  Tazione  quando  la  cosa  esisteva,  e  quando  conseguentemente  non  poteva 
dirst  che  il  patrimonio  del  ladro  si  era  realmente  aumentato.  Cosl  si  accords  odio  furum 
nn' actio  stricti  juris,  una  condictio  con  Vintentio  rivolta  ad  un  dare  oportere  senza 
riguardo  alFesistenza  delPoggetto  rubato  in  luogo  del  quale,  quando  esso  fosse  distrutta 
0  danneggiato,  succedeva  la  sua  aestimatio,  Witts,  op.  cit.  pagine  313-314. 


DB  OONDICTIONE  FUBTIVA.  3 

• 

dallo  8t38so  Paolo  nella  L.  7  §  1  in  fine  Dig.  XIII,  1 :  «  Is  cui  furtuni 
^tam  est  habet  et  vindicationem  habet  et  ad  exibendum  actionem  s. 
Se  il  ftirto  h  stato  oommesso  su  di  una  cosa  che  formava  oggetto  di 
an  oontratto,  11  derabato  ha  anche  Vactio  ex  contractu^  Oosi  dice  GiA- 
YOLENO  neUa  L.  71  Dig.  de  furtia  [47,  2J :  c  SI  is,  col  oommodata 
res  erat,  fortnm  Ipslns  admisit:  agi  cam  eo  et  farti  et  commodati 
posse:  et  si  fartl  actum  est  commodati  actio  extinguitor  ».  Oltie  a 
queste  azioni  che  sono  semplicemente  persecutoiie,  11  derubato  ha 
infine  anche  un^azione  penale  la  quale  tende  talvolta  al  quadruplo 
talvolta  al  duplo  a  seconda  che  sia  mossa  contro  11  ladro  sorpreso 
iu  fragrante  o  meno  (fur  manifestus  o  nee  manifestua)  '^^).  016  nulla- 
meno  non  sembro  superflua  un'altra  azlone.  Dice  Giustiniano  al 
^  14  Inst  de  actionibm  [4,  6] :  <  Plane  odio  furum,  quo  magis  pluri- 
bos  actionlbus  teiieantur,  effectum  est,  ut  extra  poeuam  dupli  aut 
quadmpli,  rei  reciplendae  nomine  fares  etiam  hac  actlone  teneantur : 
si  appareat  eos  dare  oportere:  quamvls  sit  ad  versus  eos  etiam  in  rem 
actio  per  quam  rem  suam  quls  esse  petit }».  Solo  a  speciale  &vore 
del  proprletario  derubato  venne  introdotta  in  uso  la  eondictio  furtiva 
per  proteggerlo  in  ogni  evento,  quando  le  rimauenti  azioni  non  fos- 
sero  per  avventura  applicabili.  Poich^  la  rei  vindicaUo  al  pari  del- 
Vaclio  ad  exhibendum  presuppone  che  la  cosa  eslsta  ancora  in  natura, 
o  che  il  ladro  abbia  cessato  di  possederla  dolo  malo,  mentre  la  can^ 
dicHo  furtiva  ha  luogo  anche  quando  11  ladro  non  possegga  piil  la 
ecMsia  nh  abbia  cessato  di  possederla  dolo  malo  '^^).  D^altra  parte  al- 
Tattore  che  aglsce  colla  eondictio  furtiva  non  incombe  la  difficile 
prova  della  sua  propriety  la  quale  spesso  rende  Inefficace  la  rei  vin- 
dieatio.  La  semplice  prova  della  sottrazi6ne  h  sufficiente  fondamento 
della  eondictio  furtiva  in  quanto  naturalmente  non  vi  sia  contesa  fra 
pill  persone  circa  la  propriety  della  cosa  ''^).  Polch^  quando  nessuno 


'^)  i  1  Inst,  de  obUg.  quas  quasi  ex  delicto  nascuntur  [4,  5]. 

'7^)  i  1  Inst.  [4,  5].  Lo  stesso  f arto  non  6  per  vero  concepibile  senza  dolo : 
gli  h  per<^  concepibile  che  il  ladro  perda  sine  dolo  11  posseseo  della  cosii 
rabata. 

'3)  WsRNHKBy  SeHecU  cbservoL  for,  tomo  II  parte  IX  obs.  78.  —  Von  Qui- 
STOBPy  Grundsaise  des  deutsehen  peinlichen  Bechts  parte  I  $  584.  —  Boehmeu 
Doctrin,  de  aeUonib,  Sect  II  cap.  5  $  36  nota  q. 


4  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  837. 

si  oppone  alia  pretesa  del  derubato,  a  loi  giova  la  presuiizione  clie 
millta  in  favore  del  possessore  '^%  II  ladro  infine  resta  teouto  con 
questa  azione  anche  quando  la  cosa  h  andata  distratta  per  nn  caso 
fortuito,  che  I'avrebbe  forse  oolpita  anohe  presso  il  proprietario  '^)  j 
in  una  ipotesi  dunque  Delia  quale  la  rei  vindioatio  neppure  h  appli- 
cabile  contro  il  malae  fidei  poasessor  '^^).  Si  comprende  quindi  come 
GiusTiNiANO  possa  dire:  <x.  plane  odio  furum  effectum  esse,  ut  rei  re~ 
cipiendae  nomine  fures  etiam  hac  aotione  teneantur  ]»  '^^).  UacUo  furti 
infine  non  tende  alia  restituzione  della  cosa,  ma  ad  una  pena  privata,^ 
e  perci5  non  compete  contro  gli  eredi  del  ladro  ^).  Mediante  la  oondiotio 
furtiva  inveoe,  non  solo  pub  il  ladro  ricuperarare  senza  difficolt;&  la 
cosa  sua,  ma  egli  pub  anche  agire  contro  gli  eredi  del  ladro,  i  quali 
sono  del  pari  tenuti  a  risarcimento  per  il  furto  ^').  Ben  si  comprende 
dunque  ora  perch^  al  proprietario  si  sia  concess^  una  condioUo,  in 
opposizione  al  senso  della  formola  rivolta  ad  un  dare  opartere.  Si 
voile  a  favore  del  derubato,  per  considerazione  d'equitik,  apportare 
un'eccezione  alia  regola,  poich^  senza  di  (Ab  quegli  che  ancora  h  pro- 
prietario della  cosa  si  troverebbe  in  condizione  piti  sfavorevole  di 
quelli  che  hanno  una  co)idictio  avendo  trasferita  nel  oonvenuto  la 
propriety  della  cosa  loro.  Gosi  giustamente  considera  la  cosa  il  Goo 
CEio  ^-).  La  condictio  furtiva  quindi  secondo  la  formola  tendeva  ad 
un  dare  oportere^  come  Baoovio^^)  e  Wissenbaoh  ®*)  seguendo  la 
Glossa  insegnano,  ma  considerata  nei  suoi  efifetti  tendeva  realmente 
ad  una  restituzione  ^'').  E  perb  non  senza  fondamento  afferma  anche 


'76)  BoEHMER,  Meditat,  in  costiUU,  crim.  caroUn,  art  CCVII  $  2  pag.  928. 

7')  L.  ult.  Dig.  h.  t  L.  1  J  34  Dig.  de  vi  et  vi  armat.  [43, 16].  L.  2  C.  h.  t. 
—  Otto  in  Oomm,  ad  (  14  de  acHonibus,  Vinnius,  OommenU  ad  eund,  $.  Vedi 
pure  questo  Oommentario  ^  327. 

"7^)  L.  15  $  3;  L.  16  Dig.  de  rei  virut  [6,  I],  Vedi  questo  Oommeniario  $588. 

f^)  NoODT,  Cknnmeni.  ad  Pand.  b.  t.  pag.  234. 

^)  ^  ult.  Inst  de  oblig,  quae  quasi  ex  delicto  nascuntur  [4,  5].  L.  7  (  I  Dig. 
h.  t  L.  12  Cod.  de  furtia  [6,  2]. 

81)  L.  7  J  2  Dig.  h.  t. 

S'-^)  lur,  civ.  contr.  h.  t  Qu.  1. 

^)  Tract,  de  actiomb.  Disp.  IV  th.  20. 

8^)  Exercit.  ad  Pand.  parte  I  Disp.  XXVI  tli.  1. 

^^)  L.  29  M  Dig.  de  verb,  oblig.  [45,  1]. 


DB  CONDICTIONB  FUKTIVA.  5 

il  YoET  ^)  che  la  parola  dare  nou  h  usata  in  questo   rigaardo  nel 
sao  vero  e  proprio  siguificato :  c  nee  est,  quod  quia  existimet,  impos- 
sibile  ea  ratione  peti,  at  nempe  non  dominus  in  doininam  ipsnm  do- 
minlom  transferat,  si  quidem  datio  tone  latins   et  sensu  improprio 
aodpiatnr,  non  pro  aotu,  quo  dominium  transit,  sed  pro  quali  quali 
posseesionis   translatioue;  eo  modo,  quo  traditio  dicitur  de  manu  in 
manum  datio,  et  ex  depositi,  commodati   pignorisve   causa  res  dari, 
dum  traditur.  Quamvis  et  fur  heresque  eius  certo   easu  dare  de  suo 
teneatur,  qnoties  scilicet  non  ultra  superest  penes  eos  furtiva  res  y>. 
Qaesta  spie^^azione  ne  sembra  per  lo   meno  pid   naturale  di  quell  a 
data  dal    Noodt  ^'^),  che  h  fondata  sopra   una   finzione.   Dice  egli : 
<  Adhuc  latet  qua  ratione  fur  dicatur  ad  dandum  condictione  furtiva 
conveniri;  cum  soli  concedatur  domino!  eiusque,  quod  est  iam  eius, 
ampliuH  dominus  iieii  nequeat.  Aliis  aliud  sedet:  mihi  probabile  est, 
hanc  actionis  formulam  non  procedere  a  vero;  sed  veteres,  ut  multa 
alia  colore  aliquo  induxerunt  ita  in  proposito  voluisse  sub  isto  colore 
periculum    rei   furtivae,  si  quo   fortuito   casu  pereat,   reo,  eldemque 
fori,  tamquam  domino,  nocere  potius,  quam  actori,  ad  quem  alioquin 
jure  dominii  rei  interitus  pertineret  ex   regulis  j.  Molti  perfino  cre- 
dono  di  x>otere  spiegare  la  formola  dare  oportere  nella  condictio  fur- 
tiva senza  essere  costretti  ad  allontanarsi  dall'uso  proprio  della  lin- 
gua. CJosi,  ad  esempio,   scrive   Hotoma.n  '^) :  «  Superest  ut  videamus 
quo  seusu  verbum  dandi  in  hac  actione   accipi  o)>orteat.  Nam  quo- 
modo  dominii  translationem  designaret  cum  ea  res  sit   actoris?  Sed 
intelligendum  est  hanc  actionem  magls  ad  litis  aestimationem  quam 
ad  ix)sam  rem  persequendam  valere  ».  Anche  Bboeus  ^-^j  e  Hubek^*^) 
riferiscono  il  dare  oportere  della  condictio  furtiva  airestimazione  che 
per  essa  vuolsi   pretendere,   poich^  a  questa  h  generalmente  rivolta 
Tazione^  e  questa  per  lo  meno  non  h  propriety  dell'attore.  Ma  frat- 
tanto  rimane  sempre  la  difhcolt^  pei  casi  nei  quali  Pazione  tendo  alia 


"^  Comment,  ad  Pand*  h.  t.  $  1. 
^)  Comment  ad  Big.  h.  t  pag.  304. 
^)  Comment  in  InsL  ad  ^  14  Inst,  de  action. 

^^)  ExposiU  in  lustin.  InsUtiUion.  ad  $   fin.   Inst  de  ohlig.  qtuie  ex  delicto  na- 
seuntur  pag.  711. 
iW)  Praelect.  ad  Pand.  h.  t.  i  1  e  ad  ImtU.  lib.  IV  tit.  6  $  23. 


€  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  838. 

cosa  steHsa.  II  Yinnio  ^^)  vorrebbe  quindi  spiegare  il  dare  oon  restu 
iuere.  Fra  tutti  i  commeiitatori  il  Fabbo  ^)  ha  per6  oolpito  mono  sul 
giusto  1^  dove  scrive:  <!c  Quamvis  ftir  non  fiat  dojninus  rei  furtivae, 
iiallam  tamen  querelae  occasionem  habet,  si  ea  aotione  oonveniatur, 
qua  conveniri  iare  posset,  si  volautas  eius  effectum  habaisset,  id  est, 
si  per  fartum  factas  dominus  ftiisset  Merito  igitar  coudictione  teue- 
tur,  non  ilia  quidom,  quae  dattir  ob  turpem  vel  injustam  oausam, 
qaia  ex  turpi  et  injusta  ilia  caosa  dominus  factus  non  est,  sed  spe- 
ciali  condictione,  in  earn  rem  oomparata,  quae  iiirtiva  dicitur,  ob  hoc 
solum,  quia  fieri  dominus  vol  nit ».  Si  sarebbe  dunque  oonoessa  la 
conditio  furtiva  contro  il  ladro,  non  perch^  questi  sia  divenuto  pro- 
prietario,  ma  perohfe  yoleva  tale  divenire.  €  Id  equidem  non  est 
'To^ov  yaouaxov,  diCB  HUBEB  ^)  e  ben  giustamente;  nee  idonea  ratio  cur 
Justinianus  exoeptionem  prodiderit  celebrem  a  regula  iuris  funda* 
mentali,  non  ex  vera  iuris  ratione,  sed  ex  opinione  furis  tam  falsa 
quam  malefica  ». 


§  83S. 


Concetto  delta  condictio  furtiva.  Gondiotio  certi  ed  incerti. 

La  co^idictio  furtiva  ^^)  ^  un^azione  personale  e  semplicemente  perse- 
cutoria,  la  quale  compete  al  proprietario  derubato  ed  ai  suoi  eredi 
contro  il  ladro  e  contro  i  suoi  eredi,  qualche  volta  oontro  quelli  che 
lo  aiutarono,  e  tende  alia  restituzione  della  cosa  rubata  insieme  ai 
frutti  ed  alle  aocessioni  ^^>  Dobbiamo  in  questo  proposito  notare 
quanto  segue : 


^1)  Comment,  ad  ^  14  Inst.  IV,  6  num.  2. 

^)  BationaUa  in  Pand.  ad  L.  1  Dig.  1).  t 

93)  Eunomia  Rom.  ad  L.  1  Dig.  b.  t  $  2  pag.  529. 

^^)  Qua  e  Idr  nelle  font!  romane  la  condicUo  furtiva  vien  chiamata  (uslio  furti. 
L.  14  $  16.  L.  52  $  29.  L.  71  Dig.  de  furUs  [47, 2].  L.  9  Dig.  de  in  lU.  jur.  [12, 3]. 
L.  3  $  ult  Dig.  NauUie  caup.  et  stab,  [4,  9].  Condictio  furUva  ed  actio  furtiva 
sono  del  resto  due  cose  diversissime.  Vedi  L.  7  $  1  Dig.  h.  t. 

^'>)  Staauch,  Diss.  I  de  oondictione  furtiva,  Jenae  1656.  Diss.  II  de  condiciione 
rei  JkfUvae.  Jenae  1669.  —  Wildvogbl,  Diss,  de  condicUonis  furtivae  natura  et 


DB  OONDIOTIONE  FUBTIVA.  7 

1.  La  oandietio  furtiva  compete   propriameate  solo  al  proprie- 
tario  ^),  sia  egli  vero  proprietario  o  pretorio,  tale  cio^  ohe  ha  rioevuto 
la  oosa  in  buona  fede  e  oon  giosto  tltolo   da   un  non  proprietario* 
Questi  viene  trattato  come  il  vero  proprietario  ®^).  Ulpiano  quindi 
dice  nella  L.  1  Dig.  h.  t:  « In  fartiva  re  soli  domino  condiotio  corn- 
petit  >  ''),  e  nella  L.  14  §  16  Dig.  de  furt.  [47,  2]  pone  come  criterio 


HSU  hodierno,  Jenae  1714.  —  Strbciceei,  Diss,  de  eondictione  furliva.  Erford  1729. 
—  Cludius,  de  condidione  furtiva.  Lipsiae  1650,  4.  —  M.  Lyklama  a  NipHOLT, 
Opente  gralmtae  de  eondictione  furtiva.  Lipdae  1616.  Veggansi  inoltre  Duare- 
SVB  ad  U'L  Pand.  et  Cod.  de  cond,  furL  e  Schipordegher  ad  Ant.  Fahrum 
lib.  II  tract.  I  de  condietione  furtiva  repetUa  praelecU  adv.  Oujaeium  pag.  1  e  seg. 

*^  ScHiFORDEGHBR  ad  AnL  Fabrum  lib.  II  tit.  I  Qa.  6.  —  Noodt  in  Oom- 
ntenC  ad  Dig.  h.  t  pag.  30^3.  —  Pacius,  Legg.  conciUaL  Centur.  IV  qu.  23. 
WiLDVOGEL,  Diss,  cit  J  8. 

i^")  L.  136  Dig.  de  div.  teg.  jar.  [50,  17]. 


e)  A  questa  legge  sembra  ostare  la  L.  2  D.  XIII,  3.  Ulpianus,  libro  decitno  octavo 
ad  Sabinum:  «  Sed  et  ei,  qui  vi  aliquem  de  fundo  dejecit,  posse  I'undum  condici  Sahinus 
scribit,  et  iia  et  Celsus,  sed  ita  si  dominus  sit  qui  dejectus  condicat:  ceterum  si  non  sit 
possessionem  eum  condicere  Celsus  ait  ». 

Ma  in  realty  la  contraddizione  e  tutta  apparente,  poiche  nella  legge  citata  nel  testo 
^i  parla  esclusivamente  di  furtum  rei  e  condiotio  rei,  le  quali  naturalmente  competono 
<olo  al  dominus  ed  ai  suoi  eredi.  Di  furtutn  rei  e  condiotio  rei  traltano  anche  le- 
L.  10  S  3  D.  XIII,  1;  L.  12  §  5  D.  VII,  1;  L.  §  17  1  D.  XIII,  1;  L.  8  pr.  e  L.  10  §  2  I). 
eod.  Un  testo  che  presenta  invece  una  certa  difficolta  e  la  L.  14  §  16  D.  XLVII,  2: 

Ulpianus  libro  vicensitno  nono  ad  Sabinum:  <  Qualis   ergo   furti   actio   detur   ei, 
rui  res  commodata  est,  quaesitum  est,  et  puto  omnibus   quorum   periculo   res  alienae 
sunt,  veluti   commodati  item  iocati  pignorisve  accepti,  si  hae   subreptae   sint  omnibus 
furti  actionem  corapetere:  condictio  autem  ei  demum  competit  qui   dominium   habet  >• 
[cfr.  L-  12  §  2  D.  13,  1 ;  L.  22  pr.  D.  eod.]. 

In  questa  legge  infatti  si  limita  la  condictio  al  proprietario  dopo  avere  acoennato  al 
possessore  pignoratizio :  la  conclusione  che  poi  naturalmente  dipende  da  essa  ci  porte- 
rebbe  quindi  a  negare  la  condictio  al  possessore.  Tuttavia  ii  testo  pu6  essere  conciliato 
colla  L.  2  D.  XIII,  3  in  due  modi:  a)  o  ammettendo  col  Voiot  (op.  cit.  pag.  330  not.  278> 
fiDterpolazione  delle  parole  pignorisae  accepti,  nel  qual  caso  potrebbe  concedersi  avere 
Ulpiano  ammessa  la  condictio  possessionis ,  o  ritenersi  essersi  egli  riferito  colle  parole 
ultime  del  testo  esclusivamente  alia  condictio  rei;  ^)  oppure  storicamente  ammettendo 
non  avere  Ulpiano  aecettata  la  teoria  di  Celso  sulla  condictio  possessionis.  E  evidente 
che  dal  punto  di  vista  dogmatico  e  a  preferirsi  la  conciliazione  del  Voiot,  per6  anche 
presciadendo  da  tale  considerazione,  questa  conciliazione  si  raccomanda  per  se  atessa, 
in  quanto  e  molto  probabile  che  la  teoria  di  Celso  sulla  condictio  possesHonis  avef;«e 
ai  ttrnpi  di  Ulpiano  finito  per  prevalere  nella  giurisprudenza.  Assai  significativa  in 
questo  riguardo  ^  Tanalogia  offerta  AkW actio  quod  metus  caufa^  la  quale  veniva  concessa 
per  fl  possesso. 

L»  21  §  2  D.  IV,  2.  Paulus,  libro    undecimo   ad  Edictum:  «  Qui    pos.sedsionem    non 
!«ai  fundi  tradidit,  non   quanti   fundus,  sed   quanti    possessio  est,  eius   quadruplum   vek 


8  LIBRO  XIII,  TITOLO  I,  §  838. 

dLstintivo  fra  Vctctio  furti  e  la  condictio  furtiva,  11  fatto  che  quella 
compete  anche  al  non  proprietario :  o:  qualis  ergo  furti  actio  dator  el 
cui  res  commodata  est,  quaesitum  est?  Et  pnto  omnibus  quorum  pe- 
rioulo  res  alieuae  sunt,  yeluti  commodati,  item  locati,  pignorisve  ac- 
cept! 9s),  si  hae  subreptae  sint,  omnibus  ^)  fiirti  actiones  competere:  con- 
dictio autem  ei  demum  competit  qui  dominium  habet  >  ^)  non   solo, 


98)  Aloandro  e  Baudoza  Cbstio  leggono  qui  a  veluti  commodatae,  item  lo- 
-Ciitae,  pignorisve  nomine  acceptae  d.  Quasi  nello  stesso  modo  Schultikg,  Thes. 
controv.  decad.  XLV  th.  4 :  a  veluti  commodatae  locatae  pignorisve  acceptae  y>. 

9^)  II  PiTHOBUS  ad  (hUaU  legum  mosaicarum  et  roman,  tit  VIII  $  5  nota  22 
legge  omnes  in  voce  di  omnibus  riferoDdosi  a  furH  a4itione8,  h^omnes  andrebbe 
spiegato  colle  azioni  in  uso  ai  tempi  di  Ulpiano  :  n  actio  furti  manifesti,  nee 
manifesti,   concept!,   oblati,   prohibiti,  non  exhibiti  d.  In  ci6  conviene  anche 

SCHULTING,  loc.  cit. 


simplum  cum  fructibus  consequetur:  aestimatur  enim  quod  restitui  oportet,  id  est  quod 
jibest:  abest  autem  nuda  possessio  cum  suis  fructibus  ». 

E  tanto  piu  significativaf  come  osserva  giustamente  il  Voiot,  loc.  cit,  in  quanto  la 
€is  non  solo  dava  fondamento  sAVactio  quod  tnetus  ca%tsa,  ma  anche  alia  condictio  ob 
in^ustam  causam  ed  alia  condictio  furtiva.  Vedi  L.  3  Cod.  IV,  7;  L.  7  D.  XII,  5;L.  2 
1).  XIII,  3;  L.  10  §  1  D.  XIII,  1;  L.  1  §  1  D.  XIII,  3. 

Anche  al  possessore  derubato  si  accordo  dunque  contro  il  ladro  la  cotidictio , 
e  non  solo  al  possessore  di  buona  f^de;  non  per6  al  ladro  (Bruns,  Besitzklagen  pa- 
gina  208l  Qucrsta  condi&tio  non  e  per6  a  considerarsi  come  una  estensione  o  adattamento 
della  condictio  furtiva,  essa  e  una  applicazione  della  condictio  posses.nonis  al  caso  di 
furto.  E  se  Labeone  nella  L.  25  §  1  D  47,  2  la  negava,  non  e  gi^,  come  giustamente  osserva 
il  Ferrini,  «  pel  motivo  che  egli  respingesse  la  teoria  sabiniana  sul  furto  degli  immo- 
bili  bensi  come  appare  dalla  L.  2  D.  XIII,  3  perche  non  ammetteva  la  condictio  pos- 
sessionis.  Infatti  dalla  L.  67  D.  23,  3  appare  chiarissimo  che  Proculo,  il  discepolo  di 
Labeone,  non  ammetteva  in  genere  la  tutela  per  condictionem  del  possesso  »  pag.  15 
cota  1. 

.d)  I  testi  attribuiscono  generalmente  Y actio  furti  in  base  ^XVinteresse:  cuius  inter- 
fuit  non  surripi,  is  actionem  furti  habet,  dice  Ulpiano  nella  L.  10  Dig.  de  furtis 
[47,  2]  e  Paolo:  tuum  is  cuius  interest,  furti  habet  actionem,  si  honesta  causa  6i- 
terest  e  Giustiniano  infine  nella  L  22  Cod.  de  furtis  [6,  2]:  7nanifestisstfni  quident 
juris  est  furto  perpetrato  ei  competere  furti  actionem,  cuius  interest  ne  fur  turn 
committatur.  Ma  il  Windscheid  §  453  nota  14  osserva  essere  inesatte  tali  espressioni 
delle  fonti:  il  concetto  delPititeresse  non  e  sufficiente  fondamento  al  sorgere  deWactio 
furti.  E  necessario  anche  che  Tinteressato  cui-  la  cosa  fu  sottratta  la  tenesse  domiaii 
voluntate.  Tale  ulteriore  requisito  trovasi  rilevato  nella  L.  86  [85]  Dig.  de  furtis  [47,  2] 
dal  giurista  Paolo:  w,  cuius  interest  non  subripi,  furti  actionem  habet,  si  et  0«/n 
tenuit  domifii  voluntate.  II  Fadda,  Rapporti  del  conduttore  coi  terzi  in  materia  di 
danni  pag.  15  (1)  pienamente  convenendo  nel  principio  esposto  dn  Paolo  nella  T..  8<'i 
cosi  molto  propriamente  spiega  le  altre  leggi  criticate  dal  Windscheid;  «  E  cert9  che 
i  pas.si  nelle  fonti  che  accennano   al   s-emplice    requisito   deH'interesse  non  sono  ^satti : 


DB  <X)NDIOTIONB  PURTIVA. 


ma  neppure  ad  ogni  proprietario  si  oonoede  senza  distinzione  la  c<mi- 
dieUo  furtvcoy  ma  solo  a  ooloro  che:  1.^  non  solo  sono  proprietari  al 
momento  in  cni  si  fanno  ad  intentare  razione,  ma  che  tali  erano 
anche  nel  momento  in  oai  avveniya  il  furto  ^);  2.^  ohe  non  si  sono  pol 


ma  riteogo  che  in  quei  passi  non  fii  intendesee  punto  dare  una  norma  generate  che 
definisse  completamente  i  requisiti  per  la  legittimazione  attiva  neW actio  furti,  sibbene 
appunto  determinare  solo  uno  di  qnesti  requisiti.  Tanto  e  che  nel  fr.  11  citato  st  co- 
mincia  gi&  meglio  a  limitare  ii  requisito  deirintere<«se,  limitazione  che  alia  sua  volta 
manca  nel  fr.  86  pur  cosi  completo,  appunto  perch^  qua  si  considerava  la  cosa  da  un 
altro  punto  di  vista  »■ 

e)  Questo  principio  riguardante  la  conditio  furtiva  trovasi  neile  fonli  romane  stabi- 
lito  in  riguardo  sWactio  legit  aquiliae.  Queste  due  azioni  hanno  iniatti  una  grande 
analogia  fra  di  loro,  specie  per  ci6  che  si  attiene  al  loro  fondan;ento  giuridico:  per6  e 
opportuno  richiamare  le  leggi  e  la  dottrina  riguardanti  Vactio  aqmliana  a  chiarimentn 
del  principio  nel  testo  rilevato  in  rapporto  alia  condictio  furtiva.  Nella  dottrina  moderna 
il  quesito  non  e  sempre  stato  trattato  con  speciale  attenzione.  Come  osserva  il  Lonoo, 
Sttidt  sulVactio  legis  tiquiliae.  Catania  18S9  pag.  4«  i  pandettisti  moderni  si  limitano 
in  generate  a  dire  che  Tazione  compete  al  proprietario  (cosi  Oluck,  Erlaut.,  IX  §  704 ; 
Arndts-Sbrafini,  8  324;  Vanoerow,  §  681  D.  1 ;  DfiRNBuao,  II,  339  §  131).  II  Pernice 
inyece  Zur  Lehre  von  der  Sachbeschcidigungen  nach  rdm,  Recht,  Weimar  1867,  p.  183, 
esplicitamente  afferma  essere  necessario  che  il  dominus  fosse  tale  al  momento  in  cui 
avTeniva  il  danneggiamento,  mentre  ritiene  indifferente  che  il  dominiu  sia  tale  anche 
nel  momento  in  cut  si  fa  ad  intentare  Tazione.  II  Castbllari  invece  mentre  natural- 
mente  attribuisce  Tazione  al  proprietario  delta  cosa  danneggiata,  pure  afferma  che  per 
peter  usare  di  questa  azione  non  e  necessario  essere  stato  doini,\us  al  momento  in  cui 
avveniva  il  danneggiamento:  Delia  lex  Aquilia  {Arohiv.  giur,  vol.  XXII  pagine  396-97). 
Le  fonti  in  proposito  sono  le  seguenti 

L.  43  Dig.  IX,  2  PoMPONius,  lib.  XI,  ad  Edictum:  «  Oh  id  quod  antequam  heredi- 
tatem  adires  damnum  admissuni  in  res  hereditarias  est,  legis  Aquiliae  actionem  habes 
quod  post  mortem  eius  cni  heres  sit  acciderit:  dominum  enim  lex  Aquiliae  appellat 
non  utique  eum  qui  tunc  fuerit  cum  damnum  daretur  ». 

L.  56  Dig.  XLIV,  7:  €  Quaecumque  actiones  servi  mei  nomine  mihi  coeperunt  com- 
petere  vet  ex  duodecim  tabulis  vet  ex  lege  Aquilia  — ,  eadem  durant,  etiamsi  servus 
postea  vet  manumissus,  vel  alienatus  vel  mortuus  fuerit  ». 

L.  11  §  7  Dig.  IX,  2.  Ulpianus,  lib.  XVIII  ad  Edictum:  «  Si  in  eo  homine  quem 
tibi  redhibiturus  essem  damnum  iniuria  datum  esset,  Jutianus  ait  legis  Aquiliae  actio- 
nem milii  competere,  meque,  cum  coeperim  redhibere  restituturum  ». 

L*esame  impregiudicato  di  queste  tre  leggi,  mentre  mostra  t*erroneiti  delta  opinione 
del  Castellari,  conferma  anche  testualmente  I'opinione  del  Pernice,  la  quale  d'altra 
parte,  come  giustamente  osserva  il  E^^errini,  La  legittim^atione  attiva  neW actio  legis 
Aquiliae  (Ri vista,  itaiiana  per  le  scienze  giuridiche,  vol.  XII  fasc  II-IIIi,  pu6  con  sicu- 
rezza  dedursi  datla  natura  stessa  detrazione  aquiliana.  Pertanto  mentre  la  L.  43  Dig.  IX,  2 
si  spiega  perfettamente  riferendola  al  caso  speciale  che  considera  di  danno  dato  ad  una 
res  hereditaria  (vedi  L.  13  §  2  Dig.  IX,  2,  L.  24  Dig.  IV,  16),  le  L.  56  Dig.  XLIV,  7 
#  L.  11  Dig.  IX,  2  esplicitamente  affermano  Tuna  in  test  generate,  I'altra  in  una  evi- 
||eote  applicazione  it  principio  che  Vactio  aquiliana  spettava  a  chi  aveva  il  dominium 
oeltftimieato  in  cui  avvenniva  il  danno. 

'OLUrK,  Comm.  Pmuielte.  —  Lib.  XIH.  '^ 


10  LIBRO  XIII,   TITOLO  I,  §  838, 

spogliati  voloiitariamente  della  propriety  /^);  3.^  che  hanno  avuto  in 
possesso  la  oosa  rubata  ^^).  Gonsegaenteinente  n^  il  legatario  n^  Ve- 
rede  possono  muovere  colla  condictio  furtiva,  quando  la  cosa  legata 
purammite  al  primo  venne  sottratta  alia  custodia  del  secondo.  Infatti  iu 
questa  ipotesi  I'erede  non  era  proprietario,  ed  il  legatario  dou  aveva 
posseduto  la  cosa.  Questo  ultimo  quindi  non  pu6  che  rivendicare  la 
cosa,  poich^  colla  morte  del  testatore  la  propriety  di  quella  h  passata 
recta  via  in  lui.  «  Sed  neo  legatarius,  dice  Paolo  nella  L.  11  Dig. 
h.  t.,  condicere  potest.  Bi  enim  competit  condictio,  cui  res  subrepta  est, 
vel  heredi  eius.  Sed  vindicare  rem  legatam  potest  ».  Se  invece  la 
cosa,  fosse  stata  legata  sotto  condizione,  I'erede  potrebbe,  pendente  ea 
condictione,  muovere  la  condictio  furtiva,  poich^  durante  questo  periodo 
di  tempo  egli  ha  la  plena  propriety*  della  cosa  ^)» 

II  ladro  pu6  anche  essere  condannato  a  pagare  il  valore  per  il 
quale  la  cosa  avrebbe  potuto  essere  venduta  -).  Ma  se  la  condizione 
si  veriflca  durante  il  processo  il  ladro  deve  essere  prosciolto  dall'azione 
coutro  di  lui  mossa,  in  quanto  Ferede  ha  cessato  di  essere  proprietario, 
e  quindi  si  considera  come  se  egli  avesse  con  un  atto  volontario 
rinunciato  alia  propriety.  L^atto  del  testatore,  che  ha  legato  la  cosa, 


10))  Vedi  VoBT,  Comm.  ad  Pand,  h.  t.  $  2.  —  Paber,  BaHondl.  in  Pand.  acl 
L.  10  ^  2  e  L.  11  Dig.  h.  t.  —  Schulting,  Thes.  oontrov,  Decad.  XLV 
Thes.  2. 

1)  L.  12  Dig./ani.  hsrc.  [10,2]. 

')  PaCIUS,  EvavTtovav  CentuF.  IV  Qu.  28. 


f)  Mentre  la  condictio  furtiva  e  Vactio  legis  Aquiliae  competono  del  pari  solo  a  chi 
era  proprietario  al  momento  in  cui  awenne  il  danno  o  la  contrectatio  fraudulosa,  esse 
poi  si  diversificano  in  ci6  che  raentre  il  domino  che  alieni  la  cosa  danneggiata  pur  con- 
serva  anche  dopo  falienazione  la  sua  actio  legis  aquiliae^  il  proprietario  invece  insieme 
a  tutti  gli  altri  titolari  della  condictio  furtiva  non  conserva  la  condictio  furtiva  dopo 
aver  alienate  la  res  furtiva.  II  Voiot,  Ueher  di  condictiones  oh  causam  pagine  761-762 
considera  questo  principio  come  una  anotnalia  riguardante  la  condictio  furtiva,  per  la 
quale  anomalia  questa  azione  sarebbe  a  considerarsi  come  *  un  privilegio  del  derubato 
e  del  suo  sirccessore  universale  ».  II  Ferrini,  op.  cit.  pag.  4  (delTEstratto)  ritiene  che 
questa  differenza  di  trattaraento  si  spieghi  <  collo  scopo  diverso  delle  due  azioni  ». 
11  Voiot,  op,  cit  nota  713  «  weil  durch  die  Verailsserung  die  Benachtheiligung  sick 
aufheht*.  L.  10  S3  D.  XIII,  1 ;  L.  14  §  1  D.  XLVII,  22;  L.  U  D.  XIII,  1.  Quanto  pii? 
airacquirente,  e  opportune  notare  che  non  acquista  ne  Yactio  legis  Aquiliae  ne  la  con* 
dictio  furtiva. 


DE  CONDIOTIONfi  PUBTITA.  11 

viene  giaridicaiuente  considerato  ooxne  atto  proprio  delPerede,  e  cib 
non  aolo  perch^  Terede  rappresenta  la  persona  del  de  cuius,  ma  anche 
perch^  acoettando  Peredit^  egli  si  h  x)osto  in  uu  rapporto  quasi  oou- 
trattuale  ooi  legatari  ^).  Tutto  ci5  h  oonfermato  da  GiULiiLNO  nella 
L.  14  pr.  Dig.  h.  t.  ove  dice:  <  Si  servus  fartivus  sub  conditioue  le- 
gatus  fuerit,  peodente  ea  heres  oondictiouem  habebit;  et  si  lite  con- 
testata  oonditio  extiterit,  absolutio  sequi  debebit  perinde  ac  si  idem 
serTus  sub  couditione  liber  esse  iussus  fuisset,  et  lite  contestata  con- 
ditio extitisset:  nam  nee  petitoris  jam  iuterest  hominem  reoipere,  et 
res  sine  dolo  malo  furis  eins  esse  desiit.  Quod  si  pendente  conditione 
judicaretur,  judex  aestimare  debebit,  quanti  emptorem  invenerit  >  ^). 
Spiegasi  quiudi  anche  come  Ulpia.no  possa  dire  nella  L.  10  §§  2  e  3 
Dig.  h.  t.:  €  tamdiu  autem  condictioni  locus  erit,  donee  domini  facto 
dominium  eius  rei  ab  eo  recedat,  et  ideo  si  eam  rem  alienaverit, 
condieere  non  poterit.  Uude  Gklsus  libro  XII  digestorum  scribit,  si 
rem  ihrtiyam  dominus  pure  legaverit  furi,  heredem  ei  condieere  non 
poisse.  Sed  et  si  non  ipsi  furi  sed  alii:  idem  dicendum  est  cessare 
oondictiouem  quia  dominium  facto  testatoris,  id  est  domini  disoessit  >. 
Se  dunque  la  oosa  era  gi^  stata  sottratta  al  testator.)  e  questo  Pa- 
ve va  i>oi  legata  ad  un  altro,  non  sorge  la  condiotio  furtiva,  Ben 
avrebbe  potnto  muovere  questa  azione  il  testatore,  ma  non  il  lega- 
tario  e  I'erede.  Poich^  la  proprietii.  passa  qui  direttamente  al  legatario, 
il  quale  tuttayia  non  era  proprietario  nel  momento  in  cui  avvenne 
11  furto,  ma  tale  diventa  alia  morte  del  testatore  ^),  II  legatario  quiudi 
puo  solo  rivendicare  la  oosa. 

Quando  invece  la  propriety  non  cessa  nel  proprietario  in  forza  di 
un  suo  atto  volontario,  allora  il  derubato  conserva  la  sua  condiotio 
furtiva :  cAb  si  verifica  quando,  ad  esempio,  la  cosa  sia  stata  distrutta 
dal  ladro  stesso  ^)  o  quando  il  derubato  sia  stato  costretto  alia  divi- 
sione  dal  suo  com  proprietario.  Queste  cose  ci  vengono  insegnate  da 
Ulpiano   nella   L.  12   pr.  e  §  1  Dig.  h.  t. :  <k  Sed  si  dominium  non 


^  Fabri,  BationaL  in  ParuL  ad  L.  14  Dig.  h.  t 
4)  Si  coDfroDti  la  L.  52  J  29  Dig.  de  /urHs  [47,  2]. 
=»)  L.  64  Dig.  de  fuHia  [47,  21. 
<5)  }  26  Inst.  ^  rerum  divis,  [2,  1]. 


12  LIBRO  XIII,  TITOLO  I,  §  838. 

tuo  fSLQio  amiseris,  condices.  In  oommuni  igitor  re,  eleganter  ait  in- 
teresse  utram  tu  provocasti  communi  dividundo  jadicio,  ant  provo^ 
catos  es:  at  si  provocasti  communi  dividundo  judicio,  amiseris  condi- 
ctionem,  si  provocatus  es  retineas  ». 

La  eondictio  furtiva  compete  anche  al  tutore,  poich^  egli  in  riguardo 
all'amministrazione  del  patrimonio  del  suo  pup  llo  o  curando  h  con- 
siderato  come  proprietario.  Giuliano  infatti  scrive  nella  L.  56  §  4 
Dig.  de  furtis  [47,  2]:  cr  quia  tutor  domini  looo  habetur,  et  curator 
furiosi  adeo  personam  domini  sustinet,  ut  etiam  tradendo  rem  furiosi 
alienare  existimetur  condicere  rem  furtivam  tutor  et  curator  Airiosi 
eorum  nomiue  possunt }». 

L'usufruttuario  invece  non  pu5  muovere  la  condioUo  furtiva,  anche 
quando  il  furto  h  avvenuto  sui  frutti  anoora  pendenti.  €  JuLii^NUS 
putat,  dice  Ulpiano  nella  L.  12  §  5  Dig.  de  usufructu  [7,  1],  quo- 
uiara  fructus  non  flunt  fructuarii,  nisi  ab  eo  peroipiantur,  licet  ab 
alio  terra  separentur,  magis  proprietario  condictionem  competere  y>. 
All'usufruttuario  si  concede  soltanto,  prima  della  percezione  dei  frutti^ 
VorOtio  furti :  quojiiam  interfuit  eius,  fructus  non  esse  ablates.  Al  cre- 
ditore  pignoratizio  invece  compete  la  eondictio  furtiva,  come  oondictia 
inoerti^  quando  gli  sia  stato  rubato  il  pegno.  «  Nbratius  libri  mem- 
branarum  Abistonem  existimasse  refert,  dice  la  L.  12  §  fin.  Dig.  h.  t., 
cui  pignori  res  data  sit^  incerti  condictionen  acturum  si  ei  subrepta 
est  y>  '^).  Questa  eondictio  incerti  tende  solo  allUuteresse  del  creditCM*6 
pignoratizio  %  il  quale,  quando  il  possesso  della  cosa  non  gli  venga 
restituito,  consiste  talvolta  nel  pagamento  della  somma  dal  creditore 
mutuata  al  pignorante,  talvolta  nel  rifacimento  del  valore  che  aveva 
il  pegno  per  s^  stesso,  a  seconda  che  il  creditore  h  senza  oolpa  in 
riguardo  al  furto  o  vice  versa;  poich^  in  questa  ultima  ipotesi  egli  h 
responsabile  di  ironte  al  proprietario  per  il  valore  della  cosa.  Nella 
prima  ipotesi  invece  11  danno  risentito  dal  creditore  pignoratizio  si 
riduce  tutto  al  pagamento  del  suo  credito  o  alia  sicurezza  per  il  me- 
desimo  ®j.  Se  il  pegno  h  stato  rubato  al  creditore  dal  debitore  —  cosi- 


'')  Si  confronti  anche  la  L.  22   Dig.  de  pign,   act   [13,  7]  e  la  L.  25  $  1 
Dig.  de  furtie  [47,  2]. 
'    ^)  Veggasi  Faber,  RaHotMh  in  Pand.  ad  L.  12  $  alt  Dig.  h.  t. 

9)  Westphal,  PfandrecJU  J  19  nota  35. 


DB  CONDIOTIONB  PURTIVA.  13 

detto/urtum  posseasionia  ^^)  —  la  conAietio  incerti  tende  solo  alia  somma 
doYxita  insieme  agli  interessi,  senza  toner  conto  del  valore  del  pe- 
gno  ^^)  ff). 

Si  distingue  dunque  la  oondictio  furtiva  in  oandictio  certi  ed  incerti 
a  seoonda  che  essa  ^  rivolta  dal  proprietario  e  dai  suoi  eredi  alia 
ricapera  della  cosa  rabata,  oppare  invece  ^  rivolta  da  un  non  pro- 
prietario ad  ottenere  Vaestimatio  posaesHanis  o  Pinteresse  ^'). 


1^)  L.  10  $  1  Inst,  de  oblig,  quae  ex  delicto  naseuntur  [4,  1]. 

H)  L.  87  Dig.  defurtis  [47,  2]. 

i^)  Alcuni  scrittori  respingono  quests  distinzione :  cos)  Fabeu  de  error. 
FrcignuUicorum.  Decad.  LXXXI  Err.  3.  —  Sohifordsgh£R  ad  AnL  Fabrum 
libro  II  tit.  I  Quaest.  6.  —  Strauch,  Dies,  de  condicUone  furUva  cap.  Ill  $  13. 
—  WiLDYOGBL,  IH88,  de  cotuUctione  /urttvae  naiura  ^  8.  Contrariamente  inveoe 
Bachov  von  Echt,  Tract  de  acUonibus  Dispat  IV  th.  23.  —  Voet,  Comm. 
ad  Pand.  h.  t.  ^  3.  —  Pacius,  Evavno^jav  Centur.  IV  Qu.  23.  —  Sghulting, 
Thea.  controv.  Dec  XLV  Thes.  2.  —  Noodt,  OommenL  ad  Dig.  h.  t.  Lo  steeso 
Fabro  si  ^  poeteriormente  manifestato  in  &vore  delia  distinzione  nei  BaHon, 
in  Pand.  ad  L.  12  $  1  Dig.  h.  t.  ove  dice:  <c  Est  in  boc  gravissimum  error 
vetemm  omnium  interpretum,  qui  post  Accursium  et  Bartolum  negant  con- 


g\  In  rigu^rdo  alia  •oncessione  della  condictto  furtiva  al   creditore   pignoratizio,  la 
quale  e  iodubbta  per  diritto  giustinianeo,  vi  e  nella  dottrina  controversia,  in  quanto  da 
alcuni  si  vorrebbe  estendere  questa  concessione  ad  ogni  altro  titolare  di  iura  in  re  aliena 
da  attri  invece  la  si  vorrebbe  tener  limitata  al  solo  caso  del  creditore  pignoratizio.  Cos! 
scrive  su  questo  proposito  il  Ferrini,  op.  cit.  pag.  17:  «  Topinione  dominante  inclina  al- 
raffermativa.  Un  grave  argomento  in  contrario  (tanto  pi i!i  trattandosi  app unto  del  diritto 
nuovo)  veggo  nella  recisa  affermazione  di  Stepano  ad  h.  1.  che  qui  si  basa  sui  priocipi 
del  jus  singulare:  rx  oc  7ra,>x  xavcua,  ep  gju  uTtvix^n  xat  /xovov  /.partC  xa.i  xara  tajv  o/aoiuu 
OM  c^sxreiveTat.  Probabilmente  si  tratta  pel  jus  nuovo  di  un  rimedio   introdotto   incon- 
sapevolmente  per  via  di  interpolazioni.   Per   diritto   classico  e  pero   da   ritenersi  che  i 
relativi    testi    trattassero   della  fiducia  fCfr.  Oertmann,  die  fiducia  pag.  167;  Voiot, 
Die  XII  Tafeln  II,  140).  In  quanto  concerne  il  fr.  22  de  pign.  act.   ormai    non  e  piu 
lecito  il  dubbio,  trattandosi  di  un  passo  preso  dal  libro  XXX  ad  Edictum  di  Ulpiano, 
che  secondo  ia  valida  dimostrazione  del  Lenel  si  riferiva  appunto  alia  fiducia  [BeitrCige 
nella  ZeiUchr.  der  S.  S.  R.  il.  3,  108  e  seg.    I   parte   XIX,  2);   anche  il  fr.  12  §  2  si 
spiega  Del  suo  contesto  originario    assai    meglio   ove   sHntenda  della   fiducia.   Tema  di 
quella  trattaziooe  e  il  quesito  se  e  quando  la  perdita  del  dominio  coinvolga  quella  della 
eondietio  furtL  Con  tale  argomeiito  non  ha  a  che  vedere  «  eum.  cui  pignori  res  data 
est  incerti  condictione  acturum^  si  ea  surrepta  sit  • ;  mentre  si  capisce   benissimo  il 
quesito  se  il  debitore  costituendo  la  cosa  con  fiducia  (e  cosl  alienandola)  conservasse  o 
no  /a  eondietio  furtiva  la  quale  trattazione  (ora  soppressa)  doveva  condurre  alfaltra  se 
e  con  quale  eflicacia  potesse  sorgere  la  eondietio  pel  furto  operato  a  danno  del  credi- 
tore fid  uciario.  Si  aggiunga   pure    la   nessuna  verosimiglianza  che  Nerazio,  o  anzi  gi^ 
Aristone  conoBcessero  sifTatto  impiego  della  eondietio  ». 


14  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  838. 

£  controverso  se  qaest'ultima  condictio  competa  solo  al  creditore 
pignoratizio  od  auche  ad  altri  che  tenessero  la  oosa  rubata  in  forza 
di  un  diritto  personale,  come  ad  esempio,  al  commodatario,  al  cou- 
duttore  o  a  chi  avesse  an  interesse  qualsiasi  che  la  cosa  non  fosse 
rubata.  Gerto  e  che  a  tutte  queste  persone  competeva  Vckctio  furii 
quando  esse  fossero  obbligate  a  restituire  la  cosa  al  loro  autore  od 
anche  solo  quaudo  fosse  statx>  in  loro  facoM  il  restitiiirla  ^'^),  e  che 
non  erano  tenute  a  restituire  il  lucre  cosl  tratto  al  proprietario  della 
oosa  ^  *)  ^).  Sebbene  perb  a  tutte  queste  persone  venga  negata  nella 


dictionem  Iianc  incerti  speciem  esse  condictionis  fartivae,  novamque  actionis 
speciem  constituere  quae  dicatar  condictio  incerti  ».  Si  confronti  anche  Coc- 
CEJOy  Iu8  civ,  cotUrov,  h.  t.  Qa.  4  ed  Ehminghaus,  ctd  eundem  nota  r. 

13)  L.  lOj  L.  11  e  12j  L.  14  J  2;  10;  12  e  16  Dig.  de  furtis  [47,  2].  L.  85 
Dig.  eodem.  L.  90  Dig.  eodem;  ^  15  e  16  Inst  de  oblig.  quae  ex  delicto  na- 
scuntur  [4,  IJ:  L.  114  Dig.  de  div.  reguXis  juris  [50,  17].  Veggasi  Schoman, 
FragmerUe  aus  seinen  civilistischen  and  cnmnalisUscl^n  Vorlesungen  I.  Jena  1810. 
«  4. 

1^)  L.  6  Dig.  Locati  conduti  [19,  2].  L.  ult  Cod.  de  furtis  |6,  2J. 


h)  Uactio  fiirti  puo  competere  al  conduttore  per  due  cause  ben  distinte.  Pu6  compe- 
tergli  in  quanto  egli  sia  obbligato  alia  restituzione  della  cosa  al  locatore,  e  puo  compe- 
tergli  indipendenlemente  da  tale  obbligo,  in  quanto  sia  stato  privato  dei  frutti  o  d*aitri 
prodotti  o  deiruso  della  cosa  che  egli  ha  in  locazione.  Si  riferiscono  al  primo  caso  le 
seguenti  leggi:  L.  14  §  2  Dig.  de  furtis  [47,  2],  L.  14  8  12  eod.,  L.  14  §  16  eod.,  L.  86 
[85]  eod.^  L.  12  pr.  eod.^  Gaio,  III,  2(^,  Inst  IV,  1,  15  [17].  II  dominus  avendo  in  tali 
casi  azione  contro  il  conduttore  e  normalmente  privo  d'interesse  per  agire  contro  il 
ladro.  Quando  perd  tale  azione  che  egli  ha  contro  il  conduttore  fosse  inefficace,  allora 
egli  acquista  Vaetio  furti  direttamente  contro  il  ladro.  Cosi  awiene  a\  quando  il  con- 
duttore e  insolvente:  si  aiitem  sohendo  non  est,  ad  dominum  actio  redit,  nam  qui 
non  habet  quod  perdat,  eius  periculo  nihil  est  (L.  12  cit);  b)  quando  il  conduttore 
non  e  responsabiie  della  sottrazione,  o  quando  sia  liberato  dsiiV actio  locati:  vedi  L.  91 
<90)  Dig.  de  furt.  [47,  2]  e  L.  60  §  2  Dig.  locati  [19,  2].  Su  questa  ultima  legge  veggansi: 
Gradbnwitz,  Interpolationen  pag.  29  e  le  acute  osservaziooi  del  Fadda,  op.  cit.  alia  con- 
tronota  a,  pag.  18  e  seg.  II  Fadda  conviene  nelTopinione  del  Gkadenwitz  pel  quale  la 
prima  parte  soltauto  del  testo  fino  a  sed  iudicem....  deve  riteuersi  genuina,  mentre 
crede  che  il  rimanente  da:  sed  iudicem  fino  a  compellet  sia  interpolato;  anzi  il  Fadda 
corrobora  efficacemente  con  nuovi  argomenti  la  supposizione  del  Oradenwitz.  Ma  si 
allontana  poi  notevolmente  dal  Gradbnwitz  neirinterpretazioue  data  sia  alia  parte  ge- 
nuina del  testo  che  a  quella  interpolata.  Quanto  alia  parte  genuina  il  Fadda  ritiene 
•che  in  essa  si  tratti  della  concorrenza  della  rei  vindicatio  e  delTao^  locati,  non  gia 
<li  quella  fra  Vaetio  locati  e  Vaetio  furti,  e  si  conceda  al  locatore  Vaetio  locati  anche 
quaudo  gli  competa  la  rei  vindicatio  op.  cit«  pag.  21.  Quanto  alia  parte  interpolata  il  Fadda 
ritiene  che  essa  modificasse  il  diritto  classico  in  questo  senso:  nel  diritto  classico  e  fuor 
<di  dubbio  che  al  locatore  noa  spetta  la  scelta  Ira  Vaetio  ex  locate  e  Vaetio  furti:  cos'i 


DE  CONDIOTIONB  FUBTIVA.  15 

L.  14  §  16  Dig.  de  furtia  [47,  2]  sopra  citata,  la  oandictio  furtiva, 
tuttavia  crodono  molto  giaristi  ^^)  che  ad  esse  dovrebbesi  oggi  attri- 
buire  diritti  pari  a  quelli  del  creditore  pignoratizio.  Senonch^  la  L. 
lilt.  §  3  God.  de  furtis  [6,  2]  aUa  quale  quest!  giuristi  si  richiamano 
parla  esplicitamente  di  aetio  furii;  nh  d'altra  parte  puo  sostenersi 
avere  in  tutti  quel  casi  la  condictio  furtiva  egual  fondamento,  poich6 
laediante  il  oontratto  di  pegno  si  trasferisoe  nel  creditore  insieme  alia 
deteuzione  anche  il  juB  poasesaioniSy  11  che  non  avviene  negli  altrl 
oontratti  *^). 


1^)  Faber,  BaHonaL  ad  L.  12  M  Dig.  h.  t.  pag.  438.  —  Vgbt,  Comment, 
ad  Pand.  h.  t.  $  3  in  fin.  —  Merillius,  ExposU,  in  L,  decisionum  lusiin. 
Dum.  XIII  $  3.  —  HuBER,  Praeleclion,  in  Pand,  h.  t.  ^  10.  —  Lauterbaoh, 
Coileg.  th.  pr.  Pand.  h.  t.  $  10.  —  Pothier,  Pandect,  imUn,  h.  t.  num.  V 
nota  h,  —  Schmidt,  I/ehrbuche  von  Klagen  und  Einreden  $  1380. 

^6)  Veggasi  Struv.,  SynL  jur.  civ.  Exercit.  XVIII  Th.  53  e  ad  eundem.  — 
MnLLER,  nota  ^'^-  —  Cocceio,  Iiis  dv,  controv.  h.  t.  Qa.  5  e  Emminghaus 
ci(2  eundem. 


pure  per  diritto  classico  non  si  poteva  costringere  il  locatore  a  proporre  la  ret  vindi- 
catio  o  la  condictio  prima  deWactio  ex  locato.  Solo  il  conduttore  poteva  opporre  al- 
Y aetio  locati  la  sua  actio  eas  conduoto  per  far  valere  il  suo  diritto  che  si  esperimenti 
«lal  locatore  le  condictio  siccome  e  detto  nel  fr.  60  §  5  cit.  Questi  erano  i  principii  del 
diritto  classico.  I  compilatori  rimpastando  il  teste  gli  diedero  un  significato  afiatto  di- 
?erso:  <  La  riconvenzionale  che  mira  ad  un  obbligo  da  imporre  al  locatore  gi^  risarcito, 
iu  trasformata  in  una  eccezione  di  ordine  dilatoria.  11  giudice  deve  decidere  se  si  debba 
agire  piuttosto  contro  uno  che  contro  Taltro.  In  caso  di  difficoltit  si  grave  si  effettua  la 
coodanna  del  conduttore,  ma  obbligando  il  locatore  a  cedere  le  sue  azioni.  Questo  e 
I'obbligo  sostituito  all'antico  di  proporre  ii  locatore  stesso  Tazione  neirinteresse  del  con- 
duttore »  pag.  22.  Quanto  alia  natura  giuridica  delKazione  di  furto  concessa  al  condut- 
tore nel  primo  caso  il  Fadda  [op.  cit.  pagine  23-25]  confuta  la  teoria  deirUNTERHOLTZNEK 
accolta  dal  Dollmann  e  dal  Wachtbr,  secondo  la  quale  dovrebbe  considerarsi  quell'a- 
zione  come  derivata;  in  rapporto  aXVactio  furti  spettante  al  conduttore  in  quanto 
sia  ptato  private  dei  frutti,  di  altri  prodotti  o  delTuso  della  cosa  che  ha  in  locazione 
presentano  alcune  difficolta  i  seguenli  testi:  L.  26  §  1  Dig.  de  furtis  [47,  2],  L.  83  [82] 
Dig.  eod.^  L.  52  §  8  Dig.  eod.j  L.  60  §  5  Dig.  locati  [19,  2].  Veggasi  un'acuta  esegesi 
di  questi  frammenti  neiroi)era  citata  del  Fadda,  pag.  25  e  seg.  I  rlsultati  di  questa 
esegesi  possono  venire  cosi  riassunti.  Per  principio  Vactio  furti  per  la  sottrazione  dei 
Irutti,  o  degli  altri  prodottti  della  cosa  locata  spetta  unicamente  al  conduttore.  Essa  puo 
pero  spettare  anche  al  dominus  quando  il  conduttore  non  paghi  fitto,  ma  divida  i  frutti 
col  colono  in  una  determinata  proporzione  (cos'i  si  conciliano  le  L.  26  §  1  cit.  e  L.  83 
[S2)  cit.).  Eccezionalmente  poi,  e  per  la  considerazione  della  speciality  del  caso,  Ulpiano 
acconiava  Vactio  furti  al  dominus  nella  L.  52  §  8  cit.:  questa  speciale  sentenza  non  e 
per6  da  approvarsi,  op.  cit.  pag.  31. 


16  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  838. 

II.  La  condictio  furtiva  compete  oantro  il  ladro  seiiza  distiiizione 
fi'a  il  oaso  in  oui  esso  sia  manifesto  ed  il  oaso  opposto  ^'):  in  quel 
easo  perb  h  neoessario  che  la  oosa  non  sia  reperibile  presso  il  ladro  o 
che  egli  Tabbia  distrutta  nel  memento  stesso  del  forto  ^^).  Gonsegnen* 
temente  essa  compete  anche  contro  al  rapitore  in  concorso  coll'aotio  ri 
honorum  raptorum  i^).  Se  poi  il  ladro  h  state  derubato  alia  sua  yolta 
•da  an  terzo  della  cosa  rubata,  Tazione  ha  luogo  anche  contro  qnesto 
terzo  ^).  Se  il  farto  h  state  compinto  da  an  filius  familiaa,  potr^  agirsi 
eontro  il  padre  solo  in  qaanto  egli  sia  arricchito  mediante  il  delitto 
del  flglio,  e  colla  condioiio  in  peouUum:  il  flglio  in  voce  h  tenuto  pel 
tatto^M.  Colla  candiotio  furtiva  non  pab  essere  convenato  che  colai 
che  ha  compinto  il  farto,  o  il  sao  erode  ^-):  essendo  oonsiderata  come 
azione  personal^  essa  non   compete  contro  il   auocessor  singuluris  ^) 


^^)  Che  debba  intendersi  per  fur  manifestus  e  iiec  manifestos  insegnano  le 
LL.  3,  4,  5,  6,  7,  8  Dig.  de  furtis  [47,  2]. 

IS)  L.  10  pr.  Dig.  h.  t.:  <i  Sive  maQifestas  fur,  sive  nee  manifestus  sit,  po- 
tent ei  condici.  Ita  demum  aatem  manifestus  fur  condictione  tenebitur,  si 
deprehensa  non  fuerit  a  domino  possessio  eius.  Oaeterum  nemo  furum  con- 
dictione tenetur,  posteaquam  dominus  possessionem  apprehendit;  et  ideo 
Julian  us,  ut  procedat  in  furto  manifesto,  tractare  de  condictione  ita  proponit: 
furem  deprehensum  aut  oocidisse,  aut  fregisse,  aut  effudisse  id,  quod  inter- 
ceperat  i>. 

19)  L.  10  M  Dig.  eod.  L.  2  4  26  Dig.  de  vi  bon.  rapU  [47,  8 J. 

«))  L.  76  $  1  Dig.  de  furtis  [47,  2]. 

21)  L.  5,  L.  19  D.  h.  t.;  L.  3  $  12  Dig.  de  pecuUo  [15,  1].  Senza  fondamento 
-sostieDe  una  diversa  opinione  Faber,  De  err,  pragm.  Dec  LXXVIII  Err.  3. 
Vedi  Bachovius,  Tract,  de  aetionibus  Disp.  IV  Th.  22. 

22)  L.  5  Dig.  h.  t 

23)  Di  opposta  opinione  Brobub,  Exposit,  in  lustin,  Institut,  ad  $  26  lust,  de 
Ter,  dw,  n.  3  pag.  325  e  Janus  a  Costa  in  Comm,  ad  eund.  ^  Inst  Ma  le  pa- 
role che  trovansi  nel  $  26  Inst,  de  rer.  div. :  <c  nam  extinctae  res,  licet  viii- 
dicari  non  possint,  condUd  tamen  a  furibus  et  quibusdam  aUis  possessoribus  pos- 
sunt  D,  dovendo  riferim  o  col  Vinnius  in  Gomm.  ad  h.  $  num.  5,  ai  makie 
fidei  possessaribus  che  devono  essere  considerati  come  ladri  $  2  Inst,  de  usuf. 
L.  3  Cod.  de  cond,  ex  lege  [13,2];  oppure  devesi  ritenersi  col  Baro,  Gomm, 
ud  Inst  h.  t.  e  col  Doujat  ad  Theoph  Paraphras.  graec,  InsL  tomo  I  pag.  233 
delPedizione  del  Reitz,  che  nel  nostra  frammento  non  si  tratti  gik  di  con- 
d'ctio  furtiva,  ma  di  altra  condictio  che  in  case  di  provato  arricchimento  com- 
pete anche  contro  i  possessor!  di  buona  fede,  cio^  la  condieUo  sine  causa.  Non 
si  pu6  peraltro  negare  che  Teofilo  nella  sua  parafrasi  greca  parla  di  condi- 
ctxo  furtiva,  Vedi  Cocceio,  Ius  civ.  contr,  h.  t.  Quaest.  VII,  ed  Emmikghaus, 
>ad  eund,  nota  b. 


DE  OONDIOTIONE  PUBTIVA.  17 

coutro  il  quale  dovr^  maoversi  colla  rei  vindicatio  o  coiroe^io  publi- 
^iana.  In  generate  pot  deve  dirsi  che  qaesta  azioiie  presappone  nel 
oonveaato  rimpatabiliU:  e^%  pertaato  ha  laogo  contro  i  papilli  solo 
in  qoanto  essi  siauo  doU  capaces  '^);  tale  presapposto  non  si  richiede 
peii)  natural  men te  negli  eredi  del  ladro;  questi  sono  responsabili  ex 
mtusa  furtiva  del  loro  de  cuius  anoUe  quando  siauo  pazzi  od  inbuti. 
In  questa  ipotesi  Tazioue  dovrA  eisere  intentata  contro  il  tutore  ^^). 
Se  Tazione  competa  anche  coutro  chi  ha  prestato  aiuto  al  ladro  e 
<x)atrovcrso.  Questo  intanto  e  oerto,  ohe  un  semplioe  oonsiglio,  senza 
aiuto  niateriale,  nou  <>  sufAciente  a  far  sorgere  Tazioue  contro  il  con- 
sigliere  ^0-  ^^  ^'^  ^3.  di  piu:  essa  nou  compete  neppure,  a  teuore  della 
L.  6  Dig.  h.  t.,  coutro  chi  ha  prestato  assistenza  al  ladro  col  consiglio 
e  col  fatto  (ope  cotmlio):  coutro  questi  si  accorda  V  actio  furti. 
Pert)  Paolo,  nella  L.  53  §  2  Di>^.  de  verb,  signific,  [50, 1(5],  ci  iusegna 
per  Pappauto  il  contrarlo;  dice  egli:  «c  Aliud  factum  est  eius  qui  ope, 
aliud  eius  qui  consilio  furtum  facit:  sic  enim  alii  coudici  potest,  alii 
non  potest ».  Per  conciliare  questi  due  test!  alcuui  dicono  ^),  che  a 
far  sorg^re  la  condictio  furtira  contro  oolui  die  ha  prestato  aiut4»  al 
ladro  a  tenor  della  L.  i\  cit  nou  basta  cousiglio  e  aiuto  di  loutano, 
mentre  si  richiede  (L.  53  §  2  oit.)  uu  aiuto  prestato  nel  memento  del 
forto  per  la  sua  esecuzione.  Altri  ^'^)  ritengono  che  il  semplioe  pro- 
curare  gli  strumenti,  scale  od  altro,  alio  scope  del  fnrto  non  sia 
sufficieute,  ma  richiedouo  inoltre  che  I'aiutante  prenda  parte  airatto 
della  contrectatio  afftuch^  contro  di  lui  possa  nmoversi,  come  contro 
ii  ladro,  la  condictio  furtiva;  che  egli  abbia  ad  esempio  accolte  presso 
di  si^   le  cose  rul>ate  e  le  abbia  trasportate,  Iwnch^  non   a  proprio 


<«)  LL.  23  e  24  Dig.  de  furUs  [47,  2]. 

^'>)  L.  2  Dig.  h.  t  <K  Condictioni  ex  causa  furtivn  et  furiosi  et  infantes  obli- 
gantar  cum  heredes  necessari  extiterunt,  q  nam  vis  cam  eis  agi  non  possit  ». 
81  oonfronti  L.  2  M  l>ig  de  wlmtU  W^l  [2f),  7|.  L.  48  H  Dig-  de  letj,  [30]. 
Vedi  anche  Fabeu,  Etitionalia  ad  L.  2  li.  t. 

2>)  $  11  in  fin.  de  oblu/,  quae  ex  delicto  H<i8cnntnr,  L.  36  pr.  L.  52  $  19  o 
L.  54  M  Dig.  de  furlis  [47,  2]. 

S7)  Vedi  FoTHiEK,  Pand,  iusHn.  li.  t  num.  XII  nota  c. 

28)  VoET,  (Jdmm,  (ui  Pand,  )i.  t  ^  5.  —  Pabbr,  BdtionaUa  ad  L.  0  Dig.  h.  t. 
—  Stkuvius,  Sffnfagm,  jitr,  civ,  Exerc.  XVIII  tli.  55. 

GfjirK,  Comm.  Pund^Ur.  —  lib.  XIU.  3 


18  LIBBO  Xin,  TITOLO  I,  §  839. 

vantaggio,  ina  a  vantaggio  del  ladro.  Altri  ancora^o)  richiedom^ 
una  cooperazione  dovuta  ad  una  identica  iutenzione,  cio^  ad  aver 
parte  nel  lucro  del  iiirto.  Qaesta  sembra  a  noi  ropinioae  preferibile. 
Infatti  alia  prima  osta  il  §  11  Inst,  de  ohlig.  quae  ex  delicto  Jiascuntur 
combinato  colle  L.L.  5  e  6  Dig.  h.  t. :  ma  la  semplice  oircostanza  dl 
aver  preso  parte  al  fatto  della  contrectatio  non  h  suMciente,  poiche 
questa  cooperazione  pub  essere  dovuta  non  a  desiderio  di  luoio  ma 
ad  inimiclzie  verso  il  derubato,  nel  qual  caso  sarebbe  fondata  \in*actio 
furti  come  auitio  poenalis  ex  delicto  ^o),  non  invece  una  condictio  furtiva 
fondata  sul  principio  di  equity  che  nessuno  deve  arricchirsi  a  danno 
altrui.  Questa  azione  non  pub  conseguentemente  concedersi  contro 
Golui  clie  ha  aiutato  il  ladro  se  non  in  «iuanto  anche  a  questi  possa 
applicarsi  il  concetto  del  furto  ^O- 


§  839. 

Fondamento  deirazione.  —  In  quanto  essa  abhia  luogo 

contro  gli  eredi  del  ladro. 

La  condictio  furtiva  presuppone  sempre  un  furto  nel  senso  romano  ^}y 

m 

il  quale  viene  concepito  come  mero  delitto  privato  consistente  non 
solo  nella  contrectatio  fraudolosa  di  una  cosa  mobile  altrui  O9  ^  <^^^ 


29)  Koch,  InstU,  jur.  crini,  J  216  nota  1.  —  Boehubr,  Boctr.  de  action. 
Sect.  II  cap.  3  J  36.  —  Quistorp,  Orundr.  des  peinUchen  Eechts  parte  I  J  384 
nota  5.  —  Rleinsohrod,  Do<Ar.  de  reparatiom  damni  deUcto  deUL  Specimen  I 
(Virceburgi  17.98,  4)  §  8. 

^)  L.  50  $  1  Dig.  defurU  [47,  2].  ScHo3aAN's  Fragmenie  aus  aeinen  civUtsH- 
schen  and  crim.  Vorles.  I  $  5. 

31)  L.  15  Dig.  Ii.  t.  GoEDDAEUs  in  Oomment.  repet,  praelecl.  in  HI.  Pand^  de 
verb,  signif.  ad  L.  53  Dig.  h.  t.  n.  17  pag.  576. 

33)  L.  1  $  3  Dig.  de  fart.  [47,  2] :  a  Fartam  est  contrectatio  rei  fraudolosa 
lacri  faciendi  gratia  vel  ipsius  rei  vel  etiam  usas  eios  possessionisve  d.  Vedi 
Kleinschrod,  AhhandX,  aiis  den  p^rd.  Becht  parte  II  n.  8  e  ScH()Man6  Frag- 
mente  I  $  3. 


i)  La  pill  antica  definizione  di  furto  a  noi  conservata  e  quella  di   Sabino   ap.  Gell. 
N.  A.  II,  18  §  20:  «  qui  alienam  rem  adtrectavit  cum  id  se  invito  domino  facere  iudi- 


DE  OONDIOTIONE  PURTIVA.  10 

Vantmii«  hicri  facieiidi  fosse  rivolto  alia  sostanza  della  oosa  stessa 
{furium  rei)  o  alPuso  di  essa  (furtum  U8U8)  3^),  ma  ooDsistente  anche 
nella  a^ttrazione  fatta  scientemente  Ittcri  faciendi  catMa  della  cosa 
propria  a  chl  la  deteneva  in  base  a  diritto  dl  usufrutto,  o  in  garanzia 
di  nn  interesse,  contro  il  sao  volere,  o  consistente  anche  nella  yendita 
di  nna  oosa  eseguita  alio  soopo  di  impedire  Pazione  reale  coi  solo 
tendeva  qnella  detenzione  (<ictio  hypothecaria):  furium  possessionis^^). 
Se  qnesta  azione  debba  oonsiderarsi  ex  delicto  ^  controverso  ^)  ^). 


33j  L.  16  Dig.  h.  t.:  a  Qui  fartam  admittit,  vel  re  commodata  vel  deposita 
utendo  oondictione  qnoque  ex  furtiva  causa  obstringitur  d.  Vedi  specialmeute 
^  6-7  Inst  de  oblig,  quae  ex  delicto  nasc,  LL.  5,  8  Dig.  commodati  [13,  6], 
LL.  40,  54,  76  Dig.  de  fart.  [47,  2].  —  Schott,  Dissertatio  de  furto  tisiis. 
Lii>siae  J776, 

^^)  Commette  furto  il  proprietario  che  sottrae  a  colui  cbe  la  possiede  e 
contro  la  sua  volenti,  la  cosa  propria  a  Ini  concessa  o  per  diritto  di 
p^no,  o  di  usufrutto,  o  di  ritenzione.  L.  12  $  2;  L.  15  ($  1  e  2;  L.  19  ^  5: 
L.  20  4  1;  L.  59;  L.  66  Dig.  de  fartis  [47,  2]  e  ^  U)  Inst  de  ohltg.  ex  delicto. 
Inoltre  commette  furto  il  proprietario  cbe  insciente  e  nolente  il  creditors 
vende  la  cosa  a  lui  data  in  pegoo:  L.  19  $  6,  L.  66  Dig.  de  furtis  [47,  2],  o 
«be  sottrae  la  propria  cosa  al  possessore  di  buona  fede.  L.  20  $  1  Dig.  eod. 
Vedi  Gkollmans    Grunde.  der  CrimnalrechtstoiasenecJuift  $  178  nota  a. 

3j)  NooDT,  Comm,  ad  Dig.  h.  t.  princ.  —  Wibbenbach,  KxercU.  ad  Pand, 
Disp.  XXyi  th.  2.  —  Bachov.,  De  action.  Diss.  IV  th.  21  pag.  155.  —  DuiR- 
8EMA,  Conjecturtd.  juris  civ,  lib.  I  cap.  8.  —  Laut£rbach,  CoUeg.  Vi,  pr,  Pand. 
1).  t.  $  5.  —  HuBER,  PradecU  in  Pand.  h.  t.  $  2.  —  Boehiier,  Boetrina  dv 
aeUon.  Sect.  II  cap.  5  $  34.  —  Hofacker,  Pnnc.  juris  ciinlis  tomo  III  $  2090. 


vare  deberet,  furti  tenetur  ».  Questa  definizione  h  molto  inesatta  ed  e  stata  criticata  vi- 
vamente  sia  perche  essa  si  riferisce  solianto  al  furtum  rei  alienae  mentre  ai  tempi  di 
Sabino  era  gia  noU)  il  furtum  rei  propriae,  sia  perche  non  parla  deWanitnus  lucri 
faciendi,  sia  inline'  anche  perche  erronea  neirultima  sua  parte  (Vedi  in  questo  proposito 
Ferrini,  Dir.  rom.  pen  pag.  132).  Ln  deflnizione  sabiniana  del  furtum  fece  fortuna; 
essa  e  seguita  da  Gaio  (III,  195),  Ulpiano  (L.  66  Dig.  47,  2),  e  Paolo  (R.  S.  II,  31,  1). 
Oggetto  di  viva  discussione  e  la  duplicitu  di  definizione  di  furtum  che  trovasi  in  Paolo 
]M>iche  mentre  nel  frammento  citato  delle  R.  S.  egli  si  attiene  alia  deflnizione  sabiniana, 
nella  L.  1  §  3  Dig.  de  furt.  citata  nella  nota  al  teste,  egli  d^  una  nuova  e  piii  esatta 
definisione.  Su  questa  questione  e  a  consul  tarsi  la  trattazione  del  Ferrini,  Diritto  pe- 
naU  romano  pag.  133  e  seg. 

h)  L^indole  della  condictio  furtiva  e  tuttora  contro  versa.  L*opinione  dominante  nega 
iQ  principio  che  essa  sia  un*azione  deli  ttuosa  (Saviony,  System  V  pag.  555-564;  Sintesis, 
II  §  109  Aiim.  123;  Vanoerow,  I  pag.  216  III  §  679  Anm.  2;  Baron,  Pand.  S  341).  Altri 
sorittori  invece  si  dichiarano  per  la  natura  deIittuo<^a  della  condictio:  cosi  Witte,  pa- 
gine  .3^-325;  Franke,  pagine  28-40.  Vedi  Windscheid,  §  359    nota  14.   La   difflcolti  di 


20  LIBBO  xni,  TITOLO  I,  §  839. 

Alcani  lo  negano  foudaudosi  sul  f^tto  ohe  essa  non  era  infamaute,  & 
soUa  droostanza  che  nella   L.  10  §  2  Dig.  de  oompensat  [16,  2J  noii 


questa  questione  dipeiide  dalia  varieta  di  etfetti  aitribuiti  alia  condictio  medesima;  ul- 
I'uni  dei  quali  sono  propri  delle  azioni  delittuose,  altri  no.  La  questione  dovrebbe  quindi 
per  amor  di  esattezza  eseere  posta  in  questi  termini :  si  ha  nella  condictio  furtiva  un 
azione  delittuosa  alia  quale  si  sono  aitribuiti  degli  effetti  propri  alle  azioni  non  delit- 
tuose,  o  si  ha  invece  un*azioDe  non  delittuosa  con  alcuni  effetti  pi'opri  delle  azioni  de* 
littuose?  Sia  che  si  pervenga  a  Tuno  o  alTaltro  di  questi  risultati  dovr^  poi  n^empre 
spiegarsi  la  speciality  delTazione  che  consister^  nelPavere,  esendo  civile,  alouni  effetti 
penali  o  vice  versa,  essendo  penale,  alcuni  effetti  civili. 

Esaminiamo  ora  anzitutto  gli  argomenti  addotti  a  sostegno  delle  non  delittuosita 
dtlla  condietioy  roisuriamon*^  la  efficacia  e  confrontiamole  poi  con  quelU  degli  argo- 
menti  addotti  a  sostegno  del  la  tesi  opposta.  Un  primo  argomento  a  sostegno  della  na- 
tura  delittuosa  della  condictio  furtiva,  si  vuol  desumere  da  cio  che  essa  compete  solo 
al  proprietario,  o  alPavente  un  diritto  reale,  o  ai  possessore  di  buona  fede,  cioe  solo  a 
(ali  persone  che  sarebbero  protette  anche  indipendentemente  dalla  naiura  delittuosa 
deirobbligazione.  Contro  questa  nrgomentazione,  pur  prescindendo  dalle  considerazioni 
8 volte  nella  contronota  a  pag.  13,  6  decisiva  una  considerazione  logica,  che  cioe  ii 
fatto  di  avere  il  proprietario  ragiono  d*es«ere  protettx)  nella  sua  qualitii  di  proprie- 
tario,  non  esclude  raenomaniente  che  egli  possa  essere  protelto  nella  medesima  guisa 
con  un'azione  delittuosa:  nulla  esclude  che  possa  essere  protetto  con  un'azione  de- 
littuosa anche  chi  potrebbe  essere  indipendentemente  da  essa  protetto;  Pargomentn 
non  6  dunque  concludente.  —  Un  secondo  argomento  contro  la  delittuositi  della  con- 
dictio furti  lo  si  vorrebbe  dedurre  da  ci6  che  si  aff'erma  non  competere  es^a  anche 
contro  chi  ha  aiutato  il  ladro.  Da  cio  dovrebbe  dedursi  essere  riposte  il  tbndamentd- 
della  condictio  furtiva  non  gi&  nella  delittuosita  del  furto  ma  nel  possesso  della  cosa 
rubata.  In  questo  proposito  conviene  per6  rilevare  che  il  principto  cosi  recisamente 
aff'ermato  non  ha  un  fondamento  certo  nelle  fonti.  Anzi  su  qu«'8to  riguardo  si  h» 
iieile  fonti  una  antinomia  fra  le  L.L.  5  o  6  Dig.  XIII,  1,  e  la  L.  53  §  2  Dig.  4,  16. 
K  vero  che  si  tenta  di  togliere  di  mezzo  questa  antinomia,  ma  la  molteplicit&  stessa  det 
(entativi  ne  dimostra  la  difHcolta  (oltre  queili  sopra  addotti  dal  Gluck  vedi  anche: 
CoHN,  Beitrdge  zur  Beavbeitung  des  rom.  Rechts  II  pag.  22  e  seg.;  Baron,  Abhandl. 
aus  dent  rom.  Civ.  Process  I,  258  nota  4,  contro  Lenel,  Ed.  perp.  pag.  262)  mentre  au- 
torevolissimi  scrittori  non  esitano  a  dichiarare  impossibile  ogni  conciliazione  e  vedono 
iiel  contrasto  di  quelle  due  leggi  una  espressione  della  duplicita  di  caraltere  della  con- 
dictio furtiva  (vedi  Windschbid,  §  453).  Questo  stato  della  dottrina  in  rapporto  alle  L.L.  5,. 

0  cit.,  e  L.  53  ^  2  cit.  moetra  pertanto  e  per  se  solo  quanto  poco  efflcace  sia  Targomenio 
<'he  dalle  leggi  medesime  vuol  trarsi  in  rapporto  alia  delittuosita  della  condictio  fur- 
tiva.  Un  terzo  argomento  a  sostegno  della  non  delittuosita  della  condictio  si  vuole  dedurre 
da  cio  che  gli  eredi  del  ladro  non  sono  tenuti  soltanto  neH'arricchiuiento  come  genera)- 
iiiente  awiene  nelle  obligationes  ^.r  delicto  ma  nel  tutto:  L.L.  5,  7  §  2  Dig.  XIII,  1; 
L.  9  eod.;  §  5  Inst.  IV,  1.  Questo  principio  e  certamente  molto  signitlcativo,  niadaesso 

1  ion  puo  desumersi  il  principio  della  non  delittuosita  della  condictio.  Qui  viene  a  pro- 
))08ito  la  considerazione  che  facevamo  al  principio  di  questa  nota.  K  innegabile  che  la 
condictio  furtiva  ha  degli  etfetti  propri  delle  azioni  civili,  nia  prima  di  concludere  da 
('to  che  essa  sia  azione  civile,  bisogna  vedere  se  tale  effetto  possa  essere  spiegnto,  pur 
tciiendo  termo  essere  essa,  fra  la  causa  sua,  azione  delittuosa.  Convincente  mi  sembra 
«iu  questo  riguardo  Tinterpretazione  che  a  questo  principio  da  il  Windscheid  ($  425). 
Egli  parte  dalia  considerazione  che  il  diritto  romano  tratt6  in  modo  affatto  particolnre 


DB  OONDIOTIONB  FUETIVA.  21 

iosignificautemente  essa  6  tenuta  distinta  dalle  actiones  ex  malejmo. 
Essa  sarebbe  danque  a  oonsiderarsi  fondata  sul  principio  dell'equit^ 


Tobbligaxion*  di  restituire  rarriccbimento  ottenuto  media nte  una  conscia  appropriazione^ 
illecita  ifurtiun  di  cosa  mobile,  appropriazione  di  cose  immobili>.  Qiieeta  obbligazioue, 
egli  ossarva,  tende  infatti  a  piii  che  non  sia  la  restituBione  deli^arricchimento;  essa  tende 
ad  UD  completo  risarcimento  di  danni,  il  che  ha  una  grande  importanza  nel  caso  in  cui 
11  p(>^sesso  della  cosa  sottratta  sia  andato  nuovamente  perduto.  In  questo  caso  infatti 
c*>lui  che  ai  e  illecitamente  appropriata  la  cosa,  non  e  tenuto  soltanto,  come  propria- 
mente  dovrebbe,  al  risarcimento  d«l  valore  del  possesso,  ma  ai  risarcimento  del  valore 
(lella  co^a:  L.  7  §  2;  L.  8  pr.  §  1  Dig.  XIII,  1.  In  altre  parole:  I*obbIigazioDe  di  risar- 
rire  i  danni  sorgente  da  11a  appropriazione  illecita,  viene  qualidcata  come  qualche  cosu, 
che  realmente  non  e  (Gai,  IV,  4  (§  14  Inst.  IV,  6);  Bekkrr,  Aktionen  I  pag.  105;  Per- 
NicE,  Labeo  I  pa?.  511  nota  25),  dal  che  vengono  tratle  varie  conseguenze  e  principal- 
mente  questa  che  Tobbligazione  passa  incondizionatamente  negli  eredi.  Considerato  da 
questo  punt<>  di  vista  Tobbligo  degli  eredi  nel  solidum  acquista  un  significato  ben  di^ 
verso  da  quello  che  ad  esso  vogliono  attribuire  i  sostenitori  della  non  delittuosit^  della 
condicito  furtiva,  poiche  auziche  provare  questa  non  delittuositA  esso  mostrerebbe  che 
airazione  per  se  stessa  delittuosa  si  attribui  una  qualiilcazione  non  deliltuosa  per  ren- 
•lerne  roaggiore  Pefficacia 

Un  quarto  argomento  a  sostegno  della  non  delittuosita  della  condictio  furtiva  si 
vuol  infine  trarre  da  cio  che  per  il  furto  commesso  da  un  fiirlio  di  famiglia  o  da  uno 
schiavo  si  concede  nelle  fonti  uuactio  de  peculio  nelParricchimento  contro  il  padre  <> 
il  domintts .  Ci6  trovasi  detto  nella  L  3  §  12  Dig.  XV,  1.  Ulpianus,  libro  vicensimo 
nono  ad  Eciietuni:  ^  Kxhirtiv a  csluskCiWo  quidem  t'amilias  condici  posse  constat,  an  vero 
in  patrem  vel  m  dominum  de  peculio  danda  est  quaeritur:  et  est  verius  in  quantum 
locupletior  factus  esset  ex  furto  facto,  actionem  de  peculio  dandam:  idem  Labeo  probat 
quia  iniquissimum  est  ex  furto  servi  dominum  locuplelari  impune,  nam  et  circa  rerum 
amotarum  actionem  filiae  familias  nomine  in  id  quod  ad  patrem  pervinet  competit  actio 
de  peculio  ».  Vedi  anche  L.  30  pr.  Dig.  XIX,  1. 

Ora  da  questi  testi  cosi  si  argomenta;  poiche  coW actio  de  peculio  non  si  possono 
far  valere  obbligazioni  delittuose  (vedi  Baron,  Pand.  §  311  Id.  e  §  221  nota  ZK  se  si 
accorda  questa  azione  per  far  valere  il  contenuto  della  condictio  furtiva  contro  il  padre 
•hI  il  dominiu,  conviene  concludere  che  Tobbligazione  che  si  fa  valere  colla  condictio 
medesima  non  e  delittuosa.  Tale  argomentazione  viene  per6  giustamente  combattuta  dal 
WiNDSCHBiD,  §  425  nota  4,  il  quale  osserva  come  Tobbligazione  del  padre  e  del  dominus 
viene  nelle  leggi  citate  limitata  alfarricchimento  aituale  e  che  Tobbligazione  nelTarric- 
chimento  attuale  non  la  si  era  voluta  escludere  quando  si  poneva  il  principio  che  «  ejc 
poenalibua  actionem  non  solet  in  patrem  de  peculio  actio  dari  ».  Anche  questo  quarto 
argomento  addotto  a  sostegno  della  non  deliltuoi^ita  della  condictio  furtiva  non  e  cer- 
(amente  decisivo  (Sulla  L.  3  §  12  Dig.  XV,  1  vedi  Baron,  Die  adjecticischen  Klayen 
jmg.  19  e  seg.  e  opere  ivi  citate). 

Fin  qui  abbiamo  esamioati  gli  argomanti  addotti  per  provare  la  non  delittuositii  della 
condictio  furtiva;  ora  dobbiamo  esaminare  gli  argomenti addotti  a  sostegno  della  de- 
littuosita. Prescindendo  dalle  leggi  citate  nel  testo  a  sostegno  della  delittuosita  della 
condictio  furtiva  si  adducono  le  seguenti  leggi: 

I)  L.  1  Cod.  IV,  8:  <  Imp.  Dioclbtianus  et  Maximianus  XX  et  CC  Hermogeni  Praeses, 
provinciae,  sciens  furti  quidem  actione  singulos  quoque  in  solidum  teneri,  condictionis 
vero  nummorum  furtim  subtractorum  electionem  esse  ac  tum  denum,  si  ab  uno  satis- 
factum  fuerit,  ceteros  liberari,  iure  proferri  sententiam  curabit>. 


22  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  839. 

naturale  al  pari  delle  altre  condictiones:  e  Maboiano  infatti  la  fa 
discendere  esplicitamente  ex  iure  gentium:  L.  25  Dig.  de  ctct  rerum 
<imot  [25,  2].  Altri  scrittori  invece  la  ritengono  actio  ex  deliaio  fon- 
dandoai  sulle  L.  11  §§  5  e  6  Dig.  de  ctct  rerum  amot  e  L.  36  Dig.  de 
oblig,  et  ationihm  [44,  7]  ^fi).  Queste  due  opinioni  possono  veuir  con- 


3<>)  VoET,  Comm,  ad  Pand,  h.  t  $  2.  —  Cdjacio,  OhservaU  lib.  XIII  cap.  37. 
—  Struvio,  Synt  jur.  civ,  Exerc,  XVIII  Th.  50.  —  Strauch,  Diss,  de  condi^ 
cHcne  furtiva  cap.  II. 


Da  qhesta  legge  risulta  che  piu  ladri  sono  tenuti  colla  condictio  furtiva  in  soUdum, 
e  questa  solidarietA  dimostra  la  delittuosita  della  obbligazione  loro. 

II)  L.  4  Dig.  XIII,  1.  Ulpianus,  libro  quadragensimo  primo  <wi  Sabinum:  «  Si'servus 
vel  Alius  familias  furtum  comraiserit  condicendum  est  domino,  id  quod  ad  eum  pervenit^ 
ill  residuum  noxae  servum  dominu^  dedere  potest  ». 

Da  questo  testo  si  deduce  la  delittuositA  della  condictio  furtiva  in  quanto  in  esso 
pel  furto  dello  schiavo  o  del  figlio  di  famiglia  si  accorda  Tazione  nossale  contro  il  padre 
o  il  padrone  (Vedi  Savigny,  System  V  pag.  568;  Bekker,  Aktionen  II,  123  nota  42; 
WiKDSCHEiD,  loc.  cit.  e  Baron,  Die  adject.  Klagen  pag.  19  nota  8  il  quale  ritiene  es- 
sere  s(ato  questo  testo  toccato  dai  compilatori  in  quanto  neiruUima  proposizione  non 
si  parla  piu  del  filius  familiae). 

III)  L.  8  §  1  Dig.  XIII,  1.  Ulpianus,  libro  vicensimo  septimo  ad  Edictum:  *.  Si  eiT 
causa  furtiva  condicatur,  cuius  temporis  aeslimatio  tiat  quaeritur,  placet  tamen  id  tempos 
spectandum,  quo  res  unquam  plurimi  fuit,  maxime  cum  deteriorem  rem  factam  fur 
dando  non  liberatur:  semper  eum  fur  moram  facere' videtur  >. 

Anche  da  questo  testo  risulta  il  carattere  delittuoso  delKobbligazione  che  si  fa  ralere 
colla  condictio  furtiva,  carattere  che  in  queste  sue  manifestazioni  non  e  ne  potrebbe 
essere  negato  da  alcuno.  Senonche  rimane  la  difficoltA  di  conciliare  questi  dati  fra  di 
loro  contraddittori  e  definire  la  vera  indole  della  condictio  furtiva.  Qui  anzitutto  ne 
sembra  inaccettabile  la  dottrina  esposta  nel  testo,  la  quale  distingue  fra  fondamento 
prossimo  e  remoto  della  condictio  furtiva:  questa  distinzione  potr^  spiegare  come  hi 
condictio  furtiva  abbia  potuto  assumere  una  oosi  singolare  figura  giuridica,  ma  non  la 
giustifica  menomamente.  Non  si  pu6  concepire  giuridicamente  un'azione  con  due  fonda- 
menti,  Tuno  prossimo,  Taltro  remoto:  il  primo  esclude  naturalmente  il  secondo.  Ma 
neppure  e  possibile  definire  nettamente  la  natura  della  condictio  furtiva  ascrivendola 
ad  ima  categoria  gia  formata  (azione  delittuosa,  o  non  delittuosa).  Non  resta  dunque  che 
attribuirle  una  duplice  natura;  il  che  equivale  a  dire  che  la  condictio  furtiva  ^  unVziono 
sui  generis  Ci6  per  vero  pin  o  meno  esplicitamente  devono  ammettere  gli  scrittori 
fliflferendo  fra  di  loro  solo  in  cio  che  alcuni  sostengono  essere  in  essa  prevalente  la  na- 
tura propria  alle  azioni  di  arricchimento  in  genere,  altri  invece  ritenerido  in  essa  pre- 
valente la  natura  implicata  dalia  sua  causa  concreta:  il  furto.  Quale  e  la  preferibilie  di 
queste  due  temlenze?  L'esame  critico  cui  abbiamo  sottoposto  gli  argomenti  addotti  a 
sostegno  della  prima  ci  inducono  a  propendere  per  la  seconds.  Gli  6  infatti  ben  piu 
difficile  il  poter  conciliare  colla  prima  tendenza  tutti  gli  effetti  penali  della  cotidictio 
furtiva,  che  non  coUe  seconde  gli  effetti  non  penali.  L'effetto  principale  della  condictio 
furtiva  incompatibile  colla  sua  natura  delittuosa  e  infatti  riposto  in  cio  che  essa  com- 
pete contro  gli  oredi  colla   stessa  efficacia  che  contro  il  ladro   medesirao.  Ma   questa 


DE  OONDICTIONE  FUBTIVA.  23 

dilate  ira  di  loro  distiagueudo  fra  fondamento  prossimo  e  remoto 
delPazione.  Che  i  giuristi  romani  fondassero  Tazione  non  direttamente 
sol  fiirto  ma  sul  principio  che  nessuno  deve  arricchirsi  a  danno  altrui , 
QOQ  h  dubitabile  in  base  ai  test!  citati  a  sostegno  della  prima  delle 
snesposte  opinioni.  Ma  h  del  pari  iiiDegabile  che  il  farto  deve  x>er  lo 
meno  essere  cousiderato  come  il  foudamento  remoto  dell'azione  ^). 
Ora  per  questa  considerazione  si  spiegano  gli  effetti  special!  delPa- 
zione che  sono  stati  rilevati  dal  Hellfeld.  In  causa  del  suo  pros- 
simo fondamento,  dob,  I'azione  compete  anche  contro  gli  eredi,  nel 
tatto  e  per  vero  indipendentemente  dal  fatto  di  essere  essi  arricchiti 
o  meno^):  contro  ciascuno  perb  in  proporzione  della  sua  quota  ere - 
ditaria.  H  Guiagio  ^)  ^  per  vero  d'altra  opinione.  Egli  sostiene  che 
Tazione  compete  contro  gli  eredi  solo  nel  concorso  di  queste  condi- 
zioni:  o  che  essa  sia  gi^  stata  mossa  e  contestata  contro  il  ladro,  o  che 
gli  eredi  siano  stati  effettiyameute  arricchiti.  Ma  dedsiyi  in  iisbvore 
della  nostra  opinione  sono  i  seguenti  testi: 

L.  7  §  2  Dig.  h.  t.  Ulpianus,  libro  quadragensimo  secundo  ad  Sa- 
Mnum :  <  Gondictio  rei  furtivae,  quia  rei  habet  fersecutionen,  heredem 
quoque  furis  obligat:  nee  tantum  si  tivat  servus  furtivus  sed  etiam 
si  decesserit.  Sed  et  si  apud  funs  heredem  diem  suum  oblit  servus- 
fnrtivus,  vel  non  apud  ipsum,  post  mortem  tamen  furis  dicendum 
est  eondictionem  adverstuf  heredem  durare.  Quae  in  herede  diximus^ 
eadem  erunt  et  in  caeteris  successorlbus  ». 


3^  Vedi  W£B£R,  sm  Hopfners  Commentar  iiber  die  InstitiUionen  i  1030  nota  3. 

38)  L.  1  pr.  Dig.  de  prk\  delict.  [47,  1]. 

39)  ObaervaU  lib.  VII  cap.  37  e  lib.  XIII  cap.  37*  Questa  opinione  ^  stata 
fondamentaliuente  confatata  da  Faber,  BaiiottaL  in  Pand.  ad  L.  9  h.  t.  e  Be 
err,  pragmaU  Decis.  78.   —  Baohovio,  TrcLct.  de  action.  Disp.  IV  Th.  21.  — 

—  Mebilliub,  Observat,  lib.  VII  cap.  3  o  Varianiium  ex  Gujacio  lib.  I  cap.  21 

—  CosTANTiNKUs,  SubL  EnodaHon  lib.  I  cap.  10  (nel  T/ies.  di  Otto  tomo  IV 
pag.  496)  e  Schiffordegeb  ad  AnL  Fabnim  lib.  II  tract  I  Qu.  9. 


particolariUi  pu6  benissimo  spiegarsi  quando  si  pens!  alio  scopo  pel  quale  la  condictio 
medesima  fu  introdotta  (vedi  Windscheid,  §  425  nota  3  e  4),  per  il  quale  si  pu6  benis- 
simo coQcepire  che  veaissero  ad  essa  attribuiii  anche  effetti  speciali  alle  azioni  non  de- 
iittuose  per  accrescerne  Tefficacia. 


24  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  839. 

Inoltre : 

L.  9  Dig.  eo(!.  UlpiA-NUS,  libro  trigensimo  ad  Edictum:  c  lu  condi- 
ctione  ex  causa  ilirtlva  nou  pro  parte,  quae  perveuit,  sed  in  solidum 
tenemur,  dum  soli  heredes  sum  us:  pro  parte  autem  heres,  pro  ea 
parte,  pro  qua  heres  est,  tenetur  ». 

Ne  a  queste  leggi  contrasta  la 

L.  G  §  4  Dig.  de  act  rerum  amot,  [25,  2].   Paulus,   libro  septimo 
4nd  Sabintim:  oc  Heres  mulieris  ex  hac  causa  tenebitur   sicut   condi- 
•ctionis  nomine  ex  causa  furtiva  > 

poich&  gli  h  erroneo  il  credere  che  Vactio  rerum  amotarum  competa 
contro  gli  eredi  solo  in  quanto  essi  siano  ^rricoliiti:  al  <K)ntrario  Ic 
due  azioni  sono  in  questo  riguardo  completamente  parificate.  Espres- 
«amente  ci  dice  la 

L.  11  §  5  Dig.  eod.  [25,  2].  Paulus,  libro  trigensimo  septimo  ad 
Edictum :  o:  llaee  actio  ( sc.  rerum  amot),  licet  ex  delicto  nascatur, 
tamen  rei  persecutionem  continet  sicut  et  condictio  furtiva  ^. 

A  tale  aftiBrmazione  non  osta  il  fotto  che  nella  L.  3  §  ult  Dig. 
eod.  si  accorda  Vactio  rerum  amotarum  contro  il  ])adre  in  base  al  de- 
litto  della  flglia  morta,  solo  per  Tarricchimento.  Poich^  tale  decisione 
ha  un  suo  speciale  fondamento:  gli  h  che  il  padre  riceve  i  beyi  p  la 
4o8  profeticia  della  figlia  noii  come  erode,  ma  jure  patriae  potestatis. 
E  d'altra  parte  la  L.  ult.  Cod.  rerum  amot  [5,  21J,  alia  quale  si  ri- 
chiamano  gli  scrittori  avversari,  puo  essere  intesa  cosl,  che  gli  eredi 
possono  essere  convenuti  per  le  cose  dalla  loro  testatrioe  sottratte  al 
marito,  non  come  debitori  correal!,  ma  in  proporzione  delle  rispettive 
•quote  ereditarie  ^%  Poich^  essendo  noto  che  gli  imperatori  romanl 
nei  loro  resoritti  s'attenevano  normalmente  al  diritto  oomune,  cosi 
I'interprete  deve  per  quanto  (^  possibile  spiegare  i  loro  rescritti  con- 
formemente  al  diritto  delle  Pandette  i^). 


40)  Vedi  VoET,  Oomm,  ad  Panih  h.  t.  $  4.  —  Westenbeug,  Dig,  lib.  XX\" 
tit  2-22,  —  Kleinschrod,  Doctritia  de  reparatiotie  damni  delicto  dati.  Spec.  I 
■^  12.  —  Janus  a  Costa,  PraelecL  ad  iUmli\  tptosdam  tUidos  locaque  set.  iiiris  civ. 
pag.  215.  —  GiPHAKii,  Explan,  difficilior,  LL,  (hd,  ad  L,  tdL  rerum  amoUirmn 
pag.  455.  —  CocCEJi,  jar,  civ,  contr.  h.  t.  Qa.  6  et  ad  eundem  EaiminghauS; 
nota  X. 

4»)  Vedi  Thibaut,  Tlieorie  der  logischcn  AmUgung  der  B.  R,  $  r38. 


DB  OONDICTIONE  PUBTIVA.  25 

PoicU^  la  co7idict%o  furtiva  ha  il  sao  remoto  fondamento  in  an  de- 
litto,  si  c^mprende  oome  piti  peraone  ohe  abbiano  insieme  compiato 
U  farto  siano  responsabili  nel  tntto  senza  benefioio  di  diviaione  ^^). 
Sicoome  pero  la  condietio  furtiva  nou  h  azione  penale,  oosl  si  oom- 
prende  anohe  ftMdlmente  come  mediante  la  prestazione  di  uno  riman- 
gano  liberati  andie  gii  altri  ^).  Da  ci5  oonsegae  anohe  che  I'azione 
non  e  inf^mante  ^V),  percio  essa  ootnpote  anche  oontro  persone  coi  e 
domta  reverentia  ^^), 


^  840-841. 

A  eke  tenda  la  condietio  fartiva.  —  Come  ai  determini  il  valore 

della  cosa  r^ibata. 

La  condietio  furtiva  teude  alia  restitozione  della  cosa  rabata  insieme 
ai  Iratti  da  essa  tratti  o  trascurati  *^);  inoltre  alia  prestazione  del- 
I'interesse  *'^).  Essa  pa5  quindi  indnbbiamente  tendere  anche  alia  pre- 
stazione dl  usure  ^^).  Se  il  ladro  ha  trasformata  la  cosa  riibata,  o  I'ha 
fatta  trasformare,  se  egli  e.  g.  ha  fatti  dei  oalici  ooU'argento  rubato 
o  del  vino  colPuva,  pu5  essere  tenuto  a  oonsegnare  le  cose  nuove 
co^  ottennte  senza  poter  pretendere  il  costo  di  trasformazione  ^^) ; 
inoltre,  almeno  a  tenore  dei  testi  delle  Pandette,  gli  h  indifferente 
che  le  nnoye  cose  possano  o  meno  essere  rimesse  nella  loro  originaria 
forma  ^).  Poich^  secondo  la  teoria  dei  ginristi  classid,  il  cambiamento 


«)  L.  1  Cod.  h.  t 

^)  Klsikschrod,  op.  cit  1  ^  IMO. 

-14)  L.  36  Dig.  de  ohlig.  et  action.  [44,  7]. 

IS)  L.  3  ♦  2  Dig.  de  act.  reram  amot.  [25,  2] :  L.  .52  4  6  Dig.  de  furtis  [47,  2 J 
e  Mueller  ad  Struviwm  Exerc.  XVI II  tb.  54  lit  o  num.  4-6. 

W)  L.  8  $  2  Dig.  h.  t.;  L.  2  Cod.  de  fruct,  et  lit  expen.  [7,  51]. 

H)  L.  3  Dig.  h.  t 

4S)  HoHHELy  Bhapsod,  QaaeaL  for,  obs.  28  in  fine.  Quistorp,  Bechtliohe  Be- 
merkung*  I  Bem.  73. 

4»)  LL.  13,  14  Dig.  h.  t. 

5*>)  L.  52  i  14  Dig.  de  fnrtis  [47,  2]. 

r'lLiicK,  Comm.  Pandftte.  —  Lib.  XIII.  * 


26  LIBBO  XIII,  TITOLO  I,  §  840-841, 

di  forma  non  toglie  il  carattere  della  iiirtiyit^  ^^).  Siccome  pero  per 
dirltto  giustioianeo  ^')  lo  speciftcante  diventa,  qaando  la  cosa  nou 
pub  pill  essere  ridotta  alia  sua  forma  orlginariay  proprietario  della 
nuova  spede  ottenuta,  onde  oons^guentemente  tale  nuova  specie  perde 
il  vitiun  originario  ^),  oosi  in  tali  casi  h  a  conaiderarsi  come  non  pi  it 
esistente  la  cosa  rabata,  e  si  pub  quindi  richiederne  il  valore  ^^). 
Ma  se  la  cosa  non  esiste  piti,  sia  che  il  ladro  I'abbia  distrutta,  alie- 
uata,  o  consnmata,  o  che  sia  andata  distrntta  o  perdata  per  caso 
fortuito  ^)y  puo  in  sua  vece  pretendersi  ooUa  condictio  furtiva  il  mag- 
gior  valore  della  cosa  raggiunto  prima  che  fosse  derubata  ^).  Dice 
Ulpiano  nella 

L.  8  §  1  Dig.  h.  t.  Ulpianus,  libro  vicensimo  septlmo  oci  Edictum: 
<  Si  ex  causa  fortiva  res  condicatur  cuius  temporis  aestimatio  fiat 
quaeriturt  Placet  tamen  id  tempus  spectandum,  quo  res  unquam 
plurimi  fuit:  maxime  cum  deteriorem  rem  factam  fur  dando  non  li- 
beratur.  Semper  enim  moram  fur  facere  yidetur  »  0-  ^^^  ^  appunto 


^^)  L.  4  $  20  Dig.  de  usurpation,  ei  usucapion.  [41,  3]. 

52)  $  25  Inst,  de  rer.  div.  [2.  1]. 

53)  Westphal,  System  des  B.  E.  iiber  die  ArUn  der  Sachen  $  730  cfr.  $  46U 
—  Thibaut,  Ueber  BesUe  und  Verjahrung  II  J  22. 

5i)  $  26  Inst  de  rer,  div, 

5")  L.  3,  L.  8,  L.  16,  L.  20  Dig.  h.  t,  L.  2  Cod.  eod, 

53)  Si  afferma  da  alcuni  che  nel  diritto  odiemo  la  condictio  furtiva  tende 
solo  al  valore  che  la  cosa  aveva  nel  momento  in  oui  venne  rabata:  vedi 
QuisTORPy  Grunds*  des  peinl,  BeeJits  I  }  384.  Tale  affermazione  h  infondata : 
veggasi  Titthakn,  Handbuch  des  deiUsohen  peinl,  Bechts  parte  III  $}  429  e  505. 


I)  Alia  L.  8  §  1  cit.  trascritia  nel  testo  sembra  contraddire  in  qualche  modo  la  L.  2^ 
§  3  Dig.  47,  1.  Ulpianus,  libro  quadragensimo  tertio  ad  Sabinum:  «  Quaesitum  est,  si 
condictus  fuerit  ex  causa  furtiva  an  nihilo  minus  lege  Aquilia  agi  posse,  quia  alterius 
aestimationis  est  legis  aquiliae  actio,  alterius  condictio  ex  causa  furtiva;  namque  Aqui- 
liae  earn  aestimationem  complecitur,  quanti  eo  anni  plurimi  fait,  condictio  autem  cjr 
causa  furtiva  non  egreditur  retrorsun  judicii  accipiendi  tempus  ». 

In  questa  legge  rilevando  la  diversity  che  intercede  fra  Yactio  legis  aquiliae  e  la 
condictio  furtioa,  in  riguardo  al  loro  contenuto,  Ulpiano  dice  che  mentre  coll'  actio- 
legis  aquiliae  si  pu6  domaadare  il  maggior  valore  raggiunto  dalla  cosa  nelTanno  ante- 
riore  alia  sua  istruzione  colla  condictio  furtiva :  non  egreditur  retrorsum  judicii 
accipiendi  tempus.  Ora  potrebbe  intendersi  questa  frase  nel  senso  che  il  contenuto  della 
condictio  furtiva  si  avesse  da  determinare  soltanto  al  momento  delPintentamento  del- 
Pazione.  Ma  una  tale  interpretazione  oltre  che  in  contrasto  colla  frase  judicii  accipiendi 


DB  OONDIOTIONB  FUBTIVA.  27 

perch^  il  furto  foiida  robbligazione  di  restitoire  la  oosa  nel  momento 
in  cui  ayyiene  ^'^)i  tale  mora  si  veriftca  perfino  nel  furtum  usus  '^^).  Del 
resto  la  candictio  furtiva  vien  meno  quando  Fobbligazione  aorta  dal 
fnrto  h  stata  tolta  rnero^  novazione  ^%  o  quando  il  ladro  ha  cessato  di 
^saere  in  mora  avendo  offerta  la  restitnzione  dell^  ooaa  ed  il  derubato 
essendosi  rifiutato  di  riceverla  ^)  o  quando  il  derubato  ha  riottenuta 
la  cosa,  o  ne  ha  ricevuto  il  valore  ^^).  Essa  invece  nou  viene  meno 
merc^  la  pnnizione  del  ladro  ^^). 


^~)  La  L.  alt  Dig.  b.  t  dice:  <e  qui  invito  domino  rem  contrectavit  semper 
in  restitnenda  re,  quam  nee  deb  ait  aufferre  moram  facere  videtar  9.  E  poicht^ 
dal  principio  di  questa  mora  si  ritiena  sorgere  I'azione  si  spiega  come  la 
L.  2  $  3  Dig.  de  privat.  delicL  [47,  1]  dica:  <c  condictio  ex  causa  furtiva  non 
egreditar  retrorsam  iudicii  acclpiendi  tempas  9.  Qui  non  si  parla  del  tempo 
nel  qaale  I'azione  viene  intentata,  coma  a  torto  ha  ritenato  il  Faber  {Oonject, 
iur,  civ.  lib.  XVI  cap.  2)  e  Pespressione  iudicii  accipiendi  tempos  indica  quelPin- 
tero  periodo  di  tempo  nel  qoale  la  condicUo  poteva  essere  intentata,  finche 
esea  lo  fu  realmente.  Vedi  Jensii,  Slrietur.  in  rom,  iar.  Pand.  ei  God.  pag.  48fK 
VoET,  Cdmm,  ad  Pand.  h.  t.  $  6.  —  Cocceii,  iar.  eiv.  contr,  h.  t.  Qu.  8, 

•'>^)  ScHOMANs  Fragmente  I  {i  8  pag.  31. 

S9)  L.  17  Dig.  h.  t,  L.  20  J  1  Dig.  de  verb,  ohlifj.  [45,  1]. 

^)  L,  8  pr.  Dig.  h.  t,  L.  2  Cod.  h.  t.,  L.  72  M  Dig.  de  soluf.  [46,  3].  — 
KooDT^  Comnu  in  Band.  h.  t  pag.  304. 

6«)  L.  10  pr.,  L.  14  $  2  Dig.  h.  t.  —  Voet,  h.  t  $  8.  —  Schomans  Frag- 
menle  I  $  8. 

^^  Vedi  BoEHMffTRi,  Observationes  eelecL  ad  Carpsovium  Qnaest.  LXXX  ob- 
.serv.  10.  —  Wernhek,  ObeervaU  forens,  tomo  I  parte  IV  obs.  IV  n.  123.  — 
TrrTHANN,  Handbuch  III  $  505. 


tempiu  che  non  h  equivalente  a  tempus  jiidicii  accepti,  condurrebbe  anche  a  questo 
strano  risultato  che  il  derubato  nulla  potrebbe  ottenere  dal  ladro  quando  la  cosa  ai 
momento  dellMntentata  condictio  furtiva  fosse  gii  distrutta.  Questa  interpretazione  e 
dunque  da  respingere.  Invece  si  ottiene  una  perfetta  intelligenza  del  testo  riponendo  in 
ci6  la  distinzione  che  in  esso  si  rileva  fra  actio  legis  aquiliae  e  condictio  furtiva  che 
con  quelle  si  puo  domandare  il  maggior  valore  raggiunto  dalla  cosa  prima  che  fosse 
distrutta,  con  questa  invece  solo  il  valore  raggiunto  dalla  cosa  dopo  il  furto.  II  momento 
del  furto  viene  identi&cato  col  momento  deirintentata  azione,  perche  Tazione  compete 
appunto  dal  momento  del  furto,  e  pud  in  quel  momento  essere  intentata. 


TITOLO    IL 


De    condictione    ex    lege 


§  842. 
Conoetto  e  determinazione  di  questa  ooadiotio. 

Tutte  le  oondiotiones  delle  qaali  abbiamo  tin  qui  trattato  soao  iu- 
dicate  nelle  leggi  con  una  speciale  denominazioae.  La  condictio  ej^ 
lege  della  qaale  dobbiamo  ora  ocoaparci  appartleae  inveoe  alle  azioni 
innominate.  I  legislator!  romani  avevano  oeroato  per  qnanto  era 
possibile  che  non  mancasse  azlone  contro  oolui  clie  per  an  fattx>  le~ 
cito  od  illeoito  si  fosse  obbligato  di  fronte  ad  altrl.  Percib  si  erano 
introdotte  per  ognl  negozio  azioni  con  nomi  e  formole  proprie.  Orih 
OiOEBONE  ^)  poteva  ai  suoi  tempi  dire:  aunt  jura,  aunt  formulae  de 
omnibua  rebua  oomtitutae,  ne  quia  aut  in  genere  injuriae,  aut  ratio)^ 
actiania  errare  poaait  Expreaaas  aunt  enim  ex  uniua  ouiuaque  damno, 
dolore  incommodo  oalamitate,  injuria  publioae  a  praetore  formulae,  ad 
quoa  privata  lia  acoomodatur.  Pare  nello  svolgersi  della  vita  naovi 
negozi  venivano  continnamente  presentandosi  pei  qnali  non  trovavasi 
neW album  formularum  nh  azione  n^  nome.  Si  pensi  ai  contratti  inno- 
minati.  Per  questi  i  giuristi  romani  oonoepirono  la  formola  delPazione 
in  armonia  oolle  circostanze  del  fatto  loro  proposto,  e  chiamarono 
tali  azioni  innominatd  ool  nome  generioo  di  aotio  praeacriptia  verbia  -). 
Inoltre  col  progredire  dei  tempi   vennero  riconosciati    moiti   atti,  e 


1)  Orat  III  pro  Boseio  Oomaedo  cap.  8. 

2)  L.  1,  IJ,  22  Dig.  de  praescr,  verb.  [20,  5].  L.  6  Cod.  de  transact,  [2,  4]. 
Meistbr,  Di88»  de  acHonihiis  in  factum  ^$  29  e  32  (in  opusc.  tomo  I  pag.  360 
e  seg. 


Dfi  OOIYDIOTIONE  EX  LEGE.  29 

molti  Gontratti  che  secondo  i  principii  dello  strictnm  ju$  aon  pro- 
duoevano  azione  alcuna.  Si  peosi  ai  pcusta  legittinva  e  ai  pacta  jprae- 
ioria,  Ayrebbero  potato  qaesti  patti  essere  aanoverati  fra  una  qualohe 
(sategoria  di  oontratti;  essi  farono  inveoe  trattati  oome  patti  azionabili 
peroh^  tali  divennero  qoando  la  serie  dei  ooutratti  era  gi^  ohiosa  ^). 
L'azione  per  jhr  yalere  qaesti  negozi  giuridioi  o  era  8i)eGialineute 
indicata  coa  nnove  disposizioni,  oosl  e  g.:  actio  de  constituta  pecunia, 
netio  hfpoteoaria,  o  non  aveva  aome  proprio.  In  qaest'altimo  caso 
esa  yeniva  duamata  aotio  in  factum  o  condietio  ex  lege  ^). 

Candietio  ex  lege  h  doaqae  qaell'azioae  personale  che  ana  naova 
le^e  introdaoe  aequitatis  causa  a  tatela  di  rapporti  non  rioonosoiuti 
dall'antioo  diritto  oiyile,  e  che  non  ha  an  nome  proprio  ma  yiene 
indicata  merc^  citazione  della  legge  dalla  qaale  era  6tata  iutrodotta. 
Dice  Paolo  nella  L.  an.  Dig.  h.  t. :  c  Si  obligatio  lege  noya  intro- 
daeta  sit,  nee  caatam  eadem  le;^e  qao  genere  actionis  experiamor, 
es  lege  agendam  est  r>  ^). 
Da  oi6  discendono  le  seguenti  yeritii: 

L  La  cofidictio  ex  lege  h  fondata  sopra  ana  obligiUio:  essa  ^  qaindi 
oome  ogni  altra  oonddctio  nn'azione  personale.  Non  pa6  ammettersi, 
oome  alcuni  yorrebbero,  ana  condietio  ex  Novella  18,  cap.  I  o  ftv  No^ 
vdla  115,  cap.  3  e  4,  poich^  nei  casi  dei   qaali  si   oooapano   qneste 


3)  Vedi  Hugo,  OioiUsL  Magazin  vol.  I  pag.  456. 

4)  Straugh,  De  condkUone  ex  lege,  Jenae  1716.  —  Sturm,  DisserU  de  pactut 
fegiUmis  et  condi<^mbu8  ex  lege  merito  suspeetis.  Vitembergae  1754.  —  Westem- 
BERG,  De  caune  obUgaOoni  Dissert.  IV  [Operum  a  Jo.  Henr.  Jnngio  editor, 
tomo  I  pag.  98  e  seg.)* 


a)  Giustamente  in  riguardo  a  questo  testo  osserva  il  Vanuekow,  I,  pag.  202,  che  esso 
non  ha  tanto  importanza  in  quanto  per  esso  si  accorda  un*azione  per  un  fatto  non  con- 
MJerato  per  diritto  civile,  ma  in  quanto  stabilisce  che  dove  una  legge  introduce 
una  nuova  obbiigazione,  senza  determinare  Tiiidole  delKazione  colla  quale  questa  dovru 
farsi  valere,  deve  intendersi  che  questa  azione  debba  valere  come  condietio:  colla  tn- 
tentio  rivolta  ad  un  dare  oportere  o  ad  un  dare  facere  oportere  (senza  Taggiunta  ejr 
fide  hondu  In  altri  termini  il  testo  di  Paolo  non  ha  importanza  solo  nel  senso  che  esso 
<*ODstata  la  concessione  di  un*azione  in  caso  dove  pel  diritto  civile  non  se  ne  aveva 
alcuaa,  ma  anche  in  quanto  esso  indirettamente,  per  la  sua  situazione  nel  titoio  de 
cotidictione  ex  lege,  ci  indica  Pindole  di  tali  azioni  di  nuovo  introdotte. 


30  LIBBO  XIII,  TITOLO  II.  §  842. 

leggi  si  tratta  di  azioni  ereditarie  ^).  II  Linokeb  ^)  aflferma  per  vero 
che  anche  in  base  ad  an  diritto  reale  pa5  competere  una  oondictio 
ex  lege,  ma  oi5  deve  ritenersi  vero  solo  quando  quel  diritto  non  puo 
farsi  valere  con  altra  azione  clie  da  esso  sorga.  In  tali  casi  una 
uuova  legge  stabilisoe  un'obbligazione  di  risarcimento  di  danni,  contro 
Golni  che  altrimenti  resterebbe  arricchito.  Un  esempio  ci  h  offerto 
dalla  L.  ult.  §  6  Cod.  de  jure  dslib.  [6,  38] : 

€  Sin  vero  heredes  res  hereditarias  creditoribus  bereditariis  pro 
debito  dederint  in  solntum  vel  per  dationem  pecuniariim  satis  eis 
fecerint:  liceat  aliis  creditoribus  qui  ex  anterioribus  veniunt  hypo- 
tecis,  adversus  eos  venire,  et  a  posterioribus  creditoribus  secundum 
leges  eas  abstrahere  vel  per  hypotecariam  actionem  vel  per  condic- 
tionem  ex  lege  nisi  voluerint  debitum  eis  offerre  i». 

Si  tratta  in  questo  testo  dei  vantaggi  del  beneficio  dUnventario. 
Uno  dei  quail  consiste  in  cio  che  I'erede  pu6  soddisfare  i  creditor! 
col  patrimonio  ereditario,  dimauo  in  mano  che  si  presentano  senza 
ourarsi  se  alcuno  sia  rimasto  trascurato  avendo  tuttavia  un  diritto 
di  preferenza.  Oosi  pure  dipende  dalParbitrio  delPerede  il  decidere, 
se  convenga  tramutare  le  cose  ereditarie  in  denaro  per  pagare  con 
questo  1  creditori,  o  se  sia  preferibile  dare  loro  le  cose  stimandole. 
I  creditori  ipotecari  che  sono  stati  trascurati  perch^  si  sono  present 
tati  troppo  tardi,  non  possono  percib  far  valere  ragione  alcuna 
contro  Peredit^,  ma  solo  possouo  agire  contro  gli  altri  creditori 
i  quali  hanno  ricevuto  cib  che  spettava  loro  (creditori  ipotecarii). 
A  questo  scope  si  concede  V(wUo  hypoteoaria  o  la  ooiidiotio  ex  lege: 
si  distingue  cio^  il  case  in  cui  le  cose  sulle  quali  essi  avevano  ipo- 
teca  si  trovano  in  natura  pi*esso  i  creditori  pagati,  dal  caso  opposto. 
Nel  prime  caso  essi  agiscono  coll'  aoUo  hypotecaria,  nel  secondo, 
essendo  inesperibile  I'azione  reale,  si  attribuisce  loro  una  condictio, 
rivolta  a  quel  tanto  del  quale  il  creditore  oonvenuto  si  trova  arric- 
chito a  danno  del  creditore  ipotecario,  poiche  il  suo  diritto  di  pre- 
ferenza non  pu5  essere  intaccato  a  tenor  di  diritto  e  di  equity  dai  prin- 
cipii  che  regolano  il  beneiicio  d'inventario  "). 


^)  $  550  di  questo  Commentaiio  e  $  551. 

6)  AndlecL  ad  Pand.  h.  t.  tb.  57. 

'^)  Vedi  SiCHARDiy  PraelecL   in  (hd.   tomo  11   ad  L.  fiD.  ^  Et  9i  prae/atam. 


D£  OONDIOTIONB  EX  LEGE.  31 

IL  Itohligatio  sulla  quale  si  fonda  la  (xyiidiotio  ex  lege  deve  essere 
stata  introdotta  da  una  Lex  nova^  h  necessario  clo^  che  ad  ud 
oerto  fatto  dal  quale  il  diritto  civile  noa  faceva  scaturire  azione  al- 
cana, una  naova  legge  abbia  attrlbuito  Pef&oacia  di  far  sorgeie  una 
obUgatio.  N^  h  neoessario  ohe  questo  fatto  sia  lecito,  o  oostituisca 
nn  pactum  legitimum,  come  afferma  lo  Sturm  ^);  pub  anche  essere 
an  &tto  illecito,  come  dimostrano  i  seguenti  testi: 

a)  L.  27,  §  15,  Dig.  €uL  leg.  luliam  de  (j^dulteriis  coeroendis  [48, 5]: 
<  Si  reus  vel  rea  absoluti  fuerint:  aestimari  per  judioes  Lex  damnum 
Yoluit:  siye  mortui  Aierint,  quantae  peeuuiae  ante  quaestionem  fue- 
rint; sive  yivent,  quantae  pecuniae  in  his  damnum  datum  fibctumve 
eeset  i». 

L.  27,  §  16,  eod. 

c  Xotandum  est^  quod  capite  quidem  uon  caretur:  Si  servufi  adul- 
terii  aocuaetur,  et  accusator  quaestionem  in  eo  haberi  velit:  duplum 
pietium  domino  praestare  Lex  jubet:  at  hie  simplum  >. 

L.  28,  eod. 

c  Quod,  ex  his  causis  debetur  per  coudictionem  quae  ex  lege  de- 
scendit,  -petitur  >• 

Nel  sistema  delle  prove  era  ammessa  per  diritto  romano  la  con- 
fessione  ottenuta  colla  tortura  degli  schiavi,  onde  I'attore  poteva  an- 
zitutto  chledere  che  gli  schiavi  del  oonvenuto  venissero  per  tal  guisa 
indotti  alia  confessione.  Questa  maniera  di  ottenere  la  verity  si  usava 
in  certi  delitti  fin  anche  contro  la  vita  del  daminus  (in  caput  damim), 
e  fra  questi  delitti  era  I'adulterio.  Se  pertanto  anche  per  tal  guisa 
non  si  giungeva  ad  ottenere  prova  alcuna,  onde  ne  seguisse  I'asso- 
lazione  del  convenuto  e  la  convinzione  di  calunnia  nell'attore,  questi 
doveva  anche  i  danni  sublti  dal  convenuto  per  esser  stati   storpiati 


Cod.  de  iur  deliberandi  numeri  7  e  8  pt^.  712.  —  GtIphanii,  Explan.  difficiUor. 
et  edebrior.  L.L.  Ood.  lib.  VI  ad  eandem  legem  fin.  $  jSiiyi  aiUem  Cod.  eod.  pag.  94. 
—  WissBNBACH,  GomTnentar.  in  Cod.  ad  eund.  legem.  ulL  Ood.  de  jure  deUbe- 
raiub*  $  6. 

^)  Diss.  cit.  $$  3,  6  e  seg.  A  questa  opinione  ostano  le  L.  fin.  (  6  Cod.  de 
xwre  deUb.  [6,  30]  e  la  L.  27  $  15  e  L.  28  Dig.  ad  legem  Judiam  de  aduU.  eoerc. 
[48,  5],  n^  h  necessario  sopprimere  le  parole  ex  lege  che  in  questa  legge  si 
troTano,  n^  attribuire  ad  esse  un  significato  improprio. 


32  LIBBO  XIII,  TITOIiO  II,  §  842, 

a  morte,  in  causa  della  tortura,  gli  schiayi  snoi  ^).  L^attore  poteva 
talvolta  ottenere  anche  che  fosse  sottopostx)  alia  tortara  uno  schiavo 
alieno:  in  tale  ipotesi  il  conveiiato  doveva  prestar  garanzia  di  risar- 
cire  al  padrone  dello  schiavo  il  danno  che  qaesti  fosse  per  soffrire, 
vuoi  per  lo  storpiamento  vnoi  per  la  morte  dello  schiavo  tortarato  ^% 
Una  tale  prestazione  di  garanzia  non  era  necessaria  a  tenor  della 
Lex  Julia  de  aduUeriia  eoercendia,  II  dominus  era  in  questo  caso  pfo- 
tetto  da  una  condictio  ex  lege  [sc.  Julia  de  adulteriia'],  merc^  la  quale 
egli  poteva  ottenere  il  duplum,  quando  lo  schiavo  era  state  torturato 
peroh^  oonfessasse  un  delitto  proprio,  il  semplice  valore  quando  era 
state  torturato  per  puntiglio  perch^  oonfessasse  un  delitto  altrui  ^^). 
h)  §  24  Inst,  de  ctctlouibus  (IV,  6): 

(c  Tripli  vero  agimus,  cum  quidam  maiorem  vera  aestimatione  quan- 
titatem  in  libello  conventionis  in  ferunt,  ut  ex  hac  causa  viatores,  id 
est,  executores  litium,  ampliorem  summan  sportularum  nomine  exi- 
gerent.  Tunc  enim  id;  quod  propter  eorum  causam  damnum  passus 
fuerit  reus,  triplum  ab  actore  consequetur,  ut  in  hoc  triple  etiam 
simplum,  in  quo  damnum  passus  est,  connumeretur:  quod  nostra 
constitutio  introduxit,  quae  in  nostro  Godice  fulget,  ex  qua  procul 
dubio  est,  ex  lege  condictitiam  emanare  »  ^*). 
c)  §  25  Inst,  eodem: 

c  Item  ex  lege  condictitia  ex  nostra  ooustitutione  oritur  ^^),  in  qua- 


9)  Dig.  XLVIIl,  18. 

10)  L.  13  Dig.  48,  18. 

11)  L.  d  Cod.  ad  leg,  lul.  de  aduUerw  [48,  .5|.  L.  ult.  Dig.  de  calumftiaU 
\3,  6].  —  HOFFMA.NN  ad.  leg,  luUam  de  adidL  coercendia  lib.  sing.  cap.  YII 
^  4  e  5.  —  Fbll&kbbho,  lurUprud,  anlitjua  tomo  I  pag.  259  e  s^. 

1^  La  Vulgata  legge  qui  erroueamente:  qtiam  prociddubio  cerium  est,  ex  lege 
<iondiotiUa  emanare.  La  vera  lezione  di  questo  passo  accolta  da  Hotosian,  Me:- 
KiLLio,  Otto  e  Van  de  Water  ^  efftcacemente  confortata  dalla  parafrasi  greca 
di  Tbofilo  la  quale,  flecondo  il  Rbitz,  tomo  II  pag.  814,  suona  cosi:  r&v  yx^ 
^x  lege  xovoixrinov  cLii.%y(iii  ix  oiaraE^Ew;  Ti/TE76*t  iMiifiaLx-avt  i.e.:  iuiiiM[ue  ex  lege  con- 
dktionem  eine  corUroversia  ex  costiUUione  imeci  conveniU  La  costitazione  stessa 
dalla  quale  serge  qaesta  condictio  e  andata  perduta:  essa  non  trovasi  neppnre 
nei  BasUici  poich^  I'imperatore  Costantino  Porphyrogeneta  la  abn>g6  e  le 
Nov.  7  e  8  introdassero  un  naovo  ordinamento  delle  sportule.  Vedi  Cuiacio, 
fUbserv,  lib.  XII  cap.  22  e  Vinnius  in  Oomm.  ad  $  24  Inst  de  act^onibus. 

13)  La  lezione  comnne:  item  ex  lege  condicUda  nostra  costUuHo  oritur  ^  evi- 


DK  OONDICTIONE  EX  LEGE.  33 

druplam  condemnationem  imponeas  iis  execatorlbus  litium,  qui  contr<a 
costitatioiiis  normam  a  reis  quidquam  exegerint  >. 

Dopoch^  era  cadata  in  disaso  la  in  jtis  vocatio  e  le  citazioui  ve- 
nivano  insinuate  da  ufftciali  del  tribaaale  (viatores),  il  oonvenato 
doyeva  pagare  le  spese  d^insinaazione  le  qnali  secondo  la  natura 
delPoggetto  importavano  Vs^Yo-  ^^^  ^  Pattore  avesse  scientemente 
richiesta  nella  oitazione  una  somma  maggiore  di  quelle  che  egli  poteva 
pretendere,  il  coavenuto  a  tenor  della  oostituzione  dl  G-iustiniano  poteva 
pretendere  li  triplo  di  ci5  ohe  aveva  pagato  in  piii;  se  poi  il  viator 
avesse  ricevuto  una  ricompensa  m)ftggiore  di  quella  dovutagli,  doveva^ 
in  base  ad  un'altra  costituzione  di  Giustiniano  restituire  il  di  pitl 
ottenuto  in  qu(idruplum.  'SeUhino  e  nell'altro  caso  prendeva  vita  una 
eondictio  ex  lege. 

d)   L.   fin.   God.   de  revoc.   dotMt   [8, 56|.   Imp.   Justinianus 

JULIANO  pp.: 

c  Cteneraliter  sancimus,  omnes  doaationes  lege  oonfectas  lirmas  illi- 
liatasque  manere,  si  non  donationis  acceptor  ingratus  circa  donatorem 
inveniatur  ita  ut  injurias  atroces  in  eum  efifundat,  vel  manus  impias' 
inferat,  vel  jacturae  molem  ex  inaidiis  suis  ingenerat,  quae  nou 
levem  sensum  substantias  donatoris  imponat  vel  vitae  perioulum 
aliquod  ei  intulerit,  vel  quasdam  oonventiones,  sive  in  scriptis  do- 
aationi  impositas,  sive  sine  scriptis  habitas,  quas  donationis  acceptor 
spopondit,  minime  implere  voluerit  Ex  his  enim  tantammodo  causis, 
si  fuerint  In  jndicim  dilucidis  argumentis  cognitionaliter  approbatae, 
etiam  donationes  in  eos  factas  everti  concedimus  ]». 

Questa  costituzione  delPimperatore  Giustiniano,  permette  che  una 
donazione  fra  vivi,  la  quale  per  altri  riguardi  h  irrevocabile,  possa 
venir  revocata  in  certi  casi  per  grave  ingratitudine  del  donatario; 
tuttavia  essa  nou  attribuisoe  a  questo  scopo  una  speciale  azione,  e 
pero  parlasi  qui  di  eondictio  ex  L,  fin.  Cod.  de  revooand.  donat. 
e)  L.  4  Cod.  finium  regundorum  [3,  39]: 

€  Si  constiterit  eum  qui  finalem  detulerit  quaestionem,  priusquam 
aliquid  sententia  determinetur,  rem   sibi  alienam  usurpare  voluisse: 


dentemente  erronea.  Vedi  Vinhius  ad  ^  25   Inst,   de  action.    La  costituzione 
greca  si  trova  L.  fin.  Cod.  de  sportalis.  Vedi  Otto  ad  $  25  Instcie  actionibus. 


CrfArK,  Comm.  Pandette.  —  I.ih.  XHI. 


34  LIBRO  XIII,  TITOLO  II,  §  842. 

non  solum  id,  quod  male  petebat  amittat,  sed  quo  magis  uuusquisque 
conteutus  suo  rem  Bon  e^petat  juris  alieui,  qui  irreptor  agroruni 
fuerit  iu  lite  separatus  tantum  agri  modum,  quantum  adimere  ten- 
tavit  amettit )». 

Si  tratta  in  questa  legge  del  oaso  in  cui  uu  comuuista  dopo  aver 
tiollevato  questione  di  conftni,  durante  il  giudizio  e  prima  della  sua 
decisione  abbia  preso  possesso  del  campo  controverso  e  lo  conservi 
anche  dopo  aver  perduto  la  lite.  In  base  a  questa  oostituzioue  di 
CosTAJfTiNO  il  convenuto  vincitore  potr^  pretendere  dall'attore  scou- 
fitto  una  porzione  del  suo  campo  cosl  grande  quanto  era  quella  cho 
egli  aveva  tentato  di  usurpare.  L'azioiie  accordata  a  questo  soopo 
yien  detta  condiciio  ex  lege  4  God.  finium  regundorum  ^  0  '")• 

La  maggior  parte  delle  condietiones  ex  lege  si  fondano  tuttavia  su 
fatti  leciti,  e  provengono  o  dai  cosl  detti  patti  legittimi,  o  da  qualche 
drltro  &tto  lecito.  Alle  coiidictiones  della  prima  specie  appartengona 
e.  g.  le  seguenti: 

a)  Gondidio  exh,  6  God.  de  dot  promiaa.  [5, 12J,  la  quale  secondo 
la  costituzione  di  Teodosio  e  Yalentiniano  pu5  essere  mossa  in 
base  ad  una  semplice  promessa  di  costituzione  di  dote,  mentre  per 
regola  la  promessa  h  obbligatoria  solo  quando  sia  prestata  nella 
forma  della  stipulation 

h)  Gondictio  ex  L.  35  §  ult.  God.  de  donation.  [8, 54]  per  la  dona- 
zione  fra  vivi,  la  quale  a  tenore  di  questa  costituzione  produceva 
un'obbliga^ione  azionabile  indipendentemente  dalla  forma  della  sti- 
pulazione  i^)  <^). 


1*)  Vedi  My  Lily  DispiU.  de  condictione  dx  L.  4  Cod.  fin.  reg,  Lipsiae  1707. 
IS)  Nov.  CLXII  cap.  I  §  1. 


b\  Abbiamo  rilevate  nella  contronota  a  la  natura  stricti  iuris  della  condictio  tjy 
lege.  Potrebbe  sembrare  a  prima  vifita  che  quella  affermazione  urtasse  con  quanto  so- 
stiene  il  Qluck,  cha  cio6  la  condictio  ex  lege  pu6  sorgere  anche  da  un  fatto  iliecito. 
£  infatti  noto  coiue  controversa  sia  Tindole  delle  azioni  civili  sorgenli  da  deiitto  e  come 
alcuni  neghino  essere  esse  azioni  stricti  juris.  Questa  controversia  per6  non  pu6  avert* 
alcuna  decisiva  importanza  in  riguardo  al  nostro  tema.  Infatti  anche  quegli  scrittori 
che  negano  essere  le  azioni  ex  delicto  stristi  iuris  non  vogliono  per  cio  concludere 
che  sieno  honae  fidti  ma  solo  che  esse  sono  al  di  fuori  di  quella  partizione  delle  azioni. 
Questa  questione  che  anche  per  s^  stessa  ha  una  ben  tenue  importanza,  poich^  tutte 
amraettono  un  fine  che  la  azioni  ex  delicto  sono  rette  dai  principi  materiali  delle  azioni 
stricti  iuris  (Vedi  Vanobrow,  I,  pag.  203)  non  pu6  menomamente  influire  sui  risultati 
oltenuti  nel  testo. 

C)  Vedi  WiNDSCHEiD,  Lekrh.,  §  366  nota  1. 


OE  OONDIOTIONE  EX  LEOE.  35 

c)  Condictio  ex  1a.  1  Be  nautico  foen.  [22,2]  cli6  ^  fondata  sal 
pactum  de  nautieo  foenore  mediante  il  quale  il  creditore  si  assume  il 
rischio  di  una  somma  di  denaro  trasportata  per  mare,  durante  il 
yiaggio,  dietro  prestazione  di  un  iuteresse  pur  elevato,  oonvenuto. 
Questo  fatto  era  ritenuto  oosl  valido  oome  una  stlpulazione  onde 
nella  legge  citata  h  detto :  in  quxbusdam  eontra^tih'OB  etiam  ^^)  iisurae 
4d>emtury  qtiemctdmodum  per  stipulationem.  Nam  si  dedero  decern  trajec-- 
iiiia  ut  salva  nave  sortem  cum  certis  usuris  recipiam,  dicendum  est,  possi 
ine  sortem  cum  usuris  recipere  *''). 
Fra  le  condictiones  della  seconda  specie  sono: 

a)  C<yndidtio  ex  lege  30  Cod.  de  inoff.  test.  [18, 3,  28J  ^^). 
^         h)  La  ctmdictio  ex  L.  1  Cod.  h.  t,  14,9]  che  il  Fisco  pub  inten- 
tare  a  sua  tutela  per  un  credito  primipilo  contro  11  debitore  del  suo 
debitore  anche  se  il  debito  di  quello  non  sia  anoora  esigibile.  Questa 
legge  di  Dioolbzia.no  e  Massimiano,  dice  cosl: 

€  Licet  ante  tempus  debita  exigi  non  possiat,  tamen  si  te  ex  pri- 
mipilo 1^)  debitorem  constitutum  fisci,  ac  patrimonium  tuum  exhau- 
stum  pTaeses  provinciae  compererit;  ut  ad  solutionis  securitatem  so- 


1^)  NooDT,  lib.  IV  ProbabiL  cap.  6  de  foenore  ei  usuris  lib.  Ill  cap.  2 
vorrebbe  aggiangere  alia  parola  etiam  del  testo:  ex  pacto.  Ma  questa  corre- 
zione  non  h  necessaria  essendo  Pelissi  che  ivi  si  riscontra  assai  comune  come 
ha  ricordato  il  Wigling,  LecUon.  iur.  civ.  lib.  II  cap.  9  $  1. 

1^  Da  qnali  font!  provenga  questa  oblijatio  foenoris  naiUid  non  h  facile  do- 
termlnare.  Hudtwalcker,  Diss,  de  foenore  nautioo  rom.  Hambargi  1810  ^3, 
erode  che  essa  sia  stata  introdotta  aequitatis  eaiisa  dAWius  lionorarium.  Sarebbe 
danque  state  il  pretore  che  avrebbe  concessa  TazioDe.  La  prova  dl  qaesta 
ipotesi  dovrebbe  desumersi  dallMsorizione  della  L.  7  cit.  nella  quale  si  parla 
di  essa:  Ulpianus,  libro  III  ai  Edictuni.  Ma  la  legge  7  non  6  tolta  da  Ul- 
piAKO  bensi  da  Paolo,  libro  III  ad  Edictum  ed  in  questo  libro  Paolo  trat- 
tava  dei  patti  legittimi  come  risulta  dalla  L.  6  Dig.  de  paclis  che  b  pure  tolta 
dal  libro  terzo  di  Paolo  ad  Edictum.  Ivi  egli  dice:  Isgitima  conventio  est  quae 
lege  aliqua  confirmatur  et  ideo  interdum  ex  pacto  actio  nasdtur.  II  pactum  de 
nautieo  foenore  non  ^  danque  an  patto  pretorio  ma  an  pactum  legiHmum,  Da 
qual  legge  venisse  introdotto  non  si  sa.  Veggasi  del  resto :  Noodt  ad  lidictum 
praetoris  de  paclis  cap.  13. 

IS)  Vedi  questo  Commentano,  vol.  VII   pag.  142  (Ediz.  ital.  libro  V  J  550). 

1^  L  e.  <  ex  causa  primipilari.  Est  autem  hie  PnmipUus  annona  militaris  i>. 
Vedi  GoTHOFRKDUS  in  Chmm.  ad  L.  6  Cod.  Theod.  ^e  cohortal.,  e  Noodt, 
Oomm.  ad  Dig.  h.  t.  pag.  905. 


36  LIBBO  XIII,  TITOLO  II,  §  842. 

lum  fenebris  pecunia^)  subsidium  snperesse  videator;  ooinmonebit 
debitorein  tuum  si  saltern  ipse  sit  solvendo,  at  aate  definitum  tern- 
pns  debita  repraesentet:  at  fisoo,  coios  ob  necessitates  pablioas  oaa- 
sam  potiorem  esse  oportet  debita  peoonia  exsolvatur  »  -^). 

c)  Condietio  ex  L.  alt.  §  1  God.  de  hered.  pet  [3, 31  ]  mediante 
la  quale  oolai  che  aveva  promosso  la  petizione  di  eredit&  ed  era  in 
essa  rimasto  soccombente  poteva  esigere  dal  possessore  dell'eredit^ 
oib  che  avesse  pagato  ai  creditor!  o  ai  legatari  della  medesima* 
Quodsi  petitar  vietus  fuerint,  dice  Timperatore  Oiustiniano  nella  legge 
citata,  simili  modo  a  possessore  judicis  officio  ^*)  ei  satisfi^U  vel  si  hoo 
fuerit  praetermissum,  negotiorum  gestorum  vel  ex  lege  condiotione, 

d)  Condiotio  ex  L.  alt  God.  de  dotis  promiss.  [5, 11]  la  quale 
si  fonda  sopra  I'obbligazione  legale  del  padre  di  dotare  la  figlia. 
Nella  iQgge  citata  cosl  si  esprime  Giustino:  iieqm  enim  leges  inco- 
gnitae  sunt  quibus  oautum  est,  omnino  patemum  esse  offieium  dotem  vet 
ante  nuptias  donationem  pro  sua  dare  progenie.  Ora  poich^  questo 
obbligo  venne  originariamente  imposto  ai  padri  dalla  Lex  Julia  de 
maritandis  ordinibus,  come  Oioyanni  Gonbad  Sieglitz  ^)  ed  Emilio 
Lodovico  HOMBBBG  zu  Bach  ^^)  hanno  posto  ftior  di  dabbio,  Fazione 
potrebbe  anche  venir  chiamata  condietio  ex  lege  Julia  de  maritandi» 
ordinibus,  come  secondo  ogni  verosimiglianza  fa  detta  in  origine. 
Siccome  poi  quelFordinamento  venne  oonfermato  da  ana  costitnzione 
degli  imperatori  Sevebo  ed  Antonino,  ed  esteso  alle  provinoie, 
come  risalta  dalla  L.  19  Dig.  de  ritu  nupt  [23, 2]  si  comprende  a 
qaali  leggi  si  riferisca  Timperatore  Oiustino  nel  testo  sopra  tra- 
scritto.  £  del  pari  indiscnsso  che 

e)  I'azione  cui  allude  Soevola  nella  L.  65  Dig.  soluto  matri- 


^)  i.  e.  <c  pecuniae,  quam  foenori  collocasti  ]>. 

21)  Che  I'azione  spettaate  al  Fisoo  in  questo  case  sia  la  coiuUcHo  ex  h.  I/.. 
Iia  dimostrato  anche  Pothieeu  Pand.  iusHn,  tomo  I  h.  t.  num.  1  nota  h, 

^^  Le  parole  iudiois  officio  vogliono  significare  che  il  giudice  nella  sua 
sentenza  colla  quale  respinge  Pattore  deve  provyedere  che  il  convenuto  lo> 
risarcisca  dei  pagamenti  eseguiti  ai  creditori  e  legatari  dell'ereditft. 

^)  Diss,  de  necessitate  pains  condilionen  fiJiabus  quaerendi.  Halae  1757  $  2 
e  8eg. 

St)  Diss,  de  obUgaiione  patris  ad  costitiiendam  dotem  non  promissam  Mar- 
burgi  1770  J  19. 


DE  OONDIOTIONE  EX  LJBOE.  37 

monio  [24,3]  non  h  che  una  (xmdMio  ex  lege  Julia  de  maritafidis  or- 
dinibus;  db  hanno  dimostrato  OuiAOio  ^)  e  Bajhos  del  Manza.no  ^). 
La  BuinmeDzionata  Lex  Julia  trattava  auohe  della  manumiasione  di 
ano  schiavo  dato  in  dote  ^),  In  questo  proposito  si  distingaono  tre 
cad: 

1.^  Se  la  moglie  ha  donato  al  marito  il  servo  dotale  alio  scopo- 
di  forlo  manomettere,  il  marito  non  h  tenuto  a  risaroir^  in  aloun 
modo  la  moglie  per  Pawenata  manumissione  anche  se  da  questa 
abhia  ritratto  dei  vantaggi  ^), 

2.^  Se  il  marito  ha  manomesso.il  servo  dotale  della  moglie  in 
quality  di  negoti&rum  geatar,  la  manumissione  h  valida  ^^),  ma  il  ma* 
rito  deve  reatitmre  alia  moglie  non  solo  tutto  ci5  che  egli  ha  otte- 
nato  mediante  la  manumissione  per  diritto  di  patrouato,  ma  deve 
risardrla  auohe  di  ci6  ohe  egli  avrebbe  potuto  ricevere  se  nou  avesse 
evitato  di  farlo  dolose  ^).  Tutto  ci5  inveoe  che  egli  abbia  ottenuto 
dal  liberto,  non  come  suo  patrono,  ma  alio  jure  egli  pu5  ritenere  ^^)r 
L'adone  mediante  la  quale  la  moglie  poteva  agire  in  quel  oaso  era 
la  condicHo  ex  lege  Julia. 

3.^  B«  poi  il  marito  avesse  manomesso  il  servo  dotale  oontro  il 
volere  della  moglie,  bisogna  anzitutto  distinguere  il  caso  in  cui  il 
marito  fosse  in  grade  di  pagarne  il  valore  dal  caso  opposto.  In  questa 
ultima  ipotesi  la  manumissione  h  nulla  anche  se  il  maritiO  non  abbia 
alonn  altro  creditore  3-);  in  quella  in  voce  egli  diventa  bensi  patrono 
deUo  schiavo  manomesso  ma  rimane  obbligato  a  restituire  alia  moglie 
tatto  cio  che  egli  ha  acquistato  mediante  la  manumissione  o  sia  per 


^)  Obeervathn,  lib.  11  cap.  34. 

^  CommeiUar  ai  leges  JuUam  et  Papiam  lib.  IV  Reliquat  29  (T/ics.  Meer- 
manittaito  tomo  V  pag.  493). 

-')  L.  14  ^  alt.  Dig;  de  lege  Cornelia  de  fcHsis, 

%)  L.  27  $  4,  L.  62  Dig.  sol  malr.  [24,  3],  L.  7  $  ult.  Dig.  de  don.  iiUer 
mrum  et  uxorem  [24,  4],  L.  22  Cod.  sod.  [5,  16]. 

^)  L.  3  Cod.  de  iure  doHum  [5,  12];  L.  ult  Cod.  de  servo  pign,  dato  manu" 
mise,  [7,  8],  L.  3  ^  2  Dig.  de  suis  et  legiHrnis  hered.  [38, 16]. 

30)  L.  64  M  ^7  Dig.  soluL  matr.  [24,  3],  L.  14  ^  alt  confr.  colla  L.  6  «  ult 
Dig.  ad  L.  Com.  de  falsis  [9, 22]. 

31)  L.  64  $  5  Dig.  solut,  matr.  [24,  3]. 

35)  If  3J  Dig.  de  manuimss,  [40,  1],  L.  1  Cod.  tie  servo  pegiu  dalo  manum. 
[7,  8]. 


38  LIBRO  XIII,  TITOLO  II,  §  842. 

diritto  di  patronato  sia  altrimenti  coa  questa  sola  distinzione^^j^  clie 
tutto  cio  ch.e  egli  aveva  ottenutO  come  patrono  doveva  restituirlo 
anche  durante  il  matrimomo,  essendovi  tenato  mercfe  la  condictio  er 
lege  Julia,  mentre  quanto  aveva  altrimenti  ottenuto  era  obbligato  a 
restituirlo  solo  dopo  lo  scioglimento  del  matrimonio  convenuto  col- 
Vcustio  dotia  o  come  dicevano  i  giuristi  dassioi  ooWacUone  rei  uxoriae. 
Gosi  si  spiega  perfettamente  la  L.  65  Dig.  de  solut  matrim,  [24,3] 
dove  SOEVOLA.  dice:  hutec  a>ctio  [i.  e.  condictio  ex  lege  Julia,  o  come  11 
POTHiEB  ^0  1^  chiama:  ex  lege  Papia],  etiam  comtante  matrimonio  corn- 
petit,  quando  con  essa  si  confronti  la  L.  61  Dig.  eod.  ove  Papiniano 
dice:  Dotalem  servum  vir  invita  uxore  manumisit,  heres  solus  vir  a 
liberto  institutus  portionsm  hereditatis  quam  ut  patronus  consequi  po~ 
tuit  ac  debuit  restituere  debet;  alteram  vero  portionem,  dotis  judicio; 
si  modo  uxor  manumittere  refragatur  ^). 

III.  L'obbligazione  che  si  fa  valere   coUa   condictio  di  cui  trat- 
tiamo  in  questo  paragrafo,   deve  essere  stata  introdotta   mediant^ 


33)  L.  3  Cod.  de  tare  doHum  [23,  3J,  L.  ult.  Cod.  de  servo  pign.  dato  mannm 
[7,  8]. 
3i)  Pand.  ia9iin.  tomo  II  tit.  solut,  matrimonio  nam.  LXXXVIII. 


d)  II  nome  di  condictio  e.v  lege  e  Btato  a  torto  attribuito  a  tutte  le  azioai  delle  quali 
non  fosse  apparent**  o  determinato  un  nome  proprio.  Alcuni  esempi  di  qiiesta  erronea 
tendenza  Bono  rilevati  nel  te^to:  contro  di  essa  si  e  giustamente  levato  il  Vanobrow,  I, 
§  139,  pag.  202.  II  Vanoerow  ritiene  che  si  possano  additare  come  esempt  certi  di 
condictio  ex  lege  quelli  contenuti  nelle  L.  27  §§  15  e  16;  L.  28  Dig.  68,  5;  L.  ult  §  1, 
Cod.  Ill,  31;  L.  ult.  §  6  Cod.  6,  30.  Inst.  §§  24  e  25,  IV,  6;  L.  35  §  5  Cod.  8,  54;  L.  6 
Cod.  5.  12;  L.  10  Cod.  8,  56.  Alcuni  altri  esempi  adduce,  come  ri-sulta  dal  testo,  il 
Gluck  il  quale  pero  omette  uno  dei  casi  piu  interessanti,  cioe  qunllo  contenuto  nella 

L.  5  Cod.  Ill,  29: 

Impp.  DiocLETiANUs  et  Maximianus  AA  Cottabeo. 

«  Si  totas  facultates  tua  per  donationes  vacuefecisti,  qua  in  emancipatos  filio  contu- 
listi,  id,  quod  ad  submovendos  inofliciosi  testamenti  querellas  non  ingratis  liberis  relinqui 
necesse  en,  ex  tactis  donationibus  detractum,  ut  filii  vel  nepotes,  qui  postea  ex  quo- 
cumque  legitimo  matrimonio  nati  sunt,  debitum  bonorum  subsidium  consequantur,  ad 
patrimonium  tuum  revertetur  ».  ^ 

11  (liritio  di  ripetlzione  stabilito  in  questa  costituzione  non  6  una  ^u^r^Za  inofficiotae 
donationis.  ma  un  diritto  di  credito  comune:  la  cosi  detta  condictio -ex  lege.  Cosl 
WiNDscHKiD,  §  586  nota  16.  Controverso  e  se  questa  obbligazione  possa  farsi  valere  sol- 
tanto  dai  figli  o  anche  dal  testatore  medesimo.  II  Gluck  sta  per  la  prima  di  queste 
<lue  opinion!  ed  e  seguito  dal  Saviony,  Sistema  (trad.  Scialoia)  IV,  pag.  275  nota  c  e 
<lairARNDTS  ed  aUri.  II  WiNosrHEin,  loc.  cir.,  accoglie  invece  la  seconda,  fondandosi  sulla 
fras^:  ad  patrimo)iiu/n  tnwn  revertetur. 


DB  CONDICTIONE  EX  LEGE.  39 

una  nuava  legge,  Se  essa  b  stata  confer mata  dal  pretore  I'azione  non 
chiamasi  piil  oandidio  ex  lege  ma  (letio  in  factum,  in  qnanto,  ben 
8  inteade,  non  abbia  un  nome  suo  proprio  ^^).  Ma  che  dobbiamo  noi 
intendere  i>er  Lex  novaf  Pressoch^  tutti  gli  scrlttori  intendono  per 
Lex  fwva  una  legge  posteriore  a  qaella  delle  Xn  tavole  ^),  e  questa 
opioione  6  confermata  da  Paolo  nella  L.  7  pr.  de  capit  minut  [4,  5]. 
Ma  lo  Sturm  '^)  ritieue  che  la  splegazione  contenuta  in  qaesta  legge 
non  abbia  riferimeuto  alia  nostra  candictio  la  qaale  non  poteva  a 
suo  awlso  concepirsi  prima  che  Findice  dei  contratti  fosse  completo 
e  yenissero  introdotti  i  pckcta  legitima.  Lex  nova  igitur  est,  dice  egll^ 
quae  post  ciynfectum  catalogum  contrctctuum  novam  ckctionem  personalenif 
paeio  ntMb,  sine  nomine  dedit  Qaesta  opinione  dello  Stubm,  per  la 
qnale  non  si  concepirebbero  condiotiones  ex  lege  se  non  sorgenti  ex 
paetis  legiiimis,  h  stata  gi^  sopra  confatata.  Dagli  esempi  nnmerosi, 
che  noi  abbiamo  addotti  di  oondictiones  ex  lege,  scaturisce  natu- 
ralmente  il  concetto  di  Lex  nova:  essa  consiste  generalmente  in 
ana  costitutio  prif%cipis  ma  pub  talvolta  essere  una  It'gge  ben  piil  an- 
tica  e  fin  anche  una  legge  comiziale,  del  che  abbiamo  visto  sopra 
eeempio. 

IV.  Infine  h  necessario  che  neppure  sia  determinate  11  genris  ac- 
tionis  quo  experiundum.  II  Westenbebg  ^^)  intende  questa  indeter- 
minatezza  non  solo  in  riguardo  al  nome,  ma  anche  alia  natura  e 
alia  forma  dell'azione. 

Ad  analogia  delle  condictiones  ex  lege  si  parla  anche  di  oondictiones 
ex  canone,  ex  statuto  ed  ex  moribus  ^^).  Gome  esempi  di  condictiones 
ex  canone  si  addaoono  i  seguenti : 

a)  CondictU)  ex  cap.  I  X  de  pactis.  Ma  questo   esempio  ^  evi- 


^^)  L.  11  Dig.  de  praescr.  verbis  [19,  5].  —  Schulting,  T/ies,  conlrov.  De- 
cad.  XLV  th.  9. 

■6)  Bachov,  Tr.  de  action.  Disp.  IV  Th,  12.  —  Voet,  Gomm.  ad  Pand.  h.  t. 
$  1.  —  Westekberg,  de  eausis  obligation.  Disp.  IV  cap.  I  W  9  e  10. 

^  Diss,  cit  de  paetis  legitivm  et  oondictione  ex  lege  (  5. 

3^)  De  causis  obligation.  Diss.  IV  cap.  I  §  12. 

^  HuBER,  Praelecl.  h.  t  M  3  e  4.  —  Struvio,  Exercit,  XVIII  th.  58.  — 
LAUTERBAca,  OoUeg,  theor.  praoL  Pand.  h.  t.  ^  9.  —  Schmidts  Lehrb.  von  ge- 
richiliehen  JClagen  $$  1338  e  1339. 


40  LIBRO  xrii,  TITOLO  II,  §  842. 

dentemeute  immagiaario  ^^)  e  proviene  dalla  &lsa  opinione  cbe  Tazio- 
naliti^  generate  dei  contratti  che  vige  nel  diritto  moderao  sia  dovuta 
^I  diritto  canonico.  Qiiesta  opinione  h  stata  da  noi  confutata  ^^). 

h)  Condictio  ex  can.  Bedintegrandae,  3  Oaos*  III  Qa.  1  o  er  oa- 
^ite  i8  X  de  reatitut  spoliator.  La  prima  di  queste  dae  condictiones 
^  altrettanto  immagLiiaria  quanto  la  fonte  dalla  quale  la  si  vorrebbe 
trarre.  Poich^  anche  a  presoiudere  da  ci6,  che  11  canone  Bedinte- 
^randae  h  una  delle  Decretal!  iuventate  i>er  le  quali  la  oollezione 
pseadoisidorioa  seppelll  la  fama  dell^arcivesoovo  e  del  Sinodo  provin- 
'Ciale,  e  che  come  abbiamo  altrove  notato  proveniya  da  falsa  lezioue  ^^), 
gli  h  certo  che  in  esso  non  era  fondamento  ad  un  diritto  d^azione, 
ma  soltanto  ad  una  eccezione,  che  competeva  al  vescovo  caociato,  o 
ispogliato  del  suo  patrimonio  contro  Pazionc  del  sinodo,  la  quale  ec- 
cezione  aveva  pdr  effetto  di  paralizzare  quelPazione  finch^  il  vescovo 
non  fosse  riposto  nel  possesso  dei  suoi  beni.  In  riguardo  ai  danni 
^he  egli  avesse  potuto  sentire  s^accordano  a  lui  due  mezzi  giaridici 
l)en  noti,  cio^  Pinterdetto  romano  unde  vi  e  la  rei  vindicatio  ^'^). 

Per  cib  che  6i  attiene  poi  alia  oondictio  ex  cap,  iS  certamente  il 
*testo  introduce  qui  un  diritto  d'azione,  per  un  caso  nel  quale  il 
diritto  romano  non  ne  concede va  alcuuo.  II  diritto  romano  infatti 
mon  concedeva  contro  i  terzi  azione  per  il  possesso  perduto,  neppure 
•quando  il  terzo  avesse  ottenuta  la  cosa  da  oolui  die  Taveya  rapita, 
^  sapendo  in  qual  modo  il  suo  autore  avesse  acquistato  il  possesso  ^*). 
Questo  rigore  dei  diritto  civile  venne  modificato  e  contro  colui  che 
■scienter  re^ia  spoliatam  receperit  si  accordb  un'azione  come  contro  lo 
fipogliante  medesimo.  Ma  quest^azione  non  h  una  condictio  bensl  la 
nota  azione  di  spoglio  ^). 


^^)  FiOHTN£Ki,  Diss,  de  condicUone  ex  canone  non  dehUi  ex  cap.  I  e  S,  X  de 
^aetis.  Altorfli  1707. 

■*0  Vedi  questo  Oommeniario  vol.  IV  pag.  281  (ediz.  ital.  lib.  II  4  312). 

42)  Vedi  questo  Oonnnentario  vol.  II   pag.  589   nota  88   (Ediz.   ital.  libro  I 
^  181  pag.  796  nota  88). 

43)  Carl,  von   Savignv,  Becht  des  Besitses  ^  50. 

44)  L.  3  $  10  Dig.  uti  possidetis  [43,  17].  —  Saviqny,  op.  cit  pag.  523. 


e)  Sulla   condictio   ex   canone   Redintegrandae,    vedi    Windscheid,   Lehrh.,  §  162 
ui(Ua  1  e  Vanorrow,  Lekrb.^  HI,  pag.  331. 


DB  CONDIOTIONE  EX  LEGE.  41 

• 

c)  Un  esempio'  piii  giasto  crede  il  Bohmeb  ^')  di  aver  trovato 
nel  cap.  2  de  pactis  in  6to  e  cap.  26  e  28  X  de  iureiurand.  seoondo  i 
qaali  si  ammette  ohe  un  negozio  invalido  per  diritto  civile  possa  dar 
uascimento  ad  un^azione  quando  sia  rafiforzato  merc^  giuramento. 
Egli  adduce  resenipio  di  una  donazione  fra  vivi  clie  saperi  la  somma 
di  50  solidi,  e  la  quale  non  sia  stata  iusinuata  ina  solo  rafforzata  merc^ 
iduramento.  Qui  si  dovrebbe,  secondo  lui,  poter  agire  colla  condietio 
ex  eanane.  Ma  gi^  il  Cabbaoh  ^^)  ha  ricordato  in  qaesto  proposito 
oome  non  sia  a&aktto  necessario,  fingere  una  tale  coyhdictio  sal  diritto 
canouico.  Poiche  anzitutto  nei  testi  citati  non  si  parla  menomamente 
di  un  nuovo  diritto  d^azione,  ma  solo  si  diee  in  essi  che  il  giura- 
mento deve  essere  rispettato,  e  che  non  si  possono  impugnare  degli 
atti  che  sono  stati  confermati  merce  giuramento  auche  se  tali  atti 
siano  ritenuti  nulli  per  diritto  romano.  Si  tratta  dunque  in  essi  di 
nn^eooezione  da  opporsi  all^azione  di  nullity  fondata  sul  diritto  civile, 
in  base  al  prestato  giuramento.  Secondariamente  poi  deve  notarsi 
che  anche  per  diritto  romano  Tazioue  per  una  donazione  non  insinuata 
saperante  500  solidi  non  h  assolutamente  inef^cace  beusl  tale  oltre  i 
500  solidi.  Perchft  dunque  non  si  dovrebl)e  potere  intentare  anche  qui 
la  candictio  ex  lege  competente  per  diritto  romano  per  le  donazioni 
ingenerale?  Se  il  couvenuto  opporr^  alPattore  chela  donazione  non 
venne  insinuata  giudizialmente  e  che  quindi  essa  non  vale  che  fino  ai 
500  solidi,  e  che  quindi  egli  si  ^  reso  colpevole  di  una  plus  petitio 
{exceptio  pluris  petitionis),  egli  potrA  alia  sua  volta  in  una  replica 
opporre  che  la  donazione  venne  rafforzata  mediante  giuramento  e 
che  quindi  per  diritto  canonico  essa  vale,  malgrado  la  mancata  in* 
sinuazione,  oltre  ai  500  solidi.  Eimane  qui  la  questione  circa  al  ve- 
dere  se  la  prestazione  del  giuramento  equivalga  allUnsinuazione  giu- 
diziaria.  Molti  negano  e  cou  ragione  poicii^  Pinsinuazione  ha  per 
iscopo  di  evitare  le  frodi  e  di  tutelare  gli  interessi  dei  terzi  '*'').  Per- 
tanto  anche  per  questa  ragione  non  sarebbe  prudente  agire  con  una 
condietio  ex  canone. 


*5)  Doctrina  de  aeHonibtis  Sect.  II  cap.  V  $  42. 
^^)  Adnol.  ad  Boehmen  doctrifiam  de  actionibus  pag.  208. 
47)  Cabpzov,  parte  II  Const.  XII  def.  14.  —  Ludovici,  IHss.  de  genuino  in- 
teUeelu  brocardiei  vulgaris :  omnem  juramentum  servandum  esse,  ecc.  ^  12  e  seg. 

GLiicK,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  6 


42  LIBBO  sni,  TITOLO  II,  §  842. 

d)  Si  cita  infine  ad  esempio  la  oondictio  ex  cap.  5Xde  raptor., 
coUa  quale  si  potrebbe  agire  oontro  gli  eredi  di  an  delinqaente  per 
ottenere  risaroimento  dei  danni  da  ltd  arrecati  flno  a  ooncorrenza 
delPeredit^  ^^).  Ma  anche  qui  non  h  neoessario  agire  condiotione  ex 
oamne,  poich^  oggigiorno  le  azioni  sorgenti  dal  delitto  del  de  cuius 
passauo  contro  gli  eredi  seeondo  i  prinoipi  del  diritto  naturale  e  ca- 
nonioo,  fino  aU^ammontare  deireredit^ '^^) ;  ci5  abbiamo  vedato  trat- 
tando  delle  siugole  azioni  sorgenti  da  delitto. 

Per  d6  che  rigaarda  la  condictio  ex  statuto  si  trovano  esemp!  iu 
Stbigkio  ''^)  e  Webnheb  ^^ 

Una  oondictio  ex  moribue  InfLne  h  ad  esempio  qaelFazione  che,  se- 
eondo un  prinoipio  di  diritto  consuetudinario  generalmente  accolto 
in  Germania,  sorge  da  qualsiasi  contratto,  che  seeondo  i  principt  del 
diritto  romano  sarebbe  state  considerate  pactum  nudum  e  quindi 
privo  d'azione.  Essa  viene  peraltro  chiamata  anche  actio  ex  paoto  ^^). 

Devesi  pol  evitare  di  confondere  la  condictio  ex  lege  ooll'trnploratto 
deWofficium  judicis  ^^).  Per  tale  implorcUio  intendesi,  seeondo  il  diritto 
romano,  una  richiesta  che  av  viene  in  gludizio,  quando  sia  assicurata 
per  legge  una  protezione  giuridica  allUmplorante  ma  non  troyi  luogo 
alcana  azione  ordinaria.  Ad  esempio  la  domanda  di  un  minorenne 
di  essere  rimesso  nelle  condizioni  in  cui  si  trovava  prima  ^)  o  la  ri- 
chiesta di  una  cautio  damni  infeeti  ^).  Qui  si  aveva  piii  riguardo  alia 
forma  del  procedimento  che  a1  nome  e  al  fondamento  dell'azione* 


—  Ayber,  D%88.  de  abusa  iuramentoruin  §  40.  —  Walch,  IntroducL  in  corUrov. 
iur.  civ.  pag.  405,  e  Tbibaut,  System  des  P.  B.  II  ^  903. 

*<S)  BoEHMBB,  Doeirin,  de  actionib.  Sect.  II  cap.  V  ^  43  nota  *  in  fine;  cou- 
fionta  anche  $  10  nota  n,  e  Schmidts  Cbmmentar  Uber  seines  Voters  Lehrhuch 
von  Klagen  vol.  V  $  1339. 

■id)  Vedi  Carracbii,  AdnoL  ad  Boehmeri  Dootr.  de  action.  $$  9  e  10. 

50)  Us.  mod.  Fand.  h.  t  ^  6. 

51)  SelecL  Observ.for.  tomo  II  pag.  VII  obs.  160. 

52)  Carfzov,  Diss,  de  condietione  ex  moribus.  Lipsia  1685.  — >  Bastikeller* 
Diss,  de  acUone  ex  qiiocumque  paoto  moribus  data.  Vitemb.  1718.  —  Lekrb.  voii 
IGagen. 

53)  KiiKHOLD,  Diss,  de  remedio  implorationis  officii  iudiois.  Lipsiae  I72a  — 
Coccbji,  jus  civ.  contr.  h.  t  Qn.  1. 

5-1)  L.  1  pr.  Dig.  de  minor.  [4,  4],  L.  8,  L.  24  $  ult  Dig.  eod. 

55)  L.  4  J  8  Dig.  de  damno  infecto  [39, 2],  L.  5  Dig.  de  verb,  oblig,  [39, 2J. 


DE  OONDIOTIONE  EX  LEOE.  43 

poich^  seoondo  rordinamento  giudiziario  romano  non  veniva  per 
qaesto  case  oome  x>er  le  azioni  ordinarie,  nominato  nn  judex  ^eda- 
neus^),  Oggi^omo  per  imfloratio  intendesi  in  generale  Fesercizio 
dell'azione  nel  prooesso  sommario,  e  specialmente  intendesi  Pintenta- 
mento  di  tin*azione  che  non  ha  nn  fondamento  nel  diritto  civile,  ma 
nel  diritto  natnrale.  Qaesta  azione  viene  anohe  altrimenti  chiamata 
oeHo  in  factwn  ^"0. 


^  Wagkeri,  MddiMiones  ad  Boehmeri  Daetrina  de  aeUonibiu  parte  I  $  29 
e$  33. 

^^  SoHiODTB  Oommeniar  iiber  seiiies  Voters  Lehrb,  von  Klagen  und  Einreden 
parte  I  t  24  e  $  57. 


•    TITOLO  III. 


IDe  Condictione  triticiaj?ia  *) 


§  843. 

Concetto,  notne  e  natura  delta  condictio  tritidaria. 

La  teoria  della  condictio  tritidaria  appartiene  iadubbiamente  alio 
piti  difUoili  teorie  del  diritto  romauo  ''^).  Gli  scrittx)ri  nou  sono  con- 
cordi  n^  sul  nome  ii5  salla  natura  di  quest^azione  percli6  i  frammenti 
di  giuristi  classici  a  noi  pervenuti,  che  trattauo  di  essa,  sono  in  partt> 
manchevoli,  in  parte  oscuri  e  oontradittori.  II  grande  Noodt  ^'-^j  per- 
tanto  sorvola  sulla  trattazione  di  questo  titolo  nel  sno  Commentario 
all^  Pandette,  oontentandosi  di  professarsi  modestamente  <i  non  ad- 
suetos  alios  dooere  quod  ipse  non  intelligo.  Memoria  teneo  omuia^ 
egli  prosegue,  de  liac  condictione  tradita  a  Titulis  huius  interpreti- 
bus,  sed  expensis  omnibus  diligenter,  adeo  nihil  probare  mihi  per- 
misi :  ut  contra  saepe  sim  miratus,  tarn  secure  tractari  actionem,  cuius 
nemo  non  modo  usum,  ac  nee  nomeu,  ad  probabile  explicando  ad- 
duxit,  tantum  abest,  ut  quisquSm  utrumque  aut  alteram  sit  ex  solido 


^)  Di  questa  azione  trattauo:  FABEii,  de  Error,  prog  mat  ei  interpretaUoiu 
juris  Decad.  LXXXIII  Error.  1  e  2;  Decad.  LXXXIV  Error.  4  e  seg.;  De- 
cad.  LXXXV  Error.  1;  Decad.  LXXXVIII  Error.  9-10;  Decad.  LXXXTX 
Error.  1  e  seg.;  Masius,  Tract,  de  rei  debitae  aestitnatiotie,  Lovanii  1653  parte  III 
cap.  I  e  seg.;  Duarbnus  in  Gamment,  ad  h.  t.  Dig.  —  Strauch,  IHbs,  de  con- 
dicHone  triticiaria,  Jenae  1670.  —  WacH£NDOUFF,  Diss,  de  eondiUone  tritickiria 
in  eiasdem  Dissert.  Iriade.  Trajecti  ad  Rben.  1790,  8  Diss.  II  pag.  201  e  seg. 
—  We8T£Kbero,  de  causis  obUgatiomtm  Dissert.  YII  cap.  5  in  Operibus  jurid. 
a  Jangio  ediUs  tomo  I  num.  Ill  pag.  145  e  seg. 

sj)   Comment,  ad  Dig.  li.  t  tomo  II  Oper.  pag.  305. 


'}  Vedi  la  bibllo^,'rafia  in  fin«  di  questo  titolo. 


D£  CONDIOTIONE  TBITIOIABIA.  45 

consecuatus  i.  Nessuna  ineraviglia  quindi,  se  gli  scrittori,  ctie  hauuo 
tentato  spiegare  questa  azione  non  si  trovano  fra  di  loro  conoordi. 
In  generale  si  afiferma  che  la  oondiotio  triticiaria  h  una  spociale  azione 
personate,  colla  quale  nei  negozi  stricti  juris,  pei  quail  alcuno  ohe 
sia  debitore  verso  Tattore  di  qualsiasi  obsa  ohe  non  sia  uua  oerta 
8omma  di  danaro,  e  non  abbia  adempito  la  sua  promessa,  o  Pabbia 
adempita  ma  non  a  tempo  debito,  si  puo  pretendere  I'interesse  a  se- 
conda  delPapprezzamento  del  giudioe  in  un  caso  nel  quale  Vcuitio  ex 
Mlipulatu  non  pu6  aver  luogo  ^).  Ma  i  testi  contenuti  nolle  Pandette 
lion  alludono  in  alcua  mode  in  riguardo  alia  nostra  azione,  ai 
iiegotia  stricti  juris,  Ghe  al  contrario  la  condictio  triticiaria  potesse 
aver  luogo  anche  pei  negotia  bonae  fidei,  pub  desumersi  da  cio  che,  se- 
condo  Sbryio,  seguito  da  ITlpiano'^^),  la  determinazione  del  valore  della 
eosa  dovuta  deve  avvenire  nel  momento  della  oondanna.  Ora  i  negotia 
stricti  juris  si  distinguonoda  quelli  hanae  fidei  SLpiynnto  per  cib,  cheinque- 
sti  la  determinazione  del  valore  ^  flssata  nel  tempus  rei  judieateke^  in 
quelli  nel  tempus  litis  contestatae  ^'').  A  cio  si  aggiunga  che  la  condictio 
triUeiaria  ha  luogo  secondo  I'opinione  di  Ulpiano®^)  anche  quando  I'ob- 
bllgazione  del  convenuto  pi*oviene  da  delitto.  Oude  altri  scrittori  ^^)  di- 
ooDo  che  essa  b  quell'azionepersouale  colla  quale  Pattore  puo  pretendere 
qualsiasi  oosa  a  lui  dovuta,  sia  essa  determinata  o  meno,  purch^  non  sia 
una  somma  di  danaro,  e  per  vero  di  guisa  tale  che  qualora  il  conve- 
nuto in  adempimento  della  sentenza  non  consegni  o  restituisca  la  cosa, 
eaa,  i)ossa  esaer  condannato  al  risarcimeuto  del  valore  della  mede- 
sima.  Anche  questa  idea  non  ^  pero  conforme  alle  fonti,  poich^  sc  la 
t'ondictio  triticiaria  fosse  stata  realmente  un'ootio  arbitraria  nel  senso 
di  tendere  al  valore  della  cosa  determinabile  dal  giudice,  bisogne- 
rebbe  provare,  come  ha  gi^  profondamente  osservato  Waohbndobpf  ^% 


^)  Wachbndokf,  Di88.  cit.  cap.  11  ^  7.  —  BoEHUBit,  Boctrin,  de  aciionib. 
Sect  II  cap.  V  J  46.  —  Schaumburo,  Chmpend.  iuris  Dig.  h.  t  ^  1.  —  GiiN- 
THER,  Prineip.  iaris  rom.  pr'wa'i  noviss*  tomo  II  $  94^3.  —  Scumidt,  Lehrituch 
ron  genehUichen  Klagen  $  1384. 

'51)  L.  3  Dig.  h.  t 

«3)  L.  3  ^  2  Dig.  commodaU  [13,  6]. 

"3)  L.  M  I  Dig.  h.  t. 

•5»)  Vedi  Strauch,  Diss.  cap.  II  Sect,  I  ^  e  Sect.  IV  $  3. 

''■')  Diss.  cit.  cap.  II  $  7  pag.  257  e  seg. 


46  LIBBO  XIII,  TITOLO  III,  §  843. 

ohe  richiedevasi  una  sentenza  preliminare  del  giadioe,  prima  cUo  il 
oonvenuto  potesse  essere  condanaato  a  pagare  il  valore  della  cosa. 
n  giadizio  che  noi  ci  siamo  formati  per  qaanto  la  diffioolt^  della  ma- 
teria oe  lo  ha  concesso  h  che  la  condictio  triUciaria  non  fosse  an'a- 
zione  principale  (Rauptklage).  II  nome  ad  essa  attribuito  sta  ad  indi- 
oare  I'oggetto  di  qualsiasi  azione  i)ersonale  tendente  ad  nn  dare,  e 
ohe  deve  caso  per  caso  esser  determinato.  In  questa  idea  convengono 
i  piil  celebri  gioristi  antichi  e  modemi  ^).  Besta  tiittavia  a  spiegarsi 
donde  sorgesse  tale  denominazione.  Che  essa  proveaga  dal  nome 
di  ana  persona  non  puo  ammettersi,  poich^  non  risalta  I'esistenza 
di  aloun  TritidtLS  al  qnale  attribnire  la  nostra  azioue:  la  storia 
della  famiglia  romana,  la  quale  Ubbino,  Agostino  e  Patinio 
hanno  oos)  diligentemente  elaborata,  non  presenta  nulla  di  simile.  E 
pero  h  a  meravigliarsi  che  il  GuiAOio  abbia  sostenuto  qnella  opinione 
«  che  DuABENo,  Tbeutleb  e  Donello  si  siano  nniti  a  lui.  Meno 
-attendibile  h  tuttavia  Topinione  di  Babtolo,  che  fkntasiava  derivare 
11  nome  di  condictio  triticiaria  da  un  certo  monaco  Tbitioio  dell'or- 
•dine  dei  minori  o  Franoescani  ai  quali  h  vietato  maneggiar  danaro. 
Ginstamente  il  Wissenbagh  ^^)  ennmera  questa  opinione  fra  gli  €^r<ie 
4eliria  mentis  e  quartanae  somnia  febris,  Pltl  propriamente  altri  de- 
rivano  il  nome  della  condictio  triticiaria  dal  iriticum:  ma  anche  su 
•questo  puDto  quante  dissensioui  ira  gli  interprets  Molti  ^)  ritengono 
che  con  quella  parola  cominciasse  I'editto  del  pretore  che  introdussc 
la  condictio  triticiaria :  c  Triticum  vinum  oleum  frumentum,  similisque 
res  praeter  pecuniam  numeratam,  si  petatur,  nee  extat:  de  eo  judi- 


^  Yedi  VoBT,  Comment,  ad  Pand  h.  t.  ^  1  e  2.  —  Vinnius,  Select  iuria 
Quaeet,  lib.  I  cap.  99  pag.  100.  —  Egk,  Oommsnt  de  septem  damnaUe  LL, 
Pand.  ecu  erucibus  lOtorum  cap.  1(7.  —  Cocceji,  Ius  ow.  oontr,  b.  t*  Qu.  I 
ye  10.  —  HopAOKBR,  PHncip.  iuris  dv.  Bom.  Germ,  tome  III  (  17,  49.  —  Mal- 
BLANCK,  PHnoip,  iur,  rom,  parte  I  $  270  in  fine.  —  Thibaut,  SysU  der  Pand. 
JieefUs  I  $  276. 

«)  EjcereiU  ad  Panel  parte  I  Disp.  XXVI  Th.  7. 

^)  ScHULTiNG,  Thee,  controv,  Deead  XLVI  Th.  1.  —  Wissenbagh,  loc.  cit 
—  ZuiCHEMuSy  PraeleoL  ad  Bubr,  Dig,  Si  eertum  petatur  n.  28.  —  Boeckel- 
MANN,  Comment,  in  Dig,  b.  t.  $  1.  —  Westekberg,  Princip,  jutis  secundum  or- 
dinem  Dig,  $  56.  —  Lynker,  Ancdeot,  ad  Dig,  h.  t  —  Pothier,  Pand,  lust, 
tomo  I  h.  t.  num.  1  nota  h. 


D£  OONDIOTIONE  TBITICIABIA.  47 

cium  dabo  ».  Ma  dove  trovasi  la  piti  lieve  traccia  di  an  simile  editto? 
5oi  abbiamo  gi^  notato  in  altro  luogo  ^^)  che  le  condictianes,  delle 
qnali  abbiamo  fiu  qui  txattato,  Bono  azioni  oivilL  Tanto  meno  h  da 
oredersi  che  la  storia  di  mal  angorio  del  dormente  Mida,  la  quale 
raooonta  Yausbio  Massimo  '^%  abbia  dato  oocasione  al  nome  del- 
Pazione.  Poiche  se  oolla  parola  tritioufi\  si  Asse  yolato  intendere  ogni 
sorta  di  bene  e  riochezza  omana,  come  si  avrebbe  potato  esclud^e 
la  candictio  tr^itUnaria  per  le  somme  di  danarot  OuiAOio  '^^)  qaindi 
h  piattosto  inclinato  ad  affermare  con  Stefano,  lo  Sooliaste  greco, 
che  la  Tooe  triticum  si  trovasse  nell'antica  formola  delPazione  perch^ 
di  essa  si  servl  la  prima  x>er8ona  che  agi  per  la  consegna  di  ana 
qaantit^  di  framento.  Piil  acuta  tuttayia  h  la  supposizione  di  Yoet  '^^ 
segoita  da  Waghenbobff  '^).  I  proyinoiali  dovevano,  come  Oioerone 
raooonta  "^O?  consegnare  alia  repubblica  una  certa  quantity  di  grano: 
qaelli  i)ertanto  ai  quail  era  troppo  grave  la  consegna  per  la  grande 
distanza  dal  luogo  ove  essa  doveva  avvenire,  domandavano  per  gra- 
zia  di  pagare  in  'denaro.  La  notiftoazione  del  tempo  della  consegna 
chiamavasi  condietio  tritioaria  o  tritioiaria.  Puo  per6  anche  darsi  che 
la  consegna  di  grano  fosse  il  case  piti  frequente  nel  quale  aveva 
laogo  qaesta  condidio,  o  che,  come  pensa  Eineooio  ^^),  essa  venisse 
designata  a  iritico  tamquam  nobilissimo  meroium  genere. 

Per  eonoscere  poi  da  vidno  Pindole  della  condietio   tritioiaria  de- 
vono  notarsi  i  seguenti  principl. 

1.^  La  condietio  triticiaria  ha  luogo  in  tutti  i  casi  nei  quali  al> 
eano  ha  diritto  di  pretendere  il  valore  di  una  cosa,  che  il  convenuto 
doveva  o  dare  o  restituire,  e  che  invece  o  per  colpa  non  ha  oonse- 
gnato,  o  non  ha  consegnato  a  tempo  debito.  Non  importa  che  la  cosa 
che  forma  Toggetto  deirobbligazione  sia  mobile  o  immobile,  fungi- 
bile  o  infungibile,  corporale  o  incorporale.  La  condietio  triticiaria  solo 


^^  Vedi  «  820. 
"«)  Lib.  I  cap.  6. 

"0  Tract.  II  ad  Afrieanum  ad  L.  23  Dig.  de  reb,  ered,  [12, 1]  e  in  ParalUla 
Dig.  h.  t. 
'-)  Ckfmment  ad  Pand.  h.'t.  $  1. 
•3)  Diss*  cit  cap.  II  M  pag.  245  e  sog. 
"*)  Orat^  III  tn   Verrem  cap.  82  e  sag. 
'')  Elem.  juris  civ.  seeund.  ord,  Pand.  parte  III  $  84. 


48  LIBBO  Xlir,   TITOLO   III,   §   843. 

allora  uou  ha  laogo  quando  Toggettx)  delFobbligaziouo  e  una  deter- 
miuata  somma  di  danaro,  poich^  il  danaro  nqn  abbisogna  di  alcuna 
altra  altseriore  determinazione  di  valore,  ma  al  coiitrario  h  la  misura 
del  valore  di  tutte  le  cose''^).  Bssa  viene  quiadi  coiitrapposta  alia 
condictio  eerii  che  serve  a  pretendere  una  determinata  somma  di  da- 
naro, e  vienQ  dai  pratici  chfamaito  scherzosamente  azionefranceseana"''). 
In.questo  rignardo  h  notevole  il  se^^uente  teste  di  Ulpiano. 

L.  1  pr.  Dig.  h.  t. 

<c  Qui  certam  pecuniam  numeratam  petit  ilia  actioue  utitur.  Si  cer- 
tum  petatur :  qui  autem  alias  res  per  triticiariam  condictionem  petet. 
Et  generaliter  dicendum  est  eas  res  per  banc  actionem  peti,  si  quae 
sint  praeter  pecuniam  numeratam  sive  in  pondere  sive  in  m%iisura 
constant,  sive  mobiles  sint  sive  soli.  Quare  fundthn  quoque  per  banc 
actionem  petimus,  etsi  vectigalis  sit:  sive  Jus  stipulatus  quit  sit  ve- 
luti  usumfructum  vel  servitutem  utrorumque  praediorum  ». 

Molti  giureconsulti  '^^)  negano  per  vero  che  la  condictio  triticiarid 
tenda  al  valore  della  cosa:  essi  credono  piuttosto  che  il  testo  citato 
da  Ulpia.no  contenga  una  prova  sufficiente  che  con  quella  coiidiotio 
si  poasa  pretendere  la  cosa  medesima.  Inoltre,  dicono  essi,  gli  h  por- 
tato  della  natura  di  tutte  le  azioui  sia  bomie  fidei  che  strieti  juris, 
questo  di  tender  al  valore  della  cosa  dovuta  quando  la  cosa  stessa 
pur  non  esiste,  valore  che  pub  anche  essere  determinate  mediante 
giuramento  dell'attore  ^0-  Ma  se  I'azione  si  rivolgesse  alia  cosa  me- 
desima non  sarebbe  essa  una  condictio  ceriif  (tCerti  enim  condictio, 
dice  Ulpiano  ^0,  competit  ex  omni  causa  ex  omni  obligazione  ex 
qua  certum  petitur:  sive  ex  certo  contracto  petatur  sive  ex  incerto. 
Licet  enim  nobis  ex  omni  contractu  certum  condicere  »  ^^),  Ora  Paolo 


■7<3)  L.  3  Dig.  de  in  litem  %iu\  [12,  '^].  L.  42  Dig.  de  fidejitsBorihm.  L.  1 
Dig.  de  contrahendi  emptione  [18, 1  ].  Vedi  Bachovii,  Tr.  de  actionibus  Disp.  IV 
Th.  23.  —  Wachendorff,  Diss.  cit.  cap.  II  $  6. 

■^T)  FiCHTNER,  Diss,  de  Franciscanornm  aclione,  Aldtorfti  1724,  4 

">)  Faber,  De  error,  Pragmaticorum  parte  I  Dec.  LXXXIII  Error.  7.  — 
—  ScHCLTiNQ,  77mw.  controversat.  Decad.  XL VI  Th.  2.  —  Strauch,  Diss,  cit 
cap.  II  Sect.  Ill  $  9.  —  Cocceji,  jiir.  dw  contr.  li^  t.  Qii.  4.  —  PufendorfF; 
Observ.  iur.  un.  tomo  II  observ.  41  J  12. 

79)  L.  5  5  ult.  Dig.  de  in  litem  iur.  [12,  3].  L.  3  $  2  Dig.  comm4>daa  [13,  6). 

"^t*)  L.  9  pr.  Dig.  de  rehus  ereditis  [12,  1]. 

SI)  L.  6  Dig.  eod. 


PS  ooirBionoNB  tbiziciaru.  49 

A  dioe :  c  oertiun  est,  eaias  species  yel  qaantitas,  quae  in  obligatione 

Y^satnr,  ant  nomine  sno  ftut  ea  demostxatione,  quae  nominis  viee 

fon^tnr,  qualis  quantaqae  sit,  ostenditor  ».  CTlpiano  poi  conteappoae 

espieflsainente  la  oandicUo  triticiaria  alia  amddetio   cerii.    Perdb  la 

maggior  parte  del  glaristi  ^)  si  troya  o(moorde  nel  ritenere  esaere  la 

candicHo  tritioiaria  una  amdMio  inoerti  ^.  Imperocoh^  in  tutti  i  casi, 

net  quali  Pazione  del  credftore  h  diretta  all^id  quod  interest  o  al  va» 

lore  della  oosa,  essa  h  nna  eondictio  incerti  ^).  Appnnto  perch6 1'azione 

tende  sJ.  yaloie  della  oosa  dovnta,  si  spiega  soltanto  oome  essa  non 

poesa  ayer  per  oggetto  una  determinata  quantity  di    danaro.  Inflne 

gli  h  aflbtto  erroneo  ii  ritenere  che  le  azioni  sorgenti  da  negotia  strieti 

juris  potessero  yenir  riyolte  in  linea  generate  alia  prestazione  del  ya- 

lore  qnando  la  oosa  doynta  non  potesse  yenir  prostata.  Paolo  ^)  d 

insegna  inyeoe  il  oontrarioy  e  Maboiano  ^)  concede  soltanto  in   un 

easo  determinato  il  giuramento  estunatorio  ndle  azioni   strieti  juris. 

Gertamente  non  pa6  negarsi  che  nella   eondietio   deye  farsi  predsa 

menzione  della  oosa  stessa,  appnnto  oome  ayyiene   nella  eondietio 

eerH,  e  ci5  ^  qoanto  nella  L.  1  Dig.  h.  t   yien  detto:    «  rem  per 

banc   actionem   peti  —  ftindum  per  hanc  actionem  petimns  >,   ma 

qaesta  menzione  non  ay  viene  gi^  aUo  scope  di  fiu*  oondannare  il  con- 

yenuto  alia  oonsegna  della  oosa  che  piti  non  esiste  o  che  piti  non  seryi- 

rebbe  all'attore;  no!  lo  scope  e  I'intenzione  dell'attore  h  di  ottenere  in- 

yece  deUa  cosa  il  suo  yalore  determinato  a  seconda  del  giosto  arbitiio 

dd  gindice.  Oli  h  perd5  che  la  L.  3  e  4  Dig.  h.  t.  parlano  di  deter- 

minazione  del  yalore  ^)« 


S2)TfuiACiU8,  Ohaerv.  lib.  VIII  cap.  2.  —  Chesius,  Different,  iwis  cap.  49 
(in  Iwrispruden^  Bom,  ei  AUha  tomo  II  pag.  771).  —  Wbstbkberg,  De  ccmsis 
obligaUonum  Diss.  YII  cap.  V  ^  17  e  s^  —  Wachbkdobff,  Diss,  cit  cap.  II 
t  7  —  e  specialmente  Coocbji,  de  jure  civ,  controv,  ;;Qa.  I  nam.  3. 

S3)  L.  tt  Dig.  de  novoL  [46,  2]. 

8t)  L.  22  f  1 ;  L.  40  $  1;  Ii.  65  $  6  Dig.  de  condicHone  iud.  [12,  6];  L.  3 
Dig.  de  ccndlctione  sine  causa  [12,  7] ;  L.  8  pr. ;  L.  20  Dig.  ds  condicHone  furU 
[13,  1];  L.  75  pr.  e  $  1-3  Dig.  de  verb,  oblig.  [45,  IJ. 

^)  L.  6  Dig.  de  m  Utem  iur.  [12,  3]. 

s^  L.  5  $  ult  Dig.  eod, 

^T)  Yedi  WachekdobfF;  Diss,  cit  cap.  II  $  7  pag.  258  in  fine  e  seg.  — 
EiiJOKGHAUS  ad  CbeceU  jus  civ.  contr.  h,  t,  Qu.  4  nota  V  tomo  II  pag.  225 

eiAcK,  Comm,  Pandette,  —  Lib.  XIII.  7 


50  UBBO  xax^  TrroLO  m,  §  848. 

2.®  La  oandieUo  iriUoi4»ria  non  aorge  soltanto  dai  negotia  gMcti 
juris,  b1  ooatrario  essa  pub  sorgere  da  qoalaiasi  altra  obbligazione 
in  forza  ddla  quale  debba  piestarsi  una  oerta  oosa  susoettibile  di 
una  stima  di  yalore:  non  importa  se  tale  obUgatio  da  ex  oantradu  o 
quasi  ex  cantr<tetuaiex  delicto  ^),  La  oanddotio  tritioiaria conoorre  quindi 
oon  altre  eondiciUmes  ohe  tendano  alia  prestazione  del  valore  di  una 
determinata  oosa  dovuta:  oonoorre  fin  anche  ooUa  condiotio  furtii>a  ^^). 

3.^  Essa  preBuppone  tuttavia  ohe  I'azione  principale  ohe  oompe- 
teva  all'attore,  per  la  doea  stessa  della  quale  egli  ohiede  ora  il  valore, 
sia  personale,  poioh^  nelle  azioni  reali  il  risaroimento  del  valore  delia 
oosa  si  ottiene  ooll'actio  in  rem  coUa  quale  si  persegue  la  oosa  stessa  ^). 

4.^  Oon  la  eondictio  triUciaria  non  si  pub  per  regola  pretendere 
il  valore  della  oosa  propria.  Gib  non  i>ermette  la  formoja  stessa 
delle oofidictiones:  reum dare opartere^^).  Anohe  qui  perb  si  fa  eooezione 
per  il  oaso  nel  quale  sia  oonoessa  al  proprietario  una  eondietio.  Dove 
oiob  si  aooorda  al  proprietario  la  oondictio  furtiva  per  la  oosa  ohe  gli 
b  stata  sottratta,  si  pub  anche  acoordargli  la  oondietio  triiioia^ria  per 
il  valore  della  oosa,  quando  questa  piii  non  esista:  oosi  oi  insegna 
XTlpiano  nella: 
L.  1  §  1  Dig.  h.  t 

XTlfianus,  libro  vieensimo  sq^timo  ad  ediotum : 
•   €  Bern  autem  suam  per  hano  actionem  nemo  petet  nisi  ex  causa, 
ex  quibus  potest,  veluti  ex  causa  furtiva  vel  vi  mobili  re  abrepta  vi. 

5.^  Poiohb  la  eondicHo  tritioiaria  non  b  un'azione  nuova,  bensl 
una  qualitas  adjecta  di  un'altra  azione,  oosi  essa  assume  la  natura 
ed  i  caratteri  di  quests^.  Quindi  essa  b  talvolta  hotiae  fidei,  talvolta 
strioti  juris  a  seoonda  ohe  I'azione  prindpale  oolla  quale  si  avf^bbe 
potuto  chiedere  la  oosa  era  honae  fidei  o  strioti  juris  ^^). 
Tuttavia  b  sempre  neoessario: 

6.^  che  I'oggetto  dell'obbligazione  sia  oostituito  da  una  oosa 
oerta  ohe  non  sia  una  somma  determinata  dl  denaro.  S^  esse  oon- 


^)  VoBT,  (hmmenU  ad  Pcrnd.  h.  t.  $  h 

89)  L.  1  J  1  Dig.  h.  t. 

«>)  VoBT,  h.  t.  $  1. 

91)  $  4  Inst  de  aeUoMbus  [lY,  6]. 

«)  VoBT,  h.  t  j  2. 


DB  OONBIOXIOIVS  TBinOlABXiU  51 

gistova  «fr  or^MM  nella  prefltamone  del  valoie  di  ana  eos%  nonpn6av6r 
luogo  la  eondicUo  triUoiariaf  poioh^  non  pa5  in  tale  ipotesi  esser  qne- 
stfaoe  sol  yalore  di  ana  ooea  da  determinarai  dal  giudloe^  ma  in  esaa  ei 
agisoe  per  quel  yalore  ohe  la  oosa  aveva  al  momento  in  col  aorse 
Tobbligazione  senaa  distinzione  fira  negotia  atrieU  juris  e  hanae  fldei, 

m 

e  senza  oonsiderare  se  il  valore  della  cosa  eda  in  segaito  aomentato 
0  diminoito  ^).  I  aegaenti  testi  d  i)er8aaderanno  pienamente  di  oi5: 

L.  28  Dig.  de  navatianibus  [46,  2]. 

PiPnnANUS  libra  gecundo  d^nitionum. 

cTandom  Gomelianam  stipolatas,  qaanti  fandas  est,  postea  sti- 
pnlor :  si  non  novandi  animo  secata  stipalatio  focta  est,  oessat  novatio, 
seoonda  toto  stipalatio  tenet,  ex  qaa  non  fondos  sed  peconia  debe- 
tar  etc.  In  altera  vero  ea  aestimatio  yenit,  qaae  secandae  stipnla- 
tionis  tempore  ftut  >. 

L.  37  Dig.  mandati  [17,  1]. 

Afbioakus,  libra  adava  quaeatianum.  * 

cHominem  certam  pro  te  dari  fidejossi,  et  solvi.  Gam  mandati  aga- 
tur,  aestimatio  eins  ad  id  potios  tempos  qao  solatos  sit  qao  aga- 
tnr,  referri  debet:  et  ideo  etiamai  mortam  faerit,  nihilominns  atilis 
ea  actio  est  >. 

Un  tale  che  aveva  prestato  fld^nssione  per  la  oonsegna  di  on  oerto 
schiavo,  aveva  anche  efbttivamente  ea^nita  Fobbligazione.  Qai  la 
livsJaa  del  fldeiaaaore  non  poteva  tendere  cbe  al  rifooimento  del  va- 
lore dello  achiavo.  Ma  in  qnal  momento  doveva  eaaer  atimato  qaeato 
valoie  1  Nataralmente  nel  momento  nel  quale  il  fld^usaore  lo  aveva 
oons^gnato,  poioh^  aolo  in  qaeato  momento  aveva  preao  vita  il  aao 
credito  verao  il  debitore  prindpale,  oontro  il  quale  era  aorta  VacUa 
mandatu 

§  844. 

A  qual  mamento  debba  il  giudioe  riferirsi  nel  valuiare  la  oasa:  in  quanta 

venga  presa  in  canaideraziane  il  luoga* 

Poieb^  la  candictio  triiiciaria  tende  al  valore  della  coaa  dovota,  11  qae- 
sito  piti  importante  che  la  riguardiconaiste  nel  aapere  a  qnal  momento 


^  YosTi  h.  t  $  3  e  Wachbndobff,  Dis8.  cit  cap.  I  $  4  e  5. 


52  UBBO  Xtn,  TTFOLO  Hi,  §  844* 

debba  il  giadioe  liferirsl  nel  valatarla.  Abbiamo  a  qaesto  proposito 
due  test!  assai  notevoli  i  qoali  pei5  sono  oosi  oontradittori  da  oasti- 
tnire  nno  scoglia  oontro  il  quale,  oome  si  eaprime  il  OniAOio,  si  sono 
infranti  gli  sforzi  di  tatti  i  giudid  e  gioreoonsulti  ^). 

Koi  Yogliamo  tentare  di  sax^erare  qnesta  diffiooM. 

I  testi  sono  i  segnenti: 

L,  3  Dig.  h.  t 

Ulpiai^us,  Ubro  vioensimo  s^timo  ad  Edictwn. . 

c  In  hao  actione  si  quaeratur,  res  quae  petita,  est,  cuius  temporig 
aestimationem  recipiat,  y^ius  est,  quod  Servius  ait,  oondemnationis 
tempus  spectandum.  SI  yero  desierit  esse  in  rebus  humanis,'  mortis 
tempus,  sed  cv  TrWft,  seoundum  Oelsum  erit  spectandum.  'Son  enim 
debet  noyissimun  yitae  tempus  aestimari:  ne  ad  exigiium  pretium 
aestimatio  ledigatur  in  seryo  forte  mortifere  yulnerato.  In  utraque 
autem  si  post  moram  deterior  res  &ota  sit  Marcellus  scribit  lib.  20 
habendam  aestimationem,  quanto  ^^)  deterior  res  ikcta  sit.  Et  ideo,  si 
quis  post  moram  seryum  elnscatum  dederit,  neo  liberari  eunu  Quare 
ad  tempus  morae  in  his  erit  reduoendum  aestimatio  >. 

L.  4  Dig.  eod. 

GiJTTS  libra  nano  ad  EHotum  provinoiaU. 

€  Si  merx  aliqua  quae  oerto  die  dan  debebat,  petita  sit,  yeluti  yi- 
num,  oleum,  frumentum :  tanti  litem  aestimandam,  Oassius  ait,  quanti 
foisset  eo  die  quo  dan  debuit.  Si  de  die  nihil  oonyenit,  quanti  tunc, 
cum  judicium  acciperetur.  Idemque-iuris  in  loco  esse:  ut  primum 
aestimatio  sumatur  eius  loci,  quo  dan  debuit:  si  de  loco  nihil  con- 
yenit,  is  locus  spectetur  quo  peteretur:  quod  de  oaeteris  rebus 
juris  est  >. 

Ohi  yolesse  oonsultare  gU  scritti  ed  i  oommentari  di  OuUlOid  ^), 


«)  Tra4!L  ad  Afrioanum  VIII  ad  L.  37  Dig.  mandat.  [77,  1]. 

^)  n  Codioe  delle  PandeUe  di  Erlangen  legge  piil  giustamente  quanU  ed 
h  segnlto  dalPALOAKDKO. 

96)  Omm.  ad  L.  so  D.  de  verb,  ohl  [45,  1]  e  TracL  VJU  ad  Afn  lu.  JID. 
ma/nd.  [17,  1}. 


J>S  OONDIOnONB  TBinCIABIA.  53 

VOBT^Oj  BONBLLO^),  PABBO^),  BABOLiLT  »<»),  MEBILLIO  ^X  LY- 
CLAMA  VON  BYBHOLT  *),  ViNNIO  %  OABONDAS  *),  MASITTS  5),  MAGNUS  % 
GHBSIUS  '^)y  WAOHBNDOBPP  %  OOOOBIO  %  WBSTEM BEBG.  ^%  SOHUL  - 
TINO  "),  PAOIUS  12),  STBAUOH  ^^\  HUBBB  ^*)j  BeBGBB  ^%  PAGBNSTB- 

GHBB  ^%  Pufbndobff  ^''),  BsoiiNaHAUS  ^^)  6  oonfrontarli  fra  di  loro^ 
resterebbe  meravigliato  dalla  grande  difformit^  delle  opinioni  profes- 
sato  da  qaesti  interpreti  per  oonciliare  fra  di  loro  i  due  frammenti 
di  XTlpiano  e  di  Oaio  sopra  trasorittL 

Noi  risparmieremo  al  lettore  nna  eeposizione  oritioa  di  tatte  qaeste 
opinioni:  ci  sembra  piti  oonveniente  trattare  inyeoe  separatamente  i 
diyersi  casi  considerati  nelle  nostre  leggi  e  solo  incidentalmente^ 
qnando  se  ne  presenti  il  destro,  oocuparsi  delle  yarie  opinioni  pro- 


v^  0mm.  ad  PancL  h.  t  i  a 

^  Oonm.  ad  h.  m.  e  LL.  oit 

^  (hnjeei.  iur.  olv.  lib.  XVI  cap,  I  s^.  e  De  wr.  pragniL  dec  LXXXIII  e 
LXXXy ;  dec.  LXXXYIII  err.  9  seg.;  dec  LXXXIX  err.  1-3  e  ad  Cod.  lib.  lY 
tit  2, 

i<^  (Xmtfii.  ad  L.  S3  D.  d&  reb.  erediL  (Thesaur.  furia  ram,  OUonU  III  pa- 
gioa  867). 

I)  Observ,  lib.  Ill  cap.  34  e  in  Cbmm.  ad.  X.  ee  D.  de  relk  cred,  (tomo  III 
Thu.  OUonis  pag.  677). 

^  Be  ineunda  rei  aesUmaUone  Ub,  OommenL  ad  lu  ss  D.  de  reb.  cred  [12, 1] 
Leoyerdiae  1644,  12. 

3)  Seleei.  jurie  quaestion.  lib.  I  eap.  12  (Thee.  Ott.i.1  pag.  710). 

4)  ir«^«£u  8.  VerisimiL  lib.  I  cap.  12  (Thee.  OU.  t  I  pag.  710). 
^)  TracU  de  rei  debUae  aestmoHone  parte  III-.Y* 

^  Baiion.  ei  different,  juris  eh.  lib*  II  cap.  13  (Thee.  Meerm.  tomo   III  pa* 
gina  315). 

"0  Different,  juris  cap.  49  e  50  (lurispr.  Bom.  et  AUie.  tomo  II  pag.  771). 
8)  XHss.  cit.  cap.  2  $  8  aeg.  in  Triad,  pag.  260. 
^  luris  oto.  eoiUrav.  h.  t.  qu.  2. 
10)  PHnc.  jurie  secundum  ord.  Dig.  lib.  XII  tit  I  »  45. 

II)  Thee,  eonir.  dec  XLVI  th.  Ill  e  IV. 

1^  EvavrtofAv  g.  Legg.  Condl.  Centar.  Ill  qn.  72, 

13)  Dim;  eit.  cap.  Ill  sect  II  $  4  seg. 

14)  Praeleei.  ad  Pand.  h.  t  $  3  seg. 

1^)  Dies.  An  m  eontraeUbus  rerum  fungibHium  ex  tempore  morae  praestanda  ei 
tmtimaUa  maxima.  Vitemb.  1703. 
!<')  SieiUm  ad  Lauterb€Uih.  mamp.  lY. 
1'')  Obeerv.  iurie  unw.  torn.  II  obs.  41  $  14. 
1^  Ad  OoceeH  jus  eiv.  eontr.  h.  t  qn.  2  nota  t 


54  IJBRO  xm,  TITOIX)  in,  §  844. 

feasate  da  altrL  Anzitatto  dobbiamo  osaeryare  ohe  net  nostri  testi 
tcattasi  di  quella  stima  la  quale,  in  base  al  ralor  oomtme,  ayviene 
offievo  judiois.  Oiaccbft  solo  per  una  tale  stima  h  possibile  assumere 
come  oriterio  on  determinato  momento.  No!  esoladiamo  qnindi  il  caso 
nel  quale  il  yalore  della  oosa  pub  venir  determinato  mediante  il  giu- 
ramento  dell'attoie,  perch^  nei  casi  nei  quali  ha  luogo  il  jurom^tum 
in  litem  Pattore  pub  stimare  la  oosa  ohe  gli  h  dovuta  di  suo  arbitrio 
a  seoonda  dell'aflbzione  ohe  ad  essa  portava,  senza  tenersi  yincolato 
al  prezzo  di  meroato  ^^) :  pertanto  in  tale  ipotesi  non  h  possibile  sta- 
bilire  un  momento  nel  quale  la  stima  debba  awenire  ed  il  prezzo  debba 
esser  determinate.  Gon  ragione  sorive  Hubeb  ^):  Quando  veram  dicimns 
aestimaiionem  peti,  escludimus  ab  hoc  quaento  earn  quae  fit  j>er  jiMrtu- 
randum  in  litem,  quae  nan  secundum  veritatem,  eedpro  affeciione  jurantie 
inetituitur,  et  quae  quum  in  infinitum  extendi  queat  nulla  temporis  out- 
modi  limitatione  reetringi  patitur;  nee  etsi  moderatio  judioie  aocedere 
poBsit  ea  ex  actie  et  probatia  certo  tempore  vel  modo  uequam  reetricta 
legitur,  $ed  eiua  prudentiae  oommittitur.  Molti  sono,  per  vero,  di  altra 
opinione  e  oredono  ohe,  anche  nel  caso  nel  quale  il  yalore  della  oosa 
sia  a  determinarsi  mero^  giuramento  dell^attore,  debbasi  tuttayia 
predsare  un  certo  momento  il  quale,  seooado  alcuni  ^Oy  sarebbe  quello 
della  oondanna;  seoondo  altri  ^-)j  inyeoe  sarebbe  necessario  distinguere 
fra  judioia  honae  fidei  e  judieia  strieti  juris.  Pei  primi  doyrebbesi  ayer 
riguardo  al  tempus  rei  judicatae,  pei  second!  al  tempus  litis  contestatae. 
L^una  e  I'altra  di  queste  opinioni  h  doyuta  ad  una  fyiiaak  interpreta- 
zione  della  L.  3  §  2  Dig.  Commodati  [13, 6]  oye  Ulpiano  dice:  In 
h<ic  actione  siout  in  ceteris  bonae  fidei  judiciis,  similiter  in  litem 
jurabitur:  et  rei  judicandae  tempus,  quanta  res  sit,  cbservatur:  quamvis 
in  stricti  ^)  litis  contestatae  tempus  spectetur. 


19)  L.  1,  L.  4  $  2.  L.  8  D.  d6  in  Utem  jurando  [12,  3]. 

20)  PraeUoL  w  Pand  h.  t  M- 

21)  Charondab,  lib.  I  Verisimil.  cap.  12.  —  Dokellus,  Comm.  ad  L.  3  D. 
h.  t  6  PuFBNDORFF,  Gbserv.  juris  univ,  torn.  II  obs.  41  $  14. 

22)  Van  EoK,  Diss,  de  septem  damnoL  LR  Pand.  seu  erudbus  lOonsuUorum 
cap.  I  $  3.  —  Westbmbbbg,  Princjuns  aeoitndum  ordinem  Digest,  lib.  XII  tit  I 
i  47.  —  Paoensteghsr,  Sidlim  ad  Lauterbachiam  mamp.  IV  e  von  WAcnoEK- 
DOBF,  Diss.  cit.  cap.  II  $  16. 

23)  Tale  h  la  lezione  Fiorentina;  Baudoza  l^ge  inyeoe  in  strioU  juris  juditOs, 


BB  005DI0nONB  TRmCIABIA.  55 

In  qnesto  frammento  m&tti  non  8i  &  distiiizione  fra  il  oaso  in  coi 
3  Talore  della  oosa  deve  eesere  determinato  merod  ginramento  del- 
Tattxire,  dal  caso  in  ooi  esso  deve  essere  determinato  ofJMo  juiicis: 
cib  risnlta  aU'eyidenza  dal  oontrapposto  rileyato  in  eeso  fra  il  quanii 
ea  res  egt  e  Vin  litem  jurare  ^^).  In  qnesto  ultimo  oaeo  peraltro  di  un 
memento  nel  quale  debba  avvenire  la  stima  non  pub  parlarsi,  giaoohb 
le  l^gi  permettono  alPattore  di  giuraire  in  infinitum  ^).  Antonio 
Fabbo  ^)  ha  gi4  biasimato  Perrore  testb  rilevato.  Scrive  egli :  quod 
(Ut  Ulpianus  L  3  §  in  hac.  Dig.  Oomm.  proculdtMo  eie  aodpiendum 
etty  ut  docere  velit,  duo  esse  in  €kctione  oommodati,  in  quibus,  ut  in  eae- 
teris  ommbtu,  ea  actio  oonveniat  cum  aliis  bonctefidei  judioiis;  quorum 
unumillud  est,  quod  in  ea  iuratur  in  litem,  quemadmodum  et  in  aliis 
m  quibus  ctgit  quis  ad  rempropriam  contra  dohsum  repetendam :  alteram 
est,  quod  8%  quaeratur  de  re,  quae  petitur,  non  db  actore  per  jurjurcmdum 
in  litem  med  ab  ipsojudiee  aestimanda,  quanti  re  vera  sit,  rei  judioandae 
tempus  sjpectatur,  ut  in  caeleris  bonae  fidei  judids  fieri  solet,  non  litis 
eontestatae  ut  in  stridis.  Essendo  animato  da  una  cost  viva  oonvin- 
zione  noi  non  ci  meraviglleremo  se  il  grande  giurista  in  altro  luogo  ^) 
cofiil  si  esprima:  Cum  quaerimus  de  re  debita  ciestimanda  per  jusiuran^' 
dum  in  litem,  ridieuli  et  in^ti  sumus,  si  quaeramus  an  huitu  aut  ilUus 
temporis  rationem  haberi  oporteat.  Fit  enim  aestimatio  eiusmodi  ex  ad- 
fectione  jurantis,  cui  si  indulgere  legislator  nollet,  non  esset  cur  ei  jus- 
iuran&wm  deferre  deberet. 

Gb  premesso  h  neoessario  distinguere  i  seguenti  oasi: 
1.^  L^inadempimento  dell'obbligazione  non  b  stato  preceduto  da 
morct,  ma  ha  piuttosto  il  suo  fondamento  nel  dolo  o  nella  oolpa  del- 
Pobbligato,  o  in  un'altra  causa  per  la  quale  I'oggetto  dovuto  non 
potb  esser  prestato  senza,  per  altro,  che  il  debitor e  fosse  liberato  dalla 
sua  obbligazione.  In  questa  ipotesi  bisogna  oonsiderare: 


Haloandeb:  in  stricU  juris,  ed  il   nostro   Codice  di  Erlangen:  in  strietis  jh-- 

2i)  L.  3  D.  di»  in  lit.  jur.  [12,  3]. 

2^)  L.  4  $  2  D.  M<Z. 

^  (JonjecU  juris  eiviBs  lib.  XYI  cap.  I  pag.  541* 

^^  De  error,  profftnaL  parte  I  dec  XVII  err.  6. 


56  UBBO  xm,  TiTOLO  in,  §  844. 

a)  se  fosse  detonniiiato  on  tempo  neL  quale  la  oosa  dovuta  do- 
yesse  yenir  prostata:  in  tal  case  essa  deye  essere  stimata  nel  yalore 
€he  essa  ayeya  in  quel  tempo,  senza  distingpiere  se  esso  fosse  oerto 
od  indeterminato,  poichd  prima  di  questo  termine  di  prestazione,  la  oosa 
non  ayrebbe  potato  essere  pretesa.  Go^  pore  gli  h  indifferente  ohe 
Toggetto  della  prestazione  sia  nn  genus  o  una  speoiei.  Sa  qaesto  panto 
sono  ooncordi  i  giaristi  romani.  Oosl  dioe  Oaio  nella  L.  4  Dig.  h.  t.: 
Si  merx  aUqwk  quae  oerto  die  dari  d^ebat,  petita  eit,  veluU  WHim 
oleum  frumentum:  tanti  litem  ciestimandam,  Oaseiut  ait,  quanti  fuieeet 
eo  die,  quo  dari  debuit 

E  eon  Oaio  oonyengono  Giuliako,  Oelso,  Ulpiano  e  Afbioano 
come  risalta  dai  segaenti  frammenti: 

L.  22  Dig.  de  reb.  ored.  [12,  1]. 

lULiANUS  libro  quarto  ex  Minieo. 

c  Yinam,  qaod  mutaom  datam  erat,  per  jadioem  petitam  est:  quae- 
sitom  est  coios  temporis  aestimatio  fieret:  atram  com  datam  esaet, 
an  oom  litem  oontestatas  ftusset  an  cum  res  judicareturt  Sabinus 
respondit,  si  dictam  esset  quo  tempore  redderetur,  quanti  tunc  ftusset  >• 

L.  11  Dig.  de  re  judicata  [42, 1]. 

Oelsus  Ubro  quinto  digestorum. 

€  Si  Galendis  fieri  aliquid  stipulatus  sum,  nempe  quandocumque 
post  calendas  aooepto  judicio,  tanti  aestimanda  lis  est,  quanti  inter- 
fuit  mea,  oalendis  id  fieri :  ex  eo  enim  tempore  quidquid  aestimatur, 
quo  ^)  noyissime  solyi  potent  >. 

L.  69  Dig.  de  verb,  oblig.  [45,  1]. 

luuANUS  libro  octagensimo  octavo  digeetorum. 

<  Quotiens  in  diem  yel  sub  conditione  oleum  quis  stipulatur:  eius 
aestimatiouem  eo  tempore  spectari  oportet,  quo  dies  obUgationis 
yenit:  tunc  enim  ab  eo  peti  potest:  alioquin  alias  rei  captio  erit  >  ^). 

L.  22  Dig.  de  oblig.  et  act.  [44,  7]. 


-8)  La  Fiorentina  l^ge  erroneamente  jiiod  inyeoe  di  quo. 

^  Qneste  nltime  parole  hanno  affiEiticato  molta  gPinteipreti.  Hotouann, 

QudesHon  tUustr.  lib.  lY,   XYI  pag.  127^  yorrebbe  leggere  aiioguin  aMm  rei 

pactio  erit  attribnendo  a  qi^este  parole  il  seguente  signiflcato:  se  si  yolesse 

conaideiare  come  criterio  di  Btima^non  g^  il  momento  nel  quale  la  oosa  in 


DB  OONDIOTIONE  TBITICli.RU.  5T 

Africanus  Ubro  UrUo  Quaegtianum, 

<  Gum  quia  ia  diem  meroem  stipolatos,  fldejoBSorem  aooepit  eios 
temporis  aestimatio  est  praestanda,  qno  satiB  aooepit  >. 

In  qaesto  ultimo  testo  non  si  parla  soltanto  del  debitore  ma  anohe 
del  Mejussore:  non  si  ereda  pertanto  ohe  per  qaest'ultimo  valesse 
on  priiimpio  diverse  ohe  x>er  quelle.  DaUe  parole  del  testo  sombre- 
rebbe,  h  vero,  ehe  x>^  il  fidejnssore  non  si  dovesse  gi^  aver  riguardo 
al  memento  della  prestazdone,  bensl  a  quelle  della  assunta  M^ussionQ 
e  questa  idea  pare  ancbe  rioonfermato  dal  testo  oorrispondeate  del 
Basilici  ^)  che  suona  eos) : 

£xv  Tc;  CTTc  fopTita    Ttpxfftiifa    XoL^ri    cyyuyijTiiy)  iiatvou    rou   xoiOoO  >f  ^tarifAtvi^ 
ro'j    foprtov    o-xoTrserot,    xa9'  ov    6    eyyuviixi;    jepoffsktifBii*  1^8%  quis    8Uf6r 

meree  venali  fidejussorem   aoceperit,  illiua  temporii  (ieatimatio  merois 
MfeeUstur^  quo  fida^ussor  adaumftus  fuit  Ma  questa  interpretazione  ur* 


fona  del  eontiatto  deve  easere  prostata,  ma  il  memento  nel  quale  venne  con- 
«hiiua  la  etipalazione,  11  oontratto  tenderobbe  ad  una  prostazione  aflPatto  di- 
versa  da  quella  che  coBtituisce  I'oggetto  deirobbligazione.  Qaeeta  opinione  ^ 
«tatB  gitiBtamente  respinta  dal  Wachbndorff  in  Triad.  Dissert,  pag.  268,  il 
quale  accoglie  I'opinione  di  Lyclama  van  Ryaholt  che  nel  sue  Tract  de 
iMunda  rei  aesiimatione  $  35  pag.  131,  spiega  la  parola  alias  con  riferimento 
al  tunc  che  precede,  come  aUo  tempore  e  rei  captio  per  acceptio  o  adei»tio  old, 
alio  stoBSo  mode  per  cui  dicesi  capHo  pignorum  captio  bonorum,  11  signiflcato 
delle  parole  in  queetione  sarebbe  quindi  il  seguente:  la  stima  di  una  co8a 
promeesa  per  un  certo  tempo  deve  farsi  sul  valore  che  la  cosa  medeeima  ha 
in  questo  tempo.  Infatti  se  si  volesse  assumero  come  criterio  un  altro  momento, 
«arebbe  come  dire  che  la  cosa  pu6  essere  domandata  in  un  altro  momento, 
giaooh^  il  valore  della  cosa  si  sostituisce  qui  alia  cosa  medesima.  Chi  non 
sonte  per6  che  tale  spiegazione  ^  forzataf  La  parola  capUo  signiflca  piii  pro- 
priamente  nel  linguaggio  del  giuristi  classici  fraus  o  deeeptio :  vedi  Brisso- 
Nius,  De  verb  sign.  Inoltre  la  parola  rei  non  deriva  nel  testo  da  res,  ma  da 
rem  e  si  riferisce  al  promittente.  II  sense  delle  parole  di  Gidliano  non  pu6 
pertanto  essere  che  il  seguente:  se  nella  stima  della  cosa  dovuta  si  dovesse 
prendero  in  considerazione  un  momento  diverse  da  quelle  nel  quale  la  cosa 
doveva  venir  prostata,  si  perverrobbe  a  risultati  dannosi  al  debitore.  Cosi  nel 
caso  in  cui  la  cosa  nel  momento  in  cui  fosse  da  prestaro  anche  un  valoro 
minoro  che  in  qualsiasi  altro.  Tale  interprotadone  h  accolta  da  Cujacio,  Oomm. 
nd  UL  D.  de  verb,  obUg.  h.  L.  —  Donbllus,  Chmm.  ad  eund.  TiL  et  Leg.  n.  9 
pag.  239.  —  POTHIER,  Pand.  lustin.  tom.  Ill  lib.  XLV  tit  I  n.  CIX  nota  c 
pag.  312. 

30}  Lib.  Lll  tit  I  const  21  in  Ger.  Mbermakki,  Thes.juK  civ.  et  can.  tom.  V 
pag.  99. 

GvicK,  Comm.  PandetU.  —  Lib.  XIIT.  '  8 


LIBBO  Xin,  TITOLO  IH,  §  844. 

terebbe  oontro  i  piil  noti  priaoip!  ghiridioi,  poioh^,  da  una  parte,  nel 
oaso  in  coi  il  giudioe  determina  il  valore  della  oosa  dovnta  non  si 
tien  oonto  del  momeato  in  coi  yenne  oonchiuso  il  oontratto;  d'altra 
parte,  Pobbligazione  del  fidejossore  essenclo  aocessoria  va  giudioata 
a  seconda  dell'obbligazione  principale  del  debitore.  Non  h  per5  nep- 
pore  neoessario,  Pemendare  le  parole  del  testo  e  eon  Antonio  Fabbo  ^0 
leggere:  non  quo  satis  aooepit,  e  neppare  h  neoessario  interpretare  quelle 
parole  per  elipsim  oQme  se  fosse  soritto:  de  quo  oppure  pro  quo  satis 
acoefit  Tanto  meno  h  possibile  intendere  il  testo  come  riferentesi  al- 
Vckotio  mandati  in  regresso  per  risardmento  di  danni  spettanti  al  ft- 
dejussore  come  vorrebbero  il  Yoet  ^)  ed  il  Masius  ^)  ma  pinttosto 
h  da  ritenersi  col  OuiAOio  ^\  con  Iano  a  Oosta  ^  e  con  Wa- 
OHENDOBFF  ^'^)  chc  la  Icgge  in  esame  tratti  del  case  in  cui  il 
debitore,  trascorso  il  termine  nel  quale  doveva  eseguire  lapre- 
stazione,  si  fosse  costituito  un  fidejussore  morae  purgtMdae  causa  ot- 
tenendo  cosi  un  nuoyo  termine.  Giacch^  in  tale  caso  essendoyi  nova- 
zione,  non  h  pid  a  parlarsi  del  tempo  gi^  trascorso,  ma  solo  del  nuovo 
termine  ora  concesso  al  debitore.  Pertanto  si  fa  menzione  del  tempo 
quo  satis  aocepit  creditor,  non  gi^  che  si  yoglia  con  ci5  affermare  es- 
sere  decisiyo  il  memento  in  cui  la  fldeiussione  yenne  assunta,  ma 
per  indicare  IL  momento  nel  quale  il  fldeiussore  ha  promesso  di  pa- 
gare.  Ora  questo  h  anche  il  tempo  nel  quale  il  debitore  principale 
doyeya  pagare  la  cosa  doyuta  ed  in  esso  deyesi  conseguentemente 
determinare  il  yalore  della  cosa  per  il  fideiussore.  In  ci5  conyengona 
anche  Donello  ^S),  Babolay  ^),  Ghabondas  ^%  Lyolama  yon  Ryk- 
HOLT  ^0  e  Ghipanius  ^^  (vedi  note  40  a  42  a  $ag.  59). 


31)  Oonjeoiar,  lib.  XVI  cap.  10  e  (2e  error,  pragm.  dec  XVI  err.  VII. 

32)  Labitti,  Usum  judicia  Pand.  cap.  Ill  $  89  nota  q  in  lurispr.  BestUuia 
tom.  II  pag.  69. 

33)  Ckmm.  ad  Pand.  h.  t.  $  3. 

31)  Tract,  de  rei  debUae  aesHmaUone  parte  V  cap.  12. 
35)  TracL  III  ad  Afric  ad  L.  22  D.  de  ohUg.  et  aoium.  [44,  7]. 
38)  PraeUeU  ad  tUusir.  quosdam  tUulos  locaque  eeleeia  juris  ctv.  ad  L.  22  D.  de 
ohUg.  et  aetiion.  pag.  137  seg. 

37)  Cit  Triad.  Diss.  pag.  275. 

38)  Qmim.  ad  L.  59  D.  de  verb,  ohlig.  n.  2  pag.  235  eeg. 

39)  Ckmm.  ad  Ut.  Pand.  de  reh.  wed.  [XII,  I]  ad  L.  22  h.  t  —  Otto,  Thes. 
Ill  pag.  869. 


BE  CONBIOTIONE  TBITIOIABIA*  59 

1.^  In  rapporto  al  primo  oaso,  al  oaso  oiod  ia  oui  fosse  determi- 
nato  an  oerto  tempo  per  la  prestazione  della  cosa  dovuta,  la  mag- 
gior  parte  degli  antori  oonyengono  nella  nostra  opinione.  Solo  il 
Fabbo  ^)  si  allontana  dagli  altri  sostenendo  una  propria  opinione. 
Egli  orede  che  quando  il  termine  flssato  h  nn  dies  eertua,  si  debba 
stimare  la  cosa  precisamente  in  questo  giorno  senza  oonsiderare  se 
il  debitore  sia  in  mora  o  meno.  Se  inveoe  qnesto  tempo  h  indetermi- 
natOy  dies  ineertue,  allora  crede  sia  neoessario  distingnere  fra  le  aadoni 
stricU  juris  e  bofMS  fldei:  per  quelle  egli  assume,  oome  momento  de- 
dsivo  per  la  stima  della  cosa  dovnta,  la  litis  oantestatio  anche  se  poi 
il  convennto  si  sia  trovato  in  mora;  per  queste  al  oontrario  crede 
debba  distinguersi  il  oaso  in  oui  I'inadempimento  dell^obbligazione 
dipenda  da  mora  preoedente,  dal  oaso  oontrario:  in  quello  il  yalore 
della  oosa  andrebbe  stimato  nel  momento  dell'iniziata  mora  o  in 
quello  della  condanna  a  seconda  che  in  quello  o  in  questo  il  yalore 
di  essa  fosse  maggiore;  nel  seoondo  case  inyece  ritiene  sia  a  oonsi- 
derarsi  deoisiyo  x>er  la  stima  della  cosa  il  momento  della  litis  co- 
ntestaUo.  Di  tutta  questa  complicata  teoria  non  troyasi  perb  nelle 
fonti  romane,  rettamente  interpretate,  alcun  sicuro  fondamento:  noi 
quindi  non  ci  indugeremo  su  di  essa  tanto  piti  che  gi^  il  Masius  ^^) 
rha  completamente  confutata. 

2.^  In  rapporto  poi  al  case  nel  quale  non  fosse  determinate  un 
certo  temjK)  per  la  prestazione  della  cosa,  a  noi  sembra  che  in  base 
alle  fonti  che  ne  trattano  debbasi  anzitutto  considerare: 

a)  se  Foggetto  della  prestazione  consta  di  un  genus,  e.  g.  grano, 
ylno,  eoc.  In  tskle  ipotesi  deyesi  tener  presente  nella  stima  della  cosa 
il  momento  nel  quale  essa  h  stata  richiesta  giudizialmente  od  estragiudi- 
zialmente,  e  non  importa  se  I'obbligazione  in  forza  della  quale  la  cosa 
h  doyuta  sia  sorta  da  un  contratto  stricti  juris  o  honae  fidei.  II  fon- 
damento di  questa  dedsione  h  in  parte  riposte  nella  natura  della 
cosa,  poich^  trattandosl  di  cose  fungibili  non   interessa   conoscere 


40)  SehioL  ad  HL  Pand.  de  verb,  ohiig.  ad  L.  59  D.  h.  t  —  Otto,  I  pag.  829. 

^0  Tract,  de  ineunda  ret  aestim.  $  49. 

^)  Leetur.  Alihorph,  ad  tiU  Fand.  de  ohlig,  et  aoHon,  eiiuq.  L.  22  pag.  580. 

^  Conjeet,  lib.  XVI  cap.  I  seg.  e  loc.  sopra  cit 

^)  Trad,  de  rei  deb.  aeeU  parte  III  seg. 


60  LIBBO  xni,  TITOLO  HI,  §  844. 

qnanto  esse  oostassero  al  momento  in  oui  venne  oonohinso  il  oon- 
tratto,  bensl  trattasi  di  yedere  qaanto  denaro  fosse  neoessario  per 
procurare  al  momento  delle  solutio  una  oosa  di  qaella  speoie  e  qaa- 
lit&  che  il  debitore  doveva  prestare  e  ohe  non  pot6  piestare:  in  parte 
h  testaale.  ]^oa  solo  Gaio  infatti  nella  L.  alt.  Dig.  li.  t  dice: 

€  Si  de  die  nihil  convenit,  qoanti  tone  cam  jadiciam  acciperetar  >  ^^\ 

ma  anche  Giuliano  salle  orme  di  Sabino  nella  L.  22  Dig.  de 
rebus  cred.  [12.1]: 

c  Si  dictam  non  esset  qao  tempore  redder^tar  qaanti  tone  cam 
petitam  esset ». 

Kell'ano  e  nell'altro  di  qaesti  testi  trattasi  di  an  genere  debiio : 
che  per5  il  principio  in  essi  sancito  yalga  solo  qaando  non  yi  sia 
stata  mora  da  parte  del  debitore,  risalta  dalla  L.  37  Dig.  Afandati 
[17, 1]  nella  qaale  Afbioano  dice : 

c  In  stipalatione  id  tempas  spectatar  qao  agitar;  nisi  forte,  aat  per 
promissorem  steterit^  qao  minas  saa  die  solveret  aat  per  creditorem 
qao  minas  acoiperet:  etenim  neatri  eoram  frastatio  saa  prodesse 
debet  9. 

Gli  h  vero  che  in  qaesto  testo  trattasi  di  ana  speoie  ddnta  cio^  de 
homine  certo :  ma  la  giastiftcazione  addotta  a  sostegno  della  deoisione 
in  esso  contenata  h  generale. 

Potrebbesi  h  vero  obbiettare  ohe  Tobbligato  yien  posto  in  mora 
per  il  fotto  medesimo  di  essere  della  cosa  richiesto:  dice  PAPmiANO 
infktti  nella  L.  3  Dig.  de  usuris  [22, 1] :  €  quodrionfctoile  evenire possit 
ut  mora  non  precedente,  perveniatur  ad  judioemit.  Ma  che  fhtttanto 
non  sempre  11  debitore  possa  esser  considerate  moroso  per  il  sem- 
plio^  &tto  di  esser  state  eonyenato  dicono  pare  chiare  leggi  ^).  E  per 
yero,  flnch^  il  creditore  non  sia  conyinto,  o  per  legge  non  yenga  con- 
siderate come  conyinto,  di  dover  prestare  alcaach^,  egli  pa5  senza 


^)  £  appena  neoessario  Poaseryare  che  I'eepressione  judicmm  aocipere  appli- 
cata  al  convenato  corrisponde  al  lUem  contestari  applicata  all'attore.  Yedi  i 
miei  Opuseola  fasc.  II  pag.  374  nota  84.  Nei  Baailici  torn.  Ill  pag.  572,  ^  detto 
esplieitamente  T^poi  tov  xat|9cv  t^«  TepmaraLpU^^  i.  e.  od  tempus  UUs  eonteskUae. 

46)  LL.  21,  22,  23  pr.  LL.  24  e  47  D.  de  usaris  [22,  1].  LL.  63  e  99  D.  de 
dh.  reg.  juris  [50,  17]. 


BB  OONDIOnONB  TBITIOIABU.  81 

piegiiidioarsi  condor  il  prooesso  ^7).  Solo  allon  rinterpellazioiie  del 
creditoie  XKme  in  mora  il  debitore  qaando  si  iK>88a  dire  che  qneeti 
prefariaoe  il  litigare  airftdempire  la  sua  obbligazione  ^). 

Ohe  al  oontraiio  per  ci5  che  si  attiene  alia  detenninazione  del  va* 
lore  della  cosa  dovata  sia  neoessario  distingaere  il  case  in  ooi  I'ob*' 
bligazione  ha  per  oggetto  una  fpeeie  da  quelle  in  col  abbia  inveee 
an  genus  sari  dimostrato  in  segaito.  Sembrano,  h  vero,  ostare  a  tale 
affermazione  le  nltime  parole  delle  L.  4  Dig.  h.  t  ohe  snonano  oosl : 
quod  et  de  ceteris  rebus  juris  est ;  ma  Gaio  nel  panto  oye  cosi  si  es* 
prime  non  si  riferisce  al  temxK)  nel  qaale  deve  av venire  la  stima  della 
cosa  dovnta,  ma  al  laogo,  come  giostamente  ha  gi^  rilevato  il 
Masixjs  ^^) :  <  ut  proinde  Gains  yelit,  cosi  scrive  qnesto  giareconsolto^ 
qaod  non  solum  in  meroe  spectari  debeat  locos,  quo  dari  debnit,  vel 
quo  peteretur  si  de  loco  nitiil  convenisset,  sed  etiam  in  caeteris  rebns. 
Quare  com  diversos  sit  tractatus,  caius  temporis  aestimatio  spectanda 
sit^  a  loci  aestimatione,  consequens  sit,  dausulam,  quam  in  lod  ae- 
stimationa  Gains  obtinere  yolait,  non  esse  ad  temporis  aestimationem 
exfeondendam  ». 

Prima  di  passare  alia  considerazione  di  un  altro  case  h  neoessario 
ohe  noi  esaminiamo  una  speciale  opinione  che  il  Pagenstsoheb  ^) 
edil  Bebgeb  ^0  hanno  cercato  di  sostenere.  Questi  scrittori  affermano 
che  qnando  non  esista  un  termine  per  la  prestazione,  ed  il  debitore 
non  sia  in  moraf  si  deve  prendere  in  considerazione  il  tempo  nel  quale  ^ 
state  conchiufio  il  contratto.  Questa  opinione  non  6  giustiflcata  di 
flronte  ai  testi  romani,  poich^  il  response  di  Paolo,  contenuto  nella 
L.  3  Dig.  de  reb.  cred.  [12, 1]  al  quale  Pag^bnstbohbb  e  Bbbgeb  si  ri- 
chiamane,  non  si  riferisce  alia  nostra  attuale  riceroa.  In  esse  trattasi  della 
restitoziene  di  un  mntuo.  Questa  restituzione  deve  naturalmente  awe- 
nire  ndla  stessa  quantity  e  quality  nolle  quale  avvenne  la  d(xtio  senza 
badare  ee  le  cose  onutuate  sieno  nel  firattempo  aumentate  o  diminuite 


47)  L.  79  pr.  D.  de  judic.  [5,  1].  L.  40  D.   de   hered.  petU.  [5,  3J.  —  ScHo- 
MANNBy  Fnigmewte  aus  semen  emUeU  nnd  erim.  Vorlesungen  I  $  13  pog.  43. 
«)  li.  82  4  1  D.  de  verb,  ohl  [45, 1]. 
^)  Tract  de  rei  nesHm.  parte  !I  oap.  8  n.  4  pag.  13P. 
^  BdUm  ad  Lauterb<ieh  mamp.  IV. 
51)  Diss,  cit  i  19  vol.  II.  SeleeL  JXee.  1492. 


62  liiBBO  xin,  TiTOLO  m,  §  844 

di  yalora  Ben  diyerso  h  il  caso  in  oai  devesi  risaroire  il  valoie  di 
una  oosa  dovuta:  questo  sale  e  disoende  a  seoonda  del  momento 
senza  clie  la  bontd.  della  cosa  (die  Gate  der  Saohe)  ne  resti  alterata. 
Siooome  inveoe  nel  mutao  la  cosa  data  vien  oonsomata,  oosi  gli  h 
neoessario  al  momento  della  restitossione  riferirsi  al  momento  del 
contratto  per  determinare  in  quale  specie  e  qualitik  essa  debba  se- 
guire. 

Altrettanto  insigniflcante  alio  scopo  cui  yiene  addotta  h  la  deoisione 
di  nLPiANO  oontenuta  nella  L.  41  §  1  Dig,  de  verb.  ohUg.  [45,  1] 
nella  quale  h  detto: 

c(  Quotiens  in  obligationibus  dies  non  ponitnr  praesenti  die  peounia 
debetur  >. 

Da  questa  legge  in&tti  risulta  che  il  creditore  di  una  cosa  pu6 
chiederla  quando  vuole  quando  non  sia  state  determinato  un  termine 
per  il  pagamento:  non  risulta  del  pari  che  per  la  determinazione  del 
yalore  della  oosa  doyuta  si  debba  ayer  riguardo  al  momento  in  cui 
fu  conchiuso  il  contratto  ^^). 

Inflne  anche  meno  probatoria  per  Fopinione  del  Pagensteoher 
e  del  Bebo^eb  ^  la  L.  60  Dig.  de  verb,  oblig.  [45,  1]  doye  Ulpiano 
dice: 

c  Idem  erit  et  si  Gapuae  centum  olei  pondo  dan  quis  stipulatus 
sit  nam  eius  temporis  fit  aestimatio  cum  peti  potest:  peti  antem  po- 
test quo  primum  in  locum  peryenire  potuit :». 

Infotti  in  questo  frammento  non  si  tratta  gid>  di  una  obUgatio  fura 
ma  di  un  contratto  9tricti  juris  al  quale  mero6  conyenzione  delle 
parti  ^  stato  tacitamente  aggiunto  un  dies  inoertus  ^3).  Oli  h  questo 
principalmente  il  caso  quando  si  sia  determinato  un  luogo  nel  quale 
la  prestazione  debba  ayyenire:  giacch^  in  tale  determinazione  h  in- 
clusa  una  tadta  conyenzione  delle  parti  che  la  cosa  debba  yenir  pre- 
stata  entro  lo  spazio  di  tempo  necessario  per  trasportarla  nel  luogo 
doye  essa  deye  appimto  essere  prostata.  Oiustiniano  insegna  cio  a 
chiare  parole  nel  §  1  iDSt.  Verb,  oblig.  doye  dice: 


5^  Van  Waghbndorff,  Diss.  cit.  cap.  II  i  II  in  Triad,  pag.  294. 
53)  DoNBLLUs  in    Oomm.  ad  tU.  D.  de  verb,  oblig.  ad  L.  41  bis  h.  t  nu- 
meri  5-8. 


DE  OONDIOTIONE  TRITIOIABIA*  63 

c  Loca  etiam  inseri  stipnlationi  solet:  yelati,  Gartagine  dare 
spondesY  Quae  stdpolatio  licet  pari  fieri  yideator  tamen  re  ipsa  (sc 
ex  looo  ad  dandom  constitato)  habet  tempus  iniectum  quo  promissor 
ntatur  ad  pecnniam  Gliartagine  dandam.  Et  ideo  si  qois  Bomae  ita 
stipnletur,  hodie  Ohartagine  dare  spondesT  inutilis  erit  stipnlatio,  cam 
impossibilis  sit  repromissfo  >. 

Nessona  meraviglia  qaindi  che  anohe  in  rapporto  alia  determina- 
zione  del  yalore  deUa  cosa  si  ayesse  rigaardo  al  tempo  oosi  tadta- 
mente  dalle  parti  conyeuato. 

b)  Se  la  cosa  doyata  h  ana  species  bisogna  distingaere : 
a)  se  Tobbligazione  proyiene  da  an  contratto  stricti  juris,  se- 
condo  le  decisioni  di  Ulpiano,  Afbioano,  Papiniano,  deyesi  ayer 
rigaardo  al  yalore  cbe  la  cosa  ha  al  memento  in  cai  yiene  chiesta: 
quanAo  Us  eantestatur.  Meliore  vel  deteriore  facto  sine  culpa  debitor  is 
postea  fundoj  dice  Papiniano  nella  L.  28  Dig.  de  novat  [46,  2]  prae- 
sens  aestimatio  fundo  petito,  recte  considerereiur.  Ed  Afbioano,  trat- 
tando  di  on  caso  nel  qaale  era  doyato  an  homo  oertus,  del  yalore 
del  quale  si  trattaya,  pone  la  regola:  L.  37  Dig.  mandato  [17, 1]:  in 
stipulatianc  id  tempus  speotatur  quo  agitur.  Begola  questa  confermata 
anche  da  XJlpiano  nella  L.  3  §  2  Dig.  commodati  [13,  6]  doye  dice : 
quanU  res  sit,  in  stricti  judiciis  litis  oontestatae  tempus  spectetur.  U 
fondamento  di  tali  decisioni  h  rii>osto,  come  il  GuiAoio  ^)  osserya 
a  ragione,  nella  speciale  natora  delle  a2!ioni  stricti  juris  della  quale, 
noi  abbiamo  gi^  in  altro  luogo  ^)  trattato. 

^)  Se  inyece  I'obbligazione  proviene  da  un  negotium  bonaefidei 
deyesi  ayer  riguardo  al  memento  della  condanna.  La  sentenza  di 
TJlpiano  contenuta  nella  L.  3  §  2  Dig.  Commod.  [13,  6] :  in  bonae 
fidei  judidis  rei  judicandae  temptts  quanti  res  sit  observatur,  non  laeda 
alcon  dubbio  in  proposito.  Se  per5  la  cosa  fosse  andata  «^distrutta 
doyrebbesi  ayer  rigaardo  al  yalore  che  essa  ayeya  al  memento  in 
cai  andb  distrutta,  poioh^  in  tale  ipotesi  il  giudice  non  potrebbe  sti« 


^  Oomm.  ad  L.  59  D.  <fe  verb,  ohlig.  [45, 1]. 

55)  Yedi  la  parte  IV  di  questo  OommerUario  i  310  pag.  251  (Ediz  italiana 
libio  II  tit.  14  i  310). 


64  LIBBO  xniy  TITOLO  III,  §  844. 

mare  la  oosa  nel  momento  della  oondaima  nel  quale  essa  piti  noa 
esiste.  016  pu5  aaohe  dedorai  dalla  L.  3  Dig.  h.  t.  dove  Ulpiano 
dice: 

c  Si  vero  desierit  esse  in  rebus  humanis  mortis  tempns  erit  spec- 
tandum  ». 

Ya  da  s^  che  la  distruzione  deve  essere  attribuibile  all'obbligato; 
PoMPONio  sorive  in  proposito  nella  L.  23  Dig.  de  verb,  oblig.  [45, 1] : 

c  Si  ex  legali  causa,  aut  ex  stipulatu  hominem.  certum  mihi  de- 
beas:  non  aliter  post  mortem -eius  tenearis  mihi,  quam  si  per  te  ste- 
terit,  quominus  vivo  eo,  eum  mihi  dares:  quod  ita  sit,  si  aut  inter- 
pellatus  non  dedisti,  aut  oocidisti  eum  ». 

n  fondamento  di  questa  distinzione  fra  i  fiegotia  bonaefideie  quelli 
siricti  juris  viene  profondamente  cosi  spiegato  dal  MAaNUS  (propria- 
mente  Legband)^):  €  Ratio  differentiae  striotorum  etbonaefideijudd^ 
ciorum,  haee  est  quod  in  ilUs  striata  petitio  est,  et  super  ea  obligatione 
litis  contestatio  et  ex  ea  obUgationem  itidem  stricta:  et  partes  judicis 
strictae,  an  verum  sit  deberi :  et  deberi  eo  ipso  die  quo  petitur*  In  his 
autem  mitius  c^itur  neo  striotum  quid  petitur :  sed  illud  tantum  quanti 
aequum  est  condemnari  reum.  In  iUis  petitur  quantum  paruerit  deberi 
in  his  quanti  aequum  est  damnari.  In  illis  sententiae  quantitas  ab  obli- 
gatione, in  his  obligatio  et  petitio  ab  ipsa  sententia  modum  accipit  >. 

.  n)  !Nel  case  in  cui  vi  sia  mora  bisogna  distinguere: 

1.^  Se  il  creditore  ^  in  mora  praestandi.  In  questo  caso  egli 
deve  pagare  il  massimo  valore  dalla  cosa  raggiunto  dal  prindpio 
della  sentenza,  nh  importa  che  I'obbligazione  di  prestare  provenisse  da 
un  atto  leoito  od  illecito  del  debitore,  da  un  negotium  strioti  juris  o 
bonae  fidei  ^"0.  A  oonvincerci  di  ci5  bastano  i  seguenti  testi : 

L.  3  Dig.  h.  t. 

TTLPiiiNUS  libro  vioensimo  septimo  ad  Edictum. 


^  BaHon.  et  differenUar.  turn  civ.  lib.  II  cap.  14.  —  Mebbmakn,  Thes.  Ill 
pag.  317. 

^^)  Strauch,  Diss,  de  cond.  trU.  cap.  Ill  sect.  II  $  d.  —  Paobnbteohbr, 
SioUim  ad  Lauterbach  mamp.  IV.  —  Struv,  Syntagma  juris  eivilts  ex.  AVlII 
th.  64.  —  Berqbr,  Diss,  an  in  oontr,  ret.  fungibU.  ex  tempore  morae  praestanda 
sit  aestinuxtio  maxima  $  21.  —  Van  Wachendorff,  Diss,  cit  cap.  II  $  15.  — 
HuFELAND,  Lehrh.  des  OtvUreehts  1  $  349. 


DE  OONDIOnONB  TSITIGIABIA.  65 

c  In  hac  aotione,  si  quaeratar,  res  quae  petita  est,  coius  temporis 
aestimationem  redpiat^  verios  est  quod  Servias  ait  condemDationis 
tempos  speotandam.  —  Si  post  moram  deterior  res  ikota  sit  etc.  — 
quaie  ad  tempus  morae  in  his  erit  reduoenda  aestimatio  >• 

L.  8  §  1  Dig.  ds  eond.  furt  [13, 1]. 

Ulpianus  libro  vicensimo  aeptimo  od  Edictum, 

€  Si  ex  oansa  fartiva  res  condicator  cuius  temporis  aestimatio  flat, 
quaentarl  Placet  tameu  id  tempus  spectandum  quo  res  unquam 
plurimi  fait:  maxime  cum  deteriorem  rem  faotam  fur  dando  non  li- 
berator. Semper  enim  fur  moram  fhcere  yidetur  »• 

Questo  irammento  h  preso,  come  la  L.  3  Dig.  h.  t.  sopra  citata,  dal  libro 

27  di  UiiPiANO  ad  Edidutn  e  sta  col  medesimo  nel  piti  stretto  rap- 

porto.  Ulpiano  pone  in  esso  il  prindpio  che  il  ladro  deve  prestare 

il  massimo  valore  della  cosa  rubata  quando  non  sia  in  grado  di  re- 

stituire  la  cosa  medesima.  Ora  fosse  che  questo  principio  h  a  oonsi- 

derarsi   come  eocezione  alia  regolat  e  come  ecoezione  introdotta  in 

rapporto  al  ladro  Y  19o!   gli  h  che  il  ladro  dal  momento  in  cui   ha 

compiuto  il  Airto  h  costituito  senz'altro  in  mora*  Gli   6  appunto  in 

seguito  alia  mora  che  il  yalore  ddla  cosa  yiene  devato,  onde  erro- 

neamente  alcuni  scrittori  ^)  yogliono  riferire  il  contenuto  di  questo 

testo  solo  a  quella  mora  la  quale  sorge  per  dolo  o  per  delitto.  Le 

leggi  non  fanno  distinzione  alcuna  fra  il  ladro  e  qualsiasi  altro  de- 

bitore  moroso  come  a  noi  insegna  Paolo  ^^)  e  la  ragione  addotta  da 

G£LSO  ^) :  ridiculum  esse  meliorem  furis  oonditionem  esse  propter  oonti- 

nuationem  furti,  si  attaglia  perfettamente  anche  a  qualsiasi  altro  de- 

bitore  moroso  ^M. 

c)  L.  3  §  3  Dig.  de  action,  empt  et  vend.  [19, 1]. 
POMPONIXJS  libro  nono  ad  8abinum. 


^  Faber,  De  error,  pragm.  dec  LXXXIV  err.  8  e  fra  i  moderni  speciaL- 
mente  Turin,  Diss,  de  aesHmaHone  quanU  plurimi  Eifordiae  1775  $  8  e  seg.; 
4  ult. 

^L.83i7D.de  verb,  sign,  [50,  16]. 

flO)  L.  67  J  2  D.  da  furHs  [47,  2]. 

8>)  Van  Wachendorff,  Diss,  de  eond.  iriL  cap.  II  J  15  —  e  Wehrn,  Doc- 
trina  juris  eacplieatrix  principior.  ei  causar.  damni  praestandi  cap.  VI  $  70. 

QUICK,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  9 


66  UBBO  XIII,  TITOLO  III,  §  844. 

c  SI  per  venditorem  vini  mora,  faerit,  quominas  traderet,  oon- 
demnari  earn  oportet,  ntro  tempore  plurlfl  yinum  fait,  vel  quo  venit  ^^) 
vel  quo  lis  in  oondemnationem  dedacltar  >  ^^). 

d)  L.  21  §  3  Dig.  eod. 

Paulus  libra  trigesimo  tertio  ad  Edictum. 

€  Gam  per  venditorem  steterit  qao  minos  rem  tradat,  omnis  nti- 
litas  emptoris  in  aestimationem  venit  qaae  modo  circa  ipsam  rem 
consistit  Neqne  enim  si  potait  ex  vino  pata  negotiari  et  lucram  fa- 
cere,  id  aestimandam  est  non  magis  qaam  si  triticam  emerit  et  ob 
earn  rem  qaod  non  sit  traditam  famUia  eias  fame  laboraverit:  nam 
pretium  tritici  non  servoram  fame  aecatoram,  consequitar.  19eo  major 
sit  obligatio,  qaod  tardias  agitar,  qaamvis  crescat  si  vinum  liodie 
pluris  sit.  Merito:  qnia  sive  datum  esset^  haberem  emptor,  sive  non: 
qnoniam  saltem  hodie  dandum  est,  qaod  jam  olim  dari  oportait  3>  ^^). 

La  regola  per  la  quale  il  debitore  moroso  deve  prestare  il  mas- 
simo  valore  che  la  cosa  dovata  ha  raggianto,  dal  momento  in  cui 
comincib  la  mora  fino  alia  seutenza  del  giadice,  soffro  una  eccezione 
nel  caso  in  cui  la  cosa  dovuta  fosse  una  species,  e  che  fosse  andata 
distrutta  o  deteriorata  prima  della  sentenza.  Poich^  in  tale  evenienza 
il  debitore  o  non  puo  piii  adempire  la  sua  obbligazione  o  non  la  puo 
couvenientemente  adempire,  quando  la  cosa  sia  deteriorata  ^) :  per- 
tanto  egli  non  pub  esser  tenuto  che  a  pagare  il  massimo  valore  rag- 
giunto  dalla  cosa  dal  momento  della  iniziata  mora  a  quelle  della  di- 


<$-)  La  maggior  parte  degll  ecrittori  intendono,  per  quosta  esprossioue,  il 
temiK)  nel  quale  veDue  conchiaso  il  contratto;  ci6  non  ^  peraltro  necessario. 
Pill  giostamente  Donello  ad  L.  22  D.  de  reb,  cred.  [12,  1],  la  riferisce  in- 
vece  al  tempo  nel  quale  il  vino  in  forza  del  contratto  doveva  andar  conse- 
guato.  Alio  stesso  modo  Pomponio  chiama  il  luogo  nel  quale  deve  av venire 
la  tradizione  locum  quo  venU.  Vedi  van  Wachendorff,  Diss.  cit.  cap.  I  $  6  in 
Triad,  Diss.  pag.  224  seg. 

63)  A  torto  il  Lyclama  van  Ryeholt,  De  ineunda  rei  aesL  $  68  pag.  332, 
afterma  che  que&te  parole  si  riferiscono  al  momento  della  litis  contestatio;  esse 
si  riferiscono  invece  al  momento  della  sentenza  gindiziaria  come  ha  dimo« 
strato  van  Waohekdorff,  Diss.  cit.  pag.  227. 

64)  Haolander  legge:  d  quia  si  datum  esset,  hoc  haberet  emptor:  quoniam 
vero  non  dedit,  saltem  hodie  dandum  est  quod  jam  alim  dari  oportnit  d. 

6)  L.  84  J  4  in  fine  D.  de  legatis  1.  L.  33  M  !>•  de  solut.  [46,  3]. 


PS  OONDIOTIONE  TRITIOIABIA.  67 

Btruzione  o  deteriorazione  della  cosa  medesima.  Ohe  in  tale  ipotesi 
non  si  abbia  riguardo  al  momeato  della  condaana  si  comprende  na« 
taralmente:  il  valore  di  una  oosa  distrutta  o  deteriorata  non  pu5 
pid  salire.  IJl^iano  oonferma  qnesto  prineipio  esplioitamente  qnando, 
nella  L.  3  Dig.  li.  t,  dice:  c  Si  vero  desierit  ease  in  rebus  humanis, 
mortis  tempos,  sed  cv  rXiru  ^)  secundum  Gelsum  erit  speotandum.  19on 
enim  debet  noyissimum  vitae  tempos  aestimari:  ne  ad  exiguum 
pretium  aestimatio  redigatur  in  servo  forte  mortifere  vulnerato.  In 
utraqne  aatem  si  post  moram  deterior  res  facta  sit  Maroellus  scribit 
libro  20  hahendam  aestimationem  quanto  deterior  res  faota  sit.  Et 
ideo  si  quis  post  moram  servum  eluseatum  dederit  nee  liberari  eum. 
Quare  ad  tempus  mora  in  his  erit  reduoenda  aestimatio  ». 

Sicoome  poi  la  legge  in  riguardo  alia  determinazione  del  valore 
non  pone  distinzione  di  sorta  fra  la  mora  ex  re  e  Isk  mora  per  inter- 
pellazione  estragiudiziale,  gli  ^  indnbitato  che  anche  a  quest'ultima 
si  debbono  attribuire  gli  effetti  propri  di  quella  prima.  II  Ltklama 
TON  Bteholt  ^'')  ^  per  vero  di  opposta  opinione,  ma  senza  addurre 
validi  argomenti:  infatti  le  leggi  non  ricliiedono  nna  interpellazione 
giudiziale  a  che  si  verifichino  gli  effetti  della  mora  di  oui  ci  siamo 
qui  occupati.  Marciano^*^)  dice  in  generale: 

c  Mora  fieri  Intelligitur  non  ex  re  sed  ex  persona :  id  est  si  inter- 
pellatus  opportuno  loco  non  solvent.  Quod  apud  judicem  examinabitnr. 
Nam  difficilis'est  huius  rei  definitio.  Divus  quoqne  Pius  rescrlpsit: 
an  mora  faota  intelligatur,  neqne  costitutione  uUa  neque  juris  auc- 
torum  questione  deoidi  posse,  cum  sit  magis  facti  quam  juris  i>. 

Anche  Pomponio  ^^)  conviene  in  ci5  quando  scrive : 

«  Si  ex  legati  causa  ant  ex  slipulatu  hominem  certum  mihi  debeas 


<^)  L'espreesione  ev  itiim  g^incontra  frequentemente  nei  testi  romani:  vedi 
e.  g.  L.  28  D.  de  prob.  [22,  3].  L.  13  D.  dc  aoluL  [46,  3].  L.  12  $  2  D.  rem 
ratam  haberi  [46,  8].  In  questo  nltimo  testo  h  detto:  <i:  Hoc  autem  cv  t/atec, 
id  est  cam  laxamento  et  amplitudiae  accipiendam,  et  cum  spatio  quodam 
tern  pons,  nee  minimo  nee  maximo,  et  quod  magis  intellectu  percipi  quam 
elocutione  exprimi  possit  d.  Vedi  Curtii,  Ewx^w^  lib.  I  cap.  18  in  T/ies.  Otlon. 
y  pag.  112. 

0*)  De  ineunda  rei  aesHm,  J  56. 

63)  L.  32  pr.  D.  de  ueur.  [22,  1]. 
L.  23  D.  de  verb,  oblig.  [45,  1]. 


68  LIBBO  XIII,  TITOLO  III,  §  844. 

nou  aliter  pcNst  mortem  eios  teneaiis  mihi,  qaam  si  x>er  te  steterit 
quomlnus  Tivo  eo  mihi  dares:  quod  ita  fit  si  aut  interpellatas  non 
dedisti  aut  occidisti  eam  >. 

Su  questo  panto  del  resto  son  d'aocordo  la  maggtoi;  parte  degli 
scrittori  '^%  che  dob  anche  per  la  mora  costitnita  con  interpellazione 
estragindiziale  abbia  luogo  VaestimaUo  quanti  pluritni.  Molti  peraltro 
affermano  che  anche  nel  caso  di  mora  devesi,  a  tenor  delle  fonti  ro- 
mane,  distingaere  fra  fiegotia  bonae  fidei  e  %tr%oU  juris.  Solo  in  queili 
dovrebbe  trovar  applicazione  la  regola  sopra  esposta,  mentre  in  qnesti 
il  momento  flno  al  quale  il  giudice  potrebbe  disoendere  per  stabilire 
il  massimo  yalore  della  cosa  sarebbe  la  litis  contestation  Oosl  il  Yoet  ^^} 
insegna:  cQaod  si  non  aestimatio  sed  res  principaliter  obligatione 
comprehensa  faerit,  generalem  pnto  regolam  servandam  esse  quae 
inter  bonae  fidei  ac  strioti  juris  judicia  distinctionem  ponit  ac  vult^ 
in  bonae  quidem  fidei  judiciis  rei  judioandae  sen  judicatae  tempus 
observandum  esse,  quanti  res  sit,  sen  tunc  valeat;  in  iis  yero,  quae 
stricti  juris  sunt^  tempus  litis  contestatae:  L.  3  §  2  Dig.  Oomm., 
non  eo  senso  quasi  precise  illud  litis  contestatae,  yel  condemnation  is 
tempus,  ac  nullum  aliud  antecedens,  spectandum  esset;  nam  si  mo- 
ram  praecesserit,  dubium  non  est,  quin  frustatio  moratori,  et  non 
alteri  obesse  debeat:  ac  propterea  si  inter  moram  et  litem  contestatam 
remye  judicatam  rem  pluris  yaluerit,  quam  ipso  litis  contestatae  yel 
condemnationis  momento,  reus  in  id,  quanti  res  plurimi  fuit  a  tem- 
pore morae  ad  tempus  litis  contestatae  in  stricti  juris  aut  rei  judi- 
catae in  bonae  fidei  judiciis,  damnandus  foret  —  L.  37  in  fin.  Dig.  man- 
dati  [17,  1] ;  L.  3  in  fin.  Dig.  h.  t.  —  sic  ut  tempus  morae  sit  yeluti 
terminus  a  quo  incipit  aestimationis  ratio  haberi:  et  tempus  litis  con- 
testatae yel  rei  judicatae  sit  terminus  ad  quem  ».  La  medesima  dot- 
trina  insegnano  Vinnio  "^-^  Hubeb  '^^)j   Pothibb  '^*),   Bobhmbb  '''-\ 


70)  Strauch,  1X88.  de  cond.  trU.  cap.  Ill  sect.  II  W  9-10.  —  Vinnius,  aelecL 
juris  quaesl.  lib.  I  cap.  39  fin.  —  Cocckji,  Jur.  civ.  contr.  h.  t  qu.  2  exc.  I. 
Van  Wachendorpf,  Diss.  cit.  cap.  II  *  la  —  Struv.,  Synt.  jur.  civ.  ex.  XVI 
th.  37.  —  Wehrn,  Docir.  jur.  expl  princip.  damni  praestandi  $  69. 

"Ji)  Gomm.  ad  Pand.  li.  t.  $  3. 

72)  SeUcL  jm\  quaesL  lib.  I  cap.  39. 

73)  Praelect.  ad  Pand.  h.  t.  $  7. 

74)  Pand.  lusUn.  tom.  I  lib.  XIX  tit.  I  n.  LXXXI  nota  a  pag.  530. 
'^'^)  Docir.  de  actionihus  sect.  II  cap.  V  }  49. 


DE  OONDIGTIONE  TBITIOIABIA.  69 

HoFACKSB  ^^),  e  Thibaut  "^"O-  Seuonch^  i  testi  sopra  citati  in  rigoardo 
alia  mora  del  debitore  non  oonoscono  afbtto  tale  distinzione,  e  d'altra 
parte  non  h  a  trovarsi  ana  seria  ragione  per  attriboire  alia  mora 
nna  diversa  eflicaoia  nei  negotia  atricti  juris  e  honae  fidei.  A  ci5  si 
agginnga  che  Papiniano  nella  L.  3  §  1  Dig.  de  usurii  [22, 1]  dioe: 

c  In  his  quoqne  jadiciis  qnae  non  sunt  arbitraria  vel  bonae  fidei 
post  litem  contestatam  actori  causa  praestanda  est  (senza  dubbio 
qnindi  anche  il  valore  nel  Inogo  della  cosa)  in  earn  diem  qua  sen- 
tentia  didtnr  ».  L'opinione  qui  avversata  h  stata  piii  diflfnsamente 
confatata  dall'Osnis  Aubelius '^^). 

Gi  resta  era  a  trattare: 

2.^  il  case  in  coi  il  creditore  sia  in  mora  €tcciptendi.  In  tal 
case  egli  non  pa6  pretendere  ohe  il  minimo  valore  che  la  cosa  rag- 
gianse  dal  momento  dell'iniziata  mora.  Scrive  Pomponio  nella 

L.  3  §  4  Dig.  de  action,  emii  venditi  [19,  1]. 

c  Qnod  si  per  emptorem  moram  faisset  aestimari  oportet  pretium 
quod  sit,  cum  agatar  et  qno  looo  minoris  sit » : 

n  GuiAoio  '^^)  fa  segnire  a  questo  testo  il  seguente  commento :  c  Haec 
lex  indicat,  si  per  creditorem  moram  faerit,  qaominos  acciperet,  atro 
tempore  minoris  res  faerit,  id  tantnm  oonseqaetur,  nt  si  morae  initio 
minoris  faerit,  et  plaris  litis  contestatae  tempore,  referetar  aestimatio 
ad  tempos  morae  non  ad  tempus  litis  contestatae  >.  E  conclude  poi 
oonquestaosservazionegenerale:  cet  haecnon  tantum  ita  procedunt 
in  condictione  triticiaria  ex  mutuo  vel  ex  stipulatu,  sed  etiam  ex 
causa  ftutiva  vel  reram  amotarum,  et  ex  alia  qualibet  causa.  Constat 
enim  ex  omni  causa  condictionem  triticiaria  dari  ». 

Siccome  il  prezzo  delle  cose  pub  esser  diverse  non  solo  per  la  di- 
Tersiti  dei  tempi,  ma  anche  per  la  diversity  dei  luoghi,  cosi  nella 
determinazione  di  esso  devesi  anche  a  questa  aver  rigaardo;  e  per 
vero  il  valore  di  una  cosa  deve  essere  determinate  o  in  rapporto  al 


76)  Prine.  juris  civ.  torn.  Ill  J  1749. 

8ysL  des  Pand.  Bechts  Iji  103. 
^  Dispunctor.  ad  MeriU>  sen  de  varianUhus  Cujacii  iiUerpr,   dispuDct.  XXII 
in  (Ml  Tkes.  torn.  Ill  pag.  751. 
^  Ad  Afric  tract  VIII  ad  L.  37  D.  iwandcUi  [17,  1]  circa  fin. 


70  LIBBO  Xllly  TITOLO  IK,  §  844. 

prezzo  che  essa  fkoeva  sol  luogo  oouvenato  per  la  ooosegaa  o  sol 
luogo  nel  quale  eesa  pab  venir  riohiesta.  Sa  questo  punto  non  vi  h 
coatroversia  di  sorta  giacch^  le  leggi  romane  soao  esplioite  in  pro- 
posito. 

Go^  dice  Giuliano  nella  L.  22  Dig.  de  reb.  ored.  [12,  1]. 

€  Interrogavi  cuios  loci  pretium  sequi  oporteatt  Bespondit,  si  con- 
veaisset,  ut  oerto  loco  redderetur,  qoanto  eo  loco  esset:  si  dictoni 
non  esset  quanti  ubi  esset  petitam  » ; 

e  Gaio  L.  4t  Dig.  h.  t. 

<c  Idemque  juris  in  loco  esse  ut  primum  aestimatio  sumatur  eius 
loci  quo  dan  debuit:  si  de  loco  nihil  convenit,  is  locus  spectetur  quo 
peteretur  ». 

Circa  alPuso  odierno  della  oondictio  tritieiaria  i  pratici  non  sono 
concordi.  Alcuni,  come  il  Mobnao,  11  Baghoyio,  11  GBONE^WfTaEN,  ne 
dubitano  completamente  e  di  tale  avviso  h  anche  11  Boehmbb  ^).  Essi 
si  fondano  su  questa  ragione:  quia  apud  nos  8tricti  juris  negotia  et 
actianes  non  dentur.  Ma  chi  non  vede  che  si  pone  cosi  a  fondamento 
di  una  opinione  una  idea  errata  circa  la  natura  di  questa  azione! 
Oggigiorno  infatti  non  avviene  pid  di  udire  davanti  ai  tribunali  11 
nome  di  questa  azione,  poich^  esso  non  era  clie  una  aggiunta  ad 
unapitl  ampia  azione  personale  ed  oggi  non  si  ha  riguardo  alPindi- 
cazione  specifica  delle  azioni  merc^  termini  speciali.  Ma  non  per  questo 
pub  negarsi  I'uso  della  nostra  azione,  poichb  anche  oggigiorno,  per 
la  non  avvenuta  prestazione  di  qualsiasi  cosa,  eccettuata  una  deter- 
miuata  somma  di  denaro,  si  pub  agire  x>er  il  valore  che  essa  aveva 
senza  considerare  se  il  convenuto  sia,  oppure  non  sia  in  mora^O? 
ed  il  gludice  deve  anche  oggigiorno  applicare  gli  stessi  principi  de- 


so)  Doctr.  de  aeiiombiia  sect  II  cap.  Y  $(  50  e  51. 

S')  Un  esempio  efficace,  nel  quale  il  debitore  h  impossibilitato  di  prestare 
]a  cosa  stessa,  senza  cadere  in  mora,  o  senza  quindi  obbligarsi  a  prestare  al 
creditore  della  cosa  invece  della  cosa  medesima  il  suo  valore  ci  e  offerto  dalla 
L.  71  $  3  D.  de  leg,  I  dove  Ulpiano  dice:  <e  Qai  consistetur,  se  quidem  de- 
bere,  justam  autem  causam  adfert,  car  utique  praestare  non  possit,  andiendus 
est:  utputa  si  aliena  res  legata  sit,  negetqae  dominum  eam  vendera  vel  im- 
mensum  pretium  eius  rei  petere  adfirmet:  aequissimum  est  onim  concedi  ei 
ex  hac  causa  nestimationem  officio  judicis  praestare  9.  Cfr.  h,  II  ^  17  D.  de 
leg.  III. 


DE  OOKDIOTIONE  TRITIOIABIA.  71 

tenninati  dal  dirltto  romano  circa  la  valntazione  della  cosa  dovuta. 
Cofift  pensano  anche  Sohilter  '^\  Hubbr  ^X  Stbyk  ^^\  MebendJl  ^)j 
Yon  Waohbndobff  ^)  e  Leyser  ^)  ai  quali  si  nnisce  il  Cocwbio  ^). 
61i  h  vero  che  a  qaesta  opinlone  si  oppone  ohe  nel  diritto  odierno 
in  base  a  qualsiasi  negozio  pub  agirsi  per  I'interesse  ^),  ma  qui  nou 
blBogna  dimenticare  che  interesse  e  valore  della  cosa  sono  due  cose 
distinte^).  L'azlone  pad  aver  laogo  senza  die  neppur  lontanamente 
possa  parlarsi  di  interesse.  Si  supponga  che  al  debitore  sia  impossi- 
bile  restituire  nn  mntao  rioevato  in  egaale  speoie  e  bont^  (in  gleicher 
Art  und  Giite) :  in  tale  ipotesi  non  si  pub  agire  colla  condictio  certi 
ex  mutuo,  bensi  colla  eondicHo  iriticiaria  per  ottenere  11  valore  della 
cosa  detorminabile  officio  judicis  ^i).  Tin  formulario  di  tale  azione  b 
dato  dallo  Schmidt  ^)  «). 


!^?)  Prax.  jur.  ram.  ex.  XXIV  $  61. 

Si)  FraeUct.  ad  PatUL  li.  t.  J  13. 

^  Us.  mod.  Band.  h.  t.  4  2. 

^)  Conirow  jur.  en?,  lib.  XIII  cap.  20  n.  11. 

^)  Diss,  de  eond,  trit.  cap.  II  $  17. 

^')  MediL  ad  Pand.  vol.  Ill  spec.  CL  med.  1-3. 

s^  Jur.  civ.  coiUr.  h.  t  qu.  11.  —  Vedi  anche  Ehuikghaus,  Ad  eund.  nota  6 
torn.  II  pag.  227. 

S9)  Thibaut,  S:/8t.  dea  Pand.  BeclUs  vol.  I  $  276. 

^  L.  193  D.  de  verb.  sign.  [50;  16]:  a  Haec  verba:  quanti  earn  rem  paret 
esset  non  ad  id  qaod  interest  sed  ad  rei  aestlmationem  referent ur  s. 

9t)  Li.  22  D.  de  reib.  cred.  [12,  1].  Vedi  la  parte  XII  di  questo  Chmmeniario 
♦  783. 

92)  Lehrbuch  von  Klagen  $  1393. 


a)  Sulla  condictio  triticiaria,  o  come  ora  piu  correttamente  si  dice  triticaria,  sono 
a  vedersi  Bekker,  Die  Aktionen  I  vol.  Berlin  1871;  Keller,  D^r  romische  Civilpro- 
eess  [6*  ediz.  curata  da  Wacu].  Leipzig  1883;  Baron,  Abhandlungen  aus  dem  rdm, 
Citilprocess  I  e  Pandectenrecht  §  84;  Lbnel,  Das  Edictum  perpetuum.  Quanto  alia 
deoominazione  di  questa  condictio  quest!  scrittori  sono  concordi  nel  ritenerla  dovuta, 
come  il  nostro  autore  sostiene,  al  triticum,  solo  il  Bekker,  op.  cit.  pag.  101,  riliene 
che  talfi  denominazione  attribuita  in  origine,  quando  Tazione  aveva  un  oggetto  pii!i  li- 
mitato,  venisse  poi  conservata  anche  quando  Toggetto  deirazione  venne  ampliato :  actio 
de  omni  certa  re  praeter  pecuniam  numeratam.  Quanto  alia  sua  origine  processuale 
la  condictio  triticaria  dipende  direttamente  dalia  /.  a.  per  condictionem  insieme  alia 
condictio  certi,  e  segna  il  primo  affermarsi  della  formula  nel  processo  romano  [Keller, 
op.  cit.  pag.  120].  Secondo   una  teoria  svolta   con   molto   acume   dal  Baron  nelle  sue 


72  UBBO  xai,   TITOLO  UI,  §  844. 

Ahhandlungen,  la  eon(2ccttb  {oerti  tritiearia  tneerti)  ^  un^azione  astratta  che  prescinde 
dalla  causa  debendi.  Essa  riteneva  in  ci6  la  caratteristica  che  lo  stesso  scrittora  attri- 
buisce  alia  legis  actio  per  condictionem,  la  quale  non  avrebba  richiesto  TesposizioDe 
in  iure  della  catua  debendi.  Per  tale  caratteristica  si  spiegherebbe  la  ragion  d^essere 
di  questa  nuova  legis  actio,  la  quale  era  gi^  oscura  a  Gaio.  Egli  infatti  scrive :  c  Quare 
autem  haec  actio  desiderata  sit  cum  de  eo  quod  nobis  dare  oportet,  potuerimus  aut  Sa- 
cramento aut  per  iudicis  postulationem  agere  valde  quaeritur  ».  Accolta  la  teorica  del 
Baron,  si  k  necessariamcnta  iodotto  a  ritenere  estranea  alFepoca  classica  la  divisione 
delle  eondictiones  in  condictio  indebiti,  sine  causa,  in  cui  la  sola  xlivisione  classica 
sarebbe  questa:  condictio  certi»  condictio  tritiearia,  condictio  ineerti.  Le  formuie  di 
queste  eondictiones  potrebbero  pertanto  venir  cosl  ricostruite: 

Condictio  certi.  —  Si  paret  N*  A^  decern  dare  oportere. 

Condictio  tritiearia.  —  Si  paret  N^  A^  Stichum  dare  oportere. 

Condictio  ineerti.  —  Si  paret  N*^  A°  quanti  Ms  operas  A^  condueturus. 
Vedi  Padbletti-Cooliolo,  Storia  del  diritto  romano  pagine  331-332;  Lenel,  Das  Ed, 
perp,  187. 1  pandettisti  piii  racenti  non  si  occupano  che  incidentalmente  della  condictio 
tritiearia:  vedi  Windschbid,  Keller,  Arndts-Serafini,  Vangerow,  ecc,  ecc 


TITOLO    IV. 


De  eo,  quod  certo  loco  dari  oportet  *} 


§  845  «). 

Fondamenio,  concetto  ed  origine  di  questa  oondictio. 

La  condictio  de  eo  qtiod  certo  loco  presappone  una  persona  ohe  sia 
tenata  a  prestare  aloanoh^  in  an  determinato  Inogo.  Seoondo  le  re- 
gole  dello  strictum  jus  la  prestazione  non  pub  awenire  contro  11  vo- 
lere  del  creditore  in  alcun  altro  luogo  diverso  da  quello  oonvenuto  ^^). 
Alio  stesso  modo  il  debitore  non  pa5  essere  oostretto  ad   esegnire 
la  prestazione  in  un  luogo  diverso  ^^);  poichb  nessuna  delle  parti  pub 
essere  privata  dei  yantaggi  a  lei  provenienti  dal  dover  la  presta- 
zione ayyenire  in  un  certo  luogo.  Questi  yantaggi  possono  essere 
spedalmente  rileyanti  quando  si  tratti  di  merci  e  di  monete,  poiohb 
Tesperienza  dimostra  oome  questi  oggetti  non  abbiano  il  medesimo 
Talore  e  oorso  in  tutti  i  luoghi  ^).  Quando  perb  la  prestazione  non  sia 
segi^ta  nel  luogo  determinato,  sia  che  il  debitore  non  yi  si  sia  tro- 
yato  e  sia  che  non  yi  si  sia  recato  il  creditore,  la  prestazione  pub 
avyenire  anohe  in  un  altro  luogo,  salyo  il  risaroimento  dei  danni  da 
prestarsi  alFaltra  parte.  Ma  con  quale  azioneY  In  questoproposito  h 


93)  L.  9  D,  h.  t :  c  Is,  qui  certo  loco  dare  promittit,  nullo  alio  loco,  quam 
in  quo  promiBit,  aolvere  invito  stipalatore  potest  ]>. 

91)  L.  1  D.  cod,:  <E  Alio  loco,  quaA  in  quern  sibi  dari  quisque  Btipulatus 
easet,  non  yidebatnr  agendi  &caltas  competere  d. 

95)  L.  3  D.  eod. 


')  Questo  4itoIo  d  tradotto  dal  prot  G.  Lboni. 

a)  Vedi  -rAppendice  prima  del  traduttore  a  questo  paragrafo. 

OliIcK,  Comm.  Pcmdetle.  —  lib.  XIII.  10 


74  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  845. 

assai  notevole  la  distiozione  ohe  il  diritto  romaDo  fa  fra  i  ^legotia 
honae  fidei  bilateral!  e  quel  negotia,  in  base  ai  qaali,  non  si  poteva 
propriamente  ripetere  che  qaanto  direttamente  eraposto  nella  natnra  del 
uegozio  medesimo,  in  quanto  che  non  si  poteva  rlmediare  alia  se- 
verit^k  del  diritto  oon  una  aggionta,  che  estendesse  Pazione  derivante 
dal  detto  a&re.  Nei  bana^  fidei  negotia  bastava  all'attore  I'azione  con- 
trattaale  al  ragginngimento  del  sao  scope:  poich^  in  tale  ipotesi  il 
giudice  pa6  riconosoere  doversi  alPattore,  non  solo  tntto  ci5  che  ri- 
sponde  al  coutennto  del  negozio,  ma  anche  tntto  ci5  che  seoondo  o- 
qnitii  pn5  a  lui  spettare^).  Perci6  Paolo. nella  L.  7  Dig.  h.  t.  cos! 
si  esprime: 

€  In  bonae  fidei  judiciis,  etiamsi  in  contrahendo  convenit,  ut  certo 
loco  quid  praestetnr  ex  empto  vel  veudito  vel  depositi  actio  corn- 
petit:  non  arbitraria  action. 

'Sei  negotia  della  seconda  specie  sopra  accennati  inveoe,  I'azione  che 
da  essi  deriva  non  h  snfdciente  a  dar  piena  soddisfazione  al  creditors 
Si  ponga  il  case  che  taluno  abbia  promesso  il  pagamento  di  una 
data  somma  in  un  determinato  luogo,  sia  mediante  stipulazione,  sia 
mediante  constitutum  ^  oppure  si  supponga  che  si  sia  da  alcuno  da(o  a 
mutuo  del  danaro  di  tal  gmsa  che  la  restituzione  dovesse  awenire  in 
un  certo  luogo;  od  infine  si  immagini  che  un  testatore  abbia  stabilito 
che  il  pagamento  dei  legati  a vvenga  in  un  certo  luogo:  a  rigor  di  di- 
ritto in  tutti  questi  casi  la  prestazione  non  dovrebbe  poter  chiedersi 
che  nel  luogo  determinato  per  il  pagamento.  La  natura  del  negozio 
e  dell'azione  da  esse  sorgente  non  permetterebbe  di  agire  i)er  la  pre- 
stazione altrove  e  di  pretendere  I'interesse  del  luogo.  Non  sarebbe 
possibile  in  questo  case  di  evitare  I'eccezione  della  j>2ti«  j^etitio.  Senonch^ 
ammettendo  questo  rigore  di  diritto  si  sarebbe  reso  assai  facile  al 
debitore  di  rendere  illusoria  I'azione  del  suo  creditore:  sarebbe  ba- 
state  che  egli  non  si  facesse  cogliere  sul  luogo  del  pagamento.  Pero 
ad  evitare  questo  inconveniente  si  ammise  che  il  creditore  potesse 
convenire  il  suo  debitore  anche  in  uu  luogo  diverse   da  quelle   nel 


96)  }  30  Inst,  de  action.  [4,  6J.  L.  31  pr.  D.  deposUi  [16,  3].  L.  11  4  ult.  e 
L.  50  D.  de  action.  emU  el  vend.  [!?♦,  1].  L.  54  pr.  D.  locati  [19,  2].  L.  1  D.  cfe 
imms  [22,  1],  L.  7  D.  de  neg.  gesU  [3,  5J. 


BE  EO,  QUOD  CEBTO  LOCO  BABI  OPOBTET.  75 

quale  avrebbe  dovuto  awenire  il  pagamento.  Solo  egli  doveva  nella 
foimala  dell^azione  indioare  il  luogo,  dove  la  prestazione  da  lai  pre- 
tesa  ayrebbe  doynto  segnire,  rilasoiando  all'arbitrio  del  giudioe  il  va- 
latare  rinteresae  del  luogo  ^).  Goal  all'azione  prinoipale  venne  anita 
una  aggiunta,  ehe  le  diede  il  nome  di  eandieHo  de  eo,  qued  eerto  loco. 
In  tal  proposito  oonviene  fermar  Fattenzione  sni  segaenti  testi  classid: 

a)  §  33  Inst  de  acHombus  [4,  6]. 

c  Logo  plos  petitar:  yelnti  cum  qais  id,  quod  oertoloco  sibi  dari, 
stipalatiis  est,  alio  looo  petit^  sine  commemoratione  iUias  lod  in  quo 
sibi  dari  stipnlatus  est:  verbi  gratia,  si  is,  qui  ita  stipulatus  Aierit, 
Ephesi  dari  spondest  Bomae  pure  intendat  sibi  dare  oportere.  Ideo 
autem  plus  petere  intelligitnr:  qnia  utilitatem  qnani  haberet  pro- 
missor,  si  Ephesi  solveret,  adimit  ei  para  intentione.  Propter  quam 
caosam,  alio  loco  petenti  arbitraria  actio  proponitur:  in  qua  scilicet 
ratio  habetor  utilitatis,  quae  promissori  oompetitura  fnisset,  si  illo 
loco  solveret^  quo  se  soluturum  spopondit  ^).  Quae  utilitas  plerumque 
in  merdbos  maxima  invenitur:  veluti  vino,  oleo,  frumento,  quae  per 
singulas  regiones  diversa  habent  pretia.  Sed  et  pecuniae  numeratae 
non  in  omnibus  regionibus  sub  iisdem  usuris  foenerantur.  Si  quis 
tamen  Ephesi  petat,  id  est,  eo  loco  petat  quo,  ut  sibi  detur,  stipulatus 
est,  pura  actione  recte  agit:  idque  etiam  Praetor  monstrat,  sdlicet 
quia  utilitas  solvendi  salva  est  promissori  »• 

b)  Theophiius  nella  Paraphrasi  graeca  ad  h.  §  (secondo  la  ver- 
sione  latina  di  Guglieluo  Otto  Beitz). 

c  Loco  plus  petitio  ^)  committitur,  veluti  si,  quod  mihi  debetur  in 
certo  loco  solvendum,  in  alio  loco  petiero,  non  facta   mentione  loci 


^  Secondo  HoTOMANKy  Oomm,  ad  ^  so  InsL  de  actionibus,  p.  470,  la  formula 
dell'azione  avrebbe  saonato  cosi :  a  Aio  te  inilii  Ephesi  centum  dare  oportere : 
sed  hoc  iooo  mihi  satis  erit,  quod  arbitro  videbitur  j>,  11  dccreto  del  pretore 
ad  istra:done  del  giudice  sarebba  stato,  secondo  il  Baciiovio,  Tract,  de  action. 
diss.  VII  parte  II  Tb.  I  in  fine,  cosi  concepito:  <e  Si  paret,  Titiam  decern  Ephesi 
debere,  neque  in  eo  loco  pecuniam  debito  tempore  solvisse,  judex  ex  arbitrio 
tno  condemns  2».  ' 

^)  Cosi  leggono  Haloander,  Baudoza,  Hugo  a  Porta,  Hotomann,  Vin- 
Mius,  Charondas  e  Baptista  de  Tortis;  ma  Cuiacio,  Otto  e  van  de  Water 
escladono  le  ultime  parole:  quo  se  soluturum  spopondit ,  lo  quali  niancano 
nell'edizione  di  Norimberga  di  Antonio  Koberqer  deU-ann'o  148G. 


b)  Vedi  l*Appendice  seconda  del  traduttore  a  questo  paragrafo. 


76  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §.  845, 

in  qao  mihi  debitnm  solvendam  erat:  yelnti  in  hcdasmodi  specie:  sic 
a  te  stlpalatns  fed:  spondesne  mihi  dare  Ephesi  solidos  Ot  Qaantmn 
ex  jure  civili  non  possum  a  te  alio  loco  petere,  nisiinurbe  Epheso: 
namque  extra  Ephesam  a  te  petens,  looo  plus  peto.  Si  eaim  Bomae 
inveniaris,  egoque  pure  tecum  agam,  id  est,  mentiouem  Ephesi  haud 
ikdens,  introducitur  plus  petitio.  Sed  quoniam  evenire  poterat,  ut 
numquam  a  te  petere  lioeret^  eo  quod  Ephesum  non  venires,  atque 
ego  te  Gonvenire  nequirem,  neque  Ephesi,  quia  ibi  non  invenireris, 
neque  extra  Ephesum  propter  plus  petitionem,  idciroo  Praetor  huius- 
modi  actionem  excogitavit:  nam  mihi  facultatem  dedit  etiam  extra 
Ephesum  degenti  adversus  te  agere,  dum  tamen  mentionem  Ephesi 
faciam,  et  plus  petitionem  effugiam.  Si  enim  Bomae  tecum  agam,  di- 
cens;  si  appareat,  adversarium  mihi  dare  oportere  Ephesi  solidos  G» 
non  videor  plus  petere;  si  autem  pure,  id  est,  mentione  Ephesi  non 
IWcta,  plus  petitio  introducitur:  namque  id  quod  interest,  et  lucrum, 
quod  promissor  adepturus  erat,  si  Ephesi  solvisset,  illi  adimo;  fortassis 
enim  facilis  ei  erat  Ephesi  pecuniae  solutio,  difficillima  autem  extra 
Ephesum:  neque  eum  extra  Ephesum  in  0.  solidos  condemnari  o* 
portet:  nam  deducendum  est  tantum  ei  0.  solidis  quantum  damnl 
facit  extra  Ephesum  solvens.  Forte  enim  Bomae  solveret  coactus,  vi- 
ginti  impendit  solidos  ad  oomparandam  sibi  summam,  quam  mihi  dare 
oportuit:  ideoque  non  in  G.  sed  in  LXXX  condemnatur:  quum  vero 
Ephesi  mentionem  nuUam  facio  in  lite,  agens  extra  Ephesum,  quoniam 
id  ago,  ut  in  centum  condemnetur  solidos  (namque  pura  intentio  ex< 
plorationem  eius,  quod  interest,  tollit)  ea  propter  plus  peto  >. 
c)  L.  1  Dig.  h.  t. 

Gaius  libra  nono  ad  Ediotum  provinciaU. 

€  Alio  loco,  quam  in  quem  sibi  dari  quisque  stipulatus  esset,  non 
videbatur  agendi  facultas  competere :  sed  quia  iniquum  erat,  si  pro> 
missor  ad  eum  locum,  in  quem  daturam  se  promisissit,  nunquam  ac- 
cederet,  (quod  vel  data  opera  faceret,  vel  quia  aliis  locis  necessario 
distringeretur),  non  posse  stipulatorem  ad  suum  pervenire,  ideo  visum 
est,  utilem  actionem  in  earn  rem  comparare  ]». 
^)  L.  2  §  1  Dig.  cod. 

ULpianus  libra  moensima  sejptima  «<2  Edictum. 

c  Haec  autem  actio  ex  ilia  stipulatione  venit,  ubi  stipulatus  sum 
a  te,  Ephesi  decem  dari  ». 


D£  EOy   QUOD  OEBTO  LOGO  DABI  OPOBTET.  77 

e)  L.  5  Dig.  eod. 
PjlTJLUS  libra  ticemimo  octavo  ad  Edictum. 

€  Si  heres  a  testatore  jassos  sit^  oerto  loco  quid  dare,   arbitraria 
actio  comx>etit  ]». 
/)  L.  6  Dig.  eod. 
POMPONIXJS  lihro  vicensimo  aecundo  ad  Sabinum, 
€  Aat  mntua  peoania  sic  data  faerit,  ut  oerto  looo  reddatar  ». 

g)  L.  16  §  1  Dig.  Be  peeunia  constiiuta  [13,  5]. 
Ulpianus  libro  vioemimo  «ept»mo  ad  Edictum. 
€  Sed  et  certo  loco  et  tempore  constituere  quis  potest,  nee  solum 
eo  lod  posse  earn  petere,  nbi  ei  oonstitutum  est :  sed,  exemplo  arbi- 
trariae  actionis,  nbique  potest  »• 

h)  L.  nn.  God.  JJbi  coweeniatur  qui  oerto  looo  dari  promisit  [3, 18]. 

Imp.  AliEXANDEB  A  HEBAGLIDAE. 

<  Qai  oerto  loco  sese  solaturam  pecaniam  obligat,  si  solutioni  satis 
non  fecerit:  arbitraria  actione  et  in  alio  loco  potest  oonveniri,  in  qua 
venit  aestimatio,  quod  alteratrius  interfaerir,  sao  loco  prias,  qaam 
in  eo,  in  quo  x>etitur,  solvi  >. 

Da  tuttodb  pertanto  resalta  ohiaro  che  la  condiotio  de  eo  quod 
eerto  loco  h  al  pari  della  condiotio  triticaria  ixn^aotio  adjectieiae 
qnalitatii  ^),  mediante  la  quale  si  pub  cbiedere  clie  nn  pagamento 
ehe  doveva  avvenire  in  nn  certo  luogo  avvenga  invece  in  un  altro, 
tenendosi  conto  officio  judicis  dell'interesse  che  I'una  o  I'altra  parte 
poteya  avere  che  il  pagamento  avvenisse  attualmente  nel  luogo  in- 
dicato.  Questa  azione  ^  necessaria  quando  alio  soopo  cui  tende  non 


r)  11  Gluck  intende  dire  che  la  condictio  de  eo  q.  o.  I.  non  b  un*azione  di  per  se 
stante;  ma  piuttosto  Vaetio  che  resulta  dal  contralto  stricti  jurU  con  una  speciale 
adjectitia  qitalitas  praeioria  riguardo  al  luogo  di  pagamento.  Ma  ci6  non  k :  da  quanto 
e  esposto  nellappendice  al  §  845  resulta  che  non  solo  non  kxuC actio  stricti  juris  o\xA\\iL' 
cata,  ma   anzi   nella  sua  indole  arbitraria  speciale  e  il  vero  contrapposto  di  }xn*actio 

juris  civilis. 

E  altresi  erronea  Topinione  del  Gluck  anche  dal  punto  di  vista  che  Yactio  arbitraria 
serTa  a  qualificare  le  differenti  azioni,  che  derivano  dalla  stipulazione  o  dal  mutuo,  mo- 
tirafa  da  ci6  che  ogni  causa  avesse  una  particolare  condictio.  Queste  idee  non  pote- 
vano  essere  concepite  se  non  a  motivo  della  deficienza  di  esatte  nozioni  sulla  procedura 

per  formulas  prima  della  scoperta  delle   Istituzioni  di  Gaio  (veggasi  anche  Cohn,  op. 

cit.  pag.  150  e  suUe  actiones  adjectitiae  qualitatis  veggasi  Savigny,  Diritto  delle  obbli- 

fozioni  vol.  II  §  54;   Buonamici,   op.   «it.   pag.    181;  Arndts-Serafini,  op.    cit  vol.  II 

§  247  n.  7;. 


78  LIBBO  Xin,  TITOLO  IV,  §  845. 

sia  suffioiente  I'azione  che  sorge  dal  negozio,  ia  base  al  quale  il  pa- 
gamento  6  dovuto:  nella  sua  formula  deve  essere  indicato  il  luogo 
dove  il  pagamento  avrebbe  dovuto  propriamente  avvenire  ^).  Pres- 
Bochh  tutti  gli  sorittori  Bono  conoordi  nel  riteneie  che  qnesta  azione 
sia  d'origine  pretoria  e  che  abbia  tratto  il  nome  dalle  prime  parole 
dell'editto,  che  I'avrebbo  introdotta:  il  quale  editto  crede  il  Noodt  ^^^) 
di  aver  come  segue  felicemeute  restituito  in  base  ai  frammenti  con- 
tenuti  nel  nostro  titolo: 

c  De  eo,  quod  certo  loco  dari  oportet  ex  stipulatu,  si  alio  petatur, 
facta  mentione  eius,  quo  dobetur,  actionem  dabo;  ut  quanti  ea  res 
erit,  tanti  arbitrio  iudicis  restituetur  ». 

Pero  i  classic!  non  alludono  nei  loro  frammenti  in  alcun  modo  ad 
uu  tale  editto.  Solo  Giustiniano  nel  frammento  delle  Istituzioni 
sopra  trascrltto  ricorda  il  pretore,  e  Tbofilo  nella  Parafrasi  dice 
soltanto  che  Fazione  fu  introdotta  dal  pretore  <^. 


^)  Di  questa  azione  trattano  specialmente:  Cuiacio,  TracL  III  dd  African, 
ad  L.  8  D.  h.  t.  —  Donello,  Comm.  ocZ  7^  L  Pand.  —  Duarenus,  Comm,  ad 
eund.  HL  {Oper.  pag.  924  seg.).  —  Voet,  Chmm,  ad  h.  U  —  Noodt,  Ad  h.  U 
{Oper.  torn.  II  pag.  305  seg.).  —  Magnus,  R€Uion,  et  different  jur.  civ,  lib.  I 
cap.  ly  (Mbbruakk,  Thes,  III  pag.  280).  —  Faber,  De  error,  pragm.  dec.  XC 
e  dec.  XCI  err.  1-6.  —  Bachotius,  Tract,  de  action,  disp.  VII  parte  II  pa- 
gina  81.  —  Strauch,  Dissert,  de  cond,  de  eo  quod  certo  loco  dari  oportet.  Je- 
sae  167J. 

100)  Comm.  ad  Pand.  h.  t  pag.  306. 


d)  II  Magnus  aveva  proposto  per  TediUo  la  sfguente  riccf Iruzione : 

«  De  eo  quod  certo  loco  dari  oportere  dicetur,  arhitrariam  actionem  dabo  » 
{Ration,  et  diff.  iur.  civ.  lib.  I  cap.  14  nel  Tesoro  del  Mbbrmann,  III  pagine  280-92). 

II  Ranching  propose: 

<  Si  pecunia  quae  certo  loco  dari  debet,  alio  loco  pe'atur,  utiletn  actionem  dabo, 
utper  earn,  arbitritt  jitdicis  satis  fiat  »  (Edictum,  perpetuum  restitutum,  D.  h.  t.  pag.  24S 
in  Tlies.  Mebrm.). 

II  De  Vbyhe  riferisce  la  congettura  del  Westenbero: 

€  De  eo  quod  ceno  loro  dari  oportet  ex  sHpuIatu,  si  alio  loco  petitur,  facta  com- 
mem,orafione  loci  quo  quod  debetur  promtssum  est  actionem  dabo,  ut,  quanti  ea  res 
erit,  arbitrio  iudicis  aestvnetur  »  (libri  tres  Edicti). 

Si  rileva  facilmente  che  nessuna  di  queste  proposte  pu6  essere  accolta,  sia  perche 
nessnna  chiarisce  bene  in  che  consistesse  Vactio  arbitraria,  sia  perche  Tazione  verrebbe 
qualificata  utile  dallo  stesso  pretore,  il  che  non  e  verosimile:  sia  perche  imprecise 
tutte  e  ristrette  troppo  in  relazione  ad  argomento  cosi  importante  (vedi  anche  Treptow, 
op.  cit.  pag.  9). 


4 


PRIMA  APPENDICE   DEL   TRADUTTORE 

AL  8  845. 


I  lavori,  che  meritano  speciale  menzione  prima  di  questo  del  Gluck,  suila  cos)  detta 
actio  de  eo  quod  certo  loco,  bodo  solamente  quelli  del  Donello  e  del  Fabro:  il  primo 
nel  6U0  Comment,  ad  Pand.  (lib.  XIII  tit.  IV),  il  secondo  nella  sua  opera  De  erroribus 
pragmat.,  ecc. 

Nappure  il  Gluck  per6  e  completo  in  questo  tema,  per  qaanto  ricco  di  erudizione. 
Egli  e  che  solo  la  scoperta  delle  Istituzioni  di  Gaio  poteva  dare  luce  specialmente  sulla 
procedura  formulare  romana  e  servire  di  guida  nello  studio  delle  sottili  questioni,  che 
(levoDO  essere  esaminate  nella  trattazione  deWactio  de  eo  q^od  certo  loco. 

Nelia  nostra  letteratura  giuridica  non  abbiamo  neppure  dopo  la  scoperta  di  Gaio 
una  monografia  speciale  in  proposito:  mentre  pure  si  banno  lavori  classici  sulla  proce- 
dura civile  romana,  del  Serafini,  sotto  la  modesta  apparenza  di  note  airARMDTS  {Le 
Pandette  vol.  I  parte  I  §  100);  del  Buonamici  sulla  Storta  della  procedura  stessa,  che 
gli  studios!  si  augurano  di  veder  presto  finita;  del  Filomusi  Guelfi  sul  procesMO  con- 
tumaciale  (Napoli  1873);  del  compianto  Padelletti  %u\\%  legis  aetionee,  ed  intcressanti 
monografie  del  Brini  sulla  eondemnatio ;  del  Perozzi  fsfj\\2k  aponsio  praeiudicialia ;  del 
geniale  Cooliolo  sulla  eccezione  di  cosa  giudicata,  del  Bruoi,  ^ote  al  Gluck  §§  495, 
498  del  libro  V;  per  tacere  di  altri  e  numerosi  studi  romanistici  affini  dei  nostri  valo- 
rofi  professori  Landucci,  Ferrini,  Scialoja,  ecc. 

In  Germania  suirargomento  de  eo  quod  certo  loco  vennero  pubblicate  due  mono- 
grafie negU  anni  1875  e  1877,  la  prima  da  Emiiio  Treptow  intitolata  Zur  Lehre  von 
der  actio  de  eo  quod  certo  loco  (Greifswald.  Hache  1875),  la  seconda  da  Max  Cohn 
col  titolo  Die  sogenannte  actio  de  eo  qudd  certo  loco  (Berlin,  Weidmann  1877),  e  su 
queste  scrisse  una  dotta  recensions  nel  Literarisehes  Centralblatt  fiir  Deutschland 
<lel  Zarncke,  il  Pernice  nelPanno  1877  (veggansi  le  pagine  994-997  di  detto  periodico 
anno  1877). 

II  lavoro  del  Treptow  e  una  tesi  per  il  conseguimento  del  titolo  di  Dottore. 
Molto  piu  importante  e  il  libro  del  Cohn,  nel  quale  sono  trattati  anche  altri  due  ar- 

gomenti,  che  hanno  stretta  attinenza  oxAV actio  de  eo  q,  c.  I.  e  cio6  quello  della  plus 
petitio  e  Taltro  del  «  luogo  di  pagamento  ».  Nuovi  studi  pubblicd  poi  il  Cohn  nella  Krit. 
Vierteljahrechrift,  XXIV  pag.  32  e  seg.  Veggasi  anche  la  monografia  del  Puntschart 
nella  GrUnhuts  Zeitschr.  VI  pag.  620. 

Accuratissime  sono  le  ricerche  del  Lenel  suiraetfo  de  eo  q.  c.  L  nel  §  95  dello  splen- 
dido  suo  lavoro  suU'Editto  perpetuo. 

E  notevole  anzi  in  proposito  che  il  Lenel  modifica  in  parte  le  conclusion!,  alle  quali 
era  pervenuto  intorno  alia  formula  di  questa  azione  stessa  nelfopera  Beitrdbge  zur 
Kunde  des  praetorischen  Edict*  (1878),  il  che  sta  a  riprova  della  difficolt^  che  questo 
tema  presenta  agli  studiosi. 

Traccier6  in  questa  appendice  brevemente  quanto  mi  sembra  utile  aggiungereal  Gluck. 
L*interesae  deirargomento  e  puramente  storico  e  tutti  gli  scrittori  in  sostanza,  sebbene 
con  forma  diversa  di  motivazione,  si  accordano  nel  concludere  che  Vactio  de  eo  quod 
certo  loco  in  nessun  modo  e  ai  giorni  nostri  applicabile.  Anzi  ^  certo  questa  la  ra- 
gione  principale,  per  cui  e  scarso  il  numero  degli  scrittori  moderni,  che  se  ne  sono  oc- 
cupati. 


80        PBIHA  APPBNDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  845. 

L" actio  de  eo  quod  certo  loco  deriva  dalla  condictio  certi  (il  Treptow  dice  addi- 
rittura  che  la  condictio  certi  e  la  madre  deWactio  de  eo  q.  o,  I.):  nella  condictio  oerti 
il  giudice  deve  attenersi  al  certum  della  intentio;  il  debitore,  il  quale  ha  promesso  il 
pagamento  in  un  luogo  deterroinato,  solo  iti  queftto  luogo  pu6  esser  chiamato  in  giu- 
dizio;  egli  si  h  provveduto  di  uno  speciale  Foro  competente,  il  Foro  del  coDtratto,  il 
quale  va  preferito  a  tutli  gli  altri;  in  questo  presta  Toggetto  della  stipulazione  il  certum. 

Avesse  il  creditore  esperito  la  sua  azione  in  altro  luogo,  il  giudice  per  la  conditio 
certi  doveva  assolvere  il  convenuto,  perch^  nelPaltro  luogo  il  reus  non  doveva  dare  il 
certum,  Impedita  sarebbe  stata  pure  al  giudice  dairindole  rigorosa  della  condictio  certi 
ogni  valutazione  intorno  airinteresse  del  luogo;  la  domanda  di  ogni  altra  cosa  oltre  il 
petitum  produceva  una  plus  petitio  (veggasi  TAppendlce  II  al  §  845)  ed  infatti  100  a 
Capua  non  era  la  stessa  cosa  di  100  in  Efeso:  il  debitore  veniva  danneggiato,  perche  il 
creditore  chiedeva  piA  di  quanto  gli  era  dovuto,  mentre  al  giudice,  per  considerazioni 
speciali,  non  era  lasciata  la  facolt^  di  raddolcire  le  conseguenze  di  questo  plus  petere. 

Si  dovette  presto  convincersi  che  il  sistema  della  condictio  certi  poteva  produrre 
delle  ingiustizie,  sia  quando  il  debitore  «  intenzionalmente  »  non  si  recava  nel  luogo 
determinate  dalla  stipulazione,  sia  quando  casualmente  non  poteva  in  quello  recarsi:  era 
iniquum  che  lo  stipulator  non  riescisse  ad  suum  pervenire,  come  dice  Gaio,  ed  un 
rimedio  si  rendeva  necessario. 

Per  quanto  i  Romani  fossero  conservatori  fino  alio  scrupolo  nelle  loro  forme  di  di- 
ritto,  erano  nello  stesso  tempo  solleciti  a  trarsi  dagli  inlbarazzi  con  mirabile  abilita 
estendendo  Tapplicazione  dei  mezzi  di  diritto  esistenti:  era  ii\  ispecie  c6mpito  del  pre- 
tore  di  estirpare  Tingiusto  e  di  proteggere  Tequo:  gli  inconvenient!  lamentati  doveano 
riescire  fin  troppo  gravosi,  se  si  rifle tte  al  progresfivo  sviluppo  della  potenza  dei  Ro- 
mani, per  la  quale  si  andava  aumentando  il  numero  delle  popolazioni  al  loro  dominio 
soggette.  Ed  il  pretore  infatti  si  impressiond  a  giueto  titolo  della  critica  situazione  fatta 
al  creditore  ed  apport6  alia  condictio  certi  delle  modi&cazioni,  le  quali  originarono 
Vactio  de  eo  quod  certo  loco.  In  virtii  delPopera  del  pretore  lo  stipulator  non  ha  piu 
a  temere  la  plus  petitio  e  pu6  esercitare  la  sua  azione,  senza  che  quella  possa  essere 
paralizzata  dalla  cattiva  volenti  del  debitore  o  dalle  circostanze  fortuite,  che  gli  impedi- 
rono  di  trasferirsi  nel  luogo,  in  cui  il  pagamento  doveva  esser  effettuato. 

Che  si  debba  al  pretore  la  introduzione  deirazione  de  eo  quod  certo  loco,  il  Treptow 
lo  deduce  dal  fatto  che  Oaio  usa  per  indicare  Timpulso  della  giurisprudenza  romana 
le  espressioni  caratteristiche  non  videbatur  actio  competere  e  visum  est  actionem  com- 
parare,  nelle  quali  seppure  la  parola  praetori  non  e  indicata  k  a  ritenersi  sottintesa, 
ch6,  sia  nelle  riforma  del  vecchio  diritto,  come  nelle  innovazioni,  e  adoperata  nelle  fonti 
la  frase  visum,  est  praetotn.  Un  esempio  di  ci6  lo  dk  anche  la  L.  1  D.  de  institoria  ac- 
tions 14,  3  di  Ulpiano  tratta  dalla  sua  opera  Ad  Edictum  libro  XXVIII:  Aequum 
praetori  visum  est . . . .  e  per  la  parola  comparare  usata  per  contraddistinguere  Tatti- 
vit4  del  pretore,  il  §  17  delle  Istituzioni  lib.  IV  tit.  6  de  actionibus;  dairindole  utilis 
deirazione  de  eo  quod  o.  L;  dal  confronto  che  trovasi  nelle  fonti  fra  il  concetto  del- 
Yiniquum  e  quello  deWaequum;  dairessere  le  LL.  1,  3,  5  e  7  del  lib.  XIII  tit.  4  tratte 
dairopera  di  Qaio,  Ad  Edictum  provinciale  e  Ad  Edictum  (LL.  1  e  3  lib.  IX  Ad  Ed, 
prov.);  (LL.  5  e  7  lib.  XXVIII  Ad  Ed.)  e  le  LL.  2  e  4  da  quella  di  Ulpiano,  Ad  Edic- 
tum, (lib.  XXVII);  in  tutto  dunque  6  sulle  10  leggi  del  titolo  IV  sono  ricavate  dai  com- 
menti  alFedltto  del  pretore;  dalla  frase  haec  actio  proponitur  usata  nelle  Istitusioni, 
perch^  ^  cosi  che  si  allude  alKopera  del  pretore  (vegg.  anche  il  §  8  Inst.  IV,  6),  e  dalle 
parole  idque  etiam  praetor  monstrat  del  §  33  Inst.  IV,  6;  infine  dalle  parole  usate  da 
Teofilo,  il  quale  nella  sua  parafrasi  delle  Istituzioni  nomina  il  pretore  c  fondatore  di 
detta  azione  »: 

Invece,  secondo   il   Cohn,  quantunque   colla  maggior  probability  si  possa  designare 


PBIMA  APPBNDIOE  DBL  TBADUTTOBE  iX  §  845.        81 

Vaetio  arbitraria^  quale  pretoria,  nel  tenso  che  qucsta  de7e  la  sua  esistenza  alia  giu- 
risdUione  del  pr^ore;  questo  fatto  non  pu6  dedursi  con  certezza  e  propriamente  solo 
dairindole  utilis  deirazione,  e  neppure  dairesserne,  come  egli  crede,  in  contrapposto  a  I 
TaspTow,  che  la  ritiene  eoneepta  in  itu,  la  formula  in  factum  eonoepta, 

E  non  si  rileva  certo  ne  dalle  parole  di  Teofilo  surriferite,  che  non  si  possono  pren- 
dere  in  considerazione  come  fonte,  ni  dalle  parole  del  %  93  Inst.  IV.  6,  che  non  si  rife- 
liseono  necessariamente  airorigine  pretoria. 

Considerata  per6  di  carattere  «  pretoria  »  si  chiarisce  bene  nel  aistema  delFeditto,  al 
quale  rtmasero  fedeli  le  Pandette,  la  sua  posizione  di  vicioanza  e  precedenza  airaziono 
de  pectmia  4xmstituta.  Tutle  e  due  sono  azioni  pretorie  e  precisamente  a  tutela  di  ob- 
bligazaonl  ccntrattuali. 

D*altra  parte  il  trovarsi  la  trattazione  deW actio  de  eo  quod  certo  loco  vicina  alia 
trattazione  delle  eondictiones  disegna  tanto  la  stretta  relazione  con  queste,  quanto  il  suo 
distacco. 

Delle  tre  funzioni  ricordate  da  Pohponio  nella  L.  7  §  1  (Papinianus  lib.  11  Defini- 
tionum)  D.  de  justiUa  et  jure  (1,  1)  pare  cho  il.  pretore  abbia  esercitato  per  Tazione 
de  eo  quod  certo  loco  quella  oorrigendi  juris  eivilis  gratia  piuttosto  che  quella  «up'* 
pUndi  come  vorrebbe  il  Donbllo  {Comment,  ad  Pand.  pag.  429)  argomentando  dalla 
L.  13  (Ulpiano  lib.  I  Ad  Edirtum  Aedilium  Currulium)  D.  de  legibue  senatusque,  ecc. 
(1,  3).  Qttesta  legge  anzi  sta  piu  a  favore  delta  funzione  di  correggere  che  di  quella 
jupplendi. 

Scrive  infatti  Ulpiano:  «....ut  ait  Pedius,  quiities  lege  aliquid  unum  vel  alterum 
introductum  est,  bona  occasio  est  cetera,  quae  tendunt  ad  eandem  utilitatem,  vel  inter- 
pretalione,  vel  certe  iurisdictione  suppleri  ». 

N^  Tazione  de  eo  quod  certo  loco  supplisce  la  condictio  certi;  deriva  da  questa, 
ma  se  ne  distacca  del  tutto  appunto  «  per  combattere  efficacemente  la  speciale  disonesta 
di  un  debitore  per  stipulazione,  che  si  trincerava  dietro  la  letlera  del  dirilto  per  sot- 
trarsi  alPobbligo  suo  »  (vedi  Sayigny,  Sistema  del  dir,  rom.  attuaU  (trad.  Sgialoja) 
vol.  V  pag.  159). 

In  quanto  airepoca  della  introduzione  dtWaetio  de  eo  quod  certo  loco  non  si  hanno 
dati  nelle  fonti  per  poterla  precisare:  si  pu6  appena  congetturare  che  esistesse  neire- 
poca  che  decorre  dalfintroduzione  della  procedurtL per  formulas  {lex  Aebutia  550?  605? 
a  Labeomb  (759  di  Roma)  (veggasi  su  Labeonb  la  stupenda  opera  di  Alfredo  PsaNicB, 
Labeo,  JRdmisches  Privatrecht  im  ersten  Jahrhunderte  der  Kaiserzeit  Halle):  infatti 
non  potrebbe  escludersi  che  gi&  nel  periodo  delle  legis  actiones^  almeno  nella  legis  actio 
per  condictionem,  non  si  sia  verificata  Tipotesi  del  locus  certus,  il  quale  poi  nel  pe- 
riodo della  procedura  formulare  produsse  la  opportunity  deiracfto  ar&tCrarta:  solo  non 
si  hanno  prove  in  proposito. 

Perconverso,  cheormaial  tempo  di  Antistio  Labeonb  Tazione  de  eo  quod  certo  loco 
fosse  in  uso,  si  deduce  dalla  L.  2  §  8  D.  h.  t.  alle  parole  Julianus  Labeonis  opinionem 
zecutus. . . .  Anzi,  sia  dal  contenuto  della  osservazione  di  Ladbone  nel  §  8  della  L.  2 
D.  h.  t.,  la  quale  si  riferisce  ad  un  punto,  che  sembra  aver  gi^  assunto  il  carattere  di 
controversia,  e  cioe  che  il  giudice  dovesse  tenere  in  considerazione  anche  Tinteresse  del- 
Pattore,  sia  dal  fatto  che  la  L.  2  stessa  h  tratta  dalPopera  di  Ulpiano,  Ad  Edictum 
iibro  XXVII,  e  quindi  da  un  Comm,ento  ad  Editto  che  certo  era  in  vigore  da  piii  di  un 
nnno,  il  Cobn  (op.  cit  pag.  2)  giustamente  ritiene  che  Tapplicazione  deirazione  de  eo 
quod  rerto  loco  abbia  preceduto  il  tempo  di  Labeonb.  Si  consultino  in  proposito  anche 
il  VoiGT,  Jus  naturale  vol.  Ill  pagine  720-743  (citato  dal  Cohn),  il  Keller,  Delia proc. 
^iv.  e  delle  azioni  presso  i  Uomani  (trad.  Capmas)  pag.  120  n.  331,  il  Ziumern,  Trat- 
Jato  delU  azioni  (trad.  Etiennb)  pag.  202,  Saviony,  Sistema  del  diritto  rom,  attuale 
(trad.  Scialoja)  vol.  V  pag.  158  e  seg.,  Windsciieid,  Liritio  delle  Pandette  vol.  I  §  46 
^trad.  Fadda  e  Bensa). 

GlQck,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  11 


82  PRIMA  AFFEin)IOE  DEL  TBADUTTOSE  AL  §  845. 

Le  cause,  che  hanno  dato  lupgo  airintroduziono  deirazione  de  eo  qtiod  certo  loco 
vengono  esposte  da  Gajo  nella  L.  1  D.  XIII,  4. 

Gaio  indica  come  chi  era  obbligato  civilmente,  in  base  a  stipulazione,  potesse  sTug- 
gire  airazione  derivaote  dal  contratto.  Sgli  suppone  che  il  debitore  il  quale  deve  pagare  in 
Capua  non  si  rechi  in  quella  citt&,  sia  per  Tolont^  propria,  si  a  per  esserne  impedito  da 
una  causa  qualunque  anche  indipendente  dalla  volont^.  Nei  due  casi,  secondo  le  regole 
del  diritto  civile  rigoioso,  il  creditore  non  poteva  chiamare  tn  jus  il  suo  aTversario, 
perch^  la  voeatio  non  aveva  luogo  che  ai  riguardi  di  una  persona  presente:  ne  conse- 
guiva  che  il  debitore  diventava  Tarbitro  della  situazione.  II  Gohn  esamina  questa  legge 
con  ogni  diligeuza,  ne  fa  un  commento  con  una  minutezza  di  particolari  forse  soverchia 
(il  Pernios  la  dice  addirittura  faticosa),  e  ne  deduce  il  principio  seguente:  che  la  vera 
ragione,  la  quale  produsse  Yactio  arbitraria^ai  fu  il  riconoscimento  deiringiustizia  del 
fatto  che  il  possessore  di  un  credito,  il  quale  veniya  privato  dapprima  di  ogni  altro 
Foro  giudiziario  personale  dalla  massima  alio  loco  non  agi  ed  era  forzatamente  dai- 
Tassenza  del  debitore  ridotto  a  perdere  anche  il  Foro  del  luogo  di  pagamento,  si  troTava 
in  tal  modo  nella  impossibtlitd  di  far  valere  le  sue  ragioni. 

Quantunque  poi  nella  predetta  legge  di  Qaio  non  sia  precisamente  nominata  Ta- 
zione  de  eo  quod  certo  loco  coirindicazione  di  actio  arbitraria,  ^  oerto  che  si  tratta 
di  questa,  sia  perch^  tutto  ci6  che  ci  e  noto  sulFindole  deirazione  arbitraria  armonizza 
colla  narrasione  di  Gaio,  sia  perchd  in  caso  diverso,  e  cio6  se  Vactio  utile  della  legge 
di  Gaio  non  si  identificasse  coirarbitraria,  quella  mancherebbe,  di  base  sia  infine  perche 
la  legge  di  Gaio  h  tolta  dal  libro-9  della  sua  opera  suIPeditto  provinciale,  nel  quale  si 
parla  delFac^o  arbitraria. 

Ma  in  che  consisteva  la  modificazione  che  il  pretore  aveva  fatto  subire  alia  eondictio 
ctfrftperoriginare  Vactio  arbitraria,  che  ^  dalle  fonti   indicata   a  noiconquesto  nome? 

E  difficile  esporre  norme  precise  in  tale  proposito,  perche  non  si  ha  alcun  fram- 
mento,  che  risolva  il  problema  in  modo  sicuro 

Certo  non  si  pu6  ammettere  che  il  pretore  modificasse  Vintentio  della  eondictio  cerU 
cambiandola  addirittura  in  una  intentio  incerti  ch6  il  debitore  di  dieci  in  Efeso  dovera 
pur  sempre  dieci,  ed  e  esaminando  se  la  intentio  era  giusta  che  si  passava  poi  alia 
condanna:  invece  la  sagace  opera  del  pretore  ha  consistito  nelPintrodurre  nelVintentio 
la  designazione  del  luogo  in  cui  Tobbligazione  dev^essere  eseguita;  e  cosi  che  poi  il 
giudice  potr^  valutare  Testensione  delPobbligo,  tenuto  conto  della  diversity  dei  luoghi, 
il  che  implica  di  necessity  la  conseguenza  di  una  condemnatio  incertL 

In  quanto  al  carattere  utilis  deirazione,  anche  il  Heffter,  Observ.  in  Gaium  lib.  IV 
pag.  93  (citato  dal  Savigny)  riteneva  che  Tazione  de  eo  quod  certo  loco  fosse  una  actio 
utilis,  cio^  un*azione  fittizia,  ci6  che  non  segue  per6  necessariamente  dalle  parole  c  ideo 
visum  est,  utilem  actionem  in  eam  rem  comparare  ».  Essa  pu6  esser  stata  conforme  11 
modo  comune  in  factum  concepta  e  tuttavia  essere  stata  chiamata  utilis  in  opposl- 
zione  ^XVactio  directa,  perch^  per  essa  Tazione  originaria  fu  estesa  oltre  i  suoi  limiti. 

Si  vide  che  *azione  de  eo  quod  certo  loco  e  una  emanazione  della  eondictio  eerti, 
ne  deriva  che  debba  aveme  le  quality  caratteristiche,  quindi  anzitutto  che  sia  unVcfio 
in  personam.  L*azione  ha  per  obbteHivo  una  pteiUaxon^  dari  oportere  certo  loco:  cio 
produce  quale  ineccepibile  conseguenza  Tindole  personale  deirazione:  e  poi  annoverata 
fra  le  personal!  espressamente  nel  §  31  delle  Inst,  di  Giustiniano  (IV,  6).  Ne  e  mestieri 
sofTermarsi  di  piu  in  tale  rig^ardo. 

Che  poi  Tazione  contemplata  da  Gaio  nella  L.- 1  D.  h.  t.  sia  €  azione  arbitraria  », 
nessuno  lo  ha  mai  impugnato;  gli  interpret!  non  sono  perd  d^accordo  sulTindole  di  que- 
st'azione  «  arbitraria  ».  Secondo  il  Fabro,  il  Vinnio,  il  Duareno  la  nostra  azione  non  e 
<  arbitraria  >  nel  senso  solito  della  parola:  le  fonti  nel  considerarla  arbitraria  vogliono 
solo  indicare  la  facolt^  accordata  al  giudice  di  apprezzare  la  condanna,  tenuto  conto 
della  differenza  dei  luoghi. 


PUMA  APPENDIOK  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  845.  83 

La  L.  4  D.  h.  t.,  la  quale  sembra  ammettere  il  jussiu  del  giudice  e  rassoluzione  del 
convenuto  che  vt  si  adatta,  deve  interpretani  ristreitivamente  e  solo  per  la  fattispecie 
in  paella  oontemplata,  •  cioi,  come  si  vide  nel  nostro  Gluck,  di  un  debitore,  che  ha  of- 
ferto  la  somma  nel  luogo  stabilito  o  che  ne  ha  eseguito  il  deposito. 

Qui  la  prima  parte  della  legge  si  interpreta  a  mezzo  della  seconda,  riconoscendosi 
la  poseibilitji  delPanoluzione  mediante  cauzione  ed  osservando  che  il  debitore  io  questo 
caso  ha  fatto  tutto  ci6  che  era  in  suo  potere  per  liberarsi  nel  luogo  convenuto  dal  «uo 
obbligo.  Ma  quest^opinione  non  pud  accogliersi,  sebbene  dimostii  ncgli  autori  citati  una 
5pede  di  intuizione  della  reritd,  che  solo  dalle  Istituzioni  di  Qaio  poti  essere  appurata. 
Meritano  di  essere  riferite  le  parole  del  Vimnio  che  spiegano  il  motivo,  per  il  quale 
Vactio  de  eo  quod  eerto  loco  doveva  distinguersi  dalle  altre  azioni  arbitrarie:  c  Prop- 
terea  quod  Justinianus  species  sive  exempla  utriusque  generis  confiuim  proposuit  » 
{Comm.  Instil,  Venetiis  1747  tomo  III  pag.  917). 

Secondo  il  Du  Caurrot  (Institutes  de  Justinien  tomo  11  8.*  ed.  Paris  1851  pag.  406) 
il  pretore  nel  concedere  Yactio  de  eo  quod  certo  loeo  modifica  la  formula  rigorosa  in- 
serendovi  la  menzione  del  luogo  fi^sato  per  il  pagaxAento  (Ulp.  L.  2  S  2  D.  h.  t.):  da 
questa  modificauone  resulta  un*azione  pretoria  utile  in  opposizione  alKazione  pura  od 
azione  civile  non  modificata,  sine  eommemoratione  illius  loci)  alio  scopo  che  il  giudice 
deddendo  in  base  alPequit^  possa  aumentare  o  diminuire  la  condanna  in  relazione  alia 
diversitii  dei  luoghi  e  secondo  che  questa  diversity  giova  al  debitore  od  al  creditore. 
L*aaone  quindi  cosl  considerata  sarebbe  arbitraria  in  un  senso  diverso  dalle  altre  azioni 
arbitrarie,  perchi  si  arriverebbe  alia  eondemnatio  senza  YarbUrium;  ma  questo  au- 
tore,  tenuto  con  to  che  il  convenuto  contro  il  quale  Yinttntio  k  stata  verificata,  pu6  es- 
sere ancora  assolto  in  piii  casi,  in  ispeciese  egli  d&  cauzione  di  pagare  nel  luogo  indicato, 
conclude  che  queet*azione  e  arbitraria  nello  stesso  senso  delle  altre,  dappoichi  si  di- 
stingue sopratutto  per  la  possibilltii  di  assolvere  il  convenuto,  sebbene  ci  sia  una 
sentenia  contro  di  lui,  quando  egli  dia  alPattore  la  soddisfazione  indicata  dal  giudice. 

Questa  soddisfazione  il  Parmbntier  [De  la  plus  petition  en  droit  romain.  Ver- 
sailles 1870  pag.  55)  la  troverebbe  nelle  parole  del  §  31  Inst.  (4,  6):  «  In  his  enim  ac- 
tinnibus  permittitur  iudici  ex  bono  et  aequo  secundum  cujuscumque  rei  de  qua  actum 
e5t,  naturam  aestimare  queroadmodum  actor i  satisfieri  oporteat». 

II  giudice  ha  quindi  il  pii!i  esteso  potere  di  stima  per  determinare  in  base  alKequita 
la  soddisfazione  mediante  la  quale  il  convenuto  sar^  assolto. 

Resa  ineerta  la  eondemnatio,  conveniva  per6  che  il  debitore  non  avesse  a  risentire 
un  danno  dalPinnovazione  del  pretore  ed  ^  ci6  che,  secondo  il  Parmentibr,  giustifica 
il  carattere  d*arbitraria  attribuito  dal  pretore,  in  base  al  quale  per  la  circostanza  che 
il  debitore  non  aveva  che  a  dare  cauzione  di  pagare  nel  luogo  stabilito  colla  stipula- 
zione  per  essere  assolto,  si  evitava  al  debitore  ogni  pregiudizio  a  di  lui  carico  derivante 
dal  dover  pagare  nel  luogo  in  cui  fu  esperita  Fazione  invece  che  nel  luogo  stabilito  dal 
contratto. 

Qli  interessi  delle  due  parti  sarebbero  stati  cosi  colPopera  del  pretore  conveniente- 
mente  tutelati. 

II  Sationt  osserva  che  Yaotio  de  eo  quod  certo  loco  e  Tunica  che  pu6  far  sorgere 
dubbio  sul  suo  adattamento  al  concetto  da  lui  stabilito  delle  azioni  arbitrarie,  le  quali 
tendono  alia  restituzione  od  esibizione  di  una  cosa,  ma  dice  c  e  appunto  quella  la  cui 
naiura  arbitraria  »  h  decisamente  riconosciuta  principalmente  e  ripetutamente  nelle  fonti 
nostre.  L*azione  de  eo  quod  certo  loco,  che  6  un*azione  pretoria,  non  6  diretta  ad  una 
restituaione  od-^eibizione,  ma  allaViduzione  locate  delPammontare  di  una  stipulazione,  che 
propriamente  secondo  il  suo  contenuto  letterale  avrebbe  dovuto  eseguirsi  in  un  luogo 
direrso.  La  intimazione  delTarbitro,  secondo  Fimmortale  autore,  colla  cui  esecuzione  si 
sfugge  airazione,  e  diretta  alia  cauzione  per  Tesecuzione  del  contenuto  letterale  della 
st'puiazione;  il  pregiudizio  nel  caso  di  rifiuto  deiresecuzione  consiste  in  un  possibile  in- 


84  P&IMA  APPENDIOE  DEIi  TBADUTTOBE  AL  i  845. 

teresse  molto  alto,  anche  iDdiretto,  a  cui  pu6  esser  diretta  la  condanna.  Vi  e  dunque, 
cosi  conclude,  in  questa  azione  Tapplicazione  di  una  forma  processuale  introdotta  per 
scopi  •  casi  affatto  diversi  da  quelli  delle  altre  azioni  arbitrarie  (veggansi  Ziuuern,  op. 
cit.  pag.  203  nota  21  e  gli  autori  da  lui  cicati  e  suUe  aettonet  arbitrarltie  in  generale 
veggaai  il  Giicicbrthal,  La  proprietd  nel  conflitto  colle  altre  figure  del  diritto 
reale  ed  in  ispecie  le  actiones  arhitrariae  2.'  ed.  1875.  Veggansi  anche  il  Wabchter, 
Spiegasioni,  ecc.  Stuttgart  1845-1846,  II,  9;  Rudo&ff,  Storia  del  d.  r.  II  pagine  152-154; 
Bbthmamn-Hollweo,  Proo.  civ.  rom.  II,  pagine  287-293;  Baron,  Dissert,  sulla  proce- 
dura  cif>.  rom.  \o\.  I  1881.  Cfr.  la  L.  2  pr.  §  8;  L.  4  §  1;  LL.  5,  7,  10  h.  t;  L.  16  §  1 
D.  13,  5). 

Una  esposizione  anche  breve  della  leoria  delle  azioni  arbitrarie  secondo  gli  ullimi 
resultati  della  critica  non  mi  k  qui  concesea;  limito  quiodi,  per  quanto  e  possibile,  la 
trattazfone  delFargomento,  in  modo  per6  che  sia  chiaro  il  perche  ed  il  Tero  senso  della 
qualifica  di  arbitraria  applicata  9.\V actio  de  eo  g.  c.  L 

Sono  «  arbitrarie  »  secondo  il  §  31  Inst,  de  act.  (IV,  6)  quelle  azioni  «  in  quibus^ 
nisi  arbitrio  judicis  is,  cum  quo  agitur,  actori  satisfaciat... .  condemnari  debeat....>, 
quelle  aiioni  adnnque  nelle  quali  deve  precedere  alia  condanca  un  ordioe  del  giudice, 
la  cui  esecuzione  toglie  la  condanna  stessa:  per6  malgprado  questa  definizione  e  quan- 
tunque  nel  predetto  §  31  la  nostra  actio  fia,  annoverata  fra  gli  esempi  delle  azioni  ar- 
bitrarie, pure  il  Lenel  (op.  cit.  pag.  193)  scrive:  <  Non  sono  riuscito  a  rendermi  ragione 
nei  miei  Contrihuti  alia  conoscensa  delVeditto  pretorio,  nk  deiringiunzione  del  giu- 
dice,  n^  della  corrispondente  clausola  nella  formula,  perche  mi  sembrano  errati  tutti  i 
tentativi  finora  fatti  di  dare  a  quellVtw^ta  contenuto  e  direzione.  Ed  ancora  oggidi  noii 
sono  di  di  verso  parere  ed  anzi  credo  di  poter  aggiungere  agli  argomenti  gia  addotti,  e 
che  ritengo  ancora  decisivi,  contro  la  clau-ola  della  formula  «  nisi  ea  pecunia. . .  Ephesi 
solvetur»..»  {o  quale  possa  essere  la  formula)  accolta  dalla  opinione  dominante;  un 
altro  nuoTo  ed  assai  importante  argomento.  Se  ciod  il  giudice  avesse  emanato  davvero, 
e  quale  ultimo  invito,  Tordine  di  prestare  nel  luogo  di  pagamento  detenhinato,  allora 
avrebbe  do.vuto  essere,  a  mio  avviso,  regolato  corrispondentemente  il  calcolo  deirinte- 
resse  a  questo  invito,  cio6  il  giudice  avrebbe  dovuto  basare  il  calcolo  delKinteresse  sul 
termine  stabilito  o  sottointeso  per  la  prestazione  e  se  Tinvito  rimaneva  infruttuoso  la  con- 
demnatio  avrebbe  dovuto  essere  concepita  «  quanti  alterutrius  intererit  Ephesi  solvi, 
condemna  ». 

€  Eld  invece  un'intera  serie  di  passi  guardano  viceversa  in  maniera  assoluta  nel  pas- 
sato:  cosl  prima  di  tutto  nel  Codice  la  L.  un.  h.  t.  «  in  qua  venit  aestimatio,  quod  al- 
terutrius interfuit. . . . »  cosi  pure  la  L.  2  §  8  h.  t.  «  ut  si  interfui^set  rei ratio  ejus 

haberetur. . .  >  e  «  actoris  habuit  rationem,  cuius  potuit  interesse. . . »  e  «  in  banc  arbi- 
trai'iam  quod  interfuit  veniet. ; . ». 

«  Cosl  pure  la  L.  8  h.  t. : 

<  Quanti  eius  vel  actoris  interfuerit . . . . »  e  «  quanti  actoris  intersit  earn  pecuniara 
Capuae  solutam  esse  . .  >.  Di  piii  il  §  33,  Inst.  (4,  6)  «  utilitatis  quae  promissori  com- 
petitura  fuisset. .».  E  finalmente  la  L.  15  decompen.T>.  (16,  2)  «  quanti  mea  interfuit  » 
e  «  quanti  Titii  interfuerit  >. 

«  Di  fronte  a  queste  espressioni  di  fonti  concordanti  non  ^  possibile  negare  che  la 
possibility  di  prestare  in  altro  luogo  che  su  quello  delFazione  abbia  in  modo  regolare 
raggiunta  la  sua  fine  dal  momento  della  presentata  azione  arbitraria:  questa  possibiiitiV 
si  considera  poi  solo  quale  possibility  passata. 

«  Se  pertanto  non  si  pu6  trovare  assolutamente  un  contenuto  che  soddisfi  per  una 
clausola  nella  formula,  cosl  conclude  il  Lenel,  dalPaltro  lato  si  spiega  da  s^  il  nome 
di  arbitraria  actio  e  senza  uopo  di  dare  alia  formula  una  aggiunta  ulteriore  lo  si  ca- 
pisce  dalla  formula  da  noi  proposta  della  sua  condemnatio:  «  Js'*"  A'"  A®  A°  decern 
aut  si  quid  alterutrius  interfuit  earn  pecuniam  Ephesi  potius  quam  Romae  solvi. 


FBIMA  APPENDIOE  DEL   TSADUTTOEE  AL  §  845.        85 

tanti  pluris  minoriroe  e.  s,  n.p,  a.  ».  In  forza  della  parola  alterutrius  ii  rimette  con 
questa  eondemnatio  iW'arbiiriuin  del  giudico  il  decidere  di  quale  fra  le  due  parti  egli 
Tuole  coDsiderare  Tinteresse  neWaettimatio  e  questa  liberty  di  scelta  nella  aestimatio  » 
il  motivo  al  quale  Vactio  deve  il  suo  nonio  ». 

II  Lenbl  non  si  dissimula  che  questa  spiegazione  non  corrisponde  alia  definizione 
delle  Istituzioni,  ma  osserva  che  chi  legge  attentamente  i  passi,  nei  quali  k  designata  la 
nostra  actio,  quale  arbitraria,  non  pu6  dubitare  che  la  indicazione  qui  non  sia  adoperata 
dai  giureconsulti  in  altro  senso  che  per  lo  passato.  Se  i  giureconsuUi  indicano-occasional- 
meate  un^altra  azione  quale  arbitraria  (oltre  Tazione  de  eo  quod  certo  loco  Tiene  de- 
nomioata  arbitraria  nel  Digesto,  e  questa  solo  una  volta,  Vactlo  quod  metus  causa, 
L.  14  §  4  (Ulpianus  libro  XI  ad  Edictum)  D.  quod  metus  causa  (4,  2)  con  ci6  inten- 
dono  di  attribuirle  una  quality  determinata,  che  essa  divide  con  altre;essa  6  arbitraria, 
come  e  civile,  onoraria,  in  rem,  in  personam,,  in  ius  ed  in  factum 

Per  la  nostra  actio,  al  contrario,  per  la  quale  si  trova  la  designazione  piu  ^pesso 
che  per  le  altre  actiones  arhitrariae  unite  e  actio  arbitraria  il  nome  tecmco  per  essa 
speciale:  essa  non  k  una  actio  arbitraria^  e  V actio  arbitraria.  Da  ci6 segue  per6  che  cidche 
la  fa  direnire  actio  arbitraria,  non  possa  essere  la  stessa  intima  natura  che  conferisce 
questa  quality  ancora  ad  una  dozzina  di  altre  formule  e  questa  deduzione  c  viene  con- 
fermata  dalla  L.  3  e  dalla  L.  8  h.  t.  diretlamente,  perch6  secondo  queste  ieggi  il  nome 
non  pu6  originare  che  nella  nostra  actio  dal  motivo  soprainJicato  «  aestimationis  ratio 
arbitrio  iudicis  committitur  ». 

c  Non  e  poi  difGlciie  il  chiarire  come  questa  actio  arbitraria  sia  annoverata  nella 
lista  delle  actiones  arbitrariae  nel  §  33  Inst  de  act.  (IV,  6;. 

«  Qli  autori  delle  Istituzioni  hanno  semplicemente  secondo  il  proprio  parere  comple- 
tato  la  nota  degli  esempi  che  trovavano  nel  loro  progetto  e  cosa  meglio  conveniva  loro 
di  mettere  nella  nota,  a  loro,  pei  quali  ormai  le  formule  classiche  erano  di  venule  una 
antichit4  IndifTerente,  di  queiracf/o  che  portava  il  nome  tecnico  addirittura?  » 

A  me  sembra  esauriente  la  dimoctrazione  del  Lenel  che  risponde  anche  alio  sviluppo- 
5torico  della  nostra  actio. 

Di  questa  azione  vennero  proposte  varie  formul?,  le  quali  devono  essere  distinte  in  due 
calegorie,  quelle  degli  scrittori,  che  non  poterono  servirsi  delle  Istituzioni  di  Gaio,  perche 
noD  ancora  scoperte,  e  quelle. proposte  dagli  autori, che  si  giovarono  delfopera  di  Ga.io; 
alia  prima  categoria  si  riferiscono  oltre  quelle  citate  dal  nostro  Gluck  nella  nota  97  del 
§  845  una  di  Fabro  (dec.  90  err.  4): 

<  S.p.  Tm.  Mo,  C,  aureos  Capuae  dare  oporLre  et  alibi  solutio petetur  tu  quanti 
aequiun  arbitratus  fueris  condemna  eum. , . » 

ed  una  seconda  di  Bachoyio  nella  sua  opera  Ea:ercit,  ad  Chiliad.  Fabri,  dec.  90 
err.  4,  2  pag.  299  in  opposizione  alia  precedente  del  Fabro: 

«  Si  paret  Titium  Capuae  Centum  promisisse  neo  eo  loco  solvisse  iudex  arbitrio 
tuo  condemna  ». 

11  Bachovio  non  dice  quale  d^lle  due  formule  egli  preferisca;  in  sostanza  per6  non 
Eono  diverse  fra  loro,  tutte  e  due  sono  m  factum,  tonceptae.  Nella  seconda  categoria 
abbiamo  formule  del  Heffter,  deirUNTERHOLZNER,  dello  Zimmern,  del  Rudorff,  del 
VoioT,  del  Treptow,  del  Cohn,  inflne  del  Jousserandot  e  del  Lenel,  ognuno  natural- 
mente  ispirandosi  alle  proprie  idee  suirindole  delPazione  stessa:  gioveril  qui  ricordarle, 
perche  dal  confronto  fra  le  une  e  le  altre  emerger^  pii]i  facilmente  il  motivo,  che  rende 
fra  tutte  preferibile  la  formula  costruita  dal  Lenel. 

II  Hbffter  nel  suo  Comm,ento  a  Gaio  pag.  83  indica  la  seguente  formula: 

€  Si  paret  Numerium  Negidium  Aulo  Agerio  decern  Capuae  dare  oportere  quanti 
ei  res  esset,  si  Capuae  daretur,  tanti  iudex  condemna  ».  Mettendo  Tazione  de  eo 
quod  certo  lo  o  fra  quelle  aibitrarie  che  hanno  €  causam  legitimam  et  intentionem  in 
ius  conceptara  »,  come  egli  scrive,  <  sed   condemnationem   novam   iure  pretorio   intro- 


8G        PBIMA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  845. 

ductam  hab^bant  »  e  ritiene   che   appartenga  a   questa  classe  di  azioni  c  quia  id  hac, 
praemissa  certi  condictionis  intentione  subjiciebatur  condemnatio  praetoria  ». 

Qui  osserva  il  Treptow  (op.  cit.  pag.  27)  «  egli  ha  torto  perche  iotende  includere  la 
ftessa  int€ntio  della  eondictio  certi  ». 

Questa  contiene  solo  11  Centum  dare  oportere,  ma  non  pud  andare  fino  al  Capuae 
che  Don  ^  piii  ud  eertum.  Solo  Centum  ^  cerio;  il  Centum  Capuae  ha  bifogno  del- 
Tapprezzamento  giudiziale.  A  mio  avTico  il  motivo  addotto  dal  Irbptow  e  erroneo, 
perche  farebbe  diventare  inoerta  Vintentio  deiraetio  arbitraria:  Yintentio  rimane  certa 
anche  coirindicazione  del  Juogo  di  pagamento:  se  cosi  non  fosse  cadrebbe  lo  scopo  del- 
Farbitraria. 

La  formula  deirHEPFTBR  non  regge,  perch6  non  corrisponde  alPindoIe  arbitraria  sfe- 
ciale  della  nostra  actio. 

Anche  il  Demanobat  opina  a  torto  che  Vintentio  della  eondictio  certi  diventi  ineerta 
in  base  alia  modificazione  pretoria  {Cours  de  dr.  rom.  II  pag.  597). 

L*Unterholznbr  propone  una  formula  molto  semplice  (nella  sua  opera  Lehre  des 
R.  R.  von  d.  Schuldverhdltnisten  1  pag.  355  not  ij :  €  Si  paret  Nunmrium  Negidium 
Aulo  Agerio  decent  Ephesi  dare  oportere  iudex  Numeriwn  Kegidium  Aulo  Agerio 
decern  condemnato  vel  quanti  plus  minueve  arbitratus  fuerit  quod  alterutrius  in- 
tersit  suo  loco  potius  quam  Romae  sohi  ». 

E  evidente  che  in  questa  formula  la  condemnatio  non  corrisponde  airtnf^nfto/  questa 
^  la  intentio  della  eondictio  certi,  quella  la  condemnatio  delle  azioni  arbitrarie:  unire 
l*una  alfaltra  h  inammissibile,  date  le  regole  delle  formule  romane. 

Secondo  il  Zimmern  (op.  cit  pag.  203)  si  pu6  congetturare  che  la  formula  per  il  caFO 
di  pagamento  di  una  somma  di  danaro  fosse  cosi  costruita:  «  Judex  esto:  si  paret  A™ 
N'^  ii*  it*  centum  Ephesi  dare  oportere,  neque  eo  nomine  Aulo  Agerio  a  N^  A*  sa- 
tisfaetum  erit,  quanti  ea  res  erit,  condemna  ».  E  chiaro  che  essa  pres  nta  queste 
particolaritA:  1.^  che  Vintentio  era  di  diritto  civile  e  di  cosa  certa  come  nella  stefsa 
eondictio  certi;  2.^  che  essa  contiene  la  enunciazione  delKobbligo  coirindicazione  del 
luogo  di  pagamento;  3.^  che  la  clausola  neque  satisfactum  erit  la  rende  arbitiaria, 
perche  Tesecuzione  precedente  impedir^  la  condanna;  4.^  che  questa  condanna  vi  ^  in- 
determinata  e  rimessa  al  giusto  apprezzamento  del  giudice,  riferendosi  in  questa  il  quanti 
ea  res  erit  all'oggetto  domandato  coITindicazione  del  luogo,  in  cui  dovera  essere  pagato 
ed  alia  mancanza  di  soddisfazlone  a  questo  riguardo.  Non  dubitiamo  che  la  soddisfazione 
compresa  neWarbitrarium  del  giudice  e  che  egli  doveva  apprezzare  ex  aequo  et  bono 
e  costituente  Toggetto  del  suo  jussus  preliminare  poteva  essere,  secondo  i  casi,  sia  il 
pagamento  della  cosa  dovuta,  tenuto  conto  della  difTerenza  del  luogo,  sia  anche  solo  una 
valida  cauzione  di  pagare  nel  luogo  indicato.  Ck)8i  TOrtolan  commenta  la  formula  dello 
ZiUMERN  nella  sua  opera  Explication  historique  des  Instituts,  12.^  Edition,  mise  au 
courant  de  T^tat  actuel  de  Tenseign.  du  droit  romain  »  per  I.  E.  Labbe  (Paris  1883 
n.  2151  pag.  64B). 

Secondo  il  Rudorpp  {Edicta  perpetui  quae  reliqua  sunt  S  96) :  <  Si  paret  N"  N" 
A^  Andare  oportere  quanti  arbitratu  tuo  alterutrius  inter  fuerit  eampecuniam  Ephesi 
potius  quam  Romae  dari,  tantam  pecuniam  A"  A*"  ^4^  A^  condemna  ».  Qui  si  ha 
un  arbitriwn^  ma  non  un' actio  arbitraria:  e  la  condemnatio  avrebbe  indicato  che  il 
giudice  non  dovesse  prendere  in  considerazione  la  difTerenza  condizionata  dalTinteresse 
del  luogo  di  fronte  alPimporto  nominale  del  debito  nella  stima  e  sempliceroente  ed  uni- 
camente  sentenziare  su  questa  difTerenza,  il  che  costituiva  un  resultato  veramente  fin- 
golare  (vegg.  Lenel,  op.  cit  pag.  195  e  Contr^uti,  ecc.  pag.  74  n.  17). 

II  Corn  propone:  <  Gaius  iudex  esto:  si  paret  A"  iV»  A*  A^  decern  promisisse 
neque  is  Ephesi  solverit,  quanti  ea  res  erit  (arbitratu  tuo),  tantam  pecuniam  con- 
demna, si  non  paret,  absolve  ».  Come  si  k  g\k  veduto,  il  Corn  ritiene  la  formula  in 
'^actum  concepta  con  una  intentio  locale,  la  quale  certamente  non  contiene'  nessun  or- 


FBIMA  APPENDIOE  DEL  TBiJDUTTOBB  AL  §  845.  87 

dine:  considera  ia  mancata  prestazione   nel   luogo  .di  pagamento  come  condizione  della 
condanna:  oggetto  della  condanna,  il  quanti  ea  res  erit.  % 

La  formula  del  Trbptow  e:  «  Titius  iudeof  esto:  Si  p.  N^  N"  A'^A^  Ephesi  dare 
oportere  nisi  arbitratu  tuo  Ephesi  ea  peeunia  solvatur  satisve  flat  eo  nomine,  quantt 
alieruirius  interest  Ephesi  potiusqvam  Rotnae  dari,  tantae  pecuniae  condemna,  s, 
n.  p.  a.  >;  a  queata  il  Trbptow  contrappone  la  formula  della  eondictio  eerti:  <  Si  p, 
S*  X"  -4®  A^  C.  d.  o.  judex  C.  e.  s,  n.  p,  a,  »  oeservando  che  sens'uopo'  di  ulterior! 
»piegazioni  emerger^  dal  confronto  delle  due  formule  TeBsenziale  deviamento  della  ar- 
hitraria  da  quel  la  della  eondictio  eerti  e  te  ne  potr&  dedurre  seni^altro  Taiuto  che 
apporta  Yarbitraria  nello  stato  delle  cose. 

II  YoiOT  si  occupa  delFargomento  nel  III  vol.  della  sua  ampia  opera  II  jus  civile 
ed  il  jus  gentium  dei  Romani  1871-1875,  ed  a  pagina  919  di  questo  volume  ci  dA  la 
seguente  formula  de\V actio  de  eo  q.  c.  I.:  c  SiparetS^  N"*  A^  A**  decern  Ephesi  dare 
oportere  judex  quanti  ea  res  erit,  tantam  pecuniam  N"  N"  A^  A^  condemneUo  nisi 
Ephesi  3olvat  s.n,p,a.»:  questo  insigne  cultore  del  diritto  romano  considera  pertanto 
il  Talore  della  prestazione  in  Efeso,  luogo  dove  questa  si  deve  eseguire,  e  senz*altro 
opina  che  nella  condemnatio  il  giudice  ne  stabilisca  Timporto  a  carico  del  convenuto 
se  egli  non  preferisce  eseguire  in  Efeso  Tobbligo  suo.  E  una  formula  semplice,  neffa 
quale  per6  si  fa  astrazione  completa  da  quasi  tutti  i  passi  delle  fonti  pid  interessanti 
e  che  non  rende  ragione  della  natura  particolare  deWactio  de  eo  quod  certo  loco  fra 
le  azioni  arbitraria. 

Prima  di  esporre  la  formula  del  Lenel  ed  i  motivi  che  la  rendono  fra  tutte  quella 
che,  a  mio  avviso,  merita  di  essere  seguita,  accenno  brevemente  anche  alia  formula  pro- 
posta  dal  Jousserandot  nella  sua  poco  fortunata  e  poco  seria  opera  Vidit  perpetuel. 
Paris  1883  voL  I  pag.  62. 

II  Jousserandot  fra  i  moderni  i  il  solo  che  abbia  osato  proporre  anche  1  editto  del 
pretore,  nel  quale  si  prometteva  la  formula;  questo  editto  sarebbe  stato  concepitu  cosl: 
*  Si  quis  certo  loco,  sihi  dare  stipulatus  esset,  cum  reus  non  accederet  nee  satisdaret, 
adversus  eum,  ut  arbitrio  iudicis  condemnatur,  utilem  actionem  dabo  ».  (Fra  gii 
antichi,  oltre  il  Noodt  citato  dal  nostro  Qluck,  avevano  fatto  congetture  sulle  parole 
deireditto  il  Magnus  {Ration,  et  diff,  iur.  civ.  lib.  I  cap.  XIV  nel  tesoro  di  Mbbrmann 
III  pagine  280-292),  il  Ranchin  {Edictum  per  p.  restitutum  D.  h.  t.  pag.  248  nel  tesoro 
di  Meermann),  il  Westenbero  (citato  dal  Db  Weyhe)  {Libri  tres  Edicti)y  ma  di  poco 
Talore). 

Queste  parole  sono,  per  la  maggior  parte,  suggerite  alFautore  dalla  L.  1  D.  h.  t,  e 
la  formula  viene  cosl  proposta: 

«  Judex  esto.  Si  paret  N"  N*^  A®  A^  Ephesi  illud  dare  oportere,  quanti  arbitratu 
tuo  altenUrius  interfuerit  earn  pecuniam  Romae  potius  quam.  Ephesi  dari,  tantam 
pecuniam  N^  N"»  A*  A*  c.  s.  n.  p.  a.  ». 

E  ne  piii  n^  meno  la  formula  del  Rudorff  coirindicasione  del  luogo  di  pagamento 
neWintentio :  in  quanto  aU'editto  ^  gi&  molto  averlo  qui  ricordato,  piu  per  diligenza,. 
che  perch^  meriti  in  sostanza  di  essere  ritenuto  un  tentattvo  riescito  di  ricostruzione. 

Finalmente,  secondo  il  Lenel,  la  formula  ^  da  concepirsi  coWintentio  in  ius  coirin- 
dicasione del  luogo  di  pagamento,  e  quindi: 

«  Si  paret  Numerium  Negidium  Aulo  Agerio  decern  Ephesi  dare  oportere  ». 

II  Lenel  trova  in  Ulpiano  tutti  gli  elementi  per  questa  intentio;  il  luogo  di  paga- 
mento Ephesi  6  indicato  nella  L.  2  §§  1-4  h.  t,  il  dari  nella  L.  2  §  5,  Y oportere  nella 
L.  2  §§  6  e  7  e  giustifica  questa  prima  parte  della  formula  anzitutto  per  la  natura  della 
cosa:  «  non  esisteva  un  motivo  ad  un  ulteriore  mutamento  della  intentio,  della  con-- 
dietio  eerti  >;  in  secondo  luogo  colla  inlitolazione  del  lib.  XIII  tit.  IV  del  D.  de  eo  quod 
c.  L  dari  oportet;  poi  la  circostanza  che  Vagere  della  nostra  actio  viene  designato  quale 
ajere  adifcty  loco  ed  in  confronto  a  cid  quale  pura  la  intentio  della  eondictio;  infin& 


:83  PBIKCA  APPEXDIOB  DEL  TBA.DUrrOSE  AL  ^  8i5. 

decisiva  la  L  2  §  7  h.  t.,  poiche  qui  viene  basata  Tattinenza  delVaetio  de  eo  q.  o.  loco 
^spressameQte  per  ci6  ideo  peti  potest;  che  nel  caso  del  frammento  liberatio  non  eon- 
.tigit,  cioe  che  perdura  il  civile  dari  oportere;  deve  quiodi  questo  dari  oportere  essere 
il  presupposto  della  vera  intentio  della  nostra  azione 

In  quanto  alia  seconda  parte  della  formula,  la  condemnatio,  il  Lenbl  dapprima 
Taveva  ricostruita  nel  seguente  modo: 

« iudeof  arbitratu  tuo  iV"  N»  A^  A^  condemna  si  non  paret  absolve  »  in  base 

.alle  parole  di  Ulpiano,  L.  2  §  8  h.  t. :  «  Julianus  Labeonis  opinionem  secutus  etiam  ac- 
toris  habuit  rationem. . .  ». 

In  ci6  aveva  veduto  la  prova  che  la  considerazione  dehUnteresse  del  luogo  proces- 
•suale  nella  nostra  azione  era  stata  introdotta  dalla  scieqza  e  che  non  «ra  quindi  pre- 
veduto  espressamente  nella  formula :  aveva  trovato  la  conferma  di  ci6  nel  §  33  Inst,  de 
'Oct,  dove  nella  indicazione  della  nostra  azione  e  detto  solo  che  il  giudice  possa  preoc- 
cuparsi  delPinteresse  del  luogo  del  convenuto  e  quindi  costrul  una  formula  da  cui  re- 
fiultasse  la  possibility  nel  giudice  di  tener  conto  deWutilitas  promissoris  senza  escludere 
quella-  dkiXYutilitas  actori,  innovazione  di  Labeonb;  per  tal  modo  la  formula  riescl  al 
Lenel  imprecisa. 

Ma,  in  seguito  ad  ulteriori  ricerche,  il  Lenel  si  convinse  che  la  condemnatio  do- 
Teva  espressamente  riflettere  Tinteresse  delle  due  parti,  e  sia  dalle  parole  della  L.  un. 
•G.:  «  In  qua  venit  aestimatio  quod  alterutt-ius  interfuit  suo  loco  potius  quam  in  eo  sol- 
vitur  solvi  >,  sia  dal  trovarsi  nella  L.  8  h.  t.  la  stessa  frase  «  quanti  eius  vel  actoris 
jnterfuerit  earn  summam  Capuae  potius  quam  alibi  solvi  »,  sia  perch^  in  relazione  al- 
I'interesse  del  convenuto,  cosl  pure  si  esprime  la  L.  2  §  8  h.  t.  c  si  iuterfuisset  rei 
Ephesi  potiu?  solvere  quam  eo  loci  quo  conveniebatur  »,  sia  infine  perche  Ulpiano  nel 
proemio  della  L.  2  pr.  h.  t.  pone  la  massima  «  arbitraria  actio  utriusque  utilitatem  con- 
•linet  tam  actoris  quam  rei :  quod  si  rei  interest,  minoris  fit  pecuniae  condemnatio  quam 
intentum  est,  aut  si  actoris,  maioris  pecuniae  fit. ... »  il  Lenel,  tenuto  conto  di  queste 
'Concordi  attestazioni  delle  fonti  opina  che  si  debba  essere  senza  dubbio  propenfi  a  rite- 
nere  le  parole  della  citata  L.  un.  Cod.,  quale  esempio  per  la  i icostruzione  della  con- 
^emnatio,  dato  che  si  riesca  a  conciliare  quei  rapporti  in  apparenza  contraddicentesi, 
il  che  non  gii  sembra  difficile.  In  primo  luogo  egli  osserva  che  il  §  33  Inst,  de  act,  IV, 
•C,  non  tratta  H^Vl  actio  de  eo  q.  c.  I.  in  tutte  le  sue  parti,  ma  solo  quale  mezz)  per  chie- 
>ddre  it  pagamento  di  un  debito  in  un  altro  luogo  da  quello  fissato  dalle  parti  senza  in- 
■correre  nei  pericoli  daWa.  plus  petitio  loci:  siccome  per6  le  conseguenze  deW&plus  pe- 
titio  loci  oHglnano  dalla  considerazione  delPinteresse  del  luogo  del  convenuto,  cosi  era 
naturale  che  nelle  Istituzioni,  indicandosi  la  nostra  azione,  si  rilevasse  nello  stesso  tempo 
<rhe  qui  quel  Tin  teresse  del  luogo  non  era  eventualmente  trascurato,  ma  se  ne  tenesse 
■conto  in  altra  maniera:  non  c'era  invece  ragione  perche  si  considerasse  in  quelle  il  pos- 
-«ibile  interesse  del  luogo  delPattore.  In  quanto  poi  alle  parole  della  L.  2  §  8  h.  t.  prima 
citate:  Julianus  Labeonis,  ecc,  queste  si  possono  interpretare  in  modo  non  solo  da  con- 
iraddire  la  supposizione  di  una  condemnatio  relativa  al  quanti  alterutrius  interfuit, 
ma  anzi  di  appoggiarla  in  modo  essenziale.  Basta  supporre  che  Giuliano  in  questo  fram- 
mento sia  citato  non  quale  semplice  autorit^,  ma  quale  redattore  dell* editto,  che  in  tale 
veste  riproducesse  una  critica  di  Labeone  alPeditto  piu  vecchio.  <  Nessuno  potri  negare 
ia  possibility  di  tale  interpretazione,  che  concorda  anzi  perfettamente  colle  parole.  E  si 
avrebbe  cosi  un  rapporto  sullo  sviluppo  stoi-ico  del  testo  della  formula,  il  quale  pro- 
verebbe  adiliriltura  la  coesistenza  di  questa  col  quanti  alterutrius  interfuit  ». 

Rimarrebbe  ancora  una  certa  tal  quale  incertezza,  perche  al  giudice  viene  ingiunto 

.di  basare  la  sua  stima  suirinteresse  di  una  delle  parti,  ma  non  gli  viene  detto  a  quale 

di  queste  due  deve  appigliarsi:  ed  e  appunto   qutsta   la  chiave  per  la  spiegazione  del 

vero  significato  delTindole  arbitraria   della  nostra  azione,  sul  quale  ci  siamo  sopra  in- 

4trattenuti. 


PBIMA  APPENDICE  DEL  TBIDOTTOSB  AL  §  845.  89 

Id  base  al  senso  la  condemnatio  pu6  solo  essere  stata  concepita  chiaramente  cosi: 
«  N"  N*^  A^  A^  decern  aut  si  quid  altenUritie  interfuit  earn  peouniam  Ephesi 

potius  quam  Romae  solvi,  tanto  plurit  minorisve  c.  a.  n.  p.  a.  *. 

A  questo  modo  di  concepire  la  formula  pud  essere  riferito  cid  che  dice  Ulpiano  nella 

L.  2  S  8  h.  t.: 

<  Nunc  de  officio  iudicis  huius  actionis  loquendum  est,  utrum  quantitati  contractus 
debeat  servire  an  vel  excedere  "vel  minuere  quantitatem  debeat ». 

Era  c6mpito  delFo/Tfctum  iudicis  di  deciders!  fra  le  tre  possibility  che  gli  erano 
perroesse  dalla  formula. 

Deireditto  che  precede va  la  nostra  formula  mancano  le  prove  nelle  fonti:  il  Lehel 
credeTft  an  tempo  di  averne  trovato  una  traccia  nelle  parole  del  S  33  Instit.  de  act 
4,6: 

<  Si  quia  tamen  Ephesi  petat,  id  est  eo  loco  petat,  quo,  ut  sibi  detur,  stipulatus  est, 
pura  actione  tecte  agit,  idque  etiam  praetor  numstrat,  scilicet  quia  utilitas  solvendi 
salTa  est  promissori  >,  ma  data  la  formula,  di  cui  sopra,  queste  parole  possono  essere  a 
preferenza  riferite  di  conformity  alia  lettera  di  quest^ultima,  e  sembra  piu  cauto  Taste- 
nersi  da  ogni  congettura  riguardo  alKeditto  etesw  (veggasi  sul  rapporto  fra  Teditto  e  la 
formula  it  dotto  libro  del  Wlassak,  Edict  und  Klageform.  Jena  1882  e  la  nota  a  al 
9  498  del  lib.  V  tit  I  di  questo  Commentario  scritta  dalPillustre  Bruoi). 

Mi  resta  era  da  accennare  breremente  alle  varie  possibilitji  delta  applicazione  dei- 
i^aetio  de  eo  qttod  certo  loco,  ai  fora,  avanti  i  quali,  detta  azionepoteva  essere  espe- 
rita,  ed  infine  alio  sviluppo  di  questo  mezzo  processuale  nella  procedura  per  fbrmulas 
«  nella  procedura  successiva  fino  a  Gitjstiniano. 

In  quanto  airappticazione  delVactio  de  eo  quod  certo  loco  giova  tener  presente  che 
quest*auone  fu  introdotta  per  sostituirne  altra,  la  quale  non  si  pot^  esperire  per  Tas- 
sensa  del  debitore;  converr^  quindi  di  ricercare  a  quale  categoria  di  azioni  doveva  ap- 
{>artenere  Vactio  sostituita  per  lasciare  posto  alia  possibility  di  esercizio  della  nostra 
azione  arbitraria. 

Dalla  L  2  §  1  D.  h.  t.  si  rileva  cbe  il  primo  e  piu  regolare  caso  di  applicazione 
deWactio  de  eo  quod  certo  loco  si  fu  riguardo  alPazione  che  derivava  dalla  stipulazione 
(Gluck  S  846):  «  Haec  autem  actio  ex  ilia  stipulatione  venit,  ubi  stipulatus  sum  a  te 
Ephesi  decern  dari  >,  quindi  se  si  trattava  di  dare  un  certum:  nulla  infatti  di  piO  certo 
secondo  i  principi  del  diritto  roroano  di  una  somma  di  danaro;  certutn  poteva  perd  es- 
-sere,  oltre  a  certa  pecunia,  anche  certa  res  e  per  tutti  e  due  questi  oggetti  era  ap- 
plicabile  Yactio  arbitraria  come  Gaio  ci  insegna.  Solo  e  verosimile  che  dapprima  si 
iisasse  solo  per  la  certa  pecunia,  uUeriormente  per  la  certa  res.  Invece  data  falter- 
nativa  decern  aut  homo  convien  distinguere :  se  il  creditore  ha  la  scelta,  questa  esercitata, 
-si  Iha  il  certum. 

Quando  la  scelta  spetta  al  creditore  si  pu6  dire  che  egli  ha  convenuto  una  cosa  certa, 
perch^  tanto  per  Tuna  che  per  Taltra  e  la  sua  stessa  azione  che  determina  la  presta- 
zione  cui  e  obbligato  il  debitore.  Cos!  Ulpiano  nella  L.  75  §  8  (libro  XXII  ad  Edictum) 
D.  de  verb,  oblig.  45,  1  (veggasi  Lboni,  La  teoria  del  diritti  e  degli  obblighi  div.  ed 
indiv,  Padova  1887  pag.  65).  Veggansi  anche  le  L.  7  §  1;  L.  8  D.  h.  t.;  L.  un.  C.  3, 18; 
%  33  Inst  (IV,  6). 

La  stipulatio  certi  e  per  it  Corn  il  caso  modello  (op.  cit.  pag.  53)  dei  giureconsulti , 
ma  non  Tunico;  sono  infatti  espressamente  nominate  le  azioni  dal  legato  per  damna- 
tionem  (L.  5  D.  h.  t.)  di  cui  dir6  poi,  e  dal  mutuo.  L.  6  D.  h.  t:  «. . . .  aut  mutua  pe- 
cunia sic  data  fuerit,  ut  certo  loco  reddatur  ».  In  tutti  quest!  casi  Tazione  relativa  da 
soolituire  .^  la  condictio.  In  quanto  poi  al  caso  della  conditio  triticaria  per  omnis  certa 
res  praeter  pecuniam  numeratam  6  notevole  che  la  sua  formula  contiene  gi&  la  indi- 
cazione  alia  stima  quanti  ea  ret  est,  c\A  se  la  prestazione  della  cosa  non  avveniva  in 
ana  reee  doTevasi  darne  il  valore. 

GlOck,  Ccmm.  Pandette.  —  Lib.  XI] 7.  12 


90        FBIMA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTORB  AL  §  845. 

Qui  per6  non  8i  ha  ancora  la  considerazione  deirinteresse  del  luogo  che  troviamo 
invece  nella  nostra  actio  arhitraria,  la  quale  pu6  ravvisarsi  in  certo  qual  modo  anche 
quale  completamento  della  triHcaria. 

Sono  invece  escluse  dalla  possibilitji  di  essere  sostituite  ds\V actio  arbitraria  le  azioni 
di  buona  fede  e  lo  eanziona  espressamente  il  §  1  della  L.  7  D.  h.  t.:  «  In  bonae  fidei 
judiciis  etiamsi  in  contrahendo  convenit,  ut  certo  loco  quid  praestetur,  ex  empto  vel 
vendito  vel  depo&iti  actio  competit,  non  arbitraria  actio  ». 

S  ci6  perch^  coirintroduzione  deWactio  arbitraria  si  ebbe  in  mira  di  permettere  al 
creditore  Tesercisio  del  suo  diritto  senza  il  pericolo  di  perderlo;  nei  casi  nei  quali  il 
creditore  poteva  esperire  un*azione  di  buona  fede,  non  correva  il  pericolo  di  incorrere 
in  una  plus  petiiio:  queeto  il  perchd  della  decisione  di  Paolo.  Certo  si  pu6  qui  ob« 
biettare  che  non  accordandosi  V arbitraria  si  toglie  al  debitore  il  vantaggio  che  egii 
risentirebbe  ottemperando  aila  pronunzia  del  giudice,  mentre  quando  contro  di  lui 
si  esperisce  V actio  bonae  fidei  egli  h  condannato  se  resulta  provata  la  domanda  del- 
Tattore.  Per  le  azioni  di  buona  fede  perd  che  hanno  per  obbiettivo  una  restituzione  si 
pu6  rispondere  che  in  questo  caso  erano  arbitrarie  (veggasi  Saviony,  op.  cit.  vol.  V 
§  223)  e  se  si  ammette  che  anche  le  altre  possono  diventare  arbitrarie  nei  senso  che 
non  c'^  ostacolo  a  che  il  giudice  investito  di  un  potere  di  apprezzamento  assai  esteso* 
possa  ordinare  al  convenuto  di  obbedire  ad  un  arbitrium  che  egli  stabiliri,  se  intends 
essere  accolto;  non  resterebbe  a  carico  del  convenuto  che  la  differeuzh  (ra,  Vobbligo  del 
giudice  neWactio  arbitraria  di  tener  conto  deirinteresse  delle  parti  e  la  facoltd  di  far- 
questo  nelle  azioni  di  buona  fede. 

Indubbiamente  per6  i  Romani  non  avevano  a  preoccuparsi  del  vantaggio  eventuale- 
che  poteva  derivare  al  debitore  daU'esser  giudicato  piuttosto  in  base  aXVacUo  arbitraria 
che  in  base  a  quella  derivante  dal  contratto  di  buona  fede. 

Non  si  applicava  Varbitraria  neppure  quando  Tattore  aveva  a  sua  disposizione  la 
condictio  incerti:  h  Papiniano  che  lo  insegna  nella  L.  43  lib.  XXVII  Quaettionum  D. 
{de  iudiciis)  5,  1: 

€  Eum  qui  insulam  Capuae  fieri  certo  tempore  stipulatus  est,  eo  finito,  quocumque 
loco  agere  posse  in  id  quod  interest  constat »  (veggasi  contra  Donello,  il  quale  opinava^ 
che  fosse  applicabile  Varbitraria  anche  nelle  obbligazioni  che  avevano  per  oggetto  un 
incertum). 

Uactio  arbitraria  poteva  sostituire  Vactio  de  pecunia  constitutaf  Si  pu6  dedurre- 
una  risposta  aifermativa  dalla  L.  16  §  I  Ulpiano  lib.  XXVII  ad  Edictum  D.  de  pec. 
const,  13,  5? 

<  Sed  et  certo  loco  et  tempore  constituere  quis  potest,  nee  solum  eo  loc  posse 
eum  petere,  ubi  ei  constitutum  est,  sed  exemplo  arbitrariaeactionis  ubique  potest  ». 

Questa  legge  dice  solo  che  pu6  convenirsi  nei  constitutum  la  prestazione  in  luogo 
determinato ;  e  che  Tazione  relativa  si  pu6  esperire  anche  fuori  di  questo  luogo  e  pre- 
cisamente  exemplo  arbitrariae  actio,  Fu  un  errore  quello  degli  antichi  scriltori  (cosi- 
della  glossa  di  Accursio,  di  Bartolo,  di  Noodt  e  del  nostro  Gluck  §  846)  di  interpretare 
questa  legge  nei  senso  che  anche  per  il  eostituto  con  luogo  deteiminato  per  il  paga<^ 
mento  potesse  applicarsi  Yactio  arbitraria  invece  deiVactio  de  constitiUa  pecunia, 

Tutt*al  piu  si  pu6  ammettere  col  Corn  (op.  cit.  pag.  56)  che  quando  si  trattava  di. 
constitutum  con  luogo  di  pagamento  precisato,  si  potesse  alio  scopo  di  esperire  Tazione 
de  constituta  pecunia  fuori  di  questo,  riiasciare  la  formula  con  indicazione  neirint^nd'o. 
del  luogo  di  pagamento  convenuto  ed  il  fatto  della  inesecuzione  nei  seguente  modoL 
«  Si  paret  N™  N*  A**  A^  decern  Ephesi  soluturum  se  constituisse. . . .  neque  solvisse 
Ephesi. . . ». 

Tenuto  conto  che  ormai  si  considerano  distinte  le  actiones  in  factum,  conceptae^. 
dalle  azioni  di  buona  fede  pu6  ritenersi  che  Y{tctio  de  constituta  pecunia  potesse  nella 
sua  qualiti  di  actio  in  factum  eventualmente  assumere  la  qualifica  di  arbitraria    mal 


PRIMA  APPBNDIOE  DEL  TRADUTTORE  AL  §  845.        91 

per6  arbitraria  nel  senso  delVantio  de  eo  quod  eerto  loco  (veggmsi  Saviony,  op.  cit. 
voL  V  §  216). 

SoDo  contrari  speclalmentd  il  Kbllbr,  Diritto  civ,  §  33  c.  354  e  wg.  e  il  Bbkkbr, 
Atkmi  Tol.  II  pag.  136  e  seg. 

Da  ci6  pud  altresi  facilmente  desumeni  cfae  sia  cosl  avveouio  nei  casi  di  commodato 
e  di  deposito,  di  cui  le  formule  sono  concepite  anche  in  falto  (Qaio,  Camnt.  IV  §  47;  L.  3 
%  1  Ulpiamus  lib.  XXVIII  ad  Ediettm  D.  Commodati  vel  contra  13,  6;  L.  1  §§  16, 40 
Ulpianus  lib.  XXX  ad  Edictum  D.  deponti  vel  contra  16,  3)  e  fors^anche  nella  formula 
€x  reeepto  nautarum  (veggansi  mWactio  ex  reeepto  le  sapient!  note  deirillustre  Lan- 
Ducci  al  §  494  di  questo  Comment,  alle  Pandette  lib.  IV). 

Nessuna  applicazione  deWactio  arbitraria  pu6  verificarsi  nelle  actionem  in  rem  ed 
10  quelle  ex  maleficio  (Cohn,  op.  cit.  pagine  57-58). 

Quid  relativamente  kVl  actio  ad  exhibendumf  Manca  anche  in  questa  un  Foro  spe- 
ciale  per  la  prestazione;  sideve  quindi  ritenere  inapplicabile  V actio  arbitraria  (veggasi 
Deueuus,  Rechtsfiction  in  ihrer  geschichtlichen  und  dogmatischen  Bedeutung,  Wei- 
mar 1858eDBMBLius,  Exkibitioneflicht  pag.  19  e  seg.;  questVltima  opera  citata  dal  Cobn, 
op.  dt.  pag.  59). 

In  quanto  riguarda  Vactio  judicata  siccome  non  si  k  riesciti  ancora  a  ricostruirne 
la  formula  neppure  approssimativamente  6  possibile  la  congettura  che  se  fosse  stata  in 
factum,  concepta  si  potesse  exemplo  arbitrariae  actionie  trovare  nella  sua  intentio 
la  stessa  ammissione  per  la  presentazione  delFazione  allMnfuori  del  luogo  di  pagamento. 

Da  ultimo  per  il  legato  la  L.  5  b.  t  di  Paolo  dice  espressamente  «  si  heres  a  te- 
statore  iussus  sit  certo  loco  quid  dare,  arbitraria  actio  competit » :  trattasi  in  questa 
legge,  Tunica  che  si  occupi  dei  legati  in  relazione  sAV arbitraria,  del  legato  per  damna- 
tionem,  come  lo  dimoetrano  le  parole  della  legge  stessa  (Trbptow,  op.  cit  pag.  45). 

Solo  questo  legato  ammette  Varbitraria,  perch^  Tazione  che  si  accorda  al  legatario 
e  tanto  in  personam  (contrariamente  a  quella  che  si  accorda  nel  legato  per  vindu 
caHonem  e  praeceptionem)  quanto  certa  (L.  9  §  1  Ulpianus  lib.  XXVI  ad  Edictum 
D.  de  rebus  ereditis,  ecc.  12,  1 ;  Gaio,  Comm.  II  §  204)  (contrariamente  a  quanto  av- 
viene  nel  legato  sinendi  modo). 

Va  da  nk  che  se  oggetto  del  legatum  per  damnationem  fosse  stato  un  incertum, 
Varbitraria  non  avrebbe  potuto  essere  esperita. 

Nel  diritto  giustinianeo  per6  essendo  stati  pareggiati  i  legati  ai  fedecommesst  ut 
nulla  sit  inter  ea  differentia,  non  h  rimasta  nessuna  ragione  per  Tuso  deWarbitraria 
nel  legato. 

Per  le  obbligazioni  di  buona  fede,  e  tali  sono  ormai  i  legati,  anche  Paolo  aveva 
espressamente  esclusa  Varbitraria. 

In  quanto  alPapplicazione  deWarbitraria  anche  nelle  altre  azioni  di  stretto  diritto 
non  nominate,  il  Fabro  opina  negativamente:  ritiene  cioe  applicabile  Varbitraria  solo 
nei  casi  indicati  nel  nostro  titolo  delle  Pandette. 

Una  speciale  controversia  si  ^  discussa  suirapplicazione  deWaetio  arbitraria  ai  ri- 
guardi  dei  cosidetti  contratti  innominati.  Mentre  il  Fabro  sostenne  la  negativa,  if  Ba- 
CHOTio  ammette  senz^altro  Tapplicazione  deWarbitraria  e  Tammette  il  Voet  almeno 
per  il  caso  facio  ut  des  certo  loco. 

LA  di^ersitf  delle  opinion!  dipende  fra  altro  dal  modo  diverso  di  considerare  Tindole 
dei  contratti  innominati,  se  di  diritto  strelto  o  di  buona  fede,  e  su  questo  punto  discor- 
dano  anche  gli  scrittori  modern!.  II  Keller  li  ritiene  completamente  di  buona  fede  (op. 
cit.  §  42  pag.  187),  il  Rudorfp  stricti  iuris  [Storia  del  dir.  rom.  §  42  pag  151  n.  23); 
cf.  anche  Pucbta,  Pandette  §  165  e  seg. 

Del  resto,  osserva  il  Trbptow,  e  giustamente,  non  contraddice  a  ci6  il  fatto  che  i 
casi  i  quali  si  concepissero  do  tibi  C.  ut  des  mihi  C.  Ephesi  possono  parere  ben  adatt! 
per  Tapplicazione  deWarbitraria  e  disadatti  gli  altri  faaio  ut  facias^  do  ut  facias  certo 


92        PBIHA  APPENDIOB  DEL  TRADUTTOBB  AL  §  845. 

loeo,  perchd  se  doTesse  coetruirsi  U  formula  par  il  caso  do  tibi  C.  ut  det  tnihi  C.  Bpkes 
questa  dovrebbe  concepirsi  cos):  «  Ea  res  agatur,  quod  As  A»  No  No  C.  ea  lege  dedit 
ut  aihi  C.  Epheai  daret,  quidqtud  ob  earn  rem paret  N*^  N*  A^  A^  dare  faeere  opor- 
tere  (ex  fide  bona)  ejus  judex  c. ». 

V actio  da  sostUuirsi  sarebbe  stata  V actio  civilis  in  factum  seu  praesoriptis  verbis , 
e  cio6  una  azione  che  conteoeva  uella  demonstratio  la  esposizione  del  fatto. 

Ne  deriva  quiodi  in  base  a  quanto  si  h  detto  sull'lndole  delV arbitraria,  che  assa 
Don  e  assoiutamente  ai  contratti  innominabili  applicabile  (veggansi  Accarias,  Theorie 
dee  contrats  innommis,  ecc.  Paris  1856;  Van  Wetter,  Les  oblig.  en  d.  r.  Qand  1884 
II  §  117;  Maynz,  Cours  de  droit  romain  IV  ed.  Bruxelles  1877  vol.  II  §  243;  SBROi,Xa 
teoria  generate  dei  patti  e  dei  contratti,  Messina  1884  cap.  IV  pag.  125;  Arkdts-Se- 
RAFiNi,  Pandette  vol.  II  §  235  e  nota  relativa;  Scbcpfbr,  11  diritto  delle  obbligasioni. 
Padova  1868  pag.  348  e  seg.l 

In  quanto  alia  queslione  :  dove  i]  creditore  possa  esperire  Yactio  arbitraria,  si 
vedri  nei  testo  §  846,  che  il  nostro  Gluck  segue  Tavviso  piu  razionale  euirin- 
rinterpretazione  delle  frasi  alio  loco,  quolibet  loco,  quoeunque  loco,  ubique.  Sar& 
nondimeno  opportuno  soffermarsi  un  poco  in  proposito. 

Due  opinioni  stanno  di  fronte.  Alcuni,  e  cio^  Bartolo,  Fabbr,  Mornacio,  Keller 
opinano  che  il  creditore  pos^a  esperire  la  sua  azione  dove  gll  piaccia.  «  Generalitas 
dictarum  legum,  quae  hoc  ezpresse  dicunt  »  e  il  motivo  addotto  da  Bartolo  quanto  alia 
L.  16  §  1  Ulpianus  lib.  XXVII  ad  Edietum  D.  de  const,  pec.  13,  5  e  alia  L.  43  Papi- 
NiANUS  lib   XXVII  Quitestionum  D.  de  iud.  5,  1. 

Opina  il  Fabro  che  «  eum  qui  nuUo  certo  loco  debeat  quocumque  loco  conveniri 
posse  »  e  si  richiama  alia  L.  43  D.  de  iud  5,  1,  ed  alia  L.  27  Paclus  lib.  XXVI 1 1  ad 
Ediotufn  D.  de  condictione  indebiti  12,  6. 

Questi  scriltori  si  appoggiano  altresl  alle  parole  c  alio  loco  petenti  proponitur  arbi- 
traria actio  >  del  $  33  Inst.  4,  6  ed  alia  L.  un.  Cod.  ubi  conreniatur  qui  certo  loco 
dare  promisit  3,  18:  «  Qui  certo  loco  se  soluturum  pecuniam  obligat,  si  solutionis  satis 
non  fecerit,  arbitraria  actione  et  in  alio  loco  potest  conveniri:  in  qua  venit  aestimatio 
quod  alterutrius  interfuit  pro  loco  potius  quam  in  eo  in  quo  petitur  solvi ». 

Queste  espressioni  cosl  generali  fecero  supporre  che  il  creditore  potesse  procedere 
ovunque  egli  trovasse  il  debitore  collVctto  arbitraria,  quindi  anche  davanti  un  giudice 
in  altro  caso  incompetente. 

II  Treptow  obbietta  quanto  alFidea  di  .Bartolo  che  cid  che  egli  scrive  implica  una 
interpretazione  restrittiva,  e  quanto  al  parere  del  Faber  che  non  e  vero  possa  il  de- 
bitore vbique  solvere  come  questo  desume  dalla  L.  137  §  2  Vbkulejo  lib.  I  Stipula* 
tionum  D.  de  verb.  obi.  45,  1  per  servirsene  come  argomento  per  Vitbique  aget^^:  la 
L.  137  §  2  sottointende  la  frase  volente  creditore  (veggasi  anche  la  L.  122  pr.  Sgabvola 
lib.  XXVIII  Ligestorum  D.  45,  1  e  Voet,  Comm.  alle  Pandette.  Venezia  1847  vol.  II 
pag.  579). 

Neppure  la  L.  19  S  4  Ulpiano  lib.  LX  ad  Edietum  D.  5,  1  sta  a  favore  del  Fabro  ; 
anzi  conforta  Tinterpretazione  ristrettiva  di  cui  ci  siamo  occupati. 

In  quanto  alle  leggi  surriferite  che  si  invocano  per  Topinione  esposta  giova  notare 
che  la  L.  16  §  1  D.  efe  const,  pec.  13,  5  dice  solo  che  V actio  de  pec.  const,  exemy  lo 
arbitrariae  aetionis  ubique  ...  pu6  essere  esperita;  nella  L.  43  D.  5,  T  trattasi  di  #(i- 
pulatio  incerta :  €  Eum,  qui  insulam  Capuae  fieri  certo  tempore  stipulatus  est,  eo  finito 
quocumque  loco  agere  posse  in  id  quod  interest  constat  >;  non  pu6  quindi  invocarsi  a 
proposito  deiro^fto  arbitraria  e  meno  ancora  la  L.  17  che  si  occupa  della  cond.  inde- 
biti: €  Qui  loco  certo  debere  ezistimans  indebitum  solvit  quolibet  loco  repetet:  nou 
enim  existimationem  solventis  eadem  species  repetilionis  sequitur  ». 

Altri  ritengono  con  pid  fondamento  che  il  creditore  possa  esperire  Vactio  dc  eo  q. 
c.  I,  nei  laoghi  nei  quali  vi  sia  un  giudice  competente  per  il  debitore. 


PBIMA  APPfiNDIOE  DEL  TRAJDUTTORE  AL  §  845.  03 

U  che  risponde  altreel  ai  principi  del  diritto  romano  sulla  competenza  che  vanno  qui 
breremente  ricordati. 

E  Doto  Tadagio  actor  forum  ret  sive  in  rem  eive  in  personam  sit  actio  sequitur, 
Frag.  Tat  §  326;  L.  3  Cod.  ubi  in  rem  actio  exereeri  debet  3,  19. 

Le  azioni  d  doveyano  in  generale  esperire  davanti  i  magistrati,  airautorit^  dei  quali 
era  soggetto  il  convenuto,  e  cioe: 

a  I  daTanti  quelli  della  citt4  in  cut  abitava  [domiciUum,  forum  domicilii); 
b)  davanti  a  quelli  della  eivitas  di  cui  6  cittadino  il  convenuto  {origo,  forum  ori* 
ginis)  L.  29  Gxio  lib.  I  ad  Ed.  prov,  D.  ad  Municip.  50,  1. 

Quando  ai  Municip!  si  estese  la  cittadinanza  romana,  si  ebbe  un  doppio/brum  ori- 
ginis;  il  particolare  del  luogo  di  nascita  ed  il  generale  di  Roma,  considerata  patria 
comune.  Modbstino,  L.  33  (libro  sing,  de  manum)  D.  50,  1:  Roma  comunis  nostra 
patria  est. 

L*attore  pu6  a  sua  scelta  citare  il  convenuto  davanti  la  giurisdizione  di  una  qua- 
luDque  delle  citt4  in  cui  questi  ^  cittadino  od  abitante. 

Non  bisogna  dimenticare  che  in  diritto  romano  il  domicilio  non  rappresentava  punto 
la  persona;  ed  altresi  che  per  citare  il  convenuto  biaognava  trovarlo  e  condurlo  avanti 
iJ  giudice,  senza  di  che  non  c*era  mezzo  di  agire  contro  di  lui  e  diveniva  impossibile  la 
lite,  da  cui  resulta  che  il  domicilio  non  presentava  interesse  che  dal  punto  di  vista  della 
indicazione  dei  magistrati,  avanti  i  quali  poteva  essere  iniziato  il  processo. 

E  se  le  fonti  si  occupano  spesso  del  forum  domicilii  e  raramente  del  forum  ori' 
ginis  (veggansi  le  L.  19  §  4  D.  5,  1;  L.  29  Ulp.  lib.  Y  Opinionum  D.  de  inoff.  test. 
5,  2;  LL.  1,  Gaio  libro  XXIII  ad  Ed.  prof>.,  2  Paulus  hb.  LIV  ad  Ed.  D.  de  rebus 
auet.,  ecc.  42,  5;  Frag,  vat  §  326 ;  L.  2  C.  de  iurisd,  omnium  jud,  3, 13;  L.  un.  C.  ubi 
d9  hsred,  agatur  3,  20;  L.  3  C.  3,  19;  L.  20  Paolo  lib.  LVIII  ad  Ed.;  L.  45  pr.  Pa- 
piKiANO  lib.  Ill  Resp.  D.  de  iud.  5,  1 ;  L.  4  C.  ubi  causa  status  agi  debeat  3,  22,  ecc.)* 
e  seoza  dubbio  a  motivo  che  il  forum,  originis,  non  potendo  essere  adito  se  non  quando 
▼i  si  trovava  il  convenuto,  era  piu  generale  Tabitudioe  di  fare  la  causa  davanti  i  magi- 
strati del  sue  domicilio,  dove  era  piii  facile  e  piu  comodo  raggiungere  il  debitore. 

Spiega  ci6  in  modo  diverso  il  Saviony.  Egli  dice  che  solo  in  Italia  questa  regola 
trovava  applicazione  completa,  e  non  nelle  provincie,  in  cui  i  magistrati  municipali  non 
STevano  giurisdizione;  non  poteva  dunque  esservi  giurisdizione  fondata  sul  diritto  di 
cilt4,  mentre  Fidea  ajBtratta  del  domicilio  si  applicava  cosi  bene  al  territorio  della  pro- 
vincia  e  p«r  conseguenza  alia  giurisdizione  del  suo  governatore,  come  al  territorio  di 
una  citti.  E  cita  in  appoggio  le  LL.  19  §  4  D.  5,  1  e  29  §  4  D.  5,  2. 

In  luogo  di  essere  domiciliati  nelle  citt&,  lo  si  era  nella  provincia,  di  cui  la  citt4  for- 
mava  parte. 

II  convenuto  poi  dev^esser  citato  nel  luogo,  dove  6  attualmente  e  non  in  quello,  in  cui 
era  in  antecedenza  domiciiiato,  e  ci6  perche  il  domicilio  pu6  cambiarsi  (L  20  Paulu» 
lib.  XXIV  Quaestionum  D.  ad  Municipalem  50,  1)  e  con  questo  cambiasi  la  giurisdi' 
zione,  mentre  la  giurisdizione  delforigine  non  cambiasi,  perch^  non  si  pu6  rinunziare 
alia  propria  origine  ne  cambiaria  per  soltrarsi  ai  pesi  che  ne  resultano  (L.  6  pr.  Ulp. 
libro  II  Opinionum  D.  ad  Municip*  50,  1.  N^  la  L.  2  C.  3,  13,  pu6  contraddire  alia 
suesposta  massiroa;  essa  va  intesa  nel  senso  dato  da  Donbllo  che  la  legge  cosi:  €  vel 
tempore  contracCus  ibi  ioterpositi  habuit »  e  che  cio^  il  convenuto  deve  seguire  il  Foro 
del  luogo,  dove  aveva  il  domicilio  nel  momento  del  contratto;  non  perche  era  in  quello 
in  precedenza  domiciiiato,  ma  perche  1^  aveva  contrattato  ed  6  costante  che  ciascuno 
pu6  esser  soggetto  alia  giurisdizione  del  luogo,  in  cui  il  contratto  k  stato  fatto  (L.  19 
S§  1  e  4  D.  5,  1;  LL.  I,  2  %\k  citate;  L.  3  Qaio  lib.  XXIII  ad  Ed.  prov.  D.  42,  5),  in 
quesfultima  L.  3  Gaio  dice  non  nel  luogo  in  cui  h  stato  concluso,  ma  dove  solvenda 
fst  peeunia. 


94        PRIMA.  APPENDIOE  DEL  TRADUTTOBE  AL  §  845. 

Se  cosi  non  fosse,  il  convenuto  potrebbe  essere  citato,  ala  nel  nuovo  che  nel  vecchio 
domicilio  ed  anche  in  altro  luogo,  se  il  contratto  fu  concluso  in  quesf ultimo,  il  che  e 
inammissibile:  tengasi  fermo  dunque  il  principio  relativo  al  domicilio  attuale,  ed  al 
vecchio  solo  quando  ia  via  eccezionale  in  quello  pu6  essere  chiesta  la  esecudone  del 
contratto  (veggasi  la  L.  125  Gaio  lib.  V  ad  Ed.  prov.  D.  50,  17). 

e)  Avanti  il  magistrato  del  luogo,  in  cui  per  volere  delle  parti  espresso  o  tacito  fu 
portata  la  lite  e  che  abbia  la  opportunaturirdictio.*  per  volere  tacito,  se,  per  esempio, 
fu  tratto  alcuno  avanti  un  giudice  incompetente,  ed  egli  non  abbia  opposto  la  prae- 
scriptio  fori. 

d)  In  base  poi  a  special!  rapporti  contratti  dal  convenuto  in  un  territorio  diverso 
dal  suo,  poteva  essere  anche  citato  avanti  il  giudice  del  luogo,  in  cui  il  contratto  fu 
concluso  forum  contractus,  fbrum  soltOionis. 

Se  a  favore  del  convenuto  esistono  piii  Fori,  di  regola  spetta  alPattore  la  scelta  del 
tribunale,  dinanzi  a  cui  vuole  chiamarlo  (L.  2  §  3  D.  h.  t.;  Vobt,  h.  t  §  66 ;  Mbvius,  p.  Ill 
dec.  20  Fratr.  Bechma.nnorum,  Consil.  et  decis.  p.  I  res.  I  n.  13  p^  25;  G.  Christ.  Winter, 
Diss,  de  electione  fori,  Altorfii  1725;  Malblanc,  §  149),  eccetto  che  il  convenuto  non 
abbia  un  primUgium  electionis  fori,  mediante  cui  egli,  fra  piu  tribunali  competent! 
nella  causa,  possa  indicare  quello,  dinansi  al  quale,  egli,  nei  casi  di  cui  trattasi,  vuol 
essere  citato  (veggasi  questo  Cumm.  §  509  lib.  V  tit  I). 

In  merito  alia  prima  opinione  e  evidente  che  Vubique  e  le  altre  espressioni  indicate 
devono  interpretarsi  nel  senso  che  il  creditore  ha  la  scelta  del  luogo,  in  cui  intende 
esperire  Tazione,  purch^  il  magistrato  di  questo  luogo  sia  competente  ai  riguardi  del  de- 
bitore  a  conoscere  deirazione,  nel  caso  in  cut  il  luogo  del  pagamento  non  sia  stato  de- 
terminato  (veggasi  la  L.  19  pr.  Ulpiano  libro  se^cangesimo  fid  Edictum  H.de  iud.  5,  1). 
Infatti  sarebbe  strano  che  colui,  il  quale  ha  promesso  in  un  luogo  determinato,  oltre 
airessere  in  conseguenia  A^W actio  arbitraria  che  si  esperisce  privato  del  forum  con- 
tractus, possa  essere  citato  davanti  a  qualunque  giudice,  diventando  proprio  a  disposi- 
zione  del  creditore,  mentre  chi  si  h  impegnato  sensa  stabilire  luogo  di  pagamento  non 
pu6  essere  chiamato  che  davanti  a  un  giudice  competente  a  base  delle  regole  suindicate. 
(Trbptow,  op.  cit.  pag.  53). 

Non  ci  sarebbe  ragione  di  trattare  il  debitore  come  il  Bartolo  vuole  ad  fitgitivi 
similitudinetn  e  di  considerarlo  un  vagabundtis^  mentre  egli  merita,  come  appare  dai 
giuristi  romani,  speciale  riguardo.  Si  noti  che  il  debitore  non  e  libero  di  pagare  se  non 
nel  luogo  destinato  per  il  pagamento  (cf.  L.  9  h.  t.):  come  si  poteva  accordare  quindi 
al  creditore  un  diritto  cosl  esteso,  come  sarebbe  quello  di  chiamare  il  debitore  in  giu- 
dizio  ove  gli  fosse  piaciuto?  Arrogi  che  Gaio  ci  lasci6  scritto  nel  lib.  V  od  Ed.  prov.: 
«  Favorabil  lores  rei  potius  quam  actores  habentur  >  L.  125  D.  de  div.  reg.  t.  a.  50, 17. 

E  quindi  a  ritenersi  preferibile  quanto  gik  Donello  scrisse:  «  Probo  Joannis,  Azonis, 
Accursii  sententiam,  quae  et  vulgo  magis  recepta  est,  in  posterioribus  locis  ilia  quovis 
loco  et  ubique  sic  interpretanda  esse  quovis  loco  idoneus  seu  quovis  i.  es.  et  in  eo  ubi 
dari  debuit  et  alio  etiam;  eo  tamen  in  quo  si  locus  adjectus  stipulationi  non  esset,  de- 
bitor conveniri  potulsset  ».  Lo  seguono  tutti  gli  altri  giureconsulti  (veggasi  Rudorff, 
li.  Rg.  II  143).  Ma  pur  interpretando  in  questo  senso  si  vide  nel  Gluck  che  alciini  scrit- 
to ri  sostengono  per6  potersi  V arbitraria  esperire  solo  2ocodomtcf7ued  altri  (possono  ag- 
giungersi  agli  scrittori  citati  dal  Gluck,  il  Cost  alius  {Adversaria  ad  XXV  lib,  princ, 
Pand.  h.  t.)  e  rENOELBRECHT  {Compend.  lurispr.  ad  h,  t,  Pand.  lib.  XIII  §§  6-8  indi- 
cati  dal  Treptow,  op.  cit.  pag.  56)  anche  nel  Foro  contrattuale. 

Ritorno  ora  brevemente  suUo  scopo  deWactio  de  eo  quod  eerto  loro  in  relazione  alia 
condictio.  In  sostanza  con  tutti  e  due  questi  mezzi  processuali  si  agisce  per  la  tutela 
del  diritto  alia  prestazione  deirobbligo  convenuto,  ma  nel  luogo  dove  si  esperisce  Ta- 
zione,  se  coWarlitraria;  nel  luogo  di  pagamento  determinato  se  colla  condictio,  nella 
prima  si  tien  conto  delKinteresse,  menlre  nella  condictio  di  questo  non  si  pu6  occuparsi. 


PBIllA  AFPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  845.  95 

Anche  altri  scrtttori  (oltre  il  Gluck  e  quelli  da  lui  citati),  il  Tbibaut  {Pandekten 
§  654  n.  ^^;  Fritz  {Erlaut  mu  Wening-Ingenkeim ;  Lekrbuch  parte  III  pagine  122-123); 
Unterholznbr  {Sehuldverfialtnisse  vol.  1  pag.  223);  Arndts-Ssrafini  {Pandette  §  221 
«  note  relative),  accettano  queate  idee  aul  rapporto  fra  i  due  mezzi  processuali,  rite- 
neado  che  Vaetio  arhitraria  non  posea  esperirsi  che  fuori  del  luogo  di  pagamento  con- 
venuto  (§  33  Inst  4,  6;  L.  2  pr.  §  8;  L.  3  D.  h.  t;  L.  no.  Cod.  3, 18).  E  fin  qui  non  c*6 
nulla  a  ridire;  k  invece  impossibile  (ed  d  nel  non  ammettere  questo  che  conaiste  Terrore 
degli  antichi  scriltori,  non  ancora  abbandonato  totalmente  dai  modemi)  la  conseguenza, 
die  se  ne  tuoI  dedurre,  e  che  cioi  con  forme  Vintentio  fosse  anche  la  condemnatio  di- 
retta  alia  esecuzione  della  prestazione,  oltre  Tinteresse  del  luogo,  dove  si  espertsce  Ta- 
zione;  mentre  la  condenmatio  del  processo  romano  si  riferisce  naturalmente  solo  alia 
aestimatio, 

II  Corn  Ta  anche  piu  in  \k:  egli  opina  che  si  possa  chiedere,  sia  la  condieUo,  sia 
X actio  arhitraria,  per  procedere  nel  luogo  di  pagamento  convenuto ;  per  quanto  ci6  non 
corri^onda  colle  necessity  che  hanno  indotto  il  pretore  ad  introdurre  Yactio  arhitraria 
stesga:  questo  Autore  osserva  che  nel  processo  romano  Fassenza  del  debitore  non  rimase 
sempre  quale  ostacolo  all^esercizio  del  diritto  del  creditore  ed  in  relazione  poi  alia  di- 
visione  del  procedimento  nei  due  stadii  in  iure  ed  in  iudicio,  esamina  separatamente 
queste  due  fasi  delta  lite;  si  pronunzia  senz^altro  per  la  possibility  che  nel  periodo  delle 
formule  il  creditore  potesse  ri chiedere  in  iure  Yactio  arhitraria  anche  quando  si  trat- 
tava  di  procedere  nel  luogo  fissato  di  pagamento,  mentre  arriva  alia  stessa  conclusione 
per  la  seconda  fase  processuale,  tentando  con  sottigliezze  di  superare  gli  ostacoli,  che  le 
foDti  oppoogono  alia  sua  interpretazione  ed  in  ispecie  quello  della  L.  10  D.  h.  t  Anche 
il  Pernios  combatte  nella  recensione  deiropera  del  Corn  il  parere  che  Yaetio  arhitraria 
possa  esperirsi  nel  luogo  fissato  per  il  pagamento;  tenuto  conto  altresl  di  quanto  6  detto 
cella  L.  4  D.  h.  t. 

Neppure  a  me  sembra  accettabile  Topinione  del  Cohn,  perchi  Yactio  arhitraria 
arrebbe  cambiato  la  sua  indole,  il  che  non  avvenne.  (Veggasi  suUa  contumacia  delle  parti 
al  giudizio  civile  nel  pid  antico  diritto  romano,  il  Buonamici,  op.  cit.  pag.  577). 

Concorrono  per  la  tutela  del  diritto  del  creditore  i  due  mezzi  processuali:  il. credi- 
tore pu6  chieder6  Tuno  o  Taltro:  quello  che  derivagli  dalla  stipulazione  o  Yactio  arhi- 
traria: Tuso  deiruno  gli  toglie  perd  il  diritto  di  esercitare  Taltro  per  la  nota  regola 
ne  hi*  flat  de  eadem  re  actio.  Se  dalla  L.  4  D.  h.  t.  infatti  resulta  che  nel  caso  di  de- 
posito  e  facile  Tassoluzione,  purch^  si  dia  cauzione,  ci6  h  a  motivo  che  non  potendosi 
piu  usare  la  eondictio,  perchd  fu  gik  esperita  Yarbitraria^  potesse  rimanere  al  creditore 
ancora  il  diritto  di  esigere  in  base  alia  cauzione,  che  gli  venne  data.  Qualora  Tinteresse 
fosse  tolto  si  estioguono  le  due  azioni. 

Infine  k  da  ricordarsi  che  la  considerazione  delFinteresse,  che  si  verifica  nelYarhi' 
traria  non  si  appoggia  ad  una  obbligazione  speciale,  ma  sta  neila  aestimatio  del  giu- 
dice  in  relazione  airobbligazione  principale,  che  costituisce  il  fondamento  del  diritto. 
Queste  idee  sono  specialmente  dedotte  dalle  LL.  8  e  10  D.  h.  t 
Scarse  notizie  ci  sono  date  suirulteriore  sviluppo  delFactto  arhitraria  dalle  Istitu- 
zionl  e  dal  Codice  giustinianeo.  Nel  Codice  trovasi  la  Costituzione  data  dalfimperatore 
Marco  Attrelio  Seyero  Alessandro  precisamente  nelfanno  225  d.  C,  quindi  in  un 
tempo  in  cui  cadono  gli  ultimi  fiori  della  giurisprudenia  romana.  Domizio  Ulpiano  (uc- 
ciso  nel  228  d.  Or.)  e  Julius  Paulus  erano  tutti  e  due  sotto  Alessandro  Seyero  prae- 
fecti  pretorio  (Veggasi  Landucci,  Storia  del  dir,  rom.  lib.  I  pag.  154  e  seg.).  Quale  scopo 
ebbe  questa  Costituzione?  E  inverosimile,  dice  il  Treptow  (op.  cit.  pag.  10)  che  Timpe- 
ratore  abbia  voluto  far  rivivere  la  destinazione  del  pretore,  perch^  gli  scritti  di  Ulpiano 
e  di  Paolo,  dai  quali  h  tolta  la  massima  parte  dei  frammenti  del  nostro  titolo  XIII,  4, 
60D0  appunto  di  quel  tempo;  n6  si  pu6  ritenere  che  Timperatore  ^bbia  voluto  modificare 
la  dottrina,  perche  in  fatto  non  ha  cambiato  nulla.  La  dottrina  dell*azione  sembra  ge- 


96       SECONDA  APPENDIOE  DEL  TSADUXrOBE  AL  §  845. 

neralis  zata,  meotre  le  controversie  e  le  ricerche  su  queeta  o  quella  questione  sono  tras- 
curate  ed  il  resultato  apparisce  ia  brere  proposizione  compendiato.  Verosimile  appare 
che  rimperatore  risolvendo  le  question!  yentilate  dai  giuristi  suU^aziooe,  voile  elevarne 
a  regola  di  diritto  il  resultato  e  confermarla  una  volta  per  tutte.  E  possibile  anche  che 
egli  alia  richiedente  Heraclida  spedisse  questa  risposta  quale  regola  di  condotta  e  norma 
nei  casi  richiesti.  II  Donbllo  mette  altresl  come  certo  che  questa  Costituzione  contiene 
«  summam  ejus  juris,  quod  de  hac  parte  propositum  est  ». 

L'azione  rimase  in  vigore  anche  nel  diritto  di  Qiustiniano,  senza  innovazioni:  non 
ne  resultano  almeno  dalle  Istituzioni.  In  queste,  e  ci6  risponde  alio  scopo  lore  di  ma- 
nuale  per  Tammaestramento  dei  giovani,  non  h  fatto  cenno  di  controversie,  e  qnello  che 
forse  appare  diverso  da  quanto  h  detto  nelle  Pandette,  non  si  riferisce  airimportanza 
dell'azione,  ed  e  da  attribuirsi  al  lavoro  impreciso  dei  compilatorit  non  a  cambiamenti  in 
proposito.  Nd  devesi  in  ispacie  ci6  attribuire  alfabbandono  del  certo  nella  menzione  della 
stipulation  ch6  al  tempo  di  Giustiniano  ci6  non  e  essenziale  per  Tesarcizio  At\V<ictio 
de  eo  quod  certo  loco:  se  ci<^  fosse  stato,  nota  il  Trbptow  (op.  cit.  pag.  12  n.  24),  non 
se  ne  sarebbe  fatta  parola  come  di  cosa  divenuta  ormai  superflua  (veggasi  Cohn,  op.  cit. 
§  11  pagine  194-207). 


SECONDA    APPENDICE    DEL    TRADUTTORE 

AL   S  845 


<t  Pins  »    ]ftt%tio. 

BiBLiOGRAPiA.  —  Qio.  WuNDBRLiCH,  Dotsert,  sistens  tkeoriam  et  usum  practicum 
doctrinae  de  pluris  petitione.  Rintelii  1761  (citato  da|  Gluck).  —  L.  J.  A.  Bocquillon. 
De  la  plus  petition  en  droit  romain.  Saint-Germain-en-Laye  1861.  —  Emile  Parmkn- 
TiBR,  De  la  plus  petition  en  droit  romain.  Versailles  1870.  —  Max  Cohn,  Ueber  plus 
petition.  Berlin  1878  (nei  suoi  BeitrOge  sur  Bearbeitung  des  Rdmischen  Reckts  Heft  I. 

—  Dello  stesso,  Die  sogennante  actio  de  eo  quod  certo  loco  {gik  citato  nelFAppendice  I 
pag.  18  seg.  —  Emile  Pbrrin,  De  la  plus  petitio.  Paris  1879.  —  Cogliolo,  La  plus 
petitio  nei  suoi  rapporti  con  la  res  judicata  (nel  trattato  Delia  ec^esione  di  cosa 
giudicata  vol  I  pag.  116).  Torino  1883.  —  Si  consulti  anche  Kbller  (trad.  Gapicas), 
De  la  proc.  civ.,  ecc.  §  44  pag.  193  seg.  —  Zimmern  (trad.  Etienne),  TraUi  des  ac- 
tions, ecc.  §  178  pag.  521  seg.  —  Bbthmann  Hollweo,  Der  rdmische  Civilproeess 
vol.  II  pag.  219  seg.  —  Bbkkbr,  Die  processiMlisehe  Consumption  im,  CUusisehen 
V.  R,  Berlin  1853  §  7.  —  Krugbr,  Processualische  Consumption,  ecc.  Lipsia  1S64  pa- 
gina  66  seg.  —  Matnz,  Cours  de  dr.  rom.  4.*  ed.  Bruxelles  1876  vol.  I  §  75.  —  De- 
MANOEAT,  Cours  iUm.  de  dr,  rom.  Paris  1866  vol.  II  pag.  609  seg.  —  Guowo,  Trattato 
storico  della  proc,  civ.  rom.  Palermo  1873.  —  Buonauici,  La  storia  dtlla  proc.  civile 
rom.  vol.  L  Pisa  1886  pag.  118  seg.  —  Accarias,  PrSois  de  dr.  rom,  Paris  vol.  II 
pag.  1110  seg.  —  Baron,  Pandeckten  7.*  ed.  Lipsia  1890  §  265.  —  Wbndt,  Lehrbuck 
der  Pandekten.  Jena  1888  §  241.  ~  Dernburo,  Pandekten.  Berlin   1386  vol.  Ill  §  62. 

—  Stamps,  Das  Compensationsverfahren  in  vorjiutinianisehen  stricti  juris  judi- 
cium 1886. 


SBCM3NDA  iiPPENDICE  DEL  TBADIITTOBE  AL  §  845.  97 

Nel  Comm.  IV  dl  Gaio  §§  53-60  si  trova  fatta  parola  di  easi  processuali,  in  cui  causa 
^aditf  id  est  rem  perdere,  come  conseguenza  dell*agire  di  chi  intentione  plus  com- 
plexus  fuerit,  e  non  ostante  le  lacune  del  §  53,  pare  accertato  che,  secondo  Gaio,  la 
perdita  della  lite  e  della  res  si  verificasse  nei  quattro  modi  da  lui  tassativamente  enun- 
ciati,  coi  qualt  si  rafUguravano  le  eventualitiL  possibili  dXplus  petere  ^}  e  precisamente  re, 
tempore,  loco,  causa. 

Si  noti  che  nel  §  68  Gaio  (IV)  dice  a  proposito  deWargentarius  «  quo  fit  ut,  si  facta 
compensatione  plus  nummo  uno  intendat  argentarius,  causa  cadat  et  ob  id  rem  perdat  », 
il  che  appoggerebbe  la  congettura  di  chi  vuole  che  nel  §  53  di  Gaio  fra  le  frasi  causa 
eadere  <),  id  est  rem  perdere  ci  fossero  le  parole  ob  id.  In  quanto  poi  al  fatto  che  Giu- 
STiKiANO  nelle  sue  Istituzioni  ripete  il  causa  cadebat  id  est  rem.  amittebat  trattando 
di  chi  plus  in  intentione  complexus,  mentre,  come  si  vedr4,  6  diverso  il  carattere  delle 
coospguenze  del  plvts  petere  nel  diritto  giustinianeo,  esso  dipende  da  ci6  che  Timpera- 
toreespone  la  storia  della  teoria  nel  §  33  (IV,  6)  ^wo  vlWq  ^ktoX^  sed  haec  quidem,  antea 
in  usu  fuerant,  e  narra  poi  le  riforme  di  Zenone.  Al  tempo  di  Giustiniano  rem  per- 
dere non  6  una  conseguenza  della  plus  petitio  (veggasi  Cohn,  op.  cit.  pag.  42  n.  2). 

CoUa  lite  si  perdera  il  diritto  dedotto  in  giudizio  e,  meno  che  par  i  minori  e  salvo  si 
trattasse  di  errore  inevitabile  (per  esempio  se  chiesto  il  pagamento  di  un  legato  di 
dieci  e  poi  scoperto  un  codicillo  che  ridiice  il  legato  a  cinque)  non  si  poteva  ottenere 
in  qaei  casi  dal  pretore  la  in  integrum  restitutio. 

L*indoie  della  procedura  doveva  necessariamente  produrre  questo  resultato;  infatti 
nel  periodo  delle  form.ulae  Taltore  esponeva  neWintentio  il  desiderium  suum  (Gaio,  IV 
%  41);  Toggetto  deWintentio  veniva  dedotto  in  giudizio  e  contestato. 

Poi  la  sentenza  del  giudtce  basata  sulFesito  delle  prove  hinc  et  inde  presentate  ed  in 
relazione  airalternativa  postagli  dal  pretore  si  paret  condemna,  si  non  paret  absolve, 

Rimasto  assodato  che  il  convenuto  non  doveva  cid  che  era  stato  chiesto  dalPattore, 
il  giudice  pronunziava  Tassoluzione  del  convenuto  stesso,  anche  se  questi  non  avesse 
opposto  la  plus  petitio  come  mezzo  di  difesa:  quando  Taitore  non  provava  il  diritto  in- 
dicato  neWintentio,  il  giudice  doveva  assolvere,  e  se  quanto  formava  il  vero  ed  esatto 
oggetto  del  diritto  delfattore  si  fosse  riproposto-al  pretore,  «  questa  volta  con  intentio 
giusta,  il  convenuto  aveva  ormai  a  sua  difesa  Vexceptio  rei  judicatae. 

II  fatto  per  tan  to  di  esporre  il  proprio  desiderium  in  modo  non  corrispondente  alia 
realty  faceva  respingere  la  petitio  e  togUeva  alKattore  il  potere  di  ridomandare  in  av-> 
venire  quanto  gli  spettava. 

Bra  una  pena  od  era  Tapplicazione  rigida  di  una  regola  di  procedura  per  quanto 
gravosa  airincauto  attore?  Se  si  tien  conto  che  nel  periodo  delle  legis  actiones  e  pre- 
cisamente  neWactio  legis  per  sacramentum,  quando  si  giudicava  se  il  sacraynentum 
era  iustiim  od  iniustum  e  la  sentenza  non  pronunziava  direttamente  sul  diritto  conte- 
stato, ma  sul  saeram£ntum,  i  1  carattere  di  questo,  dapprima  religioso  per  la  consacra- 
zione  della  somma  perduta  dal  soccombente  agli  Dei,  fu  poi  quello  di  pena  che  il  soccom- 
bente  incontr6  per  avere  troppo  leggermente  incoato  il  procedimento  (veggasi  Gaio,  Comm. 
VI  §  13:  «...  nam  qui  vlctus  erat  summam  sacrameati  praestabat  poenae  nomine. . .  »)  e 


I)  Alcuni  si  affrettano  a  correggere  in  pluris,  ma  nelle  font)  la  frase  6  semprejj/u^ 
petitio,  e  siccome  tanto  se  si  considera  petere  verbo  che  regge  Taccusativo,  quanto  la 
paroia  plus  avverbio,  nulla  ha  di  scorretto  la  frase  plus  petitio,  credo  sia  da  preferirsi 
questa  forma  alKaltra  pluris  petitio. 

*)  Cic.  neirOr.  Pro  RosHo  C.  dice  ad  Hannio  suo  awersario:  c  Sic  tu,  si  amplius 
Dummo  petisti  quam  tibi  debitum  est,  causam  perdidisti  »  e  nelTopera  De  orat.  I,  36 
«  Alter  plus  lege  agendo  petebat. . . .  causa  caderet  ».  Veggasi  anche  Plauto,  MostelU 
atto  III  scena  I  v.  120  e  seg. 

Olucs,   Comm.  Pandette.  —  Lib.  Xir.  13 


9S       SECONDA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOEE  AL  §  845. 

la  conclusione  era  che  se  l^attore  avesse  chiesto  oltre  ci6  che  gli  era  dovuto  perdeva  Tim- 
porto  della  scommessa,  )a  lite  ed  il  diritto,  si  sarebbe  inclinati  a  ritenere  che  anche  nel  pe- 
riodo  formulare  Tagire  di  chi  plus  intentione  complexus  /uertY  producesse  comepena, 
oltre  la  perdita  della  lite,  quella  della  perdita  del  diritto.  Ma  non  e  necessario  ricorrere 
ai  concetto  di  pena  nel  periodo  delle  formule  ai  riguardi  di  chi  plus  petit,  mentre  la 
struttura  del  processo  romano  spiega  da  se  ed  in  modo  rigorosamente  logico  le  conBO- 
guenze  di  quel  fatto.  (Anche  il  Bonjban  (L.  B.)  nel  suo  Traits  des  actions  Paris  1845 
2.^  ed.  t.  II  §  410  n.  1,  dice  che  dal  punto  di  vista  pratico  la  phts  petitio  ^  una  pena, 
ma  che,  sia  teoricamente  che  storicamente,  non  sarebbe  esalto  ritenerla  tale :  la  plus^ 
petitio  k  semplicemente  una  conseguenza  logica  del  sistema  formulare). 

Stabilita  la  formula  coUa  intentio  contenente  la  esagerazione  della  domanda  e  con- 
testa  ta  la  lite  il  giudice  non  aveva  la  facolt4  di  ridurre  la  domanda  o  comunque  modi- 
ficarla  ed  assolveva  il  convenuto:  non  pertanto  il  diritto  era  stato  dedotlo  in  giudizio, 
Tazione  relativa  esperita  e  consumata;  Tattore  non  a?eva  che  da  imputare  a  sd  le  con- 
seguenze  del  suo  procedere. 

Certo  era  grave  il  principio  causa  cadere,  id  est  rem  perdere,  ma  una  leoD  specials 
che  regolasse  le  conseguenze  di  una  plus  petitio  non  pu6  supporsi :  sarebbe  stata  con- 
traria  al  genio  romano  e  nessuna  traccia  se  ne  riscontra  neppure  in  Oaio  cosi  diligente 
espositore  della  materia  ;cosicche,  pur  tenuto  conto  delle  lacuna  del  §  53,  non  mi  sembra 
probabile  la  congettura  del  Cooliolo,  che  il  magistrato  respingesse  Tazione  in  forza  del 
comando  del  diritto  civi|e,  per  il  quale  qui  plus  petit  amplius  agere  non  potest  {op.  cit. 
pag.  118  n.  114):  arrogi  che  potevasi  incorrere  a  propria  insaputa  neWa,  plus  petitio  : 
come  applicare  il  concetto  di  pena  in  questi  casi? 

Di  piu  souo  deliberatamente  in  altro  luogo  esaminate  le  poenae  temere  litigantium, 
sia  da  Giustiniano  che  da  Qaio. 

Seguo  quindi  Topioione  dominante  che  gli  effetti  della  plus  petitio  sieno  il  giusto 
corollario  delle  regole  del  diritto  processuale  per  formulas:  qualche  importanza  ha  al- 
tresl  ridea  che  il  rispetlo  alia  legge  ed  al  pretore  esigesse  ogni  diligenza  da  parte  degli 
interessati,  il  che  non  permetteva  si  ritenesse  troppo  grave  la  conseguenza  della  plu^ 
petitiOf  quando  era  prodotta  in  giudizio  una  domanda  esagerata,  senza  distinguere  se  in 
buona  o  mala  fede  dalfattore.  Che  se  il  rem  amittere  fosse  stato  una  pena,  questa. 
sarebbe  stata  iniqua,  in  ispecie  quando  non  si  conoscevano  ancora  i  mezzi  preventivi  per 
evitare  la  plus  petitio  a  tutela  delPattore  che  ignorando  in  quella  incorresse.  Su  detti 
mezzi  dir6  piu  sotto. 

In  quanto  alle  categorie  accennate  da  Gaio,  in  base  alle  quali  poteva  verificarsi  la 
plus  petitio^  osservo  anzitutto  che  sebbene  il  ^ureconsuUo  Paolo  insegni  nelle  sue  Sen- 
tence lib.  I,  10:  causa  cadimus  aut  loco  aut  summu  (invece  di  re,  summa  ^  espressione 
meno  comprensiva  e  meno  esatta)  aut  tempore,  aut  qualitate  (invece  di  causa)  loco- 
alibi,  summa  plus,  tempore  petendo  ante  tempus,  qualitate  eiusdem  ret  speciem  me- 
liorem  postulantes,  si  comprende  facilmente  come  in  sostanza  la  parola  re  usata  da 
Gaio  esplichi  meglio,  generalizzi  la  teoria  e  comprenda  in  un  certo  senso  anche  la  causa 
cadimus  «  qualitate  ». 

Neila  consultatio  veteris  cujusdam  jurisconsulti  V,  4,  si  riproduce  questo  passo  di 
Paolo. 

Finalmente  la  L.  2  God.  Hermogen.  de  calumniator,  et  plus  petendo  k  cosi  con- 
cepita:  «  Plus  petitur  sicut  responsis  Prudentum  continetur,  summa,  loco,  tempore, 
causa,  qualitate,  aestimatione  >;  ma  gii  lo  Schultino  nella  sua  Jurispr.  antej.,  osser- 
vava  che  le  ultime  parole  qualitate  et  aestimatione  sono  semplicemente  una  spiega- 
zione  della  parola  causa  e  non  costituiscono  altre  categorie  speciali  di  plu^  petitio. 

Mi  attengo  quindi  alia  enumerazione  insegnata  da  Gaio  in  proposito  e  dal  raffronta 
fra  i  paragrafi  di  Gaio  e  le  altre  fonti,  in  ispecie  le  Istituzioni  di  Giustiniano,  §§33,34, 
35,  IV,  6  (de  actionibus),  procurerd  trarre  quelle  deduzioni,  che  meglio  siano  adatte  alia 
semplicit^  ed  alia  rigorosit^  del  processo  romano. 


SEGONDA  APPENDIGE  DEL  TBABUTTORE  AL  §  845.  99 

Va  in  primo  luogo  ricordato  che  il  nostro  Gluck,  coma  altri  scrittori  antichi,  ha 
A  torto  creduto,  nou  solo  che  le  varie  maniere  del  plus  petere  sieno  state  indicate  nel- 
TEditto  del  pretore;  ma  che  TBditto  coatenesse  uno  speciale  titolo  de  plus  petendo. 
Come  resulta  chiaramente  anche  da  Gaio,  i  modi  dt  plus  petere  vennero  dedotti  dai 
responsi  dei  <  Prudenti  ». 

Nondimeno  fra  i  moderni  il  Joussbrandot  propone  addirittura  ]*Editto  deducendolo 
dal  §  53  del  Contm.  IV  di  Ga.io  nel  seguente  modo:  <  Si  quis  intentione  plus  complexus 
faerit  quam  deberetur,  non  restituam  >  (op.  cit.  vol.  I  pag.  61). 

Se  g'lk  la  critica  non  avesse  a  buon  diritto  fatto  giustizia  deUUntiero  lavoro  dei  pre- 
detto  <}crittore,  baste rebbe  questa  enormezza  a  c:)nvincere  della  nessuna  serietd.  delfim- 
proba  fatica  del  professore  ginevrino. 

L*Editto  del  pretore  non  conteneva  so  non  le  norme  relative  ai  casi  speciali  di  re- 
sUiuzione  in  integrum  dalle  conseguenze  della  plus  petitio  e  cioe  quelli  della  minor 
etd  e  della  magna  causa  iusti  erroris,  nonch^  i  casi  di  in  integrum  rest,  contro  le 
conseguenze  della  falsa  demonstratio.  Vegg.  Lbnbl  das  Edictwn  perp,,  Lipsia  1883, 
pagiiie  100  e  101  e  note  relative  e  Gluck,  note  al  §  232  libro  II  tit  13  di  questo  Comm, 
degli  illustri  professor!  Ferrini  e  Serafini,  pag.  478  e  seg. 

Plus  petere  in  senso  proprio  vuol  significare  chiedere  piU  di  quello  che  e  dovuto; 
neirargomento  di  cui  trattasi,  conviene  altresi  interpretare  questa  frase  in  modo  da 
comprendere  oltre  la  plus  petitio  re,  caso  nel  quale  la  espressione  e  rigorosaftiente 
esatta,  anche  gli  altri  tre  casi  preindicati  e  cio6  causa,  tempore,  loco,  quando  o  il  cre- 
ditore  precisa  da  se  la  cosa  che  egli  domanda  e  si  tratta  di  cose  generiche,  oggetto 
deirobbligazione  (nella  consultatio  ceteris  cuiusdam  iuriseonsulti  V,  4  riferendosi 
il  frammento  di  Paolo,  Sententiae  1, 10,  si  ripete: . . .  aut  qualitate:  ejusdem  speciem 
rei  speciem  meliorem  postulando)  o  chiede  esclusivamente  una  di  due  o  piu  cose  do- 
vute  in  modo  alternativo,  mentre  la  scelta  ne  spetta  al  debitore  (plus petitio  caiuaM  sia 
cid  che  nel  momento  in  cui  si  domanda  o  nel  luogo  in  cui  si  domanda  non  si  e  obbli- 
gati  prestare  {plus  petitio  tempore,  plus  petitio  loco). 

La  espressione  plus  petere  pertanto  nei  tre  uUimi  casi  non  risponde  esattamente  al 
cr-ntenuto. 

Nel  Camm.  IV  §  55  Gaio  chiarisce  che  non  si  tratta  di  plus  petere  quando  alcuao 
chiede  aliud  pro  alio:  difatti  in  questa  ipotesi  Tattore  perde,  e  vero Ja  lite;  ma  siccome 
la  cosa  dovuta  non  k  stata  dedotta  in  giudizio,  potrd  essere  quando  che  sia  domandata 
dairattore.  Vegg.  anche  il  §  35  Instit.  IV,  6. 

Gaio  si  occupa  anche  del  caso  del  minxus  petere:  il  m.inus  petere  non  produce  la 
conseguenza  della  perdita  della  lite:  minus  autem  intendere  licet. 

Ora  si  potrebbe  obbiettare;  anche  chi  domanda  meno,  non  espone  neWintentio  cio 
che  gli  e  realmente  dovuto  e  com'e  che  non  perde  neppure  la  lite?  com*e  che  pu6  do- 
mandare  in  altro  giudizio  il  resto? 

Si  risponde  faciimente  che  chi  domanda  meno,  chiede  pur  non  ostante  una  parte 
di  quanto  gli  spetta;  non  c*6  danno  di  sorta  per  il  convenuto,  il  quale  non  pu6  avere 
interesse  di  ostacolnre  Tesercizio  del  diritto  avversario  e  siccome  la  residua  parte  del 
diritto  non  e  stata  dedotta  in  giudizio,  cosl  non  e  consumata  Tazione  relativa  a  quella 
parte:  nullameno  una  certa  limitazione  incontra  Tattore  quando  vuole  esperire  la  vio 
legali  per  ottenere  il  residuo:  egli  non  pu6  promuovere  Tazione,  Anche  non  sieno  finite 
le  funzioni  del  pretore,  che  accord6  la  prima  formula ;  se  il  creditore  agisce  durante  la 
stessa  Pretura  il  convenuto  ha  a  suo  favore  la  exceptio  litis  dividuae,  di  cui  lo  scopo 
e  evidente:  proteggere  il  debitore  da  una  serie  di  procedure  parziali.  La  m.inus  petitio 
non  si  verifica  che  in  un  solo  modo:  re. 

II  CoBN  tanto  nella  sua  opera  die  sogennante  actio  de  eo  quod  certo  loco  quanto 
neirapposito  studio  %yx\\di plus  petitio  (op.  cit.  nella  bibliograAa)  esamina  il  rapporto  fra 
il  plus  fetere  in  senso  proprio  ed  il  plus  intendere  ed  opina  che  il  motivo,  dal  quale 


100      SBOONDA  APPENDIOE  DEL  TRADUTTORE  AL  §  845. 

derivava  la  perdita  della  lits  e  del  diritto,  non  era  in  tutli  i  quattro  casi  prodotto  dal- 
TessersI  esposto  nelV intentio  un  plus:  questa  ragioDe  viene  dal  Cobn  ritenuta  seria 
solo  per  la  plus  petitio  *  re  *:  negli  altri  tre  casi,  non  potendosi  rawisare  un  plus^ 
neiVintentio,  va  ripetuta  Tosservazione  gi&  fatU  per  la  espressione  plus  petere,  cio^ 
che  neppure  la  frase  plus  intendere  ^  esatta.  II  Corn  pertanto  ritiene  che  i  giure* 
consulti,  badando  solo  alle  conseguenze  di  chi  ante  tempus  petit,  alio  loco  petit,  ecc 
compresero  nella  espressione  generate  plus  petere  oltre  la  plus  petitio  re  tutte  le  altre 
eventuality  diff<srenziandole  colle  parole  chs  ne  precisavano  Tindole:  j)^uj  petere  loco,, 
plus  petere  tempore,  plus  petere  rausa. 

La  plus  petitio  nel  periodo  formulare  poteva  verificarsi  solo  quando  si  trattava  di 
actiones  oertae,  sia  che  fossero  in  rem  ;  L.  76§  1  (Gaio  libro  septimo  ad  Edietutn pro- 
vinciale);  L.  3  §  2  (Ulpiano  libro  sexto  decimo  ad  Edictum);  D.  de  ret  vendicatione 
6,  1;  Vaticana  Frag,  §§  52  e  53;  sia  che  fossero  in  personam  (in  queste  actiones  le 
formule  constavano  esclusivamente  d''ila  intentio  e  della  condemnaiio\  L.  74  (Gaius  ad 
JS'dicr  jprotf.)  D.  45, 1  de  verb.  obL,  Gaio  Comm.  IV  §  41:  era  impossibile  nelle  azioni 
di  buona  fede,  nelle  quali  la  formula  ^  sempre  concepita  toWintentio  incerta. 

Cujacio  perd  sostenn)  il  contrario,  argomentando  dalle  L.  4  Paulus  libro  tertio  ad 
Sabinum;  21  Paulus  libro  I  Quaestionum  D.  de  compensationibus  16,  2:  il  che  deve 
certo  attribuirsi  alia  non  completa  cognizione  del  processo  forraulare  romano  nelle  sue 
attinerfze  eoUo  sviluppo  storico  della  compensazfone  a  motivo  della  mancanza  delle  Isti- 
tuzioni  di  Gaio.  (Vegg.  Gaio  Comm.  IV  §  54;  L  1  pr.  Callistkatus  libro  secuDdo 
Edicti  monitorii  D.  11,  1  de  interr.  in  iure  fao.;  Cicero:  Pro  Roscio  C.  c.  4). 

II  Gluck  opinava  che  la  plus  petitio  occasionasse  una  pena,  e  nel  §  282  ricorda  che 
div^rsi  reputati  giureconsulti  sostengono  aver  avuto  laogo  la  pena  quale  conseguensa 
della  plus  petitio  nei  soli  iudicia  stricti  iuris  e  non  pure  in  quelli  bonae  fidei:  non 
permettendo  la  equitjt  che  si  dichiarasse  avere  Tattore  perduto  il  suo  diritto  semplice- 
mente  per  avere  domandato  di  piu  ed  in  proposito  os^erva  che  nelle  leggi,  le  quali  trat- 
tano  della  pena  della  plus  petitio,  non  si  fa  punto  menzione  della  differenza  fra  iudieia 
bonae  fidei  e  strieti  iuris  e  che  d'altra  parte  le  inter rogationes  in  iure  inirodotte 
presso  i  Roman i,  siccome  un  espediente  per  evitare  quella  pena,  erano  in  uso  tanto  nei 
iudicia  bonae  fidei  quahto  nei  iudicia  stricti  iuris :  conclude  sembrargli  che  la  delta 
opinione  dia  luogo  a  mold  dubbii. 

I  dubbii  non  hanno  proprio  ragione  di  essere  e  Topioione  che  non  ci  sia  plus  pc^ 
titio  nei  casi  di  actiones  incertae  ^  fondata.  Infatti  come  chiedere  di  piCi  nei  casi,  incuila 
formula  e  concretata  nel  quidquid  adoersarium  si'ii  dare  fa^-ere  oportet  od  altri  ter* 
mini  analoghi?  Vegg.  Cic.  pro  Rcfscio  4;  Keller  op.  cit.  §  44«e  note  relative;  Bonjban 
op.  cit.  t  II  §  410.  E  impossibile  altresl  nella  condictio  incerti,  piii  volgarmente  delta 
actio  ejo  stipulatu,  nella  quald  la  intentio  e  presso  a  poco  la  slessa  che  nelle  azioni  di 
buona  fede.  Vegg.  la  L.  75  §  3  Ulpianus  libro  vicensimo  secundo  ad  Ed.'ctum  D.  de 
verb.  obi.  in  conlr.  al  §  52  T'a^  Frag. 

Nelle  azioni  in  factum  invece  e  sempre  possibile  la  plus  petitio  e  produce  il  suo 
effetto  ordinario:  in  quesle  azioni,  come  e  noto,  la  formula  si  componeva  della  sola  tn* 
tentio  e  della  condemnatio:  il  Keller  chiama  rmtenU'o  nelle  formule  di  queste  azioni 
quasi  intentio:  nella  quasi  intentio  pu6  benissimo  risconlrarsi  il  plus  ed  alia  quasi 
intentio  deve  pure  uniformarsi  la  condemnatio.  (Sul  signiticato  lecnico  della  parola 
intentio  nelle  varie  calegorie  di  azioni,  yegi^.  Keller  op.  cit.  §  39;.  Ci6  si  rileva  da 
Gaio  che  espose  e  soslenne  quesla  opinione  conlro  quella  che  in  questa  categoria  di 
azioni  intendeva  rawisare  nelle  conseguenze  della  plus  petitio  una  poena  temere  li- 
tigantium  aifatlo  speciale  e  di  diritto  p^sitivo,  che  si  diceva  applicabile  solo  nelle  ac- 
tiones famosae. 

Esaminiamo  ora  gli  effetti  di  una  plus  o  di  una  m,inus  petitio  nella  demonstratio. 

Un  errore   in  piu   o-l   n  meno  in  questa  parte  della  formula,  dice  lo  Zimmbrn,  non 


SBOONDA  APPENDIGS  DBL  TBADUTXOBB  AL  §  845.  101 

poteva  DQOcere  airattore,  perche  nulla  egli  deduceva  in  giudizio,  n^  la  demongtratio 
serviira  di  guida  al  giudice  per  la  pronunziazione  della  sentenza  come  la  eondemnatio 
in  relazioae  aWintentio:  da  ci6  Tadagio  falsa  demonttratione  rem  non  perimi  di  cui 
Gaio  Comm.  IV  §  58. 

Gio7a  ricordare  che  la  demonatratio  non  si  trovava  di  regola  che  boIo  in  quasi  tutte 
le  aetiones  in  personam  inoertae,  (Vegg.  Kellbk  op.  ciL  §  40).  In  sostanza  e  acceU 
tato  dai  piii  il  concetto  che  qui,  come  nel  caso  deirattore  che  nelVintentio  espone  aliud 
pro  alio,  si  abbia  aliae  rei  demonstratio :  la  intentio  della  formula  n  on  corrisponde- 
rebbe  alia  demonstratio:  mutati  i  fatti  in  piii  od  in  meno,  certo  la  lite  sari  perduta; 
ma  non  il  diritto:  la  causa  vera  rimane  Integra  e  si  pu6  peters  senz'altro.  Cosi  inter- 
preta  Tadagio  surriferito  anche  il  Buonamici  op,  cit.  pag.  121  ed  opina  cosl  anche  il 
GuoiNO  op.  cit.  pag.  133. 

II  Maynz  tace  affatto  sul  minus  nella  demonstratio :  in  quanto  al  plus  opina  che 
non  implicasse  le  conseguenze  della  plus  petiti6  (op.  cit  §  75  n.  19). 

Osser^a  TAccarias  (op.  ciL  val.  II  pag.  1119)  che  nel  caso  in  cui  la  dentonstretio 
conteneva  un  ph<s  si  poteva  logicamente  dire  che  la  intentio  dovea  risentirsi  della  esa- 
geradone  dei  fatti  e  ch^  quindi  Tattore  avrebbe  dovuto  rimetterci  il  diritto;  che  per6 
qaesta  teoria  siccome  troppo  severa  non  prevalse:  alcuni  giureconsuUi  bensi  Tavrebbero 
seguita  per  i  cast,  nei  quali  si  trattava  di  azione  infamante;  ma  non  parve  ragionevole 
sacrificare  Tattore  per  assolvere  il  convenuto  dalle  conseguenze  delPazione  infamante 
contro  di  lui  esperita. 

Per  converso  nel  caso  in  cui  nella  demonstratio  si  contenga  un  minus,  quale  motivo 
i^peciale  ci  sarebbe  di  non  considerarlo  come  dedotto  regolarmente  in  giudizio,  salvo 
e  riservato  all'attore  di  esperire  avanti  la  Pretura  success! va  la  sua  azione  per  il  pe- 
siduo  ? 

Se,  per  esempio,  in  base  ad  una  stipulazione  fossero  dovuti  cento  oppure  Stico  e 
Panfilo  {dare  oportere)  e  per  un  prezzo  unico;  quando  neWa.  demonstratio  si  parli  solo 
di  Stico,  Gaio  riferisce  che  in  questo  caso,  secondo  Labbone,  il  compratore  potesse  chie- 
(lere  con  altra  formula  Panfilo  a  motivo  che  la  obbligazione  di  dare  oportere  Stico  e 
Panfilo  St  risolve  neile  obbligazioni:  a)  di  dare  Stico;  b)  di  dare  Panfilo  {^egg.  la  L.  33 
^LPiANUS  libro  vtcensimo  tertio  ttd  Ed.  D.  de  aotionibus  empti  venditi  (19,  1)  e  quindi 
Stico  essere  stato  validamente  dedotto  in  giudizio. 

L*AcGAR.iA.s  nota  che  forse  in  questo  caso  la  exceptio  litis  dimduae  non  si  conside- 
rava  applicabile ;  ma  a  me  pare  che  non  ci  sarebbe  stata  ragione  per  questa  differenza: 
dato  pure  che  nella  stipulatio  si  considerassero  racchiuse  le  due  obbligazioni:  a)  di 
dare  Stico;  b)  di  dare  Panfilo,  certo  Tadempimento  non  se  ne  poteva  chiedere  in  parte 
e  la  ejcceptio  litis  dividuae  era  accordata  contro  chi  avesse  violato  questo  principio. 
Gli  effdtti  comunque  si  bilanciarano. 

Ss  neppure  il  mi nu«  nella  demonstratio  si  fosse  ritenuto  come  dedotto  tn  Judicium, 
la  lite  era  pirduta  colla  condauna  delfattore  nelle  spese;  mail  diritto  vero  con  int^nU'o 
esatta  poteva  essere  senr/altro  esperito:  se  il  minus  era  teouto  validamente  dedotto, 
si  dovea  attendere  la  successiva  Pretura  per  richiedere  il  residuo  e  certo  Tattore  avr^ 
dovut)  rifondere  le  spese  in  piii  causate  dalla  doppia  chiamata  in  giudizio  del  con- 
venuto. 

Senonch^  Gaio  opinava  che  neppure  il  minus  potesse  ritenersi  validamente  dedotto 
6  lo  seguivano  la  maggior  parta  dei  gi urerx)nsulti  del  suo  tempo:  non  ne  adduce  per6 
il  motivo  per  guisa  che  e  lecito  congetturare  consistesse  nel  fatto  che  il  giudice  del- 
Yaetio  empti  dovea  tenere  conto  delle  obbligazioni  reciproche  dei  due  contraenti  che  si 
riferivano  alia  vendita.  In  sostanza  il  compratore  che  ha  diviso  la  suadomanda  non  ha 
assoggettato  alKesame  del  giudice  che  una  parte  della  sua  obbligazione ;  ma  quale  parte  t 
Gi6  non  resulta  ed  infatti  se  Panfib  fos^e  stato  venduto  solo,  di  quanto  il  prezzo  100 
sarebbe  stato  diminuito?   Questa  di(ficolt4  grave  non  viene  da  Gaio  risolta.   (Vegg.  le 


102  SEOONDA  APPENDIOB  DEL  TBADUTTOSE  XL  §  845. 

L.  17  §  4  Paolo  libro  vicensimo  nono  ctd  Edictum  D.  13.  6  commodati  vel  contra  e 
33  Ulpiano  libro  vicensimo  tertio  od  Edictum  D.  19,  1  de  actionibtts  empti  venditi), 
che  sembrano  dimostrare  non  essere  stata  accolta  la  teoria  di  Gaio. 

L*AccARiAS  per6  noa  si  dissimula  che  il  raotivo  suesposto  vale  solo  per  le  azioni  di 
buona  fede  ed  osserva  che  solo  in  queste  pu6  sorgere  la  questione.  Piu  esplicito  e  U 
KsLLBa  (op '  cit  pag.  193  n.  505  e  pag.  195  n.  504)  che  giustamente  rileva  conit>,  se- 
condo  Topinioae  combattuta  da  Gaio,  una  plus  petitio  a  mezzo  della  demonstratio 
avrebbe  potato  dunque  trovar  posto  in  un'actio  depositi  in  jus  ooncepta  e  quindi  in- 
certa  (Gaio  Comm.  IV  §  47)  mentre  neile  azioni  oertae  in  jus  conceptae  non  esiste  de- 
monstratio,  Ora  nelle  incertae  si  vide  che  non  e  possibile  la  plus  petitio. 

Finalmente  riguardo  alia  possibility  della  plus  petitio  nella  condemnatio  devesi  nel 
manoscritto  di  Gaio  leggere  positum  invece  di  petitum  nel  §  57?  (Xelfedizione  dello 
Studbmund  si  legge  petitum).  Pare  che  la  voce  positum  risponda  meglio  al  concetio 
della  condemnatio.  Leggono  positum  il  Bethmann-Hollweoo,  il  GdscHEN  e  il  Lachmann 
oella  loro  terza  edizione  di  Gaio,  Berlino  1842;  il  Pellat  nel  suo  Manuale  Juris  sy- 
nopticum,  Paris  1854;  il  Polenaar  nella  sua  edizione  di  Gaio,  Lugduni  Batavorum  1876. 
L^HuscuKEche  avea  dapprima  fatte  obiezioni  al  po^f turn  nelle  Kritischa  Bemerkungen 
sum,  vierten  Buck  der  Inst  des  Gaius  (t.  XIII  della  Zeitschrift  filr  gesch.  Rechtswiss., 
Berlin  1846)  e  nella  Jurisp.  AnteJ.,  accetta  ora  anch'esso  il  positum  nella  IV  edizione 
di  Gaio,  Lipsia  1879. 

II  CooLioLO  nel  suo  Manuale  delle  fonti  parte  I  pag.  331  legge  petitum  ed  il  Gi- 
RARD  positum  {Textes  de  dr.  r.,  Paris  1890  pag.  270).   lo  accetto  la  lezione  positum, 

Nella  condemnatio  pertanto  del  diritto  classico  Terrore  poteva  consistere  nello  stabi- 
lire  un  iraporto  in  pii]i   od  in  meno  del  dovuto   tanto  nel   caso  di  condemnatio  certa, 
quanto  in  dati  ca<(i,  nei  quali  essa  e  incerta,  per  esempio,  neW actio  de  peculio    legis 
Aquiliae,  o  se  Tazione   essendo  in  simplum  la  condanna  si  fossa  concepita  in  duplum 
o  viceversa. 

Le  conseguenze  di  un  plus  nella  condemnatio,  perch^  peggioravano  le  condizioni 
del  debitore,  poteano  essere  tolte:  infatti  il  debitore,  provando  Terrore,  otteneva  la  in 
integrum  restitutio:  la  formula  veniva  reltiQcata.  Per  converso  se  nella  condemnatio 
era  stato  posto  un  minuSf  Tattore  (meno  se  rainorenne,  perche  se  tale,  veniva  restituito 
in  intiero)  perde  il  residuo  a  motivo  che  la  questione  e  tutta  avanti  il  giudice  e  tuita 
si  esaurisce :  il  magistrato  non  aveva  Tobbligo  di  indicare  alPattore  che  la  condemnatio 
alia  quale  aveva  diritto,  do vea  essere  piu  elevata.  Gaio  Comm..  IV  §  57;  L.  7  §  4  Ulpiano 
libro  undecimo  ad  Edictum  D.  de  m,inoribus  XXV  annis  4,  4.  Scomparso  il  sistema 
delle  formula,  rimase  nondimeno  la  distinzione  delle  azioni  in  certae  ed  incertae  e  ri- 
mase  pure  la  conseguenza  delta  plus  e  della  minus  petitio. 

Trascorsero,  si  pu6  dire,  quasi  due  pecoli  da  che  era  divenuta  di  diritto  comune  la 
procedura  straordinaria,  prima  delle  riforme  deirimperatore  Zenone  agli  effetti  della 
plus  e  della  m,inus  petitio. 

LMmperatore  Zenone  con  una  sua  costituzione  (restituita  dal  Ccjacio  Obs.  XII,  21) 
stabili  come  attesta  Giustiniano  nelle  sue  Istitusioni  §§  33,  34  IV,  6  de  actionibus: 
che  Tazione  esperita  ante  tempus  non  sarebbe  seguita  da  condanna;  ma  nullameno 
il  diritto  dedotto  in  giudizio  non  si  sarebbe  consumato.  Quale  pena  I'attore  avrebbe 
dovuto  attendere  per  esperire  di  nuovo  la  sua  azione,  un  lasso  di  tempo  doppio  di  quello 
che  egli  non  avea  rispettato;  il  suo  credito  non  avrebbe  intanto  prodotto  interessi  e 
prima  di  riprodurre  la  domanda,  dovea  rifondere  al  convenuto  tutte  le  spese  da  questi 
sostenute  nel  precedente  giudizio,  L.  1  §  1  C.  3,  10. 

La  minus  petitio  non  impediva  piu  all'attore  di  completare  le  sue  conclusioni  da- 
vanti  il  giudice  e  di  ottenere  una  condanna  conforme  al  suo  diritto,  L.  1  §  3  0.  3,  10; 
Jnst.  §  34,  IV,  6. 

11  convenuto  conservava  il  suo  divitio  nWexceptio  litis  dividuaef  Certo,per  lo  scopo 
di  questa  eccezione  gi&  ricordato. 


SECONDA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  845.  103 

GiusnNiANO  teDDe  ferme  le  disposizioni  di  Zbmone  e  le  compl6t6  stabilendo  che 
Tattore  nei  casi  di  plus  petitio  re,  loco,  causa  non  perderebbe  la  lite,  n^ildiritto;  ma 
sarebbe  stato  obbligato  di  pagare  al  convenuto,  il  quale  non  veniva  piiX  assolto,  il  tripio 
del  danno  a  lui  causato  dalla  plus  petitio  ed  in  ispecie  il  tripio  della  eccedenza  del 
salarium  pagato  agli  executores  di  giustizia.  L.  2  C.  3,  10;  §§  24,  33  Irut,  IV,  6. 
Al  convenuto  era  accordata  airuopo  una  eondictio  ejo  lege. 

Per6  la  L.  3  Cod.  3,  10  (anno  532  d.  Cr.)  era  cosl  concepita  «  si  quis  certa  quanti- 
tate  sibimet  debita  super  ampliore  pecunia  per  dolum  et  machinationem  cautionem 
eiegerit  et  ad  iudicium  debitorem  vocaverit,  si  quidem  ante  inchoatam  litem  calliditatis 
eum  poeniteat  et  veritatem  debiti  confessus  fuerit,  nuUo  eum  dispendio  praegravari: 
sin  autem  et  liti  praebult  exordium  et  in  certaminibus  negotii  permanens  arguatur  de 
adjecta  falsi  quantitate,  non  solum  ea,  sed  etiam  toto  debito  eum  fraudari :  transaction 
nibus  scilicet  et  secundis  confessionibu?,  sive  insinuatae  sint  sive  non,  etiam  in  hoc 
casu  suam  obtinentibus  firmitatem :  talibus  etenim  cautionibus  hoc  obicere  non 
oportet  >. 

GiusTiKiAMO  ordinava  pertanto  che  quando  con  raggiri  fraudolenti  il  creditore  avesse 
Toluto  cauzione  oltre  la  quantlta  dovuta  ed  avesse  lasciato  impegnare  la  litis  contestatio 
senza  avere  riconosciuto  ia  Terit^,  pardesse  il  dirltto  quale  conseguenza  della  plus  pe- 
titio re.  (ZiMMERN  e  d*avviso  che  la  L.  3  Cod.  3,  10  non  dovesse  essere  messa  sotto  la 
rabrica  de  plus  petitionibus  dovendosi  considerare  la  perdila  del  diritto  quale  effetto- 
pena  del  dolo  commesso  dal  creditore  per  aumentare  il  quoto  del  suo  credito  (op.  cit 
pag.  5^  n.  22). 

GiusTiNiANO  comand6  altresi  Tapplicazione  delPantica  conseguenza  della  plus  pe- 
titio  nei  caso  contemplato  dalla  Novella  XW  de  defensoribus  civitatum  c  IK  in  fine  e 
c  IV  (anno  535  d.  Cr.). 

Per  tal  modo  in  quest* ultimo  periodo  plus  petitio  si  considera  qualsiasi  esagerazione 
nei  Ubellus  conventionis ;  non  si  tratta  piu  di  un  errore,  le  cui  conseguenze  sono  fatal! 
in  relazione  alia  norme  della  procedural  ma  si  ritiene  voluta,  prodotta  spesso  da  dolo 
0  da  raggiri  e  si  colpisce  cosl  che  resulti  intendasi  infliggere  una  vera  poena  ut  ac^ 
tores,  tali  poena  perterriti  (cosl  il  §  10  Inst.  IV,  13  de  exceptionibus)  tempora  litium 
doeeantur  observare. 

Importa  ora  di  accennare  che  i  Romani  oltre  aWin  integrum  restitutio  quale  ri- 
medio  per  riparare  le  conseguenze  della  plus  petitio  a  favore  dei  minor i  e  di  chi  vi 
incorreva  par  errore  inevitabile,  aveano  introdotto  dei  mezzi  preventivi,  usando  i  quali 
a  evitava  la  plus  petitio:  anzitutto  il  mezzo  generale  delle  interi^gationes  in  iure  e 
piu  specialmente  la  incertae  partis  vindieatio  & -presery are  dnWsi  plus  petitio  re  e  Var- 
bitraria  actio  de  eo  quod  certo  loco,  dalla  plus  petitio  loco.  Di  questi  mezzi  preventivi 
e  della  ejpceptio  doli  che  opposta  dal  convenuto,  se  ammessa  dall'attore,  lo  preservava 
dalle  conseguenze  del  plus  peiere,  dir6  brevemente  nella  trattazione  piii  particolareg- 
giata  dei  singoli  modi,  dai  quali  derivava  ]q.  plus  petitio. 

Passo  adesso  ad  esporre,  seguendo  Tordlne  di  Gaio,  anzitutto  la  teoria  della  plus 
petitio  re: 

«  Re  velut  si  quis  pro  X  milibus  quae  ei  debentur  XX  milia  petierit,  aut  si  is  cuius 
ex  parte  res  esset,  totam  eam  aut  majore  ax  parte  suam  esse  intenderit ».  Cosi  Gaio  IV 
§53.  GiusTiMiANO  spiega  in  che  consistesse  la|7|).  re  nel§  33  Inst.  IV.  6.  «  Veluti  si  quis 
pro  decern  aureis  qui  ei  dabebantur,  viginti  petierit,  aut  si  is  cuius  ax  parte  res  est, 
totam  eam,  val  majore  ex  parte  suam  intenderit  ».  Se  alcuno  abbia  chiesto  venti  mo- 
oete  d*oro  invace  delle  dieci  a  lui  dovute,  oppure  essendo  proprietario  di  parte  di  una 
cosa,  Tabbia  chiesta  tutta  o  ne  abbia  chiesta  una  parte  maggiore,  in  questo  caso  la  frase 
plus  petere  e  la  correlativa  plus  intendere  sono  in  relazione  a  quanto  con  esse  si  vuol 
indicare:  nella  intentio  della  formula  ^  esposto  un  desiderium  plus  complexus  e  la 
tondemnatio   non   pu6   versare  nal  caso  di  intentio   oerta  in  altro  che   nei  contenuto 


104  BEGONDA  1.PPENDI0E  DEL  TBi^DUTTOSK  AXi  §  845. 

della  intentio  stessa,  quiadi  Tattore,  il  quale  non  pu6  provare  al  giudice  di  essere  cre- 
ditore  di  venti,  mentre  e  tale  solo  di  dieci,  perde  la  lite  ed  il  diritto  quale  effetto  del 
8U0  procedere  esagerato. 

Casi  di  plus  petitio  re  potevano  veri&carsi  a  proposito  delle  fattispecie  contem- 
plate da  Papinzano  nella  L.  4  §§  1,  2  (libro  septimo  Quaestionum)  D.  de  serv.  8,  1. 

L.  4  §  1:  «  Modum  adici  servitutibus  posse  constat:  veluti  quo  genere  vehiculi  agatur 
vel  non  agatur  (veluti  ut  equo  dumtaxat)  vel  ut  certum  pondus  vehatur  vel  grex  ille 
transducatur  aut  carbo  portetur  ». 

§  2:  <  Intervalla  dierum  et  horarum  uon  ad  temporis  causam,  sed  ad  modum  per- 
tinent jure  constitutae  servitutis  ». 

Medesimamente  neiripotesi  del  §  53  Fragmenta  Vatieana:'*  Si  altius  toltendo  agat 
is  qui  in  infinitum  tollendi  ius  non  habet,  si  non  expresserit  modum,  plus  petendo  causa 
cadit,  quasi  intenderit  jus  sibi  esse  in  infinitum  toll  ere  ». 

Poteva  incorrera  alcuno  nella  plits  petitio  re  anche  a  sua  insaputa,  per  esempio  nel 
caso,  in  cui  venisse  esercitata  I'actio  rei  vindicationis  da  chi  fosse  divenuto  proprietario 
in  virtu  di  un  titolo  che  non  delimiti  chiaramente  ed  espressamente  la  quota  del  diritto 
stesso.  Arg.  da  Gaio,  Comm.  IV  §  54. 

In  materia  di  successione,  quando  alcuno,  erede  di  una  determinata  persona,  igno- 
rava  il  quantum  della  quota  a   lui   spettante.  L.  1  §  5  (Ulpiano,  lib.  V  ad  Edictum) 

D.  si  pars  hereditatis  petatur  5,  4 :  « ut  puta   est  defuncti  fratris  filius,  sunt  et 

uxores  defunctorum  fratrum  praegnates ....»;  cosi  se  trattandosi  di  legato  per  vindi- 
cationem,  in  base  al  quale  si  trasferisce  la  proprieti^  del  defunto  nel  legatario,  ha  luogo 
qualche  riduzione  in  base  alia  legge  Falcidia,  e  cid  a  motivo  che  la  Falcidia  opera  ipso 
jure  ed  il  legatario  che  ha  esperito  la  rei  vindicatio  senza  la  indicazione  della  ridu- 
zione che  egli  subisce,  ma  ignora,  si  vede  respinto  coUa  plus  petitio  re, 

Notevoli  sono  le  fattispecie  della  L.  36  Julianus  libro  primo  ad  Urseiutn  Ferocem 
D.  de  solut.  et  liber,  46,  3  e  della  L.  28  §  5  Paolo  lib.  X.VII  ai  Plautium  D.  de  ju- 
dioiis  uhi,  ecc.  5,  1*  dalle  quali  resulta  dimostrato,  come  fosse  reso  difficile  ad  un  erede 
che  intendeva  chiamare  in  giudizio  i  debitori  della  successione,  non  incorrere  ueWa  plus 
petitio. 

Veggansi  anche  le  L.  3  Paolo  libro  septimo  decimo  ad  Plautium  D.  si  pars  hered, 
petatur  5,  4  e  la  L.  76  §  1  Gaio  libro  septimo  ad  Ed.  prov,  D.  de  rei  vind.  6,  1.  Non 
si  ravvisa  plus  petitio  re  invece  nel  caso  della  L.  25  Poup.  libro  vicensimo  ad  Sabinum 
D.  de  verb,  oblig.  45,  1. 

A  tutelare  dalle  conceguenze  delFerrore  ineviiabile  il  pretore,  come  si  e  gia  veduto, 
accordava  quale  ri  medio  ri  para  tore  la  in  integrum  restitutio^  e  la  accordava  altresi 
ai  minori  in  tutti  i  casi.  Un  mezzo  preventivo  di  indole  generale  esisteva  perd  usando 
il  quale  si  evitava  la  possibility  di  plus  petere  ed  era  la  interrogatio  in  iure  ^veggasi 
Keller,  op.  cit.  §  51  e  questo  Comment,  lib.  XI  tit.  I  §  745  e  note  del  Gluck  e  del 
trad.  Castellari,  nonch^  TAppendice  del  traduttore  al  detto  paragrafo) :  e  certo  altresk 
che  un  po'  di  attenzione  serviva  a  preservare  dalla  plus  petitio  tempore  e  causa,  il 
che  basta  a  giustificare  la  mancanza  di  rimedio  preventivo  per  il  caso  di  p»p.  causa: 
in  quanto  allap.  p.  tempore  ho  gi^  detto  che  in  sostanza  pu6  con8iderarsip.p.  re.  Certo 
non  si  conobbe  una  oondictio  de  eo  quod  certo  tempore,  come  gik  escluse  il  Gluck. 
Indirettamente  e  cio6  accogliendo  Vewceptio  doli  posta  dal  convenuto,  come  si  diri, 
Tattore  si  premuniva  poi  daila  eventuality  che  il  judeat  respingesse  la  sua  domanda  e 
dalle  conseguenze  del  plus  petere. 

Intorno  alle  interrogazioni  in  iure  Callistrato  nella  L.  I  pr.  libro  secundo  Edieti 
monitorii  D.  de  interr.  in  iure  faciendis  et  interrogatoriis  actionibus  II,  1,  dice: 
«  lotiens  heres  in  iure  interrogandus  est,  qua  ex  parte  heres  sit,  quotiens  ad  versus 
eum  actio  instituitur  et  dubitat  actor,  qua  ex  parte  is,  cum  quo  agera  velit,  heres  sit, 
est  autem  interrogatio  tunc  necessaria,  cum  in  personam  sit  actio  et  ita,  si  certum  pe- 


SEOONDA  APPJSNOIQE  DBL  TBADUIIOBE  AL  §  846.  10& 

tetnr,  ne,  dum  igooret  actor,  qua  ex  parte  adversarius  defuncto  heres  exstiterit,  inter- 
dum  plus  petendo  aliquid  damDi  sentiat ».  L^attore  chiedeva  pertanto  al  convenuto  di 
quale  quota  egli  era  erede  alio  scopo  di  sapere  in  quale  misura  poteva  esperire  coutro 
di  lui  la  condtetio  certi  ed  evitare  di  incorrere  n^Wvk  plui  petitio :  secondo  Calustrato 
era  questa  la  ragione  decisiva  delle  ioterrogazioDi  in  antico. 

Sostiene  il  Gluck,  op.  cit  pag.  12  (^  contrario,  dice  questo  auiore,  pag.  13  o.  21,  il 
solo  Wybo  nella  sua  opera  de  interrog.  in  iure  liber  singularis.  Lugduni  Batavorum  1732 
lib.  I  cit.  cap.  II  pag.  27>ch6  la  legge  di  questo  giureconsuito  ci  pervenoe  interpolata.  Infatti 
lafrase  interdtttn  plus  petendo  aliquid  damni  sentiat  non  proverebbe  la  consegueoza 
delja  plus  petitio,  mentre  si  ha  la  prova  che  al  tempo  di  Calustrato,  vissuto  sotto 
gli  imperatori  Sbttimio  Sbvero,  Antonino  Garacalla  ed  Alessandro  Sbvsro,  cbi 
chiedeva  uq  plus  perdeva  il  diritto  e  la  lite.  La  costituzione  degli  imperatori  Diocle- 
ziANO  e  Massimiano  dice  infatti:  Si  quis  agitur  plus  ab  eo,  quod  ei  competit,  vel  de* 
betur,  petierit,  rem  et  causam,  de  qua  agitur,  perdit »  (L.  2  Cod.  Hermog.  de  ealumn. 
€t  plus  petendo)  e,  come  si  k  gi&  esposto,  furono  Zenome  dapprima  e  Giustiniano  poi 
gli  imperatori  che  mitigarono  raotico  rigore  della  vecchia  procedura.  E  probabile  quindi 
che  Callist&ato  avesse  scritto  ne  plus  petendo  causam  perdat  come    il  suo  contem- 

poraneo  Paolo  dice  nelle  sue  Sentence  lib.  I  tit.  XIK  B  §  5:  « alioquin  plus  pe- 

tendi  periculum  incurrimus,  et  causam  perdimus  »  (veggasi  anche  lib.  II  tit.  V  §  3),  ma 
che  Triboniano,  tenuto  conto  che  la  plus  peUtio,  anche  secondo  la  nuova  procedura, 
portava  conseguenze  pregiudicievoli  all'attore,  sostituisse  le  parole  ne  interdum  plus 
petendo  damni  sentiat. 

Non  dobbiamo  qui  esporre  le  vicende  deUe  interrogat tones,  possibili  anche  fuori  di 
giudizio;  del  rimedi  per  impedire  che  a  vicenda  le  parti  si  ingannassero,  sia  per  attirare 
fiugli  incauti  attori  le  conseguenze  della  p.  p.,  sia  per  vincolare  il  convenuto  a  base  di 
risposte  poco  meditate:  col  suo  editto  il  pretore  pro  wide  alio  scopo  che  le  interroga- 
zioni  avvenisaero  solo  in  iure  e  Tinterrogato  poteva  chiedere  un  termine  per  deliberare, 
iveggasi  Lenel,  das  Edictum  perpetuum  §  53  pag.  113  seg.).  Basta  qui  con  Ulpiano, 
L.  4  (libro  vicensimo  secundo  ad  Edietum)  D.  h.  t.  stabilire  lo  scopo  di  questo  mezzo 
procedurale:  <  Voluit  praetor  adstringere  eum  qui  conveoitur  ex  sua  in  iudicio  respon- 
sione,  ut  Tel  conAtendo  vel  mentiendo  sese  oneret,  simil  etiam  portionis,  pro  qua  quisque 
heres  exstitit,  ex  interrogatione  certioretur  »  (veggansi  Demelius,  La  confessio  nella 
proe.  civile  romana  e  la  confessione  giudisiale  della  moderna  legislasione  proces- 
suale  e  Castbllasi,  Note  ed  appendici  al  GlUck  lib.  XI  tit.  I;  Buonamjci,  op.  cit. 
cap.  IV  pag.  246  e  seg.). 

Un  mezzo  preventivo  speciale  che  preservava  dairincorrere  nella  plus  petitio  re  era 
la  vindicatio  ineertae  partis:  comeresulta  da  Gaio,  Comtn.  IV  §  54,  era  accordata  in 
quel  casi,  nei  quali  uno  pur  sapendo  di  esser  proprietario  ignorava  la  estensione  del 
suo  diritto:  gli  si  veniva  in  aiuto  in  questo  caso,  ma  solo  ex  magna  et  iusta  causa, 
rilasciandogli  la  formula  petitoria  redatta  sotto  forma  di  actio  incerta,  quantam  par- 
tem in  eo  fundo  pareat  ipsius  esse :  dapprima  quindi  usata,  eecondo  Ulpiano,  in  ma- 
teria di  successione  (L.  I  §  5  libro  V  ad  Edictum,  D.  si  pars  hereditatis  petatur  5.  4.  e 
poi  ad  ogni  proprietario  che  giustamente  ignorasse  la  quota  del  suo  diritto,  cosi  nel 
caso  di  un  legato  per  vindicationem.  L.  76  §  1  Gaio  libro  septimo  ad  Edictum  pro- 
mneiale;  L.  3  §  2  Ulpiano  libro  sexto  decimo  ad  Edictum.  D.  de  rei  vind.  6,  1;  L.  8 
9  1  Paulus  libro  vicensimo  tertio  ad  Edictum,  D.  Communi  div,  10,  3). 

_jL_ 

£  presumibile  che  prima  di  pronunziare  la  sentenza,  il  giudice  attendesse  che  fosse 
precisata  la  quota  del  diritto  dedotto  in  giudizio. 

Le  fonti  tacciono  intorno  alia  possibility  che  un  creditore,  il  quale  avesse  motivi 
giusti  per  ignorare  Timporto  esatto  del  suo  credito,  potesse  ottenere  una  formula  incerta 
invece  di  una  certa. 

Per  eaempio  nel  caso  di  legato  suscettibile  di  riduzione,  un  legatario  per  damna* 

Ql(1ck,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XI!I.  14 


106      SEGONDA  APPENDIOE  DKL  TBADUTTOBB  AL  §  845. 

tionem  di  una  somma  di  danaro  determinata,  che  ignori  alia  sua  volta,  come  si  vide  del 
legatai'io  per  mndioationem,  ci6  che  pu6  chiedere  senza  pericolo. 

L*AccARiAS  opina  che  il  silenzio  delle  fonti  si  spieghi  coiridentiU  delle  ragioni,  per 
le  quali  e  a  decidersi  in  senso  afferroativo  (op.  cit.  II  pag.  1115  n.  2). 

Finalnaente  ad  evitare  le  conseguenze  della  plus  petitio  loco  il  pretore,  come  si  e  giA 
dimoBtrato  nella  prima  Appendice  al  §  845,  provvide  coWactio  de  eo  quo  oerto  loco,  della 
quale  ci  siamo  gi4  occupati  e  non  e  quindi  necessario  ulteriorroente    qui  intrattenerci. 

Prima  di  passare  alia  trattazione  della  plus  petitio  tempore  k  invece  interessante 
eJUiminare  Tipotesi,  se  incorresse  nelle  conseguenze  della  plus  petitio  re,  chi  riunendo 
le  quality  di  creditore  e  di  debitore  ad  un  tempo  veiso  di  Caio,  rispettivamente  debitoie 
e  creditore,  avesse  trascurato  di  eseguire  la  compensazione  fra  il  debito  suoed  il  suo 
credito  prima  di  esperireTazionedaquest^ultimodipendente?  Vanno,  per  risolvere  iaque- 
stione,  richiamati  brevemente  i  principi  del  diritto  romano  sulia  compensasione  in  re- 
lazione  alia  plits  petitio. 

MoDBSTJNO  nella  L.  1  lib.  sexto  Pandectarum  D.  de  compens.  16,  2,  definisce  la  com- 
pensazione nel  seguente  modo:  «  Compensatio  est  debiti  et  credit!  inter  se  contributio  » 
e  PoMPONio  ne  spiega  TutiUt^  nella  L.  3  libro  vicensimo  quintum  ad  Sabinum  D.  h.  t. 
colle  parole  «  Ideo  compensatio  necessaria  est,  quia  interest  nostra  potius  non  solvere 
quam  solutum  repetere  ». 

Non  ostante,  strettamente  considerandola,  la  compensazione  deroga  alia  severity  del 
diritto:  il  debitore  e  tenuto  infatti  a  pagare  quanto  e  oggetto  del  suo  obbligo;  il  suo 
credito  e  indipendente  affatto  dal  debito  stesso :  non  dovrebbe  quindi  esercitare  su  questo 
influenza  di  sorta,  le  azioni  rispettive  andrebbero  separatamente  esperite,  ma  aequitate 
compensatio  utetur  dice  Papiniano  nella  L.  18  pr.  libro  tertio  Responsorum.  D.  Id,  2. 
Veggansi  anche  le  L.  36  Papinianus  libro  tertio  Quaestionutn  D.  de  admin,  et  per. 
tut.  26,  7;  L.  18  pr.  Papinianus  libro  tertio  Respons,  D.  16,  2;  LL.  5,  6  C.  d^  eompen' 
sationibus  4,  31;  L.  1  C.  rerum  amotarum.  5,21,  nelle  quali  tutte  si  parla  delKequita, 
quale  fondamento  della  compensazione. 

>   Questa  finzione  di  mutua  solutio  che   nella  compensatio  si  ravvisa,  penetr6   lenta- 
mente  nel  diritto  romano. 

In  origine  era  usata  solo  in  due  casi  speciali  esposti  da  Oaio  nel  suo  Comment.  IV 
§§  64  e  65: 

64.  «  Alia  causa  est  illius  actionis  qua  argentarius  experitur:  nam  is  cogitur  cum 
compensatione  agere  et  ea  compensatio  verbis  formula  exprimitur.  Adeo  quidem  ut 
itaque  ab  initio  compensatione  facta,  minus  intendat  sibi  dare  oportere.  Ecce  enim  si 
sestertium  decem  milia  debeat  Titio,  atque  ei  viginti  debeantur  sic  intendit:  si  paret 
Titium  sibi  decem  milia  dare  oportere  amplius  quam  ipse  Titio  debet ». 

§  65.  «  Item  (de?)  bonorum  emptor  cum  deductione  agere  jubetur,  id  est  ut  in  hoc 
solum  adversarius  ejus  condemnetur,  quod  superest,  deducto  eo  quod  iuvicem  ei  bono- 
rum emtor  defraudatoris  nomine  debet  ». 

Si  deduce  chiaramente  da  questi  due  paragrafi  che  gli  argentarii  ed  il  bonorum 
emptor,  i  quali  chiamavano  in  giudizio,  i  primi  i  loro  client!  ed  il  secondo  (e  cio^  chi 
comperava  Tinsieme  dei  beni  di  un  insolvente)  un  debitore  delfinsolvente,  eseguivano  i 
primi  la  compensazione  dei  loro  crediti  coi  loro  debiti;  il  secondo  la  deduzione  di  quanto 
rinsolvente  doveva  al  debitore  comparso  in  giudizio.  L*argentario  non  poteva  chiedere 
che  il  residuo  dovutogli  dal  suo  cliente  e  doveva  praticare  prima  la  compensazione:  il 
che  tornava  relativamente  facile  trattandosi  di  operazioni  annotate  sui  suoi  registri.  11 
qual  principio,  scrive  lo  Schupfeii,  fu  evidentemente  suggerito  ai  Romani  dalla  consi- 
derazione  che  i  singoli  pagamenti  e  gli  altri  affari  che  un  privato  fa  con  un  banchiere 
»ono  tutti  anche  secondo  le  idee  del  commercio  quotidiano  intimamente  collegati  fra 
loro  ed  hanno  la  destinazione  di  operare  degli  effetti  giuridici  non  gia  separatamente, 
ma  solo  nella  loro  unit^  e  concentrazione,  cio^  nel  loro  saldo.  Veggasi  anche  Buonamici, 
op.  cit  pag.  215. 


8ECX>NDA  APPENDICE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  8i5.  107 

Se  Yargentarius  chiedeva  di  piu  perdera  la  causa  per  plus  petitio:  giova  notare 
perd  cIm  la  eompensatio  era  obbligatoria  solo  fra  debit!  esigibili  della  stessa  natura  e 
specie  (Gaio,  Comm,  IV  8§  66  e  67). 

In  quanto  al  bonorum  emptor,  egli  aveva  il  diritto  di  cbiedere  il  credito  intiero, 
ma  Tobbligo  di  oflTrire  la  deduzione  dei  crediti  del  debitore  verso  rinsolvente:  si  dedu- 
cevano  non  solo  i  debiti  della  stessa  natura  e  specie,  ma  qualunque  debito  di  cosa  fan- 
gibile  e  non  ancora  scaduto. 

Anche  questa  regola  era  imposta  dalla  equita,  la  quale  non  poteva  permettere  cbe 
il  debitore  deirinsolvente  dovesse  pagare  completamente  il  suo  debito  verso  di  questi  e 
riceresse  poi  per  il  suo  credito  una  percentuale  in  proporzione  al  ricavo  della  vendita 
dei  beni  deirinsolvente. 

Ma  la  differenza  precipua  fra  i  due  casi  si  ^  che  della  compensatione  deirargeo- 
tario  ratio  quidem  «  in  intentione  >  ponitur,  mentre  deductio  vero  ad  condemnatio- 
nem  ponitur. 

Durante  il  periodo   della  procedura  per  formulae   avveniva  la  compensazidne  solo- 
nelle  actianes  bonae  fidei,  semprech^  i  due  crediti  e  debiti   provenissero   dalla  causa 
stessa,  per  esempio,  datlo  stesso  contratto  di  society :  il  convenuto  in  un*azione  di  buona 
fede  tutelava  le  sue  ragionl  di  credito  a  mezzo  di  una  exeeptiO'doli,  senza  uopo  di  de-\ 
durla  formalmente   in  giudizio   (veggasi   anche   Milonb,  La  exceptio  doli  (generalie), 
Napoli  1882  pag.  198). 

In  proposito  non  6  a  parlarsi  di  plus  petitio,  perche  si  e  gik  esposto  che  nelle  azioni-. 
di  buona  fede  non  poteva  veriflcarsi  (Gaio,  Comm.  IV  §  63).  . 

In  quanto  aile  azioni  di  stretto  diritto  dal  silenzio  di  Gaio  si  potrebbe  arguire  ch& 
non  potesse  essere  in  queste  ammessa  la  compensazione ;  ma  Giustiniano  uel  §  30  delle 
sue  Istittuioni  lib.  IV  tit.  6,  accenna  ad  un  rescritto  delfimperatore  Marco  Aurelio 
«  Sed  in  stricti  judiciis  ex  rescripto  divi  Marci  oppositi  doll  mali  exceptione,  eompen- 
satio inducebatur  »  in  virtu  del  quale  la  compensazione  poteva  essere  fatta  valere  a 
mezzo  deXYexceptio  doli,  (Veggansi  Schupfer,  II  diritto  delle  obbligaeioni.  Padova  1868 
pag.  273  e  seg.  e  gli  autori  da  lui  citati,  nonche  Arndt&-Serafini,  op.  clt.  vol.  II  §  264 
e  note;  Dernburg,  Storia  e  teoria  della  compensazione  (ted.)  2.*  ed.  Heidelberg  1868 
cap.  IV  §  19  e  seg.  e  Pandekten.  Berlin  1886  vol.  Ill  §  62;  Kruo,  Die  Lehre  von  der 
Compensation.  Leipzig  1833;  Van  Wetter,  Les  oblig.  en  droit  romain.  Gand  1886 
§230;  Matnz,  Cours  de  droit  romain  4.^  ed.  Bruxelles  1877  vol.  II  §  291;  Keller, 
Della  proc,  civ.  e  delle  asioni  (trad.  Capmas)  Parigi  1870  §  60  nota  710;  Schwanert, 
Die  Compensation  tiack  rdmischem  Rechte.  Rostock  1870 ;  Eisele,  Die  Compensation 
naeh  r6m.  u.  gem.  Rerht.  Berlin  1876;  Brinz,  Die  Lehre  von  der  Compens.  Leip* 
zig  1849  e  nel  Jahrbuch  di  Bekker,  vol.  I  n.  2,  1857;  Ubbelbode,  Ueber  den  Sats 
•  ipso  jure  compensatur  *  1858;  Lenel,  Ursprung  und  Wirkung  der  Exceptionen 
pag.  139  (1876);  Stamps,  Das  Compensationsverfahren  im  vorjustinianisehen  stricti 
juris  judicium  1886;  Wbndt,  Lehrbuch  der  Pandekten.  Jena  1888  9  241;  Baron,' 
Pandekten  7.*  ed.  Lipsia  1890  §  265). 

Essendo  il  frammento  delle  Istituzioni  di  Giustiniano  Tunica  e  sola  prova  intorno 
al  rescritto  di  Marco  Aurbi.io  non  si  potrebbe  con  tutta  certezza  decidere  se  questo 
imperatore  abbia  con  questo  introdotto  modificazioni  in  argomento  o  soltanto  sanzionato 
un  principio  ormai  accolto  nella  giurisprudenza;  e  piii  verosimile  questa  seconda  ipo- 
tesi  tanto  piu  che  i  giureconsulti  Labeone,  Giavolbno  e  Giuliano,  i  quali  vissero  prima' 
di  Marco  Aurelio,  si  occuparono  delfargomento,  come  resulta  per  Labeone  dalla  L.  13 
Ulpiano  libro  LXVI  ad  Edictum  D.  h.  t;  per  Giuliano  dalla  L.  10  §  3  Ulpiano  libro 
sexagensimo  tertlo  ad  Edictum  D.  h;  t.  e  per  Giavoleno  dalla  L.  15  libro  secundo  Epi- 
stolai^m.  D.  h.  t 

Gaio  poi  che  viveva  ai  tempi  di  Marco  Aurelio  non  se  ne  occupa,  o  scrisse   forse 
prima  della  emanazione  del  rescritto  stesso:  non  ne  fa  cenno  neppure  nella  L.  5  libra  . 
nono  ad  Edictum  prov.  D.  h.  t. 


148  SEtJONDA   APPBKDXCB  DEL  TBUDUTTOBB  AL  §  845. 

L*ORTOLiiN  congettura  attese  le  lacune  in  Gaio,  Comm.  IV  §  61,.ch6  quesio  giure- 
conffulto  trattaue  del  rescritto  di  Marco  Aurelio  e  delle  regole  relative  alia  compen- 
sazione  nelle  azioni  di  diritto  stretto  nel  detto  §  61  prima  di  o6cuparsi  delle  norme 
intorno  alia  compenffazione  nelle  azioni  di  buona  fede. 

Comunqiie  quanto  interessa  in  proposito  6  la  ricerca  suIIa  importansa  degli  effetti 
della  inserzione  MVe^veeptio  doU  nella  formula  ai  riguardi  della  plxts  petitio:  in  altrt 
termini,  supposto  che  Tattore  non  abbia  eseguito  la  compentatio  fra  il  suo  debito  e  il 
8U0  credito  verso  il  convenuto  prima  di  procedere,  e  che  il  convenuto  abbia  proflttato 
del  diritto  di  opporre  in  iure  la  exceptio  dolt,  perch^  questa  Tenisse  inserita  nella  for- 
raola  ed  il  giudice  favesse  altresl  verificata;  ma  nullaraeno  Tattore  abbia  insistito  nella 
sua  domanda,  quid  juris  t 

Incorrer&  Tattore  nelle  conseguenze  M\9l  plus  petitio  ref  0,  per  converso,  dato  pure 
il  riftuto  deirattore  di  procedere  alia  compensaaone  e  limttare  la  domanda,  sarA  in  fa- 
colti  del  giudice  di  tener  conto  dei  due  debiti  e  crediti  o  di  eseguire  la  deduzione  di 
uno  dairaltro? 

Vennero  sostenute  in  tale  proposito  opinion!  disparate. 

L*Ortolan  sostenne  energicamente  che  Tattore  incorre  nelle  conseguenze  deWh plus pe^ 
titio  (op.  cit.  t  III  pag.  655«  seg.).  Cosl  anche  Schupfbr,  (op.  cit.  pag.  376)  che  argomenta  da 
Qato  IV,  123  e  seg.  (cf.  9  10 1st  ds  exc,  4, 13)  e  dichiara  priva  di  autorit^  la  testimoniahza 
di  Teofilo  ad  §  30,  {de  act).  Anche  il  Maynz  (op.  cit.  voL  II  §291)  ritiene  la  risposta 
affermativa  alia  prima  domanda,  la  sola  soluzione  con  forme  ai  principi  originari  delle 
actiones  stricti  iuris;  cosl  pure  lo  ZimcBRN,  op.  cit.  S  ^  pag.  306  e  QueiNO,  Trattat^ 
storico  della  proc.  dc,  rom.  Palermo  1873  pag.  178. 

In  sostanza  gii  argomenti  addotti  dairOaroLAN  sono  i  seguenti:  Y exceptio  doU  in- 
serita nella  formula  concede  al  giudice  solo  ralternativa  o  di  condannare  o  dl  assolvere: 
non  gli  consente  di  compensare  «...  si  in  ea  re  nihil  dolo  malo  Auli  Agerii  factum  sit 
neque  fiat....  condemna;  si  non  paret  absolve*.  Questo  concetto  k  convalidato  da  cid 
che  Paolo,  contemporaneo  di  Marco  Aurelio,  scrisse  nelle  sue  Sentense  lib.  II  cap.  V 
9  3:  €  O)mpen9atio  debiti  ex  pari  specie  et  causa  dispari  admittitur:  velutsi  pecuniam 
tibi  debeam,  et  tu  mihi  pecuniam  debeas,  aut  Oumentum  aut  cetera  hujusmodi,  licet 
ex  di  verso  contractu,  compensiire  vel  deducere  debes;  si  totum  petas,  plus  petendo 
causa  cadis  »  in  istpecie  a  motivo  che  in  questo  frammento  (tl  quale  nofi  si  riesce  a  di- 
mostrare  con  prove  suffictenti  che  sia  stato  alterato  nella  maggior  parte  delle  sua  pi- 
role  dai  comf>ilatori  del  Sr^ihrio  d'Aldrioo)  si  ritrovano  espressioni  le  quali  giuridica- 
mente  non  si  po^ono  rtf^rire  kWargentarius,  Compensare  vel  deducere  debes,  dice 
Paolo,  e  questa  alternativa  appllcabile  a  ehicchessia,  non  riguaMava  precisamente  Var^ 
gentarius  obbligato  alia  preventiva  eompensatio,  non  alia  deductio. 

N6  si  pvA  insistere  nella  obbrezione  che  tale  sistema  fosse  contrarlo  airequitji  a 
danno  ddFattore,  che  perdeva  la  lite  ed  H  diritto,  quale  conseguensa  della  plus  petitio, 
dal  momento  che  questo  effetto  non  si  verificava  se  non  quaudo  Tattdr^  avesse  insistito, 
malgrado  Teccezione  dt^l  convenuto,  nella  sua  doraandk:  e^W,  Tattore,  poteva  benissimo 
limitare  quest'ultima  con  una  pra«f crtprtb .*  trasforihare  Vintenito  di  diritto  stretto  in 
una  intentio  di  buona  fede;  se  nulla  di  ci6  egli  aveva  voluto  (hre,  il  pretore  accordava 
al  convenuto  la  exceptio  doU  e  Tattore  interreva  ftel  ri^chio  relativo. 

Si  rileva  da  ptt^  frammenti,  scrive  TOrtolan  (op.  cit.  n.  2190),  che  Tinsislenka  del- 
*attore  doveva  durare  fino  alia  litik  eontehicaio,  e  si  conoscono  i  vari  me^zi  dliti  alle 
parti  dl  veriftca,  di  discuss?6ne,  anche  di  proroga  ad  altra  compavitlone  fn  iure  per 
giungere  intltie  alPaccordo  sulla  formula.  Paolo  nella  L.  27  ^  5  D.  6,  1,  parla  perftiio 
di  un  avverCimento  fatto  dal  convenato  alPattore,  intorno  alle  somme  di  cut  quest!  deve 
tener  conto  per  evitare  la  eccezione  di  dolo.  L.  27  9  5  libro  vicensimo  primo  ad  Kdit' 
turn  D.  de  rei  vindieatione  6,  1  «  per  doti  mali  except ionem  ratio  eorum  habei^i  debet, 
ei  persevere!  actor  petere  rem  Suam  aon  fedditis  suitptibus  ».  Forse  ^  aiich^  possibila 


SBOONBA  APPBNDIOE  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  845.  109 

coDgettarare  da  uim  Costitusione  di  Albss.  Sbvbro,  L.  3  C.  4,  31,  che  ia  cnrte  circo- 
sUDse  quando  i  fatti  fossero  ritenuti  evident!,  il  pretore  imponesse  alfattore  di  eseguire 
la  compeosazione  o  di  dimiDuire  la  domanda  sotto  pena  del  riQuto  deirasione;  ma  poi 
davaoti  al  giudice  e  la  formula  sola  che  ne  determiaa  il  giudizio:  e  provate  le  saser^ 
zioDi  del  conyenuto,  in  base  alle  quali  viene  ad  assumere  il  carattere  di  doloso  il  con- 
tegno  delPattore,  il  eonveriuto  6  assolto  e  Tattore  perde  il  diritto  per^/M«perAio.  Altri 
scrittori,  per  esempio  Demanobat,  op.  cit.  vol.  II  pag.  629;  Bocquillon,  op.  cit.  pag.  2S, 
opinaoo  iuTeee  che  Paolo  nella  L.  22  pr.  libro  singular!  De  variis  leotionibu»  D.  de 
exeeptionibtu,  ecc.  44,  1,  colle  parole  <  Ezcsptio  est  condicio  quae  modo  eximit  reum 
damnatione,  modo  minuit  damnationem  »  enunci  il  principio  che  la  eccezione  sia  una 
condizione,  la  quale  talvolta  fa  assolvere  il  convenuto,  taValtra  diminuisce  la  condannn 
anche  nelFargoraento  della  compensaztone  ed  esprimono  il  parere  che  in  base  alia  «r- 
cepUo  doU  in  materia  di  eompensatio  il  giudice  delPazione  di  diritto  stretto  veiiisse  ad 
avere  la  facoU^  concessa  al  giudice  nelle  azioni  di  buona  fede,  quella  di  compensare  i 
debit!  e  di  non  condannare  il  convenuto  che  al  resto.  Ma  Paolo  nella  L.  22  preindicata 
u  riferisce  ad  una  specie  di  eccezioni  del  tutto  di  versa,  sia  per  la  posizione  che  per  la 
forma,  e  per  gli  effetti  della  exceptio  dolt  relativa  alia  compensazione ;  eccezioni  ag- 
giunte  alia  condanna  per  restringerne  Timporto ,  piil  propriamente  dette  adjectiones. 

Ma  non  sono  eccezioni  che  si  contrappongono  &\Vintentio,  come  nel  caso  della  nostra 
exeeptio  doU. 

Si  sostiene  che  Paolo,  nelle  Sentenze  libro  II  cap.  V  §  3,  contempla  il  caso  delKar- 
gentario,  sia  perch^  considera  come  condizione  per  la  compensazione  che  i  due  debiti 
siano  ex  pari  specie,  poi  perch^  solo  al  riguardi  di  qilesti  la  causa  si  perdeva  come 
conseguenza  della  plttM  petitio.  Paolo  non  aceefina  zXVeafcepti^  doli,  in  base  alia  qual« 
soltanto,  riguardo  a  tutti  gli  alCri  poteva  prddui^si  la  decadenza  dftirarttofe.  In  quanta 
poi  alia  fraaie  eompentare  tel  dedueere  debet  c>  chi,  come  il  Latr^  op.  eit.  fmgine  28, 
%  e  36,  la  interpreta  Ml  senso  th%  al  t^mpo  di  Paoix)  i  giureconsulti  si  sforzassero  di 
generalizzare  la  teoria  relativa  alPobbligo  delPargentario  ed  intenddssero  ch«  ognuno,  il 
quald  si  fo^e  trbvato  nella  identfca  posizione  delPargentario  e  eioi  fosse  ad  un  tempo 
cteditore  6  d^bttord  di  cose  fungibili,  dovMse  eseguire  in  jure  la  eompensAtio ;  cosl 
anche  Barnz,  o^.  cit  §S  13-24;  Scbegul,  Beitrajfe  I  n.  7  paging  149-173.  Ad  evitlihe 
poi  la  p^a  d^Ua  plue  petltio  stabilita  pet  Id  speciali  ragioni  di  s^veritd  contro  gli  at- 
gentaH,  petiM  il  Lair,  Si  pfefdrfsse  dl  lasciare  eseguire  dal  giudic«  la  deduetio  agll 
argentari  non  pdrmessa.  Sdcdttdo  il  Lair  il  testo  Ji  Paolo  noti  fu  alterato,  per(;hd  i 
Prudenti  ch6  .composero  per  orditie  di  Alartco  la  iM  rbmnna  Visigothorum,  noti 
avetano  ricevuto  la  facoH^  di  modificare  IfVammenti,  chtf  s^eglttFVafio  per  il  l6ro  scopo: 
e  cosl  si  ftpiega  corns  PaOlx)  parli  di  dedttcHo  dopo  di  avere  suppo$io  credUi  di  pari 
specie.  Q^h  cbt;  come  il  DBsjAamxs,  sOstleYie,  che  il  dedueere  nel  frammento  di  Paolo 
non  debba  esser  interpretato  nel  senso  particolare  cho  ha,  quando  si  tralta  di  un  bono- 
rum  emptor. 

Nelle  fbnii  sigpaiftca  spesso  ritirare  tin  hnportd  da  una  somma  maggiore:  quindi  tofrt' 
penkdre  fitrO  i»di6are  it  congnaglfo  per  Intero  fia  i  due  debiti;  dedueere  invecela  com- 
pensazione, che  %i  esegulsce  Afto  alia  ooncoi^renza  del  credito  inferiors  k  quello  delPattorft 
(op.  cit.  pag.  ^2  seg.).  Secondo  questo  autore  II  ft'ammento  fa  %vtdentemefnte  alterato  « 
si  riferiva  ia  orrgine  airantica  eonipetitatio  ^\Yargeiiiariu$ ;  injlns  c*e  chi^  coitie  II 
VAMOBaow  {Lehrbuch  der  Pandekten  t  HI  p^g.  ^)  sostiene,  chs  il  passo  di  Paolo 
fa  cosl  evldeitt»azMte  riraansggfalo,  che  non  pud  aVere  grands  importanza  nella  discus- 
sione. 

Anche  lo  Stascpb,  il  quale  ibrisse  sulla  procMura  di  compensazione  nel  judicivtfi 
stricH  jurik  prima  di  GiustiKiano,  ritiene  alterato  il  frammento  di  Paolo,  quale  ci  pel*^ 
venae  nel  Brevtdrio  idi  AhiricO  (pagine  74  e  93)  e  dk  maggior  valore  alle  parole  d) 
TboI'ilo  dblla  ihh  parafra«ii  delle  UtituHoni  (trad.  Reitz):  «  Hac  epposita  exceptione 


110      SECONDA  APPENDICE  DEL  TBADUTTOSE  AL  §  845. 

iudici  occasio  datur  admittendi  compensatioDe  »,  il  che  darebbe  il  <contenuto  del  Re- 
^cripto  del  divo  Marco.  La  testimoniaaza  di  Tbofilo  per6,  come  si  e  gU  avvertito,  non 
ha  valore  (veggansi  Wendt,  Pandekten  §  241;  Dernburg,  Pandekten  vol  II  pag.  166 
n.  8). 

lo  seguo  Topiaione  che,  neiripotesi  delFattore,  il  quale  insiste  nella  »ua  domanda 
malgrado  Vexceptio  doli,  doq  rimanesse  al  giudice  che  seguire  ralternativa  della  for- 
mula si  paret  oondemna,  si  non  paret  absolve. 

Cosi  anche  il  Buonamici  interpreta  il  frammento  di  Paolo  nelle  Sentence  II,  5,  3. 
La  controversia  esigerebbe  maggior  sviluppo ;  tenuto  conto  perd  che  non  presenta  un 
interesse  pratico,  basteranno  i  cenni  suesposti. 

Divenuto  regola  il  sistema  della  procedura  straordinaria  e  sparita  la  formula,  la  ecce- 
zione  della  eompensatio  si  us6  liberamente  e  Giustiniano  nel  suo  §  30  cosi  si  esprime : 
«  Nostra  constitutio  eas  compensationes,  quae  iure  aperto  nituntur,  latius  introduxil,  ut 
actiones  ipso  jure  minuant,  sive  in  rem,  sive  personales,  sive  alias  quascunque,  excepta 
sola  depositi  aciione,  cui  aliquid  compensationis  nomine  opponi,  satis  impium  esse 
credidimus,  ne,  sub  praetextu  compensationis  depositarum  rerum  quis  exactione  defrau- 
deretur  ». 


Plu8  petitio   tempore. 

Secondo  Giustiniano  avveniva  (§  33,  (IV,  6)  «veluti  si  quis  ante  diem  vel  ance  con- 
dicionem  petierit  qua  ratione  enim,  qui  tardius  solvit,  quam  solvere  deberet,  minus  sol- 
vere intelligitur,  eadem  ratione,  qui  praemature  petit,  plus  petere  videtur  ». 

Nelie  Instit.  §  5,  (III,  20)  de  fidej,  d  detto:  <  ...non  solum  enim  in  quantitate,  sed 
etiam  in  tempore  minus  et  plus  intellegitur,  plus   est  enim  statim  aliquid  dare,  minus . 
est  post  tempus  dare  ....>. 

Ulpiano  nella  L.  1  §  4  D.  7,  3,  osserva  poi  qui  ante  diem  agit,  male  agii.  Chi  pro- 
cedeva  prima  del  tempo  stabilito  nel  contratto,  incorreva  nelle  conseguenze  delU  plits 
petitio:  quando  invece  fosse  stata  pattuita  una  proroga  alia  scadenza  ex  post  facto  il. 
convenuto  aveva  a  suo  favore  Yexceptio  pacti  oonventi,  come  e  detto  nel  §  10  Instit, 
IV,  13  e  nel  Comm.  IV  §  122  di  Gaio:  «  Bilatoriae  sunt  exceptiones  quae  ad  tempus 
valent:  veluti  illius  pacti  conventiquod  factum  est,  verbi  gratia,  ne  intra  quinquennium 
peteretur. . . . » ;  se  il  debitore  avesse  trascurato  di  opporre  la  eccezione,  di  farla  inse- 
rire  nella  formula,  il  giudice  doveva  condannarlo,  mentre  nel  caso  di  domanda  prema- 
tura era  sufUciente  che.  la  ritenesse  tale  il  giudice  senza  uopo  che  la  eccezione  fosse 
opposta.  Superfluo  il  ripetere  che  ormai  la  plus  petitio  non  produceva  piil  la  perdita 
del  diritto. 

Nel  diritto  di  Giustiniano  tutto  si  riduceva  al  dover  attendere  il  dopj»o  del  termine . 
non  rispettato  ed  alia  ril'usione  delle  spese  e  ci6  a  titolo  di  pena,  sia  che  Tattore  man- 
casse  volontariamente  al  patto  e  quindi  in  mala  fede,  sia  che  avesse  dimenticato  il  ter- 
mine  e  quindi  negligente.  In  questo  argomento  cid  che  interessa  h  non  tanto  la  distin- 
zione  fra  il  termine  certo  e  Tincerto,  qnanto  il  sapere  a  vantaggio  di  chi  ^  stato  fissato 
il  dies :  si  incorrerA  in  plus  petitio  se  Toggetto  deirobbligazione  yerrk  chiesto  prima 
della  scadenza  fissata  a  vantaggio  del  debitore. 

Si  vide  che  Giustiniano  non  istabilisce  difierenza  fra  chi  agisce  ante  temptis  e  chi 
agisce  ante  condicionem:  nei  Commentari  di  Gaio  invece  non  k  fatto  cenno  della  se- 
conda  eventualita,  e  Tampiezza  delle  lacune  non  permette  'di  congetturare  se  fosse  o  no 
contemplata  da  Gaio  la  ipotesi  che  potesse  incorrersi  nelle  conseguenze  della  p/tc^  pe^- 
titio,  presentando  la  domanda  prima  delPavverarsi  della  condizione..  £  notevole  perd 
che  Giavoleno  nella  L.  36  libro   primo  ^piftolarum  D.  de  rebus  creditis  12.    1.  alia. 


S£CONDA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  IJL   §  845.      Ill 

sua  volta  pareggi  Vante  tempus  alVante  eondicionem :  <  Pecuniam  quam  mihi  sine  con- 
dicione  debebas,  iussu  meo  promisisli  Attio  sub  condicione:  cum  pendente  condicione 
in  eo  statu  sit  obligatio  tua  ad  versus  me,  tamquam  sub  contrariam  eondicionem  earn 
mibi  ftpopondisti,  si  pendente  condicione  petam,  an  nibii  acturus  sum?  respondit:  noD 
dubito,  quia  mea  pecunia,  quam  ipse  sine  condicione  stipulatus  sum,  etiam  si  condicio 
in  personam  Attii,  qui  ex  mea  voluntate  eandem  pecuniam  sub  condicione  stipulatus 
est,  non  extiterit,  credita  esse  permaneat  (perinde  est  enim,  ac  si  nulla  siipulatio  inter- 
venisset):  pendente  autem  causa  condicionis  idem  petere  non  possum,  quoniam,  cum 
incertum  &it,  an  ex  ea  stipulatione  deberi  posse,  ante  tempus  petere  videor  >,  e  che 
quindi  ci  sia  controversia  tra  Giavoleno  e  gli  altri  giureconsulti,  i  quali  nelie  Pandette 
sancirebbero  una  norma  contraria  a  quella  del  §  33  Istituzioni  relativamente  al  fatto 
che  iocorresse  in  plus  petitio  chi  agiva  ante  eondicionem  (veggasi  Du  Caurroy,  op. 
ciL  vol.  II  pag.  405). 

Infatti  Paolo  nella  L.  43  §  9  libro  primo  ad  Edictum  aedilium  curulium  D.  21, 1 
de  aediUoio  edicto  sancisce :  «  Si  sub  condicione  homo  emptus  sit,  redhibitoria  actio  ante 
eondicionem  exsistentem  inutiliter  agitur,  quia  nondum  perfecta  emptio  arbitrio  iudicis 
imperfecta  fieri  non  potest:  et  ideo  etsi  ex  empto  vel  vendito  vel  redhibitoria  ante 
actum  faarit,  expleta  condicione  iterum  agi  poterit  »  e  nella  L.  13  §  5  MARCiANU8(/t&ro 
singulari  itd  formulam  hypothecariam)  D.20,  1  de  pignoribus  et  hypotheeie,  ecc  de- 
cide: «  Si  sub  condicione  debiti  nomina  obligata  sit  hypotheca,  dicendum  est  ante  eondi- 
cionem non  recte  agi,  cum  nihil  interim  debeatur:  sed  si  sub  condicione  debiti  condicio 
Tenerit,  nirsus  agere  poterit:  sed  si  praesens  sit  debitum,  hypotheca  vero  sub  condicione, 
et  agatur  ante  eondicionem  hypothecaria,  verum  quidem  est  pecuniam  solutam  non  esse, 
sed  auferri  hypothecam  iniquum  est:  ideoque  arbitrio  iudicis  cautiones  interponendae 
sunt,  si  condicio  exstiterit  nee  pecunia  solvatur,  restitui  hypothecam,  si  in  rerum  natura 
8it>;  finalmente  Giuliano  nella  gik  citata  L.  36  D.  46.  3:  «  Si  pater  meus  praegnate 
uxore  relicta  deoesserit  et  ex  causa  hereditaria  totum  hoc,  quod  patri  meo  debitum 
fuisset,  petissem,  nihil  me  consumpsisse  quidam  existimant:  si  nemo  natus'sit,  recte 
me  egisse,  quia  in  rerum  natura  verum  fuisset  me  solum  heredem  fuisse  ». 

Julian  us  notat :  <  Verius  est  me  eam  partem  perdidisse,  pro  qua  heres  fuissem  an- 
tequazn  certum  fuisset  neminem  nasci,  aut  quartam  partem,  quia  tres  nasei  potuerunt, 
aut  sextam,  quia  quinque :  nam  et  Aristoteles  scripsit  quinque  nasci  posse,  quia  vulvae 
mulierum  totidem  re cep taenia  habere  possunt:  et  esse  mulierem  Romae  Alexandrinam 
ab  ^gypto,  quae  quinque  simul  peperit  et  tum  habebat  incolumes  et  hoc  et  in  yEgyplo 
adfirmatum  est  mihi  ». 

E  proprio  vero  che  sia  esistita  in  tale  questione  una  controversia  fra  Giayoleno  da 
una  parte  e  Paolo,  Marciano,  Giuliano  dalfaltra,  della  quale  le  ultime  tre  leggi  tra- 
scritte  ci  hanno  conservato  le  traccie?  A  me  pare  anzitutto  che  la  L.  43  §  9  D.  21,  1  di 
Paolo  nou  possa  mettersi  in  confronto  di  quella  di  Giavoleno:  non  c'h  il  contratto 
di  compra-vendita,  finche  non  si  verifica  la  condizione  apposta  alfacquisto :  quindi  non 
si  puo  agire  in  base  a  contratto  e  nulla  si  deduce  in  giudizio:  se  si  procede  si  perder^ 
la  lite,  ma  non  uu  diritto,  che  non  esiste.  Neppure  la  L.  13  §  5  D.  2J,  1  di  Marciamo 
p«6  essere  addotta  in  via  assoluta  in  opposizione  a  Giavoleno,  sia  perche  se  ne  possono 
dedurre  argomenti  tanto  a  favore  che  contro,  sia  perche  Vactio  hypothecaria  era  retta 
da  norme  particolarL 

Resterebbe  ora  Giuliano  di  fronte  a  Giavoleno,  che  fu  suo  maestro,  e  tutti  e  due 
Sabiniani. 'Qui  giova  rilevare  che  la  L.  36  D.  46.  3  si  divide  in  due  parti:  la  prima  parte 
riferisce  il  parere  di  Ursejo  Fbrocb  procuUano  e  su  questa  parte  Giuliano  notat : 
9erius  esL  £  quindi  Ursbjo  Feroce  solo  contro  Giavoleno,  tanto  piii  che  Giuliano 
nella  seconda  parte  decide  che  si  incorre  neWo,  plus  petitio  chiedendo  prima  che  nascano 
concepitL  Arrogi  che  nella  legge  di  Giuliano  il  credito  delferede,  che  agisce  prima 
della    nascita    dei    concepiti  e  certo:  non  e  certo  il  quantum  del  diritto    e    quindi    se 


112  SBOONDA  APPBNDlOB  DBL  TBADUTTOBE  AL  §  845. 

i'attore  chiede  il  totum  invece  di  chiedere  con  azione  incerta,  incoire  in  una  plus  ps* 
titio  e  perde  la  parte  che  gii  sarebbe  spettata,  ma  non  percbe  si  tratU  di  diritto  eser- 
citato  ante  ooiidicionem.  Si  tratta  quindi  di  fattispecie  diverse  con  soluzioni  diverse, 
non  di  controversia. 

Infine  fra  Ursbjo  e  Oiayolbno  la  diversity  della  decisioDe  non  dipende  da  teoria  di- 
versa  sulle  consegnenze  del  chiedere  ante  tempus,  ma  da  cid  che  nel  frammento  di  U&- 
8EJ0  non  si  tien  con  to  di  mutazioni  nel  diritto,  dai  momento  che  non  sono  avvenute  e 
non  si  dk  corpo  alia  possibility,  che  nascessero  altri  eredi,  per  dedurne  danni  a  carico 
delFattore. 

Controversia  quindi  se  in  date  fattispecie  esistesse  una  vera  e  propria  condizione,  il 
che  si  deduce,  sia  dalla  L.  36  surriferita,  sia  dal  fatto  che  nel  Digesto  A  hanno  le  due 
LL.  37  Papinianus,  libro  primo  Lefinitionum  D.  de  rebus  creditis  1?,  l:.c  Cum  ad 
praesens  tempus  condicio  confertur,  stipulatio  non  sospenditur  et,  si  condicio  vera  sit, 
stipulatio  tenet,  quamvis  tenere  contrahentes  condicionem  ignorent,  veluti  si  rex  Pi^- 
thorum  vivit,  centum  mihi  dari  spondes?  eadem  sunt  et  cum  in  praeteritum  condicio 
confertur  »  e  39  pure  di  Papiniano  D.  h.  t:  «  Itaque  tunc  potestatem  condicioni  optinet, 
cum  in  futurum  confertur  »  suUe  condizioni  e  fra  queste  la  L.  38,  libro  primo,  Quae" 
stionum  D.  h.  t  di  Scaevola  :  «  Respiciendum  enim  esse,  an,  quantum  in  natura  ho- 
roinum  sit,  jiosiiit  scire  eum  debitum  iri  »:  la  decisione  di  Scbvola  earebbe  stata  appo* 
sitamente  inserita  fra  la  L.  37  e  la  L.  39,  che  stabiliscono  le  regole  di  Papimiano,  alio 
scopo  di  restringerne  la  portata. 

II  che  k  provato  anche  dalla  L.  28  §  5  (Paulus  libro  septimo  decimo  ad  Plautium) 
D.  {de  judieiis  ubi  quisque  age^e)  5,  1 :  «  Si  pater  familias  mortuus  esset  relicto  uno 
filio  et  uxore  praegnate,  non  recte  Alius  a  debitoribus  partem  dimidiam  crediti  petere 
potest,  quamvis  postea  unus  filius  natus  sit,  quia  poterant  plures  nasci:  cum  per  rerum 
naturam  certum  fuerit  unum  nasci.  Sed  Sabinus  Cassius  partem  quartam  peti  debuisse, 
quia  incertum  esset  an  tree  nascerentur:  nee  rerum  naturam  intuendam,  in  qua  oomia 
certa  essent,  cum  futura  utique  fierent,  sed  nostram  inscientiam  aspici  debere  >  (veggansi 
anche  la  L.  3  Paulus  libro  septimo  decimo  ad  Plautium  D.  5,  4  e  Vinmio,  Comm.  in 
IV  libros  Instit.  pag.  922). 

Come  si  rileva  pertanto  dalla  prima  parte  della  L  36  D.  46,  3,  i  Proculiani  opioa- 
vano  che  il  diritto  non  si  consumava,  perch^  se  nessuno  nasceva,  ecc  Giuliano  Sjlbi- 
NiANO  invece  nota  che  era  impossibiie  che  si  potesse  dire:  €  Sono  erede  di  tutto, 
mentre  poteva  nascere  altro  erede  »  e  quindi  opinava  che  andasse  perduto  il  diritto 
nella  quota,  che  ^rebbe  spettata  alKattore.  E  quale  quota  ?  In  relazione  al  numero  del 
iigli  nasci  turi. 

Ora  il  §  6  Inst.  Ill,  15.  dice:  €  Condiciones  quae  ad  praeteritum  tempus  vel  prae- 
sens referuntur  aut  statim  infirmant  obligationem  aut  omnino  non  differunt  Veluti  si 
Titius  Consul  fuerit,  vel  si  Maevius  venit,  dare  spondes  ?  Nam  si  ea  ita  non  sunt  nihil 
valet  stipulatio:  sin  autem  ita  se  habent,  statim  valet.  Quae  enim  per  rerum  naturam 
sunt  certa,  non  morantur  obligationem,  licet  apud  nos  incerta  sint  ».  Su  questa  contro- 
versia non  mi  pare  necessario  soffermarmi  ulteriormente. 

Si  ammetta  ora  che  si  tratti  di  condizione:  quid  juris  f 

Anzitutto  h  a  vedere  se  gli  effetti  delle  condizioni  apposte  alle  obbligazioni,  sieno  gli 
stessi  degli  effetti  delle  stesse,  nei  casi  di  legati.  La  risposta  h  che  in  questi  ultimi  ^ 
certo  che  non  si  incorreva  nelle  conseguenze  della  plus  petitio. 

E  quale  il  motivo  della  differenza?  Nelle  obbligazioni  il  diritto,  sebbene  condizionato, 
passa  agli  eredi  dello  stipulator  prima  delPavverarsi  della  condizione.  L.  10(Ulpianus 
libro  sexto  ad  Edictum)!),  de  verb.  sign.  50,  16;  L.  42  pr.  (Ulpianus  libro  vicensimo  " 
primo  ad  Edictum)  D.  de  obi.  et  act.  44,  7:  c  Is,  cui  sub  condicione  legatum  est,  pen- 
dente condicione  non  est  creditor,  sed  tunc,  cum  exstiterit  condicio,  quamvis  eum,  qui 
stipulatus  est  sub  condicione,  placet  etiam  pendente  condicione  creditorem  esse  »;  il  le* 


SECOND  A  APPBNDIGB  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  845.  113 

gato  iavec«  e^endo  stato  lasciato  intuitu  personae,  e  necessario  che  il  legatario  riva 
nel  momBnto  in  cui  la  condizione  si  awera,  quindi  ogni  domanda  relativa  a  questi  le- 
gati  si  coQsiderava  come  non  avvenuta,  e  non  poteva  a  loro  riguardo  produrre  alcuna 
conseguenza.  Veggasi  la  L.  13  §§  7,  8  (Ulpianos  libro  quinquagensimo  ad  Sabinum)  D. 
de  acceptilatione  46,  4;  il  legatario  nulla  deduceva  in  giudizio  non  essendo  pendente 
condieione  in  debito  di  nulla. 

La  stessa  espres8ione  diem  cedere,  ha  nelle  obbligazioni  un  significato  di  verso  che 
nei  legati,  ed  a  questi  erroneamente  si  estenderebbe  qua  ito  Ulpiano  dice  nella  L.  213 
(Ulpianus  libro  primo  Regularum)  D.  de  verb,  sign,  50,  16,  solo  a  proposito  delle  ob- 
bligazioni. 

Se  oggetto  del  legato  h  una  cosa  corporale,  Terede.  pendente  condicione,  ^  proprie- 
tario  della  cosa  (Gaio,  Comm.  II  §  200;  Ulp.  II,  2;  L.  66  Paulus  libro  secundo  Quae- 
^tiomun  D.  de  rei  vind.  VI.  1 ;  L.  12  §  5  Ulpianus  libro  septimo  decimo  od  Sabinum 
D.  de  ttsufr.  et  quemadm.  7,  1;  L.  12  §  2  Ulp.  libro  nono  decimo  ad  Edlctum,  D.  fa- 
nUUae  ercisc.  10,  2;  L.  9  §  5  Ulp.  libro  vicensimo  nono  ad  Edietum  D.  de  peeulio 
15,  1;  L.  1  §  4  Ulp.  libro  quinquagesimo  ad  Edietum,  D.  de  SC.  Silaniano  et  Clau- 
diano  29,  5;  L.  15  §  6  Papinianus  libro  tertio  decimo  Responsorum;  L.  24  §  1  Paulus 
libro  quarto  decimo  Resp.;L.^  §  3  Africano  libro  quinto  Quttestionum  D.  ad  legem 
Faleidiam  35,  2;  L.  18  pr.  Ulp.  lihro  II  Fidejc:  L.  57  pr.  Papin.  libro  vicensimo  Quae- 
stionum.  D.  ad  SC.  Trehellianum  36.  1;  L.  29  §  1  Gaio  libro  primo  de  manum  D.  gui 
et  a  quibiis  tnanum,  40,  9). 

Solo  Ferede  non  pu6-disporne  in  modo  da  originare  uno  stato  di  cose  irresolubile, 
per  esempio  cambiando  in  locus  religiosus  un  loous  che  non  lo  era  o  manomettendo 
UQO  scbiavo  (L.  34  Paolo  libro  sexagensimo  quarto  ad  Edietum  D.  de  relig.  ets.f.lh 
7;  L.  105  Pomp,  libro  quinto  Epist.  D.  de  condic.  35,  1;  L.  11  Paolo  libro  sexagensimo 
4]UjBLrto  ad  Edietum  D.  de  manum.  40,  1;  L.  29  §  1  D.  40,  9  suindicata. 

In  quanto  al  legato  di  usufrutto  Ulpiano  riportando  Scevola.  L.  1  §  4  Ulpiano 
libro  septimo  decimo  ad  Sabinum  D.  VII,  3  {quando  dies  usus  fructus  legati  cedat): 
«  Non  solum  autem  usus  fructus  ante  aditam  hereditatem  dies  non  cedit,  sed  nee  actio 
de  usu  fructu:  idemque  et  si  ex  die  luerit  legatus  usus  fructus;  denique  Scaevola  ait 
agentem  ante  diem  usus  fructus  nihil  facere,  quamvis  alias  qui  ante  diem  agit,  male 
agit  »,  ch^  in  questa  ipotesi  se  il  legatario  esperisce  la  sua  azione  prima  che  giunga  *il 
termine  non  perde  il  suo  diritto.  II  che  si  comprende  subito  atteso  il  carattere  speciale 
del  legato  di  usufrutto:  il  dies  cedens  h  riportato  alParrivo  del  termine:  questo  ren- 
deva  11  legato  condizionato  airesistenta  del  legatario  in  questo  giorno.  In  sostanza  resulta 
da  ci6  che,  perche  si  incorra  nella  conseguenza  della  plus  petitio,  occorreva  un  diritto 
per  cosi  dire  trasformato  in  azione. 

Ora  neiripotesi  ante  eondicionem  expletam  esisteva  un  diritto  tale  da  poter  essere 
dedotto  in  giudizio?  II  fatto  che  un  diritto  condizionato  poteva  trasmettersi  agli  eredi 
prova  che  il  diritto  fosse  pieno,  cioe  un  diritto  tale  da  essere  protetto  da  azione  come 
«e  ravrenimento  futuro  ed  incerto  verificandosi  lo  avesse  reso  perfetto?  Ecco  secondo 
me  la  base  per  risolvere  la  questione  senza  immaginare,  come  fecero  gli  scrittori  fran- 
cesi,  interpret azioni  e  conciliazioni  pii]i  o  meno  fallaci. 

L*Ortolan  opina  che  nel  diritto  di  Giustiniano  si  pub  riescire  alia  conciliazione  sup- 
ponendo  che  coloro,  i  quali  avevano  voluto  agire  prima  deirawerarsi  della  condizione, 
abbiano  poi  receduto  dal  giudizio,  perche  il  magistrato  dimostr6  loro  la  irregolaritji 
della  loro  domanda^  essi  potevano,  verificata  la  condicio,  esperire  la  loro  azione.  §  10 
Inst  4,  13  (op.  oit.  Ill  n.  2160  pag.  651).  Ma  questo  tentativo  di  conciliazione  non  pud 
accogliersi  a  motivo  che  Paolo  e  Marciano  accennano  ad  un  rursus  agere,  e  non  e 
agere  il  ritirare  la  domnnda  in  base  alle  esortazioni  del  magistrato  prima  di  avere  avuta 
ia  formula. 

L*AccAKiAS  ammette  in  via  adsoluta  che  il  creditore,  il  quale  agisce  pendente  condi- 

GlUck,  Comm.  Pandette.  —  Lib,  XIIJ.  1» 


114      SBOONDA  APPBNBIOB  DEL  TRADUTTOBB  AL  §  845. 

done  Don  incorre  nelle  conseguenze  della  plus  petition  e  quanto  alia  L.  36  che  sembra 
a  primo  aspetto  assolutamente  coatradditoria  alia  sua  opinione,  osserva  che  il  solo  ar- 
gomento,  che  se  ne  deduce  a  soategno  della  tesi  contraria,  si  appoggia  alia  frase  usata 
dal  giureconsulto  ante  tempti*  petere  videor:  ora  se  si  pensa  che  11  delegante  noa  ha 
cessato  di  essere  creditore  puro  e  semplice,  ma  dicendo  al  suo  debitore  di  obbligarsi 
Rotto  condizione  ad  Attio,  egli  ha  implicitamente  concesso  al  suo  debitore  gli  effetti  di 
un  petetum  de  non  petendo,  ne  deriva  che  se  la  eondioio  cade  il  debitore  Don  ha  cam- 
biato  creditore,  se  si  veriAca,  egli  sar&  liberato  verso  11  delegante,  come  se  con  questi 
avesse  conchiuso  un  patto  di  non  chiedere  pii!i  (op.  cit.  vol.  II  pagine  llll  e  690  n.  1). 
II  patto  de  non  petendo  poi  si  fa  valere  ope  excepHonis :  ma  chi  lo  disconosce  xtoa 
incorre  nelle  conseguense  AftXiA  plus  petUio :  in  luogo  quindi  di  ammettere  che  il  cre- 
ditore si  espone  ad  una  decadenza  di  pien  diritto,  TAcgarias  crede  che  egli  possa  es* 
sere  respinto  coWexoeptio  pctoH  oonventi,  che  dovr^  essere  inserita  nella  formula. 
Se  il  debitore  dimentica  di  farla  inserire  sar&  condannato. 

La  frase  poi  ante  temptu  petere  videor  non   caratterizza  la  plus  petitio,  ch6,  esa- 
minando  il  §  10  delle  Instit,  IV.  13  de  except.,  si  vede   che   il   creditore,  il   quale  ha 
accordato  un  pactum  portante  un  dies,  deve  diferre  actionem  et  poH  tempus  petere. 
II  Machelard  nella  sua  opera  Des  ohl.  nat.  pag.  382  n.  1,  ha  proposto  una  intar- 
pretazione  piii  semplice  e  meno  contraria  alle  leggi:  egli  anmiette  che  i  giureconsulti 
potessero  essere  discordi  su  questo  punto:  coloro  che  opinavano  come  Giayolbno  tene- 
vano  conto  deireffetto  retroattivo  della  condtetb  al  giorno  del  contratto,  e  conclud«vana 
che  quando  il   creditore  esarcitava  il  diritto,  questo  esisteva,  perchd  per  Teffetto  re- 
troattivo,  si  riteneva  che  robbligazione  esistesse  dal  giorno  della  stipulazione. 
Questa  opinione  sarebbe  stata  prevalente,  e  come  tale  raccolta  nelle  Istituzioni. 
II  BuFNOiR  {Thiorie  de  la  condition  dans  les  divers  aotes  juridiques  suivant  le 
droit  rom€tin  1867  pag.  243)  opina  con  Paolo  e  Maroiano  che  chi  agisce  ante  condi- 
eionem  nihil  faoit:  il  suo  diritto   non   esiste  ancora  e  quindi  il  creditore  che  rinnova 
la  domanda  non  his  de  eadem  re  agitur,  perch^  la  prima  volta  non  e8ercit6  un*aiion» 
relativa  ad  un  diritto  esistente. 

In  quanto  alia  legge  di  Qiayolbno,  che,  come  si  k  detto,  sancisce  Topposto,  11  Buf- 
NOiR  crede  regolasse  il  caso,  in  cui  la  domanda  ante  oondicionem  equivalesse  alia  do- 
manda ante  tempus  e  producesse  gli  effetti  stessi:  un  debitore  si  6  obbligato  sotto 
condizione  con  un  terzo  per  delegazione  del  suo  creditore.  La  novazione  quale  effetto- 
della  delega  non  sorger^  se  si  verifica  la  condizione.  Nel  frattempo  il  debitore  rimana 
vincolato  verso  il  creditore  delegante;  ora  questo  vincolo  diventa  alia  sua  volta  in  ua 
certo  senso  oondizionato,  e  cio^  e  affetto  dalla  condizione  inversa  a  quella,  dalla  quale 
dipende  Tobbligo  del  debitore  verso  il  creditore  delegatario.  II  creditore  delegante  non 
pu6  quindi  pendente  eondicione  esercitare  il  suo  diritto,  e  se  lo  esercita,  ante  tempus 
petere  videtur, 

Veramente  nella  fattispecie  in  questione,  la  condioio  impedisce  bensi  Tesercizio  del 
diritto  di  procedere  fino  al  suo  verificarsi;  ma  dopo  avvenuta,  devest  pure  considerare 
sempre  sussistito  il  diritto  del  creditore  delegante,  ed  estinto  poi  nel  giorno  della  pro- 
messa  condizionata :  la  esistenia  del  diritto  in  altri  termini  non  dipende va,  come  nel 
casi  ordinari,  dairavverarsi  della  condioio.  II  diritto  preesisteva  e  quindi  Tazione  irre-^ 
golarmente  esercitata  pendente  condioio  e  stata  dedotta  in  giudizio  e  oonsumata. 

II  tentativo  di  oonciliazione  6  pertanto  ingegnoso,  ma  complicato :  ed  6  poi  troppo 
contrario  al  frammento  per  potere  essere  seguito.  Infatti  si  tratterebbe  nella  legge  di 
Giayolbno  di  una  ohligaHo  condizionale  sui generis;  in  dtVm  quanto  alle  conseguense 
della  plvu  petitio :  e  condizionale  quanto  alia  novazione  che  deve  sorgere  o  meno. 

Invece  Giayolbno  accenna  ad  una  obbligazione  condizionale:  la  novazione  e  cio^ 
subordinata  ad  un  avvenimanto  futuro  ed  incerto.  Tizio  d  debitore  verso  Sempronio  ed 
^  creditore  verso  Gaio,  Tizio  delega  Calo  a  pagare  Sempronio  svh  eondicume. 


SBCX>NDA  APPBNDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  846.  115 

Partendo  dalPidea  che  in  generate  il  creditore  non  perde  il  suo  diritto  agendo  ante 
4)ondiiionem,  il  Bufnoir  p«r  far  concordiire  le  Istituzioni  con  quanto  eglt  crede,  h  co- 
8tretU>  a  reBtringere  arbitrariamente  il  testo  9  93  ed  a  non  applicarlo  se  non  in  quel 
caso,  in  cui  Tobbligo  e  condizionale :  io  questo  senso  che  si  tro^i  soggetto  ad  un 
modo  di  astinzione  affetto  da  una  condiiiona.  Ora  la  restrisione  del  §  33  non  pu6  essere 
giostiiScata. 

Io  penso  che  nel  frammento  di  Giayolbno  il  creditore  delegante  ftno  airavyerarsi 
della  condieio,  non  ha  piii  azione  da  dedurre  in  giudizio,  e  se  quindi  si  fk  attore  venga 
respinto  non  quale  creditore  sttb  oondieione  non  veriflcatasi,  ma  perch^  e  privo  di 
mezao  processuale  da  far  valere  contro  il  debitore  delegato.  Ante  tempue  petere  rt- 
deor^  dice  Giayoleno,  e  quindi  non  gli  si  accorda  azione. 

Invero  quale  valore  avrebbe  la  delega  se  cosi  non  fosse  ?  B  non  sarebbe  strano  che 
esisteesero  due  creditori  ad  un  tempo  della  stessa  obbligazione  verso  il  debitore,  dei 
quali  due  creditori  Tuno  h  debitore  verso  delFaltro  della  obbligazione,  oggetto  della 
delega?  II  diritto  del  delegante  ^  sopito,  mentre  pende  la  eondioio  in  base  alia  quale 
il  delegato  di^^nterJL  debitore  verso  il  delega tario  e  nel  frattempo  il  delegante  non  pub 
esperire  Tazione  che  sarebbe  relativa  al  diritto  di  credito. 

Cob\  si  spiegherebbe  come  non  si  trattasse  di  contro versia  fra  i  giureconsulti  romani. 
Tutti  opinavano  che  Tagire  ante  condieionem  non  producesse  le  conseguenze  della  pltu 
peUtio,  Le  parole  pertanto,  ante  condieionem,  si  pud  supporre  non  fossero  in  Gaio,  e 
devono  ritenersi  aggiunte  da  Giustiniano,  il  quale  conferm6  le  riforme  di  Zbnonb,  ed 
attribui  il  carattere  di  pena  alle  conseguenze  del  procedere  di  chi  agiva  «  ante 
tempus  et  si  quidem  tem(>ore  plus  fuerit  petitum. . .  Zenonis  divae  memoriae  loquitur 
constitutio. . .  sin  autem  quantitate  vel  alio  modo  plus  fuerit  petitum...  puniatur  ». 
Ai  tempi  di  Giustiniamo  era  quindi  trasformata  la  causa,  che  produce  va  la  pliu  petitio 
come  giJL  si  e  detto. 

B  nelle  azioni  in  rem,  si  poteva  incorrere  in J9/M»p0fi(ib  tempore  ^Ulpiano  risponde 
negativamente  nella  L.  II  (libro  trigesimo  secundo  ad  Sabinum)  D.  de  donat.  24,  1. 
«  Sed  interim  res  non  statim  Aunt  eius  cui  donatae  sunt,  sed  tunc  demum,  cum  mors 
insecuta  est:  medio  igitur  tempore  dominium  remanet  apud  eum  qui  donavit  ».  B  nella 
L.  II  S  4  Ulpiano  libro  septuagensimo  quinto  ad  Edietum  D.  de  exe.  rei  jud,  44, 
2.  Veggasi  anche  la  L.  2  §  5  Julianus  libro  sexagensimo    DigeHorum   D.  de   donat. 

Gonviene  dare  la  stessa  soluzione  se  si  tratta  di  un  dies,  invece  che  di  una  eon^ 
dioio.  Infatti  il  tannine  che  nelle  obbligazioni  non  sospende  che  la  esigibilitjt,  sospende 
per  converso  la  nascita  del  diritto,  quando  si  tratta  di  un  atto  traslativo  di  pro* 
prietiL  (Veggasi  Bufnoir  op.  cit.). 

Cosl  supponendo  un  legato  per  vindieationem  fatto  ea:  die,  il  legatario  non  diven- 
terii  proprietario  che  al  giungere  del  termine.  L.  9  §  2  Ulpiano  (libro  quinquagensimo 
primo  ad  Bdietttm)  D.  ueufructuariut  quern  ad  modum  caveat  7,  9. 

Si  tratti  di  una  servitii  costituita  ex  tempore  ed  il  tempo  non  sia  giunto. 

L*acquirente  che  rivendica  od  esercita  Yactio  oonfeeaoria  ante  diem  non  riescir^  ma 
potrii  rinnovare  la  domanda? 

Certo,  a  motivo  che  il  termine,  il  quale  proroga  TefTetto  di  una  vendita,  non  e  a  con- 
frontarsl  a  quello  con  cui  si  allontana  la  esigibUitJt  di  un  contratto. 

In  quest^ultimo  caso  il  diritto  esiste  dal  giorno  del  contratto:  se  si  agisce  si  deduce 
m  iudieium :  per  converso  Tacquirente  non  ha  ancora  diritto  di  propriety  e  non  deduce 
in  iudieio. 

n  Macbblard  nella  sua  opera  Dee  obligations  naturelles  en  droit  romain  (1861) 
pag.  387  D.  2  sostiene  che  anche  nelle  azioni  incertae  e  possibile  incorrere  nelle  con- 
segaanza  dtMsi  plus  petitio:  egli  intende  che  Tinsegnamento  di  Gaio  §  54  Comm.  IV 
d^bba  ritenarsi  limitato  alia  plus  petitio  re. 


116       SECONDA  APPENDIGE  DEL  TBAOUTTOSE  AL  §  845. 

Questo  scrittore  dice  che  il  giudice  in  base  alia  formula  deve  condanaare  a  quanto 
e  attualmeDte  dovuto.  Pertaato  se  il  debito  ^«  termme  o  sotto  condizione,   secoado  lo 

L 

stesso  Qaio  peti  non  potest,  nulla  prctestalio  est,  e  quiadi  si  incorre  in  plus  petitio. 
La  stessa  idea  e  espressa  da  Giavolbno  (libro  decimo  epistolarum)  nella  L.  35  D.  de 
iudiciis,  ecc.  5,  1.  II  convenuto  prima  della  scadensa  del  termine  opendente  candicione 
veniva  assolto. 

E  evidente  anzitutto  che  il  §  54  di  Gaio  non  si  presta  ad  alcuna  restrizione  e  poiche 
in  quest!  easi  il  giudice  non  e  qui  tenuto  dairalternativa  com0  nelle  actiones  certae  ^ 
sicuro  che  Tattore  otterr^  o  no  vittoria  in  relazione  al  quidquid  della  formula:  di  piu 
la  plus  petitio  tempore  si  risolve  in  sostanza  in  plu^  petitio  re  per  i  sacriftci  e?entuali 
che  si  imporrebbero  ad  un  debitore  imponendogli  il  pagamento  anticipato:  plus  est  enitn^ 
statim  aliquid  dare,  disse  anche  Giustiniano.  (Vegg.  anche  Cohn  op.  cit.  pagine  48-54). 


Plus  petitio   loco. 

Le  Istituzioni  si  esprimono  cosi  per  questo  caso  §  33,  IV.  6:  «  Loco  plus  petitur,  veluti 
cum  quis  id,  quod-  certo  loco  sibi  stipulatus  est,  alio  loco  petit  sine  commemoratione 
illiuB  loci,  in  quo  sibi  dari  stipulatus  fuerit:  verbi  gratia  si  is,  qui  ita  stipulatus  fuerit: 
Ephesi  dare  spondes?  Romae  pure  intendat  dari  sibi  oportere.  Ideo  autem  plus  petere 
inteliigitur,  quia  utilitatem,  quam  habuit  promissor,  si  Ephesi  solveret,  adimit  et 
pura  intentione. . .  ». 

E  Gaio  9  53,  IV:  c  Loco  plus  petitur,  veluti  si  quod  certo  loco  dari  promissum  est, 
id  alio  loco  sine  commemoratione  ejus  loci  petatur,  velut  si  quIs  ita  stipulatus  fuerit: 
Ephesi  dare  spondes?  do  Romae  pure  intendat. . .  »  il  resto  di  questa  parte  del  frammento 
non  si  pu6  leggere,  meno  le  frasi  dare  mihi  oportere. . .  petere  id  est  non  adiecto  looa. 

Si  suppone  che  alcuno  abbia  stipulato  che  gli  debba  essere  pagata  una  somma  certa 
in  Efeso  (luogo  determinato)  e  che  lo  stipulator  la  chieda  altrove,  per  esempio,  in* 
Roma  senza  accennare  il  luogo  convenuto. 

In  questa  ipotesi  si  veriftca  la  plus  petitio  loco,  perch^  chiedendo  in  Roma  ci6,  che 
d  dovuto  in  Efeso,  si  viola  il  patto  contrattuale  e  si  lede  il  convenuto  nei  suoi  interessi 
togliendogli  il  vantagglo,  che  egli  aveva  di  pagare  in  Efeso,  luogo  scelto  da  lui  per  i) 
pagamento  a  motivo  che  era  per  lui  luogo  forse  piu  comodo. 

Cos\  anche  Ulpiano  nella  L.  2  §  3  (libro  vicensimo  septimo  ad  Ediotum)  D.  de  eo- 
q,  c.  I.  dari  oportet  13,  4.  II  giudice  pertanto  verificata  la  intentio  assolver^  il  con- 
venuto, perch^.  egli  non  deve  che  in  Efeso. 

Neirappendice  I  a  questo  §  845  si  h  trattato  della  necessitji  del  rimedio  alia  situaziope 
iniqua  in  cui  veniva  a  trovarsi  il  creditore,  quando  il  «  promissor  ad  eum  locum  in  quern 
daturum  se  promisisset,  numquam  accederet,  quod  vel  data  opera  faceret,  vel  quia  aliis 
locis  necessario  distringeretur. . . »  non  avendo  il  creditore  il  diritto  di  chiamare  in  giu- 
dizio  alio  loco  il  conveouto  e  si  e  esposto  come  il  pretore  abbia  proweduto  co\Vactu> 
de  eo  quod  certo  loco  a  far  evitare  alKattore  le  conseguenze  della  plu4  petitio,  alle 
quail  andava  incontro,  quando  malgrado  la  convenzione  sul  luogo  di  pagamento,  avesse 
ttatto  in  giudizio  altrove  )1  convenuto. 

Qui  h  uopo  accennare  che  la  L.  7  §  1  (Paolo  libro  vicensimo  octavo  ad  Ed.)  D.  13,4 
sembra  contraddica  al  principio  che  nelle  formulae  incertae  non  si  pud  verificare  plus 
petitio  (L.  7  pr.  D.  13,  4;  43  Papiniano  libro  27  quaestionum  D.  5.  1  de  judiciis,  ecc. 
Infatti  il  giureconsulto  Paolo  decide  che  quando  una  persona  ha  promesso  se  oerto  loco 
traditurum,  se  il  creditore  reclama  la  consegna  in  altro  luogo  da  quello  fissatp  deve 
farlo  coWactio  de  eo  quod  oerto  loco,  se  intende  evitare  la  conseguensi  della  plus  pe- 
titio loco.  Si  ritiene  per6  che  la  parola   traditurum  della  L.  7  §  1  non    voglia  signifi- 


SEOONOA  APPENDIOB  DEL  TBA.DUTTOBB  AL  §  845.  117 

care  altro  che  il  dare  e  quiadi  non  si  trattsrebbe  di  uq  incertum.  (Vegg.  Accarias 
op.  ciL  voL  II  pag.  1116  nota  3). 

La  L.  2  §  2  D.  13,  4  di  Ulpia.no  esamina  la  fattispecie,  Delia  quale  la  stessa  cosa 
pa6  essere  pagata  in  due  luoght  diversi  «  alternativamente  ». 

Chi  ha  diritto  di  scegliere  il  luogo  di  pagamento?  Secondo  Ulpiano  la  scelta  spetta 
all*attore,  perche  in  caso  di  verso  il  debitore  opporrebbe  sempre,  che  egli  inteodeya  pa- 
gare  nel  luogo  di  verso  da  quello,  in  cui  il  creditore  lo  avesse  chiamato  in  giudizio  e 
Tattore  iaeorrerebbe  sempre  nella  plus  petitio  loco. 

E  strano  per6  che  neila  L.  2  §  3  D.  h.  t.  sembri  che  Ulpiano  sostenga  la  tesi  con- 
traria. 

L*antinomia  si  vuol  togliere  sostenendosi  da  alcuni  che  nel  §  2  Ulpiano  stabilisce 
il  principio  che  egli  ritiene  giusto  e  nel  §  3  riferisce  Topinione  di  Sgbvola  contrarfa 
alia  sua;  ma  e  difficile  ammettere  una  discrepanza  di  opinioni  fra  Ulpiano  eScByoLA, 
meotra  sembra  che  nel  §  3  Ulpiano  si  assimili  completamente  la  decisione  di  Scbvola 
e  Don  c*^  parola  nella  legge,  che  lasci  trapelare  il  pii]l  piccolo  dissenso  fra  i  due  giure- 
eODSulti. 

Secondo  il  Pothier  i  §§  2  e  3  contemplano  due  ipotesi  diverse:  nel  §  2  il  creditore 
esperisce  Tazione  non  in  Capua  od  in  Efeso;  ma  in  un  terzo  luogo:  ^  cosi  che  Tattore 
perderebbe  la  causa  in  conseguenza  deWn  plus  petitio  looo,  se  non  esperisce  V actio  de 
€0  quod  eerto  loco. 

II  §  3  per  converso  si  occupa  del  caso, in  cui  Tattore  proceda  in  Capua  od  in  Efeso: 
egli  avri^  il  diritto  di  scelta  ed  agir&  colTazione,  che  deriva  dal  contratto,  senza  aver 
bisogno  di  indicare  il  luogo. 

Anche  per  i  casi,  nei  quali  si  incorr<>  nella  plus  peiitio  loco  si  pu<^  rinnovare  Tos- 
servazione,  che  in  sostanza,  chi  chiede  in  altro  luogo  da  quello  convenuto,  non  mette 
xMintentio  un  pl%u  vero  e  proprio;  solo,  come  si  6  dimostrato,  il  creditore  che  chie- 
deva  alio  loco  incorreva  nelle  stesse  conseguenze  di  un  plu^  petere^  perche  il  giudice 
in  base  alia  intentio  non  trovava  provato  cid  che  costituiva  veramente  il  diritto  de) 
creditore  e  quindi  mentre  era  obbligato  a  pronunziarsi  nel  luogo,  dove  era  stata  trat- 
tata  la  causa,  assolveva  il  convenuto  sia  che  avesse  o  non  avesse  eccepito  il  luogo  del 
pagamento,  perche  nel  luogo  dove  era  stato  istituito  il  giudizio  nulla  doveva:  e  per  la 
regola  poi  che  his  de  eadem,  re  non  sit  actio  non  poteva  Tattore  esperire  di  nuovo  la 
stessa  axione  a  tutela  del  suo  diritto :  le  conseguenze  pertfinto  per  Tattore  erano  quelle 
del  plus  petere. 

Nella  ipotesi  che  si  chiedesse  alio  loco  con  intentio  incerta  non  si  incorreva  m  plus 
petitio. 

^vXVaetio  de  eo  quod  certo  loco  introdolta  dal  pretore  ad  impedire  la  impossibility 
ael  creditore  di  pervenire  ad  suum  sia  per  la  mala  fede  del  debitore,  sia  per  le  altre 
cause  che  non  permetteano  potesse  cogliersi  il  debitore  nel  luogo  della  esecuzione  del- 
Pobbligo  non  c*e  qui  altro  da  aggiungere  *\yQf^^>  p8r6  Baron,  Pandekten.  Lipsia  1890 
7.«  ediz.  §  242,  in. 

Plus  petitio  causa, 

<  Causa  plus  petitur,  scrisse  Gaio  Comm.  IV  §  53. ..  velut  si  quis  in  intentionem 
tollat  electionem  debitoris,  quam  si  habet  obligationis  iure;  velut  si  .quis  ita  stipulatus 
sit:  sestertium  X  milia  aut  hominem  Stichum  dare  spondes?  delude  alterutrum  ex  his 
petat;  nam  quamvis  petat  quod  minus  est,  plus  tamen  petere  videtur,  quia  potest  ad- 
versarius  interdum  facilius  id  praeitare  quod  non  petitur.  Similiter  si  quis  genus  sti- 
pnJatua  sit,  deinde  speciem  petat;  velut  si  quis  purpuram  stipulatus  sit  generaliter,. 
deinde  Tyriam  specialiter  petat:   quin  eliam   vilissimam  petam,  idem  juris  est  propter. 


118  SBCX)NDA  APPBNDIOE  DEL  TRADUTTOBB  AL  §  845. 

«a]n  rationem  quam  proxiin#  dizimus.  Idem  juris  est,  si  quis  generaliter  hominem  sti- 
pulatus  sit,  deinde  nominatim  aliquem  petat,  velut  Stichum,  quam  vis  vilissimum.  Itaque 
Bicut  ipsa  sUpuIatio  concepta  est,  ita  et  intentio  formulae  concipi  debet  >• 

OiusTiNiANO  poi  nelle  sue  Ittitutioni  IV,  6  §  33  a  proposito  della  pin*  petiHo  eausa 
dice: 

«  Huic  autem  qui  loco  plus  petere  iatelligitur,  prozimus  est  is  qui  causa  plus  petit: 
ut  ecce  si  quis  ita  a  te  stipulatus  sit:  hominem  Stichum  aut  decem  aureos  dare  spondesf 
deinde  alterutrum  petat,  veluti  hominem  tantum  aut  decem  tantum.  Ideo  autem  plus 
petere  intelligituri  quia  in  eo  genere  stipulationis  promissoris  est  electio,  utrum  pe- 
cuniam  an  hominem  solvere  malit:  qui  igitur  pecuniam  tantum  vel  hominem  tantum 
fiibi   dari  oportere  intendii,  eripit  electionem  aiversario  et   eo   modo  suam  quidem 

meliorem  condicionem  facit,  adversarii  vero  sui  deteriorem plus  petere  intelligitur, 

quia  electionem  adversario  tollit,  cui  stipulationis  iure  liberum  fuit  aliud  solvere,  quam 
quod  peteretur.  Quin  etiam  licet  vilissimum  sit  quod  quis  petat,  nihilo  minus  plus  pe- 
tere intelligitur,  quia  saepe  accidit,  ut  promissori  facilius  sit  illud  solvere  quod  majoris 
pretii  est  ». 

Nella  pltu  petitio  causa  si  incorre  pertanto  dalKattore,  il  quale  in  luogo  di  presen- 
tare  la  domanda  con  intentio  meerta  quale  resulta  dalle  obbligazioni  di  genere  o  dalle 
alternative  procede  con  intentio  certa  e  chiede  o  la  specie  invece  del  genere  od  una 
sola  fira  le  cose  dovute,  mentre  il  diritto  di  scelta  e  a  favore  del  debitore. 

Anche  nella  pine  petitio  oatna  il  concetto  del  plus  neWintentio  non  resulta  fondato 
nelle  fonti;  anzi  e  da  Oaio  assolutamente  escluso,  perche  come  si  i  detto  Oaio  non 
ammette  esagerazione  della  domanda  nelle  actiones  ineertae  «  in  incertis  formulis  plus 
peti  non  potest. . .  nemo  potest  plus  inte  idere  »,  IV  S  54. 

Qui  si  ha  certo  un  quidquid  dare  faoere  oportet  nella  formula. 

Per6  il  concetto  di  plus  petitio  eausa  diversiftca  sia  da  quello  di  petere  ante  tempus, 
che  da  quello  di  plus  petere  loeo:  infatti  nella  petitio  di  questa  o  di  quelia  coea  del 
genere  o  della  alternativa  un  vero  diritto  esiste -nelKattore:  k  11  diritto  di  scelta  che 
gli  manca,  mentre  si  vide  che  non  esiste  diritto  esperibile  in  giudiiio,  in  chi  chiede 
prima  della  scadenza  del  dies  e  non  esiste  diritto  di  domandare  in  Efeso^cio  che  6  do- 
vuto  in  Roma. 

Non  pu6  dirsi  neppure  affine  il  concetto  della  plus  petitio  causa  a  quelia  della  ps' 
titio  di  aliud  pro  alio  sempT«  perche  h  realmente  oggetto  deirobbligazione,  ci6  che  si 
chiede,  in  quanto  costituisce  una  delle  cose  del  genere  o  delPalternativa  e  Gaio  distingue 
esplicitamente  i  casi  della  plus  petitio  da  quello  AeWaliud  pro  alio  IV  S  ^  e  cosl  Oic- 
8TINIAN0  9  35  Instit,  IV,  d. 

Non  mi  convince  per6  il  Ck>HN,  il  quale  sostiene  che^  in  queeta  categoria  di  casi,  le 
fonti  ravvisino  un  minus  petere  speciale.  Espone  questo  illustre  scrittore  essere  effetti- 
vamente  questo  il  concetto  delle  fonti,  dacchi  Gaio  nel  suo  §  53  dove  contempla  il  caso 
della  obbligazione  alternativa  dice:  €  nam  quamvis  petat,  quod  minus  est,  plus  tamen 
petere  videturi  quia  potest  adversarius  interdum  facilius  id  praestare  quod  non  petitur  > 
a  motivo  che  si  decide  con  ci6  che  si  incorra  nelle  conseguense  della  plus  petitio  anche 
quando  Tattore  deduce  in  giudizio  un  minus.  So  benissimo,  dice  il  Gohn,  che  questa 
cpiegazione  non  i  quelia  che  si  dk  dai  piii,  i  quali  ritangono  non  come  sicura,  ma  come 
pomibile  la  concessiva  quamvis  petat  quod  minus  est  e  eonsiderano  espresso  il  pensiero 
che  il  creditore  anche  allora  quando  reclama  Toggetto  di  minor  pregio  deiralternativa 
incorra  nelle  conseguense  di  una  plus  petitio,*  questa  opinione,  dice  il  Cohn,  e  invero- 
eimile,  sia  perche  i  diversi  oggettt  della  alternativa  non  rappresentano  di  solito  val^ 
oggettivamente  diversi,  come  pure  per  il  motivo  linguistico  che  questo  concetto  nella 
proposizione  relativa  quod  minus  est  richiederebbe  in  luogo  di  est  il  soggiuntivo. 

N^  si  pu6  obbiettare  che  quando  Tattore  espone  nella  intentio  un  minus  ne  segua 
la  eondemnatio,  dacch^  nella  plus  petitio  causa  si  considerarebbe  un  minus  intendere 


SBCX)NDA  APPBNDIOB  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  845.  119^ 

sui  generis  in  quaato  che  gli  oggetti  dairobbligaiione,  fra  i  quali  c'^  il  richiesto,  on 
si  devono  prestare  cumulativamente;  ma  elettivamente.  Per  non  danneggiare  il  debitore 
iljudeat  era  obbligato  dai  suo  ofj/Mum  a  pronuDziare  condanna  8uU*oggetto  delle  ob- 
bligazioni  generiche  od  alternative,  non  sopra  le  singole  coee  delFoggetto  stesso. 

Si  deduce  quindi  che  la  plus  petUio  causa  trae  seco  la  perdita  della  co8a,  perche 
la  deducUo  del  minux  non  permetteva  poi  la  deduetio  di  ci6,  di  cui  il  minus  non  e 
che  una  parte  e  queeto,  non  perchd  a  motivo  del  minus  sia  da  ritenersi  dedotto  ormai 
in  giudizio  Toggetto  iniiero;  ma  perche,  non  essendo  possibile  la  divisione,  non  si  pu6 
neppure  discutere  colFintiero  sul  minus.  Ho  detto  che  questa  motivazione  del  Cobn 
noD  convince:  infatti  Tattore  non  espone  un  plus  neWintentio  e  neppure  un  minus  n& 
in  aeneo  stretto,  n^  in  senso  speciale:  solo  si  attribuisce  un  diritto  di  scelta  che  non 
gli  spetta  usando  di  una  intentio  eerta  invece  che  di  una  intentio  ineerta:  nella  in- 
tentio  non  viene  dunque  esposto  il  vero  stato  delle  cose  ed  al  giudice  non  resta  che- 
assolvere  il  convenuto. 

Rapporto  di  parte  a  tutto  non  si  ravvisa  fra  Toggetto  dedotto  in  giudisio  e  gli  altri 
del  genere  o  della  alternativa:  quindi  se  si  domanda  un*altra  cosa  del  genere  o  Taltra 
cosa  delfalternativa  non  dedotta  in  giudizio  si  ripetarebbe  lo  stesso  error e. 

Ora  non  e*e  pii^  azione  per  Toggetto  dedotto  in  giudizio  e  quando  si  riproducesse  la 
domanda  e  la  seconda  volta  8uiro^;etto  delFobbligaiione  generica  o  deiraltemativa  si 
urterebbe  oontro  la  eccezione  derivante  dalla  regola  his  de  eadem  re  nan  sit  actio  in 
relaaone  a  quanto  del  genere  o  deiraltemativa  fu  dedotto  in  giudizio. 

In  soatanza  ci  troviamo  di  fronte  ad  uno  degli  effetti  deirindivisibilit&  dell'azione- 
attena  Tindole  indivisibile  delle  obbligazioni  di  genere  ed  alternative  riguardo  alia  loro 
eseeuzione  quando  la  scelta  spetta  ai  debitore  ed  in  relazione  alia  consumptio  del- 
Tazione.  Non  c*6  quindi  nessun  bisogno  di  ricorrere  al  concetto  di  un  minus  intendere 
speciale  quale  esplicazione  della  perdita  della  res  nella  plus  petitio  causa, 

Riassumendo  il  An  qui  detto  si  pu6  ritenere  che  la  pltis  petitio  nella  procedura 
formulare  produceva  quale  consegueusa  necessaria  e  logica  deiraltemativa  data  al  jude»- 
coUa  formula  si paret  eondemna,  si  non  paret  absolve  la  perdita  del  diritto;  che  nel 
diritto  Qiustinianeo  fu  invece  considerata  passibile  di  pena  qualsiasi  forma  di  domandi^ 
esagerata,  come  in  sostanza  era  una  pena  neiraatico  diritto  al  tempo  delle  Ugis  aetiones 
la  perdita  della  lite  e  del  diritto,  quale  conseguenza  implicita  della  perdita  della  scorn* 


Negli  ordinamenti  processuali  modemi  non  si  perde  il  diritto  per  averlo  esagarato 
nella  eitazione  (domanda  giudiziale}:  il  convenuto  pu6  ottenere,  sia  Tassoluzione  dal- 
Toeservanxa  del  giudizio  incoato  oltre  i  limiti  del  diritto  dalfattore,  sia  la  riduzione 
delle  pretase  aceampate  da  questi  e  Tatlore  alia  sua  volta  ^  libero  di  ridurre  in  corso 
di  causa  la  domanda  contenuta  nella  cilazione,  tanto  se  il  convenuto  ^  presente  nel  giu- 
dixio,  quanio  se  contumace. 

Perdita  del  diritto  quale  conseguenza  di  domanda  esagerata  non  si  verifica  piiSi. 


120  LIBBO  XIII,  TITGLO  IV,  §  846. 


§  846. 

Estremi  della  condictio  de  eo  quod  certo  loco.  —  Fino  a  qual  punto 
essa  abhia  luogo  contro  %  fideiussoru  L.  8  Dig.  h.  t. 

Per  determinare  piOi  predsamente  quando  abbia  luogo  la  condictio 
>de  eo  quod  certo  loco  deve  notarsi  quanto  segue: 

1.^  Anzitutto  deve  esser  Btato  fissato  espressamente  un  luogo  pel 
pagamento.  Pertauto  questa  azione  vieu  meno  quando  sia  stato  da 
alcuno  pagato  un  indebito  nella  opinione  di  dover  pagare  qualche 
€08a  in  un  luogo  determinato.  La  ripetizione  dell'indebito  pub  in 
questo  caso  venir  esplicata,  senza  tener  eonto  dell'erronea  opinione 
del  solvente,  in  qualsiasi  altro  luogo,  ove  Faccipiente  possa  esser 
convenuto,  senza  che  alia  condictio  indebiti  sia  neoessaria  una  spe- 
-ciale  aggiunta  riguardante  il  luogo  del  pagamento. 

Gio  h  ins^nato  da  Paolo  nella  L.  27  Dig.  de  cond.  ind.  [12,  6]  Ik 
■dove  dice: 

c  Qui,  loco  certo  debere  existimans,  indebitum  solvit,  quolibet  loco 
repetet:  non  enim  existimationem  solventis  eadem  species  repetitionis 
sequitur  »  ^). 

2.^  £)  necessario  che  Tazione  sia  stata  promossa  in  un  luogo  di< 
Tcrso  da  quelle,  nel  quale  avrebbe  dovuto  awenire  il  pagamento.  So 
essa  venue  invece  promossa  nel  luogo,  dove  appunto  doveva  awe- 
nire 11  pagamento,  non  h  a  parlarsi  di  condictio  de  eo  quod  certo  loco, 
ma  si  tratta  dell'azione  vera  e  propria  sorgente  dal  negozio  conchiuso:' 
cosi  dicasi  se  si  fossero  determinati  alternativamente  divers!  luoghi, 
nei  quali  il  pagamento  potesse  venir  eseguito.  Anche  in  tali  ipotesi 
la  condictio  de  eo  quod  certo  loco  h  neoessaria  solo  quando  il  debitore 
non  sia  statx)  convenuto  in  nessuno  dei  luoghi  determinati,  bensi  in 
un  altro.  In  questo  caso  perb  Tinteresse  del  luogo  potr^  venir  risar- 
<;ito  al  debitore  solo  a  seconda  delle  oircostanze  ^).  Se  invece  il  de- 


1)  Vedi  Magkub,  Bation,  et  differ,  jur,  civ.  lib.  I  cap.  15. —  Noodt,  Comm. 
<id  Dig.  h.  t  pag.  307.  Confronta  anche  la  parte  YI  di  questo  Oommentario 
<t  516  (Ediz.  ital.  lib.  V  pag.  144). 

2)  Vedi  VoBT,  Oomm.  ad  Pand.  h.  t  $  4,  —  Duarevtus,   Gomm.  ad  h.  t. 


DB  BO,  QUOD   CBBTO  IXKX)  DilBI  OPOBTET.  121 

bitore  fosse  in  mora  allora  egli,  come  ia  generale  nelle  obbligazioni 
alternative,  perde  il  diritto  di  scelta,  il  quale  passa  al  oreditore  che 
trovasi  ooai  aatorizzato  non  solo  a  poter  scegliere,  per  agire,  fira  i  di- 
verai  laoghi  di  pagamento  determinati  altemativameDte,  ma  altresl, 
Quando  a  seconda  delle  diversity  del  laogo  di  pagamento,  anche  gli 
oggetti  della  prestazione  fossero  stati  determinati,  ia  modo  altema- 
ti70  a  poter  soegliere,  fra  questi  oggetti  medesimi.  Sono  in  questo 
proposito  da  notarsi  i  segaenti  testi: 

L.  2  §  2  Dig.  h.  t 

ULPiiLNUS  Itbro  vieensimo  septimo  ad  Ediotum. 

«  Si  qois  Ephesi  decern  ant  Gapuae  hominem  daii  stipulatos  ex- 
periatur,  non  debet  detracto  altero  loco,  experiri  ne  auferat  loci  uti- 
litatem  reo  ». 

L.  2  §  3  Dig.  eod. 

Ulpianus  lihro  vieensimo  septimo  ad  Edictum, 

c  Scaevola  libro  XV  Qaaestionum  ait,  non  utique  ea,  quae  tadte 
insnnt  stipnlationibos,  semper  in  rei  esse  potestate :  sed  quid  debeat 
ease  in  eins  arbitrlo;  an  debeat,  non  esse.  Et  ideo  cnm  quis  ^)  Sti- 
chnm  ant  Pamphilnm  promittit,  eligere  posse  quod  solvat,  quamdiu 
ambo  vivont:  caeteram  nbi  alter  decessit,  extingui  eius  electionem: 
ne  sit  in  arbitrio  eius,  an  debeat,  dum  non  ynlt  vivum  praestare, 


cap.  2  in  Oper,  pag.  924.  —  MagnuSi  BoHon.  el  different,  juris  lib.  I  cap.  16 
(Mebrmann,  Tftes,  III  pag.  283).  —  Pothier,  Pand.  lusUn,  torn.  I  h.  t.  n.  VIII 
nota  /  peg.  383. 

3)  La  lezione  e  qui  molto  incerta.  Nella  Fiorentina  ^  scritto  cum  qui,  ma 
qaeeta  lezione  non  d&  giasto  sensa  Antonio  Fabro  nei  saoi  Baiionalia  in 
Pond,  ad  h.  L,  fondandosl  sulla  frequenza,  colla  quale  nel  manoecritto  fioren- 
tino  appare  la  geminazione  della  lettera  s  quando  con  questa  letteia  comincia 
la  parola  eeguente,  ha  cambiato  cum  qui  in  cum  quis,  Questa  lettura  seguono 
anche  le  edizioni  elziviriane.  Baudoza,  Hugo  a  Porta  e  Gotofredo  leggono 
earn  qtti  inveco  di  cum  qui:  a  questa  lezione  d&nno  la  preferenza  anche  Rub- 
sard  e  Charokdas.  II  nostro  Codice  di  Erlangen  invece  di  eum  ha  locum; 
esso  esclude  quindi  il  periodo  precedente  e  colle  parole  Qui  8Uchum  ne  co- 
mincia uno  nuoYo.  Ma  cos)  non  si  ottiene  un  senso  soddisfiEtcente.  Affatto 
spedale  h  la  lezione  di  Haloander.  Egli  legge  cosl:  et  ideo  nee  locum  esse, 
ooUe  quali  cbiude  il  periodo.  Anche  per  Haloander  le  parole  Qui  Stichum 
oostituiscono  il  principle  di  un  nuovo  periodo.  La  lezione  fiorentina  coll'e- 
mendazione  del  Fabro  h  senza  dubbio  la  preferibile. 

OLitoK,  Comm.  Pand^lle.  —  I  ib.  XIII.  10 


122  LIBBO  XIII,   TITOLO  IV,  §  846. 

quern  solum  debet.  Quare  et  in  proposito  eum  qui  promisit  Ephest 
aut  Gapuae,  si  fuerit  lu  ipsius  arbitrio,  ubi  ab  eo  petatur,  oonveuiri 
non  potuisse;  semper  enim  alium  locum  electurum;  sic  eyeuire,  ut 
sit  iu  ipsius  arbitrio  au  debeat.  Quare  putat,  posse  ab  eo  peti  altero 
loco  et  sine  loci  adjectione.  Damus  igitur  actori  electionem  petitionis. 
Et  generaliter  definit  Scaevola,  petitorem  electionem  habere,  ubi 
petat:  reumubi  solvat,  sdlioetante  petitionem.  Proinde  mixta,  inquit^ 
rerum  altematio  locorum  aiternationi  ex  necessitate  facit  actoris  elec- 
tionem et  in  rem  propter  locum:  alioquin  tollis  ei  actionem,  dum 
vis  reservare  reo  optionem  ». 

A  chi  legga  attentamente  questi  due  testi  non  potr^  sfoggire  che 
I'opinione  messa  innanzi  da  XJlpiano  nel  §  2  non  combacia  con 
quella  di  ScEVOLii  oontenuta  nel  §  3.  Ed  iniatti  ai  Glossatori  ri- 
salgono  i  primi  tentativi  di  conciliazione  di  questi  due  frammenti. 
RoGEBio  infatti  sosteneva  che  Ulpiano  nel  §  2  esponeva  una  opi- 
nione  non  sua,  ma  di  alcuni  giuristl  antichi,  che  egli  poi  conftitaya 
contrapponendole  nel  §  3  quella  di  Soevola^  Aooubsio  invece  re- 
spingeva  questa  opinione  di  Bogebio  e  poneva  il  principio  che  anche 
quando  fossero  fissati  altemativamente  diversi  luoghi  di  pagamento 
non  poteva  yenir  tolta  al  debitore  VutilitfM  loci  sebbene  il  creditore 
doyesse  agire  soltanto  in  uno  di  essi.  Nam  licet  ciciarj  dice  egli,  in 
looia  haheat  electionem,  habet  tamen  ob  hoe  solum,  ne  sit  in  rei  arbitrio, 
an  dtbeat:  non  ob  hoc,  ut  reus,  in  aUero  looo  conventus,  alterius  loci 
non  prctetendat  utilitatem.  Quetto  sembra  ad  Aooubsio  il  signilGicato 
del  §  2,  nel  quale  Ulpiano  ayrebbe  esposta  la  sua  propria  opinione. 
Egli  quindi  parafrasa  le  parole:  detracto  altero  loco  cosl:  detraota 
utilitate  alterius  loci,  quam  haberet  reus,  si  ibi  solveret 

Gib  che  sta  scritto  nel  §  3:  fOSse  ab  eo  peti  altero  loco  et  sine  loci 
adjediom  yorrebbe  floltanto  significare  potere  il  debitore  nel  caso  di 
una  determinazione  altematiya  di  luoghi  di  pagamento  yenir  con- 
yenuto  solo  in  uno,  e  preoisamente  perch^  egli  ha  promesso  di  pa- 
gare  o  nell'uno  o  nell'altro.  Ma  gik  Antonio  Eabbo  ^)  ha  contro 
questa  opinione  ricordato  che  sarebbe  apertamente  oontradittorio  che 
nel  §  2  si  acoordasse  alPattore  in  base  ad  una  giuridica  necessity  la 


4)  Bational  in  Band,  ad  L.  2  «  2  D.  h.  t 


DE  £0,  QUOD  OEBTO  LOCO  DARI  OPOBTET.  123 

sodta  fra  piu  luoghi  di  pagamento  alternativamente  soelti  e  poi  si 
ritenesse  I'attore  medesimo  obbligato  a  risaroire  al  convenato  I'lnte- 
Tease  del  Inogo. 

Fra  gli  acrittori  pid  reoenti  alcani  hanno  oercato  dl  conciliare  i  due 
frammenti  rifereudo  il  §  2  al  caso  in  cai  il  oredltore  avesse  oonve- 
nato  il  debitore  in  un  laogo  diverso  da  tutti  quelli  alternativamente 
fissati  per  il  pagamento ;  il  §  3  inveoe  al  caso,  in  cui  il  oredltore  avesse 
oonvenato  il  debitore  in  uno  del  luoghi  alternativamente  fissati  per 
il  pagamento  ^).  Senonch^  le  parole:  quare  et  in  proposito  collegate 
colle  ultimo  parole  del  §  3  mostrano  chiaramente  che  XJlpiano  pro- 
aegue  nel  §  3  la  trattazione  del  oaso  proposto  nel  §  2.  L'opinione  del 
BoGEBio,  alia  quale  gi^  davano  la  preferenza  il  Fabbo  %  il  Noodt  "^j, 
h  dunque  indubitabilmente  la  preferibile.  Ulpiano  riproduoe  probabil- 
mente  nel  §  2  l'opinione  di  alcuni  antichi  giuristi,  i  quali  affermavano 
-cbe  oolui,  il  quale  avesse  stipulato  una  oerta  somma  ad  Efeso,  o  uno 
«chiavo  a  Gapua,  non  poteva  riohiedere  nell'uno  di  questi  luoghi  che 
quanto  gli  era  stato  per  quel  luogo  promesso,  ma  doveva  agire  al- 
ternativamente come  comportava  la  formula  della  stipulazione,  affinch^ 
al  debitore  non  venisse  sottratto  il  vantaggio  del  luogo  del  pagamento. 
Ora  che  11  §  2  contenesse  realmente  una  eemplice  opinione,  la  quale 
veniva  poi  confhtata  e  rettificata  nel  §  3,  pub  anche  desumersi  da  do 
«he  il  §  2  6  oompletamente  ommesso  nei  Basilid  ^)  e  che  in  esso  ^ 
acoolto  soltanto  il  resultato  del  §  3.  Qudla  opinione  aveva  per  vero 
in  suo  favore  questo  prlncipio:  che  le  obbligazioni  alternative  hanno 
aempre  per  fondamento  la  oonvenzione  tadta,  per  la  quale  la  scelta 
spetta  al  promittente  ^) ;  nondimeno  Ulpiano  non  la  voile  accettare. 
Egli  desume  dalle  questionl  di  Soevola  la  giusta  obbiezione  (nuova 
prova  che  trattavasi  qui  di  confutare  una  opinione  opposta)  che  quel 
fondamento   di   dedsione  non  contiene  una  regola   inecoepibile  ^^). 


5)  Paciub,  Evxvrio^iav  geu  legum  condliatarum  cent.  IV  qu.  30.  —  Duabenls, 
Oowun.  ad  h.  L  cap.  2.  —  Pothieu,  Pand.  Justin,  torn.  I  h.  t  n.  VIII  nota/ 
pag.  283. 

^  Loc  dt%  pag.  463. 

"0  Oomnu  ad  Dig.  h.  t  torn.  II.  Oper.  pag.  303. 

8)  Tom.  Ill  pag.  573. 

«)  L.  10^  ult  D.  dejur.  dotium  [23,  3].  L.  95  pr.  D.  de  soliU,  [46,  3J. 
i<^  Poich^  i  libri  Qtiaestionwm  degli  antichi  giuristi  romani  contenevano  sot- 


124  LIBRO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

Poich^  non  sempre,  oi5  che  forma  il  oontenuto  tacito  di  una  stipu- 
lazione,  dlpende  assolatamente  dalFarbitrio  del  debitore:  db  oon- 
darrebbe  ad  attribabre  al  debitore  la  faoolti  di  adempire  o  meno 
la  sua  obbiigazione.  Ma  qael  prindpio  debbasi  oosl  limitare,  ohe 
possa  il  debitore  beus)  di  suo  arbitrio  prestare  una  oosa  a  preferenza 
dell'altra,  non  gik  prestare  o  non  prestare.  Gib  resolta  ohiaro  anche 
dai  seguenti  esempi.  Se  Tizio  ha  promesso.  di  dare  lo  schiavo  Stico 
o  Pamfilo,  egli  pub  prestare  qnale  dei  dne  preferisca,  finch&  tutti  due 
sleno  in  vita.  Ma  se  uno  di  essi  viene  a  morire  cade  anche  il  diritto 
di  scelta  e  Tizio  deve  prestare  in  linea  assolnta  quello  che  h  soprav- 
vissnto.  Si  comprende  infatti  fadlmente  che  se  anche  dopo  la  morte 
di  uno  degli  schiavi  si  yolesse  lasciar  soprawivere  il  diritto  di  soelta 
di  Tizio,  egli  potrebbe  facilmente  liberarsi  da  ogni  obbiigazione  di- 
cUiarando  di  scegliere  quello  morto.  Gosi  sta  la  cosa  anohe  nel  case 
trattato  nel  §  2  {in  proposito)  quando  la  prestazione  non  h  avvenuta 
n^  in  uno  dei  luoghi  designato  n^melFaltro,  poichfe  se  anche  in  questa 
ipotesi  si  volesse  lasciare  al  debitore  la  scelta  del  luogo,  questi  po- 
trebbe sempre  rispondere,  voler  egli  prestare  nel  luogo  diverso  da 
quello,  nel  quale  venisse  convenuto,  facendo  cosi  dipendere  dal  suo 
arbitrio  1' obbiigazione  medesima.  £i  pertanto  necessario  che  la 
scelta  del  luogo,  nel  quale  egli  possa  convenire  il  debitore  per  la 
prestazione  della  cosa  promessa,  sia  ormai  lasoiata  all'attore;  non  h 
necessario  invece  che  nell'azione  si  facoia  menzione  dell'altro  luogo. 
lufatti  sarebbe  curloso  il  riconoscere  nel  convenuto,  in  accordo  col- 
Topinioue  di  AoouRSio,  un  interesse  corrispondente  al  vantaggio  a 
lui  tolto  di  scegliere  il  luogo  di  pagamento,  mentre  egli  (cio&  il  debi- 
tore) avrebbe  potuto  prevenire  Pattore  colla  puntuale  prestazione 
della  cosa  dovuta.  Nel  nostro  caso  quindi  1'  c  azione  >  6  quella  che 
sorge  direttamente  dal  negozio.  Nam  utilitas  loci  numquam  aeHima^ 
tur,  dice  il  Fabbo,  nisi  ex  aequitate,  cum  arhitraria  <igitur,  non  autem 
cum  in  eo  ipso  loco,  in  quo  dari  res  deftutY. 

Lo  scopo  di  tutta  questa  nostra  discussione  h  quindi  il  dimostrare 
che  quando  vl  sieno  piil  luoghi  alternativamente  determinati  per  il 
pagamento,  vien  meno  la  oondictio  de  eo  quod  certo  loco   quando  si 


tanto  diBcuBsioiii  di  questioni  civilistiche  oontroverse.  Vedi  Otto  in  Papimano 
cap.  XII  $  1  pag.  362. 


DB  BO,  QUOD  OBSTO  LOGO  DABI  OPOBTBT.  125 

agisca  ia  uno  dei  laoghi  indioatL  In  questa  ipotesi  la  soelta  del 
laogo  spetta  alPattore:  il  debitore  ha  il  diritto  di  prestare  in  uno 
dei  laoghi  indicatd  o  nell'altro  solo  finch^  non  sia  stato  oonvenuto. 
Che  se  poi  non  solo  h  determinato  alteraativamente  il  laogo  del  pa- 
gamento,  ma  anohe  Toggetto  delFobbligazione,  cosl  oome  si  snppone 
nella  i^ttiBpecie  del  §  2,  spetta  pare  all'attore  la  scelta  in  rapporto 
all'oggetto  medesimo  in  qaanto  il  luogo,  nel  quale  agisoe,  lo  oonsenta. 
Se  egli  qaindi  agisce  e.  g.  in  Efeso,  pa5  solo  chiedere  la  somma  di 
denaro  promessa,  non  alternativamente  la  somma  di  denaro  e  lo 
sohiavo,  che  doveva  venirgli  prestato  a  Capua.  Oome  Ulpiano  stesso 
osserva,  h  questa  una  oonseguenza  dell'altematiyit&  mista  di  piti 
luoghi  e  di  piti  oose.  c  Nan  enim  potest,  dice  quindi  a  questo  proposito 
il  FABBBy  eligere  stipulator  locum  Bphesi  ad  petendum,  quia  hoo 
ipso  cogatur  eligere  decern,  quae  Ephesi  dare  debitor  promisit,  aut 
looom  Gapoae,  quin  hominem  petere  debeat,  non  decem  i>.  Diverso 
sarebbe  il  caso  quando  il  oreditore  volesse  agire  in  un  luogo  diverse 
da  quelli  alternativamente  determinati  nella  stipula2sione.  In  tal  luogo 
egli  pub  agire  quando  il  pagamento  non  sia  avvenuto  in  nessuno 
dei  luoghi  indicatL  Perb  a  questo  flue  non  basta  pitl  Fazione  diretta; 
h  necessaria  la  oondieHo  ed  il  oreditore  deve  in  questo  caso  agire  al- 
ternativamente, indicando  il  luogo  dove  Puna  e  Taltra  delle  presta- 
zioni  doveva  avvenire,  affinch^  al  oonvenuto  rimanga  la  scelta.  Qui 
pertanto  viene  in  coasiderazione  I'iateresse  in  quanto  una  parte  o 
Taltra  per  il  cambiamento  del  luogo  di  pagamento  abbia  risentito 
dei  diuoini.  Gon  ragione  quindi  scrive  il  Yobt  ^^):  c  Si  tamen  extra 
duo  loca,  promissioni  alternatim  adjecta,  actor  alibi  petere  velit,  u- 
triusque  loci  mentionem  fieri  necesse  est,  immo  et  utriusque  rei,  si 
mixta  alternationi  locorum  sit  rerum  altematio;  atque  ita  debitor! 
rursus  electio  oompetit,  cuius  velit  locum  et  rei  aestimationem  con* 
siderari  ut  secundum  eam  judex  in  hae  arbitraria  deflniat,  quanto 
plus  minusque  in  hoc  loco,  in  quo  agitur,  jm  reum  actori  pre-- 
standum  sit  >• 

c)  Li.  4  Dig.  h.  t.  c  Quod  si  Ephesi  petetur,  ipsa  sola  summa 
petetur,  nee  amplius  quid:  nisi  si  quid  esset  stipulatus,  vel  si  tern- 
pons  utilitas  intervenit  >. 


II)  Comnu  ad  Pond,  h.  t.  $  4. 


126  LIBBO  Xm,  TITOLO  lY,  §  846. 

Ghe  anche  seoondo  questa  legge  I'azione  da  esperimentarsi  nel  luogo 
del  pagamento  sia  quella  sorgente  dal  negozio  oonohinso,  resulta  chia- 
ramente  da  oi6,  ohe  in  essa  6  detto:  nulla  di  piii  si  pub  per  suo 
mezzo  pretendere  della  somma  dovuta.  Poich^  le  azioni  sorgenti  da 
negozl  di  stretto  diritto  non  tendono  all'interesse  ^%  Tuttavia  Ul- 
PIANO  ammette  due  ecoezioni  e  oio&:  1.^  per  il  caso,  in  oui  il  debi- 
tore  avesse  esplioitamente  promesso  qaalohe  oosa  oltre  alia  somma 
dovnta,  quando  questa  non  fosse  stata  prestata  nel  modo  oonvenuto; 
e.  g.  usure  o  pene  oonvenzionali;  2.^  per  il  caso,  in  cui  sia  stato  fis- 
sato  un  tempo  per  il  pagamento  e  questo  non  sia  awenuto  precisa- 
mente  in  quello.  Anche  in  tale  ipotesi  potevasi  agire  coll^aotio  exsti- 
puUxtu  per  Tinteresse  derivante  dalla  mora  ^^).  £)  questo  interesse  che 
yiene  nel  testo  chiamato  utilitas  temporis.  II  Guiagio  ^0  peraltro  h 
di  diversa  opinione.  Egli  orede  oio^  che,  sia  mediante  una  chdjeetio 
temporis,  sia  coUa  determinazione  di  un  luogo  di  ps^amento,  Fazione 
diretta  sorgente  dal  negozio  oonchiuso  si  tramuti  in  xm*  actio  arbi- 
traria.  Tale  opinione  h  professata  anche  da  Janus  a  Costa  ^^),  da 
Mbbillio  ^%  dal  Magnus  ^^)  almeno  per  il  caso,  in  cui  al  luogo  del 
pagamento  fosse  ooUegato  un  certo  tempo  di  pagamento;  quando  e. 
g.  si  fosse  stipulate  EpheH  Calendis  lanuariis  proximis  decern  dart.  In 
tale  ipotesi  era  necessario  propter  uUlitatem  temporis  agire  eoWactio 
arhitrixria  anche  nel  luogo  determinate  per  il  pagamento.  Senonch^ 
questa  opinione  non  h  in  alcun  modo  giustificabile.  Non  h  infatti  la 
determinazione  di  un  luogo  di  pagamento,  che  trasforma  I'azione  sor- 
gente dal  negozio  giuridico  in  ciotio  arbitraria ;  Ib,  condiotio  h  invece 
neoessaria  solo  quando  si  agisca  in  un  luogo  diverse  da  quello  oon- 
venuto per  il  pagamento.  Qui  interviene  Voffiqium  judicis  ad  impe- 
dire  che  venga  sottratta  a  qualsiasi  delle  parti  VuUlitas  loci.  Gome 


12)  L.  38  4  7  D.  de  ustir.  [22,  1].  L.  3  C.  eod. 

^3)  L.  114  D.  de  verb,  oblig.  [45,  1]:  a  Si  fandnm  oerto  die  praestari  sti- 
puler  at  per  promisaorem  steterit  quominus  ea.  die  praestetar:  consecuturani 
me  quanti  mea  intersit  moram  facti  non  esse  s.  Yeggasi  anche  la  L.  11  I). 
de  re  jud.  [42,  1]. 

H)  TraeL  ad  Afric.  ad  L.  8  D.  h.  t 

1^)  Oomnu  ad  $  33  Inst,  de  action,  [4,  6]. 

16)  Observ.  lib.  IV  cap.  19. 

^T)  Ration,  el  different,  juris  civilie  lib.  I  cap.  18  (Meermann,  tom.  Ill  pa- 
gina  287). 


DE  IBOy  QUOD  GBBTO  LOGO  DABI  OPOBTBT.  127 

potrebbe  inveoe  Vcidjectio  temporis  oangiare  I'azione  sorgente  dal  ne- 
godo  in  un'azione  arbitraria^  quando  il  creditore  si  fooesse  ad  agire 
nel  loogo  fissato  per  il  pagamento?  L'interesse  per  il  ritardato  pa- 
gamento  non  viene  in  tale  ipotesi  rioonosciuto  oJJfSoio  juditna,  majiere 
obligaHoni8,  Inoltre  sicoome  I'azione  non  pub  venir  esercitata,  finch^ 
11  termine  di  pagamento  non  sia  trasoorso  ^^)  Vactio  direoia  non  po- 
trebbe mai  essere  esercitata,  se  si  doyesse  trascorso  il  termine  di  pa- 
gamento, muovere  ooiroc^io  arbitraria  od  utilis.  A  ragione  quindi  il 
Fabbo  ^«),1o  Sohultino  «0)^  il  Vobt^i),  il  Baohovio'^),  ed  il  Wrs- 
SBXBAOH  ^)  hanno  respinto  quella  opinione  di  GuiAOio  e  dei  suoi 
segnaci. 

Non  esiste  donque  una  condietio  de  eo  quod  oerto  tempore^  ma  solo 
una  condietio  de  eo  quod  oerto  loco,  c  Et  dissimilitudinis  ratio  aper- 
tissuna  est,  scrive  con  molto  acume  Antonio  Fabbo  ^),  quia  tempus 
in  temi)ore  oontinetur,  non  etiam  locus  in  loco.  Nam  qui  Ephesi  petit, 
quod  Bomae  dari  debuit,  prooul  dubio  alio  loco  petit  At  qui  petit 
Oalendis  Februariis,  quod  praecedentibus  lanuariis  iam  solvi  debuit, 
non  alio  tempore  petit,  quam  quo  debitum  sit :  quoniam  quod  Galendis 
lanuariis  praeteritis  debitumi  ftdt,  multo  magis  debetur  Februariis 
sequentibus.  Ibique  sicuti  arbitrariam  actionem  nemo  dixerit  ex  eo 
solo  induci,  quod  oerto  loco  solvi  debuerit,  nisi  illud  etiam  accedat, 
ut  alio  quam  destinato  loco  agere  creditor  velit;  ita  absurdum  est 
dioere,  arbitrariam  competere  ob  id  tantum,  quod  stipulationi  dies 
a^ectus  sit,  si  non  illud  quoque  concurrat,  ut  alio  tempore  petatur, 
quam  quo  debetur;  quod  ipsnm  tamen  contingere  numquam  potest. 
Nam  creditor,  si  ante  diem  petat,  male  agit,  cum  dies  adiiciatur  pro 
reo,  non  pro  stipulatore  »  ^). 


1^  L.  38  $  16.  L.  42.  L.  118  ^  lD.de  verb.  obUg.  [45, 1].  (  33  Inst  de  acUon. 
[4,6} 

1^  BaUonoL  in  L,  4  pr.  D.  h.  t.  pag.  475  e  speciahnente  OonjeeL  iur.  eh, 
lib.  XV  cap.  3. 

^)  Thee,  eontrov.  dec  XLVI  th.  5. 

SI)  Oomm.  ad  Pand.  h.  t  $  9. 

23)  NoU  et  ammadvers.  ad  TreuiUnm  vol.  I  dispat  XXIII  thee.  VI  lett.  D 
pag.  896. 

<3)  Bsere.  ad  Pand.  parte  I  disp.  XXVI  th.  12  pag.  279  e  seg. 

^)  C&njeeL  jwr.  ew.  loc  dt  pag.  486. 

^)  L.  41  «  1  D.  de  verb,  oblig.  [45,  1].  L.  50  D.  de  obUg.  et  aeHon.  [44,  7]^ 
L.  17  D.  de  reg.  iwr.  [50,  17]. 


128  LIBRO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

3.^  £i  necessario  che  nelPazione  sia  indioato  il  luogo  di  pagamento 
altrimenti  oontro  I'attore  potrebbe  opporsi  Vexceptio  flue  petitianU 
loco  ^^)  ^),  Gli  ^  appanto  da  questa  ag^giunta,  che  Pazione  principale  sor- 
gente  dal  negozio  oonchiuso,  prende  il  nome  di  condiotio  de  eo  quod 
certo  loco  e  la  propriety  speciale  di  non  poter  essere  respiata,  qnando 
pur  essendo  intentata  in  laogo  diyerso  da  qaello  oonvenato,  sia  ri- 
lasdata  al  giudioe  la  determinazione  deirinteresse  del  laogo.  La  eon- 
diotio  de  eo  quod  certo  looo  iK)n  h  quindi  una  nuova  azione,  ma  piat- 
tosto  nna  qualitM  adjeeta  dell'azione  principale,  sorgente  dal  negozio 
giuridico  conchioso,  onde  anohe  nelle  fonti  vien  cbiamata  chcUo  u^ 
tilie  ^),  espressione  questa  che  sempre  presuppone  I'esistenza  di  on'a 
zione  principale.  L'Einbooio^^)  si  esprime  assai  giastamente  in  questo 
proposito,  qnando  scrive:  c  quemadmodum  enim  creditor  contra  de  - 
bitorem,  Ephesi  solvere  obligatnm,  Ephesi  agit  condictione  certi  qx 
mutno,  ex  stipnlata,  actione  de  oonstitnca  pecnnia:  ita  extra  Ephe- 
sum  cum  debitore  agit  ex  mutuo,  stipulatu,  constituta  pecnnia,  de  eo 
quod  certo  looo  ».  Su  questo  pun  to  sono  tutti  concordi  flno  ad  An- 
tonio Fabro  ^%  la  cui  opinione  h  gik  stata  fondamentalmente  con- 
futata  dal  Baohovio  ^). 

Avendo  pertanto  la  condietio  de  eo  quod  certo  loco  questa  spedalit^ 
che  per  essa  pub  richiedersi  una  prestazione  dovuta  in  luogo  diverso 
da  quelle  fissato  come  luogo  del  pagamento,  sorge  la  questione  drca 


^)  $  33  InBt  de  action.  [4,  6]. 

^  L.  1  in  fine  h.  t  —  Duarekus  in  Chmnu  eidhL  cap.  2,  scrive:  c  Utilis 
vocatur,  quoniam  ex  directo  summague  jure  actio  oompetere  non  potest 
propter  naturam  contractus  qui  etricti  judicii  est,  in  qua  suppleri  non  potest 
id,  quod  a  contrahentibns  ezpressnm  non  est  Ad  expressum  est  ut  solvat 
debitor  Ephesi.  Sed  baec  sabtilitas  juris  civilis  neglecta  est  propter  aequita- 
tern  et  comparata  est  actio  utilis  ]>. 

28)  EUm.  jur.  civ.  see.  ord.  Pand,  b.  t.  $  87. 

^  OonjecL  jur.  civ.  lib.  XY  cap.  2  e  De  error,  pragm  dec.  XCI  err.  5. 

90)  TrcuiL  de  (iotion.  disp.  Yll  parte  II  tb.  2.  Veggasi  ancbe  Vobt,  h.  t»  $  1 
in  fine.  —  Huber,  Fraelect.  ad  Pand.  b.  t,  (  3.  —  Ian.  a  Costa,  Ckmm.  ad 
f  33  Inst  de  action.  —  Fbantzke,  Oomm.  ad  Pand.  h.  t.  n.  8  e  Tuibaut,  %9f. 
des  P.  E.  Bd.  I  $  96. 


e)  Veggasi  I'Appendice  prima  del  traduttore  al  §  845. 


DE  EC,  QtJOD  OBBTO  LOCO  DARI  OPOBTET.  129 

al  vedere  se  per  cio  essa  possa  venir  eaercitata  in  qualsiasi  luogo  il 
debitore  sia  colto,  anche  se  ivi  non  sia  il  Fdro  suo  competente.  II 
BABTOiiO  raffermava;  e  lai  seguiva  Antonio  Fabbo  ^0?  ^on  perb 
iondandosi  soll'argomento  da  quello  addotto,non  aver  di  ci6  a  la- 
mentare  il  debitore  danno  alcauo,  venendogli  risarcito  I'interesse  del 
luogo  di  pagamento,  ma  fondandosi  inveoe  sa  questo  principio,  che 
qnando  non  fosse  stato  fissato  alcan,  laogo  di  pagamento  11  creditore 
Tavrebbe  potato  convenire  dovunque  I'avesse  potato  oogliere.  Ma  si 
I'ano  ohe  Paltro  di  questi  dae  giureoonsulti  errano  di  gran  Innga, 
come  gih  11  Baohovio  ^-)  ha  dimostrato  a  sufftdenza.  Qaanto  erronea 
sia  Fipotesi  del  Fabbo  dimostra  la  sentenza  di  Ulpiano  contenuta 
nella 

L.  19  §  alt.  Dig.  de  jttdiciis  [5,  1]. 

€  lUud  sciendum  est,  cam  qui  Ita  fait  obligatus,  at  in  Italia  sol- 
yeret,  si  in  provincia  habuit  domicilium,  utrobiqae  posse  conveniri, 
et  hie  et  ibi  i». 

Infatti  le  parole:  si  in  provinoia  habuit  domi^lium,  sarebbero  state 
del  tntto  superflue  data  per  romana  la  teoria  del  Fabbo:  do  ha  ri- 
velato  giustamente  11  Yoet  ^).  Non  si  pub  tattavia  negare  che  alouni 
testi  romani  dieno  a  quella  opinlone  an  apparente  sostegno.  Dice 
in&tti  Papiniano  nella  L.  43  Dig.  de  judiciis  [5,  1] : 

€  Earn  qui  insalam  Gapuae  fieri  certo  tempore  stipulatus  est,  eo 
finito,  quociunqne  loco  agere  posse  in  id,  qnod  interest  constat  3>. 

E  Paolo  nella  gi^  citata  L.  27  Dig.  de  cond.  ind.  [12,  3]  dice: 

c  Qai  loGo  certo  debere  existimans,  indebitum  solvit,  quolibet  loco 
repetet  i^. 

E  qnando  anche  per  negare  Fefficada  probatoria  di  questi  testi 
volesse  dirsi  che  si  riferiscono  sAVaotio  directa  e  non  slVactio  orM- 
traHa,  sembra  tattavia  indnbitabile  la  testimonianza  di  Ulpiano,  il 
quale  nelle  L.  16  Dig.  de  peounia  oonetUuia  [13,  5]  insegna : 

c  Sed  et  certo  loco  et  tempore  constituere  quis  potest,  nee  solum 
•eo  loci  posse  eum  petere  ubi  ei  constitutum  est:  sed  exemplo  arbi- 
trariae  actionis,  ubique  potest  >. 


31)  De  error,  pra^m,  dec  XC  err.  7. 

32)  TrcicL  de  {teHon,  disp.  Vll  parte  II  th.  4  pag.  89  e  seg. 
^  Cbfiim.  ad  Pand.  h.  t  $  5. 

OLflrK,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  17 


130  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

Tuttavia  non  ^  possibile  accogliere  una  spiegazione  cosi  ainpia- 
come  sembrano  esprimere  le  parole  di  questo  teste.  Non  sarebbe  in 
fatto  contradittorio,  anzi  un  non  senso  addirittura  Fammettere  ch& 
merc^  la  determinazione  di  un  luogo  di  pagamento,  il  creditore  po- 
tesse  acquistare  faoolt^  piti  ample  di  quelle  a  lui  spettanti  nel  casa 
in  cui  non  si  fosse  fissato  alcun  luogo  per  11  pagamentof  Non  e^ 
forse  inclusa  uella  determinazione  di  un  luogo  di  pagamento,  la  in- 
tenzione  di  limitare  la  facolt4  del  creditore  alia  giurisdizione  del  de- 
bitoref  Si  consideri  inoltre  lo  scopo,  pel  quale  fu  introdotta  la  nostra 
condictio :  essa  tendeva  soltanto,  come  il  OuiACio  cl  insegiia,  ad  evi- 
tare  che  I'azione  sorgente  da  un  negotium  strioti  juris  non  venisse 
resa  illusoria  per  il  fatto  di  non  lasoiarsi  il  debitore  mai  cogliere  snl 
luogo  detemiinato  per  il  pagamento.  Uactio  utilis  aooordata  al  cre- 
ditore pel  suo  meglio,  gli  deve  quindi  servire  unicameute  a  porlo  in 
qnella  condizione,  nella  quale  si  sarebbe  trovato  se  non  si  fosse  fis- 
sato  alcun  luogo  di  pagamento.  Ma  in  tale  ipotesi  il  creditore  non 
avrebbe  potuto  con  venire  il  debitore  se  non  nel  luogo  di  sua  ordi- 
naria  giurisdizione  ^) ;  le  espressioni  del  testi  sopra  trascritti  pertanto: 
quocumqtte  loco,.,  qttolibet  loco.,,  ubique...  devono  peranalogia  andar 
riferite  soltanto  a  quel  luoghi,  nei  quali  secoudo  i  principt  general! 
del  diritto  civile  vi  ha  giurisdizione  per  il  convenuto.  Gosl  interpre- 
tano  quel  testi  oltre  al  Baohovio,  Wissenbaoh  ^s),  Perez  ^),  Scjhul- 

TING  3'),  DONBLLO  ^\  DUABBNO  ^%  WeSTENBEBG  ^%  LAUTEBBACH^^), 

OoooEio  ^'\  Wbbnheb  ^3). 
Pure  molti  scrittori  ^^)  sostengono  non  potersi  la   condictio  de  eo^ 


3^)  NooDT,  Oonm.  ad  Dig.  h.  U  ^  si  Ua  torn.  II.  Oper.  pag.  307. 

35)  Exerc  ad  Pand.  disp.  XXVI  th.  10. 

36)  Prod,  m  Cod.  lib.  Ill  tit  18  n.  1. 

37)  Thes.  corUrov.  dec  XLVI  th.  6. 

38)  Comm.  jur.  civ.  lib.  XVII  cap.  19  $  maiorem  dubUnUoMm  pag.  996. 

39)  Conrn.  ad  h.  U  cap.  IV  pag.  926. 
^)  Princ.  jur.  sec  ord.  Dig.  h.  t.  $  18. 

41)  Colleg.  th.  pr.  Pand.  h.  t  ^  13. 

42)  lur.  civ.  conir.  h.  t  qu.  7. 

43)  Leotiaa.  CommenUtUon.  in  Pand.  parte  I  h.  t  $  7. 

44)  NooDT,  Oomm.  ad  Dig.  fc.  U  pag.  307.  —  Strauch,  Diss,  in  tinti^ary.  jm 
jusUn.  diss.  XVII  $  3.  —  THOMAsms  in  Schol,  ad  Huheri  Prod,  ad  Pand,  h.  t» 
M*  —  LuDOvici,  Doeir,  Pand.  h.  t.  $  4  e  specialmente  Hbinbooiub,  Elem^ 
jur.  civ.  sec.  ord.  Pand.  h.  t,  J  88. 


DB  BO,  QUOD  OEBTO  LOGO  DA.BI  OPOBTBT.  131 

quod  certo  loco  eseroitare  che  nel  f6ro  domieilii  del  debitore.  Altri  ^^) 
inyeoe  tengono  conto  in  questo  riguardo  aiiche  del  forum  corUraotus : 
8en<»ioh^  oontro  qnesta  ultima  opinione,  gi^  molti  ^^)  hanno,  Don  senza 
motiTo,  rioordato  che  la  gioriadizione  del  oontratto  h  fondata  preoi- 
samente  sol  luogo  determinato  pel  fagamento^~);  conseguentemente 
I'azione  da  eserdtarsi  in  quel  f&ro  non  ^  gtik  Vactio  arbiiraria,  benel 
la  direoia.  Se  ini^tti  si  h  fissato  per  Tesecnzione  del  contratto  an 
certo  luogOy  non  h  piti  a  peusarsi  a  quello,  uel  quale  11  contratto  me- 
desimo  venne  conohinso  *% 

Siocome  tattavia  11  Romano  x>oteva  essere  convenuto  e  nel  suo  do- 
micilio  in  provinda,  e  in  Boma  quale  communis  omnium  patria,  ^^) 
e  nel  luogo,  che  era  ritenuto  sua  patria  speciale,  quando  ivi  si  tro- 
yaase  ^),  si  spiegano  facilmente  le  espressioni  quocumque  loco  e  u- 
bique  che  trovansi  nei  test!  sopra  citati. 

4.^  La  condivtio  de  eo  quod  certo  loco  non  ha  luogo  che  quando 
nel  luogo  del  pagamento  potrebbe  essere  esercitata  Pazione  princi- 
XMdeO«  A  questo  proposito  si  possono  considerare  due  casl: 

a)  Nel  caso  in  cui  sia  stato  fissato  un  termine  per  il  paga* 
mento,  non  si  pub  agire  colla  oondtdio  prima  che  questo  termine  sia 
completamente  trasoorso  ^^}. 


^)  Bachov.  loc.  cit.  —  Struv.  Si^nt.  iur.  civ.  Ex.  XVIII  th.  69.  —  Boe- 
€KSi.MANNy  Comm,  tn  Dig.  h.  t.  $  10.  —  Vinniub,  Oomm  nd  (  3*)  Inst,  de  aicHon. 
n.  1  ad  Terb.  Alio  loco  petenti.  —  Huber,  Prael.  ad  Pand.  b.  t.  ^  1  in  Besp. 
<td  Sehol.  —  WiBSBNBACH,  loc  cit  —  Bbrgek,  Besolution  LL.  obstanL  h.  t. 

46)  MilLLER  od  Siruvium  loc  cit.  nota  e.  —  Lauterbach,  loc  cit  $  1*3  in 
fine.  —  Heinbcciub,  loc  cit  ^88.  —  Wernhkr,  loc.  cit 

47)  L.  21  D.  de  obUg.  et  action.  [44,  7]. 

48)  L.  3  D.  (le  reh.  auet.  jkid.  pose.  [42,  5]  e  parte  VI  di  qnesto  Oommenlario 
^  516  (Ediz.  italiana,  lib.  V,  pag.  139  e  seg.). 

49)  L.  313  D.  ad  munvsipalem  [50,  1].  —  Noodt,  Comm.  ad  Dig.  lib.  V  tit  I 
l-ag.  J  53. 

^  L.  29  D.  od  mumoipalem  [50,  1]  e  $  511  di  questo  CommenAario. 

5»)  $  33  Inst  de  action.  [IV,  6].  ^  2  Inst  de  verb,  oblig.  [Ill,  15].  L.  42  pr.  D. 
<^od.  II  cieditore  non  ^  neppure  obbligato  (quando  in  seguito  alia  convenzione 
il  pagamento  deve  avvenire  in  an  certo  luogo)  a  ricevere  anticipatamente  il 
pagamento  in  an  altro  luogo,  polch^  a  lui  non  pucS  venir  tolto  il  vantaggio 


f)  Veggasi  rApjjendice  seconda  del  tradultore  al  §  845. 


132  LIBBO  XIII,  TITOIiO  IV,  §  846. 

h)  Nel  caso  in  cui  invece  non  sia  stato  fissato  aloon  termine 
per  il  pagamento,  deve  oonoedersi  al  debitx>re  almeno  tanto  tempo 
quanto  gli  sarebbe  necessario,  date  le  sue  oondizioni  ed  il  suo  Btato, 
per  recarsi  sul  luogo  fissato  pel  pagamento.  ITn  tale  spazio  di  tempo 
h  sempre  tadtamente  oompreso  nella  stipolazione  di  pagare  alconch^ 
in  un  oerto  Inogo  diverse  da  quelle  nel  quale  si  trova  il  promissore, 
giacch^  nessuno  pub  esser  tenuto  alPimpossibile  ^^).  Prima  I'azione 
nou  compete:  si  riferiscono  a  questo  punto  i  due  8e.^uenti  testi: 
1.°  L.  2  §  6  Dig.  h.  t. 

Ulpianus  libro  viceimmo  septimo  ad  Edictum. 

<c  Qui  ita  stipulatur :  Epiiesi  deoem  dari,  si  ante  diem,  quam  Ephe- 
sum  per  venire  possit,  agat,  perperam  ante  diem  agi:  quia  et  lulianus 
putat,  diem  tacite  liuic  stipulationi  inesse.  Quare  verum  pnto,  quod 
lulianus  ait  eum  qui  Eumae  stipulatur,  hodie  Oarthagine  dari,  inu- 
tiliter  stipulari  i>. 

11  NooDT  ^)  spiega  questo  teste  riferendolo  alia  condictio  de  eo 
quod  certo  loco.  Posto  perb  anche  dhe  esse  dovesse  esser  riferito  al- 
I'azione  diretta,  ^  molto  naturale  cbe  la  condictio  non  possa  egoal- 
mente  venir  intentata  in  un  altro  luogo,  prima  ciie  nel  luogo  fissato 
del  pagamento  possa  venir  intentata  I'azione  diretta.  Neppure  oontro 
il  fidejussore  la  ooiidictio  ha  luogo,  quando  egli  abbia  promesso  di 
pagare  in  un  certo  luogo  per  il  debitore,  se  prima  non  sia  tra- 
soorso  il  tempo  clie  gli  sarebbe  stato  necessario  per  recarsi  nel  luogo 
del  pagamento,  anche  quaudo  il  debitore  principale  gi^  vi  si  trovasse. 
Yiceversa  anche  se  il  fidejussore  si  trovasse  nel  luogo  del  pagamento 
egli  non  potrebbe  essere  convenuto  prima  ohe  fosse  trasoorso  il  tempo 
necessario  materialmente  al  debitore  principale  per  arrivare  sul  luogo 


proveniente  dal  laogo  di  pagamento.  L.  122  pr.  D.  de  verb,  ohUg.  [45,  Ij. 
Veggasi  Magnus,  Baiion,  et  different,  iur.  civ,  lib.  I  cap.  14  tomo  III  {Thea. 
Meemu  pag.  281).  —  Duarenus  in  Oomm,  ad  L.  122  cit  Oper,  pag.  774.  Quando 
non  Bia  stato  fissato  e  luogo  e  tempo  del  pagamento,  ma  solo  il  tempo,  il  de- 
bitore pa6  quando  voglia  jmgare  anche  prima  che  il  termine  sia  scaduto. 
L.  50  D.  ^  ohlig.  et  acHon.  [44,  7],  L.  38  $  16.  L.  41  J  11.  L.  137  $  2  in  fine 
D.  de  verb,  oblig,  [45,  1].  Vedi  la  parte  IV  (lib.  II)  di  questo  Oommentario^SSS. 
•'>-)  V  5  Inst,  de  verb,  oblig.  [Ill,  15].  Una  eccezione  ^  contenuta  nella  L.  141 
4  2  D.  eod. 
.  33)  Oamm,  ad  Dig.  h.  t  pag.  309  §  Nescio. 


DE  £0,  QUOD  GBBTO  LOCO  DABI  OPOBTET.  133 

del  }>agaDieuto.  Gib  h  oonfermato  dal  segaente  notevole  paeao  di  Pa- 

PINIANO: 

L.  49  §  2  Dig.  ds  fidejusaoribus  [46,  Ij. 
Papinianus  libra  viceimmo  septimo  qtMeationum. 
c  Quaesitum  est,  an  fidejussor,  qui,  Gapuae  pecuniam  se  daturuni, 
Bomae  promisit,  si  reus  promittendi  Gapuae  esset,  statim  oonveniii 
possit?  Dixi,  non  magis  fldejussorem  oonfestim  teneri,  quam  si  ip^e 
Gapuae  spopoudisset,  cum  reus  adhuo  Gapuam  perveuire  non  potuisset. 
Nee*ad  rem  pertinere,  quod  hoc  latere  ^>)  nemo  dubitet,  nondom  fi- 
d^ussorem  teneri;  quia  nee  ipse  reus  promittendi  teneretur:  nam  o 
contrario  quoque,  si  quis  respondent,  quouiam  debitor  Gapuae  sit, 
fidejussorem  confestim  teneri,  non  habita  ratione  taciti  proprii  tem  • 
poris,  eventurum,  ut  eo  casu  fidejussor  oonveniatur,  quo  debitor  ipse, 
si  Bomae  fuisset,  non  con veniretur.  *Itaque  nobis  placet,  fidejussoriaui 
obligationem  conditionem  taciti  temporis  ex  utriusque  persona  reci- 
perare,  tarn  rei  promittendi,  quam  ipsius  fidejussoris:  quoniam  aliud 
respondeutibus,  contra  juris  formam,  in  duriorem  conditionem  aooeptus 
iiitelligetur  ». 

Girca  poi  alia  determinazione  del  tempo  uecessario  per  giungere 
al  luogo  del  pagamento,  il  giudice,  al  cui  criterio  h  rilasoiato  il  de- 
cidere,  dsve  tener  conto  delPet^,  della  condizione,  del  sesso  e  dello 
stato  di  salute  della  persona,  che  avrebbe  dovuto  recarsi  sul  luogo 
del  pagamento  e  vedere  in  quanto  tempo  vi  si  sarebbe  potuto  co- 
modamente  recare,  Merita  qui  considerazioue  il  seguente  teste: 
L.  13*7  §  2  Dig.  de  verb,  oblig.  [45,  1|. 
Venulbius  libro  primo  stipulationum, ' 

«  Gum  ita  stipulatus  sum:  Ephesi  darif  inest  tempus:quod  autem 
accipi  debeat  quaeritur,  et  magis  est  ut  totam  earn  rem  ad  judicem 
id  est  ad  yirum  bonum  remittamus,  qui  aestimet,  quauto  tempore  di- 
ligens  pater  &milias  conficere  possit,  quod  factum  se  promiserit,  ut 
qui  Ephesi  daturum  se  spoponderit,  neque  duplomatae  ^'0  diebus  ac 


^)  Id  e^i  pro  hac  parte  in  hac  specie.  Veggasi  Buisonnio,  de  verb,  sign, 
voc   a  Latos  »  e  Pothier,  Pandeite  parte  III  tit.  de  fidej.  n.  43  nota  h. 

^)  <i  Duploma  sen  diploma  hie  accipe  —  scrive  Duarenus  iu  Comnu  ad 
h,  L.  (Oper.  pag.  787) —  quod  a  prlncipe  impetratur  ut  equis  publice  dispo- 
fiitis  nti  liceat.  Postani  vnlgo  dicimus.  Privatis  enim  absque  principis  diplo- 


134  LIBEO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

nootibus,  et  omni  tempestate  oontemta  iter  continuare  cogatur:  aeque 
tarn  delicate  progredi  debeat,  ut  reprehensione  dignus  appareat:  sed 
habita  ratione  temporis  aetatis,  sexas  valetadinis,  cum  id  agat,  at 
mature  perveniat,  id  est  eodem  tempore  quo  plerique  ejusdem  oon- 
ditionis  bomines  solent  pervenire.  Eoqae  transacto,  quamvis  Bomae 
remanserit,  neo  possit  Epbesi  pecuniam  dare:  nibilominas  ei  reote 
oondioetur,  vel  quia  per  ipsom  steterit,  qaomiDos  Epbesi  daret,  vel 
quoniam  per  alium  Epbesi  possit  dari:  vel  quia  abique  potest  sol- 
vere ^).  Nam  et  qaod  iu  diem  debetar,  aute  solvi  potest,  lioet  peti 
lion  potest  Quod  si  diplomate  osus,  aut  felici  navigatione,  maturias 
quam  quisque,  pervenerit  Epbesam;  coufestim  obligatus  est,  quia  in 
eo,  quod  tempore  atque  facto  finitum  est,  nuUus  est  oonjeoturae 
locus  >. 

Del  resto  la  candictio  puo  averMuogo  ancbe  quando  il  debitore 
non  sia  in  mora,  poicb^  le  oircostanze  potrebbero  essersi  modificate 
di  tal  guisa  che  a  lui  piii  non  servisse  la  prestazione  nel  luogo  de- 
terminato  per  il  pagamento,  nel  quale  il  debitore  gi^  si  trovasse 
pronto.  Sarebbe  in  tale  ipotesi  ingiusto  che  la  prestazione  non  potesse 
ancbe  esser  ricbiesta  in  altro  luogo,  dappoich^  il  convenuto  puo  ot- 
tenere  VinteresBe  loci^'^), 

5.°  La  eondictio  de  eo  quod  certo  looo  presuppone   una   ohligatio 
rivolta  ad  un  dcvreff).  Qui  per   vero  oolPespressione  dare  si  intende 


inatae  cursns  publicns  dim  non  permittebatur  j>,  L.  11  Cuius  maris  memhtit 
Pliniub,  lib.  X  Epist.  penult  In  questa  spiegazione  oonviene  anche  il  Quiacio, 
(Jomnu  ad  L.  137  D.  de  verb.  obUg,,  quando  sorive:  a  Dnplomata  sunt  oodi- 
cilli  qui  dantur  cursu  publico  utentibus  quae  et  Traotoriae  et  Combinaedi- 
cantur  s.  Qiiesti  duploitiata  vengono  detti  anche  evectiones.  L.  3  C.  (Ze  cursu 
publico  [12,  51].  L.  11  C.  eod,  Yedi  Brissonius,  De  verb,  sign.  voo.  Dupluma. 
Senonch^  qui  vien  presa  la  causa  per  Peffetto  e  quindi  diploma  pro  cursu  pu- 
hlioo  qui  ut  sU,  diplomate  principis  efficUur.  Cosl  Donbllo,  Oomm,  ad.  L.  137 
^  2  D,  de  verb.  obUg.  n.  10. 

^)  Ci6  deve  in'tendersi  per  il  case  in  cui  il  creditore  voglia  accettare  il 
[tagamento  in  un  altro  luogo.  Vedi  Duarbnus,  Oomm.  ad  L.  122  D.  de  verb, 
oblig,  [45,  1]  Oper*  pag.  774.  —  Voet,  Comm.  ad  Pand  h.  t  $  T.  —  Maonub, 
Meermann,  thes.  Ill  pag.  281.  —  Lauterbaoh,  OoUeg,  th,  pr,  PandecL  h.  t  $  1^ 

^^)  Fraktzkb,  Oomm.  ad  Pand.  h.  t.  n.  14  e  Magnus,  Ration,  et  differ,  juris 
eiv.  lib.  I  cap.  14  circa  fin. 


g)  .Veggasi  suUe  obbligazioni  di  dare  e  precisamente  suirobbligazione  di  dare  oertam 
rem  il  Lboni,  La  teoria  dei  diritti  e'degli  obblighi  (Padova  1887),  capo  III  §  1. 


DE  EO,  QUOD  GBBTO  IiOOO  DASJ  OPOBTBT.  135 

anofae  il  restituire  (reddere\  il  pagare  (solvere)^  ed  il  oonseguare  (tra- 
dere\  oome  il  OuiAOio  ^)  ha  giustamente  osservato  ^^).  Se  quindi  si 
<^  promesso  an  semplioe  flEitto  senza  comprendere  la  oonsegna  di  cib 
che  si  h  fatto,  come  se,  ad  esempio,  aloano  avesse  promesso  di  fob- 
bricare  entro  un  dato  temx>o  ana  oasa  in  an  certo  laogo,  e  non  a- 
vesse  poi  esegaito  la  promessa  ^\  non  vi  ^  bisogno  di  ctctio  utilis,  ma 
si  pab  agire  (MstUme  directa  ex  stipulatu  per  I'interesse  in  qaalsiai^ 
lao^o,  ove  siavi  giarisdizione  per  Pobbligato  ^^).  La  ragione  di  qaesta 
distinzione  h  riposta  in  ci5  che  ana  cosa  pnb  venir  prestata  in  qaal- 
siad  laogo  mentre  la  costrazione  non  pa5  awenire  che  nel  Inogo 
dove  si  h  fissato  che  debba  avvenire  ^*).  Gli  h  peroib  che  tale  stdpu- 
lazione  h  valida  solo  quando  sia  djBterminato  U  laogo  dove  I'ediflcio 
deve  esser  oostroito  ^).  Infine: 

6.^  L'azione  diretta  sorgente  dal  negozio  non  deve,  a  rigor  di  .di- 
ritto,  essere  snfficiente  per  ottenere  la  prestazione  dovnta  insieme 
coU'interesse  in  an  laogo  diverso  da  qaello  oonvenato.  II  Noodt  ^) 
osserva  che  originariamente  la  oondictio  de  eo  quod  certo  looo  yenne 
introdotta  anicamente  per  por  riparo  alia  rigidezza  propria  alia  sti- 
palazione:  solo  in  segaito,  grazie  all'interpretazione  dei  ginristi  rci- 
mani,  essa  venne  ampliata  ed  estesa  per  eqnit^  all'ootio  mutui.  actio 


5»)  Tract  in  ad  Afric.  ad  L.  8  D.  h.  t.  pag.  398. 

50)  LL.  5,  6y  7  D.  h.  t.  L.  16  $  1  D.  de  eonsHtuta  peounia  [13,  5]. 

<^)  Se  ed  in  quanto  nelle  obbligasioni  che  hanno  per  oggetto  della  pre- 
stazione no  f&tto  possa  darsi  mora  ha  dimoBtrato  ScHOMANNy  Fraffmenien  a/us 
sainen  cw.  u,  crtnttn.   VorUsungen  I  $  16. 

61)  L.  43  D.  dejudic,  D'altra  opinione  sono  per  vero  Donello  e  Treutlbb, 
1  qoali  ritengono  fondata  la  eondictio  anche  nelle  obbligazioni  di  fare.  Ma  gii^ 
il  Bachovio,  Ad  Treutlerum  vol.  I  diss.  XXllI  th.  Ill  lit  C  pag.  897  e  Bos- 
KBLMANNy  Oomm.  ad  Dig,  h.  t.  ^  6,  hanno  confatato  qaesta  opinione. 

'5-)  Vedi  VoBT,  Gomm.  ad  Pond.  h.  t  ^  8  e  Noodt,  Oamnu  ad  Dig.  h.  t  pa- 
gina  307  $  Addavime,  ecc  Per  vero  il  Cuiacio,  Ad  African,  tract.  Ill  ad  L,  8 
D.  h.  t.  e  CocoEio.  Iu8  dv.  contr,  h.  t.  Qa.  1,  ricercano  il  fondamento  della 
distinzione  in  cid  che  la  stipulaUo  facti  operava  una  ohUgaUo  incerti  la  quale 
non  iCndeva  precisamente  alia  prestazione  dei  fatto,  ma  ad  un  tempo  sdter- 
nativamente  all'interesse;  per6  questa  ragione  cade  di  fronte  a  ci6  che  a  laogo 
opportuno  abbiamo  defto  delle  obbligazioni  faciendi  Vedi  $  316  di  qnesto 
CommeTitario  ed  Emmikohaus  ad  Coccejuh,  loc.  cit.  nota  d, 

«3)  L.  2  $  5  D.  h.  t.  L.  95  D.  de  verb.  ohUg.  [45,  1]. 

M)  Qmm.  ad  Dig.  h.  t  $  306  $  ObtineL 


136  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

ex  teatamento  e  de  eonstituta  peeunia,  Poich^  uessuna  di  queste  azioni 
tende  a  qaalohe  oosa  di  piii  di  qaanto  porta  seco  la  natara  del  ne- 
gozio,  dal  quale  esse  sorgono:  la  prima  alia  restitazlone  del  matao, 
la  seoonda  alia  prestazione  di  ci5,  che  il  testatore  ha  ordioato  nel 
siio  testamento,  piti  gli  interessi  provenienti  dalla  mora  ^) ;  Pultima 
non  pub  tendere  a  piii  di  quanto  h  doterminato  dalla  gi^  esistente 
obbligi^ione  assicorata  mediante  il  oonstitutum.  Senza  I'aggiiinta 
de  eo  quod  oerto  loco  non  si  poteva  dunque  esigere  rinterestse, 
qaando  si  fosse  agito  in  un  luogo  di  verso  da  quello  convenuto.  A 
ci5  sembra  non  inefftoacemente  alladere  Ulpiano  qnando  nelle  L.  16 
§  1  Dig.  de  constit.  pec.  (13,  5]  scrive  che  anohe  pel  constituto  si  po- 
teva agire  in  un  luogo  diverso  da  quello  oonvenuto  exemplo  arJntra^ 
rkM  aotionis  ^).  Ohe  poi  nei  oontratti  bilaterali,  coi  quali  una  delle 
parti  si  fosse  obbligata  a  prestare  all'altra  alcunch^  in  un  luogo  de- 
terminato,  non  fbsse  necessaria  la  oondicHo,  ma  bastasse  Tazione  di- 
retta  sorgente  da  essi,  per  agire  anohe  in  un  altro  luogo  ed  esigere 
Vinteresee  loci,  h  state  sopra  notato.  Per  questi  era  gi^  sufQdente  fon- 
damento  nella  natura  dell'azione  ohe  il  giudioe  d'ufl&cio  prendesse  in 
considerazione  I'interesse  del  luogo,  anche  se  la  sua  formula  judicii 
non  oontenesse  di  db  aoceuno  alouno  ^^). 

Gib  h  oonfermato  non  solo  da  Paolo  nella  sopra  citata  L.  7  Dig. 
h.  t*y  ma  anche  da  Ulpiano  nella  L.  5  pr.  Dig.  oomviodati  fl3,  6] 
dove  dice: 

c  Si  ut  certo  loco  vel  tempore  reddatur  oommodatum,  convenit,  of- 
ficio judicis  inest,  ut  rationem  loci  vel  temporis  habeat ». 

A  tale  principio  arreca  tuttavia  una  eccezione  Paolo  nella  gi^  ci- 
tata L.  7  §  1  Dig.  h.  t.  per  il  case  in  cui  in  un  contratto  bonae  fidei 
una  delle  parti  si  fosse  obbligata  di  fronte  all'altra,  mediante  stipu- 


<^)  L.  34  D.  de  wuris  [22,  1].  L.  84.  L.  87  M  D.  <2e  leg.  II.  L.  92  in  fine 
D.  de  eond.  et  demonetr,  [35,  1].  LL.  1  e  4  C.  da  iMum  ei  frucL  UgaL  [6,  47]. 

M)  D^altra  opinione  h  11  Fabro,  De  error,  pragm.  dec  XCI  err.  4,  5,  %  V^g- 
gasi  per6  Bachovio,  TracL  de  action,  disp.  VII  parte  II  th.  3. 

^'')  CuiACius,  Trael.  ad  Afrie,  ad  L.  8  D.  h.  t.  e  Noodt,  Comm.  ad  Pand, 
loc  cit.  pag.  306,  hanno  molto  giustamente  osservato  a  questo  proposito: 
<[  Actionem  arbitiariam  exemplo  aotionis  exoeptionisqne  doli  mali,  jadiciis 
bonae  fidei  inease  ibique  officio  judicis  contineri  d. 


DE  BO,  QUOD  OBBTO  LOCO  DABI  OPOBTET.  137 

ladoney  ad  esegaire  la  sua  promessa  in  an  determinato  luogo.  In 
tale  eveuienza  deved,  seoondo  il  giadlzio  di  Paolo,  rioorrere  alPoctio 
arbiiraria  quandQ  la  prestazione  non  av venga  nel  luogo  fissatp : 

c  Si  tamen,   dioe  egli,   certo  loco   traditurum  Be   quia  stipnlatuA 
sit^^)  hac  actione  utendum  erit>. 

Nella  condietio  de  eo  quod  certo  loco  il  giudioe  deve  tener  oonto 
prindpalmente  dei  danni  che  I'una  o  I'altra  parte  ha  sublto  in  causa 
del  oambiamento  del  luogo  di  pagamento.  Per  potere  determinare 
ci5  convenientemente,  gli  ^  necessario  principal mente  considerare  nel- 
rinteresse  di  quale  delle  parti,  la  determinazioue  del  luogo  di  paga- 
mento yenne  flssata^^).  Conseguentemente  gli  h  talora  I'attore  che 
deve  risarcire  I'interesse  loci  al  convenuto,  talora  il  oonvenuto,  che 
deve  risarcirlo  alPattore.  Qnesta  ultima  ipotesi,  quando  sia  awenuto 
p^  colpa  del  convenuto,  che  il  pagamento  non  seguisse  nel  luogo  fia- 
sato,  qui  gli  h  pertanto  naturale  che  11  convenuto  venga  piti  elevata- 
mente  condannato  quando  I'attore  abbia  per  ci5  risentito  un  danno;  al 
oontrario  egli  verr^  piti  tenuemente  condannato  di  quelle  che  avrebbe  do 
Yuto  essere  nel  luogo  determinato  per  il  pagamento,  quando  egli  solo  dal 
cambiamento  del  luogo  di  pagamento  avesse  risentito  un  danno.  Tale 
risarcimento  deve  venir  attribuito  al  convenuto,  anche  quando  I'at- 
tore indipendentemente  da  colpa,  ma  per  un  avvenimento  casuale  ri- 
guardante  unicamente  la  sua  persona,  si  fosse  trovato  assente  dal 
Inogo  del  pagamento  per  riceverlo.  Poich^  gli  h  conforme  a  natura 
e  alle  leggi  che  ogni  persona  sopporti  e  risarcisca  i  danni  provenienti 
da  una  mancanza,  che  in  lei  si  veriftchi,  come  si  sia,  anche  per 
caso  "^o).  Molti  ^^)  vogliono  per  vero  sostenere  che  in  riguardo  al  de- 


^)  La  parola  sHptdari  non  6  qui  osata  cuitive,  ma  pcissive,  come  in  Ulpiano. 
Jj.  26  i  13  D.  de  eond,  indeb.  [12,  6].  Secondo  la  teBtimonianza  di  Pribciako, 
lib*  Vllly  essa  viene  neata  in  questo  senso  anche  da  Svbtonio.  Vedi  Noodt, 
ad  D.  h.  t.  $  Ohdnei  pag.  306. 

^  Yost,  Comm,  ad  Pand.  h.  t.  $  6. 

70)  L.  3  $  alt.  D.  de  aet.  empti  ei  vendiH  [19, 1].  L.ld7  ^  4  D.  de  verb,  oblig. 
[45,  1].  Vedi  Schomann,  Lehre  von  Schaden8er8(Uae  parte  II  pag.  20. 

'71)  F&ANTZKE,  Oomm.  ad  Pand,  h.  t.  n.  15.  —  Bosckelmann,  Oomm.  in  Dig. 
h.  t.  $  8.  —  Struv,  SynL  jiw,  cw.  exerc.  XVIII  th.  72.  —  Voet,  Oomm.  in 
Pand,  h.  t.  $  6.  —  Lautbkbach^  OoUeo,  th,  pr.  Pand,  h.  t.  $  6.  —  TRBUTLBKy 
DitpuL  ad  Pand.  disp.  XXIII  thee.  IV  lit   C.  —  Webenbec,  Ad  Pand.  h.  t. 

GlUc   .  Comm.  Pandette.  —  Lib,  XIII.  IS 


138  LIBBO   XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

bitore,  iioti  cleve  tenersi  contx)  delPessere  egli  in  mora  o  ineno,  ma 
che  a;  lui  spetti  in  ogni  caso  risarcimento,  quando  gli  sia  stata  tolta 
Vutilitas  loci,  aoohe  posto  che  egli  medesimo  abbi»  oolla  sua  mora 
OGcasionato  il  cambiamentx)  del  luogo  di  pagamento.  Giacch^  non 
eaiste  legge  alcuna,  che  gli  tolga  questo  vantaggio,  ch^  anzi  Giusti- 
NiANO  GOBI  senza  far  distinzioni  dispone: 

ec  in  hac  condictione  rationem  habendam  esse  utilitatis,  quae  pro- 
missori  competitura  fuisset,  si  illo  loco  solveret,  quae  se  solutaruni 
spopondit  ]>. 

Inoltre,  si  dice,  nessuna  mora  costituisce  un  diritto  convenzionale 
acquisito,  ma  i  suoi  effetti  dannosi  si  estendono  solo  al  future. 

Ma  se  gli  h  vero  oi5  che  Apbioano  ''-)  ed  Ulpiano  '^)  dicono:  ^  quod 
iiemini  frustatio  sua  prodesse  debeat  sed  unicuique  sua  nooeat  mora  », 
non  si  sa  concepire  come  il  convenuto  potesse  ancora  preteudere  i 
vantaggi  del  luogo  di  pagamento,  quando  da  lui  fosse  dipeso  che  il 
pagamento  non  awenisse  nel  luogo  convenuto.  A  ragione  quindi  scri- 
veva  11  gran  GniAOio  ^0 '  <  moratoris  utilitatem  spectari,  aestimarique 
absurdum   esset »    e  lui  seguivano  senza  esitazione  il  Magnus  '^^),  il 

BAOOVIO  ^^),  il  WiSSENBAOH    ""),  PEOKOLT  "^^i  rHEINBOOIO  "^j,  il  LU-k 

Dovioi^^^),  e  molti  altri.  Si  ammette  che  I'attore  possa  esigere  Pintc- 
resse  solo  nel  caso,  in  cui  egli  sia  state  a  motive  della  mora  del  con- 
venuto private  della  utility  a  lui  derivante  dal  luogo  del  pagamento. 
Senonoh^  devesi  considerare  ^0  s^^  ^^  mora  del  creditore,  come  la 


n.  6.  —  Strauch,  Diss,  de  cond.  de  eo  qiiod  eerto  loeo  parte  II  sub  subr.  Of- 
fidum  judicis  n.  28.  —  Cocceji,  Jus  civ,  contr.  h.  t  qa.  4.  —  E&imikohaus,  Ad 
eundem  loc.  cit.  nota/. 

72)  L.  37  in  fine  D.  mandnU  [17, 1]. 

73)  L.  173  J  2  D.  fte  div.  reg.  jur.  [50,  17J. 
^^)  Traet.  Ill  ad  Afric.  ad  L.  8  D.  h.  t 

75)  BaUon,  el  different,  jur,  civ,  lib.  I  cap.  14.  —  Mb^rman,  Thes.   Ill   pn- 
gina  282. 

76)  Ad  TreuUerum  vol.  I  disp.  XXIII  th.  IV  lit  C. 

77)  Exero,  ad  Pand.  parte  I  disp.  XXVI  th.  9. 

78)  Camp.  Pand.  Tract,  h.  t  4  6. 

79)  Elem.  iur.  dv,  sec  ord.  Pand,  h.  t  $  90. 

80)  Boctr,  Pand.  h.  t  4  6. 

81)  Veggasi  Schobman,  Lekre  vom  SchadensersaUe   (La  dottrina  del  risarci- 
mento dei  danni)  th.  2  pag.  16  e  seg. 


DE  EO,  QUOD  CEBTO  LOGO  DABl  OPOBTET.  139 

mora  del  debitore  in  base  ad  egaali  principii,  e  Yenulbjo  dice  in 
modo  esplioito  nella  L.  137  §  4  Dig.  de  verb,  obi,  (45, 1)  assai  concladente 
<  ...generalitercansamdifficQltatisadincommodam  promissoris,  nonad 
impedimentom  stipalatoris  pertinere  i . . .  Eppertanto  la  disposizione 
di  OinsTifnANO  che  oi  si  oppone  non  pu6  essere  interpretata  altrimenti 
islie  per  il  caso,  in  cui  era  consegaenza  della  colpa  del  creditore,  che 
il  pagamento  nou  fosse  stato  esegaito  nel  luogo  convenuto  ^^). 

Solamente  in  questo  caso  h  obbligo  del  giadice  di  tener  conto  nella 
i'ondanna  del  convenuto  del  danno,  che  egli  va  a  risentire  per  il  cam- 
biamento  del  Inogo  di  pagamento. 

Per  la  ftssazione  del  danno  non  si  i>ossono  per5  stabilire  regole 
^enerali;  ma  il  giadice  deve  valatare  il  danno  in  ogni  singolo  cas<» 
^eoondo  equity  e  pradenza,  pereh^  non  h  variabile  solo  il  valore  dellc 
merci  secondo  il  laogo  ed  il  tempo;  ma  altresl  il  corso  del  denaro. 

Appunto  x>er  ci5  questa  azione  viene  denominata  nel  miglior  sense 
€  actio  arbitraria  >  dipendeudo  qui  la  condanua  del  convenuto,  spe- 
•cialmente  dalPequa  investigazione  del  giudice^-')- 

Non  vi  h  quindi  alcuii  dubbio  che  nella  determinazione  delPinte- 
.Tosseche  in  questo  caso  una  parte  deve  risarcire  alPaltra,  sia  da  tener 
<x>nto  non  solo  del  danno  positivo  emergente  dal  cambiamento  del 
luogo  di  pagamento;  ma  eziandio,  in  relazione  alio  stato  delle  cir- 
costanze,  del  lucro  per  tal  modo  fktto  x)erdere  all'altra:  come,  per  e- 
«empio,  se  Fattore  nel  luogo  dove  si  dovea  pagargli  il  denaro,  era 
abituato   a  comperare  con  <]uesto  delle  merci  ed  a  fame  oommercio. 

Per  cio  il  giudice  uon  h  nemmeno  in  tale  caso  vincolato  precina- 
iuente  al  tasso  legale  degli  interessi. 


^-)  Veggasi  Hubbk;  Praelecl,  in  Pand.  h.  t.  $  3  in  fine. 

83)  ^  31  Inst,  de  €ieU  (IV,  6).  Alcunl  opinano  che  anche  in  questa  condktio, 
come  pure  in  altre  azioni  arbitrarie,  sia  preceduta  una  ingiunzione  alia  con* 
ilemnaUo  del  convenuto.  Perci6  la  formula  judicH  in  questa  azione  doveva 
essere  concepita  seoondo  Maqnus  (in  Meermann,  tomo  III  pag.  285  capo  17), 
nel  seguente  modo:  a  si  paret  Titium  Maevio  centum  aureos  Capuoe  dare 
oportere,  neque  ea  pecunia  arbitrio  tuo  solvatur,  aut  eo  nomine  satisfiat, 
condemna  eum  d. 

Antonio  Fabbr  per6  nella  sua  Opera  de  error,  prag.  dec.  XC  err.  2  e  3,  e 
Bachovio  nel  sue  Tract,  de  oeL  disp.  VII  p.  II  tb.  2,  hanno  diraostrato 
cbe,  secondo  questa  formula,  Pazione  avrebbo  mancato  corapletamente  al  suo 
Hoopo. 


140  LIBRO  Xril,  TITOLO  IV,  §  846. 

Le  seguenti  leggi  di   qnesto   titolo   sanzionano  in  modo   indubbio 
quanto  fa  detto  finora. 

Ulpiano  lib.  27  ad  Edictum. 
a)  L.  2  Dig.  h.  t.  <c  Arbitraria   actio  utrinsque  utilltatem  ^)  con- 
tinet,  tam  actoris,  quam  rei. 

c  Qaodsi  rei  interest,  minoris  fit  pecuniae  condemnatio,  qaam  in- 
tentatum  est:  ant  si  actons,  maioris  pecuniae  fiat ». 

&)  L.  2  §  8  h.  t.  c  Nunc  de  officio  iudicis  hujus  actionis  loquendum 
est,  utrum  quantitati  contractus  debeat  servire  an  vel  excedere  vel 
minuere  quantitatem  debeat,  ut  si  interfuisset  rei  Ephesi  potius  sol- 
vere quam  eo  lod  quo  conveniebatur,  ratio  ejus  haberetur.  Julianus 
Labeonis  opinionem  secutus  etiam  actoris  habuit  rationem,  cujus  in- 
terdum  potuit  interesse  Ephesi  recipere:  itaque  utilitas  quoque  ac- 
toris veniet.  quid  enim  si  ti^ajecticiam  pecaniam  ^^)dederit  Ephesi  reoep 
turns,  ubi  sub  poena  debebat  pecuniain  vel  sub  pignoribus  et  distracta 
pignora  sunt  vel  poena  commissa  mora  tnaf  vel  fisco  aliquid  debebatur 


B4)  Naturalmente  ci6  deve  interpretai*si  solo  nel  sense  che  il  giudice  in 
qnesta  azione  deve  badare,  quale  delle  due  parti,  Pattore  od  il  convenato,  soflra 
danno  per  il  mutamento  del  Inogo  di  pagamento.  Percid  dice  la  L.  unica  del  Co- 
dice,  Ubi  conveniat  qui  certo  loco  dare  promis.  Ill,  18:  a  in  qua  venit  aesti- 
matio,  quod  alterutrius  interfuerit,  suo  loco  prius.  quam  in  eo,  in  quopecitur^ 
solvi  D,  e  il  CuJACio  nota  nel  suo  Tract,  III  ad  Afrieanum  ad  L.  8  h.  t. 
che  Vutriusque  nella  L.  2  pr.  D.  h.  t.  ha  la  stossa  importaDza  deWaUenUriu9 
nella  L.  un.  Cod.  cit  —  G.  Frantzke  nel  Comm.  in  Pan^h  h.  t.  n.  16  crede 
per6  che  vi  poesano  essere  dei  casi,  nei  quali  il  giudice  debba  considerare 
Pinteresse  di  am  be  le  parti  nello  stesso  tempo:  da  parte  del  coDvenuto,  se,. 
come  di  solito,  h  stato  aggiunto  il  luogo  di  pagamento  in  sue  favore:  da 
parte  delPattore :  o:  si  illius  forsitan  quoque  intereit,  sine  mora  solntionem 
factam  faisse  i>.  Si  vede  iacilmente  che  questa  asserzione  sta  in  relazione 
colla  opinione,  secondo  la  quale  al  con venu to  deve  essere  risarci to  il  van taggio 
del  luogo  di  pagamento,  che  ci  sia  mom  o  no;  ma  questa  ^  stata  gi&  so]ira 
oontrastata.  Se  non  si  fossero  tutte  e  due  le  parti  recate  nel  termine  dovitto 
sul  luogo  determinate  di  pagamento,  allera  cade  Pinteresse  ed  il  giudice 
condaDua  11  convenuto  selamente  alia  prestaziene  della  semma  devuta.Vedi 
Magkus  in  Mrebmann  tome  III  lib.  I  cap.  14  in  fine  pag.  282. 

85)  TrajectUia  pecunia  indica  in  sense  proprie  quel  capitale  che  il  creditore 
a  suo  pericelo  ha  prestato  al  di  \k  del  mare.  £  sempre  dunque  in  questo 
sense  che  devesi  intendere  un  prestito,  come  le  preva  Pintiero  titolo  delle 
Pandette  de  naulico  foenore  (XX  EI,  2),  e  ci6  deve  pure  essere  pre8upi>osi» 
nella  nostra  legge. 


DE  EO,  QUOD  OEBTO  LOOO  DABI  OPOBTET.  141 

et  res  stipulatoris  vilissimo  distraota  est?  in  hanc  arbitrariam   quod 
interfuit  veniet  et  quidem  ultra  legitimuin  modum  usurarum  ^)«  quid 
si  meroes  solebat  comparare:  an  et  lucri  ratio   habeatur,  non  solius 
damni?  puto  et  lucri  habendam  rationem  ^')9. 
c)  L.  3  Dig.  h.  t 

Oajo,  libro  IX  ad  Ed.  prov.  c  Ideo  in  arbitrium  judicis  refertur 
haec  actio,  quia  scinius,  quam  varia  sint  proetia  rerum  per  singula^ 
dvitates  regionesque,  maxime  vini  olei  frumeuti:  pecuniarum  quoque 
licet  videatur  una  et  eadem  potestas  ubique  osse,  tamen  aliis  locis 
fiftcilius  et  levibus  usuris  inveniuntur,  aliis  diflicilius  et  gravibus 
usuris  9. 

Ora  si  presenta  la  questione  molto  controversa,  flno  a  qual  punto 


^)  Ger.  NooDT  nel  Comm.  ad  Dig,  h.  t.  pag.  310  spiega  questo  cosi  cbe 
posea  Pinterefise  sorpassare  anche  le  usurtB  centesimae,  Poich^  queete  sarebbero 
state  Dominate  iMurcB  Ugiiimae,  Per<^  le  parole  uUra  2ef/t(imMm  modum  usurarum 
Togliono  cerio  dire  soltanto  che  I'interesse  loci  non  sia  limitato  precieamente 
al  limite  legale  di  interease. 

Del  resto  anche  le  usurcB  nauHcce  erano  prima  di  Giustiniano  (L.  26  ^  1 
Cod.  de  U8un)  non  ancora  eentesinuB  infinitee,  Faidus  SentenL  Recep.  lib.  II 
tit  15  $  3.  —  Yedi  Schulting  ad  Paidum  (in  iurisp.  Antej,  pag.  288  nota  13). 

^')  £  difficile  in  vero  conciliare  questo  frammento  colla  legge  ultima  D.  de 
perh,  et  comm.  rei  vend,  e  la  L.  21  $  3  D.  de  oGtion.  emii  et  vend,,  come  io  ho 
gij^  detto  in  altro  laogo.  Yedi  la  parte  lY  di  questo  Comnicntario  (  332 
(Ediz,  iioL  lib.  II  ^  332).  I  diversi  tentativi  dei  giaristi  in  proposito  vennero 
esposti  ed  esamlnati  estesamente  molto  bene  dal  consigliere  Antonio  Schoe- 
MANN  nella  Dotirina  del  risarcimerUo  dei  daimi  paite  II  pag.  102.  Egli  stesso 
ha  proposta  una  nuova  maniera  di  conciliazione ;  ma  con  quale  fortunaf 
(Yeggansi  gli  Annuari  delta  letleratura  di  Heidelberg  anno  I  fasc.  I  pag.  87). 

Se  si  confronta  la  L.  4  D.  h.  t.  colla  nostra  L.  2  ^  ult.  D.  eod,  si  vede 
chiaramente  che  la  differenza  fra  un  pagamento  promesso  non  avyennto  nel 
termine  fissato  ed  un  pagamento  pi-omesso  non  avvenuto  nel  luogo  flssato 
non  k  insi^^uiflcante.  Yedi  Ger.  Noodt,  de  foenorc  et  ueuns  lib.  II  cap.  YL 
—  YoET,  $  6.  —  Jos.  FiNBSTRES  in  HrrmoornianO)  ad  L.  19  D.  de  peric,  et 
comm,  $  10  pag  469  e  segg. 

Ora  in  nessnno  degli  altri  passi  non  d  dato  un  luogo  di  pagamento  come 
nella  L.  2  (  ult.  h.  t. 

L'asserzione  che  un  luogo  di  pagamento  nell'industria  sia  da  presupportKi, 
anche  senza  speciale  accordo.  sempre  quale  determinato,  si  giustifica  diffi* 
dlmente. 

Noi  non  siamo  adunque,  mal grade  i  tentativi  recenti,  andati  avanti  di  un 
passo  e  sarebbero  da  vincere  le  difficoltA,  die  qai  ci  si  mettono  nella  via. 


142  LIBBO  Xlir,  TITOLO  IV.  §  846. 

V(ictio  arhitraria  de  eo  quod  oerto  loco  i)ossa  esperirsi  contro  il  fide- 
jussore.  Trattano  di  qiiesta  dae  notevoli  frammenti  di  questo  titolo, 
la  legge  8  e  la  legge  10  (ultima),  le  quali  hanno  presentato  ai  pi(t 
oelebri  commeutatori  tante  difficolt^,  che  non  sono  rimasti  in  dubbio 
di  annoverare,  almeno  la  prima,  1.  8.  fra  le  c  damnatas  leges  Pandec- 
tarum  p  o  c  cruoes  Ictorum  »  ^). 
Non  si  possono  quindi  lasciar  passare  senza  esame. 

a)  1.  8  Dig.  h.  t. 

Afbioanus  libro  tertio  quiiestionum  <e  Centum  Gapuae  dari  stipu- 
latus  fidejussorem  accepisti:  ea  pecunia  ab  eo  similiter  ut  ab  ipso 
promissore  peti  debebit,  id  est  ut,  si  alibi  quam  Gapuae  x)etantur, 
arbitraria  agi  debeat  lisque  tanti  aestimetur,  quanti  eius  vel  actoris 
interfiierit  eam  summam  Gapuae  potius  quam  alibi  solvi.  nee  oportebit, 
quod  forte  per  reum  steterit,  quo  minus  tota  centum  Gapuae,  solve- 
rentur  obligationem  fideiussoris  augeri:  neque  enim  haec  causa  recte 
comparabitur  obligationi  usurarum:  ibi  enim  duae  stipulationes  sunt, 
sio  autem  ima  pecuniae  creditae  est,  circa  cujus  exsecutionem  aesti* 
mationis  ratio  arbitrio  iudicis  cominittitur,  eiusque  dififerentiae  manifo- 
stissimum  argumentum  esse  puto,  quod,  si  post  moram  factam  pars 
pecuniae  soluta  sit  et  reliquum  petatur,  officium  iudicis  tale  essede 
beat,  ut  aestimet  quanti  actoris  intersit  eam  dumtaxat  summam  quae 
petetur  Gapuae  solutum  esse  ». 

b)  1.  10  Dig.  h.  t. 

Paulus  libro  quarto  quaestionam.  «  Si  x>ost  moram  lactam,  quo 
minus  Gapuae  solveretur,  cum  arbitraria  vellet  agi^re,  fideiussor  ac- 
oeptus  sit  eius  actionis  nomine  videamus,  ne  ea  pecunia,  quae  ex  sen- 
tentia  iudicis  accedere  potest,  non  debeatur  nee  sit  in  obligatione,  adeo 
ut  nunc  quoque  sorte  soluta  vel  si  Gapuae  petatur,  arbitrium  iudicis 
cesset:  nisi  si  quis  dicat,  si  index  centum  et  viginti  coudemnare  de- 
buerit,  centum  solutis  ex  universitate,  tam  ex  sorte  quam  ex  poena 
solutum  videri,  ut  supersit  petitio  eius  quod  excedit  sortem,  et  accedat 
poena  pro  eadem  quantitate.  quod  non  puto  admittendum,  tanto 
inagis,  quod  creditor  accipiendo  pecuniam  etiam  remisisse  poenam 
videtur  ». 


^^)  Vedi  CoFD.  Van   £ck,  (hmmentat,  tun'd,  de  septeni  damnatis  Legib,  P.  seu 
Crucibus  Ictor.  rec,  Halae  1766  cap.  'J. 


DB  BO,  QUOD  OEBTO  LOCK)  DAEI  OPOBTBT.  143 

Facendo  au  accurato  raffronto  fra  le  due  leggi  troviamo  in  esse 
considerate  dne  f^sittispecie  diverse.  Nella  legge  8  il  creditx>re  aveva 
volato  ohe  il  debitore,  il  quale  gli  aveva  proinesso  di  pagare  una  certa 
Homma  a  Oapua,  presentasse  un  fidejussore  fino  da  principio  a  ga- 
ranzia  del  sue  oredito  e  quindi  anoora^prima  che  si  fosse  verificata 
la  mora. 

]Sel1r^  ]egge  10,  per  eon  verso,  il  ftdejussore  viene  accettato  soltauto 
dopo  avvenuta  la  mora  del  debitore,  quando  cio^  il  creditore  inten- 
deva  procedere  contro  il  debitore  a  actione  arbitraria  »  e  questi  pre- 
senta  il  fidejussore  precisamente  alio  scopo  di  evitare  la  prooedura. 

£i  adunque  del  tutto  inesattx)  il  parere  di  Gujagio  ^^)  che  la  spie- 
gazione  pid  dettagliata  della  legge  8  sia  da  dedursi  dalla  legge  ul- 
tima D.  h.  t.  e  che  si  debba  ravvisare  anche  nella  legge  8  la  fatti- 
specie  deirintervento  del  Mejussore  solo  dopo  avvenuta  la  mora  del 
debitore  in  vista  della  azione  arbitraria.  Poich^,  come  mai  avrebbe 
l>otuto  sorgere  il  dubbio,  che  Vaotio  arbitraria  avesse  luogo  contro  il 
tidejussore,  se  egli  stesso  in  vista  di  questa  azione  fosse  stato  accettato,. 
come  giustamente  Antonio  Fabbo  ^)  oppone  al  Cujaoio? 

Questo  resulta  per6  chiaramente  da  tutti  due  i  frammenti ;  che  tanto 
11  garante,  quanto  U  debitore  principale  possono  essere  chiamati  in 
giudizio  coUa  condictio  de  eo  quod  certo  looo. 

Poich^  anche  nan  contando,  come  dice  Ulpiano'^^),  che  11  fidejus- 
sore  subentra  nel  posto  del  debitore  principale,  sarebbe  reso  illusorio 
tutto  lo  scopo  della  garanzia,  se  il  fldejussore  non  potesse  essere  chia- 
mato  in  giudizio  anche  in  un  altro  luogo,  oltre  quelle  convenuto  quale 
luogo  di  pagamento.  Si  supponga,  per  esempio,  che  il  fidejussore  non. 
si  lasci  trovare  e  nemmeno  il  debitore  principale  nel  luogo  di  paga- 
mento. In  questo  caso  devesi  procedere  anche  contro  il  fidejussors 
coUa  ixmdiotio  de  eo  quod  oerto  looo. 

Gome  per5  il  debitore,  se  egli  stesso  viene  chiamato  in  giudizio  col- 
Pazione  arbitraria,  pub  diffalcare  Tinteresse,  quando  egli  sia  stato 
private  dall'attore  della  utility  a  lui  derivante  dal  luogo  di  paga- 


Tract.  Ill  ad  Afric  ad  L.  8  h.  t. 
«0)  Bation.  in  Panl.  ad  L.  8  h.  t.  pag.  482. 
»i)  L.  4  *  1  D.  de  fidcj. 


144  LIBRO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

mento  coDvenuto  a  suo  favore;  oosl  pure  anche  il  fidejussore  deve 
poter  mettere  in  oonto  il  danno,  che  egli  va  a  sopportare  per  essere 
atato  chiamato  in  giudizio  in  un  altro  luogo  da  quello  determinato 
per  il  pagamento. 

Perch^  il  luogo  di  pagamento,  che  venne  soelto  dal  debitore  prin- 
cipale,  rimane  altresi  a  i^vore  del  garante  ^}, 

Per  con  verso  il  fidejussore,  se  il  pagamento  non  avvenne  per  sua 
colpa  nel  luogo  destinato,  deve  alia  sua  volta  risarcire  I'interesse  al 
oreditore.  Tutto  ci5  mettono  fuori  di  dubbio  le  parole  del  principium 
della  legge  8  h.  t. 

Ma  come  avviene  che,  nel  caso,  in  cui  senza  colpa,  n^  del  fidejussore, 
nh  del  debitore,  la  somma  dovuta  non  sia  stata  pagata  nel  luogo  fis- 
«ato  per  contratto  e  da  ci5  il  creditore  sia  stato  danneggiato,  il  fide- 
jussore sia  tenuto  di  risarcire  al  creditore,  oltre  il  debito  principale, 
oggetto  della  garanzia  prestata,  anche  questo  dannof 

ApaiOANO  decide  negativamente  questa  questione,  nel  caso  di  cui 
tratta  la  legge  8  h.  t.  con  parole  chiare,  perch^  egli  dice  c  nee  opor- 
tebit,  quod  forte  per  reum  steterit,  quominus  tota  centum  Gapuae 
solverentur,  obligationem  fidejussoris  augeri ». 

6  del  resto  una  regola  nota  che  il  ritardo  del  debitore  principale 
sia  dannoso  anche  al  garante  ^).  Perb  questa  regola  non  ist^  contro 
in  questo  caso. 

Essa  vale  solamente  I)  se  si  tratta  della  continuazione  delPobbligo 
del  fidejussore,  il  quale  deve  garantire,  anche  se  la  cosa  dovuta  do- 
vesse  perire  dopo  la  mora  del  debitore  ^^);  II)  se  trattandosi  di  una 
-ohligatio  honae  fidei  fu  prestata  garanzia,  ad  esempio,  per  un  debito 
4i  fitto,  o  per  il  prezzo  di  una  cosa  compra-venduta  e  precisamente 
in  omnem  eatLScm, 

In  questi  casi  il  fidejussore,  anche  se  viene  chiamato  in   giudizio, 


98)  Nei   Basilici  t  III,  lib.  XXIV,  tit  9  Const  8  pag.  575  si  dice:  e«v  i/yu^T^ifi 

Si  fidejusBor  arbitraria  conveniatar;  spectatar,  et  quid  ejus  intersit,  et  quid 
7ei  principalis. 

93)  L.  88  D.  de  verb,  oblig.;  L.  24  i  I  T>.  de  usur. 

9*)  L.  49  pr.,  L.  91  M  I>.  ^  verb,  oblig.;  L.  58  4  1  D.  de  fidej. 


DE  BO,  QUOD  OBBTO  LOCO  DA.BI  OPOBTET.  145 

oome  tale,  actume  ex  stipulatu,  puo  essere  oondannato  nell'iDteresse 
prodotto  dal  ritardo  tanto  quanto  il  debitore  prindpale  ''^^). 

Ora  nel  case,  di  cai  scrive  Afbioano,  la  fldejassione  yenne  acoor- 
data  relativamente  ad  una  ohligatio  strioti  juris. 

Qui  I'obbligo  del  MQJussore  non  si  estende  che  fiiio  al  limite  del 
debito  principale,  per  il  quale  egli  ha  prestato  garanzia. 

Opera  dunque  la  mora  del  debitore  cosl  che  questi,  anohe  se  yiene 
ehiamatoin  giudiziocoll'azione  arbitraria,  possa  esaere  oondannato  o;^l<m> 
iudicis  oltre  che  al  capitale,  anche  alia  prestazione  dell'interesse;  ma  essa 
non  produce  la  conseguenza  che  anche  il  fidejussore  possa  essere  te- 
nuto  a  rispondere  delPlnteresse.  Quest!  garantisce  solo  per  11  capitale, 
poioh^  questo  costituisce  Foggetto  dell'obbligazione.  L'interesse  non 
h  stipulate,  non  h  adunque  compreso  nelPobbligazione,  per  la  quale 
11  fidejussore  ha  prestato  garanzia. 

£i  bensl  giusto  che,  se  per  il  oaso  di  ritardo  fhrono  stipulati  inte- 
ressi,  il  fidejussore  debba  garantire  anche  per  questi. 

Ma  da  cio  non  deriva  che  il  fidejussore  garantisoa  anche  per  Pin- 
teresse  prodotto  dal  ritardo. 

Poioh^  in  quel  case  si  contemplano,  come  dice  Afbioano,  due  sti- 
pulazioni,  Tuna  -per  il  capitale,  Taltra  per  gli  interessi.  Non  yiene 
percid  esteso  Tobbligo  del  fidejussore  in  causa  del  ritardo  del  debitore, 
perch^  gli  interessi  stipulati  per  il  case  del  ritardo  qui  appartengono 
al  debito  principale. 

Inyece  nel  case,  del  quale  qui  si  tiene  parola,  esiste  una  sola 
ohligatio,  cio^  I'obbligazione  di  pagare  una  certa  somma  in  un  luogo 
fissato. 

Per  questo  solo  garantisce  il  fidejussore. 

La  prestazione  dellMnteresse,  perch^  il  pagamento  non  ayyenne  nel 
luogo  determinate,  e  percio  yiene  chiesto  iu  giudizio  in  un  terzo  luogo^ 
sta  fuori  dei  limiti  delVobligatio  e  yiene  rimesso  alVuffioio  ed  al  savio 


95)  L.  51  pr.  D.  Locati:  «  Usur®  enirn  in  bonsd  fldei  iudiciis,  etsi  non 
tarn  ex  obligatione  proficiscantar,  qaain  ex  officio  indicis  applicentar,  tamen 
cum  fidejussor  in  omnem  causam  se  applicuit,  aequum  videtur,  ipsum  quoque 
agnoscere  onus  usurarum  ».  E  cosi  la  h.  5  C  de  pacL  inter,  emL  Si  vegga 
anche  Van  Eck,  cit.  IHss.  cit.  cap.  4  $  6.  —  Perez,  Frcelect  ,hi  Ood,  lib.  Ill  1. 18 
n.  11,  e  Bachovio  ad  TreuUer,  vol.  I  disp.  23  th.  5  lettere  D  e  E. 

GlUcK,  Comm.  Pandett9  —  Lib.  XIII.  19 


146  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

ciJterio  del  giudioe.  Per  ci6  adunque  il  fidejassote  non  garantiace,  af- 
finch^  il  8ao  obbligo  non  veaga  aumentato  contro  la  sua  volont4  in 
causa  del  ritardo  del  debitx)re. 

Per  I'ulteriore  motivazione  di  questa  decisione,  aggiunge  Afbioano, 
che  la  dififerenza,  se  si  abbia  da  esigere  qualohe  oosa  esb  iure  ohliga- 
tionis  o  Bolameute  ex  officio  judiciSj  non  6  senza  importanza,  come  re- 
sulta  da  cib  che  avviene,  se  dopo  la  mora  h  stata  pagata  una  parte 
del  debito  ed  il  creditore  procede  per  il  residue  «  actione  arbitraria  >. 
In  questo  case  per  I'importo  pagato  non  pub  essere  chiesto  nessun 
ulteriore  interesse  lod,  perch^  riguardo  ad  esse  si  h  estinta  Fobbli- 
gazioue  e  I'azione^ma  nondimeno,  finch^  il  debito  non  yiene  totalmente 
soddisfatto,  si  tiene  conto  del  danno,  che  il  creditore  va  a  soffrire  a 
motiyo  che  neppure  il  residue  h  state  pagato  nel  luogo  di  pagamento 
convenuto  "^y 

Molto  pid  difficile  h  pero  Paltro  case,  di  cui  tratta  la  legge  ult 
Big.  h.  t.  In  questo  case  il  fldejussore  era  intervenuto  solamente  dopo 
avvenuta  la  mora  del  debitore  e  predsamente  accettato  in  vista  del- 
I'azione  arbitraria,  colla  quale  il  creditore  era  in  procinto  di  procedere 
contro  11  debitore. 

Si  immagini  qui  la  seguente  fattispecie:  11  debitore  non  comparlsce 
alia  scadenza  nel  luogo  fissato  col  promesso  pagameuto.  n  creditore 
intende  quindi  procedere  contro  di  lui  al  suo  domicilio  c  actione  ar- 
bitraria »  per  rinteresse.  Interviene  perb  un  terzo  ed  induce  il  credi- 
tore a  desistere  dalla  procedura,  assicurandogli  che  egli  gli  garan- 
tisce  di  bel  nuovo,  che  riceveri\  il  denaro  proprio  nel  luogo  di 
pagamento  convenuto. 

Se  malgrado  ci5  non  fosse  avvenuto  11  pagamento  e  se  il  creditore 
ora  si  rivolgesse  al  fldejussore  QolVactio  arbitraria^  non  potrebbe  egli 
almeno  in  questo  case  esigere  dal  fidejussore  lo  stesso  risarcimento 


9Q)  Vedi  VoET,  Comm.  ad  Pand.,  h.  t.  §  3.  —  Noodt,  Gomm.  ad  Dig.  h.  t 
pag.  310  eseg.  ^  Exposui.  —  Magnus,  Ration,  et  different,  iur.  dv,  lib.  I  c  19 
in  Meerman  torn.  Ill  pag.  288.  —  Huber,  Eunomia  Bom,  ad  L.  8  D.  h.  t. 
pag.  532  e  sag.,  e  Id  Prcelect,  ad  Pand,  h.  t  ^  5.  —  PACiug,  Evavrtoj^av.  Centur. 
IV  Qu.  32.  —  Struv,  Synt,  iur.  civ.  Exercit.  XIX  th.  73.  —  Boegkblmanit, 
Comm.  in  Dig.  h.  t.  $  7.  —  Faber,  Ration,  in  Pand.  ad  L.  8  h.  t  —  Labit- 
Tus  tit  Usu  iudi<^8  Pandectar.  cap.  Ill  $  39  in  Wieling,  Jurisprud,  restUufa 
tome  II  pag.  65  e  seg.,  e  Pothier,  Pand.  Justin,  h.  t.  n.  XII  note  e-f. 


DB  BO,  QUOD  OERTO  LOOO  DABI  OPOBTET.         147 

di  danno,  al  qaale  il  debltore  medesimo  sarebbe  stato  oondannata, 
se  egli  avesse  promosso  la  sua  azione  oontro  di  quest!  t  Si  dovrebbe 
eredere  ohe  oi5  non  aminetta  dabbio  di  sorta.  La  formula  stessa 
della  stipulazione  sembra  contenere  in  sh  che  11  fidejussore  debba  ga- 
rantire  per  tutto  ci5  che  il  creditore  in  forza  delVctctio  arhitraria  avrebbe 
potnto  esigere  dallo  stesso  debitore,  perch^  il  fidejussore  ha  prestato 
garanzia  in  vista  di  questa  azione. 

CSb  affermano  anohe  di  fatto  Cujacio  ^);  Magnus  ^^);  e  Stbuvio  ^). 

lo  dubito  perb  che  questa  opinione  sia  conforme  al  parere  di  Paolo 
nella  legge  ultima  Dig.  h.  t. 

Le  parole:  c  videamus,  ne  ea  pecunia,  quae  ex  sententia  iudicis  ao- 
cedere  potest,  non  debeatur,  nee  sit  in  obligatione  >  sono  certamente 
osonre  e  sembrano  piuttosto  contenere  un  semplice  quesito,  anzichb 
Bna  decisione,  come  lo  crede  pure  Accubsio. 

Se  oonfrontiamo  poi  ci5  ooi  Basilic!  ^^)  troviamo  che  queste  parole 
sono  completamente  ommesse  dalPautore  degli  stessi.  Eav  psra  vTzipjevLv, 

iyyyvjrhv  "^idSri  6  ensptarrivati  em  rvii  xp^iTpy.pLxc,  ei  IdSri  to  ynfilxiov^  *  hocyiyn 
ono'j  y.xT0ip\n3'^vxt  (rvvedo^sv,  n  w;  aovov  to  -/.s^akMOv  6  ivxyourjo;  y.3cTa^£y.ao".5>7, 
dvMpsiTxt   vf  Ty  ^iz^ipovzoi  [MS^oBecot,  Szyr^otjLSvo;  yip  to  /.vj/xXxiov^  SoAsi  (T'jyyjfipzlv 

Thy  7rotvi7v,  i,  e.  «  Si  post  moram  factam  fldejussorem  acoeperit  stipu- 
lator arbitrariae  actionis  nomine,  si  acceperit  sortem,  vel  ibi  petatur, 
ubi  solvi  placuit:  vel  si  in  sortem  tautum  reus  condemnatus  sit, 
nsurarum  petitio  cessat:  nam  qui  sortem  accipit,  poenam  remittere 
videtur  i». 

Sembra  quindi  non  esistere  quasi  nessun  ulteriore  dnbbio  che  la 
decisione  della  questione  sia  conteuuta.  solamente  nelle  parole  sus- 
segnenti. 

Se  poi  in  base  a  queste  debba  cadere  Varhitrium  judicis  solo  quando 
il  creditore  ha  accettato  il  capitale  dovuto  senza  riserva  o  lo  ha  do- 
mandato  giudizialmente  nel  luogo  di  pagamento  convenuto,  sembra 
ne  result!  la  condusione  da  sb  stessa,  ch^  nel  caso  contrario  quando 


97)  Tract  III  ad  African,  ad  L.  8  D.  h.  t. 

93)  Bation.  et  Different,   iur.   dv.   lib.  I    cap.  20   in  Meeeman,    t  III   pa- 
gina  290  e  seg. 
W)  SyjU.  iur.  civ.  Exercit  XVIII  th.  73  in  fine. 
100)  Tome  III  lib.  XXIV  tit  9  Const.  10  pag.  575. 


148  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  846. 

il  fidejassore  venga  chiamato  in  giadizio  in  iin  altro  luogo  coll'azione 
arbitraria,  egli  come  il  debitore  prindpale  possa  essere  tenuto  di  ri- 
sarcire  I'interesse  al  creditore,  anche  nella  ipotesi  che  llnteresse  non 
Bia  compreso  nella  obbligazione  stessa,  do^  nell'oggetto  sMpolato. 

Pero  ohi  ha  imparato  a  oonoscere  dai  libri  QtMestionum  di  Paolo  il 
modo  modesto,  col  quale  Egli,  nella  discossione  delle  oontroversie 
civili,  esprime  la  sua  opinione  ^)  non  potr&  oerto  ricusare  il  sue  plauso 
ad  un  Ebancesco  Duabenio  ^) ;  ad  nn  Antonio  Fabeb  ^)  ed  a  Oeb. 
I^OOBT  *)  se  qnesti  grandi  oommentatori  interpretano  le  parole  c  yi- 
deamus,  ne  ea  pecunia  eco.  »  in  conformity  alio  spirito  di  Paolo  e 
secondo  il  modo  di  parlare  adatto  alia  saa  modestia  '^)  e  che  cio^ 
questo  giureconsulto  romano  abbia  yoluto,  con  quelle,  proferire  la 
massima  legale  €  il  fidejussore  anche  se  egli  avessein  vista  delPoch'o 
arhitraria  prestato  la  sua  garanzia  pure  non  risponde,  se  egli  stesso 
non  viene  colpito  con  questa  azione,  delPinteresse,  che  avrebbe  potuto 
essere  aggiudicato  dal  giudice  al  creditore  in  oonseguenza  della  mora 
del  debitore  se  fosse  stata  contro  di  questi  esperita  V<ictio  arhi^ 
traria  e  precisamente  per  il  motive  che  questo  interesse  non  si  ri- 
ferisce  BiVobligatio  del  debitore,  per  la  quale  S9la  la  garanzia  fu  pro- 
stata ». 

Solamente  ci5  che  h  stato  stipulate,  forma  I'oggetto  dell'obbli- 
gazione. 

Ora  h  stipulate  solamente  che  la  somma  dovuta  venga  pagata  nel 
luogo  fissato. 

Quelle  che  oltre  a  ci6  il  giudice  pub  aggiudicare  al  creditore,  non 
h  stato  incluso  nella  stipulazione;  ma  ^  un  aocessorio,  di  cui  il  credi- 
tore deve  essere  grato  all'ufftcio  judicis  e  non  appartiene  pertanto 
all'obbligazione,  per  la  quale  il  fidejussore  h  stato  acoettato. 

Paulus  conferma  la  sua  opinione  coi  seguenti  motivi:  anzitutto,  se 
al  creditore  spettasse  I'interesse  iure  ohligationis,  lo  si  potrebbe  pur 


1)  Vedi  Brissonio,  de  verb,  signif.  v.  Videre. 

2)  ChmmenU  ad  h,  tit.  cap.  IV  Operum  pag.  927. 

3)  BaJHoncd.  in  Fand,  ad  L.  alt.  D.  h.  t. 

^)  Gomment  ad  Dig.  h,  U  ^  Ntsi  molesta  eriU  Oper,  tomo  II  pag.  311. 
^)  Vedi  Gott  Mascovii,  Orat,  de  modestia  veterum  letorunu  Harderovici  17*^ 
et  rec.  Lipsiae  1741,  4. 


DE  EO,  QUOD  OEBTO  LOCO  DABI  OPOBTBT.  149 

sempre  esigere  anche  se  il  debito  stipulato  fosse  gi&  pagato:  questo 
per5  non  h  il  caso  nelPazione  arbitraria.  Foiohd  se  anche  soltanto 
adesso,  dopoch^  ormai,  in  vista  di  questa  azione,  fa  aoeettato  an  fide- 
jQSSore,  fosse  pagato  il  oapitale  dovato,  e  preoisamente  non  dal  flde- 
jassore,  ma  dal  debitore  stesso,  che  era  gidi  in  mora;  nnllameno 
Varbiirium  judids  yien  meno,  doh  non  si  potrebbe  esigere  olteriore 
interesse;  ma  il  giadice  dovrebbe  assolvere  il  conyennto,  se  egli  x>erci5 
ayesse  yoluto  essere  tratto  in  giadizio,e  tanto  piil  donqae  il  fidejus- 
sore  se  anche  questi  fosse  stato  citato  adione  arbitraria,  Poich^  non 
appena  col  pa^amento  del  debito  cessa  I'azione,  non  pa5  pin  aver 
laogo  Voffioium  jtidioia. 

In  secondo  laogo,  se  il  creditore,  avvenuta  la  mora  del  debitore, 
ed  awenata  racceitazione  del  fidejossore,  domandaya  gindizialmente 
il  capitale  dovato  nel  laogo  di  pagamento  fissato,  avrebbe  solamente 
I  laogo  V actio  directa. 

Gome  qai  cessa  ogni  arhitrium  judicis,  cosi  non  si  prende  in  consi- 
derazione  alcan  alteriore  interesse  ^). 

Oerto  perb  non  si  dovrebbe  assolvere  il  debitore  dalla  prestazione 
di  qaesto,  se  il  creditore  avesse  da  esigere  Tinteresse  iure  ohligationia. 
Da  ambedae  gli  argomenti  resalta  adanqae  chiaramente  che  I'in- 
teresse,  che  il  creditore,  in  caasa  della  mora  del  debitore,  il  quale 
non  esegul  il  pagamento  nel  laogo  fissato,  avrebbe  potato  esigere 
dal  debitore  stesso  coU'azione  arbitraria,  non  appartiene  n^  all'obbli- 
gazione  del  fidejassore,  n^  a  qaella  del  debitore  principale. 

Si  potr^  bensl  obbiettare,  che  nel  caso,  in  cai  il  giadice  avesse  do- 
vato condannare  U  debitore,  che  era  in  debito  di  dare  solo  100  fiorini, 
a  pagare  ana  somma  di  125  fiorini  per  Tinteresse;  se  farono  pagati 
100  fiorini  della  intiera  somma,  debbansi  qaesti  diffalcare  da  capitale 
ed  interessi.  Non  si  dovrebbe  danqae  esigere  altro  che  il  residao. 
Ma  Paolo  non  ammette  ci5,  e  preoisamente  per  il  motive  che  il 
creditore,  qaando  ha  accettato  11  denaro  senza  riserva,  ha  rinanziato 
tp.oitamente  al  risarcimento  del  danno,  che  poteva  chiedere  *). 


6)  L.  4  pr.  D.  h.  t. 

')  Oltra  alle  opere  indicate  nella  prima  Appendice  al    §   845  si    coDSulteranno    con 
prodtto  BulPargomento  1«  seguenti : 


150  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  847. 

§  847. 

Quid  iarls  se  e  atata  promessa  una  prwtaaione  in  piit  ltu>gk%  f  Quid  se 
qtuiUmno  ha  stipulato  ohe  8i  dovease  fare  il  pagamento  nel  luogo  d&- 
terminato  a  lui  o  ad  un  terzof  Quando  si  estingue  T  actio  arhi- 
trariaf 

Qaando  souo  convenuti  piti  laoghi  di  pagamento,  le   leg^i  distin- 
guono  due  casi: 

1)  II  caso  in  cni  i  luoghi  di  pagamento  sono  piecisati  congiun- 
tamente  ed  allora  il  creditore  pud  agire  coll'azlone  diretta  in  ognuno 
dei  luoghi  soltanto  per  la  met^  del  pagamento  dovuto.  Se  egli  pero 
procede  in  uno  dei  due  luoghi  od  in  un  terzo  luogo  per  Piutiero,  cib 
allora  deve  essere  eseguito  coWactio  arhitraria  e  viene  in  coiisidera- 
zione  Vinteresse  hci  che  h  da  determinarsi  secondo  Tequo  criterio  del 
giudice.  Di  questo  oaso  tratta  la  legge  2  §  4  D.  h.  t.  €  Si  qui^  ita 
stipulatur  Ephesi  et  Capuae,  hoc  ait '')  ut  Ephesi  partem  et  Gapuae 
partem  petat  i>  ^)  {vedi  nota  a  pag.  seg.). 


'7)  Gobi  la  lezione  Fiorentina.   L^Aloandro   invece  e  il    Baudoza    hanno 
hoc  agit,  come  si  legge  nel  noBtro  manoscritto  di  Eklanga,  la  quale  lezione 


C.  F.  Rbatz,  Die  Lehre  90Tn  Erfullungsort  (La  dottrina  del  luogo  di  adempimentQ) 
Giessen  1862.  —  Ai.brecht,  Ueber  das  Motiv  de*  forum  contractus  ^Sul  motive  del  foro 
del  contratto)  Wiirzburg  1845.  —  Sghbrbaum,  de  loooMolutionis,  Dissert.  Halle  1705.  — 
H.  Dernburo,  Pandekten.  Berlin  1886  vol.  II  §33  f).  91  seg.  —  Otto  Wbndt,  Ztf^r&ticA 
der  Pandekten  (Manuals  delle  Pandette)  Jena  1888  §  221  p.  536  e  seg.  —  Arndts^Se- 
RAFiNi,  Trattato  delle  Pandette  vol.  II  ediz.  Ill  1880  §  221  e  note  relative.  —  Wind- 
SCHBID,  Diritto  delle  Pandette  (Trad,  ital.)  Torino  1893  vol.  II  §  282  p.  108  e  seg.  — 
MoiiysBN,  BeitrAge  zutn  Ohligationenrecht  ^Contributi  al  diritto  delle  obbligazioni) 
parte  III.  Braunschweig  1855.  —  Mbistbr,  Legia  centum  Capuae  unius  legumejs  or- 
dine  qvtas  ajehant  damnaiarum.  recitationem  noviseimam  instituit,  Vratislav  1812.  — 
RuooiBRi,  Be  obligationibus.  Roma  1872  §  31.  —  Schuppbr,  II  diritto  delle  obbliga- 
zioni. Padova  1868  p.  234-235.  —  Saviqny,  Sistema^  ecc.  trad.  Guenoux.  Paris  vol.  VIII 
S§  370-371;  Dir,  delle  obblig.  §  49  (tra«l.  Hippert)  Parigi  1873.  —  Gruchot,  Die  Lehre 
von  der  Zahlung  der  Q-eldsohuld  (La  teoria  del  pagamento  del  debito  di  denaro). 
Berlin  1871.  —  Lbnbl,  Palingeneeia  juris  civilis  vol.  I.  Lipsia  1888.  —  Iherino  nei 
suoi  Jahrbiich0r  fur  die  Dogmatik  des  heutigen  rdmischen  und  deutschen  Prioat- 
rechts  (Annali  per  la  dogmaiica  deirodierno  diritto  romano  e  del  diritto  privato  ted.) 
vol.  IV  n.  V.  —  Ryck,  Die  Lehre  von  den  SohuldverhAltnissen  nach  gemeinem  deiU- 
Mchen  Recht  (La  teoria  delle  obbligazioni  secondo  il  dir.  comune  ted.)  Berlin  1889. 


DE  EO,  QUOD  OERTO  LOCO  DABI  OPORTET.  151 

2)  Quando  i  Inoghi  di  pagamento  sonp  determiaati  in  modo  al-* 
temativo.  In  questo  caso  possono  oonoepirsi  altre  due  ipotesi: 

a)  £  la  stessa  cosa  oke  deve  esaere  dataonell'uno  onelPaltro 
laogo. 

Qui  si  tratta  anzitatto  di  sapere  a  favore  di  chi  sia  ayvenuta  la 
determinazione  alternativa.  Questi  ha  allora  il  diritto  di  soelta.  Faori 
di  ci6  11  debitore  pub  soegliere  in  quale  dei  nominati  luoghi  egli  in- 
tende  di  pagare,  ma  se  ritarda  e  lascia  ohe  il  creditore  prooeda,  al- 
lora h  questi  che  esercita  il  diritto  di  soegliere  il  luogo,  nel  quale 
egli  yuole  esigere  il  pagamento.  Quando  perb  il  oreditore  prooede  in 
nno  dei  due  luoghi,  allora  b  suffioiente  Vaotio  directa;  se  viceversa 
egli  procede  in  un  teraso  luogo,  allora  egli  deve  seryirsi,  ooUa  indi- 
cazione  del  luogo  di  pagamento  determinato,  dell'octto  arbUraria.  Di 
questo  caso  tratta  la  1.  2  §  3  D.  h.  t.,  la  quale  b  stata  gi&  sopra  in* 
terpretata  (pag.  122). 

b)  Sono  cose  diverse,  le  quali  vennero  promesse  alternativamente 
Puna  in  questo,  I'altra  in  quel  luogo.  Anche  in  questo  caso  il  debi- 
tore ha  da  principio  il  diritto  di  soelta;  questo  diritto  perb  passa  nel 
creditore  avvenuta  la  mora  del  debitore :  ma  nb  il  creditore,  nb  il 
debitore  pub  sciogliere  Paltemativa. 

Se  poi  11  creditore  procede  in  un  torzo  luogo,  cib  deve  avvenire 
coll'oetio  arbitraria  ed  il  diritto  di  soelta  deve  essere  lasciato  al  de-> 
bitore  %  Quando  venne  pattuito  che  Poggetto  promesso  debba  pre- 
starsi  alio  stipulatore  o  ad  un  terzo  nel  luogo  detorminato,  un'azione 
ha  solamento  lo  stipulatore  in  base  alia  severity  del  diritto  e  non  ha 


b  approvata  in  modo  speciale  da  Gtor.  Noodt,  Gomm,  ad  dig.  h.  t,  $  A  nn- 
meri  led  pag.  308  in  f.  Egli  spiega  la  frase  hoc  agit  nel  senso  di  eius  pro- 
positum  est. 

^)  La  parola  pars,  in  mancanza  di  altra  determinazione,  eeprime  sempre 
la  metA  di  un  dato  intiero.  L.  164  $  1  Ulp.  (lib.  XV  ad  Sabin.)  D.  de  Verb, 
sigmf.  L.  16;  L.  43  (Ulp.  lib.  VII  Begid.)  D.  de  usufr.  VII,  1.  Se  si  agisce 
coU'asione  arbitraria  per  Pintiero  in  uno  dei  due  laogbi  di  pagamento,  al- 
lora h  da  valatare  solo  Pinteresse  ai  rignardi  di  quel  luogo,  dove  avrebbe 
dovuto  essere  eseguita  Paltra  met&  del  la  prestazione  oonvenuta.  Vedi  Ant. 
Fabro,  Bationalia  in  Pand.  ad  leg.  2  M  !)•  h.  t  p.  465  e  Ger.  Noodt,  Gomvu. 
ad  Dig.  h.  t.  p.  309. 

9)  VoET,  Gomm.  ad  Pandedas  h.  t.  $  4. 


152  LIBRO  Xlir,  TITOIX)  IV,  §  847. 

azione  il  terzo  ^^):  11  promittente  per5  pa5  efifetfeuare  il  pagamento  al 
terzo  ^*). 

Gio  h  avvenato  o  seoohdo  la  stipulazione  ael  luogo  determinato  di 
pagamento  ed  allora  si  estingue  Vactio  ex  atipulatu  di  pieno  diritto, 
i'obbligazione  ^  adempiuta;  oppure  h  avvenuto  il  pagamento  in  altro 
luogo  da  quello  stabilito  nel  oontratto  ed  allora  il  promittente  dalla 
sua  obbligazione  non  vieue  yeramente  liberato  per  la  severity  del  di- 
ritto: lo  stipolatore  dunque  pub  prooedere  contro  di  lui. 

Ora  potrebbe  bensl  il  promittente  obbiettare  alPattore  cheegli  ba 
eflPettnato  il  pagamento  sAVadjectua  ^^),  ma  I'attore  potrebbe  replicargli 
ohe  V€tdjeotu8  solutioni  ^  da  considerarsi  solamente  quale  mandatario 
€  quindi  ohe  ha  ecoeduto  i  limiti  dellMnoarioo,  peroh^  ha  accettato 
11  pagamento  oontro  la  formula  della  stipula^one  in  un  altro  luogo. 
Egli  pub  adunque  per  questa  via  chiedere  almeno  un  risarcimento 
dell'interesse.  Questo  e  quanto  Ulpijlno  nella  legge  2  §  7  D.  h.  t. 
cita  da  Oiuliano  quando  Egli  scrive: 

c  Idem  JULIANUS  tractat,  an  is,  qui  Ephesi  sibi  ant  Titio  dari 
stipulatus  est,  si  alibi  Titio  solvatur,  nihilominus  possit  intendere, 
sibi  dari  oportere.  Et  JuLiiiNns  scribit,  liberatione  non  contigisse, 
atque  ideo  posse  peti,  quod  interest.  Mabgellus  autem  et  alias 
tractat  et  apud  Julianum  notat,  posse  dici,  et  si  mihi  alibi  solvatur, 
iiberationem  oontigisse,  quamvis  invitus  accipere  non  oogar;  plane 
si  non  contigit  liberatio,  dicendum  ait,  suiieresse  i>etitionem  integrae 
summae,  quemadmodum  si  quis  insulam  alibi  fecisset,  quam  ubi  pro- 
miserat,  in  nihilum  liberaretur.  Sed  mihi  videtur  summae  solutio 
distare  a  fabrica  insulae  et  ideo  quod  interest  solum  petendum  >. 


10)  Del  terzo  le  leggi  dicouo:  solutionis  tantum  causa  adiectus  est.  L.  28 
(MAKCiANuSy  lib.  IV  Regu!,)  D.  de  fideiuss,  XLVI,  1 ;  L.  98  $  5  (Paulub, 
lib.  XV  Quaest)  D.  de  solute  XLVI,  3.  Egli  viene  coneiderato  come  un  man- 
datario dello  Btipnlatore.  Inst  de  iniUil,  stipul.  III  19$  4;  L.  131  $1  (Scae^ 
VOLA,  lib.  XIII  Quaest.)  D.  de  verb,  obi  XLV,  1  j  L.  f»8  $  5  in  f.  D.  de  solut. 
XLVI,  3  combinata  con  la  L.  12  ^  1  (TJlp.,  lib,  XXX  ad  Sab,)  de  solut.  XLVI,  3. 
—  V.  Greg.  Maiansii,  Diss,  de  adiecio  solutionis  gratia  (torn.  I  Disput.  itts.  dv. 
disp.  VIII,  p.  142  Beg.). 

»i)  L.  7  M  (Ulp.,  lib.  XXVII  ad  Edictum)  D.  de  constit.  pecun.  XIII,  5- 
L.  10  (Faulus,  lib.  IV  ad  8abin.)  D.  de  solution.  XLVI,  3. 

12;  L.  30  (Faulus,  lib.  II  Sentent.)  D.  de  const  pec.  XIII,  5. 


D£  EO,  QUOD  CERTO  LOOO  DABI  OPOBTET.  153 

Si  rileva  da  questa  legge  che  Maboello  era  d'altra  opinione. 
Qaesti  afferma  che  8e  al  oreditore  stesso  viene  esegaito  il  pagamento 
in  luogo  diverse  del  convenato  ed  egli  lo  aceelto  senza  riserva,  iu 
allora  il  debitore  yiene  oo^  liberato  dal  sao  obbligo ;  ma  che  se  egli 
paga  il  denaro  M'lidjeotus  in  altro  luogo,  da  quello  nei  quale  avrebbe 
dovuto  essere  effettuato  11  pagamento  in  base  alia  stipulazione,  iu 
questo  modo  egli  nofl  si  soioglie  dal  buo  obbligo  e  tanto  meuo  si  li- 
bererebbe  dall'impeguo  assuuto  chi  a  mo^  di  esempio  oostruisse  una 
casa  in  luogo  diverse  da  quello,  iiel  quale  a  norma  del  contratto 
ayrebbe  la  casa  dovuto  essere  costruita.  Se  pertanto  11  debitore  non 
vieue  liberato  rimaue  al  creditore  il  diritto  sulla  intiera  somma.  Ma 
Ulpiano  con  testa  questa  opiuione  a  motive  che  esisteuuadifferenza 
fra  il  pagamento  di  uua  somma  e  la  fabbrioa  di  una  casa  e  concorda 
peroib  coUa  opinione  di  Oiuliano  che  il  creditore  non  possaesigere 
la  intiera  somma,  ma  solamente  Pinteresse  loci. 

L'asione  che  spetta  al  creditore  a  questo  scope  non  h  altro  che 
Fazione  arbitraria  ^^j. 

La  condictio  de  eo  quod  certo  loco  si  estingue: 

1)  quando  si  procede  nel  luogo  detenninato  di  pagamento  ^')> 

2)  quando  il  creditore  acoetta  volontariamente  il  pagamento  in 
altro  luogo  e  senza  protesta,  perch^  in  tal  modo  ha  perduto  il  diritto 
di  esigere  il  risarcimento  dei  danni  ^^) ; 

3)  quando  il  giudice  rimanda  Pattore  al  luogo  determinate  ed 
assolve  il  convenuto  verso  la  prestazione  di  cauzione.  La  equity  che 
il  giudice,  specialmente  in  questa  azione,  deve  seguire  quale  linea 
di  condotta,  necessita  qualche  volta  tale  procedimento.  Poich^,  per 
esempio,  puo  darsi  che  il  debitore  abbia  gi^  depositato  il  denaro  nel 
luogo  di  pagamento  determinate  o  che   gli   sia    piil  facile   eseguire 


13)  Vedi  Ant.  Fabko,  RationaL  in  Pand.  ad  ^  7  leg.  2  D.  h.  t.  p.  469;  Ger. 
NooDT,  Comm.  ad  dig.  h.  t.  p.  809  $  3  subveni.  —  Joh.  Voet,  Chmm.iH  Pand. 
b.  t.  ^  7  e  Greg.  Majanbii,  Diap.  de  adieoio  soUU.  gratia  (vol.  I  IH»puU  iur. 
civ.  Disp.  VI I M  26  p.  160). 

14)  L.  4  pr.  (Ulp.,  lib.  XXVII  ad  Edic.)  h.  t.  XIII,  4. 

i">)  L.  ult.  (Paul.,  lib.  IV  Qtiaesl.)  D.  h.  t.  XIII,  4.  —  V.  il  Ladteubach, 
CoUeg.  tlicor,  pract.  Pan  I,  h.  t.  ^11  e  db  CocoifiJi,  iur.  civ.  conlrov.  b.  t. 
qu.  6. 

GLiicx.  Comm.  Pandelte.  —  Lib.  XIII.  '20 


154  LIBBO  Xin,  TITOLO  IV,  §  847. 

il  pagamento  qui  piuttosto  che  altrove.  In  questo  oaso  il  giudioe  aon 
pub  molestare  ulteriormente  il  debitord  al  di  l^diqaanto  lo  esige  il 
risaroimento  da  prestarsi  al  creditore. 

A  ci5  8l  riferisoe  il  passo  di  Ulpiano,  libro  27  ctd  Edictum,  nella 
legge  4  §  1  D.  h.  t.  <c  interdum  iudex,  qui  ex  hac  aotione  oognosoit, 
cum  Bit  arbitraria,  absolvere  renm  debet,  oautione  ab  eo  exacta  de 
pecunia  ibi  solvenda,  ubi  promissa  est  ^^).  Quid  enim  si  ibi  re]  oblata 
peounia  actori  dioatnr,  yel  deposita,  vel  ex  fkcili  solvenda?  Nonne 
debeblt  interdum  absolveret  In  Summa,  aequitatem  quoque  ante 
oculos  habere  debet  index,  qui  liuic  actioni  addiotus  est  i  i*^). 


1^)  Ant.  Fabko  (EtUion.  in  Fand,  ad  L.  4  ^  1  D.  h.  t  e  OonjecL  iur.  civ. 
Lib.  XV  c.  2  pag.  484)  ritiene  queste  parole  coetitaiscano  una  interpolazione 
di  Triboniaxo,  eebbene  egli  riconosca  del  resto  la  equitA  di  assolyere  il  oon- 
venuto  per  i  motivi  sopra  indicati.  Non  gli  sembra  per6  eyidente  la  neoes- 
ait^  della  prestazione  di  una  oaazioiie.  Ma  che  qaesta  sia  realmente  neces* 
saria,  resnlta  da  oi6  che,  se  il  convenato  h  assolto  dal  gludizio,  non  com- 
pete pill  airattore  alcana  actio  iudicati  contro  il  convenato:  si  opporrebbe 
alio  eeperimento  della  prima  azione  VexcepUo  ret  iudicatae.  Bensl  non  viene 
promossa  nel  laogo  del  pagamento  Vactio  arbitrmia,  ma  Vaetio  directOy  e  so- 
lamente  dalla  prima  sarebbe  aseolato  il  convenato.  Per6  Pazione  arbitraria 
non  ^  che  una  aggianta  deirazione  principale  e  per  di  piii  Peccezione  della 
coea  giadicata  ha  laogo  qaando  si  chiede  lo  stesso  oggetto,  sebbene  eon 
azionl  diverse.  L.  5  (Ulp.,  lib.  LXXIV  ad  Edict.)  D.  de  except,  rei  iud* 
XLIV,  2).  Finalmente  non  ^  aiiktto  insolito  che  al  convenato  venga  imposta 
la  prestazione  di  una  caazione,  se  deve  essere  liberato  dall'azione  contro  di 
lai  intentata.  Yedi  L.  16  $  3  (Margianus,  libro  singul,  ad  formul,  hypoth)  D. 
dd  pignor.  XX,  1 ;  L.  47  ^  3  (Ulp.,  libro  XXII  ad  Salh)  e  L.  69  ^  5  (aAius, 
libro  II  de  legatis  ad  Ed.  PraeL)  D.  de  legalis  I;  L.  14  $$  5  e  11  (Ulp., 
libro  XI  ad  EdicL)  D.  quod  metus  causa  IV,  2;  L.  21  (Paul.,  libro  XXI  ad 
Edict.)  D.  de  rei  vind.  VI,  1 ;  L.  16  (Ulp.,  libro  XV  ad  Edict.)  D.  de  henuL 
peL  V,  3;  L.  25  ^  3  (Paul.,  libro  XXXVI  adEdic(.)D.  solido  matr.  XXIV,  3; 
L.  2M  3  (Ulp.,  libro  I  ad  Ed.  cur.)  D.  de  aedU.  ed.  XXI,  1;  L.  5  $  ult. 
(Ulp.,  libro  XXIV  ad  Ed.)  D.  ad  ex.  Lib.  X,  4;  L.  5  M  2  e  3  (Ulp.,  libro  II 
Dispul.)  D.  de  condict,  causa  data  XII,  4;  L.  8  ^  ult.  (Ulp.,  libro  XXXI  ad 
Ed.)  D.  Mandati  XVII,  1.  £!  appunto  queilo  che  fu  gik  osservato  dal  Cuiagio, 
lib.  XXI  Observ.  cap.  30.  —  Vedi  anche  Giust  Metbk,  ev^o«wv,  lustinian.  s. 
THspiU.  apol.  iur,  civ,  Deoad.  IV  capo  7,  11  quale  ha  confutato  estesamente 
Ant.  Fabuo. 

1*^)  Fr.  DuARBNO,  Comm.  ad  h.  t.  cap.  2  (a  pag.  925  delle  sae  Opera  omnia) 
opina  che  in  laogo  di  addictus  si  debbti  leggere  addiiusj  perch^  gli  antichi 
dicevano  addere  iudicem  iudicio  (L.  39  pr.  Papinian.,  libn>  III  Quaest.  D.  de 
iudioHs  V,  I).  Perci6  anche  lo  Haloandro   legge  addiiusest.  Ma  una  variante 


DE  BO,  QUOD  CKRTO  LOGO  DABJ   OPOETBT.         165 

§  848. 

Uso  odierno  di  questa  oondiotio. 

SulPaso  odierno  della  oondictio  de  eo  q.  c.  I.  si  pronunziano  in  modo 
molto  vario  i  nostri  giureoonsalti  pratioi.  Alcuni  la  considerauo  oos) 
nota  ohe  su  essa  non  possa  farsi  alouna  qaestione.  Si  oonfrontinoy 
per  eaempio,  Lautebbaoh  ^^)  e  Schmidt  ^^). 

QuiBiNO  SoHAOHEB  ^)  oi  d^  persiuo  an  formulario  per  la  reda- 
zione  del  libello.  Altri  al  oontrario  dubitano  in  via  assolata  delPuti- 
lit^  odierna  di  questa  azione,  peroh^  glistessi  Bomani  la  ritenevano 
inutile  nei  negozii  di  buona  fede;  ma  quelle  azioni  cbeper  i  Bomani 
erano  sirioti  juris  non  sarebbero  piti  oggidl  diverse  dalle  azioni  di 
buona  fede. 

Gosi  BOEHMBB  21),  BBYEB  ")  e  SOHAUMBUBG  -3). 

Altri  ancora  distinguono  cou  Stbyk  ^*),  se  si  tratti  delPoso  del- 
Fazione  in  s6  o  dei  prinoipii  ohe  il  diritto  romano  prescrive  al  giu- 
dtoe  nel  fissare  Pinteresse  per  il  luogo  di  pagamento.  Quello  oggi 
sparisoe,  i>erch^  Pazione  derivante  dalPaffare  prinoipale  ooncluso,  gi^ 
da  s^  stessa  ^  sufficiente  a  far  ottenere  col  suo  mezzo  Pinteresse 
loci. 

Gli  ultimi  al  contrario  servivano  al  giudioe  di  guida  come  lo  pos- 
sono  ancora  adesso. 


^  qui  del  tatto  inutile:  la  frase  addicere  ittdieem  h  piti  usitatcu  V.  Macrobio, 
8(U«maUa  I.  16^  L.  80  (Pompon.,  libro  II  ad  8(ibin,)  D.  de  iudicUs  Y,  1; 
L.  59  4  ult  (Paul.,  libro  IV  Quaest.)  D.  ad  8c  TreheU.  XXXVI,  1.  Nella 
stena  legge  citata  dal  DnARBNO  (1.  39  de  iudicns)  6  detto  in  termini  iudex 
addiaUur.  Vedi  anobe  queeto  Oommentano  vol.  VI  ^  499  p.  168  del  testo  ted, 
(Ediz.  ital.  libro  V  tit.  1  ^  499  pag.  28)  e  i  miei  Opuscida  fiiscioolo  II  p.  366 
e  392. 

18)  OoUeg.  th.  pr.  Pand.  h.  t. 

19)  Lehrbueh  von  Klagen  (Trattato  delle  azioni),  %  1389-93. 
^)  (JoUeg,  praet.  ad  Pand.  b.  t.  p.  145. 

21)  Booirina  de  cici.  sect.  II  capo  V  $  53. 

^)  DeUneai,  iuris,  dv,  posiUonibus  oomprehema  sec.  Pand.  h.  t*    Princip.  pa- 
gina  280. 
^)  Compend.  iur.  Dig.  b.  t.  (  2. 
^  Ua.  mad.  Pand,  b.  t.  $  i. 


156  LIBBO  XIII,  TITOLO  IV,  §  848. 

Gosi  distingue  anohe  Hbllfeld. 

la  sostanza  h  una  lotta  di  parole  come  molto  giustamente  giudica 
il  grande  Giovanni  Sghilteb  ^).  €  Gertum  est,  questi  diee,  in  nostro 
foro  perinde  esse,  sive  quia  directa^  sive  utili  actione  agat.  Nee  enim 
nomen  purae  sive  directae,  aut  utilis,  vel  arbitrariae  est  exprimen- 
dum :  porro  effectus  iustitutae  actionis  et  implorati  officii  indicis  haud 
mercenarii  atique  nostro  libellandi  more  oommittitur  arbitrio  iudicis  >. 

Nel  fondamento  la  oondiotio  de  eo  quod  certo  loco  non  h  nuova,  ma 
I'azione  derivante  dalPafB^re  ooncluso  rioeve  qui  seoondo  i  principii 
del  diritto  stretto  solo  ana  agglunta  per  mettere  il  giudice  nella  pof^ 
sibilit^  di  poter  aggiudtcare  a  quella  parte,  la  quale  soffre  un  danno 
per  il  cambiamento  del  laogo  di  pagameato,  Tinteresse  seoondo  il  suo 
equo  criterio.  Ghe  si  ohiami  questa  azioue  ctctio  directa  o  arbitraria 
e  lo  stesso,  ia  quanto  che  oggi  non  si  indica  piii  Pazione  avanti  il 
tribunale  col  sao  nome.  Ma  non  vi  h  dubbio  che  1  principii  del  di- 
ritto romano  sulla  iissazione  del  laogo  di  pagamento  e  sull'interesse 
valgono  anclie  nel  diritto  moderno  ^). 


'^^)  Prax.  mr\8  Bom.  Exercit  XXIV  ^  6i). 


h)  Vedi  ii  Tarducci,  Del  luogo  nelle  offerte  reali  (aella  Rivista  universale  di  giu- 
riaprudenta  e  dottrina.  Roma  1891,  vol.  V,  parte  IV). 


TITOLO   V. 


IDe  pecunia  constituta  *) 


§  849  «}. 

I^iegazione  delle  terminologie :  constituere,  pecunia,  constitutam  pro- 
prium  et  aliennm;  reoeptum,  actio  reoepticia,  de  constituta  pe- 
cunia. 

Uaetio  de  constituta  pecunia  o  constitutaria,  di  cui  trattasi  in  questo 
titolo,  h  un'azione  pretoria  che  nasoe  da  un  contratto  chiamato  co- 
stitatio.  La  natura  di  questo  contratto  e  dell'azione  che  ne  deriva 
8*]ntui8ce  esattamente  solo  se  prima  si  dicbiarino  alcuni  termini  che 
yi  si  rapportano. 

1.°   La   voce  constituere   significa    propriamente :    « conohiudere 
qnalche   oosa  con   riflessione  e  accertare  i  ^  ^).   Una  tale   riflessione 


•fi)  Molti  passi  dei  classici  riferentiBi  a  questo  luogo  ha  racoolto  Q.  F.  Gro- 


';  I  litoli  V  e  VI  8ono  tradotti  ed  annotati  dal  prof.  C.  Fbrrini. 

a)  Fondamentale  h  ora  la  memoria  del  Bruns,  Das  oonstitutum  dehiti  inserita  nella 
RivUta  per  la  sioria  del  diritto  (ted.),  vol.  I,  pag.  28-130  e  riprodotta  ne*  Kleinere 
Scriften  (Scritti  minori),  vol.  I,  pag.  221  segg.  Da  aggiungere  sono  anche  le  osserva- 
zioni  del  Lenel  ne\V Edictum perpetuumy  pag.  196  segg.  In  quanto  ai  receptum,  che  qui 
▼iene  in  considerazione  pel  suoi  rapporti  col  costituto,  vedi  ora  il  Lbnel  stesso  nella 
Rivieta  per  la  fondazione  Savigny,  parte  romanistica,  vol.  II,  pag.  62  e  seg.  e  Bdi- 
etum  perpetuum,  pag.  104  seg.  Vedi  anche  il  diligente  studio  del  Rossbllo  estratto 
MVArokivio  giuridico,  vol.  XLV,  fasc.  1-3;  Bologna  1890. 

h)  Diversi  sooo  i  .significati  della  voce  cotietttuere.  Negli  scrittori  non  giurisli  non 
si  trova,  si  pu6  dire,  mai  nella  speciale   applicazione  di  constituere  se  pecuyiiam  de- 


158  LIBRO   xni,  TITOLO    V,  §  849. 

e  matara  deoisioue  si  ammette  in  colui,  ohe  in  rapporto  ad  un'ob- 
bligazione  preesistente  promette  di  pagarla.  Poiohb  il  pagamento 
presappone  sempre  la  esistenza  di  un  debito.  Ghi  duuque  promette 
un  pagamento,  oon  oi5  stesso  riconosoe  il  debito  stesso  come  reale. 
Qnindi  oanstituere  in  senso  giuridico  siguifica  promettere  liberamente 
e  aenza  forma  di  stipolazione  ohe  si  vaol  pagare  un  determinato 
debito;  sia  che  tale  promeasa  si  rapporti  ad  un  debito  proprio  del 
costituente,  sia  che  si  rapporti  a  un  debito  altrui  ^).  In  questo  senso 
h  qui  adoperata  la  voce  oonstituere.  II  pretore  dice  nel  suo  editto 
L.  1  §  1  D.  h.  t.  (XIII,  5) :  Qui  peouniam  debitam  comtituit  e  anoor 
piti  chiaramente  iusegna  Giustiniano  al  §  9  I.  de  actionibtts  (I Y,  6) : 
<K  De  constituta  pecunia  cum  omnibus  agitur,  quiuunque  pro  se  vel 
pro  alio  soluturos  se  constituerlnt,  nulla  scilicet  stipulatioue  inter- 
pofiita^  nam  alioqui  si  stipulanti  promiserint  iure  civili  teneutur  J^. 


NOYio,  ObservaU,  lib.  1,  cap.  1^  pagina  12,  ed.  Platneu.  Si  vegga  anche  il 
GuNDLiNO  nei  Oundlingiana,  num.  XX,  4^4  segg.,  pag.  480  e  Ev.  Otto 
nel  Comm.  al  ^  8  1.  de  action.  (TV,  6). 

3*)  B&I880NI0,   de  Verbor,  Sign.,    voc.  <e  Constituere  »    e   F.  Duaebno    nel 
(hmm.  a  questo  titolo,  cap.  1  (Opere,  pag.  928). 


hitam  soluturum;  si  trova  nella  piu  ampia  flguradi  constituere  se  aliquid  facturutn. 
Certo  e  signiAcato  originario  delta  voce  quello  di  una  comune  intelligeaza,  di  un  patto 
comune:  «  con-statuere  »  indica  appunto  lo  stabilire  insieme}  fissare  iusieme.  Ma 
nello  statu§re  e  implicito  non  solo  lo  stabilire,  ma,  come  bene  awerte  il  Bruns,  lo 
stabilire  con  deierminazione,  in  concreto,  con  designazione  di  tempo  e  di  luogo.  La 
persona  con  cui  la  combinazione  ha  luogo,  se  si  nomina  esplicitamente,  viene  indicata 
col  dativo  {alioui)  o  col  cum  e  Tablativo  (oum  aUquo).  Bcco  alcuni  tra  gii  esempi  ci- 
tati  dal  Bruns.  Cic.,  in  Verr.,  II,  2,  27 :  c  constitui  cum  hominibus  quo  die  mihi  Mes- 
sanae  praesto  essent  »:  Caes.,  de  hello  g.,  1,  8:  «  ubi  ea  die,  quam  constituerat  cum 
legatis,  venlt  ».  Cio.,  pro  Quintio,  c  5:  «  constituit  Scapulis  se  daturum  ».  Analogamente 
e  usato  il  sostantivo  constitutum:  Cic,  ad  Att.,  XII,  23^  «  rescripsit  constitutum  se 
cum  Alio  habere  ».  Se  poi  esaminiamo  i  passi,  in  cui  constituere  e  usato  intransitiva- 
mente,  quelli  in  cui  si  parla  di  dies  constituta^  ecc.,  verremo  alia  conclusione  che  il 
significato  fondamentale  di  questa  parola  e  di  stabilire  con  altri  di  far  qualche  cosa  in 
UQ  giorno  determinato.  La  frase  di  Paolo,  che  dice  potersi  dire  che  non  k  valido  un 
costituto  sine  die,  licet  verba  edicti  lata  puteant,  prova  chiaro  e  il  significato  sostan- 
ziale  della  parola  e  il  principio  del  suo  confondersi:  fr.  21  §  1  D.  h.  t.  Vedi  del  resto: 
fr.  16  §  4  od  tsmpus   oonstituti;   fr.  18  pr.  ad  diem   constituti;  fr.  17  in  diem,  in 

quern  constituit.  Notevole  e  la  questione  fatta  nei  frammenti  3  §  2  e  4:  «/ in 

diem  sit  obligatus,  an  costituendo  teneaturf  Anche  la  tradizione  bizantina,  come 
avTerte  il  Bruns,  e  in  questo  senso.  NelPindice  delle  Istituzioni  Tesempio  e:  (IV,  6  §  8) 
<  ti  pagher6  il  decimo  giorno  di  questo  mese  ».  Nei  Basilici  sch.  ad  XXVI,  7  c.  17 
Tesempio  e:  «  constitui  di  pagargli  i  cento  prima  delle  calende  di  giugno  ». 


DE  PECUNIA  CONSTITUTA.  159 

2.^  La  voce  peeunia «)  ha  qui  nn  sigDifieato  molto  esteso  e  si 
assume  per  iudicare  ogni  cosa,  ohe  possa  essere  oggetto  di  obbliga- 
zione,  di  qualunque  genere  sia,  corporale  o  incorporale,  mobile  o  im- 
mobile, fungibile  o  infungibile  ^^).  Se  anco  la  cosa  pid  uon  esiste, 
purch^  sia  andata  perduta  in  seguito  alia  mora,  perpetuandosi  oosi 
I'obbligazioue,  si  perpetua  la  possibilitik  del  aonsiituere  peoun4am  ^), 
Ansd  vi  vengono  compresi  anohe  facta  ^^  ^). 

3.^  Secondo  il  rigore  del  diritto  romano  un'azione  non  poteva 
derivare  da  nudo  patto,  ove  la  promesaa  nou  fosse  oorroborata  da 
una  solenne  stipulazione.  La  mera  promessa  di  voler  prestare  ad  un 
terzo  non  opera  per  s^  obbligazione  esigibile,  quantunque  volte  essa 


28)  L.  2  Cod.  de  const,  pee.  (IV,  18)  oonfrontata  colle  L.  5,  L.  23,  L.  178, 
L.  222  D.  de  V.  S.  (L,  16). 

^  L.  21  pr.  D.  h.  t.  a  Promissor  Stichi  post  mortem  ab  eo  factam  mortuo 
Sticho,  si  constituerit  se  pretiam  vires  solutnmm,  tenetar  9.  —  L.  23  D. 
eod.:  <i  Promissor  hominis,  homine  mortuo,  cum  per  eum  staret  quominns 
traderetur^  etsi  liominem  daturum  se  constituerit,  de  oonstitata  peeunia  te- 
nebitur,  ut  pretium  eius  solvate. 

30)  L.  14  M  1  e  2,  L.  16  $  2  et  fin.  L.  17,  L.  21  $  fin.  L.  23  D.  h.  t.  Vedi 
VoET,  Comm.  ad  Pand.  h.  t.  §  4.  Anche  facia  aliena  possono  easere  oggetto 
di  un  coDstituto  in  quanto  h  lecito  in  genere  di  pattuire  in  proposito.  L.  38 
*  2  D.  cf«  Verb.  Ohl.  (XLV,  1);  $  3  I.  d«  imUil  «<tp.  (XII,  19);  L.  14  ^  2  D. 
h.  t.  (XIIL  5).  Vedi  Ern.  Fed.  Schuoeter,  Diss,  de  constiiuto  convenihnaU  seu 
ohligatorio,  Jena  1664,  tesi  16. 


c)  In  origine  ]*EJitto  non  contemplava  che  costituti  di  denaro  e  anzi,  come  bene 
insegna  il  Bruns,  di  peeunia  eerta,  e  anzi  di  peeunia  credita.  Anzitutto  e  da  consi- 
derare  la  sponsio  dimidiae  partis  ciii  Oaio,  IV,  171,  pone  insieme  alia  sponsione 
della  terza  parte  neW  actio  creditae  pecuniae.  E  da  ri  ten  ere  che  la  sponsione  della 
meti  nel  costituto  non  fosse  che  un  aumento  della  sponsione  del  terzo  nel  caso  di  pe^ 
cunia  credita  e  precisamente  pel  caso  che  il  pagamento  della  somma  dovuta  fosse 
ancora  in  modo  particolare  promesso  per  un  giorno  determinato.  Si  aggiunga  il  fatto 
che  il  costituto  era  valido  solo  pei  debiti  non  condizionali  e  per  Gaio,  III,  124,  p^cuma 
credita  in  senso  sti-etto  e  solo  quella,  che  sine  ulla  cxmdicione  deducitur  in  ohligatiO' 
nem.  Finalmente  si  pensi  al  nesso  che  intercede  nell'Editto  fra  il  titolo  de  rebus  ere- 
ditia  e  quello  sul  costituto.  Pare  proprio  che  insieme  al  titolo  suWaotio  de  eo  quod  certo 
loco  il  secondo  formasse  una  append!  ce  del  primo.  Del  resto  Test^nsione  delFEditto  ad 
altre  cose  fungibili  nulla  ha  di  strano  e  lo  stesso  ha  avuto  luogo  anche  per  le  eondio- 
tionee  e  per  la  lex  Cornelia  (Oaio,  III,  124),  Notevole  e  che  nel  costituto  Testensione 
siasi  limitata  alle  cose  fungibili. 

d)  Non  si  confondano  le  applicazioni  analogiche  della  figura  del  costituto  pretorio 
colle  varie  accezioni  della  yoce  peeunia. 


160  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  849. 

yenga  reiterata  ^M-  Se  invece  la  iterata  promeasa  avvenga  in  relatione 
ad  una  preesistente  obbligazione  «),  il  pretore  stima  oonforme  alPe- 
quit^  naturale  il  oonoedere  un'azione  per  tale  promeasa,  giaoch^  in 
tali  oiroostanze  pid  non  poteva  ammettersi  precipitazione  da  parte 
del  promittente;  anzi  era  manifesta  e  indubbia  la  seria  e  meditata 
risoluzione  di  obbligarsi  '^'^).  Quindi  dioe  Ulpiano,  L.  1  pr.  D.  h.  t. 
(XIII,  5):  c  Hoo  edicto  praetor  fayet  natarali  aequitati,  qui  consti- 
tata  ex  oousensu  facta  cuBtodit,  quoniam  grave  est  fidem  fallere  »• 
Donde  si  sviluppa  il  vero  sigiiifioato  di  camtitutum  ^^j,  per  ciii  si  in- 


31)  L.  14  Cod.  de  pactis  (IV,  32).  Vedi  P.  Grangiano,  Paradaxa  iur.  cw., 
cap.  38  (nel  Tke8.  iur,  rom.  di  Ey.  Otto,  torn.  V^  pag.  632),  Bachovio,  ad 
W€8enb6cii  ParaUda  Pand.  h.  t.,  num.  4  pag.  255  e  ad  Trenilerum,  voL  1, 
diip.  23  th.  7  lett  O. 

^^)  Vedi  nir.  Ruber,  Eunomia  ronu,  ad  L.  1  D.  h.  t.  pag.  533  sg.  e  Pbrez, 
FraeUcL  in  Ood.,  lib.  IV,  tit.  18  num.  2. 

3^)  Si  distiDgoa  11  coBtituto  posseBsorio,  di  cui  si  ^  tnittato  piil  sopra  neUa 
parte  VIII  di  questo    OommentariOf  $  581.    Per  distinguerlo,   il  costituto  del 


e)  Che  il  coetituto  del  tempo  classico  fosse  un  patto  ordinario  di  coDteouto  partico- 
lare,  non  e  dubbio;  vedi  pure  ii  Bruns,  Kl.  Schr.,  I,  pag.  232.  Ma  non  e  senza  fooda- 
mento  Topinione  sostenuta  dal  Knibp  nel  suo  libro  (tedesco)  su  Praescriptio  e  Pactum, 
che  nelle  origini  si  esigesse  anche  pel  costituto  (come  era  pel  receptum)  una  formola 
speciale,  in  cui  non  mancava  la  voce  tecnica  constituo.  Si  puo  domandare  perche  il 
pretore  abbia  tra  le  varie  categorie  di  patti  distinto  proprio  questa  e  Tabbia  munita  di 
azione  o  perche  mai  qui  soltanto  (eve  si  ammetta  che  in  origine  una  formola  speciale 
occorresse)  si  semplificasse  cosl  presto  il  negozio  in  modo  da  ridursi  ad  un  semplice 
patto.  La  ragione  data  da  Ulpiano  nella  L.  1  pr.  D.  h.  t.,  che  grave  est  fidem  fallere 
e  per  se  generale  e  si  adatta  a  qualunque  figura  di  patto.  Dice  il  B&uns,  1.  c.  pag.  243: 
«  II  costituto  sovra  un  debito  preesistenie  si  distingue  da  tutti  gli  altri  in  cio,  che  eeso 
in  tanto  non  e  un  nudo  patto,  in  quanto  che  nell*antico  debito  e  oontenuta  itna 
OAUSA,  che  spiega  Tazione  della  nuova  promessa.  E  solo  una  specie  di  promessa  acces- 
soria  e  come  nella  fideiussione  o  nel  pagamento  di  un  debito  altrui  si  trova  appunto 
neiresisteasa  del  debito  una  causa  sufticieute  e  non  si  va  a  cercare  oltre  per  qual 
motivo  la  fideiussione  o  il  pagamento  sia  avvenuto,  qui  pure  il  pretore  vide  ueirantico 
debito  una  causa  sufBciente  per  munire  di  aiione  il  costituto,  distinguendolo  dalKintera 
serie  del  pacta  nuda.  L^Editlo  e  naturalmente  sorto  m  occasione  di  qualche  bisogno 
pid  vivamente  sentito:  ci6  spiega  la  sua  originaria  restrizione  alia  pecunia  e  anzi  — 
secondo  ogni  verosimiglianza  —  alia  pecunia  credita,  A  proposito  il  Bruns  pone  in 
relazione  il  grave  est  fidem,  fallere  del  Commentario  ulpianeo  a  questo  Editto  col  passo  di 
Obllio,  N.  a.  XX,  1,  39  sq.:  «  banc  fidem  .  .  maxime  . .  in  pecuniae  mutuatieae  usu 
atque  commercio  »  .  .  «  adimi  enim  putaverunt  subsidium  hoc  inopiae  temporariae  .  . 
si  perfidia  debitorum  sine  gravi  poena  eluderet  ».  Le  ultime  parole  ricordauo  subito  la 
poena  dimidiae  partis  in  questa  materia  di  costituto. 


■     DE  PEOUNIA  OONSTITUTA.  161 

tende  un  oontratto  confermato  dal  dritto  pretorio,  per  oui  talano 
promette  senza  stipulazione  di  prestare  qualche  oosa  in  partioolare 
per  adempimento  di  una  gi^  esistente  obbligazione  ^)  e  oi6  avviene 
in  doppia  maniera,  o  oome  oostitato  proprio,  vale  a  dire  di  debito 
proprio  (ae  la  promessa  ai  rapporta  ad  an  preesistente  obbligazione 
del  cofitituente,  di  cni  in  tal  maniera  viene  assicurata  la  eseon- 
zione  ^^)  o  oostituto  alieno  •^)  ossia  di  debito  altrui,  se  la  promessa 
8i  rapporta  ad  una  obbligazione  aliena,  di  coi  il  oostitaente  promette 
il  pagamento  pel  caao  che  il  debitore  non  paghi  ^^).  Una  specie  di 
costituto  era  prima  di  Giusxiniano  anohe  il  receptum  ff).  Qnesto  perb 


qaale  era  si  tratta  si  chiama  obbligatorio  o  conTenzionale.  Yedi  Andrea  My- 
LiUB,  De  conalituto  obbligatorio,  Lipsia  1682  e  Gioy.  Gasp.  Brbndbl,  De  con- 
stitiUo  convetUioTUili,  Wittemb.  1694. 

34)  CuiACio  nei  Paratitla  ad  h.  t.  —  Ragubllus  nel  Comnu  ad  Oonstitut,  tt 
Deds.  lusUniani:  ad  L.  2  Cod.  de  const,  pec,  pag.  204  e  Zoksio  nei  Comm. 
cd  Band,  h.  t  $  3,  vogliono  connamerare  11  costitato  coi  contratti  nomi- 
nati;  ma  a  torto.  Si  vegga  piattosto  Hubeu,  PraeUot,  ad  Pand,  h.  t.  ^2  e 
G.  0.  Wbstbnbbrg,  de  causia  oblig,,  diss.  VIl,  cap.  VI,  $$  11  e  12  e  A.  Schul- 
TiNG,  Thee.  Oontrov,,  dec.  XLVIF,  th.  1. 

3d)  Le  font!  chiamano  ciu  anche  a  constituere  8uo  nomine  d  ;  L.  1  $8  D.  h.  t. 

aj)  L.  28  D.  h.  t. 


f)  Questa  e  un*applicazione  posteriore  del  costituto:  arg.  L.  5  §  2  D.  h.  t  Bruns, 
op.  cit  pag.  240.  —  Rossello,  op.  cit.  pag.  26. 

g)  Oil  8tudi  attuali,  sovratutto  per  merito  del  Lenel^  ci  permettono  di  dare  intorno 
al  reoeptum  notizie  ben  piii  ample  e  precise:  Vedi  i  suot  Contributi  alia  conosoethta 
dell'Editto  e  dei  Commentari  edittali  (tedesco)  nel  la  Riviata  della  fondazione  Savigny, 
parte  romanistica,  II,  pagliie  62-71.  Egli  nella  ricostruzione  deH'Editto  pretorio  si  avride 
di  alcuni  passi  delle  fonti,  i  quali  potevano  convenire  solo  al  receptum,  designando  cosi 
nuove  testimonianze  in  proposito.  Del  reoeptum  o  meglio  deWaetio  reoeptioia  il  pre- 
tore  avrebbe  discorso  sotto  il  titolo  generale  de  reeeptis,  in  cui,  forse  sopratutto  per  la 
omonimia,  si  trovavano  riuniti  istituti  di  indole  molto  diversa.  E  qui  inutile  ripetere 
tutti  gli  argomenti  con  cui  Tillustre  autore  fu  condotto  alia  sua  scoperta;  notevolissima 
^  la  distanza  intercedente  nelTEditto  fra  Tazione  recettizia  e  Tazione  costitutoria.  Sopra- 
tutto e  poi  da  awertire  che  nel  titolo  delle  Pandeite,  de  constituta  pecuniae  si  riferivano 
originariamente  al  receptutn  i  frani.  12,  27  e  28.  Anche  il  fr.  26  doveva  avere  la  stessa 
relazione  originaria:  Lenel,  op.  cit.  —  Rossello,  op.  cit.  pag.  28.  —  Kappbyne  van  de 
CoppELLO,  Dissertaiioni  (tedesco)  vers,  di  Conrat,  fasc.  I,  pag.  272.  Vedi  pure  il  fr.  6 
§  3  Dig.  de  edendo  (II,  13).  Oltre  Tassuuzione  di  un  obbligo  da  parte  del  banchiere 
occorre  nel  reoeptum  che  la  promessa  sia  fatta  per  altri,  non  per  un  debito  proprio 
anteriore:  cio  a  differenza  del  costituto,  in  cui  il  promettere  per  altri  non  fu  ammasso 
che  tardi,  che  a  stento  e  non  divenne  mai  una  funzione  normale   deiristituto.  Lo  scopo 

OLbcR,  Comm.  Pandeite.  —  Lib.  XI II.  21 


162  LIBBO  XIII,   TITOLO  V,  §  849. 

era  un  istitato  del  diritto  civile  e  non  aveva  laogo  ohe  per  gli  ar- 
gentarii.  Esso  ^  piCi  antioo  del  costitato  pretorio  e  ha  probabilmente, 
come  osserva  il  Noodt  ^^),  dato  oooasione  al  sorgere  di  questo.  L^e* 
spressione  reoipere  asano  i  Bomani  fra  I'altro  anche  quando  taluno 
si  obbligava  seaza  stipulazione,  ma  oon  altre  parole  solenni  adatte 
all'aopo,  di  pagare  per  un  altro  '^^).  Gli  argentarii;,  della  cui  ietitu- 
zLone  io  ho  g'lk  trattato  iu  altro  laogo  ^'^),  si  erano  in  cosi  alto  grado 
attirata  la  ooufildenza  del  pubblico,  che  la  loro  semplice  promessa 
yaleva  come  stipulazione.  Da  tale  fidacia  derivava  pure  la  durata  e 
I'esistenza  di  tatto  Piatituto.  Percib  doveva  la  legge  assicurare  loro 
tale  fiducia,  se  lo  scope  dellMstituto  e  cio^  ravvivamento  del  credito 
e  limitazione  delle  tendenze  usurarie  doveva  essere  completamente 
raggiuuto  ^^).  Se  adunque  questi  argentarii  promettevano  di  rispou- 
dere  verso  i  loro  clienti  senzastipulazioue,  cheavrebbero  ottenutoil 
pagamento  a  oerto  tempo  e  a  certo  luogo  di  quanto  Tunc  o  I'altro 
loro  doveva,  per  es.  Quae  Semproniua  tibi  debet  ex  mutuo,  ea  ego  re- 
oipio  ovvero  ea  penes  me  hahes,  uu  tale  uegozio  si  chiama  reeeptum*^). 


^*7)  Comm.  ad  IHg,  h.  t.  Princ:  Opera,  torn.  II,  pag.  312.  Si  vegga  pure 
Ev.  Otto  e  lanus  a  Costa  nel  Comment,  ad  $  8  I.  de  action.,  IV,  6. 

38)  V.  Salmasio,  de  modo  usurur.,  pag.  731;  specialmeote  E.  Hubert,  dis- 
sert. IL  de  argentariia:  cap.  2^1  (nel  T/iesauriis  di  Oelkigh  delle  Disserta- 
tianes  iuridicae  helgicae,  vol.  11,  torn.  I,  pag.  120). 

^^)  Vedi  la  parte  XII  di  questo  CommetUario,  ^  786  pag.  125  segg. 

*^)  Grolman,  Magojgseno  di  filosojia  e  storia  del  diritto  (ted.),  vol.  I,  pa- 
gina  319  segg. 

^>)  Ulpiano  nella  L.  6  ^  3  D.  de  edendo  (3,  3)  dice  che:  a  et  quid  solvi 
coDstituit  arqkntauiub  edere  debet;  Dam  et  hoc  ex  auobntakia  venitD.  Da 
ci6  resulta  che  era  uno  dei  precipui  affari  degli  argentarii  quelle  di  coprire 


del  reoipere  era  qui  appiinto:  il  tr.  27  h.  t.,  che  —  come  s'e  detto  —  in  origine  si  ri- 
feriva  al  receptum,  presuppone  come  unica  funziooe  di  questo  il  promettere  per  altri: 
utrum  praesente  dehiture  an  absente  constituat  (1.  reoipiat)  quiSf  parvi  refert:  hoc 
ampUiM  etiain  invito  constituere  (1.  recipere)  eum  posse  ecc  Le  glosse  nomiche  (v. 
reeeptatores  e  receptieia)  confermano  pienamente  tale  opinioue:  la  recepticia  e  Tazioiie 
contro  il  banchiere  che  ha  promesso  e  assuoto  Taitrui  obbligazione  {allotrian  enochen), 
Di  tutti  i  passi  pel  a  noi  noli  riferibili  al  receptum^  niuno,  come  ayverte  il  Rossello 
(op.  cit.  pag.  43)  si  rapporta  ad  un  deblto  proprio  del  recipiente.  La  promessa  e  poi 
fatta  dal  recipiente  al  creditore;  questa  a  me  pare  col  Rossello,  1.  c.  pagine  45-46,  la 
vera  opinione  di  fronte  a  quella  manifestata  dal  Bbkkbr  nel  suo  studio  inserito  nella 
citata  Rivista  per  la  fondazione  Savigny,  parte  romanistica,  vol.  Ill,  pag.  1  segg. 


DE  PBCUNIA  OONSTITUTi..  163 

La  differenza  fra  questo  e  il  oostitato  pretorio  era  la  segueBte.  II 
costituto  noQ  aveva  laogo  che  per  cose  fungibili,  in  cui  era  possi- 
bile  un  matao ;  il  receptum  invece  poteva  avere  ad  obbietto  ogni  sorta 
di  cose,  mobili  o  iinmobili  '0-  Poich^  il  giro  di  afiari  degli  argentarii 
si  estese  molto  col  tempo.  Essi  curavano  negozii  di  compravendita 
e  permata '^''^);  essi  presiedevauo  alle  aste  pabbliche  ed  esigevano  dai 
Gompratori  i  prezzi  in  arretrato  delle  cauzioni^^).  Peroib  venivano 
deposte  appo  loro  cose  di  ogni  genere,  poiohe  essi  erano  in  certo 
modo  9eque8tre8  publicae  fidei*^^  Inoltre  il  costituto  presupponeva 
sempre  un  debito  preesistente.  Un  receptum  invece  poteva  essere  con- 
ehiuHo  anche  per  an  debito  non  aneora  esistente,  ma  la  cui  esistenza 
dipendesse  da  ciroostanze  eventuali.  Ad  esempio  un  argentario  pro- 
mettevadi  pa<?are  il  prezzo  per  taluno  nel  caso  che  cestui  comperasse 
una  data  cosa  *%  Anche  Pazione  derivante  dall'uno  e  dalPaltro 
negozio  era  affatto  diversa.  L'azione  derivante  dal  costituto  pretorio 
si  chiamava  actio  de  constituta  pecunia  o  de  conatituto  ovvero  actio 
comtitutoria :  quella  derivante  dal  recepttim  si  dioeva  invece  azione 
recepticia^^^).  Qiiest'ultima  era  azione  civile  0   e  aveva   luogo  oontro 


meiliante  il  receptum  il  creditore  contro  il  pericolo  delPincerta  esazione  dai 
debitori.  £  notevole  che  qui  si  adoperi  il  termine  constituere  anche  parlandosi 
di  banchieri.  Salmasio  veramente  ritiene,  1.  c,  pag.  722,  che  la  voce  consti- 
tail  qai  sia  no  tribonianismo  e  crede  die  Ulpiano  abbia  scritto  recepiU  Ma 
senza  fondamento.  Poiche  anche  il  receptum  era  una  specie  di  constUutum, 
come  Insegna  Tbofilo  iiella  sua  greca  parafrasi  ad  ^  8  I.  d^  action.  (IV,  6). 
Veggasi  pure  Hubbkt,  diss.  II,  de  argentariie  veterum :  cap.  II,  $  2  e  Gr.  Ma- 
JAN8I0,  disp.  de  edendo,  ^  25  (nelle  sue  Dieputationes  iuris  dv,^  torn.  11,  pa- 
gin  a  225). 

<2)  L.  18  pr.  D.  de  Jiereditat,  petit,  (V,  3). 

^•^)  CicBLio,  pro  Vaccina y  cap.  6.  —  Coiacio,  Ohservat.,  lib.  X,  cap.  14  e 
€r.  Fed.  liiNGEit,  de  actionibuti  vet,  romatwrum.  Cliemnitz  1^52,  ^  10. 

■*')  Salmasio,  de  modo  mar.,  pag.  722. 

-*^)  Hub.  GiPHANius,  Explan,  di/Jicil.  et  celebrior,  LL.  Ood,:  ad  L.  2  de 
eonsiit.  pecun,,  pag.  248  seg.  e  G.  Cuiacio,  Redtat.  sol.  in  Cod.  ad  tit.  decon^ 
stituta  pecunia, 

•^^>)  GiusTiNiANO  ricorda  tale  azione  nel  ^  S  I.  de  actionib»  (IV,  6). 


h)  Notevole  e  il  paragone  che  si  puo  istituire  coirambito  oggettivo  della  compensatio 
cum  argentario,  Gaio,  IV,  66.  —  Vedi  poi  i  giusti  dubbil  nel  Rossbli.o,  op.  cit.  pa- 
gine  84-85. 

i)  E  questa  Topiaione  comune;  vedi  i  numerosi  citati  in  Rossello,  op.  cit,  pagine  4S 


164  LIBRO  XIII,  TITOLO  V,  §  849. 

UQ  argentario,  ohe  oon  esaa,  ove  in  seguito  al  recqptum  nou  fosse  se 
guito  pieno  pagamento,  poteva  essere  tosto  oonvenato  senza  bisogno 
di  ooD  venire  prima  il  debitore  prinoipale  *'^),  La  piima  inveoe  era  uu^a- 
zione  pretoria,  ohe  aveva  luogo  oontro  ogni  oostituente,  ma  non  aveva 
ad  oggetto  che  cose  fdngibili.  Inoltre  Tazione  recettizia  era  perpetaa ; 
la  costitatoria  in  oerti  oasi  era  solo  annuale.  Teofilo  nella  sua  greca 


^'7)  Se  alonno  avesse  coBtituito  di  pagare  ad  un  argentario  per  nn  altro, 
Pargentario  non  avrebbe  potato  convenire  il  coetitnente  prima  di  avere  eecasso 
11  debitore  principale:  vedi  Cuiacio  nelle  Recit  solemn,  ad  tit.  Cod.  de  coH" 
siiL  pee. 


e  49  nota.  Anche  il  Bruns,  op.  cit.  pag.  272,  e  di  tale  avviso  pe*  solemnia  verba  ricor- 
dati  da  Giustiniano,  per  la  perpetuity  delFasione  e  pel  carattere  formale  del  contratto: 
Tesclusione  della  eccezione  di  indebito,  di  cui  pure  parla  Giustiniano,  proverebbe 
appunto  tale  carattere  formale.  II  Lbnel,  Contrihuti  cit.,  pag.  67  seg.,  crede  imece 
trattarsi  di  istituto  e  di  azione  pretoria.  I  solemnia  verba  non  devono  riferirsi  al  con- 
tratto; ma  —  come  h  del  resto  perepicuo  insegnamento  di  Giustiniano  {reeepticia  actio 
.  .  .  solemnibus  verbis  composita)  —  alle  parole  della  formola.  La  formoia  poteva 
avere  le  sue  caratteristiche  speciali,  pur  essendo  di  diritto  pretorio.  La  perpetuity  sa- 
rebbe  comuoe  ed  altre  azioni  onorarie  e  il  cosi  detto  carattere  formale  starebbe  in  un 

9 

rigore  non  insolito  per  istituti  pretorii;  si  pensi  al  receptum  de'  nautae  caupones  ecc. 
Ma  tali  ragioni  non  sono  del  tutto  persuasive.  Non  h  del  tutto  dissipato  in  me  il  dubbio, 
che  i  solemnia  verba^  nonostante  il  modo  di  esprimersi  di  Giubtiniano,  si  riferissero 
piuttosto  ai  negozio  stesso  che  alia  formola.  Comunque  —  ancbe  applicati  alia  formola 
—  parrebbero  alludere  ad  una  intentio  di  diritto  civile.  La  perennit^  suole  essere  un 
carattere  delle  azioni  civili;  qui  poi  contrasta  Tannualit^  che  ha  in  varii  casi  Tazione 
costitutoria.  La  indipendenza  dalla  esistenza  e  natura  di  una  causa  fondamentale  sembra 
accennare  proprio  a  istituto  di  ius  civile;  tale  e  anche  Tavviso  del  Voiot  (Sui  banchieri 
(in  tedesco),  §  4  n.  23),  ii  quale  osserva  anche  opportunamente  che  si  contrappone  Tan- 
tiqua  reoeptioia  actio  alTazione  costitutoria  sia  nella  c.  2  §  1  C.  h.  t.  (IV,  18),  sia  al- 
trove:  §  8  L  dtf  act.,  IV,  6  e  Parafrasi  greca  in  h.  1.  II  Lenel  osserva  poi  che  sono 
di  origine  pretoria  gli  altri  recepta  compresi  nel  medesimo  titolo;  che  non  sono  pro{irie 
del  diritto  civile  norme  particolari  per  una  data  classe  di  persone  (qui  gli  argentarii)^ 
mentre  invece  disposizioni  di  tale  natura  abbondano  nel  diritto  onorario.  Confessiamo 
che  la  questione  rimane  di  dubbia  soluzione;  sicuramente  si  potrebbe  dire  risolta  qua- 
lora  si  dimostrasse  che  Vactio  reeepticia  era  in  factum  (a  torto  dubita  anche  per  questa 
ipotesi  il  Rossello,  pag.  54  seg.);  ma  una  dimostrazione  del  tutto  persuasiva  non  ha 
ancora  potuto  di  ci6  essere  fornita. 

II  receptum  non  e  un  contratto  verbale:  dal  fr.  27  h.  t.  (XIII,  5  D.)  noi  sappiamo 
era  che  esso  pu6  avere  lUogo  fra  assenti.  Oggidt  prevale  Topinione  che  si  trattasse  di 
un  contratto  consensuale,  da  potersi  concludere  in  qualunque  manifestasione  adeguata 
di  volont^.  Se  si  volesse  credere  che  le  parole  solenni  si  riferiscano  all'atto  costitutivo, 
io  preferirei  considerare  il  receptum.  come  un  atto  unilaterale,  con  cui  taluno  si  im- 
pone  (come  nella  dictio)  una  determinata  forma  di  obbligazione. 


DE  PBOtJUIA  OONSTITUTA.  165 

parafrasi  delle  Istitnzioni  ^^)  ha  cou  molta  esattezza  iudioata  la  diffe- 
renza  fra  1e  due  azioni.  Esso  dice  (nella  tradozione  del  Fbrbini 
(qui  riferita  inveoedi  queliadel  Beitz  adoperata  dall'autore/):  c  Erat 
olim  huic  pecuniae  constitatae  actioni  recepticia  quoque  similis, 
quae  in  argentariorum  receptis  looum  habebat.  id  vero  inter  reoepti- 
dam  et  pecuniae  constitutae  actionem  commune  est,  quod  utraque 
ex  constitute  naseitnr :  eo  vero  differunt,  quod  pecuniae  constitutae 
actio  contra  omnem  qui  diem  constituerit  locum  habet;  recepticia 
autem  in  argentarium  tantummodo.  sed  illud  etiam  interest  quod  pe- 
cuniae constitutae  actio  tunc  locum  babet,  cum  ea  constituta  sint 
quae  pondere  numero  mensurave  constant :  recepticia  autem,  quali- 
scumque  res  debeatur,  sive  mobilis  sive  soli,  intendi  potest.  x>6cu- 
niae  igitur  constitutae  actio  latior  est  quod  ad  personas,  nam  quo- 
libet  constituente  locum  habet:  angustior  vero  quod  ad  res,  nam 
ea  sola  constitui  possunt,  quae  pondere  numero  mensura  constant. 
recepticia  autem  ex  diverse  angustior  est  quod  ad  personas,  cum 
eadem  solus  argentarius  teneatur;  latior  vero  quod  ad  res,  omnia 
enim  quae  debentur  in  ea  continentnr  ]». 

Ma  I'imperatore  Giustiniano  aboli  Tazione  recettizia  e  diede  al- 
I'azione  de  comtituta  jpecunia  anche  circa  Voggetto  e  la  durata  la 
stessa  estensione,  die  aveva  I'azione  contro  gli  argentarii.  Al  costi- 
tuto  egli  attribui  I'efticacia  della  stipulazione ;  in  ci5  per  altro  esso 
manteneva  la  sua  natura  originaria,  che  la  sua  conclusione  non  esi- 
geva  parole  solenni  e  richiedeva  invece  un  debito  gi^  realmente  esi- 
stente  fbench^  n^  Puna  n^  Paltra  cosa  intervenisse  nel  receptum). 
L'azioue  che  ne  deriva,  pur  restando  come  prima  un'azione  pretoria, 
passa  tanto  attivamente  qnanto  passivamente  agli  eredi.  Solo  se  si 
agisce  contro  un  banchiere  de  pecunia  comtituta,  tutto  deve  restare 
alio  stato  che  originariamente  vigeva  pel  receptum.  £)  notevole  la  se- 
guente  costituzione  dell'imperatore  Giustiniano  : 

L.  2  God.  de  constit.  pecunia: 

€  Eecepticia  actione  cessante,  quae  solemuibus  verbis  composita 
inusitato  recessit  vestigio,  necessario   nobis  visum   est  magis   pecu- 


^8)  Paraphr,  graeca,    lib.  IV,  tit  6  M  pag.  797    (ed.  Rkitz),   vol.  11,    pa- 
gina  421  Beg.  ed.  Ferrini. 


166  LIBRO  XIII,   TITOLO  V,   §  849. 

niae  oonstitutae  actionem  ampliare^^).  Gum  igitur  praefata  peouniae 
constitutae  actio  in  iis  tantnmmodo  casibas  a  veteribus  oonclusa  est, 
ut  exigeret  res  qaae  pondere  namero  mensara  oonsistunt,  in  aliis  autem 
rebus  nullam  haberet  communionem  et  neque  in  omnibus  casibus  Ion- 
gaeva  esset  constituta,  sed  in  speciebus  oertis  annali  spatio  conclude- 
retur  et  dubitaretur,  an  pro  debito  sub  oondicione  vel  in  diem  constituto 
earn  posaibile  esset  fieri  et  an  pure  constituta  pecunia  contracta  valeret, 
hac  apertissima  lege  definimus:  ut  liceat   omnibus   constituere   non 
solum  res  quae  pondere  numero  mensura  consistunt,  sed  etiam  alias 
omnes,  sive  mobiles  sive  immobiles,  sive  sese  moventes^  sive  instri^- 
menta  vel  alias  quascunque  res  quas  in   stipulationem  possunt   ho- 
mines deducere,  neque  sit  in  quocumque  casu  anualis;  sed  sive  pro 
se  quis  constituat  sive  pro  alio,  sit  et  ipsa  in  tali  vitae  mensura,  in 
qua  omnes  personales  actioues  positae  sunt,  idest  in  annorum  metis 
triginta.  et  liceat   pro  debito   pure  vel  in    diem  vel  sub    condicione 
constitui  et  non  absimilem   penitus   stipulationi  habeat   dignitatem, 
suis  tamen  naturalibus  privilegiis  minime  defraudata  sit,  sed  et  he- 
redibus  et   contra  beredes    competat:    ut  neque  recepticiae   actionis 
neque  alio  indigeat  respublica  in  huiusmodi  casibas  adminiculo,  sed 
sit  pecuniae   constitutae  actio  per   nostram    constitutionem   sibi   in 
omnia  sufficiens,  ita  tamen  ut  hoc  ei   inhaereat,  ut   iam  pro   debito 
fiat  constitutum,  cum  secundum  antiquam  recepticiam  actionem  res 
exigebatmr  etiam  si  quid  non  fuerat  debitum :  cum  satis  absurdum 
et  tam  nostris  temporibus  quam  iustis  legibus  contrarium  sit  permit- 
tere  per  actionem  recepticiam  res  indebitas  consequi  et  iterum  multaa 
proponere  coudictiones,  quae  et  pecnnias  indebitas  et   promissiones 
corrumpi  et  restitui  defiuiunt.    Ut  non  erubescat  igitur  tale    legum 
iurgium,  hoc  tantnmmodo  constituatur  quod  debitum  est  et  omnia, 
quae  de  recepticia  in  diversis  libris  legumlatorum  posita  sunt  abo- 
leantur  et  sit  pecuniae  constitutae  actio  omnes  casus  oomplectens  qtfi 
et  per  stipulationem  possunt  explicari.  §  1.  Et  neminem  moveat  quod 
sub  nomine  pecuniae  etiam    omnes  res  exigi   definiamns,  cum  et   in 


*^)  MuRETOi  ad  $  8  I.  de  action,  crede  che  la  vera  costitazione,  con  cui  fa 
abolita  I'azione  reeepiicia,  sia  andata  perdata  e  che  qui  ne  venga  fatta  boIo 
menEione. 


DB  PBCaNiA  CONSTITUTA.  167 

antiquia  libris  pradentium,  licet  constitata  pecaaia  nomiaabatur 
tamen  non  pecuniae  tantam  per  earn  exigebantur,  sed  omnes  res^  quae 
pondere  numero  mensura  constitutae  erant.  sed  et  posBibile  est  omnes 
res  in  pecuniam  couverti;  si  euim  oerta  domus  vel  certus  ager  vel  certus 
homo  vel  alia  res  qaae  expressa  est  in  constituendis  rebus  ponatur 
quid  distat  a  nomine  ipsius  pecuniae  Y  sed  ut  subtilitati  eorum  sa- 
tisfiat,  qui  non  sensum  sed  vaaa  nominum  vocabula  amplecti  desi- 
deranty  ita  omnes  res  veniaut  in  constitutam  actionem,  tanquam  si 
fuisset  ipsa  pecunia  constituta:  cum  etiam  veteres  pecuniae  appella- 
tione  omnes  res  significari  definiant  et  huiusmodi  vooabulum  et  in 
libris  iuris  auctorum  et  in  alia  antiqua  prudentia  manifestissime  in- 
Tentum  sit  §  2  His  yidelioet,  quae  argenti  djstractores  et  alii  nego- 
tiatores  indefense  ^^)  constituerint  ^^)  in  sua  iirmitate  secundum  morem 
usque  adhuc  obtinentem  durantibus  ^^)  >). 

UiMtio  de  eonstituta  pecunia  o  comtitutoria  b  dunque  queirazioiie 
personate  pretoria  fondata  sull'equit^  naturale,  ohe  intentasi  contro 
colui  che  ha  assicurato  con  nuova  promessa  di  adempire  una  obbli* 


^)  Indefense:  cio^:  c  at  defendere  ac  tueri  nulla  exceptione  se  possiDt  9. 
Cob!  spiegano  tale  espressione  il  Gifanio  nella  Explanatio  diffieil.  LL,  Cod. 
ad  h.  L.  2  pag.  250,  Cuiacio  nelle  EeciL  Solemn,  ad  Cod.  h.  t.  e  Janus  a 
CoBTA  nolle  Fraelectioneg  ad  illiistriores  quosdam  iitulos  locague  selecta  iui\  civ., 
ad  h.  L.  2  pag.  222.  I  primi  due  interpretano  11  passo  nel  senso  che  se  gli 
argentarii  banno  costituito  per  altri,  possano  venire  convenuti  seaca  potersi 
difendere  coUa  exceptio  excuesionis  e  si  richiamano  alia  Nov.  136.  Ma  Janus  a 
C08TA  osserva,  che  questo  passo  si  riferisce  anche  a  quelle  che  11  recepium 
si  usava  pure  per  un  debito  uon  ancora  esistente. 

^1)  AccuRBio  iutende  11  passo  degli  speciali  statuti  degii  argentarii  e  dei 
commercianti,  che  con  ci6  sarebbero  stati  coufermati  da  Giustiniano.  Ma 
non  vi  ha  motivo  di  abbandonare  la  significazlone  della  parola  constituere, 
che  ^  mantenuta  in  tutta  la  legge.  Qnindi  aveva  ragtone  Raffaele  Fulgosio 
nel  rlpudiare  quella  interpretazione. 

^'^^  A  qnesta  costituzione  si  rlchiama  Giustiniano  (^  S  L  de  action.  IV,  6), 
dicendo:  dsed  ex  nostra  constitutione,  cum  et  si  quid  plenlus  habebat  hoc 
in  actionem  pecuniae  constitutae  transfusnm  est  et  ea  (cio^:  reeepUcia)  quasi 
superracua  iussa  est  cum  sua  auctoritate  a  nostris  legibus  recederei). 


Vedi  per  rinterpretazione  delle  uitime  parole  il  Rosskllo,  op.  cit.  pag.  64  e  s<>gg. 
Si  tratterebbe  di  una  disposisiona  transitoria. 


168  LIBBO  XIII,   TITOLO  V,  §  850. 

gazione  propria  o  altrui  o  oontro  i  suoi  eredi  perch^  il  convenato 
adempia  la  aaa  promessa  al  laogo,  al  tempo  e  iu  genere,  nel  modo 
oon  cui  fii  h  convenato  ^^j. 


§  860. 
Dd  costituto  di  debito  propHo. 

I.  II  oostituto  di  debito  proprio  o  oostituto  proprio  si  riferisoe 
ad  ana  preesiatente  obbligazione  del  costitaente.  Un  tale  costituto 
si  distingae  tanto  dal  pactum  gefninatum  o  iteratum  (oon  oni  viene  da 
molti  oonfuso  O9  qnanto  da  una  mera  ratifica  "0*  L^  semplioe  ripeti- 


^3)  ScHBnDT,    TraUcUo  proHoo  delU  tmoni  giudigiarie    (ted.)    i  737   segg.  — 
BoBHMBR,  De  acUonibuSj  sect  IT,  cap.  7,  $  20  segg. 


I)  Osserva  giustamente  il  Bruns,  op.  ciu  pag.  294,  che  il  concetto  di  pactum  gemi- 
natum  e  oltremodo  cscuro.  Se  il  primo  patio  era  invalido,  il  secondo  pu6  essere  taoto 
uoa  ratifica  del  primo,  quauto  un  nuovo  contratto,  yalido  o  invalido  secondo  le  circo- 
stanse.  Se  11  primo  patto  era  invece  valido,  il  secondo  potrebb'essere  un*abrogazione  del 
primo  tolo  dusentu  con  creazione  di  un  nuovo  contralto;  potrebVessere  un  riconosci- 
mento  bilaterale  del  primo.  Ma  se  trattasi  della  promessa  obbligante  uno  verso  Taltro, 
ii  secondo  patto  fatto  colla  coscienia  del  primo  non  pu6  essere  che  un  costituto.  Foiche, 
come  bene  avvisa  lo  stesso  autore,  se  taluno  ripete  una  simile  promessa,  ci6  significa 
solo  che  egli  vuole  mantenerla  e  osservarla. 

Tutto  ci6,  si  comprende,  non  vale  per  Tistituto  nel  suo  carattere  originario,  in  quanto 
contiene  necassariameute  la  costituzione  di  un  termine  per  il  pagamento  da  Tarsi. 

m)  II  costituto  si  distingue  in  generale  dalla  ricognizione  del  debito,  per  quanto  i 
due  atti  sogliaoo  andare  congiunti.  La  ricognizione  e  una  confessione  delKesistenza  di 
un  diritto;  i  semplicemente  mezzo  di  prova  e  non  fonte  di  obbligazione;  invece  il  co- 
stituto e  fonte  di  nuova  obbligazione  e  non  e,  come  taie,  mezzo  di  prova.  II  costituto 
^,  come  bene  avverte  il  Bruns,  1.  c.  pag.  279  e  seg.,  da  cui  togliamo  queste  considera- 
zioni,  la  promessa  di  pagare  ci6  che  si  deve  (o  ci6  che  un  altro  deve):  che  si  sia  de- 
bitori,  e  una  essenziale  presupposizione;  se  lo  si  sia,  e  un*altra  questione  e  puro  tema 
di  prova.  Si  pu6  quindi  costituire  tanto  con  ricognizione,  quanto  senza  ricognizione  del 
debito;  d^altra  parte  si  pu6  riconoscere  un  debito  con  o  senza  costituto.  Niuno  anzitutto 
dubita  che  siavi  costituto  senza  ricognizione,  qualora  si  lasci  indecisa  Tesistenza  del 
debito:  se,  per  esempio,  uno  costituisce  «  se  il  debito  veramente  esiste  »,  c  se  A.  for- 
nisce  la  prova  della  obbligazione  »:  ne  questi  sarebbero  costituti  condizionali,  trattan- 
dosi  di  una  condioio  iuris,  in  praesens  collata.  Ma  anche  presclndendo  da  questi  casi, 
ovunque  non  appaia  nitida  Tintenzione  di  riconoscere  il  debito,  non  si  potra  vedere  nel 
costituto  un  atto  di  ricognizione.  In  secondo  luogo  e  possibile  una  ricognizione  senza 
costituto.  Per  questo  occorre,  come  dice  anche  il  testo,  la  intenzione  di  promettere  in 


DB  PECrrNiA  CONSTITUTA.  1^9 

zione  di  una  promessa  non  aveva  come  tale  per  diritto  romano  Tef- 
flcacia  di  mutare  la  natarale  obbligazione  soendente  da  an  nudo 
patto  in  una  obbligazione  civile,  a  meno  olie  essa  avvenisse  in 
relazione  alia  precedente  promessa  e  oolFintenzione  di  assieurare 
oosl  Vadempimento  di  una  obbligazione  rioonosoiuta.  Solo  per  tale 
determinazione  va  distinto  il  costitnto  da  uu  patto  geminato,  come 
ha  egregiamente  dimostrato  uno  dei  nostri  migliori  civilisti  ^). 
Inoltre  puo  qnalfesiasi  obbligazione,  se  anche  non  deriva  da  una  pre- 
oedente  promessa^  ma  h  sorta  per  qualsiasi  altra  azione  lecita  o  ille- 
cita,  diventare  obbietto  di  qucBto  costitnto  ^).  Non  solo  Ulpiano 
dice  (L.  1  §  6  D.  h.  t):  c  Debitam  ex  quaounque  causa  potest  con- 
fititui,  idest  ex  qnooumqne  c<^ntiaotu,   sive  certl   sive  incerti  » ;  ma 


•~>4)  Wbber,  Swlgimento  sisiematico  dsUa  teoria  ddVohbligasfione  naiurale,  $  125. 
Solo  di  passaggio  Ev.  Otto  nel  (Jommento  al  ^  8  I.  de  asHon.  (IV,  6}  e  Ant. 
ScHULTiNOy  Thes.  oontrov.^  decad.  XLVII,  tit.  4  in  fin.  hanno  ammonito  di 
non  confondere  il  coeiitato  oon  an  patto  gemiDato,  in  relazione  alia  L.  14 
Cod.  de  paetia  (IV,  32). 

•w)  V.  Letsbr.  MediL  ad  Pand.,  voJ.  Ill,  spec.  CLII,  n.  4. 


modo  particolare  il  pagamento.  II  Bahr  (citato  dal  Bruns)  nel  suo  libro  (tedesco)  sulla 
ricognisione,  2.*  edizione  pag.  184,  dice:  «  voler  dare  una  prova  del  debito  (come  fa 
chi  rilascia  un  atto  di  riconoscimento  del  medesimo)  significa  volere  il  debito  e  vofere 
il  debito  significa  promettere  il  pagamento  >.  Come  ha  bene  osservato  il  Bruns,  1.  c. 
pag.  280,  il  ragionamento  non  corre,  poiche  altro  e  volere  il  debito  nello  stattis  quo  e 
altro  e  volere  promettere  e  incoutrare  una  nuova  ragione  di  obbligazione.  Notevole  e 
il  caso  del  ir.  26  §  2  D.  depositi,  XVI,  2  segnalato  dallo  stesso  Autore.  Tizio  rilascia 
una  dichiarazione  del  seguente  tenore:  «  Titius  Semproniis  salutem.  Habere  me  a  vobis 
auri  pondo  plus  minus  decem  et  discos  duos,  saccum  signatum,  ex  quibus  debetis  mihi 
decem,  quosapud  Titium  deposuistis  >.  Si  domanda  «  an  ex  huiusmodi  scriptura  aliqua 
obligatio  nata  sit  ».  Paolo  risponde  correttamente:  «  ex  epistula  —  obligationem 
quidem  nullam  natam  videri,  sad  probationem  depositarum  rerum  impleri  posse  ». 
Abbiamo  una  ricogniiione  e  quindi  un  meszo  di  prova;  non  un  titolo  di  obbligazione, 
neppure  un  costituto.  Diverso  e  il  caso  del  fr.  26  h.  t.  (XIII,  5).  lilsso  nel  significato  suo 
originario  si  riferiva  al  receptum;  pero  nella  compilazione  giustinianea  esso  dk  norma 
pel  costituto.  La  dichiarazione  e  la  seguente:  «  Decem  quae  Titius  ex  area  tua  mutua 
acceperat  —  habes  penes  me  ».  La  risposta  di  Scevola  e:  «  actione  de  conttituta  pe- 
cunia  (recepticia)  eum  teneri  >.  Ma  e  evidente  la  difTerenza  delle  due  ipotesi.  Qui  non 
€*e  mera  ricognizione  di  un  debito ;  &e  Tesplicita  assunzione  di  un  debito  altrui  (forma 
normale  del  reoeptumu  e  quindi  un  nuovo  titolo  di  obbligazione.  Fra  parentesi  osser- 
viamo  che  forse  nelPopera  di  Scevola  la  dichiarazione  era  scritta  cosi :  «  recipio  eaque 
habes  penes  me  ».  —  Vedi  ultoriori  osservazioni  dove  parleremo  deli'uso  moderno  del 
costituto. 

Oluck,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  22 


170  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  850. 

anche  Paolo  conferma  appuato  questo  in  ispeoie  a  proposito  della 
responsabilit^  Dasoente  da  delitto,  dicendo  (L.  29  D.  h.  t.):  <t  Qui 
iuiuriaraiu  vel  furti  vel  vi  bonorum  raptoriim  tenetur  aotione,  con- 
stitueudo  tenetur  >.  Da  uua  mera  ratilioa  si  distingue  inveoe  il  co- 
stituto  in  ci5,  che  quella  puo  operare  anche  in  uegozii  che  come  tali 
sarebbero  del  tutto  inefficaci,  mentre  il  costituto  presuppone  sempre 
uua  obbligazione  esistente,  sebbeue  esso  comprenda  sempre  una  ra- 
tifica.  Intomo  a  questo  costituto  vanno  specialmente  notati  i  seguenti 
{>rincipii  di  diritto  romano: 

A.  Un  costituto  proprio  pub  conchiudere  chiunque  puo  giuri- 
dicamente  obbligarsi  rispetto  al  suo  patrimonio  ^^).  Quindi  anche  le 
doune  possono  costituire  in  tale  maniera^^);  gl'inipuberi  inveoe  non 
altrimenti  ohe  col  consenso  del  tutore  '''^).  Se  un  fiUtuifanUlias  ha  co- 
stituito,  non  solo  ^  tenuto  egli  stesso  de  oonstituta  pecunia,  ma  puo 
anche  essere  convenuto  il  padre  de  peculio,  in  quanto  oio^  il  peculio 
basti  5»). 

B.  II  costituto  presuppone  una  obbligazione  valida  in  qoalsiasi 
modo,  sia  per  diritto  naturale,  sia  per  diritto  civile,  sia  per  diritto  pre- 
torio.  Anche  un'obbligazione  merameute  naturale  h  sufhciente,  ove  non 
sia  affatto  diohiarata  riprovata  dalle  leggi  civili.  Ulpiano  dice  nella 
L.  1  §  7  e  8  D.  h.  t. :  c  debitum  autem  vel  natura  sufficit.  sed  et  is  qui 
honoraria  (koiione,  non  iure  civili  obligatus  est,  constituendo  tenetur: 
videtur  enim  debitum  et  quod  iure  honorario  debetur  et  ideo  et  pater  et 
dominus  de  peculio  obstricti,  si  oonstituerint,  tenebuntur  usque  ad  earn 
quautitatem  quae  tunc  fuit  in  peculio,  cum  constituebatur  n.  Se  Tob- 
bligazione  h  fondata  uel  solo  diritto  civile,  non  deve  essere  riprovata 
dal  diritto  pretorio,  perch^  sia  valido  il  costituto  fatto  in  proposito. 


»8)  Fr.  Ddarbno,  Oomm.  ad  h,  t,  cap.  2.  —  Vobt,  Oomm,  ad  Pand,  h.  L 
$3.  —  ScHBOBT£R,  de  constituto  convenUonalij  th.  11  e  12. 

^7)  L.  I  $  1  D.  11.  t.  41  Et  mulieres  de  constituta  pecunia  tenentur,  si  non 
intercesserint  9. 

^^)  L.  1  $  3  D.  h.  t  c  De  pupillo^  etsi  nihil  8it  expressnm  edicto,  attamen 
Bine  tatoris  auctoritate  constituendo  non  obligatar  9. 

•'>»)  L.  1  $  3  D.  eod.  a  ^ed  si  flliasfamilias  constitnerit,  an  teneatnr,  qaae- 
ritur,  sed  puto  veram  et  ipeum  eonstituentem  teneri  et  patrem  de  peculio  9 : 
T.  NooDT,  Gomm.  ad  Pand,  h.  t.,  pag.  312. 


DE  PECXJNIA  OONSTITUTA  171 

Ulpiano  iusegna  anche  questo,  dicendo  neLla  L.  3  §  1  D.  eodem 
c  Si  qois  autem  constituent,  qaod  iure  civili  debetur,  iure  praetorio 
non  debebat,  idest  per  exception  em,  an  constituendo  teneatnr,  quae- 
ritur.  et  est  verum,  ut  et  Pomponius  soribit,  eum  non  teneri  quia 
debita  iuribus  non  est  pecunia,  quae  oonstituta  est  >.  Donde  consegue 
il  problema  che  ora  dobbiamo  deddere  se  e  in  quanto  una  promessa 
per  s^  invalida  o  anche  un  negozio  non  pienamente  efficaoe  puo  es- 
8ere  con  uu  costituto  proprio  reso  valido  ed  ef&oace "";.  Bisogna  al- 
Tuopo  distinguere  varie  ipotesi'^). 

1.^  Si  tratta  di  negozii  che  per  disposiziorte  di  legge  sono  aflktto 
invalid!  e  inefficaci.  Qui  h  senza  dubbio  che  per  tali  negozii  non  possa 
aver  luogo  un  costituto  vero  e  proprio  «^).  Questo  non  si  puo  esco- 
gitare  senza  una  preesistente  obbligazione.  c  Hactenus  constitutum 
valebit,  dice  Ulpiano  (L.  11  pr.  D.  h.  t.)i  si  quod  constituitur  de- 
bitum  sit  >.  Ma  negozii,  che  dalle  leggi  sono  dichiarati  del  tutto  in- 
validi,  non  possono  essere  trattati  ne*  tribunali  altrimenti  che  come 
inesistenti,  sicch^  non  puo  dirsi  nata  da  essi  veruna  obbligazione 
naturale.  Si  chiede  pero  se  almeno  colla  successiva  ratifioa  un  ne- 
gozio per  sh  invalido  possa  diventare  obbligatorio.  I  giureoonsulti 
nou  hanno  in  proposito  Concorde  opinione.  Alouni  ^^)  non  hanno  dif- 
ficolt^  a  rispondere  affermatiramente.  Altri^^^)  invece  espongono  il 
prinoipio  affatto  contrario,  che  c  actus  in  se  plane  nulli  non  possunt 


*^*^)  Si  vegga  8U  questo  problema  specialmente  il  Wbbkr,  Svolgimenio  siate- 
matico  della  dMtrina  delPobbligazione  naturale,  ^  126  d.  127. 

^»i)  ZoBsio,  ad  Dig,  li.  t.  num.  5.  —  Myliub,  de  comHUUo  obligatorio,  posit.  8. 

♦>'-)  Nettelbladt,  SysL  elementar.  iurisprud.  posHivae  Germanor.,  ^120.  — 
Thibaitt.  System  des  P.  B.  (Sistema  del  diritto  privato),  $  83. 

'^^)  G.  G.  Meieu,  Sched.  de  iure  raWMbitionis.  Giessen  1720,  4,  ^  15. 


>i)  Per  noi  occorre  in  ogni  caso  che  siavi  Tintenzione  di  ratificare;  poiche  se  taluno 
costituisce  nolo  se  ed  in  quanto  *ia  attualmente  tenuto,  non  pu6  modificarsi  la  sua 
pos^izione  giuridica.  L'art.  1309  Cod.  civ.  e  in  proposito  rigoroso:  «  L*atto  di  conferma 
o  ratifica  di  una  obbligazione,  contro  la  quale  la  legge  ammette  Tazione  di  nullitii,  non 
e  valido  se  non  contiene  la  sostanza  della  stessa  obbligazione,  il  motivo  che  la  rende 
▼isiosa  e  la  dichiarazione  che  si  intende  di  correggere  il  vizio,  su  cui  tale  azione  e 
fondata  ».  Dunque  per  diritto  nostro  un  costituto  non  basta  a  rendere  valida  Tanteriore 
obbligazione,  qualunque  sia  Tintenzione  delle  parti,  se  non  vi  si  contiene  una  ratifioa 
nelle    orme  volute. 


172  LIBBO   XlII,  TITOLO  V,  §  850. 

ratihaberi :».  Per  combinare  queste  diverse   opinioui  occorre   distin* 
guere  dififerenti  casi: 

a)  II  motive  deirinvaliditii  sta  in  una  quality  personale  del-* 
I'aatore  del  negozio.  Quarto  appartiene  eio^  a  qoelle  persone,  che  iier 
disposto  di  legge  aono  afREitto  inoapaci  a  disporre  a  loro  arbitrio  delle 
loro  Bostanze  e  ad  obbligarsi.  Finch^  dura  questa  oondizione  perso- 
nale,  non  pub  la  ripetuta  promessa  di  una  tale  persona  rendere  va- 
lido  il  negozio  invalido.  Gib  avviene  per  gl'impuberi,  i  prodighi  di- 
chiarati  tali  gindizialmente  eco.  Se  invece  cessa  qnella  (oondizione, 
possono^^)  certamente  divenire  obbligatorii  per  posteriore  ratiiica 
quel  negozii  ohe  erano  inefftcacl  per  le  condizioni  personali  che  prima 
avevano  i  loro  autori.  Un  costituto  non  pub  qui  ammettersi,  perch^ 
dalla  promessa  di  tali  persone  fatta  senza  assenso  del  tutore  non 
sorge  neppure  una  obbligazione  naturale^  che  li  possa  compreu- 
dere  •*). 

h)  II  negozio  h  invalido  .per  mancanza  di  libero  assenso  da 
parte  di  colui  che  lo  ha  conchiuso.  Egli  ad  esempio  h  stalo  mosso 
da  ignoranza  o  errore^  o  da  inganno  o  da  ingiusta  oostrizione  a  con* 
chiudeie  il  negozio.  Non  o'^  dubbio  che  un  tale  negozio  possa  diven- 
tare  valido  in  seguito  per  libera  ratifica^^j. 

0)  II  negozio  h  nullo  come  tale  per  mancanza  di  forma  le- 
gale «).  Qui  la  ratifica  posteriore  non  pub  rendere  valido  I'atto  in- 
valido, poich^  la  forma  di  un  negozio  giuridico  h  iuris  pvblid  e  non 
dipende,  come  bene  ha  dimostrato  lo  Ziegleb  ^~),  dalParbitrio  di  oo- 
loro  che  oonchiudono  il  negozio. 

fi  quindi  afl&tto  generale  la  regola  data  da  Paolo  :  L.  29  D.  de. 
div,  reg.  iur.  (L.  17):  c  Quod  initio  temporls  vitiosum  est  non  potest 


«^)  Wkbbr,  1.  c,  ^  127. 

«»)  L.  41  D.  de  cohd.  indeb.  (XII,  6).  ♦  3  I.  quih.  mod.  obL  tolL  (III,  2! ). 
««)  LL.  2  et  4  Cod.  de  hk  quae  vi  metusve  cauea  gesta  sunt  (II,  19).  —  Ho- 
FACKEK,  Frincip.  iuris  ew.  rom.  germ.,  torn.  I,  $  208. 
^7)  Diss,  de  ratihahHione,  (  14. 


o)  Cfr.  Cod.  civ.  art.  1310:  <  Non  si  possono   saoare    con  verun  atto  confermativo  i 
vizii  di  un  atto  nullo  in  modo  assoluto  per  difetto  di  formality  ». 


0B  PBCUNIA  OONSTITUTA.  173 

tracta  temporis  oouvalescere  » :  essa  non  si  rapporta  solo  ai  testa- 
meuti^  ma  anohe  ai  contratti,  oome  haniio  ampiamente  dimostrato 
G.  GoTOPRBDO  ^)  e  O.  AvBBANi  ^%  Ma  la  pofiteriore  ricognizione 
spoatanea  avveiuita  da  paiie  di  oolui,  che  avrebbe  potato  impagnare 
oottie  nallo  il  negozio,  pa5  tuttavia  produrre  obbligazioni  ed  essere 
anche  per  le  disposizioni  d^altima  volont^  di  gravi  oonseguenze  '^^\ 
per  qoanto  rimanga  del  resto  vero  il  principio,  cUe  an  testamento. 
fatto  da  priucipio  invalidamente  non  pub  di\^entare  valido  neppare 
per  rapprovaaione  degli  eredi  legittiini  7^). 

d)  II  negozio  h  aQ'atto  invalido  per  an  divieto  di  legge.  Un 
tale  negozio  iilecito  e  vietato  non  pub  diventare  valido  per  alcana> 
promeasa  o  ratifiea  per  quanto  ripetuta,  n^  dare  ad  alouno  il  diritto 
di  agire  per  la  sua  esecuzione.  Per  oonseguenza  nei  giuoohi  proibiti^ 
neiruaura  vietata,  nel  patto  oommissorio  del  debitore  pignoratizio  e 
in  simili  negozii  riprovati  h  affatto  inefficace  il  rioonoaoimeato  pur 
^olontario  per  quanto  spesso  ripetuto,  poich^  I'oggetto  mantiene 
seinpre,  nonostante  la  posteriore  ratifiea,  ]a  quality  di  esaere  oon- 
trario  ad  un  divieto  legislative  ^'^l.  Affatto  diversamente  stanno  le 
eoae,  se: 

2.^  si  tratta  di  quel  negozii  che  non  sono  del  tutto  ineffioaci, 
ma  che  per  diritto  non  hanno  plena  effioaoia.  Tali  negozii  possono 
eertamente  acquistare  plena  forza  e  azione  meroft  il  oostituto.  Si 
poiiga  ad  esempio  che  il  diritto  del  creditore  sia  estinto  per  prescri-^ 
zione.  Dal  memento  che  tuttavia  permane  la  obbligazione  naturale 
del  debitore  7^)  e  che  questa  gii^  basta  pel  costitnto  "^^^  ne  viene  che 


^)  Oomm.  in  lU.  Fund,  a  de  diversis  regalia  iaris  d  :  ad  L.  29  D.  h.  t,  pa- 
gina  169  seg. 

69)  InUrpret.  mr,,  lib.  IV,  cap.  22. 

70)  L.  16  M  Cod.  dfe  iesiam.  (VI,  23;.  L.  29  Cod.  Jideic.  (VI,  42).  L.  ult 
Cod.  ad  L  Fak.  (VI,  50).  Erroneamente  il  Voet  nel  Comm,  ad  Fand.  h.  t; 
i  5  la  deriva  da  un  codtituto.  Si  vegga  Bart.  Chesio,  Diff^  imia:  cap.  46 
(Itirisprud,  rom.  et  aU.,  torn.  11,  pag.  762  cet.) 

71)  AvEKAMi,  InU  xur,,  lib.  I,  cap.  10.  —  Grdpen,  DisceptaUfor.j  cap.  5.  — 
HoFACKSB,  Frincipia  tar,  civ.,  torn.  U  $  1339  e  Thibaut,  Sistema  delle  Fan- 
deUe  (ted.),  vol.  II,  ^  808  nota  a. 

72)  Weber,  I.  c,  ^  127,  pag.  561  seg. 

73)  L.  19  pr.  D.  de  eond.  ind.  (XII,  6). 

74)  L.  1  ^  7  D.  h.  t. 


174  LIBBO  XIII^  TITOLO  V,  §  850. 

se  il  debitore  promette  di  pagare,  nonostante  l^ayvenata  prescrizione, 
con  questa  nuova  agnizione  del  debito  restinto  diritto  ad  agire  del 
creditore  senza  verun  dubbio  risusciti  ^5).  in  quanto  per6  il  motivo 
della  limitata  validity  del  negozio  stia  In  una  condizione  personale 
del  debitore,  la  ripetuta  promessa  deve  avvenirein  an  tempo,  in  cai 
tale  condizione  del  debitore  e  gli  impedimeuti  alia  plena  efficacia 
ginridica  del  negozio,  che  vi  si  connettono,  siano  gi^  cessati.  Se 
quindi  talnno  durante  la  patria  potest^  si  fa  mutuare  denaro  all'in- 
saputa  del  padre,  un  siffatto  mutuo  non  puo  acquistare  la  piena  ef- 
ficacia  e  diventare  esigibile  per  azione  che  con  un  costituto  poateriore 
alia  fine  della  potest^  medesima  ^^j. 

Del  resto  basta  alia  validity  del  costituto  che  un  debito  sussista 
al  ticmpo,  in  cut  avyiene  La  promessa  di  pagare.  Posto  che  Tazione 
oompetente  allora  al  creditore  per  il  suo  credito  sia  piu  tardi  e«tlnta 
per  prescrizione,  trattandosi  di  azione  temporanea  (si  pen  si  ad  esempio 
a  un'azioue  redibitoria  o  ad  una  azione  di  ingiurie),  il  costituto  ri- 
mane  valido,  poich^  I'azione  che  ne  deriva  h  un'azione  perpetua  '^^). 
Qui  pure  si  guarda  airinizio  delPaffare.  Qui  appartiene  anche  il  passo 
di  Ulpiano,  fr.  18  §  1  D.  h.  t.,  ove  dice :  <r  quod  adicitur  eamque 
pecuniamj  eum  oonstituebaturj  debiiam  fuisse  interpretationem  plenio- 
rem  exigit.  Nam  primum  illud  efficit  nt  si  quid  tunc  debitum  fuit, 
cum  conatitueretur,  nunc  non  sit,  nihilominus  teneat  constitutum, 
quia  retrorsum  se  actio  refert.  proinde  temporali  actione  obligatum 
coostituendo  Gelsus  et  Julianus  acribunt  teneri  debere:  licet  post 
constitutum  dies  temporalis  actionis  exierit.  Quare  et  si  post 
tempos  obligationis  se  soluturum  constituent,  adhuc  idem  Julianus 
putat,  quoniam  eo  tempore  constituit,  quo  erat  obligatio,  licet  in  id 
tempus,  quo  non  tenebatur  >.  Appunto  dietro  questo  principle  va 
deciso  il  caso,  cui  espone  Paolo  nel  fr.  19  §  2  D.  eod.,  cio^ :  se  il 
padre  aasicura  costituendo  al  creditore  di  sue  figlio  il  pagamento  di 
un  debito,  per  cui  il  padre  sarebbe  stato  convenibile  con  una  azione 


73)  Frantzkb,  Comm.  in  Pand.  h.  t.  n.  15. 
76j  L.  2  Cod.  ad  S.  a  Mac.  IV,  28. 

"7)  DuARENO,  Oomm,  ad  h.  t.  cap.  2,  pag.  930  e  A.  Fabro,  RaHonal,  tn  Pan- 
dect.,  ad  L.  18  J  1  D.  h.  t. 


DE   PBCUNIA  CONSTITUTA.  175 

de  peculiOj  aucoroh^  il  peculio,  ue'  limiti  del  quale  solamente  il  padre 
avrebbe  dovuto  rispondere  pel  debito  del  figlio,  si  fosse  pol  dimi- 
nnito  o  fosse  andato  perduto,  perdura  tattavia  I'obbligazione  del 
padre  ex  oanstitiiio,  oome  essa  era  fondata  al  tempo  della  promessa 
di  pagare  seeondo  la  condizione  di  allora  del  pecalio.  Paolo  dioe  : 
c  si  pater  vel  dominus  constitaerit  se  solutiiram,  quod  fuit  iu  pe  - 
culio,  non  minueretar  peoulium  eo  ^^j  quod  ex  oausa  obstrictum  esse 
coeperit  et^  lloet  interierit  peculium,  non  tamen  liberatur  ».  Uaetio 
comtitutoria  non  assume  dunque  la  natura  dell'azione  di  peculio. 

E  non  yi  ha  dubbio  che  tanto  una  obbligazione  condizionale,  quanto 
una  tuttora  sospesa  da  termine  possano  formare  oggetto  di  oostituto, 
come  parimenti  insegna  Ulpiano,  ohe  nella  L.  3  §  2  dice  (D.  h.  t): 
c  si  is,  qui  et  iure  ciyili  et  praetorio  debebat,  in  diem  sit  obligatus, 
an  constituendo  teneaturt  Et  Labeo  ait  teneri  constitutum:   quam 
sententiam  et  Pedius  probat  et  adicit  Labeo  vel  propter  has  pecunias, 
quae  nondum  peti  possunt,  constituta  inducta:  quam  senteutiam  non 
iuvitus  probarem.  habet  enim  utilitatem  ut  ex  die  obligatus  consti- 
tuendo  se  eadem   die  soluturum    teneatur  ».    Per  un  debito   condi- 
zionale  pare  esservi  stata  controversia  prima  di   Giustiniano  :    la 
ragione  di  dubbio  consisteYa  in  ci6,   che,  fin  quando  non  esiste  la 
condizione,  non  vi  h  nh  obbligazione  n^  azione.  Giustiniano  fa  men- 
zione  di  tale  controversia  nella  citata  c.  2  h.  t.  Ck>d.  E  il  dubbio  si 
pub  levare  considerando  che  la  condizione,  se  essa  vien  piil  tardi  a 
veriticarsi,  deve  retrotrarsi  all'inizio  dell'atto  giuridico,  come  se  questo 
allora  fosse  stato  conchiuso   puramente  e  semplicemente  "*%   Laonde 
dice  Paolo  nella  h,  19  pr.  D.  h.  t. :  c  id  quod  sub  condicione   de- 
betur  sive  pure  sive  certo  die  constituatur,  eadem  condicione  suspen- 
ditur,  ut,  existente  condicione,  teneatur:  deficiente,  utraque  actio  de- 
pereat  >.   E  ci5  h  tanto  piti   sicuro  dopo  la  citata  L.  2  G.  eod,,   in 
quanto  ohe  h  noto  come   durante  la    pendenza   della   condizione  vi 
abbia  almeno  una  spes  debitum  iri,  che  pub  attivamente  anche  essere 
trasmessa  agli  eredi  ^^). 


78)  A.  Fabro,  Oonkct  iur.  cw,,  lib.  XV,  cap.  5,  vuol  leggere:  t  non  nii- 
nnitar  obligatio,  licet  minueretur  pecalium  »;  ma  I'emendazione  non  h  ne- 
ceefiaria.  Si  vegga  G.  Mbibr,  'Kvo^^oiv  iusimianeomm,  dec.  IV,  cap.  9. 

79)  NooDT,  Ckmm.  ad  Dig.  h.  t.,  pag.  315. 

^^)  M  I.  clc  V.  O,  (3,  1.5).  A.  Fabro,  Rational,  in  L.  19  pr.  D.  h.  t. 


176  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  850. 

O.  U  costituto  non  esige  per  la  sua  forma  e  per  la  sua  eftioaoia  altro 
che  il  oonsenao  degli  iateressati  ^^).  Pub  qnindi,  eome  ogni  altro  con- 
tratto,  essere  oonchiaeo  tanto  fira  present!,  come  fra  assenti:  per  let- 
tera  o  messaggio  ^).  Deve  perb,  seoondo  !1  dispoeto  del  diritto  ro- 
mano,  essere  chiaramente  determinato  che  il  oreditore  debba  avere 
il  sao  pagamentx)  dal  castUuente  ^)f  sia  che  la  somma  dovata  venga 
alFoccazione  espressa,  sia  che  nol  venga  ^).  Se  dunque  ^  detto  solo 
impenonalmewtej  che  11  creditore  sar^  soddis&tto,  senza  determinare 
da  chi,  o  ^  il  costituto  conchinso  in  guisa  che  un  terzo  debba  pa- 
gare  per  il  costitnente,  senza  che  questo  terso  abbia  dichiarato  il  suo 
assentimcDtOy  il  oostituto  non  vale  ^Oi  come  provano  i  testi  seguenti : 

L.  5  §  4  D.  h.  t.  €  sed  si  qnis  oonstituerit  alium  soluturnm,  non  se 
pro  alio,  non  tenetur  >. 

Nov.  GXy,  cap.  ult.  seoondo  la  versione  di  Hombebgk:  c  Praeter 
ea  alind  quoque  caput,  quod  ad  oonstituta  pecuniam  seu  promissiones 
spectat,  hac  lege  definiri  nobis  visum  est.  Sancimus  igitur  si  quis  pro  se 
vel  pro  alia  persona  i^ecuniam  constituent,  dicens  forte  alicni  scUis  tibi 
fdunam,  ut  hie  in  quantitatem  quam  dixit  omnibus  modis  obligetiir 
et  constitutum  suum  impleat  atque  debitum  solvere  cogatur.  Si  quis 
vero  dicat  satis  tihifiet:  hie  (cnmeiusmodi  sermosine  mentione  per- 
sonae  prolatus  sit)  tamquam  nihil  dixerit,  ab  omni  exactione  liber 
servetur.  Sin  autem  quis  dicat  saiisfiet  tibi  a  me  et  ab  hoc  et  ab  ilia, 
illis  quidem,  quos  uominavit,  nisi  consentiant,  nullum  ex  illo  ser- 
mons  praeiudicium  orietnr;   sed  nee  is  qui  id  dixit^  pro    illis  per- 


^1)  L.  1  pr.  D.  h.  t.  F.  DuAKBNO,  Oomm.  ad  h.  t,  cap.  3  e  Noodt,  Comm. 
ad  Dig.  h.  t,  pag.  314. 

^2)  L.  14  $  ult.  L.  15  D.  h.  t. 

^)  Fr.  DuARBKO,  h  c,  cap.  4. 

«^)  L.  14  pr.  D.  h.  t. 

«i>)  VoBT,  Cbmm,  ad  Pand,  h.  t.  $  11  in  fine.  —  Fevlez,  Praeleci,  ad  Ood. 
h.  t,  nr.  4.  —  Mullbii  ad  Stiiuvidm,  Exerciiai,  XVIII,  tb.  75  not.  ^  nr.  IV. 
Altrimenti  dovrebbe  deciders!  se  dalla  preoedente  domanda  del  creditore  o 
da  altre  circostanze  apparisae  in  mode  del  tatto  ohiaro  che  il  costttuente  non 
ha  pensato  ad  altri  che  a  s^.  V.  Lautbbbacu,  Chlleg.  Uupr.  Pand,  h.  t.,  $  11. 
—  Strygk,  Us*  mod,  Paiid,  h.  t.,  $  5  e  Ant.  Scuultino,  Thes.  eowtrov., 
dec.  XLVIly  th.  5.  Che  qui  si  possa  anche  rlcorrere  al  mramentum  purgato- 
rium^  afferma  il  Leysbk,  specim.  CLII,  med.  5. 


DE  PEOUNIA  CONSTITUTA.  177 

sonis,  quas  uominavit,  exactionem  aliquam  sustineat:  pro  se  vero  id 
quod  ex  debito  secundum  leges  probato  debere  appasaerit  pro  rata 
parte  solum  solvat.  quodsi  dicat  satis  tibi  fLet  a  me  vel  ab  hoc  vel 
ab  illo.  tunc  personis  quidem  uominatis  simili  modo  non  consen- 
tientibus  nullum  iiat  praeiudioium :  ille  vero  qui  hoc  constituit  inte- 
grum debitum  solvere  cogatur :  si  quam  autem  contra  personas  no- 
minatas  putaverit  sibi  exactionem  oompetere,  hanc  contra  eas  se* 
cundum  leges  proponat  et  legum  auxilio  iruatur  ». 

Se  11  costituente  avesse  detto  che  egli  vuol  prestare  pagamento, 
ma  avesse  accanto  alia  propria  nominato  altra  persona,  da  cui  pa- 
Ximenti  il  credltore  dovesse  ottenere  il  suo  pagamento,  la  legge  di- 
stingae  se  cib  sia  avvenuto  copulativamente  o  alternativamente.  Nel 
primo  caso,  se  per  esempio  il  costituente  ha  detto:  tii  avrai  da  me 
€  da  Caio  il  tuo  soddisfaoimento,  egli  h  res^ionsabile  solo  per  la  sua 
parte;  nel  secondo  caso  invece,  se  ad  es.  il  costituente  ha  detto:  io 
o  Gaio  ti  paghereyno  il  debito,  il  costituente  deve  rispondere  per  il  pa- 
gamento del  debito  integrate  ^").  Qui  appartiene  pure  la 

Authentica:  Si  qiiando  C.  h.  t. :  <  si  quando  quis  pro  se  vel  pro  alia 
persona  pecuniam  se  solvere  constituent  vel  spoponderit  sic  dicens:  Sa- 
tisfaciam  tibi,  tenetur  pro  quantitate  quam  promisit.  Sin  autem  dixerit: 
satisfiet  a  me  et  ab  illo  et  illo,  illis  quidem  quos  nominavit  non  con- 
sentientibus,  solus  pro  rata  tautum  portione  persolvet.  sin  autem 
dixerit:  satisfiet,  verbo  impersonaliter  prolate,  non  tenebitur.  sin 
autem  sic  dixerit:  Erit  tibi  satisf actum  aut  a  me  aut  ah  illo,  illo  quem 
nominavit  non  cousentiente,  solus  in  solidum  tenebitur  ». 

II  diritto  romano  esige  inoltre  che  il  costituto  venga  conchiuso  con 
quel  medesimo,  a  cui  deve  essere  prestato  il  pagamento.  Se  un  co- 
stituto si  riferiva  ad  un  pagamento  da  farsi  ad  un  terzo,  era  inutile, 
come  insegna  XJlpiano,  che  dice  uella  L.  5  §  5  D.  h.  t. :  €  idem  si 
mihi  constituas  te  soluturum,  teneberis,  quodsi  mlhi  constitueris  Sem- 
p'onio  te  sohiturum,  non  teneberis  ».  Anche  se  il  costituto  fu  con- 
chiuso col  procuratore  del  creditore,  valeva  solo  qualora  il  pagamento 
si  fosse  promesso  da  prestarsi  alio  stesso  procuratore  e  non  al  prin- 


^«)  RiTTERSHusio,  Lm  iustiuian ,  o  Exiwait,  method.  Novellar,,  parte  III,  cap.  5, 
nr.  9  segg. 

GLiicK,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  Xlll.  L'3 


178  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  850. 

cipale.  la  tal  luodo  poteva  costitairsi  anche  al  tutore  di  an  pupillo, 
airainmiQistratx)re  di  uua  corporazione,  al  curatore  di  uu  pazzo  o  di 
uii  minorenue.  Se  invece  il  debitore  avesse  assicurato  al  rappresen- 
tante  del  suo  creditore  di  voler  pagare,  nou  a  lui,  ma  direttameute 
al  creditore,  un  simile  costituto  veramente^  a  rigore  di  diritto,  non 
avTebbe  avuto  valore;  solo  per  equity  veniva  conoessa  al  creditore 
un'azione  ati!e  *).  Tutto  cio  viene  confermato  dai  testi  seguenti: 

L.  5  §  6  D.  h.  t. :  «  Julianas  libro  undecimo  Digestorum  scribit 
procuratori  constitui  posse,  quod  Pomponius  ita  interpretatur,  ut  ipsi 
prooaratori  constitaas  te  solnturiim,  non  domino  y>. 

L.  5  §  7  D.  eod.  «  Item  tatori  papilli  constitui  potest  et  actori  ma- 
nicipam  et  curatori  furiosi  i>. 

L.  5  §  9  D.  eod.  «  Si  actori  manicipum  vel  tatori  pupilli  vel  cura- 
tori furiosi  vel  adulescentis  ita  constituatur  municipibm  solvi  Tel 
pupillo  vel  furioso  vel  adtdesceyiti,  utilitatis  gratia  puto  dandam  mu- 
nioipibus  vel  pupillo  vel  furioso  vel  adulescenti  utilem  actionem  if. 

La  ragione  di  tutto  cio  stava  nel  rigoroso  principio  del  diritto 
romano  che  niuno  potesse  acquistare  direttameute  diritti  o  diretta- 
meute obbligarsi  per  mezzo  di  una  persona  libera  ^').  Quiudi  la  ohli- 
gatio  doveva  sempre  assumere  il  suo  inizio  dalla  persona  dei  con- 
traenti  ^^).  Se  si  era  conchiuso  il  negozio  con  un  procuratore,  solo 
cestui  poteva  intentare  Pazioiie  diretta;  il  principale  non  avi^bbe 
avuto  che  Vaotio  cessa  o  utilis  ^"j.  Questa  sottigliezza  non  h  pin  ap- 
plicabile  pel  nostro  diritto  moderno  ^^). 

Se  il  debitore  promette  con  un  costituto  al  suo  creditore  di  voler 
pagare  a  lui  o  ad  tin  terzo,  quest'ultimo  pub  certamente  accettare  11 
pagamento,  ma  non  pub  agire  per  I'osservanza  del  costituto.   Ma  se 


♦)  Vedi  il  Magazzino  per  la  giurisprudenza  e  la  legislazione  di  Grolmann  e 
LoHR  (tedesco),  vol.  Ill,  fasc.  I,  pag.  52  se^. 

*<7)  L.  73  M  0.  da  R.  L  (L,  17). 

»<«)  L.  11  D.  de  0.  et  A.  (XLIV,  7).  V.  Noodt,  Cbmm.  ad  Dig.  h.  t,  pa- 
gina  314  e  A.  Schui.tino,  Thes.  controv,,  dec.  XLVII,  th.  10. 

^^)  A.  Faber,  Rational,  in  Fand.  ad  L.  5  $  6  D.  h.  t.  —  G.  F.  Bockel- 
MANK,  Oomm.  in  Dig,  h.  t.  ^  7  e  Coccbii,  lus.  civ,  eontrov,,  h.  t.,  qq.  4  e  5. 

»<')  V.  Wbbbk,  Obbligazione  naturale  (tedesco)  $  89  in  fine,  4.*  ed.,  pag.  375 
e  segg. 


DE  PEOUNIA  CONSTITUTA.  179 

il  debitore  ha  fatto  al  terzo  il  pa^amento,  ^  liberato  dalla  sua  ob- 
bligazioue.  Potrebbe  egli  invero  (qualora  la  prima  stipulazione  fosse 
Btata  oonchiusa  col  solo  creditore  senza  aggiunzlone  di  un  terzo)  ve- 
nire a  rigore  di  diritto  oonveimto  con  un'azione  ex  atipulatu ;  ma 
poicli^  il  pagameuto  era  stato  fatto  al  terzo  col  consentimento  del 
creditore,  il  debitore  restava  in  ogni  modo  coperto  con  una  eccezione 
ooutro  le  ulteriori  inchieste  del  creditore.  Appunto  questo  avveniva 
se  nella  stessa  stipulazione  inizlale  fosse  stato  aggiunto  an  terzo  so- 
hdianis  causa,  senza  che  di  esso  si  facesse  piii  alcuna  menzioiie  nel 
costituto.  Ma  se  nel  costituto  si  fosse  esplicitamente  stabib'to  cbe  11 
pa^amento  non  si  dovesse  fare  a  verun  altro  fuorch^  al  creditore 
solo,  il  debitore  non  si  libererebbe  piii  pagando  tk\V<idiectu8 :  il  cre- 
ditore lo  potrebbe  tuttavia  convenire  a  buon  dritto  coirazione  de 
constituta  pecunia,  perch^  gli  paghi  il  debitor  il  debitore  potrebbe 
invece  ripetere  coll  a  condictio  indebiti  il  pagamento  dal  terzo,  al 
quale  lo  ha  prestato  •^^).  In  tal  guisa  si  conciliano  ft*a  loro  i  test! 
seguenti : 

L.  8  D.  h.  t.  d  Si  vero  mihi  ant  Titio  constitueris  te  soluturum, 
mihi  competit  actio,  quodsi  posteaquam  soli  mihi  te  soluturum  con- 
stituisti,  solveris  Titio,  nihilominus  mihi  teneberis  »  ^*'^). 

L.  9  D.  eod.  <c  Titius  tamen  indebiti  condictione  tenebitnr,  ut  quod 
ei  perperam  solutum  est  ei  qui  solvit  reddatur  ». 

L.  30  D.  h.  t.  «  Si  quis  duobus  pecuniam  coustituerit  tibi  aut  TitiOj 
etsi  stricto  iure  propriae  action!  *'^)  pecuniae  constitatae  manet  obli- 
gatus,  etiamsi  Titio  solvent,  tamen  per  exceptionem  adiuvatur  :». 


«i)  Vedi  A.  Faber,  Rational,  in  Fund,  ad  L.  8,  9  et  L.  30  D.  li.  t  — 
A.  ScHULTiNG,  Thes,  control',,  dec.  XLVII,  th.  10.  —  Baohov,  ad  TretUlerum, 
vol.  I,  disp.  XXIII,  th.  11.  —  Greg.  Maiansio,  Be  adiedo  soliUionia  gratia, 
^13  (nelle  sae  Bisputathnes  iuris  civiliSf  tom.  I,  pag.  162  seg.).  —  BoOKEl- 
MANN,  Comm.  in  Dig.  h.  t.,  ^  8  e  CoCGEii;  Iu8  civ.  controv.  h.  t.,  qq.  6  e  7. 

•>-)  Si  parla  del  case,  in  cui  fastipulato:  <e  mihi  ant  Titio  dare  spondes?]). 

•y-^)  C  evidente  che  qui  non  si  parla  di  actio  eonstitutae pecuniae,  ma  di  actio 
exstipulatu.  —  Cuiacio,  ObservaU,  lib.  XIII,  cap.  20,  invece  di  propriae  acHoni 
propone  quindi  di  leggere  priori  adionL  Ma  Bonza  fondamento;  per  cai  ara- 
gione  Temondazione  h  respinta  da  B.  Chesio,  Differ,  iuris,  cap.  44.  —  A.  Pa- 
BEK,  Conieeiur.  iur.  eiv.,  lib.  V,  cap.  3  e  G.  F.  Bockelmann,  Commentar.  in 
Dig.  h.  t,  ^  8.  h^actio  ex  stipulatu  h  delta  qui  propria  actio  in  riguardo  al- 
Tobbligazione  originarin,  che  venne  confermata  col  coHituto. 


180  HBBO  xni,  TIXOLO  V,  §  850. 

L.  59  D.  de  solut  (XL VI,  3):  «  Si  ita  stipulatus  sim,  mihi  atit 
Titio  dare  spondes  f  et  debitor  constituerit  se  mihi  solHturum,  quamvis 
mihi  oompetat  de  constituto  actio,  potest  adhuc  adieoto  solvere  ». 

Del  resto  non  h  necessaria  nel  costitato  di  una  obbligazione  la 
fissazione  di  uu  certo  termine  di  pagamento '0*  ^^^  volta  era  con- 
troverso,  se  valesse  un  costitato  sine  die.  PoicU^  la  determinazione 
deU'epoca  del  pagameuto  pareva  cotanto  connaturale  al  costituto, 
che  si  contrapponeva  il  temptis  constitutum  al  temptis  jpraeseiis  -'^j.  Gtu- 
STiNiANO  fa  ineDzione  di  questa  coutroversia  nella  L.  2  O.  h.  t.,  in 
cui  essa  vieue  risolta.  1^  perb  degno  di  nota,  che,  se  anche  il  costi- 
tato h  stato  coQclaso  pure,  al  debitore  bisogna  concedere  an  termine 
di  almeno  dieci  giorni.  Uu  passo  importante  in  proposito  ^  la  L.  21 
§  1  D.  h.  t,  in  cat  Paolo  dice:  <c  Si  sine  die  constituas,  potest 
quidem  dici,  te  non  teneri,  licet  verba  Edicti  late  pateant:  alioqain 
et  confestim  tecum  agi  poterit,  si  statlm,  ut  constituisti,  non  solvas ; 
sed  modicum  tempus  statuendum  est  non  minus  decern  dierum,  ut 
ezactio  celebretur  »  p  ^i*). 

D.  L'utiliti\  e  Pefflcacia  di  un  constittiium  proprium  consiste  pel 
diritto  romano  in  cio,  che  '0  • 


w)  QuiNTiLiANO,  Declamat.,  280.  —  Vedi   G.  Noodt,  Comm.  ad  Dig.  h.  t.^ 
pag.  315.         ^ 


p)  Che  una  volta  la  fissazione  <H  un  termine  fosse  assolutamente  necessaria  nl  cosii- 
tuto,  g\k  si  e  visto. 

p  bis)  II  passo  e  sicuramente  e  male  interpolatd :   si  prova  e  per  la  forma    {exactio 
celebretur  I)    e  per  la  sostanza:    lo  stabilire  in  tal  caso  un  termire  di  dieci  giorni  puo 
bene  essere  di  competenza   di  un  legislatore,   nia  non    mai  di  un  giureconsulto:    Gra- 
DBNwiTz,  Jnterpolt,  pag.  74;  Accarias,  Precis  de  droit  rom.,   II,  pag.  617,  n.  2;    Gi- 
RARD,  Manuel  elementaire,  pag.  585,  n.  4. 

q)  In  origine  una  mera  ripetizione  del  debito  precedente  non  poteva  avere  luoiro 
per  via  di  costituto,  perche  sempre  questo  esigeva  la  fissazione  di  un  termine.  V*  era 
il  caso  in  cui  si  costituisse  una  obbligazione  a  termine  in  eandejn  diem :  caso  che  non 
fu  riconosciuto  che  a  stento,  in  vista  della  tdilitas  che  pure  presentava.  Ottimamente 
dice  il  Bruns,  che  il  costituto  con  aggiunta  di  un  termine  di  pagamento  forma  il  punto 
di  partenza  deirintero  istituto  e  che  Tapplicazione  del  costituto  ad  una  mera  ripetizione 
delPobbligazione  dipende  da  un  ulteriore  svolgimento  del  concetto  e  rappresenta  ia 
certa  guisa  solo  Testrema  conseguenza  di  esso.  I.e  ragioni  qui  date  nel  testo  non  con- 
cernono  del  resto  il  costituto  come  tale,  sono  indipendenti  dall'intima  essenza  di  questo: 
costituto  e  la  promessa  di  pagare  un'obbligazione  esistente,  da  cui  deriva  un'azione  per 
Tadempimento    della    promessa,    che  si  aggiunge   alia   vecchia   obbligazione.    Ma   pure 


DE  PECUNIA  CONSTITUTA.  181 

1.^  Pab  venire  munita  di  azione  una  obbligazione,  che  per  s^ 
stessa  non  era  pienamente  efflcaoe. 

2.^  Una  obbligazione  gi^  esistente  puo  in  molte  maniere  essere 
modifioata  e  oio^ : 

a)  Bapporto  all'oggetto.  Invece  della  cosa  dovuta  se  ne  pu5 
promettere  un'altra  di  ugual  natura,  per  esempio  frumento  inveoe 
di  una  somma  dovuta  di  denaro.  XJlpiano  dice,  L.  1  §  5  D.  h.  t.: 
c  An  potest  aliud  constitui  quam  quod  debetur,  quaesitum  est.  sed 
cum  iam  placet  rem  pro  re  solvi  posse,  nihil  prohibet  et  aliud  pro 
debito  constitui.  denique  si  quis  centum  debens,  frumentum  eiusdem 
pretii  constituat,  puto  valere  constitutum  y>,  Una  ragione  di  dubbio 
stava  nel  modo,  con  cui  s'era  espresso  il  pretore  nel  suo  Editto:  Qui 
peciiniam  debitcmi  constituit^^)]  ma  dal  momento  che  il  costituto  non 
h  una  mera  iterazione  di  promessa,  ma  una  promessa  di  pagamento 
e  dal  momento  che  al  creditore  col  suo  consenso  pub  essere  prestata 
un'altra  cosa  in  laogo  delPoggetto  dovuto,  una  simile  convenzione  si 


or. 


)  L.  1  M  D.  h-  t. 


astraendo  dai  vaiitaggi  enumerati  dal  testo,  che  dipendono  o  dalla  natura  o  dai  iimiti 
delta  precedente  obbligazione  o  dalle  modality  che  accompagnano  il  costituto  medesimo, 
il  costituto  ne  pu6  sempre  recare  una  ed  e  che  dando  vita  ad  una  speciale  asione,  la 
cut  prescrizione  e  regolata  in  modo  particolarei  pu6  prolungarsi  la  responsabilita  del 
costituente  oltre  il  tramonto  delFazione  derivante  dairobbligazione  principale,  che  siasi 
estinta  per  prescrizione.  Un  tal  vantaggio  vi  sar^  sempre,  meno  il  caso  in  cui  un  costi- 
tuto sia  fatto  in  previsione  di  un  debito  futuro  o  che  sia  fatto  contemporaneamente 
alia  conchiusione  del  negozio  fonte  della  obbligazione  principale.  Non  si  pu6  parlare  di 
interrujtione  della  prescrixione  delTazione  principale ;  bensi  di  creazione  d*altra  azione 
con  prescrizione  particolare.  E  se  fossero  piu  i  costituti  fatti  success! vamente  in  epoche 
diverse,  sempre  si  avrebbe  il  medesimo  resultato ;  formalmente  ognuno  di  essi  produce 
1ft  propria  azione  e  non  v'ha  alcuna  ragione  di  spaventarsi  (come  fa  TArndts  nella 
Rivuta  oritica  di  Monaco  (tedesco),  IV,  pag.  245)  per  un  simile  resultato :  cfr  Bruns, 
1.  c.  pag.  293.  Se  poi  venisse  meno  —  come  ne"  casi  eccezionali  indicati  —  anche  questo 
vantaggio,  il  costituto  certo  sarebbe  senza  valore  pratico  e  manterrebbe  un  mero  signi- 
ficato  formale,  che,  colla  caduta  del  sistema  formolare  e  delle  azioni  tipiche,  e  pure 
estremamente  attenuato. 

II  nostro  Codice  civile  considera  gli  atti  di  ricognizioae  quali  interruttivi  della  pre- 
scrizione, articoli  2129,  2130.  Ora  e  certo  che  di  frequente  al  costituto  va  unito  un  atto 
di  riconoscimento.  Bisogna  ricordare  tuttavia  che  ci6  non  avviene  ne  sempre  ne  neces- 
sariamente:  in  quanto  invece  da  una  promessa  di  pagamento  possa  sgorgftre  uu'azione 
costitutoria  soggetta  alle  proprie  vicende  anche  in  ordine  alia  prescrizione,  non  e  que- 
stione  abbastanza  studiata  e  avvertita  in  pratica. 


182  LIBRO    XIII,   TIXOLO  V,   §  850. 

ammetteva  anclie  per  il  costituto  ^'),  Ma  se  in  luogo  della  oosa  do- 
yiita  h  stata  costituita  qualohe  altra,  piii  non  dipende  dal  debitoro 
di  prestare  questa  piattosto  clie  quella;  il  creditore  pub  agire  oramai 
perch^  si  adompia  il  costituto.  Gosl  almeno  decide  Papiniano,  L.  25 
pr.  D.  h.  t.,  ove  dice:  ir  illud  aut  illad  debuit  et  constituit  alteram, 
an  vel  alterum  quod  non  constituit  solvere  possit,  quaesitum  est. 
dixi  non  esse  audieudam,  si  velit  hodie  fidem  constitutae  rei  fran- 
gere  ».  La  somma  dovuta  puo  mediante  costituto  essere  diminuita, 
ma  non  accresciuta.  n  Si  quis  centum  ?  ureos  debens  duoentos  con- 
stituat  —  dice  Ulpiano,  L.  11  §  1  I)f  h.  t.  —  in  centum  tantum- 
modo  tenetur:  quia  ea  pecunia  debita  est  >.  <c  Sed  si  quis  viginti 
debens  decem  constituit  se  soluturum  —  aggiunge  Paolo  nella 
L.  13  D.  eod.  -—  tenebitur  »  '). 

b)  Gol  costituto  puo  inoltre  mutsirsi  Tobbligazione  preesi- 
stente  anche  in  rapporto  alle  sue  eventuali  determinazionl.  Puocio^ 
essere  mutato  il  luogo  del  pagamento  ^') ;  essere  abbreviate  o  prolun- 
gato  il  termine  di  esse  '^^);  auzi  una  somma,  di  cai  6  tuttora  lontano 
il  termine  di  pagamento,  pub  essere  costituita  in  guisa  che  si  abbia 
a  pagare  subito  ^'•^j.  In  cib  sta  uno  dei  principali  vantaggi  del  co^ 
stituto,  di  potere  modificare  obbligazioni  a  termine  in  obbligazioni 
immediatamente  esigibili  ^^^)'j  sicchb,  se  il  costituente  nou  adempie 
la   fatta  promessa,    pub  essere  convenuto  per  la  prestazione   delFt^ 


»«)  Vedi  NooDT,  Comm.  ad  Dig,  b.  t,  pag.  3115  e  G.  Frantzcke,  Comm.  in 
Pand.  li.  t.,  nr.  22. 
97)  L.  5  pr.  D.  h.  t. 

^'^)  L.  4  D.  eod.  Bart.  Chesio,  Different,  inr.  civ.,  cap.  44,  nr.  11  segg. 
»»)  L.  3  ^  2  in  fine  li.  t. 
i«^")  L.  3  $  2  cit. 


r)  Non  mentovata  nelle  fonti,  ma  non  da  negare  (Bruns,  pag.  2iS)  e  la  possibilil^ 
di  costituire  una  species  8ul  fondamento  di  una  precedente  obbligazione  diretta  ad  un 
genus.  Saviamente  awerte  lo  stesso  giurista  che  non  sarebbe  da  mettere  qui  (fra  le 
modiEcazioni  del  contenuto  di  una  obbligazione  per  via  di  costituto)  la  determinazione 
di  una  obbligazione  non  ancora  determinata,  per  esempio,  di  risarcimento  dei  danni. 
Fissure,  determinare  TentitA  del  debito  non  e  ufficio  del  costituto:  la  determinazione 
in  forza  di  confessione,  ricognizione,  transazione,  ecc.  deve  precedere ;  certo  costituisce 
un  logico  presupposto  di  un  costituto  deUrminato. 


DB  PEOONIA  CONSTITUTE.  183 

qiiod  interest  ^).  Ancora  bisogna  avvertire  che  I'obbligazioue  assunta 
dal  debitore  nel  oostituto  piio  essere  ratibrzata  ooa  fideiussione  o 
pegno  ^').  Ma  un  debito  condizionale  non  pub  essere  mutato  ia  un 
debito  puro :  il  costituto  di  una  obbligazione  condizionale  va  inteso 
come  conchiuso  sotto  la  medeBima  oondizione  da  oui  era  affetta  I'o- 
riginaria  obbligazione  e  perde  la  sua  forza,  se  non  esiste  la  oondi- 
zione. Pub  invece  al  contrario  una  obbligazione  pura  mediante  il 
costituto  assumere  una  condizione;  ma  per  la  sottigliezza  del  diritto 
I'omano  in  tal  caso  ha  luogo  appena  ixn'actio  utilis  ^).  L'una  e  Taltra 
Gosa  couferma  Paolo  dioendo  (L.  19  pr.  e  §  1  D.  h.  t):  c  id  quod 
sub  oondicione  debetur,  sive  pure  sive  certo  die  constituatur,  eadem 
condicione  suspenditur,  ut  existeiite  condicione  teneatur;  de&ciente 
utraque  actio  depereat.  sed  is  qui  pure  debet,  si  sub  condicione 
constttuat,  inquit  Pomponius ,  in  hunc  utilem  actionem  esse  :». 
Inoltre  pub 

c)  Fobbligazione  merc^  il  costituto  modificarsi  in  quaiito  alia 
persona  del  creditore.  Cib  che  io  devo  ad  A  posso  col  suo  assenso 
costituire  a  B.  Ulpiano  dice  L.  5  §  2  D.  h.  t. :  c  Quod  exigimus 
ut  sit  debitum  quod  constituitur,  in  rem  exactum  est:  non  utique, 
ut  is  qui  constituitur  creditor  sit;  nam  et  quod  ego  debeo  tu 
constituendo  teneris  et  quod  tibi  debetur,  si  mihi  constituatur,  de- 
l>etur  ». 

3.°  Invece  mediante  il  costituto  non  ^  estinta  la  precedente  obbli- 
gazione. II  costituto  come  tale  non  implica  ^)  una  vera  novazione  o  no- 
vazione  privativa.  Da  cib  I'importaute  corollario  che  se  anche  dopo  (per 


I)  B.  Chesio,  Different,  hir,,  cap.  44,  nnmeri  8  e  18  e  G.  0.  Westenbekg, 
Pnncipia  iuris  Dig   h.  t.,  $  35. 

-')  L.  14,  M  1  e  2  D.  h.  t 

'■()  A.  Fabro,  Rationaha  in  Fand.  ad  L.  19  $  1  D.  b.  t,  cerca  il  niotivo  di 
questo  nel  fatto  che  i  costituti  furono  propria m en te  introdotti  per  rendere 
esigibili  subito  obbligazioni  che  tattavia  non  lo  erano,  come  dice  la  L.  3  $2 
D.  h.  t.  Non  pareva  qnindi  conforme  alio  8Copo  dell'lstituto  di  mutare  per 
Tia  di  esso  una  obbh'gazione  pura  in  condizionale.  Vedi  anche  il  Chrbio,  I.e., 
ur.  19  e  NooDT,  Gomm.  ad  Dig.  h.  t.,  pag.  315. 

4)  L.  18  $  3.  I^.  28  D.  h.  t.  L.  15  D.  de  in  rem  verso  (XV,  3).  B.  Chesio, 
Different,  iuris,  cap.  44  nr.  1  e  Ant.  Schulting,  Thes.  controv,,  decad.  XLVII, 
th.  10. 


184  LIBRO  XIII,  TITOLO  V,  §  850. 

essere  ad  esempio  il  creditore  in  mora  acdpiendi)  dovesse  veuir  meno 
I'azione  oostitutoria,  potrebbe  sempre  aver  laogo  I'antioa  azione  che 
competeva  al  creditore  prima  del  costituto  del  debito  ^).  Pel  diritto 
romano  nuovo  db  h  tanto  meno  da  porre  in  dubbio,  in  qnanto  ohe 
per  la  novazione  si  esige  la  dichiarazione  manifesta  delle  parti  di 
Yolere  estinguere  ®)  la  preoedente  obbligazione.  Una  tale  estinzione 
sarebbe  poi  evidentemente  contraria  alio  scopo  del  costituto^  che 
piuttosto  tende  a  confermare  la  precedente  obbligazione.  A  ragione 
pertanto  Papiniaito  nella  L.  3  §  2  D.  <26  adm,  rer,  ad  civ,  pert. 
oppone  il  costituto  alia  novazione  '^).  Un^altra  importante  conseguenza 
non  pa5  qui  passarsi  sotto  silenzio  ed  ^  che  se  il  debitore  rispetto 
alia  primiera  obbligazione  fruiva  di  diritti  particolari  o  di  privilegi, 
questi  non  vauno  perduti  col  costituto  ^).  Se  quindi  ad  esempio  il 
marito  costituisce  la  dote  a  sua  moglie,  gli  rimane  intatto  il  &6ne- 
fioium  competentiae,  come  insegna  IJlpiano,  dicendo  nella  L.  3  pr. 
D.  h.  t.:  <  quod  si  maritus  plus  constituit  ex  dote  quam  facere  po- 
terat:  quia  debitum  constituent,  in  solidum  quidem  tenetur,  sed 
mulieri  in  quantum  facere  potest  condemnatur  >.  Anche  in  caso  di 
mutazione  di  monete  si  l>ada  al  tempo,  in  cui  fu  contratta  la  pri- 
miera obbligazione  ^).  €  Nam  actio  de  constituta  pecunia  retrorsum 
se  refert  >,  dice  Ulpiano  nella  L.  18  §  1  D.  h.  t.  Siccome  quindi 
merc^  il  costituto  la  primiera  obbligazione  non  vlene  mutata  nella 
sua  esseuza,  il  creditore  ha  la  scelta  se  intende  mnovere  la  pri- 
mitiva  azione  o  se  vuole  agire  ex  constituto  ^^*).  Perb 

4.^  Gol  costituto  non  si  puo  creare  ex  novo  un^obbligazione  che 
gid»  prima  non  esistesse.  Se  dnnque  ad  esempio  taluno  promette 
duecento  aurei  inveoe   dei  cento,  di   cui  ^  debitore:  o  se   costituisce 


•■>)  G.  NoODT,  Gomm.  ad  Dig,  h.  t,  torn.  II,  Operum,  pag.  316.  —  U.  Hubbk, 
PraeUcL  ad  Land.  h.  t.,  $  8  e  A.  Schulting,  1.  c,  thes.  9  in  fine. 

«)  L,  ult.  Cod.  de novaiionibus  (VIII,  41).  Hobek,  PraelccUadPand,\i,t,^  ^6. 

7)  CtriACio,  Ohservat.j  lib.  XX,  cap,  29. 

'^)  Brunehann,  Gomin.  ad  L.  3  pr.  D.  h.  t.,  numeri  1  e  2  e  Muller  ad 
Strdvium,  Syntagma  iur,  civ.,  Exercit.  XVIII,  th.  81  nota  ^, 

9)  Struvium,  Synt.  iur.  civ,,  Exerc  XVIII,  th.  81. 

10)  Lautbrbach,  Oolleg.  th.  pr.  Pand.  h.  t,  ^21.  —  Struvium,  Synt.  iur. 
civ.,  Exerc.  XVIII,  th.  80.  —  Chesio,  Differ,  iur.  civ.,  cap.  44,  nr.  17. 


DE  PBOUNIA  CONSTITtlTA.  185 

oltre  il  oapitale  aacUe  grinteressi,  a  cai  non  ^  tenuto,  o  se  promette 
di  dare  al  oreditore  anche  un'altra  oosa  oltre  la  somma  dovata,  il 
costituto  non  vale  che  per  la  somma  inizialmente  doyata.  Ulpiano 
dice  espreBsamente  nella  L.  11  §  1  D.  h.  t. :  €  si  qois  centum  aureos 
debens  dnoentos  constituat,  in  centum  tantummodo  tenetur,  quia  ea 
pecunia  debita  est.  Ergo  et  is  qui  sortem  et  usuras,  quae  non  de- 
bebantur,  constituit,  tenebitur  ia  sortem  dumtazat ».  E  Paolo  ag- 
ginnge  nella>  L.  12  D.  eod. :  ^  sed  et  si  decern  debeantur,  et  decern 
et  Stichum  constituat,  potest  dici  decern  tantummodo  nomine  teneri  ». 
Si  h  fatto  in  proposito  il  quesito,  se  nel  case  che  il  costituente  abbla 
scientemente  promesso  di  pagare  di  piii  di  quanto  doveva,  il  negozio 
possa  tuttavla  pel  diritto  romano  nuovo  valere  come  donazione.  I 
giuristi  non  sono  in  proposito  dell  a  medesima  opinione.  Molti  ^^)  lo 
negano,  pel  motive  che  una  donazioue  non  pub  essere  presunta,  spe- 
cialmeDte  quaudo  le  parti  avevano  intenzione  di  conchiudere  tutt'altro 
negozio.  Se  fosse  stata  loro  intenzione  quella  di  fare  una  donazione, 
avrebbero  potuto  e  anzi  dovuto  esprimere  piti  chiaramente  la  loro 
volont^  ^2j.  Le  leggi  dicono  ^'^)  —  b  vero  —  che  chi  scientemente 
paga  cib  che  non  deve  ha  la  volonU\  di  donare.  Ma  vi  b  una  diffe- 
renza  fra  pagare  e  promettere.  Nel  primo  caso  si  chiede  solo  se  abbia 
luogo  ripetizioue  del  soluto  e  tale  domauda  ottiene  risposta  negativa. 
Ma  da  cib  non  deriva  ancora  che  si  possa  agire  in  forza  della  pro- 
messa  di  pagare  quanto  uon  b  dovuto.  Altri  ^^)  negano  che  per  di- 
ritto romano  sia  valido  un  costituto  che  oltrepassa  Pobbligazione 
preesistente  *  ma  afifermano  che  oggi  con  tale  promessa  viene  fon- 
data  un'obbligazione  de  paoto.  Ma  dal  momento  che  per  le  note  di- 
Bposizioni  dell'imperatore  Giustiniano  qualunque  donazione  non 
eccedente  la  somma  fissata  dalla  legge  consiste  e  vale  di  diritto  in 
modo  che  il  mero  patto,  senza  stipulazione,   produce  azione   in  giu- 


11)  Prrez,  Praelect,  in  Cod,,  lib.  IV,  tit.  19,  df.  7.  —  Boeckelmann,  Oomm. 
in  Dig.  h.  t.,  ^6,  —  Lauterbach,  CoUeg.  th.  pr.  Pand,  h.  t.,  $9.  —  Zoesio, 
Comm.  ad  Dig,  h.  t,  num.  10  etc. 

12)  L.  39  D.  d«  pacL,  II,  14.  L.  31  in  fine  D.  de  0.  et  A.  (XLIV,  7). 
li)  L.  9  pr.  Cod.  de  cond.  i/w?.,  (XII,  6).  L.  53  D.  de  B.  L  (L,  17). 

1^)  Brunumank,  Comm,  ad  L.  11  $  1  D.  h.  t,  numeri  4-6.  —  Stryck, 
Us,  mod.  Pand,  h.  t.,  ^3.  —  Boehmrr,  de  aetionib,,  sect.  II,  cap.  VII,  §  21. 

GlUck,  Cotnm.  Pondelte.  —  Lib.  XIII.  li 


186  LIBRO   XIII,  TITOLO  V,  §  851. 

dizio^'*)?  ^^  PU9  c^^  ragione  affermare  obe  colui,  il  quale  soientemente 
ha  promesso  un  pagamento,  cui  nou  era  obbligato,  sia  gift  tenuto 
per  simile  promessa  in  forza  del  dirltto  romano  nuovo,  avendo  egli 
con  ci5  cUiaramente  manifestata  la  sua  iDtenzione  di  douare  quello 
cui  non  era  obbligato.  Questa  opiuione  ha  per  s6  anche  Passeuso  di 
varii  illustri  giurecousulti  ^^).  Pel  luedesimo  motivo  possiamo  senza 
scrupolo  asserire,  che  colui,  11  quale  solo  sotto  eondizione  era  tenuto 
a  uu  pagamento,  cui  dopo  cpstituisce  puramente  e  semplicemente,  sia 
convenibile  iu  forza  di  tale  promessa,  se  auche  la  eondizione  non  si 
avvera  i"). 

5.^  Einalmente  bisogna  avvertlre  clie  I'obbligazione  del  costituto 
si  e^itingue  se  la  primiera  obbligazioue  viene  astinta  o  con  pagamento 
o  con  fatto  equipoUente  ^^).  Invece  perdura  la  validity  del  costituto, 
se  la  precedente  obbligazioue  ha  perduto  la  sua  efiicacia  ^^^  in  giu- 
dizio  solo  pel  decorso  del  tempo. 


§  851. 

Del  costituto  di  debito  altrui  "). 

Yeniamo  ora  al  (II)  costituto  di  debito  altrui.    Esso  ^  una   specie 
di  iutercessioue.  Gon  esso  si  assume  una  obbligazione  aliena  in  modo 


1'')  L.  35  $  ult.  Cod.  de  donaL  (VIII,  53). 

ifi)  A.  FabeRj  Rational,  in  Band.,  ad  L.  11  $  1  D.  h.  t.  —  R.  Bachov,  Xot, 
et  aminadv,  ad  TreuUerum,  vol.  I,  disp.  XX III,  th.  9.  —  G.  Voet,  Comm,  ad 
Band,  \i.  t,  %  7  e  Wkber,  Svolgimento  sistematico  ddla  doUrina  deWobbligazione 
naturale  (ted.),  $  126. 

17)  BuuNEMANN,  Comm.  ad  L.  19  D.  h.  t,  numeri  3  e  4. 

iH)  L.  43  D.  d^  sol,  vXLVI,  3). 

i»)  L.  18  $  1  D.  h.  t.  Bachov,  ad  TreuHerum,  1.  c,  th.  13,  lett.  D.  — 
Lauterbach,  Golleg,  tlieor.-pr,  P.  h.  t.,  %  10  in  fine.  —  Cocceii,  his  dv, 
controv,,  qu.  8  e  Thibaut,  Sistema  delle  Pandette  (ted,),  vol.  2,  $  938  in  fine. 


<)  Che  ne*  tempi  piu  recenti  il  constitiUum  debiti  alieni  si  usasse  spesso  quale  forma 
affine  alia  fideiussione,  appare  chiaro  dalla  c.  3  h.  t.  C.  IV,  18  e  Nov.  IV,  di  cui  e 
ampiamente  discorso  in  questo  paragrafo.  In  origioe,  nota  il  Bruns,  pag.  282,  non  era 
cosi :  chi  si  obbliga  a  pagare  per  un  dato  giorno  il  debito  x  (sia  pure  di  Tizio)^  si  ob- 


DE  PBOUNIA  OONSTITUTA.  187 

perb  che  il  debitore,  per  cai  si  costitaisce,  oontinua  a  rimanere  ob- 
bligato.  Gl.10,  nella  L.  28  D.  h.  t. :  <  abi  quis  pro  alio  constituit  se 
solaturam,  adhao  is,  pro  quo  constituit,  obligatas  inanet  >.  Si  tratta 
quindi,  come  nella  fideiussione,  di  interoeasio  (mmulativa.  Si  distingue 
pero  essenzialmente  e  per  varie  ragioni  dalla  intercessione  mede- 
sima  -^) 

1.^  Kispetto  alia  forma.  La  fideiussione  presso  i  Romani  si  con- 
chiude  nella  forma  della  stipulazione,  il  costituto  invece  colla  sem- 
plice  convenzioiie. 

2°  Bispetto  alio  scopo.  L^unico  ed  essenztale  scopo  della  fideius- 
sione h  la  sicurezza  del  creditore.  Ma  il  costituto  alieno  non  h  a  oio 
limitato,  esso  pub  servire  al  creditore  ancUe  per  altrl  scopi;  per 
esempio  se  al  creditore   importi   di  procurarsi   alcuni  vantagi^i   sia 


'^*^)  Si  confront!  in  proposito  eovratutto  G.  Crietiauo  Koch,  De  constUiUo 
dtbUi  alieni  eiusque  a  fideiussione  discrimine,  Kiel  1777.  —  Wbbkh,  SistemaHco 
svolgimento  della  doUrina  delVobbligazione  naiurale  (ted.),  ^  124  ed  Hopfnek, 
Commentario  suite  istitiizioni  di  Eineccio  (ted.),  ^  846. 


bliga  assolutamente,  non  in  via  sussidiaria  ed  eventuale,  come  un  fideiussore.  Non  cosl 
quando  il  costituto  si  ridusse  ad  una  semplice  promessa  generale,  comune :  essa  ben 
poteva  assumersi  a  scopo  di  sicurezsa  e  garantia.  Ma  ne  questa  rimase  unica  funzione 
del  costituto  di  debito  altrui:  ne  puo  dirsi,  che  questa  sia  una  specie  di  fideiussione 
con  differenza  di  forma  e  la  possibilita  di  alcune  modificazioni.  Segtiiremo  in  proposito 
le  ricerche  del  Bruns.  II  costituto  pu6  essere  sempre  adoperato  per  un'assunzione  de- 
finitiva  del  debito  altrui.  Ci6  pu6  awenire  in  seguito  a  convenzione  col  debitore  e  per 
assegno  di  ]ui ;  pu6  awenire  donandi  animo,  animo  negotia  gerendi,  ecc.  Abbiamo 
due  obbligazioni  indipendenti  e  concorrenti  alternativamente;  ove  a  favore  del  debitore 
principale  non  sia  avvenuto  un  pactum  de  non  petendo.  Qui  non  saremmo  piu  nel 
campo  di  analogia  della  fideiussione ;  ma  piuttosto  in  quello  delTanalogia  della  delega- 
zione  e  della  espromissione.  II  fideiussore  assume  totam  cautam  del  debitore  principale ; 
le  modificazioni,  gli  incrementi,  i  decrementi  e  le  eccezioni  che  subisce  Tobbligazione 
principale  dopo  la  costituita  fideiussione  lo  concernono  direttamente.  Non  cosi  nel  caso 
di  costituto.  Esso  i  la  promessa  di  pagare  una  obbligazione  altrui,  cosi  come  ^  ora  e 
cioe  al  tempo  del  costituto.  Le  ulteriori  vicende  Don  riguardano  il  costituente ;  colpa  e 
mora  del  debitore  principale  non  influiscono  suUa  sua  obbligazione,  come  neppur  gli 
giovano  eccezioni  dal  debitore  principale  piu  tardi  acquisite.  Si  aggiunge  poi  che  il 
costituente  puo  introdurre  mutazioni  nelToggetto  e  nelle  modal! tii;  il  che  non  pud  il 
fideiussore.  La  differenza  sarebbe  tolta  qualora  il  costituente  si  obbligasse  a  pagare 
«  ci6  che  il  creditore  avr&  diritto  di  pretendere  dal  debitore  principale  e  non  altro  >. 
I  risultati  allora  verrebbero  a  coincidere.  II  costituto  e  dunque  per  se  un  concetto  afiatto 
distinto  da  quello  di  fideiussione,  ma  pu6  essere  usato  alio  scopo  della  fideiussione: 
pub  anche  raggiungere  gli  effetti  medesimi  quando  sia  opportunameate  conformato. 


188  LIBBO  XIII,   TITOLO  V,   §  851. 

rigpetto  al  laogo  del  pagamento,  sia  rispetto  all'oggetto  del  mede- 
siino.  Qaesti  scopi  pub  11  oreditore  raggmngere  solo  merc^  11  costituto; 
non  merc^  la  fideiusaione.  Poich^  h  inyallda  una  fideiussione  se  il 
fideiussore  si  obbliga  a  prestar  cosa  di  versa  da  quella  do  vat  a  dal 
debitore  principale.  Qiavolbno  dice  (L.  42  D.  de  fideiuss.  XLVI,  1); 
<c  si  ita  fideiassorem  accepero:  quod  ego  decern  credidi,  de  ea  pecunia 
mille  modios  tritici  fide  tiM  esse  ivibes  f  non  obligatur  fideiussor :  quia 
in  aliam  rem,  quam  quae  credita  est,  fideiassor  obligari  non  potest »  '^^). 
Ma  che  possa  essere  costituita  la  prestazione  di  cosa  diversa  da 
quella  dedotta  neH'obbligazione  principale^  se  cib  torna  a  vantaggio 
del  creditore,  h  messo  fuori  di  dubbio  dal  passo  di  Ulpiano,  fr.  1 
^  5  D.  h.  t.^  che  gi^  abbiamo  arrecato.  II  medesimo  Ulpiano  in- 
segna  poi  nel  fr.  5  pr.  e  fr.  16  §  1  D.  h,  t,  che  nel  costituto  il  ore- 
ditore ^  in  grado  anche  di  procurarsi  un  vantaggio  rispetto  al  luogo 
del  pagamento.  Nella  fideiussione  ci5  non  poteva  ottenersi }  auzi  Giu- 
LIANO  insegna  nella  L.  16  §  1  e  2  D.  <l6  fideiuss.,  XLVI,  1 :  «  quare 
si  reum  pure  interrogavero  et  fideiussorem  eum  adiectioiie  loci  acce- 
pero, non  obligabitur  fideiussor.  sed  et  si  reus  Bomae  constitutus 
Gapuae  dart  promiserit,  fideiussor  Ephesi,  perlnde  non  obligatur 
fideiussor  ac  si  reus  sub  condicione  promisisset,  fideiussor  autem  in 
diem  certam  vel  pure  promisisset  i»  '^'^).  Ohe  poi  la  fideiussione  essen- 
zialmente  non  miri  che  a  dare  sicurezza  al  creditore^  si  rileva  con 
evidenza  dalle  fonti.  Giustiniano  nel  pr.  Inst,  de  fideiuss.  (Ill,  20) 
dice:  «  Pro  eo  qui  promittit  solent  alii  obligari  c\\\\  fideiussores  ap- 
pellantur;  quos  homines  accipere  solent  dum  otirant^  ut  diligentius 
sibi  cautum  sit :».  E  anoora  piii  chiaramente  si  esprime  in  proposito 
Gaio  nella  L.  1  §  8  D.  <i6  ohl.  et  act.  XLIV,  7,  ove  dice:  c  Qui  alieuo 
nomine  ohWgAtnr  fideimsor  vocatur  et  plerumque  ab  eo,  quern  proprio 
nomine  obligamus,  alios  accipimuS;  qui  eadem  ohligaiione  teueantur, 
dum  curamus,  ut  q^iod  in  ohligationem  dedudmm  tutius  nobis  d^- 
beatur  ». 


^1)  Le  fonti  d^nno  in  generale  la  regola:  a  Xon  valet  fideinssio  si  fideiussor 
ill  aliam  obligaHonem  acdpiatur,  id  est  at  ipse  aliquid  debeat  quod  reus  prin- 
cipalis non  debet » :  L.  8  $  8.  L.  70  $  2  D.  de  fideiiissor.  (XLVI,  1).  —  Vedi 
G.  AvERANi,  Interpret  t«r.,  lib.  11,  cap.  4. 

22)  G.  AvEKANi,  1.  c,  num.  18. 


DE  PEOUNIA  CONSTITUTA.  189 

3.°  Bispetto  airefficaoia.  Una  fldeinssione  h  invalida,  se  ooutratta 
in  maniera  ohe  per  essa  il  garaute  sia  obbligato  a  piti  dure  condi- 
zioni  di  quelle,  a  cui  s'^  obbligato  il  debitore  principale.  Ulpiano 
espone  questa  regola  oome  generale  in  materia  di  fideiussione,  di- 
cendo  nella  L.  8  §  7  D.  de  fideiuas*  XLYI,  1 :  c  Illud  commune  est 
in  universis,  qui  pro  aliis  obligantur :  qtu>d  8%  fuerint  in  duriorefn 
Qaiisam  adhibiti  plaouit  eos  omnino  non  obligari:  in  leviorem  plane 
cansam  accipi  possunt ».  Si  poBsono,  come  osserva  Giuseppe  Ayebajii  ^'^) 
ad  illostrazione  di  questo  passo  da  molti  frainteso,  distinguere  qoattro 
casi,  in  cui  si  pub  dire  ohe  il  fideiussore  h  stato  adibito  in  causam 
diiriorem.  A.  Bispetto  al  luogo:  se  in  una  obbligazione  indetermi- 
nata  pel  debitore  principale  si  stabilisce  pel  solo  fideiussore  un  de- 
terminato  luogo  di  pagamento  o  se  il  pagamento  dovrebbe  da  questo 
prestarsi  in  luogo  diverso,  in  cui  la  prestazione  resulta  piti  onerosa 
che  non  nel  luogo,  in  cui  il  debitore  principale  ha  per  suo  conto 
promesso  di  prestare  ^^).  B.  Bispetto  al  tempo :  se  il  fideiussore  pub 
essere  convenuto  prima  del  debitore  principale,  per  esempio  il  debi- 
tore h  tenuto  solo  dopo  il  decorso  di  un  oerto  tempo  o  sotto  una 
condizione,  mentre  il  fideiussore  dovrebbe  rispoudere  senza  beueficio 
di  termine  o  senza  tale  condizione  '^'0.  C.  Bispetto  al  modo  di  ohhli^ 
garsi  (causa) :  se  in  una  obbligazione  alternativa  con  scelta  del  de- 
bitore principale  la  scelta  non  dovesse  competere  al  fideiussore,  come 
inyece  a  quelle  compete;  ovvero  al  fideiussore  per  la  maniera  con  cui 
si  h  obbligato  ^  tolta  la  speranza  di  essere  in  certo  caso  in)erato  dalla 
obbligazione  come  invece  pub  sperare  il  debitore  principale.  Per  esempio 
il  debitore  aveva  promesso  di  dare  denaro  o  altra  cosa,  mentre  11  fi« 
deiussore  si  obbliga  a  dare  precisamente  quello^  per  cui  agir^  il  oredi- 
tore.  II  debitore  ha  promesso  di  dare  una  cosa  iudividualmente  determi- 
nata;  il  fideiussore  promette  di  dare  quella  cosa  o  una  certa  somma  di 
danaro  ^^).  D.  Bispetto  SklVoggetto  della  obbligazione:  se  il  fideiussore 
deve  prestare  altra  cosa  o  una  somma  maggiore  di  quella,  cui  ^  te- 
nuto il  debitore  principale  ^0*   ^^   ^^^^^  questi   casi  h  nulla  I'intera 


2'^)  Interpr,  iur,,  lib.  II,  cap.  3,  num.  4. 

24)  L.  16  ^  1,2  J),  de  fideiuss.,  XLVI,  1. 

25)  L.  8  $  7  in  fin.  L.  16  $  5.  L.  70  pr.  M  D.  ibid. 
20)  L.  8  $M  0  9  D.  eod.  L.  34  D.  eod. 

27)  J  5  I.  II,  20.  L.  8  4  7.  L.  41  D.  de  fideiuss.,  XLVI,  1. 


190  LIBBO   XIII,  TITOLO  V,  §  851. 

garanzia.  Le  parole  della  legge  citata  pUtcuit  eos  omnino  iwn  ohligari 
non  lasoian  dubbio  ia  proposito  ^t*).  Invece  il  constitutum  alienum  in 
nessuno  dei  predetti  oasi  di  durior  cauia  h  affatto  mvalido;  ma  anche 
quando  iL  costitaente  si  obblighi  a  pagare  prima  del  debitore  prin- 
oipale  o  senza  condizione  quanto  costui  devo  coDdizionatamente  o 
ana  sonima  ma^ifgiore  h  almeno  obbligato  fino  alia  concorrenza  della 
obbligazione  del  debitore  principale  ^^),  come  resulta  ohiaramente  dai 


'^^)  Molti  vogliono  con  Alciito,  Farerga^  lib.  V,  cap.  37,  —  G.  Fornerio, 
Select,,  lib.  Ill,  cap.  11  e  Aloandko  leggere:  ct  non  omnino  t>  e  intendono 
come  Be  si  dicesse:  a  non  in  soHdum,  non  in  totum  d:  il  senso  earebbe  che 
11  fideiussore,  che  si  e  obbligato  a  piti  dare  condisioni,  h  esente  dull'obbli- 
gazioue  solo  nelPambito,  in  cai  la  sna  promessa  recede  gli  impegni  del  de- 
bitore principale,  par  restando  obbligato  fin  dove  la  sna  promes<$a  coincide 
colla  obbligazione  di  questo.  Tale  emendazione  si  dice  saffragata  dalPautoriUi 
dei  Basiliei,  i  quali  leggono  oudh  holds :  non  omnino.  Vedi  Dionigi  Gotopredo 
nelle  note  alia  L.  8  J  7  D.  de  fideiuss.,  XLVf,  1  ed  Ev.  Otto  nei  Comm.  al 
^  5  1,  de  fid.  (HI,  21).  Ma  la  parola  omnino  non  lia  mai  nei  giuristi  classici 
11  senso  di  soUdum;  ma  risponde  a  plane,  prmsus,  utique  e  omnino  non  eqni- 
yale  a  nullo  modo,  neiUiquam,  nequaquam,  come  Gius.  Avekanf,  1.  c,  nr.  2. 
ed  Enrico  von  dku  Bnscn,  De  fideinssore  in  maiorem  summam,  quam  quae 
debetur,  adhihito  praes.  Franc.  C.  Com  kadi,  tlelmstadt  1734,  $  1*2,  hanno 
dimostmto  colPaiuto  di  molti  passi.  AncUe  Tespressione  greca  oud^  hdlds  non 
significa  altro  che  il  latino  omnino  non  e  Cciacio  nelle  Beciiat.  ad  lib.  II,  re- 
sponsorum  Fapiniani  in  L.  9  D.  de  usur,  (XXII,  1)  traduce  quelle  parole  molto 
bene:  nullo  modo.  —  G.  G.  AVissenbach  nelle  Exercitat.  ad  Pand.,  parte  II, 
disp.  XXV [I,  (  10  ha  messo  ci6  affatto  faori  di  dubbio  con  un  passo  impor- 
tante  preso  da  Eust^zio,  Vocabul.  graec,  in  Homeri  Iliadem.  Si  vegga  anche 
Cokradi  nei  Progr.  alia  citata  dissertazione  di  yon  dbm  Busch.  La  regola 
ben  nota  che  utile  per  inutile  non  vUiatur  qui  non  h  applicabile.  Poich^  ap- 
partiene  alia  forma  e  natura  del  negozio  che  il  fideiussiore  non  venga  as- 
Bunto  a  condizioni  piti  dure  del  debitore  principale,  dal  memento  che  esse 
non  interviene  cho  per  la  sicurezza  del  creditore;  $  5  I.  d^  fideiuss.,  II,  20 
e  L.  49  in  fin.  D.  eod.  XL VI,  1.  —  Molti  sono  pero  di  altro  avvlso.  Vedi 
E.  Merillio,  (Jommxni.  ad  $5  1.  de  fideiuss.  (II,  29J.  —  G.  Voet,  Oomm. 
ad  Pand,,  lib.  XLVI,  tit  ],  ^  4.  —  Franc.  Broeo,  JiJxposit.  in  Instil.  lusti- 
nian.,  lib.  Ill,  tit.  21,  pag.  631.  Ma  con  me  si  accordano  oltre  i  citati  Cu- 
lACio,  Wissenbach,  Averani,  Conradi  anche  Fr.  Hotomann,  Comm,  ad  $  4 
I.  de  fideu  —  Arn.  Vinnio  nei  Comm.  ad  ^  5  I.  eod.  —  Thibaut  nei  suo  Si- 
stema  delle  Fandeiie  (ted.),  vol.  2,  ^  953  ed  Hopfnrr,  Comm^niario  sulle  Isli- 
tuzioni  di  Heineccio  (ted.),  ^  840. 

20)  V.  Voet,  Comm.  ad  Pand.  li.  t.»  $6.  —  Fabrr,  EalionaJ.  in  Pand.  ad 
L.  4  D.  h.  t.  —  MiiLLER,  ad  Struvium,  Exercit.  XVIII,  th.  81,  nota  d  e  von 
DEM  Buscii,  Diss,  cit.,  ^  17. 


DE  PECUNIA  CONSTITUTA.  191 

pass!  gi^  addotti :  L.  1  §  5,  L.  5  pr.,  L.  11  §  1,  L.  12,  L.  13,  L.  16 
§  1  e  L.  19  pr.  D.  h.  t.  Tali  passi,  come  osserva  il  Yoet  '^^)  a  ra- 
gione,  vanuo  intesl  non  solo  del  coatitato  proprio,  ma  anche  del  co- 
Btitato  alietio.  Lo  parole  a&tto  general!  della  L.  8  §  7  D.  d«  fideims. 
(XLVI,  1)  illtid  commune  est  in  univenis  qui  pro  aliis  ohligantur  hanno 
mosso  alcuni  giureconsalti  ^^)  a  segare  la  differenza  qai  eaposta  e  ad 
affermare  la  plena  invalidity  della  promessa  di  un  costitaente  sotto 
durior  condicio  come  di  quella  di  un  fideiussore.  Essi  quindi  vogliono 
interpretare  quel  test!  limitatamente  restringendoli  al  costituto  proprio. 
Ma  a  tale  interpretazione  si  oppono  il  fatto  che  la  L.  8  non  parla 
clie  dei  fldeiassori  e  che  anche  la  regola  oontenuta  nel  §  7  non  si 
illustra  che  con  esempi  presi  da  casi  di  fideiussione.  K  poi  noto, 
che  per  coloro  qui  pro  aliis  (cioe  alieno  nonitne)  obligantur  possono 
solo  intendersi  i  fideiussori  in  sen  so  proprio  '•^^).  Oltre  questa  difife- 
renza,  seoondo  Topinione  di  alcuni  giureconsalti  ^^',  il  costituto  alieno 
si  distinguerebbe  dalla  fideinssione  anche  in  cib,  che  il  costituente 
pub  essere  come  tale  convennto  senza  potere  intanto  rimuovere  I'a- 
zione  del  creditore  col  pretesto  che  il  debitore  principale  non  sia  stato 
per  anco  escusso.  Poich^,  si  dice,  il  costituto  non  h  un  modo  sussi- 
diario  di  Intercessione ;  per  cib  11  benefidum  excussionis  competente  al 
ftdeiussore  non  deve  competere  al  costituente.  Jo  perb  trovo  difBoolt^ 
ad  acoettare  questa  opinione,  dal  momenlo  che  ad  essa  si  oppone  il 
chiaro  dettame  della  Novella  IV,  capitolo  Y.  Non  bisogna  lasciarsi 
indurre  in  errore  dalla  versione  volgata,  in  cui  i  termini  greci  ho 
antiphon^tes,  ho  antiphdn^sas  ed  hb  tea  antiphAu^sin  bypelthon  ven- 
gono  falsamente  tradotti  colle  parole  latine  sponsor,  qui  sponsioni  se 
siibiecerit,  come  ha  osservato  a  ragione  gi^  Antonio  Sohulting  ''^) : 
essi  vanno  iiivece  resi  colle  parole  constituens,  constitutae pecuniae  reus. 


^<>)  Comm,  ad  Dig.  Tit.  de  fideiNss,,  $  4. 

'^1)  WissENBACH,  Ezercit,  ad  Pand.,  parte  II,  disput.  XXVII,  ih.  10,  pag.  309 
e  A.  ScHULTiNG,  TJies.  conirov.,  dec.  XLVII,  th.  6. 

:»2)  Pr.  I.  de  fidei.  (II,  20).  L.  M  8  D.  de  0.  et  A,  XLIV,  7.  Veggasi  pure 
Gius.  AvERANr,  Interpr,  iur,,  lib.  II,  cap.  3  e  vox  dem  Buscm,  Diss,  cit.,  ^  17. 

^•))  Koch,  Be  constituto  d^biii  alieni  (cit.),  $  16.  —  Tiiibaut,  Sislema  deUe 
Fand.  (ted.),  vol.  2,  $  940  in  fine  e  nota  s. 

^■*)  Tfies,  eontrov.f  dec.  XLVII,  th.  7.  Veggasi  anche  Pothiek,  Pand.  vi8iin.f 
torn.  1  h.  t.,  num.  XXX,  nota  1,  pag.  308. 


192  LIBBO  Xlir,  TITOLO  V,  §  851. 

Gosi  hanuo  pid  esattameote  tradotto  quel  termini  Giuliano  ^^),  Gre- 
gorio  Aloandeo  ^*),  Enrico  Agilbo  '^'^)  e  Giovanni  Federico  HoM  - 
BEBGK  zu  Yagh  ^^).  Che  le  espressioni  antiphon^t^s  ed  antiphdn^sas 
significhino  lo  stesso  di  constittiem  o  qui  ])ro  alio  constituit  o  'pecuniae 
constitutae  reus;  che  antiphdn^sis  significhi  costitato  e  antiphdnein 
costitaire,  appare  non  solo  da  altri  passi  delle  Novelle  di  Giusti- 
NiANO,  in  cai  si  parla  del  costitato,  per  esempio  Novella  115  cap.  6 
e  Novella  136  cap.  1,  ma  anohedalla  Parafrasi  greca  delle  Istituzioni 
di  Teofilo  ^^),  dal  Prdoheiron  ndmon  di  Abmbnopulo  *<^)  e  dai  Ba^ 
silioi,  ne'  quail  non  solo  h  contennta  la  Novella  4  ^^\  ma  due  spe- 
ciali  titoli  trattano  della  pecunia  constituta:  peri  chr6oas  antiphon^- 
8e6s  ^2).  Da  queste  fonti  anche  Dionigi  Gotopbbdo  *'^)  e  Guglielmo 
Ottone  Ebitz  ^)  hanno  eruito  il  vero  significato  di  quel  termini  greci 
non  intesi  dal  vecchio  e  barbaro  traduttore  delle  Novelle.  Non  h 
dunque  concepibile  come  siasi  di  ironte  a  tante  prove  irrefutabili 
negate  tuttavia  al  oostitnente  11  heneficium  excu^sionis  *  )j  o  come  da 
altri  ^'>),  che  pur  non  lo   negano,  si  sia  afiermato  che  la  legge   non 


35)  Epitome  Novell, 

30;  Graec.  Novell j  pag.  15. 

37)  Ad  ea  quae  in  NoveUia  lustin,  constU,  ia8  civ,  attingunl^  liber  sing.  Co- 
Ionia  1558,  constit.  IV  (in  Carlo  Fed.  Zbpbrnich,  Delectus  scnpior.  Novellas 
lusiin.  Imp.  casque  lUstor,  Ulustr.,  Halle  1783,  pag.  21). 

38)  Novell,  Const  ex  graeco  in  lat,  conversae,  Marburg  1717,  pag.  56. 
3«)  Lib.  IV,  tit.  6,  M  8  6  9. 

*«)  Lib.  I,  tit,  3,  ^  47.  Lib.  Ill,  tit  6. 

41)  Tom.  IV,  lib.  XXVI,  tit  2,  cap.  1. 

42)  Lib.  XXVI,  titoli  5  e  7. 

43)  a  Nomenclator  graecaram  inris  dictionum,  quae  apud  Harmenop.  et 
alioB  quosdam  iuris  auotores  occurrunt,  voce,  antiphdnein,  antiphon^sis,  anti- 
phonetts  7>:  agg.  ad  Eat^menop.,  pag.  417. 

44)  Olossar,  tJieophiUn,j  voc.  antiphon^o  (torn.  II,  Paraphr,  grace,  inst,,  pa- 
giua  1252). 

45)  HuBER,    PraeleeL  ad  Band,    h.  t,    $  5.    —    Struvium,    Syni.  iur,  civ,, 


t)  GiusTiNiANO  parla  evidenlemente  del  costituto  di  debito  altrui  fatto  a  scopo  di 
garaatia;  la  sua  disposizione  conterrebbe  una  grave  assurdit^,  ove  si  volesse  applicare 
a  que*  costituti  che  sono  definitive  assunzioni  degli  altrui  debit! :  si  pensi  al  caso  di  una 
delegazione  ottenuta  in  forma  di  costituto  (Bruns,  pag.  286).  Lo  stesso  sarebbe  se  si 
atessero  nel  costituto  delle  modificazioni  al  contenuto  della  principale  obbligazione, 
qualora  risultassero  volute  non  «  eventualmente  >  (Bruns,  i6erf.,),  nia  in  modo  assoluto. 


D£  PEOUNIA  CONSTITUTA.  193 

disoorre  dal  costituente,  ma  ohe  per  lui  milita  lo  stesso  motivo  di 
equity.  Si  avvertano  le  segaenti  parole  seoondo  la  conetta  versione 
di  HoDiBfiBGK  za  Vaoh:  €  Si  qnisigitur  mutuum  dederit,  et  fideius- 
sorem  (eggu^t^n)  aut  mandatorem  (mandd.t6ra)  aut  oonstitutae  pe- 
cuniae reuni  (antiph6nOt^n)  aociperit,  ille  non  statim  ab  initio  man  - 
datorem,  fideiassorem  ant  eonstUuentem  oonveniat,  neque  debitore 
negleoto  intercessoribus  molestas  sit;  sed  prime  eum  qui  pecnniam 
accepit  et  debitum  ooiitraxit  conveniat  et  siquidem  ab  illo  acoeperit, 
a  reliqnis  abstineat:  quid  enim  illi  onm  extraneis  rei  est,  oui  de- 
bitor satisfecitf  si  vero  a  debitore  uec  partem  neo  solidnm  consequi 
poterit,  quantum  ab  illo  aooipere  non  potuit,  pro  ea  parte  cum 
fideiussore  vel  coiigtituentej  vel  mandatore  experiatur  et  ab  eo  reli- 
quum  consequatur.  atque  baec  quidem^  si  utrique,  tarn  principalis 
debitor  quam  fideiussor  aut  mandator  aut  constitutae  pecuniae  reus 
(antiph6nr*sas),  praesentes  sint,  omninodo  serventur.  Si  vero  fideiussor 
aut  mandator  aut  qui  comtitutum  stiaeepit  (lib  t^n  antiphdndsin  hy- 
pelth6n)  quidem  adsit^  principalem  autem  debitorem  abesse  contingat, 
durum  est  creditorem  alio  mittere,  cum  a  fideiussore  aut  mandatore 
aut  constituente  exigere  possit  d.  Un'altra  importante  prova  del  bene- 
ficium  excitssionis  competeute  al  fideiussore  non  meno  che  al  costi- 
tuente  ofifre  ancora  la  Novella  136,  praef.,  in  cui  Giustiniano  si 
richiama  alia  Novella  quarta  e  ricorda  una  speoiale  ecoezione  cbe 
egli  aveva  fatto  al  capo  3  §  1  riguardo  agli  argentarii.  Le  uotevoli 
parole  cbe  si  riferiscono  a  questo  punto  sono  —  secondo  la  versione 
hombergkiana  —  le  seguenti :  Qui  in  corpore  sunt  argentariorum 
fellcin  huiiis  urbis  potentiae  nostrae  supplicantes  de  multis  capitibus 
nos  rogarunt  petentes,  ut  eos  iuvemus,  cum  et  ipsi  multis  se  utiles 
praebeant  quod  constituta  (antiphon^seis)  et  mutua  subeant  omnis 
periculi  plena,  nam  cum  sacra  nostra  constitutio  extet,  quae  vult,  ut 
exactiones  ordine  fiant  et  primum  quidem  principales  rei  eorumque 
res,  deinde  vero  fideiussores  et  mandatores  et  constitutae  pecuniae  rei  *^) 


£xerc.  XVIII,  th.  81.  —  MUllek,  ad  eundenij  nota  a.  —  Bachov,  ad  Treuile- 
ruMj  vol.  I,  diss.  XXIV,  th.  8    e   Laut£RBach,  de  henefwio  exeussionisj    Tu< 
binga  1653,  i  23. 
^)  Qui  anche  la  vnlgata  traduce:  comiituiae  pecuniae  rei 

(•L'!"*,  Comm*  Partdetle,  —  Lib.  XIII.  2.'> 


194  LIBRO  XIII,   TITOLO  V,  §  851. 

(antiph6aetfis)  excatiautur,  ab  hac  lege  collegium  ipsoram  exiuii 
oinaiumqae  gravissima  pati,  si  ipsi  qtddeni  coyistitutionis  auxilio  uti 
nequeantj  sed  Btatirn  exigantur:  si  vera  ab  aliis  constituta  accipiant 
(el  d^  autiphduOscis  par'  hetdrdii  Idboieii)  1111  qui  pecuniam  consti- 
tuerunt  (tous  antiphon^santaa)  vel  Uoruiu  raaudatores  vel  tideius- 
sores  ipsis  noa  satisfaciant  et  conveaiens  esse,  ut  et  ipsi  communium 
leguni  participes  siut  neque  ipsis  coustitutio  nostra  adversetur  i>, 
Fiuo  a  che  punto  Giustiniano  abbia  acoolto  il  ricorso  degU  argeu- 
tarli,  resulta  dal  capo  1.^,  in  cui  si  dice :  c  Sancimus  igitur  si  quidam 
ex  illis  qui  mensae  argeiitariae  praesuut  alicui  inutuam  pecuniaui 
deut  vel  constitutum  (autipUAnesin)  ^^),  vel  fideiussores  vel  inaudatx)re8 
accipiant  ipsisque  coustitutio  etordo  perillam  iutroductusoppouatur: 
ut  turn  iu  illis  coustitutio  optineat,  nisi  speciale  pactum  feceriut  licere 
creditori  prlncipalem  debitorem  et  maudatorem  et  iideiussorem  couve- 
nire,  non  expectato  coustitutiouis  ordine.  Propter  studium  enim  quod 
argentarii  in  communes  contractus  collocant  ciui<modi  pacta  admit- 
tiuius,  quae  non  videntur  contra  legem  esse ;  quoniam  unicuique  ea> 
quae  a  legibus  illi  data  sunt,  contemuere  ]icet.  sed  si  eiusmodi  pactum 
flat,  liceat  illis  primuiu  etiam  mandatorem  et  prlmuni  fideiussorem 
aliasque  personas  convenire.  Quare  si  pactum  scriptum  non  est,  etiam 
iu  illis  coustitutio  omnino  optineat;  sin  autem  scriptum  sit  pactum, 
legem  det  contractu!  atque  exinde  exactiones  fiant  y>.  Con  quc^^ta 
Novella  h  stata  nuovamente  confermata  la  surriferita  eccezione  ri- 
sguardante  gli  argentarii,  come  colore  ai  quali  piu  non  deve  com- 
petere  il  beneficio  di  escussione,  se  essi  per  Udeiussione  o  mandato 
qualificato  o  costituto  hanno  assunto  I'obbligazioue  di  uii  terzo  a  di 
lui  profitto  ^^).  Essi  pregarono  I'iraperatore  che,  dal  luomento  che  per 
le  loro  intercessioni  essi  potevano  essere  convcnuti  prima  del  debi- 
tore  prinoipale,  un  ugual  diritto  venisse  loro  concesso  contro  coloro,  che 
avcssero  garantito  o  costituito  per  il  loro  debitore.  Ma  essi  ottennero 
solo,  che  fosse  loro  x)ermesso  di  acquistare  tale  diritto  con   apposita 


^")  La  veraione  vulgata  ha  qui:  vel  coiistituiae  pecuniae  reos. 

■^'*)  V.  RiTTERsuusio,  Li8  uisttn.f  parte  III,  cap.  2,  num.  25,  —  Richtkr, 
Bxpoaitio  omnium  autlieniicarum  Co<l,  lusiin,  ad  Auth.  Praesenie  Cod.  de  Ji- 
deiusM.j  ur.  44  sq.,  pag.  366. 


DE  PEOUNIA  CONSTITUTE.  195 

pattuizione  *'*).  Ancora  un'altra  ecoezione  fa  lo  Hubeb  ^"),  nella  quale 
il  benelioio  di  escussione  verrebbe  ineno  nel  costituto  alleyo,  e  cio^ 
quando  sla  iissato  un  termine  preciso  nel  quale  il  costitupute  debba 
pagarC;  se  entro  questo  termine  non  paga  il  debitore  principale.  Un  . 
tale  esenipio  offre  Mabcello  nella  L.  24  D.  h.  t. :  c  Titius  Seio  epi- 
stulani  misit  in  haec  verba:  remameriint  apud  me  quinquaginta  ex 
eredito  tuo,  ex  contractu  pupiUorum  meorum,  quos  tihi  reddere  debeho 
idihm  mails  probos,  quodsi  ad  diem  suprascriptuvi  7ion  dedero,  twic  dare 
debebo  usttraa  tot.  Quaero  an  Lucius  Titius  in  loouiu  pupillorum  hac 
cautione  reus  successerit.  item  quaero,  an,  si  non  sncoessisset,  de 
eonstituta  pecunia  teneatur.  Marcellus  respondit  in  sortem  teneri : 
-est  enim  humanior  et  utilior  ista  interpretatio  j>.  Se  il  debitore  prin- 
ci))ale  fosse  gic\  condannato  al  pagamento  con  sentenza  .passata  in 
giudicato  e  il  costituente  avesse  assunto  di  pagare  il  giudlcato  a  fa- 
V4>re  del  debitore,  tutti  concedono  clie  qui  vien  meno  il  beneficmm 
ordinis  •"»' ). 

Invece  la  tideiussione  ha  comuni   col  costituto   alieno  i  punti   se- 
guenti : 

1.°  Presuppone  la  capacity  di  assumere  obbligazioni  altrui.  Clii 
non  pub  essere  iideiussore  non  puo  neppure  concliiudere  un  simile 
costituto,  come  ad  esempio  donue,  soldati ''-). 

2.^  Suppone,  come  la  iideiussioue,  anche  questo  costituto  la  pree- 
sistenza  di  una  obbligazione  per  s^  nou  invalida,  sia  essa  del  resto 
nata  da  atto  lecito  o  illecito  -^^j.  Non  occorre  che  sia  sempre  oerta  la 
persona  del  debitore  al  momento  in  cui  si  conchiude  il  costituto. 
Basta  che  in  generale  vi  sia  un  debito.  Quindi  si  pub  costituire  pc' 


^'•>)  Vedi  E.  HuBEKT,  dissert.  II,  de  argeniarm  vetenim,  cap.  II,  ^  5  in 
"G.  Oblkich,  Thes.  diasertat,  iurid,  belgicar.j  vol.  II,  torn.  1,  pag.  127. 

"'•')  PraeU  ad  Band.  h.  t.,  ^$  5  e  6. 

'•I)  Mevius,  parte  I,  decis.  229.  —  Stkyck,  Us,  mod.  Band,  h.  t.,  ^  ult.  e 
altri. 

•*-)  L.  1  ^  1  D.  h.  t.  Lauterbach,  VolL  ili.  pract,  Pand,  h.  t.,  $  6  e  G.  L. 
BoH3iKP.,  Cast  scelti  di  diritfo  (tedesco),  vol.  I,  parte  I,  reep.  XLV,  num.  12 
e  seg. 

"•i)  L.  1  ^^  G,  24,  26,  29  D.  li.  t.  Lautekbach,  1.  c,  ^  8  e  Webeij,  Svolgi- 
mento  sistemaiico  della  dottrina  delV obbligazione  nat urate  (ted.),  ^  124. 


195-  LIBBO  XIII,  TrroLO  V,  §  851. 

debit!  ereditarii  a  vaiitaggio  dei  creditor],  quantnnque  I'erede  uon 
abbia  an^ra  adito  Teredit^  e  sia  anzi  molto  dubbio,  8e  la  vorr^ 
adire.  IJl^a.no  dice  nella  L.  11  pr.  D.  h.  t.,  cbe  a  hactenus  igitur 
constitatam  valebit,  si  quod  constituitur  debitum  sit,  etiam  si  nullus 
appareat  qui  interim  debeat:  utpota  si  ante  aditaui  bereditatem  de- 
bitoris  vel  capto  eo  ab  hostibus  canstituat  quis  se  solnturum ;  nam 
et  Pomponius  scribit  valere  ooustitutum,  quoniam  debita  pecania  eon* 
etituta  est  i>  •^). 

3^.  II  consenso  del  debitore  non  si  esige  qui  come  non  si  esige 
nella  fideiussione.  Non  solo  dunque  il  coi^tituto  pub  avvenire  seuza, 
ma  pub  anche  avveni^  contro  la  volont^  del  debitore  e  il  debitore 
non  ha  potere  dr  impedire  cbe  il  costitueute  pagUi  al  credltore.  Di 
oib  ci  amm^stra  pure  ITlpiano,  dicendo  nella  L:  il  D.  h.  t. :  a  Utrum 
praesente  debitore,  an  absente  oonstituat  quis,  parvi  refertboc  am- 
plius  etiam  invito  constituere  '*-')  eum  posse,  Pomponius  libro  XXXIV 
soribit.  unde  falsam  putat  opinionem  Labeoni^  existimantis  si  post- 
quam  qui  constituit  pro  alio,  dominus  ei  deufmtiet,  ue  solvat,  in 
factum  exceptionem  dandam.  nee  inmerito  Pomponius :  nam  cum 
semel  sit  obligatus  qui  constituit,  factum  debitoris  non  debet  eum 
exGusare  ^. 

4t.^  L'obbligazione  del  costituente  ^  come  quella  del  fideiussore 
meramente  accessoria.  Essa  vien  meno  se  Pobbligazioue  principale 
del  debitore  viene  estinta  per  pagamento  o  altrimenti  in  via  legale  ''^M. 
Se  il  creditore  avesse  agito  prima  contro  il  costituente   senza  otte- 

■ 

nere  il  pagamento,  il  debitore  principale  non  resta  liberate,  ma  ri- 
mane  sempre  libero  al  creditore  di  rivolgersi. contro  il  debitore  prin- 
cipale. Gib  pub  una  volta  essere  state  controverso  fra'  giuristi  ro- 
mani,  ipa  il  passo  di  Ulpiano  mette  il*  punto  fuori  questione.  Questo 
giurista  romano  dice  nella  L.  18  §  ult.    D.  h.  t. :   c  an  qui  hac  ac- 


s-i)  Veggarti  Ant.  Fabso,  Rational,  in  Pand.  h.  1. 

•'•'»)  Invece  di  dominus  il  Fabro,  Coniecfur,  inr.  cjV.,  lib.  XV,  cap.  4,  legge 
debitor,  Questa  emendazione  u  approvata  anche  da  G.  Noodt,  (hmm.  ad  Dig. 
h.  t.,  pag.  314  e  ha  per  se  rautoritii  dei  Basilici,  lib.  XXVI,  tit.  7,  ovp.  27 
(t.  IV,  pag.  186  ed.  Fabuot).  Si  voda  pero  G.  Meirr,  'kv^.I-jv  Itistin,,  dec.  V» 
cap.  2. 

50)  L.  43  D.  de  sol.,  XLVI,  3.  L.  28  D.  h.  t 


DE  PEOTTNIA  OONSTITUTA.  1^ 

tioue  egit  sortis  obligationem  oonsamat  T  Et  tiitius  est  dicere  sola- 
tione  potius  ex  hac  actione  facta  liberationem  oontiDgere,  i^on  litia 
contestatione  ^7).   quoniam  solutio  ad  utramqne  obligatioq^m  pro- 

*  5.^  Di  regola  p«r5  il  oostituto  alieno  h  oome  la  fideiossioue  una 
iDteroessioae  susaidiaria.  Gib  almeno  non  ha  dubbio  per  la  Novella  4, 
cap.  1.^,  -per  cai  anche  11  oostituente  i  obbligato  Bolo  tanto,  in  quanto 
11  creditore  non  pa6  ottenere  dal  debitore  principale  il  soddisfaci- 
mento.  Quindi  nella  prassi  viene  concesso  senza   sornpolo  al  costi- 

tuente  il  benefieium  excusiionU  ^^). 

* 

6.^  Se  pill  persone  hanno  costituito  pel  medesimo  debito,  sono 
tenate,  sictome  piti  fideiassori,  quali  dbrrei  ^^),  ma  anche  ad  ease 
come  ai  fideiussori  compete  il  beneficio  di  divisione  ^^).  GiustiNiANO 
trova  equa  tale  parifioazione,  ordinando  nella  L.  3  G.  h.  t. :  <  divi 
Hadriani  epistalam,  quae  de  perioalo  dividendo  inter  mandatores 
et  fideiaasores  loquitur  Jocnm  habere  in  his  etiam,  qui  pecnnias  pro 
aliis  simnl  constituunl»  neceaaarinm  est :  aequitatis  enim  ratio  diver- 
sas  species  actionis  excludere  nullomodo  debet  >. 


§  852  a. 
Condizioni  delVazione  de  constitnta  pecunia.  Azione  diretta  ed  utile. 

Anoora  devesi  avvertire,  che: 

Perch^  abbia  luogo  Pazione  de  comtituta  pecunia  I'Editto  pretorio 
esige  due  requisiti  e  cio^: 

a)  che  il  costituente  non  abbia  eseguito  la  sua  promessa, 

b)  che  il  creditore  non  siasi  opposto  alia  esecuzione.        , 

• 
57)  L.  29  D.  de  nov.,  XLVI,  2. 
r>H)  L.  23  Cod.  de  fid.  (VIII,  40). 
''9)  Mbvius,  parte  I,  decis.  229.  —   Caupzov,  [Mtrt©  II,  cost.  XV III,  def.  2. 

—  Wbrnhkr,  OhservaU  forens,,  tomo  I,  parto  1,  obs.  29  e  parte  IV,  obs.  24. 

—  BsuQBR,  Oeeonom,  iuriSj  lib.  Ill,  tit.  1,  th.  11,  nota  3.  —  Lauterbach, 
Golleg,  th,  pr.  Pand.  li.  t.,  $  21.  —  Wkstphal,  Pareri  giuridici  (ted.),  vol.  I 
h.  t.  $  1  pag.  81.  —  HoFAGKBR,  Princ,  iur.  civ,  rom,  germ.,  torn.  Ill,  ^  2069. 

«o)  L.  16  pr.  D.  h.  t. 

<5l)  LaCTB REACH,   1.   C,   $   17. 


198  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  852  a. 

Le  parole  delPeditto '  ^"»),  che  oonteugono  qnesta  duplice  condizione, 
sono  riferite  da  Ulpiano,  L.  16  §  2  D.  h.  t.  e  sono  le  seguenti : 
€  Ait  praetor :  si  appareat  eum  qui  coiistituit  iieque  ^olvisse  neqne  /<?- 
cis8€  neque  per  actoreyn  sietisse  quomintis  fieret  quod  constitutum  est. 
indicium  dabo  »  "^).  II  senso  di  queste  parole  ^  dunque  che  il  con- 
venuto  deve  trovarsi  in  mora  solvendi,  il  creditore  invece  non  tro- 
yarsi  in  mora  accipiendi  "),  perch^  I'azione  possa  aver  luojjjo.  lo  ho 
detto,  che  il  convennto 

a)  non  deve  avere  adempiuto  la  sua  promessa.  Anzitutto  qnindi 
viene  in  cousiderazione  il  caso,  che  il  costituente  non  abbia  affatto 
esegulto  il  promesso  pagamento  e  iuoltre 

x)  se  ha  promesso  un  pagamento  e  poi,  invece  di  esso,  non 
otfra  che  una  cauzione  ^'*).  S'egli  invece  avesse  promesso  quest'ultima, 
agirebbe  in  conformity  alia  promessa,  se  costituisse  I'assicurazione 
promessa  o  con  garanzia  o  con  pegno.  Paolo  dice  nella  L.  21  §  2 
D.  h.  t.:  «  Gonstituto  satis  non  facit  qui  soluturum  se  constituit,  si 
ofterat  satisfaetionem.    Si  quis  autem  constituat  se  satisdaturum  *''^ )  et 


<'^)  Queste  nltime  parolo  supplisce  non  86Dza  fondamcnto  A.  Fabbo,  ifa- 
iional.  in  h.  1. 

o:!)  v^  grande  differenza  frn  <i  pagamento  d  e  m  prostaziono  di  cauzione  d. 
11  primo  deve  esBere  ricevuto  dal  creditore,  anche  contro  la  Rua  volont^;  la 
seconds  no.  Questa  si  equipara  al  pagamento  sol  quando  il  creditore  Tnc- 
cetta:  L.  6  vS  1  D.  qnib,  mod,  pign.  solv.,  XX,  5. 

♦»^)  CoSi  leggo  la  fiorontina.  Inveco  Aloandko  e  Baudoza  leggono  satis fac- 


t  bis)  Ancha  il  BauNS  crede  a  torto  che  qui  si  tratti  delfeditto.  Come  inyece  ha 
egretriamente  il  Lenel,  si  trattadi  una  parte  delta  formola:  <  si  paret . . .  NunieriumNe- 
gidium  neque  Bolvisse  neque  fecisse  quod  constituit  neque  per  Aulum  Agerium  stetisse, 
quominus  etc. ». 

u)  II  concetto  della  mora  e  male  applicato  al  costituto.  Ricordiarao  che  nel  suo 
signiflcato  originario  esso  e  promessa  di  pagamento  di  una  obbligazione  ad  un  giomo 
determinato.  II  giorno  non  e  quindi  una  modality  delKobbligazione  costitutoria ;  fa 
parte  essenziale  del  contenuto  di  essa:  non  pagare  a  quel  giorno  determinato  equivaie 
a  noix  adempire  V obbligazione:  Tazione  costitutoria  non  mira  quindi  a  ottenere  Ta- 
dempimento,  ma  Tinteresse  pel  mancato  adempimento.  Questo  rimase  sempre  lo  spiriio 
deiristituto  e  delTazione  correlativa;  non  si  discorre  di  mora  nelle  fonti  a  proposito 
d^l  costituto,  meno  che  neiPinterpolato  fr.  14  §  2  D.  h.  t.  Con  tale  orlginaria  natura 
delfazione  costitutoria  e  in  armonia  anche  il  suo  carattere  penale  (fr.  18  §  2  D.  h.  t. 
cfr.  Bruns,  pag.  255),  che  poi  si  yenne  man  mano  attenuando  e  perdendo. 


DE  PEOUNIA  CONSTITDTA..  199 

Jideiussorem  vel  pignera  det,  non  tenetnr  :  quia  nihil  iutersit,  quemad- 
modam  satisfaciat  i>. 

^)  66  il  Gostituente  vuol  prestare  qualche  cosa  di  diverse  da 
ci5  che  ha  promesso  di  pagare.  Poich^  qui  pure  vale  la  regola,  che 
deve  prestarsi  proprio  quell'oggetto,  a  cui  si  riferisce  I'obbligazloue 
del  debitore :  trattisi  di  un  dare  o  di  un  fare  ^'')- 

7)  se  il  costituente  ha  prestato  il  pagameuto  a  persona  di- 
versa  da  quella,  cai  questo  h  stato  promesso.  Per  esempio :  tu  avevi 
da  principio  promesso  il  pagamento  a  me  o  a  B;  quindi  con  costi- 
tuto  prometti  di  prestare  a  me  solo  il  pagamento.  Tuttavia  tu  hai 
poi  pagato  il  debito  a  B.  Qui  io  ti  posso  uonostante  conveuire  ex 
eonstituto  "*^j.  Gib  vale  anche  nel  caso  in  cui  il  debitore  faccia  cou- 
stituto  con  uno  dei  creditori  correali,  promettendo  di  pagare  a  Ini 
solo  e  quindi  faccia  alFaltro  il  pagamento.  Colui,  a  cui  favore  ^  fatto 
il  oostituto^  viene  in  tale  ipotesi  considerato  come  creditore  esclusivo. 
Dice  Paolo,  L.  10  D.  h.  t. :  « Idem  est  et  si  ex  duobus  reis  stipu- 
landi  post  alteri  constitutum  alteri  postea  solutum  est:  quia  loco 
eius,  cui  iam  solutum  est,  haberi  debet  is  cui  constituitur  ». 

h)  L'altro  requisite  ^  die  non  si  a  dipeso  dal  creditore,  che  il 
debitore  non  abbia  eseguito  il  costituto.  Se  manca  uno  di  quest! 
requlsiti,  vien   meno   Tazione;   non  scusa    pero  verun    ostacolo,  per 

• 

quanto  aifatto  casuale  che  sorga  nella  persona  del  costituente  pel 
termine  del  pagamento  ♦^"j.  «  Generaliter  enim  causa  difficultatis  ad 
incommodum  promissoriS;  non  ad  impedimentum  stipulatoris  pertinet  2» : 
dice  Venulejo,    L.  137  §  4  D.  de  verb.  ohl.  XLV,  1.    Solo   quando 


iurum.  Questa  lezione  ^  preferita  da  Ger.  Noodt,  Comment  ad  Dig.  h.  t,, 
$  Expectas,  pag.  316.  11  nostro  manoscrilto  delle  Pandette  di  Erlangen  con- 
corda  colla  fiorentina.  Nei  JJasilici  (ed.  cit,  torn.  IV,  pag.  185  in  fine)  si  dice: 
n  ho  aniipfionon  hicanodosian  didonai  j> :  qui  constituH  se  saUsdaiw^im.  —  Bris- 
80NI0)  de  Verb,  Sign.  voc.  Satisdare,  osserva  a  questo  puuto  che  talora  la  voce 
Saiiadare,  presa  in  senso  generale,  equivale  a  (juoquo  modo  satisfacere, 

«'*)  L.  25  D.  h.  t.  L.  2  $  1  D.  de  reb.  ered,,  XII,  1.  Duakrko,  (Jomm,  ad 
h,  U,  cap.  4,  pag.  932  e  Thibaut,  ^^stema  delle  Pandette  (ted.),  vol.  I,  ^  92. 

««)  L.  8  D.  h.  t.  PoTHiEU,  Pamh  lustin,,  tomo  I  h.  t,  nr.  23  e  %egQ*^  pa- 
gina  388. 

«")  Vodi  MuLLEU  ad  Struv.,  Syntagma  iur,  civ.^  Exercit.  XVIII,  th.  49, 
nota  V. 


200  LIBBO  XIII,  TITOLO  V,  §  852  a. 

la  cosa  che  costitaisce  I'oggetto  della  obbligazione,  per  caso  fortaito 
perisoe,  il  costituente,  che  tuttavia  venga  convenuto^  puo  dl fenders! 
ooD  una  eecezioiie  ^^),  come  insegna  Ulpiano,  che  dice  uclla  L.  16 
§  3  D.  h.  t. :  c  si  non  stetit  per  actorem,  tenet  actio,  etiamsi  per 
reram  nataram  stetit.  sed  magis  dicendum  est  sabveniri  reo  deberi  >• 
Si  chiede  perb  a  quale  epoca  bisogna  guardare  per  giudicaro  se  Tat- 
tore  o  il  convenuto  fosse  in  mora.  Se  noi  iu  proposito  confrontiamo 
la  L.  16  §  ult.  e  L.  17  e  la  L.  18  D.  h.  t.,  pare  che  Ulpiano  e 
Paolo  non  avessero  su  questo  punto  opiiiione  Concorde.  Ulpiano 
afferma  che  secondo  le  parole  deireditto  occoVre  guardare  ])reciAa- 
mente  al  termine  fissato  nel  costituto.  Se  a  quel  tempo  il  costi- 
tuente  non  aveva  adempiuta  la  sua  obbligazione,  6  fondata  Tazione 
contro  di  lui,  ancorch^  piil  tardi  egli  abbia  oilerto  il  pagamento  al 
oreditore.  Le  seguenti  parole  non  lasciano  intorno  a  cib  dubbio  ve- 
runo :  c  haec  autem  verba  praetorls :  neque  fecisse  reum  quod  con- 
stituitj  utrum  od  tempus  oonstituti  pertinent,  an  vero  usque  ad  litis  con^ 
testationem  trahimvs :  dubitari  potest,  et  puto  ocZ  tempus  constituti  >. 
Paolo  inveoe  crede  che  il  costituente,  se  anche  non  si  h  presentato 
proprio  al  giorno  determinate,  ma  piti  tardi  ha  offer  to  al  creditore 
il  pagamento,  faccla  cadere  in  mora  il  creditore  che  senza  legittima 
causa  si  rifiuti  a  ricevere  il  pagamento.  II  debitore  potrebbe  dnnque 
rimuovere  gli  effetti  della  sua  mora  finch^  il  creditore  non  ha  in- 
tentato  la  sua  azione.  Gosl  si  intenderebbero  le  parole  del  pt*etore 
€  neque  fecisse  reum  >  secondo  equits^  c  secondo  lo  F^pirito  dell'editto. 
Questo  ^  il  sense  della  L.  17  D.  h.  t.,  in  cui  Paolo  dice :  <c  sed  et 
si  alia  die  ofiferat  neo  actor  accipere  voluit,  nee  ulla  iusta  causa  fuit 
non  accipiendi,  aequum  est  saccurri  reo  aut  exceptione  aut  iusta  in- 
terpretatione,  ut  factum  actoris  usque  ad  tempus  iudicii  ipsi  noceat; 
ut  ilia  verba  neque  fecisse  hoc  significant :  ut  neque  in  dieni  in  qttam 
constituit  fecerit,  neque  postea  y>,  II  nesso  fra  due  passi  h  dunque  questo: 
Secondo  le  parole  dell'editto  il  debitore  ^  ia  mora,  s'egli  non  si  pre- 
seuta  al  creditore  puntualmente  al  giorno  fissato  e  adempie  la  sua 
obbligazione.    Ma  secondo    una   benigna   interpretazione  di  esse,    il 


«^)  Vedi  Ant.  Fabro,  BationaLin  Pand.  li.  t  e  G.  Jensio,  Strkturae  ad  ram. 
iuris  Pand.  ad  L.  14  ^  3  D.  h.  t.,  pag.  105  (ed.  Leida  1764,  4}. 


DB  PBOUNIA  CONSTITUTE.  201 

costituente  pad  pargare  la  saa  mora,   officendo  il  pagamento   finolife 
il  creditore  non  abbia  intentata  I'azlone.  Se  il  oreditore  respinge  tale 
ofiferta,  senza  avere  fondato  interesse,  cade  a  saa  volta  in  mora  e  8e 
quindi  agisce  centro  il  costituente,   quest^altimo   pub  difenderd  coli 
una  eccezione.  c  Est  igitar  in  mora   accipiendi  actor  —  dice  a  ra- 
gione  Antonio  Fabbo  *^^)  —  quaiudia  nihil  adhuc  coepit  ipsius  inte- 
resse,  licet  constituens  faerit  in  mora  solvendi.   Merito  igitar  volnit 
praetor,  ut  factatn  actoris  ipsi  noceat,  ad  tempus  usque  accepti  iudidl, 
nisi  iustam  causam  habaerit  recusandae  solutionis,  idest^  nisi  dam- 
num aliquod  ex  mora  senserit,  ut  negari  nou  possit  eius  interesse  >. 
Gon  questa  spiegazione  concordano  anohe  i  Basilici  ^^J,  in  cui  il  senso 
de'  due  pass!  arrecati  h  espresso  nel  segueute  modo  :  c  Ho  m^^  empro- 
th^smos  poion  ho  per  anteph6n^sen,  hypokeitai.  h5d^  physikdsempo- 
distheis  bo^theitai.  Cai  h5  met^  tauta  m^chri  prokat^rxeds  poidn  hoper 
antephonesen,  en  hoi  m6  diaph^rei  toi  en^genti  i>.  Yale  a  dire:  c  Qui  con- 
stituta  die  nou  fecit  quod  constituit,  tenetur.  si  vero  per  rerum  natu- 
ram  stetit,  subvenitur  ei.  Et  ei  qui  postea  usque  ad  litis  contostationem 
fecit  quod  constituit,  si  actoris  non  interest  :»•  Oosl  rimangono  chiarite 
le  parole  delPEditto  neque  solvisse  neque  feoisae,  che  parlano  della  mora 
del  debitore.  Ma  a  simile  dubbio  dauno  luogo  le  parole  c  neque  per  ao- 
torem  stetisse  ».  Ulpiano  afferma  che  pur   queste  devono  restrin- 
gersi  al  tempo  flssato  nel  costituto.  Se  a  questo   tempo  il   creditore 
era  parato  a  ricevere,  Tazione  e  fondata,  ancorch^  non  lo  fosse  stata 
prima  e  nol  fosse  piu  dopo.  Le  sue  parole  (L.  18  h.  t.)  sono :  «  Item 
ilia  verba  praetoris  iieque  i)er  (Mtoreni  stetisse  eandem   reoipiunt  du- 
bitationem.  Et  Pomponlus  dubitat,  si   forte  ad   diem  constituti  per 
actorem  non  stetit,   ante  stetit  vel   postea.  et  ptito  et   haec  ad  diem 
comtitxiti  referenda  t>.  Se  si  volessero  inteudere  queste  parole  del  caso, 
che  11  creditore  rifiutasse  il  pagamento  offerto  prima  del  termine  del 
costituto  o  dopo  di  esso  e  si   ritenesse  per   fondata  Tazioue   purche 
egli  fosse   al  termine  stesso    parato  a  ricevere  la  prestazione   della 
cosa  dovuta,  vi  sarebbe  qui  pure  una    coutraddizione  fra   Ulpiano 
e  PAOiiO.  Ma  era  deciso  il  caso  in  cui  il  debitore    mancasse    vera- 


^'J)  EaiionaU  in  Pand,,  1.  c,  pag.  513. 

'»)  Tomo  IV,  lib.  XXVI,  tit.  7,  pag.  184  ed.  Fabr. 

GuTK,  Comm.  Pandette,  —  Lib.  XIII.  20 


202  LiBRO  xiir,  TiTOLO  V,  §  852  a, 

ineiite  al  termiue  del  costituto,  ma  piu  tardi,  prima  che  il  creditore 
inteutasse  contro  dl  lui  azione,  oftrisse  il  pagamento.  Che  qui  se- 
coudo  ana  iuterpretazione  equa  e  couforme  alio  spirito  dell'editto  nou 
si  potesse  iutentare  Tazione  con  profitto  del  creditore  che  seuza  giasta 
causa  avesse  respinto  Foffertx)  pagamento,  (^,  secondo  il  dettato  di 
Paolo,  da  reputarsi  quale  principio  sicuro.  Tauto  meno  puo  con 
fondamento  dubitarsi,  che  il  debitore  possa  difendersi  con  una  ec- 
cezione,  qualora  esso  prima  che  arrivasse  il  termine  del  pa«^amento 
avesse  o£ferto  al  creditore  la  cosa  dovuta  e  cestui  Pavesse  seuza  le- 
gittima  causa  rifiutata.  Poich^  lo  stesso  Ulpiano  dice  nella  L.  38 
§  36  D.  (Ze  V.  0.,  XLV,  1 :  «  quod  certa  die  promissuni  est  vel  statim 
darl  potest:  totum  enlm  medium  tempus  ad  solvendum  liberum  pro- 
missori  relinquitur  ».  E  d'accordo  va  pure  Celso  nella  L.  70  D.  de 
aoltitj  XLVI,  3.  Ma  gli  esempi  addotti  da  Ulpiano  nella  L.  18  pr. 
D.  h.  t.  provano  che  qui  si  parla  di  un  caso  in  cui  Padempimento 
dell'obbligazioue  da  parte  del  debitore  fu  impedito  non  da  rifiutata 
aceettazione  del  pagamento  dovuto,  ma  da  altri  eventi  casuali  veri- 
Hcatisi  nella  persona  del  creditore.  Qui,  secondo  il  concorde  avviso 
di  Ulpiano  e  di  Paolo,  tutto  dipende  solamente  da  cib,  che  I'evento 
il  quale  ha  impedito  al  creditore  di  ricevere.  la  prestazione,  cui  era 
pronto  il  debitore  oostituente,  si  h  avverato  nella  di  lui  persona 
proprio  al  tempo  in  cui  la  prestazione  doveva  efifettuarsi,  ovvero 
prima,  ovvero  dope.  Solo  nel  primo  caso  esso  h  di  danno  al  credi- 
tore; negli  altri  casi  Tazione  h  fondata.  Gosi  devono  con  Oiacomo 
VooEDA  "0  spiegarsi  le  parole  di  Ulpiano,  che  sono :  «  Proinde  si 
valetudine  impeditus  aut  vi  aut  tempestate  petitor  non  venit,  ipsi 
nocere  Pomponius  scribit  )>.  Secondo  queste  parole  duuque,il  creditore 
h  in  mora  se  al  giorno  fissato  nel  costituto  il  debitore  ^  state  pronto 
ad  eseguire  Pobbligazioue  e  niuna  cosa  lo  ha  impedito  di  fare  il  pa- 
gamento, tranne  che  la  manoata  presenza  del  creditore,  il  quale  non 
si  pot^  trovare  al  giorno  fissato,  aucorch^  quest'ultimo  fosse  impos- 
sibilitato  da  un  evento  esplicatosi  circa  la  sua  persona  di  ricevere  la 
cosa  dovuta  dal  costituente  al  termine  stabilito.  Se  tuttavia  in  questo 
caso  vien  meno  Vactio  de  comtituta  pecuniae  il  creditore  pub  sempre 


71)  Inierpretat.  et  emend,  iuris  rom,,  lib.  I,  cap.  16. 


DB  PECaNIA  CONSTITDTA.  203 

valersi  deU'azione  che  a  lui  competeva  prima  del  cOstituto  per  ef- 
fetto  del  negozio  eonohiaso  "'^).  Gi^  sopra  si  h  osservato,  ohe  col  co- 
vStitato  uon  viene  tolta  la  primitiva  obbligazione. 

11.  L^azione  de  constituta  pecunia  ora  h  diretta,  ora  b  utile.  La 
prima  spetta  a  coliii,  verso  il  quale  ^  fatto  il  costituto,  sia  lo  stesso 
creditore,  sia  uu  terzo,  a  cui  s^^  fatto  il  oostituto  per  volontii  del 
ereditore  ^^j  Qiiiiidi  aiiche  uu  proeuratore  pub  agire  direttamente,  se 
a  lui  6  prestato  il  pagameuto  "^)  e  nou  c'6  poi  il  menomo  dubbio 
elie  l^azioue  competa  anche  agli  eredi  ^■'').  La  seconda  compete  a  uu 
terzo  e  ciofe  a'  pupilli,  a'  miuori,  a'  Gomuni^  se  i  loro  tutori,  curator! 
ed  attori  hanno  costituito  coi  loro  creditori  nel  loro  iuteresse  ^*'')'  Sc 
il  fiduciario  ha  costituito  coi  debitor!  creditarii  a  bencficio  della  ere-  . 
diti^j  le  fonti  gli  uegano  dopo  ravvenuta  restituzione  Tazione  de  con- 
stituta pecunia;  porch^  per  prescrizione  del  senatoconsulto  trebel- 
liauo  i  credit!  ereditarii  souo  passati  uel  fedecommissario.  Ma  si  do- 
manda  se  il  fedecommissario  possa  valersi  deirazione  costitutoria. 
Yerameute  le  azioui  derivauti  da  quei  negozii  die  il  fiduciario  ha 
intrapreso  prima  della  restituzione  uou  passauo  la  forza  del  seuato- 
consulto  ipso  iure  nel  fedecommissario;  ma  egli  deve  farsi  special- 
meote  cedere  dal  lidueiario  i  relativi  diritti "').  Tuttavia  per  equiti\ 
si  concede  al  fedecommissario  uu*azione  utile  ejr  constituto,  la  quale 
spetta  anche  al  vero  erede  nel  caso  ch'egli  abbia  evitto  I'ereditti  dal 
suo  possessore,  che  prima  avesse  costituito  coi  debitor!  ereditarii  ^^). 


"-')  Vedi  Ulr.  Hcbek,  PraelecL  ad  Fand.  h.  t,  $  8.  —  Ger.  Noodt,  Comm. 
ad  Big.  b.  t,  \ifig,  IM6  e  A.  Schulting,  Thes.  controv.,  dec.  XLVII,  tli.  9. 

'•^)  L.  5  M.  L.  6.  L.  7.  L.  8  D.  h.  t.  Voet,  Comm.  ad  Fand.  h.  t,  M*  — 
Stkuv.,  Syntagm,  iur,  civ.  h.  t.,  tli.  79  e  MiiLLBU,  ad  Eiindem,  nota  x. 

•^)  L.  5  ^  6  D.  h.  t. 

~')  Poiche  Vazione  de  comtiiiiia  pecunia  e,  come  insegna  Ulpiano,  L.  18 
^  2  D.  h.  t.,  un^azione  meramente  persecatoria,  ancorcb^  I'obbligazioDe  con- 
fermata  medlante  il  costituto  nascesse  origiDariamente  da  delitto.  VedlBoE- 
CKGLHANK,  Comm:  in  Big.  h.  t,  ^  10.  Cbe  quindi  I'azione  costitutoriu  pass! 
tanto  attivamente  qnanto  passivamente  agli  eredi,  insegna  espressameKte 
GiusTixiAXO,  L.  2  pr.  Cod.  li.  t. 

••')  L.  5  $  9  D.  h.  t. 

"")  L.  73  pr.  D.  ad  S.  C.  TrebelL,  XXXVI,  1.  V.  Westphal,  Bei  legali  e 
dei  fedecommessi  (ted.),  parte  II,  $  1859. 

~'^)  Secondo  il  rigore  del  diritto  i  contratti  concbiusi  dal  possessore  di  una 


204  LIBRO  xiir,  TITOLO  V,  §  852  b. 

Paolo  conferma  tutto  qaesto,  dicendo  nella  L.  22  D.  h.  t.:  c  Si  post 
oonstitntam  tibi  pecaniam  liereditatem  ex  senatusconsalto  trebelliano 
restitiieris,  quoniam  sortis  petitionem  traDBtulisti  ad  alium,  dene- 
gauda  est  tibi  pecuniae  constitatae  actio.  Idem  est  in  hereditatis 
possessore  post  evictam  liereditatem.  Sed  magis  et  ut  fideicommissario 
vel  qtii  vidty  decernenda  esset  acfto  d  "») »). 


§  852  b. 

Uso  attuale  di  questa  dottrina  0- 

Non  si  pu6  negare  in  genere  Puso  odierno  del  costituto.  Oggi  ye- 
ramente   ogni  promessa   produce  x)er   s&  azione,    sia  fatta  o  no   con 


orediti^  altrai  non  esplicano  pel  vere  erede,  die  poi  evinca  la  eredita^  ne 
obbligazioni,  ne  diritti:  L.  17  $  6  D.  de  pactis,  II,  14.  Ma  Terede  pu6  chie- 
dere  che  il  possessore  gli  ceda  tutte  1e  azioni  che  ha  acquistato  per  via  del- 
I'ereditft.  L.  16  $M,  5  e  ult  L.  17.  L.  18  pr.  L.  20  §  17.  L.  30  D.  de  Her. 
Pet,  V,  3.  Si  vegga  G.  Cuiacio,  Comment,  ad  tit.  de  paciia  (II,  14)  ad  L. 
cit.  17  $  6  h.  t.  —  Fr.  Duareno,  Comnu  ad  h,  t.,  cap.  8  Oper.,  pag.  1)33.  — 
L.  Chauondas,  iiit^rav-^v  seu  VertsimV,,  lib.  II,  cap.  8  e  G.  Paoio,  'Kvavrtov. 
cent  1,  qu.  91. 

79)  Senza  ragione  A.  Fabuo,  Coniectur.  iur,  civ,^  lib.  XV,  cap.  5,  ritiene 
queste  iiltime  parole  quale  aggiunla  di  i  riboniano.  Si  vegga  piuttosto  la 
profonda  dichiarazione  di  questa  legge  in  G.  Meier,  'Kvavrj'^y.  centur.  Ill, 
qa.  37. 


V)  lo  non  dubito  che  queste  ultimo  parole  siano  interpolate. 

Ji)  LMnutiiil^  del  costituto  pel  diritto  comune  moderno  quasi  colle  stesse  parole 
dello  ScHiLTBR  citate  dal  Gluck  si  trova  anche  nel  libro  del  Bahr  sulla  ricognizione 
(Anerh€nnung)j  pag.  171  (!.•  ediz.),  ove  dice  che  Timportanza  che  il  costituto  aveva 
pel  diritto  romano,  og^i  s'e  venuta  perdendo  pel  fatto  che  sono  in  genere  munite  di 
azione  tutte  le  convenzioni.  II  Bruns  replica  che  con  simile  ragionamento  (I.  c.  pag.  295) 
si  dichiarerebbe  inutile  anche  una  dottrina  speciale  della  compravendita  nel  diritto 
moderno ;  poich^  anche  la  compravendita  si  distingue  in  diritto  romano  dalle  altre  con- 
venzioni pel  fatto  di  produrre  azioni.  Tutto  dunque  dipende  dal  vedere  se  quello  scopo 
particolare,  che  si  propone va  il  costituto  romano,  sia  tuttora  cosi  importante  da  legit- 
timare  ma  speciale  teoria  e  disciplina  di  esso  nel  diritto  moderno  o  se  invece  lo  scopo 
medesimo  si  raggiunga  oggidi  per  altre  vie  e  per  altri  negozi,  che  abbiano  fatto  cadere 
in  dimenticansa  il  costituto.  Questa  e  anche  la  tesi  del  Bahr  che  al  costituto  a  suo 
parere  affatto  inusitato  nel  diritto  moderno  vorrebbe  sostituire  il  suo  contralto  formale 
di  «  ricognizione  ».  II  Bruns,  1.  c.  pagine  295-312,  ha  lungamente  combattuto  tali  inse- 


DE  PBOUNIA  CONSTITDTA.  205 

riguardo  ad  una  obbligazione  preesistente.  Per  cib  non  si  puo  affer- 
mare  con   Giovanni    Schiltbb  *^)    «  quod  actio   ex  pacto  moribus 


80 


)  Prax,  iur,  rom.,  Exerc.  XXIV,  ^  76. 


gnamenti.  Altro  e  che  piu  doq  si  mantenga  il  vocabolo  costituto  nel  linguaggio  giiiri- 
dico  correate  ed  altro  k  che  la  cosa  stessa  eia  venuta  meDo.  Non  e  cessato  il  bisogno 
e  tanto  meno  e  eessata  rutiiit4  di  una  simile  convenzione ;  il  BaUNS  prova  che  molti 
degli  esempi  arrecati  dal  Bahr  per  dimostrare  i  vantaggi  del  contralto  di  ricognizione 
^ono  yeri  costituti  nel  senso  romano.  Poniamo  ad  esempio  la  seguente  dichiarazione : 
II  sottoscritto  confessa  di  dovere  in  forza  di  compravendita  L.  100  ad  A.  e  promette  di 
pagargliele  al  primo  di  giugao.  Secondo  il  Bahr,  si  avrebbe  una  promessa  per  effetto 
della  forma  prescelta  sciolta  dal  materiale  contenuto  del  contralto  di  compravendita  ed 
elevata  a  contralto  per  se  stante :  la  conseguenza  sarebbe  che  se  il  compratore  (debi- 
tore)  volesse  far  valere  che  la  compravendita  fosse  nulla  per  ragione  deiroggetto,  egU 
etesso  dovrebbe  provare  in  che  cosa  tale  oggelto  consisteva.  Ma  bene  osserva  il  Bruns 
cbe  qui  si  ha  un  constitulo  romano  in  optima  forma  e  ami  un  costituto  nel  significato 
originario  con  aggiunta  di  un  termine.  II  costituto  e  perfetto  e  il  costitueate  non  pu6 
in  altra  guisa  liberarsi  dal  suo  impegno,  che  dimostrando  di  essere  stato  indotto  a  ri- 
lasciare  la  dichiarazione  con  ingauno,  violenza,  ecc.  ovvero  che  essa  fu  rilasciata  per 
errore  o  simulazione,  ovvero  la  m,ancanga  delVobbligasione  preesistente  per  Tin  validity 
della  compravendita  e  cosi  via. 

II  Dbrnburo  nelle  sue  Pandette  pensa  parimenti,  che  costituti  nel  senso  romano 
siano  sconosciuti  alia  vita  odierna :  chi  promette  di  pagare  un  debito  intende  di  psgare 
solo  quello  che  sar&  dovuto  al  tempo  della  futura  prestazione,  non  a  quello  dovuto  al 
tempo  della  promessa  (vol.  II  §  67  e  segg.). 

Pel  diritto  italiano  negano  molti  Autori  Tesisteuza  del  costituto :  GioROi,  Obbliga- 
zioni,  vol.  I  pag.  80;  Db  Crbscenzio,  neWEnciclopedia  giuridioa  italiana,  vol.  XII, 
parte  I,  pag.  125.  Ma  non  e  da  negare  che  presso  la  maggior  parte  dei  civilisti  nostri 
la  nozione  del  costituto  e  tutfaltro  che  limpida  e  sicura.  Riconosce  invece  Tesistenza 
del  costituto  il  Fadda  {Aroh.giur.j  vol.  XXXVI,  pag.  236)»  benche  ammetta  poca  essere 
presso  di  noi  la  pratica  importanza  di  questo  istituto.  II  che  avviene  in  parte  per  essere 
poco  nota  la  sua  natura  e  il  suo  ufficio,  in  parte  perche  le  cambiali  e  simili  mezzi 
riempiono  alquanto  la  lacuna,  che  il  venir  meno  delfuso  del  costituto  ha  lasciato.  Un 
notevole  esempio  di  applicazione  del  costituto  ha  fornito  la  Cassazione  romana  in  due 
sentenze:  6  novembre  1879  {Foro  italiano,  1880, 1,  pag.  198)  e  15  novembre  1883  (Foro 
italiano,  1884, 1,  pag.  134).  Sopratutto  importa  per  noi  la  formola  della  prima  sentenza: 
la  preesistenza  di  una  obbligazione  naturale  (nel  fatto:  di  procurare  al  iiglio  un  assegno 
per  facilitargli  il  coUocamento)  distrugge  e  paralizza  il  concetto  di  un  alto  di  liberaliiii 
e  fa  si,  che,  ove  vi  acceda  il  fatto  di  una  promessa,  abbia  vita  una  obbligazione  civil- 
raente  valida  ed  un  patto  constitutae  pecuniae,  che  nulla  ha  di  comune  colla  dona- 
zione.  Nella  specie  si  pu6  dubitare  se  TappUcazione  fosse  ben  fatta.  Ricondurre  ad 
obbligazione  naturale  con  tutti  i  suoi  effetti  giuridici  la  convenienza  di  assegnare  a  un 
llglio  una  somma  per  agevolargli  un  coUocamento  puo  sembrare  eccessivo,  data  anche 
la  grande  latitudine  di  criterii  e  di  apprezzamenti  in  siiTatta  materia.  Attribuire  al 
costituto  eflicacia  di  produrre  aiione,  ancorch^  conchiuso  sul  mero  fondamento  di  una 
obbligazione  naturale,  pu6  parimenti  dar  luogo  a  difflcolt4  pel  nostro  diritto  civile,  che, 
secondo  un^opinione  molto  diffusa,  non  riconoscerebbe  altro  effetto  della  obbligazione 
naturale  che  la  soluti  retentio. 


206  LIBEO  XIII,  TITOLO  V,  §  852  h. 

nostrls  sibi  in  omuia  safficiens  sit  d,  nh  con  Giorgio  B£TEB  ^0  ne- 
gAve  a  questa  dottrina  ogni  use  attuale.  II  costituto  proprio  ha 
sempre  utility  in  questo,  che  per  esso  un  negozio  non  assolntamente 
invalid©,  ma  limitato  solo  rispetto  a'  suoi  effetti,  pub  divenire  pie- 
namente  valido  ed  efficaoe,  se  ha  luogo  iu  tali  condizioni,  coUe  quail 
il  costitaente  pub  pieiiameiite  obbligarsi.  Gij\  in  altro  luogo  si  h  visto  ^^') 
GOiuo  anche  nel  mutuo  pub  con  una  reiterata  promessa  di  pagamento 
escludersi  Teocezione  non  numeratae  pecuniae.  Invece  il  costituto  alleno 
non  h  oc^idi  distinto  plu  dalla  fidelussioue  per  ragione  di  forma,  ma 
si  per  ragione  dello  scopo,  iu  quanto  che  pub  av venire  per  altri  fini, 
che  non  sia  quelle  solo  di  procurare  sicurezza  al  creditore  ^•^).  ft 
quindi  inesatto,  se  alcuni  afifermauo  ^^)  che  la  fideiussione  sia  oggidi 
del  tutto  trapassata  nel  costituto  e  che  quindi  oggidi  per  le  fideius- 
sioni  non  abbia  luogo  che  I'azione  costitutoria  ''^). 


^^)  Delineate  iuris  cirilis  positionibns  siiccinctis  comprehensa  secundum  Pan- 
dectas  h.  t.,  pag.  281. 

^'•*)  Vedi  parte  XII  di  qiieato  (Jommeniario,  pag.  151  segg.  (ted.). 

•^'j  Vedi  Thibaut,  Sisiema  delle  PandcUe  (ted.),  3.*  ediz.,  vol.  2,  ^  955. 

^^)  ScHiLTEu,  1.  c,  $  78.  —  HoFAOKKR,  Priiidp,  iur,  civ,  rom.genn.,  tom.  Ill, 
^  2068  e  Beykis,  1.  c,  pag.  281. 


w)  Per  completare  le  notizie  bibliografiche  siil  costituto  citerd:  Landucci  nelle  note 
alia  versione  del  libro  II  di  questo  Commentario;  E.  Serafini,  Sul  receptum  a  pro- 
posito  deliamonografia  del  RossELLO.  Vedi  pure  il  Karlowa  nella  Rivista  di  Grunhct. 
XVI.  pag.  448  seg.,  il  Kappeyne  van  de  Copprllo  nelle  sue  Dlssertazioni  tradotte  in 
tedesco  dal  Conrat,  fasc.  II,  pag.  272  seg.,  secondo  cui  il  costituto  come  tale  non 
avrebbe  prodotto  azione  nel  diritto  classico,  ma  avrebbe  solo  dato  mode  di  costringere 
il  promittente  ad  una  s pons  to  dimidiae  partis  (G.  IV,  171).  Vedi  in  proposito  le  osser- 
vazioni  del  Baron  nella  Rivista  critica  trimestrale  di  Monaco  (ted.)  XXVIII  pag.  290 
e  seg.  Sono  anche  da  vedere  sul  concetto  e  sulla  funzione  del  costituto  le  avvertenze  del 
Brinz  nelle  sue  Pandettej  II,  §  257. 


TITOLO    VI. 


Commodati  vel  contra 


§  853. 

Coicetto  del  commodato  e  suoi  requisiti. 

L'altro  coQtratto  reale,  di  cui  il  Pretore  trattava  nel  suo  Editto 
Hotto  la  rubrica  de  rebus  creditis  «),  6  il  commodato  '*"*).  Si  intende  per 
commodato  quel  contratto  reale,  per  cai  taluuo  d^  ad  uu  altro  gra- 
tuitamente  una  cosa  per  uu  uso  determiuato  riguardo  al  modo,  alio 
scopo  o  al  tempo,  a  patto  che  ad  uso  finito  la  cosa  stessa  venga  re- 
stiluita  ill  natura  e  in  buono  stato  ^''»; '').   Le  parole  dell'Editto,  che 


'^■»)  V.  Fr.  DuAUENO,  nel  Commentario  a  qaesio  titolo,  nelle  Operae,  pa- 
gina  951  sq.  Inoltre  haDno  trattato  di  qaesto  contratto  Qio.  Goddabus,  Ga- 
spare ZiEGLER,  Bart.  Leon.  Scuwkkdendokfek  e  altri,  cbe  sono  citati  dal 
LiPENio  nella  Bibliotheea  realis  iurid.  v.  Commodaiunu  Fra  i  recenti  sono  da 
ricordare  Michele  Enrico  G.  Reinhaud,  Gommentatio  de  commodato  eiHsqtte 
aetionibiu,  Erfart  1752,  4  e  Enrico  Antonio  van  Alphen  van  der  Broeck, 
Diss,  de  commodato,  Lngd.  Batav.  1785. 

^'>)  La  pai*ola  commodaium  ha  varii  sensi.  Non  si  adopera  solo  pel  contratto 
definite  nel  teste,  ma  anche  per  la  cosa  stessa  prestata:  <i  commodatum  ac- 
cipere,  reddere,  restituere  i»j  fr.  3'J  3,  5  pr.  e$  73  Dig.  (XlII,  6)  lex  ult.  Cod. 
h.  t.  Talora  anche  si  adopera  per  I'azione  del  contratto:  cr  commodati  agere, 
commodati  tenerl » :  Lauteubach,  CoUeg,  iiicor.  pract.  Pand,  h.  t.  ^  2. 


a)  E  appunto  vero  che  del  contratto  di  commodato  si  occupava  il  Pretore  ael  suo 
Editlo  sotto  la  rubrica  de  rebus  creditis  (Lenbl,  Edictum  perpetuum,  pag.  200).  Fr.  1 
§  1  D.  dtf  reb,  cred.,  XII,  1  (Ulpianus,  libro  XXVI  ad  Ediotum):  «  Credendi  gene- 
ralis  appellatio  est;  ideo  sub  hoc  titulo  praetor  et  de  commodato  et  de  pignore  scripsit>. 

b)  II  nostro  Cod.  civile  (art.  1805)  definisce:  <  II  commodato,  o  prestito  ad  uso,  e  un 
contratto,  per  cui  una  delle  parti  consegna  alTaltra  una  cosa,  affinch^  se   ne  serva  per 


20S  UBBO  TOI,  TITOIjO  TI,  §  S53. 

tratUva  di  tale  oontiattx),  erano  seoondo  Ulpiano  It.  1  pr.  Dig.  h.  t. 
(Xni,  6 J :  €  Quod  qoiB  commodasae  dioetOTy  de  eo  iadicinm  dabo  >  0- 
Antonio  Fabbo  *"')  ne  deriyava  essere  Paaone  di  eommodato  un^a- 
zioiie  Pretoria.  Prima,  aeoondo  Fantioo  diritto  civile,  non  vi  sarebbe 
stato  che  nn'actio  ]^ae$cripti8  rerhis.  Ma  piil  esatta  h  Fopimone  del 
CkxxiEio  '^j,  che  cio^  Veietio  commodati  sia  originariamente  un'azione 
dTile.  Poich^  Ulpiano  nel  fr.  7  pr.  §  1  D.  de  paetis  (11,  14)  ena- 
mera  eaplidtamente  il  eommodato  fra  quelle  conveiUianes  iuris  gentium, 
che  hanDO  sempre  generato  azione ;  mentre  le  actianee  in  factum  prae- 
scriptis  terbis  nacqaero  solo  pe*  Degozii  piii  recenti,  per  cni  non  v'era 
una  determinata  formola  ^).  !Non  h  neppar  ginsto  il  conchiadere^  che 
uu'azione  sia  pretoria  i^\  fiatto,  che  il  pretore  I'ha  accolta  nel  sno 
edltto.  Inoltre  va  notato  che  in  principle  Peditto  del  pretore  neppore 
adoperava  la  parola  commodaese,  Pacutio,  Tantore  deirEditto,  aveva 


*''*)  BationaUa  in  Fand.  ad  fr.  1  pr.  D.  h.  t. 
'"*)  lus  civile  coiUrov,,  h.  t.  q.  4. 

'"-'j  V.  Meister,  DissertfUio  de  in  factum  acUombas,  Cap.  II  ^  33  in    Opusc. 
pag.  381. 


un  tempo  o  uso  deUsrmiaato,  coll*obbligo  di  restituire  la  stessa  cosa  ricevuta*.  L*arti- 
colo  1806  aggiuDge  cbe  il  comodato  i  esseDzialmente  gratuito.  Lo  Zacbariae,  Handhuch 
des  fr.  Civilr.  (Manuale  del  diritto  civile  fraocese).  8.*  ediz.  curata  dal  Ckoxb,  Fri- 
burgo  1894,  vol.  II,  S  371  pag.  640,  defioisce:  <  11  commodate  e  quel  contratto,  p^r  cui 
una  delle  parti  lascia  airaltra  una  cosa  per  Tuso  gratuito,  coirobbiigo  di  restituirla  a 
uso  compiuto  >,  ma  tale  definizione  e  per  se  in  piu  luoghi  manchevole.  Del  resto  Tar- 
ticolo  1874  del  Codice  francese  pone  il  concetto  comune  dt  prestito  e  distingue  il  eom- 
modato (prestito  d*U8o)  e  il  mutuo  (prestito  di  consumaiione):  cfr.  articoli  19016  e  1$19 
del  nostro  Codice  civile.  11  mutuo  viene  anche  chiamato  senz*altro  pret.  Entrambi  i 
contratti  si  accordano  nelfidea  di  prestito;  del  resto  sono  molto  diversi,  come  resulta 
anche  dal  la  circostansa  che  il  commodate  concerne  cose  speciali,  che  rimangono  in 
proprieta  del  commodante,  il  quale  continua  a  portarne  il  pertcolo.  Invece  il  mutua- 
tario  riceve  in  propriety  cose  fungibili,  coirobbligazione  di  restituire  tantundem  eiusdem 
generis;  cfr.  Zachariae  (Crome),  1.  c,  pag.  641. 

Tra  i  moderni  vedi  del  resto  Pothier,  TraiU  des  contrats  de  bienfaisance  (Sififrein), 
torn.  V,  pag.  318  sg.  —  Troplono,  Commentario  dei  titoli  X,  XI  e  XII  del  Codice 
civile  franeeee,  vol.  II.  —  Duveroibr  nella  Continuasione  del  Toullier,  torn.  XXL  — 
Pont,  Petite  contrats^  I,  1  segg.  —  Guillouard,  Trattati  del  prestito,  del  deposito  e 
del  sequestra,  1893.  —  Schmidt,  Das  contmodatum  und  precarium  (II  eommodato  e 
il  precario),  Lipsia  1844.  —  Fbrrini,  Storia  e  teoria  del  eontratio  di  eommodato, 
tie\y Arehivio  Giuridico  del  Serafini,  volumi  LII  e  LIII. 

c)  Vedi  la  prima  Appendice  del  traduttore  al  §  853. 


COMKODATj  VEL  CONTRA.  209 

8critto:  Quod  quis  utendum  d^diaae  dtcetur,  come  Grerardo  Noodt  !^) 
ha  osserrato.  OiaLiANO  solamente  ha  corretto  tale  olausola  nel  suo 
Edictum  perpetuiim  e  ha  sostituto  respresaione  propria :  commodasse. 
€  Unum  solammodo  notandum  -r-  dice  Ulpiano  nel  fr.  1  §  1  D,  h.  t. 
—  quod  qui  Edictum  conoepit  (oio^  Giitliano)  commodati  fecit  luen- 
tionein,  oum  PacuTius  utendi  fecerit  mentionein  2>.  Del  commodato 
Taimo  notate  le  norme  segnenti : 

1.^  II  commodato  h  uu  contratto  reale  e  come  tale  nou  si  per- 
feziona  che  colla  consegna  della  cosa. 

2.^  Non  ha  per  oggetto  che  oose.  Alcani  giuristi  vogliono  invero 
assumere  ancUe  un  oommodatum  perBonarum^^)^  iu  riguardo^oio^  alia 
prestazioDC  di  servlzii.  Oosi  G.  Henning  B()Hmeb  ^*^):  c  Dari  etiam 
oommodatum  personarum  intuitu  operarum  suarum,  notum.  Quidni 
ergo  etiam  episcopus  vel  alius  superior  clericum  alii  ecolesiae  ad 
oertum  tempus  commodare  posset?  qui  revocari  uequit,  nisi  post 
usum  expletum  d  '0*  l^o  stesso  affermauo  colle  medesime  parole  Paolo 
Gius.  von  RiEGGEE  ^^)  e  Saverio  Gmbinbr  ^).  Inoltre  il  MUlleb  ^^) 
in  proposito  aggiunge  in  particolare:  c  Quin  etiam  hodie  commodare 
possumus  servos  seu  faniulos  nostros^  homines  liberos.  Yidemus 
enim  priucipes  perisonas  aliis  commodato  dare  cantores  coquos  et 
alios  sues  ministros  >.  Ma  il  diritto  romano  non  conosoe  affatto  il 
commodato  di  persone  libere.  Solo  gli  schiavi,  oonsiderati  come  cose, 
possono  formare  oggetto  di  questo  contratto^).  Se  ad  una  persona 
libera  vien  permesso  da  quelLi  che  le  possono  comandare,  ovvero  or- 
dinaco  di  prestare  determinati  servigi  a  un  terzo  gratuitamente,  ab* 


'^)  Gomm.  ad  Dig.  h.  t.  pag.  317. 

'•)i)  V.  Ottone  Ludovico  von  Eichuan!^,  Osserva^sioni  sioriche  e  giaridiche 
drca  U  preslito  ddle  persone  nella  sua  raccolta  di  piccole  memorie  di  Giuri- 
sprudenza  (Sammltnig  Meiner  Abhandl,)  Halle  1782,  num.  XIY. 

•'^')  InstiL  iur,  canon.,  lib.  Ill,  tit.  15  ^  8. 

J'J)  Inst,  iurispr.  eocl.,  parte  III  \  332. 

'^)  Inst,  iuris  ecch,  torn.  II  $  540,  Cor.  3. 

35)  Ad  Struvii,  Syntagmaf  Exerc.  XIX,  Th.  4,  n.  p. 

^)  fr.  5  J  7;  fr.  J;J2  D.  h.  t,  L.  2  Cod.  eod. 


d)  Qui  abbiamo  in  realty    un  atto   di  giurisdizione,    che  esorbita  aflfatto    dal  campo 
del  diritto  private. 

OLfiCK,  Comm.  Pandstte,  —  Lib.  XIII.  27 


210  LIBRO  XIII,  TITOLO  VI,   §  853. 

blamo  un  tatt^altro  rapporto  giuridico,  che  potr^  dar  vita  a  uu^azione 
in  fcustum  o  praesoriptis  verbis^  ma  non  commodati.  Anche  il  diritto 
canonico,  a  cai  si  richiamano  11  Bohmbr  e  gli  altri  canouisti  citati, 
non  deriva  in  oi5  dal  diritto  romano.  II  testo  relativo,  cap.  an.  X 
de  oommodato,  dice :  c  Gum  gratia  sui  tantnm  qnis  commodatum  ac- 
cepit,  de  levissima  etiam  culpa  tenetur,  licet  casus  fortuitus  (nisi  ac- 
oiderit  culpa  sua  vel  intervenerit  factum  seu  in  mora  fuisset)  sibi 
non  debeat  imputari;  contra  eum  quoque  reote  commodati  non 
agitur^  nisi  post  usum  expletuiu,  cuius  gratia  res  fuerit  commodata, 
cam  non  decipi  beneficio  nos  oporteat,  sed  adiuvari  d.  Anclie  11  di- 
ritto canonico  non  ammette  dunque  commodato,  che  per  le  cose. 

3.^  La  cosa  viene  data  al  commodatario  solo  per  Vmo.  Egli  non 
ha  qulndi  che  la  detenzione  della  oosa;  gli  manca  il  possesso  giuri- 
dico, tanto  pill  il  dominio  "7) '').  Qulndi  e  indiffereute  se  la  cosa  com- 
modata  apparteuga  o  no  al  commodante  -^^)  >^). 

4.^  La  cosa  deve  essere  consegnata  al  commodatario  per  un  uso 
determinato  ^).  Questo  uso  pub  essere  determinato:  1°.  rispetto  al  modo; 
per  esemplo  io  presto  a  taluno  il  mio  cavallo  solo  i>er  cavalcare  o 
per  arare  ovvero  pel  maneggio;  ovvero  io  presto  ad  alcuno  danaro 
solo  per  pompa^^j.  2.^  rispetto  alio  scopo;  per  esemplo  taluno  mi 
presta  11  suo  orologio  d'oro,  i>erch^  Io  abbia  a  dare  in  pegno  al  mio 
creditore  ^^^);  3.**  rispetto  al  tempo;  per  esemplo  io  presto  a  taluno 
un  libro  solo  per  un  giorno.  In  genere  I'uso^  che  in  questo  contralto  si 


'•>7)  L.  9  D.  (U  rei  vind.  (VI,  1)  confroutata  col  fr.  3  ^  alt.  D.  ad  exhib. 
(X,4);  fr.  8  D.  h.  t.  (XIII,  6);  fr.  9  eod.;  fr.  38  ^  10  D.  de  usur,  (KXll,  i); 
fr.  20  de  A.  et  A.  Pose.  (XLI,  2)  f r.  1  $  3  de  preeario  (XLIII,  24). 

»>*)  fr.  15  e  16  D.  h.  t  Noodt,  Oomm.  ad.  Dig.  h.  t.  pag.  318. 

90)  fr.  3  ♦  6  h.  t. 

io«)  fr.  5  M2  h.  t 


e)  Opportunamente  dicesi  nello  Zachariar  (Crome),  1.  c,  che  ai  commodaate  ri- 
mangono  tutti  i  diritti,  che  egli  aveva  rispetto  alia  cosa,  sia  reali  che  personali. 

f)  Anche  oggi  non  e  dubbio  che  11  noo  proprietario  commodi  validamente.  E  gene- 
raltnente  respinto  Targomeoto  in  contrario,  che  si  e  voluto  dedurre  dalTart.  1877  del 
Codice  francese.  Anche  una  cosa  rubata  pu6  essere  commodata  dal  ladro,  con  riserva 
8*intende,  dei  diritti  del  proprietario  (Zachariab  (Crome),  §  381  n.  2). 

g)  Come  vedemmo,  anche  il  nostro  Codice  civile  (art.  1805)  parla  di  <  tempo  »  o  di 
«  uso  determinato  >.  Vedi  la  >:econda  Appendice  del  traduttore  al  §  853. 


OOMMODATI  VEL  CONTBA.  211 

concede  a  uu  altro,  puo  essere  pid  o  meno  limitato ;  ma  deve  sempre 
essere  di  tal  natari»  da  non  contraddire  alia  essenziale  obbligazione 
del  commodatario,  di  restituire  la  oosa  in  natura.  Quindi  anco  cose 
fiiiigibili  ponno  formare  oggetto  di  tale  coDtratto,  ma  solo  quando 
vengano  prestate  per  un  uso  tale  ohe  non  importi  consumazione  ^j. 
TJlpiano  oonferma  ci5  nella  L.  3  §  4  D.  h.  t.,  dicendo :  ^  Non  potest 
commodarl  id  qtiod  a.sa  consumitur,  nisi  forte  ad  pompam  vel  osten- 
tationem  quis  aeoipiat  ».  E  Gaio  iiel  fr.  4  D.  eodem  adduce  espres- 
sameute  Tesempio  del  denaro :  c  Saepe  etiam  ad  hoc  commodantur 
peeaniae,  dice,  at  dicis  gratia^)  numerationis  loco  intercedant ».  Si 
pensi  per  esempio  al  caso,  che  il  creditore  per  liberare  iuteramente 
11  siio  debitore,  a  cui  ha  rimesso  il  debitO;  gli  abbia  prestato  il  de- 
naro perch^  con  quelle  in  presenza  di  testimoni  gli  faccia  il  paga- 
mento  •*). 

5.^  L'uso  della  eosa  deve  essere  concesso  gratuitamcute. 

6."  Dev'essere  inoltre  concesso  a  condizione  che  a  uso  finite  la 
cosa  si  restituisca  in  natura.  Con  cio  il  commodate  si  difif'erenzia  dal 
mutuo,  poich^  in  quest ^iltimo  la  propriets^  della  cosa    trapassa  nel- 


1)  V.  HoPACKEU,  Princip.  iur.  civ,  rom.  germ,  tome  III  ^  1875  i.  f.  Non  h 
giusto  danqne  determiDare,  come  fanno  molti,  il  concetto  del  commodato, 
dicendo  che  solo  cose  non  fungibili  possono  costitairne  oggetto.  Per  esempio 
HuBEU;  Praeleci,  ad  Inst.  lib.  Ilf,  tit.  L5  $  8.  —  Boehmek,  IntrodiieU  in  iiis 
Dig.  h.  t.  $  1.  —  Heineccius,  Elem,  iur.  civ.  sec.  ord.  Pand.  h.  t.  $  106.  — 
G.  S.  Madihn,  InstituU  iur.  civ.  $  469  e  altri. 

^)  Dicis  causa  equivale  a  perfunctonef  simulate,  ad  speciem,  o  come  pur  si 
dice,  pro  forma.  SalPetimologia  di  tale  espreesione  non  vanno  d'accordo  i 
giuristi.  VeggaBi  in  proposito  A.  Wielikg,  Lection,  iur.  civ.  lib.  1  cap.  3.  Egli 
la  deriva  *"'>  "'^^  ou.-r,^  Anche  Francesco  Connano,  Commen.  iur.  civ,,  lib.  VII, 
cap.  3  pag.  413,  ^  d^avviso,  che  I'esprefisione  dicis  causa  derivi  dal  greco  e 
cioe  da  ^:'/a'.ov  ins  o  iustum.  Egli  quindi  dice:  c  dicis  causa  datur  hicpecunia, 
ut  contractus  sit  iustus  et  ex  legis  praescripto.  Cuius  exemplum  sumi  potest 
in  omnibus  imaginariis  quos  appellamus  contractibus  ».  Ancbe  Cicerone, 
Oratio  IV  in  Yerrem^  cap.  24,  adopera  la  mentovata  espressione  nell'accen- 
nato  significato,  dicendo:  a  Attamen,  ut  posset  dicerese  emisse,  Archagato  im- 
perat  iit  aliquid  illis,  quorum  argentnm  fuerat,  nummulorum  dicis  causa 
daret  p.  Veggasi  anche  Barnaba  Brissonio,  de  Verhorum  Signif.,  y.  dicis 
cawa. 

^)  L.  67  D.  de  sohU.  (XLVI,  3)  combinato  col  fr.  18  4  1  !>•  de  reb,  ered. 
(XII,  1).  V.  Gr,  Frantzkius,  Comm.  in  Pandect,  h.  t.  n.  13. 


212  LIBBO  XIII,  TITOLO  TI,  §  854. 

racciplente  colPobbligo  di  restitaire  a  tempo  opportuno  una  cosa  di 
Qgaale  quality,  bontii  e  quantity  ^). 


§  854. 

II  cammocLato  e  un  eontratto  reale, 

Dal  momento  ohe  11  commodato  secondo  la  uatura  del  coiitratti 
reali  sou  si  perfeziona  che  colla  consegna  della  cosa,  bisogna  ben 
distinguerlo  da  un  mero  pactum  d^  commodando,  Questo  vi  h  se  la 
Gosa  non  h  realmente  consegnata,  ma  se  ne  viene  soltanto  promessa 
la  consegna'*)*  P^i*  diritto  romano  tale'patto  non  genera  obbliga- 
zione,  ma  per  diritto  moderno  un  tale  eontratto  produce  obbligazione 
ed  azione  per  otteuere  la  consegna  ^).  La  consegna  pub  del  resto 
essere  qui  pure  o  vera  o  simboiica.  Per  esempio,  io  ho  date  ad  al- 
cuno  una  cosa  in  custodia  e  poi  gli  permetto  di  usarne  a  mo^  di 
commodato  % 


-t)  Di  tal  differenza  trattEiJio  ex  prof esso  il  Mulleu,  ad  Str avium,  Exerc.  XIX, 
Th.  2,  D.  .3  pag.  1223  e  Madihn,  Institut.  $  410. 

•'>)  Wernhbr,  SeUoL  Observ.  for.  torn.  1  parte  III,  Obs.  97  e  Thibaut^ 
Sistema  delle  pandelte  (teu.)»  Vol.  2  $  914. 

<0  Concorre  elettivamente  in  tal  case  I'azione  di  coiumodato  con  qaella 
di  deposito :  Stuyk,  De  aoL  forens,,  Sect.  1  Membr.  V,  J  24  e  G.  Oelhichs, 
Diss,  de  indole  depositi  notissimos  teiininos  suos  egredieniis,  Gottinga  1777 
Sect.  II  i  3. 


h)  Anche  nel  diritto  moderno  si  distingue  il  eontratto  ad  restitutianem  dai  corri- 
spondenti  precontratti,  cio^  dalla  convenzione  di  prestare,  deporre,  impegnare  unadaia 
cosa  o  fare  un  determinato  mutuo.  Un  tale  precontratto  e  senza  dubbio  obbligatorio 
ed  esigibile  in  via  giudiziaria.  Non  si  deve  ammettere  col  Duranton  che  colui  che  ha 
promesso  di  commodare,  mutuare  ecc.  ed  abbia  la  cosa  debba  essere  condannato  S(vlo 
al  risarcimento  dei  danni  eventuali  nascenti  col  rifiuto  (Duranton,  XVIl,  487 :  vedi  lo 
Zachariae-Cromb,  1.  c,  pag.  641).  Le  obbligaiioni  poi  specifiche  del  commodato,  del 
mutuo,  del  deposito  e  del  pegno  non  nascono  che  coiTeffettiva  consegna  della  cosa,  il 
che  Tuol  dire  che  il  eontratto  ha  tuttodi  carattere  reale.  Vedi  sulla  natura  di  tali  pre- 
contratti  consensuali  Io  stesso  autore,  §  374,  nota  2. 


COMMODATI  TBL  CONTSA.  213 


§  855. 

Chi  sopporta  il  C€UO  net  commodaio  f  Quando  ptid  ripetersi  la  cosa  f 

Gi^  si  ^  avvertito  che  il  commodatario  non  ottiene  la  propriety 
della  cosa,  ma  solo  I'uso  di  essa.  II  commodante  resta  quindi  pro- 
prietario  ^);  di  norma  sofifre  qaiadi  anche  il  danno,  se  la  cosa  perisca 
per  oasOy  ancorch^  il  caso  sia  stato  originato  dalla  natura  dell'uso, 
per  cai  fu  prostata  la  cosa  ').  Poich^  il  commodante  deve  in  tal  caso 
a  8^  imputare,  se  la  cosa  fa  data  per  un  affare  cosl  rischioso.  Solo 
occorre  che  il  commodatario  non  ecceda  i  confini  delPuso  a  lui  con- 
•oesso,  nh  abbia  coUa  sua  colpa  dato  oecasione  all'evento  dannoso. 
Altrimentl  s^avrebbe>a  deddere  s'egli  avesse  assnnto  Tonere  del  caso 
fortuito,  il  Qhe  h  senz'altro  implicito  nella  obbligazione  di  restitaire 
la  cosa  o  la  sua  aestimatio,  qualora  appunto  la  cosa  venisse  estimata 
a  tal  fine  ^).  La  vera  cteatimatio  della  cosa  commodata,  senza  che  il 
commodatario  si  sia  obbligato  a  prestaria,  non  basta,  bench^  aleuni 
abbiano  sostenato  che  basti  ^)  ^').  I  passi  segueuti.  confermeranno  ab- 
bastanza  quanto  s'^  detto  ^): 


7)  Anche  per  diritto  tedesoo  la  propriety  della  cosa  non  passa  nel  com- 
modatario, sebbene  parecchi  abbiano  affermato  il  contrario;  vedine  la  con- 
fatazione  in  G.  Sghilter,  Praxis  turn  ram,,  Exercit.  XXV  $  4-10.  La  ragione 
addotta,  che  cio^  per  la  prescrizione  di  alcani  statati  tedeschi  il  commodante 
non  ha  azione  contro  i  terzi  possessori  della  cosa  commodata,  non  ^  ancora 
an  argomento  convincente.  V.  Stryck^  Us.  mod.  Pand,  h.  t  ^  5-8  e  Eissnuart, 
PrineipH  de'  diriUi  tedeschi  in  proverbii  (ted.)  parte  IV,  n.  IX,  pag.  346  sg. 

^)  VoET,  Comm,  ad  Pand.,  h.  t.  $  5.  —  Bachovio,  ad  Treutkrum,  vol.  I, 
Disp.  XXIV,  Th.  3.  —  Griebnbr,  Progr.  de  aequitate  legum  rom.  circa  periculum 
rei  commodatae,  Lipsia  1702  e  Eichmann,  De  commodatario  ad  praesiandum 
casum  ohligaiOy  Duisbargi  175'2. 

9)  G.  D'AvEZAN,  Gontraetuumj  lib.  1  cap.  28  ^  Neqite  ex  conv.  (in  G.  Meer- 


i)  Cfr.  Cod.  civ.  ital.  (art.  1812):  Se  la  cosa  si  deteriora  a  cagione  unicamente  del- 
Tuso,  per  cui  fu  data  in  prestito  e  senza  colpa  del  commodatario,  questi  non  e  obbligato 
pel  deterioramento. 

/)  L*art.  1811  del  Codice  civile  dice  che  se  la  cosa  fu  stimata  al  tempo  del  prestito, 
la  perdita,  ancorch^  avvenuta  per  ^aso  fortuito,  ^  a  carico  del  commodatario,  qualora 
non  vi  sia  patto  in  contrario. 

0  La  responpabilita  del  commodatario  pu6  essere  del  resto  in  piu  modi  accresciuta. 


214  LIBBO  XIII,  TITOLO  YI,  §  855. 

1.°  L.  5  §  3  D.  h.  t.  c  Et  si  forte  res  aestimata  data  sit,  omne 
periculum    praestanduni  ab  eo,  qai    aes*tiinationem  se  praestaturum 


MANN,  Nov.  Thes.  tiir.  civ,  el  can.,  tomo  IV,  pag.  58).  —  Berger,  Oecon.  iur,^ 
lib.  Ill,  tit.  II,  Th.  7  nota  3.  -^  Boeckblmann,  Commentar.  in  Dig.  h.  t.  $4 
—  Fkantzkivs,  Comm.inPand.,  u.  44.  Ma  si  vegga  pinttoeto  G.  Puoubteau, 
EeciL  ad  L.  23  D.  de  Beg.  lur^  cap.  XXVII,  ^  7  e  8  (Meeuuann,  Tlies,  iur. 
civ.  et.  com.,  tomo  III,  pag.  341).  —  G.  Pacius,  evxvt-.oo.  sea  LL.  concilia^ 
Centar.  VII,  Qu.  90.  -  Gio.  Buunemann,  G>miti.  ad  L.  5  ^  3  D.  h.  t.  — 
Stuyk,   Us  mtd.Patid,,  h.  t.  $  4.  —  Coccbii,  Iur.  civ.  controv.,  h.  t.  Qa.  21. 


Anziiutto  mediaate  apposito  patto;  che  nulla  vieta  al  commodatario  di  assumersi  il 
rischio  dei  caso  fortuito  (cfr.  cap.  1  h.  t.  e  fi*.  21  §  1  h.  t.  «  si  tibi  rem  utendaro  tuo 
periculo  commodauero  &,  >).  Tro%'iaino  auco  (ibid.)  un  commodare  cotnfnvni  periculo. 
Ordinariamente  quel  patto  va  coDgiunto  alia  ret  aestimatio  ^) ;  la  C08a  viene  stimata 
al  suo  valore  e  il  commodatario  si  obbliga  indistintamente  a  restituire  la  res  o  la  ae- 
athnatio.  La  semplice  aestimatio  non  ha  altro  significato  che  quelle  di  dare  una  base 
al  calcolo  pel  risarcimento  oella  ipotesi  che  la  cosa  si  dauueggi  o  perisca  per  oolpa 
del  commodatario.  In  tal  seoso  va  inteso  il  fr.  5  §  3  h.  L:  <  et  si  forte  res  aestimata 
data  sit,  omoe  periculum  praestanduni  ab  eo,  qui  aestimationem  se  praestaiurum  re- 
cepit  ».  Le  ultime  parole  vanno  appunto  accentuate  ^). 

E  chiaro  che  V aestimatio  per  se  stessa  non  pub  avere  che  uno  dei  due  signilicati 
teste  esposti :  ne  possiamo  accogliere  Topioione,  che  nella  ipotesi  dt  un  commodato  a 
favore  del  commodaate  (in  cui,  come  vedremo.  la  responsabilita  del  commodatario  e 
limitata  alia  lata  culpa)  Vaestintatio,  ove  non  serva  meramente  a  stabilire  il  valore 
<lella  res  commodata,  accresca  tale  responsabilita  solo  fino  al  grado  della  culpa  levis. 
Cfr.  per  esempio  il  Lauterbach  citato  nel  testo. 

Questa  teoria  si  basa  sul  principio  (il  quale  del  resto  mi  sembra  intrinsecamente 
inesplicabile),  che  Vaestimatio  accresca  di  ua  grado  la  responsabilita;  secondo  tale 
principio  il  commodatario  risponderebbe  del  periculum  della  res  aestimata^  essendo 
egli  gia  tenuto  ad  osservare  tutta  ladiligenza.  Questo  principio  (benche  la  cosa  non  sia 
stata  awertita)  si  trova  del  resto  gik  con  precisione  espresso  nei  paragrafi  di  Stepano 
(ad  fr.  52  §  3  pro  socio)  con  parole,  che  io  qui  traduco  fedelmente :  Bisogna  dunque 
sapere,  che  Vaestimatio  aggiunge  (un  grado)  alia  responsabilita  iaerente  naturalmente 
&1  negozio ;  e  quindi  nel  commodato,  in  cui  gi^  si  rende  conto  per  la  custodial  apgiunge 
robbligo  di  rispondere  pei  casi  fortuiti;  nelle  society,  in  cui  la  responsabilita  e  pel  dolo 
e  la  negligenza,  aggiu.ige  qnella  per  la  custodia. 

Anzi  simili  parole  sembrerebbero  pienamente  conformi  alia  dottrina  del  Baron  a  chi 
non  avvertisse,   che  lo  Stbfano  richiama  esplicitamente   i  propri  insegnamenti    dati  al 


M  L'obbligazione  risulta  alternativa:    cfr.  il  fr.  7  §  5  D.  24,  1    (ammessa  la  comune 
lezioneK  —  La  recente  esegesi  del  Formiooini,  StimOf  pag.  71,  non  mi  pare  possibile. 
i)  Egregiamente    lo   Stefano    ad  h.  1.:    h  ^  SI  SicLriT'.u'ny-'vr.v  cXa^e  rt  -/j.-ni^h,    o'j^ 

ryjy-r.'j  'jja^nivojiiv  o  x/J^'i/Asvo^.  E  lo  scoliasta  ci  assicura  che  Vedisione  di  Cirillo  coin- 
cideva  in  tale  esegesi  colla  ^vjueicj?:^  dello  Stepano. 


GOMMODATI  y£L  CONTRA.  215 

reoepit ».  Con  ragione  osserva  su  questo  passo  Francesco  Gonnano  ^^): 
€  At  mihi  videtur  aestimatio  non  alia  de  causa  fieri,  quam  nt  certum 


i<>)  GommenL  iur.  dv,,  lib.  VII,  c.  3  pag.  466. 


titolo  de  oommodato  e  cbe  pertanto  egli  intende   per  /.oj-jruCia,  la  diligenza  assoluta^ 
per  1^0'JiJ.ia,  la  mancanza  relativa  di  negligenzat  la  cosi  detta  culpa  in  concreto. 

Ma  TuDico  fondamento  di  tali  dottrine  (che  coatrastano  per  esempio  a  quella  della 
dos  aestimata  etc.)  h  il  fr.  52  §  3  cit.  tanto  pel  bizantini,  quanto  pel  moderni.  Un  tal 
IrammeDto  non  ha,  per  chi  spregiudicatamente  lo  esamini,  il  vaiore  che  gli  si  attri- 
buisce : 

<  damna  quae  imprudentibus  accidunt,  hoc  est  damna  fatalia,  socii  non  cogeiitur 
praestare;  ideoque  si  pecus  aestimatum  datum  sit  et  id  latrocinio  aut  incendio  perierit^ 
commune  damnum  est,  si  nihil  dolo  aut  culpa  accident  eius,  qui  aestimatum  pecus 
acceperit;  quod  si  a  furibus  subreptum  sit,  proprium  eius  detrimentum  est,  quia  cu- 
stodiam  praestare  debet  qui  aestimatum  accepit ». 

Nei  paragrafo  antecedente  si  discute  quale  sia  in  genere  la  responsabilitii  del  socio. 
Ulpiano  riporta  e  approva  il  parere  di  Cklso,  secondo  il  quale  il  socio  e  tenuto  in 
grado  maggiore  (e,  cioe,  alia  diligenza  assoluta),  quando  egli  conferisce  la  sola  opera 
propria  e  Taltro  inrece  conferisce  il  capitale.  Nel  presente  paragrafo  continua  il  di- 
scorso  e  si  dice  che  per  regola  generate  il  socio  non  risponde  perb  mai  dal  damnum 
fatale  (che,  come  diciamo  nelle  Appendici,  non  e  che  il  caso  fortuito);  da  ci6  si  faun'illa- 
zione  al  caso  di  chi  peeus  aestimatum  aocepit.  Qui  V aestimatio  non  puo  essere  rivolta 
ad  accrescere  la  responsabilitii  del  socio  (poichd  in  tal  caso  se  ne  sarebbe  discorso  non ' 
Delia  conseguenza,  ma  nella  premessa) :  Vaestimatio  avviene  qui,  in  un^ipotesi  di  cui 
un  socio  conferisce  Topera  e  Taltro  il  capitale,  solo  per  stabilire  Tentit^  di  questa  col- 
lazione.  II  giurista  sceglie  questa  ipotesi,  poiche  e  quella  in  cui  la  responsabilit4  del 
socio  si  eleva  fino  alia  culpa  leuis  (troppo  imponendosi  Tanalogia  della  locazione) ;  egli 
infatti  lo  dice  responsabile  di  tutti  i  danni,  che  avvengono  dolo  aut  culpa  eius,  espres- 
sione  che  poi  sostituisce  con  custodia  in  plena  armonia  colla  nostra  dottrina.  —  II 
furtum  (e  va  inteso  con  tutte  le  limitazioni  di  cui  diremo)  ^  paradigma  della  perdita 
colposa,  appena  potendosi  ammettere  un  caso  di  furtum  nei  limiti  accennati  senza 
negligenza  del  socio ;  come  il  latrocinium  e  paradigma  del  damnum  fatale^  non  es- 
sendo  facilmente  ammissibile  che  la  perdita  sia  qui  ascrivibile  a  culpa. 

Del  resto  non  occorre  una  esplieita  pattuizione  delle  parti,  perch^  s'induca  dalla 
aestimatio  Taumento  di  responsabilit^.  L*intenzione  delle  parti  pu6  benissimo  rilevarsi 
dalle  circostanze.  Un  esempio  (che  per6  non  si  riferisce  al  commodato)  porge  il  fr.  17 
S  I  D.  19,  5 : 

«  si  margarita  tibi  aestimata  dedero,  ut  aut  eadem  mihi  adferres  aut  pretium  eorum, 
deinde  haec  perierint  ante  uendltionem,  cuius  periculum  sit?  et  ait  Labeo,  quod  et 
Pomponius  scripsit,  si  quidem  ego  te  uenditorem  rogaui,  meum  esse  periculum ;  si  tu 
me,  tuum ;  si  neuter  nostrum,  sed  dumtaxat  consensimus,  teneri  te  hactenus,  ut  dolum 
aut  culpam  mihi  praestes  ». 

Qui  Vaestimatio  pu6  avere  per  s^  ambo  i  signifiLcati,  nulla  essendo  piu  naturale  che 
chi  ilk  altrui  una  cosa  da  vendere  ne  faccia  fare  la  stima  per  norma  comune.  Ora  La- 
BBONB,  seguito  da  Pomponio,  ammetteva  la  piu  rigorosa  interpretazione  solo  quando  il 
mediatore  assumeva  riniziativa  del  negozio,  come  rivoUo  precipuamente  a  beneficio  suo 
in  cid  naturalmente  essi  si  regolavano  secondo  le  consuetudini  commerciali  del  loro  tempo. 


216  LIBRO  XIII,  TITOLO  TI,  §  855. 

sit  pretium  rei,  si  forte  continget,  earn  dolo  vel  culpa  yel  Degligentia 
accipientis  amitti,  ut  ea  de  re  oon  sit  amplius  dutiudicio  disputandum 
aut  inrandam  in  litem.  Quod  adeo  puto  olaram  esse,  at  nulla  du- 
bitatio  esse  possit,  praesertim  in  hoc  contractu,  qui  sua  natura  do- 
minium rei  non  transfert.  Quando  vero  is  qui  accipit  commodate  de 
aestimatione  rei  convenit,  reoepitque  aestimationem  se  praestaturum, 
nisi  rem  restituerit,  eacasu  aliquo  perempta,  cumiam  non  possit  cam 
restituere,  ex  pacto  suo  tenetur  ad  aestimationem  >•  Molti  ^^)  vogUono 
intendere  questo  passo  nel  solo  case  in  oui  il  commodatorio  (come  di 
solito)  ha  I'esclusiyo  yantaggio  del  contratto.  Poidi^  s^egli  in  tal 
case  promise  Vcbestimatio^  una  tale  promessa  non  potrebbe  assumersi 
che  come  una  dichiarazione  di  yolere  addossarsi  il  caso,  dal  memento 
che  egli  ^  gi^  senz'altro  tenuto  per  la  menoma  negligenza  e  pero  sa- 
rebbe  del  tutto  inutile  la  promessa  di  risarcire  il  yalore,  se  il  com- 
modatario  non  yolease  imporsi  una  maggiore  responsabilit^  di  quella 
che  g]£\  gli  spetta.  Si  conforta  tale  spiegazione  soyratutto  colFosseryare 
che  nelle  parole  immediatamente  precedenti  al  §  2  della  L.  5  si  propone 
il  principio:  <i  Oommodatum  plerumque  solam  utilitatem  coutinere  eius 
cui  commodatur  et  ideo  esse  praestandam  et  oulpam  et  diligentiam  >. 


11)  SalicetO;  ad  L.  5  $  3  D.  h.  t.  —  G.  Frantzkiub,  (Jomm.f  h.  t  n.  44 
e  45.  —  Lauterbach,  Coll.  tK  praet  Pand,,  h.  t.  $  22.  —  Griesingbb,  Com- 
mewtario  sid  diriUo  del  WiirtUmberg  (ted.),  yol.  I,  pag.  62  sag. 


Ad  ogni  modo  e  chiaro,   come  bastasse  all'uopo   che  Tintenzione    delle  parti  risultasae 
implicita  nel  negozio  *). 

^)  S'^  voluto  vedere  un*antiDomia  Ira  questo  passo  e  il  fr.  1  §  1  D.  19,  3  preso  pa- 
rimenti  dalTopera  ad  ediotum  di  Ulpiano.  Ma,  per  quanto  coii<;erne  Topera  genuina, 
giova  notare  che  le  parole:  «  aestimatio  autem  periculum  f'acit  eius  qui  suscepit;  aut 
igitur  ipsam  rem  debebit  incorruptam  reddere,  aut  aestimationem  de  qua  coouenit  >, 
contengono  appena  Tinizio  di  una  trattazioae  circa  la  natura  della  aestimatiOf  di  cui 
noi  ignoriamo  le  successive  applicazioni  alia  materia  speciale.  Per  quantp  poi  concerne 
il  diritto  giustinianeo,  e  ovvio  iategrare  il  f r.  1  §  1  coUe  piu  precise  determinazioni  dal 
fr.  17  §  1.  Secondo  il  Formiooini  (SUma  nella  oonelus.  dei  contrattiy  pag.  93)  nel 
fr.  1  Ulpiano  considera  «  il  contratto  estimatorio  nella  sua  assolutezza  spoglio  da  cir- 
costanze,  che  lo  avvicinaoo  a  questo  o  a  quel  contratto  nominate,  volendo  porre  in  evi- 
denza  la  efficacia  della  stima  elomento  esseuziale  e  carattaristico  del  rapporto  ».  —  Ma 
esiste  un  «  contratto  estimatorio  nella  sua  aasolutessa  f  ».  Piuttosto  si  pud  credera 
che  il  giurista  cominciasse  a  considerara  Tipotesi  meno  frequente. 


. 


GOMMODATI  YEL  €X)NTBA.  217 

Qiiesto  principio  verrebbe  nel  §  3  esteso  dal  giurista  nel  senso  che 
il  commodatario,  aveado  solo  il  vantaggio  del  contratto,  ove  abbia 
promesso  la  ctestimatio,  debba  rispondere  pure  del  case.  Donde  tali 
giuristi  derivano  che  se  il  oommodato  ^  utile  tanto  al  commodante 
quanto  al  commodatario,  la  promessa  della  aestimatio  obbliga  il  com- 
modatario  a  rispondere  anche  della  piu  lieve  negligenza,  e  se  il  com* 
modante  ha  solo  11  vautaggio  del  negozio,  11  commodatario  con  tale 
promessa  si  astriuge  a  responsabilit^  per  culpa  levis.  In  questi  due 
casi  Infatti  ragionevolmente  si  dovrebbe  credere  che  il  commodatario 
abbia  voluto  accrescere  di  un  grado  solo,  anzich^  di  due,  la  propria 
responsabilit^.  Ma  ove  si  confrontino  altri  testi,  che  parlano  del  pe^ 
riculum  rei  aesiimatae,  si  dovranno  condividere  i  dnbbi  dello  Zie  - 
OLEB  ^^J  su  questa  opinione.  Per  addurre  un  solo  esempio,  la  loca- 
zione  h  un  contratto  che  uotorlamente  h  di  vantaggio  x>6r  ambo  le 
parti.  Quindi  esse  sono  tenute  solo  per  la  culpa  leviSy  come  insegna 
Ulfiako,  L.  5  §  3  D.  h.  t.  Tuttavia  il  conductor  assume  il  perioolo, 
qualora  abbia  avuto  la  cosa  a  lui  locata  per  una  determinata  aesti- 
matio. Paolo  non  ei  permette  di  dabitarne,  scrivendo  sul  fr.  54  §  ult. 
D.  locati  (XIX,  2) :  c  Servum  qui  aestimatus  colonae  adscriptus  est 
ad  periculum  colonae  pertlnere  et  ideo  aestimationem  huius  defuncti 
ab  herede  colonae  praestari  oportere  >.  Che  il  giudice  qui  in  forza 
della  avvenuta  aestiinatio  avesse  a  condannare  solo  per  la  culpa  le- 
rissimay  non  anche  pel  caso,  sarebbe  contrario  alia  nota  significa- 
zione  della  voc«  periculum,  per  cui  le  leggi  sogliono  intendere  un 
danno  meramente  fortuito  ^'*^).  Quindi  anche  i  Basilici  parlano  di  un 
interitus  servi  ^^\  quando  insegnano  c  kai  teleutdntos  autoCL  diddsi  t5 
tim^ma  3>  (et  si  interierit,  aestimationem  eiv^  praestat)  e  il  greoo  inter- 
prete  Oibillo  dichiara  molto  esattamente  questo  passo,  scrivendo 
(come  il  Fabbot  traduce)  ^^) :  «  Fundum  tibi  locavi  cum  servis  ibi 
degentibus,    quos  aestimatos  tibi  dedi;    non  solum  in  his  dolum  et 


1*-^)  Diss,  de  commodato,  Th.  106-114  nelle  Disceptai.  seUciae,  pag.  502. 

13)  Brisson,  de  Verb.  Signif.,   y,  PerictUum  e  questo    Oommentario,   lib.  11, 
pag.  764  (testo  ted.  vol.  IV  ^  325  pag.  367). 

14)  Lib.  XX,  tit.  1  c.  54  (Heimbach,  II,  363;  Fab.  II,  435). 

15)  JBasUieorumj  tom.  II,  pag.  480  (F.). 

OlQck,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  28 


218  UBBO  Xlllj  TITOLO  VI,  §  855. 

diligenttam  praestas,  Bed  etiam  oasas  fortaitoa  (tik  taoh^r^)  agnoscis. 
Didicisti  enim  aestimatiouem  pericolam  rem  alienam  accipientis  fii* 
cere  >  ^®J. 

2.**.fr.  5  §  4  D.  h.  t.  €  Quod  vero  seuectute  contigit  velmorbo  vel 
latronam  vi  ereptum  est  aut  quid  simile  aocidit,  dioendam  est  nihil 
eoram  esse  impatandum  ei,  qui  commodatum  acoepit,  nisi  aliqaa 
culpa  interveniat.  Proinde  et  si  inoendio  vel  ruina  aliquid  contigit 
vel  aliquod  damnum  fatale,  non  tenebitnr;  nisi  foite  cum  posset  res 
commodatas  salvas  faoere  suas  praetulit  ]»  ^^).  Per  la  corretta  intelli- 
genza  di  questo  passo  devo  osservare  che  esso  non  oontiene  una  re- 
strizione  di  quanto  fu  detto  immediatamente  prima,  discorrendosi  del 
periculum  rei  aestimatae,  ma  piuttosto  si  rapporta  il  principio  posto 
da  Ulpiano  nel  §  2,  che  cio^  il  commodatario  di  regola  risponde 
anohe  della  piii  lieve  negligenza,  come  hanno  avvertito  anche  An- 
tonio Fabro  ^^)  e  Reinardo  Baohovio  i'-*).  Quindi  si  dichiara  teuuto 
il  commodatario,  che  in  undato  pericolo,  in  cui  avrebbe  potuto  sal- 
vare  le  cose  commodate,  ha  preferito  di  salvare  le  proprie,  a  ripa- 
rare  il  danno  indi  derivato  '")•  Si  chiede  per5  se  ci5  abbia  da  inten- 
dersi  assolutamente  e  proprio  quale  eccezione  che  qui  solo  abbia 
luogo.  I  giuristi  sono  in  proposito  divergenti  ^o).  Donbllo  '^^)  non 
si  perita  di  affermare  e  Puna  e  Taltra  cosa.  Invece  TAoouBSio,  se- 


1^)  Diffasameiite  ne  tratta  anche  Crist  G.  Wkhrn,  nella  Docirina  iuris  ex- 
plic€Urix  principianim  el  causarum  damni  praestandi,  ^  33. 

17)  Qnasi  coUe  steese  parole  dice  questo  Paolo,  Rec,  SerU.,  L.  II,  tit.  4^2. 
^^)  BaUondl.  in  Pand.  ad  L.  5  M  i-  f-  D.  fa.  t. 
i»)  Note  ad  TreuUerum,  Vol.  I,  Disput.  24  Th.  3. 
2")  Vedi  Wehrn,  Doctrina,  cit.  cap.  IV  «  13. 
21)  Comm.  iui\  civ,,  lib.  XVI,  cap.  7  pag.  887. 


m)  L*art.  1S19  del  Codice  civile  dice,  che,  se  la  cosa  prestata  perisce  per  un  caso 
fortuito,  a  cui  il  commodatario  Tavrebbe  potuto  sottrarre  surrogandone  una  propria  o  se 
egli,  non  potendo  salvare  che  una  delle  due  cose,  ha  preferito  la  propria,  e  responsabile 
della  perdita  deiraltra.  I  commentator!  modern!  ritengono  che  questo  principio  tratto 
dalla  L.  5  §  4  D.  h.  t  sia  una  «  regola  speciale  ».  Pel  riguardo  dello  circostanze  vedi 
poi  DuRANTON,  op.  clt.,  1.  c,  pag.  527 ;  Pont,  92 :  v.  Zachariab-Cromb,  pag.  643.  Forse 
il  giurista  si  rileriva  al  caso,  in  cui  il  sacrificio  delle  cose  commodate  ^  stato  il  mezso 
per  5;alvare  le  proprie.  Allora  la  regola  sarebbe  pel'  diritto  romano  abbastanza  chiara. 


OOMHODATI  VBL  GONTBA.  219 

guito  dallo  Hahn^;,  dal  Lautebbaoh  ^),  Bbunnemann^)  e  piii  altri, 
crede  che  quel  prindpio  sia  da  restringere  alia  ipotesi,  in  cui  le  oose 
commodate  superino  in  pregio  quelle  pioprle  del  commodatario.  Ma 
il  GoCGEJO  ^^)  crede  plausibile  tale  idea,  solo  quando  il  salvamento 
delle  cose  proprie  del  commodatario  sia  avyenuto  per  eompensare  il 
eommodante  delta  sua  perdita.  Diversamente  distinguono  il  Fban- 
TZKE  ^)  e  lo  Zibglbb  ^).  Bisogna  a  loro  avviso  osservare  a  beneficio 
di  chi  sia  stato  conchiuso  il  commodate.  Se  11  contrattx)  si  fosse  oon  - 
chiuso  a  beneficio  del  solo  commodatario,  com'^  il  caso  ordinario^  egli 
non  potrebbe  mai  preferire  le  cose  proprie  alle  commodate,  essendo 
egli  tenuto  alia  maggior  possibile  diligenza.  Se  invece  il  contratto  fii 
conchiuso  a  beneficio  esclusivo  del  commodante,  ha  luogo  11  principle 
comune  che  ciascuno  h  per  s^  il  primo  prossimo.  Se  poi  il  contratto 
fosse  concluso  a  vantaggio  d'ambo  le  parti,  tutto  dipende  dalla  re- 
lazione  di  valore  fra  le  due  cose;  ove  superassero  in  yalore  le  cose 
del  commodatario,  cestui  potrebbe  preferirle,  niuno  essendo  tenuto 
in  un  comune  pericolo  a  subire  un  danno  maggiore  per  rimuoveme 
uno  minore  degli  altri;  ove  invece  le  cose  commodate  fossero  di  pin 
alto  yalore,  il  commodatario  commetterebbe  un  dolo  preferendo  nel 
salvamento  le  proprie  cose  deteriori  a  quelle  pitl  preziose  dell'altro. 
B  consigliere  Sohoman  ^**)  crede  di  raggiungere  davvero  il  sentimento 
di  Ulpiano,  modificando  il  principio  posto  da  tale  giurista  nel  sense 
che  il  commodatario  nolle  necessity  non  deve  provvedere  a  s^  sola- 
mente  e  trascurare  gli  interessi  del  commodante.  Se  il  commodatario  ha 
salvato  tanto  per  s6  stesso,  quante  per  il  commodante,  non  si  potrebbe 
dirsi  res  suas  praetuUt  commodatis  e  percib  a  nulla  sarebbe  tenuto.  A  mie 
avviso  h  pi&  sicuro  tenersi  alle  parole  della  legge  e  dichiarare  senza  di- 
stinzioni  tenuto  il  commodatario  alia  riparaziene  del  danno,  ove  in  case 


**'^)  Obs.  ih,  pract.  ad  Wesenhecium,  h.  t.  num.  VII,  pag.  534. 
2'^)  Coll.  th.  pr.  Pand.,  h.  t.  J  19. 
2^)  Gomm.  ad  Pand.,  ad  L.  .5  M  D.  h.  t. 
u.=>)  iiijr^  civ,  controv.f  h.  t.  Qu,  9. 
2<5)  Comm,  in  Pand,,  h.  t.  num.  48-51. 
'^7)  Be  easu  fortuilo,  $  13  (Discept.  select,  XV,  pag.  511  8g.). 
2^)  Lehre  v.   Schadensers,   (Dottrina  del   riBarcimento  dei  danni),    parte  I, 
pag.  194  6g. 


220  LIBBO  Xni,  TITOLO  Vlf  §  855. 

di  imminente  perioolo  abbia  preferito  le  oose  sue  alle  altrui,  mentre 
avrebbe  potato  salvar  queste  ^).  La  legge  non  distingue.  E  neppur 
deve  il  principio  cousiderarsi  come  una  eooezione,  che  solo  si  aweri 
pel  commodato.  Le  leggi  dicono  affatto  in  geuerale  esser  contrario 
alia  bona  fides^  che  un  contraente  adibisca  maggibr  cura  alle  proprie 
che  alle  altrui  cose  e  percib  preferisca  le  cose  proprie  alle  altrui  in 
un  caso  in  cui  avrebbe  potuto  quest'ultimo  preservare  '^^').  Qui  egli 
cerca  il  vantaggio  proprio  omettendo  un'azione,  a  intraprendere  la 
quale  egli  era  giuridicamente  tenuto;  si  ammette  dunque  ch^egli 
sdentemente  abbia  operato  contro  il  suo  dovere  '^^).  Non  si  misura 
quindi  il  grade  di  diligenza,  a  cui  il  contraente  sarebbe  d'altronde 
tenuto  per  la  natura  de^l'afifare.  Finch^  era  possibile  salvar  le  cose 
commodate  (ore  il  commodatario  non  avesse  Jnvece  cercato  di  sal- 
vare  le  proprie^  si  pub  sempre  dire :  <  suas  res  praetulit  commodatis  >, 
giacch^  le  leggi  lo  astringono  a  una  maggior  diligenza  verso  le  cose 
commodate  di  quella  che  suole  adibire  nelle  sue  proprie  '^^ 

3.^  fi*.  5  §  7  D.  h.  t.:  <  Sed  interdum  et  mortis  damnum  ad  eum 
qui  commodatum  rogavit  pertinet;  nam  si  tibi  equum  commodavero 
ut  ad  villam  adduceres,  tu  ad  bellum  duxeris,  commodati  teneberis. 
Idem  erit  et  in  homine.  Plane  si  sic  commodavi,  ut  ad  l)ellum  du- 
ceres,  meum  erit  x>6riculum.  Nam  et  si  servum  tibi  tectorem  commo- 
davero et  de  machina  ceciderit,  periculum  meum  esse  Julianus  ait. 
Sed  ego  ita  hoc  puto  verum,  si  tibi  commodavi,  ut  et  in  machina 
operaretur.  Geterum  si  ut  de  piano  opus  faceret,  tu  eum  imposuisti 


^u)  Ci6  ammettono  il  Voet^  (Jomm,  ad  iVinc2.  li.  t.  $  4,  lo  Schilteii,  Projr. 
fur.  rom.,  Exerc.  XXV,  ^  11-13.  —  A.  Fabro,  Eation,  in  Pamh,  ad  L.  5  M 
D.  h.  t.  —  Stryk,  Vs,  mod.  Pand.  h.  t.  ^  10.  —  Wernhbr,  Uciiss.  Oomm,  in 
Fand.^  h.  t.  ^  5.  —  Wehrn,  1.  c.  —  Egidio  Lohr,  Teoria  ddla  colpa,  parte  I, 
pag.  27  6g.  —  Waloh,  Introd,  in  controv,  iur,  civ.,  Sect.  Ill,  cap.  IV,  membr.  II, 
Sabs.  Ill,  ^  2  pag.  533  e  This aut^  Sistema  ddle  Pand^,  vol.  I,  )254  num.  V, 
pag.  190  del  la  a""  ediz. 

^0)  fr.  32  D.  depositi  (XVI,  3),  cap.  2  X,  eod.  ove  si  legge:  «  Bona  fides 
al)e6ae  praesamitur  bI  rebus  tuis  sal  vis  existentibus,  depositas  amisisti  ». 

^1)  LoHB,  1.  c.  pag.  27. 

«*2)  L.  3  D.  de  per.  et  eomm.  rei  vend,  (XVIII,  6):  «  Cnstodiam  autem  ven- 
ditor talem  praestare  debet  quam  praestant  hi  quibus  res  commodata  eet; 
ut  diligentiam  praestet  exactiorem,  quam  in  anis  rebus  adbiberet>. 


COMMODATI  TEL  OONTBiu  221 

in  inachina,  aat  si  machinae  oulpa  factum,  minus  diligenter  non  ab 
ipso  ligatae  vel  f  auium  perticarumque  vetustate,  dioo  perioulum  quod 
culpa  contlgit  rogantis  commodatum,  ipsum  praestare  debere>. 

4.^  fr.  18  pr.  D.  h.  t. :  €  In  rebus  commodatis  talis  diligentia 
praestanda  est,  qualem  quisque  diligentissimus  paterfamilias  suis 
rebus  adhibet,  ita  ut  tantum  eos  casus  non  praestet,  quibus  resisti 
non  possit,  veluti  mortes  servorum,  quae  sine  dolo  et  culpa  eius  ac- 
cidunt,  latronum  hostiumve  incursus,  piratarum  insidias,  naufragium, 
inoendium,  fugas  servorum  qui  custodiri  non  solent.  Quod  autem  de 
latronibus  et  piratis  et  naufragio  diidmus,  ita  scilicet  accipiemus,  si 
in  hoc  oommodata  sit  alicui  res,  ut  eam  rem  peregre  secum  ferat; 
alioquin  si  cui  ideo  argentum  commodavorim,  quod  is  amicos  ad 
coenam  invitaturum  se  diceret,  et  id  peregre  secam  portaverit,  sine 
ulla  dubitatione  etiam  piratarum  et  latronum  et  naufragii  casum 
praestare  debet  t». 

5.^  c.  1  G.  h.  t. :  c  Ea  quidem  quae  vi  maiore  auferuntur  detri- 
mento  eorum,  quibus  res  commodantur,  imputari  non  solent.  Sed 
cum  is,  qui  a  te  commodari  sibi  bovem  postulabat,  hostilis  incur- 
sionis  contemplatione  periculum  amissionis  ac  fortuuam  futuri  damni 
in  se  suscepisse  proponatur,  Praeses  provinciae,  si  probaveris,  eum 
indemnitatem  tibi  promisisse,  placitum  conventionis  implore  eum  com- 
pellet  >. 

lo  ho  gi^  detto  che  nel  commodato  la  cosa  vieu  data  per  un  uso 
determinato.  Donde  segue: 

1.^  Che  il  commodatario  non  pub  adoperare  la  cosa,  che  come  il  con* 
tratto  gli  concede  '^).  Se  egliecoede  i  confini  tracciati,  commetteun'azione 
illecita  detta  furtum  nsua  ''^^)j  che  I'obbliga  a  risponder  pur  dell'evento 


'*3)  Un  tal  furtum  usiis   commette   il  commodatario  prestando   la  cosa   ad 
altri  per  ricavame  un  profitto;  L.  54  $  1   de  furt,  XL VII,  2,    Vort,  Comm. 


n)  L'art.  1809  Cod.  civ.  dice :  Se  il  commodatario  impiega  la  cosa  in  un  uso  diverso 
o  per  un  tempo  pii!i  lungo  di  quello  che  dovrebbe,  e  responsabile  della  perdita  avve- 
nuta  anche  per  caso  fortuito,  eccetto  che  provi  che  la  cosa  sarebbe  ugualmente  perita, 
quando  pure  non  Tavesse  impiegata  in  un  uso  diverso  o  Tavesse  restituita  al  tempo 
determinato  nel  con  tratto. 


222  LIBBO  XIII,  TITOLO  VJ,  §  855. 

fortuito  ohe  la  cosa  abbia  subito  in  tale  uso  al  oontratto  contrario  ^^). 
GIUSTINIANO  dice  al  §  6  Inst  de  ohl.  quae  ex  del.  nose.  (lY,  1);  «  si  is  qui 
rem  uteudam  aocepit  in  aliiim  usum  earn  transferat  quam  cuius  gratia 
ei  data  est,  furtum  committit;  veluti,  si  quis  argentum  utendum  aooe- 
perit,  quasi  amioos  ad  coenam  invltaturus  et  id  peregre  secum  tulerit, 
aut  si  quis  equum  gestandi  causa  commodatum  sibi  longius  aliquo  du- 
xerlt,  quod  veteres  scripserunt  de  eo,  qui  in  aciein  equum  perduxis- 
set  J>.  Gib  vien  detto  anche  altrove,  §  2,  L  Qiiib.  mod.  re  contr,  (III,  15), 
ove  si  dice :  <t  Sed  propter  maiorem  vim  maioresque  casus  non  te- 
netur  (commodatarius),  si  modo  uoh  ipsius  culpa  is  casus  interveuit. 
Alioqui  si  id,  quod  tibi  commodatum  est  domi,  peregre  tecum  ferre 
malueris,  et  velincursu  hostium  praedonumve  vel  naufragio  amiseris, 
dubium  non  est,  quin  de  restituenda  ea  re  tenearis  i^.  Bisogna  pero 
osservare  che  il  commodatario  si  fa  reo  di  un  furtum  usus  solo 
quando  sapeva  di  applicare  la  cosa  ad  un  caso,  con  cui  eccedeva  i 
limiti  della  concessione.  Poich^  se  egli  credeva  che  il  commodante 
non  avrebbe  disapprovato  quell'uso,  potr^  ben  farsi  reo  di  oolpa,  ma 
non  di  furto,  come  resulta  dai  testi  seguenti : 

§  7  1.  de  obi.  q.  ex  del.  (IV,  1) :  «  Placuit  tamen  eos  qui  rebus 
commodatis  aliter  uterentur  quam  utendas  aoceperint,  ita  furtum 
committere  si  se  intellegant  id  invito  domino  faoere  eumque  si  in- 
tellexisset  non  permissuram.  at  si  permissurum  credant,  extra  crimen 
videri,  optima  sane  distinctione,  quia  furtum  sine  affectu  fmrandi  non 
committitur  >. 

L.  76  pr.  D.  de  fid,  (XL VII,  2) :  «  Qui  re  sibi  commodata  vel  apud 
se  deposlta  usus  est  aliter  atque  accepit,  si  exisUmavit  se  non  invito 
domino  id  facere,  furti  non  tenetur,  sed  nee  depositi  ullo  modo  te- 
netur.  Gommodati  an  teneatur,  in  culpa  aestimatio  erit,  id  est  an 
non  debuerlt  aestimare  id  dominum  permissuram  i>  '^•'}. 


ad  Pand.y  lib.  XLVII,  tit  2  ^  5  e  Aug.  Fed.  Schott,  De  furto  usuSy  Lipeia 
1775,  ^  12. 

^)  V.  HoMMEL,  Rhapsod.  quaesU  for.,  vol.  II,  obs.  268  e  Wbrnher,  Set. 
Obs.  for.,  torn.  I  parte  IV,  obs.  214  num.  14  e  15. 

^•'>'  II  seDso  di  qaeBto  nltime  parole  ^,  che  la  decisione  della  qnestione  se 
in  tal  caso  abbia  luogo  Vaclio  commodali  dipende  da  ci6,  se  al  commodatario 
possa  iroputarsi  una  colpa;  per  esempio  egli  aveva  giusto  motive  di  credere 


GOMMODATI  YEL  CONTRA.  223 

Goncorre  ia  questo  caso  eolVcustio  oommodati  Vactio  furti  o  la  con- 
dictio  furtiva  ^^). 

2.^  La  cosa  commodata  uon  pab  essere  richiamata  in  tempo- 
stivamente  e  prima  olxe  sia  finito  Puso ''}.  In  eib  differisce  il  oom- 
modato  dal  precario,  per  oai  s^intende  quel  coutratto  per  cui  I'uso 
indeterminato  di  una  oosa  yiene  grataitamente  e  precariamente 
concesso  a  talano  ^~).  La  cosa  in  tal  modo  concessa  pub  in  qua  • 
lanqae  tempo  essere  rivocata  all'aGcipiente  ^'^}.  Ulteriori  diii'erenze 
insegnano  OuiACio  ^o),  Illigbro  ^^)  a  MUller  ^i),  di  cui  piil  diremo 
altrove  ^-),  Si  suole  perb  eccepire  pel  commodato  il  caso,  in  cui  il 
commodante  stesso  per  imprevisto  accident e  abbisogni  della  cosa  ^-^)« 


che  il  commodante  uod  avrebbe  biasimato  Pubo  da  lai  fatto.  Nel  deposito  ci6 
non  viene  in  conaiderazione,  perohd  qai  non  si  presta  che  il  dolo;  ma  11 
commodatario  risponde  per  ogni  colpa.  V.  Pothibk,  Fand,  Iitalin,,  tom.  Ill, 
tit.  de  furtis.  Norm.  XII,  not.  e  pog.  400.  —  A.  Sohultino,  Thes.  controv. 
Decad.  XLVIII,  Th.  5  e  Brunkbuann,  Comm.  ad  L.  76  pr.  de  furtis,  pag.  605. 

36)  L.  5  $  8.  L.  14  h.  t.  D.  L.  71  pr.  D.  de  furt.  (XLVII,  2).  Specialmente 
notevole  6  la  L.  16  D.  de  cond,  furtiva  (XIII,  1)  ove  Pomponio  dice:  a  Qui 
fartnm  admittit  vel  re  commodata  (sc  ultra  modnm  commodato  pi*ae8crip- 
tum)  vel  deposita  ntendo,  condlctione  qnoquo  ex  furtiva  causa  obBtringitur, 
quae  differt  ab  actione  commodati  hoc,  quod  etiamsi  sine  dolo  et  culpa  eins 
interierit  res,  condictione  tamen  tenetur,  cum  in  commodati  actione  non  fa- 
cile ultra  culpam  et  in  depositi  con  ultra  dolum  malum  teneatur  is,  cum 
quo  depositi  agetur  d.  V.  G.  Majansio  ad  XXX  letorum  fragm.,  tom.  1  pa- 
gina  470. 

•^7)  L.  1  pr.  de  preeario  (D.  XLIII,  26). 

38)  fr.  2  $  2.  pr.  12  D.  eod.  cap.  fin.  X  eod. 

30)  Observ.j  lib.  XXIII  c.  21. 

*0)  ad  DoneU.,  lib.  XIV,  c.  34. 

41)  ad  Slruvium,  Ex.  XIX,  Th.  2  n.  ^. 

*2)  Lib.  XLIII,  tit.  26. 

^)  ZoKsio,  ad  Pand.,  num.  19  e  20.  —  Hubeb,  Frael.  ad  Pand.,  h.  t.  $  4 
e  in  Eunom.  Earn,,  pag.  536.  —  Egkolt,  Gompendiar.  Pand»  Tract, j  h.  t.  M- 
—  Striiv,  Syniagma  iur.  civ.,  Ex.  XIX,  Th.  8.  —  Muller,  ad  eundem,  n.  *.  - - 


o)  Vedi  gii  articoli  1815  e  1816  del  Cod.  civ.  II  commodante  non  pu6  ripigliare  la  cosa 
data  a  prestito  fuorche  decorso  il  termine  convenuto,  ovrero,  in  mancanza  di  conven- 
zione,  dopo  che  la  cosa  ha  servito  airuso  per  cui  fu  prestata.  Nondimeno,  se  durante 
il  detto  termine  o  prima  che  sia  cessato  il  bisogno  del  commodatario,  sopravviene  al  co- 
modante  ud  urgente  impreveduto  bisogno  di  valersi  della  cosa,  pu6  Tautorita  giudiziaria, 
secondo  le  circostanze,  obbligare  il  commodatario  a  restituirla.  In  contrario  il  Codice 
Aufltr.,  §  976.  Vedi  le  important!  osservazioni  di  Unoer,  Vagire  a  propria  rUehio 
(ted.),  pagine  20-23. 


224  LIBBO  Xni,  TITOLO  VI,  §  855. 

Ma  tale  eocezione  non  b  fondata  nel  diritto  romano,  come  hanno 
sufficientemente  dimostrato  il  Vobt  **)  e  Giovanni  Wundbblioh  ^). 
II  contrario  resulta  sia  della  natura  del  oontratto,  sia  dalla  deci- 
siva  L.  17  §  3  D.  h.  t.,  ove  Paolo  dice :  <  Sicut  aatem  volantatis 
et  officii  magis  quam  necessitatis  est  commodare,  ita  modam  com- 
modati  finemque  praescribere  eius  est  qcd  benefioium  tribuit.  Gam 
autem  id  fecit  (idest  postquam  commodavit),  tunc  finem  praescribere  et 
retro  agere  atque  ii^tempestive  usum  commodatae  rei  auferre,  non 
officium  tantum  impedit  sed  et  suscepta  obligatio  inter  dandam  acci- 
piendamque;  geritar  enim  negotium  invicem  et  ideo  invicem  propodtae 
sunt  actiones,  ut  appareat  quod  prinoipio  beneficii  ac  nudae  volun- 
tutis  faerat  converti  in  mutuas  praestationes  actionesque  civiles,  ut 
accidit  in  eo,  qui  absentis  negotia  gerere  inchoavit ;  iieque  enim  im- 
pune  peritura  deseret;  snscepisset  enim  fortassis  alius,  si  is  non  coe- 
pisset;  voluntatis  est  enim  suscipere  mandatum,  necessitatis  consum- 
mare.  Igitur  si  pugillares  mihi  commodasti,  ut  debitor  mihi  caveret, 
non  recte  facies  importune  repetendo ;  nam  si  negasses,  vel  emissem 
vel  testes  habuissem.  Idemque  est  si  ad  fulciendam  insulam  tigna 
commodasti,  delude  protraxisti  aut  etiam  sciens  vitiosa  commodaveris; 
adiuvare  quippe  nos,  non  decipi  beneficio  oportet.  Ex  quibus  causis 
etiam  contrarium  iudicium  utile  esse  dicendum  est ».  Si  oppone  che 
secondo  la  g.  3  G.  de  loo<$to,  il  locatore  possa  ripetere  la  cosa  del 
conduttore  prima  della  scadenza  per  un  improvviso  bisogno.  Ma  tale 
analogia  non  reggej  poich^  i^  conduttore  quando  deve  restituire  la 
cosa  prima  del  termine  fa  una  corrispondente  deduzione  dalla  mer- 
cede^  e  pu6  sempre  col  suo  danaro  avere  un'altra  locazione.  Egli  non 
soffre  quindi  cosl  gran  danno,  come  il  commodatario,  che  ha  ottenuto 
I'uso  gratuito  della  cosa.  Si  aggiunge  che  la  detta  prescrizione  re- 
lativa  alia  locazione  h  di  gius  singolare  e  devia  dai  principii  gene- 
ral!, come  il  Webeb  ha  profondamente  osservato  *^).  Posto  anche  ch« 


—  Lauterbach,  CoU.  th.pr,  Pand.j  h.  t  $  11.  —  Beuqer,  Oecon.juriSf  lib.  Ill, 
tit.  2  Th.  5  n.  1.  —  Stryk,  Us,  mod  Pand.f  ^le  fra'  piii  recenti  Walch,  In- 
U'od,  in  controv,  tur.  civ..  Sect.  Ill,  c  IV,  Membr.  11,  Subs.  Ill,  $  1  pag.  592 
e  Dabrlow,  ManucUe  del  diriUo  privato  attuale  (ted.),  parte  2  $  1214. 

**)  Oomm,  in  Pand.,  h.  t.  $  9. 

*5)  Comm.  de  Pugillaribus,  Jena  1756  $  9-12. 

4«)  Obblig.  naturale  (ted.)  4  90  pag.  388  (4.*  ed.). 


COMMODATI  TBL  CX>NTBA.  225 

raualogia  esistesse,  non  si  potrebbe  fame  Papplicazioue  poich^  tali 
special!  norme  del  diritto  civile  sono  da  considerarsi  quali  ecoezioni 
dalla  regola,  che  non  ponno  easere  estese.  Con  ragione  dunqne  anche 
fra^  modern!  Hopfneb  ^^)  e  Malblank  ^)  hanno  abbandonato  quella 
comune  opinione  degli  anticbi. 


§  85G. 

II  commodato  e  un  contratto  gratuitoP). 

Ai  requisiti  essenziali  del  commodato  appartiene  inoltre  che  la 
concessione  dell'uso  venga  fatta  gratuitamente,  cio^  senza  una  pat* 
tnita  mercede  *^).  Se  si  pattnisse  tale  mercede,  il  negozio  non  sarebbe 
pii!i  commodato,  ma  o  locazione,  se  venisse  promessa  una  mercede 
in  denaro  per  Fuso  di  una  cosa  o  uu  contratto  innominato,  contrctctus 
injiominatus  do  ut  des,  se  venisse  stabilito  da  darsi  qaalche  altra  cosa. 
OiusTiNiANO  insiste  specialmente  su  questo  carattere  del  commodato 
nel  §  2  J.  Quib.  nwd.  re  oontr,  obi.  (3, 15) :  c  Gommodata  antem  res 
tunc  proprie  intellegitur,  si  nulla  mercede  aooepta  vel  constituta  res 
tibi  utenda  data  est :  alioqui  mercede  interveniente  locatus  tibl  usus 
rei  videtur.  Gratuitum  enim  debet  esse  commodatnm  ».  E  ci5  con- 
fcrma  TTlpiano,  fr.  5  §  12  D.  h.  t.:  «  Si  merces  intervenit,  vel  in  factum, 
vel  ex  locato  conducto  agendum  erit  ».  Se  dopoflnito  Pubo  vien  dato 
qualche  cosa  a  titolo  di  riconoscenza,  un  cosl  detto  honorarium  ^% 
non  viene  percio  a  mutarsi  la  sostanza  del  commodato  e  neppure 
qualora  una  simile  prestazione  fosse  stata  promessa  •'''^). 


^7)  Salle  Istit.  di  Heinegoio,  $  772  n.  1. 

^)  Prinap.  iur.  rom„  parte  II,  ^  496  pag.  348. 

*9)  Nell'HuPELAND,  Trattato  di  dir.  civile  (ted.),  V.  1  ^  554,  tale  deoisione  ^ 
stata  negletta. 

'><>)  L.  1  pr.  D.  ^  mensor  /.  m.  (XI,  4).  Talora  ancbe  Jumor  come  in  L.  6  pr. 
D.  niand.  (XVII,  1)  e  in  Seneca,  OorUrov,  I,  8. 

•'1)  V.  A.  F.  Trendelenburg,  «  De  honorario  eiasque  a  mercede  disori- 
min  9.  Chilonii  1775^  $  8.  II  commodatario  non  viene  con  ci6  liberate  nep- 


p)  Vedi  I'art.  1806  del  Cod.  civ. 
Gluck,  Comvi.  Fandette.  —  Lib.  XITI.  29 


226  LIBBO  xni,  TiTOiiO  vr,  §  857. 


§  857. 

Obbietto  del  commodato,  Obhligazioni  del  commodatario. 

Oggetto  di  qaesto  coutratto  ponno  essere  tatte  le  cose,  che  veu~ 
gano^prestate  per  an  uso  tale^  ohe  periuetta  dopo  il  sue  esaurimento 
la  restitazione  ia  natora:  siano  esse  mobili  o  immobili '/).  Per  esempio 
io  presto  a  taluno  il  solaio  della  mia  casa  perch^  yi  faocia  asciagare 
la  sua  biancheria.  Anche  cose  iacorporall  uon  sono  escluse,  per 
esempio  esercizio  di  una  seryitii.  Gli  atitichi  giuristi  romani  erano 
per5  in  proposito,  come  riferisce  Ulpiano,  fr.  1  §  1  D.  h.  t.,  di  di- 
versa  opinione.  Labeone  credeva  che  solo  cose  mobili  potessero  for- 
mare  oggetto  di  commodato.  Cassio  iavece  iusegaava,  che  il  com- 
modate ha  luogo  par  nelle  cose  incorporali.  L'ultima  opiaione  riusd 
a  prevalere  ^'''^).  Vi viand  prooedette  auzi  taut^oltre,  da  affermare  po- 
tersi  concedere  ad  altri  in  commodato  VhabitatiOj  che  pare,  quale 
servitus,  h  cosa  incorporale.  Ulpiano  non  respinge  tale  opinione,  loa 
crede  pitl  sicuro  di  valersi  delVactio  praescrijptis  verbis  anzich^  del- 
Vactio  comtiwdatu  Sono  notevoLi  due  passi  di  Ulpiano,  presi  entrambi 
dal  libro  28  ad  Ediotumy  e  qnindi  da  congiungersi  Funo  alPaltro : 

1.®  fr.  1  §  1  D.  h.  t.:  «  Inter  commodatum  autem  et  utendum 
datum  Labeo  quidem  ait  tantnm  interease,  quantum  inter  genus  et 
speciem;  commodari  enim  rem  mobilem,  non  etiam  soli,  utendam 
dari  etiam  rem  soli.  Sed,  ut  apparet,  proprie  commodata  res  dicitur 
et  quae  soli  est,  idque  et  Gassius  existimat :  Yivianus  amplius  etiam 
habitationem  commodari  posse  >. 


pare  dalPobbligo  di  risarcire  il  daono  da  lui  recato.  V.  Crist.  Eorico  Bi^EU- 
NINO,  QuaesL  tar.  eontrov.  a  An  bonorarii  datio  in  contractibus  gmtiosis  li- 
beret  a  damno  date  restitaendo  ^f  Lipsia  1772,  $  3  e  4. 

•'>2)  Un    esempio  di   uq  commodato   aedium  vedi   in    Gidvbnale,  Sat,  VII, 
V.  42. 


.  q)  Vedi  la  prima  Appendice  del  traduttore  al  §  857. 


OOMMODATI  YBL  CONTRA.  227 

2.®  fr.  17  pr.  D.  de  praescr.  verbis  (XIX,  5):  <  Si  gratnitam  tibi 
habitationem  dedero,  an  oommodati  agere  possimt  Et  Yiyianns  ait 
posse.  Sed  est  tatius  praescriptis  verbis  agere  >. 

Snl  vero  senso  di  quest!  passi  non  son  perb  d'acoordo  gPinterpreti. 
YoET  ''''^)  opina  non  trattarsl  di  un  commodato  iam  constitut<ie  habit€^ 
tioniSj  nia  di  una  hdbitatio  per  commodatum  constituenda  e  cib  perch^ 
Ulpiano  altrove  ''^)  insegna  che  non  si  possa  coueedere  altrui  per 
liberality  Vhdbitatio,  eke  si  esercisce  quale  servitii,  ma  che  solo  si 
possa  locare.  Inveee  una  servitii  potrebbe  costruirsi  per  commodato 
come  si  pub  per  legato.  Gio  poi  non  deve  essere  dubbio  per  la  hdbi- 
tatio, dal  momento  che  Papiniano  e  Scevola  lo  confermano  espli- 
citamente,  sicoome  resulta  dai  testi  seguenti: 

fr.  27  D.  de  don.  (XXXIX,  5):  «  Aqullius  Regulus  iuvenis  ad  ]Si- 
costratum  rhetorem  ita  scripsit:  Quoniam  et  cum  patrc  meo  semper 
fuisti  et  me  eloquentla  et  diligentia  tua  meliorem  reddidisti,  douo 
et  permitto  tibi  habitare  in  illo  coena<3ulo  eoque  uti.  Defuncto  "Be- 
gulo,  oontroN^rsiam  Iiabitationis  patiebatur  Nicostratus  et  cum  de  ea 
re  mecum  contulisset,  dixi  posse  defendi  non  meram  donationem  esse ; 
verum  of!i(;ium  magistri  quadam  mercede  remuneratum  Eegulum, 
ideoque  non  videri  donationem  sequentis  temporis  irritam  esse,  quod 
si  espulsus  Xicostratus  veuiat  ad  iudicem,  ad  exemplum  interdict], 
quod  fructuario  proponitur,  defendendus  erit,  quasi  loco  possessoris 
coDstitutus,  qui  usum  coenaculi  accepit>. 

fr.  32  D.  eod,:  €  Lucius  Titius  epistulam  talem  misit:  Ille  illi  sa- 
lutem.  Hospitio  illo  quamdiu  volueris  utaris,  superiorlbus  diaetis  om- 
nibus gratuito  idque  te  ex  voluntate  mea  facere  hac  epistula  notum 
tibi  facio.  Quaero  an  heredes  eius  habitationem  prohibere  possunt. 
Bespondi :  secundum  ea  quae  proponerentur,  heredes  eius  posse  mutant 
voluntatem  j. 

Egli  a;xgiunge  anche   Targomento,  che  secondo    I'avviso  di  Pom 
PONio  nella  L.  3  e  nella  L.  15  §  2  D.  de  precario  (XLIIF,  26)   per- 
iino  le  servitu  predial!  possono  essere  costituite  per  via  di  un  pre- 
cario; perche  non  altrettanto  per  via  di  commodato?   Col   Yoet  va 


'>'^)  Gomm.  ad.  Pand.  b.  t.  M  e  lib.  VII,  tit  8  M- 
W)  L.  10- pr.  D.  de  iisu  et  Mb.  (VII,  8). 


22S  LIBBO  XIII,  TITOLO  VI,  §  857. 

pienameate  d'acoordo  anche  Giusto  Meiee  *'^-^).  iQveoe  Francesco  Dua- 
EENO  ^)  intende  piti  correttamente  il  passo  di  Ulpiano  nel  senso, 
che  coloi,  ohe  ha  Vhdbitatio,  ossia  il  iu8  htHntandi  in  aliqua  do^no, 
quale  servitil,  possa  pennettere  ad  uu  altro  di  abitare  per  un  certo 
tempo  in  quella  casa  e  oi5  sarebbe  appunto  il  commodore  hdbitationem. 
Antonio  Fabbo  ^')  h  d'uguale  avviso.  Egli  obbietta  a  quella  prima 
interpretazione  che  la  costituzione  di  una  seryitd  per  via  di  commo- 
dato  repugna  totalmeute  alia  natura  di  questo  contratto^  giacch^  per 
esso  la  cosa  prestata  deve  essere  a  termiue  dell'uso  restituita  in  natura. 
Ci6  non  h  possibile  nella  costituzione  di  servitCi  che  di  nuovo  s'estingue 
dopo  il  termiue  della  concessione.  Piuttosto  ^  all'uopo  ammissibile 
un  precario,  poich^  questo  altro  non  richiede  se  non  che  Pistanza  o 
la  preghiera  da  parte  dell'accipiente  e  Pesercizio  di  una  liberalita  da 
parte  del  conoedente,  che  dura  finch^  a  cestui  piaccia  di  revocarla. 
c  Quid  vero  interest }»,  scrive  questo  giurista,  «  quantum  ad  liberalita- 
tern  exerceudam  pertinet,  an  concedam  tibi  uti  ea  re  quae  iam  antea 
fuerit  mea,  an  eo  iure  quod  neo  meum  adhuc  fuerit  ueo  tuum!  et 
quod  revocata  liberaiitate,  nee  suum  nee  meum  futurum  sit  f  SuMcit 
vero  ad  constituendum  precarium,  ut  utilitatem  aliquam  et  commo- 
dum  adferre  possit  accipieuti,  sive  usus  sive  possessionis  alicuius; 
nee  aliud  quidquam  exigitur,  in  quo  manifesto  dilfert  a  commodate  ». 
Giovanni  Giacobbe  Wissenbagh  '»**)  tuttavia  difende  la  prima  opi- 
nione  e  cerca  di  toglier  forza  all'argomentazione  del  Fabbo,  am- 
mettendo  nel  oommod4itum  servituium  una  restituzione  flnta,  come 
nolle  cose  incorporali  ha  luogo  una  quasi-tradizione.  Egli  dice:  Se 
finito  il  tempo  del  commodate,  Paltro  seguita  a  usare  centre  la  buena 
fede,  bisogner^  agire  perch^  cessi  di  usare,  il  che  facende  e  per  av- 
ventura  daudo  inoltre  cauzione,  slntende  che  restituisca.  Ma  quanto 
poco  rjdea  di  una  finta  restituzione  si  comporta  colla  natura  del 
commodate,  salta  agli  ecchi.  Baohovio  '^^)  e  Hotomanno  ^)  non  ac- 


^•'»)  Colleg.  im\  anjenlor.,  li.  t.  ^  6. 

'^)  (hmm.   ad  h.  t.  cap.  2  (Oper.  pag.  952). 

o")  De  error.  pragmaL,  Dec.  LXXVII,  Err.  7. 

^>^)  Exerc.  ad  Pand.,  parte  I,  Digp.  XXVII,  Th.  9. 

■^w)  ad  Trenaer.,  vol.  I,  Disp.  XXIV,  Th.  1  Lit.  D. 

e«)  Observ,,  lib.  Ill,  cap.  23  pag.  63  (Baailea,  JSM,  8). 


OOMMODATI  VEL  CONTRA.  229 

cettano  uessuna  delle  due  spiegazioni,  ma  negano  addirittara  che 
TJlpiano  parli  del  eommodato  di  uua  oosa  incorporale.  Pel  loro  modo 
di  vedere  la  parola  hiMtatio  qui  non  designa  punto  un  diritto,  ma 
proprio  la  casa.  Ma  secondo  questa  opiuione  il  eommodato  della  ha- 
hitatio  non  differenzierebbe  dal  eommodato  di  una  eosa  immobile.  B 
delle  cose  immobili  il  giorista  aveva  g\^  sopra  parlato.  Le  parole 
<  ambitus  etiam  habitationem  commodari  posse  ]»  provano  pinttosto^ 
oome  ha  gi^  rioordato  giostamente  Antonio  Sohulting  ^0?  cbe  Ul- 
FIANO  Yoleva  trattare  un  argomento  soggetto  a  dubbi  maggiori,  che 
non  fosse  quelle  del  commodate  delle  cose  immobiliari.  Gtorolamo  von 
Oboz  ^^)  finalmente  crede  che  Ulpiano  abbia  avuto  difflcolt^  ad  ac- 
oettare  Topinione  di  ViviANO.  Egli  nega  pertanto  che  le  cose  iiicor* 
porali  possono  essere  oggetto  del  contralto  di  commodate.  La  gra- 
tuita  conoessione  della  habitatio  h  donazione  e  non  commodate.  Oid, 
a  sue  credere,  insegna  anco  Pomponio,  fr.  9  pr.  D.  de  don,  (XXXIX^  5\ 
ove  dice:  <  In  aedibus  alieuis  habitare  gratis  donatio  yidetnr;  id 
enim  ipsiim  capere  videtur  qui  habitat  quod  mercedem  pro  habita-> 
tione  non  solvit  i.  Ma  anche  questa  opinione  non  risponde  alio  spi- 
rito  del  teste.  La  frase  tutitis  est  prova  certo,  che  in  proposito  erano 
sorti  dubbi  fra  1  giuristi  romani.  Ma  che  TTlpiano  abbia  rigettato 
seuz'altro  Tavviso  di  Yiviano,  non  segue  afifatto.  Dice  piattosto  acu- 
tamente  11  Wissenbaoh  ^) :  «  Hoc  in  more  fuit  positum  priscis  IGtis 
ut  ubi  aliqua  vel  levis  dubitatio  esset,  an  competeret  actio  ordinaria, 
simul  proponerent  actionem  praescriptis  verbis.  Itaque  fateor  hoc 
quod  solum  probat  d.  L.  17  dubitasse  quosdam,  an  commodatum 
esset  etiam  reram  incorporalium :  atquin  faisse  etiam  qui  hoc  afBr- 
marent,  apertissimum  est  ex  d.  L.  1  §  1  in  f.  Gommod.  Et  Ulpianus  in 
d.  L.  17  ita  proponit  actionem  praescriptis  verbis,  ut  non  neget  ac- 
tionem commodati.  Qui  enim  dicit  tutias  esse  praescriptis  verbis  agi, 
utique  commodati  agi  posse  fatetur  et  concedit  ]»  ^).  Fra  tutte  le  spie- 


fli)  Thes.  eoiUrov.j  Docad.  XLVIII,  Th.  1. 

«2)  De  apicibu8  iur.  (Lugd.  1661)  lib.  Ill,  c.  7  n.  8  pag.  227. 

«3)  1.   C. 

64)  Nei  Basilid  t.  II,  lib.  XX,  tit  4  c.  17  pr.  pag.  506,  ai  rioorda  espres- 
samente  Pazione  di  eommodato  dicendoviai:  c  'Ean  par^schdsoi  ddron  oikMu, 
6ch6  t^n  epi  tois  keclir^m^nois  agdg^n;  asphal^teron   d^  t^n  per)  tOn  pro- 


230  LIBRO  XIII,  TITOLO  VI,  §  857. 

gazioni  delta  L.  17  rimane  danque  la  migliore  quella  di  Duabeno, 
cui  sottoscrive  auche  il  Fabbo.  N^  8i  oppone  ad  essa  il  fr.  10  pr.  D. 
de  iisu  et  habit.  (VII,  7)  citato  dal  Voet.  Poich^  Aiitouio  Fabbo  «•'*) 
ha  moltb  bene  risposto,  ohe  fra  il  commodato  di  cui  qui  h  parola  e 
una  donazione,  di  cui  parla  il  fr.  10  cit.,  yi  h  la  differenza,  che  il 
commodato  «  semper  oerto  usu  >  —  oom'eglis^esprime  —  <tcertoque  tem- 
pore concluditur,  uou  etiam  donatio;  qaamvis  extra  hano  diiferen- 
tiam  proxime  acoedat  commodatum  ad  donatioaem,  quia  nteique 
contractus  ex  mera  concedentis  liberalitate  profioisoitur,  cam  gra- 
tuitum  ut  diximus  commodatum  esse  debeat  >.  Le  altre  leggi  poi 
neppur  parlaao  di  una  servitil  di  hahitatio,  ma  solo  del  permesso  di 
abitare  gratis  nella  casa  altrui  concesso  a  mo^  di  donazione  e  la  que- 
fitione  era  principalmente  quella,  se  una  tale  concessione  potesse  sus- 
sistere  dopo  la  legge  Gincia,  per  cui  ab  antiq^io  era  stato  posto  un 
certo  modus  alle  donazioni,  come  hanno  dimostrato  il  CuiAOio  ^*),  11 

CONNANO  «' J,    il  BALDUINO  ««),    il  GlPANlO  «»),    lo  SOHULTING  '<^)  e  il 

Bbunneb  ^^).  Anche  cose  altrui  possono  darsi  in  commodato,  resul- 
tando  yalido  il  cdntratto  fra  le  parti,  per  quaiito  entrambe  consa- 
pevoli.  Paolo  dice  espressamente  nella  L.  15  D.  Coinm,  (XIII,  6): 
«  Commodare  possumus  etiam  alienam  rem,  quam  possidemus,  ta- 
metsi  scientes  alienam  possidemus  >  '^^).  Anzi  periino  ad  un  ladro,  che 
ha  prestato  ad  altri  la  cosa  rubata,  compete  Tazione  di  commodato  e 
non  gli  pu6  essere*uegata  la  restituzione  pel  motive,  che  il  commo- 


gegrainmenon  sumphonon  agogen  kinein  d  ecio^:  a  Si  grataitam  tibi  habita- 
tionem  dedero,  commodati  actionem  habeo.  Sed  est  tudns  praescriptid  verbis 
agere  9. 

<'^)  Ration,  in  Pand.  ad  L.  1  ^  1  D.  h.  t.,  n.  a. 

«6)  Ohs.,  lib;  XVII,  c  33  e  lib.  XXI,  cap.  37. 

«7)  Comm,  iur.  dv,,  lib   V,  cap.  9  n.  6. 

ft*^)  Disp,  duae  de  iure  civ.  ex  Pap.,  Disp.  I,  ad  L.  5  D.  transact,,  pag.  326 
(ed.  GuNDLiNo,  Halle  1730,  8). 

«9)  Lecturae  Altorph.,  ad  L.  9.  L.  27  et  32  de  don. 

70)  Thes.  controv.,  Dec.  XLVIII,  Th.  2. 

~i)  OomvfL  ad  I  Oinciam,  c  12  (Opusc.  ed«  Breybk),  Lipsia  1716,  pa- 
gina  188. 

~^)  c  Quia  ex  contractu  persona  obligatur,  non  res  » :  dice  Goocsjo,  Iur» 
civ.  contr.,  h.  t.  Qu.  1.  Si  vegga  anche  il  Lauterbach,  Ooll.  th,  pr.  P.  h.  t. 
$  7  e  Voet,  Oomm,  h.  t.  ^  1. 


OOMMODATI  VBL  CONTBA.  231 

dante  non  h  il  legittimo  proprietario,  come  insegna  Mabobllo  nella 
L.  16  ibids,  dicendo:  c  It  at,  etsi  far  vel  praedo  oommodayerit,  lia- 
beat  Gomaiodati  actionem  ».  II  ladro  noa  pub  certo  avere  azione  dal 
sao  fatto  illecito  '^^).  Ma  qai  egli  non  agisoe  oome  ladro,  bensl  oome 
eommodante.  Si  distingae  danque  il  fatto  del  furto  dal  commodato. 
L^altimo  in  %h  ^  leoito  e  d^  un'azione  anco  al  ladro,  col  qaale  tanto 
pill  egli  pao  insistere  per  la  restitazione,  in  qaanto  che  egli  ne  ri- 
sponde  verso  il  domino  '^).  Se  perb  si  fanno  avanti  insieme  il  pro- 
prietario e  il  ladro,  bisogna  vedere  so  ^  senz'altro  chiaro  il  dominio 
del  primo  e  il  dolo  del  secondo  o  se  occorr^  ana  ulteriore  disamina. 
Nel  primo  caso  secondo  Teqait^  del  diritto  civile  h  preferito  il  do- 
minio al  eommodante  "'0-  NelPaltro  caso  ihvece  la  oosa  dev'essere  re- 
Btitaita  al  eommodante  e  il  preteso  proprietario  deve  poi  far  valere 
coutro  qaesto  le  sae  pretese  ^^).  Poich^  an  credito  liqoido  non  pub 
essere  sospeso  dall'illiquido  interveuto  di  un  terzo,  purch^  a  costni 
non  provenga  dalla  esecuzione  an  danno  irreparabile  '^). 

Anche  oose  fungibili,  come  gi^  si  h  avvertito^  ponno  essere  com* 
modate  in  quanto  sia  possibile  di  usarne  uel  modo  pattulto  senza 
consumazione  o  allenazione  0 ;  per  esempio  denaro  per  semplice 
pompa  e  ostentazione.  Oltre  questa  ipotesi,  per  le  cose  fungibili  che 
iielPuso  cut  sono  ragionevolmente  destinate  devono  esser  consumate 


'  ":»)  L.  12  M  defurUs,  D.  XLVII,  2. 

J*)  CuiACio,  ad  Pauli  lib.  XXIX  ad  Ed.  ad  L.  15  D.  h.  t.  e  A.  Schulting, 
Th€8.  contrav.,  Dec  XLVIII,  Th.  4. 

7->)  Arg.  L.  31  $  1  D.  DeposUi  (XVI,  3).  Voet,  Gomm.  ad  Pand.,  h.  t.  $  2. 
—  CoccEJO,  Zatf.  civ.  contr.j  h.  t.  Qu.  2. 

70)  Sam.  Stuyk,  Us.  mod.  Pand.,  h.  t.  ^  11  e  M.  G.  Wernhbk,  Lectiss,  cwnm, 
in  P.  h.  t.  $  9. 

77)  V.  G.  E.  Ben.  Emminghaus  ad  Cocgbii,  Iu8  civ.  contr.,  Tom.  II,  h.  t. 
Qu.  2  not.  X  pag.  236  e  qiiesto  Comment.  Parte  VI  $  531  pag.  479  (versione 
it.,  lib.  V  ^  531). 


r)  Lo  Zachariab-Cromb,  I.  c,  §  371,  dice  che  «  la  cosa  non  deve  appartenere  alle  coee 
inconsutnabili  o  almeno  la  inconsumabilitA  deve  essere  stabilita  per  convenzione  ».  Sar^ 
molto  piu  esatto  parlare  infatti  di  cose  consumabili,  anziche  di  fungibili,  come  si  fa 
nel  testo.  Un  esemplara  di  una  data  ediiione  di  un  libro  ^  regolarmente  cosa  fungibile 
eppure  attissima  a  formare  obbietto  di  commodato.  E  poi  proprio  la  consumabilit^,  che 
ripugna  alTessenza  e  alia  funzione  del  commodato.  . 


232  LIBBO  Xin^  TITOLO  YI,  §  857. 

o  che  non  possono  essere  osate  senza  alienazioiie  non  ha  luogo  com- 
modato  '^^).  Qai  perb  non  vanno  addotti  gU  abiti,  non  essendo  dabbio 
che  688i  possaQO  oostitnire  oggetto  di  tale  oontratto  7®).  Infine  deve 
osseryarsi  che  anche  le  cose  ecolesiastiche  pen  no  essere  ooHe  donate 
norme  commodate.  Perb  se  esse  sono  destinate  al  cnlto  non  possono 
essere  commodate  che  ad  nn*altra  chiesa  per  ugnale  servizto  ^). 
Le  obbligazioni  del  commodatario  consistono  in  cib: 

1.^  Egli  h  tennto  a  restitnire  lealmente  la  cosa  commodata  a  nso 
finite  e  non  pnb  rifintarvisi  per  qualsiyoglia  pretesto.  La  restitnzlone 
perb  deve 

a)  avvenire  in  natura  ^^ ;  bench^  la  cosa  sia  stata  estimata, 
qnalora  I'estimazione  non  sia  avvenuta  venditionia  causa  ^);  g\A  allora 
pnb  e  deve  essere  pagato  11  yalore  della  cosa  ^).  Tattayia  nel  dnbbio 
non  si  presume  una  tale  estimazione  nei  contratti,  in  cui  non  si  tras- 
mette  11  dominio  ^) ; 

b)  la  cosa  dev'essere  resa  in  bnono  stato.  TTlpiano  dice  nella 
L.  3  §  1  D.  h.  t.  c  Si  reddita  quidem  sit  res  commodata,  sed  de- 
terior  reddita,  non  videbitnr  reddita  nisi  qnod  interest  praestetnr. 
Proprie  enim  dicitnr  res  non  reddita  qnae  deterior  redditur  ».  Se  la 
cosa  b  danneggiata  per  colpa  del  commodatario,  egli  iie  risponde  ^*'^) 
e  bisogna  alFuopo  distingnere  se  la  cosa  b  tanto  gnasta  da  non  avere 
piti  valore  per  11  commodante  o  se  invece  pub  da  cestui  venire  an- 
cora  adoperata.  Nel  primo  caso  11  commodatario  deve  pagare  11  ya- 
lore della  cosa  intera  e  11  commodante  non  b  obbligato  ad  accettare 
la  cosa  guasta  o  nn^altra  cosa  della  stessa  specie^).  Nel  seoondo 
caso  il  commodatario  non  va  oontro  il  suo  dovere  restituendo  la  cosa 
in  natura  e  riparando  inoltre  in  pecunia  il  danno  recato  ^~).  In  nes- 


78)  fr.  36  M  D.  h.  t.  XIII,  6. 

79)  f r.  5  $  8  D.  h.  t  ZiEGLER,  De  commodaio,  Th.  66  e  67. 
^0)  Coai  in  genere  i  canonisti. 

«i)  L.  2  pr.  D.  de  reh.  cr.  (XII,  1). 

82)  ZiEGLBR,  diss,  cit.^  Th.  81-85. 

83)  A.  Fabbo,  RaUon.  in  Pand.,  ad  L.  5  $  3  D.  h.  t 

84)  Rbinhard,  De  commodaio,  $  17  e  Strtk,  Us.  mod,  Pand.,  h.  t  $  4. 

85)  L.  10  pr.  L.  ult.  D.  h.  t.  XIII,  6. 
8»)  CooCBJO,  lur.  cw.  eontr.,  h.  t  Qu.  7. 

87)  Bachovio  ad  Treutler.,  vol.  I,  Disp.  XXIV,  Th.  2. 1.  F.  —  Boeckel- 


OOMMODATI  VBL  OONTBA.  233 

Btma  gaisa  poi  dal  fatto  ohe  il  commodante  (pur  sapendola  deterio- 
rata)  ha  rioeyato  indietro  la  oosa  guastata  pu6  presumersi  o  deri- 
yarsi,  ch'egli  abbia  volato  rinunzfare.  al  diritto  d'easere  risardto  ^). 
c)  La  oosa  deve  essere  restitnita  con  tutti  gli  aocessorii  non 
spettanti  al  oomiaodatario  e  ooi  firatti.  Per  esempio  la  cayalla  col 
puledro,  nato  tanto  prima  quauto  durante  il  oommodato  ^^).  Bispetto  ai 
frutti  oocorre  vedere  se,  secondo  I'intenzione  dei  contraenti,  non  si 
poteva  fare  alcun  uso  della  eosa  prestata  senza  11  godimento  dei  me- 
desimi  o  se  invdoe  I'uso  era  possibile  senza  di  essi,  afbtto  distinto 
da  essi.  In  quel  oaso  il  commodatario  gode  durante  11  oontratto  i 
frutti,  ma  deye  restituire  la  cosa  in  quelle  status  fructiferus,  in  cui 
rha  rio&yuta  ^^).  Nel  secondo  invece  11  commodatario  deve  restituire 
i  frutti  al  commodante  ^^).  Donde  si  capisce  quelle  che  dice  Paolo, 
L.  38  §  10  D.  de  usur.  (XXII,  1):  c  si  possessionem  naturalem  revo- 
cem,  proprietas  mea  manet.  videamus  de  fructibus.  Et  qnidem  in  de- 
posito  et  commodate  fructus  quoque  praestandi  sunt ».  Anco  il  lucre, 
che  il  commodatario  ha  tratte  dalla  oosa,  senza  che  la  cosa  a  lui 
fosse  per  tal  fine  prestata,  dev'essere  restituito  al  commodante.  Per 
esempio  la  mercede,  se  per  avrentura  il  commodatario  ha  locata  la 
cosa. '  PoMPONio  nel  ir.  13  §  1  h.  t.  cenferma  questo  col  seguente 
esempio :  c  Si  quern  quaestum  fedt  is  qui  experiendum  quid  accepit, 
veluti  si  iumenta  fuerint  eaque  locata  sint,  id  ipsum  praestabit  d,  qui 
experiundum  dedit,  neque  enim  ante  eatn  rem  quaestui  cuiquam 
esse  opertet  priusquam  periculo  eius  sit  >  ^^).  II  case  che  qui  decide 


MAKN,  Comm.  in  Dig,,  h.  t.  $  6.  —  Schulting,  TAc*,  controv.,  Dec  XLVIII, 
Th.  9.  —  Struv.,  Synt.  iur,  oit.,  Ex,  ere.  XIX,  Tli.  8.  —  Lautekbach/  OolL 
ih.  pr,  Fand.,  h.  t.  $  17  e  Zieoler,  De  commodcUOj  Th.  129-131. 

^^)  D'altro  avTiso  e  Voet,  (Jomm.f  h.  t.  ^  7.  Ma  si  vegga  Coccejo,  Iur,  civ. 
contr,,  h.  t.  Qu.  6. 

«9)  L.  5  J  9  D.  h.  t.,  XIII,  6.  L.  14  $  15  De  furiis,  D.  XLVII,  2.  —  Hugo 
DoKELLO,  Oomm,  ad  tit.  Cod.  De  Commodato,  nam.  19. 

^)  Jbnsio,  Stricturae,  ad  L.  38  $  10  D.  de  usur,,  pag.  165  8g.  (Lugd.  Ba- 
iny,  1764)  e  Hopfnek,  Gommentario  auUe  Istituzioni  di  Eineccio  (ted.)  ^  777 
num.  1. 

91)  Donello,  1.  c.  num.  19  pag.  128.  —  Mullek,  ad  Struv.  Exero.  XIX, 
Th.  7  not.  y.  —  Frantzkius,  Comm,  ad  Pand,  h.  t.  num.  82. 

9*'2)  Ho  seguito  qui  la  corretta  leziooe  di  Baudoza  e  di  Aloandro,  che 
Tiene  preferita  alia  fLoreutina  anche  da    Gio.  Jbnsio   nelle  Stricturae  ad  h. 

Gluck,  Comm.  Pandette.  —  lAh.  XITT.  30 


234  LIBBO  XIII,  TITOLO  VI,  §  867. 

PoMPONio  6,  come  lo  spiega  Gerardo  Noodt  **^),  il  seguente.  II  ven- 
ditore  presta  a  colui,  ohe  gli  vaole  comperare  un  animale  da  tiro, 
Panimale  stesso  prima  di  oonohiudere  la  vondita  pereh^  possa  megiio 
esperimentarlo.  Ma  oostui  loca  Panimale  ad  un  altro.  Si  domanda  a 
ohi  spetti  la  meroede  e  Pomponio  decide  molto  giustamente  a  favore 
di  colai,  che  ha  dato  I'animale  in  prova.  L'aocipiente  non  pa5  van- 
tare  alcun  diritto  poicli^  la  compravendita  non  era  anoora  stata  con- 
chinsa.  Poich^  non  puo  disoorrersi  di  un  lucro  del  compratore  prima 
che  in  lui  sia  trapaseato  il  perlcolo.  In  »h  tutto  oio  h  fuori  di  dubbio. 
Solo  oiroa  rasione  da  esperirsi,  Labeone  in  un  caso  analogo  repu- 
tava  doversi  anche  dar^  I'azione  praescriptis  verbis  "^),  sebbene  dato 
il  titolo  in  cui  appare  il  frammento  di  Pomponio,  non  sia  da  du- 
bitarsi  che  competa  I'azione  di  commodate.  Piil  controversa  era  in- 
vece  la  questione  se,  avvenuto  11  furto  della  cosa  oommodata  e  avendo 
il  commodatario,  prevenendo  il  proprietario,  istituito  Tazione  di  furto 
e  ottenuto  la  pena  pecuniaria,  egli  sia  tenuto  a  restituire  pur  questa 
al  commodante  domino.  Gli  antichi  giuristi  erauo  su  ci5  di  diverso 
avvlso  e  anche  Papiniano  non  fa  sempre  della  stessa  opinione.  Solo 
GiusTiNiANO  deeise  la  controversia  uel  sense,  ohe  iii  tal  case  11  lucro 
della  peua  non  spetti  al  domino,  ma  al  commodatario,  che  risponde 
del  perlcolo  della  oosa  e  dovrebbe  risarcirne  il  proprietario,  quan- 
d'anche  non  si  fosse  scoperto  il  ladro.  Si  legge  infatti  nella  L.  ult. 
§  3  God.  de  furtis :  €  Sed  cum  in  secundam  dubitationem  inciderunt, 
quid  statuendum  sit  si  quis  rem  commodatam  habuerit,  quam  aliquis 
fiirto  subtraxerit  et  lite  pulsatus  condemnationem  passus  fuerit,  non 
tantum  in  rem  furtivam,  sed  etiam  poenam  furti  et  postea  dominus 
rei  venerit,  omnem  condemnationem  accipere  desiderans,  utpote  ex 
suae  rei  occasione  orta,  alia  dubitatio  incidit  veteribus,  utrumne  rem 
tantum  suam  vel  eius  aestimationem  consequatur,  an  etiam  summam 
poenalem.  et  licet  ab  antiquis  variatum  est  et  ab  ipso  Papiniano  in 
contrarias  declinante  sententias,  tamen  nobis  hoc  decidentibus  Papi- 


L.  pag.  106  8g.  La  florentina  iion  ha  ei  dopo  praestahU  e  dope  quaestai  legge 
ciUque  invece  di  quam, 

»^)  Be  foenore  et  usur,,  lib.  1  cap.  8  (oper,  I,  191). 

w)  L.  20  D.  pr.  verb.  XIX,  5. 


OOMMODATI  VEL  GONTBA.  «  235 

niauns  ^^),  licet  yariaverit,  eligendos  est,  non  in  prima  sed  in  seounda 
eius  definitione,  in  qua  laoram  statnit  minime  ad  dominum  rei  per- 
yenire.  nbi  enim  pericnlam,  ibi  et  lacram  collooetnr,  ne  ait  darano 
tantam  deditus  qui  rem  commodatam  accepit^  sed  lioet  ei  etiam  lu- 
crum sperare  i^. 

d)  La  restituzione  non  deve  essere  ritardata  per  qualsiasi  pre- 
testo ").  Per  esempio  non  ooV  pretesto  di  uu  debito  con  cui  il  com- 
modate non  abbia  relazione.  L.  ult.  G.  h.  t.  dice:  c  Praetextu  debiti 
restitutio  commodati  ^)  non  probabiliter  recnsatur  ».  Per  crediti  con- 
nessi  invece  il  commodatario  puo  certo  ritenere  la  cosa ;  per  esempio 
se  il  oommodatario  ha  fatto  interne  alia  cosa  cemniodata  delle  spese, 
clie  gli  devone  essere  risarcite.  Quindi  Paolo  nella  L.  15  §  2  (2e 
furtis  XLYII,  2  dice:  <c  Si  eb  aliquas  impensas,  quas  in  rem  com- 
modatam fecisti,  retentionem  eius  habueris,  etiam  cum  ipse  domino, 
si  earn  subripiat,  babebis  furti  actionem ;  quia  eo  casu  quasi  ]>igneris 
loco  ea  res  fuit :».  Lo  stesso  cenferma  Giuliano,  L.  59  D.  eod.  Queste 
preserizieni  non  furene  abrogate  dalla  L.  ult.  G.  h.  t.  Peich^  questa 
leg^e  6  un  semplice  rescritto  degli  Imperateri  Dioolbzianu  e  Mas  • 


i^~>)  Nelle  Pandette  non  si  trovano  testi  chiari  sa  queete  diverse  opinioni 
di  Papiniano.  £m.  Merillio  nelie  ExposUiones  in  L  Decis.  IiisL  N.  XIII  ad 
L.  ult.  ^  3  C.  de  fart.  (opp.  parte  11,  pag.  36)  crede  tuttavia  di  aver  sec- 
perto  nelle  Pandette  qua  e  \k  tracde  di  questa  variazione  papinianea.  Vedi 
pure  anche  Fr.  Balduino,  Imiin.,  lib.  II,  pag.  141  sqq.  (ed.  1596,  8). 

^^)  La  critica  di  Cujacio  (Ohs,  IX,  37),  che  vaol  leggere  commendati  in 
Inogo  di  commodaU  e  iatendere  la  legge  del  solo  deposito  fa  g]k  da  an  pezzo 
confatata  da  G.  Fornerio,  SelecL  I,  4  [Tlies,  iur.  rom   di  Otto,  II,  62). 


s)  Anche  pel  nostro  Cod.  civ.,  art.  1289,  num.  2,  ia  compensazione  non  ha  luogo . .  . 
«  quando  si  tratta  della  domaoda  per  la  restituzione  del  deposito  o  del  commodato  ». 

Rispetto  poi  al  diritto  romano,  bisogna  avvertire  che  in  diritto  romano  Tesclusione 
della  compensation  pur  trattandosi  di  iudicium  honae  fidei^  qui  derivava  dalla  natura 
arhitraria  dell'azione.  Ad  ogni  n\odo  e  certo,  che  anco  pel  diritto  giustinianeo  il  com- 
modatario pu6  far  valere  le  sue  ragioni  ex  eadem  causa  e  il  commodante  non  ottiene 
condanna  che  rimborsando  le  spese.  Cfr.  in  proposito  PApplbton,  Sistoire  de  la  com- 
pensation^  paging  4^5  e  496,  il  quale  respinge  anche  la  correzione  proposta  dal  Guiacio 
di  cui  fa  cenno  il  Gluck. 

Sulle  notevoli  difficolt^  che  procura  Tart.  1289  del  Codice  civile  izzart.  1293  Cod. 
francese)  vedi  lo  stesso  Applbton,  o.  c,  pag.  501  seg.  —  De&iaicdins  nel  suo  Studio 
sulla  compensazione,  pag.  411.  —  Aubry  et  Rau,  sur  Zaohariae.  §  327,  n.  3.  — 
Delvincourt,  II,  pag.  578.  —  Toullier,  VII,  pag.  383.  —  Dcrantow,  XII,  pag.  449. 


236  ^  LIBBO  XIII,  TITOLO  YI,  §  857. 

siMiANO.  Nel  resoritti  non  solevano  gl'imperatori  romani  mutare  11 
diiitto  anteriore,  ma  solo  interpretare  il  diritto  vigente  e  deoidere 
secondo  esso.  La  L.  alt.  G.  h.  t.  non  pub  quindi  intendersi  che  di 
un  debito  non  oonnesso,  giacch^  h  prinoipio  noto  che  il  diritto  di 
ritenzione  non  si  pub  esereitare  che  per  crediti  connessi  ^^).  II  com- 
modatario  non  pub  di  regola  opporre  al  commodante  Feccezione  di 
oompensazione  ^^).  Si  applica  qui  il  prinoipio  che  una  species  non  pub 
essere  oompensata  con  un  genus.  Un'eccezioue  ha  perb  luogo,  quando 
11  commodante  coirazione  diretta  di  commodato  persegua  non  la  cosa 
stessa,  ma  il  suo  valore.  01b  accade  per  esempio  per  essere  la  cosa 
l)erita  per  colpa  del  commodatario  o  per  essere  stata  estimata  veu-^ 
ditionis  causa.  Ghb,  dal  momento  che  qui  il  commodatario  deve  non 
una  cosa  individuale,  ma  una  quantity,  nulla  si  oppone  alia  oompen- 
sazione, se  alia  sua  volta  il  commodante  b  pur  debitore  di  una  quan- 
tity ^).  Finalmente  anche  11  commodatario  non  pub  efficacemente  op- 


•^")  D'altro  avviso  sono  perb  G.  Voet,  Gomm.  ad  Paud.,  h.  t.  ^  10  e-Ho- 
FACKBB,  Princip.  iur.  civ.  It  G.,  torn.  Ill,  ^  1877.  Ma  veggaai  il  Vinnio,  Sel 
iur,  quaesL^  I,  51,  lo  Schulting,  Tfies,  conirov.,  Dec.  XL VI II,  Th.  II.  — 
DoNELLO,  Oomnient.,  ad  L.  ult.  Cod.  h.  t.  num.  6.  —  Ev.  Ottonb,  (Jcmnu 
ad  4  30  7.  ri6  acHon.  (IV,  6)  num.  5.  —  G.  L.  Bokhhbu,  Diss,  de  iure  reten- 
tionis  ^  13  (nei  suoi  EL  iur.  tiv.,  Tom.  II,  Exerc.  XIII,  pag.  636).  —  Thxbact, 
Teoria  delta  inierpretazione  hgica  del  dititto  romano  (ted.)  ^  38  pag.  162  della 
2.*  ed.  e  C.  A.  Guntheb,  Princip.  iur.  rom.  priv.y  torn.  II,  $  1020. 

«>*)  C.  Fed.  Walcii,  Inlrod.  in  conir.  iur.  civ.,  Sect.  Ill,  cap.  IV,  Membr.  II, 
Subs.  Ill  ^  6.  —  P.  G.  TuENDELENDURG,  De  compensatione  commodati^  Got- 
tinga  1850  e  Jestes,  De  compens.  circa  rem  commodatam  instituendaj  Ko- 
nigBb.  1752. 

^)  L.  18  9  ult.  D.  ]).  t.  d  Quod  autem  contrario  iudicio  consequi  quisque 
potest,  id  etiam  recto  iudicio,  quo  cum  eo  agitnr  potest  salvum  habere  iure 
peneationis  3>.  In  riguardo  a  qnesto  passo  affermano  molti  giuristi,  cbe  la 
compenaazione  abbia  luogo  solo  per  le  spese  sostenute  dal  commodatario; 
per  esempio  G.  Fornbrio,  Sel.ll,  14.  —  Pacius,  Enantioph.,Cent.  IV,  Qu.  44. 
—  Westenberg,  Prineip.  iur.  sec.  ord.  Pand.,  h.  t.  ^  30.  Ma  secondo  il  $  30 
I.  dead,  e  la  L.  fin.  pr.  et  $  1  Cod.  decomp.  deve piuttosto ritenersi,  chesia 
lo  atesso,  tanto  se  la  quantity  doTuta  dal  commodatario  al  commodante  derivi 
dallo  Btesso  contra tto  quantose  abbia  altro  fondamento.  V.  Donello,  Comm. 
ad  ^  30  I.  de  act.,  num.  10.  —  Vimnio,  in  Camm.  ad  ^  30  I.  ihid.  num.  3.  — 
Z0E8IO,  Gomm.  ad  Pand.,  h.  t.  num.  22  e  23.  —  Hunnius,  Var.  Resol.  iur. 
civ.,  lib.  Ill,  Tract.  Ill,  parte  III,  Qu.  4.  —  Lauterbach,  GolL  Ih.  pr.  Pand.,  h.  t. 
$  26.  —  Bobckblmann,  Gomm.  in  Dig.,  h.  t.  $  18.  —  Struv,  Sifnt.  i.  c.  Ex.  XIX, 
Th.  12. 


COMMODATI  Y£L  GONTBA.  237 

porre  I'eocezione  di  propriety :  che  cio6  la  cosa  ridomaadatagli  dal 
commodante  in  forza  del  oon6ratto  gli  appartenga.  Non  pub  cio^  pre- 
tendere  ohe  la  reetituzione  della  cosa  venga  differita  a  quando  sar^ 
totalmente  esaarita  tale  eocezione  ^^).  Poioh^,  se  il  oontratto  h  pro- 
vato  o  ammesBO  dal  oommodatario,  non  pnossi  negare  che  oostni  in 
forza  del  contratto  possegga  la  cosa  in  nome  altrui  e  dove  quindi 
lasciar  valere  le  consegnenze  di  siffatto  possesso  secondo  il  contratto. 
Yolendosi  affermare  il  contrario,  si  potrebbe  facilmente  abusare  del 
contratto  per  agevolare  non  rette  intenzioni.  Golui  che  intende  di 
pretendere  la  cosa  potrebbe  farsela  commodare  da  chi  ora  la  tieue 
per  poi  spacciarsene  proprietario  quando  essa  venga  ridomandata.  Se 
il  convennto  potcsse  eoll'eccezione  di  propriety  ottenere  che  fino  a 
esaurimento  di  essa  venisse  sospesa  la  restitazione  della  cosa,  egli 
verrebbe  arbitrariamente  a  privare  il  possessore  attaale  del  vantaggio 
del  possesso  durante-  il  giudizio.  Non  cosl  se  I'opposta  obbiezione  del 
dominio  del  commodatirio  potesse  da  lui  subito  dimostrarsi.  Qui  il 
convennto  potrebbe  con  tale  eccezione  rifiutare  a  bnoD  dritto  la  re- 
stituzione  della  cosa.  Lbtsbb  ^)  ^  d'altro  avviso.  Egli  stima  che  il 
oommodatario  non  debba  essere  ascoltato  colla  sua  exceptio  dominii^ 
anoorchb  fosse  pronto  a  provarla  immediatamente.  II  suo  motive  h 
che  col  rifluto  della  restituzioiie  il  oommodatario  si  fa  reo  di  uno 
spolium  '^)  e  quiodi  s*ha  da  applicare  la  nota  regola:  a  spoliatus  est 
ante  omuia  restituendus  :»•  Ma  a  tale  opinione  si  oppongono  le  se- 
gaenti  ragioni.  Se  Peccezione  della  propriety  h  liquida,  per  la  L.  45 
D.  de  div.  B.  I.  (L,  17)  il  commodate  h  nullo.  Sarebbe  quindi  nn  ma- 
nifesto cavillo,  da  equipararsi  secondo  le  fonti  al  dole,  se  il  commo- 
dante volesse  insistere  per  la  restitnzione  di   una  cosa,  la  cui   pro- 


100)  W£BBU,  GotitribiUi  aUa  doUrina  delle  azioni  giudiziarie  e  delle  eccesioni 
(ted.)  Nr.  14  (Fasc.  2  e  3),  pag.  85  8g. 

1)  Med,  ad  Pand.^  vol.  Ill,  Spec.  15i3  med.  2. 

'-)  L.  20  D.  dc  A,  €t  A.  P.  (XLT,  2).  Ma  in  questa  legge  si  tratta  di  cl6, 
Be  il  oommodante  perda  il  possesso  pel  fatto  che  il  oommodatario  ai  usurps 
la  cosa.  Una  tal  perdita  pu6  derivare  anche  dalle  illecite  azioni  del  terzi  e 
in  ispecie  dnl  detentore  della  cosa.  Ma  non  deriva  che  il  commodatario  possa 
farsi  valere  come  possessore  civile  e  possa  far  ritenere  legittimo  acquisto  di 
possesso  la  sua  arbitraria  usurpazione. 


238  LIBBO  XIII,  TITOIiO  VI,  §  857. 

priet^  ^  chiaramente  dimostrata  dairavversarlo,  mentir'egli  poi  la 
dovrebbe  subito  restituire  al  oommodatario.  c  Dolo  facit  qui  petit 
quod  redditurus  est  >,  dice  Paolo,  L.  8  pr.  D.  de  doli  m^li  et  metus 
excy  con  cui  s^aocorda  il  Papa  Bonifaoio  YIII  uel  cap.  59  Be  Reg. 
lur,  in  6.^  Gome  pub  dunque  il  cominodatario  farsi  reo  di  uno  spoglio, 
mentre  rifiuta  di  restituire  una  cosa,  da  cui  Tesonerano  le  stesse 
leggi  ? 

2.^  II  commodatario  ^  tenuto  non  solo  nell'uso  della  cosa  com- 
modata  (rispetto  alle  sue  azloni  correlative)  ad  evitare  possibilmente 
tutte  le  colpe,  ma  anohe  ad  applicare  la  massima  cura  tanto  per  la 
conservazione  della  cosa  stessa,  che  forma  Toggetto  del  contratto, 
quanto  di  ci5,  che  alia  cosa  stessa  appartiene,  sicch^  nel  caso  di  un 
imminente  pericolo  non  pub  salvare  a  preferenza  le  cose  proprie. 
Egli  dunque  e  tenuto  non  solo  per  dolo  e  colpa,  ma  anche  per  di- 
ligentia  et  custodia,  cio^  per  ogni  anco  menoma  colpa,  per  cui  la  cosa 
sia  danneggiata  o  si  perda  o  perisca.  Solo  egli  non  risponde  del  danno 
avvenuto  per  mero  caso ;  risponde  perb  di  ogni  furto  3).  §  3  I.  Qutb. 
m.  re  contr.  (3, 15) :  <r  At  is,  qui  utendum  accepit,  sane  quidem  exac- 
tam  diligentiam  custodiendae  rei  praestare  iubetur;  nee  sufficit  ei 
tantam  diligentiam  adhibuisse,  quantam  suis  rebus  adhibere  solitus 
est,  si  modo  alius  diligentior  poterat  eam  rem  custodire.  Sed  propter 
maiorem  vim  maioresve  casu  non  tenetur,  si  modo  non  ipsius  culpa 
is  casus  intervenit>.  L.  5  §  2  D.  h.  t:  c  Oommodatum  antem  pie- 
rumque  solam  utilitatem  continet  eius,  cui  commodatur  et  ideo  ve- 
rier est  Q.  Macii  sententia  existimantis  et  culpam  praestandam  et 
diligentiam  >.  §  4  eiusd.  L.  (vedi  sopra),  §  5  eiusd.  L.  <(  Cu- 
stodiam  plane  rei  etiam  diligentem  debet  praestare  ]>.  §  9  h.  L. 
€  Usque  adeo  autem  diligentia  in  re  commodata  praestanda  est^  ut 
etiam  in  ea,  quae  sequitur  rem  commodatam,  praestari  debeat;  ut- 
puta  equam  tibi  commodavi,  quam  pullus  comitabatur,  etiam  pulli 
te  custodiam  praestare    debere,  veteres   responderunt  >.  §  15   d,  "L. 


'^)  CoccBJo,  lur.  ch\  ooiifr.,  h.  t.  Qa.  8.  V.  Lohr,  ContrihtUi  alia  dotinna 
della  colpa  (ted.)  Sez.  3  e  4.  —  Schoeman,  Teoria  del  risarcimento  dei  danni 
(tedeaco)  imrte  I,  pag.  191  e  seg.  —  Hdfkland,  TraUato  di  diritto  civile,  v.  1 
$  .555. 


OOMMODATI  V£L  OONTBA.  239 

€  Si  duobas  vehiculum  oommodatam  sit  —  pro  parte  quidem 
e£fecta  me  usum  habere  —  sed  esse  verius  et  dolum  et  calpam  et 
diligentiam  et  custodiam  in  totum  me  praestare  debere  ».  L«  18  pr. 
D.  h.  t  —  L.  1  §  4  D.  d6  0.  «t  A.  (XLI V,  7) :  <  Is  vero  qui  uten- 
dum  at)cepit,  si  maiore  casu,  coi  humana  infirmitas  resistere  nou 
potest  (veluti  inoendio^  roina,  naufragio)  rem  quam  aocepit,  amiserit, 
secnrus  est;  alias  tamen  exactissimam  diligentiam  custodiendae  rei 
praestare  compellitur,  neo  sufficit  ei  eandem  diligentiam  adhibere, 
qnam  sais  rebus  adhibet,  si  alius  diligeutior  oustodire  poterit  it.  L.  14 
§  lodefurtis  XLYII,  2:  c  Non  solum  autem  in  re  commodata  oom- 
petit  ei,  cui  commodata  est,  furti  actio ;  sed  etiam  in  ea,  quae  ex  ea 
adgnata  est,  quia  et  huius  custodia  ad  eum  pertinet.  Nam-  et  si  ser- 
yum  tibi  oommodavero  et  vestis  eins  nomine  furti  agis,  quamvis 
vestem,  qua  vestitus  est,  tibi  non  commodaverim.  Item  si  iumenta 
tibi  commodavero,  quorum  sequela  erat  eculeus,  puto  competere  furti 
actionem,  etiam  elus  nomiue,  quamvis  ipse  nou  sit  commodatus  ». 
L.  14  §10  D.  eod,:  €  An  pater,  cuius  filio  commodata  res  est,  furti  ac- 
tionem habeat,  quaeritnr.  Et  Julianus  ait  patrem  hoc  nomine  agere 
nou  posse,  quia  custodiam  praestare  non  debeat.  Sicut  (inquit)  is,  qui 
pro  eo  cui  commodata  res  est  fideiussit,  non  habet  furti  actionem. 
Neque  enim,  inquit  is  cuiuscunque  interest  rem  non  perire  habet 
furti  actionem,  sed  qui  ob  eam  rem  tenetur,  quod  ea  res  culpa  eius 
perierit  ^.  §  16  eiusd,  L.  c  Et  puto  omnibus  quorum  perioulo  res  alienae 
sunt,  veluti  commodatae  —  si  hae  subreptae  sint,  furti  actionem  com- 
petere 3>.  —  Sempre  perb  si  presuppone  il  case,  che  il  commodatario 
abbia  I'esclusivo  vantaggio  del  negozio.  Se  si  muta  questo  rapporto, 
abbiamo  eccezioni.  II  commodatario  h  a)  tenuto  solo  per  la  culpa  iatn, 
se  il  oontratto  non  mira  che  al  vantaggio  del  commodante.  L.  5  §  10 
h.  t.  D.  €  Interdum  plane  dolum  solum  in  re  commodata  qui  rogavit 
praestabit,  utputa  si  quis  ita  convenit,  vel  si  sua  dumtaxat  causa 
commodavit,  sponsae  forte  suae  vel  uxori  quo  honestius  culta  ad  se 
deduceretur  ».  Invece  b)  presta  la  culpa  levia  e  la  custodia,  come  nel 
pegno,  se  il  commodate  h  a  vantaggio  d'ambo  i  contraeuti.  L.  18  pr. 
D.  h.  t.  c  In  rebus  commodatis  talis  diligentia  praestanda  est,  qualem 
quisque  diligentissimus  paterfamilias  snis  rebus  adhibet.  Haec  ita,  si 
dumtaxat  accipientis  gratia  commodata  sit  res.  At  si  utriusque,  ve- 


240  LtBBO  XHI,  TITOLO  VI,  §  858. 

Ittti  81  communem  amicum  ad  ooenam  invitaverimus,  tuque  eias  rei 
caram  suacepisti,  et  ego  argentam  oommodarerim,  scriptain  qaidem 
apnd  quosdam  iovenio,  qaasi  dolum  tantom  praestare  debeas.  Sed 
vldeadum  est,  ne  et  culpa  praestanda  sit,  ita  nt  oulpae  fiat  aesti- 
matio,  sieut  iu  rebus  pigneri  datis  »  ^)  0- 

3.^  Inoltre  il  commodatario  deve  sopportare  le  spese  ueoessarie 
airuso,  per  esempio  quelle  indispensabili  a  oonservar  la  oosa,  come 
il  mauteuimeoto  del  cavallo,  senza  distinguere  se  siano  grand!  o  pic- 
cole.  Invece  le  spese  straordinarie  riohieste  dalla  oonservazione  o  re- 
staurazione  della  oosa  (ad  esempio  spese  di  cur^)  il  commodatario 
sopporta  (ove  uou  vi  abbia  colpa)  solo  in  quanto  siano  moderate  e 
cio^  la  spesa  non  super!  il  profitto  avnto.  Gaio  dice :  L.  18  §  2  D. 
h.  t. :  <K  cibariorum  impensae  natural!  scilicet  ratione  ad  eum  perti- 
nent, qui  utendum  accipisset.  Sed  et  id  quod  de  impensls  valetudinis 
aut  fugae  diximus  ad  maiores  impensas  pertinere  debet;  modica 
enim  impendia  verius  est,  ut,  sicut!  cibariorum,  ad  eundem  perti- 
neant  i "). 


§  858. 

Besponsabilitu  del  commodatario  j)er  il  fatto  di  colore,  per  mezzo  di 
cui  rimanda  la  cosa  al  commodanie.  Responsdbilita  di  piii  commoda- 
tarii  o  di  piu  eredi. 

Qui  si  presentano  le  seguenti  question!: 
I.  Se  la  cosa  prestata  h  perita   per  colpa   di  un  terzo^    per  cu! 
mezzo  il  commodatario  la  rimandava  al  commodante  ^  j,  come  il  com- 


^)  Si  confrontino  le  L.  13  $  1  e  L,  14  D.  de  pign.  a.  (13,  7),  L.  19  Cod.  de 
pignor.,  L.  10  $.  2  D.  h.  t  (XIII,  G).  6.  Noodt,  Cotnm,  ad  Dig,  h.  t  torn.  Il, 
pag.  320.  Gonzalez  Tbllbz,  ComnL  in  Decrelales,  tom.  1 11^  ad  cap,  un,  X  de 
comm.,  num.  9  pag.  244. 


t)  Vedi  la  seconda  appendice  del  tra^ttore  al  §  857. 

u)  Ck>d.  civ.,  art.  1813:  <  11  commodatario  che  ha  fatto  qualche  spesa  per  potersi  ser- 
vire  della  cosa  commodata  non  pu6  ripeterla». 

v)  Vedi  le  cose  dette  nella  seconda  Appendice  citata. 


5)  L.  12  M  !)•  li.  t. 

^)  GRiEsiNGEii,  Comm.  siU  diriUo  del  WUrltemberg  (ted*),  vol.  J,  ^  39  pa- 
gina  67  seg. 

7)  L.  M)  ^  1.  L.  11.  L.  12  M  D.  h.  t.  VoET,  CWmm.  od  Pand,  L.  t.  $  C  o 
V.  Ad.  Lauter&acb,  De  nuncio^  Tubiuga  1660,  $  55. 

^)  L.  11  e  L.  12  pr.  D.  li.  t.  Griesinger,  1.  c.  $  38  pag*  66  e  Hufeland, 
TraUato  di  dvitto  civile  (ted.)  v.  1  $  556  not.  1  pag.  227. 

9)  L.  20  D.  h.  t.  Wernhbr,  Stl.  obs.  for.,  torn.  I,  parte  IV,  Obs.  214  nu- 
nuro  16.  —  Schulting,  Thes,  cont,  Deead.  XLVIII,  Th.  8.. 


z)  Cod.  civ.,  ai'LlSU:  <  Se  piu  persone  haoi^  unitamente  preso  a  prestito  la  stessa 
co(;a,  ne  sono  obbligate  in  solido  verso  tl  commodante  »• 

Per  diritto  roraano  controversa  e  la  misura  delta  respoDsabilit^  nelia  ipotesi  di  piu 
commodatari.  Di  questa  tratta  un  difficile  passo  del  aostro  titolo,  il  fr.  5  §  15: 

Gluck.  Oomm,  Pandftte,  —  Lib.  XHI.  31 


«   * 


OOMMODATI  VEL  CONTRA.  241  . 

modatario  risponder^  p^r  il  dannot  Si  de^ono  distinguere  a  tat  ri*- 
gnardo  varii  oasi: 

a)  n  commodai^te  stesso  ha  indioato  aL  oommodatario  la  per-  '       4 
Bona,  per  cai  doveVasi   rimandare  a  lui  la  ooaa.  Per  esenipio  a  tal      , 
uopo  egli  manda  il  proprio  servitore.   Qai  il.  oommodaterio  a  nttUa 
h  tenato  ^),  a  meno   ohe  a  lai  steoso  possa  ikraL  carico   di   una  fan- 
prudenza  ohe  lo  renda  respousabile^  si  ponga.  ad  esempio  0^  egVL 
fosse  cousapevole  che  quel  servitore  era  nn  uomo  infedele,   mentro 

cio  era  ignoto  a1  suo  padrone  ^). 

» 

5)  II  cominedatario  senza  incarico  del  commodante  ba  seel  to 
la  persona  per  rimandare  la  cosa.  Qai  la  irestitu^ione  awiene  a  pe- 
rioolo  del  oommodatario^  sia  ch'egli  abbia  alPqopo  adoperato  il  proprio 
dipendente,  sia  che  abbia  adoperato  quello  del  comiOiOdaDtey  ch'era 
Btato  da  coBtui  mandato  ^olamente  per  f^rgli  memoria  della  restitn- 
zione,  sia  finalmente  cVegli  abbia  incaricato  qoalche  altro  ^j;  a  meno 
che  I'iutero  n^gozio  fosse  concbiaso  nell'interesse  esclosiyo  del  com-  • 
modante.  Poich^  qui  il  commodatario  noa  rjspMide,  se  non  qoando 
nella  seelta  del  portatore  abbia  commesso  Cm  dolo  od  una  oolpa  ^j. 
Se  perb  il  commodatario  avessQ  oonsegxiata  la  cosa  ad  una  persona 

« 

che  gli  era  nota  come  onestissima  e  tale,  che  non  sarebbe  stato  mai 
da  ritenere  che  si  potesse  rendere  oolpevolie  di  infedeMo di  trascu- 

< 

ranza,  siccome  invece  h  risultato  dalPeveuto  i)ostieriore,  il  commoda  - 
tario  va  scusato  e  tutto  il  danno  spetta  al  commodante  ^). 

IL  Gome  nspondono  piti  persone  che  hanno  assunto  insieme  la 
stessa  cosa  a  commodate?  ^). 


242  LIBRO  XIII,  TITOLO  VI,  §  858. 

a)  Per  la  cosa  stessa  natttralmente  in  solido. 

b)  3e  per6  si  deve  Vdestimatio,  ^  oontroversa  la  mlsara   del* 
Tobbligo.  Seoondo  alcani^^j:  i  singoli  oommodatarii  non   sarebbero 


i<^)  HuBBE^  Prciel.  ad  Fmid,,  h.  t.  ^  2.  —  Zikglbr,  Diss,  de  commodato, 
Th.  ]45.  —  CocCEJO,  lur.  civ.  eoatr.,  h.  t.  Qn.  5.  —  Wernhbr,  Jectiss.  €<nnm. 
m  Pand^,  h.  t.  $  11.  —  Dabrlow,  -Manuale  del  diriUo  priviUo  (tecL)  parte  II, 
Sez.  II,  ^  12 IG.  —  Walcii,  Chntrov,  iui\,  pag.  535  e  Hupeland,  Traitalo  cit^ 
$  555,  nota  4. 


«  si  (luobus  uehiculum  commodatum  sit  uei  locatura  simui,    Celsus  filius  scripsit  — 

—  quaeri  possCf  utrum  unusquisque  eorum  in  solidum  an  pro  parte  teneatur sed 

esse  uerius  ait  et  dolum  et  culpam  et  diligentiam  et  custodiam  in  totum  me  praestare 
debere;  quare  duo  quodammodo  rei  habebuntur  et  si  alter  coaventus  praestiterit  li- 
berabit  alterura  ». 

Una  cosa  deve  ammettersi  come  sicura  e  cioe  che  Tultima  frase  e  interpolata.  —^ 
L'lnterpolazione  risulta  e  dall*esplicito  paragone  coi  rei  promittendi  e  dalla  mancanza 
di  oggetto  al  verbo  praestiterit  e  sovratutto  dalla  parola  oontientu*,  Forse  che  solo  il 
pagamento  successivo  al  processo  aveva  tale  efficacia  liberatoria?  ^). 

Da  questo  passo,  il  quale  del  resto  e  stato  in  piu  altri  modi  alterato,  senza  che  ci 
sia  dato  escogitare  gli  opportuni  riiuedi,  appare*  che  gli  stessi  giuristi  classici  erano 
dubbiosi  circa  questo  punto :  taluni  proponevano  di  tener  responsabili  pro  parte  i  sin- 
goli commodatarii,  meotre  altri,  fra  cui  Celso  seguUo  da  Ulpiano,  inclinavano  a  te- 
nerli  responsabili  in  solido,  in  modo  per6  che,  contestata  la  lite  con  uno  di  essi,  gli 
altri  venissero  liberati.  In  diritto  giustinianeo  tale  ellftcacia  liberatoria  non  compete  piu 
alia  contestazione  di  lite,  in  forza  della  nota  costituzione  Cod.  8,  40,  28  ^l 

Del  resto  siffatta  responsabilit4  non  presuppone  che  ciascuno  versi  in  colpa.  Lo  stesso 
Celso  dica  senza  distinguere  che  si  tratta  di  rispondere  m  totum  del  dolo,  della  colpa, 
della  diligente  custodia.  —  Ordinariamente,  quando  Tuso  ^  comune,  sar^  pure  comune 
la  colpa,  bench^  non  nel  medasimo  grado ;  per  esempio  alia  maliziosa  condotta  delKuno 
corrisponderii  la  mancata  vlgilanza  delPaltro.  Ma  aache  se  la  colpa  fosse  di  uno  solo 
dei  due  commodatari,  pei  principii  generali  in  materia  di  correalitji,  ne  risponder^  anche 
Taltro  ed  ^  cosi  che  noi  abbiamo  nella  Eneiolopedia  giuridica  alia  v.  Obbligatione 
spiegato  il  passo  di  Cblso,  mettendolo  in  relazione  con  altri  testi  e  con  tutta  la  dot- 
trina  dalla  correalit4.  Diversa,  ma  in  questa  parte  a  mio  credere  non  accettabile,  e  la 
esposizione  deirAscoLi,  1.  c;  nd  pienamente  soddisfacente  era  la  mia,  Arch.  Giur.,  vol. 
ciL,  pag.  111. 

Ordinariamente  si  stiraa  contradditorio  al  citato  fr.  5  il  fr.  21  Si  h.  t.  di  Apricano: 

«  In  exercitu  contubernalibus  uasa  utenda  communi  periculo  dedi,  ac  deinde  mens 
seruus  subreptis  his  ad  hostes  profugit  et  postea  sine  uasis  receptus  est,  habiturum  me 
commodati  actionem  cum  contubernalibus  constat  pro  euiusqtie  parte  ». 

Che  tra  Giuliano  (Africano!)  e  Cblso  vi  fosse  divergenza    di  parere,    tanto  piu  in 


^)  Cfr.  AscoLi,  Ohhligationi  soUdaliy  pag.  33.  —  Eisblb,  Archiv  f.  die  eir.  Pr„ 
LXXVII,  435  seg. 

2)  «  Osserva  —  scrive  lo  Stepano  in  h.  1.  —  come  non  solo  nella  stipulazione,  ma 
anco  nel  commodato  due  possono  essere  solidamente  tenuti,  come  rei  promittendi.  » 


COKMODATI  YBL  CONTRA.  243 

teuuti  ohe   pro  rata.   Tale  opinione   vale  anohe  la    pratica  ^^).   Se~ 
condo  la  piti  oorretta  opinione  di  altri  ^^)  essi  souo  tenuti  in  soUAum 


Ji)  ScBiLTER,  Prax.  iur.  ronu,  Ex.  XXV,  f  25  e  26.  —  Bbroeu,  Oec.  iur., 
lib.  Ill,  tit.  2  Th.  7  n.  1. 

^'^)  DuARENO,  ad  h.  t.  cap.  8  (Oper.  pag.  957  eg.).  —  Cujaoio,  Obaerv., 
lib.  XXVI,  c.  26.  —  VoET,  Comm,  ad  Fand,,  h.  t.  ^  3.  ^  A.  Sohulting, 
Thes.  controv.y  Dec.  XLVIII,  Th.  7.  —  Struv.,  Syntagma  iur,  eiv.,  Ex.  XIX, 
Tlu  9.  —  Ehminohaus  ad  Cocc,  1.  c.  Qu.  5  n.  a.  —  Hopackkr,  PHnc.  iur. 
dv.,  Tom.  Ill,  ^  1876.  —  Thibaut,  SUtema  del  diritto  prioalo  (ted.)  V.  2  f  889 
e  altri. 


argomento  da  Cblso  stesso  designato  come  disputabile,  i  fio  troppo  ammissibile;  la 
difticolt^  della  conciliazione  Don  sarebbe  d*inipaccio  che  pel  diritto  giustinianeo.  Gli 
sciittori  variano  ^);  chi  ritiene  inconciliabili  i  passi,  chi  li  stima  in  diversa  guisa  ac- 
cordabiii  fra  di  loro.  —  A  rae  sembra  che  anco  pel  diritto  classico  non  sia  punto  ne- 
cessario  statuire  una  contraddizione.  Si  tratta  di  un  eserapio  di  responsabilitii  per  oomo 
(tale  suole  appunto,  come  gi4  8*6  visto,  considerarsi  la  fuga  teruorum)  assunta  per 
espiicito  patto  e  assunta  communi  periculo,  Questa  clausola  non  pu6  significare  altro, 
se  non  che  tutti  si  assumono  di  sopportare  insieme  il  rischio  e  tale  clausola  non  pu6 
in  altro  modo  applicarsi,  se  non  facendo  da  ciascuno  compensare  pro  rata  il  danno. 

Direrso  e  il  caso  di  piu  eredi  delPunico  commodotario.  Per  la  colpa  propria  non  c*e 
ragione  che  non  abbiano  a  rispondere  iotegraltnente,  poiche  essi  subentrano  nella  ob- 
bligazione  e  le  conseguenze  della  colpa  si  rapportano  alia  cosa  intera.  Ma  per  la  colpa 
del  loro  autore  non  rispondono  che  pro  rata,  giacche  si  tratta  di  un*obbligaiiooe  gi4 
nata  ed  e^istente  nella  eredit^  e  dividentesi  quindi,  secondo  le  norme  general!,  in  pro- 
poriione  delle  quote.  Cosi  va  inteso  il  fr.  3  9  3  h.  t. : 

«  heres  eius  qui  commodatam  accapit  pro  ea  parte,  qua  heres  est,  conv«nitur  ». 

A  questa  proposizione  succedono  le  seguenti  parole:  c  nisi  forte  habeat  facultatem 
totius  rei  restttuendae,  nee  faciat;  tunc  enim  condemnatur  in  solidum,  quasi  hoc  boni 
iudicis  arbitrio  conueoiat  ». 

Non  sono  necessarie  molte  osservazioni,  per  attribuire  ai  compilatori  questo  pe- 
riodo -*).  Basterebbe  la  contraddizione  intima  e  irremediabile  fra  il  eonveniri  pro  parte 
e  condemnari  in  eolidum.  Pormalmente  e  so^petto  nee  faeiat;  piu  ancora  il  ritmo 
compilatorio  nisi  forte — tunc  enim,  Sostanzialroente  la  decisione  e  cattiva.  Uncoerede 
non  pu6  arbitrarsi  di  restituire  anche  la  parte  degli  altri,  a  rischio  di  danneggiarii  e 
<Ii  compromettere  le  buone  ragioni,  che  eventualmente  abbiano  di  non  restituire. 

Poche  parole  circa  Tipotesi  di  piu  commodanti.  Se  nel  contratto  si  e  esplicitamente 
pattuito,  che  ciascuno  potesse  farsi  rendere  Tintiero,  non  v'ba  dubbio  circa  la  ▼alidita 
di  tal  clausola;  altrimenti  ciascuno  non  pu6  agira  che  per  la  sua  parte  ^).  E  solo  per 
la  propria  parte  agiranno  i  singoli  coeredi  deirunico  commodante. 


^)  Stkph.  in  h.  I.  —  Cuiacio,  ad  Afr.y  VIII  [ppp.  Neap.  I,  1442).  —  Ribbbntrop, 
CorrealohLy  pag.  133.  —  Ascoli,  pag.  32  seg. 

^)  Son  lielo  di  trovarmi  d*accordo  collo  Eisblb  {Beitrdge  sur  Erkenntnies  der  Di- 
gestesinterpolationen.  III)  nella  Zeitschr.  d,  S.  S.,  R.  A.,  XIH,  pag.  124  seg. 

•'•)  Arg.  fr.  1,  46  dep.  (16,  3). 


244  LIBBO  Xin,  TITOLO  YI,  §  859. 

(col  bemfieium  diviHonis)^^)  aache  per  la  (Aestimatio,  a  meno  cUe  In- 
cosa  non  sia  stata  commodata  a  piti  peraone  esplicitamente  a  eomune 
perieolo  ^*).  Gh^  allora  i  Bingoli  uoq  ponno  essere  conveauti  che  pro 
r(Ua  alia  i-estitozioue  della  aestimatio  ^^). 

III.  Gomo  rispoiidono  piil  eredi  di  au  commodatario  ! 

a)  Se  la  ocMsa  esiste  tuttavia  in  natora,  quel  coerede,  che  ha  la 
cosa,  puo  essere  convenato  in  solidum  ^^). 

b)  Se  uiuQO  ha  la  cosa  ed  uno  solo  del  coeredi  (senza  colpa 
degli  altri)  ^  cagione  del  perimento,  egii  solo  ne  rlsponde  ^') 

o)  Se  non  si  avvera  alcuna  delle  preoedenti  ipotesi,  i  Hingoli 
ooeredi  dello  stesso  commodatario  rispondono  \yeT  la  estimazlone  della 
cosa  solo  in  proporzioiie  della  loro  quota  ereditaria  ^^;. 


§  859. 
Obbligazioni  del  oommodante. 

Le  eventuali  obbligazioui  del  commodaute  concernono: 

a)  n  risaroimeuto  del  danuo  derivato  al  commodatario  per  es- 
sere la  cosa  consegnata  iuadoperabile  e  danuosa''*)  (e  se  cio  era  a 
uotizia  del  commodaute)  ^^),  orvero  per  I'iutempestiva  ripetizione  di 
cssa^). 

b)  La  rifusione  di  tutte  le  spese  straordinarie  e  uotevoli  fatte 
per  la  conservazione  della  cosa  o  delle  altre  sx)ese  dal    commodaute 


13)  Nov.  XCIX,  cap.  1.  L.  47  D.  local.  (XIX,  2).-  Stryk,  Us.  mod.  P.  h.t. 
$  9. 
1*)  L.  .5  $  15  D.  h.  t  L.  9  pr.  D.  de  duob.  r.  (XLV,  2). 
IS)  L.  21  M  D.  h.  t. 
i«)  L.  ;M  3  D.  h.  t. 
17)  L.  17  $  2  D.  h.  t. 
IB)  L.  3  $  3  D.  eod. 
10)  L.  18  $  3  D.  b.  t. 
20)  L.  17  $  3.  L.  22  D.  h.  t. 


to)  Cod.  qv.,  art.  1818:  Se  la  cosa  commodata  ha  difetli  tali,  da  recar  daimo  a  colui 
che  se  ne  serve*  il  commodante  ^  tenuto  al  risarcimento  del  danno,  qualora,  conosceudo 
i  difetti  della  cosa,  non  ne  abbia  avvertito  il  commodatario  ». 


' 


COMMODATI  VEIi  CONTRA..  245 

conseDtite  ^i),  o  di  quelle  con  cui  il  commodatarlo  abbiji  recato  a  ter- 
mine  an  migUoramento  gi^  iniziato  dal  oommodante^^)"^^ 

c)  La  restitazione  della  cosa  o  del  sao  valore,  se  il  oommoda- 
tario  areva  perduto  la  cosa  e  oe  aveva  pagato  restimazione  e  poi  il 
Gominodante  abbia  riouperato  altrlmenti  la  oosa  stessa  ^j. 

§  860. 

Azioni  derivanti  dal  eommodato. 

Dal  eommodato  derivano  due  azioni: 
1.^  JJacUo  commoiati  direota  che  spetta  al  eommodante  contro  il 
commodatarlo  per  la  restitazione  della  oosa  colle  pertinenze  taite  e 
col  risarcimento  del  danno,  di  cai  il  secondo  deve  rispondere.  Contro 
un  papillo,  che  abbia  assnnto  a  eommodato  ana  cosa  senza  auoto^ 
ritaa  del  tatore,  non  ha  luogo  che  nn^actio  cammodaU  utiUaj  in  qaanto 
sia  direnato  pih  ricco,  oltre  an^octto  od  exhibendum  ovvero  an'ootio 
ex  lege  c^iuilia,  qaalora  egli  siasi  reso  colpevole  di  an  dolo  o  di  una 
colpa  ^). 

2.^  Vactio  commodati  coiitraria  per  cui  il  commodatarlo  persegne 
le  sue  eventaali  pretese  contro  il  eommodante.  Niun  dubbio  esiste, 
che  ambo  le  azioni  passino  anche  agli  eredi  ''^), 


21)  L.  18  $  2  D.  h.  t.  L.  15  J  2  e  59  (ie  furl.,  XLVII,  2. 

22)  DoNELLOy  Oomm,  iur.  eiv,y  lib.  XIV,  cap.  3  $  De  impensiSy  pag.  674  e 
Frantzkib,  Comm,^  h.  t.  num.  62. 

23)  L.  17  $  5  h.  t.  D.  Se  al  commodatario  im porta  di  avere  piattodto  la 
coaay  pa6  agire  colla  uHUs  ret  vindicaUo  per  ottenerne  la  restitazione.  L.  5  M 
D.  h.  t.  L.  63  D.  De  B,  F.  (VF,  1).  Se  a  lai  importa  invece  di  riavere  il 
danaro  sborsato  per  la  cosa,  pa6  agire  colla  condieiio  sine  eauaa  per  la  rifu- 
sione  della  pagata  aesUma^o.  L.  2  D.  de  eondioL  8,  eaMa  (XII,  5).  Se  a  Ini 
^  indiffdrente  riavere  la  coaa  o  il  sao  valore,  agfsce  coWacHo  commodati  con- 
traria:  V.  Vobt,  Comm.  h.  t.  J  8. 

24)  L.  1  $  alt.  L.  2.  L.  3  pr.  D.  h.  t. 

23)  V.  SOHUIDT,  Lehrbmh  von  Klagen  (Trattato  delle  azioai  ed  eccezioni) 
$  780  seg. 


aa)  God.  civ.,  art.  1817 :  «  Se  duraote  il  prestito  ii  commodaUtrio  e  stato  obbligato 
per  conseryare  la  cosa  a  fare  qualche  spesa  straordinaria,  necessaria  ed  tirgente  in 
modo  da  non  poterDe  avvisarne  il  eommodante,  questi  e  tenuto  a  rimborsarne  il  com- 
modatario  ». 


PKIMA  APPENDIOE  DEL  TRADUTTORE 

AL  S  853. 


La  retta  comprensione  deirEdittto  del  pre  tore  sul  commodato  non  e  possibile  senza 
una  larga  disamina  di  tutte  le  controversie,  a  cui  ha  dato  occasione  un  testo  di  Gaio. 
AlPuopo  noi  riproJurremo  con  modifloazioDi  e  ritocchi  quanto  scrivemmo  neWArehivio 
Giuridieo  del  Serafini  (vol.  LII,  pagine  469  a  499). 

Svolgintento  ttorieo  dell'istituto. 

Leggesi  in  Oaio,  IV,  §  47: 

«  Bed  ex  quibusdam  causis  praetor  et  in  ius  et  in  factum  conceptas  formulas  pro- 
ponit,  ueluti  commodati  et  deposit!  ». 

L*inte)iigenza  di  questo  paragrafo  di  Gaio  e  fondamentale  per  la  materia  che  trat- 
tiamo.  E  molto  controverso,  se  le  azioni  di  commodato  e  deposito  fossero  le  uniche, 
per  cui  Talbo  cooteneva  la  duplice  formula;  tutto  sta  nel  modo  di  intendere  ii  ueluti, 
che  accenna  ordinariamente  a  una  mera  ei^emplificazione,  ma  non  esclude  neppure,  che 
si  tratti  di  una  dimostrazione  esauriente,  nel  qua!  caso  dovrebbe  tradufsi  per  «ovTero» 
«  ossia  >  <  cioe  ».  Nella  ipoteei  del  piu  normale  significato  i  moderni  hanno  pensato  ad 
altre  azioni,  cui  potesse  riferirsi  la  notizia  di  Gaio;  chi  ha  pensato  nWaciio  pignera- 
ticia  <),  ViWactio  mandati  2),  chi  airacfio  fiduciae  ^)  e  cosi  via.  Tale  questione  non  si 
puo  qui  discutere  per  la  sua  troppo  grande  indeterminatezza,  che  non  lascia  sperania 
di  pervenire  h  risultati  sicuri.  —  Ma  vi  ha  un  altro  problema,  che  concerne  la  re- 
lativa  cronologia  delle  due  furmule.  Quale  di  esse  fu  la  piu  antica?  E  perch^,  dopo 
che  Tuna  era  g'lk  stata  proposta  e  comprovata  dairuso,  si  senti  il  bisogno  di  proporre 
anche  Taltra? 

Per  spiegare  la  duplicity  di  formula  molti  scrittori  *)  hanno  richiamato  i  seguenti 
passi : 

Fr.  9  D.  de  obi  et  act,  44,  7  (Paul.,  lib.  IX  ad  Sabinum): 


>)  Lbnel,  Edictum  perpetuutn,  pag.  201  seg. 

2)  Ibidem,  §  108. 

3)  Geib  nella  Zeitschrift  der  Savigny  Stiftung  (Rivista  della  fondazione  Savigny), 
vol.  VllI,  pag.  131  segg.;  Pernice,  Parerga  nella  cit.  Rin'sta,  vol.  IX,  pag.  228  (v,  peni 
il  suo  Labeo,  III,  1,  pag.  124  seg.) 

*)  Cfr.  Heffter,  ad  Gait  comm.,  IV,  pagina  58;  Zimmern,  Gesck.  d.  rdm,  P.  R, 
(Storia  del  dir.  priv.  rom.),  154 ;  Scmmidt,  dae  comm.  u.  prec,^  pag.  146  seg. ;  Saviony, 
System  dee  h.  r.  Rts.  (Sistema  del  dir.  rom.  attuale),  II,  102  e  V,  84;  Puchta,  Istitu- 
eionff  II,  %%  165,  219;  Vanqbrow,  Pand,,  I,  §  13$.  Cfr.  pure  i  passi  citati  dallo  Huschks, 
ad  Gai.,  IV,  §  47,  nella  Jurispr.  anteiuetiniana. 


PRIMA.  APPBNDIGE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  853.  247 

c  PiliusfamiHas  suo  nomine  nullam  actionem  habet,  nisi  iniuriarum  et  quod  «i 
aut  clam  et  d^posiU  et  commoAoH,  ut  Julian  us  putat».  Cfr.  Ulp.,  lib.  I  dieputationum 
(fr.  13,  ibid,)'.  »  in  factum  aetionee  etiam  flliifamiliarum  possunt  exorcere  ». 

Vaetio  in  factum  sarebbesi  quindi  introdotta  a  favore  dei  filUfamilia*,  che  avreb- 
bero  cosl  potuto  agere  $uo  nomine  per  tali  contratti.  Ma  siffatta  spiegazione  incontra 
difficoltii  non  Itevi.  Se  proprio  questo  fosse  stato  il  fine  deila  formulazione  in  factum 
e  la  funzione  della  rispettiva  formula,  come  mai  direbbe  Paolo  «  ut  Julianus  putat?  ». 
Cfr.  fr.  19  D.  depoeiti,  16,  3  (Ulpun.,  lib.  XVII  ad  Edictum):  c  Julianus  et  Marcellus 
putant,  fi.liumfamilia8  depositi  recte  agere  posse  »•  Questo  frammento,  che  conferma  e 
completa  la  notizia  dei  fr.  9  cit.,  ben  ci  avverte  che  Giuliano,  seguito  da  Marcello, 
trov6  possibile  accordare  sua  nomine  al  figlio  di  famiglia  Tazione  di  coramodato  e  di 
deposito,  in  quanto  che  esisteva  una  formulazione  in  factum;  ma  sicuraraente  non  ne 
<leriva  che  tale  fosse  lo  scopo  e  la  funzione  di  siffatta  formula;  ne  deriva  anzi  il  con- 
trario  *). 

Non  si  capirebbe  po',  ove  si  ammettesse  tale  spiegazione,  perche  tale  concezione  in 
factum  s*avrebb6  dovuto  restringere  alle  due  azioni  di  commodate  e  di  deposito  S); 
mentre  la  giurisprudenza  romana  non  ignorava  che  in  molti  altri  casi  i  filiifamilias 
abbisoguano  di  simile  rimedio  e  per  molti  altri  negozi  ben  p\^  frequenti  e  indispensa- 
bili  che  non  siano  i  due  accennati.  Cfr.  per  eserapio  quanto  scrive  Ulpiano  nel  fr.  18 
S  1  D.  Ta  iudiciie  (lib.  XXII  ad  Edictum): 

<  Unde  ego  semper  probaui,  si  res  non  ex  maleficio  ueniat,  sed  ex  contractu  de- 
beatur,  Alius  (familias)  possit  agere  utili  iuJicio;  forte  depositum  repetens,  vel  man- 
dati  agene  uel  peouniam,  quatn  credidit,  repetens^  si  forte  pater  in  provincia  sit, 
ipse  autem  forte  Romae  nel  studtorum  causa  uel  alia  iusta  ex  causa  degat ». 

Perche  mai  il  pretore  arrebbe  dunque  pensato  a  quelle  sole  due  cause  ? 

Si  h  detto  che  Vaetio  in  factum  si  accordava  quando  il  convenuio  negava  il  falto 
stesso  del  deposito  o  del  commodato;  quella  in  iue,  quando  il  convenuto  ammetteva 
Tesistenza  del  rapporto  giuridico  e  la  disputa  verteva  solo  sulle  relative  conseguenze. 
Ma  t!ale  opiniona  ha  contro  s6  due  obbiezioni  gravissime.  La  prima  e  che  non  si  vede 
perche  tale  possibile  diversity  nella  natura  delle  due  parti  (che  si  ha  in  tutte  le  azioni 
contrattuali)  solo  qui  si  traduca  nella  duplicity  di  formula;  forseche  la  stessa  ragione 
non  vi  sarebbe  ovunque  ?  Si  avverta  poi  che,  qualunque  sia  la  natura  della  controversia, 
la  risoluzione  e  sempre  la  medesima.  La  seconda  obbiezione  a  roio  avviso  e  questa,  che 
ne  Tuna  ne  Taltra  formula  presenta  verun  appiglio  a  siffatta  distinzione.  La  formula 
in  ius  per  esempio  e  costrutta  affatto  analogamente  tiWaotio  empti  uenditi  ecc.j  nelle 
quali  si  comprendono  pure  quel  casi,  in  cui  il  convenuto  nega  addirittura  Tesistensa 
deiraffermato  rapporto  giuridico;  ora  non  si  vede  perche  il  giudice  che  qui  trovava 
compre«a  anche  tale  ipotesi,  \k  non  la  potesse  trovare.  E  la  formula  in  factum  e  com- 
posta  analogamente  a  moltissime  altre,  in  cui  si  comprende  certamente  il  caso,  che  il 
convenuto  ammetta  Fesistenza  del  fatto  o  rapporto  indicato  nella  intentio  e  solo  ne' 
contest!  le  conseguenze  o  si  riAuti  di  corrispondervi. 

Si  sono  cercate  altre  differenze  nella  funzione  o  negli  effetti  delle  due  formule.  — 
La  formula  in  factum,  si  dice,  ha  il  vantaggio  di  fronte  alPaltra  di  essere  arbitraria ; 
ci6  farebbe  appunto  credere  che  siasi  piil  tardi  introdotta  per  avere  questo  vantaggio. 
—  Ma  anzitutto  per  raggiungere    tale  scopo  sarebbe  bastato  inserire   la  clausola  resti- 


^)  La  formula  in  factum,  era  per  se  certamente  applicabile  anco  alTipotesi  di  un 
filiuefamilias  attore. 

S)  Cfr.  Thon,   nella  Zeitsohrift  far  ReehUgeech,  (Rivista  per  la  st^ria  del  diritto), 

II,  291,  292;  AcCARiAS,  Pricie  de  droit  roj::ain,  U*,  *94. 


248  PBIMA  APPENDIGE  DEL  TBADDTTOBE  AL  §  853. 

tutoria  nella  formula  preesisteote :  in  reaila  poi  cio  sarebbe  stato  ioutile,  esstindo  la 
formula  in  ius  mimita  di  intentio  «  ex  fide  bona  »,  la  quale  in  simili  casi  conduceva 
alio  stesso  risultato,  cfr.  per  esempio  fr.  9  D.  19,  5  ecc.  -r-  Si  e  invece  obbiettato  i), 
ch«  dal  testo  gaiano  appare  essere  state  arbitrarie  tutte  e  due  le  formule ;  ma  tale  ob- 
biezione  e  per  piii  cap!  viziata.  La  formula  in  factum  (come  ora  leggesi  in  Gaio)  non 
e  certamenie  arbitraria,  come  a  torto  si  ritiene.  Essa  suona  codi :  «  Si  paret  A.am  A.um 
apud  N.um  N.um  mensam  argenteam  deposuisse  eamque  dolo  nialo  Ni  N.i  A.o  A.o 
redditam  non  esse  »  ;  ma  certo  nelle  ultimo  parole  non  si  pu6  vedere  una  clausola 
restitutoria ;  esse  si  rapportaao  ai  fatti  antacedenti  alia  oontestatio  litis,  non  alia  fa- 
colt^  di  sfuggire,  restituendo  arhitratu  iudiois,  alia  eondemnatio  post  iudicium  ac' 
ceptum,  —  Circa  poi  alia  formula  in  tits  e  noto  come  rHusoHKB^  ad  Gai  h.  1.,  abbia 
acutamente  sciolta  la  sigia  NR.  che  trovasi  nel  palinsesto  sul  fine  della  formula  in 
ius.  nelle  parole  nisi  restituat :  cosi  si  e  creduto  che  tal  formula  ri sul tasse  aoche  nella 
appare nxa  arhitraria : 

<  ludex  N.nm  N.um  A.o  A.o  condemnato,  nisi  restituat;  si  non  paret,  absoluito  ». 

Ma,  lasciando  per  ora  in  disparte  la  %\k  awertiia  inutilitik  di  tale  inciso,  e  chiaro 
come  esso  sarebbe  ad  ogni  modo  fuori  di  posto.  La  clausola  restitutoria  (si  cfr.  per 
esempio  la  formula  petitoria)  va  posta  prima  che  cominci  la  eondemnatio  e  in  fatti  essa 
costituisce  una  condiiione  negatira  di  essa  al  pari  della  exeeptio,  Non  a  torto  pertanto, 
considerate  come  facienti  parte  della  formula  in  ius^  le  sigle  NR  sembrano  tuttora 
al  Lbhbl  dubbie  {ediotum.  perpetuum,  pag.  230) ;  al  Pbrnicb  anzi  addirittura  impos- 
sibili;  cfr.  Labeo,  I,  pag.  437  n.  49  e  Parerga,  111,  pag.  228.  n.  2. 

V'ha  tuttavia  una  proposta  molto  ragionevole  ^)  ed  e  quella  di  considerare  come  spo- 
state  le  letlere  NR,  che  in  origine  avrebbero  appartenuto  alia  formula  in  factum,  dove 
in  realty  sarebbero  state  necessarie,  non  potendosi  ritenere  implicila  sifiatta  clausola, 
mancando  ogni  riferimento  alia  bona  fides.  Nel  qual  caso  la  formula  in  factum  ayrebbe 
dovuto  leggersi:  «  eamque  dolo  malo  N.i  N.i  A.o  A.o  redditam  non  esse,  nisi  restituat, 
quanti  ea  res  erit .  . .  ».  Tale  congettura  non  e  n^  certa  ne  molto  verosimile ;  ma  pur 
possibile  e,  come  dicevo,  ragionevole. 
.  Ad  ogni  modo  da  tutte  queste  considerazioni  risulta  quanto  la  combattuta  differenzit 
fra  le  due  formule  sia  inaccettabiie.  Se  mai,  la  verity  sta  precisamente  al  rovescio. 
Manca  ogni  clausola  restitutoria  aWaotio  in  factum,  se  qui  non  si  trasportano  le  due 
sigle  NR;  mentre  si  pu6  pervenire  a  non  dissimile  resultato  colTaltra  formola. 

In  altri  scrittori  la  ragione  della  duplicitii  di  formula  appare  menochiara.  Pel  Kar- 
LOWA  3)  per  esempio  la  formula  in  ius  e  la  piu  antica;  la  formula  in  factum  h  so* 
pravveiiuta  per  colpire  fatti  delittuosi  del  depositario  e  commodatario.  Non  dissimile  e 
la  spiegazione,  che  gi&  aveva  dato  il  Thon  -*).  Secondo  questo  autore,  nella  formula 
in  ius  deve  assolversi  il  convenuto,  che  ne  possiede  ne  per  dolo  suo  si  e  tolta  la  fa- 
cultas  restituendi.  La  formula  in  factum,  sarebbe  quinoi  stata  introdotta  dal  pretore 
pel  caso  in  cui  il  depositario  o  commodatario,  mentre  ancora  deteneva  la  cosa,  Tavesse 
guastata,  ecc,  ovvero  per  queilo  in  cui  la  cosa  fosse  stata  bensi  resa,  ma  troppo  tardi 
con  danno  del  commodante  o  deponente.  Essa  quindi  non  avrebbe  altra  funzione,  che 
di  colmare  le  lacune  lasciate  dalla  formula  in  ius  concepta. 


*)  AccARiAS,  Precis,  IH,  pag.  794. 

^y  Kellbr,  Institutionen  (Istituzioni),  pag.  115  seg.  (prima  altrimenti :  Litiscont. 
(Contestasione  della  lite),  pag.  357);  Voiot,  rdm.  Rechtsg.  (Storia  del  dir.  rom.),.I,  §  55, 
pag.  621. 

3)  Rom.  Rechtsg,  (Storia  del  diritto  romano),  vol.  II,  2,  pag.  603. 

*)  Nella  Zeitschrift  f.  Rechtsg,  (Rivista  per  la  storia  del  diritto),  11,  pag.  293. 


PSIMA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTORE  AL  §  853.  249 

r 

Sifiatta  tpiegazione  riposa  sopra  ua  concatto  affatto  inaccettabile  della  formula  in 
«M».  lotanto  essa  ammette  come  sicuro  che  la  sigU  NR  vi  appartenga;  mentre  quanto 
cio  sia  dubbio,  noi  abbiamo  visto.  la  secondo  luogo,  pur  leggendosi  la  formula,  come 
si  legge  tielie  recenti  edizioni  di.  Gaio,  ancora  quel  significato  non  ne  consegue.  La  tn- 
$entio  ordina  at  giudice  di  considerare  «  quidquid  ob  eam  rem  (ossia  in  seguito  al  con- 
tralto) N.um  N.um  A.0  A.o  dare  facere  oportet  ex  f.  b, »  e  di  dirigervi  la  condanna : 
in  quella  intentio  e  compresa  tutta  quanta  Tefficacia  del  negozio  giuridico.  E  se  anco 
poi  seguisse  la  clausola  nisi  restituat,  questa  non  si  doYrebbe  intendere  nel  materiale 
eignificato  della  restituzione  della  cosa,  ma,  coerentemente  alle  cose  precedent!,  nei 
sense  di  un  completo  soddisfacimento  delFinteresse  delKattore.  E  infatti,  come  non  si 
considera  reddita  la  cosa  restituita  in  stato  non  buono  per  colpa  del  detentore,  cosi 
non  s'ha  da  considerar  compiuta  una  restituzione  awenata  con  ritardo,  senza  compenso 
del  daniio  cagionato  da  questo.  Del  resto  ognuno  vede  che  siflatta  ragione  non  sarebbe 
staia  inDgni  modo  sufficiente  per  introdurre  un^apposita  formula  in  faotum,  11  pretore 
avrebbe  data  utiliter  Ta  consueta  formula  in  ttur,  ommessa  la  pretesa  clausola  restitu- 
toria,  86  questa  fosse  stata  proprio  di  ostacolo  aiPesperimento  della  giusta  domanda 
delPattore. 

Molto  piausibile  e  invece,  a  mio  awiso,  Topinione  di  coloro  che  stimano  essere  la 
formula  in  faetum  piu  antica  della  formula  in  ius;  essa  si  sarebbe  in  origine  riferita 
special  men  te  a  ottenere  la  restituzione  della  cosa  deposta  o  commodata.  II  transito  dalla 
formula  in  factwn  a  quella  in  ius  si  epiega  pensando  alio  svolgimento  giuridico  av- 
venuto  e  compiutosi  non  senza  efficacia  della  originaria  tutela  pretoria;  8*era  venuta 
nel  frattenipo  consolidando  la  consuetndine,  elaborandosi  ladottrinae  ormai  hen  poteva 
discorrersi  di  un  oportere  per  dirilto  civile,  cui  Tistituto  s^era  rivendicato  ^).  La  co^a 
del  resto  e  tutt'altro  che  inaudita,  come  alcunl  stimano  a  torto.  11  transito  di  formuU 
in  faetum  in  formule  in  ius  si  compie  chiaramente  ai  tempi  dellMmpero  pel  cosl  detti 
contratti  innoniinati.  E  un  processo  che  noi  j^ossiamo  in  gran  parte  seguire  tuttavia.  I 
Sabiniani  (fino  a  Giuliano  e  a  Gaio)  non  riconoscevano  che  uii'aotio  in  faetum;  i  pro* 
euliani  trovavano  nmmissibile  un  actio  ciuilis.  Secondo  cos  to  ro  il  principio,  che  chiavesse 
prestato  avesse  pure  diritlo  alia  pattuita  controprestazione,  poteva  per  opera  della  giuri- 
fiprudenza  considerarsi  come  acquisito  al  diritto  civile.  La  loro  opinione  prevalse  special- 
mente  per  Tau tori ti  di  Aristone;  i  giuristi  posteriori,  ohe  riconoscono  V actio  civiliSf  qua 
e  \k  ammettono  Vaotio  in  factum,  specialmente  dove  pendono  da  testi  sabiniani  o  dove 
il  concedere  Puna  o  Paltra  azione  non  conduce  a  pratiche  dilTerenze.  Perche  un  simile 
svolgimento  non  si  potrebbe  ammettere  per  le  asioni  di  commodato  e  deposito?  Si 
potra  chiedere  perche  mai,  nata  Tazione  piu  comoda  (di  buona  fede)  e  piu  comprensiva 
<quella  in  ius  conoepta)^  si  continuasse  tuttavia  a  proporre  nelPalbo  anche  Tazione  in 
factum.  Ma  qui  pure  Tanalogia  del  praescriptis  verbis  agere  (che  del  resto  non  poteva 
aver  luogo  g\h  nelPantica  eta  repubbiicana,  come  pensavano  i  vecchi  romanisti  citati 
nel  testo),  ci  torna  opportuna.  Perche  mai  si  potrebbe  chiedere  con  altrettanta  ragione 
ammestsa  che  fu  generalmente  Vaotio  civilis  piu  comprensiva,  piu  comoda  e  di  buona 
fede,  si  continu6  a  menzionare  e  ad  usare  {"actio  in  factum  f  Si  pu6  anzi  invocare 
tutto  quanto  il  proced:mento  storico  nel  diritto  romano, .  in.cui  i  vecchi  tipi  non  so- 
gliono  abolirsi  al  sorgere  dei  nuovi,  ma  continuano  ailato  a  questi  finche  per  desuetu- 


'T  Fra  i  moiti  sostenitori  di  questa  dottrina  cfr.  specialmente  Wlassak,  Negotiorum 
gestio^  pag.  165  segg.  (cfr.  R6m.  Processgissetze  (Leggi  processuali),  II;  pag.  103,  n.  27 
e  39);  Krueoer,  Rechtsquellen  (Fonti  giuridiche),  pag.  44;  e,  a  quanto  parmi, 
YoiOT,  Rom.  RG.  (Storia  del  diritto  roroano),  I,  pag.  621  segg. ;  da  ultimo  Girard, 
Zeitsehr.  d.  Savigny  S.  (Rivista  della  fondazione  Savigny),  XIV,  16). 

Gluck,  Ctniim.  PandetU.  —  Lib.  Xlll.  82 


250  PBIMA  APPfiNDICE   DEL  TBAD0TTOBE  AL  §  353. 

• 

dine  vengono  meno.  Gosi  la  formula  petitoria  non  tolse  Vagere  per  c  tponsionem  » ;  il 

riconoscimento  giuridico  del  mandato  non  tolse  subito  efficacia  al  capo  II   della  legge 

aquUia;  quello  dal  pegno  non  riuscl  ad  abolire  la  fiducia;  e  cosl  Ti'a. 

Con  tale  spiegazioae  si  coneiliano  molto  bene  alcuni  altri  iatti.  Com'e  note  (fr.  4 
pr.  h.  t.)i  v*era  neireditto  pretorio  una  clausola  reiativa  alia  tutela  giudiziaria  del  com- 
modato;  ci6  che  ben  si  adatta  airipotesi  di  un*azione  {in  factum)  di  creasione  pretoria, 
alia  quale  solo  piili  tardi  si  sarebbe  aggiuota  la  formula  in  ins  ^).  Anche  pel  deposito 
v*e  la  clausola  edittale;  ma  per  questa  sarebbero  possibili  anche  altre  spiegazioni.  Si 
avverta  poi  che  la  clausola  edittale  non  si  adatta  che  alPaziooe  diretta  (cui  solo  si  ri- 
feriva  la  formula  in  factum),  —  A  cid  si  aggiunge  un  fatto  a  mio  awiso  certissimo 
ed  e  che  nelPalbo  le  formule  in  factum  precedevano  le  formule  inius^  il  che  significa 
appunto  che  queste  ultime  sono  formazioni  posteriori  e  che  non  sono  quelle  destinate 
a  complemento  o  supplemento  di  quest*.  La  dimostrazione  di  tale  asserto  mi  par  fa- 
cile. I  Digesti  di  Qiustiniano  ci  danno  la  teoria  delle  azioni  di  commodato  e  di  depo* 
sito  anzitutto  con  i'rammenti  dei  commentari  edittali  relativi  alia  formula  in  factum. 
II  che  non  si  spiega,  se  non  ammettendo  che  appunto  tale  formula  precedesse  quella 
in  ius  e  per6  yenisse  dai  commentatori  piu  largamente  esplicata;  mentre  gli  stessi, 
commentando  la  successiva  formula  in  ius,  potevano  in  gran  parte  rinviare  alia  pre- 
cedente  spiegazione,  tanto  piu  che  la  prassi  e  la  giurisprudenza  avranno  naturalmente 
atteauata  la  diversity  delie  conieguenze. 

E  parimenti  si  accorda  benissimo  con  tale  spiegazione  il  fatto  che  ne'  varii  cataloghi 
di  giudizii  di  buona  fede,  che  troviamo  in  Cicerone,  non  campaiono  mai  le  azioni  di 
commodato  e  deposito.  II  che  si  comprende  facilmente  ammettendo  che  a*  suoi  tempi  non 
si  conoscesse  che  la  formula  «  in  factum  »  priva  di  ogni  menzione  di  «  bona  fides  >. 

CiCBROf  de  off.  Ill,  17  §  70:  «  Quintus  quoque  Scaeuola  pontifex  maximus  sumraam 
uim  esse  dicebat  in  omnibus  lis  arbitriis,  in  quibus  adderetur  ex  fide  bona,  fideiquk 
BONAB  nomen  existimabat  manere  latissime  idque  iiersari  in  tutelis  societatibus  fiduciis 
mandatis  rebus  emplis  uenditis,  conductis  locatis,  quibus  uitae  societas  contineretur :  in 
his  magni  esse  iudicis  statuere,  praesertim  cum  in  plerisque  essent  indicia  contraria 
quid  quemque  cui  que  praestare  oportere  ». 

top,  10,  42:  <  si  tutor  Udem  praestare  debet,  si  socius,  si  cui  mandaris,  si  qui  fidu- 
ciam  acceperit. . . .  ». 

t6.  17,  66:  «  in  omnibus  igitur  iis  iudicis,  in  quibus  e»  fide  bona  est  addilum,  ubi 
uero  etiam  «  ut  inter  bonos  bene  agier  »  imprimisque  in  arbitrio  rei  uxoriae,  in  quo 
est  <  quid  aequius  melius  » . . .  quid  socium  socio,  quid  eum  qui  negotia  aliena  curasset 
ei|  cuius  ea  negotia  i'uissent,  quid  eum  qui  mandasset  eumue  cui  mandatum  esset 
alteram  alter!  praestare  oportere;  quid  uirum  uxori,  quid  uxorem  uiro  tradiderunt  »• 

de  nat.  deor.  3,30  §  74:...  « inde  tot  iudicia  de  fide  mala:  tutelae  mandatt  pro 
socio  fiduciae,  reliqua  quae  ex  empto  uendito,  locato  et  conducto  contra  fidem  fiunt  ». 

Si  e  osservato  che  siffatte  enumerasioni  non  hanno  la  pretesa  di  essere  esaurieftti: 
che  pertanto  ben  potevano  esistere  altri  iudicia  di  buona  fede  da  Cicerone  non  men- 
tovati  ^).  Ma  se  tale  osservazione  e  giusta  pe*  singoli  passi  citati,  non  lo  e  invece  per 
il  loro  complesso.  Infatti  se  Cicerone  ome'te  nei  de  offieiis  Vactio  rei  uxoriae  e  quella 
negotiorum  gestorum,  le  ricorda  per6  nella  topica  (17  §  ^y.  se  nel la  toplaa  ommette 


^)  E  questo  sarebbe  conforme  airopinione  dei  vecchi  romanisti  ricordati  dal  Gluck, 
i  quali  solo  per  la  imperfeita  conoscenza  della  procedura  confondevano  azione  in  factum 
e  azione  praesoriptie  verbis,  ingannati  da  certe  interpolazioni  delle  Fonti. 

^)  AccARiAS,  Precis,,  11.^  795.  «  Cic^ron  n*a  pas  la  pretention  de  donner  des  Enume- 
rations limitatives  »;  Karlowa,  r0m,  RQ,  (Storia  del  dir.  rom.)  II,  8  pag.  603. 


PftlMA  APPENDICE  DBL  TRADUTTOEE  AL  §  853.  251 

i  !;ludizii  di  compra-veDdita  e  locazione-conduzione,  li  ricorda  per6  nel  de  offieiU;  ben 
straao  sarebbe  che,  Mistendo  davvero  i%tdioia  ex  fide  bona  pel  commodato  e  il  depo- 
sito,  egli  ne  taoesse  afiatto  pur  la,  dove  la  grandiseima  analogia  cogli  altri  negozii  ad- 
dotti  non  avrebbe  potuto  a  meno  di  richiamarli  alla*meDte. 

0x6  reode  moUo  verosimile,  che  taoto  meno  esistessero  le  azioni  contrarie  di  com- 
modato e  deposito  ipur  prescindendo  da  qualeiasi  opinione  circa  resistenia  delle  for-, 
mule  in  ius  ooneeptae),  come  non  esisteva  V actio  contraria  negotiorum  gettorum  ^). 
B  per  Tero  il  gestore  si  assume  ordinariamente  spese  e  brighe  per  radempimento  della 
sua  impresa:  mentre  e  solo  in  via  eccezionale  che  il  depositario  o  il  commodatario  pos- 
sono  avere  pretese  da  esperire  contro  il  deponente  o  il  commodante.  Urgeva  inoltre  per 
la  negotiorum  gestio  Tanalogia  del  mandato;  qui  mancavano  analogic. 

Grave  parrebbe  Taltra  obbiezione  del  Karlowa,  il  quale  si  richiama  alia  teatimo- 
nianza  di  giuristi  anteriori  o  coevi  a  CicsaoNB,  che  attesterebbero  il  carattere  di  c  bona 
fides  >  delle  azioni  di  commodato  e  di  deposito. 

Anzttuto  verrebbe  il  ft*.  5  §  3  comm.  Xlil,  6: 

«  commodatum  autem  plerumque  solam  utilitatem  continet  eius,  cui  commodatur  et 
ideo  uerior  est  Quinti  Mucii  sententia  ezistimantis  et  culpam  praestandam  et  diligen- 
tiam  ». 

lo  non  so  che  cosa  da  questa  sentenza  di  Q.  Mucio  si  possa  ricavare  contro  la  dot- 
trina  da  noi  accettata.  La  quesiione  circa  la  misura  della  responsabilita  del  commoda- 
tario e  afTatto  indipendenie  dal  carattere  di  buona  fade  dei  giudizi.  Forsecb^  non  ei 
considera  come  non  reddita  la  cosa  per  colpa  di  lui  guasta  o  sfigurata  od  offerta  con 
colpevole  ritardo?  Ne  reca  alcuna  difficolt^,  che  di  tali  considerazioni  di  Q.  Muoio  si 
valesse  Ulpiano  nel  common  tare  la  formola  in  ius  (a  cui  sembra  in  realty  riferirsi  il 
fr.  5,  9  2-10,  h.  t.).  Forse  tutto  dipende  da  ci6,  che  il  Karlowa  crede  che  si  conta- 
nessero  nel  la  formula  « in  factum  *  del  commodato  le  stesse  parole  che  si  leggono  in 
quella  del  deposito  «  eamque  dolo  malo  N.l  N.i  A.o  A.o  redditam  non  ease  »  (Gai.  IV,  47)  ^), 
Ma  evidentemenie  a  torto.  La  formula  del  deposito  conteneva  tale  espressione,  ch*i  per 
tal  contratto  «  dolus  praestatur  solus*;  ma  nulla  c*insegna  che  tale  espressione  si  con- 
tenesse  nslla  formula  del  commodato;  anzi  la  lettura  de*  relativi  comment!  cUosegoa 
Topposto.  Oaio,  1.  c.  dice,  €  eimiles  ^Wktsi  commodati  formulae  sunt  »;  ossia  eimiUmente 
formate,  ma  non  uguali«  avendosi  naturalmente  riguardo  alia  diversa  natura  del  rap- 
pofio  contrattuale.  Per  cui  qui  si  sar&  detto  solamente  «  eamque  a  N.o  N.o  redditam 
non  esse  »  ^). 

Analoghe  riHessioni  vanno  fatte  pel  gruppo  di  decisiooi  dei  tieteret  raccolte  nello 
stesso  frammento  di  Ulpiano,  che  risguardano  tutte  Tobbligo  di  prestare  la  diligensa 
o  la  custodia.  Tali  decisioni  sono  appunto  necessarie  per  pronunciare  se  s*  abbia  a  con- 


^)  Vedi  il  Ferrini,  nel  Bullettino  delVIaUtuto  di  dir  rom.,  vol.  VIL  fasc.  1.  Sulla 
genesi  posteriore  delle   aotiones  contrariae  in  genere   in  confronto    delle  dirette    sono 
d'accordo  i  migliori  storici  del  diritto  romano.  Cf.  p.  e.  Pernmcb,  Labeo  1,  124  sgg.  315. ' 
—  Bekkbr,  Aktionen  (Azioni),  1, 150. 

?)  Donde  probabilmente  anco  la  sua  idea,  che  colle  formole  «  in  factum  »  si  repri- 
messe  un  delitto,  anziche  si  esperisss  un  credito  contrattuale. 

3)  Non  gi&  <  eamque  culpa  N.i  N.i  redditam  non  esse  >,  che  allora  la  questione  sa- 
rebbe stata  risolta.  L'Ubbelohde,  Jtur  Geteh,  der  hen.  Realcontr,  (Storia  dei  contratti 
reali  nominati)  pag.  64  sg.,  crede  che  la  formula  <  in  factum  »  suonasse  appuoto  cosl 
e  fjsse  quindi  tuttora  igiiota  a  Q.  Mccio,  il  cui  avviso  andrebbe  riferlto  airipotesi  di 
una  fiducia  contratta  a  tale  scopo. 


252  PBIMA  APPENDIGE  DBL  XBADUTXOBB  AL  §  853. 

siderare  la  cosa  come  non  reddita  o  invece  come  causalmente  perita.  Uguali  rifles* 
sioni  fti  fanDO,  quando  taiuno  ahbia  promesso  «  Stichum  hominem  dare  * ,  per  quatito 
in  tale  materia  la  coipa  si  specifichi  in  faoiendo.  Cosi  §  6  «  an  hominis  commodati 
custodia  praestetur  apud  ueteres  dubitatum  est  » :  §  7  «  si-  seruum  tibi  tectorem  com- 
modauero  et  de  machina  ceciderit  periculum  meum  esse  Namusa  ait»:  §  9:  «  etiam 
pulli  te  custodiam  praestare  debere  ueteres  reitponderunt  >.  £  neppure  il  ceono  a*  dubbii 
de'  ustere*  nel  §  11,  implica  comunque  riconoscimento  del  carattere  di  buona  fede  del 
giuditio. 

Possiamo  dunque  ritenere  ci6  che  molti  argomenti  persuadono  (e  niuna  seria  ob- 
biezione  rende  inverosimiie),  che  cioe  in  antico  il  contratto  fosse  tutelato  con  uxi'actio 
in  factum  (diretta)  e  che  solo  relativamente  tardi  (sul  finire  della  repubblica  o  sul 
principio  delFimperO)  venisse  piii  ampiamente  tutelato  merce  la  doppia  formula  (diretta 
e  contraria)  in  tu#,  senza  che  percid  tramoatasse  Tantica  formula  «  in  factum  ».  In 
quale  epoca  precisamente  avvenisse  tale  riconoscimento  del  contratto  da  parte  del  ius 
civile,  non  possiamo  dire  con  sicurezza.  £!  certo  per6  che  Labeone  conosce  (come  ve- 
dremo  anche  in  seguito)  e  la  formula  in  ius  e  il  contrarium  iudicium,  D*altra  parte 
sappiamo  che  la  legge  Qiulia  municipale  (L.  .111)  non  conosceva  ancora  Vactio  depo^ 
titi  come  infamante;  ne  sarebbe  temeraria  la.  supposisione  che  questo  contratto  (la  cui 
storia  e  talmente  connessa  con  quella  del  commodate,  da  potersi  dalle  vicende  delKuno 
arguire  a  quelle  deiraltro)  non  fosse  al  tempo  di  quella  legge  ancor  tutelato  coirasione 
civile.  Infatti  sembra  probabile  che  la  conseguenza  delfinfamia  si  rannodasse  al  fonda- 
meoto  civile  rieonosciuto  airazione;  com*e  per  tutti  gli  allri  negozii  giuridici,  di  cui  le 
qeglette  esigenze  adducono  Vinfamia. 

Meno  facile  k  dire,  quando  il  pretore  cominciasse  a  occuparsi  del  nostro  contratto 
e  a  munirlo  di  azione  « in  factum  9.  Qui  piu  ancora  siamo  privi  di  ogni  appiglio  ed  e 
meschina  consolazione  il  poter  dire,  che  ci6  non  pote  essere  prima  della  legge  Bbuzia; 
prima  anzl  che  la  procedura  formulare  acquistasse  una  certa  indipendenza,  non  poten- 
dosi  ritenere  che  le  formole  in  factum^  che  prescindono  da  ogni  fondamenio  (sia  pur 
mendicato  con  finzione  o  scambio  di  subbietti)  di  diritto  civile,  fossero  tra  le  prime 
creaziooi  formulari.  Tale  nostra  asserzione,  che  del  resto  ha  a  suo  favore  la  communis 
opinio,  va  direttamente  contro  ai  recentissimi  insegnamenti  del  Wlassak  ^),  secondo 
il  quale  le  pretorie  aotiones  in  factum  vi  sarebbero  gi&  state  in  Roma,  al  tempo  delle 
Icgia  actionem  %  Egli  stesso  per6  riconosce  che  esse  non  poterono  svilupparsi  molto 
tempo  prima  delle  leggi  processuali.  che  eressero  a  sistema  la  formula.  —  A  roio  av- 
viso  contro  tale  opioione  pu6  addursi  Tesistenza  e  la  forma  degli  interdetti  donde  si  de- 
duce che  anticamente  il  pretore  non  trovava  cosl  agevole  e  spedito  introdurre  un  ri- 
medio  giuridico  dove  la  legge  taceva. 

Del  resto  noi  non  troviamo  alcun  documento  che  la  tutela  giuridica  del  commodato 
(e  lo  stesso  dicasi  del  deposito)  risalga  molto  addietro  nella  storia  del  diritto  romano> 
Ci6  non  vien  punto  provato,  come  crede  il  Karlowa  ^,  dalPespressione  certo  antica  e 
usata  al  tempo  delle  legic  actiones:  «  utendum  dare  »  per  «  commodare  »  (come  <  ser- 
uandum  dare  »).  Tale  espressione  pare  al  K.  tan  to  esatta  e  tecnica,  da  doverei  attri- 
buirne  la  origine  non  alfuso-  popolare,  ma  alia  scienza  del  diritto.  Ora  noi  dimostre- 
remo  avanti  che  tale  espressione  k  ben  lontana  dal  rigore  scientifico  e  che  e  assai  pre- 
feribile  Taltra  «  commodare  «.  Ne  ci6  pu6  provarsi  colla  testimonianxa  degli  scrittori. 


^)  Proseasgesettc  (Leggi  processuali)  II,  §  39. 

2)  Cf.  EsMBtN,  Sur  Vactio  rei  uxoriae  (Nouv,  Rev.  hist  de  droit,  1893). 

3)  L.  c.  ni  2  pag.  603. 


PBIMA  APPENDIOE   DEL  TBADDTTOBB  AL  §  853.  253 

I  comici,  e  sovratutto  Plauto  ^),  parlaoo  ia  piil  luoghi  del  commodato;  ma  sempre 
conift  di  un  rapporto  di  benevolenza  e  di  amicizia;  anzi  le  menzioni,  cbe  appuoto  in 
Plauto  si  trovano  del  grave  pericolo,  che  si  corre  dando  a  prestito,  mostrano  cbe  non 
si  pensa  afTalto  a  un  vero  rapporto  giuridico  ed  aila  conseguente  lutela. 

Cf.  Plauto,  Asin.  II,  4,  ?8-9: 

scyphos  qi40s  utendos  dedi  Philodatno  rettuUtne  t 
em  t  rem  sis  perdere,  da  com,moda  homini  amico. 

AuluU  I,  2,  18: 

quae  utenda  semper  uata  uicini  rogant, 
fures  uenisae  atque  abstulisse  dicito. 

Tbrekzio,  ffecub.  V,  1,  34: 

meritus  de  me  est^  quod  queam  illi  ut  eommo^em 

Solo  potrebbe  fare  difficolt^  il  noto  verso  del  Trinummo,  V,  2,  7: 

quod  datum  utendumst  repetendi  id  copiast  quando  uelts, 

da  cui  parrebbe  dedursi  che  a*  tempi  plautini  sempre  si  potesse  ripetere  il  commodato. 
Ma,  benche  il  Costa  riferisca  appuato  il  passo  al  commodato  2),  pure  mi  sembra  inne- 
gabiie  che  si  tratti  di  un  deposito  3);  e  infatti  stato  confidato  il  tesoro.  Tale  siogolare 
confusione  nel  modo  di  esprimersi  '*)  gi^  prova  che  siamo  bexi  lontaoi  dalla  ipote^  che 
il  poeta  pensi  a  un  vero  istituto  giuridico  e  alia  relativa  azione;  ad  ogni  modo  pel  de- 
posito, di  cui  si  tratta,  le  XII  tavole  davailo  per  la  negata  restituzione  '  un*a6(/o  in 
duplum  ^). 

Catonb,  de  re  rustioa,  V,  7,  raccomandaodo  di  aver  poche  e  fidate  persone,  con  cui 
mantenere  scambievoli  rapporti  pe'.necessari  prestiti  di  uso,  non  contribuisce  a  persua- 
dere  che  a*  suoi  tempi  tale  coatratto  godesse  tutela  giuridica. 

9.  Chi  legge  senza  prevenzione  il  fr.  1  S  1  h.  t.  (Ulp.  28  ad  ed,)  ne  deduce  che 
autore  primo  delPeditto  intorno  al  commodato  dovette  essere  un  pretore  Paconio  ^). 
Ecco  infatti  le  parole  del  giurista: 

«  Ait  praetor:  quod  quis  coromodasse  dlcetur,  de  eo  iudicium  dabo.  §  1 . .  unum  so- 
lummodo  notandum,  quod  qui  edictam  concepit  (cioe  Giuluno)  commodati  fecit  men- 
tionem,  quum  Paconius  utendi  fecerit  mentioDem>. 

Ora  Paconio  nominato  in  contrapposto  al  redattore  del  testo  edittale  deilnitivo,  cbe 
rtava  avanti  al  commentatore,  non  pud  essere  altri,  che  un  pretore  e  tutto  fa  credere 
che  sia  il  primo,  che  introdusse  neirBditto  una  clausola  sulKargomento.  La  quale,  se- 
condo  la  notizia  ulpianea,   dev^essere  stata  concepita  a  un   dipresso  cosi:    «  quod  quis 


0  Costa,  II  diritto  romano  nelle  comedie  di  Plauto,  pag.  306  sgg.  II  diritto  pri- 
vato  nelle  comedie  di  Terbnzio,  neiriircAto/o  Giuridico  del  Sbkafini,  vol.  50  pa- 
gina  483. 

*)  Plauto,  pag.  315. 

3)  Demblius,  ZUehr.  f.  RG.  (Rivista  per  la  storia  del  dir.)  II,  223  {Plaut.  Studien,  3  . 
Cf.  Pbrnice,  Labeo  I,  pag.  430. 

*)  Altrove  «  commodare  »  sta  in  Plauto  per  «  mutuare  »:  Asin,  III,  3,  13S. 

^)  Cf.  Dbmblius,  I.  c.  Ma  la  confusione  fia  i  vari  istituti  ^  abbastanza  frequente  ne* 
greci. 

<*)  Tale  e  Topinione  affermata  nel  nostro  testo;  la  divergenza  non .  riguarda  che  la 
lezione,  giacche  il  Cluck  colle  antiche  edizioni  legge  Pacuvius, 


254       PSIMi.  APPBNDIOE  DEL  XBADUTTOBE  AL  §  853. 

uteadum  dedisse  dicetur,  de  eo  iudiciuip  dabo  ».  —  Questa  opiuione  ha  per  ae  Fauto- 
rlik  del  Rudorfp  i)  e,  recenteroente,  del  Voiot  ^),  il  quale  bene  avverte,  che  ud  pre- 
tore  Paoonio  ( —  unio,  —  uviof)  non  e  storicamente  determinabile. 

Se  fosse  Qiuluno  il  primo  a  mutare  Tespressioue  €  utendum  dare  »  in  «  commo- 
dare  >  o  8*egli  in  cio  seguisse  resempio  di  qualche  pretore,  non  possiaoio  dire  con  si- 
curezza;  la  prima  alternativa  mi  sembra  per6  pid  verosimile,  poicbe  ancora  neireta 
trajanea  (Viviano)  si  discateva  circa  requipollenza  delle  due  espressioDi.  —  Labbonb 
ancora  giustificava  Tespressione  adoperata  dall'Bditto  (in  confronto  delta  voce  «  com- 
modare  »  ormai  prevalente  nelKuso),  avvertendo,  benche  a  torto,  che  quella  fosse  piu 
gensrale  e  comprendesse,  a  diffierenza  delta  seconda,  anco  Tuso  degli  immobili.  Tale 
spiegazione  fu  giustamente  combaUuta  (ira  gli  altri  da  Cassio  e  da  Viviano);  infatti 
noi  troviamo  g'lk  ne*  migliori  scrittori  repubblicani  la  Toce  eommodare  rirerita  agli 
immobili,  peres.  Auctor.  ad  Her.  IV,  51  §  61  «  ait  se  aedes  maximas  cuidam  amico.. 
. . .  eommodasse  ».  E  vitito  per  Tautorit^  di  Viviano  questo  dubbio,  ben  pote  nella  de- 
flnitiva  redazione  delKEditto  sostituirsi  alia  vecchia  espressione  «  utendum  dare  »  quella 
ormai  prevalente  di  «  eommodare  ».  Tale  storia  delta  clausola  edittale  mi  sembra  de- 
dursi  abbastanza  sicuramente  dal  citato  fr.  1  §  1,  ae  io  so  trovare  la  esposizione  ul- 
pianea  cos'i  oscura  e  confusa,  come  al  Pbrnicb  pare. 

^lo  non  comprendo  come  mai  il  Voiot,  che  a  mio  avviso  meglio  di  ogni  allro  ha 
colto  il  vero  significato  delTesposizione  ulpianea,  riferisca  il  mutamento  di  «  utendum 
dedisse  »  in  «  eommodasse  »  ad  una  revisione  del  tempo  di  Auocsto.  Le  osservasioni 
di  Labbonb,  da  noi  surriferite  e  commentate,  non  provano  ci6  in  atcun  modo;  provano 
anzi,  s*io  ben  veggo,  il  contrario.  Labbonb  in  tale  ipotesi  non  avrebbe  interpretato  stret- 
tamente  TEditto,  privando  di  tutela  giuridica  molti  casi,  che  a  sue  avviso  non  si  com- 
prendevano  nelfespressione  c  eommodare  >. 

Ma  la  piu  infeiice  dichiarazione  del  testo  ulpianeo  e  sicuramente  quelia  del  Kar- 
LowA.  A  suo  avviso  la  contrapposizione  fra  Pacooius  e  «  qui  edictum  concepit  >  fa  ri- 
teuere,  che  il  primo  fosse  un  commentatore  deH'Editto  e  anzi  non  gli  pare  temerario 
il  supporre  che  siavi  qui  una  corruttela  e  che  s^abbia  da  leggere  Pomponius,  il  com- 
mentatore  tanto  adoperato  da  Ulpiano.  Ma  io  beo  comprendo  che  il  giurista  facoia 
confronti  fra  Tuna  e  Tattra  redazione  delFEditto  (come  appunto  fa  in  altri  casi,cfr. 
Dig.  IVf  2  1);  non  comprendo  come  mai  faccia  confronti  fra  il  testo  edittale  e  le  espres- 
sioni  ueate  nella  dilucidazione  di  esso  da  un  commentatore.  La  corruttela  poi  di  «  Pa- 
conius  »  (la  Fior.  ha  Pacunius)  in  c  Pomponius  »  e  tutfaltro  che  verosimile;  Pomj»o- 
nitis  era  un  nome  notissimo  agli  scrittori  delle  opere  di  Ulpiano  e  delle  Pandette; 
mentre  «  Paconius  >  e  noma,  che  occorre  tutt'al  piu  una  sol  volta  in  queste  ultime  3;. 
Ora  ttttti  sanno  che  faciimente  un  nome  proprio  meno  noto  si  altera  in  uno  piu  nolo 
(poiche  gli  scrittori  semidotti  pensano  di  correggere  un  errore);  ma  noo  viceversa. 

Che  del  restD  Toriginaria  redazione  edittale  dovesse  dire  «  utendum  dedisse  »  e  non 
«  eommodasse  »  e  ben  credibile,  quando  net  linguaggio  del  tempo,  in  cui  la  clausola 
edittale  dovette  introdursi  (cf.  num.  8)  prevaleva  di  gran  lunga  la  prima  espressione 
alia  aecondu;  per  es.  Ennio  fr.  364  (Vahlen),  Plauto  Asin.  II,  4,  38  —  Aul.  1,  2,  18 
—  2,  4,  32  —  2,  9,  3    —    Cure.  5,  2.  5  —   Men.  4,  2,  94.  96  —   mil,  gL  2,  3,  76  — 


M  Edictum  perp.  §  99,  I. 

'^)  Rdm.  RG,  (Storia  del  diritto  roroano)  I,  §  45. 

'h  Fr.  3  D  ei  a  parente,  XXXVII,  12  (Paul,  libro  VIII  qd  Plautium).  Anche  qui 
fi'e  sospettata  una  corruttela  (cfr.  Karlowa,  rdm.  RG.  (Storia  del  dir.  rom.),  I,  pag.  704). 
Ad  ogni  modo  non  v'ha  alcun  indizio  che  il  Paconius  citato  da  Paolo  fosse  un  com- 
mentatore delTEditto. 


PRIMA  APPENDIGB  DEL  TRkVXJTtOZK  AL  §  S53.  255 

Rt*d*  3,  h  10  —  Gato  r.  r.  5,  7,  ecc  Lo  stesso  provano  le  traccie  del  linguaggio  d«* 
piu  antiohi  giuriati;  cfr.  Brdto  e  Q.  Mucio  apud,  G0II.  N.  A.  VI,  (7),  15. 

Di  ci6  convieoe  lo  stesso  Karlowa,  il  quale  aozi  opina  che  Tespreasione  utendum 
dare  (come  tervandum  dare  rispetto  a  deponere)  fosse  molto  migliore  dell*aUra  «  com- 
modare  ».  —  In  utendum  dare,  scrive  il  Karlowa,  sono  ben  rilevati  i  due  roomenti 
necessari  alia  giui-ldica  consUtenza  del  contratto;  il  momento  causale  nel  gerundio,  che 
serve  a  indtcarc  lo  scopo  deirazione  e  Tattuazione  di  esse  nel  «  dare  ».  —  Perch^  mai 
tale  espressione  cosl  esatta  e  felice  dovette  cedere  il  posto  alTaltra  <  comraodare  > 
assai  meno  precisaf  La  spiegazione  del  K.  e  cosi  strana,  che  merita  di  essere  riferita. 
Quaado  il  pretore  piu  tardi  accanto  alia  preesistente  formula  m  ius^  introdusse  quel  la 
in  faetum  destinata  a  colpire  atti  delittuosi  del  commodatario  (naturalmente  secondo 
le  idee  del  K.,  che  noi  abbtamo  ^\k  respinte),  egli  doveite  temere  che,  usando  nella 
int€ntio  la  frase  «  utendum  dedisse  »,  il  giudice  credesse  di  dovere  decidere  secondo 
le  norme  del  tut  civile  e  di  dovere  applicare  qui  (in  materia  di  delitto)  le  norme  sulla 
capacity  giuridica  contrattuale,  sulla  trasmi8sibilit&  ereditaria  ecc.  Quindi  il  pretore  in- 
seri  nella  intentio  la  voce  «  comodasse  ».  PiiJl  tardi,  fissati  i  concetti  e  tolto  il  pericolo 
di  equivoco,  la  piu  breve  e  comoda  espressione  «  commodare  »  si  sostitul  seni'altro  a 
qu«lla  piu  esatta,  ma  meno  spiccia  «  utendum  dare  >. 

Per  tacere  delle  molte  altre  invarostmiglianze,  che  gi^  avrik  rilevato  Taccorto  let- 
tore,  non  possiamo  a  meno  di  notare  che  proprio  il  fondamento  di  tutta  la  congettura, 
la  pretesa  precisione  ed  esattezsa  scientifica  deirespressione  utendum,  dare^  non  si  regge 
aifatto.  Che  si  tratti  di  una  espressione,  che  deve  la  sua  origine  alTuso  popolare  e  non 
airopera  delta  giurisprudenza,  si  prova  anche  col  confronto  di  molte  espressioni  simili, 
che  non  si  riferiscono  per  nuUaadelerminati  negozi  giuridici,  come  pares,  uendendum 
dare  (Plaut.  Poen.  V  ?,  58j,  speotandum  dare  {Poen.  I  2,  125.  —  Pen,  III  3, 35),  ecc. 
Inoltre  il  gerundio  «  utendum  »  e  tntt*aItro  che  una  designazione  roolto  precisa  dello 
scopo  del  contratto.  Per  lo  meno  Yuti  non  specifica  il  negozio;  non  lo  distingue  dal 
precario,  non  da  altri  atti  giuridici;  anzi  neppure  dal  mutuo,  giacche  qui  pure  si  da 
«  rem  utendam  >  e  dipende  dalla  natura  della  cosa,  che  Vueue  si  converta  necessaria- 
mente  ntWabusus.  Cosl  (per  tacere  ora  delle  testimonialize  del  giuristi)  Plauto 
(Pers.  13,  38)  dlscorre  di  <  nummos  dare  utendos  mutuos»;  e  (ibid.  47)  dice  «  utendam 
da  »  una  cosa  da  vendersi.  Per  tali  considerazioni  trovo  che  male  non  si  appone  il  Ds- 
MBLIU8,  quando  osserva  che  utendum  dare  si  riferisce  a  quaisiasi  concessione  d'uso 
mancante  di  portata  giuridica. 

Possiamo  ora  chiederci  se  prima  che  iaiziasse  la  tutela  del  commodato  per  opera 
del  pretore  (mediante  la  formula  in  faetum)^  e  quindi  se  al  tempo  delTesclusivo  uso 
delle  legis  aetioneSf  vi  fosse  qualche  mezzo  per  fornire  di  azione  la  sostania  almeno 
del  negozio.  Tale  problema  ci  conduce  naturalmente  alFaltro,  se  \a,/tdueia  oum  amieo 
contrat'ta  avesse  mai  in  Roma  la  stessa  funtione  del  commodato  e  se  quindi  agli  scopi 
di  queato  negozio  potesae  essere  adibita  delle  pai*ti.  La  comune  opinione  risponde  che 
s\  ^).  fi  per  vero  alle  osservazioni  di  romanisti  autorevolissimi  venivano  ad  aggiungere 
singolare  rinforzo  gli  sludi  del  Lbnbl  <).  In  questi  ultimi  tempi  perd  contro  tale  comune 
dottrina  fu  rivolto  un  attacco  poderoso  3),  del  quale  Todierna  letterature  suU'argomento 


*)  Pbrnicb,  Parerga,  III,  2i7  num.  6. 

V)  Riassunli  in  E.  P.,  pag.  233;  cfr.  Ztechr.  der  S.  S.  (Rivieta  della  fondaiione  Sa- 
via.NY)  111,  105  sgg.  Cfr.  del  resto  Ubbblohdb,  Zur  Ges'oh.  der  benannten  Realeon- 
traete  auf  Rdckgabe  dereelben  Speoies  (Storia  dei  contratti  reaii)  pag.  55  sgg  — 
VoiQT,  lus  naturaUf  II,  540  sg.  e  die  zw/ilf  Tafein^  11,  173. 

3;  Heck,  nella  Ztechr^  d.  S,  S.  (Rivista  della  fondaz.  Saviont)  pag.  115  sg. 


356  PRIMA  APPENDIOK  PEL  TBADUTTOBE  AL  §  853. 

ha  dovuto  occuparsi  i).  Oeneralmente  le  conclusion!  di  tali  studi  non  furono  molto  fa- 
voreroli  ai  riauitati'dello  HECK^jt  il  che  per6  non  ci  ditpensa  dal  dovere  di  efiaminare 
breveioente  la  questione. 

L*anica  diretta  informaziotie  (per  tacere  ora  d«lla  tarda  teatimonianza  di  Bobzio, 
ad  top.  41)  intorno  alia  fducia  cum  amico^e  quella,  che  ci  porge  <}aio,  Jntt  2,  60: 

«  fled  fiducia  contrahitur  aut  cum  creditore  pignoria  iure,  aut  cum  amico,  quo  tutiua 
nostraa  rea  apud  eum  sint,  et  siquidem  cum  amico  coniracta  sit  fiducia  sane  omni- 
modo  compatit  usureceptio;  si  uero  cum  creditore,  soluta  quidem  pecunia  omnimodo 
competit;  nondum  uero  soluta,  ita  demum  competit,  si  oeque  precario  rogauerit,  ut 
earn  rem  poesidere  liceret:  quo  casu  lucratiua  ueucapio  competit*. 

Da  questo  pasfto  appare  cbiaramente,  che  accaoto  alia  fiducia  c  cum  cr«ditore  » 
serTente  alia  steflsa  funsione,  cui  e  destinato  11  pegno,  v*era  una  fiducia  eum  amieo, 
avente  diverso  scopo  e  funiione.  Invano,  parmi,  viene  ci6  negato  dallo  Hbck.  L'arguto 
iriurista  avTerte  che  il  palinseeto  gaiano  non  ha  c  quo  —  sint  »  ma  c  quod  —  essent  » 
e  Tordinaria  correzione  accolta  omai  in  tutte  le  edizioni  sembra  a  lui  inopportuna  e 
arbttraria.  Intaoto  a  me  nou  pare  cosi  capricciosa;  poich^  c  quod  »  per  «  quo  »  sta  altre 
volte  nel  palinsesto  ^);  ne  ad  essent  vien  sostituito  il  solo  sint;  ma  sint  et:  la  man* 
canza  deWet  evidentemente  necessario  a  compiere  la  frase  'successiva,  mostra  appuoto 
che  qui  un  errore  deiramanuenee  intervenne.  Del  resto  la  correzione  e  di  mera  forma; 
81  tratta  di  sostituire  buon  latino  al  latino  cattiro;  ma  rispetto  al  significato  non  6o  tro- 
varci  la  differenza,  che  lo  Hbck  suppone.  11  quod  essent  significherebbe  Tintenzione  e 
ropiaione  del  fiduciante;  il  «  quo  —  sint*  lo  scopo  del  negozio.  II  medesimo  Hkck 
crede  che  ambo  le  forme  della  fiducia  abbiano  lo  scopo  e  la  funzione  medesima;  nella 
prima  la  cosa  si  manciperebbe  al  creditore  stesso,  nella  seconda  a  un  terzo,  che  megiio 
goda  la  coafidenza  del  debitore,  che  deterrebbe  la  cosa  a  sicurezza  e  nelPinteresse  del 
creditore.  Ora  di  fr6nte  a  questa  congettura,  per  quanto  geniale  e  magistralmente 
esposta,  le  obbiezioni  si  presentano  veramente  in  folia.  Le  parole  «  pignoris  iure  »  si 
riferiscono  evidentemente  alia  sola  fiducia  cum  creditore;  la  fldwsia  cum  amico  si 
contrappone  a  questa  e  la  sua  diversa  funzione  viene  appnnto  espressa  nelle  parole  che 
seguono  «  quo  —  sint  >.  Inoltre  questo  «  amicus  »  del  debitore  in  tanto  col  ricevere  ia 
cosa  appresta  una  garanzia  al  creditore,  in  quanto  costui  pone  in  esso  di  falto  la  ^ua 
confidenta;  1*  «  amicus  »  pu6  del  resto  remancipare  la  cosa  al  debitore  o  lasciargliela 
in  qualsiasi  modo  usurecipercj  seoza  che  il  creditore  possa  opporsi.  £  un  rapporto 
meramente  di  fatto,  una  confidenza  che  riposa  suiramicizia,  che  verrebbe  ad  interced«*re 
fra  il  fiduciario  e  il  creditore.  Con  ci6  tutta  quanta  la  sostanza  del  «  pignoi'is  ius  »  si 
dilegua;  come  mai  avrebbe  potuto  Oaio  parlare  di  questo  negozio  come  di  una  sotto- 
specie  della  «  fiducia  iure  pignoris  »  f  Ne  puo  supporsi  che  qui  il  creditore  (che  non 
interviene.nel  negozio  fiduciario)  acquisti  diritti  in  forza  di  una  «  res  inter  alios  acta  »; 
che  ci6  ripugna  a  tutto  quanto  noi  sappiamo:  cfr.  sovratutto  fr.  73  §  4  de  R»  J.  50, 17 
(Mucius  oouv).  Se  anco  tutto  ci6  potesse  ammettersi,  resterebbe  pur  sempre  un  insnpe- 
rabile  ostacolo  nella  diiferenza  di  trattamen to  della  usureceptio;  la  quale  ben  si  spiega 
colla  coniune  opinione,  ma  rimane  affatto  enigmatica,  data  la  teoria  dello  Hbck.   Nel 


1)  NiBMETEa,  Ztsohr.  der  S.  S,  (Ri vista  della  fondazione  Saviony),  XII,  299  sg.  — 
Obrt&iann,  die  fiducia  (1890).  —  Jacqublin,  la  fiducie  (1891).  —  Pernicb,  Labeo,  III,  1^ 
pag.  A36  sgg.  —  QOppert  nella  Ztschr.  der  S.  S.  (Ri vista  della  fondazione  Saviony), 
XIII,  388  sgg. 

2)  Cfr.  pero  Karlowa,  r6m.  JR.  O.  (Storia  del  diritto  romano)  II,  2  pag.  569  sg.  e 
in  parte  lo  stesso  Niembyer,  o.  c.  pag.  313  sgg. 

'•*;  Cfr.  Apographum  dello  STunBsnjwD,  pag.  306. 


PRIMA  AVPENDICE  DEL  TBADUTTORE  AL  §  85*3.  257 

fatto  poi  noi  sappiamo  che  la  fiducia  era  adoperata  a  tutt*altra  funsione,  che  non  fome 
qiiella  indicata  coirespressione  c  iure  pignoris »:  si  pensi  alia  «  maneipatio  fiduciae 
causa  >  do*  figli  di  famtglia,  alia  eoemptio  fiduciae  oatisa  ecc.  Ne  importa  che  qui  si 
tratti  di  libera  persona ;  ct6  anzi  pu6  meglio  servire  a  dimostrare  quale  variety  di 
scopi  potesse  trovare  merc6  la  fiducia  il  proprio  soddisfacimento;  del  resto  le  espres- 
sioni  usate  da*  giuristi  proyano  che  era  proprio  lo  stesso  negozio,  cui  si  pensava ; 
cfr.  Qaio,  I,  114  con  Gaio,  II,  50,  220.  —  3,  201.  —  Un  altro  esempio  ci  e  posto  chia- 
rissimo  dalla  Collatio  II,  3  (cfr.  Obrtman,  1.  c.  pag.  159).  Ivi  troviamo  la  fiducia  ap- 
plicata  a  un  caso  di  «  noxae  deditio  »,  non  avente  uecessariamente  e  neppur  di  con- 
sueto  a  obbietto  una  libera  persona.  Dalla  molesta  testimonianza  cerca  lo  Heck  di  li- 
berarsi,  osservando  che  la  nomae  deditio  si  pu6  considerare  alia  stregua  del  pegno.  Al 
che  ^  facile  rispondere  (anzi  ripetere  la  risposta  gi4  data),  che  al  contrario  le  due  cose 
sono  diversissime;  che  il  pegno  serve  a  garantire  un*obbligazione  tuttora  pendente;  la 
«  noxae  deditio  »  ad  estinguere  un^obbligazione  scaduta  ed  esigibile 

Di  fronte  ai  piii  recenti  studi  suUe  interpolazioni  riesce  impossibile  negare  la  «  man- 
eipatio fiduciae  causa  »  alio  soopo  di  manumissione.  Cfr.  il  Lbnbl  ^),  il  Oradbnwitz  ^), 
il  Pbrnicb  3).  I  compilatori  hanno  sostituito  il  <  mandato  »  alia  fiducia;  non  male,  date 
le  condizioni  del  diritto  giustiaianeo.  Ora  questa  innegabile  applicazione  della  fiducia 
basta  a  rovesciare  tutto  Tedifizio  dello  Hbck,  e  a  confermare  lacomune  opinione  circa 
il  significato  della  fiducia  cum  amieo. 

Per  ultimo  aon  si  pu6  del  tutto  tacere  del  commento  di  Bobzio  alia  Topica  (§  41 
pag.  340).  £!  facile  respingere  tale  testimonianza,  dicendo  che  B.  non  e  autoritA  atten- 
dibile  per  istituti  giuridici  tramontati  al  suo  tempo.  Tale  notizia,  che  mirabilmente 
coincide  colla  interpretazione  data  dalla  «  communis  opinio  »  al  testo  di  Gaio  (2,  60), 
non  pud  essere  stata  da  lui  inventata,  e  8*egli  aveva  davanti  gli  occhi  il  testo  gaiano, 
resta  per  lo  meno  fermo  che  questo  a  suoi  tempi  s*intendeva  come  noi  Tintendiamo, 
ed  e  glA  qualche  cosa. 

Assodata  Tesistenza  di  una  «  fiducia  cum  amico  »  ayente  proprio  scopo  affatto  di- 
verso  da  quello  di  garantire  un^obbligazione  esistente,  ancora  non  e  detto  che  tale  fi- 
ducia potesse  servire  alia  funzione  del  commodato.  —  I  compianti  e  benemeriti  maestri 
che  lavorarono  alia  ricostruzione  storiea  del  diritto  romano  in  seguito  alia  scoperta  di 
Oaio,  hanno  per  verity  pensato  subito  a  tale  applicazione  della  fiducia.  E  pu6  dirsi  che 
Tinsegnamento  loro  contiuud  pacificamente  a  tramandarsi,  finche  recent emente  sorsero 
voci  discordi;  fu  questo  il  vero  frutto  deirattacco  dello  Hbck.  Poiche  il  nuovo  esame 
della  questione  e  de'  testi,  che  fu  risvegliato  dalle  sue  osservazioni,  spinse  taluno  ad 
accettare  in  questa  parte  le  sue  idee.  L*impiego  della  fiducia  ai  fini  del  deposito  e 
molto  dubbia  al  Niembybr  (che  ne  coatesta  non  tanto  la  possibility  teorica,  quanto  la 
pratica  attuazione;  cfr.  loc.  cil.  pag.  313  segg.);  quello  poi  della  fiducia  ai  fini  del  com- 
modato e  da  lui  recisamente  negato.  La  ragione  precipua  di  tale  negazione  si  e  che 
Gaio  (2,  60)  dice  chiaro,  che  la  fiducia  cum  amico  si  contrae  <  quo  tutius  nostrae  res 
apud  eum  sint  »:  alio  scopo  cioe  di  conseguire  maggiore  sicurezza  (o  di  fatto  o  di  di- 
ritto) e  insomma  un  vantaggio  pel  mancipante.  Ora,  se  la  fiducia  si  contraesse  ai  fini 
del  commodato,  Tinteretse  del  negozio  sarebbe  pel  fiduciario  e  non  pel  fiduciante;  Te- 
spressione  gaiana  «  quo  tutius  res  nostrae  apud  eum  sint »  non  si  adatterebbe    piu  al- 


1)  Zeitschrift  der   Savigny  Stiftung    (Rivista   della  fondazione    Saviony)  vol.  Ill, 
pag   104  e  IX  pag.  182  e  segg.:  cfr.  Edictum  Perpetuum,  pag.  244  e  seg. 

2)  Grunhut^s  Zeitschrift  (Rivista  del  diritto  pubblico  e  privato  edita  dal  Grunhut), 
vol.  XVIII,  pag.  347. 

3)  Labbo,  III,  1  pag.  128  segg. 

Gluck,  Oomrn,  Fandstte,  —  Lib.  xm.  S3 


258  PRIMA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  853. 

ripotesi.  Tali  osservazioni  si  trovano  anche  nel  Karlowa,  che  dice:  Gaio  almeno  non 
ha  conosciuto  la  possibility  di  un^applicazione  della  fiducia  ad  ud  simile  scopo,  giacche 
egli  non  adduce  le  sue  applicazioni  della  fiducia  <  iure  pignoris  »  e  «  quo  tutius  res 
sint»,  come  esempi,  con  un  c  velut »;  ma  come  le  due  uniche  possibili  con  un  «  aut 
—  aut ».  Gosi  non  si  esprime  chi  sa  essere  possibili  altre  diverse  applicazioni.  Non  yi 
ha  dubbio  che  tali  affermasioni  abbiano  una  certa  forza.  Ma  credo  che  cosi  s^interpreti 
troppo  rigorosamente  il  concetto  del  giurista.  Intendiamod:  la  fidueia  per  sd  non  e  un 
pegno,  n^  un  deposito,  n^  un  maadato  ecc,  ne  e  la  rivestizione  formale  di  tali  contratti: 
e  un  negozip  per  se  stante,  avente  propria  configurazione,  struttura  ed  efficacia,  la  cui 
applicazione  per6  pud  servire  a  molteplici  scopi  pratici.  La  diversity  di  tali  scopi  pra- 
tici  raggiunti  dairapplicazione  della  fiducia  non  pote  in  parte  non  influire  su  talune  regole 
relative;  e  alfuopo  si  distinsero  due  grandi  categorie,  specialmente  in  vista  della  uaurt' 
oeptio.  La  prima  categoria  e  costituita  dai  casi,  in  cui  taluno  d^  in  fiducia  la  cosa  ad  un 
creditore  per  assicurare  Tobbligazioue;  Taltra  e  quella,  in  cui,  non  per  esigenza  di  creditore, 
ma  per  rapporti  di  benevolenza  e  amicizia,  la  cosa  viene  temporaneamente  data  in  fiducia 
a  taluno  (singolare  la  designasiono  di  «  amicus  »  in  confronto  a  <  creditor  » I)  per  altro  fine. 
Noi  possiamo  immaginare  varie  ragioni  per  cui  tal  giuridico  negozio  si  facesse  coirantteu^, 
ma  queste  varie  ragioni  non  potevano  influire  sulla  validity  o  meno  di  esso,  giacche  nel 
pactum  fiduciae  le  parti  erano  libere  di  stabiiire  le  modality  che  volevano  circa  la 
reman cipazione,  11  contpgno  del  fiduciario  ecc.  Si  comprende  del  resto,  che  il  motivo 
prevalente  doveva  essere  quello  di  valersi  delfopera  del  fiduciario  per  qualche  efietto 
relativo  alia  cosa  (custodia,  manumissione,  ecc),  che  il  fiduciante  per  qualche  circostanza 
non  poteva  o  non  voleva  raggiungere  personalmente  o  che  credeva  si  raggiungesse  piu 
sicuramente  per  mezzo  del  fiduciario;  ma  anche  1&,  dove  vero  fine  del  negozio  fosse 
stato  di  procurare  qualche  vantaggio  al  fiduciario,  determinante  doveva  sempre  essere 
la  confidenza,  che  il  fiduciante  aveva  in  lui,  la  sicurezza  che  egli  avrebbe  osservato  i 
limiti  della  facolta  conferitagli.  Per  cui  se  anco  Tespressione  gaiana  <  quo  tutius  res 
nostrae  apud  eum  sint  >  si  riferisce  solo  alle  preclpue  figure  di  questa  categoria,  essa 
non  6  mal  scelta  per  esprimere  il  carattere  generale  di  essa  di  fronte  a  quello  della 
prima:  qui  infatti  determinanti  del  negozio  possono  essere  le  esigenze  de'  creditor!, 
furgenza  delle  condizioni  economiche,  ecc,  \k  ^nvece  determinante  e  sempre  la  spon- 
tanea confidenza  riposta  nel  fiduciario.  E  del  resto  conosciamo  con  certezza  de'  casi,  in 
cui  la  fiducia  mira  al  vantaggio  del  fiduciario;  si  pensi  al  passo  della  Collatio  II,  3, 
dove  niuno  pu6  negare  che  il  negozio  sia  rivolto  aUMnteresse  dell'accipiente,  per  quanto 
possa  pure  concorrervi  quello  del  fidaciante.  Un  altro  caso  e  per  es.  quello  del  fr.  49 
de  don.  i,  v.  24,  1  di  Margbllo  ^): 

mulier,  quae  ad  communem  filium  uolebat,  qui  in  potestate  patris  erat,  post  mortem 
patris  fundum  pervenire,  eum  patri  mancipauit  (tradidit^  uti  post  mortem  restituatur?) 
Fllo.  .  .  .  :  si  color  uel  titulus  (ut  sic  dixerim)  donationi  quaesitus  est,  nihil  ualebit 
mancipatio  <traditio);  idem  si  hoc  exigit  uxor^  ut  aliquid  ex  ea  re  interim  sentiret  ma- 
ritus;  alioquin  si  solo  eius  ministerio  usa  est  et  id  egit,  ut  uel  reuocare  sibi  liceret,  uel 
ut  res  cum  omni  emolumento  per  patrem  postea  ad  filium  transiret,  cur  non  idem  pe- 
rinde  sit  ratum,  ac  si  cum  extraneo  tale  negotium  contraxisset,  h.  e.  extraneo  in  banc 
causam  mancipasset  (tradidisset)? 

Dunque  Tunica  ragione  per  cui  Marcbllo  esclude  la  validity  del  negozio,  che  ap- 
porti  emolumento  al  fiduciario,  si  ^  che  il  negozio  stesso  si  compie  fra  coniugi,  tra  cui 
ogni  donazione  ^  interdetta;  se  si  trattasse  di  estranei,  non  vi  sarebbe  alcun    ostacolo. 


^)  Per  le  interpolazioni  di  esso  cfr.  Pbrnicb,  Labeo,  III,  1  pag.  136-7. 
2)  Crederei  (auche  per  la  consecutio  temporum)  c  remanciparetur  ». 


PBIHA  APPENDIOB  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  853.        259 

Non  si  vede  dunque  corns  per  ci6  solo  debba  a /irt'ori  dichiararsi  impossibile  che  la 
fiducia  potesse  usarsi  ai  fini  stessi  del  commodato. 

Incalza  per6  il  Karlowa  cod  un  altro  argomento.  Ed  e  che  non  si  vede,  secondo 
luu  alcuna  ragione  di  tale  uso.  Si  comprende  come  alia  sicurezza  di  chi  vuol  mettere 
la  cosa  sua  in  custodia  di  altri  possa  in  certi  casi  valer  meglio  la  trasmissione  del  do- 
minio,  che  non  il  semplice  deposito;  il  fiduciario  ha  per  la  difesa  della  cosa  tutti  i  ri- 
med! competenti  al  domino.  Ma  non  si  vede  quale  ragione  potesse  spingere  ]e  parti  a 
Talersi  delta  fiducia  per  gli  scopi  di  un  commodato.  II  K.  cosL  dicendo  presuppone  sen- 
z'altro  la  sua  gi4  combattuta  teoria,  che  il  cnntratto  di  commodato  abbia  sempre  go- 
duto  in  Roma  tutela  giuridica;  ove  si  ammetta  il  coatrario,  ^  ovvio  che  una  ragione 
di  ricorrere  alfuopo  alia  fiducia  ci  sarebbe  stata  benissimo.  Ma  neppure  manca  del 
tuito  una  ragione,  anche  quando  il  commodato  6  sicuramente  fornito  di  azione;  poiche 
pu6  in  molti  casi  interessare  al  concedente  (che  p.  e.  6  assente  o  altrimenti  *  impedito) 
di  mettere  il  ricevente  in  grado  di  difendere  indipendentemente  le  cose.  Se  noi  pen- 
siamo  che  Vutendum  dare  si  riferisce  anche  agli  immobili,  chi  non  vede  che  la  forma 
della  fiducia  per  Timportanza  delKobbietto  molte  volte  si  imponef  Questa  considera- 
zione  anzi  mi  fa  ritenere,  che  potesse  essere  piu  facilmente  il  caso  di  ricorrere  alia  fi- 
ducia ai  fiui  del  commodato,  che  non  a  quelli  del  deposito,  che  non  pu6  avere  ad  ob- 
bietio  che  cose  mobili  ^). 

Dove  per6  il  lettore  deve  inarcare  le  ciglia  e  rileggere  per  timore  di  non  aver  ben 
•  compreso,  e  davanti  alia  temeraria  affermazione  del  Karlowa  c  che  la  pretesa  dimo- 
strazione  di  una  interpolazione  depositum  uel  commodatum  per  fiducia  non  ^  stata 
data  ».  —  lo  credo  invece,  che  poche  dimostrazioni  in  materia  di  interpolaiioni  siano 
cosi  sicure.  Si  potr&  discutere  sulle  conclusioni  da  ricavarsi  da  simile  prova,  ma  il  fatto 
di  questa  non  si  pu6  mettere  in  dubbio. 

Sono  precipuamente  quattro  i  relativi  testi,  che  noi  non  ci  possiamo  dispensare  dal- 
Tesaminare  breve meote. 

Pr.  1  §  47  dep.  16,  3«). 

<  quia  autem  dolus  dumtaxat  in  banc  actionem  uenit,  quaesitum  est.  si  heres  rem  apud 
testatorem  depotitam  uel  commodatam  distraxit,  ignorans  depositam  uel  commodatam, 
an  teaeaturf  et  quia  dolo  noa  fecit,  non  tenebitur  de  re  >. 

I  fr.  2  a  3,  che  seguono  e  che  ne*  Digesti  son  messi  in  relazione  col  §  47,  si  pre- 
stano  per  la  loro  iscrizione  ad  un  riferimento  alia  fiducia  (pel  fr.  3  cf.  Lenel,  loc  cit.) ; 
il  IV.  2  col  suo  «  actiones  suas  taotummodo  praestabit  »  poco  conviene  alPipotesi  di  un 
deposito,  ove  il  deponente  avrebbe  pur  sempre  la  rei  vindication  E  contro  Tipotesi  di 
un  deposito  sta  nel  fr.  3  la  frase  «  non  caret  culpa  »  e  piu  ancora  quanto  segue:  <  que- 
madmodum  si  redemtam  uel  alia  ratione  tuant  factam  noluit  praestare  ».  Inoltre  data  Tipo- 
tesi  di  un  deposito,  il  deponeote  potrebbe  agire  coira®  depositi  contro  Terede  per  la 
rifusione  del  prezzo^  colla  rei  vindicatio  contro  il  terzo  acquirente  e  cosi  percepirebbe 
un  ingiusto  guadagno,  mentre  Terede,  che  restituisce  il  prezzo  e  risponde  per  la  evi- 
zione,  subirebbe  un'ingiusta  perdita.  —  Per  cui  non  si  comprende  (uella  ipotesi  de*  com- 
pilatori)  quanto  scrive  Ulpiano  in  fine  del§  47:  <  an  tamen  uel  de  pretio  teneatur  quod 
ad  eum  peruenit?  et  uerius  est  teneri  eum:  hoc  enim  ipso  dolo  facit,  quod  id  quod  ad 
ee  peruenit  non  reddit ».  Nel  caso  di  un  deposito  o  commodato  k  tanto  falso  che,  cosi 
operando,  Terede  versi  in  dolo,  che  anzi  gli  dovrebbe  competere  una  «  exceptio  doli », 
non  potendosi  costringere  a  restituire  il  prezzo,  mentre  e  tenuto   per  i*evizione    verso 


^)  L*esempio  di  Bobzio,  ad  top.  41  si  riferisce  ad  un  negozio  nello  scopo  suo  affina 
al  deposito,  ma  avente  per  obbietto  un  fondo.  Ne  tale  esempio  parmi  da  negligere. 
S)  Lbnbl,  Paling,  II,  617. 


260  PRIMA  APPENDIOE  DEL  TSADUTTOBE  AL  §  853. 

racquirente,  cui  il  depone  ate  strappa  la  co8a  coUa  «  rei  uindicatio  ».  Nod  co8i  inyece 
Delia  ipotesi  della  fiducia,  poich^  il  fiduciante  dod  e  piu  domiao  e  noD  ha  la  «  rei  vin- 
dicatio  »  Domioo  e  il  flduciario,  che  trasmette  validameDte  il  domiDio  al  terzo  e  noD 
pa6    essere   esposto   alia  evisiooe. 

Fp.  31  de  pign.  a.,  13,  7: 

c  si  servus  pigDori  datus  creditori  furtum  faciat,  liberum  est  debitor!  servum  pro 
noxae  dedito  relinquere.  quodsi  scieos  furem  pigDori  mihi  dederit,  etsi  paratus  fuerit 
pro  Dozae  dedito  apud  me  relioquere,  Dihilomiaus  habiturum  me  pigaeraticiam  actionem, 
ut  indemnem  me  praestet,  eadem  servanda  esse  Juliaous  ait  etiam  cum  depo*itits  vel 
eommodatus  servus  furtum  faciat ». 

La  prima  parte  del  testo  si  riferisce  chiarameote  alia  fiducia  o%an  creditore;  si 
par  la  infa^ti  di  «  relioquere  pro  noxae  dedito  »  espressioae,  che  Don  si  attaglia  che  ai 
caso.  Id  cui  chi  tieae  il  servo  gi&  ne  sia  domino.  Cfr.  il  fr.  62  §  1  D.  47,  2  preso  dallo 
stesso  libro  della  stessa  opera  (ApaiCANO,  lib.  VIII,  qtuiest.).  Probabilmente  il  fr.  31 
non  e  di  origiae  diversa  dal  fr.  92  §  1:  quest*ultimo  rappresenta  pid  completo  il  testo 
genuino,  mentre  il  primo  non  ne  coatiene  che  un  sunto,  conservando  perd  qualche 
frase  caratteristica.  —  Ora  il  fr.  62  §  1,  il  cui  coofronto  in  ogni  modo  si  impone,  parla 
evidentemeote  della  fiducia  oum  creditore  e  della  relativa  «  actio  »  contraria,  poiche 
deduce  la  relativa  dottrina  dalle  cose  dette  uel  frammento  circa  Tipotesi  dei  coDdo- 
mini  (c  his  eiiam  illud  coneequens  est  »  ecc)  ove  il  furto  e  patito  da  chi  pur  e  domino 
del  servo.  II  giurista  passa  poi  nel  §  2  al  caso  del  servo  venduto  che  fa  un  furto  al 
compratore,  da  cui  vieu  poi  redibito:  anche  qui  Tipotesi  e  di  un  domino,  che  subisce 
il  furto.  E  chiaro  che  il  giurista  passa  in  rassegna  le  varie  eccezioni  al  principio,  che 
il  domino  non  ha  rimedio  pei  furti  a  lui  fatti  dal  proprio  servo.  —  Ci6  posto  6  chia- 
rissimo,  che  in  luogo  di  €  depositus  vel  commodatus  »  il  testo  genuino  doveva  dire 
«  fiduciae  cum  amico  causa  mancipio  datus  »,  giacch^  altrimenti  il  paragone  sarebbe 
affatto  strano.  Strano  anzi  ed  erroneo,  poiche  lor  stesso  Apricano  nel  libro  stesso  inse- 
gDava  ben  diversamente  (fr.  62  §  5-6  cit.).  Insegnava  che  il  deponente  e  tenuto  in  ogni 
caso  a  tenere  completamente  indenne  il  depositario,  che  ha  patito  un  furto  per  opera 
del  servo  depositato,  «  nam  licet  alioquin  aequum  videatur  non  oportere  cuiquam  plus 
damni  per  servum  eveoire,  quam  quanti  ipse  servus  sit,  multo  tamea  aequius  esse  ne- 
mini  officium  suum,  quod  eius,  cum  quo  contraxerit,  non  etiam  sui  commodi  causa 
susceperit,  damnosum  esse  ».  Non  cosi,  al  contrario,  pel  commodate  «  quod  tunc  eiua 
solius  commodum,  qui  utendum  rogaverit,  versetur  »,  —  La  fiducia  iovece  ha  proprie 
regole  special!,  che  non  dipendono  dal  fine  concreto,  cui  le  parti  la  fanno  servire  ^). 

Fr.  6  de  *t.  «.,  45,  3: 

«  Ofilius  dicebat  et  per  traditionem  accipiendo  vel  deponendo  commodandoque  posse 
soli  ei  adquiri,  qui  iussit  »  ^). 


^)  Forse  Toriginario  passo  pu6  ripristinarsi  cosl: 

<  his  etiam  illud  consequens  esse  ait,  ut,  et  si  servus,  quern  creditori  fiduciae  causa 
mancipaveris,  furtum  ei  fecerit,  liberum  tibi  sit  servum  pro  noxae  dedito  relinquere. 
Quod  si  sciens  furem  mancipaveris,  etsi  paratus  fueris  pro  noxae  dedito  apud  credi- 
torem  relinquere,  nihilominus  agendo  contraria  fiduciae  consequetur,  ut  ei  damnum  de- 
cidas.  eadem  servanda  esse  Julianus  ai  etiam  cum  amico  fiduciae  causa  servus  man- 
cipio datus  furtum  ei  faciat ». 

^)  Lbnbl,  Paling.  II,  136. 


P&IMA  AFP£NDICB  DEL  XBADUTTOBE   AX  §  853.  261 

Qui  riaterpolazione  e  evtdeato  sia  per  la  struttura  del  periodo  (et  —  vel  — ),  sia 
per  la  dicitura  «  per  traditioaem  accipere  »,  sia  per  intima  diversitii  che  vi  ha  fra  i  ne- 
gozii  nominati  (tradizione,  depoflito  e  commodato).  E  poi  da  ricordarsi,  che  generalmeote, 
ove  si  parla  degU  acquieti  per  mezso  del  servo,  non  si  menzionano  (come  ha  bene  os- 
serTato  anche  11  Oradbnvitz)  che  due  tipi;  la  «  mancipazione  »  (tutt*al  piu  anche  la 
traditio)  e  la  stipulaziooe.  L^assumere  il  deposito  o  il  commodato  (ambedue  coDtratti 
realil)  come  campiooi  di  tutta  laserie  delle  obbligazioni  si  conceder^  da  ognuDO  easere 
molto  strano.  lasieme  va  considerato  il  fr.  16  de  O.  et  A.  (44,  7): 

«  qui  a  servo  hereditario  mutuam  pecuniam  acceperat  et  fundum  vel  hominem  pi- 
gooris  causa  ei  tradiderat  et  precario  rogavit,  precario  possidet;  nam  servus  heredi- 
tarius  sicuti  per  traditionem  accipiendo  proprietatem  hereditati  adquirit,  ita  precario 
dando  eflBcit,  ne  res  usucapi  possit;  nam  etsi  commodaverit  vel  deposuerit  rem  fami- 
liarem,  commodati  et  deposit!  actionem  hereditati  adquirit  ». 

Anche  il  fr.  16  e  con  tutta  certezza  interpolate. 

La  prima  parte  parla  evidentemente  di  una  fiducia  »  cum  creditore  contracta  ».  L'ac- 
quisto  del  pegno  viene  infatti  detto  poi  «  acquisto  di  propriety  »  («  proprietatem  ac- 
quirit »)  e  di  propriety  «  per  traditionem  accipiendo  *  (consueta  interpolazione  per 
«  mancipio  accipere  »);  «' fundus  »  e  «  homo  »  sono  infatti  gli  esempi  tipici  delle  res 
manoipu  La  dazione  a  precario  esclude  infatti  1* «  usureceptio  »  (qui  non  si  capirebbe, 
trattandosi  di  pegno,  perch^  8*abbia  a  impedire  Fusucapione)  secondo  Tinsegnamento  di 
Gaio,  II,  66:  «  si  yero  cum  creditore  (contracta  sit  Aducia),  soluta  quidem  pecunia  om- 
nimodo  competit  (usureceptio);  nondum  vero  soluta  ita  demum  competit,  si  neque  con- 
duxerit  eam  rem  a  creditore  debitor,  neque  precario  rogaverit,  ut  earn  rem  poeeidere 
Uceret ».  A  questa  parte  sicuramente  interpolata  e  relativa  alia  fidueia  oum  ereditore, 
segue  una  proposizione,  che  non  ha  con  essa  nulla  che  vedere:  9.n(un  etsi  commoda- 
verit vel  deposuerU:  rem  familiarem,  commodati  et  depositi  actionem  hereditati  ad- 
quirit ».  —  L*impressione  del  lettore  non  pu6  essere  altra  che  questa.  II  giurista  dalla 
fiducia  citm  creditore  sar4  passato  a  quella  cum  amico  contracta  e  avr4  detto  «  poich^ 
se  invece  avesse  dato  a  precario  una  cosa  ricevuta  in  fiducia  cum  amico  contracta, 
non  sarebbe  impedita  Vusureceptio  »  (cfr.  Gaio,  ibid.),  1  compilatori  non  sapendo  che. 
farsi  di  questa  «  fiducia  cum  amico  »  e  del  relativo  insegnamento  hanno  sostituito  quella 
frase,  per  s^  inconcludente  e  mal  connessa  col  resto,  ma  pur  sempre  preziosa  in  quanto 
ci  mostra  che  cosa  solevano  essi  sostituire  alia  menzione  di  quella  fiducia.  —  Ritor- 
nando  poi  al  nostro  fr.  6,  appena  pu6  dubitarsi  che  abbia  sostanzialmente  colpito  nel 
segno  il  Lbnbl,  sostituendo:  «  et  fiduciae  causa  mancipio  accipiendo  vel  cum  creditore 
vel  cum  amico  posse  soli  ei  adquiri,  qui  iussit »:  cosi  anco  la  strana  conformasione  del 
periodo  «  et  —  vel »  rimane  felicemente  spiegata. 

Fr.  27  D.  15,  1. 

«  Et  ancillarum  nomine  et  filiarumfamilias  de  peculio  actio  datur  . . .  depositi  quoque 
^t  commodati  actionem  dandam  earum  nomine  Julian  us  ait ». 

6i^  la  mensione  veramente  inopinata  del  deposito  e  del  commodato  in  questo  luogo 
fa  pensare  ad  un*alterazione  del  testo.  La  quale  si  rivela  sicura  a  chi  confronti  il  fr.  36 
ibid.f  dove  precisamente  si  discorre  deli* «  actio  de  peculio  >  in  rapporto  alia  fiducia. 

A  tutti  questi  passi  uno  potrebbe  aggiungersi  (per  tacere  di  altri  che  non  presen- 
tano  altrettanta  certezza)  ed  e  il  fr.  22  D.  9,  4: 

«  si  servus  depositus  vel  commodatus  sit,  cum  domino  agi  potest  noxali  actione :  ei 
enim  servire  intellegitur  et,  quod  ad  hoc  edictum  attinet,  in  potestate  eius  est,  mazime 
si  copiam  habeat  reciperandi  hominis  ». 


262  '  PRIMA   Al*PKNDICB   DEL  TBADUTrOBB   AL  §  853. 

Strano  6  il  dubbio  (ore  realmeate  trattisi  di  commodato  o  daposito),  se  il  proprie- 
tario  abbia  ancora  «  in  poteatA  »  lo  schiavo  dato  in  depoaito  o  commodato;  piu  strana 
i  l*affermaiione  che  tal  servo  «  iDteiiegitur  ei  sarvire  »,  mentre  ci6  n«l  caao  di  com- 
modato ^  punto  vero.  Piii  strana  ancora  e  la  chiusa  «  si  copiam  habeat  reciperandi 
hominis  »;  efsa  non  e  certo  interpolata,  perche  ansi  appunto  relativamenta  al  deposito 
e  al  commodato  essa  si  rWela  infelice. 

L*esiatenza  di  tali  intsrpolazioni  ha  dovuto  venir  riconosciula  anche  dallo  Hbck 
{estr.'*  pag.  44  8g.),  il  quale  per6  ha  tentato  di  togliere  forza  al  poderosissimo  argomento 
che  ne  deriva  contro  la  sua  dottrina,  mediaute  una  supposizione  dawero  poco  proba- 
bile.  Egli  pensa  che  qui  originariamente  in  luogo  di  «  depositum  vel  commodatum  > 
stesse  «  receptum  ».  Al  qual  proposito  non  devesi  credere  che  il  testo  genuino  parlasse 
del  c  receptum  »  in  senso  tecnico;  la  menzione  di  tale  c  receptum  »  avrebbe  dovuto 
necessariam^nte  togliersi  dai  compilatori  o  sostituirsi  con  quella  di  altro  istituto  rico- 
nosciuto  nel  diritto  giustinianeo  Ora  h  chiarissimo  che  ne*  testi  surriferiti  la  menzione 
del  tecnico  «  receptum  »  non  potrebbe  in  alcuna  guisa  iotrodursi.  Ma,  crede  lo  Hbck, 
i  compilatori  hanno  proceduto  con  tanta  negligenza,  da  non  accorgersi  che  alle  volte 
receptum  era  usato  in  senso  affatto  comune  (ricuperato,  ripreso,  ricevuto)  e  Thanno 
sostituito  nella  loro  cieca  soltecitudine  con  altre  espressioni,  risultandone  cosi  de*  passi 
e  per  la  sostanza  e  per  la  forma  veramente  strani  ^).  —  Che  tale  ragionamento  sia 
molto  atto  a  persuadere,  non  credo.  Come  mai  ammettere  che  una  svista  cosi  grosso- 
lana  (poiche  tutto  il  coatesto  doveva  avvertire  fin  troppo  chiaramente  non  trattarsi  di 
reeeptutn  in  senso  tecnico)  sia  stata  commessa  piu  volte,  per  un*intera  serie  di  testi? 
E  poi  6  provata  mai  la  sostituzione  di  depositum  vel  eommodatum  in  luogo  di  re- 
ceptum ?  I  compilatori  sogiiono  sostituire  oonstitutum  a  receptum.  Si  dir^  che  qui  si 
sono  awisti  che  tale  sostituzione  era  impossibile.  BenissimoJ  Ci6  vale  quanto  dire,  ch*essi 
si  sono  avvisti,  che  receptum  non  era  usato  in  senso  tecnico  e  che  non  era  il  caso 
d*interpolare.  Ma  —  e  questo  parmi  senz*aUro  decisivo  —  si  provi  <a  sostituire  in  tutti 
i  passi  citati  al  num.  11  alia  espressione  depositum  vel  commodatum  quella  di  re- 
ceptum,  sia  pure  in  senso  non  tecnico,  e  si  vegga  se  il  passo  risulta  cosi  per  la  sostanza 
e  per  la  forma  veramente  sanato,  se,  insomma,  ne  risulta  una  ragionevole  esposizione. 
lo  credo  il  contrariol  Credo  che,  se  mai,  i  testi  vengano  peggiorati.  E  la  prova  piio 
fare  da  se  ogni  accorto  lettore. 

Possiamo  quindi  conchiuJere  con  sicurezza,  che  i  compilatori,  come  riducono  a  pi- 
gnus  la  flducia  cum  creditore  rontrocta,  cosi  non  di  rado  riducono  a  depositum  vel 
commodatum  la  fidueia  cum  amico,  Talora  d.  u.  c,  ^  sostituito  airoriginaria  menzione 
della  fidueia  cum  creditore^  per  es.  nel  fr.  22  D.  9,  6  e  la  ragione  si  ^  che  del  pignus 
si  occupa  il  §  1  dello  stesso  frammenti).  —  Ma  nella  maggior  parte  dei  passi  si  trattu 
anzi  della  contrapposizione  delle  due  specie  di  fidueia,  sicche  la  ragione  della  sostitu- 
zione appare  chiarissima. 

E  questo  un  argomento  per  ritenere  che  la  fidueia  cum  amico  potesse  servire  anche 
agli  scopi  del  commodato? 

11  NiBMEYKR  (che  pur  ammette  Tevidenza   delle  interpolazioni)    crede  poter   rispon- 


^)  L'unico  argohiento  dello  Hbck  sarebbero  le  parole  servo  constituto  in  fr.  23 
dep.  16,  3,  che  starebbero  per  servo  reeepto  del  testo  originario  in  senso  non  tecnico. 
Ma  la  cosa  piu  probabile  e  che  al  testo  origioario  tali  parole  mancassero  affatto 
{ColL  X,  2,5);  constitui  6  ivi  usato  dai  compilatori  nel  senso  bizantino  =  xa^cvTavou 
e,  se  anco  non  e  espressione  infelice,  non  eneppure  assurda.  Cfr.  Goppbrt,  Ztschr. 
(Rivista)  ciL,  pag.  340  sg.  Chi  ad  ogni  modo  potrebbe  ammettere  sul  serio  che  Mode- 
stiuo  usasse  quelle  parole  nel  significato  preteso  dallo  Hbck? 


PRIMA   APPENDIGE  DEL  TRADUTTOBE  AL  §  853.  263 

dere  negativamente.  «  Si  tratta  —  cosi  egli  scrive  —  della  opiaioae  di  Triboniano  circa 
le  fuDzioni  del  vecchio  istituto,  ndii  del  vero  svoIgimaDto  storico  di  esso.  Anzi  neppure 
deve  pensarsi,  che  si  volesse  proprio  sostituire  airistituto  originario  quello  che  nella 
funzione  gli  era  suceeduto.  Deyesi  ritenere  semplicamente  che  la  fattispecie  ha  permesso 
ia  quel  testi  di  mutare  Torigioaria  menzione  della  fiducia  in  quella  di  deposito  e  com- 
modato,  che  in  certo  modo  a  quella  fattispecie  si  adattavano  ». 

Sifiatta  opiQione  contrasta  decisamente  a  quanto  Doi  sappiamo  sul  carattere  delie 
interpolaiiooi.  I  compilatori,  iaterpolando,  hanno  appunto  avuto  di  mira  di  sostituire 
alia  menzione  delPistituto  tramontato  quella  delFistituto  piil  affine,  che  oramai  com- 
pieva  le  veci  di  quello.  E  precisamente,  nella  materia  di  cui  ci  stiamo  occupando,  tro- 
viamo  di  ci6  ottimi  esempi.  Alia  fidueia  cum  creditore  e  sostituito  il  pignita  {%\k  i 
classici  dicevano,  che  tale  fiducia  facevasi  iure  pignoru);  alia  fiducia  a  scopo  di  ma- 
numissione  e  simili  6  sostituito  il  mandato  {Vaetio  mandati  e  all'uopo  scelta  molto  op- 
portunamente,  scrive  11  Pkrnicb,  Labeo^  1(1,  1,  128);  se  ad  altre  applicazioni  della  fi- 
diMta  cum  amieo  b  sostituito  il  deposito  e  il  oommodato,  mi  pare  molto  verosimile, 
che  gli  scopi  economici  o  empiric!  di  entrambi  questi  contratti  fossero  un  tempo  anche 
merce  la  fiducia  raggiuati.  E  ognuno  vede  quanto  poco  valga  Tosservazione,  che  tali 
interpolazioni  non  ci  rivelerebbero,  cha  Topinione  dei  compilatori  in  proposito;  poiche 
tale  opinione,  come  quella  di  gente  che  aveva  tanto  lavorato  sui  testi  genuini,  6  per 
noi  di  grandissimo  valore. 


SEOONDA  APPENDIOE  DEL  TRADUTTORE 

At   S    853 


Di  contro  al  precario,  che  come  dicemmo  non  costituisce  pel  diritto  cla^sico  uo  vero 
negozio  giuridico,  stanuo  due  contratti,  la  locazioDe  e  il  commodato.  La  locazione  si  di- 
stingue facilmente  e  dal  precario  e  dal  commodato,  perch^  non  e  atto  gratuito;  il  con- 
duttore  e  tenuto  ad  un  corrispcttivo,  alia  mercede.  Non  cosi  il  commodato:  «  voluntatis 
et  officii  magis  quam  necessitatis  est  commodare  »,  «  commodati  flnem  praescribere  eius 
est  qui  beneficium  tribuit  »  i).  II  commodato  come  il  precario  e  af&tto  gratuito;  c  Mt 
{preearium)  simile  I'commodato;  nam  et  qui  commodat  rem  sic  commodat,  ut  non 
faciat  rem  accipientis,  sed  ut  ei  uti  re  commodata  permittat »  S). 

Tuttavia  il  trattamento  del  commodato  diversifica  notevolmente  da  quello  del  pre- 
cario. 

Mentre  il  concedente  nel  precario  non  e  astretto  da  vincolo  alcuno  e  non  incorre 
in  veruna  obbligazione,  il  commodante  d,  come  vedremo  anche  meglio,  vincolato  dal 
fine  specifico  del  negozio  e  non  pu6  ripetere  ad  arbitrio  la  cosa;  inoltre,  almeno  glk  ai 
tempi  di  Labbonb,  egli  6  soggetto  a  reciproca  obbligazione  e  ne  risponde  nel  oontrarium 
iudioiutn. 

II  precarista  non  e  tenuto  (almeno  nel  diritto  classico)  da  un'obbligazione  nascente 
dal  rapporto;  in  via  interdittale  e  cioe  per  diretto  intervento  e  comando  del  magistrate 
viene,  se  renitente,  astretto  alia  restituzione  della  cosa.  Risponde,  se  questa  non  pu6 
aver  luogo,  soltanto  per  dolo.  —  Invece  il  commodatario  e  tenuto  da  vera  e  propria  ob- 
bligazione contrattuale ;  egli  deve  comportarsi  circa  la  cosa,  come  un  buon  padre  di 
famiglia,  giusta  almeno  la  regola  generale. 

II  precarista  ha  frequentemente,  anzi  normalmente,  il  possesso  della  cosa  ^);  mentre 
ci6  non  e  pel  commodatario. 

Queste  difierenze  rimangono  in  gran  parte  pur  nel  diritto  nuovo  ed  e  certamente 
infondato  il  dichiarare  quasi  pariflcate  in  questa  le  due  figure  ^i.  E  quindi  assai  impor- 
tante  lo  stabilire  quali  siano  le  caratteristiche,  donde  si  possa  dedurre  la  quality  speci- 
fica  deiratto. 


i)  Paul.  fr.  17,  h.  t.  (13,  6). 
«)  Ulp.  fr.  1  §  3  D.  43,  26. 

3)  «  Meminisse  autem  nos  oportet  eum  qui  precario  habet  etiam  posstdere  »,  cfr.  Ul- 
PIANO,  fr.  4  §  1  D.  43,  26. 

4)  Kritz,  Pandehtenreoht  (Diritto  delle  Pandette)  I,  2  pag.  429  seg. 


SBCONDA  APPENDICE  DEL  TRADUTTORE  AL  §  853.  265 

* 

II  DoNBLLO  0  deADisce  sagacemente  il  commodato  cosi:  c  commodare  est  rem  quae 
U8U  non  consumitur  seu  mobilem  seu  immobilem  utendam  gratis  dare  praeseripto 
utendi  fine  aut  modo  »•  —  II  commodato  e  un  atto  che  non  ha  avuto  la  sua  origine 
nei  rapporti  fra  superior!  e  inferiori,  ma  in  quelii  amichevoli  tra  uguali  S);  la  coaa 
T&ene  posta  a  disposizione  di  una  delle  parti  per  uno  teopo  deUrminato,  Non  e  dunque 
che  qui  venga  in  genere  concesso  Tuso  e  il  godimento  di  una  cosa;  e  concesso  in 
quanto  serve  a  uno  scopo  prefisso  3).  —  La  tesi  k  stata  ai  nostri  giorui  vigorosamente 
ripresa  dallo  Schmidt  '*),  che  la  difese  non  troppo  validamente  contro  gli  assalti  del 
Kritz.  E  intanto  notevoie  che  le  footi,  ove  menzionanoil  commodato,  sogliono  aggiun- 
gere  lo  scopo,  per  cui  la  cosa  viene  prestata.  Eccone  esempi: 

auct.  ad  Her.  IV,  51  §  61  «aitseaede8  maximas  cuidam  amico  ad  nuptias  com- 
modasse  ». 

D.  47,  2,  ^  §  4  «  ferramenta  sciens  commodaverit  ad  effringendum  ostium 

vel  scalam  sciens  commodaverit  ad  ascendendum  ». 

Quinto  Mucio  apud  Gell.  VI  (7)  15,*  2:  «  sive  quod  uteadum  accepit  ad  aliam  rem 
atque  accepit  usus  est  ». 

D.  47,  2  40  «  qui  iutnenta  sibi  commodata  longius  duxerit». 

ib.  fr.  17  <  qui  re  sibi  ommodata usus  est  aliter  atque  accepit ». 

D.  19,  5,  17  §  3  «  commodaremus,  ut  opus  faceret  ». 

D.  47,  it  52  §  22  «  pondera  tibi  commodavi  cum  emeree  ad  pondue  ». 

Dal  nostro  titoio  scegliero  i  seguenti  esempi: 

fr.  3  §  6  «  commodari ad  pompam  vel  ostentationem  ». 

fr.  4  «  ad  hoc  commodantur  pecuniae,    ut  dicis   gratia  numerationis   loco  in- 

tercedant  ». 

fr.  5  §  7  «  si  tibi  equum  commodavero,  ut  ad  villam  adduceres  ». 
«  si  sic  commodavi,  ut  ad  bellum  duceres  ». 
«  si  tibi  commodavi  (servum)  ut  in  machina  operaretur  » . 
§  8  «  si  tibi  (codicem)  ad  hoc  commodavero,  ut  caveretur  tibi  io  eo  >. 
§10<(si  —  commodavit  —  quo  honestius  culta  ad  se  deduceretur  ». 
§12«rem  tibi  dedi  ut  creditori  tuo  pignori  des  ». 
fr.  10  pr.  <  si  in  eam  rem  usus  est  in  quam  accepit  ». 

fr.  17  §  3  «  modum    commodati   fLnemque   praescribere    eius   est   qui   beneficium 
tribuit  ». 

«  si  pugillares  mihi  commodasti,  ut  debitor  mihi  caveret  ». 
«  si  ad  fulciendam  insulam  tigna  commodasti  ». 
fr.  18  «  si  in  hoc  commoduta  sit  alicui  res,  ut  eam  rem  peregre  secum  ferret  p. 
fr.  23  «  si  commodavero  tibi  equum,  quo  utereris  usque  ad  certuni  locum  ». 
Ho  riportato  una   serie  alquanto    numerosa  di  esempi,    perche  e  sovratutto   la  loro 
abbondanza   che    fa  impressione:    il  che    anco  dallo    Schmidt   non   fu  posto    nella  de- 
bita  luce. 


0  Comm,  iuris  civ.  XIV,  2,  2  seg.  (ed  Lucca  0pp.  Ill,  995;.  Cfr.  Vinnio,  Inst.  h.  t. 
ed.  176S  t.  II,  pag.  93. 

2)  E  per  lo  piu  scambievoli;  Caio,  r.  r.  5,  7.  —  Cicbronb,  de  off.  2,  15. 

3j  E  questa  pu6  considerarsi,  almeno  iino  a  pochi  anni  sono,  quale  communis  opinio. 
Vedi  sopra  e  io  Heineccio,  Inst.  §  799.  La  determinazione  per6  delFuso  rispetto  ai 
tempo  non  mi  pare  correttamente  stabilita  di  fronte  alle  fonti  romane.  Cfr.  pure  Haim- 
BEROBR,  Dir.  rom.  puro,  §  506  e  §  513. 

')  Kommodat  und  precarium  (Commodato  e  precario)  pag.  157. 

Gluck,  Oomm.  Patidette.  —  Lib.   XIII.  84 


266       SECONDA  APPENDICK  DEL  TRADUTTORE  AL  §  853. 

U  Vamobrow  replica,  che  tali  paasi  dimostrano  bensl  che  tali  determinazioni  si  usas- 
sero,  noQ  che  fossero  necessarie.  Ma  la  dimostrazione  s^Dtegra  appunto  col  confronto 
(lei  testit  cbe  discorrono  del  precario,  dei  quali  non  uno  aocenna  ad  ud  determinato 
U80,  a  UD  fine  determinato  della  concessione.  Ora  Tasserzione  dello  Schmidt,  che  la  spe- 
cificazione  implicita  od  esplicita  delKuso  desse  alPatto  carattere  di  commodato  ed  esdu- 
desse  il  precario,  mi  pare  ben  giusti&cata. 

Non  e  possibile  che  sia  mero  caso,  che  nella  serie  di  test!  concernenti  il  commodato 
sia  di  regola  menzione  dello  scopo  particolare;  mentre  in  quella  de'  testi  concernenti 
il  precario  tale  scopo  non  appare  mai.  Qui  la  cosa  e  messa  a  disposizione  del  preca- 
rista,  perche  se  ne  valga  come  crede.  E  questa  ^  pur  anco  una  delle  ragioni  per  cui 
(ove  non  sia  diversa  ia  volont^  delle  parti)  il  precarista  a  differenia  del  commodatario 
suole  possedere  (cfr.  Schmidt,  1.  c.  pag.  166)  ^). 

La  dimostrazione  riceve  novel lo  rinforzo  da  un*altra  circostanza,  cb'e  passata  — 
ch*io  sappia  —  inosservata.  Nella  materia  del  precario  si  discorre  (come  in  quella  della 
locazione)  della  rinnovazione  esplicita  e  della  rinnovasione  taoita^  che  ha  luogo^ 
quando  e  scaduto  il  tempo,  per  cui  fu  fatta  la  concessione  e  il  precarista  seguita  senza 
opposiiione  a  tenere  la  cosa;  intelUgitur  enim  dominut,  cum  patitur  eum  qui  pre- 
cario  rogavit  postidere,  rursus  precario  eoncedere  ^).  Nulla  di  tutto  ci6  dicesi  a  pro- 
posito  del  commodato.  E  infatti,  se  questi  d  per  un  uso  determinato,  ^  chiaro  che  non 
pub  discorrersi  di  rinnovazione ;  terrainato  Tuso,  tutto  e  terminate:  una  seconda  con- 
cessione pel  medesimo  uso  non  sari^  gi^  reintegrazione  del  rapporto  anteriore,  ma  no- 
vella causa  di  novello  rapporto. 

Si  e  replicato  dagli  stessi  avversarii  che  da  taluni  testi  appare  non  essere  cosi  rigo- 
rosamente  delimitatb  Tufficio  speciiico  del  commodato;  ci  citano  specinlmente  il  fr.  76 
pr.  de  furtU  (47,  2)  e  il  §  7  ibid.  (4, 1). 

fr.  76  (78)  pr.:  «  qui  re  sibi  commodata  vel  apud  se  deposita  usus  est  aliter  atque 
accepit,  si  exiatimavit  te  non  invito  domino  id  facere,  furti  non  tenetur,  sed  nee  de- 
positi  ullo  modo  tenetur;  com.modati  an  teneatur,  in  culpa  aestimatio  erit,  idest  an 
non  debuerit  ezistimare  id  dominum  permissurum  ». 


1)  Cosi  anche  il  fatto  che  il  concedente  pu6  revocare  ad  libitum  (a  difTerenza  del 
commodante,  fr.  17  §3  h.  t.),  cfr.  il.fr.  12  de  prec.  43,  26,  riceve  una  nuova  spiegazione. 
Chi  concede  una  cosa  in  genere,  perche  altri  se  ne  serva,  pu6  richiamarla  a  se  quando 
crede,  ancorche  in  un  momento  intempestivo  pel  concessionario,  giacch^  egli  non  e  te- 
nuto  a  sapere  in  che  circostanze  versi  cestui,  il  quale  d'altronde  non  ignora  la  precarieta 
del  suo  godimento.  Ma  chi  concede  la  cosa  per  un  determinato  uso^  non  pud  non  sa- 
pere le  circostanze  delKutente  e  non  pu6  andar  contro  la  sua  parola  data,  che  era  di 
procurare  non  Tuso  in  genere,  ma  quel  determinato  servizio.  —  II  Vanobrow  poi  nel 
citato  luogo  conchiude  (cfr.  il  Windschbid,  §  576  cit.):  «  Tunica  cosa  essenziale  e  piut- 
tosto  se  il  concedente  voglia  veramente  addivenire  ad  un  negotium,  e  obbligare  quindi 
se  medesimo  ».  A  confutare  questa  strana  dottrina,  che  del  resto  ripugna  alle  idee  og- 
gidi  piii  ricevute  intorno  alia  natura  del  negozio  giuridico,  baster^  aiTecare  un  testo 
solo  e  decisive:  «  si  libero  homini,  qui  mihi  bona  fide  serviebat,  quasi  servo  rem  com- 
modavero,  videamus  an  habeam  commodati  actionem,  nam  et  Celsus  filius  aiebat,  si  ius- 
sissem  eum  aliquod  facere,  vel  mandati  cumeo  vel  praescriptis  verbis  experiri  me  posse^ 
idem  et  in  commodato  erit  dicendum,  nee  obstat  quod  non  hac  mente  cum.  eo  qui 
liber  bona  fide  nobis  serviret  contraheremus,  quasi  eum.  obligatum,  habituri ;  plr- 

RUMQUE  ENIM   ACCIDIT  UT   EXTRA  ID  QUOD  AOITUR  TACITA  OBLIGATIO  NASCATUR  ».    Qui  CertO 

non  si  intendeva  di   oontrarre  un   negotium  e  il    commodante  era  cosi  lontano  dalia 
intenzione  di  obbligare  se  stesso,  che  non  crede7a  neppure  di  obbligare  il  commodatario! 

2)  Cfr.  fr.  4  §  4.  fr.  6  de  prec,  43,  26. 


SECONDA  APPENDIOE  DEL  TEADUTTORE  AL  §  853.       267 

§  7:  «  placuit  tamen  eos  qui  rebus  commodatis  aliter  uterentur  quam  utendas  ac- 
ceperint  ita  furtum  committere  si  se  iDtellegant  id  inuito  domiDO  facere  eufuque  si  in- 
tellexisset  noa  permissurum  ac  si  permissum  credant  extra  crimen  videri:  optima  sane 
distinctione,  quia  furtum  sine  affectu  furandi  non  committitur  »  ^). 

Comineerd  ad  avyertire,  che  tali  passi  (aggiungi  il  S  6.  Inst.  Just.  ibid,  e  Gaio, 
3,  196)  confermano  che  I'uso  concesso  nel  commodato  e  determinate  da  uno  scopo  spe- 
cifico.  Solo  cosi  si  capisce,  come  si  possa  scrivere  si  quit  utendam  rem  acoeperit 
eamque  in  alium  usum  transtulerit  (6  e  396  citt.)  ^^  Si  noti  bene:  il  giurista  non  dice: 
91  quU  in  quern  iMvm  rem  aeeeperit  eamque,  ecc,  ma  dice  senz*altro  utendam.  rem. 
aeeeperit  poich^  tale  negozio  (e  cioe  il  commodato)  non  pu6  darsi  che  per  un  deter- 
minato  use.  Cfr.  anco  ii  fr.  5  §  8  h.  t.  gut  alias  re  commodata  utitur,  ecc. 

II  §  7  poi  (e  il  relativo  brano  delle  Istituzioni  di  Gaio)  non  hanno  veruna  relazione 
colla  questione  presente.  Essi  si  riferiscono  alFaltra,  se  chi  usa  della  cosa  commodata 
altrimenti  che  nel  modo  pattuilo  commetta  furto.  A  commettere  il  furto  richiedesi  Va^- 
fectus  furandi:  ossia  lo  scopo  di  lucro  e  la  scienza  di  andar  contro  il  volere  del  do- 
mino. Tale  scienza  non  vi  ha  senz*altro  in  chi  esorbita  dalFuso  pattuito,  giacche  deve 
concedersi  la  possibilitd*  che  il  domino  avrebbe  acconsentito.  Ci6  e  affatto  indipendente 
daila  esistenza  di  un  vincolo  contrattuale.  Per  esempio  io  mi  reco  nelPorto  di  un  amico 
a  cogliere  frutta,  presumendo  il  suo  consenso;  qui  non  esiste  fra  noi  alcuna  relazione 
contrattuale,  ne  si  tratta  di  mera  usurpazione  a  fine  di  uso,  ma  di  completa  appropria- 
zione  della  cosa,  eppure  non  si  dk  furto  (nemmeno  Delia  ipotesi  che  poi  Tamico  si 
sdegni)  per  ragione  della  mia  buona  fede.  Ci6  che  sta,  quando  non  siavi  alcun  rapporto 
contrattuale,  perche  non  dovrebbe  stare,  data  Tesistenza  di  esso?  Poiche  qui  la  presunia 
coDcessione  del  domino  non  dipende  che  dalla  conoscenza  personale,  che  di  lui  ha  Tu- 
tente  3);  dalle  preesistenti  attinenze  di  parentela,  amicizia,  benevolenza,  ecc  e  non  ha 
quindi  col  contratto  medesimo  relazione  veruna. 

Maggiore  difficoltA  pud  forse  presentare  il  fr.  76,  doye  il  discorso  non  concerne  la 
sola  azione  di  furto,  ma  si  estende  a  quella  di  commodato :  ad  ogni  modo  Tostacolo  non 
regge  ad  una  seria  considerazione.  Tanto  varrebbe  il  dire,  non  essere  vero  che  il  de- 
positario  non  ha  I'uso  delfoggetto  depositato,  pel  motivo  che,  s*egK  usa  presumendo  la 
▼olont^  del  deponente,  non  commette  furto  e  non  e  tenuto  coirazione  di  deposito.  La 
verity  e  che  il  deposito  6  per  sua  natura  diretto  alia  custodia  della  cosa  (rem  servan- 
dam  dare),  come  il  commodato  e  diretto  ad  un  uso  determinato  di  essa;  se  nelfuna  e 
neiraltra  ipotesi,  presumendosi  la  volont^  del  concedente,  viene  usata  la  cosa  o  viene 
usata  in  modo  di  verso  dal  pattuito,  non  se  ne  risponde  coirazione  contrattuale  (nel 
caso  del  commodato  per6  solamente,  quando  Topinione  delFutente  si  fondi  sovra  una 
base  solida  e  seria);  il  che  dipende  dalla  quality  di  buona  fede  del  giudizio  stesso.  Ci6 
nulla  toglie  alia  natura  del  contratto;  giacche  si  colpiscono  non  le  deviazioni  materiali 
dairordinamento  suo,  ma  le  lesioni  formali,  imputabili  a  malixia  o  a  negligenza  delle 
parti  contraenti. 


*)  Cfr.  Gaio,  3,  197. 

2)  Gli  esempi :  «  si  quis  argentum  utendum  aeeeperit  quasi  amicos  ad  cenam  invita- 
turus  »  <  si  quis  equum  gestandi  gratia  commodatum  iongius  (dal  luogo  destinato)  aliquo 
duxerit ». 

3)  scol.  ad  fr.  76  cit.  (Bas.  LX,  12  const.  76:  Hbimbach,  V,  pag.  526.  Pabr.  VII,  365; 


PRIMA  APPENDIOE  DEL  TRADUTTORE 

AL  §  857 


Obbietto  del  commodato  non  sono  che  gli  infungibili  o  meglio  quelle  cose  che  non 
si  coDSumano  colPuso  pattuito  e  che,  dopo  queeto,  possono  venire  restituite  nella  loro 
originaria  integrity  (cfr.  i  fr.  3  §  6  e  4  h.  v.  e  le  notevoli  illustrazioni  dello  Stbfano,  ibid.). 
II  commodato  si  appHca,  come  gi&  vedemmo,  tanto  ai  mobili  quanto  agli  immobili.  Se 
vengono  commodate  piii  cose,  aventi  ciascuaa  autonoma  esistenza,  si  hanno  altrettaDti 
contratti;  non  cosl  se  sono  congiunte  e  non  serbano  la  loro  autonomia  ^). 

Si  disputa  fra  gli  scrittori,  se  il  commodato  potesse  applicarsi  anco  alle  cose  incor- 
porali;  piu  fsattamente,  se  obbietto  di  commodato  potesse  essere  Tesercizio  del  con- 
tenuto  di  un  diritto.  La  piii  comune  sentenza  e  negativa;  si  citano  il  fr.  1  §  2  h.  t.  e 
piii  ancora  il  fr.  17  pr.  pr<M8<n'.  v,  19,  5,  dove  e  sconsigliata  Vaotio  oommodati  pel  caso 
in  cui  fosse  stata  ceduta  gratuitamente  una  habitatio.  Si  suole  aggiungere  un  argo- 
mento  teorico;  in  tale  ipotesi  non  sarebbe  possibile  una  vera  restituzione  in  natura  delta 
cosa  ricevuts,  come  invece  si  esige  nel  commodato. 

Circa  i  fr.  1  §  2  e  17  pr.  cit.  vedremo  avanti.  Gssi  non  hanno  molta  importanza 
nella  presente  questione,  essendo  assai  verosimile  che  in  essi  habitatio  indichi  I'immo- 
bile,  la  otua  (tale  per  es-  deve  ritenersi  il  senso  della  parola  nel  fr.  40  D.  33,  2  di 
Alfbno  Varo  illi  cum  illo  habitationem  lego;  nel  fr.  34  pr.  habitationetn  in  domo 
significa,  come  dal  frammento  stesso  si  ricava,  la  propriety  della  casa;  habitationem 
looare  nel  fr.  5  D  19,  2  significa  dare  in  affitto  un  appartamento  e  cosl  in  molti  altri 
passi,  per  es.  fr.  9  pr.  §  1  —  19  §  6  ^  24  §  2  —  26  §  1  ibid.))  ad  ogni  modo  habi- 
tatio si  assume  per  denotare  la  facoltA  di  usare  di  una  casa  a  scopo  di  abitazione 
(sicche  oggetto  diretto  vien  sempre  ad  essere  Timmobile  stesso),  ansiche  Tesercizio  ef- 
fettivo  corrispondente  al  contenuto  del  diritto  reale  di  abitazione.  La  ragione  per  cui 
il  fr.  17  cit.  sconsiglia  Tazione  di  commodato  e  del  resto  quella,  che  la  scopo  della  ha- 
bitatio serabra  troppo  vago  e  complesso  di  fronte  alia  rigorosa  determinaziona  dell^uso 
richiesta  dal  commodato. 

Altri  test!,  che  si  possono  addurre  in  questa  materia,  io  non  conosco  fuorche  il 
fr.  24  D.  8,  3  (Pomp.): 

«  Ex  meo  aqtiaeductu  Labeo  soribit  cuilibet  posse  me  vioino  commodare,  Pro- 
culus  contra,  ut  ne  in  meam  partem  aliam  quam  ad  quam  servitus  adquisita  sit,  uti 
ea  possit.  Proculi  sententia  verior  est  ». 

A  prima  vista  sembrerebbe  potersi  dedurre  da  questo  passo  la  suscettibilita  degli 
iura  in  re  di  formare  oggetto  di  valido  commodato;  nel  caso  concreto  il  problema  sa- 


4)  Fr.  17  §  3  ;i.  t.  13,  fi. 


PEIMA.  APPENDICB  DliL  TRAlKJITr 

rebbe  stato  risolto  negaiiyamente  da  Proculo  e  da  Pomponio  solo  per  Taccidentale  ag- 
gravamento,  che  sarebbe  provenuto  al  proprietario  del  fondo  serviente.  Ma  una  aiu  at- 
tenta  ronsiderazione  dissolve  tali  apparenze.  II  testo  non  parla  di  conimodare  la  ser- 
ritut  aquaeduotus  ^);  ma  di  eommodare,  sx  meo  aqutuduetu,  dove  Toggetto  di  com- 
modare  facilmeote  sottinteso  e  aquam.  Labbonb  opioa  che  il  titolare  di  uq  acquedotto 
pu6  permettere  ai  vicioi  di  derivare  acqua  pei  loro  ftni.  Ora  Va^^  corrente  in  se 
stessa  considerata  non  6  certo  valido  oggetto  di  commodato.  Evideatemente  La.bbone 
usava  qui  la  voce'  oommodure  nel  generico  significato  di  eoncedere  gratuitamentet  il 
che  egli  e  Prooulo  potevano  benissimo  fare,  in  quanto  che  ai  loro  tempi  tale  designa- 
zione  non  era  quella  tecnica  edittale  del  nostro  contratto,  come  altrove  si  e  visto.  Tale 
generico  signiflcato  della  voce  eommodare  ^  tutfaltro  che  insolito  nei  buoni  scrittori, 
cf.  per  68.  Plauto,  Rud.  2,  4,  21  aquam  —  quam  hostis  hotti  eommodat  .  operam, 
—  quam  eivis  oivi  eommodat,  Cic.  de  off.  1,  16  ut  quidquid  sine  detrimento  poesit 
eommodari^  id  triimatur  vel  ignoto  —  id.  fam.  13,  3'^  ut  hie  omntbue  in  rebvs 
quantum  tua  /Idee  dignitaeque  patietur  eommodee,  ecc.  Qli  eserapi  si  potrebbero 
agevolraente  moltiplicare.  Se  k  ovvio  come  i  giuristi  che  scrivono  dopo  la  definitiva 
recensione  delKeditto  8i  astengano  da  tale  uso  della  parola,  nulla  osta  che  in  questo, 
volgare  signiflcato  essa  potesse  adoperarsi  da  quelli  che  scrivevano  prima  che  essa  rice- 
vesae  la  sua  consacrazione  ufdcialo. 

Messi  da  parte  come  non  probanti  tali  fraramenti,  rimane  assai  notevole,  come,  mentre 
le  Fonti  avvertono  in  numerosi  passi  che  possa  concedersi  preeario  Tesercizio  di  un 
diritto  reale  <),  nulla  di  simile  trovisi  esplicitamente  insegnato  pel  commodato.  E  tanto 
piu  notevole  questo  mi  pare,  in  quanto  che  il  commodato  e  assai  piu  largamente  e 
diffusamente  trattato,  che  non  il  preeario.  E  io  credo  appunto,  che  tale  silenzio  sia  qui 
eloquente  e  sigoifichi  che  obbietto  di  commodato  non  possono  essere,  che  la  ree  eor- 
porales. 

Tale  persuasione  si  conforta  con  argomenti  teorici.  —  Si  e  detto  da  varii  scrittori, 
che  le  cose  incorporali  non  possono  formare  oggetto  di  commodato,  perch^  non  e  esco- 
gitabile  a  loro  riguardo  la  restituiione  in  natura.  Pur  senza  ricorrere  al  concetto  di 
restitutio  ficta,  mi  pare  che  tale  argomentazione  non  sia  troppo  forte.  La  restituzione 
in  natura  ^  pure  richiesta  nella  locazione,  eppur  niuno  dubita  che  si  possono  locare 
dei  diritti  3);  si  pensi  alia  locazione  dei  veetigalia,  Infatti  la  restituzione  si  d^  quando 
si  cessa  dalFesercizio  corrispondente  a  quel  determinato  diritto  e  (ove  occorra)  si  rimet- 
tano  nel  pristino  stato  le  cose  da  quelPesercizio  alterate.  Non  e  questa,  ma  ben  altra  la 
ragione  che  a  mio  avviso  rende  le  cose  incorporali  inadatte  a  costituire  oggetto  di  com- 
modato. 

Un  commodato  di  crediti  e  affatto  inconcepibile.  La  questiona  non  potrebbe  presen- 
tarsi  che  pei  diritti  reali,  e  infatti  gli  scrittori,  che  trattano  Targomento,  non  accennano 
che  aquesti.  —  A  ben  vedere,  anzi,  ad  una  limitata  serie  di  essi;  poich^  il  pegno,  Tipo- 
teca,  il  diritto  enfiteutico  per  loro  natnra  non  si  confanno  in  alcuna  guisa  coi  termini 
del  commodato. 

Possono  le  cosi  dette  servitu  personali  formare  oggetto  di  commodato  ?  Una  tale  do- 


^)  In  sostanza  si  avvicinaa  questo  modo  di  intendere  il  frammento  anche  il  Pkrozzi, 
Bullettino  dell'ietituto  di  d.  r.  VI,  pag.  33,  benche  del  resto  le  nostre  spiegazioni  di- 
vergano  parzialmente.  II  Pbrozii  per6  non  si  occupa  che  affatto  incidentalmente  del 
nostro  passo,  secondo  lo  scopo  dalle  sue  ricerche. 

2)  Cf.  per  es.  i  testi  in  Scialoja,  Preeario,  pag.  26  sg. 

3)  Gli  esempi  perd  comunemente  citati  ne*  manuali  (fr.  12  §  2  38  D.  7,  1  -  fr.  2  i. 
f.  4  D.  7,  8j  sono  locazioni  di  cose  corporal! . 


I 


270  PRIMA  APPENDIOE  DEL  TRADUTTORE  AL  §  857. 

manda  pud  piii  esattameate  formularsi  iu  doppia  forma.  Chi  ha  rusufrutto,  Tuso,  ecc. 
pii6  copcederDd  altrut  il  gratuito  esercizio  merc^  ua  contralto  di  commodato?  Owero 
il  domino  di  una  cosa  (o  chi  altrimenti  ha  facoitA  di  disporne)  pu6  cederne  altrui  gra- 
tuitamente  l^uso  in  modo,  che  il  cessionario  eecrciti  il  contenuto  di  tali  diritti  e  Tatto 
di  concessione  assuma  la  natura  del  comi^odato?  A  questo  secondo  problema  inten- 
dono  certameiite  di  alludere  questi  scrittori,  che  parlano  molto  impropriamente  di  co- 
stitutione  di  usufrutto,  ecc.  median te  commodato. 

Ai  due  problem!  pu6  darsi  una  risposta  comune  (per  tacere  degli  argomenti  che 
vivouo  solo  per  alcune  categorie  di  tali  diritti,  per  esempio  che  il  titolare  delfuso  non 
pu6  cederne  gratuitamente  resercizio).  L*essenza  del  commodato  sta  in  ci6f  che  tutto 
il  negozio  e  retto  da  uno  scopo  particolare  rigorosamente  determinato  a  priori;  mentre 
tali  diritti  si  riferiscono  ad  un  uso  multiforme  vario  e  complesso,  serviente  ai  piu  di  - 
versi  scopi  deirutente.  L*usufruttuario,  purche  salvi  intatta  la  sostanza,  dispone  libera- 
mente,  come  il  domino,  della  cosa;  inoltre  egli  ne  lucra  i  redditi,  cosa  incompatibile 
colla  esseaza  del  commodato.  In  piu  stretta  misura  tale  liberty  di  disposizione  compete 
airusuario,  alio  hahitator,  al  titolare  delle  operas  servorum;  ma  pur  sempre  qui  ci 
si  aflaccia  una  generality  di  scopi  raggiungibili  merc^  Tuso,  che  contrasta  colla  rigo- 
rosa  iimitazione  del  nostro  contratto.  Se  alcuno  dk  a  Tizio  una  cosa  da  usare  per  un 
determinato  scopo,  tale  uso  non  risponde  al  contenuto  di  veruno  fra  gli  accennati  di- 
ritti e  non  risponde  per  Taggiunta  determinazlone;  quindi  non  si  pud  discorrere  di  ces- 
sione  di  uso  di  res  incorporalis,  ma  solo  di  cessione  delKuso  della  cosa  corporate  me- 
desima. 

Anco  rispetto  alle  servitu  prediali  il  problema  si  duplica  in  modo  aflfatto  analogo. 
E  a  proposito  avvertiremo,  come  per  la  dottrina  romana  classica  il  titolare  di  una  ser- 
vitu non  possa  cederne  altrui  Tuso,  poiche  una  cessione  contraddice  alia  massima  che 
le  servitu  aderiscono  ai  fondi  e  devono  esercitarsi  a  vantaggio  dei  fondi  stessi.  Tant*e 
vero  che  ssrvitutsm  locare  nemo  potest  (fr.  44  D.  19,2)^).  La  questione  si  riduce  per- 
tanto  a  vedere,  se  il  proprietario  pu6  cedere  gratuitamente  altrui  in  forma  di  commo- 
dato Tesercizio  di  quanto  costituisce  il  contenuto  di  una  s«rvitu  prediale:  per  es.  la 
faoolt4  di  passare,  attingere  acqua,  ecc.  Tale  quesito  va  risolto  negativamente.  Se  io  per 
es.  concedo  a  Tizio  in  genere  di  passare  sul  mio  fondo,  una  concessione  cosi  larga  e 
cosi  svincolata  da  ogni  motivo  particolare  non  risponde  alia  natura  del  commodato;  se 
invece  la  concessione  si  riferisce  a  uno  scopo  transitorio  e  determinato,  essa  non  ri- 
sponde piii  alia  natura  del  contenuto  di  una  servitus  itineris,  Poiche  le  servitii  pre- 
diali devono  rispondere  ad  una  utility  permanente  del  fondo,  e  contraddice  affatto  alia 
loro  indole  un  uso  concesso  restrittivamente  ad  uno  scopo  transitorio. 

Non  cosl  invece  pel  precario.  L*uso  nel  precario  6  generale  o  almeno  non  e  neces- 
sariamente  ristretto;  ne  la  natura  di  esso  esclude  punto  il  godimento  de*  redditi  da 
parte  del  precarista.  Nulla  osta  per  es.  che  il  contenuto  di  un  usufrutto  costituisca  ma- 
teria di  concessione  precaria.  Ma  neanche  il  contenuto  di  servitu  prediale  ripugna  al 
concetto  di  concessione  precaria.  Sta  bene  che  tale  concessione  sia  essenzialmente  tem- 


^)  Cfr.  il  Pbrozzi,  loc.  oit.  pag.  22  segg.  Per6  noi  divergiamo  dal  P.  nel  modo  d*in- 
tendere  il  fr.  24  D.  8,  3  (cf.  il  capo  I  del  presenta  lavoro);  v.  Pbrozzi,  pag.  23.  Ne  pos- 
siamo  per  identiche  ragioni  accogliere  lo  svolgimento  della  relativa  dottrina,  quale  e 
accennato  da  lui  a  pag.  25.  —  11  diritto  giustinianeo  conosce,  secondo  le  buone  osser- 
vazioni  dello  stesso  Perozzi,  deviazioni  dalKaccennata  regola;  ma  esse  devono  intendersi 
strettamente  (rimanendo  ancora  regola  generale  quelle  del  diritto  classico)  e  ad  ognt 
modo  tali  deviazioni  non  hanno  che  vedere  colla  presente  materia;  cf.  lo  scritto  citato, 
pag.  29  segg. 


PRIMA  APFBNDICB  DEL  TEADUTTORK  AL  §  857.  271 

poranea  e  revocabile;  ci6  non  toglie  per  altro  che  essa  sia  destinata  a  soddisfare  ima 
permanente  utiliti  del  fondo,  che  la  causa  obbiettiva  sia  duratura.  Appunto  perch^  non 
vi  ha  uno  scopo  determinato  e  transitorio,  il  contenuto  della  concessione  risponde  a 
quello  di  una  serritii  prediale  e  nasce  una  iuris  qtuui  possessio ;  appunto  perche  la 
coneessione  6  revocabile,  non  sorge  il  diritto  stesso:  gorge  una  condizione  di  fatto  alia 
natura  del  rapporto  giuridico  rispondente  ^), 

Sicehe,  concludendo,  diremo  che  le  cose  incorporali  non  possono  costituire  oggetto 
di  commodato,  non  perche  vi  sia  fra  i  due  termini  una  necessaria  aniitesi,  ma  perche 
ragioni  particolari  alle  singole  categorie  di  diritti  tolgono  a  quest!  la  possibility  di  for- 
mare  materia  di  tale  contratto  ^), 

Veniamo  pid  particolarmente  alia  questione  di  un  commodato  di  hahitatio.  Taluni 
hanno  perfino  pensato  ad  una  costituzione  di  un  iu9  hahitationU  merche  commodato  3); 
mentre  altri  (sovratutto  per  la  ragione  non  principale  e  non  inoppugnabile  *)  che  altri- 
menti  non  sarebbe  possibile  la  restituzione  in  natura)  hanno  pensato  al  ca^o  di  chi 
avesse  il  tu8  hahitationU  e  ne  commodasse  altrui  Tesercizio.  —  Giit  si  oppone  il  fr.  10 
de  U9U  et  hah.  7,  8  ove  si  enumerano  le  lacoltA  del  titolare  di  un  iu9  habitationia  e 
non  si  fa  cenno  di  quella  di  commodarne  Tesercizio;  si  parla  anzi  in  modo  da  esclu- 
derla.  Ma  piu  si  oppone  il  passo  parallelo,  fr.  17  pr.  de  pr.  verb.  19,  5:  «  si  gratuitam 
tibi  habitationem  dedero,  an  commodati  agere  possim?  et  Vivianus  a1t  posse;  sed  est 
tutius  praescriptis  verbis  agere  ».  Qui  il  caso  e  meglio  spiegato ;  si  tratta  di  dare  gra- 
tuitam habitationem,  frase  che  si  trova  al  trove  nelle  Fonti  (per  esempio  Qaio,  4, 153, 
cfi*.  fr.  15  §  1  D.  43,  26)  neU'evidente  significato  di  concedere  di  abitare  gratuitamente 
una  casa,  non  in  quello  di  cedere  Tesercizio  di  un  diritto  reale  di  abitazione.  Ci6  toglie 
ogni  forza  airargomento,  che  pel  fr.  1  cit.  si  pu6  dedurre  e  s*^  infatti  dedotto  (per 
es.  Qluck,  loe.  oit.)  dalla  parola  ampUtu.  II  frammeoto  dichiara  prima  ammissibile  il 
commodato  di  cose  immobili;  Vamplius,  si  dice,  accenna  a  qualcosa  di  piiSi  e  di  diverso, 


^)  Oltre  i  notissimi  frammenti  dei  Digesti  (specialmente  nel  tit.  43,  26)  cf.  per  eg. 
C.  I.  L.  I,  n.  1215  pag.  245  —  V.  1  n.  700  (pag.  76)  n.  2447  (pag.  237)  n.  3472  (pag.  355) 
—  X,  1  n.  1285  pag.  149  —  n.  4320  pag.  424,  ecc. 

2)  lo  devo  considerare  come  erronea  la  trattazione  dello  ScHMmT  {Comm.  preo.  §  7 
pag.  117-135).  Dal  momento,  ch^egli  aveva  ben  compreso  la  vera  nota  differenziale  fra 
il  commodato  e  il  precario,  non  avrebbe  dovuto  confondere  le  due  question!  e  istituire 
un*unica  ricerca  «  suUa  possibility  di  un  commodato  o  di  un  precario  di  cose  incor- 
porali ». 

La  sua  conclusione  si  ^  che  e  possibile  tanto  un  commodato,  quanio  un  precario  di 
usufrutto,  abitazione,  operae  eervorum,  enfiteusi,  qualora  il  concedente  sia  un  titolare 
di  tali  iura,  i  quali  pertanto  abbiano  a  suo  riguardo  una  esistenza  autonoma,  e  gli 
possano  essere  reetituiti.  II  dominus  rei  non  pu6  che  costituire  una  posizione  di  fatto 
analoga  a  quella,  che  gode  il  titolare  di  simili  diritti;  ma  ci6  non  va  confuso  coUa  con- 
cessione del  gratuito  esercizio  di  essi. 

Tale  conclusione  e  direttamente  contraria  alle  fonti,  che  in  materia  di  precario  si 
esprimono  atfatto  diversamente :  fr.  3;  fr.  15  §  2  de  pree.;  fr.  2  g  3  t6td.,  la  cui  forza 
probante  non  e  certo  diminuita  dalle  osservazioni  dello  Schmidt,  pag.  130  sg.  —  In 
tutti  i  casi  si  tratta  di  immettere  preoariamente  taluno  in  quelJa  condizione  effettiva, 
in  cui  sarebbe  se  il  relativo  diritto  competesse. 

Ad  ogni  modo  ci6  non  concerne  che  il  precario;  rispetto  al  commodato  cfr.  quanto 
si  dice  nel  testo. 

3)  VoBT,  ad  Pand.  XIII,  6  n,  1 ;  cf.  VII,  8  num.  6. 

*)  Con  ci6  non  vogliamo  difendere  il  Wissbnbach,  Exere.  ad  Pand,  I,  27  n.  9. 


272  PEIMA.  APPBNDIOE  DEL  TRjLDUTTORE  AL  §  857. 

donde  h  ovvio  riferire  Vhabitatio  alle  cose  incorporali.  Ma  ampliiu  pu6  intendersi  nel 
eeaso  di  ansi,  perfino  e  il  passo  tradursi  cosi:  <  Bene  si  dice  oofnmodata  anche  una 
cosa  immobile,  come  stima  pure  Cassio  ;  anzi  Viyiano  dice  che  il  commodato  pii6  con- 
sistere  aoche  nella  gratuita  concessione  di  abitare  una  casa  (che  fra  tutte  ^  Fipotesi 
piu  conlroversa)  ».  —  Rimane  appunto  da  vedere,  perche  qui  si  fosse  alieni  dairamp 
mettere  un  commodato,  tanto  che  nel  fr.  17  si  suggerisce  come  praticamente  piu  si- 
cura  un'altra  strada  e  altrove  non  troviamo  mai  concepito  il  negozio,  siccome  commo> 
dato.  Troviamo  anzi  in  Oaio  ^)  una  singolare  coutrapposizione :  per  eos  quoqtis  apud 
quos  deposuerimns,  aut  quibus  commodaverimiMf  aut  quibus  gratuitam  hahitationem 
praestiterimus,  ipti  possidere  videmur. 

La  ragione  deiPaccennato  trattamento  non  pu6  essere  che  in  ci6,  che  la  concessione 
della  abitazione  e  qualche  cosa  che  sembra  esorbitare  i  limiti  del  commodato.  Questo 
negozio  deve  avere  un  fine  ben  determinato;  si  comprende  un  eommodare  aedes  ad 
nuptias,  non  si  comprende  facilmente  un  eommodare  aedes  per  la  gratuita  abitazione, 
la  quale  rappresenta  un  uso  vario,  complesso  e  non  esattamente  determinabile  ab  initio. 
—  Si  d^  spesso  un*altra  ragione ;  si  dice  cioe,  che  il  concedere  una  gratuita  abitazione 
cade  sotto  il  concetto  di  donazione.  E  all'uopo  si  citano  i  fr.  9,  27,  32  de  don,  39,  5,  il 
fr.  IS  de  don.  int,  vir.  et  vas.,  24,  1  e  anco  il  fr.  15  §  1  dtf  preoario  43,  26.  —  Comin- 
ciamS  ad  escludere  affatto  il  fr.  18,  come  quello  che  non  appartiene  alia  nostra  que- 
stione.  In  esso  si  dice:  «  si  vir  uxoris  aut  uxor  viri  servis  aut  vestimentis  usus  vel  usa 
fuerit,  vel  in  aedibus  eixu  gratis  habitaverit,  valet  donatio  ».  In  questo  passo  donatio 
h  usato  nel  senso  p\ii  lato,  cio^  di  beneficio  economico  altrui  procurato  e  che  appunto 
non  sia  usato  in  senso  tecnico,  prova  il  fatto  che  Toperato  ^  valido  anche  fi-a  coniugi  2). 
Del  resto  il  passo  proverebbe  troppo,  giacche  si  estende  anco  alfuso  de*  servi  e  del  ve- 
stiario,  che  niuno  ha  dubitato  potere  formare  valido  oggetto  di  commodato  ^j.  II  passo 
pertanto  si  tradurr^  cosl:  «  Se  il  marito  avr&  usato  de'  servi  o  degli  oggetti  di  vestiario 
della  consorte  o  viceversa  o  se  avrk  gratuitamente  abitato  in  casa  di  lei,  il  beneficio 
non  cade  fra  le  vietate  donazioni ».  —  E  cosi  possiamo  escludere  il  fr.  15  §  1 : 

«  hospites  et  qui  gratuitam  hahitationem  accipiunt  non  intelleguntur  precario  ha- 
bitare  ». 

La  ragione,  si  dice,  per  cui  tale  concessione  non  costituisce  precario  e  la  stessa,  per 
cui  non  puo  costituire  commodaio;  cio^  il  fatto  che  il  negozio  va  considerato  come  do- 
nazione. Ma  tale  non  pu6  essere  il  senso  del  testo. 

II  giurista  non  dice  che  non  consiste,  non  sorge  il  precario;  ma  dice  che  Tatto 
non  suole  interpretarsi  come  un  precario,  il  che  non  esclude  la  possibility  di  un  pre- 
cario avente  tale  obbietto ;  bens\  esclude  che  di  regola  le  parti  in  tal  caso  abbiano  in 
animo  di  addivenire  ad  un  precario.  E  la  ragione  6  senza  dubbio  piii  chiara  per  gli 
ospiti ;  il  rapporto  di  ospitalit^  e  contrario  a  quella  specie  di  inferiority,  in  cui  suol  tro- 
varsi  il  precarista  di  fronte  al  concedente;  inoltre  esso  crea  un  complesso  di  doveri 
non  compatibili  coUa  fragility  del  precario.  —  Negli  altri  casi,  in  cui  taluno  accipit 
gratuitam  habitationem,  la  ragione,  per  cui  non  si  deve  essere  corrivi  ad  ammettere 
un  precario,  e  certo  la  fragilita  e  la  liberissima  revocabilit^  (anco  intempestiva)  di 
questo  rapporto,  che  per  un  fatto  tanto  importante  alia  vita  umana,  come  Tabitazione, 
k  di  gravissimq  inconveniebte.  Del  resto  male  si  negherebbe,   che  il  precario   di  abita- 


1)  4,  153. 

2)  v.*  pero  ora  Ascoli,  Concetto  della  donazione  pag.  3  sgg.  Secondo  questo  autore 
Tassenza  del  concetto  tecnico  di  donazione  in  simili  casi  dipenderebbe  da  ci6,  cha  in 
essi  manca  Tattribuzione  di  un  diritto  principale.  Cf.  loc.  cit.  pag.  110. 

3)  Che  Tuso  di  una  cosa  sia  valutabile  in  denaro,  non  e  naturalmente  sfuggito  ai 
Romani :  per  es.  fr.  19  D.  22,  4. 


PRIMA  APPBNDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  857.       273 

2ione  sia  ponibile.  La  const  2  depreo.  et  Salv.  int.  (8, 9)  nomina  espressamente  ilpr^- 
-oario  hahitans  e  1  obbligo  del  suoi  eredi  di  restituere  hahitaeulum,  fi  un  vero  pr«- 
cario  deve  scorgersi  in  Scbvola,  fr.  32  de  don.,  nel  passo  cio^  addotto  dai  sostenitori 
della  contraria  opinione,  bench^  sia  stato  dai  compilatori  mserito  nel  titolo  de  dona- 
tianibius  *): 

<  Lucius  Titius  epistulam  taiem  emisit:  lUe  illi  salutem,  hosp.tio  illo  <)  quamdiu 
volueris  uteris  in  superioribus  diaetis  omnibus  gratuito,  idque  te  ex  mea  voluntate  fa- 
cere  hac  epistula  notum  tibi  facio.  quaero,  an  heredes  eius  habitatione  eum  prohibere 
pOBsint.  respondit,  secundum  ea  qua  proponerentur,  heredes  posse  mutare  voiuntatem  ». 

Tale  volonta  avrebbe  dunque  potuto  mutare  anche  il  concedente  stesso :  cf.  del  resto 
fr.  8  §  1  de  preo,  43,  26  La  concessioae  era  bens^  stata  fatta  quamdiu  volueris  ;  ma 
<some  e  noto  e  come  abbiamo  visto,  simili  espressioni  non  rautano  la  ratura  del  pre- 
^xtio  e  non  tolgono  la  sua  libera  revocabilitii.  —  Si  comprende  invece  seoz'altro,  come 
una  cosi  indeterminata  concessione  non  potesse  considerarsi  come  commodato. 

Al  fr.  32  si  contrappone  il  fr.  27  eod.  di  Papiniano:  ' 

Aqvilius  Regulus  iuvenis  ad  Nicostratum  rhetor  em  ita  tcripsit : 
«  quoniam  et  cum  patre  meo  temper  fuisti  et  me  eloquentia  et  diligentia  tua 
maliorem  reddidisti,  dono  et  permitto  tibi  kabitare  in  illo  coenaculo  eoque  uti  > . 
I>efuDCto  Regulo,  controversiam  habitationis  patiebatur  Nicostratus  et,  cum  de  ea  re 
mecum  contulisset,  dixi  posse  defend!  non  meram  donationem  esse,  verum  oificiuni  ma- 
gistri  quadam  mercede  remuneratum  esse  Regulum  ideoque  non  videri  donatiobem 
aequentis  temporis  irritam  esse. 

II  rapporto  fra  i  due  passi  e  di  solito  configurato  nel  seguente  modo^).  Le  dona- 
zioni  vanno  interpretate  restrittivamente;  ora  se  taluno  concede  ad  altri  la  gratuita 
abitazione  non  dev^si  credere  che  la  concessione  abbia  a  dnrare  oltre  la  vita  del  con- 
cedente. E  cos)  si  spiega  il  fr.  32.  Ma  nel  caso  studiato  da  Papiniano  tale  interpreta- 
zione  resirittiva  non  e  opportuna,  poiche  non  si  tratta  di  mera  liberalitii;  si  tratta  di 
avTt^ejpov  et  quasi  merces  doctrinae  e  ci6  anzi  consiglia  a  dare  una  interpretazione  fa- 
vorevole  ai  concessionario.  —  Ma  questa  esegesi  e  incompatibile  colla  lettera  dei  due 
.passi.  li  fr.  32  non  dice  che  la  liberality  e  da  ritonersi  limitata  ai  termini  della  vita 
■del  concedente;  ma  dfce  che  vi  e  facolta  negli  eredi  di  questo  di  cambiare  volontA  e 
revocare.  Ci6  presuppone,  come  abbiam  visto,  che  tale  facolti  competesse  al  concedente 
e  insomma  il  passo  non  si  spiega  bene,  che  presupponendo  un  precario.  —  Ne  il  fram- 
mento  di  Papiniano  e  per  se  tale  da  recare  ostacolo.  Nel  caso  di  Nicostrato  il  giurista 
noD  trova  che  siavi  mera  liberality  (donatio  in  senso  lato,  che  comprende  benissimo 
anche  il  precario);  ma  che  la  concessione  ha  quasi  carattere  di  mercede  e  merita  quindi 
diverso  trattamento  *).  L*ipotesi  respinta  da  Papiniano  parmi  appunto  quella  di  un  pre- 
cario; giacche   solo  cosi  ponno    spiegarsi  le  parole   non    videri  donationem  sequentis 


*)  Cfr.  gi&  Scialoia,  Del  precario,  pag.  23  n.  1.  Ora  la  cosa  sembra  fuori  di  dubbio, 
giacche  il  passo  nell^opera  genuina  di  Scbvola  dovette  trovarsi  sotto  la  rubrtca  de  pre- 
aario:  cfr.  Lenbl.  Palingenesia,  11,  313.  A  torto  quindi  TAscoli  considera  il  passo 
come  rifereotesi,  anco  pel  diritto  classico,  ad  una  donazione.  Bull.  let.  dir.  rom.  VI, 
pag.  200. 

2)  Nel  senso  di  abitazione  cfr.  Cod.  8,  9,  2. 

3)  Cfr.  g\k  DoROTEO,  ad  fr.  27  cii.  —  Cujacio,  Obeerv.  21,  37. 

*)  Cfr.  AscoLi,  Concetto  della  donasione,  pag.  88  segg.  Vedi  anche  Bullettino  cit. 
pag.  201. 

(tLUCk,  Oomm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  S.^ 


274  PRIMA  APPBNDIOB  DBL  TBADUTTOBB  AL  §  857. 

temporis  inritam  €8$e,  Se  si  trattasse  di  una  donatio  limitata  alia  vita  del  donatarior 
non  si  yedrebbe  perch^»  cessato  il  tempo  cui  era  destinata,  si  debba  dire  mrtta.  — 
lovece,  07e  si  pensi  al  precario,  si  comprende  come  ii  giurista  dica  che  la  liberalitA  in 
seguito  al  mutamento  di  Tolonti  del  concedente  o  del  suo  ereda  («  donatio  ^equsntU 
temporis  »)  perde  il  suo  foDdamento,  sicche  il  possesso  o  Tuso  del  precarista  yieoe  in- 
giustificato. 

Rimane  il  Ir.  9  pr.  de  don. :  <  In  aedibus  alicuius  babitare  gratis  donatio  videtur; 
id  enim  ipsum  capere  videtur  qui  habitat,  quod  mercedem  pro  habitatione  non  solait^ 
potest  enim  et  citra  corporis  dationem  valere  donatio  ». 

Da  questo  passo  si  ricava  infatti  che  la  concessione  di  abitare  gratis  un  apparta- 
mento  pu6  anche  costituire  donatio  in  senso  tecnico  (che  a  questa  pensi  il  giurista  sem- 
brami  risultare  dal  §  1):  nh  osta  che  materialmente  non  siavi  una  datio  rei,  quando- 
vi  ha  la  remissione  della  mercede.  Infatti  in  questo  ultimo  caso  si  ha  una  vera  e  pro- 
pria rinuncia  tid  un  diritto  a  tutto  vantaggio  del  debitore;  mentre,  come  si  e  visto, 
ad  esaurire  il  concetto  di  donazione  non  basta  la  semplice  gratuity  delKuso.  Occorre,  a 
mio  avviso,  che  il  negozio  si  configuri  come  remissione  di  mercede  gik  dovuta  o  pat- 
tuita.  L*Ascoli,  il  quale  ora  accede  alle  mie  opinion!  su  questa  materia  nel  suo  impor- 
tante  Trattato  tulle  donasioni,  p.  160  seg.,  non  ammette  che  sia  necessario  pensare  ad 
una  mercede  gi^  dovuta  o  almeno  convenuta:  «  anche  la  rinuncia  ad  acquistare  un  di- 
ritto >  pu6  costituire  donazione.  Ma  vedasi  Targomento  che  io  traggo  dairanalogia  di 
altri  passi.  Naturalmente  TAscoli  stesso  conviene  che,  se  la  mercede  fosse  fs\k  con- 
venuta, pit  nitida  apparirebbe  la  figura  della  donazione  (p.  162).  Per  esempio  e  stato 
conchiuso  un  affitto  per  alcuni  anni  e  quindi  il  locatore  rimette  la  mercede,  dichiarando 
di  volere  per  tal  tempo  lasciare  abitare  gratuitamente  il  conduttore.  La  quale  inter- 
pretazione  pienaroente  credo  di  giustificare  coi  fr.  15-17  de  lib.  leg.  34,3,  i  quali  si 
riferiscono  bensi  alia  materia  dei  legati,  ma  contribuiscono  a  recar  luce  sul  nostro  tema. 
Io  qui  uon  riferisco  che  i  fr.  15  e  17,  di  cui  Tuno  e  la  continuazione  delFaltro;  en- 
tram  bi  son  presi  dal  IX  libro  di  Paolo  ad  Plautium  : 

«  Ei  cui  fundum  in  quinquennium  locaveram  legavi  quidquid  eum  mihi  dare  oportet 
oportebitue,  ut  sineret  heres  sibi  habere.  Nerva  et  Atilicinus,  si  heres  prohiberet  eum 
frui,  ex  conducto;  si  iure  locationis  quid  retineret,  ex  testameiito  fore  obligatum  aiunt; 
quia  nihil  interesset,  peteret  an  retineret : . . . .  totam  enim  locationem  legatam  videri  ». 

Cabsius:  «  Btiamsi  habitatio  eo  modo  legata  estet,  aaATUiTAic  habitationbm  hbrbs 

PRABSTARB   DBBBT  »  M- 

Apprendiamo  che  un  modo  di  praestare  gratuitam  habitaUonem  e  quelio  di  non 
chiedere  la  mercede  di  una  preesistente  locasione;  che  dicesi  legato  di  habitMio  (non 
del  ius  in  re  di  tal  nome)  anco  Tordine  dato  alPerede  di  non  chiedere  Taflitto  di  una 
locazione  in  corso. 

Si  comprende  poi  che  vien  meno  il  concetto  di  commodato,  quando  Vttti  coincida 
col  /V*u<  e  sia  destinato  a  trarre  un  provento  diretto  della  cosa.  Oiacch^  in  tal  caso 
viene  ad  aggiungersi  un  novello  elemento,  Tacquisto  de*  frutti  o  proventi.  —  Un  fondo 
per  esempio  potr4  essere  commodato  per  impiantarvi  un  provvisorio  edificio  di  iegno, 
per  alcune  esercitazioni  ecc,  ma  non  per  coltivarlo  e  raccoglierne  in  frutti.  Un  simile 
negozio  cadrebbe  sotto  altra  categoria. 

Una  prova  di  ci6  io  veggo  specialmente  nel  fr.  16  g  1  D.  19,  5: 

c  Permisisti  mibi  ut  sererem  in  fundo  tuo  et  fructus  tollerem:  sevi,  nee  pateri8  me 


[}  Sul  vero  modo  di  coordinare  i  due  frammenti  ci  siamo  trattenuti  altrove.  Cfr.  Sui 
Ubri  di  Paolo  ad  Plautium,  Modena  1894  pag.  20. 


PRIMA  APPENDIOE  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  857.  275 

fructus  tollere,  nullam  iurU  eivilis  aetionem  etse^  Aristo  ait.   an  in  factum   dari  de- 
beat,  dellberari  posse;  aed  orit  de  dolo  ». 

Qui  i)  fondo  e  coneesso  per  un  uso  determiDato  e  tuttavia  il  giurista  noa  conosce 
alcuna  actio  dtilU^  che  serva  airuopo.  Peasa  dubitante  UQ*actfo  in  factum',  ad  ogni 
modo  ammette  ruttimo  rifugio,  actio  dolL  La  ragione  dod  pu6  essere  altra,  che'questa: 
Fuso  del  fondo  ut  fruottu  tolUrem  non  s^accorda  coUa  natura  del  commodato. 

Invece  in  altre  ipotesi  cessa  il  commodatOi  perche  non  si  pu6  discorrere  di  ua  vero 
uso  della  cosa  da  parte  di  colui  che  la  riceve.  Tali  sono  i  casi,  in  cui  taluno  consegna 
altrui  una  cosa  perche  ne  stimi  il  valore,  ecc  I  giuristi  romani  ritengono  che  qui  si 
abbia  un  negozio  speciale,  che  ora  s^avvicina  al  deposito  (quando  ciue  Tesame  o  la 
stima  della  cosa  si  intraprendono  a  beneflcio  di  chi  la  consegna^,  ora  al  comoiodato 
•(quando  s^intraprendono  invece  a  beneficio  di  chi  la  riceve  o  a  beneflcio  comune). 
Quando  non  valgono  Vaotio  in  rem,  Vactio  ad  ewhibendum  e  i  rimedi  contro  il  furto, 
.-si  permette  diagire  praescriptis  verbis.  Questa  dottrina  fa  evidentemeate  capo  a  Papi- 
NiANO  neirottavo  libro  delle  sue  Quaestionet  ^)  (fr.  1  §  2  D.  19,  5;  fr.  17  §  2  eod.  cfr. 
il  fr.  79  D.  41,  2).  Ulpiano  nel  iV.  10  §  1  h.  t.  pone  apparentemente  senza  risposta  il 
quesito:  si  rem  inspeotori  dedi,  an  similis  sit  ei,  cui  eommodata  res  estf  ;  ma  in 
fatto  la  risposta  e  impiicita  in  quanto  segue,'  come  ha  gi^  visto  lo  Stbfano  ad  h.  1.  ed 
^  in  buona  sostanxa  rinsegnamento  del  fr.  17  §  2  ibid,  —  Papiniano  ha  opportuna- 
mante  avvertito  del  resto  che  si  quis  pretii  explorandi  gratia  rem  tradat  (che  so- 
stanzialmente  non  differisce  dal  rem  inspiciendam  tradere)  neque  depositum  neque 
commodatum  est.  Mentre  perd  Ulpiano  fa  comprendere  che  tale  negozio  pud  essere 
simile  al  commodato  (fr.  10  §  1  comm,  13,  6);  altrove  sulla  scorta  dello  stesso  Papi- 
niano ricoQosce,  che  in  qualche  ipotesi,  e  cioe  se  v*interviene  il  solo  interesse  ,del  tra- 
dente,  prope  depositum.  hoc  accedit. 

Vedi  pure  il  fr.  17  §  4  pr,  verb.  19,  5:  «  si  cum  mihi  vestimenta  venderes'),  roga- 
verOy  ut  ea  apud  me  relinquas,  ul  peritioribus  ostenderem  ^U  n^o^  haec  perierint  vi 
ignis  aut  alia  maiore,  perieulum  me  minime  praestaturum  ^),  ex  quo  apparet  utique 
•custodiam  ad  me  pertinere  ». 

Precisamente  le  regole  del  commodato! 


^)  A*  tempi  repubblicani  (e  poi  nel!a  scuola  sabiniana)  dovette  concedersi  alPuopo 
VLtCaetio  in  factum,  Cfr.  Alfbno,  3  Dig.  a  Paulo  epiL  nel  fr.  23  pr.  u.  (19,  5) :  «  duo 
-secundum  Tiberim  cum  ambularent,  alter  eorum  ei,  qui  secum  ambulabat,  rogatus 
anulum  ostendit,  ut  respiceret,  illi  excidit  anulus  (sUntende  per  sua  colpa)  et  in  Tibe- 
rim devolutus  est.  respondit  posse  agi  cum  eo  in  factum  actione  ». 

2)  «  Avendo  tu  intenzione  di  venderroi  capi  di  vestiario  >. 

3)  E  una  forma  del  negozio  rem  intpieiendam  aecipere  nelKinteresse  delfaccipiente 
o  almeno  neH'interesse  comune. 

'*)  Nel  genuiao  testo  il  discorso  indiretto  pendeva,  secondo  ogni  verosimiglianza,  da 
un  Papinianus  scripsit.  Che  Ulpiano  citi  appunto  uno  scrittore,  risulta  anche  dalle 
parole:  ea  quo  ecc. 


8EOONDA  APPBNDIOE  DEL  TRADUTTORE 

Ai.  s^  857 


Nel  citato  lavoro,  capo  IV,  io  ho  trattato  iargamente  della  responsabilitji  del  com- 
modatario  tenendo  cod  to  dei  moltepHci  studi  recenti.  Riproduco  qui  la  parte  prineipale. 

Stkpano,  commentando  il  fr.  5  Dig.  XIII,  6  h.  t.,  scribe  che  il  commodatario  e  te- 
nuto  per  la  custodia  e  «  non  semplicemente  in  genere,  ma  per  custodia  oculatissima. 
B  il  commodatario  deve  infatti  usare  una  custodia  attentiesima  (se  il  negozto  verte  a 
sola  sua  utilit4) . . .  Per  conchiudere  dunque,  il  commodatario,  se  il  negozio  e  rivolto  a 
vaDtaggio  suo  e  del  commodante,  deve  rispondere  circa  la  cosa  del  dolo  e  della  colpa, 
ossia  d^la  custodia;  se  invece  ricava  egli  solo  profitto  dal  negozio,  deve  rispondere^ 
del  dolo  e  della  colpa  e  della  diligenza,  ossia  della  piii  oculata  custodia  . . .  ».  Da  questo- 
brano  si  ricava  che  pel  giurista  la  custodia,  a  cui  secondo  i  testi  h  tenuto  il  coouno- 
datario  nella  normale  ipotasi  che  il  negozio  sia  conchiuao  a  suo  esclusivo  beneflcio 
(Gfr.  Qaio,  3,  205-206  —  fr.  5  §  14  h.  t.  —  §  15  sg.  I,  4,  1),  non  h  che  una  forma  di 
diligeoza.  La  custodia  e  una  determioata  serie  di  provvedimenli  atti  a  preservare  dak 
perlmento,  dalla  perdita  e  dal  danno  la  cosa;  la  diligenia  ^  il  grado  di  energia  in  tali 
provvedimenti  richiesto. 

II  commodatario  (sempre  secondo  lo  Sfbpano)  e  tenuto  alia  custodia  ordinaria  o 
ssmplioe,  quando  il  negozio  e  a  comune  vantaggio  dei  due  contraenti;  e  tenuto  alia 
custodia  quaU/loata  o  diUgentisMtma,  quando  11  negozio  e  a  suo  profitto  esclusivo.  La 
custodia  semplice  consiste  nelPassumere  quel  provvedimenti  che  il  commodatario  suol 
del  resto  adibire  per  le  cope  proprie;  la  custodia  qualificata  consiste  invece  neirusare 
quella  cura,  che  il  prudente  paterfamiUat  suole  adoperare  circa  le  cose  sue.  —  Non 
bisogna  lasciarsi  ingannare  da  quel  superlativo  iTrt/uttXeVraro?  usato  piik  volte  dal  giu- 
rista greco;  la  sua  dottrina  nulla  ha  di  comune  con  quella  gi4  universale  fra*  roma- 
nisti,  che  nel  caso  del  comune  vantaggio  (Pambo  i  contraenti  il  commodatario  sia  te- 
nuto per  culpa  levis  e  in  quello  di  suo  esclusivo  vantaggio  per  culpa  letwima. 
Qiacche  qui  tale  em/AsItffra'n}  xouvruJia  si  coatrappone  alia  diligensa  qtuim  suis  a  non 
e  pertanto  ne  pii]i  ne  meno  che  la  consueta  diligenza  del  buon  pater  familioM,  Tanto 
meno  poi  e  lecito  identificare  la  custodia  diligentissima  dello  Stbfano  colla  custodia 
teenica  di  Wimdscheid  e  Baron  e  la  custodia  semplice  colla  custodia  in  senso  lato  o 
volgare  de*  predetti  scrittorl.  La  custodia  pel  giureconsulto  bizantino  non  e  che  ana 
forma,  un*applicazione  della  diligensa ;  Tobbligo  alia  custodia  s*identilica  coirobbligo  di 
evitare  la  culpa  (culpa  -^toi  custodia) ;  inoltre  k  chiarissimo  da  quanto  segue  nello 
stesso  commento,  che  in  tale  inifjitltara'ni  custodia,  non  entra  alcuna  responsabiliti.  per 
avvenimenti    fortuiti    (rux^pa'.    Cfr.  le    parole    «  fuvariy  il  effrtv,   aur^v,  rdv    xf^9«/uitvo> 


EfBOONDA  APPBNDIOB  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  857.  277 

lo  Don  asito  a  dichiarare  che  tale  dottriDa  dello  Stepano  mi  pare  conciliabiligsima 
colle  fonti  rispetto  al  diritto  giiutiDiaoeo  e  mi  pare  sostanzialmente  quella  giit  profes- 
sata  dai  giuristi  ciassici.  E  poichd  tale  affefmaiione  pu6  suscitare  qualche  mera^iglia, 
quale  ritorno  alle  idee  antiquate  (Coccbi,  tu»  oto.  oontr.^  ed.  cit.  h.  t.  I,  715  sg.),  cost 
io  credo  bene  di  esporre  con  qualche  ampiezsa  le  ragioni  del  mio  opinare.  N^  io  potr6 
stare  rigorosamente  entro  i  confini  della  presente  materia;  necewariamente  dovro  toe- 
care  alcune  questioni  general!  attinenti  al  tema  della  custodia:  ci6  e  tanto  piu  natu- 
rale,  in  qifanto  che  il  commodato  e  quasi  la  sede  precipua  delle  relative  contro- 
versie  *). 

Si  e  affermato  ai  nostri  giorni,  sovratutto  dal  Baron  ne'  due  suoi  scritti  sulla  CU' 
stodia,  che  il  commodatario  sia  tenuto  alia  cosi  detta  ctistodia  tecniea,  ovvero  sia  re- 
spcnsabile  verso  il  commodante  non  solo  del  perimento  o  del  danno  cagionato  da  suo 
dolo  o  da  sua  colpa,  ma  pur  anche  da  quello  derivante  dal  cato  minore.  La  sua  re- 
spoDsabilitii  circa  la  cosa  commodata  eccederebbe  i  conAni  della  colpa  e  arriverebbe 
fino  a  quelli  della  «m  maior.  I  danni  dati  dai  terzi  o  da  animali,  i  furti  e  simili  eve- 
niense  formerebbero  materia  di  tale  responsabilita.  Veniamo  a  vari  argoraenti  addotti 
a  soategno  di  siffatta  dottrina. 

Aniitutto  si  osserva*  che  le  fonti  esigono  dal  commodatario  una  diligentia  diligen- 
U'Msimi  patrisfamilia*^  eaaoia^  e^eaetifntna  *) :  fr.  18  pr.  h.  t. :  « in  rebus  commodatis 
talis  diligentia  praestanda  est,  qualem  quisque  diligentissimus  paterfamilias  io  suis 
rebus  adhibet »;  tr.  I  ^  4,  de  0.  et  A,  (44, 7)  «...  is  vero,  qui  utendam  accepit, . . . 
exactissimam  diligentiam  custodiendae  rei  praestare  compellitur  »;  cfr.  9  ^  In*t,  3, 14'). 
—  Secondo  il  Baron  tali  espressioni  indicano  una  respoDsabilit4  comprendente  la  cu- 
stodia  in  senso  tecnico  *).  I  giuristi  romani  avrebbero  qui  per  tale  singolarissima  dili- 
gensa  inteso  una  norma  obbiettiva,  la  cui  osservanza  eccede  le  forze  del  singolo  indi- 
viduo,  e  che  appunto  compreaderebbe  la  responsabilitit  per  la  colpa  altrui  e  il  ctutu 
minor;  sostanzialmente  si  avrebbe  in  altre  parole  una  indicasione  della  cuttodia 
tecnica. 

Ma  qui  devonsi  fare  parecchie  osservazioni.  Tali  frasi  noa  sono  punto  patrimonio 
comune  de*  giuristi  romani.  II  diligentissimus  paterfamilias  ^  un*espres8ione  partico- 
lare  a  Gaio  ;  fr.  18  pr.  cit.  —  fr.  25  §  7  D.  19,  2  «  culpa  aulem  abest,  si  omnia  facta 
sunt  quae  diligentissimus  quisque  observaturus  esset »  ;  a  Gaio  va  ricondotto  anco 
il  S  ^  !•  de  looat.  3,24^).  —  Lo  stesso  deve  dirsi  anche  dell'altra  frase  earaetissima 
diligentia:  il  fr.  1  §  4  cit.  appartiene  appunto  a  Gaio,  e  a  Gaio,  res  oott.  va  ricon- 
dotto iP§  1  I,  3,  27,  come  altrove  abbiamo  avvertito  ^ .  —  II  Baron  adduce  come 
equipollente  la  frase  eaaota  diligentia,  Essa  si  trova  nel  citato  §  2  I,  3,  14  preso 
dalle  res  cottidianae  di  Gaio  e  sostituito  a  exaetissima  diligentia,  che  sta  nel  testo 
delle  Pandette  (fr.  1  §  4).  Non  ^  invece  ammissibile  una  similti  sostituzione  pel  §  4  I, 
ibid,  derivante  dalla  stessa  opera  di  Gaio.  Del  resto  exaota  diligentia  non  trovasi  che 
due  volte  in  Paolo  ''). 


0  Cfr.  Pbrnicb,  Labeo  2,  354. 

2)  Baron,  II,  260  (cod  I  e  II  indico,  secondo  Tordine  eronologico,  i  due  articpli  del- 
VArchivio  per  la  pratica  civile). 

3)  Circa  la  divergenza  nella  espressione  cfr.  a  titolo  di  curiosity   Mbrillio.  in  inst. 
ad  h.  1. 

*)  Cfr.  II,  253  sgg. 

^)  Ferrini,  Fonti  delle  Istitusioni  ad  h.  §  ^  res  oottidianae, 

«)  llnd,  ad  §  1  cit. 

•^)  D.  18,  6,  3  —  /?.  S.  1,  4  §  L 


278  SBOONDA  iPPBNDlOB  DEL  TBADUTTORB  AL  §  857. 

Qlk  questo  fatto  mi  sembra  poco  atto  a  coafermare  la  nostra  fade  negli  insegoamenti  del 
Baron.  Uq  concetto  cosi  rigoroso^  cosl  deflnito,  cosi  importante  avrebbe  dovuto  avere 
espressioni  sicure,  precise,  uniformi ;  non  si  capisce  affatto  come  uno  scrittore  pretenda 
indicarlo  con  frasi  non  usate  da  alcun  altro  e  che  intese  letteralmeate  danno  un  diverso 
fignificato. 

Si  avverta  poi  che  Gaio  usa  tali  espressioni  in  casi,  per  cui  la  ragione  si  scorge  ben 
chiaramente.  Nel  fr.  18  cit.  si  tratta  di  distinguere  la  diligenza  dovuta  dal  commoda- 
tario  nel  caso  normale,  in  cui  il  negozio  e  volto  a  suo  esclusivo  profltto,  dalla  dili- 
gentia  quam  suis  da  prestarsi  nei  casi  in  cui  il  profitto  i  comuae.  II  giurista  fa  ef- 
ficacemente  osservare,  che  noa  basta  adibire  circa  la  cosa  commodata  la  cura  stessa 
che  si  pone  circa  le  cose  proprie;  occorre  usare  la  premura  stessa  che  per  le  cose 
proprie  suole  avere  un  padre  di  famiglia  diligentissimo.  Siamo  evidentemente  nel  campo 
mero  della  diligensa  e  della  colpa  e  il  superlativo  qui  non  ha  altro  ufftcio  che  di  con- 
traddistinguere  con  maggiore  energia  ia  diligensa  del  buon  paterfamiU<u  dalla  dili- 
genza quam  tuU.  —  Ugual  ragione  vi  ha  pel  citato  fr.  1  ft  4;  si  tratta  appunto  di 
incttlcare,  come  c  non  sufdcit  ei  tantam  diligentiam  adhibuisse  quantam  suis  rebus  adhi- 
bere  solitus  est  ».  Lo  stesso  dicasi  del  S  1  !•  3,  27  c  ad  exactissimam  quisque  diligen- 
tiam compellitur  reddere  rationem,  nee  sufficit  talem  diligentiam  adhibere,  qualem  suis 
rebus  adhibere   soleret,  etc  ». 

Ne*  due  passi  fr.  25  §  7  cit.  e  §  5  dtf  loc,  si  tratta  di  indicare  i  confiini  tra  la  colpa 
e  il  caso ;  il  giurista  vuole  chiaramente  dimostrare  che  quesfultimo  comincia  dove  non 
v*e  alcuna  negligenza  da  rimproverare  al  conduttore.  B  si  tratta  anche  di  un  genere 
di  negozii,  in  cui  il  buon  padre  di  famiglia  suole  effettivamente  adibire  molta  cura.  — 
Ora  mi  pare  che  si  possa  con  sicurezza  conchiudere,  che  le  citate  espressioni  non  im- 
plicano  un  incremento  di  responsabilitjt  oltre  gli  ordinarii  confini  della  colpa. 

Meno  ancora  pud  addursi  la  semplice  frase  eaaota  diligentia.  Paolo  usa  questa 
frase  pel  negotiorum  geator  [v.  s.  1,  4  §  I),  che  non  ^  certo  tenuto  che  alPordinaria 
diligenza  del  buon  paterfamilias  ^):  altrove  dice  (18,  6  S  3)  che  il  venditore  ante  ad- 
metiendi  diem  deve  prestare  diligentiam  exaetioremy  quam  in  eui*  rebue  adhiberet. 
—  Qui  insomma  non  si  distingue  altro  che  la  diligenza  ordinariamente  richiesta  dalla 
diligentia  quam  auie,  £  questo  comparativo  fa  credere  che  Gaio  e  Paolo  usando  il 
positivo  exaota  diligentia  altro  non  vogliano  indicara,  che  la  consueta  diligenza  del 
buon  pater familiae.  So  bene  che  tal  modo  di  intendere  il  passo  non  coincide  con  quello 
di  Baron  <);  ma  le  ragioni  del  dissenso  esporrd  quanto  prima,  confutando  altri  argo- 
menti.  —  II  §  4  I.  3, 14  preso  certamente  dalle  ree  eouidianae  di  Qaio,  dice,  parlaudo 
del  creditore  pignoratizio,  <  placuit  suf&cere  quod  ad  eam  rem  custodiendam  exaetam 
diligentiam  adhiberet  > ;  ora  Paolo  nel  fr.  14  de  p.  a.  13, 7  spiega  iu  che  consista  1*0- 
xacta  diligentia  richiesta  in  tale  ipotesi  c  ea  igitur  quae  Migens  paterfamiliae  in 
Muis  rebue  praeetare  eolet  a  creditore  exiguntur  ».  11  Baron,  che  sul  fondamento  del 
S  4  cit.  e  di  altri  passi,  di  cui  vedremo,  aumenta  invece  la  responsabilitA  del  creditore 
pignoratizio  per  la  euetodia  teonioa,  si  trov6  costretto  ad  asserire  che  Paolo  aveva 
un*opinione  diversa  da  quella  degli  altri  giuristi  su  tale  argomento  3).  Piii  tardi  pro- 
pose un*altra  spiegaiione  *);  Paolo  avrebbe  parlato  di  un  pegno  di  immobili  e  in  tal 
caso  avrebbe  avuto  ragione  di  scrivere  cosi,  perche  la  euetodia  teonioa  non  si  applica 
che  ai  mobili.  —  Ma  intanto  (senza  discutere  se  il  concetto  di  custodia  sia  ristretto  ai 


^)  Paochioni,  neg.  geat,,  pag.  620  sg. 
«»  II,  285  sgg. 

3)  I,  79. 

4)  II,  269  sg. 


SBOONDA  APPBNDIOB  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  857.       279 

mobili)  6  certo,  che  i  compilatori  tolsero  qualsiasi  relatione  fra  tale  decisione  e  la  qua- 
Wik  immobiliare  deiroggetto  e  quindi  la  dottrina  di  Baron  resulta,  almeno  pel  diritto 
giusllDianeo,  non  vera.  Inoltre  si  vegga  quanto  la  sua  spiegazione  per  (yanto  concerne 
il  testo  origioario  di  Paolo  sia  improbabile.  U  fr.  14  ^  assunto  dai  compilatori  per  in- 
tercalarlo  tra  i  fr.  13  e  15  e  integrarne  11  discorso.  I  compilatori  in  tali  casi  sogliono 
completare  quanto  un  giurista  dice  con  quello  che  un  altro  giurista  espone  trattando 
il  medesimo  pun  to.  E  devesi  appunto  credere  che  Paolo  trattasso  un  problema  gene- 
rale  della  responsabilitii  del  creditore  pignoratizio,  come  lo  tratta  Ulpiamo  al  fr.  13 
§  1.  Del  resto  se  Paolo  avesse  voluto  lihiitare  il  suo  asserto  al  pegno  di  immobili,  Ta- 
vrebbe  naturalmente  detto  (tanto  piu  se  la  diversa  aatura  delFobbietto  avesse  tanto 
inftuito  sul  grado  della  responsabilitii),  ne  tal  mensione  avrebbero  negletto  i  compila- 
tori, che,  secondo   il  Barom^  avrebbero  pure  accolto  la  dottrina  della  custodia  tecnica ! 

Pii!l  grave  pu6  sembrare  Taltro  argomento,  che  le  fonti  esigono  dal  commodatario, 
oltre  la  responsabiliti  per  dolo  e  colpa,  quella  per  custodia  e  che  la  responsabilitji  sua 
viene  esplicitamente  delimitata  da'  casi  di  forsa  maggiore. 

Cfr.  fr.  5  §  5  h.  t. :  «  custodiam  plane  commodatae  rei  etiam  diligentem  debet  prae- 
stare  »  (il  commodatario). 

Cfr*  fr.  5  §  15  ibid.:  «  esse  uerius  ait,  et  dolum  et  culpam  et  diligentiam  et  custo- 
diam in  totum  me  praestare  debere  ».  ^ 

Cfr.  pure  Oaio,  3, 205,  206  —  ?§  15,  16  I  (4,  1). 

Circa  airaccennata  deliminazione,  si  meditino  i  passi  seguenti : 

Cfr.  fr.  5  §  4  h.  t. :  <  quod  vero  senectute  contigit  vel  morbo  vei  vi  latrouum  erep- 
tum  est,  aut  si  quid  simile  accidit,  dioendum  est,  nihil  eorum  esse  imputandum  ei,  qui 
commodatum  accepit,  nisi  aliqua  culpa  interveniat  ^K  perinde  et  si  incendio  vel  ruina, 
aliquid  contigit  vel  aliquod  damnum  fatale,  non  tenebitur  ». 

Fr.  I  ^  ^  de  O.  et  A.  (44,7):  <  is  vero  qui  utendum  accepit,  si  maiore  cctsu  oui 
humana  in/lrmitas  retistsre  non  potest,  veluti  incendio,  ruina,  naufragio,  rem  quam 
accepit  amiserit,  securus  est  ». 

E  bene  avvertire,  che  il  damnum  fatale^  il  naufragium,  la  uis  piratarum.  sono 
addotti  come  limitaiioni  della  responsabilit^  nel  receptum  nautarum  ^;,  nel  quale,  come 
tutti  sanno,  si  rispondeva  anco  del  perimento  e  del  danno  avvenuto  senza  colpa  del  re- 
cipiente. 

Aggiungeremo  ancora  che  Gaio  sembra  nel  fr.  5  pr.  D.  4,  9  mettere  il  fullo  e  il 
sareinator  rispetto  alia  responsabilitA  per  la  oustodia  nella  stessa  condizione  del  eaupo, 
dello  stabularius,  del  nauta. 

«  Nauta  et  caupo  et  stabularius  mercedem  accipiunt  non  pro  custodia,  . . .  et  tamen 
custodiae  nomine  tenentur.  nam  et  fullo  et  sareinator  non  pro  custodia,  ted  pro  arte 
mercedem  accipiunt  et  tamen  custodia  nomine  ex  locato  tenentur  ». 

Lo  stesso  Oaio  parifica  altrove  3)  rispetto  alia  oustodia  il  commodatario  al  fullo  e 
al  sareinator: 

«  Quae  de  fullone  aut  sarcinatore  dizimus,  eadem  transferemus  et  ad  eum,  cui  rem 
commodavimus ;  nam  ut  illi  mercedem  capiendo  custodiam  praestant,  ita  hie  quoque 
utendi  commodum  percipiendo  similiter  necesse  habet  custodiam  praestare  ». 


^)  «  nisi -interveniat »  e  probabilmente  emblema.  Ad   ogni  modo,   se  esse   dk  un  ca- 
rattere  troppo  scrupoloso  e  scolastico  alia  esposizione,  non  turba  menomamente  il  senso. 
«)  Pr.  3  8  1  D.  4,  9. 
3)  3, 206. 


280       SECONDA  APPBNDIOE  DEL  TEADUTTOBK  AL  §  867. 

Sebbene  il  Baron  esplicitamente  nol  dica,  pure  e  chiaro  che  la  conchiusione  <  se  a 
=z:x  eb  =  x,  az=:b»glie  paraa  in  quMto  caso  ben  applicabile  I 

Si  aggiung^inoltre,  che  in  moiti  testi  i)  h  detto  senz'altra  restrizione,  che  quella 
della  solvibilit&  (potche  il  commodatario  insolvibile  e  privo  del  necessario  interewei, 
che  il  commodatario  ha  Vactio  furti  contro  il  ladro,  poiche  del  furto  ri»poDde  Terse  it 
commodante.  Una  tale  respoosabiliti  apparentemente  illimitata  pel  furto  sembra  bene 
accordarsi  colla  dottrina  della  custodia  tecnica. 

Secondo  il  Baron  ^)  vi  sarebbe  pure  nelle  fonti  una  esplicita  testimonianza  della 
piena  responsabilit^  del  commodatario  pel  danno  recato  dagli  animali  alia  cosa  coromo- 
data,  cio^  il  fr.  2  pr.  D.  9, 1 :  <  haec  actio  (de  pauperie)  non  solum  domino,  sed  etiam 
ei  cuius  interest  competit,  veluti  ei  cut  res  commodata  est,  item  fulloni,  quia  eo  quod 
t&nentur  dafnnum  videntur  pati  >. 

Credo  cosi  di  avere  condensato  tutte  le  precipue  ragioni  addotte  dagli  awersari  e 
di  averle  anzi  espresse  piu  efficacemente  di  quanto  alcuno  di  loro,  compreso  lo  stesso 
Baron,  abbia  fatto. 

Nel  campo  delle  obbligazioni  per  custodia  s*intende  uii  dovere  di  custodire  e  di- 
fendere  una  cosa  dal  perimento,  dal  trafugamento,  dal  danno,  cui  corrisponde  un  di- 
▼erso  grado  di  responsabilitii  3).  E  quindi  un  obbligo  di  assumere  le  dovute  cautele  per 
evitare  la  perdita  e  il  danno.  Secondo  la  natura  del  rapporio,  quest'obbligo  e  piu  o  meno 
rigido;  ora  ba^ta  che  taluno  non  ommetta  maliziosamente  de*  provvedimenti  necessarii 
o  almeno  che  non  ommetta  quelli,  la  cui  necessitii  non  pu6  sfuggire  che  a  pereone  sin- 
golarmente  trascurate;  ora  si  richiede  che  taluno  usi  quei  provvedimenti  che  suole 
usare  per  le  cose  propria;  ora  si  richiede  che  impieghi  tutta  la  cura  per  prevenire  le 
perdite  e  i  danoi.  —  E  chiaro,  a  mio  avviso,  che  la  dottrina  della  custodia  h  posta  cosi 
in  stretto  rapporto  colla  dottrina  della  colpa  e  in  ci6  mi  aliontano  dal  Brinz.  Che  vi 
abbiano  quelle  tre  categorie  di  custodia,  dicono  ie  fonti: 

a)  una    custodia,  che  ha  per  contrapposto   il  dolo  (e  la  culpa  lata):   fr.  2^10. 

18,  6:  «  custodiam qualem  praestare  venditorem  oporteat,  utrum  plenam^  ut  et 

diltgentiam  praestetf  an  vero  dolUm  dumtaxat...  ».  V'^  dunque  una  custodia,  che 
consiste  nelKastenersi  dalle  omissioni  maliziose  o  gravemente  colpose  (Stbfano  ad  fr.  53 
«|  3  pro  socio  paria  appunto  di  una  custodia  ^oau  itpofsiowj^a.).  Tale  citstodia  non  e 
plena;  e  infatti  le  fonti  sogliono  evitare  la  nomenclatura  di  custodia  dove  non  corri- 
sponde   la  diligentia.    E  cosi  si  spiegano    alcune  antitesi,    non  infrequenti    nelle   fonti, 

per  es.  fr.  10  §  1  h.  t.  €  si   quidem  mea   causa  dedi dolum  mihi  tantum  prae- 

stdbit;  si  sui  et  custodiam  ». 

b)  una  custodia,  che  ha  per  misura  la  diligentia  quam  suis,  e  indicata  da  Paolo 
fr.  3  D.  18,  6:  «  custodiam  autem  venditor  talem  praestare  debet,  quam  praestant  hi 
quibus  res  commodata  est,  ut  diligentiam  praestet  exictiorem,  quam  in  suis  rebuts 
adhiberet  ».  V'e  dunque  anche  una  custodia,  che  risponde  alia  diligentia  quam  suis. 

o)  una  custodia  (ed  e  quella  solitamente  intesa)  che  risponde  alia  diligentia  dili- 
gentis;  per  es.  §  4  I.  3,  24  <  ab  eo  custodia  talis  desideratur,  qualem  diligentissimus 
paterfamilias  suis  rebus  adhibet  ».  In  tal  caso  appunto  custodia  si  scambia  cun  dili- 
gentia o  si  illustra  colla  menzione  della  diligenza  *)  (fr.  2  §  1  cit.  «  custodiam  plenam, 
ut  et  diligentiam  praestet  »   ecc).    L*endiade  et   diligentiam  et  custodiam    nel  celebre 


M  Per  es.  Gaio,  L  c,  §  16  I.  4,  1.  —  fr.  14  §  16  de  f.is  (47,  2i,  etc. 

2)  II,  206  sg.  270. 

3)  Alquanto  diversamente  Brinz,  Pand.  §  268  sgg. 

*)  Cfr.  sovratutto  il  fr.  19  h.  t  col  fr.  41  de  loc.  il9,  2). 


SEGONDA  APPENDICE  DEL  TRADUrfOBE   AL  §  857.  281 

ti\  5  §  15  h.  t.  riceve  cosl  molta  luce;  essa  va  sciolta  in  diligentem  custodiam  (custo- 
diam  diligentem  praestare  u  ha  in  fr.  5  §  5  b.  t.)  o  eu#toeltam,  quaUm  diligens  pa- 
terfamilias  adhibere  tolet.  Gfr.  pure  fr.  36  D.  19^  1  cpars  est  custodiae  ililigentiaeque 
lianc  interponere  stipulationem  ». 

« 

La  na^gentia  in  eust^imdo  coatituisce,  a  mio  modo  di  vedere,  il  perfelto  con- 
trapposto  delta  culpa  in  faeiendo;  entrainbe  queste  figure  riunite  insieme  esauriscono 
la  materia  della  culpa  in  ^enso  laio.  E  co9\  %\  comprende  benissimo,  perche  ora  la 
inanoata  eustodia  sMndichi  come  culpa  e  ora  invece  si  dica  che  taluno  risponde  e  della 
-culpa  e  della  mancata  eustodia.  La  culpa  ^  \k  intesa  ia  senso  lata;  qui  piii  stretta- 
roente.  come  culpa  in  faeiendo.  L*equiparazione  di  culpa  e  mancata  eustodia  e  chiara 
in  fr.  5  9  13  <  culpam  in  eam  quoque  praestandam  >  ^),  cfr.  anche  l.>  Stefano  in  h.  1.; 
cosi  pure  in  fr.  14  <l  10  de  furtis  (47,  2) :  «  palrem  hoc  nomine  agere  non  posse,  quia 
•custodiam  praestare  non  debeat . . .  is . . .  habet  furti  actionem  . . .  qui  ob  eam  rem  te- 
netur,  quod  ea  res  culpa  eius  perierit,..  ».  II  cumulo  invece  si  trova  in  molti  passi, 
per  es.  fr.  13  §  ID.  13,  7  :  «  venit  autem  in  hac  actione  (pigneraticia)  et  dolus  et  culpa, 

ut  in  commoilato;  venit  et  eustodia  »:  const.  19  de  pign.  8,  13:  «  creditor dolum 

•et  culpam  %tdi\\g6in'mm  etoustodiam  exhibere  cogitur  »  :  fr.  5  §  15  h.  t.  «  et  dMum  et 
•culpam  et  diligentiam  et  custodiam  in  totum  me  praentare  debere  » :  tV.  1  S  35  D.  16,  3: 
«  non  miliim  dolum  sed  etinra  culpam  et  custodiam  («  culpa  in  faeiendo  »  e  <  in  omitte*ndo  ») 
praefitet  *. 

Invece  io  non  trovo  mai  (e  questa  afTermazione  (ark  forse  slupire  piu  di  un  lettorei 
indicaia  colla  voce  eustodia  una  responsabiiitiii  che  arrivi  pur  \k  dove  manca  la  colpa. 
dove  non  c'e  una  negligenza  imputabile.  —  Ho  detto  che  tale  mia  afTdrmasione  far& 
forse  stupire  qualcuno,  ^lacche  si  h  oggi  inclinati  a  trovare  «  il  paradigma  della  re- 
«pon8abilit&  per  la  eustodia  nel  receptum  del  nauta  e  del  caupo  ».  (Pernicb,  I^beo  ?«  347). 
E  certo,  che  «  omnimodo  qui  recepit  tenetur,  etiam  si  sine  culpa  eius  res  perit  vel, 
damnum  datura  est  »  (fr.  3  §  1  D.  4,9);  ma  e  pur  certo  che  tale  responsabilit^  non  e 
mai  indicata  colla  voce  eustodia.  Niuno  vorra  trovare  una  simile  indicazione  nel  fr.  1 
^  1  ibid.'.  «  maxima  utilitas  est  huius  ed>cti,  nam  necesse  est  plerumque  eorum  fidem 
Kequi  et  res  custodiae  eorum  eommittere  »,  giacche  qui  eustodia  non  indica  una  re- 
fiponsabilita,  ma  il  semplice  fatto  di  ricevere  in  cura  le  cose  altrui,  cfr.  per  es.  fr.  1 
pr.  I).  16,  3  e  fr.  1  §  5  cftf  0.  et  A.  (44,  7).  Da  questo  fatto  posiiono  nascere  obbliga- 
zioBt  e  responsabilitA,  ma  queste  non  vanno  confuse  con  quelle.  Precisamente  il  eom- 
mittere custodiae  »i  trova  detro  pel  depositor  in  cui  niuno  amroette  la  cos'i  delta  eu- 
stodia tecnica.  Cfr.  il  cit.  fr.  1  §  1  :  €  depositum  est  quod  custodiendum  alicui  datum 
est;  dictum  ex  eo  quod  ponitur:  praeposito  emm  de  augei positum ,  ut  ostendat  totum 

BIUS   FIDRI   COMXISSUM,   QUOD   AD   CUSTODIAM    REI  PBRTINBT  >.    Vodi    iV.  9   ^3  ds   1,  D.   23.3: 

<  el  si  eustodia  marito  commiititur  (rerum  uxoris),  depositi  vel  raandati  agi  poterit  ». 
Vedi  poi  fr.  1  §  9,  IS'-,,  13,  14  fr.  6  dep.  (16,3)  —  Al  eommittere  custodiae   alieuius 


')  II  Baron  insiste  nuovnmente  (II,  266)  nella  sua  vecchia  (1,70)  spiegazione  eulpam 
{servi)  praestandam.  Ma  essa  e  impossibile,  come  prova  un  semplice  confronto  colle 
ultime  parole  del  parngrafo.  II  Baron  ha  per6  ragione,  quando  sostieiie  contro  il  Per- 
nios (Labeo  2,  355).  che  tali  parole  derivano  da  Cartilio  e  non  da  Ulpiano.  La  verirn 
■e  che  periculum  (sell,  custodiae)  ad  te  respieere  equivale  a  culpam  praestandam, 

^}  Plenius  fuit  mandatum  habens  et  custodiae  legem  vuol  dire:  <  il  mandato  non 
fi  riferiva  solo  airincarico  di  consegcare  ia  cosa  a  Tisio;  era  piu  ampio  e  compren- 
deva  anche  quello  di  custodire  la  cosa  ove  Tizio  non  la  volesse  licevere  »:  CiV.  Tindice 
di  Stekano  in  h.  I.  Ma  per  se  la  eustodia  (ossia  iL  fatto  del  custodire)  \n\6  e^sere  oh- 
bietto  del  deposito,  come  del  mandato,  come  della  locazione  d'opera. 

Gluck,  Comm.  PandetU.  —  Lib.  XIII.  36 


282  SECONDS  1.PPBNDI0B  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  857. 

corrisponde  il  eustodiam  ret  recipere :  cfr.  fr.  1  §  12  depositi  e  Ir.  1  §  8  nauL  eaup, 
(4,  9)  <  et  puto  omDium  eum  recipere  custodiam  quae  in  navem  illatae  sunt  >. 

Un  sifTatto  recipere  ouetodiam  imi  e  in  taluDi  coDtratti  la  precipua  o  aoche  J'eaclu- 
eiva  prestazione,  a  cui  una  delle  parti  si  viene  obbligando  con  dirersa  efficacia:  lo  e 
nel  depusito,  lo  e  in  taluni  casi  di  locazione  d*opera  (quarftlo  si  d4  una  meroee  pro  re 
euetodienda)^  lo  e  in  alcuni  casi  di  mandato.  In  altri  contratti  invece  il  recipere  cu- 
stodiam e  una  preslazione  subordinata,  che  tacitamente  segue  la  principale.  Cosi  nelia 
loeatio  operisy  il  conduttore  che  si  assume  di  lavorare  la  materia  altrui  si  assume  ta- 
citamente d  sorvegliarla ;  cosi  nei  contratti  col  nauta  e  il  eaupo,  questo  si  assume 
ut  viatoree  manere  in  eaupona  patiaturf  quello  ut  traieiat  eectores,  eppure  a  tali 
prestazioni  principali  ed  esplicite  segue  tacitamente  Taltra  del  reeipere  rertitm  etuto- 
diam.  Tanto  non  e  altro  vuole  insegaarci  Gaio  nel  fr.  5  h.  t,  il  passo  che  e  stata  forse 
la  pietra  d'iiiciampo  del  Baron  e  che  ha  creato  molte  difficoltA  al  Windschbid  e  ad 
altri  scrittori. 

«  nauta  et  caupo  et  stabularius  mercedem  accipiunt  non  pro  custodia  (pel  fatto  della 
custodia;  noa  per  un  determinato  grado  di  responsabilit^  relatival  sed  nauta  ut  traieiat 
uectores,  caupo  ut  uiatores  manere  in  eaupona  patiatur,  stabularius,  ut  permittat  iu- 
ment%apud  eum  stabulari  (si  noti  come  il  confrotito  e  serapre  con  determinate  figure 
di  prestazioni);  et  tamen  custodiae  nomine  tenentur  (cioe  si  dk  azione  verso  loro,  non 
solo  per  Tadempimento  di  queste  principali  prestazioni  dedotte  in  contrattOi  ma  anco- 
rispetto  alia  conservazione  delle  cose),  nam  et  fullo  et  sarcinator  non  pro  custodia,  sad 
pro  arte  mercedem  accipiunt  et  tamen  custodiae  nomine  ex  Iccato  tenentur  > 

E  cioi  il  fuUone  ed  il  sarto  possono  essere  coavenuti  ex  locato  non  solo  per  man- 
cata  o  difettosa  esecuzione  del  pattuito  lavoro«  ma  anche  per  conseguenze  deri^anti  dal 
perimento  della  cosa  data  in  consegna. 

II  distinguere  questi  due  significati  di  custodia  nel  cauipo  delle  obbligazioni  e  ne- 
cessario  anche  di  fronte  alle  locuzioni  usate  dai  giuristi.  Qaio  qui  scrive:  custodia  no- 
mine teneri,  e  ripete  ben  due  volte  la  frase;  mentre  questa  espressione  non  si  trova 
mai  ne  m  lui  ne  in  altri  autori  per  indicare.  che  taluno  e  responsabile  della  diligetisa 
impiegata  nel  oustodire  la  cosa,  o  nei  casi,  in  cui  il  Baron  trova  insegnata  la  respon- 
sabilit&  per  la  custodia  teeniea.  La  frase  costaote  per  indicare  tale  responsabilit^  e 
eitstodiam  prciestare  ed  e  molto  istruttivo  confrontare  col  fr.  5  test^  citato  il  §  206  • 
seg.  delle  Istituzioni  di  Oaio,  lib.  Ill,  tanto  piii  che  i  due  passi  sono  dello  stesso  autore. 

«  Quae  de  fullone  aut  sarcinatore  dizimus  eadem  transferemus  et  ad  eum  cui  rem 
commodavimus;  nam  ut  illi  mercedem  capiendo  custodiam  praestant,  ita  hie  quoque 
utandi  commodum  percipiendo  similiter  neoesse  habent  custodiam  praestare.  sed  is  apud 
quem  res  deposita  est,  custodiam  non  praestat  >. 

Che  qui  custodiam  praestare  abbia  tutfaltro  senso  che  custodiae  nomine  teneri, 
h  chiaro.  II  depositario  tenetur  custodiae  nomine  al  punto,  che  il  contralto  si  definisce 
appUQto  dal  la  custodia:  eppure  qui  si  dice  che  custodiam  non  praestat.  Nel  fr.  5 
sUnsegna  giustamente  che  il  fullo  ed  il  sarcinator  non  pro  custodia  mbrcbdbk  acci- 
piunt e  qui  altrettanto  giustamente  si  dice  che  mbrcbdbm  capibndo  custodiam  prab- 
8TANT.  Ivi  si  dice  che  la  mercede  non  si  liferisce  al  servizio  che  fanno  custodendo  la 
cosa  ;  qui  si  dice  che  siccome  il  negozio  h  loro  proftttevole,  poich^  ricevono  mercede, 
cosi  la  loro  responsabilitA  si  misura  coUa  diligente  custodia. 

Oltre  la  frase  custodiam  praestare,  che  di  gran  lunga  e  la  piii  usata,  occorrono 
custodiam  exhibere  o  adhihere:  custodia  alioui  pertinet :  custodia  (in  iudicio)  reniL 

Non  mai,  in  questo  senso,  custodiae  nomine  teneri,  frase,  su  cui  il  Baron  ha  pur 
fatto  tanto  assegnamento  (II,  225,  237). 


SBOONDA  APPENDICE  DEL  TBADUTTORB  AL  §  857.      283 

La  frase  subirg  perioulum  ouMtodiae  fr.  1  S  4  D.  47,5  indica  semplicemente  che 
fi'iacontra  una  respoDsabiliU  (pertculum)  pel  fatto  di  tonere  la  cosa  altrui  (custodia) 
aoche  per  event!  dod  derivanti  direttamente  dalla  ^olonUi  propria  (dolo).  Cfr.  anco  la 
nota  seguente  d  la  frase  affatto  analoga  perieulum  depositi  in  fr.  1  §  35  D.  16,  3.  Non 
•e  precisato  del  resto  fino  a  che  punto  tale  responsabilitii  si  estanda,  se  comprenda  o  do 
<qualche  parte  del  caso,  o  aoche  tutto  il  caso.  Pu6  anche  limitarsi  alia  diligentia  quam 
9uis :  cfr.  fr.  25  D  17, 2  ==  «  non  ob  earn  renoi  minus  ad  perieulum  socii  pertinet,  quod 
iieglegentia  eius  peri isset  etc.  >.  Pu6  invece  comprendere  anche  la  forza  maggiore: 
c  1.  h.  t.  (4,  23). 

Un  altro  passo,  che  merita  di  essere  ponderato,  e  il  difficile  fr.  14  §  17  de  furih 
<47,  2) : 

c  An  etiam  is,  cui  data  est  (epistula)  preferenda,  furti  agere  possit  ?  et  si  cuatodia 
•eius  ad  eum  pertinebat,  potest,  sed  et  si  interfuit  eius  epistulam  reddere,  furti  ha- 
4>ebit  actionem ;  ftnge  earn  epistulam  fuisse,  quae  continebat,  ut  ei  quid  redderetur  fie- 
retue*  potest  habere  furti  actionem :  vet  si  c%AStodia*n  eius  rei  reespit  vel  mercedem 
f  referendae  accepit,  et  erit  in  hunc  casum  similis  causa  eius  et  cauponis  et  magistri 
nauis;  nam  his  dam  us  furti  actionem,  si  sint  soluendo,  quia  perieulum  rerum  ad  eos 
pertinet  ». 

L^indice  di  Dorotbo  mostra  che  il  testo  ha  subito  alcune  alterazioni.  Appare  perd 
come  ciistodiam  reeipere  non  abbia  lo  stesso  significato  di  «  ousiodiam  ad  aliquem 
psrtinere  >.  Stando  alfindice  doroteano,  il  testo  dovrebbe  ricostituirsi  a  un  dipresso 
cosi :  • 

<  an  —  furti  agere  possit  f  et  si  iikerfuit  eius  epistulam  reddere,  furti  habebit  ac- 
tionem; finge  eam  epistulam  fuisse,  qua  continebat,  ut  ei  quid  redderetur  fieretue : 
potest  habere  furti  actionem,  sed  et  si  custodia  eius  ad  eum  pertinebat,  potest,  vel(uti) 
ai  custodiam  eius  rei  recepit  et  mercedem  perferendae  accepit.  et  erit  etc. » 

Quand'e  che  il  iatore  della  iettera  e  tenuto  alia  diligente  custodia,  che  (come  ye- 
•dremo  poi  meglio)  suole  arrecare  la  responsabilit^  pel  furto?  Quand'6,  in  altre  parole, 
che  eustodia  epistulae  ad  eum  pertinet  f  Quando,  risponde  il  giurista,  recepit  eusto- 
•diam  eius  rei  e  si  assunse  Tiucarico  contro  la  mercede  corrispondente.  Colui  infatti 
che  gratuitamente  riceve  una  cosa  per  trasportarla,  reoipit  bensi  eustodiam,  nel  senso 
•che  prende  la  cosa  per  tenerla  e  restituirla;  ma  viene  ad  essere  coosiderato  come  un 
depositario  non  tenuto  alia  diligante  custodia  e  non  responsabile  pel  furto.  Cfr.  fr.  3 
■S  1  D.  4,  9 :  «  si  gratis  res  (perferendae)  susceptae  sint,  ait  Pomponius  depositi  agi  po- 
tuisse  >. 

Per  mostrare  che  la  mia  ricostituzione  del  testo,  che  del  resto  a  prima  vista  giit  si 
rivela  corrotto,  segue  letteralmente  rautorevolissimo  indice  di  Dorotbo,  ecco  la  ver- 
«ion0  parola  per  parola  di  quesVultimo :  «  E  per  questo  si  e  domandato,  se  anche 
rintermediario  cui  vien  data  da  portare  la  mia  Iettera,  abbia  Tazione  di  furto.  B  se  lui 
interessa  il  consegnare  la  Iettera, *ha  Tasione  di  furto;  supponi  che  nella  Iettera  si  con> 
ienga  di  dare  qualche  cosa  a  colui  che  la  porta  o  di  fare  qualche  cosa  per  lui.  Anche  se 
ha  ricevuto  una  mercede  pel  trasporto  della  Iettera,  ha  pure  Tazione  di  furto,  poiche 
fie  ha  la  responsabilit^  ecc.  ». 

Tra  le  ragioni,  per  cui  si  alterd  questo  passo,  fu  a  mio  credere  la  non  capita  diffe- 
renta  fra  le  due  frasi  otutodiam  ad  aliquem  pertinere  (sul  cui  senso  cfr.  per  es.  anco 
il  §  15  h.  fr.)  e  custodiam  reeipere:  ci6  ingenerd  confusione  e  spinse  a  guastare  il 
testo. 

Dopo  tali  oflservazioni  crediamo  inutile  Toccuparci  deirioterpretazione  affatto  diversa 
proposta  da)  Lbhmann,  Rivisia  della  fond.  Sav,  R.  A.  IX,  109-121. 


284  SKGONDA  APPBNDIOE  D£L  TBADUTTOBfi  AL  §  857. 

Credo  cosi  di  avere  provato  che  la  responaabilit^  del  nauta  e  del  caupo,  la  quale 
eccede  sicuramente  i  confiiii  della  colpa,  non  e  mai  iodicata  colla  fra&e  eustodiant 
praestare  e  che  tanto  meno  eustoditi  indica  quella  eccedenza  di  reBpon8abilit&  oltre  gli 
accennati  coniini.  —  L*argomento,  che  si  e  voluto  trarre  dalla  pretesa  equiparasione 
del  fullo  e  sareinator  col  nauta  e  col  caupo,  e  di  quelli  col  commodatario,  e  aflatta 
immaginario,  come  8*e  visto.  Che  del  resto  la  responsabiliti  del  conduttore  di  opera 
(a  cai  appartiene  il  fullo  e  il  sareinator)  si  misuri  diversamenta  da  quella  del  nauta, 
e  detto  esplicitamente  nelle  fonti.  Perche,  scrive  Pompomio,  ha  il  pretore  introdotta  Ta- 
zione  in  faotum  contro  il  nauta  ecc.  i  Non  bastavano  le  azioni  civili  ?  Porse  che  per 
es.  si  ret  p^rferendas  nauta  eonduxit,  non  ci  sarehbe  stata  coiitro  di  lui  V actio  ex  lo- 
cator E  risponde:  La  ragione  e  duplice;  la  prima  sta  in  cid  che  il  pretore  ha  voluto 
mostrare  il  suo  rigore  verso  certa  geote;  la  seconda  e  piu  importante  nta  in  ci6,  che 
«  in  locato  et  conducto  —  eulpa  dumtojpat  praestatur;  at  hoc  edicto  omnimodo  qui 
reeepit  teneiur,  etiamei  tine  culpa  eiut  res  periit  rel  damnum  datum  ett »  :  fr.  3^ 
§  4  D.  4,  9. 

Ora  il  commodatario  e  rispetto  alia  custodia  espliciiamerite  parificato  al  conductor 
operit  (cfr.  Oaio  3,  206)  e  ami  anco  al  conductor  rei  (fr.  5  §  15  h.  t.  tub  fin.) :  a 
proposito  del  quale  vedi  Pomponio  apud  Ulp.,  nel  fr.  §  1  ciU  <). 

Maggiore  difficolt^  potrebbe  sorgere  da  cid,  che  il  limite  della  responsabilita  de\ 
commodatario  sembra  in  parecchi  testi  riposto  nella  uis  maior,  nel  catut  maior,  com» 
abhiamo  gi&  osservato.  Parrebbe  cosl  che  il  campo  del  catut  minor^  cui  appartengnno 


')  Che  Vhorreariut  sia  tenuto  per  la  com  detta  custodia  tecnica,  che  sia  anst  equi- 
parato  in  proposito  al  nauta  ecc.  (s*intende  ove  non  intervengano  special!  pattuizioni> 
e  bensi  opinione  generale  (Baron,  II,  245  sg.  —  Goldschmidt,  nella  sua  Rivittih  H 
pag.  327.  —  WiKDSCHBiD,  Pand.,  %  401  num.  2.  —  Brinz,  Pand.  §  269  (2/  ediz.).  — 
Pbrnicb,  Labeot  2,  350  (num.  6));  ma  non  mi  pare  dimostrato.  Che  egli  possa  ob- 
bligarsi  con  apposite  pattuizioni  oltre  Tambito  della  diligenza  e  della  colpa,  e  ovvio; 
ma  che  tale  obbligo  gi^  intervenga  ope  iuris  o  per  sotiiniesa  conveniione,  non  nii 
pare. 

In  contrario  parlano  apertamente,  s'io  ben  veggo,  il  fr.  41  loc.  (19, 1)  e  il  ir.  19  h.  t.. 
sui  quali  qui  nun  mi  diflfondo  perch^  dovr6  presto  considerarii  nel  teftto.  Nulla  provu 
il  fr.  40  he. :  «  qui  mercedem  accipit  pro  custodia  alicuius  rei,  is  huius  periculum  cu- 
stodiae  praestat  ».  Cuttodia  qui  indica  il  fatto  delTassumere  rem  scf^avdam  :  la  na- 
tura'  della  prestaiione  coincide  con  quella  del  deposito,  da  cui  il  negozio  differisce  per 
la  convenuta  mercede.  Ora  il  testo  dice  potervi  essere  un  contralto  di  locazione  d^opeiiv 
avente  per  oggetto  la  custodia  rei  ossia  quella  prestazione,  che  forma  Toggetto  del  de- 
ftosito ;  se  non  che  in  ial  caso  il  custodienie  incontra  una  responsabilitd  iperioulum}^ 
che  non  incontra  nel  deposito.  Ora  il  periculum  (ed  e  noto  da  un  pezzo ;  per  es.  Vinmio» 
JnsL  ed.  cit.  II,  94)  non  significa  punto  necessariamente  una  responsabiliti  eccedente 
la  colpa;  quella  derivante  da  ommessa  diligenza  e  (se  altro  non  appare)  compresa.  Tale 
responsabilili.  non  incombe  al  depositario,  che  e  tenuto  pel  solo  dolo  (o  per  la  colpa 
lata),  o<(»ia  per  eventi  riconducibili  direttamente  o  indirettamente  alia  sua  volonU.  Cfr. 
per  una  decisione  affatto  analoga  il  fr.  1  §  35  dep.  Id,  3:  €  et  si  quis  se  deposito  obtulit, 
idem  Julianus  scribit  periculo  te  depotiti  illigasse  (la  sua  responsabilitA  eccede  quella 
per  dolo;  perieulutn  depositik  del  tutto  equivalente  k periculum  c%utodiae)  ita  tamen 
ut  non  solum  dolum,  sed  etiam  culpam  et  custodiam  praestat,  non  tamen  casus  for^ 
tuitos  ».  —  E  ceito  che  Vhorreariut,  come  del  resto  ogni  conduttore,  protfJtae  ou-- 
stodiam,  (fr.  60  §  8  loc.  19,  2);  ma  ci6  signiflca  che  per  la  conservazione  della  cosa  ri- 
sponde della  diligenza  del  buon  padre  di  famiglia. 


SBOONDA  APPENDIGB  DEL  TBADUTTOBB  AL  §  857.      28& 

i  farti,  i  danni  recati  senza  violenza  dagli  uomiDi  o  dagli  animali  ecc,  delil>a  esser  com- 
preso  in  tale  respoDsabilUA.  E  ci6  sembra  appunto  confermato  dal  fatto,  ch«  regolar- 
inente  compete  al  commodatario  V actio  furti, 

Comineeremo  per6  ad  awertire,  che  il  limite  della  uiif  maior  e  addotto  anche  per 
altri  casi  di  responsabilitii,  per  cui  neasaoo  ha  pensato  mai  alia  cosi  delta  custodia  teo- 
nica.  Cfr.  per  es.  Dig.  26,  7, 50  «  si  res  pupillaris  incursu  latronum  pereat  vel  argen- 
tarius,  cui  tutor  pecuniam  dedit  quum  fuisset  celeberrimuB,  solidum  reddere  noD  pos- 
sit,  nihil  eo  nomine  praestare  cogitur  ».  Cod.  4,  34,  1  c  8i  incursu  latronum  vel  alio- 
fortuito  casu  ornamenla  deposita  apud  interfectum  perierint,  detrimentum  ad  heredem 
eius  qui  depositum  accepit  —  noii  pertinet  »  — .  Ora  Tuitima  formula  non  so  in  quant4> 
diffbrisca  da  quella  del  fr.  5  §  4  h.  t.  «  st  incendio  vel  ruina  aliquid  contigit,  vel  ali> 
quod  damnum  fatale...  »  usata  a  proposito  dal  commodato  (v.  anzi  circa  Vineendio, 
quanto  si  dice  pii!i  avauti).  E  del  resto  si  pu6  anehe  spiegare  come  mai  si  adducano 
ordinariamente  esempi  di  vis  maior  per  escludere  la  responsabiliti  pur  nei  casi,  in  cui 
si  esige  piu  delPordinaria  diligenza.  Questi  sono  veramente  casi,  in  cui  ogni  lesponsa- 
bilitji  appare  senza  altro  esciusa  (e  quando  taluno  ne  risponde,  e  per  la  deviazione  dai 
limiti  della  sua  obbligazione,  non  per  diretto  rapporto  colKevento  dannoso);  mentre^ 
ove  non  si  tratti  di  forza  maggiore,  e  sempre  aperta  la  questione  se  poteva  o  no  con 
maggpor  cura  evitarsi  il  danno.  lusomma  i  casi  di  forza  maggiore  si  prestano  ad  un 
paradigma  generale;  gli  altri  casi  fortuiti  risultano  tali  solo  dalPesame  delle  circo- 
stanze  concrete  e  individual i> 

N^  del  resto  si  deve  credere,  come  fa  il  Baron,  che  le  espressioni  easus  fortuitust. 
fatalia  siano  equipollent!  a  eaaus  maior ^  uis  maior  etc.  Per  esempio  nel  Cod.  5,  38,  4 
ieggiamo: 

«  tutoribus  vel  curatoribus  fortuitos  ea*us,  adversus  quo*  oaveri  non  potuit,  im- 
putari  non  oportere  saepe  rescriptum  est ». 

Ora  qui  per  tali  fortuiti  oasvu  non  si  possono  intendere  che  in  genere  gli  evenli 
non  prevedibili.  Cfr.  Taffatto  simile  decisione  in  Cod.  4,  35,  13: 

«  a  procuratore  dolum  et  omnem  culpam,  non  etiam  improvisum  casutn  prae^ 
standum  ease,  iuris  auctoritate  manifesto  declaratur*. 

Si  avverta  che  siamo  in  ipotesi,  in  cui  per  confessione  di  tutti  non  pu6  discorrersi 
di  custodia  tecnica;  il  secondo  passo  poi  mira  ex  profesao  a  delimitare  la  responsabi- 
liti  del  procurator,  E  poi  lecito  invocare  anche  la  c.  5  (9,  16);  bench^  ivi  la  decisione 
si  rapporti  al  diritto  criminale,  pure  non  pu6  non  aver  radice  nel  slgnidcato  pro^io 
delle  parole,  il  quale  deve  fondamentalmente  ritenersi  lo  stesso,  che  nel  campo  del  di- 
ritto civile  ^).  Ivi  si  dice  avvenuta  per  caao  fortuito  la  morte  in  conseguenza  di  u^ 
calcio  ricevuto.  L>vidente  significato  e  pur  quello  che  chi  assesta  altrui  un  calcio  non 
pu6  prevedere  una  cosl  grave  e  terribile  conseguenza:  tale  effetto  e  per  lui  impro- 
viau9,  Del  resto  il  damnum  fatale,  che  nel  f'-.  5  §  4  cit.  e  addotto  come  limite  della 
responsabilit4  del  commodatario,  e  deflnito  nel  fr.  52  §  3  pro  socio  (17,  2)  come  «  dam- 
num quod  imprudentibus  accidit  ».  —  Si  e  disputato  circa  rintelligenza  di  quesle  pa- 
role, lo  credo,  che  Tespressione  non  possa  disgiungersi  daiPaltra  improvisus  casus;  si 
tratta  di  quegli  eventi  che  capitano  improvvisi  anco  a*  diligenti,  ancha  a  chi  prende  le 
precauzioni  dalfordiuaria  prudenza  suggerite.  I  greci  tradu^ono  fatale  con  r^x^pdv  (for- 


^)  Cfr.  benche  non  si  riferisca  alia  presente  questione  particolare,  ma  tratti  piu  ge- 
neralmente  il  problema,  il  Pbrnicb,  Laheo,  2,372  sg. 


286  SEOONDA  APPBNDIOB  DBL  TBADUTTOBE  AL  §  857. 

iuito,  causale)  e  quae  imprudentibus  acoidunt  con  rx  ictLp*  klicXia.  yi'^fuvoL,  ci6  che  av- 
viene  fuori  d'ogni  ragioiievole  aspettazione. 

Tale  definiziooe  ^  suffragata  dagli  esempi,  che  seguoDo:  Tra  essi  e  che  il  peeus  pe- 
I'isca  in  un  inceodio.  Ora  un  tai  ca80  ordinariamente  noo  appartiene  neceseanaiiiente 
alia  uis  maior.  Tanto  poco  vi  appartiene  di  nacessita,  checch^  ne  pensi  il  Baron  ^). 
che  i  romani  dicono  anzi,  che  incendium  sine  culpa  fieri  n<m  poteet  (fr.  11  D.  18, 6  . 
La  quale  frase  e  certo  iperbolica;  ma  indica  chiaro  che  il  danno  e  in  aBtratto  evita- 
bile:  la  responsabilit^  e  esclusa  per  regola,  quando  il  fatto  non  sia  riconducibile  a 
colpa  dello  stesso  obbligato.  Cfr.  il  fr.  3  §  1  D.  1,  15:  «  quia  plerumque  ineendia 
€ulpa  fiunt  inhabitantiumf  aut  fustibus  castigat  eos,  qui  neglegentiue  ignem  hahue- 
runt  etc  ». 

L^unica  dif&colt4  che  pu6  opporai  a  queste  riflessioni  e  foree  quella  che  pud  rica- 
varai  dal  fr.  3  §  1  D.  4,  9:  «  omnimodo  qui  recepit  tenetur,  etiam  si  sine  culpa  eius 
res  peri  it  vel  damnum  datum  est,  niei  si  quid  damno  fataU  contigerit ».  Qui  pare, 
poiche  ai  discorre  del  reoeptutn  ruiutarum^  che  damnum  fataU  aia  affatto  equiva- 
tente  a  uia  mator,  che  infatli  piu  avanti  si  adduce :  <  idem  erit  dicendum  et  si  in  sta- 
bulo  vel  caupona  vis  maior  contigerit ».  —  Se  non  che  qui  abbiamo  a  fare  con  un  ma- 
laccorto  gloasema  od  emblema:  nisi  —  contigerit.  Q\k  il  tipo  di  esao  (che  rientra  in 
una  delle  pii]i  note  categorie  dello  Eibblb)  ^  soapetto;  si  aggiunge  che  appena  pu6  cre- 
derai  che  un  giuriata  romano  acrivesse  «  si  —  damnum  datum  est,  niai  si  quid  damno 
fataU  contigerit  ».  La  condotla  poi  del  ragionamento  riaulta  strana.  Si  pone  come  prin- 
cipio  iocontroTerao,  che  il  nauta  non  riaponde  del  damnum  fataU^  quindi  se  ne  de- 
duce aulPautorit^  di  Labbonb  non  essere  iniquo  dare  al  nauta  eccezione  in  caao  di 
naufragio  o  di  asaalto  de*  coraari!  E  invece  naturale,  che  il  giuriata,  dopo  aver  detto 
che  il  nauta  riaponde  anco  pel  perimento  e  pel  danno  non  aacrivibile  a  sua  colpa,  ag- 
giungease :  Labeo  tamen  etc.,  temperando  coal  il  rigore  del  principio  annunciato.  Ma 
il  principio  doveva  appunto  annunciarai  in  tutto  il  auo  rigore,  trattandoai  di  apiegare 
le  parole  edittali  niei  restituent,  in  eos  iudioium  dabo,  Queate  parole,  letteralmente 
inteae,  non  lasciano  scampo  per  il  nauta:  o  reatituire  o  risarcire. 

Che  del  reato  la  reapooaabilil^  del  comraodatario  intesa  sotto  ii  nome  di  custodia 
non  eaorbitasse  dai  confini  della  colpa,  e  detto  nelle  Fonti  per  chi.  vuole  intanderlo. 

La  c.  6  IV,  24  dice  generalmente:  «  quae  fortuitis  casibus  accidunt,  cum  praem- 
deri  non  pottierint  (in  quibus  etiam  aggressura  latroDum  est)  nullo  bonab  fidei  iu- 
Dicio  praeatantur  ». 

A  arbitrario  equiparare  caso  fortuito  a  uis  maior.  11  senso  e  apiegato  dalla  alesaa 
costitusione  cum  praevideri  non  potuerint  e  a  queato  aenao  noi  dobbiamo  attauerci, 
benche  poi  ai  citi  un  eaempio  di  uis  maior,  Queata  rientra  nel  caao  fortuito  come  la 
apecia  nel  genere;  ma  Timperatore,  decidendo  una  questione  attinente  ad  eaaa,  invoca 
il  principio  generale. 

II  fr.  13  S  1  D-  14i  7:  «  venit  autem  in  hac  actione  et  dolua  et  culpa;  ut  in  com- 
modato  venit  et  custodia;  via  maior  non  venit  >. 

Gi6  e  meglio  chiarito  dal  aucceasivo  fr.  14:  c  Ea  igitur,  quae  diligens  paterfami- 
iias  in  suis  rebus  praestare  snlet,  a  creditore  exiguntur  ». 

Anche  il  creditore  pignoratizio  e  tenuto  alia  cuatodia;  anche  per  la  aua  reaponaabi- 
\iik  e  addotto  il  limite  della  uis  maior;  la  miaura  della  aua  reaponaabilitA  e  parificata 
«8plicitamente  a  quella  del  commodatario  e  tuttavia  apprendiamo  che  non  eaorbita 
quanto  auole  e  pud  prestare  il  diligente  paterfamilias. 

II  tentativo  di  Baulon  di  attribuire  la  deciaione  del  fr.  14  al  aolo  pegno  di  immobili 


1)  II,  276,  296,  sg. 


SEGONDA  APPENDIOB  DEL  TUADUTTOBE  AL  §  857.      28T 

non  mi  pare,  come  ho  giA  detto,  troppo  felice.  Del  resto  io  nan  so  quale  vantaggio  se 
ne  possa  ricarare  per  U  sua  teoria,  una  volta  che  si  dimostri  inaccettabile  Taltra  sua 
assemioDe  che  la  eustodia  ^  applicabile  ai  soli  mohili,  —  Nod  si  vede  anzitutto  verun 
motivo  intrinseco  per  tale  limitazione;  e  vero  che  degli  immobili  Don  si  commette  furto, 
ma  t  danni  sono  possibili  tanto  pe*  raobili,  che  per  gli  immobili.  —  II  suo  argomento- 
esegetico  e  tolto  dal  fr.  29  D.  19,2  (Alf.  7  Dig,)-.  La  Lex  looationis  compreade  questa 
elausola:  «redemptor  siluam  ne  cedito  neue  cingito  neue  deurito,  neue  quern  cedere 
ciDgere  urere  sinito  ».  Si  domanda,  se  basti  che  il  conduttore  impedisca  di  far  tali  cose 
a  chi  coglie  sul  tatto  o  se  ioveco  debba  «  ita  siluam  custodire,  ne  quis  id  facere  pofsit  ». 

Respondi:  <  verbum  sinere  utramque  habet  signifleatioDem ;  sed  locatorem  potius  id 
videri  voluisse,  ut  redemptor  non  solum,  si  quern  casu  vidisset  siluam  caedere,  prohi> 
beret,  sed  uti  curaret  et  daret  operam  ne  quie  Qaederet ». 

A  me  pare  che  il  testo  dimostri  la  piena  applicabilitii  della  outtodia  2l%\\  immobili; 
si  pu6  cuMtodire  una  selva  e  la  cuslodia  sla  nella  diligenza  impiegata  {curare  et  dare 
operam)  nel  prevenire  il  danno,  proprio  come  per  i  mobili. 

Co9i  invece  al  Baron  non  pare.  « II  giurista  —  cosi  egli  serine:  (11,229)  —  in  luogo 
del  ouetodire  matte  un  ourare  et  dare  operam ;  evidentemente  perch^  stima  impossi- 
bile  un  ouetodire  eiluam,  ». 

Ma  una  simile  interpretazione  pud  venire  in  mente  solo  a  chi,  (Issatasi  bene  in  capo- 
UD*idea,  .attribuisce  senz'avvedersi  a  tutti  gli  altrt  e  anche  ai  testi  il  suo  modo  di  ve- 
dere.  La  domanda  6  se  qui  il  ne  tinito  importi  solo  il  dovere  di  impedire  chi  vien 
colto  sul  fatto  o  aoche  quello  di  ouetodire  eiluam.  II  giurista  risponde  che  esso  ha 
utramque  eignifioationem  (dunque  anche  quella  di  ouetodire)  e  si  decide  per  la  ^e-^ 
conda,  cui  chiarisce  anche  roeglio  coUe  parole  ourare  et  dare  operam.  Ma  che  Tinter- 
pretazione  da  lui  ffcelta  sia  una  di  quelle  proposte  dal  consulente,  e  evidente,  dal  mo- 
mento  che  dice:  <  Le  parole  usate  si  adattano  a  entrambe  le  interpretazioni ;  6  nel 
caso  per6  piii  Terosimile,  ecc.  >  ^).  Invece  vi  hanno  testi  gravissimi,  che  confermano  non 
esistere  in  proposito  fra  mobili  e  immobili  differenza  di  trattamento:  Alf.  2  Lig,  fr.  II,. 
D.  18,  6  —  «  si  vendita  insula  combusta  esset,  cum  incendium  sine  culpa  fieri  non 
possit,  quid  iuris  sit?  respondi t:  quia  eine  patriefamiliae  culpa  fieri  potest  (neque  si 
servorum  neglegentia  factum  esset,  continuo  dominus  in  culpa  erit),  quamobrem  si  ven^ 
ditor  earn  diligentiam.  adhibuisset  in  insula  custodienda,  quam,  debent  homines 
firugi  et  diligentes  praeetare,  si  quid  accidisset,  nihil  ad  eum  pertinebit  ». 

El  Tobbligo  generale  della  rei  ctutodia  che  spetta  al  venditore  flno  al  momento  della 
tradiiione  o  al  momento  in  cui  questa  viene  a  mancare  per  coipa  del  compratore. 

Non  meno  chiaro  6  il  fr.  36  D.  19,  1 : 

«  Venditor   domus   antequam   eam   tradat,  damni    iafecti  stipulationem   interponere 
debet,  quia  antequam  vacuam  possessionem  tradat  oustodiam  et  diligentiam  praestare' 
debet  et  pars  est  oustodiae  diligentiaque  banc   interponere   stipulationem  et   ideo  sir 
neglexerit,  tenebitur  emptori ». 

II  venditore,  se  non  interpone  la  oautio,  si  espone  alia  perdita  del  possesdo  e  anco 
della  propriety;  e  quindi  proprio  pars  oustodiae,  vale  a  dire  si  riferisce  proprio  ai 
provvedimenti  suggeriti  dalla  diligenza  per  la  conservaiione  della  cosa  Tinterporre  la 
stipulazione. 


^)  La  lex  h  qui  interpretata  adversus  eonduotorem  ;  ma  ci6  ^  perche  il  dovere  che- 
cosi  ne  risulta  per  quest*ultimo  i  conforme  airobbligo  generale  del  conduttore  di 
praestare  oustodiam.  —  La  nostra  interpretazione  h  del  tutto  conforme  a  quella  dk 
Stepano. 


288  SEGONDA  APPBNDIOE  DKL  TBADUTTORE  AL  §  857. 

I  quali  bellissimi  tesli  non  solo  luostrano  esteso  anche  agli  imraobili  il  concetto  della 
custodia,  roa  illustrano  egregiamente  il  concetto  roedesimo,  quaU  appiicaiione  della  di- 
ligentia.  Om  il  Baron  dice:  «  illecito  Tadoperare  tali  espressioni  iocidentali  come  ar- 
gomenti  >  ^).  —  Ma  non  si  tratta  aflatto  di  ewpressioni  inoidentaU,  Si  opera  in  ambo 
i  teati  e  epecialinente  nel  secondo  col  concetto  di  custodia,  come  un  concetto  tecnico 
-e  fondamentale  e  lo  e  difatti,  poiche  il  venditore  deve  appunto  prestare  la  custodia. 
Come  si  dovrebbe  qualificare  il  contef^no  del  giurista  se  si  esprimesae  in  tal  guisa. 
mentre  la  pra^ttatio  eustodiae  fos$;e  ristretta  al  venditore  di  cose  roobili?  £  la  nostra 
usages!  e  tanto  piu  certa,  in  quanto  che  il  franimento  neH'opera  genuina  (Paolo  ad  PL) 
«i  riferiva  al  titolo  de  funis  (Lenbl,  I,  1158).  1/argomento  del  furto  poteva  dare  occa- 
sione  a  parlare  della  custodia  tecnica,  coma  viceversa  (per  es.  fr.  4  D.  47, 2  cf.  Lrnel, 
H,  11?6). 

Ritornando  dunque  alia  noAlra  trattazione,  m  ricava  che  il  creditore  pignoratizio  non 
-e  tenuto  oltre  la  diligenza  del  bonus  pater  families  *  cid  che  benisfimo  p«r  noi  si  ac- 
corda  con  quanto  dicono  le  Islituzioni  (3,  14  §  4):  <  placuit  suf/icere  quod  ad  eam  rem 
custodiendam  exactam  diligentiam  adhiberet;  quam  si  praestiterit  et  aliquo  fortuito 
easu  rem  amiserit,  securum  esse  debet  >.  Un  argnmento  perentorio  o(Tre  poi  a  mio 
awiso  il  fr.  14  §  6  de  furtis  47,  2,  dove  la  responsabiiila  del  creditore  pel  furto    coin- 


M  lit  228  —  La  lesi  pel  B^kon  si  complica  forse  per  c'\6y  che  il  venditore  non  e  te- 
nuto secondo  lui  b\\k  custodia  tecniea,  che  nel  casodi  vendita  per  un  prezzo  fissato  per 
misura  prima  della  misurazione.  lo  non  credo  esistere  alcuna  differenza  fra  questo  caso 
e  Tordinario.  Bd  ecco  le  mie  ragioni.  Ulpiano  nello  stesso  libro  28  ad  Sab,  poco  dopo 
avere  esposto,  secondo  il  Baron,  Tobbligo  della  custodia  teeniea  per  rhi  vende  vino  a 
misura,  soggiange  (fr.  4  S  I9  2  D.  18,6):  c  si  avei-sioue  vinum  venit,  custodia  tantura 
praestnnda  est...  vino  autem  per  aversionem  vendito,  finis  eustodiae  est  auehendi 
tempus  ».  Come  mai  «  praestare  custodiam  »  pn6  avere  a  poche  righe  di  distanza  cosi 
iliverso  signiftcato  ?  E  poi  una  custodia  assoluta,  quale  vorrebbe  il  Baron,  come  ai  ac- 
corda  con  quanto  scrive  Gaio  (fr.  2  9  1  ibid.):  «  custodiam  ante  admetiendi  diem  qualem 
praestare  venditorem  oporteat:  utrum  plenam,  ut  et  diligentiam  praestet,  an  vero 
dolum  dumtaxat?  ».  Si  porrebhe  cosi  in  quella  ipotesi  il  quesito?  Qualche  difficoltA  pub 
<iare  il  fr.  1  §  1;  ma,  senza  biasimare  col  Pbrnicb  Ulpiano  per  una  confusa  esposi- 
zione,  dovremo  riconoscere  che  ivi  si  e  operato  qualche  spostaniento  fra  il  testo  di  Sa- 
niNO  e  le  note  di  Ulpiano.  Infatti  la  fine  del  pr.  del  fr.  si  rannoda  strettamente  col 
^  2;  invece  il  principio  del  S  1  si  rannoda  col  §  *S.  In«omma  e  nata  contusione  tra  la 
custodia^  che  e  una  cosa,  e  il  periculum  acoris^  muooris  ecc.  che  e  tutl*altra  cosa. 
Cos\  si  spiega  benissimo  anche  I'osservnzione  «  priusquam  enim  admetiatur  vinum, 
prope  nondum  venit  »  e  si  comprende  come  un  ca^o  affatto  naturale,  quale  Tinacidirsi 
del  vino,  venga  a  ricadere  sul  venditore.  L'obbligo  alia  custodia  invece  si  collega  con 
quanto  s*insegna  poi  circa  TelTusione,  ecc.  Si  noti  che  ora  tra  11  pr.  e  il  §  1  cV  un:i 
^ingolare  mescolanza  di  cose  divt^rsissime:  la  degustatio  e  la  mensura,  che  si  riferi- 
scono  a  ipotesi  fra  loro  lonlanissime;  e  cid  prova  con  ogni  certezza  che  qiinlche  cosa  e 
caduto  e  che  s'e  operato  uno  spostainento.  —  Notevole  e  poi  il  fr.  35  §  4  D.  18,  I :  «  si 
res  vendita  per  furlum  perierit . . .  si  nihil  appareat  convenisse,  talis  custodia  deside- 
randa  est  a  venditore,  qualem  bonus  pater  tamilias  suis  rebus  adhibet,  quam  si  prae- 
stiterit et  lamen  rem  perdidit,  securus  esse  debet  ».  A  mio  awiso  cosi  e  dett)  oltima- 
raente  quanto  si  esige  da  chi  e  tenuto  alia  custodia  per  antonomasia.  .Lo  stesso  Gaio 
al  fr.  2  §  1  D.  18,  6  ove  si  parla  di  vino  da  misurarsi,  dice  die  il  venditore  e  scuaato 
<Ialla  vis  magna  e  dal  damnum  fatale;  le  due  formole  per  noi  coincidono.  Non  cosi 
iiaturalmente  pel  Baron. 


SEOONDA  APPENDICK  DEL  rilADUTTOEE  AL  §  857.  289 

eide  etpreaBamentd  colla  di  lai  colpa.  E  poiche  alia  rasponsabilitii  del  creditore  pigno- 
iratizio  e  perfdttamente  equiparatft  qutlla  del  commodatario,  h  lecito  dalPuDa  arguire 
airaltra. 

E  tale  insegnameoto  e  perfettamente  eonforme  ad  altri  testi.  Cf.  il  fr.  19  h.  t  (Qiu- 

LtAHO) : 

«  Ad  eos  qui  servandum  aliqUid  conducunt  aut  utsndum  accipiunt  damaum  iniuria 
ab  alio  datum  now  pertinere  procal  dubio  est;  qua  enim  eura  aut  diligentia  coosequi 
possumas,  ne  aliquis  damium  nobis  iniuria  det? 

Qaella  responsabililA  pel  damnum,  che  h  cosi  importante  pjl  nauta  e  pel  caupo, 
non  ha  luogo  pel  commodatario,  giacche  anche  adoperando  tutta  la  diligenza  egli  non 
pud  evitare  •gni  danno.  Notevolissimo  si  k  che  in  fr.  4l  O.  19,  2  la  s'.essa  domanda  di 
QiULiARO  6  da  Ulpiano  riferila  cosi:  c  qua  enim  eU*todia  consequi  potuit,  ne  damnum 
iniuria  ab  alio  dari  possii?  •.  —  N<tturalmente  Giuliano  non  inteiideTa  escludere  ogni 
responsabilitil  de*  danni  duti  dai  terzi,  ma,  come  la  sua  siessa  argomentazione  prova 
solo  pel  caso,  in  cui  il  datiiio  calla  debita  diligenza  non  si  sarebhe  evitato.  Nel  fr.  41  cit. 
Ulpiano  continua: 

€  led  liarcellus  intenlum  estie  ^;  posse  ait;  sire  custodiri  potuit  ne  damnum  daretur, 
siTt  ipse  custos  damnum  dedit;  quae  sententia  Marcelli  probanda  est«. 

A  torto  crede  il  Baron,  che  qui  MAkCELLo  contraddica  affatto  a  Giuliano  e  ne 
eonfuti  terrorei  Marcello  sostanzialmente  6  dello  stesso  avyiso,  tanto  che  ritiene  re- 
sponsabile  il  commodatario  o  11  conduttore  solo  qualehe  volta  (intbrdum).  Marcello 
non  fa  che  esporre  e  svolgere  quanto  Ulpiano  aveva  sottinteso,  usando  una  formula 
forse  troppo  assoluta  e  alia  critiea  della  formula  usata  si  riferisce  appunto  quel  sed^ 
che  il  Baron  pare  di  cosi  grande  sigoificato  —  Che  del  reslo  non  si  tratti  di  una  no- 
viU,  non  di  un  errore  di  Giuliano,  prova  a  mio  avviso  chiaramente  il  seguente  passo  ^) 
fireso  da  Oiavolbno,  lib,  VI  ex  pott,  Labeonis : 

«  equum  tibi  commodavi;  in  eo  tu  cum  equitares  et  una  complures  equitarent,  unus 
ex  his  irruit  i.)  equum,  teque  deiecit  et  eo  oasu  crura  equi  fracta  sunt.  Labeo  negat 
tseum  ullam  actionem  eese  ». 

E  importante  questo  passo  non  solo  perche  mostra«  coms  sempre  la  giurisprudenza 
romana  abbia  tenuto  fermo  il  requisito  della  colpa,  ma  anche  perche  sparge  luce  sul 
fr.  2  D.  9, 1  invoeato  dal  Baron.  Questo  passo  insegna  che  Yaotio  de  pauperie  4ion 
compete  al  solo  domino^  ma  che  anzi  compete  ei  ouiu*  interest :  «  veluti  ei,  cui  res 
commodata  est,  item  fuUooi,  quia  eo  quod  teaentur  Tidentar  damnum  pati  3)  ». 

II  Baron  ne  deduce  che  eempre  quindi  il  commodatario  rift|>onda  pel  danno  recato 
dagii  animali  altrui  alia  cosa;  meutre  il  testo  dice  solo  che  razione  spetta  a  chi  Y*ha 
interesse  e  quindi  anche  al  commodatario  che  e  tenuto  a  rispondere  del  danno.  Quando 
e  come  sia  tenuto,  il  testo  non  dice:  al  giurista  qui  importa  s^lo  riierare,  che  il  doTer 
rispondere  del  danno  e  una  ragione  suffioiente  per  la  legittimazione  attiva.  —  II  fr  57 
eit.  infatti  si  rapporta  anco  all*ipotesi  della  pauperiee,  come  risulta  evidente  da  quanto 
segue  ^);  eppure  niuna  azione  spetta  in  proposito  al  domino  della  cosa  danneggiata 
contro  il  commodatario. 


1)  II  MoMMSEN  ha  interetse;   ma  non  si  ricata  alcun   senso  buono.   La  parola  piii 
oTTia  da  sostituire  (in  conformita  al  discorso  precedente)  sarebbe  agi, 
«)  fr,  57  D.  9,  2. 
')  Non  h  punto    necessario  awertire  collo   scoliaste   antico   ad  h.  1.  «  07rd9ou  dn  rtt 

*)  «  sed  si  equitis  culpa  factum  esset,  cum   equite  sane,   non  <ium  equi   domino  agi 
posse,  Terum  puto  ».  Se  invece  il  danno  fosse  ayyenuto  per  impeto   feroce  del   cavallo 

Oluck,  Oomm.  PandetU.  —  Lib.  xm.  87 


290  8BC0NDA.  IPPBNDIOB  DBL  TftADUTTOBB  AL  §  857. 

E  rero,  come  8*e  Tisto,  che  le  fonti  attribuiecono  8ens*altro  Yaetio  furtttl  comino- 
(latario  per  la  ragione  ch^egli  del  furto  risponde  verso  il  domino.  Ma  che  tali.testi  ab- 
biano  da  intendersi  cod  qualche  discrezione,  prova il  confronto  tesC^  istituito  trail  fr.2 
D.  9,  1  e  il  fr.  57  D.  9, 2M.  —  Rispetto  al  furto  poi  devono  farsi  speciali  coosidera- 
zioni.  Le  fonti  distinguono  sempr^  dal  fnrtum  il  latroeinium\  «  aggrtstura  latranum  » 
entra  nel  concetto  di  vU  maior.  Ma  anche  la  semplice  rapina  se  ne  distingue:  fr.  23 
de  R.  I.  50,  17  «...  rapinae ...  a  nuilo  praeslantur ...  »% 

£  la  ragione  e  ovvia.  La  rapina  e  un  furto  che  avviene  palam,  in  presensa  di  chi 
custodisce  la  cosa.  Se  la  rapina  avviene,  e  segno  che  o  Tobbligato  era  personalmente 
presente  o  altri  era  presente  per  lui;  con  ci6  egli  ha  fatto  quanto  Tordinaria  diligenza 
esigeva  e  d^altro  non  risponde.  —  Inoltre  quando  le  font i.  parlano  del  furto,  di  cui  il 
coramodatario  risponde,  intendono  quello  che  avviene  senza  effrazione.  Ci  e  infatti  at 
testato  che  Vhorrearius  non  risponde  <  effractis  atque^ezpilatis  horreis  >,  a  meuo  che 
si  sia  esplicitamente  assunto  di  sorvegliare  non  solo  le  cose  af&date  e  poste  oell*Aor- 
reum,  ma  Vhorreum  stesso^;.  E  infatti  quand*uno  ha  riposto  la  cosa  in  luogoben  chiuso 
(o  casa  o  armadio  o  scrigno)  *),  ha  fatto  quanto  da  lui  esi^-e  Tordinaria  diligenza,  a 
meno  che  per  patto  speciale  si  sia  obbligato  a  sorvegliare  che  i  ladri  non  penetrino  con 
effrazione  &).  —  E  ancora:  il  commodatario  non  risponde  della  fuga  (e  quindi  neppure 
del  furto;  la  fuga  e  un  furto  che  il  servo  fa  di  se  stesso)  de*  servi  «  qui  custodiri  non 
Solent.  »  (fr.  5  §  6  h.  t.  fr.  23  de  R.  /.,  50,  17  &,)  *)  La  decisione  si  pud  certo  esten- 
dere  per  analogia  e  ammettere.  per  esempio  che  il  commodatario  non  risponderA  delle 
capre,  che  in  montagna  ha  (secondo  la  coosuetudine)  lasciate  errare  sole  pe*  halzi,  de* 
colombi  che  ha  lasciato  volare  et  revolare  e  cosi  via.  E  la  ragione  e  chiarissima.  Vi 
sono  cose,  che  Tordinaria  diligenza  non  permette  che  si  lascino  in  luogo  aperio  sensa 
sorveglianza;  se  esse  vengono  robate  per  roancanza  di  tali  cure,  del  furto  deve  rispon- 
dere    chi   a  tale   diligenza  e  tenuto;    altrimenti,  9e  il  furto  avviene   (rapina,  effractio) 


senza  colpa  del  cavalieia,  Tazione  si  darebbe  contro  il  domino;  ma  il  domino  del  ca- 
vallo  offeso  non  avrebbe  perci6  veruua  azione  contro  il  commodatario;  Tazione  com- 
pete quindi  al  commodante)  poichi  il  commodatario  eo  quoi  non  tenetur  non  ha  in- 
ter esse. 

1)  Cf.  del  resto  come  si  esprime  Ulpiano  fr.  14  §  10  de  furtU  (47,  2),  riferendo  il 
prinoipio  esplicitamente  accolto  da  Crlso  e  Qiuliano:  c  Neque  enim  is  cuiuscunque 
intererit  rem  non  perire  habet  furti  actionem,  sed  qui  ob  earn  rem  tenetur,  quod  ea 
res  ctJLpA  Bius  peribrit  ».  Si  noti  che  ivi  si  parla  proprio  del  commodato! 

*)  Intende  nel  campo  del  cootratti.  Delia  speciale  condizione  del  nauta  etc  il  fram- 
mento  non  parla.  —  E  qui  pure  si  esprime  cid  che  suole  avvenire;  eccezionalmente  k 
escogitabile  una  rapina  con  culpa  del  commodatario,  che  in  tal  caso  avrebbe  Tactio 
honorum  raptorum  (fr.  2  §  22-24  vi  ton.  rapt,^  47,  8). 

'  3)  c  nisi  custodiam  eorum  (scil.  horreorum)  recepit  >  fr.  56  pr.  D.  19,  2.  Recipere 
eu*todiam  vuol  dire,  come  sappiamo,  semplicemente :  assuraere  la  sorvegliansa ;  non  in- 
dica  un  grado  speciale  di  responsabilit^. 

4)  fr.  3  §  2  D.  1, 15:  c  Effracturae  fiunt  plerunque  in  insulis,  in  horreis,  ubi  homines 
pretiosissimam  partem  fortunarum  suarum  z-eponunt,  cum  vel  oella  effringitur  tel  ar- 
marium vel  area  ».  . 

^)  Tale  patto  s*int«nde  nel  senso,  che  si  debbano  porre  o  portinai  o  altri  eustodee 
(fr.  3  §  1,  2  D.  1, 15).  In'  tal  caso  qui  reeepit  ftuetodiam  risponde  o  per  non  avere  ap- 
presso  verun  sorvegliante  o  per  avere  usato  poca  cura  nella  scelta. 

6)  Cfr.  pure  il  fr.  5  §  13  h.  t. :  «  si  me  rogaveris  ut  servum  tibi  cum  lance  commo 
darem  et . . . .  eervut  eum  ea  fiigerit,  eum  qui  commodatum  accepit  non  teneri,  nisi 
fugae  praest'tit  culpam  >. 


SBOONDA  APPENDICB  DEL  TBADUTTOBE  AL  §  857.      291 

malgrado  tali  cure,  non  si  risponde.  Ma  se  son  cose,  che  anche  Tuomo  diligente  lascia 
Airaperto  senza  sorveglianza,  doq  sorge  responsabiliU  pel  furto. 

E  quindi  quasi  inescogitabile  (e  per6  in  un^esposizione  generale  trascurabile)  Tipo- 
lesi,  in  cui  il  commodatario  soffra  il  furto,  fuori  delte  accennate  cootiogeDze,  senza  es- 
sere  in  colpa.  E  si  comprends  quindi  perfettamente  come  lo  Stbpano,  che  identiAca  la 
custodia  colia  diligenza,  come  piii  volte  avemmo  occasione  di  osserTare,  scri?a  sen- 
z*altro  "h  it  xXoir^  oux  in%  rux^ipa,  Tttpitraat^  e  ^  xXovn  ovx  ojrep/3ii^ti  f ^v  exaclan  dili- 
gentian  ^)  =  il  furto  non  h  un  evento  fortuito;  «  il  furto  non  supera  Tesatta  dili- 
genza »  *). 

Dico  che  Tipotesi  di  un  semplice  furto  (oltre  le  accennate  circostanze)  subUo  dal 
commodatario  senza  sua  colpa  e  quasi  inescogitabile.  Del  tutto  noa  lo  e;  si  pensi  ai 
caso  di  un  ladro  di  singolare  abiiitA  e  scaltrezza,  che  sorprenda  anche  Tuomo  prudente 
e  yigilante.  Ad  obundanHam  le  fonti  ci  attestaiio,  che  iii  tal  caso  il  commodatario 
non  risponde.  Noi  sappiamo  che  rispetto  alia  custodia  il  commodatario  e  parificato  al 
conduttore  (cfr.  fr.  5  S  15  i.  f.  h.  t.  &).  Or  bene,  Ulpiano  ci  Jtssicura  (fr.  14  §  12  D. 
47,  2),  che:  <  quodsi  conduxerit  quis  habebit  furti  actionem,  si  modo  culpa  bids  sua* 
aspTA  8IT  ass  »• 

II  BAaoN  (II,  359)  per  sfuggire  alia  forza  probante  di  questo  gravissimo  testo,  dice 
che  deve  supporsi  che  qui  Toggetto  rubato  sia  un  servo,  il  qaale,  non  essendo  solito  a 
custodirsi,  se  vien  furato  aenza  colpa  delPutente  non  arreca  responsabiliti  per  costui. 

E  il  suo  ragionamento  si  basa  sul  fatto  che  il  §  11  precedente  studia  Tipotesi:  «  Is 
qui  precario  servum  rogaverat,  subrepto  eo  &  »•  —  Ma  tale  esegesi  non  mi  pare  ac- 
e^ttabile.  II  giurista  non  fa  in  questo  passo  Fesame  delle  yarie  ipotesi,  in  cui  un  servo 
venga  rubato;  ma  passa  in  rassegna  i  vari  contratti  (compravendita,  pegno,  mandato, 
precario,  locazione,  commodato)  e  studia  le  conseguenze  derivanti  da  tali  rapporti  giu- 
ridici  per  Tazione  di  furto.  Generalmeote  egli  noo  suole  specificare  Tobbietto  del  furto 
9  se  al  §  11  p9r  esempio  egli  nomina  il  servo  come  obbietto  di  precario,  la  ragione  h 
quella  che  tale  rapporto  soleva  comprendere  le  cose  imroobili:  ai  taobili  si  applicava 
raramente  e  fra  questi  di  preferenia  ai  servi.  Del  resto  come  si  fa  a  sostenere  tale  in- 
terpretazione,  quando  il  giurista  «  surrepta  sit  rest  »  Come  avrebbe  egli  scritto  cosi, 
se  avesse  voluto  limitare  la  sua  decisione  ai  servi,  per  cui  sarebbero  valse  norms 
speciali  ? 

Del  resto  noi  abbiamo  una  esplicita  dichiarazione  a  proposito  del  commodato  nel 
fr.  20  h.  t.  (Jul.  3  ad  Urs.  Fer.): 

€  argentum  commodatum  si  tarn  idoneo  servo  meo  tradidlssem  ad  te  perferendum, 
ut  non  debuerit  quis  aestintare  futurum,  ui  a  quibusdam  malis  hominibus  deeipe- 
retuVf  tUum  non  mbum  psraiMENTUM  aaiT,  si  id  mali  homines  intercepissent 
.  Uimportante  frammento,  cha  insegna  appunto  a  intendere  con  cautela  altri  che  par- 
lano  troppo  generalmente,  mostra.  che,  se  il  furto  avviene,  quando  il  commodatario  ha 
preso  i  prowedimdnti  insegnati  dalPordinaria  diligenia,  non  e  pii!i  tenuto.  —  11  Baron 
nel  suo  primo  articolo  aveva  pensato  a  un  caso  di  damnum  fatale,  eld  che  —  nel  senso 
da  lui  attribuito  a  questa  espressione  3)  —  ^,  come  ora  egli  stesso  riconosce,  inamiiiis* 
sibile.  Ora  invece  (II,  265)  egli  collega  questa  decisione  coiraltro  errore  di  Giuliamo, 
p^r  cui  il  commodatario  non   risponde  del  danno    recato  ai  terzi;    dobbiamo   supporre 


'    M  ad  fr.  52  g  3  pro  soeio  (17,  2). 

2)  Anche  Tlndice  greco  delle  Istttuzioni  nella  proteoria  alPesposizione  della  corope- 
tenza  delKa.^  furti  al  commodatario  etc.  parla  solo  della  varia  responsabiliU^  de*  con- 
traenti  per  dolo,  colpa  lata  e  colpa  lieve:  IV,  1  §  15. 

3)  Non  cosi  invece,  secoado  la  nostra  opinions.  Damnum  fatale  6  appunto  quello 
non  preyediblle  da  chi  usi  Tordinaria  diligenza. 


2^  SEOONDA  APPBNDIOE.DKL  TBADUTTOBU  AL  §  857. 

che  in  questa  ipotesi  Giuliano  riscontrasse  una  certa  violenza;  Vintercipere  s^arrebbe 
a  traUurre  per  <  strappare,  rapira  ».  —  Ma  interoipere  Don  saole  avere  quesio  signi- 
licato ;  Tuol  proprio  indicare  il  furto  clandestino;  a  ogni  raodo  che  si  tratti  di  quesrul- 
timo,  prova  ii  decipere.  E  questione  di  aatuzia.  L*uoroo,  cui  vieo  data  la  cosa  da  ri- 
portare  e  idonexu  e  cio^  onesto  e  intelligente;  ma  i  tnali  homin09  stavolta  lavorano 
coa  tanta  scaltrezza,  ch*egii  ne  resta  vittima.  —  II  passo  e  cos)  ostico  pel  Baron,  che 
trora  singolare  lo  stile  di  esso  ed  esclama:  che  cumulo  di  parole  per  una  storiella  cosi 
semplicel  —  A  me  pare  iavece  che  ii  brano  sia  lode  vole  per   eoncisione  •  sempiicitA 

Ne  con  tale  framitiento  sta  menomamente  in  contrasto  il  fr.  12  §  1  ibid. : 

«  commodatam  rem  missus  qui  repeteret,  cum  recepisset,  aufugiC:  si  dominus  ei  dari 
iusserat,  domino  perit ;  si  commonendi  causa  miserat,  ul  referretUr  res  comroodata,  ei 
qui  commodatus  est ». 

E  giustamente.  Se  11  padrone  manda  la  persona  per  ritirare  la  cosa  a  tempo  debito 
il  commodatario  la  deve  dare  e,  data  che  Tabbia,  e  esente  da  ogni  responsabilitA.  Al- 
trimentl,  se  il  messo  non  avera  altro  ufficio  che  di  ricordargli  il  debito  di  restitaire, 
egli  non  gliela  pu6  eonsegnare  che  a  suo  rischio  e  pericolo ;  giaech^  dovendo  praestarg 
ousiodiam,  deve  o  riportare  la  cosa  personalmente  o  affidarla  a  pttfsona,  della  ctti 
onestA  e  capaciUi  possa  essere  moralmente  certo ;  non  gid^  consegnarla  al  primo  che  gli 
capita. 

Nella  medesima  condizione  del  commodatario  6,  come  sappiamo,  Vinspeetor,  che  H-* 
ceve  la  cosa  sua  eausa.  Costai,  come  scrive  Ulpiano  (fr.  10  g  1  h.  t.),  «  praestabit  cu- 
stodiam  ed  ideo  furti  habebit  actionem  ».  Bppure 

<  si  ipse  cui  voluit  commisit  (rem  referetidam),  aeque  oulpam  mihi  praestabiti  si  sua 
causa  accepit  ». 

£,  se  ci6  non  basta^se,  Paolo  soggiunge  (fr.  11  ibid.). 

<  qui  non  tarn,  idoneum  hominem  elegit,  ut  recte  id  perferri  possit  ». 

Anche  tali  giuristi  diyidevano  dunque  Verrore  di  Giuliamo(!);  anche  Paolo  usa  Ift 
stessa  espressione  idonetts  homo,  II  Baron  dice  cho  qui  si  tratta  di  idoneitA  di  fatto, 
ia  quale  avrebbe  potuto  essere  senza  colpa  ignota  Minepeetor ').  —  Ma  allora  Ur^ 
PIANO  parlerebbe  di  culpa f%  E  Paolo  farebbe  una  cosi  banale  e  sciocca  osservazionef 
fi  chs  dire  p^i,  Sd,  com^  n^lTesempio  di  Giulumo,  Vhono  h  idoneui,  ma  i  tnali  ho^ 
minee  riescono  tuttavia  neirintento  loro? 

I  due  giuristi  trattano,  commentando  Sabino  evidentemente  la  stessa  fattispdcie: 
Paolo  spiega  in  che  possa  qui  consistere  la  culpa,  meutre  Ulpiaao  si  accontenta  dl 
avfertire,  che  si  deve  prestare  la  culpa. 

Siccome  non  ^  nostro  propostlo  trattare  ex  profetso  della  cuetodia,  eoA  non  asa* 
•miniamo  U  dottrine  (cui  implicitiminta  avevam)  altre  volte  aderito;  cfr.  //  dig0sU> 
pag.  63  sg.)  che  spiegano  mediante  utrevoUzione  storica  i  patsi  apparentameate  discor- 
dsnii.  Vadl  specialmente  Pbrniok,  Labeo  Uj  pag.  245  sgg.  a  Bibruan  nella  Rivieta 
dello  Zacigny  S^iftun^^  R.  A.  vol.  XII.  Ma  i  loro  precipui  argoineoti  sono  stati  da  noi 
indirettamente  confutati  nel  oorso  della  nostra  esposizione. 


*)  Cfr.  per  un  di  piu  la  paragrafe  di  Stepano  ad  h.  1.  «  kxph  yo^  dturdv  &>;-  6j»€(2o»t« 
xflt'i  custodiam  iit\  t'J  TtpxyixcLTx  Travu  ETrtr^i^EWTaTov  Trpi;*  t^v  r^^  /tBTft/oac^fl^  e<rt^8^col^aK 
^(oucovtav. 

2)  E  vero  che  B.  cancella  oulpam  in  Ulpiano  e  sostituisce  eustoUam,  Ma  allora 
dove  andiamo?  Dal  resto  a  noi  la  sostituzione  nulla  importa;  poich^  la  cusiodia  ha  per 
noi  i  suoi  limiti  dove  Ii  ha  la  culpa  e  ii  fr.  11  pu6  anche  assumersi  coma  dichiara* 
zione  del  contenuto  della  eustodia 


TITOLO  VII  *) 


J>e  pigneratiola  aetione. 

§  861. 
Coneetti  di  pignns  e  di  bypotheca.  Differenza  fra  essi. 

II  terzo  contratto  reale  e  il  contratto  di  pegno  (contra<:ttM  pi^ 
gneraticius),  il  quale  ba  il  carattere  differenziale  di  essere  un 
semplice  contratto  accessorio  cbe  serve  a  rafforzare  uu  obbligo 
gi&  esistente,  in  modo  cbe  il  creditore  sia  maggiormente  sicun> 
dello  adempimento  di  esso.  Yien  detto  ancbe  seinplicemente  pigntis^ 
Come  6  noto,  alia  parola  pegno  r—p%gnu8  {Pfand  ted.)  si  coUega  un  tri- 
plice  concetto.  Essa  cioe  vien  presa  per 

1.^  diritto  di  i)egno;  ed  allora  i)er  esso  si  inteude  un  diritto 
realCy  cbe  appartiene  al  creditore  sulla  cosa  di  un  altro,  per  si- 
cnrezza  del  suo  credito,  ed  in  forza  del  quale  egli,  dato  il  caso 
cbe  il  debito  non  venga  puntualmente  sodisfatto,  pub  attenersi 
alia  cosa,  e,  alienandola,  pagarsi  col  ricavato  ^). 


')  Fra  gli  anticlii  giurinti  Iianno  Bpecialmente  trattato  la  dottrina  del 
diritto  di  pegao:  Ugo  Donello,  Franc.  Balduino,  Mercur,  Mkrlino^ 
Gab.  MuDEO,  Bein.  Bachovio  ed  Ant.  Neousaxzio  nelle  lore  opere: 
de  pignorihus  et  ht/pothecis.  —  Tra  i  modemi  lo  scritto  miglioro  6  qnello 
di  Ernesto  Crist.  Westphal:  Saggio  di  una  interpretazione  sistematica  di 
tutte  le  leggl  romane  sul  diritto  di  pegno,  Lipsia  1770  e  1794-8.  A  questo 
fti  aggiunga  pure:  Gio.  Em.  Crist.  Erxlkben,  Principia  de  jure  pignorum 
et  hypothecarum,  Gottinga  1779-8 «). 


o)  Agli  Borittori  citati  dal  prof.  Ascoli  a  pagiue  3  e  4  della  traduzione  del 
Libro  XX  titolo  I  di  questo  Cemmentario^  aggiangansi:  Bremer,  das  Pfandreeht 


*)  Tradotto  ed  annotate  dall'avvocato  Cuousi  Ignazio. 
OlGck.  Coram.  Pandette.  —  Lib.  Xni.  —  37  • 


291  LIBBO  XIH,   TITOLO   Til,   §   861, 

2.''  per  il  sno  oggetto,  o  la  cosa  stessa  oppignonita,  la  quale  vien 
detta  il  pegno  (PfandstUck  ted.).  Se  il  creditore  riceve  ad  un  tempo 
il  ]K)sse8So  della  eosa,  si  ha  un  pignus,  in  senso  proprio;  e  vieu 
detto  per  le  cose  mobili  un  pegno  che  si  tiene  in  mano  ==:  pegno  ma- 
nuale  (handhabendes  Pfand)  o  diritto  di  pegno,  od  ancbe  un  pegno 
che  si  tien  in  pngno=^  pegno  manuale  (Faustpfand)  *);  e  pei  beni 
iniinobili  invece  un  suppegno  (Untefyfand)  o  diritto  di  suppegno 
(Unterpfandsrecht).  Se  poi  la  cosa  viene  oppignorata  senza  che  la 
si  consegni,  si  parla  di  ipoteca,  di  promessa  scritta  pignoratizia 
{Pfandver8chreibung)'j  e  questa  parola  viene  del  pari  usata  tanto  per  il 
diritto  in  se  stesso,  quanto  per  il  suo  oggetto.  Ulpiano  dice : 
L.  J)  §  2  D.  de  pigner.  act. :  «  Proprie  pignns  dicimus,  quod  ad. 
creditorem  transit,  hypothecam,  cum  non  transit  nee  iK)ssessio  •  ad 
creditorem  » ;  e  Florentino  nota,  L.  3o  §  1  I),  de  pigner,  act : 
«  PiGNUS  manente  proprietate  debitoris  solam  possessionem  trans- 
fert  ad  creditorem  ». 

La  diflferenza  sta  dunque  in  questo:  a)  Una  ipoteca  viene  costi- 


*)  Nella  L.  238  J  2  D.  de  verb,  signif,,  50,  16  la  pi\To\f\ pignus  vien  fntta  de- 
rivare  da  pugnus:  «  quia  res,  quae  pignoii  dantur,  manu  traduntur  ». 
Altri  invece  vogliono  far  derivare  la  parola  pignns  piuttosto  dalfautiea 
parola  pago  o  pigo  la  quale  sta  per  jnngo  o  figo  od  ohUgo,  Ved.  Mk- 
TJAGio,  Amoenitat,  un\  civ,,  cap.  39;  Vossio  iu  Eigmolog,,  v.  Pignns, 
<»d  Ant,  ScHULTiNG,   Thes,  controversar,  iuxta  seriem  Dig,,  Decad.  65,  $  1. 


und  die  Pfandohiecte  (II  diritto  di  pegno  ed  i  suoi  oggetti),  Lipsia  1867  ;  Hitzig, 
4ias  grieok,  Pfandrecht  (Diritto  ipotecario  greco);  Gksterding,  die  Lehre  vam 
Pfandrecht  nach  Grunds&lzen  des  r,  B,  (La  teoria  ipotecaria  secondo  i  principl 
del  diritto  romano),  2.*  ediz.,  1881:  Kuntze,  Zur  Geschichie  des  r,  Pfandr.  (Sulla 
«toria  del  diritto  ipotecario  romano),  Lipsia  1893;  Couturier^  Origine  de  Vhy- 
poth^ue  et  apergu  aur  let  garantiee  hypoih^caired ;  DcCHfeNE,  Des  origines  de  Vhy- 
jMth^ue;  Gauchet,  £tude  hystonque  sur  le  developpenient  des  s^reU-s  r4eUes  a 
Home;  Herzkn,  Origine  de  Vhypothdque;  Jacquelin,  Fiduda;  Jourdax,  V  hyho- 
thdque;  M.  Careddu,  La  puhhliciici  e  la  specialita  delPipoteea,  appunti  di  Htoria 
«  di  legislazione  comparata,  1898;  P.  Troisi,  L' ipoteca  romanOf  1903. 

£  per  il  nostro  diritto:  E.  Biaxchi,  Considerazioni  generali  sul  sistema  ipotecario 
«  sulla  trasoHzione  secondo  il  c,  c,  it,,  1877;  Pochintesta,  Dei  privilegi  e  delle 
ipoteche  seoondo  il  o,  c.  if.,  1880;  E.  Gianturco,  Studi  e  rioerche  snlld  trascrizione 
^  sul  diritto  ipotecario;  Chironi,  Trattato  dei  pi^ivilegi,  delle  ipoteche  e  del  pegno, 
vol.  I,  parte  generale,  1894,  ^^arte  specialo  1901,  Torino,  Boccn;  G.  Mirabelli^ 
Delle  ipoteche  secondo  il  codice  italiano,  1896. 


DE   PIGNEEATICIA   ACTIONE  295 

tuita  col  semplice  contratto,    im   pegno    inanuale    invece    con    la 
^consegna  della  cosa  oppignorata. 

A  ci5  si  riferisce  il  §  7  I.  de  action.y  4,  6,  dove  vien  detto: «  Pignoris 
appellatione  earn  propric  rem  contiiieri  diciinns,  qiiae  shnul  etiam 
iraditur  creditori,  maxime  si  mobilis  sit:  at  eaui,  quae  siu,e  tradi- 
tione  nuda  conventione  tenetur,  proprie  hypothecae  appellatione 
contineri  dicimus  ».  A  questo  non  contraddice  la  L,  1  D.  h,  t, 
dove  h  detto:  «  Pignus  contrahitur  non  sola  iraditiane,  sed  etiain 
nuda  cofiventionej  etsi  non  tradi turn  sit  ».  Infatti  qui.  la  parolu 
pigmis  e  presa  per  diritto  di  pegno  in  senso  generale  ^). 

b)  II  pignus  in  senso  proprio  d^  al  creditore  un  diritto  di  riten- 
2ione,  die  egli  puo  far  valere  non  soltanto  per  il  debito  pignoratizio, 
ma  anche  per  altri  crediti  per  cui  il  pegno  non  era  stato  costituito  *), 
presupposto  pero  che  il  creditore  abbia  ottenuto  dallo  stesso  debi- 
tore,  per  contratto,  il  possesso  del  pegno  ^).  Un\ale  diritto  di  riten- 
7.ione  non  puo  invece  concepirsi  nel  caso  di  unMpoteca,  giacche  essa 
non  &i  coUega  ad  alcun  x>()sses8o. 

c)  Inoltre  possono  esser  date  in  pegno  solo  cose  presenti,  ma 
Pipot^ca  puo  avere  per  oggetto  anche  cose  future.  La  L.  15  pr.  D. 
de  pign.  et  hypoth.j  20 j  1  dice:  «  Et  quae  nondum  sunt,  futura  tauien 
;sunt,  %j}^o^eoa6  dari  x>ossunt,  ut  fructus  pendentes,  partus  ancillae, 
foetus  pecorum  et  ea  quae  nascuntur  sint  hypothecae  obligata  ». 

d)  Abitualmente  il  pignut  consiste  in  cose  mobili,  e  Vhypotheea 
in  immobili  ^).  Questa  differenza  non  fe  pero  essenziale;  poiche, 
•come  possono  esser  concesse  in  pegno,  a  stregua  di  leggi  non  dubbie, 


^)  V.  Ant.  Fabro,  RationaL  in  Fandect,  ad  />.  1  1).  h,  /.;  Coccejo, 
•Iu8  civ.  controv.  h.  f.,  Qu.  3  ed  Emminghaus  ad  eundem   not.  **. 

*)  L.  un.  Co^.  Etiam  ob  cliirographariiim  pecnniam  pignns  reUneri  posse, 
8,  26,  V.  WiESE,  Diss,  de  retentione  pignoris  tarii  ob  endem,  quam  ob  di- 
^*ersa  debita^  ilogtoch  1780,  $  13;  Gio,  Ant,  Ttiilemann  de  Schenk,  Diss, 
•de  retentione  pignoris  ob  aliud  debitnm  chirographariumj  Brema  17S0  «^ 
Sam,  Fed,  Willenberg,  Diss,  de  retentione  pignoris,  ^  14  in  Eius  Exer- 
•citation,  Sabbathin.,  parte  II,  n,  XXXIV. 

^)  V.   Oiov,  Crist,  von  Quistorp,  Kote  ginridiche^  p.  2,   nota  10. 

^)  L.  238  i  2  B.  de  verb,  signif.,  50,  16;  *  7  I.  de  action.  Vedi  Rein. 
BacoviOj  Tract,  de  pignorib.^ethypoth.^  lib.  I,  cap.  I  e  Waixu,  Intro- 
duct,  in  controv,  iuris  cir.,  pag.  417. 


296  LIBRO   XllI,   TITOLO   VII,   §   861. 

anch6  cose  immobili  *),  cosi,  alPopposto,  possoDo  venire  iiK)tecato 
anclie  cose  mobili  % 

Bigoardo  al  cliritto  reale,  invece,  ed  alPazione  ipotecaria  clie 
ne  deriva,  non  sussiste  alcuna  differenza  fvB,  pignus  ed  hypotheca^). 
Seinpl icemen te  a  tal  rignardo  Marciano  dice:  L.  5  §  1  D.  de  pign. 
et  hypoth.j  20,  1:  «  Inter  pignus  et  hjfpothecam  tantum  nomihis  sonus 
differt  »,  come  risulta  non  soltanto  dalla  iscrizione  della  citata  L.  5  de 
pign,  et  hypoth:  che  suona  cosl :  «  Marcianus  Ubro  aingulari  ad  for- 
vmlam  hypothecariam  »  ^^);  ma  viene  affennato  espressamente  anclie  in 
un  passo  delle  Istituzioni,  §  7,  IV,  6  de  actionib.j  dove  si  dice :  « inter 
pignus  aiitem  et  hypothecani  quantum  ad  actioneni  hypothecariam  nihil 
interest:  nam  de  qua  re  inter  creditorem  et  debitorem  convenerit^ 
ut  sit  pro  debito  obligata,  utraque  hac  appellatione  continetnr  »  *). 


")  L.  11  $  1;  L.  31  D.  de  pignor,;  L.  16  $  2  D.  de  pigner.  act.;  L.  1> 
I),  de  oper,  novi  nunciat,,  39,  1. 

*)  L.  34  D.  de  pignor,  V.  Gio.  Atig.  Hellfeld,  J>/w.  de  hypotheca  mo- 
hiUnm^  Jena  1743,  cap.  3  ed  il  CommentaHo  alle  Istitujsioni  d\  H^i^f^er^ 
^  712.  Nel  clubbio  per6  il  diritto  di  pegno  costituito  su  cose  mobili  de! 
debitore  vien  considerato  piuttdsto  come  un  pegno  nianuale  die  come  una 
ipoteca.  £  perci6  anche  al  creditore  vengono  Henza  esitazione  aceordati^ 
Alii  document!  di  obbligazione  di  un  terzo  trasmessigli  dal  debitore  in  si- 
cnrezza  del  suo  credito,  i  diritti  di  un  pegno  manuale ;  perche  seoondo  il 
diritto  comune  i  capital!  dati  in  prestito  vengono  considerat!  come  cose 
mobili  del  debitore.  V.  von  Quistorp,  Note  ghiridiche,  parte  I,  nota  42. 

^)  Percio  le  e^preseioni  pignus  ed  hypotheca  vengon  talvolta  considerate 
nelle  leggi  come  equivalent!.  £  cosi  V  hypotheca  vien  detta  pignus  nellHr 
L«  17  ^  2  D.  de  pacliSj  2,  14,  e  a  sua  volta  W  pignns,  hypotheca  nella  L.  5 
^  ult.  D.  de  pignor.  V.  Huber,  FraeJect.  ad  Pandect.^  lib.  XX,  tit.  1,  M- 
Anche  Vazione  ipotecaria  non  di  rado  viene  perci6  detta  nelle  leggi:  actio 
piffneraticia,  L.  41  D.  de  pigner,  a^^t.j  L.  3  $  3  D.  rt<J  exhih.j  10,  4;  L.  7 
^  12  D.  Commvni  dirid.,  10,  3;  L.  19,  L.  30  $1  D.  de  except,  reijud.^  44,  2; 
L.  5  C.  Si  res  alieva  pignoriy  8,  15.  V.  Brissoxius,  de  verb,  signif.y 
voc.  Figncratitins^  n.  o,  e  Bachovius,  Be  pignor.  et  hypoth,,  lib.  I, 
cap.  1,  pag.  2. 

"^)  V.  VoET,  Comm.  ad  Fand.j  lib.  XX,  tit.  I,  4  1 5  ^»^<*  Sohulting, 
Thes.  controversar.,  decad.  LXXV,  J  3  e  specialmente  Bei^.  Enr.  Rei- 
XOLD,  Oratio  de  inscriptionibvs  legvm  Digestorvm  et  Cod.  §  10  in  Opiiscul. 
iiirid.f  pag.  574  Begg. 


ff)  II  FERRixr  nel  suo  studio  «  Sulle  fonti  delle  Istitftzioni  di  Giustiniano  » 
—  estratto  «dal  BuUettino  ddV  Utituto  di  diritto  romano,  anno  XIIJ,  fasc.  JI-VI  — 


DM   PIGNERATICIA  ACTIONK  297 

Uu  p^gho  inanaale  (Faustpfand)  non  ba  qiimdi^  secoudo  il  diritto 
comime,  alcun  privilegio  dinanzi  all'lpoteca^^).  l^ondimeiio  esso 
tbnda  im'azioue  personale  per  la  restitnzione  del  pegiio  dopo  Pav- 
veuiito  sodisfacimento  del  creditore,  azione  clie  uoii  e  coucepibile 
uell'ipoteca,  il  possesso  della  quale  riiiiane  x>re8S0  il  debitore  ^'). 

§  862. 
Contralto  di  pegno,  Coutracttis  fidiiciae;  pactuiu  liypotbecae. 

Sotto  la  denoininazione  di  pignus  si  comprende  aucbe 

3."  il  contra tto  di  pegno;  che  e  quel  contralto  reale,  per  cui 
si  consegna  al  creditore  una  cosa  in  sicurezza  del  sno  credito,  a 
condizione  cbe  egli^  sodisfatto  cbe  sia,  larestituisca.  Da^sso  bisogna 


'^)  L.  12  pr.  e  ^10  D.  Qui  potiores  in  pignore^  20,  4,  V.  L£YSEii, 
Meditate  ad  Pand.j  vol.  Ill,  specim.  CCXXIII,  luedit.  1. 

^^)  Si  veda  sopratutto  Giust.  Enn,  Boehmkr,  Diss,  de  diverso  pignoris 
€t  hypothecae  iure,  Hala  1718,  ed  in  £!rercit.  ad  Pand.j  torn.  Ill, 
pag.   802  segg. 


osserva  die  il  citato  $  7  tit.  VI  del  libro  IV  va  I'icondotto  aUe  <tres  cottldiauae* 
di  Gajo.  a  ci6  lo  indacono  alcuDe  aflinitii  sintattiche  e  Btilistiehe  con  altri 
luogbi  di  Gajo,  ed  ancora  Taffinit^  di  concetto  con  il  fr.  238  $  2  D.  50,  16. 
11  quantum  ad,.,  nihil  interest  ^  uu  modo  di  csprimersi  riscontrabile  iu  Gajo, 
I,  1,  $  73  {quantum  ad  erraris  oausam  prohandam  attinet,  nihil  iniereit),  Comu- 
nissime  in  Gajo,  sono  le  frasi:  appellatione  oontinetur  (fr.  51  D.  50,  16;  fr.  233 
$  2  «>.;  fr.  9  D.  47,  9;  fr.  236  pr.  D.  50,  16  &w;  fr.  236  J  1  cit. ;  fr.  151 
D.  ihid.;  fr.  5  D.  20,  5,  eoc.)  ed  inter,.,  differentia^  e»t  (fr.  58,  pr.  D.  50,  16; 
Gai.,  Inst.  II,  18;  ib,  171;  ib,  205;  ib.  284;  IV,  66).  II  cit.  fr.  238  J  2  D.  50, 
16,  Gaius,  libro  sexto  ad  legem  duodeeim  iabularum  cosi  h  conce'pito:  <ti  Pignus 
appellatum  a  pugno,  quia  res,  quae  pignori  dantur,  niann  tradimtnr,  unde 
etiam  videri  potest  verum  esse,  quod  quidaui  putant,  pignus  proprie  rei  niobilis 
constitui  ».  Gajo  vi  pone  in  rilievo  il  carattere,  diremo  oosi,  esteriore  del  pegno: 
la  consegna  deiroggetto  di  garanzia;  carattere  che  solo  pu5  distinguerlo  dal- 
Tipoteca  poich6  «  I'uno  non  difforisce  dall'altra  nh  per  I'essenza  n^  pel  modo 
(GlDck,  Comm.f  trad.  Ascoli,  lib.  XX,  tit.  I,  p.  3)  ».  «  Inter  pignus  autem  et 
hypotheoam  tantum  nominis  sonus  differt.  »  sono  le  parole  di  Marciaxo  (fr.  5 
$  1  D.  20,  1);  questi  dunque  ama  meglio  far  uotare  1' identitjl^  sostanziale 
delle  due  forme  del  pegno  e  dell^ipoteca;  ed  il  FkrRini  pone  a  punto  a  raf- 
fronto  qnesto  concetto  di  Marciano  con  quelle  del  fr.  238  $  2  D.  50,  16  di 
Gajo  per  dedurne  con  maggior  sicurezza  che  il  luogo  delle  Istituzioni  citato 
appartieno  non  alle  Istituzioni  di  Makciano,  ma  pinttosto  alle  res  cottidianae 
di  Gaio. 

OLticK.  Comm.  Pandelte.  —  Lib.  XIII.  —  38. 


298  LIBHO   XllI,   T1T0X,0   VH,   §   862. 

distinguere  il  patto  d'ipoteca  (pactum  hypothecae)  per  cui  viene 
accordato  al  creditore  semplicemente  ub  diritto  reale  di  garauzia 
sal  beai  del  debitore,  senza  che  gliene  venga  concesso  il  possesso. 
fi  questo  un  patto  pretorio,  in  base  al  quale  pero  il  pretore  accorda 
lui'azione  reale  [actio  hypothecaria).  Ma  il  oontratto  di  i>egno  deve 
la  sua  origine  al  diritto  civile,  ed  era  obbligatorio  gii  dagli  auticlii 
tempi  di  Hoiua;  infatti  con  molta  probability  Pultima  delle  XII 
tavole  ne  trattava  '').  Con  esso  pero  si  creano  solo  fra  i  contraeuti 
degli  obblighi  persouali  P  adempimento  dei  quali  puo  pretendersi 
con  Vactio  pigneraticia.  Qui  non  e  questione  se  il  creditore  abbia 
anohe  effettivamente  sempre  un  diritto  di  pegno**);  poiche  puo 
darsi  in  pegno  anche  una  cosa  altrui.  L'obbligo  fra  i  contraenti 
sorge  quaa.do  b  stata  data  in  pegno  al  creditore  una  cosa,  sia  che 
si  tratti  di  cosa  propria  del  debitore,  sia  che  si  tratti  di  cosa  altrui. 
E  qui  si  delinea  un' importante  differenza  tra  Vactio  pigneraticia 
e  Vactio  hypothecaria,  Quest'ultima  presuppone  sempre  un  valido 
diritto  di  pegno  *^),  poich^  essa  6  un'azione  reale,  che  ha  luogo 
contro  ogni  possessore  del  pegno;  ms,  Vactio  pigneraticia  e  un'azione 
semplicemente  personale,  la  quale  ha  luogo  solo  fra  i  contraenti. 
Qui  g\A  il  contratto  per  se  stesso  vincola  il  creditore  {re  obligatur) 
a  restituire  il  pegno  dopo  ottenuto  il  pagamento,  quando  anche 
esso  non  appartenga  al  debitore  ^^). 

E  per6  se  il  creditore  vuol  far  valere  il  suo  diritto  di  garanzia 
contro  il  terzo  detentore  del  pegno,  deve  poter  provare  che  gli  e 
stato  concesso  un  valido  diritto  di  pegno.  Percio  il  Noodt  *')  dice 
giustamente:  «  Multum  interest,  inter  obligari  pignori,  et  dari 
pignori.  Priori  casu  res  obligatur:  posteriori  contrahentium  personae 
tenentur:  res  libera  est ». 


*3)  V.  lac,  GoTiiOFKEDO,  Quahtor  fontes  iuris  c/r.,  pag.  157  socutulo 
Tedizidne  ginevrina  del  1653;  ed  in  Thes.  Otton,,  t-oiu.  Ill,  pag.  139. 

]^)  Si  veda  Bpecialmcnte  Ger.  Noodt,  Comment,  ad  Dig.  h,  /.,  toiii.  II, 
Operum,  pag.  321. 

^^)  L,  6  Cod.  8i  aliena  res  pignori  data  sit,  8,  15. 

^^)  i  4 1.  Quib,  mod,  re  contrah,  obligai,,  3,  14 ;  L.  9  ^  4 ;  L.  22  (  2  D.  /(.  (, 

^*^  Cit,  loc    et  lib.  I  Observation, ^  cap.  7. 


DBi  PlGNBBlTtClA  ACTtONfi  200 

Per.  ritoniare  diinque  al  contratto  di  peguo,  originariainente 
era  duplice  la  forma  di  questo  coutratto.  Prima  cio^  che  il  pre- 
tore  avesse  introdotta  Vaetio  kypothecaria  il  pegno  serviva  di  ga- 
ranzia  al  creditore  solo  fin  tan  to  che  questi  lo  teneva  in  sue  mani. 
Sc  egli  ne  perdeva  il  x>ossesso,  non  aveva  da  prineipio  alcana 
azione  contro  il  terzo  possessore,  che"  non  era  il  debitore.  Per 
fomirlo  di  una  tale  azione  si  soleva  trasmettere  al  creditore,  o 
stragiudizialmente  con  la  solennitii  della  mancipazione  dinanzi  a 
cinque  testimoni,  o  giudizialmente  con  -  una  cessio  in  iure,  con  il 
possesso  anche  la  propriety  del  pegno,  revocabilmente  ed  a  con- 
dizione  che  egli  dovesse  rimanciparlo  al  debitore,  non  appena  fosse 
stato  da  quest'  ultimo  sodisfatto.  II  contratto  di  pegno,  per  tal 
modo  conchiuso  con  il  creditore,  era  detto  fiducia  o  contractvs 
fiduciarius;  come,  per  antitesi,  il  contratto  di  pegno  senza  la  lex 
fiduciae  si  soleva  chiamare  semplicemente  pignus,  deponitum  pignus^ 
o  contrachis  pigneraticius  **).  fi  degno  di  nota  il  passo  di  IsiDORO  *^) 
che  chiarisce  la  differenza  tra  pignus  e  fiducia:  «  Pignus  est,  quo<l 
propter  rem  creditam  obligatur,  cuius  rei  possessionem  solam  ad 
tempus  consequitur  creditor,  ceterum  dominium  penes  debitorem 
est.  Fiducia  est,  cum  res  aliqua,  sumendae  mutnae  pecuniae  gratia, 
vel  mancipatur,  vel  in  iure  ceditur  ». 

Ed  anche  la  cos;i  stessa,  la  cui  propriety  era  stata  trasferita  al 
creditore  per  sua  garanzia,  sotto  condizione  di  rimancipazione, 
veniva  detta  fiducia  o  res  fiduciaria  *^);  donde  la  frase:  fiduciam 
diHtrahere^^).  11  nom^  fiducia  incontestabilmente  ebbe  origine  dal 
fatto  che  si  fece  si)ecialmente  assegno   sulla    fede    e   PonorabilitA 


•*)  V.  Oer,  NoODT,   Observation.,  lib.    II,    cap.  7;  Ant.  Schulting  ad 
Panli    sentent.    recept.f    lib.    II,    tit.  4  e    13    in    lurisprud.    antejustin.j 
pag.  271,  282  e  segg.;  Idem,  Thes,  controversar,^  deoad.  L,  parte  II  e  III; 
PoTHiER,  Pandect.  lustin.j  torn.  I  h.  t.    in  Append. ,    pag.  898  e  segg.; 
Franc.   Car.  Conradi,  i>w».   II  de  pacta  fiduciae,  Helmst.  1732  e  Wkst- 
rnAL,  Diritto  di  pegno,  4  63. 

**)   Origin,,   lib.  V,  cap.  25. 

*°)  Paulus,   Sentent.    reeept.,  lib.  II,  tit.   13,  }  2  e  7;  e:    ad   etindeni 
ScHULTiNQ  in  lurisprud.  antejust.,  pag.  286. 

*^)  Paulus,  cit.  loc,  $  1  e  3. 


.^00  LISBO  xniy  TitOLO  Vtlj  §  862. 

del  creditore.  E  cio  prova  anche  la  formola  di  ctu  si  serviva 
il  debitore  nel  conchiudere  qaesto  contratto:  Ego  hane  rem  meant 
tibi  mancupo^  ut  earn  mihi  remanoupen,  uti  ne  propter,  te  fidemve  Utam 
captus  fraudatmve  fiem  '').  Se  dnnqne  il  pegno  era  stato  mancipato 
al  creditore  sub  lege  fiduciae^  egli,  era  ritennto  vero  proprietario 
tin  che  non  avesse  rimancipato  la  cosa;  egli  poteva  non  soltanto 
persegiiire  gindizialmente  la  sua  propriety  contro  ogni  terzo 
l>os8essore  del  pegno^  ma  anche  prendersi  stragiudizialmente  il 
pegno    doviinqne  lo  trovasse  *'')•  II  creditore  poteva  anche  appro- 


**)  V.  CoNRADi,  J)is9,  I  <U  pacta  fiduciae,  5  16  e  Diss.  TT,  $  2. 

")  L.  66  D.  de  rei  vindicat.  4,  6j*Paulus,  Senient.  rerejyt.^  lib.  V,  tit.  26, 
$4:  €  Creditor  fidudam  et  pignora  apnd  ne  depoRita'  pereeqniy  efc  mno 
aiictoritate  iiuliciB  vindioAi'e  non  prohibetur».  V.  ^Ht.  Schulting, /iirf«- 
prud,  antejustin,,  pag.  524,  not.  30,  31  e  32.  II  creditor  pot«va  anche, 
oome  proprietario,  legare  per  teatamento  il  pcgno  a  clii  voleftBO.  Vedi 
Paui.us,  /.  c,  $  6.  £  qniodi  in  questo  caso  aveva  Inogo  im  legatum  riit- 
dicatioHiSj  poichc  il  pegno  era  divenuto  ^»r«  Qfiiritium  propriety  del  •  cre- 
ditore. Ulpiani  Fragment.^  tit.  24,  $  7.  A  ci6  deve  riferirsi  ci^V  che 
dice  Papiniano  nella  L.  9  $.2  D.  de  sujyellect,  legata,  83,  10:  €  Supellectili 
Alia  onini  legato  aoceptnm  argentani  pignori  non  continebitar,  quia  nnpel- 
lectilem  snani  legavit,  ntiqne  si  non  in  usu  creditoris ,  id  argentnm  vo- 
liintate  debitoris  fait,  Aed  propoBJtum  propter  contractus  Mem  ac  refiti- 
tuendae  rei  vinculum  ».  Tanto  Cctiacio,  ad  Papiniani  responsa,  lib.  VIl, 
quanto  Oer,  Noodt,  Observat,^  lib.  II,  c.  10,  apiegnno  le  parole  «  Ri  non 
in  UBU  pignons  »  come  rifei^entisi  ad  un  contractus  fidnciae.  Pen^  Noonx 
legge :  «  Si  non  inns  creditoris  »,  ed  intende  per  jus  e=a  pmprietA  ;  e  legge 
invece  di  proposiium :  depositum.  Con  eRsi  couRentono  anche  Ant.  Schul- 
Tixo  in  lurispr.  antejust.y  p.  286  e  Westphal  in  J)h\  dt  pcgno,  ^  63, 
not.  85  e  nel  Sistcma  delta' tcoria  dclJc  singole  specie  di  legati,  <i  521; 
pure,  egli  crede  che  le  parole  in  usu  creditoris  si  poRRAno  Rpiegai*e  anche 
Renza  mutamento,  giacch^  P  espresRione :  in  usu  mancipioque  era  molto 
URata.  Con  crro  dunqnc  si  indicherebbe  un  poRseRRO,  cni  Ri  foRRe  perve- 
nnto  per  mezzo  di  nna  mancipazione.  Oio,  van  de  Watbr,  Obserr,  iur.  rom., 
lib.  I,  c.  10,  jitiene  le  parole  in  usu  tin  tribonianiRmo,  perch^.  Papiniano 
avrebbe  Rcritto :  si  non  fiduciae, .  Ma  rigettano  giustamente  queRte  Rpiega- 
zioni  (rio.  Irhsio.  in  Strictur,  ad  iuris  rom,  pand,,  pag.  281  e  Regg.,  e 
(tio,  Ijud,  CoNRADi,  Reprehensor  in  observation,  super  jure  civ.  diversor, 
sing.,  pag.  121  e  negf^.  Se  il  te6tatoi*e  ha  legato  ad  alcuuo  la  mobilia  di 
caRa*  e  fra  qnesta  si  trova  delPargent<o  altrni  che  a  qnello  era  stato  affi- 
dato  come  pegno,  e  di  cui  per6  gli  era  concesso  Puro,  Pargento  e  senza 
dnbbio  cnmpreRO  nel  legato,  e  cio^  nel  RenRO  che  il  legatario  ne  ha  Puro 


DE  rlGNEBATtOlA  ACTlONE'  301 

priarsi  i  fnitti  e  gli  utili  del  pegno,  ina  doveva  dedurli  dal  debito  **). 
8e  il  debitore  pagava,  il  pegno  non  ritomava  a  liii  ipso  iure,  ma 
il  ereditore  era  obbligato  alia  rimancipazione,  al  qual  uopo  com- 
pete va  al  debitore  V actio  fidmiae  directa;  la  formola  di  essa  era: 
Aio  te  mihi  fiduciam ,  quam  tibi  mancupavi,  reniancupare  oportere, 
ut  inter  honos  bene  agier  oportet,  et  sine  frandatione  *^)  '*). 

Se  i)er6  il  ereditore,  per  il  mancato  pagamento  del  debito,  aveva 
vendnto  il  pegno,  allora  il  debitore  poteva  pretendere  *°),  per  mezzo 
di  qnell'azione,  per  lo  meno  il  Bopravanzo  del  prezzo  di  vendita, 
che  vien  detto  hyperooha  ").  All'opposto,  anclie  il  ereditore  po- 
teva, quando  avesse  incontrato  delle  spese  a  cansa  del  pegno,  ri- 
eliiedeme  il  risarpimento  con  VncHo  fidueiae  contraria  **). 

Kisulta  cliiaramente  da  tntto  cio,  die  a  torto  afTerma  CriACio  *^) 
clie  il  contractus  fidueiae  sia  stato  sempre  connesso  con  la  lex  com- 
missoria,  cbe  cioe,  in  caso  di  mancato  pagament<»  del  debito,  il 
pegno  fosse  devoluto  al  ereditore  ^°);  qnantunqne  non  si  possa  ne- 
gare  che  prima  di  Cost  anting  il  Grande  la  lex  commissoria  potease 
esser  validamente  aggiiinta  al  contratto  di  pegno  ^*). 


fm  clie  il  pegno  non  venga  riBcattato.  V,  Pothier,  Pandect,  lustin,^ 
torn.  II,  tit.  de  Ufjatis,  n.  CCLXII,  not.  rf,  pag.  325. 

**)  Paulus,  Senient,  recept.,  lib.  II,  tit.  13,  ^  2;  L.  1  C.  de  pign.  art, 

*•')  V.  CoNRADi,  de  pacto  fidueiae,  exercit.  II,  ^  6. 

**)  L.  20  D.  qui  potior,  in  pignore,  20,  4. 

*')   Paulus,  c.  /.,  J  1 ;  SoHULTiNG,  c,  /.,  pag.  2«3. 

**)  Paulus,  Sent,  recept.,  cit.  loc,  J  7;  Conradi,  oxer<*it.  IT,  vit,, 
$  7  e  S. 

*^)  Ad  Pauli  Sent,  recept.,  lib.  II,  tit.  13  ad  rubricam, 
•*")  Si  veda  piiittosto  lae.  Gothoprrdo,   Comm,  ad  L.  un   C,   Theodott, 
de  commissoria  rescindenda,  toni.  I,    pag.  290  o  f^^g,,    edit.  Ritter,  ed 
Ant.  ScnuLTiNG    ad  Pauli  Sent,  recept,,    pag.  282,    ed    anelie    Conradi, 
Ex.  1  de  pacto  fidueiae,  f  20. 

^')  Cicero,  Orat.  pro  Flaeeo,  cap.  21. 


«)  Secondo  Lenel,  ZVdi*  perp^iuel^  Pftris  1903,  vol.  II,  pag.  7,  VacHo 
fidueiae  avrebbe  avuto  una  formula  in  factum,  concepita  pressu  a  poco  nei 
termini  seguenti:  «  S,  p,  -4»"  Jw'  No  2^o  fundum  q.  d,  a.  oh  pecuniam  dehitam 
fidueiae  causa  maneipio  dedUse  (s.  in  iure  cesaisse)  eamque  pecuniam  aolutam  eore 
nomine  satisfactum  esse  aut  per  Nfi^  ^V"*  stetisse  quo  minus  sohereiur  eumque  fun- 
dum redditum  non  esse  negotiumve  ita  actum  »o»  esse^  ut  inter  honos  bene  agier 
oportet  et  sine  fraudationey  quanti  ea  resei'it,  tantam  pecuniam  et  rel.   ». 


302  LlBilo  xtTt,  TltoLO  vil,  §  862. 

Kel  coiitratto  di  pegiio  couchiuso  seiiza  nianciimzione  od  in  tare 
cessio  tiitto  procedeva  in  luodo  dift'erente;  qui  al  creditore  iion  spet- 
tava  Ti6  la  rei  vindicatto,  ne  V actio  publiciatui  ^*),  poichfe  la  propriety 
rimaneva  al  debitore  e  al  creditore  pasisava  il  nudo  possesso  ^^). 
Qiiesto  seinplice  contralto  di  pe^no,  concliiuso  senza  \^  lex  Jidumae, 
pare  sia  stato  in  uso  solo  per  le  res  nee  mancipi  ^*).  Tuttavia  il 
contractus  Jiduciae  portava  con  se  parecchie  difficoltt\  in  quanlo, 
per  suo  mezzo,  solo  1  cittadini  romani  potevano  acqaistare  un  efiicace 
diritto  di  pegno,  ed  alPatto  della  manclpazione  dovevano  sempre 
intervenire,  come  testimoni,  cinque  cittadini  puberi,  ed  un  Ubripens; 
od  anche,  come  nella  cessio  in  iure,  era  necessaria  la  presenza  del 
pre  tore;  senza  pure  tener  conto  delle  parole  sacramentali  clie  si 
dovevano  pronunziare  fra  i  presenti  in  tale  circostanza.  Questi  furono 
motivi  sufficienti  perclie  il  pretore,  per  aojevolare  il  commercio  ed 
il  credito  comuni,  si  inducesse  ad  introdurre  nel  suo  Editto  un 
modo  nuovo  e  semplice  di  oppignoramento,  il  quale  poteva  mettersi 
in  atto  senza  tradizione  della  cosa  e  senza  alcuna  formalitil  per 
via  di  una  semplice  convenzione  orale  o  scritta.  Tal  modo  di  co- 
stituzione  di  pegno,  per  differenziarlo  dal  pignus  traditum,  venne 
chiamato  con  un  nome  greco:  hypotheca^  da  vno'i^iycui. 

Al  riguardo  non  importava  se  la  cosa  fosse  o  no  una  res  man- 
cipi, se  essa  appartenesse  al  debitore  ex  jure  Quiritiinn,  o  si  tro- 
vasse  semplicemente  in  bonis  del  medesimo  '*'*). 

11  iiretore  non  faceva  neppure  differenza  fra  cittadini  e  pere- 
grini  '^%  Ed  ancor  meno  occorrevano,  a  tal  riguardo,  pamle  o  for- 
mule  certe  ^^);  ma  il  semplice  consenso  del  contraenti  era  sufficiente, 

^•)  L.  13  J  1  D.  de  public,  in  rem  actione  6^  2:  « Interdum  qnibuadam 
nee  ex  iuKtis  ]>ORfie8RionibiiA  eompctit  Publieiainim  iudicium  :  namque  |M\^Hf - 
raticiae  et  procariao  posscRAioneH  iiistae  sunt,  sed  ex  /»>  non  solet  rompe- 
tere  tale  iudichimy  ilia  Rcilicet  ratione,  quia  neqne  creditor  neque  ia  qui 
l)recario  rogavit  eo  animo  nanciscitur  possessionem j  nt  crednt  se  dominmn 
esse  ». 

•")  L.  35  $  1  D.  de  pigneraticia  act. 

^^)  Erxlkbkn,  de  jure  pignorum^  $  22. 

^•'•)  L.  15  $  1  D.  de  pignorib.  et  hyp,,  20,  1 ;  L.  6  Cod.  si  aliena  res 
pignori  data  sit,  8,  15. 

'**^)   V.   Oer.  NoODT,   Observation,,  lib.  II,  cap.  8. 

3^)  L.  4  D.  de  pignorib,   et  hyp,,  20,  1 ;  L.  23  ^  1   D.   eodem. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONK  303 

cla  solo,  a  foudare  uu  diritto  di  x)egiio.  L'effetto  principale  cou- 
sisteva  pero  in  qiiesto:  clie  in  base  al  seuiplice  patto,  pel  quale 
il  debitore  avesse  costituito  a  favore  del  creditore  im  diritto  di 
pegno  sul  suo  patrimonio,  senza  pero  cousegnargli  il  pegno,  si 
poteva  agire  tanto  contro  il  debitore  quanto  contro  il  terzo  pos- 
sessore ^*).  DoNELLO  ^°)  ha  ricostruito  nel  seguentc  uiodo  le  parole 
dell'Editto,  tenendo  per  norma  le  leggi  al  titolo:  de  pignoHbm  et 
hypotkecis :  «  Si  pro  eo,  quod  ei  debebitur,  res  aliqua  piguoris 
bypotliecaeve  nomine  obligata  esse  dicetur  ab  eo,  cuius  in  bonis 
ca  res  est,  aut  alioqui,  cui  de  ea  re  constituendi  ius  est:  ei  he- 
redive  eius,  quoad  pecuuia  solvetur,  aut  eo  nomine  illi  satisfactum 
erit,  in  eum,  qui  earn  rem  possidebit,  tenebitve,  aut  dolo  malo 
fecerit,  quominus  possideret,  actionem  dabo,  ut  si  ea  res  arbitrio 
iudicis  non  restituetur,  quanti  ea  res  erit,  cond^jmnatio  seq nature. 
Quest' azione  reale  vien  chiamata  azione  ipotecaria,  ed  ha  luogo 
in  ogni  caso,  tanto  se  al  creditore  sia  stata  data  in  pegno  una 
cosa  di  cui  egli  abbia,  accidentalmente  pero,  perduto  il  possesso, 
quanto  se  gli  sia  stata  costituita  una  ipoteca  *^).  Essa  si  chiamava 
originariamente:  aetio  Serviana,  Quasi  tutti  ne  indicano  come  crea- 
tore  il  pretore  Servius  Sulpicius  **).  Ma,  anche  facendo  astrazione 
dal  fatto  die  allora  Pazione  si  sarebbe  dovuta  chiamare:  actio 
SuJpicia;  sta  pure  che  Servius  Sulpicius  non  fu  praetor  urbanus 
ne  peregrinus,  ma  praetor  quaestionum  **).  Questo  pretore  non  aveva 
alcuna  giurisdizione  *^),  come  g\k  hanno  ricordato  anche  Antonio 
ScHULTiNa  **)  ed  Ev.  Otto  *^)  [Vedi  nota  a  pag.  seg.]. 


^)  L.  17  $  2  D.  de  pactis,  2.  14:  <<  De  pignore  iuie  lionorario  nascitur 
ex  pacto  action.  V.  Noodt,  loc.  cit,,  pag.  326:  L.  17  D.  de  pUjnvrib. 
ei  hyp,,  20,  1:  «Pignori8  persecutio  in  rem  parit  actionem  creditori ». 

^^)  Tract,  de  pignorib,  et  hyp.,   cap.  I. 

♦0)  L.  28  D.  de  pign.  act.;  L.   18  C.  de  pignor.,  8,  13. 

^')  Ant,  AuGUSTiNUS,  De  nominibus propriis  Pandectariim,  in  Thesaurum 
iuris  romani  Otton.,  torn.  I,  pag.  334;  lac,  Cuitxius,  £cxsc(T(iJy,  lib.  Ill, 
cap.  39;  Westphal,  l)ir,  di  peffno,  J  262,  not.  293,  pag.  883  ed  i  piu. 

^*)  Egli  aveva  cio^  la  quaestio  peculatus;  Cicero,  pro  Mttrena,  cap.  20  j 
V.  HfV.  Otto  Lib,  sing,  de  vita,  studiis,  scriptis  et  honorib.  Servii  Snipicii, 
Traj.  adRhen.,  1737-8,  cap.  X,  J  1. 

^3)  Tacitus,  Agric.,  cap.  6;  M\  Otto,  cap.  1,  $  2,  pag.  145. 

^*)  Thes,  controv.,  decad.  LXXVI,   parte  I. 


304  LIBRO   Xlll,   TITOLO    VII,    §   802. 

Dev'essere  stato  dauquo.  qualche  altro  pretore  della  gens  Sercia 
il  creatore  di  qaell'azione  *^).  Questo  e  pero  certo :  che  Vactio  Ser- 
viana  aveva  luogo  sol  tan  to  a  favore  del  locatore  di  un  praedium 
rttsticum  per  le  cose  del  colonus  oppignorate  presso  di  lui  iu  ga- 
ranzia  del  prezzo  di  aftitto,  iu  riguardo  alle  quali,  le  parole  del- 
PEditto,  secoudo  la  ricostruzioiie  di  Oherardo  Noodt  ^'),  debbouo 
aver  suonato  cosi:  «Quae  in  fundum  couductuin  a  colono  inducta, 
invecta,  locator  conventione  eius,  cuius  in  bonis  sint,  pro  niercede 
sibi  obligata  esse  dicet,  de  bis  illi,  nisi  arbitrio  iudicis  restituantur^ 
ad  versus  eum,  qui  possidebit,  quanti  res  erit,  indicium  dabo  ». 
Solo  in  seguito  la  si  estese,  e  fu  concessa  anche,  senza  distinzioni, 
ad  ogni  altro  creditore  pignoratizio,  in  favore  del  <iuale  esistesse 
un  valido  diritto  di  pegno,  sia  per  contratto  di  pegno,  sia  per 
iscrizione  ii>otecaria.  Ed  allora  essa  prese  il  nome  di  actio  hypo- 
thecaria  o  quasi  Serviana  **)  ^). 


*"')    Vita  Servii  Sidpiciif  cap.  X,  }  2. 

^<*)  Velleius  Paterculus,  lib.  II,  cap.  15,  fa  menzione  di  un  pretore 
Servitts. 

.'^*)  ^'^(ymmeiitar,  ad  Dig.,  lib.  XX,  tit.  1;  Oper.,  torn.  II,  pag.  432. 

*^)  CoBi  cMnsegna  Giustiniano,  J  71.  de  actionib.  4,  6:  «  Item  Serviana  et 
quasi  Serriaiutf  quae  etiani  hypothecaria  vocatur,  ear  ipsius  praetoris  iuris- 
dictione  subs  taut  lain  capit.  Serviana  autem  expcritur  quis  de  rebus  co- 
Joiii,  quae  pignoris  iure  pro  niercedibus  fundi  ei  tenentur;  quasi  Serviana 
autem  qua  credi tores    pignora    liypotheca^ve    persequuntur  ».    fi  pero  di 


(f)  Diamo,  con  Lkmkl  {L  r.,  vol.  II,  png.  244),  la  formula  deWactio  quasi' 
Set*viana:  8,  p.  inter  A'»^  A*^^  et  Luciuni  TUium  oonvenisaef  ut  ea  res  q.  d,  a, 
Ao  Ao  pign&ri  hypothecaeve  esset  propter  peouniam  debitam,  eamque  rem  tuncy  cum 
conveniebat,  iu  bonis  Luoii  Titii  fuisse  eamque  pecuniam  ueque  solutam  neque  eo 
nomine  satisf actum  esse,  neque  per  A>ff-  A^t^  stare  quo  minus  solvatur,  uisi  ea  res 
arbitratu  tuo  restitt^turj  quanti  ea  res  erit,  tantam  pecuniam y  iudex,  A'^'t  y*»  Ao  Ao 
c.  s,  H,  p,  a.  —  La  formula  delV actio  Serviana  non  difieriva  che  in  qnalche 
punto  dalla  precedeute.  Questa*  azione  interveniva  nella  stessa  ipotesi  in  oui 
era  date  Vinterd,  Salvianum^  qaindi  —  sempre  secondo  Lbxel  {I.  c)  —  la 
conventio  vi  era  desig^ata  con  gli  stessi  termini  che  in  qiiesto  interdetto  e 
che  neir  interdetto  de  migrando:  convenisse^  ut  quae  in  fundum  q,  d.  a,  introdueta 
importata  ibi  nata  factave  essent,  ea  pignori  AO  Ao  p^ro  mercede  eius  fundi  essent. 
Conformemente  a  ci6  che  veniva  detto  nella  conveuzione,  il  fatto  deUa  inductio 
doveva  necessariamente  esser  indicato  nella  formula.  La  clansola,  poi,  relativa 
aH'eccezioue  risultante  dalla  liberazione  era  identica  a  queUa  delPazione  pre- 
cedent e. 


DE   PIGNKRATICIA   ACTIONfi  305 

Ma  dopo  clie  i  creditor!  ebbero  per  il  loro  diritto  di  pegno  una 
azione  reale,  comincio  a  divenir  sempre  piti  raro  il  contractus  fidtuna^. 
A  torto  quindi  afferuia  CuiACio  **)  che  esso  sia  stato  abolito  dalPIm- 
peratore  Cost  anting  il  Grande  con  la  L.  ult.  Cod.  depa^^tis  pignor.j 
Hj  34,  poich^  qaesta  legge  proibisce  solo  la  lex  commissoria  negli  oppi- 
gnoramenti  *®).  II  c<mtra<:ttu  fidtunae  e  conferinato  ^')  ancora  in  una 


altra  opinione  t'on  Lohr  nel  Grolmans  Magazin  fur  Bechtswiasenachaft  vnd 
Oeaeisgebung,  S,^  xoliime,  l.'^  metii,  n.  IV,  pag.  129  seg.,  in  cui  appaiono 
alcune  sue  Osservasioni  sulle  azioni  reali  pignorathie.  Egli  infatti  credo 
che  fin  da  prima  avesse  Inogo  un^  azione  fondata  sal  diritto  civile,  una 
rindic<itio  utWs  die  sarebbe  spettata  tan  to  al  creditore  pignoratizio  ed 
ipotecario,  qiianto  al  superficiario,  all^enfiteuta  ed  a  parecchi  altri  non 
proprietaii.  Ci6  verrebbe  detto  esplicitamente  nella  L.  16  D.  de  serrifu- 
tibits,  VIII,  I.  Qui  Giuliano  dice:  «  Ei,  qui  pignori  fundaui  accepit,  non 
est  iniqunm  utilem  petitionem  servitutis  dari,  sicnti  ipsins  fundi  utilis 
petitio  dabitur  ».  Ma  e  evidente  che  Vvtilis  petitio,  che  qui  vien  accordata 
al  creditore  pignoratizio,  non  h  altro  che  Vactio  quasi  Servia9ia,  come  ha 
giustissimamente  notato  anche  Westphal,  De  libertate  et  servitut,  prae- 
diornm,  $  976,  not.  853.  Ma  non  basta.  Oltre  quell'  azione  il  creditore 
pignoratizio  manuale  {Faustpfandglaubiger)  deve  aver  avuto  ancora  Vactio 
pigneraiicia^  se  il  diritto  di  pegno  era  stato  validamente  costituito  fin  da 
principio  e  se  la  cosa  si  trovava  nella  propriety  quiritaria  del  debitore ; 
in  csiso  conti-ario  avrebbe  avuto  luogo  Vactio  Serviana  che  sta  alia  pi- 
giwraticia  come  la  Publiciana  alia  rei  vindicatio.  Ma  tutta  Pantichit^  ro- 
luana  tace  che  oltre  alPazione  pignoratizia  pretoria  si  sia  data  ancora 
un^  altra  azione  reale  di  diritto  civile.  N^  anche  Theophilus  nella  sua 
parafrasi  greca  delle  Istituzioni  al  $  7  I.  de  action,  ne  fa  cenno.  Le  leggi 
addotte  in  proposito  parlano,  si,  di  una  actio  pigneraticia  in  rem,  ma  e 
noto  a  tutti  che  sotto  questo  nome  non  si  comprende  altra  azione  pigno- 
mtizia  alPinfuori  della  pretoria;  vedasi  la  nota  9  di  questo  paragrafo. 
£  poi  questa  actio  pigneraticia  ^  anche  abbastanza  chiaramente  detta 
pigneraticia  Sertiana  nella  L.  3  $  3,  ad  exhib,  D.  10,  4.  Ed  e  cosi  giusto 
ci6  che,  tivLAudoiinbonae  fidei  po8se88or,  cui  11  pretore  accorda  1' azione 
publiciana,  mette  in  essere  un  diritto  di  pegno  sulla  cosa,  compete  al  cre- 
ditore I'azione  ipotecaria  appunto  con  la  limitazione  con  cm  al  debitore 
Vactio  Publiciana,  Essa  cio^  gli  compete  solo  contro  il  possessore  del 
pegno  che  ha  sulla  cosa  un  diritto  piu  debole  di  quello  del  debitore. 
L.  18  D.  de  pignorib.  et  hypoth.,  20,  1. 

*^)  Ad  Pauli  Sentent,  reeept.,  lib.  II,  tit.  13  ar?  Bubrum. 

'^)  V.  Ant.  ScHULTiNG,  lurisprud.  antejust.,  pag.  383  ed  lac.  Gotho- 
FREDUS  in  Comm.  ad  leg.  un.  C.  Theodoa.  de  lege  commiaa.  reacind. 

"*0  L«  9  C.  Theodoa.  de  infirmand.  hia,  quae  aub  tyrann. 

GLJCK.  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  -  39. 


306  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,    §   862. 

nuova  costituzione  degli  Im])eratori  Abcadio  eel  Onoeio  ^*).  Esso 
dnnque  cessb  effettivament^.  soltanto  doiH)  che  Giustiniano  ^^> 
ebbe  abrogate  la  ilistinzione  fra  res  mancipi  e  nee  nmncipi  '**).  Ed 
e  percio  che  in  tiitto  il  Corpm  iuris  non  se  ue  trova  piil  traccia 
in  alenn  punto  ^). 

II  contratto  di  pegno  e  dunqiie  1/  un  contratto  reale,  che  riceve 
hi  sua  perfezione  solo  con  la  tradizione  della  cosa.  Se  pero  il  de- 
bitore  ha  promesso  di  dare  in  pegno  una  cosa,  questa,  g\k  prima 
della  tradizione,  deve  rignardarsi  come  una  ipoteca,  giacche  per 
la  costituzione  di  quest'  ultima   basta  la  semplice  convenzione  ^^;. 

Cosl  si  spiegano  le  parole  di  Ulpiano  L.  1  §  1 1),  h.  t. :  «  Si  igitur 
contractum  sit  pignns  nuda  conventione,  videamus,  an,  si  quis- 
aurum  ostenderit  quasi.  i)ignori  daturus  et  aes  dederit,  obligaverit 
aurum  pignori:  et  consequens  est  lit  aurum  obligetur,  non  auten> 
aes,  quia  in  hoc  non  consenserint  » ;  ed  Anton.  Faber  ^^)  nota 
giustamente  a  questo  proi)osito:  «  Etsi  traditione  pignus  proprie 
constituitur,  non  tamen  ita  accipi  debet,  ut  bicipiat  pignus  a  tra- 
ditione, quamvis  inutilis  traditio  est,  nisi  praecesseiit  consensus 
de  re  obliganda ;  quo  consensu  praecedente  inutilis  quoque  traditio 
est  ad  pignoris  obligationem  constituendam,  qnae  iam  satis  undo 
consensu  constituta  est  ».  8e  perb  e  seguita  la  tradizione,  od  il 
creditore  ha  gi^  altrimenti  ottenuto  il  possesso  del  pegno,  sia  piu'e 
]>er  via  delPazione  ipotecaria,  sin  da  quel  momento  ha  luogo  Vacti^ 
pigneraticiaj  che  allora  compete  al  debitore  8i)ecialmente  nel  caso 


'•*)  SUIonius  ApoUinar.^  lib.  IV,  ep.  24,  fa  menzioue  del  contractus  fi- 
iluriae  come  di  un  contratto  ancor  valido  a'  suoi  tempi. 

^^)  L.  un.  C.  de  nsucap.  transform,,  7,  31. 

•'•*)  v.  NooDT,  Observathn.,  lib.  II,  cap.  8  e  Conradi,  Exercit.  II  de 
pacta  fiducial,  J  17  e  18. 

•**'•)  V.  Bachovius,  De  pignorib.  et  hypoth,,  lib.  V,  cap.  18. 

•'••*)  Rational,  in  Pand,  ad  L.  1  §  1  D,  h,  t. 


r)  QneBte  affermazioui  debbono  :iccogliersi  con  inolta  cautela.  Rimandiamo^ 
percio,  su  questo  punto  che  riflette  la  Htoria  del  pegno  a  quanto  ne  ha  scritto 
Tillustre  prof.  A»C0LI  nel  Le  origini  delVipoteea  e  Vinterdetto  Salviano^  Li- 
vorno  1887. 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONE  307 

in  cui  il  creditore  con  la  vendita  del  pegno  abbia  agito  fraudo- 
lentemente,  o  per  tal  modo  il  debitore  stesso  abbia  pagato  piti  che 
il  debito  non  imi)orta8se  ^'). 

II  contratto  di  pegno  e:  2.^  un  contratto  honae  fidei^  che  deve 
gindicarsi  piii  secondo  I'eqnitA  e  la  presuinibile  intenzioue  delle 
parti,  clie  secondo  le  formnle  rigorose  del  diritto. 

Inoltre,  3.**  per  la  sua  validity,  non  e  ricbiesto  alcnn  atto  scritto  '""% 
ma  la  semplice  convenzione  delle  parti,  la  semplice  promessa  orale; 
€  Padempimento  della  medesima,  con  la  consegna  del  pegno,  e 
sufficiente  per  la  sua  perfezione.  La  scrittura  suole  aggiungersi  solo 
<*ome  mezzo  di  prova^*).  Non  h  pregiudicata  quindi  la  validity  del  con- 
tratto, anche  se  il  documento  sia  viziato  ^\  a  meno  che  non  se  ne 
4»ia  fatta  dipendere  la  validiti^  del  contratto  stesso  ^% 

4.''  II  dolo,  la  violenza  e  I'errore  lianno  nel  nostro  caso  lo  stesso 
€ffetto  che  negli  altri  contratti.  Tuttavia,  qui  bisogna  ben  notare  che, 
quando  il  contratto  di  pegno  debba  ritenersi  invalido  i>er  causa  della 
violenza,  il  debitore  dovrebbe  esser  stato  costretto,  mal  suo  grado, 
a  rieevere,  in  luogo  del  pegno  estortogli,  danaro  che  n6  gli  oceor- 
reva,  ne  egli  chiedeva. 

Se  pero  il  debitore  avesse  richiesto  del  denaro  e  il  creditore 
non  glielo  avesse  voluto  prestare  altriinenti  che  mediaute  dazione 
di  i)egno;  il  debitore,  poi,  trovandosi  in  strettezze,  ed  abbisognando 
<iel  denaro,  si  fosse  visto  conseguentemente  costretto  a  dare  al 
<5reditore,  sebbene  malgrado,  un  pegno;  non  potrebbe,  in  tal  caso, 
dolersi  di  una  violenza  illegale.  Toiche  non  si  puo  far  carieo  ad 
un  creditore  se  egli  non  vuol  prestare  il  suo  danaro  senza  ga- 
ranzia.  fi  questo  il  senso  della  L.  4  Cod.  de  pig  nor,,  8,  13,  ove  si  dice : 


^')  L.  34  D.  de  damno  infecto,  39,  2;  L.  11  $5  I),  de  pigncrat,  act,; 
Ant,  ScHULTiNG,  Thes,  controvers.,  decad.  L,  p.  4  e  B\cuov.,  c,  /., 
pag.  450  e  segg. 

^)  L.  12  C.  de  phjnor,,  8,  13. 

•••')  L.  4  D.  de  piffnor.  et  hypoth,,  20,  1. 

«'»)  L.  34  M  1).  eodem. 

**')  Bachovius,  Ti\  de  pUpwrib,,  lib.  I,  cap.  3,  ii.2;  Krxlkbex.  Prin- 
<ip,  de  hire  piffnor.  y  {>  42. 


308  LIBBO   XIII,    TITOLO   VII,   §   862. 

«  Cum  te  pecimiam  accepisse  et  agros  tuos  obligasse  fateris,  iion 
liabes  rationem,  quod  quereris,  vi  te  coactum  pignori  dare,  si 
igitur  recipere  vis  rem  tnam,  solve  creditori  pecuniam  debitam  ». 

In  un  caso  simile,  in  cui  il  contralto  di  pegno  ^  nuUo  per  man- 
canza  di  accordo,  non  si  d^  neppure  un  diritto  di  ritenzione, 
quand'anclie  il  Fisco  debba  subentrare  al  posto  del  creditore.  L.  25 
D.  de  pignor.,  20, 1 :  «  Cum  vitiose  vel  inutiliter  contractus  pignoris 
intercedat,  retentioni  locm  non  est,  nee  si  bona  creditoris  ad  flscnm 
pertineant  ». 

5.^  II  contratto  di  pegno  puo  esser  concliiuso  cosi  tra  assenti 
come  tra  presenti.  La  L.  23  §  1  D.  eodem  dice  espressamente : 
«  Pignoris  obligatio  etiam  inter  absences  recte  contrahitur  ».  Prima 
di  GitJSTiNiANO  era  pero  assai  controverso  se  esso  potesse  venir 
conchiuso  anche  per  mezzo  di  un  mandatario,  di  guisa  che  il  man- 
dante  ne  conseguisse  tutti  i  diritti  e  ne  assumesse  tutti  gli  obblighi 
come  se  egli  stesso  Pavesse  contratt/O;  come  risulta  dallaL.  11  §  (> 
D.  de  pigner.  a4!tion€,  ove  si  dice:  «  Per  liberam  autem  personam 
pignoris  obligatio  nobis  non  adquiritur,  adeo  ut  ne  per  procura- 
torem  plerumque  vel  tutorem  adquiratur:  et  ideo  ipsi  actione  pi- 
gneraticia  convenientur.  sed  nee  mutat,  quod  constitutum  est  ah 
imperatore  nostro  ^*)  posse  per  liberam  personam  x>ossessiouem 
adquiri:  nam  hoc  eo  pertinebit,  ut  possimus  pignoris  nobis  obligati 
possessionem  per  procuratorem  vel  tutorem  adprebendere,  ipsani 
autem  obligationem  libera  persona  nobis  non  semper  ^^)  adquiret  ». 

Qui  si  poneva  come  base  la  regola  dell'antico  diritto  die  nes- 
suno  potesse  acquistare  dei  diritti  ne  venir  obbligato  ad  alcuna 
cosa  per  mezzo  di  una  libera  persona.  Ma  poiche  nel  nuovo 
iliritto  questa  regola  e  stata  modificata  in  vario  senso,   come  s'e 


^')  Qui  8i  fa  menzione  della  Costitiizione  dell 'imperatore  Sevkro,  L.  2 
Coil.  de  adquir.  possess.,  7,  32. 

^'^)  he  parole  non  semper,  come  anche  il  plerumque  che  si  nota  fra  le 
prime  parole,  sono  ritemiti  im'aggiunta  di  Triboniano.  Ved.  Cl'jacius 
in  Not,  ad  §51.:  «  per  quas  personas  cuique  adquirit.  ».  Si  veda  per6, 
in  contra rio,  gu  qncBto  pa^so,  Westphal,  Diritto  di  pegno,  J  56,  not.  77. 


DE   PIGNEBATICIA  ACTIONE  309 

gill  mostrato  in  altro  luogo  ^*),  coal,  anche  con  una  niiova  Costi- 
tuzione  delPImperatore  Giustiniano,  si  tolse  ogni  diibbio  parti- 
colarmente  rignardo  al  contratto  di  pegno;  e  quindi,  ora,  questo 
contratto  ])u6  esser  conchiuso  per  mezzo  di  un  mandatario,  con 
la  stessa  efficacia  die  in  persona  propria:  «  Si  enim  —  dice  (Jiu- 
STTNIANO,  L.  3  (2),  1,  Cod.  Per  quas  personam  nobis  adquiritury  4,  27.  — 
procuratori  necessitas  legibus  imposita  est  domino  contractus  ce- 
dere  actionem,  quare  non  ab  initio  quemadmodum  in  personali  actione 
cessio  supervacua  videbatur,  non  etiam  in  hypotliecis  et  pignoribus 
simili  modo  dominus  contractus  habeat  hypothecariani  actionem 
sen  pignoris  vinculum  vel  retentionem  sibi  acquisitam  ?  » . 

Gi^  prima  di  Giustiniano  era  giuridicamente  ammesso  pel 
mutuo,  che  se  alcuno  avesse  dato  a  prestito  del  denaro  in  nome 
altrui,  x>otesse  questo  appartenere  al  mutuante  o  all'altro  in  nome 
del  quale  veniva  prestato,  quest^  ultimo  in  base  a  tal  contratto 
poteva  agire  contro  il  debitore,  senza  dover  ricorrere  ad  una  ces- 
sione  da  parte  del  mutuante  ^'').  Tuttavia  il  mutuante  non  jwteva 
concbiudere  alcun  contratto  di  pegno  in  favore  dell'altro,  in  nome 
del  quale  egli  aveva  prestato  i  denari.  Per  giustificare  questo  punto 
Giustiniano  non  trovo  alcun  motivo  sufficiente;  e  percib  elimino 
la  minuziosit^  dell'antico  diritto. 

6.0  II  contratto  di  pegno  obbliga  il  creditore  a  restituire  al 
debitore,  senza  far  ox)posizione  di  sorta,  la  cosa  ricevuta  in  pegno, 
una  volta  estinto  il  debito  ^% 


**'*)  V.  la  part<>  IV  di  questo  Commentario,  $  343. 
«•')  L.  9  M  D.  de  reb.  cred.,  12,  1. 


6« 


)  L.  1  t^  6  D.  de  oblujat.  et  action.',  44,  7. 


310  LIBRO   XUI,    TITOLO   VII,   §   803. 

§  8G3. 
Quail  cose  poasono  formare  oggetto  del  contraito  di  pegnof  0- 

Puo  <larsi  in  pegno  qualsiasi  eosa;  basta  clie   essa   sia  al  caso 
<li  poter  garantire  il  creditore.  E  poiche  la  garanzia  del  creditore 


f)  t!,  logico  e  nnturale  far  procedere  di  i>ari  passo  il  pegiio  e  la  vendita:  il 
pegno  infatti,  come  bene  osserva  il  Troplong,  ha  da  risolversi  in  un  prezzo 
oe  il  debitore  nou  paga,  e  son  quindi  da  oonsiderarsi  sopratntto  come  di  na- 
tura  sottoposti  a  pegno  1  valori  clie  poRSono  essere  dalln  vendita  convertiti  in 
una  itoiuma  di  denaro.  Pel  trostro  diritto  poasono  darsi  in  pegno  tutte  le  cose 
mohilif  tanto  oorporali,  quanto  incorporali,  purche  in  eounuercio.  NelTanticti 
diritto  franceoe  si  disputava  Re  poteBsero  oppignorarsi  le  cose  incorporali;  nt^ 
dabitava  Pothikk,  rnttermava  Favrk:  la  pratica  si  prouunci^  in  favore  del  pegno 
delle  cose  incorporali,  vedcndovi  nn  potente  mezzo  di  credito.  Non  si  diibita 
che  poHHa  darsi  in  pegno  il  denaro  medesimo:  cosl,  dice  il  Pacific!  Mazzoni, 
Jat.  VI,  244,  si  costnma  di  rilasciare  cinqne  lire  in  pegno  »l  commereiante  di 
gazose  per  la  bottiglia  dell'acqua  di  Seltz.  Pussono  essere  date  in  pegno  le  cose 
mobili  per  loro  natnra  o  per  determinazione  della  legge  (416  c.  c),  qiiindi  pure 
i  diritti,  le  obbligazioni  e  le  azioni,  anche  ipotecarie,  che  lianno  i>er  oggetto 
Komme  di  denaro  od  eiletti  mobili,  le  azioni  o  quote  di  pnrtecipnzione  nelle 
societA.  di  commercio  o  d'industria  (art.  418  c.  c).  Fra  qnesti  beni  mobili  per 
determinazione  della  legge  v'^  il  credito,  ed  il  pegno  di  credito  e  usato  assai 
in  commercio.  L'art.  418  c.  c.  considera  anche  come  beni  mobili  per  determi- 
nazione della  legge  le  rendit«  dello  Stato:  e  per6  sorto  dnbbio  se  possano  va- 
lidamente  oppignorarsi,  perchi^  per  la  legge  speciale  snl  debito  pnbblico  Tamnii- 
nistrazione  dello  stesso  non  pu6  ammettere  seqnestro  o  pignoramento  sopra  tali 
rendite.  Le  ragioni,  pero,  siille  quali  tal  legge  e  fondata,  ragioni  pnrticolari, 
e  che  si  riducono  airessersi  volut'O  evitare  dannosi  incagli  a  qaeiramministra> 
zione,  se  son  valide  per  i  rapporti  con  ramministrazione,  non  possouo  opporsl 
tra  i  privati.  Le  rendite  restan  sempre  beni  mobili  e,  come  tali,  son  sottopo- 
nibili  a  vincolo. 

Possono  oppignorai'si  tanto  le  cose  singole,  quanto  le  universit,^  di  co<»e, 
beninteso  pnrche  mobili.  Non  possono  invece  le  cose  fiitnre,  e  i  frntti  che  na- 
«oeranno,  pereht^  non  possono  esser  conseguate  al  creditore;  se  per6,  raccolti 
che  siano,  gli  si  consegnino,  il  pegno  comincera  a  snssistere  eflicacemente  (V. 
Pacifici-Mazzoni,  L  c).  In  tal  caso  per6  il  contratto  per  se  stesso  8ari\  valido 
—  osserva  il  Wahl,  e  con  Inl  il  Lomonaco  —  {I)ir.  ch\  it,,  2.*  ed..  1904, 
pag.  830),  almeno  come  promessa  di  pegno,  indipendentemente  dalla  tradizionn 
perch«  qnalsiasi  convenzione  deve  ritenersi  validn,  purche  non  sia  contraria  al- 
Vordine  pnbblico  od  ai  bnoni  costiimi. 

In  chi  costitnisce  il  pegno  si  richiede  la  proprietil,  e  la  capacitfi  di  alienare, 
perch^  il  }>egno  implica  un'alienazioue  della  cosa  oppignorata. 

Tra  le  cose  che  si  possono  dare  in  pegno  debbonsi  aunoverare  anche  le  cone 
^oiNMiti.  Gli  ertetti  sono  regolati  dall'art.  679  c.  c. ;  cosK  se,  per  esempio,  siavi 


DE   riGNERATICIA   ACTIONE  311 

consiste  principalmente  in  qaesto:  che  egli,  uel  caso  di  mancato 
pagamento  del  debito,  e  autorizzato  ad  alienare  il  pegno  per  so- 
disfarsi;  cosi  ne  risnlta  la  regola  generale,  dataci  da  Gajo  nella 
h.  9  ^  Ide  pignoribtiSy  20, 1 :  «  Quod  emptionem  veiiditionemque  re- 
cipit,  etiam  pignerationem  recipere  potest »  ^').  Non  si  guarda  al  ge- 
nere  della  cosa:  e  percio  possono  esser  dati  in  pegno  tan  to  inobili  che 
imniobili,  cose  corporali  qiiauto  incorporali.  Alle  cose  incorporali 
che  possono  essere  oggetto  di  oppignoramento  appartengono,  per 
esempio,  le  obbligazioni  ed  i  crediti  {cautiones^  nomina).  In  questo 
ultimo  caso  il  creditore  pignoratizio  pno,  qualora  I'oppignorant^  non 
lo  sodisti,  agire  per  il  pagainento  del  debito,  dctione  utiU,  contro 
il  debitore  che  risponde  pel  credito  oppignorato  ^*).  II  creditore  poi 


'•')  Veraiiiente  qnost4)  frammento  non  k  posto  nelle  Pandeiie  al  suo 
^iisto  liiogo:  perch^  Gajo  nel  libro  IX  ad  Edictum  proviuciale,  donde 
esfio,  come  <Hce  riscrizione,  e  8tato  tolto,  ti'atUiva  iMV  actio  pigne- 
ratma  che  deriva  dnl  contratto  di  pegno,  come  nsuita  dalla  L.  10  e 
dalla  L.  12  D.  iU  pUjner,  act.  Esse  diinque  avrebhe  dovuto  esser  collo- 
cato  sotto  il  titolo :  (le  pigtieraiicia  actione,  e  non  inchiso  in  quelle  d-e 
pigiwribus  et  hi/pothecis,  come  giusUimentc  ha  notato  anche  Ger,  Noodt, 
Observation.,  lib.  I,  cap.  7  ff),  Vi  o  percio  una  gramie  differenza  tra 
la  questione:  quali  cose  possono  essere  oggetto  di  un  contratto  di  pegno 
-  e  Taltra:  quali  cose  possono  essere  validamente  ii>oteciit^.  Poich^  il 
contratto  di  i>egno  produce  sempliceiuente  diritti  ed  obbligazioni  personalis 
cos)  i)ossono  esser  date  in  pegno  manimle  anche  delle  cose  altrui,  n^  piii 
nc  nieuo  come  esse  possono  formare  oggetto  d'un  conti*atto  d'acquisto. 
Confr.  la  L.  9  f  4  D.  de  pign,  a^t,  con  la  L.  28  D.  de  vontrah.  tmpt.y 
18,  1.  Meutre,  al  contrario,  I'ipoteca  iniposta  sui  beni  altrui  non  e  me- 
nomamente  valida,  in  quanto  da  essa  non  nasce  alcuna  azione  pignoratizia 
contro  il  terzo  i>ossessore,  coraecch^  essa  presupponga  sempre  che  la  cosa 
sia  propiieta  delPoppignorante.  L.  6  C.  si  altena  res  pignori  data  sit^ 
8,  15.  Ve<li  anche  Westphal,  IHr.  di  pegno,  $  106,  nota  128,  e  P. 
Fabek,  Semestrium,  lib.  II,  caip.  17. 

^*)  L.  7  C.  de  heredit,  vel  act.  rend.,  4,  39:  «  Postquam  eo  decursum  est, 


nn  credito  cli  novantauiila  lire  comuue  a  tre  persone,  io  comproprietario  potro 
vincolare  questo  credito,  ma  non  attribuir6  al  creditore  piguoratizio  11  diritto 
di  prefereuza  per  11  credito  Intero,  sibbene  per  la  quota  che  verr^  a  tocoarmi 
nella  divisione. 

0)  y.  Lenel,  Palingenesia,  I,  pag.  210,  n.  211. 


312  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,   §    863. 

conteggia  sul  suo  credito  il  danaro  riscosso.  Se  pero  il  debito  con- 
siste  in  altre  cose  che  il  convenuto  doveva  dare  alPoppignorante, 
allora  qiiesti  se  le  ritiene  come  pegno  ^^),  solo  pero  deve  essere 
data  notizia  al  terzo  debitore  delPavvenuto  oppignorameuto,  poicbe 
altrimenti  egli  ivotrebbe  pagare  invsino  11  debito  al  suo  creditore, 
e  con  cio  annientare  il  diritto  di  pegno  impostovi  in  vantaggio  di 
altri  "^).  Ancbe  le  servitit  possono  venire  oppignorate,  e  non  sol- 
tanto  quelle  personali,  per  eseuipio  Pusufrutto,  in  cui  il  creditore 
deve  godere  dei  frutti  fin  tanto  che  il  debito  non  venga  per  tal 
mezzo  estinto  '*);  ma  anche  le  servitd  reali.  Pero  le  servitutes  nr- 


ut  vantiones  ijitoqiie  dfbitomm  pignori  darentur:  ordinnriiini  visum  est,  at 
post  nouiinis  venditionem  ntiles  emptori  si  [ut  responsiim  est],  vel  ipsi 
creditori  postulanti  dandas  a^^tiones  ».  Poicli6  il  conipratore  di  un  credito 
senza  dubbio  pu6  valersi  uiiliter  di  quell'azione  che  ii  venditore  del  cif- 
dito  potcva  originariainente  proporre  contro  il  debitore,  cosl  anche  I'a- 
zione  del  creditore  pignoratizio  non  e  diffe rente.  V.  Westphal,  Dir,  di 
pegno ^  §  141,  nota  165. 

^®)  L.  18  pr.  D.  de  pigner,  act.:  «  Si  convenerit,  vt  nomeu  debitori» 
mei  pignori  tibi  sit,  tuenda  est  a  Pmetore  haec  conventio,  ut  et  te  in 
exigenda  pecunia  et  debitoreui  adversns  me,  si  cnni  eo  experiar,  tueatur. 
ergo  si  id  nonien  pecuniarum  faerit,  exactani  pecuniam  tecum  pensabis, 
si  vero  corpons  alicuius,  id  quod  acceperis  erit  tibi   pignoi-is  loco  ». 

■^^*)  L.  4  C.  Quae  res  pignoH.,  8,  16:  «  Nomen  quoque  debitoris  pignerari 
et  generaliter  et  specialiter  posse  pridem  placuit.  qnare  si  debitor  f«  satis 
non  facit  cui  tu  credidisti^  ille  cuius  nowen  tibi  pignori  datum  est,  nisi  ei 
cui  debuit  solvit,  nondum  certior  a  te  de  obligatione  tua  /actus,  utilibuft 
actionibus  satis  tihi  facere  u^que  ad  id,  quod  tibi  deberi  a  creditore  eius 
probaveris,  cmnpelletur  quatenus  tainen  ipse  debet ».  V.  Frat,  Becmanx, 
ConsiL  et  decision,,  parte  II,  decis.  68,  n.  7  segg. 

-1)  L.  11  $  2;  L.  15  pr.  D.  de pignor.  et  hgpoth,,  20,  1:  L.  8  D.  ^n7>. 
mod,  pign,  vel  hyp,  solvit,  20,  6.  L'imm«  non  i)u6  essere  dato  in  pegno; 
poicli6  nella  L.  ult.  D.  de  nsuris  et  fruct,,  22,  1,  T oppignorameuto  della 
cosa  e  rivolto  solamente  al  fructus  rei,  V.  Ant.  Faber,  Coniecturar. 
iuris  civ.,  lib.  XIX,  cap.  8.  Relativamente  aU'abitazione  invece  nou  si 
i<olleva  alcun  dubbio.  V.  Oa«/>.  Achat.  Beck,  Diss,  de  oppignoratione 
servltutnm,  Jena  1729,  $  18.  In  genere  per6  e  propriamente  il  godiraento, 
non  il  diritto  stesso,  qucllo  che  fomia  Poggetto  deiroppignoramento,  come 
lia  dimostrato  decisivamente  Greg.  Maiansio  in  Disputation,  iur.  cir., 
toni.  I,  disp.  4,  J  24  segg.,  pag.  84  segg. 


DE   PIGNEEATICIA  ACTIONE  313 

banae  non  possono  esserlo  in  nessun  caso '*)  ^).  Ma  una  servitu  ru- 
stica  pub  venir  concessa  come  pegno  al  creditore  su  un  fondo  del 
8U0  debitore,  affinclie  quegli,  se  possieda  un  fondo  attiguo,  se 
ne  valga  in  vantaggio  del  medesimo,  fino  al  seguito  pagamento 
del  debito,  e,  qualora  non  venga  sodisfatto,  la  possa  vendere  ad 
un  altro  vieino  ^').  In  questo  caso  adunque  la  servitu  viene  costi- 
tuita  la  prima  volta  a  titolo  di  pegno.  Le  servitu  reali,  invece, 
clie  gij\  precedenteuiente  aderiscono  attivamente  ad  un  fondo,  non 
l>o8Sono  essere  oppignorate  senza  il  fondo,  poiehe  non  se  ne  pos- 
sono  separare  '*). 

Se  pero  viene  oppignorato  il  fondo  sul  quale  sono  imposte,  al- 
lora  esse  sono  implicitauiente  e  eontemporaneamente  comprese  in 
tale  oppignoramento  "^). 

Xon  vMia  dubbio  clie  possano  formare  oggetto  del  contmtto  di 


'^*)  L.  11  4  3  D.  de  piff north.,  20,  1:  «  Jura  pra€?diorum  iirbanoruui  pi- 
gnori  dari  non  posgunt :  igitur  nee  con  venire  poBsunt,  ut  liypothecae  Aint  )^. 

''^)  L.  12  D.  de  pignor,  et  hypoth.:  «  Sed  au  viae  itineris  actus  aquae 
ductus  pignoris  conventio  locum  habeat  videndum  esse  Pomponus  ait, 
nt  talis  pactio  fiat,  utj  quamdin  pecunia  sohita  non  sit,  eis  HerviiutihvH 
creditor  utatur  {ftcilicel  si  vi^inum  fttndum  habeat)  et,  si  intra  die^n  certnm 
pecnnia  soluta  non  sit  rendere  eas  vieino  liceat :  quae  sententia  propter 
ntilitateni  contralientium  admittenda  est  ».  Che  questo  framuiento  tratti 
di  una  servitd  costituita  in  pegno  dal  proprietario  al  suo  creditore,  vien 
<;onfennato  anche  dai  Basiliei,  torn.  IV,  pag.  35,  dove  si  dice,  se<'ondo 
Fabkot:  AuvaTOv  Bk  crjufravtivj  s/^tiv  /*«  xara  tou  ay^ooyctrovo?  6S6y  otiv/jv  xa' 
Tr/.aTteav,  xai  w^^aywyeov,  ew;  ov  to  /joeo;  xaTa,5Xv!5:^  wot.  xat  siv  ^jLVi  iLOLXOLpXri^rt 
iunfio^s^IKo;^  e^eivat  uoi  raura  mnpxfTxtiv,  0  i.  e.  «  Valet  autem  conventio, 
ut  liceat  niilii  ire,  agere,  et  aquam  ducere  per  funduin  vicini,  donee  p4'- 
«unia  uiilii  servaturi:  et  si  intra  diem  certum  pecunia  soluta  non  sit, 
rendere  eas  (sc.  servitutes)  milii  liceat.  V.  Vinnius,  Select,  iuris  qnaest., 
lib.  I,  cap.  32;  Svklama.,  Metnbranar.,  lib.  VIl,  eccL  45;  Chauonhah, 
VerisimiL,  lib.  I,  nr.  7  iu  'Thes.  Otton.,  torn.  I,  pag.  698;  WESxruAL, 
4  139,  nota  163. 

'^*)  Vedi  Ant.  Faber,   Coniectur.  iur.  r/r.,  lib.   XIX,  cap.  6  e  7. 

'•">)  L.  16  D.  de  servit.,  8,    1. 


'*)  Cfr.  V.  SciALOiA,  Delia  facoltd  di  dare  in  pegno   Je   «  setTituies  urbanae  )>, 
Giur.  It.,  1880,  IV,  35. 

0  Conforiue  Heinbach,  Bos.,  Ill,  pag.  69,  XII. 

(H/'.cK.  Comnf.  l\i,nl  -ttc.  —  Lib.  Xlll.  —  40. 


314  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,   §   863. 

pegno  anche  le  cose  altrui  ""*)  ')?  ™a  Poppignoramento  non  e  valido 
iiei  riguardi  del  proprietario  della  cosa  se  egli  uon  ha  consentito 
espressamente  o  tacitamente.  Egli  pu5  rivendicare  la  cosa  sua  "),. 
ji  meno  die  sin  da  principio  avesse  avuto  notizia  delF  oppi- 
gQoramento,  e,  per  dauneggiare  il  creditore  plgnoratizio,  non  lo 
avesse  avvisato  del  pericolo  '*).  Ed  ugualmente  nuUo  ^  Poppigno- 
ramento  di  fronte  al  terzo  possessore  della  cosa ;  contro  questi  non 
ha  luogo  I'azione  ipotecaria,  perch^  il  creditore  deve  ])rovare  la 
])ropriet^  del  debitore  '^).  Pra  i  contraenti  I'oppignoramento  delle 
cose  altrui  e  valido,  e  ne  derivano  ugualmente  i  diritti  e  gli  ob- 
blighi  che  derivano  dalPoppignoramento  delle  cose  proprie,  ma  il 
creditore  non  deve  aver  saputo  che  il  pegno  apparteneva  ad  un 
terzo,  quando  egli,  nel  caso  d'evizione,  debba  avere  qualche  cosa 
dal  debitore  *^).  II  creditore  b  percib  obbligato  a  restituire  il  pegno 
al  debitore,  se  questi  paga;  che  anzi,  sotto  questo  rispetto,  anche 
al  ladro  si  accorda  Vactio  pigneratioia  ^*).  II  debitore  a  sua  volta 
si  rende  garante  dinanzi  al  creditore  per  la  evizjone  **).  A  questo 
proposito  debbo  notare  ancora  quanto  segue: 


**)  Em,  Crist,  Westphal,  Dissertazione  giuridica  snlVoppignoram,  de^ 
heni  altrnij  Halle  1779,  4  e  Crist.  Teofilo  Gmelin,  Comment,  iur.  cii\ 
de  lure  pigtwris  vel  hgpothecae.  quod  creditori  debitor  in  re  sibi  non  propria 
vonstituit^  Uima  1778,  8. 

^')  L.  6  Cod.  Si  aliena  res  pignori  dat.f   8,  15. 

")  L.  2  Cod.   eod. 

*^)  L.  15  ^  1  D.  de  pignor.-j  L.  fin.  $  2  Cod.  Communia  de  legat.  et 
tot.  tit.,  6,  43.  Si  aliena  res  pignori  data  «i7,  VIII,  15. 

**')  L.  16  J  1  D.  h,  t.:  «  Sed  ai  sciens  creditor  accipiat  vel  alienum  vel 
obligatum  vel  morbosum,   contrarimn  (so.  iudicium)  ei  nan  competitu^. 

'^')  L.  9  ^  4  D.  /t.  f.:  «  Ib  quoqne,  qui  rem  alienam  pignori  dedit^ 
soluta  pecunia  x)ote8t  pigneraticia  experiri ».  L.  22  $  2  D.  eod.;  €  Si 
praedo  rem  pignori  dederit,   compctit  ei  et  de  fructibus  |?i^n€ra/tct'a  actio  ». 

"')  L.  16  $  1  D.  Ji.   t.:    <(Contrariam   pigneraticiam  creditori  actionem 

corapetere    certuni    est:    proinde    si    rem    alienam dedit,    tenebitur^ 

quamvis  et  stellionatus  crimen  enmmittat.  sed  utrum  ita  demura,  si  scit^ 


0  V.   Siegfried  Iji^yi,  die  Verpfdndnng  einerfrcmden  Sache  nach  rimischem  Becht 
(L'oppignoramento  di  cosa  altrui  in  diritto  romano),  Breslavia  1894. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONB  315 

I.  Poich^  PoppignoramentO  di  cose  altrui  ba  valore  per  lo 
ineno  fra  i  contraenti,  non  v^ha  dubbio  alcuno  che  anche  Pazione 
ipotecaria  stessa  ha  laogo  contro  Poppignorante.  Ch^  se  egli  to- 
lesse  obbiettare  che  non  e  proprietario,  gli  si  potrebbe  opporre  la 
replicatio  doli  *'). 

II.  Se  quegli  che  ha  oppignorato  una  cosa  altrui  ne  diviene 
in  seguito  proprietario,  bisogna  tener  conto  se  il  creditore  sin  da 
principio  ha  saputo  che  la  cosa  apparteneva  ad  un  terzo,  oppure 
no.  Xel  secondo  caao  Poppignoramento  si  convalida  ed  al  creditore 
vien  accordata  per  motivo  di  equity  Vactio  hypothecaria  utilis.  Nel 
prinio  caso  invece  egli  consegue  semiilicemente  un  diritto  di  rite- 
-iiuta,  in  quanto  si  trova  nel  possesso  del  pegno;  ma  non  puo 
van  tare  alcun  diritto  alPazione  ipotecaria.  Sotto  questo  j)unto  di 
vista  devono  porsi  d'accordo  i  seguenti  passi  delle  fonti: 

L.  41  D.  h.  t. :  « Rem  alienam  pignori  dedisti,  deinde  dominus 
rei  eias  esse  coepisti:  datur  utilis  actio  pigneraticia  creditori  ». 

L.  5  Cod.  Si  aliena  res  pignori  dat.  8, 15:  «  Cum  res,  quae  necduin 
in  bonis  debitoris  est,  jngnori  data  ab  eo  postea  in  bonis  eius 
esse  incipiat,  ordinariam  quidem  actionem  super  pignore  non  com- 
l)etere  manifestum  est,  sed  tamen  aequitatem  facere,  ut  facile  utilis 
persecutio  exemplo  pignoraticiae  daretur  ». 


an  et  si  ignoravit  ?  et  quantum  ad  crimen    pertinet,   excusat    iguorantia : 
quantum  ad  contrarium  indicium ,  ignorantia  euni  non  excu^at  »  '"). 

*^)  L.  21  J  1  D.  de  pignorib.,  20,  1:  «  Si  debitor  servum,  quern  a  non 
domino  bona  fide  emevat  et  pigneravit,  teneat,  Serrianae  locus  est  et,  si 
a<lvevsu8  eum  agat  creditor,  doli  repUcatione  exceptionem  elidet  ».  In  quest<» 
caso  era  una  circostanza  indifferente  clie  Poppignorante  avesse  comprato 
la  cosa  bona  fide;  e  perci6  Pazione  ipotecaria  avrebbe  avuto  fondamento 
anche  nel  caso  in  cui  I'oppignorante  avesse  acquistato  la  cosa  mala  fide. 
Pare  qnindi  che  Ulpiano  abbia  seel  to  un  simile  caso  solo  per  mostrare 
che  a  pena  il  creditore  pignoratizio  deve  essere  sempre  in  bnona  fede. 
Infatti  se  il  creditore  aveva  notizia  della  condizione  della  cosa,  Toppi- 
^oramento  non  gli  giova  menomament.e.  <(  Dolns  nemini  debet  prodesse  ». 
V.  Westi'Hai.,  DiHtto  di  pegno ,  ^  270,  nota  300,  pag.  391  e  Gmei.in, 
Commetttat,  de  iure  pignoris  quod  creditori  debitor  in  re  sibi  non  propria 
^onstittiil,  $  14. 


>")  Gradenwitz,  Inter polationen^  p.  118;  Lenel,  Palingene9ia ^  I,  p.  1023  sou 
<i'aecordo  nel  ritenere  interpolata  la  prima  frase  iino  a  certum  est. 


316  LIBRO   XIII,   TITOLO   VII,   §   8t)3. 

L.  1  pr.  D.  de  pignor,  et  hypoth, :  «  Conventio  generalis  iu  pi- 
ignore  dando  bonorum  vel  postea  quaesitorum  recepta  est:  in  spe- 
ciem  autem  alienae  rei  coUata  conventione,  si  noii  fuit  ei  qui  pi- 
^lus  dabat  debita,  postea  debitori  doniinio  qiiaesito  difiicilius  ere-- 
<litori,  qui  non  ignoravit  alieimm,  utilis  actio  dabitur,  sed  facilior 
crit  ]>o8sidenti  retentio  ». 

Nell'ultinia  legge  Papiniano  fa  distinzioiie  fra  pegno  generale 
o  speciale.  Poiche  il  primo  si  estende  anclie  al  patrimonio  fiituro 
del  debitore,  non  uuoce  alia  validity  dell'o])piguorainento  se  anche 
il  debitore  abbia  solo  dopo  acqaistato  la  propriety  di  una  cosji 
c;be  a  quello  api>artiene  **).  Se  perb  il  debitore  dik  in  speciale  i>egno 
una  cosa,  di  cui  egli  non  e  ancora  proprietario,  senza  il  eonsenso 
del  proprietario,  un  tale  pegno  ^  nullo  fin  da  principio,  se  il 
debitore,  al  tempo  della  costituzione  del  diritto  di  pegno,  noa 
aveva  anche  un  diritto  personale  rivolto  ^'*)  ad  acquistare  la  pro- 
priety per  tradizione.  Cli^  se  ancbe  Poppignorante  acquisti  sue- 
cessivamente  la  propriety,  cio  non  giova  nienomamente  al  eredi- 
tore,  se  egli  sai)eva  della  condizione  in  cui  si  trovava  la  cosa.  15 
questo  il  senso  delle  parole:  difficilius  dabitur  utilis  actio,  le  quali^ 
quindi,  non  significano  altro  clie  non  esservi  neppur  luogo  ad 
un^actio  hifpothecaria  utilis.  In  fatti  PapiniaNo  anclie  in  altri  luogbi 
iisa  I'espressione  diffieiUus  in  senso  negativo  ^'*).  Questa  spiega- 
zione  e  accolta  dalla  niaggior  parte  degli  interpreti  *^),  e  ne  con- 


^*)  L.  fill.  Cod.  qtuie  res  pigtwri,  8,  16;  Gmeun,  in  Comm.  cit.j  6  50. 

*^'*)  Se  Toppignorante  avesse  ottenuto  un  tal  diritto  di  credito  in  rap- 
)K>rto  a]Ia  co^a,  Toppignoramento  sarebbe  stato  ugualmente  valido  tin  da 
I>rincipio.  L.  3  $  1  D.   Qui  potiores  in  pignore^  8,   17. 

^^)  L.  8  D.  de  dotis  coUat.y  37,  7;  L.  95  M  D.  de  solut.,  46,  3j 
L.  24  D.  depostti,  16,  3.  V.  Brissonius,  De  verbor,  signif.^  voc.  difficilius 
vd  Ei\  Otto,  Papinianus^  cap.  XV,  J  4,  pag.  558  seg. 

")  lac.  CuiAcius,  ad  Africanunij  tract.  VIII,  ad  L.  9  $  3  D.  Qui 
pot.  in  pign.;  Ant.  Faber,  Coniectur.,  lib.  XX,  caj).  17;  Hug.  Donellus, 
De  pig  north,  et  hypoth.,  cap.  7;  Ant.  Schulting,  Thes.  controversar.y 
decad.  LXXIX,  p.  1;  Bachov.,  De  pignorib.  et  hypoth.,  lib.  11,  cap.  4, 
II.  3;  Bern.  Enr.  Reinold,  Varior,^  cap.  33  in  Opuscul.  iurid.,  pa- 
^dna  198;  Gmelin,  cit.  Comment.,  J  51;  WEftTPHAL,  in  Dir.  di  pegnOy 
$  114;  HOFACKER,  Princip.  inris  civ.  It.  P.,  t.  II,  }  1172  ed  i  piu. 


DE   PIGNEKATICIA   ACTIONE  317 

senile  anebc  chiarainente  che  le  due  prime  lejjgi  debbano  riferirsi 
solo  al  caso  in  cui  il  creditore  accetto  in  bnona  fede  in  siippegno 
la  cosa  altriii  come  cosa  i)ropria  del  debitore,  come  anelie  aiuta 
sufticieutemente  a  riconoseere  la  base  di  equit4^,  su  cni  vien  fon- 
data  la  decisione.  fi  percio  evidentemente  a  torto  clie  Connano  ^% 
VoET  ^^)  e  Westenbkbct  ®")  credono  di  poter  affermare  cbe  al 
ereditore  vien  concessa  wn^aetio  hypothecaria  uiilis,  senza  distin- 
zione  se  egli  abbia  o  no  saputo  che  gli  veniva  data  in  pegno  una 
eosa  altrui. 

Del  resto  si  deve  notare  cbe  in  un  caso  simile,  in  cui  il  debitore 
acquisti  in  seguito  la  proprietA  del  pegno,  il  pegno  stesso  non  si 
considera  valido  a  partire  dal  tempo  delPacquisto  della  proprietA^ 
ma  retroattivamente  fin  da  principio;  e  percio  I'ordine  fra  i  vari 
creditori  che  banno  conseguito  un  diritto  di  pegno  ]>rima  dell'ac- 
quisto  della  proprietA,  si  determina  alia  stregua  del  tempo  della 
<*ostituzione  del  pegno  ^*).  Questo  perb,  senza  dubbio,  vale  sola- 
mente  nel  caso  in  cui  il  non  proprietario  stesso  abbia  costituito 
in  vantaggio  di  pareccbi  suoi  creditori  un  diritto  di  pegno  suUa 
cosa  altrui  prima  cbe  ne  abbia  acquistata  la  jiroprietA.  Poicb^  se 
il  vero  proprietario  doiK)  avvenuto  Poppignoramento  per  parte  del 
non  proprietario,  e  prima  cbe  questi  ne  acquistasse  la  propriety,, 
avesse  concesso  un  diritto  di  pegno  suUa  cosa,  allora  il  diritto  di 
pegno  del  primo  creditore  non  potrebbe  ottenere  eftetto  retroat- 
tivo  in  danno  di  quello  del  secondo  °*). 

III.  So  il  proprietario,  senza  il  consenso  del  quale  era  seguito 
Toppignoramento  della  cosa,  diviene  erede  dell'oppignorante,  non 
percio  Poppignoramento  avvenuto  ottiene  direttamente  alcuna  va- 


'*'*)   Commeiitar.  iur,  cii\,  lib.  IV,  cap.  13,  pag.  2S9. 

^•')   Commeniar.  ad  Pandevias^  lib.  XX,  tit.   3,  $  4. 

yoj  Princlp,    iur,  sec,  ord,  I),,  lib.  XX,  tit.  3,  vS  S,   ii.  4. 

'*")  L.  14  D.  Qui  pot  lores  in  pUjnore^  20,  4:  «Si  non  dominus  diiubii.s  eaiidoirt 
rem  diveiftift  teinporibus  pigneraverit,  prior  potior  est  » ;  di  difterente  opi- 
nione  e  Ant,  Fab£R,  Coniectur.  iur.  civ.,  lib.  II,  cap.  10.  Si  veda 
|)er6  Enrico  Em,  Ferd,  Bolley,  Dottrina  d^i  pubblici  suppegni^  Tu- 
binga  1S02,  8  ^  54  seg. 

*')  Gmemn,   Comment,  de  iure  pif/noris,  etc.,  J  53  e  54. 


318  LIBRO   XIII,   TITOLO   VII,   §   863. 

liditA;  ma  il  creditore,  in  questo  caso,  puo  solo  ricbiedere  espressa- 
mente  dalFerede  una  conferma  dell'oppignoramento  stesso,  o  pre- 
tendere  la  costituzione  di  un'altra  ipoteca  i>er  mezzo  AeWactio  pi- 
gneraticia  contraria^^).  Ma  si  domanda  se,  per  ragione  di  eqnita, 
non  debba  concedersi  al  creditore,  i)er  lo  meno,  Vactio  hypoihe- 
caria  utilis,  Tal  quesito,  per  causa  di  una  contradizione  cbe  a 
questo  proposito  si  riscontra  in  due  passi  delle  Pandette^  h  irto 
di  difficoltft.  Secondo  la  L.  22  D.  de  pignorib.  et  hypoth.  20.  1.  do- 
vrebbe  rispondersi  aft'erraativamente.  Modestino  dice  cioe,  ivi 
stesso:  «  Si  Titio,  qui  rem  meani  ignorante  me  creditor!  suo  pi- 
gnori  obligaverit,  heres  extitero,  ex  postfacto  pignus  directo  quidem 
non  convalescit,  sed  utilis  jiigneraticia  dabitur  creditori  ». 

Ma  Paolo  iusegna  proprio  il  contrario  nella  L.  41  D.  de  pi- 
gneraticia  act  cosi  concepita:  «  Rem  alienam  pignori  dedisti, 
deinde  dominus  rei  eius  esse  coejusti :  datur  utilis  actio  pigneratieia 
<3reditori.  non  est  idem  dicendum,  si  ego  Titio,  qui  rem  meam  obliga- 
verat  sine  mea  voluntate,  heres  exstitero:  hoc  enim  modo  pignoris 
persecutio  concedenda  non  est  creditori  nee  utique  sufficit  ad 
competendam  utilem  pigneraticiam  actionem  eundem  esse  dominum, 
qui  etiam  pecuniam  debet,  sed  si  convenisset  de  pignore,  ut  ex 
suo  mendacio  arguatur,  improbe  resistit,  quo  minus  utilis  actio  nio- 
veatur  ».  Si  son  fatti  parecclii  tentativi  per  eliminare  tale  antitesi, 
ma  senza  risultato  felice.  Molti  ^*)  credono  clie  nei  due  passi  si  tratti 
<li  casi  comi)letamente  diversi.  La  L.  22  tratterebbe  cioe  del  caso 


^2)  V.  Westphal,  I>irxtto  di  pegno,  $  115. 

^*)  Fiet,  Faber,  SeinesMum,  lib.  II,  cap.  18:  Erm,  Vulteius,  1)1- 
scepiai.  Scholastic,  cap.  17;  Voet,  Commentar,  ad  Pandectas,  lib.  XX, 
tit.  3,  J  5;  HuBER,  Praelect.  ad  Pand,  eod.  lib,  et  tit.,  J  2;  van  Ii>- 
siNGA,  Vai\  iuris  civ.,  cap.  16  e  17;  lo.  van  Nipsen,  IMsa.  ad  frag- 
"menta  quae  in  Digestis  ex  Herennii  Modestini  IX.  Libris  differentiannn 
supersunt,  Lugd.  1750,  cap.  VIII  (in  Ger.  Oelrich,  Thee.  Dissertat.  iu- 
ridic.  select,  in  acad.  belgieis  habitar.,  vol.  I,  tom.  I,  pag.  67);  EmECCio, 
Elem.  iuris  civ.  sec,  ord.  Pandectar.,  lib.  XX,  tit.  Ill,  $  27;  To,  Gottf, 
Bammet,  Quaestion.  for.,  n.  Ill,  Lips.  1754  (in  Opuscul.,  pag.  261  seg.): 
HoF acker,  Princip,  inr.  rom.  germ,,  torn.  II,  $  1173;  GCkther,  Print, 
inf.  rom.  priv.  novissim.,  tom.  II,  $  666;  Malblanc,  Princip.  iur.  rom. 
sec,   ord.  Digest.,  parte  II,  sez.  II,  $  567,  pag.  512. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  319 

in  ciii  Poppignoramento  6  seguito  senza  il  volere  del  proprietario 
(ignorante  me);  la  L.  41,  invece,  del  caso  in  cui  Poppignoramento 
e  avvenuto  contro  la  volontA.  del  medesimo  {sine  mea  voluntate). 
Ma  qiiantimque  questa  interpretazione  abbia  in  suo  favore  Pauto- 
ritA  dei  Bdsilici  ^%  pure  contro  di  essa  sussiste  Pimportante  ar- 
gomento  cbe  in  simili  casi,  in  cui  la  validity  di  un  negozio  giu- 
ridico  dii>ende  dal  consenso  di  un  terzo,  e  attatto  indifferente  8© 
il  terzo  non  ne  6  a  cognizione,  o  se  il  negozio  ba  luogo  contro  ii 
suo  volere,  percbe  un  tale  negozio  manca  in  entrainbi  i  casi  del 
consenso  suo  ^% 

Altri^")  i)erci5  vogliono  piuttosto  riferire  la  L.  41  alPocfio  pi- 
gneraticia  contraria.  Cosi  la  differenza  fra  i  due  casi  risulterebbe 
abbastanza  cbiara.  Poicli^  se  il  proprietario  diviene  erede  delPoppi- 
gnorante  non  ne  seguirebbe  necessariamente  cbe  per  cib  trovasse 
fondamento  Va>ctio  hypothecaria.  LMpoteca  e  inerente  al  fondo,  ed 
un  semplice  cambianiento  rispetto  alle  persone,  non  potrebbe  pro- 
durre  alcun  mutamento  a  suo  riguardo.  Ma  il  diritto  di  preten- 
dere  la  conferma  delPoppignoramento  fatto  dalPereditando  od 
un'altra  ipoteca,apparterrebbe  incontestabilmente  al  creditore  contro 
gli  eredi,  poich^  i  contratti  si  trasferiscono  negli  eredi.  Dunque 
il  contratto  di  pegno  obbligherebbe  tanto  gli  eredi  delPoppignorante^ 
quanto  Pereditando.  In  tal  modo  si  crede  eliuiinata  ogni  difficoltA^ 
nia  se  ne  6  ben  lontani. 


^•')  Tom.  IV,  lib.  XXV,  tit.  I,  dove  le  parole :  sine  mea  voluntate  sono 
tratlotte:  napa  yvwfirtv  ^ou,  eio^:  contra  voluntatem  meam  *^) . 

^)  Come  esempio  si  coDfronti  solo  la  L.  45  ^  5  D.  de  ritu  nupt.^ 
28,  2.  E  inoltre  il  $  4  I.  Quod  ctim  eo,  qui  in  alter,  potest.^  4,  7,  con  la 
L.  29  J  1  D.  cZ«  pectdio^  15,  1. 

^^)  Dopo  AccuRSio  appro vano  specialmente  questa  spiegazione:  Franc, 
Baldlino,  Be  pignorib.,  cap.  12;  Ug,  Donello,  De  pignorib.j  cap.  7j 
Fr.  CoNNANO,  Commentary  iur,  civ,,  lib.  IV,  cap.  18,  pag.  290 j  Oer, 
NooDT,  De  forma  emendandi  doli  mali,  cap.  12 ;  Abramo  Wieling,  Jm- 
risprud.  restittita,  torn.  II,  pag.  240;  Gmelin,  Comm,  de  iure  pignor.,  etc.^ 
$  57  e  58 ;  Westphal,  Dir,  di  pegno.  $  115,  nota  137  e  i  piii. 


>i)  Conforme  Heimbach,  Bos.,  Ill,  pag.  64,  XL. 


320  LIBRO   XIII,    TITOLO   YII,    §   863. 

Che  delVactio  hypothecaria  utilis  parli  Modestino  nella  L.  22, 
come  Paolo  clie  nelhi  L.  41  la  concede  senz'altro  al  ereditore*  ci 
insegna  gvk  il  titolo  sotto  il  quale  la  legge  e  ]>o8ta. 

L'espreesione  actio  pignei^aticia ,  in  questo  caso,  non  pub  provare 
nulla  in  contrario,  giaeelie  e  noto  che  Pazione  ipoteearia,  nelle 
ibnti,  e  cliiamata  spessissimo  actio  pigneraticia.  Se  Modestino 
avesse  inteso  parlare  seuiplieeniente  deWactio  pignet^aticia  contraria 
non  sarebbe  stato  menonuimente  necessario  notare  clie  il  pignus 
non  si  convalida  direttamente,  perclie  quelPazione  personale  ha 
luogo  anclie  se  il  diritto  di  pegno  e  per  se  invalido  °®).  Ma  non 
si  coniprenderebbe  invero,  secondo  questa  spiegazione,  i>erclie  al 
creditore  verrebbe  eonoessa  contro  I'erede  dell'oppignorante  solo  una 
actio  pigneraticia  utilis  se,  con  tntto  cio,  contro  lo  stesso  pignorante 
lia  luogo  direttamente  Vactio  pigneraticia  contraria  '^^).  L'erede  su- 
bentra  insomma  in  tutti  i  diritti  del  defunto. 

L'antitesi  fra  le  due  leggi  non  puo  quindi  disconoscersi,  e  non 
puo  eliminarsi  con  alcuna  interpretazione,  come  giustamente  af- 
fermano  ancbe  CriACio  ^'*"),  Duareno  *),  H  otomanno  *),  Charon- 
das '),  RUSSARD  *),  Ant.  FaBRO  ^),  GlPHANlO  %  Bachovio  ^),  FOR- 
NERIO  *),  SCHULTING  ').  AVKRANIO  *^),  ReINOLD  *'),    ThIBAUT  **),    e 

molti    altri.    Si    domanda    quindi    semplicemente   a  quale  dei  due 


»*)  L.  9  pr.;  L.  16  M  ;  L.  32;  L.  36  D.  <1e  pigner.  act.:  L.  6  Cod. 
Si  aliena  res  pignori  data  »it,  8,   15. 

••)  V.  ran  Nispen,  cit.  Dias.^  cap.  8,  pag.  67. 

»o«)  Obsei'vation.,  lib.  XIX,  cap.  26. 

^)  Disputation,  anniversar..  lib.  II,  cap.  4. 

*)   Obsen'ation,j  lib.   V,    cap.  IS. 

3)  n£t5av«v,  lib.  I,  cap.   20  (in  Thes.   Otton.,  torn.  I,  p.  731). 

*)  In  edit.   Corporis  iuris  ad  has  LL.  in  marg. 

*)   Coniectur.  inris  civ.,  lib.  XX,  cap.  17. 

^)  Kxplanat.  diffieilior.  LL.  C.  ad  L.  2  e  5  C.  si  aliena  res  pignori  data 
sit,  pag.  340. 

'')  I)e  pignorib.,  lib.  II,  cap.  4,  n.  8. 

')  Antinomiae  pignor.^  cap.  12  (Conradi,  Parerg.j   pag.  257). 

^)  Thes.  controrers.,  decad.  LXXIX,  p.  II. 

^")  Interpretation,  ivris,  lib.  IV,  cap.  22,   nr.  13  e  14. 

^')   Orat.  de  inscript.  legum,  $  2  (in  OpuscuL,  p.  554). 

^*)  Sistema  del  dir.  deUe  Fandette^  vol.  II,  ^  645  in  tine. 


DE   PIGNERATICIA    ACTIONE  321 

pass!  si  debba  dare  la  preferenza,  data  questa  antinomia.  Anclie 
<liii  si  trovano  nnovamente  divise  le  opinioni  dei  giuristi  citati. 

ClTIACIO,   DUARENO,    FORNERIO,    AVERANIO    e    REINOLD    dicono 

<*he  a  tal  iiopo  seinpliceinente  Pepoea  dei  due  giuristi  romani  deve 
<lecidere  quale  delle  due  opinioui  meriti  la  i>referenza.  L'opinione 
piti  equa  di  Modestino  ineriterebbe  percio  incontestabilmente  la 
prefereuza,  perche  questi  visse  dopo  Paolo  ;  e  cosi  verrebbe  risolto 
sicuramente  e  d^ina  buona  volta  P  enigma,  intendendosi  la  L.  41 
<;ome  legge  delPantic^o  diritto  rigoroso  elie  ebbe  vigore  ai  tempi  di 
Paolo,  e  la  L.  22  come  legge  del  nuovo  diritto  piii  equo  clie  era 
stato  introdotto  a'  tempi  piii  tardi  di  Modestino,  forse  per  la  stessa 
iiutoritji  sua.  Si  crede  clie  gia  la  iscrizione  della  L.  22  porga  il  mezzo 
^dla  spiegazione;  essa  sta  ad  indicare  elie  il  frammento  dibattiito 
e  tolto  dal  libro  7  delle  Diferentiae  di  Modestino. 

Modestino  vi  avrebbe  cio^.  trattato  della  diversita  del  easo  se 
il  debitore  aia  diventato  erede  <lel  proprietario  o  il  proprietario 
^rede  del  debitore.  E,  nel  primo  caao,  iion  si  sarebbepiii  dnbitato, 
flno  dai  tempi  di  Paolo,  che  Poppignoramento  sarebbe  con  cio 
divenuto  valido.  Ma  nel  secondo  caso  roppignoramento  avvenuio 
non  avrebbe  avnto  in  quell'epoca  e  i)er  tal  modo  validitii  alcuna. 
Ora  pero,  avrebbe  soggiunto  Modestino,  si  accorderebbe  anclie  in 
questo  caso  al  creditore,  per  lo  meno,  un^actio  hypothecaria  utilia. 
La  difterenza  sussistente  ai  tem])i  di  Paolo  sarebbe  f*tata  quindi 
^liminata  piCi  tardi,  ai  tempi  di  Modestino. 

Ma  a  questo  proposito  potrebbe  tuicora  discutersise  Modestino 
«ia  effettivamente  un  giurista  posteriore  a  Paolo.  Questi  era, 
iiotoriamente,  contemporaneo  di  Ulpiano,  ed  entrambi  vissero 
sotto  Albssandro  Severo.  E  clie  Modestino  abbia  vissuto  ap- 
punto  in  tal  tempo  e  facilmente  provabile.  Abitnalmente,  a  dir 
vero,  lo  si  pone  sotto  Timperatore  Gordiano,  il  quale,  con  ragione, 
gli  fa  la  lode  di  essere  uu  iurisconsultus  non  contemnendae  auefo- 
ritatia  *^).  Ma  Modestino  era  gis\  conoscinto  precedentemente; 
infatti  Lampridio  ^*)  lo  annovera  fra  i  consiglieri  delF  iini)eratore 


^'0  L.  5  C.  de  exhihendHnif  3,   42. 
^*)  Alexa^nder  Skvkiuk,  cap.  iilt. 

Oi/lcK.  Comm.  PxiiXeVe.  —  Lib.  XUI.  —  41. 


322  LIBRO   XUr,    TITOLO   VII,    §   863. 

Alessajidro  Severo  ;  e  GiULio  Capitolino  *^)  racconta  clie  egli 
educasse  il  liglio  dell'iinperatore  Massimino,  successore  di  quello. 
Anzi  Ulpiano,  che  fu  anche  siio  maestro,  lo  nomina  espressaniente  a 
proposito  di  uii  caso  giuridico,  in  cni  Modestino  lo  aveva  con- 
sultrtto,  nella  L.  52,  20  D.  de  furtis,  47,  2,  ove  dice:  «qiiod  et 
Hereunio  Modestino ,  studioso  meo  de  Dalmatia  c&nsulenti ,  re- 
serip8i».  (ruido  Vx^zmo Li  **)  nota,  a  questo  proposito,  che  Mode- 
stino ill  (iiiest'epoca  sarebbe  stato  Fraeses  Dabnatiae ;  invero  Ere- 
rardo  Otto  lia  addotto  in  contrario  vari  argonienti  *'),  ma  Giot. 
ran  NiPPEN  ^*)  con  una  antica  iscrizione  in  Fabrett  *®)  ba  i>osto 
iuori  diibbio  la  esattezza  di  tale  osservazione.  Cbe  egli  debba  essere 
stato  una  specie  di  governatore  risulta  gi^  da  qnesto,  cbe  parecchi 
lescritti  degli  imperatori  Alessandro  e  Gordiano  sono  diretti  a 
bii  *").  Sn  queste  basi  non  si  piio  dunque  fissare  esattaniente  I'epoea 
<lella  sna  vita. 

Alcuni,  per  esempio  Bachov,  Ant  Faber,  e  molti  altri,  vogliono 
percio  indagare  piiittosto  quale  delle  due  opinioni  corrisponda 
maggiormente  all'analogia  giuridica  e,  sotto  questo  rapporto,  di^nno 
la  preferenza  alia  decisione  di  Paolo:  che,  nel  caso  accennato^ 
non  abbia  luogo  Vactio  hypothecaria,  e  neppure  un'  actio  utilis.  la 
sottoscrivo  senza  difficolt^  a  questa  opinione. 

(5  vero,  senza  dubbio,  che,  se  il  proprietario  diventa  erede  del- 
Pop  pi  gnorante,  gli  succede  anche  nelPobbligo  del  debito.  fi  chiaro 
(juindi  esser  conforme  alPequit^  che,  se  egli  non  paga  il  debito, 
<lebba  sopportare  che  contro  di  lui  si  faccia  valere  Pazione  ii)ote- 
<taria.  Cosl  penfeava  probabilmente  Modestino;  ma  Paolo  a  ra- 
gione  negava  la  conclusione  tratta  da  questa  base.  Poich(^,  egli 
dice,  non  e  ancora  sufficiente  a  dar  fondamento  ad  un' aef»o  hypo- 


'^)  In  Maximix.  lunior.,  cap.  1. 

^^)  J)€  Claris  lerjum  interpret ihus,  lib.  I,  cap.  2,  pag.  15. 
^^)  Praefat.  tomi  I  thesauri  iuris  romani,  pag.  22. 
'")  Diss,  cit,  ad  fragmenta  Herennii  Modestini,  cap.  I,  pag.  6. 
*^*)  Jnscri2)tion.,  pag.   278. 

*^)  L.  11  C.  Ux  quib.  cansis  in/am,  irrogat.,  2,  11;  L.I  Cod.  Si eertum^ 
j>€tatur,  4,  2;  L.  iilt.  Cod.  Si  ex  falsis  instrum.j   7,  58. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  o2.'5 

theoaria  utilis,  il  fatto  die  sia  proprietario  del  pegno  cbi  e  obbli* 
gato  a  pagare  il  danaro  che  grava  su  di  esse.  Vi  ^  piuttosto  luisi 
grande  differenza  se  il  debitore  e  Pattuale  proprietario  sono  la 
medesiiua  persona  che  ha  compiuto  I'oppignorauiento,  o  se  sono 
due  differenti.  Poiche,  se  viene  convennto  quegli  che  ha  costituito 
il  pegno  stesso,  ed  egli  oppone  all'attore  Peccezione  che  la  eosa, 
al  tempo  dell'avvenuto  oppignoramento,  non  sia  stata  di  sua  pro- 
priety, e  che  egli  percio  non  Pabbia  potuta  neppure  oppignorare, 
Tattore  puo  a  sua  volta  replicargli  che  tale  eccezione  non  potrebbe 
giovargli  perche  egli  darebbe  in  tal  modo  una  smentita  a  se  stesso. 
in  quanto  ha  oppignorato  la  cosa  couie  sua.  Egli  nonpuodunque 
in  nessun  modo  sfuggire  all'azione:  Kemo  de  suo  mejidacio  excipei'e 
potent ;  et  neniini  sua  fraus  opitulari  debet.  Questa  replica  non  puo 
I)er  contro  opporsi  al  proi)rietario,  il  quale  non  ha  oppignorato  la 
cosa  ma  e  semplicemente  diventato  erede  del  debitore  che  la  ha 
oppignorata  senza  il  suo  consenso. 

Contro  di  lui,  quindi,  non  ha  ne  pur  luogo  \m^  actio  utilis.  Questo 
e  incontestabilmente  il  vero  senso  delle  ultime  parole,  da  molti 
male  intese,  della  L.  41  D.  depign.  act.:  sed  si  convetiisset  de pignore..,i 
come  esattamente  le  ha  spiegate  anche  Pothier  **). 

Che  poi  MoDESTiNO,  pid  giustamente  pensando,  parli  della  stessa 
<ictio  hypothecaria  titilis  che  Paolo  contesta  assolutaniente  al  cre- 
ditore,  e  non,  come  molti  credono,  dell' ooiio  pignei^aticia  contraria, 
risnlta  anche  particolarmente  da  cio:  che  questa  azione  presup- 
pone  un  coutratto  di  pegno,  il  quale  non  pub  concepirsi  senzsi  la 
consegna  della  cosa.  Ma  nel  caso  di  cui  parla  la  L.  22  non  fu 
data  in  pegno  alcuna  cosa,  ma  oppignorata  con  un  semplice  ]>atto, 
come  danno  ad  intendere  senza  alcun  dubbio  le  parole  pignori 
ohligaverit  **)  ^). 


**;  Pandedae  iuatin.^  torn.  I,  lib.  XX,  tit.  1,  nr.  XX,  nota  d. 
**)  V.  Pothier,  loc,  cit.,  nota  e. 


o)  QiieUo  con  tempi  ato  nei  d'ne  frammenti  di  Paolo  e  di  Mode8TIN'0-  fa  parte 
di  tntta  una  serie  di  casi  ohe  si  assume  generalmente  per  provare  che  I'erede 
deve  rispottare  le  dicliiarazioni  di  volont^  del  defunto,   e    ne    resta    vincoluto 


o24  LIBRO   XllI,    TITOLO    VII,    §   8<>;3. 

<'onie  lo  8ted80  defuiito,  auclie  qiiando  tali  diohiarazioui  si  riferi8cano  al  patri- 
inonio  deU'erede  steRHo.  Si  pog^inono  confrontare  iu  prupo^ito:  MChlexbkuch, 
Continuazioue  del  iiliUk,  XLIII,  p.  99;  WiNDSCiiEin,  Pand,^  III,  $  605,  nota  ? 
•)  I,  $  230-9;  Dhrnbikg,  Paud.,  Ill,  ^  169,  note  4-6;  Ungbr,  Diritto  er^ditario, 
^  40,  uota  11;  Milone,  La  exceptio  doH^  Napoli  1882;  Bonitantk,  Appendice^ 
alia  traduz,  Ualiana  dtl  Gliick^  XXI;  Costa,  L^exceptio  doH^  Bologna  1897, 
rapo  V;  KhUoer,  Contribuii  alia  teoria  deWexceptio  doli,  Halle  1892. 

CohI  i  fr.  D.  21,  3,  1  pr.,  M ;  1>-  21,  2,  73;  o  lo  costituzioni  C.  8.  44  [451  T 
O.  3,  32,  14;  C.  4^  51,  3;  Hi  sogliono  citare  qnani  seuipre  in  proposlto,  unita- 
iiieiite  ai  due  ptuiHi  di  cni  si  occiipa  il  Coninieutatorc  in  qnesto  paragrafo.  IT 
Fadi>a  li  ha  tutti  pre^^i  in  esame  nei  Huoi  Concetti  fondamentali  del  diritto  ere- 
(iitario  romano,  part^)  II,  Napoli  1901,  pag.  294  e  Hegg.  £gli  nou  Bolo  riconosce 
la  diHparita  di  opinione  tra  i  due  ginristi  nei  casi  dei  framraenti  D.  13,  7,  41 
o  20,  1,  22  oitati,  ma  la  nota  ancora  tra  la  dceisioue  di  Paolo  nei  lib.  7 
HcnpoMorum  (fr.  D.  21,  2,  73  a  proposito  delle  cose  oostituite  in  dote  da  nna- 
non  proprietaria  e  rimas^te  definitivaniente  al  inarito  alia  morte  della  costi> 
tiieut<e,  quaudo  la  vera  proprietaria  divennta  erede  della  costittiente  voglia^ 
far  questione  di  proprieti^  di  fronte  al  marito)  e  quelle  di  Ulpiano  ed  Ermo- 
OBNiANO  (ri.spettivaiuento  fr.  D.  21,  3,  1  $  1  e  D.  21,  3,  3,  in  casi  analoghi). 
k)ouie  nei  due  framnienti  in  questione  Paolo  uega,  Modestino  aocorda  VuHHb  actio- 
pigneraticia  al  creditore,  oos^  negli  altri  casi  oitati  «  Paolo  —  osserva  il  Fadda  — 
lascia  libero  corno  alia  rivendica  dell'erede  del  venditore,  nia  lo  vincola  perTevi- 
zioue,  meutre  gli  altri  giureconsulti  e  le  deoisioni  inipcriali  ostacolauo  I'esplica- 
zione  della  rivendica  con  una  eccozione  die  per  Ulpiaxo  ed  Ekmooenian'O  e  Vexc. 
m  venditae  et  iraditae,  e  per  gli  altri  fe  V  exc,  doli  t».  Altra  contradizione  si- 
mile pui>  risoonrrarsi  in  due  costituzioni,  del  294  V  una  (8,  44  [45],  31)  — 
DiocLBTiAKi'fi  et  Maximianus  —  AA.  et  CC.  Agatlio;  e  del  231  Taltra  (8, 
44  [45\  11),  Imp.  Alexander  —  A.  Clementl.  —  Nella  prima  ^  il  oaso  di 
una  persona  proprietaria  di  cose  vendute  da  altri  ed  erede  del  tideiussore 
a  favore  del  venditore  non  jiroprietario;  nella  seconda  si  tratta  del  proprie- 
tario  che  ha  fntto  garanzia  per  colui  che  ha  veuduto  una  cosa  a  lui  apparte- 
nente  e  che  poi  la  rivendica  dal  compratore.  Orbeue,  mentre  qui  «i  accorda 
la  exceplio  doll  a  favore  del  compratore  contro  il  tideiussore,  nei  testo  assai 
poHteriore,  del  294,  «  negata  tale  eccezione  contro  I'erede  del  fideiuRsore. 

Di  fronte  alle  diversity  di  soluzioni  accennate  sorgono  due  ordiui  di  que- 
Htioai:  si  tratta  di  deoidere  per  ogni  caso  singolo  quale  opiirione  debba  pre- 
valere,  e  hi  ivssurge  ad  una  disputa  dMnteresse  Kcieutitico  ben  alto  sulla  por- 
tata  che  nei  vari  period!  della  evolnsione  storica  si  attribnl  al  subingreano 
deU'erede  nei  rapporti  giuridici  del  suo  autore.  Pel  caso  dei  due  fr.  D.  13, 
7.  41,  e  20;  1,  22  citati  il  Fadda,  op.  cit,^  cosl  si  esprime:  «  Che  la  disparity 
di  opinione  vi  sia  e  innegabile.  Gli  sorittori  si  sono  aifaticati  a  farla  scorn - 
)>arire,  ma  invano.  ^  difficile  trovare  un  altro  caso  in  cui  la  smania  delle  cost 
dette  couciliazioni  abbia  fatto  dire  maggiori  strauezze.  Certamente  dal  punto 
di  vifita  del  diritto  giustinianeo,  come  diritto  pratico,  bisogna  decidersi  per 
Tuna  o  per  Taltra  soluzione.  £  in  realty  gli  Bcrittori,  ora  tengono  per  l'uu» 
ora  per  1 'altra.  Ma  e  da  riconoscere  che  prevalo  la  soluzione  attermativa 
accolta  da  Modestino,  siccomo  quella  che  piii  risponde  all'opinioue  accolta 
in  tema  di  passaggio  di  dominio  ».  Quanto  alia  seconda  questione,  pih  ge- 
iierale,  il  Fadda,  contro  il  Bonkante,  il  quale  a.'^sume  che  tale  diversity  d* 
soluzioni  accenna  piil  to«(to  «  ad  una  reazione  al  concetto  di  rappresentanza 
«:reditaria   o  della  $uccemo  ia  iut,  che  non  ad  uu  incompleto  sviluppo  di  questo 


JLU 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONS  325 


II  vontratto  di  pegno  d  uu  eont ratio  acceHHorio  p). 

m 

11  contratto  ili  pegno  ])resui)i)oiie  sempre  I'esistenza  di  un  debito 
principale,  alia  garanzia  del  quale  deve  concorrere.  Esso  e  nullo^ 
qiiindi,  se  non  esisteva  precedeiitemente  un  debito  valido  *')  © 
vien  nieno  quando  venga  estinto  il  debito  i)reesi8tente  **).  Non  e 
necessario  per  la  sua  validiti\  die  Pobbligo  principale  debba  essere 
completaniente  efficace  ed  azionabile,  ma  anche  in  vista  di  una 
semplice  obbligazione  naturale  puo  aver  luogo  un  valido  oppi- 
gnorameuto  **').  I  seguenti  frammenti  non  lasciano  sussistere  alcun 
dubbio  su  cio: 

L.  5  pr.  D.  de  plgnoribm^  20,  1 :  «  Res  bypothecae  dari  posse  scien- 
dum est  pro  quacunque  obligatione,  —  vel  pro  civili,  vel  honoraria^ 
vel  tanUim  naturaU  ». 

L.  11  §  1  I),  eodem:  «  Ex  quibus  casibus  naiuraluf  obligatio 
consistit,  pignus  perseverare  constitit». 


*'•*)  L.  11  $  2  e  3  in  fino  D.  h.  /.;  L.  2  D.  Quae  res  pignori  vel  hypo- 
thecae  ddtae^  20,  3.  L.  1  e  2  Cod.  Si  pignorls  cont'entionem  nnmeratio 
sevMta  non  est,  8,  32. 

«*)  L.  9  $  3,  4  e  5;  L.   11  $  1  e  5  D.  h.  L 

*^)  Si  confronti,  a  questo  proposito,  speciahnentc  Wkber,  Si^oUfhnenti^ 
fiiittematico  deUa  teoria  delV ohbUgasione  naturale,  vS  103  »egg. 


priucipio  »,  ne  trova  la  causa  in  una  influenza  ancora  perdurante  deirantica. 
tigura  dolla  successione  nelln  podest^  famigliare,  e  nella  tendonza  clie  a  sua 
voltik  h  di  scienza  progrcdita  di  allargare  la  re.sponsabilitii  delKerede  sulle  basi 
deirequitiV. 

P)  Cfr.  Pktzall  Paul,  Die  Ahxceichungen  von  der  accessorisohen  Satur  de» 
PfandrechU  nach  romUtGhen  Rechte  [Eccezioni  alia  natnra  aocessoria  del  diritto 
di  pegno  Becondo  11  diritto  romano],  Berlino,  ed.  T.  Hildebrandt,  1895;  Siller 
August^  Der  acee^sarische  Charakter  des  Pfandrechtes  nach  romisohem  Kecht  und 
den  modernen  deutschen  Hypothelcenordnungen,  Warburg  Schilp  ed:  1895  [II  ca- 
rattere  accessorio  del  diritto  di  pegno  in  diritto  romano  e  nei  nioderni  ordi- 
uamenti  ipotecari  tedeschi]. 


326  LIBRO   XIII,   TITOLO   VII,   §   864. 

L.  101  §  1  D.  de  sohitionib.y  46,  3:  «  Paulus  respondit,  —  cum  cre- 
ditor pigQUS  clistraheret,  licere  ei  pretium  in  acceptum  referre 
«tiam  in  earn  quantitatem,  quae  natura  tantum  debehatur  ». 

Bisogna  soltanto  che  ]a  obbligazione  natiirale  non  sia  stata  com- 
pletamente  annuUata  e  riprovata  dalle  leggi  civili;  poiche  se  la 
obbligazione  principale  vien  dichiarata  interamente  invalida,  od  e 
affatto  proibito  il  negozio,  ad  afiforzare  i  quali  ^  avvenuto  Poppi- 
gnoramento,  per  regola  e  invalido  anche  il  diritto  di  pegno,  come 
semplice  diritto  accessorio.  E  si  capisce  bene  da  s^,  che  i)ere8So 
non  possa  competere  al  presunto  creditore  Pazione  ipotecaria  ^^), 

Ma,  si  domanda,  il  creditore  dovrebbe  restitiiire  il  pegno  con- 
segnatoglif  —  II  punto  importante  e  se  la  ripetizione  di  quanto  si  e 
pagato  in  consegiienza  del  debito  princii)ale  abbia  luogo,  oppur  no. 

Nel  primo  caso  il  creditore  non  si  puo  opporre  alia  restituzione 
<lel  pegno  ricevuto,  poicbe  questo  gli  e  stato  dato  a  iiiotivo  di  un 
pagamento,  che  egli,  giusta  il  diritto,  non  puo  ottenere  *').  Ed  e 
questo  il  caso  di  oppignoramenti  avvenuti  in  seguito  a  debiti 
<ii  giuoco  proibiti  *^),  a  quelli  di  colui  che  e  stato  giadizialmente 
•dichiarato  prodigo  *^)  o  di  un  pupillo  senza  Pautorizzazione  del 
8U0  tutore  ^^)  o  di  una  donna  a  garanzia  di  una  cauzione  as- 
8unta  ^*).  Nel  secondo  caso,  invece,  a  quegli  che  ha  consapevolraente 
"Consegnato  il  pegno  al  creditore  non  ne  i)uo  venir  concessa  la 
rii>etizione.  fi  questo  il  caso  in  cui  entrambe  le  parti,  creditore  e 
debitore,  si  trovano  in  pari  turpitudine  e  subentra  la  regola:  pos- 
^essoris  melior  est  conditio  ^*).  Se  non  e  invalida  tutta  la  promessa, 


2<^)  Arg.  L.  127  D.  de  verb,  obligat.,  45,  1. 

*'')  L.  3  J  3  D.  Je  condict,  sine  causa,  12,  7. 

*^)  L.  1,  4  C.   de  alea^  Insu  et  aleatoribus, 

'^)  L.  10  pr.  D.  de  curat,  furioso,  27,  lOj  L.  6  D.  de  verbor.  obliyat.y 
45,  1;  L.  40  D.  de  dh\  reg.   iur.,  50,  17. 

30)  L.  1  pr.  D.  de  pignorib.j  L.  1  J  ult.  D.  de  reb,  eor.  qui  sub  tntelae 
vel  cura  sunt.j  27,  9. 

3^)  L.  32  M  D.  ad  S.  Ctum  Vellejan.,  16,  1 ;  L.  5  e  7  C.  depignor., 
8,  13. 

3*)  L.  2  C.  de  condict.  ob  turpem  cauaanif  4,  7;  L.  3  e  8  D.  eod.  Vedi  In 
parte  XIII  di  questo  Commentario,  J  825,  pag.  54  e  segg.,  particolarment-e 
pero  Webeb,    DelV  obbligazione  nafurale,  J  105.    Veraiuente    Gugl.  For- 


DE   PIGNEBATICIA  ACTIONE  327 

per  cui  si  e  avuto  Poppignoramento,  ma  lo  fe  solo  in  qnanto  su- 
peri  una  certa  somma,  come  ad  esempio  nel  caso  di  un  interesse 
proibito,  e  come  in  quello  di  una  douazione  tra  vivi  non  insinuata 
giudizialmente,  cbe  superi  la  somma  di  500  solidi,  allora  I'oppi- 
gnoramento  senza  dubbio  deve  ritenersi  giuridicamente  esistente 
almeno  per  la  parte  valida  del  debito  principale^  e  quindi  invalido> 
solo  in  quanto  il  credito  superi  la  somma  legale,  e  percio  venga 
meno  la  stessa  obbligazione  naturale  ^^).  Se  invece  le  leggi  non 
concedono  per  il  debito  principale  alcuna  azione  al  creditore,  senza 
pero  togliere  all'obbligazione  naturale  gli  eflfetti  rimanenti,  come 
ad  esempio  hel  caso  in  cui  il  creditore  abbia  dato  in  credito  del 
denaro  in  contanti  ad  nn  filius  familids^  senza  il  consenso  del 
padre,  e  quindi  al  suo  credito  osti  il  Senatus  Cons.  Macedonia- 
num;  allora  al  creditore  non  pu6  competere  anche  per  il  pegno> 
Pazione  ipotecaria,  poich^  questa  nel  fatto  mira  a  quello  che  le 
leggi  non  vogliono  concedere  al  creditore.  In  quanto  pero  il  cre- 
ditore detiene  il  pegno,  egli  pub  non  solo  giovarsi  del  diritto  di 
ritenzione  ^*),    ma,    ove   il    debitore    non    paghi,   sodisfarsi    da  se 


NERio  in  Antinom,  pigtior,,  $  13  (Conradi,  Parerga,  p.  258)  e  Thibalt 
nel  Sistema  del  D.  di  P.,  parte  II,  $  686,  sono  di  di  versa  opinioae;  ma  la 
L.  33  D.  de  piffnoribusj  alia  quale  essi  fanno  richiamo,  non  si  rifeiisce  a 
<[uesto  punto.  Vi  si  tratta  semplicemente  di  un  caso  in  cui  il  pegno  non 
era  state  date  al  creditore,  ma  all'  adjectus  solutionis  gratia,  II  debitore 
poteva  fare  11  pagamento  ad  un  tale  adjectus,  e  con  cio  ipso  iure 
egli  era  libero  dal  suo  obbligo,  poicli^  il  creditore  doveva  in  seguito  ri- 
volgersi  con  Va^tio  mandati  contro  Vadjectus,  come  suo  rappresentante, 
^4  I.  de  inutilit.  stipulat,,  3,  19.  Ma  quantimque  Vadjectus  potesse  accettare 
il  pagamento,  pure,  poiche  egli  non  era  il  creditore,  non  poteva  accettare 
dal  debitore  n^  an  pegno,  n^  un  garante.  L.  33  D.  cit.;  L.  23  D.  de 
fideiuss.  ,46, 1.  Con  ci6  si  spiega  perch^  potesse  esser  ripetuto  il  pegno  conse- 
gnatogli,  non  il  pagamento  avvenuto  in  sue  mani.  V.  Greg.  Majaksics^ 
Diss,  de  adjecto  solutionis  gratia  (in  Mus  Dispufat.  iur.  civ,y  torn.  I,, 
disp.  VIII);  ViNNius  in  Comm.  ad  §  ^  I,  de  inutil.  stipulat.^  n.  5  segg.. 
e  PoTHiER,  Pandecta^e  Justinian. ,  torn.  I,  lib.  XX,  tit.  I,  n.  XXI, 
not.  f  e  g. 

«3)  L.  29  D.  de  usuris,  22,  1 ;  L.  27  C.  eod,,  4,  32;  L.    11    J    3    D^ 
de  pigner,  act.;  Weber,  I,  c,  $  106. 

^)  L.  11  C.  de  usuriSy  4,  32;  L.  101   D.    de  solut.,    46,    3;    L.    un. 
Cod.  Etiam  ob  chirographar.  pecuniam  pignus,  8,  26. 


328  LIBRO    XTII,    TITOLO   YII,    §    864. 

alienando  la  cosa^^).  Trovano  luogo  quindi  solo  quei  mezzi  giuri- 
dici  cbe  spettano  al  creditore  in  forza  del  debito  principale  '*).  Del 
resto  I'oppignoramento  piio  aver  luogo  i>er  qualsiasi  sorta  di  debito 
valido,  provenga  questo  da  im  negozio  permesso  o  da  undelitto; 
presupposto  pero,  nel  seeondo  easo,  die  si  tratti  semplieemente  del 
risarciinento  del  danuo  o  del  pagamento  di  una  pena  pecuniaria  '^). 
In  tali  trasgressioni,  pero,  elie  non  fan  parte  dei  gravi  delitti 
criminali,  puo  anclie  prevenirsi  talvolta  Parresto  delP  incol]>ato  con 
una  costituzione  di  tali  pegni  la  eui  perdita  sia  per  riuscire  al- 
V  incolpato  stesso  meno  dolorosa  che  il  sottomettersi  alia  pena  ^*). 
I^on  vi  e  dubbio  die  possano  anclie  darsi  dei  pegni  per  tin 
credito  futuro  o  condizionale,  p.  es.  per  il  caso  di  evizione  di 
una  cosa  acquistata.  Mabciano  lo  dice  diiarauiente  nella  L.  5  pr. 
D.  depignorib.  et  hypoth.j  20, 1:  «  Res  hypothecae  dari  posse  sciendum 

«st  pro  quacunque  obligatione sive  piira    est  obligatio   vel    tw 

dietfi  vel  sub  condicione,  et  sive  in  jiraesenti  contractu  sive  etiani 
l>raecedat:  sed  et  fnturae  obligationis  nomine  dari  possunt  ».  II  cre- 
ditore pero  non  puo  in  tal  caso  perseguire  P  ipoteca  prima  die 
venga  ad  esistere  il  debito.  Solo  nel  caso  in  cui  si  verificlii  il  i>e- 
ricolo  di  perdere  la  garanzia,  p.  es.  quando  il  debitore  incominci 
a  dissipare  il  proprio  patrimonio,  ed  al  creditore  importi  di  otte- 
nere  per  lo  meno  provvisoriamente  per  sua  sicurezza  il  possesso 
del  pegno,  quest!  h  autorizzato,  prima  ancora  die  il  debito  sia 
esigibile,  a  far  valere  la  sua  ipoteca  '*) '').  I  seguenti  passi  confer- 
mano  cio  in  modo  indiscutibile. 


3'i)  L.  8  $  5  D.  /*.  (.;  L.  101  $  1  I),  de  sohtt.,  46,  3. 

3«)  V.  Weber,  7.  r.,  $  107  e  108. 

^')  Bachov,  De  jmfiwr,  et  hypoth.^  lib.  2,  cap.  I,  n.   5. 

^^)  V.  Grolman,  Principi  della  scienza  del  diritto  penale^  ^  484;  e 
TiTTMAN,  Manvale  del  dir.  penale  com.  ted.^  jwrte  IV,   $  684. 

3»)  V.  Westphal,  Diritto  di  pegno,  ^  269,  not.  299 ;  Gio.  Fed.  Dank, 
Commentat.  de  pigiwre  debito  futuro  aceedente,  Tiibinga  1790,  8. 


«'/)  Confr.    anohe:    Bonkllc    G.,    V  ipoteca  per  debiti  fufuri  in  diritto  roma no ^ 
Arch,  (iiur.y  v.  51,  52,  1893-94. 


DE   PIGNERATICIA   AOTTONB  329 

L.  13  §  5  D.  eod.:  «  Si  sub  condicione  debit!  nomine  obligata  sit 
liypotheca,  dicendum  est  ante  condicionem  non  recte  agi,  cum 
nihil  interim  debeatur:  sed  si  sub  condicione  debiti  condicio  venerit, 
rursus  agere  poterit  ».  L.  14  D.  eodeni.:  «  Quaesitum  est,  si  nonduui 
dies  pensionis  venit,  an  et  medio  temi^re  persequi  pignora  per- 
mittendum  sit.  et  puto  dandam  pignoris  persecutionem,  quia  in- 
terest mea  ». 

"kj  dunque,  altrettanto  certo  che  senza  Pesistenza  di  un  debito 
principale  non  pub  avere  origine  alcun  diritto  di  pegno,  quanto 
non  ^  Gontestabile  che  questo,  se  h  stato  validamente  costituito 
una  volta,  continiui  a  durare,  e,  per  cio,  puo  esser  fatto  valere  in 
quanto  il  debitore  si  trovi  in  possesso  del  pegno,  posto  anclie  che 
Pazione  personale  spettante  pel  credito  al  creditore  fosse  estinta  per 
prescrizione.  Questo  e  espresso  chiaramente  non  solo  nella  L.  2  Cod. 
de  luitionepignor.  8.  30.  dove  e  detto:  «  Intellegere  debes  vincula  pi- 
gnoris durare  personal!  actione  submota  » ;  ma  risulta  gi^  da  questo, 
ehe  Pessenza  del  pegno  non  i)resuppone  nient^altro  che  I'esistenza 
di  un  obbligo,  che  non  cessa  per  se  stesso,  quand^inche  non 
lo  si  possa  perseguire  per  mezzo  di  un'azione  giudiziaria  ^^). 

«  Submoveri  enim  potest  actio  —  dice  Averanio**)  molto  giu- 
stamente  —  etiamsi  non  sit  sublata  principalis  obligatio.  —  Perseve- 
rante  autem  natural!  obligatione,  perseverat  et  pignus,  licet  sub- 
lata sit  civilis  obligatio  ^').  —  Existimo  tamen^  laudatam  L.  2  God. 
de  luition,  pignm\  referendam  esse  ad  praescriptionem  actionis. 
Hoc  enim  Ciisu  proprie  dicitur  actio  submoveri  *"^).  Submota  autem 
actione  per  lapsum  temporis,  durant  vincula  pignoris**);  quia 
per  lapsum  temporis  non  omnino  extinguitur  obligatio,  cum  tempus 
non  sit  modus  finiendae   obligationis  »  *^).  Quindi,  secondo  questa 


*^)  Weber,  ?.  r.,   M04. 

**)  Interpret,  juris,  lib.  II,  cap.   12.  n.   19  e  20. 

**)  L.  14  $  1  D.  de  pignorib, 

-»3)  L.  21  C.  de  etnction.,  8,  44. 

**)  L.  59  pr.  D.  8.  C.  TreheJL,  36,  1;  L.  30  $  1  D.  ad  Leg.  Aquil., 
9,  2;  L.  3;  L.  7  4  1  C.  <ie  praescript.  trig,  vel  quadrag.  annor.j    7,  89. 

*^)  L.  44  $  lD.de  obligat.  et  action. y  44,  7.  Si  veda  tinche  Bacho- 
vius,  De  pignorib.j  lib.  5,  cap.  III. 

GlQck.  Comm.  Pandrtle  —  Lib.  XUI.  —  42. 


3;30  LIBRO   Xni,   TITOLO   VII,   §   865. 

spiegazione  la  L.  2  cit.  e  completamente  d'accordo  con  Panalogia, 
e  non  e  necessario  di  adoprarsi  con  Donello  *^)  ad  emendare  il 
testo  inserendovi  la  negazione  *). 


§  865. 
Oppignoramento  di  una  cosa  fruttifera  ''). 

11  contralto  di  pegno  dk  al  credltore  semplicemente  il  diritto  di 
possedere  il  pegno  per  sua  garanzia;  e  nel  caso  di  mancato  paga- 
mento  del  debito  cercare  il  suo  sodisfacimento  nella  vendita  di 
quello.  La  proprietii  della  cosa  solo  in  tanto  x)a8sa  al  creditore,  in 
quanto  egli,  per  tal  modo,  consegue  il  diritto  di  usarne  ^').  II  pos- 
sesso  del  creditore  pignoratizio  in  effetto  ^  un  vero  possesso  giu- 
ridico,  clie  gli  conferisce  il  diritto  degli  interdetti  **),  tuttavia  esso 
e  soltanto  un  possesso  naturale/  che  esclude  ogni  animus  domini 
e  che  non  dk  alcun  diritto  alia  usucapione  *^).  E  pereio  Aemilius 


*^)   Commentar,  in  L.  8  C,  tit.  31,  pag.  659. 

*)  Si  veda  anche  Gasp.  Schifordegher  ad  Ant.  Fabrum,  lib.  Ill, 
tit.  VIII,  qu.  4,  5  6  6. 

*')  Nell'aiitieo  contractus  fiducias  romano  avveniva  senza  dubbio  divev- 
Hamente,  eoiiie  pin  su  si  e  mOBtrato.  iEd  anche  qaalche  cosa  di  speciale 
neirantico  contralto  di  pegno  tedesco  si  era  che  il  creditore  otteneva 
il  godiinento  del  pegno.  Generalmente  non  si  pu6  affermare  pero,  cho 
anche  la  propriety  della  cosa  oppignorata  gli  sia  trasmessa.  Vedi  Oioaeh, 
PoTT6i£SS6R,  Comm,  de  indole  et  natura  pi^norisj  quoad  ius  gentium,  iura 
et  consnetudinea  Germnniae^  Marbargo  1722,  4;  Crist,  Teofilo  Riccio,  Comm. 
de  dmninio  pignoris  germanici^  Gotha  1747,  4  e  Gio.  Teofilo  de  Hacke- 
MAXN,  2>w«.  de  dominii  translation,  in  pignore  germanico,  Francoforte 
al  di  qua  deU'Oder,  1763. 

'^)  L.  16  D.  de  usurpat.  et  usueap.,  41,  3;  L.  1  $  9  D.  de  vi.,  43,  16. 

*^)  h.  S  §  15  D.  ad  exhib.  10,  4;  L.  13  D.  de  usurpai.  et  usucap.} 
von  Savigny,  Diritto  del  possesso^  J  7,  pag.  46  e  (  9,  pag.  108. 


»')  Cfr.  Krirs  Wolfgang,  Ueber  den  Ansprwih  des  PfandgUiubi^ers  aufdi  Friichte 
der  verpfdndelen  Sache,  nach  rdmiMhem  Beoht  (Sul  diritto  del  creditore  pignora^ 
tizio  al  frutti  della  cosa  oppignorata,  seeondo  il  diritto  romano),  M.  Liedtke, 
cd.  1891. 


DE   PiaNBBATICIA   ACTIONE'  331 

Maceb,  L.  15  §  2  D.  qui  satisdare  cogantur^  2,  8^  dice  express amente : 
«  Creditor,  qai  pignus  accepit,  possessor  nou  est,  tametsi  i>osses- 
8iouem  habeat  ».  Senza  dubbio  qui,  la  parola  possessor,  nel  nesso 
in  cni  vien  posta,  non  deve  significare   altro  die   proprietario  ^"). 

Se  11  creditore,  senza  cbe  lo  sappia  e  lo  voglia  il  d^bitore,  fa 
nso  della  cosa  a  lui  oppignorata,  si  rende  colpevole  di  furto  ^*) 
e  deve  risarcireai  debitore  tutti  i  danni  cosi  cagionati,  anelie  quelli 
casuali  ^*).  Perci6,  se  al  creditore  vien  eonseguata  in  pegno  una 
cosa  frattifera,  questi  nou  puo  riguardare  i  frutti  della  cosa  come 
un  x)roveuto  della  medesima,  ma  deve  prima  di  tutto  detrarli  dagli 
interessi,  in  quanto  sussista  un  fondamento  giuridico  agli  stessi, 
e  ]>oi  dal  capitale. 

I  frammenti  seguenti  sono  a  questo  riguardo  di  particolare  iui- 
lK)rtanza: 

L.  1  Cod.  h,  Lj  4,  24:  «  Fructus  ex  pignore  percepti  in  debitum 
computantur,  et  cum  totnm  debitum  adaequant,  actio   toUitur    et 


^®)  Si  veda  questo  nelia  L.  15  $  1  D.  qui  satisdare  co<h,  2,  8,  dove  Mackr 
dice :  €  Possessor  autem  is  accipiendus  est,  qui  in  agro  vel    civitate  rem 

8oli  poftsidet sed  et    qui    vectigalem,    id  e^t    eniphytUeuticuin    agruui 

possidet,  possessor  intellegitur.  item  qui  solam  proprietatem  habet,  po8- 
Hessor  intellegendus  est.  eum  vero,  qui  tantum  usuiii  fructmn  habet,  pos- 
8e86orein  non  esse  Ulpianus  scripsit ».  V.  row  Savigny  nel  lib.  couiinc. 

4  '^i  P^g*  ^^1  n.  8. 

^*)  L.  55  (54)  pr.  D.  de  furtiSy  47,  2:  <  Si  pignore  creditor  utatur, 
fuiti  tenetur ».  $  6  I.  r^e*  ohligat,  quae  ew  delico  nascunturj  4,  1 :  «  sive 
creditor  pignore  sive  is  apnd  quern  res  deposita  est  ea  re  utatur.... 
furtuni  committit  ».  A  questo  proposito  puo  anclie  citarsi  Tart.  170  del- 
VOrdinam,  pen,  giudiziario  di  Caklo  V  dove  e  detto:  «  Chi  nei  beni 
altrui,  che  gli  sono  stad  dati  in  buona  fede  perohe  li  conservi  e  li  custo- 
discu,  danneggia  scientemente  e  gravemente  il  creditore,  deve  esser  pu- 
nito  di  tal  reato  come  di  furto  )^.  Questo  passo,  veramente,  si  suol  rife- 
Tire  al  depositario.  Ma  che  lo  si  possa  anche  applicare  al  creditore  pigno- 
ratizio  che  del  pegno  rilasciatogU  per  garanzia  usa  disonestamente,  fu 
dimostrato  da  Kress  nel  Comm,  ad  h.  Art.,  pag.  615.  Su  questo  punto 
si  veda  specialniente  Lod,  Fed.  Griesingkr,  Commentario  sul  diritto  ter- 
ritoriale  Vurtemberghese,  vol.  I,  parte  II,  tit.  7,  i  125,  pag..  408  e  segg. 

^*)  V.  Aug,  Fed,  Schott,  Diss,  de  furto  usus.,  Lipsia  1775,  $  19 : 
HoMMEL,  Bhapsod.  quaestion,  for.j  vol.  II,  oss.  268.  6'ar/o  Klien,  Xuovo 
€same  dei  principi  sul  reato  di  furto^  parte  I,  pag.  177  e  segg.,  e  Frat,. 
Becmanx,   Consil,  et  decision,,  vol.  I,  Consil.  39,  n.  12. 


3;32  LIBRO  XllI,   TITOLO  VII,    §    865. 

pigniis  redditur.  cum  vero  fructns  debituni  etiam  excediint,  qui 
superant  redduntur  ». 

L.  2  Cod.  eodeni:  «  Quod  ex  operis  ancillae**^)  vel  ex  pensio- 
nibus  domus,  quam  pi^ori  detineri  dlcis,  perceptum  est,  debit i 
quantitatem  relerabit  ». 

L.  3  eodem:  «  Creditor,  qui  praedium  pignori  sibi  uexum  detinuir^ 
tructus  quos  percepit  vel  ])ercipere  debuit  in  rationem  exonerandi 
debiti  computare  necesse  habet  ». 

L.  ult.  Cod.  eodem:  «  Quominus  fructuum,  quos  creditor  ex  rebus 
obligatis  accepit,  habita  nitione  ac  residiio  debifo  soluto,,.,.  pignora 
cjuae  in  eadem  causa  durant  restituat  debitori,  nullo  spatio  longi 
teniporis  defenditur  ». 

L.  1  Cod.  de  distract. pig fwr.j  8,  27 :  «  Fundum  pignori  obligatum,  ni 
creditor  ex  fructibiis  debitum  petsecutus  est,  cum  ipso  iure  pignus 
obligatione  liberatum  sit,  distrabere  minime  potest  ». 

L.  2  Cod.  departu  pignoris  et  omni  causa,  8,  24 :  «  Cum  pignoris  ti- 
tulo  mancipia  vos  obligasse  pro  mutuaquam  accepistispecunia  pro- 
]»onatis,  lioruia  mancipiorum  operis,  quas  creditor  accepit  vel  quas 
])ercipere  potuit,  in  usuras  compiitatis  et  post  in  sortem,  extenuato 
debito  residuum  ofterentibus  vel,  si  non  accipiat,  consignatum  de- 
ponentibus  mancipia  vobis  praeses  provinciae  restitui  iubebit ». 

A  dir  vero,  CuiAcio  ^*)j  col  quale  parecchi  consentono  su  questo 
punto  ''■'),  vuol  sostenere  clie  il  creditore  possa,  anche  nel  caso  in 
cui  non  t\\  pattuito  alcun  interesse,    trattenere   tanto    dei    frutti, 


•'^^)  Le  opere  dei  eervi  sono  eguagliate  ai  ft-utti.  L.  3  e  4  D.  rff  operis 
server  urn,  7.  7. 

■**)   Observation,^  lib.  VIII,  cap.  17. 

•*^)  Ant.  Faber,  Error,  pragmaticor,,  decad.  IX,  err.  5  ;  Em.  Merillius, 
Observation. y  lib.  VIII,  eai).  23  j  Lod.  Vitalis,  Lection,  vai'ia^  iur.  civ.y 
lib.  II,  cap.  15,  ^  5  e  f^gg.  (in  Ev.  Otto,  Thes.  iur.  rom.,  toin.  II, 
pag.  678)5  Vlr.  Huber,  Eunomia  rom.  ad  L.  8  D.  in  quib.  cans,  pignusy 
pag.  735  e  seg.:  Gio.  Yokt,  Commentnr.  ad  Pand.^  lib.  XX,  tit.  I,  $  23^ 
Oher.  'SooDT,  defoenore  et  nsnris J  lib.  II,  cap.  9j  Piet.  de  Greve,  JErer- 
cital.  ad  Pand.  loca  difficil.,  exercit.  XV,  i  11 ;  Ant.  Schulting,  Thes. 
eontroversar.,  dec.  LXXIX,  p.  9;  Westphal,  JDiritto  di  pegno,  $  67,  © 
TiiiBAUT,  Syst.  des  P.  P.  vol.  II,  ^  653. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  333 

quanto  verrebbe  a  costituire  gli  interessi  legali.  Si  dice  che  col 
consegnare  uii  pegno  firuttifero,  si  venga  a  conchiudere  una  an- 
tichresis tadta,  cio^  una  tacita  convenzione  in  virtil  della  quale 
sia  stato  concesso  al  creditore,  per  Fuso  del  capitale,  un  equiva- 
lente  in  frutti  in  luogo  degli  interessi  legali. 

Ma  non  senza  ragione  questa  opinione  e  respiuta  da  altri  ^*). 
Qui  tutto  si  riduce  ad  intendere  il  giusto  senso  della  L.  8  D.  in 
quib.  causispigmis  tacite  contrah.j  20,  2,  cui  principalmente  si  riferisce 
CuiACio.  Paolo  dice:  «  Cum  dehitor  grattiita pecunia  utsLtiir^  potest 
creditor  de  fructibus  rei  sibi  pigneratae  ad  modum  legitimum 
usuras  retinere  >>. 

It)  appeua  da  notarsi  che,  per  Pesattezza  della  lezione  non  e 
necessaria  la  correzione  di  Fratic.  Hotoman  (il  quale,  come  si  sa, 
vuol  leggere:  «  cum  debitor  non  gratuita  pecunia  utatur  »),  aven- 
dola  giA;  da  tempo  giustamente  respinta  Q-iovanni  Eobebt  ^'),  Ghe- 
rardo  Xoodt  '"*),  Antonio  Fabbo  '•''),  e  Sigistnondo  Rain.  Jauch  ^% 
sebbene  Salmasio  ***)  e  Corrad.  GugL  STREiJKfiR  ^')  non  sapessero 
negarle  la  loro  approvazione. 

Tutti  i  manoscritti  e  le  edizioni  che  fino  ad  oggi  si  conoscono, 


•'•*)  Arn.  ViNNius,  Select,  iiiris  guaest.,  lib.  II,  cap.  7 ;  Bain.  Ba- 
CHOvius,  JDe  pignorib.  et  hypoth.^  lib.  I,  cap.  14;  Claud.  Salmasius,  De 
modo  mnrarum,  cap.  14,  png.  622:  Franc.  Hotom annus,  Observation., 
lib.  I,  cjxp.  4;  Greg.  Majansius,  Disputat.  iuris  civ.,  torn.  I,  dispnt.  4, 
^  38,  pag.  87;  Sam.  d^  Cocceji,  lur.  civ.  controv.  h.  t,,  q\\.  4;  Gio.Enr. 
Crist.  Erxlebbn,  Frincip.  de  jure  pignorum,  4  111;  Crist.  Fed.  T6nne 
roH  Lt^xncHAU,  JJissertasioni  miste  giuridico-nMteinatiche,  Altona  1769, 
n.  1,  Eicerca  sulla  teoria  dsl  pegno  fruttifero,  pag.  19  o  8egg.;  Criorgio 
Happel,  Diritti  dei  crediiuri  in  rapporto  ai  pegni  manuali  ed  al  patto 
anticreticoj  Giessen  e  Darmstadt  1802,  pag.  232  esegg.;  (yaW.  Hancker, 
Diss,  de  vera  indole  et  natura  antichreseos,  Giessen  1783,  ^  8  e  Gio.  lac. 
Kee8,  Commentat.  ad  legem  VIII  Digestor.  in  qnih.  caus.  pign.  vet 
hypoth.  tacite  contrahitnr,  Lipsia  1811. 

^'^)  Lection,  recept.,  lib.  I,  cap.  14. 

'*)  De  foenore  et  usuris,  lib.  II,  cap.  9. 

^'*)  De  error ib.  pragmatic,  decad.  IX,  err.  5. 

^•^0  De  negationib.  Fandectar.  florentin.,  cap.  XIV,   7. 

®*)  De  modo  usurarum,  cjip.  14. 

^*)  Diss,  de  pacto  antichretico,  Erfurt.  1726,  i  15. 


334  LIBRO   Xin,   TITOLO   VII,   §   865. 

la  contradicono  apertamente,  ed  anche  i  Busilici  ^^)  confermano  la 
lezione  comiine. 

Xon  e  dunque  ne  pur  qui  il  caso  di  esser  costretti  ad  avvalo- 
rare  una  cosl  dubbiosa  congettura. 

Pill  necessario  ^  invece  stabilire  prima  di  tutto  die  cosa  voglia 
intendere  Paolo  i)er  pecunia  gratuita,  CuiACio  intorno  a  cio 
si  esprime  cosi:  «  Utitur  debitor  mea  pecunia  gratuitOj  quia  usuras 
ab  eo  paetus  vel  stipulatus  non  sum,  cuius,  beneficii  i>ensandi 
causa,  dum  milii  tradit  agrum  pignori,  tacite  id  agere  videtnr. 
ut  fructus  i)ercipiam,  et  usurarura  vice  retineam,  quod  ftet  tamen 
intra  modum  quasi  tacito  consensu.  Quodsi  foeneratitia  fuisset 
pecuni«n,  fructus  perceptos  creditor  foenori  i)rimum,  delude  sorti 
imputaret  **).  Gratuita  pecunia  est  non  tantum,  de  qua  convenit, 
ut  gratuita  esset,  sed  et  de  qua  hoc  non  convenit;  si  modo  et  de 
usuris  nihil  convenerit ».  Giaccb^  si  crede  che  esisterebbe  contra- 
dizione  solo  nel  caso  in  cui  il  creditore  di  un  capitale,  di  cui  il 
debitore  dovrebbe  servirsi  senza  prestare  interessi  in  virtti  di 
una  espressa  convenzione,  abbia  facolt4\  cio  non  di  meno  di  poter 
computare  i  frutti  sugli  interessi,  cosl  anche  altri,  p.  es.  Stryck  ®^), 
BOhmer  ^%  Engelbrecht  ^'),  Menken  ^*)  ed  il  nostro  Hkllfeld 
per  pecunia  gratuita  intendono  una  anticipazione  in  contanti,  nella 
quale  non  e  stato  convenuto  niente  esi>licitamente  intorno  agli 
interessi. 

Ma,  poicli^  anche  cosi  non  si  puo  eliminare  completamente  la 
contradizione,  Ernesto  Alesaandro  Pagensteoker  ^^)   interpreta  la 


^^)  Tom.  IV,  lib.  XXV,  tit.  3,  const.  8,  pag.  50.  'Eiv  6  x/>sw(Ttvj$  Stoxov 
s^vi  TO  XP'^^i  SuifxroLt  7rao2x^aTC(v  6  Sxvtirrrrii  sx  twv  xxpnray  {J^ixP*-  ''^^'^ 
vout^exou  Toxou.  i.  e.  Si  debitor  gratnitam  haheat  pectiniam^  creditor  de 
fructihus  usuras  usque  ad  legitimum  modum  retinere potest  [Cfr.  Heimbacfi, 
JBas.,  Ill,   75,  VIIIJ. 

•**)  L.  2  C.  de  pactis  pignorumy  8,  34. 

^^)    Us.  mod.  Pand.  h,  t.,  ^  4. 

^^)  Introduct,  in  ius  Dig.  /i.  <.,  ^  9. 

^')  Diss,  de  creditore  antichrefico  ad  fructus  percipiendos  uon  ohUgatOj 
Helmst.  1724,  $5. 

*'*)  Diss.  Nullum  excessum  usurarum  in  pacto  antichretico  esse  toler<{ndunu 
Lipsia  1745,  $  2  in  f.   (in  Opuscul.j  pag.  236). 

•^^j   Observation,  legalium  libr.  sing.,  Wetzlarl724,  4,  observ.  VI,  pag.  25. 


DE   PIGNEBATICIA   ACTIONE  335 

pecunia  gratuita  di  una  peeunia  commodata.  £  noto  iufatti  che  anche 
il  denaro  piio  esser  oggetto  del  contratto  di  prestito  d'uso;  p.  es. 
qnando  es8o  vieu  imprestato  semplicemente  ad  ostentationem  ''^). 
Ma  se  tuttavia  il  commodatario,  contro  lo  spirito  del  contratto, 
ha  nsato  e  consumato  il  denaro,  egli  deve  restitoirlo  al  commo- 
dante  con  gli  interessi. 

Infatti  il  comniodatum  ^  un  contratto  bonae  fidei,  ed  in  tali  con- 
tratti  potrebbero,  senza  difficolt^,  richiedersi  gli  interessi.  Ora,  se 
il  commodante  possiede  in  pegno  dal  commodatario  una  cosa> 
frnttifem,  gli  venga  essa  rilasciata  o  per  la  pecunia  commodata  o  per 
un  altro  debito,  o  venga  anche  tacitamente  oppignorata,  egli  po- 
trebbe  con  i  frutti  del  pegno  risarcirsi  anche  degli  interessi. 
Ma  ne  questa,  ne  la  prima  spiegazione  sodo  accettabili. 

Qui  bisogna  ricorrere  semplicemente  alia  tcrminologia  delle 
fonti.  Secondo  questa,  pecunia  gratuita  non  signiftca  altro  se  non 
un  capitale  che  il  creditore  ha  ])restato  al  debitore  senza  in* 
teressi,  o,  come  dice  Bkisson^*):  Pecunia^  quae  sine  tisurin  debetur. 
E  cio  risulta  dalla  L.  10  §  8  D.  niandati^  17,  1,  ove  Ulpiano  dice: 
«  Si  mandavero  procuratori  meo,  ut  Titio  pecuniam  meam  credat 
sine  usuris,  isque  non  sine  usuris  crediderit,  an  etiam  usuras  mihi 
restituere  debeat,  videamus.  et  Labeo  scribit  restituere  eum  oiK)r- 
tere,  etiamsi  hoc  mandaverim,  ut  gratuitam  pecuniam  daret  »,  non 
solo,  ma  e  anche  universalmente  noto  che  la  parola  gratuitum 
vien  usata.sempre  quale  epiteto  di  quello  per  cui  non  vien  data  al- 
cuna  ricompensa  '^*).  Ora,  se  questo  e  fiiori  dubbio,  non  si  puo  in 
alcun  modo  spiegare  Pantit^si  che  il  creditore  di  un  capitale  pre- 
stato  senza  interessi,  sia  nondimeno  autorizzato  a  rit^nersi  i  frntti 
in  conto  degli  interessi.  B  tanto  meno  si  puo  dall'oppignoramento 
di  una  cosa  fruttifera  dedurre  una    tacita  promessa    di    interessi, 


^<^)  L.  3  M ;  L-  -^  !>•  Commodati,  13,  6. 

'*)  De  verhor.  signifieat.^  voc.   Graiuitn9. 

")  P.  68.  Gratuita  habitaiio:  L.  28  M  D.  lacatiy  19,  2;  L.  17  pr.  D. 
de  praescript.  verbis,  19,  5  $  Oratuita  legatio:  h,  2  ^  1  D.  de  legation. ^ 
50,7;  Oratuitum  mandatumi  L.  1  $  3  D.  waiida/i,  17, 1;  Gratuita  opera: 
h.  1  M7  el8;  L.  5  pr*  D.  de  exercitor,  act.,  14,  1;  Gratuita  Ubertasz 
Li.  1  Cod.  de  libert.  et  eorum  liber,,  6,  7. 


336  LIBRO  xiir,   TITOLO   VII,    §  865. 

qnanto  piii  chiaramente  le  leggi  sopra  citato  imiK)iigono  cUe,  se 
Bon  sono  stati  pattuiti  interessi,  i  frutti  debbano  esser  ritenuti 
semplicemente  in  conto  del  capitale.  A  cid  si  aggiunga  die  anche 
la  natura  del  mutao,  quale  contratto  reale,  non  amniette  nna 
simile  tacita  promessa  di  interessi,  ove  si  consideri  clie,  auzi,  i>er 
diritto  romano,  nel  mutiio  non  era  valida  neppure  una  espressa 
X)romessa  di  interessi,  eccettuato  il  ease  in  cui  per  stipulazione 
non  si  fosse  costituita  nna  nova  obligatio  "'% 

Se  la  legge  avesse  volato  dare  al  creditore,  i>er  gli  interessi  non 
pattuiti,  un  tacito  diritto  di  pegno  sui  fnitti  del  pegno  stesso,  come 
forse  potrebbe  dedursi  dalla  rubrica  del  titolo  sotto  il  quale  e  posta 
la  L.  8  D.  in  qtiib,  cans,  pignus  tacUe  contrahitur,  allora  certa- 
mente  non  avrebbe  concesso  al  creditore  una  semplice  ritenzione^ 
ma  una  vera  persecuzione  del  diritto  di  pegno,  come  lo  stesso 
OuiACio  credette  assai  bene  di  distinguere  in  altro  luogo^*/. 

Non  pub  darsi  dunque,  con  OuiACio,  grande  importanza  al  fatto 
che  Triboniano  ha  collocato  la  L.  8  sotto  il  titolo:  in  quit,  catt^itt 
pignus,  ecc,  tanto  pin  che  noi  nel  Corpus  juris  abbiamo  a  sufficienza 
passi  che  sono  stati  tolti  dalla  loro  connessione  e  posti  in  luoghi 
in  cui  essi  non  avevano  veramente  nulla  che  fare. 

E  qui  h  tanto  piti  strano  cio,  in  quanto  nelFasserzione  di  Paolo 
non  trapela  alcun  accenno  ad  un  tacito  diritto  di  pegno. 

Lo  stesso  scoliasta  greco,  tuttoch^  la  sua  spiegazione  si  avvi- 
cini  assai  a  quella  di  Cuiacio,  non  ne  parla  affatto  '^).  E  se,  cio 
nonpertanto,  vediamo  Paolo  aver  concesso  al  creditore,  nel  caso 


'^)  L.  24  D.  de  praescript,  verbis^  19,  5 ;  L.  1,  3.  4  e  7  C.  (U  nsur.y 
4,  32.  Vedi  Boehmkk,  Diss,  de  fundamento  vsvrarum  pecuniae  mutuati- 
eiae,  ^  10  Reg.  (tlxercitat.  ad  Pand.,  torn.  IV). 

^*)   Observat.,  lib.  XV,  cap.  22. 

'^)  Basilica,  t.  IV,  pag.  52:  Kai  7ra).tv  artuiibivxt  ore  6  5avec<rx;  xa't  Xae- 
^oiv  Ttpdyfia  ie;  ivi^itnov,  xav  fjL'h  (Tv^ffOivfitT-zi  /ajSctv  tou;  xx^ttovj  avti  roxuv, 
^utai  "kstiipivti  Tovc  xupno'j^  toO  itpdtyuxTOij  ^'-'Z'  f^OLVTOL?,  OLk\^o:'x^pi  tdSv  \eytrt- 
jAwv  Toxwv.  i.  e.  « Item  nota,  creditoreiu,  qui  rem  pigiiori  aceepit,  licet 
pactus  non  sit,  ut  vice  usurarum  fruetus  iiercipei-et.  nihiloiiiinuft  eon 
percipere,  adtnodnm  scilicet  iisnrarmu  legitininiii  »  [cfr.  Hkimbach,  J?«^., 
Ill,  75,  VIII,  1]. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  337 

di  im  prestito  pecimiario  senza  pattuizione  di  interessi,  di  rite- 
nersi  gli  interessi  legali  sui  friitti  della  cosa  oppignorata,  allora 
non  possiamo  pensare  altrimenti  che  Paolo  debba  pure  aver  trat- 
tato,  in  connessione  col  passo  che  ci  ha  tolto  Tribonia.no,  del 
<5aso  in  cui  il  debitore  si  e  reso  colpevole  di  un  ritardo  illegale 
nella  restituzione  del  prestito  ricevuto  senza  interesse.  Per  tal 
modo  qnesto  passo  concorda  esattamente  anche  con  un  altro  che 
«  stato  preso  dallo  stesso  lib.  II  Sententiarum  di  Paolo,  e  cioe 
<5on  la  L.  7  D.  de  pign.  act.  ove  e  detto:  cc  Si  autem  tardius  su. 
X)ertiuum  restitnat  creditor  id  quod  apud  eum  deposituni  est,  ex 
"inora  etiam  usuras  debitori  hoc  nomine praestare  cogendiis  eat ».  As^ai 
naturalmente  puo  collocarsi  qui  la  nostra  L.  8,  con  cui  essa  pro- 
babilmente  si  raccorda  nel  modo  seguente:  Sic  etiam  cnm  debitor 
gratuita  pecunia  utntur  (in  quanto  cio^  egli  si  e  reso  parimenti 
colpevole  di  un  ritardo)  potest  creditor  defructibns  rei  sibi  pigneratae 
<id  nwdum  legitimum  tistiras  retinere  ».  Le  parole:  ad  modum  legitimtnn 
^isuraH  retinere  si  riferiscono  dunque  al  quantum  legale  degli  inte- 
ressi di  mora.  Ora  se  anche  nel  mutuo,  per  diritto  romano,  gli 
interessi  di  mora  non  potevano  ugualmente  pretendersi  con  Vactio 
mutui,  tanto  piu  doveva  aver  luogo  una  ritenzione,  in  quanto  la 
fitessa  natura  del  diritto  di  pegno  porta  con  se  che  il  creditore 
debba  esser  posto  al  sicuro  anche  contro  Pillecito  ritardo  del  de- 
bitore •'^). 

§  86(>. 
JHritti  del  creditore  pignoratizio. 

Oltre  al  possesso  giuridico  che  viene  trasmesso  al  creditore 
con  il  contratto  di  pegno,  ed  in  virtti  del  quale  egli  puo  anche, 
•come  gik  superiormente  e  stato  notato,  esercitare  il  diritto  di  ri- 
tenzione  per  ogni  altro  credito  non  in  virtti  del  quale  gli  e  stata 
oppignorata   la   cosa,  sino  al   suo    completo    sodisfacimento  ^^);   il 


.    ''*)  L.  22  C.  de  nsur,  4,  32;  V.  G/ii4rf.  ^>m.  Boehmbb,  Diss,  de  vsuri^ 
pecuniae  mutuatieiae,  J  15  e  Weber,  Bicerel^  di  dir.  e/r.,  pag.  175. 
'^^)  L.  un.  Cod.  Etiam  ob  chirographariam  pecun.y  8,  26. 

(;lQck.  Comw.  PandeUe.  -  Lib.  Xin.  —  43. 


338  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,   §   800. 

creditore  pignoratizio  generalmente  ba  anche  i  seguenti  diritti.  — 
Egli  piio  cioe  : 

I.  Oppigiiorare  nuovaniente  al  proi)rio  creditore  la  eosa  oik 
])ignoratagli,  a  ineno  che  non  sia  stato  espressamente  eoiiveiiuto 
altrimenti  ^*).  II  secondo  creditore  pignomtizio  pub  iK)i  esereitare^ 
snl  pegno  trasinessogli,  (][uei  diritti  die  di  solito  competono  ad  lui 
creditore  pignoratizio  '"). 

Solo  il  primo  creditore  pignoratizio  non  puo  di  certo  trasferiro 
al  secondo  maggiori  diritti,  sia  per  durata  che  per  comprensione^ 
<li  quelli  clie  a  lui  stesso  spettano  siilla  eosa  oppignorats<  '^'^).  Se 
qnindi  alio  stesso  viene  oppignorato  sempliceniente  I'nsufrutto  di 
un  fondo,  egli  non  pu5  oppignorare  al  siio  creditore  anche  la  ]>ro- 
priet^  **),  e,  se   vien    sodisfatto    il    primo    creditore   pignoratizio* 


^^)  L.  1  Cod.  si  pignuB  pignori  (lafum,  8,  23 :  «  Etiaui  id  quo<1  jtiffiwri 
ohlifjaium  est  a  creditore  pignori  obBtringi  pos^se  iaiii  duduui  placuit,  ttcilicet 
lit  sequent!  creditori  ntilis  actio  (i.  e.  liypotliecaria)  detur  tanidiuqiie^ 
(mm  18  qui  ins  repraesentat  (cio^:  il  iiiagistrato  che  liveste  Tufticio  di 
;xiudice)  tueatur,  qaaindiu  in  cauKn  pigiioriA  nianet  eius  qui  dedit  ». 
V.  Jac.  Lectius  ad  Modestinum  de  poenift,  lib.  un.  ad  L.  4  D.  de  crim,  stel- 
Uonat.  (in  Ev.  Otto,   Tlies,  iuris  rom,,  toni.  1,  pag.  142,  $  caeteniw). 

V®)  L.  13  $  2  D.  de  pignorib.,  20,  1 :  «  Cum  pignori  rem  phjneratam  accipl 
])OAHe  placuerit,  quatenus  uti*aqne  pecuuia  debetur  (cioe:  lintant'O  che  i! 
debitore  non  abbia  ancora  pagato  il  buo  creclitm'e,  che  ha  a  8ua  volta  op- 
pignorato il  pegno)  pigiius  secundo  creditori  tenetur  et  tarn  excepth  (oioe  r 
fie  il  necondo  creditore  si  trova  in  posftCHKo  del  i)egno,  e  qnesto  vien  recla- 
mato  prima  delTcstinzione  del  debito.  In  questo  case  egli  puo  difendersi 
ron  Peccezione  del  diritto  di  pegno  spettantegli  tanto  contro  il  suo  debi- 
tore,  quanto  contro  il  primo  oppignorante)  qiunn  actio  utilis  ei  danda  est  ». 
L'ac</o  utilis  h  qui  Tazione  ipotecaria  che  gli  compete  nel  caso  in  cni 
egli  non  si  ti*ovi  nel  poAACftAo  del  pegno.  —  V.  Gmelin,  Comment.  d& 
Jure  pignori  rel  hypothectie,  quod  creditori  debitor  in  re  sibi  non  propt^ 
const ituity  $  63,  pag.  235  e  segg. 

*")  L.  54  D.  de  dii\  reg.  iuriSy  50,  17:  «  Nemo  plus  iuris  ad  alium 
transferre  potest,  quam  ipse  haberet  ». 

**•)  L.  6  C.  d€  usufructu^  3,  33  :  «  Nam  usuh'uctuarius  quidem  proprietAtem 
pignorare  non  jwtuit ».  —  L.  1  C.  Si  pignus  pignori^  8,  23 :  «  Sed  si  \o% 
usumfructum  possessionis  tantummodo  pignori  dedistis,  isque  qui  accepit  alii 
earn  possessionem  (i.  e.  fundum)j  cuius  usnmfnictuui  nexum  habebat,  sine^ 
vestra  vohmtate  pigneravit,  creditor  eius  in  id,  quo  pignoris  vinculum 
non  constitit,  distraliens  dominio  vos  private  nequivit ». 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  3.50 

vien  meno  anche  il  diritto  di  pegno  del  secondo  creditore,  ed  egli 
non  piio  rifiutare  al  proprietario  la  restituzione  del  pegno  **).  Si 
domandapero  se  non  risponda  al  secondo  creditore,  come  pegno, 
<;io  che  il  debitore  ha  pagato  al  suo  primo  creditore;  e  se  quindi 
gli  81  debba  concedere  Pazione  ipotecaria  contro  il  primo  creditore, 
<5ome  sno  debitore. 

Bisogna  distinguere  se  il  debito  del  primo  oppignorante  consi- 
«teva  in  denaro,  od  in  altre  cose  che  lo  stesso  doveva  prestare  al 
suo  creditore.  Nel  primo  caso  il  secondo  creditore  non  puo  far  va- 
lere  alcun  diritto  di  pegno  siil  denaro  pagato,  ma  lo  riterr^  il  primo 
creditore  in  suo  sodisfacimonto.  Nel  secondo  caso,  pero,  la  cosu 
data  al  primo  creditore  dal  suo  debitore  subentra  al  posto  del 
pegiio  liberato  con  la  prestazione  della  stessa,  ed  il  secondo  cre- 
ditore puo  con  V(ictio  hypofhecaria  ottenerne  la  consegna  per  via 
giudiziaria.  Poiche  Poppignoramento  di  un  pegno  si  deve  consi- 
derare  appunto  come  se  quel  credito  stesso  in  virtd  del  quale  fu 
rilasciato  il  jiegno  al  creditore  oppignorante,  fosse  stato  oppigno- 
rato  ^^). 


*'^)  L.  40  $  2  D.  de  pignerat.  act,:  €  Soluta  pecunia  creditor  posses- 
sionem pignorisy  quae  corporalis  apud  earn  ftiit,  restituere  debet  nee 
qaicqnaiii  aaiplius  praestare  cogitiir.  itaqne  si  medio  tempore  pigmm 
creditor  pignori  dederit^  domino  solvente  pectiniam  qnam  debnit  seeundi 
jtignoriff  neqiie  persecutio  dabitiir  neqne  retentio  relinqi(etur». 

•'*•')  Questo  mi  pare  debba  esBere  il  Benso  delle  parole  alquanto  oscure  di 
Marciaxo,  qnando  nella  L.  13  $  2  D.  de  pignonb.,  20,  1,  dice:  <  quo<l 
«  dominHa  (cioe  il  primo  debitore  e  oppignoraute)  solvent  pecuniam, 
pigiins  qnoc]iie  pei-emitur.  sed  potest  dubitari,  numqnid  creditori  (cio^  al 
f«ec<>ndo  creditore)  nummorum  solutorum  nomine  utili%  actio  danda  sit  an 
non :  (&  ehiaro  che  qui  si  tratta  di  un  pagamento  fatto  al  pnmo  creditore. 
E  i>erci«^i  la  spiegazione  della  Glossn,  la  quale  vuol  interpi*etare  il  solutorvm 
per  Hohendorum,  secondo  il  mio  niudo  di  vedere,  non  ^  giusta.  Le  paroU' 
die  vengono  in  seguito  vi  si  oppongono  evidentemente)  quid  enim,  si  ret* 
Moluta  fnerit  t  (dunque  il  debito  era  stato  effettivamente  pagato  al  primo 
i'l'editore)  et  verura  est,  quo<l  Fomponius,  libro  septimoa^l  Edictum^  scribit. 
8i  quideiii  pecuniam  debet  is,  cuius  uomen  pignori  datum  est,  exacta  ea 
creditorem  secum  pensaturum:  si  vero  corpus  is  debuerit  et  solvent, 
pigiioriH  loco  fiitumm  apud  secundum  creditorem  ».  II  caso  del  quale  qui 
parla  Pomponio  h  propriamente  di  verso  da  quello  di  Makciano  ;  poiche  iu 
quello  il  debitore  pagava  al  secondo  creditore ;  in  questo  egli  pagava  al 


:U0  LIBRO   XIII,   TITOLO   VII,   §   866. 

E  percio  non  v'ha  alcun  dubbio  cbe  il  secondo  creditore  fino 
a  tanto  cbe  il  priiuo  creditore  non  ^  stato  sodisfatto  dal  sao  de- 
bitore,  come  primo  oppigiiorante  possa  intentare  Vactio  ntilis  contra 
questi  per  il  pagamento  del  debito**);  come  viceversa  sarebbe 
anche  permesso  al  primo  debitore  di  ]>agare  il  debito  al  secondo 
creditore,  e  conseguentemente  nscattare  il  i>egno  ^%  Anzi  il  de- 
bitore non  puo  piti  fare  il  pagamento  al  sno,  il  primo,  creditor© 
quando  e  stato  informato  delPulteriore  oppignoramento  avvenuto- 
della  sua  cosa  ^% 

]>riiiio  creditore.  Pur  tuttavia,  i  duecasi  concordauo  in  questo:  clie  qnaiido 
il  prime  debitore  ha  pagato  il  debito  in  denaro,  non  grava  piii  alcun 
iilteriore  diritto  di  pegno,  tanto  Be  il  pagamento  h  Btato  fatto  al  pnmo^ 
qnanto  ne  e  stato  fatto  al  secondo  creditore.  Su  questo  luogo  oscuro  si  con- 
fronti  speciaJmente :  Edmond.  Merillio,  Observ,,  lib.  VII,  cap.  35,  e  West- 
PHAL,  Diritto  di  pegtio,  $  142  e  144,  not.  166,  pag.  206  e  ^gg«  I  Ba- 
silici  non  d&nno  su  questo  punto  alcuno  schiarimento. 

^')  Ma  poiche  il  creditore  pignoratizio,  quegli  al  quale  fii  oppignorati> 
dal  8UO  debitore  un  pegno  dato  a  quest'  ultimo,  deve  considerarsi  come 
nno  che  ha  ricevuto  in  pegno  un  credito  (v.  Westphal,  /.  c,  pag.  206) ^ 
cos)  anche  qui  trova  applicazione  la  L.  4  C.  Quae  res  pignori,  8,  16  f 
CuiACio,  ad  L.  18  O.  de  pigner.  act.  ad  PanU  lib.  XXII  ad  Edictum,  cou 
il  quale  ^  d'accordo  anche  Ant.  Schulting,  Thes.  controv.,  dec.  LXXVIIU 
p.  V,  ritiene  invero  che  Vactio  vtilis  spettante  nel  caso  di  oppignora- 
mento di  un  credito  al  secondo  creditoi^e  sia  Vactio  hypothecaria.  Ma 
puo  ugualmente  affermarsi  che  sia  quelP  azione  stessa  che  il  pi-imo  cre- 
ditore avi*ebbe  potato  proporre  contro  il  suo  debitore.  L.  7  C.  de  heredity 
vel  act.  vend.,  4,  39.  V.  Voet,  Cammentar.  ad  Pandect.,  lib.  XX,  tit.  1,. 
^  17  e  Westphal,  Diritto  di  pegno,  J  141,  pag.  204. 

*•'')  Molto  bene  pu6  riferirsi  a  questo  caso  la  L.  2  Cod.  Si  i>ignvH  pi- 
gnori  datum,  8,  23  in  cui  ^  detto :  «  Si  creditor  possessionem,  quae  a  pareu- 
tibus  tuis  pignoris  lure  fuerat  obligata,  non  vendidit,  sed  alii  creditor! 
pignori  dedit,  examinata  fide  veri  poteris.eam  soluto  eo,  quod  ex  hae 
causa  creditori  (cioe  al  pnnio  creditore)  debetur,  intercessu  praesidis  pro- 
vinciae  recuperare  »,  come  afferma  anche  a  ragione  Bachov,  De  pignorib.,. 
lib.  II,  cap.  9,  pag.  128.  Non  ^  necessano  per6  che  il  primo  oppiguo- 
i-ante  paghi  al  secondo  creditore  piii  di  quanto  egli  debba  al  suo  credi- 
tore, quand'anche  il  credito  del  medesimo  verso  il  suo  debitore  o  verso 
il  primo  creditore  fosse  maggiore.  A  questo  caso  riferisce  Ant.  Faber^ 
Rational,  in  D.  h,  t.,  anche  la  L.  40  $  2  D.  de  pign.  act.,  superior- 
mente  nportata,  ed  intercala  nolle  parole :  «  nee  quicquam  amplius  prae- 
stare  cogitur  »,  la  parola  debitor.  Con  lui  6  d'accordo  anche  Schilter 
TrajtiB  iur.  rom.  h,  t.y  exercit.  XXVI,  $  11. 

**)  Arg.  L.  4  C.  quae  res  pign.,  8,  16.  V.  Voet,  Comment,  ad  Pdud., 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONE  341 

II  creditore  ha  inoltre: 

II.  II  diritto,  qaando  il  paganiento  nori  segua,  di  vendere  il 
pegno  *^),  e  con  la  soinma  ricavata  riinborsarsi  tanto  del  capitale 
quanto  degli  interessi  e  delle  spese  fatte;  ed  insomnia,  in  quanto 
egll  si  trovi  in  i>osse880  del  pegno  ed  abbia  cbe  fare  sempliee* 
niente  con  il  debitore  o  con  i  suoi  eredi  **),  sodisfarsi  senza  re- 
strizione  alcnna,  nolo  pero  in  conformitiV  alia  stipulazione,  fino 
alia  concorrenza  del  valore  del  pegno  ^^). 

Questo  diritto  del  creditore  di  adoperarsi  ad  ottenere  il  suo 
])aganiento  uiediante  I'alienazione  del  pegno,  e  e>08i  essenziale  al 
diritto  di  pegno,  che  non  lia  bisogno  di  esser  convenuto  special- 
mente  ^^),  ne  pno  essere  ostacolato  per  contralto,  o  per  testamento^ 
o  per  nna  qualnnqne  protesta  del  debitore  ^').  L'alienazioue  del 
pegno  pno  evitarsi  solo  col  pagamento  del  debito  o  con  un  altro 
mezzo  giuridico  che  si  ritenga  equivalente  al  pagamento  ^^).  Questo 
<liritto  di  alienazione  appartiene  anche  al  secondo  creditore  so 
presso  di  lui  e  stato  nuovamente  oppignorato  nn  pegno  dato  al 
suo  debitore  dal  debitore  di  quest'ultimo ;  solo  I'alienazione  del 
l>egno  deve  avvenire  prima  clie  il  primo  debitore  abbia  pagato  il 


lib.  XX,  tit.  VI,  $  2  in  fine;  Aiit.  Faber,  Coniectur.  *m»-i«  ctr.,  lib.  VIII^ 
cap.  15  e  Westphal,  lor.  eit.,  ^  144.  Di  di  versa  opinione  6  tuttavia 
Omelin,  Comm,  de  iure  pifinor.  vel  hypoth.^  etc.,  $  63,  pag.  240. 

^')  J  1  I.   Quib,  alienare  Ucei^  2,  8. 

**)  L.  8  $  5  D.  /i.  /.:  «  Cum  pignns  ex  pactione  venire  potest,  non 
ftolum  ob  sortem  twn  solutam  venire  poterit,  sed  ob  cetera  quoque,  ve- 
Inti  usuras  et  quae  in  id  impenfla  8unt».  V.  Webek,  Sa/ffji  stil  dirittO' 
i'ivile  e  8U  la  sua  appUcasione,  V.  191  segg. 

^^)  La  questione  Be  ed  in  quanto  il  diritto  di  i)egno  tA  ef^tenda  oltre 
<*he  per  il  capitale,  per  gli  interessi  e  le  spese,  e  trattata  nel  lib.  XX, 
tit.  I,  $  1083.  Vedasi  Weber,  lor,  rtf.,.  pag.  151  seg. ;  Meissner,  Espo- 
Hizione  completa  della  teorin  del  tacito  diritto  di  pegno,  parte  I,  $  14,  tv 
Hufeland,   Tratt.  di  1).   ('.»  vol.  I,  $  775. 

»o)  L,  4  D.  h.  t. 

'•^')  L.  1  e  2  C.  Debitoremt^enditionenipignoris  imjyedire  nonpo8»e,  S,2H, 

*^*)  L.  8  C.  de  distract,  pignor.,  S^  27:  «  Si  prius,  quain  distralieretur 
pignorata  possessio,  pecuniam  creditori  obtulisti,  eoque  non  accipiente  facta^ 
rontestatione  earn  deposit isti  et  hodieque  in  eadein  causa  penunnet,  pi- 
gnoris  distractio  non  valet,  quod  si  prins,  quam  offerres,  legem  vendi- 
tionis  exercuit,  quod  iure  subsist! t  revocari  non  debet  ». 


342  LIBRO   Xm,   TITOLO   YII,   §   866. 

debito  al  suo,  il  primo,  creditore  *').  Di    quanto    riguarda   ancora 
I'alienazione  dei  pegni  si  tratterd»  nel  lib.  XX,  tit.  V. 
II  creditore  puo: 

III.  Pretendere  il  pegno  da  qualiinque  detentore  ^*)  quando  11 
debitore  trovasi  in  mora  •'),  e  talvolta  ancora  ])rinia  che  il  debito 
sia  divenuto  esigibile  quando  si  puo  dimostrare  uno  speciale  in- 
teresse  ^*).  A  tal  uopo  gli  compete  Pazione  iiwtecaria,  della  quale 
si  tratterA.  nel  libit)  XX,  tit.  I.  Contro  il  debitore,  ma  non  contro 
il  terzo  possessore,  egli  disxK>ne  ancbe  di  mezzi  giuridici  possessor! « 
e  cio^  deWintevdictiim  Salrianuvi  e  quasi  Salvianum  ^^),  dei  quali 
pure  si  din\  piii  diffusamente  a  suo  tempo.  Xon  6  invece  i>ermes8c» 
al  creditore  di  prenderne  possesso  arbitrariamente ;  ed  ancbe  lo 
stesso  contratto  in  virtil  del  quale  i>ossa  essergli  concesso  di  ixirsi 
da  s^  in  possesso  del  pegno,  in  caso  di  mancato  pagamento,  non 
conferisce  al  creditore  alcun  diritto  di  usare  la  forza,  ove  il  de- 
bitore si  opponga,  ma  il  creditore  deve  servirsi  ancbe  in  questo 
caso  dell'interdetto  quasi-Salviano  ^%  Qualsiasi  possessore  puo,  i)eru. 
prevenire  la  ricbiesta  del  pegno,  oflfrendo  il  pagamento^'*). 

IV.  Se  il  creditore  ba  softerto  per  evizione  o  vizio  fondamen- 
tale  del  pegno  stiimlato,  puo  ottenere  die,  concessogliene  un  altro  *^'*), 


^^)  L.  1,  2  C.  Si  pignus  pignori  datum,  8,  23:  «  Quod  hI  nou  fair 
vestit)  creditor!  uruh  fi'uctus,  sed  ipsa  possessio  pignerata,  ot  ante  exm*- 
lutam  a  domino  pet'uniam  creditor  secundua  pignus  acceptuiu  vendidit,  non 
posse  venditionem  post  sohita  pecunia  reacindi  divoruin  principuin  placitis 
continetur  ».  V.  Wkstphal,  /or.  cit,,  pag.  207;  e  Gmelin,  Commetttaf. 
€it.  de  inre  pignoris,  etc.,  J  63,  pag.  237  »egg. 

»<)  L.  16  ^  8;  L.  17  D.  de  pignor.,  20,  1;  L.  18  C.  eod.,  8,  13;  L.  28 
D.  h.  t. 

»5)  L.  33  4  5  D.  de  pignor.,  20,  1;  L.  10  C.  eod. 

»«)  L.  14  D.  eode^n. 

^")  L.  1  C.  de  precario  et  interdictum  SahianOf  8,  9. 

®*)  L.  3  C.  de  pignorib.:  «  Creditores,  qui  non  reddita  sibi  pecunia 
i'onventioms  legem  ingi'eBsi  possessionem  exercent,  vim  qnideni  facei«  non 
videntur,  attamen  nuetovitate  praesidis  possessionem  adipisci  debcnt ».  ^'• 
STRVBESf  Considerazionigiuridiche,  p»Tte  11^  cons.  32  e  GtOnner,  Mamtale 
del  dir.  procedural  comune^  parte  IV,  n.  LXXXI,  J  37,  notajp,  pag.  481 . 

**)  L.  16  (  3  D.  de  pignor,,  20,  1;  L.  12  J  1  D.  Qttibns  modis  pign, 
rel  hypoth.  solvitvr.,  20,  6. 

'o«j  L.  2:  L.  9  pr.;  L.  31  e  32  D.  h.  t. 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONK  343 

venga  anche  risarcito  dei  danni  gi^  provemitigli  dalla  colpa  del 
debitore  *)•  Egli  puo  inoltre: 

V.  Bichiedere  il  risarcimento  delle  spese  fatte  iutoi-no  al  pegno^ 
non  di  tntte  indistintaiuente,  pero. 

Le  spese  possouo  essere  di  varie  specie: 
a)  necessarie,  alle  qiiali  appartengono  in  parte  quelle  cbe  la 
^'.onservazione  della  cosa  rendeva  indispensabili;  in  parte  le  im- 
]>oste,  cai  il  creditore  dovette  assolutamente  soggiacere,  come  pos- 
sessore del  pegno.  Qneste  spese  debbono  essere  rimborsate  incon* 
dizionatauente  al  creditore,  non  soltanto  quando  questo  complesso 
di  spese  fosse  ridondato  a  vantaggio  della  cosa  al  uiomento  della 
restituzione  del  pegno,  ma  anche  quando  tali  spese,  ]>er  uh  caso 
e  senza  colpa  del  possessore  del  pegno,  si  fossero  rese  nuova- 
mente  vane  *). 

Per  tali  spese  non  puo  essere  negata  al  creditore  anche  Pazione 
ipotecaria,  poiche  le  leggi  prescrivono  decisamente  cbe  le  spese 
necessarie  debbano  computarsi  nel  debito  pignoratizio  % 

h)  utili,  die  hanno  per  iscopo  di  migliorare  la  cosa  e  di    ac> 
crescerne  il  valore. 

Se  queste  spese  sono  state  fatte  con  il  consenso  del  debitore^ 
non  v'ha  dubbio  che  il  creditore  possa  pretenderne  il  risarcimento  *). 


0  L.  9  pr.;  L.  31,  32  e  37  pr.  1).  eodem. 

^)  L.  8  pr.  D.  h.  t,:  «  Si  necessarias  impenaas  fecerim  in  servuin'  aut 
in  fuuduni,  quern  pignoris  causa  acceperim  ^),  non  tantum  retetUionem^  sed 
etiam  contrariam  pigneraticiam  actionem  habebo :  linge  enim  medicis,  cum 
aegix)taret  servns,  dedisse  me  pecuniam  et  euni  decessiBse,  item  insulam 
ful8i8se  vel  refeeipse  et  postea  deufitam  esse,  net*  hal>ere  quod  possem 
retinere  ».  L.  29  in  fine  D.  famil,  ereUc,,  10,  2:  «  eius,  quod  propter 
necessitatem  impendit,   etiam  ultro  est  actio  cieditori  ». 

'^)  L.  6  C.  de  pignorib,,  8, 13:  «  In  summa  debiti  computabitur  etiam  id, 
quod  propter  possessiones  pignori  datas  ad  coUationem  viarum  munien- 
datum  vel  quod  alind  necessarium  obsequium  praestitisse  creditorem  con- 
stiterit  ».  V.  Weber,  8(iggi  sul  1),  C,  pag.  186  seg. 

"•)  L.  25  D.  h.  t»:  «  Si  servos  pigneratos    artiflciis   instruxit   creditor. 


")  PoMPONio  aveva  scritto :  fidnei4ie  causa  mattctpto  acceperim;  cfr.  Gbadexwitz^ 
JnterpolationeH,  197^;  Lenrl,  Palingenesiaf  II,  147. 


344  LIBBO  xni,   TITOLO  VU,  §  866. 

Fuori  di  cio  il  creditore  puo  pero  pretendere  un  risarcimenlo 
delle  spese  utili  solo  nel  caso  in  cui  esse  non  siano  spro])orzioQate 
a  tal  segno  cbe  il  debitore,  per  poter  riscattare  il  pegno,  debba 
riprendere  nuovamente  da  altri  del  denaro  ad  imprestito,  o  ripu- 
diare  il  pegno  e  laseiarlo  non  riscattato.  Se  ed  in  qaanto  le  spese 
debbano  ritenersi  modicbe,  deve  pero  giudieaiio  il  gindiee,  giasta 
quanto  prescrive  la  L.  25  D.  de  pigne}\  a4:t.  ^),  a  seconda  delle  eir- 
€OStanze ;  ed  escogitare  a  tal  proposito  una  via  ili  mezzo  ut  neg^ae 
delicatus  debitor,  iieque  onerosns  creditor  aiidiatur;  ciofe  il  gindice 
pu6  od  opporsi  alPingiusto  rifiuto  del  debitore,  se  quest!  per  le 
sue  condizioni  patrimoniali  e  salvo  pignoi'e  e  in  grado  di  risarcire 
til  creditore  le  spese  fatte  %  o  non  dare  ascolto  al   creditore  con 


«i  quideni  iam  iuibutos  ret  roUuitate  debitor  is,  erit  actio  contraria  ».  Vedi 
Westphal,  Diritto  di  petjno^  ^  24,  nota  41,  pag.  66  0« 

^)  Ulpiano  dice  qui :  «  sicut  enim  neglegere  creditorem  dolus  et  culpa 
quam  praestat  non  patitiir,  ita  nee  talein  efflcere  i-em  pignerotani  {fidueiae 
datam,  Lenel,  Falingenesia,  I,  1027)  ut  gravis  sit  debitor!  ad  recipe- 
randnm:  puta  Baltiim  gi-andem  pignori  (fidueiae:  Lenel,  Ioc.  cit,)  datum 
ab  bomine.  qui  vix  luere  potest,  nedura  excolere,  tu  acceptnm  pignori 
{fidueiae:  Lenel,  he,  cit.)  excoluisti  sic,  ut  magni  pretii  faceres.  alioquin 
non  est  aeqaum  aut  quaerei*e  me  alios  crediton^s  aut  cogi  distrabere  quod 
velim  receptutn  aut  tibi  paenui*ia  coactum  dei^elinquere.  medie  igitar  baei* 
ab  iudice  erunt  dispicienda,  ut  neque  delicatus  debitor  neque  onerosn^ 
credit  or  audiatur  », 

^)  L^espressione  delicatus  sta  ml  indicare  presso  i  classici  un  uonio 
<«  qui  in  negotio,  in  quo  alter  sine  vitio  versatur,  morosus,  difflcUis,  et 
fastidiosus  est;  i.  e.  qui  tantum  ex  sua  parte  facera  detrectat,  quantum 
debet  et  potest  ».  Sexeca,  De  beneficiis,  lib.  II,  cap.  24 ;  Cicero,  Orator, 
cap.  29;  Ulpianus,  L.  6  ^  3  D.  de  office.  Procons.,  1,  16.  Se  noi  riferiamo 
questo  significato  ad  un  debitor  delicatus,  ne  risulta  die  per  tale  debbii 
intendersi  un  debitore  «  qui  de  restituendis  iuipensis,  in  pignns  facti^^ 
•conventus,  creditor!  non  oneroso,  i.  e.  qui  in  faciendis  impensis  modnm 
non  excessit,  tantuui  restituere  detrectat.  quantum  debet,  et,  salvo  pi- 
gnore,  potest  ».  Si  confr.  Em.  Mart.  Chladenio,  Diss,  de  debitore  deli- 
cato  in  contrario  fidueiae  iudicio  ex  mente  Ulpiani  ad  L.  25  D.  de  pign. 


.  0  QneBto  t'esto  e  attribuito  ad  Ulpiano  {idem),  cortamente  per  errore  del  co- 
pista,  perch^  non  bI  coUega  con  la  materia  trattata  da  Ulpiano  nel  lib.  31, 
mentre  invece  si  riannoda  benissimo  con  quella  trattata  da  Paolo  in  quel  libro. 
V.  Lrnrl,  Edietum  perpetuum,  232,  n.  4;  vol.  II,  pag.  5,  n.  4  della  recente 
<>dizione  francese;  Palingenesiaf  I,  1027. 


DE   PIGNERATIOIA  ACTIONE  345 

la  sua  esagerata  pretesa,  se  questi  abusivamente  ha  oltrepassato 
la  misura  nello  spendere.  II  diritto  di  pegno  del  creditore  non  si 
estende  pero  a  tali  spese^),  ma  al  creditore  in  rapporto  ad  esse 
sx>etta  soltanto  un'azione  personale  contro  il  debitore,  ed  ancke 
questa  vien  meno  se  egli  fece  la  spesa  contro  il  divieto  del  debitore  ^). 

c)  Le  spese  cbe  sono  state  fatte  dal  creditore^  semplicemente 
Tolnptatis  causa,  non  vengono  risarcite  in  alcun  caso,  ma  a  lui  spetta 
sempre  un  jus  tollendi,  in  quanto  sia  i>o8sibile  una  separazione 
senza  danneggiamento  della  cosa  principale  ^). 

VI.  Finalmente  quando  si  inizia  un  concorso  sul  patrimonio 
del  debitore,  il  creditore  conserva  una  iK)sizione  privilegiata  nella 
2.-  o  nella  3."  elasse  *^). 

§867. 
Obblighi  del  creditm^e  pignoratizio. 

Gli    obblighi    \yei    quali    6    tenuto  il  creditore  nel  contratto    di 
pegno  **)  consistono  in  quanto  segue: 

I.  che  egli  custodisca  il  pegno  con  la  cura  necessaria  perch6 
non  lo  si  danneggi,  n^  deperisca,  o  vada  completamente  in  rovina. 
II  creditore  pignoratizio  ^  responsabile  percib:  1.^  di  ogni  frode; 
2.^  di  qualsiasi  negligenza,  anche  minima  per  dannosa  attivit^. 
Anzi    egli   puo   esser    perseguito  in  questo  caso    eon  Vaetio  legin 


act.  praeside  Andr.  Flor,  RiviNO  def.f  Viteniberga  1743,  4  13  segg. 
Nei  Basilici^  torn.  IV,  pag.  10  in  fine^  si  dice  semplicemente:  Tac  fiivtn; 
Totvuv  iomdvoLQ  oftiktt  o'xoTrftv  6  SoivtivrriQ  ;  i.  e.  «  Index  igitur  snmtns  mo- 
dicoB  spectare  debet  »  [Cfr.  Heimbach,  Bas.,  Ill,  62,  XXV]. 

')  V.  Weber,  Saggi  cit.y  pag.   188  segg. 

")  L.  40  D.  mandati  17,  1;  L.  ult.  C.  de  negot,  gest.  2,  18;  Leyser, 
Meditai,  ad-  Pand.  vol.  Ill,  spec.  CLVI,  medit.  3 ;  Hufelaj^d,  Tratt.  di 
Dir.  civ. J  vol.  I,  $  778,  nota  /. 

•)  V.  Erxleben,  Be  iure  pignorum,  $  154  e  Schmidt,  Tratt.  delje 
aeioni  giudielarie,  $  829. 

***)  Oiorg.  Happel,  Diritti  del  creditore  in  rapporto  con  gli  altri  pi- 
gnorantij  Giessen  e  Darmstadt  1802,  8. 

*0  JSnr.  Kluit,  Diss,  de  oblig€Uione  creditoris  in  pigtwrcy  Lugd. 
Bat.  1786. 

OlQck.  Coium.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  —  44. 


346  LIBBO   XIII,   TITOLO  VU,   §   867. 

Aquiliae^*)y  «in  qua  et  levissima  culpa  venit*,  come  dice  Ul- 
PIANO*^);  3.°  di  omissioue  nella  cura  e  sorveglianea  necessarie. 
8e  in  conseguenza  di  cio  la  cosa  e  interamente  perduta  o  andata 
in  rovina,  egli  risponde  di  qnalsiasi  negligenza,  e  solo  il  caso  iue* 
vitabile  lo  libera  dall'obbligo  del  risarcimento  dei  danni:  infatti 
il  creditore  pignoratizio  deve  non  solo  rispondere  del  dolus  e  della 
culpa,  oia  anche  prestare  la  custodia.  La  L.  19  G.  de  pignorib.j  8,  13, 
dice:  «  Sicut  vim  nwjoretn  pignorum  creditor  praestare  non  habet  ne- 
cesse,  ita  doluiu  et  culpaui,  seA  et  cu$t4>diam  exhibere  oogitur».  E 
4)ue8to  conferma  ancbe  la  L.  8  O.  de  aetiofie  pigner.j  4,  24,  dove  e 
detto :  «  Si  nulla  culpa  sen  segnitia  creditori  imputari  potest,  pignoruui 
amissorum  dispendium  a^  periculum  eius  minime  pertinet».  Clie 
non  si  faccia  qnestione  di  alcnn  det-erminato  grado  di  colpa,  iiel 
caso  in  cui  il  pegno  vada  i)erduto,  risulta  anche  dalla  L.  5  C. 
eod.  ove  e  detto:  «  Si  creditor  Htne  vitio  auo  argentum  pignori  datum 
perdidit   restituere  id  non  cogitur:  sed    si    culpae    reus    deprehen- 

ditur quanti    debitoris    interest   condemnari    debet  ».    Sotto 

questo  riguardo  dunque  il  creditore  pignoratizio  si  trova  appunto 
nella  stessa  condizione  che  il  commodatario,  I'affittuario^  il  vendi- 
tore,  cbe  le  leggi  obbligano  tutti  egualmente  alia  custodia  plena 
])er  ogni  pericolo  quando  s'avveri  furto  della  cosa  o  perimento 
della  niedesima  per  inavvertenza  ^*). 

Ulpiano  dice  molto  precisamente  nella  L.  14  §  16  D.  defm%  47, :.': 
«  et  pnto  omnibus,  quorum periculo  res  alienae  sunt,  veluti  commodati, 
item  locati  pignorisve  accepti,  si  hae  subreptas  sint^  omnibus  furU 
act  tones  competere  »  *'').  Se  per  contro  il  pegno  h  stato  semplice- 
niente  danneggiato  i)er  incuria  del  creditore,  e  quindi  ne  e  stato 
inenomato  il  valore,  quello  che  importa  h  se  il  contratto,  come 
si  suole,  h  stato  conchiuso  a  vantaggio  di  entrambe  le    parti,    o, 


'')  L.  18  $  1  D.   Commodati^  13,  6;  L.  7  C.  de  pigner.  act, 

^^)  L.  44  D.  ad  leg.  AquiL,  9,  2.  V.  la  parte  10.*  di  questo  Camm.y  ^  699. 

^^)  V.  Cristoph.  Lod.  Crell,  J>i*p.  de  custodia  et  periculo  pignorkt, 
Viteinb.  1733. 

>■'*)  Delia  custodia  plena  del  venditore  ti*atta  la  L.  2  $  1,  L.  3  D.  de 
periculo  et  comm.  rei  renditae,  18,  6. 


DE  PIONEEATICIA.  ACTIONE  347 

come  talvolta  pub  darsi,  fe  diretto  sempliceuiente  al  vantaggio 
del  creditore.  'Nel  prirao  case  il  creditore  pignoratizio  e  tenuto 
solo  per  la  culpa  levisj  cio^  risponde  del  danno  solo  qoando  esso 
e  avvenuto  in  segaito  ad  una  negligenza  tale  ehe  nessun  iiomo  or- 
dinato  e  previdente  I'avrebbe  commessa. 

I  seguenti  passi  concernono  questo  punto: 

$  4  I.  Quib.  modis  re  contrah.  obligatiOj  3, 14 :  «  Creditor  quoque  qui 
pignns  accepit  re  obligatur,  quia  et  ipse  de  ea  re  qnam  accepit 
restituenda  tenetur  actione  pigneraticia.  sed  quia  pignus  utnu»que 
gratia  datur,  et  debitorig,  quo  magis  pecunia  ei  crederetur,  et  credi- 
toris,  quo  magis  ei  in  tuto  sit  creditum,  placuit  sufQcere,  quod  ad  earn 
rem  custodiendam  exactam  diligeutiam  adhiberet  >. 

L.  5  §  2  D.  Commodatij  13,  6 :  «  sed  ubi  utnusque  utilitas  vertitur,  nt 
in  empto,  ut  in  locato,  ut  in  dote,  ut  in  pignore  ut  in  societate, 
et  dolus  et  culpa  praestatur  ». 

Che  qui  per  culpa  debba  intendersi  soltanto  la  culpa  levis  e  non 
la  levissima  risulta  dalla  proposizione  seguente:  «  Commodatum 
autem  plerumque  solam  utilitatem  continet  eius  cui  commodatur, 
et  ideo  verior  est  Quinti  Muon  sententia  existimautis  et  culpam 
2>raestandam  et  diligentiam  ». 

Evidentemente  diligentia  qui  vuol  signifieare  piii  che  culpa.  Ne 
Ulpiano  iioteva  aver  indicate  a  cagion  del  precario  il  commodato 
come  quelle  in  cui  vengono  prestati  soltanto  il  dolo  e  la  culpa 
lata,  poichfe  su  cio  non  v'era  dubbio.  Certamente,  anche  qui  nel 
libro  28  ad  Edictum,  Ulpiano  non  pensava  al  precario,  di  cui 
nella  L.  8  §  3  D.  de  precario,  43,  26,  libro  71  ad  Edictum,  dice :  «  illud 
adnotatur,  quod  culpam  non  praestat  is  qui  precario  rogavit,  sed 
solum  dolum  praestat,  quamquam  is,  qui  commodatum  suscepit, 
non  tantum  dolum,  sed  etiam  culpam  praestat  » . 

Qui  al  giureconsulto  romano,  per  distinguere  il  commodato  dal 
precario,  poteva  senza  dubbio  bastare  Posservazione  che  il  com- 
modatario  presta  il  dolo  e  la  colpa;  non  gli  era  necessario  sog- 
giungere  che  egli  6  tenuto  anche  per  la  diligentia,  sibbene  lo  er4 
nella  L.  5  §  3  D.  Commodati  \k  dove  egli  cercava  di  distinguere 
il  commodato  dal  pignus  e  da  altri  contratti  dai  quali  i  due  con- 
traenti  ritraggono,  di  regola,  pari  vantaggio**^).  \V.  nota  ap.  seg.]. 


348  LIBRO   Xni,   TITOLO   VII,  §   867. 

II  seguente  pa8S0  di  Gajo,  libro  9  ad  Edictum,  toglier^  i^ero 
ogni  dubbio. 

L.  18  pr.  D.  Cominodatij  13, 6:  «In  rebus  commodatis  talis  diligentia 
praestanda  est,  qualem  quisque  diligentissimns  paterfamiliiis  9ui9 
rehuH  adhibet,  ita  ut  tantum  eos  casus  non  praestet,  quibus  resist! 
non  possit,  veluti  mortes  servorum  quae  sine  dolo  et  culpa  eius 
accidunt,    latronum    hostiuinve   incursus,  piratarum  insidias,  nau- 

fragium,   iiicendium,  fngas  servorum,  qui  custodiri  non  solent 

haec  ita,  si  dumtaxat  accipientis  gratia  eommodata  sit  res.    at 

si  utriusque,  veluti  si  communem  amicmn  ad  coenam  invitave- 
rimus  tuque  eius  rei  cumm  suscepisses  et  ego  tibi  argentum 
commodaverim,  scriptum  quidem  apud  quosdam  invenio,  quasi  do- 
lum  tantum  praestare  debeas:  sed  videndum  est,  ne  et  culpa  prae- 
standa sit,  ut  ita  culpae  fiat  aestimatio,  sieut  in  rebus  pignori 
datis  et  dotalibus  aestimari  solet», 

Sono  anche  particolarmente  degni  di  attenzione  i  seguenti 
frammenti: 

L.  14  D.  de  pign,  act. :  «  Ea  igitur,  quae  diligem  paterfamilias 
in  suis  rebus  praestare  solet^  a  creditore  exiguntur  ». 

L.  23  D.  de  div,  reg.  fwr.,  50, 17 :  «  Contractus  quidam  dolum  malum 
dumtaxat  reoipiunt,  quidam  et  dolum  et  culpam.  dolum  tantum: 
depositum  et  precarium.  dolum  et  culpam  mandatum,  commodatum, 
venditum,  pignori  aeceptum,  locatum,  item  dotis  datio,  tutelae,  ne- 
gotla  gesta:  in  his  quidem  et  diligentiam  ». 

Un  esempio  di  culpa  levis  porge  la  L.  15  D.  h,  t.  dove  Ulpiano 
dice:  «  Creditor  cum  pignus  reddit,  de  dolo  debet  debitor!  repro- 
mittere:  et  s!  praedium  fuit  pigneratum,  et  de  iure  eius  repromit- 
tendum  est,  ne  forte  servilutea  cessante  ut!  creditore  amissae 
sint  )^. 

Se  il  creditore  ha  lasciato  che  si  estinguessero  delle  servitu 
che  esistevano  a  favore  del  fondo    oppignorato,  per  aver  omesso 


^^)  11  signer  von  Lohr  nella  sua  Teoria  delta  «  culpa  )k,  Giessen  1806, 
fiez.  1.",  pag.  46  ftegg.,  ^  di  di  versa  opinione.  Si  veda  pei**^  Schomax, 
MannaU  di  dir.  civ,,  vol.  II,  pag.  242  seg.  e  Malblanc,  I>is8,  de  culpa 
etuftque  apeciebus  et  gradibna,  Tnbinga  1807,  }  7. 


DB  PIGNERATICIA  ACTIONE  340 

di  esercitarle,    egli  ha   con   cio   deteriorato   il   fondo,  e  risponde 
percib  della  sua  culpa. 

Se,  invece,  il  contratto  di  pegno  ^  stato  conchiuso  sempliceinente 
a  vantaggio  del  creditore,  allora  egli  ^  tenuto  incondizionatamente, 
])er  ogni,  anche  minima,  colpa,  appunto  come  il  commodatario  quando 
egli  solo  dal  contratto  trae  utility.  Ma  nel  commodato  questo  e  il 
caso  comune,  mentre  e  insolito  nel  contratto  di  pegno  '^).  Si  con- 
sideri,  a  questo  proposito,  il  caso  in  cai  il  creditore,  per  impie- 
gare  il  suo  denaro  in  modo  sicaro,  costringa  il  debitore  a  far  in 
modo  che  iin  altro  amico  gli  faccia  credito  senza  prestazione  di 
]>egno;  o  quello  in  cui  il  creditore  ha  fatto  precedentemente  cre- 
dito al  debitore  senza  riceverne  pegno,  ma  questi  in  seguito  dia 
al  creditore  un  pegno  spontaneamente,  per  sua  maggior  garanzia ; 
o,  finalmente  il  caso  in  cui  un  terzo  costituisca  il  pegno  in  luogo 
del  debitore:  «  Solius  autem  creditoris  utilitas  tunc  vertitur  — 
<lice  VoET  **)  —  cum  non  debitor,  aed  tertitM  pro  debitore^  pignus 
dat:  quamvis  enim  debitoris  quoque  intersit,  pignus  dari,  dum 
sine  eo  forte  fidem  hand  inveniret,  tamen,  si  contractum  pignoris 
spectes,  quod  iam  non  inter  creditorem  et  debitorem,  sed  inter 
creditorem  et  tertium  pignus  dantem  intercedit,  solius  creditoris 
gratia,  non  item  tertii  pignus  dantis,  et  inde  pignoratitia  expe- 
riuntis,  pignus  celebratum  apparet  ». 

A  questo  caso,  dopo  CuiAOio  *°),  ora  anche  Voet  cui  si  associa 
Malblanc  *"),  vuol  riierire  la  assai  controversa  L.  13  §  1  D.  h.  t  dove 
Ulpiano  dice:  «  Venit  autem  in  hac  actione  et  dolus  et  culpa,  uf  in 
commodato:  venit  et  custodia:  vis  maior  non  venit ».  Questo  passo  ha 
sempre  i>osto  in  grande  imbarazzo  i  nostri  interpreti  e  ne  sono  ap- 
parse  svariate  spiegazioni,  come  pure  emendamenti  critici  che  h 
necessario  riunire  ordinatamente  d'una  buona  volta,  ed  esaminare  con 
un  po'  piu  di  precisione,  di  quanto  flnora  non  si  sia  fatto.  Si  x)OSSono 


*")  V.   Ge,  Sam,  Madihn,   Cotmnent.  creditorem  hi  pignore    media    diii- 
gentia  non  semper  liberari^  Hala  Magdeb.  1764. 
***)   Commentar,  ad  PaiuL^  h.  t.,  ^  b. 
i»)  Observation.,  lib.   XIX,  cap.  24. 
**^)  Princip.  iuris  rom.,  imrUi  II,  sect.  I,  J  497,  pag.  350. 


360  LIBRO   XIII,   TITOLO   VH,   §   867. 

opportunamente  ridurre  in  dae  categorie  principali:  una  parte  *') 
affernia  cbe  per  hac  actione  non  debba  intendersi  Vaetio  pignera- 
ticia  directa  cbe,  dopo  I'estinzione  del  debito,  compete  al  debitore 
contro  il  creditore  pignoratizio  per  la  restituzione  del  pegno;  ma 
im'  azione  del  tutto  diversa,  di  cui  si  fa  menzione  al  principio  di 
qiiesto  frammento,  e  cioe  la  rivendica,  od  actio  in  fa4:tum,  la  qaale 
vi  si  concede  al  debitore  contro  il  terzo  a  cui  11  creditore,  prima 
ancora  cbe  vi  fosse  autorizzato,  aveva  venduto  il  ]i^gno  a  ox>ndi- 
zione  che  lo  avrebbe  restituito  contro  rimborso  del  prezzo  di 
acquisto,  qualora  il  debitore  avesse  pagato  ancora  in  seguito. 
Senza  dubbio,  si  dice,  qui  il  compratore  dovrebbe  risiK>ndere  della 
culpa  levissima,  poiclie  egli  ha  fatto  acquisto  scienteraente  per  se 
di  una  cosa  altrui,  oppignorata,  die  il  creditore  non  aveva  facolta 
di  vendergli. 

Ma,  anclie  faeendo  astrazione  dal  fatto,  che  e  gii\  per  s^  un 
controsenso,  che  in  un  caso  in  cui  un'  azione  illecita  rende  re8|K)n- 
ftabile  di  qualsiasi  errore  colui  che  ^  chiamato  in  giudizio,  si  vada 
a  i)render  la  norma,  per  la  colpa  da  prestarsi,  dal  commodato,  col 
quale  tuttavia  quel  caso  non  ha  la  minima  analogia;  la  patente 
inesattezza  di  questa  spiegazione  si  manifesta  tosto  agli  occhi  di 
chi  si  prenda  la  cnra  di  leggere  la  L.  13  connettendola  con  la 
L.  14  che  segue  immediatamente. 

In  quest'ultima,  infatti,  come  conseguenza  del  precedente  §  1 
della  L.  13,  si  dice  chiaramente:  «  Ea  igitur,  quae  diligens  pater- 
familias in  suis  rebus  praestare  solet^  a  creditore  exiguntur  }>.  Di 
quale  assurdit^  non  si  dovrebbe  incolpare  Tbibonia.no,  oome  su 
cpiesto  punto  ha  molto  giustamente  osservato  il  Thibaut  *\  se 
ai  volesse  ammettere  che  egli  non  abbia  riferito  il  §  1  cit.  della 
L.  13  al  creditore  pignoratizio  I 

L'altra  categoria  di  interpreti,  e  questa  conta    il   maggior   nu- 


*')  Abr,  WiKi.iNG ,  Lection,  iuris  civ,,  cap.  7;  Gh.  Enr,  Crhf. 
Krxleben,  Princip.  de  iure  pignor,  et  hypothecar,^  $  161  ed  HOi'FNkr. 
iiel   Commentario  alle  Istituzioni  di  HHnecciOj  $  796. 

*•)  Teoria  della  interpretasione  logica  del  diritto  rom^tnoj  }  36,  pa- 
;i:iiia  156  seg.  della  2.*  ediz. 


DE  PIGNERATICIA  ACTIONE  351 

mero  di  seguacl,  e  costituita  da  quelii  che  riferiscono  la  L.  13 
§  1  cJt.  BlVactio  pigneraticia  directa;  ed  essi,  fino  a  questo  pun  to, 
hanno  pienamente  ragione,  soltanto  nella  apiegazione  del  frammento 
stesso  8i  dividono  nuovainente  in  differeuti  opinioni.  Alcnni,  senza 
apportarvi  alcana  correzione,  cercano  di  accordarlo  con  gli  altri 
passi  sopra  citati ;  e  sa  qnesto  panto  8i  presentano  nucivamente 
qaattro  opinioni.  Dagli  uni  '^)  si  afiferma  che,  con  le  citate  parole 
<leUa  L.  13  vien  stabilita  la  regola  che  il  creditore,  detentore  del 
pegno,  debba  rispondere  anche  della  minima  negligenza.  Perche 
non  rimanga  piti  alcun  dubbio  su  questa  norma,  Ulpiano  non 
soltanto  confronterebbe  da  questo  punto  di  vista  Pazione  pigno- 
ratizia  con  quella  derivante  dal  commodate,  la  quale  tenderebbe 
anche  essa  al  risarcimento  di  ogni  danno  non  semplieemente  ca- 
suale;  ma  con  le  parole:  vis  maior  non  venitj  aggiungerebbe  an- 
cora  Pantitesi  che  solo  la  forza  estrinseca,  cui  il  creditore  pi- 
gnoratizio  non  pdteva  in  alcun  mode  opi)orsi,  iK>ssa  bastare  a  sua 
discolpa.  Appunto  questo  direbbero  anche  il  i>asso  delle  Istitttzioni 
su  citato  e  la  L.  19  God.  de  pignotibuSj  e  cosi,  quindi,  tutto  sta- 
rebbe  nel  miglior  accordo.  Ma  non  pub  disconoscersi  che  pur 
cosi  pensando  resti  sempre  Tantitesi  tra  la  L.  13  e  la  L.  5  §  2 
ed  anche  18  pr.  D.  cofmnodati  dove  vien  detto  affatto  decisamente 
che  il  creditore  pingoratizio  risponde  solo  del  dolus  e  della  culpay 
ed  il  commodatario  non  soltanto  di  questi,  ma  anche  della  dili- 
gentia. 

Giusta  una  seconda  opinione,  che,  come  e  stato  gi^  superior- 
mente  notato,  viene  accolta  da  CuiACio,  Voet  e  Malblanc,  la 
L.  13  §  1  e  da  intendersi  semplieemente  del  case  in  cui  il  cre- 
ditore solo,  ritrae  vantaggio  dalla  dazione  del  pegno.  Ma  chi  po- 
trebbe  mai  credere  che  Ulpiano,  il  quale  qui  voleva  spiegare  la 


-3)  BartoL  Chbsio,  Interpret,  turn,  lib.  I,  cap.  45,  n.  11;  Cbbll  in 
Diss.  cit.  de  custodia  et  perieulo  pignoris,  $  5 ;  Rivinus,  Diss,  de  culpa 
levissima  in  pignore  a  creditore  pruestanda^  Vitemb.  1751 ;  Thibaut, 
Sistema  del  diritto  delle  Fandette,  voJ.  II,  i  653,  e  specialmente  B.  W. 
Pfeiffer,  Miscellanee  sugli  oggetti  del  diritto  privato  tedesoo  e  romano^ 
Marburgo  1803,  pag.  89  segg. 


352  LIBBO   Xni,  TITOLO  VII,   §   867. 

uatura  delVaetio  pigneraticia  directay  e  che  percib  si  esprime  in 
termini  afifatto  generali,  abbia  ragionato  di  un  caso  che  nel  con- 
tratto  di  pegno  costituisce  una  rarity  simile  al  caso  del  vantaggio 
d'ambedue  le  parti  nel  commodate? 

Secondo  una  terza  opinione,  propugnata  da  Giovanni  Gaglielmo 
Makkabt  **)  e  da  Franc.  Schumann  "),  il  paragone  stabilito  da 
Ulpiano  tra  pignus  e  commodatum  dal  punto  di  vista  del  dolus 
e  della  culpa,  h  giustifieato  da  ci5  cbe  in  questi  due  contratti  vien 
prestata  la  culpa  levis.  Alia  diligentiay  invece,  in  senso  proprio  che 
il  commodatario  dovrebbe  inoltre  ancora  prestare  (L.  5  §  2  D.  cow- 
modati)  non  h  tenuto  il  creditore  pignoratizio,  il  quale  ^  tenuto 
per  la  cusiodia,  e  per  quanto  vi  si  riferisce  nulla  lo  scusa  all'in- 
fuori  della  semplice  ed  imprevedibile  disgrazia.  Vis  major  nan  renif. 
Vim  majorem  pignorum  creditor  praesiare  non  hahet  necesse. 

Questa  spiegazione,  che  concorda  anche  con  il  linguaggio  co- 
mune  delle  fonti,  ^  certamente  la  piil  naturale,  e  corrisponde  nel 
raodo  migliore  agli  altri  passi  che  trattano  di  questi  contratti. 
E  si  pu6  anche  spiegare  facilmente  come  Ulpiano,  nel  determinare 
ta  colpa  pel  contratto  di  pegno,  sia  capitato  nel  commodato.  !Nel- 
Feditto  peri>etuo  si  parlava  del  commodato  immediatamente  prima 
del  contratto  di  pegno;  e  questo,  fra  Faltro,  si  deduce  dal  fatto 
che  nelle  Sent^ntiae  receptae  di  Paolo,  lib.  II,  al  tit.  4  d^  commo- 
dato  segue  subito  dopo  il  tit.  5  de  pignoiibus;  che  poi  queste  Sen- 
tentiae  receptae  siano  state  compilate  secondo  Pordine  delV  Edictum 
perpetuum,  lo  ha  provato  diffusamente  Antonio  Sohulting  ^%  Cio 
risulta  anche  da  questo:  Ulpiano  nella  L.  28  ad  Edictum  ha  trat- 
tato  del  commodatum  e  del  pignus,  come  dimostra  I'iscrizione  dei 
frammenti  che  ne  furon  tolti  per  le  Pandette;  e  percib  I'iscrizione 
della  L.  13  D.  h.  t.,  UlpiaNUS  libro  38  ad  Edictum  ^  manifesta- 
mente  errata,    e    dove    invece    leggersi   libro  28,  come  ha  notato 


**)  Prohabil.  recept.    lection,  iuris  ctr.,    Traiecti    ad    Rhen.    1737,   pa- 
gina  110  liegg. 

.  **)  Teoria  del  risarcimenio  dei  danni,  parte  I,  pag.  160  segg. 
*^)  lurisprud.  anteiust.j  pag.  211  segg. 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONfi  353 

anche    Giacoh,    Labitto  *').    E    cosl  si  spiega  ancbe  percbe  nelle 
Fandetfe  il  tit.  de  pign,  actione  segua  al  tit.  commodati. 

L'esattezza  di  qiiella  spiegazione,  finalinente,  risulta  ancora  in 
modo  speciale  da  cio,  cbe  aucbe  in  altri  punti  Ulpiano  confronta 
tra  loro  il  pignus  ed  il  commodatum,  dal  piinto  di  vista  del  dolun 
e  della  culpa  '*).  A  ragione  quindi  Antonio  Fabeo  *^)  dice :  «  Qiiod 
hie  scribitur  in  pignore,  non  tantum  dolum  venire,  sed  etiam  eulpam, 
siciit  in  commodato,  non  toUit  dififerentiam,  quae  est  inter  pignus 
et  cominodatum,  quod  ad  eulpam  levissimain  i)ertinet  )>. 

Infine,  secondo  una  quarta  opinione,  propugnata  speeiahuente 
da  Samuele  Coccfiio  ^%  Oiorgio  Sam^  Madihn  **)  e  Westphal  "), 
Ulpiano  nelle  parole  ut  in  commodato  deve  aver  aeeennato  alia 
iUstinzione  cbe  Gaio  nella  L.  18  pr.  D.  commodati  fa  per  il  com- 
modato. Si  tratta  cioe  nel  contratto  di  pegno  come  Jiel  commodato 
<li  vedere,  in  rapi)orto  alia  prestazione  della  culpa,  se  I'oppigno- 
ramento  si  sia  verificato  a  vantaggio  d'entrambi  i  contraenti  o 
soltanto  del  creditore.  Kel  primo  caso  il  creditore  pignoratizio 
risponde  solo  della  culpa  levis,  appunto  come  il  commodatario  se 
11  contratto  ridonda  ad  utile  non  semplieemente  suo,  ma  anche  del 
commodante;  mentre  invece  nel  secondo  caso  il  creditore  pigno- 
ratizio dovrebbe  esser  tenuto  per  la  menoma  negligenza  appunto 
«ome  lo  e  il  commodatario  se  il  contratto,  come  di  solito  avviene, 
•e  rivolto  ad  unico  suo  vantaggio.  Quantunque  ancbe  questa  spie- 
^azione  meriti  di  esser  preferita  ad  ogni  emendamento,  molti,  si 
anticbi  cbe  moderni  giuristi,  sostengono  cbe  la  difficolt^  non  possa 
•esser  eliminata,  senza  compiere  un  mutamento. 

Ma  anche  sn  questo  punto  le  opinioni  dei  critici  si  dividono  nuova- 
tnente.  Alcttni  in  luogo  di  ut  iii  commodato;  venit  et  custodia  leggono : 


*")   U8U8  indicis  Pandectar.y  cap.   VI,  ^  8  in  Ahr,  Wieling,  lunsprvd, 
restit,^  torn.  II,  pag.  118. 

*^)  L.  23  D.  de  div.  reg,  iur.,  50,  17;  L.  18  pr.  I).   Commodati j  13,  6. 
«»)  national,  in  Fand.  ad  L,  13  M  I>.  h.  t. 
^^)  Iiir,  civ,  controv,  1i.  <.,  qu.  18. 

^')  Cit.   Commentat..  creditor  em  in  pig  nor  e  media   diligentia    non    semper 
'  liberari,  Hala  1764,  pag.  14. 

^*)  Dir.  di  pegno,  i  31,  nota  50,  pag.  79. 

Gl')ck.  Conwi.  Pandette.  —  Lib.  XIU.  —  45. 


:M4  libbo  xm,  titolo  tu,  §  807. 

AT  in  commodato  renit  et  eugtodia.  Oherardo  XooDT  '^)  arropi  prinoi- 
IKilmente  a  se  qaesto  emendamento,  sebbene  gi^  prima  di  lui  Gio- 
ranni  Xiellio  ^*)  avesse  fatto  appanto  la  stessa  correzione.  IVro* 
il  siio  biografo  Gior.  Babbeybac^^)  lo  ha  completamente  ^insti- 
ficato  coutro  I'accnsa  di  nn  plagio.  Secondo  qnesta  eorrezione, 
Ulpiano,  dnnqae,  avrebbe  volute  dare  qui  la  differenza  trn  pignut 
e  commodatum  in  rapporto  alia  ctilpae  praestatio,  e  l'avrebl>e  sta- 
bilita  in  questo:  che  il  creditore  pignoratizio  risponde  solo  del 
dolus  e  della  culpa  sc.  leriSy  mentre  inveoe  il  commodatario  non 
deve  prestare  semplicemente  questa,  uia  ancbe  la  culpa  lerismma^ 
Ma  x)oicbe  la  correzione  di  Noodt  aveva  contro  di  se  non  solo  la 
L.  10  C  de  pignoribuSj  ma  ancbe  Tautorit^  dei  Basilici  ^%  e  i>erci<> 
fu  giustamente  combat tuta  da  Chrisifried  Wachtleb  '^),  Noodt 
cerco  di  rafforzare  maggiormente  la  sua  congettura  '^)  e  cosl  si 
ac<]ui8to  pareccbi  seguaci,  i  quali  non  soltanto  accettarono  la  sua 
opinione  ^*),  ma  cercarono  ancbe  di  difenderla  con  molteplici  argo- 


•*^)  ProhahiU  iuris  civ.,  lib.  I;  cap.  4. 

^*)  Disseriat.  feudal, j  diss.  Ill,  $  ult.,  lit.  il*.  Parecchie  uotizie  di 
qiie8to  NiELLio  ci  sono  date  da  Ahr.  Wielixg,  in  Lection,  ittr,  civ.,. 
lib.  I,  cap.  7,  nota  •,   pag.  24  segg. 

^'*)  V.  Gher,  Noodt,  in  fine  paragrafo:  Xon  posnumj  Praefationi  ope- 
rum  eiu8  adiect. 

^**)  Tom.   IV,  lib.   XXV,    tit.  I,    pag.   6.    'ATracrcc    j?    mpi    tov    iysx^Jpo^j- 

o'jAzx'hv  iyay/Y,,  1.  6.  «  Aetio  pigneratitia  exigit  dolnm  et  negligentiam^ 
Micnt  actio  commodati,  et  actio  de  cuetodia  ».  La  traduzione  dei  Greci  o 
veramente  inesatta  nelle  ultime  parole,  dove  per  custodia  essi  intendono- 
i\  (lepositum 'y  gi  onserva  anche  che  Tuf ,  w;,  non  significaa^,  dXki,  ma  fficuiy, 
e  come  tale  vien  nsato  nella  L.  18  pr.  D.  Commodatij  13,  6.  Fabbot  in 
questo  panto  invece  di  tradnrre  il  testo  greco  ha  mantenuto  le  juirole  di 
Ulpiano  [cfr.  Heimbach,   Bas.,  Ill,  60,  XIII]. 

^')  Notae  ad  G.  Noodtii  ProhabiL  iur.  ctr.,  lib.  I,  cap.  4  in  Opuscuh^ 
pag.  202. 

•*«)  Probabil.,  lib.  IV,  cap.  3. 

3*)  lo,  Ortw.  Westemberg,  Princip.  iuriit  sec,  ord.  D,  h.  t,,  $  29; 
(lio.  Teofilo  EiNBCCio,  in  Annotation,  ad  Vinnii  commentar,,  in  ^  ult. 
I.  Quihus  mod.  re  contrah,  obligat,,  n.  5;  lust.  Enn.  Boehmer,  lur. 
IHg.  h.  t,f  $  6;  Aug,  a  Leyser,  Meditat.  ad  Pandect,,  specim.  CLIII^ 
luedit.  3  e  Cfist.  Enr,  Eckhard,  Hermeneut.  iuris,  lib.  I,  $  76,  nota  *, 
jiag.  85. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  35,r> 

inenti  *^)  dalle  nuove  opposizioni  di  Wachtlbk  *').  Pero  i  dubbi 
<*he  stairno  contro  di  essa  non  sono  stati  risolti  in  luodo  .sodisfa: 
"Cente;  e  percib  fu  a  ragione  rigettata  da  Hubeb  **),  da  Wieling  *^) 
-e  da  Wal-ch  **).  Un'altra  congettura,  veramente,  fu  messa  innans^i 
-da  Pagenstecher  ^%  il  quale,  in  luogo  di  ut,  vuol  leggere,  i)er 
:geniinazione,  utut  e  tradurre  questo  con  sebbene. 

Ma  a  questo  emendamento  si  oppongono  quegli  stessi  dubbi  cbe 
«i  oppongono  a  quelli  di  Xoodt. 

La  inaggior  parte  dei  modemi  giuristi,  percio,  legge  senza  cam- 
biarle  le  parole  del  testo;  toglie  semplicemente  il  pun  to  e  virgola 
<lopo  le  parole  ut  in  commodato;  e  legge:  ut  in  commodate  venit  et 
4)U8todia. 

3Ia  questi,  alia  loro  volta,  nelle  loro  interpretazioni,  diseordano 
^'li  uni  dagli  altri. 

Alcuni  *'^)  sono  d'accordo  con  Noodt  nel  credere  che  in  questo 
imnto  Ulpiano  abbia  voluto  darei  la  differenza  tra  pignus  e  com- 
modatum  dal  punto  di  vista  della  culpae  praestatio.  II  senso  del 
luogo  contro  verso  sarebbe  dunque  questo:  nel  contratto  di  pegno 
«i  presta  il  dolus  e  la  culpa  levis  alio  stesso  modo  clie  nel  com- 
modato oltre  al  dolus  ed  alia  culpa  levin  si  e  tenuti  anehe  alia 
leviHHima;  come  le  parole  ut  et,  che  equivalgono  a  quemadmodum 
^tiam,  dimostrerebbero  a  bastanza  cbiaramente. 


*^)  DucKER  in  Observation,  miscell,  hatav.,  vol.  Ill,  torn.  I,  p.  123 
<e  in  PCttmann,  (>pu8cuL  iurid,  ex  obsen^ation,  miscell.  batar,  in  unum 
rolnm.  collevt.j  Hala  1782,  8,  pag.  39  e  segg.)  e  Adriano  van  Dorp  in 
Diss,  ad  loca  quaedam  iuris  et  alia  ObservationeSj  Franequerae  1760, 
"Cap.  4  (in  Oher.  Oelrich,  Thes.  dissertation,  iurid.  belgicar.,  vol.  T, 
torn.  Ill,  p.  41). 

^')  yota€  postuin.  ad  Ger,  Noodtii  lib.  IV  Probabil.  iuris  civ.  in 
Actis  eruditor.  lipsiens.f  MenH.  Novenibr.  Anni  1732,  pag.  514  eeg. 

^^)  Eunom.  roman.  ad  L.  13  $  1  D.  h.  t.,  pag.  541  »eg. 

^^)  Lection,  iuris  civ.,  lib.  I,  eaj).  7. 

**)  Ad  Eckbardi  Ifermeneut.  iur.j  pag  86,  e  in  Introd.  in  contror. 
•iur.  ei'r.,  pag.  543,  nota  a. 

**•')  Adrersar.j  lib.  II,  cap.   10. 

**^)  Mich.  God.  Wernher,  Lectiss.  Commentat.  in  Band.  /i.  ^,  $  6;  e 
Died.  God,  Lahprrcht,  Commentat.,  ad  L.  13  D.  de  pignerat.  act.y 
Oottinga  1750,  $  13. 


35(>  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,   §   868. 

Ma  e  evideiite  che  nel  franiineDto  non  6  riscontrabile  ne  pure 
una  traccia  di  tal  distinzione.  Altri  *')  percib,  piti  giustamente, 
Viferiscono  le  i)arole  venit  et  ctistodia  SiWactio  pigneratida,  in  con- 
formiti^  alia  L.  19  Cod.  (le  pignor.  Fra  questi  Wachtler  ha  dato 
1' interpretazione  migliore  dicendo  cbe  Ulpiano  accenna  qui  ad 
un  doppio  obbligo  del  creditore  pignoratizio:  a)  clie  il  pegno  nou 
sof&*a  deterioramento  per  parte  sua;  b)  che  non  vada  da  lui  per- 
duto.  Per  quanto  riguarda  il  primo  egli  risponde  della  ndpa  — 
ac.  'levis  —  ma  i)er  il  secondo  risponde  della  custodia,  cioe  della^ 
ctdpa  levissinm.  Da  tutto  cio  deriva  inoltre  che  non  esiste  la 
necessitA.  di  ammettere  con  Schilter  *^  e  con  GtOTOFRedo  ***)  un 
dissenso  non  conciliabile  fra  i  giuristi  romani  su  questa  dottrina. 

§  868. 
Obbligo  del  creditore  pignoratizio  al  risarcimento  del  danno. 

Se  dunque  il  pegno  perisce  per  una  colpa  tale  che  il  creilitore 
pignoratizio  debba  rispondeme,  questi  ^  tenuto  a  risarcire  il  danno 
e<l  ogni  interesse;  ma  puo  anche  detrarne  ci5  che  egli  stesso  ]>re- 
tende  in  capitale,  interessi  e  spese  fattevi. 

La  L.  7  Cod.  h.  t,  4,  24,  dice :  «  Creditor,  qui  fundos  et  domos 
pignori  vel  hypothecae  acce))it,  damnum  in  decidendis  arboribus 
domibusque  destruendis  ab  eo  datum  in  rationem  debit!  '*")  dedu- 
cere  cogitur,  et  si  dolo  vel  culpa  rem  suppositam  deteriorem  fe- 
cerit,  eo  quoque  nomine  pigneraticia   actione  tenebitur,  ut  taleiii 


^')  Andr.  Gugh  Cramer,  Disputatiofi.  iuris  civ,,  lib,  sing,,  Suerin.  et 
Wismar.,  1792,  8),  cap.  13,  nota  rrr,  pag.  118;  Cmf.  Qvgl,  Wehrn, 
Doctr,  iuris  ejcplicatrix  principior,  cauaar,  damni  praestandi,  $  6,  p.  6$ 
e  Christfr,  Waechtler,  OpvseuL,  pag.  202. 

**)  Praar.  iur,  ram.,  exercitat.  XXVI,  J  6. 

^*)  Commentar,  in  tit,  Pand,i  de  div,  regulis  inri8f  ad  L.  23  I),  eod,^ 
pag.  133  in  fine. 

'^)  Cliacio  in  llecitat.  solemn,  in  C.  od  L.  7  h,  t,  e  Westphal  in 
Bir,  di  pegno,  $  31 ,  nota  50,  ritengono  supertlaa  la  parola  debiti,  nia 
non  vi  e  ragione  stifftciente  a  ci6.  La  Glossa  spiega  esattamente  le  parole 
in  rationem  debiti :  in  compensationem  debiti. 


DE   PIGNEEATICIA   AGTIONB  357 

restituat,  qualis  fiierat  tempore  obligationis.  Creditor  autem  neces- 
sarios  snmptiis,  qiios  circa  res  pigiieraticias  fecit,  exigere  nou 
prohibetur  ». 

Pero  il  creditore  pignoratizio,  di  regola,  uoii  deve  ri8i)ondere 
del  casi  fortiiiti.  Per  ragione  di  eqiiitil  questi  deve  sopportarli  il 
solo  oppignorante,  poich^  egli  ritiene  la  propriety  del  pegno.  Al- 
trimenti  a^'cadrebbe  qualora  11  creditore  si  fosse  addossato,  per 
convenzione,  i  casi  fortiiiti.  Si  riferiscono  a  questo  panto  i  se- 
gueuti  passi : 

L.  6  Cod.  h.  t. :  «  Quae  fortuitis  casibtis  accidimt,  cum  praevi" 
deri  non  potuerantj  in  quibus  etiam  adgressnra  latronum  est,  nullo 
lK>nae  fldei  indicio  praestantur:  et  ideo  creditor  pignora,  quae  hu- 
uimnodi  catisa  Interierunt,  praesiare  non  compellitur  nee  a  petitions 
debiti  submovetiir,  nisi  inter  contrahentes  placuerit,  ut  amissio  pi- 
(fnorum  liheret  dehitoreni  ». 

L.  0  Cod.  eodmn :  «  Pignus  in  bonis  debitoris  permanere  ideoque 
ipsi  perire  in  dubium  non  venit.  cum  igitur  adseveres  in  borreis. 
pignora  deposita :  consequens  est,  secundum  ins  peri)etuum,  pigno- 
ribus  debitori  pereuntibus,  si  tamen  in  horreis,  quibus  et  alii  so- 
lebant  publice  uti,  res  depositae  sunt,  personalem  actionem  debiti 
reposcendi  causa  integram  te  habere  ». 

Ove  pero  il  caso  fortuito  sia  stato  causato  da  un  uso  del  pegno 
contrario  alia  convenzione,  od  11  creditore  si  sia  senza  ragione  e 
eontro  il  volere  del  debitore  arrogato  fra  le  sue  cose  un  suppegno^ 
allora  s'intende  cbe  egli  deve  rispondere  ancbe  del  caso  fortuito^ 
in  quanto  questo  era  una  conseguenza  del  suo  agire  illecito. 

Un  caso  analogo  riferisce  Paolo  nella  L.  30  D.  A.  t :  «  Qui 
ratiario  crediderat,  cum  ad  diem  pecunia  non  solveretur,  ratem 
in  flumine  sua  auctoritate  detinuit:  iK)stea  flumen  crevit  et  ratem 
abstulit.  si  invito  ratiario  retinuisset,  eius  i)ericulo  ratem  fuisse 
respondit:  sed  si  debitor  sua  voluntate  concessisset,  ut  retineret,. 
culpam  dumtaxat  ei  praestandam,  non  vim  maiorem  ». 


358  LIBSO   XIII,   TITOLO   VII,   §   869. 

§  869. 
Obbligo  alia  restitvzione  del  pegno.  Lex  commissoria. 

II  creditore  ba  II)  I'obbligo  di  restituire  in  natura  il  peguo,  di 
€ui  ha  ottenuto  il  possesso,  non  appena  estinto  il  debito.  Basta 
cbe  egli  sia  interamente  sodisfatto  •'^^).  Quando  cio  si  avveri,  egli 
non  puo  sottrarsi  al  suo  obbligo,  a  uieno  cbe  non  provi  alPevi- 
denza  cbe  a  lui  appartiene  ancbe  la  propriety  del  i)eguo  stessot 
poicbe  in  tal  caso  non  puo  siissistere  la  validity  del  contratto  di 
pegno  ^*).  AlPopposto,  non  compete  al  creditore  Peccezione  cbe  il 
pegno  non  apparteneva  al  debitore,  ma  ad  un  terzo ;  i>ercbe  questa 
concerne  i  diritti  di  un  terzo,  alia  stregua  dei  quali  nessnno  dei 
•contraenti  puo  ritenersi  autorizzato  a  ricusare  le  reciprocbe  i>rete8e 
nascenti  dal  contratto. 

Inoltre  h  noto  cbe  il  contratto  di  pegno  non  si  limita  alle 
cose  di  i)ropriet^  del  debitore,  ma,  ancbe  rispetto  alle  cose  altrui, 
fa  sentire  i  suoi  efifetti  ginridici  per  lo  meno  fra  le  parti  con- 
traenti  ^^).  E  percio  tanto  al  ladro  quanto  al  i)redatore  le  leggi  non 
iiegano  Pazione  derivante  dal  contratto  di  pegno,  se  il  debito  e 
«tato  estinto,  perche  essi  debbono  rispondere  della  cosa  ^*).  Tanto 
meno  poi  il  patto  commissorio  puo  esimere  il  creditore  dall'ob- 
bligo  di  restituire  il  pegno,  dopo  Pestinzione  del  debito. 

Per  patto  commissorio  ■"^^)  generalmente  s'intende  la  convenzione 
<5on  cui  nel  concbiudere  un  contratto  si  stabilisce  cbe  quella  parte 
cbe  non  abbia    adempiuto    al    suo   obbligo    dopo    un  determinato 


SJ)  L.  9  $  3  D.  /*.  t. 

^*)  L.  45  D.  de  d%t\  regulis  iuris^  50,  17 :  «  Neque  pignus  [t^e  Jidticia 
XiiSKEL,  Paling,  II,  618]  neque  deposit uui  neque  emptio  neque  locatio 
rei  suae  consistere  potest  neque  precarium  ».  V.  Weber,  Contribnti  alia 
teoria  delle  aziani  ed  eccezioni  giudisiarie,  Fr.  2  e  3,  n.  14,  pag.  87  sejr. 

53)  L.  9  M  I>.  '*•  ^ 

5<)  L.  22  J  2  D.  eodein. 

'*^)  Gotiofr.  a  Iena,  Dw».  de  lege  commissoria,  Francof.  1656,  4:  Marl. 
Teofilo  Paul,  Diss,  eiusd.arg.,  Vitemb.  1763  e  Oe.  Fed,  Krause,  Dm, 
de  eod,  arg,,  Ibid.  1766. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  359 

tempo,  resti  privata  del  siio  diritto  derivante  dal  contratto.  & 
noto  cbe,  secondo  la  regola,  il  diritto  di  un  contraente  non  va? 
perdnto  solo  per  ci6  che  egli  non  ha  sodisfatto  il  suo  obbligo  nel 
tempo  determinato  ^^).  Se  dunqiie,  i)er  esempio,  iin  compratore  non 
ha  pagato  entro  11  termine  ilssato  il  prezzo  d'acquisto,  non  ^  af- 
fatto  autorizzato  percio  il  venditore  a  reclamare  la  risoluzione  del 
contratto.  II  venditore  continua  ad  esser  tennto  al  negozio  una. 
volta  conchiuso,  e  puo  intentare  azione  contro  il  compratore  solo 
per  ottenere  I'adempimento  del  contratto.  Posto  pero  che  i  con- 
traenti  avessero  convenuto  che  se  il  compratore  non  avesse  sbor- 


■*^)  Nel  diritto  romano  queKto  patto  ^  clnamato  lex  commissoria ;  quindi 
qui  la  parola  lex  h  presa  nel  sense  di  pachtm.  Si  pu6  anche  aggiungere 
una  particolare  disposizione  per  la  quale  uno  si  impegna  a  questo  od  a 
qnelk>y  come  assai  ginstamente  nota  Weber  nelle  sue  Eieerche  sul  dir^ 
i'irile,  pag.  359.  La  nota  espresaione  pacta  dant  legem  contMictui  giustifica 
pienamente  questa  spiegazione.  £  in  questo  sense  anclie  la  L.  GOD.  decontrah^ 
emt.  vend.,  18,  1:  «  lege  venditionis  comprehensum  erat  ».  Per  quanto  con- 
cerne  il  significato  della  parela  contmittercj  gli  interpreti  non  sono  d'accorde. 
U(j.  DoNELLO  nel  Commetitar.  inr,  civ,,  lib.  X%[,  caip.  19  la  spiega 
cosh  «  Kem  altorius  arbitrio  et  poteatati  subiicei-e,  ut  sit  eius  electie^ 
utrum  contractum  irritum  facere,  an  valere  velit  sua  le<^e -contemta  ». 
Altri  —  ad  esempio  Frantzke  nel  Comment,  ad  Pand.,  lib.  XVIII,  tit.  S,, 
$  2  e  Mencken  in  Diss,  de  lege  commissoria  lure  reprobata,  J  1,  n.  2  — 
la  spiegana  con  amittere,  perdere.  Ma  qui  ayinmittere  significa  propria- 
mente  commettere  qualdie  cosa  d'illecito,  o  fare  contro  una  legge  cosa 
che  importi  la  perdita  d'nn  diritto.  V.  BaissoNCO,  De  verborum  sigmf.y 
voc.  Committere.  Quindi  vien  detto  commissum  quelle  di  cui  uno  e  ri- 
niasto  private  agendo  contra riam en te  ai  propri  ebblighi,  per  mode  che  ii 
diiitto  decaduto  passa  con  ci6  in  un  altre  —  come  risulta  dai  tit.  de 
pnblicanis,  vectigalibus  atque  commissis,  V.  Gius.  Fixestees  in  Hermofje- 
nianus,  ad  L.  7  D.  de  lege  eommiss.,  pag.  454. 

Nel  diritto  canonico  si  presenta  I'espressione  poA^Uim  legis  commissoriasy 
cap.  7,  X,  de  pignoribus.  Ant.  Faber,  De  errorib.  pragnuUici^^  dec.  XXI^ 
err.  1;  Ev.  Otto  in  Praefat.  ad  Tom.  I  Tkes.  iuris  Bom.,  pag.  31  e 
WissENBACH  in  Exercitat.  ad  Pand.,  disput.  XXXIV,  parte  16,  la  dichia- 
rano  assolutamente  assurda,  come  se  si  dicesse  pa^ctnm  pacti  commissorii.. 
Ma  CviACio  in  Comment,  ad  tit.  Cod.  de  pactis  pignor.  e  Corn,  van 
Bynkershoek  in  Liber  sing,  ad  L.  Lecta  40^^  D.  de  reb.  credit.^  cap.  11,. 
pag.  92,  hanno  cercato  di  salvare  I'onore  del  Papa.  Per6  anche  I'impe- 
ratore  Alessakdro,  L.  4  C.  de  pactis  inter  empt.  et  vendit.,  4,  54,  dice: 
<  commissoriae  vcpditionis  legem  exercere  ». 


360  LIBRO   Xlir,   TITOLO  VII,  §   869. 

sato  il  prezzo  d'acquisto  in  an  tempo  determinate  il  contratto  aon 
avrebbe  avato  ulteriormente  vigore,  allora  si  direbbe  che  I'acqiiisto 
si  h  conchiujso  sub  lege  conimissoria  ^^)  ^). 

Se  ci5  si  applica  agli  oppignorainenti  dovnY  intendersi  per  l€x 
commissoria  in  pi^norc  quel  contratto  con  cui  si  fa  la  riserva  clie 
il  pegno,  nel  caso  in  cui  il  debito  non  venga  estinto  entro  un 
temxM)  fissato,  decada  e  debba  rimanere  in  propriety  del  creditore, 
in  luogo  della  somma  dovutagli,  senza  bisogno  d'ulteriore  ac- 
quisto  ^^). 

Nelle  leggi  delle  Pandette  non  si  fa  in  nessun  luogo  menzione 
di  questo  patto  in  materia  di  pegni;  infatti   il  noto  titolo  delle 


•"''')  L.  1,  2  e  4  D,  rf<?  lege  commissorMj  18,  3, 

^)  Del  patto  eomuiissorio  in  tenia  di  pegno  trattano  Anf,  Fabkr,  I)e 
err&rib,  pragmaticor.y  decad.  XXI,  err.  1-5;  Gasp.  Schifordbgher,  ad 
Ant,  Fabrumj  lib.  Ill,  tnu't.  13,  qu.  1-4;  lae.  Maestertius,  Tr,  dt  lege 
eammissoria  in  pignoribus,  Liigd.  Batav.  1639;  Gio.  GugL  Ekoelbrecht, 
Diss,  de  lege  commissoria  contractui  pignoratitio  illicite^  et  emtioni  rendi- 
jtioni  aliisque  contractibus  licite  adiecta,  Helmstadt  1799^  Gio.  GugL  van 
;MusscHEKBBO£CK,  Spec,  iurid.  inang.  de  lege  commissoria  in  pignore, 
Lngd.  Batav.  1752  (ip  Ger.  Oklrich,  Thes,  noi\  diss,  iuridicar.  belgicar.. 
vol.  I,  torn.  II,  nr.  X,  pag.  633  8egg.);jirf.  Diet.  Weber,  Breve  emme 
della  qnestione:  fino  a  qual  pnnto  in  tema  di  pegno  si  estenda  il  divieto 
della  lex  commissoria.  Nei  Saggi  di  diritto  civile .  dello  stesso,  nr.  V,  pa- 
gina  351  »egg,  (anche  naWArchivio  del  Basso  Sassone  per  la  giurisprudensa 
£  la  letteratura  di  Koppe,  vol.  I,  fr.  3,  n.  14,  pag.  16(X  seg.)  ed  Gtto  Ludcv. 
von  EicHMANN,  Osservaz*  ginridiche  sulla  somiglianza  e  la  diversitd  di 
alcuni  diritti  in  rapporto  alia  L.  commissoria^  qunndo  si  da  in  pegno 
qualche  cosa  (lo  stesso,  Baccolta  di  scritti  minoH,  nr.  XIX) ;  Westphal 
in  Diritto  di  pegno,  i  260,  not.  292,  pag.  379  ha  esauvientemente  com- 
battnt4>  le.  idee  sbagliate  di  Cciacio  e  di  Antonio  Fabro  snlla  L.  commit' 
soria  negli  oppignoramenti,  i  quali  affermano  che  essa  »ia  .8tata  agginnta 
per  il  ineglio  del  debitore  all'antico  contractus  fiducial.  Vedasi  andic 
Franc,  Car.  Coxradi  De  pacto  fidncia4^,  exercitat,  1,  J  20. 


^0  II  codice  civile  italiano  hn  fatto  propria  la  disposizioue  dell'art.  1184  del 
<;odice  Napoleoiie,  dtabilendo  che  nei  contratti  bilateral!  la  condisioue  risoliitiva 
«  sempre  aottiiitesa,  pel  C4i80  in  cai  nna  delle  parti  non  aodisfoci  alia  sua 
obbligazione.  «  In  qaesto  caso  il  contratto  non  h  sclolto  di  diritto.  La  parte 
verso  cui,  npn  fu  eseguita  I'obbligazione  lia  la  scelta  o  di  coatringere  Taltra 
niradempimento  del  contratto,  quando  sia  possibile,  o  di  domandarne  lo  9cio- 
gliniento,  oltre  il  riaarcimento  in  ambediie  i.casi  »  (art.  1165  c.  c). 


DE  PIGNEBATICIA  ACTIONE  361 

Pandette  de  lege  commissoria  (XVIII,  3)  tratta  sempliceinente  del 
patto  commissorio  nella  compra-vendita.  Che  per5  originaria- 
mente  queato  patto  si  ritenesse  lecito  in  teina  d'oppignoramento 
e  sia  stato  usitato  ancbe  nelle  ii)otecbe  ce  lo  insegna  un  passo 
di  CiCEBONE  ^^)  in  cui  si  parla  di  hypothecae  canxmissae,  le  quali, 
per  il  mancato  pagamento  del  debito,  erano  state  devolute  al  ere- 
ditore;  ed  al  rilascio  di  esse  doveva  perci6  il  debitore  esser  co- 
stretto  dal  propretore,  eni  a  tale  scopo  Cicerone  si  rivolgeva 
per  iscritto. 

Ma  poiche  questo  patto  per  la  dnrezza  e  I'ingordigia  dei  ere- 
ditori  riusciva  molto  svantaggioso  ai  debitori,  cosi,  alio  scopo  di 
prevenire  in  fatiiro  tutte  le  angberie  ed  i  pregiudizi  riprovevoli, 
a  cni  essi  erano  esposti  da  parte  dei  creditori,  nel  diritto  romano 
recente  esso  h  stato  proibito  interamente.  A  questo  proposito  e 
degna  di  nota  la  costitnzione  delP  imperatore  Oostantino  il 
Okande,  L.  3  Cod.  de  puctis  pignorum  et  de  lege  commissoria  in 
pignorHms  rescindenda  8,  34  (35),  delPanno  326,  o  veramente  320  '^^) 
che  Too.  GoTHOFREDUS  **)  con  la  dottrina  a  lui  propria  ha  commen- 


•**®)  JBpistuL  famiLf  lib.  XIII,  epist.  56:  «  Philoteft  Alabaudensis  <*7^o^ 
^"n-AOLi  Cluvio  dedit.  Hae  emnmisaae  sunt.  Cures  velim,  ut  de  hypothecin 
decedat,  casque procuratoribus  Cluviitradat^  aut  pecimiam  solvate.  Phihtes 
ayeva  date  una  ipoteca  al  suo  creditore  Cluvius  a  condizione  che  essa, 
qaalora  il  debito  non  fosse  stato  pagato  in  un  deter  mi  nato  tempo,  dovesse 
rimanere  propriety  del  creditore  in  pagamento  del  debito.  Poich^  il 
debitore  nel  giomo  del  pagamento  non  s'era  fatto  vedere,  la  condizione 
si  era  Terificata  e  I'ipoteca  era  caduta  in  mani  del  creditore.  Cluviuft 
frattanto  non  si  attenne  al  rigore  del  contratto,  ma  voleva  astenersene  se 
gli  si  pagava  ancora  il  debito.  Onde  viene  ralternativa  di  dargli  in  pro- 
priety ripoteca,  o  di  pagare  il  debito.  V.  Musschenbroeck,  cit.  Diss., 
cap.  2,  pag.  652. 

^)  Nel  Codice  ginstinianeo  veramente  la  segnatnra  snona :  «  Datum 
2.  kalend.  Februar.  Serdicae  Constantino  A,  VII  et  Constantio  C. 
Conss,  326  ».  Ma  pin  giustamente  nel  Codice  Teodosiano,  lib.  Ill,  tit.  2, 
torn,  I,  pag.  290  (ediz.  Ritter):  «  Dat.  pridie.  JcaUnd,  Febr,  Sardicae 
Constantino  J..  Viet  Constantino  Caes.  Conss.  320  ».  V.  lac.  Gotho- 
FREDus,  Chronologia  Codicis  Theodosiani,  tom.  I,  pag.  XVIII  e  ran  Mus- 
schenbroeck, Dissert,  cit.j  cap.  3,  pag.  665  segg. 

^^)  Cod,  Theodos,j  lib.  Ill,  tit.  2  De  commissoria  rescindenda,  torn.  I, 
pag.  290  segg. 

GlQck.  Cornm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  —  46. 


362  L.IBBO   XIII,   TITOLO   VII,   §   869. 

tato:  «  Quoniam  inter  alias  captiones  —  cosi  suona  il  teste  — 
praecipue  commissoriae  pignorum  legis  crescit  asperitas,  placet 
infirmari  earn  et  in  pastenim  omnem  eius  memoriam  aboleri.  8i  quis 
igitiir  tali  contractu  laborat,  hac  sanctione  respiret,  quae  euin 
praeteritis  praesentia  quoque  depellit  et  futura  prohibet.  cre^ii- 
tores  enim  re  amissa  iubefnus  recuperate  **)  quod  Sederunt  >. 

In  virtti  di  questa  costituzione,  dunque,  debbono  i  creditor! 
esser  privati  della  propriety  del  x)egno  lore  concessa,  non  iierb 
del  diritto  di  pegno,  e  non  opporsi  in  alcun  modo  al  desiderio 
dei  debitori,  qnalora  questi  intendano  nuovamente  riscattare  il 
pegno  mediante  pagamento  del  debito  principale  con  gli  interessi 
e  le  spese.  Da  ci6  non  solo  si  desume  in  die  consista  Fesseaza 
del  patto  commissorio  in  tema  di  pegni^^);  ma  pub  anclie  dedur$i 
chiaramente  che  questo  patto  non  sia  stato  vietato  prima  di  <-o> 
RT ANTING  IL  GRANDE,  chc  auzi  sia  stato  molto  usato  in  materia 
di  pegni.  A  dir  vero,  alcuni  *^)  vogliono  dedurre  il  contrario  dalia 
L.  1  C.  eodem.<f  nella  quale  Pimperatore  Alessandbo  rescrive: 
«  Qui  pactun  est,  nisi  intra  certum  tempus  pecuniam  quam  mutuam 
aceepit  solreret,  cessurum  creditoribus,  hypotliecae  venditionem  non 
contraxit,  sed  id  comprebendit,  quod  iure  suo  creditor  in  adipiscendo 
pignore  liabiturus  erat.  communi  itaque  iure  creditor  hypothecani 
vendere  debet ». 

Ma  qui  non  si  tratta  del  patto  commissorio,  ma  sempliceniente 
si  decide  la  questione  sul  senso  e  lo  spirito  di  un  patto  die  con- 


^^)  Nel  Codiee  Theodosiano  h  qui  unata  TespreSMone  piii  appropriatii : 
recipere, 

^^)  A  maggior  riprova  poASono  servire  anche  in  questo  caao  i  BaaHictj 
torn.  IV.  pag.  82  dove  ^  eompendiata  Tesfvenza  della  L.  3  C.  depacf.  pign.^ 
HjS4fnelle  seguenti  parole:  «  'Eav  ««r>j  6  ^avitor-^c,  on,  t i  ^i  xaraS^iiQJciii 

JUlOt    TO    Xi'^COC    fVTOC    TOV^«    ToO    /^OVOU,    ^t^TTOTIfC    SffO^fltC    ToO    ^Wi^^W^OU,    TOUTO    TO 

av/iywvov  avcV^y^ov  J(ttw.  i.  e.  8i  creditor  pactus  futrit^  Hi  9%  ad  diem  pe- 
nt nia  soluta  non  sit,  pignus  ei  adquiratnr,  pactum  tHsitim  et  ratnm  non 
est   y>  [Cfr.  Heimbach,  Bas.  Ill,  90,  LXII]. 

^*)  de  Jena,  De  lege  eommissoria^  $  15;  Struv,  Syni.  tar.  eir.,  exer- 
oitat.  XXVI,  $  7.  Si  Teda  per6  van  Mussohbnbroeck,  cit.  Diss.,  cap.  2^ 
pag.  647  segg.  e  Letser,  Meditat.  ad  Pand,,  specim.  CLVIII,  medit.  L 


DE  PiaN£BATICIA  ACTIONB  363 

cerne  la  vendita  del  pegno  ^^),  come  lianno  dimostrato  in  modo 
esaiiriente  *•)  Gotopbedo  ®')  e  Mt/schenbeok  ^*).  Quindi  in  materia 
di  oppignoramenti  il  patto  commissorio  e  aASoliitamente  proibito 
e  dicliiarato  invalido.  Kon  importa  poi  se  lo  si  sia  pattuito  sin  da 
l)r]ncipio,  alPatto  della  concliisione  del  eontratto,  o  soltanto  in 
seguito;  perch^,  tan  to  il  bisogno  di  un  debitore  che  non  piio  pa- 
^are,  quanto  I'imbarazzo  di  colui  che  deve  sabito  raccogliere  soldi, 
l)Uo  spingere  alia  conclusione  di  un  patto  cosi  svantaggioso,  mentre 
invece  la  legge  non  vuole  cbe  i  creditori  possano  trar  partito 
dalle  strettezze  dei  debitor!  per  privarli  del  loro  ^^)« 

Qui  pero  sorge  la  questione  se  il  patto  commissorio  non  diventi 
valido  negli  oppignoramenti,  quando  venga  rafforzato  col  giura- 
uiento.    I    giuristi    esprimono   opinioni    assai   differenti  su  questo 

punto. 

- 

^'')  Questo  risulta  aiicor  piti  efiplicitamente  dai  Basilidj  torn.  IV,  pag*  82 
ove  la  L,  1  6  cosi  tradotta:  «  'Ea*  trvfi^faittifTTn  ti;  np6i  tov  ^avteorriv,  ott  ii 
fji-r,  xarajSa^v]  tvToc  tov^c  toO  XP^"*^"^^  itoLpxy^tApgl  ra;  viro^'iQxat;,  oO  ^oxcc 
TrcTTfia^xeiv  avTw,  olWol  to  xara  Travrwv  ^ixacov  ^i^ovat  svtm,  TouTcorrt  to  c^fivze 
TTiffoaTxitv  auTw.  i.  e.:  8i  qais  cum  creditore  pacing  sitf  ut  pecunia  ad  diem 
certam  non  soluta  pignus  cedat  creditori^  non  vidttur  ipsi  vendere,  sed  ad- 
versus  omues  ius  ipsi  coneedere,  hoc  est,  faadtatem  distrahendi  pignoris  » 
[i'fr,  Heimbach,  Bos.  Ill,  90,  LX]. 

^^)  Si  confronti  anche  Raguellus,  Commentar,  ad  rescripta  Alexandri 
/f>eren  ad  L.  1  C.  de  pactis  pignor,,  ed  Hotomann,  Observation,,  lib.  X, 
cap.  10. 

*''')  Comm.  ad  L,  tin.  C.  Theod.  de  commissoria  rescind*,  torn.  1,  pag.  293, 
ediz.  Ritter. 

^*)  Cit.  Diss.,  cap.  2,  pag.  658  segg. 

**'•)  V.  VoET,  Comm.  ad  Pand.,  lib.  XX,  tit.  I,  5  25 ;  Brlnxemann, 
Commentar,  ad  L,  3  C,  de  pactis  pignor,,  n.  8 ;  Walch,  Introduct.  in 
Controv,  iuris  dr.,  pag.  542  e  Westphal,  Dir.  di  pegno,  $  260,  not.  292, 
img.  378.  Altre  opinioni  lianno  Ant,  Faber,  De  errorib.  pragmaticor,, 
dee.  XXI,  err.  2;  Bachov,  De  pignorib  ,  lib.  I,  cap.  16,  n.  4  e  Tiii- 
BAUT,  Sistema  del  diritto  delle  Pandette,  2."  parte,  $  649.  Ma  la  L.  13  Cod. 
de  pignorib,,  S,  13,  non  sta  contro  la  nostra  opinione.  La  legge  dice  bolo 
ehe  il  debitore,  qnando  vuol  vendere  il  pegno,  pn6  darlo  in  pagamento 
al  creditore;  il  che  viene  confermato  anche  da  parecchie  altre  leggi: 
L.  12  D.  de  distract,  pignor.,  20,  5;  L.  20  $alt.;  L.  34  D.  de  pign.  act.; 
L.  7  $  6  D.  de  donat.  inter  vir.  et  uxor.,  24,  1 ;  L.  10  C.  de  distract, 
pignor.;  V.  J.w^  Schl'ltinq  in  Inrisprnd.  anteiustinian.,  pag.  284,  not.  14 
i'  Wkstphal,  Diritto  di  pegno,  J  194,  not.  215,  pag.   289. 


304  LIBRO   Xm,   TITOLO   VH,   §   869. 

Alcuni  **')  credono  cbe  la  qnestione,  secondo  il  diritto  canonico, 
debba  risolversi  afifermativameDtey  e  sia  da  eccettaarsi  il  solo  caso 
in  cai  il  debitore^  per  attnare  la  sua  promessa  ginrata,  abbia  preso 
ttitte  le  'disposizioni  per  riscattare  il  pegno,  ma  tnttavia,  sehza 
sua  col])a,  la  soinma  ndn  sia  perveniita  a  tempo  debito  nelle  maui 
del  creditore.  Uiiicamente  a  questo  caso  si  riferirebbe  il  cap.  7 
X.  de  pignorib.y  ove  e  detto:  «  Significante  Rotberto,  cive  Pisauo 
nobis  innotnit,  quod,  cum  domum  suam  G.  Pisano  civi  pro  C-CL 
libris  pignori  obligasset,  ac  promisisset  praestito  iuramento,  quod, 
nisi  domum  ipsam  statuto  termino  reeoUigeret  (i.  e.  redimeret), 
creditorem  ulterius  sniper  eo  minime  molestaret;  et  intra  statutuui 
tempus  per  certum  et  fidelem  nuntium,  prout  ei  videbatur,  cre- 
ditori  pecuniam  numeratam  remisit,  qnam  idem  nuntius  infideliter 
agens,  sicut  ei  iniunctum  fnerat,  non  persolvit:  et  postmoduni 
idem  E.  ab  Imperatore  detentus,  multa  pericula  sustinuit,  et  la- 
bores,  nee  dicto  G.  satisfacere  iK)tuit,  ut  debuit.  (Nunc  per  Dei 
gratiam  libertati  pristinae  resti tutus  paratus  est  pecuniam  red- 
dere  creditori:  licet  ipse  ])rorsu8  recusaret  recipere^  quia  ei  non 
fuerit  statuto  termino  persoluta).  Cum  igitur  pactum  legis  com- 
missoriae  sit  in  pignoribus.  improhatum,  et  praedictus  B.  quantum 
in  eo  fuit,  iuramenti  debitum  adimpleverit;  cum  per  eum,  quern 
certum  nuntium  esse  sperabat,  x>^cuniam  remiserit  termino  statuto, 
.sed,  dum  fuit  in  captione  detentus,  satisfacere  non  potuit  credi- 
tori, mandamus,  quatenus,  si  est  ita,  praedictum  creditorem,  ut 
sorte  sua  contentus  existat,  pensionibus  praefati  pignoris  eompu- 
tatis  in  cam,  et  donnim  illam  praefato  B.  omni  dilatione  post- 
lK>sita,  resignet,  pacto  tali  vel  iuramento  nequaquam  obstante, 
censura  ecclesiastica  cogatis». 

Xon  si  deve  pero  trascurare  che  il  Papa  InnocIsnzo   III,  nelle 


'®)  Brunnemann,  Commentar.  ad  L,  3  Cod,  de  poet,  pignor,^  n.  11; 
ScHLEiERMACHER,  Diss,  de  pacto  comtniesorto  in  pignore^  Giessen  1702, 
^  20;  Fed.  BoEHMER,  JVortiin  ins  controversum,  torn.  II,  observat.  137; 
Rain.  Bachov,  De  pignorib.  et  hypothecis^  lib.  I,  cap.  16  ed  Adolf o  Diet. 
Weber,  Svolgimento  Bistematico  della  teoria  delV  obbligaeione  nainrahy 
i"  122 J  not.  3,  pag.  540  ^. 


DE   PIGNBRATICIA.  ACTIONE  365 

cui  lettere  edite  dal  BALXJZfi  —  lib.  I,  epist.  33  —  puo  trovarsi 
ancora  interamente  questa  decretale,  addnce  due  ragioni  di  deci- 
dere,  delle  quali  ba  la  prevalenza  questa:  cbe  il  imtto  commis- 
sorio  e  proibito  legalmente;  mentre  I'altra:  cbe  il  debitore  non  si 
sia  reso  colpevole  di  alcun  ritardo,  ^  stata  aggiunta  solo  a  coiiva- 
lidare  la  decisione  papale.  Ma  quand'ancbe  la  seconda  ragione  non 
dovesse  in  tutti  i  casi  deiK)rre  in  vantaggio  del  debitore,  non  ue 
segue  ancbe  necessariamente  cbe  la  stessa  disposizione  del  Papa 
non  sia  applicabile,  poicb^  la  prima  ragione,  cbe  cita  lalegge 
come  motivo  principale,  ba  sempre  pieno  valore.  Infatti  ^  noto 
cbe  se  una  legge  si  ricbiama  contem]:)oraneamente  a  pareccbie  ra- 
gioni, quando  ancbe  una  di  queste  venga  a  mancare,  essa  legge 
mantiene  tnttavia  la  sua  validitdi  per  le  altre,  come  se  attualmente 
queste  ragioni  sussistessero  ancora  tutte;  ci5  ba  dimostrato  al- 
Pevidenza  Thibaut  '*)  con  pareccbi  esempi.  Con  ragione  quindi 
altri  giuristi  '^)  ritengono  nuUo,  in  base  al  testo  citato,  il  patto 
commissorio  in  materia  di  pegno,  ancbe  quand'esso  sia  stato  raf- 
forzato  con  nn  giuramento. 

Veramente  alcuni  '^)  credoiio  di  intravedere  ancora  una  seconda 
distinzione:  se,  cio6,  sotto  il  patto  commissorio  si  sia  celato  un  in- 
teresse  illecito,  oppur  no.  Solo  nel  primo  caso  il  patto  non  doTrebbe 
essere  obbligatorio  ancbe  per  il  diritto  canonico,  malgrado  il  giu- 
ramento ;  mentre  nel  secondo  caso  esso  dovrebbe  valere  a  causa  del 
giuramento  impegnato.  Ma  poicbe  non  si  pub  assolutamente  am- 
mettere  cbe  appunto  per  motivo  delPinteresse  vietato  il  patto 
commissorio  sia  stato  proibito  dalle  leggi,  cosl  di  questa  distinzione 


'^*)  Teoria  della  interpretasione  logica,  ^  25,  pag.  108. 

'*)  Ant,  MERENDAy  Controversiae  i«r.,  lib.  I,  cap.  3;  Giust,  Enn. 
HoEHMER,  Jtf«.  Eccles.  protestant,,  lib.  II,  tit.  24,  $  25 ;  Ant,  Faber, 
De  errorib:  pra<jnuUicor.j  decad.  XXI,  err.  8j  Stryk,  Us.  mod.  Pand^ 
h.  f.,  $  9;  Malblanc,  Doctr.  de  iureiurandoy  $  118,  pag.  511,  not.  176; 
de  Selchow,  Ulem.  iuris  germ.,  J  458  j  Claproth,  Oinrisprudenza  della 
(fiusia  e  pnideyUe  conclusione  del  patti  e  contratti^  2.^  parte,  (212;  Oebr, 
OvBRBKK,  Meditazioni  sii  dicerse  materie  giuridichef  vol.  V,  meditat.  288 
e  Danz,  Manuale  delVattuale  diritto  privato  tedesco,  vol.  II,  (  221 ,  pag.  350v 

"^)  Erxlebex,  Princip.  de  pignorih,  et  hypoth.^  J  118. 


366  LIBRO  Xni,  TITOLO  vir,  §  869. 

tauto  meno  pao  farsi  uso,  in  quanto  ne  anclie  il  diritto  canonico  ne 
porge  appiglio. 

Che  la  proibizione  del  patto  commissorio  abbia  ancora  oggi* 
gioruo  complete  vigore  non  pub  menomamente  iwrei  in  dubbio, 
percbfe  non  solo  le  antiche  leggi  tedesche  '*),  ma  anehe  le  piii  re- 
cent! legislazioni  '^)  lo  hanno  stabilito.  Deve  pero  distingiiersi  dal 
patto  commissorio  la  convenzione  per  la  quale,  nel  corso  di  paga- 
mento  non  seguito  regolarmente,  la  cosa  oppignorata  possa  essere 
acquistata  dal  creditore  per  nn  prezzo  modico  da  detenninarsi  in 
avvenire.  Nelle  leggi  non  ^  proibito  fare  una  simile  convenzione, 
anzi  essa  ^  esplicitamente  permessa  come  acquisto  condizionale. 

Mabciano  alia  L.  16  §  ult.  D.  depignoHb.,  20, 1,  dice:  «  Potest  ita 
fieri  pignoris  datio  bypothecaeve,  ut,  si  intra  certum  tentpus  non 
sit  soluta  pecunia,  iure  eniptoris  possideat  reni  iusto  pretio  tune  ae- 
stimandam:  hoc  enim  casu  videtnr  quodammodo  condicionalis  esse 
venditio.  et  ita  Divus  Severus  et  Antoninus  rescripserunt ». 

Si  obbietta  che  anche  questa  convenzione  debba  considerarsi, 
seuza  esitanza,  come  una  specie  del  patto  commissorio,  e  debba 
conseguentemente  esser  compresa  sotto  la  i)roibizione  generale  della 
L.  3  Cod.  de  pactis  pignar.  alia  quale  il  passo  delle  Pandette  do- 
vrebbe  cedere  in  ogni  caso  '**).  Ma  allora  si  dovrebbero  incolpare 


'^)  R.  Policey-Ordn,  delPanno  1577,  tit,  20,  $  5:  «  E  poiche  si  viene 
a  sapere  che  gli  ebrei  con  i  criHtiani  vengono  a  patti  sjieciali  per  cni  i 
I)egni  costituiti  che  in  un  tempo  fiBsato  non  siano  libcrati,  debbano  ca- 
dere  in  propriety  di  quelli.  £  poich^  cio  h  contrario  al  diintto;  noi  ordi- 
niamo  che  tali  patti  siano  proibiti  e  niilli,  ecc.  ». 

'5)  Code  NapoUoUj  art.  2078 :  «  Toute  clause,  qui  antonserait  le  crean- 
cier  k  s'approprier  le  gage  on  k  en  disposer  sans  les  foimalites  ci-dessus, 
est  nulle  ».  Jac.  von  Malevillr,  Commeniario  al  Codice  Napoleouej  tra- 
dotto  da  Blanch ARD,  vol.  IV,  pag.  166;  e  Bracer,  lUmfrasioni  al  Co- 
dice  Napoleone,  vol.  IV,  pag.  92  segg.  Ed  inoltre  II  diritto  territoriale 
generate  prussiano,  parte  I,  tit.  20,  ^  38;  Diritto  territorial  vr^irtember- 
ghese,  parte  II,  t.  7.  V.  Lodov.  Fed,  Griesikger,  Commentario,  vol.  I, 
pag.  445  segg.  Parecchi  esempi  sono  citati  da  Crist.  Teoflo  Riccio  in 
Problem,  iuris  germ,:  «  Nam  pactum  comniissorium  circa  pignora  in  Ger- 
manorum  fora  —  rursus  sit  invehendmn  et  approbandumf »,  lena  1743, 
4,  ^  18. 

'^)  V.   Weber,  Monografia  citata,  $  7  ed  8,  nei  suoi  Studi,  p.  365  seg. 


DE  PIGNEBATICIA  ACTIONE  367 

i  compilatori  delle  Pandette  della  piil  grande  inconsideratezza  e 
trascuratezza  nelP  accogliere  in  esse  dei  frammenti  dagli  scritti 
del  giureconsulti  che  approvano  il  ])atto  commissorio,  senza  darsi 
per  cio  alcun  pensiero  di  rinnovare  il  ricordo  di  on  patto  che  la 
Oostituzione  dell' iniperatore  CosTANTiNOy  da  Iofo  certamente  gik 
incori)orata  nel  1.**  Codice  delP  imperatore  Gixjstiniano,  voleva 
interamente  annullato.  Ma  |>oi  c'e  ancora  la  qnestione  se  la  con- 
venzione  in  parola  debba  effettivamente  ritenersi  una  specie  del 
patto  commissorio.  Di  cio  si  puo  con  fondamento  dnbitare  ove  si 
rifletta  che  Pessenza  del  patto  commissorio  consiste  propriamente 
in  questo:  che  il  debitore  si  rende  obbligato  dinanzi  al  creditore 
che,  ove  il  debito  non  venga  pagato  in  nn  determinato  tempo,  il 
l)egno  debba  rimanere  in  proprietdi  del  creditore,  in  Inogo  della 
somma  dovuta,  senza  ulteriore  compra. 

Non  ^  questo  per6  il  caso  della  convenzioue  di  cui  tratta  la 
L.  16  cit.,  poiche  in  questa  il  creditore  ottiene  il  pegno  in  virtu 
di  un  nuovo  contratto,  per  un  prezzo  da  determinarsi  secondo 
un'equa  misnra  —  onde  non  pub  nascere  il  timore  di  un  lucro 
disonesto.  La  maggior  parte  dei  giuristi  ''^)  distingue  percio  giu- 
stamente  questa  convenzione  dal  patto  commissorio,  e  la  ri-» 
tiene  i>ermessa  ancora  oggi.  Ed  appunto  relativamente  a  questa 
distinzione,  come  afferma  Wissenbagh  *^)  e  gi&  congetturava  Ba- 


^')  V.  Franc,  Balduino,  J)e  pigM^rihus,  cap.  17;  Jac.  GoTTorRKiK> 
in  Coman.  ad  L,  un.  Cod,  Theodos,  de  commisBoria  resc,^  torn.  I,  p.  293 
e  segg.;  Bain.  Bachov,  De  pUjnorib,,  lib.  I,  cap.  16,  nr.  9;  Hubert 
GiPHANius,  Ujrplanat.  diffieilior,  LL,  C.  ad  L.  ult,  de  poet,  pignor.,  t.  II, 
pag.  401;  Vlr.  Hubbr,  FraeUet.  ad  Fand,,  lib.  XX,  tit.  I,  $  15;  Oer. 
Nooi>T,  Comm.  ad  Dig.,  lib.  XVIII,  tit.  1,  Operumy  t.  II,  pag.  389 ; 
Jo,  Ortw,  Westenbbrg,  Frincip,  iuris  sec,  ord.  Pand.j  lib.  XX,  tit.  I, 
^  32;  Ougl.  Best,  Batio  emendandi  legesj  cap.  XXI,  J  5  e  6;  van  Mus- 
dCHENBROECK,  cit.  Spcdmen  de  lege  commiseoria  in  pigmrey  cap.  2,  pa- 
gina  567 ;  Gio,  Bern,  Bmest.  Emminghaus,  ad  Cocceji  ius  eiv.  contror., 
lib.  XIII,  tit.  7,  qu.  10,  nota  /;  Westphal,  IHritto  di  pegnoj  i  194; 
Oiul.  Fed.  Malblanc,  Prindp,  iuris  rom,,  p.  II,  sect.  II,  ^  571 ;  Crist. 
Aug.  GCnther,  Frincip.  iuris  rom,  priv.  novtM.,  p.  II,  J  684;  Thibaut, 
Syst.  des  P,  B.,  t.  II,  i  649  e  Crist.  Teofih  Gmelin,  Saggi  sui  contratti 
in  generate  J  eec,  (  64,  pag.  131  s. 

'»)  JEmblenuita  Trihoniani,  cap.  IV,  init.,  pag.  46,  edit.  Halens  1736,  8. 


368  LIBBO   XIII,    TITOLO   VII,   §    869. 

€HOV  *^)  ciii  consents  anche  Huber  *"),  Triboniano  deve  aver 
aggiunto  le  parole:  iusto  pretio  twio  aestimandam ;  perche  ai  tempi 
<li  Marciano  il  patto  commissorio  era  ancora  incondizionataiuente 
•valido  anche  negli  oppignorainenti.  Qaesto  poi  sarebbe  nn  nuovo 
argomento,  per  eccettuare  tale  stipalazione  piu  ragionevole,  dalla 
proibizione  del  patto  commissorio. 

Pero  Giovanni  Wybo  **)  non  crede  necessario  ammettere  tale 
interpolazione,  perch^  la  distinzione  e  per  s^  stessa  evidente, 
oltre  che  la  decisioue  ^  confermata  ancbe  da  nn  rescritto  degli 
imperatori  Severo  ed  Antonino. 

Pifi  vivamente  si  discute  se  il  patto  sia  valido  anche  qiiando 
81  e  convenuto  che  il  pegno  debba  rimanere  acquisito  al  creditore 
per  un  prezzo  fissato  fin  dalPepoca  della  convenzione,  nel  caso  in 
cui  il  debitore  non  paghi  all'epoca  stabilita.  Alcuni  ^^)  la  dichia- 
rano  assolutamente  nulla,  a  simiglianza  del  patto  commissorio.  Se 
X)er6  il  prezzo  determinato  nella  convenzione  e  cosi  equo  che  il 
debitore  non  abbia  a  rimetterci  menoniamente,  non  si  puo  con  fon- 
dauiento  muovere  opposizione  alcnna  contro  la  validity,  sua  ^^).  II 
motivo  su  cui  si  basa  la  legge  citata  e  qui  ancora  piii  giusto  che 
in  quel  caso  in  cui  il  prezzo  deve  esser  determinato  non  appemi 
si  verifichi  la  oondizione;  poich6  qui  si  e  realmente  conchiuso  im 
aequisto  condizionale.  In  qnello  jwteva  dirsi  solamente:  videtar 
quodammodo  condicionalis  esse  venditio;  perche  mancava  ancora  la 
determinazione  del  prezzo,  la  quale  6  necessaria  in  un  contratto 
di  acquisto  vero  e  proprio.  Ouglielmo  Best  ***)  ha  quindi  chiarito 
assai  bene  questo  passo  dicendo:  «  Sed  quid  sibi  vult  istud  quo- 
dammodo f  Soliusne  modestiae  est  particula,  non  vero  necessitatis! 
Imo  necessitatis.  Indicat  enim  ilia  vox,  hoc  pactum  proprie  non  esse 

'*•*)  Tr.  de  ptgnorib,,  lib.  I,  cap.  16,  ii.  9,  pag.  81. 

^")  Eunomia  ram,,  lib.  XX,  ad  L.  19  J  ult.  D.  de  pign,  et  hgpoth. 

*^)  i>e  Triboniano  ab  emblematibus  Wissembachii  liberatOj  cap.  IV,  $  1, 
pag.  293  edit.  Halens. 

^*)  HUBBR,  Pratlect.  ad  Pand.,  lib.  XX,  tit.  I,  $  15:  Weunhkr,  06- 
servat,  for,,  t.  Ill,  p.  IV,  obs.  62. 

*3)  hKYsmi,  Meditat.  ad  Fand.,  specim.  CLVIII,  cor.  I;  Westphal, 
Dlritto  di  pegno,  $  194,  nota  216  a;  Gmelik,  8a>ggi  sui  contratii^  $  63, 
pag.  130;  Thib AVT,  •  Sistema  del  dir.  delle  Pandette,  vol.  11,^  649. 

*^)  Batio  emendandi  leges,  cap.  XXI,  J  6. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  369 

eonditionalem  vendifionem,  Eiusque  rei  ratio  non  est  valde  obscura. 
Conventio  ilia  appellatur  venditio  quodammod-o  conditionalis,  quia 
per  omnia  venditioni  sub  conditione  factae  non  est  siniilis;  cum, 
quia  pretii  certi  non  est  promissio,  quod  tamen  requiritur,  ut  emtio 
omnibus  suis  numeris  constet  *^);  tum  quia  hie  alius  contractus, 
pigneratitius  nempe,  praecedit,  et  intentio  utriusque  non  tarn  in 
^0  est,  ut  venditio  contrabatur,  quam  ut  debitum  solvatur,  et  resti- 
tnatur  pignus  *°).  Movit  itaque  IC  tum,  et  imperatores,  ut  hoc  pactum 
<;onfirmarent,  novus  emtionis  contractus,  qui  huic  pacto  inliaeret, 
et  ex  post  facto,  si  perflciatur,  omnem  metum  fraudis   excludit  ». 

Deve  pur  notarsi  che  ancbe  nella  pratica  si  e  frequentemente 
reclamato  in  favore  del  patto  in  virtti  del  quale,  ove  non  sia  av- 
venuto  il  pagamento  del  debito,  il  venditore  puo  acquistare  il 
pegno  per  un  prezzo  determinato  all'atto  della  convenzione  o  da 
fissarsi  in  seguito  ^*). 

Basandosi  sui  medesimi  argomenti  deve  eccettuarsi  dalla  proi- 
bizione  del  patto  commissorio  quella  pattuizione  in  virtil  della 
<]uale  si  conviene  che  il  pegno  debba  rimanere  acquistato  per  un 
^iusto  prezzo  al  garante  che  paghi  in  luogo  del  debitore  negli- 
gente.  Di  questo  patto  tratta,  come  di  acquisto  condizionale  lecito, 
la  L.  ult.  D.  de  contrah.  empt.  vendif,  18,  1,  in  cui  Scevola  dice: 
«  Titius  cum  mutuos  acciperet  tot  aureos  sub  usuris,  dedit  pignori 
give  hypothecae  praedia  et  fideiussorem  Lucium,  cui  promisit 
intra  triennium  proximum  se  eum  Uberaturnm:  quod  si  id  nonfecerit 
die  supra  scripta  et  solvent  debitum  fideiussor  creditori,  iussit  prae- 
dia **)  empta    esse,    quae   creditoribus  ^^)    obUgaverat.    quaero,  cum 


^■*)  ^  1  1,  de  empt.,    3,  23j  L.  7  $  1  D.  (Z6  contrah.  empt,^  18,  1. 

8«)  Arg.  L.  80  fine  D.  de  contrah,  empt.,  18,  1;  L.  12  D.  de  S.  C.to 
Macedon.y  14,  6;  L.  58  $  2  D.  pro  socio,  17,  2. 

*")  V.  Oio,  Ulr.  de  Cramer,  Observ.  inris  univ.,  torn.  I,  obs.  434; 
Lauterbach,  Colleg.  ih.  pr.  Fand,  h,  t,,  ^  11  ed  Ernest,  Ferd.  Klefn, 
Amiali  delta  legislazione  e  delta  sciensa  giuridica  negli  Stati  jn'ussiani, 
vol.  XVIII,  pag.  266  segg. 

**)  Gugl,  Best,  Ratio  emendandi  leges,  cap.  21,  $10,  crede  che  qui  si 
<lebba  inaerire  anclie  la  parola  «ei»  scil.  Lucio  fideiussor i, 

^*-^)  Haloander  legge  qui  creditori;  meglio,  per6,  Gugl.  Best,  1.  c., 
creditori  s^io. 

GlIck.  Cooim,  Pjndett  \  —  Lib.  XIII.  —  47. 


370  LIBRO   XIII,    TITOLO   Vlf,    §   869. 

non  sit  liberatns  Lucius  ftdeiussor  a  Titio,  an,  si  solvent  creditori, 
empta  luiberet  8ui)ra  scripta  i)raedia.  respondit  ^%  si  non  ut  in 
camam  ohligatioms,  sed  ut  empta  haheat,  stib  condicione  emptio  facta 
€8t^^)  et  contractam  esse  ohUgationem  » , 

II  caso  qui  deciso  da  Sckvola.  era  precisanient-e  il  seguente: 
un  debitore  aveva  dato  al  suo  creditore  non  solo  dei  fondi  ia 
I)e|?no,  ma  anclie  un  fideiussore  in  garanzia.  Pero  egli  aveva  pro- 
messo  al  fideiussore  di  liberarlo  dalla  garanzia  entro  un  tenii>o  de- 
terminato;  era  stato  pattuito,  intanto,  che  nel  caso  in  cui  egli  non 
avesse  mantenuto  la  sua  promessa  ed  il  garante  avesse  dovuto 
pagare  per  lui,  il  fondo  dato  in  pegno  al  creditore  sarebbe  ri- 
masto  acquistato  al  fideiussore.  II  debitore  non  mantenne  laparola; 
ed  il  fideiussore  aveva  pagato  per  lui. 

Si  faceva  questione  se  il  fideiussore  avrebbe  potuto  far  valere 
Pacquisto  pattuito  in  previsione  di  tal  circostanza.  Scevola 
decide  die  il  patto  sia  valido  se  Pintenzione  delle  parti  era  clie 
il  garante,  nel  caso  stabilito,  dovesse  acquistare  i  fondi  per  un 
equo  prezzo;  non  sia  valido,  invece,  se  Pintenzione  delle  parti  mirava 
a  questo:  clie  il  garante  dovesse  ritenere  Pipoteca,  seuipliceiuente 
per  Pimi)ortare  di  quanto  aveva  pagato  al  creditore  in  luogo  del 
debitore.  E  giustamente.  Infatti  nel  secondo  caso  non  si  puo  dis- 
conoscere  il  patto  commissorio.  Percli6  questo  si  abbia,  non  im- 
I>orta  clie  il  i)egno  cada  nelle  niani  del  creditore  stesso  o  di 
un  terzo:  altriinenti  con  quanta  facilitii  non  si  sarebbe  potuto 
eludere  il  divieto  della  legge,  mettendosi  d'accordo  col  garante  t 
E  poi  il  garante  clie  lia  pagato  pel  debitore,  diviene  a  sua  volta 
suo  creditore. 

Che  pero  egli  sia  un  nuovo  creditore,  come  intende  obbiettare 
a  questo  punto  Antonio    Faber®*),    e    altrettanto    poco    deeisivo 


^^)  Haloanper  e  Baudoza  iiivece  di  respondit  leggoiio  meglio  re^poiidif 
ed  in  qiiesta  lezione  s'accorda  anclie  il  Codice  Erlangen. 

^•)  Invore  di  facta  est^  et,  Best,  1.  c,  png.  310,  vnol  leggere  a  pre- 
ferenzH  facta  esset,  Cosl  pare  Brenckmann,  nel  GebavertHchen  Carpus  iuris 
ad  A.  /. 

^*)   National,  in  Pand.  ad  L.  ult.  pr,  D,  de  contrah.  E,    F, 


DE   PIGNEBATICIA  ACTIONE  371 

quanto  il  pregiudizio  die  debba  favorirsi  pid  il  g€irante  clie  il 
creditore.  Ma  nel  primo  caso  il  patto  ^  valido  come  eoinpra  con- 
dizionalej  e  a  tal  rignardo  6  perfettamente  lo  stesso  die  lo  si 
sia  conehiuso  col  creditore  iiiedesimo  o  col  garante,  perch^  il 
debitore  non  soffre  daimo  alcuno  in  quanto  paga  il  debito  dal  va- 
lore  della  cosa,  ed  il  soprappiti  gli  Tiene  restituito. 

Cosl  spiegano  questo  frammento  Franc,  Balduino  ^%  Jac, 
GoTOFREDO  ^%  Uberto  Ghifanio  ^^),  Giovanni  Yoet  ^%  Ouglielmo 
Best  ^')  e  Giovanni  Gugliehno  van  Musschenbroeck  '*).  Se  e 
giusta  questa  spiegazione  suUa  quale  non  puo  sussistero  alcun 
dubbio  fondato,  Scevola  ba  qui  sufficienteinente  cbiarita  la  dif- 
ferenza  del  patto  della  validitii  del  quale  egli  decide,  dal  patto 
cominissorio,  ed  e  quindi  evidentemente  a  torto  die  si  vuole  sot- 
toporre  alia  proibizione  di  quest^ ultimo  quella  convenzione,  e  si 
Yuol  affermare  die  il  frammento  delle  Pandette  sia  stato  abrogato 
dalla  L.  ult.  Cod.  de  pactis  pignor.j  8,  34  **). 

§  870. 
II  patto  anticretico  "). 

Era  gli  obblighi  del  creditore  pignoratizio  6  compreso  inoltre 
questo: 

III.  Clie,    se   il   pegno    consiste  in  una  cosa  fruttifera,  egli 

*^)  De  pignorib.  et  hypoth.,  cnp.  17  in  f. 

^^)  Commentar,  ad  L.  un.  Cod,  Theodos,  de  commies,  rescind, j  tom.  I, 
pAg.  294. 

*^)  Explanat,  difficilior,  et  celebrior,  legum  Co^icis,  lib.  VIII,  ad  L.  3 
de  pactis  pignorum,  jMig.  399. 

**)   Commentar,  ad  Pand,,  lib.  XX,  tit.  I,  J  25  in  f. 

**')  Batio  emendandi  LL,,  cap.  XXI,  J  7-12,  pag.  806  segg. 

**)  Cit.  Specim,  de  lege  commiss,  in  pignore,  cap.  II;  Ger.  Orlkich, 
Thes.  nov.  dissert,  belgic,  vol.  I,  tit.  II,  pag.  656  seg. 

**)  Su  questo  punto  aono  d'accordo  anche  Westphal,  Dir,  di  pegno, 
$  260,  nota  292,  n.  3,  pag.  379  seg.;  —  Coccejo,  in  lus  civ,  con- 
<ror.,  h,  t,,  qu.  10;  —  Emminghaus,  ad  eundem,  nota  /,  e  Thibaut, 
Sistema  del  diritto  delle  Pandette,  parte  II,  $  649,  i.  f. 

V)  Nel  nostro  codice  I'antioresi  h  definita:  un  contralto,  median  to  il  quale 
il  creditore  acqnieta  il  diritto  dl  fare  suoi  i  frntti  dell 'immobile  del  sno  debi- 


372  LIBBO   XITI,   TITOLO   VH,   §   870. 

debba  render  conto  tunto  dei  frutti  percepiti  quanto  di  quelli  pen- 
dent! ^°°).  Quest'  obbligo  pero  vien  nieno  se  al  contratto  di  pegno 


100 


)  L.  1,  L.  3  C.  h.  t. 


tore,  coH'obblijifo  di  imputarli  annualmente  a  sconto  degli  interessi,  se  gli  sono 
dovuti,  e  qnindi  del  oapitale  del  suo  credito  (art.  1891);  poRt^ono  per6  i  con- 
traenti  stipiilare  che  i  frutti  si  compenseranno  con  gli  interessi  in  tutto  od  in 
parte  (art.  1895).  Inoltre  I'auticresi  non  produce  effetto  cbe  nei  rapporti  tra 
debitors  e  creditore  e  i  loro  credi  (art.  1897).  Con  quest'ultima  disposizione, 
a  opinione  dei  pifi,  h  risoliifa  I'annosa  qnestione  dibattuta  nolla  dottrlna  fran- 
cese,  o  possibile  anche  sotto  il  regime  del  Cod.  Albertino,  se  cio^  Tanticresi 
costituisce  nn  diritto  reale  o  personate.  Dottriua  e  giurisprudenza  ritengono 
ora  qnnsi  unanimemente  che  la  legge  nostra  tolga  ogni  carattere  di  reality  al- 
Tanticresi,  e  no  faccia  invece  un  diritto  personale,  inefficace  qnindi  nei  rap- 
porti fra  il  creditore  possessore  del  fondo  anticretico  e  gli  altri  creditori  del 
debitore.  Ossorva  il  Lomonaco  {Diritto  civ.  ital.f  vol.  unico,  1904,  p.  856)  cb© 
«  ove  la  legge  avesse  estesi  gli  effetti  deiranticresi  oltre  la  cerchia  dei  con- 
traenti  e  del  loro  oredi,  tntte  le  gnarantigie  del  sisteuia  ipotecario  sarebbero 
venute  meno  ».  Cbe  di  diritto  personale  si  tratti  aifernia  anche  il  Chironi 
(Queationi  di  dir,  oivilff  pag.  238),  il  quale  nega  che  Tanticresi  sia  solo  modo 
di  pagamento ;  essa  e  anche  garanzia  di  pagamento.  ^  modo  di  pagamento  perchi^ 
ostingue  prima  gli  interessi  del  debito  e  poi  il  capitale;  ^  garanzia  perchfe  il 
debitore  uon  pu5  riavore  il  godimento  della  cosa  prima  dellMntera  soddisfa- 
zione  del  debito.  Partendo  da  qnesti  concetti  (v.  anche  dello  si'ESSOy  Trattaio 
dei  j?m't?e<7i,  delle  ipoteche,  ccc,  I,  pag.  584)  I'illnstre  professore  di  Torino  ar- 
riva  a  toglier  di  mezzo  alcune  obbiezioni  che  ancora  potrebbero  sollevarsi 
contro  la  personality  del  diritto  di  anticresi;  egli  uon  ammette  che  dalla  legge 
possa  desumorsi  uu  diritto  di  ritenzione  esperibile  dal  creditore  contro  chiunque ; 
o  conclude  che  «  I'elemento  della  guarentigia  si  confonde  con  I'altro  del  modo 
di  pagamento,  ma  nei  rapporti  cou  gli  altri  creditori  questo  E>econdo  oaratt-ere 
toglie  ilsopravvento,  ed  a  buon  diritto,  perch^  a  oonsidorarlo  come  diritto  di 
guarentigia  il  godimento  contra8tereb1)e  apertamente  con  tal  contenut-o ;  e  come 
diritto  del  godimento  ha  solo  ragion  d'essure  nella  estinzione  del  debito.  Percio 
ingiustamento  verrebbe  iufocata  contro  gli  altri  creditori;  in  difetto  di  prela- 
zione  il  patrinionio  del  debitore  dove  fornire  a  tutti  un'eguale  geranzia,  nh 
il  creditore  anticretico  pn5  ottenere  il  pagamento  deleaver  suo  a  preferenza 
degli  altri  creditori  fra  i  qiiali  si  apre  il  coucorso:  la  riteuzione  ha  vigore  ri- 
spetto  al  debitore  ed  ai  snoi  eredi  percli^  in  virtu  del  patto  non  possono  op- 
porsi  a  cbe  il  pagamento  segiiainuno  dei  modi  convenuti  ».  Esseudo  dunqne 
il  diritto  di  anticresi  merameute  personale,  non  produceudo  alcun  elfetto  ri- 
spetto  a'  terzi,  non  entra  punto  nei  novero  delle  cause  legit  time  di  prelazione, 
le  quali  del  resto  sono  tassativameute  indicate  agli  art.  1950  e  segg.  Come 
gi&  si  h  acccnnato  il  creditore  ha  il  diritto  di  ritenere  V  immobile  che  gli  si  t^ 
consegnato  in  anticresi  sino  all'intoro  pagamento  del  suo  credito,  sempre  nei 
limiti  dei  suoi  rapporti  col  debitore. 

Egli  pub  valersi  di  tale  diritto  anche  per  la  slcorezza    di  un  nuovo  credito 
contratto  conformemcnte  alia  disposizione  dell'art.  1888  c.  c;   tal    diritto  poi 


DE  PIGNERATICIA  ACTIONE  37^^ 

e  stato  unite  il  patto  anticretieo.  Sotto  questo  nome  s'intende  il 
patto  col  quale  e  st^to  concesso  al  creditore  il  godimento  deUa  cosa 
oppignorata^  cosl  cbe  egli  h  in  diritto  di  appropriarsi  annualmente  i 
frutti  iu  luogo  degli  int^ressi  dovutigli  ^).  La  denominazione  stessa 
proviene  dal  greco;  per5  non  si  e  ancora  d'accordo  se  la  si  debba 
far  derivaro  da  yf*Y,rjai  cbe  significa  utendnm  dare  o  da  y^pri^S-oLi^ 


^)  Son  degne  di  nota  1ft  "segiienti  opere:  Wo1f(j.  Ad.  Lauterbacii, 
Disquisit.  de  itire  avTt;r,o/iT£w;,'^Tubinga  1654  j  JEnr.  Coccejo,  Dtsput  de 
antichresi,  Heidelberg  1678  (in  Eius,  Exercitat..  vol.  I,  n.  29);  Gio, 
FiL  Strkit,  Diss,  de  antichresis  Erford.  1706;  Gio.  GiujL  Max,  Diss, 
de  pacto  antichrelico,  Utrecbt  1709;  Ug.  Franc,  Hunold,  Diss,  de 
pacta  pignoris  antichretico,  Erford  1721 ;  Corr,  Gugl,  Stkecker,  Diss, 
de  pacto  antichrtHco,  Erf.  1726;  Em,  Brokes,  Diss,  de  antichresis  <?w(i- 
tenus  est  usxirariae  pravitatis  involucrnms  cautelis  eliminandaj  Viteiu- 
berga  1734;  Em.  Gio,  Fed,  Mantzel,  Positiones  inaug,  de  limit ibuv 
contractus  antichretici,  Rostocli  1738;  Aug,  A.  Levser,  De  pignore  an- 
tichretico ;  in  Eius ,  Meditat.  ad  Pand.,  sx>eciin.  CLVII  ;  Ger,  Fed* 
ScnORCic,  Pr,  de  vsu  pignoris  a  debitore  loco  vsnrarum  concesso.  Erf. 
1748;  Crist,  Fed,  TOnne  row  LCttichau,  Esame  giuridico  matema- 
iico  delta  teoria  del  suppegno  fruttifero  (nei  Saggi  misti  giuridico-mate^ 
matici,  Altona  1769,  8,  dello  Rtesso)  n.  1;  God,  Dan,  Hoffmann, 
ictus  mathematicus  et  in  specie  analysta  circa  antichresin^  Tub.  1767; 
Sam.  Bain.  Weber,  Tract,  iurid.  mathemat,  de  pacto  antichretico^  Got- 
tinga  1772 ;  Garlieb.  Hanker,  Diss,  de  vera  indole  et  natura  antichreseos^ 
Giessen  1783  e  Giorg.  Happel,  I  diritti  del  creditore  rispetto  alpegno  ma- 
nuale  ed  aipegni  a^iticretici  specialmente  nelV apertura  del/allimento,  Giessen 
e  Darmstadt  1802,  8. 


h  iiidivisibile  come  quello  rinultante  dal  pegno  (art.  1889  e  1896).  II  creditore, 
per6,  noQ  divieue  proprietario  dell' immobile  per  la  sola  maucanza  del  pag:i- 
mento  nel  termine  con'venuto;  qiialunqtie  patto  la  contrario  ^  nullo  (art.  1894j; 
quando  il  creditore  anticretico  non  venga  pagato  pu5  ricorrere  airautorita 
giudiziaria  per  chiedere  la  spropriazioue  del  fondo  contro  il  suo  debitorir 
(art.  1894).  II  creditore,  poi,  ha  varl  obbligbi:  in  priiiio  luogo  devo  unare  del 
V  immobile  anticretico  ed  amministrarlo  da  baon  padre  di  famiglia  ;  eppen> 
deve  provvedere,  Hotto  pena  del  danni,  alia  manuteuzione  ad  alle  riparazioni 
necetwarie  dell'  immobile  (art.  1892,  1.°  alineu).  Tub  pero  prelcvare  tali  spese 
sol  frutti  (art.  1892,  2.^  alinea).  II  creditore,  se  non  fu  convennto  diversamente^ 
h  tenuto  a  pagare  i  tributi  ed  i  peRi  annui  dell' immobile  cbe  tiene  in  anti- 
cresi  (art.  1892).  Ma  da'  tributi  ed  altre  obbligazioni  pub  liberargi  costringendo 
il  debitore  a  ripreudere  il  godimento  deir immobile,  purcli^  non  abbia  rinun- 
ziato  a  questo  diritto  (art.  1893).  Finalmeute  il  creditore  h  tenuto  a  restituire 
il  fondo  appena  sia  stato  completamente  sodisfatto  (art.  1893). 


374  LIBEO  Xin,  TITOLO  VII,   §   870. 

utendum  accipere  sen  titi  *).  Qnesto  e  certo:  cbe  la  parola  anti- 
chresis Becondo  Petimologia  significa  lo  stesso  cbe  mntuus  mus, 
reciproco  uso,  e  vieii  presa  in  parte  per  il  patto  col  qaale  si  e 
convenuto  fra  le  i>arti  iin  uso  reciproco  di  cose  diverse,  in  parte 
per  il  diritto  di  uso  acquisito  per  mezzo  di  tale  patto,  in  parte 
per  Poggetto  di  tal  diritto  o  la  cosa  stessa  cbe,  in  virtii  di  esso 
patto,    e    stata  concessa  ad  altri. 

Questo  patto  e  frequentissimo  nel  contratto  di  pegno,  non  perb 
cosi  peculiare  ad  esso,  cbe  non  possa  esser  concliiuso  ancbe  in 
occasione  di  altri  negozi;  poicbe  la  natiira  delPanticresi  non  con- 
siste  in  una  garanzia  qualunqne  ottenuta  dal  creditore,  sibbene 
nel  dover  egli  godere  dei  frutti  di  una  cosa  in  luogo  di  ricevere 
interessi.  E  percio  la  si  pub  concepire  ancbe  senza  Poppignora- 
inento  della  cosa  e  puo  aver  laogo  in  ogni  e  qualnnque  contratto, 
tanto  nominato  quanto  innominato,  con  cui  i  contraenti  si  riser- 
vino  il  reciproco  uso  di  cose  diverse  %  Gli  esenipi  cbe  uoi  riscon- 
triamo  nelle  leggi  *)j  di  tale  anticresi,  non  originata  da  alcun  op- 
pignoramento,  pongono  cio  fuori  dubbio.  Xondimeno  luolti  ^),  con 
(JuiACio %  sostengono  l'oi)inione  contraria;  questi  insegna:  ivriyr^f^Yi'm 
est  species  pignoris  ita  dati,  ut  donee  peeunia  solvatur,  pignore  cre- 
ditor utattir  frvatur  in  ricem  usurarum. 

Pero,  se  non  puo  negarsi  cbe  le  leggi  facciano  abitualmente 
inenzione  ")  delPanticresi    a   proposito  del    contratto   di    iiegno   e 


')  V.  Claud,  Salmasio,  Ti\  de  modo  ustirarumy  cap.  14;  Am.  Vinnio, 
Select,  iuris  quaestion,,  lib.  II,  cap.  7j  Oer.  Noodt,  Observation. j  lib.  II, 
cap.  9. 

^)  V.  JUnr.  CoccEJO,  Diss.  cit.  de  antichresiy  ^  3-6  ed  Oio,  Jae.  Kebs, 
Commeutat.  ad  L.  8  7>.  in  quibus  vausis  pigmis  vel  hypoth,  incite  con- 
trahitur,  Lipsia  1811,  pag.   12  segg. 

*)  L.  6  C.  Quod  cum  eo,  qui  in  aliena  potest. ^  4,  26.  L.  14  C.  de 
nsurin,  4,  32. 

•''»)  Janus  a  Costa,  in  Commentate  ad  §7  J.  de  action.;  Fed.  Es.  a 
PuFENDORF,  Observation,  iuris  civ.,  torn.  II,  oba.  169;  \Vesti»hal,  Di- 
ritto di  pegnoj  ^  66,  nota  89,  pag.  125 ;  Hanker,  Diss,  de  vera  indole  et 
natura  antichreseos,  $  4  ed  i  piii. 

^)   Observation.,  lib.  Ill,  cap.  35. 

'')  Percid  il  giiireconsulto  Marciano  nel  sue  Liber    singularis    ad  for- 


I)E   PIGNEEATICIA   ACTIONE  375 

percio  iiidicliino  con  qiiesto  nome  in  sense  proprio  il  p^odimento 
dei  fnitti  del  pegno  in  luogo  degU  interessi  *),  non  pub  affermarsi 
come  necessaria  conseguenza  cl^.  Panticresi  sia  una  specie  del 
pegno  o  del  contratto  di  pegno,  come  non  piio  dirsi  clie  il  patto 
commissorio  sia  una  specie  del  contratto  di  acquisto. 

I  luoglii  di  diritto  roinano  die  truttano  dell'anticresi  ce  ne  fa- 
ranrio  conoscere  pin  intimamente  la  natura. 

Vi  si  riferiscono  i  seguenti  ])assi: 

l.**  L.  33  D.  h.  f. :  «  Si  pecuniam  debitor  solvent,  potest  pi- 
gneraticia  actione  uti  ad  reclperandam  iyrLyfjYj^iv:  nam  cum  pignus 
sit,  lioc  verbo  poterit  uti  ». 

Qui  si  tratta  di  un  caso  in  cui  al  contratto  di  x)cgno  era  stato 
aggiunto  il  patto  anticretico,  ed  il  debitore,  dopo  estinto  il  debito, 
reclamava  il  pegno  anticretico.  Quindi,  la  ])arola  a^itichresis  vi  6 
usata  nel  senso  di  cosa  clie  viene  oppignorata  al  creditore  sub 
pacta  antichretico.  Se,  in  questo  caso,  il  creditore  ne  riftutava  la 
restituzione,  senza  dubbio  Vaciio  pignei^aticia  aveva  buon  foji- 
dameuto;  quindi  le  parole  hoc  verbo  poterit  uti  significano  lo 
stesso  clie  hac  formula,  od  hac  actione  poterit  uti  *).  La  decisione 
vien  fondata  sul  fat  to  clie  in  questo  caso  e  stato  conchiuso  un 
contratto  di  pegno. 

Questo  6  incontestabilmente  il  senso  delle  parole:    cum  pignus 
sit,  clie  Salmasio  *^),  senza  alcun  motive,  ritiene  un  glossema. 
2.<»  L.  11  §  1  D.  depignorib,  ethypoth.  20, 1,:  «  Si  ai/riypr,7ic  **) 


wulam  ht/pothccariam  trattava  anclie  dclPanticresi,  come  risaltadalla  L.  33 
D.  de  pignerat,  actione, 

*)  Negli  Scolii  dei  Basilici,  toiii.  IV,  p.  30  ^  detto:  'AvTty^pr,tTt;  i-jm^ 
ore  ToO  07ro5«u2vo'j  aovou  tou^  xxottojc  avri  toxwv  Six'ixuSivoi,  i.  e.  Anti- 
CHUEsis  cfit,  i'fun  quis  fundi  pignerati  frncfus  in  vicem  tisurannn  percipit, 

^)  11  significato  di  reihmn  per  formula  sen  actio  si  deduce  anelie  da 
altii  Inoghi:  L.  4  J  2  D.  de  vulgar i  et  pupill.  substitut.j  28,  6;  L.  35  Cod.  de 
iuoff.  testam.,  3,  28;  L.  2  Cod.de  bonis  vacantib.  10. 10;  V.  Barn.  Brissonio, 
De  rerbor.  signifu-at.^  v<»c.  Verbum,  e  Westvual,  Diritto  di  pegno,  $  66, 
iiota  89,  png.   125. 

^^')  Loc.  fit.  Anclie  i  Basiliti,  torn.  IV,  pag.  12,  hanno  /,  oi*jxiypr,7i; 
iviyjorj'J  CTTt. 

'•)  La   Vulgata  qui  legge:  id  est,  mutuus  pignoria  usus  pro  credito.  Ma 


376  LIBRO   Xni,    TITOLO   VII,    §   870. 

facta  sit  et  in  fiindum  ant  in  aedes  aliquis  indncatur,  eo  usque 
retinet  possessionem  pignoris  loco,  donee  illi  pecunia  solvatwr,  cum 
in  usm'aa  fructus  percipiat  aut  locando  aut  ipse  percipiendo  liabi- 
tandoque:  itaque  si  ainiserit  possessionem,  solet  in  factum  ac- 
Hone  uti  ». 

Qui  la  parola  antichresis^  come  lia  osservato  assai  giustamcnte 
XooDT  **)  contro  Sal:masio,  h  presa  nel  senso  di  patto anticretico ;  que- 
sto  era  stato  concbiuso  senza  oppignoramentodellacosa:  secondo  il 
patto  il  creditore  doveva  ritenere  il  i>ossesso  del  fondo  come 
pegno,  fin  tanco  die  il  capitale  fosse  stato  rimborsato,  e  godere  del 
frutti  in  luogo  degli  interessi ;  perb  egU  aveva  giA,  antecedentemente 
perduto  il  possesso.  8i  domandava  quindi  che  azione  spettasse  al 
creditore  per  ottenere  il  risarcimento.  Marciano  decide  per  Vactio 
in  factum.  Quei  giuristi  i  quali  imaginano  die  un'anticresi  non 
possa  concepirsi  senza  un  diritto  di  pegno,  si  trovano  in  non  pic- 
colo imbarazzo  i)er  causa  di  questa  decisione.  CuiACio  ^^)  crede 
<li  evitare  la  difficolt^  nel  modo  pid  facile  dicendo  con  Azo  clie 
Vactio  tn  factum^  di  cui  qui  si  fa  menziono,  non  esclude  Pazione 
ipotecaria.  15  d'accordo  con  lui  anche  Westphal  **),  il  quale  pari- 
menti  crede  die  Vactio  in  factum  data  in  questo  caso  non  sia  altra 
in  effectu  die  Pazione  ipotecaria. 

Ma  gii\  in  contrario  Renardo  Bachov  *^)  ricordava,  non  senza 
fondamento,  che  in  tema  di  oppignoramenti  in  nessun  caso  si  era 
pensato  sAVactio  in  factum,  e  die  al  giureconsulto  romano  sarebbe 


qaeete  parole  mancano  nel  manoscritto  fiorentino  delle  Pandetff^  eil 
anche  nei  Basilieif  torn.  IV,  pag.  34,  non  vi  sono  [Cnf.  Hkimbach,  III, 
69,  XI].  Ne  nnche  si  Jeggono  nel  nostro  Codice  Erlangen.  Non  senza  fon- 
<lamento  perci6  Lauterbach  in  Diss,  de  iure  antichreseos,  p.  2,  leritieiie 
un  gloBseina.  £  ridicolo  poi  che  i  Glossatori,  per  ignoraaza  del  greco, 
abbiano  letto  antiphona  in  luogo  di  avTt;^o>?7tj,  parola  ohe  qui,  come 
osserva  anchc  Andr.  Alciato,  Dispumiion.,  lib,  II,  cap.  3,  non  ha  sense 
jilcimo. 

^^)   Observation.,  lib.  II,  c.   9. 

'3)  Lib.  Ill  Observation,,  cap.  35  in  f. 

'^)  Diritto  di  pegno,  i  66,  nota  89,  pag.  125. 

^^)  Tr,  de  pignoribus  et  ht/phothec.^  lib.  Ill,  cap.  19,  nr.  2,  pag.  234. 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONE  377 

state  facile  iiominare  I'azione  ipotecaria  se  avesse  creduto  clie  in 
questo  caso  avesse  potato  aver  luo|?o.  Piuttosto,  egli  dice,  il  mo- 
tive per  cni  il  giiireconsulto  romano  in  questo  caso  concede  soltanto 
nn'azione  personale  sta  in  cio:  clie  ilcreditore,  per  mezzo  delPan- 
ticiesi,  tanquam  ex  personaU  ohligatlone,  acquista  solo  il  diritto 
<li  godere  del  frutti  della  cosa.  Egli  pero,  su  questo  punto,  non 
osa  affermar  niente  con  certezza.  Oherardo  Noodt  ^^)  con  maggior 
-ardire  cerca  di  districare  la  matassa.  Egli  porta  il  suo  contributo 
iilla  correzione  del  testo,  c  legge  invece  clie  in  factum  actionem 
HAO  ACTIONK,  per  la  quale  egli  intendo  allora  Pazione  ipotecaria 
<li  cui  tratta  il  titolo  delle  Pandette  sotto  il  quale  e  posto  il  fram- 
inento  di  Marciako.  Ma  Oiov.  Iensio  '^),  Feeler.  Isaia  von  Pr- 
FENDORF  **),  PoTHiER  *^)  e  Westphal  *°)  lianno  ripudiato  con 
ragione  questo  emendamento  altrettanto  artificioso  quanto  inutile. 
Per  Pesattezza  del  testo  non  soltanto  depongono  i  Basilici  "^),  nei 
<iuali  le  ultime  parole  del  nostro  framiuento  sono  tradotte:  v^olI 
ixT:/7rrojv  t)^;  v^ayj^  ixtpi  zcv  TzpccyuoLTCi  ayur/YtV  xtycT;  ma  anche 
la  natura  del  patto  anticretico,  il  quale  in  se  non  conferisce  alcun 
diritto  di  pegno,  mostra  necessario  il  mantenimento  della  lezione, 
4li  cui  inoltre  si  rende  impossibile  la  modificazione  per  I'esatta 
<;oncordanza  di  tutti  i  manoscritti  e  di  tutte  le  edizioni  delle  Pan- 
dette. Ancbe  lo  scoliasta  dei  Basilici  ^^)  fa  menzlone  in  via  prin- 
cipale  (ieWactio  in  factum^  e  precisa  al  tempo  stesso  il  motivo 
per  cui  Pazione  ipotecaria  non  puo  aver  luogo;  egli  dice:  OJ  xr,y 
S.ef,liia.vrrj,  d}.\i  rrrj  iv  ^diy^zcu^f..  o\t  yoL^j  eviyyprju  kin  yyptfsic^  dlli 
rjyvopi^  \6y,o  rr,^  dj-ri/pTi^vj  e/ji.  i.   e.  «  Non   Serviana,    sed    in 


*^)   Ohservation.,  lib.  II,  cap.  9. 

^^)  Strictur.  ad  rom.  itiris  Pandectas;  L.  11  $  1  I.  de  piynorih., 
img.  140. 

^*)   Observation,  iuris  univ.j  tom.  II,  obs.  169. 

^^)  Pandectae  lustinian.,  torn.  I,  lib.  XX,  tit.  1,  n.  XXV,  nota  d, 
pag.  5(»1. 

*^)  Diritto  di  pegno,  $  66,  nota  89,  i)ag.  125. 

«^)  Tom.  IV,  lib.  XXV,  tit.  2,  const.  11,  }  1,  pag.  49  [Heimbach, 
t.  Ill,  pag.  69]. 

**)  Tom.  IV,  pag.  49,  scol.  8  (Heimbach,  tom.  Ill,  pag.  69,  XI,    2). 

GlCck.  Comm.  Pandet'.e.  —  Lib.  XIII.  —  4S. 


378  LIBBO  XIII,   TITOLO   VII,    §   870. 

factum:  non  eniin  proprie  pigaiis  est,  sed  pigiioris  loco  anticliresia 
habet  ».  Ohe  nel  testo  nou  si  tratti  di  uq  snppegno  anticretico  lo 
dannodel  resto  cosi  chiaramente  ad  intendere  le  parole:  «  eoiisqne 
retinet  possessioneni  pignoris  loco^  donee  illi  pecunia  solvatur  »  clie 
si  deve  restar  giiistaiuente  nieravigliati  come  il  grande  Noodt  sia 
potuto  cadere  in  una  correzione  tanto  sconveniente. 

Molto  pill  ingegnoso  e  il  ragionamento  di  llrico  Hubeb  "),  e  le 
sue  parole  a  qnesto  propositomeritano  qui  ])osto.  Egli  dice:  «  Mibi 
sic  videtur  pignus  et  antichresin  esse  duas  res  distinctiis,  et  ex 
earuin  coniiinctione  nsi^ai  pigtms  antichreticum.  Ex  lioc  hypothecariam 
actionem  dari,  non  est  ratio  diibilandi.  Sed  in  hoc  §  1  antichresin 
Holam  creditor  accepisse  proponitiir,  hoc  est,  convention  qua  convenit, 
ut  creditor  usurarum  loco  certi  praedii  fructas  percipiat,  est  cele- 
brata,  nihil  amplius.  De  ixire  pignoris  nihil  est  dictnm,  et  tamen 
sine  spcciali  de  pignore  conventione  non  constitiiitnr  expressum 
pignns:  etsi,  qnando  creditori  praediuiii  conceditur  ad  fructus  in 
vicem  nsnrae  indo  percipiendos,  ea  res  loco  pignoris  sit.  Veruin 
sine  conventione  de  i)ignore  non  i)otest,  inqnani,  ax^tio  hypothecaria 
nasci;  ideoque  personalis  in  factum  duntaxat,  non  contra  tertiuni, 
sed  adversns  debitoreni,  qui  il!am  conventionem  debito  principali 
adjecit,  datar.  J)e  pignoris  iure  constituto  nihil  hie  est  proditum. 
Nam  quod  attinet  ad  verba,  mutuits  pignoris  usus,  ilia  non  simt 
Mabiani,  sed  interpretis,  graecam  vocem  ii/ztypTirfic^  interpre- 
tantis:  quae  tamen  nihil,  quam  mntuum  usum  denotata. 

Con  HcJBEB  e  pure  d^iccordo  Pietro  von  Gbkve  **),  in  quanto 
dice:  «  Antichresis  differt  a  pignore,  nam  si,  cui  antichresis  cou- 
cessa  est,  amiserit  possessionem,  non  habet  actionem  hypothecariam, 
sed  utitur  actione  in  factum  ». 

Se  nel  caso  di  cui  parla  Mabciano  fosse  realmente  avvenuto 
un  oppigQorameuto,  e  se,  come  abitualmente  si  insegna,   senza  il 


*^)  EuHomia  romana,  lib.  XX,  nd  L.  31  ^  1  D.  f?e  pignorib,^  (  2,  p«i- 
gina  726  ^egg. 

*^)  Ejrerciiat.  ad  Fandectar.  loca  difftciUora^  exert*.  XV,  pnrte  Ilr 
pflg.  373. 


DK   PIGNERATICIA  ACTIONE  370 

medesimo  non  potesse  concepirsi  un  patto  anticretico,  non  si  pc* 
trebbe  capire  perche  al  creditore,  in  caso  di  perdita  del  possesso, 
non  competerebbe  Vactio  pigneraticia  contraria  coiitro  il  debitore, 
al  modo  stesso  die  questi,  dopo  estinto  il  debito,  puo  valersi  del- 
Vactio  p^igneraticia  directa  contro  il  creditore.  Appimto  cib  ricorda 
assai  giustamente  anche  Edmondo  Merillio  **"*)  contro  la  comune 
dottrina  dei  giuristi;  soltanto  io  non  x)osso  essere  d'accordo  con 
lui  qiiando  per  Vactio  in  factum  egli  vuol  intendere  nn'azione 
Pretoria,  quae  datur  deficientibus  aliis  actionibus.  Per  qual  motivo 
non  dovrebbe  qui  aver  luogo  Vactio  in  factum  praescriptia  verbis  f 
II  debitore  aveva  concesso  il  possesso  di  un  fondo  al  creditore 
<;he  gli  lasciava  Puso  di  un  capitale,  appunto  perche  godesse  dei 
frutti  in  luogo  di  interessi.  ]N^on  era  stato  conchiuso  dunque  un 
semplice  prestito,  ma  un  contratto  innominato  cbe  Marciano 
cliiania  di/rtypyj'jig.  Che  qui  si  tratti  di  un'azione  comune  in  simile 
caso,  e  quindi  delP  actio  praescriptis  verbis,  lo  provano  anche  le 
parole:  «  solet  in  factum  actione  uti  ».  E  cosi  si  combatte  anche 
I'opinione  di  Enrico  Cocceio  *")  il  quale  vuol  intendere  il  fram- 
mento  di  Marciano  riferendolo  ad  un  caso  in  cui  il  patto  anti- 
<;retico  era  stato  aggiunto  al  contratto  di  pegno  ex  intervallo,  ed 
in  cio  fa  consistere  la  ragione  per  la  quale  qui  non  ha  avuto  luogo 
Vactio  pigneraticia  contraria.  La  L.  39  D.  h.  t,  alia  quale  egli  fa 
richiamo,  non  cbncerne  un  caso  simile,  perch^  non  vi  si  fa  parola 
di  alcun  patto  anticretico:  al  creditore  era  stato  concesso  il  go- 
dimento  del  fondo  oppignorato  perche  egli  si  rifondesse  cosi,  non 
degli  interessi,  ma  del  capitale.  Ed  anche  in  questo  caso  non  si 
ilisputava  di  un'azione  qualunque  *'). 

3.**  L.  6  Cod.  Quod  ctun  eo,  qui  in  aliena  potestate,  IV,  26: 
«  Si  servus  tuus  sine  permissu  tuo  accepta  pecunia  mutua  in  usuror 
rum  vicem  habitandi  facultatem  concessit,  nullo  iure  adversarius 
tuas  hospitium  ex    hac    causa  sibi  vindicat,  cum  te  servi  factum 


*5)   Observation. f  lib.  VIII,  cap.   23  in  f. 
'•)  Diss,  de  antichresij  P.  8. 

«^)  Sulla  L.  39  h.  t.  vedasi  Westphai.,  Diritto  di  pegno ^  J  15,  nota  29, 
pag.  42  seg. 


380  LIBKO  Xiri,   TITOLO  VII,   §  870. 

lion  obligaverit:  et  ingrediens  rem  tuaai  contra  vim  eius  auctori- 
tate  couipetentis  iudieis  protegeria  ». 

Anche  in  questo  caso  il  patto  anticretico  era  stato  conchiuso 
senza  oppignoramento  della  cosa  e  non  vi  sarehbe  stato  nulla 
da  opporre  contro  la  validity  del  niedesimo  se  anche  lo  scbiavo 
non  lo  avesse  coneliiuso  senza  il  consenso  del  suo  padrone,  come 
risulta  dai  passi  seguenti. 

4.°  L.  14  Cod.  de  usnris,  IV,  32:  «  Si  ea  pactions  uxor  tiia 
miitiiam  pecuniam  dedit,  ut  vice  vsurarnm  inhahitaret,  paetoque  itii 
lit  conveuit  usa  est,  non  etiam  locando  do  mum  pensionem  redegit, 
referri  quaestionem,  quasi  plus  domus  redigeret,  si  loearetur,  quam 
usurarum  legitimarum  ratio  eoUigit,  minime  oportet.  licet  eniia 
uberiore  soite  potuerit  contralii  locatio,  non  ideo  tamen  illicituia 
fenus    esse    contx^actum,  scd  vilius  conducta  habitutio  videtur  i>, 

Senza  dubbio  qui  si  tratta  di  patto  antieretico,  ma  non  di  op- 
])ignoraniento. 

Di  oppignoramento  anticretico  tratta  invece  il  seguente   passo: 

5.°  L.  17  Cod.  eodem:  «  Si   ea    lege    possessionem   mater  tua 

apud  creditorem  tuum  obligavit,  ut  fructns  in  vieem  usuranim  coii- 

sequeretur,  obtentu   maioris  percepti  emolumenti  proj)ter  incertuni 

fructuum  eventum  rescind!  i)lacita  non  possunt  ». 

Dalle  citate  leggi  si  desumono  ora  i  principi  seguenti : 

1.^  II  patto  anticretico  non  solo  puo  esser  unito  al  con- 
tratto  di  pegno  come  patto  accessorio,  ma  i>uo  ancbe  esser  con 
cbiuso  senza  oppignoramento  della  eosa  a  guisa  di  contratto  in- 
nominato.  Xel  secondo  caso,  come  nota  assai  giustamente  Enrico 
CoccEio  "),  col  quale  e  d'accordo  anche  Oofr.  Ban,  Hoffmann  *'), 
si  ha  un  contratto  do  ut  facias,  non  do  ut  des^  poichfe  la  parola 
dm-e  nel  linguaggio  giuridico  romano  esprime  trasferimento  della 
proprietj\  ^^),  inentre  qui  e  questione  di  una  semplice  concessione  del 


^^)  Disff,  cit,  de  antichresis  P.   3. 

*^)  Di88,  sub  tit.   lureconsitltns  mathemaiictis  et  in  specie  anali/sta  eirctt 
aniichresin  et  interumirium,  Tnbinga  1767,  sect.  I,  J  11. 
»<^)  $  14  I.  de  actionib.,  4,  6. 


DB   PIGNEBATICIA   ACTIONB  381 

possesso  e  dell'nso  di  una  cosa.  IN'egozi  quest!  che  non  hi  quali- 
ficano  per  una  datio^  ma  per  una  semplice  traditio,  e  questa  si 
ritiene  un  factum  ^*).  L'azione  che  ne  nasce  ^,  come  superiormente 
ci  insegnava  Mabciano  ^*),  Vactio  in  factum  praescriptia  verbis,  la 
quale  come  actio  bonae  Jidei  e  rivolta  a  tutto  cio  che  Pequft^  ri- 
chiede,  e  quindi  anclie  alia  prestAzione  delP  interesse  se  per  oaso 
la  cosa  concessa  anticreticaraente  sia  evitta.  Se  il  debito  vieu 
pagato  non  ha  luogo,  come  afferma  Hoffmann  ^^),  la  eondictio  sine 
causa,  poiche  in  questo  caso  il  debitore  conserva  invariato  il  suo 
diritto  di  proprietsi  **),  sibbene  la  rei  vindicatio  o  Vactio  in  rem 
puhliciana.  Se  invece  il  patto  anticretico  h  stato  aggiunto  al  con- 
tratto  di  pegno,  allora,  come  parimenti  ci  insegnava  ]SIarciano  '^*), 
ha  buon  fondamento  Vactio  pigneraticia,  derivante  dal  contratto 
di  pegno. 

II.  II  patto  anticretico  presuppone  sempre  una  espressa  con- 
venzione.  Molti  ^^')  veramente  affermano  con  CuiACio  ^')  che  questo 
patto  possa  esser  conchiuso  anche  per  tacito  accordo,  il  quale 
precisamente  dovrebbe  ammettersi  nel  caso  in  cui  il  debitore 
abbia  concesso  in  pegno  al  creditore  una  cosa  fruttifera,  senza 
formare  una  speciale  convenzione  pei  frutti.  A  questo  proposito 
si   fa    richiamo  alia  L.  8  Dig.  in  quib.  cans,  pig.,    20,  2  gi^    su* 


'^)  L.  28  D.  de  verhor.  ohligat.,4i),l,  Vodasi  Gio,  van  Neck,  Dins, ad L,  nit. 
D,  de  condict,  causa  data,  cap.  2  (Oer.  Oelrich,  Thes,  nov.  dissertat. 
iuridie.  belgicar.^  vol.  II,  parte  11,  pag.  393   seg.). 

^*)  L.  11  $  1  D.  de  pig  nor  ib.  et  hyp, 

^')  Loc.  cit. 

'*)  Vedasi  il  titolo:  de  conditione  sine  causa ,  $  836,  P.  13  di  questo 
Commentario,  pag.   183   ^gg. 

")  L.  33  D.    h.  t. 

^•)  VoET,  Comm.  ad  Pand,,  h.  f.,  (  23;  Ger.  Noodt,  Tr.  de  foenore 
et  usnris,  lib.  II,  cap.  9 ;  Jo.  Frid.  Eeesenmart,  Diss,  rationcm  compu- 
tationis  fructuum  ex  pacta  antiehretico  perceptor.  sist.  (in  OpuscuL^  n.  XV^), 
Beet.  I,  J  2 ;  Jos.  Mar.  Sohneidt,  Specim.  arithmeticae  sublimior.  et  poU- 
ticae  ad  inaieriam  de  usuris,  antichresis  interusurio  et  reditibus  annuis 
applicatfie,  Virceburgi  1784,  cap.  3,  $  64;  Conr.  Wilh.  Strecker,  Diss^ 
de  pacta  anticretico ,  $  14  segg.  e  i  pid. 

»')   Observation.,  lib.  VIII,  cap.   17. 


382  LIBBO  Xni,  TITOLO  vu,  §   870. 

periorinente  citata,  dove  Paolo  dice:  «Cum  debitor  gratuita 
pecunia  ntatur,  x>o^est  creditor  de  fnictibus  rei  sibi  pigDeratae 
ad  modiuii  legitiinum  iisuras  retinere  ».  Ma,  come  ^i&  da  pareccbio 
banno  dimostrato  Bachovio  ^*),  Vinnio  ^®)  e  Samuele  Cocceio  *% 
die  qui  non  si  tratti  di  una  antichrenis  iacita  risulta  evidentissi- 
mamente  dal  fatto  cbe,  secondo  la  legge  citata,  il  creditore  puo 
ritenere  i  frutti  fino  alPammontare  degli  interessi  legali,  gli  ecce- 
denti  deve  dedurli  a  scomputo  del  eapitale;  mentre,  al  contrario, 
Pessenza  delPanticresi  consiste  in  questo:  clie  il  creditore  deve 
sodisfarsi  con  i  frutti  dei  soli  interessi,  senza  con  cio  ridurre  il 
eapitale  **).  Percio  nel  primo  caso  il  creditore  deve  render  conto 
dei  frutti,  e  gli  vengon  computati  ancbe  quelli  non  percei)iti  **); 
questo  computo,  invece,  manca  nel  patto  anticretico  *^)  perclid  qui 
il  creditore,  essendo  incerto  Pnmmontare  dei  frutti,  non  e  tenuto 
alia  nifsura  legale  degli  interessi  —  come  rescriveva  I'linp.  Fi- 
LTPPO  nel  passo  su  mentovato  L.  17  C.  de  usnris^  4,  32.  E  poicbe  egli 
ritiene,  senza  clue  gli  vengano  computati,  i  frutti  annnali  in  luogo 
degli  interessi,  non  puo  sorgere  alcuna  questione  sulla  quantity 
di  frutti  die  abbia  potuto  raccogliere,  perche  in  questo  caso,  al 
creditore  cbe  percei)isce  i  frutti  esclusivamente  a  suo  vantaggio, 
non  puo  essere  addebitata  colpa  alcuna;  questa  infatti  influisce 
solo  sui  fructua  percipiendi  **). 

III.  Poiche  I'essenza  del.patto  anticretico  e  riposta  in  questo, 
cbe  il  creditore  deve  ritenere  tutti  i  frutti  della  cosa,  senza  com- 
puto di  sorta,  ed  ascriverli  in  luogo  degli  interessi  del  proprio  capi- 


3*)  7V.  de  pignor.  et  hypofh.y  lib.  I,  cap.  14,  n.  3  e  4. 

3^)  Select,  iuriif  quaest.y  lib.  II,  cap.  7. 

*")  lur,  citK    controv.,  h.  f.,  qu.  4. 

^')  V.  Happel,  Diritti  del  creditore  in  rapporto  at  pegni  manvali,  se- 
zione  IV,  pag.  230  segg.  ed  Hanker,  Diss,  de  vera  indole  et  tiatura  an- 
iichreseos,  $8. 

**)  L.  1,  2  e  3  C.  /i.  f.;  L.  2  C.  de  pavtu  pignoris  et  oinni  causa^ 
8,  24;  L.  1  C.  de  distract,  pignor,^  8,  27. 

*')  V.  Gio.  GngL  Engelbuecht,  Diss,  de  creditore  antichretico  adfrvettis 
percipiendos  non  obligator  Helmet.  1724,  J  7  segg. 

<*)  ^  2  I.  de  officio  hidicis.,  4,   17. 


DE   PIGNBBATICIA   ACTIONE  383 

tale,  non  lo  si  pii5  scambiare  con  quella  convenzione,  in  virtti  della 
quale  il  creditore  vien  semplieemente  autorizzato  a  ritenere  i  frutti 
della  cosa  fino  alFimportare  degli  interessi  legali,  con  I'obhligo 
])er6  di  detrarre  Peccedenza  dal  capitale  o  conseguarla  annual- 
niente  al  debitore.  Papiniano  porge  esemi)io  di  una  conven^ione 
di  tal  sorta,  nella  L.  1  §  3  D.  ^  pignor.  et  liypoth.,  20,  1  ove  dice : 
«  Pacto  placuit,  ut  ad  diem  usuris  non  solutis  frucUiH  hypothecarum 
usuris  compensarentur  liui  legitimae  usurae  ^■'').  quauivia  exordio 
niinores  in  stipulatum  venerint,  non  esse  tamcn  irritam  conven- 
tiouem  placuit,  cum  ad  diem  minore  faenore  nou  soluto  legitimae 
maiores  usurae  stipulanti  recte  promitti  potuerunt». 

fi  stato  notato  molto  giustamente,  con  GuiACio  anclie  da 
WisSTPiiAL  *^),  cbe  qui  non  ci  troviamo  di  tronte  ad  una  vera  an- 
ticresi,  e  s'intende  clie  anclie  in  questa  conveuzione  il  creditore 
debba  necessarianiente  rendere  i  conti  ^'). 

Lo  stesso  dicasi  del  caso  trattato  nella  Novella  120  cap.  4,  ove 
e  detto:  «  Si  contiugat  ut  quaedam  ex  dictis  veuerabilibus  do- 
mibns  ad  fisealia  tributa,  vel  aliam  quamciinque  necessitatem  ve- 
nerabili  domui  incidentem,  jiecunia  indigeat:  liceat  administrato- 
ribus  earum  rem  immobilem  obligare,  et  si)eciali  pignori  dare,  ut 
creditor  earn  rem  possideat,  et  frnctus ^ekis  coUigat,  sihique pariiin 
in  ipsam  pecuniam  creditam^  partim  in  vsuran,  quarta  parte  cente- 
simae    non    maiores,    imputet.    Si    debitum    solvant,  qui  venembili 


^^)  Nei  Basilict,  torn.  IV,  pag.  32  e  detto:  ysypi  roO  vo«t/xou  toxou. 
E  percio  iiel  caso  conteinplato  dal  passo  era  stato  fitipiilsito  il  iija«8iino 
(legli  interesfti  legali  —  quindi  nsura  centesima  —  <pinlorji  il  debitore  nel 
tempo  Rtabililo  doii  nvesse  pa«i;ato  gli  interessi  iniiiori  Rtipiilati.  Questa 
centesima  parn  Mortis  in  sinffnloB  menses  vien  diiainatn  a  prefcrenza  anclie 
itsttra  legitima,  L.  9  ^  1  D.  rfc  usuris,  22,  1 ;  L.  8  C.  */  cerium  petut.,  4,  2.  Vedi 
PoTHiKK,  Pandectae  iustinian.,  torn.  I,  tit.  de  usuris,  n.  XXI,  nota  a  e 
11.  XXIX,  pag.  623;  Noodt,  l)e  foenore  et  usuris,  lib.  11,  cap.  3;  van 
Byn'CKKRShokk,  Observation,  iur,  rom.,  lib.  VJ,  cap.  19.  Lo  ficoliasta 
greco  dei  Basilici,  torn.  IV,  pag.  48,  spiega  leffilinme  usurae  eon  toO  --Juti- 
x'/TOTTextov,  i.  e.  sewissalis. 

««)  Dirilto  di  pegno,  $  64,  nota  87. 

^'^)  V.  Hanker,  cit.  Diss.,  J  5. 


384  LIBBO   XIH,    TITOLO   VII,   §   870. 

(loitiiii  praefuemnt,  vel  ex  fnictibus  creditor!  satisfiat :  res  »d  ve- 
nerabileui  domum,  a  qua  data  est,  rursus  redeat  »  ^). 

IV.  Da  tutto  eio  risulta  cliiarainente  che  quaiido  deve  aver 
liiogo  una  vera  anticresi  iion  solo  si  debbono  promettere  gli  in- 
teressi,  ma  deve  espressamente  esser  convennto  elie  il  credltore, 
in  loro  vece,  debba  ritenere  e  godere  i  frutti  dellacosa.  Se,  quindi, 
non  sono  stati  convenuti  ailatto  gli  interessi,  o  non  si  e  pattuito 
niente  intorno  ai  frutti,  il  creditore  non  i>u6  far  uso  a  suo  van- 
taggio  della  cosa  oppignoratagli,  ne  appropriarsi  i  frutti  in  luogo 
degli  interessi  *%  ma  deve  iinputarli  a  deduzione  del  capitale, 
degli  interessi  perb  solo  in  quanto  sussista  un  motivo  giuridico  a 
rib,  e  restituire  il  soprappiu  al  debitore;  deve,  per  eonseguenzii, 
render  conto  dei  frutti,  fra  i  cjuali  possono  quindi  essergli  computati 
ancbe  i  frutti  non  percepiti  ^''). 

Y.  Quantunque  il  patto  anticretico  sia  permesso  in  diritto 
romano  non  pub  perb  servire  a  mascberare  un  interesse  non  con- 
sentito,  sebbene  esso  non  sia  proprio  ristretto  entro  i  limiti  della 
misura  legale  degli  interessi,  come  provano  cbiaramente  le  L.  li 
e  17  Ood,  de  usuris,  4,  32  superiormente  citate. 

Tl  diritto  canonieo,  veramente,  disapprova  questo  patto  perclie 
permette  al  creditore  di  godere  dei  frutti  della  cosa  in  luogo 
degli  interessi,  fatto  questo    cbe  quel  diritto  condanna  ^").  II  cre- 


'*")  ^  6  I.  r7e  obUijai,  quae   ex  delicto,   4,  1;  L.  54  D.   de  furt.,  47,  2. 

^0)  L.   1,  2,  3  e  12   Cod.  /i.  «. ;  L.   1  Cod.  de  distract,  pifjnor..  8,  27. 

^'*)  Cap.  1  o  2  X.  de  ^isuris ;  cap.  7  e  82  X.  de  iureivr.i  cap.  4  X, 
de  piffnorib, ;  Gonzalez  Tkllez,  Commentar,  ad  cap,  6  X.  de  ^>/V/norift., 
toin.  in,  pag.  378  ftegg. 


^')  Secondo  Tediz.  Mommskn:  «  Si  vero  contigerlt  aliqiiam  praedictamin 
venerabiliiim  doiiiorum  nomine  tiscalinm  tribntonim  aut  alterius  cuinslibet  bu- 
porvenientis  necessitatis  venerabili  domui  pecnniis  egere,  liceat  eiiis  ordinatoribns 
iinmobilem  rem  [aut]  suppouere  et  dare  in  speciale  pignns^  ut  creditor  poMi' 
deat  eandem  rem  et  eiiis  fructus  colUgat  et  reputet  sibi  tara  in  his  creditis 
pccuniis  qiiam  in  usuris,  non  aiitem  mnioiibns  quam  quarta  parte  centesimae. 
8i  vero  persolverint  debitnm  praepositi  einsdera  venorabilis  donins  aut  ex 
fnictibus  adimpleatur  creditum,  redeat  iteruui  res  ad  venerabiiem  domnm  ex 
qua  data  est  ». 


DE   PIGNEEA.TICIA  ACTIO JfE  385 

ditore  secondo  il  diritto  canonico  pub  solo  detrarre  i  frutti  dal 
ijapitale,  e  se  in  tal  modo  il  capitale  ^  stato  rimborsato,  deve  resti- 
tuire  il  pegno  senza  indugio  **). 

Xondiiueno  anche  nel  diritto  canonico  si  eccettuano  due  casi, 
nei  quali  vien  iiermesso  al  creditore  di  computare  i  frutti  in  luogo 
degli  interessi  e  non  a  diminuzione  del  capitale,  essi  sono:  1.**  quando 
un  vassallo  oppignora  anticreticamente  il/et^c^mu  al  siio  signore '^'); 
2,^  quando  il  marito  in  garanzia  della  dote  promessagli  abbia  ot- 
tenuto  nel  frattempo  dal  suocero  un  pegno  anticretico  ^^). 

Ma  in  Gerniania  negli  oppignoramenti  fu  sempre  usato  il  patto 
iinticretico,  ed  i  principi  del  diritto  canonico  non  hanno  avuto  il 
l)Otere  di  togliergli  valore.  Cio  con  molti  documenti  medioevali 
fu  provato  dal  B5hmer  **). 

YI.  Per  analizzare  piu  niinutamente  la  conform azione  giuridica 
del  patto  anticretico  la  maggior  parte  dei  giuristi  ^^)   distingue  se 


^^)  Cap.  6.  X  de  pignorih.\  cap.  8  X.  de  usuris'y  Jan,  a  Costa,  Com- 
mentar.  in  Decretales  ad  cap,  6  X,  de  pifpwrih,,  pag.  517. 

''^)  Cap.  I  X.  de  fexidis,  Qmvi  Innocenzo  III  rescrive:  «  Insinuatione 
praesentium  declaramus,  quod  gageria,  quain  de  foudo  ecclesiae  tuae  ad 
M.  dignoeceris  recepisse,  a  te  potest  libere  detineri,  fnictibus  non  cam- 
putatis  in  sortem,  Ob,  videlicet,  ut,  quam  diu  fiMictns  illoe  ceperis,  in 
florteiu  ininime  compiitandos,  idem  M.  a  servitio,  in  quo  tibi  et  ecclesiae 
tuae  pro  fendo  ipso  tenetur,  interim  sit  immunis ».  Gageria  significa 
qui  un  suppegno  anticretico.  Vedasi  Bokhmer,  in  edit.  Corp,  iur,  ca- 
nonici,  ad  hoc  cap.,  pag.  485,  ed  Ant,  Dad,  Alteserka,  Innocentius  Illy 
ad  idem  capit.,  pag.  423. 

^3)  Cap.  16  X.  de  usnris,  ove  Innocexzo  III  i\h  la  seguente  decisione : 
«  Sane  generum  ad  fructua  possessionum,  quae  sibi  a  socero  sunt  pro 
nnmerata  dote  pignori  obligatae,  compuiandos  in  sortem,  non  credimus 
<>oui{)ellendum :  ciun  frequenter  dotis  fructas  non  sufficiant  ad  onera  ma- 
trimonii Buppoi*tanda ».  Qui  invece  che  nnmerata  si  deve  leggere  con 
Alteserra,  loc.  cit.,   nnmeranda. 

^^)  Iu8.  Ecclea.  protest,,  t.  V,  lib.  V,  tit.  19,  $  28. 

''^)  Lauterbach,  Diss,  de  iure  antichreseoSy  44  e  segg.  e  in  CoUeg, 
ih,  pr,  Pand,  h,  t,,  ^  8;  Berger,  Oecon,  iur,,  lib.  Ill,  tit.  2,  $  15j 
Coccejus,  Jnr,  civ.  controv,,  h,  if.,qu.  5;  Strecker,  2>w«.  de  pacto  anti- 
chretico,  $  8;  Hoffmaxx,  Diss,  de  antichresi,  sect.  I,  $  7 ;  Westphal, 
Dir,  di  pegno,  ^  65;  Hofacker,  Princip,  iuris  civ,  rom,  germ,,  torn.  II, 
4  1201;  Malblanc,  Prineip,  iitris  rom,,  part«  II,  sect.  II,  $  571  e 
Gmelix,  Studi  sui  contratti,  $  44. 

GlQck.  Cmnm.  Pandelte.  —  Lib.  XIII.  —  49. 


1 


386  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,   §   870. 

gli  ntili  della  cosa  oppignorata  consistono  in  rendite  certe,  Piin- 
porto  aniiuale  delle  qnali  pub  essere  esattainente  determinato ;  se^ 
per  esempio,  le  rendite  consistono  in  interessi  in  denaro  i  qnali 
debbono  essere  annualmente,  senza  variazioni,  pagati  dai  debitori; 
o  se  essi  consistono  in  rendite  incerte  il  cni  importare  non  b 
nguale  d^inno  in  anno,  uia  dipende  dalla  vegetazione  o  dal  valore 
casuale  dei  frutti. 

Nel  primo  caso,  si  dice,  il  godiinento  non  dovrebbe  eccedere 
la  niisnra  degli  interessi  legali;  il  creditore  dovrebbe  dunque  de- 
trarre  I'eccedenza  dal  capitale,  altrimenti  si  renderebbe  colpevole  di 
un'usura  vietata. 

Nel  secondo  caso,  in  vece,  per  Pincerto  iniporto  dei  frutti,  non 
si  terrebbe  conto  tanto  esattaniente  della  misura  legale  degli  in- 
teressi; e  percio  il  creditore  non  sarebbe  anclie  in  questo  caso, 
come  nel  j)rimo,  obbligato  a  dar  conto  dei  frutti  ritratti  dalla 
cosa:  dovesse  i)ure  Pimporto  nnnuale  dei  frutti  ricavati  dalla  cosa 
essere  norniahnente  tanto  eonsiderevole  clie  ancbe  nelle  annate  di 
medio  introito,  anzi  in  quelle  cattive,  superasse  ancora,  in  modo 
significants,  tale  misura. 

Altri  pero  non  accolgono  questa  distiuzione;  e,  alia  loro  volta, 
essi  si  dividono  m  due  campi.  Crli  uni  *®)  non  ammettono  assolu- 
tamente  alcuna  eceedenza  degli  interessi,  e  percio  ritengono  il  cre- 
ditore anticretico  obbligato  in  ogni  caso  alia  resa  dei  conti.  Infatti 
le  leggi  roraane  non  permetterebbero  su  questo  piinto  alcuna  norma 
generale,  ma  })arlerebbero  seuiplicemente  di  casi  speciali  in  eui  o  non 
poteva  conseguirsi  la  certezza  sugli  utili  o,  per  lo  meno,  illegisla- 
toreriteneva  impossibile  in  quelle  date  circostanze  un  tale  accerta- 
mento.  Per  eseinpio,  il  debitore  reclaraava  contro  Piniquo  interesse 
dovuto  al  creditore,  priuui  ancora  cbe  fosse  trascorso  il  tempo  per 
la  durata  del  quale  era  stato  eoncbiuso  il  patto  anticretico. 


^)  Xi(\  PuAGEMANX,  Diss.  de  jyrocessn  liquidationis  hi  antkhresu  Jena 
1718;  God,  Liid.  Mknckex,  l^iss.  Xulhim  excessum  usurarum  hi  pado 
antkhreiico  esse  ioJeraudum,  Lipsia  1745;  Ant.  Schl'LTING,  '/'hett.  con- 
iroversar,,  decad.  LXXIX,  p.  10  e  gpecialmente  Hapivel,  Dinitl  dei  ere- 
ditori  idativamente  ai  pcf/ni  manualij  sez.  IV,  pag.  362  Begg. 


DE  PIGNERATICIA  ACTIONE  387 

Ta  qnesto  caso,  giusta  la  L.  17  Cod.  de  vsuri%,  4,  32  il  debitore  non 
arrebbe  potiito  teinporaneamente  esser  accolto  con  favore,  percL^, 
quundo  anclie  il  creditore  nelle  prime  annate  avesse  giiadagnato,  fa- 
cilmente  avrebbe  potato  subire  niiove  annate  cattive.  Perci6  la  con- 
formazione  giiiridica  del  patto  anticretico  dovrebbe  preferibilmente 
giudicarsi  secondo  le  leggi  tedesche  *'),  le  quali  manifestamente 
disapprovavano  tutti  i  contratti  ad  interesse  sinodato,  e  quindi  non 
ammettevano  che  un  creditore  il  quale  doveva  percepire  i  fnitti  in 
luogo  degli  interessi,  di  quelli  si  appropriasse  in  lagione  maggiore 
<li  quel  che  gli  si  sarebbe  i)agato  in  danaro. 

Altri  ^*)  invece  ritengono  infondata  la  distinzione  tra  utili  certi 
^d  incerti,  perch^  riguardano  come  precetto  generale  la  L.  17  C. 
de  usuris,  4,  32,  nella  quale  le  i)arole:  propter  incertum  fructmim  pro- 
ventum  non  conterrebbero  alcana  restrizione,  ma  esprimerebbero  il 
inotivo  della  decisione  principale,  in  base  alia  quale  il  creditore  an- 
ticretico non  sarebbe  obbligato  a  dar  conto  alcuno,  anzi  il  patto 
dovrebbe  ritenersi  valido  ancbe  se  il  debitore  potesse  dimostrare 
che  il  creditore  avesse  percepito  in  frutti  piil  di  quanto  impor- 
tassero  gli  interessi  legali. 

Le  leggi  tedesche  non  avrebbero  modificato  neppare  qnesto 
punto,  poiche  esse  parlano  solo  di  Wiederkaufsgiilten  (censi  reden- 
tivi)  —  i  quali  )>er  piil  di  an  lato  si  distingaono  dagli  interessi. 

Senza  dubbio  piil    giusta    e    Popinione    di  quel  giuristi  che  ^®), 


■"*')  Beichs  Folicey  Ordnung  deiranno  1530,  art.  26. 

•'''*)  Diet.  Herm.  Kkmmkrich,  Diss,  de  creditore  antichretico  rationes  non 
reddente,  Jena  1733 ;  Oio,  Corr,  Sigism,  Topp,  Diss,  de  distinctione  inter 
fructus  certos  et  incertos  in  pacto  antichretico  iuri  rom.  non  fundata, 
Helmstadt  1755  e  Carlo  Hanker,  Diss,  de  vera  indole  et  natura  anti- 
chreseos^  $  11. 

^^)  Lbyser,  Meditat.  ad  Pand,,  vol.  Ill,  specim.  157,  medit.  1;  Pu- 
FENDORP,  Observat.  iiiris  univ.,  torn.  II,  obs.  76  e  torn.  Ill,  obs.  57 ; 
BOhmkr,  Casi  giuridici  scelti,  vol.  I,  parte  II,  n.  71 ;  Eisenhart,  Diss, 
rationem  computationis  fructuum  ex  pacto  antichretico  perceptorum  in  foro 
receptam  nee  iuri  nee  aequitaii  convenire^  Helmst.  1768  (in  OpvscuLf 
li.  15)  J  Walch,  Introd.  in  controt\  iur,  civ.,  pag.  540  segg.;  Emming- 
HAUS  ad  CoccEJi  lus  civ.  controv,  h.  <.,  qu.  5,  nota  «,  psg.  253  e 
Thibaut,  Sist.  del  diritto  delle  Pandette,  vol.  II,  J  653. 


388  LIBRO   XIII,   TITOLO   VH,   §   371. 

senza  Yar  distinzione  tra  fnitti  certi  ed  incerti,  ammettono  come 
principio  fondamentale  che  11  patto  anticretlco  debba  rltenersi 
valido,  ed  11  credltore  non  tenuto  alia  resa  del  conti,  fin  cbe  il 
debitore  non  provi  cbe  nel  patto  si  cell  un  interesse  illecito.  Non 
importa  n^  ancbe  se  i  frutti  siano  civili  o  naturali,  e  se  il  credi- 
tore  stesso  goda  del  fondo  o  lo  abbia  locato  ^^).  Nel  far  questo 
Qomputo  non  si  deve  perb  guardare  alPintroito  di  un  solo  anno^ 
ma  i  frutti  ritratti  debbono  essere  calcolati  in  media.  Hofmann  **), 
Weber  ***),  Schmidt  ^^)  e  Langsdorf  ^*)  di^nno  esempi  sul  modo 
di  far  tal  computo. 

VII.  II  creditore  anticretlco,  il  quale  gode  del  frutti  della 
cosa  in  luogo  degli  interessi  senza  dame  conto,  deve  ancbe  giu- 
stamente  sopportare  gli  oneri  delPusufruttuario,  senza  poter  per 
cio  metter  nulla  in  conto  del  debitore  °^). 

§  871. 
Quando  d  tenuto  il  creditore  alia  restituzione  del  pegnof 

II  pegno  non  puo  esser  reclamato  prima  cbe  I'intero  debito,  con 
gli  interessi  e  le  spese,  sia  stato  pagato  al  creditore  ®^)  o  ad  un 
terzo  per  mandato  di  lui  ®'),  o  cbe  il  debito  stesso  siasi  estinto 
in    un   modo  giuridico  (per    esempio  per   compensazione),    o   cbe, 


<^<^)   h.  1\  ^  \  T>.  de  pignor, 

^^)  ICtu8  mathemat.  et  in  specie  analysta  circa  anlichresin  et  interusuriunij 
Beet.  I,  $  15. 

^*)  Diss,  de  pacta  antichreticoj  parte  II. 

^^)  Diss,  sist.  specimen  aritmeticae  snhlimior,  et  poliiicae  ad  materiam 
de  ustiris^  antichresis  etc,  cap.  Ill,  $  69  segg. 

^*)  Saggi  arifnietici  su  questioni  di  diritto  puhblico  e  di  scienza  fore- 
stale,  Heidelberg  e  Mamiheim  1810,  8. 

*^)  Lbyser,  speciiii.  CLVII,  medit.  7-9. 

^®)  Li,  9  ^  S  D.  h,  t,:  « Omnia  pecum'a  exBohita  esse  debet,  aut  eo 
nomine  satisfuctmn  esse,  ut  nascatnr  pigneraticia  actio  ». 

^*')  L.  11  $  5  D.  /*.  t.:  4  Solutam  autem  pecnniam  accipiendum  non 
solum,  si  ipsi,  cui  obligata  res  est,  sed  et  si  alii  sit  solnta  volimtate 
eiuB,  vel  ei  cui  heres  exstitit,  vel  procuratori  eius,  vel  servo  pecuniis 
exigendis  praeposito  »• 


DE   PIGNERATICIA  ACTIONE  381) 

per  16  meno,  non  possa  incolparsi  il  debitore  se  il  debito  non 
e  state  rimborsato  al  creditore,  percb^  questi  senza  legittimo 
motive  ba  ricnsato  di  accettare  il  pagamonto  ^®).  Pub  pero  tal- 
volta  reclamarsi  il  pegno  anche  se  il  debito  non  e  aneora  pagato 
afifatto,  o  non  peranco  interamente  estinto.  Si  tratta  anche  in 
questi  casi  di  convenzione  speciale  avv^enuta  tra  il  creditore  ed 
il  debitore.  Basta  che  questa  vi  sia  stata  percb^  il  creditore 
non  possa  ritenere  ulteriormente  il  pegno.  Pongasi  quindi  clie 
sia  stato  convenuto  che  il  creditore  avrebbe  dovuto  tenere  il 
pegno  consegnatogli  solo  fino  a  che  gli  si  sarebbe  data  un'  altra 
sicui'ti^,  o  con  garanti)  o  con  delegazione  di  un  altro  debitore^ 
o  con  un'altra  iscrizione  ipotecaria.  II  creditore,  in  tal  caso,  so- 
disfatto  che  sia  il  sud  volere,  deve  restituire  il  pegno  non  appena 
accettata  la  nuova  garanzia  quand'anche  abbia  perniesso  che  gli 
si  costituisca  una  nuova  garanzia,  per  la  quale  egli  si  trovi  meno 
sicuro;  i)erche  in  line  e  sua  colpa  personale  se  non  ha  provveduto 
in  inodo  migliore  ai  suoi  interessi  ^^).  Inoltre  se  il  pegno  era  stato 
dato  espressamente  per  il  solo  capitale,  eccettuati  gli  interessi,  o 
pei  soli  interessi,  ed  il  debitom  ha  pagato  cib  che  dette  effet- 
tivamente  occasione  alPoppignoramento,  il    creditore    deve   resti- 


^*)  L.  20  }  2  D.  h.  t.:  «  Si  per  creditorem  stetit,  quo  minus  ei  sol- 
vatur,  recte  agitiir  pigneraticia  » ;  L.  3.  Cod.  de  htit,  pignor.,  8,  30:  «  Si  red- 
dita  debita  qnantitate  vel  rebus  in  solutum  datis  sive  distractis  com- 
pensato  pretio  satis  ei  contra  quern  supplicas  factum  adito  praeside 
probaveris,  vel  si  quod  residuum  debetur  obtuleris  ac,  si  non  acceperity 
deposueris  consignatumf  restitui  tibi  res  pacto  pignoris  obligatas  provi- 
debit,  cum  etiam  edicto  perpetuo,  actione  propositi  pecunia  soluia  ere- 
ditori  vel  si  per  eum  factum  sit,  quominvs  sohereiur,  ad  reddenda  quae 
pignoris    acceperat   iure   eum  satis  evidenter  urgueri  manifestum  sit». 

^^)  L.  9  $  3  D.  h,  t. :  «  Satisfactum  autem  acoipimus,  qnemadmodun^ 
voluii  creditor,  licet  non  sit  solutum  :  sive  aliis  pignoribus  sibi  caveri 
voluit,  ut  ab  hoc  recedat,  sive  fideiussoribus  sive  reo  dato  sive  pretio 
aliquo  vel  nuda  conventione  nascitur  pigneraticia  actio,  et  generalHer 
dicendum  erit,  quotiens  recedere  voluit  creditor  a  pignore,  videri  ei  sa- 
tisfactum, si  ut  ipse  voluit  sibi  cavit,  licet  in  hoc  deceptus  sit».  In  via 
di  chiarimento  si  noti  che  reus  significa  expromissor  e  decipi,  ingannar 
Be  stesso.  V.  Westphal,  Diritto  di  pegno,  J  223,  n.  247]. 


390  LiBRO  xni,  TiTOLo  vn,  §  872. 

tiiire  il  pegno,  quand'anclie  cosi  non  sia  estinto  Pintero  debito  ''**). 
Ed  inoltre  an  semplice  acconto  non  autorizzerebbe  il  debitore  alia 
rivendica  del  pegno,  che  anzi  il  .creditore  avrebbe  indubbiamente 
la  facoltii  di  ritenere  il  pegno  anclie  per  gli  interessi  ancora  da 
pagarsi  ^*). 

§  872. 
Kestitiizione  deWeccedeiiza. 

Se  il  creditore,  in  segiiito  al  mancato  pagamento  del  debito,  ha 
venduto  il  pegno,  deve,  qnalora  ne  abbia  ricavato  pid  di  quanto  ini- 
portasse  il  debito,  restituire  Peccedenza.  Tale  eecedenza  vien  detta 
hyperocha  '*).  Se  il  creditore    ne    ha    goduto,  o    ritratto    gli    inte- 


'^°)  L.  11  $  3  D.  /i.  t,:  «  Si  m  »or#em  dumtaxat  vel  tii  ««ira«  obstrictum 
est  pignns,  eo  sohito  propter  quod  obligatuui  est  locum  liabet  pigneraticia. 
sive  auteni  usurae  in  stipulatum  sint  deductae  sive  non,  si  tamen  pignus 
-et  in  eas  obligatinn  fait,  qnam  diu  quid  ex  his  debetur,  pigneraticia  eesBabit)>; 
CuiACio,  Observation,,  lib.  V,  cap.  28,  qui  invece  di  rel  in  usura^,  vuol 
leggere  piuttosto  nee  in  vsvrofiy  perche  in  6eguit4>  ^detto:  «  Si  tanien  jii- 
gmts  et  in  eas  obligatuui  fuit  ».  Egli  ha  cercato  poi  di  assicurar  inaggior- 
mente  la  sua  lezione  iiel  lib.  XV',  cap.  22,  ove  aggiunge  il  motive  che  se 
I'oppignoramento  fosse  avvenuto  pei  soli  interessi,  il  debitore  non  potrebbe 
validamente  agire  per  la  restituzione  del  pegno.  fino  a  che  il  capitale  non 
fosse  pagato;  invereal  creditore,  secondo  la  L.  un.  Cod.  Etiam  oh  chi- 
roifraphariam  pecuni(nn,  8,  26,  potrebbe  conipetere  una  ritenzione  del  pegno. 
Che,  per6,  non  esiatii  alcuna  ragioue  plausibile  per  tale  correzione,  fu  giiidi- 
mostrato  da  Oio.  Robert  in  Hecept.  lection.,  lib,  I,  cap.  27  e  Animad- 
version,,  lib.  I,  cap.  26  e  27.  In  seguito  CuiACioha  nuovaniente  abban- 
donato,  nel  libro  XIX  Observat.,  caj).  27,  la  sua  conge ttura.  I  Ha^iUciy 
torn.  IV,  pag.  5  raiforzano  paiimenti  la  lezione  comune  —  essi  dicono : 
Ktre  VTrio  fi6vo''j  row  xi^xXci'.torj^  itrt  \n:lp  twu  t6"/wv  f?o5v3  £v«j|^u^ov,  xai  xara- 
^^v?5v)  TO  \jTzkp  ov  y<v«^vocaT.S"vj,  xtveirai  ij  iztoi  tov  ivt/^vpoit  kyoiyri.  i.  e. 
«  Sive  in  sorteni  duntaxat,  sive  in  usuras  pignus  datum  sit,  eo  solnto, 
propter  quod  pignus  obstrictum  erat,  agitur  pigneraticia ».  V'6  poi  da 
meravigliarsi  come  Pothier  in  Pand,  lust,,  torn.  I,  h.  t,,  n.  V,  not.  A, 
pag.  394  abbia  potuto  dare  la  sua  appro vazi one  alia  correzione  del  Cuiacio. 
Vedasi  anche  Wissenbach,  Exercitat,  ad  Pand,,  vol.  I,  disp.  XXVII, 
■p.  16;  Ant,  Schulting,  Thes,  controversar,,  dec.  L,  p.  8  e  special- 
mente  Weber,  Sa(fgi  di  diriito  civile,  pag.  156  e  170. 

''^)  L.  un.  C.  Etiam  ob  chirograph, p€euniampigniisretineripo8se,S,  26, 
''*)  Cristof,  FU,  RiCHTER,    Diss,    de    hyperocha,    sen    de    eo,  quod  am- 
plius  est  in  pignore,  lena  1668,  rec.  1757. 


DE   PIGNEBATIOIA.   ACTIONE  391 

ressi,  o  la  ritiene  senza  giasto  motivo  di  fronte  al  debitore,  deve 
nel  primo  caso  detrarre  a  vantaggio  del  debitore  gU  utili;  nel 
secondo,  invece,  pagare  gli  interessi  di  mora. 

La  L.  6  §  1  D.  h.  t,  dice:  «  Si  creditor  phiriM  fund  urn  plgnera- 
tuiii  vendiderit,  si  id  faeneret,  usuram  eins  pecuniae  praestare 
debet  ei  qui  dederit  pignus:  sed  et  si  ipse  usus  sit  ea  pecunia^ 
usuram  x>raestari  oportet».  E  la  L.  7  D.  eo^wi.  «  Si  autem  tardiua 
snperfluum  restituat  creditor  id  quod  apud  eum  depositum  est,  ex^ 
mora  etiam  nsuras  debitori  hoc  nomine  praestare  cogendus  est  ». 

Se  il  compratore  del  pegno  non  ba  ancora  pagato  il  prezzo  di 
acquisto,  il  creditore  nou  puo  senz'altro  es8er  costretto  a  re- 
stituire  I'eccedenza,  ma  il  debitore  deve  attendere  che  il  compra- 
tore paghi  o  contentarsi  di  una  cessione  al  compratore,  della  quale 
pero,  in  ogni  caso,  il  creditore  porta  il  risdiio.  E  percib  la  L.  24: 
§  2  D.  eodem  dice:  «  Si  veudi<lerit  quidem  creditor  pignus  pluris 
quani  debitum  erat,  nondum  autem  pretium  ab  emptore  exegerity 
an  pigneraticio  iudicio  conveniri  possit  ad  superfluum  reddendum^ 
an  vero  vel  exspectare  debeat,  quoad  emptor  sol  vat,  vel  suscipere 
acciones  ad  versus  emptorem!  et  arbitror  non  esse  urguendum  ad 
soUitionem  creditorem,  sed  ant  exspectare  debere  debitorem  aut^ 
si  non  cxspectat,  mandandas  ei  actiones  adversus  emptorem  pe- 
riculo  tamen  venditoris.  quod  si  accepit  iam  pecuniam,  superfluum 
reddit  *  '^). 

Altrinienti  avverrebbe  se  il  non  aver  ancora  ricevuto  il  prezzo 
d'acqiiisto  dovesse  imputarsL  a  negligenza  del  creditore.  In  questo 
caso  lo  si  puo  costringere  a  rimborsare  immediatamente  I'ecce- 
denza  con  gli  interessi  di  mora,  senza  die  il  debitore  debba  rivol- 
gersi  al  compratore.  A  questo  caso  deve  esser  riferita  la  L.  42  Dr 


''•*)  Ant,  Fabro,  BatwnnL  ad  Fund.,  h,  L,  su  qiiesto  pnnto,  cre<le  che 
non  si  trovino  triboniftnisnii  clie  contengano  pin  assnrditA.  e  testiiiioiiino 
della  pill  graiule  igiioranza  intorno  ai  prindpt  ginridici  piil  noti.  Per<y 
Ulrir,  HuBKR.  JEunomia  Bom.  ad  h,  />.,  pag.  547  lia  salvato  intera- 
niente  la  riputazione  di  Triboxiaxo  ed  lia  rigettato.  come  meritava,  la 
fantastidieria  di  Fabro.  Veda  si  anelie  Westphal,  Uirilto  di  pajnoj 
$  518,  nota  241. 


.^02  LIBRO   Xin,   TITOLO   VH,   §   872. 

eodem^  ove  Papiniano  dice:  «  Creditor  iudicio,  quod  de  i)i«fnore 
dato  proponitur,  ut  superftuiim  pretii  cum  usuris  re%tituat,  inre 
cogitiir,  nee  audiendvs  erit,  hi  velit  emptorem  delegare,  ciiui  in  ven- 
ditione,  quae  sit  ex  facto ''^)  ?/)  siium  creditor  nej^otium  gerat».  Cosl 
possono  conciliarsi  assai  bene  i  due  passi.  Giova)%ni  Altamirano  ^^) 


"'*)  La  lezione  di    queste    parole  6  controversa,  e  iion  in  tutti  i  luano- 
i^c'ritti  e  le  edizioni  Buona    in  qiiesto  punto  come  qnella  deiredizione  fio- 
leutina.  II  nofltro  Codice  Erlangen  ha:  in  renditioiie^  qtias  rite  fact^  eat, 
E    <*o8\    Jeggoiio    Hai.oandek    e    Bacdoza.    Cuiacio    invece  crede  clie  si 
debba    leggere    quae    fit  ex  pacto  invece  die  quae  sit  ex  facto;  e  con  lui 
(rer,  NoODT  nel  Commentar,  ad  Fand.^  h.  t,,  torn.  II    Ojferum,  pag.  325, 
^   Venit  igiturj  clie  porta  un  esempio  della  L.  6  Cod.  de  solut,  incaido- 
vrebbesi    anche    leggere  pactum    invece  di  factum^    come    egli    fltesso   si 
<'    dato    ciira    di    provaro    piti   ampianiente    nel    lib.    II  *)    Observation., 
cap.  24.  Percio  Noodt  spiega  nel  niodo  scguente  le  parole  di  Papiniax(h 
«  Qnod  in  pignoris  venditione    a    creditore   facta  ex  pacto  de  distraheudo 
pignore    (quod    in    L.    4    C.    h.  t,  dicitur    vulgare    pactum)  creditor  non 
^erit    debitoris    negotium,    sod   gerit  negotinm  suum:  ita  non  est  causa, 
cur    invitus    cogatur    debitor    delegatione    croditoris  niutare  actionem,  ct 
alium    sibi    admittere    debitorem :  alitor  ac  si  creditor  gcssiaset  debit^)ris 
negotiuni ;    nee    eius    culpa   argui  posset ».  Egli  cerca  di  togliere  rapi)a- 
rente    contradizione    fra  la  L.   42  e  la  L.  24  ^  2  h.  t,    cosi:     «  His  non 
resistere  Ulpiaxum  facile  intelligetur:  cogitantibus,  duplicem   esse    diibi- 
tationeni ;    vnam^    an    creditorom    oporteat    debitori    re<ldero    snpcrtiuum 
pretii :  alteram ,  quando  oporteat  creditoreni  debitori  superfluuin  reddere. 
Ad  priorem  quaestionem  respondet  Pap  in  i  anus  d.  L.  42  ad   postcrioivni 
Ulpianus    d.  L.  24  ^  2.  Ait  igitur    Papixiaxus,    creditoreni    teneri,  de- 
l»itori  reddere  superfluumj  nee  posse  invito  debitori  delegare  noinen  eai- 
toris.  Ulpianus  vero  ait,  creditoreni  non  esse  obligatuin,  debitori  siiper- 
liunm  pretii  restituere  ante,  quam  id  ab  emtoreexegerit:  prop terea,  qnod 
non  debet  id  de  suo  solvere.  Quodsi  debitor    I'ecuset    exspectare  eintoris 
solutioneni,    scilicet,    quod    suspecta  ei  ait  creditoris  negligentia,  pos^e  a 
creditore  accipere  niandatas  actiones,  quibus    ipse    ad  versus  enitorem  ex- 
periatur».    Anche    Vf)ET    in    Comm,    ad  Pand,,  A.  f.,  ^  4  e  Pothikr  in 
Pandect.  Iitstin,,  tom.  I,  h.  t,,  n.  XX,    note  g,  h,    d^no   senza  esitare 
la  loro  approvazione  alia  con-ezione  di  Cuiacio.    Nei    Basilici  queste  ul- 
tinie  parole  non  si  trovano. 

"•*)  Comm^ntar.  in  jn'iores  XIII  Uhros  ex  XX  Qua^estion,  Q.  Cerviuu 
ScAEVOLAE,  Tract.  II  ad  L.  51  D.  de  pecuUo,  J  7,  in  Thes.  Meermanx* 
torn.  II,  pag.   399. 


V)  Quae  fit  ex  facto:  Mom m sex. 


DE   PIGNEEATICIA  AOTIONK  393 

lolia  diraostrato  con  motivi  fondatisslmi:  «Ego  ex  iuris  principiis,  — 
4igli  dice  —  recte  conveuire  Papinianum  cum  Ulpiano  existimo, 
si  advertamus,  regnlam  supm  dictani,  quae  affirmat,  euni,  qui  te- 
iietur,  quia  babet  actionem,  liberari,  si  earn  maudare  velit:  ita 
aiccipiendam,  si,  qui  liabet  actionem,  nullo  alio  iuie  teneatur;  quod 
si  alio  iure  insuper  obstrictus  sit,  veluti  ex  propria  negligentia, 
si  praestare  velit  actiones,  audiendus  non  est:  quod  est  expressuni 
in  L.  21  §  ult.  D.  de  neg,  gent.  L.  60  §  servum  D.  locali,  L.  8 
4  ult,  D.  Mandati.  Hinc  si  creditor  iure  suo  pignus  vendat,  et  di- 
lationem  emtori  modicam  forte,  vel  necessariam  ad  solutionem 
€oncedat  (quod  i>otest,  quia  cum  debitoris  sit  velut  procurator 
in  pignoris  venditione.  L.  29  D.  fam.  ercisc.  non  tenetur  semper 
praesenti  pecunia  vendere,  argum.  L.  1  §  1  D.  cZe  except,  rei  vend, 
L.  5  §  item  si  institor  15  D.  de  institor.  act.  quod  ins,  quia  in 
l>ignore  iudiciali  non  recipitur  L.  15  §  7  D.  de  re  iudic.  necessario 
uterque  textus  de  pignori  conventionali  intelligi  debet)  multum 
interest,  an  agam  contra  creditorem  pro  superfluo  intra  tempus,  quo 
ipse  neque  recuperavit  ab  emtore,  neque  est  in  culpa,  cur  non 
recuperaverit,  an  iam  postquam  est  in  culpa,  cur  non  exegerit,  ve- 
luti post  transactum  tempus  ad  solvendum  datum.  Primo  casu 
recte  Ulpianus,  non  esse  urgendum  ad  solutionem  creditorem, 
qui  pignus  vendidit,  imo  debitorem  expectare  debcre,  ut  emtor 
solvat,  aut  si  non  expectet,  mandandas  ei  actiones,  affirmabat; 
quia  cum  simus  intra  tempus  ad  solvendum  datum,  creditor,  qui 
non  exegit,  non  est  in  culpa,  sed  tenetur  tantum,  quia  liabet  ac- 
tionem; quodsi  paratus  sit  praestare,  absolvetur  ex  regula  supra 
tradita.  At  vero  si  creditor  negligenter  se  gessit  in  pretio  pignoris 
exigendo,  imo  tantum  temporis  elabi  ])assus  est,  ut  iam  usurae 
debeantur:  si  velit  emtorem  delegare,  audiendum  non  esse,  optime 
Papinianijs  respondet;  quia  iam  non  tantum,  quia  liabet  actionem, 
sed  quia  in  non  exigendo  negligentiam  admisit,  debitori  tenetur 
diet.  L,  21  §  ult.  de  negot.  gest.  Nam  quamvis  in  venditione,  quae 
fit  ex  facto  ipso  venditionis,  suum  creditor  negotium  gerat,  hoc  est, 
sui  lucri  causa,  non  autem  debitoris,  ut  sic  non  videatur  ex  pro- 
pria negligentia  teneri:  nihilominus  pro  superfluo,  quod  restituere 

GlUck.  Comm,  PanUetle.  —  Lib.  XIII.  —  50. 


394  LIBRO  Xni,   TITOLO  VII,   §   873. 

debet,  immo  uiagis  ex  propria  negligentia  tenebitur  ad  snperfluuio 
cum  iisiiris  restituenduni,  ut  in  siiuili  elegantor  docet  Ulpianuj* 
ill  L.  6  §  Sed  et  si  quis  negoUa  mea  2>.  de  negot.  gest.  ». 

Con  qnesta  spiegazione  del  ginrista  spagnuolo  concorda  anclie 
lo  scoliasta  greco  dei  Basilici  '**),  il  quale  alia  L.  42  osserva; 
TaOra  vo)77^s/,  vj^ol  y.rjLT.cf.  a.iy/i^oLi.  i.  e.  hoc  ita  inteUigendum  est^ 
si  culpa  eius  arguatur  ^). 

Se  tuttavia  accade  che  per  un  seniplice  caso  il  compratore  di- 
venga  insolvente  senza  die  per  questo  )K)ssa  darsi  fondatamente 
colpa  di  negligenza  al  creditore,  non  e  il  creditore  clie  deve  soi>- 
portare  qiieato  danno,  ma  inveee  h  il  debitore  clie  resta  obbligato 
verso  di  lui  fin  clie  il  debito  vien  pagato.  Cosi  Paolo  ci  insegna 
alia  L.  9  pr.  D.  de  distract,  pignor.^  20,  5  ove  dice:  «  Quaesitniu 
est,  si  creditor  ab  emptore  pignoris  pretium  servare  non  i>otai8set, 
an  debitor  liberatus  esset.  puttivi,  si  nulla  culpa  imputari  credi- 
tor! possit,  manere  debitorem  obligatum,  quia  ex  necessitate  facta 
venditio  non  liberat  debitorem  nisi  pecunia  percepta  ». 

§  873. 
Obblighi  del  debitore. 

61i  obbliglii  del  debitore  pignoratizio  riflettono: 

I.  II  risarcimento  di  qualsiasi  danno  die  il  creditore  abbia  sof- 
ferto  in  oecasione  dell'oppignoramento.  Cos'i,  se  il  debitore  sostitui 
fraudolentemente  un'altra  cosa  a  quella  die  aveva  promesso  di  dare 
in  pe^uo  al  creditore,  o  consegnb  una  cos:i  difettosa,  od  altrui,  o  gia 
oppignorata  ad  un  altro.  Se  sia  cib  avveuuto  per  parte  del  debi- 
tore scientemente  o  no,  questo  non  intiuisce  quanto  alPobbligo 
suo  di  risarcire  il  creditore;  ma  questa  distinzione  acquista  ini- 
portanza  solo  quando  si  tratta  di  conoscere  se  il  debitore  si  sia 
reso  col pe vole  di  stellionato. 


'*')  Toin,  IV,  pag.  30  in  fim»  e  segg. 


^)  Cfr.  Hrimbach,  Bas.^  Ill,  png.  65. 


DE   PIGNEEATICIA  ACTIONK  395 

Tiittavia  Pobbligo  al  risarcimento  vien  meno  allorquando  il 
creditore  accetta  in  pegno  una  cosa  ch^egli  sa  appartenere  ad 
altri,  od  essere  stata  precedent^mente  oppignorata  ad  altri,  o  qiiando 
la  cosa  gia  oppignorata  ad  altri  6  di  valore  cosi  significante  da 
poter  garantire  snfficientemente  anclie  il  secondo  creditore.  Evi- 
dentemente  iu  qucsti  casi  non  puo  parlarsi  dl  risarcimento  anclie 
86  il  primo  creditore  fa  valere  il  suo  diritto  di  pegno.  I  seguenti 
passi   servono  a  confermare   questi  principi. 

L.  1  §  2  D.  /t.  <.:  «  Si  quis  tamen,  cum  aes  pignori  daret,  adfirmavit 
hoc  aurum  esse  et  ita  pignori  dederit,  videndum  erit,  an  aes 
pignori  obligaverit  et  numquid,  quia  in  corpus  consensum  est, 
pignori  esse  videatur:  quod  raagis  est,  tenebitur  tamen  pignera- 
ticia  contraria  actione,  qui  dedit,  praeter  stellionatum  quern 
fecit  ». 

L.  36  pr.  D.  eodem :  «  Si  quis  in  pignore  pro  auro  aes  subie- 
cisset  creditor! ,  qualiter  tcneatur,  quaesitum  est.  in  qua  specie 
rectissime  Sabinus  scribit,  si  quidem  dato  auro  aes  subiecisset, 
furti  teneri;  quod  si  in  dando  aes  subiecisset''),  turpiter  fecisse, 
non  furem  esse,  sed  et  hie  puto  pigneraticium  indicium  locum 
habere,  et  ita  Pomponius  scribit.  sed  et  extra  ordinem  stellio- 
natus  nomine  plectetur,  ut  est  saepissime  rescriptum  ». 

§  1  eiicsd,  L.:  «  Sed  et  si  quis  rem  alienam  mihi  pignori  dederit 
sciens  prudensque  vel  si  quis  alii  obligatam  mibi  obligavit  nee 
me  de  hoc  certioraverit,  eodem  crimine  plectetur.  plane  si  ea  res 
ampla  est  et  ad  modicum  aeris  fuerit  pignerata,  dici  debebit 
cessare  non  solum  stellionatus  crimen,  sed  etiam  pigneraticiam  et 
de  dolo  actionem,  quasi  in  nuUo  captus  sit,  qui  pignori  secundo 
loco  accepit ». 

L.  16  §  1  D.  eodem:  «  Contrariam  pigneraticiam  creditori  ac- 
tionem competere  certum  est:  proinde  si  rem  alienam  vel  alii 
pigneratam  vel  in  publicum  obligatam  dedit,  tenebitur,  quamvis 
et  stellionatus  crimen  commit  tat.    sed   utrum  ita  demum,  si  scit, 


"')  Nei    BaMlici,    torn.    IV,    pag.    12    h    detto:  ci  ok  i^hvfi^j  iiziBiCixz  'o 
pr^uTouv  \jTtAkyoL\gv  ,•  i.  e.  sed  si  auro  duntajcat  ostenso  aes  snbiecerit. 


396  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,    §   873. 

an  et  si  ignoravit!  et  quantum  ad  crimen  pertinet,  excasat  igno- 
rantia:  quantum  ad  contrarium  iudicinm,  ignorantia  eum  non  ex- 
cusat,  ut  Marcellus  libro  sexto  digestorum  scribit.  sed  si  sciens  ere. 
ditor  accipiat  vel  alienum  vel  obligatum  vel  morbosum,  contrariuii> 
ei  non  competit  ». 

L.  32  D.  eodetn :  «  Cum  debitore,  qui  ab'enam  rem  pignori  dedit, 
potest  creditor  contraria  pigneraticia  agere,  etsi  solvendo  debitor 
sit  »  ''). 

Se  il  creditore  lia  soiferto  danni  dalla  cosa  stessa  rilascia- 
tagli  in  pegno;  se,  per  eseuipio,  il  cavallo  dato  in  pegno  lia  ar- 
recato  danno  in  un  modo  non  abitnale  alP  istinto  di  qnesta 
razza  di  animali,  senza  occasione  o  col  pa  alcuna  per  parte  del 
creditore;  allora  importa  couoscere  se  I'oppignorante  era  a  tal  ri- 
gaardo  scevro  da  qualsiasi  colpa,  o  se  tacque  al  creditore  il  vizio 
della  cosa  a  lui  pur  noto.  Nel  primo  caso  il  debitore  puo  abbandonare 
al  creditore  la  cosa  oppiguorata  in  luogo  di  risarcirlo  del  danno; 
nelPaltro,  invece,  non  gli  ^  lecito  questo  ripiego,  mentre  il  cre- 
ditore puo  pretendere  con  diritto  il  risarcimento;  come  apiiar 
cliiaro  dal  seguente  passo  di  Afkica>'o: 

L.  31  D.  h.  t.:  «  Si  servus  pignori  da tus  creditori  furtum  facia t, 
liberum  est  debitori  servum  pro  noxae  deditione  relinquere:  quod 
si  sciens  furem  ingnori  mihi  dederit,  etsi  paratus  fuerit  pro  noxae 
dedito  apud  me  relinquere,  nihilo  minus  liabiturum  me  pigneraticiam 
actionem,  ut  indemnem  me  praestet  ». 

Questa  stessa  decisione  trova  applicazione  anclie  in  tutti  gli 
altri  contratti  quando  vien  rilasciata  ad  altri  una  cosa  che  arreca 
danno  '% 


'•)  I  Basilici^  torn.  IV,  pag.  12,  non  hanno  Veisi,  tradncono  invece 
coa\  il  passo:  eav  svttojOoc  ctt'iv  6  aXAor^otov  ev£^y^aTa?,  fivayerat  ti?  jreoe 
ive;<v/9wv  a-ywyvf;  i.  e.  81  solvendo  sif^  qui  rem  aUeiiam  pignori  dedit,  actiotte 
pigneratitia  tenctur, 

^»)  L.  26  $  7  D.  mandaii,  17,  1 ;  L.  45  D.  locati,  19,  2;  L.  penult. 
C.  de  commodato,  4,  23;  L.  21  $  2  D.  de  act.  rer.  amot.,  25,  2;  L.  5H 
pr.  D.  de  aediL  edicto,  21,  3,  L.  61  $  2  segg.  D.  de  fvrtis,  47,  2.  Vwli 
lac,  CuiACio  ad  Africanvm,  tract.  VIII  ad  L.  31  D.  de  pignerai*  axi.,  ^ 
VVestphal,  Dir,  di  pegnOj  J  26,  not.  44. 


DE   PIGNEBilTICrA   ACTIONB  397 

II.  n  (lebitore  risponde  anclie  dei  danni  die  egli  stesso  ha 
cagionato  con  il  deterioramento  della  cosa  oppignorata,  anche  Be 
il  danno  sia  avvenuto  in  conseguenza  di  un  atto  cui  il  debitore 
era  aatorizzato.  Marcello  ce  ne  di\  Pesempio  seguente  nella  L.  27 
D.  de  pignor.j  20,  1 : 

«  Servnm,  quern  quis  pignori  dederat,  ex  lovissima  oflfeusa 
vinxit,  mox  solvit,  et  quia  debito  non  satisfaciebat,  creditor  mi- 
noris  serviim  vendidit:  an  aliqna  actio  creditori  in  debitorem  con- 
stitnenda  sit,  quia  crediti  ipsius  actio  non  sufficit  ad  id  quod 
deest  persequendumf  quid  si  eum  interfecisset  aut  eluscassetf 
ubi  quidem  interfecisset,  ad  exhihendum  tenet ur:  ubi  autem  elus- 
casset,  quasi  damni  iniuriae  dabimus  actionem  ad  quantum  inte- 
rest, quod  debilitando  aut  vinciendo  persecutionem  pignoris  ex 
inanierit.  ftnganius  nullam  crediti  nomine  actionem  esse  quia  forte 
causa  ceciderat:  non  existimo  indignam  rem  animadversione  et 
auxilio  praetoris.  Ulpianus  no/a^ ;  si,  ut  creditor!  nocerot,  vinxit, 
tenebitur,  si  merentem,  non  tenebitur  ». 

A  chiarimento  di  questo  passo  bisogna  notare  clie  uno  s<».liiavo, 
il  quale  per  una  mancanza  era  stato  incatenato  e  punito  dal  suo 
padrone,  aveva  in  seguito  a  cio  perduto  molto  del  suo  valore  in 
commercio.  Qaindi  il  padrone  alPatto  della  vendita  dello  schiavo 
non  doveva  tacere  anche  questa  circostanza,  se  per  caso  il  com- 
pratore  giA»  per  s^  non  la  conosceva  ***). 

Nel  caso  di  cui  parla  Marcello  il  padrone  aveva  immerita- 
mente  punito  il  proprio  schiavo,  che  egli  aveva  oppignorato  al 
suo  creditore,  e  conseguenlemente  aveva  fatto  diminuireil  valore 
dello  schiavo  stesso  in  modo  tale  che  alia  vendita  il  creditore  non 
pot^  essere  interamente  sodisfatto  con  la  esigua  somma  ricavatane. 
Quindi  si  faceva  questione  se  il  deterioramento  dello  schiavo  com- 
messo  dalUoppignorante  non  desse  fondamento  per  %h  solo  ad  una 
azione,    quand' anche   I'azione    di   debito    si   fosse   nel   frattempo 


•°)  V.  L.  48  $  4  D.  de  aedilit.  edicio,  21,  1.  Gio,  Suarez  de  Mkndoza, 
Cmnmentar.  ad  legem  AquiJianif  lib.  II,  cap.  Ill,  sect.  II,  n.  45  (in  Thes*. 
M^erman^  torn.  II,  pag.  124). 


398  LiBRO  xni,  TiTOLO  VII,  §  873. 

estinta  ^^).  Mabcello  decide  affermativamente  la  qnestione,  e  nel 
caso  in  cui  il  debitore  abbia  iicciso  lo  scbiavo  d^  al  creditore 
Vactio  ad  exhibendum;  ove  poi  gli  abbia  cava  to  un  occbio  o  rotto 
qualche  membro  Vactio  legis  Aquiliae,  e  pi-opiiamente  Vutili^,  percbe 
Pazione  diretta  compete  soltanto  al  proprietario  "). 

Ulpiano  su  questa  decisione  osserva  ancora  che  se  lo  scbiavo 
avesse  nieritato  tale  pimizione,  se,  per  eseinpio,  il  padrone  lo 
avesse  colto  in  adulterio  con  la  propria  moglie  *'),  il  debitore  non 
dovrebbe  rispondere  dei  dnnni  che  ne  fossero  derivati  pel  creditore. 
III.  Inoltre  il  debitore  h  obbligato  a  risarcire  il  creditore, 
quando  questi  in  segnito  all'alienazione  del  i)egno  ed  in  base  a 
motivi  speciali  debba  esser  tenuto  ad  una  prestazione  pel  caso  di 
evizione,  purcbe  non  lo  si  possa  incolpare  di  dolo  o  colpa. 

Ulpiajjo  decide  iin  caso  analogo  nella  L.  22  §  4  jy.depigtwrat. 
act.:  « Si  creditor  cum  venderet  pignus,  duplam  proraisit  (nam 
usu  hoc  evenerat  et  conventus  ob  evictionem  erat,  et  condem- 
natus);  an  liaberet  regressum  pigneraticiae  contmriae  actionis!  et 
potest  dici  esse  regressum,  si  niodo  sine  dolo  et  culpa  sic  vendi- 
dit  et  ut  paterfamilias  diligens  id  gessit:  si  vero  nulliun  emoln- 
mentum  talis  vendilio  attulit,  sed  tanti  vendere  quanto  vendere 
l)otuit,  etiamsi  haec  non  promisit,  regressum  non  habere  »  *). 

In  pratiea,  cio^,  si  era  presentato  il  caso  che  il  creditore  al- 
I'atto  della  vendita  della  cosa  oppignorata  avesse  promesso  il 
duplum  al  compratore  in  caso  di  evizione.    11  creditore  in  base  a 


*^)  Nei  Baftilici,  torn.    IV,    pag.    40    6    detto:  Ti  yap  on  soBipin  n  «V*t 
Tw  Xi°"'  aywy^;  i.  e.  quid  enhn  si  actio  crediti  interieritf 
**)  I  Basilici,  loc.  cit.,    hanno:  tw  axouiXiw  ourtXiw. 
*^)  V.  SuAREZ  DE  Mendoza,  Commentar.  ad  leg.  Aquihf  loc.  cit.,  pa- 


gina  121,  n.  28  segg. 


o)  La  L.  22  all»  quale  appartlene  qncsto  franimento,  come  anche  i  fr.  24 
h.  <.  ;18,  3,  3;  50,  17,  45,  tiitti  di  Ulpiano,  trattavano  della  ./!dtf«m.  II  J  4  ci- 
tato prova  che  il  creditore  iidiioiario  non  era  tenuto  a  vendere  con  garanzia; 
egli  h  tennto  per  I'evizione,  solo  Be  ha  promesso  di  garantirei  e  in  tal  caso 
pu5  rivol);ersi  contro  il  debitore,  se  aveva  interesse  a  garantire,  per  vendere  a 
maggior  prezzo.  Un  chiaro  riassunto  degli  stiidi  del  Lknrl  sui  testi  del  tit. 
de  pign.  act.  v.  in  Appleton,  Interpolations ^  pag.  151. 


DE   PIONERATICIA   AOTIONE  399 

cio,  essendosisussegiientementeavverata  Vevizione,  era  stato  chia- 
inato  in  giiidizio  e,  in  coiiformitd;  alia  sua  prornessa,  anche  condan- 
nato.  Sorgeva  diinque  qin».8tione  se  ed  in  quanto  gli  si  potesse 
concedere,  in  base  a  cio,  il  regresso  contro  il  debitx)re. 

Ulpia.no  distingue  se  il  creditore  nel  veudere  il  peguo  lia 
usato  la  prudenza  e  11  diseeruiiucnto  necessari  ed  lia  cosi  al  tempo 
stesso  pensato  alPutile  del  debitore,  oppur  no. 

Nel  priiuo  caso,  e  se  il  creditore  si  e,  nell'alienare  il  pegno, 
assunto  il  i)aganiento  del  duplum  appunto  perclie  senza  questa 
condizione  egli  non  avrebbe  potuto  effettuare  la  vendita  o  non 
I'avrebbe  coinpiuta  altrettanto  vantaggiosaniente;  non  gli  si  pub 
negare  assolutamente  il  regresso.  Giaccbe  in  questo  caso  non  gli 
si  pn5  affatto  incolpare,  avendo  egli  il  diritto  di  farla,  la  conget- 
tura  cbe  il  debitore  non  gli  avrebbe  oi)pignorato  una  cosa  altrui. 
Ed  inoltre  il  couipratore,  senza  quella  i)roines8a  per  i>arte  del  cre- 
ditore, avrebbe  potuto  cliiainare  in  giudizio  lo  stesso  debitore  **). 

Se  invece  il  debitore  non  ba  ritratto  alcun  vantaggio  dalla 
promessa  del  creditore,  perclie  la  cosa  si  sarebbe  potuta  A'en- 
dere  senza  difficoltti  per  il  prezzo  datone  dal  compratore  anclie 
quando  il  creditore  non  si  fosse  obbligato  al  riniborso  del  doppio 
del  prezzo  di  acqnisto  in  caso  di  evizione,  allora  il  creditore  non 
pub  conseguire  alcun  risarciuiento  del  duplum,  da  parte  del  debi- 
tore perclie  qui  Pobbligazione  del  creditore  non  era  necessaria. 
Consegueutemente  non  si  pub  pretendere  cbe  il  debitore  sopporti 
le  couseguenze  svantaggiose  di  una  x)rouiessa  clie  ne  a  lui  ne  al 
venditore  poteva  sotto  alcun  rispetto  .tornar  utile  ^'). 

II  creditore  non  i)ub  dunque  in  questo  caso  pretendere  dal  de- 
bitore altro  die  il  pagaineuto  del  debito.  come  dice  Trifonino 
nel  passo  immediatamente  seguente  a  qiiello,  e  cbe  con  quello  sta 
nella  piii  stretta  connessione  —  L.  23  eodem: 


^•)  L.  11  $  16  D.  de  act.  e.  et  r.,  19,  1 ;  L.  10  D.  de  distract,  jyu/nor.j 
20,  5  ;  L.  74  ^  1  D.  tf€  eviction. ,  21,  2;  L.  1  Cod.  creditor,  eviction,  pi- 
ynoris  non  deb.,  8,  45. 

*'•)  V.  Franc.  Duareno  in  Conunentar.  ad  h.  tit.,  cap.  9,  Oper.,  pa- 
gina  967,  e  Thibaut,  Soijyi  su  simjole  parti  della  ivoria  del  diritto^  y.  I, 
studio  6.®,  p«g.  89   segg. 


400  LTBBO   XIII,   TITOLO   VII,   §   873. 

«nec  enim  amj^lius  a  debitore  quam  debiti  sumina  consoqiii 
poterit.  sed  si  stipulatio  usuraruin  fuerat  et  post  quinquennium 
forte,  quani  pre ti urn  ex  re  obligata  ^)  victus  earn  (sc.  duplam) 
emplori  restituit,  etiam  medii  temporis  usuras  a  debitore  petere 
potest,  quia  nihil  ei  solutiun  esse,  ut  auferri  non  possit,  palain 
factum  est :  sed  si  simplum  praestitit,  doli  exceptione  repellendiis 
erit  ab  usurarum  petitione,  quia  habuit  usum  pecuniae  pretii,  quod 
ab  emptore  acceperat». 

Qui  Trifonino  distingue  ancora  due  altri  casi:  l.<»  quando  il 
cieditore  nelPalienare  il  pegno  ha  pioiuesso  al  compratore  la  re- 
stituzione  del  prezzo  d'acquisto  con  gli  interessi,  in  caso  di  evi- 
zione.  Questo  caso  e  espresso  nelle  parole:  si  sHpulatio  usurarum 
fuerat  ^% 

2.^  Quando  il  creditore  ha  promesso  al  compratore  delpegno 
di  restitiiirgli  il  solo  simplum,  cioe  il  prezzo  di  acquisto  senza 
interessi,  e  lo  ha  effettivamente  i)agato  nel  caso  verificatosi  di 
evizione  («  sed  si  simplum  praestitit »)  ^^). 


^^)  £  completanioiite  sbagliato  riferire  qneste  parole  al  caso  in  ciii  il 
credit/>re  nel  dare  a  prestito  il  capitate  si  c  fatto  promettei«  dal  debi- 
tore, con  stipulnzione,  gl'interessi.  Perclife  in  quepto  caso  es&endo  avve- 
luito  I'oppignoramento,  sarebbe  stato  snfficiente  il  seinplice  pactum, 
L.  11  $  3  D.  h.  t.;  L.  37  D.  de  usims,  22,  1 ;  L.  3,  L.  4,  L.  5,  L.  21 
Cod.  eodem;  L.  5  \S  2  D.  de  solut,,  46,  3.  Oltreche  si  HJirebbe  dovuto 
dire :  */  stiptilatus  usuras  fuerat.  E  veramente  Haloandro  legge  cosl,  e 
lo  hanno  seguito  Vintimill,  edit,  Pandectar,^  Parigi  1548,  8  e  Hevilaql-a. 
edit,  Venetay  1549.  Del  resto  essi,  col  iiiutare  la  lezione,  mentre  tiitti  i  ma- 
noBcritti  vi  si  oppongono,  lian  dato  a  vedere  di  non  aver  capito  qiiesto 
passo.  Tan  to  meno  Trifonino  parla  del  caso  in  cni  il  oreditow  nel  ven- 
dere  il  pegno,  qaalora  venga  evitto,  ha  promesso  al  compratore  il  doppio 
pill  gli  interessi  del  x)rezzo  d ^acquisto.  Tale  esempio  siu-ebbe  inaudito  per 
la  codiiicazione  romana,  o  contrario  al  suo  spirito  perche  I'altra  meta  della 
dupla  convemita  per  il  caso  di  evizione  vale  gih  come  interessi,  e  non  si 
I)u6  promettere  due  volt-e  la  stessa  cosa.  L.  57  D.  de  reg,  iur,<,  50, 
17j  L.   18  D.  de  verb.  obL,  45,   1, 

*"')  Della  stijmlatio  simjdi  non  si  fa  espressamente  menzione  nella  L.  32 
h,  t.,  nia  la  prestazione  qui  menzionata  non  si  pu6  intendore  senza  una 
fstipulazioue.  L.  8  $  1  D.  /*.  f.;  L.  59  (k  4  I),  mand,,  17,  1 ;  L.  1  Cod. 
creditorem  evict ioneni  pignoris  non  deb.^  8,   45. 


^)  «  Consecnttis  est,  diiplae  iudicio  siiscepto  do  re  obligata  ins.  ». 


DE  PIGNEKA.TICIA  ACTIONE  401 

Nel  primo  caso  Trifonino  ritiene  equo  e  giasto  che  il  creditore,  il 
quale  ha  promesso  al  compratore  la  restltuzione  del  prezzo  d'acquisto 
con  gli  interessi  ed  ha  efFettivamente  pagato  quest!  ultimi  per  la 
sopragginnta  circostanza  della  evizione,  possa  pretendere  dal  debi- 
tore  assieme  al  capitale  anche  gli  interessi  dal  tempo  dell'alienazione 
fino  a  quello  delPevizione  **),  perch^  il  creditore  se  ha  dovuto 
restituire  il  prezzo  d'acquisto  con  gli  interessi,  non  ba  ritratto 
alcun  vantaggio  dalla  vendita  del  pegno  e  conseguentemente  pu5 
ritenersi  clie  il  debitore  sin  da  quel  tempo  sia  stato  per  cosi 
dire  in  mora. 

'S^l  secondo  caso  invece,  poicbfe  il  creditore  pignoratizio  ha 
restituito  al  compratore,  in  causa  dell'evizione,  il  solo  prezzo 
d'acquisto  senza  interessi,  egli  non  pub  pid  assolutamente  pre- 
tendere interessi  anche  dal  debitore  perchfe  questi  sono  sufficien- 
temente  risarciti  dal  godimento  del  prezzo.  E  poich^  qui  gP  inte- 
ressi vengono  iiagati  per  gli  utili  che  si  possono  ritrarre  dal- 
l'imi)iego  del  denaro,  e  questi  utili,  nel  caso  dato,  il  creditore 
La  potuto  ricavarli  dal  prezzo  del  pegno  pagatogli  dal  compratore, 
cosi  gli  si  puo  opporre  validamente  Vexceptio  doli  se  pretende 
gli  interessi.  Ba  ci5  si  rede  come  TRrFONiNO  sopra  tutto  abbia 
tenuto  presente  il  caso  in  cui  il  debitore  ha  promesso  al  credi- 
tore gli  interessi  del  capitale  prestatogli.  Ed  in  questo  modo  pos- 
sono facilmente  spiegarsi,  ponendole  Puna  in  correlazione  con 
Paltra,  le  due  leggi  nella  spiegazione  delle  quali  i  giuristi  *^)  han 
trovato  difftcolt4  quasi  insuperabili. 


**)  I  Basilici  cosi  spiegano  il  medium  tempus  (torn.  IV,  pag.  9) :  — 
aTrctttel  Si  to  y^pio^  ^-oli  touc  to^cou?  tov?  i?  inprarriTtui  touc  /xcra  t<}v  npOLdiv 
iw?  T'^;  sxvix-^Tc&i;.  i.  e. :  «  Petit  autem  debitum  et  uBuras  ex  stipulatione 
•ex  die  venditionis  in  diem  evictionis*. 

**)  Cfr.  Ant.  Fabro,  Rational,  in  Pand.,  ad  L.  23  D.  A.  t.)  Fein. 
Bachov,  Tr,  de  pignorib.  et  hypoth.y  lib.  Ill,  cap.  25,  nn.  5e  6;  Ant. 
Dad.  Alteskrra,  Eecitat.  qtiotid.  in  Claudii  Thryphonini  libros  XXI 
Di»pntation.  (Tolosa  1679),  torn.  I,  pag.  51 ;  Westphal,  IHr.  di  pegno, 
^  214,  nota  238;  Thibaut,  Saggi,  vol.  I,  diss.  6,  pag.  91  Begg.;  lo  stesso, 
Teoria  delV interpretazione  logica  del  diritto  ramano,  ^  38,  pag.  157,  notam. 
Supplementi  al  Giornale  di  letterat.  gen.^  anni  1785-1800,  n.  36  j  e   spe- 

OlUck.  Comm.  Pandette.  —  lAb.  XIII.  —  51. 


402  LIB  BO   Xni,   TITOLO   TIT,   §   873. 

B  poichfe  il  debitore  non  vien  liberato  dal  sno  obbligo  verso 
il  creditore  se  questi,  per  Pobbligo  assnntosi  di  rispondere  del- 
Pevizione,  ba  dovuto  risarcire  il  compratore  del  pegno,  il  creditore 
potr^,  in  case  di  seguita  evizione,  sperimentare  centre  il  debitore^ 
di  frente  al  quale  egli  pub  avere  il  regresse,  o  I'aziene  con- 
traria  derivante  dal  contratte  di  pegne,  e  I'aziene  di  debite  prin- 
cipale,  la  quale,  in  tal  case,  h  per  cesl  dire  richiamata  in  vita*). 
Sar^  preferita  Vactio  pigneraticia  sele  quande  ci5  clie  il  creditore 
devette  pagare  per  causa  delPeviziene  superi  la  semma  devuta; 
infatti  questa  aziene  tende  al  piene  risarcimentx)  del  creditore, 
mentre  la  condictio  mira  selo  al  i)agamente  della  semma  dovuta. 

IV.  Ineltre  il  debitore  deve  rimbersare  il  creditore  delle  spe«e 
necessarie,  come  anche  di  quelle  fatte  con  il  sue  censense,  o  di 
quelle  utili  a  quest'ultimo  non  addebitabili;  di  queste,  per5,  solo 
quande  il  creditore  non  vi  abbia  preceduto  centre  il  divieto  del 
debitore.  Ma  di  cio  si  h  gi{\  trattate  superiormente  ed  esaurien- 
temente  a  proposito  dei  diritti  del  creditore  (V.  §  866,  pag.  seg.). 

E  finalmente 

V.  Se  il  debitore  ottiene  dal  creditore  il  possesso  del  pegno 
per  un  determinate  scope,  in  locaziene  —  per  es.  —  o  per  un  use 
rivocabile,  egli  6  tenuto,  al  cessar  delle  scope,  a  restituire  senza 
indugie  il  pegno**);    e    se  egli  lo  ha   furtivamente  settratto  alia 


cialmente  Ed.  Enr.  Hkydenrkicii,  Clatidhts  Thrffphonhnts  de  uire  pi- 
gnornm,  parte  I;  Comnientat,  ad  L,  ii3  D,  de  pign.  act.y  praes.  Fanlo 
Cristof.   Teofilo  Andre ae  def,^  Vitemberga  1812.    ^ 

*)  L.   12  ^  \  Y>.  de  distract,  pigiior.y  20,  5. 

*•)  L.  22  $  3  D.  h.  t.:  «  Si  poat  <listnu!tnm  pignut  debitor,  qui  pr<>- 
cario  ro«:avit  \el  condiixit  pignut,  possessionem  non  restitnat,  contrario 
indicio  tenetur».  Qui  non  dal  debitore,  come  intende  Wkstphal  $  25, 
notA  42,  era  stato  vendut^  il  pegno,  ma  dal  creditore  il  quale  lo  avev* 
dato  in  possesBo  al  debitore  per  Tnao  qni  indicate.  A  diritti)  quindi  il 
creditore  puo  agire  contro  il  debitore  per  la  restituzione  del  pegno,  at- 
finch^  po88a  poi  fame  la  tradizione  al  compratore.  Hotom an.,  Observafwn,^ 
lib.  V,  c.  12,  preferiece  leggere  cowfracfMw  invece  di  distractum]  Bachovio 
per6  ha  rifiutato,  con  ragione,  tale  emendaraento  {de  pignorib.  ei  hypoih.y 
lib.  Ill,  cap.  29,  n.  9,  pag.  278). 


D£  PiaNEBATICIA  AOTIONE  403 

custodla  del  creditore,  si   rende   colpevole    di  im   furtum  posses-* 
^ionis  ®^). 

§  874. 
Azioni  derivanti  dal  contratto  di  pegiio. 

Le  azioni  derivanti  dal  contratto  di  pegno  sono: 

I.  Uactio  pigneratieia  direcia  o  azione  principale  derivante  dal 
contratto  di  pegno  *^).  Qaesta  azione  compete  alPoppigaorante,  sia 
che  egli  abbia  dato  il  pegno  per  nn  debito  proprio,  sia  die  Pabbia 
dato  per  nn  debito  altrai  ^*),  e  tanto  nel  caso  in  ciii  egli  sia,  quanto 
in  qiiello  in  cui  non  sia,  proprietario  della  cosa  ^^).  Questa 
azione  6  concessa  ancbe  al  ladro  ed  al  predatore  perche  essi 
rispondono  di  fronts  al  proprietario  ^*).  !N"on  v'  h  dubbio  che 
competa  ancbe  agli  eredi  delPoppignorante  ^^).  La  si  propone 
contro  il  creditore  il  quale  in  virtu  del  contratto  La  ricevuto  il 
pegno  ^%  talvolta  anche  contro  piti  persone  con  le  qnali  sia  stato 
conteraporaneamente  conchiuso  il  contratto®");  e  talvolta  anche 
i'ontro  un  convenuto  che  non  era  stato  creditore,  o  perch^  non 
aveva  sborsato  la  somma  che  aveva  promesso  di  dare  in  pre- 
Btito  dopo  ottenuto  il  pegno;  o  perch^  il  contratto  di  pegno  era 
Htato  conchiuso  sotto  una  condizione  che  in  segaito  non  si  avverd  ®*). 


•'°)  $  10  I.  de  ohligat,  quae  ex  delicto^  4,  1 ;  L  4  4  21  D.  dc  nsurpat.y  41,  3. 

^^)  V.  Leon,  Lnd.  Mencken,  Observationes  de  actione  pigueratitia,  Vi- 
t^mberga  175S,  e  Schmidt,  Mannale  pratico  di  azioni  ed  eccezioni  gin- 
diziall,  $  820  e  segg. 

^«)  L.  13  $  lilt.  D.  locati,  19,  2}  Arg.  L.  ult.  ^  1  D.  ad  SC.ttim 
YeUejan.j  16,  1. 

»3)  L.  9  M;  L.  20  pr.  D.  /«.  ^ ;  L.  11  J  2  D.  de pignorib.' et  hypoth.,  20.  1 ; 
Jj.  11  $  7;  L.  12  D.  eodem;  Voet,   Comment,  ad  Pand.,  h,  /.,  J  2. 

^^)  L.  22  f  2  D.  /*.  t.  Vedaai  Ant.  Fabko,  Coniectur.  iur.  civ.,  lib.  VII, 
cap.  19  e  Giust.  Meier,  *Ev«Jo5wv  Justinian.  Dec,  V,  cap.  4. 

*^)  L.  12  Cod.  de  pignorib.,  20,  Ij  L.  2  Cod.  si  pignus  pignori  datum 
sit,  8,  23. 

®^)  4  ult.  I.  Quibus  modis  re  contrah,  oblig.,  8,  14. 

»')  L.  20  M  D.  h.  t. 

^^)  L.  11  $  2  D.  /i.  ^. :  «  Si  quasi  daturus  tibi  pecuniam  pignus  ac- 
cepero  nee  dedero,  pigneratieia  actione  tenebor  et  nulla  solutione   facta: 


404  LIBBO   XIII,   TITOLO   VH,   §   874. 

L'azione  tende :  a)  alia  restituzione  del  pegno  con  tutte  le  i>er- 
tinenze  ed  i  frutti  '*),  al  quale  scopo  si  pii6  anche   pretendere  il 
rendimento  del  conti  ^^^)  Id  quanto  perb  il  creditore  non  abbia  avuto 
il  godimento  dei  frutti  in  forza  di   patto  antieretico  aggiunto   al 
contratto  di  pegno  *);  h)  ^Ua  restituzione  del  guadagno  eventnal- 
mente  fatto  col  pegno   *),  p.   es.  nel  caso  in  cui  il  creditore  abbia 
ottenuto  il  doppio  od  il  quadruple  da  clii  gli  ha  sottratto  il  pegno 
furtivamente,  purcbe  non  sia  state  Voppignorante  stesso  a  perpe- 
trare  il  furto.  In  questo  caso  il  creditore  lucra   la   pena,   perche 
il  reato  dell'oppignorante  non  resti  impunito  *).  Anche  qui  ha  valore 
la  regola:  poenae  non  solent  repeti,  cum  depenaae  sunt  ^).  Nel  primo 
caso,  dunque,  il  creditore  deve  lasciar  computare  a  suo  debito  attivo 
il  guadagno,  nel  secondo  no;  come  dice  Ulpiano  nella  legge  22  pr.  e 
§  1  D.  h.  t :  «  Si  pignore  subrepto  fiirti   egerit   credit9r,  totunu 
quidquid  percepit,  debito  eum  imputare  Papiniaj^US  confitetur,  er 
est  verani,  etiamsi  culpa  creditoris  furtum  factum  sit.  multo  magis 
hoc  erit  dicendum  in  eo,  quod  ex  condictione  consecutus  est.  sed 
quod  ipse  debitor  furti  actione  praestitit  creditori  vel  condictione, 
an  debito  sit  imputandum  videamus:  et  quidem  non    ojiortere  id 
ei  restitui,  quod  ipse  ex  furti  actione  praestitit,  peraeque  relatum 
est  et  traditum :  et  ita  Papinianus  libro  nono  quaestionum  ait.  Idem 
Papinianus  ait  et  si  metus  causa  servura  pigneratum  debitori  tra- 


idemque  et  pi  accepto  lata  sit  pecunia,  vel  condicio  defecit,  oh  quam 
pigmis  contractiim  est*.  V.  Bachovio,  Ti'acf.  de  pignorib.  et  Jiypoth,, 
lib.  V,  cap.  17,  pag.  446. 

9»)  L.  18  M  D.  /a.  <.;  L.  22  $  2  D.  eodem-,  L.  1  et  tot.  Tit.  Cod. 
de  partu  pignoris  et  om7ii  causa  ^  8,  24;  L.13;L.29$1  D.  depignoHb,  ef 
hypoth.f  20,  1;  V.  Pt-TTER,  Cast  giuridici scelti,  vol.  II,  parte!,  n.  CXCVIIf : 
Ded.  1,  J  147  e  segg.j  Ded.  II,  $$  165,  169,  172,  178;  Deduct.  Ill, 
$$  69,  74,  80,  81  e  %^gg. 

*^^)  L.  1,  L.  3  Cod.  11.  t.  II  creditore  non  deve  pei6  render  conto  sempli- 
cemente  dei  frutti  che  ha  percepito  di  fatt>o,  ma  anche  di  quelli  die 
avrebbe  potuto  percepire  se  avesae  adoperato  la  diligenza  di  un  buon 
padre  di  famiglia.  L.  4  cit.  Mencken,  cit.  Diss,,  $  8. 

i)  VOET,  h.  t,  i  4. 

*)  L.  21  J  lilt.  D.  de  pignorib.  et  hypoth.,  20,  1. 

•)  V.  Franc.  Duareno,   Comment,  ad  h.  t.y  cap.  4,  Operum,  pag.  961. 

3)  L.  42  D.  de  eondict.  indebiti,  12,  6. 


DB   PIGNEEATICIA  AOTIONB  405 

diderity  quein  bona  fide  pignori  acceperat:  nam  si  egerit  quod 
metus  causa  factum  est  et  quadruplum  sit  consecutus,  nihil  neque 
restituet  ex  eo  quod  consecutus  est  nee  debito  imputabit  »  ^). 

II  passo  di  Papiniano,  a  cui  qui  si  richiama  Ulpiano,  trovasi  nella 
L.  80  (79)  de  furt.,  4:1  y  2  ove  k  detto:  «  Si  debitor  pignus  subripuit, 
quod  actione  furti  solvit  nullo  modo  recipit ».  Per5  Ulpiano 
non  ha  solo  in  mente  Vactio  furti,  ma  anche  la  condictio  furtiva ; 
questa  e  una  condictio  incerti  *)  perch^  la  condictio  certi  compete 
solo  al  proprietario  ^).  Entrambe,  Vactio  ftirti  e  la  condictio  furtiva  y 
competono  al  creditore  pignoratizio  tanto  se  la  sottrazione  6  avve- 
nuta  per  parte  di  un  terzo  quanto  se  per  parte  del  debitore  stesso } 
con  la  differenza,  pero,  che  nel  primo  caso  si  guarda  al  valore 
della  cosa,  nel  secondo  solo  alia  somma  cui  ascende  il  debito, 
quand'anche  il  pegno  debba  avere  un  valore  maggiore.  Paolo  lo 
dice  chiarament^  nella  L.  88  (87)  D.  de  furtisy  47,  2:  «  Creditor! 
ai:tio  furti  in  8upi7nam  pignoris,  non  debiti  competit.  sed  ubi  de- 
bitor ipse  subtraxisset  pignus,  contra  probatur,  ut  in  summam  pe- 
cuniae debitae  et  usurarum  eius  fiirti  conveniretur  ». 

B  di  vero  la  condictio  furtiva  mira  al  simplum:  Vactio  furti 
al  doppio  od  al  quadruplo;  h  perb  molto  controverso  fra  gli  in- 
terpreti  se  il  creditore  debba  lucrare  anche  cio  che  ha  ottenuto 
dal  debitore  con  la  condictio  furtiva  incerti.  6id»  i  Glossator! 
erano  di  varia  opinione  su  questo  punto.  Azon£  non  esitb  a  ri- 
spondere  affermativamente  alia  questione;  lo  seguirono  Acgubsio 
e  gli  altri  quasi  tutti:  solo  Irnerio  la  pensava  diversamente ; 
OuiACio  *)  si  uni  ai  primi.  11  ragionamento  fondamentale  su  cui 
basasi  questa  opinione  h  che  il  creditore  il  quale  ha  ottenuto  dal 
suo  debitore  il  quadruplo  con   Pazione  «  quod  metus  causa  »,   non 


<)  L.  12  J  2  D.  de  condict.  furt.,  13,  1. 

^)  L.  ID.  eodem.  V.  questo  Commentario,  parte  XUl,  i  838,  pag.  218 
e  segg. 

^)  Hedtat.  ad  lib.  IX  Quaestionum  Papiniani,  h,  I. 


c)  Salla  interpolazione  di  questo  frammento,  y.  ApplbtoK;  1.  o. 


406  LIBBO   Xin,    TITOLO   VII,   §   874. 

X)ii6  i>ermettere  clie  poi  se  ne  dediica  a  sue  debito  un  simplum, 
l>erch^  allora  la  pena  con  questa  azione  ^  sostanzialmente  del  tri- 
plum  '). 

Fra  i  inoderni  anche  Westphal.  ^)  conforta  del  suo  appoggio 
qiiesta  opinione.  Si  credo,  dunque,  di  trovare  qui  un  caso  in 
cui  11  creditore  e  costretto  a  pretendere  due  volte  la  stessa  cosa. 

II  creditore  otterrebbe  una  x^rima  volta  il  suo  credito,  in  seguito 
al  fnrto  del  debitore,  col  mezzo  della  condietio  furtiva;  poi  egli 
lo  otterrebbe  aucora  uu'altra  volta  x^articolaruiente  col  mezzo  del- 
I'azione  derivante  dallo  stesso  fondamento  giuridico  da  cui  si  ori- 
ginb  il  debito.  Ma,  appunto  partendo  da  questo  fondamento,  altri, 
fra  cui  meritano  di  esser  qui  particolarmeiite  citati  Antonio 
Fabro'),  Giano  da  Costa  *°),  Antonio  Schulting  **),  e  Roberto 
Oiu8.  PoTHiER  ^*),  vi  si  oppongono;  e  con  ragione.  Poiche  senza 
dubbio  la  condizioue  e  sempliceniente  un^  actio  rei  persecutoriUj  la 
quale  e  ri volta  contro  il  debitore  per  il  pagamento  del  debito  con 
gli  interessi,  ]>roprio  come  la  stessa  actio  dehitij  ed  incio  sta  sem- 
plicemente  V  iuteresse  del  creditore  *),  se  il  creditore  non  pu5  de- 
trarre  dal  debito  quauto  lia  conseguito  con  questa  azione,  e  cLiaro 
<;he  egli  con  Pazione  di  debito  cbiede  ancora  ima  volta  la  stessa 
cosa.  Ma  cib  e  assolutamente  contrario  alle  leggi.  Non  solo  Gajo  *^) 
dk  la  regola  generale :  «  bona  fides  non  patitur  ut  bis  idem  exi- 
gatur»;  ma  anche  Paolo  (L.  51  §  1  D.  de  re  iudicatay  42,  1)  dice 
cbiaramente  che  il  debitore  h  sciolto  dal  suo  obbligo  quando  11 
creditore  ba  ottenuto  Vinteresacj  come  conseguenza  del  principio: 
« iniprohum  esse  euniy  qui  velit  iterum  consequl,  quod  accepit  >. 
<3ome   puo    dunque  aver  ancora  luogo  Pazione  derivante  dal  con- 


'')  L.  14  ^$  9  e  10  D.  quod  metua  causa,  4,  2. 
*)  Diritto  di  pegno^  ^  19,  n.   35. 
*)  de  errorib,  praymaticor.,  decad.  LXXXI,  err.  3. 
***)    Commentar.    ad    Insdtut.    ad  §  10  L  de  obligation,  quae  ex  delicto 
nascuntur,  pag.  480. 

")   Thes,  cotttroversar.f  decad.  L.  p.  6. 

^^)  Pandect,  lustin.,  torn.  I,  /*.  <.,  n.  X,  nota  c,  pag.  395. 

*)  L.  21  ^  3  1).  de  pignoHb.  et  hypoth.,  20,  1. 

*^)  L.  57  D.  de  reg.  turn,  50,  17. 


DE   PIGNEBATICIA  ACTIONlfl  407 

tratto  di  debito  se  il  creditore,  con  la  condictio  furtiva,  ba  gih  com- 
pletamente  ottenuto  il  8uot  O,  come  assai  ^nstamente  dice  Ant. 
Fabro  *^):  «  Qui  fieri  potest,  ut  quicquam  adbiic  intersit  eiiis,  qui 
iam  id  omne  sit  conse^utus,  quod  sua  intereratf  Aut  ut  ei,  cuius 
nibil  amplius  intersit,  salva  nibilominus  supersit  actio  pecuniae  ere- 
ditae?  Tritura  enini  est,  neque  actionem  neque  exceptionem  saltern 
efficacem  ei  dandam  esse,  cuius  nibil  interest,  cum  et  obligationes 
et  actiones  et  exceptiones  ad  hoc  tantum  comparatae  sint,  ut  unus- 
quisque  quod  sua  interest,  vel  acquirat  vel  consequatur  »  **).  Ap- 
punto  per  questo  ancbe  Ulpiano  nella  L.  22  pr.  cit.,  dove  insegna 
che  il  creditore  non  ^  tenuto  a  restituire  ci5  cbe  ha  conseguito 
dal  debitore  per  il  furto  cbe  questi  ba  commesso,  parla  espres- 
samente  della  sola  actio  furtu  Di  questa,  cbe  h  una  vera  e  propria 
azione  penale,  ancbe  Papiniano  fa  monzione  solo  nel  luogo  ^*)  a  cui 
qui  si  h  riferito  Ulpiano,  e  Modestino  i)one  la  regola:  L.  74 
D.  de  solution.^  46,  3:  «  Id  quod  poenae  nomine  a  debitore  exactum 
est,  lucro  debet  cedere  creditoris».  Cbe  non  possa  ammettersi  una 
concorrenza  cumnlativa  della  condictio  furti  e  delPazione  di  debito, 
risulta  ancbe  da  questo:  se  un  terzo  ba  sottratto  alia  cnstodia 
del  creditore  il  pegno,  e  il  creditore  ba  agito  contro  il  ladro  con 
Vactio  furti,  Ulpiano  conformemente  all'opinione  di  Papiniano, 
affernia  die  il  creditore  debba  detrarre  dal  debito  quanto  ba 
conseguito  dal  ladro  e  restituire  il  rimanente,  sebbene  egli  stesso 
non  sia  immune  da  colpa  per  il  furto;  e  quindi  abbia  uninteresse 
a  cio,  percbe  deve  risponder  del  valore  di  fronte  al  proprietario. 
A  pill  forte  ragione  ci6  dovrebbe  valere  ancbe  per  la  condictio 
fvrtivaj  percb^  non  era  in  luogo  di  pena  quello  cb'egli  riceveva  con 
Vactio  furti  mentre  e  il  suo  credito  quello  cbe  consegue  per  mezzo 
della  condictio  furtiva.  Questo  perb  non  gli  si  puo  pagare  due  volte. 
Motive  cosi  cbiaro,  cbe  CJlpiano  quando  in  seguito  spiega  il  caso 
in  cui  il  debitore  stesso  ba  commesso  il  furto,  non  ritiene  neces- 
sario   agire   per   conseguire  qualcos'altro  con  la  condictio  furtiva, 


^0  I)e  errorib.  praf;maticor,,  decad.  LXXXI,  err.  3. 

^5)  L.  3  $  1,  !-«.  38  M7  D.  de  verbor.  obligatwnib.,  45,  1. 

*«)  L.  79  D.  de  furtis,  47,  2. 


408  LEBBO   Xni,   TITOLO  VII,    §   874. 

ma  si  limita  seinplicemente  alFootto  furti  della  quale  soltanto  par- 
lava  anche  Papiniano.  Con  cio  si  spiega  ancbe  perche  al  creditore 
non  si  tenga  conto  di  quel  che  ba  ottenuto  dal  debitore  con  Vactio 
quod  metus  caunaj  poiebe  ancbe  questa  azione  prende  il  carattere 
di  un'azione  penale  quando  il  convenuto  si  rende  colpevole  dl 
una  inobbedienza  ^^).  Ora  quantunque  nel  quadruple,  cui  il  con- 
venuto per  mezzo  di  questa  azione  puo  esser  condannato,  8ia  com- 
preso  ancbe  il  simplum,  pure  in  quanto  questa  e  un'azione  pe- 
nale e  la  si  propone  contro  il  debitore  pignoratizio,  non  se 
ne  tiene  alcuna  ulteriore  considerazione,  x>ercb^  h  una  regola 
generale  queUa  dataci  da  Gaio,  nella  L.  46  D.  de  div,  regulU 
iuris,  60,  17  ove  dice:  «  Quod  a  quoquo  poenae  nomine  exactum 
€st,  id  eidem  restituere  nemo  cogitttr». 

Con  ragione,  quindi,  Giano  da  Costa  dice:  «  Manet  ergo  certmii, 
creditorem  reddere,  aut  imputare  id  onme,  quod  accepit  ab  ex- 
traneo,  quod  autem  ab  ipso  debitore,  ita  demum,  si  egerit  eon- 
dictione  furti va,  non  si  actione  furti,  quae  poenalis  est  ». 

Finalmente  con  questa  spiegazione  concordano  ancbe  i  Basi- 
7ici  **),  nei  quali  vien  detto :  Et  cJe  6  )(^pgo)7rY};  xXetpst,  fj  Xd^in  ^a'i 
QOfSov  TO  hiyypov^  OTiep  y.aXjJ  ttc'^tci  6  dAVKtyrr,^  >5v  et5  iyiyyozy 
/3f/Swy,  rezpoLnlovy,  ozep  i'j  Tzapxvyjri  dii  rr,i  ini  xXoTTp  iyoiyri:, 
r,  TVii  iiri  rft  $ti  ^6^c\f  cLirict  oiyfMiyriiy  ouy.  ivcO.aLiL^divBi,  cxjrt  ei; 
TO  y^pioi  avTov  y.oyiXsroLi,  i.  e.  «  si  vero  ipse  debitor  subripuerit, 
vel  metns  causa  pignus  acceperit,  quod  bona  fide  creditor  pignori 
acceperat,  quadrupluiu,  quod  praestiterit  per  actionem  furti,  vel 
quod  metus  causa,  non  recipit,  neque  in  debitum  imputatur  *  % 

Ora,  quantunque  ancbe  qui  non  si  trovino  tradotte  le  parole:  vel 
eondictionc,  che  sono  nella  legge  22  pr.  D.  h,  t.,  non  pub  tuttavia 
per  cio  sussistere  alcun  motivo  sufficiente  per  ritenerle  con  Ant 
Fabbo  *•)  un^aggiunta  inconsiderata  di  qualcbe  interprete.  L'ar- 


^•)  ^  25  I.  de  nctionib.,  4,  6. 

'»)  Tom.  IV,  pag.  8. 

^'*)  De  errorih,  praijmaticor.,  cit.  loc,  err.  4. 


rf)  Cfr.  Heimbach,  /?a«.,  Ill,  pag.  61,   XXII. 


DE  PIGNEBATICIA  ACTIONK  409 

^i^omento  che  la  condictio  furtiva  non  possa  opporsi  da  un  non  pro- 
prietario  contro  lo  stesso  proprietario,  per  lo  meno  non  ba  peso, 
come  Ulrieo  Hubek  *^)  ha  giA  notato  contro  Fabb-O.  La  concor- 
danza  di  tutti  i  manoscritti  e  le  edizioni  non  ci  permette  pin  di 
ilubitare  della  autenticit^  di  quelle  parole. 
U actio  pigneraUcia  directa  tende  inoltre: 

c)  al  risarcimento  di  qualslasi  danno  cagionato  dolosamente, 
o  con  una  colpa  di  cui  si  sia  tenuti  a  ri8i>ondere  (§§  807  e  868); 
non  meno  cbe  alia  prestazione  dellMnteresse,  se  il  creditore,  col 
vendere  11  pegno,  ba  agito  fraudolentemente  '*). 

Einalmente: 

d)  alia  restituzione  delPeccedenza,  con  gl'interessi  se  il  cre- 
ditore Pba  x>restata  ad  interesse,  o  Pha  adoperata  a  suo  vantaggio  *'). 
Tuttavia  Tazione  non  ba  luogo  se  il  diritto  di  pegno  del  creditore 
non  h  venuto  meno,  o  niediatamente  con  Pestinzioue  completa 
del  debito,  o  immediatamente  per  se  stesso,  quantunque  Pobbliga- 
zione  di  debito  perduri. 

Infatti  fu  gii\  superiormente  dimostrato  (§  871)  cbe  possono  darsi 
dei  casi  in  cui  il  pegno  puo  ripretendersi  quantunque  il  debito 
non  sia  stato  ancora  pagato,  o  non  sia  ancora  interamente  estinto; 
percio  Ulpiano  alia  L.  9  §  3  D.  h.  U  &k  la  regola:  «  Omnis 
pecunia  exsoluta  esse  debet  aut  eo  nomine  satisfactum  esse,  ut 
uascatur  plgneraiicia  actio,  satisfactum  autem  accipimus,  quemad- 
niodum  voluit  creditor,  licet  non  sit  solutum  »;  regola  che  il  Ba- 
OHovio  '^)  pill  brevemente  cosi  spiega:  Soluto  vinculo  pignoris, 
nasci  et  competere  actionem  pigneratitiam,  Se  Poppignorante  ba  agito 
prima  del  paganieuto  del  debito,  qualora  non  sia  possibile  por  fine 
al  diritto  di    pegno    del    creditore    altrimenti  che  con  Pestinzione 


*^)  Ennomia  ram,  ad  L.  22  pr.  D.  /*.  <.,  $  2,  pag.  543. 

*')  L.  4  C.  de  distract,  pignorib,^  8,  27;  Voet,  Comment,  ad  Pand., 
h.  ^,  $  4  e  5. 

")  L.  6  J  1»  L.  7,  L.  24  $  2,  L.  42  D.  /*.  t.  Al  debitore  non  spetta 
un'azione  reale  per  ottenere  Peccedeiiza,  qnand'anche  cod  tale  eccedenza 
il  ci'editore  si  fosse  acqniRtato  un  fondo;  come  stabilisce  la  L.  20  C.  de 
dhfracf,  pignor.,  S,  27.   V'edi  Westphal,  Diritto  di  pegno,  }  256. 

*■*)   Tr.  de  pignor.  et  hgpoth.,  lib.  V,  cap.  16. 

Gi/:cK.  Cornm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  —  52. 


410  LIBRO   XIII,   TITOLO   VII,   §   874. 

del  debito  stesso,  non  potri^  ancora  aver  luogo  I'azione.  Ma  Perroiv 
im5  sanarsi  se  Pattore,  durante  il  giudizio,  offre  giudizialment^  la 
Bomma  e  la  deposita;  in  questo  caso  il  creditore  puo  essere  con- 
dannatx)  alia  restituzione  del  pegno  ed  alia  prestazione  dell'  inte- 
resse  **). 

Del  resto,  Vactio  pigneraticia  directa  presnppone  propriamente 
un  contra tto  di  pegno;  tnttavia  le  leggi  la  concedono,  nei  rigaardi 
degli  obblighi  personal!  del  creditore  pignoratizio,  anclie  in  altri 
casi  in  cui  il  creditore  lia  consegtiito  un  diritto  di  x>egno  senza 
tale  contratto,  ed  in  virtCi  di  quel  diritto  lia  ottenuto  il  jiossesso 
del  pegno.  Casi  tali  sono  i  segueuti:  a)  quelle  in  cui  il  creditore 
abbia  ottenuto  il  possesso  del  x>egno  con  Pazione  iiKitecaria,  e  dalla 
vendita  del  pegno  abbia  ricavato  una  somina  uiaggiore  di  quella 
per  cui  gli  fu  oppignorata  la  cosa.  Tanto  il  creditore  iiwtecario, 
quanto  il  creditore  pignoratizio  (con  pegno  manuale  —  Faxistpfand- 
glliuhiger)  non  possono  far  i)ropria  qnesta  eccedenza  *^) ;  ft)  quando 
il  creditore  ipotecario  nell'esercizio  del  diritto  di  ritenzione  vieu 
incoliiato  di  inancanza  della  cura  necessaria  e  della  custodia  del 
pegno  *°);  c)  quando  il  creditore  al  quale  spettava  un  legittinio 
diritto  di  pegno  suUa  cosa  e  stato  conipletainente  sodisfatto.  QoA 
—  per  esempio  —  colui  clie  lia  preso  in  locazione  un  praedium 
tirhamim,  se  vuole  andar  via  do])0  aver  conipletamente  estinto  il 
debito  derivante  dal  contratto  di  locazione  e  il  locatore  non  vuol 
consegnargli  le  cose  sue  sulle  quali  quest'idtimo  aveva  un  legittinm 
diritto  di  pegno,  pu5  intentare  contro  il  uiedesinio  Pazione  pigm- 
raticia  directa  *').  II  Bachovio  *^)  ha  luminosamente  dimostrato 
che  sotto  questo  punto  di  vista  non  vi  fe  Mcuna  differenza  tni 
pignus  ed  hypotheca.  Tale  azione  pero  si  suol   cliiamare   in   questi 


*'*)  L.  9  ^  ult.  I),  h.  i.:  €  Qui  ante  sohitionem  egit  pigneraticia,  liftt 
non  recte  egit,  tamen,  Ri  offcrat  in  iadicio  ])ecuniaTn,  debet  rem  pigiM*- 
ratani  et  quod  sua  interest  consequi  ».  Vedi  Westphal,  IHritto  (h 
pegnoj  J  255,  nota  287. 

*^)  V.  Bachovio,   De   pignorib.  et  ht/poth.^  lib.   V,  cap.  18,  pag.  450. 

")  L.  34  D.  de  damno  infecto,  39,  2. 

«')  L.  11  4  5  D.  h.  t. 

")  Cit.  loc,  pag.  451. 


J 


DE   PIGNEBATiriA   ACTIONK  411 

casi  ima  actio  pigneraticia  utiHs  '^).  Ma  XJLPiANOy  al  quale  qui  si 
&  ricbiamo,  nella  L.  5  §  21  D.  Ut  in  possessionem  legator.  36,  4 
dove  dice:  «  Quin  immo  et  si  am})lius  qnam  sibi  debetur  perceperit 
legatariiis,  exemplo  pigneraticiae  actionis  etiam  utilis  actio  ad  id 
refundendnm  dari  debebit  »,  intendo  propria  in  en te  solo  Va4:tio  in 
factum,  cbe,  secondo  la  L.  9  pr.  D.  de  rebtis  auct.  iudicis  possid,, 
42,  5  vien  concessa  al  debitore  contro  il  creditore  pignoratizio 
iiumesso  nel  possesso  pretorio  quando  questi  abbia  ritratto  dai 
beni  utili  niaggiori.  dell'iniportare  del  debito.  Ulpiano  per  altro 
in  altri  luogbi  non  si  perita  di  concedere  al  debitore,  nei  casi 
Botati  '^*^)j  Vactlo  pigneraticia  senza  alcnna  modiflcazione. 

11.  L'azione  pignoratizia  contraria  {actio  pigneraticia  contraria), 
Qnesta  si  propone  dal  creditore  o  dal  suo  erede  contro  Poppigno- 
rante  od  i  siioi  eredi  e  tende  ad  un  risarcimento  di  danni  di 
fronte  all'attore.  In  cbe  consista  questo  risarcimento  h  gik  stato 
61)iegato  nel  §  873,  dove  si  tratta  degli  obbliglii  del  debitore. 

§  875. 
ffa  luogo  contro  i  terzi  Tactio  pigneraticia  directaf 

Bisulta  dunqiie  da  quanto  si  e  detto  clie  le  azioni  derivanti  dal 
contratto  di  j)egiio  hanno  per  solo  scojw  la  persccuzione  dei  rapporti 
giuridici  tra  debitore  e  creditore.  Consegnenteniente,  per  la  loro  na- 
tura,  esse  sono  azioni  personali;  e  qnindi: 

I.  Vactio  pigneraticia  directa  non  puo  proporsi  da  un  terzo  cbe 
non  abbia  conchiuso  egli  stesso  il  contratto  di  pegno  col  creditore, 
o  non  sia  erede  delPoppignorante,  quand'anche  costui,  per  trarre 
di  bisogno  il  debitore,  gli  abbia  consegnato  la  propria  cosa  perch^ 
la  oppignorasse;  come  pure 

II.  l'azione  predetta  non  ha  luogo  contro  il  terzo  possessore 
della  cosa  oppignorata,  qualora  il  creditore  abbia  ultenormente 
trasferito  il  pegno,  o  Pabbia  a  dirittura  alienato. 


*^)  CoccEJO,  lur,  dr.  controv,,  h.  f.,  qu.  13;  Erxlebex,  De  iure 
pignor.y  $  297;  Thibaut.  Sist.  del  dir.  delle  Pandette^  vol.  II,  §  662. 

»«)  L.  11  $  5  D.  h.  t.;  vedi  VoEr,  Comm.  ad  Pand.,  h.  f.,  $  11; 
Meissner,  Esposizione  completa  della  teoria  del  tacit o  diritto  di  pegno,  $  46* 


412  LIBBO   XIII,   TITOLO   VII,   §   875. 

E  percio,  come  nel  primo  caso  il  proprietario  deve  rivolgersi  al 
(lebitore,  ed  intentare  contro  di  lui  o  P  actio  commodati  o  VaeHo 
praescriptis  verbis,  in  base  al  contratto  che  con  questi  ha  concluso ; 
co8\  nel  secondo  caso  il  terzo  jiossessore  della  cosa  oi^pignorata  deve 
esser  perseguito  con  I'azione  di  rivendica.  La  prima  affermazione 
risulta  cliiara  dalla  L.  5  §  12  D.  Commodati  13. 6,  nella  qoale 
Ulpiano  dice:  «  Rem  tibi  dedi,  ut  creditori  txio  pignori  dares: 
dedisti:  non  repigneras,  iit  milii  reddas.  Labeo  ait  commodati 
actionem  locum  habere,  qnod  ego  puto  verum  esse,  nisi  merces 
intervenit :  tunc  enim  vel  in  factum  vel  ex  locate  conducto  agendum 
erit  ».  A  questo  punto  si  riferisce  anche  la  L.  27  D.  h.  t,:  «Pe- 
tenti  mutuam  pecuniam  creditori,  cum  prae  manu  debitor  non 
liaberet,  species  auri  dedit,  ut  pignori  apud  alium  creditorem  po- 
neret.  si  iam  solutione  liberatas  receptasque  eas  is  qui  susceperat 
tenet,  exhibere  iubendus  est:  quod  si  etiamnunc  apud  creditorem 
creditoris  sunt,  voluntate  domini  nexae  videntur:  sed  ut  liberatae 
tradantur,  domino  earum  propria  actio  adversus  suum  creditorem 
competit ».  II  proprietario  non  puo  in  questo  caso  ripret^ndere  la 
cosa,  consegnata  al  suo  creditore  perche  la  oppignorasse,  con  Vaetio 
pigneraticia  directa ;  quest'  azione  non  ha  luogo  ne  contro  il  cre- 
ditore del  proprietario,  ne  contro  il  creditore  del  suo  creditore,  se 
questi  non  aveva  ancora  Pobbligo  di  restituire  la  cosa,  perch^  egli 
non  ha  conchiuso  con  alcuno  dei  due  un  contratto  di  pegno  suUa 
cosa  stessa.  Dunque  Vaetio  propria  che  in  questo  caso  deve  in- 
tentare il  i)roprietario  contro  il  suo  creditore  h  Vaetio  praescriptiH 
verbis,  per  mezzo  della  quale  egli  ottiene  che  il  suo  creditore 
liberi  il  pegno  e  glielo  restituisca  ''*);  perchfe  egli  diede  ad  oppi- 
gnorare  la  cosa  al  suo  creditore  appunto  per  procurarsi  in  tal  modo 
una  dilazione  al  pagamento.  L'uso,  dunque,  per  il  quale  fu  data  la 
cosa,  qui  non  era  semplicemente  un  usus  gratuitus,  e  quindi  non 
puo  utilmente  proporsi  Vaetio  commodati  ^*).  I  seguenti  passi,  per5, 


31 


')  V.  PoTHiER,  Pand.  Justin.,  torn.  I,  lib.  XIX,  tit.  5,  n.  XIV, 
nota  g'f  Ant.  Fabro,  BationaL  in  Pand.  ad  h,  L  e  Westphal,  Diritto 
di  pegno,  (  il6,  nota  138. 

3«)  L.  3  Cod.  de  commodate,  4,  23 


DK   PIGNERATICIA   ACTIONE  413 

dimostrano  che  ne  anche  Pocfto  pigneratieia  directa  pub  proporsi 
contro  il  terzo  possessore  della  cosa  oppignorata,  che  qnesti  in- 
vece  deve  essere  persegnito  con  la  rei  vindicatio  od  im^altra  azione 
opportnna : 

a)  L.  13  pr.  D.  h.  t. :  «  Si,  cnm  venderet  creditor  pignns^  con- 
venerifc  inter  ipsam  et  emptorem,  ut,  si  solvent  debitor  peciiniam 
pretii  emptori,  liceret  ei  recipere  rem  suam,  scripsit  Iulianxjs  et 
est  rescriptum  ob  banc  conventionem  pigneraticiis  actionibus  te- 
neri  creditorein,  ut  debitori  inandet  ex  vendito  actionem  ad  versus 
emptorem.  sed  et  ipse  debitor  aut  vindicare  rem  poterit  aut  in  factum 
actione  ad  versus  emptorem  agere  ». 

Qui  bisogna  supporre  un  caso  in  cui  la  vendita  del  pegno  era 
avvenuta  in  modo  nnllo  per  parte  del  creditore,  forse  perch 5  an- 
cora  non  s^era  verifieato  iltermine  del  pagamento;  ma  il  creditore 
aveva  pattuito  col  compratore  del  pegno  che  se  il  debitore  gli 
avesse  rimborsato  il  prezzo  d'acquisto  gli  avrebbe  dovuto  rendere 
il   pegno. 

Ora  il  debitore  puo  efifettivamente  in  base  a  questo  contratto 
agire  con  Vactio  pigneratieia  directa  contro  il  creditore  perchfe  gli 
ceda  i  suoi  diritti  alia  restituzione  del  pegno  contro  il  compra- 
tore ^') ;  ma  egli  non  pub  proporre  quest'azione  contro  il  terzo 
l>ossessore.  Contro  questi  fe  accordata  al  debitore  la  rivendica, 
o  Vactio  in  factum.  Qne^Vactio  t»  factum,  come  ammette  anche 
Westphal  **),  fe  probabilmente  Vactio  utilis  che,  dopo  la  costitu- 
zione  di  Antonino  Pio  ,  un  mandante  puo  proporre  anche 
senza  cessione,  contro  il  terzo,  col  quale  in  suo  nome  ha  agito  il 
mandatario;  in  fatti  il  creditore  pignoratizio ,  colP  alienare  il 
pegno,  agisce  come  un  mandatario  delPoppignorante.  II  mandatario 
deve  cedere    al    suo   mandante  i  propri  diritti  contro  il  terzo  col 


33)  Invano,  per  la  sithtilitas  del  diritto  romano,  alcuno  pattuisce  in 
vantaggio  d'nn  terzo.  L.  73  $  ult.  D.  de  div,  teg,  iuris^  50,  17.  Ma,  poichd  qui 
importa  al  creditore  stesso  che  il  contratto  regga  di  fronte  al  terzo, 
co^  lo  si  conBidera  come  se  il  creditore  I'aveBae  conchinso  per  se.  Ye- 
dasi  anche  la  L.  7  pr.  D.  de  distract,  pignorib. 

3^)  JHriito  di  pegno,  $  219,  note  243,  pag.  817. 


414  LIBBO   Xlir,   TITOLO   VII,   §   875. 

qaale  egli,  come  mandatario,  ha  contratto;  tuttavia  11  principale 
piio,  anche  senza  cessione,  agire  con  Vactio  utilis^^).  Cos!  dunqne 
la  decisione  di  Ulpiano  k  pienameute  in  armonia  con  i  principi 
giuridici  del  suo  tempo,  e  non  si  6  costretti  ad  ammettere  con  An- 
tonio Fabro  '*)  im  tribonianismo;  come  gik  fu  notato  da  Gherardo 
KOODT  ^'). 

b)  L.  2  D.  de  pignorib.y  20,  1:  «  Pideiussor,  qui  pignora  vel 
liypothecas  suscepit  atque  ita  pecunias  solvit,  si  mandati  agat  vel 
cum  eo  agatur,  exemplo  creditoris  etiam  culpam  aestiniari  oi)ortet. 
ceterum  indicio,  quod  de  pignore  dato  proponitur,  conveniri  non 
potest  ».  Secondo  questo  passo  di  Papiniano,  il  fideiiissore  cbe  lia 
sodisfatto  il  creditore  ed  ba  preso  i  pegni,  non  puo  tuttavia  esser 
convenuto  dal  debitore  con  Vactio  pigneraticia,  sebbene  per  mezzo 
<li  una  cessione  sia  subentrato  nei  diritti  del  creditore;  poiche-  in 
fondo  il  cessiouario  continua  a  considerarsi  nei  rapi)orti  col 
debitore  semplicemente  come  un  estraneo  col  quale  egli  non  ha 
conchiuso  alcuii  contratto  di  pegno.  II  rax)porto  che  passa  tra  loro 
deve  giudicarsi  dunque  semplicemente  alia  stregua  del  mandato  ^% 

c)  L.  2  D.  quihus  modis  pigmis  solvit.^  20,  6:  «  Si  creditor 
Serviana  actione  pigniis  a  possessore  petierit  et  possessor  litis 
aestimationem  obtulerit  et  ab  eo  debitor  rem  vindicetj  non  aliter 
hoc  facere  concedetur,  nisi  prius  ei  debitum  offerat  ». 

II  terzo  possessore,  contro  il  quale  il  creditore  aveva  perseguito 
ripoteca  con  Vactio  Serviana,  aveva  pagato  il  debito  gravante  sulla 
cosa  ed  estinto  I'ipoteca.  Col  liberare  il  fondo  dalP  ipoteca  che  vi 
gravava  egli  Im  eflfettivamente  migliorato  la  cosa:  ora  al  debitore 
non  6  vietato  di  revindicare  in  propriety  la  cosa,  ma  deve  rifoii- 
dere  al  possessore  il  miglioramento,  cio6  pagargli  il  debito  come  se 
questi  stesso  fosse  il  creditore.  £  proprio  ci5  che  dice  la  L.  28  pr. 
D.  h.  t, :  «  Si  creditor,  qui  rem  pignori  acceperat,  amissa  eius  i)os- 


35)  L.  13  4  25  D.  de  act.  e.  t'.,   19,  !• 
3^)  De  errorib,  pra^maticor,,  decad.  XXII,  err.  9. 
3')  Commentar,  ad  Dig,,  lib.  XX,  tit.  1,   Operum,  torn.    II,    pag.  443 
<?  ^'^^»  i  JiJffectus  venditi  pignoris,  etc. 

3*)  V.  Westphal,  Diritto  di  pegno,  ^  228,  nota  252. 


DE   PIGNEBATICIA   ACTIONE  415 

sessione  ServiaDa  actione  petierit  et  litis  aestimationem  conse- 
ciitiis  sit,  postea  debitor  eandem  rem  petens  exceptione  sum  mo- 
vetur,  nisi  oflferat  ei  debitor,  quod  pro  eo  sohitiim  est  ». 

Che  contro  il  terzo  possessore  possa  proporsi  la  revindica  risulta: 

d)  dalla  legge  65  D.  dereivindicat.,  (>,  1,  ove  Papiniano  dice: 
«  Emptor  praediiim,  quod  a  non  domino  emit,  exceptione  doli  ])osita 
non  alitor  restituere  domino  cogetiir,  quam  si  pecimiam  cieditori 
eius  solutam,  qui  pigaori  datum  praedium  habuit,  usuranimquo 
medii  tcmporis  superfluum  reciperaverit,  scilicet  si  minus  in 
fnictibus  ante  litem  perceptis.fait  ». 

Gi^  il  titolo  sot  to  il  quale  trovasi  questo  frammento  prova  che 
qui  non  si  tratta  delVdctio  pigneraticia  ma  della  rel  vindicatio;  e 
lo  prova  anclie  la  connessione  di  qnesto  passo  con  la  L.  48  D. 
eodem,  clie  fii,  come  la  L.  65,  tolta  dallo  stesso  libro  II  Besponsorum 
di  Papiniano.  Ancbe  questo  e  nn  caso  in  cui  il  terzo  possessore, 
ebe  aveva  comperato  da  un  non  jiroprietario  il  fondo  oppignorato 
dal  i>roprietario,  aveva  sodisfatto  il  creditore  ipotecario  pel  capitale 
e  per  gli  interessi  arretrati.  L'oppignorante  proponeva  la  rei  vindi- 
catio  contro  il  i)ossessore.  Non  vi  ha  alcuii  dubbio  che  il  possessore 
debba  restituire  il  fondo  al  vero  proprietario;  ma  egli  puo  anche, 
in  via  gindiziaria,  ottenere  che  gli  venga  rimborsata  dal  proprie- 
tario la  somma  pagata  al  creditore  di  lui,  somma  che  h  valsa  ad 
estinguere  P  ipoteca  esistente  sul  fondo,  solo,  pero,  in  quanto  egli 
non  sia  stato  danneggiato  nel  godimento  dei  frutti  a  causa  di  questa 
contropretesa,  dumnte  il  tempo  in  cui  li  lucrava  come  possessore 
di  buona  fede  ^^). 

E  finalmente  in  connessione  con  i  passi  fin  ora  interpretati, 
anche  i  seguenti  liioghi  del  Codice  non  possono  riferirsi  ad  altra 
azione  che  alia  revindica;  e  cioe: 

e)  L.  2  Cod.  Si  pigntLS  pignori  datum  sity  8,23:  «  Si  creditor 
possessionem,  quae  a  parentibus  tuis  pignoris  iure  fuerat  obligata^ 
non  vendidit,  sed  alii  creditori  pignori  dedit,  examinata  fide  veri 


3»)  V.  HuBER,    Praelect.    ad    Pandect. y  lib.  VI,  tit.  I,  J  10,  e  West 
PHAL,  Diritto  di  pegno,  $  258,  nota  290. 


416  LIBBO   Xni,   TITOLO   VII,   §   875. 

poteris  earn  soluto  eo,  quod  ex  hac  causa  creditori  debetar,  iatercessu 
praesidis  provinciae  recuperare*. 

/)  L.  2  Cpd.  si  cendito  pignore  agaturj  8,29:  «  Servos,  quos 
nnllo  iiire  a  creditore  veiiisse  dicis,  pater  tuus  vel  tu,  ai  hereditas 
eius  ad  te  pertinet,  a  possessoribus  petere  potes.  quod  si  usucapti 
sunt,  petat  pat^r  tuns  pretiuin  eoriim  a  creditore,  qui  non  iure  eos 
servos  vendidit». 

g)  L.  3  Cod.  eodem:  «  Si  uxor  tua  praesidi  probaverit,  cum 
aureos  triginta  deberet,  servos  suos  ainplioris  pretii  per  gratiam 
aureis  viginti  creditorem  venumdedisse  eumque  solvendo  non  fuisse, 
iuhebit  emptores  recepto  pretio  restiUtere  servos  ». 

Per  cbiarire  quest'ultimo  passo  bisogna  notare  che,  se  anche  nel 
caso  di  cui  esso  tratta,  compratore  e  venditore  non  erano  alieni 
dalla  mala  fede,  come  mostrano  le  parole  per  gratiam,  la  vendita 
del  pegno  tuttavia  non  era  in  se  stessa  nulla.  Percio  il  debi- 
tore  deve  qui  anzitutto  procurare  il  ristabilimento  nel  pristino 
Htato,  se  vuol  intentare  la  revindica  contro  il  terzo  possessore;  in- 
fatti  la  proprieti\  del  pegno  e  passata  al  compratore. 

Con  cio  si  chiarisce  anche  perche  il  compratore  possa  esser  te- 
nuto  in  considerazione  solo  allorquando  il  venditore  non  sia  al 
caso  di  indennizzare  I'oppignorante.  Poiche  la  restituzione  nel 
pristino  stato  h  un  mezzo  giuridico  straordinario  cbe  di  regola  vien 
concesso  solo  allorcli^  quegli  cbe  ^  stato  leso  non  h  in  grado  di 
allontanare  com])letamente  da  s6  il  danno  col  mezzo  ordinario.  £ 
percio  in  questo  caso  I'oppignorante  deve  agire  contro  il  creditore 
con  Vactio  pigneraticia  directa  per  conseguire  Vinteresse,  prima 
die  possa  rivolgersi  contro  il  compratore,  come  giustamente  ha 
osservato  anche  Cujaoio  *%  Malgrado  queste  ragioni  molti  giuristi 
son  d'altra  opinione  *^).  Si  concede  che  Vactio  pigneraticia  directa 


*^)  Recitat.  solemn,  in  Codicem,  ad  tit.  29  libri  VIII.  Si  vendito  pi- 
ffiiore  a<jatnr.  §  quod  si  jure  facia  sit  venditio,  etc.  Vedasi  anelie  Wkst- 
PHAL,   Diritto  di  pegno^  $  220,  n.  244. 

*^)  Mevio,  Decision,,  parte  V,  deeis.  342;  Levser,  MedUat.  ad  Pandect.j 
vol.  Ill,  Bpeciin.  CLV,  medit.  5j  Bergek,  Oecon,  iuris,  lib.  Ill,  tit.  II? 
parte  XVII,  nota  3;  Wernher,  Select,  observation,  for.,  toiu.  Ill,  parte  111,. 


1)E   PIGNKllATICIA   ACTIONE  417 

f$ia  nn'azione  personale,  ma  si  crede  che  essa  debba  annovernrsi 
tra  quelle  azioni  personali  cbe  ban  hiogo  ancbe  contro  il  terzo 
possessore  e  cbe  pereib  si  so^lion  denouiinare  actiones  in  ran 
^criptae.  Di  cio  si  crede  di  trovare  la  prova  non  solo  nelle  le|?gi 
fill  qua  citate,  nelle  qnnii  e  spiegato  decisamente  il  fondamento 
delFazione  contrattuale  pignoratizia,  il  pagauiento  cioe  del  debito; 
iim  si  fa  ricorso  specialmente  ad  nn  passo  del  diritto  canonico,  e 
i'ioe  al  cap.  6  X.  de  pignorib.,  in  forza  del  quale  sarebbe  posta 
4lefinitivamente  fuori  dubbio  la  cosa.  Ma  una  piii  precisa  dilucida- 
zione  di  questo  passo  Unini  i)er  convincerci  del  contrario.  Esso 
suona  cosi:  «  Cum  contra  nobilem  virum  G.  Deentem,  civem  Ana- 
^ninum  super  quibusdam  jiosscssionibus,  quas  quondam  x^&ter 
tuus  L.  de  Saul  pro  certa  quantitate  pecuniae  obligaverat,  et  ipsius 
rreditoris  beredes  ])raedicto  (1.  i)ignoraverant,  movisses  in  nostra 
])raesentia  quaestionem,  legitime  probavisti,  quod  ex  earum  pro- 
ventibus  tantum  fuerat  tam  ab  eodem  (4.  quam  ab  aliis,  quia  eas 
tenuerant,  a  tempore,  quo  fuerant  obligatae,  i)erceptum,  quod 
tructus  sorti  jwterant  adaeciuari. 

«  Xos  igitur  atteudentes,  quod  in  talibns  i)erceptio  fructuum  in 
solutione  sortis  accedat.  cum  secundum  canonieas  sanctiones  fructus 
restitui,  et  in  sortem  debeant  comiiutari :  considerantes  etiam, 
4]iiod  possessiones  ipsae  iam  extenuassent  ])euitus  totum  onus  et 
<lebitum  annullassent,  ipsas  tibi  reHiituendas  enne  decrevhmis,  et  ie 
2)6 r  nuticmm  nostrum  in  poHHeHHionein  indtici  fecimus  corporalem  ». 

In  questo  passo  dunque  si  ingiunge  categoricamente  clie,  doiK) 
l»agato  il  debito,  e  quando  anclie  lo  si  sia  estinto,  come  nel  caso 
qui  deciso  dal  Papa  Innocknzo  III,  con  i  frutti  della  cosa,  debba 
4i8ser  restituito  il  pegno  e  l'oi)pignorante  sia  autorizzato  a  preten- 
dere  la  cosa  oppignorata  anche  da  un  terzo  possessore  presso  il  quale 
«ia  stata  nuovamente  o])pignorata  dal  creditore  pignoratizio.  Ma 
ancbe  qui  la  legge,  come  nei  gii\  citati  frammenti  romani,  non  de- 
termina  qual  sorta  d'azione   debba    proporsi    contro  il.  terzo    pos- 


<)bs.  2;";  Stbl'bex,  Coimderazioni  fjiuridkhe^  parte  V,  cons.  70 ;  Menckkx, 
JHhh,  d^  acUone  pUjneratiUa,  ^  13;  PCttmann,  Adversar.  inris  nniv.y 
lib.  II,  cap.  3. 

GlQck.  Comiii.  Pandette  —  Lib.  XIII.  —  53. 


418  LIBKO   Xni,   TITOLO   YII,    §   875. 

sessore  della  cosa.  Quiudi  bisogna  sempre  supporre  im'aztone  a 
cio  appropriata.  Si  obbietta  cbe  tutto  il  contenuto  del  teste  con- 
vince qualunque  profano  che  iie  esaniini  appena  attentamente  le 
parole,  non  poter  la  legge  esser  riferita  alia  revindica,  ma  esservi 
invece  indubbiamente  indieata  1'  azione  in  base  al  eontratto  di 
pegno.  Quello  stesso  che  il  Papa  assume  intorno  alia  prova  addothu 
lK)rrebbe  tutto  ci5  fiiori  questione:  ]K)icbe  se  si  fosse  proi>ostji 
la  revindica  Pattore  avrebbe  dovuto  ]>rovare  la  sua  proprieta.  Di 
questo,  pero,  non  si  farebbe  parola  nel  testo  citato,  me^itre  invece 
Pattore  avrebbe  semplicemente  dimostrato  clie  il  credito  del  sn<^ 
creditore  era  stato  estinto  con  i  frutti  ricavati  dal  fondo  ii>oteeato. 
Questa  prova  sarebbe  stata  inutile  e  ridicola  nella  revindica,  in  ciii 
il  possessore  deve  consegnare  la  cosa  senz'altro;  invece  neWadh 
pignef'aticia  s' intenderebbe  benissimo  giacclie  I'attore  per  essa  de\e 
dimostrare  che  il  convenuto  e  stato  sodisfatto  o  col  pagamento 
in  contanti  del  debito,  o  con  la  compensazione  dei  frutti  godiiti. 
Basterebbe  confrontare  la  L.  1  Cod.  de  pitjnerat,  act,  col  cap.  0  X. 
de  pignorib.  per  convincersi  die  nei  due  passi  si  tratta  dell'azioui* 
derivante  dal  eontratto  di  pegno. 

Queste  sono  le  ragioni  addotte  particolannente  dal  Ley8ER.  K^'H 
crede  inoltre  che  anclie  PequitA.  ricbieda  che  il  debitore  non  |K)8s:i 
riottenere  la  cosa  oppignorata  col  mezzo  della  revindica  $eiiz;i 
dovcr  dar  nientt"!,  ma  debba  piuttosto  restituire  al  |)ossessore  tli 
buona  fede  quanto  ha  ricevuto  dal  creditore,  per  non  arriccliirsi 
cosl  al  danni  di  quello. 

Perd  tutto  il  ragionamento  del  Levser  riposa  su  un  conectt<» 
errato  del  caso  giuridico  qui  risolto  dal  Papa.  11  creditore,  o,  ri«» 
che  qui  6  lo  stesso,  i  suoi  eredi,  avevano  ulteriorraente  oppignorato 
ad  un  terzo  il  pegno,  e  questi,  per  conseguenza,  on\  lo  possedeva 
temporaneamente,  e  come  semplice  creditore  i>ignoratizio.  In  quest<^ 
caso  come  mai  poteva  venire  in  mente  al  possessore  di  arrogarsene 
la  proprietii  quando  Poppignorante  rivendicava  il  pegno!  (*ouie 
mai  poteva  qui  sulla  propriety  sorgere  una  lite  che  ne  avesse  resii 
necessaria  la  prova f  —  bastava  che  Pattore  provasse  che  il  con 
venuto  aveva  ottenuto  in  pegno  la  cosa  dal  suo  creditore  (quello 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  410 

dell'attore).  Ecco  perclie  qui  non  si  faceva  qnestione  di  prova  della 
propriety.  Poiclie,  perb,  alPoppignorante  non  compete  assolutamente 
iin  (liritto  a  ripretendere  il  i>egno  prima  che  sia  estinto,  in  qual- 
«iasi  modo,  il  debito  od  il  diritto  di  pegno,  qui  si  venne  anzitutto 
i\  (juesto:  cbe  il  debitore  opponeva  cbe  il  diritto  di  pegno  era 
venuto  meno  col  godiiilento  dei  frutti  ritratti  dal  fondo  oppigno- 
rato,  e  con  cio  era  estinto  il  debito.  Naturalmente,  allora  si  doveva 
<M)ndannare  il  secondo  creditore  a  restituire  la  cosa  al  primo  op- 
l)ignorante,  perclie  il  suo  diritto  di  pegno  non  poteva  aver  maggior 
dumta  di  quello  del  primo  creditore  ^*).  Qui  dnnque  la  prova  della 
proprieti\  sarebbe  stata  altrettanto  sovercliia,  x>oi<^^^  nessuno  con- 
testava  alPattorc  la  propriety,  qnanto  era  necessaria  la  prova 
^ddotta  dalPattore,  percbe  flno  a  che  Pazione  pignoratizia  non 
poteva  s\ver  luogo  contro  il  creditore  stesso  ne  anche  la  cosa  po- 
teva essere  ripretesa  dal  terzo  possessore.  Non  ne  consegue  peraltro 
4'lie  qui  si  tratti  d^Wactlo  pignei'aticia,  tanto  piil  cbe  ad  essa  non 
accenna  alcuna  espressione.  Vi  osta  ancbe  Pobbiezione  che  nella 
revindica  la  prova,  di  eui  e  parola  nel  nostro  testo,  sarebbe  stata 
inutile  e  ridicola,  percbe  il  possessore  dovrebbe  render  senza  com- 
penso  la  cosa.  Per  verita,  Paffermazione  cbe  la  consegna  della 
cosa  nella  revindica  debba  segnire  senz'altro,  come  regola  h  affatto 
giusta,  lia  pero  ancbe  essa  le  sue  eccezioni,  cx>meappare  a  bastanza 
ovidente  dalla  L.  05  pr.  1).  de  rei  rindicat.  snperiormente  citata. 
Xel  fatto,  pero,  la  regola  addotta  afferma  ancbe  qui  il  suo  valore; 
]»oiclie  se  il  primo  oppignorante  ba  com])letamente  sodisfatto  il  suo 
creditore,  il  secondo  creditore  al  quale  questi  ba  nuovamentc  op- 
pignorato  la  cosa,  deve  restituirla  al  primo  senza  poter  pretender 
nulla,  quand'ancbe  il  suo  debitore  gli  avesse  oppignorato  il  i>egno 
per  un  ammontare  di  debito  maggiore.  Questi  ih>1  puo  rivolgersi 
ill  suo  debitore  e  ojipignorante ;  ed  a  cio  non  gli  compete  un  di- 
ritto di  ritenuta  contro  il  primo  o])pignorante,  quando  quest!  re- 
vindica il  i>egno;  come  gii\  s'e  visto  in  altra  circostanza  (§  806, 
luig.  339).  Se  il  creditore,  in  forza  di  mandato  del  debitore  avesse 


4t 


)  L.  40  $  2  D.  r^f  inynerat,  act. 


420  LIBUO    XIII,    TITOLO   VII,    §    875. 

oppigjiorato  nuovameiite  la  cosa,  o  ceiluto  a  (luesf  ultimo  la  pro- 
])ria  azione  coutro  il  terzo  ])ossessore,  allora  sMntende  da  se  die 
Vactio  pigneraticia  contro  il  terzo  abbia  liiogo;  ma  giuridicaiiiente 
(luesta  lion  e  im'eccezione  a  quella  regola.  Cio  lianno  anche  assai 
giiistameiite  notato  Thibaut  *'^)  ed  Emminghaus  **). 

Da  tutto  qnesto  deriva  a  bastanza  cliiaramente  qiianto  siaiio 
trascurabili  i  motivi  cou  cui  si  vuol  provare  Pammessibilitii  del- 
Vactio  pigneraticia  contro  il  terzo  possessore.  La  maggior  parte  dei 
giuristi  si  scbiera,  percio^'*),  con  ragione,  in  favore  delFopinione 
contraria. 

Da  quelle  premesse  si  distingue  ancora  un'altra  questione,  clie» 
parimenti,  ^  assai  contro  versa:  in  quale  momento  cioe  si  prescrivii 
Pazione  derivante  dal  contratto  di  pegno.  ft  certo  clie  non  basta 
la  prescrizione  ordinaria^  ed  i  cliiari  passi  seguenti  non  laseiano 
sussistere  alcun  dubbio  su  cio. 


*^)  Sist.  del  (Ui\  (lelle  Paiuleite,  vol.  II,  ^  662. 

**)  Ad    CoccEJi    iu8    civ,    coiitrov.^    toni.    II,    li,    /.,    qn.    15,    not.  p* 
pag.  261. 

*'^)  Oimt.  Eiin.    Boehmkr,  lua    EcvL  ProfeHt.,  toin.   I,   libro  T,   tit.  i'. 
^  72;   Gio.  Schilter,  PVajr.  lar,  rom,,  exen-it.  XXVI,  $  8  e  ee>jfg. :   6*/c/. 
Ulr,  de  Cramer,   Obserrat.  iuv.  fi«/r.,  t.  I,  obs.  375;  Gio.  Vokt,    Cow- 
nient,  ad  Pand.y  h,  /.,  $  8;   Gio,  Enr.    Ber(jkr,   Stipplemenia    ad   electa 
disceptation,   for.,    part«    I,    tit.    5,    ^    XXXI,    pag.    99;  8am.  Cocceks 
lu8    civ,    controv.,    h,    f.,    qu.    14    ot    15;    Jiain,    Bacovio,     Tr,   de  pi- 
ffuorib,  et  hypoth,,  lib.   V,  cap.  19;  Mich,  Tcof,  Wkh^ukr^  Lectissim,  cow- 
mentation,  in  Pand,,  h,  ^,  $  16;   Franc.  Alv:f,    Difts,  de  nsu  actwniH  pi- 
(fneratiiiae    contra  tertium    rei    oppignoratae  possessoremy    in    Eius  diehnf 
academ,  v,  opuscuLj  Heidclb.  1753,  4,  diss.  XV,  p«g.  467  e  segg. ;  AV^:^T- 
i*HAL,    l>iriiio  di  pegno,    ^  258;    Car,    Fed,   Walcm,    Introd,  in  coutror. 
iur,  civ,,  pag.  735  e  sefifi;,  ;   Gio.  Sic,  LCtkexs,  Diss,  de  actione pignorti- 
titia  contra  tertium  non  com petente ,  Goett,  1777,  Crist,  Sic.  Schlichtkruli* 
JHspnt,  sist,  qnaestionem:  an  actio  pignoratitia  direcia  contra  tertivrnpoa- 
sessorem  institui  queatf   Greifswald    1777;  Abr,  Brack,  Diss,  de  actiour 
pigneratitia    contra    tertium  pignoris  posscssorem    competente    et    non  cow- 
petente,   Giessen  1786,   Car,   Cnst,  Hofackrr,  Princip.  iur,   civ.    B.  O-r 
toni.  Ill,  4  1889  ;  Gio,  Em,  Giust.  Mt)LLER,  Observation,  pract.  odLegseruw* 
torn.    II,    fasc.    I,    observat.    342;    e    Crist,   Enr.    Teof.    Kochy,  Medi- 
tazioni  sugli  oggetti  jyiii  interessanti  della  dottrina  civilistica  moderna,  vol.  1. 
arg.  XVII,  pag.  226  e  »egg. 


DE   PIGNERAXICIA  ACTIONS  421 

L.  10  Cod.  /*.  t.  (4,  24 j:  «  Nee  creditores  nee  qui  liis  successerunt 
udversus  debitores  plpnori  quondam  res  nexas  petentes,  reddita  iure 
debita  quantitnte  vel  is  non  accipientibus  oblata  et  consignata  et 
deposita,  longi  iemporis  praesctiptione  muniri  i)0ssunt  ». 

L.  12  Cod.  eodeni:  «  Quoininus  fructuum,  quos  creditor  ex  rebus^ 
obligatis  accepit,  habita  ratione  ac  residuo  debito  soluto,  vel  si  per 
creditorem  factum  fuerit,  quominus  solveretur  pignom  quae  in 
eadem  causa  duraut  restituat  debitori,  nullo  spatio  longi  temporiif 
defenditur  ». 

Ma  non  ne  consegue  per  cio  che  Vactio  pigneraticia  direeta  sia 
dichiamta  iuiprescrittibile,  come  molti  i>retendono  di  sostenere  *^). 
Xon  puo  certamente  il  creditore  pignoratizio  acquistare  con  alcuna 
sorta  di  prescrizione  la  propriety  della  cosa  che  possiede  in  pegno, 
perclie  gli  mancauo  tutti  i  requisiti  per  la  i)rescrizione  acquisitiva. 
La  L.  13  pr.  B.  de  usurpat.  et  usucap.j  41,  3,  dice  esplicitamente:  «  Pi- 
^nori  rem  acceptam  usu  non  cainuniSy  quia  pro  alieno  possidemns  y>. 
E  proprio  cio  significa  il  niodo  di  dire  tedesco:  Versass  verjdhrt 
nicht  (il  pegno  non  si  prescrive)  *').  Ma  qui  non  si  tratta  di  pre- 
scrizione acquisitiva,  ma  semplicemente  di  estintiva.  A  questa  in 
ogni  caso  soggiace  Vactio  pigneraticia  direeta,  poicli^  secondo  i7 
^enerale  prescritto  della  L.  3  Cod.  de  praeftcript.  30  vel  40  annor, 
tutte  le  azioni,  siano  esse  personali  o  reali,  si  estinguouo  coi 
trent'anni  per  prescrizione;  ed  a  questa  regola  le  leggi  non  hauno 
tatto  alcuna  eccezione  nei  riguardi  dell'azione  pignoratizia  **). 


^•)  Lkvseu,  Meditai.  ml  Pand.^  vol.  111,  fti)eciiii.  CLV,  iiiedit.  9;  Gio» 
Lnd.  Schmidt,  Diss,  de  praescriptione  act,  pigneratitiae  directae^  pi^aet^. 
To.  Casp.  HiSiMRURGio  def.,  Jena  1756,  ^  45;  Aug.  Sigm.  Koai,  Teoria 
della  prescrizione,    Lipsia  1811,  $  92,  ed  i  piii. 

*')  V.  Gio,  Fed,  Eisenhakt,  I  principt  de''  diritti  tedesvhi  in  prove rbi^ 
pag.  321  della  niiova  edizione,  LipBia  1792. 

**)  V.  TA>d.  God,  MAXyiuji  ad  Menckeniidoetr,  de  a4:tionib,  for,,  not,  5bSy 
|Mig.  197  e  Cristof,  Crist,  Dabelow,  Sulla  prescrizione,  parte  II,  Jf  ld7 
e  168.  In  un  caso  pero  Vactio  pigneratitia  direeta  dura  solo  due  anni,  e 
eio^  qaando  tende  alia  liberazione  di  un  pegno  rilasciato  al  creditore  d«i 
Principe.  L.  3  $  3  Cod.  de  lure  dominii  impeirando,  8,  33.  V.  Dabklow% 
parte  II,  J  162,  pag.  226  e  Thibaut,  Sist.  del  dir,  delle  Fandette,  vol.  II,. 
^  1039. 


422  LIBRO   XIII,    TITOLO   VII,    §   875. 

Ora  si  tratta  di  stabilire  da  qu^l  tempo  decorra  questa  prescri- 
zioue  trentennale  nelV  (wtio  pigneraticia  directa.  £2  una  qnestione 
siiUa  quale  tnolto  si  discnte :  tra  i  ginristi  esistono  due  opiuioni  iu 
proposito.  Gli  uni  *^)  aiumettono  ebe  la  prescrittibilitA  di  questa 
azione  priucipii  al  momento  stesso  in  cui  vien  tM>ncluso  il  contratto 
(U  pegQo.  Essi  adducono  come  motivo  fondamentale  che  i^ex  parte 
•del  debitore  si  abbia  una  negligenza  quando  egli  lasci  passare  il 
tempo  determinato  per  la  prescrizione  senza  sodisfare  il  ereditore, 
e  eosl  si  ponga  in  condizione  di  non  looter  pretendere  i  suoi 
pegnl.  Questa  negligenza  non  i>otrebbe  tornare  a  vautaggio  del 
■debitore,  perclie  la  prescrizione  si  sarebbe  introdotta  appunto  a 
p'unizione  della  negligenza. 

Altri  ^^)  invece  affermano  che  I'azione  tendente  alia  riconsegna 
•del  pegao  divenga  prescrittibile  dal  momento  in  cui  il  debitore 
Jia  estinto  il  debits  pignoratizio ;  perch^  1' azione  pignoratizia  eo~ 
inincia  ad  essere  propriamente  nn^ actio  fMta  nelPistante  in  cui  e 
^vvenuto  il  pagamento  del  debito,  e  nondimeno  la  restituzione  del 


*^)  Bain.  Bacovio,  Tr,  de  jngnoHb.  et  hyjjoih.,  lib.  V,  cap.  20;  Am. 
YiNNlo,  Select,  inris  quaestwn.,  lib.  II,  cap.  6;  Fietro  de  Toullieu, 
J)i88,  iuH  Ivendi  ac  repetendi  piffnoHs  an  praescHbatnrf  in  Eius  Col- 
Joctnn,  fwr.  cir.,  diss.  Ill,  p.  106  e  segg.,  $  70  e  segg,;  Sam.  CoccKio, 
lutt.  civ.  contra  v.,  h.  f  ,  qii.  19;  Wkstphal.  iHr.  di  pe(jno,  ^  259, 
khI  i  pin. 

•''^)  Oio.  VoET,  Commentar.  ad  Pand.^  ft.  /.,  ^  7;  Ant.  Schulting, 
Thesanr.  controvers.j  dec.  L,  parte  IX  ;  Sam.  Stkyk,  Us.  mod.  Pand,, 
Ji.  t.,  $  12;  Pietro  MCller  ad  Struvii  syntagma  inr.  «>.,  exerc.  XIX, 
pag.  49,.  nota  S;  Oe.  Framtzk,  Comment,  in  Pand.,  h.  t.j  n.  12  c  13: 
<rio.  Enr.  De  Berger,  Oeconomia  iwrw,  lib.  3,  tit.  2,  p.  17,  n.  2; 
(jfio.  JEnr.  Crist.  Erxleben,  Princip.  de  inre  piguor.  ct  hgpoth.,  ^  294 
o  295;  Ood.  Lud.  Mencken,  Doctr.  de  actionib.  for.,  pag.  196,  $  23; 
•^^ar.  Fed.  Voigt,  Diss,  de  praescriptione  actionis  pignoraiitiae  directae. 
prae«.  lo.  Matth.  Martini,  Bostocli  1794  def.;  MorssoN,  IHss.  eiusd. 
urgum.j  praes.  Crist.  Gmklin  def.,  Tnbinga  1796;  Thibaut,  Del  pon- 
sesso  e  della  prescrisione,  parte  II,  ^  53;  Oio.  Em.  Bern.  Emminghais 
ad  CoccEJi  lus.  civ.  controv.,  h.  t.,  qu.  19,  nota  t;  Ad.  Diet.  Webkk, 
Mil  Commentario  di  HOpfner  snlle  Istiinewni  di  Eineocio,  $  1182,  nota  3, 
jjrtg.  1128;  Crista/.  Crist.  Dabelow,  Sitlla  prescrizione,  parte  II,  $  167 
H^  168  e  Crist.  Enr.  Tea/.  K6cHr,  Meditazioni  sai  pih  interessanti  off- 
ifctti  della  dottrina  cirilistica  maderna,  vol.  I,  consid..  18. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  42.^ 

pegno  non  e  seguita.  II  diritto  qnindi  di  riscattare  lui  pegno  da) 
creditore  perdurerebbe  prima  che  il  pagamento  avvenga,  e  si  estin- 
guerebbe  dopo  questo  entro  trent^anni. 

Quest' ultima  opinione  nierita  assolutameute  la  preferenza.  In- 
fatti  fe  regola  generale  che  la  prescrittibilit^  di  un'azione  comincia 
nel  momento  in  cui  si  offriva  una  possibility,  giuridica  di  proporre 
I'azione  stessa:  actioni  nondum  iiatae  n<yn  currit  praescriptio.  lt> 
<luesto  nn  principio  che  trova  applicazione  nella  prescrizione  di 
tutte  le  aziDni  ^*).  Ora  le  leggi,  percli^  si  possa  proporre  con  effi- 
cacia  Vaetio  pigneraticia,  fanno  espressa  condizione  che  il  debito 
sia  pagato  ed  il  creditore  debba  essere  stato  in  altra  guisa  sodis- 
fatto;  ed  i  segnenti  passi  pongono  ci5  fuori  dubbio: 

L.  9  §  3  D.  /*,  t. :  €  Omnis  pecunia  exsoluta  esse  debet  ant  eo 
nomine  satisfactnm  esse,  ut  nascatur  pigtieraticia  actio  ». 

L.'9  §  5  D.  eodem:  .«  Qui  ante  solutioneui  egit  pigneraticia  — 
non  recte  egit  ». 

Yeramente  si  osserva  in  contrario  che  la  condizione  sotto  cui 
compete  al  debitore  Pazione  pignoratizia  qui  non  meriti  di  esser 
presa  in  considerazione  pel  motivo  che  egli  sia  libero  di  sodisfaro 
il  creditore,  in  vista  del  suo  credito,  quando  vuole;  che  il  debi- 
tore, per  conseguenza,  debba  attribuire  a  s^  stesso  se  non  toglie 
di  mezzo  I'ostacolo  che  si  frappone  alia  sua  azione,  e  sia  questa 
una  negligenza  a  cagion  della  quale  I'azione  pignoratizia,  proprio 
come  tante  altre  azioni,  potrebbe  venir  prescritta.  E  poi  sarebbo 
in  contrasto  con  tutta  I'analogia  giuridica  che  quando  I'adempi- 
mento  della  condizione  sotto  la  quale  ad  alcuno  spetta  un  diritto 
dipende  unicamente  da  lui,  egli  intenda  tuttavia  con  la  propria 
negligenza  di  procurarsi  un  vantaggio  a  danno  di  un  altro.  Inoltre 
a  quei  passi  delle  fonti  ove  e  detto  che  Vcictio  pigneraticia  ^  nata 
solo  allorche  il  creditore  ha  conseguito  il  proprio  sodisfacimento,. 
])otrebbero  contrapporsene  degli  altri,  e  cio^  la  L.  1  §  6  D.  cle 
obligat.  et  actionib,  44,  7,  e  il  §  ult.  I.  Quib,  mod.  re  contralu 
obligat.  3,  14. 


^>)  L.  7  $  4  C.  rjf  j?rac/»rr/pf.  SO  rel  40  anuor,;  L.   1    ^  ult.    Cod.    (le 
annali  except.)  Dabelow,  SuUa  prescrizione,  parte  II,  ^  149. 


424  LTBRO   Xlir,    TITOLO   VII,    §    875. 

Ma,  con  nn  piii  maturo  esaine,  queste  obbiezioni  appaiono  abba- 
stanza  irrilevanti.  Non  si  confonda  la  negb'^enza  del  debitore  nol- 
Testingiiere  il  debito  principale  con  la  negligenza  del  niedesimo  nel 
ripretendere  il  pegno.  La  prima  pnb  tornare  sempre  a  biasimo  del 
^lebitore,  e  ])rocurargli  anche  le  dannose  consegiienze  della  mora, 
•senza  die  per  cio  si  )>08sa  menomainente  siipporre  la  seeonda. 

Ma  noi  vogliamo  pure  per  iin  momento  ammettere  clie  la  seeonda 
fosse  inseparabile  dalla  x>rinia:  in  tal  caso  perb  il  debitore  dovrebbe 
-essere  stato  prima  di  tiitto  posto  in  mora  con  xinH.  uiterpeUutio,  senza 
distinzione  se  la  lex  o  la  dies  o  Vhomo  lo  ba  intorpellato.  Solo  da 
<liiesto  tempo,  dunqne,  si  potrebbe  rignardare  come  nata  Vactio  pi- 
ffnei'aticia,  e  far  qnestione  di  prescrizione  della  medesinia.  E  x>ereio 
ne  anche  da  questo  pnnto  di  vista  pub  la  prescrizione  dell'azione 
pignoratizia  aver  principio  fino  dal  tempo  della  conclnsione  del 
-contratto,  se  non  si  vnol  dar  luogo  alia  patents  assurdit^  che  il 
debitore  nelPistante  stesso  in  cui  riceve  il  prestito  contro  dazione 
del  pegno  abbia  g\k  pagato  nnovamente  il  debito  e  liberato  il 
pegno.  Ma  la  prescrizione  dell'azione  nascente  dal  contratto  di 
])egno.  non  inib  n6  anche  venir  computata  dal  tempo  in  ciii  il  de 
bitore  comincib  ad  essere  in  mora  pel  pagamento  del  debito  prin- 
-c'Jpale;  poiclic  qnesta  mora  antorizza  semplicemente  il  creditors 
])ignoratizio  a  procedere  per  il  pagamento  del  debito.  Q.uindi  solo 
per  la  sua  parte  era  wn^actio  nata;  non  ancora  pero  Pazione  ])i- 
^noratizia  spettante  al  debitore.  Non  pub  infatti  il  debitore  pro- 
l>orla  assolutamente  prima  che  abbia  estinto  il  debito.  Adnnqne 
fin  che  questo  ancora  esiste  non  puo  parlarsi  di  negligenza  del  de- 
bitore, e,  per  conseguenza,  di  prescrizione  delPazione  pignoratizia 
die  gli  compete.  Ma  il  biasimo  per  la  negligenza  tocca  solo  il 
<!reditore  quando  egli,  doi>o  che  il  debitore  comincib  ad  essere 
in  mora,  non  projwse  Pazione  pel  debito  che  allora  gli  spettava. 
V]  quindi  solo  la  sua  azione  soggiace  alia  prescrizione  a  paHire  da 
<juesto  tempo. 

Invece  la  prescrizione  delPazione  pignoratizia,  ove  ben  la  si 
oonsideri,  non  pub  originarsi  che  quando  il  debito  sia  pagato  od 
il  creditore  altrimenti  sodisfatto  perch^,  fino  a  tal  momento  il  ere- 


DE   PIGNEBATICIA   ACTIONE  425 

<litore  uou  si  trovava  in  una  condizione  illegale.  Questa  principia 
ilall'istante  in  cni,  avvenuto  il  pagainento,  non  segue  la  debita 
restitnzione  del  pegno;  e  solo  a  partire  da  questo  pnnto  compete, 
<iuindi,  Pazione  pignoratizia. 

E  come  il  ritardo  del  debitore  nell'estingiiere  il  debito  i)rin- 
<upale  non  contiene  gii\  in  se  una  negligenza  del  medesimo  nel 
proporre  Pazione  dei'ivante  dal  contratto  di  pegno,  cosl  la  pre- 
«crizione  delPazione  di  debito  non  e  connessa  con  la  prescrizione 
<lell'azione  pignoratizia  in  niodo  clie  Puna  includa  ancbe  necessa- 
riamente  in  se  Paltra.  Per  consegiienza  e  completamente  erronea 
Passerzione  di  alcuni  giuristi  ^*)  che  nel  caso  in  cui  Pazione  di 
debito  cada  per  prescrizione,  si  prescriva  conteiuporaneaniente  con 
-essa  V  actio  pigneraticia  di  recta. 

Evidentemente  qui  si  confondono  tra  loro  due  azioni  affatto  dit- 
ferenti.  He  e  estinta  per  prescrizione  Pazione  nascente  dal  contratto 
l>rincipale,  con  cio  la  negligenza  del  creditore  viene  a  ragione 
]>unita.  Come  pub  pero  questa  negligenza  tornare  a  svantaggio 
<lel  debitore,  al  cjuale  non  puo  ])eranco  imputarsi  per  sua  i>arte 
negligenza  alcuna  in  rapporto  alPazione  pignoratizia  cbe  gli  com- 
l)ete  ?  Vnicuique  sua  negligentia  nocet,  non  alii  ^*).  Per  tal  modo  la 
sua  negligenza  non  tornerebbe  piuttosto  a  vantaggio  del  creditore, 
in  quanto  egli  potrebbe  ora  tenersi  il  pegno  che,  facilmente,  puo 
iraportare  un  valore  niaggiore  che  Pinteix)  debito  pignoratizio  f 

Inoltre  poi  sussiste  sempre  contro  il  debitore  che  agisce  i>er 
la  restitnzione  deUa  cosa  oppignorata  Vecceziojie  che  il  credito 
non  e  anconi  estinto.  E  questa  non  soggiace  ad  alcuna  prescri- 
zione ^*).  Perche  con  la  prescrizione  estintiva,  della  quale  solo 
-qui  e  questione,  viene  escluso  non  tanto  il  diritto  e    Pobbligo  in 


•'''*)  Teofilo  Stl'UM,  Dinft.  de  praescriptione  reluiiionis  piffiwrum  senni- 
<him  analogiam  iuris  vit\,  Vitemberga  1728  ed  Jac,  Ravk,  Frincip. 
vnir,  doctrinal  de  praeacriptione,   $  42. 

'*^)  L.  173  $  2  D.  de  m/.  inris,  50,   17. 

■^)  V.  Dabelow,  Snlla  prescrizione^  parte  II,  $  167,  pag.  240  seg.  Di 
diverBa  opinione  e  Lod.  God,  Madiun  ad  Mencken  J)octr,  de  actionib. 
/or,,  nota  558,  pag.  1197. 

« 

GlcUk.  Comm.  Pan'iette,  —  Lib.  \\V,  —  51. 


42l>  LJBBO   Xni,  TIToLO   XTL   %   S75. 

*^.  quanto  piatKMo  sempti^enente  la  |iefStfriizioiie  ^adiziarut 
«lei  medesiKii  per  vim  d*a;cioiii:  conse^menteoieiite,  per  Tobbligazione 
in  ^  non  anconi  esrinta.  deve  semprp  trovar  laogo  una  et-ce- 
/ione  ''^.  Diffirilmente  fiussaa  trovarsi  le^^  che  s^nonino  eontro  la 
nostra  atTermazioiie.  e  s«»no  iiochissime  quelle  cbe  ei  si  vorrebbero 
4-ontnip|iorre:  {loielie  Delia  S4»vra  citata  L.  §  iilt.  I.  fari6.  moil,  re  con- 
trak,  oMiffatio^  e  nella  L.  1  I  t»  I>.  4t  vbUgmi.  ft  <ir/ioN.«  cbe  siioua 
lierfettamente  lo  stesso,  non  si  tliehiam  nieute  altro  ebe  il  conii»leto 
obbli^o  del  creditore  di  restitoire  la  tii^a  oppi^onita  ;  ne  vi  c 
l»arola  di  preserizione  delFazioDe  a  eio  tendente. 

Tnttavia  »i  crede  cbe  alia  nostra  asserzione  osti  Tana  lop  a  ^au- 
ridica,  perebe  se  fosse  esatto  cbe  Tazione  pi^oratizia  si  prescriva 
in  trent*anni  non  gik  dal  tempo  della  conehvsione  del  contnitto  di 
lie^o,  ina  solo  dal  teni|K>  del  pagamento  del  debito«  allora  hdcIh' 
)»er  le  altre  azioni  nascenti  da  contratti  bilaterali,  Tinizio  delhi 
]»reseiizione  non  dorrebbe  datare  dal  teuii>o  della  cimcinsione  del 
contratto,  il  cbe  invece  trovasi  pi*escritto  nelle  legfji. 

Peri*,  pur  faceudo  astnizioue  dal  fat  to  die  ]>er  Tazioiie  i»i^uu- 
ratizia  si  banno  leg^  espHeite  cbe  esattauiente  deteruiinauo  h 
data  a  imrtire  dalla  quale  Vaetio  e  Hata^  qui  si  accetterebbe  i>er 
<'erta  una  ])roiK)sizione  alia  quale  tutta\ia,  e  con  fondaiuento.  !>i 
puo  op]>orsi. 

Ancbe    i>er    gli    obbligbi   bilatendi    puo    animettersi    di    ivjrola 
<rbe  nessuna  azione  si  origini  tino  a  cbe  non  ei  si  oftni   eftettiva- 
nientc  alia  prestazione,  dalla  quale  vien  fondato  il  diritto  d'azione  ' '. 
K  percio  ne  pure  per  questi  puo   iuiziarsi   anteriormente   la  pie 
scrizione  delPazione. 

Ancora  a  ininori  dubbi  si  presta  per  diritto.  ronumo  la  l»it* 
scrittibilitii  delPazione  piguoratizia  perebe  per  esso  la  buoua  t'ede 
per  estinguere  la  prescrizione  non  c  necessariamente  ricbiesta.  im« 
viene  in    considerazione  solo  in  quanto  il  prescrivente    od  il  p<>^" 


''"')  V.  Wkbek,    Contvibnti  alia  teoria  delle  a:hni  edeccesioiti  ffiiidhufrif- 
1    St.,   pag.    ](). 

'"l  V.  Thibai't,  Sistema  del  diritto  dclle  Pandette,  vol.  II,  ^  lOlU, 


DE   riGNERATICIA    ACTIONE  427 

fiossore  della  cosa,  sulla  quale  Paltro  lia  i>er(liito  per  prescrizione 
le  ])roprie  ragioni,  la  vofjflia  ritoffliere  dalle  inani  di  uii  terzo  con 
nil'  azione  reale  ^').  Pel  diritto  canonico  la  qiiestione  si  svoljce 
an  niodo  aftatto  diverse.  Qui,  stando  al  suo  precetto,  per  la  pre- 
scrizione di  quelle  azioni  die  tendono  alia  restituzione  di  una  cosa 
siltriii,  in  quanto*  il  jwssessore  deve  esser  antorizzato  alia  conti- 
Jiuazione  del  ])ossesso,  e  necessariamente  richiesta  una  bona  fiden 
perdurante  lungo  tutto  il  tempo  della  prescrizione  ^'*);  quindi,  giusta 
tale  princii)io,  lo  stcsso  creditore  non  puo  mai  difendersi  contro  il 
^lebitore  con  la  eccezione  della  prescrizione,  se  .quest' ultimo  anche 
4lopo  trent^mni  per  la  prima  volta  dal  tempo  del  pagamento  del 
-4lebito,  agisca  i)er  la  restituzione  del  pegno  ^^). 


^')  L.  8  C.  He  praescript.  30  vel  40  annor.^  7,  39;  vedi  Da  below,  Sulla 
prescrizione,  parte  II,  $  144,  pag.  178  »egg. 

^)  Cap.  5  e  20  X  de  praescript.;  Dabelow,  loc.  cit.,  ^  182,  pag.  300 

^*)  Lauteubach,  CoUeg.  Ih.praci,  Pand,,  h,t.^2S;  Hopacker,  Pnncij>. 
-4 Mr.  cit\,  torn.  Ill,  ^  1893. 


APPENDICE 


La  "  formula  hypothecaria  „ 

deiraw.  prof,  (iiclio  PiiTRONt 


I.   —    Importanza   della    <  formula   hypothecaria  ». 

1.  —  15  iioto  die  il  peguo,  come  altri  iHtitiiti  di  diritto  pretorio,  di venue 
iu9  in  re  aliena  quaudo  il  pretore  conce88e  nl  creditore  rnzione  contro  i  terzi. 
LHnterdioium  Salvianum  infatti  iion  tiitelava  il  creditore  ipotecario,  perchc 
(luesti  noil  poteva  iisarne  nol  caso  in  cui  gVillata  non  si  trovaBsero  snl  fondo. 
nia  presso  terzi  ^).  Di  qui  la  neccssiUt    di    uu'  actio   in    rem,    clie    dapprima  fu 


1)  Una  delle  qnistioni  piti  dibattute  pero,  come  osserva  il  Lenel  {ZcUttchrift 
tier   Savigvy   Stiff ung  fiir  Rechtsgeschiohlej  K.  A.  [Ki vista  della    fondazione  Sa- 
viGNY    per  la  storia   del    diritto,  parte    romanistica],  vol.  3,  pag.  180-190,  ♦• 
ipiesta  appunto,  e  la  lotta  delle  opinioni  si  spiega  per   la    contraddizione  chi* 
isiste  nolle  fonti.  Nella  L.  1    Cod.  de  precario   et    de    &alviano    interdictOf  8,  ^ 
(Basil,,  XXV,  II,  36;  Hkimbacii,  vol.  3,  p.  72)  Gordiano  dice  espressamente 
che  Tinterdetto  spetta  solo  contro  il  pign(»rante,  mentre,  per  converso,  in  dim 
frammenti,  di  cni  risulta  11  titolo  del  Digesto  de  Salviano   inUrdictOy  48,  33,  <> 
parte  presnpposto,  parte  espresso  che  rinterdetto    spetti    adverstis    quemcHmque 
jtosaidentem.  Cfr.  la  parafrasi  gi-eca  delle    Intituzioni  {ed,  Fkrrini,  IV,  15,  3). 
Lbnrl  ritiene  che  nel  diritto  classico  Vintevdictum  i)0teva  valere  solo  contro  il 
condnttore,  siccome  attesta  Gordiano,  e  che  soltauto  nel  Corpus  inris  di  GrrsTi- 
NiANO  si  sarebbe  esteso  contro  i  terzi,  ninntcnendosl  per   errore  la  L.  1  Cod. 
de  precario:  che  i  frammenti  delle   Pandette    originariamenfe    avrebbero  aviito 
reluzioue    nW actio  serriana^  e  per  una  interpolazione  dei   compilatori  si  sarcb- 
bero  attribuiti  aWinterdiotum  Salviamim.  —  Cfr.  pnre  Brkmkr  {JnHsprudentiae 
antehadrianae  quae  euperaunt,  I,  pag.  219).  Tntto  cio,  dice  il  Drrnburg  {Pan- 
ilekten,  6.»  ed.,  I,  2,  $  284,  pag.  294  e  seg.);  c  po.ssibile,  ma  alio    state   dello 
fonti  non  si  pn6  nvere  nn  risaltato  sicnro. 

Su  qnesta  quistione  cfr.  Zimmkrn  (Beitrdge  znr  Lehre  vom  Pfandrechl  Xon- 
tributi  alia  teoria  del  diritto  di  pegno],  nella  Zcitschr,  fiir  Civilr,  nnd  Froze**, 
I,  pag.,  54  e  seg.);  Huschkk  (Studien  des  Jiomiacheii  liechU,  pag.  373  e  scg): 
Ri'DORFF  {die  PfandklageUf  nella  Zeitschrift  fiir  geschichtliehe  liechtswisscHschafl 
[Azioni  pignoratizie,  nella  Rivisia  per  la  ginriaprudenza  aioriea],  vol.  13, 
pag.  246);  Kkllrr  (Ricutkrs  Kritisohe   Jahrbiichei'    [Anuali    critici   di    KiCH- 


APPBNDICB  420 

limitata  al  solo  rapporto  della  looatio  del  fondi  rustioi,  e  si  disse  actio  Ber- 
riana  ^,  poi  fa  eetesa  agli  altri  pegni  costituiti  per  altre  cause  di  obbligaziono 
e  si  ebbe  V actio  quasi  serHana  o  hypotheoaria  ^).  Di  fronte  a  queste  azioni 
pignus  e  hypotheoa  tornano  ad  nu  medesimo.  GIustiniano  infatti  dice  coal: 


TEit]^  XI,  pag.  970  e  seguoDti);  Dernbuuo  {Das  Pfandreeht,  U,  pagine  841 
«^  seg.);  BuiNZ  {Lehrhuch  der  Pandekten  [Maniiale  delle  Pandette],  vol.  II,  $  351 
ill  fine  nota  42-44);  Windschkid,  $  236,  nota  5,  vol.  I,  p.  2,  pag.  882  della 
tradiizione  italiana;  Applkton  {Les  interpolations  dans  les  Pandectes,  pag.  186 
e  seg.);  Bbrtolini  (A  ohi  e  oontro  ohi  competeva  Vinterdetto  Salviano^  special- 
iiiente  pag.  62  e  seg.);  Schupfbr  (LHntei'detto  Salviano  e  un  rescritto  di  Gor^ 
fliano,  nella  Bivista  italiana  per  le  soienze  giuridiche,  vol.  V,  pag.  216  e  seg.); 
Hkrzen  {Origine  de  Vhypoth^ue  romaine,  Paris  1899,  pag.  148  e  seg.).  Cfr.  pure 
)a  important  nota  del  Fkrrini  (Manuale  di  Pandette^  Milano  1900,  pag.  512); 
Karlowa  (Bom,  Beohisgesoh.  ^Storia  del  diritto  romano],  III,  pag.  1279  e  seg.); 
Naber  (Observatiunculae  de  iure  romano,  pag.  224,  nota  7,  in  Mnemosyne j  nova 
series,  XXXI,  pars.  II,  Lipsiae  1908). 

^)  l2  sempre  viva  la  disputa  intorno  all'antore  deWactio  Serviana.  Cfr.  GlCck 
{AusfUhrliche  Erlduterung  der  Pandekten  [Ampio  coiiimentario  alle  Pandette], 
vol.  14,  pag.  14  e  seg.  e  gli  autori  ivi  citati)  [lib.  XIII,  pag.  803  e  se- 
>;ueuti  della  traduzione  italiana].  II  Bremer  (Jurisprudentiae  Antehadrianae 
i/uae  supersunt^  cit.  I,  pag.  219  in  fine  e  seg.),  fra  i  moderni,  ne  ritiene 
Hutore  Servio  Sui.picio,  percb^  a  lui  si  riferisoouo  Vaetio  fictioia  4el  honoi^m 
possessor  post  Butilianam  (Gaii,  4,  85),  e  Gaio  in  quel  hiogo,  iu  oni  dice : 
«  actionem  vocari  »  sembra  riferirei  a  Servio  Sulpicio,  che  non  raramente  loda 
(I,  188,  II,  244,  III,  149,  156,  179,  183):  se  autore  della  Serviana  fosse  stato 
iin  altro  Servio,  Gaio  uou  avrebbe  mancato  d'indicarlo :  finalmente,  soggiunge 
il  Bremer,  noi  leggiamo  cbe  Servio  altro  intorno  ai  coloni  ed  alle  raereedi 
(lei  fondi  venne  costitueudo.:  cbe  egli  non  sia.  stato  pretore  urbano,  non  nionta, 
poicb^  ad  un  giureconsulto  di  eeitnia  aiitorit^  era  lecito  variis  tnodis  iura 
condere.  —  Cfr.  Girari>  (Manutl  4Umentaire  de  droit  rom,,  8.^  ediz.,  pagina  762, 
nota  5)  intorno  alle  altre  opinioni  di  JOrs  {Romische  Bechtswissensehaft  zur 
Zeit  der  Bepuhlik  [Giurisprudenza  romana  al  tempo  della  Repnbblica],  pa- 
tina 158,  nota  8)  che  dalle  liste  dei  pretori  trasraesseci  da  Livio  deduce  che 
vi  sia  stato  un  pretore  urbano  col  prenome  Servio;  cio^  Servio  Sulpicio 
Galba  neiranno  567  {Liv.,  88,  42),  a  cui  crede  di  poter  ricondurre  con  qualohe 
verosimiglianza  Vaetio  Serviana  neireditto  pretorio;  del  Voi6T(Da«  pignus  der 
Jiomer,  pag.  263  e  264;  Sonderahdruck  aus  den  Beriohten  der  Konigl.  S&ohs,  Ge- 
Hellschaft  der  Wissensehafteny  1888,  Sittung  am  8  Dec.)^  il  quale  ritiene  che 
Vaetio  Serviana  sia  da  attribnire  a  Servio  Sulpicio  Galba,  avo  deirimpera- 
tore  Galba.  —  Cfr.  pure  Schulin  (Lehrhuch  der  Gesoh,  des  rom.  Bechts  [Manuale 
di  Storia  del  dirltto  romano],  pag.  426,  nota  5),  e  Naber,  loo,  oit.,  pag.  221 
e  222. 

^)  Adoperiamo  promisciiamente  la  terminologia,  actio  Serviana,  quasi  Serviana^ 
hypothecaria,  pignoratitia  in  rem  poioh^  essa  risponde  alle  fonti  giustinianee,  in 
cui  solo  per  eceezione  Vaetio  Sein)iana  serba  il  suo  originarto  signifioato  di 
azioue  rivolta  a  tutelare  il  rapporto  del  locatore  di  fondi  rustic!  rimpetto  ai 
terzi.  —  Cfr.  GlCck  (op,  eit,,  14,  pag.  5,  not-a  9)  [pag.  296,  nota  9  della  tra- 
dnzione  italiana];  Bachofen  (Das  Bomische  Pfandreoht^  pag.  28  e  seg.).  .-^ 
KuNTZE    (Zur    Gesoh.    des    Bom.    P/andreohtjt   [Sulla  storia  del   romano  diritto 


430  APPENDK^E 

$  7  Inst,  de  actionibuSf  4,  6: 

«  Item  Serviana  et  quasi  Servian  a,  quae  etiam  hypothecaria  voeatnr,  ex 
ipsius  praetoris  iurindictione  snbstantiam  oapit.  Serviana  antem  experitur  qiiis 
de  rebus  coloni,  quae  pignoris  iure  pro  mercedibus  fundi  ei  tenentur:  qiut8i 
Serviana  autem  qua  creditores  pignora  hypotheoasve  peraeqnuntur.  int«r  pi^u> 
aut«m  et  hypotliecam  quantum  ad  actionem  liypothecariani  nihil  interest:...  »*k 

2.  —  Dato  che  il  pegno  sia  divenuto  diritto  reale  quando  al  creditore  fu 
data  Tazione  «  peraecutio  in  rem  pant  actionem  creditori  ')  »,  ognnno  vode  I:t 
grande  importanza  di  studiare  quest'acHo,  e  Tintima  struttura  della  formula 
hypothecaria.  La  formula  ci  addita  i  principl  della  dottrina  del  diritto  di  pegrno, 
])oicb^  in  onsa  si  rispecohia  la  conoezione  giuridica  del  tempo  in  cui  I'azione 
veniva  proposta,  e  i  giurisfci  nella  costruzione  di  tale  dottrina  dovettero  atten- 
dere  alle  clausole  ed  ai  presupposti  della  fot^ula,  pur  non  rendendosi  schiavi 
delle  parole  di  essa;  sicob^,  tenendo  presenti  le  parole  della  formula,  gli 
argomentl  dei  giureconnulti  tornano  chiari,  e  riesee  facile  scoprire  la  via  clw 
dovettero  percorrere  neireliminare  i  dubbii  e  vincere  gli  ostacoli  ^}.  La  impor- 
tanza della  formula  hypothecaria  fu  ben  intesa  da  Gaio  ^,  e  Marciano  ^),  ebe 
discuHsero  il  diritto  d'ipoteca  ciascuuo  in  un  Uher  8ingulari$  de  <  formula  kypo- 
Iheoaria  »,  ed  a  questa  riannodarono  quello  ^). 


di  pegnoj,  II,  pug.  17).  —  II  Brrmrr  (Jurisprudentifr  JntehadriantP  cit.)  nota 
die  della  ipoteca  non  si  fa  nial  menzione  presso  i  giureconsnlti  romani  prium 
di  Adriano;  che  prinio  Gaio  parla  della  quaei  Serviana^  e  della  Serviana  nep- 
])nre  si  discorre  prima  di  Adriano.  —  Cfr.  pure  Costa  {Staria  del  diritta 
romano,  II,  cap.  6,  e  8pecialnient«  $  7  e  seg.);  Manigk,  loc,  oi(.,  pag.  94  e  95. 

*)  Cfr.  su  qnesto  paragrafo  delle  Istituzioni  Schradrr  (JHttiniani  ImtitU' 
lionee],  pag.  641  e  642)  e  il  Frrrini  (Suite  fonti  delle  Istituzioni  di  Giv»tikiavo, 
II,  pag.  164  e  Bullettino  delVlitituto  di  diritto  romano^  anno  XTII,  pag.  192). 
—  Cfr.  pure  L.  5,  $  1  D.  de  pig,  et  hypoth,,  20,  1. 

^)  L.  27  D.  de  nox.  aet.^  9,  4 ;  L.  17,  2,  29  M  !>•  de  pignorihue  et  hypotkeeis. 
20,  1;  L.  13  $  3  D.  eod. ;  L.  12  $  1  D.  quihue  mod.  pignue  rel  hypotkeca 
no/r.,  20,  6. 

^)  Dbrnburg  [Das  Pfandrecht,  ^  7  pag.  76  e  seg.),  il  quale  per6  mantiene 
la  importanza  della  formula  nei  giusti  limiti,  awertendo  ohe  nelle  poche  parole 
di  essa  non  pub  trovarni  la  cbiave  di  tutto  lo  svolgimento  del  romano  diritto 
di  pegno  —  ivi^  pag.  77.  —  Cft*.  pure  Frangkr  {CiriUetieehe  AbhandL  [Disser- 
tazioni  di  diritto  civile],  pag.  106  e  seg.);  Wlassach  (Edict  und  Klageform 
[Editto  e  formula  deirazione],  pag.  80  in  fine  e  gli  autori  da  lui  citati). 

')  Ad  ediotum  provinciate,  Lbnrl  (Palingeneeia,  I,  speciabnente  n.  211,  212, 
iwg.  210  e  211;  Dr  formula  hypothecaria    liber  eingularie,    ivi  I,  n.  399  <* 

^^e«-,  1>»K.  240  e  seg.). 

B)  Ad  formulam  hvpothrcariam  liber  eingulariiy  Palingeneeia,  I,  n.  17  *^ 
Hcg.,  pag.  644.  Ancbe  Paolo  scrisse  una  monografia  sul  pegno,  ma  del  sno 
rontenuto  non  si  sa  nulla.  L'iiidice  degli  autori  dei  Dlgesti  addita  (ICXV)  di 
Paolo  solo  il  titolo  del  libro,  «  W7ro5>?xa/oia  ».  Su  di  oib  cfr.  KrOgbr  (Gt- 
schiohte  der  Quellen  und  Liferatur  d.  Mm,  Jfeoht$  [Storia  delle  fonti  e  della 
letteratura  del  diritto  romano],  1888,  pag.  208,  nota  62)  e  ManiGK  (loe,  ciL* 
pag.  128). 

9)  Bbthmann  Hollwro  (Der  Cieilprozeen  dee  gemeinen  lieckt$  [II  process©  civile 
del  diritto  comune],  vol.  II,  pag.  315,  nota  57). 


APPENDICE  431 

II.  —  Profile  dell'«  actio  hypothecaria  ». 

3.  —  Prima  di  stndiare  la  formula  hypoiheoaria  vogliamo  intanto  ricordare 
i{ui  brevemente  alciinl  oaratteri  deWaetio  hypothecaria.  Qiiesta  h  iin'  actio  in 
factum  praetoria  ^^),  II  pretore,  volendo  tntelare  il  naovo  rapporto  del  pegno, 
non  poteva  valersi  delle  esteDsioni  obbiettive  e  subbiettive  di  rapport!  di  di- 
ritto  civile,  come  soleva  fare  per  mezzo  di  finzioDi;  non  essendo  alcuna  azione 
con  oiii  per  mezzo  di  quelle  tiuzioni  e  trasposizioni  potesse  tutelarsi  11  pegno 
rispetto  ai  terzi,  e  tratfcandosi  di  nn  diritto,  quod  iuitiot^e  praetoris  continetur^ 
il  pretore  coiicesse  I'azione  puramente  pretoria  in  factum.  —  Jctio  in  factum 
«>  ohiamata  Vactio  hypothecaria  ^^),  e  nelle  font!  non  esiste  alcun  indizio  ohe 
possa  sostonere  la  opinione  di  essere  V<ictio  Serviana  origin ariamente  costitaita 
lion  come  actio  in  factum  concepta^  ma  pinttosto  per  mezzo  di  nna  fictio  come 
He  le  cose  per  mancipatiOy  o  in  iure  cesaio  foasero  divenute  propriety  del  credi- 
tore  ^') :  esistono  invece  prove  contrarie  a  tale  assunto,  come  p.  es.  nella 
L.   17  $  2  I>.  de  pactis,  2,  14  : 


^^)  Aggiuiigiamo  praetoria^  percli^  noi  non  aocettiamo  la  opinione. del  Po- 
KROW8CKI,  secondo  cni  Vactio  in  ius  h  soltanto  actio  civiliSf  ed  ogni  actio  prae- 
toria h  in  factum,  Cfr.  PoKROWSCKi  (Die  Jctionea  in  factum  des  classischen  Rechts, 
nella  ZeitaohHft  der  Savigny  Stiftung,  R.  A.,  vol.  16,  pag..  7  e  seg.).  Contro 
qiiesta  opinione  cfr.  £rma.n  (Conceptio  formularum^  actio  in  factum  und  ipso  iure 
Con»umtion  (nella  stessa  Zeitschrift,  vol.  19,  $  3,  pag.  267),  a  cni  Pockrowscki 
replic6  (uella  Zeitsehr,  cit.,  vol.  20,  Zur  Lehre  tfon  den  actionea  in  iu8  und  in  factum, 
pag.  99  e  seg.).  Cfr.  Inoltre  Ekman,  nella  stossa  ZeUachr,,  XXIII,  pag.  445. 

Sul  diritto  di  pegno  greco  cfr.  Dbrn^uurg  {Das  Pfandr.,  I,  p.. 74  e  seg.);  Hixzia 
(Das  gi%echi$che  Pfandrecht,  Milnchen  1895,  pag.  142),  i  qnali  notano  che  il  creditore 
pignoratizio  non  ha  nessnna  particolare  actio  hypothecaria,  —  Cfr.  pure  Manigk. 
/.  &.,  pag.  115,  nota  3.  SuirsajSarcu^t^,  die  pei  papiri  di  Oxyrinto  e  ftoreutini  si 
e  riconosoiuto  importare  nel  creditore,  in.oaso  di  non  sodisfacimento  alia  sca- 
denza,  faooltiH  dMmpossessarsi  della  cosa  ipotecata,  e  di  esercltarvi  tutti  gli  at- 
tributi  della  propriety,  cfr.  Mittkis  (Zeit$chrift  der  Savigny  Stiftung  cit.,  XXIII, 
pag.  301  e  seg.);  Costa  (Bullettino  delVlstitulo  di  diritto  romano,  XIV,  1902, 
pag.  47-50,  e  XVII,  1905,  pag.  96-102),  e  di  nuovo  HiTZiG,  pag.  81. 

i>)  L.  11  $  1  D.  20,  1.  Anche  il  verum  est  cbe  spesso  ritorna  nolle  foiiti 
(cfr.  L.  30  $  1  D.  44,  2;  L.  59  pr.  D.  36,  1;  L.  13  M  I>.  16,  1;  L.  13  $  5 
D.  20,  1)  6  stato  ritenuto  come  prova  di  essere  Vactio  hypothecaria  concepita 
in  factum,  Cfr.,  fra  gU  altri,  Rudorff  (Die  Ffandklagen  nella  Zeit^chr,  fiir  gesch. 
Rechtewisf,  cit.,  XIII,  pagina  226);  Bachofen  (o«  c,  pag.  43);  IIuschkr  (in 
Zeitschrift  fiir  Civilrecht  und  Proz.,  vol.  20,  pag.  167);  Kuntzk  (Zur  Gesch,  den 
Horn.  Pfandr.j  I,  pag.  27).  II  Dbknhurg,  pero  {Dan  Pfandr,,  I,  pag.  79,  nota  5), 
Hcnza  porre  in  -diibbio  qnesto  eleniento  di  prova,  osserva  die  11  venim  est  si  trova 
nnche  in  casi  in  cui  ]i^  formula  h  concepita  in  i««,  come  nella  Ij.  23  D.de  receptis^A,  8. 

^*)  Cosl  il  MVHLENbRUCH  (Die  Lehre  von  der  Cession  der  Foi'derungsrechte  [L« 
dot>trina  della  cessione  dei  diritti  di  credito],  3.^ed.,  nota  20,  pag.  13  e  seg.). 
11  PuCHTA  (Inst.^  II,  p.  263  e  264  in  f.)  ritione  la  Serviana  come  Jicticia,  la 
quasi  Serviana  come  in  factum.  II  Bachofrn  (o,  c,  p.  39)  opina  che  origina- 
riamente  Vactio  hypothecaria  sia  stata  fictioia  (fiducia-flction),  ma  che  piii  tardi 
nbbia  avnta  la  forma' di  \\\i*  actio  in  factum.  Sii  qiieste  opinion!  cfr.  Kbi^leu 
(RiCHTERs  Kritisohe  Jahrb,  cit.,  p.  973  e  seg.);-  Dernburg  (Das  Pfandr.,  I, 
p.  78);  AscoM  (Le  origini  delVipoteca  e  delV interdetto  salviano,  p.  59). 


432  APPENDICE 

Paulus,  libro  tertio  ad  edictum  ^  De  pignoreiure  Ao>iof*aino  mudtur  ex  pacta  actio ... ». 

4.  —  Non  pu6  del  pari  ritenersi  che  Vaciia  hypothecaria  «la  iin*  azione  di 
proprietj^  f on  data  auUa  proprietj^  del  pigDorante  nel  tempo  dell  a  coatitnzioiif 
in  pegno  della  cosa  ^^),  poich^,  com'^  stato  eBattamente  osservato,  qneiroc/i/* 
inira  soltanto  alia  vindieatio  pignoris^  e  si  oliiaina  util%9  rei  cindicdiio  appunto 
per  essere,  alia  pari  della  rei  vindieatio  direetaf  rivolta  alia  rivendicnzione  della 
cosa,  ma  con  presupposti  ed  effetti  ansai  diverei  da  qiielli  della  rei  vindioaHo  ^*-. 
Uactio  pignoraticia  in  rem  ^  infatti  nna  vindieatio^  ma  non  dominiiy  aibbenc 
della  cosa  come  pegno:  e  rivolta  alia  tutela  ed  al  riconoscimento  del  dirlttu 
di  pegno  sulle  cose  corporal!  ed  alia  restituzione  del  poss^sso. 

L.  66  pr.  D.  De  eviotionibuSf  21,  2 : 

< haeo   enim  (Scrviana)  etei    in    rem    actio    est^  nudam    tamen  possesttionrm 

avocat.,.  »  ^^). 


*^  Cosi  il  Du  Roi  (Archiv  fUr    oir.  Praxis    [Arcliivio    per  la  pratica  civile], 
vol.  6,  p.  402  e  s^g.)* 

^*)  Cfr.  BOCHKL  (CivilrechtUehe   Erorterungen  [Spiegazioni  di   dlritto    oivilf'. 
2.*  ed.y  vol.  1,  pag.  220  e  seg.).  II  Bt)CHRL  (1.  c,  e  pag.  125  e  seg.,  217  e  seg.i 
combatte  pnre  la  opinione  del  LOhr  (Orolmans  Magazin  fUr  lieckUHiMeusehaft 
nnd  Geselzgebung  [Magazz.ino  di  Grolman  per  la  giurisprudenKa  e  per  la  legiHla- 
zione],  3.  Band,    I  Heft,   n.  IV,  129  e  seg.),  il  quale   crede  che  giik  prima  vi 
Hia  stata  nn'azione  fondata  snl  diritto  civile,  vindieatio   ntilie,    che    avrebbem 
avuta  i  creditor!  pignoratarl  ed  ipotecarl  cosi  come  il  superfioiario,  renfitent;i 
ed  altri  molti  non  proprietarl.  Anche  il  QlUck  (AuafUhrliche  ErlUnterung  der  Pan- 
dekteUf  vol.  14,  pag.  15,  nota  48)  osserva  oontro  il  LOhr  che,  oltre  Tac/to  j»rdr- 
toria  pigneraticia f  now  si  trova  alcana  assione  reale  secoudo  il  diritto  civile:  di 
quest'ultima  non  h  cenno  in  tutta  la  romana  antichit^,  e  neppnre  nella  p»ra- 
frasi  greca  delle  Istitnzioni  (cfr.  la  parafrasi  $  7  Inst,  de  action.,  ed.  Fkrkim. 
pag.  420);  che  la  L.  16  D.  De  serv,,  8,  1    parla   deW actio  pigneraticia  in  rem, 
4)  qnesta  non  h  altro  che  V actio  praetoriaf  la  quale  nella  L.  3  $  3  D.  Jrf  exkib., 

10,  4  ^  molto  chiaramente  detta  pigneraticia  Serviana, 

^)  L'azlone  ipotecaria  dei  codici  moderni  ha  un  contenuto  del  tiitto  diveno. 
II  creditore  ipotccario  non  ha  diritto  di  avere  il  possesso  dell' immobile,  sib- 
bene  di  fame  diaporre  la  vendita  pel  sodisfaoimento  del  suo  avere;  onde  il 
Troplong  scrisse:  «  Ainsi  Thypoth^qiie  inscrite  vieut,  sous  le  code  civil,  se 
T<$sondre  en  saisie  immobili^re  que  le  cr^ancier  a  droit  d'exercer  recta  rid 
«ontre  les  tiers  d<^tentenrs,  heritiers  ou  antros.  On  peat  done  dire  qn'il  n*y  •: 
plus  d'aqtion    hypoth^caire    propreraent    dite...  »  {Des  privil^gee  et  kfpotk^ae*, 

11,  i  779  bis,  pag.  189  e  140,  Bruxelles  1840);  cfr.  pure  Djcrnburo  {Pandtkien. 
I,  283,  pag.  294,  e  Dae  Saohenreoht  [Diritto  delle  cose],  pag.  642);  Nabri: 
{Observatiunculae  de  iure  romano^  cit.,  png.  231):  cfr.  pure  art.  2169  codire 
iiapoleonico,  2014  e  2076  cod.  civ.  it.,  $  1147  cod.  germanico  e  sa  di  esso. 
fra  gU  altri,  Planck  (BUrgerlicke$  Geaettbuoh,  III,  png.  519  e  segg.).  —  Snl- 
Tazione  ipotecaria  nel  cod.  civ.  it.  cfr.  fra  gli  altri,  Mnrxcci  (II  eietema  ijn*- 
iecario,  pag.  260)  e  Mirabelli  {DeUe  ipoteche.  III,  pag.  519  e  segg.),  pa* 
gina  139  e  segg.). 

II  diritto  di  pegno  nel  cod.  civ.  it.  non  dd  il  diritto  di  rivendioare  la  cosa  quando 
11  creditore  ue  abbia  perduto  il  possesso:  solo  per  eccezione  il  locatore  ha  il  diritto 
di  sequestrare  i  mobili  quando  siano  trusportati  altrove,  promovendo  ranalojsn 
azione  (art.  1958,  n.  3,  capov.  ult.);  cfr.,  fr^i  gli  altri,  Ghironi  {letitnz.  di  diritto 
cic,  I,  $  246);  LomonacO  {Nozioni  di  diritto  civile  italiano,  2.^  ed.,  pag.  896,  n.  8). 


APPENDICE  433 

£s8a  lascia  siiSHistore  il  diritto  di  propriety  o  qunliinque  diritto  die  il  pos- 
fiessore  avesse  Bulla  eosa,  roclainnta  dal  oreditore^  perclie  quaestio  pignoris  ah 
intentione  dominii  separatur  ^'').  L'ac/»o  hypoihecaria  ha  gli  stessi  requisitl  della 
rei  vindicatio  in  ordine  nl  couvcuiito  od  aU'oggetto,  ma  se  ne  distiDgue  in 
<inanto  non  si  pii6,  come  qiiesta,  mettere  in  movimento  in  qualnnque  tempo; 
il  creditore  ipotecario  dee  proiuuoverla  alia  scadeuza  del  credito^  o  anche 
prima  se  gl'im porta  di  sottrarre  la  cosa  al  posHseHO^'e:  il  creditore  pignoratario 
iiivece  lia  il  diritto  di  agire  anclie  prima  della  BcadenKa,  Be  ha  perdnto  il  pos- 
sesso  della  oosa.  Piio  inoltre  il  convennto  renpingere  I'aziono  col  sodisfacimento 
<leirattore:  i  frutti  sono  restitiiiti  con  V actio  hypoihecaria  se  perd  la  cosa  non 
l»:isti  a  sodisfare  Tat  tore  i"). 

Uactio  hypoihecaria  ha  la  stossa  origiiie  pretoria  deH'ac/io  Ptt6/ici«no,  ed  6 
pure,  come  qiicMta,  arhitraria  '*');  ma  se  ne  differisco  perchii  la  Publiclana  hwun 
Jieticia  rei  vindicatiOf  e  hi  fouda  snl  dominium  Jictum  dell'attore. 

III.  —  La  «  formula  hypoihecaria  ^. 

5.  —  II  Wlassak  ha  dimostrato  cho  nelle  fonti  non  si  trova  alcnna  traccia 
•di  editlo  intorno  a\V actio  hypoihecaria ^  e  erode  verosimile  esser  ci5  avvenuto 
dall'essere  la  ipotecnria  una  dt^lle  piTi  antiche  azioni  del  diritto  pretorio,  e  da 
ricercarsi  in  iiii  tempo  in  oiii  la  forma  edittale  al  prctore  non  er.\  ancora  usuale. 
Che  se  nn  editto  indipendontc  i  pretori  posteriori  non  proposero,  la  ragione  si 
trova  nel  fatto  di  essero  h\  formula  aggiunta  tkWinierdictum  Salvianumi  ogni  in- 
terdetto,  dice  il  Wlassak,  iiou  e  soltaiito  forniulaf  ma  eziandio  editto,  e  per6 
i  pretori  del  tempo  posteriore.  avendo  rignardo  al  Salviannmf  clie  precedeva, 
potevano  omettero  la  pruposta  di  iin  editto  particolare  ^^j.  Questa  opinione  del 


^'•)  L.  1  M;  L.  16  ^  5  D.  20,  1.  CtV.  pure  L.  18  D.  13,  7. 

1")  Cfr.  8u  di  cio  Pitchta  {!miH,j  9  ed.,  II,  $  251,  pag.  265);  e,  fra  gli 
Jiltri,  DKKNncito  {Pandekteit,  II,  $  284,  pag.  696  e  seg.  e  le  leggi  ivi  citate); 
WiNDSCHKii)  {Lehrbuch,  8.-'  ed.,  II,  $  235,  p.  1062  e  seg.  e  traduz.  it.  p.  374 
e  seg.  cogli  autori  ivi  citati);  Bkugi  (/«f.,  p.  319);  Skuakini  (/«/.,  7.*  ed.,  I, 
p.  452).  Sulle  exceptionea  die  si  possono  opporre  contro  V actio  hypotheoaria  cfr.  gli 
autori  citati  in  questa  iiota,  Fekkixi  (Manuahf  $  398)  e  Bonfantk  (Istituz., 
3.»  ed.,  $  151,  pag.  391,  392).  Cfr.  pure  Lenrl  {Ediclum,  p.  397,  nota  8,  e 
Misai^  II,  p.  244,  nota  6).  Su  di  una  ragioue  riconvenziouale  per  le  spese  cfr., 
fra  gli  altri,  Windsciikid,  opera  cit.,  I,  235,  num.  4,  pag.  377,  num.  4  della 
traduz.  it. 

18)  $  31  /«»/.  4,  6.  Cfr.,  fra  gli  altri,  Brugi  (/8f.,  pag.  278);  Bonfanto 
(I«^,  p.  280,  Diritto  romano^  j).  292);  Fkruini  {Manuale,  $  335),  ed  ora  pure 
Lenbl  (1)09  PuhUcianinche  Edict,  iidia  Zeilschri/t  der  Savigny-Siiftung^  vol.  20, 
pag.   11  in  f.  e  seg.)  e  gli  autori  ivi  citati. 

^'■^)  Edict  und  Klageform,  jiag.  129  e  seg.  L'Hkrzen  (o.  c,  pag.  188  e  seg.) 
nccetta  Topinioue  del  Wlassak  iiitorno  airassenza  deireditto  suiraotio  Serviana, 
ma  ne  trae  la  oonclusioue  opposta  intorno  alia  data  di  q^e8t'ac^to,  che  fissa 
nel  principio  dell'impero.  —  Coiitro  THkuzen  cfr.  pure  Manigk,  I,  c,  nota  2. 
II  Wlassak  (/.  c,  nota  48)  ritiene  die  la  oi*igiue  della  formula  hypoihecaria 
^ia  da  poire  nd  tempo  anteriore  a  Cickkonk.  Su  di  essa,  come  suUa  origine 
della  ipoteca  non  pu6  dirsi  nulla  di  sicuro,  ne  uoi  vogliamo  indugiarci.  Cfr., 
oltre  gli  autori  citati  da  Wlassak,  Nakkk  (/.  c,  pag.  221  e  seg.). 

GlUck,  Comm.  Pamlette.  —  Lib.  XIII.  —  5r>. 


424  LIBRO   Xlll,   TITOLO   VII,    §   875. 

Ma,  con  nn  inii  luaturo  esaine,  quests  obbiezioni  appaiono  abba- 
stanza  irrilevanti.  Non  si  confonda  ]a  iiegligenza  del  debitore  nel- 
Festinguere  il  debito  principale  con  la  negligenza  del  inedesimo  nel 
ripretendere  il  pegno.  La  prima  pub  tornare  8enn>re  a  biasimo  del 
-debitore,  e  prociirargli  anche  le  dannose  consegiienze  della  mora, 
«enza  die  per  cib  si  possa  menomamente  supporre  la  seconda. 

Ma  noi  vogliamo  pure  per  un  momento  ammettere  clie  la  seconda 
fosse  inseparabile  dalla  prima:  in  tal  caso  perb  il  debitore  dovrebbe 
^ssere  stato  prima  di  tutto  posto  in  mora  eon  una  int^rpellntio,  senza 
distinzione  se  la  lex  o  la  dies  o  Vhomo  lo  ha  interpellato.  Solo  da 
<[uesto  temiK),  dunque,  si  potrebbe  riguardare  come  nata  Vaeiio  pi- 
gneratieia,  e  far  questione  di  prescrizione  della  medesima.  E  i>ereio 
ne  anche  da  questo  punto  di  vista  puo  la  prescrizione  delPazione 
])]gnorat]zia  aver  principio  fino  dal  tempo  della  conclusione  del 
<*ontratto,  se  non  si  vuol  dar  luogo  alia  patente  assurditft  clie  il 
debitore  nell'istante  stesso  in  cui  riceve  il  prestito  contro  dazione 
del  pegno  abbia  gik  pngato  nuovamente  il  debito  e  liberato  il 
pegno.  Ma  la  prescrizione  delPazione  nascente  dal  contratto  di 
l>egno.  non  pub  nfe  anche  venir  computata  dal  tempo  in  cui  il  de- 
bitore comincib  ad  essere  in  mora  pel  pagamento  del  debito  prin- 
<*ipale;  poiche  qnesta  mora  autorizza  semfdicemente  il  creditore 
])ignoratizio  a  procedere  per  il  pngamento  del  debito.  Quindi  solo 
per  la  sua  parte  era  nn^actio  naia;  non  ancora  perb  Pazione  pi- 
i^noratizia  spettante  al  debitore,  !N"on  pnb  infatti  il  debitore  pro- 
porla  assolntamente  prima  che  abbia  estinto  il  debito.  Adunqne 
fin  che  questo  ancora  esiste  non  pub  parlarsi  di  negligenza  del  de- 
bitore, e,  per  conseguenza,  di  prescrizione  delPazione  pignoratizia 
che  gli  compete.  Ma  il  biasimo  per  la  negligenza  tocca  solo  il 
creditore  quando  egli,  dopo  che  il  debitore  comincib  ad  essere 
in  mora,  non  propose  Pazione  pel  debito  che  allora  gli  spettava. 
E  qnindi  solo  la  sua  azione  soggiace  alia  prescrizione  a  paytire  da 
<|uesto  tempo. 

Invece  la  i)rescrizione  delPazione  pignoratizia,  ove  ben  la  si 
consideri,  non  pub  originarsi  che  quando  il  debito  sia  pagato  od 
il  creditore  altrimenti  sodisfatto  perch^,  fino  a  tal  momento  il  ere- 


DE   PIGNERATICIA   AOTIONE  4l55 

ilitore  lion  si  trovava  in  nna  condizione  illegale.  Questa  principia 
<lairistante  in  ciii,  avvenuto  11  pagameuto,  non  segae  la  debita 
restituzione  del  pegno;  e  solo  a  partire  da  qnesto  pnnto  comx>ete, 
finindi,  Pazione  pignoratizia. 

E  come  il  ritardo  del  debitore  nell'estingiiere  il  debito  prin- 
vipale  non  contiene  gli\  in  se  una  uegb'genza  del  medesimo  nel 
proporre  I'azione  derivante  dal  contratto  di  pegno,  cosi  la  pre- 
«crizione  dell'azione  di  debito  non  e  connessa  eon  la  prescrizione 
dell'azione  pignoratizia  in  niodo  clie  I'una  inclnda  ancbe  necessa- 
riauiente  in  se  Paltra.  Per  consegnenza  e  completainente  erronea 
Passerzione  di  alcuni  giuristi  ^*)  che  nel  caso  in  cui  I'azione  di 
debito  eada  per  prescrizione,  si  prescriva  conteniporaneainente  con 
t'ssa  V actio  pigneraiicia  (li recta, 

Kvidentemente  qui  si  contbndono  tra  loro  due  azioni  aftatto  dit- 
ferenti.  Se  e  estinta  per  prescrizione  Pazione  nascente  dal  contratto 
l)rincipale,  con  cio  la  negligenza  del  creditore  viene  a  ragione 
])unita.  Come  puo  pero  questa  negligenza  tornare  a  svantaggio 
del  debitore,  al  quale  non  puo  jieranco  imputarsi  per  sua  parte 
negligenza  alcuna  in  rapiK)rto  alPazione  pignoratizia  cbe  gli  com- 
liete  ?  Unicuique  sua  negligentia  nocetj  7ion  alii  ^^).  Per  tal  modo  la 
sua  negligenza  non  tomerebbe  piuttosto  a  vantaggio  del  creditore, 
in  qnanto  egli  potrebbe  ora  tenersi  il  pegno  die,  facilmente,  puo 
importare  un  valore  maggiore  die  Pintero  debito  pignoratizio  ? 

Inoltre  poi  sussiste  sempre  contro  il  debitore  die  agisce  per 
la  restituzione  della  cosa  oppignorata  Veccezioiie  die  il  credito 
non  e  anconi  estinto.  E  questa  non  soggiace  ad  alcuna  prescri- 
zione '*^).  Perche  con  la  i>rescrizione  estintiva,  della  quale  solo 
qui  b  questione,  viene  escluso  non  tanto  il  diritto  e    Pobbligo  in 


•*^)  Teofilo  Stlrm,  Diss,  tie  praescriptione  relnitionis  pujnorum  seani- 
■(hnn  analogiam  iuris  r/r.,  Viteinberga  1728  ed  Jav.  Ravk,  Frincip. 
vuiv,  doctrinal  de  praescriptione,   $  42. 

•'•^)  L.   173  ^  2  V>.  de  reg.  iuris,  50,   17. 

'^)  V.  Dabelow,  Sulla  prescrizione,  parte  II,  ^  167,  pag.  240  seg.  Di 
diverfta  opinione  e  Lod,  God,  Madiun  ad  Mencken  JJoctr.  d^  aclionib. 
/or.,  nota  558,  pag.  1197. 

GLc-aK.  Comnu  Pan'lette.  —  Lih.  xii'.  —  51. 


420  LIBEO   Xni,   TITOLO  VII,   §   875. 

se,  quanto  piuttosto  seinplicemente  la  persecnzione  giiuliziariit 
dei  medesimi  per  via  d'azioni;  conseguentemente,  per  I'obbligazione 
in  se  non  aucora  estinta,  deve  sempre  trovar  luogo.  una  eeee- 
zione  ^^).  Difficilmente  posson  trovarsi  leggi  die  suonino  eontro  la 
nostra  aiferinazione,  e  sono  pochissime  quelle  clie  ci  si  vorrebbero 
contrapi>orre;  i>oicbe  nella  sovra  citata  L.  §  ult.  I.  quib.  mod.  re  con- 
trail,  obligation  e  nella  L.  1  §  0  1).  de  obligat.  et  action.^  ebe  suona 
perfettamente  lo  stesso,  non  si  dicliiara  nieute  altro  ebe  il  coitip]et(» 
obbligo  del  creditore  di  restitiiire  la  cosa  oppignorata ;  ne  vi  t* 
l>arola  di  prescrizione  delPazione  a  cio  teudente. 

Tuttavia  si  crede  die  alia  nostra  asserzione  osti  Panalogia  ^iu- 
ridica,  percb^  se  fosse  esjitto  ebe  Pazione  pignoratizia  si  preseriva 
in  trent'anni  non  giA,  dal  tempo  della  conclusione  del  contratto  di 
pegno,  nia  solo  dal  tempo  del  pagamento  del  debito,  allora  auclie 
per  le  altre  azioni  nascenti  da  contratti  bilaterali,  Pinizio  della 
prescrizione  non  dovrebbe  datare  dal  tempo  della  condusione  del 
contratto,  il  die  invece  trovasi  prescritto  nelle  leggi. 

Pero,  i)ur  facendo  astrazione  dal  fatto  die  per  Pazione  ingiio- 
ratizia  si  lianno  leggi  esplicite  die  esattamente  determinano  la 
data  a  partire  dalla  quale  Vaetio  e  nata^  qui  si  aecetterebbe  per 
(rerta  una  proposizione  alia  quale  tuttavia,  e  con  fondamento,  si 
l)ub  opporsi. 

Ancbe  per  gli  obbligbi  bilaterali  i)ub  ammettersi  di  regola 
die  nessuna  azione  si  origini  tino  a  die  non  ci  si  oftra  efl^ttiva- 
niente  alia  prestazione,  dalla  quale  vien  fondato  il  diritto  d'azione  " ). 
E  i)ercib  ne  pure  per  quesiti  pub  iniziarsi  anteriormente  la  pre- 
scrizione delPazione. 

Ancora  a  minori  dubbi  si  presta  per  diritto .  romano  la  pre 
scrittibiliti\  delPazione  i)ignomtizia  percbe  per  esso  la  buona  fede 
per  estinguere  la  prescrizione  non  e  necessariamente  ridiiesta,  ma 
viene  in    considerazione  solo  in  quanto  il  i>rescrivente    od  il  pos- 


•'•'')  V.  Wkber,   Contribntl  alia  ieoria  flcUe  azwni  eileccezioni  (fhidhlarie. 
1   St.,  pag.   10. 

''^\  v.  TiiiBAiT,  Sistcma  del  d'tritto  delle  Bandette,  vol.  II,  ^  1034. 


DE   PIGNERATICIA   ACTIONE  427 

«es90Te  della  cosa,  sulla  quale  Paltro  ba  perduto  per  prescrizione 
le  proprie  ragioni,  la  voj»:lia  ritogliere  dalle  mani  di  im  terzo  con 
nil'  azione  reale  ''"'),  Pel  diritto  canonico  la  questione  si  svolge 
in  niodo  atlatto  diverso.  Qui,  stando  al  suo  precetto,  per  la  pre- 
scrizione di  quelle  azioni  die  tendono  alia  restituzione  di  una  cosa 
iiltrui,  in  quanto*  il'i)ossessore  deve  esser  autorizzato  alia  conti- 
iiuazione  del  ])ossesso,  e  necessariamente  richiesta  una  bona  Jides 
perdnrante  lungo  tutto  il  tempo  della  prescrizione  ^*^);  quindi,  giusta 
tale  principio,  lo  stesso  creditore  non  i)u6  mai  difendersi  contro  il 
Mlebitore  con  la  eccezione  della  prescrizione,  se  .quest' ultimo  anclie 
dopo  trent'anni  per  la  prima  volta  dal  tempo  del  pagamento  del 
-debito,  agisca  per  la  restituzione  del  pegno  ^% 


j< 


)  L.  8  C.  de  praescript.  30  vel  40  anno r.^  7,  39  j  vedi  Dabelow,  Sulla 
prescrizione,  parte  II,  $  144,  pag.  178  segg. 

^)  Cap.  5  e  20  X  de  praescript,)  Dabelow,  loc.  cit.,  J  182,  pag.  300 
<y  ftegg. 

^*)  Lauterbach,  Colleff.  th.pract,  Pand.,  h.t.^2S',  Hop  acker,  Pn«c(p. 
^'ur.  cii\,  torn.  Ill,  $  1893. 


APPENDICE 


La  "  formula  hypothecaria  „ 

deiravv.  ppof.  (ficLio  Petroni 


I.   —    Importanza   della    «  formula   hypothecaria  ». 

1.  —  K  uoto  die  il  peguo,  come  nltri  iHtituti  di  diritto  pretorio,  diveiine 
iu8  in  re  aliena  qiiando  il  pre  to  re  conceHHe  al  creditore  I'nzioDe  contro  i  terzi. 
LHnterdicium  Salvianum  infatti  non  tutelava  il  creditore  ipotecario,  percbo 
4|ueBti  non  poteva  nsarne  nel  caso  in  ciii  g}*illata  nou  si  trovassero  8ul  fondo, 
ma  presso  terzi  >).  Di  qui  la  necessity    dl    \in  actio   in    reiN,    clie    dapprima  fu 


^)  Una  delle  qnistioni  piti  dibattute  pero,  come  osserva  il  Lrxel  (Zeitschrift 
tier  Savigny  Stifinng  filr  Mechtsgeschiohte,  K.  A.  [Kivistn  della  fondazione  Sa- 
viGXY  per  la  Htoria  del  diritto,  parte  romanistica],  vol.  3,  pag.  180*190,  i* 
qiiesta  appnnto,  e  la  lotta  delle  opinion!  si  spiega  per  la  contraddiziono  clic 
cHiste  nelle  fonti.  Nella  L.  1  Cod.  de  precario  et  de  Salviano  interdieiOf  8,  9 
{Basil.,  XXV,  Ily  36;  Hkimbach,  vol.  3,  p.  72)  Gokdiako  dice  espressaraeDte 
che  I'interdetto  spetta  solo  contro  il  ])ignuraute,  mentro,  per  converso,  in  due 
frammentiy  di  cni  risiilta  11  titolo  del  Digento  de  Salviano  interdicio,  43,  33,  <^ 
parte  presnpposto,  parte  espresso  che  Tinterdetto  spetti  adcersiu  qHemcumqnc 
po89identem.  Cfr.  la  parafraai  gi*eca  delle  Istituzioni  (ed.  Fbrrini,  IV,  15,  3). 
Lkxkl  ritiene  che  nel  diritto  classioo  Vinterdictum  i>oteva  valere  solo  contro  il 
condnttorc,  siccome  attesta  Gordiano,  e  che  soltanto  nel  Cotyus  iuris  di  Gu'sti- 
NiANO  si  sarebbe  esteso  contro  i  terzi,  mnnt4.Miendosi  per  errore  la  L.  1  Cod. 
de  precario:  che  1  frammenti  delle  Pandette  originariamente  avrebbero  aviito 
relnzione  ixW actio  aerviana,  e  per  una  interpolnzione  dei  conipilatori  si  sarel)- 
bero  attribuiti  alVinterdictum  Salviauum.  ^-  Cfr.  pure  Krkmru  (Jurisprudentiae 
aniehadrianae  quae  8uperauntj  I,  pag.  219).  Tntto  cio,  dice  il  Dkrnburg  (Pan- 
dekteu,  6.^  ed.,  I,  2,  $  284,  pag.  294  e  seg.),  e  possibile,  ma  alio  state  delle 
fonti  non  si  pud  avere  nn  risultato  nicnro. 

Su  questa  quistione  cfr.  Zimmbrn  (Beitrdfje  zur  Lehre  vom  Pfaudrecht  Xon- 
tributi  alia  teoria  del  diritto  di  pegno],  nella  Zeitachr.  fUr  Civilr.  tind  Prozm, 
h  P^R-y  ^'^  ®  b^kO;  Huschkr  (Siudien  des  Mmisoheii  liechtM,  pag.  373  e  seg.): 
Ki;dorkf  {die  PfandklageUf  nella  Zeit$chrift  fUr  ge$chichtliche  Uechtstciasentckafl 
[Azioni  pignoratizie,  nella  Riviula  per  la  giurispnidenza  $toriea]f  vol.  13. 
pag.  246);  Kbllrr  (Riciitkrs  Kritiache   Jahrbiichei-    [Anuali    critici   di    Kicii- 


1 


APPENDIOE  429 

llinit&ta  al  solo  rapporto  della  locaiio  dei  fondi  rustic!,  e  si  disse  actio  aer- 
rkina  ^,  pot  fu  estesa  agli  altri  pegni  oostituiti  per  altre  cause  di  obbligazione 
o  si  ebbe  V actio  qua$i  serviana  o  hypotkecaria  ^).  Di  froute  a  queste  azioni 
pignua  e  hypotheoa  tomano  ad  un  medesimo.  GIustiniano  iufatti  dice  cos): 


TEu],  XI,  pag.  970  e  seguouti);  Dernburg  {Das  Pfandreohtf  II,  pagiue  341 
<*  ^^g')y  Brinz  (Lehrhuch  der  Pandekien  [Manuale  delle  Pandette],  vol.  II,  $  351 
in  fine  nota  42-44);  Windschkid,  $  236,  nota  5,  vol.  I,  p.  2,  pag.  382  della 
tradnzione  italiana;  Applkton  (Les  interpolations  dans  les  Pandectes,  pag.  186 
**  ^^f^")}  Bertolini  {A  chi  e  oontro  chi  eompeteva  Vinterdetto  Salviano,  special- 
niente  pag.  62  e  seg.);  Schupvsr  {Vinterdetto  Salviano  e  un  rescritto  di  Gor^ 
dianOj  nella  Rivista  italiana  per  le  science  giuridiche,  vol.  V,  pag.  216  e  seg.); 
IIerzen  {Origine  de  Vhypoth^ue  romaine,  Paris  1899,  pag.  148  e  seg.).  Cfr.  pure 
la  importante  uota  del  Ferrini  {Manuale  di  Pandette^  Milauo  1900,  pag.  512); 
Karlowa  {Edm.  RecUtsgesoh.  [Storia  del  diritto  romano],  III,  pag.  1279  e  seg.); 
Naber  {Ohservatinnculae  de  iure  romano^  pag.  224,  nota  7,  iu  Mnemosyne^  nova 
series,  XXXI,  pars.  II,  Lipsiae  1903). 

^)  ^  sempre  viva  la  disputa  intorno  all'antore  ^e\V actio  Serviana,  Cfr.  GLt)CK 
{Ausfiihrliche  Erlduterung  der  Pandekten  [Ainplo  coinraentario  alle  Pandette]^ 
vol.  14,  pag.  14  e  seg.  e  gli  autori  ivi  citati)  [lib.  XIII,  pag.  303  e  se- 
gueuti  della  traduzione  italiana].  II  Bremer  {Jurisprttdentiae  Antehadrianae 
quae  supersunt^  oit.  I,  pag.  219  in  fine  e  seg.),  fra  i  moderni,  ne  ritiene 
iiutore  Sbrvio  Sulpicio,  perch^  a  lui  si  riferiscouo  V actio  fietioia  -del  honorum 
possessor  post  Rutilianam  (Oaii,  4,  35),  e  Gaio  in  quel  luogo,  in  cui  dice : 
«  actionem  vooari  »  sembra  riferirsL  a  Servio  Sulpigio,  cbe  non  raramente  loda 
(I,  188,  II,  244,  III,  149,  156,  179,  183):  se  autore  della  Serviana  fosse  stato 
un  altro  Sbrvio,  Gaio  non  avrebbe  inancato  d'indicarlo :  finalmente,  soggiunge 
il  Bremer,  not  leggiamo  che  Servio  altro  intorno  ai  coloni  ed  alle  mercedi 
dei  fondi  venne  costituendo:  che  egli  non  sia.  stato  pretore  nrbano,  non  monta, 
poich^  ad  un  giureconsulto  .  di  esimia  autoritd.  era  lecito  variis  modis  iura 
condere.  —  Cfr.  GiRARP  {Manuel  SUnientaire  de  droit  rom.y  3.*  ediz.,  pagina  762, 
uota  5)  intorno  alle  altre  opinioni  di  JORs  {Romische  Reohtsujissensohaft  zur 
Zeit  der  Repuhlik  [Ginrisprudenza  romana  al  tempo  della  Repubblica],  pa- 
gina 153,  nota  3)  ohe  dalle  liste  dei  pretori  trasmesseci  da  Livio  deduce  che 
vi  sia  stato  un  pretore  urbano  col  prenome  Servio;  cio^  Servio  Sulpicio 
Galba  nell'anno  567  (Xiv.,  38,  42),  a  cui  crede  di  x>oter  ricondurre  con  qualohe 
verosimiglianza  V actio  Serviana  nell'editto  pretorio ;  del  VoiQr{Das  pignus  der 
Romer,  pag.  263  e  264;  Sonderahdruck  aus  den  Beriohten  der  Kdnigl.  SUehs,  Ge- 
sellsehAft  der  Wissensohaften^  1888,  Sitxung  am  8  Dee,)^  il  quale  ritiene  che 
V actio  Serviana  sia  da  attribnire  a  Servio  Sulpicio  Galba,  avo  dell^mpera- 
tore  Galba.  —  Cfr.  pure  Schulin  {Lehrhuch  der  Gesch,  des  rSm.  Rechts  [Manuale 
di  Storia  del  diritto  romano],  pag.  426,  nota  5),  e  Naber,  loo.  cU.,  pag.  221 
e  222. 

^)  Adoperiamo  promiscuamente  la  terrainologia,  actio  Serviana,  quasi  Serviana^ 
hypotheeariaf  pignoratitia  in  rem  itoicihh  essa  rlsponde  alle  font!  giustinianee,  in 
cui  solo  per  eccezione  Vactio  Set^iana  serba  il  suo  originario  significato  di 
azione  rivolta  a  tutelare  il  rapporto  del  locatore  di  fondi  rustici  rimpetto  ai 
terzi.  —  Cfr.  GlCck  {op.  dt.y  14,  pag.  5,  uotA  9)  [pag.  296,  nota  9  della  tra- 
dnzione italiana];  Bachofen  {Das  Romische  Pfandrecht,  pag.  28  e  seg.).  ^ — 
Kuntze    {Zur    Gesch,    des    Rom.    Pfandreohis   [Sulla  storia  del  romano  diritto 


430  APPENDTCrK 

$  7  Inst,  de  actionibuSf  4,  6: 

«  Item  Serviana  et  quasi  Serviana,  quae  etiam  hypothetsaria  voeatur,  ex 
ipfiius  praetoris  iuriBdictione  Bubstantiam  capit.  Serviana  auteni  experitur  qnis 
de  rebus  coloni,  quae  piji^noriB  iiire  pro  mercedibus  fundi  ei  tenentnr:  quasi 
Serviana  autem  qua  creditores  pignora  hypotbeoasve  persequuntur.  inter  pigniis 
luitem  e.t  bypotbecam  qnautiim  ad  actionem  bypotbecariam  nibil  interest:...  »^). 

2.  —  Date  cbe  il  pegno  sia  divenuto  diritto  reale  qnando  al  creditore  fii 
data  I'azione  «  pa'secuilo  in  rem  parit  actionem  ci^editori  ^)  »,  ognnno  vede  la 
>rrande  iraportanza  di  Btudiare  quest'actto,  e  I'intiraa  striittura  delta  formula 
hypoihecaria.  La  formula  ci  addita  i  principl  della  dottrina  del  diritto  di  pegno, 
]ioicb^  in  cBsa  si  rispecobla  la  concesione  ginridica  del  tempo  in  cui  Tazione 
veuiva  proposta,  e  i  giuristi  nella  costruzione  di  tale  dottrina  dovettero  atton- 
dere  alle  clausole  ed  ai  presupposti  della  formula,  pur  non  rendendosi  scbiavi 
delle  parole  di  essa;  sicob^,  tenendo  present!  le  parole  della  formula^  gVi 
nrgomeuti  del  giureconsiilti  tornano  cbiari,  e  riesee  facile  sooprire  la  via  cbe 
dovettero  percorrere  neireliminare  i  dubbii  e  vincere  gli  ostacoli  ^).  La  impor- 
tanza  della  formula  hypoihecaria  fu  ben  intesa  da  Gaio  ^),  e  MARcrAXO  ^,  che 
discussero  il  diritto  d'ipoteca  ciascnno  in  un  liher  eingularis  de  <  formula  hypo- 
ihecaria »,  ed  a  questa  riannodarono  quelle  ^). 


di  pegnoj,  II,  png.  17).  —  II  Brrmkr  (Jurieprudentifv  Antehadriante  cit.)  nota 
obe  della  ipoteca  non  si  fa  mai  menzione  presso  i  giureconsulti  romani  prima 
di  Adriano;  cbe  prime  Gaio  parla  della  quasi  Serviana,  e  della  Serviana  nep- 
]mre  si  discorre  prima  di  Adriano.  —  Cfr.  pure  Costa  {Storia  del  diritto 
romano,  II,  cap.  6,  e  specinlmente  $  7  e  seg.);  Manigk,  loe.  oit,^  pag.  94  e  95. 

**)  Cfr.  su  qne-sto  paragrafo  delle  Istitnzioni  Schradrr  (Juetiniani  Intiitu- 
tlones],  pag.  641  e  642)  e  il  Frrrini  {SuUe  fonii  delle  letitutionidi  Givstihia^o, 
II,  pag.  164  e  Bullettino  delVlstituto  di  diritto  romano,  anno  XIII,  pag.  192). 
—  Cfr.  pure  L.  5,  ji  1  D.  de  pig,  et  hypoth.,  20,  1. 

^)  L.  27  D.  de  nor.  act.y  9,  4;  L.  17,  2,  29  $  1  D.  depxgnorihue  et  hypotkeM*, 
20,  1;  L.  13  $  3  D.  eod. ;  L.  12  $  1  D.  quibue  mod,  pignue  vel  hypotkeca 
Holr.,  20,  6. 

^)  Dkrnburo  {Das  Pfandreoht,  ^  7  pag.  76  e  seg.),  il  quale  per6  mantiene 
la  importanza  della  formula  nei  giusti  limiti,  av*>'eftendo  cbe  nelle  poche  parole 
di  essa  non  pn5  trovarsi  la  cbiave  di  tut  to  lo  svolgimento  del  romano  diritto 
di  pegno  —  ivi^  pag.  77.  —  Cfr.  pure  Franckk  {CitHietisehe  AhhandL  [Diaser* 
razioni  di  diritto  civile],  pag.  106  e  seg.);  Wlassach  (Edict  und  Klagefarm 
[FMitto  e  formula  deirazioue],  pag.  80  in  line  e  gli  autori  da  liii  citati). 

~)  Ad  edictum  provineiale,  Lbnrl  (Palingeneeia,  1,  specialmente  n.  211,  212, 
img.  210  e  211;  Ds  formula  hypothecaria  Uber  iingularie^  ivi  I,  n.  399  c 
seg.,  pag.  240  c  seg.). 

8)  Ad  formulam  hypothkcariam  liher  eingnUiria,  Palingeneeia^  I,  n.  17  e 
Hcg.,  pag.  644.  Ancbe  Paolo  scrisse  una  monografia  snl  pegno,  ma  del  soo 
contennto  non  Bi  sa  nulla.  L^iidice  degli  autori  dei  Digesti  addita  (XXV)  di 
Paolo  solo  il  titolo  del  libro,  €  vno^Tnxiptoi  w,  8u  di  ci6  cfr.  KrOobr  (Gf- 
Mchichte  der  Quellen  und  TAteratur  d.  Mm,  Seohts  [Storia  delle  font!  e  delhi 
letteratura  del  diritto  ronmno],  1888,  pag.  208,  nota  62)  e  Manigk  {loe,  eit.. 
pag.  128). 

^)  Bbthmann  Hollwro  (Der  Cieilprozeen  dee  gemeinen  Keehte  [II  ptoceeso  civile 
del  diritto  comune],  vol.  II,  pag.  315,  nota  57). 


APPENDICB  431 

II.  —  Profllo  dell'«  actio  hypothecaria  ». 

3.  —  Prima  di  stadiare  la  foitiiula  hypothecaria  vogliamo  intanto  ricordare 
c[ui  brevemeiite  alonni  caratteri  delVactio  hypothecaria.  Qiiesta  ^  un'  actio  in 
factum  praet4>ria  *^).  II  pretore,  volendo  tntelare  il  nuovo  rapporto  del  pegno, 
noil  poteva  valersi  delle  esteusioni  obbiettive  e  subbietfcive  di  rapporti  di  di- 
ritto  civile,  come  soleva  fare  per  mezzo  di  finzioiii;  non  essendo  alcuna  azione 
con  ciii  per  mezzo  di  quelle  liuzioni  e  trasposizioni  potesse  tutelarsi  il  pegno 
rispetto  ai  terzi,  e  trattandosi  di  tin  diritto,  quod  tuitione  praetoris  contineiur^ 
il  pretore  cotioesse  I'azione  piiraraente  pretoria  in  factum.  —  Actio  in  factum 
h  chiamata  Vactio  hypothecaria  ^0)  ^  nelle  fonti  non  esiste  alcnn  indizio  cbe 
possa  sostenere  la  opinione  di  essere  Vactio  Serviana  originariamente  costituita 
non  come  actio  in  factum  concepta^  ma  piuttosto  per  mezzo  di  nna  fictio  come 
He  le  cose  per  maneipatiOf  o  in  iure  cessio  fossero  divenute  propriety  del  credi- 
tore  ^^) :  esistono  invece  prove  contrarie  a  tale  assanto,  come  p.  cs.  nella 
L.  17  $  2  D.  de  pactis,  2,  U  : 


^^)  Aggiiingiamo  praetoria,  perch^  noi  non  accettiamo  la  opinione. del  Po- 
KROWSCKi,  secondo  cui  Vactio  in  iua  h  soltanto  actio  civiliSf  ed  ogni  actio  prac- 
toria  h  in  factum.  Cfr.  Pokrowrcki  (Die  Actiones  in  factum  des  claseisehen  Rechts, 
nella  Zeiisehrift  der  Savigny  Siiftung,  K.  A.,  vol.  16,  pag..  7  e  seg.)*  Contro 
fpiesta  opinione  cfr.  Erman  (Coneeptio  formularum^  actio  in  factum  und  ipso  iure 
Consumtion  (nella  stessa  Zeiteohrift,  vol.  19,  $  3,  pag.  267),  a  cui  Pockrowscki 
replic5  (nella  Zeitschr.  cit.,  vol.  20,  Zur  Lehre  von  den  actionee  in  ius  und  in  factum, 
pag.  99  e  seg.).  Cfr.  inoltre  Ermax,  nella  stessa  Zeiischr^y  XXIII,  pag.  445. 

Sul  diritto  di  pegno  greco  cfr.  Derndurg  {Daa  Pfandr.,  I,  p.. 74  e  seg.);  Hitzig 
(Dae  griechische  Pfandrecht,  MUncben  1895,  pag.  142),  i  qnali  notano  cbe  il  creditore 
pignoratizio  non  ha  nessnna  particolare  actio  hypothecaHa.  —  Cfr.  pure  Maxigk. 
/.  o.,  png.  115,  nota  3.  SulPeaiSaTe^j^i^,  cbe  pei  papiri  di  Oxyrinto  e  liorentini  si 
t>  riconoscinto  importare  nel  creditore,  in.caso  di  non  sodisfacimento  alia  sca- 
denza,  facoltii  dMrapossessarsi  della  cosa  ipotecata,  e  di  esercitarTi  tutti  gli  at- 
tributi  della  proprietii,  cfr.  Min^Ei.s  (Zeitschrift  der  Savigny  Stiftung  cit.,  XXIII, 
pag.  301  e  seg.);  Costa  {Bullettino  delVIntitulo  di  diritto  romano,  XIV,  1902, 
pag.  47-50,  e  XVII,  1905,  pag.  96-102),  e  di  nuovo  Hitzig,  pag.  81. 

")  L.  11  ^  1  D.  20,  1.  Ancbe  il  verum  ent  die  spesso  ritorua  nolle  fonti 
(cfr.  L.  30  $  1  D.  44,  2;  L.  59  pr.  D.  36,  1;  L.  13  M  I>-  16»  1 ;  L.  13  $  5 
D,  20,  1)  h  stato  ritenuto  come  prova  di  essere  Vactio  hypothecaria  ooncepita 
in  factum.  Cfr.,  fra  gli  altri,  Rudorff  {Die  Pfandklagen  nella  Zeitschr^  fiir  gesch. 
liechtswisf.  cit.,  XIII,  pagina  226);  Bachofen  (o«  c,  pag.  43);  IIuscukk  (in 
ZHtschrifi  fUr  Civilrecht  und  Proz.,  vol.  20,  pag.  167);  Kvi^H'/M  (Zur  Gesch.  des 
Horn.  Pfandr.;  I,  pag.  27).  11  Derxhurg,  pero  (Das  Pfandr.,  I,  pag.  79,  nota  5), 
senza  porre  in  dubbio  questo  elemeuto  di  prova,  osserva  cbe  il  verum  est  si  trova 
nncbe  in  casi  in  cui  h\  formula  e  concepita  in  ius,  come  nella  L.  23  "D.de  receptis,  4, 8. 

^2)  Cosi  il  Mt*HLExbRucH  (Die  Lehre  von  der  Cession  der  Forderungsrechte  [La 
dottrina  della  cessione  del  diritti  di  credito],  3.^ed.,  nota  20,  pag.  13  e  seg.). 
11  PucHTA  (Inst.,  II,  p.  263  e  264  in  f.)  ritiene  la  Sei-viana  ■  come  fioticia^  la 
quasi  Serviana  come  in  factum.  II  Bachofen  (o.  c,  p.  39)  opina  cbe  origina- 
riamente Vactio  hypothecaria  sia  stata  ficticia  (Jiducia-fiction),  ma  che  piit  tardi 
abbia  avuta  la  forma- di  luV  actio  in  factum,  Sn  qucste  opinion!  cfr.  Kbi^lek 
(RiCHTERS  Kritische  Jahrb.  cit.,  p.  973  e  seg.);.  Dernburg  (Das  Pfandr.,  I, 
p.  78);  AscoLi  (Le  oi-igini  delVipoteca  e  delV interdetto  salmano,  p.  59). 


432  APPENDICE 

Paulus,  libro  tertio  ad  ediotum  «  Depignoreiure  hotiorai'io  naseitur  ex  pacta  actio, ,.*. 

4.  —  Non  pu5  del  pari  ritenersi  che  IVcfio  hypothecaria  «la  un'  azione  di 
proprietik  fondata  sulla  proprietA  del  pignorante  nel  tempo  dell  a  costUuziom* 
in  pegno  della  cosa  i'^),  poich^,  com' 5  stato  e«attamente  osservato,  queiroc/io 
mira  solti^nto  alia  vindioatio  pignaris^  e  si  cliiama  utilia  rei  cindioatio  appuntci 
per  essere,  alia  pari  delta  rei  vindicatio  direoUif  rivolta  alia  rivendicazione  della 
cosa,  ma  con  pr^supposti  ed  effetti  a88ai  diversi  da  qiielli  dclla  ret  vindicatio  ^*). 
Ij'aotio  pignoraticia  in  rem  h  infatti  una  vindicatio,  ma  non  dominii^  aibbeiie 
della  cosa  come  pegno :  ^  rivolta  alia  tutela  ed  al  riconoscimento  del  dirlttci 
di  pegno  Bulle  cose  corporal!  ed  alia  restitiizione  del  poss^sso. 

L.  66  pr.  D.  De  evictionilfus ,  21,  2: 

«...., /lOfc  enim  (Serviana)  etai  in  rem  actio  est,  nudam  tamen  posaesfioHem 
avocat.,.  »  ^**). 


^3)  Cosl  il  Du  Roi  (Archiv  fur  civ.  Praxis  [Arcliivio  per  la  pratica  civile], 
vol.  6,  p.  402  e  s^g.)- 

**)  Cfr.  BCCHEL  (CivilrechtUohe  Erorterungen  [Spiegazioni  di  diritto  oivile\ 
2.^  ed.y  vol.  1,  pag.  220  e  seg.).  II  BtJCHEi.  (1.  c,  e  pag.  125  e  seg.,  217  e  seg.) 
combatte  pure  la  opinione  del  LOhr  {Grolmane  Magazin  fnr  Rechtiitc%$$en9chaft 
nnd  Gesetzgebung  [Magazzino  di  Groi^mak  per  la  giuriBprndenza  e  per  la  legisla- 
zione],  3.  Band,  I  Heft,  n.  TV,  129  e  seg.),  il  quale  crede  che  giii  prima  vi 
Hia  stata  un'azione  fondata  snl  diritto  civile,  vindicatio  utilis,  che  avrebbem 
avuta  i  creditor!  pignoratarl  ed  ipoteoari  cosl  come  il  siiperfioiario,  reutitentn 
ed  altri  molti  non  proprietarl.  Anche  il  GlCck  (AutfUhrliche  Erl&uterung  der  Pan- 
dektenf  vol.  14,  pag.  15,  nota  48)  osserva  contro  il  LOhr  che,  oltre  Taeiio  |rr<i<-- 
toria  pigneraticia,.  won  si  trova  alcana  azione  reale  secondo  il  diritto  civile:  «U 
quest' ultima  non  h  cenno  in  tutta  la  romana  antichitii,  e  neppure  nella  para- 
frasi  greca  delle  Istitnzioni  (cfr.  la  parafrasi  f  7  lust,  de  action,,  ed.  Fkrkiki. 
pag.  420);  che  la  L.  16  D.  De  serv.,  8,  1  parla  deW actio  pignei'alicia  in  rnw, 
4)  qnesta  non  h  altro  che  V actio  praetoriay  la  quale  nella  L.  3  $  3  D.  Jrf  exhib.y 

10,  4  h  molto  chiaramente  detta  pigneratioia  Serviana. 

^^)  L'azione  ipotecaria  del  codicl  modern!  ha  un  contenuto  del  tutto  diverso. 
II  creditore  ipotecario  non  ha  diritto  di  avere  il  possesso  dell'imniobile,  sib- 
bene  di  fame  disporre  la  vendita  pel  sodisfacimento  del  suo  avere;  onde  il 
Troplono  scrisse:  «  Ainsi  Thypoth^que  inscrite  vient,  sous  le  code  civil,  se 
T^sondre  en  saisie  immobili^re  que  le  cr^ancier  a  droit  d'exercer  recta  via 
contre  les  tiers  d^tentenrs,  heritiers  ou  autres.  On  peut  done  dire  qn'il  n'y  :i 
plus  d'action    hypoth^caire    proprement    dite...  »  {Des  priv^ilhges  et  hypotk^ques^ 

11,  $779&i«,  pag.  139  e  140,  Bruselles  1840);  cfr.  pure  Dkrnburo  {Panddcten, 
I,  283,  pag.  294,  e  Dae  Sackenreohi  [Diritto  delle  cose],  pag.  642);  Nabki: 
{Observatiunculae  de  iure  romano^  cit.,  png.  231):  cfr.  pure  art.  2169  codicc 
iiapoleonico,  2014  e  2076  cod.  civ.  it.,  (  1147  cod.  germanico  e  sn  di  esso. 
fra  gli  altri,  Planck  {BUrgerlichee  Geeetzhuch,  III,  pag.  519  e  segg.).  —  Siil- 
I'azione  ipotecaria  nel  cod.  civ.  it.  cfr.  fra  gli  altri,  Mrlucci  (/{  eietcma  ipo- 
tecario,  pag.  260)  e  Mirabelli  {Delle  ipoteche,  III,  pag.  519  e  segg.),  pa- 
gina  139  e  segg.). 

II  diritto  di  pegno  nel  cod.  civ.  it.  non  d&  il  diritto  di  rivendicare  la  cosa  qnaiid<i 
il  creditore  ue  abbia  perduto  il  possesso:  solo  per  eccezione  il  locatore  ha  il  diritto 
di  sequestrare  i  mobili  quando  siano  trasportati  altrove,  promovendo  Tanalogn 
azione  (art.  1958,  n.  3,  capov.  ult.);  cfr.,  fr<i  gli  altri,  Chironi  {JetUMt.  di  diritto 
civ.,  I,  $  246);  LoMONACO  (Nozioni  di  diritto  civile  italiano,  2.»  ed.,  pag.  896,  n.  3). 


APPENDICE  433 

Essa  lascia  susRistere  11  diritto  di  propriety  o  qiinlunque  diritto  clie  il  pos- 
fieasore  averse  nulla  eosn,  veclainnta  dal  creditore,  perch^  quaeaiio  pignof^  ab 
inUHtione  dominii  separatur  ^'').  Ij^actio  hypothecaria  ha  gU  stessi  requisiti  deUa 
m  vindicatio  in  ordiiie  al  coiiveuuto  od  all'oggetto,  ma  se  ne  distingue  in 
<inanto  non  si  pu6,  come  questa,  mottere  in  moviraento  in  qualnnque  tempo; 
il  creditore  ipotecario  dee  promuoverla  alia  scadeuza  del  credito,  o  anche 
prima  Be  glMm porta  di  Rottrarre  la  cuHa  al  po888e8o;'e:  il  creditore  pignoratario 
invece  Im  il  diritto  di  aglrc  aiiclie  prima  della  ecadenza,  se  ha  perduto  il  pos- 
Hesso  della  oosa.  Pub  inoltre  il  convenuto  respingere  Tazione  col  sodisfacimento 
<leirattore:  i  frutti  sono  restitiiiti  con  Vactio  hypothecaria  se  per6  la  oosa  non 
basti  a  sodisfare  I'attoro  i'). 

Li* actio  hypothecaria  Jia  la  stesjsa  origine  pretoria  doW actio  Publiciana^  ed  ^ 
pure,  come  qiiesta,  arhitraria  ^^)]  ma  se  ne  dirterisce  perclie  la  Puhliciana  h  wnn 
Jicticia  m  rindicatiOy  o  si  fonda  sul  dominium  Jictum  dell'attore. 

III.  —  La  «  formula  hypothecaria  ». 

5.  —  II  Wlassak  ha  diniostrato  cIk*  nelle  fonti  non  si  trova  ulouua  traocia 
•<li  editto  intorno  n\V actio  hypothecaria,  e  crede  vemsimile  esser  ci5  avvenuto 
daH'essere  la  ipoteenria  una  delle  piu  aiitiohe  azioni  del  diritto  protorio,  e  da 
ricercarsi  in  nu  tempo  in  oni  la  forma  edittalc  al  pretore  non  erj%  ancora  nsnale. 
Che  se  iin  editto  indipiMidcMito  i  pretori  i^osteriori  non  proposero,  la  ragione  si 
trova  nel  fatto  di  essere  hi  formula  aggiunta  nWinterdictum  Salvianum:  ogni  iu- 
terdetto,  dice  il  Wlassak,  non  «  soltanto  foinuHlay  ma  eziandio  editto,  e  pero 
i  pretori  del  tempo  postoriore,  avcndo  riguardo  al  Salrianumf  die  precedeva, 
potevano  omettere  la  lu-opoHta  di  nn  editto  particolare  *^).  Questa  opinione  del 


I'O  ]..  1  M;  L.   16  ^  5  D.  20,  1.  Cfr.  pure  L.  18  D.   13,  7. 

1")  Cfr.  su  di  eii)  Puchta  {Imtit.j  9  ed.,  II,  $  251,  pag.  265);  e,  fra  gli 
altri,  Dkknhcko  {Paudekteu,  II,  $  284,  pag.  696  e  seg.  e  le  leggi  ivi  oitate); 
AViXDSCHKii)  {Lthrhnch,  8.'  ed.,  II,  $  235,  p.  1062  e  seg.  e  traduz.  it.  p.  374 
«  seg.  oogli  autori  ivi  cltati);  I3ku«i  (i«f.,  p.  319);  Skhafini  (/«/.,  7.*  ed.,  I, 
1>.  452).  SiiUe  exceptiones  die  si  posKono  opporre  contro  Vactio  hypothecaria  cfr.  gli 
autori  citati  in  questa  nota,  Fkriiixi  {ManualCy  $  398)  e  Bonfante  (latituz,, 
3.*  ed.,  }  151,  pag.  391,  392).  Cfr.  pure  Lknrl  (Ediclum,  p.  397,  nota  8,  e 
Ksaai^  II,  p.  244,  nota  6).  Sii  di  una  ragione  riconveuzionale  per  le  spese  cfr., 
fra  gli  altri,  Windscheid,  opera  cit.,  I,  235,  num.  4,  pag.  377,  num.  4  della 
traduz.  it. 

18)  $  31  Imt,  4.  6.  Cfr.,  fra  gli  altri,  Brugi  (/«f.,  pag.  278);  Bonfantk 
{Ut.j  p.  280,  Diritto  romauo^  ]>.  292);  Fkuuini  (Manuale,  $  335),  ed  ora  pure 
Lenkl  {Das  PuhUcianiHche  Edict,  ndla  Zeitschri/t  der  Savigny-Stiftung^  vol.  20, 
pag.   11  in  f.  e  seg.)  c  gli  autori  ivi  citati. 

i'-^)  Edict  und  Klageform,  pag.  129  e  seg.  L'Hkrzkn  fo.  c,  pag.  188  e  seg.) 
accetta  I'opinione  del  Wlassak  intorno  all'assenza  deU'editto  ^\\\V actio  Serviana^ 
ma  ne  trae  la  couclusione  opposta  intorno  alia  data  di  quest'acNo,  che  lisHa 
nel  principio  deU'impero.  —  Contro  THkuzkn  cfr.  pure  Manigk,  /.  c,  nota  2. 
II  W1.A88AK  (/.  c,  nota  48)  ritione  die  la  origine  della  formula  hypothecaria 
flia  da  poire  nel  tempo  anteriore  a  Cickkoxk.  Su  di  essa,  come  sulla  origine 
della  ipoteca  non  pu6  dirsi  nulla  di  sicuro,  ne  noi  vogliamo  indugiarci.  Cfr., 
oltre  gli  autori  citati  da  Wlassak,  Naukh  (/.  c,  pag.  221  e  seg.). 

GlQck,  Comm.  Pandeite.  —  Lib.  XIII.  —  55. 


434  APPENDICE 

Wlassak  h  segiiUa  dal  Lrnkl  ^),  die  ue  riprodnce  gli  argomenti,  e  dal  Ma- 
NiGK**).  II  Karlowa  **)  iuvcce  e  il  Cvq^)  la  combattono.  11  Karlowa ritiene 
che  il  posto  originario  deWactio  Serviana  e  qua9i  Sertiana  era  neireditto  del 
praetin'  peregrinusy  che  seuza  dabbio  queste  azioiii  farono  accolte  ])iil  tardi  nel- 
I'editto  del  praetor  urhanH9,  per5  con  dichiarazione  molto  abbreviata,  confor- 
mandoBi  qiiesti  aU'editto  del  huo  oollega,  del  praetor  peregHnns,  Coh),  al  dir 
del  Karlowa,  i  commentatorL  dell'editto  Ae\  praetor  urbanus  uon  ebbero  nesBiinA 
particolare  occaHione  di  trattare  deireditto  corriHpoiidente  a  queste  azioui;  ed 
i  ginristi,  cbe  si  occnparono  con  aniore  delle  parti  del  diritto  roniano  appli- 
cabili  anche  al  commercio  del  peregrini,  Assarono  la  loro  attenzione  ancbe  sulla 
formula  hypothecaria ;  e  poich^  solo  questa,  e  non  pure  Teditto  del  praetor  pr- 
regrinus  interessava  il  commercio  del  romani  tra  loro,  cnsl  i  giuristi  medesimi 
lavorarono  intorno  alia  formula  e  non  intoriio  nWedictutn.  II  che  non  valne  per 
Vedictum  Salvianumf  che  ebhe  la  sua  origine  neireditto  del  praetor  urhannti. 
Questa  del  Karlowa  non  ^  che  una  ipotesi,  cui  forse  non  potr^  negarsi  una 
certa  probability.  Contro  potrebbe  obbiettarsi  che  non  vi  ha  prova  di  e8ser<' 
le  azioni  Serviana  e  quasi  Serviana  apparse  dapprima  nelfeditto  del  pretore 
peregrine  di  cui  abbiamo  assai  scarse  notizie  *^):  che  e  strano  di  non  avere  i 
ginristi  coinmentato  Tedltto  del  pretore  urbano,  fosse  state  anche  breve,  conic 
dice  il  Karlowa,  il  cenno  di  quelle  azioni  in  tale  ultimo  editto:  tanto  piii 
che  in  esse  era  la  fonte  delle  azioni,  e  da  esso  emanava  la  formula  ^*). 

6.  —  Le  ricostruzioni  della  formula  hypothecaria  non  difieriscono   nei    punti 
essenziali  ^). 


^)  Daa  Ediotum  perpeiuum^  pag.  396,  e  Easaiy  II,  p.  242. 

«i)  I.  c,  pag.  99. 

**)  Rim.  Reohtsgeschichte,  II.   1279. 

^)  Les  Institutions  juridiq,  de^  Bomains^  II,  pag.  306,  nota  4. 

^*)  Cfr.  Brugi,  nel  JHgesto  ilalianOy  voce  Editto^  n.  4  e  gli  autorl  da  lui  citati. 

^)  Noi  qui  segiiiamo  la  dottrina  del  Wlassak  {I,  o.,  J  8,  pag.  54  e  seg.) 
intorno  al  rapporto  fra  V editto  e  la  formula. 

*fi)  Per  taliricostrnzioni  cfr.  Huschkr  (nella  Zeilschriflfiir  Civilrecht  und  Pro:., 
vol.  20,  pag.  168);  Bachokkn  (Das  Rom.  Vfandreoht,  pag.  48  e  49;;  Kkli.ki£ 
{Kritische  JahrhUcher  cit.,  pag.  981  e  seg.,  983  e  seg.),  che  esnmina  la/wwK/ff 
di  Backofen,  e  combatte  il  satisdatum  da  qucsti  proposto;  Keller- Wach  {Dot 
rom.  Civilproz.,  p.  158,  e  nota  358);  Dkrnbcko  (Da«  Pfandrecht,  I,  pag.  81^; 
RUDORFF  (De  iuris  diotione  edictum^  $  272);  AscOLi  (Le  origini  delVipoteca  r 
Vinterdetto  Salviano^  pag.  64).  Dalle  preoedenti  ricostruzioni  dift'erisce  il  tent:i- 
tivo  di  Thon  (Zeitsohrift  fiir  Rechtsgeschichle^  II,  pag.  263  e  seg.)  con  cni  il 
richiamo  alia  solutio  e  alia  satisfactio  vi  ^  aggiunto  nella  forma  di  una  cxceplU* 
quasi  colle  parole  «  si  ea  pecunia  soluta  non  sit  ».  Questo  tcntativo  sarii  in  tk*- 
guito  largamente  combattuto. 

Che  le  parole  della  formula  «  satisve  fiat  »  sinno  da  cancellare  fu  dappriui.i 
notato  dal  BuiNZ  {Lehrhuch  der  Pandekten^  l.»  ed.,  I,  pag.  335),  pel  fr.  6  ^  1, 
D.  20,  6,  cosl  concepito:  «  Qui  paratus  est  solvere,  merito  pignus  videtur  lil»e- 
ra«se :  qui  vero  non  solvere,  sed  satisfac«re  paratus  est,  in  di  versa  causa  est. 
ergo  satisfecisse  prodest,  quia  sibi  imputare  debet  creditor,  qui  satisf actionem 
adraisit  vice  solutionis  :  at  qui  non  admittit  satisfactionem,  sed  solutionem  de- 
siderat,  culpandus  uon  est.  »;  e  poi  dal  Krubokr  {Zeitsohrift  fUr  Rechtsg,^  vol.  7. 
pag.  230,  nota  25)  anche  per  la  L.  10  D.  13,  7  coh\  espressa:  «  Quod  si  non 
solvere,  sed  alia  ratione  satisfacere  paratus  est,  forte  si  expromissorem  dsuf 
vult,  nihil  ei  prodest ».  Cfr.  pure  L.  30  $  1  in  f.  D.  44,  2. 


APPENDICE  435 

II  RuDORFK  *')  ritrae  la  segnente /(>nii?«2a  deWaotio  Serviana: 

«  Index  efito.  Si  pnret  Iioininem,  quo  de  agitur,  esse  ex  his  rebus,  de  qaibus 
int«r  A^  Am  et  Nm  Nm  (Luoinm  Titium),  onius  in  bonis  is  homo  turn  fuit, 
i!0uvenit,  nt  quae  in  fundiini,  de  quo  agitur,  iuvecta,  illata,  iinportata,  ibi 
nata  factave  essent,  ea  Ao  Ao  pro  niercede  eias  fundi  pignori  bypothecaeve  es- 
■Hent,  neqne  earn  niercedeni  Ao  Ao  solutameove  nomine  satisfactum  esse,  neque 
per  Am  Am  stare  quo  minus  solvatur  satisve  fiat,  nisi  arbitratn  tuo  N^  N^  Ao  Ao 
'Bum  hominem  restituat  ant  eam  pecuniam  sol  vat,  qnanti  ea  res  est,  tantani 
pecuniam  Nm  Nm  Ao  Ao  c.  8.  n.  p.  a.  ». 

II  Lenel  ricostruisce  nel  scgiiente  modo  lafot^mula  dell'actu>  quasi  Serviana  ^); 

«  S.  p.  inter  Am  Am  et  L.  Titium  convenisse,  ut  ea  res  q.  d.  a.  Ao  Ao  pi- 
^rnori  hypotliecaeve  esset  propter  pecuniam  debitam,  eamque  rem  tunc,  cum 
«ouveuiebat,  in  bouis  Lucii  Titii  fuisse  eamque  pecuniam  neqne  solutam  neque 
eo  nomine  satisfactuni  esse  neque  per  Am  Am  stare  quo  minus  solvatur,  nisi 
«a  res  arbitratn  tuo  restituetur,  quanti  ea  res  erit,  tantam  pecuniam,  index, 
Nm  Nm  Ao  Ao  c.  a.  n.  p.  a.  ». 

La  formula  deir^rctio  Sei'viana  non  6  riferita  dal  Lenel.  Egli  dice  che  di 
]>oco  si  alloiitana  da  qnolla  della  quasi  Serviana  e  nota  che  il  caso  della  Sei'~ 
riaua  era  quello  stesso  deW inter dietuni  Salvianum :  la  oonventio  sar&  stata  quindi 
delincata  come  nelV interdictum  de  migrando;  convenissey  ut,  quae  in  eum  fundum 
4/.  d.  a.  introducta  importata  ihi  nata  factave  essent,  ea  pignori  Ao  Ao  pro  mer- 
vede  eius  fundi  essent.  Anche  la  inductio  dev'essere  stata  ricordata  nella  for- 
mula. Come  poi  la  formula  della  Serviana,  avuto  riguardo  a  queste  differenzc, 
»<ia  stata  in  particolare  redutta,  non  si  puo  pih  scorgere;  ma  la  clausola  ri- 
guardante  la  segulta  sodisfazione  era  identica  a  quella  della  quasi  Serviana  ^). 

7.  —  La  foivniula  dMaotio  hypotheoaria  era  in  factum  concepta,  e  non  era 
priva  della  intentio,  poiche  questa  non  pu5  mancare  in  alcuua /ormuZa^  essendo 
aasn,  come  nota  benissimo  Girard  '^^),  il  oardine  deir opera  trasformatrice  e 
■creatrice  del  pretore.  Gaio  stesso  dice  {Inst,,  IV,  44): 

«....  nihil  enim  oninino  (demoiistratio)  sine  intentione  vel  coudemnatione 
vulet;  item  condemuatio  sine  denionstratione  vel  intentione,  vel  adiudica  {tio 
^tne  demotistratione  vel  tii/eN)tione  nuUas  vires  habet,  (et)  ob  id  numquam  solae 
inveniiintur  ». 

Gaio  nel  coutrappon'e  le  formulae  in  ius  conceptae  a  quelle  in  factum  con- 
<'€ptae  nota  pare  ohe  nelle  prime  iuris  civilis  intentio  est  ^^),  e  poi  soggiunge 
IV,  46): 

«  Ceteras  (formulas)  vero  in  factum  conceptas  vocamus,  id  est  in  quibus  nulla 
talis  intentio  concepta  eat,  (sed)  initio  formulae  nominato  eo  quod  factum  est 
4idiciuntur  ea  verba,  per  quae  iudiel  dnmnandi  absolvendive  potestas  datur...  »f. 

II  che  dimostra  che  nelle  formulae  in  factum  \a,  intentio  non  era  esclusa:  era 
f'selusa  soltauto  la  intentio  iuris  civilis.  Gaio  infatti,  parlando  poi  dell'ocfio  de- 
positi,  di  cui  esistevano  dxiG  formulae,  una  in  ius  e  un'altra  in/oc^icm  conc^pfa, 


*")  J)e  iuris  dictione  edictnm,  ^  272,  pag.   233. 

*^)  Lenel  (/.  c,  p.  397^  zz  Essai  dc  reconstitiition  de  VJSdit,  II,  $  267,  pa- 
tina 244. 

'^^)  Lrnel,  p.  397  a  398  z=  Essai  de  reconstitution,  cit.  II,  pag.  245. 

=»;  Manuel  cit.,  3.*^  ed.,  p.  1002. 

'")  Ihidem,  4,  45  in  f.  La  ediz.  di  Gaio  che  citiamo  h  la  4.*  di  Krueoer  o 
•Studemund,  Berolini  1899. 


436  APPKNDICK 

iusegua  die  in  qiieBt'u1tiiu»  poteva  aver  liiogo  una  plu$  petitio:  ora  la  plu» 
petitio  won  era  poHsibile  se  non  nnWini^niio,  e  Gaiu  dice  espressamente  clie 
Vintentio  si  trova  nella  formula  depositi  in  factum  ooncepta  in  cui  perde  la  lite 
eolui  che  plurea  res  d^signaverit  qiiam  deposueril^  quia  in  intentione  plus  posui99<r 
ridetur, 

IV,  60:  «  ....  certe  cum  duae  sint  depositi  formulae,  alia  in  ins  concept:!, 
alia  in  factum,  Bicut  supra  quoque  notaviiuus,  et  in  ea  quidem  formula,  quao 
in  ius  ooncepta  est,  initio  res  de  qua  agitur  deuionstratorio  modo  designetur, 
deinde  inferatur  iuris  content! o  his  verbis  quidquid  oh  earn  rem  ilium  illi  dare 
faoere  oportei;  in  ea  vero  quae  in  factum  ooncepta  est,  statim  initio  intentionis 
alio  modo  res  de  qua  agitur  designetur  his  verbis  si  paret  ilium  apud  {illHtu 
rem)  illam  deposuisse:  dubitare  non  debeiuus,  quin  si  quis  in  formula,  quae  in 
factum  conposita  est,  plures  res  designaverit  quani  deposuerit,  litem  perdat 
quia  in  intentione  plus  pos ». 

Ci  pare  quindi  pifi  esatto  ritonere  che  iiellc  formulae  in  factum  si  troviii*^ 
le  parti  ordinarie  delta /ormuZa,  e  quiudi  anche  Vintentio;  solo  \&  demonstrailo- 
si  confoudeva  con  la  intentio^  perck^  initio  formulae  s'iudica  il  fatto,  cui  si 
riannoda  immodiatainente  la  condemnatio  ^), 


^)  ZiMMERN  (Traits  des  actions^  trad.  Ktiknne,  pag.    145,    n.  11  e    12).     I? 
Kellrr  (Ueber  Litis  Contestation ^  pag.  248  e  neg.,  uota  14)  si  propone  la  qui- 
stione  se  nolle  formulae  in  factum  conoeptae  sia  stata  realmente    la    inieuUOt    o 
non  piuttosto  una  seniplice  demonstratiOy  che    precedeva    la    condemnatio,    Kjs^li 
dice  che  tutto  il  dubbio  si  fouda  sii  di  uu  doppio    possibile    siguiticat-o    del1» 
parola  denwnstratio  e  demonstrarcy  iino  foruuile  e  I'altro    materiale:    co8\    pur«* 
sotto  la  parola  intentio  o  si  ooneepisce  quella  parte  del  la /ormn/a,  che  contieno 
il  punto  a  cui  il  giudice  dee  rivolgersi  come  all'oggetto   essenziale    della    sua 
ricerca,  o  quella  nella  quale  h  discorso  delle  eon^eguenze  giuridiche,  che  I'attoro 
trae  dalle  sue  affermazioni  di  fatto;  e  questa  giuridica  ricerca    h    seguata    »1 
giudice.  Gaio,  soggiunge  Kkllkr,  sembra  di    avere    oscillato   tra    questi    due 
Higuificati,  e  specie  nella  sua  defiuizioue  generale  dei  due  concetti  (Comm.f  1\\ 
^  40,  41)  pone  a  foudamento  rultimo.  K  se  iioi  restiamo  stretti  alle  parole  di 
questi  ^,  dobbiamo  dire  che  la  formula  in  factum  concepta    non    abbia    alcnna 
intentio^  ma  \a  sola  demonstr alio,  Tuttavia  sembra  che  anche  si\]o,  foi^mula  in  factum 
concepta    Gaio    attribnisca    la   intentiOf  parte    espressainente    in    line  del  $  HO, 
parte  perche  nella  formula  in  factum  era  possibile  hi  plus  petitio ;  ed  egli  prima 
($53,  58)  aiierma  che  un  j>2tt«  faceva  perdere  la  caufita  quando  trovavasi  nella  in- 
tentiOf  non  gifi  nella  dewonstratio.  —  Finalmento  la  li.  1  Cod.  Si  pign.  conrent., 
8,  32  (33)  discorre  di  una  intentio  in  uu^aotio  in  factum  concepta.    Gaio,    sog- 
giunge lo  stesso  Kkllkr,  tenne  presente  una  sola  specie  della  formula^  qnelhi. 
in  ius  concepta  nella  quale  non  entrava  la  differenza  tra  i  due  significati  della 
intentio;  e  difatti  gli  eseiupl  scelti  da  lui  sono  tratti  daWe  formulae  in  ius  con- 
ceptae,  le  quali,  ooi  concetti  della  demonstratio  e  della  intentio,  erano    pih    an- 
tiche  delle  formulae  in  factum  conoeptae.  Che  poi  la  definizione  sia  riinasta  inal- 
terata,  e  non  abbia  ricevute  le  necessarie  moditicazioni  ed  esteiisioni,  si  spiega 
benissimo,  conclude  il  Kkllkr,  ricordando  la  poca  cnra,  che  i  romaiii  ginristi 
ponevano  nolle  deiinizioni.  —  Sulla  definizione  doll'iNfefi/io  di  Gaio  cfr«  piircv 
Bkkkrr  {Die  Processualische  Consumtion^  pag.  37  e  seg.);  Kkllkr- Wach  {Dam 
Momisohe  Civilprozees  ^  $  39). 


APPENDICE  437 

Ma  il  fatto  h  Hoiupro  1111  fatto  ginridico.  II  criterio  di  quei  giiiristi  die  ore- 
<louo  doverni  distiiiKiiero  le  fonmilae  in  factum  conceptae  d»  quelle  in  ius  oon- 
eeptae  in  qunnto  nolle  prime  il  iudex  h  chiainato  solo  airnccertamento  del  fatto, 
incntre  in  quelle  in  ius  conceptae  dee  ntabilire  cio  che  seoondo  legge  e  doviito, 
non  ^  esatto.  Qnesta  opinione  fu  nianifestata  dal  Dupont  -'^)  e  combattuta  dal 
MCHr.KXBRUCii,  fn  Hegnita  dal  Kkllkk,  e  di  nuovo  respinta  dal  Dkmklics  '^*). 
II  quale  conibatte  il  Kkllkk  die  aveva  rappreneiitato  il  concetto  deWactio 
hifactnm  net  seguente  niodo. 

Quando,  dice  il  Krllku  •*•"'»),  non  fu  pin  Huttlciento  nl  pretore  di  estendeve 
]>cr  analogia  i  limiti  della  formula  obbiottivanieiite  o  Hiibbiettiviinient-e,  il  pre- 
tore HL  elcv(>  a  costruire  formulae  del  tiitto  nuove ;  ed  in  caiiibio  di  Insciare 
cbe  il  giiidice  trovanRe  il  punto  di  diritto  nello  iuH  citrine,  lo  assunieva  ncl 
Huo  imperium,  cio^  riaunodava  I'ordiue  di  condanua  a  fatti  detcniiinati  coni& 
ad  nnica  condizione.  Cos)  al  giudiee  erano  dati  ad  ei^aininare  questi  fatti 
(nndi  o  giuridici),  e,  qnandn  li  trovaRne  enatti,  doveVa  condnnnare  nella  nii- 
Niirn  a  lui  ingiiinta,  senza  preoccuparHl  del  concetto  giuridico  per  virth  del 
quale  da  quei  fatti  derivasHe  I'obbligo  della  preHtazione,  perclu'.  per  tal  leganio 
di  oauRalit^  era  nufticiente  giiarentigia  al  giudice  Tautoritii  del  pretore,  e  la 
sua  propria  siibordinazione  a  questa. 

8.  —  II  Dkmelics  invece  ba  ben  diinostrato  cbe  il  giudice,  tanto  neWe  for- 
mulae in  factum f  qnanto  in  quelle  in  inn  conceptae,  dee  senipre  csaininare  sel- 
tanto  il  fatto  8U  cui  si  fonda  la  ipoteni  della  condanua :  iMdea  giuridica  sulla 
quale  ei  poggia  I'ipotetico  leganie  della  intentlo  ooUa  oondemnalio  appartieno 
ul  mogistrato,  cbe  concepisce  la  formula.  8iccb^  la  essenza  di  versa  dellViofto 
in  ius  e  di  qiiella  in  factum  concepta  potrebbVsHere,  secondo  il  Demblius,  forse 
rappreseutata  cos):  la  condizione  preliminare  della  condanna  e  senipre  un  rap- 
porto  cbe  esi.ste  in  concreto,  un  rapporto  della  vitn,  un  rapporto  giuridico : 
anche  woWactxo  in  factum  concepta  il  rapt)orto  pnraniente  di  fatto,  designato 
nella  inteutio,  appunt'O  percb^  e  posto  in  connesaione  di  causa  con  I'ordine  di 
condanna,  diventa  rapporto  giuridico.  II  giudice  dee  afterinare  o  negarne  la 
esistonzn.  Ancbo  quando  dee  condannnre  alia  restitiizione  «  si  paret  cam  rem 
A^  Ai  esse  »,  o  al  pagamento  «  si  paret  ^V"'  y»i  Ao  Ao  dare  oportere  »,  ba  da 
ricercare  so  concorrono  quei  fatti,  a  cui  il  diritto  riannoda  la  proprieta  o 
I'obbligo  del  pagamento.  Non  occorre  cbe  al  giudice  siano  enumerati  questi 
fntti    cbe    dee  ricercare,  percbe  giii  per  Tordinaniento  ginridico  e  certo    quali 


•*^)  IHsqu,  in  Comm,  IV  Inst,  Gaii,  pag.  71-78  cit.  dal  MtliiLKNiiuuCH  (Die 
Lehre  von  der  Cession  cit.,  pag.   156,  not  a  313). 

'■^)  Die  Rechtsfiktion^  pag.  61  e  seg.  —  II  Thon  {I.  c,  p.  245)  accoglie  la 
opinione  cbe  «  Veam  rem  A.i  A.i  esse  »  ovvero  «  N'M  N*"*  dare  oportere  »  non 
indiclii  nn  compleaso  di  circostanze  di  fatto,  a  cui  il  diritto  civile  riannodi  la 
propriety  o  Tobbligo  del  pagamento :  egli  per5  non  consente  cbe  I'unico  cri- 
terio per  distinguere  le  azioui  civili  dalle  pretorie,  sia  die  nelle  prime  Vta- 
tentio  comprenda  espre-ssioni  teen ico-giuridi che,  nientre  la  formula  in  factum 
concepta  hi  fondi  soltanto  su  fatti  natural!.  II  Thon  assume  die  ancbe  nelle 
formulae  in  factum  si  trovano  nuraerosi  tipi  giuridici  per  denotare  e  rinssu- 
mere  moment!  di  fatto. 

^)  Kkllkr-Wach  (der  Horn.  Civilproc.  cit.,  $  33  e  nota  354  cogli  autori 
quivi  oitati;  pag.  107  della  traduzione  del  prof.  Filomu8I-Guklki  sulla  terza 
edizione  di  Kki.lkr). 


438  A.PPENDICE 

(li  essi  apparteiigouo  all'*  eaw.  rem  Ai  Ai  etee  »  o  al  «  N^^'N^^  Ao  Ao  dare 
oporiere  ».  Una  enuinerazione  invece  divenne  neceHsaria  quando  da  rapport! 
della  vita  dovette  essere  riconoscinto  un  obbligo  di  prestazione  per  cni  quel 
primi  e  pronti  concetti  ginridici  come  11  «  meam  esse  »  e  il  <  dare  oporiere  »  uon 
-erano  ancora  eorti.  Ed  allora  tra  il  <  si  paret  »  enunciansi  imraediatamente 
rapporti  di  fatto,  mcntre  in  altri  casi  eHistevano  nella  intentio  tipiche  espressioul 
tecnico-ginridiohe.  In  cl5,  e  solo  iu  ci5,  h  posta  la  specialitjl  dalle  tustiones  in 
factum  conoeptae.  Senza  di  essa  non  difi'erirebbero  per  nulla  dalle  formulae  in 
iu8  oonceplae. 

9.  —  Le  ctciiones  in  factum  conoeptae  traggouo  la  lore  origine  dal  fatto  ehe 
11  nuniero  di  quel  tipi  ginridici  era  molto  limitato;  sicch^  quando  la  ooscieuza 
giuridica  additava  altri  rapporti  della  vita  come  degni  di  protezione^  dove- 
vasi  venire  ad  una  diretta  inserzione  dei  singoli  presnpposti  di  fatto.  11  clie 
era  inevitabile  quando  a  fattl  per  lo  inuanzi,  giuridicamente  non  importauti, 
-dovottero  essere  oonnessi  eft'etti  ginridici.  £  se,  per  prodnrre  la  consegueuza 
giuridica,  dovevano  concuri'ere  parecclii  fatti,  non  restava  che  ennmerarli  tntti 
iu  ordine  nella  intentio  ^eW actio  in  factum  ooncepta,  Di  cio  oftre  un  esempio  la 
formula  delV actio  hypothecaria  ^). 

Questa  opiuione  del  Drmblius  ci  pare  meglio  fondata.  Se  il  rapporto  d'ipo- 
teca  infatti  fosse  stato  nn  istituto  di  diritto  civile,  bastava  dire  al  gindice: 
ne  questo  rapporto  esiste,  condanua.  Ma  siccome  il  rapporto  d'ipoteca  h  costi- 
tulto  dal  pretore,  bisognava  commettere  al  giudice  la  ricerca  degli  element! 
-di  fatto  e  di  diritto,  ed  alia  esistenza  di  essi  snbordinare  la  condanna.  In  tal 
modo  il  diritto  di  ipoteca  nasce  dal  comando  del  pre  tore ;  infatti  poich^  esiste 
uu'azione  che  difende  colui  che  si  trova  in  que!  rapporti  di  diritto  o  di  fatto> 
-i*  costituito  con  ci6  un  diritto  reale  d'ipoteca  d'iudole  pretoria  ^j. 

a)  Le  parti  della  €  formula  ». 

10.  —  Le  parti  della  formula  hypothecaria  sono  ben  note.  Essa,  dice  il  Le- 
NKL  ^),  ricliiede  per  la  condanna: 

1.^  la  prova  della  costituzione  del  pegno  (intentio  dati  pignoris); 
2.*^  la  prova  €tunc,  cum  conreniebatf  rem  in  honi«  debitoris  fuisse  i^ ; 
3.**  la  prova  «  earn  pecuniam  neque  solutam  neque  eo  nomine  satisfactum  e»8e 
iieque  per  J"*  A^t  atare,  quo  minus  8olratur». 
Finalmeute  la  formula  contlene : 
4."  la  clauHola  arbitraria  di  restituzioue  <(  nisi  ea  res  arhitratn  tuo  restituetnr  »; 
5.*^  la  condemmatio  cbe  h  rivolta  al  «  quanti  ea  res  erit  »  ^). 

11.  —  L'attore  dee  provare  il  patto  ^®),  su  cui  si  fondava    V actio    hypothe- 


'^')  Demblius  {I,  c,  pag.  68).  Cfr.  pure  Bbkker  (Die  Actionen,  II,  pag.  130 
-^  scg.,  specie  pag.  136  e  seg.). 

37)  Pro*iedura  civile  romana  —  Lezioni  del  prof.  V.  Scialoja,  redattc  e.pub- 
blioate  da  Mapei  e  Nannini,  Roma  1894,  pag.  510  a  513.  Cfr.  pnre  BroxA- 
Mici  (Storia  della  pi^ooedura  romana^  pag.  94  e  seg.). 

^)  Ediotum  perpetuunif  pag.  396  =z  Essai  de  reconstitution  de  VEdit  cit.,  II,  pn- 
iginn  242  o  segg. 

•^'•)  Lknkl,  /.  c.znEssaij  I.  c,  pag.  243  e  244. 

^^•)  L.  17  $  2  D.  de  pactis,  2,  14,  trascritta  a  pag.  481;  L.  27  J  2  D.  eodem  ; 
ij.  23  D.  de  probationibuSf  22.   3. 

«  MakciaxuS;  libro  singulari  ad  formulam    hypothecariam.  Ante   omnia    pro- 


APPENDICE  430 

carta,  almeno  fino  a  qiinndo  non  fu  animesso  il  pegno  legale  e  il  pegno  testa- 
mentario:  Gaio  nsa  la  espressione  4i  pactum  conventum  t^  *^). 

Dee  inoltre  Tattore  provare  che,  « cum  oonceniehaif  rem  in  honU  dehUmn» 
fuUse  »;  il  che  b!  rlferisce  alia  convenlio  «  quae  specialitcr  facta  est,  non  ad 
itlam,  qnae  cottidle  infleri  .solet  cantionibus,  iit  RpecialiteT  rebus  hypothecne 
nomine  datis  cetera  etiam  bona  teneantnr  debitoris,  quae  nunc  habet  et  qiia» 
postea  adqiiisierit,  perinde  atqne  si  specialiter  bae  res  fuissent  obltgatae  »  *^). 
LUn  hanie  habere  qui  vuol  dire  che  il  debitore  debba  avere  snlla  cosa  die  da 
in  pegno  un'azione  per  ricnperarla  perdendola,  o,  possedendola,  essere  in  essa 
tiitelato  niediante  una  eccezione*^. 


bandnni  est,  qiiod  inter  agentem  et  debitorein  con  venit,  nt  piguori    hypothe- 
caeve  sit...  ». 

L.   15  §  1  J),  de  pignoribU8  et  hypothecia,  20,  1. 

«  Gaius,  Uhro  singulari  de  formula  hypothecaria.  Quod  dicitur  creditor^m  pro- 
bare  debere,  cnm  conveniebat,  rem  in  bonis  debitoris  fuisse,  ad  cam  conven- 
tionem  pertinet,  quae  specialiter  facta  est...  » 

Cfr.  pure  c.  1  Si  pignaris  conv.,  8,  32  (33). 

Se  la  formula  fosse  rivolta  alia  prova  del  eonveniesej  o  a  quella  della  ret 
obligatio,  h  controverso;  cfr.  Brinz  (Lehrhueh,  vol.  2,  2.*  ed.,  pag.  852,  specie 
la  nota  9). 

II  Lrnkl  {Edict,,  I.  c.  z=  Easai  de  reconstitution,  II,  244)  sul  fondamento  della 
L.   13  M  D.  Ad  SC\   Veil.,  16,  1 : 

«  ....  cnm  quasi  Serviana...  in  his  utilis  sit:  quia  verum  est  convenisse  de^ 
pignoribus  nee  solutam  esse  pecuniam...  ». 

e  di  altri  luoghi  delle  fontl  ritiene,  com*^  difatti,  pih  fondata  la  opinione,  che 
si  debba  fornire  la  prova  della  convention  e  dice  non  essergli  chiaro  I'argo- 
mento  che,  a  fondamento  della  stessa  opinione,  trae  il  Drrnburo  (dasPfand- 
recht,  I,  pag.  81  nota  12)  dalla  L.  13  $  5  De  pignoribus  (cfr.  Lknel,  I,  c.^ 
nota  bzi^Eesai,  I.  c). 

Salle  modificazioni  della  formula  nel  caso  in  cui  la  ree  pignerata  -pcrvenisse 
in  bonie  del  pignorante  dopo  la  conventio,  o  fosse  data  in  pegno  cfr.  Lkxei. 
(Edict. t  p.  397,  nota  6  e  7  =  Eeeai  ibidem,  e  i  Inoghi  delle  fonti  ivi  citati).  Cfr.  pure 
HusCHKR  (von  der  VerpfUndung  der  Sachen,  deren  Eigenthiimer  man  nicht  iet  [Del 
pignoramento  delle  cose  di  cui  non  si  ^  proprietario],  nella  Bivista  pel  diritio  e 
per  la  proc,  civ,  cit.,  p.  225  e  seg.). 

<»)  L.  4  D.  20,  l^zlex  geminatay  4  D.  22,  4) ;  cosl  pure  Marciano,  L.  13  $  3  h,  t. 
La  espressione  tecnica  h  pignoris  oonventiOf  ma  si  trovano  pure  altre  espressioni. 
Cfr.  KUNTZK  {Zur  Geschiohte  des  Rom.  Pfandrechts,  II,  pag.  14  e  seg.)^  1\  pactum 
convenium  poi,  dice  lo  stesso  Gaio,  puo  farsi  or  ale  e  scritto:  «...  neo  ad  rem 
pertinet,  quibus  fit  verbis...  et  ideo  et  sine  scriptnra  si  convenit,  ut  hypotheca 
sit  et  probari  poterity  res  obligata  erit,  de  qna  conveninnt...  »  (L.  4  D.  20,. 
1  cit.).  Anche  in  Grecia  gli  Ojooi  non  erano  essenziali  all'esistenza  del  pegno. 
Ilia  servivano  al  creditore  per  facilitarne  la  prova.  e  per  avvertire  i  terzi  di 
non  conchiudere  negozi  in  ordine  alia  cosa  gik  obbligata.  Cfr.  Hitzio  (I.  c.y 
pag.  70  e  seg.)  e  Maniqk  {I.  c,  pag.  100,  nota  2). 

*«)  L.  15  $  1  cit.  D.  de  pignoribus;  L.  6  Cod.  Si  aliena  re«,  8,  15  (16). 

^  L.  52  D.  De  adq.  rer.  dom.,  41,  1.  Modestinus,  libro  septimo  regularum  : 
«  Rem  in  bonis  nostris  habere  intellegimur,  quotiens  possidentes  exceptionenii 
ant  amittentes  ad  reciperandam  earn  actionem  habemus  ».  —  Gli  altri   luoghL 


440  APPENDICE 

b)  //  requieUo  delta  foi'mula  «  earn  pecuniam  neque  solutam  neqne  eo  nomine  9aii9- 
f actum  J  etc.  »  e  la  opinione  del  Thon. 

12.  —  Uii  reqai8ito  ioiportante  clie  la  foitnula  richiede  per  la  condanna, 
risulta  dalle  parole  «  earn  pecuniam  neque  solutam  neque  eo  nomine  satisf actum 
ease  neqne  per  J^  Ant  eUtre  quo  minus  eolvatur  ».  Nolle  fonti  questo  reqnisito 
<*  moBSO  molto  in  evidenzn.  Valgano,  fra  gli  altri,  i  segiienti  luoglii : 

L.  13  $  4  D.  I>«  pignoribus: 

«  Marcianus  Hbi'o  eingulari  ad  fonnnlam  hypothecariam.  Etiainsi  creditor 
iiidicatuin  debitoreni  fecerit,  hypotlieca  iiianet  obligata,  quia  saas  condieione^ 
habet  bypothecaria  actio,  id  est  8i  soliita  est  pecunia  ant  Batisfactnm  est, 
qiiibiiA  ccBsaiitibuB  tenet....  {>  5....  Sed  Bi  praesens  Hit  debituni,  hypotheca 
voro  sub  coudicione,  et  agatiir  ante  condicioneni  hypotbecaria,  verum  qnideiii 
est  pecuniam  solutam  non  esse,  sed  aoferri  bypothecam  iniqiinm  est:  ideoqne 
nrbitrio  iudicis  cantioueB  interponendae  sunt  «  si  condicio  exstiterit  nee  pecanin 
Bolvatnr,  restitui  bypotbecani,  si  in  reruni  natnra  Bit  ». 

L.  13  $  1  cit.  D.  Ad  Sctum  Veil,,  16,  1  **): 

«  Gaius  lihro  nono  ad  edictum  prorinciale.  De  pignoribuB  prioriB  debitoris 
non  est  creditori  nova  actione  opus,  cum  quasi  Serviaua  (quie  et  hypotbecari.') 
Yocatur)  in  his  utilis  sit:  quia  verum  est  convenisse  de  pijjpioribus  nee  so- 
lutam  esse  pceuuiam  ». 

L.   11  ^  4  D.   Qui  potiores  in  piguoi-Cy  20,  4: 

«  Gaius  Hbro  singnlari  defoi'mula  hypoihecaHa.  Si  paratuB  est  posterior  creditor 
]>riori  creditori  solvere  quod  oi  debetur,  videndum  est,  an  competat  ei  bypo- 
thecaria actio  nolente  priore  creditore  pecuniam  accipere.  et  dicimiis  priori 
creditori  inntilem  esse  actionem,  cum  per  oum  Hat,  ne  ei  pecunia  solvatur  ». 

L.  6  D.  Quihus  modis  pigntte^  etc^  20,  6: 

«  Ulpiancs  lihro  septnagenimo  teriio  ad  edictum.  Item  liberatur  pignuB,  sive 
Bolutuni  est  debitum  sive  eo  nomine  satisfactnm  est...  » 

L.  30  i  1  D.  de  ejcceptione  rei  iudieata',  44,  2: 

«  PAULUi*  lihro  quarto  decimo  qufvutionum...  actio  tameu  pigueraticia  corn- 
petit:  verum  est  enim  et  ]>igneri  datum  et  satisfactum  non  esse,  quare  puto 
non  obstare  roi  iudicatse  exceptionem  ». 

L.  61  (59)  D.  Ad  Sctum  Trebell,,  36,  1 . 

Paulus,  libro  quarto  qurrstionum...  et  hie  Serviaua  actio  t«nebit:  vernui  est 
enim  non  esse  solutam  pecuniam,  qucmadmoduni  dlcimns,  cum  amissa  est  actio 
propter  exceptionem.... 

C.  1  Si  pignoris  oonventionem  numeratio  $e<mta  non  Ht,  8,  32  (33): 

«  Imjyp,  Skvkrl'b  et  Antonints  AA,  Hilaro.  Si  pecuniam  tibi  non  ease  nii- 


delle  fonti  (\a,  49  D.  de  verb,  signif.,  50,  16;  43  D.  de  usu  et  usu  fructn,  33,  2: 
L.  2  $  22  n  bonorum  rapt.,  D.  47,  8:  L.  5  ^  6  Ut  in  poeeessioue  legat.,  D.  36,4; 
L.  1  i)r.  e  $  10  5t  i«,  qui  testaments,  D.  47,  4,  nota  qui  il  Bachofen*  {op.  eit., 
pag.  66)  lion  hanno  importanza  per  <iuesto  requisito,  perche  tratt-ano  delU 
estensione  di  un  patrimonio,  e  non  si  occupano  della  cosa  siugola  per  accer- 
tare  se  esista  o  no  in  bonis.  Cfr.  su  questo  requisito  BtiiNZ  {I.  c,  pag.  853  e 
KCg.).  —  Sulla  denominazione  in  bonis  habere  cfr.  pure  Bonfantk  (Bullettino 
•delV istituto  di  diritto  romanOj  anno  VIII,  pag.  296  e  seg.). 
**)  Cfr.  pag.  439. 


APPENDICE  441 

aucratam  atquo  ideo  frnstrn  cniitionem  emiRHam  et  pigiiim  datum  probaturus 
es,  in  rem  exporiri  potes:  imni  intentio  dati  pijinoris  neqiie  redditae  pecuniae 
iiou  aliter  tenebit,  qiiam  si  de  tide  debit L  conatiterit.  eadeiuque  ratioue  Veritas 
servetur,  si  te  possidente  pi^us  ad  versa  rius  tims  agcre  coeperit.  PP.  K.  Sept. 
Laterano  et  Ruiino  conss.  ^a.  197]  ». 

C.  19  $  2  De  umn8y  4,  32  :         ' 

«  Idem  {Impp,  Dioclktiam'S  et  Maximianus)  AA.  et  CC.  Aureliiie  Irenaeae... 
•ciini  Serviana  etiam  actio  nianifeKte  declarat  piguoriM  ialiiberi  persecntioueni 
vel  solutis  peoiiuiis  vel  si  per  oreditoreiu  steterit,  qiiomintis  solvatiir  »^^). 

II  pretore  faceva  duuque  dipcudere  Vaclio  hypothecaria  dal  fatto  che  il  credito 
lion  fopse  estinto  col  pagamento,  o  che  il  creditore  non  fosse  stato  in  altro 
luodo  soddisfatto,  il  cLe  pure  avveniva  qiiando  questi  non  lo  fosse  stato  per 
volenti  sua  **'),  11  pegno  non  «'  legato  alia  esistenza  del  credito:  se  questo 
fosse  estinto  in  modo  diverse  da  quello  indicato  nella  formula,  il  pegno  oon- 
tinuerebbe  ad  esistere,  e  con  esso  V actio  hypothecaria,  NeUHndicare  (piesto  reqni- 
sito  il  pretore  non  addituva  del  pari  Toucre  della  prova,  *  o  la  parte  cui  esso 
inconibosse.  A  cio  bastavano  le  regole  generali  della  prova.  S'intendeva  benis- 
Kinio  che  il  debitore  o  il  teno,  che  invocassero  la  solntio  o  la  satUfaotiOj  dovesaoro 
provarle,  e  cpiesto  principio  h)  formula  non  aveva  puuto  modificafo:  essa  invece 
additava  al  giudice  i  presiippo^^ti,  secondo  i  quali  qnesti  doveva  eondannare 
od  assolvere  il  convenuto ;  sicche  ben  si  pu6  accogliere  la  opinioue  che  Veam 
peniniam  neque  solutam  neqne  eo  nomine  satisfactnm  easCf  etc.,  sia  stata  una 
coHdicio  formulae,  che  trovavasi  nella  intentio  della  formula  hypothecaria  ^^).  E 
si  sarebbe  adottata  la  forma  negativa  neque  solutam,  etc.,  invece  della  positiva 
«  eamque  pecnniam  etiam  nunc  deheri  »  probabilmente  ]>erclie  con  quest'  ultima 
espressione  si  sarebbe  detto  troppo^  essendovi  casi  in  cui  il  pegno  rimane, 
<]uantuuquc  Tobbligo  priucipale  sia  estinto:  la  consnmtio,  la  oonfusio^  la  morte 
senza  eredi,  tolgoiio  la  obbligazione  priucipale,  ma  non  il  pogno ;  onde  nella 
formula  solo  la  solutio  e  la  itatiafactio  si  sarebbero  ricordate  per  tener  lontnne 
dairesame  del  giudice  tutte  le  nitre  cause  di  estinzione  *^). 

13.  —  Coutro  quest'assunto  furono  sollevate  molte  obiezioni  dal  Thon.  Egli 
i«ostiene,  come  si  e  visto,  che  la  solutio  i^  ricordata  nella  formula  hypothecaria 
nella  forma  di  una  excepiio^  quasi  colle  parole:  »i  ea  pecunia  soluta  non  ait,  e 
riassnme  i  suoi  argomenti  nei  seguenti  termini  *'-^) : 

La  singolarit^  delle  formulae  in  factum  conceptae  in  contrapposto  a  quelle  in 
iua  conceptae  consiste  neH'iudicare  esse  al  giudice  la  quistione  solo  secondo  la 
Teritj\  del  fatto,  non  secondo  la  esistenza  del    diritto.  Di  qui  il  Tiiox  trae  la 


*"*)  Sul  sospetto  d'interpolnzione  di  questa  Costituzioue,  cfr.  MANCALROxr 
■{Contributo  alio  studio  delle  interpolazioni,  pag.  21  dell'Estratto  dal  periodico  «  11 
Filangieri  »,  n.  2.  1901). 

^*)  Cfr.  BCciiKL  (o.  c,  I,  p.  55  e  seg.). 

*')  Cfr.  Fran'CKK  {Civilistiftche  Ahhandlungcn  'Dissertazioni  civili],  pag.  10r> 
e  seg.). 

^)  Bkkkkk  {Die  Actionen  den  IlnmiHcheu  FrivatrechiH,  II,  144,  nota  22).  Vedi 
per«»  DRKXBURa  {Das  Pfandrecht,  II,  specie  pag.  578  o  579).  Cfr.  pure  Kret- 
**ciiMAR  (Die  Theorie  der  Confusion,  pag.  124  e  seg.),  ed  inoltre  Windschkid 
(o.  0.,  vol.  I,  p.  2.%  pag.  431,  nota  7  e  8  c  gli  autori  ivi  citati). 

*^)  II  Thon  svolge  i  suoi  argomenti  e  poi  li  riassume.  Noi  credianio  piii 
4igevole  al  nostro  scope  di  esporii  prima  sistcmaticauiento  e  poi  confutarli. 

GlQck,  Comm.  Pan'lette.  —  Lib.  MIL  —  50. 


442  APPENDICE 

consegnenza  che,  non  potendo  un  fat  to  per  uii  altro  fat  to  posteriore  repl1tar^t 
inai  non  avvennto,  per  offrire  al  gindice  la  possibility  di  prescindere  dal 
comando  della  oondemnattOy  iiialgrado  la  ventili  dei  fntti  allegati  nella  intentio^ 
debbano  essere  iuseriti  senipre  a  modo  di  ecoezioui  nella  formula  tiitti  i  nuovi 
momenti  che  farebbero  ingiiista  la  condemnatio,  Qiiesta  consegiicnza  11  Savigny 
cerc5  di  evitarO)  sostonendo  che  ogni  actio  in  factum  in  virth  della  ana  natitni 
Pretoria  lasciasse  al  gindioe  il  pih  libero  canipo.  Tale  fiASiiuto  per6  contradict 
non  pure  alia  ntretta  concezione  della  formula^  ma  alT  intima  essenza  ed  alio 
Hcopb  delle  in  factum  actioneB,  e  la  natiira  pretoria  di  queste  azioni  induce 
uecessariamente  la  totale  esclusione  del  libero  apprezzaniento  del  giiidice.  Kd 
applicando  la  verity  di  questi  principl  alia  formula  hypothecaria^  ha  OonchiiiRo 
il  Thon,  ohe  la  8olutio,  da  cni  I'aziono  Ipotecaria  ^  CHcliisa,  dovesse  essen^ 
infatti  allegata  nella  forma  di  una  exoeptiOf  come  la  sali^factio,  cbe  lo  e  paral- 
lela;  che  non  fosse  da  accogliere  la  teoria  doniinantc  per  cni  qnesti  negozi 
ginridici  sono  ricordati  nella /of*mii2a,  ma  come  parte  della  inteniio:  che  inaiii- 
niissibile  si  rivelasse  ogni  rapporto  analogo  delle  azioni  pretorie  nascent!  dnl 
conttitutum  e  dal  depo%%tum  con  la  concezione  dell'ncfto  ^eiTuma,  perche  in 
quelle  azioni,  rivolte  alia  prestazione  dcirinteresHe,  raftenuazione  del  paga- 
niento  non  eseguito  appartione  a  bnon  diritto  fkWintentio, 

14.  —  Prima  di  esaminare  le  argomentazioni  del  Thox,  giova  ricordare  cho 
il  RuDORFF  aveva  gi^  notato  che  le  parole  «  intentio  dati  piguoris  neque  redditar 
pecuniae  »  non  fossero  altro  che  una  cspressione  perifrastica  per  actio  o  esceptio 
hypothecaria  ^^) :  che  Kellkr  pure  aveva  detto  che  la  clausola  «  lUY/Ke  pecuniam 
Molutam^  ete.  fosse,  a  dir  vero,  una  exception  ma  una  exceptio  stabile,  non  da 
impetrarsi  ncl  caso  siugolo,  proprio  come  il  uec  vi  nee  clam  nee  precario  che 
uei  varii  interdetti  viene  tuttavia  generalmente  chiamato  esceptio ^  e  che  auche 
ill  oi5  ^  uguale  alia  nostra  clausola,  checch^  Cickroxk  pel  siio  cliente  Caecina 
possa  dire  pro  e  contro ;  sicch^  il  peso  della  prova,  come  il  Bachokkx  osserva 
esattamente,  obbliga  il  convcuuto  »  '"**). 

15.  —  Veniamo  ora  agli  argomentl  del  Tiiox. 

8e  h  vera,  egli  dice,  la  opinione  dominante  per  cui  non  si  truvino  in  ordine 
a  tutte  le  specie  di  azioni  che  tro  specie  di  difesa,  1'  assolnta  e  rclativa  nega* 
zione  ed  il  contrapposto  di  uu  diritto  indipendente,  la  solutio  rispetto  aWactio 
hypotheoaria  dovrebbe  operare  ipso  iure^  e  non  nella  forma  di  una  exceptio;  ed 
il  suo  apparire  nella  foi'mula  sarebbe  qiiindi  impossibile,  poiohe  il  convenuto, 
richiamandosi  alia  solutio^  non  ni  fonda  su  di  uu  diritto  proprio  cbe  si  con- 
trapponga  a  quello  delVattore,  ma  vuol  piattosto  negare  il  diritto  attuale  di 
cestui,  affermandone  la  posteriore  estinzione.  Se  invece,  soggiunge  il  Thon,  t^ 
fondato  il  nostro  prinoipio,  per  cui,  data  dal  pretorc  uu'  actio  in  factum^  in 
essa  non  viene  piii  in  controversia  la  esistenza  di  un  diritto,  ma  solo  la  verita 
di  un  fatto,  non  potendo  ncssun  fatto  esser  considerato  non  avvennto  per  uu 
altro  posteriore,  ogni  actio  in  factum,  posta  la  veriti\  del  suo  fondamento  di 
fntto,  solo  per  una  exceptio  pu5  essere  distrutta.  Sicche,  anche  di  fronte  all'a<?/u» 
hypoihecaria ,  I'invocarsi  dal  convenuto  il  pagamento  del  debito  e  quindi  la 
estinzione  del  diritto  di  pegno  dell'attore  non  ^  possibile  so  non  nella  fomiH 
di  una  exceptio.  E  la  solutio  nella  formula    dell'  actio    hypothecaria  h  ricordata. 


5«)  RuDOKFF  {Die  Plandklagen  cit.,  vol.  XIII,  pag,  228    della  Zeitschrift  fHr 
geschichtliche  llechtswissenschaft). 

'*^)  Kritische  Jahrbiicher  cit  ,  XI,  pag.  988. 


APPENDICE  443 

«d  invero  nella  forma  di  una  exceptio,  a  nn  di  presso  colle  parole :  Si  ea  peounia 
noluta  non  $U,  come  iion  e  difficile  riscoiitrare  ia  moltissimi  luoghi  delle  fonti, 
111  cui  i  giiiristi,  comentando  ]a  formula  hypotheoaria,  ricordano  la  aolutio.  in 
iiiodo  da  iuterpretare  le  parole  della  foiinula,  II  che  vale  eziandio  della  aati- 
Mfactio^  del  per  creditorem  stare,  che  ulla  soluHo  sono  del  tutto  equiparati  ^^j. 

II  Thon  poi  nota  che,  tiitti  gl' interpret!  della  formula  hypothecaria,  eccetto 
II nu,  il  BUCHEF.  ''^)y  hanno  accolto  in  essa  coal  la  soluiiOf  come  la  satiefaoHo, 
•ed  11  per  creditorem  stare,  K,  ricordate  le  rlcostruzioni  della  fm'mula,  e  le  poohe 
luodilicazioni  che  si  sono  proposte  a  qiiella  comunemeute  accettata,  osserva 
•i'lie  tnttl  gl' interpret!  8ono  d'accordo  iiel  riannodare  11  peouniam  solutam  non 
tsse^  come  nnova  condizione  dell'  aziono,  alle  antiche,  e  nel  trattarla  com^* 
]»:irte  della  int^nlio:  rileva  che,  avuto  rigiiardo  alia  prooessnale  concezione  ed 
^lla  npiegaziono  di  questo  legame  graumiaticale,  si  sono  manifestate  due  opposto 
opinion!:  Tnna,  quella  del  Francke,  8ega\ta  dalla  maggior  parte  del  ginriati, 
•oon  eni  si  sostiene  che  le  parole  in  controversia  formano  parte  della  inteniio^ 
«  81  preteude,  in  connegiicnza  di  cib,  auche  la  prova  di  essa  da  parte  deirat- 
tore:  Taltra,  qnella  del  Bachofen,  che  cerca  d!  spiegare  in  altro  modo  Veamque 
pecuniam  solutam  non  esse^  e  dice  che  qni  si  ha  nn'  anomalla,  contenendo  la 
Jormula,  oltre  il  foudamento  dell'azione  da  provarsi,  la  difesa  del  convenuto, 
e  (|nesta  non  nella  forma  di  una  eccezione,  ma  di  una  condizione  dello  stesso 
diritto  di  agire,  di  una  condieio  formulae^  come  Marciano  espressamente  la 
chiania. 

La  opinione  del  Fraxckr,  dice  il  Thon,  h*  imbatte  nell'  ostacolo  di  una 
pratica  inattnabllit^,  poich^  non  ^  possibile  la  prova  di  non  essersi  pagata 
-liU'attore  una  somma  forse  non  in  uu  giomo,  ma  possibilmente  in  una  luuga 
Herie  di  anni,  o  di  non  essere  avvenuta  nessuua  satisfaction  cio^,  per  ricordare 
«olo  alouni  esempii,  nessuna  novatio,  datio  in  solutum,  delegation  expromissio,  etc. 
II  buou  senso  dei  romani  non  avrebbe  mai  appro vato  un  tale  principio  ^*), 


'*'^)  I  frammenti  giurldici  del  palinsesto  di  Autuu  (nella  CoUectio  librorum  cit.  I, 
•^^  111  e  112  8U  cui,  oltre  le  emendazioui  e  i  supplement!  del  Mommbkn,  sono  pre- 
^ovoli  le  osservazioni  ed  acute  le  proposte  del  Fkrrtni  (liendiconti  del  R,  Istituto 
Lombardo  di  scienze  e  hit.,  sorie  II,  vol,  XX.Xll,e  Acoademi a  reale  delle  scienze  di 
Torino,  anno  1899-900)  e  dello  8cialoja  (Bullettino  delV istituto  di  diritto  romano^ 
luino  XI,  fasc.  III-V)  contengono  le  seguent!  parole :  «  Et  in  factum  actio  non 
<>.onsiiuiitiir,  quia  quod  factum  est  infectum  fieri  non  potest,  puta  [— J  e  actio 
est  in  factum  :  si  parrel  me  deposuisse  apud  ilium  Gaium  Seium  illam  rem  [nee 
redd]  {tarn  esse  dolo  malo  illias  Gai  Sei,  condemna  ilium,  numquam  ex  eo  quod 
[actum  est  in]  fectuui  esse,  cum  deposuisti,  potest.  Veuls  et  diois :  si  parret  me 
deposuisse,  [deinde]  dicis:  quod  semel  factum  est,  infectum  fieri  non  potest,  si  quid 
opponitur  tibi  ex[ceptio,  quod  i]  am  res  iudicata  est  vel  in  indicium  deducta 
vst  ».  —  Ma  da  qneste  parole  non  si  potrebbe  trarre  nessuu  foudamento  afavore 
della  opinione  del  Tiiox,  porclie  esse  appartengono  ad  un  comento  di  un  iuse- 
gnante  e  perch^  del  resto  non  accennano  punto  tdVexceptio  solutionis  del  Thon. 

■^)  Civilrechtliehe  Erbrterungen  cit.,  pag.  202  e  seg. ;  236  e  seg. ;  pih  che  nelle 

pag.  126  e  seg.  citate  dal  Tiio.v.    II    BCchkl    assume    che    il    richiaraarsi  del 

H^reditore  al  pecuniam  redditam  non  esse  nella  formula  hypothecaria  conteuga  sohi 

una  litis  oontestatio  negativa,  un  diniego  del  foudamento  deirazione..  Ma  di  cio 

pure  dlremo  in  seguito. 

^*)  Cosi  rngiona  anche  il  BUciiri.  {I.  c,  pag.  236). 


444  APPENDICE 

^  inoltre  riconosciuto  e  riferito  in  molti  pronnn'/inti  delle  fouti  cbe  a  fun- 
dare  Vactio  pigneraticia  in  personam  la  prova  dell'avvenuto  pagamento  appar- 
teDga  all'attore;  e  poich^  la  teoria  intoroo  nl  fondamento  i\e]V actio  pigneraiicia 
in  pei^sonam  cd  alia  esclusione  dell'  actio  kypotheoana  e  la  sterna,  la  prova 
deiresegpiito  pagamento,  anche  rlBpotto  a  quest' ultimn,  dee  forairsi  dal  debitore 
ipotecario,  o,  iu  generate,  dal  conven»ito.  Alio  atesso  asftiinto  poi  riescono  i 
principl  geuerali,  secondo  i  quail  la  prova  del  pagamento  dee  sempre  foroirHi 
dal  oonvenuto;  e  bisogna  pure  notare  cbe  ae  Taziono  ipotecnria  ba  per  iscopo 
la  difesa  e  la  jji^uarentigia  di  un  altro  diritto,  il  creditore  in  ordine  alia  prova, 
secondo  la  opinione  dcgU  avversari,  si  troverebbe  uell'  azioue  ipotecaria  iu 
una  condizione  peggiore  cbe  se  avesse  promossa  I'azione  principale.  Lo  stesHo 
Marciano  niostra  la  inattuabilitA  del  principio  cbe  il  non  pagamento  e  la  noii 
Hodisfazioue  nppartenga  al  fondamento  dell'azione  e  si  present!  come  parte 
della  intentio,  poicb^  si  espriine  cosi : 

L.  49  D.  de  solni,  ei  liberat,^  46,  3.  Marciancs  lib.  sing,  ad  hypoih^cariam 
formulam : 

«  Solutaui  pecnniam  intellegimns  uticpie  unturaliter,  si  uumerata  sit  credi- 
tori...  quod  sL  acceptiim  latum  sit...  solutionis  quidem  verbum  non  proficlet, 
sed  satisdationis  suffieit  ». 

Come  avrebbe  potuto  Marciano,  si  domanda  il  Thox,  uel  conimento  della 
formula  hypothecaria^  e  nel  caso  cbe  gli  era  presente  della  solutio  o  della  «ati- 
fifaoUOf  in  cui  Taxione  doveva  essere  respluta,  parlare  di  sufficere  e  di  proficenf 
Non  doveva  forse  egli  da  questo  puuto  di  vista  parlare  piuttosto  di  noceref 
Da  questo  testo  pare  si  possa  dunque  dedurre  con  cbiarezza  cbe  rallcgazione 
della  aoluiio  e  della  aaiisfactio  apjjartenga  alia  difesa  del  convenuto,  e  cbe  di 
essa  tratti  il  giurecousulto  Marciano  3'»). 

16.  —  Innanzi  tntto,  noi  rispoudiamo,  non  ^  esatto  il  principio  di  iion 
potersi  Vactio  in  factum  distrnggere  se  nou  mediante  la  exceptio.  II  Lknkl  '"') 
ba  gid.  osservato  contro  11  Thon  cbe,  cohI  ragionando,  si  va  troppo  oltre, 
]K)icbe  tra  le  actionem  in  factum  si  trovano  cpielle  cbe  mirano  alia  restitnzioim 
o  alia  esibizioue  di  una  cosa,  e  contengouo  V  arbitratus  iudici$ :  sono  esse 
actiones  arbitrariae  in  cui  I'assoluzione  del  eonvenuto  avviene  senza  cbe  egU 
soUevi  alouua  excepiio.  Una  exceptio  solutionis,  uel  senso  di  Thon,  non  e  po<- 
sibile,  e  non  ba  nolle  fonti  alcun  iudizio. 

N^  Taver  noi  ammesso  cbe  il  ncque  solutam  et  rel.  apparteuga  alia  inttHtii> 
della  formula  hypothecaria  importa  cbe  In  tal  modo  si  costringa  Tattore  ad  una 
prova  imposslbile,  a  quella,  cioe,  di  nou  eswere  avvenuto  il  pagamento,  o  altro 
modo  di  estinzione  delVaotio  hypothecaria,  poicb^  g\k  ricordammo  che  il  pretore 
con  la  sua /or»ia/a  nou  alterava  i  principii  della  prova:  proponeva  soltanto  U* 
iudagini  cbe  11  giudice  doveva  compiere  per  condanuare  od  assolvere  il  eon- 
venuto; il  giudice  doveva  ricbiedere  la  prova  secondo  le  regole  generali  cbe 
la  governano;  la  formula  non  esercitava  cbe  una  funzione  neutrale,  essendo 
rivolta  a  garentire  cosl  gl'intercssi  dell'attore  come  quelli  del  eonvenuto  -*'). 


■")  Thon  (/.  c,  pag.  262  a  267). 

"»♦')  Ueber  Ursprung  und  Wirkung  der  Exceptionen,  [Sull'origine  ed  eftetto  delle 
cccezioni],  pag.  53,  nota  1  e  pag.  55,  nota  2.  Cfr.  pnre  Bbkker  {Die  Actioneny 
II,  pag.  140  a  142). 

s")  Lenkl  {Ueber  Ursp)'ung  cit.,  pag.  17).  Cfr.  pure,  fra  gli  altri,  Kellf.u- 
Wach  cit.,  $  23,  pag.  112,  Baron  (Z^gfi/u^ionen  und  Civilproz.,  pag.  396). 
Vedi  per5  Rudorff  {Rom.  liechtsg.^  II,  $  22,  pag.  95). 


APPENDICfi  445 

L*avero  poi  Marciaxo  detto  nella  L.  49  oit.  D.  de  8olut.  et  lihti'at,  che,  se 
vi  fosse  stata  yaeceptilatiOf  noD  giovava  la  parola  solutiOf  ma  bastava  la  parola 
9ati$daHo^  nou  pu5  confortare  raasimto  del  Thon,  poioh^  Marciano,  comen- 
taudo  la  formula  hypothecariaj  luirava  ad  aocertare  il  conoetto  della  solutiOf  ed 
osservava  che  naturaliler  la  pecunia  dicevasi  aoluta  se  era  nnmerata  al  creditore, 
o  ad  altri  per  incarioo'di  oostui,  o  se  il  creditore  aveva  ratificata  la  aolutio. 
Ma  se  ci  fosse  stata  V  acceptilatU),  non  si  doveva  parlare  piil  dl  aolutio,  e 
ba8tava  la  parola  aatiadatio.  Come  h  possibile  volgere  tale  ragionamento  del 
.uriiireconsiilto  a  dimostrare  che  il  profioeref  il  suffioere  addita  la  difeaa  del  oon- 
veiiuto,  e  tirarne  poi  la  consegaeDza  che  solo  di  questa  Marciano  uel  testo 
riferito  abbia  trattatof  Forse  che  il  profieere  non  si  trova  nello  stesso  seuso 
applicato  ^)  nelle  fonti  a  rapporti  diversi  dalla  difesa  del  conveuuto? 

17.  —  Le  ragloni  discorse,  dice  il  Thon,  sembrano  aver  dato  motivo  ad  nn 
altro  interprete  della  formola  ipotecaria,  al  Bachopkn,  di  prendere  una  seconda 
via.  II  Bachofbn  ^^  rimane  pieuamente  fermo  nell'  eamqne  pecuniam  solutam 
non  esae,  ma  t^^nta  di  porlo  su  di  altro  fondamento,  e  dice  che  qui  si  ha 
I'auomalla,  che  esiste  nel  leganie  di  element!  diversi :  la  formola,  piii  che  il 
foudameuto  dell'azione  da  provarsi,  oontiene  anohe  la  difesa  del  conveuuto,  o 
questa  nou  nella  forma  di  una  exception  ma  nel  signifioato  del  tutto  diverso 
di  una  condizione  del  diritto  stesso  di  agire,  di  una  oondicio  formulae f  come 
Marciano  espressamente  la  chiama. 

Ora  il  Thon  ^  dolente  che  Bachofkn  nou  abbia  cercato  di  svolgere  piii 
dappresso  il  suo  niodo  di  vedere:  egli  allora  avrebbe  certameute  eliminata^ 
non  accentuata  TanomaHa. 

Bachofbn  dice  «k  la  formola  contiene  ».  £  il  Thon,  procurando  di  chiarire 
<'i6  che  lo  sorittore  possibilmente  vuole  intendere,  crede  che  lo  si  possa  con- 
cepire  in  tre  modi.  O  il  pretore  poteva  inserire  iu  proprio  nome  nella  formola 
le  parole  in  controversia ;  o  queste  contenevano  un'  affermazione  dell'  attore, 
che  solo  il  convenuto  aveva  I'obbligo  di  provare;  o  potevano  essere  aocolte 
Kulla  istanza  del  convenuto. 

II  prime  assunto  non  ha  bisogno  di  confiitazioue  uessuua.  II  pretore  non 
poteva  imporre  al  convenuto  difesa  di  norta,  poich^  ci5  sarebbe  stata  una 
ingiustizia  verso  I'attore,  e  uel  rapporto  niateriale  la  formola  non  coutiene 
altro  che  le  indioazioui  delle  parti.  E  tanto  nieuo,  soggiuuge  il  Thon,  potevano 
(|ueste  parole  essere  un* affermazione  delT  attore,  poich^  altrimenti  anche  la 
prova  ne  sarebbe  spettata  a  lui,  dovendo  ogni  parte  provare  la  sua  afferma- 
zione; il  che  ha  la  sua  bnona  ed  iutima  ragione  uel  fatto  che  ^1a  formula^ 
pari  #alla  sentenza  interlocutoria  del  diritto  odierno,  deve  regolaro  le  parti  per 
la  prova  {die  formula^  dhnli*ik  dem  Beweiainterlocut  des  heutigen  Rechies^  schon 
die  Bollen  fiir  den  Beweia  normiren  aoll)  ^).  Non  resta,  conchiudo  qui  il  Thon, 


'>*<)  Cfr.,  tra  gli  altri  luogfii,  L.  5  (  2  D.  de  aolut  et  liber. ^  46,  8:  «  ...si  vera 
Hunima  usuraruui  debitarum  et  non  debitarum  uou  eadem  sit,  aequaliter  ad 
utramque  oausam  profioit  quod  solutum  est,  non  pro  rata  »...  —  L.  13  $  12  de 
adq.  vel  amitt.  poaa.^  D.  41,  2:  «....  ceteriim  accessio  uemini  proficit^  nisi  ei 
qui  ipse  possedit ».  II  profioit  si  trova  applicato  anche  alia  stessa  aziono 
L.  7  ^  6  D.  de  paclia,  2,  14:  «  ...ex  parte  agentis  pactio  locum  habet,  ut  et  ad 
actionem  proficiat...  ». 

5^  Daa  Bdm.  Pfandr.,  pag.  72  e  seg. 

^)  Qui  11  Thon  cita  p.  es.  la  L.  19  pr.  D.  de  probat.y  22,  3,  dalla  quale  non 
si  trae  altro  se  non  che  il  convenuto  in  exceptionibua,...  renin  partibua  actoris 
fungi  oportere. 


446  APPENDIOK 

He  uoQ  che  il  conveiiuto  stesso  abbia  impetrata  qaesta  difesa.  Ora  il  diritto 
roinano  per  la  difesa  del  ooQvenuto  nella  formula  non  conosee  che  una  forma 
Hola,  quella  delV exoeptio :  ogni  altra  gli  ^  affatto  estranea,  e  qnella  innanzi 
tutto  che,  secondo  U  aao  aignificato  grrainmaticale  unicamente  poesibile,  fosse 
sembrata  come  parte  della  inteniio^  e  per6  avesse  costretto  il  ^udice  a  preten- 
dere  la  prova  dairattore.  £  il  prouunzlato  di  MarciaKo,  a  oui  il  Bachofen 
si  richiama,  addita  decisamente  la  forma  della  exoepHo,  poich^  la  exeeptio  e 
una  oondizione  (negativa)  aggiunta  airazione  ^^). 

18.  —  PoBsiamo  essere  d'accordo  col  Thon  nel  ritenere  che  il  pre  tore  uon 
poteva  imporre  al  oonvenuto  nessuua  difesa;  che  ogni  parte  dee  provare  la 
saa  affermazionCy  e  che  il  neque  tolutam  et  rel.,  se  fossero  state  un'affermazione 
deirattorcy  dall'attore  avrebbero  dovuto  essere  provate.  Ma  non  possiamo 
ammettere  col  Thon,  che  la  /ormula,  pari  alia  sentenza  interlocutoria  del 
diritto  niodemOy  debba  regolare  le  parti  per  la  prova.  poioh^  abbiamo  gia 
dimostrato  innanzi  ^^)  che  la  formula  uon  aveva  tale  funzione,  ma  conteneya 
solo  i  presupposti  che  in  iudido  doveano  essere  accertati  per  venire  alia  deci- 
sione  della  lite ;  n^  la  formula  eqnivale  alia  sentenza  interlocutoria  del  diritto 
moderno.  Era  il  gindice  che  poteva,  durante  la  procedura,  sentire  il  bisogno 
di  emettere  decisioni  intermedie  {inierloeuiiones),  e  non  vi  era  alcuna  separa- 
zione,  come  si  trova  nel  diritto  germanico  e  nel  diritto  medioevale  tedesco, 
tra  la  procednra  principale  e  quella  delle  prove,  mentre  nel  diritto  moderno 
rafferniazione  e  la  prova  sono  separate  e  tra  esse  s'interpono  la  interloeutioj 
che  regola  Tobbligo  della  prova  e  diventa  obbligatoria  ^), 

Sicch^,  escluso  quel  carattere  nella  formula^  resta  sempre  vero  che  le  parole 
veque  9oluiam  et  rel.,  importano,  come  dice  Marciano,  una  oondido^  un  requi- 
site della  formula  kypoiheeariaf  non  una  eondioio  nel  sense  di  exeeptio^  e  che  la 
f^piegazione  data  dal  Thox  del  concetto  di  Bachofkn  non  vale  a  giustiftcare 
Tassanto  di  tale  exofptio. 

19.  —  Pervenuto  a  qnesto  pun  to,  il  Thon  ceroa  d'iudagare  le  ragioui  che 
avrebbero  iiiossi  grinterpreti  generalmente  ad  accogliere  neW actio  hypotkeoaria 
la  solutio  nella  forma  indicata,  e  crede  di  avervi  potnto  innanzi  tutto  contri- 


''1)  Qui  il  Thon  cita  le  fonti  intoroo  alia  exeepilo  cosl:  L.  22  pr.  de  except., 
44,  2 :  «  exceptio  est  condicio,  quae  —  eximit  reum  damnatione  ».  —  Gaius, 
IV,  $  119:  «  —  exceptio  —  ita  formulae  inseritur,  ut  condicionalem  faciat 
<;ondemnationem  —  » ;  L.  2  pr.  D.  de  except. :  «  exceptio  dicta  est  quasi 
quaedam  exclusio,  quae  opponi  actioni  cuiusque  rei  solet  ad  excludendum  id. 
41uod  in  iutentioneni  condemnationemve  deductum  est  ». 

^)  Cfr.  sopra  pag.  25,  31  e  32. 

*'^  Krllkk-Wagh  (o.  0.,  nota  594%  e  gli  autori  ivi  eitati).  Vedi  pure  ^  66. 
€fr.  Wach  {Handbuch  dee  Deutechen  Civilprozeaereehtee^  I,  pag.  31  a  e  ft).  Ve- 
rameute  il  concetto  della  formula  come  Beweisiuterlocut  non  ^  del  Thon,  ma 
del  RuDORFF  (Recksgeeoh.,  ^  76,  II,  nota  9),  il  quale  rappresenta  la  formula 
-cos) :  «  Das  eigentliche  Beveisinterloout  mit  eventuellem  Endurtheile  t»  ventre, 
aber  freilich  ohne  Vertheilung  der  Beweislast  und  Bestimmung  einer  Beweisfrist, 
ist  die  formula  »  (cio^  la  propria  sentenza  interlocutoria  con  eventnale  sen- 
tenza deflnitiva  in  ventre^  ma  certamente  senza  ripartizione  dell'obbligo  della 
prova  e  fissazione  di  un  termine  di  prova,  ^  la  formula)  ed  e  stato  vivamente 
4'riticato  dal  Krllkr-Wach  nella  cit.,  nota  594^.  Vedi  peru  contro  Scholtzk 
^Pricatrecht  und  Prooesi,  Erster  Theil,  $  18  e  seg.). 


APPENDICE  447 

bnire  i1  tipo  deWadtio  depoeiti  in  factum  trasmessooi  da  Gaio,  e  forse  anche 
quello  deWaeiio  peounia  constituia;  si  riser va  di  dimostrare  ohe  l*analogia  di 
queste  formole  non  pud  esser  messa  a  profitto  per  la  concezione  dell'  actio 
hypothecaria,  e  poi  sogginnge:  innanzi  tutto  gl'interpreti  si  ohiaroano  ad  iiii 
luogo  delle  fonti,  ohe  a  dir  vero  sembra  confermare  interamente  il  loro  assanto 
intomo  alia  formula  hypothecaria;  e  questa  h  la  molte  volte  discussa 
L.  1.  Cod.  Si  pignoris  oonventionem  numeratio  secuta  non  sii^  8,  32  (33)  ^*): 
«  Impp,  Sbvbrus  et  Antoninus  A  A.  Hilaro,  Si  pecuniam  tibi  non  esne 
numeratam  atque  ideo  friistra  cautionem  eniissani  ^)  et  pignus  datum  proba- 
tnms  es,  in  rem  experiri  potes:  nam  intentio  daii  pignoris  neque  redditae 
pecuniae  non  aliter  tenebit,  qaam  si  de  fide  debiti  oonstiterit.  eademque  ratione 
Veritas  serve tnr,  si  te  possidente  pignns  adversarius  tiius  agere  coeperit. 
PP.  K.  Sept.  Laterano  et  Rafino  conss.  (a  197)  ». 

Ricorda  il  Thon  cbe  la  portata  di  qaesto  rescritto  h  nei  rignardi  della 
critica  men  ohe  priva  di  dnbbl,  e  ci5  mostra  il  oonfronto  colla  lex  geminata 
della  c.  I.,  de  non  numei'ata  peeunia^  i,  30,  in  cai  proprio  ncl  luogo  delle  parole 
deoisive  «  neque  redditae  pecuniae  »  si  trovano  le  altre  del  tntto  diverse  «  nee 
numeraiae  pecuniae  »  ^).  Ma,  anche  accettando  il  testo  come  I'abbiamo  citato, 
dice  il  Thon,  esso  presenta  sempre  gravi  difficolt^,  ]>oioh^  il  saggio  di  spie- 
gazione  proposto  dapprima  dal  Franckb  ^),  oui  Huschkb  e  Bachofbn  aderi- 


''^)  Gih  da  noi  trascritta  a  pag.  440  e  441. 

^)  II  Thon  cita  il  testo  aggiungendo  aseeria  che,  com'egli  stesso  nota,  molti 
inanosoritti  tralasciano.  II  Krubgkr  uelVeditio  maior  del  siio  Codice  lo  man- 
tiene,  par  notando  essersi  omesso  nella  1.  geminata,  Cos)  pure  'mantiene  nel- 
Veditio  maior  il  neque  numeratae  pecuniaey  ma  preferisce  il  nee  redditae  pecuniae 
della  1.  geminata.  Cfr.  pure  Nabbr  {Obaervatiunculae  oit.,  p.  226,  nota  2). 

^^)  Ecco  le  parole  della  o.  I.,  de  non  numerata  pecunia : 

«  Impp.  Sbvbrus  et  Antoninus  AA.  Hilaro.  Si  pecuniam  tibi  non  esse  numera- 
tam atqne  ideo  frustra  oautionem  emissam  adseris  et  pignus  datum  probatnrns 
es,  in  rem  experiri  potes :  nam  intentio  dati  pignoris  neque  numeratae  peouniae 
non  aliter  tenebit,  quam  si  de  fide  debiti  oonstiterit.  eademque  ratione  Veritas 
servetur,  si  te  possidente  pignns  adversarius  tuns  agere  ooeperit  ».  II  Buchholz 
(Die  Geminationen  in  Codex  luetinian's^  nella  Zeitschrift  fur  Civilrecht  und  Proze»8, 
None  Folge,  vol.  XIV,  pag.  249)  opina  che  la  c.  {.,  1,  4,  30,  e  la  o.  {.,  1,  8,  32 
siano  un  solo  rescritto,  su  oui  i  compilatori  avrebbero  in  diversa  guisa  lavo- 
rato  per  metterlo  d'accordo  col  diritto  ginstiniaueo,  poich^  al  tempo  della 
emanazione  di  questo  rescritto,  neiranno  199,  la  querella  non  numeratae  pecuniae 
non  esisteva.  Cfr.  pure  Bibnkr  (Revision  des  lust.  Codex ^  nella  Zeitschrift  fur 
gesehichtliche  Bechtswissenschaft,  vol.  VII,  pag.  362  in  fine).  Sn  questo  rescritto 
cfr.  pnre  Huschkb,  gih  da  noi  citato  innanzi,  pag.  434,  nota  26. 

^  Non  credianio  che  il  Thon  riassuma  fedelmente  il  concetto  di  Fkanckk 
(Civilistishe  Ahhandlungen^  p.  104).' 11  Franckk  infatti,  dopo  aver  detto  che 
Timperatore  rispose  che  il  pegno  era  nnllo,  soggiunge: 

«  Und  dieses  wird  so  ausgedriickt:  Wiewohl  die  intentio  dei  formula  hypothe- 
caria zn  ihrer  Begrllndung,  den  Worten  nach  nur  erfordere,  pignus  datum  neo 
redditam  esse  pecuniam :  so  werde  doch  zu  ihrer  Begriindung,  wie  iiberhaupt 
zur  Existenz  des  Pfandrechtes,  erfordert,  dass  das  Darlehn,  in  dessen  Erwartuu^ 
das  Pfand  gegeben,  wirklich  ausgezahlt  worden,  indem  sonst  gar  keiu  Pfand- 
nexus  existirt  habe.  Dieses  sagen  die  Worte :  Intentio  dati  pignoris  neque  redditae 


448  APPENDICE 

scono,  che,  ciot^,  la  eccezione  di  pegno  coiitro  In  rivendica  della  cosa  da  parte 
del  debltoro  in  tan  to  sarebbe  resplnta,  in  quanto  nella  posizione  opposta  delle 
parti  nel  caso  in  esamd  an  che  1' actio  pignwatioia  (intentio  dati  pignoi-U  neque 
redditae  pecuniae)  sarebbe  inammissibile,  si  troy  a  gi^  completamente  combattuto 
dalle  parole  mandate  innanzi  «  et  pignns  datum  probaturua  e$  ».  Qiiando  il  oredi- 
tore  uon  pub  far  dare  ascolto  alia  sua  eccezione  di  pegno,  perch^.  inanca  di  iiii 
requisito  dello  stesso,  della  fid€8  dehiti^  a  qual  fine  si  pretende  anche  dal  debi- 
tore  la  prova  della  consegna  del  pegno? 

Se  si  Yuole  dunque,  conchinde  qui  il  TuoN,  ritenere  11  testo  senz'alcuna 
mutazione,  non  resta  olie  accogliere  la  opinione  del  BUchel  ^),  il  quale  crede 
che  sotto  la  parola  intentio  sia  da  intendere  defentio,  e  olie  le  parole  «  neqne 
redditae  pecuniae  »  siano  da  riferire  ad  un  diniego  della  replica  della  liberazionc 
del  pegno  antioipata  dall'attore.  In  ogni  caso  dovrebbo  parere  inolto  dnbbio 
il  fondare  su  questo  testo,  in  ognl  riguardo  cos\  vacillante,  una  teoria  che 
completamente  coutradice  ai  principl  fondamentali  ^). 

20.  —  Senza  riandare  tutt-e  le  interpretazioni  del  citato  rescritto  '^),  n<»i 
vogliamo  ricordnre  il  caso  che  Ilaro  aveva  dovuto  sottoporre  agriniperatori. 
£gli  aveva  rilasciata  la  oautio  ed  aveva  dato  il  pegno,  ma  la  pecunia  non  gli 
era  stata  numei'ata:  dubitava  che  potesse  promuovere  la  rei  vindicatio  delln 
cosa  data  in  pegno,  e  il  dnbbio  gli  venlva  dalle  parole  della  formula^  la  oni 
intentio  supponeva  che  si  fosse  dato  il  pegno  e  non  si  fosse  restituita  la  pecunia. 

Ma  grimperatori  rispondouo  che  la  rei  vindicatio  era  aunnissibile,  peroh^  la 
intentio  '^^)  della  formula  hypotheoaria  sapponova  che    si  fosse    provato  il  dehito 


pecuniae  non  aliter  tenebit,  quam  ai  dc  fide  debiti  confitiiei'it,,,  »,  cioe:  11  che  e  cos'i 
espresso:  quantunque  la  intentio  delta  formula  kypothecaHa  letteralmente  richiedn 
Boltanto,  yignus  datum  nee  redditam  esse  pecuniamj  tiittavia  pel  suo  fondamento. 
come  in  generale  per  la  esistenza  del  diritto  di  pegno,  h  richiesto  che  11  mntuo, 
nella  cui  attesa  il  pegno  fn  dato,  sia  state  eilettivamente  sborsato,  uon  esiatendo 
altrimenti  nessnn  vincolo  di  pegno.  Cio  esprimono  le  parole:  intentio  dati  pignori* 
neque  redditae  pecuniae  non  aliter  tenebitj  quam  si  de  fide  debiti  conatiterit..,. 

II  Frangke  spiega  il  «  neo  numeratae  pecunitie  »  della  o.  h,  de  non  numeraia 
pecunia  o  come  una  corruttela  del  teste,  cosl  f:ioile  nel  titolo  de  non  numeratn 
pecunia,  o,  forse  con  maggior  fondamento,  come  una  nial  couslgliata  correzlone 
dei  compilatori. 

^)  fc  bene  riferire  qui  le  parole  di  BIjCHKL  {Cirilrechtliche  Erortet-nngen^  2.»  ed.. 
pag.  2S8  e  seg.)  che  11  Thon  non  riporta  «  so  dass  die  Berufung  des  Gliinbigers 
darauf :  pecuniam  redditam  non  ease,  nur  eine  litia  conteatatio  negatira^  eiut* 
Abliiugnung  des  Klagegrnndes  enthalt...  »  (sicch^  il  richiamo  del  crcditore  nl 
pecuniam  redditam  non  eaae  contiene  solo  una  litia  conteatatio  negativa,  una  ne- 
gazione  del  fondamento  delVazione). 

«9)  TnoN,  I,  c.y  pag.  268  a  278. 

'")  Lo  Gneist  {Die  Foi^iellen  VertrUge,  pag;,  269  e  seg.)  ne  enumera  quattro, 
II  RunORFF  {Die  Pfandklagen  ctt.,  pag.  228,  nota  85)  cita  i  giuristi  su  questo 
punto,  e  repnta  inutile  fatica  quella  da  lore  durata  intorno  alle  parole  « intentio 
dati  pign&ria  »,  ecc. 

71)  Nei  Baailici  (XXV,  7,  55,  ed.  Hkimbach,  III,  pag.  89)  la  parola  intentio 
^  tradotta  con  Uccpxypxt^viy  e  questa  dal  giuristi  con  exceptio,  Cfr.  BOchkl. 
/.  0.,  pag.  238,  nota  1,  e  Thon,  L  c,  pag.  270,  nota  37,  che  vorrebbe  trarre 
da  cio  un  argomento  per  la  sua  opinione,  mentro   qui    la    parola   esceptio  non 


APPENDICE  449 

{noH  aliter  tenebitf  quam  »i  de  fide  dehiU  ooMtiieril) ;  nella  stessa  giiisa  in  cai,  86 
il  sosorittore  della  oautiOy  clie  iiou  aveva  riceviita  la  peounia,  possedesse  il 
pegno,  e  il  suo  avversario  si  fosse  fatto  ad  agire,  proDmovendo,  cio^,  Vaciio 
hypotheoaria,  quest!  doveva  seinpre  provare  il  debito,  uou  potendo  eaistere  il 
pegno  ove  nou  fosse  obbligazione  nessnna  (Eademque  ratione  Veritas  eervetur  ai 
te  possidente  pignu8  advereariua  tuus  agere  coeperit),  Gl'  imperatori  ricordavano 
diinque,  nel  rispondere  al  dubbio  mosso  da  Ilaro,  i  requisiti  e  le  parole  della 
intentio  della  formula  hypothecaria  {iHtentio  dali  pignot^  ueque  redditae  pecuniae). 

21.  —  I  prouunziatl  delle  fouti,  ooiitiiiua  il  Tmon,  clie  iu  appareuza  tsosteu- 
gono  la  contraria  opiuione^  e  che  fanno  dipendere  rattnabilitii  delTazioue  ipo- 
teoaria  dal  fatto  che  nessuna  aolutio  o  aaiiefactio  sia  Kegiilta  ^'),  uon  possono 
esi»ere  intesi  se  non  amiuetfeondo  che  ctMiteiiessoro  allegazioui  del  couveuuto. 
Imperoech^  qtiando  costul  avesse  oppusta  la  exeeptio:  «  ai  ea  pecunia  aoluta  non 
aity  neque  Ao  Jo  aatiafaotum  »,  ed  avesse  in  iudioio  invocati,  a  foaduiueuto  di 
tale  exeeptio,  rnpporti  di  fattu,  che  uou  fussero  da  riferire  al  cuucetro  della 
aatia/actio  o  della  aolutio,  si  sarebbe  pututo  ben  dire  «  vemm  eat,  pecuniam  non 
eaae  aolutam  »,  e  con  ci5  rioonosccre  il  foudameuto  deirazioue.  Ed  esaminando 
poi  il  contennto  della  foi'mula  hypolhtcaria^  il  TiiON  osserva  che  il  pretore 
uveva  promessa  una  azioue  reale  a  coloro  che,  a  guareutigia  di  uu  credito  al- 
lora  esistente,  avessero  ricuvuta  in  peguo  la  cosa  da  chi  Taveva  uel  suo  pa- 
trimonio  nel  t>eiiipo  della  costituzioue  iu  peguo  ^^).  Ma  da  questa  disposizione 
dellVditto  sarebbe  derivatu,  che  il  crediture,  quando  fossero  uua  \'olta  con- 
corsi  qiiesti  elemouti  di  fatto,  avrebbe  potato  iu  ogui  tempo  promuovere  I'azione 
ipotecaria  auche  dopo  la  estiuzioue  dell'obbligazioue  prineipale.  Per  evitare 
questa  couseguenza,  il  pretore  probabihueute  aveva  subito  aggiunto  all'editto: 

«  si  soluta  sit  pecuuia,  vel  credito rl  satisfactum  sit  perve  creditoreiu    stet, 
quoiuinus  solvatur,  iudicium  non  d:ibo  ». 

£  cosl  Vactio  hypothecaria,  che  nel  preeedeute  periodo  dell'editto  si    rianno- 
dava  all'allegazioue  di  certl  fatti,  veuiva  iu  alcuue  circostauze  negata,  special- 


sarebbo  adoperata  iu  senso  tecnico,  lua  nel  slguiJicato  largo  di  defenaio.  Si 
tratterebbe  della  defenaio  pignoria  datii  al  creditore,  di  cui  parla  la  c.  10  de 
aetiane  pigneraticia,  4,  24  {Baail.,  XXV,  II,  52  ed.  Hkimbach,  III,  pag.  66), 
che  suona  cos): 

^  Idem  (DiocLRTiANUs  et  Maximianus)  A,  A,  et  C.  C.  Apollodorae,  Neo  cre- 
dl  tores  nee  qui  liis  successeruut  ad  versus  debitores  piguori  quondam  res  nexas 
peteutes,  reddita  iure  debita  quantitate  vel  his  non  aceipieutibus  obiata  et  cou- 
signata  et  deposita,  long!  temporis  praescriptione  muuiri  pus;i»uut.  Uude  iutel- 
legis,  quod,  si  origiuem  rei  probarc  potes,  adversario  teneuto  viudicare  domi- 
nium deboas.  Ut  autem  creditor  piguoris  defensioue  se  tueri  possit,  extorquetur 
ei  uecesaitas  probandi  debit!  vel,  si  tu  teueas,  per  viudicatiouem  piguoris  hoc 
idem  inducitur  et  tibi  non  erit  difticilis  vel  soiutioue  vel  oblatiuue  atque 
solemni  depositione  piguoris  liberatio.  D,  non.  Mai,  ipaia  A  A,  couaa.  a.   293  ». 

Cfr.  pure  BaCHOKkn  (Uaa  liomiache  Pfandrecht,  pag.  45  e  seg.). 

'*)  Qui  il  Thon  Hi  riferisce  ai  luoghi  delle  fouti,  gi^  da  noi  citati,  cioh  alle 
L.  30  M  D.  44,2;  L.  13  M  D.  16,  1;  L.  13  $  5  D.  20,  1 ;  L.  11  M  1^-  20,4; 
L.  61  (59)  D.  36,  1. 

'^)  II  TiiON  cita  anche  qui  i  luoghi  delle  fonti  da  noi  riferiti,  cio^ :  L.  10 
Cod.  4,  24  ;L.  13  D.  20,  6;  L.  4  D.  20,  1;  L.  23  D.  22,  3;  L..  15  }  1  1>.  20,  1. 

OLr.cK,  Comm.  Pamletle,  —  Lib.  XIII.  —  57. 


450  APPENDioif; 

mente  qiiando  Aa\  eonvenuto  era  opposta  la  soluiio  o  la  •atM/netto.Altra  possi- 
bility di  esoludere  rasloiie  ipoteoaria,  una  volta  fondata,  nou  esisteva  "^).  Anclio 
qaando  I'azione  ipotecaria,  come  la  sua  formola  additava,  ricbiedesse  a  sno 
foudameuto  la  esistenza  di  una  obbligazione  priucipale,  non  era  del  pari  De: 
cessario  olie  qiiesta  continuasse  di  poi,  poiob^  I'estinzione  totale  della  obbliga< 
zione  principale  tornavale  pure  inditfereute.  L'acHo  hypotheoat'ia  ba  la  sua  pro- 
pria ed  iudipeudente  condizione  di  estinzioiie,  la  exoeptio  della  soluiio  o  della 
satisfaciio;  siccb^  ia  tutti  i  casi  di  estinzioiie  deirobbligo  priucipaloi  cbe  non 
ricadono  sotto  il  concetto  della  eolutio  o  della  8ati$/actiOf  Vaelio  hypothecaria 
h  del  tutto  ammissibile :  il  gindicato,  la  coufusione  della  obbligazione  prinoir 
pale,  o  la  prescrizione  dell'azione  principale  non  escludouo  Vaotio  hypothecaria  '^). 
£  i  pronnnziati  delle  fonti  iutorno  a  cio  sono  all'unisono:  quando  hi  propone 
la  quistione  se  I'azione  ipotecaria  sia  amniisHibiley  i  giuristi  romani  con  la 
maggiore  acutezza  prospettano  i  dne  niomenti :  se  quell' azione,  cio^,  origina- 
rianieute  seinbri  fondata,  o  se  poscia  nou  sia  divenuta  iuattuabile:  »i  decidoiio 
per  I'aniniissibilitjl  di  essa  si  tosto  si  rivelino  i  presnpposti  della  sua  esistenzn, 
e  non  quelli  della  sua  csclnsione;  ina  ove  il  fondanieuto  originario  di  qnel- 
I'azione  h  preatipposto  nel  ciiho  concrete,  tutto  i  ronianl  ridncono  alia  quistione: 
an  soluta  ait  pecunia  vel  satinf actum ;  dovendo  essere  senipre  Tazione  ammissi- 
bile quando  Tunico  motive  di  estinzione,  preveduto  neireditto,  non  ricorra'^); 
che  se  Veamque  pecuuiam  8olutam  non  e$se,  ecc.  appartenesse  al  foudament(» 
della  hypotheoaria  afltio,  come  potrebbero  i  romani,  si  domanda  il  Thon,  nei 
oaei  in  oui  I'originario  foudameuto  deirazione  h  presupposto  come  indubitato, 
e  si  tratti  soUauto  di  sapere  se  questa  per  un  posteriore  avvenimento  ^ia  di< 
venuta  iuattuabile,  motivare  la  lore  risposta  negativa  con  le  parole  «  verum  enim 
est  pecuniam  non  ease  solulam  »,  cio^,  secondo  la  opinione  degli  avversarii, 
«  poich^  un  fatto  esiste  a  foudameuto  deirazione  »? 

22.  —  Qui  il  Thon  si  avvioina  alVopinioue  da  noi  sostenuta  cbe  il  «  neque 
Bolutam  »,  ecc.  nella  formula  iudicava  poter  esistere  V actio  hypotheoaria,  quau-. 
tunque  Tobbligazioue  priucipale  fosse  estiuta,  e  die  la  aolutio  e  la  aatiafactio 
si  sarebboro  ri  cordate  per  t^'uer  lontane  dall'esame  del  giudice  tutte  le  alt  re 
cause  di  estinzione  ^) ;  donde  la  consegnenza  che  il  neque  solutam  appartenesse, 
come  condido  formnlaey  alia  intentio  della  medesima  actio  hypotheoaria. 

J^h  oi  pare  assnrdo,  come  erode  il  Thon,  che  i  ginreconsnlti  romani  abbiano 
risposto  uegativaniente  alia  domanda  di  sapere,  se  Vaotio  hypotheoaria  sia  di  ve- 
nuta inattnabile  per  un  posteriore  avvenimento,  cou  le  parole :  «  verum  est  pe- 
cuniam  non  ease  solulam  »,  cio^,  die  esisteva  uu  fatto  a  foudameuto  dell'azione. 
Imperocch^  se  il  Thon  stesso  MisMene  che  solo  la  aolutio  e  la  aatvtfactio  pot(>- 
vano  escludere  Vaotio  hypotheoaria,  vuol  dire  che  se  queste  ipotesi  non  ricor- 
ressero,  oio6  se  il  creditore  uon  fosse  state  pagato  n^  altrimenti  sodisfatt^i, 
Tazioue  era  sempre  fondata;  onde  il  pret-ore,  neirenuiiciarno  i  requisiti  nella 
formula,  doveva  pure  ricordare  che,  quando  la  aolutio  o  la  saiiafaotio  fossero 
avvennt'e,  mancava  quelle  del  neque  aolutam,  e  per5  I'azione  era  ammissibile: 


7<)  Qui  il  Thon  cita  i  seguenti  luoglii  delle  fonti:  L.  13  M  D.  20,  1;  c.  2 
de  luitione  pign,,  8,  30  (31). 

'5)  L.  27  D.  20,  1;  L.  13  M  I>.  ^f^'y  L.  8  Cod.  8,  13  (14);  L.  un.  C.  8,  26  (27); 
L.  61  (59)  D.  36, 1 ;  arg.  L.  7  pr.  Cod.  7,  39 ;  L.  30  ^  1  D.  9,  2  citate  dal  Thon. 

70)  L.  61  (59)  D.  36,  1 ;  L.  13  $  5  D.  20,  1  citate  dal  Thon, 

^)  Cfr.  sopra,  pag.  441,  nota  48. 


APPEHDIGE  451 

^uihui  oessantibtu  tenet,  oome  dice  Marciano  "^  oomentando  la  formula  hy^ 
poikeeai'ia,  Peroh^  dunque  si  deve  creare  iin  nssnrdo,  e  poi  pretendere  di  dile- 
gaarlo  ricorrendo'  alia  ipotesi  della  exoeptiot 

23.  —  Mentre  il  Thon  erode  che  i  frammenti  finora  citatl  non  valgano  a 
Aostenere  in  minima  guisa  la  conceeione  della  formula  hypothecaria  sostenuta 
dngli  avversarii  suoi,  a^terma  tuttavia  che  ve  u'  ha  uno,  che  ha  bisogoo  di 
iiiaggiore  esame,  e  ohe  da  lungo  tempo  oocnpa  i  migliori  ginristi.  £  qnesto  h  la 

L.  61  (59)  D.  86,  1.  Paulus,  libro  quarto  quaestionum  "^^ : 
'  «  Debitor  8ub  plgnore  oreditorem  horedem  instituit  enmqiie  rogavit  restitnere 
hereditatem  filiae  snae,  id  eflt  testatoris:  cum  nollet  adire  lit  suBpectam,  coactns' 
iussa  praetoris  adit  et  restitiiit:  cum  emptorem  pignoris  non  inveniret,  desi- 
derabat  pennitti  sibi  iure  dominii  id  possidere.  respondi:  aditione  qnidem  here- 
ditatis  coufnsa  obligatio  est:  videamus  antem,  ne  et  pignus  liberatum  sit 
Bublata  natnrali  obligatione.  atqnin  sive  possidet  creditor  actor  idemqiie  heres 
rem  sive  non  possidet,  videamus  de  effeotn  rei.  et  si  possidet,  nulla  actione 
a  fideioommissario  eonveniri  potest,  ueque  pigiieraticia,  quoniain  hereditaria 
est  actio,  neque  fideicommissura,  quasi  minus  restituerit,  reote  petetnr:  quod 
eveniret,  si  nullum  pignus  intercessisset :  possidet  euim  earn  rem  quasi  creditor, 
sed  et  si  Adeicommissarius  rem  teneat  et  hie  Serviana  actio  tenebit :  verum  est 
enim  non  esse  solutam  peouniaui,  quemadmodum  dicimus,  cum  araissa  est 
actio  propter  exceptionem.  igitur  non  tantam  retentlo,  sed  etiam  petitio  pignoris 
nomine  competit  et  solutum  non  repetetur.  remanot  ergo  propter  pignus  natu- 
ralis  obligatio...  ». 

II  caso  sottoposto  all'esame  del  glnreconsnlto  Paolo  era  il  seguente.  Tisio, 
debitore  pignoratizio,  aveva  istituito  erode  Caio,  suo  creditore,  pregaudolo  di 
rcstituiro  la  orodit^  ad  una  sua  figliuola  (cio^  ad  una  figliuola  del  testatore). 
Caio  non  voile  adire  la  ereditJk  di  Tizio  come  sospetfca,  ma,  ossendovi  stato 
costretto  dal  protore  '^),  I'ad)  o  la  restitul.  Non  trovando  poi  acquirenti  del 
pegno,  desiderava  che  gli  si  pormottesse  di  possedorlo  iure  dominii,  11  giure- 
consulto  risposo  che  per  Tadiziono  della  credits  era  avvenuta  la  confusiono, 
e  qiiindi  si  era  estinta  la  obbligazione  principalo  ancho  come  obbligaziono  na- 
tnrale  ^^)  e  si  distingue  il  caso  in  oui  Caio  posseda  da  quelle  nel  quale  non 
possoda  la  cosa  datagli  in  pegno.  So  la  possiode,  non  .pu6  essere  convenuto 
con  nessiin'nzione   dal  fidocommlssario,    u^   colla   piguoratizia    {in  pereonam). 


«)  L.  13  M  cit.  D.  20,  1. 

'^)  Gi^  da  noi  in  parte  riferita,  pag.  440,  segnendo  la  edizione  di  Mommsen, 
Cfr.  Lrnrl,  Palingenesia  Pauli,  lib.  IV,  Quaeetion.^  n.  1318. 

^)  In  virtu  del  senatoconsulto  Pegaaiano  —  Cfr.  Gai,  Inet,,  II,  258  «  ...ca- 
vetnr  Pegasiano  sonatns  consnlto  ut  desideranto  eo  cui  restitnere  rogatus  est, 
iussa  praetoris  adoat  et  restituat  ».  —  Cfr.  $  7  in  f.  Inst,  de  fideicommieeariie 
hereditatibue,  2,  23;  L.  45  D.  ad  Sctum  Trehellianum. 

^1)  Sullo  parole  del  frammento  o  eublata  naturali  obligatione  »  cfr.  11  Thon, 
I,  0.,  p.  275,  nota  58,  o  gli  autori  ivi  citati,  ed  aggiungi,  fra  gli  altri,  Derk- 
BCUG,  Pfandr.,  vol.  II,  p.  577-591  e  Pandeklen,  I,  2,  $  290,  p.  307,  nota  5,  il 
quale  ritiene  che  lo  ultimo  parole  di  Paolo  «  remanet  propter  pignue  naiuralie 
obligatio  »  importano  solo  che  alia  permanenza  del  pegno  si  riconosce  la  con- 
tinnazione  della  obbligazione  natnrale,  e  che  la  decisiono  del  giureconsullo 
si  riferisco  soltanto  al  caso  della  ooatta  adizione  della  ereditii,  che  risponde  al 
S.  C.  Pegasiano.  —  Cfr.  pure  Eisklk,  in  Jkeringe  JahrbOcher,  vol.  31,    p.  406 


452  APPENDIOB 

poich^  questa  h  atione  ereditaria  ^*)  e  si  ^  estiata  per  confiisione,  n^  colla 
fedeoomcnessaria,  quasi  avesse  restitiiito  mono,  come  sarebbe  avvenuto  se  nes- 
san  pegno  fosse  esistito,  poioh^  Caio  possiede  qnella  oosa  ia  qnaliUk  di  ore- 
ditore.  Ma,  qnantuaqae  il  fedeoommessario  tenga  la  cosa,  V actio  Servians  avrit 
Inogo,  poich^  h  vero  di  non  essersi  pagata  la  peounia:  alio  fitesso  raodo  in  ciii 
Tazione  h  perduta  per  mezzo  della  eocezione;  e  qaindi  compete  non  solo  la 
retentiOf  ma  eziandio  Tazlone  a  titolo  di  pegno ;  e  non  si  ripeter4  oi6  che  si  ^ 
pagato:  rimane  la  obbligazione  natarale  per  causa  del  pegno. 

Ora  il  Thon  si  ferma  molto  sulle  parole  della  legge  innanzi  riferite,  che 
Bono  qiie»te:  «  verum  eat  enim  non  es$€  9olutam  pecuniam;  quemadmodum  dieimuB, 
qUum  amUsa  e8t  actio  propter  exoeptionem  »,  sn  cui,  egli  dice,  ripoaa  manifesta- 
meute  il  pnnto  plti  difficile  della  decisione.  Ricorda  tutte  le  interpretazioni 
che  siilla  prima  e  snlla  seconda  parte  di  quell  a  proposizione  si  vennero  mani- 
festando  dai  glossatori  in  poi,  ed  osserva  contro  di  esse  che  in  tntto  il  fram- 
mento  non  si  accenna  mai  alia  priucipale  actiOf  ma  immediatamente  prima  le 
parole  in  controversia  h  ricordata  V actio  Serviana,  e  non  si  puo  ammettere  che 
il  giureconsulto  adoperi  nella  stessa  proposizione  per  la  seconda  volta  actio 
senz'altra  agginnta,  per  riferirla  all^azione  principale  e  non  all^azione  ipote- 
caria.  II  Thon  ritiene  piii  grammatical mente  ammissibile  riferire  il  «  qnetnad- 
modum  dicimus  »  non  al  «  Serviana  actio  tenehit  »,  ma  alle  parole  che  immedia- 
tamente precedouo  «  solutam  peouuiam  >:  V actio  pel  Thon  h  V actio  SerHana. 
Ond' egli  traduce:  «  anche  qui  I'azione  sar&  ammissibile,  poich^  il  vero  ^  che 
il  danaro  non  ^  state  pagato,  come  noi  diciamo  quando  Tazione  Serviana  ^ 
petduta  per  mezzo  della  ecceziouo  ».  Sicch^  il  sense  delle  parole  ^,  secondo 
il  Thon,  il  sognente:  I'azione   ipotecaria   non  h,    come   I'azione   principale   e 


^-)  Le  parole  dello  stesso  frammeuto  «  quoniam  hereditaria  est  a^tio  »  hanno 
pure  sollevate  difficolt^.  II  Cuiacio  propose  Taggiunta  di  un  nouy  e  voile  dire 
quoniam  hereditana  non  est  actio,  Qnosta  proposta  fa  aocettata  da  molti  giuriKti 
tino  al  PCNTSCHART  {Moderns  Theorie  des  rHvatreohteSf  pag.  236  e  seg.).  ma 
non  si  pii5  accogliere  pereh^  actio  hej^editaHa  h  qnella  che  ex  bonis  defancii 
pendet  (cfr.  L.  I  $  2B.D.  Si  quid  in  fraudem  patroni,  38,  5 ;  L.  66  $  2  D.  J4 
S,  C.  Trebell,).  Ora  Vactio  pignoratioia  in  personam  si  era  estinta  per  cpnfusione 
quando,  avendo  adita  Teroditti  del  debitore,  nel  fiduciario  creditore  si  era  riu- 
nita  anche  la  quality  di  debitore.  Ma^  dope  la  restituzione  della  erediUi,  Taziono  e 
restitaita  al  fedecommessario :  egli  por5  non  potril  promnoverla  se  non  come  la 
avrebbe  pro&iossa  il  testatore,  cio^  soluta  pecuniae  £  quando  il  fedecommessario 
detiene  la  cosa  data  in  pegno,  Vactio  Sei'viana  spetterii  al  creditore  percht^  la 
pecunia  non  h  solutaj  e  la  confusione  non  ha  CHtinta  Vactio  hypothecaria.  Sarebbe 
state  poi  contrario  all'equit^  il  costringere  il  fiduciario  alia  restitnziono  della 
cosa,'  possedendola  egli  come  creditore.  —  Cfr.  su  questo  franimento  il  Thon 
(I.  c,  pag.  276,  nota  59),  il  quale  dice  che,  come  la  obbligazione  principale, 
in  «cni  il  creditore  pignoraturio  era  creditore,  cosl  la  obbligazione  discendent« 
dal  pignus,  in  cui  egli  era  debitore,  doveva  estingaersi  per  coufusione  €  quo- 
niam hereditaria  est  actio  ».  Cfr.,  oltre  i  giuristi  citati  dal  Thon,  Windschkid 
(Lehrbuch,  I,  $  249,  nota  4,  pag.  430,  vol.  I  e  $  289,  pag.  129,  vol.  II,  della 
tradnz.  it.,  nota  1  cogli  autori  ivi  citati);  BrkicrrCo.  o.,  II,  p.  14),  Krei'schmar 
(Die  Theoi'ie  der  Confusiouy  p.  32  e  seg.,  123  e  seg.).,  e,  tra  gli  antichi,  Meer- 
MANN  (Novas  Thesaurus  iuris  citJ.,  VII,  pag.  75,  specie  n.  XXIII);  Otto,  The- 
saurus^ y,  n.  563). 


APPENDICB  453 

Vaeiio  pigneraticia  in  personam^  estinta  per  confusio  poich^  in  veritdt  non  pos- 
siamo  dire  obe  il  danaro  sia  pagato :  I'linioa  eocesione  dunqne,  per  cui  razione 
ipotecaria  Ta  perduta,  non  h  fondata. 

Ragionando  in  tal  gnisa  il  Thon  volge  11  frammento  di  Paolo  alia  ipo- 
tesi  che  favorisoe  la  sua  opinione,  in  cambio  d'interpretarlo.  II  giureconsalto 
inrece  dice  cbiararaente  cbo  spetta  Vaoiio  Serviana  appunto  percb^  esiste  il 
presiipposto  di  essa  per  non  essersi  pagata  la  pecnnia;  eiccb^  concorrevano 
nel  caso  concreto  i  presnpposti  della  estinzione  della  ohligatiOf  non  quell  i  deli  a 
estinzione  del  pegno,  e,  malgrado  la  eonfurio,  resta  la  ohligatio  naturaliSf  sii  cnl 
il  pignus  pn5  contiiinare  ad  esistere,  o,  come  vogliono  altri,  la  ohligatio  natu- 
ralis  resta  pel  solo  scopo  di  far  continnare  il  pegno.  II  oum  amisaa  est  actio 
propter"  exoeptionem  vnol  dire  che  non  h  avvenuta  la  soluiio^  perch^  qiiesta  estin- 
giie  I'obbligazione  ipso  iure  non  ope  exceptionis;  e,  non  essendo  segufta  la  solutio, 
Vactio  Serviana  h  aminissibile.  Per  riferire  Vaetio  amissa  aWaciio  Servianay  coroe 
Yuole  il  THOify  bisognerebbe  amniettere  che  il  ginreconsnlto  avesse  detto  di 
essersi  estinta  Vactio  Serviana  propter  exoeptionem  (solutionis)  ^  ma  allora  si  do- 
yrebbe  snpporre  pure  la  esistenza  di  nr\&  exceptio  solutionis,  di  cui,  come  abbiamo 
gik  rioordato,  non  pare  che  nolle  fonti  esista  alcuna  tracda. 

E  si  dovrebbe  pure  sux^porre,  come  fa  il  Tiiox,  che  dopo  le  parole  «  quemad- 
modum  didmns  »  si  potesaero  sottin  tend  ere  le  altre  «  soluta  peounia  »,  ammettendo 
che  per  la  collocazione  delle  parole  di  Paolo  qnesta  continuazione  della  sen- 
tenza  negativa  come  di  una  positiva  h  piii  naturale  nel  Intino  che  uel  tedesco. 
Ma  allora  non  s^nterpetra,  sibbene  si  crea,  siipponendo  cio  che  nel  frammento 
non  esiste. 

24.  —  Sembrando  al  Thon  che  nella  L.  59  (61)  la  solutiOf  di  fronte  ad 
nn^actio  in  factum,  opera  nella  forma  di  una  exceptio^  si  splnge  innauzi  e  erode 
di  fornire  la  prova  sicura  di  questo  principio. 

Egli  infatti  assume  che  in  tutta  una  serie  di  frammenti  h  dichiarato  che  il 
pactum  de  non  pefendo^  concluso  fra  creditore  e  debitore  pignoratizio,  conio 
anche  la  rinunzia  al  diritto  di  pegno,  in  cui  pub  essere,  fra  Taltro,  annove- 
rata  la  facolt^  data  dal  creditore  di  veudere  il  pegno,  possono  essere  opposte 
aH'azione  pignoratizia  soltanto  come  exceptio.  E  il  Thon  ^^  cita  i  seguenti 
luoghi  delle  fonti: 

L.   17  $  2  D.  de  pactis,  2,  14: 

«  Paclus,  libro  tertio  ad  edicium.  De  pignore  iare  houorario  nascitur  ex  pacto 
actio:  tollitur  autem  per  exceptionem,  quotiens  paciscor  ne  petam  ». 

L.  7  (  2  D.  Quibns  modis  pignus  vet  hypotheca  solviturf  20,  6: 

€  Oaius  libro  singulari  ad  formulam  hypothecariam,  Sed  si  cum  debitoris  pro- 
curatore  convenit,  ne  sit  res  obligata,  dicendum  est  id  debitori  per  doli  excep- 
tiouem  prodesse :  cum  autem  cum  servo  eius  convenerit,  per  ipsam  pacti  oxcep- 
tionem  convenii  debet  ». 

L.  8  $  7  eodem : 

€  Marcianus  libro  singulari  ad  formulam  hypothecariam,  Supervacuum  est 
qnaerere  agrnm  specialiter  hypothecae  datum  permissu  creditoris  venisse,  si 
ipse  debitor  rem  possideat  ^^):  nisi  qnod  potest  fieri,  ut  debitor  permissu  cre- 
ditoris vendiderit,  deinde  postea  bona  fide  redemerit  ab  eodem    vol    ab    alio, 


^)  Z.  0.,  pag.  281  e  seg. 

^*}  Kepossideat  sostituisce  Bachofen  (o.  o.,  p.  575)  seguendo  Cutacio,  laoni 
spiegazione  ha  il  fondamento  nei  Basilioi  (Hkimdach,  III,  p.  92). 


454  APPENDICE 

•ad  quern  per  Hucceastonem  ea  Ten  pertinero  coepissot,  ant  si  ipse  debitor  em 
ptori  heres  exstiterit:  vcrumtainen  cum  peounia  soluta  iion  sit,  doll  mail  suspicio 
inerit  translata  nd  praesens  tempus,  ut  possit  creditor  replicationem  doli  mall 
obicere.  $  8.  lUud  videaraus,  si  Titius  debitor  voluntate  creditoris  sal  veodi- 
derit  Maevio  vel  ei,  a  quo  Ma^vius  emerit,  et  postea  Maevius  Tltio  heres 
esstiterit  et  creditor  ab  eo  petat,  quid  iuris  sit.  sed  iniquum  est  anferri  ei  rem 
a  creditore,  qui  non  snccessionis  inre  sod  alio  modo  rem  nactiis  est.  potest 
tamen  dioi,  cnm  Titii  dolus  in  re  versaretur,  no  creditor  a  possessore  pecuniam 
recipiat,  iiiiqnissimum  esse  ludificari  eum.  $  9.  Quod  si  is  fundus  a  Maeyio 
alioui  ol)]igfatu8  possideatar,  oui  nondinn  satisfactum  erit,  tunc  ruraus  aequuni 
erit  excipi  ai  non  voluntate  creditoria  veniit^'*):  licet  enim  dolus  nialusdebitoria 
iaterveniat  qui  non  solvit,  tamen  secuudus  creditor  qni  pignori  accepit  po- 
tior est »  8'). 

Innanzi  tutto  noi  osserviamo  che  11  pactum  de  non  pelendo,  la  remiM$io  pi- 
gnoi'iSf  etc.,  producono  exceptiones  che  si  contrappongono  alVaotio  hypotheoaria  ^), 
e  per6  non  si  pu6  da  esse  trarre  alcun  argomento  a  favore  della  opinione  del 
Thon  anche  qiiando  TeflTetto  di  tali  exc9ptione$  fosse  qnello  stesso  della  mIuUo 
e  della  sat'iBf actio,  Tra  i  fraramenti  riferiti^  il  piii  iniportante  ^  quello  di 
Mabciano,  ora  trascritto,  la  cui  conclusione  h  che  alia  exoeptio  di  remisno 
pignori$  «  «i  non  voluntate  creditoria  veniit  »  si  contrappone  la  replieatio  doli,  11 
giureconsulto  infatti  dice  essere  inutile  indagare  se  il  fondo,  dato  specialmente 
in  ipoteca,  si  sia  yenduto  cul  consenso  del  creditore  quando  il  debitore  steaso 
lo  posseda,  salvo  che  il  debitore  lo  abbia  venduto  col  consenso  del  creditore, 
e  poi  lo  abbia  rlooraprato  in  buona  fede  dallo  stesso  individuo,  o  da  colui  al 
quale  11  fondo  era  pervenuto  per  sucoessione,  o  che  lo  stesso  debitore  sia  di- 
venuto  erede  del  oompratore.  Tuttavia  quando  la  peounia  aoluta  non  tit,  si 
solleva  un  sospetto  di  frode  che  antorizea  11  creditore  alia  replieatio  doli.  II 
giureconsulto  prosegne  nella  saa  indagine,  e  si  domanda  che  si  debba  decidere 
se  Tizio  col  consenso  del  suo  creditore  abbia  yenduto  il  fondo  a  Meyio,  o  a 
colui  dal  quale  Mevio  aveva  oomprato,  e  poi  Mevio  sia  divenuto  erede  di 
Tizio,  e  il  creditore  ohieda  da  Mevio.  Sarebbe  iuiquo,  risponde  il  giureconsulto, 
togliersi  dal  creditore  la  cosa  a  colui  che  non  per  suooessioue,  ma  in  altra 
guisa  riia  aoquistata:  pu6  tuttavia  dirsi  che,  versandosi  il  dolo  di  Tizio  nel 
fatto  stesso  che  il  creditore  non  rioeva  la  peounia,  sarebbe  iuiquo  trarlo  iii 
inganno.  Che  se  il  fondo  da  Mevio  dato  in  pegno  si  possieda  da  colui  che  non 
5  stato  soddisfatto,  h  nuovamente  equo  opporre  la  exoeptio:  ai  non  voluntate 
creditoria  veniitf  poioh^,  quantnnque  intervenga  il  dolo  del  debitore,  che  non 
paga,  h  poziore  il  creditore  che  ha  avuto  il  fondo  in  pegno. 

II  risnltato  h  quindi  il  seguente:  il  debitore,  come  il  compratore  come  erede 
del  debitore,  dee  aspettarsi  la  replieatio  doli   quando   cerca   di    tutelare  il  sao 


^)  Sulla  exoeptio  <  ai  non  voluntate  creditoria  pignua  veniit  »  che  era  nn^exceptio 
in  factum  non  edittale  cfr.  Lknkl  (Ed.,  p.  S97,  n.  8)  zz  Eaaai,  11,  $  267  e  KrC- 
OXR  {Beitrdge  zur  Lehre  von  der  exoeptio  doli  [Contributi  ulla  dottrina  deirex- 
ceptio  doli],  pag.  143). 

»6)  Cfr.  pure  L.  4  M ;  L-  7  M  I>*  20,  6;  L.  2  Cod.  8,  25  t26J.  Sulla  L.  8 
$  9  D.  20,  6  cfr.  KuUgku,  {.  c,  pag.  142  e  seg.). 

^)  In  ordine  alle  exceptionea  contro  l'ao(to  hypotheoaria  vedi  sopra  pag.  433, 
nota  17.  Cfr.  pure,  tra  gli  altri,  Dkrnbuug  (Baa  Pfandr,^  II,  pag.  852). 


appkndioe;  465 

possesso  col  riohiamarsi  alia  remUaio^    o   oi6  anclie   qnando   V  alienazione  e  il 
niiovo  acquisto  sia  esente  da  mala  fecle  ^). 

Ma  oi6  non  prova  I'assiinto  del  T11097  che  il  saiisfctotum  esse  deirazione  ipor 
tecaria  non  si  riveli  nella  foitnula  come  parte  della  intentio,  sibbene  come  excepiio 
e  che  in  partioolare  Vexeeptio  del  convenuto  <  ai  non  voluntaU  ereditoris  veniit  » 
sia  una  speciale  conoezione,  pih  adatta  pel  caso  determinato,  per  lo  piii  gene* 
rale  «  si  creditoH  satiafaotnm  non  sU  ». 

25.  —  Altrettanto  viiol  dirsi  intoruo  alia  L.  9  (  3  D.  de  pigner.  actione^  13,  7, 
che  il  TiiON  cita  a  conforto  della  sua  tesi,  eche  suona  cosl : 

«  Ulpianub  lihro  vicensimo  octavo  ad  edietum.  Omnia  pecunia  exsolnfca  esse 
debofc  ant  eo  nomine  satisfactum  esse,  nt  nascatur  pigueraticia  actio,  sati- 
sfactum  antem  accipimus,  quemadmodum  voluit  creditor,  licet  non  sit  solutuni : 
sive  aliis  piguoribus  sibi  caveri  volait,  ut  ab  hoc  recedat,  sive  fideiussoribus 
sive  reo  dato  sive  pretio  aliquo  vel  niida  conventione  nascitnr  pigneraticia 
actio,  et  generaliter  dicendum  erit,  quotiens  recedere  volnit  creditor  a  pignore, 
videri  ei  satisfactum,  si  ut  ipse  Yoluit  sibi  cavit,  licet  in  hoc  deceptns  sit  ». 

Al  Thon  non  importa  che  in  questo  frammento  si  trattl  delV actio  pignef*aticia 
in  personam,  e  non  deWaotio  hypoiheeariay  perch^,  egli  dice,  la  teo^ia  sal  fon-r 
Aa,me\\to  deW  actio  pigneraticia  e  snlla  esohisione  dell' ac^to  hypothecaria  h  \ek 
stessa  ^).  Riferisce  il  Thon  il  pactum  de  non  petendo  come  la  remissio  pignoi'ity 
al  satisfactum  esse  dell'azione  ipo tecaria,  e  poi  crede  di  aver  trovata  una  testi- 
monlanza  diretta  in  or  dine  alia  stessa  azione  ipo  tecaria  nella 

L.  5  pr.  V>,  ^ibus  modis  pignus,  20,  6: 

«  Marcianus  libro  singulari  adformulam  hyphotecariam,  Solvitur  hypotheca  e^ 
si  ab  ea  diseedatiir  ant  paciscatur  creditor,  ne  pecuuiam  petat...  » 
e  nella 

L.  49  D.  de  solutionihus,  46,  3  ^) : 

«  Marcianus  libro  singulari  ad  hypothecariam  forniulam,  Solutam  pecnniam 
intellegimus  ntlque  naturaliter,  si  numerafa  sit  creditori...  quod  si  acceptum 
latum  sit,  quod  stipulationis  nomine  hypoteca  erat  obligata  vel  sine  stipulatione 
aecepta  sit,  solutionis  quidem  verbum  non  proficiet,  sed  satisdationis  sufficit  »; 
e  per  dimostrare  un'altra  volta  che  11  pactum  de  non  petendo  h  compreso  nella 
satisfaclio  dell'azione  ipotecaria,  osserva  il  Thon,  sulla  base  di  questi  ultimi 
frammenti,  che,  qiiando  il  creditore  pignoratizio  ha  liberato  il  debitore  dal- 
robbligaziono  principale,  il  convenuto  dev^essere  protetto,  uel  caso  in  cui  11 
creditore  promuova  in  segnito  1'  actio  liypoihecaHa,  non  con  la  parola  soluHo, 
ma  con  quella  di  satisfaction  poich^  questa  comprende  anche  1'  accepHlatio;  e 
ci5  indifferentemente  se  il  pegno  sia  stato  coatituito  per  una  obbligazione 
assunta  coUa  stipulatioy  o  per  una  obbligazione  di  altra  specie.  E  conchlude  il 
Thon  che  V acceptilatio  estingiie  ipso  iure  solo  la  obbligazione  assunta  con  la 
forma  della  stipulazione :  di  fronte  ad  un'altra  obbligazione  opera  il  pactum  de 


^)  Cfr.  su  quest©  frammento,  fra  gli  altri,  Bachofbn  {Das  Rom.  Pfandr,^ 
pag.  575  e  seg.)  e  Dbrnburo  {Dcls  Ffandrecht,  pag.  557  e  seguenti).  » 

^)  £  qui  il  Thon  cita  il  $  4  de  conceptione  Digestorum,  espresso  cosl : 

f  ...  et  in  primis  liber  singularis  ad  hypothecariam  formulam,  queni  oportuno 
loco  in  quo  de  hypothecis  loquimur  posuimus,  nt,  cum  aemula  sit  pigneraticiis 
actionibus,  quae  in  libris  de  rebus  positae  sunt,  non  abhorreat  eorum  vioini* 
tatem,  cum  circa  easdem  res  ambabus  paeue  idem  studium  est  ». 

^)  In  parte  trascritta  nella  pag.  444. 


456  APPENDICE 

non  petetido  e  aolo  per  exoeptionem.  E  ee  la  tatisfaciio  in  rapporto  M*actio  hypo- 
theoaHa  si  fa  valere  nella  forma  di  una  exeeptio,  dee  valere  lo  eteaso  per  la 
solutio^  poich^  questa  nella  teoria  deir  azione  ipotecaria  vien  posta  sempre 
allato  della  saiiafaotio  e  governata  alio  stesso  raodo,  e  finalraente  anclie  del 
terzo  memento,  del  per  aotarem  etaref  quominua  Bolvatur;  sioch^  quest!  tre  rap- 
port! Bono  indicat!  uella  formula  a  nn  dipresso  eosl :  «  si  ea  pecnnia  8olut» 
non  sit,  neque  A.o  A.o  satisfactum  sit,  neqiie  per  A.  «i  A.  na  stet,  quominus 
solvatur  ». 

L'altimo  teste  ebe  11  Thon  invooa  a  sostegno  della  sua  opinione  h  !1  resoritto 
di  Antonino,  ohe  h  il  seguente: 

L.  2  Cod.  de  remisaione  pignoria^  8,  25  (26) : 

«  Imp.  Antoninus  A,  Maiemo,  Si  probaveris  te  fundum  mercafcum  posses- 
sionemque  eius  tibi  traditam  sciente  et  conseutiente  en,  quae  sibi  eiim  a  ven- 
ditore  obligfttam  dieit,  earn  exeepiione  removebis.  nam  ohligatio  pignm^ia  oonaenauel 
contrahitur  et  diaaolvitur  PF.  II  %d  Fdn\  Antonino  A,  III  el  Geta  III  conss. 
(a.  208)  ». 

Avrebbero  gl'imperatori,  dioe  il  Thon,  applicat'O  qui  il  principlo  prediletto 
del  roniaul  «  nihil  tarn  natiirale  est  quam  eo  genere  quidqiie  dinsolvi,  quo 
coUigatiini  est  »  a  fonclameuto  di  una  sempUce  eeoepHo  quando  uell'  azione 
ipotecaria,  come  in  nn* actio  in  factum ,  fosse  stata  possibile  in  genorale  una 
estinzione  ipso  iure  t  *^). 

26.  —  A  diinostrare  il  nessiin  valore  dl  questa  osservazione  del  Thon  hnster^ 
ricordare  ohe  nella  intentio  delle  actionea  in  factum,  ciii  Vactio  hypotheoaria 
oppartiene,  oltre  gli  element!  ginridici  ordinnrii,  si  trova  pure  il  materiale  dl 
difesa  del  convenuto.  La  exeeptio  esercitava  la  sua  fiinzione  noil'  actio  in  iu9 
ooncepta  ^^).  II  pretore  indicava  al  giiidice  Torbita  dell'  azione,  e  i  modi  onde- 
poteva  essero  estinta.  ^  quindi  vana  opera  quella  del  Thon,  con  cui  si  fa  a 
rilevare  ohe  nel  concetto  della  aatiafactio  si  coniprondo  il  pactum  de  non  petendo, 
e  questo  si  fa  valere  per  mezzo  di  eccezione:  che  i\l  aatiafaotum  eaae  &^pa,Ttiene 
pure  la  remiaaio  pignoria:  die  la  aolutio  h  governata  dnlla  medesinia  norma, 
trovandosi  allato  della  aatiafactio  nella  foinuula.  II  convenuto  infatti  airaoiio 
hypothecaria  oppoue  le  sue  eccezioni,  e  per  'queste  valevauo  le  solite  regole 
processuali;  il  pretore  nella /ormteZa  indicava,  oomo  si  ^  visto,  old  che  quel- 
r azione  poteva  escludere.  £  neppure  giova  ricordare  che  la  dottrina  delTaclio 
pigneraticia  in  peraonam  e  dell'ac^io  hypotheoaHa  sia  la  stesnn  ^),  e  che  Tattore 
nelVactio  hypoikecaiHa  si  troverebbo  in  condizione  peggiore  che  neWactio  pigne- 
raticia in  peraonanif  dovendo  in  quella  provare  il  neque  aolutam  pecuniam,  mcntre 
in  questa  spetta  al  convenuto  la  prova  di  aver  pagato  il  debito.  laiperocch^ 
no!  abbiamo  gi&  dimostrato  che  il  Tuox  h  sempre  preoccupato  dalla  idea  che 


91)  Thon,  I.  o.,  pag.  286. 

*^)  Cfr.  sopra  pag.  441.  Cfr.  Lisnkl  {Uebev  Uraprung  cit.,  pag.  52  e  seg.). 
Cfr.  pure  Gaii  Inat^  4,  116  e  seg.  Yedi  perd  Eisblk  {Die  materielle  Grumdlage 
der  Exeeptio,  pag.  107  e  seg.). 

^3)  Bisogna  pure  uotare  che  tra  T  actio  pigneraticia  in  peraonam  e  1'  actio 
hypothecaria  vi  ha  qualche  differenza:  nell' ac^io  pigneraticia  il  presupposto  h 
che  si  sia  eseguita  la  aolutio,  nella  hypothecaria  bisogna  che  il  paganieuto  non 
sia  avvennto:  onde  Giustiniano  (^  4  C.  Omnem  rei  publioae  cit.)^  disse  cbe 
€  circa  oasdem  res  ambabus  paeno  idem  stadium  est  ».  II  che  del  resto  nou 
uega  il  Thon. 


APPENDIOB  457 

il  riferire  il  neque  solutam,  eco.,  tkWintentio  della  formula  hypotkeearia  importi 
obbligare  I'attore  a  foniire  la  prova  oega'tiva,  ohe  h  impossibile,  di  non  essersi 
pagato  il  debito,  ineatre,  come  abbiamo  giJSk  ricordato  ^),  la  opinione  dominante 
non  riesoe  affatto  a  qiiella  conseguenza,  poicb^  la  formula  deWaotio  hypotheoaria 
non  poteva  aUerare  i  principii  ohe  regolavano  la  pi'ova,  e  per5  restava  sempre 
vero  che  il  convenuto  dovesse  provare  la  aolutio  o  la  satisfactio, 

27.  —  Giiinti  alia  concliisione  della  dottrina  del  Thon  non  orediamo  di  dover 
intrattenerci  intorno  alValtra  parte  del  sao  nssunto,  oon  cui  si  fa  a  dimostrare 
che  se  nelle  formulae  dMaotio  de  eonstituta  pecunia  e  deWaotio  depoaiti  in  fao- 
turn  si  trovavano  le  stesse  parole  della  formula  hypotkeearia,  ci5  non  vaol  dire 
clie  tiitte  queste  azioni  abbiauo  nulla  di  oomune  tra  loro,  poich^  ci5  che  nella 
formula  deWaoiio  hypotkeearia  era  impossibile,  in  qaelle  delVactio  de  eonstituta 
peeunia  e  delV actio  depositi  in  factum  era  uecessitj^  assoliita.  U actio  de  eouBtituta 
pecunia,  dice  il  Thon,  nel  suo  signifioato  originario  era  piuttosto  im'azioue 
pel  danno  dl  non  essersi  a  tempo  adempiuta  la  obbligazione  e  qnindi  era  nO" 
cessit^  imporiosa  che  raffennazione  di  non  essersi  eseguito  il  pagamento  a 
tempo  appartenesse  al  fondamento  dell'azione  e  dovesse  essere  provata  dal- 
Tattore.  Uactio  depoeiti  in  factum,  continiia  il  Thon,  non  era  arhitraria,  e  non 
luirava  direttnmeute  alia  restifcuzioue  della  cosa  depositata,  ma  solo  a  garentire 
I'interesse  del  creditore  contro  i  fatti  dolosi  del  debltore  pel  qnali  Fazione 
civile  (del  deposito)  non  spettava^^)  e  che  erano  espressi  nella /ormMla  «  eamque 
dole  male  redditam  non  ease  ».  L'azione  dulosa  del  convenuto,  oio^  la  deterio- 
razione  della  cosa  depositata,  appartiene  dunque  al  fondamento  deirazione  ed 
QlVintentio  deirattore,  cui  ne  spetta  anohe  la  prova,  e  non  alia  difesa  del  con- 
venuto ;  e  per6  la  formula  depoeiti  in  factum,  come  quella  del  conetitutum,  non 
vnolsi  punto  trattare  come  aualoga  alia  formula  kypotkecaria,  ed  entrambe  of- 
frono  una  prova  della  esattezza  della  opinione  da  esse  Thon  sostenuta^). 
Questa  invece,  per  nostro  avviso,  non  ne  trae  vautaggio  nessuno,  perch^,  anohe 
senza  sottoporre  quelle  azioni  ad  uu  esarae  minuto,  quando  si  ammetta  che  il 
«  neque  solut^m  »  ecc.  non  deve  provarsi  daH'attore,  non  si  sentirii  il  bisogno 
di  spiegare  la  ragione  per  cui  in  altre  azioni  potosse  avvenire  il  contrario  ; 
sicch^  Topiniono  del  Thon,  a  cui  si  contrappongono  gli  argomenti  finora  di- 
scorsi,  non  si  reggerebbe  neppure  evocando  il  ricordo  deW actio  de  eonstituta 
pecunia,  e  dell'aofto  depositi  in  factum,  che  lo  stesso  Thon  afferma  non  aver 
nulla  di  comnne  goW actio  hypotkeearia, 

28.  —  L'opiuione  del  Thon;  precediita,  come  si  h  visto,  in  certa  guisa  dal  Ru- 
DORFF  e  dal  Kkllrr  ^7)  fu  accoUa  dall'AnNDTs  ^)  e  dall'AscoLi,  il  quale  sopprime 
nella /armuZa  Tagglunta  che  quasi  tutti  vi  pongono  «  eauique  meroedem  (pecuniam) 
neque  solutam  »  ecc,  perch^  credo  col  Thon  che  «  quelle  parole  vi  si  introducessoro 


^0  Cfr.  sopra  pag.  444. 

^^)  Thon,  L  o.,  e  speoialmente  p.  300  e  seg. 

^)  Sulla  formula  deW actio  de  eonstituta  pecunia,  cfr.  Bruns  (Zeitackr.  fUr 
lieektsgesck,,  I,  pag.  59  e  seg.)  Bbthmann-Hollweg,  cit.,  II,  pag.  816  e  seg.  — 
Lknel  (Essai  de  reoonstitution  de  V^it  perpetuel,  vol.  I  $  97).  —  Sulla  doppia 
formula  deW actio  depositi  cfr.,  fra  gli  altri,  Krller-Wach  {Der  rom.  Civi^^g,, 
pag.  162,  nota  365);  Karlovva  {Heektsgesek,,  II,  3  Abth.  pag.  1311  e  seg.). 

^')  Vedi  sopra  pag.  442,  e  Rudorff  (ELecktsgesck, ,  II,  $  31,  nota  8). 

^)  Lekrhuck  der  Fandekten  (ed.  Pfaff  e  Ofmann,  Stnttgart  1889,  (  378, 
pag.  735);  Cfr.  pure  Arndts-Serafini,  II,  $  578,  nota  2. 

GlUck,  Cornm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  —  58. 


458  APPENDICB 

Boltsnto  Bu  domanda  del  coDvenDto  come  ecoezione  da  lai  opposta  alle  pretese 
deirattore  ».  L'Ascou  aderisoe  airargomento  del  Thok,  e  dice  che  €  qnelVag- 
giiinta  avrebbe  per  necessarla  conseguenza  di  rigettare  la  prova  del  non  awe- 
nuto  pagamento  suirattore,  11  quale  peroid  si  troverebbe  costretto  a  provare 
ci5  che  nessun  creditore  dove  iiiai  provare  e  perderebbe  non  di  rado  la  lite 
per  la  Impossibilitli  della  prova  negativa  che  egli  non  ^  state  pagato  »  ^).  Ma 
noi  rlpetiamo  anche  qui  che  la  formula  non  poteva  alterare  i  principil  della 
prova,  e  che  11  pagamento  doveva  sempre  provarsi  dal  convenuto,  e  perb  dal 
riferire  alia  intentio  le  parole  €  veque  solutam  »,  eco.,  non  derlvava  la  conse- 
guenza che  Tattore  fosse  costretto  alia  impossibile  prova  negativa  di  non  essere 
state  pagHto  ^^).  II  Lenkl  poi  non  contradice  senza  argomenti,  come  I'AscOLi 
FOBtiene,  la  opinione  del  Thox,  poich^  11  Lenbl  nota  che  il  Thon  da  inesnttl 
punti  di  partenza  giunge  a  inesatto  risnltato,  e  orede  opportuno  di  rlchiamarsi 
ai  luoghi  delle  fonti,  e  specie  alia  L.  61  (59)  ad  8.  C.  Trehellianum.  dicendo 
che  qaesta  non  viiol  essere  intesa  come  la  interpetra  il  Thox^^^^). 

c)  Le  alire  parti  della  formola  :  la  olausola  arlntraria  di  restituzione :  «  Hi$i  ea  res 
arbitratu  tuo  restituetur  » ;  la  €  oondemnatio  »  rivolta  al  «  quanti  ea  ree  erit  ». 

29.  —  Sa  queste  parti  della /otiavZa  hypotheearia  non  crediamo  intrattenerei, 
come  quelle  che  riassumono  il  concetto  delle  altre  aoHones  in  factum  arbUrariae, 

£  note  infatti  che  la  formula  conteneva  Varhiirium  pel  giudioe  di  condannare 
il  convenuto,  solo  nel  case  in  cni  qnesti  non  nbbidisse  AiVarbitnum  de  reeti- 
tuendo,  o  non  soddisfacesse  altrimenti  I'attore,  ad  una  determinata  somma  di 
danaro.  II  giudice  arbitrava  non  de  peounia  ereditay  ma  de  re  obligata  ^^). 

Nell  a  oondemnatio  bisognava  perd  distingnere:  se  1' actio  hypotheearia  era  rivolta 
centre  il  debitore  la  oondemnatio  non  poteva  oltrepassare   la  somma  dovuta  e 


^)  Le  ongini  delVipoteoa  e  delVinterdetto  Salviano  cit.,  pag.  55  e  seg.  in  nota. 

1^)  Cfr.  Bopra  pag.  441  e  444. 

^^^)  Cfr.  Lk!7BL  {das  Ediotum^  p.  396,  nota  10.  Essai  de  reconitHutioUj  II,  note  4 
e  5,  p.  243.  Cfr.  pure  Lbnbl  (Uber  Ursprung  und  Wirkung  der  Exceptionom  cit., 
p.  54,  nota  2),  in  oui  aveva  sostenuto  lo  stesso,  rilevando  pure  che  una  exoeptio 
solutionis  nel  eenso  di  Thon  non  h  affatto  dimostrabile.  L'Eiselk  (Die  materielle 
Grundlage  der  «  Exceptio  »,  pag.  104,  $  VII)  parla  ^Mexceptio  solutionis  nella  for- 
mula hypotheearia^  e  cita  I'opinione  del  Thon,  ma  ritiene  che  uella  formula  in 
factum  11  giudioe  non  dove  attendere  u^  al  ius  civile  nh  al  ius  honorarium^  ma 
soltanto  attenersi  ai  fatti  indicati  nella  fonnula,  Lo  Zimmkkmanx  (Kritischfu 
Bemerkungen  zu  Eisblb'  s  Schrift  Uber  die  materielle  Grundlage  der  €  Exceptio  *t 
pag.  26)  risponde  all'EiSKLB  che  in  ci6  che  riguarda  il  pagamento  pn6  essere 
o  no  la  exceptio  secoudo  che  nel  formnlario  delle  nzioni  del  pretore  non  ai  irori 
parola  della  exceptio  o  si  trovi  quest'ultima  ipotesi  espressa  nella  parte  dells 
formula  «  eamque  pecuniam  neque  solutam  esse  ».  Ma  ci5  si  avvicina  alia  opinione 
del  Thon,  e  a  noi  par  meglio  atteneroi  alia  dimostrazione,  che  crediamo  di  aver 
g\h  fornita,  di  appartenere  quella  parte  alia  intentio  della  formula  hypotheearia. 

»02)  Cfr.,  fra  gli  altri  Kellbr  (der  rdm,  Civilprozess  cit.^.-pa.g.  35  e  seg.,  137), 
e  }a  nostra  nota  18.  Lbnbl  (Edictum^  pag.  397,  nota  2  cogli  autorl  ivi  cltati) 
e  (Essai  de  reconstitution  cit.,  pag.  243,  nota  7).  Cfr.  pure^  fra  gli  altri,  Rc- 
nORFV  (Rechisgesch.,  II,  pag.  153);  Bbkkbr  (Die  Aetionen^  II,  pag.  140,  nota  17); 
GiUARD  (Manuel  cit.,  p.  1008  e  seg.). 


APP£NDIG£  459 

glMnteressi,  ecc.  (non  plwis  quam  debet,  quia  non  plurii  iniet'eet) :  coutro  il  terzo 
possessore  della  cosa  pignorata  la  condemnatio  era  rivolta  alia  litis  aestimatio^ 
ed  il  oreditore,  ricevendo  piti  del  dovutogli,  era  tenuto  a  restituirlo  al  debitore, 
il  quale  poteva  ohiederglielo  coW actio  pigneratioia  ^^).  Ai  frutti  si  aveva  ri- 
gnardo  quando  il  valore  della  cosa  pignorata  non  bastava  ad  estinguere  il 
debito,  e  distingnendo  i  frutti  raccolti  dopo  la  litis  eontestatiOf  obe  erano  sempre 
dovuti,  da  quelli  raccolti  prima,  doYuti  solo  in  quanto  fossero  exslantes  ^'^). 


^^  Gai,  Inst.f  4,  51 ;  L.  16  $  3  D.  20, 1,  e  su  qnesta  Bkthmann-Hollwsg  (Das 
zwanzigste  Buck  der  Pandektenf  pag.  59  e  seg.) ;  L.  21  $  3  eod, ;  L.  2  D.  20,  6. 
Vedi    Dbrnburo    (Das  Pfandr,,  11,  pag.  316,  e   Pandekten  1,  p.  697,  nota  8). 

^^*)  Vedi  sopra  pag.  433,  nota  17  e  gli  autori  ivi  citati ;  cfr.  pure  L.  1  $  2 ; 
L.  16  $  4  D.  20,  1 ;  L.  3  Cod.  14  (15).  Cfr.  Dkrnburg  (Das  Pfandr.^  II,  p.  319 
e  seg.);  Petrazycki  (Die  Fruchtvef'theilungy  pag.  183). 


INDICE    DELLE    FONTI 


H  1-73 
$  114 
$  188 


$  18 
i  59 
(  60 
^  66 
^  171 
i  200 
(  304 
«  205 
(  220 
$  244 
(  258 
i   284 


^  124 
^  149 
t  156 
i  179 
$  183 
«  195 
i  196 
i  197 
^  201 
i  205 


PONTI     GIUBIDIGHE. 
DIRITTO    BOMANO. 

Fonti   antegiustinianee. 
Oaius,  Institutiones. 


Lib.  I. 

pag. 297 
»  257 
»     429 

Lib.  II. 

pag.  297 


» 
» 
» 
» 
» 

» 
» 


257 

256  e  B6g. 
261 
297 
113 
91 
297 
257 
429 
451 
297 


Lib.  III. 


pag.  159 
429 
429 
4!29 
429 
19 
267 
267 
257 
14 


» 
» 

» 
» 

» 
» 


t  205-206 
$  206 


M 

♦  13 
i  35 

$$  40,  41 
$  41 
i  44 
i  46 

♦  47 

t  51 
i  53 

{^  53-60 
$  54 

«  55 
«  57 
i  58 
i  60 
t  61 
(  63 

$$  64,  65 
^  66 

^$  66,  67 
i  68 
«  116 


pag.  276,  279 
»  279,  282 


Lib.  IV. 


pag.  21 


» 

97 

» 

429 

» 

436 

» 

97, 

100 

» 

435 

» 

435 

» 

91, 
251 

102,  246, 

» 

459 

» 

98  e 

8eg.,103, 

116  c 

)8eg.,436 

» 

97 

» 

100,104e8eg.^ 

116, 

118 

» 

99, 

118 

» 

102 

» 

101, 

436 

» 

436 

» 

108 

» 

107 

» 

106 

» 

163, 

297 

» 

107 

» 

97 

» 

456 

462 


INDIOE   DELLE   FONTI 


$  119 

pag.  446 

i  153 

pag.  271  e  seg 

i  122 

»     110 

$  171 

»     159,  206 

f  123 

»     108 

Fragm,  Auguttodunensia  pag.  443 


1 

Paulus, 

Sententiae^ 

Lib.  I. 

Tit.  13. 

— 

Tit. 

4.  — 

■ 

$$  1,  2 

pag. 

299 

♦  1 

pag- 

277  e  seg. 

*  2 

» 

301 

Tit. 

10.  - 

- 

W  2,  7 

» 

299 

pag* 

98  e  seg. 

Tit.  15. 

_^ 

1 

Tit. 

13.  - 

P*g- 
Lib.  II. 

105 

«  3 

Tit.  31. 

pag- 

141 

Tit. 

4.  — 

♦  1 

pag. 

19 

M 

P»g- 

352 
218 

Lib.  V. 

Tit. 

5.  — 

Tit.  26. 

^ 

pag- 

352 

M 

pag. 

300 

M 

» 

105, 108  e  ( 

leg. 

M 

» 

300 

Ulpianuj 

3,  Fragm, 

j 

Tit. 

2.  — 

Tit.  24. 

— 

1 

4  2 

pag. 

113 

II.  8 
X.  2,  5 

Coll 

pag. 

» 

atto. 

257  e  seg. 
262 

pag. 

300 

1 

Consultatio  veteris  cuiusd.  iuriscons, 

y.  4  pag.     98  e  seg. 


i  52 

ii  52,  53 


pag.  100 
»    100 


Vatiodna  Fragnienta. 
i  53 

i  326 


pag.  104 
»      93 


Code^  Hermogenianus. 

De  odlumn,  et  pl^8  petendo  I,  2,      pag.     98,  105 


INBIOE  DELLE  FONTI 


463 


Codex  Theodosianus. 


UI.  Tit.  2  (ed.  J2»««r  Tomo  I,  pag.  290) 

pag.  361 
de  cohartal.  I.  6         »       35 


de  infirm,  hi$  quae  iuh  tffranv,  I.  6 

pag.  305 


Fonti  giustinianee. 
«  Corpus  iuris  civilis  ». 
Bigesta* 


Con$t,  omnem  §  4    pag.  455  e  seg. 

Lib.  I. 
Tit.  1.  —  De  iiutUia  ei  iure. 
L.  7  J  1  pag.     81 

Tit.  3.  —  De  legihue  ienatusque  elo. 
L.  13  pag.  81 

Tit.  15.  —  De  off,  praefeoti  vigilum. 
L.  3  J  1  pag.  286 

»   3  $$  li  2  »     290 

»   3  $  2  »     290 

Tit.  16.  —  De  off.  pi-ocone,  et  leg, 
L.  6  M  V»«'  344 


Tit.  8.  — 

L.  15  i  1 
»   15  «  2 


Lib.  II. 
Qui  $ati$d,  cogantur,  etc, 

pag.  331 
»     331 


Lib.  III. 
Tit.  5.  —  De  negot,  geelie, 

L.  6  pag.  394 

»   7  »       74 

»  21  ^  »lt-  »    393 

Tit.  6.  —  De  calumniator ib, 

L.  ult.  pag.     32 

Lib.  IV. 
Tit.  2.  —  Quod  meiue  causa  etc, 

L.  1 

»   14  M 
»    14  $  5 

»   14  $  9 

»    14  MO 

»   14  MI 

»    21  M 


pag.  254 

»  85 

»  ld4 

»  406 

»  406 

»  154 

»  7 


■.IV. 

XV, 

■    ■  J^V      «>M»f»».»V» 

L.  6  M 

pag.  161  6  seg. 

Tit. 

14. 

—  De  paotis. 

L.  6 

pag.  35 

»  7  pr.  ♦  1 

■ 

»  208 

»  7*6 

»  445 

»  17  t  2 

»  296,  303,  431, 
438,  453 

»  17  i  6 

»  204 

»  27  f  3 

»  438 

»  39 

• 

»  185 

Tit.  4.  —  De  minorib,  XXV  atinia, 

L.  1  pr.  pag.     42 

»   7  $  4  »     102 

»   8  »       42 

»   24  *  alt.  »       42 

Tit.  5.  —  De  capite  minutie. 
L.  7  pr.  pag.     39 

Tit.  8.  —  De  reeeptie,  qui  arhiir.  recep.  etc. 
L.  23  pag.  431 

Tit.  9.  —  Nautae^  cauponee^  eiahul,  etc, 

L.  1  M  pag.  281 

»   1  $  8  »     282 

»   3  J  1  »     279  Q  6Cg. 


464 


INDICT  DELLE.FONTI 


L.  3  M 

pag.  284 

»  S  $  5 

»    6 

»  5  pr. 

»  279 

»  5 

»  282 

Lib.  V. 
Tit.  ].  —  De  iudioii$  et  ubi  quiaq,  ete. 


L.  18  $  1 

pag- 

247 

»  19  pr. 

» 

94 

»  19  M 

» 

92  e 

seg.,  129 

»  20 

» 

93 

>  28  $  5 

» 

104, 

112 

»  35 

» 

116 

»  39  pr. 

» 

154 

»  39 

» 

155 

>  43 

» 

90, 

92,  116, 

129, 

135 

»  45  pr. 

» 

93 

)^  79  pr. 

» 

61 

»  80 

» 

155 

Tit.  2.  —  2>0  inoff.  teBiameuto. 

I..  29  pag.     93 

»   29  M  »       93 

Tit.  3.  — -  i>e  herediiati$  petitione. 


L.  16 

P«g- 

154 

»  16  $$  4, 

5 

» 

204 

»  17 

» 

204 

>   18  pr. 

» 

163, 

204 

»  20  $  17 

» 

204 

»  30 

» 

204 

»  40 

» 

61 

Tit.  4.  —  Si  par$  hereditat,  petatur, 
L.  1^5  pag.  104,  105 

»   3  >     104,  112 

Lib.  VI. 
Tit.  1  —  i>e  rei  vindioatione. 


L.  3 

pag.   2 

>  3  f  3 

»  100, 

105 

»  9 

»  210 

»  15  $  3 

»    4 

»  16 

»    4 

»  21 

»  154 

»  23 

»    2 

»  27  M 

»    3 

pag.  108 

»  415 

»  245 

»  415 

»  113,  300 

»  100, 104  e  Beg. 


L.  27  «  5 
»    48 
»   63 
»   65 
»   66 

»   76  M 

Tit.  2.  —  De  publieiana  in  r.  aei. 
L.  13  $  1  pag.  302 

Lib.  VII. 

Tit.  1.  —  De  usHfi-uctu  et  quemadm.  ete. 

L.  12  (  2  pag.  269 

»   12  $  5  »        7^  12,  112 

»   38  >     269 

»   43  »     151 

Tit.  3.  —  Quando  diet  ususfr.  leg.  oedtit. 
L.  1  M  pag-  110,  113 

Tit.  7  —  De  operis  eervorum, 

L.  3  pag.  332 

»   4  »     332 

»    10  pr.  »     230 

Tit.  8.  —  De  U8U  et  hahit^U. 

L.  2  pag.  269 

§   10  pr.  »     227 

»   10  »    271 

Tit.  9.  —  Ueusfruotuariua  quemadm. 
L.  9  M  pag-  11^ 

Lib.  VIII. 

Tit.  1.  —  De  eervitutibue. 

L.  4  ^$  1,  2  pag.  104 

»    16  »     305,  432 

Tit.  3.  —  De  seiTituiih.  praedior. 
rueticor. 

L.  24  pag.  268,  270 

Lib.  IX. 
Tit.  1.  —  8i  quadrup.  pauper,  fee,  dieatur. 

L.  2  pr.  pag.  280 

»    2  >    289  e  seg. 

Tit.  2,  —  Ad  leg.  AquHiam, 
L.  11  t  7  pag.       9 


INBICE  DBLLfi  FONTI 


466 


L.  18  M 

»   30  M 

>  43 

»  44 

>  57 


»  829,  450 
»        9 

»  846 

»  289  e  86g. 

Tit.  4,  ^  Z>«  lUHraZiK  act. 

L.  22  pa^.  261 

»  27  »    480 

Lib.  X. 

Tit.  2.  —  FamiUae  eroiseundae, 

t.  12  pag,    10 

»   12  (  2  »     113 

»   29  »    843,  393 

Tit.  3.  —  Co«in«ii<  dividundo. 

L.  7  f  12  pag.  296 

»    10  $  3  »     105 

Tit.  4.  —  Jd  exhibendum, 

L.  8  M  Pftg-  296,  305,  432 

>  3  (  1<^  »     210,  330 

»   5  )  nit.  »     154 

Lib.  XI. 

Tit.  1.  —  Deinterrogai.  in  iurefao,,  etc, 
L.  1  pr.  pag.  100,  104 

Tit.  4.  —  De  fugitivU. 
L.  1  pr.  pag.  225 

Tit.  7.  —  De  religioHi,  et  $umtib. 
funer,,  eie. 

L.  34  pag.  113 

Lib.  XII. 

Tit.  1  —  JJe  reb,   orcdittM^  ti  ceri, 
peieLy  etc, 

L.  1  t  1  pag.  207 

»   2  pr.  »     232 

»  2  f  1  »  199 

»  3  »  61 

»  6  »  48 

»  9  pr.  »  48 

»  9  M  »       91 

»   9  (  8  »     309 

»   18  $  1  »     211 

GlUck,  Comm,  Pandetle.  —  Lib.  XUI  — 


L.  22 

P»g. 

56,  60,  70  seg. 

»   36 

> 

110 

»   87 

» 

112 

»   38 

» 

112 

»   89 

» 

112 

Tit.  3. 

—  De  in  litem  iurando^ 

L.  1 

pag. 

54 

»   3 

» 

48,  55 

»   4  (  2 

» 

54  e  seg. 

»  5  $  alt. 

» 

48  e  Beg. 

»   6 

» 

49 

»   8 

» 

54 

»   9 

» 

6 

Tit.  4.  —  De  eondict.  oama  data 
0,  non  sec. 

L.  5  (t  2,  3  pag.  154 

Tit.  5.  *-  De  condict.  oh  turp.  vel 
iniuet.  caue. 


L.  2 
»  3 

»  7 
»  8 

Tit.  6.  - 
L.  19  pr. 

»  22  M 

»  26  ^  13 

>  27 

»  40  $  1 

»  41 

»  42 

»  65  M 

Tit.  7.  — 
L.  3 
»  3  M 

Tit.  1.  - 

L.  1 
»  2 
»  3 
»  4 
»  5 


pag.  245 
»  826 
»  8 
»  326 

De  condict.  indehiti* 

pag.  173 
»       49 


» 
» 

» 


137 

92,  120,  129 

49 
172 
404 

49 


D^  condict,  sine  causa* 

pag.     49 
»     326 

Lib.  XIII. 

De  oondictione  furtiva. 

pag.      7 

»  17 

»  25  e  seg. 

>  22 

»  16,  18,  20 


59. 


466 

L.  6 

»  7  M 

»  7  $  2 

»  8 

»  8  pr. 

»  8  pr.  $  1 

»  8  M 

»  8  $  2 

»  9 

»  10  pr. 

»  10  M 

»  10  M 

»  10  $$  2,  8 

»  10  M 

»  11 

»  12  pr.  $  1 

»  12  M 

»  13 

»  14 

»  14  pr. 

»  14  M 

»  15 

»  16 

»  17 

»  19 

»  20 


INDICB   DELLE  FONT! 


pag.  17  e  8«g.,  20 
»  3  e  Heg»,  7 
»         4,  20,  23 

»  26 

»         7,  27,  49 

»  21 

»  22,  26,  65 

»  25 

»  20,  24 

*  16,  27 
»  8,  16 
»    7 

»  11 
»    7,  10 

»  10 

»  11 

»    7,  12,  405 

»  25 

»  25 

»  11 

»  27 

»  18 

»  19,  26,  223 

»  27 

»  16 

»  4, 26  8eg.,49 


Tit.  2. 
L.  unica 

Tit.  3. 

L.  1 

»  1  pr. 

»  1  M 
»  2 
»  3 

»  4 

Tit.  4.  - 

L.  1 

»  2 

»  2  pr, 


De  eondiofioiitf  esc  Ze^0. 
pag.     16,  29 


» 
» 


1)0  oon<7io(ione  tHtioiana. 

49 
48 
8,  45,  50 

7,  8 

45,    49,    52, 
6468 
»       49,    52,    56, 
60,  70  e  seg. 

De  eo  quod   certo   loco   dari 
oporiet. 


pag- 


» 


73,  76,  80, 

82,  87,  128 

80,  140 

84,  88,  95 


L.  2  M 

»  2  M-^ 
»  2  $  2 

»  2  M 


» 
» 


2  M 
2^5 
2  $  6 
2  $J  6, 
2  $  7 
2  M 


»  3 

»  4 

»  4  pr. 

»  4  $  1 

»  5 

»  6 

»  7 

»  7  pr. 

»  7  M 

»  8 


»  9 
»  10 


Tit.  5. 
L.  1  pr. 
»  1  M 


» 


1 
1 
1 
1 
1 


$  5 

$  7 

3  pr. 
3  $  1 
3  $  2 


pag.  76,  89 
»   87 

»   83,  121  e  Reg. 
»   94,  116,  121 

e  seg.,  151 
»  150 
»   87,  135 
»  132 
»   87 
»   88,  152 
»   81,84,88seg. 

95,  140  seg. 
»   73,  80,  85, 

106,  141 
»   80,  83,  95, 
105,  125,  141 
»  149,  153 
»   84,  154 
»  77,  80,  84,  89, 

91,  107,  135 
»   77,  89,  135 
»   74,  80,  84, 

90,  135  seg. 
»  116 

»   89,  116,  136 
»   84  e  seg.,  88 

e  seg.,  120, 

142  e  seg. 
»   73.  94 
»   84,  95,  142 

e  seg.,  146, 
153 

De  peounia  eonstitnta. 

pag.  160,  176 
»  158,  170,  181, 

195 
»  170 

»  181,  188,  191 
»  169,  195 
»  170,  173 
»  161 
»  184 
»  171 

»  158,  175,  182 
e  seg. 


INDIGE   DELLE   FONTI 


46? 


L.  4 

>  5  pr. 
5  $  2 
5  M 
5  $  5 
5  $  6 
5  4  7 
5  $  9 
6 


> 
> 
» 

» 

» 
> 

» 

» 

» 


> 
» 

» 

» 
» 

» 
» 

» 


^  1 


0 
1  pr. 

M  1 
2 

3 

4  pr. 

4  $4  1,  2 

4^2 

4  $  3 

5 

6 

6  pr. 

6^1 


6^2 

6  M 

6  M 

7 

8 

8  pr. 
8  $  1 

8  M 

8  M 

9  pr. 

9  pr.  J  1 

9  M 
21  pr. 

21  $  1 

21  4  2 

22 

23 


pag.  158,  182 

»  182,  188,  191 

»  161,  183,  203 

»  176 

»  177 

»  178 

»  178 

»  178,  203 

>  203 
»  203 
»  152 

5>  170,  179,  203 

»  179 

»  199 

»  171,  196 

»  182,  185,  191 

»  161,  185,  191 

»  182,  191 

»  176 

»  159,  183 

»  198 

>  176 

>  176 
»  129 
»  197 

»  77,  84,  90, 
92, 135eseg., 
188,  191 

»  157,  198 

»  200 

»  158,  200 

»  158e8eg.,200 

»  200  e  seg. 

»  158 

»  174,  184,  186 

»  198 

»  183,  196 

»  175,  191 

»  183 

»  174 

»  159 

»  158,  180 

»  159,  198 

»  204 

»  159 


L.  24 

pag. 

195 

»  25 

» 

199 

»  25  pr. 

» 

182 

»  26 

» 

161,  169 

»  27 

» 

161e8eg.,  164, 
196 

»  28 

» 

161,  183,  187, 
196 

^  29 

> 

170,  195 

»  30 

» 

152,  179 

Tit.  6.  — 

Commodati  vel  contra. 

L.  1  pr. 

pag- 

208 

»  1  $  1 

» 

209,  226,  253 

»  1  M 

• 

» 

245,  268 

».2 

» 

245 

>   8 

» 

245 

»  3  M 

> 

91,  232 

»  3  $  2 

» 

45,48,54,63 

»  3  M 

> 

207,  243  seg. 

»  3  M 

)► 

211 

»  3  4  5 

» 

207 

»  3  $  6 

» 

210,  265,  268, 
335 

>  4 

» 

211,  265,  268, 
335 

»  4  pr. 

» 

250 

»  5 

> 

19,  276 

»  5  pr. 

» 

136 

»  5  J  1 

» 

245 

^5^2 

« 

216,  218,  238, 
347,  351 

»  5  $  2-10 

» 

251 

»  5  $  3 

» 

214,  251,  347 

»  5  M 

» 

218,  238,  279, 
285 

»  5  $  5 

» 

238,  279 

»  5  J  6 

» 

290 

»  5  $  7 

» 

209,  220,  265 

»  5  J  8 

» 

223,  232,  265, 
267 

»  5  M 

» 

233^  238 

»  5  $  10 

» 

239,  265 

»  5  $  12 

» 

210,  225,  265, 
412 

468 


INDIOE  I>£LLE  FONTI 


L.  5  $  13 

».  5  $  15 

»  8 

»  10  pr. 
'>  10  J  1 

:s>  10  4  2 

»  11 

»  12  pr. 

»  12  $  1 

»  13  M 
»  14 
>  15 
»  16 
»  17 
17  t  2 

17  M 


»  17  M 

»  17  $  5 

»  18 

»  18  pr. 


»  18  M 
1>  18  $  2 

2>  18  $  3 

»  18  M 
»   19 
»  20 

»  21  M 
»  22 

»  23 
Tit.  7.  — 

L.  1 

»  »  $  1 

»  »  »  2 

»  2 

»  4 

»  6  M 

»  7 


pag.  281,  290 

»  276 

»  238,  241,  244, 
278,  281,  291 

^       19,  210 

»  210 

»  232,  265 

»  241,  275,  280, 
292 

»  240 

»  241,  292 

»  241 

»  241 

^>  233 

»  223 

»  210,  230 

%>  210,  231 

»  264 

v>  244 

^>  224,  244,  265 
e  seg. 

^>  102 

v>  245 

»  265 

p  221,  239,  277 
8eg.,348  seg., 
351  seg. 

^>  346 

v>  240,  245 

>>  244 
»  236 

»    280,  284,  289 
pag.  241,  291 
»  214,  242,  244 
»  209,  244 
»  232,  265 

De  pignei'aticia  aotione 
vel  contra, 

pag.  295 

»  306 

»  395 

»  342 

»  341 

»  391,  409 

»  337  391,  409, 


L.  8  pr. 

pag.  843 

»  »  $  1 

»  400 

• 

»  »  »  5 

»  828,  841 

»  9  pr. 

»  320,  342  0eg. 

»  »^2 

»  294 

»  »  »  3 

»  358,  388,  seg.. 

409,  423,  455 

»  >  ^i  3,  i,  6 

»  325 

»  »  $  4 

»  298,  311,  314^ 

358,  403 

»  »  »  5 

»  410,  423 

»  10 

»  311,  434 

»  11  $  1 

»  325 

»  »  >  2 

»  403 

»  »  M  2/  3 

»  325 

»  »  $  8 

»  827,  390,  400 

»  »  »  5 

»  307,  325,  388, 

410  Beg. 

»  »  »  6 

p     308 

• 

»  12 

»  311 

»  13 

»  352 

»  »  pr. 

»  413 

»  »  ^  1 

'S>    240,  281,  286, 

349 

»  14 

Y  240,  278,  286, 

348,  350 

»  15 

»  348 

»  16  $  1 

»  314,  320,  395 

»  »  »  2 

»  296 

»  18 

»  433 

»  18  pr. 

»  312 

»  >  M 

»  404 

»  20  pr. 

»  403 

»  »  $  1 

»  403 

»  :i>  »  2 

»  389 

»  »  »  3 

»  363 

»  22 

»   12  seg. 

»  »  pr. 

:>  404,  407  seg. 

»  »  M 

»  298,  314,  358, 

403  seg. 

»  »  »  3 

»  402 

»  »  »  4 

»  398 

»  »  »  23 

»  899 

»  24 

»  398 

»  »  M 

»  391  sog.,  409 

»  25 

»  343  seg. 

L. 

27 

» 

28 

» 

»  pr 

» 

30 

» 

31 

INDICE  BELLE   FONTI  469 

Lib.  XVL 

Tit.  1.  —  Ad^S.C.   Velleianum, 
L.  13  $  1  pag.  431y  439  seg., 


»  32 

»  33 

»  34 

»  35  $  1 

»  36 

j>  »    pr. 

»  »   M 

»  37  pr. 

»  39 

»  40  M 

»  41 

)>  42 


Lm.  XIV. 
Tit.  1.  —  De  exeroitoHa  aotione, 

L.  1  $$  17,  18        pag.  335 
i>  5  pr. 


pag. 

412 

» 

303, 

342 

» 

414 

> 

357 

» 

260, 
396 

342  seg., 

» 

320, 

342  seg., 

396, 

400 

» 

375, 

381 

» 

363 

» 

294, 

302 

» 

320 

^> 

395 

» 

395 

» 

343 

» 

379 

» 

339 

seg.,  419 

» 

296, 
324 

315,  318, 

» 

392, 

409 

Tit.  3. 

L.  1 

}»    5  $  15 


»     335 


De  inatitoria  aotiotie. 


pag. 


80 
393 


Tit.  6.  —  De  aenatuaoons,  maocdoniano. 
L.  12  pag.  369 

Lib.  XV. 
Tit.  1.  —  De  peculio, 

L.  3  $  12 
»  9  $  5 

»  27 


»   29  $  1 

r>  36 


Tit.  3. 


L.  15 


pag.     16,  21 

»     113 

»     261 

»     319 

»     261 

De  in  rem  verso, 
pag.  183 


»   32  $  1 


449 
»     326,  403 


Tit.  2.  —  De  compenaaiionihus. 


L.  1 
»  4 

»  10  $  2 
»  15 
»  18  pr. 
»  21 


pag.  106 
».  100 
»  20 
»  84 
»  106 
»     100 


Tit.  3.  —  Depoaili  vel  contra,  . 


L.  1 

^  »  i  9 

»  »  »  12 

»  »  ($  16,  40 

»  »  ^5 

»  »  »  47 

»  2 

»  3 

»  6 

»  12 

»  13 

»  14 

»  19 

»  23 

»  24 

»  26  $  2 

»  31  pr, 

»  »  -^  1 

»  32 


pag.  281 

>>  281 


» 

» 

» 
» 
» 
» 

» 

» 

» 
» 


282 

91 
281  seg. 
259 
259 
259 
281 
281 
281 
281 
247 
262 
316 
169 

74 
231 
220 


Lib.  XVIL 

Tit.  1.  —  2£andati  vel  ooutra, 

L.  1  $  3 

»  6  pr. 

»  8 

»  »  MO 

»  10  J  8 

3>  26  J  7 

»  37 


pag.  335 
»  225 
»  393 
»  154 
»  335 
»  396 

»   51,  60,  63, 
68,  138 


470 


INDICE   BELLE   FONTI 


L.  40 
»   59  M 

Tit.  2. 

L.  25 
»   52  $  3 
»    58  $  2 


pag.  345 
»     400 

•  Pro  $oeio. 

pag.  283 

»     215,  285,  291 
»     369 


Lib.  XVIIT. 
Tit.  1.  —  De  eontrahenda  empHone^  etc. 


L.  1 

»  7  J  1 

y>  28 

}>  35  M 

»  <60 

»  80  i.»f. 

»  81 

Tit.  8. 

L.  1 

»  2 
»  3 
»   4 


png. 

» 

» 
» 
» 


48 
369 
811 
288 
359 
369 
369 


De  lege  ewamieeoria, 

pag.  360 
»  360 
»  398 
»  .  360 


Tit.  6.  —  De  perioulo  et  oommodo 
rei  venditae, 

L.  1  $$r  1,  2,  3  pag.  288 

»  2  $  1  »  280,  288,  346 

»   3  »  220,  277  seg., 

280,  346 

»   4  $$  1.  2  »  288 

:^    11  »  286  Beg. 

»   ult.  (20)  »  141 

Lib.  XIX. 
Tit.  1 .   —   De  actionihus  empti  venditi. 


L.  3  $  3 

»  »  »  4 

^>  11  i  16 

»  »    »  18 

»  13  $  25 

»  21  »  3 

»  30  pr. 

»  33 

»  36 

»  54 


pag.     65 
»       69, -137 

»  399 
»       74 

»  414 
N>       66,  141 
»       21 

»  101  seg. 

^>  281 
»       74 


Tit.  2. 

L.  5 

»  9  pr.  ^  1 

»  13  $  lilt. 

»  19  »  6 

»  24  }»  2 

»  25  »  7 

»  26  »  1 

»  28  »  2 

»  29 

»  40 

»  41 

»  44 

»  45 

»  47 

»  54  pr. 

»  »    $  alt. 

»  65  pr. 

»  60 

^  1>    i  2 

»  »    »  5 

»  »    »  8 


I^caii  eondneti. 

pag.  268 

»  268 

»  403 

»  268 

»  268 

»  277  seg. 

»  268 

»  335 

»  287 

»  284 

»  280,  284,  289 

»  270 

»  396 

»  244 
»       74,  145 

»  217 

»  290 

»  393 


» 


14 
15 


»     284 


Tit.  3.  —  De  aestimatoria. 
L.  1  (  1  pag.  216 

Tit.  5.  —  De  praescriptis  rerbU 
et  in  factum  actionibne. 


L. 


1 

»  1  «  2 

»  9 

»  11 

»  12 

»  16 

»  17  pr. 


» 


» 


»    » 

»  20 
»  23 
»   24 


^  1 

»  2 

»  3 

»  4 


pag.     28 

»  275 

»  248 
»       39,  28 
»       28 

»  274 

»  227,268,271, 

335 

»  215  seg. 

»  275 

»  265 

»  275 

»  234 

»  275 

»  336 


Lib.  XX. 
Tit.  1.  — De pignoribue  et  hypothectM,  etc, 
L.  1  pr.  pag.  316,  326 


INDICK.  BELLE.  FONTI 


471 


L. 

1     $   1 

» 

»    »  2 

» 

»    »  3 

» 

2 

» 

4 

» 

5  pr. 

» 

»    $    1 

» 

»    »    nit 

» 

9    »    1 

» 

11  »    1 

» 

»   »    2 

» 

»   »    3 

» 

»   »    7 

» 

12 

» 

13 

» 

»    J  2 

T> 

»    »  3 

T> 

»    »  4 

» 

»    »  5 

» 

14 

» 

»    $  1 

» 

15  pr. 

» 

»   M 

» 

16  $  3 

» 

»    »  4 

» 

»    »  5 

» 

»   »  nit. 

» 

17 

i> 

»  M 

» 

21  $  1 

» 

»   »  3 

» 

22 

» 

23  $  1 

» 

25 

» 

27 

3> 

29  $  1 

» 

31 

» 

33 

» 

»  ^  5 

» 

34  »  1 

pag.  433 

»  459 

»  383 

»  414 

»  302,  307,  439, 

449 

»  325,  328 

:»  296  seg.,  430 

»  296 

»  311 

»  296,  375,  381, 

388,  431 

»  312,  403 

»  813 

»  403 

»  313,  403 

»  404 

»  338  seg. 

»  430,  439 

»  440,  450  Beg, 

^  111,  329,  431, 

4398g.,449sg. 

»  329,  342 

»  325,  329 

»  295,  312 

»  302,  314,  439, 

449 

»  154,  342,  459 

»  459 

»  433 

3>  366 

y>  303.  342 

»  430 

»  315 

»  404,  406,  459 

»  318,  324 

»  302,  308 

»  308 

»  397,  450 

5>  404,  430 

»  296 

»  827 

»  342 

>►  307 


Tit.  2.  —  In  quib,  eauaia  pufnus,   ete, 
L.  8  pag.  333,  386,  381 

Tit.  3.  —  Quae  respignori  vel  hypoth»y  etc. 
L.  2  pag.  325 

Tit.  4.  —  Qui  poUore$  in  pignore,  etc. 

m 

L.  11  $  4 
»   12  pr. 

»    » • $  10 
)►.  14  : 

»    20 


pag.  440,  449 
»     297. 
»     297 
»     317 
»     301 


Tit.  5.  —  De  diatraotione  pignorum 
et  hypoth. 

297 
28  . 
413 
394 
399 
28 


L.  5 
»   »  M 
7  pjr. 
9    » 
10 
11 
12 
]>    $  1 


» 
» 


363 
402 


Tit.  .6.  —  Quibus  modia  pignua 
vel  hypotheoa  aolvitur. 


L.  2 

»  4  M 

»  5*  pr. 

»  6 

»  »  $  1 

.  »  7  M  2,  3 

»  8 

>>  »  -^  7 

»  »  M     . 

»  »  »  9 

»  12  $  1 

»  18 


pag.  414,  459 

»  454 

»  455 

>>  440 

^  198,  484 

)>  453,  454 

»  312 

»  453 

»  454 

»  454 

»  342,  480 

>  449 


Lib.  XXI. 
Tit.  1.   —  De  aedth'oio  edioto,  ete, 

L.  21  $  3  pag.  154 

»   43  $  9  »     111 

»    48  »  4  ■    •            »  •  397 

»    58  pr.  »     896 


472 


INDIOE  DELLE  FONTl! 


Tit.  2.  ^  Ih  wiotianibua  et  duplae 
ttipulatiane. 


L.  66  pr. 

pag.  432 

»  73 

»  324 

»  74  $  1 

»  399 

Tit.  3.  —  De  exoeptione  rei  venditae  et 
traditae. 


L.  1  pr.  J  1 

pag.  324 

»  1  M 

»  393 

»  8 

»  324 

Titi  1.  - 

L.  1 

>  8 

»  3  $  1 

'»  9  J  1 

»  21 

»  22 

»  23  pr. 

->  24 

»  29 

»  32  pr. 

»  34 

»  37 

»  38  $  7 

»  38  $  10 

»  47 

»  49 


Lib.  XXII. 

De  ueurie  et  fructibut  et 
eaneie  etc, 

pag.    74 

»  60 

»  69 

»  383 

»  60 

»  60 

»  60 

»  60 
•'827 

»  67 

»  136 

»  400 

»  126 

»  210;  233 

»  60 

»  312 


Tit.  2.  —  De  nautioo  foenore, 
L.  7  pag.     35 

Tit.  3.  —  i)«  jn'o^a/tonidiM  et  praeeump^ 
tionibue. 


L.  19  pr. 
r>  23 
»  28 


pag.  445 
»    438,  449 
3^       67 


Tit.  4.  ^ —  De  fide  instrumentot^um,  etc, 

L.  4  pag.  439 

»   iD  »    272 


Lib.  XXIII. 
Tit.  2.  —  De  ritu  nuptiarum. 

L.  19  pag.    36 

>   45  $  5  »     319 

Tit.  3,  —  De  iure  dotium, 

L.  9  $  3  pag.  281 

»   10  $  nit.  »     123 

»   67  »        8 

Lib.  XXIV. 

Tit.  1.  — •  2)0  donationibue  inter  virum 
et  usDorem, 

L.  7  ^  5  pag.  214 

»  7  $  6  »     363 

»   11  »     115 

»   18  »    272 

»   49  »    258 

Tit.  3.  —  Soluto  fnatrimonio  doe  qyum- 

admodum  petatur. 

L.  25  $  3 

»  27  M 

»  61 

»  62 

»  64  $  5 

»  64  $$  5-7 

»  65 

Lib.  XXV. 
Tit.  2.  — •  De  aetioAe  rerum  awiotarum. 


pag. 

154 

» 

37 

» 

38 

» 

37 

» 

37 

;^ 

37 

» 

36  e 

seg. 

L.  3  $  2 

pag.  25 

»  3  $  lilt. 

»   24 

»  6  M 

»   24 

»  11  «  5 

»   24 

»  11  ^  5, 

6 

»       22 

»  21  t  2 

»  396 

»  25 

»   22 

Lib. 

XXVI. 

Tit.  7.  —  De  adminUtr.  et  perie.  tnUh 
rum  et  curator,,,  etc, 

L.  2  $  1  pag.    17 

»   36  »     106 

»   50  »     285 


INDIGB  DBIXB  FONTI 


473 


Lib.  XXVII. 

Tit.  9.  —  De  rdnu  eorum^  qui  sub 
tutela  vel  tura  9unt^  etc. 

L.  1  $  ult.  pag.  326 

Tit.  10.  —  De  curataribMs  fwrioso,  etc. 
L.  10  pr.  pag>  326 

Lib.  XXVIII. 

Tit.  6.  —  De  vulgari  ei  pupillari  sub- 
9tit%t%one, 

L.  4  $  2  pag.  375 

Lib.  XXVIIII. 

Tit.  5.  —  2>0  senai'M  cons,  Bilaniano  et 
clavdianOf  eie. 

L.  1  M  pag.  *113 

Lib.  XXX. 
De  legatie  et  fideioommiedie  I. 

L.  47  M  P<^g-  ^^ 

»   48  J  1  »       17 

»   69  J  5  »     154 

»   71  4  3  »       70 

»   84  $  4  »       66 

Lib.  XXXI. 

De  legatie  et  fideioommiseie  II. 

L.  84  pag.  136 

»  87  J  1  ^>     136 

Lib.  XXXIL 

De  legatia  et  fideioommiesis  HI, 
L.  11  $  17  pag.     70 

Lib.  XXXIII. 

Tit.  2.   —  Z>6  U8U  et  ueufruotu  et  reditu 
et  hdbitalione  et  operiSf  etc, 

L.  34  pag.  268 

»   40  »     268 

»   43  »     440 

Tit.  10.  —  De  Buppellectile  legata. 

L.  9  $  2  pag.  300 

GLGicK.  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII. 


Tit.  3. 

L.  15 
»  16 
^   17 


Lib.  XXXIUI. 
—  De  liberatione  legata, 
pag.  274 


» 
^ 


274 
274 


Lib.  XXXV. 

Tit.  1.  —  De  oandioionibue   et   demon- 
etrationibue  et  eauaia  et  modis^  etc. 

L.  92  i.  f.  pag.  136 

»   105  3>     113 

Tit.  2.  -^  Ad  legem  Faleidiam. 

L.  15  $  6  pag.  113 

»   24  $  1  »     113 

»   88  M  ^     113 

Lib.  XXXVL 
Tit.  1.  —  Ad  een.  cone,  trebellianum. 

L.  18  pr.  pag.  113 

»   45 
»  57  pr. 
»   59  pr. 


»  451 
»  113 
»     431 


»  155 

)>  440,  449,  458 

»  452 

»  203 


»  59  i  alt. 

»  61 

»  66  $  2 

»  73  pr. 

Tit.  4.  —  I7t  in  poeseeaionem  legatorum 
vel  fldeioommiaeorumy  etc. 

L.  5  S  6  pag.  440 

»   5  $  21  »     411 

Lib.  XXXVII. 
Tit.  7.  —  De  dotis  eollatione. 
L.  8  pag.  316 

Lib.  XXXVIII. 
Tit.  5.  —  Si  quid  infraudem  patroni,  etc. 
L.  1  i  26  pag.  452 

Tit.  16.  —  De  auie  et  legitimia  heredibua. 
L.  3  J  2  pag.     37 

Lib.  XXXVIIII. 
Tit.  1.  —  De  operia  novi  nuntiatiane. 
L.  9  pag.  296 

60. 


474 

Tit.  2.  —  D€  damno  infeotOy  etc, 

L.  4  J  8  pag.    42 

»   34  »     307,  410 

Tit.  5.  —  De  danationihuB, 


L.  2  $  5 

pag. 

.115 

»  9 

» 

272 

»  9  pr. 

» 

229,  274 

»  9  M 

» 

274 

»  27 

T> 

227, 272  e  Beg. 

»  32 

» 

227,272e8eg. 

Lib.  XXXX. 
Tit.  1.  —  De  viianum%99ioniim9, 
L.  11  pag.  113 


»   31 


37 


INDIGB   DBLLB  FONTI 

Tit.  5.  —  De  reinw  auctm'iUUe  \udM$ 
p088idend%8  $eH  vendundi9. 

L.  L.  If  2  pag.    93 

L.  3  »       93,  131 

»  9  pr.  »     411 

Lib.  XXXXIII. 
Tit.  16.  ^  De  vi  et  de  vi  armata, 
L.  1  $  9  pag.  330 

»   1  $  3^  »         4 

Tit.  17.  —  UH  poseidetie. 
L.  3  $  10  pag.     40 

Tit.  24.  —  Quod  vi  aut  olam, 
L.  1  ^  3  pag.  210 

Tit.  26.  —  De  preeario. 


Tit.  9.  —  Qui  ei  a  quibue  manumissiy  etc, 
L.  29  $  1  pag.  113 

Lib.  XXXXI. 
Tit.  1 .  —  De  adquirendo  rerum  dominio, 
L.  52  pag.  439 

Tit.  2.  —  De  adquiretida  vel  amiUenda 
po9Be88ione. 

L.  18  $  12  pag.  445 

»   20  »     210,  237 

Tit.  3.  —  De  ueurpationibue  et  ueuoa- 
pionibun. 

L.  4  $  20  pag.    26 


»  4  $  21 

»  13 

»  13  pr. 

»  16 


» 


» 


403 
330 
421 
330 


Lib.  XXXXII. 

Tit.  1.  —  De  re  iudioata  ei  de  effeetu 
aententiarum  et  de  interlooutionibue, 

L.  11  pag.    56,  126 

»   15  $  7  »     393 

»   51  M  »    406 

Tit.  2.  —  De  eopfeesia, 
L.  62  }  2  pag.  260 


L.  1  pr. 

»  1  $  3 

»  2  $  2 

»  2  $  3 

^  3 

»  4  M 

:»  4  $  4 

»  8  *  1 

»  8  $  3 

»  12 

»  12  pr. 

»    15  M 
»    15  M 

Tit.  33.  •—  De  ealviano  interdicts 

pag.  428 

Lib.  XXXXIIII. 

Tit.  1.  —  De  exeeptionibus, 

priuecriptionUme   et  praeindieiie. 

L.  22  pr.  pag.  109 

Tit.  2.  —  De  exoepiiane  rei  iudieaiae. 


pag 

.223 
246 

"» 

223 

» 

271 

T> 

227, 

271 

» 

264 

» 

266 

» 

273 

» 

347 

» 

266 

» 

223 

» 

270, 

272 

3^ 

227, 

271 

L.  2  pr. 

pag. 446 

»  5 

»  154 

»  11  $  4 

»  115 

»  19 

»     296 

»  22  pr. 

»  446 

»  30  M 

»  296,  431,  434, 

440,  449 

INDIGE  DELLE  FONTI 


475 


Tit.  4.  —  De  doli  fMli  et  metu$ 
exoeptione. 

L.  8  pr.  pag.  238 

Tit.  7.  —  De  ohligationibu8  et  aoiionHms. 


L.  1  M 

)>   1  ♦  5 

»  1  M 
»  1  M 

»   9 

»  11 

»  16 
»  21 
»   22 

»   31  i.  f. 
»   36 
»  42  pr. 
»   44  $  1 
»  50 
»   56 


pag.239,  277,  279 

^  281 

»  309,  423,  426 

»  188,  191 

»  246 

»  178 

»  261 

»  131 
i>      56 

;>  185 
»       22,  25 

»  112 

»  329 

»  127,  132 
»        9 


Lib.  XXXXV. 


Tit.   1.   —  J)e  verhorum  ohligaiianibua, 

pag.  407 
»       42 

»  326 

»  400 
»  27 
»       64,  67 

»  104 

»  381 
»        4 

»  159 

i>  127,  132,  202 

»  407 

»   62,  127,  132 

»  127 

»  131 

»  144 
»  56 
»   62 

»  100 
1-3  »   49 

»  100 
>>  89 
»   61 


L.  8  M 

»  5 
:»   6 
»  18 
»  20  $  1 
»  23 
V  25 
»  28 
»  29  9  1 
»  38  $  2 
»  88  M6 
»   38  M7 
»  41  $  1 
»  42 
»  42  pr. 
»  49  pr. 
»  59 
»  60 
»  74 

.•>   75  pr.  e 
»    75  $  3 

»    75  M 
»   82  $  1 


L.  88 

»  91  $  4 

»  95 

»  114 

»  118  $  1 

y>  122  pr. 

»  127 

»  131  $  1 

»  137  $  2 

»  137  $  4 

»  141 

Tit.  2.  —  !)€  duohuB  reia  eonstituendU, 

L.  9  pr.  pag.  244 

Tit.  3.  —  De  etipulatiane  servorum, 

L.  6  pag.  260 


pftg 

.144 

» 

144 

^ 

135 

» 

126 

» 

127 

» 

92, 

132 

» 

326 

» 

152 

» 

92, 

132  seg. 

» 

137, 

139,  199 

» 

132 

»   70 


»     202 
Lib.  XXXXVI. 


fi' 


Tit.  1.  —  De  fldeiu89or%bu9 
et  mandataribue. 


pag.  189,  191 

188 

189 

188  Beg. 
189 

152,  327 
189 

48,  188 
133 
190 
189 
188 


» 
» 

» 
» 


L.  8  M 

»  8  $  8 

»  8  $$  8i  9 

»  16  $$  1,  2 

»  16  M 

»  23 

»  34 

»  42 

»  49  $  2 

»  49  in  f. 

»  70  pr. 

»  70  J  2 

Tit.  2.  —  De  novationibue 
et  delegationibue. 

L.  12  pag.    49 

»   28  »       51,  63 

»   29  »     197 

Tit.  3.  —  Desolutionibuaet  liber ai%onihu$. 

L.  5  $  2  pag.  400,  445 
»  10  »  152 

»  12  M         »  152 
»  13  »   67 

»  33  $  1         »   66 


476 


INDIGE   DELLE  FOTtTI 


L.  36 

P«g- 

104,  111 

seg. 

L. 

15  $  2 

pag. 

235, 

245 

»   43 

» 

186,  196 

» 

17 

» 

265 

»   49 

» 

444,  445, 

455 

» 

19  $  5 

» 

19 

»   69 

» 

180 

» 

19  $  6 

» 

19 

>►   67 

» 

211 

*> 

20  M 

» 

19 

»    72  $  3 

» 

27 

» 

23 

» 

17 

»    74 

» 

407 

» 

24 

» 

17 

)►   95  pr. 

» 

123 

» 

25  $  1 

» 

8, 

12 

»   95  $  3 

» 

316 

» 

26  $  1 

» 

15 

»   98  $  5 

» 

152 

» 

36  pr. 

» 

17 

»    101  $  1 

> 

326  seg. 

» 

40 

» 

19, 

265 

Tit.  4.    — 

De  acceptilatione. 

» 

50  $  1 

» 

18 

L.  13  $}  7,  8 

P»g- 

113 

» 

52  $  6 

» 

25 

Tit.  8.  —  Ratam  rem 

\  haheri.  etc. 

» 

52  $  8 

^> 

15 

t 

» 

52  «  14 

» 

25 

L.  12  $  2 

pag 

.  67 

» 

• 

52  $  19 

» 

17 

Lib. 

XXXXVII. 

» 

52  $  20 

•-> 

3?2 

Tit.  1.  —  De  privaiiE  delictis. 

■> 

52  %  22 

s> 

265 

L.  1  pr. 

pftg. 

23 

» 

52  $  29 

v> 

6, 

11 

»   2  $  3 

» 

26,  27 

» 

54 

» 

19, 

384 

Tit.  2. 

—  De  furtis. 

» 

54  M 

» 

221 

» 

54  $  4 

17 

L.  1  $  3 

P»g' 

18  seg. 

» 

# 

55  (54)  pr. 

» 

331 

»   3 

» 

16 

» 

55  &  4 

» 

265 

»   4 

» 

16,  288 

# 

» 

56  $  4 

'5> 

12 

»    5 

» 

16 

» 

• 

59 

> 

19, 

235,  245 

»  6 

» 

16 

.     N> 

61  $  2 

» 

396 

* 

»   7 

» 

16 

» 

62  M 

» 

260 

»   8 

» 

16 

» 

• 

62  %^  5,   6 

}> 

260 

»    10 

» 

8,  14 

9  W               J 

"1     ^ 

1> 

66 

» 

19 

»    11 

» 

14 

» 

67  $  2 

» 

65 

»    12 

» 

14 

• 

» 

71 

» 

3| 

6 

»   12  pr. 

» 

14 

» 

71  pr. 

^> 

223 

»   12  M 

» 

231 

» 

76 

^> 

19 

»   12  $  2 

» 

19 

» 

76  pr. 

» 

222, 

266   s«g. 

»   14  $  2 

» 

14 

^^ 

3> 

76  M 

» 

16 

»   14  $  6 

» 

288 

^> 

79 

'> 

275, 

407 

»   14  $  10 

» 

239,  281, 

290 

» 

80 

» 

405 

»    14  $  11 

» 

291 

1> 

83 

>> 

15 

»    U  ^  12 

» 

14,  291 

^ 

86 

•> 

8, 

14 

»   14  $  15 

» 

238,  239 

» 

88 

» 

405 

»   14  $  16 

» 

6    seg., 
8eg.,239, 

14 
280, 

» 

91 

N> 

14 

346 

Tit.  4.  —  5i  i*, 

q\ii  testamento  liber,  etc. 

»    14  $  17 

» 

283 

L. 

1  pr. 

pag 

.440 

>►    15  $J  1,  2 

» 

19 

» 

1  $  10 

3> 

440 

INDIOB  D£LLE  FONTI 


Tit.  5.  —  Furti  aditersus  nauias 
ectupanes  atabularioe. 

!>•  1  $  4  pag. 


288 


Tit.  8.  —   Vi  honorum  raptorum 
et  de  turha. 

L.  2  $  22  pag.  440 

»   2  ($  22-24  ^     290 

»   2  $  26  i>       61 

Tit.  9.  —  De  incendio  ruina  etc. 
L.  9  pag.  297 

Lib.  XXXXVIII. 

Tit.  5.  —  Ad  legem  luliam  de  adulteriia 

coercendie. 

L.  27  $  15  pag.  31 

»  27  ^   15,  16    »  38 

»  27  $  16        »  31 

»  28  »  31,  38 

Tit.  10.  —  De  lege  Cornelia  de  faUie 

et  de  Senatuaooneulto  Liboniano. 
L.   14  $  ult.  pag.     37 

Tit.  18.  —  De  quaeati&nibue, 
L.  13  pag.  32 

Lib.   L. 

Tit.   1.  —  Ad  munioipalem  et  de  tncolia, 

L.  29  pag.    93,  131 

»   33  ^      93,  131 

Tit.  1,  —.  De  legaiionibua, 
L.  2  $  1  pag.  335 

Tit.  8.  —  De  adnUnietratione  rei'um 
ad  civitatee  pertinentium. 
L.  3  J  2  pag.  184 


Tit.  16.  — 

L.  5 

»  10 
»  23 
»  49 
»  51 
)>  53  $  2 
»   58  pr. 
»  83  $  7 
»  151 
»  164  $  1 
»  178 
»  193 
»  213 
»  222 
»  233  $  2 
»  236  pr. 
»  236  $  1 
»  238  $  2 

Tit.  17.  - 

L.  17 
»  23 
»  29 
»  40 
»  45 
»  46 
»  53 
»  54 
»  57 
x>   63 

»   73  M 
»  99 

»  125 

»  134 

»  136 

»  173  $  2 


477 

De  verhorum  eignifioatione. 

pag.  159 

»  112 

»  159 

»  440 

»  297 

»  37 

»  297 

»  65 

:^  297 

»  151 

»  159 

»  71 

»  113 

»  159 

»  297 

»  297 

»  297 

»  294  seg.,  297 

■  De  diver eis  regulie  turn 
antiqui. 

pag.  127 

»  290,  348,  353 

»  172 

»  326 

»  237,  358,  398 

»  408 

»  185 

»  338 

»     400,  406 
»       60 

»  178,  256,  413 

»       60 

»       94 

»         2 

»         7 

»  138,  425 


Oodex. 


Lib.  II. 

Tit.  4r  —  De  transaotionibus. 
C.  6  pag.     28 

Tit.  11.  —  De  causia,  ex  quibna  infamia 
alioui  inrogatur, 

C-  11  pag.  322 


Tit.  18.  —  De  negotiis  geatie, 
C.  24  pag.  345 

Tit.  19.  —  De  hia  quae  vi  metuave  cauaa. 
geata  aunt. 


C.  2 

»    4 


pag.  172 
»     172 


478 


INDIOE  DELLE  FONTI 


Lib.  III. 

Tit.  10.  —  D«  plus  petitionibu9. 

C.  1  $  1  pag.  102 

i^  1  $  3  »     102 

»   2  »     103 

>>   3  »     103 

Tit.    13.    —    De   iurudiotione   omnium 
iudieum  et  de  faro  oompetenti, 

C.  2  pag.     93 

Tit.  18.  —  Ifhi   conveniatur   qui   cef*io 
loco  dare  promisit. 

0.  un.  pag.     77,88,  eseg., 

92,  95,  140 

Tit.  19.  —  Ubi  in   rem   actio   exeroetH 
debet. 

C.  8  pag.     93 

Tit.  20.  —  Ubi  de  hereditaie  agatur,  etc, 

C.  un.  pag.     93 

Tit.  22.  —  Ubi  causa  status  agi  debeat, 

C.  4  pag.     93 

Tit.  28.  —  De  inoffioioso  testamento. 

C.  30  pag.    85 

J^  35  »     375 

Tit.  29.  —  De  inoffldosis  donaiionibus, 

C.  5  pag.     38 

Tit.  31.  ^  De  petiiione  hereditatis. 

C.  12  $  1  pag.     36,  38 

Tit.  32.  —  De  rei  vindioatione. 

O.  14  pag.  324 

Tit.  33.  —  De  usu/ruoiu  et  kdbitatione 
et  ministerio  servoi^m, 

C.  6  pag.  388 

Tit.  39.  —  Finium  regundorum, 

C.  4  pag.     33  e  seg. 

Tit.  42.  —  Ad  exhibendum, 

C.  5  pag    321 

Tit.  43.  —  De  aleae  lusu  et  aleatoHbus. 

C.  1  png.  326 

»   'k  »     326 


Lib.  IV. 

Tit.  2.  —  Si  oertum  petatur. 

C.  1  pag.  322 

x>  8  »    383 

Tit.  7.  —  De  oondiciione  ob  turpem 
oausam, 

C.  2  pag.  326 

»   3  »        8 

Tit.  8.  —  Da  condietione  furtita. 

C.  1  pag.    21,  25 

»  2  :»        4,  26  aeg. 

Tit.  9.  —  De  condietione  ex  lego  et  sine 
causa  vel  iniusta  oausa, 

C.  1  png.     35 

Tit.  18.  —  De  oonstituta  pocunia. 

C.  2  pag.  159,  165  aeg., 

175,  180 
»  2  pr.  >    203 

»   2  M  »     164 

»   8  »     186,  197 

Tit.  23.  —  De  commodate. 


C.  1 

pag' 

,  221,  283 

»   2 

» 

209 

»   8 

» 

396,  412 

»   4 

» 

207,  235  seg. 

Tit.  24. 

—  De  aetione  pigneratioia. 

C.  1 

pag' 

801,  831,  372, 
382,  384,  404, 
418 

»    2 

» 

832,  382,  384 

r>  8 

» 

332,  372,  382, 
384,  404 

»  4 

» 

892 

»   5 

» 

346 

»   6 

» 

286,  357 

»   7 

» 

346,  356 

»   8 

» 

346 

»   9 

» 

357 

»   10 

» 

421,  449 

»    12 

» 

382,  384,  421 

INDIGE  DBLLE   PONTI 

Tit.  26.  —  Quod  <mm  eo  qui  in  aliena 
e9i  potentate  negotium  ge%ium  e$$e 
dioitur,  etc, 

C.  6  pag.  374,  379 

Tife.  27.  —  Per  quae  peraonas  nchie 
adquiritur 

C.  3  (2)  $  1  pag.  309 

Tit.  28.  —  Jd  $enatu8  ooneuUum 
macedonianum, 
C.  2  pag.  174 

Tit,  30.  —    De  non  numerata  peounia. 
C.  1  pag,  447 

Tit.  31.  —  De  compensiUionibuB. 
C.  3  pag.  109 

»   6  »     106 

»   6  »     106 

»    14  pr.  »     236 

»   14  J  1  »     236 

Tit.  32.  —  De  ueurie. 


479 

Tit.  51.  —  De  rebus  alienit 
non  alienandiSy  etc, 
C.  8  pag.  324 

Tit.  54.  —  De  paelie  inter  emptorem  et 
venditorem  compoeitis^ 

C.  4  pag.  359 

»  5  ;>     145 

Tit.  65,  —  De  locate  et  oondueto. 
C.  3  pag.  224 


C.  1 

»  3 

»  4 

»  5 

»  7 

»  11 

»  14 

»    17 

»   19  $  2 
»    21 
»   22 
2>   26$  1 

X>   27 


» 
» 


pag. 336 
)»     336,  400 

336,  400 

400 

336 

327 

169,  374,  380, 

384 
»     380,  382,  384, 

387 
»  441 
2>  400 
»  337 
»  141 
»     327 


Tit.  34.  — -  Depoaiti. 
C.  1  pag.  285 

Tit.  35.  —  Mandati. 

C.  13  pag.  285 

Tit.  39.  -^  De  hei^editate  vel  aetione 
vendita, 

C.  7  pag.  311,  340 


Lib.  V. 

Tit.  11,  —  De  dotia  promiaaione 
vel  nuda  pollieitatione. 
C.  7  $  1  pag.     36 

Tit,  12.  —  De  iure  doiium, 
C«  8  pag.    37 

»   6  ^>       34,  38 

Tit.  16.  —  De  donationibua  inter 
virum  et  uxorem,  ete, 
C.  22  pag.     37 

Tit.  21.  —  Berum  amotarum. 
C.  1  pag.  106 

»   3  »      24 

Tit.  38.  —  De  perieulo  tutorum 
et  ouratorum. 

C.  4  pag.  285 

Lib.  VI. 

Tit.  2.  —  Defurtia  et  de  aei'vo  eorrupto, 

C.  12  pag.      4 

»   22  »         8 

»  23  $  3  »       W,  234 

Tit.  7.  —  De  libertia  et  eorum  liberiaj, 

C.  1  pag.  335 

Tit.  23.  ^  De    teatamentia:    quemad^ 
modum  teatamenta  oi-dinantur, 

C.  16  J  1  pag.  173 

Tit.  30.  —  De  iure  deliberandi  et  de 
adeunda  vel  adquirenda  hereditate. 

C.  22  $  6  pag.     SO  seg.,  38 


480 


INDIOE  DEIiLE  FONTI 


Tit.  42.  —  De  fideuxmrniasis. 
C.  29  pag-  l'^^ 

Tit.  48.  —  Communia  de  legatis  et  ft- 
deUiomm%S9i9  et  de  in  rem  mUsione 
toUenda, 

C.  3  J  2  pag.  314 

Tit.  47.  —  De  U9uria  et  fruotibue 
legatomm  vel  fldeicommUeifrum, 
C.  1  pag.  136 

»  3  »    126 

»  4  »    136 

Tit.  60.  —  Ad  legem  Faloidiam. 
C.  19  pag.  173 

Lib.  VIX. 

Tit.  8.  —  I>e  eervo  pignori  dal4> 
manumisso, 

C.  1  pag-    37 

»   7  »       37  seg. 

Tit.    31.    -^    X>«   tuueapione   transform 
mtmdaf  etc, 

C.  un.  pag.  306 

Tit.  32.  —  De  adquirenda  et  retinenda 
p08$e$8ione, 

C.  2  pag.  808 

Tit.  89.  —  De  praesoriptione  XXX  vel 
XL  annorum. 


Lib,  Vni. 


C.  3 

>  7  pr. 

)»  7  $  1 

»  7  J  4 

»  8 


pag. 421 
»  450 
»  329 
»  423 
»     427 


Tit.  40.  —  De  annali  exceptione  italioi 
contractus  tollenda^  etc. 

C.  1  J  2  pag.  423 

Tit.  51.  —  Defructihus  et  Utie  expen$i$. 

C.  2  pag.     25 

Tit.  58.    —  Si  ex  faUis  instrumeniis 
vel  testimoniis  iudicantum  eiHt» 

C.  4  pag.  322  • 


Tit.  9.  —  De  preoario  et  de  sahnano 
interdieto, 

pag.  342,  428 
»     273 

Tit.  13.  —  De  pignaribue. 


c. 

1 

» 

2 

c. 

3 

» 

4 

» 

5 

» 

6 

» 

7 

» 

8 

» 

10 

» 

12 

» 

13 

» 

18 

» 

19 

pag. 

342 

» 

307 

» 

326 

» 

343 

» 

326 

» 

450 

» 

342 

» 

307 

» 

363 

» 

303,  342 

» 

240,  281,346 

351,  354,  356 

Tit.  15.  —  Si  aliena  res  pignori  data  tit. 

C.  2  pag.  314 

}S>   5  P    296,  315 

»   6  »    298,  302,  311, 

314,  320,  439 

Tit.  16.  —  Qnae  res  pignori  ohligari 
possunt  vel  wm  et  qualiter  pignns 
canirdhatur, 

C.  4  pag.  312,  340 

»   9  »     316 

Tit.  17.  —  Qni  potiores  in  pignore 
haheantur. 

C.  3  pag.  316 

Tit.  23.  —  Si  ptgnus  pignori  datum  sit. 

C.  1  pag.  838 

)>   1  $  2  »     842 

»   2  »     403,  415 

Tit.  24.  —   De  partu  pignoris  et  omni 

causa. 

C.  1  pag.  404 

»   2  ^>     332,  382 

Tit.  25.  —  De  remiseione  pignoris, 

C.  2  pag.  454,  456 


INDIOE  DELLB  PONTl 


481 


Tit.  26.    —   Miam  ob  ehirographariam 
peeuniam  pignus  teneri. 


C.  nn. 


pag.  295,  827,  3S7, 
390,  450 


ri' 


Tit.  27.   »  De  dittraetiane  pignarum. 

C.  1  pag.  832,  382,  384 
»   4  »    409 

»   8  »     341 

»   10  »     363 

»   20  »     409 

Tit.  28.   ^-  Debiiarem  venditionem 
pignorum  impedire  nan  potse. 

C.  1  pag.  341 

»   2  »     341 

Tit.  29.  —  Si  vendiio  pignore  agatur. 


C.  2 
»   3 


pag.  416 
»     416 


Tit.  30.  —  De  luiiicne  pignarU. 


C.  2 
»   3 


pag.  329,  450 
»     389 


Tit.  32.   —  Si  pignorii  oonventionem 
numeratio  teouta  nan  sit. 


C.  1 

»   2 


pag.  325,  436,  439 
8eg.,  447 
»     325 


Tit.  33.  —  De  iure  daminii  impetranda. 


C.  3  $  3 


pag.  421 


Tit.  34.  —  De  paetie  pignorum  et  de 
eammiesaria  lege  in  pignoribus  re- 
$cindenda» 


C.  1 
»  2 
»   3 


pag.  362 
»  334 
»     305,  361,  371 

Tit.  40.  —  De  fideiuesaribiu 
et  mandaiaribtu. 


C.  23 
»   28 


pag.  197 
»    242 


Tit.    41.    —   De   novatianibue 
et  delegatianibue, 

C.  8  pag.  184 

Tit.  42.  —  De  soluHonibue 
et  liberatianibue . 

C.  6  pag.  392. 

Tit.  44.  —  De  eviotianibue. 


C.  11 
»  21 
»   31 


pag.  324 
»  329 
»     324 


Tit.  45.  —  Creditarem  eviotionem 
nan  debere. 

C.  1  pag.  399  seg. 

Tit.  53.  —  De  donatianibue. 

C.  35  $  5  pag.     34,  38,  186 

Tit.  56.  —  Demortie  oausa  donationibue, 


C.  1 
»    4 


pag.    88 
»       33 


Lib.  IX. 


Tit.  16.  —  Jd  legem  Cameliam 
de  eioariie, 

0.  5  pag.  285 

Tit.  22.  —  Ad  legem  Cameliam  defaleie. 

C.  6 


»   14 


pag.    37 
»       37 


Lib.  X. 


Tit.  10.  —  De  bonis  vacantibus 
et  de  inoarparattone. 

C.  2  pag.  375 

Lib.  XIL 

Tit.  50  (51).    —   De  eursu  puhlioa 
angariis  et  parangariis. 


C.  3 
»   11 


pag.  134 
»     134 


OLflCK,  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII  —  M. 


482 


INDIOE   DteLLE   FONTI 


Institntiones, 


Lib.  II. 


Tit.  1.  —  De  rei^m  divUione, 
f  25  paff.     26 

§  26  »       11,  16,  26 

Tit,  6.  —  De  Hsuoapionibus  et  longi 
temporU  possessionihus. 

$  2  pag.     16 

Tit.  8.  —  Quibu$  alienare  lieet  vel  mn. 

$  1      '  pag-  341 

Tit.  20.  —  De  legatie. 

pr.  pag.  191 

^5  »     189  e  8©g. 

Tit.  23.  —  De  ftdeicommU$ariii 
hereditatibus, 

^  7  in  f.  pag.  451 

Lib.  IIL 

Tit.  14.  —  Qnibus  modie  re  contrahitur 

obligatio, 

^  2  pag.  222,  277 

^4  »     288,  298,  347, 

403,  423,  426 

—  De  verboi'um  obligatione, 
pag.     62 


Tit.  15. 

$  1 

♦  2 
$3 
4  4 

*  5 
«6 

Tit.  19.  - 

J3 

»  4 


»     131,  225 
»     238 


Tit. 
pr. 
*  5 

Tit.  23. 
1 


»  175 
»  132 
)>     112 

—  De  inulilibue  slipulationibus. 

piig.  159 
»     152,  327 

20.  —  De  fid€iu88(n*ibu8. 

pag.  188 
»     110 

—  De  emptione  et  venditione, 
pag.  369 


Tit.  24. 

*  4 
4  5 

Tit  27. 

*  1 

Tit.  29. . 
$  3 


$  5 


—  De  looaiione  et  oonduatwHe, 

pag.  280 
»    277 

—  De  obUgationibtts  gita«i  ex 
eoniraetu, 

pag.  277  e  Beg. 

—  Quibua  modis  ehligatio  tolUtur, 
pag.  172 

Lib.  IV. 

Tit.  1.  —  De  elbligationibHS  quae  ex 
deUeUf  naeountur, 

pag.     20 
»     222,  267,  331, 


H  6,  7 

*     7 

$10 

$  11 

$  11  ill  f. 

$  15 

^  15,  16 


384 

»  19 

»  222,  266 

»  13,  19,  403 
»       18 
»       17 

3E>      14,  276,  291 

»  279 


Tit.  5.  —  2>0  obligationibne  quae  qua$i 
ex  delieio  naeouniur. 


4 


* 
$ 


1 
3 


4 
7 


P*g' 
» 


8 
4 


$     8 


*    9 
$  14 

$  24 

$$  24,  25 

$  25 
$  30 


Tit.  6.  —  De  ooiiomftiw. 

pag.  50 
»    295e8eg.,304» 

430 
»       80,163e8eg.t 

167 
»     158 


» 
» 


1,3,21,380 
80 

32,  103 
38 

32,  408 
74,  107,  236 


INDIOK   BELLE   FONTI 


483 


4  31 

^  33,  34 
^  33,  34,  35 
$  33 


^  34 
i  35 


pag.  82e8eg.,139, 
433 

»  102 

»   98 

s>  75,  80,  84  6 
Beg,,  88  eseg., 
92,95,97,103, 
llOeseg.,  115 
e  Keg.,  127  e 
»eg,,   131 

»     102 

»       99,  118 


Tit.  7.  —  Quod  eum  eo  qui  in  dliena  po- 
testate  e$t  negotium  geatum  esee  dicitur, 

*  *  pag.  319 

Tit.  13.  —  De  exoepiiouilms, 

i  10  pag.  103,  108,  110, 

113  e  seg. 

Tit.  17.  —  De  officio  iudiois. 
$  2  pag.  382 


Kovellde, 


Nov.  4.  —  De  Jideiu8$oribu8  et  manda- 
toiibue,  et  eolutionibus. 

pag.  186,  192 
Not.  4  C.  I  »     197 

:>      4    »   III,  1        »     193 

Nov.  7.  —  De  non  alienandis  out  per- 
mutatHtie  eoolesiastide  rebue,  etc. 

pag.     32 

Nov.  8.  —  Ut  iudiees  sine  quoquo  suffragio 

fianty  etc, 

pag.     82 

Nov.  15.  — De  defensoribus  civitatumyeto. 
C.  Ill  in  f.  pag..  103 

»   IV  »     103 

Nov.  18.  —  De  iriente  et  semisse  et 
suocessionibus  ftliomm,  etc, 

C-  I  pag.     29 


Nov.  99.  —  De  reis  promittendi,  etc. 


C.  I 


pag.  244 


Nov.  115.  —   Ut  cum  de  appeUatione 
oognoseiiurf  etc. 


C.  Ill 

pag.     29 

»  IV 

»      29 

.»  VI 

/>    176,  192 

Nov.   120.  —  De  alienatione  et  emphy- 

t^si,  etc. 


C.  IV 


pag.  383 


Nov.  136.  —  De  argeniariorum  contrac- 

tibus. 


pag.  167 

praef. 

»     193 

C.  I 

»     192,  194 

Theophili  ParaphrasiS. 


^  7 


Lib.  IV. 


Tit.  6.  ^'  De  actionibus. 


pag.  305,  432 
»     163,  165,  192 
»     192 


i  24 
$  SO 
$  33 


Tit.  15. 


*  3 


pag.  32 
»  108 
»      75,  80 

De  interdiotis, 
pag.  428 


484 


INBIGE  OELLU  FONTl 


Biisiliei. 


Tom.  II  p.  435.  (Heimbach  II  p.  363) 

pag.  217 
»     .11  p.  480  »     217 

»      II  p.  596  »     229 

»     in  p.  45  (Heimbach) 

pag.  394 
»     III  p.  61  (Heimbach) 

pag.  408 
»     III  p.  64  (Heimbach) 

pag.  319 
»     III  p.  66  (Heimbach) 

pag.  449 
»     III  p.  89  (Heimbach) 

pag.  448 
»      III  p.  572  »       60 

»     III,  lib.  XXIV,  T.  9,  C.  8 

pag.  144 
»      III,  lib.  XXIV,  T.  9,  C.  10 

pag.  147 
»     III  p.  72  (Heimbach) 

pag.  428 
»      IV  p.  5  »    390 

»     IV  p.  6  (Heimbach  III  p.  60) 

pag.  354 
»      IV  p.  9  »     401 


Tom.  IV  p.  10  (Heimbach  III  p.  62) 

pag.  345 
»     IV  p.  12  p    375,  396 

»      IV  p.  30  »     375 

»      IV  p.  32  »    383 

»     IV  p.  34  (Heimbach  III  p.  69) 

pag.  376  e  aeg. 
»      IV  p.  48  »    383 

»      IV  p.  49  (Heimbach  III  p.  69) 

pag.  377 
»     IV  p.  50  (Heimbach  III  p.  75) 

pag.  336 
»     IV  p.  52  (Heimbach  III  p.  75) 

pag.  336 
»     IV  p.  82  (Heimbach  III  p.  90) 

pag.  362  e  aeg. 
»      IV  p.  184  »     201 

»      IV  p.  185  »     199 

»      IV,  lib.  XXVI,  T.  7,  C.  17 

pag.  158 
»      IV,  lib.  XXVI,  T.  7,  C.  27 

pag.  196 
»  VIII  p.  365  (Heimbach  V  p.  526) 

pag.  267 
Lib.  52,  Tit.  1,  C.  21  »   57 


Diritto  catwnico. 


Cap.  nnico  X  de  oommod. 

pag.  210 
^  IX  de  feudi$  »  885 
»  7  X  de  inreiur,  »  384 
»     26,  2S  X  de  iureiur, 

pag.  41 
»  S2Xde  iureiur.  »  384 
»    2  de  paotU  in  Cio 

pag.  41 
»    IX  de  paetie  in  Cto 

pag.  39 
»  iXdepignorib.  »  384 
»    6X  »  »    385,417e86g. 

»     7X  »  »    359,  364 


Cap.  5  X  de  praeecript. 

pag.  427 
»    20  X  de  praeeoripi, 

pag.  427 
»  h  X  de  raptor.  »  42 
»     18  X  de  reel,  epoliator. 

pag.  40 
)>  I  X  de  ueurie  »  384 
»     2  X         »  ^384 

:;>     8  X         »  »     385 

»     16  X       »  >     385 

D.  Bonif.  VIII,  Cap.  59  De  reg.  iurie, 
in  6.^  pag.  238 


INDICE  DELLE  FONTI 


^85 


Scrittori  giuridici  postgitistinianeL 

AsaiiENOTVLO,Pr6cKeirdnn6monl,d,ii7      Stefano,  CammenU  ad  fr.  D.  13,  6,  5 

pag.  192  pag.  276 

III,  6  »     192  »  »  ad  fr.  D.  17, 2, 52, 3 


III,  6 

Boxzio,  Ad  top.  $41   »    256,  257,  259 

DOROTEO,  Ifulioe  dei  Digeeti 


dei  Digeeti 
pag.  283 


»         adfr.  D.  17,  2,52,  3 

pag.  214 
»  ad  fr.  D.  17, 2, 53,  3 

pag.  280 


BIBITTO   MODBBNO. 


Beioks.  Pol.  Ordn.  dell'an.  1530  art.  26 

pag.  887 


Art.  1184 
»  1293 
»   1874 


Art. 

416 

» 

418 

3> 

679 

» 

1165 

» 

1289 

» 

1309 

» 

1310 

» 

1805 

» 

1806 

» 

1809 

» 

1811 

» 

1812 

» 

1813 

» 

1814 

» 

1815 

» 

1816 

» 

1817 

Ordin,  di  pol,  ted.  del  1577  tit.  20  $  5 

pag.  866 


Codice  civ.  francese. 


pag.  360 
»  235 
p    208 


Art.  1877 
»  2078 
»   2169 


pag.  210 
»  366 
»  432 


Codice  civile  italiano. 


pag.  310 

»  310 

»  310 

»  360 

'»  235 

»  171 

»  172 

»  207  e  seg. 

»  208,  225 

T>  221 

»  213 

»  213 

»  240 

»  241 

»  223 

»  223 

»  245 


Art.  1818 

»  1819 

»  1888 

»  1889 

»  1891 

»  1892 

»  1893 

»  1894 

»  1895 

»  1896 

»  1897 

3>  1950  e  seg. 

»  2014 

»  2076 

»  2129 

»  2130 


pag.  244 
»  208,  218 
»  372 
»  373 
»  372 
»  373 
3>  373 
»  373 
»  372 
T>  373 
»  372 
»  372 

432 

432 

181 

181 


Cod.  civile  austriaco. 


$  976 


pag.  223 


Cod.  civile  gemianico. 

i  1147        pag.  432 


486 


HfDIOE  DELI.E  FONTI 


FONTI  NON   aiUBIDICHB. 

Corpus  inscription,  latinarum. 


V.  1.  D.  700  (pag.  76) 
V.  1.  n.  2447  (pag.  237) 
V.  1.  n.  3&72  (pag.  355) 


pag.  271 
y>  271 
»     271 


X.  1.  n.  1285  (pag.  149) 
X.  1.  n.  4280  (pag.  424) 


pag.  271 
»    271 


Autori 

AuCTOR,  ad  Herennium  IV,  51  $  61 

pag.  254,  265 
CkMBAji, de hello gallieolfS  p    158 
Cato,  de  re  ru$tioa  V,  7    »    258, 255, 

265 
CiCXROy  ad  Jtt.  XII,  28    »    158 
»        pro  Caeoina  cap.  6  »     163 
y>        £p,  famil.  13,  82  »    269 
»  »        »      13, 56  »    861 

»  pro  Flacoo  ci4».  21  »  801 
»  pro  A/urmia  cap.  20  »  303 
»        de  uatura  deor.  8,  80  $  74 

pag.  250 
»  de  offioiU  I,  16  »  269 
»  »         II,  15    »    265 

»  »        III,  17  $  70 

pag.  250 
»  Orator  cap.  29  »  844 
:»  de  oralore  I,  36  »  97 
i>  pro  Quintio  c.  5  »  158 
»  l>ro  iiOfcio  III,  4  »  100 
»  »        »       III,  8  »       28 

»  To/>ioa  10,  42  »  250 
»  »       17,  66         »     250 

3>  iw  r«iTemII,2,27  »  158 
»  »      III,  82  e  aeg. 

pag.  47 
»  »       IV,  24    »     211 

Ennius,  fr.  364  (Vahlkn)   »     254 
Gkluus,  ^00/.  AH,  VI  (7)  15 

pag.  255 
»  »         »    VI  (7)  15,  2 

pag.  265 
»  »         »    XX,  1,  39  6  seg. 

pag.  160 
ISIDORUS,  Origin,  I.  5  cap.  25 

pag.  299 


vartt. 

lULius  Capitoun.  Maxim.  lunior  c.  1 

pag.  322 

luvKNALis,  Sat.  VII V.  42   »     226 

Lamprydius,  AUx.  Seter.  c.  ult. 

pag.  321 

Livius,  88,  42  »     429 

Macrobius,  Saturnalia  I,  16 

pag.  155 

Plautus,  ^tfifi.  II,  4,  88   3>  254 

»  »     11,4,88-9  9  253 

»  »     m,  8,  135  »  253 

»  Aulul.  I,  2,  18     r>  253  aeg. 

»  »      II,  4,  82  ^  254 

»  »       II,  9,  3     »  254 

i>  Cureulio  5,  2,  5  »  254 

»        Mewo.  4,  2,  94-96 

pag.  254 

»        Miles  glor.  2,  3,  76 

pag.  254 

»         MoeUllar.  Ill,  so.  1,  v.  120 

pag.     97 

»  Poen,  I,  2,  125  »  255 

»  »      V,  2,  58  v>  255 

:f>  Pern.  I,  3,  38  »  255 

»  »     I,  3,  47  v>  255 

»  »     III,  8,  35  »  255 

»  Bud.  II,  4,  21  »  269 

»  »     III,  1,  10  »  255 

»  2Vtfiitm.  V,  2,  7  »  253 

PuNius,  Epist.  1.  X  ep.  pen. 

pag.  134 

Qcintiuanus,  J>eclamat.  280 

pag.  180 

Sensca,  De  henejieiie  II,  24 

pag.  344 
»         Oontrovere.  I,  8    »     225 

Tacitus,  Agrieola  o.  6       ^    803 

Tkrentius,  Heoub.  V,  1, 84  »     253 


INDICB    ALFABBTICO 

BELLE  PRINCIPALI  MATEBIE   TBATTATE    NEL    PBESENTE  Y0LX7HB 


A 

AoceBSorl  della  oosa  commodata pag.  233 

AooepHlatio »  455 

Actio  adieetioiae  qualitatia »       77 

»      arhitraria »       45   e  seg.,  84 

e86g.,444 

»      eommodaii »  208,  412 

»              »           direcla »  245 

»               »           eontraria     ......  »  245 

»               »           utUii »  245 

»      de  oonstituta  j^unia    .                  .                  .  »  457 

»                 »                »          —  Deliniziuue  ...  »  167 

»                 »                »         directa        ....  »  203 

»                 »                 »         utiliA  .                            .         .  »  203 

»                 »                 »         Reqaisiti    ....  »  197 

»      depoiiti »  246  eseg.,  435, 

447,  457 

»      in  duplum    ........  »  253 

»      emp^i-vefiditi »  247 

»      de  eo  quod  oerto  loeo  —  Applicazione  ...  »  89 

»          »       »         »        »     —  Formula         ...  »  85 

»          »       »         »        »    —  Forum  di  esplioaziono    .  »  92 

»          »       »        »        »    —  Kapportooon  laj)Z.|>e/,r0  »  103 

»          »       »         »        »     —  Scopo      .         .  »  94 
»          »       »         »         »     —  Sviluppo     nelle    1st.     e 

nel  Cod.      ...  »  95 

»      ad  exhibendum       .         .         .         ...  »       91,    245,    398 

»      in  factum »  39,  247 

»     fidueiae .  »  301 

»     furti »  290,  405 

»      kypothccaria  —  Originaria  costitazione                  .  »  431 

»               »             —  Protilo »  431 

»               »            —  £  azione  reale     ....  »  298 

»               »             —  Estinzlone  dell'obbligo  prinoipale  »  450 

»               y>            utilis »  318 

>               »            —  Odierno  contenuto       ...  »  432 

»      tit  tw« »  431 


488 


INDIOE  ALFABETIOO 


Actio  iudicaii 

»      legis  Aquiliae 


»       »         »        —  Anftlogia  con  la  oond.  furt, 

»       »         »        —  Differenza  dalla  eond,  furt. 

»      negoiioram  geatorum     .         .         .         .         . 

»      ex  paeto        .  .         .     '    . 

»      de  peounia  oonstituta 

>'^     pigneratieia .         .  ... 

N>  »  direeta 

»  »  oaniraria 

^>     praescriptU  verbis,  .         .        ' . 

»      puhlioiaiM 

>>      quoH-'Berpiana        ...... 

»      quod  metue  oauea 

w      reoeotioia  ....... 

»  »        —  Era  civile  o  pretoriaT 

»  »        —  Sua  abolizione. 

»       rei  uxoriae   ....... 

»      rerum  amotarum  ...... 

»      Serviana       ....... 

»      vi  5oNOi*um  I'aptorum    .         .         .         .         . 

^tfteottM  tfoItt/ionU  gratia 

Ae$timatio  della  cosa  oonunoduta  .         .         .         . 

»  venditionii  eauea 

Agere  ante  oondieionem 

»         >     iempus  ....... 

»      joer  aponeionem     ...... 

^mmiM  (fottiini       ....... 

Antioreei 

»        —  61  ha  solo  nel  pogno  T        .         .        . 

»        —  Tacita 

Antiphoneaie  . 

Arbitrium  nella  oond.  de  eo  q,  oerto  loeo. 

Argentari 

Assistenza  al  ladro.  Nella  oond,  furt.  . 

Azione  francescana 


pag.  91 

»  245,  345  eseg., 

398 
»    9 

»  10 

»  251 

»  42 

»  90,  447 

»  298 

»  S50,  403 

f>  318,  411 

^  92,208,210,413 

»  438 

^  304,  429 
*    7 

»  163 

»  163 

»  165 

»  38 

»  24 

»  303  e  seg.,  429 

>>  16 

»  327 

s>  213 

»  232 

»  111  e  segg. 

»  110 

»  250 

»  330  ' 

»  371  e  seg. 

»  374  e  seg. 

»  333 

J>  192 

y>  83  e  seg. 

»  162  e  seg. 

»  17 

»  48 


B 


Benefloium  exeuaeionie 


pag.  191  segg.,    197 


Captio,  —  Signifioato    . 

Caso  fortiiito 

Cauiio  damni  infeoii 

Censi  redentivi  (  Wiederkaufagiilten) 

Clausola  arbitraria  di  restituzlono 

Coempiio  fiduoiae  oauaa  . 

Colpa  del  oreditore  piguoratizio  . 

Commodante  —  obblighi 


pag.    57 

»  285,  357 

»  42 

»  387 

»  248,  458 

»  257 

»  346 

»  244 


INDIOE  ALFA6ETI0O 


489 


Commodatario 


obblighi    .... 

responaabilit^    . 

noQ  esolasivo  sao  vantaggio 


—  Colpa 

—  Gratuitik 

—  Boopo  determinato. 

—  Uao  determinato    . 


Commodato 

Commodatum  perBonarum        .... 

»              varl  signifioati. 
Compensatio 

:»  in  relazione  alia  pi.  pet.  re, 

:»  ^eWargentaHue  e  del  bon.  emptor. 

Condemnatio  uella  form,  hypotheoaria    . 

"^  certi  ...... 

»  iucerti        

Condietio  de  eo  quod  certo  loco 


» 


> 

» 
» 
» 


» 

» 
» 


» 


»        »        »     —  Estinzione 

»        »        »    —  Estreml 

»        »        »     —  Formula    . 

"^         >        »     —  Laogo  di  pagamento 

»        »         >     —  Natura      . 

»         »         »     —  Origine 

»        »        »     —  Tempo  per  giungere 

al  luogo 

»         »         >     —  Termine   per  il    pa- 
gamento 

»        »        »     *—  Uso  odiemo 


ex  oanone  redintegrandae, 
ex  cap.  I-X  de  paotU 

»         5'X  de  raptor.    . 

'>        18'X  de  reetitut,  spoliator, 
ex  lege  —  concetto 


» 
» 

» 
> 
» 

» 


—  h  azione  innomlnata 

—  ^  azione  personale 
in  base  a  diritto  reale 
fondata  su  fatti  leoiti 
7  de  nautieo  foenore  D.  22,  2 
30  de  inojf.  teetam.  ood.  3,  28  . 
ult.  ^  1  de  petit,  heredit.  cod.  3,  31 
4  finium  regundor.  cod.  3,  39    . 

6  de  dot.  promiee.  cod.  5,  11 

7  de  dot.  promise,  ood.  5,  11 
35  $  nit.  de  donat.  cod.  8,  53   . 
ult.  derevooand.  donationihue  cod.  8,  55 
lulia  de  adulteriis 

ex  moribus       .... 

ex  statuto        .... 

furtiva    ..... 

»       —  Concetto 

OLttcK.  Comm.  Pandette.  —  Lib.  XIII.  —  62 


pag.  232 

)>  240  e  Begg. 

»  239 

^>  207,  246,    264, 

347 

»  214 

»  235 

»  265  e  seg. 

»  221  e  Beg. 

^>  209 

»  207 

»  235  e  seg. 

»  106  e  seg. 

»  106  e  seg. 

»  458 

>>       48  e  seg. 
^       82 
»       73 

»  153 

>  120 

»       78,  84  e  segg. 

»  121  e  seg. 
»       82 
7      80  e  seg. 

»  132  e  seg. 

»  131 

j>  155 


» 
» 
» 
» 

» 


» 


» 
» 
» 

» 

» 
» 


40 
39 
42 
40 
28 
28 
29 
30 

34  e  seg. 
35 
35 
36 
34 
34 
36 
34 
33 
32 

39-42 
39-42 
50,  405 
6 


490 


INDICE  ALFABETICO 


CoHdictio 

furtiva  oerti 

P««. 

13 

» 

»      —  Fondamento 

» 

18  e 

eeg. 

^ 

»       —  Formola 

» 

4  e 

Beg. 

» 

»       incerii 

» 

13 

» 

»      —  legittiniazione  attiva 

» 

9 

» 

»      —  natara  delittaoBa    .         .         .         . 

» 

19  e 

wgg- 

» 

»       —  novaz.deirobbligoDascentddalfurtt 

>           i> 

27 

» 

»       —  origine 

» 

1 

» 

»      —  prestazione    dell'interesse    per    la 

cosa  nibata 

» 

25 

» 

)>       —  restitazione  della  coaa  riibata 

» 

25 

» 

»      —  restituzione   del    frutti    della    cosa 

b. 

rubata 

» 

25 

» 

»       —  determiaaziotie  del  valore  della  cosa 

rubata 

» 

23 

» 

»       —  vantaggi 

:^ 

1  e 

wgg- 

» 

inoerii     ........ 

)> 

49 

» 

ob  iustam.  oausam    ...... 

» 

8  e 

seg. 

» 

po9»689ionis     ....... 

» 

8 

» 

sine  oansa 

» 

245 

» 

tritioiaria  •—  foruiula      .         .         .         .         . 

* 

72 

* 

»          —  natara        .         .         .         .         . 

» 

47 

» 

»          —  odierna  applicazione  . 

» 

70  e 

seg. 

">v 

^>          —  oggetto 

» 

47 

» 

:»           —  origine       ..... 

» 

46  e 

seg.  71 

Condattore  —  neira.  furti 

» 

14 

Concorso  sal  patrimonio  del  debito  pignoratizio  . 

» 

345 

Confiuio. 

•                 ••••••                                    « 

'» 

453 

Con$tituei 

'S  —  significato        .         .         .         4         .         . 

» 

156 

CoMtitutum  —  origini 

» 

160 

» 

deHti  alieni 

» 

186 

» 

»          »       —  caratt«re  originario  . 

» 

186 

» 

»           »       —  carattere  posteriore    . 

» 

186 

» 

»          '>       ^-  rapporti  con  la  fideiussione 

3> 

195 

» 

»        proprl 

» 

168 

\> 

»          »      —  obi  pud    oonohiaderlo 

» 

170 

» 

»           »       —  forma          .         .         .         . 

» 

177 

» 

»          »       —  mutazione  dsii  genus  in  spemes 

» 

182 

» 

»           >>       —  mutazione  del  luogo  di  pag. 

T> 

182 

» 

2>           >       —  mutazione  del  term,  di  pag. 

>> 

182 

» 

»          >>      .-i  mutazione  dell'oggetto 

» 

181 

v> 

»           >>       —  pagamento  al  terzo    . 

T> 

178  e 

seg. 

» 

»           »       —  presupposti. 

t> 

170 

» 

»           >>       —  termine  di  pagamento 

» 

180 

» 

»           »       —  vantaggi  per  dir.  romano. 

^> 

180  e 

seg. 

•> 

e  donazione         ...*.. 

» 

185 

^> 

neiruso  odiemo  ...... 

» 

204 

Contr actus  ad  restitutionem 

» 

212 

» 

flduciae ........ 

>> 

299  e 

seg.,  39 

Coutratti  inuominati     ....... 

» 

91 

Cuntratto  di  pegno  —  accessorietii        .         .         .         . 

» 

293 

INDICB   ALFABETIOO 


491 


Contratto  di  pegno  —  realitji 

»  ^        —  h  honae  ftdei 

Oosa  oomniodnta  —   altrui    . 


» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

<> 

< 

» 

» 

•> 

» 

» 

» 

'> 

—  oonsegna 

—  consumabile  . 

—  ecolesiastica . 

—  fangibile 

—  incorporale   . 

—  laoro  trattone 

—  non  fitngibile. 

—  sao  jterimento 

—  ritardo  nella  restitnzione 

—  salvamento  in  caso  di  perioolo 

—  U80 

Oosa  oppignorata  frnttifera 

Credito  oondizionale  nel  pegno      .... 

»        futOTo  nel  pegno 

Creditore  pignoratizio  ...... 

»  7  nella  eond.  fart, 

»  »  —  diritti  .... 

»  »  —  obblighi 

Castodia 

»  —  categorie  ynrie  secondo  le  fonti 

»  del  pegno 

}^  tecnica   .         .         .  '       . 


pag.  806 

»  807 

»  230 

»  209, 

»  2SL 

»  232 

»  211, 

»  226, 

y>  233 

9  268 

»  213 

»  235 

»  218 

»  210 

>  330 

»  328 

»  328 

»  288 

»  12 

»  837 

»  345 

»  276, 

»  280 

N>  345 

»  276 


212 


231 
268 


e  Aeg. 


e  seg. 
e  seg. 

291 

e  seg. 
e  seg. 


Danno  ~^  sua  ftssazione  nella  o.  d9  eo  q,  o.  Z. 
>        prodotto  dalla  oosa  oppignorata 
»        e  risarcimento 

Dare  —  signifllcato  nella  o.  de  eo  q,  c,  L     . 

Debm  di  gtuoco 

Delegazione 

DcMBLroB  sua  opinione  snirorigine  dell'a.  t.  fact, 

Dembato  —  meszi  giurid.  dlversi  a  lai  competent i 

Deterioramento  della  oosa  oommodata  . 

1>  del  pegno      .... 

Diotf  eau$a 

Dies  nella  pL  pet»  tempore     .... 

Diligentia 

»        et  oueiodia  nel  commodato 

Diritl*  reale  —  oggetto  di  preeario 

Distmrione  della  cosa  nella  eond.  fart. 

Dolo 

»      del  ereditore  pignoratizio 

Donaslone  non  insinuata       .... 


pag.  289 

»  137  e  seg. 

»  396 

»  828 

x>  134 

»  326 

»  187 

i>  438 

3>  2  e  seg. 

»  232 

»  397 

»  211 

»  115 

»  276  e  seg. 


1>  238 
269 
11 
55 
346 
»     327 


» 

» 
» 


BmbatUulia     .... 
EfOde  nell'a.  de  oonet,  peewma 


pag.  431 
»    203 


492 


INDICE   ALFABETICO 


Erede  nella  cond,  furtiva 
»      deiroppij^orante 

Espromissione         ..... 

ExcepHo  dolt 

»        dominii  opposta  al  comniodante 
»         litis  dividuae     .... 

Exoeptio  non  numeratae  pecuniae     . 
»        plurie  petitionie 
»         rei  venditne  et  traditae 


pecun%a 


Fauetpfand  (pegno  manuale). 
Fedeoommissario  nell'a.  de  oonst, 
FideiuBsloue  —  differ,  dal  eonet.  dehiti 

Fideiussore 

»  —  acquisto  del  pegno 

»  —  esperibilitil^    dell' a.    arb 

contro  di  ltd 
Fidueia  cum  amioo  eontraota  . 
»         eum  orediiore 
»         —  Boopi     .... 
Fidaoiario  nell'a.  de  canst,  pecunia 
Formula  —  funeione  sua 
»        in  factum  e  in  iua 
}>         hypothecaria 
»  »  —  sue  pai*ti . 

»  »  —  ricostrusioni 

Farum  domicilii      .... 
»       oviginis        .... 
Frutti  della  cosa  ooinmodata. 

Faga 

Fur  manifestue  ei  nee  manifestus 
Fnrto  del  flliusfamiliae  . 

Furtum 

»         ponessionia 

»         usue  ..... 


alieui 


de 


eo  q, 


e.  I 


Oenus  —  prestazione  di         .         .         .         . 
Gioranieiito  estimatorio.         .... 
»  iiel  patto  commissorio  in  pignore 


E 


HaHtatio        ...... 

»        —  oggetto  di  coramodato 
Handhdbendes  Pfand. 
Monoi'arium    . 
Horrearius 
Hyperocha 
Hypothecae  pactum . 


pag. 

10 

» 

317 

» 

187 

» 

103,  108,  324 

» 

237 

» 

99,  101 

» 

206 

1^ 

41 

» 

324 

pag- 

294 

» 

203 

» 

187 

» 

57 

» 

369 

» 

142  e  seg. 

» 

255  0  seg. 

» 

256 

» 

258 

> 

208 

» 

444  e  seg. 

» 

437 

» 

428 

» 

438  e  seg. 

» 

434  e  seg. 

» 

93 

» 

93 

» 

233 

» 

290 

» 

16 

» 

16 

» 

18,  290 

» 

12,  403 

» 

221 

pag. 

56  e  seg. 

» 

49 

» 

363  e  seg. 

pag 

.  268,  271 

» 

227 

» 

294 

» 

225 

» 

284 

» 

390 

> 

298,  303 

INDIOB  ALFABETIGO 


493 


ImpU>ratio  officii  iudioit. 
Indeterminatezza  del  genue  aetionis 

Infamia 

Inteniio  certa  nella  pl»  pet.  causa 

»       nella  cond.  ex  lege    . 

»       nella  foi*mula  in  factum 

^       incerti 
Intercipere      .... 
Interdicium  de  migrando 

»  quasi  salvianum  . 

» '  ealvianum 

Interesse  nelVaoiio  furti 

»  proibito. 

Jnterlocutio     *         .         .         . 
Interrogationea  in  iure 
Judex  pedaneus 


pag- 

42 

» 

39 

» 

252 

» 

118 

» 

29 

» 

435 

> 

82 

» 

292 

» 

435 

» 

342,  428 

•^ 

342,  428 

» 

8 

» 

827 

» 

446 

» 

103 

Latroeinium    ....... 

Legatario  —  sua  posizione  nella  cond.  furt, 
Legatum  per  damnationetn      .         .         .         . 

Legis  actio  per  condictionem  .         .         .         . 

Lex  commistoria 

»    iulia  de  marit,  ordinibus 

»     nova        .         

Litis  aestimatio 

»     contestatio      ...... 

Locazione      ....... 

Luogo  di  pagamento     .         .         .         .         , 


Mandpatio  flduciae  causa 

Mandatario  nel  contr.  di  pegno    .... 
Manomissioiie  dello  schiavo  nella  cond.  ex  lege  Julia 
Minus  petere 

»  »      causa  —  opinione  del  Cohn. 

»  »      nella  demonstratio    .... 

i>            »      re  nella  condemnaiio 
Mora  acoipiendi 

»      neiradempim.  dell'obbligazione  . 

»      nella  cond,  de  eo  q.  o.  L      . 

»      nel  constitutum      ...... 

»      —  sua  influenza  sol  dies  certus   .         .         . 

»      —  saa  inflnenza  sal  dies  inoertus 

»      ex  re     , 

»      —  interessi 

»     per  interpellazione  extragiadiziale.     . 


pag. 

290 

» 

10 

» 

91 

» 

71  e  seg. 

» 

301,  358 

» 

36  e  seg. 

» 

31,  39 

» 

459 

» 

242,  459 

» 

217,  264 

> 

150,  151 

pag- 

257 

» 

308  e  8eg» 

» 

37  e  seg. 

» 

99 

» 

118  e  seg. 

> 

101 

» 

102 

» 

68  e  seg. 

» 

55  e  seg. 

» 

121 

» 

108 

)^ 

59 

» 

59 

^> 

67 

» 

337 

» 

67  e  seg^ 

494  INDICB  ALFABflTIOO 

Mora  nei  negosi  honae  fidei  e  strioU  iuris  pag.  68  e  seg. 

»     praeiiandi »  64  e  seg. 

Matao >  61,  386 

N 

Ifauta  et  caupo pag.  281  e  aeg. 

NegoiUi  honae  fidei »  45,  74 

»        strieii  imri$       ^ »  45 

Naxae  doditio .        .      * »  257 

0 

OhligifUo  naturdlU pag.  325,  453 

Obblighi  del  debitore  pignoratizio        ....  »  394 

Obbligo  da  delitto         .         * »  45 

P 

Paetum  antickretUmm pag.  381 

.   »               ]>            —  intereaei  illeoiti        ...  »  384 

»      geminatum  o  iteratum »  168 

»      legitimum v  31 

»      de  nauHeo  foenore  »  85 

»      de  non  petendo »  453  e  seg. 

Feewtia  —  signifloato »  159 

»         eredUa  —  signifloato »  159 

»         gratuita »  384 

Pegoo  —  acqaisto  per  parte  del  creditore  .  »  365  e  seg. 

»      —  alienazione '»  398 

»      di  credito »  310  e  seg. 

»      evizione »  342 

»       generate »  316 

»       manuale »  294,  297 

»      —  oggetto  ........  »  310 

»      —  perdita »  346 

»      —  prescrizlone  deirazione  derlTante   dal   oontr.  »  420  e  Reg. 

»      speciale »  316 

Pena  pecuniaria ^  328 

PerieuluM  rei  aeetifnatae »  217 

Pignue  —  oonoetto i>  293 

p        —  derivazione >>  294 

»        —  sigifioato  triplioe »  293  e  seg. 

Plu$  intendere »       99 

»      peUre  —  signifioato »       99 

»      petitio »      97 

»          »      ed  act.  oertae ^  100 

»          »      —  carattere  originario        ....  »      97 

»          »      —  categorie >      98 

»          »      —  oaasa     .......  »  117 

»          »       ^  effetti  nella  demanttraHo        ...  »  100 

w          »       loco »       74  e  seg.   116 

»          »      e  formulae  inoeriae »  116  e  seg. 


INDIOE  ALFABBTICO  495 

Flus  petitio  e  minus  petitio  re  —  Biforme  di  Giustiniano  pag.  103 

»          »              »            »        —  Riforme  di  Zknonb  »  102 

»          »      86  oocasionasse  ana  pena    .  »  100 

»          i>      re  —  oasi  diveni »  104 

»          »      r0  nella  eondemnatio »  102 

»          »      r«  —  teoria        .                  .         .  »  103  o  seg. 

nf          "}>      e  restitutio  in  integrum  »      99 

»          »      tempore »  110 

»          :>      in  diritto  modorno »  119 

PoBsesso  —  perdita  per  parte  del  oommodante  »  237 

Freeario »  223,  264,  347 

Preoario  —  indeterminatessa  dello  scopo       ...  »  265  e  seg. 

»          e  rinoovasione  esplicita  o  tacita     ...  »  266 

Preoontratto »  212 

Prestito  di  oonsomazione »  208 

»        d'oso »  208 

FriviUgium  eleetionie  fori »       94 

Prooaratore  nell'ao^  de  eonet.  pee »  203 

Promessa  scritta  pignoratizia  (Pfandvereehreibuug)        .  »  294 

Q 

Querella  inoffloioeae  donationie pag.     38 

»        non  numeraiae  peouniae  »  447 

R 

Kapina pag.  290 

Keeeptum »  161,  164,  262 

"»          e  eonstituium  —  differenza     ....  »  163 

Bei  vindieatio »  245,  350,  413 

Bern  perdere »       97 

Eemiesio  pignorie »  453  e  seg. 

Jteplieatio  doli »  454 

lies  oorporalee  —  solo  oggetto  di  oommodato         .  )>  269 

Restituzione  del  peg^o >  358,  388 

Betentio  pignorie »  452 

Ricognizione  —  contratto      ......  »  204 

Ricognizione  di  debito  e  const,  debit!  proprii  »     168 

Rioppiguoramento           .......  »  338 

Ritenzione,  diritto  di »  295,  315,  327 

Risarcimento  del  danno »  356,  394 

S 

Satisfaciio pag.  441,  449  e  seg. 

Sen.    Cone.    Maeedouian »     327 

»           »       Trebellian »     203 

Servitti  del  fondo  ipotecato i^  348 

">         oggetto  di  pegno       ......  :&  312 

»        personali  —  oggetto  di  coniinodato  o  di  precariof  ^  270 

»        prediali ->     270 

»        urbane »     312  e  seg. 


496 


INDIOB  ALFABETIOO 


Solulio  .         .         .         .         . 

Specie  —  prestazione  oei  neg.  honae  fidei 

^  »  »       »      9trioH  %im$ 

Speoifioasione  dell  a  oosa  rabata  Delia   oond 
Spese  necefwarit^  snlla  cosa  coinmodata. 

»      straordinarie  snlla  oosa  oommodata 

»      necesBHrie  aiil  pegno    . 
SponHo  dimidiae  pariU  . 

»         twtiae  parttB 
Stima  officio  iudidt 

"»      per  iuramentum  in  litem 
8wsoe$$or  Hngularia  nella  eond,  furt. 
Suppegno  (Unterpfand)  . 


fitrt 


pag.  441,  449  e  seg. 


Tompu9  litis  oontestatae  . 

]>         rei  iudioatae 
Terzo  poasesRore  del  pegno 
Thox,  opinione  snlla  form,  hypotJieearia 
Tortnra  degli  schiavi    . 
Tripli  agere    . 

Turpitudo  del  dehitore  e  del 
Tntore,  nella  oond,  furt. 


creditore 


Unterpfand     •         ,         •         •         • 
Utili  oerti  ed  incerti  nell'antioresi 
Uso  della  oosa  oppignorata  . 
Usnfrnttnario,  nella  oond,  furt,     . 

Usureeeptio 

Utendum  dare         .... 


Vendita  del  pegno 

Viatore$ 

Vindieatio  incertae  partis 
Yiolenza,  nel  contratto  di  pegno 
Voluntas  domini^  nelVaot,  fwti 


» 

63 

■    » 

63 

» 

25  e  seg. 

» 

240 

^ 

240 

» 

402 

» 

159,  206 

» 

159 

» 

54  e  seg. 

» 

54  e  seg. 

» 

16 

» 

294 

pag. 

45,  54 

» 

45,  54 

» 

412 

» 

440 

» 

31  e  seg. 

» 

32 

» 

326 

» 

f 

P««. 

294 

» 

386 

» 

331 

» 

12 

1> 

256,  258 

^ 

252  e  9tg 

P»g- 

841 

» 

33 

» 

103,  105 

» 

307 

» 

8 

w 


WiederkaufsgUlten  (oensi  redentivi) 


pag.  387 


•FT/ 


INDICED  DEL  VOLUME 


pag. 

1 
6 

» 

18 

» 

25 

Tit.  I.  —  De  condiotione  furtiva, 

^  837.  Diversi  mezzi  giuridici  competent i  al  derubato.  Vantaggi 
della  oondictio  furtiva  .         .         .         .  .         . 

^  838.  Concetto  della  oondictio  furtiva.  Condictio  oerti  ed  inoerti  . 

§  839.  Fondamento  dell'azione.  —  In  qnanto  essa  abbia  Inogo 
contro  gli  eredi  del  ladrb 

$$  840-841.  A  che  tenda  la  condictio  furtiva.  Come  ei  determini 
il  valore  della  cosa  rubata.         ..... 

Tit.  II.  —  De  condictiotie  ex  lege. 

4 

^  842.  Concetto  e  determinazione  di  qnesta  condictio    .         .         .  »         28 

Tit.  III.  —  Ve  condictione  triticiaHa, 

$  843.  Concetto,  nome  e  natnra  della  condictio  tritioiaria     .         .  »  44 

-^  844.  A  qual  momento  debba  il  giudice  riferirsi  nel  valutare 
la  cosa:  in  qnanto  venga  preao  in  considerazione  il 
luogo  . »         51 

Tit.  IV.  —  De  co,  quod  certo  loco  dari  oporiet. 

^  845.  Fondamento,  concetto  ed  origine  di  qnesta  condictio. 

Prima  appendice  del  traduttore  al  $  845       . 

Seconda  appendice  del  traduttore  al  $  845.  Fluapetitio 

Plus  peiitio  tempore      ....... 

»  »       loco   ......*. 

»  »       causa.        ....... 

^  846.  Estremi  della  condictio  de  eo  quod  cei*to  loco,  —  Fino  a  qual 

punto  essa  abbia  luogo  contro  ilideiiiS8ori.  L.  8  Dig. /i.  ^  »        120 

^  847.  Quid  iuris  se  h  stata  promessa  una  prestazione  in  piit 
luoghi  T  Quid  se  qnalcuno  ha  stipulato  che  si  dovesse 
fare  il  paganiento  nel  luogo  determinato  a  lul  o  ad 
un  terzof  Qnando  si  eatingue  V  actio  arbitrariaf         .  »       150 

'^  848.  Uso  odierno  di  questa  condictio  ......  »        155 

Tit.  V.  —  De  peeunia  constituia, 

§  849.  Spiegazione  delle  terminologie :  constituere,  peeunia^  consti- 
tutum  proprium  et  alienum;  receptum,    actio   receptioiaf 
.  de  eonaiituta  peeunia     .......  »        157 

$  850.  Del  costituto  di  debito  proprio.         .  .         .         .  »       168 

^  851.  Del  costitnto  di  debito  altrui »       186 

$  852  a),    Condizioni   dell'  azione    de   conetituta  peeunia,  Azioue 

diretta  ed  utile   ........  »       197 

$  852  h),  Uso  attuale  di  questa  dottrina »       204 

GLttcK.  Coitim.  PanOette.  —  Lib.  XIII.  —  63. 


» 

73 

» 

79 

» 

96 

» 

110 

» 

116 

» 

117 

498 


INDIGE  DEL  VOLI}MB 


Tit.  VI.  —  Commodati  vel  contra, 

^  853.  Concetk)  del  commodato  e  snol  requisiti  . 
$  854.  II  commodato  ^  im  contratto  reale  .  -  . 
$  855.  Chi  Bopporta  il  caso  iiel  commodato?  Quaiido  pii6  ripetersi 

la  cosaf       ........ 

^  856.  II  commodato  ^  nn  contratto  grataito 

^  857.  Obbietto  del  commodato.  Obbligazionl  del  commodatario 

^  858.  Responaabilitj^  del  commodatario  per  11    fatto    di    coloro 

per   mezzo    di   cui    rimanda  la  cosa  al  commodante 

ResponAabilitil  di  pih  oommodatarii  o  di  piti  eredi 
^  859.  ObbligazioDi  del  commodante     ..... 
^  860.  Azioni  derivanti  dal  commodato.         .... 
Prima  appendice  del   traduttore    al    $    853.    Svolgimento    storico 

dell'iHtitiito ........ 

Seconda  appendice  del  traduttore  al  ^  853  .... 

Prima  appendice  del  traduttore  al  $  857      .... 

Seconda  appendice  del  traduttore  al  $  857   .... 

Tit.  YII.  —  De  pigneratieia  aetione. 

$  861.  Concetti  di  plgnue  e  di  hypotheea.  Differenza  fra  essi 

^  862.  Contratto  di  pegno.  Contractus  fiduciae;  pactum  hypotheeae 

$  863.  Qaali  cose  possono  formare  oggetto  del  contratto  di  pegno  f 

$  864.  II  contratto  di  pegno  h  un  contratto   accessorio 

$  865.  Oppignoramento  di  una  cosa  fruttifera 

$  866.  Diritti  del  creditore  pignoratizio        .... 

$  867.  Obblighi  del  creditore  pignoratizio    .... 

§  868.  Obbligo  del  creditore  pignoratizio  al  risarcimento  del  danno 

$  869.  Obbligo  alia  restituzione  del  pegno.  Lex  oommissoria 

$  870.  II  patto  anticrctico . 

^  871.  Qnando  h  teniito  il  creditore  alia  restituzione  del  pegno 
$  872.  Restituzione  delTeccedenza         ..... 

$  873.  Obbligbi  del  debitore 

$  874.  Azioni  derivanti  dal  contratto  di  pegno    . 

^  875.  Ha  luogo  contro  i  terzi  Vaotio  pigneratieia  direetat  . 

Appendice  del  prof.  G.  Pktroni  «  La  formula  hypothecaria  » 

I.  Importanza  del  la  formula  hypothecaria       .... 

II.  Profilo  deWactio  hypothecaria 

III.  La  formula  hypothecaria 

a)  Le  parti  della  formuUi 

()  II  requisito  della  formula  «  earn  pecuniam  neque 
eolutam  neque  eo  nomine  aatiafactum^  etc,  »,  e  la 
opinione  del  Tho:^        ..•.*. 

c)  Le  altro  parti  della  formnla:  la  olamtola  arbitraria 
di  restituzione:  «  niei  ea  res  arhitratu  tuo  resii* 
tiietnr  » :    la    «  oondemnatio  »   rivolta  al  «  quanii 


ca  res  erit  » 


pag- 

207 

» 

212 

» 

2J3 

» 

225 

» 

226 

» 

240 

» 

244 

» 

245 

» 

246 

» 

264 

» 

268 

» 

276 

» 

293 

» 

297 

» 

310 

» 

325 

» 

330 

» 

337 

» 

845 

> 

356 

» 

358 

» 

371 

» 

388 

» 

390 

> 

394 

» 

403 

» 

411 

» 

428 

» 

428 

> 

431 

» 

433 

» 

438 

440 


4d8 


V 


!